^^^|ft!K?;p;^^V^ I ;;/ MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XXII. PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI MATEMATICA MODENA NELLA R. TlfOGRAFJA CAMERALE MDCCCXXXIX. lo.' - (3) INDICE DI QUANTO CONTIENE LA PARTE MATEMATICA DEL TOMO XXII DELLE PRESENTI MEMORIE E lenco dei libri mandati in dono alla Società Italiana delle Scienze pag. (5) Elogio del Professor Giuseppe Calandrelli scritto dal Segretario ANTONIO LOMBARDI „ i Elogio del Matematico Pietro Ferroni scritto dallo STESSO ,, XXI Elogio del Cavalier Gio. Battista Palletta scritto dal Sig. Dottor MARCO PALLETTA „ xxxvii Elogio del Professor Anton-Maria Vassalli-Eandi scritto dal Dottor SECONDO BERRUTI „ liv Orazione in elogio di Stefano Gallini scritta dal Dott. VINCENZO FABENI „ lxxxvi Cenni storici sulla vita e sulle principali scoperte del Cavalier Leopoldo Nobili scritti dal Padre EUSE- BIO GIORGI „ e Elogio dell'Astronomo Cavaliere Abate Giovanni Angelo Cesaius scritto dal Professor GIUSEPPE BIANCHI cxvii Nota a due Capitoli dell'Opera di Eulero che iia per titolo: Theorìa motus corporum rigìdorum di GA- BRIO PIOLA „ I Memoria sulla relazione tra le acque dell'Arno e quelle della Chiana del Conte VITTORIO FOSSOMBRONI a5 Riflessioni sopra un problema meccanico di ANDREA CONTI Astronomo „ 59 (4) IMeiiioria sui rapporti clic esistono fra il calcolo dei residui e il calcolo dei limiti ec. del Signor AGO- STINO CAUCHY pag. 91 Sopra l'Analisi lineare per la risoluzione dei Problemi «li i. grado. Memoria prima del Professor GIU- SEPPE BIANCHI „ 184 Calcolo degli indici delle funzioni del Signor AGO- STINO CAUCHY „ 228 (5) ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA Dal Giugno 1837 a tutto Aprile 18.39. Taddei Prof. Gioacchino. Repertorio dei veleni, e contravve- leni. 8." Firenze i835. Tomi due. Santini Prof. Giovanni. Ricerche intorno alla massa di Giove determinata mediante la digressione del suo quarto Sa- tellite ec. 4.° Modena i836. -'— Opuscoli Astronomici intorno alle Comete osservate nell'I. R. Osservatorio di Padova dall'anno i83o al i835. 4.° ivi i836. Società Reale di Londra. Indirizzo del Presidente della So- cietà R. il Duca di Sussex letto nella radunanza annua del 3o Novembre i836. 4° Londra i836. Catalogo dei membri nazionali e stranieri della Società R. 4.° ivi i836. Transazioni Filosofiche anno i83ò divise in due parti. 4.° Londra ap. Taylor. r-Q ' Processi verbali delle radunanze della Società Reale Numeri 27.° 28.° 17 Novembre ed 8 Dicembre i836. Catalogo di 7085 stelle specialmente dell' emisfero meridio- nale preparato dalle osservazioni fatte negli anni 1822 al 1826 all' Osservatorio di Paramatta nella Nuova Wales meridionale dal Luogotenente generale Signor Tommaso DIakdougall Brisbanne. I calcoli sono opera del Signor Guglielmo Pdchardson at- taccato all'Osservatorio Reale di Greenwich; e il Cata- logo è stato pur da lui compilato, e stampato poi per (6) ordine dei lord Gomraissarj dell'Ammiragliato. 4-° Londra appresso Clcwes e figlj i835. Cooper Eduardo. Figura e descrizione della Cometa d'Hallcy alli aa e a4 Ottobre iu35 veduta nel suo Telescopio lungo piedi a5. Società Astronomica Reale di Londra. Sue Memorie Volume IX con due tavole in rame, ed una litografica. 4-° Lon- dra i836 presso I. Weale. Associazione Britannica. Relazione della quinta radunanza della Società Britannica per Tavanzamento delia Scienza tenuta a Dublino nell'anno i035. S.*" Londra appresso Murray io36. Belli Professor Giuseppe. Sulla dispersione delle due elettri- cità e sui residui delle scaricbe delle bocce di Leyden, ]Memoria seconda. 8.° Milano 1837. Zamboni Abate Professor Giuseppe. Sull'argomento delle Pile secche contro la teoria elettro-chimica. Risposta ad una nota del Sig. Dottor Ambrogio Fusinieri. 8." Verona Tip. Ramanzini i836. Bvllettino delle Scienze mediche. Agosto a tutto Dicembre 1O37 e i838 da Gennajo a tutto Dicembre. Bologna. Istituto I. il. del Piegno Lombardo Veneto. Sue Memorie in 4.° T. IV. Milano i833. IMemoria intorno al miglioramento dei formaggi Lom- bardi. 8.° Milano iQoy . 3lemoria che ottenne dall'Istituto r accessit. Cattaneo Luigi. Il Caseificio, o la fabbricazione dei formag. gi. Memoria premiata dall' Istituto stesso, o." Milano 1337. Sormanni Dottor Napoleone Massimiliano. Monografia delle morti repentine. 31emoria premiata daW Istituto stesso. 8." Milano 1834. Ferrarlo Dottor Giuseppe. Statistica delle morti improvvise. Memoria pubblicata per decisione dell'I. R. Istituto stesso, 8. Milano 1834. (7) Fantonettì Doti. Gio. Battista. Le miniere metalliche dell' Ossola in Piemonte descritte. 8.° Milano i836. Maìnarcli Professor Gaspare. Lezioni di introduzione al cal- colo sublime. Parte prima. 8.° Pavia i836. Sullo sviluppo imperfetto di una Curva piana. Estensione di un teorema memorabile di Giovanni Ber- nulli. Dagli Annali di Scienze del Dottor Fusinieri. T. VIL Gennajo e Febbrajo iSS^. Pezzana Cavaliere Angelo. Continuazione della storia di Parma T. L dal i346 al 1400. 4.° ivi 1887. Casa {de la) Professor ^Vittorio. Un facile metodo per deter- minare le relazioni differenziali. 4-° Padova 1887. Zantedeschi Professor Francesco. Nota dell'influenza reciproca dell' elettro-magnetismo dei corpi: Biblioteca Italiana T. 87. 8.° Milano 1887. Della natura delle calamite e degli scandagli magnetici ivi T. 86. Reclamo contro un articolo del Sig. D. Al. Donne sulle scoperte magnete-elettriche. 8.° Milano nella Gazzetta privilegiata. Kupjfer A. T. Resultato delle Osservazioni meteorologiche e magnetiche fatte nell' Impero Russo compilato dal Sig. Kupffer membro dell'Accademia delle Scienze di Russia, e spedito in dono alla Società da Sua Eccellenza Cancrine Ministro delle Finanze dell' Impero N. I. II. 4-'' Pietro- burgo 1887. Iti? Effemeridi Astronomiche di Milano per il i838. ivi 1887. 8.° Memorie della Società IMedico-chirurgica di Bologna f.° 4-° del Voi. I. ivi i838 in 4.° Jandelli Vittorio. Biografia del Prof. Domenico Monchini. 8.° Roma 1887. Sandri Giulio. Sulla vera causa del Carolo del riso e sui mezzi di riparare a questo disastro. 0.° Verona 1888. Cominzonì Dottor Angelo. Esperienze dirette a conoscere l'ef- ficacia dei due metodi profilatico e curativo proposti dal Dottor Agostino Bassi di Lodi a pievonire e curare la malattia del Calcino nei bachi da seta. 8." ivi i838. Savi Professor Paolo. Due memorie geologiche sui terreni stratillcati dipendenti o annessi alle masse serpentinose, e sui varj sollevamenti ed abbassamenti che han da- to alla Toscana la sua attuale configurazione. 8.° Pisa i838. Scortezanna Dottor Francesco Orazio. Due memorie sulla l'or- mazione geologica della Collina detta la Favorita e sopra le ossa dei Cocodrilli della Favorita. 8.° Verona i836. Zantedesclù Professor Francesco. Dei, principj generatori delle umane coirnizioni jMemoria 8.° JNIilano i838. Esperimenti di induzione e polarizzazione termo-elettrica 8." ivi i83o nel T. ug della Biblioteca Italiana. Raccolta degli Atti della seduta pubblica delTAccademia Im- periale delle Scienze di Pietroburgo, tenuta il 3o Dicem- bre i836. 4." ivi 1837. Memorie dclTI. Accademia. Scienze matematiche, fisiche e na- turali. T. III. Parte I. delle Scienze matematiche e fisi- che. Fascicolo quarto del T. I. Parte II del T. IV scienze naturali Fascicolo III. del secondo Tomo. Pietroburgo iu36 in 4-° Scienze politiche. Storia e filologia. T. III. Fascicolo sesto. T. IV. Fascicolo secondo ivi i836. /\.° Siruve F. G. ÌV. Stellarum duplicium et multipliciurn men- surae micrometricae per magnum Fraunhoferi tubum annis 1824 ad 1837 institutae ec. f." Atlant. Petropoli ex Ty- pograpliia Accadeniiae 1837. Stelle doppie. Puipporto fatto a Sua Eccellenza il Signor Douvaroff Ministro Sejiretario di Stato sulla misura di dette stelle. 8.° Pietroburgo. Brera ('avaliere ì'aleriano Luigi. Ischi e Venezia. Memoria sulla felice innueiiza del clima della Città di Venezia e de' sussidi ivi dalla natura e dall'arte apprestati nel corso dell' inverno per la continuazione delle cure istituite in (9) Ischi nell'estate ec. e Cenno sulla opportunità del clima Veneto per favorire durante l'inverno la bibita delle acque di Recoaro ec. Colla giunta delle epoche biografiche dell' Autore 8.° Venezia io38. Memorie dell'Accademia Reale delle Scienze di Lisbona dall' anno F780 sino alla parte I. dell'anno iSSy. Tomi XII in 4-** io lingua Portoghese. Lisbona nella Tipografia dell' Accademia. Bleneghini Dottor Giuseppe socio di più Accademie. Cenni sulla organografia e fisiologia delle Alghe f.° Padova i838. Belli Professor Giuseppe. Corso elementare di Fisica speri- mentale T. III. Milano i838. 8.° Memorie dell'I. R. Istituto di Milano. T. V. Milano i838 in 4.° Associazione Britannica per l'avanzamento della Scienza. Piap- porto della sesta radunanza tenuta a Bristol nel mese di Agosto i836. 8.° Londra. Sedute della R. Accademia Irlandese per il j 836-37. Pai'te I. 8.° Dubhno 1837. Transazioni della Società geologica di Londra; serie seconda. Voi. V. parte I. 4-' Londra 1887. , , :; . ;j;ìì',: " Transazioni filosofiche della Società Reale di Londra per l'anno J837. Parti due 4.° ivi 1837. Sussex [di] Duca, Presidente della Società Reale di Londra. Indirizzo alla Società letto nell' adunanza generale del 3o Novembre 1837 stampato a richiesta dei Socj. 8.° ivi 1837. Sedute della Società R. 1837. i838. Numeri 29.° 3o.° 3i.°ivi.8.° Indice delle Memorie stampate nelle Transazioni filoso- fiche della Società stessa dal i83o al 1887 inclusive. Voi. III.° ivi 8." Indirizzo del Presidente della Società R.edi tutta la Società alla Regina del 18 Novembre 1837. 8." Tutti questi libri venuti da Londra sono scritti in lingua Inglese come pure li due seguenti. t e:., . ■, - - (■o) Difesa della risoluzione presa di omettere le note bibliogra- fiche del Sig. Panizzi nel Catalogo della Società Rea- le. »." Torino 1827. T. I." Catalogo dei membri della Società stessa per l'anno iQd'j. 4-° Memorie della Società medico-chirurgica di Bologna Voi. II. Fase. I. in 4-° ivi i83u. Questo fasic. contiene il Saggio sulle Epidemie del Sig. Professor Luigi Emiliani. Avogadro Cavalìer Professor Amedeo. Fisica dei corpi ponde- rabili, ossia trattato della costituzione generale dei cor- pi. 8.° Torino 18.37. T. I. Memorie della Reale Accademia di Torino. T. XL. ivi i838. in 4." Heuschling Saverio. Saggio sulla Statistica generale del Belgio 12." Brusselles i83o. N. B. Regalato alla Società Italiana dal Sig. Ph. Vander 3Iaelon il quale ha pur mandato il seguente: Drapiez 31. Notizia sullo stabilimento geografico di Brusselles la. IVI loDÒ. Bruschetti Ingegner Giuseppe. Sul modo più conveniente e più facile per liberare Como e Lecco dalle inondazioni 8" Milano j838. DaW Accademia Imperiale di Scienze di Russia. Raccolta degli atti della seduta pubblica di essa Accademia tenuta il 29 Dicembre 1837. 4." Pietroburgo i83o. Memorie presentate dai Dotti stranieri all'Accademia stessa T. IH. Fascicoli 3. 4. 5. 6. in due Volumi. 4.° ivi 1837. . T. IV. Fascicolo i. e a. in un Volume. Di Scienze politiche, Storia e Filologia. T. IV Fasic. 3. ivi i838. — Scienze matematiche, fisiche, naturali. Parte I. Scienze matematiche e fisiche T. I. Fase. 5. 6. T. II. Fase. i. 2. in un Volume. Scienze naturali T. II. Parte II. Fase. 4- 5. 6. in due Volumi, ivi i83u. (") Scoriegagna Dottor Francesco Orazio. Sopra il teschio di un Cocodrillo fossile rinvenuto nel monticello di Lonigo. 4-' Venezia i838. Macedo [de) Da Costa Gioacchino. Discorso letto il 1 5 Mag- gio i838 nella pubblica seduta della R. Accademia delle Scienze di Lisbona i838. ivi 8.° A^ D. in lingua Por- toghese. Accademiae Scientiarum Bononiensis Tomus III. 4-° Bononiae iBSg. ELOGIO DEL PROFESSORE GIUSEPPE CALANDRE!. LI SCRITTO DAL SEGRETARIO • ■' ., ''■■!. ANTONIO LOMBARDI J-Je matematiche discipline che per via sicura ci guidano alla cognizioni del vero, appunto perciò possedono una forza ma- ravigliosa, per cui quelli che dal Sovrano Creatore dotati fu- rono di forte ed acuto talento, provano un vero piacere, al- lorché si consacrano a simili ardui si udii. E cresce per ogni modo questo contento quando dalle speculazioni astratte della quantità in genere, si passa ad applicare i risultamenti delle teoriche alle scienze naturali, e specialmente all'Astronomia. Quanta compiacenza non prova il Geometra allorché dopo di aver maneggiato a lungo le forinole più complicate per scio- gliere un problema di meccanica, ottiene un risultamento fi- nale, che regge alla sperienza pratica, e che gli dimostra così quali stretti vincoli congiungan fra loro la pura matematica , e la fisica sperimentale ! E quando l'Astronomo ricomparir vede sul reticolo del suo cannocchiale un astro a quel preciso mo- mento indicato dalle tavole, frutto di tante meditazioni, non può a meno di ammirare e adorare a un tempo stesso la Di- vina Onnipotenza che il tutto librò in peso e misura, e all' uomo forni una mente capace di invenzioni così sublimi. Tali sentimenti provò, non v' ha dubbio, l'Abate Giuseppe Calan- drelli, che resister non potè all'invito lusinghiere della na- turale filosofia, ed ogni sua cura perciò ad essa rivolse. L'Emi- nentissimo Cardinal Flavio dell' illustre ed antica famiglia Chigi efficacamente protesse questo giovine, che sortì i natali nella Tomo XXIL A 11 Erocio DEt, Pkof. Calandrei.li terra eli Za^aiolo non Iuii{ii dall' antica Preneste li 2,a. Ma"- ^i;io tlell'anno i749'Se non gli arrise fortuna col [irovvcdcilo (li ricco censo, trovò a questa sventura ragionevole compenso ili una soiclia del padre (i), la quale lo soccorse all' uo[30, ed iuq)iegò ogni [)reaiura per bene educarlo collocandolo nel Seminario di S. Pietro in Vaticano, e poscia in quello di Al- bano dove istruissi nelle belle lettere, e conobbe i primi ru- dimenti della lllosofia. Fornito il Calandrelli di ottima indole e di vivace inge- gno, dedito all' ap|)licazione per natura, e nei principii della vera Religione ben l'ondato, abbandonò di buon'ora il secolo, e SI ordinò saceidote dopo clic compito ebljc in Roma correndo l'anno 1760. il corso della filosofia. Gli onori cbe in quell' augusta Metropoli ottengono d' ordinario i cultori della Giu- risprudenza, le riccliezze che premio delle loro fatiche ben sovente radunano essi , le cariche sublimi dell' Ecclesiastica Gerarchia, dalle quali per lo più condecorati si vedono coloro che alle sacie scienze si dedicano, una cosi brillante prospet- tiva per migliorar la propria sorte, non lusingò in conto al- cuno il giovine Calandrelli, e quantunque dal suo Mecenate consigliato tosse a percorrere la carriera del foro, si ristette, e secondò in vece la propria inclinazione per la scienza della natura. JMa che? appena toccò egli il limitare dell'augusto tempio, smarrì per mancanza di sicura guida , e tosto incon- trò ostacoli a progredire più oltre, poiché attingere non potè, che le prime linee, direni così, della filosofia, e le poche no- zioni da lui ricevute venneio poi anche dalle questioni sco- lastiche travisate. Ben comprese egli, fornito com' era di estesi e profondi talenti , che falsa era la strada a lui segnata , ma non perciò si atterrì al pensar quali cimenti durato avrebbe, onde cambiar metodo di studii , e acquistar cognizioni vere ed utili. Fermo in così nobile e coraimiosa risoluzione, amante (i) Sua Madre in Maria Fortini raaritaLa in Tommaso Calandrelli Scritto dal Segretario Lombardi iti della solitudine, con 1' ajuto di pochi libri, da se ricominciò il corso filosofico^ e ritiratosi a Magliano in Sabina, al cui Se- minario fu chiamato correndo l'anno 1769, ardi di assumere r insegnamento di quella scienza, che pur ei doveva fin dagli elementi conoscere. Ma che non può l'uomo quando vuole efficacemente? Quattro anni dimorò colà il Calandrellij e con- secrando quasi 1' intiero giorno ai libri, e prolungando le not- turne vigilie al segno di conceder poche ore al riposo, e per lo più vestito, riuscì a riordinar le proprie idee in mate- ria di scienze naturali, riparò il danno della primiera istru- zione, e da solo animosamente s' introdusse a meditare le ve- rità sublimi della matematica pura ed applicata. La celebre Società di Gesù , che tanto grido levò nel mondo letterario e politico, e che soccomber dovette dopo la metà del secolo decorso agli impetuosi e replicati assalti de' suoi avversarli per risorger, direm quasi, miracolosamente dopo circa otto lustri a fiiticar nuovamente pel bene della Chiesa, e della pubblica educazione •, questa Società, dissi, abbandonar dovette nell' epoca delle sue sventure il Collegio Romano che affidossi alla direzione di Sacerdoti secolari; e l'Eminentissi- mo Cardinal Zelada Prefistto degli studii in quella Metropoli, e sede augusta delle scienze, scelse a Professor di Matematica 1' illustre Padre Jacquier dell' Ordine dei Minimi. Fra le tante sue produzioni si pregia oltre modo il Comento ai princìpii della Filosofia naturale parto sublime dell' ingegno di un Newton, che opportunamente dal Jacquier illustrato, mentre giovò a far meglio conoscere fra noi molte importanti scoperte del filosofo Inglese , e la profondità ed estensione delle sue viste, dimostrò pure nel suo cementatore uno dei più valo- rosi Professori di Matematica. L'amicizia che il Calandrelli al suo ritorno in Roma accaduto nel 1773, ventiquattresimo dell'età sua, strinse con lui, gli tornò a sommo vantaggio, ed attingendo egli a così nobile e ricca fonte di sapere, si perfezionò nel calcolo al segno, che l'anno appresso potè fare le veci del suo amico e maestro ; ed allorché questi mancò IV Elogio del Pjiof. C.\LAN'nnELLi nell'anno 1780. ai vivi, il Calandielli sali la Cattedra di pura analisi nel Collegio Romano. Mentre però egli incombeva a così arduo impegno , altre occupazioni non gli mancavano , poiché insegnar doveva la fisica in vece del Professor Cavalli defunto; dirigeva più rAccadeniia di fisica dal Zelada istituita nel pro])rio palazzo [iev istruzione degli alunni nel Romano Archiginnasio, ed ebbe Tonorevole commissione da Pio VI. di munire con conduttori elettrici il palazzo Pontificio del Quirinale. Eseguì egli con ogni premura gli ordini Sovrani, e r opuscolo da lui pubblicato in cui descrive la succenuata operazione, ci porge un luminoso testimonio delle sue cogni- zioni in questo ramo di scienza ; perchè con la scorta dei principii teorici e della sperienza, niuna di quelle cautele trascurò, che assicurar possono T'esito felice di simili lavori. IMa quella parte di matematica appbuiata, che piìi d' ogni altra lusingava il nostro Pr(jfessore, era l'astronomia, quella facoltà che ben conosciuta, concepir ci fa l'idea la piìi grande della Onnipotenza del Divino Creatore'', e dimostra insieme come possa r umano ingegno, sebben cinto da tanti ostacoli , spie- gare ardito il volo nell'immensità de' Cieli. Pioma , quella Metropoli per tante istituzioni rispettabile e magnifica, aveva già posseduto nei secoli trapassati alcuni Osservatorii Astro- nomici, ma eransi tutti dopo breve vita spenti; e mentre il Professor Calandielli cominciò li suoi studii , dir puossi che non esisteva Osservatorio in Pioma, se se ne eccettui una pri- vata specola di Don Francesco Gaetani Duca di Sermoneta , dal chiar. Padre Audifredi diretta. Sempre intento il Cardinal Zelada a promuovere 1' istruzione degli alunni del Collegio Romano, oltre l'Accademia eriger fece nel suo Palazzo un Os- servatorio, nel quale cominciò il Calandrelli a contenqilar gli astri, e tale lo prese amore per la scienza , che alla grande impresa si accinse di procurare la fabbrica di una specola degna di Pioma. Animato egli dal più vivo zelo per condurre ad effetto un così nobile divisameiito , cominciò ad insistere presso il suUodato Eminentissimo Signore, perchè si eseguisse Scritto dal Segretario Lo:\ibardi v la mente del 8. Pontefice Clemente XIV. clie fin dall'anno 1774. sancito avea l'erezione di un Osservatorio al Collegio Romano. Quantunque il Calandrelli assecondato venisse in tale dimanda dallo stesso Porporato, scorsero tuttavia i.3. an- ni senza che si gettasse pietra ^ e tutto si limitò ad alcuni disegni, alla combinazione di varii progetti^ ed a tentare al- cuni scandagli. Costante però nell'assunto impegno il giovine Astronomo, mai non abbandonò il campo, e nel 17O7. vide alla perfine coronati li suoi voti, e così la consolazione provò di non aver faticato indarno. Ordinò il Cardinale Zelada che si mettesse mano alla fab- brica sotto la direzione del Calandrelli, che egli onorò col titolo di Direttore del novello Osservatorio, a cui 1' insio^ne Porporato donò le macchine nella sua privata specola custo- dite. Animato il nostro Astronomo da cosi lieti principj, non si scoraggiò punto al pensare che per osservar i movimenti delle stelle e dei Pianeti non basta un luogo opportunamente costruito, ma occorrono Telescopj, Quadranti, Orologi sceltis. simi, ed altre macchine; l'opra si richiede di giovani allievi che sotto la direzione del Professore maneggino gli strumenti, istituiscano i calcoli, ricche dotazioni ed assegni in fine oc- corrono, onde fiorir possano simili istituzioni, e tutto ciò man- cava alla nuova Specola. Padre perciò e fondator della scuola di Astronomia in Roma a buon diritto chiamar devesi il Pro- fessor Calandrelli, poiché fu egli che dopo di aver dato con efficacia il primo impulso, con singoiar coraggio superò ogni ostacolo, e sostenne la specola Romana ; supplì anche con proprio dispendio ad ogni uopo, armò di un conduttore la fab- brica ; migliorò alcune macchine, e sommamente pregiando il settor zenitale di nove piedi dall' illustre Boscovich usato per misurare un grado del meridiano nelle provincie Pontificie, impresa felicemente eseguita, lo perfezionò onde valersene per le osservazioni da lui con ogni zelo ed assiduità conti- nuate per molt' anni. Con questo strumento diretto alle stelle vicine allo Zenit fissò il nostro Astronomo la distanza loro a VI Elogio del PnOF. Calandrelli questo punto cardinale, e ciò ci fece con tanta esattezza che bastarono le osservazioni di sole 3a. stelle per determinar la latitudine geografica della Specola, come in appresso il com- provarono le numerose osservazioni coli' ingegnoso circolo ese- guite detto Ripetitore inventato, non ha molt' anni, dal Cav. Borda insigne matematico Francese. E mentre cosi operando il Professor Calandrelli, assicurava uno dei più preziosi ele- menti per un esatto ed attento Astronomo, volle pur anche con adatte livcdlazioni congiunte al soccorso delle altezze ba- rometriche conoscere l'elevazione della Specola e delle prin- cipali circostanti colline sul mare, non clie la posizion loro topografica riferita alla nuova fabbrica. Volgeva ornai 1' anno sedicesimo dacché questa crasi co- struita, e la mercè del nostro Matematico fornita de' più ne- cessari strumenti, quando appunto in Europa osservar si do- vette uno dei più imponenti e maestosi fenomeni che Natura di quando in quando a contemplare ci offre, e dai quali l'uma- no ingegno trae moltiplici applicazioiii a vantaggio della civil società : il grande eclisse solare accaduto 1' i i. Febbrajo 1804, ecco il fenomeno di cui parlo. Mentre V immortai Pontefice Pio VII. reggeva con tanta sapienza i popoli al paterno suo freno soggetti, promoveva ad un tempo per ogni jnaniera li buoni studj, ed i cultori delle Scienze e delle Arti lo speri- mentaron sovente provvido e splendido JMecenate. Volle l'Au- gusto Sovrano recarsi in quel dì alla Specola, ed ivi osservò l'occultazione dell'Astro dominatore de' Cieli, e f[ucsta gra- ziosa visita segnò 1' epoca più avventurosa per 1' Osservatorio Romano, e consolò l'Astronomo Direttore di tante durate fa- tiche, di tante spese, e di tante cure da lui fino alloia so- stenute a prò dell' Astronomia, ma ogrior con poca o niuna corrispondenzaj colpa degli avversi tempi che allora correvano. Questa visita dell'eccelso Monarca die vita novellaj dir puossi, alla Specola, a cui più non mancarono assegni, allievi, mac- chine, tutti i mezzi a dir breve, necessarj all' uopo per le os- servazioni ; ed allorché il Pontefice Pio VII. andò a Parigi, Scritto dal Segretario Lombardi vii memore egli della sua Specola dopo di aver tenuto colloquio con r illustre DelambrCj e cogli altri insigni Astronomi Fran- cesi, diresse al Calandielli clementissime lettere, ed ordinò l'acquisto di istrurnenti per l'Osservatorio Promano, il quale fornito che fu di essi diede campo agli Astronomi ed allievi di istituire una preziosa serie di Osservazioni, fatte in ap- presso di pubblico diritto colle stampe (a). L' istruzione più compita della gioventù, e 1' assidua re- sidenza all' Osservatorio occupavano tutto quel tempo che al Professor nostro rimaneva a soddisfar con ogni fervore ed esattezza i doveri di Religione, ed a compilare i voluminosi suoi scritti che formeran più oltre oggetto del mio dire, e in questa faticosa carriera durò egli più di otto lustri ; ma l'avan- zata sua età, e le sostenute fatiche esigevano in fine un ono- «rato riposo, che nell'anno ioi5 cigli ottenne dal più volte lo- dato Eminentissimo Porporato Zelada Prefetto allora degli studi. L' amore però che per la Specola nutriva il Calandrelli, lo fece direni cosi, ringiovanire , e sciolto dagli altri impegni, raddoppiò di zelo, e di premura per l' Osservatorio, talché videsi questo ormai quasi settuagenario Astronomo continuar coraggioso a vegliar sovente le intere notti maneggiando gli strumenti, o per determinare i movimenti delle stelle e de' pia- neti, o per registrare le vicendevoli loro eclissi ad aumento e correzione delle tavole di longitudini tanto ai navigatori necessarie, o per inseguire alcuna delle Comete vaghe sempre di percorrer nuove vie dagli altri pianeti non mai battute. Chi perciò immaginar potrà quanto aspro al Calandrelli riuscir dovesse l'abbandono della Specola del Collegio Ro- mano nell'anno 1824. avvenuto, perchè dalla S. JNIemoria di Leone XIL (3) confidata venne ai Religiosi della Compagnia (3,) Missirini. Elogio di Calandrelli. 8.° Roma pag. 17. (3) Questo Pontefice procurò di render meno sensibile al nostro Professore un tal colpo, beneficandolo col nominarlo nell'Agosto del i8ii5. Canonico dell'Archibasi- lica Lateranense. vili Elogio del Prof. Calandrelli di Gesù ! Non mancò è vero il Padre Generale di procurare che un soc;getto così distinto e valoroso nella profession sua restasse in ([ucl Collegio, dove fissato aveva da 5o. anni sua dimora, e dove esisteva il piìi caro oggetto de' studj suoi: ma indarno, poiché prevalsero nel Calandrelli i sentimenti di ami- cizia e ili riconoscenza verso gli amati Colleghi (4), e gli alunni di nucl Seminario, dei quali tutti possedeva l'amore e la stima; e si trasierl con essi all' Apollinare (5) dove rivolse tosto il pcnsiere a edificare la mercè della possente protezione di un esimio Porporato un novello Osservatorio (6). Ma l'avanzata sua età, e piìi la malferma salute impedirongli di proseguire a lungo le astronomiche fiitiche, sebhene non mai trascu- rasse fino all'ultimo de' giorni suoi questi per lui diletti stu- dii. Correndo il mese di novembre dell'anno 1827, sorpreso il Calandrelli da malattia infiammatoria , si riebbe alquanto , m;i poi soccomber dovette alla gangrena della vesica, e nella notte del Santissimo Natale di qucll' anno in mezzo ai con- forti della Santissima nostra Religione placidamente egli spirò, lasciando lungo desiderio di se e come dotto Matematico ed Astronomo, e come pio e saviissimo Sacerdote. Congiunse egli a profondo sapere le più amabili cristiane virtù, delle quali fin da giovanetto fu adorno, e si rendette così stimabile ogno- ra più ai grandi, e ad ogni ceto di [)ersone. A suo principal dovere si prescrisse egli di soddislare sempre esattamente agli uffizii di Religione che lo stato suo sacerdotale esigeva, e quando ofiriva l'incruento divin sacrifizio, la viva sua fede gli promoveva ben sovente un alfettuoso e tenero pianto. Provveduto per la munificenza dei Pontefici, e del Cardinal (4) Fra questi (listiiiguesi il nostro Socio Abate Conti Astronomo ancli'esso di grido, allievo Jel Calandrelli, e suo indivisibil compagno di studio e di passeggio. Questi si prepara a pubblicare un ragguaglio ragionato delle opere del suo maestro; il che egli farà con tutta la precisione. ( Missirini ec. pag, i3. 19- ) (5) Segui questo traslocameuto alli 24 Ottobre 11)34. (6) IMisòirini ce. pag. ao. Scritto dal Segretario Lombardi ix Cliigi di alcune ecclesiasticlie prebende fissò massima costante di impiegar come fece queste rendite a benefizio dei poveri e della Chiesa (7). Cortese con tutti, piacevole e facile con gli ignoranti e coi sapienti riscuoteva dagli uni e dagli altri amore^ uè mai annidossi la bassa invidia nel suo beli' animo che giudicava tutti gli altri Dotti a lui superiori in dottrina^ perlocchè non curò mai anzi sprezzò gli onori, ed allor quando Leone XIL lo decorò dell' insigne dignità di Canonico nella Basilica La- teranense considerata prima Chiesa del Mondo Cattolico, un tratto cosi luminoso di Sovrana clemenza commosse alle la- grime il Calandrelli, e li piìx profondi sentimenti di umiltà giudicar lo fecero indegno di una tal distinzione (8). Sincera e fervida religione, sommo disinteresse, e singo- lare umiltà, ecco in pochi lineamenti il carattere morale di quest' uomo egregio, che adesso considerar dobbiamo come profondamente versato nella vasta scienza della natura. La Matematica pura e l'applicazione di essa tanto alla Fisica quanto pili specialmente all' Astronomia, furono que' rami nei quali spiegò r acuto suo talento il Calandrelli. La celebre quistione dei logaritmi immaginari S^^ prestò argomento fin dall'anno 1779. per stendere una dissertazione, in cui ragiona sul modo di ridurre a simili logaritmi le espres- sioni trigonometriche degli archi circolari, al quale scritto die motivo la controversia sullo stesso quesito insorta tra l' illustre Vincenzo liiccati ed il chiar. Abate Gioachino Pessuti. E convien dire che l' Autor nostro con questa memoria eccitasse fragli analisti una nobile emulazione , poiché e il Professore Canterzani, e il Conte Giordano Riccati e d'Alembert, tutti luminari della scienza si dieder premura di corrispondere col (7) I donativi da lui fatti alla Chiesa di S. Ignazio e S. Apollinare ascesero a zecchini 5co circa, somma egregia per un privato. (8) Provò egli e spiegò gli stessi umili sentimenti allorché il medesimo Sommo Pontefice lo mandò a visitare nell' ultima sua infermità. Tomo XXII. B X Elogio del Piiof. Calandrelle Pioiessor Calaiulrclli intorno a questa materia, sulla quale el luiovaiiicntc meditò, e (Va le memorie della Società nostra av- veiie una pochi aiuil prima di morire da lui pubblicata, in cui sei^ucndo i principj dettati dal sommo Eulero sviluppò con laciii artifizi alcune iormole contenenti quantità immaginarie col mezzo Ui linee trigonometriche, uè di ciò pago si lece a dimostiare con rigore la verità di varie eciuazioni già note, ma che involte per l'addietro in grandi oscurità, sembravano paradossi, ed eccitavau questioni, che dopo gli schiarimenti da lui dati egli spera che più non si riprenderanno (o). Ma il campo in cui estesamente faticò il nostro Professore, quello si fu dell' applicazione della Matematica alla IMeccanica, ed air Astronomia. Allorché 1' Abate Andres si accinse a difen- dere la dimostrazione dell' immortale Galilei sulla le£r2:e del- r accelerazione del moto nella caduta dei gravi, nella quale i più rigorosi analisti lavvisaron difetto di paralogismo, il Ca- landrelli fece giudice della contesa il Conte Giordano Riccati, a cui diresse 1' opuscolo da lui stampato intorno a questo punto di Fisica. Che se ci non convenne con 1' Andres, e credette erronea la dimostrazione dell'illustre Fiorentino, non perciò minore stima e rispetto egli mostrò per cosi grand' Uo- mo, il quale se fosso vissuto all'età nostra, e bilanciato avesse le ragioni dell' Astronomo Romano, avrebbe forse ret- tificate le pro|)rie idee su questo argomento. L' applicazione dei principj già noti per semplificare le dimostrazioni dei teoremi fondamentali della meccanica, sug- gerì al nostro Professore Calandrelli una nuova dimostrazione del teorema sulla leva, e meditando sulla regola Ugeniana per determinar con questo soccorso il centro di oscillazione, offri in una dissertazione nell' anno i 780. stampata, lo scioglimento (9) 'Jiiesto argomento è stato di nuovo trattato dal Sig. Professor Poletti Geml- niano in una dissertazione pubblicata colla stampa e dal Sig. Capitano Antonio Araldi in una memoria letta alla R. Accademia di scienze, lettere ed arri di Modena li 27. Gennaio i83i. Scritto dal Segretario Lombardi xi (li alcuni problemi sul moto per un piano inclinato dei corpi da una fune pendenti. La Fisica strettamente considerata a lui deve un nuovo pirometro per misurare la dilatazione dei metalli a qualunque grado di temperatura^, e il diffidi pro- blema della misura delle altezze coli' uso del Barometro formò il soggetto di altre sue ricerche, nelle quali esaminò la for- inola data dal celebre La Place nella sua 5Ieccanìca celeste per questa misura^ e lasciò inedito un altro sciitto sullo stesso argomento. Né si mostrò il Calandrelli straniero all' Idraulica, e propose il parer suo intorno ai progetti che li Chiarissimi Teodoro Bonati e Marchese Gorelli presentato avevano sui fiumi Nero e Velino. 'i i ' i. - , . i ■ - .■ Se però le produzioni varie dell' Autor nostro ;, delle quali diedi fin qui un breve cenno, lo fecero conoscere come ver- sato assai nella scienza della natura, non bastan per se quan- tunque pregevoli, a collocarlo tra i Filosofi più distinti del se- colo decorso. L' Astronomia bensì con tutto l'ardorcj e col più felice successo da lui coltivata gli dà ogni buon diritto di aspirare a vera gloria. Questa Scienza dividesi, come le altre in teorica e pratica, e chi posseder la vuole in tutta r estension sua, deve famigliarizzarsi, direni cosi, col calcolo sublime, istrumento senza del quale penetrar non si possono gli arcani del sistema mondiale in ogni sua parte maravi- glioso. Gli opuscoli astronomici che pubblicavansi regolar- mente a Roma, dappoiché il Professor Calandrelli osservava gli astri alla nuova Specola, e gli Atti della Società nostra, con- tengono le varie dissertazioni e memorie spettanti all' Astro- nomia teorica e pratica da lui pubblicate. Non accadeva in Cielo fenomeno importante, che a se non chiamasse 1' atten- zione dell' Astronomo Romano, e li grandi Eclissi Solari ne- gli anni 178J, e i8o4- avvenuti porgergli argomento per due scritti, nel secondo dei quali ci diede in breve la storia delle Eclissi più memorabili in Roma vedute, fra le quali noverar devesi per una delle maggiori quella dell'anno 1804. Né una sol volta ragionò egli intorno a questo fenomeno, ma al- xir Er.ocro del Pkof. Calandrelli loiqimndo 1' illustre IMonslgnor INIal publilicò nel 1822 TOpeva De llcpuhlìca di Cicerone, 1" Autor nostro prese nuovo mo- tivo di scrivere con erudizione e criterio filosofico intorno a questi sorprendenti fenomeni., illustrando un passo dell' orator Romano in cui questi descrive un' Eclisse Solare nell' anno 35o."'° dalla iondazione di Tvonia colà osservato. Esaminatosi attentamente dal Professore Calandrelli quanto ne scrive Ci- cerone, delineo in uno dei nominati Opuscoli (io) la figura di cosi ccl('i)re oscuramento, e calcolò la quantità della luce che nella massima oscurità penetrar faceva sul nostro Globo il Sole. Oltremodo importante al certo è la conseguenza che dal suo calcolo ne trae I' Autore, poiché conclude così : *' Neil' Eclisse dunf[ue Romana nella massima oscurazione " del disco solare fu l' intensità di luce maggiore di quella " che riceve Giove e molto [jÌù maggiore di quella che ri- " ceve Saturno, e ciò non ostante questi due pianeti nella " notte risi)lendono in cielo, e dimostrano la luce viva del *■' giorno. ,, Conchiude da ciò il Professor Calandrelli " che " quando Cicerone disse notte e tenebre, non fece che seguire '• il comune errore che si riprodusse nell'eclisse accadutali "■ I. Aprile f764. visibile in Francia, ed in Italia il 9 Feb- '' brajo 1804. dove si giunse per fino da alcuni a negarlo, " perchè non eransi vedute le tenebre e la notte ,,. Con tutta r esattezza determinare ei volle la latitudine del suo Osservatorio, e fissò pure l' altezza di esso sul pelo del non lontano mar Tirreno, operazioni che gli Astronomi ri- guardano come fondamentali, e che lunghe cure, ingegno acuto e indefessa attività richiedono in coloro che a compierle si accingono. Varj problemi astronomici esercitarono parimenti la sua penna, e quindi ora discusse quello della paralasse di alcune stelle, or 1' altro risguardante la determinazione delle altezze corrispondenti, allorquando su[)pongansi finite le dif- ferenze di declinazione e di rifrazione j non ommise di esa- (lO) Stampati a Roma nel 1824. Scritto dal Segretario Lombardi xiii minare quanto influisca ad alterar le osservazioni astronomiche, la rifrazione della luce, e ci ofT;! alcune formule primarie spettanti alla luce crepuscolare, con l'ajuto delle quali scio- orlier si ponno alcuni quesiti astronomici. A lui dobbiamo un metodo per correggere le osservazioni fatte con un reticolo, i cui fili ben collocati non siano ; a lui dobbiamo una serie di osservazioni meteorologiche esteso per ben 2,0 anni (11), e che comunicò £.11' Accademia meteorologica di Monaco, alla quale apparteneva. Quando apparvero in Cielo Comete, sol- lecito ei si fece ognora di inseguirle co' suoi cannocchiali al- l' importante scopo di segnarne le Orbite, e di predirne il ri- torno ; ma quelli fra simili astri che più richiamaron l'atten- zione del Professor Calandrelli furon le Comete che negli an- ni 1807, i8ii. percorsero gli spazj celesti, e a dir vero quella specialmente della seconda epoca la dimora protrasse cosi a lunco sul nostro Emisfero del lucido e voluminoso suo globo di maestosa coda adorno, che gli Astronomi poterono diligen- temente osservarla, e raccogliere gli elementi della svariata sua orbita. Io accennai rapidamente questi varj lavori del nostro Pi'ofessore, perchè la lor natura è tale che si ricusa per se a pili estesa analisi, ma chi meco rifletter vorrà, quante vegliate notti, quanti calcoli, quante ripetute correzioni si richieg- gono per ottenere in Astronomia ben sovente una sola finale espressione in poche cifre numeriche compresa, confessar do- vrà che l'Astronomo Calandrelli ben meritò della scienza. Poi- ché presentò egli nei varj opuscoli di cui finora si disse, tanti canoni, e tante svariate notizie, tutte dirette a far progredire 1' Astronomia pratica e teorica, da cui la Nautica, la Geografia, e la Cronologia trassero e traggono soccorsi e lumi insigni, talché se ad esse mancasse questa sicura guida, per tacer di molt' altre cose, limitar doviebbesi il nocchiero a radere le sponde del mare per non smarrir nella via, il viaggiator calcolar non potrebbe (11) Cioè dal 1782 al 1801. I- :; '. f, r»! ; i r . ; ^ ';:■ XIV Elogio del Pkof. Calandrelli le distanze dei luoglii, nò il guerriero fonnnr potria con luion successo i piani delie battaglie, ed eseguir le altre opciazioni di tattica militare. Qualora a meditar io mi l'accio la meravigliosa operazione che si progettò e compi per disposizione del Gran Pontefice Gregorio terzodecimo di gloriosa memoria, per ricondurre la celebrazione della Pasqua all' epoca voluta dal Niceno Con- cilio, e per correggere le aberrazioni che nell' ordine delle stagioni accadono a motivo della varietà dei movimenti pla- netarj, qualora, io dissi, attentamente considero la soluzione di cosi intralciato problema, non posso a meno di non venir compreso dalla più alta ammirazione per l'illustre Matematico Luiiii Lilio che con tanto studio ed ingegno architettò la so- luzione del (juesito, e debbo ad un tempo convenire, che la Romana Chiesa promovendo ed eseguendo la correzione del Calendario, mentre riordinò in questa parte la sacra Litur- gia, recò un segnalato benefizio alla civil Società. Scorsero già da queir epoca quasi due secoli e mezzo, e più non in- contraronsi nelle stagioni quelle varietà che lo spostamento degli Equinozi e delle Neomenie prima dell' ultima correzione produceva, poiché le opportune aggiunte, o sottrazioiù di gior- ni stabilite in certi anni determinati riconducono alla lor sede gli Equinozi e le Neomenie che forman l'oggetto principale del problema, giacché dalla immobilità di questi due punti dipende l'ordine intiero del Calendario. Ma siccome questo insigne lavoio opra è pur duomo, e quindi da qualche im- perlezione macchiato, e soggetto ad incontrar col volger dei secoli mutamento, cosi gli Astronomi che vennero dappoi, non intralasciarono di occuparsi in tale argomento, e fra questi segnalossi il Professor Calandrelli. Allorché nell'anno loiB.si riprodusse a Roma la storia del Calendario Gregoriano, e del- l'Astronomia Romana, l'autore di quest' opuscolo incappò in non pochi errori che alteravano la verità dei fatti, pcrlocchè il Calandrelli utilmente impiegò 1' opera sua per rettificar la descrizione della riforma del Calendario di cui più sopra parlai, Scritto dal SEcnETARio Lombardi xv ed usando una rigorosa e sana critica, rilevar fece i numerosi abbagli del novello storico, e così operando ristabilì la verità di fatti per la scienza astronomica oltremodo interessanti. Ma un trattato chiamar puossi del Romano Calendario l'altro dotto ed erudito lavoro dell' Autor nostro, che trovasi fra gli opu- scoli astronomici nel i82a. pubblicati a Roma. I varj proble- mi indeterminati che li Matematici già si proposero per fis- sare il Numero aureo, la Lettera Dominicale^ 1' Indizione ec, formano il soggetto di questo scritto, in cui il Calandrelli ci offre la storia di quanto oprarono gli Astronomi per fissar bene il punto equinoziale, che è la base del sistema cronologico, ed espone le varie opinioni dei Dotti sul metodo per deter- minare il giorno della celebrazione della Pasqua. E siccome fra li diversi Cicli usati dalle Nazioni, il Calendario Giuliano ed il Gregoriano dimenticar fecero agli Europei specialmente gli altri sistemi cronologici, cosi il Calandrelli in quest' opera si limitò a sciogliere li citati problemi con V uso della tavola Giuliana, e poscia presentò una formola generale che in se racchiude gli elementi tutti per ottenere lo stesso intento in- dipendentemente dalla nominata tavola. Né una sola, ma più formole geneiali ei determina per fissar il giorno Pasquale, e la Lettera Dominicale, e traduce in linguaggio algebrico ed in funzioni di un dato anno, o di un dato secolo le diverse qnantità che compongono li Calendarj Giuliano e Gregoriano. Che se ad alcuni sembrasse non aver queste ricerche del- l' Astronomo un utile scopo, siccome vertenti intorno a coso già note, io li pregherei a sospendere il loro giudizio, poiché di esse si occuparono pur recentemente alcuni fra i più illu- stri Astronomi Europei, quali sono il Carlini, il Delambre, il Gauss, perlocchè 1' Astronomo Romano cui nulla in latto di erudizione scientifica era occulto, esaminò diligentemente le formole del problema da quelli pubblicate, e dimostrò diffu- samente su quali fondamenti poggiava quella del Matematico ■ Tedesco, e fissò i limiti entro cui adoperar devesi senza timor di errare. Chi legger vorrà queste memorie dell' Autor no- XVI Elogio del Prof. Calandrelli stro, convella meco, io spero, clic coiigiuiis' egli aduna vasta eiiKlizione una non comune perizia nello sciogliere questi pro- blemi indeterminati, i quali trattar dovendosi con una analisi trascendente, dimandano molte avvertenze onde racchiudere in lormole generali tutte le soluzioni possibili. Ed a rafTerraar vienpiìi i risultamenti da lui ottenuti, die l'Astronomo Cico- lini volle trovar in difetto, proponendo li suoi dubbj nella Corrispondenza del Cbiar. Barone di Zach (la), il Professor Calandrelli litornò su questo a lui diletto argomento, e dimo- strò r universalità delle proprie formole che comprendono an- che il caso delle quantità frazionarie, caso che sfuggi al Ci- colini, né ommise perfine di comprovar l' esattezza della for- niola di Gauss, che quest' ultimo voleva in alcun caso trovare mancante (i3). Mentre cosi operò il Professor nostro, sommi- nistrò egli ai cronologisti nuovi mezzi per mantener costante r effetto della celebre correzione Gregoriana sulla distribuzione dei giorni, in cui celebrar devono i fedeli le sollennità piìi cospicue della Religione, e procurò di impedir che prevalen- dosi di formole meno esatte, si introducesse nei calcoli dei Numeri aurei, delle Epatte, e delle Neomenie, errori che ne rendessero col volger dei secoli 1' uso dubbioso. Son queste le produzioni piìi degne di encomio che ci lasciò r esimio Canonico Professor Calandrelli, a cui i dotti Italiani e stranieri rendettero la dovuta giustizia, poiché men- tre egli a loro diresse le sue epistole ed osservazioni^ l'ono- rarono essi a vicenda della loro corrispondenza-j e fra gli esteri si noverano e d'Alembert, e Delambre, e La Lande, e il Ba- rone di Zach, personaggi tutti di gran flima nella Ptepubblica scientifica. Più esteso carteggio poi ei tenne coi Matematici Italiani di primo grido, e il Conte Giordano Pviccati, e il Bos- covich, e il Bonati, e il Piazzi per tacer d' altri molti, con- feriron più volte secolui intorno alla scienza da essi coltivata. (12) Voi. VI. pag. 5i. (i3) Lettera sui Caleodario uel Giornale Arcadico. Roma. Novembre 1822. Scritto dal Segretario Lombardi xvii Né tacere io debbo infine che varie fra le più cospicue Ac- cademie Italiane e d' Oltremonti , e la Società nostra die- dersi premura di chiamar nel loro seno questo Matematico insigne e cristiano Filosofo, le cui ceneri riposano nella Chiesa di S. Apollinare in Roma, e sul sepolcro del quale vedesi il suo busto da egregio Professor Romano scolpito in marmo. CATALOGO ■ ' '- V DELLE OPERE E MEMORIE c(! ■ • DEL CANONICO GIUSEPPE CALANDRELLI Oagglo analitico sopra la riduzione degli archi circolari ai Logaritmi immaginar]. Roma 1778. Epistola supra fallaciam Galileanae demonstrationis accelerati motus in ratione spatiorum ad Virum Clariss. atque No- biliss. Comitem Jordanum Piiccati. Pvomae 1779. Aequiiibrii demonstratio. Romae 1780. •^'.■,,.'' Lettera sopra l'Eclisse Solare accaduta li 17 Ottobre 1781 diretta all' Eminentissimo Sig. Card. Francesco Saverio de Zelada Bibhotecario di S. Chiesa. Roma 1781. De motu, et vi sollecitante corpora fune pendula per plana inclinata. Romae 1785. . pi .l'u.'iin -iUf;';».^- ;>;! '.^■ Mercurii infra Solem transeuntis observatio habita die 4 Maii 1786. Ptomae 1786. Riflessioni sopra il sentimento, ed in particolare sopra le ra- gioni proposte dai Sigg. Teodoro Dott. Bonati, e Giacinto Marchese Corelli per la remozione dello Stretto, e Ve- lino alle Marmore, e per 1' esecuzione dei piani proget- tati dai medesimi sull" affare dei fiumi Nera e Velino, Roma 1787. Mechanicum problema in praelectione physica propositum. Romae 178(5. ,u un^i'.ui'j^ i...^i>., n» -à Tomo XXII. C xviir Elogio del Prof. Calandrelli Sopra la latitiuline della Specola del Collegio Romano de- dotta da molte osservazioni fatte al Settore Zenitale. Sull'elevazione del piano della Specola, e delle principali colline di Roma sopra il livello del mare, e sulla diffe- renza in Latitudine, e Longitudine delle colline mede- sime dal meridiano della Specola. Estratto di osservazioni meteorologiche dal 1782 al 1801. Queste tre memorie sono inserite nel Tomo degli opu- scoli Astronomici dell'anno i8o3. Delle più grandi e più celebri Eclissi di Roma . e dell' E- clisse Solare del di 11 Febbrajo 1804. Roma i8o4- Risultato di varie osservazioni sopra la parallasse annua di We2;a o a della Lira. Roma i8o6. Osservazioni, e riflessioni sulla parallasse annua dell' a della Lira. Roma 1006. Soluzione esatta del problema delle altezze corrispondenti nelle quali le differenze di declinazione , e di rifrazione si suppongono finite, inserita nel Tomo degli Opuscoli Astronomici del I006. Osservazioni, e riflessioni sopra la Cometa del Settembre del- l' anno 1807. Metodo per correggere le osservazioni fatte con un retlculo non esatto nella posizione dei fili. Osservazioni, e riflessioni sopra la rifrazione della luce Solare. Le tre suddette memorie sono inserite nel Tomo degli Opuscoli Astronomici del 1808. Osservazioni sopra la Cometa del 181 1. Esame delle osservazioni fatte dal Boscovicli per la latitu- dine del Collegio Romano. Descrizione di un nuovo pirometro per misurare la dilata- zione dei metalli per qualunque grado di temperatura. Riflessioni sulla formola Barometrica della Meccanica Celeste. Memorie inserite nel Tomo del 181 3. Formole primarie spettanti alla luce crepuscolare, e loro uso nella soluzione di diversi problemi inserite nel Tomo del- l'anno 1818. Scritto dal Segretario Lombardi xix Notizie storiche del Calendario Gregoriano, e dell' Astrono- mia Romana inserite nel Giornale Arcadico dell' anno i8rg Trimestre 2.° e 3." Dimostrazione di alcune formole generali della lettera Dome- nicale per qualunque anno innanzi, e dopo la riforma del Calendario Gregoriano inserita nel Tomo XIX. Fa- scicolo I ." delle Memorie di Matematica della Società Italiana. Dimostrazione delle diverse formole che possono usarsi nel Calendario Giuliano, e Gregoriano nel Tomo degli Opu- scoli del 1822,. Lettera al Sig, Cav. Ciccolini sulle formole analitiche della Pasqua inserita nel Giornale Arcadico del 182,2. Trime- stre 4." Schema di un' antica Eclisse Solare veduta in Roma 1' anno 35o della sua fondazione nel Tomo degli Opuscoli del 1824. Riflessioni analitiche sulla riduzione degli archi circolari ai Logaritmi immaginar]. Modena 1828. inserita nel Tomo XX. Memorie della Società Italiana F.°i.°di Matematica. OPERE INEDITE. Metodo per regolare la decima quarta pasquale a non prece- dere stabilmente il plenilunio medio astronomico dedotto anche da un nuovo Ciclo, e nel tempo stesso ricondurre al di 21 Marzo l'ingresso del Sole in Ariete nei Secoli avvenire. Formole per la misura delle altezze coli' uso del Barometro. Dell'aberrazione della luce del Sole, e delle Fisse. Esame della Meridiana della Torre de' venti al Vaticano. XX Elogio del Prof. Calandrelli Nota delle principali Accademie a cui era ascritto. Accademia Elettorale di Manlieim i Ottobre 1781. Accademia di Bologna i Luglio 170.3. Corrispondente dell'Accademia di Torino 1791 4 Giugno. Società Reale Borbonica di Napoli iS agosto 1818. Società Italiana delie Scienze residente in Modena 6 Aprile 1820. Accademia di Religione Cattolica aa Gennajo i8ai. E di più altre Accademie ec. ec. XXI ELOGIO STORICO DEL MATEMATICO [> ., . - PIETRO FERRONI SCRITTO DAL SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI J-ia fama, che si procurarono coi loro ritrovamenti e con tante insigni scoperte l' immortai Galileo e gli illustri Viviani e Torricelli, mentre conoscer li fece presso tutte le colte nazioni come sommi nelle scienze naturali, è un monumento perenne di gloria per la patria loro e per tutta Italia. Coltivator ze- lante qual fu il Matematico Pietro Ferroni di simili studj, ed amator passionato^ direi quasi, dell' antica sintesi geometrica, procurò egli ognora con li suoi scritti, che furon copiosi an- ziché no, di far risplendere vieppiù i pregi degli antichi Geometri e specialmente de' suoi Toscani, a segno che nelle produzioni di que' Dotti egli credette che si trovassero se non apertamente almeno nel fondo loro, li germi di quasi tutte le più utili invenzioni^ che nel secolo XVIII. arrichirono l'analisi e la meccanica. Dopo di aver egli appreso i primi rudimenti delle lettere in Firenze sua patria dove nacque il giorno aa Febhrajo del- l'anno 1744 (Ot ricevette a Roma nel Collegio Nazareno la scientifica sua educazione, e nella Università di Pisa poi com- pì il corso degli studj sublimi che formarono in ogni tempo (1) Nel Libro del Battesimo dell'Oratorio di San Gio. Battista di Firenze si legge quanto appresso. » Pietro Giuseppe Maria Gaspero del Signor Gio. di Gaetano Ferro- « ni, e della Signora Teresa di Antonio Gaetano Stefanelli, Popolo di S. Simone nato (( il di 2i Febbrajo 1744 ^ ore 18. Compare Signor Lorenzo Zei =1 C. Vincenzo Doni (( Notaro. )) - , , .. ,, , , ,, , , ,. . XXII Elogio di Pietro Ferroni la sua delizia. I saggi di sapere clic ci Len giovine diede al Pubblico, conoscer lo fecero per uomo di insigni talenti do- tato, e di estesa capacità al Gran Duca Leopoldo a cui deve la Toscana tanti vantaggiosi provvedimenti; il nominò quindi E" li Professor di Matematiche nell'Archiginnasio Pisano, seb- bene non contasse allora il Ferroni che l'anno ventesimo di età, e poco appresso lo destinò alla sopraintendenza dei fiumi e confini Toscani. Quantunque si prefigesse questo giovine a scopo precipuo delle sue meditazioni la JMatematica pura, tuttavia conobbe la Scienza quanto è estesa, e perciò la Meccanica, l'Idraulica, la Musica, l'Architettura la pubblica Economia, tutte queste facoltà somministrarongli materia per le sue produzioni, né di ciò pago , coltivò con successo anche 1' amena letteratu- ra , e nel volger degli anni suoi più tardi 1' onor conse- gui di presiedere la rinomata Accademia Fiorentina della Crusca. La natura e la moltiplicità degli argomenti risguardanti la sintesi e l'algebra dal Ferroni maneggiati, e il metodo che ognor tenne nello svilupparli, prestansi difficilmente ad una rao^ionata analisi, nerlocchè io limitar mi dovrò ad offrire un quadro delle cose più rilevanti nelle sue produzioni trattate da questo Geometra, che a fondo conobbe la storia della scienza da lui prediletta (2). L' Opera più voluminosa che ci lasciò in due Tomi divisa, il primo dei quali usci nell'anno 1^(32, e dieci anni appresso il secondo^ versa intorno la Mate- matica trascendente ed il calcolo integrale. Uno dei primi og- getti che in quasi tutte le produzioni ebbe egli in mira, quello si fu di discutere e verificare a chi appartengano le tante in- venzioni che dai primi tempi sino a noi arrichirono la scienza della natura, onde non fraudar alcuno di quel posto d'onore, (2) Debbo fin d' ora avvertire i miei lettori che io tratto 1' argomento storica- mente soltanto , senza concorrere a sostenere tutte le opinioni di questo scienziate, molte delle quali eccitarongli vivi contrasti. Scritto dal Segretario Lombardi xxiii che gli appartiene nella storia delle umane cognizioni. Pre- cedono quindi 1' opera sunnominata lunghi prolegomeni isto- rico-raatematici, nei ([uali il Lettore conoscer può le vicende varie che accompagnaron la scoperta delle quantità esponen- ziali, apprenderne gli è dato la teorica., e saper partitamente a chi veramente spetti il diritto della invenzione dei Canone logaritmico , e dei varj metodi e delle formole usate per il loro sviluppo. Nel trattare il quale argomento, il Ferroni si intertiene ad esporre diffusamente le mirabili operazioni del Nepero per costruire le tavole logaritmiche. Varia ci si pre- senta poi la materia che contiensi nell' opera, perchè l'Autor nostro ora considera l'evoluzione delle serie esponenziali, ora insegna a svolgere con esse le quantità trigonometriche, quando chiama l'attenzione dello studioso sulle quadrature delle Co- niche, e quando sui Teoremi di Cotes e di Moivre, ed argo- mento poi di lungo esame gli porge la celebre questione, che i Matematici agitarono sui Logaritmi delle quantità negative. I pensamenti sulle quantità infinitesime dei geometri che lo precedettero, espone .egli nella prefazione del secondo volume consacrato a trattare il calcolo differenziale. Varie, e di varia natura sono le proposizioni da lui dimostrate, e tal volta cor- regge ciò che altri già dissero, or vi aggiunge alcun che del suo ed amplifica l'argomento e non lascia di offrire all'op- portunità nuove applicazioni di principi già noti. E ciò ei pra- tica specialmente riguardo al teorema di Pascal sulla misura della superficie cilindrica e riguardo a varie altre simili pro- posizioni, dalle quali dipendono molte belle proprietà delle se- zioni coniche dal Ferroni esposte in quest' opera. Conoscevansi già prima di lui tante applicazioni del calcolo integrale alla dottrina delle curve superiori al secondo ordine ; ed ecco che il nostro Algebrista col soccorso dell'indicato teorema Pasca- liano si inoltra ad estender vieppiù une simile dottrina, ed ammaestra li suoi lettori sul modo di rettificare dipendente- mente dalle coniche di Apollonio le curve di gradi più ele- vati, e di quadrarne le aree, ed estende le sue ingegnose ri- XXIV Elogio di Pietro Ferroni cerche iille curve trascendenti quali sono la cicloide^ l' epici- cloide, la catenaria e simili. Tal varietà di pensanìcnti e di idee dall' Autor nostro in- sieme raccolte ne' suoi lavori scientifici non potrebbe a parer mio meglio rappresentarsi se non figurandosi un' ampia offici- na di vaghe mercanzie ripiena^ ma di genere assai vario in ordine simmetrico disposte. Mentre in uno degli scaffali tu ammiri una serie di cristalli in eleganti forme foggiati, ivi accanto osservar puoi lavori di magnifici bronzi dorati ad or- namento delle sale dei Grandi, e intanto volgendo altrove cupido r occhio^ ammirerai e gioje, e pendole e scatole, ed una serie innumerevole di piccole chincaglierie cui il capric- cio e la moda inventando vanno per nutrire i tanti bisogni ideali di quelli Uomini, che di ricco censo dotati lian duopo di sbandir la noja che li opprime in mezzo all' abbondanza ed alle comodità della vita. E come questa varietà riscontrasi nell'Opera del Ferroni di cui finor parlai, lo stesso dir puossi delle altre suo produzioni di minor mole, le quali versano in parte sulla Matematica pura, e in parte trattano argomenti di Matematica appplicata. Depositò egli nei volumi della Società nostra quasi tutti li suoi scritti scientifici ; e il calcolo inte- grale, e le quadrature che ne dipendono, e le due trigonome- trie, e la misura delle superficie e della solidità delie coclee e la geometria analitica, e sintetica, e la soluzione in fine delle equazioni per approssimazione, tutte queste materie egli trattò nelle memorie da Lui pubblicate. Trasceglierò io quindi fra così, dirci quasi, prodigiosa quantità di parti dalla ferace niente dell' Autor nostro sortiti, alcune cose che più singolari mi sembrano, e perciò più meritevoli di esser ricordate, onde formarsi possa hi qualche modo idea del saper vario di que- sto INIatematico. Soggetto di critica "li somministrò il trattato di calcolo integrale di Condurcet in cui ci pretese di rilevare, che man- cavano delle dovute prove le equazioni di condizione dal- 1 Autor Francese assegnate per l'integrabilità delle forinole. / ■ Scritto dal Segretario Lombardi xxv e cbe perciò è duopo ricorrere al teorema di Leibnitz (3) sulle dottrine del quale se piìi avesse insistito il Condorcet, noti avrebbe, secondo il Ferroni, creduti suoi trovati certe dimo- strazioni, cbe quegli e 1' Eulero avevano già da tempo pub- blicate. Applaudì alcuno a questo scritto del Ferroni (4):, vi fu però ancora chi dato avendo di mano alla scutica severa- mente lo flagellò, e tanto più severamente in quanto che questa critica sopra giuste e sode ragioni fondata non va mai da un'apparente moderazione disgiunta. Ma se merita lode lo zelo del critico anonimo per la difesa del vero, non tutti, cred'io, approvar vorranno il velato sarcasmo eh' ognor trapela in que- sta confutazione (5). Le integrazioni dell' illustre La Place, alcune soluzioni di problemi del Cliiar. Abate Bossut, e varj teoremi di altri Matematici d' oltremonte non sfuirairono eVi acuti riflessi del professor Fiorentino, il quale ognor si que- rela che il trascurar come usano i moderni Geometri, dì pe- netrar a fondo la sintesi degli antichi, toglie loro il conoscere come in quella nascondonsi molti gerini^ da cui spuntarono non poche delle nuove scoperte (6). Una poi fra le diverse prove più luminose che ci lasciò il Ferroni della sua acutezza neir osservare, e dell' instancabile sua applicazione, 1' abbiamo nella lunga Jlemoria che gli piacc[ue di intitolare Paralelli e princìpio unico e semplice delle due trigonometrie (7;. Da una sola radice, direni così, fa egli nascere questo ramo di geo- metria trascendente, poiché a dimostrare si impegna che dalla contemplazione delle piramidi tetraedre sorge la trigonometria (3) Prodromo di osservazioni sopra il trattato di calcolo integrale pubblicato da Condorcet nel 1765. Memoria inserita nel Tomo Y° delle ^Memorie della nostra So- cietà pag. i3o. (4) V. le Effemeridi letterarie di Roma N. XIV. 2 Aprile 1791. f5) Questa critica porta per titolo Saggio di un dilettante di matematiche sulle equazioni di condizione, e sulla invetizione della Brachistocrona 4" 1791. (6) Lettera al Cav. Lorgna sopra diversi aneddoti matematici nel T. VII delle r.itate Mera. pag. 819. (7) Pubblicata nella parte I. T. XII. delle cit. INIem. pag. ic6. Tomo XXIL D XXVI Elogio ni Pietro Ferroni sierica, dalla quale poi facilmente si passa alla piana^ clie con- siderar piiossi come un caso particolaie della prima. E men- tre con uno sfoggio singolare di erudizione egli sviluppa i teo- remi, ed i corollari, che giovangli a comprovare l'assunto ar- gomento, ci olTre un singoiar teorema in cui preso il raggio uguale ad uno, egli dimostra che tutta la trigonometria con- centrasi nella seguente equazione trinomia semplicissima COS. z ::iz g sen. z z^z h ^ o la soluzione della quale appoggiasi intimamente all'elissi co- nica apolloniana. E se lungo cammino percorrer deve il let- tore onde raggiunger la meta, per conoscer cioè l'indicata verità, procura 1' Autor nostro di renderne men noiosa la via, or con presentarci alcuni corollarj die ci scoprono varie mi- rabili jnoprietà dell' Algebra, ora offrendoci alcune luminose a[iplicazioni di formolo, che dipendono dai triangoli sferici, le quali ci manifestano vieppiìi il vincolo che tra loro annoda le sezioni coniche per cui il circolo si cambia in Parabola, in Elissi , ed in Iperbtde ; ed oia dandoci nuove dimostrazioni di teoremi conosciuti, come quello a cag. d' es. del sommo Le Gendre che ci insegna, potersi considerare come eguale per tutti i riguardi ad un triangolo rettilineo un triangolo sferico piccolissimo. JMentre la storia naturale ci offre a contemplare le vaghe Ibrme di tante diverse chiocciole che popolano i nostri mari, il Geometra non pago direi quasi, di così prodigiosa varietà di so- lidi, ne crea nella sua mente dei nuovi, e facendo aggirarsi in- torno ad un cilindro o ad un cono ora una figura piana ed ora un' altra, ci rappresenta una quantità di coclee^ di elici coniche di arrnille eco. che gli prestano materia di sublimi speculazioni. Trattò già questo argomento il celebre Evangeli- sta Torricelli il quale trovò poi nel Ferroni un valoroso difen- sore e commentatore insieme, che ne rischiarò la dottrina e ne estese le ap[)licazioni (8). Chi legger vorrà ciò che scrisse (8j Supplemento alla dottrina Torricelliana sopra le Coclee, Memoria di Ferroni inserita nel T. XV parte I. pag. Co delle nostre Memorie. Scritto dal Segretario Lombardi xxvii quest' ultimo, e per tessere la storia di quanto oprò in tal ramo di Geometria il vecchio Matematico Fiorentino, e per ammaestrare i giovani a calcolare le superficie^ e le solidità di questi corpi così bizarrainente conformati, vedrà che il moder- no Autore con questo scritto ci lasciò un completo trattato delle coclee ricco poi come ogn' altra sua produzione^ di co- gnizioni storiche della scienza e di riflessioni critiche sui pre- tesi plagi fatti da altri Matematici, e specialmente dagli oltra- montani. Questo metodo ei pur segui allorquando dimostrar volle con la sintesi ognor da lui prediletta alcuni teoremi d' alta Geometria e di analisi, (9) né mai cessa dall' inculcare che i moderni algebristi hanno trascurato lo studio della sintesi, perlocchè molte verità le quali essi spacciano come loro in- venzioni, o trovansi al dir di lui già esposte se non aperta- mente almeno sotto velo nelle opere degli antichi Geometri, o come corollari dipendono dalle verità già da quelli cono- sciute. Versato siccome era il Matematico Ferroni nel maneggio del calcolo come ognuno assicurar puossi consultando l'opera di lui 'ìut\to\a.t!i Blagnitudinum exponentìalium, logaritlimorum et theoria^ di cui più sopra ragionai; allorché il dotto Fran- cese Budan pubblicò il suo metodo di risolvere le equazioni numeriche, ne fece quegli scopo di sue osservazioni, frutto delle quali fu la dimostrazione di alcuni teoremi che il Geo- metra oltramontano soltanto indicò (io), e così il Ferroni ve- der fece che le più recenti invenzioni erano da lui meditate e cribrate, e potevano ben difficilmente le opere dei moderni matematici sfuggir la sua critica, o almeno le acute sue rifles- sioni, colle quali egli or ridur voleva ai principi già conosciuti (9) Dimostrazione facile e naturale di alcuni teoremi geometrici ed analitici in- serita nel T. XVI parte I. pqg. 34? delle nostre Memorie. (io) Giunta a compimento della teorica del nuovo metodo di Budan per la riso- luzione delle equazioni numeriche F.° I. di Matera. del Tom. XX. Memorie ec. pag. 17. xwni Elogio ni Pietro Fkuroni le nuovo scoperte, o additar pretcndca vie più flicili o almen diverse di t|uellc dai;li altri battute |)cr raggiungere le cercate verità. Non è raro il trovar persone sebben di sapere fornite, le quali con occliio di indifferenza a non dir di sprezzo, riguarda» gli studj della Rlateinatica pura, e se non li condannano come inutili, ciò proviene dal conoscer aneli' essi die la ÌMcecanica, r Architettura, l'Idraulica, e le belle arti ancora si giovano del soccorso della ^Matematica, p(;r modo che senza cos'i lu- minosa guida dar non potrebbero queste nobili facoltà che lenti e mal sicuri passi. Ben persuaso di questo vero il nostro l'rofessore, estese egli le dotte sue ricerche alle utili applica- zioni del calcolo, e ci lasciò in (juesto ramo scientifico varj monumenti del suo ingegno che diritto gli accrescono alla pubblica stima. Sublime argomento trattar ei volle in uno scritto intito- lato / prìncipi della I\Ieccanica rìcliìamatì alla /nnssi/na sem- plicità ed ei>ideiiza{i i). Sì prefigge in esso l'Autore di convin- cere chi legge, che la meccanica aspirar può a quella evidenza 'stessa, di cui gode la Geometria ne' suoi fondamentali principj e nelle sue conseguenze. Chi appoggiò sul [)eriio delle virtuali velocità, e chi su quello delle cause finali la determinazione delle leggi londamcntali dell' equilibrio ; ma in altro aspetto considerò il Ferroni questo problema di Metafisica matematica, e con nuovi complicati raziocinj lunghi anziché nò, volle spie- gar le leggi d' inerzia, e stabilir sopra nuove basi il principio della leva, e quello della composizione delle forze, i quali co- stituiscono le proprietà principali di cui fa uso la Geometria nel trattar la Meccanica. Profondo possesso della materia , esteso conoscimento delle altrui opinioni campeggiano in questo scrit- to, in cui l'Autore a comprovar vieppiii il suo assunto, ci offre la soluzione di alcuni problemi di JMeccanica dipendentemente dai canoni da lui fissati, e se alquanto più sciolto ne fosse lo (il) Stampato nel Tom. X. dello nostre Blemoiie p. 481. Scritto dal Segretario Lombardi xxix stile, e qualche miglior ordine avesse egli dato alle sue idee, che in copia grande scorrono quasi rapido torrente dalla sua penna, questa produzione registrar potrebbesi fra i trattati fondamentali della Scienza. Che se aspirar non può a tal vanto non gli manca tuttavia il pregio della novità, e l'Autor suo gloriar puossi di avere arrichita la JMeccanica di nuovi mezzi che ne appalesano la verità dei principi . Clii può conoscere intimamente i vincoli che stringon fra loro la teorica e la pratica di una facoltà^ possiede i mezzi più acconci per avanzarne i progressi. A questo scopo diresse il Ferroiii una sua Memoria sulV uso della logistica nella co- struzione degli organi (12). Vorrebbe egli che lì fabbricatori di simili istrumenti conoscessero le belle proprietà della curva, che Logìstica si dimanda, e dopo di averli istruiti sulla teoria degli intervalli, propone loro la costruzione di una specie di piatta forma regolata da essa curva^ piatta forma che servir dovrebbe a determinar in pratica le rispettive lunghezze delle canne degli organi, ed a regolare il cosi detto temperamento musicale onde trovar speditamente l' intonazione sopra qua- lunque corda o nota. E ad animar vieppiù gli artefici a pra- ticar le sue istruzioni ; schiera loro innanzi le proprietà pra- tiche, direni così della Logistica, la quale mentre serve a de- terminar la scala delle potenze nelle leve^ e quella della di- latazione dei corpi, traccia pure la legge delle densità degli strati atmosferici, e l'altra delle altezze barometriche: né ciò è tutto, poiché estende essa il suo dominio sulla costruzione della Catenaria e delle curve affini, e ci guida a formare il solido, detto di ugual resistenza. Se il nostro Matematico conoscer si fece con le produzioni di cui finora io ragionai, versato anzi che nò nel calcolo puro, saggi più luminosi poi del saper suo ei ci lasciò in una delle più difficili fra le parti dell' Architettura , nella teorica e pratica, voglio dir delle Volte, la quale costituisce un ramo (12) Inserita nel Tom. XI. pag. 383 delle nostre Memorie. XXX Elogio di Pietro Feuroki dei più ameni e insieni più difficili della scienza dogli edifizj. Tre importanti oggetti si propose di trattare il Ferroni in una lunga memoria (i.)) relativa a questo argomento. Quello di ridurre la costruzione delle Volte ad un caso unico, semplice, e chiaro, al principio della Catenaria pienamente conforme. L'altro di spogliare l'appareccliio geometrico ed analitico che nelle opere degli scrittori di questa materia si incontra, da tutto ciò che avvi di superlluo onde facilitar covi l'intelli- genza delle leggi dell' equilibrio. E per ultimo cercò l'Autore di restringere ad una sola regola classica la costruzione pra" tica di (jualunque arco, e tli anmiaestrar gli Architetti con hen adatti metodi grafici approssimativi a tracciar le curve delle Volte di qualunque ampiezza, senza aver duopo delle i'ormole analitiche, le quali hen sovente riescono di maneg- gio dillicile per chi non fu instituito nei più sublimi arcani della scienza della quantità. Se nella trattazione della materia ei segue 1' ordine delle idee da altri Autori tenuto^, diversa è la via, che hatte nel- r esporre i proprj pensieri, perche procura ognora, attenen- dosi alla sintesi, di semplificar la soluzione dei prohlemi, e le dimostrazioni dei varj teoremi su gli archi, e le Volte ; né contento di considerare il caso dell' equilibrio loro in un aspetto, cerca di scoprirne le leggi per vie divei'se, che però tutte il conducono ad ottenere gli stessi risultamenti ai quali giunsero col mezzo di intricate I'ormole De la llire, Clairaut, Bossut ed altri insigni geometri. Oggetto precipuo di questo scritto del Ferroni si è poi di ridurre per quanto può, tutti i casi di ef[uilibrio al fondamentale principio della Catenaria, e mentre ciò ei fa, esamina contemporaneamente i varj para- dossi, che in queste astruse teorie si incontrano, e special- mente quello sulla giuntura dell' ultimo cuneo che poggia sul pie dritto di un arco, e l'altro che risulta dal supporre l'at- (i3j L'equilibrio de' Cieli conformati a mezza botte inserita nel Tom. XYIII. parte JNIatem. pag. 897 delle Memorie ec. Scritto dal Segretario Lombardi xxxi trito e la coesione del cunei infinita. E siccome nella pratica ilcir Arte la somma delle cose si riduce a conoscere il massi- mo, ed il minimo delle resistenze e delle pressioni, cosi egli offre agli Architetti le regole per conoscere entro quali li- miti fissar convien le misure delle Volte onde ottener questo scopo. JMa a giovar vieppiù tali costruzioni, immaginò egli di tracciare come fece, una serie di curve applicabili ad ogni special caso d' arco, o di Volta da edificarsi, e diede alcune applicazioni pratiche seguendo in ciò il metodo dall' equa- zione del Sig. De la Hire determinato per 1' equilibrio dei piè-dritti , ed accompagnando il tutto con la descrizione gra- fica delle curve più usate in questi casi, da lui stesso ele- gantemente disegnate. L' Italia di nobili ingegni feconda in ogni tempo, fra i diversi architetti che nel secolo sedicesimo eresssero tante fab- brichcj le quali formano la maraviglia degli stranieri, novera Bartolommeo Ammanali Battiferro di Fiorenza. Disegnò questi ed esegui suU' Arno 1' elegante Ponte detto di S. Trinità che forma uno dei più begli ornamenti di quella magnifica città. Cre- devasi dai più che la curva degli archi la quale oltremodo schiac- ciata si rappresenta all' occhio , composta fosse di due rami eguali di parabola, che si unissero alla chiave con un po' di sesto acuto, dall' Architetto ingegnosamente nascosto con men- soletta che figura come cuneo stringente 1' arco in sommità. Questo edifizio somministrò al Ferroni utile argomento per altro scritto architettonico (i4) : fece egli misurar esattamente questo bel Ponte dal Sig. Ingegnere Giuseppe Salvetti che tracciò inoltre la curva degli archi ; e cosi a scuoprir si ven- ne non essere questa parabolica ma bensì un ovato a più di tre centri. Molte cognizioni alla pratica dell' Arte vantaggiosa racchiude questa Memoria, e per disegnar le curve delle Volte, e per conoscer quelle di molti fra i ponti costruiti in Euro- (i4) Della vera curya degli archi del ponte di S. Trinità di Firenze, Memoria in- serita nel Tom. XIV. parte I. pag. 8. delle Memorie ec. XXXII Elogio di Pietro Fekroni pa onde valersene alla opportunità ; ma può specialmente gio- vare agli Architetti posteriori alPAnunanati il confronto tla cui a suo j)arore, si evince che le regole di (juel celebre nomo preferir dehbonsi da chi voglia comltinar la solidità dell' Arco o Volta con la sveltezza e col hiion garbo che presentar deve all' occhio dell' osservatore intelligente. Mentre con questi scritti sidl' Architettura giovava il Ferroni la scienza, procu- rava inultrc alle classi diverse dei commercianti e compratori una reci[>roca gaianzia^, proponendo al pubblico una stadera men dilettosa e più comoda di ipielle finor canosciute (i5). Una nuova, ed ingegnosa forma del peso o Romano il cui fulcro sta costantemente con questa mutazione sulla retta nella quale trovasi quello della stadera, ed una spranga poli- gona raccomandata a vite alla rimanente macchina, formano due utili mutazioni dall' Autor nostro introdotte nella costru- zione delle stadere. Mentre infatti col primo trovato si rende il movimento della stadera più regolare, si ottiene col secondo r intento di pesare con lo stesso marco le merci giusta la divisione dei pesi di varie nazioni, poiché basta segnare sulle faccio del prisma poligono la divisione corrispondente al paese di cui si desidera di conoscere i pesi, e si avrà V intento de- siderato. Ed a rendere più utile questo scritto, si estende il Ferroni a prescriver le regole migliori che "li artefici scn;uir debbono nel costruir tali macchine, e suggerir loro quelle av- vertenze che più all'uopo ei giudica per l'esattezza delle bi- lancio, e stadere ; scioglie alcuni facili ma eleganti problemi sulle loro dimensioni in pratica, ed addita 1 mezzi più idonei per dividei^le in modo che si possano conoscere precisamente le unità, e le frazioni dei pesi (lO). La storia delle scienze matematiche dal nostro Autore a fondo conosciuta, e che formò direni così, precipuo argomento (i5) Memoria che tros-asi nel Tomo XVIII. parte Matem. pag. 417 dei nostri Atti. (1(1) Il Ferroni ebbe a compagno in questo lavoro il Sig. Soalliat uffizial del genio Francese. Scritto dal Segretario Lombardi xxxiii delle discussioni sue in quasi tutte le Memorie da lui pub- blicate, questa storia fu già scritta per intiero dall' illustre francese Montucla. Qualora però egli parlar dovette dei no- stri Italiani, o non fu in molti incontri abbastanza esatto nel riferirne le scoperte, o non si diffuse quanto doveva, nel- r esporne i meriti. Geloso il Terroni del patrio onore, rilevò alcuni di tali errori del Montucla nell' articolo che riseuar- da il celebre Geometra Fiorentino Viviani, di cui il Ferroni conoscer fece diffusamente 1' opera che ha per titolo Centro- barycorum che in parte restò inedita. Mentre il Viviani ad un principio unico con singolare evidenza dimostrato appoggiò alcuni eleganti teoremi sulle figure conterminate da linee curve, seppe egli destramente introdurre in quest' opera l' altro principio fecondissimo de- gl' indivisibili ed opportunamente se ne prevalse, il che ac- cresce i suoi meriti d'assai, come il nostro Aijtore ci fa con ogni ragione rilevare. Alla storia delle Scienze naturali appartengono pure due altre produzioni dell' infaticabil nostro scrittore, 1' una in cui traccia rapidamente, e con uno stile più sciolto dell' usato, il metodo tenuto per risanare le maremme toscane, e cosi fa- cendo ci lasciò un' utile memoria in cui addita le regole pra- tiche da seguirsi per condurre a buon termine il prosciuga- mento delle valli. Alcune ricerche idrometriche sul fiume Arno formano il secondo dei nominati scritti del Ferroni, nel quale dopo di aver egli ricordate con 1' appoggio dei docu- menti le varie inondazioni che questo fiume dai piìi remoti tempi fino a noi produsse, si propone a sciogliere l' impor- tante quesito. ..,v,!(.. : ?•.- • : i " Se, ed in qual progresso di tempo si facesse all'arte " impossibile di contener 1' Arno ne' suoi ripari, o all' incon- "■ tro se mai convenisse di abbandonare i dintorni (17). L'esame (17) Queste due Memorie furono lette dal Ferroni nell'Accademia Fiorentina dei Georgotill, e si trovano stampate negli Atti della medesima. ' Torno XXII. E xxxiv Elogio di Pietro Ferroxi dei fatti accaduti confrontati con li piincipii teorici della scienza idraulica lo condussero a far rivivere il principio, che a moderar la ra|)idità delle piene dei nostri fiumi, causa prin- cipale delle inondazioni, coltivar del)I)onsi sui dossi degli Apen- nini le selve e impedir la smoderata coltivazione dei monti, come giù da un st^colo e piii insegnava 1' illustre Viviani. L' attività sorprendente, dote particolare del Ferroni, ed i molti talenti di cui era fornito, lo reiidetter capace di ver- sare SI nella teorica, sì nella pratica delle scienze naturali, e di coltivar pur anche come già acce.inai le amene lettere con fausto successo, talché si meritò di presiedere in patria la ri- nomata Accademia della Crusca negli atti della quale inserì alcune sue brevi memorie (io). Ed allorquando ei venne meno, il Chiarissimo Segretario dell' Accademia Sig. Abbate Gio. Battista Zanonij che le buone lettere già da qualche tempo perdettero, ne pubblicò Telogio che è inserito nel terzo Volume degli atti stessi (lo)- Nò io tacer debbo che mentre il suo encomiatore in lui riconobbe acutezza di talenti e vastità di sapere, tuttavia disse come questo scienziato estender volendo oltre ogni confine la sfera delle proprie cognizioni, penetrar non potè ben addentro negli arcani delle scienze sublimi, e possederle a fondo , e come il soverchio amore di erudizione e l'irrequieta smania di spargerla in quasi tutte le sue pro- duzioni, le rendette non rade volte piuttosto oscure e fati- cose ad essere intese, specialmente perchè disvia il lettore dal precipuo argomento che imprende a trattare. Animato poi come egli era da un' ardente brama di portar dovunque la face della critica e di esaltar forse un po' troppo le proprie idee non tutte sicuramente nuove, maraviglia non è se trovò (i8) Illustrazione c'i varj passi della Divina Commedia ec. Lezioni (atti dell'Ac- cademia della Crusca T. I pag. i. 12.5 ). Nel Tomo III poi trovasi a pag. 8ij I' e- stratto di una Lezione dello stesso sull' importanza di posseder bene i linguaggi delie scienze di cui si vuol scrivere la storia. (19) Alla pag. 391. Scritto dal Segretario Lombardi xxxv oppositori, e fermi che piìi di una volta acremente impugna- rono le sue massime. Se questo Matematico riconoscer non puossi a dir vero, esente da tali mende, retaggio infausto dell'umana condizione, e se mostrossi egli forse avido un po' troppo di gloria, la quale come acuto sprone punge ognora 1' uomo da nobili e generosi sentimenti animato ; ciò nulla ostante saper devesi a sua giusta laude che godette in patria sommo credito, e men- tre con le moltiplici sue produzioni cercò di giovare ogni maniera di buoni studj, occupossi ad un tempo della pubblica amministrazione a cui dagl'anni suoi più verdi chiamato avevalo il magnanimo Gran Duca Leopoldo. Parte attiva ebbe perciò il Ferroni in quasi tutte le idrauliche operazioni che quel Principe eseguir fece a sollievo della maremma, della Val di Nievole, ed altrove, e seppe meritar per tal modo la sovrana approva- zione, che destinato venne a Matematico Regio. Non impren- devasi perciò progetto alcuno di costruzione idraulica in To- scana, né si cominciavan bonificazioni di valli, né si cambia- van massime in questo ramo di amministrazion pubblica, se non ascoltavasi il voto dell' Autor nostro che indefesso nella fatica, apriva a tutti il parer suo, e promoveva per ogni modo i pubblici lavori al vantaggio diretti di quella ognor crescente popolazione. E nuovi benefici influssi questa sperimentò per parte di Ferroni, allorché rivolse egli li studj suoi alla legi- slazione economica. Imperocché comparve questi fra li pro- pagatori più zelanti di quelle auree verità, che modificando alcune leggi, svincolarono il commercio in Toscana, e ne ani- marono r industria ; protesse la pratica agricoltura, e chiamato in seno alla benemerita Accademia dei Georgofili, più volte sentir si fece in quelle Adunanze, ora a disputar questioni interessanti la patiia coltivazione, ora a proporre nuovi mezzi di industria per vantaggiar la situazione dei coloni Toscani, ora all' uopo di corregger gli abusi da una lunga e cieca pra- tica neir agricoltura introdotti, ogni fatica e pensiero consa- crando sempre alla pubblica prosperità. XXXVI Elogio di Pietro Ferroni Ben conobl)ero I pregi di quest' uomo insigne i vaij Go- verni che rapidamente si avvicendarono in Toscana^ poiché se il Gran Duca Leopoldo fu de' suoi favori hirgo e munifico dispensatore al Ferroni, il suo successore Ferdinando non mostrossi al Padre inferiore nello stimarlo. E quando un' infelice Borbone dominò quelle amene pro- vincie, rispettò gli onori, ed i titoli dei quali era decorato il nostro iMatematico, a cui allorché la Toscana ubbidì alla Fran- cia^ toccò r onorevole incarico di formar parte della commis- siono destinata all' impianto del nuovo sistema di pesi, e mi- sure. Il Ferroni frattanto in mezzo alla varietà dei casi, che la rapida successione di tanti moderatori della pubblica cosa necessariamente condusse, seppe conservar la fama acquistata, ed allorquando le armi invitte dei collegati Monarchi rista- bilirono in Italia gli esuli suoi Principi, un nuovo testimonio ci ricevette della buona opinione di cui godeva, poiché il So- vrano Ferdinando negli aviti dominj rientrato, e che la To- scana or piange estinto, lo scelse fra i Deputati alla compila- zione del nuovo Catasto. Rispettato l'Autor nostro e stimato in Patria, perché al vantaggio de' suoi concittadini diresse ognora le studiose sue cure, godè anche presso gli esteri di non dubbia fama, perloc- ché le Accademie Italiane e d' Oltremonte si fecer premura di annoverarlo fra i loro collaboratori, e giovaronsi de' suoi lumi, e mentre esse così facendo riconobbero i distinti di lui meriti, egli a vicenda con l'arrichire delle sue produzioni scientifiche i loro atti, contribuì a conservar tra noi 1' amor delle Scienze e delle buone Arti, e cercò di favorirne ognora i progressi (20), (ic) Ferroni mori sui primi di Novembre dell' anno iSaS. XXXVII ELOGIO STORICO DEL CAVALIER GIO. BATTISTA PALLETTA PROFESSOR DI ANATOIIIA E CAPO CHIRURGO AL GRANDE SPEDALE DI MILANO acuito DAL SIG. DOTTOR MARCO PALLETTA .-";' Ricevuto adi i. Aprile 1887. ;? V/uegli è sommamente benemerito della Società, il quale ar- richito delle più pregevoli qualità delTanimo, delle più soli- de virtù, la sua vita consacra ad illustrare e promuovere le utili Scienze e se stesso e le cognizioni sue indefessamente consacra al sollievo della bisognosa umanità. Tale fu certamente il Cavaliere Gian Battista Palletta Professore di Anatomia e Capo-chirurgo nel grande Spedale di Milano, membro della Società Italiana delle Scienze la cui memoria quanto cara e compianta da' suoi contemporanei, altrettanto è degna si rac- comandi alla venerazione ed all' esempio de' posteri. Nacque egli il 18 Aprile 1748 in Monte Crestese terra vicina di Domodossola nell'alto Novarese da poco facoltosi parenti i quali lui solo poterono destinare ad una particolare educazione. Fu pertanto inviato di buon' ora alle scuole dei PP. Ge- suiti che erano in Briga piccola Città della Repubblica del Vallese , ove dedicossi con non ordinaria lode alle umane lettere ed alla Filosofia. Di là passò sul finire del 1767 in Milano ove fu ammesso alle scuole mediche, (i) le quali in quel (i) Studiò ma per pochi mesi soltanto la Giurisprudenza ( Ferrano Dott. Giuseppe della vita e degli scritti del Prof. Palletta pag. 9. ) .,.,,_ XXXVIII Elogio di G. B. Palletta grande Spedale tenevansi dai valenti maestri Moscati, Patrini e Gallaroli, spezie di Collegio di alcuni Medici e Chirui"lii i quali allogiati nello Spedale stesso^ ed impiegandosi giusta il grado delle loro cognizioni alla cura degli infermi ivi ricove- rati, attingevano nel tempo istesso e dalla voce e dall' esem- pio dei loro maestri e dalla propria esperienza l'arte di gua- rire. Piammentavano ancora non ha molt' anni, li suoi colleghi con quale avidità v' abbracciasse il Palletta ogni occasione a que' tempi ancor rara di trarre dal cadavei'e stesso le sue ana- tomiche cognizioni delle quali sentiva la somma importanza, siccome di essenziale londamento ad ogni medica djsciplina. Dopo sei anni di iniziamento (2) vale a dire nel 1772 recossi a Padova, e nel successivo anno riportò in quello studio ri- putatissimo il diploma di DIedico Filosofo, segnato fra gli altri da quel medesimo celeberrimo Stratico che fu poi suo collega ed il Nestore nel!' Istituto Italiano. Rivenuto in Milano fu l'anno stesso nominato a chirurgo secondario dello Spedale^ quindi prosettore anatomico, e dopo ottenuto il grado accademico in Chirurgia nella Università Pavese, già dal 1780 sedeva al posto di Capo-Chirurgo dello Spedale stesso. E certo, ed è escito di bocca dello stesso Palletta che egli era stato prescelto ad occupare la cattedra di Anatomia in Mantova, ove l'Augusta INIaria Teresa aveva divisato di eri- gere una Università, ciò che poi non ebbe luogo. Non se ne saprebbe però fissare l'epoca precisa, come neppure può fissarsi il tempo in cui incominciò le sue dimostrazioni di Anatomia ed a tenere insegnamento clinico chirurgico, incombenze al- lora forse annesse alla carica di Capo-Chirurgo. (a) Ecco l'attestato clie gli fece il Gallaroli. ((Ornatissimum adolescentera Joan- ova gubernaculi testis Hunterianl et tunlcae vaglna- lis anatomica descriptio ubi etiam liarutn partium vitia breviter i-ecensentur. Mediolani 1777. Descrizione d'uno Scbeletro deforme ivi 1777. Inserita nel T.° III. pag. 4^2, della scelta di Opuscoli Milanesi. " Unita a questa descrizione veramente interessante il "• P. Palletta diede una dissertazione sulle varie defor- " mità delle ossa e sui loro nomi già notati dagli " antichi. „ .' ,, . Splenitis phlegmonoides, ossia vera infiammazione di Milza; inserita nel suddetto Tomo III. pag. 32.1. 1780. Trattato delle malattie dei bambini di Nicolò Rosen De Rosenstein. Traduzione dal Tedesco con note di G. B. Palletta. Milano 1780. "' Il Sig. Dottor Ferrarlo ha ristampate nella citata " vita le note fatte dal P. Palletta al trattato di " Rosen. „ Memoria sui Gelsi delDottor G.B. Palletta che riportò il premio proposto dalla Società patriottica di Milano col programma dell' anno 1778. " Vedi gli atti di detta " Società Mil. 1783. Voi. 1° parte 1^ pag. 39. „ 1781. Dimostrare con più sicurezza se l'aria fissa sia appli- Tomo XXII. G I, Elogio di G. B. Palletta (■a]>ile con vantaggio o no In qualche sorta di malat- tia. Dissertazione premiata coW Accessit dell'Accademia di Mantova pel concorso del 1780 ivi I78r. Riflessioni sopra la Pubitomia inserite nel N." XI del Giornale per servire alla storia ragionata della Medi- cina. Venezia 4 Giugno 1781. 1782. Trismus a Mercurio, inserito nel Tomo II scelta di opu- scoli ]Mil. 1782 pag. 4<^4. 1784. De Nervis crotapliitico et buccinatorio. Medlolani 1784. 4-° Figurato " In questa memoria presenta l'Autore '■' una descrizione anatomica esattissima suU' origine " di questi nervi, sull'andamento e distribuzioni delle '• più esili loro diramazioni, e poscia parla del loro " uso. „ 1785. Ragguagli di alcuni sperimenti fatti negli anni 1784 lyuS nello Spedale di JMiiano intorno all' efEcacia delle Lucertole prese internamente inseriti nel T." Vili della scelta di opuscoli di ]Milano. Adversaria Chirurgica. Mediolani 178.5 4-° F'g- Tre ar- gomenti contengono questi Adversaria Chirurgica. I. De Claudicatione congenita. II. Saggio di sperienze sul sangue umano caldo. III. Osservazioni anatomico- patologiche sulla cifosi paralitica. 1791. Del modo di curare la frattura del collo del femore di Hermanno Giuseppe Brùnninghausen, traduzione. Mi- lano 1791 . Fig. 1793. Osservazioni sopra i mezzi impiegati dalla natura per riparare alle lesioni degli intestini che portano seco trista necessità dell' ano artificiale. Sono inserite nel T.° VIII pag. 435 del Giornale per servire alla Storia della Medicina. Venezia 1793. Sulla successiva riduzione dell' omero lussato inserita nello stesso T.° Vili. 1795. Dissertazioni di Chirurgia di GIo. Battista Palletta. Ve- nezia 1795. Scritto dal Dottor Palletta li Eccone V Indice '"'^ ' •';■ - \ Osservazioni anatomico patologiche intorno all' articola- zione del femore. ' : Della semilussazione. Della Puntura della vescica orinarla. Della colica fecale. Osservazioni sopra alcuni morbi dell' intestino retto. Osservazioni sullo scirro delle poppe. Gli argomenti ( così si esprimono gli Editori del Gior- nale ) intorno ai quali si aggirano queste disserta- " zìoni sono dei più importanti della patologia non " meno che della pratica chirurgica, e la maniera con ''■ cui vi sono trattati corrisponde per nostro avviso " alla loro importanza. Il Ch. Autore vi si manifesta " dappertutto^ qual egli è infatti, uno dei più dotti e '' sperimentati Chirurghi che abbia ora l'Italia. „ Trattamento usato con quattro persone morsicate da cane. Della nociva qualità de' frutti del nespolo e del faggio (V. il T." IX e il X del Giornale della più recente Letteratura Medico-Chirurgica d' Europa stampato a Milano.) 1796. Osservazioni patologico-chirurgiche sull' Anevrisma inse- rite nel Voi. XI del citato Giornale di Venezia distri- buite in quattro articoli. " Queste osservazioni possono considerarsi come un " buon trattato pratico di tale malattia. „ 1804. Osservazioni pratiche di Chirurgia inserite nelle memo- rie dell' Istituto Italiano e sono. Cura del Polipo ute- rino. Idrocele nelle Donne. Ernia vaginale. Litotomia celslana. 1808. Del Parto pel braccio. Nelle memorie dell' Istituto suac- cennato. " - i8r6. Della Vescichetta ombelicale. Nelle stesse Memorie. Sul morso del cane ivi. Lii Elogio di G. B. Palletta Sopra niin frattura d'omero, ivi. lui-. Estratto della memoria di Fanzago del 1816 sull'ulcera dell' Aorta, ivi. 1810. Considerazioni sopra le Varici inserite nel Tomo T. delle Esercitazioni scientifiche dell' Ateneo di Venezia. luiQ. Dello spasimo della taccia nelle memorie dell'Istituto. Storia di una Matrice amputata letta fino dal a4 Giu- gno iSia all'I. R. Istituto. Le seguenti memorie trovatisi negli Atti dell' Istituto suddetto. 1821. Sul morso della Vipera. Osservazione di un Glossocele. Narrazione di una Sinfiseotomia. luaB. Ricerche sopra la malattia *^e bambini detta Induri- mento cellidare. Memorie due. 182,4. Intorno all' uso medico del peperino. Su alcune singolari fratture d'ossa. Milano i82,4' Fig. Intorno alla storia dei mali venerei. 182,6. Sulle mummie Egizie. Sulle recenti opinioni intorno al morbo petecchiale. 1827. Sulle macchine fumigatone. Tutte queste produzioni trovansi negli atti del citato Istituto. Exercitationes pathologìcae. Mediolani 1820-1826. To- mi due in F.° "■ Il primo volume contiene i43 articoli ed il secondo " 106 i quali spettano in gran parte all' utero edalle " sue dipendenze ed alla vescica orinarla. ,, Questi due Volumi sono corredati di dodici tavole incise in rame, sono stesi con aurea latinità e per avere una succinta idea dell' importanza di quanto contengono si riporta qui il seguente : Scritto dal Dottor Palletta lui Editorìs Monìtum. ■ \ Quae ante hos tiìgìnta et amjAius annos opuscula chirur- gici argumenti vulgaverat auctor, cum a viris cloctis non im- probata fuisne intellexisse£, auctiora^ atque^ quantum liceret., emendatiora^ proni diuturnior rerum usus edocuerat, denuo typis edere constituerat. Adhortabatur ad id potissimum, dum cum ilio familiariter hic versaretur, ci. Josephus Wenzel Ma- guntinus M. D., qui etiam prioribus capitibus aliquot notas adjicere voluit de iis rebus, quae vel ipsemet in valetudina- riis vel celeberrimi in Germania viri observaverunt. Verum eodem optimo viro, quem maxime lugemus^ praematura morte abreptOj et auctore tum anatomicisj tura clinicis administra- tionibus distracto, in hanc diem inceptum opuscnlum differre iiecesse fuit, in qua otium ab infortunio nactus est ea colli- gendi, quae dispersa et inculta jacebant. ).)oO .'■.'!<.;'S[<.'.\ ACCADEMIE E SOCIETÀ SCIENTIFICHE alle quali fu ascritto il Prof. Ciò. Battista Palletta, ^n Queste notìzie sono tratte dalla citata vita di Palletta. .^ ■ ,. Anni. '' • ' ■''■ '" 1780. Società patriottica di Milano che intitolavasi d'Agricol- tura e d' Arti della quale fu nominato Socio corrispon- dente ed ottenne il premio di Zecchini 7.5 per una memoria sui Gelsi presentata al concorso aperto dalla Società stessa nel 1778. Nell'anno 1790 fu poi nomi- nato Socio sedente. ~ ^.; ,;:j> 1790. Accademia Gioseffiiia Medico-Chirurgica di Vienna. 1801. Collegio dei Filosofi e Medici di Venezia. i8o3. Istituto Italiano. • •■ ' ' 'ì-'^io;, 1806. Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Genova. 1807. Società Medica di Bologna. 182C. Accademia Medico Chirurgica di Napoli. i8i3. Socio attuale della Società Italiana delle Scienze Resi- dente in Modena. ' • ■ .-' :•• : . LIV ELOGIO DEL PROFESSORE ANTON-MARIA VASS ALLI-E ANDI SCrdTTO DAL DOTTORE SECONDO BERRUTI PROFESSORE DI FISIOLOGIA NELLA R. UNI'V'TRSITA' DI TOREN'O Ricevuto adì 11. Dicembre 1837. iNacque Vassalli il dì 3o geniiajo del 1761 in Torino da onesti parenti. Dotato di debole costituzione ebbe sin dal suo nascere a lottare contro le infermità che non sembravano volerteli permettere di superare i primi confini della vita ; od almeno parevano dover porre un invincibile ostacolo allo sviluppo di quelle Facoltà, colle quali egli procacciossi poi ragguardevole fama fra i dotti. Le cure dell' affettuosissima madre , 1' edu- cazione scientifica ricevuta dall' ottimo di lui zio materno pro- fessore Eandi degno successore del celebre Beccaria nella cat- tedra di Fisica della R. Università di Torino ; un genere di vita costantemente regolare e morigerato , uno spirito non or- dinario e tenace ne' suoi propositi, sono i mezzi coi quali egli potò ottenere quanto dalia natura sembravagli negato. All'età di tre anni Vassalli perdette il padre, e venne accolto quale tenero figlio dal suddetto zio, a cui sì fatta- mente si strinse coi vincoli della più sincera riconoscenza, e con quelli della più alta stima ed amicizia^ che per non averlo mai più ad abbandonare, e per non esser mai più da lui di- sgiunto, neppur di nome, vestito l'abito religioso e ricevuti con lode tutti gli ordini sacri, coltivò col massimo impegno Scritto dal Dottor Berruti tur» le scienze naturali, nelle quali vedeva l'Eandi primeggiare, ed aggiunse il cognome dello zio al suo^ con nuli' altro nome volendo più esser chiamato che con quello di Vassalli-Eandi. Quando poi V Eandi^ cedendo al peso degli anni e delle fa- tiche cessò di vivere nel 1800, poco mancò che il Vassalli lo seguisse nella tomba ; né altro sollievo potè trovare all' im- menso suo dolore, fuori quello di scriverne le notizie isteri- che, le quali pubblicate nei volumi della R. Accademia delle Scienze di Torino, onorarono ugualmente la memoria di quello cui sono dirette, ed il nome di chi le dettò. Desiderando il Vassalli sin dalla sua prima gioventù de- dicarsi alla carriera dell' istruzione^ presentossi nel 1779 al concorso d' un posto gratuito nel R. Collegio delle provincia nella facoltà di filosofia e belle lettere^ dalla quale solevano esser presi tutti i Professori di tale facoltà, ed ottenne l'am- bito posto superando tutti gli altri concorrenti nelT esame a ciò destinato. Entrato in Collegio non tardò molto a cattivarsi col suo spirito vivace, col suo carattere sincero e dolce, e colle sue estese cognizioni la stima e 1' amicizia de' suoi compagni, non meno che 1' amore e la considerazione de' suoi superiori ; ed in breve cotanto si distinse, che nel 1780 venne nominato Ripetitore di geometria nello stesso collegio, e cinque anni dopo fu prescelto ad occupare la cattedra di filosofia a Tor- tona, la quale per l' addietro era sempre stata coperta da re- ligiosi regolari. Per rendere ai Tortonesi il più che fosse possibile utili e dilettevoli le sue lezioni Vassalli che dal Beccaria e dall' Eandi avea appresa l'arte d' esperimentare, procurò per quanto le circostanze glielo permettevano, sin dal primo anno del suo insegnamento in quella città, di mostrare con appositi esperi- menti la verità e l' utile applicazione di quanto diceva dalla cattedra, e perciò aggiunse all'aritmetica ordinaria la mercan- tile, ed alla geometria le pratiche applicazioni, conducendo secolui nei giorni di vacanza gli scolari a provarle nei campi LVi Elogio del Prof. Vassalli Eandi e nelle case ; ed ottenne dal Riformatore i mezzi onde fare parecchie spese necessarie per dare un corso di esperienze e dimostrazioni fisiche, alle quali intervenivano molti cospicui personaggi non solo della città, ma ancora forestieri. Onesto suo nuovo metodo d' insegnare^ ed i var') scritti importanti eh' egli andava pubblicando, frutto delle nioltiplici ed ingegnose sue esperienze fisiche ed agrarie, gli procurarono una tale riputazione nel paese ed all' estero, che molti grandi lo trattarono con singolare stima ed amorevolezza, e molti uo- mini di grido desiderarono la sua corrispondenza, come lo di- mostrano le varie sue lettere concernenti la fisica, la meteo- rologia e r agraria dirette a diversi fra gli scienziati di mag- gior rinomanza che allora vivessero, le quali furono pubblicate per la profondità e la varietà delle dottrine che racchiudono. Il Cardinale Costa d' Arignano eletto in quel tempo ca- po del INIagistrato della Riforma degli studj di Torino, uomo dottissimo essendo, apprezzava assai i meriti del Vassalli; e giudicando essere Tortona campo troppo ristretto a così vasto indegno, ed a tanta dottrina, lo chiamò con R. patenti del 3 Agosto 179ÌÌ a Torino in qualità di Professore sostituito di Fisica nella R. Università, ove 1' Eandi sin dal 1788 era stato nominato professore effettivo dopo la morte del Beccaria; ed incaricoUo di scrivere e pubblicare, d'accordo col di lui zio Eandi i trattati di fisica, aritmetica e geometria ad uso delle T\.. Scuole. Nel mese d'Agosto del 1793 venne loro aflìdata questa dilEcile opera, la quale prima del cominciare del mese di no- vembre dello stesso anno dovette essere stampata, perchè fosse distribuita in tutte le proviiicie nel riaprirsi il nuovo anno scolastico. Fu somma in conseguenza la fretta con la quale si scrissero questi trattati, i quali malgrado ciò otten. nero il j)iù grande favore presso tutti i dotti, vennero in va- rie università estere adottati per testo delle lezioni, e furono encomiati da tutti i giornali scientifici d' Italia e forestieri. La fisica particolarmente merita anche al giorno d' oggi Scritto dal Dottor Berruti lvii d' essere Ietta, quantunque questa scienza abbia fatti immensi progressi da quell' epoca in poi. Essa conteneva tutte le sco- perte le pili recenti, e presentava un trattato veramente com- piuto di fisica che suppliva con abbondanza alle cattedre di chimica e di storia naturale allora mancanti alla R. Università, ed anche a quella d' agricoltura. Fra i molti pregi di questo trattato non è forse l' ultimo quello di procacciare con una scelta bibliografia, e con nu- merose e dotte annotazioni una piìi ampia e facile istruzione ai professori ai quali nelle provincie mancano sovente i modi di procacciarsela altrimenti. Alle lezioni ed alle pubbliche dimostrazioni di fisica che il Vassalli faceva, prima in qualità di professore sostituito al Eandi, sino al 1800, e poi in quella di professore effettivo dal 1801 al 1814, intervenir solevano non solo una numerosa scolaresca, da cui egli era considerato quale padre amoroso, rna ancora moltissime persone d'ogni ceto e d'ogni rango, perchè egli non lasciava mai d' insegnare 1' applicazione della fisica a tutte le scienze ed a tutte le arti, e faceva conoscere tutte le scoperte fisiche che si andavano facendo, non meno che le macchine e gli stromenti di qualche utilità per lo stu- dio della fisica e per 1' avanzamento delle arti e delle mani- fatture. Massimo poi era l' impegno col quale egli cercava che le sue lezioni riescissero chiare, facili ed eminentemente uiili \, nel quale assunto egli senza grande difficoltà riesciva, non solo perchè era profondamente versato nella scienza, ina ancora perchè era fornito in grado eminente della difficile arte d'insegnare, la quale, al dire dello stesso Vassalli, in un pro- fessore è di tanta necessità, che con essa un mediocre sapere diviene più utile agli allievi, anzi che la più estesa e la più profonda dottrina separata dall' arte di esporla e d' insinuarla nell'animo della gioventù. Oltre modo contento era il Vassalli quando venne richia- mato da Tortona a Torino, perchè sperava che così non sa- rebbe mai più obbligato ad allontanarsi dall'amato suo zio Tomo XXII. H Lvni Elogio del Prof. Vassalli Eandi Eandi, e che avrebbe potuto dedicarsi con maggiori mezzi a suoi studj prediletti ed alle sue esperienze : ma la sorte avea destinato altrimenti. La grande riputazione ch'egli co' suoi scritti e colle sue esperienze si era acquistata, lu cagione che venisse eletto a lar parte di quel consesso di dotti d' ogni paese d' Europa, cui incumbeva il nobile e generoso incarico di far cessare i danni che provenivano imiversalmente dalla diversità inlinita delle misure, e di cercare V uniformità di queste dedotta da basi prese dalla natura perchè fossero in- variabili. L'Accademia di Paiigi fui dal 1790 avea nominata una commissione composta de' celebri La Grange, La Place, Monge e Coudorcet, la quale preparò molti materiali neces- sari per un cosi importante lavoro^, e fece misurare a tale og- getto dagli insigni Astronomi ]\Iechain e Delambre il più grande arco del meridiano che si fosse mai misurato, quello che passa da Dunkerque a Montiou,ed intanto fissava un me- tro provvisorio perchè potesse servire provvisoriamente di base onde dedurre tutte le altre misure. L' Istituto di Francia suc- ceduto all'Accademia, prima d' imprendere le discussioni e gli esperimenti che dovevano condurlo alla fissazione del metro definitivo, mostiò il desiderio che un gran numero di scien- ziati d'ogni paese concorresse alle sue sedate, ed avesse parte a' suoi lavori ed alle sue deliberazioni. Il governo Francese corrispose al nobile desiderio dell' Istituto invitando tutte le potenze alleate o neutre a mandare a Parigi Uomini capaci per la loro dottrina a tale oggetto. Il Piemonte rispose degna- mente a quest' invito incaricando da prima il Conte Balbo di rappresentarlo in quel consesso di dotti, come già Io rappre- sentava in qualità d'Ambasciatore presso quella corte; e no- minando poi nel mese di gennajo del 1799 il Vassalli depu- tato a Parigi della Counuissioue ilei pesi e misure^ in rimpiaz- zamento del Conte Ealbo, il (juale per cagioni politiche do- vette abbandonare quella Capitale. Giunto il Vassalli a Pariii;i venne presentato dal La Grande all' Istituto ed alla Società del Medico Poital, ove in brevissimo Scritto dal Dottor Berruti >Ì iix. \ tempo conobbe un grandissimo numero di persone dotte tanto forestieri che del paese, dalle quali poi ebbe in varie circo- stanze, ed in tempi difficilissimi gli attestati i più sinceri di leale stima e verace amicizia. Quanto poi egli siasi distinto fra gli scienziati radunati a Parigi per la determinazione del me- tro decimale, lo provano e ciò che di lui scrisse il Delambre in varj luoghi della sua opera intitolata: Base da systeme me- trìque ; e gli elogi che gli vennero compartiti dal Conte Bal- bo nella sua Terza lezione del metro sessagesimale ; ed il Sag- gio sul sistema metrico eh' egli pubblicò appena di ritorno da Parigi, di cui in pochi anni si fecero tre edizioni; ed ì\ Rap- porto eh' Egli lesse alla R. Accademia delle Scienze di Torino „ sui lavori della Commissione dei pesi e misure di Parigi, „ e sulle scoperte accidentali alle quali le diverse operazioni j, della Commissione diedero luogo. „ Per la vasta sua erudizione il Vassalli dava frequentemente notizie preziose; agli uni per servirsene in qualche lavoro che volessero pubblicare^ agli altri onde progredire nelle loro ri- cerche. Richiesto scriveva facilmente sopra molti soggetti, e quando alla Società Medica d' emulazione , alla quale inter- veniva sempre come Socio, fu proposto di stampare un volu- me e furono invitati tutti i Socj presenti a dare qualche scrit- to, il Vassalli presentò subito cinque titoli, dicendo che sce- gliessero a piacimento, giacché non aveva ancora alcun lavoro scritto, ma che lo avrebbe fatto per la prima adunanza. Fra i medesimi si trovava quello sopra le affinità dei gaz che ec- citò la curiosità di tutti gli Accademici, onde fu scelto di pre- ferenza, ed il Vassalli alla prima adunanza lesse il 3!emoire sur les affinités des gazs che trovasi nel terzo volume di quella Società: del quale lavoro il Bertholet fece onorevole menzio- ne nella sua statica chimica, riportando 1' opinione del Vas- salli su tale argomento, e di poco scostandosi dalla medesima. Osservando infatti il Vassalli che l'idrogeno ed il gaz aci- do carbonico in tubi cilindrici si mescolano coll'aria atmosfe- rica movendosi contro le leggi dell'idrostatica, e senza che Lx Ei.ocio DEL Prof. Vassalli Eandi quel moto e quella dilTLisione siano prodotti da alcuna agita- zinne meccanica o da cambiamento di temperatura, ne inferì essere ijnesto 1' efietto d'una vera affinità, la quale vuoisi da molti negare perchè la difFusione dei gaz gli uni negli altri non è accompagnata da variazione di temperatura^ nò da al- terazione nei volumi di essi, né produce sensibile cangiamento nelle rispettive proprietà dei gaz, le quali sono appena leg- giermente indebolite. INIalgrado tutto ciò il Bertholet appog- giato alle esperienze del Vassalli e ad altre da lui stesso ten- tate., credette non poter negar che i gaz si mescolano in virtù d' una azione reciproca per cui uniformemente si difFondono gli uni attraverso degli altri contro le leggi idrostatiche della gravità specifica. Vassalli-Eandi proffittò del suo soggiorno in Parigi per visitare minutamente tutte le istituzioni in quella Capitale esistenti che appartenevano alle scienze, alle lettere ed alle arti e manifature, ed a raccogliere preziosissime notizie con- cernenti l'istruzione pubblica, avendo egli sin d'allora l'in- tenzione di stampare un trattato compiuto su quest' argomen- to, di cui scrisse solo i cinquanta primi articoli che formano il primo volume della grandiosa sua opera, la quale per motivi particolari non potò mai essere pubblicata. In quest' opera il Vassalli trattando dell'educazione ed istruzione pubblica, co- mincia dalle ballie e viene grado grado indicando reducazione e l'istruzione che convien dare ad ogni classe di persone sino al perfezionamento nelle arti e nelle scienze, facendo servire i passeggi, gli almanacchi, i teatri, ogni cosa in somma all'istru- zione pubblica, con grandissimo vantaggio non solo delle scien- ze ma ancora della morale e della religione, ed in conseguen- za della pubblica felicità. Egli era tutto intento a raccogliere queste notizie quando ricevette con sua sorpresa da Torino la nuova eh' Egli era nominato memliro della consulta allora creata in Piemonte colle attribuzioni di corpo legislativo , e venne eccitato con l'eplicate istanze a restituirsi in patria ad occupare questo suo Scritto dal Dottor Berrutti lxi nuovo posto , nel quale , essendo Egli onestissimo e sincera-\^ mente affezionato al suo paese, non poteva a meno ci' incon- trare gravi e pericolosi dispiaceri ^ pei quali andò a rischio della vita. L'opposizione ch'Egli allora animosamente manife- stò alle non giuste mire di chi tutto poteva in quel tempo in Piemonte, fu una delle principali cagioni per cui la Consulta venne con decreto dei aS dicembre 1800 sospesa dalle sue funzioni, il che fu di grande consolazione pel Vassalli, perchè trovavasi così di nuovo libero di dedicarsi a suoi studj geniali, lungi dai tumulti delle cose pubbliche alle quali vedeva non poter recare quel bene che desiderava. Per qualche tempo in pena della sua opposizione fu vessato in varie guise e venne incolpato di delitti di società scerete contro il governo, ma poi infine vedendo essere la sua condotta sempre dedita quie- tamente alla pubblica istruzione, e che egli non occupavasi d'altro che di scienza, cessarono le persecuzioni, ed i suoi medesimi nemici gli diedero i maggiori attestati di stima, af- fidandogli le commissioni le più difficili nella carriera delle scienze in cui acqulstavasi tale nome, che Napoleone venuto nel mese di maggio del 180S in Alessandria a se chiamò il Vassalli per decorarlo colle sue proprie mani delle insegne della legion d'onore, in un con tre altri celeberrimi Accade- mici di Torino, Conte Saluzzo, Abate Caluso e Conte di S. Paolo, non quale prezzo di cieca adesione ad un partito, ma quale attestato di riconoscenza e stima che il pubblico gli doveva per le immense cure che si era preso pel comune bene, e per gli importanti suoi lavori scientifici. Nello stesso anno i8o5 Vassalli fu nominato membro e segretario del gran Consiglio d' amministrazione dell' Univer- sitàj nel quale impiego mostrò lo stesso carattere che in ogni altra occasione aveva mostrato, avendo sempre in mira il bene della patria pel quale aderiva ai potenti quando credeva che lo operassero, e loro francamente si opponeva quando credeva che si ingannassero nel giudicare. I lavori che maggiormente contribuirono alla rinomanza i.xit Elogio del Prof. Vassalli Eandi del Vas^alli-Eandl sono quelli ch'Egli pubblicò relativi alla elettricità, alla meteorologia ed alla agricoltura. Quella parte della fisica, dice Egli uella Pliysica ad siibalpinos , la quale tratta dell' elettricità fu ridotta a scienza da Franklin e dal nostro Beccaria, ed ai progressi di questa, soggiungeremo noi, contribuirono particolarmente i lavori dei celebri Galvani e Volta , e quelli del Vassalli-Eandi. Essendo egli in continua corrispondenza con questi due sommi Fisici, era sempre infor- mato delle esperienze ch'essi stavano facendo, e tosto le ri- peteva variandole pure in mille guise , ed i risultamenti di questi suoi esperimenti mandava a quei celebri Fisici, i quali accoglievano con uguale piacere tanto i dubbj eh' Egli pro- poneva contro ciò ch'essi credevano aver osservato, quanto la conferma dei loro esperimenti risultante da quelli eh' egli avca istituiti, e non mancavano mai di fare quegli altri ch'egli loro proponeva. Desiderando il Vassalli d'avere un elettrometro più del Saussuriano sensibile per poter ottenere segni d'elettricità da corpi che a quello non rispondevano, pensò nel 1787 di so- stituire alle piccole pallottole dell'elettrometro di Saussur delle listello di foglia d' oro, sapendo egli che i metalli non ossi- dabili sono i più deferenti, ed il risultato mostrò quanto giu- sto fosse il suo ragionamento, giacché 1' elettrometro che ne ottenne, segna venti gradi per ciascun grado dell'elettrometro a pagliette. Con tale elettrometro che col di lui nome deve essere chiamato, e non con quello del Bennet il quale dopo il Vassalli , quantunque nello stesso anno ne inventò uno si- nùle in Inghilterra, Egli per il primo ottenne manifesti segni d'elettricità dal ghiaccio raschiatovi sopra. Non potendone ot- tenere il Volta co' suoi elettrometri venne espressamente a Tortona a passare alcuni giorni col Vassalli per vedere le sue esperienze, e portò seco uno de' suoi più squisiti elettrome- tri, il quale appena giunto volle paragonare con quello del Vassalli , e veduto che questo era grandemente più sensibile del suo, conobbe tosto la cagione dei diversi risultamenti eh' essi avevano dalle stesse esperienze. Scritto dal Dottor Berruti ' lxiii Vassalli-Eandi esaminò col suo elettrometro vaij corpi nel loro stato naturale, e potè investigare la natura dei loro componenti relativamente alla loro elettricità. Egli al globo metallico dello stesso stromento sostituendo dischi, emisferi cavi, verghe recurve ed altri simili ordigni, esplorò tanto le mutazioni cui i corpi vanno soggetti nelle loro capacità per contenere il fluido elettrico, quanto le differenze che presenta lo stesso corpo nei diversi stati. Col medesimo corresse l'er- rore d'Achard, il quale asserì che un corpo il quale gode d'un elettricità propria non può essere elettrizzato per mezzo delle fregagioni d' un altro corpo della stessa natura: provò falso quanto il suo maestro Beccaria avea asserito, che di due corpi della stessa natura o simili, il corpo fregante dà la sua elet- tricità al corpo fregato: fu il primo a dimostrare che ogni me- tallo gode d' una elettricità diversa da lui determinata, e che lo stesso corpo dà all' elettrometro ora 1' elettricità positiva , ora la negativa secondo la diversa figura della parte raschian- te, e la diversa maniera di raschiare: il che prova che l'elet- tricità trovata per mezzo dell'elettrometro nei diversi corpi non è, almeno in molti casi , elettricità attuale residente nei medesimi, ma elettricità prodotta dal fregamento o dal sem- plice contatto cogli altri corpi. • •. : • . Ingegnoso si è, il modo ( dice il dotto ed insigne Cava- liere Prof. Carena ) con cui Vassalli-Eandi soleva accrescere la sensibilità del suo elettrometro: „ Si accosti al piattello „ dell' elettrometro un corpo fregato di conosciuta elettricità „ ( vetro o cera lacca ) e si tocchi ad un tempo stesso il piat- „ tello col dito della mano che tiene il corpo fregato allon- j, tanando poi in un medesimo istante il corpo fregato, ed il „ dito, le listerelle d'oro mettonsi in permanente divergenza, 5j mosse da un' elettricità contraria a quella del corpo frega- „ to: allora avvicinando al piatello quella particolar sostanza „ di cui uno vuole esplorare la qualità elettrica , si giudica „ di questa dall' accresciuta o diminuita divergenza delle li- „ sterelle j cioè, la elettricità del corpo che si esplora sarà nel Lxiv Elogio del Prof. Vassali Eandi prlino caso contraria, nel secondo identica con quella del 5j corpo (cera-lacca o jvetro ) con cui da prima l' elettrome- tro era stato coli' anzidetto artifizio elettrizzato.,, L' azione dell' elettricità sui corpi viventi venne dimos- trata dal Vassalli in varj scritti e principalmente in quello eh' egli fece a richiesta del celebre Carlo Bossi col titolo Ra- port sur r application de Velectricité et clu galvanìsme a l'art de guerir. Questo rapporto l'Accademia delle Scienze di To- rino volle che fosse pubblicato per farlo universalmente co- noscere ai medici, e fu in seguito ristampato a IMilano tradotto in Italiano dall'Abate Carlo Amoretti. Vassalli con esperienze decisive mostrò^ contro 1' opinione di Van-Marum che 1' elet- tricità aumenta direttamente l'azione del cuore e delle arte- rie; che le varie parti del corpo vivente sono dotate d' una diversa elettricità: che questa è sempre negativa nell' urina e negli escrementi , e che il sangue nello stato di salute gode d'un grado d'elettricità positiva quasi costante, malgrado le variazioni elettriche dell'aria; il quale grado d'elettricità del sangue cangia poi nello stato di malattia, diventando negativo nei casi di gravi infiammazioni, per lo [)iù latenti. Quest'os- servazione lo condusse a cercare se l'elettrometro non potreb- be essere, per cosi dire nn'' vitalitomctro. Tali esperienze sul!' elettricità del sangue e dell' orina istituite dal Vassalli-Eandi quando la dottrina dell'elettricità era appena nel suo nascere furono poi, ed in varj modi ripetute dal dotto o profondo Bellingeri che ne ottenne i medesimi risultati e che dedusse analofihe conseguenze. Vassalli-Eandi per l' amicizia e la continua corrisponden- za che aveva col Galvani fu mio dei primi a conoscerò le esperienze di questo grande Fisico suH' elettricità animale^ e non tardò punto a figurare colie sue proprie nella gran qui- stione insorta tra il Galvani ed il Volta sull' esistenza o non esistenza d'un' elettricità animale diversa dalla elettricità co- mune: ed appena egli ebbe dal Volta stesso notizie della im- portante scoperta da lui fatta della pila, si mise tosto a costrurre Scritto dal Dottor Berruti •■ lxv quest'apparato in mille modi diversi, e con ogni sorta di so- stanze liquide e solide, minerali, vegetabili ed animali; ed a tentare con esso un numero tale d' ingegnosissime esperienze che molto contribuì ai rapidi progressi che in breve ottenne quest' interessante parte della fisica, e meritossi d'essere pro- clamato per tutta Europa quale esperimentatore sagacissimo e fisico espertissimo. Vassalli ne' varj suoi scritti su quest' argomento eccitò molti dubbj contro 1' identità dei due fluidi voluta dal Volta^ ma anche mentre proponeva tali dubbj, dei quali alcuni non potevano essere sciolti prima delle recenti scoperte suU'elettro- dinamisrao. Egli non cessò mai dal ripetere ciò che aveva scritto nel 1799 e più chiaramente nel 1802, cioè ch'Egli risguardava il galvanismo come una modificazione dell' elettricità: modifi- cation ( disse ) qui rend ce fluide plus actif cornine la petite fiamme separèe par le chalumeau est infinemeiit plus ardente que la grande fiamme d' ou elle est tirèe. Vassalli Eandi fu il primo a dimostrare con esperienze galvaniche la fiirmazione dell' acido carbonico nella decompo- sizione dell'acqua per mezzo dei cosi detti metalli imperfet- ti, e prima d'ogni altro scompose colla pila l'acido nitrico con- centrato e l'alcool. Egli cimentando col galvanismo l'oro ed il platino bagnati in soluzioni saline^ come il muriato d' am- moniaca, osservò l' oro ossidarsi in giallo dal lato positivo ed in violetto dal lato negativo; e spiegò questi fisnomeni per mezzo dell' azione chimica del galvanismo sui componenti delle soluzioni ; dimostrando nello stesso tempo che lo svolgimento del fluido elettrico nella pila voltaica può essere prodotto da qualsiasi chimica scomposizione. Questa verità da lui scoperta venne pienamente confermata dalle recenti osservazioni^ e ser- ve ora di tondamento alla odierna teoria del voltaico elettromo- tore. Cosi il Vassalli Eandi fin dal principio del presente seco- lo, non solo discopriva la potenza chimica della pila con espe- rimenti affatto nuovi, ma annunziava pure la vera cagione di quella forza misteriosa che ne' suoi effetti condur dovea al Tomo XXII. I Lxvi Elogio del Prof. Vassalli Eandi rinnovamento della chimica e di tutta la dottrina molecolare. Chiamando Egli ad esame le varie opinioni emesse dagli au- tori sulle cagioni del terremoto, fu condotto a proporre molto prima del Davy che si potevano spiegare le affinità chimiche per mezzo della diversa elettricità naturale dei corpi ; e di- mostrando con ripetuti esperimenti tutta l'azione che il gal- vanismo esercita sui corpi viventi, tanto in istato di salute che in quello di malattia, provò, mediante esperienze fatte coi celebri Rossi e Giulio che il cuore, lo stomaco , gli inte- stini, la vescica orinarla ed i vasi arteriosi e linfatici sono messi in moto dal galvanismo, quantunque Volta, Mezzini ^ Valli, Klein, Pfaff, Bichat e Aldini asserissero il contrario. I numerosi scritti che Vassalli Eandi pubblicò spettanti alla meteorologia, tendono tutti ad indicare i vantaggi che si possono ricavare dalle osservazioni meteorologiche debitamente istituite per conoscere la storia naturale della nostra atmosfera; le cause delle modificazioni alle quali questa è sottoposta, l'in- fluenza di tali modificazioni sulle produzioni della terra e sulla sanità degli animali j infine per giungere a prevedere, se sia possibile, queste modificazioni, ed i loro effetti. Considerando Egli quanto mancanti generalmente siano le osservazioni me- teorologiche che tutto di si fanno, vide doversi ciò attribuire a diffetto negli strornenti coi quali tali osservazioni sono istituite. " Car ( dice Egli ) les journeaux raeteorologiques ne presen- ,, tent que les observations faites a trois ou quatre heures „ du jour: souvent T observation se fait au commencement „ d'une variation qui vaétre,oula fin d' une qui va cesser. „ On note 1' etat qu' on y observe en ignorant celui qui l'a j, précède. Plusieures heures après on en fait de mème. Si „ les observations se rencontrent on dit qu'il n'y en a point j, eu: et de cette maniere on attribue les effets a des causes „ qu' on ii'a vu qu' en partie , et que bien souvent ne sont 5, pas celles qui les ont produits. ,, Per ovviare a questo difetto Egli comunicò nel 1799 alla Società Italiana delle Scienze l' idea d' un barometro e d' un Scritto dal Dottor Berruti lxvii termometro di sua invenzione, i quali lasciano su di un tam- burro che gira sul proprio asse per trenta ore mediante un orologiOj la traccia delle loro variazioni marcate da pennelli bagnati nel carbonato di potassa colorito in rosso od in azzurro. E nel i8c3 avendo immaginata la costruzione d' un anemo- scopio e di un anemometro, i quali per mezzo d'un orologio notano a ciascun istante la direzione e la forza del vento ^ pensò servirsi dello stesso orologio per avere le traccio del barometro, del termometro, dell' igrometro e di altri stromen- ti meteorologici^ compresovi l'elettrometro ed il ceraunografo. Nominato nel i8c6 Direttore dell'osservatorio della R. Accademia delle Scienze di Torino, pubblicò in varj tempi non solo la serie delle osservazioni ivi da lui fatte da quell'epoca sino agli ultimi anni della sua vita, ma ancora quella delle osservazioni sullo stesso osservatorio istituite dal Conte Somis e dal Bonino dal 1757 all'epoca in cui Vassalli cominciò le sue: e paragonando mai sempre lo stato meteorologico dell'at- mosfera in ciascun anno collo stato sanitario degli uomini e colla quantità e qualità dei prodotti della terra, rese lo studio della meteorologia sommamente utile e dilettevole. Questo medesimo studio lo condusse necessariamente a fare particolare soggetto delle sue meditazioni i bolidi, le au- rore boreali, i terremoti, i turbini ed altri simili fenomeni, su ciascuno dei quali emise opinioni ed immaginò teorie che mo- strano la profondità e la sagacità del suo ingegno, non meno che la vastità della sua dottrina. Così nella sua memoria sopra il bolide degli \ 1 settem- bre 1784 Egli, dopo d'aver discusse tutte le opinioni sin'al- lora emesse sopra tale fenomeno , imprese a dimostrare colle più valide ragioni che quei globi di fuoco i quali sino allora si credevano prodotti dall' accensione di esalazioni solforose sparse per l'atmosfera, non sono altro che massi di fluido elet- trico, il quale passa per una qualche materia deferente da un luogo elettrico per eccesso ad un altro elettrico negativamen- te. Quest' opinione conforme alle nozioni che allora comincia- Lxviii Elogio del Prof. Vassalli Eandi vano ad aversi sulle leggi dell'elettricità, venne col massimo favore ricevuta da tutti i Fisici, sino a tanto che il Chladni e r Howard credettero poter asserire che i bolidi sono general- mente accompagnati dalla caduta delle meteoroliti , e quindi fecero rivivere l'opiiùone di Hallejo dal Vassalli già confutata, che i bolidi non siano che le meteoroliti. Se però attentamente si esamini, come ebln luogo a notare più diffusamente altro- ve, quanto in questi ultimi tempi si scrisse sui globi di fuoco che cadono dall'atmosfera, pare che se ne possa conchiudere ch'essi sono di due sorta: cioè o massi di pietra, o massi d' elettricità che cerca d' equilibrarsi: a quelli competerà il nome di meteoroliti, a questi quello di bolide. Le aurore boreali formano anch'oggi argomento di discus- sione presso i Fisici: in generale però si ammette che questo fenomeno non succede oltre i limiti della nostra atmosfera, giacche partecipa della rotazione tcrrestie ; e che esso dipende da particolari condizioni dell'elettricità atmosferica, poiché al suo comparire si sente non di rado uiìo strepito come di elettriche esplosioni, e 1' ago magnetico ne è vivamente affet- to. Tutto già notava il Vassalli nella citata sua opera sul bo- lide degli li settembre 17^4, nella quale cercava pure di spiegare in quale modo 1' elettricità atmosferica desse luogo allo stupendo fenomeno di cui si tratta. Le aurore boreali , dice egli, dipendono da ciò che i vapori elettrizzati, sparsi per r atmosfera vengono dal freddo polare condensati in nubi do- tate d' una grande quantità d'elettricità; questa mentre cerca d'equilibrarsi attrae dall'aria molti altri vapori, e li dispone lungo la strada che percorre, e produce varj fenomeni secondo la diversa copia d' elettricità e la diversa quantità di vapori. Non meno delle aurore boreali i tuibini e le trombe of- frono anche presentemente materia di quistioni ai fisici avidi di rintracciarne la vera cagione; e la spiegazione diedi queti fenomeni diede il Vassalli-Eandi nel 1017 è tuttora quella che più si accorda coi fatti conosciuti. Il celebre Humboldt volle che i turbini dipendano da due venti opposti, i quali venendosi Scritto dal Dottor Berruti lxix ad incontrare fanno ascendere la colonna d'aria contro cui sono spinti. Se però si osserva che i turbini di sabbia in Ame- rica e quelli di polvere in Europa non hanno luogo che in un' atmosfera calma , si vede tosto che questa teoria non regge. Vassalli fa dipendere i turbini e le trombe dal freddo della regione superiore dell' atmosfera^ e dice che 1' aria fredda su- periore discendendo sforzerà l' inferiore ad ascendere, la quale procurandosi un passaggio nello strato dell'aria superiore, pren- derà un movimento circolare per la stessa ragione che un si- mile movimento si fa vedere nell' acqua contenuta in un vaso che non ha che un foro al suo fondo. Tra i fenomeni dei quali ocupossi particolarmente il Vas- salli-Eandi annoverar devesi il terremoto. Essendo egli stato nel ioc8, incaricato dal governo di percorrere la provincia di Pinerolo per farvi osservazioni fisiche sulle cagioni e sugli effetti del terremoto che da alcuni mesi desolava quella pro- vincia; animato unicamente dal desiderio del pubblico bene^ senza sgomentarsi né per la fatica, né pei pericoli ai quali doveva esporsi, conservò sempre in camere fessurate, in mezzo a case rovinate e ad un popolo spaventato tutta la tranquil- lità che si può avere lungi da ogni pericolo, e così potè es- sere utile agli abitatori di quelle contrade^ animandone molti a rientrare nelle proprie case, facendo riparare alcune di que- ste, e preservando molti di essi da quelle malattie alle quali avrebbero senza dubbio soggiacciuto se avessero continuato a vivere all' aperta campagna, ripieni di spavento, come faceva- no prima; e potè istituire le più accurate osservazioni mine- ralogiche^ fisiche e chimiche necessarie per ben compiere la missione di cui era incaricato. Questa sua gita die luogo al rapporto che ne fece all'Accademia delle Scienze di Torino , il quale fu fatto di pubblico diritto d'ordine del Prefetto: ed al Saggio sopra il terremoto^ che trovasi stampato nel Volume XIV delle Memorie della Società Italiana, e nel quale Egli discusse tutte le opinioni risguardanti questo fenomeno. Tanto in questo che in altri suoi scritti sullo stesso ar- Lxx Elogio del Prof. Vassalli Eandi Tomento egli cercò dimostrare che il terremoto non si deve ascrivere all'azione dell'elettricità naturale, ma bensì alla decomposizione di varj minerali e principalmente delle piriti nel seno della terra. Da questa decomposizione si sviluppano secondo lui dei gaz, i quali non potendo penetrare attraverso i volti delle caverne , per la successiva loro produzione si condenseranno e saranno accesi pel calorico che si svolge, sia neir atto della decomposizione delle piriti , sia per la rapida condensazione di essi gaz. Tali combustioni sono, a suo av- viso, quelle che occasionano le scosse e gli altri fenomeni dei terremoti. Fin dal 1787 Vassalli mentre era Professore a Tortona, venne annoverato fra i membri corrispondenti della R. Acca- demia delle Scienze di Torino; ed essendo nel 1791 mancato ai vivi il celebre Cigna, l'Accademia stessa credette non poter in miglior modo riempiere il vuoto che la morte di questo esimio cultore delle scienze naturali lasciava nel suo seno , che acclamando il Vassalli-Eandi suo membro ordinario. La sua fama poi rendendosi ogni giorno maggiore. Egli fu succes- sivamente nominato da suoi Colleghi Presidente della classe delle scienze fisiche e matematiche. Segretario della stessa classe. Segretario perpetuo dell'Accademia. Con quanta gloria di se e dell' illustre corpo cui apparteneva, abbia occupato sino alla sua morte quest'ultimo onorevole posto, lo dimo- strano il sincero attaccamento che gli professarono in ogni tempo ed occasione i suoi colleghi, ed i numerosi scritti coi quali arrichiva ogni volume che l'Accademia pubblicava; nei quali volumi oltre alle varie memorie scientifiche sue, si leg- gono di lui le dotte ed interessanti notizie istoriche dell'Ac- cademia dal [793 al 1828, ed i pietosi enconij coi quali ce- lebrò la memoria degli estinti colleghi Eandi, Reineri, Marini, Giorna, e Cigna. Nominato nel 18 la Direttore del Museo di storia naturale di Torino già fin d' allora ragguardevole per le importanti col- lezioni procurale dai Donati, Giorna, Bonvicino , Bonelli e Scritto dal Dottor Berruttx lxxi Borson ; ma di poca utilità pubblica in quel tempo per man*, Ganza di luogo atto, e per molti altri inconvenienti; Vassalli Eandi giunse ben presto col suo credito a superare tutti gli ostacoli che si opponevano al miglioramento di questo stabi- limento; ed aprì e spianò la via a quei rapidi progressi cfie , mediante gli indefessi lavori dei Professori Bonelli , Borson , Gene e Sismonda procurarono a questo Museo il vanto sopra tanti altri più antichi e celebrati d' Europa. Egli ogni giorno passava alcune ore nelle sale del Museo, molto compiacendosi neir osservare come esse di giorno in giorno sempre più si arrichissero d' oggetti preziosi e difficili a trovarsi altrove ; né tralasciò mai fin che visse d' accelerare per quanto poteva coi mezzi che gli offiivano la sua qualità di Direttore, il suo credito, 1' estesa sua corrispondenza da Theeran nuova capi- tale della Persia per tutta Europa sino a Charlestown nella Carolina dell'America settentrionale , i suoi viaggi , le molte sue cognizioni, gli avvanzamenti di questo Museo ch'Egli ebbe^ prima di morire , la consolazione di vedere arrichito e dispo- sto in modo da poter servire non solo alla istruzione di nu- merosa gioventù studiosa, ma ancora alle più profonde medi- tazioni di chi coltiva le scienze naturali. Essendosi poi nel i8a3 ordinato da S. M. che il rinoma- tissimo Museo Egizio di cui la Maestà stessa avea fatto acqui- sto dall' instancabile Cavaliere Drovetti, fosse soggetto alla sopraintendenza d'una giunta Accademica, Vassalli-Eandi fu annoverato fra i membri di essa giunta, e tosto si mise a stu- diare quei preziosi monumenti d'antichità, e provò con ripetute . esperienze che i capelli delle mummie conservano colle altre loro qualità anche quella della virtù igrometrica ; e ricercò di qual natura sia il bitume da cui si trovano coperte le mummie, e che cosa sia la sostanza bianchiccia che sulla pelle scoperta delle medesime si trova. Tanti lavori ai quali indefessamente si dedicava il Vas- salli-Eandi, mentre accrescevano la sua celebrità, onde tutte le più ragguardevoli Accademie d'Europa e d'America salo LXxu Elogio del Prof. Vassali Eandi associarono senza che ne abbia fatta mai la menoma doman- da, indebolirono talmente la sua salute clie a stento reggevasi in piedi e per lungo tempo non mangiava più di due oncie di pane al giorno^ essendo questo il suo principal nutrimento. In tale stato di salute nel 1804 e nel ioo5 andò nelle vacanze autunnali in compagnia del suo nipote Giovanni Ber- ruti a fare alcune gite in varie contrade del Piemonte, ad ojTgetto di determinarne il livellamento barometrico, e per far^ un'infinità d'osservazioni geologiche. Egli inventò e fece co- struire a tale scopo un nuovo barometro portatile , il quale alla solidità della costruzione riunisce il livello costante del mercurio nel recipiente, senza 1' imbarazzo d'aggiungere o to- gliere del mercurio ad ogni circostanza, e può servire per appoggiarvisi come ad un bastone, e siccome egli desiderava pure misurare la profondità de' luoghi ai quali non poteva di- scendere, così fece costruire un altro barometro di sua in- venzione a ciò opportuno. Questo non diflerisce dal barome- tro ordinario che per avere alla sua altezza di pollici 28 un foro laterale comunicante con un' altra canna inferiormente inclinata della lunghezza di tre o c[uattro pollici e della stessa capacità della canna principale. Egli per misurare la profon- dità di qualche luogo vi discendeva il suo barometro, di cui il mercurio elevandosi progressivamente sino a pollici 2,8, ver- sava inseguito nella canna laterale, e dalla quantità di mercu- rio in questa versato poteva determinare la profondità a cui era disceso il Itarometro. Questi viaggi del Vassalli-Eandi mentre non poco contri- buivano all' avvanzamento delle Scienze, punto o poco giova- vano alla sua salute, perciò approfittando dei pochi risparmj fatti con la sua non mai interrotta temperanza, ac(juistò nel iuo5 un piccolo podere per potervi andare a passare qualche giorno di vacanza, e per farvi osservazioni ed esperienze agro- nomiche, saciificnndo alle medesime il reddito del podere. Già fin d' allora eh' egli era professore a Tortona fece col valente agronomo Bruno fittajolo d'una estesissima fattoria \ Scritto dal Dottor Bekruti lxxiii un' infinità d' esperienze i risultamenti delle quali si trovano in gran parte registrati nei calendarj georgici delia R,. Società agraria di Torino, a cui il Vassalli era stato ascritto sin dalla sua prima istituzione ; e queste esperienze continuò poi, mol- tiplicò e più estesamente esegui sino agli ultimi giorni del viver suo al suddetto podere che fu il più efficace rifuggio che potesse trovare quando l'animo suo contristato dalla mal- vagità abbisognò di sollievo ; e quando le forze del suo corpo logorate dalle veglie e dalle continue meditazioni lo obbliga- rono a cercare qualche riposo. Nella scelta degli argomenti agrarj o di economia dome- stica eh' egli in diversi tempi prese a trattare, fu ognora gui- dato dal desiderio di promuovere la ricchezza della patria, o da quello di soddisfare ad un qualche bisogno da cui essa era travagliata. Di ciò fanno fede le varie sue memorie sulla col- tura dei gelsi, sulla educazione dei bachi da seta, e sul me- todo più economico di filare i bozzoli che costituiscono una delle principali sorgenti della ricchezza piemontese^ ed in quei tempi fornivano il più ricco ramo di commercio attivo di questo paese. Confermano la stessa verità le numerose espe- rienze eh' egli istituì e pubblicò sul modo di ricavare il mas- simo utile dalla coltivazione dell' Arachis hypogaea. Poche sono le provincie degli Stati di S. M. il Re di Sar- degna nelle quali si possa coltivare V olivo, e perciò accade non di rado in Piemonte che l' olio acquista un prezzo esu- berante. Il noce supplisce in parte a questa mancanza, ma non tanto però eh' essa non facciasi alcune volte gravemente sen. tire. Ad oggetto di prevenire queste tristi occorrenze Vassalli- Eandi cercò in ogni modo di promuovere la coltivazione del- l'Arachis, e scrisse il più compiuto trattato che desiderar si potesse intorno alla storia naturale, alla coltura^ ed agli usi di questa pianta oleifera. La sollecitudine del Vassalli-Eandi nel cercare e suggerire 1 mezzi di facile sussistenza per chi deve procurarsela colle proprie fatiche o con una ricercata economia, allora principal- Tomo XXII. K LXXiv Elogio del Prof. Vassalli Eandi mente mostravasi, quando epizoozie, tristi vicende atmosferiche o vicissitudini politiche più necessarj rendevano i suoi consi- gli : e per tacere di molti suoi scritti che lo dimostrano, mi basti r osservare come in tempi calamitosi egli condannasse V uso della crusca nel pane, facendo vedere quanto vadano errati quelli che si credono economizzare in questo modo ; co- me nelle medesime infauste circostanze egli insegnasse il mo- do di tirare il maggior profitto possibile dalla coltura delle patate e del grano turco ; e insegnasse a fare coi semi di gi- nepro una bevanda di poca spesa, gustosa e salutare da usarsi in supplemento del vino ; e come nella occasione in cui una terribile epizootia faceva temere che non venissero a mancare le carni bovine che sono il più comune alimento dei cittadini, egli non solo cercasse i mezzi di estirpare un sì fatai morbo, ma si occupasse pure dei cibi da sostituire alle carni bovine. Egli è in questa circostanza che considerando essere il pesce uno tra questi molto usitato, universalmente gradito ed assai salutare, prese a scrivere il suo Saggio sopra le peschiere e la loro utilità.) in cui, dopo aver determinato quale sia l'acqua opportuna per formare le peschiere, quale il modo in cui queste devono esser fatte, come esse possano servire per l'ir- rigazione dei prati, tratta dei pesci e delle varie loro specie; insegna quali siano quelle delle quali si deve aver cura e quali si debbano eliminare ; mostra il modo di nutrirli e mol- tiplicarli anche per mezzo della fecondazione artificiale ; come castrar si possano, ed in qnal modo si debba far la pesca ; in- fine insegna le inoltiplici utilità delle peschiere, e le cautele ad aversi per evitare i danni che dalle medesime ne potreb- bero derivare. Vassalli-Eandi niostrossi ognora d' un carattere giusto, affettuoso ed inalterabile anche in tempi tumultuosi ed in circostanze difficilissime. Riconoscente verso il suo zio Eandi cui dovette la sua piìma educazione, non solamente ne pub- blicò le notizie storiche, ma prese ancora, dopo la sua morte una cura speciale della sorella eh' esso avea lasciata scarsa di Scritto dal Dottor Berruti lxxv beni di fortuna e tutta ratratta per cronica artrite ; e contri^ bui in grandissima parte alla educazione dei proprj nipoti. Affezionatissimo verso tutti quelli coi quali era legato per sin- cera amicizia, non mancava mai di cercare i mezzi di essere loro utile in qualche modo ; e non trovava più soave conforto al dolore che provava quando la morte coglieva alcuno di essi, che quello di pubblicarne le lodi. o fuf Vedendo egli accrescersi di giorno in giorno 1' affezione nervosa per cui da continuo tremore erano agitate le sue mem- bra, e mal fermo reggevasi sui piedi, principalmente se veniva ad incontrar persona che non fosse solito vedere e da essa era arrestato nel suo cammino, si determinò nel 1817 a non più escire di casa che per andare in chiesa, od alla sua vil- letta, od a fare al mattino prima dell' alba una passeggiata d' un miglio circa. La stima e la riputazione di cui godeva facevan si che moltissime fossero sempre le persone che ve- nivano a trovarlo. I forestieri di qualche distinzione scienti- fica o letteraria che capitavano a Torino, ricercavano la sua conoscenza, e lo consultavano sulle parti le più difficili dei loro studj. I suoi colleghi grandissimo conto facevano de' suoi consiglj, e le autorità superiori continuamente lo interrogavano onde sapere il suo parere su punti difficilissimi; ed egli colla solita sua ingenuità, franchezza e prontezza di spirito ri- spondeva. . t ' I miseri non trovarono mai V accesso chiuso per loro al cuore di lui. Egli riceveva colla stessa affabilità il potente, il ricco ed il povero : questi era sicuro di trovare in lui un padre ed un protettore. Alla sua villetta egli era ii padre ed il giudice dei contadini di quei dintorni : essi a lui ricorre- vano nei loro bisogni sicuri d' ottenere soccorso, protezione e consiglj : essi a lui affidavano le loro quistioni domestiche sicuri di vedere in breve a rientrare nelle loro famiglie la pace e la tranquillità. Egli era dotato della difficilissima qua- lità di saper conciliare pel maggior bene i pareri i più discor- danti, e di sapersi adattare ad ogni ceto di persone colle Lxxvi Elogio del Prof. Vassalli Eadi piali egli avesse a trattare; di modo che chiunque con lui parlava, credeva conversare con un suo eguale. Egli era fan- ciullo coi fanciulli, giovane coi giovani, artista cogli artisti, dotto coi dotti, e persin le donnicciuole prendevano piacere a parlare con lui sul modo di filare e cose simili. Durante 1' intiero corso di quattro mesi che continuò la sua ultima malattia non fu mai sentito una volta a lamentarsi; uè mostrò mai un umore più del solito melanconico ; e sino agli ultimi momenti del viver suo fece veder con qual ras- segnazione e con quanta tranquillità d'animo puossi rimirar in fronte la morte da chi fu ognora virtuoso. Vedendo egli che r estremo della sua vita si avvicinava, chiamò i conforti della Religione, e diede egli medesimo tutte le disposizioni perchè questa sacra funzione si facesse nel miglior modo pos- sibile ; e mi parlò in seguito a lungo su quanto era sua in- tenzione eh' io facessi seguita la di lui morte, la quale ac- cadde dopo poche ore, il di aS di luglio del i8a5. Scritto dal Dottor Berruti lxxvii CATALOGO , ,,, DELLE OPERE E DEGLI ALTRI SCRITTI 'i STAMPATI DAL PROFESSOHE ANTON-MARIA VASSALLI-EANDI iVlemona sopra il Bolide degli ii settembre 1784, e sopra i Globi di fuoco in generale (Torino 1786, voi. i in 12, ). Dell' influsso dell' elettricità nella vegetazione, e dell' azione della vegetazione sopra l'aria ( 1786, Mem. della Società agraria di Torino, toni, i ). Sopra il Cerambice odoroso { 1786, Opuscoli scelti tom. i3). Esame dell'elettricità delle meteore del Bertholon ( 1787, Bi- blioteca oltremontana, tom. 9 ). Esame della teoria suU' elettricità, e sopra il magnetismo del- l'Abate Haùy ( 1788, Bibl. oltrem. tom. a e 3 ). Esame della teoria di Crawford del signor Morgen, tradotto dal- l'Inglese, e corredato di molte note (Torino 1788, voi. I in 8.