HARVARD UNIVERSITY LIBRARY OF THE Museum of Comparative Zoology ^>T>- Z MITTHEILUNGEN J AUS DER ZOOLOGISCHEN STATION ZU NEAPEL ZUGLEICH EIN REPERTORIUM FÜR MITTELMEERKÜNDE. ACHTER BAND. MIT 25 TAFELN UND 3 HOLZSCHNITTEN. BERLIN, VERLAG VON R. FRIEDLÄNDER Sc SOHN. ■'■" 1888. es - ^ Inhalt des achten Bandes. Erstes Heft. Ausgegeben am 24. März 1688. Seite Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. Per F. Raffaele. (Con le tav. 1 — 5.) 1 Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. I. Ricerche sullo Scolex lìolymorphus Rud. di F. S. Monticelli. (Con le tav. tì e 7, e 3 incisioni nel testo.) 85 Zweites Heft. Ausgegeben am 6. Juli 1SS8. Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. Von St. Apathy. (Mit Taf. 8 u. 9.) 153 Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. Von A. Dohrn. Mit Taf. 10 — 15.) XIII. Über Nerven und Gefäße bei Ammocoetes und Petromyzon Planeri 233 Über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. Von P. Mayer. Mit Taf. 16—18.; 307 Zur Ontogenie der marinen Bryozoen. Von W. J. Vigelius. (Mit Taf. 19.) 374 Die geographische Verbreitung der Foraminiferen auf der Secca di Benda Palumma im Golfe von Neapel. Von J. Walther. (Mit Taf. 20 u. 21.) 377 IV Drittes und Viertes Heft. Ausgegeben am is. December 18S8. Seite Notizie biologiche riguardanti specialmente il periodo di maturità ses.suale degli animali del golfo di Napoli. Per S. Lo Bianco 385 Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. Von A. Do hm. (Mit Taf. 22.) XIV. Über die erste Anlage und Entwicklung der motorischen Rückenmarksnerven bei den Selachiern 441 Studien über den Körperbau der Anneliden. Von E. Meyer. (Mit Taf. 23- 25.) 462 Berichtigungen: Seite 86 Zeile 9 von unten statt o lies io )) 94 » 13 » » » in " io .. 330 Anm. 1 erste Zeile », 324 » 322 » 445 Zeile 16 von unten » 1874 » 1879 Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. Per il Dott. Fed. Raffaele in Napoli. Cou le tavole 1 — 5. Prefazione. Il presente lavoro contiene i risultati delle osservazioni, che in- cominciate circa tre anni addietro nella Stazione zoologica in com- pagnia del Dottor Laxg, e fatte insieme per qualche mese, sono poi state continuate da me. A queste ricerche, che tendono ad allargare le nostre conoscenze in un campo importante della Zoologia, si connette anche un interesse pratico già da vari anni riconosciuto, che consiste nelF appurare quali sono le specie utili dei nostri mari che hanno uova galleggianti, e nel raccogliere notizie sulla loro biologia, per potere con criteri ra- zionali giudicare dell' opportunità di certi metodi di pesca. — A tal fine il Ministero dell' Agricoltura, dell' Industria e del Commercio ha insistito perchè io proseguissi gli studi iniziati, occupando una delle tavole da quel Ministero sussidiate. La pesca delle reti a strascico ha, com' è noto, da tempo immemorabile dato origine a discussioni senza fine, tra coloro che la reputano innocua e altri che la credono dannosa alla industria della pesca. Non solamente presso di noi tale questione è stata ed è tuttavia vivamente dibattuta, ma in quasi tutti i paesi; e le numerose lamentazioni dei nostri pescatori littoranei e le molteplici inchieste ordinate dal governo, trovano un riscontro esatto, per non dire di altre contrade, in ciò che è accaduto in Inghilterra per le Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 1 2 Fed. Raffaele trmüling-ßsheries. pesca, che sebbene alquanto differente nei parti- colari tecnici da quella delle reti a strascico, ha gli stessi risultati finali e ha suscitato le identiche obiezioni. Priucipalissimo tra gli argomenti degli oppositori è stata sempre la supposizione che le reti a strascico nel radere il fondo, distruggessero una enorme quantità di uova e di piccoli dei pesci più interessanti per l'economia, ca- gionando una diminuzione sempre crescente nei prodotti del mare. Dico «supposizione«, giacché la credenza che le uova di moltissimi pesci si sviluppassero al fondo e nelle regioni appunto visitate dalle reti a strascico, era fondata unicamente sulla completa ignoranza dei fatti. Talmente era radicata nella mente di tutti la nozione falsa, ori- ginatasi forse, come spesso accade, per una irrazionale generalizza- zione, dai fatti osservati nei pesci di acqua dolce, che, quando il naturalista norvegese, Sars, ebbe a constatare la veracità dell' atfer- mazioni dei pescatori, che cioè, le uova del Gachis morrhua galleg- giano liberamente sul mare, ne fu oltremodo meravigliato e quasi dubitava dei propri occhi. Da quell' epoca (1S64) in poi, dal Sars medesimo e da altri furono qua e là descritte delle uova galleggianti di pesci, di cui spesso non si conosceva la specie, ma fino a pochi anni addietro si riteneva sempre che il fatto fosse limitato. Le ricerche condotte da commissioni ufficiali o da liberi scien- ziati, negli Stati Uniti d'America, nella Germania e nella Scozia hanno dimostrato che, per la massima parte, i pesci mangerecci hanno uova galleggianti, e queste uova sono state illustrate recentemente da Ryder ed Agassiz (America), da Hensen (Germania), da M'In- TOSH e Prince (Scozia). Già il numero grande di specie con uova galleggianti cosi venute a conoscenza, ha mostrato che tale condizione di sviluppo non solamente non è eccezionale per i Teleostei, ma è forse la più comune. Le conclusioni, che da questo risultato erano tratte sulle trawling-fisheries, potrebbero già direttamente applicarsi alla pesca delle nostre reti a strascico : se non che, molte specie nostre essendo diverse da quelle già studiate, era necessario assodare con l'osservazione diretta ciò che riguarda i nostri mari: tanto più che non di rado specie affini mostrano differenze notevoli nelle condizioni dello sviluppo. Come scriveva Trinchese nel 1866: »le leggi sulla pesca devono essere fondate sovra studi fatti nel luogo stesso in cui devono andare in vigore« ^ ' Lettera al Rettore dell' Università di Genova, in : La Pesca in Italia, documenti ecc. ordinati da Ad. Targioni Tozzetti. Voi. L Parte 1. p. 20. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 3 Dalle ricerche fatte non risulta di certo una completa conoscenza delle uova galleggianti del nostro golfo, esse permettono però di stabilire con sicurezza die quasi tutte le specie più importanti si sviluppano liberamente alla superficie del mare ; per quanto riguarda dunque queste specie, è certo che la pesca delle reti a strascico non può ostacolare la moltiplicazione in modo notevole. Dal punto di vista zoologico, la biologia dei Teleostei e le tras- formazioni che essi subiscono nella loro giovane età, presentano an- cora molte lacune da colmare. Molte uova galleggianti sono state finora descritte da vari autori con maggiore o minore esattezza; ma molte ancora ne rimanevano completamente sconosciute; d'altra parte le notizie si trovano sparse, né ancora si sono riunite le varie osservazioni in modo da renderle facilmente confrontabili : spesso le indicazioni sono incomplete o non accompagnate da figure, cosi che difficilmente valgono a far ricono- scere le uova che s'incontrano alla superficie. Il lavoro di Agassiz e Whitman è il solo che accenni a una certa completezza, e in cui gli autori si preoccupino di dare caratteri diagnostici e figure: cose indispensabili perchè i singoli lavori sieno atti a spianar la via e servire di addentellato a ulteriori ricerche che valgano a completarli. Però quel lavoro comprende poche specie e le identificazioni delle uova non sono tutte molto attendibili. Il golfo di Napoli, se bene non abbia l'abbondanza di pesci dei mari del Nord di Europa e degli Americani, si presta, per la gran varietà della fauna, a uno studio abbastanza completo della questione. Durante quasi tutto l'anno, basta pescare qualche ora con un reticelle sottile per raccogliere una certa messe di uova galleggianti, che tal- volta è abbondantissima, specialmente nella primavera e nei principi dell" estate. Già Hoffmann ne conobbe alcune e le descrisse som- mariamente : più recentemente Wenckebach (1) ha notato l'abbon- danza delle uova pelagiche e ne ha incidentalmente descritte tre forme, senza sapere a quali specie attribuirle. Io ho potuto raccogliere, in questi due o tre anni, più di una quarantina di specie di uova e credo che altre ve ne saranno che per ora sono sfuggite. Tra queste specie sono rappresentanti delle più importanti famiglie'. Per ora mi sono limitato a dare i caratteri che valgono a far 1 Una grande lacuna è prodotta dalla completa assenza di notizie sugli Scomberoidi, di cui nei nostri mari abbiamo però molte specie ; ma per quel che si sa di alcuni rappresentanti della famiglia, e per la struttura degli ovari è molto probabile che tutti abbiano uova galleggianti. 1* 4 Fed. Raffaele riconoscere le nova e le larve che ne escono; soltanto poche volte Uli sono trattenuto su particolari embriologici od istologici; ho cer- cato di essere quanto più possibile breve, e, quando già esistevano altri lavori, ho creduto inutile estendermi a ripetere cose già dette. Col distribuire le specie secondo le famiglie, accennando agli autori che si sono occupati di specie affini, ho creduto ordinare il materiale come si poteva meglio per offrire un facile riscontro e uno specchio fedele di quel che finora si è fatto, facilitando cosi le ricerche future. Molte lacune, talora grandissime, mi è stato forza lasciare, ma pure dalle mie osservazioni, messe insieme alle già fatte da altri, si possono tuttavia trarre alcune interessanti conclusioni generali. Generalità. Giustamente Agassiz e Whitman insistono sulla difficoltà che s'incontra nel diagnosticare le uova galleggianti per la grande so- miglianza che vi è talvolta tra quelle di specie molto diverse; ma la difficoltà, com' era d'altronde prevedibile, va scemando a misura che la nostra conoscenza dell' argomento diviene più intima e aumenta il numero di quelle specie di cui con certezza si conoscono le uova. Quanto alla varietà dei caratteri individuali delle larve cui alludono gli autori citati, come fatto che accresce le difficoltà della identificazione, essa esiste infatti, ma non è tale da imbarazzare chi abbia un pò di pratica ; mentre poi certi caratteri specifici , ge- nerici e spesso anche di famiglia, apparentemente insignificanti, hanno tale costanza da poter servire di sicurissima scorta. Occupiamoci brevemente dei caratteri delle uova pelagiche o galleggianti. Il carattere principalissimo è appunto quello di avere un peso specifico minore di quello dell' acqua marina e di mantenersi perciò a galla. Come si poteva facilmente dire a priori, e come del resto ha dimostrato l'osservazione, la densità delle uova è varia; prescin- dendo dalle differenze individuali trascurabili, esistono, tra le uova di diverse specie, notevoli differenze di densità; possono dunque trovarsi uova non solamente alla superficie e al fondo, ma in tutte le profondità. 'V'ha di più; come è noto, l'uovo maturo emesso dall' ovario assorbe attraverso la capsula una quantità di acqua più 0 meno grande, che insieme a sostanze albuminoidi costituisce il liquido perivitellino dentro il quale l'embrione si sviluppa; quando il peso specifico dell' uovo ovarico e dell' acqua assorbita risulta minore di quello dell' acqua, l'uovo galleggia; ma a misura che Fem- Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 5 brione si sviluppa, vi è ima coutiuiia peu e trazione di acqua nello spazio lasciato libero dal vitello che va diminuendo: onde il peso dell' uovo aumenta; altra causa che rende l'uovo più pesante sta in ciò, che lenibrione nello svilui)parsi assorbe dal liquido i)eri- vitelliuo dei sali e dell' acqua, divenendo cosi più pesante a misura che cresce; così spesso un uovo, che al principio dello sviluppo gal- leggia, va poi man mano allontanandosi dal pelo dell' acqua. Molte uova perfettamente galleggianti quando sono emesse, schiudono ad una certa profondità; alcune (per. es. quelle di Labrax) abbandonano la superficie solo poco prima di schiudersi, altre [Trackinus vipera) a metà circa del tempo che dura l'incubazione; alcune ancora sono tanto leggere che galleggiano fino alla fine dello sviluppo. In tal modo si spiega facilmente come Hensex (1, p. 300) abbia raccolto uova identiche presso al fondo e alla superficie. È utile notare a questo proposito che la ragione per cui possono trovarsi uova sospese a diverse profondità sta nella compressibilità del- l'acqua, in conseguenza della quale la sua densità aumenta con l'au- mentare della profondità e un corpo non galleggiante alla superficie può »galleggiare« ad uno strato più o meno lontano da essa. A ciò si aggiunga che la temperatura varia dalla superficie in giù. e, specialmente nelle stagioni calde, l'acqua a una certa profondità è più fredda e per conseguenza più densa che non alla superficie, e indubitatamente, come già aveva previsto Huxley, devesi attribuire alla temperatura una influenza sulla quantità di uova che si trovano a galla. Accade però che le uova galleggianti tenute in bicchieri, spesso, a un periodo più o meno avanzato dello sviluppo, cadono al fondo: non è giusto conchiudere che quelle uova nelle condizioni naturali cadono sul fondo del mare: giacché nel bicchiere le diffe- renze di densità nei vari strati dacqua sono trascurabili, mentre hanno un valore per le profondità di 80 — 100 metri e anche minori; inoltre nel mare sottentra a mutare la densità la differenza di tem- peratura, e non così nel bicchiere. E infatti si raccolgono molte uova pescando a una certa profondità, ma lontano dal fondo. I caràtteri anatomici, che possono servire a far distinguere le uova tra loro quando in esse non ancora è sviluppato l'embrione, sono pochi: essi appartengono alla capsula e al vitello. La capsula non presenta d'ordinario notevoli differenze ; essa è per lo più molto sottile, ma lo spessore varia notevolmente tra le diverse specie. Nella gran maggioranza dei casi è unica : rare volte all' interno della (5 Fed. Raffaele capsula resistente simile a quella che si trova nelle altre uova, esiste una sottile membrana anista; io la lio trovata in 3 sole specie di uova; di due di queste specie ho avuto pochissimi esemplari e non ho creduto parlare nel lavoro, l'altra è la specie No. 7 ; non so per ora rendermi conto del significato di questa membrana. La capsula comune a tutte le uova, resistente, elastica, è in alcune specie provveduta di pori-canali, ora molto appariscenti come ad es. nel Lahrax^ nel 3fuIIus: ora molto difficilmente visibili, come in certe uova di Solea. In molti casi è impossibile pronunziarsi positivamente sulla presenza di pori-canali sull' uovo intero : certa- mente in molte specie i pori-canali mancano completamente come in tutte le uova di Clupeidi che ho osservate e in quelle grandi delle specie N. 6, 7, 8, 9, 10. Sembrano anche mancare nelle uova di Uranoscojms. In tal caso la cavità interna della capsula comunica con l'acqua ambiente per mezzo del micropilo che ho trovato costantemente in tutte le uova osservate. Esso ha la forma ad im- buto tante volte descritta, con piccole variazioni insignificanti di ampiezza , di forma ecc. ; una sola eccezione ho trovata nell' uovo di una specie di Solea, dov' esso è fatto da tre fenditure conver- genti. La capsula rare volte presenta una struttura particolare come neir Urcmoscojms ^ nel Saurus lacerici e nel Macrurus (?) . Il vitello (e propriamente il vitello nutritivo) presenta i caratteri più importanti per la identificazione delle uova. 0 esso è fatto, come nella maggioranza delle specie, di una massa fluida omogenea, trasparentissima ; o è fatto di vescicole chiare separate da sottili trabecole di protoplasma che sono continuazione dello strato corticale : queste vescicole sono di forma sferica, ma per essere più 0 meno stivate tra loro assumono forme più o meno nettamente poliedriche, cosi che talvolta il vitello invece di sembrare composto di vescicole, ha l'apparenza di essere internamente spaccato se- condo vari piani irregolarmente disposti. Facilmente in tale caso si riconosce la natura vescicolare dei segmenti rompendo l'uovo; le vesci- cole divenute libere assumono la forma sferica. Perciò non è oppor- tuna la distinzione in »zerklüftetem e »blasigen Dotter« fatta da Hensen (1) perchè nei due casi la struttura del vitello è sempre vescicolare. Simile condizione del vitello si trova nelle uova di tutti i Clupeidi come risulta dalle osservazioni di Hensen, di Rice, di Ryder, e mie, e nelle uova delle specie No. 6, 7, 8, 9, 10. Essa è forse uno stadio primitivo di composizione del vitello; infatti, nella evoluzione delle uova ovariche, nel protoplasma si cominciano a formare, come Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 7 è noto, Il uu certo periodo, delle vescichette a contenuto chiaro, che vanno man mano ingrandendosi, e da principio sono più 0 meno opache, poi, aumentando di volume diventano a poco a poco chiare quando l'uovo si avvicina alla maturità, fondendosi infine in una massa unica trasparente nella maggior parte delle uova galleggianti ; in alcune esse, divenute molto grandi e pur essendo in parte confluite, persistono anche nell' uovo maturo ed in via di sviluppo. Oltre a questi due modi di essere del vitello nutritivo, ve ne ha un terzo; il vitello è fluido e omogeneo nella porzione centrale, ma ha una zona periferica vescicolare. Talvolta questa si forma a misura che il blastoderma si estende sul vitello, come Agassiz e Whitman (2) hanno descritto nelle uova di Temnodon e io ho trovato in quelle di Mullus (vedi pag. 20) ; ta- Taltra la zona vescicolare esiste tutf intorno al vitello fin dal prin- cipio come accade nelle uova di Calliomjmus . Molto probabilmente la esistenza di una zona vescicolare rap- presenta uno stato intermedio tra la struttura totalmente vescicolare e quella completamente omogenea del vitello, e si spiega mercè la confluenza di una parte soltanto delle vescicole vitelline. Un' altro costituente del vitello è la sostanza grassa che talvolta si trova diifusa nella massa del vitello e non palesa la sua esistenza se non per una speciale apparenza untuosa che presenta tutta la massa vitellina ; cosi nelle uova di vari Gadus , di Callio- nymus. ecc. ; tal' altra è segregata dal rimanente del vitello sotto forma di una 0 più gocciole oleose che per la loro leggerezza occupano sempre la parte più alta dell' uovo e sono avvolte dal pro- toplasma corticale. La presenza delle gocce oleose e fino a un certo punto il loro numero sono buoni caratteri distintivi , giacché sono costanti nella stessa specie; ma non hanno, come giustamente notano Agassiz e Whitman e Prince, nessun valore sistematico, giacché si trovano in specie molto affini uova con gocce oleose e senza; e viceversa poi, vi sono specie molto lontane che per quanto riguarda le gocce oleose non differiscono punto. Quanto al valore fisiologico e morfologico delle gocce grasse bi- sogna riconoscere tuttora la nostra completa ignoranza. Da principio si credette che ad esse bisognava attribuire la facoltà delle uova di galleggiare (Ryder ed altri) , poi l'esistenza di esse in molte uova che si sviluppano attaccate al fondo e la mancanza in alcune gal- leggianti, hanno fatto abbandonare tale ipotesi (Prince); che la loro esistenza non sia una condizione indispensabile é provato dal fatto 8 Fed. Raffaele che molte uova uè mancano. Esse sono certamente ima secrezione del vitello nutritivo ^ ma perchè accade questa secrezione in alcune uova e in altre non? PmNCE recentemente ha messo avanti una opinione; egli, rife- rendosi alla ipotesi di Balfour che l'uovo dei Teleostei fosse in origine molto più voluminoso, ammette che la sostanza delle gocciole oleose da principio sparsa uniformemente nella massa del vitello, non abbia subito una diminuzione proporzionale a quella del vitello e si sia separata allora sotto forma di globuli. Questa spiegazione, oltre ad essere soverchiamente ipotetica, trova a mio parere un grave ostacolo nel fatto che vi sono uova piccolis- sime [Callionymus] senza globuli oleosi, mentre ve ne sono di molto grandi (Salmonidi ecc.) che ne sono provviste. È giusta purnondimeno la osservazione deir autore citato sulla somiglianza che vi è spesso nel colore tra le gocce oleose e la sostanza oleosa che bagna il tessuto muscolare dei pesci; fatto che si riannoda a quello osservato da me nelle sogliole, in cui le gocce oleose divengono gialle col procedere dello sviluppo e, mentre vengono assorbite, si mostra nei tessuti una sostanza dello stesso colore (vedi pag. 45). Tra la mancanza completa di gocce oleose [Gadus. alcuni Pleuronettidi ecc.) e la presenza di una sola grossa goccia [Lahrax, Sargus^ Mtdlus, e la maggior parte delle uova galleggianti) vi souc» condizioni intermedie. Così nelle uova delle Sogliole, le gocciole sono numerosissime, molto piccole, riunite a gruppetti sparsi un pò da per tutto nel vitello: nelle uova della sp. No. 1 e della specie No. 2 sono numerose ma isolate e nella sp. 2 notevolmente più grosse; nelle uova di TracJiinus vipera vi sono varie gocce che occupano l'emisfero supe- riore; in quelle di varie specie, l'uovo nei primi momenti dello svi- luppo ha varie gocce a contatto fra loro che poi confluiscono in una [Lahrax ^ Gioiella). Il processo di formazione delle gocciole oleose mostra che anche nelle uova che hanno definitivamente una grossa goccia, cominciano ad ap})arire molte piccole goccioline che poi aumen- tano man mano di volume e a poco a poco confluiscono. La disposizione delle gocciole oleose del vitello dipende evidente- mente prima di tutto dal loro peso specifico. Le gocciole grasse sono ordinariamente più leggere del vitello; ne occupano perciò la parte superiore, talvolta emergendo più o meno dallo strato corticale, tale altra rimanendo al disotto di esso, secondo che sono più o meno Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 9 leggere. Sono sempre però inviluppate da imo strato di protoplasma, ma finora in tutte le uova osservate da altri e da me , nelle quali esiste una sola gocciola, questa sta sempre al polo superiore del- l'uovo. La mobilità della gocciola nel protoplasma vitellino, provata già da M'Intosh e su cui giustamente insiste Prince, le permette appunto di prender la posizione che le danno le leggi di gravità. Quando nei primi momenti dello sviluppo si trovano ancora varie gocce , queste si raccolgono tutte al polo superiore , l'una accanto air altra, e poi toccandosi confluiscono. Più difficile riesce spiegare come vanno le cose quando vi sono molte gocce che persistono du- rante lo sviluppo, come ad. es. nel Cotfus (Agassiz e Whitmaxì, nel Trachinus vipera (Brook ed io). In tal caso le gocce occupano la periferia dell emisfero supe- riore, e non riesco a spiegare perchè esse non si raccolgono al punto più alto. Quando la presenza di molte gocce è congiunta alla struttura vescicolare del vitello, la posizione delle gocciole »contro le leggi di gravità« è più spiegabile; in tal caso infatti, esse si trovano tra le vescicole e sono cosi mantenute a posto; anzi nel caso in cui la struttura vescicolare è limitata ad una zona periferica che inviluppa gradatamente il resto del vitello (V. Solea. pag. 42) , le gocciole seguono i movimenti delle vescicole. Come conclusione insisto sulla utilità delle dimensioni, del numero e dell" aggruppamento delle gocciole quali caratteri nella classificazione delle uova galleggianti i quali talvolta possono avere l'importanza di caratteri generici, come nel genere Solca. Un altro, carattere interessante è fornito dallo spazio che si forma tra la capsula ed il vitello, quando l'uovo maturo messo nel- l'acqua si »gonfia« come suol dirsi. Spesso il fenomeno è molto poco sensibile , e il vitello occupa quasi tutta la cavità della capsula : ma sempre si forma un piccolo spazio (camera respiratoria, Ran- som) dove, come ho già detto, si trova un liquido fatto in mas- sima parte d'acqua di mare, ma con sostanze albuminoidi disciolte, la cui presenza facilmente si dimostra con sublimato o con alcool. Talvolta lo spazio peri vitellino che si forma è molto grande, tanto che la capsula può raggiungere un diametro doppio di quello della sfera vitellina. L'origine di questo spazio dipende, come ha dimo- strato KuPFFER (2) nelle uova di Aringa, in parte da distensione della capsula, in parte da contrazione della massa vitellina. Lo spazio perivitellino ha dimensioni abbastanza costanti nella mede- 10 Fed. Raffaele sima specie : nella massima parte delle specie finora note esso è molto angusto ; nelle uova sferiche dei Clupeidi (quelle ellissoidi di Engrau- lis hanno un piccolo spazio perivitellino limitato ai due poli) esso è costantemente molto sviluppato, sebbene varii alquanto anche nella stessa specie; farebbe eccezione soltanto l'uovo di Clupea sprattus secondo Hensen (1 e 2), ma io dubito che l'uovo descritto da questo autore appartenga davvero a quella specie, a meno che egli non taccia dello spazio perivitellino. Infatti in tutte le altre Clupee: l'Aringa, la C. sapidissima, la C. pilchardus e l'altra specie descritta da me, l'uovo fecondato ha sempre un grande spazio perivitellino, ed è poco probabile che una specie faccia eccezione in un carattere che sembra cosi generale. — Uno spazio perivitellino molto ampio trovasi pure nelle uova delle specie 6, 7, 8, 9 e 10. Il significato della camera perivitellina è probabilmente sol- tanto filogenetico; esso indicherebbe l'esistenza di una massa vitellina molto maggiore in origine, che poi si sia andata riducendo (ipotesi di Balfour) ; la capsula si sarebbe ridotta solo in seguito. Non è certamente da trascurarsi che una tale condizione di fatto si trova appunto in una famiglia (Clupeidi) che per molte altre con- siderazioni, pare si debba ritenere come una delle più antiche o per lo meno delle più somiglianti ai Teleostei ancestrali. Lo stesso si dica per le specie 6, 7, 8, 9, 10 che a qualun- que famiglia appartengano e malgrado talune peculiarità assai pro- babilmente di indole secondaria, hanno una certa affinità con i Clupeidi. Nelle descrizioni delle uova e delle larve che seguono ho princi- palmente avuto di mira i caratteri che valgono a farle facilmente riconoscere, ho creduto utile accennare inoltre qua e là a taluni parti- colari anatomici ed embriologici interessanti o non ancora descritti 0 solo in parte da altri i. Ma non mi sono dilungato in minute de- scrizioni embriologiche né in discussioni morfologiche; giacché mi auguro potermi di ciò occupare con maggior competenza in un altro lavoro. — Per questa ragione non sempre ho data una parte eguale nelle descrizioni ai vari organi ; anzi talvolta ho completamente taciuto di quelli che non hanno o nei quali non ho finora saputo rintracciare un valore sistematico ; così ad esempio, raramente é fatto parola dei boccinoli di senso epidermici che sono tra le più precoci e costanti formazioni delle larve dei Teleostei ; giacché la loro disposizione é su 1 Le descrizioni di indole morfologica sono stampate con tipi più piccoli. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 1 1 per i^iiì sempre la stessa, quale è stata descrìtta e figurata da Agassiz e Whitman 2, pag. 28 e seg-.. fig. 7 e 8 tav. 12); lo stesso dicasi per i condotti del pronefros, ecc. Indice bibliografico. In questo indice bibliografico, oltre ai lavori citati nel testo, sono indicati tutti quelli che contengono notizie su uova galleggianti e larve pelagiche, dei quali ho potuto avere conoscenza. — Il segno * precede i titoli di lavori che non mi è stato possibile riscontrare direttamente; essi sono dati sulhi fede di citazioni altrui. Al. Agassiz, 1. The young stages of osseous fishes. I. Development of the tail. in: Proc. Amer. Acad. Voi. 13. 1877—1878. p. 117. 2. Idem. II. Development of the Flounders. Ibid. Vol. 14. 1878—79. p, 1. 3. Idem. III. The young stages of osseous fishes. Ibid. Vol. 17. 1882. p. 271. Al. Agassiz and C. 0. Whitman, 1. On the development of some pelagic fish eggs. Prel. Notice. in: Proc. Amer. Acad. Voi. 20. 1884. p. 23. 2. The development of osseous fishes I. in: Mem. Mus. Harvard Coli. Voi. 14. 1S8.5. Pt. 1. L. Agassiz, Sur les métamorphoses des poissons. in: Compt. Rend. Tome 60. 1S65. p 152; Ann. Se. N. '5) Tome 3. 1865. p. 65. E. van Beneden, A contribution to the history of the embryonic development of the Teleostean Fishes. in: Q. Journ. Micr. Se, (2) Voi. 18. 1878. p. 41. P. J. van Beneden, Note sur la symétrie des poissons pleuronectes dans leur jeune àge. in: Ann. Se. N. (3) Tome 20. 1S53. p. 340. G. Brook, 1. Preliminary account on the development of the lesser Weever- fish [Trachinus vipera), in: Journ. Linn. Soc. London. Voi. 18. 18S4. p. 274. 2. On some points of the development of Motellu mustela. Ibid. p. 298. 3. The Spawning period of the british food-fishes. in: Fishery Board Scotland Aug. 1SS5. F. Cavolini, Osservazioni intorno alla generazione dei pesci e dei granchi. Napoli 1787. A. Cocco, Intorno ad alcuni pesci del mar di Messina, lettera al Signor Aug. Krohn da Livonia. Messina, Maggio 1844. A. Costa, 1. Osservazioni su talune specie di Pleuronettidei. in: Annuar. Mus. Z. Napoli Anno 1. 1862. p. 44. 2. Osservazioni sul Krohnius ßkiinentosus e sullo sviluppo della pinna ce- dale nei Trachypterus. Ibid. Anno 5. 1869. p. 41. 0. G. Costa, Fauna del regno di Napoli, Pesci. Napoli 1850. * Couch, An account of a Fish nearly allied to the Genus Hemiramphus. Ab- stract, in: Ann. Mag. N. H. Voi. 11. 1843. p. 232. 12 Fed. Raffaele J. T. Cunningham, 1. Criticai uote on the latest theory in Vertebrate mor- phology. in: Proc. R. Soc. Edinburgh. Vol. 13. 18S4. p. 759. 2. The significance of Kupifer's vesicle etc. in: Q. Journ. Micr. Sc. (2 Vol. 25. 1885. p. 3. 3. On the relations of the yolk to the gastrula in Teleosteans and in other Vertebrate types. Ibid. Vol. 26. 1886, p. 1. 4. On the mode of attachment of the ovum of Osmerus eperlanus. in : Proc. Z. Soc. 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Bd. 1885. p. 149. 10. Idem. XI. Rolyprion cernimn. Ibid. p. 155. 11. Idem. XII. Trachinus sp.? Ibid. p. 156. 12. Idem. XVI. Rhomboidichthys podas e mancus. Ibid. p. 161. 13. Idem. XVII. Larva di genere ignoto. Ibid. p. 162. L. Facciola, 1. Su di alcuni rari Pleuronettidi del mar di Messina, in: Na- turai. Sicìl. Anno 4. 1885. p. 261. 2. Sullo stato giovanile dal Rìtomboidichtliys mancm. Ibid. An'jj 6. 188(1 —1887. p. 39, 50 e 74. F. de Filippi, Osservazioni fatte nella traversata da Gibilterra a Rio Janeiro. in: Atti Accad. Torino. Voi. 1. 1866. p. 376. A. Giard, Le développement des Pleuronectes par A. Agassiz. in: Rev. Se. N. Montpellier Tome 6. 1877. Estratto. P. Gonrret, Considérations sur la faune pélagique du golfe de Marseille, in: Ann. Mus. H. N. Marseille. Tome 2. 18S4. E. Haeckel, Die Gastrula und die Eifurchung, in: Jena. Zeit. Naturw. !>. Bd. 1875 p. 402. V. Hensen, 1. Über das Vorkommen und die Menge der Eier etc. in: Jahr Ber. Com. Unters. D. 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Nov. 1863. • — Questo lavoro è generalmente citato come estratto sotto il titolo: Om Skjävheden hos Flynderne og navnlig oni Vandringen af det övre Öie fra Blindsiden til Öiesiden tvers igjennem Hovedet, mm. 2. Observations sur le développement des Pleuronectes. in: Ann. Se. N. (5; Tome 2. 1864. p. 253. 3. Fortsatte Bidrag til en rigtig Opfattelse af Öiestillingen hos Flj'nderne. in: Over. Danske Vid. Selsk. Forh. 1878. p. 174. C. J. Sundevall, Om Fiskyngels utveckling. in: Svenska Akad. Handl. 1. Bd. N. 1. Wy ville Thomson, Notes on prof. Steenstrup's Views on the obliqui ty of Flounders. in: Ann. Mag. N. H. (3) Voi. 15. 1865. p. 361. K. F. Wenckebach, 1. Beiträge zur Entwicklungsgeschichte der Knochen- fische, in: Arch. Mikr. Anat. 28. Bd. 1886. p. 225. 2. Da embryonale ontwikkeling van de Ansjovis [EngrauUs encrasicholus) . in: Verh. Akad. Amsterdam. Deel 26. 1887. Percitlae. (Tav. 1, 2 e 4. Lahrax. Di questa famìglia varie specie sono state studiate dal punto di vista embriologico , anzi la Perca ßuviatilis ha fornito il materiale per gli studi di v. Baer . di Rusconi , di Lereboullet , che sono stati i primi ricercatori dello sviluppo dei Teleostei. Recentemente negli Stati Uniti di America, Ryder (4) si è occupato brevemente dello sviluppo del Lahrax Uneatus . della Perca americana e del Roccus americanus. Le uova delle suddette specie sono tutte deposte nelle acque dolci ; del Lahrax Uneatus Agassiz disegua e descrive degli stadi giovanili, probabilmente pescati in mare, ma non parla delle uova. Non è improbabile che i Lahrax si riproducano in- differentemente nelle acque dolci o in quelle del mare, e che le uova si sviluppino al fondo nel primo caso, alla superficie nel secondo. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo dì Napoli. 1 5 Certo è che la specie mediterranea Labrax lupus, mette le uova nel mare, dove si sviluppano perfettamente. Le uova appena emesse si portano rapidamente alla superficie dell'acqua; col procedere dello sviluppo esse divengono sempre più pesanti, sicché s'allonta- nano dal pelo dell' acqua e schiudono più o meno presso al fondo. Neir acqua dolce, le uova vanno al fondo e muoiono dopo poco tempo; in una miscela d'acqua dolce e di mare a parti uguali (p. sp. = 1.014 a 17.50 C.) esse si mantengono presso al fondo, e si svilup- pano ah[uanto bene: una miscela più ricca d'acqua marina (p. sp. 1.020) non solo non è dannosa, ma sembra contribuire al benessere degli embrioni e delle larve dopo che hanno abbandonato l'inviluppo del- l'uovo. Questi esperimenti sono stati resi possibili dalla gran quan- tità di uova che vengono emesse e fecondate ogni anno dalla fine di Genuajo ai primi di Marzo, in una gran vasca dell' Aquario dove alcune coppie di Labrax vivono da vari anni. La deposizione di queste uova è stata descritta in un breve articolo da Eisig nel «Kosmos«. E facile accorgersi esternamente dello stato degli ovari, così che si può prevedere con una certa approssimazione il giorno in cui saranno espulse le uova. Queste molto probabilmente non vengono espulse tutte in una sola volta, ma a diverse riprese in giorni suc- cessivi dalla stessa femmina. Ordinariamente le uova sono emesse e fecondate nelle prime ore del mattino; verso le sei 0 le sette, si trovano tutte nello stadio che precede la prima segmentazione. Ciò non esclude che qualche volta abbia avuto luogo una emissione di uova nel pomeriggio. Nella pesca di superficie, fatta negli stessi mesi, si trovano numerose uova identiche a quelle raccolte nella A^asca; ciò dimostra che, nelle condizioni naturali, l'epoca della fregola e le cou- dizioni dello sviluppo non sono diverse. Le uova di Labrax lupus, quando sono espulse dall' ovario, anche dopo la fecondazione, si gonfiano insensibilmente nell' acqua, cioè non si forma uno spazio apprezzabile tra il vitello e la capsula. L'uovo (fig. 1 — 4 tav. 1) è sferico, ha un diametro di mm 1.155 — 1.16, raramente di 1. 2: il vitello è omogeneo; vi sono ordinaria- mente varie gocce oleose che occupano il polo superiore . le quali ben presto si fondono in una goccia unica, grossa, che ha un dia- metro di 0.333 — 0.366; raramente anche dopo avvenute le prime segmentazioni si trovano 2 — 3 gocce. I fenomeni che precedono la prima segmentazione sono simili a quelli tante volte descritti — sol che spesso, sebbene non in tutte le uova, si osserva un fatto degno di nota. 16 Fed. Raffaele Mezz' ora circa dopo la fecondazione, il germe è ben limitato e forma una calotta alquanto spessa al polo inferiore del vitello, la quale va attenuandosi sino a circa la metà della sfera vitellina, continuandosi poi con uno strato pro- toplasmatico appena discernibile. I contorni irregolari del germe e i suoi con- tinui cambiamenti di forma attestano i noti movimenti amiboidi ; il germe è di colore leggermente ambraceo, ma per la sua gran trasparenza difticilmente si distingue, se si osserva di fronte, dal protoplasma circostante e dal vitello. Al polo della goccia oleosa che è rivolto verso il germe, si scorge una piccola eminenza di protoplasma granuloso, simile allo strato corticale per l'aspetto e diversamente rifrangente del resto del vitello, circondata all' estremo libero di una quantità di granuli e di qualche vescichetta più grossa. A poco a poco questo processo di forma conica si allunga verso il germe, nella direzione dell' asse dell' uovo, l'estremo libero si va rigonfiando così che esso acquista la forma di un fiasco (fig. 1), il cui collo alquanto slargato si adatta alla su- perficie della goccia e si continua intorno ad essa col protoplasma corticale per mezzo di un sottile strato. Il collo continua ad allungarsi assottigliandosi; esso mostra in vari punti degli strozzamenti che alternano con rigonfiamenti; la por- zione superiore s ingrandisce sempre più ; in altri termini, vi è una migrazione di sostanza protoplasmatica granulosa lungo il collo. Cosi il ventre del fiasco raggiunge la parte centrale del germe; il collo si assottiglia sempre più e finisce con lo spezzarsi ad una certa distanza dalla goccia oleosa. La porzione grossa rimasta sotto al germe diventa globosa, il resto del picciuolo aderente alla goccia finisce poi per scomparire. Quando il corpo ri- gonfiato ha raggiunto il germe, già appare il primo solco di segmentazione fig. 2). Se vi sono due gocce oleose si formano altrettanti processi protoplasma- tici diretti verso il germe. Il corpo 0 i corpi globosi che si formano per tal modo sotto al germe, vi restano inalterati durante lo sviluppo dell' embrione e anche dopo che la larva è uscita dall' uovo e si veggono molto bene nel vitello sotto la faccia ventrale dell' embrione; essi acquistano durante il progresso dello sviluppo una leggera tinta brunastra per trasparenza, divengono cioè lievemente opachi, pigliando l'aspetto di protoplasma morto. Questi corpi devono considerarsi come espul- sivi; essi non prendono alcuna parte nella formazione dell' embrione. Credo che corpi identici siano quelli disegnati da Ryder (3) nel Gaclus (figg. 34, 40) e indicati con le lettere Se. e che l'A. chiama dubitativamente »Segmenting corpuscles«, senza spiegarsi altrimenti a loro riguardo. All' epoca della cliiiisura del blastoporo, Tembrione occupa lui mezzo meridiano della sfera vitellina; l'abbozzo del corpo è caratte- ristico per essere alquanto tozzo e largo, l'accenno del capo con i diverticoli ottici relativamente grandi. Intorno a quell' epoca comincia a formarsi il pigmento nero nella parte dorsale, in cellule piut- tosto grosse di forma irregolare. Quasi contemporaneamente comin- ciano a mostrarsi anche alcune cellule con pigmento giallo a luce incidente, brunastro a luce rifratta; esse sono in parte sul dorso, in parte ai due lati del corpo, nel resto dello scudo embrionale. Ben presto si sviluppa pure del pigmento giallo in alcune cellule mesoblastìche che hanno migrato sotto la goccia oleosa. L'abbondanza Le uova galleggianti e le larve doi Teleostei nel golfo di Napoli. 17 del pigmento e la grandezza delle cellule pigmentate, l'aspetto mas- siccio del corpo rendono da questo punto innanzi le uova di Lahrax lupus facilmente riconoscibili (figg. H e 4) . A misura che lo sviluppo va innanzi, il pigmento giallo piglia il disopra sul nero; le cellule di pigmento nero sono molto più ramificate, e i loro pseudopodi sottili sono poco appariscenti, così che il colore generale degli embrioni è piuttosto il giallo. La durata dello sviluppo è in media di tre a quattro giorni : poco prima di schiudere, come ho già detto, le uova cadono tutte al fondo del bicchiere (anche in acqua di mare; p. sp. medio a 1701/2 C. 1.029). La larva (tav. 4 fig. 1) quando esce dalla capsula è lunga mm. 2. 5; tutto il corpo è giallo (brunastro a luce rifratta), la pinna primordiale è priva di pigmento. Il sacco vitellino è ellissoide, non oltrepassa il profilo anteriore del capo, è lungo poco più di 1 mm; la goccia oleosa è situata all' estremo posteriore del vitello. L'or- ganizzazione è poco sviluppata : la bocca non è ancora aperta ; non vi è ancora traccia di scheletro branchiale; non accenno delle pinne pettorali: gli occhi sono ancora trasparenti, senza tapetum; il cuore è nella posizione embrionale , situato obliquamente sotto l'occhio si- nistro con l'estremo venoso rivolto in avanti; l'intestino, semplicissimo, procede dritto e sottile fino all' estremo posteriore, dove si termina in una porzione molto assottigliata che s'apre sul margine ventrale della pinna primordiale ; i condotti del pronephros non sono ben visibili a causa del pigmento ; posteriormente all' intestino, si vede bene però la vescica urinaria che dapprincipio sbocca nella porzione terminale di esso. La notocorda è ancora per un buon tratto, all' estremo poste- riore, fatta di fibre parallele fra loro, sottili, molto serrate ; nel rima- nente già son formate le grosse celle che sono situate irregolarmente in tre serie longitudinali. Durante le prime 24 — 30 ore, il cambia- mento principale che si verifica è l'allungamento del corpo. La lunghezza della larva raggiunge 3.80 — 3.90 mm. Nei giorni succes- sivi la lunghezza si accresce relativamente di poco : la massima parte del vitello assorbito è destinata ora al lavoro organogenico. L'intestino diventa più largo e si vanno formando a spese della parete ventrale di esso il fegato, della dorsale la vescica natatoria. Verso il 60 giorno (fig. 6) la larva è lunga 4.70 — 4.80, l'al- tezza, compresa la pinna primordiale, è di ca. 0.70. La larva ha un aspetto notevolmente diverso da quello dei primi due giorni. Il sacco vitellino è sferico, riempito in massima parte dalla goccia oleosa; la Jlittheilungeu a. ci. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 2 ]§ Fed. Raffaele bocca è aperta, la cartilagiue di Meckel e lo scheletro branchiale cartilagineo sono già formati; gli occhi sono sensibilmente opacati. sebbene ancora alquanto diafani, per la formazione dei cristallini iridescenti nella tunica coroidea. L'intestino ha un lume molto ampio e conserva lo stesso calibro fin presso all' ano : prima dell' ultimo quarto o dell' ultimo quinto della sua lunghezza vi è un forte strozza- mento circolare, che si ritrova in molte larve di Teleostei, a cui corrisponde nel lume dell' intestino una specie di valvola circolare fatta da introflessione dell' epitelio. Nel rimanente, la superficie in- testinale è perfettamente liscia. Il fegato è alquanto sviluppato, a destra del vitello cui è intimamente addossato; la vescica natatoria è già distaccata dall' intestino e la sua cavità è formata. Il cuore ha compiuto la rotazione, e già è diviso nelle sue cavità ventricolare ed auricolare. Ordinariamente verso il lO^ giorno, entrano in circolazione i corpuscoli del sangue, il loro numero va rapidamente aumen- tando. 11 sistema circolatorio è abbastanza complesso e nei tratti principali già conforme a ciò che sarà nell' adulto. La parte del sistema arterioso visibile sul vivo è fatta dagli archi aortici, dall' aorta addominale e codale, la quale a una certa distanza dall' estremo posteriore ritorna parallelamente e ventralmente a sé stessa nella vena codale. Poco innanzi alla vescica natatoria. si stacca un grosso tronco arterioso (arteria mesenterica) che decorre dorsalmente all' intestino per tutta la lunghezza di esso , mandando ad angolo retto con la propria direzione, numerosi rami che abbrac- ciano l'intestino. Il sistema venoso ha già i tronchi principali, le vene giugulari, la vena cardinale impari e la vena epatica che sboccano nei dotti Cuvieriani. Il fegato è fornito di una ricca vascolarizzazione, la vena porta si origina dai vasi trasversali dell' intestino di cui si è detto più sopra : decorre ventralmente all' intestino da dietro in avanti , poi diventa un poco laterale e va nel fegato. In orìgine questo vaso sotto-intestinale è la continuazione della vena co- dale. In larve molto giovani ;1'> giorno dalla schiusa) questo stato di cose si vede molto bene; la vena cardinale non ancora è formata, e se in quell' epoca qualche raro corpuscolo mesoblastico venga trascinato in circolazione, si vedrà come questo, giunto dietro l'intestino, va direttamente nel vaso sotto -intesti- nale, da questo poi passando nello spazio intorno al vitello ritorna nel cuore. Questa condizione di cose dura poco tempo ; ben presto sì forma la vena car- dinale in continuazione della v. codale , la comunicazione fra questa e la v. sotto-intestinale si oblitera; e col progresso dello sviluppo, quest' ultimo vaso assume la sua funzione definitiva, quella cioè di raccogliere il sangue dall'intestino. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 19 La presenza di una vena sotto-intestinale, continuazione diretta della codale, e la formazione più tardiva della cardinale e quindi la connessione so- lamente secondaria di questa con la codale, sono fatti costanti in molti Teleostei ; e sebbene talvolta la condizione primitiva possa essere molto passeggera . e quindi facilmente sfuggire alla osservazione, o anche forse mancare del tutto per un accorciamento delle fasi evolutive, certo essa deve ritenersi come ca- rattere generale della sotto-classe, quale è stato già riconosciuto essere negli Elasmobranchi. La distribuzione del pigmento cambia alquanto mentre la larva si sviluppa. Vi è una tendenza del pigmento a limitarsi in zone determinate ; queste mutazioni si possono vedere nelle figure (v. tav. 4 figg. 2 e 6) . Serranus. Molto simili a quelli del Labrax sono i tratti principali dello sviluppo delle specie del g-ruppo dei Serrani. — Di essi ho potuto studiare Centropristis hepatus, Serranus cahrilla e Serrcmus scriba. L'epoca della fregola di queste specie è nella primavera e al principio dell' està: il più precoce sembra il C. hepatus , e non lo ho trovato mai maturo prima della fine di Marzo. È molto facile ottenere le uova fecondate di queste specie. 11 C. hepatus, che si pesca abbondantemente come prodotto accessorio, con le reti dette tartanelle e con le nasse, è sempre maturo in Aprile ed in Maggio. Le altre due specie vivono benissimo negli aquari, ed in Maggio e Giugno emettono ogni giorno le uova. D'altronde, grazie all' ermafroditismo di questi animali, è molto faci- litato il compito di una fecondazione artificiale. Le uova sono galleggianti, sferiche, trasparenti, a vitello omo- geneo, con una sola goccia oleosa piuttosto piccola (tav. 1 fig. 5 . Le dimensioni sono in media: Centropristis hepatus: d. = 0.78, d. della goccia 0.145. Serranus cahrilla: -=0.90,- - - 0.15. scriba: - = 0.90, - - - 0.122. Come nelle dimensioni così nell' aspetto durante tutto lo sviluppo le due ultime specie possono difficilmente distinguersi. Il pigmento si sviluppa più tardi e in quantità molto minore che non nel Labrax : esso è pure di due colori ; vi sono cellule gial- liccie e cellule nere. Le larve escono dall' uovo allo stesso stadio di sviluppo molto poco avanzato del Labrax. Sono in esse caratteristiche le macchie di pigmento giallo pal- lidissimo, quasi bianchiccio, ^uHe pinne primordiali: esse sono fatte 20 Feti. Raffaele di cellule molto frastagliate, con prolungamenti dendritici sottilis- simi di granulazioni pigmentali. — Solo per la disposizione e la quantità del pigmento possono distinguersi tra loro le larve dei Ser- ranus : quelle di Centropristis sono sempre alquanto più piccole. Le figure (tav. 2 figg. 1 — 4) indicano abbastanza bene i carat- teri distintivi di queste larve, e la loro struttura grossolana non ha nulla che valga la pena di altre parole. È notevole la grande af- finità che esse hanno con le larve del Labrax nel contorno del corpo, nelle pinne primordiali e nella disposizione degli organi interni. Sebbene abbastanza resistenti, esse raggiungono, dopo il totale assorbimento del vitello, uno sviluppo forse un poco meno avanzato ; infatti il sangue si sviluppa scarsamente, e esse non si prestano punto allo studio della circolazione come la specie precedente. E molto probabile che il Serrcmus gigas^ ben altrimenti importante dal punto di vista economico delle specie suddette, abbia anche uova galleggianti; ho raccolto nel mese di Luglio, in un bacino dove i sono varii individui di questa specie, delle uova del diametro di mm 0.75 con una goccia oleosa del diametro di mm 0.175. Le larve che escono sono molto affini a quelle degli altri Serrani. Sic- come però nella stessa vasca vivono altre due specie di pesci di cui sono sconosciute le uova, e non ho potuto per varie ragioni cousta- tare il fatto direttamente, posso riferire solo con riserva quelle uova al aS. gigas. MuUidae. (Tav. 1 e 2.) Le grosse triglie [Mullus surmuletus L.) viventi da qualche tempo in una vasca dell' Aquario, hanno emesso in questa primavera una gran quantità di uova, le quali erano tutte fecondate e si sviluppa- vano benissimo nei bicchieri. — Le uova (tav. 1 figg. 6—8) sono molto facilmente riconoscibili. Esse sono sferiche, di diametro circa un millimetro (0.93) con una sola goccia oleosa (d. = 0.23); la capsula è alquanto spessa e fornita in tutta la superficie di pori-canali molto vicini fra loro, facilmente visibili; il vitello trasparentissimo è for- mato in parte di grosse vescicole, le quali al principio dello sviluppo sono raccolte sotto al germe, poi, a misura che il blasto- derma avviluppa il vitello, partecipando al movimento epibolico, si estendono pure esse tutf intorno alla sfera vitellina; esse occupano sempre una calotta più estesa del soprastante blastoderma, cosicché lo eccedono sui margini, e compiono la involuzione del vitello prima della chiusura del blastoporo. Le uova galleggianli o le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 21 Una struttura del tutto simile è descritta e figurata da Agassiz e Whit- MAN ;2, tav. 4, p. 18) nelle uova pure galleggianti del Temnodon saltatoi- L. — Come questi autori asseriscono, giustamente correggendo su stessi (1), i seg- menti vitellini altro non sono che vescicole del vitello nutritivo. Nelle uova ovariche mature di Mullus le vescicole occupano una posizione per lo più centrale ; esse sono una parte delle vescicole vitelline che allo stadio che precede la maturazione occupano tutta la massa dell' uovo, le quali invece di dissolversi in ima massa fluida omogenea rimangono nella loro interezza. Quando, emesso l'uovo, il germe si raccoglie al polo inferiore, esse partecipano al movimento di migrazione del protoplasma e si raccolgono sotto al germe. Io credo che la spiegazione di questo fatto, come pure del movimento epi- bolico successivo che esse poi compiono insieme al blastoderma, sta in ciò, che quelle vescicole sono separate l'una dall' altra, e al tempo stesso mantenute insieme da sottili trabecole di protoplasma le quali sono in continuità con lo strato corticale, onde partecipano evidentemente al movimento di migrazione di quello. Poco dopo la cliiusura del blastoporo, che ha luogo quando l'em- brione occupa circa mezzo meridiano, si mostra il pigmento, es- clusivamente nero, non molto abbondante, in cellule stellate molto eleganti; un gruppetto di tali cellule si trova sotto la goccia oleosa (tav. 1 fig. 8'. Lo sviluppo neir uovo dura 3 — 4 giorni; la larva viene fuori in uno stadio poco avanzato di sviluppo; essa è molto caratteristica; difatti il vitello sporge di molto oltre il capo e all' estremo anteriore è situata la goccia oleosa; il piccolo pesciolino sembra sospeso sotto ad un pallone (tav. 2 fig. 5). — Tutta la porzione anteriore della larva è molto depressa, la pinna primordiale comincia sul dorso al- quanto dietro al capo : essa è poco ampia e gira , conservando le stesse dimensioni intorno a tutto il corpo : un poco dietro al vitello è interrotta dall' estremo assottigliato dell' intestino. Questo è molto angusto, visibile di profilo solo nella sua porzione posteriore, nas- costo com' è dal vitello molto rigonfio. Nel corpo della larva, a causa della posizione della massa vitellina, la curvatura ad S, comune alla massima parte delle larve, è meno accentuata. Il pigmento é esclusivamente nero, raccolto in poche cellule stellate piuttosto grosse. Caratteristiche sono le cellule pigmentate sotto alla goccia oleosa. Al secondo giorno di vita estra-ovarica, l'aspetto della larva diviene meno caratteristico per la diminuzione del vitello (fig. 6 . La pinna sul dorso si proluoga fino al cervello posteriore; cominciano a formarsi le pettorali : lintestino è ora di calibro uniforme fino a Tano, la parte terminale fa un angolo leggermente acuto col resto; dietro ad essa vi è la vescica urinaria che ventralmente sbocca 22 Feci. Raffaele ueir intestino ; dorsalmente mettono capo i due condotti del pronephros i quali possono vedersi molto bene sul vivo. È caratteristico in queste larve un boccinolo di senso, situato dorsalmente al tronco, alla base del lembo della pinna primordiale. Nei giorni successivi, il vitello va sempre diminuendo, e finisce col diventare posteriore al capo; causa la posizione del vitello, la rotazione del cuore è alquanto ritardata. I cromatoblasti hanno per lo più, come ho detto, una forma ad astro molto elegante; al principio della vita estra-ovarica occupano di preferenza la parte dorsale del corpo, man mano essi migrano ventralmente, finché nelle larve di 7 o 8 giorni, nelle quali il vitello è esaurito, l'occhio opaco e risplendente, essi costituiscono una stri- scia longitudinale ventrale, e occupano la parte dorsale della cavità addominale; il resto del corpo »è completamente scolorato. Quattro macchie pigmentate si trovano costantemente, a partire dal secondo giorno, all' estremo codale, due dorsalmente e due ventralmente (fig. 7). Come al solito, dopo la scomparsa del vitello e della goccia oleosa, la larva possiede già gli organi principali; dello scheletro sono formate le cartilagini branchiali e Meckeliana e le prime carti- lagini della base del cranio (paracordali e trabecole). Non esiste nessun carattere distintivo della specie ; dei barbigli mandibolari non vi è traccia; questi organi sono probabilmente sincroni nella loro genesi con le appendici branchiali. L'altra specie di triglia, il Mullus harbatus ha uova e sviluppo identici a quelli della precedente, con la sola differenza che tanto le uova quanto le larve sono alquanto più piccole. Nei mesi di Giugno, Luglio ed Agosto si pescano presso la costa, insieme a giovani di varie altre specie che vanno sotto il nome generico di fragaglie o fravaglie, delle piccole triglie le quali già sono lunghe da 2 — 3 centim., e sono riconoscibili facilmente dai bar- bigli; esse però non hanno ancora l'aspetto dell' adulto, sono più esili, cioè hanno il corpo relativamente alla lunghezza meno alto, ed hanno un colore totalmente argenteo; se ne trovano poi di più svi- luppate, nelle quali cominciano ad apparire delle macchie rossi cce. Sparidae. (Tav. 1, 2 e 4.) È probabile che molte o forse tutte le specie di questa famiglia, abbiano uova galleggianti; con certezza assoluta posso dirlo di tre I Le uova galleggianti e le larvo dei Teleostei nel golfo di Napoli. 