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(.novella)

E SCELTE POESIE LIRICHE

TRADUZIÓNI

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ULRICO HOEPL1

LIBRAIO-EDITORE

NAPOL, MILAN0 P,SA

1883

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' «Èsili BEN comprendere lo spirito e gFin- tsfésÉ rendimenti di questa Novella credo opportuno di togliere dall'aureo libro Di la Dcnwcratìc m Anuriqui del ToCQÙEVTLL E questi pochi cenni sull' orìgine de* coloni della Nuova Inghilterra,

Coloro, dice l'autore francese, che ven- nero a stabilirsi sulle rive della Nuova Inghilterra appartenevano tutti alle classi agiate della madre patria. La loro riunione

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PREFAZIONE

sul suolo americano offerse sino dalla ori- gine il singolare spettacolo di una società, ove non erano ne grandi signori ne volgo; per così dire, ne ricchi ne poveri. V'era più coltura in loro, ammessa la differenza dei tempi, che non è in alcun popolo di Europa a' nostri giorni. Tutti senza ecce- zione aveano avuta una educazione molto avanzata e molti di loro erano conosciuti in Europa e per l'ingegno e per la scienza. Le altre colonie erano state fondate d'av- venturieri senza famiglia; i coloni della nuova Inghilterra portavano seco mirabili elementi d'ordine e di moralità ; essendo ve- nuti al deserto colle loro mogli e figliuoli. Ma ciò che li rendea singolari dall'altre

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colonie era lo scopo della loi'o impresa. Non era che avessero abbandonata la pa- tria per bisogno materiale ; si lasciarono addietro una posizione sociale invidiabile e sicuri mezzi di agiata esistenza : non ven- nero al Nuovo Mondo per migliorare le loro condizioni o per accrescere le ric- chezze : si tolsero alle dolcezze della patria per obbedire ad un bisogno puramente intellettuale: affrontando le inevitabili mi- serie delPesiglio, essi non cercavano che il trionfo di un' idea.

I coloni, o, com' essi si chiamavano, i Pellegrini, appartenevano a quella setta in- glese, che per l'austerità dei principii si disse de' Puritani. Il Puritanismo non era

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PREFAZIONE

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solamente una dottrina religiosa ; ma in molti punti si mesceva alle teorie demo- cratiche e repubblicane più assolute. Da ciò erano sorte contro esso le più dannose inimicizie. Perseguitati dal governo della madre patria, offesi nel rigore de' loro prin- cipii pel giornaliero andazzo della società, nella quale vivevano, i Puritani cercarono una terra deserta ed abbandonata dal mondo, ove fosse loro lecito vivere a loro modo e pregar Dio in libertà.

Il Tocqueville riporta un brano di Nata- mele Morton, storico dei primi anni della Nuova Inghilterra: « Io ho sempre cre-

duto, » dice Morton, « che fosse un sacro dovere per noi, i cui padri hanno avuto

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PREFAZIONE

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così numerosi e memorabili pegni della bontà divina nella fondazione di questa colonia, fosse un sacro dovere perpetuarne la memoria collo scritto. Ciò che noi ab- biamo veduto, ciò che ci fu narrato dai padri nostri, noi dobbiamo narrarlo ai no- stri figli, affinchè tutte le generazioni av- venne apprendano a lodare il Signore : affinchè la discendenza di Abramo suo servo e i figli di Giacobbe suoi eletti, con- servino per sempre la memoria delle opere meravigliose di Dio (Salmo CV, 5, 6). Con- vien che sappiano come il Signore ha por- tata la sua vigna nel deserto : come V ha piantata e ne ha allontanati i Gentili: come le ha preparato il terreno, ne ha

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messe in profondo le radici e l' ha la- sciata estendersi e coprire intorno la terra (Salmo LXXX, 13, 15); e non solamente questo, ma insieme come ha guidato il suo popolo verso il suo santo tabernacolo e lo ha collocato sul monte della sua eredità (Esodo XV, 1 3). Questi fatti devono essere conosciuti, affinchè Dio ne abbia l'onore che gli è dovuto ; e che qualche raggio della sua gloria possa cadere sui nomi dei Santi che furono i suoi strumenti. »

L' autore continua e descrive in questo modo la partenza dei Pellegrini :

« Lasciarono la città di Delf Haleft (1 620 ) ch'era stata per loro un luogo di riposo: erano rassegnati e tranquilli, sapendo che

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PREFAZIONE

erano pellegrini e stranieri in questo mondo. Non erano attaccati alle cose della terra, ma teneano °rli occhi rivolti al cielo, ove Dio avea preparato per loro la città santa. Arrivarono finalmente al porto, dove gli attendeva il vascello. Un gran numero di amici, che non poteano partire con essi, aveano voluto accompagnarli sino al mare. Passarono la notte senza dormire: la pas- sarono in espansioni di amicizia, in pii di- scorsi, in ragionamenti pieni di una vera tenerezza cristiana. Alla mattina salirono sul vascello : gli amici, vollero accompa- gnarli: allora si udirono profondi sospiri, si videro cader lagrime da tutti gli occhi;

abbracciamenti, saluti, ardenti preghiere che

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PREFAZIONE 3

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sforzavano al pianto anche i non conoscenti. Dato il segnale della partenza, caddero sui $ ginocchi, e il loro pastore, levando al cielo * gli occhi pieni di lagrime, li raccomandò alla misericordia del Signore. Presero al- $ fine congedo gli uni dagli altri e si die- dero V addio, che per molti di loro dovea

esser l'estremo.

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I Pellegrini erano intorno cento e cin- quanta, uomini, donne e fanciulli. Era loro disegno di fondare una colonia sulle rive

dell'Hudson; ma dopo avere lungo tempo

i girato qua e per 1' Oceano, furono sfor- zati di approdare sulle coste aride della Nuova Inghilterra, nel sito ove ora sorge la città di Plymouth. Si mostra ancora lo

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scoglio ove discesero i Pellegrini. Questo scoglio divenne oggetto di venerazione agli Stati Uniti ; in molte città della Unione se ne conserva qualche frammento. »

Lo storico prosegue : « Aveano i Pel- legrini traversato l' Oceano, erano giunti al fine del loro viaggio : ma essi non vi-

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dero alcun amico che li ricevesse, alcuna abitazione che li ricoprisse : era il cuore dell' inverno ; e chi conosce gì* inverni del- l' America sa quanto siano rigidi e quanti fieri uragani desolino in quel tempo le no- stre coste. Intorno ad essi non appariva' che un deserto spaventoso, pieno di bestie fé- roci e di uomini selvaggi, di cui ignora- vano il numero e il grado di crudeltà. La

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l'emigrazione venne crescendo. Le passioni religiose e politiche che lacerarono il regno

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terra era agghiacciata, il suolo coperto di

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foreste e di cespugli. Dietro loro non ve-

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deano che l' immensità dell' Oceano che li

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separava dal mondo civilizzato. Per trovare

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un po' di pace e di speranza a loro non

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restava che volgere i loro occhi in alto. »

Questo accadeva nel 1 620. Da quel tempo

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d'Inghilterra sotto il governo di Carlo I, spinsero ogni anno sulle coste dell' Ame- rica una folla di dissidenti. La Nuova In- ghilterra fu l'asilo prediletto de' Puritani.

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Al vecchio tempo de' coloni, in Plinio, Avventuroso asil de' Pellegrini, Entro una stanza del modesto albergo, In giubbetto, calzoni e grandi uose Di cordovano, con guerresco piglio, Passeggiava su e giù Miles Standese, De' Puritani il capitano. Assorto In gran pensier parea : le mani al tergo, Di tratto in tratto sospendeva il passo,

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Gli occhi levando a' militari arnesi, Che splendidi pendean dalla parete ;

Corsaletto d'acciaio e scimitarra

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Di Damasco, d'arabiche sentenze Screziata: più basso era il moschetto Ed una carabina, armi da caccia. Atticciato, complesso e di statura Men che mezzana il capitano avea Late le spalle, rilevato il petto E nerboruti muscoli d' acciaio : Era la faccia del color di noce E rossigna la barba picchiettata D'alcun fiocco di neve, come siepe Al principio del verno. A lui vicino Sedea Giovanni Aldeno, il fido amico E camerata, che velocemente,

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Sovra un desco di pin, presso il balcone, Stava scrivendo : un biondo giovinetto Daerli occhi azzurri e dalle guance asperse Del primo fior : di quella delicata Sassone carnagion, che San Gregorio Un vedea ne' prigionieri in Roma Ed esclamava: Angeli son, non Angli. Il più giovane Aldeno era di quanti Approdaro laggiù sul Fiordaliso.

Subitamente il capitan Standese Il silenzio rompendo ed arrestando La man dell'altro, tumido d'orgoglio, « Guarda, » disse, « quest'armi ! Escono lampi Da queste lame riforbite e terse Come in di comparsa o di rivista. Ve' la mia spada di Damasco : in Fiandra

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Pugnai con essa : questo fino usbergo In una scaramuccia, io ben rammento La giornata, m'ha salvo : ancor l'impronta Veder tu puoi del piombo maledetto Che uno Spagnuolo moschettici* mi trasse Diritto al core. Se il metal non era A tutta prova, l'ossa di Standese Già sarìan putrefatte in qualche gora Delle terre di Fiandra. » Il giovinetto, Senza levar dalla scrittura il guardo, Allor rispose : « Veramente Iddio

Il mortai volo rallentò del piombo, E per sua grazia in vita ti mantenne, Perchè sii nostro brando e nostro scudo. » L'altero capitan, poco badando Alle parole del garzon, seguiva:

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« Vedi, come son splendide ! Brunite Così non son negli arsenali ; e sai Perchè? Pulirle di mia man costumo, Ne lascio al mio scudier questo pensiero. Servi te stesso, e sarai ben servito, Proverbio è d'oro; io l'arme mie governo, Come tu la tua penna ed il tuo inchiostro. Qui sono i miei soldati, il forte, invitto, Grande esercito mio : dodici fanti, Tutti in ottimo arnese, e tutti aventi Una lor brava lancia e carabina, Trentasei paoli al mese, vettovaglia E dritto di saccheggio : io, come Cesare, So poi chiamarli ciascheduno a nome. » Questo egli disse con un fin sorriso Che ne' rai gli danzava, a quella immagine

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Che sul flutto marin l' infranto raggio Danza del Sole e in un balen dilegua. Il giovinetto sorridea scrivendo ; Il capitano seguitava: « Osserva! Qui da questo balcon scorger tu puoi Sulla chiesa queir obice di bronzo Alto piantato : un missionario all' uopo, Saldo, diritto, di robusta armato Irresistibil logica, ortodosso, Che gY infocati sillogismi avventa Nel core de' pagani. Or siam parati Per l' azi'on : se vengano a migliaia Le Pelli Rosse, e ciò sarebbe il meglio, Ben di nostre armi leveranno il saggio ; Vengano; e sian sachèmi o sagamori (i), (i) Titoli di capi Indiani.

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Samosetto, Aspinetto, Corbitante, Squanto o Tochamamone ! » Lungamente Stette al balcone rimirando i campi Umidi d' un vapor grigio soffiato Dall'aura d'Oriente: avea di fronte Valli, prati, foreste e l'orlo azzurro Dell' Oceano, che giacea tranquillo, Silente, melanconico, or nell'ombra, Or nel vermiglio del cadente Sole. Ombre eguali salian sul bruno volto Del capitano : era di gioia un misto E di tristezza. Intenerissi : il suono Addolcì della voce, e come tocco Da soavi ricordi, a dir riprese: « Là, su quel colle, che fronteggia il mare, Dorme in pace con Dio Rosa Standese;

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Vera rosa d'amor, che della vita Per lo scabro sentier fioriami allato ; Fu la prima a morir de' Pellegrini Che approdare quaggiù sul Fiordaliso. Sulla sua sepoltura il gran verdeggia Che v'abbiam seminato: è buon consiglio Le nostre fosse ascondere al nemico, Perchè non prenda ardir con noverarle, E si avveda di noi quanto siam pochi. » Così dicendo, annuvolato, altrove Volse la faccia ; a passeggiar si pose Novellamente pensieroso e muto.