°). Lettere fisico-meteorologiche dirette a Senebier^ Saussure e Toaldo (Torino 1789, voi. i in 8.°) Memorie fisiche (Torino 1789, voi. i in 8.°). '■ '■ '-' Osservazioni sull'agghiacciamento dell'acqua elettrizzata ( 1789, Giornale scientifico letterario e delle arti d' una Società filosofica di Torino, tom. 1 ). Teoria delie variazioni barometriche ( ivi, tom. 2, ). Sperienze sopra l'influsso dell'elettricità nel colore de' vege- tabili ( ivi, tom. 3 ). Lettera sopra diversi argomenti di fisica diretta al sig. Bru- gnateUi ( 1790, Biblioteca fisica d'Europa, tom. 17). Articoli di lettera sopra 1' elettricità di diversi corpi, ed altri argomenti di Fisica ( 1790, Annali di Chimica, tom. i ). Sperienze elettriche sopra l'acqua e sopra il ghiaccio ( 1790, Mem. della Soc. Ital.j tom. 3 ). I •(;■ ) Lxxviii Elogio del Prof. Vassalli Eandi Tlieses ex universa plùlosoplua selectae ( Derthonae 1790^ voi. I in 4-° )• Lettera sopra una dissertazione intitolata De Planeticulìs { 1790, Bibliot. oltreni. ) Expériences éiectrouiètricjues ( 1790, Meni, della II. Accad. delle Scienze di Torino, tom. io ). Lettera sul colore de' vegetabili ( 1791, Bihl. oltr. tom. 3). Esame delle teorie dei principali fenomeni della meteorologia del signor Monge ( 1791, ivi, toni. 7, 8, g ). Congliietture sopra 1' arte di tirare i fulmini appo gli antichi ( 1791, Ozj letterari, tom. 3 ; ed Opuscoli scelti di Mi- lano, tom. 14 ). Parallèle de la lumière solaire avec celle du feu commun ( 1791, Meni, della R. Accad. delle Scienze di Torino, tom. 10; ed Opuscoli scelti di Milano, toni. 17 ). Supplément au parallèle de la lumière solaire ec. ( ivi ). Esperienze fatte in Piemonte sopra la possibilità di due rac- colti di bozzoli in un anno, e di ottenere ancora una raccolta di bozzoli da bigatti o filugelli, i quali dopo la quarta muta non siano stati nudriti che alcuni giorni ( Calendario georgico della R. Società agraria di Torino del I 791 ). Lettera sull'arte di scemare il consumo dell'olio ( 1791, An- nali di Chimica, tom. 3 ). Lettere sopra 1' influenza dei diversi gaz nell' economia ani- male ( 1792, Giornale fisico-medico di Brugnatelli, toni, a e 3 ). Lettera sopra diversi argomenti di Fisica ( 1793, ivi, tom. 4 )• Paragone della luce solare, e della combustione ( 1792, ivi, tom. 9 ), Facile metodo di preservare il grano dalla carie, ossia di non aver grano moro ( Calendario georgico del 1792, ). Del danno che recano gli alberi ai campi in cui si semina grano ( ivi ). !Modo di asciugare certi terreni paludosi per mezzo di pian- tamenti, e di assodare le rive dei fiumi ( ivi ). • \ Scritto dal Dottor Bkrrutti lxxix \ Esame del discorso di Gregorio Fontana sulla meccanica ani- male ( 1793, Bibliot. oltrem., tom. i ). \\ Physicae experimentalis lineamenta ( in comune con Eandl, Torino 1793, tom. 2, in 8.°). Sperienze ed osservazioni sopra gli effetti dell' acciecamento nei pipistrelli 1794? Bibliot. oltrem. tom. 3 ). Sopra il sospetto d'un nuovo senso nei pipistrelli. Lettere dell'abate Lazzaro Spallanzani con le risposte dell'abate Anton-Maria Vassalli-Eandi (Torino 1794, in 8.°). Arithmetices et Geometriae Eiementa ( in comune con Eandij Torino 1795, tom. i in 8.°). Sperienze sulla scelta delle sementi ( Calendario georgico del 1795). Saggio sulla potatura de' gelsi ( ivi ). Saggio sopra le peschiere, e la loro utilità ( 1796, Mem. della R. Soc. agraria di Torino, tom. 7 ). ]jettera all' abate Amoretti sopra la maniera di fare aghi ca- lamitati che non offrano declinazione ; e ferri che mo- strino lo stesso polo agli estremi opposti ( 1796, Opuscoli scelti sulle scienze, tom. 19 ). Lettera all' abate Spallanzani sopra i suoi viaggi alle due Si- cilie ( 1797, Biblioteca italiana). Saggio sopra i' alternazione dei prodotti ( Calendario georgico del 1797 ). Saggio del sistema metrico della Repub. Francese ( Torino 1798 voi. I in 8."). Notizie delle nuove misure della Repub. Francese col rapporto delle medesime a quelle del Piemonte ( Calendario geor- gico del 1798 ). Dei danni provenienti dall' ammucchiare la messe umida, e mezzo facile di esaminare la qualità della farina ( ivi ). Sopra alcuni stromenti meteorologici che segnano le loro va- riazioni per se stessi 1799, Memorie della Società Italiana, tom. 6 ). Lettre sur le galvanisme et 1' origine de l'électricité animale ( 1799, Journal de Physique de Paris). I.XXX Elogio del Pkof. Vassali Eandi Sur les pbénomenes de la torpille ( 1799^ ivi). Sui- le Yitalitomètre ( 1800^ ivi ). Essai sur 1' utilité des conducteurs électriques ( 1800, Mem. dell' Accademia di Torino ). Mémoire sur les afBnités des gaz ( iSoo^ Mém. de la Société medicale d' émulation de Paris, voi. 3). Avviso sopra l' uso della crusca nel pane ( Calend. georg. del 1801 ). Maniera di fare le minestre alla Rumphordt (Torino 1801, in 8.°). Lettera concernente la corrispondenza meteorologica (Torino 1801, in 8.°). Expériences et observations sur le fluide de l'électro-moteur ( luoij ]Mem. dell' Accad. di Torino, voi. la ). Della fecondazione artificiale delle piante ( Calend. georg. del 1802 ). Notizia delle nuove misure ( ivi ). Notice sur la vie et les ouvrages d' Eandi ( 1803, Mem. del- l'Accad. di Torino, voi. 12). Expériences galvaniques sur les décapités ( Turin lOoa, in 4-' )• Saggio del sistema metrico, seconda edizione accresciuta ( To- rinoj I voi. in 8." ). Saggio d'esperienze sopra l'influenza della luna sui vegetabili ( Calend. georg. del i8o3. ) Notice d'un météorograpbe ( i8o3, Mem. dell' Accad. di To- rino, voi. la ). Sur r action du galvanisme, et sur l'application de ce fluide et de r électricité à l'art de guérir (Turin i8o3jin4-°)- Saggio sopra il fluido galvanico ( i8o3, Mem. della Società Italiana, voi. 1 1 ). Lettera sopra la natura del fluido galvanico ( i8o3, ivi ). Recberces sur la nature du fluide galvanique ( i8o3, Mem. dell' Accad. di Torino, voi. i4)- Description et usage d'un nouveau baromètre portatif ( luoS, ivi ). Scritto dal Dottor Berruti lxxxi Notice d'une trombe terrestre ( i8o3, ivi). Sur la vitesse du fluide galvanique ( 1804, Bibliothèque Ita- lienne, par Julio, Giobert, Vassalli-Eandi et Rossi, voi. i ). Expériences galvaniques, ou notice de la damiere séance du cour? public des expériences physiques ( 1804, ivi, toni. 2, ). Observations mètéorologiques faites pendant l'éclipse du soleil du 2,1 pluv., an 12 ( 1804, Mera, dell' Accad. di Torino, voi. 14 )• Mémoire liistorique de l'Academie depuis le 1792 au i8o5 ( i8o5, ivi). Saggio d' esperienze e d' osservazioni sopra la grossezza, l'ela- sticità, e la forza delle lane ( i8o5, Mem. della Società Agraria di Torino, voi. 8 ). De recta docendi ratione. Oratio ( Torino i8o5, in 8.°). Lettera sopra la costruzione del cervo volante, e la maniera di servirsene ( i8o5, Giornale di Torino ). Trois lettres sur le voyage de Turin au Montblanc ( i8o5, ivi ). Risultato d' alcune sperienze d' innesto del castagno sopra la quercia ( Calend. georg. del i8o5 ). Saggio del nuovo sistema metrico^ edizione terza accresciuta dell' Aritmetica volgare e decimale, di molte tavole ec. ( Torino 1806, voi. i in 8.°). Note sur 1' accouplement des animaux de diverses classes ( Bibliot. Italienne, 1806 ). Saggio di Corografia Agraria { 1806, Mem. della Società Agra- ria di Torino, voi. 8." ). Saggio teorico-pratico sopra V Arachis hypogaea { Torino 1807, voi. I in 8.° ). Nota sopra l'accrescimento dei pioppi nelle varie loro età, determinato con due misure prese li 7 giugno, e li i3 novembre 1806 (Calend. georg. del 1807). Note sur la greffe du Chatagnier sur le chéne ( Bibl. Ital. 1807 ). Tomo XXII. ( L lxxxii Elogio del Prof. Vassalli Eandi Sa""io d' UH trattato di meteorologia ( 1807, Mcin. delia So- cietà Italiana, toni. i3 ). Raiiport sur lo tremblement de terre, qui a comniencé le 2. avrii 1800 dans les vallées de Pélis, de Cluson, de Pò etc. ( Turili lOoo, i voi. in 8.° ). Nota sulla fissazione dell'adequato, ossia prezzo medio comune^ o mercuriale delle derrate ( Calend. georg. del roc8 ). Nota sopra la coltura ed il prodotto dell' Aracliis liypogaea (Calend. georg. del 1809). Nota sopra T accrescimento dei piop|)i nelle loro varie età ( 'Vi )■ Nota sopra i vantaggi di filare le sete, riscaldando l'acqua dei bacili per mezzo dei vapori dell' acqua bollente ( ivi ). Saggio sopra il terremuoto die da sette mesi scuote le valli del elusone, del Pelice, e del Po ( 1809, iMem. della Soc. Ital., tom. 14 )■ Aiinales de l' obscrvatoire de rAccademie de Tuiiii, avec des notes concernant l'Agriculture et la ÌMedecine. i." seme- stre 1809 ( Turin, J voi. in 4°) Notice des travaux de la classe des sciences pliysi(|ues et matbématiques de l'Académie de Turin, depuis le i."' janvier i8o5 jusqu'au mènie jour 1809 ( JMéni. dell' Ac- oad. delle Scienze di Torino, voi. 16 ). Résultats des observations météorologiijues faites à Tobserva- toii'e de l'Académie depuis le i ." janvier 1787, jus(|u'au mème jour 1007, avec des notes ( 1800, ivi). Précis de uouvelles expériences galvaniques ( 1809, ivi ). Discorso sopra V esperienza in Agricoltura ( Calend georg. del 1810 ). Sperieiize so[)ra la coltura ed i prodotti dell' Aracìiis hypo- gaea ( ivi ). Nota sopra l'accrescimento dei pioppi nelle loro varie età, e sopra r efl'etto della diramazione sul medesimo con varie altre osservazioni ( ivi ). Annales de l' observatoire de l'Académie de Turin, a.** seme- stre, 1809 (Turin, : voi. in 4-'' )■ [ Scritto dal Dottor Berbuti lxxxiii Histoire météorologicjue des années 1807-1808 avec des notes! ( 1810, Mem. dell' Accad. delle Scienze di Torino, voi. ,8). Annales de l'observatoire de l'Académie de Tiiiin, 1." et a.^ semestre i8(o ( Turin, voi. i in 4-°)' Discorso sopra una bevanda di poca spesa, gustosa, e salutare da usare in supplemento del vino ( Calend. georg. del 1811). Nota sopra la maniera di accrescere il prodotto delle patate per mezzo delle propagini ( ivi ). Nota sopra l'accrescimento dei noci nelle loro varie età ( ivi ). Ulteriori speiienze sopra 1' Araclùs ìiypogaea ( ivi ). Nota sopra un fenomeno straordinario osservato iu una fami- iilia di filufrelli con altre osservazioni relative ai medesimi ( ivi). . X Mémoire historiqne de l'Académie du i." janvier i8o5 au méme jour luii ( Mem. dell' Accad. delle Scienze di Torino, voi- 18 ). Éloges bistoriques des Accadémiciens Reineri, Marini et Giorna { i8(i, ivi). Seconda nota sopra il crescimento dei noci nelle loro varie età, e sopra l'effetto della loro diramazione circa il me- desimo, e circa la loro fruttificazione ( Calend. georg. del 1812). Nota sopra un punto importante dell' educazione dei bachi da seta ( ivi ). Nota sopra 1' Arachis hypogaea ( ivi ). Notizia sopra due saggi di sciroppo estratto dai Irutti del Morus alba, e dalle mele dolci e carpendole ( ivi ). Annales de l'observatoire de 1' Académie de Turin, i ." et a.*^ semestre ioti (Turin, i voi. in 4-°) Lettera sopra la doppia ricolta di bozzoli in ciascun anno ( Ca- lend. georg. del i8i3). Terza nota sopra il crescimento dei noci (ivi). Notice sur la vie et les ouvrages de M."^ Louis de La Grange (Journal de Turin i8i3). LXxxiv Elogio del Prof. Vassali Eandi Mémoiie historiqne concernant deux rapports faits à la classe des Sciences de l'Acadéinic ( i8i3, Mem. dell' Accademia delle Scienze di Torino, voi. 2,0 ), Expériences et observations concernant les effets de divers poisons ( ivi ). Nota sopra un mezzo facile e spedito d'avere gelsi innestati ( Calend. georg. del ioi4). Quarta nota sopra il crescimento dei noci nelle loro varie età, e sopra 1' efletto della diramazione relativamente al me- desimo ( ivi ). Nota sopra lui mezzo facile di preservare le case rustiche dal fulmine ( ivi ). Saggio di un trattato di meteorologia ( i8i5. Meni, della So- cietà Italiana, toni. 17 ) Parere sopra una quantità di peli di camelo portata da Smirne a Livorno, se sia stata sotto trave, ed imbarcata umida (Pisa i8i5, in 4.° ). Notizia sopra la vita e gli scritti del Padre Giambattista Bec- caria (Spettatore italiano, Milano loiO). Mémoire bistorique du voi. ai'"" de TAcademie Royale des Sciences de Turin. avec la notice des travaux de la classe des Sciences pbysiques et niatbématiques ( 1816, Mem. dell' Accad. delle Scienze di Torino, voi. 22 ). Indici degli Autori, e delle materie dei volumi della R. Ac- cademia delle Scienze dal 1769 al i8i5 (ivi). Osservazioni e sperienze agronomicbe sopra i bachi da seta, le patate, il granoturco ec. ( 1817, Mem. della R. Società Agraria di Torino, toni, io ). Annali della R. Accademia delle Scienze di Torino ( 18 18^ Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino, tom a3 ). Compendio delle osservazioni meteorologiche fatte alla Specola della R. Accademia delle Scienze dal 1° gennaio 1812 al I." gennaio 1018 (ivi). Sopra il terremuoto del di aS di febbraio dell'anno 1818 (ivi). ScniTTO DAL Dottor Berruti lxxxv \ La Meteorologia Torinese, ossia Risultamenti delle osservazion\ fatte dal 1757 al 1817 { Mem. della R. Accad. delle ScienA ze di Torino, tom. 24 )• Lettera sopra 1' indiscreta potatura de' gelsi ( Calend. georg. del 1820 ). Breve ragguaglio di Efemeridi medico-meteorologiche mano- scritte dal dì i5 di agosto 1741 al 3i di maggio 1746 ( 182,1, Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino, tom. 25 ). Nota sopra un mezzo di provvedere alla scarsità della legna ( Calend. georg. del 1821 ). INIemorie istoriclie intorno alla vita ed agli studi di Gianfran- cesco Cigna ( 1822, Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino, tom. 26 ). Sopra la maniera di raccogliere le patate senza sradicarne le piante, e sopra l'efficacia del sovescio di queste sulla ve- getazione della canapa (Calend. georg. del 1822). Nota sopra le straordinarie variazioni del barometro ; sopra il massimo grado di caldo e di freddo j la quantità della pioggia, della neve, e dell' evaporazione che si osserva- rono nel 1821 con alcuni cenni sopra le qualità dell'an- nata ( Mem. della R. Accad. delle Scienze, tom. 27 ). Nota sopra lo straordinarissimo abbassamento del barometro osservato il dì 2 del mese di febbraio del 1823, e sopra un fenomeno che si osservò in alcuni pozzi d'acqua viva nell' occasione di straordinarie depressioni del barometro (ivi). Maniera di accrescere la fertilità dei colli, e di rimediare ai guasti che le acque vi cagionano ( Calend. georg. del i823). Sperienze ed osservazioni concernenti la fruttificazione delle viti, e la maturazione delle uve (Calend. georg. del 1824). Nota sulla virtù igrometrica dei capelli delle mummie (Mem. della R. Accad. delle Scienze, tom. 29). Nota su bachi ottenuti da seme proveniente da bozzoli im- perfettissimi ( ivi ). INIemoria sul tempo di mietere il grano ( Propagatore, giorna- le, tom. 2, pag. 192, Torino 1825 ). LXXXVI ORAZIONE IN ELOGIO DI STEFyVNO GALLINI EMERITO E CHIARISSIMO PROFESSORE DI FISIOLOGIA CTIANA ED ANATOMIA SUBLIME PRESSO L' IMPERIALE REGIA UNIVERSITÀ DI P A D O V A (Se ti II a DAL DOTTOR VINCENZO FABENI PUDBLICO ORDINARIO PROFESSORE DI FISIOLOGIA IN DETTA UNIVERSITÀ Ricei'uta adi i. Marzo looll. Es rn _ issere interprete del publ)Iico cordoglio tu sempre do- loroso uflicio, o Signori, e dolorosissimo adesso per me, che appena destinato a sostenere 1' insegnamento dell' Umana Fi- siologia, condotto mi veggo tra queste sacre ed auguste pareti a lamentare la perdita di lui, che sonmio nelle fisiologiche scienze sedette delle stesse per oltre cjuarant' anni in questa nostra Università venerato Maestro, e riposava poc'anzi tran- quillo all'ombra dei merlali allori nella compiacenza dell'uni- versale ammirazione. E come potrò io colla tenuità del mio dire e privo di quei robusti ed eloquenti modi, con che si mitigava in quest'anno l'acerbità di tante nostre ferite, (i) corrispondere ali" alto suljbietto, che la luttuosa pompa del giorno, e la giusta nostra aspettazione richiede ? Noi perdemmo (i) L' Uiiiveisità di Padova ebbe a piangere nello stesso anno la purdita di vari illustri Professori, e specialmente di Francesco Fanzago, di Floriano Caldani, di An- tonio Bonato. Scritto dal Pbofessor Fabeni lxxxvii in Stefano Gallini quel grande, che colla forza dell'ardita sua il niente seppe penetrare nei pììx profondi arcani dell'umana natura , e svelarne gli occulti ed ammirandi artificj. Noi per- demmo in Gallini quel grande, che colle sue fisiologiche dot- trine novello cammino dischiuse, onde più rettamente calco- lare il potere dell' organica fihra, e delle forze ad essa ineienti. Noi perdemmo ... ah no ! l'uomo passa, ma 1' orma dell' in- gegno lasciando traccie indelebili sulle sue vie, vivo sempre il serba alle generazioni future, ed il nome ne associa con quello de' secoli. E tale fu il Gallini o signori ; che se noi versiamo amare lagrime sulla sua tomba, se voi, giovani egre- gi , pianger dovete al nostro pianto, restano d' altra parte i frutti preziosi del genio sublime, contro dei quali non vale forza di tempo o d' invida etade^ ad alleviamento del vostro e del comune affanno. Me felice, se mi sarà dato di degna- ' mente toccare con brevi cenni quei punti^, dai quali emerse vera gloria e celebrità al grande Maestro ed alla nostra Uni- versità nuovo lustro e splendore. Trasse Stefano Gallini i suoi natali in Venezia nel giorno aa di Marzo dell'anno 1756 da Girolamo Gallini, ed Angela Soffietti. Sebbene esso gloriar non poteasi né d' illustre li- gnaggio, né di splendide fortune, vantava però onorata e ci- vile famiglia, genitori solleciti ed affettuosi, dei quali fu prin- cipal cura non solo 1' esatta osservanza del sociali e reliiriosi doveri, ma l'accostumarlo anche fino dai prim' anni ad agire più per riflesso, che per esempio od imitazione altrui. E forse da questo modo d' infantile educazione derivò nel Gallini il primo germe di quella ammirabile vigoria di mente, che si lo distinse nella sua luminosa carriera. Percorso quasi il nono anno tra le domestiche mura passò convittore nel Seminario Ducale di S. Niccolò di Castello, ove scelta, e numerosa gioventù era affidata alle cure indefesse dei Padri Somaschi. Compiva in quello lo studio della Gram- LXxxviii Elogio di Steffano Gallim malica, e della Ilettoricn, e la Logica poscia, e la I\Ietafisi(;a sotto i sani f)recetti del l'adic Fi-aiicescliiui ibrmiioiio airrn- mento delle serie sue applicazioni. Dischiuso cosi rintcllcuto, e reso capace delle più subli- mi idee abbracciò per natuiale tendenza quegli studj, che in- vestigando r umana natura, le cause che governano la più ammirabile com[)licazione di parti, conducono alla conoscenza deir essere sovra ogni altro peiletto nella generale creazione, ed offrono all' umana acutezza inesaurd)ili sorgruii di medita- zione. Per tale motivo adun([ue dedicossi alle mediche Scienze, e la nostra Università, che tu culla in o^ni tempo d'ineesni C L D'i? chiarissimi, lui poco più che trilustre noverò tra' suoi figli nell'anno i 771 ■ Era il medico insegnamento per quei tempi in guisa di- sposto, che oltre le varie parti, che ne costituiscono la vera sostanza, doveano i giovani seguire un corso biennale di fisi- ca. Fu in allora.; che mentre sentiva dal Colombo sviluppate le nuove teorie dei Gallilei, e de'Newton sull'attrazione re- ciproca dei corpi, delle particelle di questi e dei loro ele- menti, intendeva dal Barbarigo seguace delle ipotesi di Car- tesio derivare il tutto da esterne impulsioiù di un fluido sot- tilissimo diffuso per l' immensità dello spazio : e ricco di tali idee, che spiegavano le recondite cause dei fenomeni del- l' Universo, veniva guidato dall' esimio Professor Leopoldo Caldani , che 1' istruzione teorica della Medicina e le anato- miche dimostrazioni sosteneva, all'esatta conoscenza della mac- china imiana, e delie funzioni dei varj suoi organi; e sia che fosse in lui naturale renitenza allo studio della pratica medi- cina, oppure che s' invaghisse piuttosto della chiarezza, del- l' ordine, e della solidità dei principj esposti dall' insigne ana- tomico, certo si è che la teoria delle mediche scienze piena- mente lo attrasse, distogliendolo quasi del tutto dai pratici msegnamcnti del Chiarissimo Prof. Dalla Bona. Compiva frattanto il corso quadriennale dei medici studj, e ricevea dalla nostra Università quella corona, che non è Scritto dal Professor Fabeni lxxxix già tanto premio alla virtude, quanto per chi ben sente, di no- velli ed ardui studj vivissimo eccitamento. Sentillo infatti prol'ondamente il Gallini, e siccome le fisiche scienze brilla- vano di fulgidissima luce ; così quelli^ che per Europea rino- manza se ne additavan Maestri, bramò da vicino conoscere, sperando di poter innalzare la propria ragione a quella ener- gia, che sola [)uò comprendere i più astrusi misteri, scoprirne le cause, verificarne gli effetti. Noi lo vediamo quindi per sì nobile divisamento sorretto dai consigli, e dai mezzi di un illustre fratello trasportarsi nelle primarie Capitali d'Europa, visitare ovunque ciò che pote- va promuovere V alto suo fine : noi lo vediamo in Montpel- lier, in Parigi ampliare, correggere le proprie idee alla luce dei Portai, dei Desault , dei Vicqd' azir, dei Daubenton, dei Macquer, dei Rouel ; assistere ai tanto celebrati consessi di quella cospicua Reale Accademia, ove l'ardire dell' umano in- gegno appariva ad un tempo sulla fronte dei d'Alembert, dei Voltaire, dei Franklin. Noi lo vediamo in Londra seguire at- tento le belle esperienze degli Hunter, dei Kruikshank, strin- gere relazione coi Banks, coi Solander, coi Priestley, e fatto così copioso corredo delle più utili cognizioni ritornare giulivo al bel suolo d'Italia, scorrerne le principali regioni, dove uo- mini sommi splendeano, avido mai sempre del loro sapere. Amico lo salutarono in Napoli i Cotunnj, i Dalla Torre, i Filangeri, ; i Saliceti in Roma ; i Fabbroni, i Nannoni in Fi- renze ; i Tissot, gli Spallanzani, i Bezia, i Fontana in Pavia. L'autorevole presenza degli uomini grandi, le loro sembianze improntate dei solchi della meditazione, la pubblica ammira- zione, che ad essi s' inchina, il generale favore che li accom- pagna coi meritati applausi, la fama che ne ripete il nome da lunge, sono potentissimi impulsi all' emulazione di giovanile ed animoso intelletto. Da tali calde faville infiammato ritornava il Gallini nel l'jSa in sen delia sua Patria, lo accoglieva essa fastosa, certa di vedere ben presto il frutto delle onorate di lui fatiche, delle sue profonde ricerche. Né fu delusa in tale Tomo XXII. M xc Elogio di Stefano Gallini speranza, quanclo il Veneto Senato cliianiollo nell'anno 1786 a sedere JMaestro in ([uesta nostra Università, ed a svolgere a cenerosa gioventù la parte teorica delle mediche Scienze. Sorge, o Signori. 1' epoca gloriosa del nostro Galiini. La dottrina della vita, ossia di quell'ammirabile artificio degli esseri organici, pel quale ricevono dessi incremento e sviluppo ; pel (juaie ogni organo, ogni parte conserva se stessa e concorre alla conservazione delle altre, pel quale tante de- terminate e regolari azioni si osservano, segui sempre di pari passo i progressi della Filosofia, e della coltura dell' umano intelletto. Finché languida luce mandavan le scienze, miste- riosa apparve ed arcana, e le necessarie nozioni delle sublimi operazioni vitali piuttosto che poggiare su giusta lance di filo- sofico ragionamento, sorgevano figlie di fervide immaginazioni, e di capricciosi sistemi. Un innato principio si credette quindi risiedere negli organici corpi attivissimo, di specifiche ed oc- culte qualità fqrnito, dall' energia del quale derivasseio le fun- zioni tutte deijli esseri dotati di vita : chi lo volle intelligente, concentrato in alcune regioni del corpo, o disperso per tutte, paragonabile all' anima, agente con fini preveduti, regolatore degli organi, del loro sviluppo, moderatore delle loro azioni, dei loro movimenti. Chi invece dietro le leazi della Mecca- nica si avvisò di estimare, e di calcolare le funzioni degli or- gani con quelle leggi medesime, che presiedono al corso delle aeque, ed alla elevazione dei pesi. Chi considerò le perpetue organiche mutazioni, come il prodotto di tante oflìcine, entro le quali non succedano che filtrazioni, e fermenti, od altre maniere di chimici processi. Chi mal pago di tali idee richia- mò di bel nuovo l'arcano impero d' un diffuso principio ani- male , che si voleva influisse in modo ammirando ed oscuro sulle diverse funzioni vitali, confondendo le sublimi azioni dell' anima con quei movimenti, che sono proprj dell' organica fibra, e su molli dei quali non esercita l' anima potere alcuno, dimenticando, che sotto certe condizioni sul cadavere stesso si appalesa l'atiività dei muscoli, che il cuore reagisce all'azione {1 Scritto dal Professor Fabeni xci defili stimoli staccato dal torace, e toltagli qualunque comma- nicazione col cervello, dimenticando che i vegetabili medesi- mi irritati offrono azioni manifeste dipendenti dalla propria vita , correndo perciò pericolo per non voler cercare ed am- mettere neir organizzazione la causa di tanti movimenti, di dover quasi supporre nelle piante stesse il sentimento persino e le passioni. Ma io ben troppo, o Signori , devierei dall' oggetto che impresi a trattare, se anche di volo cenno facessi di quelle teoricj che più o meno brillarono nel secolo passato, e per le quali rinomati sempre saranno i Baglivi, gli Hoffman, i Barthez, i CuUen, gli Haller, i Bro\vn. Malgrado le tanto agitate opinio- ni, malgrado gli sforzi di sì preclari ingegni ben pochi pro- gressi poteva vantare la Fisiologia relativamente alla vita; e la stessa dottrina del grande riformatore Scozzese, che qual nuova face sorgea a rischiarare un più retto sentiero, scevra non era di errori e di falsi principj. • ; - •* ' ' Era riservato alla robusta mente del Gallini il gettare luce novella su questa parte difficilissima. Diretto egli dalle pure massime di quella filosofia induttiva, che sola può con- durre alla scoperta del vero, lungi dal cercare la spiegazione di singolari funzioni esaminò il corpo vivente sotto altro punto di vista, e scopri quel primo filo capace di guidare alle più utili fisiologiclie verità. Vidde egli, fissate alcune primitive idee sulle parti semplici componenti il corpo umano, alle quali ci guida la sola anatomica e materiale divisione, stabilite con giusto e fino criterio le proprietà di queste parti medesime, calcolata la moltiplicità dei chimici elementi, che concorrono alla formazione delle organiche molecole e delle fibrille, vidde egli, dissi, che tutte le operazioni dell' uomo vivente, tutte le proprietà vitali, che si attribuiscono ai semplici tessuti, po- terne essere ridotte ad una legge generale soltanto, ad una differente mobilità delle molecole, derivare perciò da una di- versa coesione, che insieme le stringe e le lega, ossia da quella forza universale ond' è la materia tutta sollecitata e diretta. xcn Er.oGio di Stefano Gallini Aggiunse, che la propietà di alcuni tessuti organici è comune anche a quei corpi che non sono forniti di vita, laddove quella di altri è ad essi esclusiva fin che in loro sussiste la vita. Se dunque le ossa, le cartilagini, i legamenti hanno la loro proprietà comune colla informe materia, i nuiscoli, i nervi, le membrane, il tessuto cellulare godono facoltà loro proprie, e particolari ; e se quelle di[)endono da prevalente grado di attrazione, onde si tengono le molecole organiche fra di loro congiunte , queste del pari dipendono dalla forza medesima che più debolmente avvinte le tiene. Dalla qnal circostanza ne segue, che in questi ultimi tessuti ad ogni minimo impulso di leggieri mutino luogo le loro molecole e proporzione ezian- dio i molti elementi di che sono composte, ma con eguale celerità e le une, e gli altri nel naturale stato rimettonsi in forza di quell'attivo equilibrio, che regna tra le mutue attra- zioni delle molecole stesse , e dei loro elementi. E da sì fatto attivo equilibrio appunto deriva quella attitudine dei corpi viventi, in virtìi della quale siccome esser possono dalle cause sopra di essi operanti agevolmente mutati , cosi modificano fino ad un certo punto i cangiamenti per esse nella loro in- tima mistione indotti, ed in singoiar guisa vi si oppongono, che tosto o tardi finché dura la vita si restituiscono nel pri- miero stato e mantengonsi. 11 che si effettua coli' addizione perenne della nutritiva materia che effondesi nei più intimi penetrali dell'organica fibra, pronta a riparare le perdite in (jualunque siasi parte del corpo. Chiamò il Gallini vitalità, ed attitudine a vivere l'attivo equilibrio delle organiche molecole e dei loro elementi, e vita l'esercizio di una tale facoltà. Espresse con si sublime idea una forza, o meglio un complesso di azioni risultanti dalla forza generale della materia, e deter- mino con un solo filosofico principio le ragioni delle diverse operazioni della vita, della sensibilità, irritabilità, contrattilità, e turgescenza vitale, ossia di quelle annnirabili pioprietà, nella considerazione delle quali solcano smarrire i più acuti inge- gni. Questa sublime dottrina già presentita nell' orazione inau- Scritto dal Professou Fabeni xeni gurale allora quando il Gallini ascendeva nel 1786 la Cattedra dell'insegnamento teorico della INIedicina, fu poi ampiamente proclamata nel ryga in quel saggio di osservazioni concernenti i progressi della fisica del corpo umano, che si può a buon diritto chiamare un vero tesoro di filosofiche verità. Né fia cir io ora penetri ad esaminare le belle ed inge- gnose applicazioni del nuovo fisiologico sistema alla spiegazione delle vitali proprietà, e delle funzioni degli organi: la neces- saria brevità del discorso me lo impedisce. Solo dirò, che di- vulgate appena le nuove idee sulla vita, e sulle sorprendenti operazioni di questa^ ingegni chiarissimi ne predicarono ovun- que la sublimità, 1' eccellenza, tra i quali non tacerò gì' il- lustri nomi dei Girtanner, degli Allhorf, dei Tommasini : le pagine del grande Fisiologo s'ebbero a norma le più cospicue mediche istituzioni d'Europa; tutti fecere plauso al gran ge- nio d' Italia,, salutandolo col nome di sommo fisiologo e di profondo filosofo. E sommo egli era di fatto^ quando pianta- va le basi del suo nuovo sistema, quando proclamava, che dalle forze generali della materia, che proprie sono delle grandi masse, e delle minime molecole derivare dovessi l'azione del- l' organica fibra, il che ricevette più ampio sviluppo nei suc- cessivi suoi scritti, nei varj trattati elementari dell'umana fisiologia. E sommo egli era allora quando dettava le sue belle osservazioni sull' uomo vegetante, e sull' uomo senziente, mo- strando come per la forza ed azione del sistema vascolare si provveda allo sviluppo ed alla conservazione dell'organica sostanza, essendo le varie specie di vasi una cavità continuata, entro cui le molecole organiche si compongono per dipartire da essa allo scopo della nutrizione, delle secrezioni; e come per la forza ed azione del sistema nervoso le impressioni dalle estremità senzienti si trasportino con varia direzione, con va- ria forza, più o meno associate o divise a piccoli centri, ed al centro maggiore per eccitare le azioni dell' anima, le sen- sazioni, le percezioni, le idee, i giudizj, la volontà, determi- nata la quale progrediscono per altri filamenti nervosi, che xciv Elogio di Stefano Gallini colle loro estremità chiamate motrici suscitano per le leggi della vitalitìi le contrazioni dei muscoli, che alla volontà ob- bediscono. E non vedete, o Signori, in questi brevissimi cen- ni lo prime tracce di quelle indagini , che recarono tanta gloria all' illustre Eichat^ le prime idee sulla vita organica ed animale, che più da vicino esaminata nell' uomo, e nei bruti e colla guida d'innumerevoli esperimenti condusse a stabilire le condizioni che la sostengono, e che la diiiggoiio, e fece conoscere un sistema particolare di nervi destinato alla vege- tazione, ed altro sistema alle azioni dell' anima, aventi rela- zione fra loro, e questa in grado diversa secondo la [jerlczione dell' essere al quale appartengono ? E non vedete o Signori^ in quei brevissimi cenni i primi germi di quelle importanti scoperte relative al sistema nervoso, per le quali celebrati sempre saranno i nomi degli Scaipa, dei Bellingcri, dei Ro- laiidi, dei Panizza, dei Beers , e di tanti altri, che portando l'anatomico coltello sull'origine prima dei nervi, esaminando il loro decorso j la loro disposizione, confrontando gli elfetti ottenuti nei bruti dalla recisione deiili uni e deiili altri fila- nienti, vennero a determinare ([uei nervi, che al moto presie- dono, e quelli che vegliano al senso? Tu dunque, o Gallini, segnasti le prime linee delle grandi scoperte, che cotanto ono- rarono il secol nostro : su te dnn([ne si deve riilcttere parte di quella lode, che ad altri generalmente si accorda ; e som- ma ed intiera ti sarebbe dovuta, se a quelle prime idee unito avessi copia e successione di esperimenti. Tu però gettasti la prima pietra, gli altri fabbricarono su di essa: cosi 1' immor- tale Fabricio scopriva le valvoU; del cuore, delle vene, e r Harveo sostenu<"o dai suoi esperimenti car[)iva la più bella e gloriosa scoperta all' onore d' Italia, e dell' insigne nostro Anatomico. Le esposte nozioni sulla vitalità, e sulla vita con vero filosofico criteiio stabilite dal venerato Rhiestro turono la sor- gente delle più utili verità relative all'umano organismo, non solo nello stato di azione regolare delle varie sue parti, ma Scritto dal Professor Fabeni xgv nc^li stessi irregolari suoi perturbatiienti. Proclamarono esse, che la forza vitale devesi riguardare qual forza composta, ed estimar nella ragione medesima, con che si considera il com- posto dal quale deriva : dichiararono esse le mutazioni del vitale movimento sempre identiche, corrispondenti a quelle del materiale organico, ed ogni movimento vitale non essere, che la risultanza di una serie ben estesa di azioni diverse procedenti dai varj elementi, che compongono gli organici tessuti: impugnarono esse l'erronea sentenza di considerare la vita una condizione forzata, restituendo alle organiche fibre quella attività, dalla quale sorge il loro potere di cancellare 1' impressione degli stimoli, conservando l'organica forma unica fonte delle vitali proprietà : frenarono esse la troppa severità del solidismo ridonando agli umori animali quella dignità, che loro coaqjete come parte integiante dell'organico misto: mo- strarono esse finalmente, che l'azione dei Farmaci non può essere ridotta a tanta semplicità, ma deve piìi o meno modi- ficarsi secondo i loro principj, e secondo quelli delle organi- che molecole, che ne ricevono le impressioni. Queste massi- me o Signori, che in varia foggia vestite, risplendono nelle pili celebrate mediche Istituzioni del giorno, derivarono tutte dalla enunciata teoria della vita. • E come ora potrei a tanti titoli di giusto e generale en- comio aggiungere le sue osservazioni sulla vera causa del sonno e della veglia, sulle esperienze di Legallois e di Wilson Phi- lip tendenti a determinare la sede e le leggi della forza vi- tale del cuore, sul vapore espansile animale, sulla periodicità del mestruo flusso, sull' assoi bimento esclusivo ai vasi linfatici, suU' influenza del fluido elettrico o galvanico nella produzione dei fenomeni della vita ; sul modo di ossigenazione del san- gue per le vie della respirazione; sull'educazione delle facol- tà intellettuali dietro 1' esame della fisica costituzione del cer- vello ; suir utilità del metodo analitico onde conoscere le cau- se e le leggi delle azioni morali dell'uomo ; sulla superiorità di questo in confronto di tutti gli altri esseri creati dalla na- xcvi Elogio di Stefano Gallini tura? A me basti l'avere toccati quei punti ove il Gallini cjual astro fiammeggiante risplcnde nel incclico eielo : a me basti r avervi indicato eh' egli ben meritava la fiiina di grande fisiologo, di sommo filosofo, d' innovatore delle mediche disci- pline ; e come tale lo ammirava 1' Italia, lo riconosceva l'Eu- ropa, e voi giovani, ben giustamente tributavate a Lui i sen- timenti più puri dell' amor vostro, della vostra venerazione. Ma, o Signori, le nuove idee sulla vita risvegliarono in alcuni ignominioso sospetto, come se il Gallini aliti semplici forze della materia ascriver volesse le sublimi azioni dell'ani- ma, e dello umano intelletto. Ah questa fu ferita grave al cuore ed alla mente intemerata di Lui ! La sua voce si alzò gridando 1' indipendenza delle fisiologiche scienze dalla meta- fisica : la sua voce esclamò, che il fisiologo nella considera- zione dell' umano organismo, cerca solo di scoprire le leggi con cui questo agisce, e si rende materiale istrumento di quello spirito, eh' è emanazione di Dio, e che sulla contem- plazione di se stesso si confonde e si perde sempre abbagliato dallo splendore della divina sua sorgente. E come avrebbe Egli, moderatore della nostra Università, potuto decantare la perfezione dell' uomo su tutti gli altri esseri creati, se all'uomo medesimo negata avesse quella pro[)rietà, che piii lo avvicina alla natura di Dio ? Ah se non temessi per sì ingiusti sospetti di turbare il placido riposo delle sue ceneri, ben io direi ; o voi, che ofTuscare tentaste la purità della sua fama, la tran- quillità del suo cuore, osservate qual' era. Chi v'ha tra noi, che iiinori, coni' eiili fosse non tanto del suo pubblico mini- stero sollecito, quanto scrupoloso osseivatore de' suoi speciali religiosi doveri ? A chi non fu egli di edificazione, d'esempio nel Santuario nostio, premuroso prevenendone anche 1' ora, qual che si fosse la stagione, benché la di'clinata etade nel di- spensasse, ed il donato riposo ? La modestia qual sublime di- stintivo carattere del merito vero forse in Ini si smentì giam- mai, nemmeno quando straniere pretensioni invidiavangli le sue scoperte ? Negli uomini è naturale lo stimolo di mostrarsi Scritto dal Professor Fabeni xcvii ad altrui, del Gallini avresti detto, che adoprava nascondersi persino a se stesso. La prudenza dava legge severa alle sue azioni, severa legge al suo labbro. Sincera pietà albergavagli in cuore, nel!' anima la commiserazione, nella destra la libe- ralità. Inalterabile serenità tra le vicende di procellosi tempi, iuvidiabile costanza tra le angoscio di pericolosi morbi non tolse alla sua fronte 1' ilarità;, alla sua bocca il sorriso : ami- co fedele, tenerissimo congiunto dei cari nipoti alimentò le crescenti speranze con affetto di padre : delle quali virtù ge- loso osservatore fino agli ultimi istanti del viver suo, ben da- va a divedere qual ei sentisse in se stesso semplice immortale principia, di cui aspirava alla perfezione nella certezza di ri- congiungersi alla Divinità, ond' era emanato. Nò certo fu vano un si giusto desio ; per lo che ci sia di conforto nella gravissima perdita 1' idea della pace, che ])eato spirito or godi nel Cielo, e del gran lume^, che utile coltivatore delle mediche Scienze in terra lasciasti. E voi, giovani egregi, non più v'attristate se la ferità del moibo che lo rapi, non vi permise onorarne la presente spoglia con mesto corteggio (2). Egli invece di lassù richiama i vostri pensieri a quella die vi trasmise preziosa eredità, la patria comune al vostro nobile orgoglio, le opere all'assidua meditazione, lo splendidissimo esempio alla costante vostra imitazione. (a) Si allude alla circostanza, che essendo 1' illustre Professore mancato a' vivi il di 26 Maggio i836 colpito dal Cholera, non furono concessi pubblici e solenni funerali, quali vennero richiesti dagli Studenti dell' Imp. R. Università, onde onorare meritamente il venerato loro Mae»tro. Tomo XXII. N xcviir Elogio di Stefano Gallini CATALOGO DELLE OPERE STAMPATE DEL PROFESSORE STEFANO GALLINI Oiatio inaugmalls liabita in Gyninasio Patavino 1786. Saggio di osservazioni sni progressi della fisica del corpo umano sano, ed ammalato 1792,. Introduzione alla Fisiologia, e Patologia generale 1802,. Fisioloiiiche osservazioni. San;"io. 1807. Nuovi Elementi della Fisica del corpo umano Tip. Sem. i8c8. Tip. Crescini 1020. Elementi di Fisiologia del corpo umano. Per Bettoni, Volume unico. Summa observationum Anatomie, ac Phvsico-Cliaemic. ecc. 18^4. Compendium operis prò tei tla vice editi anno 182,5, cui titu- lus est, nova elementa Pljvsicae corporis humani. 1827. La superiorità dell' uomo sopra tutti gli esseri creati in que- sta terra. Orazione inaugurale. Se e (juanto il fluido elettrico, o galvanico influisca sulla pro- duzione dei fenomeni della vita. Osservazioni sul vapore espansile animale. Sul poco conto, che di alcune proposizioni fondamentali della fisica del corpo umano venne fatto da molti dotti. Cen- ni. i83o. Deir educazione delle facoltà intellettuali suggerita dalla co- stituzione fisica del cervello. Orazione. Considerazioni sulla utilità del metodo analitico per conoscere le cause e le ]c<'"ì didle azioni morali tlelT uomo. Considerazioni sopra le esperienze, con cui Legallois, e Wil- Scritto dal Professor Fabeni xcix son Philipp giudicarono poter determinare la sede, e le leggi della forza vitale del cuore, e quindi 1' origine di alcuni disordini nell' economia animale. Discorsi due letti come Reggente dell' Imp. R. Università di Padova in occasicme di laurea. Suir indipendenza delle Fisiologiche scienze dalla Metafisica. Altre piccole memorie sparse in varj giornali. CENNI STORICI SULLA VITA E SULLE PRINCIP^VLI SCOrERTE DEL CAV. LEOPOLDO NOBILI se RI TTI DAL PADRE EUSEBIO GIORGI DELLE SCUOLE PIE LETTORE DI FISICA E PROFESSORE d' IDRAULICA NELl' ISTITUTO XIMENIANO IN FIRENZE Ricevuti adì 1. Jgosto 1837. i^ecrologie, funebri elogj, sepolcrali iscrizioni ormai non sono che il contrassegno d' uomo che morì, qual che egU fosse d' indole^ di costumi^, d'ingegno. Legge il passeggiero sulle tombe, legge il letterato nei periodici fogli e negli opuscoli del giorno simili encomj j e dacché dei più fra i trapassati ignorava perfin 1' esistenza, si ferma a lodare o criticare il panegirista, e da quelli che pur conobbe, e ciie adulazione accompagnò al sepolcro, forma di quelli che gli furono ignoti lo stesso concetto. Tanto è vero che tutto per F abitudine o meglio per 1' abuso perde di pregio ; tanto è vero che asso- luta ingiustizia è il lodare chi non inerita lode, poiché con ciò si sparge la diffidenza o almeno il dubbio sulle lodi che si tributano a chi di fatto le meritò. Euon per me che pro- nunzio queste poche parole d'elogio ad onorar la memoria di Leopoldo Nobili di Reggio , d' un uomo cui l' età nostra ri- spettava, del cui valore tutti furono teslimonj, di quel Fi- sico in somma, di cui fu tale la forza d'ingegno, 1' insistenza Scritti dal Padre Giorgi ci nell' interrogar la natura, che il Franklin, il Beccaria ed il Volfa non avrebbero sdegnato di averlo a compagno e colla- boratore. E non può illudermi o sedurmi sentimento d'ami- cizia ; che nessun affetto potrebbe inai indurmi a dirigere una sola parola fuori della indeclinabile strada del giusto e del vero : tutto al più un tal sentimento, appunto perdio pio- fondo, potrà forse turbare al([uanto il retto ordine delle idee, ed impedirmi di presentar (juesto quadro con quella bellezza di composizione, con quella vivacità di colorito e con quella destrezza nei chiaro-scuri con cui saprebbe dipingerlo un pit- tore più esperto, ma mosso soltanto nel suo lavoro dall' amore del bello. Ma sia pur fioca e sommessa la mia voce ; sarà pur sempre l'eco fedele e pietosa che ripete le lodi tributate dalla dotta Europa all' uomo che hen meritò della Scienza per la luce con la quale riesci ad illustrarla. Nasceva Leopoldo nel 1784 fuori del patrio tetto, e pre- cisamente a Trassilico in Garfagnana, dove Pellegrino Nobili suo Autore, giusdicente profondo sedeva esercitandovi la su- prema magistratura. Ingegno penetrante mostrava egli fin dalla più giovane età, e rettitudine straordinaria di mente nel pen- sare, nel riflettere e nel dedurre ; sicché non contando e^li che poco più di tre lustri, formò soggetto di non fallace pro- gnostico, non dirò soltanto per un Cassiani e per un Caccia- nino, nomi allora celebii fra i più valenti Geometri, ma per lo stesso Gagnoli, nome che onora e onorerà sempre la storia delle Matematiche e dell' Italia. i Con questi preliminari entrava il giovane Alunno nella scuola militare del Genio a Modena, scuola dove si formavano, si conoscevano e si apprezzavano gl'ingegni; e nei suoi studj portava quell'ardore e quell'attività di mente della quale la dotta Europa è stata in seguito testimone. Là cominciava a farsi sentire in lui un amore per quel vero, che spoglia l'anima dai pregiudizi, e la dispone a tutte quelle impressioni che è capace di ricevere ; e da questo amore derivava in lui un ardentissima tendenza alle ricerche, e una irresistibile ansietà cu e E N N I S r o K I e I ec. pei' le scoperte. Gustava egli mirabilmente quei metodi ana- litici che soli sono suflicienti a tener lo spirito in guardia contro le illusioni d' ogni genere. Fin d' allora egli si accor- geva che le Matematiche e la Fisica sono capaci di dissipar tenebre, che sembravano impenetrabili, e tiast'ormare i soggetti apparentemente piii sterili in sorgenti inesauste di cognizioni e di Forze, solo con l'osservarli sotto diverso punto di vista, o per mezzo dell' applicazione di certi principj non ancor va- lutati. Fin d'allora egli formava nella sua mente il piano della sua vita futura, desideroso di consacrarla esclusivamente, ap- pena il potesse, allo studio della Natura. Intanto era già Ullìziale d' Artiglieria. Nella necessità di se<^nire in quel tem[)o la carriera dell'armi, Egli avea pre- scelto appunto questo ramo dell' arte militare , perchè esso più forse d' ogni altro dà luogo a occupazioni d' ingegno, e a far mostra di una mente combinatrice ; e con tale spirito egli si accingeva a tutte quelle operazioni che formavano il sog- getto dei diversi ministeri ai quali venia destinato. Tale si mostrava nel ministero di Direttore della fabbrica d' armi a Brescia, dove l' Autorità lo chiamava ; e lo studio sulla na- tura dei metalli e sulle loro proprietà relative agli usi diversi, oltre ad accrescere la sfera delle sue cognizioni, lo conduceva a nuovi ritrovati e sui caratteri dei metalli stessi e sul modo di perfezionarli e di lavorarli. Ma conosciuta anco meglio l'indole e la penetrazione del oiovane UfBziale, ornai insignito del grado di Capitano, doveva efli esser posto in situazione non solo più brillante, ma tale che '^■li dusse campo di propagare i suoi lumi, e di formare sul suo modello le menti dei giovani alla disciplina e all' arte della "uerra per mezzo di quelle scienze che corredano lo spiriti, delle opportune cognizioni; poiché in questo caso sol- tanto una militare insegua onora chi ne è rivestito, e non ([uaiulo non è accompagnata che da coraggio brutale, da cieca iiruoranza e da automatica obbedienza. Ecco dun(|ue il Capitano Nobili Professore d'Artiglieria a Scritti dal Padre Giorgi chi Modena per volere di olii allora reggeva i destini d' Italia ; eccolo a diffondere quei lumi che i primi nello stesso luogo avevano poco fa rischiarata la sua mente; eccolo in stato di coltivare giovani piante alla scuola della virtù, dell' onore e della gloria. Ma non vi è scuola piìi parlante dell' esemplo. Per quan- to zelasse egli il suo ministero d' Instltutore, tuttavia vestire militare insegna e vivere alla tranquillità e alla pace, non era né poteva esser confacente al suo ardore e alla sua fervida mente, quando altri affrontava pericoli e morte. E allora appunto tromba di guerra suonò .... benché con suono malaugurato : e a quella voce tutti si destarono nel Nobili i sentimenti di Cittadino^di Militare e d'Uffiziale, sentimenti per lui irresistìbili, sicché a fronte di tanti e di- versi ostacoli che gli vengono opposti, vuol seguir quella voce che per la Patria lo chiama alla Campagna di Russia, mentre egli non conta ancora sei lustri d' età. Si copra di un velo quella spedizione di cui non a me ma alla Politica ed alla Storia appartiene parlare. Solo dirò del Capitano Nobili, il quale membro dello Stato Maggiore, combattè con la mano, più combattè con l'inalterabilità del suo coraggio, e più di tutto con la profondità del consiglio, che profondità di consi- glio non può contrastarsi neppure in quei Ministri dell' arte salutare, ai quali non riesce salvare una vita che o per nota disorganizzazione o per ignote cause è giunta al suo termine. E ben fu riconosciuto anco in mezzo alle sventure il suo merito da quel sommo, che il merito sapeva apprezzare e in- coraggiare, e che in pegno di stima lo insignì della sempre rispettabile decorazione della Legion d' Onore. Dopo varie militari vicende nelle quali il nostro Nobili fu costantemente inalterabile testimonio ed attore imperter- rito, cambiò l'ordine delle cose, il Tempio di Giano si chiuse, ed egli prodigiosamente reduce in Patria riconcentrò di nuovo tutto il suo valore nello studio della Natura divenuto unico esclusivo soggetto di sue meditazioni, non essendo egli più civ e E X N I Storici cc^ distratto da' militari doveri. Eccolo in una carriera ben più omogenea a lui, nella nuale si getta con tutto quelT abbandono con cui un' anima veramente appassionata si dedica all'oggetto degli affetti suoi. Qui la vera gloria lo attendeva, qui bcu più elle sul canijio di 3Iarte gli era riserbato un nome italiano ed una celcljrità Europea. Egli partiva dalla massima fondamentale, che non i feno- meni, non i latti isolati e indipendenti debbono esser Io scopo delle ricerche d(d filosofo, ma bensì i principi . E poiché la verità è sem[)lice e sempre concorde con se stessa, un prin- cipio può venire stabilito egualmente da un fatto semplice e comune, come da un brillante e stiaordinario lenomeno. I co- lori di una bolla di sapone, i (juali fermano soggetto di ti'a- stuUo per il giovanetto e di cuiiosità per ogni spettatore, presentano all' occhio del Newton un latto derivato da leggi fin allora inosservate, e sul quale Egli getta i fondamenti della teoria didla Lu(!e. L' oscillar d' una lampada solleva la mente immensa di Galileo al ritrovamento delle leiiiii reso- latrici del si-tema pl3n(;tario. Si, io lo ripeto ; ogni oggetto è capace di |ir(;sentare al Filosofo un principio ; ogni og- getto può istruirlo, e impiimere nella sua anima un nuo- vo sentimento d'ordine e d armonia. Tale era la situazione di spirito del Nobili lidotto col pensiero nella periferia del suo iialjiiu^tto. jMille (juestioni . mille argomenii di ricerca si presentano alla sua mente : lo incauta 1' aspetto della Na- tura e la vista dei fenomeni , ma non sempre si persuade dei ino li con cui i Fisici interpretano l' una o spiegano gli altri. E non erano decorsi neppur quattro anni dopo il suo ritorno dal teatro della guerra, che già con un ardire figlio soltanto dell'amor della Scienza, pubblica direi quasi un suo progetto, col quale mirava niente meno che a presentar la natura sotto un aspetto totalmente diverso da quello in cui era stata fin allora considerata. In questo suo pensiero, o me- glio in queste sue indagini lo confermavano le intricate quistioni Scritti dal Padre Giorgi cv e le opinioni discordi dei Fisici, specialmente in quanto ai così detti imponderabili. Tutti questi o esseri o fenomeni egli va in certo modo ammassando per istituire osservazioni assolute o comparative; in tutti ravvisa materia, in tutti rileva meccanici modi d' azione, su tutti induce un nuovo genere di spiega- zione. Era ardita 1' impresa , ma la stessa arditezza indicava la gran mente di lui; e se a somiglianza dei Grandi che lo precedettero Egli errò in molte sue vedute e in molti suoi concetti, io sostengo che senza nuotare così arditamente nell' Oceano immenso della Natura , non avrebbe forse conosciuti i diversi scogli nei quali ogni osservatore può rompere, e non avrebbe poi trovati quei fondi che contenevano nuove e così importanti ricchezze , le quali forse niun altri che un ardito nuotatore come egli era, non avrebbe portate alla luce del giorno. Si riposava infatti stanco non sazio di ricerche, ma meno stanco per esaurimento di forze di spirito, di quello che per l'immensità del Caos, in cui avea creduto di poter penetra- re. Si riposava, e volgeva l'occhio più pacato e più tranquillo su varj elementi di questo Caos^ e prendeva intanto di mira per primo il magnetismo. Qui si dà ad esaminare la circola- zione interna delle calamite, e ne determina la direzione; vede come la forza magnetica si diffonda intorno alle calamite stesse, e come due calamite esercitino azioni reciproche fra loro. Analizza e rischiara le belle scoperte elettro-dinamiche dell' Ampere, del Faraday, del Barlow, del De-la-R.ive, e ne deter- mina le leggi ; e infine riduce tutte queste dottrine sotto il modesto titolo di Quistìoni sul Magnetismo, le quali in so- stanza ne contengono una vera e sana teoria. Aveva Egli così determinata la sicura e distinta linea d' osservazione, sgombra di tutto ciò che poteva esaltare e rendere smoderato il suo desiderio di ricerca. Quindi sopra varj oggetti separati portando il suo occhio indagatore, ben vide quali punti richiedevano veramente di essere illuminati, e ben vide quale opportuna luce poteva mettersi in chiara Tomo XXIL O evi e li N ^ I S T 0 11 I C I ce. vista. Nò io andeiò enumerandoli, tanto più che un aumento (li tristezza risulterebbe dal rilletterc che il destino gì' impedi di compiere molte osservazioni realmente nuove e sulTOttica e suir Elettricismo ; e solo dirò di alcune delle più importanti scoperte che gli acquistarono una celebrità non limitata dal tempo. Il magnetismo di rotazione, relativo all'azione che di- versi metalli ruotanti esercitano sopra un ago magnetico, era stato già rilevato dall'Arago ; ma l'analisi minutissima di que- sto fatto è dovuta al nostro Nobili , il quale forse lo aveva già osservato o prima o contemporaneamente al Fisico fran- cese; e per quel!' analisi appunto di tanta luce brillò questo nuovo ramo di Fisica. Immensi schiarimenti da lui furono portati sugli efTettl fisiologici della Pila Voltaica, dopo aver sottoposti gli organi animali a qualunque genere d" esperimento. Rilevò tutti i particolari che accompagnano 1' azione di una corrente sopra gli organi stessi ; vide come questa azione cambia al cambiare della direzione della corrente ; come in questo medesimo cam- biamento essa diviene più energica , e come si ravviva dopo che per un certo tempo ha proseguito a percorrere gli orga- ni; e da tutti questi fatti resultava il gran canone ^ che la scossa dipende sempre da una repentina mutazione di stato nel sistema nervoso, sicché essa accade tanto allorché, inclu- dendo i nervi nella corrente, questi passano a un tratto dallo stato naturale ad uno stato clettric'o , quanto allorché , dopo essere stati lungamente in istato elettrico sotto la corrente continua, passano ad un tratto allo stato naturale per la ria- pertura della corrente medesima. Con queste osservazioni tendeva il Nobili ad illustrare la scienza; ma nel tempo stesso mirava a giovare all'umanità, cercando di ritrarre un utile per essa da questo incognito agente. Con tal veduta credè di poter rilevare, che nelle ma- lattie derivanti da poca eccitabilità, quale sarebbe la paralisi possa giovare una corrente scontinua prodotta dall'Elettricismo Scritti dal Padre Giorgi cvir svikinpato per confricazione; e che per quelle le quali deri- vano da troppa eccitabilità, quale sarebbe il tetano, potevano forse riuscir vantaggiose le correnti continue della pila, come capaci di deprimerne la causa. Ma nuove indagini fisiologiche, più accurate osservazioni dei fatti e delle circostanze che gli accompagnano, e secondo me, un esame comparativo con gli effetti dell' acupuntura potranno render più retti i troppo pre- cipitati giudizj tanto degli empirici quanto degli scettici in questo proposito , e portare una luce sicura e vantaggiosa su questa importante dottrina. Ma effetti così parlanti e così decisivi e generali resul- tamenti non avrebbe il Nobili giammai ottenuti senza stru- menti di ricerca assai più delicati di quelli che erano fin al- lora conosciuti e adoperati. E dall' altra parte ii suo ingegno doveva presentarci qualche cosa d'originale a prò della scien- za. Persuaso egli che uno dei più indispensabili mezzi d' os- servazione è un perfetto strumento di misura, e non contento del semplice moltiplicatore dello Sclnveigger, tanto perchè poco sensibile quanto perchè soggetto all' azione del magnetismo terrestre, imagina il suo Galvanometro a due aghi astatici pa- ralleli, di egual dimensione , di egual forza magnetica e im- piantati nello istesso filo in direzioni contrarie. Fu questo l'ap- parecchio per mezzo del (juale egli potè svelare tanti arcani fisiologici che la natura ascondeva sotto tenacissimo velo, cui non era bastata a squarciare tutta la teoria dell'elettricismo; con questo apparecchio si presentarono all' occhio nel loro carattere e in tutta la loro efficacia le correnti idro-elettriche, le quali perseguitate con tanta insistenza dal nostro speri- mentatore, furon costrette a parlar quel linguaggio al quale non aveva mai potute ridurle verun altro sistema d'osserva- zione. Come dunque potevano resistere alla prova di tale ap- parecchio gli organi anco meno dotati di sensibilità, e i corpi di natura anco più apparentemente omogenei ? Ma la comparabilità di uno strumento non è meno im- portante della sensibilità. Ad ottenerla con la maggior possibile cviii Cenni Storici eC;, perfezione il Nobili riunisce intorno ad un solo tclajo un certo numero di fili moltiplicatori egualmente sensibili ; stabilisce il modo di calcolare numericamente le forze delle correnti segnate dallo strumento in gradi di cerchio, e la maniera di valutare V eccesso delle ricche correnti nel passare a traverso del iilo troppo sottile del moltiplicatore. Modifica V apparec- chio, lo rende atto agli usi diversi ^ e capace d'indicare in qualunque caso e in qualunque circostanza il progresso dei fatti per qualunque genere di correnti , e crea cosi il suo Gali'anonietro coinjy arabile ; sicché può forse asserirsi senza ardire, che questo apparecchio non cede a verun altro né in sensibilità, ne in comparabilità, e che non v' è forse altro ap- parecchio il quale riunisca in se tanto assolutamente questi due caratteri. Si cerchi dunque ^ disse egli, di rilevare correnti anco più debolij e che sfuggano ad ogni altro benché delicato mez- zo di ricerca. Conosceva le correnti termo-elettriche sco- perte dal Dottor Seebeck ; ma senza il suo Galvanometro ne era troppo limitato lo studio. Inoltre adoprando uno strumento più sensibile a risentire un effetto, possono bene trovarsi e studiarsi cause anco più delicate. E il nostro Fisico in fatti col suo Galvanometro rilevò clie queste correnti a differenza delle correnti idro-elettriche divengono molto più deboli se debbano percorrere un circuito lungo e sottile. Quindi rite- nendo in massima lo stesso sistema di costruzione per queste nuove correnti, formò il suo moltiplicatore con uno dei soli- ti fili di rame fasciati di seta^ ma con minor numero di giri e d' un diametro maggiore. Con tal metodo egli il primo estese gli effetti termo-elettrici ai conduttori umidi; formò questi di due bastoncini d' argilla, e ne ottenne le previste correnti. A tal vista la sua mente si slancia nel magnetismo terrestre, campo già si utilmente da lui coltivato, e con un occhio che può realmente dirsi l'occhio del genio^ vede in questo fatto la spiegazione delle correnti magnetiche circum-terrestri dall' Est all'Ovest, alle quali mal si adattava una spiegazione dedotta Scritti dal Padre Giorgi cix dal supporre la terra composta di soli metalli^, mentre tanto più facile ne appariva 1' interpretazione, deducendola da cor- renti termo-idro-elettriche. ■ >i > r ;■ . Vedendo Egli che un tale apparecchio corrispondeva con tanta fedeltà e tanto pienamente alle sue vedute, doveva pro- curare di renderlo sempre più sensibile, giacché comparabile Jo aveva ridotto al sommo grado. Ottiene il suo intento mol- tiplicando gli elementi bismuto e antimonio dell' apparecchio dei Seebeck ; gli commette e gli unisce fra loro alternativa- mente ad angolo sempre più acuto, forma un insieme che per analogia con la Pila voltaica può chiamarsi ed è di fatto una Pila termo-elettrica, raccolta nel minor possibile spazio, e che si presenta in forma d'un cilindro, con le saldature di nu- mero pari da una faccia , e dall' altra quelle di numero im- pari. E ciò non gli basta, per quanto anco sotto questa forma soltanto essa fosse capace di produrre delicatissimi resulta- menti. La stabilisce in un cilindro metallico per raccogliere le minime quantità di raggi caloriferi che i corpi esterni pos- sono raggiare sopra l'una o l'altra faccia di essa, e forma così il suo Termo-moltìplicatore. E perchè anco più intenso ne riesca l'effetto, insieme con l' illustre Fisico e straordina- rio osservatore Professor Melloni cambia una delle estremità di questo cilindro metallico in uno specchio conico rovescia- to, e con tal modificazione l' apparecchio diviene sensibile all' ago del Galvanometro in un modo, direi quasi prodigioso, dacché é capace di presentare un cambiamento di temperatu- ra di g^ di grado del termometro di Reaumur. E proseguendo sempre quasi per abitudine a perseguitare una scoperta finché quella non gli presentasse anco i meno sperati resultamenti , ridusse le sue pile termo-elettriche così delicate e cosi sen- sibili variandone in tanti modi le forme, che oltre allo sperare di poter con esse trovare i minimi fuochi delle lenti, si lu- singava perfino di renderle sensibili al calor della Luna. Ma ciò non è per anco riescito neppure allo stesso Melloni, ben- ché col mezzo dello stesso Termo-moltiplicatore abbia poi ex CenniStorici ec. scoperte verità allatto nuove, relative al potere dei corpi per assorbire, per reflettere e specialmente per trasmettere il ca- lore, delle quali cose il Nobili stesso parlava come importan- tissime: e r Istituto di Londra col conl'erire al Melloni uno dei premj destinati per le più importanti scoperte, e l'Istituto di Parigi, di Pietroburgo e di Berlino con 1' ascrivere il Mel- loni nel catalogo dei loro soej, attcstano solennemente il me- rito di questo valente italiano scopritore. Contento abbastanza il Nobili del perfezionamento di tale appareccliio, un anno dopo rivolgeva di nuovo le sue osser- vazioni e il suo studio sull'Elettricismo, e precisamentCj come c^li stesso mi diceva , andava inda2;ando se 1' elettricismo si polarizzava al pari della luce. Dopo varj esperimenti inefficaci per il fine al quale tendeva, vede a un tratto certe tracce regolari di colori diversi comparire sopra una lastra metallica immersa in una soluzione, e posta secondo le sue prime ve- dute nel circuito d' una corrente voltaica. A somiglianza del Newton e di Galileo non poteva sfuggire al Nobili l' impor- tanza di un fatto apparentemente così semplice cbe gli si parava davanti. Ripete l'esperimento, cambia metalli, cambia soluzioni animali, minerali e vegetabili, e non solo vede sem- pre ripetuto r efletto, ma lo trova sì variato, ma vede sempre sì decisi e divcisi colori, cbe vi scorge un fatto nuovo ^ una nuova e impensata derivazione delTazione della Pila del Volta. Concepisce allora il pensiero di ottenere in egual modo colori unici, distinti e isolati. Il ragionamento non poteva illuderlo dopo fatti così parlanti ; e non solo ottenne quanto sperava, ma ottenne di più una serie inaspettata di colori da formare una scala graduata fino in numero di 44 varietà di tinte di- stintissime. Porta a Parigi la sua nuova scoperta, e ripete gli esperimenti alla presenza di quel dotto Istituto, il quale non poteva esprimere l'impressione cbe quella scala colorata pro- duceva neir animo, se non con un vocabolo analogo, di- cendo die essa destava nell'occbio la vera voluttà del vedere. Si trattò in quella rispettabile adunanza di dare un nome a Scritti dal Padre Giorgi cxi quella gradazione o scala di colori, e fu detta Scala Croma- tica; e Metallocromia questo totalmente nuovo ramo di Fisica. Ombra onorata del sommo Newton , che diresti tu alla vista di questo imponente spettacolo , il quale presenta va- riata in parte e in parte tanto più estesa la tua Leila teoria degli anelli colorati? E tu o gran Volta che diresti nel ve- dere questo resultamento della tua incomparabile scoperta della Pila ? Quando mai avresti pensato che potesse servire a sviluppare per la via di chimiche scomposizioni un cosi bril- lante spettacolo di colori ? Né dirò già che questa derivazione della Pila possa pa- ragonarsi con r applicazione più bella e più feconda di re- sultamenti che sia stata fatta della Pila medesima dal Sommo Davy, che riesci a scomporre con questo mezzo gli alcali , come già il Berzelius e 1' Hisinger avevano in egual modo separati gli elementi degli acidi, dei sali e degli ossidi metal- lici. Era già noto il trasporto delle sostanze sottoposte all'azio- ne della Pilaj tuttavia la scoperta del Nobili non cessa di presentare un grado considerevole d' importanza, e perchè è pure questo un passo di più che la Chimica ha fatto^ e per- chè un' utile applicazione può farsi della Metallocromia alle Arti, al che già il Nobili mirava, e perchè con questo mezzo egli ha potuto scoprire, contro l'opinione generalmente adot- tata^, che anco a traverso dei corpi si fa strada la corrente elettrica^ come resulta dall' aver egli colorate uniformemente e interamente superficie metalliche introdotte come diaframmi in qualche soluzione, per la quale passava una corrente vol- taica; e finalmente perchè questo passo potrà esso pure con- tribuire non poco ad accelerare quel momento tanto sospirato in Fisica, in cui resti incontrastabilmente provato che Luce, Elettricismo, Magnetismo e Calore non sono che modificazioni d' una sola e medesima causa diversamente operatrice. IMa già il nome del Nobili suonava glorioso , il che ser- viva ad accendere sempre più il suo zelo indagatore, benché già vivissimo. Il suo Gabinetto era divenuto sempre più ricco cxri Cenni Storici ec. ili mezzi d'osservazione^ che con non scarso dispendio si era pro- curato nei suoi viaggi, e da questo non era distratto che per qualche momento dalle cure d' ottimo figlio . di sposo afFet- tuosissimo e di amorosissimo padre. Ma da gran tempo vagheggiava egli il clima della Tosca- na e qui infatti si posò. Il Cielo che aveva coperto Galileo e gli Accademici del Cimento, lo vide e sen compiacque. Un genio celeste inspirò 1' angusto moderatore Leopoldo II a fa- vore d' uno stabilimento già centro delle Scienze, e memoria gloriosa per la Storia della Fisica, e fece sì che Egli richiamasse il Museo di Firenze a vita novella. Ma è nulla la vita ove sia condotta nell' oscurità e nella inazione : quindi bisognava ri- chiamarlo a vita attiva e gloriosa; e ciò si ripromise il be- nefico Principe dal Nobili per il ramo della Fisica, né s'ingan- nò. Ed ecco il nostro nuovo Concittadino destinato a svilup- pare in quel venerabile santuario i grandi principj fisici di cui aveva così ripiena la mente; eccolo in grado di esercitare in un campo direi quasi senza limiti il suo spirito osservato- re, di diffondere i proprj lumi, di rinnovare quell'Accademia di cui tanto Firenze si gloria , di sperimentare a piacere j e sperimentando trovare nuove verità, E trovò di fatto una verità la quale chi sa quanto sarà per esser feconda di conseguenze. E invano è stato tentato di rapire a Firenze il merito e l'onore di tale scoperta; che la diversità dell' epoca, la differenza dei metodi e la varietà dell'effetto la vendicano luminosamente alla nostra Patria. Il celebre Faraday, uno dei più rispettabili Chimici dell' età nostra, con lettera al Sig. Hachette a Parigi annunziava d'aver ottenuto un nuovo genere di correnti dalla calamita, e in un, caso particolare anco la scintilla. Il nostro Fisico in compagnia dello zelante e intelligente Marchese Antinori pro- vidissimo direttore dello stesso R. Museo, in un'epoca noto- riamente anteriore alla importantissima JMemoria con la quale il Chimico inglese rendeva conto di tutta la sua operazione, pubblicò con tutte le particolarità il ritrovato, che per parte Scritti dal Padre Giorgi cxiii loro aveva tutti i caratteri di novità, quantunque la prima idea di ricerca fosse stata a loro suggerita dall' annunzio del Faraday. Il Nobili infatti avea già trovato, ed era pur questa una nuova scoperta, l'induzione elettro-dinamica, cioè si era accorto che uu filo metallico percorso da una corrente voltaica sviluppa o induce una nuova corrente in un altro filo libero parimente metallico. Lo aveva osservato nelle applicazioni alla scoperta dell' Oersted e nell' analisi del grande apparecchio dell'Ampère, che egli rese tanto più istruttivo quanto più semplice. Ragionando dunque col suo Collaboratole deduceva, che anco la calamita doveva esser capace d' indurre simili correnti in un filo metallico, e che queste correnti dovevano produrre effetti analoghi a quelli prodotti dalle correnti vol- taiche ; e quindi prevedeva o per dir meglio si riprometteva per convinzione la scintilla dalla calamita. E operando insieme con l'Antinori stesso, e tentando e ritentando T ottennero in- fatti. E non in un solo caso particolare, come il Farada/ an- nunziava, e non precariamente, ma sempre la scintilla ma- gneto-elettrica si sviluppava nell'atto di staccar l'ancora dalla calamita, ossia nell' atto di rompere la corrente. Rese poi fa- cile il modo di riprodurre il fenomeno ed ingrandirlo: ma ciò non gli bastò. Persuaso che cause simili debbano produrre simili effetti, e avvezzo a spinger sempre una scoperta ol- tre ai primi limiti che presentava, sperò, credette, fu anzi per- suaso di ottenere scintille anco nell'attacco dell'ancora, os- sia nell'atto di chiudere il circuito, ove riescisse a forma- re anco in questo genere un apparecchio moltiplicatore; e inoltre di ottenere tutti gli effetti che derivano dalle cor- renti voltaiche. Le speranze e le previsioni dell' uomo di genio è raro che illudano. Ingrandito l'apparecchio e reso facile il modo d'adoprarlo, dalle correnti magneto-elettriche ottetme scintilla nel distacco e nell'attacco dell'ancora, ot- tenne scomposizione dell' acqua, sapore acido e alcalino al palato, lampo davanti agli occhi e una scossa non sopporta- bile da verun essere organizzato. Per immaginarsi l'impressione Tomo XXIL P cxiv Cenni Storici ec. che i^li scopritori dovettero provare a tal vista, basta ricor- darsi di (juclla clic provò il Franklin e che esprimeva nelle sue lettere al Prol'essor Kliugcstierua, quando trasse le prime scintille dalla corda del suo Cervo volante. Dopo tante luminose scoperte e con tanta fama di dot- trina non e maraviglia, se quasi tutte le più cele])ri Accade- mie d'Europa ambirono d' ascrivere Leopoldo Nobili nel loro catalogo, come giù ve lo avevano ascritto la Società Italiana dei Quaranta, e l'Istituto di Francia allorché egli gli presentò la scoperta della jMetallocroinia. E non meno delle illustri Società lo onorarono 1 Fisici in particolare. Uno solo io citerò Ira tanti esempi , quello di uno dei più rispettabili Fisici dell'età nostra, cioè il Sig. Am- père. Associato questi nel i833 alla illustre Accademia di Scienze Lettere e Belle Arti di Modena, scriveva lettera di rinf'raziamento al Segretario della medesima, e infine aggiun- geva queste parole , che ad onore egualmente e dell'Ampère stesso e del Nobili io fedelmente trascrivo. "• J' ai été on ne peut plus sensible à ce choix, qui en „ m' associant à un' Académie Jllustrée par tant de travaux ,, utils, me donne ponr collegues des savans si distingués, et „ entre autres le grand l'iiysicien Leopoldo Nobili, que je ,, m' honore de pouvoir compter au nombre des mes Amia. .,, Questo era l'Uomo che l'Augusto Leopoldo II fa e ea To- scano, eleggeva a Professor di Fisica nel suo R. Museo, e sti- mava con stima sincera, del che gli piacque dargli anco ester- no contrassegno, decorando il merito di lui con Finsegna dell' Ordine del Merito sotto il titolo di S. Giuseppe. 11 Nobili Io reciprocava con una tal gratitudine, che se potesse effigiarsi si riguarderebbe come di gratitudine pailante modello. Si: egli sentiva profondamente per il suo nuovo Sovrano, perchè in Lui riguardava 1' Autore della presente sua felice situazione relativamente alla Scienza che coltivava , e della perfetta e compiuta sua tranquillità sociale e domestica. Nò poteva sen- tire altrimenti, perchè dotato delle più belle virtù gli erano ingeniti i sensi d' un cuor gei\tile e ben latto. Scritti dal Padre Giorgi cxv Questo era 1' Uomo destinato a brillare astro novello sul cielo di Michelangelo e di Galileo; ma non l'u invece che una passeggera cometa. Se non che , una cometa percorsa la sua orbita, dopo un più o meno lungo periodo ricomparisce sull' orizzonte; e il Nobili non più ricomparirà tra noi. Egli abban- donava l'orizzonte dei mortali, ma lo abbandonava con quella tranquillità che è propria del vero Filosofo. Ha però lasciate dietro di se tracce così luminose, che anco i più lontani ne- poti osservando questo Cielo non potranno a meno di ripe- tersi r un r altro, qui fu , qui brillò di vivissima luce Leo- poldo Nobili. Anima cara e gloriosa accetta questa oiFerta dell'amico in compenso dell' ultimo vale, che egli ultimo da te ricevette. E tu Italia mia che meco dividi e stima e dolore per l'uomo che perdemmo, ravviva tu questo arido alloro con cui ho vo- luto intessergli corona , sicché per 1' onorata ricordanza dei prediletti tuoi figli sorga di tanto in tanto nella tua Famiglia chi ti conforti in qualche modo in mezzo alle tue tante ama- rezze. 8.' AN' . A US A 'iJ' J<: A?^' 'il ¥. Lia •:(' 'E il. A ,|-.\ :i 'i^ CXVII ELOGIO DELL' ASTRpNOMO CAVALIERE ^ A B A T E ÒT'd 'II^'Sts'Ta NGELO CESARIS ' SCRITTO DAL SOCIO PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI Ricet'utoi .adì 12. Novembre i838. Et, ut corporis est quaedam apta figura membrorum, cum coloris quadam suavitate; eaquc dicitur pulcritudo: sic in animo opinlonum judiciorumcjue aequabilitas et coustantia, cum fìruùtate quadam et stabilìtate vìrtu* tem fiubsequens , aut virtutis vim ipsam continens y pulcbritudo vocatur. Oc. lib. ly. Tuscul. Avvegnaché tristo e lacrimevole ufficio sempre sia quello di tributare il dovuto encomio alla memoria degli Uomini per virtù e ingegno preclari ; nuUadimeno egli è ufficio ancora di conforto a chi lo esercita, mentre pur sembra che il dolore, in parole disfogandosi, alcun poco si disacerbi: senza di che il cuore abbastanza riceve di nobile soddisfazione dal rivol- gere il proprio commovimento ad onorare i pregi di un tra- passato illustre, cui giovi additar eziandio intemerato esem- pio, scopo e modello d' imitazione a' superstiti e a' futuri nipoti. Per la qual cosa non poteva l'Italiana Società delle Scienze porgere a me più grato e onorevole invito, comecché mesto e luttuoso insieme, quanto che io consegnassi nelle pagine de' suoi Volumi l' accademica prescritta laudazione delle rare doti, che fregiarono il defunto di lei membro, l'Abate Giovanni Angelo Cesaris, non ha guari Astronomo anziano e Direttore della Imperiale Specola di Brera in Milano, Diret- tore delle due classi del Cesareo Istituto di Scienze, Lettere ed Arti, e Cavaliere di terza classe dell' insigne Ordine Au- striaco della Corona ferrea. E ben oltre le ra^rioni del com- pianto pubblico alla perdita di un Soggetto si distinto e be- Tomo XXn. Q r\ cxviii Elogio dell'ab. Gio. Aìsigelo Cesaris nemerito; e quaiid' anche a celebrar di questo le amabili pre- rogative me validamente incitato non avesse Taltrui desiderio e impulso rispettabilissimo, io di spontanea elezione, anzi con fervida brama il pio incarico era per impormi, o più propria- mente a me lo imponevano venerazione, gratitudine e amor di discepolo inverso chi per alcuni anni cortese mi fu di lume e consiglio negli studi giovanili, e a cui tal vincolo e si dol- cemente mi strinse che io ebbi da lui verso me a sperimen- tarlo, anzi che di Guida e Maestro, qual di Padre e Amico. Nò io già temo che dall' aver qui premessa e dichiarata, per ingenuo sfogo e trasporto di animo riconoscente^ la rela- zione intima e affettuosa, che al Cesaris mi congiunse, possa venirmene taccia e pregiudizio nell' altrui fede, presso di cui resti scemata 1' estimazione per lo subjetto , giudicandosene parziale o alterata la lode nella mente preoccupata del loda- tore. Perocché, ove io non curassi pure, o, per calore di sen- timenti e di fantasia, trascinato fossi ad obbliare legge e do- ver primo essere di chi detta un elogio il conformarsi appieno alla nuda e semplice realtà delle cose, né convenire giammai a quella del vero mettere innanzi , né a paro , 1' amicizia di Platone, me ne avvertirebbe tosto e varrebbe sul punto stesso a correiiirermi il carattere schietto, leale, candidissimo del mio lodato, che, abborrente dall'ombra ben anche di finzione ^ o esagerazione qualunque, mi moverebbe rimprovero di non rì- trarne fedelmente le sembianze. Ed oltre a ciò le opere man- date dal Cesaris a pubblica luce, quanto al sapere di lui; e il concorde testimonio de' contemporanei, che seco lui ebbero socievol frequenza e mutuo conoscimento, in riguardo alle virtù sue nobilissime, mi entreranno mallevadori che io nulla toglierò , né sarò per aggiungere alla verità e naturale simi- glianza coi lineamenti e colori dell'originale nell'immagine che mi son proposta e mi accingo ad offerirne in queste carte. Su r appoggio pertanto di tali i>rove io confido poter dimo- strare del JNlilanese Astronomo aver egli in se accoppiate le doti più belle, che rendono l'uomo scienziato degnissimo dell' Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi "cxix amore e della stima universale. Il che riuscendomi, come spero, sarà questa 1' umil corona di pochi e modesti fiori per me tessuta e recata su la tomba di lui; che di meglio non con- sente la povertà e debolezza di obi la compone , aggiungen- dovi però egli un sincero tributo di pie lagrime alla cara e venerata rimembranza del suo antico precettore. Da Giovanni Antonio Cesaris e da Vittoria Remugotti, ambi di onesta e agiata condizione, ma solleciti sopramodo per r ottimo allevamento de' figli loro, trasse primogenito i natali Giovanni Angelo il dì 3o di Ottobre dell'anno 1749 in Casale Pusterlengo, grossa borgata del territorio Lodigiano, dove per acquisti e possedimenti novelli aveva un tempo tras- migrato e stabilita erasi quella famiglia, originaria e più rag- guardevole in Pizzighettone sul Cremonese. Fino dagli anni più teneri e dai primi passi nella vita convien dire che, adorno il fanciullo di leggiadro spirito, di grazie innocenti e di per- sonale bellissimo aspetto, promettesse di se i migliori frutti nell'età matura; poiché gli amorosi di lui Genitori nutren- ne speranza di sostegno e ornamento precipuo al proprio ca- sato, affrettaronsi di collocarlo per 1' educazione più colta e civile< nel Collegio Patelano, che di que' giorni fioriva nella Capitale dell' Insubria , e così appellato dal suo Istitutore» Altrimente però Iddio disponeva del giovinetto, e a Se chia- mandolo fuor degl'inciampi e perigli del secolo, per tal via guidavalo su la carriera, nella quale .avrebbe egli anche più luminosamente adempiuti gli altrui voti e preludj , riuscen- done l'onore della patria sua terra e de' parenti. Da lui quindi appresi con solido fondamento e con felice rapidità di pro- gressi gli elementi delle umane lettere , avendone all'uopo frequentate le pubbliche Scuole, cui reggevano allora in Brera i Padri Gesuiti, sentissi egli di fatto eccitato l'animo da su- perna voce ad abbracciar lo stato religioso nella Compagnia di Gesù; attraendovelo pure con inclinazione reciproca il ri- spetto e amor suo per coloro, che istruivanlo, e la confidente affezione, che da essi gli conciliarono la sua perspicacia di cxx ' Elogio deli.'ab. Ciò. An-gelo CesauiS niente, la soavità dell'indole sua e ringeuuità de' suoi modi. Di che ottenuto il rassegnato consentimento de' Genitori, non tardava egli di porre ad effetto la pia risoluzione!, docile siccom' era al superiore impulso della Grazia^ non meno che fermo e costante nei buoni relativi proponimenti. Giovine di non ancora tre lustri compiti, e coH'allegrezza ne! cuore^ che sul volto gli traspariva, egli moveva perciò al Noviziato de' Gesuiti in Chieri presso a Torino, e ve lo accompagnava un dotto professore di rettorica nel Collegio di Milano, il P. Pasquale Maria Agu- dio, che tosto rattemperavano al virtuoso Genitore il ramma- rico della separazione da si caro figlio colie novelle più con- solanti, e descrivendo le accoglienze lietissime de' Padri e de' Novizj all' Angioletto ,1 di realtà più che di nome, cui egli aveva colà condotto. Infermava indi a non molto e moriva il padre di Giovan Angelo, il quale, abbenchè vivamente colpito dall' amara perdita, non ismarrlva però né punto mutava la presa deliberazione di vivere nel chiostro. E a cangiamelo tornaron vuote del pari le iterate ragioni, industrie e preghiere della vedova madre, che, di lui tenerissima e sola rimasta fra le cure degli altri piccoli figli al reggimento della casa, col forte desiderio di riavvicinarsi 1' amato suo primogenito sen- tiva continuo il bisogno di riceverne sollievo e consiglio nella domestica amministrazione.; Alle quali sollecitudini e angustie non potendo cedere, da forza irresistibile trattenuto, non om- raetteva il figlio tuttavia di confortarne la buona Genitrice con lettere spiranti puri sensi di affetto e di fiducia nel di- vino soccorso della Provvidenza. JMa intanto ch'egli religiosamente non pasceva il suo spi- rito fuor solo di cose celesti, il campo aprivasi delle scienti- fiche future di lui occupazioni, che pur doveanoi al cielo in- dirizzarlo coir acume dell' occhio e dello intelletto. Come av- viene talora delle umane imprese o istituzioni, che, da oscura e tenue origine, grandeggian in breve e risplendono di chiara luce a somma utilità e decoro de' paesi , ove si diffondono ; cosi da umile cominciamento sorgeva la Specola di Milano , « Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxxi che ben presto era per diventare uno de' principali Osserva- torj d' Europa, e per la quale preparavasi al tempo stesso nel Cesaris una novella gloria italiana. L'astronomica scintilla, che in cotanta fiamma sarebbesi dilatata, venne da una Co- meta inaspettatamente comparsa l'anno 1760, e cui s' invo- gliaron di seguire nell' apparente suo viaggio fra le note co- stellazioni e stelle due Gesuiti, lettori di Filosofia in Brera, li Padri Domenico Gerra e Pasquale Bovio. E la nobile cu- riosità del vero non arrestandosi mai, né al più semplice scopo né al risultamento primo delle investigazioni , massimamente ove l'arduo ed elevato subjetto vieppiù la conciti, e propizie arridano le circostanze per soddisfarla, di tal guisa per lo stu- , dio e zelo perseverante dei nominati due Padri formavasi in un angolo del Collegio Braidense un embrione, mi sia lecito dire, di Specola, che aveva in quelli i suoi Aristilli e Timocha- ri, ai quali tantosto succeduti sarebbero gì' Ipparchi e Tolom- mei Milanesi. Oltre di fatti all' ardore e alla costanza dei due, che primi si applicarono alle osservazioni celesti , congiunta- mente all' invito delle notti stellate e all' opportunità della dotta quiete propria dell' asilo religioso , non poco a sì pro- spero e celere avanzamento giovarono l'interesse, cui pose ad ottenerlo, il P. Pallavicini, esimio Rettore di quel Collegio, e il generoso impegno di promoverlo, che ne prese il celebre P. Boscovich, ornamento fin dal 1764 della Pavese Universi- tà, e passato dipoi ad illustrare in Milano le Scuole Palatine. Propose questi e disegnò egli medesimo l'astronomico edifizio da costruirsi; e, di ciò non pago, nel recarlo ad effetto e com- pimento, quale oggi ancora sussiste per la maggior parte, sov- venir volle cospicua somma de' proprj emolumenti alle spese dell' erezione , somministrandone tuttavia il Collegio quella più ampia copia di mezzi, che richiedevasi. Quindi provve- duto rOsservatorio novello di alcune macchine, abbastanza in quel tempo buone e pregevoli, confermavasi nella direzio- ne di quello il Gesuita P. Lagrange , cui per tale ufficio, e qual Astronomo di sperimentata perizia, la religiosa Compa- cxxii Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris gnia qualche anno innanzi fece in Brera si trasferisse dalla Specola di Marsiglia (a). Aveva il Cesaris di que' giorni appunto pienamente rispo- sto alla bienne prova del Noviziato, donde reduce, e fermata sua dimora in Milano, quivi tosto professava co' voti la re- gola di S. Ignazio , e poscia informandosi al grave tirocinio delle filosofiche e teologiche discipline arricchiva la mente del sapere piìi sustanzioso e utile, ornandola insieme col più eletto fiore di amena letteratura e di erudizione ; al che fra' suoi confratelli di ciiiostro le migliori guide non gli manca- rono. Però coni' egli, appena conosciute le Matematiche spe- culative e applicate, ne concepì una speciale predilezione; e in se poi ne aveva la più felice attitudine per aggiustatezza d'idee e per ingegno pronto non meno che penetrante: così a tali scienze non esitò di rivolgere più particolarmente i suoi studi, e n' ebbe a maestri i lodati Boscovich e Lagrange, de' quali -41 secondo adoperò non indarno di prepararsi nel giovili discepolo un abile compagno e successore al suo astronomico magistero. Egli parve invero che sì liete speranze e cotai pre- sagi di un glorioso avvenire fossero in un momento, quasi da fiero turbine investiti, dalla radice divelti e interamente di- strutti. Imperciocché dalle nequitose cospirazioni ordite nel segreto e nelle tenebre procurata finalmente nel 1778 per consultata prudenza e quasi costretta Papale autorità l'aboli- zione della Compagnia di Gesù, era purtroppo a temersi non il fulmine stesso, caduto a disperdere la religiosa famiglia di Brera, involgesse fra le ruine anche il recente Osservatorio e ne dissipasse coi dotti pacifici abitatori ogni vestigio e perfino la rimembranza. IMa, o fòsse amica sorte, o, prevedendosi per avventura il caso malaugurato, pensato si fosse al riparo dall' eccidio estremo, certo è che un anno innanzi al provocato decreto di soppression de' Gesuiti la Specola Milanese, per (a) Vcggaiisi le Note in fine dell' Elogio. Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxxiii disposizioni dell'Austriaco Governo partecipate al Bettore di Brera, posta venne sotto 1' egida e gli auspicj di quella im- mortale Maria Teresa, che. per grandezza d'animo, eroismo di azioni e munifico favore alle scienze e alle arti accordato meritò nel suo vasto Impero, come altri disse, di dare al secolo il suo Nome. In conseguenza di che, noverata la detta Specola fra gì' Istituti e stabilimenti al giovamento rivolti e al decoro della Istruzion pubblica, erane di nuovo conferma- to, qual Direttore, il mentovato P. Lagrange^ a cui davansi Astronomi aggiunti i Colleghi Gesuiti, Reggio e Cesaris, e tre anni appresso per allievo il celebre Abate Oriani; onde for- raossì una famiglia e coi susseguenti allievi una plejade , se permettasi così appellarla, di Astronomi, che sfavilla e onora l'europeo, non che il lombardo Cielo, in cui essa comparve e non cessa di risplendere. Ed è poi da quell' epoca di se- conda fondazione dell'Osservatorio di Brera, innalzato a dignità di pubblico stabilimento, che le fatiche e vigilie incomincia- rono di Giovan Angelo nel coltivamento della scienza celeste, indefessamente da lui sostenute nel corso di anni presso a sessanta, e per le quali egli è a riputarsi uno fra i moderni Astronomi più laboriosi e intelligenti. Serve la pratica Astronomia, e perciò l'erezione degli Os- servatori a doppio fine importantissimo: consistente il i.° nel perfezionare di mano in mano colla raccolta serie delle mi- gliori osservazioni le basi o gli elementi di fatto, su cui ri- posa la teorica, e calcolate ne derivan le tavole dei celesti movimenti: relativo il a.° all' antivediraento e annunzio più preciso de' futuri luoghi e fenomeni de' corpi celesti per un dato punto della terrestre superficie; e l'ultimo di questi oggetti, corollario pure del primo, assai profittevole risultan- do per varj usi e bisogni della civile Società. Il perchè, ovun- que la saggezza de' Principi e de' Governi provvide alla co- struzione delle grandi Specole, e a fornirle de' mezzi e stru- menti più idonei , non ommisero gli Astronomi in quelle oc- cupati diligenza e lavoro per giovarne la Nautica, la Geogra- cxxiv Elogio pell'ab. Gio. Angelo Cesari? fia, la Cronologia e a produrne 1' incremento non meno che la generale difl'usione della fisica scienza la più sublime. Né fallirono essi il nobile intendimento, che anzi per intero lo aggiunsero mediante la pubblicazione annua dell' effemeridi uscite dalle Specole maggiori di Londra, di Parigi, di Vienna, di Berlino; alle quali però non aveva mancato l'Italia di pre- cedere e di darne altrui V esempio coi celesti annunzj del Galileo, colie modenesi effemeridi del Montanari e colie bo- lognesi del Manfredi. Scorto il Cesaris e animato da questi riflessi non frappone indugio ad illustrar similmente il mila- nese Osservatorio; ed egli, solo dapprincipio e dipoi coadiu- vato in piccola parte dall'altrui opera, imprende il calcolo faticoso di una compiuta effemeride , che racchiude per un anno le giornaliere posizioni del sole, della luna, de' pianeti, e ne previene con esatta indicazione le scambievoli apparenze più interessanti di congiunzioni, di opposizioni, di ecclissi; ne distribuisce con beli' ordine le quantità e ne accompagna i prospetti o le tavole con una dotta e chiara esposizione dei fondamenti e del metodo, eh' egli ha prescelti, non meno che del modo di usar le tavole stesse nelle date circostanze, o per gli oggetti da contemplarsi. Per tale impresa, che richie- de invincibil pazienza e alacrità costante nello studio il più arido e nojoso, veduto quindi avresti il giovin calcolatore pas- sar di seguito i mesi e oltre a quindici ore in ciascun gior- co, coni' egli talvolta mi affermò, raccolto nella sua stanza e continuamente immerso nell' accennata cura, ora dalle tavole del Mayer traendo i luoghi della luna, or il Lalande sommi- nistrandogli le vere posizioni del Sole e de' pianeti, e il Var- gentin quelle de' Satelliti di Giove; non infastidito egli dalla lunghezza e ripetizione di tante numeriche operazioni, non rimosso dalla facilità e frecjuenza degli eriori che vi commet- tono pure li più esperti, e tuttavia non istancandosi egli mai di verificar, di correggere e di rendere ognora più precise le sue determinazioni. Con sincerità e modestia eguale al merito premetteva egli poche righe di avviso al Volume primo dell' Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxxv efFemendi per l'anno 1775 e additavalo fra i libri che sareb- be dai più risguardato poco e respinto forse cogl' inutili; av- vegnaché si aflidasso che tale non sarebbe dagli Astronomi giudicato. Né di certo mancar gli poteva il favorevole accogli- mento e suffragio degli ultimi, come di fatti pienissimo l'otten- ne al primo e ai susseguenti Volumi per la eccellente dispo- sizione e perspicuità delle cose, che alla puntualità delle pre- dizioni ognor accoppiate vi si ammirarono. Tanto che le mi- lanesi effemeridi giustamente salirono in fama colle più ac- creditate opere di tal natura ; onde proseguita essendone, mai finora non interrotta, la preziosa collezione, maggiormente col progresso arricchita e perfezionata, rendon esse onorevole te- stimonianza alla perspicacia e attività de' loro Autori, e sono in certa guisa un elogio di quella Specola. Ma su tale opera, di sessantaquattro Volumi attualmente composta, non è ad obbliare doversene al Cesaris 1' origine in realtà e pressoché r intera compilazione dei primi Volumi in numero di ventotto. Frattanto, benché assiduamente rivolto a soddisfare, me- diante il calcolo dell' effemeridi, il secondo scopo summento- vato della pratica astronomia, non perdette il Cesaris un mo- mento di vista il primo e fondamentale di contribuire con incessanti osservazioni e ricerche al progressivo e più rapido avanzamento della Scienza. Conciossiaché le scienze naturali siano a guisa d' immenso edificio maestoso^ del quale i crea- tori colla potenza dell' ingegno divisaron bensì la struttura in complesso e 1' armonica proporzione delle parti più essen- ziali, restandone però nell' indefinita vastità dell' oggetto la piena confezione interminabile, se non quanto le succedentisi età e i cumulati forzi degli uomini studiosi asgiunsano felici successi d' investigazioni al compimento approssimato di questa o di quella parte. Di che gli Astronomi di Brera convinti, e fra loro perciò convenutosi di fregiar I' effemeridi proprie , a imitazione dell' estere, con utile appendice di osservazioni e Memorie di scientifico argomento, il Cesaris pure, quasi dell' ufficio non gravato de' precedenti calcoli , scese animoso a Tomo XXIL R cxxvi Elogio dell'ad. Gio. Angelo Cesaris correre il novello arringo, e ne coUe allori che vieppiù creb- bero la riputazione di lui preclarissima. Nella copia nondi- meno de' ineriti, che lo distinsero, dovendo io sorpassar di volo i minori, non mi arresterò su la varietà e importanza delle moltissime osservazioni da lui eseguite, e a pubblica luce tramandate. Quindi nulla io dirò delle sne osservazioni di al- tezza meridiana del Sole fatte per un triennio al sestante di Canivet e per quattro consecutivi lustri al quadrante murale di Ramsden ; nulla di oltre a venti Ira congiunzioni e massime digressioni da lui osservate e calcolate dei due inferiori pia- neti rispetto al Sole, e di presso a trenta opposizioni simil- mente determinate dei pianeti superiori; nulla di una molti- tudine di occultamenti di pianeti e di stelle per la luna , e di stelle per alcuno de' pianeti , e de' satelliti di Giove per l'ombra di qnesto; come altresì dello sparimento nel i^Sg dell' anello di Saturno, e dei due solari ecclissi negli anni 1787 e seguente; fenomeni da lui diligentemente contemplati e discussi; nulla delle sue indagini e misure su l'orbita del nuovo pianeta di Herschel, risguardato dapprima qual come- ta, e cui egli perciò applicava l' ipotesi e il calcolo parabo- lico secondo il metodo Boscovichiano ; e nulla infine delle sue osservazioni su la Cometa scoperta nel 1786 da Carolina Herschel. Dalla quale sola e rapida indicazione abbastanza ri- levasi non esservi stata parte, nò oggetto di cielo, cui non rivolgesse il Cesaris coli' armata pupilla il pensiero e le me- ditazioni, i ' Quello però, di cui egli è a commendarsi maggiormente, e che lo assicura di un grado e titolo di gloria non manche- vole presso gli estimatori della scienza, sono gli scritti, opu- scoli e commentar] di astronomico argomento diverso, onde per lui si adornarono e le ricordate appendici dell'effemeridi più di frequente, e talvolta gli atti delle Accademie. Fervido egli e pieno d'amore alla sua Specola, si accinge in un primo commentario a descrivere di questa 1' erezione, 1' architetto- nica struttura e la scelta suppellettile di macchine, di che la Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxxvii munificenza del Principe, e il favore dell' Imperiale Ministro, il Conte di Firmian, ebbela doviziosamente fornita. Con quella giudiziosa brevità, più bella quanto piìi a seguirsi malagevole, che rifugge dalle nojose minutezze senza trascurar ciò che aggiunge alla chiara e perfetta intelligenza, mostra egli adem*; piute neir Osservatorio di Brera le indispensabili condizioni della solidità e del più robusto collegamento dei muri, della richiesta comodità nel ripartimento per gli usi e fini astrono- mici, e dell' esterna decorosa eleganza , che pur si addice al tempio d' Urania. Dipoi;, da' pregi dell' edificio trascorso a quelli degli strumenti, qui è dov'egli dispiega la cognizione profonda e la sagace sperienza da se acquistate intorno alla natura e squisitezza delle macchine, su la corrispondenza delle loro parti e su gli ufficj di ciascuna, e circa il modo migliore di adoperarle. Notomizza egli di fatti, con occhio meccanico il più fino e scrutatore, l'antico quadrante murale del raggio dì sei piedi di Ganivet ; ne ravvisa l'artificio dell'immobile sospensione al mliro meridiano, il collocamento preciso, i mezzi di rettificazione; vi esamina la giusta posizione del centro, r esattezza del piano-, in cui distendasi il lembo circolare, la regolarità delle divisioni; esplora i deviamenti dalla verticale e dal meridiano, l'orizzontale giacitura e il moto del cannoc- chiale; considera il sistema dei contrappesi per la distruzion degli attriti, il congegno per la notturna illuminazione del campo ottict) in cui discernere i fili del reticolo; e in tutti questi oggetti egli rileva gli elementi e le influenze, che alla relativa bontà contribuiscono delle osservazioni. Passa quindi a rivista le altre macchine, il sestante del mentovato artefi- ce, il grande settore equatoriale di Sisson , lo strumento de' passaggi di Mege le ; sopra ognuno de' quali si trattiene con ingegnosi riflessi e avvertimenti opportuni; annovera in ap* presso il restante del corredo astronomico, orologj, cannocchiali, campioni di misure, atlanti ; e termina preludendo al superbo murale di otto piedi di raggio, commesso poco innanzi al ce- lebre Ramsden in Inghilterra. E che non aspettarci, egli con- cxxviii Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris chiude, a compimento e corona de' nostri voti, dal proteggi- inento dell'Augusta nostra Imperatrice? r' Giunse di vero, comecché tardo all' impazienza de' suoi voti, spedito dall' inglese Fahhricatore il magnifico strumento anzidetto; e non appena fu esso collocato al posto dell'altro di Canivet, dall' austral parte pli^i interessante del meridiano trasferito a risguardar la boreale , che tosto il Cesaris diede mano ad altro Commentario per offerirne al pubblico un' ade- guata idea e descrizione. Al qual intendimento e, per servire a chiarezza, diviso il soggetto in sei paragrafi , ne svolgeva egli ciascuno con maestria e penetrazion singolare. Per lo che quasi gl'ignari medesimi di queste cose in leggendole, com- prenderebbero qual fosse la struttura o composizione, e quale il modo per la sospension del quadrante; come in esso cen- trato e mobile il cannocchiale, sorrettovi in ogni punto da contrappesi; come nitide ed esatte le divisioni del lembo, e quanto la posizione dell' intera macchina meravigliosamente giusta ne risultasse. Tanto l'Autore dell' opuscolo vi spone con parole, concetti e oi-dine limpidissimi fino alle più riposte ragioni e ai più sottili accorgimenti, cui l'Artefice soddisfa- ceva in quel suo Capo-lavoro. Ma quanto rapito egli stesso di ammirazione fosse il Cesaris dagli esterni e intrinseci pregi del grande strumento, udiamone da lui medesimo l' ingenua protesta. Ego quìdem, cosi, egli, in summam eoruni admìra- tìonem saepenumero rapior, et continentes interdum horas ju- cundissìine detineor, contemplando ìllos circnlonwi ductiis pror- sus geometricos^ justissìmas ìntervalloruni rationes, piinctorujìi et lineolanwi infinitum prope numenim tam rotunde, tam ni- tide, tam aeqitaliter, tam recte signatum ut nìliìl siipra dici potest. Né recheranno stupore, o enfatici sembreranno questi sensi, chi ben riflette che gli uscirono dopo aver egli per mi- nuto analizzato il nuovo quadrante e variamente sperimentato- lo nelle osservazioni. Ed è pur cosi che altri esimj osservatori nutrivano una specie di entusiasmo pei loro strumenti, sic- come Oiiani verso il circolo moltiplicatore di Ileichenbach . Scritto dal Frof. Giuseppe Bianchi cxxix da cui ripeteva la bontà di tante sue pratiche determinazio- ni, e Piazzi verso quel grande circolo di Ramsden, a cui tutta commise la propria fama nella costruzione del suo Catalogo siderale, e nello scovrimento della sua Cerere. Intorno a che non va per avventura lungo dal vero il credere o figurarsi un simile compiacimento e trasporto di ammiraz'one per un' ec- cellente macchina da ciò nascere che su di essa , per mò di dire, vengono scambievolmente a consulta, e in fine piena- mente coiicordan fra loro la mente dell'Artefice nelT imma- ginarla ed eseguirla, e quella dell'Astronomo nell' usarla. Un perenne monumento, che vieppiù di Giovan Angelo attesta la perizia dell' ingegno e la pubblica benemerenza da hii riscossa, ti si offre allo sguardo, appena il piede avanzi dal limitare di quella meraviglia del milanese Tempio metro- politano a tutti nota. Io intendo dire della meridiana linea tracciata nel pavimento marmoreo, trasversalmente e di poco non parallela alla facciata del Tempio, declinandone alquanto a ponente, , Che durerà^ quanto il moto, lontana; e per la quale il Duomo di jMilano fregiasi non altrimente che la bolognese Basilica di S. Petronio, o siccome quella di S. Maria del Fiore in Firenze , o non meno della Chiesa di S. Maria degli Angeli in Roma, e del pari coi nomi del Danti , del Cassini, dello Ximenes, del Bianchini, quelli vanno del Reggio e del Cesaris. Che se comune fu tra questi l' onore di tale opera, dal Governo ai medesimi comandata nel tempo che il terzo collega, Oriani, pure di superiore incarico, dotta- mente peregrinava in Germania, Francia e Inghilterra, non ad altri appartiene che al Cesaris l'elaborata dissertazione che ai posteri trasmette dettagliata rimembranza e spiegazione di quanto concepito e posto venne ad effetto nella costruzione della meridiana e che, in più ristrette proporzioni o in minor volume, non è per avventura men pregevole del Ximeniano libro V antico e il nuovo Gnomone Fiorentino. E qui dal no- stro Autore ordinata e distribuita la materia dello scritto ne' cxxx Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesauis piincipali puiitij quali erano la scelta del luogo e 1' apposta- mento del gnomone j la determinazione del su[)remo tei mine verticale, ossia del centro, e la direzione della corrispondente meridiana linea orizzontale, il metodo per conoscere l'altezza precisa del gnomone, la lormazione e astronomica divisione della linea lunghesso il pavimento e il livellamento infine di essa linea, egli rammemora sopra ciascun punto le relative ricer- che istituite; ne accenna le difficoltà, non poche ne' tenui, superate^ gì' immaginati espedienti, le precauzioni delicate, le dissipate dubbiezze, e il pieno conseguito successo, destando egli sempre colle sue maniere di esprimersi, concise e leggiadre, interesse, convincimento e diletto. Bello, ad esempio, udirgli accennar le cautele nel situar e infiggere ai muri la trafo- rata lamina, costituente il vertice del gnomone, in guisa che lo spettro solare mai non l'osse tolto per 1' interposizione, col Sole di alcun lato o spigolo fra il bosco di aguglie e statue, che adombrano il tetto, e affinchè lo spettro medesimo in- ternamente, né uscir potesse ad alcuna delle porte indirizzan- dosi, né mai cadesse projettato su gli ampj colonnati gotici della Chiesa. E bello pure quando egli riferisce le usate di- liiienze e industrie per tracciar nel suolo la direzione della meridiana mediante segnali e istanti dall'Osservatorio al Duomo visibilmente comunicati;, e 1' attenzion impiegatavi e ii per- fetto accordo nelle jipetute prove, malgrado il trovarsene gli Astronomi attorniati da vuia corona di Spettatori e curiosi. E»li è vero frattanto che le pubbliche meridiane , o questi stiumenti di lunghissimo raggio, che oltrepassa in Milano la quantità di 78 piedi parigini, ed è altrove maggiore, vero è, io diceva, non essere più oggigiorno tali strumenti di alcun uso e vantafjsio alla Scienza: da poi che l'Ottica e la Meccanica ne sonmiinistrarono altri, ne' quali molto è compensata la brevità del raggio dall' evitata influenza degli errori e difetti di que' primi; cionullameno lode pur si deve a coloro, che le grandi meridiane accuratamente stabilirono, le quali resta- no, e sono da risguardarsi per vestigie di scientifica storia e di Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxxxr nazionale grandezza; siccome tale reputerebbesi, ove dato fosse di rinvenirlo, fra le antiche memorie egiziane , l' aureo fami- gerato Cerchio di Osimandia. Era il tempo in cui non meno che in quello del Galileo, un uomo di genio straordinario, Guglielmo Herschel , da sé consacratosi all'ottica e all'astronomia, coli' arricchir quella di telescopi e specchi potentissimi dilatava i confini visibili di questa, nuovi mondi scuopriva, e pressoché ad ogni osser- vazione annunziava stupendi ritrovamenti. Con uno strumento di tanta forza guardata la luna, egli ne scorgeva e riferivane apparenze di attuali vulcaniche deflagrazioni; e non erano già il poderoso mezzo da lui usato e gli enunciati lunari fenomeni una tela di ridicolose assurdità e finzioni, al par di quella, che più tardi, e indecentemente, attribuita si volle al non minore di lui Figlio; non essendo però questa riuscita che mo- mentaneamente a illudere una leggiera popolare credulità. Erano invece fatti e osservazioni reali, che allora produce- vansi; ma tuttavolta il Cesaris, levatosi al grido sparso delle ignee lunari eruzioni^ e fattosi a trattarne l'argomento in ap- posito Commentario, con saviezza e circospezion filosofica pre- metteva, quanto esser biasimevole il negar fede nelle ammi- rande cose narrate all' oculare testimonianza di un Uomo sì preclaro e ingenuo^, essere pericoloso altrettanto lo accoglierne ciecamente e il sostenerne le opinioni e i giudìzj. Quindi egli air attenzion richiamava gravi e potissime le ragioni per non ammettere intorno alla luna un' atmosfera simile alla terrestre, e di gran lunga più deboli esser quelle per concederla; dal che arguiva, conforme a' vigenti principi chimici di Schede e di Bergmann , mancar nella luna l' indispensabil alimento della combustione, il flogisto dell' aria; di modo che il fuoco e un incendio lunare, ove pur sussistesse, avrebbe natura e condizioni a noi del tutto sconosciute. Che però il generale aspetto della superficie lunare e le speciali avvertite circo- stanze dei lunari accidenti offerir sembrino qualche riscon- tro e analogia coi fenomeni delle vulcaniche eruzioni, egli cxxxii Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris desuinevalo dalle altrui non meno che dalle osservazioni sue proprie. Fra le quali ricorderemo quella in occasione dell'oc- cultamento della stella, denominata ?p de' Gemelli, per la lu- na; conciossiacliè, appena dopo l'emersione della stella che avvenne in prossimità della lunare macchia detta il Petavìo , vedesse il Cesaris dal minor cratere di questa macchia, dal Sole illuminata^ una fiammella di viva luce slanciarsi e discor- rere fin presso il margine del cratere più ampio; fenomeno in parte rassomigliante a quello del candido lume , cui mirò nel 17:25 il Bianchini sul margine della macchia detta il PZa- tone, e che prolungavasi con rosseggiante lista a traverso dell' oscuro centro del cratere fino al margine opposto. E in ri- guardo alla naturale cagione più verosimile di queste e simili apparenze della luna, osservate più specialmente negli ecclissi del Sole, dichiarava egli prodotte forse tali apparenze per un giuoco di raggi riverherati, dipendentemente dalle inclinazioni delle superficie nelle cavità lunari , dalla rispettiva posizione del Sole e dal rapido moto della luna. In (]uella guisa, ei soggiungeva, e io amo ripeterne le adatte similitudini colie sue vivaci espressioni volgarizzandole, in quella guisa che formansi lampi e scintillamenti al mutarsi d'improvviso l'in- clinazione d'illuminato cristallo, o come avviene delle facce luccicanti di poUta gemina variamente ai raggi presentata, e soprattutto come in una superficie acquea, dal vento increspa- ta, veggiam accadere alla deforme immagine del Sole, che ri- percossa ne viene, trabalza irrequieta, ora languida, ora vivi- da, e alternamente qua e là rifolgorando e disparendo. Al quale ultimo pensiero egli venne forse dal leggere o ricordarsi que' versi di un Classico italiano, Qual d' acqua chiara il tremolante lume Dal Sol percossa o da notturni rai Per gli ampli tetti va con lungo salto A destra ed a sinistra e basso ed alto. Ma nel recar cotali fisiche spiegazioni era poi egli guardingo quanto conviene per non proporle se non quali ipotesi e più Scritto d/.l Prof. Giuseppe Bianchi cxxxiii omeno probabili congetture, ben avvisando nulla di meglio e di più certo essere quaggiù all'uomo accordato. E così pur fosse che ingegni eziandio elevati e dottissimi talvolta non si perdessero dietro vane ombre d' illnsorj sistemi, né ostinati li difendessero, scambiando per quella della verità una ingan- nevole persuasione dell' amor proprio. Se non che, dopo esco- gitata una cagione oscura ed ignota di naturali avvenimenti, ben pochi sono coloro, che abbian col Cesaris l'umiltà di confessare a se stessi, forse niuno la sua sincerità nel confes- sare altrui: haec, quae ìnsomnìs nocte cogitavi, erubuì mane- Dagli oggetti puramente fisico-astronomici si piaceva il Ce- saris di ritornar ogni tratto alle sorgenti dell' esattezza nelle pratiche indagini e misure dei moti celesti, o, è quanto dire, allo studio dei pregi e difetti delle macchine all'osservazione inservienti. Frutto di sua costante assiduità in questo genere di cure uno scovrimento si fu, modestamente da lui appellato una tenue cosa, e tuttavia di tale importanza che, dall'igno- rarlo o non farne caso, forti errori e inesplicabili anomalie af- fetterebbero le osservazioni; laddove per opposito, dal consi- derarlo, utili norme e cautele se ne ritraggono per la costru- zione più idonea degli osservatori e per l'ottimo collocamento in essi delle macchine; a nulla dire delle restanti non trascu- rabili correzioni, che per quello nelle quantità osservate si apportano. Ad un cannocchiale così detto dei passaggi, oriz- zontalmente appuntato sopra un terrestre scopo, lontano questo e immobile che mira meridiana è denominato, egli, il primo, si accorse di un oscillamento diurno e periodico della mira stessa; intorno al qual moto, che poscia riconobbe diverso nelle varie stagioni, ora progressivo, or retrogrado, e con ef- fetti, che in un anno si compensano e si rinnovellano , egli segnò ancora le linee, annua e diurna , del percorso cammi- no, le osservazioni rappresentandone, al giovine e valente Astro- nomo Brioschi da lui affidate. Né di ciò pago, e, come sempre nelle scientifiche ricerche addiviene, una questione altre su- scitandone, concepito il dubbio di analoghi movimenti nel Tomo XXII. S Gxxxiv Elogio dem.'ab. Gio. Angelo Cesaris grande murale di Ramsden, egli di questo imprese la più sot- tile disamina, e riuscì a cangiarne in fine il suo sospetto nella fisica più fondata dimostrazione. Per lui tanto conchiudevasi dai successivi deviamenti di un filapiombo accuratamente mi- surati, e dai medesimi rimosse le influenze e perturbazioni estranee, dalle prolungate ispezioni di un livello a bolla sen- sibilissimo, dal raffrontar queste con quelli , dal determinar i moti parziali nel piano del meridiano e perpendicolarmente ad esso, e componendo entrambi nelTunico e vero moto. Alle (juali determinazioni comparando poi le notazioni simultanee delle vicende atmosferiche, dalle regolari , e più spesso con- fermate relazioni fra le une e le altre, egli di conseguenza ne trasse 1' opinione di un moto periodico e oscillatorio delle fab- briche, e argomento ne lece di due consecutive Memorie, che pregio hanno di novità. Perciocché, oltre i nuovi fatti avver- titi, non ad altri per fermo prima di lui era caduta in pen- siero r opinione anzidetta, la (juale, ove meglio ancora si raf- fermasse , alla spiegazione servirebbe di singolari fenomeni, come fra gli altri di quello, celebre cotanto e controverso, della reciprocazione de' pendoli, per cui si agitarono il Ca- lignon di Peirins, il Gassendo e il Caramuele. Ora non parrà egli forse ad ognuno verosimile pienamente che solidissimi e ben connessi edifici, quali architettati sono e torreggiano gli 0»servatorj, nell'intera compagin loro, e al- tresì |)arzialmente nell' interno lato dei grossi loro muri ma- nifestino considerabile quantità di una periodica, sì diurna che annua, oscillazione dipendente da igrometriche mutate circostanze di appoggio negl'imi fondi sotterranei, e nelle parti eccelse da investimento e percussione dei diretti raggi del Sole su r esteriori l'accie del fabbricato. E tanto più che in- nanzi di ricorrere ad un' azione remota, complessiva ed estrin- seca su i cardini degli strumenti astronomici fìssi, vuol ragione che tutte si esplorino le possibili parziali alterazioni delle macchine stesse, o, è quanto dire, le prossime e intrinseche azioni, per accertarsi non derivar da ninna di queste gli os- , Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxxxv servati spostamenti nella collimazione de' cannocchiali, ne' fi- lapiombi e nei livelli. Il qual avvertimento però sfnggito non era né anche alla perspicacia del Cesaris, che nel quadrante murale reputò doversi una ricerca instituire su la invariabilità dei perni e punti di sospensione, più accurata eziandio di quella, eh' egli ne offeriva. Ma di que' tempi abbastanza non si ri- volgevano le fisiche indagini e considerazioni al calorico va- riamente accumulato, ripercosso e trasmesso dai vicini corpi alle diverse parti di uno strumento; e noti ancora non erano massimamente i moti di un livello stabile prodotti dalla ca- gione medesima di una, comecché lievissima, ineguaglianza dì calore agli estremi della bolla. Checché per altro ne sia di una cagion fisica, tuttora torse recondita e di oscurità invol- ta, gli effetti ne sono fuor di questione quelli dal Cesaris ri- conosciuti, e a lui si deve di averne avvisata nelle osserva- zioni una sorgente di fallacie, cui è duopo schivare o correg- gere opportunamente. A sentir delle quali cose l'utilità e im- portanza gravissima nulla più si richiede che il riflettere, co- me talvolta si rivocaron in dubbio risultamenti di osservazio- ni e annunzi ^' celesti fenomeni,, appena si trovò esserne le quantità fra i limiti dei probabili diurni oscillamenti delle mac- chine, a calcolo dapprima non sottoposti. E tale fu il caso della rimarchevole^ ma dipoi smentita paratasse di alcune stel- le, che il grande Astronomo di Palermo aveva pubblicamente indicata^ la cognizion diffondendone in questi medesimi Volumi dell' Italiana Società. Se non che trasvolato abbiamo alcuni soltanto de' lavori scientifici, cui diede opera il Cesario e che alle stampe com- mise. Dalla copia ognora incalzati dell' argomento noi non possiam quindi se non gettar uno sguardo anche più rapido sui molti altri, che di lui parimente pubblicati ci pervennero. In ognuno de" quali, oltre i titoli di costante commendazione per ordine, precisione e chiarezza di ragionamento, motivo avrebbesi di vieppiù encomiarlo per qualche, o giudiziosa ri- flessione,o nuovo punto di veduta, o utile pratico suggerimento. cxxxvi EiOGiu det.l'ad. Gio. Angelo Cesaris che egli vi dispiega. Ricorderemo adunque com'egli, a prove di fatto e con fisico raziocinio, insussistente dimostrava ri|>o- tesi di taluno che, accadendo la congiunzion inferiore di Ve- nere in sul cominciar della primavera^ 1' aria se ne rincrudi- sca e retrocedane la stagione alle jemali rigidezze. Né colle ottiche Iciigi confutava egli meno vittoriosamente, scrivendone lettera al Gagnoli, la strana opinione di tal altro che i raggi lunari, perchè riflessi e più deboli, al confronto di quelli del Sole, soffrir debbano a traverso dell' atmosfera terrestre un ri- frangimento maggiore, si che all' orizzonte ne appaja la luna del Sole più elittica. Rispettoso però e urbano Censore altrui, qual,si addice ai modi e all'indole della buona critica per giovarne le scienze e la letteratura, non per vilipenderle, raoveva egli eziandio ponderate obbiezioni al Calandrelli per l'enorme assegnata paratasse dell'arco di g" alla stella prin- cipale o brillante della lira. Se altre volte accingevasi egli ad illustrar le varie macchine all'Astronomo inservienti, scopo erano a' suoi scritti, ora il più forte ingrandimento degli og- getti lontani mediante gli strumenti catadiottrici, ossia i tele- scopi, dall' Herschel alla possibile perfezione innalzati; ora r esatta e più regolare misura del tempo ( elemento non che dall' Astronomia, inseparabile dalla Natura ) mediante gli oro- logi dall' Harrison invariabili ridotti col principio stesso, che tenderebbe a turbarne l' uniformità (b); ed ora la più scrupo- losa e certa collimazion orizzontale negli strumenti fissi, me- diante una nuova specie di livello a filapiombo dal Ramsden ingegnosamente applicata al suo quadrante. Che se invece a soggetto di sue discussioni proponevasi gli errori e le dubbiezze delle osservazioni astronomiche, i mezzi rintracciando per cor- reggere gli uni e impicciolir le altre, non mancava egli di re- carne ottimi risultamenti e precetti; qui additando come le stelle circompolari opportunissime si prestano alla rettificazio- ne dell' istromento de' passaggi e alle ricerche della latitudine, della rifrazione, dell'aberrazione della luce; là con trigonome- trica dimostrazione le formole producendo per conoscere la Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxxxvii distanza e posizione del polo di uno strumento equatoriale in ri<'-uardo al vero polo celeste; ove le particolari avvertenze dichiarando che deggion aversi ad un fine determinato, come nella delicata questione e misura degli osservati diametri del Sole per inferirne qual sia di esso precisamente la figura ; e in generale poi sceverando nelle osservazioni le varie sorta di errori, quali al sensibile giudizio dovuti dell'osservatore, e quali all'imperfezione inerenti delle macchine, e componen- done finalmente l' error totale coli' espressioni analitiche o formole di probabilità. Malgrado tutte le quali e le altre di sopra menzionate fatiche del nostro Astronomo , egli nulladi- meno richiesto di opera e di osservazioni corrispondenti dai colleghi nazionali o dagli esteri, pronto e volonteroso ne pren- deva l'incarico e con ogni fervor adempivalo. Per siffatto modo al (Catalogo di stelle, concepito e formato il primo in Italia dal Gagnoli, egli contribuì scelta e copiosa messe di siderali osservate posizioni ; sussidio di tanto peso e valore da questa Società delle Scienze riputato, che il Gesaris per esso dalla classe degli emeriti, a cui passar doveva, in quella dal comun voto fu conservato de' membri attivi. (*) Il chiarissimo di lui Necrologista un tratto ne delineò caratteristico e individuale , affermando che nella spartizione delle cure co' suoi compagni la più noiosa e pesante di esse quella era, eh' egli spontaneamente assumevasi. Questa, come si è dettOj egli sostenne per l'annua compilazione dell'effeme- ridi, e questa pure con paziente alacrità sostenne diligentis- simo pel corso di presso a sei lustri e fino quasi all' estremo suo giorno proseguendo il quotidiano registro meteorologico dal Reggio incominciato. E ben a lui apparteneva di racco- gliere il frutto di una sì lunga serie di osservazioni, ricavan- done dai prospetti delle massime, minime e medie altezze del barometro e del termometro, non che da quelli della direzlon (*) V. Mera, della Società Ital. T. X, e a pag. x. la Nota appiè di pagina. cxxxviii Elogio deli. 'ab. Gio. Angelo Cesaris e Ibiza del vento e della quantità della j)ioggia , i fisici ele- menti che il clima costituiscono della Lombardia, siccome eeli fece neir interessante Memoria, cui la Società Italiana di no- verar si compiacque fra le sue. Per la (|uale, oltre il profitto e lustro alla scienza recato, ebbero di che acquetarsi le do- glianze di coloro, che, traendo argomento dalle più crude in- temperie di alcuni anni, all'ipotesi e al timor si abbandona- vano di un terrestre progressivo raffreddamento. Imperocché rassicurolli il Cesaris con opposte conclusioni e con filosofico sorriso maggiormente confortolli, scrivendo. " Noi sentiamo il presente più che il passato, trasportiamo il generale al parti- colare, e mentre ne' nostri inverni i nostri fiumi scorrono li- quidi, ci dimentichiamo che un secolo fa furono agghiacciati, e facciamo sistemi sul raffreddamento successivo del globo. „ Né minor prova egli sostenne d'induramento e di applicazione perseverante ai più faticosi esercizj nell'occasione che, dall'Au- striaco Governo comandata la formazione di una grande carta Lombarda topografica, le relative misurazioni e il generale or- dinamento agli Astronomi di Brera se ne affidarono. Ben com- presero questi l'importanza e arduità insieme di un lavoro di tal natura; le pratiche difficoltà ne premeditarono e i mezzi di vincerle; all'esecuzione quindi si accinsero, durante la quale avrebbe detto un' antico anche di essi, pernoctant in nìve, in montihus uri se patiuntur ; con isquisita e raddoppiata opera- zione una lunga base misurarono, segnandone gli estremi punti, non ha guari (*) diboscati e disepolti; le stazioni si divisero, combinati fra loro gli angoli da osservarsi; e per l'aggiunta infine di nuove Province lombarde alle antiche, ripassata per intero la primitiva rete dei triangoli , vieggiù la estesero e condotta 1' ebbero a compimento. Di qui la carta, che a tutta ragione appellasi degli Astronomi, che regge in comparazione colle migliori e più accreditate di altri luoghi, e della quale. (*) V. Effem. di Mil. per l'anno iSS/. Appendice pag. 67. Scritto dal Prof. GiusEPrE Bianchi cxxxix in attestazione di valutata preziosità, il Governo Imperiale a se riserbò la diffusione, assai ristretta e non accordata che a' per- sonaggi e alle istanze più rispettabili. Pertanto di tale Opera ebbe comune il merito e la lode co' suoi colleghi, Reggio ed Orfani, il Cesaris, che ne spóse anche in un letterario Gior- nale alcuni suoi cenni (*) ; e a lui perciò va in gran parte l'Austriaca Lombardia debitrice della propria meteorologica nor> meno che topografica rappresentazione. Stante ora tutto il sin qui per noi rammentato, a taluno che movesse dimanda, se dunque Giovan Angelo abbia dritto veracemente ad un posto fra gli Astronomi più distinti , con sicuro animo risponderemmo. Dateci voi un uomo che siasi tanto e si costantemente affaticato per la scienza celeste, quanto il Cesaris, e noi vi faremo sul medesimo 1' interroga- zione, che ci avete diretta. Però a pronunziar giustamente ri- flettete innanzi che, oltre l'umana limitazione e la conseguente impossibilità di moltiplicar con se stesso gli studi e il tempo, non è poi, chi ben discerne, meno stimabile in se e altrui pro- fittevole, di una celebrità che risuoni per istrepitosi, ina ezian- dio rari, discuoprimenti, un modesto merito, che accompagni una lunga carriera, un' attività indefessa e una chiara mente ragionatrice. Le quali ultime proprietà e condizioni riscon- trandosi appunto nel milanese Astronomo, ne compendiano perciò l'encomio, siccome la vita ne nobilitarono. E neppure si vorrà dargli taccia e rimprovero di non aver egli coltivata dell'Astronomia la parte più dignitosa e sublime, qual è la Fisica o Meccanica celeste analiticamente considerata, e tanto dai Geometri, al Newton successori , promossa. Quando ciò fosse colpa, in se derivata l'avrebbe allievo egli e formato alla scuola del Boscovich, il cui sagacissimo ingegno, eselusi, vamente nudrito dall'evidenza e dal rigore della sintesi an- tica, piegarsi mai non seppe o non volle alla rapidità e potenza (') Memorie di Relitrlonp, nior.ile e Ictteratuiat T. V. pag. ó3c. CXL Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris dell'analisi moderna. Egli è inoltre mestieri osservare che, nella distribuzione degli uffici astronomici, scelta per se avendo il Cesaris la parte pratica più gravosa, dalla quale il disbrigarsi per dar opera profondamente alla teorica non è tanto agevole^ come da questa il rivolgersi a quella; egli dall'altra parte si astenne, fors' anche per un delicato riguardo^ e di certo poi consapevole quanto in essa il solo collega Oriani sostenuto avrebbe l' onore del milanese Osservatorio e dell' Italia. A illustre fama scientifica mancar non suole comunemen- te, ultima sua prova e quasi ombra di sbattimento all'opposto lume, r ignobil ira di una critica sconsigliata; né al Cesaris pure mancò questa, comecché umana deplorabii corona. Troppo è nota di vero la controversia, che acerrima un tempo si agitò ed arse intorno ad un volume delle milanesi effemeridi, per la quale trovossi divisa dapprincipio, non che 1' opinione dei doiti, la protezione altresì di alti Ministri, e a cui non fu straniera, cooperando anzi al trionfo della verità, la modenese letteratura. Che se nella parte, a provocare la prima e colla peggio rimasta, un caso ebbe a commiserarsi di comune fra- lezza, cui non oppone schermo valevole neppure il meritato grido e nome di Geometra, dubbiosa non fu per l'altra parte la duplice vittoria, che le ottennero ineluttabil forza di ad- dotte ragioni e decorosa temperanza di modi nelle difese ado- perati. E così appunto sentenziava in ultimo appello a favore degli Astronomi di Brera il tribunale e giudice più compe- tente, dal Governo incaricatone, Gregorio Fontana, che accu. sar certamente non potevasi di parzialità verso quello dei due campi, nel quale due allora ex Gesuiti combattevano, ed era il Cesaris uno di es»i. Ben é a dolere che da cieche passioni sieno talvolta suscitate fra li dotti uomini simili guerre , donde la scienza nulla ritrae di vantaggio e di onore, deri- vandone anzi non di lado conseguenze le più biasimevoli e perniciose. Per tal modo infatti avveniva che il più gagliardo e glorioso de' vincitori, com' era stato del pari preso maggior- mente di mira, Oriani, divenuto perciò bersaglio a nuovi colpi. Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi cxli ne fu al segno amareggiato che già in procinto stavane di abbandonar patria e Specola; onde sì T una che l'altra di queste a lamentar sempre ne avrebbe la perdita, sul fior delle speranze, di un vanto e ornamento suo preciarissimo, se trat- tenuto quegli non si fosse a preghi e consigli altrui autore- voli (e). Non toglie tuttavia il precedente riflesso che, fuor di giustizia e pubblicamente impugnati, gli Astronomi di buon diritto ne rivendicassero colla propria la riputazion offesa dell' Osservatorio, si che avendolo essi fatto entro i limiti di bella moderazione, il voto perciò e 1' encomio dei saggi ne ripor- tassero. Il perchè su questo particolare non ben istrutto, e quindi non equo si appalesò l' egregio Scrittore delle vite degl' Italiani per dottrina eccellenti, nell' incolpar egli di es- sere stati gli Astronomi alla disfida i provocatori; mentre per opposito le Frisiane postille all' effemeridi dall'Autor loro e non da quelli si divulgarono (d). Altra censura dipoi toccò al Cesaris di soffrire per la ricordata sua Memoria sul clima della Lombardia: ma nulla questa volta egli risposero sia che non amasse di turbare la tranquillità degli ultimi suoi anni; o in- dicar volesse, tacendo, venir a lui 1' aggressione da chi meno temerla e attendere la doveva; o urbano egli e gentile, di romper lancia disdegnasse con chi nelle sue maniere si poco era di gentilezza curante e di urbanità. JNè s'ingannò egli punto; che di tutte risposte la migliore è il silenzio in certi casi e con certi avversai)' , de' quali sarebbe a ripetere che videantur ita demum se victores in causa futuros, si in male- dicendo fuissent. Se pertanto al nostro Soggetto negar non si può lode e merito singolare di Astronomo, forza è altrettanto questo e quella concedergli di scrittore colto, elegante, animato. Nu- drito da' più verdi suoi anni e incessantemente allo studio de' Classici, egli appreso ne aveva limpidezza e vigore di con- cetti, dignità e correzione di stile, gusto e proprietà di elo- cuzione, de' quali pregi adornar seppe le sue Memorie altresì di scientifico argomento;quelle in ispecie, e furono la maggior Tomo XXII. T cxui Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris parte, ch'egli dettava con purissima latinità. E di argomento letterario da lui trattato ricorderemo gli elogi storici, ond'egli ad onorar prese le virtù e 1' ingegno di due suoi religiosi Confratelli, il Collega suo Francesco Reggio e il Preposto Anton Luigi De Carli. Intorno al primo de' quali elogi, scritto latinamente, ci basterà il dire averne fatto confidenziali con- gratulazioni all'Autore, per nobiltà di sentimenti non meno che per eccellenza di favella, ottimo apprezzatore, il Braghet- ti, che r amico esortavane ad offerir altre simili sue produ- zioni; e in riguardo al secondo, cui l'Autore tesseva italiana- mente, il giudizio pure bastandoci di altro distinto letterato- il Baraldi, che quello disse aureo e affettuoso lavoro (*). Ma senza un cenno particolare non trapasseremo i discorsi da lui. Direttore di ambe le sezioni di Scienze e arti dell' I. italico Istituto, composti, e recitati per le solenni biennali distribu- zioni de' premj alle manifatture e opere d'industria del Regno Lombardo. Qual convenivasi a si benaugurata circostanza egli un tema si prefisse di utili considerazioni, e in cinque discorsi, che tanti furono, completamente lo svolse. Imperocché alla realtà delle cose avvisando, stabiliva egli per triplice causa o condizione, a favoreggiar atta la prosperità dell'agricoltura e dell'arti nell'Austriaca Lombardia, la copia e qualità prima- mente della produzione del suolo, indi il commerciale movi- mento e la meccanica industria senza di che la dovizia de' naturali prodotti ristagnerebbe, e il coltivamento infine delle Scienze, che i mezzi additano di aumentar ognora la produ- zione del suolo e di perfezionare le arti. Limitatosi nel primo ragionamento alle due condizioni prime, ivi egli da una parte con rapido pennello e maestrevolmente un fedel quadro ti colora e lumeggia, in cui scorgi la felice topografica esposi- zione e la ubertà dei terreni per gì' indigeni ricolti di erbe, di legumi, di sete, di vini e di frutte; il corso e la diramazione (•) V. Mem. di Relig. Mor. e Letterat. T. ILI. pag. Saa. Scritto dal Prof. Giuseepp Bianchi cxliii delle acque di laghi e fiumi per infinità di canali a doppio uso di navigazione e d' inaffiamento; le miniere del ferro, le cave del granito, detto migliarolo, in durezza emulo all'orien- tale; e le altre cave della Ga/z cizia non dovesse unqua disgiungersi; di guisa che l'Astronomo ) Scritto dal Pkof. Giuseppe Bianchi cu di Casale al tramonto della terrena vita già declinato, di se- guirlo si affrettasse l'Astronomo di Garegnano , e cessasse cjuasi a un punto di risplenderne questa gemina stella del cielo Milanese (A). Benché robusto di complessione, nell' avanzar dell' età e per le tante fatiche sostenute contrasse il Cesaris una forte affezione di asma, da cui assalito fieramente ne' senili anni, a terra ne fu talvolta stramazzato semi-esanime, e a cui su l'ul- timo si aggiunse altro morbo^ che atroci dolori cagionavagli , ed era infiammazione alla vescica. Dall' acerbità e violenza di questi mali, eh' egli sempre con cristiana pazienza e sere- nità d' animo imperturbabile sopportò, agli estremi fu ridotto un anno circa innanzi eh* egli vi succombesse, e, scampatone allora presso che a prodigio, di modo se ne riebbe che uscir poteva la mattina per celebrare la messa nella piccola vicina Chiesa di S. Eusebio; comecché ottenesse poscia facoltà^ e se ne giovasse, di celebrarla con apposito altare nelle sue stan- ze. Maj brevi ahi! troppo svanirono le speranze di conservare una vita si preziosa; che dalla tregua ripigliato furore, acque- tato prima e non vinto, il crudel morbo, e suscitata pure con esso una minaccia di flogosi al petto , l' infermo di nuovo se ne aggravò, e, munito di tutti i conforti della Religione, la mattina dei i8 Aprile dell'anno i83a, fra le braccia dei due desolati Nipoti, ohe di ogni amorosa cura mai non gli man- carono, rese a Dio placidamente il suo spirito. All'annunzio della qual morte, avvegnaché innanzi al Signore la più av- venturosa, se, come ne' parenti del Defunto, cosi una mesti- zia si diffondesse negli estimatori del suo merito e di sue vir- tudi, nei moltissimi da lui beneficati e nell'intera Città, io non mi tratterrò a descriverlo; e solo a formarne criterio il portarsi ricorderò che personalmente faceva il Cardinale Ar- civescovo di Milano alla dimora di Giovan Angelo moribondo, e il vero suo contristarsene alle novelle di peggioramento; non men afflitta di questa perdita essendosi pure addimostrata r Imperiale Altezza dell'Arciduca Ranieri Viceré, da cui udissi CLii Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris che uomini, siccome il Cesaris , per comun bene a bramar sarebbe quaggiù si perpetuassero. E intanto iVa le sacre fu- nebri liturgie la fredda spoglia dell' estinto dalla Chiesa par- rocchiale di S. Marco al pubblico Cimitero fuor di Porta Co- masina si convogliava, e accompagnandone lagriinosi il fere- tro alcuni membri dell'Istituto di Scienze, gli addetti alla Specola e una parte dell' accorso popolo, era fra tutti un ra- gionar flebile e sommesso, cjual di generale sventura. CoH'ac- cento del cuore proferiva dipoi su la tomba del Collega ra- pido encomio chi più n' era degno, il Cavaliere Carlini, a cui rispondeva di certo, solitario nella sui stanza e inconsolabi- le, rOriani. Da quello di morte, il decimo giorno spuntato , con decorosi funerali nella mentovata Cliiesa di S. Marco (f) in Milano T eterna pace pregavasi alla bell'Anima, cosi di- sponendo la pietà e il dolore de' Nipoti eredi, che, non paghi, altri suffragi e solenni esequie tributavano all' amato loro Zio nella Parrocchiale di Casalpusterlengo , li cui Fab- bricieri eziandio il mesto rito fecero si rinnovasse in memo- ria e ad argomento di gratitudine verso l'insigne benefattore di quella Chiesa. Tale fu l'Astronomo Abate Cesaris, che io mi sono stu- diato, non senza una lagrima, di fedelmente ritrarre in que- ste linee. Alto egli e proporzionato della persona, di carna- gione bianco e di naturali rose colorito sempre le guance, di fronte spaziosa, di nera pupilla e di sguardo vivace a un tem- po, ingenuo e modesto, era a vedersi la stessa amabilità; sì che raccogliendo i pregi dell' animo che di lui abbiam ricor- dati, egli appieno di sé avverava il tipo della fisico-morale bellezza, da Tullio definita, e che ponemmo perciò a epigrafe di questo scritto. Quindi anche ne resta, mi sembra, per in- tero dimostrato quanto io mi proposi dapprima, e vai a dire avere il Cesaris tutte in sé accoppiate le doti egregie, che rendono 1' Uom di scienze universalmente di stima degno e di amore. Nò, lui vivente, le attestazioni furongli negate di tai sensi; che anzi egli luminose le conseguiva in ogni epoca, Scritto dal Prof. Giuseepp Bianchi cmii ma specialmente dal favore, di cui Io degnarono l'Augusto Monarca e i Principi dell'Imperiale Austriaca Dinastia, a' quali egli serbò in cuore l'antica fede e un' inviolabile devozione. Lui del pari, e mi gode il saperlo, di singolare benignità ono- rarono i Reali Eccelsi Figli della magnanima Estense Beatri- ce, che Lui sovente ravvisando giovinetti , si allegrarono di ravvisarlo a se stesso eguale dopo le procelie dei tempi. Lui con venerazione risguardavano e di accoglierlo, trattenerlo e colmarlo di gentilezze ospitali si festeggiavano le persone e famiglie più cospicue della Milanese Nobiltà [k). Lui pronta- mente a sé aggregando, illustravansi li due priiuarj Corpi scien- tifici d' Italia, dal suo nascere e stabilirsi questa Società dei quaranta, e dal suo rifiorire il bolognese, poscia italico, Isti- tuto; per tacere delle minori Accademie, che l'acclamarono fra' loro Socj corrispondenti. A lui quindi anche i pubblici Moderatori confidarono talvolta importanti e delicate funzioni, qual fu , ad esenipioj di formar egli parte della Commissione per ordinar e disporre a Palazzo delle Scienze 1' edificio di Brera; e le Sovranità finalmente lui della decorazion insigni- rono della corona di ferro, fra' Cavalieri nominandolo di terza classe; distinzione tanto più bella e onorifica, quanto più me- ritata e meno da lui bramosamente o con raggiri sollecitata. E, lui defunto, la generosa e riconoscente Milano una pietra non consacrerà, che la rimembranza perpetui col nome del suo sapiente, virtuoso e amantissimo cittadino? Non è fors'egli di ciò meritevole a riputarsi, uno tra i fondatori della magni- fica sua Specola, il calcolatore instancabile delle sue effeme- ridi astronomiche, il Cassini della sua meridiana del Duomo, il Picard della sua lombarda topografica descrizione, il sagace osservatore, lo scrittore leggiadro, e chi la metà possedeva del cuore d'Oriani.'' Ben en\i è vero, né vuol nesarsi , che maggiormente a quest' ultimo il marmoreo monumento si do- veva, poc' anzi erettogli su 1' esterno muro e vestibolo della braidense Biblioteca; ma del nobil tributo non si allieta per avventura lo spirito dell'Oriani, e colla patria si duole che cLiv Elogio dell'ab. Gio. Aggelo Gesaris non gli ponga vicino, scolpito pure nel sasso, il dolcissimo amico. Oli Giovau Angelo, io mi aggirava, non ha molto, per la splendida insubre Capitale ;, allora splendidissima e della in- coronazion esultante del suo Re; men adorna però a' mesti miei sguardi, che ad essa indarno ti richiedevano. Di te mi ragionavano tristamente alla memoria que' luoghi e tempi, ne' quali tante volte con familiare piacevolezza meco non isde- gnavi d' intertenerti, onde io mi partiva di tue candide virtù edificato e istrutto de' solidi tuoi lumi. Fervido poi soprat- tutto e indelebile di te ognor mi ragiona l'amplesso, col quale amorevolmente stringendomi l'estrema volta, quasi presagir mi sembrasti che più oltre su la terra dato non mi sarebbe rivederti , e che mi attenderesti a specolare insieme da mi- glior punto le maraviglie del Cielo. Oh possa io raggiun- gertij ove tu salisti, e conversi di presente con altri egregi spiriti a me pur cari! Che dolci sempre mi risuonano i nomi del Gesaris, dell'Oriani, del Ruffini , del Baraldi; preclari e J:)enemeriti Soggetti, la cui privazione quaggiù mi è acerba feri- ta, che il tempo non potrà, se non difficilmente, rimarginare. Scritto dal Prof. Giuseppe Biaòs^chi clv NOTE. (a) pag. cxxii. Nella corrispondenza epistolare del celebre Ab. Cav. Tiraboschi, la quale conservasi manoscritta e in molti Volumi ordinatamente raccolta presso questa R. Biblioteca Estense, ho potuto vedere parecchie lettere degli Astronomi di Brera, Cesaris e Oriani, allo Storico dell' italiana letteratura, e da esse ho tratte le precise notizie di epoche e di avvenimenti, che non mi sembrano privi di curiosità e di qualche importanza nel qualsiasi elogio precedente. Scriveva pertanto il Cesaris al Tiraboschi (i) « che il P. Lagrange passò dalla Specola di Marsiglia a Milano nel 1762, e cominciò ivi subito nell' antica specoletta le sue osservazioni; e che il Bo- scovich venne da Roma, chiamato all'Università di Pavia, nel 1764. » Quivi pur leggasi che la Specola fii eretta a spese del Collegio di Brera ; però contribuendovi anche particolarmente il P. Boscovich per la somma di circa duecento Scudi, e averi- do poi questi concepito e diretto il disegno della novella Fabbrica superiore che si eseguiva nel 1765. Rilevasi ancora che il P. Lagrange era stato nominato Direttore dell'Osservatorio non solo dai Superiori Gesuiti, ma ben anche nel nuovo Regola- mento intimato dalla Corte Imperiale al Rettore del Collegio nel 1772. E infine ag- giungevasi gli attuali Astronomi di Brera ( cioè, per la data della lettera, nel 1787 ) non esser entrati per nulla in quegl' intrighi, o immaginarj o reali , pei quali il P. Bo- scovich parti disgustato da Milano, prima dell' abolizione de' Gesuiti, e dalla Spe- cola ritirati alcuni strumenti di sua proprietà gli vendette all' Osservatorio di Pado- va. Tutte le quali dichiarazioni affermava il Cesaris potersi all' uopo confortare di prove e documenti irrepugnabili ; e ne comunicava poi egli le notizie al suo antico Maestro e Confratello Gesuita, eccitandolo perchè imprendesse a scrivere 1' elogio del P. Boscovich, e ne fossero cos'i prevenute le altrui false o inesatte relazioni sopra certi punti, le quali di fatto si divulgarono indi a non molto con ingiuste accuse e taccie all' intemerata condotta e onestà dei Milanesi Astronomi verso un loro Col- lega, ch'eglino anzi non avevano mai cessato di rispettare e di ammirar quanto me- ritav.isi. (b) pag. cxxxvi. All' occasione di menzionare l'orologio astronomico dell'inglese Molyneux, acquistato da questa R. Specola, e nel quale alla verga composta del pendolo per la compensazione il fabbricatore surrogò la verga semplice, portante un peso di mercurio che fa le veci di compensatore , io resi onore al Cesaris di aver egli immaginato un simile artificio, semplicissimo, e che ora si preferisce a quello dell'Harrisson (a). Quantunque però l'idea ne fosse dal Cesaris concepita fin dall'anno 1783, come dichiarava egli stesso nelle sue belle Riflessioni sopra gli orologi astro- (i) Lettera del 3i Marzo 1787. (a) Atti del R. Osservatorio di Modena. Disc, prelim. Nota alla pag. xivi. CLVi Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris nomici (3), iionilimcno mi avvertì ginitilmmite in lettera il eli. Astronomo Cav. Schu- macher,' che primo a scuoprir e indicare un tal mezzo di compensazione alla lun- ghezza de' pendoli fu il celebre meccanico Graham, che nel 1721 lo inventò e lo fece di puhlilica ragione nelle Transazioni Filosofirlie dell'anno 1726 (4)- E questo appunto, mi soggiunse il Sig. Schumacher, è stato il primo pendolo a compensazione che siasi eseguito, e anteriore al pendolo composto di due metalli, del quale venne pure a Graham il pensiero nell'anno I7i5, benché poi egli l'abbandonasse. Gratis- siino io a queste rettificazioni e notizie del dotto professore di Altoiia, rifletterò tut- tavia r invenzione del Graham essere forse caduta in dimenticanza , e che di certo il Cesaris la ignorava nell' atto di ricordare il pendolo-termometro da sé divisato. Ciò è tanto più a credersi che perfino 1' inglese Tommaso Blacker proponendo e annunziando al pubblico nel 1806 la costruzione, che disse da sé immaginata, del pendolo a mercurio, alla quale sono precisamente ccnformi gli orologi moderni, non fece alcuna menzione della scoperta del Graham (S); al che 1' elTemeride di Berlino, in cui quello scritto comparve , non appose annotazione di sorta. Ma ora si attri- buisca pure il suo a ciascuno, e torni al Graham 1' onore dovutoli del primo scuo- piiraento in discorso; però fraudar non dovendosi neppur il Cesaris di qualche parte di merito nel divisare un artificio di compensazione eh' egli non seppe concepito e descritto per altri prima di lui; mentre la sua lealtà e schiettezza non gli avrebbe mai consentito di tacere il nome di chi 1' aveva preceduto in quel suo concetto. Convien poi aggiungere questo nuovo esempio alla storia di tutte le umane inven- zioni, su le quali o per obblivione o per altro motivo qualunque non se ne citano e abbastanza non se ne onorano gì' inventori primi e veri. (e) pag. C.XLI. Il grande Oriani che, educato nelle prime Scuole de' Barnabiti, avviato negli elementi di Matematica dal P. Re , uditore per un solo anno alle le- zioni di calcolo suldime del P. Frisi, aveva del resto progredito sempre da sé nell'alta Geometria pura e applicata, fu ammesso allievo della Specola nell'anno 1775 e pro- mosso Astronomo Aggiunto nel 1781 (6). Due anni appresso, in seguito delle spia- cevoli contestazioni co! Frisi, egli era determinato e fermo di spatriare e accettato aveva l'invito fattogli, per mezzo del Tiraboschi, dal Sig. Crevenna , facoltoso Ne- goziante di libri in Amsterdam, di recarsi presso di lui con qualità e impiego di bi- bliotecario; della cpial cosa egli rallegravasi e ne protestava tutta la sua gratitudine al Tirabosthi pei buoni uHici usatigli col Crevenna suddetto (7). Già egli era sul ( '.) EllLTUer, di Mil. per V anno iSi^. Appetulice. (i Vi'Sg.isi riportato un sunto della Memoria di Graham nelle Pliilovopliical Trans.TCtions. Ali- ■idgcil. T. VI. P. I. pag. 297. (5) A.stronomisches Jalirliurh fùr d.is Jalir 1810 pag. aai. (H) Lettera di Cesaiis a Tiraliosclil del 2 Marzo i^Sa. (7) Lettera di Oriani a Tiraliosclii del 29 Mano 1783. Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi clvii dipartirsi da Milano, allorché per un ordine della Corte Imperiale chiamato innanzi al Governo, quivi, parte con lusinghe e promesse di avanzamenti e parte con mi- naccie di suprema indignazione, obbligato egli fa, piuttosto che persuaso, di annun- ziar al Crevenna le mutate sue circostanze e di pregarlo che lo sciogliesse dalla data parola. Ubbidiva egli nel render nota questa Governativa disposizione sopra di lui, aggiungendo nondimeno che, quanto a sé, preferito egli avrebbe di andarsene ; ma il Crevenna, saggio del pari e generoso, rinunziando a tanto acquisto, gli rispondeva consigliandolo di restar al suo posto e di proseguire nella sua luminosa carriera di studi (8), Né il Governo gli mancò di fede; che poco dopo nominavalo professore di calcolo infinitesimale, iiell' I. Ginnasio di Brera, gli raddoppiava lo stipendio e final- mente spedivalo ad arricchirsi di lumi e cognizioni all' estero col visitare i pubblici Istituti e trattare co' grandi uomini della Germania, della Francia e dell'Inghilterra. Alle ricerche poi e per 1' impiego del Sig. Crevenna si trovò altro abile e distinto letterato, il Sig. Tommaso De Ocheda, che di fatto passato in Olanda vi assunse ^eir incarico ed essendone assai lieto, di colà dichiaravasi riconoscente alle com- mendatizie del Tiraboschi e del Cesaris (9), che lo avevano proposto per tal ufficio. E di questa guisa l'Italia non ebbe a lamentare di cedere allo straniero un Oriani, come qualche anno innanzi essa con dolore veduto aveva da sé allontanarsi un Lagrange. r {d) pag. CXLI. L' illustre Monsignor Fabbroni celebrando cogli eleganti e aurei suoi modi latini le opere e la vita dell'ingegnosissimo P. Boscovich , disse di lui. n Quod mìràberis, vel de suis Jesuìtis jastam querendi caussam habuìt , quorum alio- rumve invìdorum artibus factum est, ne amplius preesset Astronomiae Speculae , in quam non mediocres labores atque sumptus ìmpenderet (io).)) E nell'elogio, che del Biedesimo poco appresso egli dettava italianamente, riconosceva nel Boscovich il Di- rettore della Specola di Brera, che in gran parte a spese di lui asseriva essere stata ingrandita e a perfezione ridotta; dopo di che soggiungeva: )) Associò ( il Boscovich ) alia sua gloria alcuni giovani suoi Colleghi che, tranne uno ( l'Ab. Puccinelli ) il più diletto e il più costante de' suoi Scolari ed Amici, cui aveva chiamato a questo fine, divennero presto suoi nemici, tanto più molesti quanto più francheggiati dalla protezion del Governo (11).» Prive le quali gratuite asserzioni di fondamento e da veruna prova non accompagnate, contraddette ora sono e smentite nella Nota pre- cedente (a). E servono poi esse a mostrare come anche uno Scrittore, d' altronde il più savio e rispettabile, possa talvolta prestar fede troppo facilmente a voci e no- (8) Letkra di Oiiani a Tiraboschi del ai Maggio i-«3. (9) Uftera del Cesaris al Tiraboschi del 3 Novembre 1784. .■: / i) Ilo) Vitae Ilalorum Doctrioa cxcellcnlium. V. XIV. pag. 353. . ..•; .1. vii) Elogi di Uomini illustri. Pisa 178G-89. T. II. pa-. 54 •) Tomo XXII. . X cr.viii Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris tizie, olle nulla lian di vero se non la passione da cui son create, senza liflettere ohe, accettandole e accreditandole del proprio Nome, vieppiù aggravasi l'indebita offesa e il danno all' altrui onorata riputazione. Il Fabbroni erasi trovato infatti a Milano quando vi ardeva la controversia fra il P. Frisi e gli Astronomi, e prevenuto egli a favore del primo, neppur erasi curato di visitar il magnifico Osservatorio di Brera al quale, senza vederlo, anteponeva quello di Firenze ; e benché poscia nell' elogio del Frisi egli disapprovasse le maniere ingiuriose che questi usò nel suo elogio di Galileo contro i Gesuiti, nondimeno per 1' accennata controversia incolpò egli fal- samente gli Astronomi che fossero stati essi, e non il Frisi , gli aggressori , dicendo che le critiche del secondo erano state fatte quasi in segreto; mentre i primi stima- rori di renderle palesi col ribatterle pubblicamente (12). In Milano però ben sapevas! non solo aver gli Astronomi ricevuto il volume dell' effemeridi postillato e censurato di propria mano dal Frisi ; ma che inoltre quelle critiche circolato avevano fra gli scolari e per le conversazioni; onde chi n'era percosso non poteva starsi celato e ne fu astretto alla giusta difesa di sèj che del pari non doveva più farsi privata- mente o in segreto ; il perchè le risposte degli Astronomi fnron inviate da essi e com- parvero nel Giornale ile' Letterati che si pubblicava in Modena. E qui non possiam preterire in silenzio che 1' egregio Sig. Gabba, professore di matematiche in Brescia, nel suo dotto elogio di Barnaba Oriani avendo per la na- tura del soggetto ricordata la questione , troppo famosa per non ommetterla, degli Astronomi di Brera col P. Frisi, e su la medesima essendosi trattenuto con saviezza ili criterio ed espressioni moderatissime, un moderno scrittore, il Sig. Barone Custodi insorse con una lunga Nota contro di lui e pretese dimostrare aver il Gabba «ride- stato mal a proposito e inesattamente, dopo il trascorso di un mezzo secolo, 1" ob- bliata questione astronomica del 1782, w(i3). Pertanto a stabilire giudizj più esatti, secondo il Custodi, rimonta questi all' origine della controversia e dice aver il Frisi, eccitatone dal Conte di Firniian, proposto il piano delle effemeridi che non fu se- euito; ma che nulladimeno le premure del primo rivolte all' incremento della Spe- cola il resero benemerito degli Astronomi di essa, che gliene professarono la loro gratitudine. E ciò sarà stato in parte anche vero; sebbene l'incremento della Spe- cola derivò realmente ne' primordj dal Rettore de' Gesuiti, poscia dai PP. Boscovich e Lagiange, e in seguito dalla munificenza dell'Austriaco Governo; ma è poi calun- nioso e falso quel che prosegue a dire il Custodi, che « i sentimenti di benevolenza ( negli Astronomi verso il Frisi ) presto si estinsero e si mutarono in rancore ed astio)) (i4). Imperocché non si potrà citare alcuna espressione delle lettere Astrono- (i») Elo-i (li Uom. III. T. I. pag. Sga. (i3) Notizie del Conte Pietro Verri, premesse alle Opere (ilosoliche e politiche del Verri. MiLno iS'l'i. Sor. tipogr. ile' cksMci it.il. — D.dla pagina X.\III alla .\XL\.. (ili ].,.?;. X.\IV. Op. .;il. Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi clix miche, né parola o azione alcuna comprovata de' loro Autori, che dimostri allignato in essi un sentimento, vile cotanto e riprovevole, qual è 1' odio alla persona; ed io, che a lungo e familiarmente ebbi a trattar coi medesimi, non mi accorsi per fermo che neir animo loro conservato eglino avessero né mai nudrito verso il Frisi un prin- cipio nemmeno di astio e rancore. Si smentisce inoltre da sé il Custodi coU'aggiun- gere indi a poco e confessare che il Frisi avendo pubblicato nel 1778 1' elogio del Cavalieri, in esso trascese a render noto il concetto spregevole in cui egli teneva l'Istituto de' Gesuiti (i5). Come dunque avrebbero potuto gli Astronomi Gesuiti ac- cettare il piano e credere alle premure per 1' incremento dell'Osservatorio, che par- tivano di chi, allora segretamente, non risguardava di buon occhio il loro Istituto? E perchè tardaron eglino quattro anni dopo la pubblicazione dell' elogio di Cava- lieri, a manifestar un sentimento cosi forte e mal infrenabile, qual è l'astio covato in cuore, e ne aspettarono, da essi non provocata, la fortuita circostanza della questione scientifica e delle postille del P. Frisi all'effemeridi? Noi non seguiremo il Signor Barone in altri suoi argomenti di natura e forza non dissimili dal riportato; e piut- tosto compiangeremo eh' egli siasi lasciato trasportare a schernir cose e persone le più degne di rispetto : quantunque non ci rechi maraviglia il veder dileggiati, insieme cogli uomini più stimabili per nota illibatezza di virtù e per ingegno preclaro, l'in- tera Famiglia religiosa 0 1' Istituto Lojolitico, i costumi e 1' educazione dei Chierici de' Seminar], e perfino ( come leggesi in altra Nota del Custodi ) la sacra dignità de' Romani Pontefici e della Chiesa. Il perchè anzi non reputeremmo per noi gloria e lode maggiore di un disprezzo e d' ire somiglianti che ad attirar ci valessero la no- stra meschinità e la franchezza di queste nostre parole. Ma r argomento nuovo ( giacché sono vecchie le ingiurie contro i Gesuiti e gli Astronomi di Brera ) il grave argomento, e che il Custodi risguaidò nella sua Nota per ineluttabile a favore del Frisi circa la questione famosa, è una lettera del Matematico P. Jacquier, nella quale il celebre commentatore di Newton, mosso per avventura dal desiderio e dalle inchieste dei Conti Verri, occupossi di rendere una testimonianza d'onore al merito e al sapere del Milanese Autore della Cosmografia. Ora scijrrendo tal lettera, che sarà qual si garantisce autografa e riportasi per intero nella Nota del Big. Custodi (16), nulla vi si rinviene che propriamente e immediatamente sia relativo ai particolari punti della disputazione fra gli Astronomi e il P. Frisi. 0 l'Autor della lettera ignorasse la vera e particolare questione su le effemeridi, o per compiacere altrui faceste mostra d' ignorarla, nulla quindi conchiude circa la que- stione medesima un tal documento. Entra bens'i il P. Jacquier e si trattiene ad en- comiar il P. Frisi per le sue opere ed invenzioni, celebrandolo specialmente di aver (.5) p=g. XXV. (iG) pag. XX VII e XXVIU. J ».:, ci.x Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris il primo scoperto ed assegnato il limite alla diminuzione dell' obbliquità deirecclit- tica; su di che niuno moveva contrasto, e in riguardo all'ultimo special titolo di gloria il nostro Cesaris all'opportunità ne celebrava egli pure il P. Frisi (17), del quale godeva dirsi concittadino. Né sarà poi sfuggito al Sig. Custodi, che il Jacquier nella sua lettera usa di ogni rispetto eziandio verso gli Astronomi di Brera ; e cer- tamente non avTebb' egli accusata nel giovine Oiiani la rozza petulanza de'' chierici de' Hemiiiarj, né proclamata la mediocrità de' suoi Colleghi; ben conoscendo egli che, quando ancora questa mediocrità e quella jietulanza realmente si fosse trovata sussistere, il rinfacciarle altrui non avrebbe potuto procedere che da una mediocrità, orgogliosa e di un ordine molto a quella inferiore. Quello però che da oltre un mezzo secolo inappellabilmente decise la contro- versia delle postille Frisiane furon le sode ragioni esposte nelle lettere astronomiche, e il fatto ben certo dal Cesaris attestato e cosi riferito. " Una persona di merito maggiore d' ogni invidia per la profondità della scienza e per imparzialità nella que- stione essendo stata superiormente deputata a esaminar le cose , la risultanza del giudizio è che le nostre risposte sono ragionate e giuste nella parte scientìfica, mo- derate e savie nella morale (18). „La quale sentenza ottìcialmente dal Governo venne agli Astronomi partecipata, sebbene per prudenziali motivi non si credesse opportu- no che il Governo stesso la divulgasse (19). E il Giudice nominato, che tal voto pronunziò, e sul quale cader non poteva eccezione di sorta, fu appunto il P. Gre- gorio Fontana delle Scuole Pie, come lo abbiam detto, e il Cesaris amichevolmente svelavalo al Tiraboschi. (e) pag. cxLiii. Fra le insigni glorie letterarie di Milano scontrandosi nel nome di un Beccaria, non lasciò il Cesaris a questo proposito di rammemorare il libro che levò ili tanto grido il suo Autore presso i pensatori moderni, e del quale accennava pure la facondia dell'Oratore che cento edizioni se ne procurarono in cento lingue, e cento bocche filosofiche altamente risuonar ne fecero in Europa i teoremi. Su di che però egli tosto e avvedutamente dichiaravasi, scrivendo « a me, al mio caratte- re, a' miei studi altri teoremi si convengono. )> All' udir le quali parole di breve, sincera e accorta protesta forse allora non sarà mancato chi sotto il nero abito di' costume, prescritto ai Membri ecclesiastici dell' Istituto e dairOratore indossato , si avvisasse riconoscere 1' antico Gesuita. Ma in qualunque senso una tale osservazione potesse muoversi, d' ironia 0 di lode, io per me ridetto e fermamente opino che nella seconda vita, a cui trapassarono entrambi , avrà 11 Cesaris con intuitiva evidenza scoiti e giudicati i teoremi a se prediletti ben pai immutabili, salutari e giocondi, di quello che siansi offerti al Beccaria i suoi. (17) Su r .luticliità delle Storie egiziane. Append. all'Ellem. di .Mil.ino per r.inuo i83i. pag. inj. (18) Conlinuazione del Giorn. de' Letterriti d' Itali.1. Modena. T. XX\*. p.ig. 63. (io) Lett. del Cesaris a Tiraboschi del ao Mano 1782. Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi clxi (/) P''5' c^l''^'"- Generosi e frequenti furono gli atti di cristiana carità dal Cesaris esercitati a soccorso dell' indigenza: mi limiterò a ricordarne qui uno , del quale io medesimo fui testimonio. Un giorno che io passeggiava in Milano per l'ampia via che appellasi il corso di Porta Romana, e perciò a molta distanza dalla Specola di Brera, ini abbattei a sorte nel venerando Sacerdote Astronomo , che moveva colà sollecito il piede e con affannoso respiro, come chi all' asma è soggetto. Venga meco, mi disse . piacevolmente, se ad alcun luogo non deve recarsi, e avendolo io seguito, dopo tra- icorse alcune più strette contradi;, alfin entrammo una povera hotteghetta, ove una Donna, forse vedova, miserabil di certo, era da' suoi piccoli figli attorniata. Col sor- ?iso nel volto, e salutandola, disse il Cesaris alla donna, che si facesse da lui ve- dere la ventura Domenica e all'ora indicata; mentre le avrebbe consegnato ciò di cui erano, intesi ; e tosto di là usciti, a me rivolto, egli così spiegavami il motivo di quella sua camminata. La famiglia, che abbiam or ora visitata è tanto miserabile che, malgrado il lavoro e 1' industria della madre, non saprebbe come soddisfare alle scadenze del suo debito d' affitto per la casa ; e quindi son venuto ad avvertirla esser io adesso in circostanza di poter somministrarle, secondo il consueto, la rata dell" affitto, e che aspetto per Domenica la madre a cui sborsarla, E parlandomi con- fidenzialmente, il mio Maestro non violava perciò l'evangelica segretezza della limo- sina; l'altro Divino consiglio adempiva: sic luceat lux vestra coram homìnìlus ut videant opera vestra bona et glorificent Patrem vestrum qui in Coelis est (ao), toglieva da me qualunque fantasia nata mi fosse intorno a quel fatto, e a me, giovine allo- ra, egli porgeva insieme una pratica lezione di carità. Oh, quanto siffatte lezioni sono più sublimi di quelle dell'Astronomia ! (g) pag. cxLvii. Allorché nel iSaS il paterno e augusto Imperatore Francesco I per la seconda volta rallegrava di Sua Sovrana Presenza la Capitale del Regno Lom- bardo, fra le visite ai pubblici Stabilimenti la M. S. L recatasi pure all'Osservatorio di Brera, prima di salirne le scale si volse al Direttore Cesaris; ed è quasi inutile , disse, che ascendiamo ; giacché mi sovviene di aver veduto l' altra volta questa Spe- cola 81 riccamente di macchine corredata, che ora essa non può abbisognare di nulla. Al che ossequiosamente l'Astronomo rispondendo, solo dipendere tuttavia dalla Mu- nificenza della M. S. che la Specola fregiar si potesse di nuovi e utili acquisti: manca dunque, replicò l'Imperatore, qualche macchina interessante? Qual è questa? E il Cesaris: la macchina di ultimo perfezionamento, attualmente di maggior uso in Astro- nomia, il circolo meridiano: "Ebbene, faccia Ella di questa la domanda, che le sarà conceduta. „ Ho amato io riportare qui un tal fatto, di cui ho certezza , e perchè dimostra quanto 1' ottimo Monarca largo fosse del suo angusto favore ai buoni studi, e perchè (10 S. Mali. Cap. V. r. iG. CLXii Elogio dell'ab. Gio. Angelo Gesaris * torna il fatto stesso a grande onore del suddito fedele, a cui S. M. dirlggeva s"i ama- ne parole e su 1' istante accordava 1' oggetto, che quegli con rispettoso candore chie- devale. Non maraviglia poi che, immediatamente dopo, dal Cesaris presentata all' I. Governo la petizione per ottenere il circolo meridiano , questo magnifico strumento su r atto venisse ordinato e commesso per la Specola milanese all'Istituto politecnico di Vienna. (k) pag. GLI. Intorno ai due milanesi Astronomi encomiati mi permetta l'egregio Sig. prof. Gabba di avvertire due piccoli errori die gli sfuggirono e leggonsi nel suo pregevole elogio di Barnaba Oriani (21). Alla pagina 62 ivi si legge che l'Oriani «poco più di un anno sopravisse al De Cesaris: » il che non è vero; mentre il Cesaris es- sendo morto adi ,18 Aprile del i832, e l'Oriani ad'i 12 Novembre dello stesso anno, dalla morte dell'uno a quella dell'altro non passarono che circa sette mesi. E l'altra men giusta proposizione incontrasi alla pagina 6-5, ove, in proposito del grande affetto sempre da Oriani per Cesaris nudrito e dimostrato, si accenna persino (( quel suo averne prevenute le richieste colle larghe proferte del suo danaro. » Il fatto potrebbe esser vero, e onorerebbe vieppiii il bel cuore dell'Oriani, interpretando ch'egli, in qual- che straordinaria circostanza e per soccorrere all'altrui miseria, prevenute avesse le richieste del suo amico, a cui fosse noto il caso, con una limosina insigne; ma il Cesaris per se non si trovò mai in tale bisogno^ essendo egli anzi stato sempre fornito di quanto è d'uopo al vivere agiato, e godeva, oltre i suoi emolumenti, la propria parte di beni dell' eredità paterna, lasciati a lui nell' antivedimento d>-ir abolizione de' Gesuiti. Grossolani poi furono gli abbagli e molteplici le inesattezze in cui scorse la penna del Sig. Ticozzi sul conto dei nostri due Astronomi (22). Perocché del Cesaris dice questo Scrittore che « all' epoca della morte dell'Astronomo De Regis ( sic invece di Reggio ) fu, nominato Astronomo aggiunto a Barnaba Oriani » nelle quali parole stanno tre grandi sb.igli, che si ripeton eziandio nel seguente articolo sopra Oriani. Di quest' ultimo affermasi che « ebbe a precettore il celebre Lagrange \ scambiato qui il modesto Astronomo di Marsiglia nell'immortale Geometra di Torino ), c/ie lo ebbe poi a suo successore nell' impiego di Astronomo. E del Cesaris ricordati alcuni scritti e lavori di minor pregio si trapassano in silenzio i principali di lui meriti ne' Com- mentarj che pubblicò; siccome di Oriani pure non si accenna che la trigonometria sferoidica, e in dimenticanza si lasciano le tante di lui profonde Memorie che pub- bliche sono e conservate nelle Appendici delle effemeridi milanesi. (i) pag. CLir. Per le solenni esequie, celebrate a suffragio del defunto Ab. Cesa- ris nella Chiesa di S. Marco, si leggeva su la porta maggiore del Tempio la seguente Iscrizione: (ai) Elofjio ili Barnaba Oriaui, ficrilto da Alberto Gabba, et*. Milano. 1834. (12) Tiro/.xi. — Gontinua/.U)ne dei Secoli dc-Ua letteratura italiana del Corniani. T. II. pag. 65t>. Scritto d/.l Prof. Giuseppe Bianchi clxiii ANGELO . CESAIUS SOC. QVAE . FVIT . JESU EQVITI . CAESAHEAE . CORONAE . FERREAE . ORD. Ili ^ '" BRAIDENSIS . SPECVLAE . ASTRONOMO . PRIMARIO VTRIVSQVE . CLASSIS . R. INSTITVTI SCIEKTIIS . LITTERIS . ARTIBVS . AVGEKDIS PRAEFECTO IN . XL . VIROS ITALICI . SCIENTIARVM . CONLEGII ri.-i- -i t ;'•' ^ì;/.'Ì COOPTATO QVI . IN . EXEMPLVM . PIVS POLITIORIS . HVMANITATIS ET . MVLTIFARIAE . DOCTRIHAE . LAVDEM VIRTVTIS . PERPETVAE . COMMENDATIONE . CVMVLAVIT INDOLIS . ET . VVLTVS . ALACRITATE SVAVl . CONSVETVDINE , MORVM . ELOQVIl . DIGNITATE . PRAESTANS CIVIVM . ET . PRINCIPVM . GRATIA . FLORVIT MORBI . DIVTINI . VIM rORTlTER . AD . EXITVM . VSQVE . PERPESSVS i' ' i IN . IPSO . SENIO . OPEROSVS . PERVTILIS I i.-'.-ri ."■■• • DECESSI! . AHNVM . AGENS . LXXXIII HACTESVS . BONORVM . OMNIVM . AMOR NVNC . DESIDERIVM . AETERNVM , jj •.,,,,, }y JOANNES . ET . FRANCISCVS ,1 .1 MiM /.'r'M'li l'J.'.''T. PATRVO . BENEMERENTI . AMANTISSIMO • i e 0 ! i' :.i'^ EXEQVIARVM . JVSTA . COLLACRVMANTES ' ' Nella quale iscrizione, che abbiam fedelmente ricopiata dalla Biblioteca Italiana (aS), ci sembra die con errore alla seconda riga siasi scritto Quae in luogo di Qui. Con- ciossiachè si può ben dire del Cesaris che appartenne alla Società di Gesù, non es- sendovi egli rientrato al ristabilimento della medesima, né dipoi; ma non istà egual- mente riie alla morte di lui la detta Società più non sussistesse, come significa il Quae . Fa'it ; mentre se un Decreto Pontificio aboliva la Compagnia di Gesù nel 1778, un altro Decreto Pontificio nel 181 5 la rimetteva solennemente in vigore per (i3) N. CXCV. Fase. Mario i83a. pag. 40;. CLXiv Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris r Orbe Cattolieoj e se fino al iSSa, e anche dopo, i Gesuiti non erano stati richia- mati in Milano, essi perù assai prima del i83a accolti erano per Sovrana Disposi- zione in altri luoghi dell'Austriaco Impero. Quanto agli Ufficj di suffragio alla bell'Anima di Giovan Angelo, fatti celebrare in Casale Pusterlengo dai parenti di lui o dai Fabbricieri di quella Parrocchiale, compose le Iscrizioni affisse alla porta della Chiesa un mio dolcissimo Amico (amato pure e singolarmente pregiato dal defunto Astronomo) il eli. Sig. Gio. Antonio Maggi milanese: ed io qui mi reco a piacere di riportar quella di tali Iscrizioni che l'Au- tore latinamente dettava, le altre da lui essendo state formate ed espresse nel nostro idioma: ecco la prima. JOHA^^'I . AKGELO . CtSAKlS SOCIETATIS . JESV . OLI.M . SACERDOTI EQ. CORONAE . FEKREAE PROPERATAM . COEI.ESTIV^H . BEATITATEM QVAM . VIRTVTE . OMSIGEJiA . PROMERVIT FRATRIS . Flt.II T\>TI . PATRVI . >VMQVAM . IMMEMORES A>MVERSARIA . SVPPLICATIO>"E ADPRECAKTVR. (k) pag. CLiii. Tacendo, per amore di brevità, i nomi delle persone e famighe più cospicue di Milano, presso le quali godeva il Cesans di tutta la stima e confi- denza, non possiam trattenerci dal ricordare fra cjuelle S. E. il Sig. Conte Giacomo Mellerio, Consigliere Intimo di S. M. I. R. A. e Cavaliere Gran Croce della Corei. a FeiTea, che, splendido e colto Mecenate de' gravi studi, delle buone lettere e dell' arti gentili, agli Astronomi di Brera pregiavasi di professare una più speciale e in- genua benevolenza. E ricorderemo altres'i un lietissimo giorno , in cui accordatisi Oriani e Cesaris coi miei due cari amici, il sullodato Maggi e il nobile D. Gabrio Piola, ottimo letterato il primo e profondo Geometra il secondo, tutti quattro si di- partivano in cocchio da Milano, e accolti venivano con vera festa di schiettissima amicizia dal Conte Mellerio nella deliziosa e magnifica sua Villa del Gemette, che, in su r ingresso ai ridenti colli della Brianza, sorge sopra un verde poggio dalla riva sinistra del Lambro, che discorre al suo piede limpido e serpeggiante nel piano. Oh quali ore beatissime colà passarono i due Astronomi coi loro Amici e l'Ospite loro, e nell'amenissima Gernetto quanto allora si trovò adunato di cortesia, di sapienza e di 0"ni maschia virtù ! Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi clxv ELENCO DELLE OSSERVAZIONI E DEGLI OPUSCOLI, MEMORIE, DISCORSI ec. COMPOSTI dall' ASTROKOMO CAVALIERE AB. GIO. ANGELO CESARIS SCRITTI EDITI NELLE EFFEMERIDI DI MILANO. I. Il calcolo, ossia la parte numerica degli annunzj , dal i." Volume del 1770 a quello del i8o3 incluslvamente; ed è pure del Cesaris il discorso: r= Explanatio et usua tabularum =: inserito e talvolta variato nei primi volumi fino al 1788. a. Eff. 1775 =Opposition de Saturne en 1' annèe 1773. 3. Eff. 1776 ^ Observationes eclipsium satellitum Jovialium. 4. Eff. 1777 ^ Observationes Cremonae peractae prò determinanda longitudine et latitudine geografica. 5. Eff. 1778 = Determinatio oppositionum Martis et Saturni anni 1777. 6. Eff. 1780 ^ De aedificio et macbiiiis speculae astronomicae mediolauensis, Com- mentarius. 7. Eff. 1781 =: Observationes satellitum Jovis habitae ab anno 1777 et cum tabulis comparatae: Observationes Veneris circa tnaximam ejus a Sole di- gressionem habitae mensibus Martio et Aprili an. 1779: Observationes Jovis circa ejus cum Sole oppositionem; Observationes cometae qui apparuit mensibus Martio^ Aprili, ec. 1779. 8. Eff. 1782^ De cometa anni 1781. . , ,. 9. Eff. 1783 n Oppositio Martis anni 1781: observationes satellitum Jovis. 10. Eff. 178-^ ^ Distantiae a vertice limbi superioris Solis in meridiano observatae ab anno 1778 ad finem 1782. ( Non sono del Cesaris che quelle del primo triennio^ le altre appartengono al Reggio): occultatio Veneris observata etc. 11. Eff. 1785 r: Occultationes fixarum observatae et supputatae. la. Eff. 1786 ^ Positiones Mercuri! observatae an. 1782: oppositlo Martis an. 1783: ConjunctioneS inferiores Veneris cum Sole annis 1782 et 1783. i3. Eff. 1787 ^ Oppositio Jovis et ejusdem conjunctio cum stella ir Aquarii an. 1784: conjun. super. Veneris cum Sole an. 1784: occultatio Veneris sub luna an. 1785: occultationes stellarum cp Sagitarii et £ Geminorum sub luna an. 1785. Tomo XXII. Y cLxVi Elooio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris i4- Eff. 1788 := Di; linea meridiana descripta in Tempio maximo Mediolani anno 1786, coramentarius: observationes Mercurii sub Sole liabitae die 3. Mail an. 1786. i5 Eff. iT8g rr Observatio cometae aiini 1786: observatio eclipsis Solis die i5 Junii an. 1787. 16. ElT. 1790 := Observationes Veneris in ejns conjunctione cum Sole mense Augusti an. 1788; De montibus Vulcaniis Lunae, Commentarius. 17. Eff. 1 79 1 z: Observationes Veneris post ejus conjunctionem mense Augusti ad maxiraam digressionem mense Octobris 1788: observatio eclipsis Solis die 4 Ji'nii 1788: observationes Mercurii in elongatione a Sole mensis Octobris 1788: Occultationes stellarum in occursum Lunae observatae tubo IO pedum: observationes anuli Saturni mensibus Augusti et Octobris 1789. iS. ElT. 1792 ZZ Occultationes stellarum in occursum lunae observatae Mediolani tubo acbromatico pedum octo: De Quadrante murali quem Speculae Meiliolanensi constru.xit Jesse Ramsden, Londiiii, Commentarius. ig. ElT- 1793 =1 Conjuuctio iaforior Veneris cum Sole anno 1790: oppositiones Martis et Jovis anni 1790: Occultationes Jovis in occursum lunae anno 1792; oppositiones Martis et Urani anni 1792. ao. Eff. 1794:^ De phaenomeno meteorologico. 21. Eff. 1795 z= De telescopio Herscheliano et de praecipuls telescopiorura elementis. 12. Eff. 1796 ^ Observationes Mercurii et Veneris annis 1791-2-4-5: occultationes stellarum in occursum lunae observatae ab anno 1792 ad annum 1795: oppositiones Saturni, Urani et Martis annis 1793 et 1794- 23. Eff. i''97 zz Oppositiones Saturni et Martis observatae quadrante murali pedum octo annis 1796 et 1796. 24. Eff. 1798 s: Con junctio inferior Veneris et Solis mense Augusti 1796: oppositio Saturni mense Decembris anni 1796: oppositio Urani mense Februarii anni 1797. 2Ó. Eff. 1^99 =: Observationes Mercurii anno 1797: De diametro Saturni; Occultatio ifi Sagittari! in occursum lunae ai Augusti 1798; Observationes Veneris circa ejus conjunctionem inferiorem cum Sole mense Martio 1798. 26. Eff. 1800 zz Observationes Satellitum Jovis et Lunae. 27. Eff. 1 801 r= Occultationes planetarum in occursum lunae anno i8gi. 28. Eff. 1802^: De usu observationura stellarum circumpolarium: occultatio a Vir- ginis sub luna die 3o Martii i8ci. 29. Eff. 1804 =: Osservazioni del Sole al Quadrante murale dall'anno 1791 all'anno 1802. 30. Eff. i8o5 r; Opposizioni di Urano e di Giove nel 1804. Scritto dal Prof. Giuseppe Bianchi clxvii 3i. Eff: 1806 = Elogio storico dell'Abate Francesco Reggio Astronomo della Specola di Milano ( col titolo italiano, ma scritto in latino ). Di una nuova specie -nt ' di livello a filapiombo per la verificazione dei quadranti astronomici. 3a. Eff. 1807:= Sulla paralasse delle stelle, Riflessioni. 33. Eff. 1800:= Metodo per verificare la posizione della macchina equatoriale: Os- servazioni meridiane del Sole negli anni lygi-a-S. V .1 34. Eff. 1810 :^ Continuazione delle osservazioni meridiane del Sole al quadrante murale di 8 piedi. 35. Eff. 181 1 =z Riflessioni sul limite degli errori probabili nelle osservazioni astro- nomiche. 36. Eff. 1812 = Osservazioni per determinare i solstizj e 1' obbliquità dell' ecclit- tica negli anni 1810 e 1811. iiiaolilfiO iltirlooorinc^ li)8 ~ .05 37. Eff. i8i3zrSul movimento oscillatorio e periodico delle fabbriche. 38. Eff. i8r4 =: Riflessioni sopra gli orologi astronomici. '?• 39. Eff. i8i5 = Continuazicne delle osservazioni meridiane del Sole al quadrante murale. 40. Eff. 1816 z:: Continuazione delle osservazioni sul movimento oscillatorio e pe- riodico delle fabbriche. 4r. Eff. 1818 r: Occultazioni di stelle nello scontro della luna, osservate a Milano- 4». Eff. 18 19 := Riflessioni pratiche sulla misura del diametro del Sole. 43. Eff. 1822 ~ Occultazioni di stelle nello scontro della luna osservate a Milano. 44- Eff. 1828 rs Opposizioni di Urano osservate a Milano negli anni 1817 e 1818: opposizioni di Saturno e di Giove osservate a Milano nell'anno 1821. 45. Eff. 1834 ^ Suir antichità delle Storie egiziane (Memoria postuma ). 46. . . . ^La serie delle osservazioni meteorologiche non interrottamente fatte dal Cesari», dall' anno 1804 al i83o inclusive, è inserita nelle effe- meridi, a cominciar dal 1808 fino a quelle dell'anno i833. NELLE MEMORIE D;ELLA SOCIETÀ ITALIANA 47- ^ Sopra la congiunzione inferiore di Venere col Sole del ao Marzo 1783, os- servazioni e riflessioni. T. II. 48. =: Osservazioni di gtelle pel Catalogo di Cagnoli. T. X. 49. = Supplemento di osservazioni pel Catalogo suddetto. T. XI. 50. = Lettera al Sig. Antonio Cagnoli intorno alla rifrazione lunare. T. XIV. 5i. r: Del clima di Lombardia, osservazioni. T. XVIII. ... IN ALT»E COLLEZIONI, O A TARTE. ' ' Si. r: La prima delle lettere astronomiche per servir di appendice all' effemeride di Milano dell' anno 1783. T. XXIV del Nuovo Giornale de' letterati d'Italia. CLXviu Elogio dell'ab. Gio. Angelo Cesaris 53. ^ Discorsi cinque per la distribuzione dei premj d' industria nel di 4 Ottobre degli anni r8ii2.-4-6-8 e i83o. 54. zz Elogio storico del Preposto Anton Luigi De Carli, premesso all' opera: il Van- gelo delle Domeniche spiegato dall' encomiato Parroco. ; .. '. 55. ^z Brevi cenni intorno alla costruzione della Carta topografica della Lombardia: T. V. delle Memorie di Religione, Morale e Letteratura: pag. i3o. SCRITTI INEDITI . , ^. CONSEnVATI PRESSO LI. R. ISTITUTO DI SCIENZE, LETTEUE ED ARTI I N M I L A H O. Il Ti'; fili V , ■ .:'..■'. . 56. zz Sui cannocchiali Galileani: Memoria letta il 4 Agosto 1814 all' adunanza dell' Istituto. 57. := Su la misura della refrangibilità della luce, letta il 17 Agosto 1814. 58. =: Sui vetri periscopici di Wolaston, letta il 4 Febbrajo 1819. Sg. zz Esperienze colla macchina di Christian per dirompere il lino: stampata in piccol numero d'esemplari. '-. > ••' ■ :... 60. :z Sull'inutilità della ricerca della quadratura del circolo, letta il i5 Febbrajo i8ai. :i.i ■:'. ' ■ ;Ci>:t.i : .! 1 . ì' . " Ji , - :T: r ' '. : '' -' MEMORI E DI MATEMATICA NOTA ..:■■■::, /■ A DUE CAPITOLI DELL' OPERA DI EULERO ' - CHE HA PER TITOLO ' _ THEORIA MOTUS CORPORUM RIGID0RU3I ,. ..„•, DI GABRIO PI OLA : .. Ricevuta adi ìì6. Dicembre 1887. Jlispongo in breve 1' oggetto del seguente scritto. Leonardo Eulero giunse a comprendere che nel moto qualunque di un corpo rigido doveva aver luogo una certa interessantissima proprietà. Accintosi però a darne per via d' analisi la diretta dimostrazione , trovò che questa riduceasi a provare identica una equazione che assegnò, ma poi sconfortato dalla lunghez- za dei calcoli, rinunciò all' impresa. Ben vi tornò sopra più d' una volta, ma sempre invano, siccome apertamente dichiarò con quella ingenuità che traluce in tutte le sue opere. Allo- ra si volse ad un altro giro di ragionamenti, e ottenuta una dimostrazione rigorosa, quantunque indiretta del suo teorema, sempre più si persuase in massima dell'identità di quella equa- zione, che non avea mai potuto riconoscere di fatto. Munitosi in seguito di nuovi mezzi;, replicò il tentativo, e ancora in- fruttuosamente, talché finì coli' invitare i geometri perchè esperimentassero anch' essi le loro forze contro una difficoltà Tomo XXII. 1 a N o T A ec. analitica, la cui resistenza parevagli avere alcun che di sin- golare. Dopo Eulero, un altro grande geometra, Gaspare Mon- ge, rinvenne sei elegantissime relazioni fra le quantità anali- ticlie che entrano a comporre 1' equazione di cui si è detto: e ciò fuj avendo egli di mira altre applicazioni. Ora io mo- strerò che giovandoci delle nuove relazioni di Monge possia- mo arrivare senza stento a vincere finalmente quella difficoltà analitica, e a dare così la diretta dimostrazione dell' insigne teorema Euleriano. Non essendo senza interesse il tener die- tro attentamente al naturale progresso delle nostre cognizio- ni, cercherò dapprima di dare con qualche chiarezza un'idea della questione, e dello stato in cui fu lasciata da Eulero, e rifeiirò i varj passi del suo libro che attestano quanto ho qui sopra asserito^ innanzi di esporre la dimostrazione da lui desi- derata. 1. Ecco di che si tratta. Si considera il corpo rigido in due diverse posizioni corrispondenti a due epoche di tempo, per la prima delle quali si prende il principio del tempo, e per la seconda un tempo qualunque finito. Designato nel cor- po un punto arbitrario che chiamasi centro, si può sempre assegnare una retta passante per esso, e fissamente muoven- tesi col corpo stesso, la direzione della quale per la seconda epoca sia parallela alla direzione cii' essa ebbe già nella pri- ma epoca. Talché la determinazione della posizione del corpo per la seconda epoca si ridurrà soltanto a sapere la traslazio- ne del punto preso per centro, e l'angolo di conversione dei diversi punti del corpo intorno a quella retta come ad asse. ( Veggasi Eulero nelle Aggiunte dell'opera citata: cioè il Capo i." intitolato: Foriniilae generales prò translatione quacunque corponiiìi rìgidoruni dal n.° 974. in avanti; e il Capo n.° inti- tolato: Nova methodiis motiitn corporum rìgidorum determi- nandi, nei primi tre numeri. 2. Eulero partì dalle seguenti formole ora conosciute da tutti gli studiosi della meccanica razionale Di Gabrio Piola 3 I I ' I (l) y = g ^. CC^a H- ^^è 4_y^c (f) z = h-^-a^a-+- ^b -¥- y^c ; le a,", y, s sono le coordinate di un punto qualunque del cor- po riferito a tre assi ortogonali fissi nello spazio; f, g, li le coordinate particolari del punto preso per centro; «, b^ e le coordinate di un punto qualunque del corpo relativamente a tre assi aventi 1' origine nell'anzidetto centro^ fissi nel corpo e mobili con esso nello spazio , e che al principio del moto erano in coincidenza coi tre summentovati ; oc , ;? , y ; a , /? , I l'I 3 2 7 ; a , /? , y nove quantità angolari vincolate dalle sei equa- zioni I iì 3 K^) 12 3 y "-f- y ""-+- y '= I ; 1' ; '. ; -f , ^ • ' I 'a '3 a8-ha3-{-aB=:o ; ^ '■ irn/, i? l' 1 2*^2 3*^3 a r -+- r, si hanno le sei 3 \, ; (9) a = \ i/NP — \ /MQ l ^ r^ : :; «3= \ /^ -^ i i/MP :!^ .^ i _>. i3^= I /P(T_ 1 i/MN. 5^r^-+-^'/3/^ (:c) (II) =[i-a^)!S^y^-^a^{i-^^y-^aJI,x-y.^) (in) = _(i_a^)(,_^J(i_.y di maniera che la (6) sarà la stessa cosa della seguente (<0 (I) + (IT) -H (III) = o o. Mi propongo di trattare le parti (I), (II), (HI) separa- mente. La (I) per la sostituzione dei valori (9) diventa (1) = 1 (/NO-i- /.MP)(/NP -4- i/M(J)(/PQ-^i/MN) -^ J {\/^^l - i/-MF)(i/NP - /iVIQ)(/PQ-i/MN) Ora osservisi che in generale ha luogo l'equazione identica (a-HZ')(c-l-^/)(e-f-/)-f-(a — h)[c — tl)[e—f)-=i[ace-\-adf-^hcf^hilé) del che ognuno agevolmente si convince eseguendo i prodotti. Di Gabrio Pioi.a o Per questa la precedente ammette una notabile ridu7,ioìie , combinandosi le quantità così felicemente che spariscono i radicali, e si ha (la) (I) = i (NPQ -H MNQ H- MNP -4- MPQ). Scrivasi il qu^adrinomio del secondo membro sotto la forma PQ(M^-N)-HMN(P^-Q), poi si osservi che le (") danno prontamente M -H N = 2( I -»- ce ) P H-Q =2(1— a ) ..,,.,PQ=(.-a)•-(^-^3)•. :.,...', A motivo di tali espressioni la (la) si riduce (1) = è ((!-*-« )(i-«^r-»-(i-«j(i -+-«/) ) ed eseguendo i prodotti e le potenze indicate i '.: (r3) (I)=i_a=_/?^_7^-f.2a^ 7„:" ,,, /-', ;' I a '3 ia'3 '-' • Passiamo al calcolo della seconda delle (io). Sostituendo i valori (9) si vede, anche senza nulla scrivere, ch'essa si can- gia nella -. ^ . . — (14) (Il) = i(i_a^)(PQ_MN)-Hi(.-/?J{NQ-MP) -+-i(i-r3)(NP-MQ). 'j^' Tomo XXIL '' a IO Nota ec. Di sulnto le (u) ci somministrano NQ-iMP = (!-/?/-(« - 73) -(!+/?,)'-+■ K+ 7/ m-Mq={i-yf- {a- ./?J_(n-y^)^+(a + /?J le quali espressioni, se si svolgono i quadrati, si riducono PQ — NM = 4( ^j — aj (i5) NQ-MP = 4(a^y3-^j NP — MQ = 4(6t^^^— 7j). Per queste la (i4) diventa (II) = {i-aJ{i3j-a)M^-^J{c^J,-^jM^-7,)i^,(^-7^) ed eseguendo i prodotti indicati (16) (II) =_« _/?^-7g-f- a^^-^^;+y^^ i' 11 l'i ' i'.J i' i'3 L' ultima delle (io) non abbisogna di alcuna sostituzione , giacché le quantità che la compongono sono le sole tre , di cui risultano le altre sei: eseguito il prodotto indicato, abbiamo {ni)=-i-^-«^-H/? + 73 (>7) Ed eccoci alla bramata conclusione. Se si sommano le pre- cedenti (i3), (16), (17) otteniamo una equazione, il cui primo membro uguaglia il primo della (i 1):, la somma poi dei secondi Di Gabrio Piola ' l i membri si vede a colpo d'occhio risultare zero, giacche tutti que' termini se mutuo tollunt, come Eulero disse dover acca- dere. Così la (il) ossia la (6) è verificata. 9. Quantunque io abbia di già raggiunto lo scopo a cui mirai dal principio di questo scritto, non tralascerò di mette- re le due equazioni dietro le quali si può assegnare la po- sizione dell' asse Euleriano relativamente agli assi mobili col corpo. E ciò tanto piìi volentieri in quanto che mediante r uso delle nuove formole di Rlonge anche quelle due equa- zioni si riducono ad una notabile semplicità. Combinando le equazioni (5) si ottengono le due ; , ov " _ ^ £ Il primo di questi denominatori, se mettasi per i — /? l'espres- sione equivalente ^ (N-+-Q),e sostituiscansi a y , /? , y i valori dati dalle (g), si trova dopo facili riduzioni eguale alla quantità i(M-t-N-4-PH-Q)/NQ. Il secondo denominatore, ponendo 2{P"+"Q) P^'' ^ — a ,e usando dei valori (9), risulta similmente eguale all'espressione .; i(M-4-N-t-P-4-Q)/PQr r^ • L' ultimo denominatore prende la forma i(M-^-N^-P^-Q)Q. ■-.Ti ■ ^ Si osservi che dalle (u) caviamo , > m-hN-+-p-i-q=4. , ' . - ■ ■ - Quindi le espressioni dei tre denominatori saranno rispettiva- mente '• :" i/NQ, i/pq7 Q; ■ ". la " Nota ec. se ne faccia la sostituziene nelle (iB), e dopo avere nioltipli- cato per i/Q, avremo le equazioni di quella retta ridotte alla torma / \ a h e Queste due ecjuivalgono alle tre (20) a = Ài/N; b = Ài/Yi c = X\/T), dove /lèi' indeterminata di cui parlammo più sopra subito dopo aver registrate le equazioni (5). 10. I tre coseni degli angoli die la retta in questione fa coi tre assi delle a, Z», e, sono in virtù delle (3), (2,0), espres- . se dalle formole ovvero in virtù delle (8) dalle In queste espressioni non si dà generalmente più luogo ad al- cuna riduzione, perchè le quantità angolari che le i;ompon- gono sono soltanto le tre prese a base della determinazione di tutte le altre. Di queste tre, a, è il coseno dell'angolo, che dopo il tempo che separa le due epoche, 1' asse mobile delle a fa coir asse fisso delle x ; [ì il coseno dell'angolo fatto con- temporaneamente dalle asse delle b coli' asse delle y \ y il coseno dell' angolo fatto dall' asse delle e coli' asse delle z, 1 1. Il teorema di Eulero si può ora enunciare così. Alla fine di un tempo (jualunque la retta che fa coi tre assi attaccati al corpo rigido angoli i cui coseni sono dati dalle espressioni (i2)j lui nello spazio la stessa direzione che vi ebbe al prin- Di Gabrio Piola i3 cipio del moto e del tempo, 11 lettore però non si dia a cre- dere che essendo parallele le direzioni di questa retta per le due epoche considerate, siasi essa sempre conservata nella stessa direzione durante il tempo intermedio ; questa retta è real- mente alla seconda epoca nell' egual posizione in cui si sa- rebbe trovata se si fosse mossa sempre parallelamente a se stessa ; ma il parallelismo non è continuo, se non ammesse certe condizioni che non sussistono in generale. la. Eulero sperava che trovata una volta la dimostrazione analitica della identità di quella equazione, il suo teorema avrebbe fatto strada a nuovi ritrovamenti. Io credo vero an- che quest' altro suo presentimento, e in appoggio della mia asserzione farò ora vedere che il teorema Euleriano non è che un caso particolare di un teorema piìi generale il quale si verifica non solo fra l'epoca del principio del moto e quella di un tempo finito dopo la medesima, ma tra due epoche qualunque prese a piacere nella durazione di un moto. E poi un fatto singolare che la dimostrazione del teorema generale riesce più facile della data precedentemente, non avendosi per essa bisogno di ricorrere alle relazioni di Monge, ma soltanto alle seguenti notissime (a3) ^=a^y_aj^; /?^^ a^ y _ a^y^ ; ^ = aj-a^y^ y = a /? — al) ; y = a B — a B\ y = a ^ — a !ì ' 1 j, à Sa ' ^ 3'i i'3 '3 i^ 2.1 che sussistono insieme colle (a) e non sono che combinazioni delle medesime ( si trovano dimostrate in molti libri;, ver. gr. nel Lacroix al luogo citato più sopra N. 6. ) i3. Le due epoche siano quelle della fine dei tempi t, t-^d. Siano a, b, e le coordinate di un punto qualunque della retta in questione relativamente ai tre assi fissi nel corpo, e mobili con esso •, a , a , a ; /? , /> » ^, ; y j y O'q lispet- i4 Nota ce. tivamente i tre coseni degli angoli che alla fine del tempo t ciascuno degli assi delle «, delle h, delle e fa cogli assi delle X, j, z fissi nello spazio. Tra queste nove quantità angolari sussistono le equazioni (2), (20), e sono in generale tutte fun- zioni del tempo. I tre coseni degli angoli che la retta in questione alla fine del tempo t fa coi tre assi fissi nello spazio, sono espressi dalle formolo sopra segnate (4). I tre coseni degli angoli che la stessa retta fa coi tre assi fissi nello spazio alla fine del tempo t-^d, avranno le simili espressioni (o.^-Y.\.,^)a-i-{ì^-^\?^)h^'y^+\y^ e — 3 (M) dove le Aa , A^ , ec. sono le differenze finite di cui crescono I ' I le a /J , ec. quando il tempo t si cangia in t+d ; e siccome i' I per supposizione le direzioni della retta nelle due epoche sono fra di loro [)arallele, queste espressioni (24) debhono egua- gliare rispettivamente le (4), e così vengono le equazioni aAa -4- h^P -+- cAv =: o 1 I ' I (20) cAa 'Jr-b\i3 -+- cAv =0 aAa , -H Z* A/?, -H cAy =0 D '3 '3 le quali tengono il luogo delle (5). Queste come quelle ci ser- viranno a determinare le a, Z*, e ^ e qui pure avrà luogo una equazione di condizione fra le nove differenze finite Aa , A5 , Ay j Aa , ec. In varie maniere può trovarsi la mento- 1 ' I 3 Di Gabrio Piola i 5 vata equazione di condizione : eccone una. Eliminando la a dalle (aS) si hanno le due h^li^-^-c^Y^ lA3^+c^Y^ iAfJg-HcAyj , :,l\ Aa Aa Aa^ X a o ;-^) che possono mettersi sotto la forma biA3 Aa — Aa A^ ) = c(Aa Ay — Av Aa ) •- 'i i(Ai? Aa — Aa A^J = c{Aa Ay - A> Aa,). jO IO ^O IO Divise queste 1' una per l'altra, si ha la cercata equazione fra le sole difterenze finite, ma non ridotta alla forma piìi semplice. Si ottiene tal riduzione cacciando via primieramente i denominatori ; viene allora una equazione i cui due mem- bri sono due quadrinomj e vedesi che un termine può essere cancellato da ambe le parti perchè eguale. I termini restanti sono tutti divisibili per Aa , dopo di che si ha (26) Aa^iA^Ay-A^^AyJ -+- AaJ^A^^Ay^^A^ Ay^) ■ ■■..:. •,—. \'^ -f-Aa^(A^ ^y—'^l^ ^7 )=o- Ecco r equazione che sta invece delia (6), e deve sempre es- ser vera, se debbono sussistere le (^5), ossia essere reale il parallelismo supposto. i4- Volendo provare l'identità della equazione (ab), ci è d' uopo premettere la ricerca di alcune forinole preparatorie. Dai primi rudimenti del calcolo delle differenze otteniamo A?Ay^^A[^j^)-^Ay-yA?^^ . l ^ A^^Ay = A[3^yy^Ay-yA,3^. "-"^ '^ Sottraggansi queste equazioni l'una all' altra, e osservando che ] T) Nota ec. i due termini A((3 y ) — A(/? y ) possono Dompenetrarsi nel solo A{^ V — p' y ) , e che questo per la prima delle (20) diventa Aa , conseguiremo (27) ApAY-A[)Ay=Aa-[]Ay,^-^P,^Ay^^y^ A(J^^yA(ì^. In maniera affatto simile, servandoci d'altro equa?:ionl fra le (iS), proveremii la verilà delle seguenti due equaràoni A[}^Ay-APAy^Aa-^Ay^pAy-yA(^^yA[i^ (28) A:3Ay-ipAy=Aa-(JAy^+PAy-yA^^+yA^^ ed anche quella delle sei Aa Av — Aa Ay,=A/? — a Av — y Aa,-4-a Ay^H-r Aa Aa Ay,— Aa Ay =A/? —a Ay, — y Aa -ha Av -t-y Aa.. I ' ò 6 ' I a 1 ' ó ' ó I 3ii 3 Aa Ay — Aa Ay =AfJ^ — a Ay — y Aa -ha Ay -4-y Aa 21 la 3 a'i'i 2 l'a'a i Aa AS —AaAfì =Ay —a AS—f},Aa -ha AB -+-/? Aa a"3 3a ' i ^33 a 3aa 3 Aa A/? — Aa A53=Ay —a A/? _/5 Aa,-Ha A/9 -u5 Ac Aa A5 — Aa AB =Ay^—a A/5 — /? Aa -ha A/3 -f-/? Aa . i 13 ai '3 laa i a ii a i5. Se ora ci poniamo a sostituire nella (26) i valori dati M dalle precedenti (27), (ao) otteniamo con alcune riduzioni evi- ji denti ! Di Gabrio Piola I^ o = Aa *-f- Acc ^-j-Aa (3o)-/?^(Aa3Ay^-Aa^A73)-^JAaA^^-Aa3A7J-/?^(Aa^A)'-Aa^A7j — r (Aa A/?,— Aa,A/? )— y (Aa A/9 — Aa A3)—y(Aa A^ — Aa A/? ). ' 1^ a ' 3 3 a' ' 2.^ 3 i i ' 3' ' 3'' 12 ai' Se deriviamo nel sistema delle differenze finite la prima delle equazioni (2), troviamo ■ :- • i . ; . ; . . Aa *-f-Aoc ='-l-Aa ~= — 2.(a Aa -t-a Aa -ha Aa,). - I 3 3 iiiiao3 Per questa e per le precedenti (29), la (3o) si tramuta nella o = aa Aa H-aa Aa -H-aa Aa^ 112 2 3 3 H-/? (A/9 — «, Ar — y Aa-^-a Ay^-t-r, Aa ) i^i 3'2'a 3 2 '3 '3 a' -^^^{A^-a^Ay^^y.^Aa^^a.^Ay^^y^Aa^) ■ (3i) +/9^(A/93-a^Ay-y^Aa^+a^A7^-i-7^AaJ ■{ .• +y,( Ay -a^ A/?3-^3 Aa^-t-a^ A/? +/?^ Aa^) -H7 (Ar — a A/? — /5 Aa.H-a A^-+-RAa ) ' or- ' 2. 3 I I o i33 1' -t-rJAr,— a A/9 — /? Aa -4-a Ai? -t-/9 Aa ). '3^ '3 122 I 311 2' Ridotta così la (a6) alla forma (3i), per riconoscere la sua identità non resta che raccogliere i coefficienti totali delle nove differenze finite Aa , Aa ,Aa^, A/9 , ec., e riprodurre la I 3 3 1 '■ (3i) sotto la forma o=Aa (aa —a/9 y--Ha/9 y )-t-Aa (aa —2.3y -i--i(S y )-HAaJaa,— a/? y -i-a/9 y ) II '3*3 '3' a' 2^ a ' 3' I i'3 3^ 3 l'a 2' i' +A.5J ^ _ a.^y^+ aj^)-hA^J, (3- aj^-^ a^yJ-^A^^{ ^- aj^-i- ajj 4-Ayj 7- «/3-H Va)-*-^^a( ^2- «3^1-^ «/3)-^^^3( ^3" «.^2^ «a^i)- Tomo XXII. 3 i8 Nota ec. Tali coefficienti totali si riconoscono a colpo d' occhio tutti eguali a zero per filetto delle (aS). È dunque dimostrata in generale sempre sussistente la (a6): sono quindi ammissibili le (2,5), e il parallelismo di una stessa retta alla fine dei tempi t^ t-\-0 non è più una supposizione ma una verità interessantissima. i6. Rimane, come al N. io, a determinare la posizione della anzidetta retta relativamente agli assi mobili col corpo, e a quelli fissi nello spazio. Prendendo a combinare due qualunque delle equazioni (a.5), per esempio la prima e la seconda, t'ormeremo due equa- zioni della fi)rma a h e ir ^ T (3a) essendo R = A(5 Ay — Ay A/? I a ' I a (33) S = Aa^^Ay — Ay^Aa T = Aa Ai? — A;^ Aa . 12, I 2 Le (32) ci faranno conoscere le espressioni dei tre coseni de- jili anr^oli che la nostra retta fa colili assi fissi nel corpo e mobili nello spazio : queste espressioni sono (34) [/ll-'+S-+-T^ l/U-4-ò^-(-T' i/R'-i-S'-+-T- Le espressioni poi dei tre coseni degli angoli che la detta retta fa cogli assi fissi nello spazio, saranno, come già le (4) (35) Di Gabrio Piola 19 \/iV Ora se poniamo (36) a R H- /9 S -1- y T = L «3K -t- ^gS -H 7^T = K potremo dedurne in virtù delle (2) R»^- S^-+- T'=: H*H- L=-H K" I e quindi, senza cambiamento di valore, sostituire alle (35) le formolo seguenti (37) " 1 7. Vogliamo ora provare che quando il tempo fra le due epoche è piccolissimo, l' asse Euleriano si confonde coli' asse d'istantanea rotazione. A questo oggetto gioverà fare una bre- ve digressione per trovare in maniera nuova e semplicissima le tre formolo fondamentali pel moto di rotazione dei corpi solidi, ed alcune altre che ci sono necessarie all' intento che abbiamo di mira. • ao Nota ec. Facciamo 1 I ' I (3o) 97 = a^a -t- /? Z» -4- 7 e t = a a -\- Bb -{- ve 3 3 '3 per cui le equazioni (i) cUventano X =f-¥- ? ; 7 = g -+- 5? ; z = h^t,. Le t,, ?;, t varieranno col tempo che entra nelle a ^ (3 , y , III a ec, ma non nelle a, b^c relative agli assi mobili col corpo. Convenendo d'indicare cogli apici le derivate per i^ dedur- remo dalle (3o) ^ =a! a-^ ff b -\- y' e I I '1 vi ■=. a! a ->r- ^' b -i- y' e t' =a\a-^ ^'b-i- y'c. b 3 '3 Dalle (38) si deducono anche per effetto delle (2) le inverse I 2i O b^H-^lìv^-^-Rt e =y l -k- y ij -¥■ yX- Mettiamo questi valori di a. b, e nelle precedenti j otterremo ^■=(a a! -H/9 /?' -t-y 7' )^-f-(a a -(-/? /3' -+-r 7 )3?-»-K a' H-/3J' -^yW )t Il li '11 21 ai ' 2.' i 01 3i '3'i ^) i={aa^^lì^^\-^yj')^-^{a^o:^+^J}\-^yj\)nM%'y:^-^P^^\^7iy\% e'=(a^a^H-,?^^;^+7^7y|+(a^a;,.H-^^/9;H-7j'3)v+(a3a'3-H^3/3'3-t-7373)C. Di Gabrio Piola a i Ora è notissimo che insieme colle (2) sussistono le altre sei (4c) I I ' I 2. 2, 2, a a -ì- S 8 -h- nJ''3=-" U M> = a et' -H /? /?' -1- 7 7' I a IH 'l'a {.?^) aa Nota ec. Per si fatte equazioni le (89) si tramutano immediatamente nelle tre |'= C" — Ì^W (50) 9? — |fp — C« i;' = iQu — Iv, che sono le tre formolo notissime e fondamentali pel moto di rotazione de' solidi, significando (p, u , zi le velocità angolari intorno agli assi delle C, delle j^, e delle |. Dalle tre equazioni (4')' (44) 5 (4"') moltiplicate rispettiva- mente per a ^ a ^ a , e sommate: moltiplicate poi per 0 ■> ^ ■> (i , e in ultimo per 7 , v , Y -, dedurremmo mediante l'uso delle (a), I a 3 a' = a V — a w I 3 a (51) ^' = (i,^v-^w y' = y V — r W. ' I '3 'a Dalle tre equazioni (47)3 {4^)> (4*^) dedurremo similmente a' = a w — a.,u ai 3 (5a) ^• = (iw - ^u ^'a~ ^/" " ^3" E dalle tre (45), (49), (43) a'= ali — a V 3 a I (-53) ^'=^u-^v 3 a I 7'.,= y zc — y V. ' o '3 ' i Di Gabrio Piola aS Queste (5i), (5a), (53) ci serviranno a provaie la proposizione enunciata sul principio di questo numero. 18. Quando il valore del tempo 0 che separa la due epo- che, è piccolissimo, svolgendo col teorema di Taylor le diffe- renze finite, potremo ritenerne i soli primi termini. Avremo allora dalle (33) S = OHa i — y' oc' ) ' ^ a' I ' a 1' , , I a I a' , E ponendo i valori dati dalle (5i), (5a), dopo alcune l'iduzio- ni che riescono facili se si tengono sott'occhio le(a3), troveremo ^ I a o ' S = d^w{^u -H 0v ■+■ §^w) T = d''w{y lù-^ y V -+■ y «>). Quindi le (36) per effetto delle (40) si ridurranno H = d^w.u ; L = O^'w.v ', K := d'^w.w, e le espressioni (S^) dei tre coseni degli angoli che l'asse Eu- leriano fa rispettivamente cogli assi delle x, y, z diventeranno Ora queste stesse espressioni sono, come è noto, quelle dei tre coseni degli angoli che alla fine del tempo t fa coi tre assi fissi l'asse d'istantanea rotazione. È per tal modo provato 1 assftfifn tpnrpmn 1' asserito teorema ^4 N o T A ec. Dobbiamo poi credere che d'altre proprietà interessanti sarà contraddistinto 1' asse Euleriano che formò il soggetto di questa Nota; ed Eulero stesso ne' due Capitoli citati ci fa travedere di qnal genere potrelibero essere le ulteriori nostre ricerche. Io però penso che il problema veramente interessan- te sia r inverso di quello trattato finora. Invece di fissare le due epoche, e cercare la retta che nella seconda epoca torna a prendere la direzione già avuta nella prima, sarebbe a fis- sarsi per la prima epoca una retta qualunque^ e a cercare dopo ' r.- .,/■).,' •>:,'. 42. Ma per rendere ancora più rimarchevole la singolarità dei rapporti tra le acque della Chiana e quelle dell'Arno, è da considerarsi che l'Arno ha ricevuto questo nuovo influente il quale gli porta le sue acque depurate non solo dai sassi, e dalle ghiare , ma ancora dalle più grosse materie arenose, e terrose le quali hanno dovuto quelle acque lasciare sulla superficie della pianura da esse irrigata. 43. Nasce da questa circostanza la spiegazione di un feno- meno che io osservai molti anni sono e che ho avuto in se- guito varie occasioni di rammentare cioè , che questo nuovo influente dell'Arno non ha dato luogo ad osservare né più 4o Memoria sulla Relazione ec. grosse, nò più frequenti piene in quel fiume. Inlatti dal prin- cipio del secolo decimo quinto, fino al 1761, si contano tren- tuna grossissime piene in ciascheduna delle quali l'Arno sor- montando i suoi ripari, e spagliando nelle adiacenti campagne lece danni considerabili. E dal 1761 fino ai giorni nostri non vi è stata più veruna di tale spaventose piene nell'Arno, seb- bene attese le bonificazioni eseguite in Val di Chiana, ed il facilitato scolo delle acque di quella Provincia nell'Arno, possa dirsi all'ingrosso che ( computato il tempo) nell'alveo di questo fiume la Chiana vi scarica cinque volte più d'acqua di quello die faceva prima. Ciò è quanto dire che dal 1761 in poi non vi è stata nell' Anro veruna delle antiche grosse piene, quantunque esso riceva cinque Chiane intluenti invece di una sola che ne riceveva allorché nei secoli precedenti avevano luogo le grosse piene sopranominate. 44- Questo fatto sta ad illustrare la famosa teoria di Gen- netté, e le esperienze che in conferma della medesima furono da lui fatte in Olanda, ed insciiuito altrove da altri Matema- tici, e specialmente in Italia dove la Samoggia entra nel Reno di Bologna. E la moderna idrometria ha potuto mettere in essere un fatto assai rimarchevole cioè, che in molti casi il pelo d'acqua di un fiume in piena non diviene più elevato per r introduzione che si faccia in esso di nuova acqua , e che viceversa lo stesso pelo d' acqua non si deprime in se- guito di una sottrazione che venga fatta a quella corrente con farne uscire una quantità rompendo un argine. 45. Si è spiegato questo fenomeno considerando che l'al- tezza del pelo di un' acqua corrente depende da due elementi cioè, dal corpo d'acqua e dalla celerità media di essa. Se adun- que la nuova acqua introdotta nel fiume aumenta la celerità della corrente con una proporzione che sia per certa deter- minata quantità maggiore di quella tra 1' originario coipo d'acqua, e quello accresciuto, in tale ipotesi la superficie del fiume potrà poco, o anche punto inalzarsi, e fino ancora ab- bassarsi. Per ristessa ragione i due rapporti cioè quello fra Del Conte Fossombroni 4' r acqua distratta, e l'acqua residua^, e quello tra la velocità orio'iiiaria e la velocità residua possono avere una tale rela- zione tra loro da far sì che dopo tolta una quantità d'acqua dal fiume il pelo di esso non si abbassi punto. 46. È facile accorgersi che in tutto questo sistema di mo- vimenti si hanno in vista soltanto le molecole dell' acqua corrente, ma non le materie che essa può trasportare con l'im- peto del suo corso, e che prendendo ancora queste in consi- derazione, il fondo dell'alveo sarà per essere soggetto a delle anomalie che dopo un lasso di tempo alterino ancora l'effetto^ che dal semplice meccanismo dei movimenti dell' acqua cor- rente potrebbe aver luogo. In fatti se il fondo dell' alveo si rialzerà per nuove materie in esso depositate la sezione del fiume diverrà più angusta, e l' aumento prodotto nella vtdo- cità dell' acqua corrente per la riunione di altra acqua non sarà bastante per produrre ( come si è visto che potrebbe ac- cadere in acque depurate ) poco, o veruno alzamento nella superficie dell' acqua corrente. 47. Suppongasi un canale regolare, che per maggior sem- plicità di discorso sia formato con le sponde laterali perpen- dicolari al fondo. Si introduca in esso una quantità d' acqua Ja quale si stabilisca corrente con 1' altezza di un soldo di braccio. Se allora s' introduca a correre in quel canale una quantità d' acqua eguale alla prima, è chiaro che questa se- conda quantità dovendo unire la propria velocità con quella dell' acqua che prima ivi correva, la celerità media di ambe- due prese insieme sarà maggiore di quella che aveva la prima quantità d' acqua introdotta nel canale, e per conseguenza la seconda quantità dovrà elevarsi meno della prima, e la tota- lità di quel corpo d'acqua corrente sarà bensì accresciuta del doppio, ma l'altezza della sua superficie sarà minore di due soldi, e per esempio supponghiamo che si stabilisca tale al- tezza in un soldo, e mezzo. 48. Immaginiamo adesso che si introduca una terza quan- tità d' acqua uguale alla quantità introdotta da principio, e Tomo XXII. 6 42, Memoria sulla Relazione ec. per la stessa ragione sopraccennata in proposito della seconda quantità introdotta dovrà questa terza produrre un alzamento minore di quello che ha prodotto la seconda, e ripetendo queste introduzioni si formerà una serie di aumenti sempre decrescenti, e se potesse assestarsi una legge tra i termini di questa serie, si vedrehbe a qual termine appartenesse lo zero, e forse anche una quantità negativa. 4g. Invertendo adesso il discorso latto sopra, si trove- rebjje come il derivare da un lìnme corrente una quantità d'ac(jua è facile che non ne faccia punto deprimere la super- ficie, ragione per cui si è in oggi abbandonato V uso di quei diversivi che prima si praticavano per diminuire l'altezza delle piene nei fiumi. 5o. Tralascio per brevità l'analisi delle due serie degli au- menti., e dei decrementi d' altezza nell' acqua corrente per causa dell' aumento, o decremento del corpo d'acque, e passo a richiamare l'attenzione sopra l'influenza che questi aumenti possono risentire dalle grosse materie che l'acqua corrente trasporta seco. 5i. L'oggetto del presente scritto essendo di esaminare l'influenza delle acque della Chiana introdotte in Arno, non mi fermerò suU' esame di ciò che accade allorché da un fiume che porta grosse materie se ne deriva "una quantità, formando un' altra corrente torbida diramata, ed osserverò soltanto di passaggio che appena tale derivazione abbia avuto luogo, si vede il fondo del fiume nel tronco interiore al punto della derivazione sensibilmente ripieno, e ciò per la ragione che la celerità diminuita per il sottratto corpo d'acqua ha obbligato la residua corrente a depositare una parte delle grosse materie che essa trasportava. 5i. La riunione di due acque correnti che non traspor- tano materie di sensibile grossezza, si può dedurre da quanto abbiamo accennato che non è facile presenti gravi difficoltà, ma come insegnano tutti i maestri della pratica Idrometria, allorché una di esse correnti^, e molto più allorché tutte due Del Conte Fossombuoni 43 trasportano gravi mnterie, la riunione di esse esige discussioni molto serie , e complicate onde evitare dei possibili ed irri- mediabili disordini. 56. La Chiana depurata influisce nell'Arno in quel tronco appunto in cui esso trasporta materie gravi e di gran diame- tro, quindi è che la celerità che in virtù delle acque della Chiana si è accresciuta all'Arno, ha potuto produrre la dimi- nuzione delle sue piene a forma di quanto ho rilevato prece- dentemente, e questo benefizio sarebbe permanente se ancora le acque dell'Arno a similitudine di quelle della Chiana non trasportassero grosse materie. . ,: 54- Qui è dove conviene richiamare particolare attenzio- ne onde porre in evidenza un'esatta previsione sulle i-elazio- ni future fra le acque d' Arno e quelle della Chiana. La ce- lerità che l'Arno acquista per 1' influenza della Chiana può essere, come fin'ora è stata, vantaggiosa per tenere la super- ficie dell'Arno meno elevata, ma questa celerità aumentata rende le acque dell'Arno capaci di trasportare più avanti le grosse materie, di maniera che in quel tronco del fiume in cui non arrivavano le ghiare del peso di una libbra , ora vi arrivano, e successivamente nel tronco inferiore arriveranno ghiare di peso maggiore di quelle che vi arrivavano prima. 55. Con questa gradazione maravigliosamente spiegata dal celebre Perelli ogni tronco dell'Arno deve continuare a pren- dere successivamente le qualità del tronco precedente ingom- brandosi di materie più gravi^ e venendosi in tal guisa il letto del fiume a rialzare più sollecitamente di quello che avrebbe fatto se le acque della Chiana avessero continuato a restare stagnanti in quella Provincia, ovvero con flusso meno abbon- dante e spedito vi si fossero introdotte. 56. Di siffatto rialzamento si lamentava già il Matematico Viviani che suggerì molte utili precauzioni delle quali ho avuto più volte occasione di far parola, onde eccitarne l' effet- tuazione ; ed allorché nella mia opera sulla Val di Chiana accennai che arriverebbe un' epoca in cui potrebbe 1' acqua 44 ]ME-\iomA SULLA Relazione ec. Jella Chiana colle sue torbide materie influire nell' Arno, io non dovetti perder di vista i sistemi, e le operazioni neces- sarie onde rendere qnesto fiume capace di non risentire per questo influsso modificazione sensibilmente nociva. 57. Ma le prescrizioni del Viviani, nò altri suggerimenti presentati dalla tenuità mia hanno avuto effetto fino ad ora, e l'Arno ha rialzato considerabilmente il suo fijndo anche presso le pescaje che limitano il tronco da cui Firenze è tra- versata^ e ciò è accaduto in un modo il meno equivoco spe- cialmente da mezzo secolo in qua, cioè appunto da che la Provincia di Val di Chiana con aumento considerabile di quan- tità e di speditezza scarica le sue acque nell' Arno , di ma- niera che la relazione tra le acque della Chiana e quelle del- l'Arno, come si trova al giorno d'oggi, ofTre un bel resulta- mento di latto per illustrazione dell'Idrometria, cioè che 1' in- troduzione di una corrente chiara in lui recipiente torbido può contribuire nel tempo stesso a diminuire in questo le piene, e rialzare il fijndo. 58. Con siffiitti preliminari si ponga mente a ciò che fi)sse da aspettarsi nel fondo del letto d'Arno, qualora all' estremità del canal maestro della Chiana venissero tolti tutti gli ostacoli, e le acque di quella provincia con l'imponente massa delle torbe che esse trasportano (e che ora restano ivi a migliorare le condizioni della pianura) andassero a scaricarsi nell'Arno. E evidente che il cratere della Provincia di Val di Chiana verrebbe sgombrato dalle sue acque in molto minor tempo di quello che ha luogo attual- mente, e <{uesto minor tempo dovrebbe valutarsi ancora meno della terza parte di quello che oggi è necessario a tal' uopo. 5g. Ciò posto, bisognerebbe considerare l'Arno non più come esposto a ricevere le acque della Chiana depurate, ma bensì esposto a ricevere in egual tempo triplicata, o quadru- plicata quantità di rfuclle acque non più depurate, ma cari- che di grosse materie specialmente arenose e terrose. Allora avrà luogo bensì nel fiume Arno un aumento di celerità, ma questo, mentre per una parte tenderebbe come sopra ho ac- Del Conte Fossojibroni 4^ cennato, e come qui giova adesso ripetere^ a tener depresso il pelo delle piene, per l'altro contribuirà a rialzarne consi- derabilmente il fondo con le torbe tributate dalla stessa Chiana, e con il progressivo più celere trasporto delle più grosse ma- terie inerenti ai respettivi tronchi dell' Arno stesso, onde la sezione del fiume potrà rendersi sempre meno capace a con- tenere le acque del fiume stesso quantunque depresse per l'au- mentata velocità. 60. Io non saprei adunque perder di vista il rischio in cui si porrebbe la città di Firenze qualora si lasciassero libe- ramente sboccare in Arno tutte le acque torbide della Chiana, e crederei che avanti di eseguire un tal progretto ( anche volendo prescindere dai riguardi dovuti al ben' essere della Provincia di Val di Chiana ) convenisse aver preparato il fiume Arno, ponendolo in grado di garantirsi dalle replezioni alle quali per natura sua è soggetto. 6r. Allorché il Viviani propose di confinare le grosse ma- terie sassose e ghiarose nelle gole delle colline, e dei monti adiacenti al Val d'Arno superiore, intendeva di provvedere ai riempimenti del letto d' Arno originati dalle materie inerenti , al medesimo ; ma se avesse creduto doversi difendere ancora dalla irruzione di tutte le torbe di Val di Chiana, avrebbe probabilmente insistito con maggior calore e dettaglio sopra tale importantissimo oggetto, e quindi allora sarebbero stati forse meglio accolti i suoi sagacissimi insegnamenti e 1' Arno si troverebbe ai di nostri con le grosse ghiare meno protratte, e con il letto meno ripieno. 62,. Ma la Chiana al tempo del Viviani non scaricava gran parte delle sue acque nelT Arno, e quelle lentamente vi giungevano, né si progettava di demolire la Chiusa dei Mo- naci per accrescere considerabllmente quell'influente dell'Arno, onde il Viviani non fu nel caso di prendere in considerazione questa gravissima circostanza come lo siamo oggi. 63. Tale operazione stabilirebbe nuove relazioni tra le j acque della Chiana e quelle dell' Arno, e per quanto sia vero ^6 IMemoria sulla Relazione ce, che mi giorno sillattc relazioni potranno aver lungo, e che le acque della Chiana saranno allora in grado di costituire un fiume influente dell'Arno^ ciò non ostante è espediente il non accelerar 1' epoca di tale avvenimento senza le dehite pre- cauzioni onde evitare i gravi inconvenienti che potrebhero emergerne. 64. Neil' ipotesi adunque che l'accelerazione di tale epoca volesse prepararsi sospendendo le considerazioni relative alla Provincia di Val di Chiana, resterebbero sempre in una lumi- nosa evidenza i pericoli dai quali converrebbe mettere al co- perto la Città di Firenze. 65. A tal'uopo io credo doveroso ripetere insistenze, ac- ciò siano poste in uso le prescrizioni immaginate dal Viviani, ed ampliarle considerabilmente come che più estese siensi in oggi ridotte le cagioni per le quali vengono richiamate. Do- vrebbero adunque imbrigliarsi con torti pescaje, o di muro o di legname secondo le circostanze tutte le gole delle colline, e dei monti, ed i sbocchi dei torrenti ghiarosi, e sassosi che mettono foce in Arno. E ciò non solo nel Val d' Arno, ma ancora nella Valle di Sieve, e nelle minori Vallate d'altri tor- renti più piccoli tributar) dell' Arno, da Firenze in su. 66. E da notarsi che oltre all' utilità che da queste ope- razioni ne verrebbe per l'oggetto principale, non poco vantag- gio potrebbe ritrarsene ancora dai particolari possessori, i quali gusterebbero i sistemi che per coltivare i sbroti montagnosi si praticano con esemplare attività specialmente nella Val d'Elsa. Ed io crederei che non fosse senza profitto pubblico, e privato il propagare con la stampa una istruzione a ciò re- lativa, sulla quale i particolari possessori fossero in grado di apprendere il contegno da tenersi, onde invece che le acque pluviatili portino via la terra e le piante, nei terreni molto declivi lascino intatta ogni cosa, e tributino ivi nuova terra vegetabile. 67. Il Viviani aveva accennato qualche operazione da farsi neir alveo istesso dell' Arno presso 1' Incisa, e veramente pò- Del Conte Fossombroni 47 tendo ivi stabilirsi una barriera che impedisse la discesa delle grosse materie, sarebbe cosa opportunissima, ma all'occasione vi sarebbero delle osservazioni da fare acciocché l'utilità che si attenderebbe dall' opera non venisse disturbata da veruno inconveniente. Un' altra gola che offre una veduta simile, ed anche di più facile esecuzione fu da me 4? anni sono osser- vata sopra Levane nella così detta Valle d'Inferno. Io ne feci allora soggetto di discussione^ e non vi fu chi dubitasse che potesse in quel luogo formarsi un deposito capace di ritenere straordinaria quantità di sassi e di ghiare risparmiandone l'ag- gravio all'inferiore Ietto dell'Arno. 68. Se queste misure lasciate fino ad ora neglette potes- sero venire adottate con attività, è indubitato che il letto d'Arno si anderebbe con il tempo rendendo meno incapace di supplire ai nuovi aggravi che dalla Val di Chiana fossero per soprav- venirgli ; ma senza di questo io oso ripetere che lo scaricare tutte le acque di Val di Chiana con le loro più gravi materie nell' Arno sarebbe molto pregiudiclevole alla Città di Firenze. CONCLUSIONE 69. La relazione tra le acque della Chiana, e quelle del- l' Arno essendo artificiale;, non può essere abbandonata alla Natura come per esempio lo è la relazione fra le acque della Sleve e quelle dell'Arno, dove la natura fa tutto, e l'arte non interviene altro che per impedire qualche straordinario sconcerto. 70. Il convertire bruscamente, come suol dirsi per salto questa relazione artificiale in una relazione naturale tra la Chiana e l'Arno, come accaderebbe se si demolisse la pescaja dei Monaci, e gli altri ostacoli esistenti presso di essa, si con- cepisce facilmente non esser cosa eseguibile senza più o meno considerabili disordini. E da quanto sopra abbiamo osservato sembrami che evidentemente resulti come tanto II Val di Chiana, quanto il Val d' Arno potrebbero risentirsi di tali disordini. 48 Memorie sulla Relazione ec. ?r. Mi sia permesso ripetere ciò clic in altre occasioni ho osservato dilFnsamente cioè, che una Provincia artificial- mente costituita e mantenuta , nella guisa appunto in cui si trova la Val di Cliiana, non può come una Provincia felice- mente abbandonata alla natura restare stazionaria per rapporto alla sua prosperità, e deve giornalmente, o megliorare^ o peg- giorare di condizioni, e si è veduto il peggioramento che avrebbe luogo in Val di Chiana togliendola dall' impero del- l' arte, perchè subirebbe ben tosto considerabili e vaste de- gradazioni, invece dei sensibili miglioramenti che riceve adesso ciornalmente dall' arte medesima. 711. Se volesse osservarsi che il mantenere quel paese in mano dell' arte, è vero che contribuisce alla salubrità e fer- tilità di esso, ma obbliga a delle spese di qualche coiisidera- zione^ io risponderei che nel dilemma^ o di perdere il fondo, di spendere per mantenerlo ognuno sceglierebbe il secondo partito, quando ancora le spese assorbissero i frutti di una considerabil parte di quel fondo, lo che ò ben lungi dalla quantità delle spese che occorrono per mantenere il sistema delle colmate in Val di Chiana, qualora si continui a mettervi sagacità ed affezione. In tatti le colmate e le arginazioni oc- correnti per continuare il sistema attuale, e perfezionare lo stabile miglioramento di quella Provincia^ possono appena un'an- no per l'altro assorbire 1' entrate di una delle fattorie che in numero di nove l'Erario Regio possiede in quel Paese, e questo sarebbe ben lungi dal potersi considerare come un sacrifizio, subito che non può dubitarsi che per mezzo di esso si evite- rebbero delle gravissime perdite, e si renderebbero sempre più floride e per conseguenza più utili allo stesso Erario Regio tutte le Città, Castelli, e coltivazioni di quella conqui- stata Provincia. 7.3. Desiderando io di contribuire quanto è possibile a dissipare V apprensione che nasce dalle Sj)ese occorrenti per i il sistema delle colmate;, osserverò che tra queste spese vi è j quella non solo, come si è visto, di assoggettare all'alluvione Del Conte Fossombroni 49 molte terre coltivate, ma ancora di rialzare qualche casa colonica anticamente fabbricata senza 1' opportuna previsione sul rial- zamento a cui era per soggiacere l' adiacente campagna. Seb- bene l'apprensione di cui si tratta possa venire assai dimi- nuita, qualora si ajiprezzino i cenni che ho precedentemente avanzato, credo opportuno riportare le parole stesse del Ma- tematico Viviani il quale si espresse come segue: "...Fra tali " angustie di dover confessarla, mi sento di nuovo obiettare, '■' che a tal ragguaglio il rimanente canale verso Signa, do- '■' vrebbe a quest' ora vedersi superiore o al pari della pianu- " ra per dove ei passa. Qui parimente io rispondo, che ciò è " anche verissimo ma sol però di quel paese mantenuto difeso " con argini da trabocchi d' Arno, essendo che poco più alto " del piano di questo si trovi in oggi il Paese di Brozzi, di " Quaracchi, di LecorCj di Mandri, di Vellari, dell' Orinan- " norOj e d'altri luoghi all' intorno sopra a quali non posso- " no estendersi i sopradetti trabocchi, se non in caso, o di " straordinariissime piene, o di rotte de' medesimi argini ^ o " per mancanza delle porte de' loro scoli, destinate a impe- " dire i ringorghi del medesimo fiume. Non così è avvenuto " de' terreni confinanti ad Arno posti fra esso, e gli argini i " quali partecipando spesso delle deposizioni delle piene, che " vi sormontano, si sono andati anch' essi alzando in parte, e '^ colmando, e per tal causa non si è renduto tanto sensibile " l'alzamento dell' alveo da qui a Signa come lo dimostrano " bensì le steccate vecchie, che quanto più antiche sono, '• tanto più basse vi si trovano, e pure nel fabbricarle furono '^ lasciate molto superiori al piano universale del fiume Arno, " il quale s' è così alzato che dentro al tempo di 5o anni " da che fu fabbricata la mina sotto Mugnone, per mandar " l'acqua d'Arno dalle Mulina del Barco a quelle di Petriolo, " ha obbligato Mugnone stesso che vi entra ad alzarsi tanto " che le soglie de' risciacquatoj state murate allora superiori " al fondo del fiume , vi sono adesso per più di un braccio " e mezzo sepolte. Tomo XXII. 7 (,i 5o ]Meaioiii.\ sulla PiELATiiONu: ce. " Per r accennato effetto dol continuo colmarsi i terreni " disarginati, fui sempre di parere non doversi con arte avara " abusare de' beni della prodiga natura, ed essere molto mi- " glior governo ricevere, che escludere le inondazioni dei fiumi le quali col fior di terra e grassume alzano , e l)onificano le campagne. So bene che il ridurre questo alla pratica " dove non si interponga la provida autorità del Supremo, si " rende quasi impossibile per la strettezza del paese divisa " in tante porzioni, possedute per lo più da padroni di vo- " Ieri disformi da quei, che quivi o altrove godono posses- " sioni maggiori, a quali di poco danno sarebbe il tenerne " alcune esposte per qualclie tempo alle colmate del loro " fiume vicino. " Di qui in particolare è accaduto, clic le campagne so- " pra di Pisa si trovano oggi per tante braccia inferiori alle " ripe d'Arno, e per tante più In'accia alle sommità dei loro '* argini ; nò altro rimedio v' è per esimerle da soggezione si " miserabile, che il pigliare a colmarle con Arno stesso, ma " con ordine, regola, modo, e ragione. Di qui similmente è " seguito che le pianure più basse circostanti ad Ombrone, " ne' territori delle città di Firenze, e di Prato, e parte an- " Cora di quello di Pistoja si sono estremamente infrigidite ; " poiché essendosi i paesani industriati sempre di tener per "^ tutto ( bencliè assai male ) arginato Ombrone, e gli altri " fiumi che vi concorrono, ed avendo così sdegnato di questi " le torbide, nel continuo alzarsi de' letti, quelle pianure si '^ sono rimaste nella loro antica bassezza, e per conseguente "■ i loro scoli camperecci hanno perduto in essi letti parte di " quella caduta che per l' innanzi tanto maggiore vi avevano " dentro. ,, 74- La configurazione della superficie, e del contorno della penisola Italiana rendono questa assai diversa da tante altre regioni, e quindi i suoi fiumi hanno una particolare caratte- ristica. Infatti scorrendo essi per gran tratto sopra terreni alpestri e scoscesi, trasportano con le loro acque sassi e ghiare Del Conte Fossombroni 5 r di più o meno considerabile diametro^ e negli ultimi tronchi si riducono a condurre soltanto limo , e terra che essi depo- sitano allorché sboccando in mare perdono alquanto della loro velocità. .:■.,.■:. 75. Con siffatti depositi si formano in riva del mare quei ridossi i quali nel volger degli anni accumulandosi 1' uno al- l' altro estendono la ripa terrestre che usurpa al mare il suo letto, e quindi tutto il contorno d'Italia, consultando le an- tiche istorie^ ed i Capi-saldi dei quali si può far conto , si riscontra accresciuto ed esteso, di maniera che ha fatto cre- dere ad alcuno che il mare in queste parti si ritiri ed al con- trario altrove , come per esempio in Olanda si avanzi ed in- vada la terra. 76. Molti di questi fenomeni potrebbero essere influen- zati dagli efficaci depositi terrosi dei fiumi italiani, mentre che i gran fiumi che sboccano nei lidi olandesi avendo corso lungamente in pianura.^ non recano altroché limo sottilissimo al mare e quindi poco dee restarne accresciuta la sponda^ e di quel poco non può neppure essa avvantaggiarsi gran fatto, perchè le maree che sono insensibili nel Mediterraneo si inal- zano nell'Oceano a grandi altezze, e nel ritirarsi debbono gior- nalmente portar seco considerabii parte di quel poco che i fiumi hanno depoi^itato sul lido, e forse ancora qualche parte tra le meno solide del lido medesimo. 77. Ma non essendo qui necessario fermarsi in tale discus- sione io mi limiterò ad osservare soltanto, che gli Idrometri Ita- liani nel sistemare le loro acque correnti dopo avere deter- minato le pendenze, e le dimensioni dei respettivi alvei, con- viene che si facciano carico delle variazioni che negli alvei stessi vengono indotte dalle grosse materie ivi traspostate dalle acque ; quindi è che grande oggetto di speculazione diventa quivi la separazione delle acque torbide dalle chiare ovunque possa essere eseguibile, e siffatta separazione è ciò che già fu da me chiamata la chiave della Idrometria italiana. 78. Quando la protrazione dei lidi italiani, ed il conse- Sfl Memoria sulla Relazione ce. giiente allontanamento delle onde marine piinoipiarono a ren- dersi assai sensibili, si avvertì V allniigamento degli alvei dei fiumi, e la conseguente perdita in essi della necessaria pen- denza. Quindi si manifestò la causa dell'impedito corso delle loro acque, e dell' infrigidimento delle terre ad essi adiacen- ti, sviluppandosi naturalmente il raziocinio che dimostrava come siffatti sconcerti si sarebbero evitati, se precedentemente si fosse trattenuta sopra quelle campagne divenute frigide tutta la terra che si era lasciata trascorrere allo sbocco dei fiumi, e produrre la protrazione dei lidi, e l'allungamento dei fiumi meilesimi. 79. È facile accorgersi die sifflitte idee doveano a prefe- renza offrirsi air immaginazione in Italia, dove per la natura dei suoi fiumi si rendeva più chiaro il cattivo uso introdotto rispetto ai depositi terrosi dei fiumi stessi, e si dovette rico- noscere che se questi depositi abbandonati al genio della na- tura erano dannosi, sarebbero divenuti utilissimi subordinando air arte fazione, e gli sfirzi dei fiumi medesimi, ed ecco co- me per le particolari condizioni dei fiumi in Italia, e più spe- cialmente in Toscana dovette quivi avere origine, e radicarsi il sistema delle colmate^ per servire in seguito d'esempio anche alle altre nazioni. 80. Si principiò dal trattenere irregolarmente qualche fiume per fargli depositare le sue torbe in alcun basso fondo, ed il Tonicelli propose di profittare di tale espediente in Val-di-Cliiana. In seguito si propagò 1' uso delle colmate in Toscana, e fuori ancora, come per eseuipio considerabili acquisti si fecero con «juesto metodo verso le Vaili Bolognesi al così detto Poggio Landjcrtini. E la considerazione dei depositi fluviatili si rese così familiare che eccitò il famoso Eustachio Manfredi a comporre ;ii'i-," 89. Le descritte osservazioni sembra a me che sieno ne- cessarie specialmente nel tronco d'Arno che traversa Firenze, e presso le due Pescaje che esistono all' estremità di esso, e principiando fin d'ora tali osservazioni, si verrebbe presto in cognizione delle modificazioni che tanto per rapporto alla gros- sezza, quanto alla quantità delle ghiare fossero ivi per aver luogo per causa della fabbrica del ponte di ferro fuori della Porta S. Nicolò. 90. È da notarsi che quando ancora si volesse dare al Canal maestro una gran pendenza sbassandolo alla sua foce, e si credesse di evitare ogni danno tenendo i torrenti torbidi a depurare le loro acque in colmata di maniera che esse non portassero nell' alveo dell' Arno le più grosse materie, ciò 56 ^TL-;^rnRIA sulla Relazione ec. esporrel)be a gravi dispendj, e non impedirebbe il dannoso rialzamento del fondo di qu(;sto fiume. gì. In fatti il profondamento del Canal Maestro farebbe restare molto al di sopra del suo Ibndo i regolatori delle col- mate, i quali preeipitando le acque clie per essi sgorgano in quel fondo^ come si è veduto, sarebbe per lo piìi istabile, lo ridurrebbero tortuoso e variabile con perdita degli adiacenti terreni coltivati, e converiebbe di continuo sostenere con opere assai complicate e ri|)(;tute i regolatori medesimi i quali si troverebbero nelle condizioni stesse a cui si è visto, nella prima parte, essere esposte le Pescaje murate die si volessero costruire aali sbocchi dei torrenti torbidi nel Canale. 92,. Glie poi quantunque le acque della Chiana arrivas- sero depurate per mezzo del profondato Canal Maestro nel- r Arno, il rialzamento del fondo di questo fiume fosse per esserne assai aumentato, è facile accorgersene rammentandosi che la velocità accresciuta in un fiume lo abilita a traspor- tare le sue grosse materie più avanti di quello che faceva quando la celerità era minore, e che le acque di tutta la provincia di Val di (Chiana arriverebbero tre o quattro volte più presto che adesso nell'Arno , ove per conseguenza la ce- lerità subirebbe un aumento considerabile, e quindi le sue ghiare sarebbero spinte più avanti che adesso, ed il fondo ne verrebbe con più rapido progresso rialzato. 98. Riassumendo tutte le sopra esposte vedute sembra a me potersi concludere, che qualora tutte le acque della pro- vincia di Val di Chiana ( in virtù di una pendenza molto maggiore dell' attuale procurata al fondo del Canal Maestro ) si scaricassero con tripla o quadrupla celerità nell' Arno , o vi si scaricheranno con tutte le torbe che loro appartengono, ovvero depurate dalle torbe medesime ; nel primo caso il danno per l'alveo dell' Arno sarà maggiore, e nel secondo mi- nore, ma un danno vi sarà sempre, perchè il fondo di que- st' alveo subirà un rialzamento maggiore di quello che avrebbe luogo in virtù delle acque che naturalmente vi influiscono. Del Conte Fossombroni S7 94. Non può adunque la relazione tra le acque dell'Ar- no, e quelle della Chiana abbandonarsi alla natura , e con- viene che resti subordinata alle regole dell'arte, e ciò è coerente alle intrinseche appartenenze della relazione stes- sa,) giacché si tratta di una diramazione dell'Arno conver- tita in un considerabile influente di esso, cosa che è ben lontana dall'ordinario procedere della natura. 95. Continuando per tanto il sistema delle colmate in Val di Chiana quella Pianura si accosterà sempre alla po- sizione, ed alla giacitura che conviene alla sua stabile flo- ridezza, e la coltivazione di essa sarà tanto più fruttifera quanto più si aumenteranno gli strati di buona terra vege- tabile. 96. In tanto si darà tempo a premunire il letto dell'Arno con i mezzi sopra indicati contro l'invasioni delle grosse ghiare trasportate dai suoi naturali influenti, e che minacciano oggi l' istesso tronco che traversa la Città di Firenze , onde con qualche ulteriore progresso si anderebbero quivi a risentire considerabili disastri. 97. Liberato un giorno l'Arno dalla maggior parte de- gli onerosi tributi dei suoi influenti, e dei suoi tronchi su- periori all' Incisa , e alla Val d' Inferno , diverrà meno espo- sto alle dannose modificazioni che avrebbero luogo nel suo alveo, e potrà ricevere le acque della Chiana comunque più, o meno prontamente, e più, o meno torbide vi si in- troducessero. Di maniera che si stabilirebbe in tal guisa la relazione tra le acque dell'Arno, e quelle della Chia- na , relazione che non potrà mai abbandonarsi affatto al- la natura , e si risentirà sempre dell' artifizio necessario per sostenere gli sbroti lateralmente adiacenti al letto dell' Arno. 98. Io so bene che chi dice artifizio dice dispendio, ma il dispendio sembra a me bene impiegato quando è diretto non solo a produrre dei vantaggi , ma ancora ad evitare dei ^^Tomo XXII. 8 58 i\lE:\ioniA SULLA Relazione ec. disastri, e specialmente disastri tali da compromettere il ben' essere di una delle più ridenti Provincie , e della stessa Ca- pitale del Gran Ducato. Firenze, 21 Dicembre 1837. Vittorio Fossomcrom. 59 RIFLESSIONI SOPRA UN PROBLEMA MECCANICO DI ANDREA CONTI A S T U O K O M O ' Ricevute adì 23. Marzo 1838. ' ' ' ' ' . ■ t , _ I. ideila spiacevole circostanza in cui fui posto a dovere ese- guire gli ordini del mio impareggiabile amico e collega il eh. Professore Calandrelli, di ordinare cioè tutti i suoi scritti quan- do fosse egli nel numero de' trapassati, mi al^battei in diverse soluzioni di un noto problema meccanico al medesimo propo- sto dal eh. geometra il conte Giordano Riccati. Il problema aveva per iscopo di determinare in un circolo , il piano del quale sia normale all' orizzonte, un arco di cui la corda possa percorrersi nel medesimo tempo delle due eguali corde sot- tendenti ciascuna la metà dell' arco. Di questo problema il sunnominato Professore Calandrelli pubblicò la sua soluzione nel 1787 in un Opuscolo che ha per titolo Mechanicum problema in praelectione physìca pro- positum ; ed altri matematici in seguito si occuparono su tale argomento, come rilevar potei da diverse lettere al medesimo Professore dirette ^ ed in fine il eh. Professor Pessuti pub- blicò anche Egli la sua soluzione , non limitata però a sole due, ma estesa anche a tre corde eguali, come può vedersi nella parte prima del Tomo XIII di questa Società delle Scienze Fra i geometri che occupati si sono di questo elementare argomento, ninno che io sappia ha avuto in mira di rendere il problema suscettibile di una magsiore estensione . dandone una soluzione che agevolmente potesse adattarsi ad un numero qualunque di corde, il che però mi avviso non possa ottenersi 6o Riflessioni sopra un proelema ec. col metodo con cui questo problema ò stato comunemente sviluppato. QuinJi partendo da principi diversi, e scorrendo una via più semplice, sono giunto con somma facilità a de- terminare una formola simmetrica, che oltre il principale og- getto della soluzione generale del problema meccanico, mi porse occasione di fare alcune riflessioni , le quali benciiè di una entità non maggiore di quella clic esiger possa la natura del pro])lema, ciò nulla ostante somministrarono de' materiali a questo mio breve scritto, che ho creduto rendere di pub- blica ragione, colla sola speranza che possa corredare di qual- che corollario quella parte di meccanica a cui appartiene. 2. È noto dalia meccanica che in un sistema di piani inclinati congiunti ad angolo, di lunghezza Z, t, 1!\ Z"'....ec. e di altezza a, a', a , a!" . . . . ec. la velocità acquistata da un mobile dopo aver percorso il primo piano / è espressa da (/iga = //, essendo g la gravità; quella acquistata dopo per- corso il secondo l' è eguale a [/2g(a-4- a') = ?/, e quella ac- quistata percorso il terzo piano t è espressa da l/2.g{a -:- a'-:- a') =■ ic"; ec. Per altro questi valori di //. , i/,', ,u". . . . ec. suppongono che nel passaggio da un piano all' altro non si faccia perdita al- cuna di velocità. E noto inoltre, che il tempo impiegato a percorrere il primo piano l è eguale ad -1-^ = ^; quello im- piegato a percorrere il secondo l' in cui la velocità iniziale è = Zi è espresso da ~ [^/aga'^ir—n] = -^\/^ [ [/[a'-\- a) — i/a] =t': e quello impiegato a percorrsre Z', in cui la velocità iniziale è = Il ha per espressione ±~[l/{2ga-^ii')—u]= L^^[/[a-^a.^a)-y/{a-^a)]=t": ec . Di Andrea Conti 6ip 3. Ciò premesso, supponiamo , che l, /, l". . . . ec. sieno le corde ( Fig. i.) ed, de., cb ec. di un circolo il cui piano suppongo normale all' orizzonte , e le altezze a, a', a'. . . . ec. li segmenti KG, CB, BD .... ec. determinati dalle ordinate condotte dagli estremi delle corde sul diametro ver- ticale HA. Rappresentando queste corde per C, C, C". . . . ec. e le corrispondenti altezze ossia le projezioni di C, C, G".... sul diametro verticale HA , per A , A', A". . . . ec. , 1' espres- sioni di t^ t' , t" . . . . trovate di sopra colle debite sostituzioni si ridurranno alle seguenti. , , *• = ^ [/(A'-»-A)-/A] ••;. ' ^"= S^ [/(A"H-A'-*-A)-i/(A'-^-A)] ; . ; t"= g:^^ [/(A'"-i-A"-t-A'-t-A)-i/(A"H-A'-HA)] «'>= ^!^ [/(A"-hA"'-hA"-hA'^-A)— /(A'VA"H-A'-t-A)] ec. ec. ec. Ponendo dunque per brevità 2i = t-\-t'-\- t'-\- ... si avrà il tempo della discesa per le corde C, C, C". . . . espresso da (^) 6a Riflessioni sopra un problema ec. -i-l^ [/(A'-f-Al-v-A] («) -*-XW [/(A"-^-A'-f-A)-/(A'-HA)] H-g^[/(A"'-t-A'VA'-HA)-/(A"-HA'H-A)] -*-T^ [/(A'VA' '-hA"4-A'-»-A)-i/(A"'-^-A"-hA'-hA)] ec. ec. ec. Vediamo ora ciocché risulta da questa espressione di 2^, sup- ponendo in primo luogo l'eguaglianza delle corde, ed in se- quito quella delle projezioni. 4. Supposto adunque in primo luogo C=G=C'=G'". . . . si avrà V equazione {a) ridotta alla seguente 2^=C/7[p^ -H F [/(A'-hA)-i/A] -t- ^ [/(A' VA'+.A)-/(A'-t- A)] _H_^ [/(A"'-t-A"-f-A'-i-A)-i/(A"-HA'^-A)] -H^.[/(A"-HA"'-4-A"-4-A'H-A)-/(A"'-+-A"-HA'-4-A)]^-eoc.l espressione simmetrica di 2^, la quale potrà continuarsi a pia- cere onde ottenere il tempo per un numero qualunque di corde eguali. Dee peraltro notarsi, die assumendo la lettera /> per in- dicare il numero delle corde eguali, ed a per denotare l'arco Aa, i valori delle projezioni A, A', A", A''. . . potranno ot- tenersi dalle seguenti equazioni Di Andrea Conti 63 A =: cos.(^ — i)a — coi.pa A' =: cos.{p — Q.)a — cos.{p — i)a A!'^cos.{p — d)a — cos.{p — Q.)a ..j, A"'= cos.{p — 4)^ — ^os {p ^ 3)a ; .' ' •(p-i) ^ ■•■ •■ . ■■ ■ ■'. A = I — COS. e : , ■ nelle quali sostituendo in luogo de' coseni degli archi multi- plici le potenze del coseno dell' arco semplice , e posto »(/'—') 1 /^ / • . A =1 — cos.a=x, onde cos.a=i — x, e C = |/ax, si avrà 2i in funzione della x seno verso dell'arco Aa; e perciò dal valor noto di x potrà ottenersi quello di St, e viceversa dal valor noto di 2i potrà dedursi quello del seno verso x. Di qui scorgesi pertanto, che se volessero svilupparsi i casi par- ticolari contemplati dai eh. Signori Calandrelli e Pessi;ti (§ I ), conservando nell' equazione generale {b) i soli due o tre primi termini, si dovrebbe porre in vece di 2i l'espressione del tempo pel diametro verticale HK , onde ottenere sì nel primo che nel secondo caso il valore del seno verso x, e per conseguenza quello dell' arco Aa. 5. Per dare all'equazione {b) una maggiore generalità ^pongasi essendo ■— il tempo pel diametro verticale nel caso del rag- gio eguale all' unità, ed {n) un coefficiente, che per due, tre, quattro, cinque ecc. corde indicheremo per (a), (3), (4), (5)... ec. E gioverà qui notare, che se per un altro sistema di corde eguali, ovvero per un diverso numero di corde considerate in un medesimo sistema si avesse 64 Riflessioni sopra un proglejia ec. dovrebbe essere, come è evidente, 2i=:2i', ovvero 2i mag- giore o minore di Si', quante volte losse {n)=:{n'), ovvero («) maggiore o minore di [n'). Si tacciano ackinque nell'equazione {b) le sopra indicate sostituzioni, e quindi le necessarie riduzioni, e posto per ab- breviare U = 3 '2X (X = 5 — I ox -(- ^x^ «=7 — 2.8x ■+■ aS^u" — o„i-^ a ■=q — box ■+- i CìSx"" — 72A''-+- 1 6.t;* 4 ' od in generale a Al' V ,\V{V — 1) »>('-<- 1 ) , » v{v — 1)(» — ^) r( iM-i)(»-t-2) a 1.2. I.i 1.2..^ i.:-).5 J)fj) — l)(j- 2)(j;_3) »,(,,-(- l)(r-f-2)(l-t-3) t ^ :: : . — X -+- . . . . i.i.o.-). 1 .:i..i.7 dove il segno A è relativo alla variabile v di cui la differenza finita è l'unità; si avrà per due corde (^)= i^ -*- l/( ' -^ «,)— /«, per tre corde Di Andrea Conti pcT quattro corde 65 (4)= |7^ H- =— ^ -^ ^ ^ i— ■* a I H-l/(i-»-a -i-« •+-a)—\/(a -t-a H-a ) jper cinque corde a I -i/{i-ha -+-« M-a^4-aJ — i/(a H-a -Ha,-Ha ) 1 a a 4 ' ^ 3 4 /7er /z corsie , " ^ n^2 n — i' ^ n — i (/!)= " «—I a o -H/(i-4-a -f-a -t-..-t-a ) — i/(a -j-a -+-..-»-« ). " ^ I a ra— i' "^ ^ I a n— i ' 6. Riducendo ora in numeri li secondi membri di queste equazioni, nell'ipotesi primo dell'arco Aa infinitesimo, e quin- di di 5°, 10°:, i5°:, ao°, e limitandosi a sole cinque corde, si avranno i seguenti valori dei coefficienti (a), (3)^ (4), (5), i quali moltiplicati per -^~ daranno 1' espressione di 2f pei di- versi casi che abbiamo presi a considerare: Tomo XXIL 66 Riflessioni sopra un problema ec. a X (^) (•■■•) (4) (■'■) Inf. O 0.8^^)Q.| 0,8 1620 0,8041)6 0.7991- ó'-" o,cc38i o,8-|0ii 0.81R97 o,8io33 o.8c-()3 IO c,oi5i8 o.!i4(i4r) 0,82^(10 0,82689 0,83522 I j 0.03407 o.S54(.3 0,84230 o,855q4 0,884-2 20 0,0(100 r 0.86210 0, 86363 0,89993 0,96419 Trascurando V indagine de' casi ne' quali in diversi si- stemi di corde eguali, essendo [ìi)=:[n') si ha 2^=2^' (§5), che tacilmentc dcducoiisi da questa tavola (i), ci liiniteremo soltanto ad ossei varo in quali circostanze regnano queste coa- dizioni, considerando un diverso numero di corde in un me- desimo sistema. In primo luogo adunque dai valori numerici dei coeffi- cienti (2), (3). . . . ec, riuniti nella tavola superiore si deduce che ai 5° si ha il cocfliciente (4)>(5), ed ai 10° (4)<(5); onde segue che fra il 5°, ed il 10° deve esserci un arco di cui il seno verso x introdotto nelle corrispondenti superiori espressioni deve dare (4) = (5). Similmente osservo, che ai 5° si ha (3)>(5) ed ai io" (3)<(5); dunque fra il 5° ed il io" vi deve essere anche un valore di x dal quale risulti (3) = (5). Cosi anche fra il ic" ed il iS'^deve esserci il caso di (3)=(4), di (a) =(5), e di (a)z=:(4); e fra il i5° e 20° deve esserci un valore di x che dia (2)=r:(3). 7. Il metodo diretto per istabilire i valori di x che sod- disfacciano all'equazioni (4)=(5); (3)=(5) ; . . . ec. sarebbe ben lungo e tedioso a motivo delle radicali contenute in (2), (3), (4), (5); servendomi però di un metodo indiretto ho trovato i numeri racchiusi nella seguente tavola: (i) Vedasi per esempio dalla tavola superiore, che due corde infinitamente pic- cole posson percorrersi nel medesimo tempo di ciucjae eguali corde, delle quali ognuna sottenda un arco compreso tra io e i,5 gr.idi. Di Andre.v Con-ti 67 a X (i) (3) (4) (S) 6P^W 0, oc636 o,8i38o 0, 81882 8. 25 0,01077 0,82427 0,82428 IO. 18 0, 01612 0,82833 o,8a83a .1. 53 0, 02143 o,85ic8 0, 85io6 .4. 47 0, o33io 0,85437 0, 8543 ! 19. 3o 0,05786 0, 86122 0,86120 In questa tavola primieramente si osserva , che al seno verso x=o,oo636, che corrisponde all'arco 6° 28' si ha (4)=(5); da ciò s' inferisce adunque ( § 5 ) che il tempo per cinque eguali corde sarà eguale al tempo per quattro, purché ognuna di queste sottenda un arco di 6° 28'. Si osserva similmente , per r eguaglianza dei coefficienti (^) e (.3), che il tempo per cinque corde sarà eguale al tempo per tre, quando ognuna di queste sottenda un arco di o" a5'; e se sottendano 11° 53' il tempo per cinque corde sarà eguale al tempo per due. Inoltre se quattro corde sottendano io* 18', il tempo per quattro corde sarà eguale al tempo per tre; e se sottendano 14° 4?' '' fempo per quattro corde sarà eguale a quello per due. Finalmente il tempo per tre corde sarà eguale al tempo per due fjuando ognuna di queste sottenda un arco di 19° 3o'. 8. E evidente in fine ( 5 5 ) che quando si ha N = (3) = (4) = (5)=i il tempo per due^ per tre .... ec. corde sarà eguale al tempo pel diametro verticale HA, ovvero al tempo per la corda /la. (jiocchè segue farà conoscere quello che ho trovato per sod- ilisflìre a questa condizione. a X (i) (4) (^<) 22." 6' 27. ,5 36. 43 56. 24 0, C7347 0, IlogS 0,19884 0,44661 j, cooc6 0,99998 0,99996 I, CCCOI 68 Riflessioni sopra un problema ec. Dunque cinque eguali corde delle quali sottenda ciascuna ■22." 6' si percorreranno nel medesimo tempo del diametro ver- ticale HA, ovvero nel medesimo tempo in cui si percorre la corda ultima /la; il che accaderà anche a quattro, qualora ognuna sottenda 2.7° i5'; a tre se sottendano 36° 4^' (1)5 ^ finalmente a due purché ognuna sottenda un arco di 56°24' (i). Ora egli è evidente, che il numero de' risultamenti che presentano le due superiori tavole, verrà ad aumentarsi, qua- lora si aumenti il numero delle corde; ; dunque si potrà con- chiudere, che esistono moltissimi casi ne' quali n eguali corde possono esser percorse da un mobile nel medesimo tempo di una corda sola, ovvero di due, o di tre . . . ec. purché l'ulti- ma fra queste termini al punto infimo A del diametro verti- cale HA. 9. Finora abbiamo supposto che il grave nel passare da un piano all'altro diversamente inclinato non faccia perdita alcuna di velocità. Ma se si voglia aver riguardo alla dimi- nuzione di velocità che si fa nel passaggio dalla prima alla seconda corda, dalla seconda alla terza. . . . ec, è necessario riflettere, che il grave dopo aver percorsa la prima corda en- trerà nella seconda con una velocità dovuta all' altezza (A) = Acos.'a essendo a l'angolo che fa una corda coli' altra. Similmente, nel caso di tre corde eguali , il mobile dopo aver fatta una perdita di velocità nel passaggio dalla prima corda nella se- conda, per una nuova perdita di velocità è palese che entrerà nella terza con (juella velocità che acquisterebbe se libera- mente cadesse dall'altezza (i) Il Sig. Pessuti trova l'arco Aa di 36" 22' ( Mem. della Società Italiana Tomo XIII parte I. pag. 187. ) (2) E nel caso di due corde determina Aa di 56" 23' ( Blem. citate pag. i83); ed il Sig. Calandrelli di 56" aS' j3' '(Mechanicum problema . . . pag. 11. ) Di Andrea Conti 69 (Ay=[A'-4-(A)]cos.»a; quindi entrerà nella quarta con una velocità dovuto all'altezza (A)"=[A"-4-(Ayjcos.=a e finalmente entrerà nella quinta con quella velocità che acquisterebbe se cadesse liberamente dall' altezza (A)'"=[A"'-f-(A)"Jcos.^a onde i valori di (A), (A)', (A)", (A)'" risulteranno (A) = A cos.'a (A)' rrr A' C0S,°a ■+■ AcOS.^fl (A)''= A"cos/fl -H A'cos.''a -♦- Acos.^a (A)"'= A"'cos.''a ■+■ A"cos,*a -h A'cos.^a •+■ Acos.'a i quali, per la legge manifesta con cui procedono, si potran- no continuare a piacere quante volte il numero delle corde sia maggiore di quello che noi consideriamo. IO. S' introducano adunque questi valori di (A), (A)', (A)", (A)'" nell'equazioni del § 5.°, ed esprimendo per brevità il coseno di a colla sola lettera e, si avrà per due corde per tre corde 70 Riflessioni sopra un PROnLEMA ec per quattro corde 3 « 6C [4]=i/« I a o'"^! il 3' /?e7- cinque corde. ,-, ' lX(a3-l-« <■£")— [/"(«(.e») (/(«^-t-a^.c'+a ,.c't)_[/(c!g.c=-(-a ,.c4) l^J — 1/" ■ "+" ^ "f- ^^ '■ — \/(a -t-a c^-^-a:,.c^-i-a,c^}—'^{a c''-(-ai.c>H-« ,.c6) '/. r -t-|/^('-f-« c'^H-a c^-Ha c'^M-a e")— i/(rt .c^-^-a .c'*-f-a,,.c^-Ha .c^) per il corde -■ "^ n — I « 7! — i , «^ ^ n — -j n—2. n—i ' ^ ^ n—-:i n—i ' , . , . -i-|/(n-a ■c''~\-a .c'^-h-a .e'. ...-(- a .e ) 2in— 1) — |/(a c^-i-a .c't-Ha r\". . . . -+-a .e ) r a 3 H— 1 li. lUcluceiido ora ia numeri qu(;ste espressioni dei coef- ficienti [a], [3] . . . ec, supponendo come so[)ra l'arco Ja di 5°, 10°, i5°j io°, si otterrà Di Andrea Conti 71 a Inf. 5» IO i5 20 X [^] [3] [41 [■A 0 .. o,oo38i 0, oi5i8 0, 08407 0, o6o3i 0,84529 0, 84820 0,85299 0,86284 0,87694 0,81623 0, 82076 0,83411 0,85726 0, 89114 0, 80496 0, 81280 0,83635 0,87765 0,98871 0,79917 0, 81090 0, 84748 0, 91887 1,01821 Su questi numeri possoii farsi delle riflessioni analoghe a quelle del 5 6°, onde potranno anche dedursene analoghi risultamen- ti, i quali sono come nella seguente tavola: a X [-] [3] [4] m 5.'^5- 7. 82 9. IO IO. 37 12. 55 16. 36 0, oo53q 0, 00868 0,01277 0, 01712 0, 0253a 0, 04168 0,85390 0,858 18 0,86682 0, 8a636 0, 88117 0,86677 0, 81601 0, 88114 o,858i4 o,8i6o3 0, 82687 0, 85386 Da questi numeri si comprende, che posta la perdita di ve- locità che Car si deve da un mobile nel passaggio da una corda nell' altra, cinque eguali corde si percorreranno nel me- desimo tempo di quattro, o di tre o di due, purché queste corde sottendano nel primo caso archi di 5" 57', nel secondo di 7° Sa', e nel terzo di 10° 87'. Inoltre quattro eguali corde si percorreranno nel medesimo tempo di tre, 0 di due, purché nel primo caso sottendano archi di 9° io', e nel secondo di la" 55'. Finalmente se tre corde eguali sottenderanno archi di 16° 36', queste si percorreranno nel medesimo tempo di due. I valori in fine di [a], [3]. . . . ec. trovati per soddisfare alla condizione [.] = [3] = [4] = [5] = I sono i seguenti 7a Riflessioni sopra un problema ec. a X [^] [3] [4] [■^J ig" o' 23.i3 3o. 7 (1)41.40 0,0.5448 0, o8cy8 0, i3499 0,25298 I, 030C2 0,99998 i,cooo8 0,99991 La sola prima colonna di questa tavola ci pone sott'occliio gli archi che debhono sottendere le corde eguali in numero di cinque^ di quattro, di tre, o di due, acciò queste sieno percorse da un mobile nel medesimo tempo che il diametro verticale, ovvero nel medesimo tempo in cui si percorre la corda Aa. In somma chiaramente apparisce da questi numeri, che tutto quello che di sopra si è detto al fine del § 8", potrà an- che estendersi al caso in cui si ha liguardo alla perdita di velocità che far si deve nel passaggio da una corda nella se- fluente; vale a dire che anche in questa ipotesi esistono mol- tissimi casi ne' quali n, ed n — 1, ovvero n — 2, o n — 3 . . . n (re — i) corde eguali possono essere percorse da un mo- bile nel medesimo tempo, supponendo però sempre che l'ul- tima fra queste corde termini in A, [)unto infimo del dia- metro verticale HA. la. Se in luogo dell'eguaglianza delle corde suppongasi ora quella delle projezioni, onde si abbia A = M= A"= A'". ec. L' equazione {a) acquisterà una maggiore semplicità, riducen- dosi 1' espressione del tempo della discesa per un numero p di corde alla seguente: (i) Il valore di quest'arco è identico a quello determinato dai Signori Calan- drelli e Pessuti. Di Andrea Conti 78 {e) -^ fk (/4-/3) -H -^^ (/5-/4) + -h£Ì£11V^-i/(;.-i))] la quale, come facilmente si comprende, potrà cambiarsi in 2f = 0 -H ^' (l/a - ,/ 1 )-4-a ' (/3_/a) (i) -Hr(/4-/3)-*-0V5-/4) H- +0^(/;^-/(/'-O) indicando con 6, 6', d'\ 6". . . . ec. i tempi per le corde C, C, e, C', C'\ . . . ec. nel caso che il moto in ciascuna di queste incominci dalla quiete. i3. Sarà bene qui riflettere che nell'equazione (e) si ha C = i/aA, essendo il raggio eguale all'unità; dunque il tempo per 1' ultima corda si ridurrà a ciocche può anche ottenersi dall' ultimo termine dell' equa- zione {(!), ponendo in luogo di d il suo valore -^ . Deve ora notarsi che quella espreDsione include soltanto il numero p, ed è indipendente da C, e da A, onde è costante nei sistemi composti di un egual numero di corde. Dunque s' inferisce, che nell' ipotesi di A=A'=A"=A"'. . . . ec. qua- lunque sia la grandezza di queste quantità e per conseguenza anche quella di C, C, C", C". . . . ec, nei diversi sistemi composti di un egual numero di corde, il tempo per la corda ultima che termina al punto infimo A del diametro verticale sarà costante. • . Tomo XXII. IO ■^4 RIFLES?IO^•I SOPRA UN PROIII-EMA PC. Jl tempo costante adunque per rultima corda ka nei si- stemi composti di un numero di corde. P =: I sarà l o ;. = 5 . . .-^(/5-/4) ec ec. i4- Rendiamo ora più generale l'ipotesi (atta al 5 '2,° supponendo che in luogo dell' eguaglianza delle projezioni A, A', A". . . . ec. regni fra queste quantità una relazione tale che si abbia A=A A' = Aa A"= Ab (e) A'"= Ac : (/'-=) A = Am (/>—■) A = An essendo nei diversi sistemi composti di egual numero di corde, A variabile, ed a, b, e. . . . m, n costanti. Introducendo que- sti valori neir equazione (a) si otterrà Di Andrea Conti 75 ^ [/(aA+A)-/A] "Sp^ [/(^'A-4-aA+A)-/(«A-HA)] g:^ [^/{c^-^bA-^-a^-^-A)^l/(b^-^-Aa-^-A)] K O ^^.\l/inA. . . -HflA-t-A)— /(«2A...-+-flA-t-A)] la quale ridotta ci darà (/) S$r. [/(c^-3H-«-4-.)-/(i-f.a-i-.)] l/cA.|/cg (P-I) ^|;^^-|^Jl/(^. . .-HZ'-^a-+- 1 )-l/K . .-H^-l-a-f- 1 )], e rappresentando, come, nelT equazione {d), per 6,d.,d''.-.ec. i tempi della discesa per le corde C, C, C". . . ec. nel caso che in queste incominci il moto dalla quiete, questa equazio- ne potrà anche ridursi alla seguente: iVlFLESSlONr SOPRA UN PROBLEMA CC. V^=é?-H^[/(^HH.)-.] -il I/i [i/(^+«-f-0--i/(«-^-0] (s) 6" — - [(/(c-j-Z'-f-rt-f-i)— |/(Z'H-a-f- 1)] l t (;.-: •+■ -^ [^/(/i. . ..-4-Z'-+-rt-+- 1 )— |/ (W .. , .-f-Z'-t-^-)- I )]. Ora è evidente die Dell'equazione [f) deve essere G =|^/(2/?A), essendo il rnggio eguale alT unità; quindi il tenqjo per 1' ultima corda Aa sarà (/O [/"S ;fl/(/Z . . . .-4-Z'-Ha^-l)~/( /?z -l-Z'-4-rt-Hl)], ciocché si ottiene anche dal termine ultimo dell'equazione (g). Ora questa espressione è indipendente da C, e da A; nel caso adunque che esaminiamo potrà inlerirsij che se in diversi sistemi composti di egual numero di corde regni la relazione fra le projezioni A, A', A". . . . ec. indicata dall'equazioni (e), r ultime corde clie terminano al punto infimo del diametro verticale si percorreranno nel medesimo tempo. i5. Per farne qualche applicazione, supponiamo in primo luogo, che le projezioni delle corde G, C', G",... ec. sul dia- metro verticale HA sieno A, aA , 3A , 4^ • • • '^•^•^ onde si abhia fi=^a., ^ = 3, 0 = 4 • • • • ^^- Fatte queste sostitu- zioni nella forniola (//), e rappresentando per Pi , Po, P3 , P4 .... ec. i tempi costanti della discesa pcjr l'ultima corda Aa nei sistemi composti di un numero di corde />= i , /^ssi, p ■=. o, p =1 ^ . . . . ce. si avrà Di Andrea Conti ^j Pl=T^ I/o ec- r , . ec. e riducendo 1' espressioni corrispondenti ai numeri impari Pi, P3, P5 . . . . ec. Si otterrà 1 ili Pl= a P3= 2, T/7 [Z^- vo .;, .1- P5= -^- [i/3-/^] P:=^ T^ 1/4-/3] ec. — ec. valori identici a quelli trovati sopra ( § i3) nei sistemi com- posti di due, tre....ec. corde nell'ipotesi di A=A'=A"... ec. 78 RiFLESsioxi SOPRA UN rnr.OLE:\iA ec. i(). So i valori di a, i, e . . . ec. son tali da togliere l'ir- razionalità alla forinola [li) , l'espressione costante del tempo per Aa si renderà più semplice. Per esempio se le projezioni l'ossero A, 3 A, 5 A, 7A . . . ec. onde a=3, Z/=j, c=7 . . . ec. dalla iormola (A) si avrebbe P. .=-4- P. a=-^ P'.3=^ p'.4= ^ P'. 5 = 1/95 ec. ec. Cosi anche se fosse a=a^; Z^^S^; c=\^, . . . ec. 1' irrazionalità in (A) sarebbe tolta; mentre e noto, che incominciando dall' unità, la somma di n cubi de' numeri naturali è eguale al quadrato dell' enesimo numero preso nella serie de' numeri triangolari. Fatte dunque in [li) ([nelle sostituzioni in luogo di a, b, e, ec , e qnindi le opportune riduzioni si avrebbe P . 2,= — 7— P". 3 = \/ié ^ 1/45 P".5= 4- ec. ec. Dr Andrea Conti 79 dove è da notarsi, che quando le corde sono di numero im- pari, i tempi costanti per ka coincidono con quelli trovati di sopra nell'ipotesi di a = 3, Z'=5, c=:7 . . . ec. Dai diversi valori adunque o interi, o fratti di a^b^c.ec. dipenderanno le diverse espressioni più o meno semplici del tempo per la corda ultima Ka, qual tempo nei diversi siste- mi composti di un numero eguale di corde sarà costante, qualunque sia la loro grandezza, purché in ogni sistema re- gni la relazione fra le projezioni A, A', A" . . . ec. indicata dall' equazioni (e). 17. Gioverà qui di passaggio osservare, che se nell'equa- zioni (/) e (g) si pone primieramente fl=:3; i=5; c=7 ... ec. e quindi a^=2}\, Z'=3^; c=4^. . . . ec. si otterranno le seguenti semplici espressioni del tempo della discesa per un numero qualunque p di corde cioè nel primo caso (equazione/") e nel secondo caso ' 1... l/gAL'- ^' ^' ^' 5' p- J ovvero nel primo caso ( equazione g ) 2^ = 0 -H 6' i/6 -+- e' ■+- 1/7 e- l/y e nel secondo ca SO 2# = 0 -f- e' -+- fi" -+- -H 0U 1/5 tì fp—^) Vp essendo B, 0', 6". . . ec. i tempi per le corde C, C, C". . . ec. posto che il moto in ognuna di queste incominci dalla quiete. 18. Abbiamo di sopra veduto (S '4) che quando di due 8o Riflessioni sopra un problema ec corde PN, VA, le proiezioni sono A^ ed Ao, l'espressione co- stante del tempo per la PA è eguale 7-7 ['/('^~'~ ' ) — i]- Da ciò si comprende che con molta speditezza può determinarsi un arco APN di cui la corda AN del)l)a percorrersi nello stesso tempo delle due corde ineguali AP, PN delle quali le proje- zioni sieno Aa , ed A. Infatti posto NP = C , Afz=zx, onde fg= — j è chiaro che quello clic si cerca dipenderà dalla so- luzione dell' equazione ovvero in cui ponendo in luogo di C II suo valoie in .r e riflettendo che PA^j/i.r, ed NA = ! / ^^^— ^^ 5 dopo ([uaiclie semplice riduzione si ottiene /(a^.)/(4-a.r)-/(4a-(^«-v-H^-^))=4 " ""'T^'^ )' la quale liherata dalle radicali, e posto per semplicità ci darà X •J.!>i (a^l) 19. Supponiamo in primo luogo <7=i, onde A =A, e si avrà N=a — j/a, ed x — - '~^^~'=o,(ju564, e 2.r=i, 07128. A questi due seni versi corrispondono AF'P= 7 1-° 4*^'4'^ ' ^" APN= 1 I i." 47.' 40." Gli archi adunque che soddisiauno al Di Andrea Conti 8i problema sono AFP = 71' 40' 40", e PN=4o.'' 7' de' quali le corde si percorreranno nel medesimo tempo della corda NA. Sia in secondo luo^o A'=2A, onde a=2, ed N=i — k—pL : ° I/a X =■ loN'— N4_i = 0,91 148; ^ = 0,45574^ x-h ^ = I, 3673: 6.N' onde in questo caso gli archi saranno AFP = 84° 55' iS", e PN=2Ò° 37' Ì27". Sia finalmente a = 3, ossia A'=: 3A , si avrà N =-~^ ; X =— — ~ ^ ~' = ijOa7go;-^=^o,34:i63; ed a:-+-|-=i, 37053. Gli archi adunque corrispondenti alle corde, che nell'ipotesi di A =3A si percorreranno nel medesimo tempo del diametro ver- ticale HA saranno AFP^gi" 35' 56", e PN=io'' 8' Sg". Se a fosse infinitamente grande si avrebbe a -h i = a, N= — 4- ; N^= —, ed N"^ trascurabile, ed il valore di x risul- terebbe di i, 5, e l'arco PN infinitamente piccolo. Ora al seno verso 1, 5 corrisponde l'arco di 12.0°; dunque qualunque sia il valore intero e positivo di a, gli archi AFP non po- tranno esser maggiori di lao'^ circa, né minori di 71° 4i'- ov- vero più chiaramente, gli archi APN che possono soddisfare alle condizioni del problema pei diversi valori positivi ed in- tieri di a dovranno esser fra i limiti di r 11° 48'!. e lao" circa. 20. Se per determinare gli archi PN e PFA de' quali le corde si debbon percorrere nel medesimo tempo della NA. si volesse aver riguardo alla perdita di velocità che si fa dal mobile nel passaggio dalla corda NP alla PA^ ponendo l'arco ^FA=b', e l' arco PN=^, dopo qualche riduzione si avrebbe l'equazione nella quale sostituendo in luogo di cos.N^') l'eguale ifZZifil' , ed in luogo di C il suo valore dato per x si avrà Tomo XXir. ,1 8^ RiFLr.."io\i SOPRA ux rnoBLFMA re. l/{a-h I )/(4-2.r) — (^ -H I )/(4a— a.ivi— 2.v) = 2 — -i- /'(4,2»-i-4rt — o a.v — a,r) dalla qnalcj secondo i diversi valori di a potrà ottenersi quello di X con minore o maggiore giro di calcolo. Per esempio nel caso più semplice quale è qu(;llo di A'=A, ossia a=i, quest' equazione si riduce alla seguente 2j/(a — .r) = 1 -+- 2/(1 — .v) da cui prontamente si ottiene xz=o,^'ò'^5, e quindi 2.t=.o,875o. In questo caso adunque sarà l'arco AFN = 02" 49' io', ed AFP = 5j" i\G' i4'; onde essendo le projezioni A' ed A eguali fra loro, le due corde FA , e PN che si descrivono nel me- desimo tenqio della AN apparterranno agli archi AFP, e PN, il primo di 55° 4'^' '4' ^'^^ ^^ secondo di 27" 2' 56", qualora però si abhia riguardo alla perdita di velocità che deve farsi dal mobile nel passaiiirio dalla corda NP alla FA. 21. Si consideii ora un segmento qualunque IFv, ( Fig. 2 ) del diametro verticale HPv diviso in parti ]t, ts, su . . . GR. di numero p^ delle quali il valore sia A, Aa .... Al, Am, An, essendo a . . . l, m , n costanti nei sistemi composti di egual numero p di segmenti^, ed A una quantità variabile. Dai punti I, t, s . . . G si conducano le ordinate lo, te, sb. . . GQ, e dal punto R agli estremi di queste le corde F«.o, Re, Rb. . . RQ. la corda RQ, e 1' ordinata Io sieno coiitiiinate fino ad incon- trarsi in P> e si avrà la PPt che dal prolungamento delle te, sb, nel . . . ce. sarà divisa in parti P/i , hg , fg . . . ec. di nu- mero j) delle quali le projezioni sul diametro verticale HR saranno A, Aa, Ab . . . A/i. Ciò premesso, ponendo la corda RQ = C si otterrà ?h=^; ?g = .Elf±±; ?f=91!:±^±il- n ^ ■^ Il ' -^ n C(m A-b-^-n-hi) -Dii ('(/(. ,..-(-'-l-'3+i) ■nf\ ^[ni .4-i/-i-«-[-i) pp Di Andrea Conti 83 Se dunque fingiamo che un corpo partendo da P discenda lungo la PR, si comprende all' istante, che 1' espressione dei tempi T, T', T" T^^"''^ T^^'^^er le PA, Fg . . . PQ, PR non includeranno la variahile A, ma dipenderanno soltanto dalle quantità costanti a, b. . . . w, n. Infatti si troverà rri» &\/(b-k-a+l) \ — \/ns ;. .. """ .. -t-a-i-i) -■ ■ Dunque i tempi costanti pei segmenti PA^ hg, gf. . . rQ, QR di numero /? corrispondenti alle projezioni A, Aa, Kb. ..km, Kn saranno np __^ a T'-T = j^[/(a + ,)-,] p—\) (p—n) '^ ~ '^' = ^^[\/{n....b-ha-+-ì)—^/{m....b-^a-hi)] o^- Riflessioni sopra, un monLEMA ce. 22. Se le corde Re, Rb, l\d.... ce. si prolungheranno fino all'orizzontale IP, supponendo sempre che il principio del moto sia nei punii O, C, B, D ce., dall'equazioni (/') potrà anche ottenersi il tcm[»o pei segmenti ilelle ER, RD. . . . RC, RO soltanto che si carnhi il l'attore comune -^ nei fiittori \/'(,\m-*- lì) ' l/iH'-+-"'-^") [/^•((i-l-//-)-c-....-t-//) ^/^■(i-t-(j-f-i...-i-«) Se per maggior chiarezza e semplicità si ponga dunque l-' s (/^I^-u-t-4 -t-(i) a come anche VS [/\a-^b-i-c.-.--\-'i) 1/ 0 [/{b-f-c-^d -i-ii) = 7 va i/((-+-(/-i-fi. -") l/s ]/"■ = 7T. ,/(/._Ha-H.)-i.>+i) • ■ - = (7) l/(n...-^-a-\-[) — [/ (//z...-(-rt-i-i)==(.T) risulteranno i tempi poi segmenti di Di Andrea Conti EO RC RB RD RP a (ì y d ;r «(^?) m m m <(^) «(;') m 70) ^iy) ^ir) a{ò) m y{ò) d{d) n{ò) ove è Ja notarsi che essendo a-+-a(/5)-+-tt(y)-i-a(t^')...ec. = —7- , ovvero i-i-{S)-i-{y)-ì-{5') . . . ec. =: -^ . — ,la somma costante de' tempi per le ROj RC, RB . . . RP sarà espressa da TTT .^{a-^^-^-y-^à \/, n), ossia sarà dipendente soltanto dai tempi pei primi segmenti Oo, Ce, . . . Fh, come facilmente può verificarsi. a3. Esaminiamo ora particolarmente il caso in cui vo- gliasi determinare la somma de' tempi pei segmenti Oo, ce, bh' , cld . . . . ec, quali tempi denoteremo con ■^, ^\ ^" , ^"'. . . A questo oggetto s' introducano nell' equazioui (i) le modifi- cazioni corrispondenti che abbiamo sopra indicate, e ritenendo le superiori espressioni avremo 86 Riflessioni sopra un problema ec. a l/e l/(l-t-''-l-^----t-'0 .- =~ . p;p[/(A2..-<--!^-+-a-f-i)— /(w..-4-//-^/j-Hi)]=;r(;r) Riunendo ora questi valori, e ponendo per brevità 2-^.1 in luogo di ,3-+-'^'-f-^". . . . ec. si avrà {vi) 2:-.i=a+i5(pV;(j')^-<>('^)-+- • • ■ ^A^)'> espressione, che nel caso che abbiamo preso a considerare ci darà la somma de' tem))i pei segmenti Oo', ce', hV , dd'...QR, posto che il principio del moto sia nei punti O, C , B . . . P dell' orizzontalo IP. 2,4- S' immagini ora una Cicloide di cui il vertice sia R, ed il diametro del circolo genitore sia RH. Supponiamo inol- tre che le ordinate Io, tc^ sb . . . siano prolungate lincile in- contrino questa Cicloide nei punti che denoteremo ^, À, (JL.... onde i segmenti Oo', cc\ bl> . . . . saranno , come è evidente, eguali e paralelli alle porzioni delle tangenti di questa Cicloide condotte a quei punti. Ora all'estremo della tangente con- dotta al punto ;^, che sarà eguale e paralella ad Oo', s'immagini condotta una linea eguale e paralella alla cc\ ovvero eguale e paralella al segmento della tangente condotta al punto X\ all' estremo di questa una linea eguale paralella al segmento hU . . . ec, onde in tal guisa vena a formarsi un poligono composto di lati eguali, e paralelli ai segmenti delle tangenti alla Cicloide nei punti ^ /l, a. . . ec. qual poligono terminerà Di Andre.v Conti 87 nell'orizzontale RA con una linea eguale e paralella alla corda RQ. Ciò posto si vede chiaramente che il tempo della discesa per questo poligono si avrà dall' equazione (m) In cui a; ^(/?); yM... saranno i tempi pel primo, secondo, terzo... ec. Iato, e n{7T) sarà il tempo per 1' ultimo lato eguale e paralello alla corda QR; di qui è che 1' espressione di 7i{jr) coincide colla [h) tro- vata di sopra {$ 14). !'•*' "'■'■ Da tutto r esposto segue adunque, che prescindendo dalla perdita di velocità che deve farsi nel passaggio da un lato all' altro, qualora rimanga costante il valore delle quantità a, b, e . . . ec. il tempo della discesa sì parziale che totale sarà sempre eguale nei diversi poligoni nel modo indicato de- scritti, quando contengano un egual numero di lati, prescin- dendo sempre dalla loro grandezza; ciocché ha una analogia colla nota proprietà della Cicloide, come infatti deve essere. Applichiamo ora I' equazione {m) a qualche caso particolare. aS. Sia in primo luogo a = è = c...= i,e si ponga per brevità 1.1- !:r ■ ■■■■: 'l -, , ■ . . . ', dd. . . . QR , verrà a formarsi un poligono OA' in tutte le sue parti eguale e paralello a quello di sopra descrit- to ; onde anche di questo poligono OA' si avrà il tempo della discesa dall'equazione [m). ' ■.-.■j^, ■':■ -- Similmente potranno ottenersi altri poligoni partendo dai punti e, h" , lì' . . . . posti all' esterno del circolo , e condu- cendo delle linee eguali e paralelle ad h"'b, g"d, f 'e ... come anche ad h"g", g'f, fr. . . . ed in seguito ad h'g', gf. . . . ec. Il tempo costante della totale discesa in tutti questi poligo- ni, ritenendo le denominazioni superiori, ( § 22 ) si avrà dalle seguenti equazioni 2^. I = a -+- ^(/3) -4- y[y) -+-.... 23.a = /? -H y[^) -H d{y) ^ . . . . 2s.3 = y -^ d{,3) -+- e(y) -+- 25.4 = <5-t-£(^)-t-IO)-H.... ' ec. ec. ec. le quali potranno continuarsi per la legge manifesta con cui procedono. In somma dalla semplice ispezione della figura apparisce che il numero delle combinazioni di questi segmenti potrà aumentarsi a piacere, onde costruire de' poligoni, ne' quali r espressione del tempo della discesa sarà indipendente dalla variabile A, ma dipenderà soltanto da a, /3, y--.(/5), {y),{^) — - Tomo XXII. 12 gc Riflessioni sopra un rnoDLEMA ec. ossia clallc sole quantità costanti a, Z*, e. ..Da tutto ciò siamo dun- que condotti a concliiudere , che il diametro HR, ovvero un segmento qualunque IR del medesimo potrà immaginarsi com- posto di un indeterminato numero di parti fra di loro eguali, ovvero che fra di loro abbiano una relazione data. Da queste parti, operando come sopra si è indicato, può ottenersi un in- determinato numero di segmenti e per conseguenza anche di poligoni, a ciascun de' quali potrà applicarsi quello che si è detto del poligono considerato al 5 24, ovvero al suo paralello OA'; vale a dire che qualora conservino un egual numero di lati, e le quantità a, h, e... un costante valore, il tempo della discesa sarà sempre eguale, prescindendo però dalla perdita di velocità che deve farsi nel passaggio da un lato all' altro. - li,'i/i ,/, ■ 1/,,/,/,, y.'u- ,'PAi/ .'-/ W II /.■,/,/ y/> -,hir l ''v'-frij.ALji A &■ >«=s MEMORIA SUI RAPPORTI CHE ESISTONO FRA IL CALCOLO DEI RESIDUI E IL CALCOLO DEI LIMITI E SUI VANTAGGI CHE OFFRONO QUESTI DUE NUOVI CALCOLI NELLA SOLUZIONE DELLE EQUAZIONI ALGEBRAICHE O TRASCENDENTI PRESENTATA ALL ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO IL 27 NOVEMBRE l83l. -, DAL SIGNOR AGOSTINO CAUCHY i MEMBRO dell" ISTITUTO DI FRANCIA (*J ,.. .> . 1 . , I 1 ■ ■ ■ . Ricevuta adì 23. Ottobre 1837. -, ; (. ' ' ' '■ '•- ' :h ' '. ;.\ Oiaiio r,/? due variabili reali, x, y due funzioni reali di r,p (i) ' z ■= X -t-Ji/ — I ' ' una variabile immaginaria, e /(z) una funzione reale o imma- ginaria di z. Si potranno considerare x, y come rappresentanti un sistema di coordinate piane, le quali, per fissar le idee, noi supporremo rettangolari ed r, p come rappresentanti un sistema di altre coordinate, per esempio di coordinate polari. Inoltre si avrà evidentemente dp (Ir Sia V il valor comune delle due funzioni che costituiscono li due membri della equazione precedente. Immaginiamo inoltre (*) Questa Memoria scritta in lingua Francese è stata tradotta in Italiano dal Segretario della Società per uniformarsi agli Statuti. ()2 ]Memoria sui eapporti ce. che nel piano delle a', / si segni un contorno cliinso 000"..., e che si determinino col metodo generalmente seguito nel calcolo infinitesimale i valori degli integrali doppj (5) ffvclpdr (4) ff'vdrdp-, supponendo estesa V integrazione a tutti i punti contenuti in questo contorno vale a dire, a tutti i sistemi di valori di r e p che possono rappresentare delle coordinate di questi mede- simi punti. Neirintegrale (3) la prima integrazione relativa ap deve essere effettuata fra limiti che saranno generalmente fun- zioni di r, e la seconda integrazione relativa ad r fra limiti co- stanti, mentre che nell' integrale (4) la prima integrazione re- lativa ad r devee ffcttuarsi fra limiti che saranno funzioni di p e la seconda relativa a p fra limiti costanti. Ora siccome la funzione t; è al tempo stesso una derivata esatta relativamente ape relativamente ad r, egli è chiaro che gli integrali doppj qui sopra ricordati si trasformeranno in integrali semplici, in ciascuno dei quali il coefficiente di dx e di d_y sarà ordina- riamente la differenza fra due valori particolari della funzione o pure (6) fi=) % ridotte a non esser più che lunzioni della sola variabile ;• o p e corrispondenti ad uno dei punti situati sul contorno 000". . . . Aggiungasi che i valori trovati degh integrali (3) e (4) saranno equivalenti fra loro, se la funzione ■« resta finita e continua per tutti i valori di /■ e di p com[n'esi fra i limiti delle inteirrazioni. Ma se accade il contrario, la differenza fra r integrale (4) e l'integrale (3) sarà una certa espressione A, il valore della quale potrà essere determinato sia per mezzo Del Sig. Agostino Cauchy 98 della teoria degli integrali singolari ^ sia con l'ajuto del cal- colo dei Residui. Concepiamo, per fissar le idee, che le funzioni x, y re- stando finite e continue per tutti i punti contenuti nel con- torno OO'O". . . . r equazione [n\ — =: o ''■''' " ■''■' ■' '■ ' "■■ '-' ■'■ '; ' ' ammetta delle radici reali o immaginarie 2; , z,. . . . z cor- rispondenti ad uno o 'più di questi stessi punti , ma che la funzione f(z) ottenga per tutti gli altri punti un valor unico e determinato fra i limiti delle integrazioni. Se d' altronde il binomio /q\ . àx dy dx dy ^ ^' ' . " ' Tr dp dp d7 ■ ■ . ' conserva sempre un valor positivo si avrà (*) ; - C) Infatti essendo z fra le radici della equazione (7) una di quelle che corri- spondono a un punto contenuto nel contorno OO'O". ... la' parte di A corri- spondente a questa radice sarà un integrale definito singolare che si potrà ridurre al prodotto - 1 " , , , , , kA^F L^ i^ ]da. J _oo|_a— /'(coi. 1-1-1/ ^isen.z) «(-)-pcos.T-l-l/ — isen.T)J indicando K il residuo parziale relativo alla radice che si considera e p(cos.«-(-[/^isn.T) il valor corrispondente del rapporto (d s\ dx dx dy dy /£^ dy dx dy \ j Ty) Tr' Tp'^'dT ' Tp \>-r '7^ 7p ' 17 j ^ Ora esprimendo 1" integrale /[ L___lj« J [_«— /)lcos.t-Hl/— isen.T) a-t-/)(cos.i-t-|/' — isen.T)! q4 Memoria sui UArrORTi ec. ((,) A = i.V-'-E((/W)) estendendo il segno E ai valori z^ z^^. . . . z della variabile z. Se per questi valori, o per alcuni di essi, il binomio (8) divenisse negativo converreb])e mutare i segni dei vaioli cor- rispondenti compresi nel secondo membro della equazione (7). Si può ricorrere alla formola (9) sia per determinar A quando si conoscono le radici z , z . . . z : sia per determi- nare i|ueste radici o delle funzioni di queste radici calcolando direttamente i valori deirli inteirrali definiti clie A contiene. Allora conviene rovesciar la formola (g) e scriverla così {'0) E( (/(.))): H.Tl/— 1 Se vuoisi ottenere un limite superiore al modulo della somma rapppresentata da E((/(c))). Basterà osservare i.° clie con le sostituzioni convenienti si possono trasformare gli integrali definiti contenuti in A per modo che trovinsi tutti presi fra gli stessi limitile in con- seguenza esprimer A per mezzo di un solo integrale defini- to. 2..° die il modulo di quest'ultimo integrale non sorpasserà la differenza fra i due limiti dell' integrazione moltiplicata per il valor pili grande che acquistar possa il modulo della fun- zione sotto il segno /. per mezzo dei logaritmi, si conoscei-à tosto che questo integrale preso fra i li mit — 00, -t- 00 si riduce a 2[L[/-i)_L(-l/- i)] = 2;rL/-i oppure a — 2[L [/_i)_L(_i/— !)]=— 2;rl/— I secondo che la quantità ^scn.r, o ciò che si riduce allo stesso la quautita è positiva o ncgitiva. Del Sic. Agostino Cauchy gS Per mostrare un' applicazione dei principj che abbiamo stabiliti supponiamo tosto ed ammettiamo che essendo x^y coordinate rettangolari, il contorno 000". ... si riduca al sistema di quattro rette rap- presentate dalle equazioni (il) X ^ X , X z^'K, y =. y ^ y = Y nelle quali a: , X, 7 , Y rappresentano quantità reali soggette alle condizioni (12) ■■ x ecc. Supponiamo ora che le funzioni /'(e) , /'(e), F{z) essendo Unite e continue per tutti i valori di z corrispondenti a pun- ti situati nel contorno 00'(V', ... si prenda (44) /(.) = gF(c), r eijiuizione (7) sarà ridotta a (45) f{z) = o e se fra le radici della equazione (45) quelle che corrispon- dono a punti contenuti nel contorno 000". . . . vengano rap- presentate da z , z . . . . z I 2 m Del Sic. Agostino Cauchy lOiSi si avrà (46) F{zJ-^ F{zJ+. . . . -^¥{zj = E ( ( g F{z) )); noi si concluderà avuto riguardo alla formola (26) ■ ' 1 (47) FizJ^F{zJ^...^F{zJ= -J-f^'^^FizYJlds. Inoltre in virtù del teorema i.° la somma . F(.^) + F(.J-4-. .. .-hF(cJ determinata dalla equazione (46) avrà per limite superiore la quantità (48) ■ ^A(gF(3)), Se si prende F(z)=i la formola (47) darà (49) , '^=s;v^7„7(r)57^^- e 1' espressione (48) diverrà (5») sA(fl'). Se al contrario si prende F(z)=:s, la formola (47) darà (5 1 ) z -<- z -4- . . . -+-Z = — — ; — / z -f— — ds> e r espressione (48) diventerà (^») f.A('f;)- ■. ■ , : ■' 1 ■ - . . . ■ i : ., . . Si può dunque enunciare la seguente proposizione. io4 ]Memori.v sui rapporti ec. 2." TeoreMiia. Siano x, y due varial/ili reali, Z = X-^)[/— I una vaiia])ile immaginaria e /(--), F(.) funzioni reali o immaginarie di z, le quali restando finite e continue come pure la derivata /'(r) per tutti li sistemi dei valori di x , / adatti a rappresentare le coordinate rettango- lari dei punti situati in un contorno chiuso 000". . . . Siano inoltre quelli delle radici delle equazione che corrispondono a simili valori delle variabili x , y -, e e il perimetro del contorno OO'O" Il numero m dì queste radici, la loro somma e la somma F(s ) H-. F(c ) -t- . . . . -H F(:: ) delle funzioni simili F(r ), F(^ ) . . . . Flz ) avranno per valori I 2, m esatti li secondi mendiri delle equazioni (40)5 (•>')' (47)' e per moduli dei numeri inferiori alle tre quantità (5o), (5^), (48)- indicando la lettera A il più gran modulo che acquistar possa una l'unzione di z per dei punti situati sul contorno OO'O"... Immaginiamo ora che le variabili x,y e in conseguenza la variabile ;:; essendo espresse in funzioni di s abbiasi Del Sic. Agostino Cauchy loS (53) f{^) = • | Supponiamo ora che la funzione f{z) sia il prodotto di più altre funzioni y(z), /"(z), ec. delie quali ciascuna resti finita e continua^ come la sua derivata per tutti i punti rac- chiusi nel contorno OO'O" Si avrà (86) f{z)=f{z).f{z).... " •, ■ ' e per conseguenza Dunque la formola (49) diverrà (88) ni m m -H m -+- ecc. 2 essendo i numeri m , m ec. determinati rispettivamente dalle formolo Tomo XXII. ]5 11^ Memoria sui rapporti ec 7>T m = — 7 — / _ — -r "■^5 (89) < ^ = _I_ /'^-^ ^ m 2 ecc. ed indicanti in conseguenza quante radici le equazioni {90) /^(s) = o, Jj^z) = o, ecc. considerate V una dopo 1' altra offrano corrispondenti a dei punti contenuti nel contorno OO'O". . . . Era d'altronde facile il prevedere che la somma dei numeri m , m . . . . cosi de- terminati riprodurrebbe precisamente il numero m. Se uno dei fattori /"(s),/{s) .... si riduce ad una costante reale o immaginaria^ la sua derivata sarà nulla, e fra i numeri m , m quello che corrisponderà al fattore di cui trattasi , svanirà. Ora se si indica per r un arco reale e costante si avrà identicamente f{z) = (cos.r-H/— I sin.zr) dll^ Dunque stabilendo (91) f[z) = d^ , />)=cos.r-4-/— isen.T, — 1 cos.T-f-l/— iscn.T — ^ si troverà m-=m . D'altra parte se si inetta invece di /(=), (pi^s)-i-\/ — \x{^) nella prima delle equazioni (91), se ne caverà (92,) /{z)=(^(5)oos.T-4-;^;(5)sen.T-4-[;;j;(5)cos.r— ^(^)sen.r].i/— I , ed in conseguenza la formola (85) darà Del Sic. Agostino Cauchy ii5 t ^y o \\?>UJcos.T-+-^(i)sen.T// ■ Si avrà dunque anche '. i. ■ '■.■ (n3) m=\ /Uh(j>^"-r-xUyo^A\^ ,., . w In quest' ultima fcumola T arco reale r può essere scelto ad arbitrio. Se si prende t=o si sarà evidentemente ricondotto alla formola (85). Al contrario se si prende t= — si troverà Supponiamo ancora che la funzione f{z) essendo divisa in due parti U[z), 7j{z), il modulo del rapporto (q5) ^ resti inferiore all' unità per tutti i valori di z corrispondenti a dei punti situati sul contorno OO'O". . . . per modo che si abbia al tempo stesso (96) /(2) = n{s) ^- jt(z) e Per tutti i punti dei quali si tratta, la parte reale del binomio (98) i-f.-^ ^^ ' n(z) conserverà lo stesso segno del primo termine i. Dunque se si faccia ii6 Memoria sui UAProiiTi ec. (99) /{z) = n{z), /j.)=n-j^ si avrà m = 0 111 conseguenza t?i = m . Si può quindi enunziare la proposizione seguente. 4." Teorema. Poste le stesse cose come nel teorema 2.°: se la funzione f{z) è divisa in due altre 0(^)5 t;j{z) per modo che si abbia le radici corrispondenti a dei punti racchiusi nell' interno del contorno 000' saranno dello stesso numero per l'equazione (45) e per la seguente (loc) n(:;) = o. Neir ipotesi che abbiamo ammessa 1' equazione (86) ridotta a (,oi) /(,)=n(c)[i-H^] darà evidentemente ('c=^) 7F) = m-^'^^ d. • In conseguenza se si dicano I, I, k quelle radici della equazione (100) che corrispondono a dei punti situati sul contorno 000" Del Sic. Agostino Cauchy iiij Z 3 Z Z lOl '.i\\ I essendo sempre quelle radici che adempiono la stessa condi- zione per l'equazione (45), si ricaverà dalla formola (46) (io3) F(s)-^-F(2)-h....-hF(z )=F(§)-HF(|)-H....-<-F(n ,,. ^.((.lL^i.,-,)). : D'altronde per tutti i punti situati sul contorno 000". . '. . il logaritmo sarà sviluppabile in serie convergente con la formola , t; (■0=) ''[■-i}j=^-5fèi-<-i[ar— Dunque se col mezzo della equazione (26) si trasforma r espressione (-^) e((f(.)^l^ "^i)) in un integrale definito, la funzione sotto il segno integrale / sarà essa pure sviluppabile in una serie simile essendo il termine generale di quest'ultima serie i . ■ / ani/— I " y o ^ ' ['-SI] 1/ — 1 n J o ^ ' ds ds =t^E((F(=).(ir)),::-v:- ii8 Memoria sui rapporti ec. o ciò che torna lo stesso (,o8, <=Ìe((fw(,^)")) si avrà dunque (109) F(3)H-F(c )+.... .-+-F(z )=F(| KF(| )+...-^F(,^ ) 12 mia, m -E((S|F(.-,))^lE(((,^)-F(=)))-ecc. Aggiungiamo che in virtù del primo teorema il modulo del termine generale^, vale a dire del nesimo termine della serie sarà più piccolo della quantità e per conseguenza del prodotto (in) _^AF'(s).fA-^l". Dunque se si la per brevità (112) AgJ = M, AF'(z) = N, Il nesimo termine della serie che rappresenta lo sviluppo della espressione (106) avrà un modulo inferiore a (ri3) rN m" 2.71 n e la somma formata con questo termine e con f}uelli ohe lo seguono, ossia il rimanente della serie offrirà un modulo in- feriore al prodotto Del Sic. Agostino Cauchv ijg ,,. cN M" _^M"-'_^M"-=^^ -:/, ■ : Per alt/a paite essendo M< i, la somma w> ' '.i ' ''. (.15) M" ^ M"- V ^^"*V r. in,'-, ; ('•'-0 è evidentemente inferiore non solo alla seguente (ii6) * ' I a 3 V'— ^V ma ancora a quest'altra , . , ... .'vii ^ n n-^i n-i-2. n{i — M) C:i( hi r.i Dunque il resto delle serie che contiene il secondo membro della formola (log) avrà per modulo un numero che non su- pererà alcuno dei prodotti ' ^x n(i—M) ■.. 0-.((.: Se si prenda ¥(z) = z, la formola (109) darà (rig) z -Hz H-....-H z =^ -1-^ -H....-+-I I a mia m --{mhH{m))-^-m)')h- ed il resto di qnest' ultima serie avrà per modulo un numero che non supererà alcuno dei prodotti (.20) -Lm^lZ-L-), ^_^ 2.T \ I-M / a;r „(,_: 81 può dunque enunciare la proposizione seguente. 5.° Teorema. Fatte le stesse supposizioni come nel Teo- M) lao Memoria sui rapporti ce. rema A..°^sc si cliiainiiio z ,z . . . . z (luelle fra le radici dell' equazione (4^)5 e | ,| . . . . | quelle fra le radici dell'equa- zione (ico), che corrispondono a dei punti contenuti nell'in- terno del contorno 000". . . , la differenza fra le due somme (121) z -^ z -i- . . . -+-Z ^ §-f-^-i-...-H§ I a mia ni oppure anche ha le due seguenti (122) F{z)-^F{z)^....^Y{z ) , F(|)-+-F(n-»--»-F|( ) I '^ •fi I -.< r?t sarà sviluppabile con la formola (log) o (iKj) in una serie convergente, di cui i differenti termini potranno essere espressi in funzione delle radici | , ^ . . . . ^ ^tl i residui di queste I 2. m due serie offriranno dei moduli inferiori a ciascuno dei pro- dotti (i lo) o (120). Se prendasi niz) = {z-af indicando a una costante scelta ad arbitrio, 1' equazione (45) si ridurrà a m (i23) (z — a) -^ rj{z) = o e le formola (109), (119) daranno {124) F{zJ-i-F{z)^ -^-^K,) = niFla) -4- 2 '-') '- . '^ f»""" ^'"^^ . ^ ' ;;— I n 1-2 (mn—i) mn—i (.2-,) ,— , ,( i.a... .('««— I) , mn— : Del Sic. Agostino Cauchy lai purché sia ■.. . ■ r (126) A (^_^^«,■ r. !.. , e per determinare la radice z di quest' ultima equazione, o una funzione F(z) di questa radice si avranno invece delle formolo (124), (ia5) quelle che Lagrange ha dato, cioè (.-28) F(z)=F(fl)-4-2 '--^^ (Z N«)] F'(..) n=i i.i.a-.re L i/a"—' J 129) 3 = fl-f-2 '-'^ 1 d iiMLIiiL d^' (i33) = 2 (— ') ' ^^ [ P(f ) ] „— [ ,ì I.2....(r7in— I) TO/i— I indicando f un numero infinitamente piccolo che dovrà ridursi Tomo XX II. 16 ì22 Memoria sui rapporti ec. a zero dopo che si sarà efTettuata la diltercnzinzionc, e la condizione (12Ò) diventerà (134) A — ) si ridurranno a (i35) s -f- ct(^) = o (i36) F(s)=F(o)+i;"="(=ll!/~Tlfl£l]!£[£lì ds n^zoo , ,n 71—1 (187) z = Z IniL d ■ ['^''>ì ile T,(Z) ([38) A^{s) /{s) dedotte dalla funzione ima- ginaria /(3)=/(,U-H7l/-.) col mezzo della equazione (53). Allora se si dicano Del Sic. Agostino Cauchy 127 (pi--^'^ y)^ x{^> y) le due funzioni reali di x, y, che determina la formola (1S6) f{^'-^yi/—^) = t.-'-i )-t-c-''l^- V(rH-rl/-,) ùl modo che le equazioni ( iS;), (i 5u), (i5g) possono scriversi cosi {.63) M.)v v)- "^^^"V'-----V-)--'^'"'iI-— ^-^ |/- . /■(x-f-vl/_i)_f(j— VI/-1) ( . 64) ^(.v, .)■)= 7;^,;^_,)^-^i/-., /- ' /_'-+rl/— !)+/(/— y[/—i) ( 1 65) ^P(,V, y)=: ^,^,j/_,)_^,_^^._,^ l/- I • Immaginiamo adesso che r e p essendo coordinate polari il contorno OO'O' si riduca al sistema di due rette 00', 0"0"', e di due ardii di cerchio 0'0",0''0 rappresentati dalle equazioni (3o). I valori di z corrispondenti alle quattro linee 00', O'O'j 0"0"', 0"'0 saranno rispettivamente (166) P.l/-' TI P^-' ^^~' P^~' z=re *- , z=? allora supponendo l'arco s contato a partire dal punto O, che ha per coordinate polari r , p si troverà successivamente (168) t=r ^s .t= — i-\-^-hp -+-4-, i=2]ì—2.r -i-R{P—p )—s, /R \ R , Del Sic. Agostino Cauchy lag in conseguenza la variabile t crescerà o decrescerà per dei valori crescenti di 5, secondochè si considererà un punto si- tuato sopra r una delle due prime linee 00', 00', o sopra runa delle due ultime O'O'", 0"'0. Ciò posto il modulo (140) sarà la piìi piccola delle quan- tità positive (.69) Kfirì^^ ),A^/(R/^ ).KAre^ ), ^pfije ), ed ammettendo che la funzione f[s) verifichi per tutti i punti situati sul contorno 000" la formola (i5a), si caverà dalle equazioni (147)5 ('^i) ('70) 4/(i))) = /rj(^(rcos.;7^, rsen./;J)) -h7^ ((^(Rcos./7, Rsen./?))) — /, ((^(rcos.P, rsen.P))) ' p Se la funzione /(z) presentandosi sotto una forma reale il valor generale di "^{x^-y) è determinato dal sistema delle for- mole (i56), (157), (160), o ciò che torna lo stesso dall'equa- zione (i63) si avrà evidentemente Ti/— I/-, Pi/'— I, . Ti/ !/•/ —Pi '—I (171) 'K(/-cos.o, rsen./7h= , :À1 '. =i£. ' 1/ — 1. e "^ f{re^^ )— e"^ f ( re "^ ) Si può facilmente esprimere con 1' ajuto delle notazioni di cui abbiamo flitto uso il numero m delle radici della equa- zione (45), che corrispondono a dei punti racchiusi nel con- torno 000" allorché questo contorno è formato dalle Torno XXII. jj 1 3o ]\Ic^roRlA SUI RAproRTi ec. quattro rette , o dalle due rette e dai due archi di cerchio qui sopra ricordati. In fatti dall' equazioue (05) congiunta alla formola (i53) o (170) si ottiene nel primo caso (172) m=^. e nel secondo caso R P / {CV{rcos.p , rsen.p )))-hI ((■*F(Rcos.y7, Ilsen./;))) (I 70) m = 7< "Ir r '— /, (C^Fz-cos.P, rsen.P))) — /, (('•I''(r cos /> ,;-sen/7 )))^ ^ o o o e o o essendo i valori di ■^(a%/) determinati dal sistema delle equa- zioni (106), (157), che potranno venir rimpiazzate^, se la fun- zione /(=) si presenta sotto forma reale dalla sola equazio- ne (iGS). Se si vuole determinare il numero delle radici reali, o immaginarie della equazione (45), che offrono dei moduli in- teriori a R, bisognerà ridurre il contorno OO'O'. . . . alla cir- conferenza d'un cerchio descritto dall'origine delle coordinate col raggio R, e la formola (173) darà (174) w=U ((•*F(Rcos./7, Rsen,;^))). Se vogliasi determinare il numero delle radici reali o imma- ginarie che offrono moduli inferiori ad R ad un tempo e parti positive reali, bisognerà ridurre il contorno OO'O". ... a un semicerchio descritto col raggio R , dalla parte delle x posi- tive ed a]ipoggiato sopra quello de' suoi diametri che coincide con 1" asse delle y. In conseguenza si dovrà porre Del SiG. Agostino Cauchy idi p = — r'P = -r' '■ = 0. nella formola (173) dalla quale si otterrà m=h \ il , (WIICOS./7, Rsen.7?)))-+./ ((xF(o,_r)))-7^^((^>-(o, r)))j o ciò che torna Io stesso (175) m = i/.