23 sole: Sargus Rondeletii, Box milgaris e Pagellus erythrinus: non evedo però sbagliare asserendo che così è anche per gli altri Sargus, per il Box salpa, per gli altri Pagelli, per YOblata melamira, Can- tharus ecc.; anzi le nova e gli stadi larvali di tutte queste specie devono essere molto affini tra loro. Ciò che mi autorizza a questa supposizione si è che durante i mesi estivi si trovano innumerevoli uova galleggianti molto simili tra loro, ma che però presentano delle diiferenze nelle dimensioni e nello sviluppo del pigmento, le quali certamente appartengono a diverse specie affini; e queste uova e queste larve hanno tutte una spiccatissima somiglianza con quelle da me conosciute del Sargus Rondeletii e del Box vulgaris. Sebbene non abbia potuto operare fecondazioni artificiali sulle singole specie e nemmeno vederne le uova perfettamente mature, pure ho consta- tato che quasi tutte si riproducono nella stagione in cui abbondano quelle uova galleggianti. Inoltre per molti giorni ho raccolto, in una vasca deir Aquario dove sono riunite varie specie di Sargus, dei Pagellus, e dei Cantharus, diverse uova, affini senza dubbio tra loro, ma che certo appartengono a 2 o 3 specie diverse. L'uovo di Sargus Rondeletii (tav. 1 fig. 9) è sferico, ha ca. 1 mm di diametro, vitello omogeneo trasparente, goccia oleosa scolorata o leggerissimamente gialliccia, di 0.18 — 0.20 mm di diametro. — Lo spazio tra il vitello e la capsula è quasi nullo al principio dello svi- luppo. L'incubazione dura al massimo quattro giorni, ma ordinaria- mente nel mese di Maggio e Giugno le larve abbandonano l'uovo dopo due giorni. Queste uova s'incontrano fin dall' Aprile, sono abbondantissime in Maggio e in Giugno. Verso l'epoca della chiusura del blastoporo o poco dopo, comincia a svilupparsi il pigmento in cellule sparse uniformemente su tutto il corpo dell' embrione ; il pigmento è giallo citrino a luce incidente : a luce trasmessa, i granuli di pigmento, molto stivati nelle cellule, le rendono opache, e le macchie di pigmento appariscono nerissime. Appena l'estremo codale comincia a distaccarsi dal vitello, si veggono già alcune cellule pigmentate invadere dalla parte della coda l'emi- sfero non embrionale del vitello. — Le cellule di pigmento si vanno ammassando principalmente in quattro macchie piuttosto grosse si- tuate sopra e sotto ciascun occhio, e in altre lungo lungo il tronco e la coda; alcune si trovano sparse sul vitello e sotto la goccia oleosa. La larva (tav. 2 fig. 8) che vien fuori è molto poco sviluppata, essa é caratteristica principalmente per le quattro macchie suddette. Il vitello è ovoide con l'estremo ristretto volto posteriormente, dove è 24 Fed. Raffaele situata la goccia oleosa; anteriormente non oltrepassa il profilo del capo. Il capo è anteriormente troncato: l'occhio è molto grande, cosi che di profilo lascia vedere solo piccola parte del cervello, loto- cisti è piccola, rotonda, situata poco lontano dall' occhio : nello spa- zio che intercede vi è un bocciuolo di senso molto sviluppato. L'in- testino con una parte terminale molto assottigliata raggiunge il mar- gine della pinna, immediatamente dietro al vitello. Vi sono altre uova galleggianti del tutto simili, meno che nelle dimensioni (d. 0.72 — 0.74, g. 0.21), da cui escono larve che diffe- riscono dalle prime solo per essere più piccole. Le uova di Box vulgaris (tav. 1 fig. 10) jhanno un diametro di 0.89, e la goccia oleosa di 0.2. Come si può vedere nella figura, l'embrione ha un aspetto molto simile a quello di Sargus, ma è meno pigmentato. Le figure rappresentano larve che molto probabilmente sono di Sargus Rondeletii. Nella larva al secondo giorno dello sviluppo estra- ovarico, gli occhi cominciano ad opacarsi; le macchie caratteristiche di pigmento sotto e sopra di essi non si ritrovano più, il pigmento è limitato alle poche macchie già notate, le quali sono molto co- stanti. L'intestino forma già un' ansa, il vitello è molto ridotto e fra esso e l'ano vi è una breve pinna primordiale preauale. Nella fig. 9 i^tav. 2), che rappresenta una larva al 4" giorno, il tappeto coroideo è completamente formato e l'occhio risplende di riflessi metallici, la bocca è formata, con essa le cartilagini di Meckel e dello scheletro branchiale ; il cuore ha la posizione definitiva ; del vitello rimane appena una traccia, ma la goccia oleosa ancora per- siste; l'ansa intestinale è aumentata alquanto, e il lume intesti- nale è molto ampio in essa; dietro l'intestino vi è la vescica urina- ria; si è anche formata una piccola vescica natatoria, e le pareti della cavità addominale cominciano a pigmentarsi. La pinna impari primordiale è perfettamente priva di pigmento; le pettorali sono piccole, delicate, scolorate. Eipeto che, durante i primi tempi della vita libera, tutte le larve di queste specie affini sono quasi identiche. — Del Sargus Ronde- letii posso dare delle figure che rappresentano stadi ulteriori di svi- luppo. La fig. 3 (tav. 4) è fatta da un piccolo pesciolino, con tessuti ancora trasparenti come cristallo, lungo ca. 11 mm, pescato insieme a vari simili che se ne stavano a frotta presso gli scogli della costa di Mergellina. — Essi furono presi nei primi giorni di Novembre 1886: la loro età è difficile a stabilire con precisione: ma probabil- Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 25 mente essi avevano due o tre mesi di vita al massimo. Questi pe- sciolini tenuti in grossi bicchieri con circolazione continua di acqua di mare e alimentati con Copepodi, Misidi e altri piccoli crostacei o anche con larve di pesci schiuse da uova pelagiche, si sono mante- nuti in vita e sviluppati abbastanza bene per un certo tempo, ed hanno man mano subito delle modificazioni nella forma del corpo e soprattutto nella pigmentazione. Di una dozzina circa , undici sono morti in varie epoche . uno ha vissuto benissimo fino al Giugno di quesf anno ed era divenuto un piccolo Sargus Rondeletii perfettamente riconoscibile (fig. 5). Stadio intermedio fra i due è quello rappresentato dalla fig. 4 disegnato da un individuo pescato nel Gennajo 1885, cioè quasi certamente due mesi più vecchio di quello della fig. 3. I piccoli di varie specie di Sparidi sono abbondanti a comin- ciare da Giugno, presso tutta la costa di Mergellina, lungo la ban- china e presso gli scogli ; essi sono riuniti a frotte , nelle quali si trovano individui di diversi stadii di sviluppo. — Alla lunghezza di 10 mm, già sono formate le pinne definitive e il corpo ha raggiunto un notevole spessore; i Sargus anularis e le Oblate hanno già la caratteristica macchia nera sulla radice della coda; il colore domi- nante di questi giovani pesciolini è il giallo, i tessuti sono ancora alquanto trasparenti; solo più tardi, con la formazione dello strato argenteo, il corpo diventa opaco e la colorazione gialla va man mano scomparendo. Scorpaeuidae. Le uova delle Scorpene sono emesse in una massa ellissoide galleggiante, fatta di un muco trasparentissimo dentro cui sono agglutinate le uova come in tante nicchie. Una simile massa estratta dagli ovarii di una Scorpaena porcus conteneva approssimativamente 3000 uova. Queste uova sono ellissoidi, Tasse maggiore è di circa 1 mm, il minore di 0.75, la capsula è sottile, senza pori- canali apparenti , con riflessi azzurrognoli : il vitello è omogeneo, di una rifrangenza grassa: non vi è alcuna goccia oleosa. Uova simili sono pescate talvolta alla superficie. Altre se ne pescano che differiscono solo nelle dimensioni, avendo per misure degli assi 1.08 e 0.86. Esse saranno forse della Scorpaena scrofa. Questi gruppi di uova sono alquanto simili a quelli dei Fìerasfer. ma sono più grandi e più facilmente si disfanno , sicché raramente vengono pescati interi. Essi si distinguono bene a prima giunta da 26 Fed. Eaffaele quelli, per la mancanza di gocciola oleosa: non così dalle nova di Ophidium, con le quali mi sembrano in tutto simili. La larva (tav. 2 figg-. IO, 13 e 14) è caratteristica per la pinna primordiale che si continua fino al profilo anteriore del capo, dilatandosi anteriormente in modo da formare un ampio sacco (vedi Gadus pag. 37). L'epi- dermide, specialmente nella porzione anteriore delle larve, è fatta di cellule a pareti molto spesse, i contorni cellulari sono molto ac- centuati ; inoltre ciascuna cellula presenta nella parete (?) una striatura spiccata quale si trova in molte cellule epidermiche di teleostei adulti, struttura che non ho mai veduta sul fresco con tanta evidenza. La larva quando esce dalla capsula è alquanto sviluppata, il vitello è poco voluminoso e di forma ellissoidale : l'intestino si termina poco dietro di esso. I tessuti sono trasparenti: il pigmento poco sviluppato; vi sono soltanto poche cellule pigmentate in nero nella parte posteriore della cavità addominale; altre se ne mostrano in prosieguo nell' angolo distale inferiore delle pettorali. Sciaenidae. (Tav. 1 e 4.) L'uovo rappresentato dalle figure 11 e 12 :tav. 1) appartiene molto probabilmente alla Corvina nigra. Il diametro oscilla tra 1 mm e 1.26, il vitello è omogeneo, con una goccia oleosa del diametro di mm 0.30. talvolta leggermente colorata in giallo; il germe e lembrione hanno una spiccata tinta ambracea. Molte di queste uova sono state pescate in una vasca dell' Aquario dove vivono varie Cor- vine (che nei mesi di Maggio e Luglio sono sessualmente mature); esse coincidono nelle dimensioni con quelle mature prese nell' ovario. Purtroppo non ho potuto operare una fecondazione artificiale, né assistere alla deposizione, e insieme alle Corvine abitano il bacino due altre specie di cui non conosco le uova Polyprion cernium e Chry- sophris aurata] sicché rimane qualche dubbio intorno alla provenienza delle uova raccolte. L'abbondanza del pigmento è favorevole alla supposizione che esse sieno di Corvina. Poco dopo la chiusura del blastoporo comincia a mostrarsi il pigmento nero in piccole cellule rotonde, poco ramose, sparse uniformemente alla superficie dorsale dell' embrione. Qualche ora dopo si forma in altre cellule, un altro pigmento giallo - ranciato, dapprima pallidissimo. Questi due pigmenti aumentano rapidamente sul corpo dell' embrione; qualche cellula si mostra anche intorno alla goccia oleosa, la superficie del vitello rimane libera di cromatoblasti. La larva che viene fuori dopo Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 27 3 — 4 giorni cVincubazione è appunto facilmente riconoscibile per la pignieutazioue abbondante nella porzione anteriore del corpo (v. tav. 4 tig. 17). Le cellule tanto rosse quanto nere formano intricatissime arborescenze, molte cellule situate più profondamente mandano pro- lungamenti frastagliati fino all' epidermide. Tanto per il colore del pigmento quanto per l'aspetto dei cromatoblasti, vi è molta somiglianza tra queste larve e quelle dell' Uranoscojms scaher. In queste larve, verso l'epoca in cui abbandonano la capsula, cominciano ad entrare in circolazione dei corpuscoli (scolorati) e si vede molto bene com' essi si originano, in buona parte almeno, lungo il tronco, al punto dove contemporaneamente va formandosi la vena cardinale ; si staccano cioè le cellule mesoblasticbe centrali dal cordone cellulare situato sotto l'aorta, e vengono trascinate dalla corrente; in tal modo si origina il lume della vena. Trachinidae. (Tav. 1, 2 e 4.) Uranoscopus . Uno delle più interessanti e caratteristiche uova galleggianti è quello dell' TJranoscopus (tav. 1 fìg, 13, 14 e 16) ; per la sua di- mensione esso fornisce un ottimo materiale di studio, prestandosi meglio di molte uova pelagiche per le sezioni microtomiche. Wencke- BACH (1) a p. 228 lo descrive sommariamente, ignorando la specie cui appartiene. Il diametro è di 1.65 — 2 mm, e oltre che per la sua grandezza, esso si distingue a prima giunta tra le altre uova pelagiche per essere alquanto opaco e bianchiccio. Questa opacità dipende dalla struttura della capsula, che è tutta ricoperta alla superfìcie esterna di un reticolato regolarissimo a maglie esagonali (la diagonale è di mm 0.033 — 0.05); un ingrandimento sufficiente mostra che le maglie del reticolato sono fatte di listerelle trasparenti situate per- pendicolarmente alla superfìcie della capsula. Il vitello è omogeneo, molto fluido, nei primi stadi dello sviluppo esso occupa quasi com- pletamente la cavità della capsula; non esistono gocce oleose. L'uovo ovarico è in questo caso, come d'ordinario in tutti i Teleostei, inti- mamente ricoperto da uno strato di cellule poligonali (esagonali) costituenti la così detta membrana granulosa. Queste cellule costituiscono un mosaico, che, a misura che l'uovo aumenta di volume, diventa sempre più regolare, mentre le singole cellule s'ingrandiscono. Contemporaneamente aumenta la sostanza inter- cellulare, come può facilmente constatarsi su preparati trattati con nitrato d'ar- gento; quando l'uovo s'avvicina alla maturità la parte viva delle cellule della granulosa va scomparendo fluidificandosi e pigliando parte alla formazione del 28 Fed. Eaflfaele liquido ovarico, che facilita la fuoiiuscita delle uova?); rimane la sostanza inter- cellulare, che costituisce appunto il reticolato esagonale della capsula; ognuna delle nicchiette vuote rappresenta per così dire l'impronta di una cellula della granulosa '. In im ovario di Saurus lacerici ho trovato delle uova quasi mature, trasparenti che hanno le stesse dimensioni presso a poco di quelle di Uranoscopus e la medesima struttura della capsula derivante dalle cellule della granulosa. E ben curioso che due specie poste nelle classificazioni lontano l'una dall' altra, abbiano uova identiche e coin- cidenti, ciò che è ancora più strano, in un carattere assolutamente eccezionale tra le uova dei Teleostei. — Stante la rarità del Saunis lacerici nel Golfo e l'abbondanza invece delle uova di cui mi sto occupando, è molto probabile che esse appartengano all' Uranoscopus: sarebbe ad ogni modo interessante risolvere in modo più soddis- facente il problema, mediante fecondazione artificiale, non che di studiare le relazioni anatomiche che vi possono essere tra le due specie. Non meno interessante dell' aspetto dell' uovo è lo sviluppo dell' embrione; la larva esce ad uno stadio piuttosto avanzato, e si stabilisce una vera circolazione vitellina mentre essa è ancora neir uovo. Queste uova cominciano a comparire nel principio di Maggio, divengono abbondanti nel Giugno e nel Luglio , si trovano fino a Settembre. Pescando al mattino verso le 7 o le 8 si possono avere, secondo la temperatura, ad uno stadio più o meno inoltrato, esse sono evidentemente emesse e fecondate nelle prime ore della notte: lo stadio più giovane che d'ordinario riesce di avere al mattino è quello di calotta blastodermica che copre iin quarto della sfera vitellina. Il bla sto poro si chiude quando l'embrione non ancora ha raggiunto un mezzo meridiano; già sono formati i diverticoli ottici e 3 — 4 seg- menti nella porzione mediana. Mentre si chiude il blastoporo appare la vescicola di Kupffer alquanto innanzi al blastoporo stesso: il rigonfiamento codale molto ispessito limita una fossetta imbutiforme con l'estremo ristretto rivolto verso il vitello: è visibile sul vivo un canaletto sottile nel quale si continua l'estremo ristretto dell' imbuto e che mette capo alla vescicola di Kupffer (fig. 13). Mi pare evi- dente qui la comunicazione di questa con l'esterno. Non insisto su questo fatto, giacché lo descriverò e ne darò il disegno in un altro embrione dove esso è anche più chiaro. Poco dopo che l'estremo codale si è distaccato dal vitello, si veggono al 1 Un fatto simile a questo è stato osservato nelle uova dello Storione (Sa- liENSKY, Développemeut du Sterlet, in: Arch. Biol. Tome 2. p. 23.5). Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 29 punto dove accade il distaccamento due linee sottili che dalla faccia ventrale dell' embrione si continuano per un tratto alla superficie del vitello; queste due linee sono formate di cellule mesoblastiche che si assottigliano e si allungano; esse sono il principio della vena vitellina meridiana (fig. 16 r) che è continuazione diretta della vena codale. A poco a poco, nuove cellule aggiungendosi a quelle che già sono a posto, il canale si prolunga verso il capo dell' embrione. Poco dopo la prima comparsa di questo vaso, all' estremo posteriore o codale del sacco vitellino, altri due cominciano a formarsene allo stesso modo, uno per lato, i quali si distaccano dal corpo dell' embrione ad angolo retto, un poco indietro alle otocisti, e girando ad arco con concavità anteriore progrediscono pur esse verso il capo dell' embrionefinchè vengono a metter capo insieme alla vena vitellina anzidetta in un unico e breve tronco venoso che si continua di- rettamente con le pareti interne del cuore. Quando questi vasi vitellini cominciano a formarsi, già il cuore è in piena attività e già alla superficie del periblasto, e sopratutto in vicinanza del cuore si veggono a gruppetti più o meno numerosi o isolate delle cellule mesoblastiche che ad ora ad ora attratte nella corrente del fluido sanguigno, vengono ingoiate dalla larga bocca venosa del cuore che si apre sotto l'occhio sinistro nello spazio intorno al vitello. Esse passano dal cuore nei due primi archi aortici già for- mati, e per l'aorta addominale risultante dalla fusione di quelli vanno fin nella coda, dove, ritornando per breve tratto sul loro cammino nella vena codale, passano nella vena vitellina. Altri corpuscoli pigliano la via delle carotidi per poi, dopo attraversati i vasi del capo che vanno man mano complicandosi, ri- tornare per le due vene che escono dal corpo dell' embrione dietro le otocisti, come ho già detto. La circolazione vitellina comincia molto prima che 1 vasi alla superficie del vitello sieno formati; i corpuscoli, attratti dalla vis a tergo operata dal cuore e seguendo la direzione già impressa, formano alla superficie del vitello delle correnti che sono la continuazione virtuale delle vene già for- mate nel corpo dell' embrione. I corpuscoli così messi in movimento sommini- strano essi stessi i materiali per la formazione dei vasi che dovranno traspor- tarli. Quei corpuscoli che non corrono proprio nel centro della corrente hanno evidentemente una velocità minore, e spesso rimangono attaccati alle pareti già formate lungo le quali scorrono; essi s'innestano facilmente alle altre cellule che formano le pareti, grazie al loro plasma vischioso. Così si stabilisce una circolazione vitellina, identica a quella che è descritta in molti embrioni di Te- leostei le cui uova non sono galleggianti, così come nel Salmone, nel Belone ecc.i. — La formazione dei vasi vitellini è propria delle uova a sviluppo lento; ìq questo caso appunto sono le uova di Uranoscopus che rappresentano sotto questo rapporto una delle poche eccezioni tra le uova pelagiche. Lo sviluppo dell' uovo dura infatti almeno 3—4 giorni anche quando la temperatura è molto elevata (24 — 25o C.). Il pigmento si comincia a sviluppare piuttosto tardi, cioè quando già l'estremo codale si è distaccato dal vitello. In alcune cellule si produce un pigmento nero, in altre un pigmento rossastro-bruno, che non cambia notevolmente di colore se osservato a luce trasmessa o ^ Questo sistema circolatorio embrionale è chiaramente figurato da Wencke- BACH 1). 30 Fed. Kaffaele incidente. Dapprincipio le cellule di pigmento sono sparse qua e là principalmente sul dorso dell' embrione e sono poco ramificate: a poco a poco esse si ramificano molto, formando un fitto reticolato. La larva (tav. 4 fig. 10) quando esce dall' uovo è molto intensamente colorata, né per trasparenza sono facilmente visibili gli organi interni come nella massima parte delle larve delle uova pelagiche. Il giovane pesciolino ha già un capo spesso e un poco tozzo che ricorda lontanamente l'aspetto dell' adulto; esso esce dall' uovo con una massa vitellina relativamente piccola e a uno stadio di sviluppo avanzato. Gli organi interni, la bocca e lo scheletro branchiale cirtilagineo e le cartilagini primitive del cranio, che in molte larve si sviluppano nella vita estra-ovarica, già si formano dentro all' uovo. Tì'achinus. (Tav. 1 e 2.) Le uova del T. draco e del T. radiatus sono galleggianti, sfe- riche, di 1 mm ca. di diametro, con una goccia oleosa, come si rileva dalla osservazione di ovari maturi ; non ho potuto raccog- liere altri dati. S'incontrano poi delle uova galleggianti, carat- teristiche per la presenza di 4 o 5 fino a 10 gocce oleose tav. J fig. 17, 18). per lo più gialliccie, che al ò** giorno abbandonano la superficie, al 10" schiudono (Gennajo). Da esse si sviluppa una larva (tav. 2 figg. 11, 12), facilmente riconoscibile per il pigmento nero molto abbondante, e per le ventrali nerissime che si formano molto precocemente dentro l'uovo poco dopo che cominciano a mo- strarsi le pettorali. Queste uova e queste larve hanno tale somiglianza con quelle del Trachinus vipera descritte e figurate da Brook (1), che io non esito a riferirle a questa specie. Le differenze tra le uova che descrive Brook e quelle da me osservate, stanno, 1^ nel numero delle gocce oleose, alquanto maggiore nelle prime, 2" nel pigmento della larva che è più scarso : differenze come si vede insignificanti e che possono anche essere attribuite a variazioni locali. Ad ogni modo è certo strano che in una stessa famiglia . si trovino due tipi di uova cosi diversi tra loro, come sono quelle del- T Uranoscopus e quelle del genere Trachinus. Pediculati. E noto da molto tempo che le uova del Lophiua piscatoritis formano dei lunghi nastri galleggianti: un muco raddensato Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 31 traspareutìssimo tiene insieme le uova. Il 7 Genuajo 1880 un nastro simile fu raccolto dai pescatori della Stazione Zoologica nel golfo; gii embrioni erano sviluppati e prossimi ad uscire. Io non bo mai finora avuto occasione di vedere queste uova viventi. Agassiz e "VVhitman (2) descrivono e figurano bene i i)rinci- ])ali stadii di sviluppo di questa specie. Cottidae. (Tav. 1 e 2., Le uova di Lepidotrigla aspera (tav. 1 figg. 19. 20) sono sfe- ricbe, il diametro è di 1.16, il vitello omogeneo trasparentissimo, con una goccia oleosa leggermente tinta in roseo del diametro di 0.21 — 0.22 mm. Il 29 Marzo 86 potetti fare una fecondazione arti- ficiale di questa specie, su di un numero molto limitato di uova: lo sviluppo si compì felicemente nel maggior numero. La fecondazione fu fatta alle ore 1.25 pom. , alle 2.55 il germe si era raccolto al polo inferiore; alle 3.15 si mostrò il solco della prima segmentazione Al mattino del giorno seguente il blastoderma occupava un buon terzo della sfera vitellina , Tauello embrionale era già formato e cominciava a mostrarsi lo scudo. Al 30 giorno dello sviluppo, quando l'estremo codale si distacca dal vitello, l'uovo .diventa caratteristico per la formazione del pig- mento. Vi sono cellule di pigmento nero e cellule di pigmento giallo (bruuastro a luce trasmessa). Il pigmento nero ha una ten- denza al violetto molto sensibile. Le cellule di pigmento si spargono molto di buon' ora alla superficie di tutto il vitello, dove sono uni- formemente distribuite ; tanto le nere quanto le gialle sono stellate, molto ramificate, a pseudopodi sottili: quelle del pigmento nero più piccole e più sottilmente ramificate. Al principio del 5o giorno, le larve escono dall' uovo (tav. 2 fig. 15). Esse non sono molto avanti nello sviluppo, ed hanno una massa vitellina ovoidale allungata, che si estende da sotto l'occhio fino a metà circa della lunghezza del corpo ; la goccia oleosa è situata air estremo posteriore alquanto ristretto. La pinna primordiale co- mincia alquanto indietro al capo, s'innalza gradatamente sul dorso e gira intorno al corpo piuttosto ampia, restringendosi alquanto tanto ventralmente quanto dorsalmente un tratto prima dell' estremo codale: le pettorali sono piccole e la loro inserzione è ancora prettamente longitudinale. L intestino si apre sul margine ventrale della pinna un poco indietro al vitello: esso procede dritto e aderente al corpo 32 Fed. Kaffaele fino a im certo punto, poi volge bruscamente nella parte posteriore in un gomito ad angolo retto continuandosi in una porzione terminale assottigliata: dietro questa parte trasversale dell' intestino vi è la vescica urinaria. Il pigmento non è molto abbondante, ma distribuito uniformemente sul corpo, sul vitello e sulla pinna. Esso forma sul lembo dorsale e sul ventrale della pinna una linea longitudinale in- terrotta, presso che parallela al margine. Sulle pettorali già si veggono alcune cellule pigmentate disposte ad arco, concentricamente al margine libero. L'ulteriore progresso dello sviluppo rende queste larve sempre più caratteristiche: ciò si deve principalmente all' accrescimento delle pinne impari e delle pettorali. — La piega dorsale si prolunga fino all' estremo antero- superiore del capo, formando in corrispondenza di esso un rigonfiamento come nelle larve di Scorpaena. L'amj^iezza della pinna primordiale, il colore e la distribuzione delle cellule di pigmento che vanno aumentando e ramificandosi sempre più, danno a queste larve una certa somiglianza con quelle del genere Solca ^ dalle quali però facilmente si distinguono per il corpo più allungato, per l'unica goccia oleosa del vitello, e per le pettorali molto sviluppate. Queste vanno rapidamente aumentando in ampiezza. Dopo 3 o 4 giorni di vita estra-ovarica , quando il vitello è consumato , gli organi principali sono formati ; la larva di Lepidotrigla ha un aspetto molto caratteristico (tav. 2 fig. 16). Le pettorali relativamente amplissime, sebbene ancora molto sottili e •senza nessun accenno di raggi definitivi, sono colorate intensamente sui margini, dove le cellule di pigmento giallo e nero formano un elegante disegno dendritico, mandando sottili prolungamenti verso il centro della lamina, nella direzione dei trico- raggi; esse ricordano vagamente le ali di una farfalla ; e sono agitate di continuo da mo- vimenti oscillatori rapidissimi. Oltre questo carattere che già la lar\'a ha in comune con l'animale adulto , altri se ne ritrovano ; colpisce subito la forma del capo triangolare se visto di sopra, la bocca ampia, la mandibola molto sviluppata che eccede di molto la mascella. Gli occhi sono risplendenti di bellissimi riflessi smeraldini; tutto il corpo è delicatissimo e di una grande trasparenza; il pigmento sulle pinne impari è molto meno abbondante che nei primi giorni dello sviluppo. I caratteri delle uova e delle larve della Lepidotrigla si riti'o- vano in varie uova galleggianti, tutte del diametro maggiore di [ mm, con goccia oleosa piuttosto grossa, spesso colorata in giallo: Le nova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 33 pure il pigmeuto ha la stessa apparenza e la stessa distribuzione; il pigmento nero ha sempre una tinta violacea, il giallo in talune uova ha una tinta più carica che può giungere all' aranciato. Le larve mostrano grandi affinità con quelle descritte ; le grandi pettorali, del tutto eccezionali tra le giovanissime larve pelagiche, sono evidentemente un carattere di famiglia: e io non esito a riferire le altre uova alle Triglidae, quantunque non possa per ora identi- ficarle con maggior precisione. Credo inoltre che tutte le specie del genere Trigla abbiano uova galleggianti e caratteri larvali che coin- cidono col tipo delle Lepidotriglae. Prixce (2) e CuNNiNGHAM (3) parlano brevemente delle uova galleggianti e della larva di Trigla (jurnardus già conosciute da Saes (1) fin dal 1865. Sullo sviluppo ulteriore di questi pesci si conosce già ab- bastanza, grazie principalmente alle osservazioni di Emery 9): né io ho alcun che di nuovo da aggiungere. Gli stadi transitori tra le giovanissime larve qui descritte e quelle già notevolmente avanzate descritte e figurate da Emery mancano finora alla nostra conoscenza. (xoMidi. (Tav. 1, 2 e 4.) Se i Callionymus sieno giustamente riuniti in una stessa famiglia con i Gobi , non è qui il caso di discutere ; certo che, per quanto riguarda lo sviluppo e le prime condizioni di vita, essi non hanno con quelli niente di comune. Mentre tutte le specie del genere Gohius e di altri generi affini hanno, come è noto, uova che si attacano agli oggetti sommersi, mercè una struttura piuttosto complicata, e nelle quali gli embrioni si sviluppano lentamente e per molti giorni raggiungendovi un grado di organizzazione elevato e uscendone già in molti i)unti simili agli adulti, i Callionymus invece hanno uova piccolissime, galleggianti, a sviluppo rapidissimo, da cui escono larve ad uno stadio eccessivamente arretrato. L'uovo maturo ;tav. 1 fig. 21) di Callionymus festivus. sia immediatamente dopo estratto dall' ovario, sia dopo aver soggiornato neir acqua, prima 0 dopo la fecondazione, ha gli stessi caratteri e aspetto identico. Esso è il più piccolo uovo galleggiante che io conosca ed è leggermente opaco, con una leggerissima colorazione giallastra, il suo diametro è di mm 0.56 — 0.60; la capsula è alquanto spessa, il Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 3 34 Feci. Raffaele vitello, che ne occupa completamente la cavità, è fatto di una zona esterna vescicolare e di una parte centrale omogenea. A differenza di quanto Jaccade in altre uova con zona corticale vescicolare, come p. es. quelle di Mullus e di Temnodon^ la zona esiste già neir uovo ovarico maturo tutt' intorno, e rimane invariata durante lo sviluppo: essa è inoltre assai più appariscente: una linea molto netta la separa dal vitello ceuti'ale. M'Intosh (5), de- scrivendo Tuovo di C. lyra. parla di un mosaico esagonale che ricopre esternamente la capsula ; forse egli, avendo osservato soltanto uova tratte dall' ovario e . come appare dalla figura , non perfetta- mente mature, ha visto l'epitelio follicolare (membrana granulosa) ancora aderente alla capsula ; nelle uova giunte a completa maturità del C. festkus e in quelle in via dì sviluppo pescate alla superficie non ho mai veduto nessuna struttura particolare della capsula, e non credo che sia diversamente nelle uova del C. lyra. Lo sviluppo dell' uovo si compie in 24 o 48 ore secondo la temperatura. La larva (tav. 2 figg. 22, 23 e tav. 4 fig. 7) che esce è piccola, uniformemente pigmentata di giallo più o meno in- tenso (bruno a luce trasmessa), le cellule di pigmento sono per lo più dapprincipio rotonde con pochi prolungamenti, esse sono distri- buite a una certa distanza fra loro. Lo sviluppo della larva è assai poco avanzato, la massa vitellina molto grossa relativamente al corpo, di forma ellissoide; e, fatto del tutto eccezionale: non esiste an- cora traccia di cuore. Questo si forma dopo uno o due giorni di vita estra-ovarica. Come si vede dalle figure, le cellule di pigmento si ramificano e si espandono molto col progresso dello sviluppo. Mugilidae. (Tav. 1 e 2.) Di una sola specie di Mugil (probabilmente il capito) ho potuto operare una volta su poche uova la fecondazione artificiale; cosi ho potuto constatare che queste uova (tav. 1 fig. 22) sono galleggianti nelF acqua del mare. È molto probabile che anche per le altre specie accada lo stesso: ma stante che varie tra esse vivono in acque salmastre o anche quasi assolutamente dolci, si presentano come per i Lahrax i seguenti quesiti: 1" se le uova sieno galleggianti anche nell' acqua dolce, o quale densità dovrà aver l'acqua perchè esse galleggino, 2^» se l'emissione delle uova Lo uova galleggiauti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 35 e quindi Io sviluppo avvenga normalmente per tutte le specie nel mare, nelle acque salmastre o nelle acque dolci; o se invece le condizioni variino secondo le specie; quesf ultima ipotesi mi sem- bra più verosimile, ma per ora non ho nessun dato sicuro per risol- vere la quistione, né so che altri si sia occupato dell' argomento. Certo è che alla superfìcie del mare si trovano, sebbene non molto abbondanti, delle uova che somigliano a quelle da me fecondate artificialmente. Anche su queste non ho molte osservazioni, stante lo scarso numero e il non molto felice risultato dell' allevamento: le figure bastano ad ogni modo a far riconoscere, specialmente per la pigmentazione queste uova e la larva (tav. 2 fìg-. 17) che ne esce. Labridae. (Tav. 1 e 2.) In questa famiglia si trovano tipi diversi di uova. Mentre le specie dei generi Lahrus e Crenilahrus hanno uova più pesanti del- l'acqua, che si sviluppano al fondo, sia aderenti agli oggetti som- mersi [Labrus tnerula ed altri) sia libere [Grenilabrus griseus. medi- terraneus, pavo) ; quelle dei generi Ctenolahrus^ Tautoga, Coris^ Julis hanno uova galleggianti. Le uova sono tutte piuttosto piccole, di un diametro alquanto inferiore ad 1 mm. Quelle di fondo hanno vitello omogeneo e sprovvisto di gocce oleose, ordinarìamente di un colore giallo ambraceo più o meno intenso: di queste non é qui il caso di occuparsi. Le galleggianti sono di due tipi: quelle dello Ctenolahrus adspersus Walb, e quelle della Tautoga onitis Lin. de- scritte e figurate nel lavoro di Agassiz e Whitman (2 tav. 7 e 11. p. 18 e 21) sono senza goccia oleosa, viceversa quelle di Coris julis, Coris Giofredi, e Julis turcica hanno una goccia oleosa. Di queste tre ultime specie che io ho potuto studiare , tanto nelle uova, quanto nelle larve, non si trovano dei caratteri distintivi ben definiti; inoltre facilmente possono farsi sviluppare uova di una specie, fecondandole con lo sperma di un' altra. Per ora, non avendo osser- vazioni più precise, mi limito a figurare l'uovo e due stadi larvali, che per quanto finora io so, possono indifferentemente rappresentare una qualunque delle specie. Le uova (tav. 1 fig. 31) si trovano nei mesi caldi, nella fine della primavera e durante l'està. Si riconoscono facilmente per la loro piccolezza e per le poche cellule di pigmento nero che appa- riscono alquanto tardi (dopo la chiusura del blastoporo) sul dorso dell' embrione, come nelle specie descritte da Agassiz e Whitman. 3* 36 Fed. Raffaele Lo sviluppo è rapido (l o 2 g-iorni), la larva tav. 2 fig-g-. 18. 19) è poco sviluppata, caratteristica pel sacco vitellino allungato con goccia anteriore, che oltrepassa di poco il profilo del capo. Le cel- lule di pigmento piccole, rotonde, poco ramificate sono disposte con una certa regolarità in due serie dorsali, altre poche ve ne sono sul capo. Per la forma del corpo e per la distribuzione del pigmento, le larve somigliano molto a quelle di Tautoga onitis. Un carattere che non trovo notato né figurato dagli autori americani è la seghet- tatura della pinna primordiale tanto sul margine dorsale quanto su quello ventrale, seghettatura dipendente da speciali cellule epidermiche, come nel Fierasfer (vedi pag. 39). Gadiclae. (Tav. 1, 2 e ä.j Gadus. Saks (1) per il primo scopri che le uova del Gadus morrJma sono galleggianti, e si occupò dello sviluppo di questa specie. Molto più tardi Ryder (3) ha scritto a lungo sullo stesso argo- mento, figurando varii stadi delle uova e delle larve di G. morrlma. Le uova che Haeckel attribuiva ad un Gadoide non credo ap- partengano a una specie di questa famiglia ; le ragioni che gli face- vano credere tal cosa, sono, oggi che si conoscono molte uova gal- leggianti, del tutto insufficienti, lo stesso dicasi delle uova studiate da VAX Beneden. — Kixgsley e Conn, e poi Prince (3 e 3) , hanno oltre a quelle del G. morrlma^ descritte le uova e le larve di G. aegleßnus e G. merlcmgus pure galleggianti; una specie del genere, il G. Tomcod Walb, fa eccezione; le uova si sviluppano attaccate tra loro e spesso ai corpi sommersi da una sostanza mucosa (PiYDER 4, p. 35) . Le uova galleggianti delle tre prime specie hanno per carattere comune la omogeneità del vitello e la mancanza di goc- ciole oleose. Ad esse somiglia molto l'uovo del G. minutus (tav. 1 fig. 25) che ho potuto avere maturo dall' ovario; esso ha un diametro di poco inferiore ad 1 mm, la capsula è piuttosto sottile, talvolta con trasparenza azzurrognola , come nel G. morrhua secondo Prince. Sebbene non abbondanti, pure alquanto spesso, si trovano nella pesca di superficie le uova di questa specie. È caratteristico, come in generale in tutte le uova senza goccia oleosa e con vitello omoge- neo, l'aspetto grasso, untuoso che ha il vitello. Lo sviluppo nel- l'uovo dura un paio di giorni, l'embrione è molto sottile; il pigmento Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golto di Napoli. 37 si sviluppa molto tardi e scarsamente : solo qualche tempo dopo clie l'estremo codale si è distaccato dal vitello, si veggono alcune piccole cellule pigmentate in nero. La larva (tav. 2 figg. 20, 21), poco sviluppata, manifesta subito il suo parentado pel carattere peculiare di tutte le larve di Gadoidi finora descritte, della terminazione dell' intestino, che invece di raggiungere il margine ventrale della pinna primordiale, si termina lateralmente nel lembo della pinna me- desima; è dubbio se vi sia un' apertura. Come ha notato Ryder (3) nel Gadus morrJma e similmente a ciò che si trova nelle larve di Scorpaena e Trigla^ i due foglietti della piega dorsale, allontanan- dosi l'uno dall' altro sul capo formano un sacco mantenuto disteso da un liquido. Ryder (4) sbaglia ritenendo la cavità di questo sacco epidermico come uno »space between the integument and the brain« (pag. 8); così pure erroneamente lo disegna (tav. 1 fig. 1 . Infatti il cervello non sta allo scoperto in questo sacco, ma il sacco è inferiormente limitato dal cranio membranoso che, come sempre, ricopre il cervello. Questo sacco, che si ritrova più o meno sviluppato in altre larve [Lepidotrigld, Scorjjaena], è formato da uno svihippo sovrabbon- dante di quella sostanza che si trova tra l'epidermide e le parti sottostanti del corpo, che Emery ' ritiene simile al tessuto di secrezione di Hensen. Merluccius. (Tav. 1 fig. 2S, 29; tav. 3 fig. 1.) Il Merluccius vulgaris matura fin dal Gennajo. Le uova sono pure galleggianti, sferiche, mm 0.94 — 1.03 di diametro con una goccia oleosa (diametro mm 0.27). Da una fecondazione artificiale fatta il 3 Maggio 86 ho potuto constatare che lo sviluppo dura 60 — 70 ore: la larva è poco sviluppata, con sacco vitellino ovoide a estremo ristretto posteriore, dove è situata la goccia ; l'intestino come al solito si termina (si apre?) nel mezzo del lembo della pinna. Vi sono cellule di pigmento gialle e nere alquanto abbondanti, rag- gruppate come si vede nella figura. 3Iotella. Anche provvedute di goccia oleosa sono le uova di Motella tri- cirrata [vulgaris] (tav. 1 fig. 26 — 27; tav. 3 fig. 2 — 3), ma molto più piccole (d. mm 0.74; d. della goccia 0.218). Spesso la goccia è di un colore giallo d'olio d'ulivo; ma molte volte, anche in ovari maturi, la ho trovata del tutto scolorata: fino a che punto la colo- 1 Sulla esistenza del cosidetto tessuto di secrezione nei vertebrati, in: Atti Accad. Torino. Voi. 18. Adunanza 11 Febbraio 1883. 38 Fed. Raffaele razione della goccia debba ritenersi come carattere normale non posso dire; a meno che non vi sieno altre specie affini clie per le dimen- sioni delle uova e per le larve non sieno distinguibili da quella di Motella. Questa è tra le poche specie di pesci che maturano nell inverno, e dal Novembre al Gennajo sono abbondanti le uova alla superficie del golfo: la maturazione accade contemporaneamente per una gran quantità di uova negli ovari, così che ne vengono emesse moltissime in una volta; difatti in vari esemplari maturi ho trovato tutta la porzione centrale degli ovari e l'ovidotto comune zeppi di uova com- pletamente mature e libere, che una leggera pressione faceva venir fuori. Spesso nelle uova appena emesse vi sono tre o quattro gocce oleose ; ma ben presto esse confluiscono in una ; la presenza di più gocce nei primi stadi non ha per me, come anche per Agassiz e Whitman (2), niente a che fare con la regolarità dello sviluppo, con- trariamente a quanto dice il Brook (2). La larva di Motella è facilmente riconoscibile, per la sua picco- lezza. Il pigmento, esclusivamente nero, si mostra nell' embrione poco dopo della chiusura del blastoporo in due serie dorsali di cellule rotonde disposte con una certa regolarità, un pajo per ogni segmento. Quando la larva esce dall' uovo, al 4o giorno d'incubazione (Gennaio), il pigmento è raccolto principalmente nelle pareti dorsali della cavità del corpo, e in due macchie dorsalmente e ventralmente nella regione codale; la pinna primordiale che comincia dietro al cervello medio, è immacolata; come negli altri Gadoidi l'intestino, di grosso calibro si termina bruscamente in mezzo al lembo ventrale della pinna. Nei giorni successivi, la porzione cefalica e l'addominale divengono relativamente molto grosse, l'apertura boccale, che si forma è im- mensa; la porzione codale resta piccola e sottile; il pigmento aumenta considerevolmente nella cavità del corpo, in modo da ma- scherare in parte gli organi interni che si vanno formando; nella larva di 4 — 5 giorni si comincia a stabilire la circolazione, che diviene rapidamente ricca di corpuscoli rossi e non differisce neir andamento generale dei vasi da quella delle larve di Labrax e di altri pesci. Una descrizione abbastanza diffusa, accompagnata da numerose figure è data da Agassiz e Whitman (2) dello sviluppo di varie specie affini e della Motella argentea [f] a pag. 24 — 39; inoltre il Brook descrive e figura alcuni stadi della Motella rmistela : i caratteri sono molto appariscenti e coincidono con quelli della Motella tricirraia. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 39 Stadi larvali di Mofella ulteriori a quelli figurati da Agassiz e Whi r- MAN nelle fig. 14 e 15 della tavola 13 non si conoscono. Sembra, secondo questi autori, clie oltre il 14^ e il 15"^ giorno (cioè dalla schiusa dell' uovo tino al completo assorbimento del vitello) mentre ancora durano le condizioni larvali delle pinne (meno pochi raggi che co- minciano a formarsi alla parte inferiore della coda), si formi un pigmento gialliccio diffuso, mentre fino ad allora esiste il solo pig- mento nero. Io aggiungerò, solo a titolo di notizia, che nel golfo non molto di rado si pescano alla superficie delle piccole Motelle, lunghe circa 4 — 6 mm, che sono già simili alle adulte per le pinne e i bar- bigli, le quali hanno un corpo allungato e sottile e un colorito total- mente argenteo. Queste furono descritte da 0. G. Costa col nome di Brosmius exiguus , riconosciute poi da Emery (1) come giovani Motelle. Altre se ne trovano pure eventualmente ancora pelagiche che hanno già il colorito bruno definitivo. Fierasfer. Le uova del Fierasfer actis sono state descritte e figurate da Emery (2) nella monografia del genere, come pure le larve in diversi stadi di sviluppo. Esse formano dei gruppi di forma ellissoide, essendo riunite fra loro da un muco raddensato trasparentissimo. Le uova sono ordinariamente ellissoidi (Emery le dice sferiche) con Tasse maggiore circa 0.90 mm e il minore di 0.75 in media; la goccia oleosa tinta leggermente in giallo ha un diametro di 0.18 — 0.20. Si trovano nei mesi di Luglio, Agosto e parte di Settembre, secondo dice Emery e come ho potuto constatare anche io. L'inviluppo mucoso si va man mano disfacendo, sicché spesso verso la fine dello sviluppo, le uova si separano e possono venire allora pescate isolate. Gli embrioni cominciano a schiudere in media verso il 3*^ giorno, il pigmento bruno-nerastro in cellule molto frastagliate è ab- bondante nella parte anteriore del corpo e intorno al vitello. Ri- mando per maggiori ragguagli al libro di Emery. Nei disegni delle larve poco dopo sgusciate dati da Emery si veggono i margini della pinna primordiale dorsalmente e ventralmente seghettati ; nel testo non vi è nessuna allusione a questo fatto. La seghettatura è dovuta a speciali cellule epidermiche piriformi, più o meno allungate che con l'estremo ri- stretto oltrepassano i limiti delle cellule epidermiche ordinarie che le circondano. Queste cellule si ritrovano in varie larve provenienti da uova pelagiche ; e le ho già precedentemente notate parlando delle larve dei Coris. Esse compren- dono una porzione basilare che a fresco si mostra alquanto più rifrangente 40 Fed. Raffaele delle cellule vicine; la colorazione carminica svela un nucleo rotondeggiante che si tinge più intensamente degli altri nuclei epidermici, circondato dal proto- plasma che occupa la porzione basilare ed è terminato verso la parte libera a me- nisco concavo; tutto il rimanente della cellula è trasparentissimo sul fresco di rifrangenza quasi identica a quella dell' acqua di mare, e non sì tinge con i reattivi coloranti; sembra fatto di una sostanza liquida. Il contorno libero della cellula è tuttavia bene accentuato, giacché la membrana sottile ha un po- tere rifrangente discretamente forte. Queste cellule somigliano molto alle cel- lule mucose che si trovano in gran quantità nei lembi della pinna, sotto alle cellule epidermiche ordinarie e molto probabilmente ne sono una semplice mo- dificazione. In preparati inargentati, spesso si vede all' estremo libero un anelletto nero che sembra limitare un piccolo foro. Vi è un altro particolare non osservato da Emery nella struttura del pro- cesso dorsale che poi diventa il vessillo della larva. E interessante notare che non appena l'asse del processo ha raggiunto una certa lunghezza, la massima parte della porzione libera dell' asse, oltre la base, è occupata da un" ansa vascolare, fatta di un vaso relativamente ampio. A formare quest' ansa con- corrono due vasi, uno per lato, che staccandosi dall' aorta vanno in direzione quasi perpendicolare all' asse del corpo con decorso alquanto sinuoso, a pene- trare neir asse posteriormente alla base. Il processo dorsale è dunque nel suo primo sviluppo un organo essenzialmente vascolare. Altre uova molto simili a quelle descritte da Emery, pure riunite in una massa di muco, furono osservate per la prima volta dal dott. Lang, il quale, fatte sviluppare le uova ne ottenne delle larve in cui pure apparve un flagello dorsale. Io nel!' anno seguente ho avuto, dalla pesca di superficie nei mesi da Gennajo a Marzo, alcune uova isolate da cui usciva una larva, che confrontata con i preparati fatti dal dott. Lang, risultò identica ad essi; e spesso intorno alle uova si vedevano tracce dell" inviluppo mucoso. Queste uova sono ellissoidi, l'asse maggiore é di mm 1.43, il minore di 0.89; le dimensioni sono un poco variabili, come pure il rapporto tra i due assi. Il vitello omogeneo contiene una goccia oleosa del diametro di mm 0.234 all' incirca, colorata di un rosso rameo. Come si vede, già per le dimensioni e pel colore della goccia oleosa queste uova si distinguono da quelle del Fierasfer aeus. La larva che esce dall' uovo è somigliante a quella della specie nominata, ma è lunga circa il doppio (5 mm) ed è meno pigmentata ; la differenza massima sta nella lunghezza molto maggiore del corpo, e nello sviluppo re- lativamente minore che raggiunge il vessillo fino air epoca dell' as- sorbimento completo del vitello. Infatti, mentre nelle larve del F. ams , al 4« giorno di vita estra-ovarica , il vessillo è lungo quasi quanto tutto il corpo, in queste altre esso non raggiunge la metà della lunghezza totale. Altro carattere differenziale è la mancanza di cellule piriformi sui margini della pinna. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 4] Non sembra improbabile che queste uova appartengano all' altra specie mediterranea del genere, F. dentatus. Le uova descritte da Haeckel e da E. van Beneden somigliano moltissimo a (luelle del Fierasfer e forse sono proprio le stesse. Opliididae. Una sola volta ho potuto avere una femmina di Ophidium harbahwi matura ; le uova vengono fuori in una massa galleggiante, tenute assieme da una sostanza mucosa densa e trasparente; esse sono sprovviste di goccia oleosa: il diametro è intorno a 1 mm; spesso sono leggermente ellissoidi. Vi è dunque grande somiglianza tra queste e le uova delle Scorpene ; e non è possibile senza cono- scere lo sviluppo dell' uno e dell' altro genere, riconoscerne le nova. Resta dunque dubbio se le masse incontrate alla superficie del mare e descritte come uova di Scorpaena sieno effettivamente tali. La forma del corpo della larva disegnata sembra giustificare questa ipotesi, ma è desiderabile che si abbiano elementi più sicuri per pronunziare un giudizio definitivo. Pleurouectidae. (Tav. 1, 3 e 4.) Anche in questa, come nella famiglia dei Gadoidi, si trovano vari tipi di uova, ma sembra che tutte le specie senza eccezione le abbiano galleggianti. Mentre i Rhombus^ Rhomhoidiclithys . Arno- gìossus hanno uova provvedute di una goccia oleosa, nelle Sogliole (genere Solea) le gocce sono piccole e numerose riunite a gruppetti ; in altri, come Pleuronectes americanus Walb, Pseudorhomhus melano- gaster Stein (Agassiz e Whitman [2]), Pleuronectes flesus e Pleuro- nectes limanda (Hensen[1], Prince [2]) non esiste traccia di goccia oleosa. Oltre a questa differenza vi è anche quella della struttura del vitello che è omogeneo in alcune specie, vescicolare in altre. E le differenza delle uova si ritrovano nelle larve che spesso non hanno nessuna affinità apparente. Solea. Non ho potuto identificare con sicurezza le uova di nessuna specie: mi sono però accertato dall' esame degli ovari maturi di tre specie [S. impar. vidgaris, Kleinii) che le uova hanno caratteri generici comuni, i quali, mentre li fauno a prima giunta distinguere 42 Fed. Raffaele da tutte le altre uova pelagiche, le rendono cosi somiglianti fra loro che è difficile talvolta riconoscere due specie affini. La capsula in molte di queste uova presenta chiaramente dei pori-canali fitti su tutta la superficie; in altre essi non sono appa- renti; se ciò dipenda da differenze specifiche non sono al caso di decidere. Il micropilo in alcune uova ha una forma molto sin- golare: l'apertura micropilare, invece di essere un semplice foro, è fatta di tre fenditure convergenti che sembrano il morso d'una sanguisuga. Non posso dire se ciò sia un fatto accidentale o un carattere specifico ; propendo però più per l'ultima ipotesi. Carattere peculiarissimo è la distribuzione delle sostanza grassa oleosa in piccole gocciole riunite a gruppetti più o meno numerosi, i quali sono distribuiti alla superficie del vitello, mutando di posto durante lo sviluppo. Queste goccette danno all' uovo guar- dato ad occhio nudo un' apparenza torbida ^ Il vitello ha una zona esterna vescicolare come quella delle uova di Mullus; la quale come in questa specie, si forma pure per involuzione epibolica da uno strato di vescichette vitelline situate , quando l'uovo è emesso , al disotto del germe. Quando il blastoporo vitellino si chiude . anzi alquanto prima, esse formano una zona corticale più stretta di quella delle uova di Jlullus, ma molto più accentuata. La posizione dei gruppetti di gocce dipende in parte dai movimenti di queste vescicole, giacché essi sono situati nel proto- plasma corticale che forma un reticolato tra le vescicole vitelline e seguono perciò i movimenti dello strato vescicolare; così, finché il blastoderma copre solo una parte della sfera vitellina, quasi tutti i gruppetti di gocciole oleose sono disposti a corona concentricamente al margine del blastoderma, cioè nel margine della zona vescicolare ;tav. 1 fig. 32). Però quando comincia a formarsi l'embrione, essi si raccolgono in parte alla faccia ventrale di questo ; tale migrazione non mi riesce molto facile a intendere. Il fatto che le gocciole oleose, malgrado il loro peso specifico minore di quello del vitello, non si raccolgono al polo superiore come accade ordinariamente, dipende dal che esse non sono libere né possono quindi muoversi secondo le leggi della gravità, essendo mantenute in sito dalle vescicole vitelline. Cosi pure per la struttura divisa e reticolata dello strato corticale le ' Primo a indicarmi queste uova come uova di Pleuronettidi fu il com- pianto Prof. Benecke che nel 1SS5 passò vari mesi nella Stazione Zoologica; qualche tempo dopo ho potuto constatare che esse appartengono al genere Solen. Lo uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 43 gocciole non confluiscono facilmente formando gocciole più grosse, sebbene ciò accada in parte e lentamente durante il procedere dello svilujipo. In tutte le specie di simili uova, il pigmento si mostra molto presto e molto abbondante : alquanto prima della chiusura del blasto- porO; neir ampio scudo embrionale, molti cromatoblasti si colo- rano ai due lati dell' embrione , alcuni in nerastro , altri in giallo : da principio, come d'ordinario, essi sono poco ramificati ; il pigmento giallo varia un poco nella tinta, da specie a specie; esso è di un giallo canarino piuttosto vivace a luce incidente, mentre a luce tra- smessa si mostra bruno, come ocra bruciata. Ben presto molte cellule colorate dello scudo embrionale si distaccano e migrano alla super- ficie del vitello, invadendone tanto l'emisfero inferiore quanto il superiore: poco dopo la chiusura del blastoporo tanto il corpo del- l'embrione quanto il vitello sono coperti di cellule pigmentate : fra queste predominano in numero ed in dimensione le gialle ; le nere sono poco appariscenti, a ramificazioni lunghe e sottili e poco con- tribuiscono al colorito generale dell' uovo. — Fin qui ho esposti quei caratteri che possono ritenersi comuni al genere, ora è necessario che io descriva separatamente due specie, che, in mancanza di più esatte indicazioni, chiamo A e B. A. Diametro dell' uovo mm 1.06, una dozzina di gruppetti di gocce oleose. Il 28 Gennajo nella pesca di superficie ebbi una certa quantità di queste uova con blastoderma esteso a '/4 circa della sfera vitellina, fecondate evidentemente nella notte. Fino alle ore antimeridiane del 31, le uova galleggiavano ancora nei bicchieri pieni di acqua presa direttamente a mare; verso il mezzogiorno esse cominciavano a discendere verso il fondo; tra le 4 e le 5 p. m. uscirono le prime larve, dopo tre giorni e mezzo presso a poco di incubazione. La larva (tav. 3 fig. 4) appena uscita è lunga mm 2.5 circa i; più della metà del volume è fatta dal vitello, sicché la larva sembra (luasi un' appendice del proprio sacco vitellino ; la pinna primordiale è molto angusta, il lembo dorsale comincia alquanto dietro al capo. 1 Ecco alcune misure nei 4 primi giorni dello sviluppo estra-ovarico. 10 g. 20 g. 30 g. 40 g. Lunghezza totale mm 2.5, 2.0, 3.3, ' 3.7. Altezza del corpo, compresa la pinna primordiale, dietro l'ano - 0.4, 0.8, — 0.9—1.0. Distanza dal profilo anteriore all' ano ... - 1.23, — 1.5, 1.5. 44 Fed. Raffaele La i)ig-meutazioiie non è molto abbondante ma uniformemente distribuita sul capo, sulla pinna, sul sacco vitellino; i cromatoblasti spesso sono contratti e di un giallo carico, talvolta ramificati, e in tal caso il colore diventa un paglierino molto chiaro : le cellule pig- mentate in nero sono scarse e appena visibili a piccoli ingrandimenti : l'intestino si termina in un tratto sottilissimo addossato al vitello. 24 ore dopo la larva ha subito notevoli metamorfosi (fig. 5) . La modificazione principale che vale a darle un carattere molto diverso, è una compressione laterale e un aumento considerevole del- l'altezza (diameti'o dorso- ventral e) del corpo : confrontando le cifre nella nota della pag. 43 infatti si vede che essa è raddoppiata; ciò si deve specialmente all' espansione della pinna primordiale, come conseguenza della diminuzione di volume della massa vitellina: così il corpo già comincia ad assumere l'aspetto pleuronettiforme. L'epidermide dorsalmente al capo si allontana dalle parti sottostanti, continuando il lembo dorsale della pinna primordiale, ma invece di formare una piega laminare, costituisce un lobo rigonfio che sporge alquanto all' innanzi oltre il profilo del capo ; questo rigon- fiamento della pinna primordiale sul capo è simile in sostanza a quello che si trova in molte altre larve come Scorpaena^ Gadus ecc., ma ha qui una forma molto caratteristica. Cominciano ad apparire le pettorali come due piccoli lobi a metà circa tra l'occhio e l'ano. In corrispondenza ad esse si vede un leggero rigonfiamento ventrale dell' intestino, che è l'accenno del fegato; l'intestino ancora si termina in un tratto sottilissimo al margine della pinna, ora però si è formato grazie alla diminuzione del vitello, un breve lembo pre- anale della pinna medesima. Il pigmento divenuto molto più localizzato, è raccolto principalmente sul dorso e lungo la linea ven- trale, e in varie macchie sulla pinna; esso è sempre poco abbondante. Al 30 giorno , s'accentua sempre più il lobo cefalico della pinna primordiale ; il profilo anteriore diventa leggermente concavo in cor- rispondenza del cervello medio. L'intestino acquista un calibro uni- forme fino all' estremo. Nella pinna, divenuta un poco più ampia, si formano i tricoraggi, meglio accentuati nella parte posteriore ed all' estremo codale. — Un terzo pigmento appare in piccole cellule qua e là sul capo e sul sacco vitellino; esso è giallo -cromo molto vivace per trasparenza: contemporaneamente le gocciole oleose nel vitello cominciano ad ingiallire. Nei giorni che seguono immediatamente, le dimensioni della larva aumentano pochissimo, mentre si palesa una maggiore attività Le uova galleggianti e lo larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 45 nello sviluppo degli organi. E interessante la formazione di ima ansa intestinale presso a poco dove i due terzi anteriori del canale digerente si uniscono al terzo posteriore; il lume intestinale aumenta di molto in quest' ansa, che, apparsa dapprincipio come una piccola ernia, va man mano occupando la massima parte della cavità addominale: al 6*^ giorno essa ha un volume maggiore della massa vitellina ancora non assorbita; poco dopo, al 7^ giorno, cominciano a mostrarsi nelle pareti dell' ansa, delle ripiegature tanto longitudinali ([uanto trasversali. La pigmentazione della larva va a poco a poco cambiando. Il pigmento nero, da principio molto scarso e poco appa- rente, invade tutto il tronco, la regione codale, meno che l'estremo posteriore, la parte prossimale della pinna primordiale e il peritoneo parietale; le cellule molto ramificate formano una rete intricatissima di fine granulazioni nere che rivestono come di un velo tutto il corpo : a cominciare dal 3'^ giorno la larva diventa sempre più scura, acquistando un colorito verdastro che dipende dalla sovrapposizione del pigmento nero al nuovo pigmento giallo che appunto verso quel- l'epoca, come si è già detto, comincia a mostrarsi in piccole cellule isolate nella regione cefalica. Queste cellule aumentano rapidamente in numero e si estendono su tutto il corpo; questo pigmento è diverso e posteriore ai due primitivi dell' embrione, ed occupa sempre una posizione più profonda nei tessuti. Non so ben vedere quale sia la relazione che ha la sua comparsa e il rapido aumento con l'ingiallimento e l'assorbimento delle gocciole oleose ; certo che queste divengono sempre più fortemente colorate, fino al giallo-ranciato, e sono assorbite con maggiore attività al tempo stesso in cui comincia a mostrarsi il terzo pigmento. Il secondo pigmento primitivo, il giallo, che nell' embrione e nella larva appena uscita dall' uovo , costituisce quasi da solo la pigmentazione , non sembra aumentare per nulla durante l'ulteriore sviluppo, ed ha pochissima parte nella colorazione della larva al 70 e S'* giorno di vita libera. B. L'uovo di quest' altra specie si distingue facilmente da quello della precedente per la dimensione maggiore (d. = 1.23) e per il pigmento giallo più chiaro; inoltre la zona corticale vescicolare è meno appariscente e le goccioline oleose un poco più piccole; a quest' ultimo carattere non deve darsi molto peso. Differenze più salienti si trovano nella larva. Questa, quando esce dall' uovo è più grande, lunga circa 3 mm; il sacco vitellino è più allungato: 46 Fed. Raffaele il pigmento più abbondante, ed è specialmente caratteristica la pig- mentazione della pinna primordiale; sui margini di essa (ventrale e dorsale) sono numerose cellule gialle stivate fra loro, con prolunga- menti digitiformi intrecciantisi, le quali formano una linea stretta che si estende fino ad una certa distanza dall' estremo codale : un poco in dentro di questa striscia di cellule gialle, se ne trova, sul lembo della pinna, un' altra fatta di cellule nere stellate, molto più lontane fra loro. Nello sviluppo successivo questa larva rimane sempre ben distinta dall' altra: non si forma in essa un lobo cefalico della pinna primordiale, sebbene al secondo giorno, aumentando l'ampiezza della pinna, questa si prolunghi fin sul capo dove forma un leggero rigonfiamento : oltre a ciò la larva conserva sempre dimensioni mag- giori e una notevole differenza nella pigmentazione. Non vi è svi- luppo sovrabbondante di pigmento nero; sulla pinna il pigmento giallo si raccoglie in macchie (cinque, ordinariamente) sui margini, in corrispondenza delle quali sul lembo se ne trovano altre in cui sono frammiste e intrecciate cellule gialle e nere; similmente sul corpo il pigmento si dispone in una serie dorsale di una diecina di macchie stellate elegantissime, fatte di cellule gialle e nere. Come nella larva A, verso il terzo giorno dello sviluppo estra- ovarico, le goccette oleose cominciano ad ingiallire e al tempo stesso appare, principalmente nella regione cefalica, il terzo pig- mento giallo di cromo. Le due specie suddette raggiungono dopo l'assorbimento totale del vitello (7 — 8 giorni dall' uscita dall' uovo) , a un dipresso lo stesso stadio di sviluppo e una lunghezza di 3.4 mm (la specie A è sempre alquanto più piccola). L'apertura boccale orizzontale è piuttosto ampia: la carti- lagine di Meckel è sviluppata bene ; nella mascella superiore vi è un sottile stiletto osseo ; le cartilagini branchiali sono sviluppate e cominciano a formarsi i denti del rastrello branchiale ; delle appendici vascolari non vi è ancora traccia: la membrana branchiostega è già formata e vi si veggono 5 — 6 sottili raggi: il canale dige- rente, come ho già accennato, fin dal secondo giorno dello sviluppo estra-ovarico forma un' ansa ritornando su sé stesso in forma della lettera greca a (tav. 3 fig. 5); la parte anteriore (esofago) rimane a sinistra; il lume del canale si ingrandisce molto in quest' ansa che prende l'aspetto di un sacco (fig. 17) e costituisce la parte più volu- minosa di tutto il tubo digerente: le pareti presentano pliche in varii Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 47 sensi che sono il principio delle cripte : quest' ausa morfologicamente corrisponde allo stomaco ; anteriormente ed a sinistra di essa vi è il fegato : anteriormente essa è in comunicazione libera con l'esofago (dorsalmente è situata la vescica natatoria), posteriormente si continua in un tratto intestinale slargato, con plicature molto meno accentuate : al punto dove questo comincia, sporge nel suo lume una piega circolare che lo chiude quasi completamente. Quest' ultima porzione dell' intestino si dirige obliquamente indietro, e con calibro uniforme verso il margine della pinna primordiale ; ma non vi si apre : ne è invece separata da un accumulo solido di cel- lule e si termina a cui di sacco; è notevole al fondo di questo cui di sacco, di fronte all' ammasso solido di cellule, al punto dove si formerà l'ano, una sorta di turacciolo che sembra chiudere l'in- testino, fatto dalle cellule dell' epitelio in quel punto molto più alte. La vescica urinaria larga ed allungata, addossata all' ultimo tratto dell' intestino, si termina pure essa nel cumulo di cellule sud- dette. I dotti del pronephros che sboccano in essa sono facil- mente visibili sul vivo, specialmente nella specie B a causa della pigmentazione meno abbondante ; essi incominciano alquanto innanzi alla vescica natatoria, in corrispondenza di due glomeroli, ascen- dono fin quasi sotto l'otocisti, ritornano poi facendo un' ansa su sé stessi alquanto sinuosamente e accostandosi l'uno all' altro. Il cuore è relativamente ampio: sono nettamente separate tra loro la porzione ventricolare, l'auricolare, e la bulbare; i seni di CuviER e i principali vasi sono formati; la circolazione però co- mincia appena, e solo talvolta ho potuto osservare in larve a questo stadio scarsi coi-puscoli sanguigni in movimento, sebbene i pesciolini si mostrassero attivissimi. Gli occhi sono brillantissimi, d'un colore verde smeraldo con macchie più oscure; le otocisti ampie, i canali semicircolari membranosi sono già accennati ma non completamente formati ; non è ancora visibile alcuna ossificazione; le oto cisti sono piuttosto rigonfie, sicché al capo, visto di sopra, danno una forma triangolare : al disopra di esse si vede nella larva A un prolungamento conico fatto di cellule dell' epidermide (tav. 3 fig. 6 e) : i boccinoli di senso hanno la disposizione più comune tra le larve pelagiche sul capo, e lungo la linea laterale ; questi ultimi sono al numero di 4 — 5 per lato. La pinna primordiale é ampia e si estende fin sul capo in corrispondenza del cervello medio; nella larva A vi é ancora traccia del lobo rigonfio, che è relativamente all' ampiezza della pinna 48 Fed. Raffaele molto meno accentuato di prima ; nella larva B il contorno della pinna è quasi diritto. La pigmentazione è la differenza più apparente tra queste due larve, dopo quella delle dimensioni. Nelle pinne della larva B essa è molto meno ricca che non nei primi giorni, ma è sempre caratteristica, per la serie longitudinale di macchie stellate ; nella larva A invece vi sono solo due macchie stellate sul lembo dorsale, una sul ventrale. Ho avuto dalla pesca pelagica uno stadio un poco più avan- zato; esso misura 5.5 mm ; probabilmente appartiene alla specie A: non vi è ancora accenno di raggi definitivi delle pinne. Il pig- mento è aumentato e forma una zona sulle pinne nella porzione co- dale corrispondente alle due macchie stellate dello stadio più giovane. Altri esemplari, probabilmente non della stessa specie, ma certamente appartenenti al genere Solea , non mostrano alcuna differenza fon- damentale da questo; è sempre molto caratteristica la forma ap- piattita del corpo e il grande sacco stomacale; in alcuni comin- ciano ad apparire nella porzione inferiore della coda alcuni raggi : la notocorda è incurvata, e sotto di essa sono già formate le cartilagini codali: nel rimanente delle pinne non vi è ancora traccia di raggi, alla base di esse vi è però, lungo il profilo dorsale e ventrale del corpo, una striscia di mesoblasto che si colora fortemente con i liquidi coloranti, e in cui si formeranno le cartilagini inter- spinose ; anzi , nella parte anteriore dell' anale, già si veggono al- cune di queste cartilagini formate. La fig. 7 mostra un esemplare alquanto più grande che, per la pigmentazione, sembra appartenere alla stessa specie (AK In esso sono formati i raggi in tutte le pinne; la coda è però ancora eterocerca e dorsalmente ad essa non sono ancora ben formati i raggi. Come si vede in queste giovani Sogliole ancora simmetriche la pinna dorsale non va oltre il vertice del capo ; è appunto all' in- nanzi di essa che passa l'occhio sinistro. Mentre rocchio compie la sua migrazione, essa si spinge più innanzi come si vede nelle figg. 8 e 9. RJiomhus. Le fig. 15, 11. 