Dall'opposta parete uno scaffale Di volumi pendea: cospicui in essi Per mole di quaderni e legatura Erano tre: dell' Ariiglier la Guida

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Dettata dal Barine : i Commentari Di Cesare voltati nell' inglese Per Arturo Goldingo; come fosse Data in custodia agli altri due, la Bibbia

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Stava nel mezzo. Il capitano alquanto

Rattenne il passo a riguardar : parea

Starsi dubbioso qual dei tre scegliesse

Per suo conforto ; degli Ebrei le guerre,

O de' Romani l' immortali imprese, ^

O più proficua a capitan moderno

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Che ne' rosi vivagni, a guisa d' orma,

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Dell'artiglier la pratica. Si mosse Finalmente e levò dalle scansie Il pesante Romano. Alla finestra Si assise, il libro aperse, ed in silenzio Le antiche carte a volgere si mise,

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Dall' impronta del pollice segnate

Indicavano dove arser le pugne

Più spaventose. Nella cheta stanza

Romore non si udiva altro che il correre

Della penna stridente : il giovinetto

Lettere sovra lettere scrivea

Che il dopo o il seguente, a Dio piacendo,

Recato in patria il Fiordaliso avrebbe :

Lettere piene delle tristi nuove

Di queir inverno : lettere che Aldeno

Scrivea col core e del soave nome

Di Priscilla ingemmava, di Priscilla

La Puritana vergine gentile.

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I\ ON si udìa nella stanza altro che il correre Della penna stridente ; e ad ora ad ora Qualche grosso sospir del capitano, Che l' imprese leggea miracolose - E le sentenze del divino Giulio. Dopo alcun tempo con la man percosse La pagina e lasciando ambe le palme Giù cadérsi, gridò : «. Meraviglioso

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AMORE ED AMICIZIA

Uom questo Giulio Cesare! La penna Tu sai ben maneggiare ed io la spada ; Ma d'un modo costui combatte e scrive, Neil' un'arte e nell'altra egual maestro. » Aldeno, il grazioso giovinetto, Rispose : « Con la penna e con la spada Fece prodigi. Io lessi in qualche parte Che a un tempo sette lettere ei dettava E scrivea le Memorie. » Il capitano, Poco badando alle parole altrui, Continuava : « Un uom meraviglioso Era ben Giulio Cesare ! Ei dicea : Meglio esser primo nel più vii casale delle Spagne che secondo in Roma. E dicea saviamente. Anzi a'vent'anni Due volte era ammogliato e molte volte

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AMORE EU AMICIZIA

Gli anni seguenti: ha combattuto e vinto Cinquecento battaglie e conquistate Mille città: come ricorda, anch' egli Guerreggiò nelle Fiandre; ed un amico Finalmente il freddò, Bruto ciarliero. Udisti ciò, che in un supremo istante Fé' nelle Fiandre, allor che il retroguardo Dell'esercito suo piegava in fuga E l' antiguardo lo seguiva; oppressa Dall'onda de' nemici l'immortale Legione duodecima le spade Sguainar non potea? Strappò lo scudo A un soldato di man : piantossi in fronte Delle sue schiere, e ad uno ad un per nome Chiamando i capitani, impose loro Volger l' insegne ed allargar le file

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AMORE ED AMICIZIA

Per far luogo alle spade, e la giornata

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Fu sua. Lo dissi e ridirollo ognora:

Se ben fatta desideri una cosa,

Falla tu stesso e non fidarla ad altri. »

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Tutto tacque di nuovo : il capitano

Nella lettura sua continuava :

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Non si udìa nella stanza altro che il correre

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Della penna stridente : il giovinetto

Lettere sovra lettere scrivea

Da consegnarsi la seguente aurora 4

Al Fiordaliso. In ciascheduna il nome

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E le lodi correano di Priscilla,

La Puritana vergine gentile ;

Tal che sul fine l' indiscreta penna,

A cui del core ei commettea l'arcano,

Parve tradirlo, in suo tenor cantando

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AMORE ED AMICIZIA

E ricantando di Priscilla il nome.

Il capitano alfin chiuse il volume

E sovra un sasso vi posò col suono

Che, calando il fucil, fanno i soldati;

Indi si volse al giovane scrivano

E gli parlò: « Quando fornita hai l'opra,

Ho certa cosa di rilievo a dirti.

Ma no, non tanta fretta : attender posso ;

Esser non vo' precipitoso. » Aldeno

Chiuse l'ultima lettera: rimosse

L'altre carte sul desco, e riverente,

Levando il capo, come l'uom che attende, *

« Parla, » gli disse : « udrò quanto ti piaccia

Manifestarmi : a cor sempre mi stette

Quanto riguarda il capitan Standese. »

11 capitano allor parve confuso

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Ammalato di cor, non mi giovavo

E le parole bilanciando disse :

« Non è bene che l' uom viva soletto,

La Scrittura lo dice, ed io lo dissi

In altro tempo e lo ripeto adesso

E ne fo tutte l'ore esperienza.

Dal giorno che morì Rosa Standese,

La mia vita non fu che un lungo pianto :

Dell'amicizia i farmachi. Sovente

Nelle ore mie deserte e sconsolate

A Priscilla pensai: verghi soletta,

Padre, madre, fratel tutti ha perduti

Lo scorso inverno : io l' ho veduta andare

E venir dalla fossa d'un sepolto

Al guancial d'un morente: pudibonda,

Paziente, animosa, e meco dissi:

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AMORE ED AMICIZIA

Se come in ciel, si danno angeli in terra, Due ne vidi e conobbi : un, che si noma Priscilla nella mia mesta giornata Il loco tien che l'altro abbandonava. Questo pensiero carezzai gran tempo, Ma di parlarle ardir non ebbi. Un vile In ciò mi sento, benché il cor mi basti Per altre cose. Vanne alla gentile Giovinetta bellissima di quante Vivono in Plinio, e dille che un antico Capitano, uom di fatti e non di ciance, Offre a lei questa mano e questo core, Mano e cor di soldato. Altre parole, Ben comprendi userai : so far la guerra, Ma non le frasi: il mio pensier t' ho detto : Tu, che sei letterato, in eleganti

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AMORE ED AMICIZIA

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Modi lo esprimi e de' bei fior lo adorna, Di que' fiori del dir, che son ne' libri Che parlano d'amore e che tu leggi: Trova le dolci parolette accorte Atte a vincere il cor d'una fanciulla. »

Mentre ei parlava, Aldeno, il giovinetto

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Silenzioso, dalla bella chioma, Attonito, smarrito, esterrefatto Celar volea l'orribile tempesta Che tutto quanto lo agitava: il labbro Costringeva al sorriso e pur sentia Dentro arrestarsi il battito del core, Come s'arresta l'orìuol se il fulmine Penetrò nella stanza. Ebbe a fatica Finalmente la voce e balbettando : « Tal messaggio, rispose, io temo assai

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Che guasterò : se vuoi che pienamente Risponda al tuo desio, fallo tu stesso ; La tua massima antica io ti ripeto : Servi te stesso e sarai ben servito. » Ma coli' aria dell' uom, cui nulla torce Dal suo proposto, il capitan di Plimo, Scotendo il capo replicò : « La massima, In vero, è d' ór, ne rinnegarla intendo ; Ma con discernimento usar si vuole, Ne buttar via la polvere per nulla. Or, come dissi, un tornitor di frasi Io mai non fui: montar posso all'assalto D'una fortezza e comandar la resa; Ma di condurmi innanzi ad una donna Con simili proposte, il cor mi manca. Io de' moschetti non pavento il piombo,

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le scaglie che vomita il cannone ;

Ma lo scoppio d' un - No - che dalla bocca

Partisse d'una donna, io ti confesso,

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Che fammi abbrividir, ne mi vergogno

Di confessarlo. A te quindi commetto

La mia domanda; che tu sei maestro

Nel giro trionfai della parola

E sai con arte lumeggiar le frasi. »

La man prese all'amico, che perplesso

Stava e ritroso : nella sua la tenne

Lungamente : la strinse, indi soggiunse :

« Forse leggero io ti parlai : ma tratti

Dal profondo del cor sono gli affetti

Che a parlar m'hanno indotto: a questo ufficio $

Non puoi sottrarti: lo domando in nome

Dell'amicizia. » - « E bello, è santo il nome

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AMORE ED AMICIZIA

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Dell'amicizia, » allor rispose Aldeno ;

« Quanto chiedi in suo nome, io non ho possa

Di ricusar. » Cotale ebbe trionfo

Il più forte voler sul più gentile ;

Amor cedette all'amicizia il campo

Ed Aldeno si accinse al suo messaggio.

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

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Il più forte voler così vittoria Ebbe del più gentile. Uscì dal borgo Il giovinetto: entrò nelle foreste

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Solinghe, ove fringuelli e pettirossi Sui popolosi tronchi, entro giardini Di pensili verzure, edificando Stavano le tranquille opache reggie, Reggie d'amor, di libertà, di gioia.

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II. MESSAGGIO DELL'AMANTE

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Era quanto vedea silenzio e pace ;

Ma nel suo cor terribile tenzone Coli' amicizia combattea l'amore,

Col più nobile istinto il più giocondo : Innanzi, indietro i suoi pensier nel petto Andavano e venian, come ne' fianchi D'un vascello, che affonda, ad ora ad ora Del gonfiato Oceàn batte la sferza. « Dunque, » dicea con lamentosa voce, « Io lascierò le mie speranze, i sogni Più cari della vita? Amai per questo, Per questo attesi ed adorai tacendo ? Il pie fuggiasco di Priscilla e l'ombra, A mezzo verno attraversando i mari, Seguii per questo a' desolati scogli Della Nuova Inghilterra? Aldeno, Aldeno,

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

Bada che il core inganna : è veramente Bugiardo il cor: da' suoi corrotti fondi, Come infetto vapor dalle paludi, Sorgono blande immagini in sembianza D'angeli luminosi e son lusinghe Di Satana. L' inganno or m' è palese, Lo sento, lo conosco. E dell' Eterno Questa la mano, che su me si aggrava, Perchè del core seguitai le brame E ad idolo nefando arsi l'incenso. Or questa croce sopportar m' è forza, Perchè colpa e mercè siano d' un modo. »

Così di Plimo attraversando i boschi Giovanni Aldeno al suo messaggio andava. Passato a guazzo il rio, dove susurra Più sottil sulle ghiaie, ei già cogliendo

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

Lungo la valle il candido mughetto, Creatura gentil, che nel deserto Olezza non veduto e di sue foglie All'ombra s'addormenta. Puritano Fior lo chiamava Aldeno : umil, soave, Come son le fanciulle Puritane, E Priscilla, lor Sole. « A lei, » dicea, « Recherò questi fiori, a lei modesta E semplice e gentil, come son essi : In lor muto linguaggio a lei daranno L'ultimo addio: poi vizzi e scolorati Sparsi sul suolo ed obbliati andranno, Come il core sarà di chi donolli. » Cosi di Plinio attraversando i boschi Giovanni Aldeno al suo messaggio andava , Quando all'aperto riuscendo, innanzi

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IL MESSAGGIO

dell'amante

Si vide 1' Oceàn senza una vela, .Tetro, gelato all'aura di Levante; Vide le nove case ed il lavoro Ferver ne' campi. Udì, come fu presso Al limitar, la voce di Priscilla Che con dolcezza d'Angelo cantava Il centesimo salmo, il Puritano Inno maggior, cui musicò Lutero, Ale aggiungendo alle parole: un'aura V'è trasfusa di cielo a refrigerio E conforto di molti. Il giovinetto, Come la porta apri, vide la forma Della fanciulla al filatoio assisa,

Che di cardata lana a' suoi ginocchi,

Soffice come neve, un monte avea. S

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Con la candida man nutriva il fuso >

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

Vertiginoso ed, il pedal premendo, Della rota guidava il movimento.