(mRcos.7;,Rsen./>)))-i/j^((^I^(o,7))). Se al contrario vuoisi determinare il numero delle radici reali 0 immaginarie che offrono ad un tempo moduli inferiori ad R, e parti reali negative , si dovrà far successivamente nella formola ('73) p = — 7i, P= — -i, r z=o, e /? =^, P = JT, r = o, poi sommare i risultati così ottenuti, o ciò che torna lo stesso, fare immediati do si troverà fare immediatamente/» =: — , P := -^, r =0, e in questo mo- (176) m=lf_^{{'V{o,y)))^lTl{{-P(x, -R)))-4- ^ 7^ J(^^(R,j))) Se fra le stesse radici considerar si volessero soltanto quelle nelle quali la parte reale è positiva o negativa , si avrebbe nel primo caso (.78) m = hll (0%,-R)))-HH^jmR.7))) -yj(^(^.R)))-i/^(0F(o,7))) e nel secondo caso (179) m=^hf_^{mx, _R)))H-i/ ^((^F(o,j))) - 1 f_ ^mx , R))) - I / ^(OI^(-R, /))). Allorclie il numero R è scelto tale cbe superi tutte le radici della equazione (4-') 0 ciascuna delle formole (174)5 ('7?) ^^~ termina il numero totale delle radici reali o immaginarie ; ciascuna delle formole (i 76), (i 78) determina il numero totale delle radici nelle quali la parte reale è positiva, al che ag- giunger devesi, se le parti reali di alcune radici svaniscono , la metà del numero di queste ultime; finalmente ciascuna delle formole (■70)5(179) determinali numero totale delle ra- dici nelle quali la parte reale è negativa, aggiunte, se vi è luogo, alla metà del numero di quelle di cui la parte realesi ridurrebbe a zero. Se si volesse determinare il numero delle radici reali, di Del Sic. Agostino Cauchy i33 cui il valor numerico è inferiore ad R, bisognerebbe mettere nella equazione (172) X =z — R, X=R, ed y = — e, Y = e 00 significando £ un numero infinitamente piccolo di modo che si avrebbe r ■ ■ ■ ' (180) nz = i< R Parimente il numero delle radici positive , e il numero delle radici negative accresciuti ciascuno della metà del numero delle radici reali, se ne esistono , saranno determinati dalle equazioni (181) m = i ll{inx,-e)))-^llp{R,y)))^ (.82) m = I< „ , ' »-/ {(^(^, £)))-/ ((^(-R,j)))^ se vogliasi limitare a considerare le radici il cui modulo è inferiore ad R. Poiché le formolo (180), (181), (i8a) si esten- donoj la prima a tutte le radici reali, e le due altre a tutte le radici positive o negative , basta che il numero R superi il valore numerico di tutte le radici reali. Del resto le formole (180), (181), ('02) si trovano com- prese nella seguente 34. IMeiioria sui rapporti ce. 104 /f((^I^(.r,-.)))-/' (0!''(X,7))) O — £ (i83) m = h ^ f-I^{{^V{.,,e)))-J ((^'(.c ,;-))) \ V o — e o / che si deduce immediatamente dalla formola (172), mettendo y =z t, Y=f, e che dà il numero 7« delle radici reali della ■ o equazione (45) comprese ira i limiti .r , X. I valori di 7?z che si determinano con le formole (181), (182) sono equivalenti a quelli che si dedurrehbero dalla for- mola (17^)5 riducendo r a zero^ e mettendo P = £, P = £ o o p =7t — £, P= jT -H £ . o In consen^uenza il numero delle radici positive interiori ad R ò ancora dato dall' equazione ÌT^{{'V{rcos.s, —rsen.e)))-h/_ ((■»p-(Rcos./>, Usen./^))) (184) m=^\ ^ ( — / (('r'(rcos.f, /-sen.f))), N. 0 ed il numero delle radici negative, i valori numerici delle quali sono inferiori ad R dall' equazione / ((■>p-(—Acos.e, rsen. £)))-+- /''"'''((•^•(Rcos./?, Rsen/;))) I 0 77 S '^ = n II — I (('!'■( — ;-cos.£, — rsen.f))) 0 o ciò che torna lo stesso, dalla seguente (l85) TO=: Memoria, sui rapporti ec. i35 / ((■^F(— rcos.£,rsen.£)))— / ((■^F(— Rcos./», — Rsin;^)) — 1 ((■*?( — rcos.e, — rsen.f))). ■ Sommando il secondo membro delle formole (1O4)} (i85) si riprodurrelibe il numero totale delle radici reali della equa- zione (45) o almeno di quelle il valor numerico delle quali è inferiore ad R. Allorché la funzione f{^) presentandosi sotto forma reale l'equazione " ■■ "" '. • ('86) f{x) = o non offre radici reali eguali fra loro', questa stessa equazione non ha radice alcuna che gli sia comune con la seguente (187) f{x) = o, e in conseguenza f'{x) non svanisce allorquando si attribui- scano ad X valori reali che facciano svanire f{x). Egli è fa- cile il concludere che il valore di "^{x,/) determinato dalla formola (164) potrà nelle formole (i83), (184), (i85) dove la quantità j= 7sin.j9 diventa infinitamente piccola, essere rim- piazzata da quest' altro valore ■ (188) Ciò posto 11 numero m delle radici reali dell'equazione (186) dedotto dalla formola (i83) sarà nell' ipotesi ammessa (189) X m m mentre che si ricaverà dalle formole (184):, (io5) i36 Del Sic. Agostino CAUcin' Q ciò che torna lo stesso ('90) "' = ^1{{ÌS))' <-) —ami- Se si sottragga 1' ultimo valore di m dal penultimo, la diffe- renza che io chiamerò ^ sarà e rappresenterà 1' eccesso del ninnerò delle radici positive sul numero delle radici negative, supponendo che si considerino soltanto le radici i cui moduli sono inferiori ad R. Del resto per stabilire direttamente le formole (189), (192) basta osser- vare che se si dica a una radice reale semplice dell'equazio- ne (106) , prendendo per e un numero infinitamente piccolo si avrà - fUa-he) __ rja) _ I no—e) j e che in conseguenza venendo a crescere x, la funzione ('93) /'(-r) passerà divenendo infinita dal positivo al negativo. Se l'equa- zione (186) ammettesse un numero i di radici eguali aventi a per valor comune, si troverebbe Del Sic. Agostino Cauchy ' iS^t Dunque divenendo infinita la funzione (igS) passerebbe dal negativo al positivo. Si deve concludere che generalmente il valore di m determinato dalla formola (189) rappresenta non già il numero totale delle radici reali dell'equazione (186) contenuto fra i limiti x , X, ma solamente il numero di quelle che essendo comprese fra questi limiti sono le une dalle altre diverse. Parimente il valore di m determinato dalla formola (iga) rappresenterà generalmente la differenza Ira il numero delle radici positive diverse e il numero delle radici negative differenti, se si limitiamo a considerar quelle fra le radici po- sitive e negative che danno dei valori numerici inferiori ad R. Ritorniamo ora alle formole (85) e (94)- Da queste for- mole paragonate fra loro risulta che il contorno 000" essendo qualunque^e indicando con la lettera e il perimetro di questo contorno si avrà (.54) . , /((/W)) = -/((^)). Ora egli è facile di generalizzare la formola (194)5 e di sta- bilire la seguente proposizione. 6." Teorema. Indicando f[s) una funzione reale di 5., che ottiene sempre un valore unico e determinato fra i limiti S zzz S , S = S , O I ed essendo s^s la somma delle due radici , .^ 01 („5) ■-• /.((/W)), /.((^)) :^ . ■ Tomo XXII. 18 i38 Memoria sui rapporti ec. sarà equivalente a -h i, od a — i, o a zero secondo che le due quantità ('96) f{sj, -f{sj saranno anicndue negative, o amendue positive, o 1' una po- sitiva e r altra negativa, di modo che si avrà Dimostrazione. Intatti se si applicano alla determinazione degli integrali equivalenti cls i ragionamenti di cui abbiamo latto uso per determinare le fòrmole (70), (71), (o3), si troverà immediatamente o _L[i+/(.j/-.]-v-i f; mm> ( ' 99) /; 7^,^ ds = l; - [/(. j-,. _ , ] ] o dovendosi poi ridurre ciascuno dei sogni doppj al segno -1- od al segno — , e dovendo essere sempre effettuata «juesta ri- duzione, ili modo che la parte reale della espressione affetta di doppio segno divenga positiva. Ora sotto ([ucsta condizione la differenza Del Sic. Agostino Cauchy 189 L[i+/K)l/-0-L[±[/(O--l/-i]] ,, , si riduce ora a l(i/-0 = t/-' ora a L(-/-0 = — fi/-' ■ • secondo che f{s) sarà una quantità positiva o negativa ; di modo che si avrà (20C) L[.4-/(.X-.]-L[it[/(.j-n/-i]]=fi/— /4S^; si troverà parimente (aoi) ^l+f{sy-^]-^±:[f{sJ-^/^^]]=f^/-lI^. Dunque se dalla formola (198) si sottragga la formola (199) si concluderà dividendo i due membri per n\/ — i (ao.) ^,:«/W»-',:((7^))„.,-..:..;.u :..... L ((^)) (Wì J . . Ora r equazione (aca) che' può scriversi ancora come segue '-^' <:«/<')»=-<:((7^))-iK4;;-^'^] ■■ non differisce dalla formola (197). Se coir ajuto dell' equazione (ao3) si trasformano li se- condi membri delle equazioni (189), (192), esse diventeranno rispettivamente ■ ■ ' >; ' '•■ ' i4o IMe.mouia sui rapporti ce. -4.» = -<((f!-))*i[/,^,-/4g,] Se d' altronde 11 rapporto caiiiiia di seifiio (luando si sostituisce — R ad R in modo che si abbia la tormola (iic5) si ridurrà a Le formole (204)5 (aoS) che potrebbero anche dediusi dalle equazioni (io3), (104)5(105) unite alla Ibrmola (i65) racchiudo- no due teoremi degni di osservazione^ di cui ecco l'enunziato. 7.° Teorema. Se la l'unzione reale y"(.r) resta finita o con- tinua fra i limiti x = x , x = X, per conoscere quante radi- o ci reali abbia 1' equazione _f{x) = o diverse fra loro comprese Ira questi limiti, basterà cercare la differenza fra i due numeri, che indicano il primo, quante volte per dei valori crescenti di x contenuti fra i limili x , X la funzione (-iOo) —: passa divenendo infinita dal positivo al negativo; il secondo (juante volte la stessa funzione passa divenendo infinita dal negativo al positivo, poi aggiungei'e a questa differenza i, — 1, o zero secondoche le due quantità Del Sic. Agostino Cauchy i4t' saranno amendue negative, o tutte due positive, o 1' una po- sitiva, e r altra negativa. 8.° Teorema. Se !a funzione reale/(x) resta finita e con- tinua fra i limiti x = x , x =1X3 per determinare la differeu- o za fra il numero delie radici positive , e il numero delle ra- dici negative della equazione (186), che essendo diverse le une delle altre, ci offriranno dei moduli inferiori ad Pi, basterà cercare la differenza fra li due numeri che indicano, il pri- mo, quante volte la funzione (aio) ,;,,v. ■■ .■ ■ ^ ■;.:, per dei valori crescenti di x contenuti fra i limiti x , X, o passa divenendo infinita dal positivo al negativo; il secondo quante volte la stessa funzione passa divenendo infinita, dal negativo al positivo poi aggiungere a questa differenza i, — I o zero secondo che le due quantità , . ■ >• . • £^ /_(-R) •:: ■ •' ■ ' ^^"^ £(R)' .n-R) '. ,, : :; saranno tutte due positive, o tutte due negative, o 1' una po- sitiva e l'altra negativa. ,r , Il teorema 7.° applicato all'equazioni algebraiche è stato per la prima volta enunciato dall'Abate Degna nelle Memorie dell'Accademia Reale delle Scienze. Io ho enunciato per le stesse equazioni supponendo R:=co il teorema 0.° nel Giornale della Scuola politecnica, e partendo da questo teorema ho di- mostrato io per il primo, che per qualunque equazione alge- braica si potranno trovare delle funzioni razionali dei coeffi- cienti, i segni delle quali somministrino il mezzo di deter- minare il numero delle radici reali positive,, e il numero delle l4^ Memoria sui rapporti ec. raJici leali lu^gative. i\Iettendo nel teorema 7.° ,v =0, X=co, si couclmlo che il numero delle radici positive di una equa- zione alij;ebiaica non [)uù superare il numero delle radici po- sitive della e(juazione derivata che di una sola unità, e nel caso soltanto, che il termine costante e il coefficiente della prima potenza della variabile x siano affetti di sei^ni contrarj. jMettendo — x in vece di x si conclude che il numero delle radici negative della proposta non può snperare il numero delle radici negative della derivata che di una sola unità e nel caso soltanto, che il termine costante e il coefficiente della prima potenza della variabile siano affetti dallo stesso segno. Da queste due osservazioni deducesi inunediataraente il teorema di Cartesio, in virtù ilei quale il numero delle ra- dici positive di una equazione algebraica è eguale, o minore del numero delle variazioni di segno , che può off'rire il pri- mo membro; e il numero delle radici negative è uguale o mi- nore del numero delle permanenze di segno. Se 1 coefficienti di molte potenze della variabile di un grado inferiore a quel- lo della e(juazione data si riducono a zero, basterà per im- pedire che svaniscano, di sostituire ad x,x-hs, indicando e un luimeio intìiutamente piccolo, e in questo modo si pro- verà Facilmente che nell' applicazione del teorema di Carte- sio si possono trascurare i termini che scompariscono', quan- do trattasi di valutare il nunnuo totale delle variazioni di segno. Risulta ancora dal teorema 7." che il numero delle ra- dici reali di una eqnazione algebraica conq>rese fra due li- miti dati X , X non può superare il numero delle radici reali o della derivata comprese fra gli stessi limiti , che di U'ia sola unità, e nel caso soltanto in cui, dei due rapporti /"(X) flT) il priìiio è positivo, ed il secondo negativo, cioè a dire , nel caso in cui sostituendo .u t-z ad x si ottiene una trasformata Del Sic. Agostino Cauchy i43 in z, nella quale il termine indipendente da s e il termine pro- porzionale a z sono affetti di segno contrario, o dallo stesso segno, sficondochè si suppone x^=-x , ed x=-\. Egli è facile di concluderne che il numero delle radici reali comprese fra i limiti ;t; , X, è sempre eguale od inferiore al numero delle variazioni di segno che prende la trasformata in s, quando si passa dalla supposizione x=x -f-z alla supposizione x-='K-\rZ. Questa conclusione contiene il teorema che il sig. Budan ha dato nella sua Memoria pubhlicata nel 1806 e che trovasi nell'opera postuma del Sig. Fourier intitolata: Analisi delle equazioni determinate. Del resto osserviamo che seguendo per dimostrare questo teorema e quello di Cartesio il metodo ([ui sopra indicato, si suppongono tacitamente le radici reali della equazione (186) semplici e diverse le une dalle altre. Ma per far vedere che gli stessi teoremi estendonsi al caso in cui l'equazione (186) dà delle radici ugnali, basta sostituire alla formola (204) quella che si dedurrebbe dall'equazione (»83) combinata con le equazioni (164) e (aoS), oppure anche, attri- buire alle radici reali che fossero fra loro eguali, degli au- menti infinitamente piccoli e disuguali in modo di rendere tutte le radici reali diverse. Poiché operando cosi, non si al- tererebbero che infinitamente poco i coefficienti positivi o negativi della equazione in x, o delle sue trasformate in z, e per conseguenza non si altererebbero i segni di questi coef- ficienti. 1 '. j • . Aggiungasi che se nelle equazioni in x e z di cui trat- tasi, alcuni dei coefficienti si riducessero a zero, converrebbe mettere invece di x, x , X; xh-.-, x -i-f, X-l-£, essendo il nu- o o mero e infinitamente piccolo , e poscia prendere gli aumenti infinitamente piccoli delle radici, in modo che potessero venir trascurrjti in confronto di e e delle potenze di e delle quali si dovesse tener conto. Si potrebbe a cagion d'esempio, suppor- re questi aumenti proporzionali ad una potenza di e di cui r esponente superasse il grado della data equazione. i44 Memoria sui rapporti ec. Del resto la formola (ao5) somministra il mezzo per de- terminar facilmente l' indice iwm ogni volta che la funzione f{s) si riduce ad una frazione ra- zionale. Infatti supponiamo '^(5), '1' (s) essendo due funzioni intiere e reali di s. Se *^[s) è divisibile esattamente per 'I' {s) si potrà ridurre f{s) a un polinomio intierO;, e per conseguenza si avrà (ai 3) /'((/(.))) = 0 se al contrario non essendo (j)(^) esattamente divisibile per 'I> (s) si chiami 4» (s) il resto della divisione di <ì>{s) per (j) (s), (5), ecc. r ultima delle funzioni ^s), «l)jj), ^J,s), <è^{s), $ (5) ecc. che indicherò per 'Vis) sarà il divisor comune più grande dei due polinomj Del Sig. Agostino Caucht 145 ,->-) e si ridurrà se questi polinomj non hanno divisor comune ad una quantità costante. Allora si avrà pure evidentemente . j/ ' ' (ai4) r^'^iov ii a>-; e si caverà dalla formola (ai4) congiunta alla formola (aoS) (a.5) Si avrà parimente vv'^a'')" V\'^3W/ [(WfsC^) (w;i'3(v J :((S))=-';:0-*[^ «-sC^) *3( ^c) -o ^ > "3 ecc ] Finalmente essendo .{s) il più gran divisore algebraico delle due funzioni $(i) , '!> (5) ^ dividerà (5) e si avrà in conseguenza ' ■ .1 (ai6) sAV *:W // Ciò posto è chiaro che dalle formolo (ììi5) moltiplicate alternativamente per i fìittori -(- i , e — ; , poi sommate in- sieme si concluderà definitivamente Tomo XXII. '9 i^G Memoria sur n apporti ec. Se si volesse ottenere il valore di essendo il grado di ^{s) superiore a quello di «I» {s), allora alle formole (2,1 5) bisognerebbe aggiungere la seguente e si avrebbe in conseffuenza s / / 'i' (s)\ , r '''(O "^ (s ) i '^- (s )ì (219) 7 M(-I_ =1^ -^ — 7 L_l_H-...-t--j)7_i=lLL' Se di più calcolar si volesse il valore di vi si potrebbe arrivare sia immediatamente, sostituendo la funzione .?(.f) nella formola (-^.k)), sia com- binando re(}uazlone (j,o3) con altre equazioni dell'una delle forme Del Sic. Agostino Cauchy 147 '::(Q)=<:0 "■" Allorché flx) è un polinomio intiero, basta sostituire nella formola (219) la variabile x' alla variabile s ,ed alle funzioni $(j), 0 (j) le funzioni /(^), /(a;) per ottenere il numero intiero m che determina l'equazione (189), cioè a dire il numero delle radici reali e diverse dell'equazione u.i- /.■•.. t ;: f{x) = o , comprese fra i limiti x ■=■ x ^ a; = X. Così ci troviamo ricon- ' o dotti al teorema che il eh. Sig. Sturm ha dato in una Memo- ria presentata all'Accademia delle Scienze il i3 Maggio 1829. Osserviamo ancora che se la funzione f_(^) è algebraica, si potrà calcolare con F ajuto della formola (217) i valori di m somministrati dalle equazioni (172,), (lyS), (174), (i?^)? (i?'^)' {•7?)' ('78)5 ('79) ^^^- ^ P^^" conseguenza il numero delle radici della equazione che corrispondono a due punti compresi in un rettangolo, o in un settor circolare. Infatti nel caso di cui trattasi^ il va- lore di x{^->y) determinato dalla formola (i63), ('64) o (i65) sarà evidentemente una funzione razionale di ciascuna delle variabili ar, /, e se si ponga ' . . . 1 ("3) ,ang. i = ^ 148 MeìMOria sui rapporti ec. il valore di ^(^{rcos.p , rsen.p ) deteiininato dalla formoia (171) sarà ancora una funzione ra- zionale non solamente della variabile r, ma anche della va- riabile t. Avvi di più: con l' ajuto delle formole (85), o (94)1 ([42.), (147) G (ili 7), o (219) si potrà calcolare immediatamente o il numero n delle radici reali della equazione f{z) = o corrispondenti a dei punti contenuti nel contorno OO'O". . . sempre quando questo contorno sia soltanto composto di linee rette e d' archi circolari. Infatti in virtù di queste formole si potrà scomporre il numero cercato 7«=i /((/(.))) o in tnnlte parti della forma o corrispondenti ai diversi punti del contorno OO'O". . . . D'al- tra parte la funzione /(=) essendo per ipotesi algebraica,/(j), ossia il rapporto fra il coefficiente di 1/ — i nella funzione /(:), e la parte reale presa col segno — sarà una funzione ra- zionale di .1', y. Ora per ciascuna delle porzioni rette del contorno OO'O". ... le variabili x\ /, 5 saranno fra loro vin- colate da due equazioni di primo grado; in conseguenza /(.?) diverrà una funzione razionale di 5 e si potrà ancora mettere in suo luogo una funzione razionale di x o di j. Finalmente se nel contorno OO'O". ... si considera una porzione circolare clie sia precisamente un arco di cerchio descritto con un dato raggio //, le x, y diventeranno funzio- ni lineari di Del Sic. Agostino Cauchy COS. — e sen. p P indicando s il valore di 5 che corrisponde alTorigine di quest' o arco. Dunque se si fi ^^ ,.^.^ ^^^^ ^, ,^^^^ . onu,su>r„:o (224) tang. !ll!l- = t, ' ' f{s) si trasformerà per la porzione di cui trattasi, in una fun- zione razionale di t. Così in tutti i casi allorché la funzione /(z) sarà algebraica ed il contorno OO'O' unicamente composto di rette o di archi circolari, la determinazione del numero delle radici della equazione ^, , ^^ , , , ^ /(z) = o corrispondenti a punti contenuti in questo contorno potrà es- sere ridotta alla determinazione di indici di funzioni razionali, 0 ciò che torna lo stesso j avuto riguardo alla forniola (ar7) alla ricerca del massimo comun divisore algebraico delle fun- zioni intiere di una sola variabile. Generalmente, se il contorno OO'O". ... è composto di molte parti di linee di una natura tale che, l'ascissa x e l'or- dinata / dì ciascuna d'esse parti possano essere rappresentate da funzioni razionali di una terza variabile t, la determina- zione del numero m delle radici corrispondenti a punti con- tenuti in questo contorno, si ricondurrà immediatamente al calcolo degli indici di molte funzioni razionali di #, e se per ciascuna porzione del contorno OO'O". ... la variabile t cre- sce o decresce costantemente, mentre 1' arco si aumentaj al- lora per ottenere 1' indice della frazione razionale relativa ad una data porzione, basterà cercare il massimo comun divisore algebraico delle funzioni intiere di t che rappresentano i due termini di questa frazione razionale, poi sostituire questi due termini, ed i resti delle divisioni parziali alle funzioni indi- cate nella formola (217) da , , lóo Memoria sui rai'i'oiìti ne. 't-(5), •l\{s), '\>,\s) .>r. llitoiniauio ora alla condizione (97), alla quale è ben sovente utile il ricorrere nella teoria delie equazioni algebraiche e trascendenti, atteso che si è sicuri, (juando è adempita questa condizione, che il numero m delle radici corrispondenti a punti compresi nel contorno OO'O". . . . resta lo stesso per le due equazioni (_j.o) e (ico), o (225) U{=) = o, e n(::) ■+■ ct(-) = 0. Da quanto si è detto (jui sopra, se il contorno OO'O". ... si riduce al rettangolo formato dalle rette che rappresentano l'equazione (11), la condizione (97) si verificherà quando si avrà al tempo stesso (226) Xofr-t-y 1/-I) Y r,{x^y\/-i) , A 1 < I . A - < i X a,x-i-\.y — ij ' r n;x -t-rl/"— I) Allora il numero m sarà quello delle radici nelle quali la parte reale è compresa fra i limiti x X, ed il coefficiente di 1/ — f fra i limiti y Y. Se il contorno OO'O". ... si riduce al sistema di due rette, e di due archi di cerchio, rappresen- tati dalle equazioni (3o) , la condizione (97) si verificherà quando si avrà (227) r Po ^ ' Po TF^^"^ V.re ) ' __o [ V IV— l ^ ' P TT, /'l/-'.^ o rr, > -'^olTfr e' ^ ) n(re ) ^ o ' ed allora il lumiiìrc ni sarà quello delle radici per le quali Del Sic. Agostino Cauchv l5r il modulo r è compreso Ira i limiti r , Rj e 1' angolo p fra i limiti o , P. Se il contorno 000". ... si riducesse alla cir- o conferenza del circolo descritto col raggio II le condizioni (227) dovrebbero essere rimpiazzate da una sola cioè (328) a'' fl5^^_Zl^ A„-(-A R-i-A R» A„ . „ (239) _S__L__f_ -H....= -A-+-A-+-A R-Hecc ^ ^1 R Ria Allorché facendo .07 2 = Re ' '''' "" '•' <''>'i3^^'' si può scegliere l'angolo/; in modo che abbiasi identicamente (aio) a -f- a s -H a 2"-f- * ' o I a = ( A H- A R -+- A R^-t- ecc.)(cos.T-i- 1/ — 1 sen.r) ; rappresentando t un arco reale, la formola (aSa) si riduce alla (241) a'' 73[Ke'^~') = A H- A R -+- A R^'-h . . . , "^71 01 a ■■;;v e il valore del rapporto (235) oppure (289) corrispondente alla radice positiva deli' equazione (287) oppure (238) è precisa- mente il modulo principale della funzione "(2) irfr) z Questo è ciò che accaderà particolarmente se li coefficienti Tomo XX II. 20 i54 Memoria sci rapporti ec. a , a , a ecc. 0 12 sono quantità reali dello stesso segno, o alternativamente positive e negative, poiché si verificherà la forinola (^4^) nel primo caso ponendo 2 = R, T = o, oppure a n; ^ ', nel secondo caso prendendo z ■= — R, T = o, oppure a. n. . ' ' ' ' Concepiamo, per fissare le idee, che si prenda '. " ■' ' S7(z) = acos.s essendo a un coefficiente reale e positivo. L' equazione (a38) ridotta a i , . R' I R4 I Rs - " \ ~ I -j, 1.3, A i.2..i.à 6 i.a 4 i.2.d.4 6 i.a.3.4.6 8 ammetterà una sola radice positiva cioè (243) R= 1,199678. . .. e il modulo principale della funzione sarà (^44) zi(z) acns.jz) z z 0,662742.... Dunque la radice z della equazione (245) z — acos.z = o e le funzioni di questa radice saranno sviluppabili in serie Del Sic. Agostino Cauchy iSS convergenti per mezzo della formola di Lagrange sempre quando si abbia (246) a < o, 662,742 .... il che già sapevasi. Immaginiamo ora che nei teoremi 4° e 5." si riduca /!=) ad una funzione intiera di z, di modo che abbiasi (247) f[z)=z-i-a z -h.-.-i- a z -ha z -^ a , 771— •! ^10 rappresentando m un numero intiero qualunque; allora pren- dendo per II(z) uno dei termini dei quali si compone quella funzione intiera, si stabilirà facilmente la seguente proposi zione. 9.° Teorema sia .,,,.,;s,„,,;, .„,^^ :.,;.!,., ^,:j.,;, ^,, ,,,,.,,, ^ (248) z -i- a z ■+-....-*- a z'^-h a z -h a z=z o ,,, ,. 1 una equazione in z di grado m nella quale i coefficienti a , a , a , .... a possono essere reali o immaginarj. Se per un certo modulo R attribuito alla variabile z il modulo di un termine diventi maggiore della somma dei moduli di tutti I gli altri, r esponente di z in questo termine sarà precisamente il numero delle radici della equazione (^4^)' '^ quali offrono dei moduli inferiori ad R, e si calcoleranno facilmente con r ajuto di serie convergenti i coefficienti di una nuova equa- zione che non avrà altre radici che quelle di cui trattasi. Dimostrazione. Infatti siano - - : ( A , A , ... A i valori numerici, o i moduli dei coefficienti Memoria SUI RAPPORTI ec. a , a , I . . a 1^ A -1-A R-H...-+-A, R'~'-f-A, r'"*"Va r'"~'-hR'". Se si riduce il contorno 000 " al cerchio descritto dall' origine delle coordinate col raggio R e se si ponga l ' ■ n(z) =az^ il numero delle radici della equazione (248) le quali offrono dei moduli inferiori ad R sarà in virtù del teorema 4-° eguale al numero l delle radici delf equazione l (aSc) c=c, se d' altronde si indicano le prime con (2-5 1) z , z ^ . . . z si potrà in virtù del teorema 5." calcolare con 1' ajuto delle serie convergenti le somme (25a) 1 a l z -+■ 1 "l ecc. ; 1 1. 1 Z -¥- . . Ù. Del Sic. Agostino Cauchy iS^ e per conseguenza i coefficienti della equazione che avrebbe soltanto le radici z , z . . . . z . D'altronde si potrà con l'aiuto delle forrnole (ii8), o (120) fissare i limiti degli errori com- messi nel calcolo numerico delle sonmie (aSa). Corellario 1." Siccome la ditf"erei>za (a53) R_(A-hAR-+-...-hA R ) m/ A A A A \ R / I ra— I m — a i o I V R K* ' * ' p^m— I j^m / è evidenteraenie positiva allorché il numero R supera la ra- dice positiva unica dell' equazione (a54) I = "'-' -+- -- ' - "° A, A. !■ ;; ''! ■ di cui il secondo membro decresce incessantemente e passa da un valore infinito a un valor nullo, mentre che si fa cre- scere R entro i limiti R = o, R=oo. Egli è chiaro che se il modulo di z diviene superiore a questa radice JI modulo R del primo termine supererà la somma dei moduli di tutte le altre. Dunque 1' equazione (24^) ammette sempre rn radici reali o imaginarie^ ciascuna delle quali ha per modulo un nu- mero infisriore o tutto al più eguale alia radice positiva della equazione (254). Corollario 2.° Siccome il modulo A del termine costante o supera la somma dei moduli di tutti gli altri termini, quando il modulo R di z diventa minore della radice positiva unica dell' equazione (255) A — A R — A R»....— A r'""'— R'^= e, ' 01 a in— 1 dal teorema 9.° ne segue che tutte le radici della equazione [58 Memoria sui rapporti ec. (a48) offrono Jei moduli su[jeriori alla radice positiva della equazione (:255). Corollario 3.° allorché per s = R , o z = He il modulo del termine a^z supera la somma dei moduli di tutti gli altri, una sola radice dell' equazione (248) offre un modulo interiore ad R. Questa radice può essere immediata- mente determinata con rajuto della forinola, (256) Z=y <-" d ^°o-^V^--^''m-r += ^ «='i.2..na/" "J^i che deducesi dall' equazione (a37) in 7 mettendo invece della funzione 7j[z) il rapporto (^57) e nel quale :: rappresenta un numero infinitamente piccolo che devesi ridurre a zero dopo la differenziazione. Aggiun- f'iamo che se si limiti a calcolare o;li n primi termini della somma die costituisce il secondo membro della formola (aSó), V errore commesso non sarà maggiore del più piccolo dei va- lori che acquistano le espressioni (120) (juando si suppone e = 2.1:11, vale a dire della più piccola delle due quantità (258) RM"l (_L^) , essendo il valore di ]\1 n(i-M) (2.'o) M = A a -{m — I) _ — m A mai^ior raoione 1' errore commesso non supererà 1 Del Sic. Agostino Cauchy I^g valori delle espressioni (aSS) corrispondenti al valore di M determinato dalla formola , (a6o) M = A -1- A R'^ -)-A R'"~'. o a m-^i A K I Affinchè la formola (a56) sia applicabile alla determinazione di una radice della equazione (^24^)' ^^^sta che il piìi piccolo dei valori di M dedotti dalla formola (2,59), cioè a dire il mo- dulo principale della funzione (257) sia inferiore all' unità. Del resto quando 1' unità è maggiore del valor minimo del rapporto, che forma il secondo membro della formola (a6o) , cioè del valore corrispondente alla radice positiva unica dell' equazione ;[ .j.^ ^ x,^ ...,q ;,!:.:>(, •r:(! ::::i.^^ •.(■. (a6i) A = A R'-i-aA R»-(- . . . .-i-(/72— i)R , può limitarsi a prendere per R la radice di cui trattasi. Per mostrare un' applicazione delle formola precedenti conside- riamo in particolare l'equazione i;i^;;i, f 1 , u ■ ' iì(.!j;,ii ^ i/i. (a6a) z^-+- \oz — 1=0, siccome in questa equazione il coefficiente io della prima po- tenza di z supera la somma dei valori numerici degli altri coefficienti i ed i, si può affisrmare che una sola radice of«- frirà un modulo inferiore all' unità. Per determinare questa radice col mezzo di una serie convergente basterà ricorrere alla formola (a56), in cui (a63) .=2"=°°-^- ( ■ V /-' iiziiiL ■ : .: ; ' ' „— , i.i.i....n \iof rfi"— ' dalla quale si ricava ;6o Memoria sur iiAPPOnTi ec. ^l-T- ■ . . .] 20. a.. e per conseguenza (265) z=o, 0999990000499996500094.... D'altronde siccome le formole (aSg) , (a6o) daranno 1' una e 1' altra M=-i±|L, si potrà prendere per M e per R nelle formole (a58) il mo- dulo principale della funzione e il valore corrispondente di R, cioè la radice positiva unica dell'equazione (2,61) ossia I = 4R*. Coìi si troverà R= iXl = o, 7578.... e M=o, 1649.... ' j Ora il secondo membro della formola (a65) essendo il valore ' approssimato di z che somministra l'equazione (aóS), quando si trascura nella somma indicata dal segno 2 il termine cor- j rispondente ad n±2,ò e quelli che seguono, Terrore che si commetterà prendendo per z il numero 0^0909990000499996500094 composto di ventidue cifre deci'mali sarà piia piccolo della Del Sic. Agostino Cauchy i6i seconda delle espressioni (a58) nella quale il prodotto 26 26 ^^^rr/" . (o,i64o3..; - ■ • - ^5^^^(o,.6493...r'=(o,c349...)(o,rc493..y •i Ora il logaritmo decimale di questo prodotto essendo ') ■j aa -+- o. igaó. ...,• .L'i. '\tfttfir\'\ « "(rrno '[ f^()i;ì ne risulta che l'errore commesso sarà minore di • ,• ' ' JKJ U tillliVOi , ì; -i^ j siijuti Ì8 iv obllCUI» I;0 . ' (IO)" ' iiunr.up In conseguenza nel secondo membro della formola (aóS) la ai^ cifra decimale è anche esatta. Corollario 4-° Allorché per z =z R, Q z =z txe il modulo AR"* del termine a 2^ supera la somma dei moduli di tutti gli altri termini^due sole radici dell'equazione (a48) offrono dei moduli inferiori ad R. Se si dicano z , z queste due radici, la loro somma, e la somma dei loro quadrati po- tranno essere immediatamente espresse in serie convergenti col mezzo delle formolo (a66) z ■+-Z = 2 I »■( M*T I p ) 'M li''! I (—1) I an— i(a -t-a s-t-a.,t3-»-...H-,i_^ . -h e ) n I 2 n=i na i.2...ia«— i) ^n—i 2 de n^oo, , n nn ir / % . ra— i m.n " I a n=i 720 i.-'..(ai— I) , an— i 2 d £ che sì deducono dalle formole (i3a), (i33) sostituendo alla funzione ct(z) il rapporto ..^i/ t,v,\ Tomo XXII. ai \()2 Memori*, sui rapporti ec. (268) -^-a i-Hoii'-t-.-t-a e nelle quali e rappresenta un numero infinitamente piccolo che deve ridursi a zero dopo la differenziazione. Aggiungiamo che se ci limitiamo a calcolare gli n primi termini delle due somme che costituiscono i secondi membri delle lormole (266), (267), 1' errore commesso non supererà riguardo alla prima somma il più piccolo dei valori che ricevono le espressioni (120) quando vi si faccia e =■ 2tR, vale a dire la più piccola delle quantità (269) rm"l(-ì_) , _«^ essendo il valore di M (270) M=A_2 l l "'-!■ e riguardo alla seconda somma il più piccolo dei valori che acquistano le espressioni (ii^ì) quando vi si faccia e = 2;iR; N = i\{2l) = 2R cioè a dire la più piccola delle quantità (27,) aRVL/_L_), -^ ■ ) M) ' A più forte ragione gli errori di cui trattasi, non supereran- no i valori che ricevono le espressioni {270), (271) quando si attribuisca ad M il valore determinato dalla formola (272) TVT;= ° ' 3 m_. A R» a Memoria sui rapporti ec. a63 Dopo di aver calcolato con l'ajuto delle equazione (266), (267) le somme z -+- z , z ^-«-z * si determinerà facilmente il valore lai 2 del prodotto z z per mezzo della formola (373) Z Z=_J " i' I a 2 . . si conosceranno dunque allora i coefficienti della equazione di secondo grado (274) z" — [z -^ z )z ->^ z z ■=■0, la soluzione della quale somministrerà immediatamente i va- lori delle radici z , z . Osserviamo d'altronde che potrebbesi determinare immediatamente il valore della differenza z — z per mezzo della formola ' *— '' (275) {z —z Y= a(z -+- z )^— (z -f. z )% (-T^) -K* ;J. e calcolare in seguito z , z per mezzo delle due seguenti (276) Z : 2. I 2 a ^-*-^a Affinchè sussistano le formole (266), (267) basta che il più piccolo dei valori di M dedotti dalle formole (270) , cioè il modulo principale della funzione (268) sia minore della unità. Del resto quando 1' unità supera il valor minimo del rapporto che forma il secondo membro della formola (272), vale a dire il valor corrispondente alla radice positiva unica dell'equazione ^r-i:) (^77) i64 Del Sic. Agostino Cauchy A A =A R'-r-aA R»H-...-^(/?z_3)A R h_(to— aìR si potrà limitare a prendere per R la radice di cui trattasi. Per mostrare una applicazione delle formole precedenti con- sideriamo in particolare 1' equazione (278) 10;=" I = o. Siccome in questa equazione il coefficiente io di z"" supera la somma dei valori numerici i, ed i degli altri coefficienti, si può accertare che due sole radici z , z offriranno dei nio- ' I 3 duli inferiori all' unità. Per determinare queste radici per mez- zo delle serie convergenti basterà ricorrere alle formole (aó6), (267) nelle quali (279) ..(3.n—ij2n ' \ IO J 2« — I ' de -i")") dai quali si licaverà ",^-,^— \^o} ■2:ì\u.) 3.3.4.5 \.o; ec. (aHc) ec. e per conseguenza z -v-z = — 0,00 10000700099. (28.) z ="4- .:; '=■ o,iooooa5cooo . . , si avrà dunque Del Sic. Agostino Cauchy i65 (z — z )'=a(z ^-t- z M — (z -+- z )*=o,aoooo4ooo6o . . , , * 1 a' ^ I 2 ' * I a (v • '.: 1 e supponendo z < z . 12 j , • ; ì (282) z — z = — 0,447318068284 . . . , 'j poi si concluderà dalle formole (a8i), (282) congiunte alle formole (276) ( 2 = — o,22355go3o637 (283) I r z = -H 0,223659037640 a ,,, ..t .fif .'l'is "!• ri Mii:(ìtifì Per altra parte siccome le formole (270), {^7^) daranno l'una e r altra si potrà nelle espressioni (269), (271) prendere per M e per K il modulo principale della frazione e il valore corrispondente di R vale a dire 1' unica radice positiva della equazione {277), ossia . , I =3R5 si troverà così ' ' ' "~ • "^ " - ' ' ' ' ' ■" R= [/ -j = 0,8027 • • • • 5 M = 0,2069. • • • In conseguenza la seconda delle espressioni (271) ed a maggior ragione la seconda delle espressioni (^tóg) non supe- reranno il prodotto I i66 Memoria sui rapporti ec, n (284) (0,1625 j'"-^*^^ >" . Ora i secondi meiiihii dello fortriole (it3i) sono i valori ap- prossimati che le ei[uazioni (279) somministrano per le (|Uan- tità 2 -4- 2; , z "-)- s % quando si trascurano nelle somme in- 121 2 dicate d.il segno 2 i termini corrispondenti ad n =■ 16 e li susseguenti, ed allorché nel prodotto (284) si fa «=16, esso diventa 3,9... (.0)'^ Dunque nel secondo membro di ciascnna delle formole (281) e in conseguenza nel secondo membro di ciascuna delle for- mole (288) r undecima cifra decimale è ancora esatta. Egli è importante 1' osservare che se la tuzione _f{^) al- gebraica o trascendente è il prodotto di molti fattori fi^h />).• ••• — I 2 le formole (86), (87) trarranno seco non solamente l'equazio- ne (83) ma ancora la seguente (auS) / -j-r ^ ds = I ^ =1_ — ds -(- / ' =:_ t- ds . . . Ciò posto immaginiamo che le variabili reali .r, /, e quin
  • ) X.i^h XÀ^Ì- inilu'ii come pure (p{s), ^{s) funzioni reali di s. Siano d' altronde z e z , i valori di z corrispondenti ad s = s , ed s = s . Dalla I 01 formola (83) si ricaverà non solamente 0 -"^-'<:((^)) ,;! .'v'Vr. (■'^■l'i:' ma ancora /'; #1; i' *=M ^M-.)i - i-t =^xw 1 " ' (a88) -V-. /"■((^')). o^ a' \ -v-'::((^;)) ecc.. ,, ■ •.••-. '.fi /.•■ r:in:i ; .fi -jì;!; /;,ì ed in conseguenza 1' equazione (aSS) darà (■j ri-; ;.*]..! i68 Memoria sui happoeti ec. (.89) L[-/(z)]_L[±:/(.j]_V- ^;;((fi)) = L[±:f{z)]^L[:±fi^zJ]+ .... -L[=t:/^(.j] D' altra parte si caverà dall' equazione (86) (.90) f(z)=f(z).f(z) I ~ o — 2, o e in conseguenza purché la somma (292) are. tang. __L__ -+- are. tang resti compresa fra i limiti ^, -h -L si troverà parimente (298) L[±f{zJ]=L[±r^{zfi^L[±fl,zJ]^ purché la somma (2,94) are. tang. _1 . -+- are. tang. •- sia pur essa compresa fra i limiti ^ , -t- — . Dunque se le somme (292), (^94) offrono valori numerici inferiori a ^ nr, T equazione {287) potrà ridursi a Del Sic. Agostino Caucht cJr^ Imaginlamo per fissare le idee, che la funzione f{z) venendo spezzata in due parti 11(5;), ?d(z), si prenda /j.)=n(z),j;(.) = .H-^. . Se i valori di U(z) corrispondenti a z = z , ed a z:=z sono tutti due reali si avrà e in conseguenza ciascuna delle somme (292) , (294) essendo ridotta ad un solo termine offrirà un valore numerico piìi piccolo di ^ . Se d' altronde la condizione (97) si verifica per i valori di s contenuti fra i limiti s^s , s = s si avrà 'im)-' I 01,:. -■ ;. ;■;.!;.; n a e in conseguenza la formola (295) darà ■ h i'IO(':::r i'fll'rm i i :/:1<' \ ir : !i ii.n,:^Vof, '^ '](;■ ;i ^il;) r'.p..-)-:'^:: Dunque si avrà per dei valori pari di m (304) ^=11^.1/ ((^^]), i'^2. Me.mouia sui iiAproRTi ec. e per dei valori dispari di m (305) ^ = ^_5/„((£^)). Tali sono le forinole , che per una equazione algebraica di grado pari o dispari determinano il numero delle radici delle quali la parte reale è positiva. Il valore di II clie in queste medesime formolo superar deve la radice positiva unica della equazione (2,54) può essere, se si vuole, supposto infinito. Si avrà dunque ancora per dei valori pari di m (306) , = ^^irj|^)), e per dei valori dispari di m (30,) ,=^-irjl€^)). In queste diverse formolo ^(o. 7), ^(o, j) sono funzioni reali di y determinate dall' equazione (3o8) f{yi/—i)=' — ~^ — '"-' X[x,y)=y [/ (;r)-// (a:)-H . .-+-(— i ) "" /'""'] Ciò posto se si rappresenta con l'Ki t! ■^1 ■- ■■ ■ ; ciò che diventano le funzioni f[x).J[x)^f{x) . . . ._/__^H per un valore dato di ar, il numero ^ delle radici che offrono parti reali superiori al valore di cui trattasi sarà in virtù delle formole (Sio), (3ii), (Sia) per dei valori pari di m (3.9) .-K -■ . ^=^-x/4^ .. .:; m jj ;. (• 1^6 Memoria sui RArrORTi ec. e per dei valori dispari di m m — j T a / Vl—l VI Or . t I \ f \ 3\y —y _(m_2-+-- • ••+(—') -Z, ) si può d'altronde ridurre la forinola (Sig) alla -4-7 . o . — I e la formola (Sac) aUa nz— I m — 3 m — i ,co y ^ u-,-y "" 4-3-^ ---(-(-o ^ / »!'^ I m- -3 Ora da queste ultime forniole si concluderà attribuendo ad jìi successivamente i vaioli particolari 3, 4 5 5, 6, 7, che il numero ,14 delle radici delle quali la parte reale supera il va- 1 lore dato di x è per una equazione di terzo grado (3o3) u = 1— J- r-^ — I -■' -' , per una equazione di quarto grado Del Sic. Agostino Cauchy 177 (62^) ^_2 ,i_ 2W,-^^ ((rl3 -■/,»' per una equazione di quinto grado (3i5) /^=è-W((7yr--^- .~: ~ . T I o ((y'-2/3-t-_/j)) per una equazione di sesto grado ^ ((7)) ((J'))/, o '(^75-^/3+/,)) finalmente per una equazione di settimo grado -v-/^v m, O (Xyi-y-l^^yf^ _/^ )) ;.! n o ciò che torna lo stesso * {O^'v , V ,ì,.l'- . -. : ..; /SaF,^ // — X i /■— = I / -/5_/6 ~l/a ir ^i-Zó "if j°° j'-/l/5+2/3^i .'j? f,iorji4 18 Qi r/iO » ^(y^HUe-M'^^Ue-M^J^M-n^ Se si voglia applicare la formola (828) all'equazione (3i3) si troverà, Tomo XXII. a 3 I^O Memoria sui rapporti ec. f {x)= x"! — aa-^— 3a-^-t-4x" — 5x-4-6, / (.v)= 7X'^ — I ox^ — 9x^-1- 8x— 5 , I / (x):=2 1 X^ — 2CX^ — l)X-i-4^ f^{x)—ò5x^—zcx^-3, f (a:)=35x' — I ex fix)=ilx'—2 i ■ 1 I f{x)= ix; I si osserverà J' altronde die le diverse radici della equazione (3i3) devono oflrire dei moduli inferiori alla radice positiva unica della etjnazione (329) x1—%x^—''òx^—àfX^'—^x—()=o e per conseguenza superando il numero 2 rjuest' ultima ra- dice, avranno tutte delle parti reali comprese ira i limiti — 2, -+- 2. Ora se si faccia successivamente si otterrà i." dalla formola (Sao) per x r=. — i. r f° yS — iQr'-t-iaj-t-aS r ^~^~\ ' i2((9j»-8j-.3)) — °- 2.° dalla formola (827) per x ■= o Del Sic. Agostino Cauchy J^l^ 3.° Dalla f'ortnola (3a8) per x = i . ,.„, ^ o 4i(27r— aax— 16)) ' r. Dunque l' equazione (3 1 3) ammetterà una radice reale nega- tiva contenuta fra i limiti — ii, — J, e delle altre sei radici, due offViranno delle parti reali negative comprese fra i limiti — I, o, due offriranno delle parti reali positive comprese fra i limiti o, i; finalmente due offriranno delle parti reali posi- tive comprese fra i limiti i, a. Ritorniamo ancora all'equazio. ne (2,4^)1 ^ supponiamo che il primo membro o la funzione H^) essendo decomposta in due parti n(z) , ts{z) ^ si indiclii con z=:a una delle radici della equazione '' ' ICO n{z) = o; . . .' ' se si faccia z-=:.a-^u, l'equazione {24^) diventerà (33o) n(a-i-«)-Hsr(a-l-7f)=r o; se d' altronde per un certo modulo V della variabile imagi- naria Z la condizione (33i) A'i^:^ < I '•'' ' ■ si verificili, il numero delle radici che renderanno il modulo della differenza z — a inferiore ad V sarà lo stesso per l'equa- zione (248), e (100). Ciò posto ammettiamo che tutte le ra- dici della equazione (100) diverse da a rendano il modulo della differenza z — a superiore ad V, una sola sadice della equaziono (248) sarà della forma a ->r- u essendo il modulo di u inferiore ad V, e questa radice potrà essere sviluppata in serie convergente dalla formola i8o Memoria sui rappouti ec. essendo il segno E relativo al solo valore u:=o della variabile u; o ciò che torna lo stesso dalla formola (333) c = « + 2"="t:0l /- rizlfiiif Aggiungiamo che se si esprime la variabile u in funzione di un'altra variabile v di modochò abbiasi (334) "=V rappresentando V una funzione di v, all'equazione (33i) potrà sostituirsi la seguente essendo E il segno relativo al solo valore di v che si ricava mettendo nella formola (334), u-=o. In quanto all' errore che si commetterà se nelle somme che contengono le forinole (33a), (333), (335) si trascuri il termine nesimo ed i seguenti esso non sorpasserà il prodotto (336) essendo il valore di M (337) M = A "'"tl^ , Del Sic. Agostino Cauchy i8i Tonno, 8 Agosto iBSa. a Postscriptum. Applicando all' equazione (3i3) le formole (Saj), (SaB), noi abbiamo concluso che questa equazione am- metterà una radice negativa compresa fra i limiti — 2., — i e che delle altre sei radici due solamente offrivano parti reali comprese sia fra i limiti — i, o^ sia fra i limiti o, i, sia fra i limiti ì , a. Se saper si volesse quali sono fra queste ultime radici quelle che restano reali, basterebbe ricorrere alla for- mola (iBg). In fatti in virtù di questa formola il numero jn delle radici reali della equazione (3 1 3) minori di un dato nu- mero X sarà , , . (338) m = / ^;x«-,oz<_9x'+8x_5 ^ o ciò che torna lo stesso riguardo alla formola (2,o3) .; I j 7X^—10X4— oX'+8X->5 T _ j t3X»h-6X3— loX'— t5X— ai i "^2'x7— 2X5_dX3-+-4X"— 5X-t-ò * ((ar))"'"^-' 7X6_ioX4_9X'-+-8X— 5 ' ("^ I ,62X4— 7oX3-(-i23X'— i63X-t-io _j ij 629X3— i266X'-4-a83oX— 2933 _i_ "'"2-' 2X5-+-6X^— loX^— i5X— 21 "((x)) 2'62X4^::^X3+i23X-— i63X-*-io* H-^)> ' D'altronde l'equazione '. ' .. j ' (340) 629X'—i266X"-f-a33oX— 2933=0 non ha che una sola radice reale atteso che le due radici della derivata sono imaginarie; e questa radice reale minore del numero 2, supera il rapporto |, la sostituzione del quale in luogo di X rende negativo il primo membro. Ora, siccome questa medesima sostituzione rende positivi li due binomj 62X* — icx^, ia3a:" — i63.r iSi Memoiua sui nAPPORTi ec. ne risulta ehe si avrà se il iiuintno X è minore della radice positiva della equa- zione (^^4*^)' "^ (O^Q.) y (,(wo.r3— i2(,6.ri-v-i83oj:— 2o3:-ìn ' — 00 ((629X'— i206.r^-i-ii8i>ojr — 21)33)) nel caso contrario. Dunque se nella l'orinola (33o) si ponga successivamente X=i, X=i, se ne concluderà por X=i, />z:=i, e per X=a, m=S. Dunque 1' equazione (3i 3) ammette solamente tre radici reali, cioè una radice negativa compresa fra i limiti — 2, — i, e due radici |)ositive comprese ira i limiti i e 2, oppure tra i limiti I, ed i:,55, a motivo che il polinomio (343) f{z)=z^—2z''—3z'-i-4z^'—5z-i-6 che resta positivo per c=i, e z=^ù. e diviene negativo per z :^ - — - = I, 5, riconduce un valor positivo per s=r,6ed 1 1.5-»- 1.6 _ rr ,-r anche per z ^= — - — — r=i, 00. . Q. Ciò posto siccome indicantlo con a una delle tre quantità 1 ,55 <■ prendendo U{z)=f{a), et(-) = /(=]—/[«), hasterà attribuire il modulo -^ o — alla variabile ii=zz—a per verificare la coii- 010 "^ dizione (33i), cosi le tre radici reali della equazione (3i3) potranno essere sviluppate in serie convergenti col mezzo della iormola (33''') o Del Sic. Agostino Cauchy .^83 (344) z^a-^-i^ l^X dalla quale si ricaverà per _,, / ■ I ; I } . , -1 . ) j Il .i ; -.1 .,.' . ili 1 ■ I;. • ' '^ '; J !•,>.■' ■ ■ , ( , " I i84 SOPRA L' ANALISI LINEARE PER LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI DI I." GRADO MEMORIA I. DEL SOCIO PROF. GIUSEPPE BIANCHI liiccvuta adì 3. Genncijo 1839. i.\^uanto più riesce all'Analisi di raccogliere, stringer e rac- chiudere in poche verità o principi le varie parti e dottrine della Matematica, tanto più questa Scienza ne acquista di unità o coordinazione, di generalità o ampiezza, e di utilità o applicazione agli usi. Un siiFatto intento è stato per molta parte con profondi studi conseguito dai moderni Analisti ne- gli oggetti e nelle trattazioni del calcolo superiore; ma nei rami inferiori di questo, sebbene più tacili ad esaminarsi, ri- mane tuttora a desiderarsi per avventura qua e là una mag- giore connessione e generalità di cose^ che comprenda ogni maniera di casi e (juestioni relative, e che inoltre faccia co- noscere il legame o il passaggio dalle elementari alle teoriche delTAIgebra le più elevate. Mi è sembrato quindi opera non perduta l'occuparmi di uno degli aigomenti più ovvj esem- plici, qual è l'analisi lineare, nel quale io non so aver al- tri mostrato, come da una sola proposizione derivino tutte le indagini e determinazioni particolari spettanti ai problemi di 1." grado. E tal e il soggetto che io mi propongo di co- minciar a svolgere nella presente Memoria. 2. Indichiamo un numero m d' incognite diverse con x , ° 0 X , X ^ ec, X i e siano esse vincolate fra loro con m equa- m- zioni lineari, come segue Del Prof. Giuseppe Bianchi i85 u X -^ b X -+• e X -k- . . . . -^ r X =5 o o o I o ii o m—I o (')• a X ->r- 1) X IO 1 e X - I a. •r X := S i m— I r \a X -\-b X -^c a; H-ec. ec.-i-r x z=s m — I o m— I I m^i a m— i m— i m^i Io dico ricavarsi da queste equazioni / ^ A B G \^i) X— Y ? X— Y ; X— Y • ■ ir 5 CO» Ci>* CV • _i V ove con A, B, C. . . . R, V s' intendano altrettante intere e determinate funzioni dei coefficienti a , b ^ ec. s , a b ec. s O O Oli t ec. ec. a , b ec. s ra— I m»— I m — i Supponiain infatti che questa proprietà si adempia e sus- sista nel caso di un numero m— i di simili equazioni e di altrettante incognite. Dalle (i) eliminando la x si hanno le ^ ' o seguenti di numero m — i (a b — a b )x -t-(a e — a e )x -\-GC.-^{a r —a r \x -r^a s — a s IO Oli IO Oli 10 0 1 m—i IO CI (a b —a b )x -i-(a e — a e )x -4-ec.-i-(a r —a r )x m — I 0 o m—i I n;— I o o m^i a in— i o^ o m—i '""' =fl s — a s m—i o o m—i E proseguendo in queste l'eliminazione, se ne traggan dun- que per ipotesi i valori B C _R x—Y^ X — y ; ec. ec. x^_ — ^ . Sostituiti questi nella prima delle (i), e posto per brevità a4 S = ^ B -1- e C -+- ec. ec. -H r II o o o Tomo XXI L ]o6 Sopra l'analisi lineare ec. si ottiene a X -+- rrr =: s ; onde .r = _i! o o V o o a V o Ora dal modo, secondo il quale si è formato V ed S, è facile il dedurre che si 1' una che l'altra di queste quantità risulta moltiplicata e divisibile quindi esattamente per a . Fatto per- CIO — I^ = A, ne viene x = yr , ove A e V sono ciascuna o liinzioni intere dei coefficienti delle (i). Ma tali pure si sono supposte B, C, ec. R: dunque 1' enunciata proprietà si adem- pie altresì per ?jz equazioni ed incognite: cosicché sussistendo essa, come può verificarsi, nel caso di due equazioni, sussi- sterà quindi anche nel caso di tre, quindi anche per quattro, e infine per un qualunque numero ììi di equazioni lineari e d' incognite. In questo semplice teorema tutta si racchiude r analisi lineare, ed io mi accingo a sviluppamela. 3. Poiché dalla scambievole permutazione degli a nei coefficienti b per le equazioni (i) la x cangiasi nella x e questa in quella, corrispondentemente A dovrà cangiarsi iu B e B in A, senza riguardo al segno. Avvertasi però che il comune denominatore V é una funzione di tutti i coefficienti a, b, ec, r la quale nella scambievole permutazione di due qualunque fra essi non mutandosi di assoluta quantità, mu- tasi nondimeno di segno^, come tosto si scorge per due equa- zioni ed incognite: appartiene cioè V a quelle che 1' illustre analista Caucliy denomina funzioni alternate., anzi ha la forma della più semplice di esse qual è a— b. In conseguenza di che. ritenuto nelle (a) che V abbia sempre lo stesso valore positivo, sotto r indicata permutazione scambievole A si can- gerà propriamente in — B e B in — A. Oltre a ciò avendosi identicamente s \ = a \ -^ b B -¥- e C •+■ ec. -i- r \\. Del Prof. Giuseppe Bianchi 187 se ne deduce « A-t-J B-Hc C -4- ec. H-r R o E qui si osservi che, dipendentemente dal modo praticato in formarlo, il denominatore V non contiene alcuno dei termini j , j , ec. s ; cosicché tai termini contenendosi in ciascu- 0 I m— I no dei numeratori A, B, C ec. R, nella funzione a k-\-b B-+-ec. o o -t- r R dovranno elidersi da sé i termini affetti da j , j ec, j o I a TO— I e solo vi resteràj come fattore dell'intera quantità, s . Quanto o infine ai numeratori A, B,ec. R^, scorgasi facilmente che cia- scun d' essi cangiasi in V^, senza mutazione di segno, solo dal permutarsi li 5 , j , ^ , ec. s in una specie dei coefficienti o I a m— I a , b , ec. r ; e che nell'inversa permutazione V cangerebhesi 000 ^ rispettivamente in uno di quelli. E per esempio V si cangerà in A, sostituendo nel primo s ^ s , ec. s in luogo rispetti- ' o I m—i vamente Ai a , a , ec. a ; oppure in B, surrogando s , O I 772 — 1 ° O s , ec. s a Z» , Z» , ec. b ; e così via discorrendo. 1 772^1 O I 772 — I 4- Date pertanto le m equazioni lineari colle m incognite diverse x , x ec. x ; fino a che i noti coefficienti a , b ec. O I 772 — I O O r , s ; a ec. ec. non avranno particolari valori e saranno at- 001 fatto indipendenti fra loro, si otterrà sempre dall' eliminazio- ne ciascuna incognita, e sussisteranno le (2), in cui A, B, G, ec. Il, V sono quantità generali bensì o algebriche ^ ma pienamente determinate. Sotto questa condizione e in questo punto di vista ci si offre generalmente e propriamente l'analisi dei problemi determinati di i.° grado. Ma quando pure si ab- biano m incognite e altrettante equazioni diverse di 1.° grado fra esse, dipendentemente dai particolari valori dei coefficienti numerici e dalle relazioni che ne risultano^ può accadere uno de' seguenti casi: i." che i rapporti -==- , —, ec. conservino ]u3 Sopra l'analisi lineare ec. ciascuno un valor Unito e determinato^ nel qaal caso l'analisi e il problema saranno bensì determinati^ ma particolarmente: 2." che una o piìi delle quantità A^ B, ec, R diventi nulla; e allora insieme annullandosi una o più delle incognite ^ e rimanendo lo stesso numero m di equaxioiii, quindi maggiore di quello delle altre incognite, per queste 1' analisi e il pro- blema sarà piucchè determinato. Perciò inversamente un pro- blema piucchè determinato può riguardarsi in generale come un caso di analisi determinata, ove Ita m incognite un nu- mero ni di esse abbia per ciascuna il valore zero; e perchè in particolare la soluzione sia possibile e tutte le m equa- zioni fra le m — ni incognite siano soddisfatte, e non si con- traddicano a vicenda, è necessario die fra i coefficienti a , o b ec. r , s , a ec. ec. sussistano le m relazioni A = o O 0 0 1 B = o, ec. ec: 3.° che A, B, C, ec. , R conservando tutte e ciascuna un valor finito, si trovi invece V^o; nel qual caso ciascuna delle incognite ha la forma — , e significa l'impos- sibilità del problema per tutte le incognite a un tempo. E tale è r espressione della quantità immaginaria semplice o di primo grado; vale a dir essa è costituita nella forma che ap- pellasi dell' infinito^ la quale offre in sé l'assurdo e la con- traddizione di un rapporto che non può come tale sussistere; poiché non può aversi relazione calcolabile se non fra cose della medesima natura; ed essendo A di una data specie qua- lunque, astratta o concreta, lo zero non è di alcuna specie , né concreta né astratta: 4-° che insieme a V= o, si abbia A=o, B=Oj ec, onde ciascuna delle incognite prenda la for- ma — ; e dovranno prenderla tutte a un tempo; affinchè per una delle A, B, ec. R che non fosse = o, il problema non sia impossibile, come nel caso 3.° precedente. E in questo caso di tutte le incognite eguali ciascuna a -^ si ha propria- mente e generalmente a rivolgere l'analisi indeterminata dei Del Prof. Giuseppe Bianchi 189 problemi lineari. Quindi T analisi indeterminata è anch'essa un caso particolare dell'analisi determinata; e così, pei pro- blemi di I ." grado, tutto si riduce a considerar un numero di equazioni eguale a quello delle incognite, coli' unica distin-* zione, dal determinato generale agli altri casi, che i coefficienti numerici delle m equazioni sieno fra loro indipendenti, op- pure vincolati da relazioni particolari. Ora veniamo allo svi- luppo dell'analisi lineare nei differenti casi avvertiti^ limitan- doci colla Memoria presente alla parte dei pjroblemi determi- nati e piuccliè determinati. l .r.fì .:;.f) 3 f ■'. .'■.> , H . ■'> ^ ■'■:■-'• '■■ .i [)'.'!;■ i-trj-v -•-!.;; Analisi lineare determinata. ^ 5. Tutta l'arte del calcolo per la determinazione di m incognite da m equazioni di i.° grado, a coefficienti sciolti e indipendenti fra loro, consiste, per l'eliminazione e per le cose premesse, nella formazione di una solamente fra le quan- tità A, B, ec, R: perocché trovata una di queste, se ne de- duce di seguito ciascun' altra mediante la rispettiva e vicen- devole permutazione di alcuni dei coefficienti a ^ b , ec. r , "• 000 a , ec. fra loro, cangiato il segno a calcolo finito, e .se ne ha dipoi V per la (3), ovvero dalla permutazione reciproca degli a negli s per la sola A, o dei b negli s per la sola B, o ana- logamente per ciascun' altra { num. 3. ). Posto ciò ed elimi- nata dalle (1) la x ^ nelle m — i equazioni che ne derivano ^ . a a a indichiamo per brevità i coefficienti di esse con b ,c , d ,ec. a a o 0 5 ' Z* , ec. ; onde abbiasi 0 I ■,[) ^ilii) c(')ijv.-''iv MI oJinj'CCirii v'. IQO Sopra l' analisi lineare ec. b X -4-c X -\-d X -+-ecc.-i-r x =5 0 I O 2 O 3 O «— t o a a a a a b X -+-C X -t-a a: -+-ecc.-i-r x =s 1 I • I a . I 3 .1 m — I . I a a a a a b X -Hc X -hd X -i-ec.-i-r x =5 m — a I 772^3 2 m — a 3 m— a m— J m— a Del pari eliminando x dalle precedenti ;?z — r, e chiamando e , 1 m— a co a o I m^4 ^ ^ m^i o a b e a b e -hs.bcd , — .<■ b e d ODO m — 4 "^ — ' eco 19- Sopra l" anali;: lineare ec. a b e d ale d a b e d s .= / a b c d e .—a h e d e — a b e d e m— 0 I 1 I I I 771 — O III 77i — 4 C I I a 0 77J- a b ed a b e d l-j-fl b c ^ d e — a b e d e 1 I 77; — 3 0 0 I 2 O I 77i— 5 a b c -t-a b c d I a O 77l.«-4 , a b e d a b e d a b e d l-^a b e d e . — a b e d e — a b e d e 1 3 o 0 I 77!— a e e 2 O I I 771 — J a b e d a b e d ab \-+-fl b c d e -'r-a b e d e . — a b e 0 I 771 -f 0 0 2 0 77! — 5 2 C 771 — 3 a b e d a b e d a b e d }-\-a b c d e .^a, b e d e — a b e d e 3 0 0 I 771 0 3 0 0 771—4 0 4 C C O 771- a b e d ,-ha b e d e n—i 0 0 0 0 a b e d a b e s b c d e . — 5 b c d I I I I 771^0 d a b e d e —s b e d e I I I 771 4 0 ab ed a b e d ■ s b c ^ d e — s b c d e II 771-3 co 120 I m—j I I 2 0 771—0 a b e d S b C d e 12 0 771 \ C a b c d a b e d a b e d ■s b c d e . — s b e d e — s b e d e I 3 0 e 771^0 I 771^2 0 O J 2 C I I 771 0 a h e d ■s b c d e - 2 e I 771^4 0 a b e d S b C d e a b e (f/^c' — 5 b c _ d e , a e 2 e r:^} 2 e 77! — 3 e c| a b e d a b e ■s^ b c d e .— 5, Il c d . „.._..- 3 0 O I 772 — 0 3 0 0 771 — -i 0 -f C 0 c m — 0 d a b e d e — s h e d e a h e d ■ s b c d e 771— r c 0 0 0 e C051 di seguito, bi concepisce tosto come derivino e si com- a h e ponjaiio siniiiraente le une dalle altre le funzioni s . s • $ - d t s , s ec. e ordinando rultimo sviluppo qui esposto secondo Del PnOF. Giuseppe Bianchi iqS i coefficienti s ed a, facilmente se ne ravviserebbe la forma- zione successiva nel numero, nei segni e nella singola specie dei termini, ciascun de' quali è di m dimensioni nella funzio- ne j = R. Più semplicemente però e più presto si scorge la o formazione medesima nel modo che segue. 7. Pongasi ■:■" i'>' ■■" •■; " (6) R=X% -Y'a ' ' "• •' • :' ' o o o o indicando con X la funzione degli a e con Y la funzion degli s nel valore di R. Con X rappresentisi la X , ove Siano permutati gli a negli s, e del pan con Y la lunzione Y permutando in essa gli s negli a rispettivamente. Si ha (7) X = Y , ovvero Y = X . 00 00 a b" a a b" _ Pongasi ancora.... X = X a — Y £< , ove X indica una funzione O Ti IO I di b , ò , ec, b ,e Y una funzione di a , a , ec ^ a ; e sia qui pure X la funzione X permutati entro essa b in a , b in a , ec, b ina ? e Y la funzione Y 3-3. 3 m — 2 m^mi i I 11 1 • a a a nella quale si permuti a m b , a, in b , ec, a in b ^ I 3 2. m^i m — 2 Si avrà X = ^ 5 ovvero Y ^ X . Il II b e a b b e Facciasi di nuovo.... X = X b —Y e , intendendo per X una I 2 I 2 o a Tomo XXI f. a 5 194 Sopra l'analisi lineare ec. Ili 1°' a a funzione di e , e , ec. e e per Y una funzione di Z» , i , I a TO— 3 a a 3 ce. £( ; e sia X "la funzione X allorché in essa can- giasi e in ^ , e in b ec. e in Z* , significata 1' ia- I 2, 2 3 m — 3 m — 2, versa operazione in Y con Y " . Sarà ^ a a X ' = Y , ovvero Y " ' = X . a a a a e ai/ ce Parimente posto X = X, e — Y^ J , colle simili permutazioni a o I 3 o SÌ ottiene X = ì ■) ovvero Y = X^ . 3 3' 3 3 (f e'^ e d" d _ E slmilmente fatto X = X J — Y e , si ha 3 4 1 4 "^ X = Y , ovvero Y " = X i 4 4 4 4 e così di seguito. Pertanto^ sostituendo le poste funzioni suc- cessivamente nella (6), avremo Del Prof. Giuseppe Bianchi igS ) ^= a s a {a,s) X s — Y a = X s — X a OO 00 00 oO =(X a—Yb\s—X a—iX a —X " ^ b )s —X a \ 1 l IO/O O Oli I 00 o < h" h (K^\)°\ (e a b b \^b ,a^) a\ (X b—Y c)a^X ' ^ b]s — ai a o 1 I 0/ o ■A a o o ' X ' ^ ' (C°„) «\ (a,0 d^b l ci' t, e" e a (e" J°) b (J" a ) a = (((X e— Y, t^ìZ»— X ' ^ c)a—X ' ^ ^ \^^ 3 1 3 o' I a -' ' (Xb-X'^c)a-X'^ò)s—X a ai a oi I o/o o o I s —X a / o o o = ( (X c-X ' ^ c? j^» — X ' ^ c)a-X ' ^ b)s V^ 3 I 3 o' I a o' I I o/ o 0 1 I (otO K (a,s) — X a o o Oc-X ' "\i)Z»-X ' ' c)a 01 3 oi a oi — X (i,,^^) « 0/ o o o ....(((X* p _X '' "^^ /)« -X ' /> )/-ec.) s — X a = j . o o o 8. È manifesta di qui la legge, onde formasi s ossia R. igC) Sopra l'analisi lineare ec. Imperocché risalendo al primo dall' ultimo precedente valore di R, si ha tosto e semplicemente <1 P ( li P ) "■ (9) X' =/; X'^'^^p ni'— 2, ■' 1 m — 2 a e poscia facilmente si troverà ip">"i) ^ P ^ P- A z= n q — n n m — 3 Q. i 3 o {^n ,l\) in i n p in i n p . ^^l'Ò r ^" ^ k l n hi k l n-, p X ' ''=l(i n~-i n)p —{i n — in)p \q m— 5 L 2 ' 3 0 1 ^ a a 4 o ' oj r [k l k l n k l k n-i p . Il n —i^ n )p — li n — i n)p \ n ' ^ i' 2.' e così di mano in mano, fino a X , supposto che i coef- I ficienti dell'incognite nell'equazione (i) s'indichino per or- dine, dall'ultimo al primo, colle lettere r, q-, p^ «, /, i, it ec. Se pongasi ad esempio ^=6, si avrà ( e ,(f)dh \ (a, 5) e (((X d—X ' ^ e )c— ec.)^— X ^^^41 4 o' I / o o a -=s j d „ 1 d ,c . e colle sostituzioni successive di e per X ,di d per X ec, se ne ricaverà il valore (5) di s antecedentemente svilup- pato e in cui facciasi to = 6. E qui osserviamo che il primo elemento, a così dire, di R e del valore dell'incognita x , è la quantità q , risultandone da immediata e semplice per- Del Prof. Giuseppe Bianchi n 1 197 mutazione il secondo p e con regolare andamento i termini 2. o elementi consecutivi. Ma la proprietà essenziale o caratte- ristica della soluzione di un problema lineare determinato si è la forma stessa X^ —Xa di R, e consiste nella derivazione o o per semplice permutazione di Y da X^ di una metà dei ter- mini di X dall'altra, e così via discorrendo; lo che però è naturale conseguenza del metodo usato di eliminazione. g. Resta che determiniamo i valori delle quantità com- pendiate b , e ^ d ^ ec, espressi pei coefficienti a ^b , e ^ ec, ^ 000 T , a ec. ec. dell'equazioni (1). Osserviamo perciò che si ha dall' eliminazione b =■ a b — b a b =a b — b a \ a o a o i a a a a C ■:=■ C b — b C : o h i 1 ;n h a a a a C b — b C ; b = a b — b a '-, m^a m^i o m^i o a a a a C == e b — b c ; m^o o m—2. o m—2. e Ih h h d ■=■ d c — c ^;ec. o 01 O I e h h b b d =:ì d e — e d ; ec. e b b b b c d _;ec. o m — 3 e osserviamo pure che dalle i , Z» , ec. si deducono rispetti- vamente le e , e , ec, permutando nelle prime Z» in e; e pa- J° J ' b b . rimente \t d ., d ec. derivano dalle e , e ec. permutando in ig8 Sopra l' analisi lineare ec. queste le e in d, e cosi di seguito. Quindi tutto il problema si risolve nella forma e nel valore delle funzioni b ^ h ^ ec. O I Pongasi per brevità h ■=■ a b — b a = (a,b) c=a e — e a =: [a^c^ h e := b e — e b ■=■ {b, e) O IO I o ^ ' ec. ec. Si ha da queste relazioni (il) {a,h)=—{b,a); {b, c)=— {e, b); ec. ed inoltre fra otto coefficienti a , b , e , d ., a , ec. sussistono O 0 O O I le formole di semplificazione o riduzione (a,b){c,d) H- {b^c){a^d) = {a^c){b.4) {b.,a){c,d) -+- [c^b)[a.4) = {c,a)[b^d) {a^b){d.c) ■+■ {b.,c){d,a) =-. {a.,c){d,b) {b,a){d,c) -f- {c,b)[d^a) = {c.a){d,b) {b,a){d,c) ^ [b,c)[a.,d) = {a,c){b,d) [aM){c4) -+- {C:b){d,a) = {a,c)[b,d) delle quali av velandosi identicamente o per se la prima, le altre ne vengono per le (ii)- Similmente per abbreviazione pongasi (la) Del Prof. Giuseppe Biakchi 199 {c,d)b — {b,d)c-^-{b,c)d=:{b,c,d) '■.■:. (i3) ' - - ^ {c.,d)a — {ajd)c -4- {a,c)d = {a,c,d) ec. ec. ec. ec. le quali potrebbero anche scriversi con segni tutti positivi nel modo seguente >, ■ •, . _, ^-m {c,d)b -t- {d,b)c ■+■ {b,c)d= {b.,c,d) (c,d)a ■+• (d_,d)c ■+- (a^c)d =: (a,c.jd) "'' ' ' ec. ec. ec. ec. ' ' '- ove nel i.° membro ciascun termine deriva dal precedente con ordine e concatenazione costante di lettere; ma torna più comodo attenersi ai segni alternati e alla forma delie (i3). In quest' ultima posizione di quantità si effettuano pure le seguenti permutazioni e relazioni - (i4) -h{b,Cid)=: -f- {c,d,b)= ■+■ {d,b,c)= —{d^c,b)— — {b,d,c)= — {c,b.d) ec. ec. ec. ec. ec. e si vedrà essere ancora - - (a,c,e){b^c,d)—{a.b,d){b,c.,e)=-i-{a,b,c){e,d,b) {a,b,e){a,c,d) — [a,b,d){a,C;e)= — {a,bjc){a,d,e) ec. ec. ec. delle quali una sussistendo e avverandosi per sé, le altre ne derivan per le ('4). Più oltre si faccia 2.C0 SorRA. 1/ ANALISI LINEARE PC. {c,d,e)b^—{ù,d,e)c.^-h{b,c,e)cl^—{b,c,d)e={b,c,d,e) (.6) {c,d,e)a^—{a,d,e)c,^-^{a,c,e)d^~(a,c,d)e^={a,c,d'e) ec. ec. ec. ec. Similmente ( 1 7) {c,d,e.f)b—{b,d,e.f)c^-i-{b,c,ef)d-{b,c/Lf)e^-h{b,cAe)f ={b,c,d,e,f) e cosi successivamente; adempiendosi poi anche nelle (16), (17), ec. proprietà o relazioni analoghe alle (ii)e(ia), (14)? e ('5). IO. Si ha ora e si trova dalle premesse considerazioni e formolo a = a m^i m—i a h =1 b a — b a m— 2, o OT— I m—'\ o h c ■=\(b,c)a — [a,c]b -^(a,b)c ] a jn — 3 "-^ m — I ' m — i m^i-' o e (18) d =={b^c,d)a — {a^c.,d)b ■+-(a,b.d)c —(a,b^c]d ](a,b)a^ ' ni — i-"^ o e =\lb.c,d.^e,)a — {a,c,d,e)b -\-la,b,d,e)c m — 5 rn — i m — i m — i — {a^b,c,e)d -\-{a^b^c,d)e ](a,/^c)(a/)V . ec. ec. ec. E manifesta la formazione progressiva o la legge di questi va- lori che possono continuarsi fin all' ultimo coeflìciente /-delle a a incosnite nelle date eriuazioni. Riiiuardo ai valori b ^b ■, ec. Del Pjrof. Giuseppe Bianchi 201 e ^ e ^ ec, essi contengonsi nei precedenti (18), in questi ba- O I stando porre, in luogo di m rispettivamente, gl'indici i, 2, 3 ec, e avvertendo che nei secondi membri non si cangiano fuorché a ^ b , e ec; onde sarà per esempio m—I ;?:— I m — i e :=[(Z',c,Jje)a — {a^c,d^e)b -\~ {a^b^d,e)c^ — {a,biC^e)d -^{a,b,c^d)eMa,b,c,){a,bfa '^:=z[a,b,c^d^e){a,b,c){a,bYa *. Quindi ancora, essendo r ,q ,p ,n , l ec. gli ultimi coeffi- o ■'o ' O O o cienti delle incognite, avremo q r = [{b,c,d,ec.,r)a — {a,Cid,ec.,r]b •+• ec. . . . (19) ziz[a,b,c,ec.q)r ]{a,b,c,...p){a,b^c,....lY....{a^bY a * =[a,b,c,..,r){a,b,c,....p){a^b.,c,....lf{....{a^bY a * valendo nello sviluppo del primo fattore di r il segno -»- dell' ultimo termine per m dispari e il — per m pari e non am- mettendo le potenze negative del a nei fattori susseguenti. Cosi abbiam eziandio immediatamente ottenuto il valore di V, denominator comune delle incognite, attesa la (4). 1 1 .Trovati i valori di R e V, formiam ora quelli di A, B, ec. Q; onde ne sia esplicitamente determinata ciascuna incognita, e ciò ( come si disse num. 3 ) mediante le reciproche per- mutazioni dei coefficienti a , 6 , ec A tal uopo richiamiamo 00 il valore (8) di R; ed essendo indifferente che la prima in- cognita dell'equazioni (i) a sinistra sia piuttosto la x che I una delle altre x ,x ,ec., supponiam che prima diventi suc- cessivamente la ar , la x ec. Ritenuto nel resto l'ordine delle Tomo XXII. " a6 aoa Sopra l' analisi lineare ec. precedenti operazioni si avrà (oc) a {a,s) R=X s — X a 0 0 o o =X s — X h IO 1 o e (c,s) =X jf — X e a o a o q (q,s) =X S — X n m—i o m—s. 0 !> e q ti denotando con X , X , ec. X quello che diviene X col I 2, 771—1 O permutar successivamente a in Z» , in e ?ec., in q e inver- o o o ■'o samente. Dagli m — i valori di \x. permutando in essi ciascuna successivamente delle a ^ b , ec. n in r , ciascuna delle a , ceco I b ^ ec. n in r , ec. e viceversa, risulteranno i valori di I ^ I I — A, — B, ec. -^ Q; onde sarà (2.) r (r,5) A= — X .? -4-X r 0 0 o o T (r,s) B= — Xs-hX r lo I o c= — r X 5 2 0 -t-X r 0 Q= — r X m — -2 S -hX o m—2. R=: •+• a X s — X a Del Prof. Giuseppe Bianchi ìio3 Ora essendo V^ = Aa -+- B^ -t- Ce -H ec. -i- Rr , e i termini s o o o o o non contenendosi né in V, né in alcuna delle funzioni X , X , ec, X , dovrà identicamente sussistere 1' equazione (r,ì) (r,5) (r,i) (r,s) (a,s) (22) X a -+-X Z» -t-X e -^ec.•^-X q — X a =0 m—3, o e resterà più semplicemente (a3) V=x" T —(X fl H- X b -hx'^ e -»-ec.-t-x' o ), *' oo^oo IO ao m— a •' o' altra espressione del valore di V che in fondo è la stessa delle (3), (4) e (ig), e riuscir deve una funzione alternata dei coeffi- cienti a , b ^ ec. r , a , ec. ^ ) , n, ; .1 0001 la. Nel fin qui esposto e nelle precedenti formolo tutta si raccoj^lie la generalità e lo sviluppo dell'Analisi lineare determinata, poiché, senza ammettere particolari valori e re- lazioni dei termali s , s ec. e dei coefficienti a , b , ec. r , o I 000 a ec. delle incognite^ uguali in numero alle equazioni (1) , ahhiam trovato ed espresso il valore di ciascuna incognita. Niuno, eh' io sappia, degli Autori e Trattati di Algebra ele- mentare, offre tale generalità e sviluppo sino a formarne il valor esplicito dell' una o dell' altra di m incognite dedotto da m equazioni di 1.° grado. Il Gramer aveva bensì ravvisata neir equazioni lineari a qualunque numero d'incognite la re- gola generale per formar il valore di ciascuna d'esse coi dati loro coefficienti , e stabili ben anche le avvertenze circa i segni dei termini che costituiscono il numeratore e il deno- minatore di quella; ma egli non fondò questa regola che su la semplice induzione, dall' osservare cioè la forma del valor delle incognite nel caso che il numero tn sia di due o tre 2o4 SoriiA l'analisi lineare ec. soltanto (*). Per la risoluzione di simili equazioni Eulero segue il metodo di eliminazione che dicesi di confronto, e consiste neir uguagliar fra loro successivamente i valori di una stessa incognita ricavati dall'equazioni diverse; ma sebbene un tal metodo possa praticarsi, qualunque sia il numero delle inco- gnite, ove nondimeno sia questo maggiore di tre, avverte il medesimo Eulero che 1' usar di quello esiggerebbe calcoli grandemente prolissi, e propone perciò di ricorrere ne' casi particolari ad artificj e mezzi di abbreviamento , de' quali egli era si fecondo ed elegante inventore (**). Non trascura il Ruffiiii di spiegar il metodo di eliminazione e giovasi all' uopo degli apici per facilitare colle permutazioni la deduzione del valore di un'incognita da quello di un'altra; su di che anzi egli aggiunge una regola pratica per formar immediata- mente il valore di ciascuna incognita , risparmiandosene il processo e la fatica dell'eliminazione: ma questa regola ezian- dio diviene assai complicata e brigosa oltre il numero tre delle incognite, onde l'Autore si limitò a indicarla nei primi casi di due e di tre incognite (***). Frattanto l'esimio Geome- tra Cauchy;, cui tanto deve 1' analisi moderna in ogni parte, dalla pili elementare alla più trascendente, ha proposto e di- mostrato un metodo elegantissimo, col quale il valore di una qualunque delle m incognite dell'equazioni (i) formasi per un semplice cangiamento di algoritmo, e senza bisogno alcuno di eliminazione. Il qual metodo per avventura non essendo a tutti noto, io mi reco a pregio di qui riferirlo brevemente. i3. Si consideri la più semplice delle funzioni alternate in riguardo ai numeri a, h, e, ec, r e chiamata IT tale fun- zione, sia perciò a4) n=(Z-,«)(c-fl)(c-^) x{rj-a){q-b){rj-c)....{q~r). (*) V. Introdution à l'analyse dos lignes courbos. Appendice. Note t.« pag. 658. ('*) Elemens d'Algebre, par Euler, trad. de rAUemand. T. I. 5- 6l5. ("*) Raffini. Algebra elementare, pag. 97. Del Prof. Giuseppe Bianchi ao5 Eseguito il prodotto del 2.° membro^ se ne ha un polinomio, Ola TO — 2 771^1 ciascun termine del quale ha la forma a b e ....q r ; variando però ne' diversi termini 1' esponente di ciascuna let- tera fra o ed m — i , e distruffsendosi a due a due i termini per la permutazione reciproca di due lettere in uno di essi e non nell' altro. Se ora gli esponenti si cangino in apici, ovvero in indici situati al basso di ciascuna lettera, e si chiami A quello che allora diviene la funzione FI, sarà A un aggre- gato di termini della forma a h e .... r , che avrà le o I a m — I stesse proprietà di II relativamente alla permutazione delle lettere. E vorrà dire, per natura delle funzioni alternate, che se in tutti i termini della A permutasi una delle lettere in un' altra senza vicendevolmente permutarvi questa in quella, necessariamente ne verrà A = o. Facciasi . jìtì-'I;? <;o:ì .t)ir. (aS) e quindi A=A a-1-Afl-t-Aa-Hec. -t-A a 00 II a 2 m—\ m — r ulii^ (.ira iillr;L' oiuoii (a6) Aè-HA^-4-A^-f-ec.-t-A b =0 00 II a 2 M— I m—i A c -hA c h-A c-f-ec.-HA e =0 00 II a a m^i m— i ri)..!! ■ ÌJ A r-i-A r-hA r-f-ec.-t-A r = 00 II 22 m^i m—i ognuna delle quali sussiste identicamente. Ora moltiplicata la prima delle (i) per A , la seconda per A , ec, 1' ultima per A , e sommando insieme tutti i prodotti, in conseguenza delle (a5) e (26) si ottiene Aa- = A j - o 00 •A s - I I ec. k s i m—i m — I ao6 SopuA l' analisi lineare ec. e perciò A 5 -(- A i -t-ec. -i-A s (27) X =_JL2_^_1 "'-' '"-' ^ " o A ove il uuiiieratore non è altro che A, cangiati in qnesto sol- tanto gli a negli j, come indica la (nS). Poiché dunque si ha A, etTettuando il prodotto (^4) ' '^ ^ |)rodotto eseguito sosti- tuendo gì' indici o, I, 2,., . . . ni — i agli esponenti della stessa cifra, potrà il valore di x rappresentarsi come segue: o / ox . (h—s)(c—s)(n—b)...'q—s)l'}~i)(ij—c)...(q—r) ^ °> ^^—(h—a){c—a)[c—b)..(q—Li)(,i—hì{,i-c)..(q—r) e ijuesto chiama il Gauchy un valor simbolico dell'incognita, non sussistendo esso difatti se non colle accennate condizio- ni (*).E dopo ciò sarà fìjcile il persuadersi che la funzione A secondo il Cauchy non è altro che il comune denominatore delle incognite avvertito da Cramer e la quantità V sempli- ficata della mia soluzione: se non che formar dovendosi questa A o V dall'aggregato dei termini, dì numero i .n.'ò.... m, se- condo tutte le situazioni degl'indici o, i,a. ...,to — i in uno di essi, come a b e .... r , e di più richiedendosi una 0 12, m— I speciale avvertenza sul segno di ciascun termine, mi sembra che nell'effettiva e pratica soluzione dei problemi tornar possa più spedita ed esente da sbagli la composizione del valor delle incognite nel modo per me dichiarato. Proponiamocene ad esempio la risoluzione di sei equazioni che richiederebbe di calcolar nel polinomio A settecento e venti termini; il qua! esempio potrà servire in Astronomia nel caso che abbiansi, per opposizioni osservate, le sei equazioni lineari fra le cer- cate correzioni agli elementi dittici di un [)ianeta. i4- Siano duntjue le equazioni proposte o (*) V. Coiirs d'An.ilyse ile l'Ecole Rovai" Polvtfiliiiniue i." paitie. Ch. III. png. .Si, pt 1,1 Note IV paj. 521. Del Prof. Giuseppe Bianchi 20; a X -\-h X -+-C X -\-d x-\-e x -\- f x,-= s 00 01 02 o3 04°^ " a X -^b X -'r- e X -i-d x -^ e x -+- f x -=.3 IO II 1 ù. i3 i4'5 I a X -\-b x-^cx-\-dx-i-e x -i- f x =s il 2, 2. 2. 6 3, A -^ ù, b 2, a. o a^ X -hb^ X -)- c^ X -H<:/, a:,-4- e^x -i- f x = s so 3i ó 2, s3 3430 3 a X -i-bx -^-c x -+-d x'-+-e x -ì- f x = s 40 4r 42, 43 44 -^4 5 4 a X -t-Z/. X -\-c X -t-fi? X -\- ex-+-f x =s 5o Si 5a 53 54-'55 5 Prepariamo le quantità come segue ia^b) = a b — ab *^' "''■"■'■ I O O I («,c) ^ a c — a e -■■ I ■ ■■ IO 01 (a.,d) = a d — ad 10 o I (a,e) = a e — a e IO CI, (b.c) ■= b e — b e IO 0 1 {b4) = b d — h d IO O X , (ag) .'-■ (Z,,e) = Z' e — Z* e '^'^^ IO 01 '\n>, (c,d)—c d — e d iWuM <:..-.'' IO 0 1'-' {d,e) = d e — d e \{V ° ° ' ..0) (OCl 2o8 Sopra l'analisi lineare ec. {a,b,c) = {b,c)a — (a.c)b ■+■ («,^)c^ {a,b^d) =: {b,d)a^ — {^À)b^ -t- {a,b)d {a,b,e) = {b,e)a^— {a,e)b_^-{- {a,b)e ^ {a,b,f) = {bj)a- {a,f)b^-^ [a,b)f^ {a,c,d) = {c,d)(i^—{a,d )c^-h{a,c)d^ (a,c,e) = {c,e)a^ — {a,e)c^ -4- {a,c)e^ {a,c,f) = {c,f)a^ - {aj)c^ -i- (a,c)/^ (a, J,e) = {d,e)a^ — {a,e)d^ •+• {a,d)e_^ (a,d,f) = {d,f)a^ — {a,f)d^-^ {a,d)f^ (3o) (fl,e,/) = (e/)a^ - («,/)^^ -H {a,e)f^ [b,c,d) = (c.r/)ì'^ — {b4)c^-^[b,c)d^ {b,c,e) = (c,e)i^ — {b,e)c^ H- (^^,0)^^ (Z,,c/) = {c/)b^^ - {b.f)c^ + (^^,0)/^ {b4.e) = (^,e)Z.^ — (Z.,e)^^-+- (Z.//)e^ {b4.f) = {d,f)b^ - {b.f)d^^ + {b4)f^ (b,e,f) = (e,f)b^^ - {b.f)e^ + {b,e)f^ {c,d,e) = {d.>e)c^ — (c,e)^^ -h {c,d)e^ (ed/) = {d/)c^ - {c/)d^-^ {c4)f^ (ce,/) = (e,/)c^ - [c,f)e^ -^ {c,e)f^^ {d,e,f) = {e.f)d - [d.f)e^ -H {d,e)f Del Prof. Giuseppe Bianchi 209 {a,b,c4)={b,c,d)a—[a,c,d)h^-^{a,b,cl)c^'—{a,b,c)d^ {a,b,c,e) = {b,c,e)a^—{a,c,e)b.^-h{a,b,e)c^—{a,l?,c]e^ {a,b,c,f)={b,c,f)a^—{a,c,f)b^-+-{a,b/)c^—{a,b,c)f^ {a,b,d,e)={b.4,e)a^—{a^d,e)b^-+-{a,b,e)d—{a,b,d}e^ {a,b,d/)={b,d/)a^—{a,d/)b^-i-{a,b.f)d—{a,b,d)f^ : ■■\ • .: iL- ' {a,b,e,f)={b,e,f)a—{a,e;f)b^-i-{a,b,f)e—laAe)f^ {a,c,d,e)={c,d,e)a^ — {a,dje)c -h{a,c,e)d — {a,c,d)e (3 1 ) {a,c4,f)={c4,f)a—[a4,f)c^-h[a,c.f)d—{a,c,d)f^ {a,c,e,f)={c,e,f)a—{a,e,f)c^-^{a,c,f)e^—{a,c,e)f^ {a,d,e,f)={d,e,f)a^—{a,e,f)d._^-^{a,d,f)e^—{a,d,e)f^ {b,c,d,e)=:(c,d,e)b^'-'{b,d,e)c^-+-{b,c,e)d^—{b^c,d)e^ [b,c44)=[c4,f)b~{b4,f)c^Mb,c,J)d-[b,c4)f^ {b,c,e,f) = [c,e,f)b-{b,e..f)c^^{b,c,f)e^-{b,c,e)f^ {b4.e,f)=[d,e.f)b-{b,e,f)d^Mb4.f)e-{bAe)f^ {c4,e,f)={d,e,f)c^—{c,ej)d^'^{c4,f)e^—{c4>e)f^ Tomo XXII. 27 210 Sopra l'analisi lineare ec. {a,b,c^d,e) = [h)C.jCl.je)a — (a,c,d,e)b •+• {ayb,d^e)c — {a^b.jC^e)d ■+■ (a,b^c^d)e (a,b,c,d,f) = {b^c^d,f)a — [a>c,d,f)b ,-^ {a-,b^d,f)c T 4 T — {ajj,c,f)d -¥- (a:,b^c./l)f ia,b,c,e,f) = {b,c,e,f)a — {a,c,e.f)b -¥■ {a,b,e,f)c — {a,b,c,f)e -h [a,b,c,e)f (3a) {a,b,d,e,f) = {b,d,e,f)a — {a,d,ej)b ■+■ {a,b,e,f)d^ — {a,b,d,f)e^-\-{a.,b4,e)f^ {a,c,d^ef) = {c.,d-,e^f)a — {a^d.,e^f)c-¥- [a^c^e^f)d — {a,c/l,f)e,-\- {a,c4->e)f, 4 4 {b,c4,e,f) = {c4>e,f)b — {b,d:e,f)c ,-^ {b,c,e.f)d^ — {b,c,d,f)e -h {b,c,d,e)f 4 4 Con questi valori si otterrà b = a b — a b 0 IO 0 1 a b = a b — ab 1 a o o a (33) b''= ah —a b^ ^ ' a 3 o o d a b ■=. a b — a b ^ 3 4 "^ '^4 a b -^ a b — a b A 5 o o 5 Del Prof. Giuseppe Bianchi aii e =\(b,c)a — (a,c)b -i-{a,b)c ]a o *• ' i2 a a* o b - I c =[{b,c)a — {a,c)b -¥• {a,b)c^a (34) ' ^ ^ ^ ° ■ li •■;■ - i d :=\(b^c,d)a —[a^c^d)b -h{a,b.,d)c, — {a,b^c)d ]{a,b)a * o o 3 i> o o »r)ij'» (36) d =[{b^c^d)a — [a^c^d)b -^{aj}^d)c — (a^b^fi)d\[afi)a * 1 ^ 4 T" 4 *^ ^ =[(è,c,J)a^— {a^c^d)b -i-{a,b,d)c — (tìSjè^c)^ ](a,,è)£i e =[{b3C,d,e)a — {a,c^dj,e)b -h {a,b.^d,e)c — {a,b,c,e)d '..'.• ■:''." '" -t-(a,b,c,d)e ]{a^b,c){a,b)*a 'i (36) , 4 e =[[b.jC^d,e)a — [a.fi^d.,e)b -¥■ [a,b,d^é)c — {a^b^c.fi)d. I j 5 o ^ -\-{a^b^c^d)e \a^h ^c){a^by' a < e finalmente /" =[(Z»,c,J,e,/)a — (a,c,J,e,/)^.H- [a,b,d,e,f)c —{a,b,c^e,f)d (37) -\-[a.b,c..d->f)e—[a,b,c.d,e)fXa,b,c,d){a,b,cY{a,bfa * 55 o ={a^b,c^d,e,f){a^b,C:,d){a,b,cY{a^bYa '=V. Dalla quale, permutando gli / negli j, ricavasi aia Sopra l'analisi lineare ec. e s =z[[b,c,d^e.)S)a — {a^c^d^e ,s)b -\-{aJ^^d,e,s)c —(a,b,c,e^s)d o i> •> 5 5 (38) ■^[aJ}^c4>s)e—{aJj^c,d^e)sA[aJj,c^d){a,b,cY{a,Ìjfa « o o o =:[aJ?^c,d,eis)[a^b^c^d){a^h,c)'{a^bYa ^= F, onde ^^1 5~ V — {a,b,c.d,e,f) • Per la scomparsa del comune fattore {a,b,c,d)[afi,cY{a,bYa * il valore cosi ottenuto di x è ridotto algebraicamente a' mi- nimi termini; e perciò nelle applicazioni particolari o nume- riche gioverà sempre di anteporlo al risultamento dell'elimina- zione ordinaria, quando il numero delle incognite sia maggiore di tre. Dal medesimo valore, mediante le reciproclie permu- tazioni di / in e, in d, ec, in Né è difficile il vedere che i valori (43) sono tali, quali si avrebbero per eliminazione dalle prime date e di numero m — i equazioni; e sussistendo con essi la (4 1) il problema ne verrà Del Prof. Giuseppe Bianchi ai 9 sciolto e non ripugnante colla eminesima equazion data. Ma i valori (42) di Q, P, ec, A, che racchiudon s ed i coef- ra.— 1 fìcienti r , r , ec. r , sono perciò appunto più generali de- o I m — I IO gli ultimi. ao. Siano m di numero le equazioni ed ?n — a le inco- gnite. Oltre la x si potrà supporre anche la x =0. Quindi per le B=o, Q=o sarà lb,c,ec.g,s)a — (a,c,'ec.n,s)b -\-ec.:iz(a^b,c,ec.g)s =0 {b,c,ec.p,r,s)a — (a,jC,ec.p,r,s)b -i-ec.zìzia^b,Cjec.p,r)s =0 per mezzo delle quali determineremo tosto due coefficienti , per esempio s , r , ed avremo (*jC,ec.j,j)a.^_^_(a,c,ec.y,f)5^_j-t-ec. m—I : {a,b,c,ec.(]) tn^i ±{a,b,c,ec.p,s) ove nella seconda si ponga il valore di s tratto dalla pri- ma. E più semplicemente, avendo fatta =0 ciascuna delle arbitrarie r , r ^ ec; r e la r =1, si ricaverà s dalla o I TO— a m — I w— 2 Q'= o e si avrà m — 2 ±(a,i,c,ec./») Fatta = o anche ciascuna delle arbitrarie n , a . ec. q ^ e ■' o •' I ■* «2—3 \& q = I se ne dedurrà ^ 2iO Sopra, l'analisi lineare ec. V"=zìz{aJj^c,tc.n.>s)==zizl{b,c,GC.n^s)a ■— [a, esecri ^s)b ,-t-ec. m — ò ' m—a , . ■±:[a^b,c.ec.n)s A N"=z;:(ajèjC,ec.Zp/?55)=:+:[(Z?5C5ec./7,5)a — {a^c,QC.p^s)h -t-ec. ±{a,b,c,ec.j>)s J (45) A.''=zìz[b,c,ec.n,p,s)-=:izl{c,ec.?i,p,s)b — {b^ec.7i,p,s)c •+- ec. w— 3 TO— 3 zL{b,c,ec.p)s ] \'=zìz[a,b^c,ec.p)=::±:l{b^c,ec.p)a ^ — {a.,c^ecp)b -t- ec. ziz[a,b,c,ecM)p ^_^] e saranno le incognite P" . N" . _ A" m — 3 V m — 4 ' o V Similmente per m equazioni ed m — 3 incognite, avendosi an- cora X ^= o, si dedurrà dalla P"= o. (46) (.!>,c,ec.n,s)a^_^—{a,c,ec.n,s)b^__.^- m—'i :^[a,b,c,ec.n) onde fatto ciascuno dei p , p , p ■. ec. p eiruale a zero e p := :, SI avrà 47) Del Prof. Giuseppe Bianchi aai W=zìzia.,b^CyecJ^s)= :ìz]{b,c,ecl,s)a — (a,c,ec.l,s)b ,-+-ec. ^ / i.\ ra— 4 77J— 4 . ^ ' ' w— 4-' =z^(b.)C,ec.n,s)z=zzp\(c,ec.n,s)b , — (5,60.72,5)0 h- ec. ^ ' L\ / ^ ^ Top— 4 V"'=rp{ajJ5C,ec.w)=Hir(&jCjec.ra) ^ ' ra.— 4 N'" . A'" m— 4 V o V J ■ 1 Ed estenclendo il discorso ad m equazioni ed m — rri incogni- te, se ne determineranno i valori di j ,5 , ec. ^ ,; m — I m— 3 m—m e si otterranno come sopra i numeratori e il denominator co- mune delle m — jji incognite, i quali già non sono che i valori di esse dedotti dalle prime date m^-nì equazioni e che, sostituiti nelle restanti rrì equazioni , debbon soddisfare al dato valore dei coefficienti s ^ s , ec. s , non in- 771— I m—2. m—m dipendenti fra loro come tutti gli altri. r,i , .i^: . " ai. Ma per abbracciare la massima generalità e per in- cludere nei valori delle incognite li m coefficienti che dipen- dono dagli altri, poniamo per brevità 3 O ziz'.a^bx^ec q)=a \ rir(a,Z',c,ec.»,5)=/? ; •±i[a,b,c^&c.n.q,s)=.y o -"'o o ^i[a,b,c,ec.p,r)=a •,±{a,b,c,ec.p,s)=^ •,'=fz[a,b,c^ec.n,r,s)^'y ; i-8) •±:[a^b^c>Qc.n.,q^r)=za •,z+:[a,b,c,ec.n.,q,s)=^ •,^:{a,b,c■,ec,n,r,s)=y ; ec. z^[biC,ec.q,r)=a •,±(b.C:.d,ec.q,s)=3 =p(5,CjC?,ec.B,r,5)=:r : 22,2 Sopra, l'analisi lineare ec. In conseguenza di ciò avretnà '.'■>.<' t^ --, • • • ' > > zt.--:'r: R^a s -Ir B a '^ 7 P H-ec.-i-p a o m—I o m—i o m — i o m^i Q=:a s .-*-/? r -\-y p -nec.-t-p m—y (ig) P=a s -ì-3 r ■+• y (/ -f-ec.-f-p a m-'i 3 m— I 'a ^ m—i 2 ■/5 <2 a /■ -f- y (7 -j-ec.-+-p o m— 2 m— 1 'm— a^ra— I m— 2 m— i ove i coefficienti di 5 , a , ec. o non sono tutti sciolti m—i m—i OT^i fra loro; ma si ha /? = —B ; B = — y ; y = — y ; ec. Essendo I oa '02 'i pertanto m di numero le equazioni (i)ed;n — ra' le incognite, potremo supporre = o ciascuna delle w' ultime incognite nelle w equazioni, ossia potrà farsi j; =x ....■=.x =0: co- ni—i m—2, m — m' sicché avrassi R:=Q=:P....=i o, e quindi le (49) porgeranno un numero m di equazioni per determinar un egual numero di coefficienti s m— I m— I TO— 1 . (7 , — o , ec. I a ec. Indicate perciò con -—a , ^ o (7 le somme dei termini che nelle (49) m'—i non contengono alcuna delle m' quantità s avranno le seguenti equazioni , r , ec. SI m—i m—i (5o) a a a a m—i o ■* m—i ' o p -f- ec. := 0" m — I o p -t- ec. = (T m—i i ■ ec. = 0" , s -4-/5, r ^ y q -t-ec. = a, 'i_i m — I m — I m— I ' ?;ì^^i m— i w^^i e se ne ricaverà Del Prof. Giuseppe Bianchi aa3 ABC - " 0 T (5i) s = _2.; r =__£_; ^ =_!. ec ^ ' m—t V TO— I V 'm—I Li quali valori dì s , r j ec. , sostituiti nei numeratori m— I m — 1 e nel denominator comune V delle m — m' incognite, le ren- deranno di necessità soddisfatte e sussistenti, generalmente parlando. aa. Le equazioni (5o) sono un caso speciale di analisi lineare determinata; poiché in ognuna di esse manca una delle ricercate quantità r ,q , ec. e la sola s ritrovasi in m— I m—t m—i tutte. Per ottener in questo caso col nostro metodo sopra esposto i valori di A , B , ec. V delle (5 1), scriviamo le (5o) come segue a s -hB' r -hy' q H- ^' p -t-ec.=o- 0 m— I o ir.—i ' 0 ■'m—i o -" m—i o \ a s -t-/? r -t-y' q -\-b' p -Hec.=0' 1 rri'-x I m— -I ' i ,m—i ..4,, m— i i a s -f-/? r •+-Y q h-^' p -t-ec.^cr 2. m — I a 771 — I a ^m^i 2, m—i 2, 3 771^1 3 ni— I 'o m—t o * m—i 3 • • * « , 5 -+-/? , r -J-y flr ^d p -HeC.=S<7 dalle quali viene „ •'j'il (53) v = 0 {a,^,y,d. ec.) A = 0 :±(/?,y,^. ec.a) B = 0 C = 0 ec.ff) ecff) ec. ec. 224 Sopra l' analisi lineare ec. col segno superiore o inferiore, secondo die ?n è dispari o pari. Convien però avvertire che negli sviluppi delle (53) debbon mettersi le quantità segnate d'accento /?' ,7' ,^' ,ec. y' , O ' O O I Ò' .ec.cf' , ec. oche a sviluppo compiuto deve farsi 8' =y' =§' ... I -1 ' ^ '■ o ' I a ....=0; y' = ^ ; d' -^ y i, ec. Ò' = y :, e così di seguito, con o o o ' o regolarità manifesta 2,3. Ora, per un esemplo, sussistano le sei equazioni del num. 14, nia colle sole tre incognite x , .v , a; ; e sarà que- o I a sto come il supporre nelle equazioni stesse a- = :i; =a.v = o. Avendosi quindi F = E = D = o, dai valori di queste quantità recati nel detto numero si trae, per determinar s , f > e . ìj a ^ — {a,b,c^d,ey, ^ =:-^{a^h,c^cl.jS)^ y =; — {a,b,c,e,sy, ec. (54) a ^-\-{a,b,c,d,fy, /? = — (a,è,c,J,.j)j y =-^-[a,b,c,f^s)\ ec. a= — (a,^,c,e,/); /3^=-4-(a,^,c,e,5)j y= — {a,b^c,f,sy, ec. a = — {b^c,d,e,s)a -+-{a.)C,d,e,s)b — [a,b,d,e,s)c -i-{a,b,c,e,s)d (55) a = {b,c^€l,f,s)a — {a,c,d.f,s)b -\-[a,b^d.,f^s)c — {a,b,c^f^s)d I o o o o .__, a=—{b,c,e,f,s)a^-^{a,c,e,f,s)b^—{a,b,e,f,s)c^\_,J-,_'^,^' Formate perciò le tre equazioni '■ ' - 'm^ -oU^u (56) a^ s^-^ ^^ f^^y'^ .^ = a^ 25 2.-' b 'a 5 2 si avrà da esse Del Pkof. Giuseppe Bianchi aaS 5 V^ («jf'-r) o A s 5 Vjj («^^^y) E sviluppando, col porre infine 3' =o; y 7=3 \y =o,si troverà o 'oo'i V =(oc ^ —a ^ )^ —a 0 y o ^ai la'o oi'a A =(a /3 — a ^ W —a ^ y (58) B =(a (7 — a a )3 -+-(« e —a a )y OSI laoio o i"a C =(« a —a a )3 — [a a — a a )3 . o ' a o o a' I I o o i" a Dipoi sostituiti questi valori di e , f . s negli sviluppi di A, O O o B, G, V del num. i^, ne risiilteranno le tre incognite A _ B _ C ^ ■ "77" 5 ^ -^^ ^TT 5 «v '■ ■ "T7" 5 JCill determinate da tutte insieme le date sei equazioni lineari ; e i coefficienti di esse, che compongono A , B, G, V, tutti sa- ranno indipendenti fra loro, come nel caso del problema li- neare determinato e generale. Inoltre di questi coefficienti sedici sono totalmente arbitrari, e sono essi / , / , ec. / ., O I 't e , e ec. e , d ^d ec. d . E generalmente essendo m di nu- o I 4 o I 5 mero le equazioni, m — m le incognite, nei valori di queste formati col metodo precedente si avrà un numero m'(7?2 — i)-f-i di coefficienti da determinarsi a piacere. :, j ,' Tomo XXII. 39 aaó Sopra 1/ analisi lineare ec. 24. Pertanto nei pioblemi lineari piii che determinati , affinchè generalmente sussistano e non ripugnino insieme le m condizioni o equazioni fra le m — ni incognite, è duopo che il termine noto s sia tale da soddisfare la prima delle (5i), eguale cioè alla funzione degli altri termini e coefficienti in- dicata da — 2_; e inoltre che opportunamente si assegni il va- o lore ad un numero lìì — i dei coefficienti arbitrar) , introdotti dal considerar nulle m incognite nelle m equazioni , e vai a dire che si prendano r ,7 ^ ec. tali da soddisfarne le m— I m—i (5i) susseguenti. Dopo di che nei valori delle 7?z — m' incognite effettive del problema resteranno ancora le quantità o i coef- ficienti arbitrar] in numero di m{m — i)-t-i. Queste condizioni soddisfatte, potrebbe accadere che la soluzione o il problema l'osse tuttavia non trattabile e assurdo; ma ciò avverrebbe ]>articolarmente e in conseguenza dei valori speciali numerici attribuiti ai termini e coefficienti noti dell'equazioni, qualora ne risultasse eguale a zero 1' una o 1' altra delle quantità V e V ; il qual caso verrà in appresso esaminato. In riguardo poi alle condizioni o equazioni del problema piti che deter- minato che sono dette superflue o inutili , quando non ripu- gnano colle altre, e che realmente non servono che a confer- mar i valori delle incognite tratti dalle ultime ^ tutto ciò è vero finché si considerano e distinguonsi le quantità del pro- Idema in date e incognite; nel qual caso tornerebbe anche svantaggiosamente o vanamente complicato il metodo prece- dente di formar il valore di ciascuna incognita, traendolo da tutte insieme le equazioni proposte, come di necessità deve farsi nei problemi determinati. Ma se le quantità si distin- guano e si considerino altre variabili, ed altre costanti , e si ricerchi di esprimere quelle per queste, allora nelle applica- zioni dell' analisi pivi che determinata è dì molta importanza il tener conto di tutte le equazioni e di farle tutte concor- rere nel valore di ogni variabile. Imperocché le costanti es- Del Prof. Giuseppe Bianchi 227 sendo somministrate dalle osservazioni, e riuscendo perciò al- terate o affette dai piccioli errori probabili dell' osservatore e degli strumenti, coll'aumentare il numero delle osservazioni, e quindi anche quello delle equazioni di condizione impiegate nel calcolo di ciascuna variabile, diminuisce l'error probabile finale del risultamento. Quindi ancora in tal caso le costanti arbitrarie, che abbiam riconosciute nella generale soluzione del problema lineare piìi che determinato, possono per avven- tura utilmente adoperarsi all'oggetto di scemar l'influenza de- gli errori primitivi e pioprj delle osservazioni nelle quantità calcolate che ne derivano, come a tal fine giova la correzione o il metodo de' minimi quadrati. Riserbandoci ad altra occa- sione di entrar in queste indagini ulteriori, proseguiremo in una seconda Memoria lo sviluppo dell'Analisi lineare dietro i principi nella presente dichiarati. l ìlTOD Kllilì fi] '.1 .ftv'lli^ aaS I,:...;' tì'i-. ■:'' .■■>:: T .:: • ;■■:;:■ CALCOLO -r^r-irri;-;.- :,.b.ì.,e , DEGLI INDICI DELLE FUNZIONI ,' DEL SIGNOR AGOSTINO CAUCHY ■j (!i";^ i> •MI " ME3IBR0 DELL ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI PARIGI .itiill. E DELLA SOCIETÀ REALE DI LONDRA. -ir; 1 (, ■•■■■rr ■;- ;;•!';.-> ;■;■ r-" „ ;;;. , :■: . ■ .-> r R Iella Memoria presentata all'Accaclemia di Torino il 17 No- vembre i83i ho fatto conoscere un nuovo calcolo che può essere molto utilmente impiegato nella risoluzione delle equa- zioni di qualunque grado. Ma nella memoria di cui trattasi, i principi di questo calcolo che io denomino calcolo degli indici delle funzioni trovansi dedotti dalla considerazione degli in- tegrali definiti. Io mi propongo adesso dì mostrare come si possano stabilire direttamente questi stessi principi senza ri- correre a formole di calcolo inteirrale. Sia u una funzione reale della variabile reale x, e tale che se si fa crescere questa variabile per gradi insensibili fra due dati limiti, o u varii insensibilmente e non cangi mai di segno senza pas- sare per zero o per l' infinito. Per un valore a ài x compreso fra i limiti x^x , x—X e proprio a verificare 1' equazione (.) .i- = o. la funzione u passerà divenendo infinita dal negativo al po- sitivo, o dal positivo al negativo, oppure essa non cangerà in Del Signor Cauchy 22,9 modo alcuno di segno. La quantità -+- i nel primo caso — i nel secondo, zero nel terzo, sarà ciò che io chiamo l'indice della funzione u per il dato valore a della variabile x-, e l'in- dice integrale di 11 preso fra i limiti X ■^x , a;=X>;t;, o o non sarà altro che la somma degli indici corrispondenti alle diverse radici dell'equazione (i) contenute fra i limiti di cui si tratta. Io indicherò questo indice integrale con la notazione essendo qui l' uso delle parentesi doppie lo stesso che nel calcolo dei residui. Ciò posto si stabilirà facilmente la se- guente proposizione. i." Teorema. Sia u una funzione reale di x che fra i li- miti x=.x , a-=X, non cangi mai di segno senza passare per zero o per 1' infinito, ed m , U li due valori di u corrispon- denti ai valori reali x , X della variabile X. La somma o W OM)-<(a)) ^ " • •• .) , jq 1 I) [' equivalerà allo zero, se le due quantità u , U sono dello stesso segno, a -t-i se la prima essendo negativa, la seconda è posi- tiva, a — I , se essendo positiva la prima è negativa la se- conda. Dimostrazione. Se si fa crescere x per gradi insensibili dal limite x sino al limite X, i soli valori di x ai quali cor- o rispondono degli indici di u, o di-^ differenti da zero, saranno quelli per mezzo dei quali la funzione u diverrà infinita can- a3o Calcolo degli indici giando di segno , e ad u\\ simile valore di x corrisponderà sempre un indice di ii, o di — eguale a -h r se x passa dal negativo al positivo, ed un indice di u o di —uguale a — i se u passa dal positivo al negativo. Siano ora a, b, e, d i valori successivi di x compresi fra i limiti a: ,X,e pei quali la funzione u diviene nulla o infinita cangiando di segnO;, cioè a dire in altri termini, le radici delle due equazioni (3) « = 0,-^ = 0 contenute fra i limiti x , X essendo queste radici disposte per ordine di grandezza. Se u è negativa, le radici di zi o di -L corrispondenti ai valori a, l>i Ci d della variabile x saranno rispettivamente -t- I, — l, H- I. e per conseguenza la somma di questi indici sarà equivalente a zero, o a -+-1 secondo che il loro numero sarà pari o dispari, cioè a dire in altri termini secondo che U sarà negativo o positivo. Al contrario se x è positivo , gli indici di 11 o di — corrispondenti ai valori a, b, e, d. . . . della variabile x saranno rispettivamente — I, -4- I, — r, -+- 1 . . . . ed in conseguenza la somma di questi indici sarà equivalente Del Signor Cauchy aSi a zero, od a — i secondo che il loro numero sarà pari o dispari vale a dire in altri termini secondo che U sarà posi- tivo o negativo. Dunque definitivamente l' espressione (a), o la somma degli indici delle funzioni I w, — corrispondente ai valori a, b, c^ d . , . . della variabile x sarà equivalente a -Hi, a — i od a zero, se- condo che la variabile x passando bruscamente dal valore x al valore X farà passare la funzione u dal negativo al positi- vo o dal positivo al negativo, o cesserà di produrre in questa funzione un cangiamento di segno. . . Supponendo che la funzione reale u èì\ x non cangi mai di segno senza passar per zero o per l' infinito, noi indiche- remo con la nota'/ioue la somma degli indici di zi corrispondente a tutte le radici dell'equazione (i) di modo che si avrà identicamente /((«)) = / ((«)) 00 —co Se la funzione u si riduca alla forma — essendo k una quan- tità costante si troverà 1 oppure a32p Calcolo degli indici secondo che la quantità k sarà positiva o negativa. Ciò posto il Teorema i.° sarà evidentemente compreso nella formola (4) /(w)-/((i))=i[/^-iJ:^J. Se alla funzione u si sostituisca il rapporto fra due funzioni date Zi, V scelte in modo che ciascuna di esse non cangi mai di segno fra i limiti x-=x , a;=:X senza passare per zero o per l'infinito, allora chiamando z^ , V ed U , V i valori di 0 0 queste due funzioni per x=x , e per x=.X, si avrà in virtù della formola (4) o ciò che torna lo stesso V m^hmM'r. {(^■)) u^{(x))_ li' '.■y< X Allorché ti è algehraicamente divisibile per v l'indice integrale è evidentemente nullo, e la formola (5) dà 2,.° Teorema. Se essendo u, v due funzioni intiere di x, e il grado della prima eguale o superiore al grado della se- conda, si chiami a il quoziente ed w il resto che sommini- stra la divisione di n ver v si avrà X / m-cm Del Signor Cauchy a33 qualunque siano i valori particolari di x rappresentati da x . X. Dimostrazione. In fatti nell'ipotesi ammessa si avrà qua- lunque sia X, u ì \ ^_ e in conseguenza i rapporti jsiiiivii ai. u -Kffl It la cui differenza a resterà sempre finita al tempo stesso che la variabile x divenisse simultaneamente infinita per certi va- lori di :*; proprii a verificar 1' equazione (8) 0=0. Sia a uno di questi valori. Quando x differirà pochissimo da a, li due rapporti U I» offrendo valori numerici considerabilissimi, superiori a quelli à\ a , saranno necessariamente quantità dello stesso segno. Dunque per x-=a V indice del rapporto — sarà equivalente all' indice del rapporto — , e sussistendo questo rapporto per tutte le radici dell' equazione (8) strascinerà seco la formo- la (7). Dalla formola (7) congiunta alla (5) si ricava In virtù di questa ultima equazione la determinazione dell' indice integrale di uua frazione razionale — fra limiti dati. Tomo XXII. 3o i34 Calcolo degli indici può essere ridotto alla determinazione dell'indice integrale di un' altra frazione razionale — il numeratore e denominator della quale siano polinomj di minori gradi. D'altronde una induzion simile applicar puossi non solamente alla nuova fra- zione — , ma ancora a tutte le frazioni che se ne dedurranno v successivamente, e clie si formeranno dividendo l'uno per r altro due avanzi consecutivi ottenuti nella ricerca del mas- simo comun divisore di due polinomj u ed v. Ora siccome il penultimo avanzo sarà esattamente divisibile per 1' ultimo cioè a dire, per il massimo comun divisore, la formola (6) farà conoscere l'indice dell'ultima frazione, dal quale si dedur- lanno immediatamente gli indici di tutte le altre. Così puossi con r ajuto delle formolo (6) e (9) determinar 1' indice di qualunque frazion razionale. Del resto si può abbreviar so- vente il calcolo con 1' ajuto delle considerazioni seguenti. Se essendo Zi una funzione intiera delia variabile .t, si dica ^y l'aumento di 11 corrispondente all'aumento o della variabile .T, la somma u-¥-^ potrà essere rappresentata da un polinomio ordinato secondo le potenze ascendenti di o, o della formi 10) ■ u-i-ou -i u -i r li ■+- ec. ,1, e in questo polinomio i coefficienti di 1 . ^ . ■ '.l'I , . . o, — , - — T ec. cioè 1.3 7i, Il , U , ec. ; J saranno nuove funzioni di x cbe si chiamano derivate della funzione zi, non essendo la derivata u del primo ordine che il limite verso cui converge il rapporto (11) ; :■ .[ , ±=,„'^..i.„'H-_£l7r-Hc ^ ' e 1.2 1.2.5 e. ■ • ■: li Del Signor Cauchy a35 mentre che o si accosta indefinitamente a zero e là derivata u n dell' ordine n essendo il coefficiente di — ^ nel polino- i.a.o « mio (io). Se si supponga per fissare le idee m m—i TO— a . . 7 (13) u=-k X -hk X -i-k X -4-....-t-A; x^-i-k- x->rk , * ' o 1 a m—a. m—i m essendo k , k , k . . . ., k , k , k quantità costanti, o I a m— a m—i m m m—i TC"— a (i3) u-h(p=k (x-^o) -^k{x-i-o) -^k (x-i-cs) -»-.... 'a o I . .- a '^^ H- ■ - o A -i-k (x-^af-i-k (x-ho)-hk , ^ m— a ' ra— 1 m e perciò , , i^ v.i....,;;i„.,.a i i,;;i;ou§3efi00 ai r m^r m— a (u=.mkx ■+-(m—i)kx -t- H-aA; x-ìrk , . 1 o ^1 m—3, m— t f -p 1 1 (14) 1 ^_^ '■ ' ^_3 V':=(7re — : JTTz/b a; -i-(w— i)(/re — 2)k x -)-... -+-i.aA; ' * 'o ^ " I m—ai ecc. Ora risulta dalle formole (i4). i." Che si otterrà la derivata del primo ordine u moltiplicando ciascun termine della fun- zione u per r esponente di x in quel termine e diminuendo questo medesimo esponente di una unità : a.° che per otte- nere le derivate di zi dei diversi ordini, basta formare suc- cessivamente diverse funzioni, ciascuna delle quali sia la de- rivata della precedente^ essendo la prima la derivata di u. '• Imaginiamo ora che il grado della funzione intiera u es- sendo eguale o maggiore di m, u svanisca per un dato valore a della variabile x, e che u sia allora il primo termine della gerie j iaib iim sdo h-ien&h'ìinon r/ivob ('5) u, M, u , . . . . u , u ec. . . . ' ' ■' i«eo-iq a36 Calcolo degli indici che non si riduce a zero. Se si chiamino ':^ .;.;;;■ ' . .^ ff! ;!■ ■ ;■ ; A , A j A , ec - ; ;^ ;>:■;■ ■ i 'i! .!- .■ j • ' .li II! i valori delle funzioni .,M • ' o'n-Htl. i ^ ■ ; !:;i ; :■-■ '.-, ■ . . m ra+i m-t-2 „„ . ._.. / .. ,■ 1.2... TO i.a ..ra(m-)-i) i.2....ra(m-l-i)(m+2) -* " per A=a, il valore di if corrispondente a ' , \ i.' j.^."» ('6) a; = a -+- o sarà . - ?■;,-•-■ ■ . ■■■:,'' j :':r ■ .-. [? \) 7» m+i ra-4-a A o -hA o -4-A o -j-ec....; TO m-t-i W-t-2 in conseguenza l'equazione (i6) porterà la seguente '' '' ■) m 771-4-1 m+2 (17) M=A o -t-A o -H-A o -t-ec... m m-t-i 7?H-a ' per modo che si avrà identicamente " - m m-hi .m-i-2 u=A (x—a) -hA (x—a) -t-A (x — a) h-.... o ciò che torna lo stesso ' , . '1 ' • ■ jfi ' {18) ii=(x—a) [A -t-A (x—a)-i-A (a;— a)^-j-....]. ,,.,^f \ / \ / l ^ m+I 77Z-(-2 Allora r equazione (ig) potendo esser decomposta in due altre (x — a) =0, ed A -H A (.r— a)-t-A (a: — «)*-+-....= o dovrà considerarsi che ammetta m radici ugnali delle quah | tì sarà il valor comune. Aggiungasi che per dei valori di .r j prossimi ad a il rapporto Del Signor C/.uchy 287 sarà in forza della formola (18) una quantità finita ma diversa dallo zero affetta dello stesso segno di A ; in conseguenza del segno stesso di u . Ciò posto si dimostrerà facilmente la proposizione seguente. 3.° Teorema. Siano u, v due funzioni reali ed intiere di X, e supponiamo che le due equazioni (19) M = O (ac) z) = o offrano, la prima m radici, la seconda n radici eguali e reali di cui sia a il valor comune, l' indice della funzione (a,) V u corrispondente ad x=ia sarà zero, se la differenza m — n è pari o negativa. Ma se questa differenza è dispari e positiva, l'in- dice suddetto sarà H-i, o — i secondo che il valore del rapporto (22) -^"^ (m) 1 corrispondenti ad x=a sarà positivo o negativo. Dimostrazione. Nella ipotesi ammessa se si attribuisce ad X un valore prossimo quant' è possibile ad a, le due frazioni (.3) (x— a) (x — a) acquisteranno valori finiti ma differenti da zero, il primo dei (m) quali sarà una quantità affetta dello stesso segno che u , e il secondo una quantità affetta dello stesso segno v . In a38 Calcolo degli indici conseguenza il quoziente che si ottiene dividendo la seconda frazione per la prima cioè — (x — a] sarà per dei valori di x infinitamente vicini ad a una quan- tità finita, ma differente da zero ed affetta dal segno stesso che il rapporto Dunque allora il valore di (m) V u sarà infinitamente piccolo, finito, o infinitamente grande men- tre sia tale il prodotto u 1 ^ / ^'''- (m) (x—a) Ora se la differenza x—a camhia di segno passando per zero, il prodotto (24) non potrà cambiar di segno passando per l'infinito, se non quando la differenza ni — n sarà dispari e positiva, e in questo caso il prodotto (a4) passerà dal nega- tivo al positivo, o dal positivo al negativo, secondo che il valore del rapporto (n) (mi corrispondente ad x=a sarà positivo o negativo. Dunque l'in- dice della funzione (ai) svanirà se la differenza m — n è pari o negativa, e quest'indice diverrà -t- 1, oppur — i, allorché la differenza in — n sarà dispari e positiva, secondo che il rap- porto — diverrà positivo o negativo per x:=za. {m) ir ' Del Signor Cauchy 289 Corollario. Se a k una radice semplice delia equazione (19) senza essere radice della equazione (18), l'indice della funzione u corrispondente ad x=a, sarà -t- i oppur — i, secondochè il rapporto li! acquisterà per x-:=a un valor positivo, o negativo. Allorché u e v rappresentando funzioni reali ed intiere di a:, la forma della funzione u è tale che si possano deter- minar facilmente le radici di m=o contenute fra i limili x o X, il Teorema (4) somministra il mezzo di calcolare imme- diatamente r indice corrispondente a ciascuna di queste radici e per conseguenza l' indice integrale : X m) Nel caso contrario si può ricorrendo alla formola (9) sosti- tuire alla frazione— una frazione — e continuare cosi finché u u si arrivi ad una nuova frazione, Tindice integrale della quale fra i limiti x , X possa essere determinato facilmente con r ajuto del Teorema (4). Si può ancora proseguire il calcolo sino alla frazione che ha per numeratore il più gran comun divisore dei due polinomii ii, v, frazione 1' indice della quale sarà immediatamente determinato dalla formola (G), ed allora si dedurrà senza fatica dalla formola (9) il teorema seguente. 4-° Teorema. Siano (ao) II, V, p, g. . . . x-> (0 una serie di funzioni intiere di x scelte per modo, che di 2.^0 Calcolo degli indici tre termini consecutivi della serie (a5) il terzo sia sempre uguale all'avanzo della divisione del primo per il secondo; essendo preso questo avanzo con segno contrario, — p=-w sarà il resto della divisione di u per v; ± a sarà il più gran co- nuin divisore algebraico dei polinomj «, u e per determinar 1' indice della frazione u fra i limiti x=x , .r=X, basterà confrontare due a due sotto o il rapporto dei segni i termini che si seguono immediatamente nella serie (a5), supponendo che si attribuisca alla variabile X prima il valore x , secondo, il valore X, e che poscia si ' o contino le variazioni di segno e le permanenze di segno che offrirà la serie (a5) in ciascuna di queste due ipotesi. Se si chiami [t il numero delle variazioni di segno che si cambie- ranno in permanenze , e 2; il numero delle permanenze che si cambieranno in variazioni nel passaggio della prima ipotesi alla seconda, l' indice della frazione 1; u preso fra i limiti .i-=.r , ^=:X sarà equivalente alla differenza fra i due numeri (.1, e v, per modo che si avrà Se alla frazione— si sostituisca la seguente ■. „, u e se si supponga sempre che essendo a radice dell'equazione li = o Del Signor Cauchy ' 24' li sia il primo termine della serie -iJjioo EiO .iiwiiqt'jSKfì. i;)ii fisu;M-nJJ!jMi.il;;;) àCi.i.r„ ;.; ., is i!n:Ki i ;:-^ì iliini! : '"i'v>!:r':*R'ì i fi r.r>.>'.' <.'^ofM, ,,; , che non svanisca quando a;=fl, le due equazioni (19) M = o, (a7 zi=o ammetteranno la prinla 'm'^à'dìfci/ la' seconda m — r radici uguali ad a, e siccome la derivata dell" ordine rn di u sarà al tempo stesso la derivata dell'ordine m — i di m'^ si conclu- derà in forza del teorema 3." che l'indice di — si riduce all' u unità per ciascun valore reale di x capace di verificare l'equa- zione u=o. In conseguenza se si dica N il numero delle ra- dici reali ma disuguali di zi=o contenute fra i limiti x^=x , ai= X si avrà . , (-8) . N = /(W). Se si voglia ottenere il numero totale delle radici reali dell' equazione (19), basterà collocare nella formola (28) x= — co, X = co, od anche semplicemente X = — R, X = R o rappresentando R un numero superiore ai moduli di tutte le radici. Si potrà dunque con 1' ajuto della formola (28) deter- minare il numero delle radici reali di un' equazione, o più ge- neralmente il numero di quelle fra queste radici che trovansi comprese entro dati limiti. Aggiungiamo che se più radici siano contenute fra li due limiti x , X, si potrà fra questi due o limiti frapporre un terzo valore di x equivalente alla loro media aritmetica — , e determinare il numero delle radici Tomo XXII. 3i 2.^-2, Calcolo d£«li mj'iisaTi uotnprese;, i° fra a;:=.v ed x=^ : a.** fra x=^ 1 ed 0 2. 2 X" = X, in conseguenza fra due nuovi limiti la differenza del quali sarà la metà della difFereuza dei due primi. Ora conti- nuando in questo modo a restringere i limiti fra i quali si contengono le radici reali, si finirà per otfeneTe tnia serie'di valori di x crescenti, e scelti in modo che due termini con- secutivi non comprendano mai fra loro piti di una radice reale di X atta a verificare l'equazione data ; . ' , ,,,..,,y!..w.,,r,,. Se si volesse ottenere il numero delle radici positive deirequazione (i9),Lasterebbe fare x =^o ed X = co, oppure X=R nella forniola (a8) che sarebbe cosi ridotta alla ; ;^ ^,i oppure . i:: i /, ;i •_ j (30) ^^'Hm- i; / :::i;i: : ,:-j •.")i! isMi\!l i^' e ) . . . :im;\\ '.',!<. :ììS i Z t ,J ,,i;! i;j-vi J-;IJ) Se si dicano zi , u' ed V, V i valori delle due frazioni, u, o o u, per x=:o, x=X,^ si ricaverà dalla formola (28) unita alla formola (9) ' . ■ • • ■ > ...... ,3,) N=,[.^-/ -]-/((4)) j; .:•r,s^iK) Nel caso particolare in cui si suppone x =0, X=eo il rapporto V acquista un valor infinito ma positivo e si ha in conseguenza Allora anche u , iC non essendo altra cosa che il termine o • o Dkl Signor Cauchy 243 costante e il coefficiente della prima potenza di x nella fun- zione u; V indice "" p/mV.ìv. '« ti 1 / ; ° sarà equivalente a -t- i od a — v, secondo che il sistema dei due ultimi termini di u offia una permanenza od una varia- zione di segno. Finalmente 1' espressione ridotta a -«) m oo / e non potrà superare il numero delle radici reali della equa- zione (a^). Ciò posto si dedurrà immediatamente dalla formola (3i) la proposizione seguente. 5." Teorema. Il numero delle radici positive della equa- zione u=--o non potrà superare die d' una unità il numero delle radici positive della equazione derivata m=o, e nel caso soltanto in cui il sistema dei due ultimi termini della fun- zione u offra una variazione di segno. Corollario. Si proverà parimente che il numero delle ra- dici della equazione derivata di prim'ordine z^=o non può su- perare, che di una unità il numero delle radici positive della equazióne derivata di secondo ordine u"=o, e nel solo caso in cui il sistema dei due ultimi termini di li, e in conse- guenza il sistema dei due termini che precedono 1' ultimo in u offra una variazione di segno. Dunque il numero delle ra- dici positive di u=o supererà di una o di due unità al più il numero delle radici positive di u"=c, e nel caso soltanto in cui il sistema dei tre ultimi termini di u offrirà una o due variazioni di segno. Continuando così si finirà per stabi- lire la regola dei segni di Cartesio compresa nel teorema di CUI ecco 1 enunziato. ... - ^v. ,. »s ,« .«o^ 244 Calcolo degli indici 6." Teorema. Il numero delle radici positive di una equa- zione ii=.o nella quale u indica una funzione intiera di x , non può superare il numero delle variazioni di segno, che si ottengono confrontando due a due i termini che si succedo- no immediatamente nella funzione u. Il numero delle radici negative non può superare il numero delle permanenze di segno somministrate dal medesimo processo. Nota. Dopo di aver stabilito, come più sopra si è S|)ie- gato, la prima parte del Teorema 6.° basterà per dedurne la seconda parte sostituire — a; ad x- Osserviamo ancora che se nella funzione ii li coefficienti di più potenze della variabile X si riducono a zero, basterà perchè cessino di svanire, so- stituire .rrte, indicando con £ un numero infinitamente pic- colo. In questa maniera si assicura facilmente che nella appli- cazione del teorema di Cartesio si può lasciar di tener conto dei termini che scompariscono. ;,..,.^ Se nel teorema 3." si sostituisca alla funzione — ' U'j II (■ U X ■ . M Ili ..Ira ,1,; J-— :vi '.iflOIE u ■ ' ".'A, e se si faccia al tempo stesso x = — co, X=o.5 si troverà' o c^)./ N-K=-rj^)) l:!i:>|i iOi L La formola (3a) si accorda con un teorema, con l'ajuto del quale io per il primo ho dimostrato che per una equa- zione di qualunque grado, si possono trovare funzioni razio- nali dei coefficienti, i segni delle quali facciano conoscere il numero delle radici reali positive , e il numero delle radici reali negative. : , . ^,^^^ f- Se si combina, la formola (Sa) col teorema 4-° si otterrà quest'altro teorema dovuto al Sig. Carlo Sturm. . 7.° Teorema, Sia ,, -"^.||| (33) u, II, r)))} '^^ li •l'sq (.aiciff lalj -.■.■• ■;■.-,• 'ìf' iC";.; .l'ilVi li .■'•i.'f.o <■ :±; : ,, oJc-.o.fP: ib "'IJS_68 .,; supponendo ; ii ùr., /.■; .a ii'' r::,;ioq e f;b i"J n-i, ! l-ri^i.o f)ni;i i 1 '-" :^(^-, J) = r(^, y) ' ■ i/^.7^ " "■-' ^*-^'^'! i '■': :.'• •■!i;;:Gfe-<;:j i . : !:!;;: ''VJi ino ib o'iyr.if;;: 'i K'irìvosi'' sili: .',': . :■:•-. Tonno il i5 Gms,tio i833.' f'I i::; ^^^- : >. -~ '.^ l)^;!> 'iiiiii .) 0—\'- luMj^ijci.) ;c/ii;;,: ì^iìOìj oì"i;ìjjìi ì1 c ì .:: :: Vì-':\o'-Yu\ .iiji.iii J-ióytjj^ /;■.'' aJ;?ii ';j.;i!q i:"- icubniìigXj.iqq A ■y- .'n .■'.o I .•) c-KjOi i..;p -')" !;■■ !S''.'i. ') ' f: 'T- .1 O . : - ■t"-:. ijif.iii i ;;•!: Oilii i. ;.;■'■ ';i/.}j:';. '.ii Oli o Jl , '..;"■'• ■ '1 ' . -' ]-Z- ufr;; Xii.Uil.i.. . ' ' f T" '^l ^ '"' ' ;(u;vji; i nÌ2 o'!i'': . i i . : ,■ .;:. ;; : i i ; ; ! ■ i''i' ■ ". li) ■:':■: ,, • i' b- i: . ■, ■_ : .■:. . i 'Ti' ■ . MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XXII. PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI FISICA 'y~se^y^ MODENA DAI TIPI DELLA R. D. CA.\IERA. MDCCCXLI. (3) INDICE DI QUANTO CONTIENE LA PARTE FISICA DEL TOMO XXII DELLE PRESENTI MEMORIE c atalogo dei Socil pag. (5) Annali della Società continuati dal Socio e Segretario ANTONIO LOMBARDI „ (la) Elogio dell'Arciprete D. Giuseppe Maria Giovane scritto dall'ARCIDIACONO TRIPALDI „ i Elogio del Conte Giovanni Paradisi scritto dal Socio e Segretario ANTONIO LOMBARDI „ xxxiv Di alcuni fenomeni meteorologici della Puglia Peucezia, Memoria postuma dell'ARCIFRETE GIOVENE „ i Saggio d' applicazione del principio dell'induzione elet- trodinamica a fenomeni elettro-fisiologici e in par- ticolare a quelli della Torpedine di GIO. BATTISTA PIANCIANI della Compagnia di Gesù Professore nel Collegio Romano ,, 7 Sopra alcuni fenomeni meteorologici che hanno rapporto collo sviluppo di elettricità e del calorico nativo dei corpi, Memoria del Dott. AMBROGIO FU- SINIERI „ 48 Sullo spostamento del Mercurio osservato al punto del ghiaccio nella scala dei termometri, del Canonico ANGELO BELLANI „ 76 Sull'Erigeron Siculum di Linneo, Jasonia Sicula Decan- dolle, Memoria del Professore GAETANO SAVI „ 96 (4) Intorno ad una specie di Falena rinvenuta in Lonigo Considerazioni del Dottor FRANCESCO ORAZIO SCORTEGAGNA „ io3 Della distribuzione dell' elettrico ne' corpi conduttori Memoria del Professore Dottor GIUSEPPE BELLI 1 1 1 Esperienze e congetture sulla forza magnetica del P. GIO. BATTISTA PIANCIANI „ aio Sopra i due nuovi generi di piante Syncarpia e Don- zellia del Professor MICHEL TENORE „ 226 Su le condizioni di equilibrio di una corda attorta e di una verga elastica sottile leggiermente piegata, Me- moria del Dottor GASPARE MAINARDI „ 287 Saggio storico sui Rizopodi caratteristici dei terreni sopra- cretacei dell'Avvocato GIOVANNI MICHELOTTI 253 Esposizione compendiata de' varj sistemi intorno le ve- locità delle acque correnti, e particolare confronto delle formolo degli Idraulici EYTELWEIN e TA- DINI, Opera del Cav. ANTONIO COCCONCELLI 3o3 s (5) CATALOGO DE' MEMBRI COMPONENTI LA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA Anno 1841. Rispettiva PRESIDENTE loro Residenza ua Eccellenza il Slg. Marchese LUIGI RANGONI rieletto per la seconda volta il giorno 6 Luglio i835 Modena. Sodi Attuali, ABBATTI MARESCOTTI ( Conte Pietro ) Consigliere del Ministero di pubblica Economia ed Istruzione, Accademico onorario dell'Accademia di Scienze e lettere di Palermo, Socio attuale di quella di Scienze lettere ed Arti di Modena Modena. ALESSANDRINI (Dottor Antonio) Professore di Ana- tomia comparata Bologna. AMICI ( Cavaliere Professore Gio. Battista ) Direttore dell' Imperiale Regio Osservatorio di Firenze Firenze. AVOGADRO ( Cav. Amedeo ) Professore Emerito di Fisica sublime, Uditore nella R. Camera de' Conti di Torino Torino. BELLANI ( Canonico Angelo ) Fisico Blilano. BELLI ( Dottor Giuseppe ) Professore di Fisica e Ma- tematica applicata nell'I. R. Università di Padova membro della Facoltà filosofica dell' I. R. Uni- versità di Pavia, Socio onorario degli Atenei di Brescia e Bergamo Padova. BERTOLONI ( Antonio ) Professore di Botanica nella Pontificia Università di Bologna, Socio straordi- nario della Società Linneana di Parigi, e Lione, (6) Residenza della Medico-Botanica di Londra, di (]uella dei Curiosi della Natura nell'Elvezia e di molte altre Accademie Bologna. BIANCHI ( Dottor Giuseppe ) Professore di Matema- tica delle LL. AA. RR. i Principi Figli del Re- gnante Duca di Modena Francesco IV, Direttore dell'Osservatorio Astronomico, Professore di Cos- mografia nella R. Università di Modena Modena, BORDONI (Antonio) Professore attuale di Matema- tica nella R. Università di Pavia Pavia. CARLINI ( Cav. Fancesco) Astronomo Regio e Vice- Piesidente dell' I. R. Istituto Milano. CATULLO ( Dottor Tommaso ) Professore di Storia naturale Padova. CONFIGLlACHI(Ab.Cav. Pietro) Professore ordinario di Fisica generale e particolare nel!' I. R. Uni- versità di Pavia, Direttore presidente degli studj filosofici nell'Università stessa, membro dell'I. R. Istituto in Milano, Socio delle Accademie di Ber- lino, Torino, ec. Pavia. FOSSOMBRONI ( Conte Vittorio ) Ministro degli affari esteri. Segretario di stato in Toscana, Pensiona- rlo anziano Firenze. FUSINIERI ( Dottor Ambrogio ) Vicenza. GENE ( Giuseppe ) Prof, di Zoologia e storia natu- rale, Segretario dell'Accademia Reale di Scienze ecc. di Torino Torino. GIORGINI ( Cav. Gaetano ) Professore onorario nell' I. R. Università di Pisa, ed uno dei componenti il Consiglio degli Ingegneri del Gran Ducato della Toscana. Pisa. INGHIRAMI (Prof. Giovanni) delle Scuole Pie Firenze. LOiMBAPtOI ( Antonio ) Ingegnere, primo Biblioteca- rio di S. A. Pi. il Duca di Modena, Socio delle (7) Residenza Accadèmie di Scienze lettere ed arti di Modena, Lucca, Palermo Modena. MAGISTRINI ( Gio. Battista) Professore di matema- tica superiore nella Pontificia Università di Bo- logna, Pensionario anziano Bologna. MAINARDI ( Dottor Gaspare ) Professore Pavia. MARIANINI ( Cav. Dottor Stefano ) Professore di Fi- sica sperimentale nella Reale Università di Modena Modena. MATTEUCCI ( Carlo ) Professore di Fisica Pisa. MELLONI ( Macedonio ) Direttore dello stabilimento Fisico meteorologico di Napoli Napoli. MICHELOTTI ( Maurizio) Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, Ispettor generale del Corpo degli In- gegneri civili e delle miniere. Intendente gene- rale. Direttore dei Regj Canali, membro della R. Società agraria di Torino, e di altre Accademie Torino. BIOSSOTTI ( Ottaviano Fabrizio ) Professore di Ma- tematiche sublimi ed applicate Pisa. PANIZZA ( Dottor Bartolommeo ) Prof, di Anatomia Pavia. PIANCIANI ( Padre Gio. Battista ) della Compagnia di Gesìi Prof, di Fisica al Collegio Romano Roma. PIOLA ( Don Gabrio ) Nobile Milanese Dottor di Ma- tematica, Segretario dell'I. R. Istituto del Regno Lombardo Veneto Milano» PLANA ( Giovanni ) Commendatore Torino. RANGONI ( Marchese Luigi ) Ministro di pubblica Istruzione e di Economia di S. A. R. il Duca di Modena 3Iodena. RUSCONI ( Mauro ) Zoologo naturalista Pavia. SANTINI ( Giovanni ) Dottore in Filosofia, Cavaliere deirOrdine Reale di Dannebrog , Professore di Astronomia nella I. R. Università di Padova, So- cio della I. R. Accademia di Padova, e della R. Società Astronomica di Londra, dellTstituto Pon- tificio di Bologna ec. Padova. (8) Residenza SAVI (Gaetano) Cavaliere dell'Ordine del ]\Ieiito sotto il titolo di S. Giuseppe, Professore di Bo- tanica e Direttore del Giardino dell'I. R. Uni- versità di Pisa Pisa. TENORE { Cavalier Michele ) Professore di Botanica e Direttore del R. Orto Botanico nella R. Uni- vesità degli studj Napoli. TOxMMASINI ( Giacomo ) Professore di Terapia spe- ciale e di Clinica medica nell'Università di Par- ma, Ispettore onorario della pubblica istruzione, medico consulente della Persona di Sua Maestà, Protomedico dello Stato, decorato della medaglia de' benemeriti della pubblica sanità i 836, Socio dell' Istituto di Bologna, delle Accademie di Pa- rigi, Londra, Napoli ec. Parma. TRAMONTINI ( Giuseppe ) Professore di Geometria descrittiva ed architettura civile nella II. Uni- versità di Modena, Accademico di Napoli ec. Blodena. VFNTUROLI ( Cavalier Giuseppe ) Prefossore emerito di matematica applicata nella Pontificia Univer- sità di Bologna , Presidente del Consiglio degli Ispettori d'acque e strade in Roma, Pensionarlo anziano. Pioma. ZAMBONI ( Abate Giuseppe ) Professore di Fisica sperimentale e matematica applicata nell'I. R. Liceo di Verona. Verona. (9) DIVISIONE DEI SOCJ ATTUALI NELLE DUE CLASSI MATEMATICA E FISICA Li numeri arabici indicano (jiiali sono i Tomi in cui sono inserite le loro Memorie e quante di numero. CLASSE MATEMATICA. xxbbati 19. Bianchi 20. ao. 20. ai. 21. 22. 22. CXVII. Bordoni 17. i8. ig. 19. 19. 20. Carlini 18. I. 20. Fossornbroni 3. 7. 9. 12. i3. 17. 19, 22. Giorgini 2r. Ingliirami Lombardi 19. L 20. L (21). 21. L 21. L 22. L XXL aa. XXXIV. Magistrini 16. 17. ig. Mainardi 21. 22. .. Michelotti . Mossotti rg. 21." . . : Plana 17. 18. 19. . : . > ' • (.;.• Piola ao. 21. 22. ., , . .' ' Rangoni 19. ig. 21. ,, 1 . . ■ Santini 17. ig. 20. 21. ; .• Tramontini 21. Venturoli la. i4- ig. ■ CLASSE FISICA. Alessandrini Amici 19. ig. ig 21. Avogadro 19. ao. Tomo XXII. (,o) Bellani aa. Belli 32. Bertoloiil 20. ar. I. ar. Catullo Configliachi 20. Fusi n ieri 22. Geno Marianini. 2r Matteucci Melloni Panizza Pianciani 22. 23. Rusconi Savi 21. 21. 22. Tenore 22. Tornmasini 21. Zamboni 19. 20. 20. 21. SOCII ONORARII Berrutl Dottor Secondo Brambilla Professor Paolo Gagnoli Ottavio Dietricbstein Sua Eccellenza Conte Maurizio Pre- sidente della I. R. Biblioteca di Vienna e del Museo di Numismatica ed Archeologia ec. ec. Maggiordomo della Corte di 8. M. l'Imperatrice d'Austria Fabeni Dottor Vincenzo Gargallo Cav. Tommaso Marchese di Castellentini nel Regno di Napoli Giorgi Padre Eusebio delle Scuole pie Laudi Cav. Ferdinando Lugli Professor Giuseppe Meneghelli Professor Antonio Residenza Torino. Milano. Verona. Vienna. Padova. Napoli. Firenze. Piacenza. Modena. Padoi>a. Palletta Dottor Marco Pezzana Cav. Professor Angelo Bibliotecario Ducale Rovlda Cav. Professore Cesare Ruffo Sua Eccellenza Don Folco Principe di Scilla Zoppi Dottor Gio. Battista SOCII STRANIERI Residenza Milano. Parma. Milano. Napoli. Verona. ^ Arago Matematico e Fisico , Berzelius Chimico Biot Fisico Matematico Cauchy Agostino Luigi Matematico Decandolle Cav. Agostino Piramo Faraday Chimico e Fisico Fuss Paolo Enrico Segretario della Imperiale ' Accademia di Pietroburgo Gauss Matematico Gay-Lussac Fisico \ Herschel Astronomo S. F. W. Humboldt Barone Alessandro Thenard Chimico Seguetabio Lombardi Antonio Vice-Segretario Amministratore Ruffini Avvocato Luigi Parigi. Stokolm. Parigi. Parigi. Ginevra. Londra. Pietroburgo . Gottinga. Parigi. Londra. Berlino . Parigi. Modena. Modena. ANNALI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA CONTINUATI DAL SOCIO E SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI DAL PRIMO GEKNAJO MDCCCXXXVII A TUTTO II MDCCCXL. L. 320. J-Ja Società scelse il sig. Cavaliere Michele Tenore Pro- fessor di Botanica in Napoli a rimpiazzare il Socio attuale Professor Morichini di cui si annunziò al § 3^2 la per- dita, e mentre con mia Circolare io Marzo 1887 parte- cipai questa scelta ai signori Colleghi, dovetti proporre loro una nota di Candidati per sostituire un altro Socio attuale all' Arciprete Gi'useppe Maria Giovene di Molletta nel Regno di Napoli pensionarlo anziano, mancato di vita nella grave età di anni o4 , e la cui pensione passò di diritto al Socio attuale sig. Professore Gio. Battista Ma- gistrini ahitante a Bologna. Sab. L' Imperiai Regio Istituto di Milano trasmise alla Società nostra il seguente programma in cui proponevasi un pre- mio di lire Italiane i5oo a chi avesse sciolti alcuni que- siti di agricoltura, e come meglio si vedrà dallo stesso che qui si inserisce: Scritti dal Segretario Lombardi (i3) N. 7981 *-*'"^''''*^ Regno Lombardo l'eneto IMPERIALE REGIO ISTITUTO Di Scienze, Lettere, ed Arti. PROGRAMMA, A n esecuzione delle sovrane benefiche disposizioni che per- misero sia continuata la distribuzione di un premio biennale scientifico d' Italiane lire iSoo^, pari ad Austriache 1724 -3, l' I. R. Istituto nelV adunanza del 7 corrente dicembre ha deliberato che pel concorso, che spirerà colf anno i838, venga corrisposto esso premio il dì 3o maggio 1889, onomastico di S. BI. I. R. A., a chi avrà presentata la migliore soluzione dei seguenti quesiti tendenti all' utilità dell' agricoltura , sor- gente prima della ricchezza del Regno Lombardo-Veneto. I .° Quali vantaggi possono ridondare air agricoltura lom- bardo-veneta dalla più accurata ed estesa coltivazione delle radici bulbose. 2,." A quali degli animali domestici conferiscano meglio le sìngole radici bulbose pel mantenimento e per V allevamento loro, e come convenga meglio conservarle ed apprestarle. 3." Di quali di esse radici vorrebbesi preferire la coltiva- zione, avuto riguardo, in quanto alla barbabietola, anche alla produzione dello zuccaro indigeno cristallizzabile. 4-° Quali più utili modificazioni avrebbersi quindi ad in- trodurre nelV avvicendamento agrario secondo le condizioni speciali e la natura diversa dei terreni. 5." Quale la migliore pratica in questo ramo di econo- mìa rurale, se le attuali lombarda 0 veneta , 0 le straniere. Questo confronto dovrà essere corredato dei relativi quadri si- nottici; non omesse altresì le osservazioni sugli effetti presu- mibili dell' aumento delle sostanze animali tanto come ali- ( I 4) Annali della Società mento dell' uomo , quanto come oggetto di manifattura e di commercio. I dotti nazionali e stranieri , eccettuati i soli membri dell' I. R. Istituto del Regno Lombardo-Veneto , sono egual- mente ammessi al concorso, e potranno a loro grado valersi della lingua italiana, della latina, della tedesca e della fran- cese. Gli scritti dovranno essere rimessi franchi di //orto en- tro tutto V anno i838 alla Segreteria dell' J. R. Istituto me- desimo in Milano , e giusta le norme accademiche saranno contraddistinti da un' epigrafe ripetuta in su di un biglietto suggellato., che contenga il nome, cognome ed indicazione del domicilio dell' autore. Non verrà aperto che il biglietto dello scrìtto premiato , e gli altri scritti coi rispettivi biglietti suggellati saranno res- tituiti sulla domanda e presentazione della ricevuta di con- segna. Milano, il 3o dicembre i836. Il F. F. di Direllore delle due Classi. Cav. carlini. Il F. F. di Segretario. Fantonetti. 82,7. La votazione per sostituire un Socio all'Arciprete Gio- vene si decise a favore del Padre Gio. Battista Pianciani della Compagnia di Gesìi Professore di Fisica al Collegio Romano. Come il Cav. Tenore gradi 1' onore compartito- gli dalla Società, così fece pure il Padre Pianciani come risulta dalle risposte che io ricevei da questi nuovi Socii, la scelta dei quali io comunicai con circolari 10 Marzo e a Giugno 1837 ai signori colleghi. 328. Continuando sempre la Società a perdere dei cooperatori 1 dovetti con altra mia 16 Dicembre di detto anno proporre sempre per disposizione di sua Eccellenza il meritissimo Scritti dal Segretario Lombardi (i5) nostro Presidente una nota di Candidati affine di sostituire un Socio attuale al Professor Bartolomeo Barani mancato di vita il i8 Novembre 1887, nella quale circostanza pre- venni lì signori Socii che andava a spedir loro la parte fisica del Tomo XXI delle nostre Memorie , di cui erasi allora compita la stampa. Il nuovo Socio di cui io par- tecipai la scelta con la Circolare i Marzo i838 fu il sig- Professore Antonio Alessandrini di Bologna, che con sua lettera espresse alla Società il singoiar suo gradimento per tale nomina. 829. Scorse l'anno i838 senza avvenimenti importanti perii Corpo Accademico e solo nel la Marzo i83q si diede ai Socii la notizia della morte del Socio attuale Padovano l'Abate Salvator Dal-Negro Professore di Fisica in quella I. R. Università, a cui venne sostituito coi soliti metodi regolari il Zoologo sig. Mauro Rusconi di Pavia, al quale io partecipai questa determinazione della Società nostra perlocchè egli con officiosa lettera la ringraziò. E mentre i signori Colleghi erano da me informati di tale scelta mi convenne propor loro nella Circolare ai Giugno 1889 una nuova nota di soggetti per cuoprire il posto rimasto va- cante nella schiera dei nostri Socii attuali per la morte avvenuta nel Febbrajo a Firenze del matematico Pietro Paoli. 33o. Vide l'Italia nell'anno presente per la prima volta in Pisa la Riunione dei Professori e Cultori delle scienze naturali, e ciò la mercè della magnanima protezione ac- cordata alle Scienze dall'Augusto Principe Gran-Duca di Toscana Leopoldo II splendido Mecenate , come compro- vasi dalla lettera circolare che qui unita si riproduce, e dalla quale risulta che fra i benemeriti promotori di questa cosi utile istituzione la Società Italiana conta li suoi Socii attuali i Cavalieri Gio. Battista Amici, e Gaetano Giorgini. (i6) Annali della Società Chiarissimo Signore J-Ja fama ognor crescente delle Riunioni annue che i Pro- fessori e Cultori Tedeschi delle Scienze naturali sogliono te- nere in una città della Germania, per ciascun congresso di- versa, invitandovi eziandio gli Stranieri , venne in Italia vie- maggiormente diffusa per un Articolo relativo avidamente letto, non Jia guari, nella Biblioteca Italiana ( T. ()i,pag. 267 ). Il desiderio perciò di vedere una simile istituzione fra noi , de- siderio che già in molti dei nostri Scienziati allignava^ si 'ac- crebbe in loro, e in noti pochi altri si propagò di maniera, che ai voti nostri sonosi riuniti quelli di persone riputatissime nelle suddette facoltà, le quali accennarono altresì che la citta di Pisa estimavano opportunissima a congregarvisi la prima volta colle semplicissime norme della Germania, e quindi provvedere in quale altra città d'Italia potesse rinnovarsi la convocazio- ne per V anno avvenire. Se r amore del luogo natio non rende sospetto il pensiero di alcuno tra i Soscrittori al presente foglio, se il dritto ve- der dei nostri Colleglli non può interpretarlo diversamente., bene ci sembra che si apponesse chi giudicava doversi incominciare da Pisa. Perchè questa città che fiorisce nel centro della nostra Penisola in ogni maniera di studj, è pure assai vasta ed op- portuna ad albergare molti forestieri di ogni grado, è amena tranquilla e ricca eli Musei; ed a perenne e scambievole onore della Pieligione, della Filosofia e delle Delle Arti, mostra al- tera la Torre da cui si bene esplorava le maraviglie del cielo il maggior dei Filosofi naturali dato dalla Toscana alla co- mun patria. Se finora i Principi della Germania gareggiarono nelV of- ferire cospicue città dei loro Stati per cotali Riunioni, cui piace Scritti dal Segretario Lombardi (17) rimaner libere nella scelta, come per esempio (senza ritornar molto indietro) ahhiam veduto che S. A. B.. il Granduca di Baden desiderasse di averla neW amena Friburgo, dopo che la Cesarea Maestà delV Imperatore d'Austria e del Re del Regno Lombardo Veneto aveala volentieri accolta nella Capitale della Boemia, come S. 31. il Re di IVurtemberg albergavala prima nella stessa Stoccarda, e come in quest' anno S. A. il Prin- cipe di Waldeck invitolla in Pirmonte, chi potrà dubitare che S. A. I. e R. il Serenissimo Granduca di Toscana non sarà per godere assai di questo nostro invito nella sua dotta Pisa? A nìuno forse degli Scienziati cui scriviamo giunge nuovo che VA. S. I. e R. piacesi di possedere nella sua inestimabile Biblio- teca privata qualunque belV opera che tratti di scienze natu- rali, e che le ama e le coltiva a segno, che la severa Società Reale di Londra, con raro esempio, lo aggregava tra' suoi. Seguendo pertanto il consiglio di molti, e l' approvazione di altri, né discostandosi punto dalle pratiche tanto felici in Germania, veniamo ad annunciare che nel bel mezzo delle ferie autunnali del corrente anno i83g dal dì primo al quin- dicesimo di Ottobre inclusive, sarà aperto in Pisa il Consesso dei Professori e dei Cultori delle scienze fisiche in Italia, com- prese la Medicina e V Agricoltura si utili alla umanità. E ciò conseguentemente ci affrettiamo di partecipare ai Professori delle scienze suddette nelle varie Università degli Stati italiani., ai Direttori degli studi delle medesime, ai Capi e Direttori dei Corpi del Genio, degli Orti botanici, dei Musei di storia naturale, ai Lincei di Roma, ai 51embri dell' L e R. Istituto di Milano, della R. Accademia delle scienze di Torino, della Società Italiana di Modena, dell' Istituto di Bologna, della R. Accademia delle scienze di Napoli, della Gioenia di Ca- tania, e delV I. e R. Georgofili di Firenze; non senza darne anche contezza oltremonti ai Capi delle pia famose Accade- mie, affinchè possano comunicarne la notizia ai rispettabili Soci, che tra noi saranno meritamente accolti, esibendo i loro rispettivi diplomi. Tomo XXII. 3 (i8) Annali della Società È superfluo il trattenersi qui sul vantaggio che può de- rivare dal commercio delle peculiari idee dirette in ispecie al perfezionamento delle arti, poiché Voi Chiarissimo Signore s siete persuaso che questo mezzo è uno de' più efficaci a diffon- dere utili cognizioni , ed a conseguire sì nobile scopo. Al Cattedratico italiano, seniore tra" presenti in Pisa nel primo giorno di Ottobre, toccherà aprire V adunanza della quale siederà Reggitore in tutta la sua durata; ed il Segre- tario sarà scelto di suo genio tra' Professori della Università di Pisa, U Assemblea generale si dividerà il secondo giorno in quante sezioni verranno suggerite dal riscontro delle diverse branclie scientìficlie coltivate dagli intervenuti; ed i membri di ciascuna sezione sceglieranno a loro stessi un Presidente ed un Segretario italiano. L' Assemblea generale medesima deciderà nel settimo giorno come e dove sarà per adunarsi nelV anno futuro. Al comiìiciare del mese di Agosto si spediranno nuove let- tere circolari, dalle quali verranno indicati i provvedimenti lo- cali , non Tìieno per gli alloggi die per tutto ciò die riguardar possa la comoda, lieta e pacifica dimora di tutti coloro che si compiaceranno d' intervenire. Fireoze, 28 Marzo i83y. Principe caulo l. bo^aparte CW. VINCENZIO AMINOm, Direttore dell' I. e R. Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze. Cay. GIO. BATTISTA AiMICI, astronomo di S. A. 1. e R. il Granduca di Toscana. Cav. GAETANO GIORGIKI, Proi'veditor Generale dell' 1. e R. Università di Pisa. Don. PAOLO SAVI, Prof, di Storia Naturale nclV I. e R. Università di Pisa. Dott. MAURIZIO BUFALINI, Prof, di Clinica e Medicina ncW I. e R. Arcispedale ^ di Firenze. Scritti dal Segretario Lombardi (19) 33 r. Successore del Cavalier Paoli fu il sig. Macedonio Melloni di Parma Direttore del Galiinetto fisico-meteorologico a Napoli, il quale rispose alla partecipazione f&ttagli esprimendo il sommo suo gradimento di essere stato ammesso nel nostro Corpo Accademico. 33a. La Reale Accademia di Scienze lettere ed arti di Lis- bona trasmise in dono l' intiera seiie delle sue Memorie di scienze, di economia e letteratura alla Società, che corrispose a sì nobile offerta con spedire all'Accademia Portoghese il corpo completo delle sue memorie. Compita la stampa della parte matematica delle nostre Memorie io ne feci la spedizione ai Socii ed associati nel Luglio dell'anno i83g. 333. Proseguiva la morte a mietere le vite dei nostri Socii attuali, poiché tra il Settembre e l'Ottobre dell'anno iSSg si perde a Torino il Cavaliere Professor Giorgio Bidone Idrau- lico, e nel la Febbrajo 1840 ci mancò in Roma l'Abate An- drea Conti, Astronomo ; perlocchè osservando sempre le regole statuarie si sostituì al Socio Bidone un altro Torinese il sig. Dottor Giorgio Gène Professore in quella R. Università di storia naturale e geologia, ed attuale Segretario di quella il- lustre Accademia delle scienze; il posto poi dell'Abate Conti venne occupato dal Professor di Fisica in Ravenna sig. Dottor Carlo Matteucci. Informati da me questi nuovi Socii della loro elezione mi risposero con li sentimenti della più sincera riconoscenza per la distinzione loro usata dalla Società. 334. Il figlio del celebre Astronomo e medico Olbers nostro Socio straniero si fece premura di partecipare alla So- cietà aver egli perduto nella mattina del a Marzo 1840 il padre, per locciiè io diedi al nominato figlio Olbers risposta ringraziandolo della benché trista partecipazione da lui fattaci. 335. Pervenuta al Corpo Accademico una Circolare del chiar. sig. Conte Alessandro Saluzzo in cui avvisava gli scien- ziati Italiani che la loro seconda adunanza tener doveasi per l'anno 1840 a Torino dal i5 al 3o Settembre, io mi faccio un dovere di qui inserirla, e ad un tempo prevengo il pub- (ao) Annali della Società blico che nella Segreteria della Società esiste il Regolamento generale per le annuali Riunioni Italiane dei Cultori delle scienze naturali stampato nel 1089 a Pisa trasmessomi unita- mente alla Circolare che, come dissi, qui si riproduce. SECONDA RIUNIONE DEGLI SCIENZIxVTI ITALIANI -/ n conformità della deliberazione presa dagli Scienziati Ita- liani nell'adunanza generale del giorno 3 di Ottobre 1889 in Pisa e gradita da S. 31. il Re mio Augusto Signore, la seconda riunione degli Scienziati Italiani si terrà quesfanno nella Città di Torino dal giorno i5 al giorno 3o del mese di Settembre. Mi reco quindi ad onore di porgere avviso a tutti coloro che secondo il Regolamento generale hanno il diritto di es- serne Membri cioè agli Italiani ascritti alle principali Accade- mie o Società istituite per l'avanzamento delle Scienze natu- rali, ai Professori delle scienze fisiche e matematiche, ai Di- rettori degli alti studi, 0 di stabilimenti scientifici, agli Inge- gneri civili e delle miniere ed agli uiTiziali dei Corpi delle armi dotte. Gli esteri che pei loro titoli ed affari appartengono alle indicate categorie saranno pure ammessi alla Riunione. L' uffìzio di ammissione si aprirà col giorno io di Set- tembre, e gli scienziati riceveranno al loro arrivo una Istru- zìone stampata che conterrà Vindlcazione deWuffizio suddetto, e quelle altre notizie che saranno credute ad essi necessarie ed opportune. Giusta V Articolo VI del Regolamento generale ho nomi- nato Assessori della Riunione il Cav. Prof. Francesco Rossi J'ice Presidente della Pi. Accademia delle Scienze, Preside del Collegio di Chirurgia in questa Regia Università ec. e il sig. Angelo Sismonda Professore di mineralogia e Direttore del Bluseo mineralogico. Scritti dal Segretario Lomrardi (ai) / Presidenti delle Accademie, i Rettori delle Università, i Capi degli Istituti Scientifici , ec. sono pregati di partecipare ai Corpi cui presiedono queste notizie. Torino li 27 Aprile 1840. Il Presidente Generale Conte ALESSANDRO SALUZZO Il Segretario generale Prof. Giuseppe Gène. 336. L' Imperiai Regio Istituto del Regno Lombardo Veneto richiamò l'attenzione degli Architetti Italiani sulla costru- zione dei tetti degli edifizii , e propose con programma del dì 5 Aprile 1840 trasmesso alla Società Italiana, un premio di Austriache lire 1700 per la Memoria su questo argomento, che ne fosse poi giudicata meritevole ec. e come meglio rilevasi dal programma stesso che qui si soggiunge: REGNO LOMBARDO-VENETO IMPERIALE REGIO ISTITUTO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI. PROGRAMMA. Incaricato VI. R. Istituto di proporre un quesito per V ag- giudicazione del premio scientìfico biennale concesso dalla So- vrana Munificenza, ha deliberato di coronare la miglior Me- (aa) Annali della Società morìa sulla costruzione dei tetti degli edìficj tanto di genere umile quanto di genere grandioso, inteso V argomento nel senso scientifico e tecnologico. Perciò i concorrenti doteranno: i.° Prendere in esame ragionato i princijmli fra i varii metodi di costruzione praticati alV estero soggiungendo i prO' pri divisamenti per introdurli presso di noi e migliorarli. a." Indicare i materiali che può fornire la Lombardia più adatti a tali costruzioni, ed insegnare il miglior modo di prepararli e porli in opera, considerata possibilmente V eco- nomia. 3.° Dimostrare quali sieno i preferibili fra i mezzi a pro- curare lo scolo delle acque, massimamente nella circostanza dello squagliamento delle nei'i, attendo cura che i condotti non abbiano con filtrazioni né a danneggiare.^ né a deturpare gli edifici . 4-° Proporre una costruzione che allontani possibilmen- te i pericoli degli incendj e ne agevoli i soccorsi in caso si- nistro. 5.° Unire le tavole dimostratrlve in disegni di sufficiente grandezza perchè aW uopo possano servire aW insegnamento tecnologico. Il premio è di austr. tir. i 700. 1 Dotti nazionali e stranieri, eccettuati i Membri effettivi dell' I. Pi. Istituto, sono egualmente ammessi al concorso, e potranno valersi indifferentemente delle lingue italiana, latina, francese e tedesca. Gli scrìtti dovranno essere rimessi franchi di porto entro tutto V anno 1841 alla segreteria dell' Istituto medesimo residente in 3Iilano nelV I. R. Palazzo delle Scienze ed Arti di Brera, e giusta le norme accademiche saranno con- traddìstìnti da un epigrafe., ripetuta su di una scheda suggel- lata che contenga il nome, cognome e V indicazione del do- micìlio deir Autore. Non vena aperta se non la scheda dello scritto premiato, il quale rimarra di proprietà dell' I. R. Istituto, e gli altri scritti colle rispettive schede suggellate saranno restituiti dietro Scritti dal Segretario Lombardi (a3) domanda e presentazione della ricevuta di consegna nel limi- tato periodo di un anno dopo la proclamazione del conferito premio. Milano, 5 Aprile i84o. Il Presidente CAS TIGLIO NI Il F. F, di Segretario Pigia. 337. Li signori Barone Alessandro Humboldt di Berlino e Ca- valiere Agostino Piramo Decandolle di Ginevra furono secondo le regole statutarie della Società nostra nominati a Socii stranieri invece di Olbers e Poisson defunti ; e con mia Circolare 4 Agosto 1840 partecipai questa determi- nazione del Corpo Accademico ai signori Colleghi, propo- nendo a un tempo per disposizione di sua Eccellenza il Presidente in forza dell'Art. VI del nostro statuto a Socii onorarli li signori Palletta Dottor Marco Autore dell' Elogio del Socio Cavalier Gio. Battista Palletta, Milano, Berruti Dottor Secondo che ha scritto l' Elogio del So- cio Prof. Anton-Maria Vassalli-Eandi , Torino, Fabeni Dottor Vincenzo Autore della Orazione in lode del Prof. Stefano Gallini, Padova, Giorgi Padre Eusebio delle Scuole pie che ha scritto li Cenni storici sulla vita eco, del Ca- valiere Leopoldo Nobili, Firenze. Questa proposizione fu approvata a grande pluralità di voti, ed io informai con altra mia Circolare del 16 Otto- bre 1840 i Colleghi di questa determinazione presa dalla Società , e scrissi le solite lettere di partecipazione ai nuovi eletti tanto Stranieri che Onorarii i quali tutti gentilmente risposero e gradirono la loro elezione. (24) Annali della Società 338. Si continuò a compensare alla fine d'ogni anno le spese di posta a quei signori Socii abitanti fuori di Modena che risposero pienamente a tutte le Circolari loro spedite, e per esprimere la dovuta riconoscenza agli Autori che hanno trasmesse in dono alla Società nostra opere o me- morie scientifiche dopo la pubblicazione della parte ma- tematica del T. XXII dei nostri Atti, io soggiungo qui il Catalogo di queste produzioni. Scritti dal Segretario Lombardi (aS) ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA. Dal 1 Maggio iSSg a tutto Marzo i84i. Jl ezzana Cav. Angelo. Elogio storico di Pietro Rubini. Edi- zione terza migliorata dall'Autore. 8.° Pistoja Tipografia Gino i83g. Ziccardi Dottor Michel Jngelo. Dell' Epizootia di taluni ani- mali nel Sannio al chiar. Giovanni Semola 12.° Napoli. — ! Della descrizione delle acque termo-minerali e delle stufe dell' Isola d' Ischia del Cav. Stefano Chevalley de Rivaz fatta in Italiano sulla terza edizione francese e di note fornita dal Dottor Michel Angelo Ziccardi di Campo basso. Discorso cavato da rapporto fattone all'Accademia Pon- taniana il di 4 Luglio i838 4° CeTvelleri Dottore F. De Galvanismi acupuncturae magneticae conjuncti nonnuUis in nervorura niorbis praestantia. Epi- stola, 8." Napoli loSg. Memorie economiche dell' Accademia Reale delle Scienze di Lisbona per l'avanzamento dell' agricoltura, delle arti, e della industria del Portogallo e delle sue conquiste. Tomi cinque in 8." Lisbona 1789-1815. Memorie di Letteratura Portoghese pubblicate dall'Accademia stessa, 8.