8 della tav. 4 rappresentano tre stadi giovanili successivi del Rhombus laecis pescati in superficie nel Marzo 1885; vari altri esemplari dello stadio corrispondente alla fig. 8 e un poco più grandi sono stati pescati intorno alla stessa epoca nell' anno seguente. Come i disegni mostrano chiaramente, anche in questa Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 49 specie come nelle Sogliole, la dorsale non acquista anteriormente la sua posizione detini tiva se non dopo il passaggio dell' occhio, il quale compie una completa rotazione di ISO^ girando intorno al margine superiore del capo. Nel Febbraio e nel Marzo di quest' anno ho trovato delle uova galleggianti (fig. 12) del diametro di mm 1.33, con una goccia oleosa (d. = U.23), Il pigmento giallo, che si sviluppa abbondan- temente sul corpo dell' embrione e sul vitello in grosse cellule stellate, rende l'uovo facilmente riconoscibile. Dall' uovo esce una larva rap- presentata dalla tìg. 18 nella quale la distribuzione del pigmento è molto caratteristica ; ho potuto allevare due larve simili fino al com- pleto assorbimento del vitello e credo molto probabile che esse pure debbano riferirsi, sebbene con una certa riserva, al Rhombus laevis. Recentemente Wenckebach (2) ha osservato le uova mature di Rhom- òus maximus che sono molto più piccole (d. = 0.75) ; ciò non di- minuisce la probabilità della mia supposizione, giacché spesso due specie vicine hanno uova di differente grandezza, e serve ad ogni modo a dimostrare che le uova del genere Rhombus sono galleggianti e appartengono al tipo a vitello omogeneo e unica goccia oleosa. Lo stadio rappresentato dalla fig. 8 è stato figurato e descritto da 0. G. Costa (Malacotterigi Sottobr. pag. 5, tav. 39, fig. 2) sotto il nome di Platessa pavonina. La pinna dorsale che non oltrepassa l'occhio superiore lo persuase a riferire quel pesciolino al genere Platessa\ la posizione degli occhi a sinistra è da lui spiegata, con l'ammettere che non sia »rigoroso il trovarsi gli occhi alla destra come d'ordinario si vogliono nel genere Platessm. Soggiunge inoltre : «Egli è vero che esser potrebbe un piccolo di altra specie maggiore«. E fa meraviglia che non si sia deciso a riferirlo al R. laevis^ quando egli medesimo dà il numero delle vertebre e dei raggi dor- sali e anali (v. 36 d. 80 a. 60) che corrispondono esattamente a quelli dati per quest' ultima specie. L'eguaglianza del numero dei raggi dorsali nella larva dov' essi giungono dietro l'occhio e nel- l'adulto dove la dorsale si prolunga fin sul muso, si spiega per la migrazione della dorsale come si dirà in appresso (v. pag. 53). Altri generi di Pleuronettidi. Rhomboidichthys, Arnoglossus^ Citharus, hanno uova galleggianti e tutte sono piccole (0.60— 0.70 mm di diametro), a vitello omogeneo e con una sola goccia oleosa; né si possono distinguere le uova Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. S. 4 50 Fed. Raffaele mature dei diversi generi: non ho potuto operare la fecondazione artificiale in nessuna specie. Intanto alla superficie del mare si raccolgono in primavera nu- merose uova che per la dimensione si possono riferire a questi generi ; ma né tra esse né tra le larve che ne escono ho potuto riconoscere differenze apprezzabili. Esse sono molto caratteristiche e facili a distinguere da altre uova simili, e che hanno a un dipresso lo stesso diametro, come quelle di Gioiella e delle varie specie di Julidi, per il pigmento dell' embrione che a luce trasmessa è di un bellissimo colore r osco- r anelato vivacissimo; questo pigmento si sviluppa tardi neir embrione, poco prima dello stadio rappresentato dalla fig. 20 (tav. 1), e non é accompagnato da altro pigmento di sorta. La fig. 20 della tav. 4 rappresenta una larva appena uscita dall' uovo; oltre che per la pigmentazione essa è caratteristica per la grandissima trasparenza, per la forma allungata ed esile, per il sacco vitellino molto allungato con la goccia oleosa situata posteriormente e per l'aspetto peculiare dell' epidermide, in cui le cellule hanno, contra- riaramente al solito, contorni molto accentuati, e le cellule mucose sono molto rifrangenti e sporgenti , così che, guardando la larva di prospetto, i contorni appaiono cosparsi di bitorzoletti ; inoltre sulla pinna embrionale si trovano alcune cellule di giti formi, con la base impiantata tra le altre cellule epidermiche, e la porzione ri- stretta libera, simili a quelle già notate nel Fierasfer e nel Jtdis. Quando il vitello è completamente assorbito (4 o 5 giorni dopo l'uscita dall' uovo) la larva é lunga ca. 3 mm, e non è nell' aspetto generale molto diversa, e il pigmento non ha subito notevole aumento né cambiamento di posizione; esso è però divenuto più oscuro, talvolta bruniccio. Gli occhi sono pigmentati ed hanno ri- flessi smeraldini o azzurri; è notevole un boccinolo di senso situato dorsalmente. Il canale digerente procede dritto per un lungo tratto, forma poi un' ansa e sbocca sul margine della pinna, con un tratto inclinato ad angolo alla prima direzione; tutto lo spazio compreso tra il margine ventrale, la porzione dritta e l'ansa intestinale è oc- cupato dal fegato che è molto sviluppato; nell' angolo fatto dal- l'ansa con la porzione dritta anteriore dell' intestino è situata la cisti- fellea piuttosto ampia, piena di liquido chiaro. Probabilmente alla stessa specie appartiene lo stadio più svi- luppato della fig. 12 (tav. 3). La larva è lunga poco più di 5 mm, trasparentissima ; caratterizzata dal flagello posto sul ver- Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 51 tice del capo all' estremo anteriore del lembo dorsale della pinna: prescindendo da questo nuovo organo, la larva, come si vede, so- miglia in tutto alla più giovane precedentemente descritta; Tappa- rato digerente presenta l'ansa intestinale, il fegato, la cistifellea, disposti in modo identico; si è inoltre sviluppata ed è molto appa- rente la vescica natatoria che prima non era \asibile; la pinna al- quanto più larga è ancora allo stato primordiale ; sul dorso si ritrova il boccinolo di senso allo stesso posto [ò). Il pigmento forma nella regione codale due macchie, una dorsalmente, l'altra ven- tralmente, che corrispondono esattamente a quelle della fig. 20 (tav. 4). Questa larva è stata pescata varie volte sia alla superficie, sia a diverse profondità. Pescando a 80 — 100 metri di profondità, si ottengono spesso degli stadi più avanzati i quali appartengono certamente al ciclo biologico di una stessa specie o di più specie molto affini; ne ho così avute di 6, 7, 8, 10 fino a 20 mm di lunghezza; l'altezza del corpo cresce con la lunghezza, e i pesciolini divengono sempre più spiccatamente pleuronettiformi ; essi sono trasparentissimi quando sono vivi, con poche macchie di pigmento nero e ranciato (o gialliccio) sul ventre e sui margini dorsali e ventrali della regione codale; queste ultime macchie rappresentano sempre le primitive delle giovanissime larve appena sgusciate; esse sono state soltanto allontanate tra loro per l'accrescersi della muscolatura. E difficile avere questi pesciolini vivi e in istato perfetto, stante la loro grande delicatezza. Nelle larve lunghe 6 — 7 mm cominciano a formarsi i raggi definitivi della pinna anale e della parte inferiore della coda ete- rocerca; in quelle un poco più lunghe anche i raggi dorsali comin- ciano a svilupparsi da dietro in avanti; in relazione col flagello si sviluppa un raggio più lungo degli altri, l'epidermide del flagello forma un lembo lungo il margine posteriore di questo raggio, che cosi appare slargato e ha l'aspetto di un yatagan. E da notarsi però che questo raggio non occupa relativamente al capo la stessa posi- zione che occupava il flagello nella larva più giovane; ciò si spiega facilmente io perchè il cranio sviluppandosi trasporta più innanzi il flagello, mentre la massa cerebrale apparentemente indietreggia, 20 per la solita migrazione dei raggi dorsali. Spesso innanzi al raggio allungato si vede un piccolo processo cutaneo in corrispon- denza del quale si fonnerà un altro raggio. La presenza di un raggio innanzi al raggio lungo permette di riferire con sicurezza le larve 2i\\ Amoglossus Grohmannii (v. fig. 16 e 18 tav. 3). 4* 52 • Fed. Raffaele In tutte queste larve, per la trasparenza dei tessuti è facile vedere gli organi interni, e la disposizione di questi giova non poco a di- mostrare l'affinità che vi è tra esse. La vescica natatoria, dorsalmente a cui sono alcune cellule di pigmento nero, stellate, non aumenta di volume col progresso dello sviluppo, o aumenta solo di poco fino a una certa età; cosi che negli esemplari più grandi essa già si mostra come un organo rudimentale, e il connettivo intorno ad essa diviene più abbondante. Confrontando ora gli stadi più sviluppati (lung. 15 — 20 mm), in cui i raggi delle pinne impari sono al completo, e le ventrali già formate sebbene non completamente, con le forme larvali di pleu- ronettidi già descritte, si vede che essi non coincidono esattamente con nessuna. Somigliano molto alla Peloria Rueppeìlii di Cocco, anzi il raggio anteriore della dorsale prolungato e in parte membra- noso mi aveva dapprincipio fatto credere si trattasse appunto di quella ; hanno però solo una novantina di raggi dorsali e una settantina di anali, mentre \?i Peloria Rueppeìlii ne ha 118 e 90, secondo Cocco, 113 e 91 secondo Facciola. Inoltre, secondo quest' ultimo autore l'ultimo raggio della ventrale sinistra è nella P. Rueppeìlii prolun- gato »in un molle filamento« che io non ho trovato in nessuno dei miei esemplari. — Oltre a ciò la pigmentazione è diversa. Le larve ora descritte possono appartenere soltanto ai generi Rhomhoidichthy s o Arnoglossus\ non al Citharus che ha un numero di raggi dorsali e anali molto minore. Essendo molto probabile che Emery (7) stia nel vero riferendo la Peloria Heckeli Cocco al Rliom- hoidichthys podas , che come è oramai dimostrato è la sola specie mediterranea ; ed essendo la forma del corpo della larva che ho de- scritta molto simile a quelle degli Amoglossus^ credo si possa senza molta probabilità di errore, ritenerla come forma giovanile di Arno- glossus ; nello stesso caso si ti'overebbero forse tanto la Peloria Ruep- peìlii, quanto la Charyhdia rJiomhoidichthys, descritta da Facciola (1) che con poco felice idea crea nuovi nomi per indicare forme notoria- mente larvali. Inoltre la forma descritta da me, per il numero dei raggi delle pinne impari e per il 2« raggio dorsale prolungato, co- incide con \ Arnoglossus Grohmaìinii adulto. È in vero possibile che la forma larvale abbia un raggio prolungato destinato a sparire; e che un carattere larvale comune a tutte o ad alcune specie di Ar- noglos&us sia poi conservato nella forma adulta di una sola, ma negli esemplari di 15 — 20 mm, il raggio prolungato è già ossificato come li altri, ciò che rende poco ammissibile la sua scomparsa; è meno Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 53 improbabile che le varie specie abbiano imo stadio comune in cui i raggi non sono ancor formati, ma esiste un flagello molle. Rimane un' altra forma larvale, la Bihronia ligulata Cocco. Io ne ho avuto qualche esemplare, ma non me ne occupo, giacché vari stadi di essa sono stati ben descritti e figurati da Emery (6). Devo soltanto coiTeggere una inesattezza. L'autore, studiando le forme tipiche di Cocco, conservate nel Museo zoologico dell' Università di Napoli, è stato indotto in errore da uno scambio dei turaccioli, -su cui sono scritti i nomi delle specie; due anni dopo, non sapendomi persuadere del come Emery descrivesse sotto il nome di Peloria RueppelUi^ quella che era senza dubbio la Bihronia^ volli vedere anche io gli esemplari tipici del Museo e trovai che sul boccaccio dov' era conservata la Bihronia v'era il nome di Peloria Itueppellii^ e vice- versa , sicché nel lavoro di Emery bisogna cancellare quest' ultimo nome e sostituirvi quello di Bihroìiia ligulata. Quanto alla supposi- zione dell' ExMERY che la Bihronia sia lo stadio larvale di una Pla- gusia [Ammopleurops, non Synaptura come dice erroneamente lA.), io la credo giusta; il fatto delle pinne verticali confluenti è conclu- sivo : l'A. é però costretto a riferirla ad una specie forse non ancora conosciuta, giacché il numero dei raggi delle pinne impari non si accorda con quello dell' Ammopleurops lacteus '== A. pictus Costa). Da tutto quel che precede risulta che s'è ancora lontani da una esatta conoscenza delle metamorfosi larvali dei generi Rliomhoid- icJithys, Arnoglossus, Citharus, Ammopleurops ^ di cui i tre primi sono tanto comuni nei nostri mari. Migrazione della dorsale e dell' occhio. In tutti i giovani pleuronettidi ha luogo, come in altri pesci, una migrazione della dorsale in avanti. Questo fenomeno non accade per formazione di nuovi raggi , ma per migrazione di quelli già esistenti , come è stato osservato da Malm {%] (pag. 54i e disegnato nelle figure 12 e 13 (tav. 5). Malm non dà però una spiegazione del fatto. La migrazione è dovuta a due cause, io Sposta- mento della pinna, prodotto, come ha dimostrato Sundevall nell' aringa, dall' accrescimento dei mezzi -coni superiori del sistema muscolare laterale. Da principio , quando si cominciano a formare i raggi e le cartilagini inter- spinose corrispondenti, non ancora vi sono quei muscoli. A misura che questi si sviluppano, per la direzione dell' accrescimento dei fasci muscolari di ciascun segmento , le cartilagini interspinose sono spinte in avanti ; di questo movimento è prova anche la curvatura a concavità anteriore che hanno i sot- tili processi spinosi delle vertebre nell' adulto. I segmenti muscolari anteriori si spingono fin sul capo; così alcuni raggi che prima erano dorsali vengono a trovarsi situati in corrispondenza del cranio. 2'J Allontanamento dei raggi. Le cartilagini interspinose, che hanno tutte una direzione perpendicolare al tronco, in corrispondenza del cranio 54 Fed. Raffaele s'inclinano in avanti. Questa inclinazione dipende molto probabilmente da ciò, che le basi delle cartilagini nel migrare innanzi incontrano la superficie del cranio (che sebbene non perfettamente ossificato è già alquanto resistente) ; la spinta dei muscoli che si accrescono determina quindi un momento di rotazione della cartilagine, onde questa s'inclina alla sua direzione primitiva. E utile notare, in appoggio di questa ipotesi, che tutte le cartilagini interspinose situate sul cranio sono incurvate alla base quasi fossero state trattenute nel loro cam- mino in avanti; questa curvatura si è formata naturalmente per lo stato di pla- sticità in cui si trova ancora il giovine tessuto cartilagineo. L'inclinazione delle cartilagini tende sempre ad aumentare, come si vede chiaramente nei di- segni di Malm; e non bisogna trascurare che al tempo stesso esse aumentano in lunghezza, onde i raggi corrispondenti vengono ad allontanarsi sempre più l'uno dall' altro. Inoltre, le cartilagini suddette stanno in sul principio addossate l'una al- l'altra, ciò si spiega per l'arresto della migrazione cagionato dal cranio ; arrestata la più avanzata, quelle che vengono dietro continuano a procedere finché non trovino l'ostacolo ; in seguito con lo svilupparsi dei muscoli interspinosi, le car- tilagini pur rimanendo contigue alla base, divengono sempre più divergenti fra loro, ciò aumenta la loro inclinazione in avanti e contribuisce per conseguenza ad estendere la pinna dorsale. La migrazione dell' occhio nei Pleuronettidi è un fenomeno oramai abbastanza bene conosciuto dopo i vari lavori di Steenstrup (1) , di Malm (1), di ScHiöDTE, di Agassiz (2), ecc. E nota la divergenza di opinione che per alcun tempo ha esistito su tale argomento. Steenstrup sosteneva che l'occhio migrante passa «attraverso« i tessuti del capo ; Malm, che esso non at- traversa i tessuti , ma gira intorno al margine dorsale. • Agassiz ha il merito di aver potuto, per una fortunata occasione, facilmente dimostrare che le due opinioni corrispondono egualmente bene alla realtà dei fatti; dopo di aver os- servato su varie specie il processo cosi come lo descriveva Malm, egli potette constatare che in un' altra specie i fatti davano ragione a Steenstrup, in parte almeno, giacché effettivamente l'occhio attraversava i tessuti. Come già prece- dentemente ho detto, nel genere Solca e nel genere Rhombus l'occhio compie una rotazione intorno al margine dorsale'; negli altri generi né a me né ad altri (Emery, Facciola) è riuscito poter osservare la migrazione dell' occhio. Per quanto riguarda le larve che ho dubitativamente attribuite al gen. Arnoglossus, la posizione che occupa la dorsale quando la larva è ancora perfettamente sim- metrica (tav. 3 fig. 16 e 18) fa supporre che la migrazione si compia attraverso i tessuti ; lo stesso siippone Emery per la Bibronia ligidata. Potrebbe darsi che questo modo di compiersi del fenomeno sia comune a quelle specie che hanno larve trasparenti [cf. Agassiz (2)] le quali pare raggiungano maggiori dimen- sioni prima della metamorfosi. A questo proposito giova notare che probabilmente la diversa epoca in cui neir ontogenesi di ciascuna specie (o genere) si compie la migrazione del- l'occhio , indica che le varie specie (o generi) sono diventate asimmetriche in epoche più o meno lontane dalla presente. Confrontando una Solea, un Jihotn- biis o un Arnoglossus nell' epoca in cui si compie la migrazione dell' occhio, si vede che la prima è a uno stadio di sviluppo inferiore ed ha dimensioni molto minori del secondo e questo é nelle stesso condizioni rispetto al terzo. Ciò che dà maggiore interesse al fatto , si è che nelle Sogliole adulte si trovano nella regione cefalica del lato cieco delle produzioni cutanee e un gran numero di Le uova galleggianti e le larvo dei Teleostei nel golfo di Napoli. 55 organi di senso ■ ; strutture che si sono sviluppate solo secondariamente e al certo in relazione con l'abitudine del pesce di starsene sopra un lato. Nei Rhombus e negli Arnogìossus e in altri generi ancora mancano assolutamente tali organi. Se a questa differenza si aggiunge quella importantissima del prolun- gamento asimmetrico delia cavità del corpo nelle Sogliole, pare sempre più vero- simile che queste sieno dei Pleuronettidi molto più antichi degli altri, e la ipotesi trova una conferma nell' ontogenia. Similmente degli studi anatomici accurati negli altri generi dimostreranno forse giusta l'opinione che la differenza neir epoca in cui accade la metamorfosi rappresenta la differenza tra le epoche in cui i vari generi divennero pleuronettiformi. Clupeidae. (Tav. 1 e 3.) Da molto tempo sono conosciute le uova dell' aringa, e vari osservatori si sono occupati dello sviluppo di quella specie ; Kupffer tra gli altri ne ha fatto oggetto di un esteso lavoro. Se da noi l'aringa deponga le uova e si riproduca, non so ; certamente essa non è, come oggetto di pesca, di molta importanza nel Mediterraneo. Sono invece abbondantissime alcune specie affini, sopratutto la Clupea pil- chardus (la comune sardina) , e \ Engraulis encrasicliolus (l'acciuga o alice); meno abbondanti sono la Clupea aiosa o, finta (aiosa), ecc. Tre specie di uova pelagiche s'incontrano abbondanti nel golfo, le quali certamente appartengono a Clupeidi. Una di questa è oramai co- nosciuta [Engraulis] ; le altre due sono certamente di Clupea ma non posso dirne con sicurezza la specie. Queste due sono molto simili tra loro ed hanno inoltre caratteri comuni a quelle di altre specie di Clupeidi, già descritte da altri, le quali tutte però non sono gal- leggianti. Io le indico provvisoriamente con A e B. La specie A (già da me descritta e attribuita dubitativamente alla Clupea pilcharclus] è comunissima nell' inverno 2. Queste uova sono sferiche, il diametro oscilla tra mm 1.50 — 1.70; lo spazio tra la capsula ed il vitello è molto ampio; la sfera vitellina che ha un diametro di mm 0,80 — 90, è tangente alla capsula nel punto dove questa affiora sull' acqua, in essa vi è una goccia oleosa del diametro di mm 0.16 ca., scolorata. La capsula e sottile, non perforata da pori-canali, ma solo dal micropilo ; osservata in sezione ottica essa si vede come un cerchio brillante colorato in azzurro, 0 1 Raffaele, Papille e organi di senso cutanei nei Pleuronettidi del genere Solea. in: Riv. Ital. Se. N. Napoli. Anno 2. 18S6. pag. I— III. 2 In Hensen 2; trovo notato come Couch (Fishes of British Island IV pag. 81, parli delle uova della CI. pilcharclus dicendole galleggianti. 56 Fed. Raffaele in verde 0 in rosso pel fenomeno ottico delle lamine sottili; il colore varia secondo piccole differenze di spessore. Il vitello è trasparentissìmo , tutto formato di grosse vesci- cole, che essendo stivate fra loro assumono forme irregolarmente poliedriche ; le superficie di contatto, rifrangendo diversamente la luce, hanno l'aspetto di tante spaccature in un globo di cristallo mas- siccio. L'incubazione dura 4 o 5 giorni (temperatura 9 — 12o C.). La larva (tav. 3 fig. 21) appena esce dalla capsula è a uno stadio di sviluppo molto poco inoltrato (non ancora cavità della faringe né apertura boccale), trasparentissima, sottile, leggermente incurvata ad S. Il vitello ha forma ellissoide, la goccia è situata all' estremo posteriore. Il pigmento è scarsissimo, nero, in piccole cellule sul capo e lungo tutto il tronco, disposte con una certa regolarità, una per ogni lato dorsalmente a ciascun segmento. L'intestino, molto sottile, con lume angustissimo, procede dritto fino a poca distanza dall' estremo codale; quivi si continua con un tratto ancora più assottigliato che fa un angolo ottuso col primo, fino al margine della pinna. La notocorda è piuttosto ampia, fatta di segmenti posti in una serie sola, separati da setti discoidali sottili perpendicolari all' asse, e disposti ad egual distanza fra loro ; solo la porzione posteriore della corda ritiene ancora il carattere embrionale ed è fatta di fibre molto stivate, tra le quali cominciano a mostrarsi le vacuole che poi formeranno i segmenti come nella porzione anteriore. La pinna primordiale dorsalmente comincia alquanto indietro al capo; i suoi margini sono paralleli all' asse del corpo. Le uova della specie B sono assai poco dissimili da quelle della specie A, esse sono un poco più piccole (d. 1 .20 — 1.40) ; ma l'ampiezza della capsula, specialmente in queste uova dove si forma un grande spazio tra quella ed il vitello, è molto variabile in una stessa specie e quindi un carattere distintivo poco attendibile. La goccia oleosa è più piccola (0.121) ordinariamente colorata in giallo più o meno carico. Le uova sono molto leggere, cosicché spesso emergono un poco dall' acqua. Inoltre l'embrione e anche, sebbene a un grado minore, il vitello nutritivo, hanno una leggera tinta am- bracea o meglio affumata che manca assolutamente nella specie A. Le uova B si trovano in estate e in autunno, non scarse, ma molto meno abbondanti delle A: passano molti giorni in cui con la pesca Le uova galleggianti e le hirve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 57 pelagica uon s'iucontra alcun uovo della prima specie, mentre quando compariscono quelle della seconda, quasi ogni giorno se ne raccolgono parecchie. Il periodo d'incubazione delle uova B è più breve, proba- bilmente soltanto a causa della temperatura molto più alta dipendente dalla stagione. La larva (fig. 14) quando esce dalla capsula è per l'aspetto e per lo stadio dello sviluppo molto somigliante alla prece- dente: ma se ne distingue a prima giunta per la posizione della goccia oleosa che, invece di essere posteriore, occupa un posto mediano alla superficie distale del vitello. L'uovo di Bngraulis è molto diverso : esso ha una forma ellissoide allungata, unica per quanto io sappia tra le uova pelagiche di Te- leostei. Asse maggiore 1.15 — 1.25, minore 0.5 — 0.55. La struttura del vitello e la capsula sottile e priva di pori- canali sono caratteri comuni con le uova degli altri Clupeidi testé descritti. La larva da poco liberatasi dell' inviluppo dell' uovo è caratte- ristica per il vitello che sì prolunga molto posteriormente; meno che per questo carattere, per la mancanza della goccia oleosa, e per le dimensioni che sono alquanto minori , essa ha un aspetto tale di affinità con le due specie precedenti che si palesa anche ad un oc- chio non abituato; e questa somiglianza si ritrova nei particolari di struttura. Lo sviluppo estra-ovarico delle tre specie ora dette è molto simile, sto per dire identico ; ciò non arreca meraviglia se si considera le differenze minime che esistono nella forma del corpo e nella di- sposizione e struttura degli organi negli animali adulti. Vi è anche una grandissima somiglianza con le larve di altri Clupeidi, si della aringa, come dell' Aiosa sapidissima^ [Rice (2)], la differenza sta nelle dimensioni e nello stadio più o meno avanzato di sviluppo in cui gli embrioni escono dall' uovo. L'aringa, ad esempio, schiude con gli occhi già opachi e risplendenti e ad un tale stadio che le larve delle due specie A e B e dell' Bngraulis raggiungono solo dopo 7 o 8 giorni di vita estra-ovarica. * Qui, come già feci altrove (Raffaele [1]), debbo notare che l'uovo gal- eggiante descritto da Agassiz e Whitman (2) è probabiluiente di un Clupeide; certamente non è verosimile sia di Osmerus mordax come credono gli Autori, giacché CuxNiXGHAM (4) ha dimostrato come l'uovo dell' Osmerus e^yerlanus si attacca agli oggetti sommersi quando viene emesso ; e Rice (1) ha d'altra parte provato che \ Osmerus mordax e l'O. eperlanus sono la stessa specie. 58 Fed. Raffaele Io mi occuperò im poco più diffusamente dell' Eìigraulis] ciò che dirò di questa specie si può in generale riferire alle altre due, e sebbene Wenckebach (2) abbia recentemente pubblicato una nota in cui descrive e figura vari stadi dello sviluppo di questa specie, non credo inutile ritornare sullo stesso argomento, giacché è poco probabile che quel lavoro , scritto in olandese , sia facilmente cono- sciuto in Italia. Sulla forma delle uova dell' Alice aveva già quasi un secolo addietro richiamato l'attenzione Cavolini. Ecco come egli si esprime a tal riguardo. »Le [uova ovariche] più imperfette sono quasi rotonde ed hanno un nocciolo annebbiato; altre sono diventate più lunghe ed hanno più opacato il nocciolo ; e finalmente le ultime sono diventate bislunghe come un fagiolo e tutte opache, con un contorno solamente trasparente« (p. 31). Infatti l'uovo da principio rotondo, come in tutti i Teleostei, comincia ad allungarsi contemporaneamente o poco dopo la comparsa delle prime granulazioni vitelline che dapprima costituiscono, com' è noto, una zona (nocciolo di Cavolini) concentrica alla vescicola germinativa, poi man mano invadono tutto l'uovo rendendolo opaco e di un colore gialliccio chiaro. Dopo ciò i singoli granuli vitellini aumentano di volume a misura che l'uovo cresce, e divengono delle vescicole sfe- riche. L'uovo maturo è completamente trasparente, e come al solito non si trovano stadii intermedii fra esso e le uova opache ; sol che in questo caso, come nelle specie A e B e come sembra sia in tutti i Clupeidi, le vescicole divengono molto più grosse e trasparenti, ma non si fondono a formare una massa fluida omogenea come nella maggior parte delle uova galleggianti. Le uova dei Clupeidi sem- brano dunque ritenere un carattere primitivo nella struttura del loro vitello, il quale si ritrova solo nell' evoluzione di altre uova; fatto su cui ho già insistito in due note preliminari (1 e 2). L'uovo fecondato e in via di segmentazione, come si trova alla superficie del mare , ha una posizione più o meno inclinata ; il suo asse maggiore fa cioè con la verticale un angolo più o meno acuto. Il germe si raccoglie sotto al micropilo al polo inferiore ed ha un colore ambraceo piuttosto intenso (tav. 1 fig. 15). La segmentazione e la formazione del blastoderma si compiono nel modo abituale. Il blastoderma si estende sul vitello uniforme- mente tutt' intorno ; talvolta esso si accresce più rapidamente da una parte, sicché un piano condotto pel suo margine taglia obliquamente lasse dell' uovo. Non credo che in questo fatto si debba vedere una Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 59 legge generale di accrescimento, ma piuttosto oscillazioni eventuali, giacché i margini blastodermici s'incontrano per chiudere il blasto- poro, presso a poco al polo opposto a quello dov' è cominciata la segmentazione; inoltre non in tutte le uova si trova questa inegua- glianza di accrescimento, o si trova in grado diverso. Cosi, anche in quest' uovo che per la sua forma si presta singolarmente bene alla soluzione di tal problema, resta dimostrata la verità dell' asserzione di KuPFFER che i margini del blastoderma procedono parallelamente a sé stessi. Il primo accenno dello scudo embrionale si mostra quando il blastoderma è presso a poco a metà del vitello. L'embrione si sviluppa naturalmente nel senso della maggiore lunghezza dell' uovo; il capo si forma al polo inferiore ; quando ancora un buon tratto del vitello è scoperto, sono già formati i diverticoli ottici, un certo numero di segmenti del corpo nella regione mediana del tronco, e già si mostra la vescicola di Kupffer. Questa persiste alquanto tempo dopo che l'estremo codale si è distaccato dal vitello. La forma del- l'uovo ci aiuta a dimostrare ancora che il capo rimane al punto dove si è formato, e che l'allungamento dell'embrione avviene posteriormente, dapprima per concrescenza a spese dell' anello embrionale , poi, esaurito questo, per formazione di nuovi segmenti codali (tav. l figg. U e 35). L'incubazione dura 2 o 3 giorni. La larva appena sgusciata (tav. 3 fig. 15) è caratteristica per la massa vitellina molto allungata e assottigliantesi posteriormente. Essa è lunga poco più di 2 mm, trasparentissima, con piccolissime cellule pigmentate in nero, lungo il dorso, appena visibili, come è proprio di tutte le larve di Clupeidi; la notocorda è relativamente ampia, fatta, meno che nel tratto posteriore , di grossi segmenti formati di una sostanza fluida, omogenea, limpidissima, separati l'uno dall' altro da sottili tramezzi discoidali che partono dalle pareti della capsula. I segmenti, nella parte anteriore, sono messi l'uno dietro all' altro in colonna, tanto da mentire una disposizione metamerica; simile disposizione hanno i seg- menti posteriori che si vanno formando nei giorni seguenti dello svi- luppo estra-ovarico ; i segmenti di mezzo sono per lo più conformati a cuneo; ciascuno si adatta nello spazio lasciato tra il precedente e il seguente, così che ne risulta una doppia serie longitudinale. Questa struttura e l'ampiezza della corda dorsale non sono abituali tra le larve di altri Teleostei e costituiscono un carattere distintivo sebbene non esclusivo delle larve dei Clupeidi. 60 Fed. Raffaele L'intestino sottilissimo e dritto si prolunga fino a poca di- stanza dall' estremo codale, e termina con una porzione sottilissima al margine ventrale della pinna. Nella porzione anteriore esso è chiuso ; la larva, molto poco avanzata nello sviluppo, non ha ancora apertura boccale né cavità faringea. Dell' apparecchio circola- torio tutto quello che è visibile, come nella maggior parte delle larve pelagiche, è il cuore nella sua posizione embrionale, con la porzione venosa situata anteriormente e sotto l'occhio sinistro, con la porzione bulbare posteriore e mediana la quale si continua in 2 tronchi trasversali che sono il primo pajo di archi aortici, e si rivolgono indietro ravvicinandosi e riunendosi dopo un certo tratto per formare l'aorta addominale che procede sotto la notocorda fin presso all' estremo codale; qui come al solito essa sbocca nella vena codale che è molto breve, stante la situazione dell' ano ; e si continua in una vena sotto-intestinale che da principio è anche breve, ma aumenta a misura che il vitello viene assorbito e a poco a poco si delimita sempre più nella parte anteriore. Non vi è nessuna traccia di corpuscoli sanguigni, né se ne formano anche dopo il completo assorbimento del vitello. Questa tarda comparsa degli elementi del sangue si ritrova in tutti i Clu- peidi, a quanto risulta dalle osservazioni mie e di altri ; il fatto però non è punto eccezionale tra le larve delle uova galleggianti, anzi è questa forse la condizione più comune; e se Kupffer (1) se ne maravigliava tanto, ciò prova la scarsezza di notizie sullo sviluppo dei Teleostei all' epoca del suo lavoro. D'altronde Kupffer non era primo a notar la cosa, e parecchi anni addietro Sundevall l'aveva già fatto. Lo sviluppo della larva, nei primi due giorni, consiste, come al solito, principalmente in un notevole allungamento del corpo, dovuto in massima parte alla formazione dei segmenti posteriori della notocorda. Una trentina d'ore dopo l'uscita dall' uovo, la larva è lunga mm 3.6; rimane solo un piccolissimo tratto della notocorda fatta ancora di fibre stivate. É già formata l'apertura boccale in forma di un foro romboidale, e dietro di essa si vede già ben di- stinto l'accenno dei quattro archi branchiali; il cuore ha già compiuta la sua rotazione e l'estremo venoso si apre direttamente indietro sulla linea mediana (fig. 19). Verso il 40 0 il 5» giorno il vitello è completamente esaurito; la larva è aumentata di poco in lunghezza : essa ha però acquistato gli organi principali; cosi sono formati (fig. 24) lo scheletro bran- Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 01 chiale . le cartilagini di Meckel, le cartilagini basali del cranio. Gli occhi sono opachi e risplendenti perii tapetiim coroidale di cristallini iridescenti: le o toc isti, che nel primo giorno erano piccole, situate alquanto lontane dagli occhi, e non prominenti, ora si sono molto ingrossate ; per ciò e per l'ingrandirsi dei globi oculari, la di- stanza fra gli uni e le altre è diminuita di molto ; esse sono rela- tivamente al capo molto sviluppate, come si vede nella fig. 23 ; dietro di esse il corpo si restringe bruscamente e a poca distanza s'im- piantano le piccole pettorali. Anche l'apparato digerente si è trasformato •. l'esofago si continua dritto e sottile fino a poco oltre la metà dell' intero tubo; l'altra metà ha un calibro molto maggiore e si continua dritta fino all' ano; il punto dove comincia la porzione ampia è quello dove si svilupperanno in seguito le appendici pi- loriche; il fegato lungo sottile si estende ventralmente all' esofago; in questo sono molto visibili i muscoli circolari. Nella porzione slar- gata post-pilorica, si veggono dei sottili solchi, paralleli fra loro ed equidistanti, che abbracciano tutta la periferia dell' intestino ; questi solchi rappresentano probabilmente l'accenno di vasi tras- versali in corrispondenza dei quali si formerà una valvola spirale; essi sono molto evidenti sugli ammali vivi, ma su preparati »in toto« non sono più rintracciabili, forse a causa della contrazione dei tessuti. Un tratto prima dell' ano vi è un restringimento cir- colare dell' intestino, con introflessione dell' epitelio, come si ritrova in molte larve di teleostei. Dietro la porzione terminale dell' in- testino, vi è la vescica urinaria, ma sul vivo è molto difficile vedere i condotti del pronephros che vi sboccano ; ciò che si vede del- l'apparato urinario è solo un glomerolo situato ventralmente e lateral- mente air aorta. Della vescica natatoria non si vede ancora traccia. Più o meno fino a questo stadio rappresentato dalla fig. 24, tav. 3 riesce mantenere in vita le larve di Engraulis e quelle degli altri Clupeidi che come già detto non differiscono da quelle altro che per le dimensioni. Larve più sviluppate ho potuto raccogliere con la pesca pelagica principalmente alle profondità di 80 — 100 metri. Ho in tal modo ottenuto una serie abbastanza completa che mostra le trasformazioni che subisce la larva fino a divenire un pesciolino di 2 — 9 centimetri nel quale facilmente si riconosce un Clupeide. Di tutte queste larve è però assai difficile dire quali sono di Engraulis , quali di una o di un' altra specie di Clupea. Infatti, solo tenendo conto del numero delle vertebre, che nell' Engraulis è 62 Fed. Raffaele uu poco minore, si possono distinguere i giovani di questa specie. Nel rimanente, io finora non ci so vedere caratteri differenziali soddis- facenti. I caratteri comuni che si ritrovano sempre sono l'ampiezza e la struttura della notocorda ; la porzione post-pilorica dell' intestino grossa , in cui vanno sempre più manifestandosi , col crescere della larva, le pieghe trasversali dell' epitelio che danno origine alla val- vola spirale ; questa era già formata in un pesciolino della lunghezza di 4 — 5 mm, probabilmente Engraulis^ giacché aveva 45 segmenti vertebrali. Queste pieghe trasversali dell' intestino post-pilorico sono , come già ho notato altra volta il) e per la loro precoce apparizione e per la loro costanza in tutte le specie della famiglia, almeno negli stadi giovanili, un carattere inte- ressante che dimostra, insieme ad altri fatti organici, la relazione di affinità esi- stente tra i Clupeidi ed i Ganoidi, su la quale cosi giustamente insisteva lo Stan- Nius. Negli adulti questa struttura è stata descritta per alcuni Clupeidi ed altri generi affini ad essi; io la ho potuto constatare nelF Engraulis e nel genere Clupea (dove già l'avevano menzionata Cuvier e Valenciennes); ma essa ha, relativamente alle dimensioni del tubo digerente, uno sviluppo molto maggiore negli stadi giovanili. Similmente in embrioni di Salmonidi ho incontrato lo stesso organo, sebbene, a quanto so, esso non è mai stato descritto negli adulti. Tutto ciò sembra provare che la valvola spirale è un organo ancestrale che si ritrova nelle forme più antiche del phylum dei Teleostei e tende a sparire o è sparito nella maggior parte di essi. La fig. 22 rappresenta un giovane Clupeide lungo ca. 8.9 mm. Il corpo è molto assottigliato dietro al capo e ali" esti-emo codale, notevolmente più alto nella regione mediana del tronco; come si vede, la massima parte dell' altezza è fatta dell' ampia notocorda; il pesciolino è cilindraceo, trasparente come cristallo. Le pinne ver- ticali sono in parte sviluppate ; nelF anale si veggono gli accenni dei raggi definitivi; la codale è eterocerca, la notocorda giunge ancora fino all' estremo posteriore ; nella dorsale già sono formati vari raggi ; essi procedono nel loro sviluppo da dietro in avanti ; la porzione anteriore della pinna è ancora fatta di una massa mesoblastica in- differenziata; anteriormente essa si continua con un resto della pinna embrionale di cui la parte anteriore è scomparsa; anche posterior- mente essa è riunita alla codale da un lembo sottile destinato a scomparire. La posizione della dorsale è assai diversa da quella che essa occupa nel pesce adulto. Questo fatto, comune a tutti i Clupeidi , è stato osservato da SuNDEVALL il quale descrive nell' aringa la migrazione della pinna in avanti; io non voglio entrare qui in particolari anatomici , ma posso confermare le os- servazioni di questo autore. Com' egli ha dimostrato con sufficiente chiarezza, i processi interspinosi Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 63 corrispondenti ai raggi della pinna dorsale sono liberi negli stadi giovanili, tra i muscoli del tronco , e non contraggono aderenze con i processi spinosi delle vertebre; con lo svilupparsi dei mezzi coni muscolari dorsali, i processi inter- spinosi e i raggi corrispondenti vengono lentamente spinti innanzi, cosi, a mi- sura che aumenta l'altezza del corpo del pesciolino , la dorsale occupa ima posizione anteriore alla precedente. Il processo è simile a quello descritto nei Pleuronettidi. Secondo Sundevall le ventrali pure subiscono una migrazione, ma in senso opposto a quella della dorsale. Queste nella larva disegnata dalla fig. 22 non sono ancora formate; ad uno stadio più avanzato (fig. 20) esse si mostrano al punto dove comincia la porzione slargata dell' intestino ; sono però spinte indietro dallo svilupparsi dei mezzi coni muscolari ventrali i quali sono diretti posteriormente. Cosi man mano le ventrali e la dorsale raggiungono le posizioni rispettive che hanno nell' adulto. Fino alla lunghezza di 30 mm e anche più, i giovani Cliipeidi si mantengono trasparenti, con poco pigmento nero distribuito in piccole macchiette lungo la cavità addominale ed alla base della pinna anale. Sebbene il corpo sia molto più alto, non ancora la dor- sale ha raggiunto la posizione definitiva (fig. 20). Quando i pesciolini hanno raggiunto la lunghezza di 25 — 35 mm, comincia a formarsi qua e là lo strato argenteo caratteristico dei Clupeidi. I piccoli di queste dimensioni e un poco più sviluppati sono pescati spesso in abbondanza nel Settembre e nelF Ottobre presso alle coste dalle sottili reti a sacco dette Sciavechielli, e sono comunemente chiamati »cicinielle janculille«, a causa della somiglianza grossolana che hanno per la forma del corpo, per la trasparenza dei tessuti, per la scarsa pigmentazione, col Lafrimcuhcs pellucidus^ un piccolo Gobioide che viene pescato nelle stesse condizioni, con le stesse reti, e al quale a Napoli si dà il nome di »ciciniello verace«. E difficile con i dati che finora si hanno di stabilire con certezza il tempo necessario alle giovani larve di Clupea per raggiungere i vari stadi e per poi divenire adulte; certo che i pesciolini lunghi 30 mm pescati dagli Sciavechielli provengono da uova fecondate entro l'anno ; esse appartengono probabilmente alla specie A [Clupea pil- chardusf] di cui le uova sono abbondanti dal Novembre al Gennaio. Specie indeterminate. Sp. NO 1. (Tav. 3 figg. 10, 11 e 13.) Nel Giugno ho trovato alla superficie alcune uova, molto scarse sempre, che somigliano molto a quelle di Solea. Il diametro è di mm 1.4, il vitello ha una zona periferica vescicolare e molte pic- cole gocce sparse ma non riunite a gruppetti come in quelle descritte 64 Fed. Kaflfaele precedentemente- La larva ha la pinna primordiale larga e il pig- mento giallastro distribuito come nella specie di Solea B. In tutto il suo sviluppo essa mostra una grande somiglianza con quella; in essa pure si forma un sacco stomacale ampio. Probabilmente queste uova appartengono ad un' altra specie del genere. Sp. No 2. (Tav. 3 figg. 25—26.) Diametro di mm 0.75, Il vitello ha una zona periferica vesci- colare molto accentuata come quella delle uova di Callionymus; vi sono inoltre molte gocce oleose piuttosto grosse. L'embrione ha una certa somiglianza con quello del Calliotiymus ; come in questo il pigmento è giallo. Tali uova si trovano in Gennaio, poco numerose. Sp. NO 3. (Tav. 4.) Uovo sferico ad una goccia oleosa; diametro mm 1 — 1.11 — 1.15, diametro della goccia 0,22 — 0.30, la goccia è di color giallo d'olio d'ulivo; il vitello è fatto di grosse vescicole in tutta la massa come nelle uova dei Clupeidi, La larva esce dall' uovo dopo 4 — 5 giorni d'incubazione, poco sviluppata (fig. 13); il sacco vitellino è ellissoide, la goccia é situata a poca distanza dall' estremo posteriore e distalmente. L'intestino termina con una porzione assottigliata sul margine ventrale della pinna embrionale, a una distanza dall' estremo codale eguale a 1/3 circa della lunghezza del corpo; la pinna primordiale comincia alquanto dietro al capo. La pigmentazione è molto caratteristica. Il corpo è quasi tutto coperto di cellule di pigmento giallo citrino a luce incidente, più oscuro a luce trasmessa ; queste cellule sono grosse, allungate nel senso longitudinale e dis- poste parallelamente alle fibre muscolari dei segmenti del corpo, esse hanno contorni poco accentuati e si anastomizzano fra loro, sicché producono una colorazione gialla diffusa. Vi sono poi cellule con pigmento nero, di forme irregolari con grosse ramificazioni, sparse sui lembi della pinna e sul corpo più superficialmente delle cellule gialle. Alla superficie dorsale della goccia oleosa sono varie cellule nere stellate a lunghi raggi; alla superficie ventrale sono alcune cellule gialle; sul sacco vitellino soltanto poche cellule nere nella parte posteriore. Nel progresso dello sviluppo estra-ovarico, la larva di- venta alquanto spessa, la pigmentazione cambia. Nella fig. 9 che rappresenta una simile larva verso l'ottavo giorno, si vede che la colorazione gialla diffusa è rimasta presso a poco qual' era ; le cellule Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 65 nere liauuo cambiato i)Osizione; e si sono raccolte lungo il dorso, formando una serie longitudinale di macchie equidistanti tra loro. A questo stadio, per la forma del corpo e per la colorazione, questa larva ricorda gli stadi giovanili della Corijphaena ^ ma quest' appa- rente somiglianza non basta certo per conchiudere nulla di positivo sulla loro parentela. Tuttavia se è permesso dai caratteri dell' uovo, dalla posizione slargata dell' intestino, trarre qualche conseguenza riguardo alle affi- nità, io credo che questa specie deve appartenere ad una famiglia vicina a quella dei Clupeidi. Sp. No 4 [Macrurusfi. (Tav. 5 fig. 7, la.) Uova molto caratteristiche per una struttura peculiare della cap- sula: questa è molto spessa (0.31 mm) e osservata con un piccolo ingrandimento e di fronte, si mostra formata all' esterno di un mo- saico di faccette esagonali concave; risultano quindi dell' incontro degli spigoli a tre a tre degli angoli triedri a facce curve, onde ad occhio nudo la superficie della capsula appare tutta irta di punte. La capsula è trasparentissima ; in sezione ottica il suo contorno in- terno è molto accentuato, mentre i limiti delle faccette esagonali non sono fatti da linee ben definite , sicché esse sembrano impressioni fatte in una massa omogenea molle che poi si sia solidificata. Il vitello occujm uno spazio un poco minore della capsula ; è fatto di grosse vescicole a contorni molto accentuati, vi è una goccia oleosa scolorata del diametro di mm 0.276. Queste uova elegantissime sarebbero per la loro trasparenza quasi invisibili nell' acqua, se la luce, rompendosi negli spìgoli della capsula, non li facesse brillare in vari punti. Hensen (2) ha raccolte uova apparentemente molto simili neir oceano; egli ne dà una figura (tav. 4 fig. 20) poco buona e una descrizione molto sommaria cosi che né dall' una né dall' altra è possibile stabilire un esatto confronto. Ne ho raccolte in grande abbondanza nei mesi di Gennaio, Febbraio e Marzo, specialmente ad una certa distanza dalla costa e ad una certa profondità (80 — 100 metri); giacché esse non sono molto più leggere dell' acqua, e galleggiano per lo più soltanto nei primi momenti dello sviluppo. Contrariamente a quello che accade nella maggior parte delle uova pelagiche, esse non vivono bene nei bicchieri ; per quanta cura si i)ossa avere nel cambiar l'acqua frequentemente, esse muoiono in gran quantità. Le larve sono pure così delicate, che sebbene io abbia varie volte avuto notevoli quantità di uova, ho potuto solo Mittheilungen a. d. Zoolog. Stition zu Neapel. Bd. 8. 5 66 Fed. Raffaele vederne schiudere qualcuna, che nemmeno poi si è svihippata bene dopo sgusciata. L'embrione e la larva si distinguono per Tasso- Iuta mancanza di pigmento e per la limpidezza cristallina dei tessuti. Quando la larva esce dalla capsula, essa è molto poco svi- luppata, ha 17 segmenti addominali, la lunghezza totale è di mm2.63; il vitello molto voluminoso, ellissoide, eccedente anterior- mente il profilo del capo; la goccia oleosa è situata nel mezzo della superficie distale del vitello; l'intestino è angusto, dritto, e ter- mina molto assottigliato ; l'ano è alquanto più ravvicinato all' estremo codale che non al profilo anteriore del capo. Nei primi giorni che seguono la schiusa , la larva si allunga, ma non subisce notevoli cambiamenti, né si vede traccia di pigmento. Credo molto probabile che quest' uovo sia di una specie del genere Macrurus. 0. G. Costa cosi descrive le uova ovariche del M. coelorhynchus : » le uova hanno figura simile a quelle della gallina. Il loro invoglio esteriore o corion è sormontato da tubercoli ben rilevati e terminati nello estremo superiore da un piccolo rigon- fiamento. Essi sono disposti uniformemente intorno ad aje esago- nali, standovene uno per ogni lato di questa figura. Cosiffatto ri- vestimento, abbassandosi negl' intervalli, genera così uno spigolo curvilineo che costituisce i lati dell' esagono«. La descrizione quantunque, non perfetta, indica chiaramente una struttura molto simile a quella veduta da me; le figure (tav. 39 fig. 6. 7) sono poco soddisfacenti e aiutano molto poco la descrizione. Meno la forma simile a quella di un »uovo di gallina« e i rigonfia- menti che sormontano i tubercoli, non vi è differenza alcuna tra le uova del Macrurus coelorhynchus e le uova che ora ho descritte, e quelle differenze possono anche ascriversi allo stadio di sviluppo diverso in cui le uova sono state osservate, giacché quelle vedute dall' autore citato erano ancora immature, piene di granulazioni vi- telline ed opache. Mi sembra d'altra parte poco probabile che un uovo così caratteristico possa essere comune a più generi, e se pure l'uovo veduto da me non appartiene al M. coelorhynchus^ esso potrebbe essere dell' altra specie nostra del genere. Altro argomento favorevole alla mia identificazione é il numero dei segmenti addominali della larva che é di 17. (Costa attribuisce 16 vertebre alla corrispondente regione del M. coelorhynchus.) Sp. No 5 [Leindopus'ì) . (Tav. 5.) Uovo sferico (tav. 5 fig. 5', diametro = 1.60 — 1.70, cap- sula alquanto spessa, vitello omogeneo, una goccia oleosa del dia- Le Tiova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 07 metro di mm 0.4, per lo più di color roseo salmone o giallastro nei primi momenti dello sviluppo, ma che in seguito va perdendo la colorazione. Nel princi])io dello sviluppo queste uova si tengono alla superficie dell' acqua, poi si approfondano; quando l'embrione è sviluppato, uno o due giorni prima della schiusa, le ho pescate sempre a una certa profondità (60 — 80 metri). L'accenno dell" embrione in queste uova è molto sottile ed allungato, il capo relativamente molto piccolo: numerosissimi i segmenti del corpo. Il pigmento è esclusivamente nero, le cellule che lo contengono sono molto ramose, dapprincipio disposte in due linee laterali lungo tutto il corpo dell' embrione ; non se ne veggono mai alla superficie del vitello ; di buon ora però se ne trovano molte sotto la gocciola oleosa dove formano eleganti ed intricate dendriti che ne occupano tutto l'emisfero inferiore (fig. 5). In seguito il pigmento del corpo si raccoglie sul capo e in quattro grosse macchie ben limitate sul tronco, situate a egual distanza fra loro, due dorsalmente, una ventralmente tra le due, l'altra presso l'estremo codale. L'incubazione è piuttosto lunga, probabilmente di 7 o 8 giorni; io ho pescato tali uova in Giugno ed in Novembre, e credo che il pe- riodo d'incubazione sia diverso nelle due stagioni. Anche queste uova come quelle della specie precedente si la- sciano difficilmente condurre a termine nei bicchieri. Questo fatto è comune a quanto pare a tutte quelle uova pelagiche che galleggiano solo nel principio dello sviluppo e poi man mano cadono in profondità piuttosto grandi; è probabile che la forte pressione che esse subiscono in quelle profondità sia necessaria al loro benessere e nella mancanza di tale condizione stia la causa della grande mor- talità che si verifica quando esse sono tenute in bicchieri. Così anche di queste uova due o tre sole ho veduto schiudere, ed una sola volta ho potuto tenere in vita una larva fino al 4" o 5" giorno dalla schiusa. Ciò mi è però bastato per conoscere qualche cosa delle metamorfosi della larva. L'embrione raggiunge uno stadio di sviluppo abbastanza avanzato, e, prima dì uscire, il suo corpo fa più di una volta il giro dell" uovo. Quando la larva vien fuori è lunga ca. mm 6, il vitello è ellissoide, allungato, la goccia oleosa è situata posterior- mente; l'intestino si apre con uno sfintere piuttosto largo imme- diatamente dietro il vitello ; i tre quarti circa della lunghezza sono fatti dalla porzione codale; il numero dei segm^tinti del corpo oltrepassa 100. Sebbene la bocca non sia ancora aperta sono già 68 Fed. Raffaele formate la cavità del faringe e gli archi branchiali. Il cuore ha ancora la posizione embrionale, ma i vasi principali sono formati e già si veggono in circolazione cellule per lo più riunite a grup- petti, non ancora però corpuscoli rossi. La pinna primordiale comincia molto indietro, in corrispondenza del 30 0 40 segmento del tronco, e s'innalza gradatamente ; anterior- mente essa si continua molto bassa, i due lembi della piega sono allontanati e mantenuti distesi da un liquido, in modo da formare una specie di sacco sul capo. Al punto dove la pinna comincia ad innalzarsi vi è in corrispondenza del 3**, 4*^, e 5» segmento una pic- cola gobba, fatta di un ammasso di cellule mesoblastiche. Le pettorali sono piccolissime. Molto evidenti in questa larva sono i bocciuoli di senso, due specialmente, situati proprio al- l'estremo anteriore del capo tra i due bottoni olfattori, e uno più grosso nel breve spazio che intercede tra l'occhio e l'otocisti ; sul tronco da ciascun lato se ne vedono una dozzina equidistanti tra loro ; le cu pule che sormontano le cellule centrali cigliate sono molto lunghe e bene appariscenti. La pigmentazione è molto caratteristica, le cellule di pig- mento nero intenso sono distribuite come già ho detto parlando del- l'embrione neir uovo, e come si vede nella figura 17. In una larva al 40 giorno dall' uscita dell' uovo, la bocca è già formata, e vi sono molti globuli rossi in circolazione. La gobba dorsale si è sviluppata in un flagello allungato, arrotondato e pig- mentato in nero all' apice. Il processo dorsale è apparentemente simile a quello che si forma nelle larve dei Fierasfer^ ed ha la stessa struttura. Questa larva appartiene evidentemente al ciclo biologico di quella più svi- luppata descritta da Emery (13) tav. 10 fig. 26. Altre ne ho pescate in Ottobre e in Novembre 1886; qualcuna anche un poco più grande con 8 raggi dorsali sviluppati, di cui l'anteriore prolungato. La presenza del flagello, il numero dei seg- menti, la distribuzione del pigmento non lasciano alcun dubbio che queste larve sieno uno stadio più sviluppato di quelle che ho descritte appena uscite dall' uovo; rimane ancora problematica la specie cui esse debbono riferirsi, la soluzione del problema è però molto faci- litata dalla conoscenza dell' uovo. Le epoche dell' anno in cui ho trovato tali uova (Giugno e No- vembre) e le larve con vari raggi dorsali (Ottobre e Novembre), e quella in cui fu pescata la larva di Emery (Febbraio) dimostrano Lo uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 69 ebe esse appartengono ad ima specie che ha un periodo di maturità sessuale che va per lo meno dal Giugno al Gennaio. Se si osservano le uova mature del Lepidopus caudatus^ non si può fare di meno di riconoscere la loro grande somiglianza con quelle ora descritte; le dimensioni dell' uovo e della gocciola, il colorito rossastro salmone di questa sono caratteri comuni. La stagione in cui gli ovari dei Lepidopus si avvicinano a maturità coincide con quella in cui si trovano abbondanti le uova della sp. 5. Inoltre la larva, per il suo aspetto, giustitica la supposizione che essa appar- tenga al ciclo biologico di quella specie. L'ano, situato molto ante- riormente nella larva, sembrerebbe contraddire tale ipotesi, ma l'esten- derai della cavità addominale verso dietro, e il retrocedere della posizione dell' ano nel processo dello sviluppo post-embrionale non sono fatti nuovi tra i Teleostei, e se ne ha un esempio comune nelle Atherinae. Sp. NO 6, 7, 8, 9 e 10. (Tav. 5.) Verso la fine dell' està si trovano alcune uova molto caratteri- stiche che poi divengono più abbondanti nei mesi di Settembre e Ottobre. Esse si possono attribuire con sicurezza a 5 specie che devono essere molto affini tra loro per la grande somiglianza che hanno le uova e le larve. Caratteri comuni a tutte queste uova sono: l** la notevole grandezza per cui a prima giunta si distinguono dalle altre uova galleggianti; 2o l'ampio spazio perivitellino (il diametro della sfera vitellina è quasi metà di quello della ca- psula); 3" la capsula sottile priva di pori-canali, ordinariamente con riflessi iridescenti; 4o la struttura del vitello, totalmente ve- scicolare. Le difi"erenze tra le varie specie stanno nelle dimensioni, nella presenza e nel numero delle gocce oleose e nello sviluppo che l'embrione raggiunge dentro la capsula. Le indico con i numeri 6. 