Aperto in grembo le posava il libro

Ben logoro de' salmi, in Amsterdamo

Col pio commento d' Ainsuarto impresso,

In un volume musica e parole ;

Sgorbi di note si vedean negli angoli, ^ Come lapidi infisse alle muraglie De' cimiteri: come rete, in mezzo Pendeano i tralci de' versetti. Il canto Dal volume togliea la Puritana Vergine che, romita alla foresta, L'umile casolar non d'altro ornava Che delle grazie della sua persona, E non d'altro arricchia che del lavoro Delle sue mani. Sovra il cuor d' Aldeno,

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II. MESSAGGIO DELL'AMANTK

Come gelido vento, a quella vista Cadde il pensier de' suoi svaniti sogni, E vergogna e dolor del suo messaggio.

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Che n'avea sulla soglia il passo udito,

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La vita cdi sembrò scuro deserto

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Popolato di pallide sembianze, $

D'inutili rimorsi e di querele. >

Ma poi disse a se stesso e fieramente * Lo disse: « Chi la man pose all'aratro

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Indietro non si volga, anche se forza

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Gli sia passar sui fiori della vita,

*

Sovra l' ossa de' morti e de' viventi

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Sovra il core : il voler questo è di Dio,

s E di Dio la mercè dura in eterno. » ^

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Appena entrò, che della rota il suono Ed il canto cessar : la giovinetta,

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IL MKSSAGGIU DELL'AMANTE

Ratto levossi e di saluto in segno La man gli porse e disse : « Io vi conobbi Al passo nella via : di voi pensando Io cantava e filava. » Stupefatto E muto per la gioia che il ricordo Di lui si fosse mescolato all' inno Religioso, che dal core uscìa Della fanciulla, un po' ristette : i fiori, Parole non trovando a' suoi pensieri, Egli le diede per risposta. In mente Allor gli venne il di queir inverno, Quando dopo una subita nevata Ei dal villaggio uscito, traboccando Ed affondando il pie negli alti mucchi Che ingombravano l'aia, entrò lordando Co' pie sparsi di neve il pavimento :

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

Vedea la giovinetta in riso effusa Al mirarlo di neve asperso i crini ; E la grazia vedea con che gli trasse Una seggiola al foco ; e non gli tacque L'immensa sua felicità che a lei Pensato avesse in quell'orribil giorno. Le avesse allor parlato ! Indarno forse Non avrebbe parlato. Ora il momento

Aureo passò ! Così tutto confuso Stava vei'gognando, a capo basso,

E per risposta le porgeva i fiori.

Si posero a seder : pailàr d' uccelli E della bella primavera : il nome Risuscitaro di lontani amici E molto ragionar del Fiordaliso Pronto a sciorre le vele il seguente.

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE $ . $

« Io Y intera giornata andai pensando, » La Puritana vergine dicea, « Tutta notte sognai gli orti e le siepi Della vecchia Inghilterra : or sono in fiore E un giardin tuttaquanta è la campagna. Sognai que'bei viottoli: sull'alba Dell'allodola il canto e del fanello: Vidi i chiassuoli del villaggio ; e vidi Le note facce de' vicini in giro Far capannelle e, com'è l'uso antico, Novellando indugiar. Vidi la chiesa In capo della via : la vecchia torre D'ellera ricoperta e le quiete Chiostre del cimitero. Io non mi dolgo Di color con cui vivo : amo la fede De' padri miei : ma questo cor non posa

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

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E con crescente desiderio anela

Alla vecchia Inghilterra. Un'incostante Voi mi direte ; ma non so tenermi :

Alla vecchia Inghilterra io penso sempre;

Così solina:a e misera mi trovo. »

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Rispose il giovinetto : « Veramente

Condannarvi non so: più forti cuori,

Che il femminil non è, di questo inverno

Alle prove terribili piegaro.

Tenero è il vostro e d'un più forte ha d'uopo

A cui si appoggi. Ora io men venni a voi

Coli' offerta e profferta d'una mano, * ^.

Della mano d' un uom prode, leale,

Miles Standese, il capitan di Plimo. »

Così fé' l'ambasciata il frettoloso

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(AGGIO DELL'AMANTE

IL MESSAGGIO

« Io l' intera giornata andai pensando, » La Puritana vergine dicea, « Tutta notte sognai gli orti e le siepi Della vecchia Inghilterra : or sono in fiore E un giardin tuttaquanta è la campagna. Sognai que'bei viottoli: sull'alba Dell'allodola il canto e del fanello: Vidi i chiassuoli del villaggio ; e vidi Le note facce de' vicini in giro Far capannelle e, com'è l'uso antico, Novellando indugiar. Vidi la chiesa In capo della via: la vecchia torre D'ellera ricoperta e le quiete Chiostre del cimitero. Io non mi dolgo Di color con cui vivo : amo la fede De' padri miei : ma questo cor non posa

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E con crescente desiderio anela Alla vecchia Inghilterra. Un'incostante Voi mi direte ; ma non so tenermi : Alla vecchia Inghilterra io penso sempre; Così solinga e misera mi trovo. »

Rispose il giovinetto : « Veramente Condannarvi non so: più forti cuori, Che il femminil non è, di questo inverno Alle prove terribili piegare Tenero è il vostro e d'un più forte ha d'uopo A cui si appoggi. Ora io men venni a voi Coli' offerta e profferta d'una mano, Della mano d' un uom prode, leale, Miles Standese, il capitan di Plinio. »

Così fé' l'ambasciata il frettoloso Di lettere scrittoi-: d'amene frasi

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

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Non fiorì l'argomento e non l'espose Con giri lusinghevoli : diritto Lo sbalestrò, come un fanciul settenne Avrebbe fatto : appena il capitano Parlato avria così reciso e franco. Meravigliando, muta e dolorosa Priscilla nel garzon fise tenea Le sbarrate pupille : ogni parola Le piombava sul core e le togliea Dal labbro la parola. Alfin rompendo Quel silenzio mortai proruppe e disse : « Se il glorioso capitan di Plimo Agogna la mia man, perchè non viene Da se ? Perchè la briga non si prende Di favellarmi e trattenermi? Indegna Se d'un suo passo io son, degna non sono

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IL MESSAGGIO DEL

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D'esser richiesta. » Allor s'accinse Aldeno *

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La materia a chiarir ; ma favellando

* . . . $ Vieppiù l'intorbidava. « Il capitano,

Dalle faccende oppresso, » egli dicea,

« Tempo non ha per tali cose. » A questa 1

Parola tali cose arse Priscilla

E ratta come fulmine rispose :

« S'ei non ha tempo, spasimato amante,

Per tali cose, come voi le dite,

Lo troverà, lo cercherà marito ?

Così, uomini, fate : un libro chiuso

È la donna per voi. Dopo che occhiando

Questa e quella, scegliendo, rigettando,

Paragonando, finalmente in una >

Arrestate il pensiero e manifesto

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Con imprevvista e subita dimanda

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

Fate il vostro desio, sdegno vi prende Ed offesa chiamate e tradimento, Se la donna all'amor non corrisponde, Ad un amor di cui mai non s'accorse ; E se d'un salto al vertice non giunge Verso cui rampicate. Iniquo orgoglio ! Che della donna il core non è cosa Che si guadagni sol col farne inchiesta. Se verace è l'amor, più che a parole Lo si mostri co' fatti. Se cercata Cotesto vostro capitan m'avesse

E mostrato d'amarmi, al laccio forse

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Potea farmi calar, vecchio e rubesto

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Com'è: ma ciò non avverrà più mai. »

Aldeno, come sordo alle parole Della fanciulla, manteneva il campo

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

In favor dell'amico, dichiarando,

Sollecitando, perorando : il senno E l'ardir ne pingea : le sue battaglie Nelle Fiandre contava; e come elesse Col popolo di Dio partir gli stenti, Tal che per giusto guiderdon di Plinio Lo nomar capitano. Illustre germe D'illustre sangue ei risaliva ad Ugo Standese di Dussburi, inclito conte Di Lancastro, maggior prole di Ralfo E pronipote di Turston Standese: Erede di gran terre, onde fu spoglio Iniquamente ; ancor l'arme portava Della famiglia, un gallo in campo bianco Attraversato da vermiglie sbarre Con altri fregi. Uomo d'onor, di franca

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MESSAGGIO DELL'AMANTE

Generosa natura, il piglio aveva

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Alquanto brusco, ma gentile il core ;

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Ed ella stessa avea visto quel verno

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Con che dolce pietà, come di donna,

Ei curasse gì' infermi : impetuoso,

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Iracondo, ostinato, non si nega, Ma placabile sempre e sempre aperto. Ne si vuole deridere, se breve E di statura, che altrettanto è grande Di cor, leal, magnanimo, cortese; Ogni donna di Plinio, anzi di Londra Dir fortunata si potria, se in dito Le ponesse Panel Miles Standese. »

Mentre il giovine orava e s'infiammava Nel suo facondo e semplice linguaggio, Dimentico di se, pieno de' vanti

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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE

Del suo rivai, la vergine ridea :

Indi con voce tremola e con occhi,

Che nel riso nuotavano : « Perchè

Non parlarmi per voi, » disse, « Giovanni? »

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Fuor dalla soglia, incerto e spaventato Gittossi, come un folle, il giovinetto, E smaniando il pie rivolse al mare. Passeggiava su e giù per l'alta sabbia, Ed il capo scopriva a freschi soffi Dell'aura orientai che gli spegnessero L'orribil febbre che gli ardea nel sangue. Come di Patmo un l'Evangelista

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GIOVANNI ALDENO

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Nella sua vision scorse dal cielo

Bella d'apocalittici splendori

Lenta calarsi la città di Dio :

Lento così tra vaporose nubi

Di rubin, di diaspro e di zaffiro,

Vermiglio e grande il Sole discendea ;

E sulle torri mobili dell'aria

L/ Angel raggiava, che con aurea verga

Della città parea segnasse il giro.

« Vieni, vieni, » sclamava forsennato

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Il garzon, « vieni, vieni, o d'Oriente Vital, consolatrice aura, che movi Dalle caverne Atlantiche ! Passando Pe' prati interminabili di musco,

Che son letto e giardino all' Oceano, Sull'ardente mia fronte il bacio imprimi !

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GIOVANNI ALDENO

Nel vapor della tua veste mi chiudi, E sopisci l'ardor che mi divora ! »

Come inquieta coscienza, il mare Si agitava mugghiando, e della spiaggia Iroso percotea l' instabil sabbia. Nell'anima d' Aldeno era una pugna D'opposti affetti : trionfante amore E coronato ; l'amistà ferita E sanguinosa ; di natura il grido, E del dover la vindice rampogna. « Che colpa ho io, » dicea, « se la fanciulla M' ha preferito ? E colpa mia se l'altro Posto è in un canto, e vincitore io sono ?

Ma nel cor gli tonava un'altra voce

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Terribil come se dal ciel discesa:

« Ciò non piace al Signore ! » Al fallo allora

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GIOVANNI ALDENO

Di Davidde pensava, a Bersabea Dalla bella persona, ed all'amico

In fronte delle squadre a morte esposto. Turbamento, rossor, sdegno, rimorso E pentimento, che se stesso accusa, L'assalirono a un tempo : costernato, Abbattuto, contrito ei già sclamando : « Ciò non piace al Signor ! Satàn mi tenta! »

Allor, levando il capo, alla marina Volse lo sguardo e tra le fitte nebbie La grande ombra mirò del Fiordaliso, Che sull'ancora surto si cullava Al tornar delle placide correnti, Pronto a far vela colla nuova aurora. Udì le voci : udì sulla coperta Lo strider delle gomene, il comando

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GIOVANNI AI.DENO

Del piloto e il clamor de' marinari

Distinto, ma non alto, che nell'ombre

Si perdea del crepuscolo. Ristette,

Tese l'orecchio, contemplò le vele ; ^

Indi a guisa dell' uom, ch'alia veduta

D'uno spettro si arresta e poi veloce

Drizza il suo corso dove l'ombra accenna,

Precipitoso si levò dal lido. *

Ei fra mormorava : « Or manifesta

M'è la man del Signor, che dall'ambascia

Che mi dilania il core e dai deserti y

Dell'Oceano, che m'avvolge e serra

Nell'ondosa prigion, fuori mi guida.