* Lisbona. Tomi otto 1792-1 8 j4. In lingua Por- toghese N. B. il tomo 8.° è composto dì due parti ina in un sol volume. Bullettino delle Scienze mediche. Bologna per gli anni 1839, 1840. Tomo XXII. 4 (a6) Annali della Società Zantedcsclil Prof. Francesco. Saggi dell' Elettro-magnetico , e nia_:;ncto-elettrico , 8." Venezia Tipografia Armena di S. Lazzaro. HJichelotii Joann'is. Specimen Zoophytologiae diluvianae. 8.* Augustae-Taurinoriiin. Gène Joseplù. Synopsis reptilium Sardiniae indigenornm. Augu- stae Taurinorum. Typograpliia Regia 4-° De (juibusdam insectis Sardiniae novis aut ininus cognitis Fasciculus II. JMemorie della Società medico-chirurgica di Bologna. Voi. II. Fase. i\ Z\ 4.° IMeniorle della Società Reale Astronomica di Londra, ivi i838 4.' Tomo X." Associazione Britannica per l'avanzamento delle scienze. Rap- porto della settima radunanza tenuta a Liverpool jSSj. T. \\\ Londra i838, 8.' Bruschetti Ingegnere Giuseppe. Appendice alla sua Memoria sul modo pili conveniente e facile di liberar Como e Lecco dalle innondazionì 8.° Seguito dell'Appendice stessa in risposta all'esame della detta Memoria pubblicato dal sig. I. P. F. nel fascicolo di Gennajo 1889 della Biblioteca Italiana. Questi due scritti sono inseriti nei Tomi 92, , 98 di essa Biblioteca. Dlstrilnizlone dei premii di industria ed agricoltura dell'anno i838. Venezia 1889, o." Giulio C. I. Professore di Meccanica. Di un caso particolare della dottrina dell'efflusso dell'acqua dai vasi. Torino stamperia Reale 1839. 4-° De la Casa Prof. Vittorio. Cose di analisi sublime, d'Algebra ordinaria e di Trigonometria piana, ^.° Padova. Inserite negli Annali delle Scienze Fisiche del Dottor Fu- sìnìeri. Altro metodo per assegnare le relazioni differenziali in termini finiti. Scritti dal Segretario Lombardi (a7) Questa memoria è il seguito dì quella registrata nell'elenco che trovasi in fronte alla parte matematica di questo tomo. Kupjfer A. T. Aniiuaire magnetique et météorologiqne du Corps des Ingenieurs des mines de Russie; ou Recueil d'Observations magnetiques et niétéorologiques faites dans r etendue de l'Empire de Russie dans l'aiinèe 1807. S. Petersbouig i83g, 4° Ateneo di Venezia. Esercitazioni scientifiche e letterarie. T. II, 4.° ivi i838. Namias sig. Dottor Giacinto. Giornale per servire ai progressi della Patologia e della Terapeutica da lui compilato. 8.° Venezia i83i-i839 Fascicoli 3i. Accademia I. R. di scienze, lettere ed arti di Padova. Nuovi saggi, ivi i838 in 4-° Annunzio delle opere botaniche del sig. Cavaliere Professore Blichele Tenore Socio attuale della Società Italiana delle Scienze. 8." Napoli. Tenore Cav. Michele. Memoria sulle diverse specie e varietà di cotone coltivato nel Pregno di Napoli con le istruzioni pel coltivamento del Cotone Siamese , e le notizie sulle altre specie di cui puossi provare l'introduzione. 4-° Na- poli 1839. Marianini Dottor Pietro. Commentario sul Colera asiatico. 8.° Vigevano i836. Osservazioni sulla pratica del solfato di Cinconina e cenno di alcune febbri intermittenti trattate con la Cinconina pura. 8." Mortala i836. Cacciatore Cav. Niccolò. Esercizio di Goniometria e di trigo- nometria sferica. 8.° Palermo 1837. Raccolta di tavole utili per le osservazioni astronomi- che, 8.° ivi. Sulle macchie del sole. Lettera al sig. Ernesto Capocci 8." ivi 1839. (afi) Annali della Società Cacciatore Innocenzo. Risposta all' invito della Deputazione metrica di Palermo, 8.° ivi iSSg. Hecker G. F. C. Professore di medicina a Berlino. La peste Antoniniana, versione dall' originale con note del Dottor Valentino Passetta medico primario dell' Ospedale civile e Provinciale di Venezia ec. N. B. il donatore è il sig. Dottor Passetta. 3Tatteucci Prof. Carlo. Sopra gli elementi del progresso della scienza dell'Organismo. Discorso. Edizione seconda ampliata dall'Autore. 8." Forlì ap. Casali 18.39. Cervetto Giuseppe Medico. Di Gio. Battista del Monte e della medicina Italiana del Secolo XVI. Verona iSSg. 8.° Cocconcelli Cav. Antonio. Istruzioni di Idraulica teorico-pra- tiche. 8." Parma appresso Rossetti i8jì, tomi tre. Tronchetti Dottor Odoardo. Rendiconto statistico clinico de- gli infermi curati a Fucecchio nel primo anno della sua condotta. 8." Torino ap. Fontana i83g. — — Della sorte dei medici specialmente condotti, e dei mezzi più idonei per farla migliore. 8.° Pistoja ap. Gino 1840. Silva Domenico da Brescia. Trebbiatojo. Estratto dalla Gaz- zetta di 31ilano del Settembre ìuÒ(). Con disegno a co- lori sopra lina scala grande. Fusinìeri Dottor Ambrogio. Annali delle scienze del Regno Lombardo Veneto, Gennajo Febbrajo e Marzo 1840. Atti dell'Accademia Irlandese, T. XVIII, parte a, 4-"' Dublino 1839. Ai'ogadro Cav. Amedeo. Fisica dei Corpi ponderabili. 8.° To- rino 1839, T. II. j\Iemorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, serie seconda. Tomi I e II. Giorgini Cav. Gaetano. P\.agionamento sopra il regolamento idraulico della pianura Lucchese e Toscana interposta fra rx\rno ed il Serchio. 8.° Pisa ap. Pieraccini iSSg. Scritti dal Segretario Lomrardi (29) Mossotti Prof. Ottaviano Fabrizio. Sulla Costituzione del sis- tema stellare di cui fa parte il Sole. 8.° Corfù Tipografia del Governo i84o. Liancoiirt Comte A. Godde. Reflexions sur les bateaux de salut et quelqu' autres moyens destinès a preserver la vie aux Naufragès. 8." Paris i83g. Rivelli Dottor Giacomo. Osservazioni sopra allo svolgimento de' corpi organici le quali appoggiano direttamente la dottrina palingenica. Parte prima ed appendice. 8.° Fano 1889 appresso Giovanni Lana. ■ Articolo ovologico tratto dal Raccoglitor medico di Bo- logna. . . ■ : Estiller Emanuele. Trattato elementare di Fisica matematica. T. I. Meccanica 8.° Palermo i838. Giuli Giuseppe. Sull'influenza che sembrano avere le correnti elettriche per ristabilire la salute in alcune malattie ec. 8." Bologna 1840. Istituto Regio Imperiale del Regno Lombardo-Veneto. Memorie Voi. V. 4.° Milano i838. Mainardi Professor Gaspare. Lezioni di introduzione al cal- colo sublime. Parte II, 8." Pavia 1839. Estensione del metodo immaginato da Daniele Bernoulli per risolvere le equazioni algebraiche col mezzo delle serie ricorrenti. Inserita nel bimestre VI degli Annali delle scienze di Fu- sinieri 1839. Bruschetti Ingegnere Giuseppe. Memoria delle macchine loco- motiici e stazionarie ad uso di motore per trasporti ce- leri sopra le vie di terre e di acqua in Lombardia. Inserita nel T. 96 della Biblioteca Italiana Milano 1840. ■ Sulla scelta delle linee per le strade di ferro. ( Inserita nel T. 98, della Biblioteca Italiana. ) Bellavitis Giusto. Sopra alcuni teoremi di geometria, brano di lettera al sig. Girolamo Resti-Ferrari. (3o) Annali della Società Inserita nel bimestre IV dei suddetti annali Fusinlerì per V anno i83a. — Saggio di applicazioni di un nuovo metodo di geometria analitica. Calcolo delle Equipollenze ( V. il V e VI bi~ mestrue anno io35 di detti /ninnali). — INIetodo delle equipollenze ( V. li bimestri F, PI iSSj.) — Saggio di Geometria derivata 4'° ( ^^- Saggi nuovi della I. R. Accademia di Padana Voi. JV. ) Effemeridi di Milano per l'anno io4o. Cìpelll Dottor Carlo sostituito alla Cattedra di Anatomia e fi- siologia in Parma. Osservazioni microscopiche sulla mem- brana interna dei vasi. 4'° Parma 1840. Cervelleri P. Professeur d'Anatomie. De l'emploi de l'Elec- tro-magnetisme dans les maladies des nerfs ec. o." Naples 1840. Bellani Canonico Angelo. Elenco d' uomini celebri per santità per dottrina e per dignità di nome Gerardo, che fiori- rono nei secoli bassi in occasione che si celebrò in Monza la festa di S. Gerardo dei tintori, ivi 1840, 12." Berruti Secondo Professore. Esperienze sulla esistenza delle correnti elettrico-fisiologiche negli animali a sangue caldo ec. Torino 1840. Bellani Ca?ionico Angelo. Sulla formazione della grandine ( In- serita nella Biblioteca Italiana T. 99. ) De Vico Padre Francesco D. C. D. G. Memoria intorno a parecchie osservazioni fatte nella specola della Università Gre2;oriana in Colleciio Romano dairli Astronomi della Coni- pagnia di Gesù l'anno 1809. 4-° Koma Tipografia Marini 1840. Santini Professore Ciovannl. Descrizione del Circolo meridiano dell' I. R. Osservatorio di Padova seguita da un Catalogo di Stelle fisse per l'anno 1840 distribuito in zone rap- porto alla declinazione. 4-'' Padova 1840, Coi tipi Cartel- lier e Sicco. Scritti dal Segretario Lombardi (3i) Cesarlni Emilio Avvocato. Principj della Giurisprudenza com- merciale esaminati. Edizione seconda con molte variazioni ed aggiunte dell'Autore. 4.° Macerata 1840 ap. Cortesi. Selmi Francesco. Nota intorno all' azione dei cloruri di am- monio, e di sodio sul cloruro mercuroso. Inserita nel gior- nale scientìfico modenese. Dicembre 1840. Ruhbiani Dottor Nicola. Sull' injezione polmonale a metallo già eseguita dall'illustre anatomico modenese Santo Fat- tori. Lettera diretta al preclaro Cavaliere e Professore Bartolomeo Panizza. 8." Modena ap. gli Eredi Soliani 1841. ELOGIO STORICO DEL CANONICO ARCIPRETE GIUSEPPE MARIA GIOVE NE SCRITTO dall'arcidiacono DON ANDREA TRIPALDI iNo che non è più convenevole che giusto il tributar enco- mii agli illustri trapassati, che per virtù esimie, e non volgar sapere rendutisi distinti nella loro mortale carriera, trassero su di se la stima dei dotti, non che de' savj la venerazione e il rispetto. Assai più convenevole e più giusto diviene poi l'elo- gio, e la ragion ben volontieri vi consente, allorquando ricchi di sapere e di virtù, modesti e cauti, celati si tennero alla fama ed agli onori. Che dirò poi se a tali pregi quello aggiun- gasi del particolare impegno che fecersi ognora simili perso- naggi di soffocare la lode giustamente loro dovuta, mentre im- piegavano tutte le forze dello spirito e del cuore al solo og- getto di giovare ai loro simili, e procurare la pubblica utili- tà ? A questi benefattori della umanità, e benemeriti delle scienze, non encomii, non elogi soltanto, ma pubblici monu- menti e magnifici erger si denno per eccitare nei giovani con- temporanei una generosa emulazione, e per dimostrare ai po- steri che in ogni tempo il Pubblico giusto estimatore delle virtù j e del sapere, è grato a chi tutte impiegò le proprie forze a suo vantaggio, e render seppe dopo morte quegli onori a coloro che vivendo non li curarono. Buon per me che in- caricato a nobile disimpegno da chi per meriti e per dottrina il più cospicuo posto occupa nella insigne, e rinomata Società Italiana delle Scienze, 1' elogio tesser deggio di tal personag- gio, che di tanti elogi è meritevole, quanti furono i rami delle Tomo XXII. I n Elogio dell'. \RctPR. Giovene scienze eh' ei conobbe, che furono ben molti, come ce lo ap- palesano gli scritti (la lui fatti di pubblica ragione. Non ho io duopo di elevatezza di stile, di frasi non comuni, e ricer- cate, di abbellimento di contornati periodi. A tali mezzi ricor- rer debbono quei benché valenti Oratori, ai quali per la te- nuità dei meriti del soggetto lodato non rimane altro partito dii scegliere. Basta per me la nuda storia de' fatti e non di tutti, che lungo e nojoso sarebbe il sol cennarli,e son certo che al solo prospetto di essi senza prestigi d'ornamenti, e d' arte esposti, chiunque pesar li vorrà nelle esatte bilancie della ragione, scorgerà gli insigni pregi dell'animo, e l'eccel- lente bontà di cuore del soggetto che encomio. E quand'an- che dicessi solo che vivendo appartenne alla illustre Società Italiana delle Scienze, di cui divenuto era da parecchi anni Socio anziano pensionato, e che morendo venne fino alla tomba accompagnato dalle lagrime e dai singhiozzi non dei dotti , e degli amici soltanto, ma di una intiera popolazione, che non si illude nel discernere il vero merito e le virtìi cospicue, e non avrei io pienamente soddisfatto all'impegno assunto ? Me fortunato, die ragionar debbo di un Uomo in cui tutti veri- ficaronsi gli esposti pregj, dir voglio dell'Arciprete Don Giu- seppe Maria Giovene, nome venerando che sempre ricorderà la riconoscente posterità (i). Vide egli la luce del giorno in Molfetta (a) il di a3 Gen- najo dell'anno i^SS, e benché morte gli rapisse mentre era (i) Fu aggregato a tutte le Accademie e Società letterarie del Regno di Napoli, alle altre d'Italia, e ad alcune della Germania, e lo sarebbe anche stato ad altre Accademie estere, se la somma sua modestia non glielo avesse impedito. (2) Una delle più popolose, più commercianti Città della Peucezia in riva all'A- driatico. Nel suo porto ha di proprietà de' suoi cittadini venti fra Pielaghi, Polac- che, Scunner, che commerciano coli' estero, e circa cento barche da pesca. Ferace di sommi ingegni fino da tempi remoti conta parecchi i quali senesi renduti celebri con opere pubblicate. Fra questi rammenterò Antonio Lupis, Antonello de Lacertis, Giu- seppe Marinelli, li due Zio, e nipote Riganti, l'ultimo de' quali fu insignito della Scritto dall' Arcid. Tripallh in in tenera età il suo pio ed illustre genitore Giovanni, non gli mancò l'educazione, poiché la savia genitrice Antonia Gra- ziosi alle cure affidollo di abile ed ottimo Sacerdote il quale gli servì da Ajo, lo indirizzò nel cammino delle virtù, e lo istruì nella buona grammatica fino all'anno ottavo di sua età. Non la vivacità del temperamento che ai fanciulli è presso a poco comune, ma lo sviluppo precoce delle facoltà dello spirito im- pegnò la buona sua Madre a procurargli l' istruzione partico- lare dei PP. Gesuiti , che allora occupavano il gran Collegio di Molletta, ed i quali diligenti indagatori degli ingegni e dei cuori , il momento anelavano per farne acquisto. Per la qaal cosa scoperto avendo que' sagaci Religiosi nel giovine allievo qualità oltre ogni credere esimie, lo guidarono innanzi l'età d'anni dodici al termine della carriera di amene lettere, sic- ché non discaro riuscì fin d'allora alle muse componendo ele- ganti versi latini. Di cuore ben fatto, avido di sapere, e amante della virtù, credè non poter meglio soddisfare la sua brama il Giovene, che coir abbracciare lo stato ecclesiastico : spiegò quindi il suo desiderio di volersi arruolare alla illustre Compagnia di Gesù, ed ottenuto il consentimento materno, venne mandato a Roma, ove innanzi 1' età prescritta fu ammesso con massimo suo giubilo al noviziato. Ma oh perchè in questa valle di la- grime piena e di miserie, non è dato all' uomo il ritrovare la sua felicità! Scorsi non erano per anche otto mesi che colla soppressione di quell'Istituto deluse rimasero le speranze del nostro giovine, e presto a soffrir cominciò le amarezze della vita, e il contrasto degli opposti affetti. Penetrato vivamente il suo cuore dalla idea di doversi staccare da quei Padri che Sacra Porpora, il P. Giovanni Vista de' Minori Osservanti, il Canonico Snuscati, Giovanni Lingaiti, Giulio Candido, Felice Fiori. Di essi, e di altri, non che delle loro produzioni ne parlano a dovizia gli Scrittori degli uomini illustri j quelli però che sommo onore rendettero alla patria, sono l'Abate Ciro Saverio Minervini, Giu- seppe Saverio Poli, ed in modo speciale il nostro Arciprete Giuseppe Maria Giovene. TV Elogio dell' Arcipu. Giovene tanta cura prendevano di lui, e della sua gracile complessio- ne, decisamente si determinò a voler seguire il loro destino ; il che eseguito avrebbe, se la mal ferma salute cbe forse pel rigido ma savio metodo di vita aveva incontrato, ed una forza imperiosa obbligato non lo avesse di restituirsi in seno alla propria famiglia colla trista prescrizione dei medici di dover abbandonare ogni ben cbe discreta applicazione allo studio, se desiderio nuclriva di veder prolungati i suoi giorni. Doppia afflizione! ma alla legge della necessità non si re- siste, ed in realtà a varj maloii soggiacque. Nemico però dell' ozio siccome egli era, ed avido di saper tutto, altra risorsa procurar non potevasij che di tenersi lontano dai giovanili di- letti, dei quali facilmente nojavasi, e di frequentare il più che poteva la conversazione d' uomini dotti , onde aver mezzi dì istruirsi. Per la qual cosa non appena invigorito un tal poco nelle forze del corpo, ruppe lutti gli argini, e diede opera agli studj della filosofia, e della matematica nel Seminario vescovile sotto la direzione del dotto, e zelantissimo Vescovo Orlandi (3) cbe con trasporto lo amava. Contento bensì, ma non pienamente soddisfatto rimase di questa istruzione , per- chè in lui cresceva ognora l'ardore di maggiormente estendere (3) Celestino Orlandi Padre della Congregazione di S. Pier Celestino per la sa- pienza e dottrina si acquistò in Roma la venerazione di tutti gli Ordini religiosi, non che la stima degli Eminentiòsimi Porporati, e percorse tutti gli stadj della sua religione. Erasi di comune consentimento stabilito che fosse Generale dell' Ordine, ma per un tratto di zelo spiegato nel d'i precedente alla formale elezione vennero con artificioso maneggio rivocati i voti. Amico e confidente dell' immortale supremo Gerarca della Chiesa Benedetto XIV, fu tosto creato Vescovo di Molletta, ed a que- sto degno Prelato devesi la riedificazione, e 1' ampliazione delle fabbriche , e la ri- nomanza del Seminario da lui arricchito di valenti Professori. Dotto ed erudito in sommo grado lasciò varj manoscritti di teologia, e di altre materie ecclesiastiche, ed al Capitolo la tanto savia disciplina corale; fu egli fratello del celebre Monsignor Giuseppe Orlandi Vescovo di Giovinazzo Matematico insigne , già pubblico Catte- dratico in Napoli, autore delle note alla fisica di Musschembroeck, e di un trattato di sezioni coniche. Scritto dell'Arcid. Tripaldi v le proprie cognizioni, a misura che queste in lui aumenta- vansi ; perloccliè sotto la disciplina di quel Vicario Generale perito assai nelle leggi, imprese lo studio del diritto di natura, e civile. Al tempo stesso fu promosso con piena sua soddisfa- zione e del Prelato ai quattro ordini minori; e il trasporto che sentiva per le scienze naturali piuccliè per le altre io trasse in Napoli, ove conversando con li chiarissimi Giuseppe Saverio Poli, e Ciro Saverio Minervini, onore entrambi, e de- coro di Molfetta, seppe il Giovane ancorché giovine chierico, trar profitto dalla loro istruzione, e penetrar negli arcani delle scienze naturali, e del Santuario di Temi, seppe egli fin d'al- lora procurarsi l'amicizia dei più dotti di Napoli in ogni ramo dell' umano sapere, e guadagnossi in modo particolare i riguar- di, e l'amicizia del celebre Petagna, che gli apri i recessi della Botanica, e della Entomologia. Ricco di sapere, e fornito specialmente di quelle cogni- zioni che il bel suolo Partenopeo offre in copia ai conternpla- tori della natura e dell'antichità, si restituì alla patria, ed accolto con giubilo dal Pastore sullodato, lo ammise egli all' intima sua confidenza, e penetrato dall'idea del sommo van- taggio che ne ritrarrebbe la Chiesa e la Religione da un uo- mo di tanto valore, cercò di schiudergli la via onde promuo- verlo ad ecclesiastiche dignità. Erasi già intimato un concorso di morale Teologia per provvedere di Pastore la parrocchia! ! Chiesa di Santo Stefano, ed a malgrado che il Giovene resi- stesse, il Prelato obbligollo a concorrervi, ciocché esegui con I piena soddisfazione di INIonsignore e del Pubblico, e cosi gli apri il campo a farsi conoscere. Aveva il Governo allora de- terminato che si trasferisse la residenza di Monsig. Orlandi e I la Cattedra Vescovile nella Casa e Chiesa dei Gesuiti espulsi, e mentre questi attendeva gli ordini per un tale traslocamento, prescelse il giovine già divenuto suddiacono a tessere 1' ora- •zione inaugurale. Volle però sventura che per la sopravvenuta improvvisa morte del Vescovo si convertisse questa in fu- nebre orazione, a recitare la quale il Capitolo incaricò il VI Elogio dell' Arcipr. Giovene Giovene (4),clie così diede nuove prove de' sommi suoi talenti e che nelTaniio stesso venne promosso in seguito di (;onimen- datizia del Vescovo alla Santa Sede, ad un Canonicato Dia- conale. E poiché questa nuova carica non obbMgavalo piuc- chè all'assistenza al coro, con fervore si dedicò, senza però abbandonale lo studio delle scienze ecclesiastiche e legali , a quello della storia naturale. Attivo siccome egli era, applica- vasi ancora alla pratica della Giurisprudenza, e dava consiglj a ditesa dei poveri, degli orfani, e dei pupilli, a sue spese scudo facevasi e loro protettore , (juando anche da lontano scoperto avesse negli avversar] ombre di capriccio, e di op- pressione. Componeva i pareri discordi degli avvocati, che in- nanzi a lui poitavansi a tenere sessioni, e procurava l'istru- zione del popolo nei doveri di Religione-, e quantunque cosi occupato, trovava tempo per iscrivere e comporre, e per istruirsi con la lettura dei Classici. Provvedutosi verso il terminar del r775 alla Cattedra Ve- scovile di Molletta con la elezione del zelantissimo, e di grata memoria Monsignor Antonucci, o la fama, o la sperienza , o entrambe portarono gli sguardi del prudentissimo Vescovo sul Canonico Giovene , ed ammessolo più alla intima sua confi- denza che alla sua amicizia, conobbe il Prelato che divider poteva il Governo della sua Chiesa con quest' uomo di spec- chiati costumi, di vasti talenti, e di soda dottrina fornito. Procurò quindi di promuoverlo sollecitamente all' ordine dei Sacri Leviti, ed al Presbiterato; usandogli la particolar distin- zione di esaminarlo egli stesso sui dubbj dei Saeri Canoni, e della Sacra Liturgia, e cosi felice riuscì questa prova, che Monsignore si confermò vieppiù tiell'assunta determinazione di volerlo suo Vicario Generale (.")). Nel 1781 assunse il Canonico (4) Fu questa Orazione stampata iicU' anno 1775 a Napoli. (5) Siccome era duopo per esercitare il Vicariato di essere laureato, così dovette egli a tale oggetto recarsi alla Capitale, ed approfittando di questa opportunità fre- quentò la conversazione degli amici, e dei dotti, osservò con piacere gli oggetti di antichità, di belle arti, e di storia naturale, e lece acquisto di libri utili a Un, ed alla sua biblioteca. Scritto dall'Arcid. Tripaldi vii Giovene il peso di questa carica gravoso assai per le contese in allora vigenti, ma più gravoso ancora per le cure pastorali' delle quali era stato chiamato a parte; carica però ed obbli- ghi che con zelo e plauso generale egli adempir seppe; e mentre incombeva egli a tutto ciò, prese anche l'impegno di insegnare il diritto civile nel Seminario di Molfetta, e di sor- vegliare tutte le scuole. Occupato egli in tanti, e così svariati oggetti trovava pur anche tempo per scrivere di varj argo- menti; e per evitare la noja che genera d'ordinario lo studio a lungo protratto sopra un dato oggetto, aveva costume di portar nella sua cartella diversi oggetti di componimenti, per sceglier poi nelle ore che avanzavangli libere dalle ordinarie sue occupazioni, quello che più gradito a trattare allora gli riuscisse memore del precetto del Venosino. ^ Tu nìliil invita dlces, faciesve minerva. Quando poi condur voleva a compimento qualche suo lavoro letterario o scientifico, ritiravasi per qualche giorno alla solitudine di sua villa da lui chiamata Eremo., ed ivi tro- vando ristoro al suo corpo , e tregua al suo spirito tutto oc- cupavasi ad osservare 1' atmosfera, e le piante, ed a stendere le sue osservazioni. I primi saggi però de' suoi talenti, e de* suol studj gio- venili versarono sopra argomenti di cose ecclesiastiche; e tale era il trasporto che sentiva per i Salmi di Davide, e tale ec- citamento nell' animo gli svegliavano le vive e naturali im- magini in essi contenute, che dispensar non potevasi dal con* secrare qualche ora del giorno a meditarli. Di ciò ne rende testimonianza la lettera sul primo Salmo diretta al chiarissimo Consiglier Mattei che approvò l' interpretazione del Giovene, ed inserir volle nelle proprie opere la lettera stessa. E questo esercizio avrebbe continuato a somministrare gradito pascolo alle sue meditazioni, se un avvenimento impreveduto chia- mato non lo avesse ad occuparsi in altri oggetti, i quali seb- bene giovassergli a divenire peritissimo nella chimica, e gli procurassero molta rinomanza, non gli risparmiarono però gravi pispiaceri. vili Elogio dell'Arcitr. Giovene Era l'anno 1783 quando il rinomato naturalista Abate Fortis curioso di osservare oggetti di Storia naturale, fece una corsa per l'Apulia, e diretto dalla Capitale al Canonico Giovene, strettissima amicizia con lui contrasse per modo, che più con- tento rimase di conoscere i talenti e il sapere dell' ac(juistato amico, anziché della scoperta della nitriera naturale da essi unitamente fatta nel così detto Fido. (6) Trovò non v'ha dubbio, oppositori la nitriera naturale del Pule, nei discepoli delle antiche scuole i quali perciò con- tesero con gli scuopritori di essa, ma cosi non ragionarono il celebre Professore di Chimica Don Giuseppe Vairo, e il suo valente allievo D. Antonio Pitaro, i quali sopra luogo assicu- raronsi della patente di lei esistenza. E sebbene questa sco- perta portasse un rilevante danno agli appaltatori del nitro artificiale, né l'Abate Fortis, né il Canonico Giovene impe- guaronsi a ribattere gli artificiosi raggiri di coloro che soste- nevano gli appaltatori stessi, e contentaronsi di veder correre quasi in folla i naturalisti d'Europa, alcuni per soddisfare la propria curiosità, altri spediti dalle primarie Accademie, i quali (6) Al S. 0. d'i Molfetta lontano dall'abitato un miglio d'Italia trovasi un grande sprofondamento di terra in forma di quasi un segmento sferico di circa 840 passi geometrici di conferenza , e di 5o di profondità ; questo dicesi Pillo. Le pareti in- terne che ne rivestono la concavità, sono macigni di pietra calcare a strati orizzon- tali inclinati però verso il Nord cioè verso l'Adriatico, e la maggior parte di essi giunge fino alla spessezza di cinque piedi. Le dette pareti che ne costituiscono i limiti, danno adito a grotte, a caverne più o meno spaziose, ed alcune lunghissima al segno, che scuoprir non ne puossi il termine. Il Canonico Giovene colla candela in bocca penetrandovi carpone vi fece molte osservazioni. Chi sa se non abbian dato origine a questo enorme sprofondomento di suolo torrenti d' acqua che radendo per secoli il loro alveo siano riuscite a formare questo abisso ? I nostri antenati forse cosi opinarono, poicliè nelle antiche scritture quella contrada trovasi denominata in Gurgio S. Leonardi per un' antica Cappella circa mezzo miglio distante dedicata a questo Santo. Nel margine del Pulo fu edificato pochi anni dopo 1' istituzione dei PP. Cappuccini un Convento abitato da essi per circa due secoli, e nella loro Cliiesa si venerò questo Santo. Scritto dall'Akcid. Tripaldi jx tutti mostraronsi convinti , ed apertamente dichiararono nelle loro relazioni esistere in Molfetta una Nitriera naturale. Me- ritano onorata menzione fra questi li signori Hauvkins gentil- uomo Inglese abile mineralogo (7), Melchiorre Delfico gentil- uomo Abruzzese autore di molti scritti, Zirnrnermann Professore di matematica, fisica, e di storia naturale a Brunswich (8), il Conte della Decima rinomato Professore a Padova (9) , Thou- venel celebre protomedico nella provincia d'Alsazia (io) ed altri moltissimi. Ciò poi che convinse tutti i dotti fu la fioritura, e rifioritura spontanea a nitro delle pietre trasportate in varj luoghi d'Europa, In tal modo, mentre crefjbe la celebrità della nitriera naturale, si estese maggiormente la fama del sa- pere del personaggio che commendo , ed il suo nome si rese celebre nelle Accademie di Londra, di Parigi, e di Germania, tacendo di quelle d' Italia, nelle quali erasi precedentemente diffusa la fama della sua dottrina. Ed ecco che il Canonico Giovene in età di circa 3c anni, mentre che nelle Provincie, e nel regno di Napoli veniva riputato per uno dei primi Giu- reconsulti, presso i dotti d'Europa era tenuto peritissimo nella Chimica nella Botanica , ed in varj rami di storia naturale. Cominciò egli a darne le riprove, allorché portat(jsi col Barone suo fratello ad osservare il suolo di Puglia, trovo cfie in varj (7) Questo abile nataralitta non conoscendo che il suolo Appulo, come è fertile in biade e in frutti, cosi è fecondo in sommi ingegni , all' udir sovente il Canonico Giovane nominar Linneo, esclamò come per meraviglia Commenti Dans ce />fl/i o« nomme Linmus ? (8) Si ha di questo Professore la descrizione del suo viaggio alla Nitriera rui- turah di Molfetta scritta in Francese. In essa trovasi 1' elenco delle piante che al- lignano nel suolo del Pulo descritte nel linguaggio botanico coll'aggiunta, je le dois a la complaisance de M. le Citanoine Giovene qui coltive differente! parties de l'His- toire naturelle aoec le plus grand succes. (9) Questo valente Professore forma il carattere del Canonico Giovene, che fa onore ad entrambi. (io) Dell' alta stima che in varie sue opere questo chiarissimo Autore ha ma- nifestato al pubblico per il nostro Canonico gioverà dir qualche cosa in appresso. Tomo XXIL -a X Elogio dell' Arcipr. Giovene luoshi di essa a])l)ondava il nitro naturale. Scor^iesi ciò dalla lettera inviata al lodato Ab. Fortis nel 1784 (i i), nella quale descrivendo il suo breve viaggio, dà conto del risultaniento delle sue osservazioni tendenti a distruggere l'opinione di co- loro elle credevano il nitro del Pulo generato dagli animali , che una volta avevan potuto al)itare colà. Assicura egli di avere osservato grotte non mai abitate da animali, e che ab- bondavano di nitro nativo. Pili perito dei salnitrai stessi , mentre questi ricusavano di valersi di quelle terre chiamate da essi forti perchè ecce- denti in acido azotico^ insegna loro il rimedio per correggere un tale eccesso, di aggiungere cioè alla lisciva anche le ceneri dei vegetabili, poiché così aumentandosi la base potassa, la cristalizzazione del nitro riesca più pronta, e piìi copiosa. Osservatore qual era diligentissimo, portava ferma o[)inione, seguendo le massime del Galilei, che alla scoperta del vero nelle scienze naturali non si giunge colle teorie, ma colle os- servazioni e colle sperienze. Gradiva perciò il leggere bensì le osservazioni altrui, ma piacevagli di esaminare coi proprj occhi r intiero procedimento di esse, non perchè diffidar vo- lesse delle medesime, ne perchè " Segniiis ìrritant animos demissa per aures " Qiiam quae sunt oculis siibjecta fidelibus,... ma specialmente perchè il più delle volte scuopronsi altre cose che sfuggirono all' occhio sagace degli osservatori ante- cedenti, o come sovente è avvenuto, col disegno di trovare una cosa, altre se ne trovano ed interessanti (i a). Con siffatto metodo, gli riuscì facile lo scoprire non essere la così detta rogna degli ulivi, come pretendevan taluni, opera d'insetti, (11) Fu inserita negli opuscoli scelti di Milano, e poi riprodotta in Francese nel Voyage a la nitriere naturelle qui se troime a Blolfetta par M. Zimmermann. (12) Se la diligente attenzione sulla coincidenza di fenomeni simili il fonda- mento costituisce delle esatte osservazioni, non è vana lusinga il persuadersi di po- tere colle teoriche ideali sorprendere la natura nelle sue svariate operazioni ? Scritto dall'Arcid. Tripaldi xi sol perchè nell'Interno dei tubercoli trovansi insetti ospitanti. Distinse perciò con accorgimento i tubercoli cagionati dal gelo se pur colla rogna voglion confondersi, ed osservar fece esser questa tanto da quelli diversa , quanto lo è un foruncolo da un tumoretto cagionato da strumento tagliente e lacerante. Distinto è pure da entrambi il tubercolo prodotto dai colpi della grandine o da altro strumento contundente, colpi con i quali usando verghe percuotono i contadini i rami allorché raccolgono le ulive; e basta osservare l'interno di detti tuber- coli per rimanerne convinti, ed i rustici stessi i quali ripon- gono la causa della rogna degli ulivi nella gragnuola, confes- sano che tali tubercoli investono in maggior copia gli alberi Femminini, quelli cioè che più rigogliosamente vegetano. In tanti dispareri e come risolvere il problema, se non ricorrendo alle osservazioni, ed all'analisi dei tubercoli stessi? Fece il Giovene perciò bollire nell'acqua i rami attaccati dalla rogna, per così, squadernando tutto il libro, vedere l'origine, e il progresso di tale malattia. Si assicurò , così operando , che tranne le escrescenze prodotte dal gelo, e dalla grandine, tutti gli altri tubercoli sono figli di occhi ciechi ossia di germi sof- focati nel loro nascere; si rende ciò manifesto ancora con lo strappare semplicemente dai rami i tubercoli , ed osservarne il centro. Questo fu 1' argomento della sua interesscnte ilfe- moria sulla rogna degli ulivi [ìZ) la quale stiappatagli , dir puossi di mano nel 1789 dal rinomato Abate INIinervini, stam- pata venne in Napoli, e posteriormente a Roma, a Milano, ed altrove. (i3) Vi fu chi poco conoscendo 1' ulivo, confiise la Rogna con l'Olla cos'i chia- mata da Plinio, che corrisponde a quelle grandi escrescense che nascono sul tronco degli alberi , dai nostri Villani chiamate Menne. Ingannossi però chi sostener volle una tale opinione, ed io allor giovinetto fui testimone e della analisi della rogna e della scoperta della causa che la produce , cosa da me posteriormente verificata poi con replicate e copiose osservazioni. Il silenzio serbato da chi combatter poteva questa opinione, 1' avidità con cui fu richiesta dovunque la memoria citata , e le rijtetute edizioni di essa rendettero il dovuto onore al Giovene. XII Elogio dell'Arcitr. Giovene Ed a vieppiù giovare all' agricoltura non restrinse le sue vedute alle malattie cui vanno soggette queste così preziose piante, ma conoscer volle ancora gli insetti che corrompono, e devastano i loro frutti. Contristato dalla strage che soffri- rono le ulive l'anno 1791 nelle due limitrofe provincie di Bari, e Lecce, die in luce un Avviso al proprietarj d'uliveti, e contadini per la distruzione di alcuni vermi che rodono la polpa delle ulive (j4)- E per non lasciare secondo il suo or- dinario modo di pensare, nulla incompleto, parlò del verme, chiamato dal Bernard Bruco Minatore , il quale benché non nuoccia alla polpa delle ulive, assai grave danno produce a quei frutti, poiché si pasce delle mandorle del nocciuolo, di- vorate le quali circa il termine di Agosto n' esce fuori , ta- gliando cosi i legamenti de' picciuoli. Perlocchò se questi sono intieramente rosi, tosto cadono le ulive, che a nulla servono; mentre quelli che rimangono illesi, proseguono a ricevere, ma scarso l'alimento, e quando al terminar del Settembre avviene la loro caduta, miserabile prodotto d'olio ricavasi da esse. E perchè riesce inutile lo scoprire le cagioni delle malattie se non si sanno poi apprestare i rimedj, fra li tanti proposti da buoni scrittori per la distruzione della razza malefica delle mosche a dardo (i5), uno ne immaginò l'autor nostro effica- (i4) li valoroso slg. Pietro Napoli Signorelli nelle sue vicende della coltura nelle due Sicilie parlando delle due suaccennate memorie di cui ne riporta gli estratti, coò'i discorre. (( Pochi, eh' io sappia, pareggiano, e niuno sorpassa il dottissimo Giu- ri seppe Maria Giovene nel trattare le materie agrarie con maggior corredo di fisica (I de' vegetabili, di chimica, di storia naturale, e di perenni osservazioni meteorolo- (( gico-campestri. Noi abbiamo due esimie memorie che bisogna conoscere. » (i5) Non i soli vermi della Musca Oleae fanno strage della polpa delle ulive negli anni al loro sviluppo propizj, ma ho trovato altri vermi che sviluppatisi poi in perfetti insetti hanno dato una specie di cinipi, di falene, di Rirfalle. Vedi memoria ili alcuni insetti che fanno disseccare i rami degli ulivi, e divorano la polpa dei loro frutti, e sul modo di distruggerli inserita negli Atti del Reale lustituto di incorag- giamento delle scienze naturali di Napoli Tomo III. Scritto dall'Arcid. Tripaldi xiii clssimo per se stesso, ma Inefficace per la costumanza di tenersi le ulive lunga pezza sepolte ne' pozzi de' Fattoi, perlocchè i rami che sarebbero posti sotto la macina han tutto r agio di convertirsi in mosche. Non è però a negarsi , che essendosi moltiplicati adesso i Fattoi alla Genovese, i quali in trenta giorni circa macinano tutte le ulive che a mano a mano raccolgonsi , il rimedio dal Giovene proposto per distruggere i vermi della mosca a dardo , diventa assai utile. Come pertanto un fiume che camminando cresce, e nel cammino nuovo vigore acquista, così crebbe in lui che com- mendo , la lena , e la volontà di moltiplicare le osservazio- ni meteorologiche e geoponiche per solo desio di giovare la scienza ed i suoi simili. Che vale essere di sapienza ricco, e dottrina , quando non ridondano queste a pubblico van- taggio ? Nisi utile est quod facimus, stulta est gloria^ è mas- sima antica , e fondata , talché non può il vero sapiente di- spensarsi dal praticarla. Fu perciò che divenuto il Giovene peritissimo nella meteorologia , e nell' arte agraria, si impe- gnò a fare come un innesto di queste , onde trovar regole più conducenti, di quelle che conoscevansi, alla prosperità dell'agricoltura, ed alla fruttificazione delle piante. Eccolo perciò occupato nel 1788 al 1797 a ricavare da' suoi gior- nali di osservazioni , e dal complesso delle sue meditazioni in ciascun anno una Memoria contenente la storia delle meteo- re, e delle vicende dell' agricoltura. Principal sua mira si fu di conoscere la meteorologia della Puglia e del Regno, e perciò ottenere non desisteva dall' eccitare gli amici (16) ad occuparsi di questo ramo di scienze , e confrontando con le sue osservazioni quelle che venivangli da medesimi comuni- cate , compose i suoi discorsi che meritarono gli encomj del (16) Moiita fra questi onorata menzione il dotto ed erudito Arcidiacono Luca Cagnazzi conosciuto pei molti suoi scritti, e Socio di più cospicue Accademie. XIV Elogio dell' Arcipr. Giovene più illustre meteorologista, anzi del fondatore della meteoro- logia Italiana l'Abate Toaldo (17). Lungo sarei se esporre qui io volessi quante utili osservazio- ni, e quanti precetti contengono li citati discorsi meteorolo^i- co-campestri, e quanto acquistasse la meteorologia, e l'agricol- tura, talché dir puossi che se si riconosce per fondatore della scienza astro-meteorologica il suUodato Toaldo, il Giovene ha ugual diritto a venir riconosciuto per fondatore della meteo- rologia campestre. Convien leggere questi discorsi per ammi- rarne la precisione, i progetti, e le regole che contengono, le quali appalesano quanto profonde , ed estese cognizioni pos- sedesse r autor loro. Se la meteorologia è la storia dei feno- meni atmosferici, e se l'applicazione della meteorologia all' agricoltura consiste nel trovare i mezzi per trarre il maggior profitto possibile dalla semina, dai piantamenti, e dalla frutti- ficazione, incontransi questi mezzi a dovizia esposti nei men- tovati discorsi. Parlasi in alcuni di essi dell' andamento pato- logico dalla stagione dipendente, e delle epizootie occorse per alcuni anni nel paese, descrivonsi in altri le lavanduj'e, fate morgane 0 Mutate che dirsi vogliano, nomi con cui appellansi quei giganteschi e proteiformi pezzi di architettura lavorati dalla rifrazione dei raggi solari su vapori facilmente elettriz- zati, e galleggianti or nell'alto, or nel basso dell'atmosfera, i quali mutar fanno di aspetto le città, gli edifizj , i boschi , le colline ec.,ora in alto sollevando le basi di questi oggetti, or oscurando le vette dei colli, fenomeni non infrequenti nel clima di Puglia, specialmente dopo l'equinozio di Autunno; né oinmette il Giovene di ragionare sui Bolidi, e di esporre modestamente l'opinion sua sull'argomento raffrontandola con quella de' più valenti fisici d'Europa, ed introducendo oppor- tunamente per spiegar il fenomeno le teoriche elettriche ad un' epoca in cui lo studio dell'elettricismo era ancor nell'in- (17) Otto di tali discorsi sono inseriti negli Opuscoli scelti di Milano, e li due ultimi nel Giornale letterario di Napoli. Scritto dall'Akcid. Thipaldi Xv fanzia. Una prova ben luminosa dell' eccellenza di questi la- vori dei Giovene si fu l'applauso universale con cui ricevuti furono dai fisici tali discorsi, dei quali non pochi lunghi squarci vennero inseriti in opere classiche di rinomati scrittori (ifi). Di fecondo ingegno dotato, ed attivo nella facoltà di com- prendere, non limitava il Giovene le sue ricerche ad un solo oggetto, ma compiacevasi di sempre più estenderle, perlocchè stupir non devesi se nel decorso del riferito decennio altri suoi lavori di simil natura vedessero la luce. Luogo distinto merita tra questi l'operetta che ha per titolo La mia villeg- giatura^ nella quale lo stile imitando, non già i pensieri del Voyage sentimental d'Harvey sotto il velo di immagini popolari, con semplicità di maniere, usando il vero linguaggio filosofico insegna la cristiana morale , e promulga massime veramente sentimentali. La moltiplicità delle edizioni in diversi luoghi fatte di quest' operetta comprova il pregio della stessa , e il favorevole accoglimento che ne fece il Pubblico (19)- Né men (18) Mi si permetta fra li diversi Autori, che parlarono con somma lode degli scritti dell'Arciprete Giovene, di qui riportare, il giudizio che dei medesimi ne diede il eh. Ab. Toaldo in una delle sue opere. Parlando egli delle stagioni si immagina un compenso alternativo di caldo, e di freddo, di umido, e di secco ec. che in una serie di anni deve poi potersi comprovare. Valendosi egli della dottrina spiegata dal Meteorologo di Puglia così ragiona. « Su questo argomento il dotto sig. Canonico f( Giovene in Molfetta tanto avveduto osservatore, che sagace ragionatore ha dato f( un bel Discorso negli opuscoli scelti di quest'anno, descrivendo l'annata del 1789. n Giova qui di recare uno squarcio del medesimo. )) Veggasi Completa raccolta di opuscoli, osservazioni, e notizie diverse dall'anno l'Jl'^ al 1798^ stampata in Venezia nel j Boa, Tomo III, pag. 36 ove lo squarcio occupa quasi quattro pagine del volume. (19) Questa 3/Ja vileggiatura venne stampata a Napoli, poi a Milano, indi a Roma, e nel 1804 a Parma. L'Autore la compose in campagna nel 1788 mentre io allora giovine perchè in età minore di quattro lustri ed ancor laico, da suo discepolo che era stato nella scienza del diritto negli anni antecedenti, mi onorò scegliendomi a compagno della sua Villeggiatura: vidi io allora come occupava egli i giorni nelle osservazioni astronomiche, meteorologiche, elettroscopiche, al quale oggetto io formai a bella posta un cervo volante ; allora pure istituì le sue osservazioni sulla rogna degli ulivi, sulla mosca a dardo, sulla cocciniglia, e su di altri oggetti utili all'agricoltura. XVI Elogio dell' arcipr. GiOvene pregevole è a riputarsi la lettera che nel 1790 per impulso del rinomato naturalista Fortis vide la luce, e la quale aveva il vOioveue indiritta nelT Ottobre dell'anno precedente al eli. Consigliere Mattei. Poeta questi di spirito, proposto aveva un quesito al dotto Professore Don Giuseppe Vairo sulla specie di sale di che parlar volle Cristo N. S. allorché disse agli Apostoli vos estis sai tcrrae. Versato come era il Canonico Giovene nella materia relativa ai sali, dappoiché erasene molto occupato per cagione della sopramentovata nitriera naturale di Molfetta, spiegò la sua opinione in una lettera in ameno ed elegante stile dettata, nella quale con erudizione ecclesia- stica, e col corredo della fisica e della chimica ribattè le opi- nioni di coloro che parlarono di nitro ossia soda , di sai ma- rino (idro-clorato di soda), di marna, ed altro, e dimostra con belli, e sensati argomenti avere il Redentore paragonato gli Apostoli al nitro ( ossia nitrato di potassa ). Chi nel leg- gerla negargli vorrà ingegno, dottrina, immensa erudizione? Come chi per prendere tesori dal fondo del mare tanto prende più d'animo, quanto più in esso si immerge, cosi al Giovene nella piena delle sue osservazioni non bastava il fer- marsi negli oggetti che agli occhi presentati venivangli ed alla immaginazione; ma penetrava più oltre, e paragonando le os- servazioni attuali con altre analoghe veder voleva il retto risul- tamento di tali confronti. E cosi operando dalla copia delle sue ed altrui osservazioni elettriche, ed atmosferiche riusci a compilare nel 1708 una memoria intitolata Osservazioni elet- trico-atmosferiche e barometriche insieme paragonate (io), la quale lo elevò alla classe de' più stimabili fisici d'Europa. D' ingegno acuto e penetrante non abbandonava mai la con- templazione di un soggetto scientifico, se non quando avealo pienamente esaurito, e come che mentre ogni giorno scrivea, ogni giorno nuove cose amava di leggere, cosi appena ebbe (20) È inserita nel Tomo YIII delle Memoiie della Società Italiana delle Si'ienze. Scritto dall'Arcid. Tripaldi xvii sott' occhio la dissertazione del sig. Van-Swinden sopra i mo- vimenti regolari dell' ago magnetico, che un' appendice egli stese alla mentovata Memoria, in cui istituendo un paragone fra le osservazioni eseguite nei mesi perielii , e quelle fatte negli afelii, conchiudeva dal successivo confronto delle osser- vazioni del sig. Van-Swinden con le proprie, che poteva ben confermare le congetture di corrispondenza tra la pressione del mercurio nel Barometro ^ le aurore boreali, le agitazioni magnetiche, e l'elettricità atmosferica (2,1). Quanti encomii tributar a lui perciò si potessero, sarebbero sempre minori di quanto ei merita, e l'aver egli dopo un lungo corso di osser- vazioni fissato, e minutamente circostanziato il flusso, e ri- flusso elettrico-atmosferico , forma il più grande elogio dello scopritore. Aggiungasi poi l'approvazione de' più valenti fi- sici, e meteorologisti, i quali si recano a gloria di confermar le loro teorie sulle osservazioni, e scoverte dell'Arciprete Gio- vene. Scorransi fra le altre le opere del celebre Dottor Tou- venel (aa), ed ivi troverannosi non solo citate le teorie del Giovene, ma vedransl inseriti lunghi tratti delle Memorie di lui per viemaggiormente assodare le proprie dottrine. Il sempre commendevol Poli, egli pure ne' suoi elementi di fìsica, par- lando delle osservazioni elettro-atmosferiche dai celebri Saus- sure e Volta eseguite, dalle quali scorgesi esservi nella elet- tricità atmosferica una alterazione periodica nel tratto di 24 (ai) Le ultime scoperte sulle intime relazioni che regnano fra la materia elet- trica, il magnetismo, il calorico ec. sono un testimonio bea luminoso della profon- dità delle viste, e della penetrazione del Giovene che quarant' anni addietro trave- deva la connessione che lega fra loro questi diversi fenomeni della natura ( i838, a. L.) (22) Traile sur le clirnat de V Italie Verone 1797, i"^<)^, Melanges d' histoire na- turelle stampate a Parigi nel 1806. Trovasi in quest'opera una lettera dell'Arciprete Giovene diretta al cliiar. Autore, il quale dichiara ai Dotti d' Europa che « parrai (I les savanti d' Italie, que j' ai invite a me secondar dans 1' execution de ce pian <( je ne puis citer anjordhui , que M. Giovene de Jlolfetta en Pouille, un des plus l( celebres en meteorologie phisique, et de plus exacts observateurs en agronomie. Tomo XXII. 3 wiii Elogio dell' Arcipr. Giovene ore, soggiunge: "sono queste verità anche stabilite e circo- ,. stanzialmente descritte dai mio dilettissimo amico sig. Arci- ,._ prete Giuseppe Maria Giovene clie ha arrichito la Fisica ,, di accurate, e preziose osservazioni meteorologiche. ,, Chi non iscorge fin qui nell'Arciprete Giovene l'agrono- mo, il meteorologo per eccellenza, 1' entomologo, il botanico, il chimico, l'accurato naturalista? Chi non ravvisa ne' suoi scritti il filosofo modesto, che niuna pompa o fasto spiega neir esporre le sue scoperte? Een lo seppe definire l'illustre e dotto conte dalla Decima allorché lo caratterizzò per l'Uomo dotto senza jattanza e rispettabile non meno per le sue co- alizioni che per la sua moralissima indole (aS) , e l'Arciprete Giovene allorché fu personalmente conosciuto dal mentovato Professore non aveva, che poco più di trent'anni, ciocché ac- cresce di gran lunga il suo elogio. Ma le mire del nostro Arciprete non si limitarono a gio- vare alla società con la sola penna. Acceso di zelo per la prosperità del suo Seminario, e per la buona coltura degli alunni dei quali prendeva special cura , vide 1' importanza di sostituire al rancidume della vecchia Fisica (24) le cognizioni della già scoperta teoria pneumatica. All'importante scopo di migliorare questa istituzione rivolse le sue meditazioni, ed ottenne come per una specie di preliminar convenzione dal suo intimo amico il cavalierPoli una non scarsa collezione di macchine fisiche, le quali unì ad altre procuratesi da Venezia, e volle egli stesso nell'anno 1704 insegnare per un corso la fisica sperimentale prevalendosi delle istituzioni del citato il- lustre Autore, delle quali allora conoscevasi la quarta edizione soltanto. Flutto di queste lezioni in cui sviluppò specialmente la teoria di Lavoisier invece della teoria flogistica, fu un (i3) Memoria degli accumulamenti aerei e gazosi del corpo umano, letta nell' Accademia di Scienze, Lettere, ed Arti di Padova. Geniiajo 1816. (24) Si insegnava allora nel Seminario diretto dai Religiosi Domenicani la fìsica dell'Altierij e non conoscevasi colà nemmeno il nome di Stahl. Scritto dall'Arcid. Tripaldt xix saggio, che i suoi allievi offrirono nell'ampio cortile del Pa- lazzo Vescovile e Seminario , di sperimenti sulla meccanica, sulla elettricità, e sull' aria, ed i gas, nei quali mostrarono il maneggio specialmente delle macchine pneumatica ed elettrica, che poco o nulla in allora colà conoscevansi. E qual non fu Io stupore che eccitossi in tutti i ceti di persone che ivi in- tervennero in gran numero, mentre pochi esperimenti o ninno di tal fatta eransi fin allora praticati nella Università degli studj ? La fama del Seminario oltre ogni credere si estese, ed il Professore che succede alla Cattedra non mancò di esporre le nuove scoperte, e quelle del Galvanismo. ,• • Mentre però l'Arciprete Giovene erasi fatto un sistema regolatore de' suoi studj, dividendo le sue occupazioni fra le scienze naturali, e le scienze legali ed ecclesiastiche, eccolo inopinatamente strappato direm così, da' suoi compagni e dai diletti suoi studj per recar servigio alla patria. Risolvè Mol- fetta nell'anno 1797 di volersi affrancare non dai pesi feudali da cui non fu mai gravata, ma dal titolo, e dalla Giurisdizione che vantavasi dall' erede dell' illustre Casa Spinosa. Di avve- duto e dotto conoscitor delle leggi faceva perciò mestieri, ed il Decurionato delle corporazioni ecclesiastiche, e del Pubblico a pieni voti prescelse a tant' uopo il Giovene. Rincrebbe a lui, ed a Monsignor Vescovo che amava averlo a suoi fianchi, questa elezione: lor malgrado però e l'uno, e l'altro cedet- tero alle istanze del pubblico. Con tutto lo zelo faticò in Na- poli per ottenere il desiato fine, e con prudenza temporeggiò a concludere la stipulazione del contratto, e non ostante gli sforzi delli Avvocati della parte contraria, e le continue pres- sure de' suoi concittadini che affrettar volevano la tanto bra- mata convenzione, con la mirabile sua destrezza riusci a scher- mirsi da questi assalti e recare alla patria il risparmio del debito che erasi contratto, ma non realizzato, di Ducati due- cento dodici mila. La memoria di questo fatto , e non sarà per la più tarda posterità Molfettana piìi perenne di qualun- que monumento in bronzo, o in marmo? XX Et.oGio dell' Arcipr. Giovene Né credasi già aver egli iti menoma parte obliato i pre- diletti suoi studj , le consuete sue osservazioni, e medita- zioni, mentre trovavasi distratto in occupazioni cotanto di- verse dall' ordinario suo tenore di vita. Sapeva ben egli tro- vare il tempo opportuno per occuparsi in oggetti all' avanza- mento delle scienze diretti, e in Napoli mandò alla luce l'ul- timo discorso meteorologico per l'anno 1797, prevalendosi spe- cialmente delle osservazioni che da ìMolfetta, e da altri luoghi gli vennero somministrate. Piacevagli assai il conversare coi due amici Minervini e Poli di cui si fece già onorata men- zione, e con altri Dotti, e in mezzo alle tristi politiche vi- cende tenendosi, quant' era possibile nascosto, profittò della dimora nella Capitale, per estendere le sue cognizioni sulle materie geologiche, e per ampliare la piccola raccolta che pos- sedeva , di Zoofiti, Litofiti ed altri Tossili dei quali arrichì il suo museo di storia naturale, che ei non giudicava per anche completo. Annojato però di trovarsi fuori della sua sfera procurò di liberarsi d' ogni impaccio, e verso la metà deli' anno 1000 fé ritorno in Patiia, ove malgrado delle aumentate cure eccle- siastiche prese il Giovene la sua metodica vita laboriosa, let- teraria, ed anzi maggior lena acquistò per arrichir di nuovi lumi le scienze. Diresse infatti nell'Aprile dell'anno i8o3 una let- tera all'Ab. Fortis Prefetto della Biblioteca e Segretario dell' Istituto nazionale in Bologna, nella quale distinto ragguaglio comunicò al suo diletto amico della pioggia rossigna caduta il di 7 INIarzo precedente nella Puglia, ed altrove. Lungi egli dal credere il polverio colorante la pioggia cagionato da esplo- sione del Vesuvio, o dell'Etna, ovvero dal ritenerlo un tra- sporto di materie per mezzo di vapori sollevate dal fondo del mare, come taluni altra volta sostennero, giudicò con molta avvedutezza, e mettendo a calcolo i venti preceduti all'osser- vato fenomeno, essere questa polve pervenuta dall'Arabia, e dal vento Sud-Est spinta in Italia: esempj di latti simili po- steriormente avvenuti confermarono questa opinione. Non così Scritto dall'Arcid. Tripalpi xxi fertil terreno sviluppa, e porta a maturità nella stagione stessa i semi in esso impiantati , come nella mente feconda dell'Arci- prete Giovene e si concepivano, e si ordinavano , e compie- vansi quasi ad un tempo li suoi svariati lavori. Molte sono le produzioni con le quali egli arrida i Volumi della illustre e rinomata Società Italiana delle Scienze cui gloriavasi egli con giusto titolo di appartenere, e di cui era divenuto già da pa- recchi anni Socio pensionario anziano. Il giudizio, saviezza, e la somma perizia con cui trattate sono le materie contenute nelle produzioni stesse comprovate furono specialmente dall' avidità con cui esse ricercate vennero, e dalla onorata men- zione che i Dotti contemporanei ne fecero nelle opere loro. E qui rammenterò cosi di passaggio la franchezza con la quale il valente e dotto Autore scorreva ne' quattro regni della na- tura (a 5). Nuovi interrompimenti poi sopravvenero agli studj in cui occupavasi delle naturali scienze il nostro Autore -, poiché quantunque egli procurasse di viver vxmile e nascosto, tutta- via lo splendore de' suoi meriti e delle sue virtù il fece co- noscere all' immortale S. Pontefice Pio VII di Santa Memoria, che lo scelse a Pastore della Diocesi di Lecce, la quale spe- cialmente allora abbisognava di un dotto e zelante personaggio, che conciliasse i dispareri, e ristabilisse l'ordine e la concor- dia. Si ricusò egli con bel garbo, espose benché con la dovuta sommessione qual conviensi ad un ecclesiastico veramente savio, (aS) Sembrerà forse cosa strana ad alcuni la giunta di un quarto regno ai tre già conosciuti della natura? Dovrebbe anzi far meraviglia che i fisici non vi abbiano ancor pensato, dopo che è cosa evidente aver la natura stabilito nell' atmosfera il principal suo seggio, dal quale governa e regge gli altri tre regni modificandoli, e trasformandoli in varie guise. Chi non iscorge la somma influenza dell' atmosfera Bopra i viventi? Ne regola essa il fisico e l'economico. E ch'i negar può la stretta relazione che passa fra 1' atmosfera ed i vegetabili? regola essa la loro buona vege- tazione, e fruttificazione. E tra 1' atmosfera ed i minerali chi è che non ravvisi una dipendenza, e corrispondenza di effetti .... ? xxir Elogio dell'Arcipr. Giovene le sue ragioni per venir dispensato da cosi geloso uffizio, ma indarno, e l'Arciprete Giovene dovè suo malgrado, cedere, ed accettare il Vicariato Apostolico di Lecce. La sua religione però, la sua prudenza, i suoi talenti lo guidarono, in modo da sormontare tutte le difficoltà. Dedicatosi intensamente al go- verno della Diocesi, non lasciò scorrer momento, nò sfu^sir ■' Do occasione per incombere con ogni sollecitudine, come fece, e a calmare gli spiriti, a restituir 1' ordine, e mettere sul buon sentiero il deviato, a talché in poco tempo dir potevasi di questa Diocesi Unus ovìlìs , iimis Pastor. Mancò frattanto ai vi- venti il pio, e dotto Monsignor Morelli Arcivescovo d'Otran- to, il quale tanta stima nudriva per l'Arciprete Giovene, che quantunque fosse da se capace di regolare quella vasta Dio- cesi, tuttavia amava dipendere da' consigli del Giovene, e quel Capitolo che ne conosceva il valore , lo elesse a Vicario Ca- pitolare nella vacanza della sede Episcopale. E dovette il no- stro Arciprete gravarsi di nuove cure per la pericolosa malat- tia sopraggiunta al Vescovo d'Oria, il (juale con le più insi- stenti premure desiderò di affidare a lui il governo del suo ovile; ed allorquando venne vacante la Cattedra Vescovile di Ugento, obbligato venne a vigilarla, onde porre riparo ad al- cuni disordini ivi accaduti. Divenne perciò il Giovene Prelato di quasi 1' intiera Provincia che governò con sapienza e dot-, trina, allontanandone ognora per quanto le umane forze e i mezzi umani il comportano, tutti gli abusi, e se alcuno tal- volta la invase, comunicando egli in quei difficili tempi col Sommo Gerarca della Chiesa che era prigioniero a Savona, ne procurava i salutari rimeJj, e fra le altre cose tema non ebbe di istruire il suo popolo che il matrimonio semplicemente ci- vile era un vero concubinato. Quanto non è anunirabile la sua fermezza e la sua prudenza! Correvano allora tempi oltreniodo infelici specialmente per la Chiesa, e nei quali era duopo man- tenere per taluni forte il freno , e cosi fece il Vicario nostro Apostolico, ma pur seppe ottenere l'affetto e la stima di quella buona popolazione, presso la quale il suo nome è anche Scritto dall'Arcid. Tuipaldi xxiii al presente in benedizione , e ad un tempo stesso si conciliò il rispetto e T amicizia di tutte le Autorità civili, e militari. Né restringevansi le sue instancabili cure fra i limiti delle cose spirituali: non avevano confini le sue occupazioni, anzi tanto più contento quanto da maggiori fatiche oppresso, si in- caricò inoltre della vigilanza sulla pubblica istruzione di quella Provincia, di cui ne fu l'Ordinario Presidente, come per alcun tempo lo fu di quella di Basilicata ; e sotto l'amministrazione sua, e il Seminario, e quel Reale Collegio ebbero nuova vita, sia in ciò die risgnarda la letteratura , sia per la parte eco- nomica, ed ivi prosperarono la disciplina, e la civile educa- zione. La statistica, gli Ospizj e la Società economica di Lecce cambiarono di aspetto sotto la sua Presidenza, e come s'inte- ressava per le opere di beneficenza, cosi non mancava di spar- ger lumi, precetti, e buone pratiche agrarie. Per la qual cosa convinto il Governo della utilissima, e straordinaria operosità del Giovene, un attestato gli diede del proprio gradimento e lo creò Cavaliere decorandolo della Croce delle due Sicilie. Né credasi già che immerso come egli era in un pelago di cotanto svariate cure, dimenticasse le Scienze a lui predilette. Due memorie da lui inserite in quest' epoca negli atti della Società Italiana comprovano la somma sua attività, fanno pa- lese ognora che mai non raffreddossi in lui il desiderio di gio- vare ai progressi delle scienze naturali. Notìzie geologiche e meteorologiche della Japigia , ecco 1' argomento della prima , la seconda poi ci porge notizie curiose sulle Cavallette Pugliesi. Meritogli la prima gli elogi del celebre Professor Brocchi, che non esitò a collocar l'Autor nostro fra gli illustri Geologi , e venne la seconda ammirata come produzione di espertissimo Geologo. Cessato allo spirar del decennio di occupazione l'Uffizio dei Vicari apostolici, fu l'Arciprete Giovene sollevato da così straordinario peso; ma il capitolo di Lecce cui molto rincre- sceva il perderlo, senza prevenirlo lo elesse per suo Vicario Capitolare , e quantunque egli interponesse le più fervide XXIV Er.oGio dell'Aucipr. Giovene istanze per non accettar questa carica, a motivo specialmente di sua malconcia salute, tuttavia dovette compiacere il Capi- tolo, e per alcuni mesi però soltanto assunse questo nuovo impegno. Un trionfo per lui furono nel partir dalla Provincia di Lecce i luminosi attestati di affettuosa gratitudine di quelle popolazioni, poiché non udivansi per dove passava, che sin- ghiozzi, e sospiri, e non vedevansi che lagrime, e segni di vero lutto; il die risvegliò nel nostro Religioso una sensibile tenerezza e nuovo affetto a quei popoli, e di un tale contegno serbò e^li a luuiro vivissima memoria. Ritiratosi verso il ter- minar delT anno 1816 alla patria, di salute logoro, più perle fatiche sofferte, anziché per l'età, non cambiò sistema di vita, ed anzi crebbe in lui l' energia e 1' ardore. Divenuto era per lui questo metodo un bisogno : tanto è vero il detto del Poeta " Naturam expellas fiirca, tamen usque recurret. Riprese egh pertanto 1' ecclesiastico suo ministero e con la scorta di S. Giovanni Grisostomo predicava con molto suc- cesso, e nei Catechismi esponeva la parafrasi dei salmi Davi- dici sii quah aveva a lungo meditato, e dimostrava contenersi in essi tutte le verità della Cattolica Religione \ ed al tempo stesso non defraudava le scienze naturali di nuove produzioni che inseriva nei volumi della Società sullodata. Nel ioi9vide la luce una sua celebrata memoria sulla formazione del nitro, e degli altri sali che lo accompagnano, e in essa alla sagacità delle proprie osservazioni e riflessioni unendo quelle da altri naturalisti praticate, stabilisce come un canone di fisica-chi- mica, non esservi suolo che dia origine, o contenga un sale, e che non produca e contenga varie altre specie di sali: sia dunque artificiale o naturale il nitrato di potassa, che si ri- cavi da qualsivoglia terra , saranno sempre di lui compagni r idro-clorato di soda, o di calce, gli ossi-solfatti di calce e di magnesia, come anche gli ossi-carbonati. Quanto non sono ingegnose le sue congetture sulla genesi de' sali ! Non può , dice egli, forse il fluido elettro-magnetico conqiorre, e decom- porre gli acidi, svariarli nella loro specie, renderli atti ad unirsi Scritto dall'Arcid. Tripaldi xxv per ragione di affinità ad una base, piuttostochè ad un'altra, a formare cosi sempre nuove specie di sali? E perchè tante vi sono pile voltaiche nelle viscere e verso la superficie del globo quanti sonovi strati di materie diverse, che concorrono a formarli, non è a maravigliare se nelle medesime terre tro- vinsi unite insieme varie specie di sali ; e potrebbesi forse con licenza dei seguaci di Ippocrate , considerar le macchine ani- mali come altrettante pile voltaiche le quali ben ordinate hanno salute, ma rendute innormali si ammalano, ed anche muojono ? Altra interessante produzione per le scienze naturali diede egli alla luce nel 1824, dir voglio le notizie delle due Puglie Peucezia e Daunia e del principato ulteriore , che formano la continuazione di quelle sulla Japigia.Seil chiar. sig. Broc- chi annoverò già il Giovene tra i Geologi d'Italia allorché vide le sue osservazioni sulla Japigia , per questo secondo scritto si meritò di venir acclamato per uno dei più accurati natu- ralisti viventi. Quantunque indebolite fossero le forze del suo corpo nell' ultimo decennio di sua vita , non soffrirono però alterazione nesuna quelle dello spirito, e sebbene conducesse i suoi giorni ritirato in casa, non intralasciò tuttavia le occupazioni eccle- siastiche, e la lettura dei libri nuovi e dei Giornali, fino che rendutosi impotente a leggere per cagion del cristallino ren- dutosi opaco nell'occhio sinistro, ricorrer dovette all'opera altrui per conoscere lo stato attuale delle scienze, e delle amene lettere. Pronto e vivace di spirito- ed appassionato della meteorologia prendea ogni giorno conto dall'amico più fidato e il più antico 1(26), delle variazioni barometriche e termome- triche e interrogava i rustici sullo stato dell' agricolrura (27). (26) Lo scrittore di questo Elogio. (27) Sovienmi sul proposito doversi trovare negli atti della rinomata Società di Breslavia menzione dello straordinario abbassamento del Barometro avvenuto il di aS Dicembre 1821, in molti paesi d'Europa, fra i quali anche in Molfetta. Di tale Tomo XXII. 4 XXVI Elogio dell' Arcipr. Giovene Dilettavasi assai quando opportuno gli si presentava V incon- tro, nell'esaminare i pesci più rari dell'Adriatico che i pesca- tori portavangli a casa ben sicuri di essere largamente rimu- nerati, e sebbene ridotto in uno stato di maggior indeboli- mento anche per la semiparalisi sopraggiuntagli alla vescica, provava alleviamento alla noja da suoi incomodi inseparabile, istituendo le più minute osservazioni su questi pesci , esami- nandone attentamente le membra, e le varie conformazioni, e ben sovente dal confronto ne scuopriva i caratteri dagli Izziologi li più provetti non ben descritti, o ad essi scono- sciuti affatto. E ben differente i'osserv&re i pesci di fresco estratti dal mare, e gli scheletri trasportati ne' Musei da' mari lontani , ed è [)erciò meritevole di scusa il signor Lacepede , se fosse alcuna volta incorso in qualche sbaglio; ciò non ostante il Giovene nel partecipare al pubblico le sue scoperte non ne menava trionfo; vero filosofo modesto senza jattanza , anche per confessione dei dotti viaggiatori i quali o per desiderio di conoscerlo o per istruirsi sulla storia naturale del R.egno , o j)er osservare la raccolta della medesima che egli possedeva, si recavano a pregio di visitarlo. Spiacevagli però assai, né contener poteva 1' elettrizzamento che se gli eccitava allorché leggeva certe spiegazioni date ai fenomeni naturali, e le con- seguenze che spesso se ne deducevano, e che la supposizione esigevano di Cataclismi più antichi di quello descritto da Mosé, di continenti passati a letti di mare, di formazioni e riforme di monti, di petrifìcati al di là di seimila anni ec : tutto egli spiegava col lil^ro della Genesi, e trovavasi ben soddisfatto. straordinaria discesa diede comunicazione il chiar. Prof Brandes defunto alla Società Italiana, che nel iSaS stampò in Modena l'Opuscolo del Brandes su questo feno- meno straordinario. Venuta una tale Memoria a cognizione del Giovene , volle che io lo informassi di tuttocio che conosceva su questo argomento, e con due lettere, una latina, 1' altra francese, partecipò al Prof, di Breslavia il tutto, e ne ebbe gra- ziosa risposta e le dovute lodi. Scritto dall'Arcid. Tripaldi - xxvii Il tomo XX delle Memorie della Società Italiana nel Fascicolo I di Fisica contiene i rìsultamenti delle osservazioni izzioiogiche dall'Autor nostro istituite sopra alcuni pesci non frequenti a pescarsi nel mare della Puglia, a cui aggiungesi un supplemento nel fascicolo secondo sii di altri pesci descritti e paragonati con simili animali dal conte Lacepede descritti. Molta accu- ratezza ed espertezza dimostra il Giovene in queste descrizioni dalle quali apparisce quanto accorgimento richieggasi nel trat- tare oggetti di storia naturale, e specialmente nel ramo izzio- logico (a8). L'Autor nostro, come abbiam più d'una volta osservato facendo scopo de' suoi studj le scienze naturali , occupavasi al tempo stesso nelle ecclesiastiche discipline , ed avendo noi ricordate tutte le varie produzioni di meteorolo- gia, e di storia naturale che furono il frutto delle fatiche del Giovene, sembrar potrebbe a taluno che qui aver dovesse il suo termine 1' elogio di lui negli atti di una Società che col- tiva soltanto le scienze naturali; ma per caratterizzare come merita un cosi illustre soggetto , ed affinchè i miei lettori possano veramente conoscerlo, ho giudicato necessario di far parola ancora delle sue produzioni di sacro argomento. La prima ha per titolo Kalenclaria vetera mss. aliaque monumenta Ecclesiarum Apuliae et Japigiae (29). Sembrar può a taluno a primo aspetto poco utile questo lavoro ; ma cosi non giudicheranno coloro, che le filologiche, ed erudite ricer- che hanno in pregio. La fina critica, la copia della erudizione, e la scelta latinità con cui è stesa quest'opera, basta per di- mostrare quanto valesse 1' Autor suo in letteratura e nella scienza liturgica, e con quanto ingegno abbia egli saputo cor- (a8) Il Colera che afflisse l'Italia impedi per qualche tempo la pubblicazione nelle Memorie della Società Italiana di un altro scritto del Giovene sui piccoli vortici che an- che a debol vento scherzar sogliono nel basso dell'Atmosfera, e sulla superficie terrestre^ e sono frequenti nella primavera, e nell' autunno, e che col linguaggio del popolo chia- mar 31 sogliono Scazza-MorellL Questo scritto è stato poi stampato nel presente Volume. (29) Stampata a Napoli presso la Vedova Reale 1828. XXVIII Elogio dell'Arcipr. Giovene reggere alcuni piccoli errori di Classici Autori. Così giudica- rono questa fatica dell'Autore Uomini dottissimi acfiunirendo che " quando nuli' altro scritto avesse l'Arciprete Giovene, è „ sola questa sufficiente a caratterizzarlo per 1' uomo d'inge- ,, gno sommo, dotto, e letterato. „ Quanto mai ne rincresce che la sua perdita ci abbia pri- vati della seconda parte di un' opera, che giudicandone dalla prima ricca esser doveva di recondite notizie sacre del medio evo, e somministrato avrebbe nuovo pascolo alla erudita cu- riosità degli amatori della scienza liturgica! Fita B. Conradi Bavari Civìtatis Melpfncti Patroni (3o) ; ecco il titolo di altr' opera dell'Arciprete Giovene. Le notizie pellegrine da più fonti ricavate, il fino criterio, la scelta eru- dizione , e la purità della lingua del Lazio, pregi tutti che adornano questa vita, formano il più bell'elogio dell'Autor no- stro, il quale poi la corredò anche di giudiziose note. Il Car- dinal Caracciolo Arcivescovo di Napoli , quegli fu che die il più forte impulso al Giovene per imprendere simil fatica ; ma per mettere in chiaro la storia, e l'origine di questo Santo, dovette egli dileguare alcuni dubbj che da taluni moveansi , per il che fare ben conoscendo egli che la storica verità fon- dasi su documenti autentici, ricorse a dissotterrarli negli ar- chivi di più luoghi dell' alta Italia e della Germania, dove da otto e più secoli giacevano polverosi e ignoti. Quanta fatica non durò onde verificare alcuni punti di storia non abbastanza fondati (3i). Benché tollerante ei fosse agli insulti, e moderato di ca- rattere, tuttavia non reggeva ai motteggi ed ai sarcasmi che (3o) Stampata a Napoli presso A. Garucci i836. (3i) L'Autor nostro corredò questa operetta di copiose ed erudite annotazioni, tra le quali ricorderemo la quarta diretta a dimostrare esser stato il Protettore di Molfetta quel Corrado da S. Bernardo chiamato nohilem puerum. L'Autore si afflisse assai per alcuni errori occorsi nella stampa specialmente per la confusione di alcune postille collocate fuori di luogo. Scritto dall'Arcid. Tripaldi xxix o leggeva o udiva lanciarsi contro li dogmi e la pratica della cattolica Religione. Per la qual cosa, come disprezzava le massime di ateismo , riputate generalmente adesso per una vera follìa, né prendevasi briga delle eresie da coloro soste- nute soltanto, che animati sono da spirito di parte, e contro le quali tanto già si scrisse, cosi frenar non sapevasi allorché dai libertini occulti sotto la mentita veste di Cattolici o in iscritto, o a voce a distrugger tendevasi con dolci parole che solleticavan le umane passioni, le massime cattoliche, ed a de- pravare la morale cristiana. Per opporre un argine a cosi vele- nose dottrine pubblicò egli tre dissertazioni , sul digiuno ec- clesiastico la prima, sul sacramento della penitenza, e sull'usura la seconda, e la terza. L^ utilità del digiuno, tanto nell'ordi- ne spirituale, quanto nel temporale , i vantaggi che il Sacra- mento della penitenza arreca a quelli che ne usano , ed alla società in generale, sono gli argomenti principali che impiega il Giovene per difendere queste pratiche della Chiesa. Ogni azione turpe desta anche nell' animo il più incallito nei vizj tormentosi rimordimenti. Qual altro rimedio più efficace per liberarsene quanto quello del Sacramento della Penitenza? Per- locchè dice egli con molta saviezza. " I morditori ed i dileggia- „ tori della confessione nel mentre aguzzano i loro denti , e „ beffeggiano questa augusta, santa, e consolante istituzione, „ mostrano senza avvedersene, essere essi nemici di loro stessi, „ nemici dell'uomo, nemici ancora della società (Sa).,, La giusta interpretazione del passo dei Santi Evangelj in cui si condanna il servo pigro e neghittoso forma l'argomento principale con cui il nostro Autore nella terza dissertazione dimostra come la negoziazione, e l'industria nel traffico della moneta sia ben diverso dal prestare ad usura (33), (32) Napoli dai tipi della Biblioteca Cattolica 1827. (33) Vide anche questa dissertazione la pubblica luce. XXX Elogio dell'Aiicipr. Giovene Un uomo perito nella storia sacra, e profana, neirarcheo- logia provetto, versato nell'antiquaria a segno che riputavasi r oracolo della Provincia per conoscere la qualità, ed il pregio delle medaglie, corniole, vasi Etruschi e lapide ; un uomo che i professori consultavano nei casi difficili all'uopo come acuto critico, che conosceva a fondo la Giurisprudenza civile e ca- nonica, non che la dogmatica e morale Teologia, quest' uomo insigne consecrò al tempo stesso le assidue sue cure allo studio delle scienze naturali, ed abbiam già enumerando le sue pro- duzioni in questo ramo di cognizioni scientifiche, potuto co- noscere quanto ei valeva, perlocchè senza timore di errare dir puossi il Giovene dotto Enciclopedico. Che se degno di laude è colui che si distinse per sapere e dottrina nella repubblica scientifica e letteraria, giustizia vuole che non si defraudi dei dovuti encomj il Cristiano filo- sofo, ed il virtuoso filantropo. L' esposizione di pochi fatti basterà a parer mio, per caratterizzare l'Arciprete Giovene come straordinario nell' esercizio delle cristiane virtù, e della vera filantropia. Difensore de' pupilli, degli orfani, e delle ve- dove fin dalla prima sua giovinezza, fu caritativo coi poveri, e fece provare specialmente gli effetti della sua carità alle famiglie non avvezze a mendicare. Impegnato a fare il bene, niuno da lui partiva malcontento, e nelle occorrenze altrui impegnava anche gli amici. Protettore della studiosa gioventii i mezzi tutti cercava per la migliore di lei riuscita. AiTabile, e di buone maniere con tutti, riguardava egli tutti in un modo, se non che cercava con piacevoli motti e con ameni racconti di corressere i difetti altrui. Dichiarato nemico della maidi- co cenza, di tosco rubore tingevasi il suo volto , se alcuna per- sona distinta parlava male del prossimo; con dolce/za corre- geva r amico, e perfin con asprezza quei che da vincolo più stretto erangli uniti, se arrischiavansi a detrarre in sua pre- senza alla fama di alcuno. Cristiano Cattolico sdegnavasi di qualunque atto irreligioso, piucchè dell'ateismo che riputava vera demenza, ed allora vedevasi come trasportato fuori dei Scritto dall'Arcid. Tripaldi xxxi limiti della naturai sua moderazione ; come degenerava dal suo carattere di giovialità alloraquando udiva avvilirsi il de- coro Italiano di cui fu sempre sommamente geloso. " Quo semel est imbuta recens, servabit odorem, " Testa diu Non meglio però si resero palesi le sue virtù che allor quando per la morte del Barone Graziano suo fratello, avve- nuta nel iSaS , divenne erede di pingue patrimonio. Videsi allora libero nell'esercizio di divider cogli indigenti le sue rendite, e lo eseguì (34); e benché in allora la sua salute r obbligasse a dover usare della carrozza , volle egli privar- sene, non ostante che dagli amici per consiglio del lodato allora ottimo Prelato ne fosse stato dissuaso. Promotore delle scienze , e della letteratura , che ambiva di veder coltivate specialmente nella sua patria , fece dono al vasto Seminario di Molfetta , di cui anelava la prosperità, della sua ricca bi- blioteca, del Museo di Storia naturale, di numismatica, e di vasi Italo-Greci, ed ordinò che come vivente lui erano a tutti aperti, cosi dopo la sua morte divenissero di pubblica utilità ; lasciando anche al Bibliotecario un fondo rustico , il fruttato del quale servir doveva per suo onorario in perpetuo. A pro- muovere vieppiù il decoro di quella religione che egli venerò ed amò sempre, arricchì di rendite lo stallo Arcipretile, assog- gettandolo soltanto alla celebrazione di messe allo spuntar dell'aurora per comodo de' buoni contadini e degli artieri cri- stiani, ed al peso della manutenzione di una lampana a tre lumi da dover ardere cotidianamente al dopo pranzo innanzi alla Santissima Eucaristia , ed altri legati lasciò pure a prò degl'indigenti. Con tanti meriti, e tante virtù, custode dell' onore ben- ché sprezzator degli onori , con rassegnazione e giovialità in- sieme sopportò i mali della vita, a cui andò negli ultimi anni (34) Esiger volle col massimo comodo de' debitori le sue rendite, per tema di assoggettarli alle usure de' negoziatori. xxxii Elogio dell' Arcipr. Giovexe soggetto, e tranquillamente sostenne quelli Llell'ultima malat- tia ; al decimo giorno della quale, munito già de' conforti della Religione, domandò licenza agli amici che lo circondavano, acciò lasciato 1' avessero in pace con Dio. In tal guisa passò la notte intera, nel mentre il mattino del due Gennaio i83^, sullo spuntar dell'aurora in età di anni 83, mesi ii. e giorni IO, seduto com'era per antica abitudine sul letto, abbando- nando per pochi minuti il capo sul petto , termino tranquil- lamente la laboriosa carriera, e fé la morte de' giusti. Perde- rono cosi i poveri, ed i pupilli il loro amorevole padre, la patria un benemerito e virtuoso Cittadino , le lettere e le scienze il loro Mecenate; l'Italia il socio di molte Accade- mie; l'Europa un distinto meteorologo e naturalista. Irrepa- rabile [)erdita 1 Perdita che difficilmente avrà rimpiazzo ! (35) (35) Xel giorno stesso della morte tu aperto un fozlio nel quale prescriveva agli eredi sotto la comminazione di una multa di Ducati cinquanta di Regno da distri- buirsi ai poveri, che si astenessero da ogni vana dimostrazione, e da qualunque altra funebre pompa ; volendo che nel trasportarsi le sue spoglie mortali nell' antica Cat- tedrale dai suoi fratelli del Capitolo per depositarsi nel picciolo sepolcro fatto anni prima scavare nell' antico Coro, percorse si fossero le strade men popolose, e si fos- se soltanto sulla lapida sepolcrale incisa la seguente elegante e modesta epigrafe, che sola basterebbe a dire tutto quanto dir si potrebbe. ARCHIPRE5BITER . I05EPHVS MARIA . G IO VENE QVI . IN . FIDE . FILII . DEI . VIXIT irSVM . SALVATOREM QVI . REFORMABIT . C0RPV5 . HVMILITATI5 X05TRAE HIC . EXFECTAT DEP0SITV5 Senza temer di violare 1' intenzione del defunto il Capitolo gli celebrò nella Cattedrala funerali solenni giusta il rito : l'Arcidiacono cantò con musica puramente ecclesiastica la Messa di requie, terminata la quale, e deposti i sacerdotali arredi, monto egli sulla Cattedra, ove recitò il funebre Elogio, che nella notte precedente per impulso di amici tessuto aveva. Questo, per liberarsi dalle premurose istanze degli amici, delle Provincie, della Capitale, e dell' estero, che domandavano in folla noti- Scritto dall'Arcid. Tripaldi xxxin Qual gloria non fu per lui, e qual tenero spettacolo non presentò a' suoi concittadini allorché esposto venne nella gran sala del Palazzo il suo cadavere ! Immensa folla di popolo ac- corse a spargere appiè dell' estinta salma le più affettuose la- grime, e ritenendo quell'anima pia già in seno della Divinità, la impegnavano quei buoni fedeli a interceder per loro grazie e favori dall'Altissimo. zie della vita del trapassato, fu con tutta soUocitudine fatto stampare in Napoli dal Pronipote sig. Luigi Marinelli Giovene. Spinto questi da sentimento di gratitudine verso del Prozio benefattore plucchè dalle ardenti brame de' concittadini dispose, che pel susseguente mese di Agosto il mezzo busto in marmo del Prozio situato fosse nel gran cappellone di S. Corrado nella Cattedrale con iscrizione analoga alle fatiche durate nel rinvenire i documenti, per virtù de' quali dalla S. Sede è stato ordinato pubblico il culto al Santo Pro- tettore, che da circa otto secoli i Molfettani gli prestano. Tomo XX. i XXXIV ELOGIO STORICO DEL CONTE GIOVANM PARADISI SCRITTO DAL SOCIO E SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE AIVTOXIO LOMBARDI (*) Xja Poesia e le Scienze naturali sono facoltà fra loro così disparate che esigono diversità straordinaria di talenti in co- loro che si dedicano a coltivarle. Mentre il poeta con fervida immaginazione rappresentar deve e dipingere le scene sempre varie delia natura ora amene ed or terribili, dotato esser deve di sensibihtà grande per svegliar nei lettori gli affetti or te- neri ed or forti, e di una sublimità e nobiltà di idee onde sollevarne lo spirito a concepimenti straordinarj : il cultore delie Scienze naturali all' opposto assuefar devesi per tempo alla meditazione delle più recondite verità ; armarsi gli è duopo di una straordinaria pazienza a fin di penetrare a fondo la natura degli esseri animali e materiali, di cui conoscer vuole le proprietà e l'indole; deve rendersi famigliare l'astrazione delle idee per separare le complicazioni di esse che alla sua mente si offrono, sia qualora contempla i corpi, e determinar ne vuole le proprietà d'ogni genere; sia se combinar voglia astrusi raziocini che lo guidino negli intralciati labirinti delle (*) Debbo prevenire i miei lettori che siccome il Conte Paradisi lasciò non poche produzioni in prosa e in verso, e non molte fiiron quelle relative alle scienze natu- rali da lui pubblicate; cosi non si facciano essi le meraviglie se ricorderò in questo elogio storico varie produzioni di amena letteratura dal nostro Autore date in lucej quantunque ciò non formi lo scopo degli studj della Società nostra; ma conveniva pur di presentare il soggetto encomiato nei diversi aspetti sotto i quali egli figurò. SciuTTo DAL Segretario A. Lombardi xxxv matematiche e della fisica. Tra quelli che io potrei qui ricor- dare che furon dotati di cosi lare prerogative, osserverò sol- tanto come spiccasse questa varietà di talenti nell' illustre Eustachio Manfredi Bolognese , che riuscì un Idraulico ed Astronomo rinomato, e ad un tempo dedicossi all' amena let- teratura, per tal modo che figurò come uno fra gli esimj poeti Italiani nella schiera dì que' tanti sapienti di cui Bologna nel passato secolo menò vanto. Un nuovo esempio di questa unione di talenti per la poesia , e per le scienze esatte ci si offre adesso nella persona del Conte Giovanni Paradisi di Reggio in Lombardia , ahi troppo presto mancato alla Scienza , alla Patria, agli Amici. Due chiari soggetti avevano già illustrata la famiglia Pa- radisi (i) che venne a stabilirsi negli Stati Estensi sotto il Duca Rinaldo I; il Giureconsulto Agostino Paradisi (a) cioè, ed il pronipote suo Conte Agostino, uno dei più celebri nostri scienziati e padre del Conte Giovanni di cui mi accingo a scrivere questo qualunque siasi elogio. Primogenito egli della famiglia nacque alli 19 novembre 1760 dalla signora Contessa Massimilla dei Conti Prini , ri- cevette la prima educazione nel Collegio Seminario di Reggio di Lombardia , e contrasse fin d' allora un amor direi quasi passionato per le poesie di Orazio, inspiratogli probabilmente dal suo precettore Don Antonio Gherardi che esercitava con- tinuamente li suoi discepoli nelle versioni di questo classico antico, e tale fu la predilezione del giovine Paradisi per il Venosino, che il celebre Vincenzo Monti ebbe a dire di lui (1) Io ho ricavato tutte le notizie relative alla vita del Conte Giovanni dall' esteso articolo scrittone dal cliiar. sig. Professore Luigi Gagnoli inserito nel Tomo V delle notizie biografiche degli scrittori dello Stato Estense ( pag. 223). (a) Molte sono le opere del Giureconsulto Agostino , e fra queste la più ricer- cata si è quella intitolata l'Ateneo dell' Uomo nobile divisa in molti volumi stampati parte in Italia, e parte oltre monti. . . - . XXXVI Elogio del Conte Paradisi già poi cresciuto in fama (3), che rallegravasi del suffragio di un filologo peritissimo, siccome quello che dal Moecenas Atavis fino al ,, Non mìssura cutem n'isi piena cruorìs hirudo sapeva Orazio tutto a memoria (4). I chiarissimi Professori della Modenese Università Giovanni Battista Venturi fisico, e Luigi Cerretti Professor d'eloquenza guidarono il giovane Paradisi nello studio di questa facoltà, allorché venne egli a Modena, dove il padre Conte Agostino copriva la Cattedra di civile economia. Saggio del profitto in filosofia diede questo alunno con puhblico esperimento da lui sostenuto nel 1779; in cui rispose a varie proposizioni fisico- matematiche divise in tanti problemi e teoremi, che sciolse felicemente e con vera cognizione della materia, cosicché gli intelligenti conobbero quanto bene augurar potevasi del Pa- radisi, die apriva con tale buon successo la scientifica sua carriera. Siccome diffuse e ben composte notizie ci lasciò il chiar. biografo signor Luigi Gagnoli del valor poetico del Conte Gio- vanni; e siccome gli Elogi che la Società nostra Italiana tri- buta ai Socj suoi attuali defunti , debbono a precipuo loro scopo prefiggersi i meriti scientifici anziché letterarj dei me- desimi, cosi io sarò parco nel ricordar le produzioni poetiche e in prosa del Paradisi, ma non dimenticherò le più stimate. Quindi ricorderò io qui una sua Ode nel 1792, pubblicata a celebrar il cantor famoso Giovanni Ansani, ed un sermone veramente Oraziano per le nozze Taccoli Munarini , composi- zioni , che riscossero e ben meritamente i pubblici applausi e il fecero conoscere per valoroso poeta (5). (3) Gagnoli art. cit. pag. 3^4. (4) Monti (]el Cavallo alato d'Arsinoe lettera quarta sul principio. (5) Fuvvi alcuno cui sembrò il sermone alquanto oscuro, anziché nò; ma in so- stanza chi conosce Orazio, convenir dovrà, che il nostro Poeta ha saputo calcar bene le orme di cosi illustre maestro. Scritto dal Segretario A. Lombardi xxxvii Restituitosi col padre a Reggio nel 1780 e dedicato sem- pre agli studj si procacciò la stima del Governo, fu ascritto nel 1782 all'Accademia Reggiana degli Ipocondriaci, venne chiamato all'amministrazione della Comune, ed allorquando perdette nel 1788 l'amato suo genitore, gli fu conferita la Presidenza degli studj nella Provincia di Reggio, quantunque non contasse allora che anni aS di età. L' economia civile formò gradito oggetto di applicazione per questo giovine, che invitato dal Governo Estense a pro- porre le sue idee sui mezzi di togliere la mendicità, offrì nel 1789 allo stesso un suo scritto intitolato Saggio polìtico in- torno alle cagioni principali della mendicità, che fu applaudito dal Consiglio del Sovrano Ercole III, come ne fa fede la let- tera del Cavalier Lodovico Ricci che aveva poco avanti data in luce la sua Riforma degli Istituti pii (6). Amante poi sic- come egli era delle scienze naturali , contrasse relazioni con i coltivatori delle medesime e specialmente con il celebre Professore Michele Araldi Segretario poscia dell' I. Istituto Italiano, e col Prof. Paolo Ruffini Presidente in appresso della nostra Società ; e quando comparvero le famose sperienze del chiar. Bolognese Professor Galvani sulla Elettricità animale, il Conte Paradisi le ritentò, e comunicò i risultamenti da lui ottenuti ed i suoi dubbj all'Araldi, il quale cortesemente gli rispose, esponendogli la propria opinione sul fenomeno nuovo in allora, e che studiato da sommi uomini aprì loro la via a tante scoperte. Prima però di innoltrarmi a far conoscere i pregi scientifici più importanti del nostro filosofo, non ommet- terò di qui ricordare che egli insegnò la geometria pratica nelle scuole di istruzione sublime apertesi in Reggio 1' anno 1790 per concessione Sovrana, e le operazioni geodetiche di alcuni fra suoi allievi comprovarono il valor del maestro che (6) Le massime però dal Conte Paradisi spiegate in questo suo scritto non furono approvate ed ei stesso non curò poi in alcun modo questa sua produzione. xxxviit Elogio del Conte Pauadisi i lor passi guidato avea nella professioii d'Ingegneri (7). Trac- ciò già il Biografo di Paradisi le vicende a cui questi soggiac- que allorché discesero in Italia correndo l'anno 1796 le armi Francesi; ed io per non ripetere inutilmente quanto si sa, rimanderò quei lettori che conoscere volessero la parte poli- tica della vita di Paradisi al citato sensatissimo articolo; dirò bensì, che egli occupò luminose cariche, sia nella breve du- rata della Repubblica Italiana, sia sotto il Regno d'Italia; e che fece spiccare ognora li rari suoi talenti, e le sue morali virtù, né intralasciò mai di coltivare ora le muse, ed or le scienze naturali, ma specialmente la matematica applicata. In lui ammirossi una chiarezza tutta sua propria ed un ordine mirabile nell' esporre le sue idee; e quando interveniva alle adunanze del Corpo Legislativo a cui più volte presiedette, dopo lunghe discussioni, in cui più Deputati avevan succes- sivamente ragionato , ammiravasi la somma sua facilità a rie- pilogar quanto esposto avevano i colleghi, con quel lucìdus ordo tanto dal Venosino encomiato, e poscia ad esporre sì faceva il proprio parere. Conosceva egli a fondo le scienze esatte, la storia, e l'a- mena letteratura; e i classici autori di essa formavano la de- lizia de' suoi studj , perlocché riusciva oltre modo gradita la sua conversazione , ragionando e bene sopra argomenti dispa- rati ad un tempo stesso, ed il filologo, ed il tìsico, e l' eco- nomista, ed il matematico attinger potevano dalla viva sua voce cognizioni e lumi nelle rispettive facoltà; ma è ormai tempo che io conoscer faccia le produzioni scientifiche uscite dalla penna del Paradisi. Argomento di sublime analisi e ad un tempo quanto mai ameno trattò egli nella Memoria che intitolò lìicerche sulla vibrazione delle lamine elastiche (8). (7) Fra le proJuzioni del Conte Paradisi restate inedite avvi un Eloi^io di To- lomeo filosofo per argomento accademico sulla Sfera Armillare lodato dal suo biografo, ed un Discorso preliminare sulla evidenza dal Paradisi recitato quando sali la Catte- dra a lui aflidata. (8) Stampata ni Ila parte II delle Memorie dell'Istituto nazionale Italiano, 4-** Bologna 1806, pag. 3<)3. Scritto dal Segretario A. Lombardi xxxix Aveva già 1' illustre Eulero (9) attaccato questo difficile pro- blema esaminando in due scritti le vibrazioni della membrana dei timpani, e quelle delle campane; ma limitatosi esso alle teoriclie supposizioni , e non avendo cercato di applicar la teoria alla pratica, ammirar dovettesi in questi scritti come in tant' altri dalla feconda sua penna usciti l'eccellenza dei ta- lenti suoi, e la profondità del suo sapere, ma niuna utile con- seguenza trar ne potè la musica (10). Per cercar di conoscere la natura delle vibrazioni nelle lamine elastiche e per scuoprirne le leggi volle il Paradisi consultar l'esperienza: sapevasi già, così ei dice, che se si tenga saldamente in situazione orizzontale una lamina di ve- tro sparsa di fina polvere, e si suoni nel lembo con un arco da violino " concepisce la lamina un moto tremulo divenendo „ sonora , e dopo di avere la polve qua e la balzato in quel- „ la oscillazione, finalmente si dispone per formare certe fì- „ gure, dal contorno delle quali più non esce poi comunque „ continui la lamina a tremolare. „ Appoggiato a questo principio istituì egli una serie nu-! merosa di sperienze sopra lamine di vetro facendole suonare, e descrivendo in due tavole le varie regolari configurazioni che prende la polvere dipendentemente dalla figura della la- mina, e dal diverso suono acuto, medio, o grave che si eccita coir arco. Oggetto principale delle sottili indagini dell' espe- rimentatore in questa Memoria quello si fu, di spiegare in che consista il movimento delle lamine che produce quelle tali disposizioni della polve. Dopo di aver egli variato assai le sperienze, e replicandole più volte, trarne potè alcune con- clusioni che spargono qualche luce in una materia cinta di tanta oscurità: tale fu a cagion d'esempio quella, che otte- (9) Commentari nuovi dell'Accademia di Pietroburgo T. X. an. 1764. (io) Il chiar. sig. Biot ha trattato lo stesso argomento ( Institut nationalT. IV ) ed ha trovata la stessa equazione differenziale che ci diede 1' Eulero. XL Elogio del Conte Paradisi nuta una certa disposizione di polvere, e collocando poi l'ap- poggio delle lamine in qualunque punto delle curve generate con la polve , e suonando nello stesso tuono , e nello stesso luogo, si ottengono le stesse disposizioni di polvere, come se l'appoggio non avesse cambiato di luogo, e perciò la lamina si vibra egualmente suonata in quei due punti omologhi : importante riesce pur 1' altro fenomeno di vibrazione riferito dall'Autor nostro : cioè, se prendansi due lamine sonore, e si faccian comunicare insieme per mezzo di una corda elastica ben tesa " le vibrazioni della prima lamina si comunicano per " mezzo di quella corda alla seconda lamina, e sopra di que- " sta vedesi la polvere sparsa formare le curve pulvifere come " si formavano nella prima lamina. „ Né mancò di determinare sulla fine della Memoria con matematica analisi l'equazione generale delle curve pulvifere, equazione differenziale che doveva poi formar l'argomento di altro lavoro del Paradisi per integrarla almeno in casi parti- colari; ma altre cure, altri studj lo distolsero dall' occupar- sene, con danno grave della scienza musicale che avrebbe po- tuto, la sua mercè, far pogressi straordinarj (n). Proprietà singolare del Conte Paradisi era, come già ac- cennai, una somma chiarezza ed ordine nelle idee, ed una facilità nel presentarle per cui provavasi non poco piacere a sentirlo ragionare. Un saggio ben luminoso di questa sua bella prerogativa abbiamo in una sua estesa Memoria col titolo : „ Del giro di un numero «jualunque di cose assoggettate a ,, continue permutazioni dipendenti da leggi uniformi.,. Me- moria che fu la sola da lui inserita negli atti della nostra Società. Il Problema che l'Autor si propose , dichiarar puossi nei termini seguenti. Data una legge di permutazione fra un I (il) Lasciò il Paradisi molte osservazioni inedite su questo argomento di cui si occupava anche nel 1817; ed era persuaso die non ostante le disquisizioni della Saurin e di Poisson il problema delle vibrazioni rimanga ancora a risolversi ( V. No- tizie cit. pag. 287 ), Scritto dal Segretario A. Lombardi xli numero qualunque di cose, determinare la posizione loro dopo una serie di cambiamenti di posto delle cose stesse operati però sempre con quella data legge. In sette articoli dividesi questo lavoro, e cominciando dal considerare il modo più sem- plice di rappresentare le condizioni di tali problemi, determina l'Autore in seguito le proprietà generali di alterazione fra le quali merita che si ricordi quella, che se in un dato proble- ma qualunque si formi un dato numero di colonne rappre- sentanti varie permutazioni, siccome il loro numero sarà sem- pre finito, così proseguendo l'operazione indefinitamente, ri- comparir dovranno dopo un certo giro le colonne medesime già formate. Io non seguirò il Conte Paradisi nelle sottili indagini che istituisce in appresso, e per determinare il giro delle cose in analoghi problemi, e per abbreviar la strada nella loro riso- luzione, e fissare le leggi semplici e composte , ed applicarle a formar le tabelle che rappresentano le permutazioni delle cose ; poiché diffidi sarebbe il poter compendiare li suoi ra- ziocinj ; dirò soltanto che ei termina questa sua memoria pre- sentando r applicazione dei metodi da lui ideati alla risolu- zione di quesiti dipendenti da piìi leggi di alterazione , che agiscano alternativamente sul giro delle cose. Quanto sarebbe stato utile, che l'Autore mantenuto avesse la fatta promessa di comunicare al pubblico alcune applicazioni curiose dei prin- cipi da lui in questo scritto sviluppati, ma da varie cure di- stratto e da una inerzia direm quasi connaturale impedito trascurò di riprender per le mani questo argomento, che ma- neggiato, direm cosi, praticamente dall'illustre Prof. Paolo Ruffini sulle traccie dell'immortale Lagrange , gli apri la via a dimostrare la impossibilità della soluzione generale delle equazioni generali di grado superiore al quarto. Se queste due produzioni del Conte Paradisi, le sole di scientifico argomento da lui stampate, non sono voluminose, bastano però a far con- cepire una giusta idea della penetrazione della sua mente, e della sua profonda metafisica, talché asserir puossi di lui, che Tomo XXII. 6 XLii Elogio del Conte Paradisi se avesse coltivato meno la poesia, e dedicato si fosse con più ardore alle scienze naturali, queste possederebbero produ- zioni di lui più interessanti delle summentovate e al prof^re- dimento de' buoni studj giovevoli assai. Amante siccome fu il Paradisi della bella letteratura ne corse , direm cosi , tutte le parti , e ci lasciò saggi pregevoli del suo valor poetico, come già fin da principio accennai; e nella prosa pur si distinse, e con due Discorsi recitati in qua- lità di Presidente all'Istituto Italiano (i a) , e con altre prose di genere polemico. Diedero motivo a questi ultimi scritti al- cune questioni letterarie, come quella del Cavallo alato d'Ar- sinoe, e l'altra sul poemetto intitolato Le nozze di Latona {i3)j che svegliò aspra guerra fra i letterati Milanesi ed i Toscani ; e contro di questi ultimi pubblicò l'Autore nostro uno scritto a difesa del Professor Urbano Lampredi che spiegato aveva si- nistro giudizio sul merito delle opere premiate dall'Accademia Fiorentina della Crusca (i4)- Mentre la critica e la discussione contribuiscono efficace- mente a promuovere 1' avanzamento nelle scienze, ed a retti- ficare i ragionamenti di coloro che alle medesime si dedicano; queste due armi ben maneggiate in letteratura niantengon vivo il buon gusto, conoscer fanno gli abbagli che taluni , e spe- cialmente i giovani prender possono nei loro studj, e prestan mezzi ad evitar quei difetti che producono il decadimento delle buone arti. Piaceva al Conte Paradisi d' occuparsi nel!' esame dei componimenti altrui, ed aveva una inclinazione al (i2) Il primo di questi discorsi è stampato ; l'altro poi recitato nel 1814 alli '4 Aprile rimase per quanto è a mia cognizione inedito. (i3) Lavoro del celebre sig. Prof. Giovanni Rosini. Veggansi nelle citate notizie biogr. T. IV, pag. 24 e 4^5 ^H' articolo Lamberti alcuni cenni su questa contesa. (i4) Il Paradisi sempre amante dello scherzo ironico intitolò questa sua critica. « Coniutazione aritmetica di due Opuscoli scritti contro gli Autori di un giudizio r( sopra alcune Opere Italiane. )) Scritto dal Segretario A. Lo.ijbardi xliii frizzo ed alla critica (i 5) ; e siccome reputavasi di molto peso il suo parere nelle scienze non solo, ma ben anche in lette- ratura; così " il domandavano di suo consiglio gli Autori, ed ,, erane loro candidamente cortese, non mai invido, ne lusin- „ gatore „ così esprimesi il suo Biografo (i6). Applausi non pochi riscosse uno scritto, di tal genere che Paradisi intitolo Ragionamento sulla Commedia la Lusinghiera del Nota distinto scrittore di opere teatrali. Spiegò in questo suo lavoro il Paradisi giuste dottrine sulla comica poesia, e critiche giudiziose, alcuna volta severe un pò troppo, cosicché vidersi nella Biblioteca Italiana alcune postille dei Compila- tori a difesa del chiar. poeta, il quale però in una lettera in- diritta da Bobbio al Paradisi segnata i8 Gennajo i8aa così si espresse : „ Tutto quello che Ella dice o scrive, alletta, istruisce, ed appaga. „ Non fu però contento il Paradisi di aver dettati precetti sulla composizione della Commedia, ma avventurarsi volle alla pratica applicazione, e nell'anno iSaa pubblicò il Vitali- zio., Commedia con una epistola diretta al Conte A. Aldini. Confidolla il suo autore al sullodato signor Alberto Nota che attentamente la esaminò, e vi fece in margine le oppor- tune annotazioni, dopo il che vide questa la pubblica luce a Milano. Quantunque abbia il Paradisi scrupolosamente seguito in questo lavoro i precetti dell' arte, e quantunque siasi egli prefisso di seguir le tracce di Molière e Goldoni, tuttavia quando comparve sulle scene il Vitalizio., si divisero assai le opinioni, e pronunziaronsi su di esso svariate sentenze, e il tempo, cred' io, lo ha giudicato: poiché mentre chiunque legga il discorso che precede la Commedia , stimar dovrà l'Autore (i5) Un saggio ei ci lasciò di questa sua passione nel Melodramma intitolato Stratonica, opera da varj letterati raccozzata , ma in gran parte dal eh. Prof. Luigi Lamberti, e dal Paradisi , i quali derider vollero le assurdità che tutto dì ci pre- tentano i Drammi musicali. (i6) T. lY, delle citate notizie biogr. pag. aSg. XLiv Elogio del Conte Paradisi come profondo conoscitore dell' arte , quando poi leggerà la Commedia del Vitalizio, dovrà convenire col chiarissimo sig. Professor Luigi Gagnoli " che manca al Paradisi quella fiamma ,, vivificatrice delle arti, dalla quale sorge il diletto, e le cui „ scintille non si apprendono sempre di leggeri a chi ponsi „ nella via teatrale di sessant' anni (17). „ Se conoscer poi si volessero più estesamente alcune altre contese civili e letterarie da lui sostenute, consultar puossi le più volte citate notizie (lo). Io qui ricorderò soltanto VHy- percalypseos del Foscolo, in cui sono presi di mira i Parassiti del Conte Paradisi e quei del caduto Governo. Scritto che si ritenne una vendetta contro i critici , ed i nemici àeWAjace Tragedia del sunnominato Foscolo sprezzata dal Pecchio scrit- tor della vita di esso tragico, e quel che vai, più dal celebre Monti. Le rettificazioni poi che il Conte Paradisi fece ad alcuni tratti della storia d'Italia del Botta (19), nei quali descri- ve questi infedelmente alcuni fatti che risguardano diretta- mente il Paradisi, mentre dimostrano l' inesattezza dello sto- rico, ci somministrano un piacevole trattenimento, perchè sor- titi dalla penna felice di uno che scrive senza affettazione, in istile chiaro, animato, e ad un tempo conciso ma non oltre misura. Ricompostisi gli afTarl d'Europa, e riconsegnata l'Italia agli antichi Dominatori, il Paradisi si restituì alla patria, e libero dalle occupazioni di Governo, si consacrò più intensa- mente allo studio, e la poesia, e le scienze naturali formarono ognora 1' oggetto de' suoi più graditi trattenimenti, non trala- sciando però di passare alcune ore del giorno a conversare con scelti amici, che dilettava co' festevoli suoi motti , e ad (17) Notizie cit. T. V, pag. 241- (18) V. sopra pag. 244) *^ ^^S- (19) Osservazioni e giudizj sulla storia d' Italia di Carlo Botta 8." Modena ap. Vincenzi e Comp. 1825, pag. i\ófi. Scritto dal Segretario A. Lombardi xlv un tempo istruiva con li scientifici , ed eruditi suoi discorsi di amenità sempre conditi, e di mirabile chiarezza. Uguale a se stesso nella prospera e nell' avversa fortuna che in varie epoche lo bersagliò, visse il Paradisi ognora una vita onorata e tranquilla, e con cristiana filosofia, e religiosa rassegnazione avvicinar vide 1' ultimo istante che separa il tempo dalla eter- nità nel giorno a5 Agosto dell'anno 1826. Reggio sua patria perdette in lui uno de' suoi più rispet- tabili concittadini, e le scienze naturali ed astratte un esimio cultore, dal quale però avrebber potuto sperare frutti più ubertosi, se le pubbliche cure, l'amore alle amene lettere, ed una troppo acuta vista intellettuale, per cui analizzar vo- leva in ogni verso gli oggetti scientifici che imprendeva a trattare, né mai era pago del proprio giudizio, non lo avessero di troppo frenato a pubblicare 1 risultati delle sue medita- zioni su gli astrusi argomenti di matematica pura ed applicata. -y&te-i! xLVi - Elogio del Conte Paradisi ISCRIZIONE SEPOLCRALE Posta all' ingresso a mano destra della Chiesa di S. Domenico in Ressiiio. 1 HIG . JACET JOAXXES . AVGVSTIM . F. PARADISIVS . COM. PHILOSOPHVS . MATHEMATICVS . POETA PRAESES . INSTITVTI . ITALICI PATERNAE . LAVDIS . AEMVLATOR QVI . FLORENTI . AETATE . MVNERIB . PVB. HERCVLE . Ili . ATESTINO . DOMINANTE IN . MVNICIPIO . SVO . EGREGIE . FVNCTVS EXIN . DIFFIGILIMIS . ITALIAE . TEMPORIBVS AD . MAXIMOS . HONORES . DIGNITATESQ . VETRO . DELATAS EVECTVS POST . RERVM . CONVERSIONEM . REDVX . IN PATRIAM DOCTRINA . LITTERIS . SVAVITATE . MORVM . ELVXIT DIRO . HYDROPE . IMPLICITVS INTER . SVOS . ET . AMIGOS . PLACIDO . PIOQ . EXITV . DECESSIT VII . KAL . SEPTEMB . A . MDCCCXXVI QVVM . VIXISSET . A . LXV . M. Villi . D . VII MARIA . PARISI . COM. ET . AVGVSTINVS . FR. F. LEVIRO . ET . PATRVO MERENTISSIMO . P. G. Scritto dal Segretario A. Lombardi xlvii OPERE DEL CONTE GIOVANNI PARADISI (') PROSE. , D. 'elle principali cagioni della mendicità — Saggio Politico — per dirigere a di lei sollievo la riforma degl' Instituti Pii — con lettera di accompagnamento al supremo Consi- glio di Economia del i4 Marzo 1789. Inedito, a. Discorso preliminare alla Geometria pratica recitato per r aprimento della scuola nel 1790. Inedito. 3. Elementi di Algebra e Geometria ad uso del Liceo, 1790. Inediti. 4. Elogio di Tolomeo, il Filosofo. Inedito. 5. Ricerche sopra la vibrazione delle lamine elastiche. — Me- moria per l'Istituto Nazionale, classe di Fisica e Mate- matica.— Tom. I, Parte II, pag. ag3. Bologna 1806. 6. Festa del Senato Consulente per la pace di Vienna con versi, iscrizioni ec. Milano i8io. Dalla Stamperia Reale in foglio con traduzione in francese. 7. Confutazione Aritmetica di due opuscoli scritti contro gli Autori di un giudizio sopra alcune opere italiane. Milano Tipografia Silvestri, 181 1. 8. Discorso recitato al R. Istituto di Scienze Lettere ed Arti in Milano il So Dicembre i8ia. Fu stampato anche dal Nardini nel 181 3. 9. Altro Discorso nella pubblica Adunanza dello stesso R. Isti- tuto dei 14 Aprile 1814. IO. Del giro di un numero qualunque di cose assoggettate a continue permutazioni dipendenti da leggi uniformi. — Memoria dei a8 Ottobre 1816. — Memorie della Società C) Questo catalogo è ricopiato dal cit. art. biografico T. V, pag. 249, e seg. XLViii Er.ocio DEL Conte Paradisi Italiana delle Scienze. Modena, Società Tipografica Tomo XVIII, pag. 143.-1820. II. Ragionamento sulla Commedia. — La Lusinghiera — dell' Avvocato Alberto Nota, inserito nella Bib. Ital. Tomo XIV, Aprile i8ig. Si trova pure in alcune edizioni delle Commedie del Nota stesso. la. Risposta del Conte Giovanni Paradisi alla lettera dcU'Ano- nimo stampata in Firenze nel 1822. Inedita. i3. Lettera del Conte Giovanni Paradisi al siiinor Carlo Botta. — Poligrafia Fiesolana iSiS, si trova ancora nelle — Osser- vazioni, e Giudizj sulla Storia d'Italia di Carlo Botta. — Modena i8a5 per G. Vincenzi e Comp. POESIE I. Il Vitalizio. — Commedia del Conte Giovanni Paradisi.— Milano 182,2, per Paolo Emilio Giusti con un'Epistola di 253 versi al Conte A. Aldini. a. Poesie scelte edite ed inedite di Giovanni Paradisi. Firenze 1827, all'insegna di Dante con cenni biografici sull'Autore. N. B. In questa Raccolta molti componimenti altra volta stam- pati hanno variata la lezione , e taluno anche è intera- mente rifuso. L' edizione usci dopo la morte dell'Autore, ma fu da lui stesso ordinata per la stampa. 3. Poesie scelte edite ed inedite di Giovanni Paradisi. — Mi- lano per Giovanni Silvestri 1828. — Ristampa dell'edi- zione precedente, ma mancante di sei componimenti non approvati dalla Censura. Scritto dal Segretario A. Lombardi xlix ALTRE POESIE Stampate ed escluse dalla raccolta. SONETTI. Per nozze „ Quando vi strinse in sì bel nodo Amore „ Reggio 1778. Per Monacazione „ Vive e non senza pianto in queste mura „ In Raccolta «784. Per Sacro Oratore „ Chi i cori a penetrar, chi ti die' lumi „ Carpi 1785. ■ Per Maria Vergine „ Se in questa valle di miserie piena „ Reggio 1786, Per la Processione del Corpus Domini „ Non anco apparve in Ciel più lieto giorno „ » Reggio i82a. Per Sacro Oratore j, Non da fregi dorati, e da scoltura „ Reggio i8i5. ODI. Pel medico Tissot che da Pavia parte per la Germania ,5 Andrai dove ti chiama L'amor natio con prepotente voce,, In Raccolta 1783. Per novello Sacerdote „ Me sprezzi il cieco volgo, E r aspro stile che mi detta il vero ,, Reggio 1785. L Elogio del Conte Paradisi Per Monaca ,, Pace chiede al Ciel clemente Il noccliier eh' or balza all' Etere „ 1791. Al celebre Pantomimo Francesco Clerico „ Qual serto io doni, o Clerico, A te di molti degno ,, Parma co' Tipi Bodoniani in 8.° r. f. col ritratto del Clerico. 1794- MELODRAMMI. Stratonica. — Melodramma giocoso in due atti. — Reggio pel Fiaccadori 1827. N. B. Nella Biografia del Lamberti si parlò di questo com- ponimento alle pag. 28, Sa, 162,, Fase. I, Tomo IV. POESIE INEDITE ODI. Il dono „ Bella Ninfa, lo vado altero Del tuo dono, e lieto tanto „ 1701. Ad un Amico „ Mentre è bonaccia ancor dall' onda infida L' incauto di ritrar legno t' affretta A Zenone „ Dell' atroce Canicola Già r ora avvampa il Cielo ,, A Nice „ Primo amor ne' miei verd' anni La mia man di plettro armò „ 1793. 179.3. 1794. Scritto dal Segretario A. Lombardi li S ERMONI. All'Abate Gaetano Fantuzzi ,, Fantuzzi, se colui sol viver tieni Che nel mar delle cose ognor governa ,, 1794. A Jacopo Lamberti „ Solleciti di Te con niatern' alma Pel tuo ritorno e mane e vespro ai Numi. „ MEMORIE D I FISICA DI ALCUNI FENOMENI METEOROLOGICI DELLA PUGLIA PEUCEZIA MEMORIA POSTUMA dell' arciprete D. GIUSEPPE MARIA GIOVENE Ricevuta adì 22 Maggio iHZ-. l^on sarà forse inutile, che anzi forse potrà essere cosa pia- cevole agli studiosi delie scienze meteorologiche, che io prenda a descrivere e nelle varie sue forme un fenomeno metereo- logico non infrequente in questa nostra Puglia Peucezia, e del quale non rammento averne in altre opere di fisica tro- vata descrizione. E tanto piìi, che questo tale fenomeno sembra essere si licei parca componere magnis, come figura, o minia- tura degli Uragani, dei Tifoni^ delle Trombe , ed altri simili terribili, e spaventevoli fenomeni. Né io ricaverò quello che anderò dicendo da relazioni altrui soventi volte esagerate, o anche corrotte, ma dalle mie proprie oculari osservazioni, fatte queste in mezzo ad una estesissima pianura, e con oriz- zonte a perdita di occhio, senza monti o colli ma da un' alta casa di campagna la quale io ho chiamata mio eremo campestre. Erano corsi i primi giorni di Febbrajo piovosi e tempe- stosi, che già è noto il proverbio antico che corre per tutta Italia sul canto della Cericcola , quando sopraggiunto un ga- gliardo e forte borea, chiamato a ragione da S. Girolamo lo Tomo XXII. A •1 Memoria Meteorolocica * scopatore drl Cielo, crasi rasserenata perfettamente I' atmo- sfera, ed intanto io, come da quamlo a quando era uso fare, mi eia ritirato nella mia solitudine campestre, per ristorarmi dalle mie moltiplici cure e fatiche per ragione del mio mini- stero ecclesiastico. Era pertanto il Cielo serenissimo^ e vi re- gnava perfetta calma, ed essendo io solitario, a[)pIicato a scri- vere in un piccolo gabinetto non so clic, quando fui tocco neir oreccliio da un sordo cupo e lontano sussurro. Tosto la- sciai il mio tavolino, e nella stanza vicina mi affacciai ad una amplissima finestra die guaidava il N. N. E. e mi dava l'aspetto del mare vicino per poco meno di due miglia, mare che cor- reva dal N. N. O. all' E. S. E. Mi avvidi pertanto che u» gran nuvolo polveroso dalla parte dell' O. si andava avvici- nando; mi ci fermai, e circa le ore ii delia mattina si andò avvicinando passando sotto gli occhi miei alla distanza di un circa duecento tese. Il nembo ventoso portava la larghezza di un 4° piedi, come potei estimare, ed altrettanti di altezza. Sotto all' impelo violento del vento stridevano, e cigolavano gli alberi, i quali abbassavano le loro chiome, massimamente i flessibili ulivi, che erano appunto nel passaggio. Intanto sollevandosi la polvere dal sottoposto terreno andava ravvolta in moltiplici turbinetti a regolari spire, quasiché passeggiando e saltellando sparsi insieme: si sarebbe detto che un impro- viso torrente scorresse per il proprio alveo, e l'acqua ravvol- gendosi in piccioli vortici qua e là trascinasse seco quanto vi fosse nel proprio alveo, e pietre e sabbie, e sterpi; senza però uscire dall'alveo, che in fatti nissun vento alfatto lateral- mente si sentiva, ed io non ne sentj affatto quantunciue vi- cinissimo. Al primo mirarla parvemi che quei tali turbinetti fossero infiammati, o si vero infuocati., ma considerata la cosa ben mi avvidi die quella polvere tuibiuosa investita dai raggi del sole il ([naie era presso al meriggio riceveva un aspetto come se fosse di fuoco. Il nembo passò innanzi seguendo per linea retta, e senza tortuosità, ed io lo accompagnai anche col mio cannocchiale, in fino a che giunto al mare si dissipò Dell' Arciprete Giovene 3 interamente, senzadio io lontano come era, avessi potuto ac- certarmi se avesse lasciato nel mare qualche vestigio. Non mancai però di visitare il luogo ed i luoghi per i (juali era passato il nembo, e niun' ombra trovai di fuoco o fiamma, ma solamente alcuni piccioli rametti di ulivo spezzati, e le pic- ciole erbe estirpate e sradicate, e miste alle fronde di alcuni alberi strettamente ammontichiate al basso dei muri a secco che nelle nostre campagne dividono le particolari proprietà. Ora veniio a dire di altro simile fenomeno da me in altro anno, ed in altra stagione osservato, che sebbene meno vi- stoso, o forse raen gradevole a guardarsi del primo, pur me- rita di essere descritto; perchè mi offerse varj particolari, i quali pur non bisognerebbe trascurare. Erano già gli ultimi giorni di Maggio, quando la migna era in gran parte sbucciata a fiorellini, che io al solito trovandomi nella mia solitudine campestre venne il cennato fenomeno offerto alla mia vista. Un forte e veemente sibilar come di vento percosse i miei orecchi, e fattomi subito alla finestra già di sopra descritta, vidi che un torrente di vento impetuoso, che cosi mi piace chiamarlo, venendo dal S. S. O. dirigendosi per l'È. S. E. passava rasente il muro del giardino di frutti ed agrumi, il quale circonda la detta mia casa di campagna, e però il detto torrente a me vicinissimo che era distante per un circa cin- quanta piedi. Come nel primo, fischiavano gli alberi , e pie- gavano le loro chiome all'impeto del vento, alzandosi ancora la polvere, ma con pochi di quei turbinetti spirali, dei quali sopra ho detto. Il torrente, per quanto potei estimare, po- teva avere un circa trenta piedi di larghezza. Scorse per- tanto il detto torrente in linea retta al E S. E. che giunto al mare disparve intieramente, e debbo aggiungere, che simil- mente l'atmosfera era in perfetta calma senza che apparisse veruna nuvola nel Cielo. Io visitai i luoghi per i quali la meteora era passata, e trovai simili fenomeni, che le pic- ciolo piante erano state sradicate ed ammonticchiate insieme colle frondi di alcuni alberi al pedale di un muro a secco; 4 Memoria Meteorologica siccome ancora osservai che le viti, che erano sul passaggio, erano state maltrattate nei pampini, e nelle punte di alcuni tralci. Per quanto potei osservare quel torrente di certo si sprigionò pochissimo lontano dal luogo in cui io era. Alla mattina susseguente si trovòj che lungo il corso della meteora quasi tutti i grappoletti della miglia, degli ulivi erano caduti a terra; e perciò fu, che io credetti mio dovere rilasciare al fittaiolo di un fondo piantato ad ulivi di mia proprietà vicino al mare una qualche parte della mercede comecché danneg- giato per caso fortuito ed insolito. Altra volta mi toccò in sorte di larsi a me presente uno di quei turbinetti a spira come isolatamente. Era il Luglio^ ed io secondo il mio solito addossato ad un' asinella per l'am- pissima strada^ che da Molfetta va a Terlizzi me ne andava secondo il mio solito all' eremo campestre. Erano le ore quat- tro circa del mattino, il cielo sereno perfettamente^ il sole splendidissimo, e vi regnava perfetta calma senza sofliar di vento per modo che ni una fronda di albero, si moveva. In- tanto alla distanza di quattro in cinque piedi da me impro- visamente vidi sorgere un turbine di polvere, che dal suolo attortigliata in spira regolarissima sorse su alzandosi in aria fino all' altezza di presso a venti piedi, che scomparve quie- tamente senza che io avessi ricevuta impressione qualunque. A rappresentare questa meteora non trovo miglior mezzo fuori questo di una grossa serpe col corpo di un diametro di tre pollici parigini, la quale colla testa in giù si ravvolgesse in spira alzandosi su per l'aria. Il primo anello messo a terra era di circa il diametro di un piede. È ben vero che in questa Regione calda e secca spirando violento e tempestoso il vento dai S. e più particolarmente dal S. S. O. il quale puhes pulverìs veliit secondo 1' espres- sione di Livio, la polvere si vede qua e là ravvolgersi in giri vorticosi, quasi rasente la teria, ma non mai mi è avvenuto di vedere quei turbinelti a .spira cosi regolare, e così ben tornita ed alzarsi tanto altamente in aria come già di sopra ho descritto. Dell' Arciprete Giovene 5 Questi tali fenomeni frequenti e conosciutissimi a' nostri foresi nel lor linguaggio si chiamano Scazzamorellì^ vocabolo che indica Folletti, o sia spìriti Folletti. I piìi rozzi e sem- plici imaginano che tali folletti in tempo tranquillo, e soleg- giato massimamente prendonsi diletto di far una passeggiata, trastullandosi, e danzando allo zufolar del vento, ed al fischiar degli aliieri. Altri poi, che credono saperne di più ( e chi sa forse se si appongano al vero) attribuiscono questi piccioli uragani a sbocchi di vento che si alzano su di quei tali luoghi, che essi chiamano Capiventl. Sono come pozzi, o voragini più o meno profonde scavate nel suolo, che è di strati calcarei Appennini, i quali in qualche altro luogo di queste regioni si chiamano Fogge. Il tu celebre mio amico Sig. Ab. Fortis mi diceva esser simili alle così dette Foibe comuni nell'Istria. Certamente però nei dintorni del già detto mio eremo non vi erano, né vi sono ne voragini, né capiventi, come diconsi, ed il torrente ventoso già descritto in secondo luogo ebbe incominciamento nelle vicinanze del ridetto mio eremo. Co- munque sia, sembra che non possano facilmente i già descritti fenomeni essere spiegati senza ricorrere ad emanazione, o emis- sioni sotterranee. A me basta però aver messo tali fenomeni alla conoscenza dei Fisici, da' quali mi spetterà attendere il loro giudizio. Molte cose avrei voluto e potuto aggiungere ad illustra- zione dei mentovati fenomeni, ma ho creduto meglio lasciarli nella semplicità delle loro descrizioni. Non posso però dissi- mulare farmi grandissima sorpresa quell'andare della meteora direttamente, e senza torcere a sinistra o a destra, come mi sorprende la regolarità perfetta della spira dei turbinetti. I meteorologisti sapranno meglio, che io non posso, darne la spiegazione. 6 Me.MOIUA MliTEORlJLOCIC \ lUccvìito li i5 Ottobre i836. Soggiungo qui alcuni particolari a me suggeriti dall'efre- ffio Professore di Storia Naturale nel Real Liceo di Bari Si". JMicliele Turi. Egli si trovò in mesi estivi , ed a cicl sereno ed in perfetta calma, e col sole splendidissimo due volte in- volto improvisamente nei già desciitti torrenti di vento, e di polvere. Egli si trovò coperto di polvere, ed in mezzo a tur- binetti in spira. Egli non ebbe altro male fuori quello d' es- sergli stato tolto di capo il cappello, che saltò in aria e quindi ricadde giù a pochi piedi lontano. Niuna commozione soffri eccetto quella del timore, e della paura. Una seconda volta si trovava in simili circostanze a sovrastare ad alcune donne , le quali erano occupate a trebbiare le piante già secche di anice, e separarne i semi, quando tutta la compagnia si trovò ravvolta nel torrente del vento e della polvere, che mandò per aria, e disperse le foglie secche, ed in parte ancora le semenze. Niun male però ne venne se non che una donna ebbe una delle guance, come abbriistita, ed arrossita, la qual cosa egli attribuì a qualche filo elettrico, che si fosse stri- sciato su quella guancia. Vogliano i dotti Fisici alcun poco più attentamente esplo- rare la reciproca iniluenza tra T interiore della terra e l'at- mosfera, e collegare insieme i fenomeni dell'una e dell'altra. E già da gran tempo conosciuta tale corrispondenza ed in- fluenza, ma che pare meriterebbe essere più e meglio osser- vata, che finora non si è fatto. Alcune osservazioni potreb- bero indurci a sospettare che il Cholera che ha passeggiato e passeggia funestamente per tutta quasi l'Europa possa essere un effetto di effluvj sotterranei, come già si crederono essere stato del famoso Catarro russo, e della più che famosa neb- bia secca, che dietro ai funesti tremuoti di Calabria si sparse, e si mantenne per lungo tempo adombrando l'Europa. SAGGIO D'APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DELL' IiNDUZIONE ELETTRO-DINAMICA A' FENOMENI ELETTRO-FISIOLOGICI E IN PARTICOLARE A QUELLI DELLE TORPEDINI DI GIO. BATTISTA PIANCIANI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ PnQFEiiSORE NEL COLLEGIO ROMANO Ricevuto adì 7 Maggio 1838. ' . J. ostoclic una nuova legge si scnopre in alcun ramo delle fisiclie discipline, diviene necessaria una rivista delle spiega- zioni anteriormente date a que' fenomeni che possono con quella avere alcuna relazione; e spesso appare qualche raggio di luce ad illustrarne alcuni che prima mancavano di proba- bile interpretazione Questo è il caso della legge delle cor- renti d'induzione scoperte dal Sig. Faraday, le quali debbono influire negli effetti delle altre correnti elettriche e magnet- elettriche, e perciò non voglionsl perder di vista nella spie- gazione di tai fenomeni. Di fatto prestamente e felicemente applicavasi tale scoperta al magnetismo di rotazione scoperto dal Sig. Arago, e .si dava pure non assurda spiegazione al paradosso osservato dal Sig. Labaillis, che col suo sì geloso sideroscopio vide 1' antimonio e il bismut respingere I' uno e l'altro polo dell'ago calamitato. Ma saranno qui terminate le applicazioni della nuova legge a' fenomeni prima d'essa conosciuti? Non lo penso. Io indicava due anni addietro, che quello, il qual dicesi contra-colpo elettrico, ed è talora pro- dotto dalla scarica delle nuvole, potesse essere effetto d'in- 8 Saggio d'applicazione ec. duzione elettro-dinamica (i). Non ritornerò a questo ar£;o- mento, tanto più che ora trovo, che il Prof. Henry si è sta- hiiito di provare questa proposizione nella riunione dell'asso- ciazione Britannica tenuta nello scorso Settembre (a). Sembrano le correnti d' induzione atte in singoiar modo a produrre gli effetti elettro-fisiologici. Se con un filo metal- lico ordinario communichino le due piastre d' un elettromo- tore semplice, non si ha da esso la scossa, ma però, usando filo assai lungo e avvolto in elica, può sentirsi la commozione alla lingua e ancora alle mani, nell'atto in che s'apre il cir- cuito e ciò assai più agevolmente, se nell'elica sia un cilindro di ferro dolce. Questo latto è stato diligentemente osservato dal Faraday, il quale mostra che questa commozione e la scintilla che 1' accompagna, sono prodotte da una estracor- rente generata nell' aprirsi del circuito, la quale non è altro, che la corrente indotta destata per influenza nel conduttore che trasmetteva la corrente principale , o in altro con esso comunicante (3). Su questa estracorrente ha fatto recente- mente delle belle esperienze il Sig. Masson. Questi con pila voltiana di pochi elementi, di cui apriva e chiudeva rapidis- simamente il circuito col mezzo d' una ruota dentata e d'un lungo filo metallico avvolto in elica, aveva una continuazione di folti scosse, che diveniva una contrazione dolorosa conti- nua, il cui effetto era, che più non potevansi lasciare i con- duttori metallici abbracciati, anzi si stringevano più forte: così accadde, dice egli, a chi in Parigi volle tenere stretto colle mani il ginnoto, pesce elettrico, le cui scosse sono, com' è noto, assai più veementi di quelle delle nostre torpe- dini (4). (i) Ist. Fii. Cium. T. III. P. II. p. 538. (2) Bibl. Univ. Oct. 1807. p. 370. (3) Phil. Trans. P. I. i835. — Bibl. Univ. i835. T. II. p. laS. (4) Edio dn monde savant 1837 n." 66. Comptes rendus des seances de l'Ac. i837. som. I. p. 4'-i6. Del P. Gio. Battista Pianciani 9 E non potranno eziandio senza conduttore assai lungo stabilirsi delle correnti d'induzione ne' corpi animali? Non potrà destarsi la corrente indotta in una parte di questi di- versa da quella, ove corre la corrente principale, e per l'im- perfezione de' conduttori avvolgersi per avventura in lunghi e talor tortuosi circuiti? Nel corpo umano vedo, che assa' agevolmente si forma 1' estracorrente , allorché si fa operare la macchina magnetelettrica. E allorché opera l'elettromotore voltiano, semplice o composto, alla maniera ordinaria, non potrà qualche fenomeno fisiologico , che s' osserva soltanto all'aprire o al chiudere del circolo^ prodursi dalle correnti indotte? La corrente indotta si suscita anche ne' conduttori di seconda classe, anzi ancora ne' coibenti. I fenomeni di magnetismo in moto sono cagionati^ non penso che alcun fi- sico ora ne dubiti, dalle correnti d' induzione. Ora in quest' esperienze veggonsi influire sulla calamita i liquori, e.g. l'ac- qua^ anzi ancora il cristallo^ come osservò col suo microme- tro magneto- elettrico V illustre Prof. Zamboni (i). l fenomeni della pila, altri sono permanenti come la corrente principale ; tai sono gli effetti chimici, calorifici e luminosi, le sensazioni di sapore, certa sensazione alle mani che toccano i poli, assai spiacevole, se troppo prolunghisi: altri, come le correnti d'in- duzione, sono passeggieri e manifestansi senza piìi al chiudersi o all'aprirsi del circuito voltiano: tali sono le commozioni e il lampicello, di cui si ha la sensazione , allorché la corrente passa per la testa. Diremo che appartengono alla corrente principale tutti gli eff'etti della prima classe e alle correnti indotte i secondi ? Io non oserò certamente affermare una cosi nuova proposizione , che agevolmente si vede sottoposta a troppo gravi difficoltà e che dovrebbe sostenersi con prove del tutto concludenti. Ma però non sarà , se bene avviso, egualmente riprovabile il pensare che qualche parte possano avere in questi fenomeni le correnti indotte. (i) Ann. delle Scienze del R. Lorab. Yen. i83a j). 229. Tomo XXIL B IO Saggio d'applicazione ec. Pongo due pezzetti, uno d'argento ed uno di zinco, am- bedue in bocca, uno fra il labbro e la gengiva superiore, l'al- tro fra il labbro e la gengiva inferiore ; provo una leggiera sen- sazione di luce, allorché i metalli s' adducono a toccamento e non di rado ancora quando i metalli un dall'altro si distac- cano. L'elettrico, che si suscita in questo caso, non può essere assai copioso: non so dunque se possa dirsi con verisimiglianza che esso non passa tutto per la via più breve e più diretta, ma non trovando in essa sfogo bastante, si diifoiide per tutto il capo e investe il nervo ottico. Ripeto 1' accennata espe- rienza, traendo fuori la lingua e tocco con essa il metallo superiore e 1' inferiore: sento il sapore linchè dura il tocca- mento, e la sensazione passeggiera di lume non manca: e pure ora, oltre la strada che chiamavamo poc'anzi più breve e più diretta^ ve ne ha una brevissima, cioè la spessezza della lin- gua, per cui senza dubbio scorre 1' elettrico. Forse si spiega più agevolmente quella sensazione di lume, supponendola prodotta da un' estracorrente ossia da una corrente indotta. Aggiungo un'osservazione, senza per altro pretendere di darle gran peso. Il Volta osservò con sorpresa che, con oc coppie ed anche più, il lampo non j^areva né più lungo ed esteso, né molto più vivace die con una sola copp'a; e il Faraday os- servava che gli effetti dell' estracorrente erano gli stessi, ope- rando con pila di oo coppie, o con un solo elemento. Al certo io non dirò che tutte le commozioni prodotte dalla pila voltiana sieno effetti d'induzione; per altro parmi che sarebbe da osservare se talora l'induzione abbia alcuna parte in tai fenomeni. Indubitatamente all'induzione si de- vono le scosse prodotte dagli apparati magnetelettrici: anzi quelle alquanto energiche, se mal non m' appongo , né pur sono generate dalla corrente indotta della calamita, ma piut- tosto da un' estracorrente, da una corrente di seconda indu- zione, come mi sembra d'aver reso probabile nel mìo Saggio sui fenomeni iT induzione magnetelettrica (r): se la corrente (i) Gior. Arcali. Dicembre i836. T. LIX. p. 28Ó. Del P. Gio. Battista Pianciani il principale trovi aperte due strade, va per la massima parte, per la migliore, e i' estracorrente prende la via men buona e pili lunga. Ma lasciamo questo, e consideriamo per un momento le commozioni galvaniche. Dopo le prime contrazioni mostrate al Galvani da cjue' suoi ranocchi cosi benemeriti delle scienze naturali, di quante sagaci indagini non sono stati oggetto questi fenomeni ! E gì' Italiani che furono i primi, sono stati e sono tuttora i più assidui nell' occuparsi intorno ad essi. Al certo tante ricerche sono state fruttifere per la scienza. Niente di- \ menoj dopo tante vittime sanguinose offerte dall' umana cu- riosità alla natura, per indurla a svelarne pienamente i suoi segreti si sono avute a tutti i quesiti assai chiare risposte? o alcune non rassomigliano piuttosto alle ambagi degli antichi oracoli di Apollo ? Dopo tanto trucidare in ispecie di rane (dacché le ordinarie vittime son tuttora le garrule presaghe della pioggia ) s' accordano i nostri fisici sulle leggi e sulle spiegazioni di tai fenomeni? Certo che no. Sicuramente io non sono da tanto che possa torre di mezzo ogni oscurità: ma se punto veggo, fisici più valenti potranno almen diradarla un poco più, se nello spiegare i fe- nomeni vorranno ancora mettere in conto gli effetti dell' in- duzione elettrodinamica. Il eh. Sig. Prof. Marianinij per diligenza e per costanza a niuno secondo tra i fisici che hanno dato studiosa opera a queste ricerche^ moltissime volte ha osservato che se deviasi la corrente elettrica dal corpo della rana col mezzo d'un arco metallico, questa si scuote (i). La scuote una corrente d'in- duzione^ o un' estracorrente? Noi so. Posso per altro rammen- tare come allor quando deviasi con un arco metallico la debol corrente che destata dalle macchine magnetelettriche passa pel nostro corpo, proviamo la scossa dovuta , a quanto pare, all' estracorrente. (i) Sopra le contrazioni muscolari . . . §. Vili. 12 Saggio d' aitlicazione ec. La corrente che passa per la rana se è diretta , cioè se secondo l'andamento de' nervi del midollo spinale all'estre- mità, è atta a produrre contrazioni forti e Irequenti al chiu- dersi del circuito, ma non cosi all' aprirsi di questo. Contra- ria efficacia osservasi nella corrente inversa. Le sperienze de' Signori Marianini , Zantedeschi e Mayer , Nobili e Rosellini, benché non in tutto d' accordo, concorrono a stabilire questa dottrina. Or bene: il lodato Prof. Marianini ha osservato come, allorché una rana preparata solo scuotesi al chindeie del cir- colo per la corrente diretta, e solo all' aprirlo per 1' inversa , si può rovesciare il fenomeno, cioè ottenere la scossa al chiu- dere e non all' aprire colla corrente inversa e per converso. Ciò conseguiva, facendo comunicare il tronco colle cosce per un conduttore si buono, che l'elettrico o la massima sua parte avesse a passare per esso (i). Pare che questo fenome- no possa interpretarsi così. La corrente principale tutta o pressoché tutta passa pel conduttore migliore; ond' è che la rana non si scuoterà, se non per la corrente indotta. Se la corrente principale è diretta, quella indotta sarà inversa, e perciò inefficace o debolissima al chiudersi del circuito: e ^arà diretta, e però efficace, all'aprirsi: l'opposto avverrà, se la corrente principale sia inversa. Spesse volte si è veduto contrarsi un muscolo nel chiu- dere del circuito ed un altro contrarsi intantochè questo apri- vasi. Se fra una piastra di zinco ed una di argento, che toc- cansi per un orlo, chiudasi nulla più che una particella del nervo, da cui pendono le estremità della rana, queste si scuo- tono e divincolano, benché non sembri che debba passar per esse l'elettrico. Allorché due persone impugnano una la pia- stra d'argento, l'altra quella di zinco, e tengono coli' altra mano una il tronco, l'altra una gamba d'una rana, se s'ad- ducono a toccamento il zinco e l'argento, l'altra gamba libera che sta penzolone dal tronco, per la quale non pare che passi (i) Ami. delle Scien/.e Jel R. Loiiib. Ven. 1834- p. Sg. Del P. Gio. Battista Pianciam i 3 la corrente elettrica^ si scuote vivamente. Non nego che a questi e a simili fatti possa darsi qualche spiegazione, senza ricorrere alle correnti indotte; ma pare che da queste ezian- dio possano ripetersi, e che sia ora conveniente di por mente ancora a queste, da chi si occupa nell' interpretazione di tai fenomeni elettrofisiologici. Così almeno a me sembra. Ma passiamo a quello tra gli effetti dell'elettricità, eh' è fisiologico doppiamente, voglio dire e nella cagione e nell'ef- fetto, cioè alle commozioni, che per mezzo di un apparato a ciò opportuno danno i pesci detti elettrici. Prima di venire alla cagione, rammentiamo i fenomeni. Ho nominato le com- mozioni, perocché questo è il piìi comune tra gli effetti di questo apparato, il solo noto agli antichi ed al volgo, il solo utile a questi mirabili animali, e quello che ha dato il nome alle torpedini, o come scrisse il Tasso, " ... al picciol pesce, onde sovente " La man del pescatore a fune avvolta " Per secreta virtù stupisce e torpe (i). Le commozioni sembrano senza più bastanti a stabilire l'elet- tricità di detti organi, perciocché propongansi per mezzo de' corpi deferenti 1' elettrico, ma non già per mezzo degl' iso- lanti, ed è somma 1' analogia fra queste scosse e quelle pro- dotte dalle correnti voltiane. Del resto tutti i fisici sanno che non sono le commozioni il solo fenomeno elettrico che pre- sentano questi pesci. •. . Parlando solo delle torpedini, che sono fra essi;, non già i più valenti, ma i più conosciuti, pescandosi presso le nostre spiagge, si è negata per molto tempo la scintilla elettrica da esse prodotta, o almeno se ne è dubitato. Ora la cosa é fuor di dubbio, e assai sono noti gli esperimenti istituiti lo scorso anno (i836) dal P. Linari e dal Sig. Matteucci (2,). Mi sono (i) Le sette giornate. Gior. 5. (a) Indicatore Sanese n.° 5o. Complemento o Giorn. Arcadico T. LXX. p. 5c. Comptes rendus de l'Acad. des Sciences i836. sem II. p. 465 43oj 584- i4 Saggio d'applicazione ec. recato il dì 8 Giugno del corrente {1837) alla foce del Teve- re detta Fiumicino, in compagnia d'alcuni miei confratel- li abbastanza esercitati nel!' esperienze fisiche, con l' inten- zione di tentare queste ed altre sperienze sulle torpedini. Il vento, che si levò contrario ai pescatori , non permise loro di far quasi altra preda che quella di due occhiatelle, come essi le chiamano ( torpedo narke ), non assai vigorose. Non dimeno da una di queste ci riuscì trarre due scintil- luzze con metodo al tutto analogo a quello usato dal Lina- ri, cioè introducendo i due fili metallici, che comunicavano colle parti superiore e inferiore del pesce, in una caraffina di mercurio, in modo che un filo pescasse in queste e 1' al- tro fosse vicinissimo alla sua superfìcie, talché agitando un poco la caraffina, dovesse alternamente chiudersi ed aprirsi il circuito, come avviene nella macchina magnetelettrica di Pixii. I prelodati Matteucci e Linari attestano che la corrente della torpedine eccita calore. Poiché siamo in questo partico- lare aggiungo che j)unto non mi sorprenderebbe se altri fa- cendo passare le scariche di una vigorosa torpedine per un filo sottilissimo di platino tirato secondo il metodo di Wolla- ston, riuscisse a renderlo rovente. E in vero la scintilla, che osservava il P. Linari, talvolta visibile nella chiara luce del giorno e brillantissima, ma non mai senza 1' ajuto del mer- curio, non è ella dovuta a particolette o vapori di questo me- tallo rese candenti dall' elettricità ? E perché questa non potrà del pari arroventare un filo brevissimo di platino d' estrema sottigliezza ? La deviazione dell' ago calamitato è per avventura uno de' fenomeni più facili ad ottenersi da questi animali col mezzo di un buon moltiplicatore. Dopo altri fisici lo hanno osservato i Signori Becquerel e Brescliet prendendo, ad evitare gli effetti elettrici di qualche chimica azione, la precauzione di far passare la corrente per l' acqua stillata , per la quale (secondo il Sig. Becquerel) non passano le correnti elettro- Del P. Gio. Battista Pianciani i5 chimiche (i). Noi non prendemmo la precauzione indicata; ma siccome non vedevamo moversi l'ago del moltiplicatore, se non allora che le torpedini davano segno di scaricare, mo- vendo le natatoje pettorali, cosi non v' era ragione di attribuire il fenomeno ad altro che alla scarica elettrica. E certo ancora per gli esperimenti istituiti a Malta dal Dottor Gio. Davy (2) e per quelli de' due fisici or menzionati, e del P. Linari^ che la corrente della torpedine è atta a calamitare 1' acciajo. Il primo ha osservato per altro che tal volta una torpedine fa deviare l'ago calamitato, ma non ne magnettizza un altro. Ciò va d' accordo colle mie osservazioni. I rammentati Gio. Davy, Linari^ e Matteucci hanno pure osservato le analisi chimiche prodotte dalla corrente elettrica della torpedine. Nelle mie circostanze non tentai di ottenere gli effetti chimici, né le ordinarie o elettrostatiche attrazioni e repul- sioni, ma volli tentare le elettrodinamiche. Facendo scorrere la corrente in un apparatino, di cui una parte è mobile ed .issai leggiera ( quello che ho descritto e figurato nella Me- moria sopracitata suU' induzione magnetelettrica ) abbiamo os- servato nell' atto della scarica del pesce qualche attrazione e repulsione fra la corrente fissa e la mobile; e non dubito d'asserire che chiunque esplorerà una torpedine sufficiente- mente vigorosa, munito d'un apparatino assai mobile , potrà agevolmente vederlo, allorché per esso passa la corrente, at- tratta o respinta da un' alta porzione di essa corrente o, ciò oh' è più facile, dalla calamita. In una parola tutti gli effetti delle altre correnti elettriche si ottengono dall' apparato di cui la Provvidenza ha armato questo debole e nudo abitatore dell' acque. Può esso far sentire la scossa ancora a chi lo tocca sol- tanto nella parte superiore, e solo nelT inferiore. Ciò non era (i) Becquerel. De l' elettricité et du magnetisme T. IV. p. 867. (a) Ah. account of some experiments .... Phil. Trans. P. II. §. I. l6 Saggio d'applicazione ec. ignoto agli antichi scrittori ed è notissimo a pescatori. Ho veduto che anche 1' ago del moltiplicatore devia allorché anunulue i capi del filo metallico toccano la superficie supe- riore deir oro;ano elettrico. Secondo le osservazioni del Sie.-. Colladon, se tocchinsi co' fili del moltiplicatore due punti simmetrici della regione del dorso, l'ago non devia, ma bensì se tocchinsi due punti non simmetrici del dorso ovvero del ventre, che trovansi quasi sempre diversamente elettrici ed uno positivo relativamente all'altro (i). Ma però allora che l'elettrico scorre fra il dorso e il ventre, da quello ^ ossia dalla parte superiore dell'animale, la corrente si parte all'in- feriore, vale a dire la superficie superiore degli organi elet- trici fa ufficio di polo positivo e 1' inferiore di negativo. Ciò è stato determinato col mezzo del moltiplicatore dal Nobili, secondochò attesta il Sig. Cav. Antinori (a), dal Colladon, dal Matteucci, ed io ho osservato lo stesso. Becquerel è venuto nella stessa sentenza, osservando e il deviare dell'ago del moltiplicatore, e i poli degli aghi calamitati colla corrente della torpedine. Il più volte citato Linari ha trovato lo stesso coli' elettrometro-condensatore e lo ha confermato col molti- plicatore e colle analisi chimiche operate dulie correnti di que- sto pesce. Veramente al Sig. Gio. Davy ( a cui molte notizie dob- biamo intorno alle torpedini ) sembrò poter dedurre il con- trario da' fenomeni dell' ago calatnitato e dalle analisi. Il Siir. Becquerel pensa che nell' esperienze del Davy dovessero in- fluire le correnti elettrochimiche. Sia, com' esser si voglia di questo sospetto: mi pare, a dir vero, che i fenomeni chimici osservati dal Davy, dc»ve bene si esaminino, anziché abbat- terla, piuttosto confermino la conclusione degli altri fisici. Faceva egli passare la scarica della torpedine per una solu- zione di sai marino col mezzo di reofori d' argento : vide (i) Comptes reiitlus . . . i836 sera. II. p. 490- (2,) Elogio del C. Pr, L. Nobili letto dal Cav. V. Antinori p. ^S. Del P. Gio. Battista Pianciani 17 bollicine di gas, ma solo sul filo comunicante colla superficie inferiore. Sostituì due fili d' oro e comparve il gas sull' uno e sull'altro. Adoperò in vece aghi d' acciajo e allora scor- geva una bella corrente di gas presso alla punta connessa coir inferior superficie del pesce, e nulla appariva sull'altra. S' io non sono abbagliato, da ciò si deduce che in questi espe- rimenti, come in quei del Linari 1' idrogene andava al reo- foro comunicante coli' inferior superficie, come va al reoforo negativo della pila del Volta. Cosi cimentandosi dal Davy , come dal Linari il nitrato d'argento e dal primo anche il sopracetato di piombo, il metallo o l'ossido metallico, andava al reoforo dell' inferior superficie, come va al negativo della pila. Trattando della deviazìon dell'ago scrive Gio. Davy."Fu- " rono tentati cimenti comparativi sulla deviazione dell'ago " sottoposto all'elettricità del pesce ed a quella d'una pic- " ciolissima coppia rame-zinco immersa in un acido debole: " sempre il filo comunicante colla superficie inferiore dell' " animale corrispose ne' suoi effetti al disco di zinco e quello •" della superiore al disco di rame. „ È da por mente che in una sola coppia e facendo il filo del moltiplicatore parte dell' elettromotore, 1' elettrico va per esso filo dal rame al zinco, end' è che il filo comunicante coli' inferior superficie del pesce rispondeva negli effetti al disco di zinco appunto per- chè riceveva la corrente dal filo superiore , come il zinco la riceveva dal rame pel filo del moltiplicatore, mentre al con- trario per mezzo dell'acqua acidula il rame la riceve dal zinco. Secondo il Sig. Colladon la corrente d'una torpedine, attraversando il corpo d'altra torpedine, non sembra fare in esso impressione alcuna. Il Sig. Becquerel ha scritto esser degno di considerazione che il piccolo spazio collocato fra i due organi elettrici, il quale è fornito di tante glandole e nervi, abbia una debolissima sensibilità elettrica. Anche al più volte rammentato Davy si mostrarono insensibili gli or- gani elettrici della torpedine e i loro nervi alla corrente d'una Tomo XXII. .