7, 8, 9 e 10 e rimando per i caratteri distintivi al quadro a pag. 80. È probabile che Wenckebach (1) abbia veduto simili uova, ma dalle poche parole che ne dice non si può riconoscerle. Lo sviluppo è molto simile nelle cinque specie, e tutte per la gran trasparenza dei tessuti si prestano molto bene ad essere studiate sul vivo. Descrivo qui sommariamente lo sviluppo dell' uovo della specie 6 che è la più abbondante. Sebbene varie figure si riferiscano alla specie No. 7 esse possono valere indifferentemente anche per le altre. L'uovo ha ordinariamente una sola goccia oleosa; il suo diametro 70 Fcd. Raffaele varia tra 2 mm e 2.5; quello della sfera vitellina tra 1.2 e J.5; quello della goccia 0.30 — 0.35. Talvolta vi sono varie gocce, fino a 5 0 6 sempre vicine tra loro, ma credo che questa differenza non abbia valore specifico. Le gocce, per lo più scolorate, sono talvolta leggermente tinte in giallo butirroso (fig. 2). Le vescicole che formano la massa vitellina vanno diminuendo in dimensione dal centro verso la periferia ; al principio dello sviluppo, nello strato superficiale del vitello, si veggono molti piccoli corpuscoli rotondi rifrangenti, che hanno l'apparenza di globuli di grasso, i quali dopo un certo tempo scompariscono. Le gocce oleose sono molto leggere ed emergono della metà e più dalla superficie del vitello ; esse sono circondate da uno spesso strato finamente granuloso di protoplasma corticale ; è questo inviluppo protoplasmatico che impedisce la confluenza delle gocce che sono a contatto fra loro. Meno che intorno alle gocce lo strato corticale è quasi invisi- bile; per conseguenza non si vede sugli oggetti vivi la formazione del periblasto; ma, com' era naturale prevedere, la sua presenza si manifesta nelle sezioni di uova indurite e colorate. Non ho potuto mai osservare né su questa, né sulle specie affini i primi momenti dello sviluppo, giacché gli stadi più giovani ottenuti dalla pesca superficiale avevano una calotta blastodermica già for- mata ; d'altronde non vi è nessuna ragione di supporre che i processi di segmentazione siano diversi da quelli degli altri Teleostei. E notevole la cavità di segmentazione molto ampia che si mostra sotto al blastoderma, all' epoca della formazione dell' anello embrionale-, e la forte costrizione della sfera vitellina quando il margine del blastoderma s'avvicina o di poco ha oltre- passato l'equatore. Molto evidente ed interessante é il processo di chiusura del blastoporo vitellino in relazione alla formazione della vescicola di Kupffer. I fatti che ho osservati sono simili a quelli già accennati nello sviluppo dell' Uranoscopus (vedi pag. 27). Poco prima della sua chiusura, il forame vitellino è circondato da un forte ispessimento co d ale, nel cui mezzo è una fossetta imbutiforme con l'estremo ristretto volto verso il vitello (verso il periblasto) (fig. 3). Poco stante appare innanzi al blastoporo una piccola cavità in forma di storta; il collo della storta si continua nella fossetta imbutiforme; questo canaletto è nettamente visibile (fig. 3«) e l'ho potuto molte volte osservare tanto su queste uova e sulle specie affini, quanto su quelle di Uranoscopus-^ esso ha una durata Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 71 multo breve, e si oblitera ben presto ; la fossetta imbutiforme rimane allora separata dalla vescicola ventrale (vescicola di Kupffer) che diventa })iiì grande e più rotonda. Dopo, anche la fossetta sparisce, ma spesso rimane per qualche tempo, ad indicare il punto dove essa si è chiusa, un gruppetto di granulazioni brillanti che sembrano essere uscite dal blastoporo. La vescicola di Kupffer cosi formatasi 30 0 40 ore circa dalla fecondazione ?) è ancora visibile, sebbene molto ridotta, 24 ore dopo, quando già l'estremo codale è separato dal vitello. Questi fatti, sebbene osservati in altre specie di pesci ossei, non sono, per quanto so, in nessuna cosi chiaramente visibili; essi dimo- strano la esistenza di un vero canale ne ur enterico nell' embrione dei Teleostei, e la coincidenza del blastoporo vitellino con l'ano primitivo, e confermano sempre più la giustezza della ipotesi di Balfour, oramai quasi generalmente ammessa, che la vescicola Kupfiferiana sia l'omologo dell' intestino post- anale degli Elasmo- branchi. Nello stadio seguente, quando ancora è visibile la vescicola di Kupffer, cioè 24 ore dopo i fenomeni ora descritti, l'embrione è notevolmente sviluppato (fig. 4) ; esso occupa più di due terzi di un meridiano; l'estremo codale è distaccato per un tratto dal vitello; i segmenti muscolari sono sviluppati lungo tutto il corpo, meno che nella porzione libera della coda; sono formate le vescicole ottiche secon- darie, il cristallino e le fossette olfattorio. Le otocisti sono piccole, situate molto indietro, ancora senza traccia di otoliti. Già si mostra uno dei caratteri notevoli dell' embrione, cioè il seno romboidale molto ampio; la cavità del cranio in corrispondenza di esso è molto sviluppata; nei due cordoni del midollo allungato già si accennano alcuni dei segmenti che raggiungeranno il numero di sei, molto bene accentuati, per poi sparire dopo qualche tempo ^ (fig. 8). Si vede ancora a quest' epoca una borsa situata ventralmente e che è in comunicazione con l'esofago, di cui il lume anteriormente è già formato, sebbene ancora non vi sia traccia della cavità del faringe. Questa »borsa stomacale« (la chiamo così provvisoriamente per indicarne la posizione, giacché finora ne ignoro il vero significato morfologico) è un organo che non ho mai veduto in nessuno altro 1 Di questi segmenti già da molto tempo conosciuti, tratta abbastanza estesamente uno scritto del Kupffer: Primäre Metamerie des Neuralrohrs der Vertebraten. in: Sitz. -Ber. Akad. München. 15. Bd. 1885. pag. 4G9. 72 Fed. Raffaele embrione di Teleostei, ed è comune a tutte queste varie specie affini. Essa è una formazione i}3oblastica , e le sezioni la dimostrano un semplice slargamento del tratto intestinale; le sue pareti sono fatte da uno strato di cellule prismatiche schiacciate, notevolmente più grosse di quelle delle rimanenti regioni del canale ; la cavità è ripiena di un liquido che mantiene distesa la borsa; talvolta, sebbene non frequentemente, per diminuzione del liquido, questa si affloscia e si ripiega su sé stessa. Questa borsa cresce rapidamente in dimen- sioni, diviene veramente enorme (fig. 16), e si conserva fino al- l'epoca della schiusa. Appena la larva esce dall' uovo, essa non è più visibile sul vivo; ciò non dipende dalla sua scomparsa, ma dal cambiamento di forma che subisce; infatti essa si distende e si schiaccia nel senso dorso-ventrale come si vede nelle sezioni (figg. 1 1 e 12) e nella fig. 22 che è una ricostruzione di una serie di tagli trasversali. Non mi estendo ad altri particolari , quantunque in molti punti lo sviluppo sia interessante, e per le sue peculiarità, e per l'evidenza con cui si presentano molti fatti comuni allo sviluppo degli altri Teleostei ; ma la natura del presente lavoro non mi consente dilun- garmi nella parte embriologica ; spero di potere fra non molto, dare maggiori ragguagli al proposito. La larva che esce da queste uova verso il 5« o il ßo giorno d'incubazione è sottile ed allungata, a corpo molto compresso, a tessuti trasparentissimi mancanti affatto di pigmento. 11 vitello è molto allungato e va decrescendo da avanti in dietro ; la goccia (o le gocce) è anteriore; inuanzi ad essa lo spesso strato corticale forma una cappa molto rifrangente. L'intestino è sottile, termina posteriormente senza apertura anale, nel lembo della pinna primordiale, poco discosto dal tronco, in un piccolo ammasso di cellule ; sul vivo non si vedono ordinariamente i condotti del prone- fros, né la vescica urinaria; questa realmente non esiste, quelli sono già formati, come dimostrano le sezioni. La pinna primordiale é poco ampia e giunge fin dietro al seno romboidale. È notevole in questa larvala mancanza di una linea accentuata tra i margini dei segmenti muscolari e i lembi della pinna; ciò a causa della compressione del corpo, e della forma par- ticolare dei segmenti che vanno gradatamente diminuendo di spessore dal mezzo verso i margini dorsale e ventrale. Come si può vedere paragonando tra loro le figure semi-schematiche della tav. 5 (figg. 18—21) la massa muscolare ha in queste larve, rispetto agli organi Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 73 centrali .asse nervoso, notocorda, mesenterou) una posizione alquanto peculiare. Se si osserva una sezione trasversale del tronco di una larva del tipo comune, per esempio di un Lahrax (fig. 21), si vede che i muscoli formano, come è noto, da ciascun lato un sistema di coni ad apice anteriore, strettamente addossati alle parti centrali; cosi che Tasse nervoso si trova incuneato tra i due mezzi coni dorsali di ciascun lato; tra i muscoli e l'epidermide è uno spazio piuttosto am- pio occupato dal cosi detto tessuto di secrezione (Emery Ioc. cit. a pag. 37). Cosi pure anteriormente, nella regione del midollo allungato, su di una sezione fatta a livello delle otocisti, si vede la massa nervosa rivestita ìntimamente dal cranio membranoso, e tra questo e l'epidermide uno spazio più o meno ampio (talvolta molto sviluppato , formante il sacco cefalico di cui si è detto a proposito dei Gadus, Trujla ecc.) pure ripieno della stessa sostanza, spazio che è continua- zione di quello che si trova lateralmente e dorsalmente nella regione del tronco. Nella larva di cui ora ci occupiamo, invece, i muscoli formano da ciascun lato una larga fascia schiacciata, a sezione pressocchè ellittica, che va restrin- gendosi gradatamente dorsalmente e ventralmente. La separazione tra i semi- coni dorsali ed i ventrali non è apprezzabile ed è soltanto indicata dalla pre- senza del nervo laterale ;/, fìg. 20). Queste fascie muscolari sono intimamente aderenti all' epidermide, sicché manca completamente lo spazio sotto-epidermico ; dorsalmente i muscoli si prolungano molto oltre l'asse nervoso, per modo che tra esso e i muscoli rimane un grande spazio a sezione triangolare il quale si contìnua ventralmente alla notocorda separando questa dalla cavità del corpo. Ciò è nella regione del tronco (e della coda) ; una sezione del capo (fig. IS,, fatta allo stesso punto a un dipresso di quella di Lahrax, mostra che la massa nervosa (midollo allungato) non è aderente al cranio membranoso, ma tra i due rimane un ampio spazio, mentre invece è completamente nullo quello tra il cra- nio e l'epidermide. Questi spazi (si nel tronco che nel capo) sono pure ripieni di una sostanza omogenea, fluida, talvolta finamente granulosa nelle sezioni di pezzi induriti ; essa è probabilmente identica al tessuto di secrezione sotto- epidermico : e se ciò è, sarà forse necessario ricercare per tale tessuto una ori- gine diversa dalla ectodermica attribuitagli da Emery. La pinna verso i margini è stivata di cellule mucose rotonde clie la fanno sembrare tutta foracchiata. Il capo della larva è, come già ho accennato, singolare per la grande cavità del seno rom- boidale; questa, che è una cavità intracranica, non deve confondersi col sacco cefalico formato dalla pinna primordiale in varie larve [Gadus ^ Trigla ecc.). Non ancora è aperta la bocca, gli accenni degli archi branchiali non sono bene visibili sul vivo. Il cuore occupa una posizione dorso-ventrale. La notocorda è fatta di una sola serie di segmenti come nei Clupeidi. Nei primi giorni di vita estra-ovarica i mutamenti di maggior rilievo avvengono nel capo. Quando (al secondo giorno) si apre la bocca, si veggono sui margini delle due mascelle delle protuberanze simmetricamente disposte nei due lati, fatte da cellule stivate fra loro. Queste protuberanze si vanno sempre più sviluppando e danno origine a lunghi denti aguzzi leggermente adunchi, che si 74 Fed. Raffaele sviluppano rapidamente e escono per un buon tratto fuori dei tessuti. Di questi denti, nel contorno superiore della bocca si sviluppano tre paia; due mediani, uno accanto all' altro, gli altri sui lati; quattro se ne sviluppano in ciascuna branca della mascella inferiore (fig. 15). Questa formidabile armatura boccale che è assolutamente eccezionale tra le larve dei pesci, dà al capo un aspetto stranissimo. Contemporaneamente allo sviluppo della bocca, si formano il tape- tum coroidale, e 5 o 6 macchie di pigmento nero equidistanti fra loro ventralmente lungo il tronco. Fino al 4" o 5" giorno di vita estra- ovarica non vi è nessun' altra trasformazione notevole; dopo quest epoca i pesciolini muoiono ; né ho mai pescato forme rapportabili con sicurezza a stadi più avanzati di questa specie. Nelle altre specie affini, lo sviluppo procede similmente; le larve che escono dall' uovo differiscono solamente nelle dimensioni e nel numero dei segmenti addominali. Tutte acquistano l'armatura boccale caratteristica, e il pigmento. Quelle della specie 7 si allontano al- quanto dalle altre in ciò che hanno uno sviluppo intra- ovarico più lungo ed escono dall' uovo allo stadio che le altre specie raggiungono dopo qualche giorno di vita libera (fig. 9) . Se ora ci domandiamo a quale famiglia appartengono queste specie che sono molto affini tra loro, si affaccia quasi involontaria- mente l'idea che esse sieno dei Murenoidi. La forma del corpo, il numero dei segmenti addominali, la forma del capo, ricordano molto quella famiglia. Ma purtroppo non ho nessun dato sicuro per appoggiare questa ipotesi, e debbo per ora lasciare queste interessantissime larve nel- l'incognito col quale mi sì sono presentate. L'affinità che si palesa in certi punti, tra queste uova e queste larve e quelle dei Clupeidi, autorizzano a ritenerle non molto lontane da questi; esse sono inoltre da considerarsi appunto per tale affinità, come rappresentanti di forme molto antiche di Teleostei. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 75 Quadro riassuntivo dei caratteri delle uova galleggianti descritte. il. = diametro dell' uovo, g. = diametro della goccia oleosa, in millimetri. Nome della specie (iu Epoca iu cui si parentesi il nome napo- Dimensioni e (.aratteri dell' uovo. Caratteri della larva. trovano le uova letano). in mare". Ldbrax lupus Lac. d. 1.15— 1.16. g. 0.33—0.36. Sacco vitellino ellissoide. Gennaio — (Spinola) Pigmento dominante giallo Goccia posteriore. Pig- Marzo. pag. 14. vivace in grosse cellule mento abbondante sul tav. 1 figg. 1—4 ; sul corpo dell' embrione e corpo; pinna senza pig- tav. 4figg. 1,2 e 6. sotto la goccia oleosa. mento. Centropristis hepa- d. 0.78. g. 0.145. Pigmento fine Marzo — tus Gm. (Perchie- scarso , nero e giallo pa- Luglio. tella) glierino. pag. 19. Serranus cahrilla L. d. 0.90. g. 0.15. Sacco vitellino ellissoide. Maggio — cagna) Goccia oleosa mediana, Agosto. pag. 19. poco pigmento giallo chia- tav. 1 figg. 5. ro, pinna immacolata da tav. 2 figg. 1 e 3. principio, poi con due piccole macchie giallicce. Serranus scriba L. d. 0.90. g. 0.122. Somiglia alla precedente; Maggio — Perchia) la goccia è situata più Agosto. pag. 19. innanzi ; il pigmento nella tav. 2 figg. 2 e 4. pinna dorsale è distribuito in 5 macchie marginali fittamente arborescenti, giallo-bianchicce. Muìlus survìulefus L. d. 0.93. g. 0.23. Pori-canali Sacco vitellino che si pro- Maggio — (Triglia e morze della capsula molto appa- lunga molto innanzi al Agosto. pag. 20. riscenti ; zona periferica del capo ; goccia anteriore ; tav. 1 figg. 6—8; vitello vescicolare che si pigmento esclusivamente tav. 2 figg. 5—7. estende sul vitello centrale di pari passo col blasto- derma. nero. Mullus barhatus L. Uova più piccole ma in tutto Più piccole ma simili alle Maggio — Triglia e limmo simili alle precedenti. precedenti. Agosto. 0 e Paranza) pag. 22. Sargus Rondeletii C. d. 1.00 ca. g. 0.18 — 0.20. Sacco vitellino ellissoide. tutta l'Estate. e V. (Saraco) Pigmento giallo citrino a Goccia posteriore; 2 gros- 1 Le epoche sono quelle in cui sono state pescate le uova in una certa ab- bondanza per 2 0 3 anni consecutivi ; esse non rappresentano probabilmente, in molti casi, con esattezza assoluta il periodo ;o i periodi) di riproduzione delle specie ; è anzi pro- babile che la durata della maturità sessuale sia, per talune specie, maggiore della indicata. 76 Fed. Raffaele Nome della specie (in parentesi il nome napo- letano). Dimensioni e caratteri dell' uovo. Caratteri della larva. Epoca in cui si trovano le nova in mare. pag. 23. tav. 1 figg. 0. tav. 2 figg. 8 e 9. tav. 4 figg. 3, 4 e 5. Box vulgaris C. eV. (Vopa) pag. 23. tav. 1 fig. 10. Scorpaena varie spe- cie (Scorfano) pag. 25. tav. 2 figg. 10, 13 e 14. Corvina nigra Bl. (Pesce cuovero) pag. 26. tav. 1 figg. Ilel2; tav. 4 fig. 17. Uranoscopus scaber L. (Lucerna) pag. 27. tav. 1 figg. 13, 14 e 16; tav. 4 figg. 10 e 14. Trachinus draco L. (Tracena liscia) Trachinus vipera L. (Tracenella 'arena) pag. 30. tav. 1 figg. 17el8; tav. 2 figg. 11 e 12 luce incidente, nero a luce rifratta. d. 0.89. g. 0.2. Uova riunite in masse ovoidi 0 coniche da un muco tras- parente che forma come una nicchia intorno a cia- scun uovo. Uovo senza goccia. d. 1.10—1.26. g. 0.30 ca. La goccia oleosa è talvolta leg- germente colorata in giallo. L'embrione ha una lieve tinta ambracea. Il pigmento nero e rossastro solo sul corpo e intorno alla goccia. d. 2 mm ca. Capsula con mosaico esagonale alla su- perficie esterna. Lo svilup- po dell' embrione raggiunge uno stadio piuttosto avan- zato dentro l'uovo e v'è una circolazione vitellina. Pigmento nero e rossastro abbondante. d. 1.1 60. Le gocce oleose sono in numero variabile da 4 a 10, talvolta legger- mente giallicce, distanti tra loro, alla superficie del- l'emisfero superiore del- l'uovo. Schiude ad uno stadio piuttosto avanzato. Le ventrali si formano den- tro l'uovo. Pigmento nero abbondante sul corpo e su tutto il vi- tello. Le uova dopo il 4o se macchie di pigmento avanti e dietro a ciascun occhio, altra più piccola sul tronco. Somiglia alla precedente, è meno pigmentata, man- cano le 4 grosse macchie sul capo. Sacco vitellino ovoide, ri- stretto posteriormente, pinna primordiale prolun- gatissima innanzi al capo, epidermide spessa, a cel- lule reticolate. Pinna embrionale piuttosto ampia. Pigmento abbon- dante in cellule molto ra- mose, nella parte ante- riore del corpo e sul sacco vitellino. La larva esce dall' uovo con apertura bocale già for- mata, con ricca circolazio- ne ; il corpo è spesso, ri- gonfiato anteriormente ; il pigmento rosso e nero in cellule dendritiche molto frastagliate ; fondo rossa- stro, macchie stellate nere. Pinna quasi immacolata. Larva sconosciuta. Larve caratteristiche per le pinne ventrali notevol- mente sviluppate, inten- samente nere. tutta l'Estate. tutta l'Estate. tutta l'Estate. dai primi di Maggio a Settembre. Ovarii maturi in Primavera ed in Està. Primavera. Le uova galleggianti e le larve dei 'ì l'eleostei nel golfo di Napoli. 77 \ 'ine della specie (iu Epoca in cui si •itesi il nome napo- Dimensioni e caratteri dell' uovo. Caratteri della larva. trovano le uova letano). in mare. giorno d'incubazione vanno al fondo (delibicchiere) dove continuano a svilupparsi per altri 3 o 4 giorni. I.i pidotrigla aspcra d. 1.16. g. 0.21— 0.22 (rosea). Pettorali molto sviluppate. Maggio. C. e V. Cellule di pigmento stellate elegantemente pigmentate Capa rognosa) su tutta la superficie del nel margine libero.Tessuti pag. 31. vitello, distanti fra loro trasparentissimi. Pigmen- tav. Ifigg.l9e20; giallastre e nero-violacee. to poco abbondante sul tav. 2figg. 15 e 16. resto del corpo. CüUionymusfesUvus d. 0.56 — 0.60, capsula piut- Larva molto piccola; poco Maggio — Bp. (Mazzimelle tosto spessa ; non vi è goc- sviluppata ; esce dal- Agosto. arenaj pag. 33. cia oleosa ; zona periferica l'uovo senza cuore. Pig- tav. 1 fig. 21; del vitello vescicolare mol- mento giallo sul corpo e tav.2figg.22e23; to appariscente. sulla pinna primordiale. tav. 4 fig. 7. 3Iugil spec. (cefalo) d. 1 mm ca. g. 0.20. Larva con pigmento giallo Està. pag. 34. e nero, corpo piuttosto tav. 1 fig. 22; spesso, vitello ellissoide. tav. 2 fig. 17. goccia posteriore. Coris (varie specie) d. 0.60— 0.70. g. 0.16— 0.18. Larva sottile con pigmento Primavera, e Iidis scarso, nero, vitello ovoi- Està. pag. 35. de ad estremo ristretto tav. 1 fig. 31; anteriore; goccia ante- tav. 2figg. 18el9. riore ; margini della pinna dentellati. liiidus minutus L. d. ca. 1 mm. Manca di gocce (In tutte le larve di Ga- Fine Inverno, (Fica; oleose. Aspetto grasso, doidi, quando escono dalla Primavera, pag. 36. pigmento nero scarsissimo, '. capsula , l'intestino non Està (rare). tav. 1 figg. 25; che si sviluppa molto tardi. ' raggiunge il margine del- tav.2figg.20e21. la pinna.) Larva trasparente, quasi priva di pigmento, pinna embrionale continuantesi in un sacco sul capo. Merluccius vulgaris d. 0.94—1.03. g. 0.27. Pig- Fiem. (Merluzzo) mento nero e giallastro pag. 37. piuttosto abbondante ; cel- tav. 1 figg. 28 e 29; lule stellate intorno alla tav. 3 fig. 1. goccia, nere sopra, gialle sotto. Motella tricirrata Bl. d. 0.75. g. 0.218. La goccia Larva piccola, con capo re- Novembre — (Musdea) è spesso colorata in giallo. lativamente grosso; molto Febbraio. pag. 37. Il pigmento è esclusiva- vivace ; pigmento nero tav. 1 figg. 26 e 27; mente nero, comincia a svi- abbondante nella parte tav. 3 figg. 2 e 3. lupparsi in due serie lon- anteriore del corpo e 78 Fed. Raffaele Nome della specie (in parentesi il nome napo- letano). Dimensioni e caratteri dell' uovo. Caratteri della larva. Epoca in cui si trovano le uova in mare. Solea sp. A. img. 43. tav. Ifigg.32e33; tav. 3 figg. 4—9. Solea sp. B. pag. 45. tav. 3 fig. 17; tav. 4 figg. 16 e 19. JRhoìnhus laevish. (?) pag. 48. tav. 4 figg. 8, 11, 12, 15, 18. Arnoglossus (?) varie specie e Hhomboi- (lichthys. pag. 49. tav. 1 fig. 30; tav. 3 figg. 12, 16, 18; tav. 4 fig. 20. C'itJiarus linguatula L. Unciraiilis encrasi- cholas L. pag. 55. tav. 1 figg. 15, 34 e 35 ; tav. 3 figg. 15, 19 e 24. gitudinali di cellule sul dorso dell' embrione, d. 1.00. Molti gruppetti di goccioline oleose sparsi alla superficie del vitello, prin- cipalmente ai lati ventral- mente all' embrione, zona periferica del vitello vesci- colare. Pigmento piuttosto abbondante sul corpo e sul vitello, nero e giallo in- tenso [brunastro per tra- sparenza) . d. 1.23; molto simile al pre- cedente, le goccioline oleo- se sono un poco più pic- cole; il pigmento giallo è più chiaro. d. 1.33. g. 0.23. Pigmento giallo brunastro abbondan- te , in grosse cellule stel- late su tutto il corpo del- l'embrione, e sul vitello. d. 0.60—0.70. g. 0.15—0.2. Il pigmento nell" embrione si mostra tardi ed è di co- lor ranciato vivacissimo. Uova ellissoidi allungate. Asse maggiore 1.10 — 1.45, minore 0.45 — 0.60; vitello con grosse vescicole stivate in tutta la massa. nelle pareti dell' addo- me. Larva, dapprincipio molto piccola con voluminoso vitello; al 20 giorno la pinna primordiale diviene molto ampia dando alla larva l'aspetto pleuronet- tiforme. Si forma nella parte anteriore della pin- na primordiale, sul capo, un lobo rigonfio che ec- cede il profilo del capo. 11 pigmento nero aumenta molto, rendendo la larva verso il 40 o 5f> giorno molto oscura. Larva più grande della pre- cedente , con pigmenta- zione abbondante sui mar- gini della pinna primor- diale. La larva rimane molto più chiara. Larva con ampia pinna pri- mordiale, pigmento giallo abbondante che occupa tutta la parte anteriore del corpo , e una larga zona sulla coda. Cellule di pigmento nero sparse. Larva esile, allungata; vi- tello allungato con goccia posteriore. Margini della pinna primordiale dentel- lati. Cellule mucose epi- dermiche molto apparenti. Pigmento scarso. Larva sconosciuta. Larva sottile allungata, ano situato molto indie- tro, vitello molto allun- gato. Pigmento scarsis- simo nero ia piccole cel- lule, notocorda a una se- rie di segmenti. Le sogliole mettono pro- babilmente le uova du- rante gran parte del- l'annojmolto abbondanti si trovano le uova in mare neir inver- no, nel prin- cipio della primavera e in autunno. Està. Febbraio — Aprile. Ovari maturi in Autunno. Maggio — Settembre. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 79 Nome della specie (in parentesi il nome napo- letano). Dimensioni e cai-alteri dell' uovo. Caratteri della larva. Epoca in cui si trovano le uova in mare. Clupia pilchardus Walb(?). Sp. A. pag. 55. tav. 1 fìg. 23; tav.3figg.21e23. Clupca sp. B. pag. 56. tav. 1 fig. 24; tav. 3 fig. 14. Specie No 1 [Solea-^] pag. 63. tav. 3 figg. 10, 11 e 13. Specie No 2 pag. 64.: tav. 3 figg. 25 e 26. Specie No 3 pag. 64. tav. 4 figg. 9 e 13. Specie No 4 [Ma- crurus f] pag. 65. tav. 5 figg. 7. Specie No 5 [Lepi- clopus ?) pag. 66. tav. 5 figg. 5, 6, 10, 17. Uova sferiche con grande spazio perivitellino, d. 1.50 — 1.70, d. della sfera vi- tellina 0.80—0.90. Una goc- cia oleosa, d. 0.16; vitello nutritivo vescicolare , in tutta la massa. Uova molto simili alle pre- cedenti, più piccole; goc- cia più piccola tinta in gial- liccio. L'embrione ha pure una leggera tinta gialliccia. d. 1.4; zona periferica del vitello vescicolare. Molte goccioline oleose sparse. Pigmento giallastro abbon- dante sparso suir embrione e sul vitello. d. 0.75; zona periferica del vitello vescicolare molto accentuata , varie gocce oleose (10 — 20) piuttosto grosse. Pigmento giallo. d. 1.1—1.15. g. 0.22—0.30 (per lo più gialliccia). Vi- tello' nutritivo completa- mente vescicolare. Pigmen- to giallo-chiaro e nero. Uovo trasparentissimo ; cap- sula dell' uovo molto spes- sa , esternamente fatta a tubercoletti triedri , risul- tanti dall' incontro di fac- cette esagonali concave. Vitello con grosse vesci- cole; d. 1.62; spessore della capsula 0.31, goccia oleosa unica, d. 0.276. d. 1.60—1.70. g. 0.4 (rosea). Incubazione lunga. Pigmen- to nero, dapprincipio in due linee laterali lungo tutto il corpo, poi concentrato in 4 grosse macchie equidi- stanti fra loro sul tronco e sulla coda. Larva esile, vitello ellis- soide, goccia posteriore. Somiglia alla precedente nel rimanente. Larva simile alla prece- dente. La goccia oleosa oc- cupa una posizione ven- trale mediana nel vitello. Larva pleuronettiforme con pinna primordiale ampia. Somiglia a una lar- va di Solea. Larva con cellule gialle di- sposte sul tronco nel senso delle fibre muscolari dei segmenti. Ano poste- riore. Larva lunga a molti seg- menti (più di lOOj. Ano anteriore. Si sviluppa un flagello dor- sale al secondo giorno di vita estra-ovarica. Settembre — Febbraio. Està fino a Autunno. Giugno - Agosto. Gennaio (scarse). Primavera priuciino dell' Està. Gennaio — Marzo. Giugno — No- vembre. 80 Fed. Raffaele Nome della specie (in parentesi il nome napo- [ Dimensioni e caratteri dell' uovo, letano). Epoca in cui si trovano le uova in mare. Specie No 6 pag. (39. tav. 5 fiff. 2. Specie No 9 tav. 5 fio-. 13 e 14. Specie No 10 Specie No 7 tav. 5 fig. 1, 3, 4, 8, 9, 15, 16. Specie No & Spazio perivitellino molto amplio ; d. poco più di 2 mm ; d. della sfera vitellina 1.20 — 1.30; gocce oleose 1 (per lo più) — 5. Vitello nutri- tivo vescicolare. Al 30 giorno di incubazione, si sviluppa una borsa che co- munica con l'esofago e si dilata molto. Simile alla sp. N« 6 ; d. più di 3mm; G — 12 gocce, che, quando l'embrione è svi- luppato, occupano la parte posteriore del vitello. Dimensioni della sp. No 6, spazio perivitellino un poco più angusto. Più di 30 gocce, ordinaria- mente giallicce, sparse su tutta la superficie distale del vitello. Come la sp. No 6, un poco più piccole; al didentro della capsula vi è una mem- brana sottile congiunta alla capsula da filamenti. Quan- do l'embrione è sviluppato, l'unica goccia occupa una posizione anteriore ed è in forma di lagrima. Simili alle precedenti; d. 2.7. Manca la goccia oleosa. Larva molto allungata, compressa; numero di seg- menti addominali 72(73?); capo relativamente pic- colo; l'intestino non è aperto posteriormente e si termina nel lembo della pinna e poco discosto dal tronco. Al 2^ o 3^ giorno di vita estra-ovarica si apre la bocca e si svi- luppano dei denti lunghi ed aguzzi nelle due ma- scelle. Alla stessa epoca si sviluppano 6 grosse macchie di pigmento nero lungo il tronco ventral- mente. La larva raggiunge dimen- sioni maggiori della pre- cedente e viene fuori con i denti già formati e con le macchie di pigmento. Segmenti addominali 59 (60?). Larve simili a quelle della Sp. n. (3. Larva simile alla sp. 6, ma molto più piccola; seg- menti addominali 66(67?). In essa, quando esce dal- l'uovo, sono ancora visi- bili 1 segmenti del mi- dollo allungato. Larva simile alla sp. N« 6. Segmenti addominali 44 (45?). Agosto e No- vembre. Agosto e No- vembre. Agosto e No- vembre. Agosto e No- vembre. Agosto e No- vembre. Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. 81 Spiegazione delle figure. Tav. 1. Le figure 1. 2, 4, G e 24 sono disegnate guardando le uova in un piano verticale, tutte le altre, guardandole in un piano orizzontale. Tutte le figure sono ingrandite 30 volte, eccettuate le figg. 18, 21, 30 e 31 che sono ingrandite maggiormente ; le dimensioni alla stessa scala delle altre sono date rispettiva- mente dalle figg. 17, 21 a, 30« e 31 a. Fig. 1 — 4. Lahrax lupus, p Corpo protoplasmatico espulsivo (?; ; le cellule dì pigmento sono nere e gialle (brunastre per trasparenza). 5. Serramis cahrìlla. 6 — 8. Ilulhis surmuletus. z. f. Zona vescicolare del vitello. 9. Sa)-gus sp. (?) Pigmento giallo (nero a luce trasmessa). - 10. Box vulgaris. - 11, 12. Corvina nigra ["ì). Goccia oleosa gialliccia, pigmento nero e rancio. - 13. Ura)ioscopus scaber, poco prima della chiusura del blastoporo ß. v. k. vescicola di Kupffer. - 14. - - più sviluppato, r parte del reticolato esagonale che copre la superficie esterna della capsula. - 15. Engraulis encrasicholus. Bl. calotta blastodermica. - 16. Uranoscopus scaber. V. vaso vitellino in via di sviluppo, p. accenno delle pettorali. 17, 18, Trachinus vipera. - 19, 20. Lepidotrigla aspera. Pigmento nero- violaceo e giallo (giallo bruno per trasparenza), goccia gialliccia o incolore. - 21. Callionymus sp. z. f. Zona vescicolare del vitello. - 22. Mugli capito (?). Pigmento nero e gialliccio (brunastro per trasparenza). - 23. Clupea pilcharclus. - 24. Clupea sp. Goccia oleosa gialliccia, corpo dell'embrione ambraceo. - 25. Gadus minutus. - 26, 27. Gioiella tricirrata. - 28, 29. Merluccius vulgaris. Pigmento nero e giallo. - 30. Arnoglossus (?). Pigmento rosso-ranciato chiaro. - 31. Coris. - 32, 33. Solea sp. - 34, 35. Engraulis encrasicholus. Tav. 2. Tutte le figure sono ingrandite ca. 30 volte. Fig. 1. Larva di Serranus cabrilla, poco dopo schiusa dall' uovo. - 2. - - S. scriba _ . . _ . - 3. - - S. cabrilla. 4 — 5 giorni dopo. - 4. - - S. scriba. _ _ . - 5. - - Mullus surmuletus, poco dopo schiusa. - 6. - - - - 1 giorno dopo. - 7. - - - - 6 — 7 giorni dopo. - 8. - - Sargus Rondeletii [1] , poco dopo schiusa. Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 6 82 Fed. Raffaele Fig. 9. Larva di Sargus Hondeletii {"f) 4 — 5 giorni dopo. - 10. - - Scorpaena sp., poco dopo schiusa. - 11. - - Trachinus vipera - - - 12. - - - - 4 giorni dopo. 13. - - Scorimma sp., poco dopo schiusa. - 14. - - - qualche giorno dopo. - 15. - - Lepidotrigla aspera, poco dopo schiusa. - 16. - - - - qualche giorno dopo. 17. - - Mugil sp., poco dopo schiusa. 1S. - - Coris Giofredi{'ì), poco dopo schiusa. - 19. - - - - qualche giorno dopo. - 2U. - - Gadus minutus, poco dopo schiusa. - 21. - - - - qualche giorno dopo. - 22. - - Callionymus sp., qualche giorno dopo schiusa. - 23. - - - - appena schiusa. Tav. 3. Le figure di cui non è indicato l'ingrandimento sono ingrandite ca. 30 volte. Fig. 1. 3Ierluccius vulgaris, da poco uscito dall' uovo. 2. 3Iotella tricirrata, - - _ - _ - 3. - - dopo l'esaurimento del vitello. 4. Solea (sp. A.), appena uscita dall' uovo. - 5. - - secondo giorno di vita estra-ovarica. /. e. lobo cefalico. a. i. ansa intestinale. 6. Solea (sp. A.), 60 o 7« - - - - - vista da sopra. e. processi epidermici in corrispondenza delle otocisti. 7. Solea (sp. A.?) a uno stadio molto più avanzato, x 16. - 8. - giovane in cui l'occhio sinistro sta compiendo la sua migra- zione. X 6. 9. Capo della precedente, maggiormente ingrandito. - 10. Larva della specie N^ 1 poco dopo uscita dall' uovo, x 20. -11. - - - -4o5 giorni dopo, x 20. - 12. - flagellifera di Arnoglosstis {"}]. h. boccinolo di senso, v. n. ve- scica natatoria, e. cistifellea, x: 16. - 13. Uovo della specie N» 1. - 14. Clujìea (sp. B.), poco dopo uscita dall' uovo. - 15. Engraulis encrasicholas, poco dopo uscita dall' uovo. - 16. Giovane Arnoglossus trasparente, ancora simmetrico, x 2 ca. - 17. Parte anteriore di una larva di Solea (sp. B.), dopo l'esaurimento del vitello, a. i. ansa intestinale. ■ - 18. Parte anteriore di un giovane Arnoglossus Grohnanni Ci), r . primo raggio dorsale non ancora formato, r". secondo raggio dorsale, m. i. muscoli interspinosi. m. e. d. mezzi coni muscolari dorsali, v. ti. ve- scica natatoria, e. cistifellea, x; 16. - 19. Engraulis encrasicholus. 2° o 3o giorno di vita libera. - 20. Giovane Clupeide àncora trasparente, lunga 25 mm. x 2. - 21. Clupea (sp. A.), poco dopo uscita dall' uovo. - 22. Larva di Clupea in cui cominciano a formarsi i raggi delle pinne ver- Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei nel golfo di Napoli. S3 ticali. /. fegato, i). piloro, v. s. porzione post-pilorica dell' intestino con valvola spirale, x 13 ca. Fig. 23. Capo di una Clupea all' epoca dell' esaurimento del vitello, visto da sopra. - 24. EnyrauUs encrasicholus, dopo l'esaurimento del vitello. - 25 e 26. Uova della specie N« 1 in due diversi stadi di sviluppo. Tav. 4. Le dimensioni naturali sono segnate sotto a ciascuna figura. Fig. 1. Lahrax lupus. Appena uscito dall' uovo a luce incidente). - 2. - - r2f — 150 giorno di vita libera. 3. Saì-gus Rondeletii juv. 4. - - 2 mesi (?) più vecchio del precedente. - 5. - - ancora più sviluppato. 6. Lahrax lupus, verso il 60 giorno di vita estra-ovarica. 7. CalUomjmus sp. 20 giorno di vita estra-ovarica. 8. Rhombus laevis juv., poco dopo il passaggio dell' occhio destro ,Pla- tessa pavonina Costa). 9. Larva della specie N» 3, dopo l'esaurimento del vitello. - 10. Uranoscopus scaber, poco dopo uscito dall' uovo. - 11. Rhomhus laevis in cui l'occhio destro sta compiendo la migrazione. - 12. Uovo di Rhombus laecis ;?). - 13. Larva della specie N» 3, poco dopo uscita dall' uovo. - 14. Urahoscopus scaher, dopo l'esaurimento del vitello. - 15. Rhomhus laevis ancora simmetrico. - 16. Solea (sp. B.), verso il 20 o 30 giorno di vita libera. - 17. Corvina nigra, poco dopo uscita dall' uovo. - 18. Rhomhus laevis (?), poco dopo uscita dall' uovo 'vedi fig. 12). - 19. Solea (sp. B.) dopo l'esaurimento del vitello a luce incideutCì. - 20. Arnoglossus (?) , poco dopo uscito dall' uovo. Tav. 5. L'ingrandimento delle figure, dove non è altrimenti indicato, è di ca. 30 dia- metri. Le figure 13 e 16 sono state impiccolite dai primitivi disegni per com- porre la tavola; non se ne può dare per ciò esattamente l'ingrandimento. Fig. 1. Uovo della specie No 7. x 20. - 2. - - - - 6. X 30. - 3. - - - - 7 poco prima della chiusura del blastoporo. 3rt. Porzione codale dell' embrione a uno stadio più avanzato di quello della fig. precedente e maggiormente ingrandito, v. k. vescicola di KuPFFER ; hi. blastoporo ; r. e. rigonfiamento codale. 4. Lo stesso embrione verso il 30 giorno dello sviluppo, s. borsa sto- macale. 5. Uovo della specie N^ 5 [Lepidopus'ì]. - 6. - - - - 5 ad uno stadio più avanzato. - '. - - - - 4 {3Iacrurus"ì) , (disegnato solo in parte;, x 60. 'a. Uno degli esagoni che formano la superficie esterna della capsula, maggiormente ingrandito e rappresentato semischematicamente. 6* 84 Fed. Raffaele, Le uova galleggianti e le larve dei Teleostei ecc. Fig. S. Embrione della specie N^ 7. s. borsa stomacale, j^- cavità pericardica e. cuore. 9. Larva della sp. No 7, poco dopo uscita dall' uovo, x 16. - lu. Uovo della specie N« 5. - 11. Parte di una sezione trasversa di un embrione della specie N« 7, fatta un poco anteriormente al punto dove l'esofago [es) sbocca nella borsa stomacale (s;. In v, è la massa del vitello che non è disegnata, x 194. - 12. Sezione trasversa di una larva della specie N« 7. es. esofago, s. pro- lungamenti anteriori della borsa stomacale, x 80. - 13. Parte anteriore della larva della specie No. 9, poco dopo uscita dal- Tuovo; g. goccia oleosa in forma di lagrima. - 14. Sezione ottica dell' uovo della specie No 9. e. capsula, m. membrana interna. /. filamenti che la congiungono alla capsula, x 80. - 1-5. Capo della larva No 7. x 80. - ]0. Porzione anteriore di un embrione della sp. No 7, lettere come nella fig. 8. - 17. Larva della sp. No 5 [Lepido2)us'ì), poco dopo uscita dall' uovo. - ìb. Sezione trasversa di una larva (sp. No 7) a livello delle otocisti, s. r. seno romboidale, m. midollo allungato, ot. otocisti, e. corda. /. ca- vità del faringe, x 57. - 19. Sezione trasversa (fatta allo stesso livello) di una larva di Lahrax lupus, lettere come nella fig. 18. sp. spazio sotto-epidermico, x 57. - 20. Sezione trasversa di una larva No 7 nella regione del tronco, n. asse nervoso, e. corda, m. muscoli laterali, l. nervo latorale. i. intestino. X 57. - 21. Sezione trasversa di una larva di Labrax lupus, nella regione del tronco, lettere come nella fig. precedente, m. d. mezzo-cono muscolare dorsale, m. v. ventrale. s2). spazio sotto-epidermico, x 57. - 22. Borsa stomacale della larva N" 7, ricostruita da sezioni trasverse, es. esofago che in a sbocca nella borsa, x 50. Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. I. Ricerche sullo Scolex xyolyniorjyhns Bud. del Dr. Fr. Say. Mouticelli di Napoli. Con le tavole 6 e 7, e 3 incisioni nel testo. La grande variabilità di forma di questo scoliee che s'incontra frequente nei pesci marini gli ha fatto giustamente meritare il nome di Scolex polymorphus impostogli dal Rudolphi nel 1819. Studian- dolo attentamente, ho visto che esso piglia tanti e differenti aspetti secondo lo stato più o meno evoluto, di riposo o di contrazione; e, da accurati confronti fatti, sono stato indotto a conchiudere che la maggior parte degli scolici finora descritti nei Pesci, dallo stesso EuDOLPHi e da molti altri elmintologi che lo hanno seguito, e dei quali si ignorava la forma adulta, altra cosa non sono che lo Scolex polymorphus di Rudolphi che , secondo i modi differenti come loro si presentava, e dei pesci nei quali lo rinvenivano, hanno indicato e figurato con nomi diversi. A quale sorta di Cestode lo Scolex polymorphus .iippartenga è stato lungamente disputato. Il Dujardin (pag. 631) nota che per la forma della testa si rassomiglia al Botliriocephalus coronatus e al B. uncinatus )^supposés dépourvus de crochetsa e soggiunge »Or le Scolex se trouvant plus particulièrement dans les pleuronectes , dont les squales et les raies font une grande destruction, on peut supposer que cest le premier àge de ces bothriocephales« ^ 1 Ho conservato nella citazione presente del Dujardix e nella seguente del SiEBOLD il nome generico di Bothriocephalus per comodo ; ma si noti che il 86 Fr. Sav. Monticelli SiEBOLD pag. 215 — 216) ritiene anch' egli con il Dujardin clie lo Scolex pohjmorphus è la forma giovane di im Bothriocephalus^ sostenendo di fatti che è la forma giovane del B. uncinatus ed am- mettendo che questa specie è un B. coronatus nel quale gli uncini non sono ancora completamente sviluppati. Questa gratuita asserzione è combattuta giustamente dal Van Be- NEDEN (1 pag. 204) il quale sostiene per lo contrario che i due Bo- thriocephahcs sono specie, anzi generi, nettamente distinti ; ma egli non dice di quali delle due specie debba riguardarsi forma giovane lo Scolex polymorphus. Il DiESiNG (1 pag. 271) riunendo parecchie differenti specie di Scolex in 3 principali col titolo: »Portasse larvae hujus generis« le aggiunge al genere Onchohothrium. L'Olsson (pag. 33) parlando dello Scolex pohjmorphus scrive »siccome si sa dalle recenti ricerche del Wagener che gli Scolici più giovani di Acanthohothrium coronatum non hanno uncini, non è impossibile ciò che Siebold da lungo tempo ha supposto, che lo Scolex pohjmorphus sia uno stadio embrionale dell' Onchohothrium e dell' Acanthohoihrium coronatum e piuttosto dell' ultimo che è molto più frequente«. L'Orley (pag. 113) considera lo Scolex pohjmorphus come forma giovane (ÌS. Acanthohothrium Ben. = Calliohothrium Dies.); ma non indica a quale delle 3 specie di questo genere da lui riportate ap- partenga. Recentemente lo Zschokke (1 pag. 137), ripigliando la quistione, »croit quii faut regarder le Scolex pohjmorphus comme la forme jeune des différentes espèces de Calliohothrium«.^ e soggiunge: ^AJ Oncho- hothrium par contre, ne rentre pas dans ce cycle de développement.« In altre pubblicazioni posteriori egli conferma questa sua opinione (3 pag. 271 e 3 pag. 198). Le mie ricerche mi hanno condotto alla stessa conclusione alla quale è pervenuto lo Zschokke. Mi allontano dalle sue vedute, perchè 0 non credo lo Scolex polymorphus forma giovane comune a più specie di Calliohothrium: ma invece la forma larvale di una sola specie. Quale sia questa specie è appunto quello che B. tmcinatus è V Onchohothrium uncinatimi e il B. coronatus il Calliohothrium coronatum (DiESiNG 1 pag. 269 e 279), che con più ragione deve chiamarsi co- rollatmn perchè questo nome gli è stato imposto prima dall' AbildC4AARd e, come più antico, deve aver la precedenza, non adducendo il Diesino ragioni che giu- stifichino l'uso del nome specìfico di coronatum. Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 87 mi propongo stabilire in questo lavoro, dopo aver prima dimostrato rideutità delle credute specie differenti di scolici con lo Scolex jio- lymorphiis. Elenco delle memorie citate nel testo'. J. Carrière, Die Sehorgane der Thiere vergleichend anatomisch dargestellt. München und Leipzig 1885. E. Claparède , Beobachtungen über Anatomie und Entwicklungsgeschichte wir- belloser Thiere an der Küste von Normandie angestellt. Leipzig 1863. pag. 14. B. Cestoden. C. Crety, Ricerche sopra alciini cisticerchi dei Rettili, in: Atti Acc. Med. Roma. -Anno 13. Vol. 3. 1887. Estratto con 2 tav. S. Delle Chiaje, Memorie sulla storia e notomia degli animali senza vertebre del regno di Napoli. Voi. 4. Napoli 1829. K.M. Diesi ng, 1. Revision der Cephalocotyleen. 1. Abth. Paramecocotyleen. in: Sitz. Ber. Akad. Wien. 48. Bd. 1864. pag. 200—345. 2. Über eine naturgemäße Vertheilung der Cephalocotyleen. ibid. 13. Bd. 1854. pag. 556—616. F. Duj ardin, Histoire naturelle des Helminthes. Paris 1845. J. Fraipont, 1. Recherches sur l'appareil excréteur des Trematodes et des Cestodes. in: Arch. Biol. Tome 1. 1880. pag. 415—456. PI. 18, 19. 2. idem. 2ème partie. ibid. Tome 2. 1881. pag. 1—41. PI. 1, 2. E. Grube und G. Wagener, Über einen neuen in der Chimaera monstruosa ■ gefundenen Eingeweidewurm [Amphipty^ches urna Grube et Wag.). in: Arch. Anat. Phys. 1852. pag. 543—555. Taf. 14, 15. 0. Hamann, Taenia lineata Goeze. EineTänie mit flächenständiger Geschlechts- öffnung, in: Zeit. Wiss. Z. 42. Bd. 1885. pag. 718—744. Taf. 29, 30. Z. Kahane, Anatomie von Taenia perf oliata, ibid. 34. Bd. 1880. pag. 175 — 254. Taf. 7. A. Lang, 1. Untersuchungen zur vergleichenden Anatomie und Histologie des Nervensystems der Plathelminthen. 2. Über das Nervensystem der Trematoden. in: Mitth. Z. Stat. Neapel. 2. Bd. 1881. pag. 28—53. Taf. 1—3. 2. idem. 3. Das Nervensystem der Cestoden im Allgemeinen und dasjenige der Tetrarhynchen im Besondern, ibid. pag. 372—401. Taf. 15, 16. 3. Notiz über einen neuen Parasiten der Tethys aus der Abtheilung der rhabdocoelen Turbellarien. ibid. j)ag. 107 — 112. Taf. 7-. 4. Die Polycladen (Seeplanarien) des Golfes von Neapel. Eine Monogra- phie, in: Fauna Flora Golf. Neapel. 11. Monographie. 1884. 5. Der Bau von Gumla segmentata etc. in: Mitth. Z. Stat. Neapel. 3. Bd. 1S83. pag. 187—251. Taf. 12—14. R. Leuckart, Die Parasiten des Menschen. 2. Aufl. 1. Bd. 2., 3. Lief. 1881. 0. von Linstow, Compendium der Helminthologie. Hannover 1878. A. Looss, Beiträge zur Kenntnis der Trematoden {Distoinum palliatum n. sp. , D. reticulatum n. sp.). in: Zeit. Wiss. Z. 41. Bd. 1885. pag. 390 — 446. Taf. 23. 1 Ho segnate con un asterisco le opere che non ho potuto consultare. 88 Fr. Sav. Monticelli CS. Mi not, Distomum crassicolle, with brief notes on Huxley's proposed Clas- sification of Worms, in : Mem. Boston Soc. N. H. Vol. 3. Part 3. No. 1. 1878. K. Molin, Prodroinus Faunae Helmintologicae Venetae. in: Denkschr. Akad. Wien. 19. Bd. 1861. pag. 1S9— 190. Taf. 1—15. E. Mo nie z, 1. Essai monographique sur les Cisticerques. in: Travaux Inst. Z. Lille Paris. Tome 3. fase. 1. 1880. 2. Mémoires sur les Cestodes. 1. partie. ibid. fase. 2. 1881. Fr. Sav. Monticelli, Sul nutrimento e sui parassiti della sardina del golfo di Napoli, in: Bull. Soc. Natur. Napoli Voi. 1. 1887. pag. 82—85. J. Niemiec, 1. Recherches sur les ventouses dans le règne animai, in: Re- cueil Z. Suisse Tome 2. 1885. pag. 1 — 149. PI. 1 — 5.. (Ventouses des Cestodes et des Trématodes pag. 29 — 46.) 2. Recherches sur le système nerveux des Ténias. ibid. pag. 589 — 649. PI. 18—21. 3. Untersuchungen über das Nervensystem der Cestoden. in: Arb. Z. Inst. Wien. 8. Bd. 1S86. pag. 1-60. Taf. 1—2. H. Nitsche, Untersuchungen über den Bau der Tänien. in: Zeit. Wiss. Z. 23. Bd. 1873. pag. ISl— 197. Taf. 9. P. Olsson, Entozoa iakttagna hos Skandinaviska Hafsfiskar. in: Lund's Uni- versit. Ärsskrift Tom. 3. 1867. Estratto con 2 Tav. L. Orley, Die Entozoen der Haien und Rochen, in: Természetrajzi Füzetek Vol. 9. 1885. pag. 97—126. Taf. 9. Th. Pintner, Untersuchungen über den Bau des Bandwurmkörpers mit be- sonderer Berücksichtigung der Tetrabothrien und Tetrarhynchen. in : Arb. Z. Inst. Wien. 3. Bd. 18S0. pag. 163—242. Taf. 14—18. E. Rindfleisch, Zur Histologie der Cestoden. in: Arch. Mikr. Anat. 1. Bd. 1865. pag. 138—143. Taf. 3 fig. 1—3. Z. von Roboz, Beiträge zur Kenntnis der Cestoden. in: Zeit. Wiss. Z. 36. Bd. 1882. pag. 263—286. Taf. 17, 18. C. A. Rudolphi, Entozoorum Historia Vol. 2. Pars 2. Amsterdam 1810. W. Salensky, Über den Bau und die Entwicklungsgeschichte der Amphilina Wagen, in: Zeit. Wiss. Z. 24. Bd. 1874. pag. 291—343. Taf. 28— 32. P. S Chief f er deck er, Untersuchungen über den feineren Bau der Cestoden. in: Jena. Zeit. Naturw. 8. Bd. 1876. pag. 459—485. Taf. 16. *A. Schneider, Untersuchungen über die Plathelminthen. Gießen 1873. Th. Siebold, Über Generationswechsel der Cestoden nebst einer Revision der (jSiitVLXig Tetrarhynckus. in: Zeit. Wiss. Z. 2. Bd. 1850. pag. 198 — 254. Taf. 14, 15. F. Sommer und L. Landois, Über den Bau der geschlechtsreifen Glieder von Bothriocepluilus latus, ibid. 22. Bd. 1872. pag. 40—99. Taf. 6—8. J. Steudener, Untersuchungen über den feineren Bau der Cestoden. in: Abh. Nat. Ges. Halle 23. Bd. 1877. Estratto con Tav. .28—32. M. S tos sich, 1. Brani di Elmintologia tergestina. Serie 1. in: Boll. Soc. Adriat. Sc. N. Trieste Vol. 5. 1883. Estratto con Tav. 1—3. 2. idem. Serie 3. ibid. Vol. 9. 1886. Estratto con Tav. 7—9. E. Van Beneden, Sur le développement embryonnaire de quelques ténias. in : Arch. Bio!. Tome 2. 1881. pag. 183—210. PI. 12—13. P. J. Van Beneden, 1. Les Vers Cestoides ou Acotyles. in: Mém. Acad. Belg. Tome 2.5. 1850. Esti-atto pag. 1—190. PI. 1—21. Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo dì Napoli. 89 P. J. Van Beneden, 2. Les poissons des cótes de Belgique . leurs parasites et leurs commensaux. Bruxelles ISTI. PI. 1 — 6. 3. Memoire sur les vers intestinaux. Paris ISOl. G. E. Wagener, 1. Die Entwicklung der Cestoden, in: Nova Acta Leop. Car. 24. Bd. Suppl. 1S51. 2. Beiträge zur Entwicklungsgeschichte der Eingeweidewürmer. Haarlem 1S57. 3, Über Amphilina foliaeea [3Ionpstoma foliaceum Eud. . in: Arch. Na- turg. 24. Jahrg. 1858. pag. 244—259. Taf. S. K. Wedl, Helminthologische Notizen, in: Sitz. Ber. Akad. Wien. 16. Bd. 1855. pag. 371—394. Taf. 1—3. R. Ramsay Wright and A. B. Mac a 11 um, Sphyraimra Osler i, a contribution to American Helminthology. in: Journ. Morph. Boston Yol. 1. 188". pag. 1—48. PI. 1. H. E. Ziegler, Bucejjhalus und Gasterostomum. in: Zeit. Wiss. Z. 39. Band. 1883. pag. 537—571. Taf. 32—33. Fritz Zschokke, 1. in: Compte rendu des travaux jirésentés à la soixante- neuvième session de la Société Helvétique des sciences naturelles. Ge- nève 1886. pag. 136—138. 2. Helminthologische Bemerkungen, in: Mitth. Z. Stat. Neapel 7. Bd. 1887. pag. 264—271. 3t Studien über den anatomischen und histologischen Bau der Cestoden. in: Centralbl. Bakt. Parasitk. 1. Bd. 1SS7. pag. 161—199. I. Sinonimia, descrizione, anatomia e istologia dello Scolex poìpnoì'phus. a. Sinonimia. Secondo le mie ricerche, la sinonimia dello Scolex polymorplms risulta come segue ' : I. Vermicitli incogniti. 1. Müller, Schrift. Nat. Freunde Berlin 1. Bd. pag. 207. II. Scolex pleuronectis. 1. Müller, Zool. Danica Tom. 2. pag. 24. Tab. 5S fig. 1—21. 2. Gm eli n, Syst. Naturae pag. 3042. No. 1. 3. *Schrank, Yerz. pag. 16 No. 53. Tabi. Encycl. t. 38 fig. 24 a~x (icon. Müller). 4. *Viborg, Ind. Mus. Vet. Hafn. pag. 231—237. No. 61. 5. Fabricius. in: Danske Selsk. Skrivt. III. 2. pag. 19. 6. Nordmann, in: Lamarck, Animaux sans vert. 2. Ed. 3. Voi. pag. 637. III. Scolex lojìhii. 1. *Müller. in: Schrift. Nat. Freunde Berlin 1. Bd. pag. 211. ed in: Naturf. XXII. St. 22 pag. 53. 1 Ho segnato con asterisco le opere che non ho potuto consultare. 90 Fr. Sav. Monticelli 2. Gm e Un, Syst. Naturae pag. 3042. No. 2. 3. *Viborg, Ind. Mus. Vet. Hafn. pag. 237. No. 60. 4. F ab ri ci US. in: Danske Selsk. Skrivt. III. 2. pag. 13. 5. *Zeder, Naturgeschichte der Eingeweidewürmer 1S03. pag. 277. No. 3. 6. Rudolphi, Entoz. Hist. vol. 2. pars 2. pag. 7. IV. Scolex cycloiiteri. 1. Fabricius. in: Danske Selsk. Skrivt. III. 2. pag. 14. 2. Müller, Zool. Danica Tom. 2. pag. 24 [Scolex pleuronectis). 3. Gmelin, Syst. Naturae pag. 3042. No. 1. 4. P. J. V-an Ben e den, Vers Cestoides. in: Mém. Aead. Sc. Belg. Tome 2.5. pag. 187 et 73. Tab. 1 fig. IS [Scolex Cyclopteri lumpi). V. Scolex auriculatiis. 1. *Zeder, Naturg. pag. 270. Tav. 3 fig. S— 11; Tav. 4 fig. 3 (icon. Müllerii). 2. B lai n vi Ile. in: Dict. Sc Nat. Tom. 57. pag. 606, Tav. 46 fig. 1. VI. Scolex tetrastomus. Rudolphi, Eüt. Hist. Vol. 2. Pars 2. pag. 6. VII. Scolex quadrilohus. Rudolphi, Ent. Hist. Vol. 2, Pars 2. pag. 3. Tab. 7 fig. 1—15. VIII. Scolex bramae raji. Wagener, Die Entwicklung der Cestoden. in: Nova Acta Leop. Car. 24. Bd. Suppl. pag. 45. 71. Tab. 9 fig. 105. IX. Scolex merlangi carbonarii. Wagener, ibid. pag. 45, 72. Tab. 9 fig. lOS. X. Scolex spinacis acanthiae. Wagener, ibid. pag. 72. Tab. 9 fig. HO. XI. Scolex scorpaenae dactylopterae. Wagener, ibid. pag. 71. Tab. 9 fig. 104; Tab. U fig. 13S; Tab. 12 fig. 149(?). XII. Scolex ophidii vasalli. Wagen er, ibid. pag. 45, 72. Tab. 9 fig. 107. XIII. Scolex bothrii trilocularis. Wagener, ibid. pag. 72. Tab. 9 fig. 109. XIV. Scolex cepolae rubescentis. Wagener, ibid. pag. 49, 71, 72. Tab. 8 fig. 96, 97; Tab. 9 fig. 115, 116; Tab. 13 fig. 167. XV. Scolex esocis belones. Wagener, ibid. pag. 72. Tab. 9 fig. 111. XVI. Scolex belones belones. Wagen er, ibid. pag. 75. Tab. 12 fig. 146. XVII. Scolex lepidolepri trachyrhynchi. 1. Wagener, ibid. pag. 72. Tab. 9 fig. 117—120. 2. Diesing, Rev. d. Ceph., Sitz. Ber. Akad. Wien 4S. Bd. pag. 323 (Paramecocotylea aprocta dubiae sedis;. XVIII. Scolex exocoetis exsilientis. 1. Wagener, ibid. pag. 72. 75. 76. Tab. 12 fig. 156—159; Tab. 13 fig. 161-162; Tab. 9 fig. 114. Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 9 1 2. Diesing, Rev. d. Ceph., Sitz. Ber. Akad. Wien 48. Bd. pag. 323 (Paramecocotylea aprocta dubiae sedisi. XIX. Scolex trygonis pastinacae i. 1. Wagener, ibid. pag. 49. 2. Fraipont. in: Arch. Biol. Tome 2. pag. 4. Tav. 1 fig. 1. 3. Olsson, Entoz. Skand. Hafsfisk. Lund Univ. Arsskrift. Tom. 3. pag. 29. a) botbriis simplicibus. No. 4. XX. Scolex triglae corvi. Wagener, ibid. pag. 72. Tab. 9 fig. 106. XXI. Scolex rhomhi ìnaximi. 1. Van Beneden. in: Mém. Acad. Se. Belg. Tome 25. pag. 187. 72. Tab. 1 fig. 1—4. 2. Les poissons des còtes de Belgique. pag. 72. Tab. 6 fig. 14 (C'e- stoscolex). XXII. Scolex scyllii caniculae-. 1. Van Beneden. in: Mém. Acad. Se. Belg. Tome 2.5. pag. 74, 187. Tab. 1 fig. 19. 20. 2. Diesing, Sitz. Ber. Akad. Wien 13. Bd. pag. 576. [Gymnoscolex]. XXIII. Scolex ammodytis tohiatii. Van Beneden, ibid. pag. 187. Tab. 1 fig. 15 — 17. XXIV. Scolex ( Cestoscolex) triglae gurnardi. Van Beneden, Les poissons des còtes de Belgique. pag. 30. Tab. 5 fig. 15, 16, 173. XXV. Scolex cornucopiae. 1. Molin, Prod. faun. heim. Venet. in: Sitz. Ber. Akad. Wien 33. Bd. pag. 292. 2. in: Denkschr. Akad. Wien 19. Bd. pag. 229. No. 44. Tab. 5 fig. 13. XXVI. Scolex [Gymnoscolex) soleatus. Molin. in: Denkschr. pag. 229. XXVII. Scolex [Oymnoscolex] triqueter. Molin, ibid. pag. 229. Tab. 5 fig. 14—17. XXVIII. Scolex crassus. Molin. in: Sitz. Ber. Akad. Wien 38. Bd. pag. 8. sp. 2. 1 L'Orley (pag. 113) considera a torto questo scolice come forma giovane di Tetràbothrium. 2 L'Orley (pag. 113) riferisce anche questo scolice al gen. Tetràbothrium; ma a parer mio niente giustifica questo ravvicinamento. 3 II Van Beneden (1 pag. 74) descrive due Scolici trovati nell' intestino di Raja batis e R. sp. e li figura nella tav. 1 fig. 21, 22, 23. Egli crede che le differenze esistenti fra i due primi ed il terzo possano »dépendre quelquefois du degré de vie du Scolex«. Il Diesing (2 pag. 575) riunisce i tre scolici del Van Beneden sotto il suo Scolex (Gymnoscolex} megantlema e riferendosi alla specie precedente soggiunge »An species a precedente distincta?« La specie pre- cedente è lo Scolex polymorphiis : ma invero le figure del Van Beneden non per- mettono questo ravvicinamento, ecco perchè io li ho esclusi dalla sinonimia dello Scolex polymorphus. — L'Orley i'pag. 113) li riferisce al genere Tetràbothrium. 92 Fr. Sav. Monticelli XXIX. Scolex sp. Olsson, Entoz. Skand. Hafsfiskar. Liind. Univ. Arsskrift Tome 3. pag. 33. bj bothriis trilocularibus no. 8. XXX. Scolex sepi'ae officinalis. Van Beneden, in: Mém. Acad.Sc. Belg. Tome 25. pag. 167 — 73. Tab. 1 fig. 6—9. XXXI. Scolex eledones moschatae. Siebold, in: Zeit. Wiss. Z. 2. Bd. pag. 213—216. XXXII. Scolex 2)agiiri hernhardi. Van Beneden, in: Mém. Acad. Sc. Belg. Tome 25. pag. IS". Tab. l fig. 11—14. XXXIII. Scolex acalejiharum. 1. Sars. in; Arch. Naturg. 11. Jahrg. 1845. pag. 1. Taf. 1 Fig. 1 — 6. 2. Diesing, Syst. Helm. 1. Bd. pag. 599. No. 2. 3. in: Sitz. Ber. Akad. Wien 13. Bd. pag. 575. XXXIV. Scolex mnemtae. Sars. in: Ann. Sc. Nat. (2) Tome 7. pag. 247. XXXV. Scolex polymorphus. 1. (181 9j Rudolphi, Ent. Synops. pag. 128, 441. 2. (1820) Creplin. in: Ersch et Gruber, Encyclop. 32. Bd. pag. 294. 3. (1824) Bremser, Icon. Helminthum. Tab. 11 fig. 9-10. 4. (1829) Lidth de Jeude, Recueil de figures des vers intestinaux. Tab. 4 fig. 28, 29. 5. (1845) Duj ardin, Hist. nat. des Helm. pag. 631. 6. (1846) Creplin. in: Arch. Naturg. 12. Jahrg. 1846. pag. 151—154. 7. (1849) Blanchard. in: Ann. Sc. Nat. (3) Tome 11. pag. 131. 8. (1850) Diesing, Syst. Helm. 1. Bd. pag. 597. 9: (1850) Siebold, in: Zelt. Wiss. Z. 2. Bd. pag. 213—216. 10. (1850) Van Beneden, in: Mém.Acad. Sc. Belg. Tome 25. pag.71— 73. 11. (18.54) Diesing, Sitz. Ber. Akad. Wien. 13. Bd. pag. 574. 12. (1S5S) Molin. in: Sitz. Ber. Akad. Wien 30. Bd. pag. 132. 13. (1859) Cobbold. in: Trans. Linn. Soc. Vol. 23. pag. 160 et 170. Tav. 32 fig. 28 e 29. . 14. (1861) Molin. in: Denkschr. Akad. Wien 19. Bd. pag. 228. 15. (1864) Diesing. in: Sitz. Ber. Akad. Wien 48. Bd. pag. 371—372. No. 1—2. 16. (1867) Olsson, Entoz. etc. Lund. Univ. Ärsskrif. Tome 3. pag. 30 c) bothriis bilocularibus no. 7. 17. (1S78) L instow, Helminth. Pisces, Mollusca, Crustacea. 18. (188.5) Zschokke. in: C. R. Trav. Soc. Helv. Sc. N. pag. 136. 19. (1886) Helm. Beob. in: Mitth. Z. Stat. Neapel 7. Bd. pag. 271. 