Il mar ripasserò : questa fatale

Contrada vo' lasciar, lei che non posso

Tormi dal cor, lui che il mio core offese.

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Rivedrò l'Inghilterra. Ivi posando Nel verde antico cimitero a fianco

Della mia genitrice e de' miei cari, Meglio è dormir negletto ed obbliato,

Che trai" nell'onta e nell'infamia i giorni.

In quella buia sotterranea stanza Giacerà pur sepolto il mio segreto Ignorato dal mondo, a somiglianza Di sotterrata gemma, che risplende

Sovra il dito d'un morto, e sarà pegno

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E di nozze immollali augurio e speme. »

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Così parlò : poi risoluto e saldo Nel suo proponimento, alla marina

Volse le spalle ed i silenzi e l'ombre

* .5 Traversando del bosco, arder non lungi

$ I sette lumi delle sette case

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Vide di Plinio : era già l'aér bruno. Tosto che pose sulla soglia il piede, Vide il suo paventato capitano Che sedea solo, tutto quanto assorto Nelle guerre di Cesare, pugnando Con lui grandi battaglie, o nel Brabante O nelle Fiandre. « Lento tu ben fosti Nel tuo messaggio, » sorridendo ei disse, Com'uom che attende una risposta e tema Dell'esito non ha. « Molto lontana Quella casa non è, benché la selva La divida da noi : tanto tardasti, Che, durante la gita ed il ritorno, Dieci battaglie ho combattute ed arsa E saccheggiata una città. Vien, siedi, E per filo e per segno il fatto esponi. »

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GIOVANNI ALDENO

Allor Giovanni Aldeno il labbro aperse E narrò la mirabile avventura, Minutamente, dal principio al fine, Così com'era occorsa ; come vide Priscilla, e come la gentil proposta Le fé': cercava con soavi modi Del rifiuto di lei temprar l'amaro. Ma quando alfine di Priscilla venne Alla domanda tenera cotanto E cotanto crudel, « perchè, Giovanni, Non parlarmi per voi ? » ratto levossi L'infuriato capitan di Plimo, E col piede percosse il pavimento, Tal che sul muro, onde pendea, l'usbergo Mise un tintinno di sinistro augurio. L'ira accolta scoppiò, siccome scoppia

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GIOVANNI ALDENO

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Una granata e lo sterminio avventa.

Con rabbioso, selvaggio urlo ei proruppe :

« Giovanni Aldeno, traditor tu sei !

Me, me, l'amico tuo, Miles Standese

Hai tradito e spogliato ! Un de' miei avi

Piantò la spada d' un Tilèro in core ;

Chi mi tien, chi mi tien, che non ti passi

Con questa mia ? Vii traditor ! Supremo

Di tutti i tradimenti, il tradimento

Dell'amicizia! Io t'ho sotto i miei tetti

Ricoverato : ti guardai, t'amai,

Come fratello : al mio desco sedevi,

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Bevevi alla mia tazza : io l'onor mio, Io gli arcani più santi t'affidai ; E tu, Bruto novel !... Sia maledetto Dell'amicizia quind' innanzi il nome!

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GIOVANNI ALDENO

Amico tu mi fosti, come Bruto A Cesare : tra noi nulla più sia Che implacabil furore e guerra e morte ! »

Così parlava il capitan di Plimo Gorgogliando e sbuffando: a lunghi passi Misurava la stanza, e come funi Grosse le vene delle tempia avea. Mentre in tal guisa smaniava, apparve

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Sul limitare un uom con un messaggio

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Di gran rilievo. Un subito romore

S'era sparso di guerra e d'un assalto

Di Pelli Rosse. Immantinente il fiero Capitano ristette e senza verbo Più dir, ratto dal chiodo, ov'era appesa, Staccò la scimitarra e la guaina Ponderosa d'acciaio : intorno a' fianchi

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GIOVANNI ALDENO

La cintura si avvolse ed aggrottando

Le ciglia uscì. Soletto nella stanza

Il giovane restò, che della spada

Il tintinnar udiva a poco a poco

Dileguarsi e morir nella distanza.

In pie rizzossi : guatò fuor nel buio,

- E l'aura fresca sulle guance accolse

Roventi per l' insulto. Al cielo gli occhi

Levò : fé' croce delle braccia al petto,

Come solea bambino, e nel silenzio

Notturno a Lui pregò che vede i cuori.

Torbido intanto e minaccioso in vista

L' iracondo guerriero iva al Consiglio,

Che già s'era raccolto e mormorava

Del suo ritardo. Era un'eletta schiera D'uomini austeri, al portamento gravi,

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D'età mezzana: un sol, come montagna Prossima al ciel, con neve in sulla cima, Stava tra lor, non per l'età curvato, Ma dritto e saldo, l' anzì'an di Plinio. Iddio tre regni avea vagliato in cerca Del buon frumento : indi il vagliato erano In questa bella terra avea gittato, Seme di grande nazì'on. Tal era Del popolo la fé' : tale il racconto Delle cronache. Innanzi all'assemblea Stava un selvaggio sino a' fianchi ignudo, Torvo a veder : sul banco era una Bibbia Grave, legata in cuoio, aspra di borchie,

In Olanda stampata : accanto ad essa

Riluceva d'un crotalo la pelle

Piena di freccie a guisa di turcasso, *!

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Che avea di sfida e di battaglia in segno

Il selvaggio portata. Il capitano

In questa pelle, sull'entrar, lo sguardo

Fermò : dell'assemblea le discordanti

Opinioni udì sulla risposta

Da farsi al messaggero. Concertavano,

Dettavano, opponevano: una sola

Voce pregava per la pace, il degno

Anziano di Plinio : a suo vedere

Partito era più saggio e più cristiano Di que' meschini battezzar qualcuno, Che abbandonarli tuttiquanti al ferro.

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Allor l'arcigno capitan di Plinio,

Miles Standese. borbottando (l'ira

Gli avvolgea nelle fauci la parola),

« E che ? » dicea ; « pensate che la guerra

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GIOVANNI ALDENO

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Sulla chiesa quell'obice; o per questi

Si faccia con ciambelle ed acqua nanfa? E pe' rossi scoiattoli, che stassi

Sozzi demoni dalla Pelle Rossa?

Unica lingua, che il selvaggio ascolti, E la lingua di fuoco, che gli parla Da una bocca di bronzo. » All' anziano Sembrar parole irriverenti, e disse *

Turbato alquanto : « Non così San Paolo, Non pensavan così Luca e Giovanni ; Ne dalla bocca d' un cannon le lingue Ignee parlaro, che parlaro al mondo. » Ma la dolce rampogna al duro orecchio Di Standese non giunse : che vicino Fattosi al banco, seguitò parlando: « A me questa materia, a me soltanto

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* S'appartien di diritto. Orrihil arte E la guerra : ma dolce, come rose, È l'odor della polvere, se giusta E la cagione. Alla superba sfida Cotal risposta invia Miles Standese. »

Così dicendo dalla cava pelle Del crotalo levò l'acute frecce, E sino all'orlo empiutala di polve, Al selvaggio la rese. In tuon tremendo Indi soggiunse : « Prendi ; è la risposta. » In silenzio ssruisciò fuor della stanza Lo scintillante ambasciator portando Del serpente la pelle; e ad un serpente Simile ei stesso in tortuoso corso Fra le macchie sparì della foresta.

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Alla punta del dì, quando la nebbia Grigia dai prati si solleva, in Plinio Addormentato ancora, è moto e suono; Suon di spade e fucili ; odi il guerriero Compresso grido - Avanti ; - odi un tumulto Misurato di pie, che tosto cessa. Fuor del villaggio nella nebbia avvolto Coll'esercito suo marcia Standese, Otto fanti traendo ed una guida,

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LA PARTENZA

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Obomocco, un selvaggio, a' Bianchi amico. Di Pelli Rosse una rivolta vanno Verso norte a sedar : paion giganti Attraverso la nebbia ; e veramente Giganti son di core, in Dio credenti, Nella sua Bibbia e nelle giuste pene Che Madian percossero e Filiste. Sul loro capo sventola l'aurora Le sue rosse bandiere ; e lungo il lido La falange de' flutti, che s'avanza Romoreggiando, arene e scogli assale, Come foco di fila, e torna indietro.

Erano lungi ornai, quando di Plinio Il villaggio destossi ed al lavoro Giornaliero tornò. Dolce e leggera Spirava un'aura : il fumo uscìa da' tetti

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LA PARTENZA DEL FIORDALISO

Ricoperti di paglia, ed a Levante Ondeggiando la candida colonna Piegava : sulla via le genti in cerchio Ragionavan del tempo e dicean come Cangiato s'era il vento, al Fio?'daìiso Favorevol soffiando. La partenza Del capitano, gì' imminenti rischi Per la sua lontananza e ciò che fosse Da farsi intanto, era materia al dire. Garrian festosi irli uccelletti : in casa Il dolce labbro femminil, cantando Divoti salmi, le diurne cure Santificava. Radiante il Sole

Dal mar levossi: erano l'onde un riso, Un riso i monti a cui l'aeree cime Imporporava il Sol, che del vascello

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Scherzava nelle vele già sdrucite Ed annerate da' continui nembi Di quell'inverno. Si sbattean disciolte, Già squarciate dal vento e rattoppate Dalla ruvida man de' marinari. Subitamente, come il giorno apparve, Dal fianco del vascello imbiancò l'aria Uno sbuffo di fumo, a cui mugghiando

Dalle opache vallee con ripetuti

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Echi il rimbombo del cannon rispose,

Segnai della partenza : eco più grande

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Dal cor rispose della gente. Allora

Divotamente, con sommessa voce,

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Della Bibbia un capitolo si lesse,

E recitarsi le preghiere usate

Che in un ardente voto ebbero fine. il

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LA PARTENZA DEL FIORDALISO

Precipitosi uscian di casa intanto Di Plinio i Pellegrini, uomini, donne E fanciulletti ; al mar scendeano in folla Non senza pianto a dar l'ultimo addio Al Fiordaliso, che tornava in patria Nel deserto lasciando i vecchi amici. Innanzi agli altri Aldeno era sul lido.

Tutta la notte, irrequieto, insonne 3

Per alta febbre vigilato avea.

Miles vide passar, quando ritorno

Fé' dal Consiglio a mezzanotte : il vide

Metter pie nella stanza borbottando

In suono or di preghiera, or di bestemmia.

Sovra una coltre erasi alfin sdraiato,

Ove tacito giacque alcuni istanti ;

Poi l'intese dar volta e dir: « Destarlo

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11

LA PARTENZA DEL FIORDALISO

\ Non vo' : meglio che dorma : ancor parlarne n Che gioverebbe? » Spense allora il lume,

y E sovra un'asse si gittò vestito

Così com'era, per levarsi al primo Romper dell'alba. Si coprì le membra

s Del villoso cappotto logorato

Già nelle Fiandre ; e soldatescamente,

v Come sotto una tenda, addormentossi. s

s Surse co' primi albori. Alden lo vide Frettoloso allacciarsi il corsaletto ;

s Cingersi al fianco la fidata spada, L'invincibil sua spada di Damasco, E, levato dall'angolo il moschetto, A lunghi passi uscir. Più volte in core Del giovinetto un vivido desìo Erasi acceso d' abbracciarlo : il labbro

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A PARTENZA DEL FIORDALISO

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Più volte aperse ad implorar perdono, Che l'antica amicizia gli fea forza Co' dolci moti: ma l'orgoglio in lui Ratto spegneva il generoso istinto, Orgoglio e dell'insulto acre puntura. Così vide l'amico, che partiva Crucciato e mesto, ne gli volse un detto ; Andar lo vide a gran perigli incontro, Forse alla morte, ne gli disse addio. Si alzò di letto : della gente intese Sulla sua porta il mormorio : disceso con Gilberto, Stefano e Riccardo Fé' la preghiera del mattino ; e letto, Un capo della Bibbia, in un cogli altri Alla riva del mar venne correndo, Allo Scoglio di Plimo, che sostenne

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De' Pellegrini il pie, quando la porta D'ignoto mondo entrar la prima volta, E fu pietra angolar di grande impero.