- . C l8 Saggio d'applicazione ec. piccola pila e ad altri stimolanti. Siccome mi ricordava che si rileva dal suo racconto, eh' egli faceva^ almeno alcune vol- te, questi tentativi, dopo aver sottratta la pelle, la quale copre l'organo, e che dice espressamente che essa pelle pare molto sensitiva, credetti non inutile qualclie nuovo cimento. Aveva meco una pila del Volta. La corrente di questa eccitava qual- che contrazione se passava per la base delle pinne, ma non mai r animale ci dava un minimo contrassegno di molesta sensazione e ninna contrazione appariva, se la corrente vol- tiana passava per gli organi elettrici, benché coperti dalla lor pelle. La parte tra i menzionati organi frapposta pareva pure non eccitabile con la nostra pila: ma tolta via almeno in parte quella mucosità, che impiastra la superficie della pelle, ad ogni contatto de* reofori della pila essa parte si contraeva sensibilmente, comechè la torpedine non desse certo segno di sofTerirne. Non si creda tuttavia che quella materia mucosa e bagnata d'acqua di mare possa esser isolante: anzi Gio. Davy la giudicò, in seguito d' una sua esperienza , piìi defe- rente dell' acqua del mare. Piuttosto può credersi che a mo- tivo della sua molta virtù deferente, conduca gran parte dell' elettrico per la superficie , quasi come farebbe una piastra metallica: ove essa scarseggi e non formi uno strato continuo, la corrente penetra ne' muscoli ed eccita la contrazione, il che non avviene negli organi elettrici, che non sono musco- losi. Osservo qui alla sfuggita che costantemente è coperta di simil materia mucosa la pelle degli altri pesci elettrici ab- bastanza conosciuti, cioè del ginnoto e del siluro elettrico. Che la corrente della torpedine possa, come quella dell' elettromotore, eccitare una corrente d'induzione o un' estra- corrente atta a scintillare, non è cosa dubbia dopo 1' espe- rienze fatte a Telamone nel marzo dell' anno scorso dal P. Linari e quelle istituite dal sig. Matteucci a Cesenatico. Ma tempo è oramai di rintracciar la cagione di questi fenomeni. Quanto è agevole conoscere che essi sono dovuti all' elettricità, tanto è malagevole rinvenire la sorgente di Del P. Gio. Battista Pianciani ig questa e la sua cagione eccitante. Facilmente si riconosce che la torpedine va debitrice di sua virtù a quegli straordinarj organi o corpi falcati, che rendono facile il distinguere questi pesci dalle Razze^ colle quali il Linneo le riuniva in un genere, e dagli altri pesci del nostro mare. E se il Redi che primo fra i moderni s'occupò con qualche diligenza nelP anotomia della torpedine, non osò ciò affermare, senza manifestar qual- che timore d'essere ingannato, il Lorenzini(i) poco dopo se ne certificò con iterate e più volte iterate esperienze ed al presente da niuno se ne dubita. Ma sapere appuntino qualsia r uffizio di essi organi, e in qual modo essi l'adempiano, non è sembrata punto facile impresa: e veramente eziandio oggidì, dopo tante accurate e sagaci ricerche, non so se dell'origine prima di questa elettricità e del modo d' operare di tali or- gani si possa far di meglio che discorrere per congettura. Si è paragonato 1' organo della torpedine ad una gran batteria elettrica caricata a debol grado di tensione. Si è pa- ragonato a un sistema di moltissimi piccoli condensatori. Ma queste ingegnose comparazioni, se ajutavano in qualche modo a concepire i fatti, non potevano darne soddisfacente spiegazione. Appena il Volta ebbe ritrovato il suo ammirabile elettro- motore a colonna, che alcune volte formava di più colonnette comunicanti fra loro, si confidò aver trovato il vero punto di comparazione. Gli risovvenne della descrizione, che dell'or- gano elettrico della torpedine davano alcuni fisici, appoggiati alle descrizioni di Reaumur (2,) e di Hunter (3). Secondo que- sti i tubetti prismatici assai numerosi , che chiusi da pareti fibrose formano detto organo, sono traversati orizzontalmente da una quantità di lamine aponevrottiche, poste le une sulle altre a piccola distanza, ond' è che il tubetto può considerarsi (1) Osservazioni intorno alle torpedini. Firenze 1678 p. ic5. (a) Mera, de l'Acad. R. des sciences an. 1714- p. 353. (3) Phil. Trans, an. 1778. 20 Saggio d'aitlicazione ec. cotne un sistema di cellette soprapposte. Le cellette sono piene di materia seuìiliquida mucillaginosa. Basta supporre qualche eterogeneità nella superficie superiore e inferiore d'esse lamine, e già abbiamo delle pilette composte da tre condut- tori di seconda classe. L' inventor della pila considerò tal organo come un sistema di simili piccole pile, che insieme comunicando ne formino una sola, almeno allorché l'animale per mezzo d' un movimento spontaneo si scarica e dà ad altri la scossa. Questa spiegazione assai ingegnosa e sola verisimile fra quelle ch'erano state fino a quel tempo proposte, fu assai seguita ed applaudita. Ma è trista cosa discorrere e fondar sistemi su fatti, che non si sono potuti certificare co' proprj sensi. La struttura de' tubetti componenti l'organo elettrico, qual'è stata descritta da Reaumur, da Hunter, e dal sig. Geoi- froy Saint Hilaire, dicesi essere stata osservata negli organi d'alcune grosse torpedini conservate nell'alcool. Qualche cosa di simile , ma in una particolar circostanza, sembrò di vedere al più volte ricordato Gio. Davy, allorché occupavasi nell'ano- tomia delle torpedini qui in Roma, ove s'era recato ad as- sistere il celebre suo fratello Onofrio caduto infermo. Vide che detti tubi, rimanendo alcuni minuti nell'acqua bollente, acqui- starono una struttura lamellare che richiamava alla memoria la pila del Prof. Zamboni. Restituitosi alla sua residenza di Malta, non potè più osservare questo fenomeno: i tubetti neir acqua bollente in pochi minuti disfacevansi e prendevano aspetto e consistenza d'una mucillagine moUissima. Qualunque si tosse la cagione di tal differenza , egli osservando a Malta con lente acutissima un tubo degli organi della torpedine fresco e non alterato dall'acqua bollente, non potè vedere se non una massa omogenea con poche fibre , probabilmente nervose, in direzioni irregolari. Il Sig. Breschet ha pure studiato l'anatomia della tor- pedine. Secondo lui, se denudisi una faccia d'un tubo prisma- tico, togliendo la parte che lo separa dal vicino, vedonsi su quella faccia assai filetti, o, come dicono , strie trasversali Del P. Gio. Battista Pianciani ai congiunte per mezzo d' un tessuto cellulare tenuissimo e tra- sparente. Questi filetti non indicano delle laminette isolate , e le une sovrapposte alle altre come gli elementi della pila, ma tutto è insieme congiunto, tutto forma una massa quasi omogenea ed amorfa, nella quale non distinguonsi che de' filetti un poco più opachi del rimanente, i quali suppongonsi nervosi, attesoché i punti da cui partono corrispondono agli angoli di riunione delle pareti, ove veggonsi penetrare i fila- menti nervei (i). Que' filetti trasversali possono aver generata o fomentata 1' idea delle lamine orizzontali. In vero aprendo o premendo que' tuhetti non appare che una materia omo- genea senza alcuna lamina. Gli organi di altri due pesci elettrici, il glnnoto { gjmrzo- tes electricus ) ed il siluro ( silunis electricus ) esaminati da Hunter e dal sig. GeofFroy S.' Hilaire, sono ancor essi com- posti di cellette a pareti fibrose, con entro una sostanza ge- latinosa o mucosa (a). Ma la loro struttura è alquanto diversa e non presentano, come la torpedine, l'apparenza di un sistema di piccole pile. (i) Presso Becquerel 1. e. p. 271. (2) Si citano due altri pesci elettrici, il tetrodon eleltricus e il trichìurus indì- cus ; ma gli organi elettrici di cpiesti, ch'io sappia, non sono stati ancora esaminati e descritti. Quelle specie di lamprede elettriche del fiume delle Amazzoni, di cui parla Condamine ( Relat. abregé d'un voyage pag. 157) sono senza fallo i ginnoti. Talora si son chiamati torpedini i pesci elettrici di genere diverso. Così la torpedi- ne, di cui parla il Godigno, vivente ne' laghi e ne' fiumi dell'Abissinia e copiosa nel Nilo, debb' essere il siluro, che si trova appunto nel Nilo e in altre acque dolci dell'Africa (De Abissinorum rebus.... P. Nic. Godigno S. J. auct. i6i5 p. 67. ) Dice questi, o più veramente il suo confratello A. Fernandez, da cui protesta il Godigno d' aver tradotto queste notizie. (( Ferunt e.xploratum { rem ego per me non sum ex- (C pertus ) , si inter mortuos pisces vivens torpedo ponatur et inibi se raoveat, eos , (I quos tetigerit, interno quodam et arcano motu ita cieri, ut vivere videantur. )) Questo racconto nulla presenta d' invprisimile dopo le sperienze del Galvani , ne istruiti delle cognizioni moderne , avrebbero al presente il Lorenzini e Reaumur motivo di sospettarlo favoloso. al Saggio d'applicazione ec. Non troviamo dunque nei nostri strumenti eccitatori dell' elettricità una fedele rappresentazione dell'organo di cui trattiamo. E in vero non deve punto sorprendere se l'opera dell'arte umana non si possa adeguare all'opere della natura ossia dell' arte divina, e se il magisterio di questa è assai più difficile a comprendersi. 11 eh. Gio. Davy, dopo molte indagini fisiche ed anato- miche, conclude. " La produzione dell' elettricità nella tor- " pedine è tuttavia avvolta in un gran mistero. Non pare " avervi punto che fare alcuno degli ordinar] modi d'eccita- " mento, non istropicciamento, non azion chimica, non can- " giamento di temperatura o di forma. „ Sarei soprammodo presuntuoso se pretendessi di potere sciogliere questo enigma e stracciare il velo che involge questo mistero. Ma però sarà, io credo, permesso il tentare di solle- varne un cantuccio, ossia di congetturare alcuna cosa intorno a taluno de' problemi che dovrehbono sciogliersi da chi vo- lesse svelar pienamente questo arcano. Imperocché, secondo eh' io penso, varj sono i quesiti a' quali si brama risposta. Per proceder con ordine, cominciamo dal ricercare se neir organo elettrico di questi animali si desti primamente r elettricità , come nella pila del Volta: dacché può ancora pensarsi che o sia soltanto in esso condotta , come ne' con- duttori della macchina elettrica, nella boccia di Leida e nel condensatore; ovvero sia soltanto indotta , come in un con- duttore elettrizzato per influenza dal primo conduttor della macchina, o come in un lungo filo metallico che rapidamente s' avvicina ad una calamita o ad altro filo conduttore della corrente voltiana, o da essi si allontana; o veramente sia e condotta e indotta, come sembra essere in un lungo filo av- volto in elica e racchiudente un pezzo di ferro dolce, che serve a chiudere il circolo d' un elettromotore semplice, e all' aprirsi d' esso circuito scintilla e dà la scossa. Nulla si scorge negli organi elettrici, che li dimostri at- tivi, anzi che passivi^ nulla che indiciii potersi in essi destare Del P. Gio. Battista Pianciani 2,3 quella elettricità che per mezzo di essi scorre ne' corpi esterni. Non sono muscolari né atti a contrarsi. In essi vediamo, dice Gio. Davy, " nervi di strana grossezza ramificati fra colonne " apparentemente insensibili , piene d' un fluido, conduttore " non buono; muscoli circondanti le colonne ed atti a com- " primerle; un sistema di glandole mucose e di condotti an- " nessi proprio a servire di comunicazione fra i due organi " e ì loro lati opposti.,, Aggiunge lo stesso, che questi or- gani mal provveduti di sangue , sembrano avere pochissima attività vitale ordinaria ed essere passivi piuttostochè attivi. Trovò che hanno piccolissimo peso specifico in paragone delle parti muscolari, e perdono in peso, diseccandosi più d'ogni altra parte del corpo da lui osservata: in una torpedine por- tata in Roma gli organi elettrici pesavano grani 3oa; diseccati grani aa. Gli parvero contenere ga, 73 centesimi di acqua (1). Che v' ha qui di opportuno a destare una forte corrente elettrica ? Debbo ora rammentare alcune sperienze, le quali non ho pure pensato a ripetere; poiché come non ho ad esse ( con- viene che il confessi ) alcuna attitudine, cosi ho per le me- desime invincibile repugnanza. Il Galvani avendo troncato ogni comunicazione fra la testa ed una parte del corpo d'una torpedine contenente uno degli organi elettrici, osservò che da questa parte del corpo o da quest' organo , non poteva aversi la scossa , ma bensi dall' altra. Osservò pure che, tolto alla torpedine il cuore, gli organi davano ancora la scossa, ma non più se toglievasi ad essa il cervello. Togliendo questo colle maggiori cautele, onde la (i) Secondo le recenti sperienze del sig. Matteucci 90, 34. Dunque il Loren- Zini che dichiarò quelle colonne 0 tubetti vesciche piene d' acqua, le àeRni più giusto di que' moderni anatomici che trassero in errore il Volta ed altri fisici e ultima- nif-nte la signora Somerville. ( Ori the connezion of the phys- Sciences i836 p. 3i4. ) a4 Saggio d'applicazione ec. circolazione del sangue non venisse sconcertata, gli fu impos- sibile ottenere commozione, comechè i movimenti muscolari si eseeuissero tutt' ora assai bene. Vide eziandio che la tor- pedine perdeva il potere di scuotere, allorcliè era leso grave- mente il cervello. Lo Spallanzani e il citato Galvani sperimentarono ancora, che togliendo i nervi, che penetrano nell' organo elettrico, e si spandono ne' suoi tubetti , il pesce seguita a vivere, ma resta privo della virtù elettrica. Somiglianti esperienze essendo state tentate da altri , e in particolare recentemente dal eh. Linari, analoghi sono stati i risultamenti. Queste prove dimostrano la grande influenza del cervello e de' fascetti nervei ne' fenomeni elettrici delle torpedini. Né meno concludenti sembrano i cimenti del Sig. Mat- teucci. Egli ci narra di avere non solo osservato che si ha la scarica dalla torpedine, anche tolta la pelle dell'organo e qualche fetta di esso organo ( ma in questo caso i segni del moltiplicatore sono minori di allora che il pesce è intatto); che la forza della scarica diminuisce, diminuendosi il numero de' filetti nervei che vanno all'organo; e che, se la torpe- dine ha cessato di dare, benché irritata, la scossa, ove denu- disi il suo cervello e leggermente tocchisi là onde partono i nervi che vanno all'organo, si hanno alcune scariche più forti dell'ordinarie; ma assicura eziandio che mentre si ferisce il cervello, si hanno tal volta delle scariche fortissime, senza determinata direzione ; da che dice d' averne osservate tre di seguito andanti dal ventre al dorso, al contrario della legge stabilita di sopra, delia quale egli attesta essersi certificato, esplorando 3ó torpedini con un moltiplicatore, i cui capi ter- minavano in aghi di platino. Da tali anomalie conclude, che r elettricità non è prodotta dagli organi , ma riceve la dire- zione dal cervello, e negli organi elettrici è condensata, come nella boccia di Leida. Non è punto improbabile che l'elet- tricità sia destata dal cervello o almeno in generale dal sistema Del P. Gio. Battista Pianciani a5 nerveo, la cui parte principale è il cervello , e le cui altre parti, acciocché sieno attive, conviene che comunichino col cervello. Da questo 1' elettrico può passare agevolmente ai nervi, poiché in questi, sotto lo stesso nevrilema è la sostanza medesima che costituisce la materia cerebrale. Da ciò conse- gue, non essere verisimile che il cervello induca senza più r elettricità negli organi o per induzione elettro-statica, come il conduttore della macchina in altro conduttore da lui diviso, o per induzione elettrodinamica, come la calamita in un filo metallico. Gio. Davy osservò che i nervi elettrici della torpedine sono alla loro origine involti in una vagina fibrosa, e mano a mano che suddividonsi nell' organo il nevrilema si assottiglia e diviene semitrasparente. Esaminato un ramo sottile con lente acutissima, la sostanza interna midollare non se gli mo- strò continua, ma interrotta e quasi punteggiata, come la vagina contenesse tante porzioncelle con piccolo spazio tra esse frapposto. Non so se questa apparenza sia una singolarità de' nervi che servono all'organo delle torpedini, e forse degli altri pesci elettrici. Ove ciò fijsse , non potrebbe tal disposi- zione essere destinata a qualche util fine? Ma a quale? Forse a ciò, che 1' elettrico scorrente pe' nervi acquisti in grazia di que' piccoli interrompimenti maggiore intensione? Ma come può nel cervello, o in esso unito al rimanente del sistema nerveo, eccitarsi l'elettricità? Come allorché le aggrada, la manda la torpedine all' organo e quindi a' corpi esterni? Che i pesci elettrici a lor piacere si servano dell'ar- ma lor misteriosa ( appunto come gli altri animali^ solo allor- ché ad essi aggrada, fanno uso delle proprie armi meglio co- nosciute ), e che non sempre si scarichino ogni qual volta altri il vorrebbe, è un fatto noto a chiunque gli ha esaminati. Forse non si arriverà mai a sapere come questi animali pos- sano a libito o destare l'elettricità, o aumentarla considera- bilmente, onde sia abile a scuotere, ovvero ( se ciò più piac- cia ) darle una nuova e certa direzione. Ma, dopo i fatti espo- Tomo XXII. D aó Saggio d'aitlicazione ec. stl, anche più arduo a spiegare ciò sarebbe, qualora si volesse nell'organo elettrico non già condotta, ma primamente ed unicamente destata l'elettricità. È indubitato che la volontà produce de' movimenti nel corpo e che gli animali muovono a piacere questi o quei mu- scoli col mezzo de' nervi comunicanti col cervello. Com' esser ciò possa, chi ha così ordinato, ci lo sa. Per noi non è, io credo, in tutta la creazione cosa più misteriosa della scam- bievole azione fra il principio immateriale e la materia. Ma le contrazioni muscolari prodotte dalla volontà anche meno s'intendono^ se, escludendo l'elettrico, si fa operare la vo- lontà unicamente sul sistema nerveo, o se all'elettrico cosi conosciuto ne' suoi effetti sostituiscasi un altro principio al tutto ipotetico. L' integrità de' nervi e la lor comunicazione col cervello è condizione necessaria, non meno che a' movi- menti volontari, alle funzioni digestive e alle varie secrezioni. Sembra perciò che dal cervello per mezzo de' nervi qualcosa discenda ad irrigare i varj organi animali: ma questa qual cosa che altro può credersi ragionevolmente, se non si crede probabile con parecchi moderni scienziati , che 1' elettrico e non altro sia il così detto sugo o fluido nerveo (i), o ciò di che molti hanno a lungo parlato sotto il nome di spiriti ani- mali. E qui parmi conveniente osservare che questa opinione la quale già piacque al Newton, non avea per avventura fino a' dì nostri da citare in sua difesa cosa di fatto. Ora chi vuol difenderla, può prendere per base il fatto delle torpedini. Il cervello, può dire, di questi animali, e com'è da credere, degli altri pesci elettrici, fa scorrere l'elettrico pe' loro nervi: ma il cervello di questi pesci non differisce essenzialmente o notabilmente da quello degli altri pesci; né il cervello degli animali di questa classe da quello degli animali di classe di- versa: non è dunque ragione di credere che anche il cervello degli altri animali non faccia anch' esso scorrer pe' nervi (ij Quel sugo che trapela e scorre jìer tutti i nen'i e sugo nerveo si chiama. Redi. Del P. Gio. Battista Pianciani £17 r elettricità, comunque poi questa venga eccitata: poiché qui non si tratta di generare o di elaborare l'elettrico, ma sol- tanto di destarlo o di rompere il suo equilibrio , come si fa tutto giorno in tanti modi nelle nostre sperienze. E qui ben mi cade in acconcio il ricordare, come Gio. Davy ha osservato, che nelle torpedini i nervi gastrici prendono origine da nervi elettrici; e vedendo che nelle torpedini conservate e spesso eccitate, come pareva sospendersi o diminuire la secrezione della materia mucosa, cosi sospendevasi la digestione, pensò che allorquando 1' elettricità non serve a difesa dell'animale, possa servire a promoverne la digestione. Il prof Linari cita a proposito di questa opinione altra sua simile osservazione, cioè che, dopo essersi fatti pel corso di due giorni degli espe- rimenti sopra alcune torpedini , ed essendo poi morte ed aperte, si trovava nel loro stomaco scarseggiante il sugo ga- strico, e de' pesci ingojati appena cambiati dallo stato lor naturale, il che per altro non osservavasi nelle più vigorose. Il punto che resta a discutere, è per avventura il più importante pel Fisico che si occupa in queste indagini e tutto proprio di esso, cioè qual sia 1' ufficio dell' organo elettrico di questi pesci. Che tale ufficio sia il suscitare V elettricità al modo della pila del Volta o della macchina elettrica, dopo le cose esposte non può ragionevolmente sostenersi. Ma sarà egli più ragionevole compararlo senza più a un ordinario conduttore ? " Noi pensiamo, dice il sig. Becquerel, " che r elettricità venga trasportata dal cervello nell' organo " principale, ove serve a caricare le piccolt^ pile, la cui costi- " tuzione, che ci è sconosciuta, punto non somiglia quella " degli apparati voltiani ; perocché gli effetti della torpec?ine " sono analoghi a que' che risultano dal contatto d'una parte del corpo con un conduttore fortemente elettrizzato, atteso- " che basta toccar solo una delle superficie dell'organo elet- " trico per ricevere la commozione: non così avverrebbe se " le piccole pile che compongono 1' organo elettrico fossero " simili alla pila voltiana: in questo caso saria d'uopo toccar (r 28 Saggio d'applicazione ec. " le due superficie per provare la scossa. ,, Ma uu conduttore di secouda classe e così piccolo, sia quanto si vuole elettriz- zato, non produrrà giammai la scossa e gli altri effetti che produce 1' organo di questi pesci. E a qual prò un tale orga- no ? Non conducono T elettrico assai bene la pelle spalmata di muco e Lagnata d'acqua marina, i nervi, i muscoli, il sangue ? Certo ciie sì. In prova di ciò si rammenti come, perchè l'organo si scarichi, si ha e la conmiozione e gli altri effetti, anche toccando un' altra parte del corpo della torpe- dine, finché questa è abbastanza vigorosa, eccettuata^ dicono alcuni, la coda, per la quale soglion prenderla i pescatori. E pure è certo che quell'organo, come a niun' altro oggetto sembra utile , così è necessario esso e la sua comunicazione col cervello, alle scosse e agli altri fenomeni elettrici. Ma è vano spendere assai parole a provare che 1' organo elettrico è qualcosa piìi che un ordinario conduttore. Difatto il fisico testé citato aggiunge. " La differenza, che, secondo noi esiste " fra i pesci elettrici e gli altri animali, é che ne' primi la " natura ha posto degli organi proprj a condensare l'elettri- " cita, che emana dal cervello, per aumentare la sua tensione " a segno di farne un arma offensiva, mentre negli altri l'elet- " tricità ha solo la tensione atta alle contrazioni naturali e " alle altre funzioni affidatele. ,, E veramente, se è troppo far di tali organi de' veri pro- duttori di elettricità, se è poco farne senza più de' condut- tori ordinar], pare che altro non resti che giudicarli abili a condensare o forse ad aumentare l'elettricità ricevuta. A niuno, io penso, cadrà in mente di compararli ad un sistema di pic- cole pile secondarie o Ritteriane, caricate dal cervello, come le pile di Ritter si caricano con lo pile voltiane. La struttura d'essi organi ora ben conosciuta, esclude del pari l'analogia colle pile primarie e colle secondarie. Ma diremo ch'essi organi condensino l'elettrico alla ma- niera della boccia di Leida o del condensatore del Volta ? La teorica di questi strumenti, e di ogni altro fondato sugli stessi Del P. Gio. Battista Pianciani 29 principi, si riduce alla dottrina dell' elettricità latente o dis- simulata per la prossimità dell'opposta elettricità: dacché una elettricità diminuisce la tensione ed aumenta la capacità di quella di nome contrario. Affinchè ciò possa accadere fra corpi conduttori, soli atti a dar commozioni e simili effetti, con- viene^ se essi corpi si toccano, e molto più se non fanno in- sieme che un sol corpo, conviene, dico, che il corpo inter- medio, o la parte intermedia sia coibente, o almeno che delle due parti destinate ad opposta carica, una assai bene conduca e l'altra assai imperfettamente. Ora la parte superiore, l'in- termedia e r inferiore dell' organo della torpedine sono al tutto simili ed omogenee, né è possibile indicare il termine ove r elettricità condotta debba arrestarsi e indurre per in- fluenza nella parte vicina 1' elettricità contraria. Dunque è impossibile spiegare col mezzo della condensazione indicata i fenomeni di questi pesci, e. g. le commozioni che si provano toccando la torpedine sopra e sotto, e anche soltanto una delle superfìcie degli organi. Il Volta nella sua prima memoria sulla pila (i) avea già validamente confutato tali spiegazioni, ed anche più validamente 1' avrebbe fatto , se avesse saputo che non v' é alcun diaframma solido ne' tubetti, che com- pongono l'organo elettrico. Aggiungo che, se l'elettrico trasmesso all'organo ivi s' accumulasse e si condensasse, immediatamente prima della scarica dovrebbe potersi aver qualche segno all'elettrometro, almeno coU'ajuto del condensatore. Ora niun' ombra disegni elettrometrici hanno potuto ottenere dalla torpedine né Walsch né De Humboldt e Gay-Lussac, né Onofrio Davy, né più re- centemente o Giovanni suo fratello o il Sig. Colladon. Cosi ninno ne ottenne De Humboldt dal ginnoto. E vero che il eli. Prof. Linari afferma di aver avuto più di 4° volte i segni d' elettrica tensione^ facendo uso di torpedini sane e di suf- ficiente grandezza, e d'un ottimo conduttore: era positiva, (i) Opere T. II. P. II. p. 139. 3o Saggio d'applicazione ec. se questo comunicava col dorso dell' animale, negativa , se col ventre. IMa questi non erano segni elettrostatici dell'organo del pesce, come quo' che si hanno dalla boccia di Leida, prima che si scarichi ; ma era 1' elettricità già scaricata da quello e trattenuta dallo strumento; il che otteneva, secondo eh' ei dice, troncando all' istante della scossa la comunicazione che il condensatore elettroscopio avea e con la terra e con una delle superficie del pesce (i). Così non si hanno sicuramente segni di tensione elettrica dalla calamita: ma non è impossi- bile ottenerli, intercettando con qualche artificio la corrente elettrica da quella indotta. Di fatto ne dicono gli illustri fisici Hachette ed Ampere, che Ippolito Pixii ottenne un grande allontanamento delle fogliette d' oro adattate al condensatore del Volta, coli' elettricità destata in ini filo metallico di looo metri da una calamita che reggeva più di loo chilogrammi (a). Poiché l'organo della torpedine non può dirsi un con- densatore elettrostatico, potrà almeno dirsi un condensatore elettrodinamico? Il Nobili die questo nome al lungo filo me- tallico avvolto a spirale che congiunge le piastre metalliche d' un elettromotore semplice, in virtù del qual lungo filo si ha sempre la scintilla all'apparir del circuito, la quale manca se il filo è corto (3). Egli opinava che all'aprirsi del circuito, V elettrico eh' era in giro ( più copioso nel filo più lungo ) si condensasse al luogo dell' interruzzione e sboccasse fuori scin- tillando; né della fijrma spirale dà altra ragione che il mag- gior commodo. Faraday ha poi dimostrato nella memoria citata al principio di questo scritto^, che qui é 1' effetto d' una cor- (r) Toccavano e premevano le due superficie della torpedine due lamine di pla- tino comunicanti per due fili metallici, uno colla terra, V altro col piatto inferiore del condensatore. Il pesce era collocato sopra una tavola isolata . Questi particolari sono estratti da uno schiarimento inviato dal P. Linari al Sig. Prof. Barlocci e da questo gentilmente comunicatomi. (a) Ann. de Chim. et de Phys. T. LI. p. 77. (3) Nobdi Mem. ed Osservaz. T. I. p. aSa, a33. Del P. Gio. Battista Pianciani 3i rente indotta o estracorrente^ e che influisce non meno della lungliezza la forma di elica. Ciò per altro non esclude al tutto la spiegazione del Nobili^, e può ben credersi, che nell'effetto abbia parte la corrente induttiice e la sua condensazione (i). Ma torniamo al nostro proposito. Che verisilmente qual cosa di analogo accada nell'organo de' pesci elettrici, mi muove a crederlo 1' argomento d'esclu- sione, il quale, comechè indiretto, è pure utile e spesso con- duce in fisica a conseguenze probabili e talvolta certe. L'or- gano elettrico non è motore ^ né semplicemente un ordinario conduttore dell' elettricità, né cosi è separato dal cervello e dal rimanente del sistema nerveo, che possa patirne l'influenza elettrica senza punto riceverne: lo abbiamo testé veduto. Dun- que, se non può, il che pure sembra assai dimostrato, consi- derarsi come un condensatore statico operante secondo le leggi dell'induzione elettrostatica, converrà considerarlo come una specie di condensatore elettrodinamico operante secondo le leggi dell' induzione elettrodinamica. Può iraaginarsi 1' elet- trico condotto da' fascetti nervei, dividersi pe' filetti nervei in ciascun tubo o celletta dell' organo. Per mezzo de' filetti trasversali osservati dal Sig. Breschet , probabilissimamente nervei, può esso elettrico circolare e avvolgersi in elica in ciaschedun tubetto; e ciò avverrà più facilmente, se è vero che poco sia deferente il fluido de' tubetti, ( come udivamo pocanzi dal Davy) perchè in tal caso non si disperderà per esso. Se mentre il pesce fa la sua scarica , 1' elettrico inco- minci a circolare nella parte inferiore de' tubi e termini nella superiore e sbocchi da questa, la parte superiore dell' organo sarà quella che dà 1' elettricità positiva, come il polo positivo della pila del Volta. Possiamo pure supporre che, al terminare (i) Sul merito che hanno avuto in questa scoperta il Nobili, il Dott. Magrini e il Prof. Dal Negro, può vedersi una giudiziosa Nota nel Bullettino delle Scienze Mediche Chir. di Bologna ( Maggio e Giugno i837 ) segnata S. G. ( cioè, non ne dubito, Silvestro Glierardini ). e 82, Saggio d'applicazione ec. della scarica ossia al cessare della corrente primitiva, si ecciti ne' tubi medesimi una corrente d'induzione analoga alla prima e similmente diretta. Dalla prima corrente , a meno die non trovi un conduttore metallico ampio e breve, sembra che debba disperdersi la più gran parte per la pelle umida e spalmata di mucosità assai deferente, e quindi perdersi nelT acqua del mare o in altri corpi circostanti, ovvero rientrare in corpo al pesce. Ma l'estracorrentc o corrente indotta , senza la quale sarebbe difficile a intendersi la scossa che si ha toccando soltanto il ventre del pesce, e l'elettricità negativa dalla stessa parte del condensatore del Linari, l'estracorrente, dico, pare che debba ritornare all' inferior superficie dell' organo per la via della pelle, ove altra alibastanza buona non ne trovi; ma se ne trovi un' altra assai deferente e non eccessivamente lunga, non è possibile che la maggior parte di essa torni per questa là ove tende, perocché sappiamo che la corrente indotta volen- tieri si allontana dalla corrente inducente, a costo ancora di seguire strada più lunga. Pare che da noi si supponga che i nervi conducano l' elettrico meglio delle altre sostanze ani- mali, ciò che non è assai provato, anzi da taluno si nega. Ma noi parliamo di nervi in istato di vita, non offesi, e le cui parti comunichino fra di toro con piena libertà. Ora questi possiedono forse, come dice ancora il Sig. Bequeiel, un poter conduttore proprio, dipendente dalla lor particolare organizza- zione. Può essere ancora che in essi, assai meglio che in altre sostanze animali, si stabiliscano le correnti d'induzione. Assai facilmente s' intende poi, come la corrente elettrica penetrata eh' è nel nervo più agevolmente scorra per esso, che non passi da esso ad altra sostanza. La corrente d' induzione si desta al cessare della corrente induttrice: ma destasi pure ove tjuella soffra considerabile affievolimento. Perciò è indifferente nell' esposta spiegazione, il supporre che la torpedine mandi solo l'elettricità al suo organo, allorché è per fare una scarica, ovvero che sempre r organo riceva ed emetta elettricità , ma assai scarsa e noo Del P. Gio. Battista Pianciani 33 indicata da' nostri istiumenti. Il Volta non era lontano da questa seconda opinione, a motivo delle belle sperienze del Galvani^ il quale ponendo delle rane preparate alla sua ma- niera sulla schiena ed anche a' fianchi della torpedine posta sopra un panno bagnato'^ la vedeva dibattersi tratto tratto e talora quasi di continuo, senza che il pesce fosse irritato, o desse segno di dare la scarica. Comunque siasi, passiamo a vedere come in tal suppo- sizione spieghinsi i fenomeni della torpedine. Debbo qui ricor- dare che la corrente d' induzione si divide spesso in piìx rivi, senza perciò punto indebolirsi, come si vede nelle macchine magnetelettriche. Così fa appunto la corrente momentanea della torpedine, che passa ad un tempo per la via più breve della pelle dell' animale e per uno o più sentieri più lungVii. Quel deviarsi senza diminuirsi della corrente indotta, ho cer- cato di spiegarlo col mezzo di estracorrenti o, come le ho chiamate di correnti di seconda induzione, cioè indotte dalla prima corrente d'induzione. Non è per avventura bisogno di ricorrere a queste per ispiegar le correnti che passano per un conduttore ottimo, cioè tutto metallico, non sottilissimo, non molto lungo o continuo, o interrotto soltanto per minimo spa- zio. Ma allora che scorre per sottili fili assai lunghi , quali sono quei de' moltiplicatori del Nobili e del Colladon, e molto più se tai fili sieno interrotti da un conduttore di seconda classe, di cui vogliasi osservar l'analisi,© dall'acqua stillata, non so quanto sia probabile che l'elettrico preferisca una sif- fatta via a quella della pelle dell'animale, e verisimile ne sem- bra che la corrente andante per si lunga strada non sia uni- camente quella che circolava nell'organo della torpedine, o porzione di quella, ma bensì un' estracorrente da quella pro- dotta, coni' è prodotta da un elettromotore semplice 1' estra- corrente, che scuote 1' uomo e vivamente scintilla. Ciò, se punto veggo, non dee sembrare strano, dopocliè il Prof. Linari e il Sig Matteucci hanno riconosciuto l'effetto della corrente indotta da quella della torpedine nelle scintille. Tomo XXn. E 34 Saggio d'applicazione ec. che r uno e 1' altro ottennero col mezzo di fili metallici as- sai lunghi e avvolgenti de' cilindri di ferro dolce, e che mancavano, se, il resto essendo eguale, sostituivasi un breve filo. Se la mia opinione si trovasse giusta, potrebbe dirsi che queste scintille erano dovute ad una corrente di seconda induzione. Vengo alle scosse. Queste non sogliono aversi dalle mac- chine magnetelettriche, se la corrente d' induzione passi solo per r uomo. INIa però si hanno assai agevolmente e non pic- cole, se essa corrente, oltre quella del corpo umano, trovi aperta altra via migliore ed assai breve; e non mancano, né sono minori, qualora trovi aperta una terza strada , qual' è quella del moltiplicatore. Mancano per altro se la corrente all'uscire del filo metallico, ove s'è destata, trovi solo una via, la quale poi si divida in due, una delle quali sia assai più breve e buona dell' altra eh' è il corpo umano. Tutto ciò ho estesamente esposto nella memoria addietro citata. Così accade nelle torpedini, senonchè è impossibile fiir si che la loro cor- rente passi solo per 1' uomo. La scarica che esce dalla parte superiore de' loro organi trova nella superficie della pelle un cammino assai bnono e breve per arrivare alla parte inferiore; e pure si ha la connuozione della corrente che passa per la strada tanto più lunga ed imperfetta eh' è il corpo umano. Nò manca la scossa, né mi é sembrata minore, aprendo alla corrente un terzo sentiero, cioè il moltiplicatore del Nobili. Si ha del pari, come ho sperimentato, se la parte superiore o inferiore dell' oigano comunichino fra di loro per mezzo d'un ottuuo, breve e capace conduttore, cioè d'una piastra d' ottone curvata in arco e bastantemente ampia, e si ha tanto se tocchinsi le due superficie dell'organo ov' è la piastra, (juanto se tocchinsi quelle dell' altro organo, benché da que- sto ancora pare che l'elettrico doviebbe andare, piuttosto che all' uomo, al metallo per mezzo della pelle, breve e buon con- duttore; e altronde le osservazioni anatomiche del Sig. Bre- scliet ne insegnano che nella parte anteriore i due organi si Del P. Gio. Battista Pianciani 35 congiungono per mezzo d' un tessuto intermedio composto di cellette sempre più piccole con entro unn materia al tutto simile a quella de' tubi. Ma però se due piastre metalliche applichinsi alle due superficie dell' organo, addotte queste a mutuo contatto, le dita sovrapposte ad esse piastre non pro- vano alcuna commozione; benché il pesce si scarichi. Come le correnti secondarie prodotte nelle macchine magnetelettri- che sembrano di seconda induzione, cioè indotte da quella eh' è destata dalla calamita, così correnti di seconda induzione inclinerei a riputar quelle che provansi da chi tocca la tor- pedine. Mi credo in debito di soddisfare ad una opposizione, la quale, com' è caduta in mente a me, cosi lo può facilmente ad ogn' altro. Nelle macchine magnetelettriche, acciocché la corrente, che abbiamo chiamato di seconda induzione, sia atta a scuotere le mani e le braccia , fa d' uopo che il circuito della prima corrente si apra scintillando. Si può primiera- mente rispondere che nelle macchine nelle quali ciò si è os- servato, destasi poco copioso 1' elettrico, e però, affinchè pro- duca coir estracorrente validi effetti fisiologici, è duopo che acquisti per l' interruzione quella tensione, che lo fa scintil- lare. Per opposito ne' pesci elettrici, come nella pila del Volta, è copiosa l'elettricità, per quel che ne dicono gli effetti, benché la correnre non sia assai intensa. Aggiungo che nella macchina elettromagnetica di cui ho fatto uso ( e lo stesso deve avvenir nelle altre ) mancavano le scintille; primo, se giravasi il manubrio troppo lentamente; secondo, se la corrente, che avrebbe dovuto scintillare^ pas- sava per un filo metallico troppo lungo e sottile; terzo, allor- quando essa era costretta a scorrere per un conduttore di seconda classe ( in questi tre casi era troppo indebolita ) • quarto, allorché la corrente affatto continua non potea scin- tillare, uscendo l'elettrico dal mercurio o in esso entrando, non per una punta o raggio, che staccandosi dal mercurio è occasion delle scintille, ma per una rotella piena, onde la 36 Saggio d'aitlicazione ec. comunicazione mai non era interrotta: in quest'ultimo caso può dirsi ne pure interrotta la corrente ( poiché sempre i fili si allontanano dalla calamita o ad essa avvicinansi ) ma solo un poco or aumentata, or diminuita ed ora rovesciata : ed è probabile che in queste sperienze, come in altre analoghe di JNIasson che addietro abbiamo accennate, qualche piccola, ma non del tutto minima intermittenza sia necessaria agli effetti fisiologici. Ora nel caso della torpedine, se la sua scarica sia troppo debole, mancano pure le scosse alle mani, quantunque ])0ssa aversi qualche sensazione all'estremità delle dita chela toccano, o almeno si scuota una rana preparata. Se le sue scariche potessero esser continue, è da credere, in seguito delle sperienze testé rammentate, che 1' effetto diminuirebbe, o anche cesserebbe; ma tali mai non sono, e non fa poco una torpedine^ secondo gli esperimenti di Colladoii, se dà tre scariche in un secondo, o se continuando a scaricare per mezzo minuto primo, ila in tal tempo 24 scosse, ovvero 5o in uii minuto, come ha osservato Walsch. Finalmente non dee credersi che la macchina magiiete- lettrica nieiihi affatto eli effetti fisiologici, allora che non veggonsi le scintille. In tal caso o passi la corrente primaria pel filo assai lungo e sottile del moltiplicatore, o la rotella indicata rende impossibile 1' aprirsi del circuito ed ogni ben- ché minima scintillazione, provansi delle scossette alla lingua, oltre alle sensazioni di sapore e di luce; e nel caso della rotella, benché sia necessariamente sospeso lo scintillare della corrente primaiia, può scintillare anche nell'acqua la cor- rente più lunga o secondaria. Dunque una macchina analoga, ma assai più forte, ossia eccitante piìi copiosa elettricità, avrebbe ancora, senza scintille, cagionato le scosse alle mani e alle braccia. Osservo una notabile analogia fra la torpedine e la macchina magnetelettrica armata di rotella invece di punte. Né quella né cjuesta può scintillare immediatamente, ossia in virtù della corrente primaria o piii breve: il circuito tutto chiuso noi consente: ma 1' una e 1' altra possono dare Del P. Gio. Battista Pianciani 3 7 scintille^ coir ajuto del mercurio, in un secondo conduttore più lungo. Cade qui in» acconcio osservare che nella nostra spiega- zione la corrente secondaria della torpedine, se così piaccia chiamarla, ossia quella che scorrendo pel corpo dell' uomo o d'altro animale Io scuote, è più forte e può credersi più copiosa di quella che va perduta sulla pelle dell'animale, come nella macchina magnetelettrica la corrente secondaria è più forte della primaria e più atta a scuotere. Per contra- rio nella spiegazione del Volta la scarica si farebbe appunto per la pelle, e quello che provasi da chi la tocca, non saria che un urto laterale. Credo che gli altri fisici non abbiano pensato diversamente. Uno degli ultimi, il sig. Becquerel, cosi scrive: " Questo effetto è dunque il risultamento d' un urto laterale, analogo a quello che s'ottiene nell' esperienze segnate. Se una boccia di Leide caricata pongasi sur uu panno bagnato e si scarichi in modo eh' esso faccia parte del circuito^ delle rane preparate poste su d' esso annun- ziano colle loro contrazioni che la corrente s'è distesa per tutto il panno. Dopo ciò diremo che la quantità d' elettri- cità, che sfugge alla scarica principale, non è che una debol porzione di quella che circola nell'organo della torpedi- ne (i). „ Confesso che trovo strano, che l'elettricità utile all'animale non sia che piccola parte di quella eh' esso mette in moto e caccia fuori; e più mi va a sangue una spiegazione che non fa la natura così poco economa. Mentre tutto ne invita ad ammirare e benedire la Provvidenza, che ha armato sì portentosamente questi animali, vorremo dire colla nota espressione di Plinio, non esser facile a definire, se natura sia stata ad essi parens melior an trìstior noverca? E così sembra che potrebbe dirsi, se li costringesse con dannosa pro- digalità a disperdere, ogni qual volta debbono adoperare la loro arme, una gran copia d'elettrico, benché la troppa perdita (1) Op. cit. T. IV. p. a65. ■. 38 Saggio d'applicazione ec. di questo li iiulebolisca, li renda inetti a difendersi e come pare, ne sconcerti le lunzioni digestive e ancora ne cagioni o ne acceleri la morte. Resta per ultimo a vedere se possano spiegarsi le scosse e le deviazioni dell'ago calamitato prodotte dalla torpedine toccata soltanto nella superiore o solo nell'infcrior superficie dell' organo, I tubetti com[)onenti il doppio organo non sono già eguali, ma vanno diminuendo in altezza andando dalle parti centrali all'eslerne; ond' è ch'eziandio per questo rispetto non disconviene ad esso organo questo nome j né tutti sono egualmente vicini a fascetti nervei che entrano nell' organo. Sebbene tutte 1' estremità de' tubetti comunichino colla pelle che cuopre il corpo del pesce, ad ogni modo non è indiffe- rente toccare questa o quella parte di esso , toccarne più o meno parti. Sono maggiori le commozioni, se tocchisi la parte inedia del corpo e specialmente la pelle che cuopre gli organi, che toccandosi altra parte: sono più forti, se il contatto è più ampio, come sempre accade ne' conduttori di seconda classe. Se la torpedine, sentendo premersi da due fili del moltiplicatore o da due dita d' un uomo in due punti simmetrici della re- gione del dorso, si sforzasse a lanciare per ciascheduno di que' due punti una scarica positiva, i due conati essendo eguali e contrarj, cioè tendenti a produrre due correnti in verso con- trario, nulla ne risulterebbe. Così se sieno irritati due punti simmetrici della regione inferiore. Ma qualoia i due punti, o superiori o inferiori, non sieno simmetrici, uno sarà più atto a scaricare dell'altro e quello la vincerà. Non so se possa aggiungersi che forse la torpedine, la quale sente la sua for- za (i), si astiene dal lanciare la scarica dalla parte, ove questa sarebbe più debole, e che tal parte restata inerte riceve l'elet- tricità ritornante, positiva o negativa, e la trasmette ove con- viene. Fra due porzioni di pelle, che vengano toccate, se una (i) No^'it torpedo vim suam, ipsa non torpens. Plm. Nat. Hiit. L. IX. - 67. Del P. Gio. Battista Pianciani 3g cuopre gli organi e 1' altra no, la prima sarà più atta a dare la scarica; fra due porzioni che non li cuopronOj la più atta sarà la più vicina ad essi o la vicina ai tubetti più efficaci: fra due die li coprono quella che sovrasta a tai tubi. Se tocchisi la torpedine sol con un dito, si sente qualche scossetta. Può dirsi per avventura che due porzioncelle del dito premente equivalgono a due corpi prementi, che la sca- rica può farsi contra una porzioncella soltanto e a motivo degli imperfetti ed eterogenei conduttori che incontra, non diffondersi immediatamente per tutta la pelle toccante del dito umano, ma seguire per un poco la via de' nervi e forse anche eccitare 1' estracorrente (i). Allorquando, e questo è il caso ordinarlo, l'uomo o l'ani- male che riceve la commozione, non è isolato, ne isolata è la torpedine, comunicando coli' acqua del mare o almeno per mezzo di buoni conduttori col suolo umido, può la cosa andare ancora così. Tocco esempigrazia colla mano il dorso del pesce: • (i) Sono stati pubblicati di recente i risultamenti dell'esperienze fatte dal Sig. Matteucci su ii6 torpedini. Eccone alcuni. Secondo lui non si ha la scarica dalla torpedine, se non è ad un tempo toccata in due punti diiFerenti: una rana isolata che la tocchi con un sol filetto nerveo, non è scossa. Tutti i punti del dorso sono positivi rispetto a tutti i punti del ventre; ma e sul dorso e sul ventre alcuni punti sono positivi rispetto ad altri. La corrente della torpedine ha forza proporzionalmente all' estensione delle pia- stre metalliche toccanti le due facce dell' organo. Possono togliersi la pelle , i muscoli, 1 legamenti e parte considerabile dell' or- gano, senza che la scarica cessi: cessa, se la sostanza dell' organo è coagulata dagli acidi o dal calore. La legatura de' nervi distrugge la scarica. Tolto il quarto lobo del cervello, sparisce ogni fenomeno elettrico. Se si tocca o ferisce questo lobo, si hanno scariche anche dalla torpedine morta, o almeno morta quanto all'azione elet- trica. Allorché il lobo è divenuto affatto inerte, la corrente d' una piccola pila, che vada dal cervello all'organo, o ancora da' nervi all'organo separato dall'animale, può fare che esso organo dia qualche scossa, purché 1' animale sia morto da pochis- simo tempo, e i nervi non sieno legati. — V. Comptes rendus de l'Acad. des sci. Seance du lundl 2. Octob. 1887. V. pure 9 Octob. — S' io mal non avviso, questi ri- sultamenti confermano varie delle cose dette di sopra. 4o Saggio d'applicazione ec. la scarica positiva seguita probabilmente dalla corrente indotta, si fa sentire alla mano e forse al braccio, indi scorre tacita e si perde nel suolo: frattanto la superficie inferiore dell'or- gano può ricevere 1' elettricità dal mare o dalla terra. Cosi s' intende come possa aversi la scossa, toccando la torpedine non immediatamente, ma per mezzo d'un buon conduttore^ e. g. d'una verga metallica. In questa cli'è omogenea e ot- timamente conduce, non possiamo suppoi're che avvenga ciò che testò dicevamo accadere per avventura nel dito umano o in altro membro d'un animale: ma se in una parte soltanto di essa verga entrasse 1' elettrico, e non potesse questo, per l'isolamento dell'uomo che sostiene il metallo, tornare all'al- tra superficie del pesce, ritornerebbe immediatamente all'ani- male dal metallo. Difatto il Sig. Gay-Lussac osservò, che una persona isolata prova la scossa, toccando la torpedine imme- diatamente col dito, ma non più, se la tocchi c(d mezzo di un corpo metallico: esperienza, che a prima vista ha l'aspetto di strc^vagante paradosso. Ciò che abbiamo detto delle torpedini, può applicarsi ai pesci elettrici di genere diverso, come il ginnoto e il siluro: senonchè in questo l'organo elettrico, a guisa d'un mantello copre la maggior parte del corpo, e però non sembra che mai chi da essi è scosso , tocchi le due superficie opposte dell' organo, ma sempre una stessa, probabilmente la positiva, ossia f|uelia che dà 1' elettricità positiva. Per compimento di questo lavoro, qnal egli sia, piacemi osservare come la straordinaria proprietà di questi pesci, della quale si è finora discorso, non solo al fisico somministra ampia messe di curiosi cimenti e di teoietiche speculazioni, tua ancora al filosofo un argomento di più della possente Sa[jienza della Provvidenza amorosa che regge il creato, anzi uno de' più sen- sibili e ponderosi argomenti fra gli innumerabili che ne offre la storia naturale. Sopratnmodo vaiie sono le industrie e le armi che gli animali, addottrinati dal Creatore, adoperano a difesa, e ancora ad assalto ijuei, che col mezzo della caccia debbono Del P. Gio. Battista Pianciani 4' provvedersi di cibo: ma, comechè tutte ad essi convenienti , non tutte a noi sono del pari ammirabili. Cicerone difendendo la Provvidenza dice per bocca di Balbo. Cornìbus tauri, apri dentibus, niorsu leones_, aliae fuga se, aliae occultatione tutan- tur ; atramenti effusione sepiae, torpore torpedines (i). Quale fra questi mezzi ci sembra preparato con maggior finezza e magistero d'arte? Bencbè l'uomo fosse impotente a sommi- nistrare a' bruti alcuno di questi mezzi, poteva per avventura immaginare tutti gli altri : ma chi avrebbe pensato ad armar certi pesci con un apparato tanto mirabile, che forse a cer- care fra tutta l' innumerevol turba degli animali altro non se ne troverà .si inaspettato e stupendo; e che gli scienziati, dopo tante indagini, non sono tuttora giunti a pienamente comprendere? Però saviamente il Segnerij accennate varie ma- niere che diconsi adoperare i bruti ad assaltare e a difendersi, riserba per ultima, quasi più maravigliosa, quella di che gio- vasi la torpedine , animale altronde disarmato e lentissimo. "• E la torpedine con un miracolo più insneto, sa fin rendere " stupido chi la tocca e privarlo di moto, non che d'audacia.j, Più recentemente il Sig. Guglielmo Kirbi osservava assai giustamente come " fra le diverse facoltà, forze ed organi dit- " ferenti, di cui la siqirema Sapienza forni i membri del regno " animale a difendersi da' nemici, o a procacciarsi il conve- " niente cibo, non ve ne sono più notevoli di quelli, co' quali " essi possono dare una scossa elettrica, e fermare nel corso " gli altri animali o sieno assalitori o fuggiaschi. Che Dio abbia " armato certi pesci , a cosi dire, col fulmine delle nuvole , " e gli abbia resi abili a mettere in opera così potente e ir- " resistibile elemento ( alla guisa che noi facciamo colla pol- " vere da schioppo) per isbigottire, colpire, stupefare ed " uccidere gli abitatori dell'acque, è una di quelle maiavi- " glie del braccio onnipotente, di cui niun animale terrestre (I) De Nat. Deor. L. II. C. L. Tomo XXir. i|2 Saggio d'aiti.icazioxe ec. " può daicl esempio {f)-,. Non sembra per altro assai giusta quella specie di limitazione che aggiunge all'ultima proposi- zione. ,, Benché sia noto che alcuni quadrupedi, come il gattOj '■' accumulino il fluido elettrico sulla pelle j talché danno in " certi tempi una scossetta alla mano che gli accarezza, noti " è abbastanza cliiarito che lo possano adoperare per far " preda. ,, Nulla ha di comune la proprietà di questi qua- drupedi con quella de' pesci. Non solo il gatto si serve di tutt' altre armi per difendersi o per oflendere , ma né sente la sua qualunque siasi forza elettrica, né dà segni elettrici, se prima non sia un poco stropicciato, né ha un organo de- stinato a condensare l'elettricità, né questa esce dalla sua pelle, se i tempi vanno o umidi o troppo caldi; e allorché copiose e forti se ne traggono le scintille ( come Patrin ha osservato in Siberia) sono più ad esso nojose e moleste che non a chi le riceve. Il gatto non è sempre armato per dare la scossa, ma solo la sua pelle pelosa , vivo o morto che sia l'animale, è atta, come un disco di vetro, o un altro solido isolante, ad elettrizzarsi per istropicciamento , allorché l'aria è secca. I pesci elettrici per contrario vanno sempre armati come i cacciatori, e caricano e scaricano in un attimo e con un solo atto. È verissima e senza eccezione l'osservazione che alcun animale il quale viva circondato dall' aria e non dall' acqua , non è fornito dell' organo e della virtù elettrica di questi pesci. E ciò sapientissimamente: invero non avrebbono quelli potuto che troppo diflicilmente spinger l'elettrico con- tro de' loro avversar] a traverso 1' aria coibente , né troppo agevolmente scuotere, toccandoli, gli animali asciutti com'essi. E né pur questo è tutto: le piume di che son coperti gli uc- celli, e il pelo che suol vestire i (juadrupedi , isolanti come sono , non renderebbero un tal organo pressoché inutile ? (i) Bnilgewater. Treatiscs oa the liistory, habits, anJ instinrts of animalo. V. gli estratti di quest' opera negli Annali delle Scienze Religiose N." 7, p. 5 e seg N.° 1 1. p- 224 e seg. Del P. Gio. Battista Pianciani 4^ Perocché questo sembra talvolta dar fuora l'elettrico abbastanza co[)ioso, ma sempre poco intenso e poco atto a vincere gli ostacoli, a guisa d' una pila animata e viva, clie or niega la scarica, ora la dà più o men forte a seconda del bisogno. Si rammenti ancora che i pesci elettrici, per quanto sappiamo, son tutti privi di squannne, e però non solo bisognosi d'alcuna particolare difesa, ma eziandio più atti ad emettere assai co- pioso l'elettrico per ispaventare o stordire o altri esseri nudi com' essi, od anche coperti di squame: dacché ancora contra questi esei'citano la loro virtù^ almeno ove sieno di piccolo o di mediocre volume. Si appose il Reaumur : la torpedine eh' è da troppo meno di qualche altro pesce elettrico , può uccidere un' anitra. Pose egli in un vaso pieno d' acqua di mare una torpedine e un' anitra^, coprendo il vaso d' un pan- nolino, perchè questa non si fuggisse ; dopo alcune ore l'ani- tra era morta, secondochè egli giudicò, pe' frequenti tocca- menti del pesce. Comunque siasi, la mancanza di squamme dee rendere più facili le scariche. Abbiamo testé udito dal Kirbi e più addietro dal Becque- rel, che l'arme di questi animali è non meno offensiva che difensiva. Ad alcuni moderni, come ad Humboldt e a Gio: Davy, non è riuscito osservare eh' essi offendano anche in di- stanza altri animali , ciò che dicono i pescatori e gli antichi zoologi. Ma non è da dispregiare la testimonianza di questi e singolarmente d'Aristotile (i), il quale cita quella de' testi- moni oculari, e la conforta con una buona ragione. Il mug- gine, esso dice, pesce assai veloce si trova spesso nel ventre della torpedine pesce lentissimo, che potrebbe ingojarlo , se prima non lo istupisse. Io non so, se i muggini o cefali sieno i velocissimi fra tutti i pesci, come dice Plinio, ove ripete quel detto di Aristotile (a), so che sono agili e snelli, e il timore gli slancia eziandio fuori dell' acqua. Né mancano (1) Hist. Aiiim. L. IX. C. 36. (2) Hist. Nat. L: IX. 67. -'.' 44 Saggio d'applicazione ec. testimonianze di moderni clie attestino i pesci elettrici ora ucci- dere, ora istupidire ed incantare gli altri pesci. Walscli osservò ciò nella torpedine. ^V iiliain a Filadelfia e Faklberg a Stocolni videro i ginnoti uccidere da lungi i pesciolini che si ponevano nella vasca ov' essi erano. Sembra clie la materia mucosa di cui abbiamo fatta men- zione, contribuisca a' fenomeni elettrici. Cosi pensa Gio. Davy, il quale ha osservato che il sistema mucoso nella torpedine consiste in molti afrirre^ati e catene di irlandule distribuite eoe o in is[)ecie intorno all'organo elettrico. Ora questa materia non sappiamo che manchi ad alcun pesce elettrico. jMirabile è poi come, mentre i più grandi temuti animali nascono inermi e a poco a poco vanno acquistando i denti e le corna, i nostri nascano tutti armati e col sentimento della propria forza. 11 Prof. Linari osservò le piccole torpedini tratte dal seno della madre fare le loro piccole scariche che cagio- navano deviazioni non piccole nell' ago magnetico. Notabile è in particolare che mentre il pesce sente la forza che gli dà il suo organo e l'impulso a farne uso, esso organo sia insensibile, benché cosi ricco di nervi. Lascio ad altri il rintracciarne la cagion fisica. Più manifesta è la cagion finale: dacché se 1' animale soffrisse la commozione ogni qual volta la dà, mal sarebbe a' suoi bisogni provveduto, e solo ne' casi estremi esso ricorrerebbe ad arme sì incomoda. Si osservi in fine che se 1' organo di questi pesci scuo- tesse soltanto chi tocca ad un tempo le due superficie oppo- ste, come la pila, e la boccia di Leida, poca utilità quelli ne trarrebbero: laddove molta ne traggono dal potere e far sentire le commozioni a chi solo in una parte li tocca, ed anche lan- ciarla per mezzo de' corpi conduttori. Giudicherebbesi folle chi credesse fabbricarsi dal caso, senza opera dell' intelligenza, gli elettromotori e le macchine elettriche. Quanto più folle sarebbe chi ricusasse vedere l'in- telligenza in un apparato più portentoso e, quel che è più, destinato evidentemente ad un utile fine ! L' uomo dopo tanti Del P. Geo. Battista Pianciani 4^ stuJj è arrivato, non dico a render giovevole alla propria dit- fesa o alla caccia , ina soltanto a costruire un apparato così piccolo e leggiero, che toccato solo in una parte dia per sì lungo tempo un numero indefinito di scariche, senza ajuto alcuno esterrore ? Or non basterebbe essa sola la proprietà straordinaria di questi pesci, con sì ammirabile avvedimento difesi ed armati, a farci conoscenti del sovrano potere, dell'intelletto sapien- tissimo, e della provvida bontà dell'Artefice supremo, che avendo cura di tutto l' universo, potè, seppe, e volle così ap- proposito provvedere a questi negletti animali ? Ognun d'essi non grida del pari delle più illustri e magnifiche opere della creazione. Fecemi la divina Potestate, La somma Sapienza e'I primo Amore? (i) i.J (I) Dante. Inf. C. III. 46 ArrENDICE ALLA MEMORL\ DEL PADRE ^LV^'CLVXI Iliccviita adì 7 Giugno 1838. Debbo alia verità il riconoscere cbe il Sig. Prof. A. Mas- son ha ancor egli pensato che l'organo de' pesci elettrici possa servire ad aumentare per mezzo dell'induzione una debole elettricità. Io aveva citato di questo fisico ciò che conosceva, per mezzo àeW Edio du mond savant e de' Comptcs rendus^ e non aveva ancora veduta la sua memoria De V indnctioii d'un courant sur luì-meme nel fascicolo di Settembre 1837 degli Ann. de Ch. et de Phys. Tardi è giunto in Roma, e solo in questo giorno ricevo il Dicembre , ove sono le figure relative a detta memoria, e dove si trova ancora riportata in- teramente l'importante memoria del Sig. Matteucci intorno alia torpedine, inserita ancora nella Bibl. Unìvers. ( Dee. 1837). Ciii s'occupa in questi studj, sa quanto sia malagevole esser ben inlormato di tutto, e perù non resterà sorpreso che il sig. Masson ignorasse clie la sua spiegazione dell'aumento di tensione all'aprirsi d'un lungo filo (^XLV), fosse stata data dal Nobili in una breve Memoria inserita nell'Antologia l'anno jBSì (e ristampata tra le sue ]\Iemorie l'anno io34 T. I. p. aSa ) , o che abbia scritto ( 5 LXX ) ninno fin qui aver cer- cato la cagione delle commozioni prodotte dagli apparati ma- gnetelettrici e della loro relazione colla scintilla, mentre e il Nobili aveva ciò tentato ( Mem. T. II p. 09 ) ed altri dopo lui ( Giorn. Arcad. Die i836). Ecco quanto il Sig. Masson dice a proposito de' pesci elettrici. ,, LXVII. Avendo letto parecchie descrizioni degli effetti elettrici prodotti dalla torpedine o dal ginnoto, ho posto mente all'analogia, che si trova fra questi e le commozioni ottenute nelle precedenti esperienze ( colla pila e lunghi fili condut- tori ). Di fatto si osserva che certe circostanze , le quali ac- Saggio d'applicazione ec. 4? crescono qui l'energia della scossa, come la grandezza della superficie^ hanno pure grande influenza sulla sensazione che provasi, toccando i pesci elettrici ( non so quanto questa ana- logia sia importante, dacché mi pare che l'ampiezza della superficie in contatto giovi ogni volta che la tensione non è assai forte). È possibile che 1' apparato elettrico di questi ani- mali operi per induzione, per aumentare la quantità debolis- sima d' elettricità prodotta in una certa parte del loro corpo, sotto r influenza della volontà, e le sperienze che ho descritto, potrebbero dare qualche lume sulle proprietà elettriche di questi animali. ,, " LXVIII. Io lascio a' fisici, che hanno osservato i gin- noti, la cura di comparare le loro osservazioni con ciò, ch'io ad essi sottometto. „ Io, senza conoscere quest' invito, ho osato accettarlo, ben- ché non abbia mai osservato i ginnoti e non assai le torpe- dini. Lascio a' fisici il giudicare se, almeno in parte, mi sia apposto. Roma, 3i Maggio i838. 48 SOPRA ALCUNI FENOMENI METEOROLOGICI CHE HANNO RAPPORTO COLLO SVILUPPO DI ELETTRICITÀ. E DEL CALORICO NATIVO DEI CORPI MEMORIA DEL DOTTOR AMBROGIO FUSINIERI Ricevuta adi 12 Dicembre 183^. 1 lon occorre rammentare quanto siano ingombrate da oscurità le cause della massima parte dei fenomeni meteorologici. Due ne sono le ragioni; la mancanza di bastante progresso dei principj della Fisica, e il difetto di osservazioni. Ma è piìi la seconda che la prima. Se anclie i principi della Fisica non sono ancora abbastanza avvanzati per complete spiegazioni di que' fenomeni, quando vi sono osservazioni esatte, si trovano sempre nei principj conosciuti almeno dei barlumi circa le cause. Il ditetto delle osservazioni porta a delle applicazioni precipitate accompagnate dall' errore. Di ciò ne ho mostrato uti sac<;2;io co' miei scritti sulla ru2;iada. Con osservazioni eh' erano state ommesse ho dimostrato eironeo un sistema sedu- cente eli' era stato anche coronato. Fra i bailumi fin' ora ottenuti colie osservazioni vi è quello che le forze elettriche hanno una influenza generale nella produzione delle meteore, anche parlando delle più co- muni. Ma come si sviluppino tali forze elettriche, quali mo- dificazioni subiscano da quelle che si conoscono nei gabinetti di Fisica, e come concorrano a generare questo o quel feno- meno, tuttocciò è ancora oscurissimo. Basti 1' esempio della grandine. Ogn' uno comprende in confuso che vi concorrono principalmente le forze elettriche. Ma il come ò ancora un problema da risolversi ad onta di un premio lusinghiero che un' Accademia ha proposto, il (juale credo che resterà ancora Del Dott. Ambrogio Fusignieri 49 lungamente in sospeso, se non è per qualche favore che venga conferito. Fra le cose meteorologiche di cui altra volta ho parlato (Annali delle Scienze i83i. p. 3i. i9a),ve ne sono alcune, allora toccate soltanto in succinto, che si connettono e coi progressi recenti delle teorie elettriche, e coi miei principi di meccanica molecolare. Tale connessione le rende vieppiìi importanti; e vengo ora a darne maggiore sviluppo con det- taglio di osservazioni che dopo quell' epoca ho anche ripetute ed estese. s. I. Dei vapori gelati. Neil' inverno del 1826 per meglio esperimentare la eva- porazione della neve a molti gradi sotto il gelo, che mi era dimostrata continua di giorno e di notte da molti esperimenti fatti segnatamente con campane di vetro, ho esposte in aperta campagna, essendo il terreno coperto di neve, delle bilancette a tre o quattro pollici della superficie, le quali contenevano neve contrabilanciata da pesi. Dopo qualche ora prepondera- va il peso, ma alle volte preponderava invece la neve sfe l'aria non era nitida. Di notte poi la preponderazione della neve era costante. Tuttocciò mi ha mostrato che la formazione di vapore gelato dimostrata costante di giorno e di notte da altri esperitnenti, era accompagnata da precipitazione di altro va- pore gelato precedentemente asceso; sicché l'ascensione eia precipitazione erano contemporanee e continue; e le bilan- cette mostravano quale dei due effetti fosse il prevalente. Le propaggini lamellari, che per le notturne precipitazioni an- dava acquistando la neve alla superficie, attestavano pur esse quella contemporaneità di ascesa e discesa di vapori gelati ; senza che ciò impedisse a lungo la diminuzione generale della neve per l'abbondante sua evaporazione diurna, per lo più superiore alla precipitazione. Tomo XXII. G 5() Sopra alcuni fenO:\ieni ec. Dico eli' erano vapori gelati, benché qualche fisico non voglia riconoscerne l'esistenza perchè non vi si adattano bene le teorie formate nei gabinetti circa la costituzione dei va- \)0v\, la loro elasticità, ed il caloiico latente. Erano certa- mente gelati perchè si trovavano in brevissimo tempo sollevati ed attaccati corpi, per esempio entro e inori di una campana di vetro a temperature di più gradi sotto il gelo, come a — Z^"; — 5"; — 7"', — io"; e nel Gennajo delT inverno io3o ho espe- rimentato, che si erano sollevati dalla neve ed attaccati ai corpi in una notte in cni il massimo di temperatura alla di- stanza di alcuni pollici dalla neve era giunta a — 16°, 5. Ninno certamente crederà di buona fede che a così basse temperature 1' acqua gelata per convertiisi in vapore debba passare per lo stato liquido, onde poi gelarsi di nuovo nell'at- taccarsi ai corpi. S- n. Di un I alore Jòndenle e vulalilizzanU- dir. si xvihipjia in contatto df/r acqua gelata coi corpi in genere e jnincipalmente coi nivlalli , e piit secondo eh' e nitnutiimenle divisa. 1. In occasione di usare quelle bilancette ho osservato che la neve cominciava a sgelarsi a temperatura inferiore allo zero. Ciò avveniva precisamente in contatto della neve colla lance eh' era di ottone, e progressivamente si conformava in un corpo semitrasparente pel suo parziale disgelo che avveniva per azione del metallo. Per fare esperimenti di confronto io ponea in seguito della neve in un vetro da orologio che collocava sopra una lance della bilancia e nell'altra nuda di metallo poneva altra neve che facesse equilibrio. La bilancetta era sempre sospesa colle sue lance a pochi pollici di distanza dalia superficie della neve che copriva il terreno. Non parlerò degli sbilanci che avve- nivano ora da una parte, ora dallaltra per causa di ineguali evaporazioni e precipitazioni dei vapori. Quello che ora im- porta è che nella capsula di metallo la neve cominciava a Del Dott. Ambrogio Fusignieri 5r fondersi di sotto in contatto a — a" circa, ed a — i" si riducea dopo qualche tempo liquida. Al contrario nella capsula di vetro sussisteva a lungo gelata anche fino a -l- i° 5. Tali differenze erano cosi marcate e costanti nei molti esperimenti eseguiti , che mi mostrarono evidentemente un' azione del metallo a fondere la neve a temperatura inferiore allo zero, mentre il vetro sembrava avere per quel confronto la virtù opposta di mantenere la neve gelata al di sopra di quel termine. Feci quindi questi altri esperimenti. a. La temperatura della neve esplorata con un termome- tro essendo a più gradi sotto lo zero, per esempio a— 3°, io vi ponea a raffreddarsi egualmente un piccolo mortajo di vetro col suo pistillo, e un piccolo cucchiajo o di argento o di ferro forniti di manico di legno per poterli maneggiare senza comu- nicar loro il calore della mano. Indi prendendo della neve e collocandola nel mortajo la polverizzava assai fina. Cosi ridotta la sparpagliava leggermente ossia a piccole dosi e a molecole disgiunte sopra dischi di varj metalli del diametro di 9 cen- timetri, sopra altri dischi eguali di vetro, di resina, di agata, e di legno. , Le temperature dell'aria segnate da un termometro presso ai dischi erano nei varj esperimenti 0°; — 1°; — '"5 5; — 2"; — a", 5. Prima di spargere la neve sopra i dischi io li lasciava esposti il tempo necessario onde acquistassero la temperatura dell' alia. La neve eh' io vi spargeva era sempre di qualche grado più fredda, per esempio come dissi a — 3°. Ecco i risultati di un gran numero di esperimenti fatti a quelle temperature nell'inverno del loaó, e ripetuti con maggior distinzione anche negli inverni i83i j832. '■ ■• Sopra i dischi di zinco, di ferro, e di rame a tutte quelle temperature le minime molecole di neve si fondevano all'istante in goccioline. Pareva precisamente che toccassero metalli ri- scaldati al fuoco. Le molecole maggiori si fondevano più tardi per esempio 01 Sopra alcuni fenomeni ec. in due o tre minuti secondi; e sempre più tardi secondo eli' eran maggiori, e secondo clie la temperatura era più bassa entro i suddetti limiti. Alla temperatura di o"; tutte le goccioline restavano li- quide. Alle temperature di — i"; — i°,5; — 2°; — a*',5 le più piccole che si eran lùse restavano pure liquide; ma altre alquanto maggiori si congelavano di nuovo. La nuova conge- lazione però non era totale. Siccome aveano la forma lenti- colare restavano fuse al di sotto in contatto col metallo, e di sopra eran gelate di nuovo; per lo che quelle lenticole erano anche facilmente mobili sullo stesso metallo, mercè uno straticello di liquido frapposto. Sugli altri dischi di vetro, resina, agata, e legno, simili molecole di neve a quelle temperature non si fondevano. Il potere fondente si sviluppa dunque dai metalli per le cause di cui dirò qui sotto dietro ad altri esperimenti. Ho osservato il seguente ordine circa i gradi di quel potere fondente, secondo la diversa natura dei metalli. Sui dischi di zinco, di ferro, o di rame, la fusione era la più pronta. Sopra dischi di stagno e di piombo era alquanto più tarda. Sopra un disco di aigento il ritardo era ancora maggiore. Anche adoperando della brina, invece che neve polve- rizzata come sopra, ottenni consimili effetti. Io aveva disposti sopra una tavoletta di pino quattro dischi, uno di argento, altro di rame, altro di zinco, ed uno di vetro, e li avea la- sciati raffreddare come 1' aria di cui la temperatura era 0°. Presi dei ramoscelli carichi di brina che ancora non si sgelava, la facea cadere raschiando sopra (|ue' dischi. AIT istante le molecole di brina in contatto coi metalli si sgelavano. Sul vetro subito non si sgelavano punto, e soltanto in seguito avveniva uno sgelamento parziale, tardo, e graduato. Lo stesso presso a poco avveniva delle molecole di quella brina che cadevano invece che sui metalli o sul vetro, sulla tavoletta di pino; cioè non si sgelavano punto ne all'istante né in Del Dott. Ambrogio Fusignieri 53 breve tempo, ma soltanto in seguito lentamente e parzialmente, sempre dove toccavano il legno. 3. Importanti per le conseguenze circa le cause sono le seguenti ulteriori osservazioni. Le lenticole gelate procedenti da disgelo dei briccioli di neve in contatto dei metalli con successiva congelazione dopo alcun tempo, per esempio di una mezz' ora, non si trovavano pili ed erano tutte svanite per evaporazione; quantunque la temperatura si fosse mantenuta sempre sotto il gelo, né fosse quindi accaduta nuova liquidazione; e ciò per la ragione che si formano come sopra ( §. I ), vapori gelati. Mi è accaduto di vedere che da quelle gocciole gelate ed evaporate i dischi di rame, zinco e ferro aveano contratte evidenti macchie di ossido. Il disco di zinco avea varie mac- chiette di ossido bianco ; quello di rame avea contratte alcune macchie bruno rossigne, e quello di ferro delle macchie brune. Tutte erano conformate in guisa che mostravano le tracce, delle azioni chimiche delle gocciole evaporate ; cioè formavano le loro basi. Se quei metalli fossero stati bagnati estesamente d'acqua invece che da minime molecole, e se l'acqua fosse stata len- tamente evaporata per dolce calore, non avrebbe lasciata cer- tamente una traccia cosi marcata di ossidazione. D' onde ne segue che V azione chimica di minime parti è in relazione più energica; il che combina colla energia che il Sig. De la Rive attribuisce ai gas ed ai vapori di sviluppare elettricità colle loro azioni chimiche sui metalli nelle sue recenti Recherches sur la cause de la electricìtè Voltaìque. Genève i836. pag. 73. Altre mie osservazioni mi hanno dimostrato che se i me- talli avevano contratto un velame comunque leggerissimo di ossido per lunga esposizione all' aria , non avveniva in quei metalli la fusione dei briccioli di neve alle suindicate tempe- rature, ma soltanto alla temperatura di o° ed anche imper- fettamente ; cioè il disgelo era soltanto parziale. Però se le molecole erano estremamente piccole non 54 SoriiA ALCUNI Fenomeni ec. mancavano di sgelarsi a — i^jS; o — 2° quantunque vi fosse il velame leggeio iV ossido. In tali casi di mancato disgelo i briccioli di neve con- traevano una lotte adesione alla superficie, talché non si di- staccavano neppure percuotendo i dischi sopra un corpo duro; e questo ora ciretto di parziale disgelo al contatto susseguito da congelazione, come di sopra si è veduto succedere. Togliendo al contrario dai metalli il leggeio stato d'ossido comunque invisibile , e rinnovando la superficie , tosto dive- nivano atti a fondere prontamente anche a — 2°, 5 quei bric- cioli di neve che prima sussist(;vaiio gelati completamente anche a 0°. 4. Da tutto questo è ben chiaro fin d' ora che lo sviluppo di calore fondente dei metalli sulla neve a temperature infe- riori allo zero era acconqiagnato da chimica azione delle mi- nime parti di questa sopra quelli. E siccome la fusione avveniva più pronta e a tempera- ture più basse secondo eh' eran minori le molecole, ne lo stesso velame d'ossido la impediva riguardo alle molecole estremamente piccole ; ne segue che la loro azione chimica t'ìa pili energica a misuia eh' eian minori. La maggiore azione secondo la tenuità della materia mi ha indicato inoltre lo sviluppo di quella forza o calorico na- tivo di cui trattano i miei principi di meccanica molecolare, e come dirò in seguito. Si vedrà qui sotto come dalla stessa azione delle suddette molecole sui metalli si sviluppasse anche la elettricità. Ma prima è da vedeisi cosa avvenisse, e quando io spar- |)agliava le molecole di neve a temperature inferiori alle suin- dicate sui dischi metallici e non metallici: e (juando usava masse maggiori a temperature superioii. 5. Colie regole suindicate ( n.° 2) di raffreddare nella neve gli strumenti che adoprava a polverizzarla ed a spargerla diradata sui dischi, e di lasciar questi raffreddarsi come l'aria in apei ta ciuipagna, ho fatti i seguenti esperimenti. Del Dott. Ambrogio Fusignieri 55 Alle temperature di '—3°; — 4°^ — 5°' 'O esponeva dischi di zinco, di ferroj di rame, di resina, di legno, di agata, e di vetro, e vi spandeva sopra briccioli di neve. A quelle tem- perature non si fondevano neppure sui metalli. Invece entro un certo tempo sparivano senza passare per lo stato liquido, in virtù di quelle temperature, convertendosi come sopra ( § I ) in vapori gelati. Ho costantemente osservato che dai metalli la evapora- zione delle molecole gelate era molto piìi sollecita che dagli altri corpi; il che era analogo alla fusione sui metalli e non sugli altri corpi a temperature un poco più elevate {n° 2). L' ordine più volte osservato delle più sollecite evapora- zioni di quelle molecole secondo la natura dei corpi sui quali giacevano fu il seguente. Dal zinco, dal ferro, dal rame, e dall'argento, le evapo- razioni avvenivano a parità di circostanze più presto che dalla resina, da questa più presto che dal legno, e da questo più presto che dall' agata e dal vetro. Come era avvenuto della fusione a più alte temperature, cosi anche la evaporazione delle più piccole molecole gelate era la più pronta. Mi son dato ad osservare più volte colluso della lente in qual modo avvenisse la diminuzione progressiva dei volumi; cioè se le particelle cristalline si rotondassero. Io facea tali osservazioni con visite alla sfuggita di quando in quando, per non influire col calore della persona. Non ho mai veduta molecola alcuna che nella progressiva diminuzione del suo volume si rotondasse. Conservavano invece tutte le loro forme cristalline cogli angoli e spigoli. Il che mi. ha di- mostrato nel modo il più immediato che 1' acqua gelata par- tiva e si dissipava nell' aria senza disgelo alcuno, ed a strati o laminette superficiali; d'onde i vapori gelati indi nascenti Joveano essere costituiti essi pure da molecole cristalline, le quali probabilmente si saranno ulteriormente suddivise in altri cristalletti minori dopo essersi volatilizzate. 6. Quantunque a dette temperature da — 3°, a — 5°, non 56 Sopra alcuni Fenomeni ec. si fondessero le molecole di neve sui metalli, pure divenivano aderenti alle loro superficie in modo simile a quello che ho di sopra notato ( n.° 3 ); senza però che tali adesioni toglies- sero la prontezza della evaporazione. Dipendevano quelle ade- sioni da un principio di fusione al contatto, susseguito da congelazione come ho detto al luogo citato. 7. Da questi secondi esperimenti a dette temperature ( n.° 5 ) nelle quali le molecole gelate non si fondevano sui metalli risulta, che si sviluppava al contatto un calore vola- tilizzante le stesse molecole invece che fondente; e più al contatto dei metalli^ che degli altri corpi, e coli' ordine di cui sopra secondo la diversa loro natura. 8. L'azione fondente o volatilizzante dei corpi in genere sulla neve, ma principalmente dei metalli con certa grada- zione anche fra di loro dichiarata dagli esposti esperimenti molecolari, rende ragione dei seguenti effetti^ e viene da que- sti confermata. Ho detto di sopra ( n." i ) che la neve in una capsula di ottone cominciava a sgelarsi al contatto col metallo a— a", che a — 1° si sgelava interamente, e che al contrario in una capsula di vetro si manteneva gelata anche a -)- 1" ^. Però di sotto dove la neve era in contatto immediato col vetro io trovava alla temperatura 0° un principio di disgelo, il quale non progrediva, o assai lentamente. La neve acquistava fra le sue parti una certa coerenza per cui si potea levarla in corpo dalla capsula di vetro, ed era allora eh' io vedea la sua superficie inferiore, stata in contatto col vetro, bagnata da uno strato liquido sottilissimo. Dunque anche in contatto col vetro alla temperatura 0" vi era un principio di fusione che non si manifestava punto superiormente. Ho voluto vedere a temperatura superiore al gelo la differenza dell'azione fondente dei metalli sopra quella de- gli altri corpi usando masse notabili di neve invece di mo- lecole. Del Dott. Ambrogio Fusinieri 57 Sopra una tavoletta di legno ho disposti tre dischi uno di zinco, altro di rame, ed uno di vetro; e li ho lasciati prendere la temperatura dell' aria che alle due ore pomeri- diane era giunta a -i-2..° Sopra ciascuno ed anche sopra la tavoletta ho collocata e distesa una certa quantità della neve che copriva' il terreno, col mezzo di una spatola di legno , lasciata pure dapprima esposta alla temperatura delT aria. Appena che la neve toccava i metalli le parti minori si fon- devano all' istante, ed il rimanente sì adagiava tenacemente alle superficie formando al contatto un corpo molle e trasparente colla neve di sopra ; corpo molle e trasparente che a quella tem- peratura si osservava essersi formato col tempo sotto la neve in contatto di tutti i corpi in genere. Al contrario sul disco di ve- tro e sulla tavoletta la fusione era molto minore che sui metalli. In sonmia al contatto di questi si operava all' istante quella trasformazione della neve in corpo molle e trasparente per fusione parziale, che in contatto degli altri corpi avveniva soltanto in lungo tempo. Ho anche osservato che la neve formatasi in corpo sui metalli vi aderiva tenacemente , sicché a fatica si potea mo- vere sulle loro superficie pulite ; mentre sul vetro e sul legno era molto più mohile e molto meno formata in corpo; ma sempre in contatto col legno e col vetro si fondeva molto più che al di sopra. Quindi ho compreso che anche a temperature superiori allo zero 1' azione fondente della neve vi era principalmente al contatto dei metalli, come molto più attivi degli altri a produrre 1' effetto. 9. Cade sotto la osservazione di chiunque si trova in campagna in tempo di neve che questa sparisce attorno i eorpi molto prima di quella che copre il nudo terreno, e che la sua scomparsa è progressiva per ampj spazj, i quali si vanno dilatando attorno i corpi , e ciò avviene anche a temperature di molti gradi sotto il gelo. Tomo XXir. ■ H 58 Sopra alcuni fenomeni ce. Ora in virtù delle premesse numeri 4, 7 si comprende clie queir effetto ha origine anclie dal calore fondente e vo- latilizzante elle si sviluppa al contatto, calore cli'è bensì più forte al contatto dei metalli, ma clie non manca mai qualun- que sia il corpo. La progressiva scomparsa della neve attorno 1 corpi di- pende anche da un'altra causa; cioè dall'azione dei raggi solari sopra gli stessi corpi i quali comunicano il calore con- cepito all'aria contigua: mentre la neve riflettendo tutti i raggi non concepisce egual calore. Ma al principio del disgelo vi concorre certamente anche il suddetto calore che si svi- luppa in virtù del contatto; calore di cui sarà qui sotto de- terminata la causa ( ^ III. ) Si osserva anche un disgelo progressivo entro cavità chiuse da ghiaccio trasparente in cui si trasforma in alcuni luoghi la neve il che avviene spesso attorno corpi isolati, come sarebbe una pietra. Ouel progressivo disgelo allora dipende dall'accu- mulamento di calore dei raggi solari, che ho scoperto avvenire di molti gradi entro vasi diafani, e più che entro vasi opachi, benché questi sieno di metallo. ( Annali delle Scienze del Re- gno Lombardo-Veneto i83i pag. Sg. ) Ma circa la scomparsa della neve per un calore o fon- dente o volatilizzante vi sono altri effetti curiosi dei quali non ho ancora penetrate abbastanza le cause, le quali mi pro- pongo d' indagare ulteriormente spingendo le osservazioni. Mi basterà qui accennare il seguente. Sotto gli alberi svanisce progressivamente la neve e viep- più secondo che sono frondosi e forniti di piccoli ramoscelli. L' effetto comincia attorno il tronco, poi prosegue sotto i lami rivolti al sole; e finisce col diffondersi tutto all'intorno. Non si comprende che dall' alto al basso e a grandi distanze pos- sano quegli effetti procedere dal riscaldamento dell'aria in contatto dei rami, la quale in aperta campagna e per le agi- tazioni a cui è soggetta viene continuamente rinnovata. Circa quella influenza dei rami dall' alto al basso, e a Del Dott. Ambrogio Fusinieri Sg molta distanza, ho fatte delle singolari osservazioni ed istituiti degli esperimenti di confronto per indagarne la causa precisa, ma mi riservo di parlarne in altra occasione, dopo avere spinte pili oltre le indagini, restandomi ancora da dilucidare alcuni punti dì fatto. IO. Non finirò questo articolo senza avvertire, che effetto generale dello sgelamento della neve è quello di prendere una parte del calorico necessario alla sua liquidità, e che si rende latente, dai corpi vicini e quindi anche dalle parti preceden- temente sgelate, le quali in conseguenza si gelano di nuovo. Quindi si osserva formarsi sotto la neve in contatto dei corpi dei pezzi o lastre di ghiaccio trasparente dove appunto ha cominciato il disgelo come qui sopra ( n.° 8 ). Così il ter- reno eh' era prima sgelato al cadere della neve, contraere po- scia alle volte uno stato di gelo, quando quella si fonde per di sopra in virtù dei raggi solari o della temperatura dell'aria. Tutto questo è conforme a cose conosciute ; ma non è cognito il perchè nel passaggio dallo stato solido al liquido un corpo non prenda tutto il calore occorrente dalla sorgente comunque pervenne che determina la sua liquidità , e ne pren- da invece una parte dove non vi sarebbe causa di sua fusione. S ni. Si'ìluppo di elettricità contemporaneo a quello del calore fondente in contatto delle molecole gelate d' acqua coi metalli. I. Negli Annali delle Scienze del Resino Lombardo-Ve- neto i83i pag. 2,o3, ao4 nell'atto di riferire lo sviluppo di calore fondente e volatilizzante in contatto di molecole di neve coi metalli a temperature inferiori al gelo , di cui sopra ( 5- II, 2, 3 ) accennai di avere osservato anche uno sviluppo di un' attrazione elettrica con corpi stranieri delle molecole di nuovo congelate dopo la fusione. Un Fisico, forse per la im- portanza della mia osservazione, fece mostra di non crederci. Ma la cosa nulla ha di strano, anzi lo sviluppo di elettricità 6o Sopra alcuni fenojieni ec. è un' efietto necessario dell'azione cliiniica esercitata dall'acqua sul metalli , e tanto più energica quanto piti piccole sono le molecole, come si è mostrato di sopra direttamente coi fatti (S-", 3, 4). _ Io riferirò qui in dettaglio le mie osservazioni circa quello sviluppo di attrazione elettrica, tali quali le ho registrate subito dopo fatte negli inverni 1826, i83i, i832. I. Colle regole di cui al § II, n." 2,, io sparpagliava mi- nute particelle di neve sopra dischi di rame, di zinco, e di lerro collocati a tre pollici circa dalla superficie della neve sopra supporti di legno. Il termometro vicino ai dischi segnava — i", 5. Quelle particelle tosto si fondevano, le minori più presto delle maggiori. Le goccioline che si producevano sui dischi dalla fusione delle molecole di neve erano subito dopo rappigliate, e for- mavano tante piccole lenti di gèlo. Io le trovava gelate toc- candole con un festuco di paglia o col solito j)iccolo cucchiajo di ferro. Non aderivano quelle parti gelate al disco ma vi erano mobili sopra. Ho poi osservato che quelle picc(de lenti o gocciole, anche bislunghe, gelate erano evidentemente at- tratte dalla estremità dei piccolo cucchiajo di ierro che ad esse appressava. Cioè più e più volte osservai, che appressando loro quella estremità a piccola distanza correvano ad attac- carvisi^ ed anche vi rimanevano attaccate una dopo 1' altra formando un piccolo corpo di gelo prolungato e aderente alla estremità del cucchiajo. Per esempio una piccola lente di acqua gelata correva tutta intera ad attacarsi alla estremità del cucchiajo, e ciò avveniva alla distanza di una linea circa; e ripetendo questo sopra altri pezzetti di ghiaccio si agglo- meravano a detta estremità uno dopo 1' altro e in piìi serie lormando una specie di piccola barba. Anche con festuco di paglia o erba secca toccando quelle goccioline sui dischi metallici si palesavano gelate; ed ho an- (;he rimarcati segni di attrazione, ma inferiori a quelli resi manifesti col cucchiajo di ferro. Del Dott. Ambrogio Fusinieri 6i Lo stesso esperimento l' ho ripetuto sopra un tavolo alto tre piedij segnando allora il termometro — i .' In questo caso le gocciole erano semigelate, e facilmente col tocco del cuo- cluajo di ferro si sgelavano affatto. Per altro vidi segni ma- nifesti di attrazione, e 1' aggregazione delle molecole che re- stavano semigelate alla estremità di quel piccolo strumento. Facendo 1' esperimento sul tavolo ho adoprato un disco di rame. 2. Alla temperatura — o,5 la minutissima neve sparpa- gliata sopra dischi di zinco e di rame si sgelava in gocciole lenticolari e poi si rappigliava. Quelle piccole lenti di nuovo gelate erano anche aderenti ai metalli ; ma per lo più subito dopo eran mobili. Ho latto lo stesso esperimento anche sopra un disco di argento che da più di un' ora era collocato sopra supporti di legno a tre pollici dalla neve. Colla punta di un grosso filo di ferro racchiuso in un tubo di vetro, ch'io tenea in mano, avvicinandola molto a quelle lenticole gelate, ma semisgelate al di sotto in contatto del metallo perchè mobili, vidi manifesta 1' attrazione di que' pezzetti gelati, giacché vi correvano a piccola distanza, e re- stavano aderenti attorno la punta. Lo stesso esperimento 1' ho ripetuto con esito eguale an- che sopra disco di zinco. 3. Alla temperatura — 4° '^o sparpagliata della neve pol- verizzata assai minutamente sopra dischi di zinco, di rame, di ferro, di stagno e di argento, di recente levigati, e sopra due altri di vetro e di pino. In nessuno si è svolto calore atto alla fusione. Dopo un quarto d' ora circa trovai che dai me- talli si erano volatilizzate tutte le molecole di neve; e dai dischi di vetro e di le2;no se n' era volatilizzata soltanto una parte. Si noti che assai poca ne avea sparpagliata sulle super- ficie, e in tutte quantità eguali. In seguito il termometro segnava — 3", e aicausa della mia presenza subito dopo — a", 5. Sparsa col piccolo cucchiajo di Gx Soi'UA ALCUNI Fl'.NOlMF.Nl OC. IÌmti» lidia nuova uv\c sminuzzala sopra (|ucll<; smixmIÌcÌc, i; sciuiirc in (piantila CL^nali, ossiTvai <|nanto son;iH;. Sni (liscili (li zinco , di ((Mio , e ili rame si idiidiua alT istanlo, s^il disco di stagno la liisionc era un poco [)iii tarda, e sul ilisco di aiiijcnto si lond(>va puri! ma aiw ritardo ancora maggioro. Sui diselli di vetro e di legno non si l()ndova. Sono stalo in osscrvazioiu; se; goccioiiiu' sgelate al uio- UKMilo del contatto si congelassero «li nuovo, o se di nuovo congelalo venissero attratto da una punta stianiera o dal pic- colo cuccliiajo ili loi'ro eh' io adoprava, come mi ora aci^aduto antoriorinonto. Di latti sui diselli di zinco, di iam(\ e di ione molte di (|iicllo goccioline lentieolari proeedenl i dalla iiisione di contatto iIiM briccioli di novo si erano di nuovo congelato a metà, e in tale stato si attaccavano alla osi romita o sj)igolo del piccolo ciiccliiajo di ferro; sicché ottenni ahhastauza un saggio ili ri|)elizioiie delle preiH'denli esperienze. La temperatura In sempre — 11°, '> diuaiile tutto l'espc- rimento, pmchò il termomelro la segnava ancora i|naiido sod- disfatto della ottenuta coulcrma mi sono partilo lasciando tutto ai suo posto. Rilornato poco dopo trovai che la tempcMatura era an- cora la stossa — 2,", 5 e che dai metalli orano scomparse tutto \c niolccol(\ Al contrario sul vetro e sul legno ve n'ora an- cora una [laiie allo stato di gelo, ed altra (Masi volatilizzata. Duo oro dopo segnando il termometro o" sparpagliai della neve sopra tutti i dischi eoi solilo cucchiajo di ferro. Sopra i)ueHi di metallo la fusione era momonlanea s(ì anche ve ne gettava in ahhondanza oltre V usato. Sui dischi di vetro e di legno non si loiideva si' non che assai Icn'.amciite, e al solo contatto. Del Dott. Ambbogio Fusinieri 63 S- IV. Circa le cause dei falli es/josti. Nuova prova immediata dello sviluppo di elcWicilà per azione citimica nella Pila di Inolia. Dipendenza di detli ejfetti dal calorico nativo dei corpi. Tutti i Fisici comprendono di quale importanza sia la cognizione delle forze molecolari generatrici dei fenomeni elet- trici, magnetici, capillari, e di tutti quelli della materia orga- nica ; anzi in genere di tuttala natura; e nello stesso tempo quasi tutti disprezzano o almeno non curano le osservazioni dei minuti fenomeni. E questa una vera contraddizione con se stessi. Si abbandonano invece a sistemi fantastici creando sostanze imponderabili ed atomi materiali, e distribuendo colla immaginazione sì a quelli che a questi delle forze primigenie per applicar poscia tutto questo alla spiegazione dei fenomeni. Finché si proseguirà con questo metodo chimerico , invece che consultare la natura nelle sue minute operazioni, cause di tutti i grandi effetti sensibili, non si farà che comporre volumi di errori, i quali arresteranno ancora per lungo tempo i veri progressi della scienza teorica. Le osservazioni ed esperimenti di cui sopra, fatte in aperta campagna hanno importanza appunto perchè riguardano azioni molecolari. Ora mi accingo a mostrare la connessione dei fatti esposti colla teoria elettro-chimica della elettricità; e rimon- tando più in alto anche co' miei principi di meccanica mole- colare che ho tratti non dalla fantasia, com' è di costume, ma dalle esperienze. Un primo risultato ottenuto è lo sviluppo di calore fon- dente o volatilizzante le molecole (5 H) in contatto di me- talli a temperature di piìi gradi sotto Io zero. D' onde viene quel calore? Vi rispondono altri fatti contemporaneamente rilevati, che viene da azione chimica di quelle molecole sui metalli. Tali fatti sono i.° le evidenti marche di ossidazione che lasciano sui metalli quelle molecole dopo evaporate; 2.^ l'impedimento allo sviluppo del calore fondente che oppone 64 Sopra alcuni Fenomeni ec. un velame comunque leggerissimo di ossido che contratto abbia il metallo, velame che toglie appunto o diminuisce razione chimica; 3.° il minore sviluppo di quel calore fon- dente nel contatto dell' argento in confronto di metalli più ossidabili (§ II, numeri a, e 3 ). Un secondo risultato è la nuova congelazione delle mo- lecole dopo essersi fuse in contatto dei metalli se la tempe- ratura era inferiore a o.° Di ciò si comprende facilmente la causa; il calore sviluppato a primo tratto dall'azione chimica non potea per la celerità del suo sviluppo essere subito tolto dal freddo dell' aria, ma venia sottratto in seguito. Per altro la continuazione dell' azione chinìica svolgendo sempre nuovo calore, si mantenea fra le molecole gelate ed il metallo uno straticello liquido che le rendea mobili sulla superficie; e inoltre ivi 1' aria non penetrava a togliere col suo freddo quel perenne calore in modo da produrre nuova congelazione. Terzo risultato è lo sviluppo di un' attrazione fra quelle molecole prima fuse e poi di nuovo gelate con corpi stranieri e massime con uno spigolo o punta di metallo (5 HI)- Quell' attrazione anche alla distanza di una linea si mostra da per se stessa di carattere elettrico. Ma qui è noto dalle teorie, massime le più recenti, che 1' azione chimica dei liquidi sui metalli è sorgente di elettricità; che il metallo si costituisce negativo ed il liquido positivo. Laonde quelle molecole di nuovo gelate erano elettrizzate positivamente; per lo che do- veano essere attratte da qualunque corpo neutro, e massime dalla estremità acuminata di un metallo. Le prime molecole attratte scaricaudosi della loro elettricità divenivano atte in conseguenza ad attraerne delle altre., d'onde la loro riunione in più serie attorno la estremità del corpo straniero, come mostra il fenomeno. Ecco dunque che mentre la teoria elettro-chimica porge la chiara spiegazione del fenomeno osservalo ; questo dal suo canto moitia in un modo immediato che dall' azione chimica dell' acqua meteorica sui metalli si sviluppa elettricità assieme Del Dott. Ambrogio Fusinieri 65 col calore ; d' onde anche nella Pila di Volta calore ed elet- tricità deono procedere dall' azione chimica dei liquidi sui metalli. Fin qui parlano abbastanza le teorie generalmente ammesse di sviluppo di calore e di elettricità col mezzo delle azioni chimiche; ma le stesse teorie non rispondono ad altri fatti qui sopra rimarcati nelle mie osservazioni; cioè. Che sugli stessi metalli il calore sia fondente;, sia volati- lizzante, si sviluppava maggiore del proporzionale secondo che eran piccole le molecole gelate, per lo che le minime si fon- devano a temperature a cui le maggiori resistevano; ed alla stessa temperatura le minori erano le piìi pronte a fondersi e volatilizzarsi ( § II, a, 3 ). Che anche in contatto del vetro e più in contatto del legno e delle resine si sviluppava una certa quantità di ca- lore fondente benché molto minore che sui metalli , per cui alla temperatura o° si formava uno strato liquido comunque leggero che progressivamente si aumentava fra que' corpi e la neve sovrapposta , mentre di sopra si conservava allo stato naturale ; e ciò quantunque niua' azione chimica fosse sensi- bile fra la neve e que' corpi, né si potesse supporre nel caso del vetro ( § II, a, 7 ). Che generalmente in modo analogo fra la neve ed ogni corpo che vi sia sottoposto si forma col tempo uno strato li- quido mentre la neve al di sopra resta al suo stato naturale, strato liquido il quale poi sovente si converte in gelo traspa- rente o per abbassamento ulteriore della temperatura dell'aria, o per disgelo superiore che assorba da quello calore allo stato latente ( $ II. 8. ). Dunque anche senza azione chimica sensibile si sviluppa un calore fondente o volatilizzante in contatto di molecole gelate d' acqua coi corpi solidi. Al che le teorie ammesse non rispondono. Di questi fatti ulteriori si rende ragione coi miei principi di meccanica molecolare, ossia collo sviluppo del calorico nativo Tomo XXII. 1 66 Sopra alcuni Feno:\teni ec. sempre maggiore secondo la tenuità a cui viene ridotta la materia, e di cui i corpi sono dotati più o meno secondo la diversa loro natura. Il mio principio tratto da lunga serie di esperienze è, che fra le parti della materia grandemente attenuata si sviluppa una forza di repulsione , la quale tende a dividere le parti con sempre nuovo sviluppo della stessa forza; cosicché ogni divisione divien causa di nuovo sviluppo della stessa forza; e cosi progressivamente. Per lo che la ho chiamata forza di espansione. E siccome la stessa forza , più e meno energica secondo la varia natura delle sostanze, è anche principio di calore, sotto questo rapporto la ho chiamata calorico nativo. Ho trovato inoltre che quella forza interviene essenzial- mente nelle combinazioni chimiche, producendo divisioni in- terne e reciproche delle sostanze, e riducendo in tal modo al contatto le molecole da combinarsi, le quali allora agiscono per mutua attrazione. D' onde ho mostrato che senza il suo esercizio le combinazioni chimiche non potrebbero avvenire, perchè le molecole da combinarsi non si ridurrebbero al con- tatto ; e di conseguenza ho anche mostrato che l'esercizio di quella forza precede le stesse combinazioni ; e tuttociò sempre colla scorta delle esperienze. Ho pure mostrato che da quel principio sorge il calore delle chimiche azioni, cioè perchè si svolge dai corpi colla divisione delle parti il calorico nativo. Infine per i suoi caratteri la stessa forza si è manifestata essere anche il principio comune delle due elettricità, per due modificazioni fin' ora ignote. Ma nel maggior numero di casi da me osservati del suo originario sviluppo, agisce come sem- plice forza repulsiva fra le parti della materia, senza spiegare il carattere di forza elettrica, come in que' casi semplicissimi «i sviluppa ed agisce senza produrre chimiche azioni. Questi principi si trovano esposti colle loro prove espe- rimentali negli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Ve- neto del io33. Si veggano al proposito presente segnatamente Del Dott. Ambrogio Fusinieri 67 le Proposizioni a, 7, 8, 9 alle pag. 29 -36, e le Proposizioni a4, aC, a8, ag, 3o alle pag. 85-9a. Con questi principi ^' rende ragione e di ciò che avviene sui metalli secondo i fatti suesposti, e di tutte le loro circo- stanze, e dei fatti ulteriori a cui le teorie ammesse non ri- spondono. Le molecole di neve o di brina in contatto dei corpi acquistano la tenuità opportuna allo sviluppo della suddetta forza di espansione o calorico nativo ; e ciò a causa anche delle minime asprezze superficiali di essi corpi. Ogni piìi pic- colo principio di tenuità opportuna a quello sviluppo dà ori- gine alla suddetta progressione alternativa e crescente. Cioè ogni minima divisione di parti è causa di sviluppo di quella forza di espansione o calorico nativo; questa è causa di divi- sione ulteriore per cui si sviluppa nuova forza , e così pro- gressivamente. Dove vi è azione chimica, come fra le molecole d'acqua gelata ed i metalli, il calorico nativo atto alla loro fusione a certe temperature, o alla loro volatilizzazione a certe altre , procede e dalla stessa acqua e dagli stessi metalli che ne sono ricchi ( 1. e. Prop. 8. pag. 35. ). Lo stesso calorico nativo è anche il principio della elettricità che si sviluppa e che si è osservata ( § III ). Quanto più piccole sono le molecole, più vigoroso è lo sviluppo di detta forza principio di calore ( l. e. Prop. 9 pag. 36. Prop. 3o, pag. ga ). Quindi le loro fusioni a tempe- rature minori secondo che sono piccole; ed alla stessa tem- peratura le loro fusioni 0 volatilizzazioni più pronte ( § II » a, 5). Dove r azione chimica è nulla o insensibile , come al contatto delle dette molecole col vetro, o con resine, o con corpi vegetabili, il calorico nativo procede in tutto, o per la massima parte, dalla sola acqua che n' è povera. Dunque né fusione né volatilizzazione pronta, come nel caso di azione chimica sui metalli, ne' segni sensibili di elettricità. 63 Sopra alcitni fenojigni ec. Però il calorico nativo benché scarso dell' acqua e len- tamente sviluppato, accmnulandosi col tempo fra quelle mo- lecole e la superficie del corpo genera la loro fusione. Quindi uno strato liquido che si genera fra la neve ed i corpi sot- toposti il quale alle volte si gela di nuovo per le cause sue- sposte ( 5 II numeri 8, 9 ). Sv. Col calorico nativo si rende ragione dello sviluppo di elettricità dalle chimiche azioni, e dello sviluppo di (jueste dalla elettricità. Si sapea, secondo le esperienze, che dall'azione chimica sorge la elettricità; e che dalla elettricità sorge l'azione chi- mica. I fatti della Pila di Volta mostrano in un modo distinto che i due effetti sono a vicenda 1' uno causa delTaltro. E da que' fatti ho concepita anche ivi una progressione alternativa; cioè che una minima azione chimica svolga da principio una minima elettricità, che questa sia causa di aumento della stessa azione chimica, e questa accresca lo svolgimento della elet- tricità ; e così progressivamente fino a un certo limite, par- lando della Pila (Annali delle Scienze ecc. i834 pag. 54). Ma non si sapeva poi come l'azione chimica sviluppasse elettricità, né come dalla elettricità sorgesse l'azione chimica. Si sapeva cioè che un effetto segue V altro , ma non come uno produca l'altro. JMancava la cognizione del nesso fra i due effetti. Il mio principio del calorico nativo spiega quella con- nessione, e la reciproca dipendenza dei due effetti ; e ciò per essere quel calorico tanto una forza agente nelle chimiche combinazioni , quanto il principio comune delle due elettri- cità. Ecco in qual modo. Quel calorico o forza di espansione delle due sostanze è causa delle loro divisioni interne e reciproche con iscambie- voli irruzioni, e quindi delle combinazioni delle molecole poste a mutuo contatto, agendo allora le loro attrazioni. In ciò consiste Dkl Dott. A.aibrogio Fusinieri 6g l'azione chimica. Ogni divisione è causa di nuovo sviluppo di calorico nativo, questo è causa di divisione ulteriore, e lo stesso calorico è insieme il principio comune delle due elet- tricità. Dunque le elettricità si sviluppano assieme colle chi- miche azioni. Recìprocamente come il calorico nativo di nuovo svolto è causa di progresso ulteriore dell'azione chimica, così anche la elettricità in cui si trasforma quel calorico è causa dello stesso progresso. Siccome però 1' azione chimica è costituita di due parti; cioè la divisione delle due sostanze in molecole, e l'attrazio- ne delle une colle altre, quando in virtìi di quella divisione interna e reciproca sono poste a mutuo contatto ; così in certo modo è impropriamente detto che l' azione chimica svolga elettricità; bisogna dire invece che la divisione delle parti, cioè la prima operazione che ha luogo nell'azione chimica, è la causa di sviluppo di elettricità. Dal che si scorge che quello sviluppo ha una stretta analogia con quello che pro- cede dal fregamento; anzi che la causa è la stessa. Io poi ho spiegato col principio del calorico nativo anche il calore che si svolge col fregamento dei corpi ( Annali delle Scienze ec. i833 pag. 98j Prop. 3a ). SVI. Lo si'Huppo dì calore fondente e voìtalizzante è causa di scarsezza di brina e di rugiada sui metalli. La potenza delle punte e degli spigoli ad aggregare le molecole di brina è un effetto di carattere elettrico dipendente da sviluppo di calorico nativo. I. Ora si comprende la causa per cui sulle superficie dei metalli scarseggia grandemente la brina in confronto degli altri corpi. Dico che scarseggia perchè lasciandoli a lungo esposti nelle notti invernali calme e serene, un'absenza asso- luta non vi è mai. Anzi ai loro spigoli si forniscono di brina molto bene, come dirò qui sotto. La causa cioè è lo sviluppo del calore fondente e volatiliz- zante che si sviluppa in contatto coi metalli delle molecole di ^o Sopra alcuni fenomeni ec. gelo nuotanti nell' aria, e costituenti i vapori gelati, dai quali viene prodotta la brina nelle notti di basse temperature (§§.!, II), a. Per la stessa causa manca nelle altre stagioni la ru- giada sui metalli, o vi scarseggia in confronto degli altri corpi. Allora sono le molecole d' acqua liquida che in contatti dei metalli per 1' azione chimica che vi esercitano, ed energica secondo la loro tenuità, vengono volatilizzate pel calore che da queir azione si svolge. È poi chiaro che essendosi trovato sviluppo di elettricità assieme col calore fondente , per l' azione chimica delle mo- lecole gelate sui metalli (5- HI), elettricità dee pure svol- gersi anche nelle altre stagioni al contatto coi metalli dei vapore notturno che forma la rugiada. 3. Co' miei scritti circa la causa della rugiada e della brina, pubblicati negli Annali delle Scienze del Regno Lom- bardo-Veneto, ho dimostrato colla scorta di esatte osservazioni che r una e l'altra procedono da un vapore notturno che ascende di notte dal terreno, e anche dalla stessa neve; va- pore che d' inverno può essere gelato {^. I ), il quale è piìi caldo dell' aria soprastante, e si condensa in contatto di questa e dei corpi freddi come la stessa aria. Nei medesimi scritti ho dimostrato in più modi essere fallace la teoria comunque seducente del fisico Inglese Wells, che facea consistere la ru- giada e la brina in una precipitazione sui corpi dell' acqua di saturazione esistente nell' aria anche di giorno ; e ciò per un raffreddamento di essi corpi al di sotto dell'aria generato da irraggiamento del loro calore negli spazj celesti ; ipotesi di cui il massimo fatto è di non tener conto del vapore notturno ascendente più caldo dell' aria soprastante, eh' è un fatto co- stantissimo e incontrastabile. Secondo quella teoria ai metalli non si attaccherebbe né rugiada né brina, per questo perché non si raffreddano al di sotto dell' aria per difetto d' irraggiamento del loro calore negli spazj celesti. Ma ciò importerebbe che fossero assolu- tamente privi di brina, e invece soltanto ne scarseggiano in Del Dott. Ambrogio Fusinieri 71 confronto di altri corpi ; e di più importereLbe che ne restas- sero privi anche gli spigoli; e invece anche gli spigoli dei metalli ne restano bene forniti. Nelle mie Memorie ho addotta anche questa fra le tante incoerenze di quella dottrina coi fatti ; ora poi, più che non feci allora, bo mostrata la vera origine della scarsezza di brina sui metalli, cioè dipendentemente da un' azione chimica delle molecole al contatto la quale svolge un calore che le volatilizza. Resta a parlare dell'attaccarsi della brina abbondante- mente agli spigoli degli stessi metalli. 4. Premetto sempre che il vapore notturno , o gelato neir atto stesso della sua sortita dal terreno o dalla neve , o che si gela dopo sortito nell' aria , subisce uno stato di con- densazione e di precipitazione, perchè trova l'aria soprastante più fredda di se stesso, e i corpi freddi come questa; siccome i miei esperimenti esposti in dette Memorie hanno dimostrato. L' attaccarsi dunque sia della rugiada, sia della brina ai corpi, ha per causa generale il maggior freddo di essi in confronto del vapore anche gelato che ascende. Sulle superficie metalliche si precipita pure per la stessa causa quel vapore, ma subito dopo il calore che si sviluppa per l'azione chimica lo volatilizza. Nello stesso tempo si svi- luppa elettricità come si è veduto ( § III ) e il metallo con- trae la negativa. Questa tende, come è noto, a dissiparsi per le estremità acuminate e degli spigoli. Ivi dunque attrae le molecole di gelo nuotanti nell' aria , e queste attratte parte- cipando dello stesso stato elettrico, ne attrae delle altre, e cosi successivamente formandosi delle frange o barbe di brina, come avviene in fatto. L'azione delle molecole sulla super- ficie che svolge elettricità è continua, quindi è perenne quell' attrazione agli spìgoli. Per altro le molecole una volta aggre- gate continuano ad esserlo anche per le attrazioni di coesione fra di loro, e di adesione col metallo. 5. L' aggregazione delle molecole di brina in forma di barbe o frange agli spigoli avviene su tutti i corpi, anzi agli 'J2. Sopra alcuni Fenomeni ec. spigoli (lei corpi non metallici riesce più abbondante ; ma non è egualmente Tacile iciidcinc ragione, bencliò il l'enomeno per se stesso e massime col confronto del caso dei metalli si mo- strò di carattere elettrico. Le molte osservazioni che ho fatte nel proposito mi di- mostrarono la generalità e la costanza di quell'effetto; su di che passo a dare qualche dettaglio. Lungo gli spigoli e sulle punte o di erbe^, o di fusti e di rami, è sempre abbondante l'aggregazione delle molecole gelate per sovrapposizione. Le superficie liscie dei rami o foglie ne sono pressoché spoglie. Le erbe pelose al contrario ne sono abbondantemente ricoperte anche alle superficie, oltre aver- ne il contorno riccamente fornito. Le foglie tutte o verdi o secche hanno i loro perimetri carichi di abbondantissima brina, mentre manca o scarseggia sulle rotondità dei tronchi e dei rami grossi. I rami minuti ne sono forniti, e vieppiù secondo che sono sottili, ossia quanto più sì avvicinano allo stato di spigolo o punta ; cosicliè le gemme prominenti dai ramoscelli ne sono più cariche degli stessi ramoscelli. Se un grosso tronco di albero è reciso o infranto, mentre pochissima è la brina attaccata alla sua rotondità e alle parti bene recise; tutti gli spigoli e tutte le estremità puntate ne sono fornite, e vieppiù secondo che sono tenui. Anche lastre di ghiaccio che abbiano contorni acuti, si forniscono alla notte sopra questi di frange di brina. La terra lavorata e non coperta di vegetabili contiene brina assai meno che i vegetabili. Se ne forniscono le piccole promi- nenze; e i frantumi di vegetabili secchi che vi sono sempre da per tutto sulla terra, son questi che si coprono di brina, seguen- do sempre la legge di disposizione a frange alle estremità. Ebbi anche ad osservare che nella composizione di quelle frange le propaggini affettano sempre le forme lamellari ed il paral- lelismo fra di loro. Vi è dunque da per tutto nell'aggregazione dei cristal- letti della brina un' azione crescente secondo la tenuità della Dei. Dott. Am]?rogio Fusinieri 78 materia ;• ed è tanta l'azione della materia attenuata in quell'ef- fetto, che alcune bave di ragno mi è accaduto vederle acqui- stare il diametro almeno di una linea col mezzo di quelle aggregazioni, 6. L' azione crescente secondo la tenuità della materia negli effetti ora descritti è conforme ai miei principj di mec- canica molecolare, ma non ho potuto finora determinarla con precisione per mezzo di esperimenti diretti. La spiegazione di attaccarsi la brina agli spigoli dei metalli per attrazione elettrica ( n.° 4) "°" ^' applica colla stessa facilità ai casi degli altri corpi vegetabili e inorganici. Si potrebbe concepire anche su di quelli tenuissime azioni chimiche delle molecole d'acqua che sviluppassero colla loro continuazione una elettricità agen- te agli spigoli ed alle punte; ma ho osservato che il vetro sul quale azione chimica non si può supporre , mentre si carica abbondantemente di brina alle sue superficie benché liscie, nello stesso tempo contrae ricche frange di brina a' suoi spigoli , seguendo in ciò la legge generale degli altri corpi. 7. Bensì tanto sul vetro quanto sui metalli, ove eran più liscie le superficie io trovava espansa in lamine sottilissime e continue la brina, il che attestava che le molecole eran pas- sate per lo stato liquido quantunque la notturna temperatura fosse stata sempre di piìi gradi sotto il gelo. Tali laminette o macchie gelate erano dentate nei loro contorni, oppure termi- nate con orlo più rilevato del rimanente; circostanze queste che mi davano il segnale di una resistenza incontrata nella ulte- riore espansione, e il conseguente effetto di reazione in con- trario secondo uno dei miei principj di meccanica molecolare. (Annali delle Scienze ec. i833 Prop. 14, pag. 89). Quindi ancora io vedeva in ciò lo sviluppo di calorico nativo avvenuto dall' acqua meteorica gelata in contatto non solo dei metalli ma anche del vetro ; per cui passando per lo stato liquido avea esercitata la sua forza di espansione in su- perfìcie, e poi si era di nuovo gelata. Tomo XXH. K Yij, Sopra alcuni fenojieni ec. Non mancava dunque mai quello sviluppo al .contatto delle molecole qualunque fosse il corpo, benché l'azione chi- mica fosse nulla o insensibile , come anche da altri fatti di sopra è risultato ( ^. II, 8). Nò dovea quindi mancare lo svi- luppo di elettricità di cui il calorico nativo è principio ( §• V ). Che la elettricità possa svolgersi anche dove non vi è chimica azione propriamente detta ossia con intacco di massa, e per le sole espansioni superficiali prodotte dal calorico na- tivo, è questa una conseguenza immediata del principio che quel calorico è bensì causa tanto delle azioni chimiche quanto delle forze elettriche, ma nei casi più semplici del suo svi- luppo agisce senza produr chimiche azioni (5 V); per lo che senza di esse può anche essere causa di elettricità. Questa deduzione la ho applicata ne' miei scritti circa la sorgente della elettricità nella Pila di Volta, per rispondere ai casi in cui non è manifesto che il liquido intacchi i metalli. 8. Quando all' attaccarsi della brina ai corpi concorrono forze elettriche, necessariamente le stesse forze deono concor- rere a produrre anche 1' adesione delle stesse molecole allor- ché son liquide, cioè della rugiada, com' è facile da compren- dere, essendovi sempre la stessa causa qui sopra determinata, cioè lo sviluppo del calorico nativo col mezzo del contatto. Ciò per altro non deroga punto alla causa generale della pre- cipitazione di que' vapori notturni o gelati o liquidi ascen- denti nel terreno, sia nell' aria più fredda che incontrano, sia sui corpi freddi come l'aria. La precipitazione è il primo ef- fetto, l'adesione per virtù elettrica sviluppata come sopra col mezzo del contatto è il secondo. E stata fatta qualche osservazione circa le disposizioni delle molecole di rugiada sui corpi che indicano il concorso di azioni elettriche ; ed io pure ho ravvisata la sua disposi- zione a globetti appunto sulle parti acuminate a imitazione della brina;, ma su di ciò non ho proseguito. 9. Infine devo anche notare che formando una coppia di due dischi metallici eterogenei alla maniera di Volta ( zinco Del Dott. Ambrogio Fusinieri ^5 e rame ), e lasciandoli esposti in notte di brina, non ne acqui- stavano né più né meno di altri dischi consimili senza essere accoppiati. Essendo un effetto elettrico quello di contraerne agli spigoli ( n.° 4)5 quella indifferenza del contatto eteroge- neo sta contro la teoria dello stesso Volta, IO. Finirò come ho cominciato ; cioè col dire che i feno- meni meteorologici sono in gran parte involti da oscurità circa le loro cause, che le teorie fisiche fin' ora conosciute posso- no soltanto somministrarne dei barlumi, quando sieno esatte le osservazioni, e che in molti casi si trovano le tracce di azioni elettriche, ma non ancora bene determinate ^ e senza conoscere abbastanza né come agiscano né quali siano le loro modificazioni. Nello stesso tempo soggiungo che in questa Me- moria ho dato dei saggi d'influenze delle azioni molecolari secondo i miei principj esperimentali nei fenomeni meteoro- logici, e dei saggi di azioni particolari abbastanza determinate in alcuni di que' fenomeni del calorico nativo con isviluppo di elettricità. 76 SULLO SPOSTAMENTO DEL MERCURTO OSSERVATO AL PUNTO DEL GHLVCCIO SULLA SCALA DEI TERMOMETRI MEMORIA DEL CANONICO ANGELO BELLANI Ricevuta adi io Marzo iSSg. Oono già trascorsi più di trent' anni da che io feci conoscere per la prima volta non ritornare il mercurio alli stessi punti della scala per un' eguale temperatura nei termometri già da qualche tempo costruiti ; e ne assegnava la vera causa di que- sto fenomcHO, provenire cioè, da una diminuzione di capacità nel recipiente del liquido per un lento ristringimento del ve- tro ( Tentativi per determinare V aumento di volume che acqui- sta V acqua prima e dopo la congelazione. Giornale di Fisica di Pavia anno 1008 pag. h^if) ). Ma non fu che quattordici anni dopo, quando da un estratto di un mio opuscolo pub- blicatosi nel Gennajo del iSaa dalla Biblioteca Universale di Ginevra si cominciò fuori d' Italia a venire in cognizione di questa imperfezione da me riscontrata ne' termometri ; e sulle prime si dubitò del fatto, poi della spiegazione da me data {Biblioteca Universale Febbrajo 182,2); fatto e spiegazione che ho quindi confermato con un altro mio più esteso lavoro intitolato: DelV incertezza nel determinare il punto del ghiaccio sui termometri . . . Dì alcune proprietà del mercurio e del ve- tro e delle difficoltà che si sono finora presentate nel deter- minare le loro dilatazioni. ( Giornale di Fisica di Pavia 1822, bimestre IV e 1828 bimestre a.°). Non era tanto da maravigliarsi che la notizia di quel fe- nomeno fosse rimasta sconosciuta fuori d' Italia fino a tanto che un giornale estero I' avesse annunziata ; quanto perchè il fenomeno stesso non fosse stato prima di me avvertito nello Del Canonico Angelo Bellani 77 spazio di cento anni almeno tra mille e mille persone che costruivano o usavano termometri, come cosa cotanto ovvia e che doveva di necessità presentarsi alla vista di chiunque sperimentando avesse posto il suo strumento nel ghiaccio che si fonde , come uno dei due punti fondamentali adattati per la sua scala , e come quello più facile e più sicuro d'ottenersi colla massima precisione. S' accresce la maraviglia ora nel con- siderare che dopo essersene trattato anche in giornali esteri, e specialmente nella ( Bibl. Univ. Dicembre 1822 ) , Giornale tanto stimato e diffuso in tutta l'Europa^ sembra ancora igno- rarsi da alcuni la vera causa; oppure si riproducon da altri, (;ome loro proprie, esperienze e spiegazioni già da me istituite; avendo esposto al Pubblico prove sufficienti per poter asse- rire, essere vero tutto ciò che si disse e si dice conforme a t|Uànto io già dissi, ed essere falso quanto ne discorda. È ora mai a tutti noto che in un termometro di recente costruito immerso nel ghiaccio che si fonde, e marcato il ter- mine dove il mercurio contenuto sembra stazionario lungo il tubo, ossia quando ha acquistata quella temperatura, si segna quel punto a zero come principio della scala; ma non è già che quel punto sia veramente stazionario, come già si sup- pose, perchè dall' istante che lo strumento fu costruito fino al termine di un anno circa, quel punto va lentamente innal- zandosi con moto decrescente di modo che può giungere a segnare quasi un grado sopra o ; il qual fenomeno è oja co- nosciuto in fisica sotto la denominazione di spostamento dello zero. A quella più o meno lenta, e successiva elevazione par- tecipano per necessità anche tutti gli altri gradi della scala fino all' ebollizione del mercurio stesso, ma in minor quantità quanto più quelli si allontanano dal punto infimo della scala; perchè la bolla o il recipiente qualunque quanto più si ri- scalda, tanto più dilatandosi si accosta allo stato dell'origi- naria costruzione ; di modo che ritornando a rafFredarsi all'egual grado di prima ; la capacità del vetro stata aumentata dalla cresciuta temperatura non torna tosto a diminuire come prima i^S Sullo spostamento del mercurio ec. per la rigidità delle parti solide del vetro, a differenza di quelle del mercurio che per essere liquide ubbidiscono pron- tamente ad ogni cambiamento di volume dipendente dal ca- lorico. Ma ecco che uno dei più celebri chimici Berzelius ( Traitè de Cliìmìe Tomo Vili pag. 829 ) ci viene ora a dire: „ essersi ,, in questi ultimi tempi osservato che un termometro purgato 5, d'aria cambiava a poco a poco il suo punto della conge- ,, lazione durante le prime settimane, e che questo punto ,, s'innalzava di un quarto di grado, di un mezzo grado, ed ., anche di un grado e mezzo. Questo fenomeno sembra di- „ pendere dalla bolla che non essendo perfettamente sferica viene compressa dall'aria, ma senza che questo effetto arrivi subito al suo massimo. Se la bolla è di un vetro un poco grosso, o che non si prenda il punto della congelazione che dopo aver chiuso il termometro, il fenomeno non ha più luogo. Ma i fabbricatori di strumenti di fisica prendono so- vente il punto della congelazione quando il termometro è „ ancora aperto. „ Già prima di Berzelius, Flaugergues, Gour- dón, e Marcet e De la Rive [Bib. Univ. Febbrajo 1823, e Aprile i8a3 ) al primo annunzio del fenomeno avevano fatta una simile supposizione come la più ovvia a presentarsi, ma alla quale aveva io risposto in due parole; cioè che il fenomeno succede egualmente ne' termometri stati sempre aperti, e do- vendosi la causa' di questo fenomeno distinguere da quell'altra che opera subito, e f[uasi in totalità al momento che si toglie la pressione atmosferica quando si chiude ermeticamente il tubo del termometro. Non crederei poi che si trovino costruttori al presente di tennonietri cotanto iiies[)erti da graduare lo strumento prima di chiuderlo ermeticamente ; operazione pre- liminaie tanto essenziale, perchè volendosi privare di tutta l'aria è quasi di necessità che dall'estremità del tidjo resa capillare esca qualche poco di mercurio nell'atto che si chiude ermeticamente. Altri invece hanno asserito che il fenomeno succedeva Del Canonico Angelo Bellani 79 bensì ne' termometri a mercurio, ma non già ne' termometri ad alcool, per cui non ammettevano come causa il ristringi- mento del vetro che sarebbe stato comune a questi e a quelli; ma che dipendesse da un lento sviluppo di una minima por- zione d' aria rimasta fra le molecole del mercurio ed aderente alle interne pareti del recipiente, per cui ne aumentasse il volume; come si svolge dall'alcool medesimo quando si sot- trae la pressione atmosferica; le quali bollicine d'aria come più voluminose nell' alcool e meno aderenti si fanno passare^ com' è noto, nella parte del tubo rimasta vuota. Ma aveva io già fin dal principio prevenuta anche questa obbiezione col dimostrare che, siccome l'alcool meno o più rettificato si dilata da sei a sette volte più del mercurio alla temperatura della congelazione dell' acqua, e supposta un' eguale estensione di gradi ( per esempio di una linea ciascuna ) tanto in un ter- mometro a mercurio come in uno ad alcool, per questo avrebbe fatto di bisogno di una capacità della bolla sei a sette volte meno; per cui l'effetto del suo ristringimento sarebbe di al- trettanto meno sensibile nello spostamento dello zero; non dipendendo il fenomeno da dilatazione del liquido, ma da di- minuzione di capacità nella bolla. Supposto dunque che Io spostamento in un termometro a mercurio fosse di un grado della scala, in uno ad alcool non sarebbe che di un sesto o di un settimo per uno stesso grado. Dato invece che eguale fosse la capacità della bolla e del tubo ne' due termometri , co?iservando quello a mercurio la estensione di ogni grado eguale ad una linea; in quello ad alcool risulterà invece di sei a sette linee per la maggiore sua dilatabilità, ma la quan- tità dello spostamento sulla scala sarà in ambedue di una li- nea, ossia di una sesta o settima parte di un grado, essendo questo spostamento indipendente dalla diversa dilatabilità del liquido impiegato. Oltre al costruirsi comunemente i termo- metri ad alcool con tubi più larghi di quelli a mercurio, per cui in proporzione dell' estensione de' gradi che ne risultano è come se fossero costruiti con bolle minori, e perciò in essi 8o SuKLO Sr05TAMENTO DEL MEnCURIO CC. meno sensibile lo spostamento, possono concorrere altre cir- costanze a togliere apparentemente ne' termometri ad alcool r elTetto dovuto allo spostamento medesimo, e sono: i.° una porzione dell' alcool che facilmente può evaporare nella parte del tubo rimasta vuota, e che (juindi si raccoglie e rimane aderente all'estremità chiusa ermeticamente massime se ter- mina capillarmente: a.° un velo d'alcool che rimane aderente per qualche tempo lungo le pareti interne del tuljo che bagna, quando da una temperatura più alta sì fa rapidamente discen- dere il liquido appunto per osservare lo spostamento se ha luogo al termine del ghiaccio: 3.° una porzione del liquido stesso che si converte allo stato aeriforme in ragione diretta della temperatura dell'ambiente e della capacità del tubo ri- masta vuota: 4-*' precipitando col tempo una porzione della sostanza colorante dell' alcool e questa precipitazione dipen- dendo da una condensazione delle parti, deve per necessità diminuirne il volume totale: 5.° se in origine un termometro ad alcool fu graduato nel ghiaccio, ma non tutta profondata in esso quella porzione del tubo contenente il liquido, e stando la temperatura esterna più alta ; precauzione a cui poco si bada generalmente; allora riposto il termometro nello stesso ghiac- cio ma anche con tutta quella porzione del tubo , come si dovrebbe fare per esplorarne lo spostamento, questo ancorché avesse luogo, potrebbe non apparire pel ristringimento di quell' alcool in ragione diretta della lunghezza del tubo eh' era ri- masta fuori e della temperatura più alta dell' ambiente. Ciò è in causa della grande dilatibilità dell'alcool rispetto al mer- curio; per cui graduati due termometri l'uno ad alcool e r altro a mercurio nello stesso Jjagno freddo, ma prolungata al di fuori un' eguale lunghezza di tubo occupata dal liquido stando la temperatura dell'ambiente più alta; rimessi ambe- due nello stesso bagno con anche quella porzione di tubo occupata, il termometro ad alcool si manterrà più basso: vi- ceversa succederà ne' gradi superiori. Se si costruisse un ter- mometro coir ac([ua, l'effetto dello spostamento sarebbe ancora Del Canonico Angelo Bellani 8i più notabile che non in quelli a mercurio, per esser la dila- tazione dell' acqua ne' gradi di temperatura prossimi alla sua congelazione nulla, anzi retrograda, e potendosi facilmente for- mare recipienti molto grandi. Del resto aveva io già dimostrato {Giornale di Fisica di Pavia io2,3 bim. i.° Articolo i.°) che il mercurio per sua natura non essendo idoneo ad assorbire alcun liquido ne' fluido aeriforme, non potrebbe menomamente sviluppare aria, sottratta la pressione atmosferica; e benché si continui comunemente a dire che coU'ebollìzione del mer- curio si viene a purgarlo dall'aria e dall'umidità ospitante nella costruzione de' barometri e de' termometri ; quella ope- razione propriamente non serve che a sviluppare ed espellere r umidità e l' aria aderente alle pareti del vetro mediante quell'alta temperatura; e per cui quella minima porzione d' aria che pur si scorge talvolta all' estremità del tubo ba- rometrico, quando coli' inclinazione si obbliga il mercurio a riempirlo, oppure rimane nella bolla del termometro, era dessa un residuo di quella eh' era aderente alle interne pareti, rac- coltasi in un punto solo; quando però quella discontinuità del mercurio non provenisse talvolta da polviscoli rinchiusi, e già prima esistenti nell' aria, oppure da estranee molecole già aderenti al vetro. Altri due distinti Fisici , Legrand e Despretz , riconob- bero bensì quella stessa causa da me assegnata e comprovata in diverse mie Memorie, ma senza che neppur se ne faccia dal primo di me menzione; e in quanto poi da me discordano, si trovano fra loro stessi in opposizione. Nella seduta 3c Gen- najo 1837 dell'Accademia R. delle Scienze di Paiigi Legrand ha presentato una Nota sullo spostamento dello zero nella scala dei termometri a mercurio colla quale volle provare: „ i.° Che lo spostamento dello zero raggiunge il suo limite „ di grandezza ossia arriva al suo massimo dentro lo spazio „ di quattro mesi, a." Nei termometri il recipiente de' quali „ è in vetro, lo spostamento arriva fino a mezzo grado centi- ,5 grado, ma in quelli che hanno il recipiente di cristallo o Tomo XXII. h ?5 55 55 8a SuM.O SPOSTAMENTO DEL MERCURIO CC. „ di smalto, lo spostamento è generalmente nullo ; anzi, sog- , giunge, die dalle sue sperienze risulterebbe assolutamente nullo; ma che avendo passati in revista altri termometri co- , struiti e marcati allo zero già lungo tempo prima da Bun- ., tcn ch'era l'artefice medesimo che aveva costruiti i suoi, „ ne trovò fra quelli uno che segnava perfino un innalza- „ mento di mezzo grado. 3.° Quando lo spostamento è effet- 5, tuato,se si riscalda il termometro fino all'ebollizione del mer- ,, curio e che si lasci rafFredar nell'aria, lo zero ricade al 5, punto eh' era immediatamente dopo la costruzione del ter- ,, tnometro ; ma rimonta col tempo come la prima volta. ^.'' ,5 Quando un termometro è riscaldato sino verso il 3oo e raf- ,, fredato lentissimamente^ come si può fare col mezzo d'un bagno d'olio, lo zero rimonta molto più che non avrebbe ;, fatto senza ciò.... Un termometro a recipiente di cristal- „ lo, scaldato e raffreddato allo stesso modo, prova pure uno „ spostamento nella sua scala ma un poco meno che se fosse ,, di vetro. 5.° In una serie di sperienze nelle quali la tem- 5, peratura non oltrepassava 290°, con un lentissimo laffred- dameuto Io spostamento ossia 1' innalzamento dello zero fu , di gradi i° e 4 per un recipiente di vetro e di i" e a per un recipiente di cristallo. Ora quel primo termometro la- sciato all' aria libera per un tempo sufficiente, avrebbe pro- 5, vato uno spostamento di circa o" 3 ; rimane dunque i.° e ,5 I per l'effetto d'averlo fatto ricuocere... G.° Un termometro „ stato ricotto a 3oo, ossia se si riscalda di nuovo fino all'ebolli- ,, zione del mercurio, e che si lasci rafFredar nell'aria, lo zero ,, ridiscende ma non già fino al punto cui era immediatamente 5, dopo la sua costruzione. 7.° Lo spostamento succede tanto ; in un termometro aperto come in uno privo d'aria e chiuso ,, ermeticamente; ma forse è minore lO spostamento nel primo che nel secondo caso. 0.° Si conchiude che questo spostarsi , dello zero non può essere attribuito ad una elevazione del , mercurio proveniente da uno sviluppo d'aria, perchè non 5, succede col cristallo alle temperature comuni , e che non 55 Del Canonico Angelo Bellani 83 viene impedito col lasciar il termometro aperto ; per cui è „ necessariamente dovuto ad un ristringimento del recipiente. „ La pressione dell' aria non influisce che poco o punto su „ questo ristringimento; per cui bisogna attribuirlo ad una „ operazione propria del vetro. Si può credere che questo „ effetto sia in relazione colla tempera che gli fa subire un „ raffreddamento pronto ; ma è singolare che questo stesso „ effetto non succeda col cristallo, sebbene si temperi cc^me il „ vetro ec. „ ( Annales de Chim. et Phys. Dee. i836 pag. 368 ). Dice pertanto l'Autore che fra li 6o termometri da lui sperimentati a bolla di cristallo o di vetro tenero detto smalto conservati alle temperature comuni, si spostavano /70co o nulla in confronto di quelli di vetro più duro; la differenza de' quali non superava un mezzo grado centigrado; ma poi tosto sog- giunge che uno di Bunten dello stesso vetro dolce differiva tanto come uno di vetro duro ; e che anche i suoi termome- tri di vetro tenero riscaldati fino a 3oo° e poi raffreddati lentamente si spostavano un poco meno di quelli di vetro duro. Anzi per questa specie di ricuocitura, ossia di stempera, provavano uno spostamento maggiore di quello che assegnava naturalmente, succedere a quelli di vetro duro. In secondo luogo dice r autore che quando lo spostamento in su è stato effettuato naturalmente, se si viene a riscaldare il termometro sino all'ebollizione del mercurio, ma che si lasci raffreddar nell'aria, ossia rapidamente, lo zero ricade al punto ch'era im- mediatamente dopo la sua costruzione, ec. Io dunque dirò: i.^Che lo spostamento naturale non rag- giunge il suo termine dentro lo spazio di quattro mesi, come ho trovato su milliaja di termometri in quarant'anni di prove; ma che si può limitare ad un anno, eccetto quelle minime va- riazioni che possono succedere anciie per effetto dei soli cam- biamenti di temperatura atmosferica, come si dirà più innanzi, a.° Vi sarà bensì differenza da un termometro all' altro nella quantità e nella durata del tempo di questo spostamento; ma non mi sono accorto che una differenza notabile potesse 84 Sullo spostamento del mercuhio ec. provenire dalla diversità del vetro. In quella mia prima re- lazione del l'enomeno aveva già detto positivamente che non influiva sul risultato la qualità diversa di vetro o cristallo ; e in un successivo scritto indico lo smalto e il cristallo come egualmente soggetti. La quantità poi dello spostamento natu- rale a me consta essere in generale alquanto maggiore di quella assegnata da Legrand,ma non mai arrivare un grado centigrado. 3." Non e poi possibile che dopo una temperatura eguale a quella dell' ebollizione del mercurio ricada lo zero al punto eh' era immediatamente o prossimamente subito dopo la cos- truzione del termometro ; perchè se Legrand medesimo prova che quanto più si riscalda un termometro e si raffreddi quindi prestamente, tanto più si abbassa il punto dello zero; per la stessa ragione siccome la temperatura del mercurio bollente è ben lontana dall'eguagliar quella della bolla vitrea nell'atto che passa dallo stato pastoso a quello solidoj così dovrà sempre essere maggiore l'abbassamento sul termometro riempito subito dopo soffiata la bolla e tosto graduato nel ghiaccio, che non quando si rimettesse dopo molto tempo al grado del mercurio bollente. 4.° Aveva io già ripetutamente assomigliato l'effetto dello spostamento a quanto deve succedere nei vetri non ricotti per una specie di tempera, come succede in un modo eminente ma in senso opposto e finora inesplicabile nelle lacrime bat- taviche e ne' cosi detti mattracini di Bologna; ma non ho mai stimato che il jicuocere i termometri, ossia lo stemperarli rimediasse pienamente al difetto, perchè nelle vicende di tem- peratura alle quali si assoggettano comunemente questi stru- menti, anche tra i soli limiti dalia congelazione all'ebollizione dell'acqua, si alterano sensibilmente i punti fissi per un par- ziale spostamento. D' altronde in pratica sarebbe operazione troppo lunga e fastidiosa il ridurre prima tutti i termometri capaci a sopportare il grado dell'ebollizione del mercurio, e lasciarli lentissimamente raffreddare per quindi diminuire nell' uso più comune la lunghezza, o capacità del tubo poco più Del Canonico Angelo Bellani 85 sopra i gradi deU'eboUizione dell'acqua, cioè di due terzi circa: e tanto più quando si volesse limitare la scala a soli 4" o 5c gradi sopra o°, come frequentemente si pratica coi termometri che non devono esporsi che alle temperature dell' atmosfera. Oltre di che in questi essendo ogni grado molto più esteso ed anche suddiviso, lo spostamento riescirebbe sensibile egual- mente anche nella variazione di pochi gradi. Credo dunque mezzo più comodo, più sicuro e più completo il lasciar stagio- nare i termometri un anno prima di fissarne la scala^ e anche per fissar questa cominciar dal segnare il punto del ghiaccio, e quindi quello dell' acqua bollente, e non viceversa ; perchè nel primo caso sebbene il detto punto si trovasse più basso rimettendo lo strumento nel ghiaccio, pure col tempo anche questo minor difetto svanirebbe, mentre facendo l'operazione inversa si troverebbe col tempo rialzato, e per sempre il punto marcato nel ghiaccio. Mi sembra poi che pei comuni termometri ne' quali non si richiede la maggior precisione, basterebbe anche appena fatti di fissarli sulla scala un mezzo grado al dissotto del punto marcato nel ghiaccio che si fonde, per trovarli poi dopo un anno rimontati al vero punto stazionario con qualche mi- nima diversità da potersi trascurare. 5° Trovo finalmente difettoso il metodo indicato dall'Au- tore nel costruire i termometri , se confessa doversi talvolta riscaldare a differenti riprese qualche termometro durante un intiera giornata senza neppur potere riescire a scacciarne tutta V aria aderente alle pareti del recipiente, mentre in altre cir- costanze basta un' ora o due: per me basta uno o due mi- nuti. E qui mi sia lecito di soggiungere che nelle opere di alcuni Fisici d' altronde celebratissimi s'insegna bensì il modo di riempire i termometri^ ma che poi in pratica non si rico- «osce pel migliore. Nella seduta ig Giugno 1887 Despretz presentò all'Ac- cademia R.eale di Parigi le sue Osservazioni sullo spostamento e sulle oscillazioni dello zero del termometro a mercurio ( An- nales dcs Chimie e Physique T. LXIV an 1837 pag. 3 12. 86 Sullo spostamento del mercuuio ec. Vlnstìtut N. ai8 con qualche variazione ). Comincia a dire che sino dal io Febbrajo i833 aveva presentato alcune di queste osservazioni, e ciré trovò variare lo zero, ossia spostarsi coli' abbassarsi di nuovo se si rimetteva il termometro nell'acqua bollente e quindi novamente nel ghiaccio ; e che questa os- servazione era stata confermata da Legrand: cosa che io aveva pubblicata e in tanti modi confermata nel i82a-a3. Mi fa quindi 1' onore di nominarmi in una Nota dicendo però sem- plicemente che Bellanl, in Italia, Flaugergiies ( e non Flan- gerges ) in Francia hanno fatto conoscere per li primi l'ascen- sione dello zero col tempo. Altri Fisici V avevano osservato senza farlo conoscere , perchè V avean attribuito a qualche errore d' osservazione. Ma Flaugergues non ne parlò che nel Giugno 1822, alla pagina 117 della Biblioteca Universale di Ginevra, e dietro a quanto aveva io già fatto sapere nel Gennajo antecedente dello stesso Giornale ; notizia che io aveva già resa pubblica in Italia quattordici anni prima, cioè nell'anno 1808 come già ho dimostrato. D'altronde Flauger- gues non indicò neppure la vera causa del fenomeno^ mesco- lando anche molti errori fisici nel suo ragionamento, da me fatti notare nel successivo anno i8a3 col mezzo del sopran- nominato giornale di Fisica di Pavia. Anzi lo stesso Flauger- gues neppur sospettando di quell' innalzamento dello zero ne' termometri a mercurio, aveva invece supposta e riprodotta una vecchia opinione, ch'era tutto all'opposto, in alcune sue Osservazioni sulla diminuzione di dilatabilità dello spirito dì vino ne' termometri [Journal de Physique: Paris 1808 Avrìl pag. 295 ) ; osservazioni che furono tosto da me confutate in quel mio lavoro dellcwstesso anno inserito nel detto Giornale di Fisica di Pavia. Come poi abbia Despretz potuto conoscere che altri Fi- sici avevano osservato l'innalzamento dello zero senza farlo conoscere, non lo dice. Dice poi che la durata del periodo entro il quale lo zero continua ad elevarsi dopo la sua co- struzione, non sia già di soli tre o quattro mesi come vorrebbe Del Canonico Angelo Bellani 87 Le^rand^ ma bensì di quattro a cinque anni. Però dalla tavola annessa della marcia di due termometri ben si vede cbe il ma?