20. (1887) Stud. über d. anat. und hist. Bau d. Cestoden. in: Centr. Bakt. Parasitk. 1. Bd. pag. 198. XXXVI. Scolex ,T^trabothrii coronati. (1854) Wagener, Entw. d. Cest. in: Nova Acta Leop. Car. 24. Bd. Suppl. pag. 84. Tab. 21 figg. 255—259. A giustificare la riunione di tanti e differenti scolici, descritti finora come forme distinte, allo Scolex polymorphus^ farò notare che Contribuzioni allo studio della fauna elmintologlca del golfo di Napoli. 93 le caratteristiche specitìclie invocate dagli Autori souo fondate sulla forma generale del corpo, che è variabilissima, e suU' aspetto della ventosa terminale e dei botridii, nonché sul numero dei sepimeuti di questi, che, come nota lo Zschokke (XXXV. 18 pag. 138), è do- vuto a diverso stato di sviluppo, cosa che io ho potuto confermare e più oltre largamente dimostrerò. Ciò premesso esaminerò ora sommariamente la proposta sino- nimia riservandomi di rilevare ancor meglio le rassomiglianze che ciascuno degli scolici presenta con lo S. polymorphus ^ nella de- scrizione che farò seguire poco appresso. Rudolph: nella sua Entoz. Hist. riuniva sotto il nome di S. quadrilobus (VII), gli sco- lici descritti fino allora dal Müller e da altri col nome di S. -pleu- ronectis (II. 1 — 6) ed in altro suo lavoro posteriore lo denominava S. polymorpJms (XXXV. 1). Gli altri scolici, che egli segnava come »species dubiae«, cioè lo S. cyclopteri (IV. J — 3), lo ^S*. tetrastomus (VI) e lo S. lophii (III. 1 — 6) metto pure in sinonimia, perchè, esa- minando la descrizione di questi scolici ed i varii aspetti dello *S'. polymorphus ^ appare evidente la identità di essi col polimorfo, ed è da aggiungere per lo S. cyclopteri che il Rudolphi, quan- tunque lo considerava con dubbio specie distinta, pure osservava che il Müller (IV. 2), cui Fabricius l'aveva comunicato, ritenevalo per la stessa cosa del suo S. pleuronectis (=: *S'. polymorplms) (II. 1} e riporta la descrizione del Fabricius (IV. 1) medesimo, il quale pare appunto parlasse dello S. polymorpJms, tanto bene a questo si addice la sua descrizione. Lo S. cyclopteri lumpi del Van Benedex (IV. 4 tav. 1 fig. 18) che egli riferisce allo S. cyclopteri del Rudolphi, mostra ancor più chiaramente l'identità di questo con S. polymorphus. A queste considerazioni va poi infine aggiunto, per meglio mostrare l'identità dello S. cyclopteri col ^jo/ywo^p/«^«, che TOlsson riferisce a quest' ultimo lo scolice (XXXV. 16 No. 7) da lui trovato nelle ajipendici piloriche del Cyclopterus lumpus a Oresund. Lo S. auriculatus di Zeder e Blainville (V. 1, 2) non è che lo S. pleuronectis del Müller e quindi -S'. polymorphus. Quanto ai diversi e varii scolici descritti dal Wagener (Vili — XX), basta guardare i disegni che ne dà l'Autore ed esaminare le descri- zioni e paragonarle allo S. polymorphus^ per convincersi della loro identità con quesf ultimo, identità per molti di essi già dal Diesino osservata! (XXXV. 15). 1 Per alcuni degli scolici del Wagener sembrerà non giustificata abba- stanza la riunione allo S. polymorplms ; ed infatti essi a prima giunta non 94 Fr. Sav. Monticelli Lo stesso ho da ripetere per gli scolici del Van Beneden (XXI —XXIV, XXX, XXXII) e per quelli del Molin (XXV— XXVII) e per lo >S'. eledones moschatae del Siebold (XXXI). Per gli scolici descritti dal Olsson (XIX. 3 no. 4, XXIX no. 8) va notato che il primo egli stesso riferisce allo S. trygonis pastinacae del Wagener che è lo S. polymorphus, e il secondo alla forma 2'^'^ degli scolici riuniti dal Diesing col nome di S. pohjmorphus e considerati larve di Onchohothrium uncinatum (XXXV. 15)'. Quanto allo S. acalepharum del Sars (XXXIII), che è la stessa cosa dello S. mnemiae^ la sua identità con lo S. pohjmorplms appa- risce manifesta solo che si guardi la figura del Sars^ (XXXIII. 1 tav. 1 fig. 1 — 5), ed il Diesing stesso, che prima lo credeva forma distinta (XXXIII. 2, 3), lo riunisce più tardi ad una delle due forme di S. polymorphus che segna con dubbio come larve di Oìichohothrium. Anche allo *S'. polymorphus deve riverirsi il »freischv^'immender Scolex« che il Claparède (pag. 14 Taf. 5 Fig. 6, 7) ha trovato nel!' Atlantico. È uopo ancora notare che le forme larvali 16 — 19 del Diesing (XXXV. 15 pag. 221—222): «farailia Tetrabothria statu perfectu for- tasse OncJiohothrii species« sono Senza alcun dubbio da riferirsi allo S. polymorphis^ . Alle considerazioni esposte che militano in favore della proposta sinonimia ne va aggiunta un' altra che mi è fornita dalla distribuzione zoologica degli scolici in quistione , la quale se non ha un valore assoluto, messa in rapporto con le precedenti è da tenersi in conto: ed è che questi scolici finora non sono stati più ritrovati, e che in molti dei pesci, nei quali furono rinvenuti per la prima volta dai loro Autori , è stato di poi ritrovato frequente lo S. polymorphus^ ed in alcuni questo Scolex era stato già precedente- mente trovato (ciò per alcuni degli scolici descritti dal Molin) . mostrano somiglianza di sorta con la forma tipo di questo : ma avendo in avuto l'opportunità di osservare i molteplici aspetti che presenta lo *S'. poh/ìnorpJms mi son convinto che essi sono rassomigliantissimi a molti di questi aspetti. ' Gli Scolex no. 1. 2. 3 del Olsson »scolices dubiae sedis« (pag. 28 — 29, Tav. 1 fig. [2 — 3) per i pesci nei quali vennero ritrovati possono bene riferirsi allo S. polymorphus] ma non si potrà mai dire nulla di certo, avendo essi il capo invaginato. 2 II Tetrastoma Playfairii (FORBES et GooDSiR 1840. in: L'Institut pag. 370) secondo Wiegm. Arch. 1842 pag, 371, 1846 pag. 160 è la stessa cosa dello S. acalep)haniììi che è = allo S. polymorphus. 3 I due Scolex di Delle Chiaje; . vive molto poco neir acqua di mare, al massimo una giornata ; ma già dopo alquante ore la sua vitalità, dapprima esuberante, comincia a scemare, i mo- vimenti, le contrazioni e le estensioni del corpo sono più lente ed a più lunglii intervalli, per poi estinguersi del tutto, e l'animale muore assumendo quelle più svariate forme che in vita erano determinate dalla sua grande mobilità. Il Van Beneden figura degli S. triglae gurnardi (XXIV tav. 5 fig. 15) »se multipliant dans l'intestin par scis- siparité. On volt chez Ics uns la téte se separer, chez les autres Textremité opposée«. In alcuni esemplari di *S'. p. di un Arnoglossus laterna ottenuti in settembre 1887 ho visto avvenire una separazione della metà posteriore del corpo in modo perfettamente simile a quello disegnato e descritto dal Van Beneden; ma sono lungi assai dal credere si tratti di una moltiplicazione per scissiparità, sono invece d'opinione che sia un fatto meramente accidentale e di nessun impor- tanza, ed a questo modo di vedere dà peso il fatto che il Van Be- neden insieme ai disegni dello scolice che si divide in due ne dà un altro a corpo bifido. e. Anatomia e istologia. Botridii. Il Wagener (1 pag. 45) divideva i suoi scolici, se- condo il numero delle cavità delle loro ventose, in mono-, bi- e triloculari. Questa classificazione seguita pure dall' Olsson (pag. 29—33), scrive lo Zschokke (XXXV pag. 138) in fine della sua breve comunicazione sullo S. p.^ non è naturale, perchè »ce ne sout pas autant de formes différentes, mais seulement trois états de développemeut par lesquels chaque Scolex doit passer«, opinione per altro accennata dall' Olsson (pag. 33) il quale, avendo trovato in un Rhombus maximus uno Scolex a tre cavità, crede che forse questo è uno stadio più avanzato dello *S'. p. Ma già prima del- I'Olsson e dello Zschokke, il Wagener (2 pag. 11) medesimo in altro suo lavoro scriveva che lo sviluppo dei Tetrabotrii secondo le osservazioni di Siebold e di Van Beneden e le sue pro- prie si compie nel modo seguente. «Der kleine mit Kalkkörpern, Gefäßen und dem zu letzteren gehörigen pulsirenden Schlauche ver- sehene Cestodensack erhält 4 Gruben oder Saugnäpfe nebst einem Contribuzioni allo studio della fauna elmlntologica del golfo di Napoli. 99 Stirnnapf. Die 4 Gruben vergrößern sich durch Verlängerung. In ihnen entstehen durch Aufsetzen oder durch einen quer die Grube durchsetzenden Muskelwall neue Gruben«, e questi mutamenti succes- sivi sono rappresentati nelle fig. 8 — 12 della tav. 2. Il Wagener avendo trovato degli scolici di Echeneibothrium vuol vedervi in essi un prodotto di ulteriori divisioni longitudinali e trasversali dei botridii degli scolici di Tetrabothrium descritti e figurati ; ma vi sono tali differenze tra la sua figura 12 e quelle due, 13 e 14, le quali rappre- sentano appunto due scolici di Echeneibothrium^ sia per la forma ge- nerale dei botridii, sia per la ventosa terminale caratteristicamente differente, che non si può affatto dimostrare la dipendenza di queste dalla prima. Anche il Leuckart (pag. 471) ammette in generale che gli scolici »die ursprüngliche einfache Form ihrer Saugnäpfe allmählich complicirter gestalten«. I fatti da me osservati sullo sviluppo dei botridii dello *S'. p. confermano pienamente e completano le osservazioni del Wagener e danno valido appoggio alle giuste conclusioni dello Zschokke. Nel descrivere lo S. p. ho notato aver osservato i quattro botridii or rappresentati da quattro eminenze mammellonari, alle volte roton- deggianti (forma a) alle volte allungate [b] , ora da una cavità distinta con un sepimento anteriore che la divideva in due (e), ora con due sepimenti e tre cavità [d] e finalmente con tre sepimenti e quattro cavità (e). Ora questi diversi modi di mostrarsi dei botridii dello S. p. sono appunto altrettanti stadii di sviluppo dei botridii mede- simi. In fatti questi dapprima si presentano come quattro mammel- loni cavi (fig. ìaY ecco lo stadio più giovane dello S. p. quale esso ci è dato dalla forma a, poi essi si allungano e la cavità è poco appa- riscente (forma 5, fig. \ b\). In alcuni esemplari nella parte ante- riore del mammelloncino si scorge come una linea chiara; essa è l'accenno del sepimento (fig. 1 b II) . Questo stadio di sviluppo è dise- gnato dal Van Beneden nello S. rhombi maximi (XXI tav. 1 fig. 3). A questo stadio ne succede un altro che è quello a due cavità (e, fig. 1 e) il cavo dei botridii si fa più manifesto e anteriormente, la dove si scorgeva l'accenno, si determina il sepimento il quale delimita cosi due cavità: una anteriore (tav. 7 fig. 1 ca) più piccola, una poste- riore molto più grande (tav. 7 fig. 1 cp). Al livello del sepimento 1 L'Olsson sostiene che i botridii si formano come mammelloncini laterali del corpo chiaro (cosi egli chiama la ventosa terminale) ; ma le mie osservazioni non mi permettono di confermare questa asserzione dell' Olsson. 7* 100 Fr. Sav. Monticelli le pareti dei botridii si restringono in modo da formare uno strozza- mento (tav. 7 fig-. 1 s})) e spesso i botridii a questo stadio pigliano l'aspetto di suola da scarpe (tav. 6 fig. 6, 8). (Lo S. triqueter del MoLiN si riferisce appunto a questo stato di sviluppo, XXVII tav. 5 fig. 17; e dicasi lo stesso dello .S'. soleatus, XXVI p. 229.) La cavità anteriore, in uno stato successivo di sviluppo che ci è dato dalla forma d (fig. 1 d) si restringe sensibilmente e la cavità posteriore resta divisa in due da un sepimento (tav. 7 fig. 1 i, 2 coh) in corrispondenza del quale le pareti dei botridii si restringono for- mando così una seconda strozzatura (tav. 7 fig. 1 sp 2). Final- mente la cavità anteriore si impiccolisce assai e nella cavità poste- riore si forma un secondo sepimento, e quindi una terza cavità (fig. 1 e; 4=^ rispetto alla cavità anteriore) (tav. 7 fig. 3 cvb) e le pareti alla lor volta restringendosi in corrispondenza formano una terza strozzatura (tav. 7 fig. 1 sp 3). La forma [e) corrisponde a questo stadio di svi- luppo. La prima cavità è il botridio accessorio (tav. 7 fig. 1, 2 ba), le altre, le cavità definitive dei botridii. Il primo stadio di sviluppo è stato disegnato dal Wagener nel suo Scolex triglae corvi (XX fig. 106). I ir Fig. 1. Rappreseutaziono scbomatica del modo di sviluppo dei botridii dello ScoUx jiolymorpl tis. I due secondi [b. e) sono stati osservati e figurati dal Van Beneden, ma senza darvi l'importanza che essi hanno, nello S. rhombi maximi (XXI tav. 1 fig. 1 — 4). Le due prime figure di questo scolice infatti rap- presentano i botridii a guisa di mammelloncini allungati e poco scavati, la terza mostra l'accenno del sepimento, la quarta il sepimento an- teriore sviluppato, e ben determinate le due cavità; nella spiega- zione delle tavole il Van Beneden indica le figure terza e quarta come forme «plus agées« delle i)rime. La stessa cosa è da ripetersi per le due figure dello S. sepiae del Van Beneden (XXX tav. 1 fig. ^6, 7) rap- presentando la seconda, dove si scorgono distinte le due cavità, una forma «plus agée« della prima. Anche I'Olsson conferma questo modo di vedere del Van Beneden perchè egli ha osservato che nei giovani individui di*S'. ^j. mancavano i sepimeuti (XXXV. 16, u. 7 p. 53). Gli stadii di sviluppo da a — d corrispondono perfettamente a quelli Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 101 Fig. 2. Botridio di C. filicolle. (Fig. schematica.) descritti dal Wagener (2) e figurati nelle fig. 8 — 12 [S. tetrahothrium), e siccome innanzi ho dimostrato che non potevano riferirsi, come vorrebbe il Wageneu, a forme più giovani di scolici di Echcneiho- thrium^ essi quindi senza alcun dubbio sono degli -S'.jo, in via di sviluppo. Considerando ora i botridii all' ultimo stato di svi- luppo teste descritto e paragonandoli ai botridii dei Callìohothrium si vede che essi hanno completa somi- glianza con quelli di C. coroìlatum o, filicolle Zsch.; ne differiscono solo per la mancanza di uncini, e special- mente per la forma del botridio accessorio si assomi- gliano dei due più al C. filicolle che al coroìlatum. In fatti nel primo (fig. 2, e tav. 6 fig. 9, tav. 7 fig. 2) come si vede pure nello S.p. (tav. 6 fig. 1, 3, 5, tav. 7 fig. 1), la cavità dei botridii accessorii è molto più grande di quella del secondo nel quale i botridii accessorii hanno una forma differente da quelli del G. fili- colle, come si vede nella fig. 3, e somigliano ad una ventosa. Anche per forma generale i botridii dello S. p. al- l'ultimo stadio di sviluppo descritto sono più somiglianti a quelli del C. filicolle che a quelli del C. coroìlatum^ perchè nello *S'. />. i botridii sono meno allungati come nel primo (fig. 2), mentre nel secondo essi sono più lunghi e più grandi (fig. 3). Il Wagener ha trovato nella Torpedo ocellata due scolici (XXXVI tav. 21 fig. 255—256) che egli ritiene le forme giovani di Calliohothriiim [Tetrabothrium) co- roìlatum. La forma dei botridii di questi due scolici è simile a quella del C. filicolle ed a quella dello S. p.: dicasi lo stesso per i botridii accessorii i quali hanno una cavità molto grande. Uno di questi scolici è privo di uncini (fig. 255) e rassomiglia molto all' ul- timo stadio dello *S'. p. da me descritto (e); l'altro (fig. 256) ha gli uncini' caratteristici del C. coroìlatum e C. filicolle. Entrambi gli scolici del Wagener mostrano il capo coperto di peluzzi come nello S. p. Non esito a credere che i due scolici del Wagener rappre- sentano le trasformazioni successive dello S. p. dallo stadio ultimo di sviluppo che ho osservato, allo stato adulto. I botridii dello aS'.^. aderiscono al capo per tutta la lunghezza della faccia dorsale (tav. 6 fig. 1,3,5, tav. 7 fig. 1 2) e per questo modo di attacco si assomigliano assai a quelli del C. coroìlatum^ filicolle, uncinatum i, Fig. 3. Botridio di C. coroìlatum. (Fig. scliematica.) '1 La fusione dell' Onchohothrium uncinatum e Leuckartii ai Cali, sarà 102 Fr. Sav. Monticelli Dujardinii nei quali Tasse del capo^ è molto largo (tav. 6 fig. 9, tav. 7 fig. 4) ed essi vi aderiscono per tutto la loro lunghezza. Negli altri Cal- liobothrium invece l'asse della testa è più o meno stretto ed i botridii non vi aderiscono per tutta la loro lunghezza : ma in alcune specie più ed in altre meno essi sono liberi posteriormente (C. Leuckartii, C. verticilla- tuni) (tav. 7 fig. 6) . Nello S. p. i quattro botridii sono gli uni dagli altri separati (tav. 6 fig. 1 , 3, 5, tav. 7 fig. 10) come nel C. corollatum, Du- jardinii, uncinatmn, ßlicolle e meno nel verticillatum (tav. 6 fig. 9, tav. 7 fig. 4, 11); mentre nel C. Leuckartii per lo contrario i bo- tridii quasi si toccano per i loro margini esterni (tav. 7 fig. 8). Quanto a fina struttura i botridii dello S. p. all' aspetto non differiscono dalle figure del Wagener (XXXVII. 21 fig. 255—256) e del PiNTNER (Taf. 14 fig. 1 e 2) del C. corollatimi della Torpedo, e nelle sezioni si mostrano simili a quelli dei C. adulti e special- mente a quelli del C. corollatum, ßlicolle, Dujardinii, verticillatum e Leuckartii che ho potuto studiare e che brevemente descriverò. La cuticola è più spessa nella prima che nella seconda specie e sotto alla cuticola non mi è riuscito osservare in nessuna delle due specie lo strato sottocuticolare descritto dal Kahane nella Taenia perf oliata, e che del resto nemmeno il Niemiec (1 pag. 29 — 38 tav. 1 fig. 9 — 12; 2 pag. 599) ha visto nella T. elUptica e coenurus. Le fibre (tav. 7 fig. 19, 27 /r) radiali molto più forti che nelle Tenie sono abbastanza robuste e sviluppate e rigonfiate alquanto alle estre- mità, come ha notato Niemiec. Esse non si inseriscono direttamente sulla cuticola, ma lasciano un breve spazio, sono molto allontanate le une dalle altre nella regione anteriore dei botridii perchè frammezzo ad esse passano le fibre longitudinali dei muscoli longitudinali degli uncini come più oltre descriverò. Esternamente alle fibre radiali, lungo la curva formata dalla convessità dei botridii, si trova lo strato delle fibre circolari del Kahane alle quali il Niemiec riferisce le sue fibre equatoriali : queste formano uno strato abbastanza spesso e su di esso pare si terminano le fibre radiali. Chiamo anche io queste fibre equatoriali, perchè il nome di fibre circolari è stato usato dal Nie- miec per indicare un altro sistema di fibre delle ventose di Tenia, come dirò poco appresso. Il Niemiec ha osservato nelle sezioni trasversali e longitudinali delle ventose di T. elUptica e coenurus dei corpicciuoli numerosi e largamente discussa e giustificata nella seconda parte dì questo lavoro nella quale mi occuperò del g. Calliobothrium e delle sue specie. 1 Chiamo asse la parte centrale, esclusi i botridii. Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 103 sparsi fra le fibre radiali, e nelle prime, in prossimità di queste, ima striatura trasversale per tutta la larghezza del botridio. Egli non esita a considerare questi corpi »tantót lougs, tautòt ovales dont quelques uns ont l'aspect d'un noyau« »comme l'expression d'une conche musculaire, par les mailles de laquelle passent les tìbres radiaires«. Nelle sue figure indica questi corpicciuoli col nome di «Elements intercalés entra les faisceaux de fibres transversales« (1 pi. 1 fig. 9, 10, 11). Fra le fibre radiali dei botridii del C. coroUatum %ßlicolle^ riunite a fascetto, si scorgono evidentemente degli elementi dì vario aspetto, tanto nelle sezioni trasverse che longitudinali, rassomigliantissimi a quelli descritti dal Niemiec (tav. 7 fig. 19, 27, 31 nie). Osservando questi corpicciuli con forte ingrandimento si vede benissimo che essi sono dei nuclei di tessuto congiuntivo (tav. 7 fig. 29 ntc) che mostrano evidenti accenni di sostanza cromatica sia sparsa , sia aggruppata a formare reticoli incompleti. Questi nuclei hanno la membrana nucleare colorata, carattere questo di nuclei adulti. Dunque essi non sono le sezioni di fibre muscolari longitudinali e trasversali come pretende il Niemiec. Nelle sezioni trasversali delle ventose di C. coroUatum QßKcoUe si vede uno strato di chiare fibre muscolari trasversali, che occupa tutta la larghezza del botridio, che paragono alla stilatura trasversale delle ventose delle Tenie osservata dal Niemiec (tav. 7 fig. 19, 27 /o). Nelle sezioni longitudinali pure si scorge uno strato di fibre longitudinali che occupa tutta la larghezza della sezione del botridio e che non è stato visto dal Niemiec e che sono fibre, che secondo il Kahane fanno seguito alle fibre longitudinali del corpo (tav. 7 fig. 5, 17//). A questi due sistemi di fibre muscolari sono senza dubbio da riferirsi le fibre »entre- croisées« del Niemiec ; ma come esse sono così evidenti e cosi svilup- pate, dirò fibre orizzontali le prime, e fibre longitudinali le seconde ed a queste ultime sono da riferirsi le fibre longitudinali del Kahane. Queste fibre sono disposte a formare un reticolato a maglie nettamente quadrangolari, come si può scorgere in sezioni frontali dei botridii le quali passano per il loro fondo, cosicché pare formino una sorta di canovaccio sul quale sia intessuto il botridio. Nei botridii dei CalUohothrium manca lo strato di fibre circolari, al quale ho innanzi accennato, descritto dal Niemiec nelle ventose di T. elliptica e coenurus., che gira intorno all' orifizio a guisa di sfintere ; come pure non hos aputo scorgervi una membrana limitante la ventosa dal tessuto interno, descritta dal Niemiec nelle due specie di Tenia, e ch'è equi- valente air inviluppo membranoso congiuntivo del Kahane. f04 Fr. Sav. Monticelli Nella descrizione dei botridii dello S. p. ho rilevato come essi sono divisi da tre sepimenti; ora l'anteriore, che separa la cavità posteriore dal botridio accessorio, non va considerato come tale, ma esso segna il limite del botridio propriamente detto, dal botridio ac- cessorio anteriore. In fatti nella fignra 33 della tav. 7 si può scor- gere di leggieri come il sistema delle fibre radiali di questo sia indipendente da quello del botridio, giacché uno si trova addossato al- l'altro. La struttura dei botridii accessori! è simile e quella dei botri- dii. Gli altri sepimenti sono cavi come ho potuto specialmente osser- vare nei C. fiUcolle e coroìlaium (tav. 7 fig. 11 sp] e rassomigliano a dei ponti gettati da un margine all' altro della cavità dei botridii ; essi sono coverti esternamente ed internamente di cuticola e hanno un sistema di fibre radiali che si continua con quello del botridio, ma disposto in senso inverso, ed un sistema di fibre orizzontali che si continuano con quelle del botridio (tav. 7 fig. 31 /r, fo). ZsCHOKKE (3 pag. 164) sostiene che i botridii »einiger Arten dagegen nähern sich durch ihre Structur sehr den Sauggruben von Bothriocephalusn e che i botridii sono più complicatamente intessuti delle ventose. Quanto alla prima parte di queste conclusioni è da osservare che essa non è applicabile ai botridii del C. corollatum e ßlicolle e degli altri Calli ohotJirinm^ perchè la struttura dei botridii di questo genere è molto differenziata, mentre nei Botriocefali, come ha ben notato il Niemiec nel B. latus e come ho potuto io stesso os- servare nel B. hians^ nel B. rurjosus e nel B. microcephalus^ si ha una conformazione molto primitiva dei botridii che presenta appena l'accenno di quella complicata struttura dei Calliohothrium. Quanto alla seconda, le mie osservazioni sono concordi alle conclusioni dello ZscHOKKE, perchè se da un lato le fossette marginali dei Botriocefali (botridii) mostrano una condizione di struttura molto priaiitiva, dal- l'altra le ventose delle Tenie sono molto meno sviluppate dei botridii, ed ho iuuanzi fatto rilevare come tutti i sistemi di fibre sieuo più complicati in questi che nelle ventose delle Tenie. Dalla esposizione dei fatti osservati si può couchiudere che i botridii dei Calliohothrium ßlicolle^ corollatum^ verticillatum e Leuckartii^ e probabilmente anche dei C. uncinatum e EschricJitii ^ che non ho potuto studiare — perchè non è possibile vi sieno differenze sostanziali di struttura in specie cosi vicine e i cui botridii all' aspetto generale sono cosi rassomiglianti — sono formati essenzialmente dei seguenti elementi istologici : 1 . di una cuticola. Contribuzioni allo studio della fauna cluiintologica del golfo di Napoli. 1()5 2. di un sistema di fibre radiali. f equivalenti delle fibre ] equivalenti alle 3. di fibre longitudinali | i.^git^^iin^n ji Kaiiane fibre »entrecroi- 1. di libre orizzontali j sées«diNiEMiEC. T). di fibre equatoriali { equivalenti alle circolari di Kahane. Questi elementi variano di sviluppo e di spessore secondo le diverse specie di CalliohoiJirium e la grandezza dei botridii; cosi tutti i sistemi di fibre sono più sviluppati nei due aftìnissimi C. co- rollatuìH e C.fiUcollc (e nel primo ancora i)iii cbe nel secondo), che nel piccolo C. Bujardinn il quale ha i botridii piìi piccoli delle due specie precedenti, e nel C. verticillatum che, relativamente alla gran- dezza della strobila, ha i botridii piccolissimi. Nel C. Leuckartii in- vece le fibre radiali sono più robuste che non negli altri Calliohothrium che ho osservati. Stabilita cosi la struttura dei botridii è da osservare come la disposizione delle fibre muscolari possa determinare i movimenti dei botridii medesimi. Le fibre radiali per la loro contrazione accorciano il botridio ed allargano la sua cavità, mentre le fibre equatoriali e le orizzontali e longitudinali, contraendosi, restringono la cavità e de- terminano un allungamento del botridio. Il botridio accessorio si muove indipendentemente dal botridio propriamente detto ed in esso essendo la stessa la disposizione delle fibre muscolari, queste agiscono nella stessa guisa che nel botridio principale. Nel determinare l'allargamento della cavità così del botridio come del botridio accessorio hanno pure parte le comissure muscolari del capo che descriverò più oltre. Musculatura della testa. Muscoli longitudinali degli uncini. ZsciiOKKE dice che nello S. p. »nous y trouvons déjà les muscles destinés à mouvoir les crochets des Calliohothrium'^ (XXXV. 1 8) . Già il Wagener aveva intravvisti e disegnati nel suo S. cepolae rubescentis (XXIV fig. 96, scolice col capo invaginato) quattro fasci muscolari che cominciavano verso l'estremità caudale dello scolice ; ma egli non vide dove essi si terminavano. I muscoli motori intrav- visti dal Wagenekc di cui parla lo Zsgiiokke, io ho ritrovati e seguiti nello S. p. (tav, 6 fig. 8, tav. 7 fig. 10, 12 mlu): essi in numero di quattro cominciano verso la estremità del corpo dello scolice, s'ispes- siscono alquanto nel mezzo e poi vanno mano mano assottigliandosi nel capo per terminarsi nella parte anteriore della faccia dorsale dei botridii e dei botridii accessorii (tav. 6 fig. 8). Comparando le 106 Fr. Sav. Monticelli sezioni di scolice polimorfo con le sezioni del capo di differenti specie di Calliobothrium e con accurate osservazioni fatte sul vivo ho po- tuto convincermi che questi 4 fasci muscolari per il loro decorso e la loro posizione nel capo sono simili a quelli che nel C. coroUalum^ C. Duj'ardini, C ßUcolle, C. verticillahim e C. Leuckartii vanno ad inserirsi agli uncini. Chiamerò questi fasci muscolari muscoli longitudinali degli uncini. Nei C. ßlicolle, C. coroUatutn, C. Dujardinii e C. verticillaüim io ho osservato che i quattro fasci muscolari al termine del collo e sul principio del capo si dividono ciascuno in due fascetti^, sicché ogni botridio riceve due fasci muscolari destinati al suo paio di un- cini 2. Nello aS'. />. quantunque avessi attentamente osservato non mi è riescito osservare lo stesso fatto ; forse la divisione in 2 di ciascuno dei 4 fasci primitivi é in rapporto con l'apparire degli uncini si che quando questi si formano, quella si determina. E da notare che la muscolatura longitudinale degli uncini è più sviluppata e più forte nel C. fiUcolle che nel C Dujardinii e C. corollatum ed in queste 3 specie è ancora più sviluppata che nel C. verticillafutn. Ho detto che nello S. p. questi muscoli vanno ad inserirsi sulla faccia dorsale dei botridii in vicinanza dei botridii accessorii; ma non ho potuto vedere in questi come essi si terminano nei botridii, invece ho potuto osservare chiaramente nel C. corollatum e C ßli- colle che essi arrivati sulla faccia dorsale dei botridii, come si può vedere nelle sezioni frontali dello scolice, traversano le fibre radiali e vanno a terminarsi alla base degli uncini (tav. 7 fìg. 5, 17 mlu). Nelle sezioni trasversali poi, si possono chiaramente scorgere le se- zioni delle fibre longitudinali che vanno ad inserirsi agli uncini verso l'estremità del manico di questi ^. In vicinanza degli uncini le sezioni dei muscoli appariscono nel mezzo del botridio (tav. 7 fig. 9 mlu) e poi vanno mano mano disponendosi lungo la faccia dorsale dei botridii (tav, 7 fig. 19, 27 mlu) e finiscono per scomparire del tutto dopo poco. 1 Questo fatto era stato già notato dal Van Beneden (1 pag. 134) nel C Dujardinii. 2 I miei preparati di C. LeucJcartii non mi hanno permesso di accertarmi se anche in questa specie si trovi la stessa disposizione dei muscoli longitu- dinali degli uncini, ma è assai probabile che anche qui essi si bipartiscano per inserirsi agli uncini: ciò a giudicare da una preparazione fatta in glicerina. 3 Negli uncini del C. ßlicoUe , C. corollatum e C. Dujardinii, perchè essi all' apice sono biforcati, chiamo manico la parte indivisa degli uncini e forcina i due rami dei medesimi. (Vedi tav. tì fìg. 11, 12 m. f e tav. 7 fig. 30 m.f.) Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 107 I grossi fasci muscolari long-ìtudiuali degli imciui, chiaramente viì^ibili a fresco per trasparenza, si perdono nella muscolatura lon- gitudinale del corpo, nelle specie a collo distinto, alla base del collo medesimo [C. Dujardinii^ C. fiìicolìe ^ C. corollatum) e nelle specie senza collo (1 pag. 81, 82, C. verticillatum] nel primo articolo del corpo che io chiamo collo. Nel C. corollatum e C.ßlicoUe dai muscoli longitudinali degli uncini prima che essi penetrino nei botridii per recarsi agli uncini partono dei fasci muscolari che vanno ai botridii accessorii (tav. 7 fìg. 5 mlba). Lo stesso fatto ho pure osservato in sezioni longitudinali frontali del C. verticillatum. — I muscoli lon- gitudinali ho ancora osservati in molti scolici liberi di Tetrabotri- di che ho trovato nei Teleostei ed in alcuni Cefalopodi del nostro golfo. I muscoli longitudinali provenienti dalla muscolatura del corpo che vanno agli uncini ed al rostello delle Tenie descritti e figurati dal NiTSCHE (pag. 181 — 197, tav. 9 fig. 1, 2, 5 — 7), dallo Steude- NER (pag. 32—36 tav. 28 fig. 8 ecc.), dal Moniez (1 pag. 131—134) e dal NiEMiEC (2 pag. 600 pi. 19 fìg. 1, pi. 20 fig. 1), e nei Cisti- cerchi dallo stesso Moniez e dal Crety (pag. 6 — 7 tav. 1 fìg. 4), come le fibre muscolari longitudinali che vanno agli uncini del capo di alcuni Botriocefali ' sono a mio avviso da considerarsi omologhi ai muscoli longitudinali degli uncini dei Calliohothrium. Considerando come fulcro il punto dove il manico degli uncini si biforca a formare la forcina, si avrà una leva di primo genere nella quale la potenza è data dai muscoli longitudinali degli uncini e la resistenza dalla forcina, ed è evidente che la contrazione dei primi determinerà l'alzamento della forcina. Muscoli motori dei botridii. Fra i quattro botridii dello S. p.., all'altezza del sopimento che divide i botridii accessorii dalla prima cavità dei botridii, esistono quattro grossi fasci muscolari tras- versali i quali uniscono insieme diagonalmente i botridii dei due lati, e s'intersecano fra loro determinando una figura romboidale. Queste commissure muscolari che dirò diagonali anteriori esìstono 1 Nel B. nncrocephalus Eud. ho osservato che al di sopra dei botridii intorno alla parte slargata del capo, disciforme o cupuliforme, si trova una corona fatta di più serie di uncini, piccoli assai, ma che ricordano quelli delle Tenie ai quali Bono somigliantissimi. Dalla muscolatura longitudinale partono fibre che vanno agli uncini e fra questi sono tese delle serie di fibre muscolari. Tanto le prime che le seconde fibre per la loro disposizione ricordano perfettamente quelle de- scritte nelle Tenie. log Fr. Sav. Monticelli in tutti i Calliohothrimn adulti e vanno ad inserirsi verso le due estremità della faccia convessa dei botridii (tav. 6 fig. 2 mcla\ tav. 7 fig. 9, 14 mela). Nei CalUohothrium adulti e specialmente come ho chiaramente osservato nel C. corollatum e C. filicolle^ alla medesima altezza dei botridii, si trova un altro sistema di commissure muscolari trasversali che uniscono fra loro i botridii lateralmente e dorso-ven- tralmente e s'intersecano a croce. Esse sono assai più sottili delle commissure diagonali anteriori (tav. 6 fig. 2 m,tu\ tav. 7 fig. 9, 14 mtu). Questi muscoli dividendosi in fine fibrille, pervenuti alla faccia convessa dei botridii, in vicinanza del sepimento traversano le fibre radiali e alcune vanno ad inserirsi verso la base del manico degli uncini, altre si perdono sulla faccia convessa dei botridii (tav. 7 fig. 9 t). Questo strato di fibre è abbastanza spesso perchè comincia verso la base del manico degli uncini e si continua quasi fino dove gli uncini si biforcano a formare la forcina. Dirò questi sistemi di muscoli, mu- scoli trasversali degli uncini. Essi sono in antagonismo con i longitudinali degli uncini, perchè il loro contrarsi determina Tabassarsi della forcina. Nelle Tenie Nitsche (Taf. 9 fig. 1, 2, 4, 5—7), Moniez (1 pag. 131 — 134), Steudener (pag. 32 — 36 tav. 28) hanno descritto una forte muscolatura trasversale degli uncini del rostello e recen- temente il NiEMiEC (2 pag. 600 PI. 19 Fig. 1) nella T. coenurus ha dimostrato esistere, contrariamente alle affermazioni del Nitsche, una sorta di transizione fra le commissure fibrillari muscolari del capo delle Tenie e la muscolatura trasversale degli uncini. Considerando le descrizioni e le figure date dagli autori summentovati e special- mente quelle del Nitzsche e Niemiec della disposizione di questi muscoli, credo di poter ammettere che essi sono gli omologhi dei mu- scoli trasversali degli uncini dei CalUohothrium. Lo stesso penso che debba dirsi dei muscoli trasversali degli uncini a corona della testa di alcuni Botriocefali [Bothr. microcephalus) che ho sommaria- mente descritti nella nota a pag. 107. Verso la base dei botridii dello S. p. esistono altre quattro grosse commissure trasversali diagonali, disposte come le precedenti, che dirò commissure diagonali posteriori (tav. 6 fig. 2, 8 mdp^ tav. 7 fig. 11 mdjì) . Nei Calìiohothrmm adulti e negli Scolex in cui son già netta- mente de terminate le cavità dei botridii, queste seconde commissure posteriori diagonali corrispondono sul lato dorsale della 2" cavità, cioè tra 2" e 3° sepimento. Queste si vedono chiaramente osservando a fresco lo S. p. Il Van Beneden nel suo >S. cyclopteri (IV 4 tav. 1 fig. 18) Contribuzioni allo studio ilella fauna clmintologica del golfo di Napoli. 1 09 figura tra i due botridii, a sinistra, una sorta di fascetto che li unisce. Esso è evidentemente da riferirsi alla eommissura muscolare posteriore che il Van Beneden ha intravveduta, ma non seguita. La presenza di (queste grosse commissure posteriori è certamente in rapporto col modo di attacco dei botridii sull' asse del capo ed esse appunto si trovano nel C. coroìlatum^ C. ßUcoIle^ C. Dujardinii ai quali più si avvicina lo S. /».; mentre pare mancano negli altri Calliohotìmum perchè io non le ho osservate né nel C. verticillatum ^ né nel C. LeucHartn, nei quali i botridii non aderiscono al capo per la loro parte posteriore. Nei Calliohothrium adulti provvisti di botridii ac- cessorii, come ho potuto vedere specialmente nel C. corollatuìn, si trovano altri fasci muscolari diagonali disposti come gli anteriori, i quali uniscono i botridii accessorii, che dirò commissure diagonali dei botridii accessorii (tav. 6 fig. 2 mba; tav. 7 fig. 7, 33 mha). Fra i botridii accessorii dello S. />., non ho potuto scorgere queste commissure; ma io credo che anche qui esse possano trovarsi. A questo complicato sistema di fasci muscolari della testa de- vono certamente riferirsi »die quer zwischen den Bothridien ausge- spannten Muskelbänder, die sich auf verschiedener Höhe des Scolex wiederholen und auf Querschnitten eine rhombische Figur bilden« di cui parla lo Zschokke (3 pag. 164) a proposito della muscolatura della testa dei Cestodi nella sua nota preliminare. Le commissure muscolari diagonali servono a ravvicinare i botridii dei lati opposti e nello stesso tempo sussidiano le fibre radiali nell' allargamento dei botridii. Commissure muscolari più o meno sviluppate e diversamente disposte si trovano pure in altri Cestodi. Nei Botriocefali [B. ru- gosus, hians^ microcephalus) ho visto delle fine fibre muscolari che partono dai margini esterni del botridio di un lato ed incrociandosi nel mezzo della testa con quelle del lato opposto s'inseriscono nel mezzo del botridio dell' altro lato. Nella fig. 12 della tav. 6 il MoNiEz (2) disegna queste commissure molto primitive; ma non le descrive. Nelle tenie [T. coenurus] il Niemiec disegna nella fig. 9 delle commissure muscolari »que relient les fonds des ven- touses« dello stesso lato (1 pag. 31) e in altro lavoro posteriore de- scrive meglio queste commissure «qui s'insérant sur les parois des ventouses les réunissent en se croisant entre elles« (2 pag. 600 pi. 19 fig. 1). Nello stesso lavoro fa cenno di fibre meridiane che par- tendo dall' orifizio della ventosa si terminano nel parenchima dello scolice così nella T. coenurus (2 pag. 600 pi. 19 fig. 2), come no Fr. Sav. Monticelli nelle T. mediocanellata (pi. 20 fig. 2), T. elliptica (pag. 622 pi. 21 fig. 1), T. serrata (pi. 20 fig. 3). Muscoli retrattori dei botridii. Osservando a fresco al- cuni grossi individui di S. p. con i botridii a sviluppo quasi completo ho intravveduto partirsi dalla base di ciascun botridio un fascetto muscolare che sembrava legarlo al collo. Questi fascetti sono stati già figurati dal Pintner (tav. 1 fig. 3) nel suo C. corollatum della Torpedo ed io li ho osservati nel C. corollatum dello Scyllium e nel C.ßlicolle della Torpedo ed una sol volta li ho intravveduti a fresco nel C. Dujardinii. Questi fasci muscolari chiaramente visibili a fresco, sono formati da fibre della muscolatura longitudinale del corpo le quali si riuni- scono insieme e facendosi strada attraverso il parenchima, come ben ha osservato lo Zschokke (3 pag. 163), vanno ad inserirsi sulla base della faccia dorsale dei botridii (tav. 6 fig. 2, tav. 7 fig. 10 mrh). Simili fasci muscolari provvenienti dalla muscolatura longitudinale del corpo che vanno ai botridii sono stati osservati dallo Zschokke in diverso numero e disposizione in altri Tetrabotridi e dal Crety, come largamente esporrà in un prossimo suo lavoro, in una specie di Solenoforo. Anche io ho potuto riscontrarli in alcune specie di Botriocefali. Nel B. niicrocephalus specialmente, ho visto delle fine fibre muscolari longitudinali del corpo che andavano a perdersi alla base dei botridii. Nelle Tenie il Nitsche ed il Niemiec (1 pag. 31 pi. 1 fig. 12, 2 pag. 600 pi. 20 fig. 6) hanno osservato che le fibre longitudinali prima d'arrivare al rostello ed agli uncini danno fibre alle ventose. Non esito a considerare queste fibre «qui s'attachent sur les ventouses« delle Tenie, come le fibre dei Tetrabotridi di cui parla lo Zschokke come quelle del Solenoforo e dei Botriocefali omologhe ai muscoli testé descritti nei Calliohothrium e nello ^S*. p. e che dirò »retrattori dei botridii«. Questi muscoli retrattori dei botridii sono certamente in rapporto col modo di attacco dei botridii suU' asse della testa. Infatti essi si trovano cosi disposti, come li ho descritti, nei Calliohothrium sopra menzionati, perchè i botridii aderiscono al capo per tutta la loro lunghezza, mentre in alcuni altri nei quali i bo- tridii non aderiscono per tutta la loro lunghezza all' asse del capo, sono disposto alquanto diversamente. Nel C. verticillatum nel quale l'asse del capo è molto più largo del collo che è sottilissimo e breve (tav. 7 fig. 6) i botridii, come ho detto innanzi, sono liberi per la Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 1 ] 1 metà posteriore. Il Van Bene den nella figura del suo C. verticil- ìatum disegna verso la metà della faccia dorsale di ciascun botridio, prima ancora che aderissero alla testa, due ligamenti che vanno all' asse del capo, cosi nell' adulto, che nello scolice libero, e nel testo scrive »quand la botridie s'écarte, on voit Ics brides qui unis- seut cet Organe au corps« (1 pag. 139 pi. 12 fig. 2, 3). Questi liga- menti descritti dal Van Beneden non esistono; ma invece l'asse del capo, la dove aderiscono i botridii si allarga ancora di più per ab- bracciarli. In questo punto si scorgono benissimo cosi a fresco come in sezioni frontali, evidentissimi i retrattori dei botridii che partendo dalla muscolatura longitudinale del corpo vanno ad inserirsi sulla loro faccia dorsale (tav. 7 fig. 6 mrb] . Anche nel C. Leuckartii nel quale i botridii non aderiscono per tutta la loro lunghezza, si ri- trovano i retrattori dei botridii: essi s'inseriscono sulla loro faccia dorsale nel punto dove si attaccano all' asse del capo. La presenza dei muscoli retrattori dei botridii , aventi la stessa origine dalla muscolatura longitudinale del corpo pare un fatto co- stante nei Cestodi ed essi sembrano più sviluppati in quelli nei quali gli organi di adesione sono più complicati, variando naturalmente di disposizione e di numero secondo il diverso modo di essere di questi, mentre, o si semplificano e vanno riducendosi in quei Cestodi nei quali i mezzi di adesione si riducono a delle semplici ventose, come nelle Tenie, o si trovano accennate nelle forme più semplici di boti'idii, come nei Botriocefali. Ho chiamato questi muscoli retrattori dei botridii; ma essi hanno anche l'altra funzione, contraendosi, di determinare insieme alla muscolatura longitudinale degli uncini la contrazione del collo. Il complicato sistema di commissure muscolari trasversali di mus- colatura degli uncini e di muscoli retrattori che si vedono nello scolice dei Calliohothrium in generale, e cosi sviluppato special- mente nei C. corollatum^ C. ßlicoUe e C. Dujardimi è in relazione con la grande mobilità dei botridii e forma tutto un insieme armo- nicamente disposto e coordinato da permettere quella rapidità mera- vigliosa di movimenti che si osserva nei botridii di queste specie di Ca Ilio bothrium. Il NiEMiEC (3 pag. 27 — 28) ha descritto come per mezzo di questi movimenti il C. corollatum si attacca alle pareti intestinali deir ospite ; ora lo studio fatto del complicato sistema muscolare della testa di questa specie e del C. filicolle mi permette completare l'osser- vazione del NiEMiEC stabilendo i rapporti funzionali che passano tra i 112 Fr. Sav. Monticelli diversi muscoli. Niemiec scrive che i botridii dei lati opposti si con- traggono e si allargano in seguito a contrazioni della muscolatura radiale ed allora sono spinti oltre gli altri botridii. Questa osser- vazione è vera in parte, perchè i movimenti dei botridii si com- piono alquanto diversamente. Per essere più chiaro indicherò con le lettere A — B e A' — B' i botridii opposti diagonalmente (tav. 6 fig. 2). Il botridio A per la contrazione delle sue fibre equatoriali e longi- tudinali e orizzontali si allunga e si spinge innanzi superando per metà della sua lunghezza gli altri botridii, allora le commissure trasversali diagonali si contraggono e determinano l'allargamento del botridio opposto B; questo si allunga immediatamente e si spinge innanzi. Ma non appena il botridio ^ si è spinto innanzi ecco il retrat- tore del botridio A si contrae e il botridio si allarga e per mezzo delle commissure trasversali tira indietro il botridio B. Questi movimenti dei due botridii A — B opposti diagonalmente sono così rapidi che non appena ^ si è spinto innanzi B lo ha raggiunto e non cosi ^ si è ritratto, che 5 lo ha seguito; così si trovano per un istante quasi insieme spinti innanzi o retratti ed alla prima osservazione sembra che i due botridii si muovano simultaneamente come credeva il Niemiec. Mentre ciò avviene entrano in movimento con lo stesso mecca- nismo i botridii opposti A'—B' e quando questi si ritraggono rinco- minciano i precedenti A—B. Insomma tanto fra i due botridii A — B quanto fra le due coppie A — B, A' — B' si osserva un movimento di altalena sicché, in breve, quando A si allunga e si spinge innanzi, B è contratto e quando B comincia ad allungarsi e a protendersi A si contrae, e mentre A — B per breve si trovano entrambi contratti entrano in moto A'—B'. È da notare che il movimento di altalena è molto più rapido tra i due botridii opposti che tra le due coppie di botridii. Quando il botridio A si allunga e si spinge innauzi i suoi due uncini si elevano, perchè contemporaneamente si contraggono i mus- coli longitudinali degli uncini, e quando il botridio si allarga e si raccorcia i muscoli trasversali degli uncini si contraggono e fanno abbassare la forcina degli uncini. Allorché il botridio si spinge innanzi il botridio accessorio si dilata e si allarga, mentre si contrae e si restringe quando il botridio si ritrae e si allarga. Il botridio A spingendosi innanzi, come si è visto, determina la contrazione del corrispondente muscolo longitudi- Contribuzioni allo stiitlio dellix fauna clmintologica del golfo di Napoli. 111^ uale degli uuciui, clic si propaga anche al collo nel quale questo si perde. Quando poi A si ritira, allargandosi, per Tazione del retrat- tore del botrrdio, non ripiglia il suo posto primitivo ma occupa una posizi(»ne intermedia tra le due. Intanto la contrazione del retrattore tira innanzi il collo. Estendendo i fatti osservati nel botridio A a tutti gli altri botridii si vedrà come i movimenti della testa per mezzo dei muscoli longitudinali degli uncini e i retrattori dei botridii si propagano al collo e il movimento di allungamento e contrazione di quesf ultimo genera un leggiero movimento di progressione di tutta la strobila. Ciò lio potuto vedere osservando l'animale in acqua di mare. Tutti questi movimenti così complicati che ho potuto osservare anche nel C. verticillatum si compiono con tale rapidità che è diffi- cilissimo poterli bene apprezzare e si richiede a ciò molta pazienza. Ora bisogna vedere come questi movimenti servano all' animale per attaccarsi. Messo un C. corollatum vicino un pezzo di intestino, si vede che appena il botridio A^ spingendosi innanzi ha toccata la parete intestinale, il botridio accessorio, dilatandosi, vi si attacca for- temente, poi immediatamente si attaccano alla lor volta gli altri botri- dii accessorii. Appena aderiti i quattro botridii accessorii si contraggono i muscoli longitudinali degli uncini e questi alzandosi si conficcano nel tessuto : contemporaneamente si contraggono fortemente i muscoli trasversali degli uncini e le commissure muscolari anteriori e fanno divaricare indietro i botridii i quali si dispongono quasi orizzontalmente alla super- ficie della mucosa intestinale. La contrazione dei muscoli trasversali degli uncini fa sì che questi, rialzati dalle contrazioni dei muscoli lon- gitudinali, si abbassino e nell' abbassarsi fanno leva nella mucosa e spingono il capo in quest' ultima mentre i botridii aderiscono per la prima cavità. Le contrazioni delle commissure diagonali poste- riori riavvicinano al capo i botridii divaricati e permettono alla testa di infossarsi completamente nella mucosa intestinale dalla quale fuoresce il solo collo. Parlando della struttura dei botridii, ho fatto rilevare che i sepimenti sono come dei ponti gettati da un margine all' altro del botridio e sono formati di fibre radiali intramezzate di fibre oriz- zontali queste, quindi, contraendosi corrispondentemente a quelle del botridio, l'arco del ponte si alza e così entra in quel vuoto un pezzo di mucosa ed è ancor meglio assicurata la fissazione del capo. Questo complicato processo di adesione spiega la difficoltà che si prova a estirpare la testa dei Calliobothrium, specialmente del corollatum^ dalle Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 8 114 Fr. Sav. Monticelli pareti della valvola spirale del loro ospite. Essi si fissano di buona ora, sicché, osservando la mucosa della valvola spirale, si vedono come delle piccole code che fuorescono , le quali altra cosa non sono che il collo, 0 questo con le prime proglottidi di un giovane Callioho- thrium. Nello S. 2^. si ripetono gli stessi movimenti dei botridii che nei Cali, adulti, ma con minore rapidità. Qui invece la ventosa termi- nale per la contrazione delle sue fibre equatoriali si spinge innanzi e si allunga, e per quella delle fibre radiali e meridiane si ritrae e si allarga con maravigliosa rapidità e trasporta innanzi la parte an- teriore del capo. Per la contrazione dei suoi quattro muscoli retrat- tori, che più innanzi descriverò, tira innanzi i botridii; questi si muovono e trasmettono il movimento al corpo e cosi si determina quel movimento di progressione che si osserva nello S. j»., quando lo si guarda al microscopio in acqua di mare. L'Olsson (pag. 32) scri- veva che i più piccoli *S'. j). hanno grande rassomiglianza con un Monostoma per la ventosa anteriore che si muove come un aceta- bolo, ed invero lo scolice polimorfo, per i movimenti di allarga- mento e di costrizione della ventosa terminale e per il rapido spin- gersi innanzi e ritrarsi di questa, ricorda moltissimo i movimenti della ventosa boccale e della parte anteriore del corpo dei Trematodi in generale e specialmente dei Distomidì e dei Monostoniidi. Quando lo *S'. p., come ho già innanzi notato, si attacca ad un corpo qualsiasi, ciò avviene sempre per mezzo della ventosa termi- nale : finché esiste questa, non ho mai veduto i botridii aderire. Ventosa terminale. Molin nel descrivere il suo nuovo aS'. cras- sus (XXVII pag. 8, sp. 2) diceva »la ventosa terminale somigliare per- fettamente a quella di un Distomo, e questo essere il carattere dif- ferenziale che distingue la nuova specie da tutti gli altri scolici da me veduti«. Infatti quel che colpisce a prima giunta l'osservatore nello S. p. è appunto il singolare aspetto della ventosa terminale la quale si assomiglia assai alla ventosa boccale di un Trematode, ne differisce solo perché non é pervia (tav. 6 fig. 1, 3, 5, 6, 8 vt) . La fina struttura di questa ventosa giustifica pienamente la so- miglianza che essa mostra all' aspetto con la ventosa boccale dei Trematodi, e per lo contrario non permette un ravvicinamento alle ventose della testa dei Tenioidi descritte da Niemiec (1) alle quali a prima giunta ero tentato di paragonarla. Le sezioni frontali dello scolice mostrano innanzi una sorta di anello, aperto anteriormente, ben distinto dai tessuti circonvicini. Quest' anello è la sezione della Contribuzioni allo studio della fauna clmintologica del golfo di Napoli. 1 15 ventosa terminale e la cavità dell' anello la cavità della ventosa o camera acetabolare, che è ricoverta dalla cuticola (tav. 7 fig. 12 evo). L'anello è formato di uno strato di fibre radiali simili assai a quelle delle ventose dei Trematodi ; queste non si attaccano direttamente alla cuticola ma lasciano uno stretto spazio (tav. 7 fig. 12 e 26 /r). Questo strato di fibre radiali che forma la massa muscolare della ventosa terminale era stato certamente intravveduto dal Wa- GENER il quale nel suo S. cepolae rubescentis (XIV fig. 96, 97) disegna una sorta di cerchietto più scuro del resto della ventosa che limita un disco chiaro , e queste figure del Wagener rendono mirabilmente l'immagine che si ha dell' anello formato dalle fibre radiali in sezione ottica, osservando a fresco lo aS'. />. , abbassando ed elevando il tubo del microscopio. Fra le fibre radiali si trovano disseminati dei corpicciuoli che hanno aspetto rotondeggiante e se- guono la concavità della ventosa (tav. 7 fig. 12). Nelle ventose di molti Trematodi (Distomidei) sono stati osservati simili corpicciuoli ed il Looss (pag. 399 — 401) e lo Ziegler (pag. 552) ed altri ancora li ritengono cellule di tessuto congiuntivo. Il Niemiec (1 pag. 43 — 46) nelle ventose del Tristomum molae^ invece li chiama semplicemente elementi parenchimatosi. Son d'opinione che i corpuscoli che si tro- vano fra le fibre radiali della ventosa terminale dello «S'. p. (tav. 7 fig. 26 ctc] sono omologhi a quelli dei Trematodi (cellule di tessuto congiuntivo). Secondo le recenti ricerche del Wright e Macallum (pag. 29) queste cellule nella ventosa di Amphistomum subckwatum e nella faringe di Sphyranura Osleri hanno una struttura complicata e sono in rapporto con il sistema escretore e quindi >^are in ali pro- bability renai in functiou". Esternamente allo strato di fibre radiali si trova nella ventosa terminale uno strato di fibre circolari molto chiaramente visibili a fresco (tav. 7 fig. 32 /e) e già accennato nei disegni degli scolici del Van Beneden (IV. 4, XXI 1, 2, XXX) e del Fraipont (XIX. 2). Internamente ancora a questo strato di fibre circolari si scorge un altro strato di fibre muscolari longitudinali assai più sottili delle prece- denti le quali si irraggiano dalla convessità della ventosa verso l'ori- fizio (tav. 7 fig. 25 ym). Nella figura dello Scolex cepolae ruh. (XIV fig. 96) del Wagener si scorge accennato nel disegno questo strato. Questi due sistemi di fibre sono certamente da paragonarsi alle fibre meridiane ed equatoriali esterne descritte dagli autori in molti Trematodi, per es. dal Sommer nel D. hepaticum e dal Looss neli>. reti- cìdatum. Quest' ultimo descrive pure nel D. reticulatum (pag. 432) 116 Fr. Sav. Monticelli un secondo sistema di fibre meridiane ed equatoriali interne; ma questo manca in altri Trematodi, ed io non ho potuto osservarlo nella ventosa terminale dello *S'. p. Nelle figure dello 8. p. del Van Beneden (XXI, 1 fig. 2, XXX fig. 7, 8) e del Fraipont (XIX, 2 fig. 1), nelle quali questi autori lian disegnato lo strato di fibre circolari, questo pare interrotto nel bel mezzo della ventosa da un solco. Questo solco è dovuto ad un effetto ottico determinato dai movimenti della ventosa. Infatti, quando la ven- tosa si allunga per la contrazione delle fibre circolari, come ho potuto osservare, la cavità della ventosa sì restringe spesso tanto che le fibre radiali si ravvicinano, cosi che tutta la cavità acetabolare si riduce ad un solco che traversa nel mezzo tutta la lunghezza della ventosa ed in corrispondenza del solco o lo strato di fibre circolari sembra interrotto. Questo stesso aspetto può esser determinato pure dalle fibre longitudinali per la loro medesima disposizione della quale ho innanzi parlato, perchè, nel dilatarsi della ventosa, per la contrazione delle fibre radiali e longi- tudinali, queste sembrano convergere tutte lungo la linea mediana della ventosa, come è accennato appunto nella figura 25 della tavola 7, ed allora pare che la ventosa sia percorsa per tutta la lunghezza da un solco, il quale fa parere interrotte in quel punto le fibre circolari. Come ho innanzi detto, la ventosa terminale dello S. p. non è paragonabile alle ventose della testa delle Tenie, infatti in questa non ho potuto osservare una membrana limitante la ventosa dal tes- suto interno, né delle fibre incrociantesi. né delle fibre circolari attorno l'orifizio della ventosa, descritte nelle ventose delle tenie dalNiEMiEC (1). L'Olsson ha giustamente osservato nel suo S. No. 7 (XXXV. 16 pag. 32) che la ventosa terminale è più sviluppata nei giovani in- dividui dello S. p. e tende a scomparire a misura che lo scolice si trasforma in Calliohothrimn. Infatti nei due Scolici del Wagener (XXXVI) essa più non si scorge, come più non l'ho potuto vedere a fresco in giovani forme di Cali, corollatuni e C. filicolle. Essa è senza dubbio, per i fatti innanzi esposti, un organo di adesione che esiste finché i botridii hanno raggiunto il loro completo sviluppo e si sono formati gli uncini, quando cioè lo scolice ha mezzi definitivi per potersi fissare alle pareti della mucosa intestinale. Nei Calliohothrium adulti lo Zschokke (1 pag. 137) scrive che »Les restes rudimentaires de la ventouse centrale, placés sur le sommet de la téte du S. p.^ se retrouvent chez Calliobothrimm. Le mie osser- vazioni non mi permettono di confermare in tutti i Calliohothrium le asserzioni dello Zschokke, perchè solo nei C. corollatum^ C. filicolle Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 117 e C. Dujardinn ho potuto riconoscere im rudimento della ventosa terminale dello *S'. />.; ma non nel C. Leuckartìi, né nel C. verti- cillat(cm. Questo rudimento, secondo io credo, consiste in una sorta di av- vallamento 0 cavità che si trova nella parte anteriore dell' asse della testa scavata fra i quattro sporgenti botridii accessorii dai quali è circoscritta. Nel C. verticillatum ^ invece, l'asse del capo si termina in una specie di cocuzzolo o mammelloncino che si spinge alquanto oltre i botridii accessorii, come è stato ben disegnato dal Wagener (1 tav. 22 fig. 274) e dal Van Beneden (1 PI. 12 fig. 2, 3) e come io ho po- tuto osservare così a fresco come su sezioni della testa, e questo cocuzzolo si mostra in queste ultime, formato di tessuto parenchima- toso, né ho potuto scorgervi accenni di una fossetta o cavità nella sua parte anteriore. Neir AntJiocephalus elongatus il Lang (2 pag. 399) ha trovato nella parte anteriore del capo una fossetta che è il rudimento della ventosa anteriore ed egli scrive aver pure trovati chiari rudimenti della ventosa anteriore nel RhyncJiohothrimn corollatum. Lo ZscHOKKE (3 pag. 164) ha trovato nel Tetrahothrium longi- colle delle glandoli salivari rudimentali simili a quelle descritte dal Lang (2 pag. 394 — 395) nell' AntJiocephalus elongatus^ Tetrarhynchus gracilis e nell' Amphilina foUacea. (Queste sono le »problematischen Zellen« del Salensky, tav. 31 fig. 17 A. B.) Neil' Amphilma le numerose glandole salivari sboccano nella ventosa anteriore poco sviluppata; nell' A. elongatus nel fondo della fossetta anteriore che è il rudimento della ventosa. Nel C. corolla- tum anch' io ho creduto scorgere delle cellule glandolari , ma i miei preparati non mi permettono di dir nulla di certo. Queste glandole salivari dei Cestodi, come giustamente pensa il Lang, sono da considerarsi omologhe alle glandole che sboccano nella ventosa boccale e nella faringe di molti Trematodi ^ e che egli ha descritte in alcuni Rabdoceli (3), nei Policladi (4) e nei Tricladi (5 pag. 195—196). Nelle sezioni frontali dello S. p. ho visto delle fibre muscolari che partono dai lati e dal fondo della ventosa terminale e si inseri- scono sulla faccia dorsale di ciascuno dei quattro botridii. Indico ' Secondo il Leuckart (2. Abtli. pag. 32 — 33) solo le glandole delia fa- ringe di alcuni Trematodi (Polystomea) meritano il nome di glandole salivari, 118 Fr. Sav. Monticelli queste fibre muscolari col nome di retrattori della ventosa ter- minale (tav. 6 fig. 2 mrv^ tav. 7 fig. 12 mn). Nel C. coroUatum e nel C. f limile ho visto far capo alla cavità anteriore della testa delle fibre muscolari che pareva venissero dal dorso delle ventose. Io penso che questi muscoli sieno da conside- rarsi i rudimenti dei primi. Kaiiane ha richiamata Tattenzione sul significato morfologico dei rudimenti muscolari del capo della Taenia perf oliata ed ha ac- cennato che sieno da considerarsi omologhi degli organi muscolari i quali in animali liberi di ordini vicini circondano l'ingresso del tubo digerente. Lang (1 pag. 399) trova anch' egli nelF Anthocephalus reptans ed A. elongatus^ rudimenti di muscoli all' estremità anteriore dello scolice, fra le quattro proboscidi, e li considera corrispondenti ai muscoli della ventosa di Amphilina o alla muscolatura della ventosa boccale dei Trematodi. Lo Zschokke (3 pag. 164) finalmente, scrive »Erwähnen müssen wir hier noch die bei allen von uns untersuchten Tänien vorkommenden, in der Längsachse des obersten Theiles des Scolex liegenden Muskelzapfen. Nach ihrer Zusammensetzung, ihrer Lage und ihrem Verhältnis zum Nervensystem sind wir berechtigt, die- selben als mehr oder weniger rudimentäre Überreste des Schlundes (Trematodenphary nx) anzusehen . « Le mie osservazioni ed i confronti fatti mi inducono a conchiu- dere che i muscoli che ho indicati col nome di retrattori della ven- tosa terminale nello -6'. p. sono da considerarsi omologhi della musco- latura della ventosa di Amphilina^ e tanto questa quanto i rudimenti 1 È da tener conto che \ Anthocephalus elongatus Wag. , \ Anthocephalus 1-eptans Wag. ed il Tetrarhynchus gracìlis sono forme larvali della famiglia Te- trarhynchidae mihi. Questa famiglia che creo a spese delle due del Diesing (1 pag. 287—323) Dibothriorhyncha e Tetrabothriorhyncha è equivalente alla sub- tribus Tryphanorhyncha del Diesing. — Secondo le mie ricerche la famiglia Te- trarhynchidae andrebbe divisa nelle due seguenti subfamiglie con i seguenti generi Dibothriorhynchiuae mihi : gen. Dihothriorhynchus mihi {Rhynchohothrium Diesing), Tetrabothriorhynchiuae mihi ; gen. Tetrahothriorhynchus mihi [Teirarhynchobothrimn Diesing) , Syndesmobothnum Diesing. La prima delle due forme larvali è da ri- ferirsi al genere Tetrahothriorhynchus, perchè ha quattro distinti botridii e non al genere Dihothriorhjnclius al quale con dubbio lo rapporta il Diesing (1 pag. 314 — 315). A questo genere invece appartiene la seconda forma larvale A. reptans, che ho trovato comunissima nei muscoli del Lepidopus argyreus, e la terza che vive in una sorta di grossa capsula che si trova nei muscoli o sospesa alle pa- reti esterne del tubo digerente dell' Orthagoriscus mola; ma non molto frequente, almeno per le osservazioni ctìe ho fatte finora. Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 119 muscolari del capo dei Tetrarhynchidcie [Anthocephalus reptans ed clanga fus) e Tetvabothì'klae [C. coroUatum] e Taeniadae alla lor volta rappresentano nei Cestodi i resti della muscolatura della faringe dei Trematodi (e a seconda della inserzione e decorso dei resti su accennati rappresentano o i retrattori o protrattori della faringe) , E da osservare, in favore di quanto ho detto, che il Wright e Ma- CALLUM paragonano alla muscolatura della ventosa di Ampliilina al- cuni muscoli che hanno osservati inserirsi sulla ventosa circumorale di Sphxjranura Osleri (pag. 17 pi. 1 fig. 6). Leuckart nota che molti scolici »tragen zwischen den vier Bo- thridien (Saugnäpfen) noch einen mehr oder weniger stark entwickel- ten sog. Stirnuapfci. Io ho potuto osservare una ventosa anteriore evidentissima in uno ^S'. Phyllohothrii dell' Ommastrephes todarus (che credo sia da riferirsi al P. DoJirnii Oerley) e negli scolici di molti altri Tetrabotridi che finora non mi è riescito di determinare con cer- tezza. In un altro Scolex, probabilmente pure di PhyUohothrium che ho incontrato recentemente abbondantissimo nell' intestino di un Le- pidopus caudatus (fine dell' ottobre 1887) ho potuto studiare la strut- tura della ventosa. Come questi scolici sono abbastanza grandi, misuranti in media mm 21/2, le parti istologiche della ventosa sono meglio apprezzabili che quelle della piccolissima ventosa terminale dello S.p., ed ho potuto constatare, che essa ha la stessa struttura di quella di quesf ultimo, sia per i due sistemi esterni di fibre equa- toriali e meridiane sia per le fibre radiali. In alcuni individui che erano invaginati e che ho fatto mediante leggiera pressione svaginare, i botridii non erano ancora del tutto formati. Osservando a fresco un individuo di questo scolice si vedevano abbastanza distintamente partirsi dal fondo della ventosa dei fasci muscolari che come nello S. p. mi è parso si inserissero äuI dorso delle ventose. Negli scolici di Tetrabothridae disegnano pure questa ventosa il Wagener (1) ed il Van Beneden (1). Quest' ultimo trova che gli scolici di Tetrarhynchidae del Caranx trachurus, nei quali dal disegno che ne dà si vedono i botridii appena accennati, »les plus petites Scolex qui sont en méme temps les plus jeunes, montrent en avant les quatre ventouses autour du bulbe centrai« (1 pag. 147 pi. XV fig. 12, 13). Il Wagener figura nel capo di un giovane Echeneihothrium variabile 120 • Fr. Sav. Monticelli in mezzo ai pedicelli dei quattro botridii un corpo allungato (myzorhyn- chus Dies.) »mit gestieltem Stirnnapf, der mit besonderen Muskeln ver- sehen ist« e soggiunge »Bei größeren Thieren scheint er ganz resorbirt zu werden, nur einen kleinen Höcker noch darstellend« (1 pag. 85 tav. 22 tig. 279). I muscoli in numero di due, come li disegna il Wagener, par- tono dal fondo della ventosa terminale e vanno ad inserirsi alla base dei pedicelli dei botridii. È evidente che questi muscoli sono omologhi ai retrattori della ventosa terminale dello S. p. e per conseguenza alla muscolatura della faringe dei Trematodi. In individui adulti della stessa specie il Van Beneden descrive un bulbo centrale »très saillant« e situato nel mezzo dei peduncoli dei botridii e che è ordi- nariamente »sphèrique : mais quelque fois il s'allonge en forme de trompe et présente en avant une ouverture qui peut s'agrandir« (1 pag. 119). Se si guarda la figura che il Van Beneden dà dello Scolex di questa specie (1 pi. 3 fig. 2, téte du Scolex comprimée sous une lame de verre) si vede che il bulbo centrale rassomiglia ad una ventosa molto ridotta, e vi si scorge una striatura raggiata attorno all' orifizio che si assomiglia alla disposizione delle fibre radiali. In un Echeneiboth'ium minimum adulto il Van Beneden parla di un bulbo centrale «qui est situé au milieu des quatres appendices, en general peu prononcé« (1 pag. 115). Il Diesino riteneva questo bulbo con la sua apertura una bocca e spesso nei caratteri generici di molti Paramecocotylea (aprocta) e Cyclocotylea segna un »os terminale« ovvero »os in apice myzo- rhynchi« ed egli infatti ammetteva che tanto la ventosa anteriore degli scolici , quanto i rudimenti apparenti dei Cestodi adulti (come negli Echeneibothrium ed altri) fossero da riguardarsi la bocca dei Cestodi i quali sono privi secondo lui di »tractus cibarius«, e questo suo con- vincimento esprime così nei caratteri generali dei Cephalocotylea : »Die Mundölfnung befindet sich am Ende des Kopfes entweder un- mittelbar oder an der Spitze eines vorstreckbaren Saugrüssels mit einfachen oder doppelten Hakenkränzchen (2 pag. 558). Quale valore morfologico si deve attribuire alla ventosa termi- nale dello S. p.^ì Il Lang (2 pag. 398 — 399) ha notato che, considerando perduto nella AmpMlina il canale digerente e la faringe, la sua ventosa an- teriore, poco sviluppata del resto, per la presenza di glandule sali- vari e per la sua muscolatura, corrisponde alla ventosa boccale dei Trematodi, alla quale, per la presenza di rudimenti muscolari e di Contribuzioni allo studio della t'atiua olinintologica del golfo di Napoli. 121 glandole salivari, è anche paragonabile il rudimento di ventosa dei Tetrarliynchidae {A. clonc/atus , R. coroUatum) , e la ventosa termi- nale degli scolici liberi. Ora le mie osservazioni sulla struttura della ventosa terminale dello >S. p. e dello ».V. Pkìjllobothrii sp. simile a quella della ven- tosa boccale dei Trematodi e sulla presenza dei muscoli rappresen- tanti la muscolatura delle faringe e la permanenza di resti della prima e dei secondi nelle forme adulte di esso S. p. , danno maggior peso alle giuste deduzioni del Lang e stabiliscono ancor meglio il valore morfologico della ventosa terminale degli scolici liberi. Senza entrare in una lunga discussione, che sarebbe qui fuori posto, e riservandomi altrove di trattare largamente delle relazioni filogenetiche tra i Trematodi e Cestodi, farò alcune considerazioni che i fatti os- servati da me , messi in rapporto con quelli degli altri , mi hanno suggerite. E queste considerazioni danno nuovo argomento in favore delle relazioni, sotto altri punti di vista già trovate da altri, fra i Cestodi e Trematodi, le quali, come bene osserva il Minot (pag. 11), sono »even much closer than had been supposed«. U Amphilina folia- cea va certamente considerata una forma molto semplice di Cestode ed, astrazion fatta dalla ventosa anteriore, essa presenta tante ras- somiglianze con i Trematodi che prima era fra questi annoverata [Monostomum foliaceum). finché il Wagener (3) ed il Salensky (pag. 340) e specialmente quest' ultimo, non avessero dimostrato i rapporti che la sua interna organizzazione , molto simile a quella dei Botriocefali (apparecchio genitale) , presenta con i Cestodi. Ma se da uno lato essa accenna ai Cestodi, dall' altro il sistema ner- voso, secondo il Lang, è facilmente riducibile a quello dei Trematodi. Per queste considerazioni tutti gli autori son concordi nel vedere neir Amphilina una forma di passaggio fra Trematodi e Ce- stodi. Abbiamo quindi nell' Amphilina un Cestode di forma molto primitiva che è privo di organi adesivi (botridii o ventose) e non presenta ancora nessun accenno di divisione del corpo, e nello stesso tempo un Trematode molto ridotto, giacché oltre all' as- senza di tubo digerente , la ventosa boccale è già cosi rudimentale, che non serve neanche più a fissare l'animale, come quella dei Trematodi più semplici (Monostomidae , Distomidae)'. Ora questa 1 Molti autori considerano VAmphiptijches urna Grube e Wagener af- fino ai Cestodi per l'assenza di apparato digerente e per la presenza di una ventosa boccale paragonabile a quella di Amphilina, alla quale la ravvicinano, 122 Fr. Sav. Monticelli- condizione primitiva permanente di Amplnlina cioè di una ventosa anteriore paragonabile a quella dei Trematodi, ultimo residuo di un apparato digerente sparito, si ritrova transitorio nelle forme giovani di altri Cestodi. Infatti in questi non esiste traccia di apparato digerente , come nei Trematodi ; ma vi è a ricordarlo una ventosa terminale, omologa a quella di Amphilina. Questa ventosa è enorme- mente sviluijpata nelle più giovani larve nelle quali non vi è accenno di organi adesivi, tanto da farle, come ho notato che osservava I'Ols- SON, assomigliare ad un Monostomo^ e va riducendosi, come ho di- mostrato, a misura che si vanno sviluppando i cosi differenziati organi di adesione che si trovano negli adulti. Essa non rimane che sotto forma di rudimento nei Cestodi adulti, sia come fossetta anteriore, sia sotto forma di rudimento muscolare della faringe. E questa ven- tosa delle larve serve naturalmente, come quella dei Trematodi, a fissare lo scolice (finché mancano gli organi adesivi), fatto sul quale ho molto insistito. In breve, saremmo per tutti i fatti esposti indotti ad ammettere una forma ancestrale primitiva trematodiforme di Cestode fornita di bocca ed intestino, il quale, è a poco a poco scomparso per effetto del parassitismo. E ad attestare la presenza di questo intestino scomparso , vi è in alcuni Cestodi adulti, molto semplici, una ven- tosa boccale con le sue glandole salivari e la sua muscolatura, come condizione permanente (^^/^/?/«7^w«), ed in altri Cestodi: 1) allo stato larvale, in Cestodi meno differenziati , evvi una ventosa anteriore per struttura e funzione paragonabile alla ventosa dei Trematodi, con una muscolatura propria (scolici di Tetrabothridae : Call.^ Tetrah.^ Phyll.)^ ed in quelli i)iù differenziati (Tetrarhynchidae) un rudi- mento di ventosa sotto forma di fossetta [Anthocephalus elongatus), Le nostre conoscenze suU' AmpMptyches sono ancora molto incomplete e sarebbe necessario uno studio più accurato per poter ben determinare le sue vere rela- zioni con i Cestodi e con i Trematodi; ma per quanto si sa della sua anatomia, il ravvicinamento ai primi è abbastanza giustificato, solo \ Amphiptyches andrebbe considerata una forma ancora più semplice dell' Amphilina, perchè, se ben si considera la descrizione e le figure del Grube e Wagener, si vede chiaro che fatta astrazione dalla ventosa anteriore, rassomigliantissima per altro a quella dei più giovani scolici, dall' assenza di intestino e del sistema escretore più com- plicato assai che nei Trematodi e che accenna un poco a quello di Caryophyl- laeus, V Amjyhiptyches è ancora più vicina a questi che non ai Cestodi ; infatti senza molto sforzo di riflessione si vede che l'apparato genitale è facilmente riduci- bile per la sua disposizione ed il suo aprirsi all' esterno, alla forma tipica dei Trematodi digenetici ed il sistema nervoso è paragonabilissimo a quello dei Pistomidi e Monostomidi. Contribuzioni allo studio della fauna cimintologica del golfo di Naiìoli. 1 23 nel quale sboccano le piandole salivari , e rudimenti muscolari alla estremità dello scolice yAnt/i. elongutus e A)tt. rcptans)\ 2) allo stato adulto poi vi sono ora dei rudimenti di ventosa anteriore [C. corolla- tuììi, C. ßlicoUe, RJiynchoh. coroUatum) ^ ora delle glandolo salivari [Tetrahothrium lotigicoUe, Zschokke, ora dei rudimenti muscolari [Calliohoihrium e Tenie). A questa ipotesi dà appoggio il fatto che il Van Beneden (2 pag. 190), avendo osservato nel guscio di uova di Tenia dei pro- lungamenti, li dice paragonabili a quelli delle uova di Trematodi ectoparassiti e scrive che, se questi prolungamenti hanno un valore morfologico la loro presenza si spiegherebbe ammettendo che le forme ancestrali dei Cestodi avessero avuto delle uova costituite come quelle dei Trematodi ectoparassiti e che fissassero le loro uova a corpi sommersi e soggiunge »le fait que les oeufs de Bothrio- cephalus se développent daus l'eau et exigent des semaines ou des mois, pour donner naissance à une larve ciliée, vient à l'appui de cette hypothèse« '. Sistema escretore. Van Beneden è stato il primo a descri- verlo nello S. p. (XXXV. 10 pag. 72) ed a figurarlo nello S. rliombi maximi (XXI. 1 tav. 1 fig. 1 — 4, 2 tav. 6 fig. 14) e nello S. septae ofßcinalis (XXX tav. 1 fig. 7). Egli scrive »Les cordons, au nombre de quatre, longent le corps de chaque coté et se divisent en avant en dessous des lobules en formant des anses. En arriére ces quatre cordons vont aboutir à une sorte de cloaque dans lequel on distingue fort bien des contractions ; les parois se dilatent et se rapprochent comme dans les pulsations du coeur , et j'ai vu très- distinctement ce cloaque s'ouvrir a l'extérieur et livrer passage à de la sérosité. On ne distingue pas ces mouvements contractiles dans tous les individus : il faut quelque fois les chercher assez longtemps.« Il Wagener anche ne dà un disegno (XXI tav. 12 fig. 146 Gefäßsystem Srolex helones belones) e, secondo la sua figura, dei quattro canali longitudinali due sono più larghi e posteriormente 1 Anche io ho spesso osservato nelle uova dei Cestodi marini (Tetrabothridae) dei prolungamenti, come quelli dei Trematodi ectoparassiti e di alcuni endopa- rassiti, ora dai due poli del guscio come p.e. nel Phyllobothrium gracile, ora da un sol polo, alle volte brevi, p. e. nel R. ambiguum, altre assai lunghi, come nel- V Echeneihothrium sp. [myliobatis aquilae Wedl) ed in questa ultima specie il prolungamento più che paragonabile è del tutto simile a quello di alcuni Trematodi endoparassiti, cosicché all' aspetto le uova di E. sp. sembrano ap- partenere a questi ultimi. 124 Fr. Sav. Monticelli mettono capo nella vescicola pulsante, due sono più stretti, e vera- mente dal disegno non si rileva se sboccano o no nella vescicola pulsante. Nel capo i canali longitudinali nel ripiegarsi formano in- vece di un arco un' ansa. Lungo il tragitto i canali più larghi si sdoppiano, si ricongiungono formando alle volte delle piccole reti, per ripigliare poi il loro calibro ordinario verso l'estremità del corpo. I tronchi grossi sono congiunti fra loro, specialmente nella parte anteriore del corpo, da ramicelli secondarli, e spesso qualche ramicello si parte dai grossi tronchi per congiungersi ai tronchi più fini. Un altro disegno del sistema escretore dello S. p. è stato dato pure dal Wagenek nel suo S. cepolae ruhescentis (XIV fig. 96) . Anche I'Olsson ha osservato nello ^S". p. quattro canali longitudinali disposti a paia (XXXV. 16 No. 7 pag. 33). La vescica caudale è stata pure descritta e figurata dal Claparède (pag. 15 Taf. 5 Fig. 7). Recentemente il Fraipont ne ha data una descrizione più accu- rata [S. trygonis pastinacae XIX. 2 pi. 1 fig. 1, 2). Egli pure ha notata la differenza di calibro dei tronchi longitudinali, ed ha osser- vato che i due più larghi , nelF estremità caudale, sboccano nella vescicola pulsante e nella regione cefalica si ripiegano ad arco e diminuiscono di volume per ridiscendere fino alla estremità caudale dove si risolvono in una rete a maglie poligonali che circonda la vescicola pulsante. Chiama canali ascendenti i tronchi fini e canali discendenti i tronchi grossi; nega ogni anastomosi tras versa fra i canali longitudinali e nota, come già aveva disegnato il Wagener, che i tronchi grossi per certi tratti del loro decorso possono sdoppiarsi a formare delle »espèces de boutonnières« e che forniscono di tratto in tratto un rametto laterale »qui traverse la cuticule et met le canal en communication avec l'extérieur«; questi orifizii egli chiama fora mina secundaria. Secondo il Fraipont gli imbuti cigliati sono aggrup- pati da 10 — 30 ed hanno fini canalicoli i quali »se jettent les uns dans Ics autres et paraissent déboucher indifFéremment par un ou deux petits troncs« lungo il tragitto sia dei tronchi ascendenti che di- scendenti. Il PiNTNER (pag. 41) scrive a proposito del sistema escretore delle forme giovani dei Cestodi »Die vier Längsgefäße sind im Ju- gendzustande alle ziemlich gleich stark« e dice inoltre che i due canali situati ventralmente si allargano più tardi a spese di quelli situati dorsalmente. Ma le mie osservazioni sullo ^6'. p. confermano quelle del Wagener e Fraipont per la disposizione dei tronchi longitudinali e Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 125 per il loro difterente calibro (tav. 6 fig. 3, tav. 7 fig. 16 to, td)^ solo ho osservato in molti iudividui molto più frequenti e più complicati quelli sdoppiameuti dei tronchi discendenti, come vengono rappre- sentati dal Wagener, ma essi tendono a scomparire verso la regione caudale (tav. 7 fig. 16 dr). Dal lato esterno dei grossi tronchi discen- denti ho visto partirsi i canali di discarico ed arrivare alla cuticola dove si aprono all'esterno (foramina secundaria, tav. 6 fig. 3, tav. 7 fig. 16 ed) come bene ha osservato il Fraipont; e sono in grado di confermare pienamente quanto egli scrive in proposito, avendo visto con la più grande evidenza le contrazioni dei canali di discarico e l'uscita per mezzo dei foramina secundaria del liquido contenuto nella cavità del canale, il quale piglia la forma di una goccia che dap- prima resta aderente e poi si stacca dalla superficie della cuticola. Frequentemente ho osservato che lungo il tragitto dei tronchi discen- denti si partono un numero grande di ramicelli esterni che si suddivi- dono e si incrociano sicché pare di vedere la figura dello S. cepolae ruhescentis (XIV fig. 96) del Wagener. Alcuni di essi terminano a fondo cieco, altri si continuano nella cuticola per sboccare all' esterno (ca- nali di discarico, tav. 7 fig. 16 ré] riproducendo alquanto quelle figure a delta osservato dal Pintner nel Triaetiophorus nodulosus (pag. 25 tav. 3 fig. 2). Lungo il tragitto dei tronchi discendenti si incontrano pure non di rado ramicelli esterni isolati e terminantisi a fondo cieco (tav. 7 fig. 16 ree). Questi fatti osservati mi fanno dissentire dalle conclusioni del Pintner che sostiene non trovarsi nel sistema escre- tore dei Cestodi ramificazioni ad albero o tronchi a sacco (pag. 41). In alcuni scolici mi era parso che vi fossero le anastomosi disegnate dal Wagener {S. belones helones XVI fig. 146) fra i tronchi di- scendenti, massimamente nella regione della testa; ma un' osser- vazione più minuta mi ha dimostrato che, come dall' esterno si par- tono ramicelli, così pure dalF interno; questi sono sempre, come gli esterni, ma anche più, limitati alla regione anteriore del corpo dello scolice e presentano costantemente l'aspetto di spine e, come alle volte si trovano quelle di un lato corrispondere a quelle dell' altro, io aveva creduto ad un anastomosi fra i grossi tronchi (tav. 6 fig. 3, tav. 7 fig. 16 rs). Questi ramicelli interni erano stati pure intravvisti e diseguati dal Wagener nello *S'. cepolae ruheseentis (XIV fig. 96'). 1 Nella fig. 129 della tav. 10 Scolex? Il Wagener (1) disegna pure e più chiaramente questi rametti a forma di spina. Questo scolice non ho messo 126 Fr. Sav. Monticelli Nella testa, i g-rossi tronchi discendenti si impiccioliscono e si dispongono ad arco per formare i tronchi ascendenti: non ho mai osservato come ha figurato il Wagener un' ansa vera, ma una sola volta ho visto dal lato destro della testa che l'arco non era com- pleto ma si ripiegava nel mezzo. I tronchi discendenti sono sinuosi assai e descrivono anse e curve molto caratteristiche lungo il loro tragitto: essi si contraggono ritmicamente dal capo verso la estre- mità caudale del corpo e trasmettono le loro contrazioni ai canali di discarico i quali ricevono l'onda di contrazione che si estende da dentro in fuori per tutta la loro luoghezza, come osservava il Fraipont. Neil' interno dei tronchi ascendenti si trovano spesso delle granulazioni. I tronchi discendenti sono ripieni dì corpuscoli calcarei variabili assai per forma e dimensione, ora ellittici, ora e più co- munemente sferici, ora grandi, ora piccoli, ora isolati, ora infine rag- gruppati a formare delle piccole masse informi (tav. 7 fig. 24 e 35 re). Questi corpuscoli sono molto simili a quelli descritti dal Fraipont (1 pag. 431 pi. 18 fig. 21) nei rami secondarli dei grossi tronchi del sistema escretore del Diplostomum volvens. Anche quelli dello S. p. , come questi descritti dal Fraipont, possono trovarsi frazionati in quattro ed in più parti come tanti spicchi. Il Fraipont si doman- da se «ces cassures sont-elles exclusivement le résultat de la com- pression du couvre-objets , ou se produisent-elles naturellement« e dice d'ignorarlo. Le mie osservazioni su simili corpuscoli molto grandi ed appariscenti che si trovano nella vescicola pulsante di una Cercaria marina, che in un prossimo lavoro illustrerò, mi per- mettono di assicurare che il frazionamento dei corpuscoli calcarei è un fatto tutto meccanico, perchè si avvera solo quando si opera una certa pressione sul copri-oggetti, ed è naturale che essendo quelli del Diplostomum molto piccoli, sia sufficiente a determinare il fra- zionamento la solo pressione del copri-oggetti. II Fraipont (2 pag. 41) sostiene che i tronchi discendenti hanno pareti non contrattili; in vero in essi non si possono scorgere le onde di contrazioni cosi evidenti come nei tronchi discendenti; ma ho potuto osservare un movimento ondulatorio costante in tutta la loro lunghezza per il quale il liquido contenuto veniva spinto verso I fra i sinonimi dello S. p., perchè i caratteri che presenta il disegno non sono tali da permetterlo : ma visto la peluria del corpo e qualche cosa anteriormente che potrebbe rappresentare la ventosa terminale contratta o invaginata, penso che forse debba trattarsi pure dello S. p. Contribuzioni allo studio della fauna ohnintolosica del golfo di Napoli. 127 il capo trasportando i corpuscoli che vi si trovavano. Questo cammino ascensionale dei corpuscoli ho visto molto chiaramente in uno scolice al quale s'era staccata accidentalmente la testa con la pressione operata sul copri-og-getti. In esso i tronchi ascendenti del corpo continuavano a muoversi ed io potetti seguire i corpuscoli i quali uscivano uno dojìo l'altro dalla parte aperta dei tronchi ascendenti. I tronchi ascendenti, come ha osservato il Fraipont, si risolvono in un fine reticolo a maglie grandi che circonda la vescicola pul- sante. Quesf ultima, per lo più, è allungata, tubolare (vedi figura del Fraipont) ma varia di forma a seconda che le sue pareti si dila- tano 0 si contraggono nel modo che ha bene descritto il Van Beneden (1). In questa sboccano direttamente i vasi discendenti. Questi fatti sono in contraddizione con le conclusioni del Pintner (pag. 41) che sostiene nelle forme giovani i quattro tronchi sboccare tutti nella vescicola caudale contrattile. Usando forti ingrandimenti (— r^— ; — nuovo sistema = 1125) ho ° ^ ob. 4 m ' potuto vedere sparsi lungo tutto il tragitto dei gruppi di imbuti cigliati, come li descrive e figura il Fraipont nel suo S. trygoìiis pastinacae, i quali per mezzo dei loro canalicoli si immettevano l'uno neir altro , e sboccavano nei tronchi ascendenti (tav. 7 fig. 16 cai) : non ne ho visto sboccare nei discendenti, come afferma il Fraipont. Gli imbuti sono piccolissimi ed il fiocco vibra rapidissimamente; ma non ho potuto scorgere la cellula tettoria dell' imbuto (tav. 7 fig. 16 ic, fig. 28». Nei Calliohothrium adulti {corollatum^ Dujai'dinii, ßlicoUe), come già il Van Beneden aveva osservato nel C. corollatum (1 pi. 9 fig. 9), ho notato nel collo e nello scolice, tanto a fresco che sopra serie di sezioni, la differenza di calibro dei vasi longitudinali che ho descritta e disegnata nello S. p. ; ciò contrariamente a quanto dicono il Pintner (pag. 22 tav. 1 fig. 1, 2, 3, 6) e lo Zschokke (3 pag. 165) che sosten- gono, il primo per il suo AcantJwhothrium [Calliobothrium) corollatum della Torpedo, ed il secondo in generale, che i quattro vasi hanno nel capo lo stesso diametro. Il Pintner (tav. 1 fig. 2, 3, 6) anche nel collo delle specie da lui osservate disegna i quattro tronchi dello stesso calibro. In nessuna specie da me osservata ho potuto scorgere nella testa quelli sdoppiamenti dei tronchi longitudinali, come avviene nei tronchi discendenti dello *S'. p.^ che formano le cosi dette isole disegnate e descritte dal Pintner nella testa dell' A. corollatum (pag. 22 tav. 1 fig. 1, 2j. 128 Fl'- Sav. Monticelli Nei Calliohothrium eorollatutn, Duj ardimi^ ßlicolle, Leuckartii e verticillatum non esistono anastomosi di sorta fra i grossi tronchi nella regione dello scolice, come già ha osservato il Pintner nel C. verticilla- tum. Lo ZscHOKKE (3 pag. 1 64) ha accennato una forma più compli- cata che s'incontra nel C. uncinatum. In questa specie si trove- rebbe »ein die vier Hauptstämme verbindender Gefäßring im Scolex«. Ordinariamente nei Calliohothrium i vasi di calibro più grosso sono più esterni, mentre quelli di minor calibro sono disposti inter- namente a questi, riproducendo la stessa disposizione che si trova nello S. p. In generale i tronchi longitudinali dei C. adulti per la dispo- sizione, per il decorso e la differenza di calibro nella testa e nel collo, ad eccezione del C. uncinatum^ ricordano perfettamente quelli dello S. p. Anche negli adulti non mancano i foramina se- cundaria che ho descritti in quest' ultimo, perchè in un gio- vane C. ßlicolle della Torpedo, con pochissime proglottidi imma- ture (tav. 6 fig. 9), lungo il collo, in vicinanza del capo, dal tronco longitudinale più grosso (tronco discendente) ho visto che esterna- mente, a grandi intervalli, partivano dei piccoli rametti (canali di discarico) i quali sboccavano all' esterno per mezzo di forametti (foramina secundaria), come appunto avviene nello S. p. e come il Fraipont (2 pag. 10 e 18) ha desoi'itto e figurato nella parte anteriore del capo del Tetrarhynclms tennis e nelle proglottidi di Bothrio- cephalus punctatus., ed il Pintner (pag. 25 tav. 3 fig. 2) nel Triaeno- phoriis nodulosus. I canali ascendenti di questo giovane C. ßlicolle, verso le ultime proglottidi non erano più visibili; per lo contrario i grossi tronchi discendenti si continuavano fino nella ultima pro- glottide ; non ho potuto scorgere una vera vescicola terminale, ma pareva essi si fondessero insieme (tav. 6 fig. 9). Probabilmente essi, come ha osservato il Fraipont nel B. punctatus , formeranno un reticolo e sboccheranno all' esterno a mezzo di numerosi canali di discarico. Sistema nervoso. La disposizione e la struttura del sistema nervoso, secondo lo Zschokke (1 pag. 137), è la stessa nelle due forme S. p. q Calliohothrium. Osservando una serie di ben riuscite sezioni trasversali àiS.p., ho potuto seguire la disposizione del sistema nervoso. Il cervello è situato all' altezza della metà anteriore dei botridii (tav. 7 fig. 3) ed al disotto della ripiegatura cefalica dei grossi ti'onchi del sistema escretore, come hanno osservato il Niemiec e lo Zschokke nel C. Coütribiizioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Naiioli. 129 corollatum e C. ßiieollc. Secondo quanto ho potuto ricavare dalle piccolissime sezioni, il sistema nervoso dello S. p. parmi constare di due rigonfiamenti laterali riuniti da una larga commissura tras- versale, cervello itav. 7 fig. 3, 10 C, rf, cnt). Dai rigonfiamenti laterali si originano le grosse fibre nervose laterali (tav. 7 fìg. 3 w', n). Non ho potuto vedere le altre fine fibre nervose le quali, secondo il Niemiec (3) , accompagnano i fasci nervosi principali nel C. corollatum^ e neanche la commissura poligonale al disotto del cervello descritta in quest' ultima specie e nei piccoli Cali, della Torpedo dallo stesso autore (pag. 33 , 35) . Per la estrema sot- tigliezza loro non mi è riuscito poter seguire i nervi laterali lungo il corpo dello S. p. Nella parte superiore del cervello ho scorto delle proeminenze o piccoli prolungamenti della massa nervosa che ricordano le quattro proeminenze di cui parla il Niemiec (3 pag. 35) nei piccoli di C. corollatum della Torpedo, e che sono le origini dei nervi della testa e devono riguardarsi omologhi agli otto nervi che partono dalla parte superiore del cervello di C. corollatum , dei Tetrariuchidi e delle Tenie (tav. 7 fig. 3 ne). Non ho potuto ve- dere i nervi dei botridii; solo in un punto (lateralmente) della massa nervosa ho visto una specie di proeminenza, che suppongo sia l'ori- gine di un nervo dei botridii. Quanto a struttura istologica, il cervello dello aS'. p. non differisce da quello degli altri Cestodi, e specialmente è molto simile a quello di C. corollatum. Esso è fatto di una massa granulosa nella quale si tro- vano le fibre nervose e le cellule nervose (tav. 7 fig. 10 cn). Queste ora bipolari, ora unipolari mostrano chiaramente dei prolungamenti che si perdono nelle fibre nervose della massa del cervello (tav. 7 fig. 18). Queste cellule si trovano abbondare — come del resto è stato notato in generale nei Cestodi, ed il Niemiec (2 pag. 32) ha osservato nel C. corollatum^ ed anche io in questa specie e nel C. filicolle — nel centro della commissura nervosa, e lì appunto ho potuto vedere le belle cellule che ho disegnate. Le cellule ganglionari dello S. po- lymorphua sono somigliantissime a quelle disegnate dal Niemiec nel C. corollatum (3 pi. 2 fig. 13) ed a quelle del C. filicolle, secondo le mie osservazioni. Quanto a forma generale, il sistema nervoso dello «S'. p. non differisce essenzialmente da ({uello dei Calliohothrium, ma rassomiglia più a (Quello dei giovani C. corollatum della Torpedo, descritto dal Niemiec (3) ed a quello di C. filicolle. Parenchima. Corpuscoli calcarei. Nel parenchima che non offre nessuna particolarità importante quanto a sua struttura, si tro- Mittheilungcn a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. " 130 Fr. Sav. Monticelli vano i corpuscoli calcarei che, come ben notava il Claparède, sono sempre numerosissimi. Essi sono uguali presso a poco in gran- dezza, quantunque variabilissimi per forma. Alcuni sono elissoidi, altri rotondeggianti ; or si mostrano trapezoidali , ora di forme irre- golari. Alcuni sono chiari trasparenti, altri presentano un contorno fortemente colorato in bruno, altri infine hanno aspetto granuloso (tav. 7 fig. i;}). In mezzo a questi grandi corpuscoli calcarei vi sono degli altri corpuscoli molto più piccoli e che si riconoscono solo con forte in- grandimento. Ho osservato questa differenza di corpuscoli anche in un giovane C. coroUatum dello Scyllium canicula ed in questo i grossi corpuscoli calcarei avevano colore giallognolo. Le macchie rosse che si scorgono nel capo dello S. iì. e che sembrano fatte di granuli di diversa grandezza aggruppati insieme, non sono superficiali, ma si trovano allogate nel parenchima e si scorgono quindi per trasparenza. Esse sono formate di corpuscoli a netto contorno che il Wagkner diceva »dick und schwarz« (1 pag. 11) simili assai ai corpuscoli calcarei ai quali sono frammisti. Alcuni sono più, altri meno intensamente colorati : i primi sono sempre per grandezza quasi uguali ai corpuscoli calcarei, i secondi sono piccoli, piccolissimi e sembrano, visti a piccolo ingrandimento, quasi flocculi rossi. La forma di questi corpuscoli rossi è variabilissima, sferici, ellittici, strozzati nel mezzo, ecc. (tav. 6 fig. 10). Osservandoli attentamente e con forte ingrandimento, essi si mo- strano come dei corpi solidi colorati in rosso da una sostanza di aspetto grasso e spesso il corpo nella regione delle macchie rosse, frammezzo i corpuscoli rossi, transluce di un colore roseo. Immer- gendo lo scolice neir alcool, le macchie rosse scompaiono. In giovani C. coroUatum (scolici^ col collo allungato, terminato a punta e privo di proglottidi) ho notato esistere le stesse macchie rosse che nello S. p.\ esse non erano così circoscritte come in questo, ma erano diffuse lungo tutto il collo e ciò, perchè i corpuscoli co- lorati non erano insieme aggruppati, ma numerosi e si spandevano lungo il collo. Questa diffussione delle macchie rosse dava un color roseo al collo ed anche i grossi tronchi del sistema escretore trans- lucevano di roseo. Questa mia osservazione confermerebbe l'asser- zione del Wagener che scrive, che l'intensità e grandezza delle mac- chie rosse »scheint in den Entwicklungsperioden, wenn das Thier 1 Come quello disegnato dal Van Beneden (1 tav. 9 fig. 8). Contribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 1 3 I im Begriff ist, seiue Form zu ändern, den höchsten Grad 7A\ er- reichen«. Nei C. corollatum adulti, i botridii sembrano colorati in giallo e specialmente il loro margine libero, cosi che paiono orlati di giallo. Questa colorazione dei botridii, che non ho mai osservata nel C.ßli- roUc, uè negli altri C. , è dovuta a corpuscoli di natura identica a ([uelli delle macchie rosse, solamente il colore della sostanza colorante, che anche qui ha l'aspetto grasso, è diverso. Anche della stessa na- tura mi pare la macchia giallastra che si trova nel collo dei giovani Echinohothrmm fi/pus Van Bened. e che sparisce negli adulti. Le macchie rosse nella regione del capo si trovano anche in molte larve di Cestodi marini (scolices) ed in Cestodi adulti (Dibothridae, Tetra- bothridae, Tetrarhynchidae) . Il Wagener ha disegnato una macchia rossa alla base del collo del suo C. corollatum della Torpedo (XXXVI tav. 21 fig. 260), ma io non ho potuto osservarla in nessuna specie di CalUobothrium. In tutti gli scolici liberi che ho trovato posse- dere le macchie rosse, le ho studiate attentamente e cosi ho fatto pure per quelle dell' EcMnohotìirmm typus Van Bened. e del Di- hothriorhyncJms macuìatus Dies, ed ho visto che esse sono sempre della stessa natura cosi nelle larve, come negli adulti. Solo negli scolici liberi, come ben notava il Wagener (1 pag. 1 1) e come ho potuto confermarlo in molti scolici trovati nei Teleostei del golfo, le macchie rosse sono in numero di due e simmetricamente disposte ai lati del capo ed a livello della metà posteriore dei bo- tridii (p. e. S.p.), e qualche volta esse confluiscono fra loro nel mezzo del capo, cosicché paiono una sola macchia, come ho visto in uno *S'. p. e nello -S". Phyìlohothrii sp. di cui ho fatto cenno nel parlare della ventosa terminale. Nelle forme giovani di Cestodi prive di proglot- tidi, queste macchie rosse si estendono per tutto il collo (C. corolla- tum)^ 0 si trovano solo alla base del collo [E. typus Van Bened.). In alcune larve di Tetrarhynchidae si trova invece una sola grande mac- chia irregolare più o meno estesa al disopra o al disotto dei retrattori delle proboscidi. Secondo il Wagener anche il colorito del collo del Tetruhothriorìiynchus elongatus (larva) è dovuto a grande esten- sione delle macchie rosse (1 pag. 79, 81, 82 tav. 15 tig. 194—197, 225, 230, 231). Negli adulti questa unica macchia rossa si trova 0 alla base del collo (C. corollatum della Torpedo secondo Wagener) 0 alla metà del collo (Tetrarhynchidae Wagexer 1 pag. 83 fig. 252, 254) 0 infine nelle prime proglottidi, come ho osservato nell' E. typus Van Bened. 9* 132 Fr. Sav. Monticelli Quantunque esìstesse dubbio sul modo di considerare le macchie rosse, tutti però le ritenevano di natura pigmentaria, cosi il Siebold (pag-. 214), il WAC4ENER (1 pag. 12) ed il Van Beneden (1 pag. 72). Le mie osservazioni non mi permettono di poter asserire che le mac- chie rosse sono di natura pigmentaria : esse in vero mi fanno pensare che siano prodotte da una sostanza liquida colorata in rosso, solubile in alcool, probabilmente grassa, che impregna i corpuscoli calcarei del parenchima, la quale, limitata negli spolici liberi, è più abbondante in certi periodi di sviluppo e sparisce o ne rimangono semplici traccie or più, or meno evidenti ed irregolarmente disposte negli adulti^. Molti elmintologi considerarono le macchie rosse dei Cestodi come gli occhi ed il Van Beneden scriveva a proposito di quelle dello S. p. »ce soni évidemment les yeux« (XXXV pag. 72). Secondo il Wagener, il Siebold e stato il primo a mostrare la »Unhaltbar- keit dieser Ansicht«, ma pur tuttavia TOlsson (pag. 32) le chiama macchie oculari, il Siebold (pag. 214) medesimo nella descrizione dello /S'. p. »sog. Augenpunkte« ed il Leuckart (pag, 471) »sog. Augenflecke«. A prima giunta anche io sono stato indotto a credere che le macchie rosse dei Cestodi potessero rappresentare le macchie pigmen- tarie oculari dei Trematodi e fossero da paragonarsi a quelle delle larve (Cercarie) di alcuni Trematodi digenetici. Ma da una parte la loro natura assai differente da quella delle macchie pigmentarie ocu- lari dei Trematodi che io ho })otuto largamente studiare in una sorta di Cercaria marina e che secondo il Lang (1 pag. 41) nei Trematodi monogenetici sono munite di veri corpi rifrangenti e che recenti ri- cerche vogliono paragonabili agli occhi delle Planarie (Carrière pag. 25), dall' altro lato la considerazione che queste macchie rosse pos- sono mancare nelle larve, e non sempre si trovano circoscritte al capo solamente, ma, come ho innanzi detto, possono trovarsi financo nelle prime proglottidi, tutti questi fatti dico, mi hanno indotto ad esclu- dere che le macchie rosse potessero rappresentare le macchie oculari dei Trematodi. Escluso questo ravvicinamento, io debbo confessare che non sono riuscito a decidere se si debba o no attribuire valore morfologico alle macchie rosse, e nel caso affermativo quale valore esse possano avere. 1 Farò notare qui che il Wagener a proposito del Tetrarhynclms bicolor che aveva trovato tutto colorato in rosso, scrive : »Indessen kann auch diese Farbe von fettartigen Tröpfchen unter der Haut wie bei den Echinorhynchen herrühren. Ähnliche Tröpfchen machen Tetraihynchus viridis giiin.« Contribuzioni :illo studio dell.i f;iuiia clmintologica del golfo di Napoli. 1 33 Sistema teguineutjirio. Cuticola. La cuticola dello S. 2^. ò molto sottile e consta di due strati, uno superficiale, che si mostra più scuro nei preparati colorati con carminio boracico ed un altro più i)rofondo e più trasparente. Essa, come ho notato nella descri- zione esterna dello S. j}.^ è rivestita tutta di piccole appendici che hanno l'aspetto di peli (tav. 7 fig. 20, 34 et, ps). Queste appendici non hanno movimento, ma sono rigidamente impiantate nella cuticola e rivolte con la punta verso l'estremitcà caudale dello scolice. Esse sono appunto dei peli setolosi rigidi somigliantissimi a quelli descritti dal PiNTNER (pag. 53 — 54 tav. 5 fig. 3, 4) nella cuticola del TetrarJtynchus ìom/icollis : alla base sono larghi, molto ristretti all' apice; hanno mar- gini ben limitati, ed osservati a fresco hanno figura conica (tav. 6 fig. 4). Nelle sezioni si vedono rivestire la cuticola della cavità della ventosa ; essi sono saldamente impiantati nella cuticola della quale evidente- mente devono riguardarsi una appendice. Nelle sezioni tangenziali dello S. p. si osserva che la cuticola è finamente striata (tav. 7 fig. 23 òYr), come è stato osservato in altri Cestodi. Essa secondo le mie osservazioni è molto più spessa nel C. coroUatum che nel C. filicolle e C. Dujardinii. Nel primo essa consta di tre strati : il primo inferiore poco spesso e poco colorato, il secondo assai più spesso e colorato poco intensamente , l'ultimo, il più esterno, più spesso del primo e meno del secondo, colorato intensamente (questo si osserva bene in preparati fatti con la ematossilina , tav. 7 fig. 21 et 1, 2, 3). Nel secondo invece, giusta le osservazioni dello Zschokke (in litteris) che ho trovato completamente giuste, consta di due strati solamente. La cuticola dello S. p. per la sua sottigliezza si avvicinerebbe a quella del C. filicolle e C. Dujardinii e , per la presenza dei due strati solamente, più a quella del primo, che del secondo (tav. 7 fig. 20, 34 et). Nei Calliohothrium adulti, Zschokke ha trovato che la cuticola del C. uticinatum porta »eine äußere Bekleidung von Borsten« (3 pag. 1 63) . Nel C. filicolle, osservato a fresco, cosi in giovani indi- vidui, come in adulti e ben sviluppati e forniti di molte proglottidi, ho visto che la cuticola di tutto lo scolice e della strobila è fornita di peli setolosi della stessa natura, forma e disposizione di quelli che ho testé descritti nello S. p. Questi peli nelle sezioni si mostrano anch' essi come un' appendice dello strato superficiale della cuticola. Nel C. verticìUatum osservato a fresco e sulle sezioni si vede chiaramente sulla cuticola un rivestimento di peli rigidi setolosi della stessa natura di quelli testò descritti, ma più piccoli; questo 134 l''- Sav. Monticelli rivestimeuto è limitato solamente alla faccia posteriore libera dei bo- tridii ed all' asse del capo nel punto dove non aderiscono i botridii. Nel C. coroUatum^ nel C. Leuckarlìi e nel C. Dujardinìi non ho osservato simili produzioni della cuticola; ma nelF Echinobothriiim typus tutta la cuticola dei botridii è rivestita di peli setolosi forti e grandetti e ciò ci osserva benissimo cosi a fresco come su sezioni della testa La natura, disposizione e rigidità di questi peli setolosi fa chia- ramente vedere come essi sono una produzione della cuticola ed esclude che si possa trattare di ciglia vibratili delle quali qualche autore ha creduto provvista la cuticola dei Cestodi. Essi per la loro forma a cono mi richiamano alla mente lo schema al quale il Leuckart riduce tutte le appendici della cuticola, cioè »einer kegelförmigen kleinen Tüte«, e penso che i peli setolosi sono anch' essi senza alcun dubbio da riferirsi a questo schema e sono quindi da considerarsi come una forma semplicissima di uncini. I peli setolosi testé descritti sono quindi una condizione tutt' af- fatto normale e per nulla paragonabili alle apparenti appendici che si scorgono nello strato più esterno della cuticola di molti Cestodi. come or ora dimostrerò. Sommer e Landois (pag. 11 — 13 tav. 7 fig. 1; tav. 8 fig. 3) hanno osservato che la cuticola dei Cestodi è finamente striata e queste strie disposte l'una accanto all' altra parallelmente e perpen- dicolarmente alla superficie del corpo sono dei poro e anali. Altri autori hanno confermato questa osservazione del Sommer e del Lan- dois, ed il Leuckart (pag. 361) specialmente insiste sulla importanza di questi porocanali nelle funzioni di assorbimento della pelle dei Cestodi. Il Sommer e Landois e specialmente lo Schiefferdecker (pag. 461 — 467) hanno osservato che la voluta cigliatura della pelle dei Cestodi sarebbe stata fatta dij fili protoplasmatici che partivano dal tessuto sottostante alla cuticola e traversavano i porocanali per uscire all' esterno. Anche lo Steudener (pag. 6 — 7 tav. 18 fig. 3, 4) descrive e disegna dei prolungamenti protoplasmatici a guisa di ciglia nel Triaenophorus nodulosus ^ e nella Taenia mediocanellata ; ma queste osservazioni sono state dimostrate false dal Leuckart (pag. 363) il quale ha provato la non esistenza dei fili protoplasma- tici e che le »Härchen« e le »Cilien« di Schiefferdecker e Steu- 1 A giudicare dalla figura 4. io sarei tentato di paragonare queste ciglia del Triaenophorus ai peli setolosi da me descritti. Contribuzioni allo studio (Iella fauna eliuintologica del golfo di Napoli. 135 DioNER sono da attribuirsi a divisione dello strato superficiale della eutieola in fibrille: fatto che viene prodotto dalla distensione delle jìrog'lottidi. Il PiNTNER (pag. 55) scrive che in tutte le specie di Cestodi da lui osservate non ha trovato dei porocanali scavati nella cuticola, e che »alle porenartigen Gänge und anderweitigen Hohlräume, die man in derselben allerdings nicht allzu selten vorfindet, tragen untrügliche Kennzeichen künstlichen GefUges an sich und sind auf Verletzungen beim Einbetten und Schneiden zurückzuführen«. Dalle parole deir Hamann (pag. 721) si rileva che egli pare dubiti della esistenza dei porocanali nella cuticola della Taenia lineata Goeze, perchè egli cosi si esprime : »Die zweite Schicht der Cuticula erscheint von feinsten parallel zu einander verlaufenden, zur Oberfläche senkrechten Strichelchen durchsetzt. Dies sind die so- genannten Porenkanälchen.« Nel C. corollatum^ in sezioni co- lorate con ematossilina, ho visto a mediocre ingrandimento che lo strato superficiale, esterno della cuticola presentava delle intaccature (tav. 7 fig. 1 5 et) che rassomigliavano [perfettamente a quelle disegnate dallo ScHiEFFERDECKER (tav. 10 fig. 6) c alle »feinen körnigen Pro- toplasmafädchen« della fig. 1 , tav. 7 del citato lavoro del Sommer e Landois (vedi pure Leuckart pag. 362) ; e nello strato medio della cuticola ho visto una striatura irregolare che dapprincipio cre- detti fosse prodotta dai porocanali ; ma osservando la cuticola a forte ingrandimento e con obbiettivo ad immersione (Y12) mi sono accorto che le intaccature dello strato esterno si continuavano con le stria- ture dello strato medio e queste striature altro non erano che dei vuoti canaliformi della cuticola, i)aralleli, ondulati e irregolari, ed alcuni si arrestavano a metà, altri alla estremità dello strato medio della cuti- cola, altri infine appena intaccavano lo strato profondo; non ne ho visti arrivare fino allo strato sottocuticolare (tav. 7 fig. 21 et, si). Al- laspetto parevano delle screpolature della cuticola, e tali io ritengo che sono e non porocanali e ciò, perchè questi canali non giungono alla subcuticola, perchè sono irregolari e a contorni ondulati e perchè infine sono più larghi nello strato esterno della cuticola, che è il più vecchio, e vanno man mano restringendosi nello strato medio — carat- teristiche queste che dimostrano chiaramente essere tali canali , non una disposizione normale, ma un effetto di screpolatura della cuti- cola più esterna, che sì estende allo strato medio, probabilmente pro- dotta dal contrarsi ed allungarsi del corpo del Cestode, 0 fors' anco dalle manipolazioni che si fanno subire al Cestode per poterlo sezionare. 136 Fr. Sav. Monticelli Le mie osservazioni sul C. corollatum^ messe in rapporto con le conoscenze che finora si hanno della struttura della cuticola, mi fauno dubitare della esistenza di porocanali e mi indurebbero a ne- garla addirittura e a conchiudere che le intaccature dello strato più esterno, sotto qualunque forma si presentino (filamenti, bastoncini ecc.) come la striatura a canali degli strati inferiori, sono nient' altro che produzioni artificiali e non normali. Subcuticola. Sotto la cuticola si trova lo strato subcuticolare, strato ipodermico, o delle così dette ))Matrixzellen«. Queste cellule non sono nettamente fusiformi nello S. p., come quelle osservate in altri Cestodi e disegnate recentemente molto bene dallo Hamann nella Taenia lineata (pag. 271 tav. 2 fig. 8) e che ho osservate anch' io nei Bothriocephalus rugosifs, ìnaìis e microcephalus^ ma ordinariamente sono triangolari, spesso irregolarmente allungate^ o sono più larghe che lunghe, ed alle volte presentano dei prolungamenti (tav. 7 fig. 20, 23, 34 ci] che pare si aj)profondino nel parenchima. Nelle sezioni così trasversali che longitudinali, si possono bene scorgere questi diversi aspetti delle cellule della subcuticola. Esse hanno nuclei distinti che si colorano con carminio, ma non uniformemente, e spesso nel loro mezzo si scorgono dei grossi granuli aggruppati insieme, e più intensamente colorati, ed un protoplasma finamente granu- loso; sono, relativamente alla piccolezza dello S. />., grandi assai e s'assomigliano un poco a quelle disegnate da Pintner nel capo del Tetrarhìjnchus longicoUìs (pag. 56 tav. 5 fig. 3 e 4), ma non ho potuto osservare nelF interno di esse quei vacuoli che in queste ul- time ha trovato e descritto il Pintner. Fra una cellula e l'altra si vedono frequentemente degli spazietti che variano di dimensione e che si osservano bene tanto nelle sezioni trasverse che longitu- dinali e tangenziali (tav. 7 fig. 20, 23, 34). In queste ultime le cellule si mostrano rotondeggianti ed a contorni irregolari. Non sono alieno dal pensare che i diversi aspetti delle cellule, come gli spazii che tra queste intercedono, possano attribuirsi all' azione dei reagenti adoperati (Sublimato, Alcool, Acido osmico) e più probabilmente, come accenna il Pintner, allo stato di contrazione o di estensione del corpo che determina il riavvicinamento o l'allontanamento delle cellule. Infatti queste cellule che molti autori ritengono di tessuto con- giuntivo' possono anche trovarsi luna accanto all'altra come è stato 1 Schneider pag. 69, Kindfleisch pag. 139—140, Roboz pag. 266—267, !KART Ttiis. 36Ü. Hamann nae-. 721. Leuckart pag. 360, Hamann pag. 721 Contribuzioui allo studio della fauna olmlutolof;ica del golfo di Najìoli. | ^"^ descritto in altri Cestodi; ed il Pintneu stesso ba disegnato nel me- desimo Tctrarhynchus longicolUs delle cellule della subcuticola tanto vicine l'una all' altra clie scrive: »So erhält man ein Bild, das alle charakteristischen Merkmale eines Epithels in sich vereinigt« (pag. 56 tav. 5 fig. 3, contrahirt fig. 7). Nel Dihothnorhyuchus gracilis v. Be- ned., auch' io ho osservato delle cellule subcuticolari simili assai a queste descritte dal Pintner, disposte l'una accanto all' altra e che ])cr la forma ricordano molto le cellule caliciformi dell' esofago di una rana, beninteso senza le ciglia, e che davano alla subcuticola tutto l'aspetto di un epitelio. In queste cellule (tav. 7 fig. 36 ci] erano evidentissimi i vacuoli descritti dal Pintner. Le cellule della subcuticola del collo del C. filkoUe osservate con forte ingrandimento fobb. imm. 1/12) sono piccole e disposte molto fittamente l'una accanto all' altra: quanto a forma ricordano quelle dello S. p. e del Dibothriorhynchus gracilis^ ma sono alquanto più ristrette e posteriormente terminano a punta di fuso; sono frequenti anche in queste cellule dei prolungamenti posteriori i quali pare si continuano nel parenchima sottostante. Le cellule hanno aspetto gra- nuloso ed un nucleo distinto e grande relativamente alle dimensioni della cellula stessa, che si colora uniformemente in rosso col carminio. Nel C. coroUatum le cellule della subcuticola sono anche esse molto piccole e nettamente fusiformi, come ho potuto osservare cosi in sezioni longitudinali che trasversali (tav. 7 fig. 2J, 22 ci). Il loro nucleo è grande e si trova ordinariamente nel mezzo della cellula che ha aspetto granuloso. Nel T. longicoUis Pintner ha osservato delle cellule epiteliali simili a quelle della subcuticola, approfondate nel parenchima, che per la loro forma di sacco assomigliano alle glandole unicellulari della pelle, ma egli non è riescito a vedervi un dotto escretore. Anche I'Hamann ha osservato sparse per tutta la superficie della proglottide di T. lineata delle formazioni a sacco od a fiasco che egli dice ricordare, senza volerlo, le cellule glandulari, ma si astiene dal designarle come tali per la mancanza di nucleo. Probabilmente queste formazioni sono omologhe alle cellule del Pintner del T. longicolUs. Nello *S'. p. non ho potuto scovrire niente di simile, come pure nelle mie preparazioni di CaUiohothriuni'^2idiVi\\\. La conoscenza più completa dello sviluppo dei Cestodi ci permetterà meglio di quel che consen- tano le osservazioni fatte finora di apprezzare la natura vera, e di queste cellule di apparenza glandolare e delle cellule subcuticolari, e in- oltre di decidere se queste ultime, come generalmente vien creduto 138 !'>• Siiv. Monticelli da molti osservatori e più recentemente dal Hamann (loc. cit.), sono o no da considerarsi destinate a produrre lo strato cuticolare. Muscolatura del corpo. La muscolatura del corpo segue nello aS*. 7J. come nei Calliohothrhim^ inmiediataraente lo strato subcutico- lare. Essa ricorda molto quella dei C. filkolle e C. coroUatum adulti. Le fine fibre muscolari longitudinali possono bene vedersi nelle se- zioni tang-enziali dello S. p. (tav. 7 fig. 23 mi). 2. Di quale specie di CalUobothrium è larva lo Scolex polymorphus'^ Dopo aver studiato lo S. p. e notate le somiglianze di aspetto e di struttura con le specie del genere CaìliohotJnium passo senza altro a dimostrare a quale specie del genere debba riferirsi questa larva. Ma prima di stabilire le affinità dello S. p. con una piuttosto che con un' altra delle specie del genere, è necessario che io mi faccia alquanto a considerare il genere Calliohothrium ed esponga brevemente le mie vedute su questo genere e sulle sue specie. Lo ZsciiOKKE (2 pag. 271) accennando ad alcune modificazioni da farsi nella sistematica dei Cestodi proponeva )ieine Vereinigung der Genera Calìiobothì'ium^ Onchohothrmm und Acanthohothriunm^ ed in un lavoro ])osteriore conferma che questi tre generi egli ritiene (3 pag. 162, 198) formare un solo genere, il Calliohothrium. Le mie ricerche mi hanno condotto alle stesse conclusioni dello Zschokke quanto al concetto del genere: solo dissento dalla sua opinione, perchè ai generi da lui raggruppati per formare il genere Calliohothrium ne va aggiunto un altro e forse va ritenuta dubitativamente apparte- nente ai CalUobothrium una di quelle specie da lui riunite sotto questo genere [Acanthohothrium [Polyonchohothrium Dies.] crassicoUe Wedl.), come a suo luogo dimostrerò. In fatti ai generi Onchobothrium Dies., Calliohothrium Dies., Polyonchohothrium Dies, (partim) va riunito an- cora il genere Prostechohothrium Dies. Sono stato indotto a questa fusione di tanti generi in uno, ol- trecchè dal fatto della disposizione degli organi genitali in questi generi su di un unico tipo, ancora più dal perchè la forma differente degli uncini, la presenza o assenza di botri dii accessorii non mi son parsi sufficienti caratteri per mantenere il genere Onchobothrium., e dal nessun valore dei suoi caratteri generici per il g. Prostecho- Coutribiizioiii allo studio della fauna elmintolo.nica del j^'olfo di Napoli. l 'M) hothrium. Il DiESiNG (1 p 265) creava questo genere sulla figura e descrizione dell' Acanthohothrium Dujardmn del Van Beneden (1 pag. Iò3 pi. 10) il quale in altro suo lavoro posteriore (2 pi. 0 tig. 13) è in aperta contradizione con quanto scriveva nel 1850, perchè dal suo disegno si vede chiaramente mancare quel carattere del lobulo mobilissimo col quale si terminava posteriormente ciascun l)otridio, invocato nella precedente memoria e di cui il Diesing si è valso per creare il suo genere Prostechohothrium^ ed allor ai botri- dii mostrano la forma tipica di quelli dei Calìiohothrium. Ma quella che pare una contradizione tra i disegni e la descrizione del prece- dente lavoro del Van Beneden con il disegno del lavoro posteriore non deve attribuirsi ad altro che ad. un effetto ottico, perchè io ho potuto osservare in un C. mrticiìlatum^ specie assai più grande del micro- scopico C. Dujardiiiii, esaminato a fresco sotto al microscopio, una forma dei botridii analoga a quella disegnata dal Van Beneden per quesf ultima specie, e questa forma era dovuta semplicemente al ripiegarsi sopra se stessa dell' ultima parte del botridio che allora prendeva l'aspetto di un' appendice o lobulo del botridio riprodu- cendo la figura dei botridii del C. Dujardinii del Van Beneden. Il genere CalUohothrium cosi stabilito comprende le seguenti specie: 1. coroUatum Ab., 2. uncinatum R. {Onchobothrmm tincina- timi Rud.)', 3. verticillatum Van Bened., 4. Leuckartii Van Bened. (O. Leuckartii D'iQ^.), 5. Esrhrichtii Van Bened., 6. B uj ardimi Yrìi Bened. [Prostechohothrinm Dujardinii Dies.), 1 . JiUcoUe Zscb. Tralascio di occuparmi delle cinque prime specie perchè abba- stanza conosciute e ben determinate, per trattenermi alquanto sulle rimanenti tre. Noterò solo delle prime che ho trovato comunissimo nei Plagiostomi del golfo il C. coroUatum, il verticillatum^ più rara- mente il Leuckartii; ma non ho ritrovato mai né il piccolissimo Eschrichtii, che lo ZscHOKKE (2 pg. 266 — 267) indica delle due specie dei nostri Mustelus (laevis e vulgaris), né Yuucifiafu?n. Il C. Dujardinii è stato descritto, come innanzi ho notato dal Van Beneden nel 1850 il quale lo riconosceva pure nel B. coro- iiatus del Dujardin giacché con questa specie era stato fin' allora confuso. E una specie molto piccola ed è ben caratterizzata dai proeminenti e grandi botridii accessorii e dalla forma caratteristica 1 Ho messo in parentesi i nomi generici e specifici adottati dal Diesino nella sua Revisio, perchè si possa rifarsi facilmente su quest' opera che è l'ul- tima e la più completa sulla sistematica dei Cestodi , e quantunque contenga molti errori, pure è necessaria per la determinazione delle specie. 