Qui col suo palischerno era il padrone Impaziente per timor che il vento

Si voltasse a mattina e men propizie

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Gli fosser le correnti : un uom membruto,

Forte, animoso, con un acre odore

Di mar sulla persona ; iva parlando

Con questo e quello : nelle larghe tasche

Della casacca lettere e ricordi

Accumulava, e nel cervel suo breve

Mille preghi e messaggi in un confusi,

Che lo feano impazzir. Presso il vascello,

Sovra lo scoglio un pie, l' altro sull' orlo

Del palischermo, si teneva Aldeno :

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LA PARTENZA DEL FIORDALISO

Parlava ad ora ad or co' remiganti Già seduti sui banchi e desiosi

Di prender l'onda, desioso anch'esso Di lasciar quella terra e metter fine Al suo tormento. Immaginava il folle Dall'affanno fuggir, che più veloce È delle vele; e seppellir nell'onda Lo spettro, che risorto anco l'avrebbe Perseguitato. Or mentre in su la folla Gira lo sguardo, inaspettatamente Vide Priscilla, in aria sconsolata, Che si stava in disparte e fisi gli occhi Come se divinasse il suo pensiero, Tenea ne' suoi con lungo, acceso sguardo Che or parea di preghiera, or di rampogna. $ Con subito ritorno il cor d' Aldeno

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A PARTENZA DEL FIORDALISO

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Dal suo proposto si ritrasse a guisa D'uom che dall'orlo d'unburron si tolga. Strano, ben strano co' suoi bruschi moti Misteriosi è l' uman core ! Instabile

È ben la vita e ben fatale un' ora

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Sovra cui, come a cardine, si volge

Dell'avvenir l'irremeabil porta!

« Qui rimango, » sclamò : poi volto al cielo

E rese grazie a Dio, che dissipate

Abbia la notte e la follia che tratto

Presso a morte l'avean, segnò col dito

Una candida nube, che nell'aria

Sovra il suo capo fluttuava e disse :

« Quella nube lassù sembra una mano

Che la via dell'Atlantico mi additi.

Men volubil qui scorgo un'altra mano |L -93- . l

LA PARTENZA DEL FIORDALISO

E fantastica meri, che mi trattiene, Mi traecre indietro ed alla mia si avvinghia $ Come a sostegno. Ondeggia, aerea nube, E ti dilegua ! Come pugno indarno Tu ti chiudi e minacci ; io non pavento Le tue minacce o più sinistri auguri. Terra non v'ha più santa, aria più pura Del suolo che il suo pie calca e dell'aria Ch' ella respira ! Per amor di lei Qui rimarrò : come invisibil spirto Intorno a lei m'aggirerò vegliante Sostenitor di sua fralezza. Io primo Su questo scoglio il pie posi venendo ; Sarò, se accada, l' ultimo a partirne. »

Lesto intanto il padron, ma contegnoso E grave in atto, qua e girava

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A PARTENZA

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DEL FIORDALISO

Sovra la sabbia, interrogando il vento, Il cielo e le correnti: intorno a lui Si stringeva di popolo una calca Co' mesti preghi e col saluto estremo. Ad ogni mano alfin data una stretta, Qual se la sbarra del timon ghermisse, Nel palischerno si gittò d'un salto, E remò verso poppa, in cor gioioso Di tórsi a tanta noia, ed una terra Abbandonar di sabbia e di malaria, E non d'altro abbondante che di Bibbia. L' ultimo addio de' Pellegrini al tonfo

Si confuse de' remi. Eroici cori !

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Non un di lor che risalir bramasse

Sul Fiordaliso ; non un sol che, posta

Mano all'aratro, si volgesse indietro!

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LA PARTENZA DEL FIORDALISO

Tosto si udì de' marinari il canto SulP argano piegati, che la grave Ancora alzava. Si legar l' antenne ; Diersi le vele tuttequante al vento, Che traeva da sera ; e fuor del porto Il Fiordaliso uscì : girò la punta Di Gurneto e lasciando a mezzogiorno Isola, Capo delle sabbie e il campo Dal primo incontro, prese il vento in poppa, E per l' aperto Atlantico si mise, Del mar sovra le sabbie e sovra i cori De' Pellegrini che gonfiava il pianto.

Taciti a lungo le cedenti vele Stetter mirando : caro a' Pellegrini, Come se umano e vivo, era il vascello. Allor tocco lo spirito e rapito

- 03 - \1

1 LA PARTENZA DEI. FIORDALISO

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In vision profetica, scoperse Il santo capo l'anzi'an di Plinio, Ed, « oriam, » disse: oraro e ringraziato Iddio, presero ardir. Gemeano i flutti Franti allo scoglio : sospirava al vento, E si piegava sul funereo colle La bionda spica: dalle fosse alzarsi Parean l' ombre de' morti e la preghiera De' vivi accompagnar. Dal Sol percosse Sul lembo occidental dell'Oceano Biancheggiavan le vele a somiglianza Di bianchi marmi alla muraglia infissi D' un camposanto : sotto lor sepolta Giacea di fuga e scampo ogni speranza. Ed ecco, allor che i Pellegrini il passo Volgeano a' loro alberghi, ecco, sul colle

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LA PARTENZA DEL FIORDALIS

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Un selvaggio apparir, che li guardava ; Ma mentre l'uri coli' altro ne bisbiglia E col dito lo segna, era scomparso. Così gli altri tornare: il giovinetto Rimase alquanto: noverava i flutti Che lo scoglio battevano ; e gli scherzi Contemplando del Sol sulla marina,

Il Signore vedea che un'altra volta

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* Sovra l'abisso si movea dell'acque,

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Stette così fantasticando in riva Dell' Oceano qualche tempo : errava Di cosa in cosa col pensier, ma sempre Fea ritorno a Priscilla; e come avesse Forza il pensiero d'attirar le cose, Come, toccando, fa la calamita, Ecco, mentre tornava, ecco improvvisa Starsi al suo fianco la gentil fanciulla.

« Tanto in odio vi son, ch'una parola Dal vostro labbro inutilmente attendo? »

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Disse Priscilla. « Così rea son io, Perchè ier, quando voi con tanto ardore La causa altrui patrocinaste, io volli Spinta da viva irresistibil forza La vostra perorar, forse obliando Il mio decoro ? Di perdono indegna Non son però, se candida e sincera Io vi parlai; ne quel che allor vi dissi E che dir non dovea, può far persona . Che sia non detto. Nella vita arriva Un'ora, un punto, che dal core ascende La piena degli affetti; ove sia scosso; O sbadata parola, come ghiaia In colmo vase, dentro gli si getti, ' Fuori trabocca e versa ogni segreto, Come avviene dell'acqua che si spande

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PRISCILLA

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può novellamente esser raccolta. Ben di stizza e dolor ieri fui presa, Quando v'udii del capitan Standese Tanto parlar: levarne al cielo i pregi, Dir virtù le sue colpe; il suo coraggio E la fortezza gloriar, narrando Le sue battaglie nella Fiandra, come Se per battaglie d' una donna il core Conquistar si potesse. Il grande eroe Magnificando, un detto non aveste Ne per voi ne per altri. In quella guisa Quindi parlai per invincibil forza; Di che perdono vi dimando in nome Dell'antica amicizia che ne stringe Ne può prestamente esser disciolta. » Allora Alcleno, il colto giovinetto,

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Di Standese l'amico: « Io non mi dolsi

Di voi, rispose, ma di me soltanto

Che la cosa a buon fin trarre non seppi. »

« No ! » con parola rapida e sicura

La fanciulla interruppe ; « in uggia io v'era,

Perche franca e libera parlai:

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Ebbi torto ; lo sento e riconosco. Tale è la sorte della donna ; a lungo Patir, tacere, attendere, com' ombra Dannata a non parlar, fin che un alterco Del silenzio mortai sciolga l' incanto. fatta in terra della donna è l'intima Gelida vita, senza Sole, occulta Simile a lento sotterraneo fiume, Che per buie caverne il corso avvolge, Non udito, non visto, inglorioso,

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PRISCILLA

D'inutile, infinito mormorio «,

I petrosi canali affaticando. » Allor rispose Aldeno, il giovinetto Difensor della donna: « A Dio non piaccia,

Priscilla : il vero parlerò : la donna

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Simile io credo a' dilettosi fiumi,

Che dell' Eden rigavano i giardini ;

Simile al bello Eufrate, che i deserti

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Veste di rose, e le delizie antiche,

Or perdute, ricorda. » « Intendo, intendo, »

Ripigliò bruscamente la fanciulla,

« Da questi detti intendo quanto poco

Voi mi stimiate ; e quanto lieve e vana

Suoni la mia parola al vostro orecchio.

Quando dal fondo del mio cor, con pena

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* E segreta paura, io vi parlai N

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Quel fiorito, svenevole linguaggio

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Così liberamente e non vi chiesi

Che d'amicizia e cortesia mercede,

v Semplice, piano, fervido, verace

Era il mio dir : ma voi contorto e tratto

L' avete ad altro senso ; e la risposta

D'antiche frasi rimbiondir vi piacque.

Ciò non è giusto ; non è giusto e degno

Della parte miglior che alberga in voi ;

Perocché vi conosco e pregio e sento

L'anima vostra quanto sia gentile

Che può levarmi a sovrumana altezza.

Della vostra amicizia io vo beata;

Ma più calda e profonda in me sarebbe

Se mi diceste, che del numer'una

Io son delle altre donne ; e non usaste

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Che l'uom, parlando con la donna, crede Fine e leggiadro ; e la donna rigetta Come stolidità, se non insulto. »

E guardava Priscilla : cosi bella,

Così divina nella sua bellezza *

Xon l'avea più veduta. Ei che un prima «

Muto, ammirando, il giovane ascoltava

Con ardente eloquenza avea difesa La causa altrui, confuso e taciturno Parole or non trovava alla risposta. « Siam quel che siamo : sempre la parola Sia conforme al pensier, » disse Priscilla; « Siamo leali in ogni cosa al vero E al santo officio d' amicizia. Ascoso A voi non è, ne per vergogna io resto Di far palese : in ogni tempo amai

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D'esser con voi: sempre mi piacque udirvi E vedervi. Però sdegno mi prese Delle vostre parole e alquanto offesa Allor mi tenni, che d'un vostro amico Mi spronaste alle nozze, ancor che fosse Il grande capitan Miles Standese. Perocché tuttoquanto il ver dirovvi: Della vostra amicizia io più son lieta Che di quanto è l' amor eh' ei mi donasse, Fosse in doppio l'eroe che voi pensate. »

Così dicendo la man stese : Aldeno

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L'afferrò trepidando: e le ferite

Che in petto avea, profonde e sanguinose,

Tosto senti rimarginarsi al tocco

Di quella man. Commosso il giovinetto,

Con voce lagrimosa allor soggiunse :

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Sentiano i cuori ; tal che motteggiando

« Sì, sempre amici noi sarem : di quanti V'offriranno amicizia, io sempre il primo, Il più fido, il più schietto ed il più caro ! >

Dato un ultimo sguardo alle lontane Vele del Fiordaliso, ancora in vista, Ma già presso a calar dall' orizzonte, Volsero insieme alla magione il passo L'animo tocchi d'indicibil ansia, Qual, se, degli altri al dipartir, soletti Fosser rimasti in un deserto. Intanto Per la campagna procedendo al raggio

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Rallegrator del Sole, alleggerirsi

Chiese Priscilla: « Or che a selvaggi incontro Ito è il tremendo capitan, più lieto Di sterminar, che di fondar famiglie ;

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Dissigillar potete il labbro e dirmi Quel che corse fra voi, quando tornaste L' ultima notte con l' ingrata nuova Del mio rifiuto. » Aldeno tuttaquanta La storia le narrò, la propria ambascia E l'orrendo furor del capitano. Sorrise la fanciulla e fra commossa E sorridente disse: « È un caminetto Che si scalda in un attimo ! » Ma poscia Ch' ei la riprese gentilmente e disse L' immenso dolor suo, per cui disposto S' era a partir quel col Fiordaliso, E che soltanto per amor di lei E per timore d'imminenti danni Era rimasto, i modi e le sembianze Di Priscilla mutaro: articolando

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A stento le parole, « Io vi ringrazio, » Disse : « quanto gentil meco voi foste ! »

Come divoto pellegrin, che mova Verso Gerusalem, tre passi avanza Ed un recede : zelo lo sospinge E lo trattien rossor delle sue colpe; Lenti così, ma con securo passo, Retrocedendo e pur sempre avanzando, Questi due giovinetti Pellegrini Camminavano verso Terra Santa, La Terra Santa de' dorati sogni, Dall'amore sospinti e trattenuti Alcun poco dal dubbio e dal rimorso.