- simo cambiamento è succeduto dentro il primo anno ; e siccome r autore confessa che que' suoi termometri servirono per qual- che tempo in alcune sue sperienze, per cui qualche volta provavano delle variazioni di temperatura da — 20 a -f-ao, come altri avean servito per altre esperienze a determinare temperature comprese fra -+- 3o°, e 100°; ecco perchè la loro marcia riportata al termine della congelazione dell' acqua po- teva talvolta essere stazionaria, ed anche rovesciata , ossia re- trogradata osservandosi perfino in quella tavola che il primo termometro, dall' 8 Aprile 1884 al 17 Aprile i835 non fece neppur un passo innanzi. Non si poteva dunque propriamente dire in vista di quelle estranee variazioni di temperatura, che lo zero avesse continuato naturalmente ad ascendere per lo spazio di quattro o cinque anni, tanto più che si mostrava retrogradato dal 9 Febbrajo 1837 fino al a3 Giugno dello stesso anno, epoca in cui cessarono le osservazioni ( sebbene la Me- moria, come si è veduto, fosse stata presentata fino dal ig di detto mese ed anno ). Se , come ho tante volte detto , lo zero rimane per qualche tempo più sotto, passando il termo- metro da una temperatura più alta ad una più bassa, ma sem- pre a -ho"; l'opposto deve succedere nel passaggio da una temperatura — 0° a o." Inoltre si fa notare dall'Autore che que' suoi termometri erano terminati da una capacità piena d' aria di modo che il recipiente era egualmente compresso all' esteriore come all' interiore: usandosi pertanto in queste sperienze di termometri molto sensibiH e perciò col recipiente del mercurio di una capacità grandissima in proporzione del tubo, siccome erano alcuni di quelli adoperati dall'Autore che davano persino il centesimo di grado; quell'aria contenuta nel tubo e nell'ap- pendice superiore variando di tensione secondo la temperatura dell'ambiente, doveva più o meno deprimere la colonna del mercurio, e tanto più quando vi fosse concorsa diminuzione o8 Sullo spostamento del mercurio ec. della pressione atmosferica sul recipiente medesimo, elTetto già conosciuto. Anche il conservare i termometri nel tempo che non restano in azione orizzontali o verticali , non è cosa in- dilFcrente, perchè la colonna del mercurio lungo il tubo colla sua pressione tolta od aggiunta, e secondo la durata, può ac- celerare e ritardare lo spostamento, ed anche renderlo retro- grado. Si spiegherebbe in tal guisa come nel mese di Giugno del 1837 anche senza le altre cause concomitanti diventasse retrograda l'altezza del mercurio, acquistando maggior tensione d'aria ospitante per la maggior temperatura dell'atmosfera, essendo questo il solo mese di estate in cui durante li 5 anni si fece la prova. Dirò bensì che quanto più i recipienti de' termometri sono di grosse pareti , tanto più lento sarà il finale sposta- mento ed in Francia costruendosi per lo più questi non con una soffiata, ma con pezzi di tubi cilindrici già tirati alla for- nace come erano anche quelli dell'Autore, e perciò di pareti generalmente più grosse, deve l'effetto esser più lento, e meno notabile se quel pezzo fosse di vecchia data aggiunto al tubo non più riscaldato fino al punto della fusione , che al luogo dell' unione, e se prima d' introdurvi il mercurio non fu ri- scaldato in tutta la lunghezza almeno fino a diventar rovente se non molle. Altre cause concorrono eziandio ad alterarne il punto fisso quando se ne vuol ripetere lo sperimento, come sarebbe lo stesso gravitare dello strumento sul ghiaccio in cui si sperimenta, perchè col proprio peso schiaccia alquanto la bolla e ne diminuisce la capacità per cui il mercurio sale lungo il tubo. La stessa elasticità del vetro non mai jierfet- tissima fa sì che indipendentemente da variazione di tempe- ratura, col solo far oscillare la colonnetta del mercurio con- tenuta nel tubo, mediante piccole scosse dal sotto in su, ri- mane quella or più alta or più bassa; né ciò farà maraviglia se si considera che 1' estensione di ogni "rado è di r^ in rapporto alla dilatazione apparente del mercurio nel reci- piente, secondo Dulong e Petit, e supposto ogni grado diviso Del Canonico Angelo Bellani 8g in 100 parti, ciascuna delle quali potendosi ancora ad occhio suddividere, avremo sensibile non solo ma suddivisibile la 648000 parte di variazione nel volume , 0 perciò nella capa- cità del recipiente. Tralascio altre avvertenze , come sarebbe che il ghiaccio fondentesi che si adopera provenisse sempre da acqua puraj che tutto il tubo sin dove arriva il mercurio, si debba trovare in quello immerso, perchè se la temperatura esterna fosse superiore, influirebbe sulla dilatazione di quella porzione di colotuia mercuriale rimasta fuori del bagno; oltre di che se fosse una miscella d'acqua e ghiaccio, non rimanendo costante la sua altezza sopra il recipiente del mercurio, non lo comprimerebbe sempre egualmente; e fuori della miscella io spostamento apparirebbe in ogni caso sempre minore per la sottratta pressione del liquido incombente ec. Del resto la spiegazione dello spostamento data (\a Legrande e Despretz coincide pienamente con la mia. ,, Io diceva ( Gior- , naie di Fìsica di Pavia anno 1823 pag. ajg ) se questo , raffreddamento avesse luogo con somma lentezza, le mole- , cole si potrebbero disporre secondo la propria attrazione , di cristallizzazione; ma quando l'abbandono del calorico , succede rapidamente e non uniformemente in tutta la massa , del vetro, allora le molecole non possono che in parte ub- , bidire alle rispettive forze attraenti, rimanendo in uno stato , di tensione contrario allo stato d' equilibrio. Succede un , fatto analogo coU'acciajo, le molecole del quale per un , freddo subitaneo non hanno tempo di disporsi secondo la , natura loro, e ne risulta 1' effetto della tempra, ec. ,, Si sa che r acciajo temperato ha un volume maggiore di quando ha perduto la tempera. Despretz finisce col riferire l'esperienza di Pictet che una barra di ferro non ritorna alle primiere dimensioni scaldata e quindi nuovamente ralfredata come prima; la qual espe- rienza aveva ancor io già citata (1): riporta inoltre un' espe- (i) Laplace e La\^oisier scaldando ad un certo grado una verga metallica, quindi ricondotta alla temperatura primiera , viddero che rimaneva un poco più lunga di Tomo XXII. M go Sullo spostamento del MERcunio ec. rieiiza tli Savait sullo solfo medesimo, il quale fuso e poscia nuovamente laiTreddato rimaneva di un colore più oscuro, die perdeva col tempo riacijiiistando il suo ])cl color giallo. Avrebbe inoltre desiderato l'autore di sperimentare se lo spostamento avesse avuto luogo in un termometro col recipiente del mercu- rio in ferro invece di vetro: ma senza ricorrere a questo mezzo troppo difficile a conseguiisi, sarebbe l)astato il pesare idrosta- ticamente un recipiente qualunque di ferro cliiuso ermetica- mente; lo che lo già consigliai (Giornale di Fisica di Pavia anno loaa pag. 277) pei recipienti in vetro, ed osservai che grossi e sensibilissimi Areometri di vetro col tempo diventa- vano specificamente più pesanti deirac(jua, ossia diminuivano di volume stando eguale la massa. Ho accennato in altro mio scritto che Prinsep aveva trovato sensibilmente diminuita la capacità di una storta di ferro, come riporta in una nota della sua Bleinorìa sulla valutazione delle alte temperature inserita nel T. XLI. Annales de Chini: et Vhys. Io però devo sog- giungere che in questi ultimi giorni avendo immerso nell'acqua a o un areometro diNicbolson costruito in latta già da molt'anni, e fattolo in quella profundare fino alla metà del sottil gambo portante il bacinetto de' pesi additizzi; e quindi immerso nell' acqua bollente, e piestamente raffreddato, e novamcnte rimesso neir istess'acqua ad eguale temperatura di o, mi diede indizio piuttosto di luia diminuzione di volume, che non di un au- mento. Feci uso neir esperienza di acqua al grado della con- gelazione, come quello più facile a conservarsi costante, cir- condato di neve il recipiente, e colla temperatura stessa dell' ambiente prossima a quel grado; oltre di che dato anche che la temperatura di quell' acqua si fosse di qualche minima fra- zione di grado alterata ( lo che non posso nel mio caso nep- pur supporre); da un'altra prova, la minima e dirò anche imjiercettibile dilTeienza niella dilabilità deirac(|ua prossima a quella temperatura, non avrebbe potuto punto alterare il ri- prima ; ma che per un urto dato alla verga si faceva scomparire rpiesta differenza (Aiinal. de Chimic. et Plirs. T. LVI pag. 267.) Del Canonico Angelo Bellani <)t sultato. Forse che la diversità di temperatura da me cono- sciuta all'aerometro metallico non fu suflicieiite per manifestare il fenomeno; o forse meglio quella temperatura dell'acqua bollente ha contribuito a ravvicinare le parti della latta stata in origine distesa sotto il laminatojo e battuta a colpi di martello. Il chiarissimo Sig. Dottor Fusinieri epilogando negli /annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto Voi. VII. anno 1887 pag. 294) le sopradette sperienze di Legrand (senza neppur far cenno delle mie ) ha preso un abbaglio col fargli dire: più che si riscalda un termometro, lasciato poscia raffreddare lentamente, e più ascende col tempo lo zero: in questo caso la totale ascensione ha luogo immediatamente dopo il lento raffreddamento e non col tempo. Parlando poi delle altre spe- rienze di Despretz alla [)ag. 3(2 soggiunge: Ula non sì deono ascrivere soltanto al vetro quelle oscillazioni , si deono attri- buire in parte anche allo stesso mercurio , il quale pure se- condo la suddetta legge d' inerzia molecolare di non obbedire intieramente all' azione del calore dee 0 restringersi, o dila- tarsi meno di prima al ritorno della stessa temperatura. CJie tutta la oscillazione dello zero dei termometri a mercurio non debba essere ascritta al solo vetro , emerge anche da ciò che si tratta appunto di termometri a mercurio e non ad alcool. Se si avesse ad attribuire in parte anche ai fluidi quell' i- nerzia che si riscontra ne' solidi, oltre che la fluidità stessa sembra opporsi a questa attribuzione, nel nostro caso il mer- curio avrebbe dovuto subire nel termometro un movimento tutto in opposizione con quello prodotto dal cambiamento di volume e per conseguenza di capacità; nel primo doveva appa- rentemente far diminuire il volume del secondo. D' altronde perchè attribuire al solo mercurio e non all' alcool la stessa proprietà, se è comune anche ai fluidi.^ Io [)oi in quella mia Memoria ( Dell' incertezza nel determinare il punto del ghiac- cio ecc. Giornale di Fisica di Pavia anno i8ia pag. 27.3 ) aveva piovato all'evidenza che nò il mercurio, né l'alcool influivano per loro stessi nel fenomeno dello spostamento. 9^ Sullo spostamento del meucuiuo ce. Il cliiarissimo Sig. G. Lihri ( Memoììa sulle determina- zione della scala nel termometro dell' Accademia del Cimento, yìnnnl. de CJiim. et Pliys. T. XLl i83o) aveva trovato clie in alcuni tcnuoaietri dclT antica Accademia del CinuMito i i- inessi nel ghiaccio, lo spirilo di vino in essi contenuto discen- deva allo stesso o quasi allo stesso punto originario. Egli gen- tilmente mi aveva mostrato nel suo passaggio da Milano questi termometri, siccome molti altri ne aveva io veduti nel Museo di Firenze, e nell'Università di Bologna. Devo dunque pre- mettere che i gradi di questi termonietii già poco Ira loro distanti non sono già tracciati so[)ra scale di legno, carta, o metallo come si fa adesso, ma vi sono divisi i gradi immedia- tamente sul tuho stesso teirnometrico con alcuni glohetti di vetro, o smalto colorato fusivi sopra, ossia perline alternanti ogni cinque o dieci nere con una hianca, o viceversa per po- terli più facilmente contare. Ora oltre all'essere questa divi- sione molto grossolana di modo che lo spazio occupato da ogni gloLetto e([uivaleva in alcuni di (|ue' termometri a poco meno deirintervallo fra un grado e l'altro, non si sarehhe potuto per conseguenza ben precisare il punto di ciascun grado dove incominciava e dove finiva: per quanto poi fosse stata glande l'abilità dell'artefice, ossia del gonfia, che certo era grandis- sima,non era possibile clic potesse sempre fissare alla lucerna i globetti equidistanti, né potenvasi più correggere un errore commesso. Non era poi possibile di potersi eseguire questa graduazione rimanendo lo spirito nel bulbo e lungo il tubo, perchè come ciascuno può immaginarsi, dovendosi fondere quel globetto di vetro e saldarsi sulla superficie del tubo, bisognava che il tubo stesso participasse in que' punti ad una tempe- ratura altissima di vetro rovente, alla quale sicuramente non avrebbe potuto reggere il liquido contenuto e ne veniva di necessità la rottura del tubo medesimo. Ora nessun mezzo ri- maneva, a mio avviso, per segnarvi e per eseguire la scala se non che dopo rienq)ito il termometro, e fissati in (jualunque modo i punti principali della divisione, votare nuovamente lo strumento. Del Canonico Angelo Bellani 93 e perfettamente asciugarlo internamente ( operazione lunga e difficile in tnl)i così capillari); e quindi applicarvi al dardo della lianuna (jue' globetli ai punti prima marcati; e poscia novamente introdurvi lo spiiito e in quella quantità che do- vesse corrispondere al grado della temperatura indicata, chiu- dtMidosi infine ermeticamente. Ora facilmente si scorge che oltre a tutte le altre cause già da me assegnate che potevano concorrere a diminuire ne' termometri a spirito la già piccola differenza del loro spostamento in confronto a quelli a mer- curio, la costruzione stessa della scala in quelli dell'Accade- mia del Cimento vi doveva maggiormente contribuire. Ma che giova produrre nuovi argomenti e nuove sperienze riguardo allo spostamento, se il fenomeno del cambiamento di volume nel vetro, come anche nell' acciajo per eifetto della tempera o del lento raffreddamento era già stato osservato in Italia, e pubblicato già da pii^i di un secolo e mezzo? Magisterii naturae et artìs. De Lanìs. Brìxiae i68ó. Tomus secundus. De motu rarefactionis et condensationis liber octavus: pag. 344- " 5 LVII. Vitrum, si postquam igne incanduit, aquae im- mergatur, majus spatium occupat, quam antea ignitionem; sic eadem virga, quae dum candesceret igne elungabatur, et lente refrigerata pristinae longitudini restituebatur, si post ignitio- nem subito frigore afficeretur per immersionem in aquarn aut alium liquorem, non recuperabit pristiuam longitudinem, sed notahillter longior remanebit. Narrat etiam Geminianus Mon- tanarius, guttam seu globulum solidum ex vitro prius tempe- ratum, id est post ignitionem subito aquae immersum, et deinde ponderatum tum in aere, tum in aqua, deprehensum esse habere molem aequalem granis ejusdem aquae 47 jz' Deinde vero, cum ipsum vitrum rursus candefactum sponte ac sensim re- trigescere permisisset, bilance appensum niliil prioris ponderis in aere ammisisse cognovit, at vero in aqua illud ponderan- do, animadvertit ejus molem fuisse imminutam, ita ut aequa- ret grana ipsins aquae 46 4/'°' ^^ proinde moles ista ad prio- em ejusdem vitri molem se haberet ut 46 ad 47- 55 94 Sullo spostamento del .■mercuiiio ce. „ 5. LVIII. Alia minore guttiila (ut refort idem Auctor) in aere et in aqua examiiiata, tuia ante, tuni post ammissam priorem temperaturam ( quam aminisit mediante ignitione lou- giore , scilicet semilioraria ) adeo immiiiuta est, ut moles ad luolem esset ut 100 ad 96 ^ ; cum prioris guttae, inoles fuerit ut ICO ad 90 }. Observavit euim etiam in aliis solidis globu- lis, quo diutius candescunt in igne ita tamet) ut non patian- tur tusionem, eo niagis molem eorum imminui. Forse ( subit auctor ) perchè nieglìo vanno poco a poco condensandosi , ed unendosi a Inogo loro le parti, che forzatamente stavano des- tese e rare, perchè di poi in certo spazio di tempo , come di due ore incirca, non s'' addensano piìi , se non si fondono in modo die le gallozzole dì dentro si diminuiscano (i). ,, ,, § LIX. Idem auctor diversa adducit expcrimenta a se ipso habita, quibus ostendit duritiem ciialybis majoiem dnri- tie ferri non provenire ex eo quod f'errum densius evadat me- diante temperatura, ut plurimi judicant, siquidem , ut ipse asserit ( quod etiam verissimum est ) ferrum temperatum le- vius esse in ispecie , adeoque minus densum , quam ferrum simplex. Primo, inquit iile , frustulum chalybis temperatum per- fecte, seu ut ajmit a tutta tempra^ exliibult pondns propor- tionaliter ad aecjnalem molem aquae, ut 7716 ad looo. illud idem frustulum distemperatum fuit ad ipsam aquam ut 7791 ad 1000. Secundo. Idem IVustulum exi"uo caloie rursus tempera- tum fuit in dieta ratione ut 7779 ad 1000 ec. ce. ,, Liber undecimus. De adliaerentia paitium ad invicem in eodem corpore, et de resistentia discontinuationis. Gap. I. pag. 4^7- 5. Vili. Dum ferrum ignitum et consequenter etiam di- latatum et cxteiisum ad majorem molem, extinguitur in aqua, (1) Ni- abljKuiio un l'Sempio nelle coji dette L.igriuie bataviclie. Del Canonico Angelo Bellani 95 licet itenuii condensetur, et coarctetiir fere ad priorem mo- lem ( tantilluin enim nianet dilatatum) partium, tanien nexus et niulua adhaerentia, qua frixioni resistit, plurimum minui- tur, ut patet ex eo, quod frangibile evadit. Quod si in igne rursus coquatur et sensim per se ipsum frigescat, priorem par- tium consistentiam, ductilitatem, et firmiorem nexum recupe- rat, et simul eamdeni prorsus molem, quam antea obtinebat.,, 90 SULL'ERIGERON SICULUM DI LINNEO JASONIA SICULA DE-CAND. rnODR. MEMORIA DEL PROFESSORE CAVALIER GAETANO SAVI RiccviUa adi 25 Noi'cmbre i838. \_/r son rjuarant'aiini eh' io parlai di questa pianta nella Flora Pisana Tom. a. pag. 281 , e la chiamai Solidago pratensis. Mi parve suhito in sul principio che ella dovesse essere r Erìgeron slculum di Linneo , e me lo confermava la man- canza del raggio indicata da Linneo stesso nella diagnosi di questa specie ( Spcc. Piantar. T. 2,. pag. laio); ma da un altro lato io non ci trovava 1' invoglio superante il fiore in altezza, come gli è attribuito dalla frase dello Species ; e la seguente Sinonimia appostavi da Linneo serviva piuttosto a confondermi che a dileguare i miei dubbj. Conyza sìcula annua, folììs atro-vìrentibus, caule rubente. Eocc. sic. pag. 6a tab. 3ìì; fig. 4- Morison Hist. 3; p. ii5. Sect. 7 ; tab. 2.0. fig. 28. Conyzae Specìes folììs Vìrgae aureae. L Bauli. Hist. 2, p. 1089. La figura di Boccone, per vero dire, non ci disconver- rebbe, anzi ella mostra l'abito della pianta, e le foglie vi son ben rappresentate, ma in quanto ai fiori, tutti quei filamenti che ci si vedono mi lasciavan dubbioso se dovevo prenderli per squame degli antodj , o per pappi; né la descrizione da- tane dal Boccone serviva ad illumiudrmi, perchè da essa altro non si rileva se non che i fiori son color d'oro, e meno compatti Sull' Erigeron SrcuLUM ec. 97 di quelli della Conyza minor vera, cioè àeW Erigeron gra- veolens, il che non è vero , percliè anzi lo sono molto dì più. La figura del Morison è una copia di iquella del Bocco- ne, e copia pure ne è la descrizione. In quanto poi alla cita- zione di Giovanni Bauhino pare che la vi sia messa espres- samente per confondere. La figura mostra foglie grandi, lan- ceolate, e dalla descrizione si sente che i fiori son muniti di raggio. Tutti questi riflessi m' impedirono di risolvermi a tenerla per r Erigeron Siculum, e trovandoci qualche analogia coWEri- geron graveolens, che nella Flora Francese di Lamark vedeva collocato nel genere Solidago , in questo genere pure io la collocai e la chiamai Solidago pratensis. EH' è una pianta co- munissima ne' prati intorno a Pisa, ove trovasi fiorita nel Set- tembre e neir Ottobre. In processo di tempo giunsi a conoscere che per consenso unanime de' Botanici eli' era tenuta per 1' Erigeron Siculum di Linneo, ed ebbi la soddisfazione di vedere che la mia idea di collocarla fralle Solidagini non era punto strana , giacché anche De-CandoUe nella Flora Francese T. 4- P- '4° (1800) confessò che anzi che agli Erigeron alle Solidago era meglio assocciarla. Fu poi riposta fralle Conyza^ e dopo che si è portato il pili acuto e dettagliato esame sugli organi florali delle com- poste, e se n' è voluta regolare la classazione sulle differenze loro le più minute, il che (sia detto in passando) non pare che abbia favoriti i progressi della Scienza : la pianta di cui si tratta, fu staccata àaW Erigeron , dalla Conyza, dalla Soli- dago, situata in differente Sotto-Tribù in un Genere creato dal Cassini, adottato da Lessing e chiamato Jasonia, del qual ge- nere ecco i caratteri , come da De-Candolle sono esposti nel Prodromo. Gen. JASONIA. Capìtuluni multiflorum heterogamum , jloribus rada Ugulatìs foemineìs uniserialibiis, aut homogamnm florìbus omnibus tubulosis quinquedentatis hermapJiroditis . Tomo XXII. ' N r)8 Del Prof. Cav. Gaetano Savi Reccptacìilnm suhalveolatuni planum. Involitcrum imbricatum disco circa acquale^ sqiianiis linearibus acufis: AntJierae basi setis caudatae. Achaeniuni vìllosum ohlongo-cylindracemn basi attenuatum. Pappus hiserialis utrinrjue setis filiformìbus har^ hellatis , exteriorìhus brevissimis , interìoribus corollani fere aequantibus. Sect. EUJASONIA. Capitula radiata aut subdiscoidea. Achaenia teretiuscula undique villosa. Pappus interior multi ( I0-20 ) setus. Jasonia sicula Jierbacea creda subi'illosa , radice gracili, foliis radicalibus lanceolatis dentatis , caulinis linearibus basi auriculata serniamplexicaulibus integerrimis, ramis parce fo- lìosis . Var. a discoidea floribus margiualibus subtubulosis , aut in ligulam involucro breviorem fissis. Jasonia discoidea. Cassini. Dict. Scienc. Natur. Con/za sicula annua: lutea etc. Bocc. Sic. pag. 6a. tab. 82. fig. 8. Il Cassini air articolo Jasonia discoidea nel Dizionario di Scienze naturali, riferisce esattamente tutti i caratteri generici che in essa si riscontrano, ma non menziona i caratteri spe- cifici. Questi per altro gli aveva già esposti nella stessa Opera, all'articolo Diniorphaatìies sicula., ove si vede che descrive accuratamente 1' Erigeron Siculum, ma ciò facendo non pose mente agli organi dai quali si desumono ì caratteri generici, poiché non può questa pianta porsi nel genere DimorpJianthes cui sono assegnati gli ovarj compressi e il pappo uniseriale. Chiaro pertanto apparisce che il Cassini quando scriveva l'ar- ticolo/a.sora/<2 discoidea., aveva scordato quello che aveva scritto all' articolo Diniorphanthes sicula., oblivione che non sorprende, considerando la farragine e il caos di cose e di nomi fra i o quali doveva trovarsi avviluppato quando scriveva 1' abbozzo della Sinanterologia. Due altre citazioni sono nel Prodromo di De-Candolle., e sono le appresso. Sull' Erigeron Siculum ec. 99 Conyza sìcula. Poiret Eiic. Bot. Suppl. che in nessun modo però conviene alla pianta di cui si tratta , come facilmente deducesi dalla seguente frase specifica che nella citata opera vi è apposta, cioè Conyza puntila folììs suhoppositis filìformi- bus acutis glabris flore solitario , e dalla ivi riportata figura del Boccone Mas. pag. 145. tav. 109. Ilelychriso Sylvestris si- rnilis tota viridis, figura che per i capolini solitarj sopra lun- ghi e nudi peduncoli somiglia molto la Conyza saxatilis. Biso- gna per tanto togliere dalla Sinonimia dieW Jasonia sicula, la Conyza sicula di Poiret. L' altra citazione che si trova nel Prodromo è quella dell' Inula chrysocomoides Lamark. Encicloped. Inula foliis semiam' plexicaulibus , linearibus margine revolutis perpaucis, peduncu- lis unifloris, e questa ci conviene^ malgrado che sia una pianta Ungulata, sapendosi che VErigeron siculum varia dal discoideo al raggiato, ma la figura che vi si cita dall' Illustr. des Genr. PI. 680 n.° 3, non ci ha la minima somiglianza, e non serve che ad imbrogliare, onde bisogna sopprimere la citazione di questa figura, e riportare l' Inula chrysocomoides alla varietà che nello stesso Prodromo è chiamata Jasonìa sicula 3 radiata. Ecco pertanto che la nostra pianta ha figurato con tutti gli appresso diversi nomi, i. Erigeron siculum. 2. SoUdago pratensis. 3. Conyza sìcula. 4- Dimorphanthes sicula. 5. Jasonia discoidea. 6. Jasonia sicula, cui bisogna aggiungere: 7. Tubi- lium siculum che così fu chiamata da Fischer e Mayer nel catalogo del Giardino di Pietroburgo per l'anno i835, quan- tunque al genere Tubilium dessa non possa appartenere, giac- ché in questo, secondo Lessing , la serie esterna del pappo debb' essere coroniforme. Ora per altro pare , che generalmente e definitivamente sarà adottato il nome di Jasonìa sicula. Esposta cosi la storia delle peripezie cui è andata soggetta la nomenclatura àe\V Erigeron siculum , conviene adesso far qualche osservazione su i caratteri stati impiegati nelle frasi per indicarlo, il che parmi che meglio non possa farsi che 100 Del Prof. Cav. Gretano Savi riportando le frasi stesse clic dai diversi Autori sono state adoprate. Erigeron siculuni cnlycìnìs sqiiamìs ìnferìorìhus laxìs fio- rem superantìbus Lin. Spec. Plant. Erigeron siculum squamis calycìnìs ìnferìorìhus laxìs florcin siiperantlhiLS, pedunciiUs foliosis. Murr. Syst. Veget. Solidago pratensis caule corymhoso, foliìs lanceolatìs mar- gine revolutis, pedunculìs foliosis, radio nullo. Savi Fior. Pis. Conyza sicula foliìs lineari-lanceolatis scahris suhinteger- rìmìs margine revolutis, caule paniculato, pedunculìs unìflorìs foliosis; squamis calycìnìs ìnferìorìhus laxìs. Willd. Spec. Plant. Savi Botan. Etrusc. Poiret Eiic. Bot. [sub Erìg, sìculo). De- cana. Synops. Erigeron siculum squamis calycìnìs ìnferìorìhus laxìs florcni superantìbus pedunculìs foliosis, foliìs lineari-lan- ceolatis scahris subdentatis margine revolutis. Pers. Synops. Conyza sicula caule herbaceo paniculato , foliìs lineari- lanceolatis scahrìusculìs subintegerrìmis margine revolutis, pe- dunculìs unìforìs foliosis ìnvolucrìs, squamis Ìnferìorìhus laxìs. Loisel. FI. Gali. Conyza sicula foliìs Unearìbus margine revolutis scahris subintegerrìmis, caule ramoso, ramis unìflorìs patentìbus, squa- mis anthodii Ìnferìorìhus laxìs. Spreng. Syst. Veget. Conyza sicula caule erecto laevì ramoso , foliìs inferiori- bus lanceolatìs , superiorìbus Unearìbus ìntegerrimis margine revolutis, capitulis panìculatìs. Duby Botanic. Gallic. Linneo, e Murray il quale quasi altro non fece che co- piar Linneo, assegnarono aW'Erìgeron siculum le squame infe- riori dell'invoglio superanti in lunghezza la calatide, il che, come di sopra ho detto, non è vero, e non è neppur vero che tali squame siano lasse, come in tutte le surriferite frasi, due sole eccettuate, è asserito: ma c'è una circostanza che può aver dato luogo a giudicar lasse le squame inferiori dell' invoglio, ed è che nella maturazione de' frutti, quando la calatide comincia ad aprirsi, le foglie superiori del rametto, piccolissime, e simili a quelle dell' invoglio, e talvolta a quello Sull' Erigeiion Siculum ec. loi afi'atto contigue, si piegano in giù, e a prima vista sembra che siano squame involucrali inferiori. De-Gandolle nel Prodromo , e Duby hanno saviamente omesso nelle loro frasi questo carattere equivoco, ed aggiun- gendo alla frase del primo che le foglie ramee hanno ì mar- gini reflessi^ alla frase del secondo che le stesse foglie sono orecchiute alla base e semiamplessicauli, ed indicando che le foglie cauline son lanceolate, si avrà la miglior frase che alla pianta in questione possa convenire. Jasonia sicula ìierbacea creata suhrillosa panìculata, foliis cauliìiìs lanceolatis , rameis linearibus margine revolutis , basi auriculata semiamplexicaulibus . Malgrado che questa Specie sia stata tanto discussa, pure non esiste finora della medesima, almeno a mia notizia, una figura tale che serva a farne acquistar facilmente un' idea chiara, ed io ho cercato di supplire a questo difetto colla ta- vola qui unita, nella quale si rappresenta al N.° I la parte superiore d'un individuo àeWa. Jasonia sicula^ di grandezza naturale con i fiori disposti a pannocchio su i rametti uniflori: le foglie cauline lanceolate a^a,a: le ramee lineari con i margini reflessi, auriculato-semiamplessicauli alla base è, ^, b, N.° a. Il ricettacolo subalveolato in piena maturità, nel quale stato è leggermente convesso, colle squame dell'invoglio deflesso e sul rametto che lo regge , alcune foglie ramee , il tutto moltissimo ingrandito. N.° 3. Un fiore femminino periferiale. a. Corolla fessa longitudinalmente quasi fino alla base del lato interno, non distesa in linguetta, ma tubulato-infun- dibuliforme, tridentato nel lembo, col nervo marginale de- currente. b. Lo stilo con i rami stimmatici armati in giù. e. L' Achena bislungo-cillndrica assottigliata alla base, pelosa, con alcune glandole globose pedicellate nella parte superiore. 103 Del Pjiof. Cav. Gaetano Savi d Serie esterna del pappo di palee lineari molto corte , liiieari-lanceolate acute. e. Serie interna del pappo dì setole filiformi, Larbcllate, lunghe tre quarti e più delia corolla; il tutto moltissimo in- grandito. N." 4- Una delle cinque antere del tubo auterifero d' un fiore ermafrodito in cui a V appendice terminale lanceolato- acuminata. b. b. le appendici basilari o code: il tutto moltis- simo ingrandito. ^^^•«^►< — -- \l .Jic^i_^ ^/,; J?:,;^« ^,, . y/-^^^. yi Xjr.^'y ■ /6<5 io3 INTORNO AD UNA SPEZIE DI FALENA mUVEKUTA IH LOKIGO NEL MDCCCXXX. CONSIDERAZIONI DEL DOTTOR FRANCESCO ORAZIO SCORTEGAGNA SOCIO ORDINARIO DELLA CESAREA R. ACCADEMIA DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI DI PADOVA NONCHÉ DI ALTRE ILLUSTRI SOCIETÀ PRESENTATA DAL SOCIO SIGNOR PROFESSOR GIOVANNI SANTINI APPROVATA DAL SOCIO MONSIGNOR CAMILLO RANZANI Ricevuta adi io Luglio i838. I. -T u creduto da molti, che la foglia del gelso fosse dall'Au- tore Provvidentissimo dell'Universo conceduta al mantenimento de' Bachi da seta esclusivamente a qualunque altra spezie di Bachi ; ma questa opinione non regge ad un fatto da me os- servato come egli si fu, che anzi esser falsa in se stessa io spero di poter dimostrare. In fatti se i Bachi da seta hanno assoluto bisogno di cibarsi della foglia di gelsi, né altro cibo fuori di questo è ad essi proprio ( giacché fino ad ora non è noto qual mai altro vegetabile siasi da zelanti coltivatori rin- venuto adattato per ridurre a termine la metamorfosi condu- cente al perfetto stato di essi ) non è perciò che qualche altra spezie d'insetti non abbia in comune col baco da seta la stessa foglia. Se questa proposizione sia per essere ammissibile o non lo sia, spero che risulterà da ciò che passo ad esporre. a. Nel giorno primo di Giugno del i83o trovandomi pre- sente alla somministrazione della foglia de' gelsi pel pasto a'bachi da seta, mi accorsi essersi posato sulla mia giubba un picciolo I04 IxTOaNO AD UX.V SPEZIE DI FaLENA bruco che a prima giunta parvemi simile al baco da seta, ma guardato bene, vidi che differiva nel colorito ch'era bian- chiccio tendente al rossigno, e difTeriva ancor più a cagione della sua piccolezza in confronto de' miei bachi li quali in (juel dì erano nel massimo ingrandimento di corpo, essendoché si accostavano alla maturità. Egli fu perciò che mi invogliai di prenderlo ad esame. o. La forma di esso era quale si vede delineata alla fìg. I. Di fatto avea dieci piedi, cioè sei pettorali, due caudali, e due sotto caudali. La sua mossa eseiiuivasi a ondate come fanno le sanguisughe, per lo che fui d'avviso di riferirlo a quella divisione delle Falene che vengono dette Geometre. 4- Allora pensai di porlo in un vaso di cristallo, la cui superiore apertura fu da me chiusa con invoglio di carta da molti forellini traforata, affinchè il bruco non potesse sottrarsi alle mie osservazioni ed avesse a godere il benefizio dell'aria vitale. E siccome 1' averlo rinvenuto là dove si somministrava la foglia pei bachi, fece in me nascere il sospetto, che della foglia stessa si andasse cibando, così fui indotto a porre nell'al- berello alcune foglie di gelso unitamente però a diverse erbe di prato, ninna delle quali, malgrado della maggior diligenza adoperata, si potè conoscere se esso avesse rosicchiata, ma sa- lito invece sopra le foglie di gelso se ne cibò. Pertanto avvi- sai di rinnovargli consecutivamente li pasti due volte almeno per giorno colle foglie dei gelsi, e di queste secondo il pro- prio bisogno mangiava ogni giorno per satollarsi' 5. Ogni giorno pur anco deponeva le feccie le quali erano conformate a guisa di quelle de' bachi da seta, ad eccezione, che erano queste in confronto di quelle più piccole propor- zionatamente alla piccolezza del bruco. Tutte le funzioni cor- poree furono regolarmente eseguite fino al giorno ii. Giugno, giorno in cui nulla mangiò, e si collocò a canto del fondo del vase formante angolo colla circonferenza e là immobile se ne riniase. Il giorno la di detto mese si vide raccorciato in lunghez.za ma cresciuto alcun poco di grossezza. Del Dott. Francesco Orazio Scortegagna ro5 II i3 era divenuto di una terza parte più piccolo in lun- ghezza e proporzionatamente più grosso. Il 14 si tramutò in crisalide, spogliato essendosi della cute che lo ricopriva nello stato di bruco. 6. Questa crisalide nella parte anteriore cioè dalla metà sino al capo eli' è quanto il dire, dalla metà sino alla più grossa estremità era adornata di colore verde-porro bellissimo, nella parte inferiore poi, cioè dalla metà sino alla estremità acumi- nata apparve di colore castagno. Nel finire del giorno anche il bellissimo colore verde-porro si tramutò in verde carico e poi in colore di castagno oscuro. In tale stato si rimase sino al giorno primo di Luglio susseguente, giorno in cui si svolse la Falena: ed eccone i caratteri specifici. F. pettiniccorniita due palpi visìbili , ale sottorotondate , fimbriate argenteo-bigie , con linea ferruginosa ambiente uno spazietto triangolare nella parte superiore ; ed alla parte in- feriore contrassegnate da macchia subtriangolare ferruginea in sito corrispondente alla impressione superiore ; le ale stesse guarnite da due righe nerastre a ghirigoro al dì sopra, e al di sotto da macchie fosche, il corpo cinereo fasciato con otto striscie nereggianti, lingua spirale, §. II. 7. Conviene por mente nella distribuzione degl' insetti a qual posto debba collocarsi questa Falena; perciò eseguire a preferenza di ogni altro si scieglie il sistema del Sig. Lamarck. Però in primo luogo si osserva che il bruco ha dieci piedi, cammina geometricamente, cioè perticando il suolo in quella guisa con cui muovonsi le mignatte; in secondo luogo si os- serva che le ale inferiori della nata Falena sono più piccole delle su[ieriori, che però dee riporsi tra le Falenidì nel novero dei Lepidotteri notturni^ e tra questi nella prima divisione cioè a quella delle Falene Geometre siccome di sopra si è accen- nato ; si osserva finalmente che questa Falena ha le antenne Tomo XXIL O ic6 Intorno ad una spezie di Falena setacee, due palpi, lingua spirale, sicché considerando die sempre ha coutinuato a pascersi delle foglie del gelso , nella contingenza di dover darle un nuovo nome specifico sembrami che potrebbesi denominare Falena del Gelso ( Phalaena nioris, NacJitfalter des jnuulheerbaitm ). 8. Non nego per altro, che questa per avventura non possa essere spettante a quel novero di Falene che di ogni sorta di erbe si pascono e che chiamansi 07?z«2Vore ; ma se delle fo- glie del gelso si nutre esclusivamente, non impropria mi ras- sembra la presente denominazione. Vi avrà forse alcuno che mi riprenderà , perchè affine di distinguere questa specie di bruco abbia io adoperata la medesima dizione di cui si servì il Linneo riferita da Gmelin alla pagina 24i3.Edin vero ne- gare non posso che la cosa non sia in questi termini, ed ac- cordar debbo altresì, che qualora si lasci sussistere la deno- minazione Linneana , potrebbe nascere confusione tra queste due spezie di Falene. Che però a togliere ogni ambiguità, mi è convenevole far conoscere avermi prevenuto il soprallodato Sig. Lamarck come si può vedere nel Torno III , a pag. 5G3 della storia Naturale degli Animali invertebrati: poiché potrà otrni uno rilevare che il baco da seta fu da esso chiamato Jìomfjìce del gelso: Bombix mori {seìdemviiTin), Qnindi equi- voco non può esservi applicando a questa nuova spezie il no- me di Falena del gelso: V\ìd\ie,i\a.mon[ NacJitfalter des maul- beerhawn ). g. Esaminato avendo varie opere di accreditati Entomo- logi rinvenni avere la nostra Falena rassomiglianza colla Fa- lena Tiircarìa di Fabricio, ma differisce da (juesta per la man- canza della lunula bianca delle ale, che per verità si riscontra esservi impressa nella Turcaria. Non appartiene dunque la nostra alla detta spezie. IO. Questa Falena nata, come dissi, il giorno primo di Luglio tenuta in serbo per entro all' alberello medesimo fu da me nel terzo giorno di Luglio rinvenuta morta , trascorsi essendo tre ffiorni inclusivi dalla sua nascita. Vivente tramandò Del Dott. Francesco Orazio Scortegagna IC7 degli escrementi scorrevoli rossastri nei quali , guardati alla lentCj non potei scorgere verun indizio di uova ; perlocchè puossi inferire , che non appartenesse a sesso femminile. Ol- tre a tale prova negativa ve ne sono altre che obbligano a ritenere che fosse maschio: primo perchè il ventre ossia l'ad- dome è poco rigonfio; secondo perchè è dotato di ale intie- rissime e bene conformate, mentre le femmine di tal genere hanno soltanto un cominciamento di ale , proprietà comune alle Farfalle provvenienti dalle Geometre. II. Non essendosi potuto rinvenire altro individuo fuori di questo non posso alle già dette cose aggiungerne verun'altra per lo che rimaner debbo silenzioso. Peraltro in quelle regio' ni del globo, ove abiti in copia questa spezie di Falene, po- tranno gli Entomologi studiarne le proprietà e renderle note a comune istruzione. S- ni- la. Rimane pertanto a conchiudere intorno a questa Fa- lena, che essendosi cibata della foglia del gelso, ch'essendo vissuta mediante questo alimento, e che avendo compiuta l'in- tiera e regolare metamorfosi a cui la natura la destinò, il baco da seta non è il solo insetto che possa nudrìrsi di questa fo- glia; e quindi ne segue che una spezie di pianta può essere atta ad alimentare più di una spezie di insetti restando con ciò dimostrata falsa la idea di quelli che credono, che ogni pianta abbia una sola spezie di bruco a poter nudrire. Un sif- fatto particolare si può leggere nel dizionario di Storia Natu- tale pubblicato a Parigi e ristampato in Venezia nel i 804 all' articolo Chenìlle , dove così si esprime " on a cni et V on croìt encore assez ordinaìreinent que chaque piante a son espèce particuliere de chenilles qui Elle nourìt. On pourroit plutót douter s' il peut y avoir une seule espèce de chenille à qui la nature n' ait assigné poiir alinient qu une seule espéce de piante ou une seule substance. Si cela existe , ce n' est sans doute que dans ces espèces que leur petitesse dèrobe entierement lo8 Intorno ad una spezie di Falena a nos yeux et leiir perniet de vivre partout ou elles se trou- vent. „ i3. La nostra Falena non essendo tanto piccola per na- scondersi alla nostra vista, servirebbe vie meglio per risolvere il quesito al quale si riferisce la ricerca fatta nel testé ripor- tato paragrafo di quel Dizionario ; clie fu quella di riconoscere se una tale spezie di bruco si pasca esclusivamente delle fo- glie di gelso, ovvero pur' anco di altre erbe. A tale scopo dal ]83o in poi non mancai di farne assidua ricerca , né mi fu mai possibile rinvenire alcun altro individuo consimile. Sic- ché non essendo in mio potere il dare una suflìciente solu- zione del quesito in discorso, debbo a mio malgrado rimetterla alle indagini degli Entomologi abitatori di quelle contrade, o a meglio dire di quelle regioni, ove soggiorni una tale spezie di insetto, poiché allettato forse da temperatura più propria allo sviluppamento suo, egli è molto probabile il credere, che in quei luoghi vi faccia stabile dimora. Perciò colà medianti osservazioni continuate, oltre alle da me fatte investigazioni, potranno essi Entomologi conoscerne ad un tempo le abitudini ed a noi trasmetterle aggiungendovi le buone o cattive qua- lità della medesima spezie. S- IV. Spiegazione delle Figure. 1^, Fig. I. Il bruco nella naturale piccolezza. Fig. II. Il bruco medesimo ingrandito alla lente, in cui osser- vasi sotto le lettere. a. a. Due piccole tuberosità nella fronte. b. h. Due tentoni uncinati laterali alla bocca delle quali parti si darà la descrizione nella fig. III. e. Sommità del capo dal qual punto discendono due peli che vanno a terminare ciascuno all' angolo rispettivo della bocca. Del Dott. Francesco Orazio Scortegacna icg g. g. g. Li tre piedi squamosi del destro Iato corrispondenti ad altri tre dell'opposto lato. ij i. Li due piedi membranosi, dei quali il primo caudale, il secondo sotto caudale , simili agli altri due nel lato si- nistro. In questa figura vengono ad osservarsi li nove forellini o sti- mate inservienti alla respirazione, simili agli altri nove dell'opposto lato, che però risultano in tutto n.° 18. h. Bitorzolino rugoso a cui ne corrisponde un altro al lato opposto. Si r uno che l' altro situato sopra la quinta fascia cominciando a numerare dal capo dell'insetto che al pari degli altri bruchi possedè N.° la di dette fascie. Fig. in. La testa dei medesimo insetto ingrandita al micro- scopio. In questa figura ad evidenza si oserva in a. a. Due prominenze fatte a guisa di corna. b. h. Li due tentoni 1' uno di qua l'altro di là della bocca. e. Apice ossia sommità della fronte fra le due prominenze suddette, la quale sommità nello stato di Farfalla costi- tuisce r elmo. Dalla sommità stessa li due peli o le due piumicelle, che dire si vogliano discendono in basso per terminare al rispettivo angolo della bocca. Queste piumi- celle continuate superiormente si producono sino alle due prominenze a, a, le quali nello stato di farfalla svol- gonsi per formare le antenne. d. d. La bocca aperta, le cui mascelle sono munite di seghe cartilaginose. e. e. Sei occhietti ad ambi i lati della testa. Detti occhietti sono disposti circolarmente j cinque dei quali occupano tre quarte parti di circolo , il sesto situato nel centro è maggiore degli altri , li quali diminuiscono notabilmente cosicché li due ultimi sono piccolissimi. Tutti sei hanno forma sferica e colore nerissimo, sostanza cornea. /. Finimento del capo là dove comincia il collo ossia per me- glio dire il corpo del bruco. Ilo Intorno ad una specie di Falena Fig. IV. La Falena del bruco superiormente descritta. iV". B. Si avvertono gli Entomologi che bramassero esa- minare l'individuo testé descritto, che lo ritroveranno collocato neir I. R. Museo di Storia Naturale di questa Università di Padova, posciacliò in veruna collezione di Verona, di Bassano, di Venezia, e precedentemente di Padova medesima non mi venne fatto rinvenire alcun Archetipo di questa spezie. ^/ce>/? ae ^^ueca .'yoir: j/i^^. ^7^ J^yAl /it^c/ito. /'"y '^Kàjr. S .? 8 \, Ili DELLA DISTRIBUZIONE DELL'ELETTRICO NE' CORPI CONDUTTORI MEMORIA DEL DOTTOR GIUSEPPE BELLI PROFESSORE DI FISICA nell'i. R. liceo di porta nuova in MILANO Rice futa adì 28 Ottobre iSSg. I. Jja sperienza ha fatto conoscere già da molto tempo che 1' Elettricità, sia positiva sia negativa, si distribuisce nei corpi conduttori unicamente alla superficie. Ed è noto dal calcolo, pure da molto tempo, che per riguardo alle sfere e a diversi altri corpi la distribuzione dee necessariamente aver luogo a questo modo, quando le parti del fluido elettrico si respingano fra se, in ragione inversa dei quadrati delle distanze, e vengano attratte secondo la legge medesima dalla materia pesante de' corpi. Dal che si ha una assai valida ragione per credere che il fluido elettrico sia effettivamente soggetto ad una ripulsione e ad una attrazione dotate di questa legge. Convinto dell'im- portanza di una siffatta conclusione, tanto più che da molti distinti fisici non si reputano affatto sicure le altre ragioni che si addussero a di lei sostegno (i), ho cercato di darne una dimostrazione elementare e rigorosa , mediante la quale anche coloro che non sono molto inoltrati nelle matematiche, si possano persuadere che le azioni cui è soggetto il fluido elettrico, considerate da molecola a molecola, seguono la ra- gione inversa de"" quadrati delle distanze. Ed è questo 1' og- getto della prima parte della presente Memoria. (i) Volta Collezione delle Opere, T. I. parte 3. p. 71. Kamtz, citato nel Gehlers Physikalisches IVurterluch neu bearheìtet , Leipzig iSaS e seg., art. Elektrometrie , p. 698, ec. Ila Della distribuzione dell' elettuico ec A questa dimostrazione, la quale a dire il vero nulla ar- reca di nuovo alla scienza, ma solamente avvalora ciò che era già conosciuto, aggiungo nella seconda parte della Memo- ria alcune altre cose le quali non credo ancora trovate da altri. Era ben noto fino dai tempi di Priestley e di Cavendish, che quando le azioni elettriche seguano la ragione inversa de' quadrati delle distanze, dee 1' Elettrico ne' corpi sferici distri- buirsi unicamente alla superficie (i). E Poisson estese la di- mostrazione alle elissoidi e ai sistemi di due sfere, sì toccan- dosi queste ultime come trovandosi a qualche distanza (2). Ma nessuno, a quello che io sappia, l'aveva estesa a tutti i conduttori in genere (3). Ed è appunto questo quello che io ho procurato di fare nella detta seconda parte della pre- sente Memoria (4). (1) Priestley, Storia dell' Elettricità tradotta in francese', Parigi 1771 , T. III. p. 463. Cavendish, Pldl. Trans. 1771. p. SgS, 694. e SgS. (2) Memorie dell' Istituto di Francia, Classe delle Scienze matematiche e jis'iche, anno 181 r, Parte I. p. i e seg. Parte II. p. i63, e seg. (3) Nelle Memorie dell'Accademia di Parigi pel 1786, p. 76. si trova su ciò un tentativo di d.mostrazione fatto da Coulomb, ma assai imperfetto e affatto lontano dal rigore matematico. (4) Parecchie delle conclusioni ottenute in questa memoria si trovano già esposte per estratto nel terzo Volume del mio Corso Elementare di Fisica, a p. 3a, ii4j 141, IJ5, 178. Del Dott. Giuseppe Belli i i 3 PARTE PRIMA DELLA LEGGE DELLE AZIONI OPERANTI SUL FLUIDO ELETTRICO. PROPOSIZIONE l.' a. Una quantità qualsivoglia di una materia repulsiva le cui parti si respingano in ragione inversa dei quadrati delle di- stanze, e die sìa distribuita uniformemente in una superficie sferica , non esercita azione veruna verso i punti collocati neW interno di questa superficie (i). DIMOSTRAZIONE. Sulla superficie di una sfera, della quale sia AFBE {fig. i ) un cerchio massimo , suppongasi distribuita uniformemente una materia che sia condensata unicamente su questa super- ficie senza occupare nessuna grossezza, e le cui parti eserci- tino un'azione respingente la quale varii in ragione inversa del quadrato delle distanze. In un punto qualsivoglia D preso entro di essa superfìcie si supponga concentrata una piccola quantità m di materia atta a sentire questa ripulsione. Si as- serisce che le azioni esercitate sulla massa ni dalle diverse parti della detta materia distribuita sulla superficie sferica , si controbilanciano e si distruggono a vicenda. Conduciamo pel punto D il diametro ADB, la retta D'DD" perpendicolare a questo diametro, e inoltre le due corde EDF, E'DF', le quali intercettino due archi EE', FF' situati in due opposti de' quattro archi AD', D'B, BD", DA; e distinguiamo (i) Questo Teorema è stato dimostrato la prima volta da Newton ne' suoi Prin- cìpj matematici, Lib. i. Prop. 70, rispetto però a una forza attrattiva. Io ho procu- rato di ridurre elementare la dimostrazione, colla piccola diversità di considerare in vece un' azione repulsiva. Molti lettori troveranno il calcolo troppo sminuzzato: il che fu per renderlo accessibile a un maggior numero di persone. Ma chi conosce il calcolo integrale, può camminar da se per una via assai più breve. Tomo XXIL P I l4 Della distribuzione dell' elettrico ec. sulla superficie della sfera le due zone che nascono dalla ro- tazione dei detti due archi EE', FF' intorno al diametro AB. E cominciamo a dimostrare che le contrarie azioni esercitate dalle porzioni di materia repulsiva distribuite su queste due zone sono fra loro uguali. De' due segmenti AD, DB del diametro AB sia AD il mi- nore. Si conducano ad esso diametro le perpendicolari EG, E'G', FH, FH'; e per mezzo di corde condotte pel punto D si divida ciascuno degli angoli EDE', FDF' in un tal numero di parti uguali, che gli archetti ee', ff ecc. corrispondenti a queste parti riescano minori della quantità — Z, dove per l s'intende la piìi piccola fra le otto rette EG,E'G', FH, F'H', DG, DG', DH, DH , e per n un numero assai grande anticipa- tamente scelto. Il quale scopo sarà sempre ottenuto quando le eguali parti degli angoli suddetti EDE', FDF' saranno si pic- cole, che venendo fatte alla circonferenza AEBF insistano su archi minori di — /. il Ciò fatto si scelgano due di questi archetti, 1' uno eé in EE', 1' altro ff in FF', corrispondenti a due angoli eDe', /D/' opposti al vertice. E si considerino le azioni esercitate sulla massa m esistente in D dalle due porzioni di materia repulsiva appartenenti alle zone nate dal rotare di essi archetti ee', ff intorno al diametro AB. L' azione spettante alla zona generata da ce' dipende da due elementi, cioè: i." Dall' estensione superficiale di questa zona; a.° Dalla media energia della materia distribuita sulla zona stessa, per ispingere la massa m verso B. Ora l'estensione di questa zona è misurata, come è noto dalla Geometria, dal prodotto a.T. corda eé . e"g", essendo 7t il rapporto della circonferenza al diametro, corda ec' la corda dell' arco ee', Del Dott. Giuseppe Belli 1 1 5 e"g'' la perpendicolare calata su AB dal punto di mezzo e" dell'arco eé . Chi non si rammentasse di questo Teorema, consideri che la corda eè è perpendicolare al raggio Ce", e che perciò il suo prolungamento fa col prolungamento del dia- metro BA un angolo che è complemento dell'angolo e"GA, ossia un angolo uguale a g"e"C5 che è anch' esso complemento di e"CA. Si ha pertanto g^: corda ee': : e"g": e"C, ossia gg'. e"C=e"g". corda ee'. Ma l'estensione superficiale della zona di cui si tratta è uguale •=. 2.7i.e"Cg^ ( Legendre, Geome^ne, Lib. Vili, Prop. XI, ediz. i8i3); dunque ella è anche z=2.Tt.e"g' . corda ee' . In quanto alla energia dell'azione respingente egli è chiaro che se tutta la materia repulsiva distribuita in questa zona fosse collocata in un punto unico dell'arco ee', la sua azione verso 7?z, considerandone 1' effetto utile secondo la direzione DB, varierebbe di grandezza secondo la particolar posizione di un tal punto unico: vi è una posizione per la quale quest' azione sarebbe massima, ossia più grande che in qualsivoglia altra posizione scelta in esso arco ee o anche in tutta 1' esten- sione della detta zona, e perciò piìi grande altresì dell'azione che dee effettivamente aver luogo secondo la DB, essendo essa materia distribuita, come si è supposto, in tutta 1' estensione superficiale della zona medesima; vi è una posizione in cui tale azione sarebbe minima , e più piccola della effettiva ; e frammezzo a queste due posizioni ve ne debbe eziandio essere necessariamente una in cui una siffatta azione uguaglierebbe esattamente la effettiva suddetta. Chiameremo quest' ultima posizione il punto di energia media della ripulsione della ma- teria di essa zona per ispingere la massa m nella direzione DB. Indichiamo con e" questo punto di energia media ( il quale però non è se- gnato nella figura per non far confusione ) ; ii6 Della distribltzione dell' eletthico ec. g" 11 piede della perpendicolare calata da e'" su AC; X r azione totale esercitata secondo DB dalla materia distri- Luita nella zona generata da ee . E sarà ■y p2ff.e"g".corflace'.^"'D essendo p un coefficiente costante. In un modo alFatto somigliante si trova che l'azione eser- citata sulla massa ni nella direzione DA dalla materia ripul- siva distribuita nella zona generata dall' arco fj\ azione che noi indicheremo con Y, viene data da Y pù.7Tj"ìì'. corrla ff. //"D essendo p lo stesso coefficiente costante di poc' anzi , /" il punto di mezzo dell'arco ff\ /'" il punto di energia media della materia ripulsiva distri- buita nella zona summenzionata, per ispingere la massa m nella direzione DA, f"h\ f'ii!" le perpendicolari calate rispettivamente dai punti r, /'" sulla AB. Per conseguenza avremo X : Y . Y- • «Vi^^orda ee'.^"'D . fh". covi]a ff. h"'D (e'"D/ • l,J"D)i Ma ne' due triangoli rettilinei ee'D, ^'D sono uguali fra loro i due angoli eDe,fDf' siccome opposti al vertice, ed uguali i due e'eD , ff'D, ossieno c'cf, ff'e\ siccome formati entrambi alla circonferenza AEBF ed insistenti sullo stesso arco e kf\ perciò si ha corda ee : corda ff': : eD :/'D ; d' onde si ricava Del Dott. Giuseppe Belli i i 7 ^r .y. . e"^"- g' 'D- eP . /"A". //"D./'D In questa proporzione le linee che compongono il terzo termine sono separatamente o uguali o prossimamente uguali ai lati del triangolo egD , e quelle del quarto termine egua- gliano ciascuna prossimamente un de' lati del triangolo D/A simile a egD. Assai poco perciò possono differire, seppure dit- feriscono, i valori di questi due termini, e cosi pure ì valori di X e di Y; e tanto più esatta apparisce 1' eguaglianza fra esse X ed Y, quanto più piccoli sono gli archetti ee,Jf. Ma per maggior rigore di ragionamento osserviamo che eY=eg-{eg-eY)=eg[i - i^] ; e siccome si ha eg — e"g"< dell' arco ee' eg >• della lunghezza l. e perciò o"o" -£ 2-<— , e quindi < — , cosi potremo porre ' eg=eg^i--j, dove per k si vuol indicare una quantità positiva minore di r. Similmente si ha g"D=gD^gg"'=gD (i -+. |fl) = gD (. -^ !l) essendo k una quantità analoga alla k. Così pure e-"D=eB-{eD-.e"D)= e d[, - '^^^j = eD [r - A.] , essendo k anch' essa analofia alla k. Il8 Della distribuzione dell'elettrico ec. Ih siniil modo f'h'=fh-[fh-f"h'% ovvero f'lL=fh^{f"K'-fh), valendo l'una o l'altra equazione, secondo che y7i è maggiore o minore di f'iì' : perciò ove k è un' altra quantità analoga alla k. E proseguendo innanzi si trova /'d=/d(,-hÌ£) /"'D=/d/i -h^Ì, essendo k ^ k ^ k altre quantità positivo minori di i. Avre- 4. o e -^ *■ mo adunque Cominciamo ad osservare che attesa la somiglianza de' trian- goli egD, /AD, si ha eg /^ £p AD ed avremo Del Dott. Giuseppe Belli i m da cui Osserviamo che, essendo k una quantità positiva minore di I, si ha 1 _H V= 1_ _ ' ' i-i--P—^ I— -Z. F" i—JL n n " I _i_ _P_ n n essendo k un' altra quantità compresa fra o e -t- i. Pertanto 1 la Equazione (a) si può mettere sotto quest' altra forma IJj\ Y__^ V " / \ n ì \ n l\ n / essendo k , k ec. altre quantità analoghe a k. Osserviamo di più che (k \l k \ k k I k \ h ^- « / \ Il ] n n\ il I n a afe '--;f)i'-i)='-i-A--i) 72 n k I— [a-h i)-L essendo k , ^ quantità comprese anch'esse fra o e -hi. Avre- mo perciò 12.C Della distribuzione dell'elettrico ec. y = X V ' " '^^ " ' n . ' 12 _(_ O __ 'SII = x =x 'ss, il 3A- 7^- k., --k.Jc 12, 'II _i_ O 'Oli il ■ik- [c] Y=X^-+- 12 II i n il — O/C lia dove, col dare una grandezza sufììciente alla «, i diversi termini Ja cui si può decomporre la parte frazionaria del valore della X, possono rendersi minori di qualsivoglia quantità assegnata. Per conseguenza, col prendere la n sulficientemente grande , noi potremo ridurre la dilTerenza fra la X e la Y più piccola del prodotto di X per una minima frazione scelta preventiva- mente a piacere. In tutto ciò che si è fitto e detto per le due zone ap- partenenti agli archetti ee', //', non si è avuto verun riguardo alla posizione di questi archetti dentro agli archi EE', FF'. Perciò quando siasi stabilito ciie la differenza fra X ed Y debba, p. e., riuscir minore di un milionesimo della X, e siasi quindi assegnato alla n un valore abbastanza grande, e si sieno divisi gli angoli EDE', FDF' in un bastevole numero di parti, noi potremo essere certi che l'azione di ciascuna delle zone ap- partenenti all'arco FF' differirà dall'azione della corrispon- dete zona appartenente ad EE' meno di un milionesimo del valore di qucst' ultima, e che anche l'azione spettante a tutta Del Dott. Giuseppe Belli lai la zona generata dall' arco FF' differirà dall'azione spettante alla zona nata dall' EE' meno di un milionesimo di quest'ulti- ma azione. Da ciò possiamo conchiudere che le azioni eser- citate da queste due ultime zone si eguagliano e si distrug- gono esattamente. Perocché se alcuno asserisse esservi fra co- tali azioni una differenza maggiore di una qualche quantità da lui assegnata, p. e. maggiore di un milionesimo dell'azione della zona corrispondente ad EE', noi gli potremmo immedia- mente dimostrare che non può aver luogo una differenza di cotale grandezza. Procedendo innanzi nella dimostrazione, passiamo a pro- vare essere uguali le contrarie azioni esercitate sulla massa m dalle due porzioni di materia repulsiva distribuite sulle due calotte, in cui vien divisa la superficie sferica dal piano passante per D perpendicolarmente ad AB. Chiamiamo a quest'uopo T, T' queste due azioni, cioè T quella della calotta dalla banda di A,T' quella della calotta op- posta. E chiamiamo U, X, U'; V, Y, V le azioni esercitate rispet- tivamente sulla massa in dalle porzioni di materia distribuite sulle parti di superficie sferica generate dalla rotazione degli archi AE', E'E, ED'; BF', F'F, FD" intorno al diametro AB; delle quali azioni le prime tre operano nella direzione AD, da D verso B, e le altre tre nella direzione da D verso A. Avremo T — T'= U -4- X -H U'~V— Y— V; e siccome, da quanto si è testé veduto , si ha X=Y, così T— T'=U-+-U'— V— V. Ma col diminuire gli archi AE', ED', D"F, F'B le quantità U, U', V, V diminuiscono tutte e quattro sino a poter dive- nir minori di qualsivoglia quantità assegnata, senza che mai cessi il polinomio U-t-U'— V— V dall' essere uguale a T — T '. Dunque T=T'. Altrimenti, se fra Tomo XXII. Q / / 122 Della distribuzione dell'elettrico ec. T e T' vi l'osse qualche difTerenza d anche minima, si potreh- Lero prendere si piccoli i detti archi clie le quantità U-hU', V-+-V' fossero l'una e l'altra minori di d, e che perciò anche la loro differenza fosse minore di ^ ; e si avrebbe l'assurdo che le due quantità T — T', U-t-U' — V— V sarebbero nello stesso tempo eguali e diverse. Si elidono adunque a vicenda le due azioni esercitate sulla massa m dalle anzidette due calotte; ed essa m, si tro- va in equilibrio fra le diverse azioni su lei esercitate dalle varie parti della materia ripulsiva distribuita sulla superfìcie sferica. PROPOSIZIONE II. 3. Se nella sfera AEBF ( fig. i ) sì trova distribuita della materia ripulsiva non già condensata unicamente alla super- ficie, ma bensì disposta in uno strato di qualcìie grossezza al di sotto di essa superficie, essendo pure diversa, se si voglia, la densità in questo strato alle differenti distanze dal centro, ma essendo la stessa in tutti i punti equidistanti dal centro medesimo ; anche in questo caso le diverse azioni esercitate dalle varie parti di cotal materia ripulsiva verso una massa m collocata in un punto D al di dentro del detto strato, sup- posta aver luogo la medesima legge de' quadrati inversi delle distanze, si fanno vicendevolmente equilibrio. Concepiamo che lo strato di materia ripulsiva di cui si tratta, venga separato in tanti minori strati da una numerosa serie di superficie sferiche concentriche equidistanti. E imma- giniamo che la materia appartenente a ciascuno di questi strati minori, movendosi secondo la direzione de'raggi della sfera, ven- ga a trasportarsi sulla di lui superficie interna. Lo strato totale verrà con ciò ridotto a una serie di separate porzioni di ma- teria ripulsiva, ciascuna delle quali si troverà distribuita uni- formemente su di una superficie sferica e non eserciterà per- ciò azione veruna sulla massa m. Del Dott. Giuseppe Belli 128 Chiamiamo dopo ciò 5 l'azione che può dubitarsi esercitata verso la massa m dal considerato totale strato di materia ripulsiva, innanzi all'immaginato trasportamento di questa; j il cangiamento che può dubitarsi avvenuto nella grandezza di questa azione mediante un tale trasportamento. Dall'essere nulla cotale azione dopo avvenuto il trasporto, noi veggiamo che il cangiamento s distrugge 1' azione primi- tiva S, e che perciò la ^ è uguale, e di segno contrario alla 5; talché noi potremo conoscere la S appena che si sappia il valore della s. Ora per riguardo a quest' ultima egli è manifesto , che s'ella è qualche cosa, deve al certo essere assai piccola quando assai piccolo è il trasportameuto che si suppone nella materia ripulsiva del considerato strato, ossia quando sono assai nu- merose le superficie sferiche equidistanti che lo separano ; ed è certamente picciolissima quando cotali superficie sono nu-- merosissime ; anzi non vi ha quantità sì piccola di cui non possa cotale s ridursi minore col prendere un numero abba- stanza grande di siffatte superficie concentriche , e col fare perciò abbastanza piccolo il trasportamento delle varie por- zioncelle della detta materia repulsiva. Da ciò possiamo de- durre che tanto la S quanto la s sono uguali a zero: altrimenti si verrebbe all'assurdo che una quantità di grandezza determi- nata quale è la 5, sarebbe eguale a un' altra quantità capace di divenir minore di qualsivoglia minima grandezza data quale è la s. PROPOSIZIONE IH. 4. Se la massa m, in luogo dì essere concentrata in un punto unico, si trova diffusa in uno spazio alquanto esteso, sempre però abbracciato dallo strato della inateria ripulsiva, supposta in questo strato la niedesima distribuzione ammessa poc'anzi, e supposta la stessa legge di ripulsione^ l'azione di cotal materia ripulsiva verso la massa m sarà ancora nulla. I I ia4 Della distriduzione dell'elettrico ec. Ciò è chiaro dal vedersi che la materia ripulsiva di cui si tratta, non esercita azione alcuna verso nessun punto dello spazio occupato dalla massa m. PROPOSIZIONE IV. 5. Se in vece di uno strato di materia ripulsiva, si tro- vasse distribuito sotto la superficie sferica uno strato dì ma- teria attrattiva avente aneli' essa la stessa densità in tutti i punti equidistanti dal centro^ e operante similmente in ragione inversa de' quadrati delle distanze, neppur questo strato eser- citerebbe azione veruna su di una massa m contenuta al di dentro . Si scelga ad arbitrio un punto nella massa /«, e si sup- ponga che la materia distribuita nello strato sferico sia in sul principio ripulsiva, operando in ragione inversa del quadrato delle distanze; e che poscia tutte le azioni esercitate dalle varie porzioncelle di essa materia verso il punto scelto si cangino in attrattive, conservando ciascuna la medesima intensità di prima. Egli è chiaro che siccome tutte queste azioni si equi- librano dapprincipio quando sono ripulsive, cosi debbono equi- librarsi anche di poi quando sono divenute attrattive ; essendo noto dalia meccanica che allorquando in un sistema di forze operanti sopra di un punto si rovescia la direzione di queste senza che se ne alteri l'intensità, l'equilibrio si mantiene ancora. Equilibrandosi poi queste forze attrattive rispetto a qualsivoglia punto della massa ?/?,, è chiaro che anche l'intera massa medesima non sentirà dal loro aggregato azione veruna. PROPOSIZIONE V. 6. Supponiamo che vi abbian de' corpi formati di questi due distinti elementi, cioè: I. Di una materia pesante. Impenetrabile tra se mede- sima, composta di parti fortemente coerenti, mobile si, ma sempre col mezzo di una sensibile forza estranea; Del Dott. Giuseppe Belli laS 2,. Di un fluido composto di parti estremamente slegate, mobilissime, penetrantissime, capaci perciò di scorrere agevo- lissimamente frammezzo alle parti della precedente materia pesante. E ammettiamo che questo fluido sia sottoposto alle se- guenti due forze, cioè: I. A una ripulsione vicendevole fra le proprie parti, ope- rante in ragione inversa del quadrato delle distanze ; in con- seguenza della qual ripulsione noi daremo a un tal fluido il nome di fluido repulsivo ; a. A un' attrazione verso la materia pesante già men- zionata, operante anche quest' attrazione in ragione inversa de' quadrati delle distanze. Noi cominceremo a riflettere che secondo questa ipotesi si può trovare in qualunque de' supposti corpi una tale quan- tità del menzionato fluido, che distribuita opportunamente non lasci esercitare da esso corpo veruna azione verso nessuna mo- lecola del fluido medesimo sì dentro che fuori del corpo stesso. Perocché considerata una data porzioncella/? di esso corpo, egli è evidentemente possibile il supporvi collocata una tale quan- tità q di fluido repulsivo , che una data molecola a d' altro simile fluido sia cotanto respinta dalla quantità g come ella è attratta dalla materia pesante della detta porzioncella />. E quando ciò abbia luogo, anche un'altra qualsivoglia molecola b di fluido repulsivo estraneo alla menzionata porzioncella/?, sentirà uguali le due azioni contrarie che provengono da essa /?, essendo uguale l'incremento o il decremento di cotali due azioni in conseguenza del variare della distanza ; e sarà perciò essa porzioncella p affatto priva di azione verso ogni molecola di fluido repulsivo estraneo. Ma ciò può valere per qualunque altra porzioncella del corpo. Dunque in uno qual- sivoglia de' considerati corpi si può proporzionare e distribuire talmente il fluido repulsivo , che da esso corpo non venga esercitata azione alcuna verso nessuna molecola di cotal fluido estranea ad esso corpo. E questa nullità d'azione avrà altresì 126 Della distribuzione dell'elettrico ec. luogo verso le molecole del fluido repulsivo contcuuto in esso corpo. Perocché scelta in questo ad arbitrio una particella di materia pesante colla rispettiva porzioncella di fluido repul- sivo, noi possiamo considerare il rimanente del corpo come di- stinto in due parti, frammezzo alle quali giaccia una tale par- ticella, e alle quali essa si possa riguardare come estranea. Ora il fluido di questa particella non sentirà azione alcuna né dall'una nò dall'altra delle dette parti, e nemmeno sarà sollecitato a cangiar di luogo dall'azione della materia pesante associata- gli. Un corpo che si trovi in questo stato il possiam chia- mare saturo di fluido repulsivo. Considereremo dopo ciò che se un corpo, oltre alla dose di fluido repulsivo corrispondente alla saturazione^ ne contiene un' altra quantità la quale diremo sovrabbondante, l'azione che questo corpo eserciterà su qualsivoglia molecola di fluido re- pulsivo dipenderà unicamente dalla detta quantità sovrabbon- dante. Quest' azione poi nell' interno del corpo verrà sentita tanto dalle molecole del fluido sovrabbondante quanto da quelle della dose di saturazione. Tutte cioè le molecole del fluido repulsivo appartenenti al corpo saranno passive ; benché attive non possano essere che quelle del fluido sovrabbondante. E similmente se il fluido repulsivo contenuto nel corpo non ar- rivasse alla dose di saturazione, ma saturasse soltanto una parte di esso corpo, non avrà luogo sulle molecole del fluido repul- sivo si dentro al corpo stesso che fuori, altra azione che quella attrattiva esercitata dalla parte rimanente della materia pe- sante del corpo stesso, parte che noi diremo deficiente. Am- messo e considerato quanto sopra. Concepiamo die un corpo sferico della specie che qui con- sideriamo, contenga una quantità dì fluido repulsivo eccedente la dose di saturazione ; e che in sul principio la quantità so- vrabbondante si trovi distribuita iinijormemente in tutta la so- Udita di esso corpo sferico. Si asserisce che la total ?nassa del fluido repulsivo contenuto in questo corpo non si troverà in equilibrio , ma si muoverà per tal modo da distribuirsi la Del Dott. Giuseppe Belli 127 detta parte sovrabbondante in uno strato superficiale sotti- lissimo. Immaginiamo che per un punto qualunque preso entro la sfera, ma fuori del centro, venga fatta passare una super- fìcie sferica concentrica alla sfera medesima. Egli è evidente, da quanto si è testé dimostrato, che il fluido sovrabbondante contenuto nello strato compreso fra la superficie della sfera e la superficie sferica nuovamente immaginata , non esercita veruna azione verso una particella di fluido esistente in quel punto. In vece il fluido sovrabbondante contenuto al di den- tro della superficie sferica ultimamente immaginata spingerà questa medesima particella di fluido verso l'infuori, talché essa particella verrà dalla somma di tutte le azioni su di essa ope- ranti spinta appunto dall' indentro all'infuori. E così avverrà di tutte le altre particelle di fluido repulsivo contenute dentro la sfera; le quali tutte, sì quelle appartenenti alla dose di saturazione, come quelle sovrabbondanti , tenderanno a portarsi verso la superficie; di manierachè questo fluido andrà rare- facendosi verso il centro e condensandosi verso essa superficie. Ma anche dopo cessata 1' uniforme distribuzione, e dopo che la densità si è resa maggiore nelle parti superficiali che nelle interne, continuerà esso fluido ad essere spinto verso la superficie , purché nelle dette parti interne rimanga qualche piccola sovrabbondanza, e l'aumento della densità partendo dal centro sia tale che vi abbia la densità medesima in tutti i punti equidistanti da esso centro. Perocché immaginando de- scritta dentro la sfera, come poc' anzi , una superficie sferica concentrica qualunque, il fluido sovrabbondante situato al di dentro di questa superficie spingerà verso l'infuori le moleco- le di fluido esistenti in essa, senza che queste sentano alcuna azione contraria dal fluido sovrabbondante esistente all'esterno della medesima. Cesserà però nell'interno della sfera questa azione spingen- te all'infuori, allorché il fluido sovrabbondante si sarà ridotto a un sottile e uniforme strato superficiale ; perocché allora la liio Della distribuzione dell'elettrico ec. dose di saturazione contenuta al di sotto di un tale strato non sentirà veruna azione che ne spinga le molecole né all'in- dentro nò all' infuori. Però nello strato superficiale medesimo, ciascuna delle molecole di fluido esistenti a! di fuori della su- perfice interna di esso strato, si troverà spinta verso l'esterno dal fluido sovrabbondante della parte più interna dello strato stesso; e però le diverse molecole del fluido di questo strato si andranno condensando presso l'esterna superficie, sino a che o l'impenetrabilità, se questa ha qui luogo, o qualche altra causa equivalente, impedisca per avventura l'ulteriore conden- samento. Giunto il fluido repulsivo a questo stato, tutte le sue parti si troveranno equilibrate , ben inteso che alla sua superficie si trovi un ostacolo che ne trattenga la tendenza a diffondersi nello spazio circostante. Ecco adunque come essendo dapprincipio uniforme la distribuzione del fluido sovrabbondante, e respingendosi que- sto secondo la supposta legge, debba esso infine ridursi a un sottile strato superficiale. Ma anche nel caso che la sua di- stribuzione iniziale non sia uniforme, non lascerà di prendere la medesima distribuzione finale. Perciochè si vede, con quel grado di evidenza del quale siamo soliti contentarci in molte altre dottrine della fisica, che in questo caso il fluido repul- sivo, oltre ad una tendenza pressocchè generale dal centro verso la superficie, ne avrà una a portarsi dai luoghi ove è più condensato verso quelli ove è più rarefatto; talché si muoverà in maniera da recarsi verso la superficie , e insieme rendersi ugualmente accumulato in tutti i punti di questa. Di ciò però si darà in seguito una dimostrazione rigorosa ( Vedi più innanzi al §. 21 ). PROPOSIZIONE vi. 7. Ritengasi ancora, come poc' anzi, resistenza di corpi for- mati d' una materia pesante congiunta a un fluido mobilissimo e penetrantissimo ; e ritengasi eziandio che questo fluido sìa Del Dott. Giuseppe Belli 129 sottomesso a una ripulsione fra le proprie partì e a un attra- zione verso la materia pesante, le quali operino entrambe con una medesima legge ( nel qual caso avranno ancora luogo le due considerazioni fatte sul principio della Prop. V. ) ; ina si ammetta che questa legge sia diversa da quella del quadrato inverso delle distanze. Si asserisce non esser possìbile V equilì- brio di esso fluido repulsivo in un corpo sferico che ne con- tenga una quantità maggiore della dose di saturazione, quando la parte sovrabbondante sìa tutta distribuita in uno strato su- perficiale, e le parti interne sì trovino tutte allo stato di sa- turazione. Sia AMEN [fig. a ) il corpo sferico di cui si tratta ; e abbia primieramente luogo una legge più rapida di quella del quadrato inverso delle distanze. Consideriamo l'azione che in questo caso il fluido sovrabbondante d'esso corpo AMEN, supposto tutto distribuito alla superficie, esercita verso una molecola di fluido repulsivo appartenente alla dose di saturazione e collocata dentro ad esso corpo in qualsivoglia punto D diverso dal cen- tro C. Conduciamo per D il diametro AB, e perpendicolarmente a questo un piano MN il quale divida la superficie sferica nelle due calotte diseguali MAN, MBN, delle quali la minore sia per ipotesi la sinistra, ossia la MAN. E supponiamo clie il fluido sovrabbondante distribuito alla superficie di AMBN cessi per una breve durata di tempo dall' operare secondo questa nuova legge, e operi in vece in ragione inversa de' quadrati delle distanze, con tale energia che 1' azione di una di lui porzione, corrispondentemente alla distanza DM, sia la stessa in ambedue le leggi. È chiaro che in questa breve du- rata di tempo le due porzioni di fluido repulsivo sovrabbon- dante contenute nelle due calotte MAN, MBN eserciteranno verso D azioni eguali. Ma diverranno subito diseguali queste azioni al repristinarsi della supposta più rapida legge. Giacché in ciascuna molecola del fluido sovrabbondante contenuto nella calotta MAN verrà a crescere tanto 1' azione assoluta verso la molecola situata in D, quanto la componente di quest'anione Tomo XXII. R 1 3o Della distriiìuzione dell'elettrico ec. operante nella direzione DB; e perciò crescerà eziandio l'azione esercitata secondo DB da tutto il fluido sovrabbondante contenu- to in essa calotta; e invece l'azione del fluido sovrabbondante delia calotta MBN diverrà più debole. La molecola adunque di fluido repulsivo situata in D non sarà in equilibrio, ma sarà sollecitata a muoversi verso il centro della sfera. E lo stesso avverrà di qualsivoglia altra molecola di fluido repulsivo si- tuata al di dentro dello strato sovrabbondante superficiale ed esistente fuori del centro. Perciò con questa legge più rapida e con questa distribuzione non avrà luogo 1' equilibrio ; ma il fluido repulsivo si muoverà verso le parti interne. Questa stessa conclusione avrà pur luogo quando il fluido sovrabbondante si trovi condensato in una serie di vicinissime superficie sieriche concentriche delle quali l'una sia quella stessa della sfera, e le altre sieno collocate al di dentro ma a piccolissima distanza, essendo uniforme la distribuzione in ciascuna delle superficie, ma variando con legge qualsivoglia dall'una all'altra.Vale a dire una qualsivoglia molecola di fluido repulsivo situata nel punto D, al di dentro di tutte queste su- perficie ma non nel centro, sarà sollecitata verso questo cen- tro. E varrà pure una tale conclusione pel caso che il fluido sovrabbondante si trovi diff"uso in uno spazio di qualche gros- sezza, potendo a questo caso avvicinarsi cotanto quello delle superficie concentriche, da difl^erire le azioni sul punto D, dall' un caso all'altro, meno di ogni minima quantità asse- gnata. In ogni caso adunque le molecole del fluido repulsivo verranno sollecitate verso il centro. Continuerà poi il movi- mento in fino a che la densità del fluido nelle parti vicine al centro sia cresciuta al segno da equilibrarsi fra loro le due azioni, che vengono esercitate su qualsivoglia molecola di flui- do dell' interno del corpo, dal fluido sovrabbondante più lon- tano che essa dal centro, e dal fluido sovrabbondante più vi- cino al centro ; azioni che tendono l'una ad avvicinare questa molecola al detto centro, e l'altra ad allontanarla: epperò quando si avrà ottenuto l'equilibrio, si troveranno in qualche grado sovrabbondanti di fluido anche le parti interne del corpo. Del Dott. Giuseppe Belli i3i Quando in vece il fluido repulsivo si supponesse operaie secondo una legge meno rapida di quella de' quadrati inversi delle distanze, fatta la stessa costruzione, e ripetuti presso a poco gli stessi ragionamenti, si troverebbe cbe 1' azione della calotta sinistra verrebbe superata da quella della calotta destra, e che perciò il fluido della dose di saturazione contenuto nelle parti più interne del corpo si muoverebbe verso la superficie ; e si concliiuderebbe che dopo ottenuto V equilibrio dovreb- bero le parti interne del corpo trovarsi in qualche grado deficienti (i). CONCLUSIONE. 8. Segue da tutto ciò, essere la sola legge de' quadrati inversi delle distanze quella che in un corpo sferico può ri- durre e mantenere alla superficie la quantità sovrabbondante di un fluido repulsivo quale abbiamo considerato poc'anzi. Applichiamo ora tutto ciò all' Elettrico, il quale secondo la teoria di Franklin è appunto un fluido repulsivo della specie che abbiamo contemplata. Riguardo a questo adunque la sperienza ha dimostrato che elettrizzando positivamente una sfera conduttrice, tutta la quantità d' elettrico che eccede la dose naturale ( corrispondente alla dose di saturazione poc' anzi considerata ) si distribuisce unicamente alla superficie (a). Per conseguenza la ripulsione che ha luogo fra le parti del fluido elettrico non può avere altra legge che quella de' qua- drati inversi delle distanze. Questa legge è necessariamente altresì quella secondo cui il fluido elettrico viene attratto dalla materia pesante diselet- trizzata ; poiché mostrando il fatto che un corpo allo stato naturale non manifesta azione alcuna sull'elettrico degli altri corpi né da vicino né da lontano , dee 1' attrazione di cui si (i) Cavendish, Phìl. Trans. 1771, p. 696 e 597. (a) Si consultino i Trattati di Fisica, e in ispecie quello di Pouillet, T. I. parte a. p. 573, ediz. 1827 e seg. i3a Della distribuzione dell'elettrico ec. tratta avere la stessa legge della ripulsione vicendevole fra le parti del fluido elettrico. g. Osservazione. Cogli esposti ragionamenti si è determi- nata la legge, ma non già I' intima essenza delle azioni a cui è soggetto il fluido elettrico. Se perciò alcuno vuol riguardare la ripulsione fra le parti di questo fluido come una forza propria di esso, tale cioè da sussistere ancora quando tutto venisse a mancare in natura salvo 1' elettrico , egli è libero di farlo. E se in vece alcun altro preferisce di crederla una conseguenza di altre cause, di maniera che, tutto distruggen- dosi in natura tranne 1' elettrico , debba cessare anche cotal ibrza, questi pure è libero di così pensare. Dalle esposte di- mostrazioni risulta soltanto che se l' elettricità vitrea nasce dallo accumularsi ne' corpi un particolar fluido oltre ad una data dose, ogni molecola di questo fluido tende ad allontanarsi dal luogo ove ne esiste un' altra simile , con una forza che varia in ragione inversa del quadrato delle distanze. PARTE SECONDA. DELLA DISTRIBUZIONE DELL'ELETTRICO NE' CORPI CONDUTTORI IO. ]Mediante la cognizione della legge ritrovata nella Parte prima, noi possiamo coU'ajuto delle matematiche risol- vere molte questioni riguardanti 1' equilibrio del fluido elet- trico, e in ispecie alcune di quelle che riguardano la distri- buzione del medesimo ne' corpi conduttori ; e dico alcune, perchè lo stato attuale delle matematiche medesime non basta ancora alla risoluzione di tutte. Fra le altre cose si può dimostrare questo importantissi- mo Teorema : cioè che in un qualsivoglia corpo conduttore , isolato 0 non isolato, V elettricità o positiva a negativa che in esso si stabilisce, sì per aggiunta o per sottrazione di fluido elettrico, che per influenza di altri corpi elettrizzati , o per entrambe le cagioni insieme, sì trova distribuita unicamente Del Dott. Giuseppe Belli i33 alla superficie, lasciando le parti interne perfettamente allo stato naturale. Non essendo questo Teorema, per quanto io sap- pia, stato ancora dimostrato da altri nella sua generalità, ma essendo soltanto conosciuto per mezzo della sperienza, ho sti- mato di esporne la dimostrazione in questa seconda parte della presente memoria. Dividerò l'argomento in più articoli, e co- mincerò a trattare nell' ARTICOLO PRniO. Della distribuzione dell' Elettrico in rm conduttore isolato , elettrizzato , e Ubero da azioni straniere. rUOPOSIZIONE VII. I I. Abbiasi un corpo qualsivoglia ABCD {fig- 3) sotto la cui superficie si immagini descritta un'altra superficie chiusa abcd soggetta alla sola condizione di non toccare la ABCD in nes- sun punto. Ed abbiasi a disposizione una materia repulsiva operante in ragione inversa del quadrato delle distanze, e la quale possa essere distribuita nell' intervallo kV>CDabcd con quella qualunque legge di densità che da noi si reputi più conveniente. Si asserisce prima di tutto che una data quan- tità ]M di questa materia repulsiva può essere distribuita nell' intervallo suddetto per tal modo, che riesca nulla la sua to- tale azione verso qualunque punto situato dentro la superficie più interna abcd. Ammettiamo siccome dimostrati i due seguenti Teoremi, cioè: i.° Che una data quantità di materia ripulsiva operante in ragione inversa del quadrato delle distanze , e distribuita uniformemente in una superficie sferica, considerata in totale non esercita azione veruna verso i punti collocati nel vano in- terno e sottoposti all'azione delle sue singole parti. a.° Che una tale quantità di materia ripulsiva, verso i punti esterni soggetti all'azione delle sue singole parti eser- cita la medesima azione totale, come se tutta la sua massa si trovasse raccolta e condensata nel centro della detta superficie. i34 Della distribuzione dell' elettrico ec. Il primo di questi Teoremi è stato da noi dimostrato nella prima parte di questa JMemoria al §. a ; il secondo; dovuto anch'esso a Newton, il qual-e lo dimostrò per riguardo a una forza attrattiva operante nella già detta ragione inversa de' quadrati delle distanze (i),può agevolmente verificarlo da se cliiuiujue conosca il Calcolo integrale. Io non mi occuperò perciò della sua dimostrazione, intendendo in questa seconda parte di par- lare a chi sia alquanto inoltrato nelle matematiche. Ammessi questi due Teoremi , immaginiamo che intorno al corpo ABCD sia descritta una superficie sferica FGHI qual- sivoglia, purché di un diametro non molto più grande della maggior dimensione AG del corpo medesimo .• e supponiamo condensata e uniformemente distribuita in questa superficie una quantità N, diversa se si voglia dalla M, della detta materia ripulsiva; la quale (juantità N, pel primo de' citati Teoremi, non eserciterà azione veruna sui punti situati nell' interno del corpo ABCD. Immaginiamo divisa questa superficie in una gran- dissima moltitudine di parti di piccolissime dimensioni ; e sup- poniamo che la materia di ciascuna di queste parti si con- densi dapprima nel rispettivo centro di massa, e quindi si dif- fonda e si distribuisca uniformemente in una superficie sferica avente il centro in siffatto centro di massa, e cotanto grande che arrivi a toccare la superficie abcd, mantenendosi una tale materia così distribuita , coli' a)uto di forze estranee suffi- cienti, sino a che noi non torniamo ad alterarne la disposizione. Con una tale trasformazione nella distribuzione della massa N, una piccola parte di questa verrà a disporsi nell'intervallo ABCDabcd, e un' altra parte molto maggiore verrà a distri- buirsi in uno spazio solido all' intorno del corpo ABCD, tanto al di dentro della superficie FGHI quanto al di fuori. Neil' azione totale esercitata dalla massa N verso i pvmti collocati al di dentro di abcd , avverrà qualche piccolo cangiamento per le concentrazioni delle varie minime porzioncelle nei (i) Phllosopìiiae Naturalis Principia Blathematica Lib. i. Prop. 71. Del Dott. Giuseppe Belli i35 rispettivi centri di massa; ma pel Teorema a.°, testé citato non succederà poscia mutazione alcuna in conseguenza della diffu- sione nelle diverse superficie; talché la detta massa N non verrà di poi ad avere un' altra azione verso i punti collocati al di dentro di a^cJ che quella derivante dalle dette concentrazioni. Ora quest'ultima azione^ quando si prendano ahbastanza nume- rose e abbastanza piccole le porzioncelle suddette, può aversi minore di qualsivoglia minima quantità assegnata, e deter- minatamente può aversi minore della quantità ove n è un numero assai grande scelto anticipatamente ad ar- bitrio, e Q r azione che la parte di materia dispostasi nell'in- tervallo ABGDabcd, quando fosse concentrata in un punto, eserciterebbe su di un altro punto collocato, per fissar le idee, ad una distanza uguale ad AC. Infatti coir impiccolire le porzioncelle dell'anzidetta su- perficie sferica FGHI, le due azioni che ciascuna di esse può esercitare prima e dopo la suddetta concentrazione verso qual- sivoglia punto preso dentro la abcd-, possono ridursi ad avere una differenza quanto si voglia minore dell' una di esse. AH' incontro, descritta dal centro di massa di una di cotali por- zioncelle una superficie sferica toccante la abcd, non può la parte di questa superficne sferica compresa nell' intervallo ABCDa^c^ esser ridotta quanto si voglia minore della totalità di essa superficie; ella dee, p. e-, necessariamente avere con quest' ultima un rapporto maggiore di quello clie si otterrebbe con- ducendo da un centro p preso nello spazio frapposto alle su- perficie FGHI e ABCD, una superficie sferica toccante la abcd, determinando di questa superficie la parte compresa nell' in- tervallo abcdABCD, e il rapporto di questa parte colla totalità di essa superficie sferica, e scegliendo il punto p di tal maniera che questo rapporto risultasse il minimo possibile. Si può per- ciò con sicurezza conchiudere che le porzioncelle menzionate i36 Della distribuzione dell'elettrico ec. possono impiccolirsi a tal punto che il cangiamento dell'azione di una qualuniiue di esse verso qualsivoglia punto preso al di dentro di ahcd^ in conseguenza della già detta concentrazio- ne sia minore della quantità I essendo n il numero indicato poc'anzi con questa medesima lettera, e ij r azione che verrehhe esercitata alla distanza AC da quella parte della materia appartenente alla detta porzioncella la quale viene a passare nell' intervallo ABCDaZ'cJ. Unendo pertanto insieme per mezzo della composizione delle forze tutti i cangiamenti delle azioni delle varie porzioncelle verso un determinato punto preso entro abaci ^ e rammentando che la risultante di tutti questi cangiamenti è minore della somma loro, noi ])ossiamo conchiudere che il cangiamento totale nell' azione della massa N verso (juaisivoglia punto preso entro abcd può aversi minore dell'anzidetta quantità -Q. Il Dimostratane la possibilità, supponiamo che ciò siasi real- mente mandato ad effetto; ed allora dopo la supposta tras- formazione r azione della massa N verso qualsivoglia punto compreso entro abcd sarà minore di — O. •■ Il ^ Eseguita questa prima trasformazione nella intera massa N, immaginiamone fatta una seconda su quella parte di N che viene a rimanere al di fuori del corpo ABCD. Immagi- niamo cioè, che lo spazio solido da essa parte esterna occupato venga distinto in tante parti di dimensioni piccolissime : che la porzioncella di materia contenuta in ciascuna di queste parti si venga prima a concentrare nel rispettivo centro di massa, e poi ad estendere uniformemente in una superficie Del Dott. Giuseppe Belli 187 sferica descritta intorno a cotale centro di massa e toccante la abccl, mantenendosi distriljuita in questa superficie coU'ajuto di forze a ciò sufficienti. Con questa seconda trasformazione una nuova piccola porzione della N verrà a disporsi nell'in- tervallo ABCDaZ/cJ, e la parte rimanente si distribuirà in uno spazio attorno ad ABCD, stendentesi ad una distanza alquanto maggiore di quella di poc' anzi. E raccogliendo in uno tutti i cangiamenti d'azione nati dalle varie concentrazioni opera- tesi in questa seconda trasformazione , si avrà in totale un cangiamento d'azione verso i punti collocati entro ahccl^ il quale, col prendere abbastanza piccole le dimensioni delle por- zioncelle, potrà sicuramente aversi minore della quantità ' ^ 5 dove Q, è l'azione che verrebbe esercitata alla distanza AG dalla parte della N dispostasi nell' intervallo KV>QX)abccl con questa seconda traslormazione. La quale piccolezza, giacché lo si può, supponiamola effettivamente ottenuta. Dopo questa seconda trasformazione, concepiamone ese- guita allo stessissimo modo una terza su quella parte della massa N la quale dopo essa seconda trasformazione rimane esteriore al corpo ABCD ; quindi, ancora allo stesso modo, una quarta, una quinta, ec. su quelle parti della N che successi- vamente rimangono esteriori ad ABCD ; con che si verranno a disporre altre nuove parti di materia repulsiva nell'invervallo ABCDaic^; ma nello stesso tempo avverranno de' nuovi can- giamenti di azione verso i punti contenuti entro ahcd\ i quali cangiamenti però noi supponiamo, come realmente lo si può, che riescano rispettivamente minori delle quantità ~^.^-^^.^^^. ec. -3^ n -^4 essendo ^ -, ^^-i ^^ ec. le azioni che le parti di materia re- pulsiva passate separatamente nell'intervallo ABCDa^c^ eser- Tomo XXI L S i38 Della, distribuzione dell' elrttrico ec. terebbero verso un punto collocato alla distanza AC. Diverrà poi successivamente più grande lo spazio solido in cui si verrà a diffondere la parte di N rimasta alP esterno di ABGD. Ma fino a quando continueremo queste trasformazioni? Immaginiamo descritta all' intorno della FGHI e ad essa con- centrica una superficie sferica S di tale grandezza, che se venisse trasportata oltre ad essa tutta la massa N e disposta ivi comunque, dovesse questa esercitare verso qualsivoglia punto contenuto dentro abcd un'azione minore di essendo «, Q quelle quantità che abbiamo indicate con sif- fatte lettere nella prima trasformazione. E noi continueremo le nostre trasformazioni nel modo anzidetto, insino a che la materia della N cominci a diffondersi oltre a questa nuova su- perficie S. Quando però una di tali trasformazioni comincerà a far oltrepassare questo limite, ella dovrà esser l'ultima di quelle eseguite nel detto modo; e dopo di essa se ne esegui- ranno bensì ancora delle altre, ma operando solamente sulla materia repulsiva che rimarrà fra la superficie S e la ABGD. In ciascuna cioè delle nuove trasformazioni si dividerà questa materia in tante porzioncelle di piccolissime dimensioni , s'im- magineranno queste concentrate ne' rispettivi centri di massa, e quindi estese in altrettante superficie sferiche descritte in- torno a cotali centri e toccanti la superficie abcd^ prendendo sì piccole le dimensioni di esse porzioncelle, che il cangia- mento d'azione che ne nasce verso qualsivoglia punto collo- cato entro abcd riesca minore della quantità -Q k dove per Q s' intende l'azione che verrebbe esercitata su di un punto alla distanza AC dalla porzione di materia dispostasi Del Dott. Giuseppe Belli i3g iiell'intervallo ABCDabcd mediante la trasformazione di cui si tratta. E si continueranno le trasformazioni a questa nuova ma- niera in sino a tanto che nello spazio fra S ed ABCD non ri- manga quasi più materia repulsiva, ma siasi quasi tutta ridotta parte nell'intervallo ABGDabcd, e parte al di là della superficie S; e precisamente non ne rimanga fra S ed ABCD che una tale quantità da esercitare sui punti contenuti entro aZ'c*^ un' azione minore di -Q. II che è sempre possibile mediante un sufficiente numero di trasformazioni. Infatti, per quanto grande siasi presa la S, cia- scuna delle ultime trasformazioni dee trasportare nell' inter- vallo AljCDabcd una parte aliquota della materia esistente fra S ed ABCD, parte che non può esser minore di ogni quantità data, ma che dee necessariamente superare il prodotto di essa materia per qualche data piccola frazione che diremo-^. Ond'è che ad ogni successiva trasformazione la parte di materia che rimane fra S ed ABCD, dee diminuire in una ragione più rapida di quella di i a i ^. Ora è chiaro che ripetendo un sufficien- te numero di volte cotal diminuzione si può scendere al di sotto di qualsivoglia minima quantità. Ed è perciò chiaro che questa quantità di materia che rimane fra ABCD ed S dee potersi ridurre sì piccola, da dover necessariamente esercitare su cia- scun punto preso dentro abcd un' azione minore di — Q. Giunti a questo punto fermeremo le nostre trasforma- zioni. E allora nell' azione esercitata dalla massa N verso i punti collocati al di dentro della superficie abcd, avranno parte : i.° Quella porzione di N che colle successive trasforma- zioni è passata nell' intervallo ABGDabcd; a.° La porzione rimasta fra ABCD ed S ; i4o Della distribuzione dell'elettrico ec. 3." La porzione recatasi al di là della S. La grandezza poi di cotale azione si avrà componendo insieme tutti i cangiamenti d'azione avvenuti nelle dette suc- cessive trasformazioni. E siccome nella composizione di più Ibrze, la risultante è sempre minore della somma delle com- ponenti, cosi quest'azione sarà minore della quantità ^Q^J. O ^-LQ -+-.... -t--lQ , " „ « I « a II r ossia della quantità essendo Q-t-Q -t-Q ,...-4-Q l'azione che verrebbe esercitata 12 T alla distanza AG da tutta la materia dispostasi nell'intervallo ABCDaZ^cJ. Immaginiamo adesso soppressa la materia repulsiva rima- sta fra ABCD ed S, e quella collocata oltre ad S , e lasciata soltanto quella dispostasi nell' intervallo kVìQXìahcd. È chiaro che l'effetto di questa soppressione equivarrà all'introduzione di due azioni uguali e contrarie a quelle esercitate dalle por- zioni di materia soppresse , e perciò minori anch' esse, sepa- ratamente considerate, della quantità -^ Q. Per conseguenza, rammentando un'altra volta che 1' azione totale risultante dall'unione di parecchie azioni parziali è sempre minore della loro somma, noi avremo 1' azione della materia repulsiva di- spostasi nell'intervallo ABCDa^cJ minore della quantità ^(Q+ O^-H Q^-+- . . . . -t- Q J -f- ^ Q -H -^Q, e però anche minore di Del Dott. Giuseppe Belli ì^i Fin qui questa quantità di materia dispostasi nell' intervallo ABCDabcd non è che una porzione a noi sconosciuta della massa N. Siccome però accrescendone o scemandone in qualsivoglia proporzione la densità e quindi la quantità, cresce o scema nella ragione medesima la sua azione verso qualsivoglia punto dello spazio , cosi noi potremo ridurla alla grandezza della massa M, e conchiudere che questa massa M può talmente disporsi nell'intervallo ABCBabcd da non esercitare sui punti contenuti dentro abcd che un'azione minore della frazione — moltiplicata per l'azione che essa M può esercitare alla distanza AC. Ma la n si può prendere di qualsivoglia grandezza senza che mai la conseguenza manchi. Perciò ripetendo più volte da capo 1' operazione col dare alla n de' valori gradatamente più grandi, si avrà per la M una serie di disposizioni nell'in- tervallo ABCDabcd, per le quali le azioni di essa verso i punti collocati entro abcd, si troveranno al di sotto di limiti suc- cessivamente minori, e in fine affatto minimi. Il che ci porta a conchiudere, che è possibile una tale disposizione della massa M neir intervallo ABCDabcd da riuscire affatto nulla la sua azione verso i detti punti compresi entro abcd. La trovata conclusione ha luogo qualunque sia la distan- za fra la superficie abcd e la ABCD, anche allorquando que- ste sono estremamente vicine. Da ciò possiamo ricavare la seguente importantissima PROPOSIZIONE vili. 12. Una data quantità di materia ripulsiva può essere per tal modo distribuita alla superficie di un corpo qualsivoglia da non esercitare azione veruna sui punti collocati internamente. Siavi clii il neghi, asserendo che disposta in qualunque mo- do la menzionata quantità di materia repulsiva nella superficie ABCD, e tracciata entro questa una qualche altra superficie l4i Della DisTRinuziONE dell'elettrico ce, a'b'cci, vi dee sempre essere, verso qualcuno de' punti situati al di dentro di questa, un' azione non minore di una data a. Noi possiamo immaginare descritta fra la ABCD e la àb'c'd un'altra superlicie abcd; concepire disposta per tal modo la data quantità di materia nell'intervallo ABCDa^cf/, da non esercitare azione alcuna verso i punti collocati internamente, e in ispecie verso quelli situati entro db'c'd; in fine immagi- nare trasportata tutta questa materia nella superficie AECD col mezzo di movimenti normali a quest'ultima. E con ciò, sup- poste abbastanza vicine le due superficie ABCD, abcd^ avremo verso i suddetti punti interni ad àU del' un cangiamento d'azio- ne, ossia un'azione totale, minore sicuramente di a, contro l'asserzione dell' oppositore, la quale perciò era assurda. i3. Osservazione I. Io ho forte ragione di credere che la distribuzione superficiale alla quale non corrisponde nes- suna azione interna, sia una sola per lui dato corpo e per una data quantità di materia repulsiva. Uno degli argomenti si è, che se dopo data questa distribuzione e se noi la immaginia- mo alterata togliendo parte di quella materia da un dato pic- colo luogo e aggiungendola in un altro, l'azione verso i punti interni cessa dall' esser nulla; in modo che qualunque mole- cola collocata internamente ed atta a sentire quell' azione re- pulsiva, viene attratta al luogo stato impoverito e respinta dal luogo stato arricchito. Ma questa conclusione non ho potuto finora estenderla a qualunque maniera di trasportamento della materia repulsiva e a qualunque forma di corpi. Veggasi su ciò anche la Prop. xui. i4- Osservazione II. Non v' è che la ragione inversa de' quadrati delle 24. Determinare V azione che lo strato di fluido elettrico sovrabbondante in un corpo conduttore e in esso ridotto allo stato di equilibrio esercita sulle proprie più superficiali molecole. Lemma I. Siano QA , MB {fig- 6) due archi circolari concentrici, aventi le due estremità A e B in una retta pas- sante pel comun centro O , e le due Q ed M in una retta QMD perpendicolare ad AO. E immaginiamo che il quadrila- tero niistilineo QMBA rotando intorno alla retta OA generi un solido, il quale sia formato d'una materia di densità uni- forme e dotata d' una forza ripulsiva operante in ragione in- versa de' quadrati delle distanze. Si vogliono le azioni eser- citate da questo solido su d'un punto fisico collocato in A, e su d' uno collocato in B. Cliiamisi P r azione che verrebbe esercitata su d'uno di cotali punti fisici da una porzione della materia del solido in quistione, corrispondente al volume 1 e supposta concentrata in un punto alla distanza i ; , : — rj -i i-j < L';r; , i5o Della distribuzione dell'elettrico ec. S r azione esercitata sul punto A dal segmento sferico nato dalla rotazione del triangolo mistilineo BMD, nel suppo- sto clie questo segmento sia della materia e della densità del solido che consideriamo; S' r azione esercitata su A dal segmento sferico nato dalla rotazione del triangolo AQD, nel supposto come sopra; X l'azione esercitata su A dal solido in questione, e la quale si tratta di determinare , Posto BA = a BO = R, BD = w,, BE = X, EF =7, avremo evidentemente S — Vfdxfdy ajrrffl-<-.r) i' essendo le integrazioni estese fra i limiti y = o, / = i/a(2,K— a); X = o, X = m. Avremo S' ponendo nel valore di S a = o, ??z' in luogo di ra, R' in luogo di R, e quindi facendo m'=a-^- 77Z, R'=a.+-R. E sarà finalmente X = S'-S. Eseguendo le integrazioni indicate, avremo Del Dott. Giuseppe Belli iSi S=:?a.}ifdx\ " ■ -t-cost.l =?.27rfdx\l —!f±^^ 1 l \/(a-i-x)'-t-x(^ii—x)i =?.27tfdx\l °^^ 1 , r (a-t-T''\/a'-+-2.ax-i-tiRx r , |/a^-l-2na--+-2Rjt7 .2,7t\x , _^Ti, •- r p-; ìT. -4-COSt.l 1 (a-4-m)|/a'-t-2am-(-2Rm (a='^-2arn-t-2Rm\ o' /re — ' '-^ -■ ' -1 (a-f-R) 3(u-(-R)' a-4-R ^(a + R)» S, T^ r , m'i/nR'm' oK'm'.ì/fiii'm' 1 = P.a;r 1^/72 ^, 1 ^^. J L si/R' J „, -, .,,:.■ .-I .. , f\^ = P.2;r I a -t- m — 4- I (a4-m) |/^2(a-t-TO) 3 j/fl-vR V T» r I (a-t-7?i)l/2(a-+-7n) X=.P.2;r ja-+-wz j '^ ' 3 1/a-t-R ! -, f' f.'l 1 (a-Hm)l/u"-1-2am-^-2Rm (a»4-2am-H2Rm) a» — WZH rrn oT-rrcTT TT^-^ a-\-K 3(a-l-R)* a-»-R J(a-HR)' J — ^•^'^P~^r:ni:'*" 3(a-t-R)* 3 l/a-i-R ,..,,.•, J -4-2Rm)à1 R)" J- (a+m)t/a'-i-2am-t-R2m (a'-(-2am-ì-2 (a-t-R) ', 3(a+R)» Chiamiamo ora ^ .■■- Y r azione esercitata dallo stesso solido verso il punto B: si avrà questa col determinare: / / i5i Della distribuzione dell'elettrico ec. i.° l'azione T esercitata su B dal pezzo di sfera nato dalla rotazione intorno ad AO , del quadrilatero mistilineo KBDQ, ove la retta BK è parallela alla DO; 2..° l'azione T' esercitata su B dal segmento di sfera nato dalla rotazione del triangolo mistilineo BMD ; 3.° l'azione T" esercitata sullo stesso punto B dal seg- mento di sfera nato dalla rotazione del triangolo mistilineo AKB. Perciocché sarà Y=T— T— T"; e tenderà essa azione a spingere il punto B verso A o verso D secondo che il suo valore si troverà essere positivo o ne- gativo. Per determinare T^ poniamo ancora BE = x EF=y; e adottate le altre denominazioni usate poc' anzi, avremo T=?.fdxfdy. -^ essendo le integrazioni estese fra i limiti 7 = 0, 7 = i/(a-t-A)(tiiv-+-a — x). x=o , x = m. Sarà perciò Del Dott. Giuseppe Belli l53 T = ?.27Tf(Ix I -+- cost.l = P.27Tfdx fi 1 = P.27tfdx\l ^ 1 „ f r/a'-HaR«-i-aRx , , !/«■'-+-£> lln-l-aRxl — P.a/T ! -X- — X jj; hj dX j^; I ■ t r _ r l/a'-t-aRa-l-aRx (a'-t-aRo-t-aRr) ^ 1 = V.2.n\x—x- R H^ 5 i-t- cost.l L ^ R.Ì..2R J fi = V.o.K\r, |/«»-H2R«-(-2Kra (a'-f-aRfl-i-aRra)' (a»-t-2Ro) «z — m n (■ li. ^^ dR^ 3R' Il valore di T' si avrà immediatamente col porre a = o nel valore di T; e perciò sarà r ml/aKm aRm[/^3Rm"| T = P-2^["z— -Ti ' 3K^-J per avere T", poniamo sarà r'=Vfdxfdy K? = x PV=7. 2.n{a—x)y [(«-r)'-^>-] essendo estese le integrazioni fra i limiti ;■>. jK=:o, y =[/ x[a,V\.-k-±a — x) X = o, X = a , • perciò . Tomo XXIL U l54 Della distribuzione dell'elettrico ec. T = P.2.T fclx \ '"""^ -+- COSt. I = ?.o.nlàx I ^""'^ 1 = P . ^Àx - [^£^^ [a - x) -hfdx ^^ i/a^H- A\x^ 3 donde \=P.2.T[m H -^ 3K^ -3R- R -" 3R^ J- 25. Leinina II. Quando la grossezza AB del solido testé considerato e estremamente piccola e affatto trascurabile in confronto del raggio BO, e la saetta BD è assai grande in con- tronto di essa grossezza AB, ma assai piccola in confronto di esso raggio BO , i due valori di X e Y sono prossimamente Per dimostrarlo svolgiamo i valori di X e di Y in serie secondo le potenze crescenti della quantità a, la (o) ■+■ a.(p'{o) ■+- ^ a~.(p"[o) (n—i) n (il) 4 V)-H_fL_<^ \ka),, a.3...«— I 2,3. ...Il dove k è un numero convenientemente scelto fra o e i ; la (|uale t'ormola, come avverte Cauchy (i), è sempre legittima quando col dare successivamente a k tutti i valori da o a i , non si hanno mai per (p [kd) né valori infiniti, né valori immaginar], né salti bruschi da una grandezza ad un' altra. Cominciando dal valore di X, poniamo , , > X a» «3 lX-2(n-*-m) (a-t-m)[/ a''-i-2,ani-^-2Kn 3 ■ ~, (>/'-t-aom-t-27??R) I r[^l — ~l[/Br -^ E W^ — "Ij/iT^ I/Il 3 77i[/am da cui T l/R =° cp'ia): 3a^ ao3 |/a 3 \/a a-»-R (a-+-R)' >5(a-i-K)» 3(«-t-Rj3 3 ' a l/a-i-K [/a (a-+-m) [/a'-t-anmH-aRTO (fl+R)' (i) Réiiimé (Ics Lerons sur le Calcai infinìtésìmal , T. i. p. làfi. i56 Della DisTiiinuziONE dell'elettrico ec. (a-*-R.)l/a -t-^«//i-t-iiU;/t (_ 2R 4»R Or;' r,„3 [/. I |/2 I ^ii-\-'n \/% 3 l/"4-"/ («R -R)l/a^-»-2«m-t-2Rm) „ „ ì l"-t-ll)- Del Dott. Giuseppe Belli iSy a((7-4-nf » 4'V(-t-m'[/a-'-*-2(/m-t-:2Rm ù.{a-*-m]^ u--*-2unL-\-i!.i\n («-►■R) |/u--+-2am-i-imR (a+R,' («-hR^^ 2(n"-t-2n?;;-(-2Rm) aR 4''^ 2(7»R ((Z-+-R)t («-hR)» ^(u-+-R)3 (»-+.R}4 I \^^a-hm I ((7+m) S^/«/-(-anm-l-2mR 2|/2l/;i-*-/«.l/"-HÌ^ '1/2 j 21/2 ^ I U3(A"[ka). (/i-a-l-R)» K" • (ka-i-V.) ' (A«-i-R) R" 6(^ m[/o.m m\/\\.\/Im amR.[/i)mj/R %\'^) — 5i7Ii ' ìì 3KR I mY/j.m m^/" 2.111 3 m\/2.m ./ > 2,2 a» »i(g+R) 3(»-»-R )!/»'-*- :ìrtR-<-a»iR „/ \ a aa 7?i ?;i(a-+-R)= R|/«^-)-2aR-+-2mR ' R(a^H-2aR-4-aRm) ((Z-t-R)" l/a^-i-artR-t-amR R^l/a'-l-2aR-l- 2mR R^' 2 2 a m (a'+2flR-H2wR — -2'".R Rto "■r"*"!^-* i RVa^^S^I^2^ ^ (a"-t-2aR-i-2mR) (a'-t-2aR+2mR) XM:= [/a=-+-aaR-t-2;7iR 2 2A-a 2m» (2fc=a'-»-4A-«R-+-2TOR) R R' i RV^'«'-+-^^"R-+-^«R (^ta"-l-2taR-t-2wR) "^ i ^/^*a•-♦-2/((aR-t-2»iR (A;=a'-K2^(2R+2mR) Del Dott. Giuseppe Belli i63 Ora esamlnanclo ad uno ad uno i termini del secondo mem- bro, si Ila s.ka — k 2.m. 3.a _ .m k< -x 2m* 2.m.m k'.am mk' 3 (^»a'^aA;aR-4-2OTR)l/A;=>a»H-2A,aR-t-2mR ^mR ' i/amR k'a'+2.kaK-i-2mK k' \/m.\/m.k' k' BT ■ \/2.m.\/K "R (2t'o'-4-4a^.R+2mR) R'l/Fa>+2taR+^2TOR R ' l/i»a"-4-2fcaRH-2niR (/ , 2i»a» \ _ 2w-+-4AaH- -p-J R ' l/2mR (Ata afe 'a' \ I -t- -2 — H B- I ^ ° t/^i/R" A;' / 2m / 4A-a s^'n^ \ X • [/ R ^ ' "*~ t;^ "^ ~s;;iR"j ' dove quantunque il terzo fattore dell' ultimo secondo membro sia >■ I, si ha però il secondo fattore tanto < i, che il loro prodotto si dee assolutamente avere per minore di i. Quindi anche questa quantità possiamo' farla A' « — — R • ^ -.^ ■--■.- - c^ Non così possiamo dire degli ultimi due termini del va- lore di ^'{ka), pei (juali è perciò necessario un ulteriore svi- luppo. Poniamo adunque i64 Della diitricuzione dell'elettrico ec. Km ' „ 5 \/k'a'-i-^Ka^-^2mlX = r{ka) = r{b) = r'(o) ^- brik'b). Sarà r(/.)=. (/''H-2Ìll-i-amR) "^ T-/ \ Km I I I 3 ^(o)=- F{b)=: Q.ml^l/2nd\ l/-2ìnK ^I/mhK (/ 2;fiR 2[/2!nK Rm.3(/.-+-R) (A+R) (//^-t-2ÌR-4-2mR) (i»-t-2ÌR-+-2?«R) T'i /j>i\ 3R;?!(A'i-+-R) Ìik'-^'B. I [k ù)= M j . (L'k'b»-h2k'bB.-t-3.mKf (k'k'b'-t-2k'bK-t-2mR)~ E perciò Rm (<,=(i'-h2AaR+2mR) =:L==zV(ka)=V(o)-^.bF(k'b) mm(k'h-+-K)b Mhk'-^K) 2i/2mK (k'k'l'^zk'bR-hi.mK)" (k'k'b'-i-zk'hK-^s.mB.)^ 3 3mRA:''a» . 3R=mA:"a fc"a' k'aK 2l/2mK „- „-! „j „a (2mR) (2/?jR) (aRm) (2mR) 3.a.a.k" 3 a.k'' a^k" uk" ai/2;/iR 4.mR[/'2mR 4 /«^/qmH 2Rmi/2mK 2m|/2mR 3 k-' 'òak" k" lak ' »_ 1 — 1 ^^^__ 1 — . I 2[/2/«R i^ ù^in\/2m\i R ^ml/2mR 3 5n/," 2^" 2l/27?iR 4»J|/2?hR R Sarà perciò Del Dott. Giuseppe Belli i65 X ['^^ì — X "*" "R "*" X R 2i/^;;ai 4mi/i;;iR ^^ 3 6it" A:" . 5at" ;^(«) = ;ì:(o) -*-« ;:'(^) -+- ir x"i^^) _ / 1/~A a» [ 3 C^" _ ^^ G«A'' 1 ' ~2i7R/ ^i/i^"* R 2R "^Swi/^;^" Y = -P2;r.;,;(fl) p r / l/~\ 3a=> 3a'A:" a^l" Sa^A" 1 _ p r l^ 3a 3flyfc afe 5£fc__l essendo tutte le k quantità fraoe-H i,e che possono essere diverse sì fra se che da quelle indicate precedentemente colle stesse lettere. Paragonando ora la X colla Y, noi veggiarao che entrambe differiscono pochissimo in grandezza dalla quantità P.2;ra, e che sono rivolte in direzioni contrarie. Sia per esempio R a = ICOCCOO sarà (lOOOOOO)* R / m / I I 1/ sR ^ 1/ 2000C00 H'4 a ^__ / a a __ i l/ImR y -™ " R 10CC000.1414 l6o Di;[,i,.\ DisTRinuzioNE dell'elettrico ec. V >4h/ Y=-P.„,(,_^), trascurando In entrambi i secondi membri i termini ulteriori siccome minori di un milionesimo 2.6. Lemma III. Immaginiamo cbe lo strato indicato da HANMBI (lìg. 7) sia formato da un grandissimo numero di unghie, ciascuna delle quali sia compresa: i.° da due piani congiunti ad angolo acutissimo nella linea AB; a.° da due triangoli sferici l'uno de' quali abbia un angolo in B e l'altro in A e le cui sfere abbiano un medesimo centro nel prolun- gamento della linea AB, variando però questo centro dall' un' unghia all'altra; 3.° da un piano perpendicolare alla linea AB, e condotto ad una distanza BC da B la quale sia gran- dissima in confronto di AB, ma piccolissima in confronto de' raggi delle sfere cui appartengono i triangoli sferici. Se la ma- teria di cui è formato questo strato è d' una densità uniforme ed è dotata d' un' azione repulsiva operante in ragione in- versa de' quadrati delle distanze, la forza con cui essa ma- teria respinge il punto A è prossiinamente uguale a quella con cui ella respinge il punto B. Perciocché se si chiama Ao l'angolo acutissimo che fanno fra loro nella linea AB i due piani che comprendono una delle unghie, e si pone AB=a, BC=77z,esi chiama R il rag- gio della sfera a cui appartiene il triangolo sferico pììi interno di essa unghia, le azioni che questa può esercitare sul punto A nella direzione BA, e sul punto B nella direzione AB, sono rispettivamente misurate dalle quantità TI A r l^"' a fu,/,- nak a^k 1 n \ r |/'" Sa 'iak nk hn'-k 1 PAo.«l I ';_- =^ -1 =5 n-H =-|i le quali, pel Lemma II, sono prossimamente uguali. Del Dott. Giuseppe Belli 167 27. Osseroazìone I. Chiamando 11 V azione esercitata sul punto esterno A da tutto lo strato or ora considerato , e A' quella esercitata sul punto interno B, d la densità della materia di esso strato, avremo P =pd, essendo p un altro coefficiente costante ; e h=ì'Lpd^o.a\ i \/n pda.-LAo I 1 -H pm Oah sR Gak qak R aR 3«/t R ak 2.B. a'k I/2.R 4(/2,nR R sR Zm\/2.niK 1/'" a Gak qak a^k 1 ^\/2.niK i^ 2^ «ml/amRj ,r s, V A r. -t^ 3'» , 3«i- ak 5a'k ì ^ l l/-^^ 4l/2mR I^ 2R 8/nl/2w.RJ il che mostra che A ed h' sono sensibilmente proporzionali al prodotto della grossezza per la densità dello strato, senza dipendere sensibilmente dalla sua figura, né dalla altezza AC. a8. Osservazione II. Se lo strato non è di densità uni- forme, h e k' sono allora sensibilmente proporzionali al pro- dotto della sua grossezza per la sua media densità. Suppongasi infatti che la densità dello strato cresca dall' interno all'esterno, ossia da B ad A. Noi possiamo riguardare esso strato siccome formato da una moltitudine di strati in- sieme conpenetrantisi, alcuni più grossi ed alcuni più sottili, aventi tutti la medesima superficie esterna, e dotati ciascuno di uniforme densità. E in questo caso l'azione h dell'aggre- gato di tutti questi strati verso il punto esterno A sarà data sensibilmente dal prodotto della quantità (l/m \ comune a tutti gli strati parziali, per la somma di tutti i va- lori che ha la quantità da ne' diversi strati. Ora questa somma si ha altresì dall' immaginar divisa in un grandissimo numero i6S Della distribuzione dell' elettrico ce. di parti la grossezza totale a dello strato totale o complessi- vo, dal moltiplicare ciascuna minima parte per la somma della densità di quegli strati parziali a cui essa parte corrisponde, e dal sommare tutti questi prodotti ; la quale operazione som- ministra appunto il prodotto della densità media dello strato totale per la grossezza a. Ed è a riflettere che è affatto mi- nimo r errore nascente dall' ammettere uguali i valori di m e quelli di R dell' espressione ([/m \ ' -*- ITSf j ' per tutti gli strati parziali. Se la densità crescesse dall'esterno, all'interno si avrebbe il valore di h immaginando che da uno strato avente l'intera grossezza a ed avente la più grande delle densità , venissero sottratti moltissimi altri strati di minor grossezza, aventi co- mune con quello la superficie esterna, e dotati ciascuno di densità uniforme. E si avrebbe ancora Vh misurata sensibil- mente da moltiplicata pel prodotto della grossezza a per la media den- sità dello strato. E facile sarebbe lo estendere la dimostra- zione a qualunque maniera di variazione della densità dello strato stesso. Per r azione Ji esercitata sul punto B , conviene imma- ginare che lo strato considerato risulti dalla somma o dalla diflerenza di un grandissimo numero di strati parziali, aventi la stessa superficie interna, e dotati ciascuno di densità uni- forme. E la conclusione è sempre la stessa. 29. Veniamo dopo tutto ciò alla Proposizione che ci sia- mo prefissi di dimostrare. Sia PQR.S.... ( fig. 0) lo strato del iluido sovrabbondante in un conduttore elettrizzato in più. Si scelga nelle superficie esterne di cotale strato un punto Del Dott. Giuseppe Belli i6g A; si segni B quel punto della superficie interna pel quale passa la normale condotta da A verào 1' interno j e si imma- gini che con un piano HN perpendicolare ad AB venga ta- gliato in questo strato un piccolissimo segmento IBMNAH, la cui altezza AG sia bensì moltissimo maggiore della gros- sezza AB dello strato medesimo, ma però moltissimo minore del più piccolo de' raggi di curvatura che ha in A l'esteriore superficie di esso strato , ossia la superficie del corpo. Con che tutta la massa dell'elettrico sovrabbondante verrà distinta in due porzioni, delle quali l'una sarà quella del detto seg- mento, e l'altra sarà tutta la parte rimanente. Si chiamino A, H le due azioni ripulsive esercitate rispettivamente da queste due porzioni su di una molecola d' elettrico collocata in A ; A', H' le due azioni pur ripulsive esercitate dalle medesi- me due porzioni verso una molecola d'elettrico situata in B. :^ Siccome la molecola esistente in B si trova in equilibrio, essendo al di dentro di uno strato d' elettrico equilibrato ( 5" 22, ), così sono eguali in grandezza ed opposte in direzione le due azioni H', h' su di essa operanti. In quanto alle due azioni operanti sulla molecola collocata in A, noi avremo prossima- mente la H uguale alla H' sì in grandezza che in direzione attesa la vicinanza di luogo de' punti A e B. Così pure si avrà prossimamente la h uguale in grandezza alla A', come si ha dal calcolare queste due azioni nel supposto che il segmento sia fi)rmato da un grandissimo numero di unghie comprese fra triangoli sferici, e le quali concorrano co' loro spigoli nella linea AB, nel modo che si è veduto nel Lemma III ; colla qual forma, quando le unghie sieno numerosissime e i trian- goli sferici opportunamente scelti , il considerato segmento quasi affatto coincide. La grandezza assoluta poi sì di A che di A', è porporzionale al prodotto della grossezza AB dello strato per la densità media di esso nella linea AB, vale a dire air intensità dell' elettricità nel punto A, come si è testé ve- duto al § a8; né dipende sensibilmente dalla forma del corpo, quando sia data quella grossezza e densità media, come neppure Toìiio XXII. Y 1^0 Della distribuzione dell'elettrico ec. dalla distanza AC del piano che separa i due segmenti, purché (juesta distanza ahbia le condizioni precedentemente espresse. Le direzioni in fine di esse azioni sui punti A e B sono pros- simamente perpendicolari al piano HN, e volte in versi con- trarj. Perciocché se dal punto A vengono descritte sulla su- perficie esterna dello strato due linee dirette in versi contra- rli ed esistenti in uno stesso piano passante per AB, hanno in A queste due linee la stessa curvatura; opperò ognuna delle unghie che abbiamo considerato, é accompagnata da un'altra diametralmente opposta, uguale di grandezza e di forma. Per conseguenza la molecola d' elettrico situata in A sarà sollecitata da due forze /?, H pressoché con correnti, danti una risultante uguale prossimamente a a/i e operante verso r infuori in una direzione prossimamente parallela alla linea BA. A questa risultante si può dimostrare vicinissima in gran- dezza e in direzione anche l' azione che verrebbe esercitata sulle molecole d' elettrico che si trovassero prossime ad A nel prolungamento della BA. Infatti una calotta sferica nata dalla rotazione dell'arco AH ( fig.9 ) intorno alla retta MAC che prolungata passa pel centro O, esercita su di un punto esterno M preso nella detta retta MAC un'azione la quale, chiamata P r azione esercitata alla distanza i da una massa uguale a quella che si troverebbe distribuita colla densità della calotta sulla superficie i, e posto ' • , > < .. •■- ■■ -; AE =x • ' EF =7 I, ,.., . ,, AO =R'''''^;;' :[^''' AC = senou.AH =7«. ■ ili! e data dall'espressione Del Dott. Giuseppe Belli 171 ^f'^"- (è)- [(i-4-X)»-t-JK'] essendo l'integrale esteso da ar=o ad a; = m; e però, avendosi o ..iia OilUHi (l) = y'/--(-i^-^)^ essa azione sarà = Pan/dx. ^P2.7lRfdx [(b-^xy-t-y'] (J-+-X) £(Ì-t-T)»+z(2R— x)] :P2,;rR fdx h-t-x = P2;r.R = Pa;r.R = P2;r.R = Pa;r.R = PaTT.R [*»H-2Ìx-l-aRx] (h+x) ■fdx. (Ì'-^2jx-*-2Rx) (*-t-R) (b-t-x) t/i'-t-aZ/j+aRj; (Zi+R)l/i»H-2Ìx-<-2Rar . (i-HR)(*'+2Ìx-(-aRa;) (ì-hR)» COSt. —{b-^-x)(b-^-'R)+b'-^-:ibx-^-2.'Rx 1 (t-f.R)'l/i"-(-2Ax-H2Rx J ] -JR-4-Jx-»-Rx (b+Ry[/b--ì-:ibx-i-aRx —bR-t-bm-i-Rm 'COSt R .f:ii/:ÌUÌi^ (ì-t-R)^l/i'-H2ÌOTH-aRm (*-t-'^)*J la quale quantità, quando b=o, è uguale a ii ,^i\ ) (IA eon MI J [ liW Pa;r. I i/aR« J ',■>',•> tj->Ubtn»tMH o-itiV.) (',' 17^ Della distribuzione dell^ elettrico ec. e differisce pochissimo da questo valore quando h è piccolis- simo. L' azione pertanto esercitata da cotale calotta verso il punto M diversifica pochissimo dalPesserie questo punto col- locato a contatto o soltanto vicinissimo. E lo stesso può dirsi di una moltitudine di siffatte calotte, ossia di uno strato com- preso fra due superficie di cotal forma; come anche di uno strato formato da una moltitudine di unghie quali abbiamo supposte nel Lemma III : come in fine dello strato elettrico IBMNAH della fig. 8. E siccome per questo piccolo cangia- mento di luogo del punto su cui 1' azione è esercitata, varia pochissimo anche 1' azione del rimanente strato elettrico che riveste il corpo, cangiandosi pochissimo l'azione spettante a ciascun punto di questo rimanente strato; così l'azione che verrebbe sofferta dalle molecole d' elettrico che si trovassero prossime ad A nel prolungamento della BA, differisce pochis- simo dall' azione che verrebbe sofferta da una molecola col- locata in A; come avevamo asserito. Quanto si è fin qui detto, noi possiamo applicarlo anche all'attrazione esercitata dallo strato deficiente di un corpo elettrizzato in meno verso il fluido naturale delle molecole d' aria contigue. Quest' attrazione cioè è proporzionale al pro- dotto della grossezza di esso strato deficiente per la densità che ivi aveva il fluido sottratto, senza che sia d'uopo aver riguardo alla figura o ad altre circostanze. Questa dimostrazione, dovuta in origine a Laplace, si trova riferita da Poisson, con qualche sua aggiunta, nelle Me- morie dell'Istituto di Francia per l'anno i8ii (*). Io l'ho sviluppata e modificata alquanto e adattata all'ipotesi Fran- kliniana. Dopo una tale dimostrazione, Poisson cerca altresì di pro- vare che la forza con cui tutto l' elettrico esistente nella li- nea AB {fig. 8 ) è spinto verso l'infuori, è in ragione dupli- (*) Classe matematica e fisica, parte I, p. 6. e 3o. Del Dott. Giuseppe Belli 178 cata del prodotto della grossezza AB dello strato per la me- dia densità dell'elettrico lungo essa linea AB, ossia, adattando le sue conclusioni al linguaggio frankliniano, in ragione dupli- cata dell' intensità dell' elettricità sovrabbondante o positiva nel punto A. E infatti nella serie delle molecole d' elettrico distribuite lungo la linea AB, le più interne sono spinte all' infuori con forza minore e le più esterne con forza maggio- re ; essendo la forza con cui è spinta ciascuna, in ragione del numero di quelle che ella ha più internamente. Ond'è che la somma di queste forze è proporzionale al prodotto del numero delle molecole distribuite in AB, per la media delle forze dalle quali esse sono sollecitate una per una , la qual forza media è anch' essa proporzionale al detto numero. Supponendo adunque che le molecole d' elettrico situate in AB si premano r una r altra a modo degli ordinar] fluidi pesanti, ed eserci- tino contro r aria uno sforzo puramente meccanico uguale alla somma di tutte le forze onde esse sono sollecitate, questo sforzo sarà in ragione del quadrato del numero di esse mole- cole disposte in AB. Poisson non parla esplicitamente di que- sto vicendevole premersi delle molecole ; ma a me pare che egli lo sottintenda, né veggo come si possa senz' esso arrivare alla menzionata conclusione. Questa conseguenza, ricevuta in generale dai fisici fran- cesi, viene da essi ammessa non solo per l'elettricità vitrea o positiva, ma anche per la resinosa o negativa, la quale essi fanno dipendere con Symmer da un altro fluido che similmente si accumuli alla superficie de' conduttori. Io temo però che in questi ragionamenti di Poisson sieno portate troppo oltre le analogie dell' elettricità co' fluidi ordinar] : il che io stimo pericoloso, fintantoché é si poco nota l'intima natura dell'elet- tricità, e che é persino incerto se veramente ella dipenda da qualche sostanza esistente da se. .;iidiil«il) ni fjJiov fiouoeGip e. iigi() o:e 'Uiillij fib tiila • ' 174 Della distribuzione dell'elettrico ec. i; ■■':■■'■' : >■ ,. 'li''..!. . !i..„ ,; | .■,!• ,.),; ■.ìL!ii;l1r.[.!i ,iiié>() A'il /;T?HOi?osiaipNE Xnivuitl-ilo'ii;.!. /.;i;!.!. i;'!. ■;!' !\i' 'i'iCi'i:i:y'. .1! •(i;;j;!:ii[^f:i(;'il u'mi^v.ni^r.W Ir; i,ioi*ni:wi • -mi- ,' 3o. Se dentro ad una superficie convessa in tutti i versi e non avente né angoli solidi né spigoli né variazioni repen- tine nella curvatura, si trova contenuto un fluido incompres- sibile le cui parti si respingano in ragione inversa de' qua- drati.delle distanze, non può esservi per questo che un' unica distribuzione colla quale esso non eserciti alcuna azione verso i punti a lui interni. Chiamo convessa una superficie in tutti i versi ^ allor- quando condotto per qualsivoglia di lei punto un piano tan- gente , questo piano non Iia comune con essa che queli' unico punto, e la lascia sempre tutta da una sola banda^ senza mai segarla. Tali sono per un esempio le superficie elis- soidiche. i.... .• , I. iln'JHwrinn om'I-; o:.!; :;m;'j .ì*.:,,' i(!Ì) Per dimostrare la enunciata Proposizione cerchiamo di far vedere come la supposizione contraria conduca all'assur- do. Supponiamo adunque che dentro alla superficie CC {fig. io) convessa in tutti i versi, possano esservi due maniere di distribuzione colle quali una data massa dell'indicato fluido repulsivo non eserciti azione alcuna all'interno ; le quali due maniere formino due strati le cui interne superficie sieno in- dicate r una dalla linea punteggiata DD, e l'altra dalla linea continua EE ; le quali due superficie si segheranno in diversi luoghi, rimanendo in alcune parti piìi interna la prima, e in alcune la seconda. E immaginiamo che data al fluido la di- stribuzione limitata dalla superficie DD, e ritenuto immobile esso fluido con una siffatta distribuzione, talché esso non cangi di luogo per pressioni che venga a sofflire internamente, imma- giniamo, dico, che al di dentro gli'si aggiunga dell'altro fluido della stessa natura a piccole successive dosi, lasciando che que- sto pigli a ciascuna volta la distribuzione di equilibrio, e così si continui in fino a che da ultimo la interna superficie del fluido aggiunto, indicata dalla linea FF latta a brevi lineette, riesca f Dei. Dott. Giuseppe iBelli . ' ' ' ijS tutta al di dentro della EE, toccando però questa in uno o più punti. Dalle cose dette al §. 19 è chiartì che né questo fluido novellamente aggiunto, né quello lini.itato dalla superfi- cie DD eserciteranno azione alcuna verso i punti situati al di dentro di FF. Immaginiamo reso immobile anche il fluido ag- giunto, e che dall' aggregato de' due strati immobili, ossia dal fluido immobile collocato al di fuori della superficie FF venga levata la parte situata al di fuoti della superficie EE. Sicco- me anche questa parte non esercita, nella nostra ipotesi, azio- ne alcuna verso i punti dentro lei contenuti, così nella detta ipotesi non ne dee nemmeno esercitare la parte compresa fra EE ed FF, che ha in uno o più punti una grossezza nulla. Dimostriamo come sia assurda questa mancanza d'azione di cotale parte di fluido verso i punti ad essa interni. Immaginiamo che dal punto o da imo de' punti ove la distanza fra EE ed P^F è nulla, punto che noi indicheremo con A {Jìg. il ), venga condotta una retta AO normale alla superficie EE, la quale EE nel supposto che lo strato di fluido fra EE e CG sia dappertutto assai sottile, sarà anch' essa con- vessa per tatti ,i. versi;, con^e anche, in un supposto simile per lo strato fra GC ed FF, sarà; convessa per tutt|i.i versi, la FF. E immaginiamo che per un punto B di questa AG, preso vi- cinissimo ad A, sia condotto un piano KK', perpendicolare ad essa AO; col quale piano verrà lasciata dalla banda di A una porzione dello strato EEFF di fluido repulsivo, di una gros- sezza nulla nel punto A ma- gradatamente crescente coll'al- lontanarsi da A secondo tutte le direzioni ; e dalla banda contraria a qnella di A verrà lasciata tutta la rimanente por- zione dello strato medesimo. Determiniamo approssimata- mente r azione della prima porzione. Questa porzione di strato si può con grande approssima- zione riguardare come una calotta compresa fra il piano KK' e due superficie elissoidiche toccantisi in A ; o come l'aggre- gato di un grandissimo numero di unghie, ciascuna delle quali sia parte di una calotta sferica compresa fra il piano KK e due superficie sferiche di diverso raggio toccantisi in A. 1 76 Della distribuzione dell' elettrico ec. Cominceremo perciò a determinare l'azione di una intera calotta sferica di questa specie; ossia la differenza d'azione di due segmenti di sfera nati dalla rotazione intorno ad AB di due triangoli mistilinei AKB, AAB {fig. la) essendo AK, A^ due archi circolari normali ad AB. Chiamando R, R' i raggi delle due sfere, cioè R il maggiore, R' il minore; a la AB; P il coefficiente costante già adoperato nel §. 24, le azioni di essi due segmenti verso il punto B saranno , come si ha dal valore di T" del §• a4> i- ^ ; ■ ; e l'azione della calotta che ne è la differenza, sarà ' ì '.:.U,■^ Ul1 p Fa' a^ a (a-t-aR) a* a} a (a-4-2R') aivlv E prese di questa calotta due unghie contrapposte al vertice, comprese ciascuna fra due piani formanti un sottilissimo spi- golo A« lungo la retta AB, l'azione esercitata su B dall'ag- gregato di queste due unghie sarà P o Ad r*^ -J- .f-— "' ^'^-^^^ f! fl_ j. a (a-f-2R') 1 r .J,L^C ^^ -f ^j^, — jp^ ^, ^^,^, -t- .^^,p^, J. E però l'azione della calotta elissoidica della ^g. ii sarà prossimamente misurata da . >. :; ;: 2 PaAo r ''^ -4- — «'(«-*-^R)' „ £ ^ • CI s • a (a+2R') 1 . 3R'R' J • presa la somma da 0=0, ad o = tc, e ritenendo variabili la R e la R' col variare di o. . - Del Dott. Giuseppe Belli 177 Ora essendo quest' ultima quantità tutta moltiplicata per a ^ è facile vedere che col diminuire di a il valore di essa <|uantità va gradatamente diminuendo, in modo da poter di- venir minore di ogni quantità assegnata col diminuire suffi- cientemente di essa a. Laddove non si può dire lo stesso per riguardo all'altra porzione dello strato repulsivo EEFF, esistente, rispetto al piano KK', dalla banda più lontana da A; l'azione della quale altra porzione non può divenire piccolissima col successivo impicciolimento di «; come si scorge evidentemente prendendo anche soltanto una piccola porzione di questo strato esistente all' intorno del prolungamento della retta AO. Non è adunque possibile che con questa forma di strato vi sia equilibrio fra le azioni esercitate sul punto B per tutte le posizioni di questo punto. E però è assurda la supposizione fatta dapprincipio, che si possano dare due distribuzioni ca- paci tutte e due di non esercitare azione alcuna sui punti interni. 3i. La conclusione regge anche nel caso che la superficie interna FF dello strato residuo sia affatto diversa da quella che abbiamo immaginata, perchè quella esterna EE sia con- vessa per tutti i versi, e abbia in A un punto comune colla in- terna. Perocché condotta da A la normale AO \^fig- 1 1 )? e per un punto B vicinissimo ad A guidato il piano K^B^'K' per' pendicolare ad AO ; e divisa la calotta KAK7;'AA; in tante un- ghie per mezzo di tanti piani segantisi in AO ad un angolo acutissimo Ao, 1' azione esercitata sul punto B da una qual- sivoglia di queste unghie nella direzione AO sarà misurata dalla quantità s s [2 3 diminuita dell' azione del solido abbracciato dal piano KK', dalla superficie kkì^ e dai due piani segantisi in AO e com- prendenti la data unghia ; ossia sarà essa azione espressa da Tomo XXII. Z \'~ii Della distriruzione dell'elettrico ec. essendo À una quantità positiva minore di i. E la totale azio- ne esercitata da tutta la calotta verso il punto B nella dire- zione AO sarà misurata da 2P. Ao.;. |^« -+. _ -H ^ 3j^3— J dove la R varierà da un' unghia all' altra, e cosi pure la À, rimanendo però quest'ultima sempre compresa fra o e -i- i . Ora il valore di questa espressione, atteso il comune fat- tore a, col diminuire della a può divenir minore di ogni quan- tità data; cosa che non si può dire dell'azione esercitata sul medesimo punto B, nella contraria direzione OA , da quella porzione del medesimo residuo strato la quale esiste dall'op- posta banda del piano KK'. Perciò non può sussistere l'equi- librio per tutte le posizioni del punto B ; ed è in conseguenza assurda la supposizione della possibilità delle due maniere di distribuzione. 3a. Ciò vale qualunque sia la densità e la grossezza dello strato tli fluido repulsivo disposto sotto la superficie CG. Dal che si può arguire che la conclusione vale anche pel caso di una distribuzione meranieiite superficiale, qual è quella considerata al §. la. Eccone nuUadimeno una dimostrazione. Immaginiamo per un momento che sieno possibili due distribuzioni meramente superficiali, colle quali un fluido re- pulsivo disposto nella superficie convessa CG ed operante in ragione inversa de' quadrati delle distanze, possa non eserci- tare azione alcuna verso nessun punto dello spazio interno. E supponiamo disposta in CG una data quantità M di un sif- fatto fluido repulsivo con una di queste due maniere di di- stribuzione , la quale noi chiameremo la prima maniera. E quindi immaginiamo levate successivamente delle piccole por- Del Dott. Giuseppe Belli 179 zioni di questa quantità M disposte tutte all'altra maniera che noi diremo la seconda, continuando queste sottrazioni in fino a che in qualche punto della superficie CC arrivi il fluido residuo ad avere una densità zero. 11 che dovrà necessariamente avvenire prima che tutta la quantità M sia levata ; poiché in alcuni punti di CC, a pari quantità totale di fluido repul- sivo, dee aversi una maggiore densità colla seconda maniera che non colla prima ; e perciò dee bastare per questi punti una quantità minore di M disposta alla seconda maniera, per avere la stessa densità come disponendo tutta la M alla prima maniera. Ottenuta che siasi in qualche punto A una densità nulla, immaginiamo che si cessi da ulteriori sottrazioni; e condotta da esso punto A una retta AO normalmente e inter- namente alla superficie CC , e per un punto B della AO vi- cinissimo ad A menato un piano KK' perpendicolare ad AO, consideriamo 1' azione esercitata su B dalla porzione di fluido che, dopo fatte le dette sottrazioni, esisterà nella calotta KAK'. Avrà questa porzione di fluido un minimo di densità nel punto A, e andando lungi da questo punto la densità andrà cre- scendo progressivamente da tutte le bande. E se immagine- remo la calotta KAK' divisa in tante minime unghie superfi- ciali, col mezzo di tanti piani segantisi in AO ad angoli acu- tissimi, ciascuna di queste unghie si potrà considerare come piegata ad arco circolare, colla densità del fluido dispostovi crescente successivamente coli' allontanamento da A. Chiamiamo Ao V angolo fatto da due piani segantisi in AO e comprendenti una di esse unghie, d la densità massima del fluido disposto in essa unghia, R irraggio di curvatura in A dell'arco che divide per mezzo quest' unghia, a la comune altezza AB di tutte le unghie, P r azione che verrebbe esercitata su B da una massa del considerato fluido, contenuta nell'estensione superficiale I colla densità i , e supposta concentrata in un punto alla distanza i. i8o Della DiSTRinuziONE dell'elettrico ec. AX r azione esercitata dalla considerata unghia verso il punto B nella direzione AO. Posta [fig. i3) AE = a:, EF=7, si avrà AX=vf\h-(±)Ao.y.;j. 3 ^ [{a—xf+y-f essendo X una quantità compresa fra o e -4- i , e variabile con x; ossia, avendosi ji^j ^ R, y*=aPiie — a^^, AX=P.Aa.X8Rrdx — 12=2^ , , (a^+2.Kx — nax) dove À' ha una grandezza intermedia fra il massimo e il mi- nimo valore di /i, , ossia è anch' essa una quantità compresa fra o e -r- I . Ed eseguendo le integrazioni sarà T I |_ —i('2ii—2u) J — (K— a) J 1^ — (K_^j K— a i(aR— sa) J ^ 1 =?i\Ao.xd.[-'''-'^^''\-;-,^;-'''^ ~'^"^awp'•^-^»st.] ; ed estendendo l'integrale fra i suoi limiti o ed a, Del Dott. Giuseppe Belli i8i Ma prenilendo il punto B gradatamente più vicino ad A, la densità d si rende successivamente più piccola sino a poter divenir minore di ogni quantità dataj perciò con questo irn- piccolimento di AB, anche il valorp di AX decresce sino a potersi rendere più piccolo di ogni dato. E lo stesso è dell' azione di qualsivoglia altra unghia. Dimaniera che coli' impic- colire la AB , r azione che il fluido esistente nella calotta KAK' dopo le indicate sottrazioni, esercita verso B nella dire- zione AB, può divenir minore di ogni quantità assegnata. Ma ciò non può avvenire della parte di fluido repulsivo esistente, dopo le indicate sottrazioni, dall' altra banda del piano KK'. È quindi impossibile che il fluido rimasto nella superfìcie CG dopo le già dette sottrazioni non eserciti azione alcuna sul punto B, per tutte le posizioni di questo. Dunque è assurda la supposizione che vi possano essere due modi di distribu- zione dell' indicato fluido repulsivo nella superfìcie CG , do- tate entrambe della proprietà di non esercitare azione alcuna verso i punti contenuti al di dentro. 33. Pel caso che il fluido sia compressibile non ne saprei ancor dare dimostrazione rigorosa. Trattandosi però del fluido elettrico, il quale si distribuisce sensibilmente alla sola supe- fìcie^ possiamo ritenere che la conclusione valga anche per lui. Quello poi che sarebbe più importante, sarebbe di esten- dere cotali dimostrazioni alle superfìcie qualunque. ARTICOLO SECONDO. Della distribuzione dell'elettrico in un conduttore isolato soggetto all' azione di un corpo elettrizzato esterno. 34. È noto ai Fisici che se dinanzi a un corpo condut- tore isolato A, elettrizzato in più o in meno o anche allo stato naturale, noi presentiamo un qualsivoglia corpo elettriz- zato B, si altera sempre nel primo la distribuzione dell' elet- i8a Della msTRinuziONE dell'elettrico ec. trico ; e ciò di tale maniera che se il corpo B ò elettrizzato in più, una porzione di fluido elettrico abbandona le parti anteriori di A ossia le piìi vicine a B, per recarsi nelle po- steriori ; e air incontro, se il corpo B è elettrizzato in meno, una porzione del flnido elettrico di A proveniente dalle parti posteriori viene a portarsi nelle parti anteriori. Io intendo ne' paragrafi seguenti di dimostrare cbe questi smovimenti hanno Inogo unicamente alla superficie del corpo A. Per brevità di linguaggio, il corpo presentato B verrà chiamato corpo attuante, ed il corpo A in cui si considera lo smovimento, corpo attuato. L E 31 M A. I. H5. L'azione esercitata su qualsivoglia corpo ABCD {fig. i4) da una massa MN di materia ripulsiva situata all'ester- no di esso ed operante in ragione inversa de' quadrati delle distanze , può essere compiutamente equilibrata e distrutta dall' azione di un altra massa convenientemente disposta della stessa materia ripulsiva. Immaginiamo che tutto all' intorno del corpo ABCD esi- sta un grosso inviluppo di materia ripulsiva, del quale la massa MN faccia parte ; e immaginiamo determinato in questo inviluppo uno strato PQIISNM comprendente la stessa massa MN , e affatto privo di azione verso i punti interni (§ 18). Egli ò chiaro che 1' azione della parte FQR.S distruggerà com- piutamente r azione della parte MN. Le due masse MN e PQRS noi le chiameremo comple- mentarie. 36. Osservazione I. Nella massa PQRS sono lasciate a no- stro arbitrio la figura della superficie interna, la legge della densità e la grossezza; ma determinate queste riesce altresì determinata la figura della superficie esterna. Del Dott. Giuseppe Belli i83 S'j. Osservazione II. Supponiamo distribuita nel luogo PQRS or ora considerato una quantità di materia attrattiva la quale saturi o riduca indifferente la materia ripulsiva ivi esistente. Sarà r azione di questa materia attrattiva sul corpo ABGD equivalente all'azione della massa ripulsiva MN ; giacché tauto r una quanto l'altra distruggono l'azione delia massa ripul- siva PQRS. Possiamo da ciò concludere che 1' azione di una data massa ripulsiva verso un dato corpo ABCD può essere compiutamente supplita dall' azione di una massa attrattiva convenientemente disposta. 38. Osservazione III. Viceversa, una massa di materia at- trattiva può essere compiutamente supplita da una di materia ripulsiva convenientemente determinata. LEMMA II. 39. Richiamiamo la Jig. 3 e la dimostrazione data al 5- Ile seg. Si abbia cioè ancora una qualunque superficie chiusa ABCD; si immagini condotta dentro a questa la superficie pur chiusa abcd. Però non siavi piìi la materia ripulsiva con- centrata e unifiarraemente distribuita nella superficie sferica FGHI; ma in luogo di questa ve ne sia dell'altra distribuita in uno spazio qualunque MN , il quale non inchiuda entro di se la superficie ABCD, rimanendo fi;rma la supposizione che r azione di questa materia ripulsiva varii in ragione inversa dei quadrati delle distanze. Immaginiamo dopo ciò diviso lo spazio MN in tante parti di minime dimensioni, e ciascuna delle porzioncelle di mate- ria appartenenti a queste parti supponiamola dapprima con- centrata nel rispettivo centro di massa, e poscia diffusa e uni- fiarmemente distribuita in una superficie sferica descritta in- torno a un tale centro e toccante la superficie abcd; con che una porzione della considerata massa MN passerà nell' inter- vallo ABGDabcd, e un' altra rimarrà all' esterno della su- perficie ABCD. Immaginiamo ripetuta una tale operazione i84 Della distribuzione deli/ elettrico ec. su quest'ultima porzione rimasta all'esterno di ADCD ; con elle un' altra porzione della massa MN passerà nel detto in- tervallo. Sulla porzione che rimane ancora all'esterno di ABCD immaginiamo ripetuta la stessa operazione una terza volta; o cosi si l'accia ulteriormente, procedendo nello stessissimo moda, e colle stessissime avvertenze come nel già citato § ii. Ne verremo in fine a conchiudere clie nell' intervallo ABCDa^ctZ potrà essere distribuita per tal modo una porzione della massa MN da esercitare verso i punti compresi dentro la fi^cJ quella stessissima azione che veniva esercitata su essi dapprincipio da cotale massa MN. E j)otendosi prendere questo intervallo di quella sottigliezza che più piace, se ne potrà altresì con- chiudere che nella superficie ABCD può distribuirsi per tal modo una opportuna porzione della massa ripulsiva MN da esercitare verso l punti contenuti dentro essa ABCD quella stessa azione che viene su essi esercitata dalla intera massa MN colla sua distribuzione iniziale. 4o. Osservazione. La materia ripulsiva distri])uit", ec. E dopo tutto ciò •si suppongano restituite alle proprie sedi le molecole di ma- teria ripulsiva state trasportate nelle suddette superficie ABCD, A'B'C'D', A"B"C"D" ecc. Si avrà con ciò uno strato di materia ripulsiva, formato da una porzione della materia dell'inviluppo collocata ancora a proprio luogo, il quale strato uguaglieràin massa la quantità di materia distribuita in MN , ed avrà un' azione verso i punti esterni pochissimo diversa da quella eser- citata da essa materia di MN , e tanto meno diversa quanto più piccole e più numerose saranno le parti p , p\ p\ ecc. , ossia quanto più vicine saranno le dette superficie vicende- volmente includentisi. Dal che si può conchiudere potersi un tale strato terminare esternamente in siffatto modo da avere verso i punti esteriori un' azione perfettamente equivalente a quella della materia distribuita in MN. 6g. Osservazione. I varii movimenti che si sono supposti nella materia repulsiva distribuita in MN, nella Proposizione XV, non cangiano per nulla il luogo del centro di massa di questa materia ; di manierachè dopo essersi questa condensata e distribuita nella superficie ABCD, un siffatto centro di massa è ancora nello stesso luogo di prima. Nella xvi Proposizione poi il comun centro di massa delle porzioni di materia repul- siva distribuite nelle varie superficie ABCD , A'B'C'D', ecc. è lo stesso di quello della materia distribuita in MN. Si può perciò conchiudere che quest' ultimo coincide altresì con quello dello strato di materia determinato intorno ad ABCD nella Proposizione xvi medesima. aoó Della distribuzio.ne dell'elettrico ec. PROPOSIZIONE XVII ED ULTIMA. 70. Sia i\IN un corpo elettrizzato in più dove l'elettrico abl)ia una distribuzione qualun(|ue^ e all'esterno abbia esso un inviluppo conduttore, la cui interna superficie ABCD sia di una forma qualunque. Determiniamo in quest' inviluppo uno strato contiguo ad ABCD, tale che il suo fluido naturale sia uguale in quantità ed ecjuivalente nelle azioni verso l'esterno, al lluido sovrabbondante di MN; e quindi immaginiamo levato tutto r elettrico di un tale strato. Verranno con ciò le mole- cole d'elettrico esteriori allo strato deficiente, per l'azione combinata della materia lasciata deficiente e del fluido sovrab- bondante di MN , a trovarsi perfettamente in equilibrio. E perciò la distribuzione di equilibrio nell'inviluppo suddetto, supposto comunicante col suolo, sarà quella di avere contiguo all'interna superficie 1' anzidetto strato deficiente, essendo nel rimanente tutto allo stato naturale. Sia invece MN un corpo elettrizzato in meno; e si sup- ponga distribuito nella superficie ABCD uno strato di fluido sovrabbondante uguale in quantità al fluido che manca in MN, ed equivalente a questo nelle azioni verso l'esterno, essendo alio stato naturale tatto il resto dell'inviluppo. Anclie (questa sarà una distribuzione in cui tutte le molecole d'elettrico esteriori alla superficie ABCD si troveranno equilibrate; e sarà essa perciò la distribuzione che avrà luogo neirinvilup[)o medesimo quando sia messo in comunicazione col terreno. Veramente, nel caso reale, 1' elettricità indotta dell'inviluppo consisterà in uno strato di qualche piccola grossezza. Ma ri- ferendo tutte le molecole d'elettrico sovrabbondanti ai punti normalmente sottoposti della superficie ABCD, si avrà una distribuzione pochissimo differente da quella considerata al S- 67- Da quanto poi abbiamo veduto al 5- 6g possiamo dedurre che il centro di massa dello strato d'elettrico che manca o Del Dott. Giuseppe Belli ao^ che sovrabbonda sopra la superficie ABCD, coincide col centro di massa dell' elettrico che viceversa sovrabbonda o manca nel corpo elettrizzato MN. 71. Osservazione I. Supposta in MN prima una sovrabbon- danza e poscia una deficienza , uguali in grandezza e simili nella distribuzione, si avranno similissime le maniere di di- stribuzione delle elettricità indotte nella superficie ABCD; giacché la diversa sottigliezza degli strati elettrizzati non può arrecare che una differenza impercettibile. 