140 l*'"- Sav. Monticelli degli imciui biforcati come quelli del C. corollatum dai quali diife- riscono per i due rami della forcina molto più lunghi ed affilati e per l'aspetto generale (tav. 7 fig. 30), sicché a ragione il Van Be- NEDEN faceva notare che erano tali le differenze fra le due specie, C. corollatum e Dujardinii^ che non era possibile confonderle. Dopo la descrizione del Van Beneden (1 pag. 154) sopra individui della Baia clavata, questa specie non è stata ritrovata che dal Olsson (pag. 44) pure nella Baia clavata (tre sole volte) e dallo stesso Van Beneden (2 pag. 17 — 19) nella B. rubus, e B. clavata. Anche FOrley la menziona di quest' ultima specie di Baia. Io l'ho ritrovata frequentissima nelle piccole Baia asterias del nostro golfo e sempre in compagnia del' EcMnohothrium tijpus Van Beneden. Questo fatto, mentre conferma l'osservazione dell' Olsson il quale scriveva ~di aver trovato sempre il C. Dujardinii insieme ad altri Cestodi e non mai solo dimostra erronea la conclusione del Van Beneden (2 pag. 19 — 20), il quale parlando della presenza di EcMnohothrium typus nella Baia clavata, scrive che »les jeuues raies ne renferment en general aucun autre ver« (2 pag. 20). Il C. filìcolle Zsch. è stato indicato dallo Zschokke nella val- vola spirale della Torpedo marmorata e della T. ocellata, ma senza descriverlo (2 pag. 268); egli gentilmente dietro richiesta me ne ha favorita per lettera la diagnosi che io qui fedelmente trascrivo ^ S'abbia egli i miei ringraziamenti. «Longueur jusqu'ù 15 mm. Téte relativement grande, très distincte. Ventouses très larges; largeur 2/3 de la lougueur. Quel- que fois les deux dimensions sont égales. Ces ventouses donnent aux Scolex une forme dilatée caractéristique. Les bourrelets qui divisent les bothridics en trois compartiments sont faiblement déve- loppés. Compartiment supérieur très volumineux, ^/^ de^ la ventouse entiére. Ventouses accessoires sur le sommet du Scolex fortement développées, très mobiles, font saillie en avant. Crochets bifurqués ressemblant à ceux du C. coronatum^ mais beaucoup plus minces et élancés que ceux-ci. Cou très long, filiforme, 5 — 10 mill. On y voit par transparence les faisceaux musculaires longitudiuaux. Stro- bila compose de 41 à 60 articles. Premiers articles très courts. ' Lo Zschokke ha voluto pure aggiungere a questa descrizione alcuni dati anatomici sul sistema escretore, nervoso, e sulla cuticola, e delle sue osserva- zioni, come innanzi ho notato, mi son valso a sua volta per stabilire dei con- fronti con le mie. Contribuzioni alio studio (leil.i fauna clmintologica del ,nolfo di Napoli. 141 tleruiers carrés ou méme un peu plus longs que larges. Bords laté- raiix lég-èrenieut bombés. Ils se séparent très facilement de la cliaìnc, se détaeheut avaut le développement défìnitif des orgaues génitaux.« Fin dal Novembre 18S5 io aveva rinvenuto nelle due specie di Torpedo coniuui nel nostro golfo (ocellata = narce Risso, e mar- morata Ixissoì una sorta di Calliobothrium die parevami molto simi- gliante al coroìlatmn; ma pure il suo aspetto e tutto l'insieme mi mostrava delle differenze da questa specie, sì che io la teneva in disparte credendola con dubbio specie nuova e faceva parte di questi miei dubbi al Dr. Zschokke che allora era in Napoli per stu- diare in questa Stazione Zoologica. Da allora ho ritrovata questa forma quasi sempre nelle Torpedini, più tardi una volta nella val- vola spirale di Raia clavata^ nel settembre 18S6, un' altra nel My- liobatis aquila nel Novembre 1886, un' altra nel Trygon violacea nel gennaio 1887, e finalmente nell' Ottobre ultimo nello Scyllium canicula'^. Quando lo Zschokke annunziò la sua nuova specie di Cali, nella lista dei parassiti dei pesci da lui osservati del golfo di Napoli, pensai subito che potesse alla nuova specie riferirsi la forma che io considerava con dubbio specie nuova. Ora la cortese lettera dello Zschokke mi toglie ogni dubbio, che la sua diagnosi si addice a capello ai miei esemplari. Io quindi posso aggiungere alcune altre notizie sul C. ßUcolle e stabilire dei raffronti con alcune forme di C. o ritenute varietà del coronatimi o riferite con dubbio a questa specie. Osservando a fresco gli esemplari di C.ßlicolle, si vede chiaramente che la cuticola di tutto il corpo è ricoperta di peli setolosi dei quali ho fatto già cenno paragonando la struttura istologica dei tegumenti dello S. p. con quella del filicollc. Il collo è lunghissimo e fili- forme alle volte, ed altre corto ed allora presenta dei rigonfiamenti ora alla sua base, ora all' apice. Questi rigonfiamenti sono dovuti a stati differenti di contrazione del collo. Per trasparenza si scor- gono benissimo nel collo i grossi e forti muscoli longitudinali degli uncini , che , come ho osservato a suo tempo , sono più sviluppati che negli altri C. più affini al ßlicolle., cioè corollatum e Dujardinii. ' Nelle piccole Raia asterias nelle quali ho innanzi detto aver trovato fre- quente il Dujardinii, non ho mai finora incontrato il ßlicolle. 2 Di ciascuno di questi ospiti conservo un individuo di C. filicollc nella collezione dei miei preparati. 142 Fr. Sav. Monticelli lu certi esemplari ho visto che gli uncini che, come ben ha osser- vato lo ZscHOKKE, differiscono da quelli del corollatum (tav. 6 pag. 12) perchè più minuti e più slanciati (tav. 6 fig. 11), invece di avere la loro caratteristica colorazione gialla erano perfettamente neri. Secondo le mie ricerche e confronti il TetrabotJirium [Cali.) coronatum del Wagener (1 pag. 84 fig. 255—265) è da riferirsi al ßlicolle per la forma dei suoi botridii, per i sepimenti di questi che sono esili come nel ßlicolle^ per il collo il quale evidentemente nella figura 260 è disegnato contratto e presenta un rigonfiamento alla base simile a quello che io ho sopra detto di aver osservato ora alla base, ora all' apice del collo del ßlicolle., e per gli uncini che sono più fini che nel corollatum ed invece rassomigliano perfettamente a quelli del ßlicolle. Anche la forma delle proglottidi è simile a quella del ßlicolle^ ed io ho potuto vedere tanto a fresco, che studiando le serie di sezioni, che la disposizione degli organi genitali del ßlicolle è simile alla figura data dal Wagener (fig. 265), per il suo Tetrahothrium [ Cali. ) coronatum . Questa specie del Wagener differirebbe solamente daißlicolle per la forma de' botridii accessorii, perchè in essa sono triloculari^ Ora debbo far notare che questa forma dei botridii accessorii io non l'ho osservata mai né nel ßlicolle né nel Dujardinii né nel corollatum : ma non pare da ritenersi questa una coudizione costante, perché altri l'ha disegnata in una forma di Cali., della quale or ora parlerò, ma non in tutti i botridii accessorii dello stesso scolice, e neppure in tutti i disegni della testa di questa forma (Pintner tav. 1 fig. 1 — 3), ma in uno solo, ed è da credere perciò che non tutti e tre i disegni fossero presi dallo stesso individuo. Questa forma di Cali, è quella di cui si è servito per le sue ricerche il Pintner, il quale ecco quanto scrive in proposito (pag. 5): »Dem Aca7ithohothrium coronatum höchst ähnlich und unter sich fast identisch sind zwei in den Spiralklappen von Torpedo marmorata und Mustelus laevis fast Constant vorkommende, sehr durchsichtige Phyllacanthinen , die sich von jenem nur durch die viel geringere Größe und durch kleinere Gliederzahl unterscheiden Vielleicht 1 II Diesino (1 pag. 279) nel mettere il Tetrahothrium coronatum di Wa- GENER come sinonimo del Cali, coronatum, notava la differenza di forma dei botridii accessorii (de forma diversa acetabuli auxiliarii) ed è strano come non si sia avveduto che gl'individui disegnati dal Wagener differivano anche per altri caratteri dal C. coroHutum e non ne abbia formata una n. sp. CoutribiiziDui allo studio (lolla fauna elniintologica del golfo di Napoli. 143 sind diese beiden Phyllacantliinen durch Eigentliümlichkeiten ihrer Wirthe bedingte Varietäten von Acanthobothrium [Calliobothrium] ioro/nitum.i( Ora questi individui di cui parla il Pintner sono appunto da riferirsi a C.fiUcoìle Zsch., come si rileva specialmente dalla figura 2, e ciò, perchè il collo presenta il rivestimento di peli setolosi come nel ßiicoUe, perchè la forma dei botridii accessorii è identica a quella che ho descritta e figurata yìqX ßlicolle^ nonché per la forma generale dei botridii medesimi e finalmente per la forte muscolatura longitudinale degli uncini che è identica, quanto a forma e potenza, a ([uelhi che si scorge osservando a fresco, leggermente comprimen- dolo tra due vetri, il collo e la testa delßlicolle Zsch. Un altro argomento per questo ravvicinamento ci è fornito dal- l'osservazione della fig. 1 del Pintner; infatti all'apice del collo si scorge un rigonfiamento formato dall' ispessimento dei muscoli per il raccorciarsi del collo stesso, come ho innanzi notato avvenire nel ßlicolle. Al filicolle sono da riferirsi pure quei piccoli coroUatum della Torpedo lunghi da 0,5 — 0,7 mill. di cui il Niemiec (3 pag. 35) ha studiato il sistema nervoso. Ciò sia perchè nella Torpedo ho tro- vato degli individui giovani di fiìicolìe di queste dimensioni , sia perchè la forma e posizione del sistema nervoso degli individui del Niemiec è simile a quello del filicolle. Anche \ Acanthohothrium [Calliobothrium) coronatum di cui par- la I'Olsson (pag. 43), che egli ha trovato comune nella Raia batis, raro nella R. radiata, rarissimo nella R. clavata, è da riferirsi al filicolle.^ e ciò perchè la descrizione che ne dà coincide perfettamente con i caratteri àe\ filicolle, cosi la brevità della strobila, la lunghezza del collo, ed il suo rigonfiarsi alla base, la presenza in più individui di uncini neri, fatto che ho notato innanzi verificarsi solo per W fili- colle, e quel che più di tutto, le grandi rassomiglianze che I'Olsson stesso trova nei suoi individui con il Tetrabothrium [Calliobothrium] corollatum del Wagener che, come ho largamente dimostrato, è la stessa cosa che il filicolle. Il MoLiN (pag. 241) citando il Rudolphi, nota anch' egli che alcuni individui del corollatum presentavano un collo molto lungo ; probabilmente questi erano della Torpedo e forse da riferirsi al filicolle. Ma a questa specie sono certamente da riferirsi gli in- dividui di corollatum trovati dallo Stossich (1 pag. 10) nella val- vola spirale del Myliobatis aquila che »avevano il collo lunghissimo e molto più stretto della testa mentre quelli dello Scyllium stellare 144 Fr- f^av. Monticelli e dell' Acantliias vulgaris avevano il collo molto corto e della stessa grossezza della testa« e gli esemplari rinvenuti nella Torpedo mar- morata »a testa grossa e collo lungo e sottile« (2 pag. 6). Il C. flicolle è affinissimo agli altri due, coroìlatum e Dujardinii; e queste tre specie, quantunque cosi somiglianti fra loro, sono nel tempo stesso facilmente riconoscibili, purché si tenga giusto conto dei caratteri specifici di ciascuna e specialmente delle dimensioni e della forma degli uncini. Queste 3 specie formano un gruppo (1) ben distinto (come si può rilevare osservando le figure degli uncini delle tre specie che ho disegnate nella tav. 6 fig. 1 1 e 12 e 7 fig. 30) nel genere Calliobo- thrium^ differendo dall' altro gruppo (2) dei C. uncinatum e Leuckartii e dall' altro (3) dei C. verticillatmn ed Eschrichtii nei quali 3 gruppi può essere suddivi soil genere Caìlìobothrium. Esse hanno infatti uncini semplici biforcati all' apice e involti in una sorta di membrana — '■ come ha ben disegnato il Wagener (1 tav. 21 fig. 258) nel C. fili- colle [Tetrah. coroìlatum della Torpedo) e come io ho osservato nel coroìlatum , Dujarclinii e filicolle — e botridio accessorio unico. I botridii aderenti per tutta la loro lunghezza all' asse della testa, la stessa disposizione della muscolatura dello scolice, tanto del compli- cato sistema di commissure muscolari trasverse , quanto dei muscoli longitudinali degli uncini. In tutte e tre le specie esiste un rudi- mento della ventosa anteriore o terminale dello S. p. Il sistema escretore dello scolice è sullo stesso tipo in tutte e tre, come pure il sistema nervoso. Le proglottidi infine, si rassomigliano per forma generale e disposizione degli organi genitali. Mentre le specie del 2° gruppo mancano di botridii accessorii, hanno uncini semplici o doppii, mancano di rudimento di ventosa anteriore ^ ed hanno una forma propria e caratteristica di })roglottidi che non si riscontra negli altri due gruppi (1 e 3) ed in esse la disposizione della muscolatura della testa e del collo è differente, come a suo luogo ho fatto rilevare, da quella delle specie del 1" gruppo e non si riscontra negli altri due gruppi (1 e 3). Finalmente quelle del terzo gruppo hanno bo- tridii accessorii con tre cavità, uncini doppi, le proglottidi molto allungate e gli organi genitali disposti nella stessa maniera caratte- ristica nelle due specie, nelle quali inoltre la disposizione della mu- scolatura della testa è ancora differente da quella delle specie dei gruppi 1 e 2 2, 1 Almeno nel C. Leuchartii. 2 Nel C verticillatum manca il rudimento di ventosa anteriore ed invece l'asse del capo termina a punta. ('(uitiilmzioiii allo studio della fauna cliuintologica del golfo di Napoli. 145 Secondo le mie ricerehe la distribuzione zoologica del Callio- hothrìum fiìicoìle sarebbe molto più larga di quella indicata dallo ZscuoKKE. Infatti esso è stato scoverto finora nei seguenti ospiti. Mediterraneo : Napoli (Zschokke, Monticelli), Nizza (Wagener) Adriatico : Trieste (Stossicii, Pint- NER, NiEMIEC) Torpedo marmorata Risso - (ocellata) narce - Kaia asterias M. H. - batis Linu. - radiata Donov clavata Limi. Atlantico: coste norvegesi (Olsson) Myliobatis aquila Linn. Mediterraneo: Napoli (Monticelli) Mediterraneo: Napoli (Monticelli) Adriatico: Trieste (Stossicii) Trygon violacea Bonp. } Mediterraneo: Napoli (Monticelli) Scyllium canicula Linn. } Mediterraneo : Napoli (Stossich) Mustelus laevis Risso ) Adriatico: Trieste (Pintner). Quanto all' Acanthobothrium crassicolle Wedl (pag. 373 tav. 1 fig. 2 A, B) che lo Zschokke (3 pag. 198), come ho innanzi accen- nato, riunisce al genere Cali. ', non posso pronunziarmi in nessun modo, perchè dalle figure e dalla descrizione del Wedl non parmi possa ricavarsi gran cosa. Quello che parla solo in favore della riunione di questa specie ai Calliohothrium è la forma dell' uncino, disegnato dal Wedl, semplice e forcuto, che ricorda alquanto quelli del corollatum , e la forte striatura del collo (fig. 2 A del Wedl) la quale forse potrebbe paragonarsi alla muscolatura longitudinale degli uncini dei Cali, del 1 gruppo. Quest' ultimo carattere mi ha liitto dubitare per poco che VA. crassicolle del Wedl non fosse da riferirsi al C. filicolle a collo contratto : ma ripeto io non ho dati sufficienti per ben giudicare di questa specie e dal momento che lo Zschokke la mantiene, egli avrà le sue buone ragioni e bisognerà aspettare che egli dirima la questione. Stabilita così l'identità delle diverse specie di Calliohothrium, importa sapere di quale sia la larva lo «S'. p. Nella breve intro- duzione ho notato la opinione degli altri e la più recente dello Zschokke il quale: mentre nella prima sua comunicazione, crede che esso sia larva comune a tutte le specie di Calliohothrimn ed esclude che 1 11 DiESiNG (1 pag. 263) riferiva questa specie con dubbio al genere Po- lyonchobothrium. Io ho forti ragioni per dubitare se questo genere debba con- servarsi o riunirsi al g. Bothriocephalus. Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bil. 8. 10 146 Fr. Sav. Monticelli possa essere forma larvale di OncJwhothrium (1), nella nota posteriore, dopo aver detto che ritiene doversi riunire in un unico genere Callio- bothrium anche i generi Oncliohothrium ed Acanthohothrium (3) scrive, »als Jugendform des Calliohothrium muss ich den S. p. ansehen«. Ora esporrò la mia opinione, frutto di accurati confronti e di esperi- menti. Io penso che lo Scolex polymorphus è la forma gio- vane del C. filicolle. Sono venuto in questo convincimento prin- cipalmente per due ordini di fatti, alcuni morfologici, gli altri fornitimi dalla distribuzione zoologica dello S. p. in rapporto a quella del C. JìlicoUe, in appoggio dei quali fatti è venuta la pruova sperimentale. Mi occuperò prima dei confronti morfologici. Ho distinto nel genere Calliohothrium tre gruppi di specie; uno (1) con botridii accessorii uniloculari e uncini semplici forcuti [Diij ardimi ^ filicolle^ corollatum)^ l'altro (2) senza botridii accessorii, con uncini semplici 0 doppi [Leuckaìiii, uncinahim)^ l'ultimo (3) con uncini doppi e botri- dii accessorii triloculari [verticillatum^ EschricJdii) . Lo S. p. è riferibile per la presenza di un solo botridio acces- sorio e per la forma degli uncini che acquista, come ho detto innanzi in uno stato avanzato di sviluppo , al primo gruppo, e rifacendoci suir anatomia dello Scolex medesimo si vede di leggieri come anche la disposizione dei botridii sull' asse del capo è simile a quella di questo gruppo di Calliohothrium ed ancora la complicata muscola- tura della- testa e la muscolatura longitudinale, nonché la struttura dei botridii, il sistema escretore ed il sistema nervoso. Ciò posto consideriamo quali caratteri lo *S'. p. presenta perchè sia riferibile al ßlicolle piuttosto che alle altre specie di Callio- hothrium del suo gruppo. In prima, la forma dei botridii dello S. p. è simile assai più a quella del C. filicolle che a quella degli altri (tav. 7 fig. 1), somi- glianza, della quale a suo luogo largamente ho discusso. Poi la forma dei botridii accessorii. Essi infatti negli stadii più avanzati mostrano una completa somiglianza, come ho fatto a suo luogo rile- vare, con quelli A.q\ filicolle, perchè sono più grandi e la loro cavità è molto larga, mentre nel corollatum essi sono più piccoli, la loro cavità è minore, ed hanno l'aspetto di una ventosa di Tenia, e nel Dujardinii essi sono fortemente sviluppati, evidentissimi ed acetabo- liformi. In oltre la forma degli uncini , come si rileva dalle figure del Wagener, che è simile a quella degli uncini del Tetrahothrium coronatum Wag., forma che ho dimostrato esser simile al C. filicolle. Gli uncini del corollatum sono più robusti (tav. G fig. 12) e quelli del Coutribuzioni allo studio della fauna elmintologica del golfo di Napoli. 147 Diijardinìi per lo contrario, come ho descrìtto innanzi, più esili (tav. 7 fifi:. 301 . Questi caratteri di somiglianza col fiUcollc escludono che lo aS". p. possa riferirsi ad altra delle specie del primo g-rupi)0 dei CalUobothrium ; e va aggiunto ancora un ultimo punto di somiglianza. Lo S. p. ha la cuticola tutta rivestita di peli setolosi e così pure tutta la cuticola del filkolle è rivestita di peli setolosi simili assai a quelli dello S. p., carattere questo che non si riscontra nelle altre specie di CaUiohothrium del 1" gruppo. La forma larvale del Dujardinii già provvista di uncini che ho ritrovata insieme agli adulti nella valvola spirale di piccole Raia asterias. è assai differente da quella del filicolle (che è uno stato più avanzato dello S. /?.), per forma degli uncini, dei botridii e botri dii accessorii e per la sua piccolezza. La forma larvale del corollatum è quella descritta dal Vau Bkneden (1 pag. 74 pi. 8 fig. 1 — 10) nella Raia clavata, forma che, considerandola bene, non può paragonarsi in nessun modo allo /S. jo. Le affinità morfologiche permettono di conchiudere che lo S. p. è la larva del C. f.HcoUe ; esaminerò ora se i fatti forniti dalla distri- buzione zoologica danno appoggio a questa conclusione. Il Dujar- DiN (pag. 631), come ho detto in principio, osservava che lo *S'. p. si ritrova principalmente nei P leu rouet fidi dei quali gli Squali e le Raie fanno gran distruzione. Ora se si considera la lunga lista degli animali nei quali è stato finora rinvenuto lo S. p. si vedrà di leggieri che : 1" sono appunto in maggioranza i Pesci teleostei gli ospiti dello ^S*. p., e fra questi specialmente i Pleurouettidi e Gobiidi e tutti quei pesci che vivono nella sabbia dai 10 — 30 m^; solo pochi sono pesci pela- gici 2 e questi come molti che menano vita pelagica, possono bene scen- dere al fondo per procurarsi il loro alimento ; 2^" che i Paguri (Pa- gurus bernhardus) e i Cefalopodi (Sepia officinalis, Eledone moschata) nei quali il Siebold e Van Beneden hanno pure trovato lo S. p., vivono anch' essi nei fondi, 3" che infine gli Acalefi fauno frequenti migrazioni al fondo ed alle volte vi stazionano a lungo. 1 Percidi, *Sargidi, Cataphracti, *Scorpenidi, Labroidi, ♦Gadidi , Ophididi, *Pediculati, Cottidi, *Discoboli, Tenioidi, *Triglìdi, Gobiesocidi, Corifenidi. Ho segnato con asterisco quelle famiglie nelle quali finora lo S. i). è stato più spesso trovato. 2 Scomberoidi: Stromateus fiatola. Scomberesocidi : Belone acus, Exocoetus exiliens. Carangidi : Caranx trachurus. Clupeidi: una sola volta nella Engraulis encrasicholus. 10* 148 i*'!'- ^'iv. Monticelli D'altra parte va poi osservato che il filicolle è più frequente nelle Torpedini e si trova pure nelle Raie^ Plagiostomi, che vivono nei fondi dai 10 — 30 m ordinariamente sotterrati nella sabbia e si cibano di pesci che vivono appunto in queste profondità, come si può rilevare dall' esame del cibo contenuto nel loro stomaco, e nello Scyllium canicula che anch' esso vive nei fondi, quantunque di di- versa natura di quelli nei quali vivono le Raie e le Torpedini. Se a queste considerazioni si aggiunge che il Van Beneden segna fra i parassiti della Torpedo marmorata lo S. p. con l'anno- tazione che j)est un Planosite très rare dans ces groupes« (2 pag. 16) e che appunto le due forme di scolici del Wagener (XXXVI) — che ho dimostrato simili per la forma degli uncini e dei botridii acces- sorii al filicolle e nello stesso tempo forme più evolute dello S. p. — sono stati rinvenuti nelhi Torpedo marmorata e che infine negli Scyllium, nei quali ho indicato trovarsi il filicolle^ lo stesso Van Beneden rinveniva quella forma di scolice (XXII. 1), che ho dimo- strato identica allo S. p. 2, apparirà chiara la relazione che passa tra la distribuzione zoologica dello S. p. e quella del filicolle, e come questa concorra anch' essa ampiamente a confermare le conclusioni alle quali mi hanno spinto le affinità morfologiche 3. Ed a tutti questi fatti in favore della mia conclusione va aggiunto l'esperimento che mi ha fatto svanire ogni dubbio. Ho continuamente 1 Qui va notato che nello stomaco delle piccole Raìa asterias, nelle quali ho detto non aver mai ritrovato il filicolle, si trova un cibo caratteristicamente differente da quello delle grosse Raie, perchè in esse, nei moltissimi individui esaminati, ho trovato abbondantissimi i Crostacei di fondo (Stomatopoda e Deca- poda e specialmente Amphipoda) ed una sol volta il Gobius Lesueurii, mentre nelle grosse Raie ho trovato meno Crostacei (mai Amphipoda) e sempre Teleo- stei di fondo. L'assenza dunque del filicolle nelle piccole Raie, dove per lo con- trario è frequente il Diijardimi, fa vedere chiai'amente come il ciclo biologico di questo Calliobothrium è differente da quello de] filicolle ; e parmi argomento questo da aggiungere a quello morfologico per dimostrare che lo S. j). non è la larva del Dujardinii. 2 Lo S. p. è stato trovato pure nel Trygon pastinaca dal Wagener (XIX. 1) ed il LiNSTOW (pag. 283) lo segna pure fra i parassiti dell' Acantliias vulgaris Risso, senza però indicare sulla fede di chi. 3 II Wagener (li nella tav. 11 disegna due scolici, fig. 142 — 143, en- trambi »mit etwas eingezogenem Kopfe« uno della Torpedo (ocellata) narce, l'altro della T. marmorata, e scrive inoltre »sie hatten beide Haare und keine Zotten am Kopfe« (pag. 74). Dalle figure del Wagener si ricava ben poco, ma il rivestimento di peli del corpo, che si ritrova nello S. p., e l'ospite nel quale i due scolici sono stati trovati, mi fanno pensare che forse sono dei giovani di S. p. a capo itìvaginato. Contribuzioni allo studio della laiiiia olniintoloi,nca del golfo di Napoli. 149 alimentato cou Aruoglossus delle Torpedo uarce tenute in esperimento in una vasca e ho ottenuto un bello esemplare di C. ßlicolle molto iìiovanc misurante appena pochi millimetri con poche proglottidi, che ho disegnato nella fig. 9 della tav. G. Per bene apprezzare i risultati di questo esperimento bisogna tener conto 1^'. Che le Torpedini erano digiune da molti giorni, quindi era esclusa la possibilità che altro alimento avesse potuto apportarvi lo S. 2^. 20. Che il C. ßlicolle era giovanissimo. "ò^. Che dopo lunga dimora negli Aquarii, i Plagiostomi, come ho potuto largamente osservare e come per lunga esperienza mi dice il Sig. Lo Bianco, perdono i loro parassiti. Fanno eccezione i soli Scyllium canicula e S. stellare i quali conservano sempre la enorme quantità di corollatum nella loro valvola spirale. 40. Che il cibo che ho propinato alle Torpedini (Arnoglossus) sono dei Pleuronettidi che vivono insieme alle Torpedini negli stessi fondi ed hanno sempre molti *S'. j). nel loro intestino. I Plagiostomi non menano tutti la stessa vita, ma alcuni vivono sotterrati nella sabbia 0 fra gli scogli dai 10 — 30 metri, altri a grande profondità, altri infine sono esclusivamente pelagici. Ora come spiegare nel Mustelus laevis, nel Myliobatis aquila e nel Trygon violacea, che sono Plagiostomi pelagici, la presenza del ßlicolle ^ ammettendo che esso è la forma adulta di uno scolice che vive in animali di fondo, ed il trovarsi lo S. p. medesimo nel Trygon violacea e nell' Acanthias vulgaris, Plagiostomi che per lo con- trario vivono a grandi profondità lontano dalle coste? La cosa sembra a prima giunta strana, ma si spiega facil- mente sol che si consideri il genere d'alimento dei Plagiostomi in quistione. Infatti tanto i primi che i secondi si cibano di ani- mali di fondo (dai 10 a 100 metri *), come ho potuto rilevare dal contenuto del loro stomaco, ricco di resti di Molluschi 2, Crosta- • Questo fatto ho constatato in molti altri Plagiostomi pelagici (Galeus canis, OxjTrhina Spallanzanii, Mustelus vulgaris ecc.) e ciò indipendentemente dal cibo pelagico che loro vien fornito accidentalmente dai Teleostei pelagici (Clupeidi: C. sp., C. pilchardus, Engraulis encrasicholus. Trichiuridi: Lepidopus caudatus. Scomberoidi; Scomber sp., vedi le mie Note Elmintologiche sui pa- rassiti e sul nutrimento della Sardina ecc.) e dai Cefalopodi pelagici (Loligo todarus) , come ho osservato nei Notidanus ed in altri Plagiostomi pelagici , e dai Tunicati pelagici (Pyrosoma, trovati nel Mustelus vulgaris). 2 Cardium tuberculatum. Eledone Aldrovandi, E. moschata, Oramastrephes sagittatus, Sepiola Rondeletii, Sepia officinalis. 150 Fl"- S:iv- Monticelli cei ' , Getìrei ^ , AnellicU ^, Nemertini ^ e Teleostei ^ di fondo, egli è quindi evidente che così gli uni come gli altri si avvicinano alle coste per procurarsi l'alimento e così possono acquistare il 0. fiUcolle. Napoli, Stazione Zoologica, Decembre 18S7. Spiegazione delle Tavole 6 e 7. Lettere comuni alle due tavole. as ansa cefalica dei grossi tronchi del sistema escretore. 1) botridio. ha botridio accessorio. C cervello. e collo. ca cavità anteriore dei botridii (botridio accessorio) . cai canalicoli del sistema escretore terminantisi a imbuti cigliati. ce corpuscoli calcarei. ce - - che si trovano nell' interno dei tronchi del sistema escretore. ed canali di discarico. ci cellule della subcuticola. cn cellule nervose. cut commissura nervosa trasversale. cp cavità posteriore dei botridii (botridio). ci cutìcola; 1, 2, 3 strati della cuticola. cte cellule del tessuto congiuntivo. cv cavità d'invaginazione dello Scolex liolymorphus. èva cavità acetabolare della ventosa anteriore. cvh cavità dei botridii 1, 2, 3. (Ir dilatazioni a rete dei tronchi discendenti del sistema escretore. / forcina degli uncini. fc foramen caudale. fé fibre equatoriali della ventosa terminale. feq fibre equatoriali dei botridii. // fibre longitudinali. fm fibre meridiane. fo fibre orizzontali. \fr fibre radiali. [fs foramina secundaria. fo fiocco vibrante. ic imbuti cigliati. iv invaginazione del capo dello Scolex polymorphus. m manico degli uncini. mha commissura muscolare diagonale dei botridii accessorii. mda - - - anteriore dei botridii. mdp _ _ - posteriore dei botridii. mi muscoli longitudinali del corpo. ìtìlba - - dei botridii accessorii. 1 Portunus depurator, Carcinus maenas, Squilla mantis, Palaemon xiphias, Inachus scorpio, Callianassa subterranea, Gonoplax rhomboides e Ostracodi di fondo (in un Mustelus laevis). '- Sipunculus nudus. 3 Arenicola Grubii, Diopatra neapolitana. * Cerebratulus roseus. 5 Gobius (varie sp.), Sphagebranchus coecus, Argentina sphyraena, Pagel- his sp., Creuilabrus sp., Deutex vulgaris, Bleunius tentacularis. Contribuzioni allo .studio della fauna eluiintolof^ica del <^oUo di Napoli. 151 lìtlii muscoli longitudinali degli uncini. ìtub - retrattori dei botridii. ;/(/•(' - - della ventosa terminale. »itti - trasversali degli uncini. n nuclei. «', n" nervi laterali. 7ìc nervetti cefalici. )ifc nuclei di tessuto congiuntivo. ps peli setolosi. re ramificazioni esterne arboriformi dei tronchi discendenti del sistema escretore. ree ramificazioni esterne a fondo cieco dei tronchi discendenti del sistema escretore. rf rigonfiamenti laterali della commissura trasversale nervosa. rs ramificazioni interne a spina dei tronchi discendenti del sist. escretore. se sistema escretore. sp sepimenti dei botridii 1, 2, 3. sfc striatura della cutìcola. ste sezioni dei grossi tronchi del sistema escretore. t terminazioni dei muscoli trasversali degli uncini sulla faccia dorsale dei botridii. tu tronchi ascendenti del sistema escretore. f(l - discendenti del medesimo. u uncini. e vacuoli. rt ventosa terminale. Tav. e. Fig. 1. Scolex polymor^ìhus di Arnoglossus laterna, molto ingrandito. 2. Figura schematica del capo dello S. poi. per lasciar vedere la dispo- sizione della muscolatura della testa. Sono segnati in rosso quei mu- scoli che si trovano solo nei Calliobothrium adulti. 3. Capo e parte anteriore del corpo dello »S". p. per lasciar vedere la disposizione dei vasi del sistema escretore e quella dei peli setolosi rigidi. 4. Peli setolosi fortemente ingranditi, osservati a fresco, Zeiss E. 2. 5. Capo dello S. p. molto ingrandito. 0. S. p. in contrazione, che presenta una strozzatura dietro al collo, Zeiss A. 2. 7. Macchie rosse dello S. p. Zeiss Ob. 16 Oc. 18. 8. S. p. osservato sotto leggiera compressione per lasciar vedere la dis- posizione dei muscoli. Zeiss Ob. 16 Oc. 4. 9. Calliobothrium ßlicolle Zsch. della Torpedo narce ottenuto sperimen- talmente. Zeiss Ob. 16 Oc. 4. - 10 e 13. Due S. p. a capo invaginato; nel primo non si vede l'invaginazione, nel secondo, questa si vede chiaramente. Zeiss A. 2. - 11. Uncini dei botridii del C. corollatum. Zeiss Ob. 16 Oc. 4. Camera chiara Abbe. - 12. Uncini dei botridii del C. ßlicolle. Zeiss Ob. 16 Oc. 4. Camera chiara Abbe. Tav. 7. Fig. 1. Botridio a completo sviluppo di S. p. assai ingrandito, visto di fronte. 2. Botridio di C. ßlicolle Zsch. assai ingrandito, visto di fronte. 3. Figura schematica del sistema nervoso dello S. p. ricavata da rico- struzione di sezioni trasversali. 4. Scolice di C. Dujardinii Van Bened. adulto. Zeiss A. 2. Camera chiara Oberhäuser. 5. Sezione frontale dello scolice di C corollatum, fissato in sublimato, colorato con ematossilina. Zeiss Ob. 16 Oc. 4. Camera chiara Abbe. 6. Sezione frontale dello scolice di C. verticillatum Van Bened. Medesimo trattamento ed ingrandimento. ". Sezione trasversale semi -schematica dello scolice di C. corollatum, 152 J'i"- Siiv. Monticelli, Contribuzioni allo studio della fauna einiintologica ecc. all' altezza dei botiidii accessorii per lasciar vedere la disposizione dei muscoli diagonali dei botridii accessorii. Fig. 8. Sezione trasversale semi-schematica dello scolice di C. Leuckartii per lasciar vedere la disposizione dei botridii. 9. Sezione trasversale dello scolice di C. coroUatum all' altezza del ma- nico degli uncini per mostrare l'inserzione su questi dei muscoli tras- versali degli uncini (Sublimato, Carminio boracico). Zeiss Ob. IC Oc. 12. Camera chiara Abbe. - 10. Sezione trasversale del capo dello S. p. all' altezza della commissura nervosa (Sublimato, Carminio boracico). Zeiss Ob. 4 Oc. 4. Camera chiara Abbe. - 11. Sezione trasversale dello scolice di C coroUatum per mostrare la di- sposizione dei muscoli diagonali posteriori (Sublimato, Carminio bo- racico). Zeiss Ob. 4 Oc. 2. Camera chiara Abbe. - 12. Sezione frontale di uno S. })., alquanto obliqua (Sublimato, Carminio di Grieb). Zeiss Ob. lü Oc. 4. Camera chiara Abbe. - 13. Corpuscoli calcarei dello »S'. j!>. fortemente ingranditi. Zeiss Ob. 4 Oc. 12. - 14. Sezione trasversale semi-schematica dello scolice di C. coroUatum al- l'altezza dell' inserzione degli uncini per mostrare i rapporti fra i muscoli trasversali degli uncini ed i muscoli diagonali anteriori. - 15. Sezione trasversale del collo di C. coroUatum (Sublimato, Carminio bo- racico). Zeiss Ob. IC Oc. 4. Camera chiara Abbe. - 16. Ricostruzione fatta su varii pezzi per lasciar vedere l'insieme del si- stema escretore dello segmental sense-organs« — als Werkzeuge des Tastens zu betrach- ten, und dazu bewogen, in ihnen eher in phylogenetischer Bildung begriffene Augen (incipiant eye-spots 30 pag. 80) zu suchen. Im Gegensatz zu seinen Versuchen, welche alle auch eine andere Deutung, als die seinige, zulassen, überzeugen mich meine eigenen Versuche davon, dass die Kegelchen in erster Linie dem Tastsinne dienen, also mit Recht Tastkegelchen genannt werden können. Dass die so leicht nachweisbaren Cilien, und sogar ihre resistenten Basaltheile Whitman verborgen geblieben sind, darüber kann man sich nur wundern. Alle Sinnesorgane der Hirudineen sind im Wesentlichen nach / dem beschriebenen Schema gebaut und können in zwei Kategorien eiugetheilt werden, je nachdem sie mehr oder weniger — wenig- stens der eine Pol — in eine Pigmenthülie, Pigmentschale einge- schlossen sind und ihre Cilien schon eingebüßt haben, oder eine solche Schale nicht besitzen (obwohl sie mit Pigment in ander- weitiger Verbindung stehen können) , und ihre Cilien wohl ent- wickelt sind. Aus denen der ersten Kategorie haben sich die Augen differeuzirt. In der zweiten finden wir die eigentlichen Tastkegel- chen, deren Function durch die Pigmentunterlage, über welcher sie stehen (bei Piscicola der größte Theil, bei CaUiohdeUa und Ichthjo- hdella die den schwarzen Punkten der ersten Kinge entsprechen- den), und vielleicht auch durch jene gelben, opaken Zellen irgendwie, möglicherweise zu Tast- Wärmesinn, modificirt worden sein kann. Die sogenannten becherförmigen Organe der Kopfregion, haupt- sächlich der Lippen, sind auch nichts Anderes, als wohl entwickelte fi^roße Tastkegelchen: denn ihre Function ist ebenfalls das Tasten, Analyse der äußeren Kürperforra der Hirudineen. ISl uud auch ihre Lage im Verhältnis zu den einzelnen Ringen der Kopfgegend durch dieselben Längslinien, wie am Mittelkörper bestimmt. Jener Umstand, dass die zu den Tastkegelchen der Lippen — ich glaube, es ist nicht nöthig, den auf Irrthum beruhen- den Ausdruck »becherförmige Orgaue« weiter mit uns zu schleppen — ziehenden Nerven von jenen großen hellen Zellen, »large clear cells«, nicht begleitet wären, die zu den vermuthlichen seg- mentalen Sinnesorganen führenden jedoch immer, berechtigt Whitman gar nicht dazu, sich ihre Function als verschieden vorzustellen und letzteren in gevrisser Hinsicht die Function von Augen zuzuschreiben. Die großen lichten Zellen sind nämlich im Grunde dieselben , wie die schleimhaltigen Polsterzellen des Körperparenchyms. Letztere kommen überall vor, und, die beiden Körperenden ausgenommen, überall in großer Menge: in den Augen haben sie zwar ihre Func- tion gewechselt und dienen dem Gesichtssinn, aber mit den anderen Sinnesorganen haben sie gar nichts zu thun: die Nerven der Tast- kegelchen der Lippen begleiten sie gewöhnlich nur aus dem ein- fachen Grunde nicht , weil sie in jener Körperregiou überhaupt in viel geringerer Zahl vorhanden sind und auch anderswo nur zufällig in die Umgebung der die Kegelchen innervirenden Aste geratheu, ohne eine besondere Absicht der Organisation. Um zur Eingelung zurückzukehren , so theilt sich jeder Ring der 6ringeligen Hirudineen durch eine Querfurche in zwei Hälften. Diese Querfurche ist bei der IchthyohdeUa nicht viel seichter als die die Ringe von einander trennende Hauptfurche. Bei Calliobdeììa ist sie schon minder deutlich , aber auch von den Hauptfurchen ist die ]., 3. und 5. um ein Weniges seichter als die anderen. Jede Ringhälfte besitzt so viel Tastkegelchen wie ein Ring von Piscicola. Bei CciUiohdella stehen die Tastkegelchen in der Nähe der Neben- furche des Ringes, und nicht selten sieht man anstatt zwei kleinerer hinter einander stehender ein größeres ; das andere ist in der Ausbil- dung so zurückgeblieben, dass es überhaupt kaum noch nachweisbar ist. Dies Alles, sammt der inneren Topographie beweist, dass jede Ringhälfte einer 6ringeligen Hirudinee einem Pemco/«-Ringe entspricht, welcher aber auf dem Wege vollständiger Verschmelzung mit dem be- nachbarten ist. Letztere ist bei BrancheUion schon eingetreten ; eine solche Eintheilung der ursprünglichen Ringe ist bei BrancheUion so- gar noch weiter vorgeschritten, indem die bei CaUiobdella noch in der Sechszahl vorhandenen Ringe eines Somits schon auf 3 reducirt sind, doch kann noch jeder Ring eine deutliche halbirende Quer- 182 Stephan Apàthy furche aufweisen . und das sind jene Hauptfurehen der Calliohdella, welche minder tief als die anderen waren. Eben so sind auch die drei Ringe von Clepsine entstanden, welche alle durch mehr oder minder deutliche Furchen in je 4 Querfelder getheilt sind: jeder Ring- trägt noch mit einer gewissen Regelmäßigkeit den 4 ur- sprünglichen Reihen entsprechende Tastkegelchen. Eigentlich ist die ganze Abweichung von dem Urschema bei Piscicola darauf zurück- zuführen, dass. wenn sich ein Tastkegelchen stärker als die anderen entwickelt, dies immer auf Kosten seiner Nachbarn geschieht, von welchen je 2 oder 3, meist in derselben Längsliuie stehende, in ihrer Entwicklung derart zurückbleiben, dass sie nur bei sorgfäl- tigem Suchen, wenn überhaupt, aufzufinden sind. Die Ringelung xow. Pontohdella muricata weicht hauptsächlich darin von der der anderen Rhynchobdelliden ab, dass bei ihr nicht nur der 1., sondern auch der 3. und 5. Ring größere Warzen trägt: der 2. und 6. sind zumeist ganz glatt, der 4. kann kleinere Warzen tragen. BouRNE sucht die Anordnung, relative Größe und hauptsächlich die Zahl der Warzen im Bereiche eines Somits in einer ganz mächtigen Zeichnung zu veranschaulichen. Aber abgesehen davon, dass er seine Untersuchungen höchst wahrscheinlich an nicht hinreichend ausgestreckten Exemplaren gemacht hat. und so die großen Warzen der Ringe die warzenlosen dem Auge leicht entziehen konnten, ist ihm noch das kleine Missgeschick passirt, dass er die Ringe in seiner Zeichnung in umgekehrter Reihenfolge numerirt hat, und seine Beschreibung nach dieser umgekehrten Zeichnung einrichtet. So kommt es. dass er den 2. Ring 12 (nach meiner Betrachtung im Ganzen . sammt den zwischen den großen befindliehen 2 kleineren, 14j Warzen tragen und dem 4. bloß 10 fresp. 12; zukommen lässt: hinter diesem lOwarzigen Ring zeichnet er den 1. Ring des nächst- folgenden Somits. welcher 8 Warzen, aber größere besitzt. Un- glücklicherweise sind an beiden Enden seiner Zeichnung dieselben Swarzigen ersten Ringe von 2 Somiten angebracht, und um den Irr- thum hervorzurufen, brauchte er nur die römische Zahl I neben den 1 . Ring des 2. Somits, anstatt neben den des 1. zu schreiben. Wer auf Pontobdella nur einen Blick wirft, überzeugt sich davon, dass nach dem 1 . Ring des Somits immer ein warzeuloser . und nach diesem gleich der lOwarzige kommt, welchen Boukne als letzten Ring des Somits fuugireu lässt. Wesentlich falsch ist ferner auch, und wahrscheinlich ebenfalls nach einem contrahirten Exemplar verfertigt, jene Zeichnung, welche Analyse der äußeren Körperforra der Hirudineen. 183 die ganze Pontohdella und ihre Ringelung wiederzugeben berufen sein sollte. Hätte Bourxe genügend ausgestreckte Thiere unter- sucht, wie sie nach meinem Verfahren leicht zu conservireu sind, so hätte er unmöglich 3 Dinge übersehen: 1) Die 1. Ringe, ob- wohl ihre Warzen viel größer sind , sind gar nicht breiter als jene, welche Bourne, bei ihm der 2. und 4., halb so breit zeichnet: 2 die 3 Qiierreihen von großen Warzen stehen von einander, ihre Ent- fernungen von Höhepunkt zu Höhepunkt gemessen, in demselben Somit in gleichen Abständen, und der Ring mit den kleinen Warzen halbirt gerade eine solche Entfernung, also kann der BouRNEsche 3. Ring schon desswegen nicht äquivalent dem vermeintlichen \ . und 4. sein: denn die einzelnen Ringe sind, da sie gleich werthige Ab- schnitte vorstellen, in dem vollständigen, unreducirten Somit der Rhynchobdelliden nothwendigerweise auch gleich breit: 3Ì der BouRNESche 3. Ring hat vor dem Clitellum , ob er Warzen trägt oder nicht, eine selbständige Existenz nicht mehr und nicht weniger als der 2. und 6. (nach meiner Zählungsweise]. — Es möge aber das Mitgetheilte genügen: was die Anordnung der Warzen betrifft, so verweise ich auf Taf. S Fig. 6. So zu sagen eigene Merkmale hat nicht nur bei PontohdeUa jeder Ring: wie schon erwähnt, finden wir auch bei anderen Gat- tungen außer den Merkmalen der ersten Ringe solche an den übrigen Ringen : und falls an mehreren Ringen des Somits gleiche Merkmale vorkommen, so sind sie doch an gewissen immer viel ausgeprägter. als an den anderen. So z. B. kennzeichnet den 5. Ring der Gnathobdelliden die äußere Nephridialapertur : den 3. der meisten Clepsine-kx\t\s. dunklere, schwärzliche oder rostfarbene Pigmentirung, bestehend aus demselben oberflächlichen reticulären Hautpigment, welches an allen Ringen, jedoch nicht so dicht gelagert, vorkommt. Weiter unterscheidet den 2. Ring von 6'. marginafa. C. sexocu- lata etc. ein tiefer gelegener, marginaler, unregelmäßig geformter gelblicher Fleck etc. Es wurde ebenfalls schon erwähnt, dass die 5 Ringe eines So- mits der Gnathobdelliden aus Verschmelzung und Gruppirung der Ringe einer Urform herzuleiten sind, bei der auf ein inneres Somit noch je 12 äußere Ringe kamen, wie bei der heutigen Piscicela. Und zwar mag die Verschmelzung- folgendermaßen stattgefunden haben. Der 1. Piscicolaring ( — wie ich kurz die Ringe des 12 ringe- ligen, ursprünglichen Somits bezeichnen will — ) gesellt sich zu dem 184 Stephan Apàthy 5. Gnathobdellidenring des vorhergehenden Somits; der 2. und 3. Piscicolaring desselben Somits bilden den 1. Gnathobdellidenring; der 4. und 5. den 2,, der 6.. 7. und S. den 3., der 9. und 10. den 4., und endlich der 11. und 12. Piscieolaring sammt dem 1. des nächstfolgenden Somits den 5. Ring des betreffenden Gnatho- bdellidensomits iTaf. S Fig. 13). Die Querfurche, oder anstatt ihrer eine eventuell vorspringende Naht, welche den 1., 2. und 4. Ring in zwei Hälften theilt, so- wie auch die an diesen Ringen befindliche doppelte Zahl der Tast- kegelchen resp. gelblichen Pünktchen [Nephelis grandis aus dem Sebeto) deuten nämlich im Vergleich mit denen eines Piscicola- ringes darauf hin, dass diese Ringe aus Verschmelzung von zwei ursprünglichen entstanden sind: die etwas größere Breite des 3. und 5. Ringes, was hauptsächlich Nejihelis trocheta noch ziemlich auffallend bewahrt, sowie der Umstand, dass die Querfurche das hintere Drittel ihrer Breite abtrennt, und auch die Sinnesorgane in dreifacher oder in einer darauf zurückführbaren Zahl und Größe vorhanden sind: Alles dies beweist, dass diese Ringe, im Gegensatz zu den anderen, drei ursprüngliche vorstellen, was im Ganzen 12 ursprüngliche Ringe ausmacht. Andererseits macht die Lagerung der Sinnesorgane und anderer Hautmerkmale in denselben Längsreihen, wie bei den Rhynchobdelliden, sowie der Umstand, dass ein Rüssel- egel mit 1 2 Ringen in einem Somit vorkommt, und dass bei anderen Rüsselegeln diese 12 Ringe in 6, resp. 3 Gruppen vertheilt und so verschmolzen sind, mit deutlichen Spuren des ursprünglichen Ver- hältnisses, es schon an und für sich sehr wahrscheinlich, dass die ursprünglichen Ringe der Gnathobdelliden mit denen der Rhyncho- bdelliden identisch waren. Nun liegt aber die äußere Nephridialapertur aller Rüsselegel auf dem 1. Ring, resp. auf der 1. Hälfte desselben, übrigens — immer am Rücken — in einer zwischen der äußeren Paramedian- und Marginallinie nach der betreffenden Gattung wechselnden Lage. Die Nephridialapertur der Gnathobdelliden fällt hingegen immer auf das hintere Drittel des 5. Ringes in die Nähe des Ringsaumes, in einer nach den Gattungen verschiedenen Entfernung von der Mar- ginallinie, sei es am Rücken [Haemadipsa] oder, was weit häufiger, am Bauche. Die Nephridialapertur ist also sowohl bei den Rhyn- chobdelliden als auch bei den Gnathobdelliden immer an einen für die Familie charakteristischen Ring oder Ringtheil des Somits gebun- den. Aus einer so constanten Lage der Nephridialapertur zur Längs- Analyse der äußeren Körperforni der Hirudineen, 185 achse des Körpers kann man, glaube ich, mit Recht darauf schließen, dass die durch sie bezeichneten Ringe in beiden Familien homolog sind, dass also ein 1. Ring von Piscicola mit dem hinteren Drittel eines 5. von Nephelis oder Hirudo identisch ist. Es ermangeln auch andere Beweise nicht. Schneiden wir — indem wir in gleichem Grade gestreckte Exemplare nehmen — eine gut gehärtete Hirudo und eine Poniohdella an der Grenze eines äußeren Somits derart durch, dass die Schnittebene vertical auf die Körperachse zu stehen kommt, resp. überall durch die Tiefe der Kreisfurche geht, und vergleichen wir die so gewonnenen hinteren Schnittflächen, das heißt die vorderen Somitgrenzen. Bei Hirudo wird die vorderste Partie des Ganglions schon in die Schnittfläche fallen, wogegen bei Pontohdella das Ganglion weiter hinten steht und wir nur die Connective getroifen haben. Dasselbe Verhältnis zur Schnittfläche zeigt dem entsprechend auch das Hauptseptum. Wenn nun aber das Ganglion jedes Rüsselegels zwischen den Grenzen des 2. Piscicolaringes anfängt, also das Hauptseptum unmittelbar hinter dem 2. Ringe steht — wie dies leicht nachzuweisen ist — und Ganglion und Hauptseptum in den beiden Hirudineenfamilien eine ebenfalls, wenigstens in dem Mittelkörper, vollkommen con- stante relative Lage besitzen, so kann man nicht umhin anzunehmen, dass der 1. Ring der Gnathobdelliden mit einem 2. Piscicolaring anfängt. Andererseits kann es, wie ich schon erwähnt habe und zu be- weisen im Stande bin, nicht in Zweifel gezogen werden, dass in der inneren Topographie sowohl des Rhynchobdelliden- als auch des Gnathobdellidensomits die Dreizahl die herrschende ist. Das Haupt- septum und die beiden Nebensepta theilen das Somit in 3 hinter einander stehende gleiche Abschnitte, oder — wenn nur ein Neben- septum deutlich ausgebildet ist — trennt letzteres das hintere Drittel des Somits ab. Seiten- und Bauchgefäß der Gnathobdelliden geben im Bereich eines Somits je 3 Hauptäste ab; und zwar 2 in dem vorderen Drittel nahe an einander, das Bauchgefäß von der Ganglien- erweiterung aus; der 3. Ast hingegen entspringt immer in dem hin- teren Drittel des Somits. Die Einschnürungen des Darmes ent- sprechen Constant der Lage der Septa. Jedes Ganglion besteht aus 6, mit besonderen, eigenen Hüllen versehenen Ganglienkapseln; von jedem entspringen rechts und links ein Paar Seitennerven; der 1. Seitennerv ist aber dünner und der 2. zerfällt alsbald in 2, mit dem ersten gleich dicke Bündel, was also ganz auf dasselbe heraus- Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 13 186 Stephan Apàthy kommt, als ob das Ganglion vom Anfang an drei Seitennerven ab- gegeben hätte. leb will mich aber gegenwärtig nicht in nähere Erörterungen über solche Sachen einlassen, welche eigentlich in den topographischen Theil meiner Arbeit gehören. An jungen Nephelis^ hauptsächlich an solchen, welche noch nicht aus dem Cocon gekrochen sind, sind außer den Hauptsepta auch die Nebeusepta so stark entwickelt, dass ein Somit des Thieres, da die Furchen der definitiven Eingelung noch nicht tief sind, auf den ersten Blick auch äußerlich aus 3 Ringen zu bestehen scheint. Das Alles ließe sich mit den 5 äußeren Hingen der Gnathobdel- . liden schwer vereinigen, wenn wir diese nicht als secundär. aus ursprünglich 12 Rhynchobdellidenringen entstanden auffassen könn- ten, und zwar in der eben geschilderten Weise, welche ich durch das Mitgetheilte, wenn auch noch nicht endgültig bewiesen, so doch in hohem Grade wahrscheinlich gemacht zu haben glaube. Überhaupt scheint das Vorhandensein von 12 äußeren Ringen auf ein inneres Somit auch bei den Rhynchobdelliden der ursprüng- liche Zustand gewesen zu sein. Demnach wären die 6 Ringe von Ichthyobdella und Calliohdella nur das Übergaugsstadium zu den 3 Rin- gen von Branchellioii resp. — in anderer Richtung der Phylogenie — von Clepsine. Ich halte es , aus anders wo weiter aus einander zu setzenden Gründen für nicht wahrscheinlich, dass 3 ursprüngliche Ringe sich in 12 gespalten hätten, in welchem Falle umgekehrt die seichteren Furchen der Branchellion- oder Clepsineringe den Anfang des Processes bedeuten würden. Allerdings sind die 12 Ringe von Piscicola nur Einschnürungen der Haut, wogegen die Dreitheilung in den ganzen Organismus tief eingreift. Dieses findet aber eine andere Erklärung in phylogene- tisch der Ordnung als solcher vorangegangenen Verhältnissen; und die die äußeren Ringe trennenden Querfurchen dringen bei anderen Annulaten auch nicht tiefer ein als hier: höchstens bis zur Lage der Quermusculatur des Körpers, oder wo, wie bei Pontohdella, das sub- epitheliale Bindegewebe eine relativ sehr dicke Schicht bildet, nicht einmal so weit. Die eigentlichen Grenzen des Somits sind auch nicht äußerliche Riugfurchen, sondern die Hauptsepta, welche bei Rhynchobdelliden nie ganz dem vorderen Ende jenes Körperab- schnittes entsprechen, welchen wir als äußeres Somit behandelt haben. Die Nebensepta treten bei Rhynchobdelliden ebenfalls sehr friih auf, und wie mir scheint, gleich mit dem Beginn der Segmeutirung. Anfangs schnüren aber nur die Hauptsepta die Körperoberfläche ein. Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 187 sie derart segmeutireud; erst nach weiterer VermehruDg der Muskel- büudel der Nebeiisepta zeigt die Haut aucli diesen entsprechend drei Abschnitte auf ein Somit. Noch später tritt die Eintheilung der Haut in 6, resp. 12 Ringe ein; und die Nebenfurcheu von BrancJiellion und Clepsine erscheinen — wie ich glaube — in Folge irgend einer Art von Atavismus, erst postembryonal. Dies Alles steht nicht in AYiderspruch mit der UrsprUnglichkeit der 12 Ringe bei der Hiru- dineenordnung ; es beweist nur, dass die innere Dreitheilung noch älteren Ursprungs ist. Das über Ringeluug der Hirudineen Gesagte können wir folgen- dermaßen zusammenfassen : Alle Gattungen der Hirudineen haben 3, resp. 2x3 oder 4x3 Ringe auf ein inneres Somit, oder es kann wenigstens die Zahl ihrer gegenwärtigen Ringe auf ursprünglich 12 zurückgeführt wer- den. Eine allgemeine Charakteristik der Hirudineenringe liefern die Tastkegelchen, welche in IS Längsliuien oder wenigstens in einer auf diese zurückführbareu Stellung angeordnet sind. Diese Tast- kegelchen sind das primitive Sinnesorgan der Hirudineen; sie sind — um die nächstfolgenden Abschnitte zu auticipiren — über den ganzen Körper in gleicher Weise verbreitet und lassen aus sich durch segmentale Differenziruug in der Kopfgegend die Augen hervorgehen. Eine andere, nicht segmentale Differenzirung sehen wir in der Tendenz der Tastkegelchen, sich an der Marginal- linie oder in der dieser nächstliegenden Läugslinie stärker auszu- bilden: ein Vorgang, w^elcher bei Hirudo zur Entstehung einer der Seitenlinie der Capitelliden homologen marginalen Sinneslinie ge- führt hat — ohne dass wir dess wegen genöthigt wären, ein margi- nales Tastkegelchen von Hirudo einem ganzen Seitenorgan der Ca- pitelliden gleichzusetzen. Eine solche Gleichwerthigkeit würde dann vorhanden sein, wenn in der Marginallinie von Hirudo auch eine segmentale Differenzirung eingetreten wäre, vielleicht in derselben Weise wie in anderen Längs- linien, wo Augen hervorgerufen worden sind. Die segmentale Diffe- renzirung an dem Mittelkörper der Hirudineen ist aber höchstens in geringen Spuren und nur bei gewissen Arten vorhanden, indem die Tastkegelchen eventuell vergrößert, auf gewisse Hautwarzen gerathen oder eine aus Pigment resp. aus jenen gelblichen, opaken Zellen bestehende Unterlage bekommen. Von segmentalen Sinnesorganen des Mittelkörpers der Hirudineen kann jedoch noch keine Rede sein. Auf hervorstehenden, wenn auch gelegentlich retrahirbaren Warzen — 13* 188 Stephan Apàthy des Rückens z.B. — ausgesetzt zu sein, wäre speeiell für die Tast- kegelcheu kein so großer Vorzug vor anderen ;wenn es überhaupt ein Vorzug ist) , dass Whitman's Ansicht selbst von diesem Staud- punkt aus gerechtfertigt erschiene. »Carry this disparity — sagt Whitman, indem er die nach seiner Meinung größeren Warzen der inneren lateral-line (I) von Clepsine bespricht — in development and functional value to the extreme, and the result would be a single series of lateral-line organs on each side, as in the case of the Capitellidae (Eisig).« Dass diese Fol- gerung in dieser Form nicht bestehen kann, erhellt hauptsächlich aus zwei Thatsachen : 1 ) dass diese inner lateral-line — die innere Paramarginallinie nach meiner Terminologie — mit der Seitenlinie der Capitellideu absolut nicht homologisirt werden kann; 2) dass die an ihr stehenden größeren Warzen, z. B. von Clepsine^ als solche nicht Sinnesorgane sind. E. Die Auordming der Ringe in dem Mittelkörper. Innerhalb der Grenzen des Mittelkörpers, welche oft schon nach äußeren Merkmalen, bisweilen aber nur mit Hilfe der inneren Topo- graphie bestimmt werden können, sind immer 12 Ganglien und dem entsprechend 12 Somite zu zählen. Das typische Somit, welches wir schon beschrieben haben und welches als bezeichnend für die Gattung immer eine bestimmte Ringelzahl und Lage der Nephridialapertur , für die Art die beson- deren Merkmale der einzelnen Ringe aufzuweisen hat, kann sich in vier Richtungen modificiren : in relativer Größe , in Form , in Zahl der Ringe und in den speciellen Merkmalen der einzelnen Ringe, wozu auch die relative Breite des Ringes im Bereich des Somits selbst gehört. Bei dieser Gelegenheit können wir die vier Möglich- keiten nicht bei allen Gattungen verfolgen; das Hervorheben der wichtigsten Eigenthümlichkeiten einzelner, mit stellenweiser Ver- gleichung des erwachseneu Thieres und des Embryo , möge ge- nügen. Branchellion. Das erste Mittelkörpersomit ist um ein Drittel kürzer als die anderen. Der vordere Unischlagerand desselben ist ringförmig verdickt; es wird durch eine mäßige Quereinschnüruug ungefähr halbirt. Das eigentliche innere Somit beschränkt sich auf die hinter dieser Quereinschnürung gelegene Hälfte, ist also an Größe auf ein Drittel des Typischen reducirt (eigentlich auf 2/3 reducirt Analyse der äußeren Körperform der Ilirudineen. 189 und dabei im Interesse der Ringfalte verkürzt . Dass dieses Drittel ein erstes Somitdrittel vorstellt, beweist das darin gelegene Ganglion und Hauptseptum. Äußerlich sind aber zwei Drittel der einem Somit entsprechenden Hautoberfiäclie zur manschettenförmigen Präputium- falte umgestaltet : das eine in die innere , das andere in die äußere Lamelle. An der Bildung des Präputiums nehmen nur Hautelemente Theil, und eine Zellenlage der Quermusculatur : es gehört aber em- bryologisch wahrscheinlich auch die äußere Lage der Quermusculatur zur Haut, um nach anderen Gattungen zu schließen. Die Innen- fläche ist pigmentarm, vollkommen glatt und eben so wie das Somit der weiblichen Geschlechtsötfnung mit sehr regelmäßigem, längerem Cylinderepithel bedeckt. Von den großen Clitellardrüsen mündet keine an ihr; höchstens kleinere Hautschleimdrüsen, auch diese in geringer Zahl. Ihre volle Entwicklung erreicht die Präputiumfalte erst kurz vor der Geschlechtsreife. An jungen Branchellion^ selbst w^o die Kiemen- anhänge bereits ausgebildet sind, ist von ihr noch nichts wahrnehm- bar. Das erste Somit des Mittelkörpers bildet aber auch hier nur 2/3 des typischen und besteht ebenfalls aus zwei Ringen. Wir haben also hier mit einer geschlechtlichen Anpassung zu thun, von welcher in der Ontogenie nur das postembryonale Aus- w-achsen der Hautfalte und eine consecutive Verkürzung des inneren Somits wiederholt w^rd, nicht aber der ganze Process der Reduction desselben. (Der Unterschied zwischen Reduction und einfacher Verkürzung wdrd weiter unten aus einander gesetzt.) CalliohdeUa. Die Somite sind mit Ausnahme des ersten und des letzten der zwölf in Länge ebenfalls gleich, um so verschiede- ner ist aber ihre Gestalt und Breite. Um längere Beschreibung zu vermeiden, verweise ich auf die Skizze Taf. 9 Fig. 9. Die An- schwellung des Körpers fällt hauptsächlich in die 4. Region, in die des entodermalen Hinterdarmes, und erreicht ihren Höhepunkt mit dem 3. Somit desselben. Sowohl das 1., als das 12. Somit ist um Vi reducirt. An dem 12. sind anstatt 6, nur 4 Ringe zu zählen, diese aber ganz deutlich. Das 1. Somit bildet auch bei CalliohdeUa eine Präputium- falte; äußerlich sind davon 4 Ringe sichtbar; die ersten zwei sind an der Innenfläche der Falte zu suchen. Wenn sich das Thier voll- ständig ausstreckt, so glättet sich die Falte beinahe ganz aus und bedeckt auch wiihrend der Ruhe nur theilweise das hintere Clitellum- somit; im Falle starker Contraction aber noch vollkommen. Also 190 Stephan Apàthy ist der phylogenetische Vorgang der Präputiumbildung hier noch weniger vorgeschritten als bei BrancJiellion. Ichthyobdella und Piscicola. Von einer Präputiumfalte sind nur Spuren vorhanden, ein verdickter Vorderrand des ersten Mittelkör- persomits. Wesentlich verschieden von den anderen ist nur das 12. Somit, indem es bloß 4 resp. 8 äußere Ringel besitzt. Pontohdella. Die Warzen des 1. Ringes des 1. Mittelkörper- somits sind immer hervorstehender als die des 2. Somits. Dies ist die einzige Spur, der Anfang des Processes, welcher zur Herstellung des Präputiums von BrancheUion führt und damit haben wir eine beinahe vollständige phylogenetische Entwicklungs- reihe einer Präputiumfalte, welche in ihrer höchsten Ausbildung das ganze dritte Oliteli umsomit, das heißt die weiblichen Genitalien, vollkommen bedeckt. Glie- der dieser Reihe sind: Pontohdella^ Piscicola, Ichthyohdella, Calliohdella und BrancheUion. Die Mittelkörpersomite von Pontohdella sind im Verhältnis zu ihrer Dicke, welche nach vorn bis zu einem höheren Grad, aber all- mählicher als nach hinten abnimmt, auch an Länge verschieden: und zwar können sie in dieser Hinsicht in folgende abnehmende Reihe gestellt werden: a) Somit 8 ; b) 7 und 9; c) 6, 5, 4; d) 3 und 10; e) 2, 1 und 11; f) Somit 12. In dieser Reihe ist e Vg von a: und f ebenfalls 2/3 von e. Daraus ist klar, dass die bei ihrer größten Länge auch dicksten Somite die ersten drei der Hinterdarmregion, also die sind, welche in erster Linie dazu berufen sind, den colossalen Blinddarm (den sackförmigen Anhang des Mitteldarmes), welcher als Blutreservoir dient, zu beherbergen. Das 12. Somit besteht aus vier Ringen mit 2 Reihen von War- zen, welche sowohl durch ihre relative Größe als durch Zahl und Anordnung den betr. Ring als einen 1. resp. 3. des typischen Somits bestimmen. Da nun auch die Länge dieses Somits bloß Vs c^es er- sten beträgt, so kann kein Zweifel darüber herrschen, dass Va; und zwar das hintere, eingebüßt wurde. Clepsine. Von den anderen verschieden sind nur das vorletzte und letzte Somit, jenes indem es, schon postembryonal, kürzer wird, aber noch 3 Ringe behält, dieses indem es bloß aus 2 Ringen be- steht: den 1. mit den charakteristischen Warzen, den 2., z. B. bei Cl. marginata, mit dem an jedem zweiten Ring vorkommenden gelben Analyse der äußeren Kürperform der Ilirudineen. 