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A GRANDI passi intanto il capitano Verso Borea marciava, attraversando Selve, paludi e lungo i curvi seni Delle spiaggie girando, a gran giornate, D' indugi impaziente : ardea lo sdegno Nelle sue vene, ed il sulfureo odore Della polve salivagli alle nari, Giocondo più che tutte le fragranze Della foresta. Procedea composto, Muto, accigliato, rivolgendo in mente

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LA MARCIA DI MILES STANDESE

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La sua disfatta. Alle vittorie avvezzo E ai facili trionfi, esser deriso, Oltraggiato, atterrato, calpestato Dal pie d'una fanciulla: esser tradito Dall' amico, in cui posta ogni fidanza, A cui commessa la sua vita avea, Cosa non era da portarsi in pace ; E dell'altero capitano il core Gonfio d' ira battea sotto l' usbergo. « Io solo, io solo, mormorando andava, Son degno di rampogna: io fui lo stolto. Vecchio soldato dall'austera faccia, Che sotto l'armi incanutì, dovea Farmi un Adone e corteggiar fanciulle? Non fu che un sogno - passerà - ben altri Sogni passar: credea che fosse un fiore

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LA MARCIA DI MILES STANDESE

E non fu che un' erbaccia : ora lo strappo E getto al suol : sarò quel che ognor fui Un di battaglie innamorato, un prode Vagheggiator di zuffe e di vittorie ! » Così volgendo in cor la sua sconfitta,

Senza far alto, camminava il giorno, E la notte posava alla foresta, Di sotto a' rami contemplando il cielo Di fuochi innumerabili distinto.

Dopo il cammino di tre giorni, il campo De' Selvaggi scovrì, fra la marina E la foresta, sul confin d'un prato. De' padiglioni al limitar le donne Lavorando sedean : figli e mariti, Truci a vedersi, imbellettati a guerra, Stavan fumando ad un gran fuoco intorno

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A MARCIA DI MILES STANDESE

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E favellando. In pie sursero appena Vider da lungi l' appressar de' Bianchi, E lo splendor, che dai bruniti usberghi Dalle spade e moschetti il Sol traeva. Due di lor s avanzaro a parlamento Col capitano, come dono offrendo Alcune pelli : l' amicizia in volto Ma l'odio e la vendetta aveano in core. Eran fratelli i due giganti, orgoglio Della tribù, come Goliatte ed Ogo, Quel di Basàn terribil re: membruti E torreggiane : Pecsuotto il nome Era dell'uno, Uattaumà dell'altro.

Pendean loro dal collo entro guaine Di madreperla più coltelli aguzzi, Affilati a due tagli: astuzia e frode

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A MARCIA DI MILES STANDESE

Eran l'altre armi. « Benvenuti, Inglesi, » Dissero: avean questo saluto appreso Da' mercatanti, che di tempo in tempo Visitavan que' lidi a far baratto E mercato di pelli. Indi parlaro Nel linguaggio materno, che a Standese Dichiarava Obomocco, a' Bianchi amico, E fidissima guida e turcimanno. Chiedean vesti e coltelli ; e prima d' altro I moschetti e la polve, che nascosta Dicean tener nelle cantine i Bianchi In una con la morte ad uscir pronta, Pronta la strage a fulminar ne' Rossi Fratelli. Ricusò Miles Standese Ed offerse la Bibbia. Allor repente Cangiar di tuono ed a bravar si diero

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LA MARCIA DI MILES STANDESE

E millantarsi. Con un salto innanzi Si pose all'altro Uattaumà: crollando

L'altero capo, così disse: « Aperto Ne' feroci tuoi sguardi, o capitano,

10 veggo il tuo furor: ma non paventa

11 valoroso Uattaumà. Non nacque

Egli di donna : a culla una montagna

Ebbe ed a madre d' una quercia il tronco

Spaccato dalla folgore ; d' un salto

Fuori balzò, terribilmente armato,

Gridando : Chi sarà che l' ira affronti

Del valoroso Uattaumà? » Parlando

Il suo coltello sguainò : la lama

Ne forbì sulla manca inumidita;

Brandirlo in alto e fé' veder nel pome

Una faccia di donna ; indi riprese

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LA MARCIA DI MILES STANDESE

Con bieco sguardo ed infernal sogghigno : « L'altra metà, con faccia d' uom nel pome, «j In casa m'è rimasta: immantinente Farne le nozze io vo', che sontuose E feconde saran di figliolanza. » Allor si fece Pecsuotto innanzi Borioso, lanciando al capitano Torbidi sguardi: con leggere dita Fea percotendo tintinnir la lama Che gli pendea sul petto ; or la traeva A mezzo, or respingea nella guaina E borbottava: « Or or vedrò: gran pasto Preparando le van : ma la meschina Non sa parlare. È questi il capitano, Questi quel grande capitan, che i Bianchi Hanno mandato a sterminarne '? Ometto,

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LA MARCIA DI MIT.ES STANDESE

Rientra in casa e fra le donne annaspa. »

Il capitano avea notate intanto Facce e figure di Selvaggi occulti Nella foresta, che di pianta in pianta Fean capolino e si traean carponi, Con archi tesi, di cacciar fingendo :

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E passo passo procedendo in cerchio

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Più le reti stringean del loro agguato. Non atterrito il capitan guatava Dissimulando ; e, come il buon cronista Narra, che scrisse nelFetà de' padri, Trattando li venia con dolci modi. Ma quando udì l'atroce sfida, il vanto, La rampogna e P insulto, il caldo sangue De' suoi maggiori, di Sir Ugo il sangue E di Turstòn, gli ribollì nel core

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LA MARCIA DI MILES STANDESE

E delle tempia gli gonfiò le vene.

Contro il pagan millantator gittossi

E, strappato il coltel dalla guaina,

Tutto nel petto glielo immerse. A terra

Rovescion cadde il barbaro, rivolta

Al ciel la faccia minacciante ancora.

Surse ailor dalla selva orrendo grido;

E tosto, come raffica di neve *

Aggirata dal vento, una tempesta

Di pennute quadrella intorno piovve.

Seguì di fumo un nugolo; dal fumo

Nelle paludi e nelle fitte macchie

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Rapido un lampo, dietro il lampo il tuono, E non vista la morte innanzi corse. Sgomentati i Selvaggi in fuga volti

s Scampo cercar: ma non il lor sachemo,

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LA MARCIA DI MILES STANDLSK

Il prode Uattaumà diede le spalle: Ei giaceva. Una palla attraversato Il cervello gli avea : cadde abbrancando Con ambe mani il suol, come se morto Ancor lo contendesse allo straniero.

Del prato sovra i fior giaceano i morti, E sovra loro, taciturno, al petto Fattosi croce delle braccia, stava Obomocco, de' Bianchi amico e guida. Stava ghignando, e volto finalmente Di Plimo al prode capitan, dicea: « Pecsuotto altamente, in ver, vantava L' intrepido suo cor, la sua statura E la sua foi'za e te diceva ometto. Or vedo io ben che t'è bastato il braccio Per porlo in terra senza moto e lingua. »

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LA MARCIA DI MILES STANDESE

Così Standese combattuta e vinta La prima pugna avea. Quando le nuove Giunsero a Plimo e, qual trofeo di guerra, Del prode Uattaumà la tronca testa Sul colmigno mirar della fortezza, (Era fortezza in pari tempo e chiesa) Tutti gioirò, reser grazie al cielo, E ripresero ardir. Sola Priscilla Gli occhi torceva dall' orribil teschio, Dio ringraziando che sprezzar le fece L' offerta di Standese. Una segreta Cura però di brividi l' empiea ; Era il terror, che dalle sue battaglie Ei ritornando la man le chiedesse In prezzo e guiderdon della vittoria.

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.Mesi e mesi passarono: in autunno Qualche vascel di mercatanti onusto Di frumento e di greggi, ai Pellegrini Schiere di amici e di congiunti addusse. Xel villaggio era pace: altri piallava E fabbricava; altri segnava aiuole E limiti nel campo ; chi le zolle Frangea; chi l'erba recidea ne' prati; Chi lungo il mare insidiava a' pesci

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LA RUOTA DEL FILATOIO

E chi il cervo inseguia nelle foreste. Nel villaggio era pace: ma di tempo In tempo voci si spargean di guerra, Che stringean di sgomento i Pellegrini. Miles Standese allor co' fanti uscendo Spazzava la campagna: in più battaglie Vinto il nemico, in tanta gloria ei venne Che terror delle genti era il suo nome. Gli durava la bile, ma temprata Di segreto rimorso e pentimento, Che ne' nobili cor sempre allo scoppio Succedono dell'ira, in quella guisa Che la marea crescente il corso incontra D'un fiume in sulla foce e colle dolci Acque confonde del suo sai l'amaro. Aldeno intanto una magion si aveva

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LA RUOTA DEL FILATOIO

Edificata di robusto abete Tolto a' boschi vicini e riquadrato Colla mannaia. Armavano la porta Sbarre di legno: coprian giunchi il tetto: Ogni balcon sue persiane avea Con impannate d'oliata carta, Che al Sol loco, e piogge e venti esclude. Scoverse un pozzo e vi condusse intorno Un orticello : ancor qualche vestigio Dell' orticel rimane e della fonte. Presso l'albergo aperta era la stalla Ove securo e placido, Grancorno, Il bel giovenco, che toccato in sorte, Nel divider l'armento, era ad Aldeno, Stavasi ruminando la pastura Tutta odorosa di selvaggia menta.

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Spesso, finiti i suoi lavori, in fretta L'innamorato giovane prendea Il sentier che per boschi all'abituro Di Priscilla mettea : con dolce incanno La fantasia gli fea sembrar dovere

Quel ch'era suo diletto: a lei credea

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Lo guidasse amicizia ed era amore.

Sempre di lei pensava, o le pareti

Della casa imbiancasse, o con la zappa

Governasse il giardino; e più sovente

Ne' festivi, allor che nella Bibbia

Leggea l'encomio della Donna Saggia,

Come nel libro de' Proverbi è scritto:

« In lei confida del marito il core;

Quante son le giornate di sua vita,

Bene e non male in casa ella gli apporta :

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LA RUOTA DEL FILATOIO

Sempre il lino e la lana ha fra le mani, Sempre il fuso alle dita : ella non teme Il rigor delle nevi : ha preparati Due mantelli pei servi; e per se d'ostro E di bisso tessuto ha vago manto. »

Dopo il meriggio d'un bel d'autunno Sedea Priscilla al filatoio : Aldeno In faccia le sedea mirando il moto Delle preste sue dita, come fosse Il suo stame vital eh' ella filasse. Dopo una pausa, al romorio del fuso E della rota, ei disse: « In ver, Priscilla, Quando vi miro tutto il giorno attorcere Ed incannar, mai di riposo un' ora, E d' altri assai più che di voi pensosa, Rapido il mio pensier vi trasfigura,

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LA RUOTA DEL FILATOIO

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più Priscilla siete voi, ma Berta La bella filatrice. » A questi accenti Il pie lieve di lei calcò più celere Sovra il pedale : più veloce il fuso Girando diede un balzo, e il tronco filo Dalle dita scattò della fanciulla. Non se n'addiede Aldeno e seguitando Impetuoso il dir: « Berta voi siete, Berta » gridò, « la bella filatrice, La regina d'Elvezia. Io la sua storia Presso un oste già lessi in Inghilterra : Come sul bianco palafren girando Per pianure, per valli e per montagne

Ella filava ognor, traendo il filo

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Dalla conocchia nell'arcion confitta.