72. Osservazione II. L'accumulamento dell'elettricità indotta, sia positiva, sia negativa, nella superficie ABCD , è maggiore in quelle parti di questa che sono più sporgenti verso il vano interno, minore in quelle meno sporgenti, e minima nelle parti cave o rivolte verso 1' esterno ; tutto al contrario di quanto avverrebbe se ABCD fosse la superficie esterna di un corpo elettrizzato di elettricità propria, e non soggetto ad alcuna azione straniera. 78. Osservazione III. Se dentro alla superficie ABCD si trovassero contenuti parecchii corpi MN , M'N', M"N", ecc. elettrizzati alcuni in più ed altri in meno, si avrebbe per in- duzione nella ABCD una distribuzione d'elettrico equivalente a una compenetrazione di tutte le distribuzioni corrispondenti ai diversi separati corpi interni (i). (i) In questa Proposizione io sono stato prevenuto dal celebre Poisson , il rjuaie nella sua prima Memoria intorno al magnetismo, inserita fra quelle dell' Accademia di Parigi per gli anni 1821 e i8aa, dimostra che in un corpo magnetico di qualun- que figura e magnetizzato comunque, purché di uniforme natura e di temperatura uniforme ( le quali due ultime condizioni però io trovo superflue ) , al magnetismo reale distribuito nelle diverse parti esterne ed interne si può sostituire un magnetis- mo ipotetico puramente superficiale opportunamente disposto, senza che venga mini- mamente alterata 1' azione magnetica verso i corpi esterni. ( Vedi le suddette Me- morie di Parigi p. 261 ). A una simile conclusione arrivò posteriormente altresì Gauss ( Ann. Chim. Phys. T. 67. p. 16 ). E qui è da notare che anche le azioni magnetiche variano in ragione inversa de' quadrati delle distanze. ao8 Della distribuzione dell'elettrico ec. 74. Osservazione IV. Se oltre alla elettricità indotta di cui si è parlato poc'anzi, venisse comunicata all'inviluppo, dopo averlo isolato dal terreno, un' altra elettricità o positiva o ne- gativa, questa si distribuirebbe alla superficie esterna di esso inviluppo con quella stessa legge come se nell' interno non vi fosse né il coi'po elettrizzato racchiuso né la contraria elet- tricità indotta, ina quella superficie appartenesse a un corpo pieno, tutto allo stato naturale. Talché se si mettesse in co- municazione il corpo rinchiuso colla interna superficie dell'in- viluppo, e 1' elettrico potesse liberamente tragittare fra l'uno e l'altra, si ridurrebbero questa e quello allo stato naturale , senza che alla superficie esteriore avvenisse mutamento alcuno. E se l'inviluppo, essendo isolato e contenendo il corpo elettrizzato, avesse tutta la sua naturai dose d'elettrico, esso nella superficie interna si troverebbe elettrizzato di elettricità indotta precisamente allo stesso modo come se si trovasse in comunicazione col terreno; e alla superficie esterna presente- rebbe una elettricità attuata uguale in quantità e simile di natura a quella del corpo racchiuso e disposta allo stesso mo- do, come se questa superficie esterna fosse la superficie di un corpo pieno, avente prima lo stato naturale, e arricchito di poi ovvero privato di quella quantità d' elettrico. 75. Osservazione. V. Dalle cose dette nel secondo e in questo terzo articolo noi possiamo conchiudere che un invi- luppo conduttore il quale circondi un corpo, impedisce sem- pre che questo corpo soffra le azioni elettriche esteriori ; e se esso inviluppo è in comunicazione col suolo, impedisce altresì ai corpi esterni le azioni elettriche esercitate dal corpo contenuto. 76. Osservazione VI. Non espongo in questa Memoria ri- sultamenti particolari riguardanti la distribuzione dell' elettri- co in uno o in altro corpo, in una od in altra circostanza. Su di che, quando si tratti di conduttori elettrizzati non soggetti ad azioni attuanti straniere, o di conduttori soggetti all'azione di corpi attuanti esterni, possono vedersi trattati alcuni casi in due f , l/<-», io ^/■,/,,-a ,9rr ,^fa/ £7 XXJI /inlf SO Del Dott. Giuseppe Belli 2,09 belle memorie di Poissoii (i), delle quali la presente si po- trebbe riguardare come una Prefazione. Per rispetto ai corpi elettrizzati collocati nell'interno di inviluppi conduttori, sareb- be degno d' essere trattato il caso di un punto elettrizzato collocato dentro un inviluppo limitato internamente da una superficie sferica, pel quale caso si ha una legge di distribu- zione elegantissima (a). Ma lo riserbo ad altra occasione. (i) Sono esse quelle citate nel §. i. di questa mia Memoria. (2) Viene cioè determinata nella detta superficie un' elettricità contraria la cui intensità è in ragione inversa de' cubi delle distanze dal punto attuante. V. il mio Corso di Fisica T. III. p. 180. Tomo XXII. Dd 210 ESPERIENZE E CONGETTURE SULLA FORZA MAGNETICA DEL P. GIO. BATTISTA PIAXCIAM Ricevute adì 6 Marzo i84o. PARTE PRIMA. In una IMemoria pubblicata già da quattro anni (a) esposi al- cune sperienze sulla virtù magnetica osservata in certe leglie metalliche. Alcune sperienze relative allo stesso argomento e alcune congetture fanno il soggetto della presente, destinata ad estendere la prima e ancora a confermarla in parte e in parte a riformarla. In quella, recando non pochi fatti, feci vedere che l'ot- tone, e cosi pure il bronzo, assai spesso danno indizii di ma- gnetismo e molto più forti e agevoli a osservare che non nei metalli componenti ; che questo magnetismo non è soltanto il magnetismo passivo e fuggitivo, già da altri più volte nell' ottone osservato, e simile a quello del ferro dolce, quale può facilmente spiegarsi con particolette di ferro disseminate per la leea metallica e non combinate con essa ; ma facilmente si ottiene permanente, e i due poli non si stabiliscono quasi mai, come nell' acciaio, alle estremità della lunghezza ; ma or- dinatamente sopra e sotto un ago romboidale o altro simil corpo allungato-, ossia la linea che congiunge i poli misura la spessezza del pezzo cioè la minor dimensione. Accennai pure qualche fatto che pareami render probabile che una ver- nice di gomma lacca aumentasse la, cosi detta, forza coerci- tiva, ossia disponesse la sostanza metallica a ricevere il ma- gnetismo permanente o a ritenerlo più a lungo. Riferii varie (a) Giura. Arcaci. T. LXI. Del P. Ciò. Battista. Pianciani ail riflessioni e spetienze fisiche e chimiche destinate a ricer- care se questa virtù magnetica si debba a particolette di ferro ; e quantunque non osassi recar su ciò sicuro giudizio, mi parve non lievemente probabile che tal virtù non si dovesse tutta e sempre tribuire al ferro, o almeno che piccolissima porzione di ferro bastasse a rendere magnetiche quelle leghe. Tornando di tanto in tanto a speculare ed a sperimentare su quest' argomento, ho confermato ( benché non ve ne fosse bisogno ) la singoiare distribuzione del magnetismo in tai corpi, e r ho veduta anche in alcuni cilindri di ottone e di bronzo. Con un polo della calamita ho fatto delle strisciate sopra una superficie d'una lastrina di serpentino nobile, nella quale sono senza dubbio delle molecole d'ossido di ferro, forse misto al cromo : ha acquistato i due poli permanenti alle due opposte superficie. Lo stesso con pari facilità ho ottenuto in altra si- mile lastrina, come pure in varie lastre rettangolari di serpen- tina di Germania e d' Italia : in una di queste con pari age- volezza fissai due coppie di simili poli ( sopra e sotto ) oppo- sta una air altra, ne' due lati maggiori del rettangolo. Dopo un mese e più questo magnetismo non è distrutto. Non posso dopo ciò dubitare che anche in tali sostanze pietrose, allorché in virtù di un poco di materia magnetica mostrano il magne- tismo passivo, si stabiliscano agevolmente i poli magnetici ( almeno quando le lastre non hanno molta spessezza ), ma questi si trovano collocati alle estremità non della maggior dimensione o della lunghezza, ma bensì della minore o della spessezza, cioè uno nella superficie superiore e 1' altro nella inferiore della lastra. Così qualche nuovo fatto m' ha reso più verisimile la virtù coercitiva della vernice di gomma lacca comeche non pretenda di dare la cosa per dimostrata, e brami che altri si occupi in questa indagine, che non è per avven- tura senza importanza nella teoria magnetica. Ma qui m' è duopo avvertire che io non dico né mai ho pensato, che 1' ot- tone o altro corpo, allorché non ha azione sull'ago calamitato, acquisti tal virtù dalla gomma lacca ; né ho detto o pensato 212 Esperienze e Cojjgetture ce. die essa susciti la forza coercitiva ove questa è nulla, ma senza più m' è sembrato che almeno in certi casi alquanto accresca tal forza. Principalmente, non appieno soddisfatto de' miei cimenti, che sembravano mostrare l'indicata virtù magnetica dell'ottone indipendente dal ferro, ho di nuovo a questo punto rivolta la mia attenzione. Tanto più m' è paruto ciò convenire , dacché vidi che valenti fisici inclinano all'opposta sentenza, e il cel. Faraday ha dedotto dalle sue indagini che, tratto il ferro e il nikel, niun altro metallo, né pure il cobalto, gode della virtù magnetica. Mi sono procurato del rame, dello zinco e dello stagno assai puri : ninna azione mostravano suU' ago calamitato ( non so , né era necessario al mio scopo , cercare se alcuna , almeno assai piccola , ne avrebbero mostrata esplorati con mezzi squisitissimi), e l'ottone e il bronzo fatti con que' me- talli non mostrarono azione maggiore di quella de' loro ele- menti. Ciò mi dispose ad ammettere che qualche poco di ferro fosse necessario a questi effetti. Volli assicurarmi dell'esistenza o più tosto della quantità relativa di ferro esistente in qual- che pezzo d' ottone ordinario del commercio abbastanza atto a queste sperienze. Dico piuttosto della quantità del ferro che della sua esistenza , perocché è assai noto che qualche poco di ferro suol trovarsi nelf ordinario ottone, come nel rame, nello zinco e in altri corpi moltissimi. Pregai però il eh. sig. Professor Peretti, esperto chimico e professore di farmacia in questa Università di Roma, a volersi compiacere di sottomet- tere a chimico esame un pezzo d'ottone che facilmente aveva ricevuto i poli magnetici onde riconoscere se contenesse ferro, e determinarne la quantità; del che esso cortesemente mi compiacque. Studiando i metodi proposti da^ chimici, s' era egli avve- duto essere difficilissimo riconoscere le piccole quantità di ferro, che è ordinariamente unito alle leghe metalliche: non- dimeno, profittando de' lumi della scienza, si propose di usare due metodi, uno per riconoscere l'esistenza, l'altro per de- terminarne la quantità. Udiamoli da lui stesso. Del P. Gio. Battista Pianciani 2[3 " Cento grani d' ottone ben divisi furono posti in un ma- tracio di vetro e trattati coll'acido azotico (nitrico) depu- rato, il residuo non isciolto da questo acido fu posto nelT acido cloroidico parimente depurato, ove si sciolse perfetta- mente. La soluzione acida fu neutralizzata col carbonato di calce puro e separato il fluido da poco carbonato di calce non decomposto per mezzo di un filtro, fu diviso in due biccbieri : versai in uno alcune gocce di cianoidro-ferrato di potassa e formossi dell' azzurro di Prussia : versai nelT altro dell' acido gallico in soluzione, e si produsse dell' incliiostro. Riconosciuta la presenza del ferro, cercai di determinarne la quantità. ,, " Sapendo che l'acido azotico ha la proprietà di sciogliere il rame e lo zinco e che il ferro passando per mezzo di esso acido allo stato di perossido non è più attaccato dal medesi- mo, ho trattato altri cento grani dello stesso ottone col detto acido e rinvenni un residuo non del tutto composto di peros- sido di ferro, ma bensì d' un miscuglio di tal perossido e d'un precipitato bianco il quale sembra non possa appartenere agli altri metalli che costituiscono 1' ottone : questo residuo fu di nuovo sciolto neir acido cloroidrico , come nella precedente operazione ; fu anche saturato l'eccesso d'acido col carbonato di calce : indi sopra il fluido filtrato si versò a poco a poco dell' acido gallico, che formò un precipitato azzurro: ma sic- come si era alcun poco ecceduto nell' acido gallico, il preci- pitato si tornò a sciogliere. Fu allora saturato 1' eccesso dell' acido coir ammoniaca e ricomparve l'intorbidamento colorato. Lasciato il tutto in riposo per più giorni , e separato il pre- cipitato, fu questo poi diseccato in una capsula di platino reso rovente. Il residuo fu di nuovo trattato coll'acido azo- tico, quindi diligentemente lavato ed asciugato a un forte ca- lore. Pesata la capsula dopo tale operazione , e ripesata ap- presso, dopo che fu tolto tutto il residuo per mezzo dell'ac- qua, il peso si trovò diminuito di 0,6 di grano. Detto residuo aveva i caratteri di perossido di ferro. ,, Fin qui il lodato ai4 Esperienze e Congetture ec. sig. Prof. Pcretti in un foglio che ha lasciato in mia mano. Secondo Berzelius il perossido di ferro, detto pure ossido ferrico, è composto di 6g, 34 parti di ferro e 3o, Ò7 d'ossige- ne (a): dunque il ferro trovato in quel!' ottone non è 2, in 3 decimi di grano, ossia a in 3 millesimi della massa dell'ottone. Una virtù magnetica, la quale non fosse più che la metà o un terzo di quella di quest'ottone, sarebhe pure sensibile eziandio esplorata con mezzo di non estrema delicatezza, dal che sembra potersi dedurre che un millesimo di ferro al più basta a render l'ottone capace di stabile magnetismo ciò che non accade al rame uè allo zinco. Bensì, come insegna Ber- zelius [h), la combinazione del rame col ferro è magnetica allora eziandio che non contiene più che i^io di ferro. Che dedurremo da ciò? che il magnetismo dell'ottone è indipen- dente dal ff rro ? non già : bensì che la virtù magnetica del ferro può essere accresciuta dalla unione , non solo di qual- che altro metallo per se non magnetico, ma ancora di qual- che lega, i cui elementi non sono atti ad ajutare il ferro ugual- mente. In vero, come si è osservato nella costruzione de' roo- metri o galvanometri, e come attestano vari tisici (e), sembra essere cosa difficilissima procurarsi de' fili di rame non ma- gnetici, cioè privi al tutto di azione sull' ago astatico legge- rissimo, e che lo stesso a \\n dipresso si debba dire dell'ar- gento. Ma esplorando parecchi pezzi di ottone capaci di per- manente magnetismo, ed altri di rame presi così alla ventura ( e però questi come quelli contenenti qualche poco di ferro) può ognuno acccertarsi della notabilissima differenza che è tra i primi e i secondi. Horner faceva osservare in nna me- moria pubblicata 1' anno iBaa , che nelle bussole nautiche convJen guardarsi dal magnetismo, che le particolette di ferro (a) Traité de Chimie. T. III. p. 254. (h) 1. e. p. aSo. (e) Peclet, sur une nouveaii, gahanometre. Comptes reiidus de l'Acad. des Scien- ces. 1839. Sem. I. p. 298. Peltier Ohservations sur les multiplicateurs.-.. p. 5-7. Del P. Gio. Battista Piangi ani 2i5 comunicano all' ottone, e però scaldar questo quasi a rosso , e lasciarlo poi raffreddar lentamente; ed aggiungeva, ogni pre- cauzione può risparmiarsi facendo le bussole di rame o d^ ar- gento. Il magnetismo del rame e dell' argento, di cui parlano i fisici accennati, è cosa minima , e non permanente. Non parlo dell' azione scoperta del sig. Arago, che hanno i vari corpi, e in particolare il rame, d' impedire alquanto le oscil- lazioni dell' &go calamitato, azione che si spiega assai ragio- nevolmente colle correnti elettriche d'induzione, e nulla ha di commuue col magnetismo permanente. Quella azione si è trovata da Seebeck maggiore, e dai fisici italiani Nobili e Ba- celli [a) quasi quattro volte maggiore nel rame che nell'ot- tone. Ma qual' è egli il soccorso che dà l'ottone alla virtù ma- gnetica del ferro ? in primo luogo sembra che le molecole del ferro racchiuso fra quelle dell' ottone ( o del bronzo ) acqui- stino una forza coercitiva che non avevano. Così gliela danno o gliel' accrescono, purché non abbondino soverchiamente, r ossigeno, il carbonato, il fosforo, e lo stagno. Si dirà che queste sostanze si uniscono chimicamente al ferro, e non già l'ottone e il bronzo. Tanto meglio. "Il ferro, non essendo combinato col nikel, diceva Haùy , il magnetismo di questo dovrebbe essere fuggitivo, come quello del ferro ordinario, e non durerebbe per parecchi anni. ,, Lo stesso dirò io dell'ot- tone e del bronzo, senza per altro conchiudere che queste leghe sieno per se stesse magnetiche, ma solo ch'esse danno al ferro, se punto veggo, il poter conservare quel magnetismo che altrimenti perderebbe, subito che cessa l'inllueuza che lo destava. Se il cobalto perfettamente purificato non è ma- gnetico, come assicura Faraday, convien dire che il magne- tismo debole ma permanente che s' è osservato nel cobalto supposto puro , derivava da minime quantità di ferro o di (a) Del magnetismo del rame e dì altre sostanze. V. Nobili Mem T. i. p. i6. 2i6 Esperienze e Congetture ec. nikel sfuggito alle indagini de' cliimici. E queste da chi mai ricevono la forza coercitiva, se non dal cobalto ? Ma saia solo questo l' uffizio delle molte particelle di co- balto che involgono quelle pocliissime di ierro o di nikel? Una piccolissima quantità di ferro basta a rendere niannetici il bismuto e il manganese [a). Lo stesso dee avvenire al cromo, dacché qualche chimico lo aveva creduto dotato di qualche debole virtù magnetica, benché ora tal opinione sia contra- detta dalle indagini di Faraday. Forse il medesimo è a dire del titanio, cui pure s' é da taluna attribuita una debol forza ma- gnetica. Sarà egli impossibile che il cromo, il manganese, il bismuto, il cobalto, il titanio, e l'ottone, e il bronzo non sentano direttamente ed immediatamente l'azione della cala- mita ma bensì mediante 1' azione di molecule di ferro in esse racchiuse? che sieno cioè non magnetiche per se, se non forse in grado affatto minimo, ma si magnetizzabili da tal interno agente, allorché egli ha ricevuto co' metodi ordinar] il ma- gnetismo ? Che di tal proprietà jjartecipi qualche altra sostanza metallica, e. g. il rame, in grado inferiore ? Almeno é certo che il ferro in così piccola quantità non acquista i poli perma- nenti se è misto a materie affatto inerti non metalliche. Il sig. dottore De Haldat {b) ha osservato, che riempiendo un tubo di limatura di ferro o ancora di particelle di questo me- tallo ridotto in polvere finissima, pestata, tritata, passata per setaccio di tessuto assai stretto , questa prende e conserva i suoi poli né più né meno che un cilindro di ferro battuto d' eguali dimensioni. Mescendo alle particelle di ferro un (a) Berzelius loc. cit. p. 290, agS. (i) Sur la force coercithe et la polarìté des aimants sans cohesion. Blem. de la, Soc. R- de Nancy, i836, p. 74. .11 P. Kircher aveva osservato che empiendo di finissima limatura di ferro un tubo di penna da scrivere, premendola in esso, chiu- dendola e ponendola sur un pezzetto di sughero notante sull' acqua, il tubo seguiva la calamita, e dopo qualche tempo si dirigeva come 1' ago calamitato. Magnes. Ed. 3.^ 1G34. Roma p. 76. Del P. Gio. Battista Pianciani ai 7 volume eguale d'arena di fiume , e in successive sperienze au- mentando questa, finché il ferro non fu che ^ del volume totale, vedeva sempre i poli permanenti, ma però nell'ultimo caso erano estremamente indeboliti. Se il mentovato Fisico spe- rimentò, com' è assai probabile, quantità relativamente minori di ferro, non ebbe più tal'effetto: dalla polarità estremamente indebolita alla polarità insensibile non è che un passo. Mi pare possibile che, come alcune sostanze hanno, dirò così, una virtù antimagnetica, e.g. l'arsenico e anche più l'anti- monio, che tolgono al ferro il suo potere magnetico ; così al- tre per contrario possano ricevere dal ferro cui sono congiunte una partecipazione della sua virtù, e forse insieme mantener questa in attività, reagendo sulle particelle del ferro ; a un di presso come dalla calamita è communicata all'ancora di ferro dolce la sua virtù, e la reazione di questa mantiene il potere alla calamita. Come alcune sostanze mostrano tal po- tere solo per essere state sottomesse all'influenza delia cala- mita, ed altre allora soltanto che attualmente la toccano o sono assai avvicinate, così (qualunque sistema si adotti ri- spetto al magnetismo ) non è , se mal non m' appongo , con- trario alla ragione o all'analogia il pensare che altre non mostrino tal potere, almeno in grado sensibile, salvo se soffia- no l'azione di particelle di ferro magnetizzate e in esse rac- chiuse. Forse dall' essere le molecule di ferro assai disseminate fra le molecule di un corpo capace di sentir l' influenza ma- gnetica di quelle, dipende la disposizione a prendere i poli secondo la minor dimensione? A questa interrogazione non saprei rispondere cosa che vaglia, e per avventura prima di tentar di rispondere converrebbe conoscer bene la natura della forza magnetica. Tomo XXII. Ee aio EsPERJEMZE E CONGETTURE CC. PARTE SECONDA. Sulla natura appunto della forza magnetica m' è caduto in mente di esporre qualche mio pensiero. Fra i varj sistemi, co' quali si sono spiegati i fenomeni magnetici, se mal non m'avviso, non può dubitarsi che meriti la preferenza quello delle correnti moleculari dovuto ad Ampère , chi non voglia negare una teorica che discende spontanea da' fatti, comechè non dimostrata a rigore, doversi la preferenza sulla ipotesi di chi immagina nuove sostanze , e le dota delle proprietà che trova opportune per V interpretazione de' fatti. Ora che i fe- nomeni tutti della calamita s' imitano perfettamente colle cor- renti elettriche , ora che fra queste e quelle si osserva non somiglianza ma identità di eSetti, che più dobbiamo aspettare per dedurre identità di cagione ? non sarà dunque più vero il principio logico, che quella schiera d'effetti che abbiamo veduto nascere solo da una cagione, conviene ogni qualvolta ci si presenti, attribuirla a quella cagione medesima? questo principio non ci guida ad infallibile certezza, ma bensì al sommo della probabilità, ed è, specialmente in pratica, da tutti ap- provato e seguito. Nel caso nostro non so qual cosa sia ancor da aspettare, salvo se pretendasi 1' impossibile , cioè o che si ponga sotto gli occhi i' invisibile, o si dimostri a priori mate- maticamente una dottrina meramente fìsica o contingente. Se la medesimezza degli effetti, e 1' operar della calamita sopra un cilindro elettrodinamico appunto come sopra un'altra ca- lamita, e per converso, se ciò non basta a sufficientemente sta- bilire unità di cagione, non vedo come possiamo tenere per indubitata l' identità dell' elettricità comune colla galvanica o voltiana, o coli' atmosferica, o con quella di cui si armano i pesci elettrici o con quella de' circuiti termelettrici. Mi pare che r identità deli' agente ne' fenomeni della macchina elet- trica e ne' cristalli termelettrici, della quale ninno dubita, sia per avventura meno provata di quella di cui parliamo. Del P. Gio. Battista. Pianciani aig Niuno che ben conosca questo ramo di fìsica, pretenderà che a ben provare il sistema, secondo il quale la virtù magnetica dipende da circuiti elettrici moleculari, debba tìiostrarci o la scintilla inmediatamente prodotta dalla calamita, o in questa le attrazioni e repulsioni elettrostatiche. Si pretenderebbe che solo allora il sistema d'Ampère dovesse abbracciarsi quando fosse trovato falsoj perciocché la corrente elettrica aggirantesi per circuiti tutti metallici non può produrre scintille. E qualora fosse possibile aprire questi circuiti moleculari e vedere qual- che scintilluzza, sarebbe questa un' analogia di più fra l'agente elettrico e il magnetismo, come sono una nuova e bellissima analogia i fenomeni dal Faraday chiamati d' induzione volta- elettrica e magnete-elettrica: ma chi di questa analogia non è soddisfatto, potrebbe, secondo eh' io penso, non esserlo nep- pure di quella. Nulladimeno questo sistema sembra ad alcuni appoggiarsi ad ipotesi assai lontane dalla certezza. Si suppone ogni parti- cella magnetizzabile cinta da una corrente elettrica che si muove senza posa attorno ad essa in un piano determinato ma variabile; e nei corpi non magnetizzati tai correnti ele- mentari suppongonsi avere tutte le direzioni possibili e però non produrre alcun fenomeno esterno. Non s' intende come ogni particella di questi o di tutti i corpi , sia quasi un mi- nimo elettromotore voltiano, né come, s' è tale, sì agevolmente la corrente cangi direzione, senza che le molecule soffrano sen- sibile alterazione.Ovvero si suppone che le calamite e le correnti elettriche destino quelle correntine moleculari ne' corpi magne- tizzabili, ora durevoli quanto l'esterno eccitamento, ora perman- enti, benché l'analogìa non favorisca tal supposizione ; poiché le calamite e le correnti elettriche inducono soltanto correnti brevissime e passeggiere, e queste nell'atto dell'avvicinamento contrario alla corrente induttrice , non già correnti conformi a questa e durevoli quanto 1' azione di questa, e molto meno permanenti dopo il cessare della cagione. Si é aggiunto che si suppongono queste correnti , comechè numerosissime , non 220 Esperienze e Congetture ec. produrre calor sensibile per quanto altri si studii di accrescerne l'energìa. A quest'ultima difficoltà ho cercato rispondere in altro scritto {a). Ma non potrcbbesi esporre la dottrina di Ampère in modo che prevenisse al tutto queste difficoltà, e a un tempo coa- giungesse Ira loro con più stretto vincolo i grandi agenti della natura, e questa ravvicinasse alcun poco a quella massima semplicità ed unità, la quale com' è la forma del bello , così è pure non lieve indizio di verità ? Premetto che non è punto impossibile, anzi se alquanto sottilmente si osservi, si trova simile al vero , la materia imponderabile o eterea diffusa per ogni dove, di cui sembrano due diverse modificazioni la luce e i raggi calorifici, non differire dalla materia imponderabile o elettrica, essa pure da per tutto diffiisa almeno nella terra e neir atmosfera. Se ciò non è, convien dire che l'etere, il quale vibrando produce sì cospicui effetti , niuno sensibile ne pro- duca quando ne' corpi soprabbonda o scarseggia, né allorché corre per essi, ovvero che mai non sia ne' corpi né in ecces- so né in difetto, né mai corra per essi. Come l'aria vibra se passa da ampio luogo in angusto, così l'elettrico allor- quando entra in un conduttore troppo angusto o non assai deferente. Il calorico che è ne' corpi e ne costituisce la tem- peratura, non è al tutto una cosa medesima col calorico ra- diante, pur nondimeno dacché quello genera il calorico ra- diante e da questo é prodotto, debbo aver con esso grande analogia. Il moto non genera se non moto; onde pare che il calorico de' corpi sia principalmente un'agitazione delle par- ticelle <) la somma delle vibrazioni moleculari; ma l'azione delle molecule pesanti non esclude il movimento vibratorio dell' etere a quelle intermisto , il qual moto anzi di ragione dall' altro conseguita. Ora questi tremori eterei nell' interno de' corpi non é punto necessario che sieno rettilinei, e molto {'() Sai-'^io sui fenomeni d' induzione mngneteleitrica. Gioni. Aicad. T. LXIX. Del P. Gio. Battista Pianciani aai meno che sieno tali in tutti i corpi ; possono ( come con buone ragioni si crede che sieno assai spesso le vibrazioni luminose ) essere circolari o dittici, o in generale descrivere, almeno in alcune sostanze^ delle curve chiuse. Queste curve non po- trebbero essere i circuiti moleculari che ora si attribuiscono ai corpi capaci di magnetismo , e che molto rassomigliano a' piccoli vortici immaginati nelle calamite da qualche cartesia- no ? Questi tremori dell' etere racchiuso ne' corpi pare che seguano tutte le direzioni, e così quelli delle particelle pesanti d'essi corpi. La proprietà conosciuta delle correnti elettriche di porre parallele a se delle simili correnti basta a spiegare come i conduttori voltiani o le calamite dieno una stessa di- rezione a questi piccoli circuiti e in certo modo li polarizzino , a un dipresso come tanti corpi polarizzano i raggi luminosi o calorifici che trasmettono o riflettono. Sarebbe questa in certo modo una polarizzazione statica delle vibrazioni calorifiche esistenti nel ferro , analoga alla polarizzazione dinamica de' raggi calorifici. È possibile che quella polarizzazione talvolta produca questa ? voglio dire che le vibrazioni calorifiche della calamita generino raggi calorifici almeno in parte polarizzati? Sarebbe assurdo tentare su ciò qualche esperimento ? esempi grazia sperimentare il raggiamento d' una calamita sopra una pila termoelettrica assai raflfreddata ? ovvero il raggiamento d' una calamita temperarla eccitata dalle correnti voltiane e riscaldata nell'olio caldo o altrimente? Comunque siasi, possono talvolta questi circuiti disporsi, parte in una direzione, parte in altra ortogonale alla prima, e allora la loro polarizzazione sarà anche più analoga a quella de' raggi. L'egregio Fisico sig. Prof. Belli richiesto da me del suo parere rispetto alle mie osservazioni sulla polarità dell'ottone e del bronzo, tentò di dare i poli secondo la minor dimensione ossia secondo la spessezza, e secondo la larghezza a delle la- strine d' acciaio. Applicava a' poli di una calamita a ferro di cavallo due pezzetti di ferro dolce internamente terminati in acuti spigoli, e tra questi stringeva la lastrina secondo là spes- 22a E^I'ERIENZE E CONGETTURE CC. sezza o secondo la larghezza e la faceva strisciare più volte fra ossi spigoli. Non gli venne fatto di calamitarli nel primo modo come neppure a me , ma riuscì a far prendere ad una lastrina i poli diffusi ne' due spigoli laterali, ciò che poi anche a me riuscì agevole. Eb])e la bontà di inviarmi una lastrina cosi calamitata, la quale, come osservai , conservò almeno per al- cuni mesi, questa polarità. Torno adesso dopo quattro anni ad esplorarla, e trovo ch'essa ha acquistato, forse per con- tatto di qualche ferro calamitato , i poli alla maniera ordina- ria, ma insieme ha ritenuto la straordinaria polarità comuni- catagli nel modo indicato, end' è che le correntine moleculari possono dirsi polarizzate in due direzioni ortogonali. Così un ago romboidale d'ottone ( contenente, come voglio supporre, qualche molecula di ferro ), che aveva i poli secondo la spes- sezza, fu da me fatto tagliare e ridurre alla lunghezza di i3""" , con alcune strisciate di una calamita acquistò i poli secondo la lunghezza, ma mostrò per altro ancora vestigi della prima polarità. Sicuramente non è agevole a determinare perchè in certi corpi questi circuiti moleculari sieno così restii a lasciarsi po- larizzare ; altri per contrario sieno a ciò assai facili, ma ces- sata a pena la forza induttrice perdano la polarità; ed altri la couservino benché cessata la cagione. Per determinar ciò ed innumerabili altre cose, sarìa duopo per avventura penetrare collo sguardo fra gli atomi de' corpi e conoscerli assai meglio che non ci è concesso. Possiamo dire per altro che, ogni cir- cuito moleculare avendo una direzione, v' è pure una cagione per cui ha quella piuttosto che altra : che essa cagione ora validamente a tal mutazione resista, ora ceda ma solo a tempo ed ora stabilmente , non pare più mirabile che il vedere la coesione resistere fortemente ne' corpi duri alle forze che ten- dono a cangiare la coUocazion rispettiva delle molecule, ce- dere agevolmente ma solo a tempo negli elastici, e stabilmente ne' molli. Dei, P. Gio. Battista Pianciani aaS Se lo stato magnetico non si fa consistere in correnti elet- triche giranti attorno alle molecole metalliche, ma nel girar di esse molecule magnetiche come ad altri è piaciuto (a), non solo niun nocumento ne viene alla nostra congettura, ma forse unità più perfetta si supporrà tra ciò che costituisce il calo- rico de' corpi ed il magnetismo. Non so se sia qui opportuno il rammentare che certa rela- zione sembra esistere tra il calor della terra e il magnetismo terrestre. Hansteen raccolse de' fatti, da' quali consegue che la temperatura è molto minore in vicinanza de' poli magnetici della terra, che in altre contrade poste alle medesime latitu- dini (b). Non credo che vorrà giudicarsi contrarlo a questa sup- posizione il fatto non ignoto ai vecchi fisici (e) che l'alta tem- peratura diminuisce, e arrivata a certo segno distrugge la virtù delle calamite, fatto diligentemente studiato a' nostri giorni da' parecchi scienziati stranieri e in Italia dal sig. Matteucci. Non si propone di considerare il magnetismo come dipendente dalla temperatura e proporzionale ad essa, ma come dipendente dalla più o men perfetta polarizzazione ; né a ciò si oppone che il dilatarsi de' corpi e il diminuirsi della coesione sia contrario a questa polarizzazione e alla forza coercitiva. Se il calore non sia eccessivo, a questa soltanto è contrario. Faraday vide che il ferro calamitato alla temperatura dell'ebollizione dell'olio di mandorla, perdeva quasi a un tratto i poli, ma operava sulla calamita come il ferro dolce, e bisognava alzarla al calor arancio per privarla eziandio di questo potere. Il P. Kircher [d] scrisse che il ferro infocato è tirato dalla calamita non meno che il freddo , ma avendo posteriormente Newton scritto il contrario, la cosa ri- (a) Sopra varj punti di magneto-elettricismo de' signori L. Nobili e V. Antinori: V. Nobili. Mem. T. I. p. 278. (l) Bihb. Unii). i833 DecemL, p. 422, aS. (e) Kircherl Magnes. p. 70. (d) L. e. p. 97. 2,2^ Esperienze e Congetture ec. malleva in dubbio. Tiberio Cavallo osservò die 1' apparente coutiaddizione nasceva dall' essersi fatte le osservazioni a tem- perature diverse, e che il ferro rosso opera sulla calamita meglio del ferro freddo e meno s'è rosso-banco. Altri Fisici si sono occupati in questa indagine, in ispecie Barlow, dalle cui ricerche risulta che il calore accresce la forza del ferro e dell' acciajo non calamitato sulla calamita, finché quello non giunga al punto in cui troppo diminuisce la coesione delle molecole, e si rende impossibile la polarità. In conclusione non può de- dursi da queste indagini che 1' elevazione della temperatura sia assolutamente contraria al magnetismo. Se così fosse, non crescerebbe colla temperatura fino a un certo termine la forza magnetica del ferro sottoposto all'azione o della terra o della calamita. Sembra più tosto che 1' elevata temperatura per 'se ac- cresca la virtù mao-netica. Ma i metalli non si riscaldano senza rarefarsi e avvicinarsi più o meno allo stato di liquidità, stato affatto contrario al magnetismo: allorché il metallo a questo avvicinasi ( prima o poi secondo la qualità del ferro o dell' acciajo ) perde la forza coercitiva e, vieppiù ad esso avvicinato^ ogni azione magnetica, la quale sembra esigere assai perfetta solidità. Possono farsi calamite senza coesione, cioè di limatura o di polveri, ma non già di atomi cosi disgiunti un dall' altro che abbiano perduto lo stato solido o si avvi- cinino a perderlo. Comunque sia , se 1' esperienze accennate non confermano la nostra ipotesi, né pure in esse veggo ra- gione da dover rifiutarla. Ma questa alla fine non è che una ipotesi: senza dubbio. Ma che è se non ipotesi ciò che si dice finora per dichiarare la natura del magnetismo? Solo può cercarsi quale ipotesi sia più semplice, più verisimile, meno ipotetica, ossia esiga meno e meno arbitrarie supposizioni. Sarà tale, per avventura, quel- la, che dividendo ciò che è congiunto in natura , considera come due distinti principii quello del magnetismo e quello delle correnti elettriche, e crea un nuovo fluido magnetico o Del P. Gio. Battista Pianciani aaS anche due (a) , de' quali niun altro fenomeno fa sospettar r esistenza ? Sarà tale quella che , a spiegare effetti identici a quelli dell' elettrico in moto, ricorre all'elettrico in quiete, ma all'elettrico in certi particolari modi latente? sarà tale quella che ammettendo i circuiti elettrici moleculari non sa assegnarne plausibil cagione ?o quella che li fa generare con- tro r analogia dalle calamite , o dalle correnti elettriche di giusta estensione ? Saria cosa folle lo sperare che la mia dovesse essere ge- neralmente adottata: la pongo innanzi al tribunale degli Scien- ziati, acciocché la mostrino falsa se ella è, o, se diritta, la confermino e 1' approvino. Sarò assai pago, se qualche valente Fisico, considerandola come non altro che ipotesi, non isdegnerà di porvi pensiero , e a riguardo di essa arricchirà la scienza di alcun nuovo fatto, tentando qualche sperienza che o quella confermi o la distrugga. (a) (( I pretesi fluidi magnetici mai non elisero partigiani cosi numerosi e zelan- ti, come i fluidi elettrici.... Procedendo le scoperte, si trovò tra le azioni elettriche e magnetiche connessione si stretta , che nacque spontanea la persuasione che am- bedue fossero effetti diversi d' una sola cagione. Dopo queste scoperte niun filosolb vorrà sognare che i fluidi elettrici e magnetici sieno due distinti agenti materiali. » Whewell. Istoria delle scienze d' induzione. L. XII. C. II. Tomo XX fi. Ff 226 SOPRA I DUE KUOVI CECERI DI PIANTE SYNGARPIA E DONZELLIA HIEMORIA DEL PROFESSORE MICHELE TENORE SOCIO ATTUALE Ricevuta adì i6 aprile i84o. v^omiinque per la sempre crescente copia delle botaniche j)ulj!jlicazioni , la più scrupulosa riserbatezza uopo sia prati- care prima di dar fuori le proprie lucubrazioni, tuttavia parmi di averne le più severe norme osservate nel caso attuale. Pe- rocché le due piante che mi propongo illustrare colla presente scrittura, essendo da parecchi anni coltivate nel nostro Orto botanico, e trovandosi sottoposte alle assidue osservazioni che han potuto portarvi quanti sono cultori di (juesta scienza na- zionali e stranieri che lo fre([iientano, per tutti han l'ormato mai sempre il più particolare oggetto di studio, senza che dalle loro indagini altro mai abbia potuto raccogliere che la precisa confessione di non poterne alcun che pronunziare di definito. Mi sono perciò determinato ad illustrarne e divul- garne la notizia, aflinchè portate ([ueste due piante alla cono- scenza dell' universale si possa intorno alla loro classificazione pronunziare più certo ed adequato giudizio. DELLA SINCARPIA. Sono ormai circa due lustri dacché insieme ad altre piante ricevute dal sig. Burdin di Torino fu introdotto nel nostro Orto botanico un alberetto di furme non dispregevoli, cui tro- Del Professor Tenore o.'j.'J vavasi appiccato il nome di Pittosporum liìrtum. Annunziavasi egli qual pianta sempre verde, e dalla figura delle sue foglie, nonché dalla irsuzie dei suoi picciuoli sembrava potersi ra- gionevolmente riferire a tal determinata specie. Frattanto i primi anni trascorrevano senza che ne mettesse fiori, e così ne rimaneva collo stesso ricevuto nome nelle nostre serie col- tivata. Prosperandovi perfettamente, comunque ritenuta nel vase per poterla guarentire dai rigori invernali, non mancava di crescere e svilupparsi a talché nella state del i836 ne com- parivano le vestigia della prossima fioritura. Impazienti ne at- tendevamo lo svolgimento, allorquando invece dei fiori del Pittosporo. altra tale singoiar foggia di fiori ci si offrirono da colmarne insieme di stupore e d' imbarazzo. Un glomero di fiori era quello che ci si presentava raccolto su di un solo peduncolo, ma questo glomero non era né un fascette formato di fiori semplici, nò un fiore veramente aggregato, o compo- sto; ma una tal foggia di riunione di fiori, di cui una lontana somiglianza trovar potrebbesi ne' fiori di alcune bromeliacee. Per farsene un' idea basterà prendere sette fiori di un Metro- sidero qualunque, stringerli ed innestarli insieme pei loro ovarii, cosicché se ne facci un globo restandovi liberi ed isolati in ciascun fiore il calice e la corolla, gli stami e gli stili. Quel globo rappresenterà la riunione prima de' fiori e poi dei frutti della nostra pianta. Frattanto nello scorgere quella non solo somiglianza ma identità di ciascuno elemento di quel glomero di fiori coir anzidetto fiore del Metrosidero, un fondato dub- bio potrebbe elevarsi che in quella riunione altro novello esem- pio di naturale congiungimento potesse riconoscersi, di cui tante moltiplici forme hanno studiate i moderni, ma per abbando- narne il pensiero, gioverà riflettere che comunque ognuno di quei fiori convenga nella struttura con quelli del Metrosi- dero, il glomero che dalla loro riunione risulta se ne allon. tana essenzialmente; da poiché invece di trovarsi sessili af- iatto ed incastrati nel legno del ramo col quale si confondono e vi restano consolidati , il glomero dei fiori anzidetti tutto aa8 Sopra due nuovi generi ec. sì raccoglie in cima di un distinto ben lungo peduncolo, e così ne rimangono i frutti che vieppiù tra loro conf'ondonsi, e di sostanza affatto legnosa composti nel loro insieme si appa- lesano. Cosi considerati ed ingrossati gli ovarii , aperti ne ri- mangono gli orifici corrispondenti alla parte superiore del fiore, componendo una specie di stella a 7 raggi tronchi e dippiu uno rilevato nel centro. In questo stato , se ne verrà segato l' insieme nel suo senso orizzontale, ad ogni raggio della stella si troverà corrispondere la cavità seminifera triloculare polis- perma. Una fioritura ed una fruttificazione cotanto straordi- naria ben doveva ispirare la più severa circospezione prima di pronunziar giudizio intorno al genere della nostra pianta , che per ciò ne attendevamo come di ragione il vederle ripe- tersi inalterate negli anni successivi. La qual cosa non essendo mancata di avvenire, colla più scrupolosa esattezza e regola- rità, ci siamo perciò decisi a riconoscerla qual tipo di un ge- nere delle mirtacee.) cui per tutte le caratteristiche della fio- ritura istessa non meno che per l'abito e per la qualità aro- matica e perennante delle sue foglie puossi fondatamente ri- ferire. DESCRIZIONE. L' alberetto di circa 16 anni coltivato nel vase ha la palmi di altezza, il tronco di a pollici di diametro, e sta di- viso in numerosi rami opposti cilindrici quasi forcellati , pa- tenti o divergenti, colla scorza liscia cenerognola, ed i ramu- scelii tinti di rosso. Le foglie hanno grande somiglianza con quelle del Lauro. Esse sono perennanti opposte coriacee bis- lungo-lanciolate , lunghe da 3 in 5 pollici e larghe 10 a 18 linee, intatte, ristrette in ambi gli estremi alquanto ondeg- gianti, alternamente o leggermente venose, di color verde mirto, liscie, lucide di sopra, glauche ed appena feltrate di sotto, dove dippiù, guardate colla lente , miransi provviste di glan- dolette trasparenti oleifere, di cui avvene una nel centro di ogni areola del tessuto reticolare fibroso. Del Pkofessor Tenore 229 I picciuoli sono incurvati, e giallo-rossastri, lunghi da 6 a la linee, e stanno sparsi di peli patenti articolati. Fiori. Riuniti in un sol corpo ne stanno sette ordinaria- mente, e formano un solo globo legnosetto del diametro di 6 linee. Ogni fiore si compone di un grosso ovario, nudo, in- feriore, aperto superiormente, ed ivi munito di una cresta cir- colare divisa in 4 grossi denti che figurano da calice superio- re. La corolla sì compone di 4 piccioli petali , bianco-rosei simili a quello del Lepto spermum-, inseriti nei seni del calice. Stami al numero di 20 incirca , inseriti nella faccia interna del lembo istesso del calice; filamenti lunghi 3 in 4 linee; antere minutissime biloculari. Un pistillo coli' ovario inferiore, le cui pareti formano un solo corpo con quelle del contiguo, e se ne distacca pel suo lembo che figura da calice. Uno stilo filiforme delia lunghezza degli stami; stimma semplice. Peri- carpio formato dagli ovarii raccolti a forma di stella a raggi tronchi, ed uno centrale in ogni ovario ; chiuso superiormente da tre squame irsute che alternano con tre rime concentriche che corrispondono ai tre loculamenti interni , nei quali sta diviso l'ovario medesimo. Semi numerosi minutissimi di colore leonino. Epoche della vegetazione, qualità ed usi. Coltivato all'Orto botanico questo aiberetto fiorisce nel Giugno, e perfeziona i frutti in Ottobre. Nulla di certo po- trebbe dirsi intorno la di lui patria ; ma volendone proporre qualche plausibile congettura , derivandola dalle analogie ed affinità di esso con i Metrosideri, con i Leptospermi ed altre mirtacee, ne potrebbe cadere il sospetto sulla nuova Olanda, ovvero sul Capo di Buona Speranza , ma piìx probabilmente sulla prima di queste due regioni. Abbonda questa pianta di principio aromatico, che può desumersi dall'odore grato, che ne spargono le parti di essa col soffregarle nonché dal sapore piccante delle medesime , dalla copia delle glandolo oleifere , a3o Sopra due nuovi generi ec. di cui stanno fornite le foglie , e dai globetti di sostanza re- sinosa pellucida, calore di oro, che trasuda dai suoi frutti. Per questi princìpi non sarebbe fuor di proposito sperimen- tarne l'uso in concorso delle altre droghe vegetabili di simili qualità fornite, e che riuscir sogliono toniche nervine, diafo- retiche, emmenagoghe, calmanti. SVNCARPIAE LAURIFOLIAE DESCRIPTIO Character essentialh genericus- Syncarpia. Flores connati in elobulum lijrnescentem. Sin- gulus llos ermaphroditus perigynus, icosandrus monogynus. Calyx e limbo ovarii , quatridentatus , in fructu perennans. Corolla rosacea , petala qui^tuor ad limbi calycis faciem iii- fernam inserta. Pericarpium ex ovariis in globulum conci'etis, trilocularibus polyspermis. CLA33IS IC03ANDRIA : ORDO MONOGVNIA. Famìlia mirtacearum. Nomen ex ow cum , et zapnoc, fructus: nempe ex fru- ctuum coalitione desumptum. Character naturalìs, Arbuscula ( in olla eulta ) lo-ia pedalis. Truncus bipol- licaris diametro. Rami oppositi brachiati quandoque subdicho- tomi teretes, patentes vel divergentes cinerei ; juniores luteo- rufescentes ; folla perennantia opposita coriacea, oblongo-lan- ceolata ( 3-5 poli. long. lo-iu lin. lat. ) integerrima utrinque attenuata subrepanda , alterne-parallele venosa, supra laete virentia, laevia, nitida, subtus glaucescentia subtomentosa, glau- dulisque olcifcris (lente vitrea inspecta ) punctata. Del Professor Tenore a3i Petloll teretes incurvi, pilis patentibus artlculatis liirti , luteo-rufescentes ( 6-12, lin. long. ) Flores concreti in globulum lignescentem plerumrjue sep- tem. Singulus fios-Calyx superus ovario adliaerens urceolatus globosus, limbo quadridentato in fructu perennans. Corolla rosa- cea perigyna tetrapetala, petalis exiguis orbiculatis albo-roseis, ad calycis limbi sinus insertis. Stamina numerosa ( circiter ao ) ad limbi calycis faciem internam inserta. Pistillum unicum cum tubo calycis concretum, triloculare, stylus filiformis lon- gitudine staminum ; stigma simplex Perìcarpium ex ovariis in globulum concretum ( 7-8 lin. diamet. ) singulum ovarium tri- loculare apice lineis tribus radiatim dehiscens. 5e/wmfl nume- rosa minima linearla luteo-rufa. Locus natalis, tempus florendì, et vìgendi, qualìtas, usus. E Nova Hollandia vel e Capite Bonae Spei probabiliter aliata, in hortis colitur sub nomine Pìttosporì liìrti. Floret Junio, fVuctus perfìcit Octobri. Arbor qualitate gau- det aromatica. Usus ad hortos exornandos. Usus medicus vero cum affinibus stimulantibus, nervinis tonicisque aeraulatur. Tabulae explicatio. A. Ramulus syncarpiae laurifoliae floribus fructibusque onustus. B. FIos unicus magnitudine acutus. S- II- DELLA DONZELLIA Partita da Buenos Ayres nel Giugno io3a, sul cadere dello sfesso anno giungeva in Napoli una ricca collezione di semi, che il celebre Bonpiand, col favore dell' illustre nostro a3a Sopra due nuovi ceneri ec. concittadino colà stabilito Cav. D. Pietro De Angelis, inviava al nostro lleal Orto Botanico. Delle principali cose onde quell' invio coinponevasi fu per noi reso conto negli annali civili del Regno, e siccome parecchie di quelle semenze mancavano di determinata classificazione, cosi col coltivarne le piante clie ne germogliavano, potevamo a mano a mano studiarle e rife- rirle alle loro rispettive famiglie. Per tal modo nelle progres- sive pubblicazioni dell'Orto suddetto sono stati descritti il 3Ie- lilotus Bonplandii, il Chenopodium bonariense^ il Thymiis ho- narìensis, la Dioscorea bonariensls ; piante erbacee tutte che col loro più rapido sviluppo bau potuto agevolmente definirsi. Molte ne rimanevano indefinite delle legnose, tra le quali fi- gurano un Jmiridea, testé annunziata nel catalogo del 1889 col nome di Amyris terebinthifolia , cui probabilmente riferir debbesi lo Schlnus terebinthìfolius del Raddi, e l'alberetto di cui ci proponiamo tener breve ragionamento. Dall' aspetto dell' intera pianta e dalla sua qualità spi- nosa, nonché dal fogliame lucido e permanente, questo ame- ricano cespuglio ben si appalesa per una ranmea, o per una terebintacea : il quale giudizio confermato ne viene dallo stu- dio delle parti del fiore, e del frutto. Tali caratteristiche ne offriva egli la prima volta che nel i836 ne fioriva e ne frut- tificava; cosicché nel rifermarne la sessuale classificazione alla speciale qualità del suo frutto deferendo, più alle terebintacee che alle ramnee ritenevamo potersi riferire; quindi nei loro diversi periodi ritrarre ne facevamo le parli curiosissime dei fiori e dei frutti, i primi cioè che colla pianta verdeggiante ne offriva a pien' aria per tutta la state, e gli altri che colla pianta quasi affatto spogliata dalle sue foglie ne maturava nel susseguente inverno nelle stufe. DESCRIZIONE. Un sol fusto legnoso che nelle piante coltivate da 8 anni dentro vasi ha acquistato il diametro di un pollice e l'altezza Del PaOFESsoii Tenore aSS ■ di o palmi : molti rami ne partono per tutti i versi, e sono tortuosi e rigidi colla scorza liscia e Lruna , che dividonsi e suddividorisi confusamente, crescendo in denso cespuglio. Da per tutto sparsi veggonsi i rami suddetti di spine dritte rigide puntute estrascelìai i. Le foglie stanno in cima del rami giovani , e comunque dir non si possano decidue, pure nell'inverno la maggior parte ne cade, ed i rami fruttiferi ne restano affatto spogliati. Esse sono alterne coriacee, glabre e lucide in ambe le faccio, ovate a base obliqua, talora con piccoli e rimoti denti glandulosi nel contorno. Sono lunghe ia-i8 linee, e larghe io a i2,han picciuoli corti due linee, e rossi. Le spine nascono al lato esterno delle ascelle delle foglie, e sono rossastre lunghe circa un pollice sottili ed aguzze. Dalle stesse ascelle delle foglie spuntano le piccole gemme che si aprono progressivamente in diversi tempi. I fiori sono minutissimi ed appena discernibili, vengono in cima dei ramuscelli annuali , e sono ermafroditi, ovvero unisessuali. Hanno un calice inferiore composto di 6 squame semiorbiculari di sostanza fogliacea verdastra semipellu- cida, cinque o sei stami inseriti su di un disco carnoso nei fiori maschi , ed un pistillo con un ovario ovato nei femminei e negli ermafroditi. Il pistillo è di color verde privo di stilo , e sta terminato da uno stimma carnoso glanduloso di color giallo, intaccato in molti lati bifidi. Il frutto è un pomo glo- boso della grossezza di una ciriegia, di color rosso di san-^'^uei sta coronato dagli stimmi persistenti a forma di stella di molti raggi. I loculamenti variano da 6 a 8 , ed in ognuno stanno allogati due o tre ossicini colla semenza rossa, e la mandorla ovata con pelle giallastra ed embrione a due cotiledoni senza perisperma. Epoche della vegetazione epatica. Dalla indicazione trasmessamene dal sig. Bonpland racco- gliamo doversi la Donzellia ritenere nativa di Buenos Ayres; Tomo XII, Co- 234 Sorn.V. DUE NUOVI CENERI GC. niente altro avendone aggiunto il lodato viaggiatore intorno alle precise condizioni di ciò che i botanici dicono V habitat di una pianta. Irregolare e variabile è stata nel nostro giar- dino la fioritura della Donzellia. La prima volta vi fiorì nel Febbrajo, mentre ritenevasi nella stufa; successivamente lia fiorito nella State, stando all' aria libera. I frutti mettono uno intero anno a maturare. La pianta dimostra dover formare un piccolo albero. Ragione del nome. "b" Tra i benemeriti cultori della botanica, la storia patria vanta un Tommaso Donzelli , figlio di Giuseppe, di cui ab- biamo un' applaudita opera farmaceutica. Fu il Tommaso medico distinto e specialmente dedito allo studio delle piante napolitano , e diversi viaggi avea a tal uopo fatti nel regno , e segnatamente al Pollino , ed al Matese. Venuto in fama di perito botanico gli amministratori dell' ospedale dell'Annun- ziata nel 1G82, gli affidarono la direzione di un orto di sem- plici, che piantar fecero nella collina della Montagnuola, e che il Donzelli arricchì non meno delle piante nostrali raccolte nei suoi viaggi, che delle straniere che gli provenivano dalle sue corrispondenze. (*) Ad onorare la memoria di tale un nome doppiamente il- lustre ne ho fregiato il mio nuovo genere. DONZELLIAE SPINOSAE DESCRIPTIO Character essentialis genericus. Donzellia. Polygama. Flos hermaphroditus terminalis exi- guus. Cai. inferus ex squamis sex semiorbicularibus ; stamina (*) Vedi Bulifon letture memorabili tom. 3. p. 196 ed Annali Civili del Regno delle Due Sicilie; fascicolo 18. ( i83o ) tom. IX, pag. 146. Del PnoFEssOR Tenore 235 quinque vel sex, pistillum unicum: stigma glanduloso-carnosum sexlobatum, lobis bifìdis. Pomum globosum depressum stigma- tibus coronatum sexloculare ; loculis 2-3 spennis ; semina ru- goso-nuculenacea.F/o^ /oe/wi«eMJ. Omnia ut in hermaphrodito demptis staniinibus. Classìs Polygamia-Ordo Androgyna. Fainilìa. Inter tiieiebintaceas et rharaneas ambigit. Nome/I. Dixi in honorem Thomae Donzelli medici et bo- tanici neapolitani clarissimi , qui simplicium horti Divae An- nuntiatae Doraus, anno i68a, praefectus renuntiatus est. Character naturalìs. DoNZELLiA SPINOSA. Arbuscula in olla eulta ( a i833 ad 1840 ) 6 pedalis. Truncus poUicaris diametri. Rami multipli- ces sparsi tortuosi, fusco-rufi , spinosi. Folla semper viventia subcoriacea alterna ovata basi sub obliqua, lucida glabro obi- ter remote dentata, dentibus glandulosis ; ( I2'i8 lin. long. 10-12 lata ). Petiuli bilineares rubri. Spinae extraxillares rufae graciles cuspidatae, pollicaris longitudinis. Gemraae anomalae exiguae. Flores minutissimi in extremitate ramulorum junio- rum. Y\os. hermaphroditus — Viridis; calyx inferior ex squamis sex semiorbicularibus viridi-lutescentibus, ovariura amplexan- tibus: stamina-, 5 vel 6 filamenta alba, calice duplo longiora; anthèrae globosae albidae. Pistillum wmcìim', ovarium ovatum viride; stylus nullus; stigma patelliforme lutescens , glandu- loso-carnosum sexlobatum, lobis bifidis, crispatis. Pomum glo- bosum depressum rubro-purpureum, stigmatibus coronatum, sex ad octoloculare, loculis 2-3 spermis. Semina rugoso-nuculena- cea ; dicotyledonea ; perisperma nullum. Flos foemineus. — Omnia ut in hermaphrodito, demptis staminibus. Floret a Fe- bruario ad totam aestatem, fructus perficit hierae proximi anni; Arbor. Habitat in Bonaria. 236 Sopra due nuovi generi ec. Tabulae expUcatìo. A Raniulus DonzelUae splnosae, foliis floreque onustus ù Flos liermaphroclitus, tiempto pistillo, et magnitudine auctus e Flos foetnineus magnitudine auctus d Ramulus fructilerus e Fructus transverse dissectus f Corona stigmatum persistentium magnitudine aucta, et seor- sum exliibita. g Coronao radius unicus denuo auctus h Nuculenium magnitudine auctum i Semen, idem Z Semen tegumento destitutum, idem k Tegumenti dimidia pars magnitudine aucta m Embrio, cotyledones et plantula ; idem. Jù,. ^. èiA^^,^ Ui.^^-, - //.».. ^M7 "i/av. Il / h^mz^ùU-o- ^y/U'?iL>^a- ^/j 287 su LE CONDIZIONI DI EQUILIBRIO DI UNA CORDA ATTORTA E DI UNA VERGA ELASTICA SOTTILE LEGGIERMENTE PIEGATA li E M O R I A DEL SOCIO ATTUALE DOTTOR GASPARE MAINARDI Ricewta adì 9 Sloggio i84o. SU LA BILANCIA DI TORSIONE. J-ie importanti scoperte che vennero fatte mediante la bilan- cia di torsione da Cavendisk, da Coulomb^e più recentemente dal celebre sig. Gauss sembrano riclamare una teoria geome- trica dell' importante strumento. I Fisici ammettono , che il momento della forza torcente sìa proporzionato all' angolo di torsione, ed il cai. geometra di Brunswick dichiarò (*) essere verosimile che il coefficiente della ragione consti di due parti, una delle quali proporzionale al peso che tende la fune, l'al- tra proporzionale e al numero dei fili semplici componenti la corda composta, ed alla resistenza di cui ciascuno di quei fili è capace: ma per quanto io sappia nessuna teoria appoggia queste leggi, e dimostra quando e con quali limitazioni debbano essere adottate, onde mi parve utile consacrare queste poche pagine all'esame dell'importante argomento. Considero una corda come un corpo costituito nella se- guente maniera. Immagino un cilindro retto, di cui rappresento (') Sulla intensità del Magnetismo terrestre. Memoria del Sig. Gauss. a38 Su r.E CONDIZIONI DI EQUILIBRIO CC. la lunghezza colla lettera A , ed il raggio della base con r: Siippoii'^o divisa la circonferenza 2:Tr in un numero ni diparti e<'uali, e descritti i circoletti che hanno i centri nei punti di divisione ed i raggi eguali alle metà delle corde sottese a cia- scuna parte -^^j immagino tutte le spire le quali hanno ori- gine nei centri di quei circoletti, ed incontrano i lati del ci- lindro sotto un angolo che indico con b. Fingiamo che ogni piccol circolo scorra col centro lungo la spira che lo incontra, conservando il proprio piano parallello a se stesso. Quei cir- coli genereranno dei piccoli cilindretti doppiamente inflessi, che noi considereremo come funi semplici costituenti la corda composta. Un' estremità della corda venga trattenuta immobile ; dall' altra estremità penda un peso che indico con P, e mediante un braccio orizzontale sporgente dall'estremità medesima si finga attorta la corda con una potenza , della quale il momento rispetto all' asse del cilindro sia indicato con F, In virtù di queste azioni la corda assuma la forma di un tronco di cono retto: la sezione superiore sia la primitiva in- nalterata: la inferiore sia un cerchio di raggio r—/?: l'altezza del tronco si indichi con A-Ha, essendo p ed a quantità estre- mamente piccole. Gli assi delle corde semplici siano tutt' ora configurati a foggia di spirali. La linea GM {fig. i ) rappre- senti una spira nello stato primitivo della corda, gm la spirale conica in cui quella linea si trasforma. Siano G¥?T)^ fgnd le basi lil)ere della corda; E, e i loro centri; EF=r, ej=.T—p due raggi paralleli, e siano l'arco circolare GP=/-^, 1' ordinata del cilindro iMP = r'^tang.^', l'arco GM=^-^, e l'angolo di torsione, ({uale è compreso fra i due raggi EG, eg si rappre- senti con 0. Indicato con V il vertice del cono, che figura la fune nello stato attuale, condotto 1' apotema Vnw, 1' ordinata mp^ poi la retta enp, sarà Ve __ r^p Del Dottor Mainardi a39 = — !- ossia rA P e poiché /) rappresenta una quantità estremamente piccola , il primo termine di quella espressione supera talmente i se- tK guenti che potremo supporre Ve = — ed anche con eguale tK approssimazione Ve = — . Chiamato fi l'angolo al vertice del cono avremo tang.^ = ^ == "T •) per cui trascurato p* sarà tang.^:=-|- =sen.|U, e cos.ft=i. Se fìngiamo la superficie co- nica spiegata in un piano la spira gm si distende secondo una retta, la figura Ymng si trasforma in un triangolo rettilineo j l'arco g!i che rappresento con (r — y?))// s'incurva sulla circon- ferenza che ha il centro in V e per raggio Vg; onde indicato con Z l'angolo spianato gYffi sarà /lYg={r — p)^, cioè prossi- mamente Z = ^JJZEll =: ^ . Chiamato b l'angolo piano mgn, la Vg" A risoluzione trigonometrica del triangolo rettilineo Vgm fijrnirà Vra Vf-+mn cos.i COS. (-1 -Hi) fT^COS.l—COS.iX-t-l) , ossia, mn= \j ■ ,., ,, — , e siccome y^ è un angolo assai piccolo, avremo prossimamente mn = — rA P cos.i^/tsen.à I — ^ tang.£> ed anche mn = r^tang.Z» /n-pi^^\ quando della quantità piccolissima p si trascurino le potenze superiori alla prima. Riferisco la posizione del punto m agli assi ortogonali efx, edy, Yez: chiamo ^Vj/, z=:m/? le coordinate di m; indico con S r arco gm, con s 1' arco primitivo GM, e con à 1' an- golo GEF. Siccome V angolo fen=rp-hang.feg=ip-^d — 6, che a4o Su LE CONDIZIONI DI EQUILinilIO CC. pei* brevità indico con t, entro i limiti stalnliti all' approssi- mazione avremo mpz^inn. coi. (x=.inìi, njj=mn. sen. (i= -j- riptang.b n/'tanc.i -+-/) -!-j-2—lcos.r, yz=lr—p-^p ' ^^ Isen.r ed indicate cogl' apici, secondo il metodo di Lagrange, le de- rivate delle funzioni x, /, z, S, s prese rispetto a )^, avremo ' i. 7 / . il/tani.i 1 s=7-tang.Z^(i-4-2/> -i-__ — \^ A-^ — (r — />)sen.T-l-/> — r— (cos.t — ?//sen.r) 7'=(r — /9)cos. 7-1-/5 — ^— (sen.rH-|ì//cos.r) i '3 '» » / rtaniT.J , \ X -t-/ *=/•* — 2/-/? I I — — -^ f I = T 2rp ( I i—^ . ;— 1 coi.-u I \ A COS. '6 f d' onde si cavano Sr r / TtLtnmr.h i-4-sen.-//\ ; = 7 — Pi I .' - . ;,— ICOS.Ó COi.U ' \ A cui. Il I Del Dottor Mainardi st^t cos.(zS)=|;=[i -f.f(i -i- :^^)cos.»Z']sen.Z), t/j'^-t-j'' sen.(.S)=!^ Essendo Y — •/:= —- (X — ,r) la equazion della projezione sul piano xy di quella retta, la quale tocca in m la spirale conica, la perpendicolare condottavi dall'origine e delle coordinate sarà data dalla funzione yx' — ry' . / iprtarìg.b \ .r'sen.T— r'cos.r Indichiamo con ra il numero dei passi, che ogni spira abhraccia nel cilindro primitivo; la projezione di tutta la spira sulla base sarà eguale a ajinr; e siccome nel passaggio dal primo al secondo stato l'estremità superiore resta immobile, mentre l' inferiore si allontana dell' angolo d dalla posizione primitiva , perciò la spirale conica si estenderà da 1^ = 0 a ip = 2,nit-i-d, e la maggiore ordinata sarà (i) r(^».T+e)[i+p^'""-*-f--'"g-^]tang.Z>=A-i-fl. Venendo ormai a considerare lo stato dinamico della corda supponiamo che un filo semplice lungo quanto l'unità di mi- sura lineare sottoposto ad un peso p si allunghi di altrettan- to: che entro i limiti delle torsioni ordinarie la reazione che esercita ogni elemento di una corda semplice sia proporzio- nale alla distensione che ha sofferto , e si eserciti secondo la direzione dell'elemento medesimo, cioè della retta tangente la spira. Essendo S'.dip la lunghezza attuale dell' elemento ■^-^=S'clìp, la resistenza da esso prodotta aura per misura la Tomo XXII. Hh a^2i Su LE CONDIZIONI DI KQUILinUIO CC. irazione/j — hr — —=p I — — i ): la sua componente verticale sarà (e):=i^(T- ^)cos.(Sc)=;.(j- i)-ì;=7^[4-cos.(Sc)] ed il momento di quella forza rispetto all' asse del cono sarà e poiché cssrtang.Z^I i h-2/?-ì— ^^ I , ne segue e ciò entro i limiti dell'approssimazione stabilita. DolDbiamo ora integrare le funzioni (e) ed (/) rispetto all' angolo ip, estendere le somme fra i limiti ip=o, ■il'=z2nTi:-t-d , ed i loro prodotti per il numero m eguagliarli rispettivamente alle potenze P ed F, con cui quelle resistenze devono equi- librarsi. Ma per conseguire l' intento ci è d' uopo determinare quale relazione sussista fra gli angoli ip e

    ») *- ' F=-^(«;+0)_ (A'-t-r^K)») ACA-'-t-r'tv»)" dalle quali eliminata la a, e trascurate le potenze di Q mag- giori della prima, si desume (7) Y=^-^V^O^UU^-r^.A^mp-^±L.'\. Esaminando ormai questa formola rileviamo, che non è la F proporzionale a 0, come, si suppone dai fisici, da che il primo termine di quella espressione non può essere trascurato a fronte del secondo moltiplicato per P. Vediamo per essa formola confermata la legge presentita dal celebre Sig. Gauss; cioè che il coefficiente dell' angolo di torsione 6* consta di due (*) Poisson. Traile de Mecaniqiie. Tome i, pag. 483. An. i833. 246 Su LE CONDIZIONI DI EQUILIBRIO CO. parti delle quali una è porporzionale al peso P clic tende la fune; l'altra proporzionale al numero m, dei fili, eJ al para- metro p, che misura la tenacità de' fili semplici. Rileviamo per ultimo che uno sforzo minore di -^ P non varrebbe a tor- cere menomamente la fune. su l'equilibrio DI UNA VERGA ELASTICA. Il problema che considero non sembra potersi altrimenti sottoporre a calcolo se non mediante i principi della Mecca- nica molecolare; dai quali principj appunto Galileo, Leibnitz, Eulero e Bernulli ne desumevano la risoluzione in alcuni casi particolari. La difficoltà che presenta la questione ha origine dal bisogno di rappresentare debitamente le resistenze che op- pongono le molecole della verga rimosse dalla loro posizion naturale ; la qual difficoltà non può superarsi coli' ingegnoso metodo esposto da Lagrange nella quarta lezione della parte prima della Meccani(;a analitica, come ha dimostrato il celebre sig. Poisson (*); ne considerando quelle resistenze siccome pres- sioni o trazioni sofferte dagli estremi degli elementi differen- ziali della estensione che si considera, come ha osservato il SJg. Cisa de Gresy. (**) Né vale poi all'uopo rappresentare le resistenze con soli simboli , da che nei casi concreti non sa- ])reinmo utilizzare le formolo analitiche se non riprendendo su altre tracce la risoluzion del problema. Il saggio di calcolo che off'ro di presente è desunto dalle dottrine della meccanica molecolare; quindi implica delle sup- posizioni, le quali in varj casi non saranno ammissibili; ma le nostre formolo parlicolarizzate concordano con quelle di Eulero e Bernulli; e potremo forse per esse rilevare, che al- cune conseguenze ammesse devono essere ricevute con qual- che limitazione. (*) Poisson Meni, de l'Iiistitut de France. T. 12. An. 1814. C*) ^Memorie della Reale Accad. di Torino per 1' anno 18 18. Del Dottor Mainardi a47 Suppongo che una verga omogenea e libera venga rimossa dalla sua posizion naturale da forze applicate a tutti o ad al- cuni punti della medesima, e che questo fisico cambiamento non alteri in veruna parte la continuità della materia, per cui i punti i quali in orìgine erano contigui fra loro lo siano an- che dippoi; sebbene ognuno possa essere trasportato a distanza finita dalla posizion primitiva. Considerando la verga nello stato iniziale, nell'interno di essa immagino una linea, qual sarebbe l' asse di figura nel caso di una verga cilindrica o prismatica. Sia C { Fig. a) un punto di quella linea, Cz la tangente, Cx la direzione del raggio osculatore , Cy normale alle rette Cx, Cz : sia s la lunghezza dell' arco compreso fra il punto C, ed un altro punto arbitrario. ABCD rappresenti una sezione normale all'asse, M un punto di essa determinato dalla retta GM = r, e dall'angolo MCj = o. Sia Mm=Cc=S' parallella all' asse Cz; Ce' rappresenti un arco di cerchio po- sto nel piano xCy, col centro nella retta C/, ed il raggio della lunghezza p: Sia Ce' — Cc=|: fingo che l'arco .Mm' appartenga ad un circolo parallello a Ce, compreso fra i piani normali all'arco Ce' negli estremi di esso: suppongo Mm' — Mm /)— CP • UT ' ■ / rsen.o \ < -c?=cr-=-V~' P""' ''"^ Mm = ^-H^i —ji Si conduca l'ordinata m'p', si formi l'angolo /''C/'''=^, quindi si tracci m"j?" eguale e parallella ad m'p'. Saranno p'q-=- MP =r cos.o, rnp-=.{p — rsen.o)sen. — = .y-H ( i — — sen.o) "E ■' *' ' p — rsen.o \ p I ^ supponendo s, | estremamente piccole, sviluppando la fìan- zione trigonometrica sostituendo al seno l'arco che vi corris- ponde, e trascurando i prodotti e le potenze delle quantità s^ |. Avremo poi le coordinate m"p"=m'p', p"q"ì Cq" del punto m" per mezzo delle equazioni seguenti 248 Su LE CONDIZIONI DI EQUILIBRIO CC. Cq"=Cp' .ben.{XCp'~i-6)=Cq' -hd .p' q' =:^r{ien .a-hOcos.ro), p"q":=Cp' .cos.{A.Cp'-i-6):=r{cos.o — 0sen.o) , 7]i"p"=m'p'=s-i- I I ^sen.ol g dalle quali eliminando r ed a si trae che appartiene ad una superficie piana. Nel cambiamento fisico della verga V asse venendo de- formato , supporremo che il punto G sia trasferito nel luogo C, il quale rispetto a tre assi ortogonali assunti ad arbitrio , venga determinato dalle coordinate a:, j, ;S. Supposto poi, che la sezione ABC, e con essa i punti w" ec, vengano traspor- tati in A'B'C'D', per cui gli assi Gx , Cv , Cz coincidano con C'x\ Cy, Cz fingeremo che nella posizione forzata delia verga un punto quahinque M della sezione ABC venga ad occupare quel luogo in cui si trasferisce ni": quasi che lo spostamento di M dai punti circostanti potesse attribuirsi ad uno stiramento Mw:=5 secondo la direzione della tangente ; ad una rotazione intorno ad un asse parallello a Cy, il quale incontra l'asse Ci; alla distanza p dall'origine C; e finalmente ad una seconda rotazione intorno all'asse C:: misurata dall'angolo 0. L' azione molecolare, che eserciteranno i punti m" ec. nel nuovo stato dipenderà dalla loro tendenza a riprendere la po- sizione primitiva M ec. sul piano A'B'C; epperò supposta irri- gidita la verga intercetta fra il piano dei punti ni'ec. ed una estremità, le forze tutte applicate a questo solido dovranno comporsi in equilibrio colle suddette azioni molecolari. Sia la retta M//z"=t: supponiamo la tendenza di 77i" verso INI proporzionale a r, ed indichiamola con At: non già perchè tale si supponga la legge di natura , ma perchè quella qua- lunque siasi funzione dello spostamento r che rappresenta la Del Dottor Mainardi a49 forza, si potrà sviluppare in serie a potenze intere positive di T, e trascureremo quei termini della serie che contengono po- tenze superiori alla prima. (*) Avremo quindi / \ Ci" — CP tìrcos.o I \ cos.(T.:r)= -i = , cos.(r.7) = ^.rsen.o / \ rn"p" si r \ ? cos.(r.z) = —f- = ~ -+-(^1 — y sen.oj -~ ; le componenti della forza A r saranno secondo il prolungamento dell' asse Car=A.^.rcos.«; secondo quello di Cy=A.6 .rsen.o, (i) secondo il prolungamento di Cz=A[s-ì-^) — A — |sen.cj. I momenti della medesima forza saranno rispetto all' asse Cz da X verso j=A0r(MP.cos.a-l-CPsen.o)=A^/-% rispetto a Cy da a; verso s=A ■(■J-t-l) — 1~ s^"- o 1 rsen.o, (a) rispetto a Cx da z verso y= A 1 {s-{-^) — | — sen. o 1 rcos.o. Rappresentiamo con a, b, e i coseni degli angoli che la retta Cx forma cogli assi coordinati , cui si suppone riferita la verga nella seconda posizione: con a , b , e i coseni che corrispondono a C/': con a , b ^ e quelli che riguardano Cz'. Immagino nella verga primitiva una nuova sezione normale al proprio asse, ne indico l'area con A; coni la lunghezza dell' asse compresa fra quella sezione ed un punto arbitrario, con l la sua lunghezza totale. Fingo 1' area A piccola così che le forze attualmente applicate ai varj punti di essa possano fin- C) Seguendo i principj della Meccanica molecolare, dietro le tracce dei chiar. sig. Poisson e Caucliy, facilmente si tratta il problema con maggiore generalità, ma non ho voluto recare qui un calcolo , la cui prolissità non è compensata dall' im- portanza dei risultati. Tomo XII. li 200 Su LE CONDIZIONI DI KQUILIBRIO CC. gersi raccolte nell'asse, per cui supposte X, Y, Z le coordl- dinate di quel punto considerato nella posizione forzata; P, Q, R le componenti secondo gli assi coordinati della potenza ivi applicata, saranno (3) /'\a?-hbQ-^-cl\.)Adt=L; f\aF-i-bO-^-cK)Adt=M, fUa V-^h q-^c R)A^i = N J S 2 2. 3, ' le somme delle forze paralelie agli assi CV, Cy, C's' agenti su tutta la verga, e y"|aJQ{Z-^)-R(Y-7)]+JJR(X-x)-P(Z-^)] H-c [P(Y— j) _ Q(X— a;)] IaJì =T (4) y|aJQ(Z-z)-R(Y-7)]-f-^>jR(X-.r)-P(Z-s)] H_c^P(Y— /)— Q(X— x)]1aJì=U yj4Q(Z-2)-R(Y-j)]+Z.[R(X-a:)-P(Z-c)] ^c[P{Y— 7)-Q(X-:r)]]AJi=V rappresenteranno le somme dei momenti di quelle forze ris- petto ai medesimi assi CV, C/', C';;'. Moltiplicate ora le funzioni (i), (2) per l'elemento rdrdo dell' area ABCD , poi integrate rispetto ad r ed o , ed estesi gli integrali a tutta quell'area, avremo finalmente le equa- zioni di equilibrio A.d f f r^coso.dr .do=L , Ad.ffr'sen'odr.do=:'M A{s-ì-^) f f rdrdcj '--ffr*sen.o.dr.dcj = N Kd.ffr'dr.do — T k{s-¥-l)f ffcos.adr.do f f r^sen.ocos .o.dr. do = U A {s-^-l)f fr^'sen.odr.do — —^ffr^sen.'o.do ~Y. Del Dottor Mainaudi aS i Eseguite le integrazioni rispetto ad r, e supposti per brevità avremo T/r^cos.c?£?o=3L, T/r'sen.o.c?o=3M Stfr^do—Si — //•^sen.o.É?o=6N (5) r/r^io = 4T ^tfr^cos.o.do — ^/r4sen.a.cos.ra.Jo=U ^tf reseti. o. do — £-/r*sen.^o.c?o=:V, le quali equazioni offrono la risoluzione del problema. Diffatti eliminate le incognite ^ , t , t ne desumeremo tre equazioni contenenti x, y, z: i coseni a,b, cec. che in forza delle sup- posizioni fatte si riferiscono alla tangente ed al raggio oscu- latore l'asse della verga nella nuova posizione, sono funzioni note di x, y., z e delle loro derivate rispetto ad s : gli inte- grali (3) , (4) si tolgono dalle equazioni mediante la differen- ziazione rispetto ad s, e si riducono a funzioni di P, Q, R, A opperò àìx,y,z e di s: così che eliminate ^,t,z dalle equa zioni (5) le risultanti basteranno a determinare x, y, z in fun- zione di s: le stesse equazioni (5) forniranno poi i valori di (i , t , T, per mezzo dei quali conosceremo il sito che ogni punto M di qualsivoglia sezione ABC verrà ad occupare nella verga rimossa dalla primitiva posizione. Se il corpo che si considera fosse cilindrico, per cui la r non dipenda da o, essendo / sen.o.do =/ cos.o.£?ci=o / sen.ocos.o.sen.a.cos.o.f7fj] X a eia -i-h db -^ e de , f „ ^ -, il ^ > in ^ ' ^ ^ -^ ' _f- [l.frhen.o.da— f-fr'^sen.'o.da] 3-/ ' - 4/.^ a da-hh dh-i-c de X-i i i-=o ds la quale dimostra che non può essere d(tfr^do)=o (**) a meno che siano ■^tfr^cos.o.da — j-fr'^sen,ocos.o.da=o , ^i fr^sen.o.da — — /'rhen.^o.da=-0, 6 ■■' 4P-' oppure a da -hb .db -he .de =o, a .da-hb .db-hc .de ■=■0^ nel '' aiaiai a a aa (piai caso r asse della verga è una linea retta. (*) Acta Academ. Petropolit. An. 1778. — Navier luogo citato. (**) Poisson. Correspondance de l' ecole roy. Polit. T. 3. /frjj/ i/t J>.rf,a ./ce .>^/ 'ifxXII //^»-2-JfS 253 SAGGIO STORICO DEI RIZOPODI CARATTERISTICI DEI TERRENI SOPRACRETACEI DELL'AVVOCATO GIOVAXM MICIIELOTTI Ricevuto adì 17 Giugno i83g. PRESENTATO ALLi SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE DAL SOCIO ATTUALE , . SIGNOR CAVALIER IGNAZIO MICHELOTTI ED APPROVATO DAL SOCIO ATTUALE SIGNOR PROF. ANTONIO BERTOLONT \/uei piccoli testacei diafani, regolari, concamerati aventi un* apertura, più o meno regolare, destinati per racchiudere ani- mali molli, e glutinosi, muniti di varj filamenti non fibrosi, irregolari , disposti attorno ad una apertura , e ne' quali non scorgesi indizio di alcun sistema nervoso, o respiratorio, erano dagli antichi naturalisti tedeschi conosciuti col nome di heli" citi, da Bruguieres di Camerìne, dal sig. De Haan di Cefalo- podi senza sifone, dal sig. A. d'Orbigny di Cefalopodi fora- minìferi, dal sig. Dujardins di Rizopodi. Sarà mia cura di primieramente tessere una breve storia delle opinioni , che si ebbero a loro riguardo tanto dagli an- tichi, come dai moderni: secondariamente determinare il luogo che dobbiamo assegnare, e passare quindi in rivista le princi- pali specie dei terreni terziarj. La storia dei Rizopodi c'insegna, che questi furono con- siderati come giuochi , o scherzi della natura . p^ecJa come analoghi ai Cefalopodi, e negli anni a noi più prossimi come appartenenti agi' infusorj. Il più antico degli scrittori storici Erodoto menzionò la loro abbondanza, e modo di stratifica- a54 Saggio Storico ec. zione in diverse parti deirAfrica (i). Qnalclie cosa di più ci lasciò Strabene mentre disse " Mirum est quod penes Pyramides ingentes lapides extent , plura minuta lenticularis fìgurae corpora rocipientes (a,). „ Plinio eziandio menziona i Rìzopodi, e gli Acefali (3). Questo naturalista lasciò scritto essere i medesimi abbondanti neir Etiopia. Nel rinascimento delle scienze il primo ad in- dicarli fu Corrado Gesner; egli parlò delle nummuliti , notò che si avvicinavano ai nautlli , ed agli ammoniti sia per le concamerazioni, come per la disposizione laterale dell'apertura. Sclieuchzer di Zurigo estese i materiali lasciati da Gesner con descrivere buon numero di nummuliti:, li avvicinò anch' egli agli ammoniti, ed eccitò nel suo paese 1' amore delle na- turali discipline con felicissimi risultati. L' Inglese Lister sebbene non abbia menzionato i fora- mm//6'ri, tuttavia comprese nel suo lavoro diversi Cefalopodi, che chiamò Nautilo e Argonauta, con due divisioni, la prima delle quali comprendeva le specie concamerate, l'altra quelle da una sola loggia (4). Esegui dunque Lister in fatto ciò, che poi Linneo praticò nominalmente. Quasi contemporanei al Lister furono Lorenzo Splenger (5) , e Giovanni Breyn. Il primo limitossi a figurare diverse specie, ed il suo lavoro ra- rissimo fuori della Danimarca è per questa causa poco cono- sciuto. Breynio, sebbene compreso da Linneo fra gli scrittori che lavorarono infelici partu , e dal Fortis censurato per un semplice commentatore dello Sclieuchzer, lasciò tuttavia mo- numenti tali delle sue cognizioni, che gli meriteranno sempre la nostra riconoscenza. Duolmi assaissimo di non poter con- sultare questo abile scrittore; tuttavia a sicura fonte io at- tingo per giudicarne dietro alcuni passi riportati dal Martini. (i) Ei-od. jiart. XII^ (a) Geograph. lih. 17. (3) Historia Mundi libro XXXVII, cap. io. (4) Historia conrh. Loiid. pag. 5. (5) De polytlialamiis Gedani 17.33. Dell'Avv. Giovanni Michelotti a55 Breynlo dunque chiamò ammoniti le conchiglie concame- rate aventi la spira da ambe le parti giacente in un piano orizzontale. Ecco le sue parole: "Testa polythalamia dicitur, „ cujus cavitas in varias concamerationes, quas thalamcs voco, „ mediantibus parietibus integerrimis , sive diaphragmatibus „ pariter testaceis ùividitur: extimo tlialamo animali recepta- ,, culum praebente , caeteris vacuis , sed Siphunculo sensim „ gracilescente ad apicera usque perviis .... Usus siphunculi „ esse videtur , ut lecipiat caudam , sive appendicem partis „ animalis mollis^ eamque per totam testae trasmittat spirara, „ cujus beneficio testae non tantum connectitur firmiter, sed ., etiam ipsa testa vitalis reddi videtur. . . . Ammonia est po- ', lythalamium in spiram externe utrinque apparentem in ,, plano horizontali convolutum „ Sarà dunque di leggieri provato, che questo Scrittore indicò il primo l'uso del Sifone, l'ultima concamerazione, la progressione, e disposizione dei giri della spira. Pari è la felicità del tedesco scrittore, quando scrive del mollusco " Animalculi exilitas collectu facilis, quamvis de ejus figura altum apud omncs silentium. De amplitudine cavitatis extimae nec dum certo constat : quia enim basi sua scopulis adhaeret, borea flante ita separatur ut extimus ejus margo admodum fragilis, in scopulis remaneat ,, Se si osservi in qual tempo, e luogo scrisse il Breynio dei Cefa- lopodi, ci convinceremo della sagacità, di cui diede saggio. Egli è infine Breynio, che introdusse il genere orthoceratites , che obbliato da Linneo, e dal Lamarck, rivisse ai nostri giorni, come scorgesi nelle pubblicazioni dei Sowerby, Ferussac, Bronn etc. Giovanni Bianchi (i) diedesi eziandio ad investigare le sabbie nautiliche delle vicinanze di Rimini; egli era d'opi- nione che i testacei dei Rizopodi fossero per la maggior parte opercoli d' altri testacei, e gli chiamò Ammonii : sebbene il (i) Questo autore per lo più si fa conoscere sotto il nome di Jane Fianco. a56 Saggio Storico ec. lavoro del Fianco, ossia del Bianchi lasci molto a desiderare, come lo provano Fichtel e Moli, tuttavia non è privo d'im- portanza ; egli prima del Soldani fece conoscere la loro ab- bondanza nell' Italia sia nello stato vivente, come nello stato fossile, e numerò partitamente le varie qnantità di specie, che ne somministravano molti strati del nostro suolo. Combattè felicemente 1' opinione del Woodward, il quale aH'ermava es- sere tali cose scherzi della natura, o produzioni del caso, opi- nione ritenuta per più di 200 anni, perchè a que' tempi l'opi- nione prevaleva all' osservazione, dalla quale sola partir do- veva la convinzione dell'origine di tali esseri. Singolare è eziandio l' effetto che attribuì questo scrittore al flusso, ed al riflusso del mare, dal quale ripetè la forma- zione dei terreni sopracretacei. Nello scorso secolo e precisamente nel 1744 comparve un lavoro di Giovanni Spada, nel quale l'autore numerò 44 specie ài ammoniti -.^ ma la brevità delle sue descrizioni, giusta l'avviso del signor De Haan, non permette di riconoscerle. Lo Spada emise un' opinione riguardo ai Cefalopodi di un qualche peso; egli dice: ..." Alcuni li hanno creduti spo- glie, altri animali testacei petrificati^ altri dei grani accu- mulati dai venti, o dalle acque, e petrificati in seguito; io " non penso, che si aprano, come le bivalvi, ma sibbene come " le univalvi, tenendosi uniti alle rocce, ricevendo 1' acqua " ed il cibo da un orifizio, e facendone sortire 1' escremento " dall'altro ....,, Approfitta di questo passo il Fortis per ingiuriare lo Spada : comincia col chiamarlo ironicamente un honét cure . . . . , dice essere povero il suo catalogo, e . . . foiirmiller des bevues qui prouvent une extreme imperitie dans la lithologie .... In fine 1' inurbano compaesano seguita di- cendo . . . . " Il y a de quoi s' étonner sans doute, qu' on ait " donne quelque importance a un homme, qui ne connoissoit " pas la difference qu il y a entre un cercle, et une sphere „ ( Fortis voi. 2. pag. 34)- L' obblio è al certo la pena di co- loro, clic follemente favoleggiarono; il disprezzo si addice agli 55 Df.ll' Avv. Giovanni Michelotti 207 scrittori, che prodigarono sarcasmi in quelle scienze, alle quali essi nulla giovarono, come è nel nostro caso il Fortis, che con ingiurie cercò di screditare il lavoro d' un modesto scrittore, mentre doveva procurare di corregerlo con buone ragioni, ed analiticamente. Comparve l'opera del Gualtieri nel 1742.: quest'uomo versato nella conchiliologia diede a divedere di conoscere le principali divisioni della malacologia, e preparò così il terreno su cui lavorò lo Svedese naturalista. Ammise il Gualtieri per base delle sue divisioni la diffe- renza fra le conchiglie a molte concamerazioni, e quelle che ne mostrano solamente una : fra le prime ammise tre generi cioè il Nautilo, e 1' Ammonìa comprendendo nell' Ammonia i foraminiferi oltre la spinila. Il terzo genere conteneva gli Orthoceras; per i quali diede la seguente definizione " Orthoc. est testa marina polithalamia in lineam rectam, vel " proxim. ad rectam accedentem extensa ,,..., e vi comprese M le seguenti specie. Orthoc. raphanus, orth. obliqua, orth. fa- fl scia, orth. legumen, e nodosaria siphunculus, Lamarck. Ripetono dunque gli Orthoceras per loro autore il Gual- tieri, come ben altri molti dal medesimo distinti sia nella classe degli Acefali, come in quella dei Gasteropodi, e quest' asser- zione trovasi appoggiata dal Signor Desiiayes nella sua opera sui fossili delie vicinanze di Parigi. Lontano è il lavoro del Gualtieri dal peccare di nullità, come pretende alcuno; che anzi questo prova, che egli con- tribuì assaissimo ai progressi della malacologia. Vicina alla pubblicazione del Gualtieri comparve quella di Teodoro Klein Olandese, il quale, sebbene abbia dimostrato di aver poco conosciuto i lavori, che lo precedettero per i Ce- falopodi ^ giovò tuttavia non poco per certi punti di vista sin- golari, e profondi ; così alla pag. 44 troviamo figurate e de- scritte molte specie d'Orthoceras, che egli nominava strombi. Pili felice Klein nelle generali applicazioni, che nei nomi, spiegò il motivo per cui 1' ultimo giro di spira è maggior de- Tomo XXH. Kk <.c a58 Srcgio Storico ec. gli altri, cosa, che sebbene ovvia^ non era stata ancor av- vertita. Conobbe Klein la Spirolìnites, che nominò Semilituus ag- giungendo . . . . " hoc nomine non inepte potcrit nppellari, quum appendicem quanulam rectam habeat albissimi coio- " ris. ..,, vid. cit. loc. pag. 5. Provò eziandio, che i molluschi non potevano a cagione dei loro muscoli abbandonare i gu- sci vid. pag. 35. In quest'età fiorì eziandio Lederman, che descrisse, e figurò varie specie di Cefalopodi ; pare però che non siasi oc- cupato dell' animale che li abitò, ed è singolare, che nò il Sig. De Haan, né gli altri moderni scrittori di mia conoscenza l'abbiano mai citato. Egli è ornai tempo di passare alle opinioni di Linneo. Questi in primo luogo credette di scorgere nelle nunimuliti delle piccole madrepore (i): confermò quest'opi- nione nel suo Museo Tessiniano, e poco dopo credette di scor- gervi degli esseri appartenenti a piccole meduse (2). A giudi- zio del Professore Thunberg Linneo vide l' animale d' una ma- drepora, ed a seconda della prima opinione giudicò, che l'ani- male delle nummuliti non ne fosse diverso. Qui giustamente osservò il Fortis, che 1' autore Svedese confuse i foraminiferi ora coi nautili, ora coi polipaj, ora colle meduse. In fatti nel Systema naturae secondo 1' edizione del Gmelin (3) Linneo divise i molluschi in semplici, ed in testa- cei, e separò questi ultimi in univalvi, bivalvi, e multivalvi. Trovansi negli univalvi V Argonauta., il Nautilus, il Conus, la Cypraea ec. : quanto ai Nautìlì amò separarli in nautili spi- rali rotondi, ed in allungati dritti , comprendendo nei primi il Nautìlus Pompìlìus ^ la Spinila^ e varj foraminiferi. Reca adunque meraviglia la denominazione generale di vermes te- stacei a tutti i molluschi non nudi, quando sì grande ne è la (i) Amaenitates Accadem. disseit. de corali. Balticis. (2) Am. cit. voi. 4- (3) System, naturae edit. variae. Dell' Avv. Giovanni Michelotti aSg differenza, come scoigesi da varie descrizioni, e figure, che ci lasciarono gli scrittori, che lo precedettero. Nel particolare poi dei foraminiferi dalla loro unione col Nautilus, e la Spinila, e dal luogo assegnato alla Spirolìnìtes fra la spinila e gli ortlioceras , testacei, che la sola investi- gazione della conchiglia basta a dividere, ci sembra doversi presumere, che Linneo giudicò superficialmente dei foramini- feri, lo che non avrebbe fatto se avesse consultato i lavori dello Scheuchzer, del Breyn ec. Non è tuttavia da passar sotto silenzio un importante servizio, che in questa parte egli rese alla scienza col distinguere nominalmente gli Argonauti dai Nautili. Molto prossimamente alla 12^ edizione del Syst. naturae il Martini pubblicò il principio del suo lavoro sui testacei col titolo di Gabinetto di Conchiliologia , continuato poscia dal Chemnitz ; questo è ancora il più bello, e più esteso lavoro, che abbiasi intorno alla malacologia. Mentre Kiener in Fran- cia ne imprese a trattare uno consimile, il quale è pure cor- redato di magnifiche tavole, ma procede si lentamente, che molti disperano di vederlo ultimato. Frattanto il sig. Vagner in Germania attende al completamento dell' opera del Martini, e del Chemnitz. Il Martini pose per prima sua divisione i tubi verraicu- lari testacei , che suddivise in univalvi , e moltivalvi , e gli univalvi in semplici, e concamerati, gli uni e gli altri poi in solitarj, ed in conglomerati. Quantunque il Martini abbia com- preso gli Orthoceras nel novero dei tubuli, e conseguentemente li abbia creduti analoghi ai dentali, tuttavia egli ne conobbe ottimamente la conformazione, ad eccezione di quella del Si- fone ; loro appose il nome di Orthoceras , e ne classificò le specie seguenti: OrtJioc. Piaphanus, Orth. fascia, Orth. obliqua, OrtÌLOC. legurnen, e Nodosaira siphunculus. Diede eziandio le figure di qualche Binigerina , che conobbe approssimarsi agli Orthoceras. a6o Saggio Storico ec. Del resto il Martini concliiuse doversi assomigliarsi V Jr- gonauta alle Haliotidi, e non curando la separazione intro- dotta da Linneo fra il Nautilus, e I' Argonauta cluaniò Naii- tilus velificans, e remigans V Argonauta nitida, e ritenne il Nautilus PompìUus, confessando tuttavia la differenza de' co- storo animali. Credette parimente, clic la Carinaria, genere appartenente alli Gasteropodi, dovesse tener luogo Ira i suoi nautilì., cioè il luogo medio fra 1' Argonauta, ed il Nautilo, e ciò dietro 1' esempio d' Argenville, clie aveva pur chiamata la carinaria nautilo vitreo di color bianco ec. Oltre i suddetti generi di Joramìnìferi il Martini abbrac- ciò ancora i seguenti, . . . PlanuUna, Cristellaria, Nonìonìna, Binìgerina (i), ed ebbe cura di riferire quanto di più rimar- chevole scrissero quelli, che lo precedettero. Speriamo, che Kuster, e Wagner nella continuazione dei lavori del Martini, e dello Cliemnitz vorranno ampliare ciò, che gli ultimi ci la- sciarono di imperfetto. Il Dott. Giovanni Targioni Tozzetti occupossi pure dei fo- raminiferi (2), mentre Ottone Muller (3), e Schròter (4) nell' Allemagna investigarono le varie specie che offrono i me- desimi. Conobbe adunque, e rilevò il Tozzetti 1' improprietà delia classificazione Linneana, e l'abbondanza dei ybra/?/i/z//eri in va- rie contrade; quanto alla loro origine nel primo volume de' suoi viaggi affermò essere corpi marini sepolti, ed alcuni es- sere senza fallo piccoli nautilì, ed in buona fede assicurò che la loro classificazione era assai incerta. Disse, che le colline di Parlaselo in Toscana erano composte di strati, dove abbon- (i) Neues Systematisclies Concliylien Galiinet, Nuilmber^ '799 ^^ seq. (a) Relazioni di viaggi in Toscana toni. i. (3) Ven Wurman des sussen und salziger vasser mit Kupfern. Kopenagen 1771 et alib. (ó) Journal fiir die Liebliaber des steinreichs und der concliyliologle. Concliyliologischen Rapsodien Katurforòcher. Dell' Avv. Giovanni Michelotti 261 ciano le nummuliti, alcune delle quali avevano i loro analo-' glii viventi, ed altre no. Incoerente però a se stesso nel vo- lume quarto dopo d' aver parlato delle concamerazioni, cou- chiuse, che i foraminiferi gli sembravano lumachelle^ e poco dopo disse, che i medesimi erano Zoofiti. Il Fortis più ver- sato a notare le contradizioni degli Scrittori col criticarli, che a profittare di quanto lasciarono di più giudizioso, non mancò di ironicamente affliggere la memoria di un dotto, ed ardente naturalista, qual era il Fiorentino Tozzetti. Anche il Saussure ne' suoi viaggi sulle Alpi trattò dei fis- raminiferi dietro le cognizioni che si avevano a quell' epoca. Più particolarmente poi lo scrittore delle Alpi occupossi dei nummuliti come quelli, che nelle medesime formano possenti strati ; dimostrò, che al di fuori non mostravano indizio di or- ganizzazione, e che erano divisi in varie concamerazioni ; si uni- formò all' opinione di quelli fra gli antichi, che collocarono l'animale nell'ultima concamerazione, e fece conoscere il modo di dividere i medesimi nummuliti. Emise questo scrittore anche un' opinione sul modo d' esistenza di questi esseri, cioè che fossero l'opera di diversi animali, i quali succedendonsi 1' un r altro accrescessero così la conchiglia, opinione alquanto con- traria all'osservazione fatta sujili esseri orec. n. i. Vaginulina loevigata Roemer, mihi Tab. i. Fig. II. Jahrbuch cit. pag. 383. n. a. abita Fossile nel Nord della Germania. Gen. Marginulina. Orthoc. Larab. Testa cylìndracea inaequìlaterali apice depresso, loculis ini- hricatis obliquis : apertura in suprema ultimi anfracrus parte posita, basi spirali. Questo genere fu introdotto dal Sig. Alcide d' Orbigny per un gruppo di specie, che offrono un cilindro rivolto alla sommità, avente nel principio l'impronta volutatoria; le sue logge sono soppraposte, leggermente obblique, onde ne segue, che queste specie sono inequilatere ; I' apertura é rotonda, ed è posta alla sommità d' un prolungamento dell' ultima con- camerazione. I primi autori, che porsero qualche schiarimento sopra i foraminiferi, li chiamarono nautili; e tale è il loro nome presso Linneo, Gmelin, e Martini; il Lamark li comprese nel suo genere orthoceras ; ma questo genere non poteva egualmente abbracciare specie, che hanno concamerazioni così dissimili, con una direzione al principio della conchiglia, che in nulla conviene con quanto ci presentano altri orthoceras , e le no- dosaire del Lanik. Dell' Avv. Gjovanni Michelotti 279 Abbiamo cinque specie di marginuliiie nello stato fossile, e dieci nello stato vivente, proprie però del Adriatico giusta il sig. A. D' Orbigny. Nel prezioso lavoro del Signor Boys, e Walker sui te- stacei microscopici delle Isole di Sandwick non troviamo, che altra specie appartenente a questo genere venga riferita al genere, che abbiamo mentovato superiormente. Per ciò che spetta alla geologia esso è caratteristico dei terreni sopracretacei. Spec. N. I. Marginullna Ruaphanus Linn. Linn., et Gmelin. Syst. nat. pag. iiGi^ ra. a83j nautilus llaplianus. Soldani micr. a. tav. 94? fig- N. P. O. Q. R. X. Y. Idem Saggio oriti. tai>. 6. Jig. K.? Lamk. anìin, voi. VII, p. SgS, n. i. Blainvìlle , malacol. pag. 379. Idem Diction. des scienc. nat. voi. 36^ P^S' 4^^' ^' ^• Orbigny cit. loco pag, a58, n. i. Bronn italiens tertiar gebilde pag. 11. Idem. Lethaea geogn. molassen periode. Lyell Principes of Geology art. cephal. Abita il mare Adriatico, fossile a Cartell'Arquato e altrove. Osserv. Questa specie, che è frequente nei terreni sopra- cretacei del Parmigiano , Piacentino , ed altrove ; non la ri- scontrai fin' ora in Piemonte. Le Marginuline non devono com- prendere quelle specie, che sono bensì rivolte, ma offrono concamerazioni affatto analoghe a quelle delle nodosaire. Spec. N. a. Marginulina striata Orò. Orbigny citai, loco pag. aSS, n. 4- Abita .... fossile a Dax. 280 Saggio Storico ec. Genus Textularia > Defrance. Orbigny. Testa conico-cylindrica, lociiUs alternis, apertura laterali^ semìlunari, axe duplicato. Il Signor Defrance propose questo nome alle specie, che hanno una conchiglia piramidale con sommità acuta, con base rotonda, ed esteriormente in cadauna parte con una linea an- golosa, e sinuosa dalla sommità alla base, verso la quale ca- dono obbliquamente i solchi, che sono indizj delle concame- razioni, le quali dividono la conchiglia in diversi modi, e sono riunite sopra due ossi fittizj. L'apertura è laterale, o dalla parte interna di cadauna loggia, ed è semicircolare. Si conoscono ventisette specie di questo genere, quattor- dici delle quali sono nello stato vivente, il doppio nello stato fossile nei terreni subapennini, ma in quest' ultime sono com- prese ancora quelle specie, che hanno le analoghe viventi. A spese di questo genere il Signor Alcide d' Orbigny ne formò pure un altro sotto il nome di valvulina. Sebbene esi- stano dei rapporti di rilievo tra le valvuline, e la testularie, tuttavia nelle prime vediamo una forma ovale, depressa ai due lati, r apertura trovasi alla loro sommità in taglio, laddove nelle testularie non è alla sommità, ma alla base dell' ultima concamerazione, ed è semilunare. Le testularie appartengono esclusivamente all'epoca ter- ziaria, e quaternaria per servirmi d' una voce di alcuni geo- logi •, il Piacentino ce ne somministra il maggior numero. Quanto alle viventi 1' Adriatico ne contiene piìi del Mediterraneo, e delle altre spiaggie. Spec. N. I Textularia punctata Orb. Orbigny citai, loco pag. aóa. n. 1 . Defrance Dict. des scien. nat. voi 53. pag. 34-5. Lyell princip. of. geology. Bronn. Lethaea. molassen period. cap, 6, Dell' Avv. Giovanni Michelotti 281 Abita . . . fossile a Gastell'Arquato nel Piacentino. Spec. N. a. Testularia consecta Orb. Orbigny cit. loco pag- aóa. n. 7. Defrance dici. cit. pag. 345. Bromi Lethaea molassen perìod. cap. 6. Abita t'ossile a Bordeaux. Spec. N. 3. Textularia cuneiforrais Orb. Orbigny cit. loco. pag. a63. n. :8. Defrance cit. loco pag. 34'>. Bromi Italiens tertiar-Gebilde pag. il. et s. idem Lethaea. molassen Gebilde cap. 6. Abita . . . fossile a Gastell'Arquato. Spec. N. 4- Textularia sagittula Soldanì. Soldani microscop. tav. i33. fig. 260. ( polyrnorphium sagittulum ). Blainville Malacol. pag. 370. Orbigny cit. loco pag. 263. n. 20. Defrance Dici, des scienc. nat. cit. loc. Lyell Principes of. Geol. Bronn Lethaea cit. cap. 6. Osserv. La Textularia sagittula, così nominata per simi- litudine con una punta di dardo, ha circa dodici concamera- zioni intrecciate fra loro, non cosi obblique come nella Tex- tularia aciculata ma più ampie, e meno curve all'esteriore. Abita nel mare Mediterraneo, fossile a Gastell'Arquato, e nel Piemonte. Spec. N. 5. Textularia compressa Roemer cit. Jahrbuch pag. 384 Tab. IH. fig. j3. Abita . . . fossile nei terreni terziarj dell'Hannover. Osserv. Il sig. Roemer citò col nome di Textularia una spe- cie che io credo una semplice varietà di questa ■■, la disposizione delle concamerazioni come della forma generale essendo analoea. Pare che quella specie abbia alcun rapporto colla specie figurata alla Tav. 106 fi^. i del sig. Deshages. ^ Spec. N. 6. Textularia gracilis Munster. Tomo XXIL Nn aSa Saggio Storico ec. DIunster Coli. Vìd. Forali. Roemer cit, loc. pag. 38. Talj. Ul.fig. 14, i5. Osserv. Anche per questa Specie che si trova colla prece- dente, credo che il sig. Roemer abbia indotta una separazione dalla sua Textularia subangularis che non si può rigorosamente difendere, sia per la comune obliquità del testaceo e delle con- camerazioni, come perchè quest'ultima specie può considerarsi come un individuo in parte infracto della prima. Gen. Rotalia. Lamk. Blaìnville. \ Testa trochiformi, reguluri, spira elata vel depressa, aper- tura ohlonga in penultimo anjractu posìta. Questo genere stabilito dal Laniarck non comprendeva secondo il medesimo, che una specie, cioè la Ptotalites tro- clddiformis ., il qual nome dà a divedere, che il Lamk non conosceva questo genere nello stato vivente, sebbene dal la- voro di Boys, e di Walker chiaro apparisca esisterne specie viventi nelle isole di Sandwick. 11 sig. d'Orbigny ne trovò nelle sabbie delle coste delle Antille, della Martinica, dell' isola di S. Elena, e altrove. Le Rotalie sono proprie dei terreni sopracretacei, e dell' epoca geologica attuale. Egli è singolare, che sopra trentaquattro specie cono- sciute, dieci solamente se ne sono trovate nello stato vivente, le altre sono fossili. Le rotahe sono trochiformi , e regolari ; la loro spira è rilevata, o depressa , 1' apertura è formata da un intaglio nel penultimo giro della spira ; la circonlerenza generalmente è priva di appendici marginali, col disco marginale, o senza. A buon diritto il sig. d'Orbigny riunì le Discorbis di Lamk colle rotalie, giacché havvi fra questi due generi ana- logia nella forma, e nella direzione dell' apertura. Spec. N. I. Rotalia Trochidiformis Lam. Lamk, anim. voi. 7. pag. 617. n. i. Dell' Avv. Giovanni Michelotti a83 Idem Ann. du Mus.vol S. pag. 184. et voi. 8. tai>. 62. Jig. 8. a. b. Encyclop. tav. ^bd. fig. 8. a h. Blainvìlie Malacol. pcig. 89 1. Parkinson. Organ. remains tav. XI. fig. a. Defrance Diction. des selene, nat. cìt. voi. 46. pag. 3o3 n. 1 . Bronn. tavola i. fig. 7- n. 12,. Idem Lethaea geogn. molassen gebilde. Abita . . . fossile a Giignon, Hauteviile dipartimento della Manica ec. Osserv. Questa specie singolare per la sua forma simile a quella dei trochi ha qualche analogia superficiale dal lato inferiore coi planorbisj nell'interno possiede poche concame. razioni leggermente obblique. Spec. N. 2. Rotalia Discoidea Orbigny. .; riiiiiiii:. ,■ Orbigny cit. loco. pag. 2,72. n. 5. Abita fossile a Bordeaux. Osserv. Rimarchevole è questa specie per la sua forma a disco, essa è del resto molto affine alla Rotalia trochus del medesimo autore, che trovasi egualmente nelle vicinanze di Bordeaux. Spec. N. 3. Rotalia Grateloupi Orb. "■'• Orbigny cit. loco pag. 272. n. io. ;::,:. Abita fossile nelle vicinanze di Dax. • • Questa specie dedicata da un mio amico ad un' altra egual- mente a me cara persona, che distinguesi tra i naturalisti col- tivando con zelo la zoologia, e la geologia, è rimarchevole per la depressione del suo centro, e per la vicinanza delle con- camerazioni. Spec. N. 4- Rotalia Northamptoniì mihì. Testa trochiformi, anfractibus supemis planulatis , ultimo sepimentis coarctatis praedito, loculis tumidis rotundatis ; aper- tura obliquata, disco conspicuo dilatato. "^\ ' Abita . . . fossile frequente nel colle di Torino. a84 Saggio Storico ec. Osserp. Questa specie pare avere dei rapporti con la fi- gura 64 tav. 3. di Boys, e colla Rotalia trochidiformis di La- marck ; ma nella prima non vedo quel disco, che è evidente ad occhio nudo nella mia specie, nella seconda i giri della spira sono più frequenti, le concamerazioni più rare, e al di sotto appianate. La Rotalìa di cui tratto è trochiforme, i suoi anfratti in numero di 3, di cui i superiori compariscono lisci, sebbene sieno concamerati; l'ultimo giro di spira ha le concamera- zioni esteriormente molto compresse lateralmente, e nelle al- tre parti, cioè nella faccia superiore ed inferiore della con- chiglia, sono rotonde, l'apertura è piccola, ed obbliqua, con un disco appianato, ed ampio di forma rotonda. Dedico questa specie al Signor Marchese di Northampton che occupossi con zelo, e felice successo dello studio dei fo- raminiferi. Spec. N. 5. Rotalia pisana. 31ihi. Testa tro chi formi.) anfractibus supernis minimis, ultimo amplissimo loculis rotundatis distinctis, apertura parva semi- lunari. Abita . . . fossile presso Pisa. Osserv. Percorrendo il precitato Saggio del Soldani trovai che le figure 2,0, e 21 della tavola II, e le figure aa, aS, e 26 della tavola III avevano qualche somiglianza con questa mia specie; però la prima specie del Soldani ha i giri di spira superiori regolarmente declivi, laddove nella mia 1' ultimo giro forma quasi in totale la conchiglia, 1' apertura innoltre della specie del Soldani è rotonda, non cosi nella mia. L'apertura medesima m'impedisce di riferire la specie, di che tratto alle figure 22, aS , 26 del medesimo scrittore, anzi l'ultima di queste figure e per l' ampiezza delle sue concamerazioni più che mai si scosta dalla Rotalia pisana. Nel disco poi troviamo una differenza assoluta fra la Rotalia Northamptonii e. la Ro- talia pisana, Spec. N. 6 Rotalia subtortuosa. Roemer Tab. II. fig. 9. Dell' Avv. Giovanni Michelotti 285 Jahrbucli cit. loc. pag. 388 Tab. III. fig. 45- Fossile ad Osnabruch. Cassel. Spec. N. 7. Rotalia intermedia, id. Tab. II. fig. 10. Jahr- buch cit. ibid. Tab. III. Fig. 5o. Fossile nei luoghi sopraindicati. Genus Operculina D' Orbìgny. Testa lìbera^ regularì, depressa: spira regularì utrinque patente: apertura in penultimo anfractu posila, longitudinali. Il Signor Basterot nel pregevole suo lavoro sui fossili delle vicinanze di Bordeaux determinò per una LenticuUtes la spe- cie che trovasi in quel paese nei terreni sopracretacei in- termedii, Conosciamo poche specie di operculine nello stato vivente, e queste esotiche; ne abbiamo anche alcune nello stato fos- sile , ma come già mi proposi , qui non ne adduco che le principali Spec. N. 1. Operculina complanata: Mihi. Orbigny cit. loco pag. 281. - Bronn Lethaea geognostica molassen period. Abita è fossile presso Bordeaux^ Dax, nelle colline presso Torino, ed a Grantola presso Verona. Osserv. Distinguesi questa specie per la curva semilunare che descrivono le sue concamerazioni per il piccolo spazio , che passa fra loro , e per la mancanza d' umbilico da ambe le parti. Il Bonelli avvisò di vedere in questa specie una spirolina alla quale mancasse il prolungamento della spira; ma io non vi rinvenni mai questo prolungamento proprio delle spiroline, ed innoltre la condizione delle concamerazioni inferiori ligie ai primi giri di spira ci persuade, che questo prolungamento non esiste; gli individui poi, su i quali lavorò il Bonelli, man- cano essi pure di tale prolungamento. .;;,,. • . ■ a86 Saggio Stouico ec. Viemmaggiormente provasi il mio asserto col ritlettere, che nel Museo di Berlino la specie, di cui trattiamo, è posta nel genere operculiiia. Spec. N. a. Operculina granulosa. Mlhì. Opere, testa regi/lari, depressa, spira regulari extns utrin- qiie punctis granulosls instructa, locnlìs arcuatìs. Abita . . . fossile nel colle di Torino. Osserv. Questa specie differirce dalla precedente per le piccole granulazioni, di cui è guarnita la sua superficie ester- na ; ma conviene con essa per l'apertura, e per la natura delle concamerazioni. Spec. N. 3. Operculina costata Orb. Alcide d'Orbigny citat. loco pag. 281, n. a. Broun tert. gehilde. Id. Lethaea Ceogn. cap. 6. Abita .... fossile a Dax. La prominenza delle membrane transversali nella super- ficie della conchiglia distingue V Operculina costata dalle due specie poc' anzi menzionate. Gen. Polystomella. Lanik. Blainv. Orhìgny. Testa depressa, regulari, non umbilicata , apertura bifida triangidari. Il sig. Lamarck sotto il nome di Polystomella compren- deva due generi, cioè le polistomelle propriamente dette, ed il genere llobulina del sig. d'Orbigny, il quale si distingue dalle polistomelle, perchè ha la sua apertura o marginale, o nell'angolo carenale di forma triangolare; esso innoltre non è cosi depresso come la polistomella ; soventi però lia comune colla medesima un disco omjjilicale. Noveransi da otto a difici specie di polistomelle , delle quali tre nello stato fossile , ed a queste ne aggiungo altre tre appartenenti come le prime agli strati sopracretacei. Dell' Avv. Giovanni Michelotti 287 La collina presso Torino, o per servirmi d'altra voce la serie miocenica vicina a questa capitale ce ne offre tre spe- cie, e le fallare della Torrena ne somministrarono una sola al più abile osservatore dei foraminif'eri di Francia. Quantunque la base della classificazione di questo genere sia come quella degli altri un poco arbitraria, perchè a mala pena il suo animale si distingue dagli altri Rizopodi, tuttavia la t'orma della conchiglia ha dovuto influire sui filamenti della dijfflngia, non che sul organismo interno dell'animale, anche riguardo al movitnento obbliquo, di cui servesi. Spec. N. I Polystomella crispa Linn. Linn. XII, pag. iióa. Gmelin pag. 3370, nautilus. ' Schrotler Linleit. i , pag. io. '• Schreìbers Condì Kenntii i, pag. 3. > Fichtel et Moli pag. 40 tav. ^, fig. d. e. f. Maten et Racket, Linn. trans. Vlll,p. ;i5. Lamk anìm. sans veri. ì II,p. óaS (polystomella) Blaìnville Malacol. pag. 875 ( vorticialis ) Orhìgny cit. loco pag. 2.8S. ~ Broun Lethaea cit. loc. cap. 6 et aliì. '■■ ci'2 i;ì Abita il mare Mediterraneo, l'Adriatico, l'Oceano Britan- nico, fossile nella 'J'oscana. (1) Osserv. La Polyst. crispa è una delle specie più sparse , che conosciamo, frequenti granulazioni ne rivestono la super^ ficie, e le sue concamerazioni gradatamente maggiori sono se- parate da membrane poco obblique, e simili, il suo dorso è carinato , l'orificio lineare ed angusto è situato nel margine interno della sua conchiglia. ' Spec. N. a. Polystomella Savii, Mihi. V; '^' ' ■'>"*5'> Testa orhiculari superne concava, ìnferne planìuscula ,■ margine acuto , apertura triangulari , disco rotundato ., loculis fiequentihus, scpimentis ohliquìs. Fossile frequente nel Colle di Torino. (i) Bulletiii de la Societé Geolog. de Frane. Tom. XI, pag. qi. a88 Saggio Storico ec. Osserv. Questa specie è orbicolare, superiormente è con- vessa con disco elevato, e rotondo, nella parte inferiore è piuttosto piana. La sua circonferenza è molto affilata, l'aper- tura nella parte superiore è triangolare, le sue concanierazioni sono frequenti, e le membrane di separazione divergenti, ed obblique. Dedico questa specie al dotto Professore di storia natu- rale dell' Università di Pisa promotore dell' annua riunione dei naturalisti italiani , la quale promette grandi vantaggi al progresso delle scienze nella Penisola. Spec. N. 3. Polystomella rotula. BUM Tab. II. fig. 8. Polyst. ìnferne depressa, superne tumida, margìnibus ro- tundatis , loculìs latìs , sepimentis leviter obliquatìs , apertura ovata. Abita .... fossile frequente nel colle di Torino. Osserv. Questa specie è superiormente convessa, inferior- mente piana^, il suo margine è rotondo a differenza di quello della Polystomella crispa, e Polyst. Savii, le sue concamera- zioni: sono frequenti, ai lati appena obbliquamente rivolte, la sua apertura è quasi rotonda, né scorgesi indizio di un disco onibilicale. Spec. N. 4- Polystomella laevigata. 31ihi Tab. II. fig. 7. Polyst. orblcularì, margìnibus, acutis, inferne, superneque convexa, sepimentis raris, apertura oblonga, depressa. Abita . . . fossile nei colli vicini a Torino. Osserv. Questa specie è da ambe le faccie egualmente convessa, la sua circonferenza è molto sottile, la sua apertura è ovale bislunga. Egli è evidente, che questa specie per man- canza di granulazioni, e per il numero molto minore di con- caraerazioni differisce dalla PoZ/Ji. cm/;a. L' apertura la rende pure diversa dalla Polyst. Savii. Dell' Avv. Giovanni Michelotti aSg Gen. Spirolina. Lam. Blaìnv. Orbigny. Testa depressa spirali , inferne recte elata, basi aperta , apertura oblonga. Le Spiroline più comunemente conosciute coi nome di spiroliniti a motivo dello stato fossile in cui trovansi , hanno ciò di singolare, che spirali da principio terminano col cre- scere del testaceo in un tubo cilindrico, dritto, disgiunto. L' adito all' interno è unico negli individui adulti, e ne esis- tono diversi negli individui giovani. Il signor Gedeone Mantell nel primo volume del suo la- voro intitolato, Meraviglie della geologia , reca una nota del Marchese di Northampton, nella cfuale sono enumerate alcune specie di Spiroline dei terreni cretacei d' Inghilterra nella Contea di Sussex ; egli è però singolare che tanto Gedeone Mantell, come il Marchese Northampton abbiano ravvisato un sifone in questo genere, che n' è privo, come pure, che ab- biano avvicinato le Spiroline alle Spirule, non agli infusorii , assegnando alle medesime un posto fra i Cefalopodi. Risulta dalle osservazioni, che il genere, di cui trattiamo, cominciò ad apparire nell'epoca cretacea, visse nell'epoca subapennina, e nell'epoca odierna ne incontriamo ancora al- cune poche specie principalmente nella zona torrida. Spec. N. I. Spirolina cylindracea Lam. -l ;. Encyclop. met. tab. 465, jìg. 7. Lam. Anim. san. vert. f^IJ, pag. 6o3j n. 2,. Parkinson organic. rem. tab. XI,fig. 9. Blainville Malacolog. pag. 38ii (Spirula). '■ 7n;j'i':ó'i) Broun Syst. condì, tab. i-fig- j5. a Dici, des sciences natur. toni. 5c, pag. 298. Orbigny Cephalop. pag. 120. Deshayes. Coquille T. i5. Voi. IL : I-ii ,; Bronn Lethaea geogn. cap. 6. t^ i-i i; Tomo XXIL Oo ago Saggio Storico ec. Abita .... fossile a Grigiion, Hauteville ec. Spec. N. a. Spirolina depressa Lamk. Lamk. anim. s. v. Voi. VII, pag. 6oij n. i .Spiiolinites. Id. arni, du Miis. voi. 5. pag. a45. Parkinson organìc rem. tah. XI, fig. 8. Diction. des selene, nat, voi. 5o, pag. 298, n. i. Ih. atlas. tab. iZ, fig. 2. Bronn Lethaea cit. cap. 6. Abita . . . fossile a Grignon presso Parigi. Osserv. Il signor Alcide d'Orbigiiy segnalò ancora diverse altre specie di spiroliniti fossili presso Parigi ; ma siccome non indicò la natura delle stratificazioni, dalle quali le ricavò, cosi io non indicai che quelle dei terreni sopracretacei delle vi- cinanze di quella Capitale. Gf.n. Robulina Orhìgny. Nauti Lus Fichtel, et 51 oli. Poi.YSTOMELLA 5 LeNTICULINA DluìnV . Testa utrìnque convexa ; disco centrali; apertura margi- nali, triangulari. Egli è singolare quanto osservasi in questo genere; cioè liavvi un piano orizzontale, il quale è coperto nelle due fac- cie da due altre lamette convesse, che formano nel loro mezzo un disco; la membrana di mezzo è guarnita di piccole coste, che esteriormente sembrano concamerazioni, le quali dividono il testaceo. L'apertura è angolosa da ambe le parti. Non è adunque per i soli motivi , che addusse il signor d'Orbigny, che questo genere si deve separare dalle Polisto- melle, ma eziandio per i caratteri, che ora abbiamo accennati. Noveransi più di 2.5 specie di Robuline , 18 delle quali conosconsi nello stato vivente, le altre sono nello stato fossile, ve ne hanno inoltre alcune comuni all'età sopracretacea, come all' istorica. Dell' Avv. Giovanni Michelotti 291 Spec. N. I. Robulina cultrata Montfort. Linn. et Gmelin. nautilus calcar. Schreìbers Condì. Kemnitz. i , pag. 2. Schròter Einleit. i, pag, 9, XI. Soldani mìcr. i , pag. 54? tav. 33, fig. B. Fichtel, et Moli tav. 11, fig. d. e. f. Idem tal), ta, fig. d. e. f. Idem tav. l'è, fig. e. f. g. Montfort conch. pag. ai4 ( Robulus cultratus ) Razoumovsky observ. sur les envir. de Vienne en Autriche tab. I. fig. i , 2. Blainville Malacol. pag. Sgo. ;.: Orbigny cìt. loc. pag. 287, n. i. 1 ^^^ , Bronn Lethaea cìt. cap. 6. Bulletin de la Societè Ceolog. de T. France XI, pag. 76. Abita il mare Adriatico, l'ossile presso Vienna in Austria, nel Parmigiano, nell'Astigiano, nella montagna di Torino presso Superga. Ossero. Questa specie rimarchevole per la dimensione del suo disco, per la leggera curvatura delle sue concamerazioni, e per il suo margine nella circonferenza, è molto comune nel mare Adriatico, ed è frequente nello stato fossile nell'Asti- giano, più rara nel Parmigiano, nel colle di Torino, e nelle vicinanze di Vienna. Il sig. Alcide d' Orbigny addusse a questa specie le figure g. h. della tavola duodecima di Fichtel, e Moli , che non vi hanno che fare. Il sig. Verneuil cita questo fossile come proprio. Spec. N. a. Robulina depressa Mihi. Testa orbìculari, superne depressa^ disco promìnulo, mar- gine ìntegro. ;• r Abita . . . fossile nella marna dei colli vicini a Torino. Osserv. Questa specie è piana, il suo disco ombilicale però s'eleva distintamente, il suo margine non è interrotto, e le sue concamerazioni sono più frequenti di quelle della Robu- lina cultrata. aga Saggio Storico ec. Spec. N. 3. Robulina Cummingii Mìlii. Tab. II, n. 4- Robulina utrlnque convexa, disco minuto promìnulo, mar- gine intemipto. Fichtel, et Moli pag. 77, nautilus calcar, variet. K. tab. iS.fig. e. d. Osserv. La Robulina Cummingii è convessa alle due f'ac- cie, il suo disco ombilicale è piccolo, ma prominente, il suo margine è interrotto, le sue concamerazioni sono frequenti. In forza del disco, e del margine questa specie differisce dalla Robulina cultrata ., e per la sua forma diversifica dalla Robulina depressa, e da varie altre specie. Le figure di Fichtel, e Moli convengono in generale colla mia specie , ma gli autori tedeschi dimenticarono di indicare il numero reale delle concamerazioni. Dedico questa specie all' infaticabile viaggiatore natura- lista inglese dei nostri giorni, che arrichì di tante scoperte le varie parti della Zoologia. La specie, di cui trattasi, è vivente nel Mediterraneo, e trovasi fossile nel colle di Torino. Spec. N. 4- Robulina Calcar. Linn. Tab. II. n. 6. Linn. et Gmelin syst. ( nautilus ) Schreibers Conch. Kennt. i , pag. 2, 1 1 . Schròtter Einleit. i , pag. 9, ii. Fichtel, et 3Ioll testacea micros. tab. i i , fig. g. h. i. k. pag. 73. Blainville Malacol. pag. Scjo ( lenticulina ) Orbigny cìt. loco pag. aSg^ n. la. Bronn Lethaea cit. cap. 6. Abita il mare Mediterraneo, e l'Adriatico presso Rimini, fossile presso Siena. Dell' Avv. Giovanni Michelotti ìqS Gen. Cristallaria. Lamark, Defrance, Orbigny. Testa depressa, infame elata, margine gracilescente, aper- tura rotundata. Le cristellarie convengono colle opercuUne riguardo alla forma generale, ma differiscono per la loro apertura rotonda; esse innoltre sono guarnite d' un margine nella circonferenza affilato, e diafano. Le loro concamerazioni sono numerose , e curve. Il sig. Blainville nel suo trattato di malacologia separò in tre questo genere coi nomi di Lìnthiiria , Oreas , e Sara- cenaria, dei quali i due primi distinguonsi unicamente per il margine ; la Saracenaria però per la sua forma generale , e per le sue concamerazioni pare potersi ritenere. Antica è la conoscenza di questo genere ; esso appare nelle opere del Gualtieri, e del Lederman, e fu poscia ripro- dotto da quasi tutti gli scrittori dei foraminiferi. Se ne conoscono varie specie nello stato vivente, ed un numero maggiore nello stato fossile. Spec. N. I. Cristellaria Cassis Fichtel et Moli. Plancus de conch. I. IV. Lìmi., et Gmelin system, naturae ( nautilus calcar. ) Fichtel et Moli pag.()5, tab. l'j , et tab. 18 Jìg. a. b. c.d.e.f. Lamk anim. sans. vertebr. voi. VII,pag. 6oy, n. 2. (Cri- steli, papillosa ). Idem Encyclop. pag. \(y'2> fig- 3. a. b. ed. Parkinson Organic remains. voi. 2., tab. 11, fig. 3o. Blainville Blalacolog. pag. 384- Orbigny cit. loco pag. 290, n. 3. Abita il mare Adriatico, fossile a Castell' Arquato , nella Toscana, nell'Astigiano. Spec. N. a. Cristellaria Galea, Fichtel et Moli. Fichtel et Moli pag. lo^, tab. \8, fig. d. e. f. ( nautilus ) 294 Saggio Storico ec. Laink Encyclop. meth. tab. 467, fig. 6 ( Crist. Galea ). Idem anìtn. sans vert. voi. VII, pag. 608, n. 3(Ciistel- laria Laev. ) Orbigiiy cìt. loco pag. 291, n. 6. Abita . . . fossile alla Coroncitia nella Toscana. Osserv. C insegnano Fichtel , e Moli , che questa specie è piana, leggera nella sua circonferenza, è munita d' un mar- gine dilatato, i suoi istmi., o concamerazioni sono convesse, medioclemente curvate, le cui pareti sono in parte visibili al di fuori, il piano orale è leggermente carinato , il margine è granuloso. Spec. N. 3. Cristell. italica Defr. ( Saracenaria ). Soldani i, pag. 62, tav. 53, fig. A. B. Defrance Diction. des scienc. nat. tav. XIII, fig. ó. Blainville Malacol, pag. 870. Orbigny modèles i. liv. n. 19. Ideììi cit. loc. pag. 298^ n. 26. Abita il mare Adriatico, fossile nelle vicinanze di Siena. Spec. N. 4- Gristellaria Osnabrugensis, Roemer. Neves Jahrbuch for mineralogie, geognos. ec. i838 /;ag. 391, tab. Ili, fig. 62. Nobìs tab. III, fig' 8. Abita . . . fossile ad Osnabrùk. Questa specie in via delle sue concamerazioni rivolte, ed eguali non che della forma rotonda che possiede distinguesi dalle altre. Spec. N. 5- Cristell. Propinque. Idem Cit. loc. pag. 891, tab. Ili, fig. 63. Abita . . . fossile ibid. Nobis tab. Ili, fig. 9. La forma di stella che danno le concamerazioni , di que- sta specie riguardo al loro centro la distingue dalle già in- dicate. Io non sono d' avviso che la Gristellaria Subcostata del sig. Roemer possa costituire una specie particolare, giacché la credo piuttosto una varietà della Cristellaria Osnabrungen- sis del medesimo Autore. Dell' Avv. Giovanni Michelotti 296 Gen. Nummulina Orbigny, NU-MJIULARIA SOWERBY, NuMMULITES AUCT. Dreyn. De Saussure. Lamk. Testa lenticulari , depressa , versus marginem attenuata , spira interna, discoidea multilo culari, tabulis plurimis obtecta, anfractuum parìete producto, apertura evanida. Nella storia già tracciata dei foraminiferi vedemmo , che gli antichi autori ebbero principalmente in vista questo ge- nere : i monumenti in fatti che esistono sia nella Tebaide , come nel Regno del Sennaar (1) sono in parte tratti da rocche calcari di transizione, nelle quali senza dubbio è indizio dei nummuliti (2). Linneo le chiamò porpiti e Born nautili len- ticolari. Nel Muschelkalk dei tedeschi , o gres rouge dei francesi troviamo già delle nummuliti^ o come tali le ebbe il Prussiano Alberti; esse continuarono a mostrarsi fino all'epoca odierna con maggior , o minor frequenza ; la loro quantità a gruppi, come vedesi vicino a Verona, nella Svizzera, e nella Tebaide prova al certo l'opinione del sig. Dujardins , essere tali animali di forma molto analoga, nutrirsi di alimenti proprj di qualche località marina, ed amare la quiete, come anche prova l'im- mensa fecondazione di cui sono capaci. Breynio spiegò il primo la struttura delle Nummuliti , De Saussure amplificò la descrizione di Breynio , e diede il metodo di dividerli, Lamk infine li riunì in un genere. Il sig. W. Burkiand nel suo lavoro sulla Teologia natu- rale continua a ravvisarle come appartenenti ai Cefalopodi e ci avvisa che le concamerazioni delle nummuliti sono desti- nate all' uso medesimo di questi ammoniti. (i) Gailliaud Voyage à 1' oasis de Thebes, et dans les deserts. Idem. Voyage a Méroé, et au fleuve Blanc au delà de fazogl. ec. (a) Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino part. archeol. voi. del 18^4. 296 Saggio Storico ec. Le specie seguenti sono proprie dei terreni sopracretacei. Spec. N. I. Nunnnulites laevigata, Lamk. Fichtel et Moli t. b, fig. a-h 7, fig. e. d, e. f. Lamk anim. sans vertebr. VII, pag. 629. Idem Ann. du iMus. voi. V, pag. 2.4 1, iz. r, Blainvìlle malacoL pag. 872. Sowerby, 31. C. tab. 538 fig. i. Blantell, Geol. trans. D. Ili, 2o3. 31unster in Keferstein T. Deutschl. VI. Studer, Jalub. i83ój pag. 335 Brongniart, Vicentin. pag. 5i. Orbigny cit. loc. pag. agS, n. i. Bronn Letliaea cit. cap. 4- Fortis mènioir. voi. 2, tav. Ili, fig. g. Abita . . . tossile a Claudiopoli , nella Transilvania ; vi- cino a Verona, ed in Francia. Spec. N. a. Nunimulites Fiditeli, Dliìii. Testa depressa, utriiique laevigata, circulari , marginibus convexis. Questa specie è fossile nella collina di Torino. La Nunimulites Fichteli è depressa, affatto circolare come la Nuinmulites laevigata:, l'età villa fatto scomparire le trac- eie delle concamerazioni, e dell' apertura. Dedicai questa s|)ecie ad un eminente illustratore dei Rizopodi fossili delle vicinanze di Vienna in Austria. Spec. N. 3. Numinulitesi irregularis, Mihi. Testa subglobosa , margine irregulari ; superficie punctis sparsis, frequentibus exarata. Lamk, ann. du Mus. Vili ( numm. rotulata ). Fortis, Memoir. voi. 2, tav. Ili, fig. 5? Parkinson, Orgaii. rem. tab. XI, fig. 4- Egli è certo, che Lamk comprese nella sua NummuUte rotulata diverse specie, ed io ho fondato motivo di credere, che la presente della collina di Torino sia in questo numero La Nummulites irregularis ha il margine non regolare ed è Dell' Avv. Giovanni Michelotti 297 superiormente, ed inferiormente adorna di gran numero di piccoli punti prominenti; la sua forma è convessa dai due lati. Spec. N. 4- Nummulites marginata, BUM Tab. III. n. 4- Testa orbiculari, in medio producta, punctisque signata , margine laevigato, plamilato. ■ :> ■.._' Abita . . . fossile nel colle di Torino. Questa specie è piana verso il margine, e prominente nel centro; questa prominenza è segnata da buon numero di gra- nulazioni. Potrebbesi dubitare, se il Fortis nella tavola prima figura V abbia voluto esprimere una specie analoga a questa; ma r imperfezione della figura , e la mancanza della definizione non mi permettono d' instituire alcun confronto fra la mia specie, e quella del Fortis. Il nautilus mammilla dei signori Fichtel e Moli distin- guesi da questa specie, perchè è conico, ed è più ampio, come anche per il suo margine diverso. La specie descritta da Lamk col nome di Nummulites scabra, parmi allontanarsi da questa specie in via della forma generale, e della disposizione delle granulazioni. Spec. N. 5. Nummulina globulina, Milli Tab. III, n. 6. Testa rotunda, superficie obscure granulosa. Abita . . . fossile nella collina di Torino. La forma di questa specie, che è rotonda , e con oscuri indizi di granulazioni, la distingue dalle altre già indicate. Genus Biloculina ' ' Orbigny. Bronn. Testa locuUs circa communein axim dispositis , duobus perspìcuis connexis, oppositis. Singolare è il genere non solo, ma il gruppo in intiero, in cui s' annoverano le biloculine, spiroculine, trilocuUne, ar- ticuUne, quinqiieloculine, adelosine , conciossiachè le loggie si aggirano attorno ad un solo asse comune, e queste prese in- Tomo XXll. Pp agS Saggio Storico ec. sieme formano la lunghezza totale del testaceo, quincli l'aper- tura trovasi neir una , e nelT altra estremità. In particolare poi nelle hiloculine sono due le più apparenti, e Ira loro opposte sopra un solo, e medesimo piano. Gli antichi compresero le biloculine nel nome delle mì- lioliti , o frumentarìe . Si conoscono delle hiloculine viventi , come pure delle fossili dei terreni sopracretacei medj , e superiori. Spec. N. I. Biloculina ovula. Soldani. Plancus de conch. tab. II, fig. 4- Soldani test. S, pag. aaS^ tab. 1 53, fig. R. S. Orbigny cit. loco pag. o.g'j- ( biioc. Bulloides. ) •:■ ~ Bronn Lethaea cit. loc. cap. 4 molass. Abita il mare Adriatico presso Rimini; fossile nelle vici- nanze di Parigi, Bordeaux ec. Osserv. Questa specie è gonfia, quasi rotonda; la sua apertura è quasi orbicolare. ' • — Spec. N. a. Biloculina depressa, Orb. - ■ • -. Soldani test. 3, p. a3i, tab. i56, fig. yy, zz. •■.'■ •■ - Orbigny cit. loco pag. agS. • ■=;. - .A'J ■. Spec. N. 3. Biloculina ringens. Lamk. ■■'. - - ■- La?n. Anim. VII, pag. 6ia ( miliolites). ' ->,•-.' Idem Ann. du BIus. voi. 5. pag. 35 1. ■ -■ ■ Parkinson organic. rem. tab. XI, fig. ir. Orbigny cit. loc. pag. 2.g'^, n. a. Abita . . . fossile presso Valognes, e Parigi. Spec. N. 4- Biloculina complanata Milli. Tab. Ili, n. a. Testa depressa, marginibus rotundata, apertura orbiculari. Abita . . . fossile a Villavernia nel Torinese. Ossero. Questa specie differisce dalla depressa per il suo piano, e per le due concamerazioni esteriormente rotonde. Il sig. Roemer nel suo prezioso lavoro sui loraminileri dei terreni sopracretacei dell' Hannover non ci donò alcuna specie appartenente a questo genere trovato nel Nord della Germania. Enumerò bensì delle trìlocuUne che se le avvi- cinano. Dell' Avv. Giovanni Michelotti agg Gen. Triloculina. Orbìgny. Bronn. ' ' »;■'• Testa loculìs trìbus, opposìtìs, conspicuis. Nelle Trìloculine , come lo indica il nome, trovansi tre loggie opposte, esse scorgonsi in qualunque età della con- chiglia. Il primo ad avvedersi in qualche modo delle triloculìne , fu il sig. Lamarck , il quale nel suo trattato di Malacologia pose il nome di miliola trìgonula alla prima specie indicata dal sig. Alcide d'Orbigny. Possed^Pamo- non' poche specie di trilocuUne, delle quali la metà è conosciuta nello stato vivente; a quelle però, che descrisse il signor A. d'Orbigny, il signor Des Hayes ne aggiunse altre nel suo lavoro sulle conchiglie fossili delle vicinanze di Parigi. Spec. N. I. Triloculina trigonula Lamk.< . o . ^\;•..^•\, Encycloped. meth, tav. A^^yJ'g- ^' t^m\ Lamk, anim. sans vertebr. voi. VII, pag. 612. \n '.» ti 3oo Saggio Storico ec. Spec. N. 4» Triloculina rostrata BJihi. Testa elongata, utrìnque attenuata, carinis trìbus in me- dio convexìs. Abita . . . fossile nel colle di Torino. Osserv. Potrebbesi dubitare, se questa specie sia analoga alla precedente, ma la convessità di mezzo, la forma generale e le carine delle tre concamerazioni la distinguono sufficien- temente. Spec. N. 5. Triloculina carinata Mihì. Testa inferne depressa, superne trigona, extremìtatihus ottuse productis, loculìs carìnatis. Abita . . . fossile a Villavernia nel Tortonese. Ossero. Questa specie da un lat(» è depressa, piana, dall' altro è triangolare: le sue estremità sono poco prominenti , i lati esterni di cadauna concamerazione sono carinali. Spec. N. 6. Triloculina inflata. Orbìgny. Foraminìf. cit. loco. Roemer peus jaJirbuch von Leonhard et Bronn. SqSj n. 3. Nobìs tab. Ili, fig. ii. Abita . . . fossile nella Francia, e nel Nord della Germania. Qui pongo fine ai cenni storici sui Rizopodi, ed alla enu- merazione di alcune specie più caratteristicbe dei terreni so- pracretacei. Sia l'uno, come l'altro di questi due argomenti avrebbe meritato un più degno Scrittore, ma io spero, che l'avere tracciata la strada per piìi ampie ricerche, potrà in qualche modo meritarmi l'indulgenza dei Naturalisti, ai quali offio questo lavoro , come un saggio del vivo desiderio , che nutro, di contribuire ai progressi delle naturali discipline, (i) (i) Unisco qui i disegni delle specie inedite, o poco conosciute. Ritengasi, che queste figure servono solamente per dare un' idea generale di cadauna specie , per i cui particolari si dovrà ricorrere alle rispettive descrizioni. Dell' Avv. Giovanni Michelotti 3oi Spiegazione delle Tavole. : \ ■: • Tavola I. ■. >. , "., ■. :\ ri .. <\\l N." I. Nodos: Acicula, b grandezza naturale, a. a Nodos: Elegans, b grand, natur. 3. Nodos: Ranzanii, b grand, natur. t ' :. 4. a Nodos: clava, b grand, natur. 5. Rotalia Pisana, a parte inferiore, b parte superiore, e grand, natur. 6. Rotalia Northamptonii, a parte inferiore, b parte su- periore, e grand, natur. 7. Polystomella Savii, e grand, natur. ; !', /' , 8. Polystomella crispa, b grand, natur. / ,■ 9. Nod. intermìttens. 10. Nod. radicularis. 11. Vaginula laevigata. _ . la. Textularia compressa. i3. Textularia gracilis. Tavola II. N.° I. Opercullna complanata, è grand, natur. a. Opercul. granulosa, b grand, natur. 3. Robulina depressa, b grand, natur. 4. Robulina Cumraingii, b grand, natur. 5. Robulina cultrata, b grand, natur. 6. Robulina cale, b grand, natur. 7. Polystomella laevigata, b grand, natur. 8. a. b. Polystomella rotula. 9. Rotalia subtortuosa. IO. Rotalia intermedia. 3o2 Saggio Storico ec. Tavola III. N.° I . Tiilocullna cannata vista ne' suoi varj aspetti e grand, natur. 2. BilocLilina complanata, b grand, natur. 3. Triloculina rostrata, b grand, natur. 4. Nummulina marginata, b grand, natur. 5. Nummulina irregularis, b grand, natur. 6. Nummulina globulina, b grand, natur. 7. Numm. Fichtel, b grand, natur. 8. Crista Osnabrugensis. " x.iv.^/ 3;»/, 1 HT>,'.r 9. Crista propinqua. - 10. Triloculina trigonula. ^ 11. Triloculina inflata. •Jl ^- da tutti gli sta£)ilimenti scieniinci aeu iLuropa suuupinouu /ff /// /V^ ^' - - y<'r y/c,/ ;r / / // / ^>^' ^ / > / t; 1 ) '-''n 3 %? -^?.' ^^w / -' / -1 / . B=o,oooa4. Conseguentemente ritrovato il valore di cos.if) , cioè il coseno dell'inclinazione dell'alveo alla verticale, coseno che risulta dividendo l'altezza del punto superiore sopra 1' inferiore per la lunghezza interposta fra questi due punti ; ritenuta 1' espressione della gravità eguale al doppio spazio percorso da un grave che cade liberamente nel vuoto durante un minuto secondo =9,8088, e chiamata IL la velocità media si ottiene la prima delle due forinole d' Eytelwein u ■=■ — 0,00338075. g-f- 1/(0,000 r i45g''-i-278.89(jXDgcos <^) e sostituito il valore di g, si troverà zz = — o,o33 19 -+-1/(0,001 i-+-2 735,66D.cos.i^). Trasportando il primo termine del secondo membro della precedente equazione per isolare il radicale, ed innalzando poscia i due membri dell'equazione al quadrato si ha il va- lore di COS. (^ = 0,007571 -^^-4-0,00024 ~Q -, che è la seconda delle formolo del predetto Autore. 36° Quindi conchiudesi pure che conoscendosi la media velocità u e nominando Q la portata di un fiume , ed A la sezione, si avrà per l'espressione della quantità dell'acqua scaricata per ogni minuto secondo dalla sezione medesima Q=Az<, ed in conseguenza se si dirà q la quantità dell'acqua scaricata da un' altra sezione dello stesso fiume solitario, dovrà essere Q='7 ; ossia h.u=au , e perciò k:a\:u:u. Del Pbof. Cav. Antonio Cocconcelli 3i3 87.° Nelle ricerche geometriche ed idrometriche fatte nella scuola degli Ingegneri Pontificj d' acque e strade nell' anno i8ai si fa menzione di tre diligentissime esperienze del Professore sig. Giorgio Bidone che si usarono ne' canaletti dello stabilimento idraulico della Reale Università di Torino, e che confrontate colla formola di Eytelwein corrisposero esattamente. 38.° Si ricordano ancora le prove del chiarissimo Teodoro Bonati, che determinò la portata del Po in istato di magra' di mezzana, di piena valendosi delle aste ritrometriche, e de- terminò ( dividendo la portata del fiume per una sezione del Po presa poco sotto Lago-Scuro in tempo di acque basse e mezzane) la rispettiva media velocità di metri 0,687, e di metri 0,786 e collo stesso metodo rinvenne la velocità nel colmo di una grossa piena a Lagoscuro di metri 1,269. Cal- colò successivamente attenendosi alla formola d' Eytelwein dipendentemente dal raggio medio , e dalla pendenza superfi- ciale del fiume, ed ebbe la velocità per secondo del Po basso, del Po mezzano e del Po alto espresse dai seguenti valori me- trici, o,63st, metri 0,758, metri i, 356 che prossimamente cor- rispondono alle velocità osservate , e più sopra riportate di metri 0,687, metri 0,736, metri 1,269. 3g.° Le recenti esperienze de' Professori della scuola di Roma fatte nel Po , e nel Tevere , e dall' Ingegnere signor Vincenzo Bertelli hanno pure confermato la coincidenza del fatto colle deduzioni, che traggonsi dalla formola di Eytelwein, cioè che le resistenze incontrate dalle acc[ue correnti hanno per espressione due termini, 1' uno proporzionale al quadrato della velocità, l'altro alla velocità semplice. 40. ° Noto in fine che il Professore Masetti, e la scuola degli Ingegneri Pontifici ritrovarono col sussidio della formola di Eytelwein 1' alzamento prodotto nel Po in piena per l' in- fluenza del Reno di metri 0.457 prossimamente, non molto diverso da quello che in questo caso particolare risulta dall' applicazione del sistema del Guglielmini modificato dal sullo- dato Masetti. Tomo XXII. Rr 3i4 Esposizione compendiata ec. Io stesso ho data la soluzione dello stesso problema con eguale metodo nelle mie istituzioni. 4'." Le precedenti considerazioni, ed i precedenti espe- rimenti istituiti da uomini illustri non possono non imporre agli idrometri per indagare se le formole dell'Eytelwein sono generalmente applicabili ad ogni corso d' acqua , ai torrenti , ai fiumi, qualunque sieno le materie trasportate, la pendenza, il raggio medio. ^2° In circostanza eh' io dirigeva i lavori costrutti per l'innalzamento del nuovo Ponte suH'Arda a tre arcate nell' Emilia presso Fiorenzuola, esplorai la velocità superficiale della piena del torrente in quel luogo, e mi parve di metri a. 5o per secondo. Laonde nominata v questa velocità, u la velocità media, (f la velocità del fiondo, e determinata la velocità media colla formola riportata più sopra dal Prony zi=ul^ — j i53 )? estimata col Ximenes, e col Michelotti la velocità del fondo terza pro- porzionale aritmetica della velocità superficiale e media tro- vasi t; = a, 5o, tó = a,i5, m;=i.8o. 43.° Parimente fu osservata la velocità superficiale della piena d'Arda di metri 3,35 per secondo al Ponte di Castello Arquato, e fu determinata colla formola Prony la velocità me- dia di metri 2,94. 44-° fer eguale maniera la velocità dell'Arda al Ponte di Cortemaggiore essendosi mostrata in piena di metri, 3, 5o per secondo, sì trovò la velocità media di metri 3,o8. 45." Ora essendo, giusta i rilievi fatti dal sig. Ingegnere Monteccliini, che mi fu cortese dandomene comunicazione, e che condusse i lavori del nuovo Ponte dell'Arda presso Fio- renzuola, assistito dal discepolo mìo sig. Dottor Pasini, la lar- ghezza su[)eriore dell'Arda al ponte di Castell'Arquato distante da Fiorenzuola miglia sette circa, di metri 74^00, l'altezza della piena di metri i,co e perciò la sezione di metri qua- drati 74,00, ed essendo la larghezza dello stesso torrente al Del Prof. Cav. Antonio Cocconcelli Si 5 Ponte di Cortemaggiore posto al disotto alla distanza presso a poco di sei miglia di metri i6,5o, l'altezza della piena di metri 4^3o, e la sezione di metri quadrati 70,95. Ritenendo la sezione di Fiorenzuola della larghezza viva eguale alla libera del Ponte di metri 49'^° 5 dell' altezza in piena di metri 2,00, e della superficie di metri quadrati 99,00. Applicando il noto teorema, che in un fiume, o torrente solitario ridotto all' equabilità come si verifica nell'Arda da Castello Arquato a Cortemaggiore, si reciprocano colle velocità le sezioni (36), altrimenti non passerebbe per ciascuna d'esse la stessa quantità d' acqua in egual tempo, si avranno le se- guenti proporzioni, supposta costante la velocità calcolata me- dia di Fiorenzuola, di metri a,i5 colle quali proporzioni si determina la quantità dell' acqua scaricata dall'Arda in piena in un minuto secondo, e le velocità reciproche di ciascuna sezione. Sezione a Cas teli' Arquato. \ Metri Larghezza metri Altezza della piena 74 I Sezione a Fiorenzuola Larghezza metri Altezza della piena 49 00 00 5o 00 Sezione a Cortemaggiore Larghezza metri Altezza della piena }6]5o 4130 74 99 70 ti 1- oc 00 95 Colle proporzioni in cui le sezioni si reciprocano colle velocità medie , si calcola la portata del torrente , conoscen- dosi, e supposta costante come si è avvertito, la velocità me- dia di Fiorenzuola computata di metri a,i5. Sezione e velocità a Castell'Arquato paragonata con quella al Ponte di Fiorenzuola. 3i6 Esposizione compendiata ec. i eoe) 74X-58'76=ai2. 74:99:.a,i5 :2,876 |-2^^^;^3^^- 7 4X2,876=2^1 2.824 B5 Sezione e velocità al Ponte di Fiorenzuola paragonata a quella di Cortemaggiore, r ri QqXi5'5=:2i2,85 7C,q5 : Qo:: 2,1 5 :2,,qoQ < — -f^ =: -r;^. Sezione e velocità al Ponte di Castello Arquato paragonata a quella del Ponte di Cortemaggiore 74,00 170,95 : : 2,999 : 2,876 j-^J' ^'""Ì!"''!,! - 46.° Le velocità adunque ritrovate mediante la reciproca ragione delle sezioni seguono a Castello Arquato, a Fioren- zuola, a Cortemaggiore la serie dei numeri 2,876; 2,1 5; 2,999 e quelle sonuninistrate dall'osservazione sono 2,94; 2,i5, 3,o8. La differenza fra queste velocità è assai tenue, che si possono esse considerare eguali ammettendo la loro coincidenza. 47.° Ora si determini la stessa velocità applicando all' Arda la formola di Eytelweln, e deducendone la velocità nelle sezioni da noi esaminate. 48." La formola del predetto Autore sostituito il valore della gravità (33) è la seguente ?/= — o, o33i9-i-p/(o,ooi n-2735,66. Dcos.(^) in cui D esprime il raggio medio, e cos. è il coseno dell'an- golo formato dalla verticale colla linea direttrice , ossia col piano iticliiiato dell'alveo. 49.° La sezione a Castello Arquato è di metri quadrati 74,00. Il perimetro bagnato dall' acqua è di metri 76,00. Il raggio medio D sarà = ^ = 0,9737. La pendenza dell' alveo per metro è di 0,0079. e quindi cos. ^=0,008, e Dcos.9^^^' Tale velocità è maggiore della massima osservata ne' fiu- mi, e ne' torrenti che è di metri 3,oo o di poco più mag- giore, e con essa si percorrerebbe dal Taro in un'ora la lun- ghezza di miglia 11 f e più, ciascuno di metri i5oo. La pendenza del Taro al Micene superiormente a For- nuovo rimpetto al Comunello di Rubiano è di o,oc56 per metro. La sua larghezza viva si considera eguale ad un terzo di quella della sezione del Taro mancando ivi l'influsso del Ceno, l'altezza della piena è di metri 2,10; la velocità superficiale è di metri 3,oo, e la media di metri 2,61. Per le quali cose T * A 3 si trova ^' \ =0,00172, ossia il modulo corrispondente al Micene. Valendosi della formola di Eytelwein, ed essendo la su- perficie della sezione di metri quadrati 483,oo il perimetro bagnato dall' acqua ^ metri 284,20, il raggio medio D = i— -^ = 2,06, cos.(^ = c,oo56, si ottiene Mr=:5,5o5 di maniera che il viaggio di un'ora sa- rebbe maggiore di miglia i3 |. Del Prof. Cav. Antonio Cocconcelli 3a5 Jpplicazione al torrente Mure. La pendenza dell'alveo all'Emilia è come nel Taro, di metri o,oc3 per metro; la larghezza viva, avuto riguardo alle resistenze o almeno alia contrazione della vena in ragione di 8,5 di metri 70,00; l'altezza della piena di metri 2,76; la velocità superficiale di metri a.90 , e la media di metri a,5a prossimamente. Si trova £-^^ — =0,00 lag per l'espressione del modulo cor- rispondente. Colla formola di Eytelwein si ha la superficie della se- zione = metri quadrati igó, il perimetro bagnato dall'acqua =7o-«"aX2,8o=75,6o; il raggio medio D=;^— =2,59,005.^=0,008, ed «=16,07 *^' miglia 14 2 P^"* ^^^' La pendenza a Ponte dall'Olio è di metri 0,0075, la lar- ghezza viva si ritiene di metri 70, 1' altezza delia piena è di metri a,6o, e la velocità media di metri 2,71, per cui si ha L2- — := o,ooa65 per 1' espressione del rispettivo modulo. Usando della formola di Eytelwein la superficie della se- zione risulta di metri quadrati i8a; il perimetro bagnato dall' acqua di metri 70 -h a X 2.,6o =: 76,20 il raggio medio 0 = ;:^-^ =2,42, cos.(^=:o,oo75, ed «=metri 7,008 per secon- doj ed il viaggio di un' ora poco meno di miglia 17,00. 6i.° Confermasi sempre ciò che superiormente è stato dedotto, cioè ( § 67, 58, Sg e 60 ). Che la formola Tadini si può generalmente adoperare pel calcolo della velocità in tutti i corsi d' acqua cioè ne' torrenti forniti di molta pendenza, e ne' fiumi, il cui alveo è fornito di tenue inclinazione, e che la formola di Eytelwein è soltanto ap- plicabile a questi ultimi. Colla formola Tadini si hanno risultati lagionevoli e conformi all'esperienza per determinare la velo- cità, mentre colla formola di Eytelwein si ottengono velocità 3i6 Esposizione compendiata ec. notabilmente discrepanti dalle vere allora quando V inclina- zione è sensibile. Lo stesso intendesi per le altre argomentazioni ( §. 60. ) òa.° Quindi è che ne' diversi tìuini , canali e torrenti, il modulo è rigorosamente variabile, che ne' fiumi maggiori viene esso espresso da una frazione decimale esprimente dei centomil- limetri composta d' ordinario di due cifre nel numeratore, lad- dove ne' torrenti correnti in ghiaja le cifre sono tre per lo più. 63." Si può ritenere ancora che crescendo la pendenza negli alvei, cresce pure il modulo, come si trae specialmente dall' osservazione sul Mure. 64. Notisi che ad ogni parziale tronco di torrente o fiume fornito di una determinata pendenza conviene un modulo par- ticolare, e questo si determina colla forinola M=-^ (§ 55 ) esplorando la velocità in tempo di piena di una conosciuta sezione. Per tal maniera si trovano i brevi confini fra i quali il modulo è variabile dall' uno all' altro tronco. Forsechè ( notasi eziandio ) moltiplicando le esperienze , ed estendendo le osservazioni ai torrenti impetuosi, forniti di notabile pendenza, e correnti di corso equabile, non si potesse come ne' fiumi e canali di poca inclinazione, giungere a tale espressione della velocità, da cui dedurre pei primi i valori dei coefficienti A, B, applicabili e valevoli onde esprimere la misura, e la lejiiie delle resistenze ? Perciò ritengonsi due lormole, l'una pei fiumi, l'altra ge- nerale pei torrenti e pei fiumi, finché siano temperati e mo- dificati i coefficienti predetti per modo, che una sola forinola generale serva per gli uni e gli altri corsi d' acqua. Sembra però doversi in ogni ipotesi preferire la tormola Tadini e per la semplicità, e per la non dubbia generalità, e per le spontanee conseguenze eh' indi ne nascono. FINE DELLA PARTE FISI(#^]|*'#ÌÌÌO XXIL