Operosa così, così serena

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LA RUOTA DEL FILATOIO

Trasse la vita, che di Berta il nome È passato in proverbio. E tale un giorno Sarete voi, quando avverrà che taccia Nell'abituro de' coloni il rombo Del filatoio : allor le madri industri

Ricorderanno, rampognando, i giorni

Della lor fanciullezza, i giorni antichi

Ch'erano d'oro, i giorni di Priscilla

La filatrice. » In pie ratto levossi

La Puritana vergine gentile,

Che si compiacque d'ascoltar le lodi

Del suo lavor dal labbro, onde le lodi

Dolcissime venian : trasse dall'aspo

Una bianca matassa, e del garzone

A' cari detti rispondendo disse :

« Venite innanzi: brutta cosa è l'ozio;

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LA RUOTA DEL FILATOIO

Se della buona moglie io son l'esempio, L'esempio siate voi del buon marito, Tenete in vostra man questa matassa Ch'io verrò sviluppando ed avvolgendo In gomitolo. Un dì, quando più in fiore Non saran queste usanze, i buoni padri A' figli narreran gli antichi giorni,

I giorni d'oro di Giovanni Aldeno. » Così scherzando nelle man di lui Pose e distese la matassa : in atto D'uom attonito il giovane sedea Con le braccia rivolte alla fanciulla, Che ritta e tutta grazia iva svolgendo

II tenue stame : ora il garzon sgridava Pel suo zotico modo di tenere, Ora sgroppando un nodo, o distrigando

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LA RUOTA DEL FILATOIO

Più fili attorti, le man gli toccava, E un torrente d' elettriche scintille - Come altrimenti? - gli mettea nel sangue. Erano a mezzo l'opra, ed ecco ansante Un messaggiero entrar che orrende nuove Apportava da Plinio, ove dal labbro D'un Selvaggio le udì: Miles Standese Era morto : una freccia avvelenata, Mentre guidava i suoi, l' aveva ucciso. Gli fu teso un agguato : ivi con tutta La sua banda peri : tosto le fiamme Si vedranno di Plinio e tuttaquanta La sua gente svenata. Al diro annunzio Gelaro, impallidir : muta Priscilla, Inorridita, con le braccia alzate, Simile a statua, il dicitor guatava.

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LA RUOTA DEL FILATOIO

L'altro balzando in pie, come se il dardo Lui pur trafitto avesse, e la catena Fosse rotta per sempre, ond' era avvinto, D'opposti affetti in gran tempesta assoiio, Con segreto gioir dell'acquistata Libertà di duol misto e di rimorso ; Ignaro d'ogni cosa e di stesso Abbracciò la fanciulla, e come cosa Già propria, al core se la strinse e disse : Quei che congiunse Iddio, l'uom non separi! 5

Come due rivoletti, che distanti Han le fonti sull'alpe, al pian discesi, Per obbliquo sentiero in traccia vanno L'uno dell'altro e fansi ognor più presso ; Si congiungono al fine e la foresta Allegrai! colle chiare onde sorelle ;

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LA RUOTA DEL FILATOIO

Così queste due vite, che scorrendo Per diverso cammin, giunsero in vista L'una dell'alti-a, e poi per repentini Impedimenti deviar, più sempre Si vennero accostando e, vinto alfine Ogni ritegno, si son fuse in una.

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FUOR delle nubi, che gli fean cortina, Fuor della tenda di scarlatto e d'oro Usciva, Grande Sacerdote, il Sole ; Santità del Signor sulla sua fronte Scritto portava in lettere di luce ; L'Efod raggiante gli scendea dal petto Con auree squille e melagrane ai lembi. Uscìa la terra a benedir : le nubi

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IL GIORNO DELLE NOZZE

Sotto il suo pie parean sgabel di bronzo Listato a sbarre e l'Ocèan lavacro. Tale il mattin splendea, che di Priscilla, La Puritana vergine, le nozze Illuminava. Già raccolti insieme Eran gli amici : l'Anziano e il Giudice, Del Vangel guardiani e della Legge. L'uno il suggel uman, l'altro il divino Posero al rito semplice e modesto, Pari a quello di Ruth, quando legossi Al vecchio sire di Betlemme. Il giuro, Che l'amore consacra, i giovinetti Del Giudice iteraro alla presenza, Come la legge Puritana impone Ed insegna d'Olanda il bel costume. Devotamente, caldamente allora

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IL GIORNO DELLE NOZZE

Per la famiglia nell'amor fondata Pregò di Plinio l'Anzìan, chiamando Ogni dono del ciel sovra gli sposi.

Ed ecco, allor che il rito era compiuto, Sovra la soglia una figura apparve

Stava già da più tempo inavvertito L'ospite ingrato. Ne' suoi torbidi occhi Di tratto in tratto balenava un raggio,

D'orribile sembianza, tutta chiusa

In vestito d'acciar. Perchè lo sposo Balza in piedi atterrito e gli occhi sbarra ? Perchè la sposa impallidisce e cela

Dello sposo sull'omero la faccia ? È spettro o vana illuslon degli occhi ? È infausta larva dal sepolcro uscita

A turbare le nozze ? In sulla porta

IL GIORNO DELLE NOZZE

Che parea l'ombre dissiparne e i moti

Miti e gentili rivelar del core,

Come di sotto al rugiadoso velo 5

D'assottigliata nube il sol traspare.

Una fiata per parlar la mano

Levata in alto e mosso il labbro avea ;

Ma poi tacque : un voler ferreo le penne

Parve troncasse a' meditati accenti.

Ma posto fine al rito e alle preghiere,

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E congiunti gli sposi e benedetti,

L'ombra a gran passi si avanzò : la gente. Raffiguro di tutto punto armato Miles Standese, il capitan di Plinio,

Che agitato la man strinse allo sdoso

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E, « Perdonami, » disse. « Aspro, iracondo *

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Fui di soverchio e covai l'odio a lungo ;

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IL GIORNO DELLE NOZZE

Fui ben crudele : ora, mercè di Dio, ì

Tutto finì. Nelle mie vene il sangue

Arde che in quelle di Sir Ugo ardea, Ugo Standese, ad infiammarsi pronto, Pronto a placarsi. Mai, com'era, amico Ad Aldeno non fu Miles Standese. » Rispose il giovinetto : « Ogni altra cosa Seppelliam nell'obblìo : sola l'antica Amicizia rimanga ognor più cara. » Il capitan die un passo, e contegnoso Priscilla salutò con un inchino, Come suol far la nobiltà tagliata *

All'uso antico in Inghilterra ? un misto *

Di contado e città, di campo e reggia. ^

Congratulossi di sue nozze e molto Dello sposo parlò con alta lode.

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IL GIORNO DELLE NOZZE

Poi disse sorridendo : « Io ben dovea L'antico adagio rimembrar : servito

Esser vuoi ben ? servi te stesso ; e l'altro *

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Non si colgono visciole a Natale. »

Lo stupore del popolo fu grande

E più grande la gioia ancor vedendo

Del capitano l'abbronzata faccia,

Del loro capitan, che come morto

Avean già pianto. Gli fean calca intorno ;

E, lasciati gli sposi, interrogando,

Rispondendo, con ilare schiamazzo,

L'un l'altro interrompea, finché pigiato

Dalla folla crescente, il buon guerriero

Dicea, che volentieri ito all'assalto

Sana d'un campo di Selvaggi prima

ìì Che venir non chiamato a nuove nozze.

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IL GIORNO DELLE NOZZE

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Lo sposo intanto della sposa allato Stava sull'uscio respirando il puro Soffio odorato del crescente giorno. Vasta, deserta, d'autunnali tinte Lievemente cosparsa innanzi ad essi Si stendea la campagna : ivi le fosse Dei cari estinti e l'arenoso lido ; Ivi i solchi sudati e le foreste De' vecchi pini ; ma foreste e sabbie De' giovinetti al guardo innamorato Forma e color prendean del paradiso Passeggiato da Dio, di cui la voce Nell'alto mugghio udian dell'Ocèano.

Dalla soave vision gli tolse Lo scompiglio e romor della partenza. D'indugio impaziente uscia la turba

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IL GIORNO DELLE NOZZE 4'

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Degl' invitati e fea ritorno all'opre

Quel lasciate non perfette. Aldeno

Lieto e superbo della sua Priscilla, ì ■?

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D'una stalla vicina, fra le voci

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Del comune stupor, trasse il giovenco, Il suo bianco giovenco obbediente

Alla man che il guidava ed alla fune

Raccomandata ad un anel di ferro

Nelle narici : gli copriva il dorso Di vivace scarlatto una gualdrappa Con morbido cuscin di sella invece. « Nella polve e calor del mezzogiorno, » Dicea, « non deve camminar Priscilla; Cavalcar dee come regina: a piedi Vanno i borghesi. » Ricusò dapprima, Poi confortata dall'altrui parole,

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IL GIORNO DELLE NOZZE

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Posta la mano in sul cuscino e il piede

Nella man dello sposo, allegra e balda

La fanciulla salì sul palafreno

Dolcemente ridendo. « Altro non manca, » %

Proruppe Aldeno, « che la rocca : allora

La mia Berta sarai, la mia regina. »

La comitiva nuzì'al movea ^

Alla nuova magion, marito e moglie $

E pochi amici conversanti insieme. Piacevolmente mormorava il rivo Che nel bosco guadar : parve felice D'accogliere nel sen la bella immagine Che tremola passò sull'onde azzurre, Come sogno d'amor. Splendeva il Sole Fra le foglie ingiallite ed i pendenti Racemi imporporava, che l'olezzo

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IL GIORNO DELLE NOZZE

Sottil mescean de'pini alla fragranza ; Boscherecci racemi e pur giocondi Come que' che d'Escòl nutre la valle. Era una scena pastoral, che in mente Richiamava altre età, Rebecca, Isacco E quella cara gioventù del mondo Sempre nova ed antica e sempre bella ; Giovane amor, che si propaga eterno Colla fuga degli anni in mille amanti.

Così di Plimo attraversando i boschi Facea ritorno il nuzi'al corteo.

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SCELTE POESIE LIRICHE

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IL FABBRO DEL VILLAGGIO

Sotto l'antico noce fronzuto Abita il fabbro della borgata ; Un poderoso dal petto irsuto E dalla scabra mano onorata : Le nerborute sue braccia aduste Son due d'acciaio spranghe robuste.

Ha nero il crine, ricciuto e folto, Fuligginosa l'austera faccia :

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SCELTE POESIE LIRICHE

D'oneste gocce bagnato il volto Ei qualche cosa sempre procaccia ; Nulla ad uom deve ; quindi giocondo Guardare in faccia può tutto il mondo.

Dall'alba a sera, di settimana In settimana, sovra l'incude, Come i rintocchi d'una campana, Suonano i colpi del martel rude : Sulle stridenti brace il ventoso Mantice anela senza riposo.

I fanciulletti, che dalla scola Tornano, all'uscio fermano il passo ; - E contemplando senza parola

Stanno il martello che or alto, or basso,

Fuor della soglia correre a mille, Come la pula, fa le scintille.

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IL FABBRO DEL VILI

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Nelle giornate sacre al Signore Scende alla chiesa co' figliuoletti : Ode la voce del suo pastore E fa conserva de' santi detti : Ode la figlia che canta in coro E va gioioso del suo tesoro. ^

In quella voce sente la voce Della sua donna che in cielo or canta : Pensa la fossa, pensa la croce Che copre l'ossa di quella santa ; E con la dura mano callosa ti

Terge la dolce lagrima ascosa.

Mesto, giocondo così lavora Quante son l'albe della sua vita: L'opra abbozzata vede l'aurora, Vede la sera l'opra fornita :

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SCELTE POESIE LIRICHE

Di sue fatiche mai non si lagna Ed il suo sonno tardi guadagna.

Grazie, a te grazie, buon popolano, Che tal mi porgi stimolo e sprone ! Così sudando lo spirto umano Foggi a se stesso le sue corone ; Temprata al foco della sventura Foggi ciascuno la sua figura !

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Cadean veloci l'ombre di sera, E per nevoso borgo montano Passava un forte ch'una bandiera Alto portava col motto strano :

Excelsior!

Mesta la fronte; ma la pupilla Come snudata lama splendea : Tromba, che in suono vivido squilla, Lo sconosciuto grido parea :

Excelsior !

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SCELTE POESIE LIRICHE

Vede, passando, l'allegra vampa Ne' focolari : l'erto ghiacciaio, Siccome spettro, sovra s'accampa ; Ed ei dal core mettendo un guaio :

Excelsior !

Diceano i vecchi : « Ferma ! Non senti Ruggire il nembo sulla tua testa ? Larghi e profondi sono i torrenti ! »

Ma lo squillante grido non resta : -

Excelsior !

« Ferma, riposa su questo seno! » L'impaurita vergin dicea : Di pianto il cenilo occhio ripieno Ei sospirando le rispondea :

Excelsior !

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EXCEI.SIOK

« Della valanga l'insidie temi : Temi del pino che si scoscende, » Fùr de' pastori gli avvisi estremi: Ma dalle cime voce discende :

Excelsior !

Nell'ora incerta che il cielo aggiorna, Del San Bernardo quando il Romito Al giornaliero salmo ritorna, Per l'aria torba fu. un grido udito :

Excelsior !

Un viandante dal fido alano Era alle nevi tratto di sotto : Stringeva ancora la fredda mano Una bandiera col fiero motto :

Excelsior !

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SCELTE POESIE LIRICHE

Spento, ma bello giace il valente Nel bigio lume d'algida aurora ; E, come solco d'astro cadente, Voce da' cieli piove sonora :

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IL NAUFRAGIO VELVHESrERl'S

A mezzo verno per l'Ocèano Velocemente l'Esperò andava : L'ore noiose del capitano Giovanettina figlia allegrava.

Ha gli occhi azzurri qual fior di lino ; Rosea la guancia come l'aurora : Gareggia il petto col biancospino, Quando di maggio l'aura V infiora.

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SCELTE POESIE LIRICHE

Il capitano stava al timone, Cheto fumando : guatava attento Se il fumo verso settentrione, O verso l'austro portasse il vento. Sul ponte ascese vecchio piloto Che il mar più volte corse di Spagna E disse : « Il nembo non è remoto ; Signor, quel porto tosto guadagna.

Ieri la luna portava il cinto : Vggi, qual vedi, si tien celata. » Il capitano dal riso vinto Gli risposta d'una fumata.

L'acuta brezza fassi più greve: Da tramontana vien la tempesta : Impetuosa fischia la neve E delle spume monta la cresta.

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IL NAUFRAGIO DELL' 'HESPERUS

Ruina il nembo : stride l'antenna ; Lo scosso legno, come corsiero Che spaventato sosta e s'impenna, Corre, s'arresta, muta sentiero.

« Vien qua, piccina ! pei'chè paventi? Vien qua, mio core, di che mai tremi ? Vinte ho maggiori furie di venti, Che non son, cara, queste che temi. »

Ei contro il freddo della bufera Del suo velloso saio la cinse ; Tagliò la fune d'una bandiera Ed al bompresso stretta l'avvinse.

Padre, lo squillo d'una campana Panni d'udire: perchè tal cosa? » « Qualche scogliera non è lontana D'ingannatrici nebbie nascosa. »

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SCELTE POESIE LIRICHE

« Padre, il cannone tonare ascolto ; E che vuol dire ? » - « Qualche naviglio Pe' tempestosi flutti travolto D'inabissai"si corre periglio. »

« Padre, di fuochi l'aria risplende. Che voglion questi lampi che miro ? » Parola il padre più non le rende : Presso le giace senza respiro.

Presso il timone giace percosso, Volta la faccia livida al cielo : Della lanterna tremola il rosso Lume negli occhi fatti di gelo.

Giunge la figlia palma con palma Scampo pregando dalla mina: A Gesù pensa, quando la calma Rendeva a' laghi di Palestina.

IL NAUFRAGIO VEUlHESPERUS

A mezzanotte portato a volo, Di fìtta neve sotto il flagello,

Come fantasma nel suo lenzuolo,

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Contro la spiaggia corre il vascello.

Tuona da terra fra gl'interrotti Fischi del vento lungo muggito : È il vorticoso rombo de' fiotti Franti sull'irte l'occie del lito.

L'affaticata prora già rade Le ascose secche : già d'acqua un monte Che fragoroso sovra le cade, Tutta la ciurma spazza dal ponte.

Ribolle il mare soffice e bianco, Che sembra lana ; ma largo foro I sassi al legno fanno nel fianco,

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Come iraconde corna di toro.

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Antenne e vele cascano avvolte Di ghiaccio e neve sulla coperta : La stanca nave gira tre volte, Indi scompare nell'onda aperta.

Un pescatore, che sulla punta Del lido, all'alba, rattenne l'orma, D'una fanciulla testé defunta Stretta ad un tronco vide la forma.

Sovra il suo petto rappresa è l'onda, E sulle azzurre pupille spente ; Su e giù la lunga chioma a seconda

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Va fluttuando della corrente. Carco di neve così periva L'Esperò in notte ventosa e scura. Lontan ne tenga Dio dalla Riva Che ben si noma della Sventura.

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IL VECCHIO OROLOGIO

SULLA SCALA

Cinto di torri, come un castello, Sorge nei campi gotico ostello ; De' porticali sul pavimento L'ombra de' pioppi scherza col vento ; E sulle scale dalla parete Vecchio orologio lento ripete : Sempre mai Mai sempre.

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SCELTE POESIE LIRICHE

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Simile a frate che, delle braccia

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Dalla massiccia cassa di noce,

Sotto il mantello fattasi croce, Tien sospirando china la faccia, Segna col dito Fora che vola, E ricantando va la parola : Sempre mai Mai sempre. Di giorno è voce fievole e bassa ; Ma quando l'ombra tacita cala, Come romore d'orma che passa,

E picchia all'uscio de' dormitori : Sempre mai Mai sempre.

Tremola echeggia nell'ampia sala ; Striscia pei lunghi chiostri sonori

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IL VECCHIO OROLOGIO SULLA

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Giorni di nascita, giorni di morte,

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Giorni di riso, giorni di duolo Mescer qui dentro volle la sorte : Sublime, immobile degli anni al volo, L'antico bronzo contempla il tutto E suona in flebile nota di lutto :

Sempi'e mai

Mai sempre. Aperta ai passi del pellegrino In ogni tempo fu la magione : Ruggian le vampe dentro il camino ; Lauta fumava l'imbandigione ; Ma, come spettro, fra i commensali Scendeano i lugubri motti fatali :

Sempre mai ^

Mai sempre.

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SCELTE POESIE LIRICHE

Qui di bambini scherzava un coro: le donzelle co' giovanetti ^

Ivano a paro : che notti d'oro ! Che primavera d'anni e d'affetti ! Come l'avaro le sue monete, Quelle ore il bronzo conta e ripete : Sempre mai Mai sempre.

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Da quelle soglie biancovestita

Uscì la prima sera la sposa : Spenta nel pieno fior della vita In quell'oscura cava riposa. I/antico bronzo l'inno ferale Accompagnava d'in sulle scale Sempre mai ^ Mai sempre.

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IL VECCHIO OROLOGIO SULLA SCALA

Tutti sparirò. Van altri errando : Altri co' morti fanno soggiorno. Che se non senza pianto io dimando :

« Faranno i cari volti ritorno ?

Ritorneranno l'ore gioconde? »

L'antico bronzo cupo risponde : Sempre mai Mai sempre. Sempre ne' cieli, mai sulla terra !

Lassù son tronche l'ale degli anni :

Esiglio e morte più non dan guerra;

Ivi le glorie, quaggiù gli affanni.

Inalterabile bronzo ne' cieli

Ratte l'eterne note fedeli : Sempre mai Mai sempre,

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LA FANCIULLA METICCIA

Con flosce vele nella laguna Sta del Negriere l'agii goletta : Che dall'Oceano spunti la luna E fresche l'aure soffino, aspetta.

Sta ricovrata sotto la sponda: La ciurma intanto de' rematori Guata in silenzio quando dall'onda Striscino a proda gli alligatori.

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SCELTE POESIE URICHE

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Di tempo in tempo l'olente fiato D'aromi e cedri sentono in viso ; E sembra in terra d'onta e peccato Aura sviata di paradiso. ^

Steso il Colono sulla sua scranna Cerca, fumando, tòrsi a un pensiero : Sul saliscendi della capanna Tien l'inquieta mano il Negriero.

Dice : « Sull'ancora il bastimento E colaggiuso nella laguna : Attendo il fresco soffio del vento E che dal mare spunti la luna. »

Innanzi ad essi, la faccia alzata, Timida in atto, senza favella, Sta più che attenta, meravigliata, Una 'meticcia bruna donzella.

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LA FANCIULLA METICCIA J

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Ha nudo il collo, nude le braccia : v

Unico ornato, lunghi capelli s

Sul rubicondo labbro pudico k

* Erra un sorriso modesto e vago,

Come sul muro di tempio antico *

D'un santo espressa ride l'immago. ^

Ha grandi gli occhi, splendidi e belli

E gaia benda che al fianco allaccia.

« Vecchia è la casa : grave il lavoro, » Seco il Colono pensa e sospira : L'avido sguardo pone sull'oro, Alla fanciulla quindi lo gira.

t Dall'inumano barbaro eccesso

s Inorridita l'anima abborre ;

Ond'ella viene sa: di che amplesso.... Qual nelle vene sangue le scorre.

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SCELTE POESIE LIRICHE

Ma di natura grido non vale : Al lucido oro la mano ei stende. Ella scolora : gelo mortale Tutto il virgineo corpo le prende.

Fuor della soglia la riluttante Tragge il Negriero, la trae per mano Misera schiava, misera amante A qualche ignoto lido lontano.

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POMERIGGIO IN FEBBRAIO

Il giorno discende : S'infosca la sera : Il gelo rapprende Palude e riviera.

Da' nugoli tetri Un ultimo raggio Rosseggia ne' vetri Dell'ermo villaggio.

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SCELTE POESIE LIRICHE

La neve ricade :

La nebbia si affolta : Xon segna più strade La siepe sepolta.

Con capi velati,

Di spettri in sembianza, Un lento pe' prati Mortorio si avanza.

Lamenta la squilla :

I gravi rintocchi Simpatica stilla

Mi chiamano a<di occhi.

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Van l'ombre crescendo :

II core più forte Seconda battendo La squilla di morte.

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INDICE

Prefazione Pag. 5

I Miles Standese 15

II .... Amore ed Amicìzia 27

III... Il Messaggio dell'Amante 41

IV ... G: : ■■ ar.-.-.i Aldeno 61

V.. . La Partenza del Fiordaliso ........... 79

VI... Priscilla.. .. 97

VII.. La Marcia di Miles Standese in

Vili. La Ruota del Filatoi: 125

IX... I: Giorno delle Nozze i_-p

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INDICE

Scelte Poesie Liriche

Il Fabbro del Villaggio pag. I53

Excelsior # T

Il Naufragio <ì&\Y Hesperus T^t

Il vecchio Orologio sulla scala ... ^7

La Fanciulla meticcia . I?,

Pomeriggio in Febbraio I?7

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