19] Fleck in der ]\[arginallinie. Also wurde auch hier ein 3. Ring, das hintere Drittel des 8omits, eingebüßt. Nephelis. Alle Somite des Mittelkörpers sind äußerlich unter einander in jeder Beziehung- vollkommen gleich; nur der 3. — 5. Ring des 12. Somits ist schmäler als die anderen. Hirudo und Aulastoma. 10 Somite sind gleich, vom 11. sind die Ringe schmäler, vom 12. sind nur 3 vorhanden. In den beiden letzten Gattungen werden die Ringe des 1 1 . So- mits erst postembryonal verschmälert, dagegen legt sich das 12. So- mit gleich von Anfang an mit 3 Ringen an. Betrachtet man diese Ringe am erwachsenen Thiere näher, so kann kein Zweifel darüber sein, dass der 1., 2. und 3. Ring des typischen Somits erhalten wurde. Der 1. Ring trägt nämlich die für erste Ringe von Hirudo charakteristischen 8 weißlichen Punkte : der 3. ist breiter und durch eine oft ganz deutliche Querfurche in eine vordere breitere und hintere schmälere Hälfte getheilt. Nun ist der 4. und 5. Gnatho- bdellidenring mit dem hinteren Drittel des entsprechenden Rhyncho- bdellidensomits , wozu sich noch der erste Piscicolaring des nächst- folgenden Somits gesellt hat, gleich werthig (Taf. 8 Fig. 13). Wenn also auch bei Gnathobdelliden wie bei Rhynchobdelliden das hintere Drittel des 1 2. Somits ausgefallen ist, so muss der erste Piscicolaring des nächstfolgenden Somit irgend wo noch vorhanden sein. Und eben aus diesem virtuellen Vorhandensein erkläre ich, dass der 1, Ring des folgenden Aftersomits, obwohl er alle dem typischen 1. Ringe ange- hörigen Merkmale aufweist, dennoch so breit ist, wie es in der Regel nur dem 3. und 5. Ring des Somits zukommen würde: in diesem Ring ist nämlich mit dem gewöhnlichen ersten Gnathobdellideuring der 1. Piscicolaring des entsprechenden Rhynchobdellidensomits ver- schmolzen, da er sich zu dem 5. Ring des vorhergehenden nicht gesellen konnte. Fassen wir das in diesem Capitel Gesagte kurz zu- sammen: Das 2. — 1 1. Somit des Mittelkörpers ist immer in der für die Art charakteristischen Weise gestaltet. Unterschiede können nur in der relativen Größe postembryonal, in Folge des überwiegenden Wachs- thums gewisser Darmabschnitte entstanden sein. Die Modificationen des ersten Somits werden immer durch die unmittelbare Nähe des Clitellums hervorgerufen; es sind dem geschlechtlichen Leben die- nende, theil weise nur postembryoual auftretende Gestaltungen. Das 12. Somit ist, mit Ausnahme von Branchellion ^ Nephelis [Trocheta] 192 Stephan Apàthy und Lepto8oma Whitman [Macrohdellaf] . um ein Drittel, und zwar das hintere, des typischen Somits reducirt, also von 3 Ringen auf 2, von 6 auf 4, von 12 auf 8 und von 5 auf 3: die fehlenden Kinge bedeuten immer einen gleichwerthigen inneren Somitabschnitt. Eine Ausnahme in anderer Richtung ist noch Haemadipsa, bei welcher zwei Drittel des betreffenden Somits abhanden gekommen sind. Diese Erscheinung, die Unvollständigkeit der Endsomite des Mit- telkörpers etc., kann ich schon dess wegen nicht mit Whitman als allgemeine phylogenetische Tendenz der Ordnung betrachten (29 pag. 84 — 85), weil sie sehr alte Formen, unter anderen /cÄ^%oif7e//ö! und Pontohdella, in derselben Weise, wie nach Whitman zu den jüngsten gehörende, z. B. Ilirudo^ aufweisen können, und sie anderer- seits bei solchen Gattungen, welche in der phylogenetischen Reihe sehr fern von einander stehen — und zwischen welche sich Formen mit reducirteren Somiten reihen — gleichfalls fehlt oder weniger weit vorgeschritten ist. Dem Mitgetheilten muss ich noch hinzufügen, dass das reducirte 12, Somit der Gnathobdelliden niemals Nephridialaperturen trägt; wogegen an dem von NepheUs solche noch vorhanden sind. Das 12. Somit der Rhynchobdelliden besitzt zwar Nephridialaperturen, aber diese sind an dem Vorderrande des Somits gelegen , also die- selben, welche bei Gnathobdelliden noch an dem Hiutersaume des vor- hergehenden zu suchen sind und dort auch immer aufgefunden werden können. Demnach ist die Zahl der äußeren Nephridialaperturen des Mittelkörpers der Gnathobdelliden 11. In der Subfamilie der ichthyo- bdelliden Rhynchobdellen fehlen sie an dem ersten und zweiten Mittel- körpersomit auch dann, wenn das erste Somit vollständig, wie bei Pontohdella^ ist: sie haben also im Ganzen 10. An dem 2, Somit von Clepsine sind sie aber schon vorhanden, also existiren im Gan- zen 11. Die Ursache dieser Unterschiede liegt einfach darin, dass reducirte Somite des Mittelkörpers auch der inneren Anlage der Ne- phridien entbehren. : F. Die Auordnimg der Biuge in der Clitellarregiou. Das eigentliche Clitellum. Es besteht aus 3 Somiteii. Das 3, trägt die weibliche, das 2. die männliche Geschlechtsöffnung; das 1. nimmt bei den Gnathobdelliden an der Bildung des Gürtels Theil, welcher hauptsächlich aus verdickter, mit vielen Drüsen versehener Haut besteht : bei den Rhynchobdelliden ist es theilweise präputium- Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 193 aiüg umgestaltet, theilweise fehlt jedes besondere Kennzeichen. Die Ganglien müssen hier nicht nothwendigerweise im Bereich des 1. Somitdrittels liegen . sie können nach vorn verschoben sein , schrei- ten aber nie über die vordere Grenze des eigentlichen Clitellums hinaus. Die Ursache dieser Verschiebung mag mit der Reductiou der betreftenden Somite in Zusammenhang stehen. Um die Hauptresultate meiner Untersuchungen, namentlich jene, welche zum Beweise der in dieser Mittheilung darzulegenden Gesetze dienen, möglichst kurz zusammenfassen zu können, lasse ich hier gleich die Familiencharaktere der ichthyobdelliden Rhyn- chobdellen vorangehen, wie ich sie nach den gesammten Gattun- gen festgestellt habe. Die die Geschlechtsöffnungen tragenden Somite bilden meistens, das 3. immer, einen ringförmig eingeschnürten Theil des Leibes. Nur das 2. Clitellumsomit von Branchellion verdickt sich, haupt- sächlich zur Zeit der Geschlechtsreife , zu einem hervorstehenden Gürtel, welcher den Systematikern die Veranlassung gegeben hat, den ganzen Branchelliongürtel als kugeligen Knoten zu bezeichnen. Sie sind auf 2/3 des typischen Mittelkörpersomits reducirt; die Ge- schlechtsöfinungen , von welchen die weibliche immer die kleinere ist, liegen in ihrer vorderen Hälfte. Das 1. Somit ist, eben so wie das 1 . des Mittelkörpers, behufs Bildung einer natürlicherweise nach hinten gerichteten Präputiumfalte reducirt, und zwar am meisten bei Pontohdella^ hier auf V:ì des typischen Somits. Je größer diese Re- duction an dem ersten Clitellumsomit ist, um so geringer ist sie an dem des Mittelkörpers. Die Clitellardrüsen münden zum Theil an dem 1., hauptsächlich aber an dem 2. Somit. Die phylogenetischeReihe der Reduction, resp. Verkürzung des 1. Somits ist: BranclielUon , CaUiohdella ^ Ichthyohdella ^ Pisci- cola. Pontohdella. Bei letzterer ist die ausziehbare Falte verschwun- den, die Reduction des Somitkörpers hat aber den höchsten Grad erreicht. Dieses Somit von Pontohdella besteht nämlich bloß aus einem stark hervorragenden, große Warzen tragenden, breiten, und aus einem glatten, schmalen Ringe. Die Zahl, Größe und Lage der Warzen bestimmen unzweifelhaft einen ersten Ring eines typischen Somits; der glatte Ring gehört als zweiter dazu, um ein Somitdrittel auszumachen. Diesen zweiten schmalen Ring zeichnet zwar auch BouRNE (18 Taf. 26 Fig. 7), deutet ihn aber irrthümlich, indem er glaubt, dass er »possibly with some special relation to the formation 194 Stephan Apàthy of the cocoon« wäre. Die anderen zwei Drittel des ursprüng- lichen äußeren Somits haben sich unter das erste ein- gestülpt, sind dort festgewachsen und während der Phy- logenese allmählich verschwunden, aber nicht spurlos, denn die Histologie dieses Somits überzeugt uns davon , dass zur Bildung desselben eine ausnehmend große Menge von Hautelemeuten verwendet worden ist, und dass hauptsächlich die Bindegewebsschicbt auffallend dicker als an allen anderen »Somiten ist. Hier haben wir also den umgekehrten Vorgang, wie den oben auf Seite 190 beschriebenen. Ursprünglich scheint nur die vordere Präputiumfalte ausgebildet gewesen zu sein, die männliche Genital- apertur beschützend, während das erste Mittelkörpersomit sich sexuell noch nicht angepasst hat; in dem Maße aber, wie sich später die vordere Präputiumfalte ausglättete, gestaltete sich das erste Mittel- kfjrpersomit zu einer mehr die weibliche Geschlechtsöffnung bedecken- den um. Die Familiencharaktere des Clitellums der Gnatho- bdelliden sind folgende: Alle 3 Somite sind vollständig; die Haut derselben schwillt hauptsächlich während der Geschlechtsreife zu einem dem des Regenwurmes ähnlichen Gürtel an. Die Ge- schlechtsöffnungen, von welchen die weibliche immer kleiner ist, während aus der männlichen ein fadenförmiges Begattungsorgan [Hi- rudo) hervorgestülpt werden kann, sind an ihrem betreffenden Somite relativ weiter nach hinten gelagert, als die der ichthyobdelliden Rhynchobdellen. Einen Übergang zwischen den zwei geschilderten Clitellumtypen bildet das von Clepsine. Es besitzt weder Hautanschwellung, noch irgend eine andere besondere Anpassung. Die männliche Geschlechts- öfifnung ist im Vergleich mit der von BranchelUon und Pontohdella um anderthalb, die weibliche nur um ein halbes Somitdrittel nach hinten verschoben, indem jene zwischen den 2. und 3. Ring des 2. Somits, diese zwischen den 1. und 2. des 3. in die Furche zu liegen kommt. Die männliche Geschlechtsöfifnung von Nephelis liegt zwischen dem 4. und 5., die weibliche zwischen dem J. imd 2. Ring des be- treffenden Somits, jene in dem 3., diese in dem 1. Somitdrittel, also jene um zwei Drittel, diese kaum um Etwas weiter nach hinten, als die von BranchelUon. Bei Aulastoma liegen beide Geschlechtsöffnungen an einem 3. Ring, also in dem 2. Drittel des Rhynchobdellidensomits, um ein Drittel weiter nach hinten als die von BranchelUon ; die von Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 195 Hirudo hingegen nicht ganz um ein Drittel (3/, 2) weiter, da sie sich zwischen dem 2. und 3. Ring des betreifenden Somits befinden. Die Geschlechtsöffnungen von Hirudo und Aulastoma werden demgemäß durch 3, die von NephcKs durch IV2 Somitdrittel von einander ge- trennt. Nephelis steht auch in der Lage ihrer Geschlechtsöffuungen näher bei den Khyuchobdelliden (namentlich bei Clepsine] als die anderen Gnathobdelliden. Alle Gebilde des Clitellums, so wie auch die relative Größe der Geschlechtsöffuungen können von der Art und Weise der Begattung und der Coconbildung abgeleitet werden. Das Praeclitellum. Zwischen den Ganglien des Gürtels und der Gangliengruppe des Schlundringes können immer und ohne jede Schwie- rigkeit 3 gesonderte Ganglien gezählt werden, deren Lage aber nur bei den Gnathobdelliden immer vollkommen der typischen entspricht, wie sie an dem Mittelkörper zu beobachten war. Es kann nämlich eine aus der inneren Topographie leicht erklärliche, kleine Verschiebung stattgefunden haben. Demnach besteht das Praeclitellum aus 3 So- miten, welche alle vollständig sind; eine Ausnahme bilden Aula- stoma^ Macrohdella. Hirudinaria (Whitman), Hirudo und Haema- dipsa, also eine gesonderte Gruppe der Gnathobdelliden, bei wel- cher das erste Praeclitellumsomit auf 3 Ringe, auf 2/3 des typischen Somits, reducirt ist. Im Übrigen sind alle 3 einander gleich. Von denen des Mittelkörpers unterscheiden sie sich durch ihre all- mähliche Längenabnahme gegen das Kopfende, und dadurch, dass an ihren Ringen gewisse Merkmale fehlen, andere minder ausge- prägt erscheinen. Bei Feststellung der Homologien der Kopfregiou müssen in erster Linie diese in Betracht gezogen werden. Die Län- genabnahme der Somite geschieht nach einer gewissen Gesetzmäßig- keit, welche ich in einem späteren Capitel aus einander setzen werde. An dem Praeclitellum der Ichthyobdellideu fehlen die contractilen Seitenblasen, wie auch schon amClitellum; oder sie sind wenigstens von außen nicht wahrnehmbar, obwohl die ihnen entsprechenden Höcker der Haut an den ersten Ringen vorhanden sein können iCal- liobdelld] ; auch diese sind rectractil , pulsiren aber nie. Es fehlen außerdem, wie ebenfalls auch schon am Clitellum, die Nephridial- aperturen. Clepsine dagegen besitzt solche an allen dreien, ja sogar auch am L Clitellumsomit. Unter den Gnathobdelliden besitzt Ne- phelis an keinem Glitellumsomit, Aulastoma außer an dem Clitellum nur am 3., Hirudo an allen 3 Praeclitellumsomiten äußere Nephridial- aperturen. Da aber das hintere Drittel des 1. Praeclitellumsomits bei 196 Stephan Apathy Hirudo fehlt, so ist auch die Nephridialapertur an dem Yorderrande des 2. zu suchen , weil sie sammt dem 1 . Piscicolaring desselben Somits hierher zurückverlegt wurde. Bevor ich zur Analyse der Kopfregiou, wo die Principien, welche uns bisher geleitet haben, die schwierigste Probe bestehen werden, übergehe, will ich einige Punkte nochmals kurz hervorheben. Die Ringe je eines Hirudineensomits haben, von den Nephri- dialaperturen abgesehen . entweder gar keine besondere Merkmale oder falls sie alle oder ein Theil von ihnen solche besitzen, ist nach diesen Merkmalen der betreffende Ring überall zu erkennen, und sie können nirgends vollständig fehlen, wo in irgend einem Somit jener Ring überhaupt vorhanden ist. In dieser Weise muss die Whit- MAN'sche These von den segmentbezeichnenden Merkmalen modificirt werden: das heißt, die strenge Metamerie des Hirudineenkörpers äußert sich darin, dass jedem Ringe mit einer im Somit behaupte- ten bestimmten Lage auch bestimmte Eigenschaften zukommen, welche sich am ganzen Körper regelmäßig wiederholen. Diese Regelmäßigkeit ist es, welche Bourne an dem Mittelkörper von Pontohdella nachzu- weisen versuchte, ohne sie aber weiter in modificirte Verhältnisse, wo sie sich zu einem Gesetz hätte verstärken können, zu verfolgen. Jede Abweichung von dem gegebenen Somittypus besteht entweder in Re- duction resp. einfacher Verkürzung, oder in überwiegender Ausbil- dung gewisser Merkmale, wobei andere in ihrer Entwicklung zurück- bleiben. Vorläufig haben wir, bis auf endgültige Bestätigung durch die Analyse der Kopfregiou, als Erklärung des Reductionsmodus das Gesetz der Somitdrittel angenommen. Und wir können a priori versichert sein, dass auch am Kopfe jeder Ring nur solche Merkmale haben wird, die ihm nach seiner Stellung im Somit zukommen, und dass keine entstanden sein werden, welche ihre Homologa nicht schon an den bisher beschriebenen Somiten besitzen. Ich habe diese Princiiiien am gesammteu Körper aller oben auf- gezählten Gattungen und Arten Schritt für Schritt verfolgt und dabei nicht die kleinsten Einzelheiten außer Acht gelassen, weil oft eben diese auf phylogenetische Verhältnisse das meiste Licht werfen. Alles hat die bisher mitgetheilte Auffassung nur gerechtfertigt. Ich kann mich jedoch für das Weitere in jene Einzelheiten nicht ein- lassen; es möge genügen, dass ich die wichtigsten Thatsachen kurz zusammenfasse und sie hier und da ein wenig beleuchte. Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 197 G. Die Anordnung der Ringe in der Kopfregion. Auf den ersten Blick könnte es scheinen, als wäre der Saiig- napf, eben so wie die Haftsclieibe, von einer Einstülpung des Kör- perendes herzuleiten. Dann könnte vielleicht die Innenfläche des Saugnapfes Homologon einer Fläche sein , welche bei dem Embryo in gewissen Entwicklungsstadien noch nach außen gekehrt gewesen ist, später aber in die Napf höhle hineingezogen wurde. Ist nun diese Einstülpung in einem Stadium der Entwicklung vor sich ge- gangen, wo sich die Somitplatten schon hinter einander gereiht haben, also die Segmentirung bereits beendet war, so müssen wir die Ringe und Ringelmerkmale der Endsomite eines mit wohl ausgebildetem Saugnapf versehenen Hirudineenkörpers an der Conca vität des Napfes irgend wie auffinden. Und wäre dies auch nicht der Fall, wären die Ringelmerkmale , wie meistentheils an der Concavität der Haft- scheibe, schon verschwommen, resp. nicht ausgebildet, so müsste we- nigstens die Kopfregion solcher Arten, welche überhaupt keinen eigent- lichen, oder nur einen sehr geringen Saugnapf besitzen, äußerlich aus mehr Somiten bestehen als bei den Arten, wo sie sich zu einem mächtigen Saugnapf umgestaltet hat. So könnten die Unterschiede, welche in Zahl der Ringe und scheinbar auch in Zahl der Somite der Kopfregion der einzelnen Arten vorhanden sind, eine plausible Erklärung finden. Diese wäre aber von Grund aus falsch, nicht weniger als die Annahme Bourne's, dass das Homologon des vor- deren Körperendes der Gnathobdelliden in dem Rüssel der Rhyn- chobdelliden zu suchen sei. Sie wird sowohl von Seiten der Embryologie als auch von Seiten der äußeren und inneren Morphologie der Kopfgegend vollkommen widerlegt. Um uns nur auf die letztere zu beschränken, so beweise ich, dass die Kopfregion aller Gattungen und Arten, den 6 Ganglien entsprechend, welche im Vergleich mit denen des Mittelkörpers nur gering modificirt, zur Bildung des Schlundringes an einander (besser : nicht aus einander) gerückt sind, aus 6 auch äußerlich zu unter- scheidenden Somiten besteht, und so das vordere Körperende der Gnathobdelliden dem der Rhynchobdelliden vollständig homolog ist. Diese 6 Somite in den mannigfaltigen Modificationen des Kopfes überall nachzuweisen, würde sehr lange Beschreibungen in Anspruch nehmen. Um die Art und Weise der Analyse zu illustriren, werde ich hier jedoch den Kopf von Clepsine tessidata ausführlicher dar- 198 Stephan Apàthy Stellen, welche unter allen von mir untersuchten Arten die einfach- sten und klarsten Verhältnisse darbietet. Clepsine tcssulata Müll. (Taf. 8 Fig. 14). Als letztes Somit der Kopfregion finden wir 3 Ringe, welche von denen des Praeclitellums nur unwesentlich verschieden sind. Au dem 1. sind zwar die 4 gelben Rückenflecke nur am lebenden Thiere deutlich zu sehen, sie sind aber unzweifelhaft vorhanden, hauptsächlich die inneren paramarginalen: die anderen bestehen nur je aus einer kleinen Gruppe von einigen verästelten, unregelmäßigen Zellen in den tieferen Lagen des sub- epithelialen Bindegewebes. Im Allgemeinen fällt es auf, dass die gelbe Zellenunterlage der paramedianen Warzen von dem Clitellum an nach vorn sich allmählich vermindert; wogegen der gelbe Mar- ginalfleck der zweiten Ringe beständig verbleibt und bis zu dem äußersten Ende des Körpers zu verfolgen ist; ebenfalls beständig, wie bei Ch marginata, ist hier die dunklere röthlichschwarze, ober- flächliche Pigmentiruug, die dunklen Querstreifeu der dritten Ringe. Das nach vorn folgende Somit unterscheidet sich von dem beschriebenen nur dadurch, dass es der Träger des letzten, d. h. des 4. Augenpaares ist. Auf den ersten Blick sehen wir in der inneren Paramedianlinie anstatt der gewöhnlichen Warze einen intensiv schwarzen halbmond- resp.kahnförmigen, mit der Concavität nach außen und hinten schauen- den großen Pigmentfleck. Er wird von einem weißen, pigmentlosen Hof umgeben, welcher nach außen etwas über die äußere Para- medianlinie reicht. Es scheint, als ob der dunkle Farbstotf dieser Fläche sich im Centrum augesammelt hätte, um das schwarze Pig- ment des Auges zu liefern. Cl. tessulata zeichnet sich, wie schon erwähnt, vor allen ihren Gattungsgenossen dadurch aus , dass bei ihr jedem Tastkegelchen eben so wie bei Piscicola ein tiefer liegender schwarzer Pigmentstern entspricht, was den Tastkegelcheu möglicherweise eine modificirte oder Avenigsteus gesteigerte Empfindlichkeit verleiht. Ich glaube diesen Umstand mit ihrer großen Lebhaftigkeit und der relativ hoch entwickelten Siuuesthätigkeit in Zusammenhang bringen zu können. Einzig bei dieser Clepsine habe ich beobachtet, dass sie aus nicht gut verschlossenen Gefäßen, das Wasser verlassend, hinauskriecht. Eine hat sich mir zwischen Wasserpflanzen, welche auf dem Tische zurückgeblieben waren , verkrochen und so eine ganze Nacht hin- durch an der Luft verweilt, ohne dass es ihr besonders geschadet hätte. Sobald man ihnen irgend etwas nähert, so bemerken sie es •sofort und suchen sich zu flüchten, indem sie lebhaft herumkriechen Analyse der äußeren Kürperform der Ilirudineen. 199 und sich sogar aus dem Wasser hinauswagen. Eine solche größere Regsamkeit haben sie übrigens auch sehr nöthig, denn sie haben unter allen Clepsinen den weichsten und am leichtesten verwund- baren Körper. — An dem in Rede stehenden Somit sind die Stern- flecke und auch die ihnen entsprechenden Tastkegelcheu den Para- medianlinien der 1. Ringe, obwohl sie an anderen Somiten auch hier nicht fehlten, abhanden gekommen, wovon ich mich auch an Schnitten überzeugen konnte. Es wird also vielleicht nicht gewagt erscheinen, daraus die Folgerung zu ziehen, dass die großen Augen auf Kosten von mehreren kleinen Sinnesorganen, hier von je acht Tastkegelchen, entstanden sind. Ich denke dabei nicht an irgend eine Verschmelzung, denn die innere Para- medianlinie kann mit der äußeren nicht verwachsen, die Tastkegel- chen können, nach meiner Ansicht, aus ihren bestimmten Längslinien in der Regel nicht heraustreten. (Ein anderer Fall ist es. wenn sie bei Verschmelzungen von Ringen ein wenig verschoben werden, so dass nicht selten , derselben Längslinie entsprechend , zwei gleich entwickelte neben einander zu stehen kommen, M'ie z. B. an ge- wissen Ringen von Nephelis (jrandis und N. trocheta.) Könnten die Tastkegelchen ihre Längslinien so ohne Weiteres verlassen, dann würde ihr constantes Verbleiben in solchen charakteristisch bestimm- ten Längslinien auch au anderen Somiten, wie wir es in der That finden , etwas Überflüssiges sein , würde die ganze seriale Homo- logie der Hautgebilde der Hirudineen — welche , wenigstens in einigen ihrer Äußerungen, zuerst erkannt zu haben Whitman's Ver- dienst ist — ihre Bedeutung vollkommen verlieren. Den phyloge- netischen Bildungsvorgang der Augen von Hirudineen kann man sich also nur in der Weise vorstellen , dass von den auf einen Clepsine- ring, resp. ein Somitdrittel fallenden Tastkegelchen einer oder zweier benachbarter Längslinien eines, bei Clepsine tessulata in der inneren Paramedianlinie stehendes, an Größe und an Pigmentirung die an- deren allmählich übertraf, wobei letztere sich dem entsprechend ver- kleinerten und bis auf heut zu Tage kaum noch nachzuweisende Reste geschwunden sind : so kann ein Auge das Äquivalent von acht Tast- kegelchen bilden, ohne desshalb aus Verschmelzung derselben ent- standen zu sein. Vorwärts schreitend, können wir noch 2 vollständige Somite finden: an dem 1. Ring das Augenpaar, an dem 2. den gelben Mar- ginalfleck und an dem 3. den dunklen Querstreif. Von dem schon beschriebenen Augenfleck ist nur der des letzteren Somits ein wenig 200 Stephan Apàthy verschieden, indem er ein wenig größer ist und die Coneavität der Pigmentschale nach vorn und außen wendet. Mehr vollständige Somite, als die schon genannten 4, besitzt der Kopf nicht. Das folgende besteht nur noch aus 2 Ringen: au dem 1. das Augenpaar, an dem 2. der gelbe Marginalfleck ; der 3. mit dem dunklen Querstreif ist verschwunden. Dieses Augenpaar, das 1. von Cl. tessulata, ist halb so groß als die anderen; seine Coneavität blickt nach außen und vorn; der umgebende lichte Hof ist ebenfalls kleiner. Gleich daneben befindet sich auch eine äußere Paramedianpapille , zum Zeichen davon, dass dieses Auge nur aus den auf die innere Paramedianlinie fallenden Tastkegelchen entstan- den ist. Nun folgt das 1 . Somit des Kopfes, das blasse, pigment- und augenlose Vorderende des Körpers, welches ziemlich vorstreckbar ist und dann zugespitzt, in der Ptuhelage aber abgerundet erscheint. Es ist durchsichtig, und man kann darin 10 opake Pünktchen wahrneh- men, den mehr oder weniger deutlichen zehn Zacken des freien Ran- des entsprechend ; vier von den zehn Pünktchen sind mehr der Bauch- fläche genähert, und es stellt sich bei weiterem Vergleichen heraus, dass sie die charakteristischen J 0 Wärzchen der 1 . Ringe vertreten, dass also das 1. Körpersegment auf einen Ring, auf das 1. Drittel des typischen Somits reducirt wurde. So ist es bewiesen — und kann bei jeder Art von jeder Gattung bewiesen werden — , dass sich die Kopfregion von Cl. tessulata aus 6 Somiten zusammensetzt. Zwei davon sind reducirt: das 1. auf ein, das 2. auf zwei Drittel des typischen Mittelkörpersomits. Verkürzt sind sie aber alle und zwar nach dem weiter ^^nten darzulegen- den Gesetz der Verkürzung. Von der Bildung eines Saugnapfes sind nur unwesentliche Spuren vorhanden, indem die Seitenlinien des Kopfes nicht ganz in dem Grade convergiren, wie es die Seiten des Praeclitellums angeben, und weiter darin, dass das VI. Somit im Ver- gleich mit dem V.. welches das breiteste der Kopfregion ist. eine kleine Einschnürung, eine halsförmige Verjüngung aufweist. Was meine Untersuchungen an anderen Clepsinearten betrifft, so will ich hier nur diejenigen erwähnen, welche sich auf die Rüs- selrinne, resp. den Rüsselhalter und die Rückenplatte von Clepsine hioculata beziehen und neue Thatsachen und phylogenetische Verhältnisse zu Tage gebracht haben. Die Mundöffnung der Clepsinen ist ein Längsspalt in der ventralen Mittellinie der Kopfregion von dem I, bis zu dem III, Analyse der äußeren Körperform der Ilirudineen. 201 Segment, meistens exclusive, reichend, und ist nach Belieben aus- dehnbar und auch ganz verschließbar. An der oberen Wand der Mundhöhle ziehen bei Clepsine bioculata von der Hiuterwand (vorde- ren Grenze des V. Somits) bis zu dem I. Somit 2 sich in der Mittel- linie berührende Längsfalten, welche je einen Halbcanal bilden. Sie können sich, wenn das Thier ruht, auch ganz ausglätten; wenn es aber seinen Rüssel hervorstreckt, so bilden die beiden Halbcanäle ein Ganzes, welches die Fortsetzung des engen Pharynxcanals dar- stellt und mit einer kleinen querspaltähnlichen Öffnung nach vorn mündet. Durch letztere dringt der sich zum Saugen anschickende Rüssel hervor; die beiden Längsfalten unterstützen ihn und geben ihm während des Saugens die gehörige Richtung. Der Rüssel von C. hioculata ist nämlich sehr lang (er reicht in der Ruhelage von dem VL bis zu dem XIIL Somit), dabei dünn und biegsam, so dass er ohne einen solchen Rüsselhalter nicht einmal in die weiche Haut der Wasserschnecken eindringen könnte ; auch die Mundöflfnung von Cl. hioculata ist nicht derart gestaltet, dass beim Anlegen der Lippen die Pharynxapertur ganz der zu durchbohrenden Haut auf- liegen könnte, wie dies bei den Ichthyobdelliden der Fall ist; dann könnte allerdings ein Rüsselhalter trotz des langen Rüssels noch eher entbehrt werden (Taf. 8 Fig. 3 und 4). Diese Einrichtung wurde meines Wissens bisher noch nicht berücksichtigt, trotzdem dass unter den Clepsinearten eine ganze Reihe ihrer phylogenetischen Entwicklungsstadien vorhanden ist. Der Entwicklungsgrad des Rüsselhalters steht zu der Länge des Rüssels in geradem, zu der scheibenartigen Ausbreitung der Kopf- gegend in umgekehrtem Verhältnis. Je entwickelter nämlich die Saugscheibe selbst, um so kürzer ist der Rüssel und relativ auch um so dicker, unbiegsamer, wovon man sich hauptsächlich in der Subfamilie der Ichthyobdelliden leicht überzeugen kann. Verfolgen wir aber die Ausbildung des Rüsselhalters in Gedanken noch über das Stadium bei Cl. hioculata hinaus. Die Falten wer- den zuerst hinten über dem so gebildeten Canal verwachsen , und von hier aus allmählich vorwärts, bis aus ihnen ein ganz geschlos- sener Canal entsteht, welcher nur in der Nähe des vorderen Mund- randes eine Öffnung besitzt, um dem Rüssel den Austritt zu gewäh- ren. Nennen wir den Mund, resp. das Kopfende des Körpers Haft- oder Saugscheibe, wie es die Systematiker thun und wir haben den Fall vor uns, dass die »Mundöffnung«, unter welcher Bezeichnung wir die Öffnung, durch welche der Rüssel hervortritt, verstehen Mittlieilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 14 202 Stephan Apàthy sollen, sich nicht in der Tiefe der Saugscheibe, sondern in der Nähe des vorderen Scheibenrandes, an der Bauchfläche befindet. Und das ist es eben, was die Gattung Haementaria in der heutigen Systematik in erster Linie charakterisirt , sie von den Clepsinearten unterschei- det. Dieses Resultat kann mich in meiner schon früher geäußerten Meinung nur bestärken, dass Haementaria^ deren eine Art von Fe. Müller (35) noch als Clepsine costata bezeichnet und nur von De Filippi (36) in die von ihm aufgestellte Gattung hineingezwängt wurde, als Gattung nur wenig von Clepsine entfernt ist. Bei ihr ist der Rüsselhalter schon zu einem constanten Canal zusammengewachsen und bildet das letzte Glied folgen- der phylogenetischen Entwicklungsreihe: Cl. marginata^ CI. sexoculata^ CI. concolor n. sp., CI. heteroclita . CI. hioculata^ Haementaria [Clepsine] costata Müller und H. ofßcinalis etc. de Fi- lippi. — Übrigens steht (was ich hier nur flüchtig bemerke und weiter in dem systematischen Theil meiner Monographie aus einan- der setzen werde) Cl. hioculata der Haennentaria nicht nur in Betrefl:' allgemeiner anatomischer Verhältnisse, sondern auch in artbezeich- nenden Merkmalen am nächsten, so dass man, glaube ich, annehmen darf, dass von ihr oder von einer ihr sehr ähnlichen Urform die Ab- trennung der Art resp. Gattung in der Krim von Haem. costata, in Mexiko von den anderen noch bekannten drei Arten ausgegangen ist. Um so mehr, als hioculata über die ganze Welt verbreitet ist. Cl. hioculata besitzt zwischen dem (nach meiner Zählungsweise) 16. und 17. Ring, also an der Grenze von Kopfregion und Praecli- tellum, in der dorsalen Mittellinie eine eigenthümliche braune, horn- artige Platte, welche zwar schon lange bekannt ist und in der Sy- stematik als eines der constantesten Merkmale von hioculata fungirt, von welcher aber bisher weder Entstehung noch Bedeutung erkannt war. Ich bin im Stande, nachzuweisen, dass diese nichts Anderes ist, als der Überrest einer degenerirten, ursprünglich chitinige Fäden liefernden embryonalen Haftdrüse, durch welche die hioculata schon in sehr frühen Entwicklungsstadien, ehe noch die Eihülle geplatzt ist und das Mund- oder Afterende sich zum Haften organisirt hatte, stark an der Bauchconcavität der Mutter fixirt wird, indem von ihr ein Bündel im Wasser erhärtender, zäher Fasern, quasi eine Art von Byssus, ausgeschieden wird. Eine solche Haftdrüse besitzen die Embryonen von Cl. heteroclita ebenfalls; diese schwindet aber am ausgewachsenen Thiere noch mehr, als bei hioculata. bis auf kaum wahrnehmbare Spuren. Diese embryonale Haftdrüse entschädigt das Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 203 Thier für einen Saiignapf oder wenigstens für die entwickelteren, muskulösen Lippen der anderen Clepsinejungen, welche zwar erst nach dem Abwerfen der EihUlle resp. nach dem Ausschlüpfen aus dem primitiven Cocon, aber gleich mit dem Munde — mit dem Afterende erst später — an der Bauchwand der Mutter anhaften, und deren Kopfende immer breiter, stärker bleibt, als das von hioculata und heteroclita ^ Um ein solches Organ, von welchem bei anderen Rüsselegeln als den zur hioculata-GxM^^Q gehörenden Clepsiuen {hioculata^ liete- roclita^ concolor, sexoculata] gar keine Spur vorhanden ist, hervor- gehen lassen zu können, bedarf es in der Phylogenese gewiss ge- raumer Zeit, und jene Art, bei welcher es zum ersten Mal auftrat, musste sich von den übrigen schon sehr lange abgetrennt haben : die Clepsine bioculata muss sich sehr früh von der directen Abstammungs- linie der übrigen Clepsinearten [marginata und iessulata) abgezweigt haben, wie sie auch übrigens eine sehr alte Art ist. Es weist näm- lich Alles darauf hin, dass sich die bioculata schon viel eher als solche stabilisirte, als die übrigen Clepsinearten, die marginata auch nicht ausgenommen, obwohl diese ihren von Ichthjobdelliden ererbten, 1 Während meiner Abwesenheit von der Z. Station und allen Bibliotheken, im Juli 1886, ist eine kleine Mittheilung von G. Dutilleul iCompt. Rend. Tome 105 p. 128 — 130) erschienen, auf welche ich durch ein Referat erst nach der Ablieferung dieses Manuscriptes an die Redaction aufmerksam gemacht wurde. Aus derselben erfahre ich, dass J. Nusbaum (Recherches sur l'organo- génèse des Hirudinées, Clepsine complanata Sav., Paris 1SS6, 38 pgg. 4 Taf.), dessen Abhandlung mir nicht zugänglich war, ein provisorisches Rückenorgan bei den Embryonen von Cl. complanata Sav. beschrieben hat. Ich lese bei Du- tilleul : »c'est une cavité pyriforme, limitée du coté externe par le feuillet exodermique soulevé et du coté interne par le mésoderme somatique. Les cel- lules exodermiques portent de longs appendices^!], qui serveut à la fixation re- ciproque des jeunes. Cet organo disparaìt bientòt et selon l'auteur [Nusbaum] sans laisser des traces«. Dutilleul behauptet dasselbe embryonale Rücken- organ auch bei Cl. marginata gefunden zu haben und glaubt — denn Beweise liefert er dafür gar keine — , dass die Rückenplatte von Cl. bioculata (»eine ein- fache Chitinlamelle in einer Depression der Haut«) im Embryo ein eben solches Organ gewesen sei. Rudimente der von mir bereits beschriebenen embryonalen Haftdrüse habe ich bei sexoculata ebenfalls gefunden ; diese leisten aber gar keine ähnlichen Dienste wie bei hioculata, was auch selbstverständlich, da die Embryonen, so lange bis ihr Mundende zum Haften stark genug wird, zu meh- reren in eine primitive CoconhUUe eingeschlossen sind und, ohne herumgetragen zu werden, wie die von marginata gehütet werden. Bei margi)iata konnte ich keine Spuren dieser Haftdrüse entdecken. Dass Dutilleul gleich Nusbaum sowohl die Structur als auch die Function letzterer irrthümlich beschreibt, geht aus dem obigen Citat hervor. 14* 204 Stephan Apàthy scheibenartigen Saugnapf noch am wenigsten rückgebildet hat. Diese Annahme wird durch die schon erwähnte große Verbreitung von bio- culata in allen Welttheilen, so wie dadurch, dass die neue Gattung Haementaria^ falls sie wirklich schon als Gattung betrachtet werden kann, von ihr ausgegangen ist, auch a priori wenigstens wahrschein- lich gemacht. Die histogenetischen Elemente der embryonalen HaftdrUsen habe ich bei Clepsine hioculata in jenen großen, meist mit langem, ge- wundenem Ausführungsgang versehenen einzelligen Drüsen gelben oder bräunlichen Inhaltes gefunden, welche hauptsächlich an dem Mittelkörper verbreitet sind und dazu bestimmt zu sein scheinen, das Thier, außer der Cuticula der Epithelzellen, mit einer dünnen structurlosen Membran zu versehen, die aus dem hörn- resp. chitin- artig erhärtenden Secret entsteht. Dieses hängt an plattgedrückt conservirten Thieren in Form bräunlicher Tropfen mit der Mündung der Drüsen zusammen und ist in Lichtbrechung, Farbe, Consistenz und mikrochemischem Verhalten vollkommen der größeren Chitinoid- masse der Rückenplatte gleich. Bei Cl. heteroclita nehmen anstatt dieser Drüsen jene Gebilde einen großen Theil des Mittelkörperparenchyms ein, welche ich Chi- tinoidbläschen nenne. Große, mit wasserheller Flüssigkeit prall gefüllte, dünnwandige Blasen, in der Mitte mit einem oder mehreren oft zusammenfließenden Tropfen einer citronengelben , offenbar von ihnen selbst secernirten chitinoiden Substanz, welche an plattgedrückt conservirten Präparaten kleine rundliche Plättchen, im Kleinen das- selbe, wie die Ptückenplatte, liefern. Aus einer ähnlichen Substanz bestehen auch die Cocons der Hirudineen, deren Wand nie aus einer structurlosen Membran, sondern aus einem gewissen, bei Pontobdella z. B. sehr complicirten Gewebe gebildet wird; folglich können sie auch nicht die einfach abgestreifte Cuticula des Clitellums sein; die Fädchen werden dazu von einer eigenthümlichen, mit ihren kleinen Öffnungen im Umkreise der größeren Geschlechtsöflfnung mündenden Cocondrüse abgesondert. Diese Cocondrüse dient also ebenfalls dem Fortkommen der Brut, ist in gewisser Hinsicht die Wiederholung der embryonalen Haftdrüse am geschlechtsreifen Thiere. Diese Chitinoidbläschen spielen heute bei der entwickelten Cl. heteroclita und wahrscheinlich auch schon bei ihren Embryonen gar keine andere Rolle, als die verschiedenen Arten der Polsterzellen im Allgemeinen. Sie erlangen aber auch dadurch eine phylogenetische Wichtigkeit , dass sie in der Umgebung der früheren embryonalen Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 205 Haftdrüse, also vor dem Clitellum fehlen und wahrscheinlich als histogenetische Bildungseiemeute derselben in der Phylogenese aufge- braucht wurden, eben so wie die einzelligen Chitinoiddrüsen von Cl. hioculata^ welche in ihrer Anordnung dieselbe Eigenthümlichkeit auf- weisen. Über die Art und Weise der Entstehung des Saugnapfes und hauptsächlich über die Rolle, die in ihm die einzelnen Ringe der Somite spielen oder gespielt haben, giebt uns der von Cl. margi- nata den besten Aufschluss. Und der Saugnapf der Ichthyobdelliden unterscheidet sich von diesem auch nur dadurch, dass er in höhe- rem Grade ausgebildet ist. In der Kopfregion des ursprünglich vollkommen cylindrischen und sich allmählich verjüngenden Körpers hat sich die Speiseröhre, welche nie bis in das I. Somit reicht, trichter- resp. kolbenförmig nach vorn ausgedehnt; und damit hat sich auch das vordere Körper- ende von dem V. Somit an (meistens exclusive, in einigen Fällen jedoch inclusive ein Drittel desselben) verdickt. An der Bauchfläche führt eine mehr oder minder lange mediane Längsspalte als Mund- öffnung, unmittelbar hinter dem I. Somit beginnend, in die Speise-, nunmehr Mundhöhle, in deren Tiefe der Pharynx mit einer sehr engen Öffnung mündet. Je nachdem die Mundspalte, im Verhältnis zu dem Grade der Mundhöhlenerweiterung, Constant oder sich will- kürlich verändernd, sich mehr oder weniger ausgedehnt hatte und zu einem Ovale oder Kreise umgestaltete, entstanden die verschiede- nen Formen des Saugnapfes der Rhynchobdelliden. Die gegenwärtige Anordnung der Ringe in dem Saugnapfe von Clepsine marginata stimmt mit der Lage gewisser in den übrigen Somiten sehr constanter Merkmale nicht vollkommen übereiu. Dieser Umstand beeinträchtigt aber die aufgestellten Gesetze der regelmäßi- gen Wiederholung der Ringelmerkmale in allen Somiten des Körpers gar nicht, sondern jene Anordnung der Ringelmerkmale ist als Ata- vismus aufzufassen und daraus zu erklären, dass die Clepsineformen von Ichthyobdellaformen mit sehr entwickeltem Saugnapfe herstam- men, und dass bei der phylogenetischen Verringerung der Mund- höhlenerweiterung die Ringe der ersten 3 Somite in der Mittellinie des Rückens nach hinten eingeknickt und in das IV. Somit theil weise eingekeilt wurden (Taf. 9 Fig. 1). Andererseits geht, wenn wir auch einige andere Verhältnisse mit in Betracht ziehen, hauptsächlich aus dieser eigenthümlichen Anordnung der Ringelmerkmale am Saugnapf von Cl. marginata 206 Stephan Apàthy hervor, dass das Clepsiueauge eine eigene Erwerbung der Gattung und nicht ererbtes Sinnesorgan ist ; und zwar sind die Clepsineaugen in der Phylogenese erst dann aufgetreten, als die ursprüngliche Sehei- benform sich schon zu der gegenwärtigen von Cl. marginata umge- staltet und die Eingfurchen aller Somite ihre ursprüngliche, auf die Körperachse verticale Lage wiedererlangt hatten. Weitere Beweise dafür sind: 1) Die in dem Meere lebenden Ichthyobdellidenarten, die einzigen marinen Hirudineen, haben entweder gar keine Augen oder ganz anders geformte, anders gelegene, vielleicht eben entstehende, vielleicht in Rückbildung begriffene, von für Sinnesthätigkeit höher organisirten Ahnen ererbte; welches von den beiden, ist nicht die Aufgabe vorliegender Abhandlung, zu entscheiden. Obschon also die Meeresformen im Allgemeinen viel älter sind, als die Süßwasser- formen, so haben doch diese von ihnen, Clepsme wenigstens sicher, Augen nicht ererben können. 2) Die Süßwasserformen haben zwar alle Augen, aber die der anderen werden wir von denen der Clepsine in vielen Hinsichten sehr verschieden finden, und außerdem ist Clep- sine, Piscicola ausgenommen , eine entschieden ältere Form , als die übrigen Süßwasseregel, namentlich als alle Gnathobdelliden. 3) Die Arten von Clepsine weisen in dem Baue und auch in der Anordnung ihrer Augen, trotz aller Verschiedenheit an Zahl, einen so gleich- förmigen Plan auf, dass dieser, mit einer — so weit ich sie kenne — einzigen, scheinbaren Ausnahme bei Cl. heteroclita für die Gattung als charakteristisch betrachtet werden kann. Dieser Plan ist folgender (Taf. 8 Fig. 2, 3, 4 und 14). Clepsine hat 1 — 4 Paar Augen, welche auf dem II. — V. Somit liegen, und zwar auf jedem immer nur eines. Jedes Auge hat nach dem Somit, auf welchem es sich befindet, verschiedene Stellung seiner Ovoidachse (optischen Achse) zur Längsachse des Körpers : das 1 . sieht nach vorn und außen; das 2. ebenfalls, es steht aber zur Längsachse des Kör- pers in kleinerem, zur Horizontalebene in größerem Winkel, als das 1. ; das 3. und 4. sehen nach hinten und außen, letzteres aber zur Längsachse in größerem, zur Horizontalebene in kleinerem Winkel als das vorhergehende. Immer Constant und bei jeder Art vorhanden ist das Paar des III. Somits; von dem ersten Augen tragenden bis zu dem letzten ist kein Somit augenlos: das Auge des II. Somits ist meistens nur halb so groß wie die anderen, welche unter einan- der in der Regel beinahe gleich sind. Die Clepsineaugen liegen, Cl. heteroclita ausgenommen, wo sie am 3. und 4. Somite die äußere Paramedianlinie einnehmen, immer in der inneren, und sind von einem Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 207 weißeu, pigmentlosen Hof umgeben. Der Nerv tritt in sie nach in- nen A'ou ihrer Kichtungsachse ein. Da, wie gesagt, das Augenpaar desili. Somits in jeder Hinsicht das constanteste ist, so glaube ich, dass es auch das älteste, das in der Phylogenese zuerst aufgetretene sein mag. Dies ist zugleich auch ein Grund mehr, die Art mit 2 Augen, Clepsine hioculata, als eine sehr alte, vielleicht die älteste lebende zu betrachten. Von den Ichthyobdelliden hebe ich Pontobdella hervor als die- jenige, welche in der Ausbildung des Saugnapfes den größten Ge- gensatz zur Mehrzahl der Clepsinen bietet. An der Bildung des Saugnapfes von Pontobdella betheiligt sich außer den 4 ersten Somiten auch das erste Drittel des V.; die Mund- spalte, welche im Ruhezustand ein längliches Oval darstellt, wird als Napfrand zu einem vollständigen Kreise aus einander gezogen, und reicht von dem I. bis zu dem IV. Somit. Das VI. Somit ist der verjüngte Stiel des Napfes (Taf. 8 Fig. 5 und 17). Wie wenig Ahnung Bourne, der zuletzt über die äußere Mor- phologie von Pontobdella schrieb, von diesen Thatsachen hatte, be- weisen folgende Worte: »The anterior sucker may be regarded as prostomial fused probably with the first annulus of Somite I etc.« Keines von den Somiten ist also, nicht einmal theilweise, in die Napfhöhle, geschweige denn in den Pharynx eingestülpt, obwohl Pontobdella, nebst Branchellion ^ den größten Saugnapf und dabei einen wohl entwickelten Rüssel besitzt. Die aufgeworfenen Lippen repräsentiren nicht einen Ring oder Ringtheil eines und desselben Somits ; die 6 größeren Papillen des Mundrandes täuschen nur einen 1 . Ring vor ; an der Bildung des Mundrandes nehmen dem Gesagten gemäß 4 Somite Theil: vorn das I., an beiden Seiten das IL und IIL, und hinten das IV. Somit; die Lippenpapillen sind die betreffen- den Warzen des 1. Ringes von 3 Somiten. An den sehr verkürzten Somiten der Kopfregion sind nicht mehr alle 2 (resp. 4) Ringe eines Somitdrittels selbständig wahrzunehmen. Wo die Ringe (z. B. am Stiele) in Falten gelegt sind, da zeigen sie sich auf Längsschnitten als Theile des Ringzackens, auf diesem se- cundäre Bogen bildend. Wie sehr aber auch ein Somit verkürzt ist, so verschmelzen die verschiedenen Somitdrittel doch nie mit einan- der; es kann das 3. oder das 2. und 3. fehlen, die Ringe eines jeden können so verschwommen sein, dass das betreffende Drittel keine Unterabtheilungen mehr wahrnehmen lässt und nur noch einen ein- zigen schmalen Ring bildet; aber nie kann ein Ring ohne Weiteres 208 Stephan Apàth}^ aus zu 2 verschiedenen Somitdritteln gehörenden Theilen zusammen- gesetzt sein. Die Reihen der Papillen oder anderer Merkmale der übrig gebliebenen Somitdrittel verlaufen immer getrennt hinter einander. Um das Wichtigste über die Kopfregion der Rhynchobdelli- den kurz erwähnt zu haben, hebe ich nur noch Folgendes hervor. Der Unterschied zwischen der Kopfregion sämmtlicher von mir unter- suchter Rhynchobdellidenarten besteht lediglich in zwei Punkten: 1) In dem Grade der Verdickung des Vorderkörpers, verursacht durch eine entsprechende Erweiterung der Speiseröhre. Die Rück- bildung des Napfes geht mit einer Einknickung der betreffenden äußeren Ringe Hand in Hand, was auch zu einer Art Einstülpung, besser Einkeilung, aber nicht in die Napf höhle hinein, sondern der 3 ersten Somite in einander führt. 2) In der Länge der Mundspalte, welche von dem I. entweder bis zu dem III. oder bis zu dem IV. Sonit reicht, also entweder 1 oder 2 Somite einnimmt. Der Mund von Cl. marginata ist ein Über- gang zwischen diesen beiden Möglichkeiten. Prostomial ist also, was für die Familie der Rüsselegel charak- teristisch, nur das 1. Somit und die Mundöffnuug ist von einer ur- sprünglich vielleicht endständigen Lage um 1 Somit bauchwärts verschoben. Wir finden unter den Rüsselegeln in der Rückbildung des Saug- napfes von dem der Pontobdella bis zu dem einfachen, aus 6 bei- nahe typischen Somiten bestehenden Kopfende eine fast vollständige phylogenetische Reihe, welche uns von der halbparasitischen Lebens- weise und der trägen, unbehilflichen Natur der augenlosen Ponto- bdella z. B. zu der von Cl. tessulata führt: ein ganz frei lebendes, reges, auf Raub angewiesenes Thier mit relativ hoch organisirten. in bedeutender Zahl vorhandenen Augen und einem überaus ent- wickelten Tastsinn. Die an den Gnathobdelliden weiter fortgesetzte Analyse der Kopfregion befähigt mich endgültig, festzustellen, was Whitman auch schon geahnt zu haben scheint, dass nämlich der vor dem ersten Augenpaar befindliche Körpertheil auch den Werth eines Somits be- sitzt : es ist 1 Ring bei Aulastoma und Hirudo^ 2 bei Nephelis (rich- tiger 1V2)> 2 bei Cl. hioculata, 3 bei Cl. heteroclita^ 1 bei Cl. sexo- culata, 1 bei Cl. marginata, hier eingekeilt in das 2. Somit; es trägt selten ausgeprägte Ringelmerkmale, ist aber mit Tastkegelchen (be- cherförmigen Organen) um so reichlicher versehen und dient, mit Analyse der äußeren Körperform der Hirudiueen. 209 Ausnahme der Ichthyobdelliden , als vorstreckbarer Taster. Fünf Ganglien der Schlundringgruppe sind durch 5 immer deutlich unter- scheidbare äußere Somiten belegt; das 1. der 6 bleibt daher für dieses 1. Kopfsomit übrig. Die Verkürzung der einzelnen Somite der Kopfregion von Atda- stoma und Hirudo ist am Rücken und am Bauche nicht vollkommen gleich. Bei Ringen, welche am Rücken noch getrennt sind, ebnen sich die Trennungsfurchen au der Bauchfläche aus. Eine solche Er- scheinung kommt aber nicht nur bei Gnathobdelliden vor. Der 3. und 4. Ring der Rückenfläche des hier sechsringeligen Somits von Haementaria verschmilzt an der Bauchfläche zu dem 3. Ring, wo- gegen die übrigen 4 durch vollständige Ringfurchen von einander getrennt werden. Die specielle Ursache dieser stärkeren Verkürzung der Bauchfläche im Vergleich mit der des Rückens mag bei Aula- stoma und Hirudo in der Zweckmäßigkeit einer möglichst weiten, mit dicken, muskulösen Lippen versehenen Mundöffnung zu suchen sein. Da der geschweifte hintere Mundrand in der Medianlinie am weitesten nach hinten reicht, so ist auch die Verschmelzung der betref- fenden Ringe des postbuccalen Somits nur in der Medianlinie voll- ständig. In dem Maße, als sich die Lippe seitwärts nach vorn biegt, wird auch die trennende Furche des 1 . und 2. Ringes vom 5. So- mite immer tiefer, um in der Medianlinie des Rückens ganz deutlich, zu werden. Bezieht sich eine solche Zusammendrängung der Bauch- flächenhaut auf die Ringel gruppe im Bereich je eines und desselben Somitdrittels, so wird die Verwachsung der Ringe einfach nach dem Gesetze der Somitdrittel vor sich gehen : ist aber das Zusammendrän- gen noch größer (vielleicht phylogenetisch rascher und auch an einer loseren Haut eingetreten) , so hebt sich die Haut des Somitdrittels in einer Querfalte empor und durch Vermittelung von solchen kann der letzte Ring des vorhergehenden Drittels mit dem ersten auch des nächstfolgenden secundär und ohne innere Reduction des Somits ver- schmelzen. Wir sehen z. B. bei BranchelUon^ dass der 3. Ring des VL Somits mit dem \. des VH. zu jener Querleiste des Bauches ver- wachsen ist, welche die Kopfregion gegen das Praeclitellum abgrenzt, trotzdem diese Ringe am Rücken von einander vollständig gesondert sind, und im Sinne des »Gesetzes der Drittel« weder auf dem Wege der Reduction noch auf dem der Verkürzung verwachsen können: es verwachsen in solchen Fällen die sich berührenden Flächen 2 zu Falten erhobener Ringe und es entsteht aus den zwei Falten eine meist stärker hervorragende. Flacht sich aber diese allmählich zu 210 Stephan Apàthy einem breiten Ringe ab, so entsteht das Verhältnis, welches wir bei Aulastoma und Hirudo zu Gesicht bekommen, dass nämlich der 3. Ring des V. Somits und der 1. des VI. an der Bauchfläche zu einem Ringe verschmolzen sind. Histologische Spuren eines solchen Ursprungs sind aber sowohl bei diesen Gattungen als auch bei Bran- chelUon noch vorhanden. Gerade das Entgegengesetzte geht an den Seitentheilen der Mundöffnung vor sich. Im Interesse einer möglichst weiten Öffnung, welche innerhalb der Grenzen von zwei Somiten gebildet werden muss, ist hier im Gegentheil eine verlängerte, ausgedehnte Bauch- fläche vortheilhaft. Darum bekommen Ringe, die in der Medianlinie des Rückens scheinbar noch einfach waren, gegen die Seitenlinien hin allmählich eine am Bauche ganz auffallende Furche. In dieser Weise konnten sich die 2 Ringe am Rücken des auf zwei Drittel reducirten IV. Somits von Aulastoma und Hirudo an der Bauchfläche wieder in jene 3 zurückspalten, welche den 2 ersten Dritteln des typischen Mittelkörpersomits der Gnathobdelliden entsprechen. Die vor dem Mund liegenden 2 Somite aber werden durch diesen Process der Verlängerung der Bauchfläche des IV. und III. Somits, wie auch bei Bildung des Ichthyobdellidennapfes, im Gegentheil verkürzt und an der Rückenfläche mäßig zurückgezogen. Die Form der Mund Öffnung von Aulastoma und Hirudo bil- det, wenn sie halb geöffnet ist, also im Ruhezustand, ein gleich- schenkeliges Bogendreieck, das mit seiner Basis am V. Somite ruhend, mit der Spitze das II. berührt. Die von Aulastoma ist demnach bei relativ gleicher Breite länger als die von Nephelis^ welche nach hinten nur bis zu dem IV. Somite reicht, eher die Form eines Quer- ovales besitzt und in dieser Hinsicht der von 67. sexocidata (Taf. 8 Fig. 2) ähnlich ist, welche dieselbe Gestalt durch Verkürzung des II. Somites erhält. — Die Mundspalte von Hirudo und Aulastoma verhält sich zu der von Nephelis, wie die von Piscicola zu der von Clepsine; sie reicht nämlich um ein Somit weiter nach hinten; und alle Gnathobdelliden unterscheiden sich, was die Lage der Mund- öö'nung betrifft , von allen Rhynchobdelliden dadurch , dass der An- fang der Mundspalte um ein Somit weiter auf die Bauchfläche ver- legt worden ist. Die Augenlinie der zehnäugigen Hirudineen verläuft mit dem Körpersaum ziemlich parallel und bildet eine Bogenlinie, welche eine Parabel zu sein scheint, mit ihrem Brennpunkt in der Mittellinie des Rückens, ungefähr am 2. Ring des IV. Somits (Taf. 9 Fig. 10). Die Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 211 Eicbtiiugsachsen der Augen fallen in die Radien dieses Bogens, so dass sie — die 3 ersten Paare nach vorn und außen, die 2 letzten nach hinten und außen sehend — mit der Längsachse des Körpers einen um so größeren Winkel bilden, je weiter sie nach hinten ge- legen sind. Wenn wir in Betracht ziehen, dass die charakteristischen Längs- linien der Körperoberfläche der Hirudineen mit einander nicht durch- weg parallel verlaufen, sondern in dem Vorderkörper gegen das ver- jüngte Kopfende zu convergiren und in den Randzacken des ersten Ringes endigen Taf. 9 Fig. 10), so finden wir das 1. Augenpaar in der inneren, das 2. in der äußeren Paramedian-, das 3. in der inneren, das 4. und 5. in der äußeren Paramarginalliuie. Nach Whitman würden, mit Ausnahme des 1. Paares, alle in der äuße- ren Paramedianlinie stehen. Die Augenstellung von Nephelis ist aus Taf. 8 Fig. 12 ersicht- lich, wo die gelegentlich, wenigstens rudimentär, vorhandenen Augen des IV. Somits auch angedeutet sind. Fassen wir nun die Eigenthümlichkeiten der Kopfregion der Hirudineen als Ordnungscharakter zusammen. Die Kopfregion der Hirudineen besteht aus 6 mehr oder minder reducirten , immer verkürzten Somiten, von welchen 4 — 5 zu einem Saugnapf ausgedehnt sein können. Das L Somit ist immer augen- los; das VL besitzt Augen nur bei den zehnäugigen Gnathobdelliden. Auf je 1 Somit fällt gewöhnlich nur ein Paar Augen : Nephelis [Pis- cicola '!) mit 2, BrancJieUio7i mit 3 Paaren auf dem V. Somite sind die einzigen mir bekannten Ausnahmen. Sind mehrere Paare vor- handen, so stehen ihre Richtungsachsen in verschiedenen, nach dem Somit, auf welchem sie sich befinden, constanten Winkeln zur Längs- achse des Körpers. Die Mundöffnung, welche in eine mehr oder minder geräumige Mundhöhle (Napfhöhle) führt, ist die Erweiterung einer ventralen, medialen Längsspalte, welche sich von dem I. oder n. Somit 1 oder 2 Somite weit nach hinten erstreckt. Bourne's Annahme, dass der Rüssel der Rhynchobdelliden mit dem Vorderende des Gnathobdellidenkörpers homolog sei, ist dem- nach falsch : die Körperenden der beiden Hirudineenfamilien sind in jeder Hinsicht homolog ; eine Somiteinstülpung bei der Bildung der Mundhöhle resp. des Rüssels ist in der ganzen Ordnung ausge- schlossen. 212 Stephan Apàthy Schlussbetrachtungen. Der Rüssel hat sich im Ösophagus der Gnathobdelliden schon ausgeglättet; seine Musculatur, jetzt ein Theil der Ösophaguswand, wurde noch beträchtlich vermehrt und so ein kräftiger Saugschlund gebildet. Bei den Zehnäugigen ist dieser vor dem Schlundring, am Eingang des Pharynx, mit 3 Kiefern se- cundärer Bildung versehen, vrelche ebenfalls aus Querfalten des drei- wulstigen Rachens entstehen. Der blutsaugenden Lebensweise ent- sprechend, verbreitert sich die Kopfregion, welche bei Nephelis gar nicht abgesetzt ist, bei Hirudo nochmals zu einer Art Saugnapf. Dieser ist jedoch im Ruhezustand nur virtuell, in der großen Dehn- barkeit der Mundhöhle vorhanden; auch ist seine Entstehung mit keiner Veränderung der typischen Ringstellung zur Längsachse, wie bei Cl. marginata^ wo der Saugnapf primär, von den Icbthyobdel- liden direct ererbt war, verbunden gewesen. Wenn aber schon ge- wisse Clepsine nicht mehr Parasiten genannt werden konnten , um so weniger passt diese Bezeichnung für die i/i?rMc?o-ähnlichen Gat- tungen, von welchen hauptsächlich Haemadipsa mit allen einem Raub- thiere nöthigen Vorrichtungen in hohem Grade ausgestattet ist. Nephelis ist das Verbindungsglied zwischen den Rhynchobdel- liden und den Gnathobdelliden. Sie hat den Rüssel schon verloren, die Kiefer aber noch nicht erlangt, auch könnten ihr dieselben bei ihrer gegenwärtigen Lebensweise gar nicht von Nutzen sein. Ich glaube, dass sie von einer Piscicola ohne Vermittelung einer Clep- sine herzuleiten ist. Unter den Eigenthümlichkeiten der Kopfregion weist hauptsächlich der Mund darauf hin. Der Piscicolamund und der der Ichthyobdelliden im Allgemeinen erstreckt sich als Längs- spalte von dem IV. bis zu dem I. Somit. Nun brauchte nur der auf das II. Somit fallende Abschnitt zu verwachsen, wovon bei Nephelis noch Spuren vorhanden sind, um nach entsprechender Verkürzung der Somite die Mundformation von Nephelis hervorzubringen. An- dererseits darf sich der Mund von N nur ein Somit weiter nach hinten spalten, um den der Zehnäugigen hervorgehen zu lassen. Auch der Entwicklungsgrad der Augen von Nephelis steht zwi- schen dem von Piscicola und dem der Zehnäugigen. Ich glaube jedoch, dass sich die Augen von Nephelis, vielleicht das innere Paar des V. Somits ausgenommen, von denen der Piscicola unab- hängig entwickelt haben, eben so wie die von Clepsine. Da näm- lich die Gnathobdelliden im Allgemeinen höher entwickelt sind, als die Clepsine, und sich dabei ungefähr unter denselben äußeren Le- bensverhältnissen neben einander finden, so müssen sie sich auch Anal}'se der äußeren Kürperform der Ilirudineen, 213 früher von dem gemeinsamen Piscicolastamme abgezweigt haben. Nun wissen wir, dass das Clepsme-Ange eine eigene Erwerbung der Gattung ist, dass also bei der Abzweigung der Clepsme-Gattimg die Piscicola wahrscheinlich noch keine Augen (oder höchstens auf dem V. Somit ein Paar) besessen hatte; viel weniger konnte dies also früher, als sich von ihr die Ahnen der Nephelis abgetrennt haben, der Fall sein ; denn andere Augen, welche sie später eingebüßt hätte, um anstatt dieser die gegenwärtigen zu erlangen, konnte Piscicola aus dem Meere kaum mitgebracht haben. Es ist nicht zu leugnen, dass von dieser Abstammungsreihe ein großer Theil verloren gegangen ist. Es können aber im Sinne des bekannten Vorganges der Entstehung der Arten weit von einander entfernte Formen unter denselben Lebensverhältnissen — in denselben Gewässern — den Kampf ums Dasein leichter neben einander be- stehen, als die Übergangsstufen, welche die Vortheile der einen Organisation bereits eingebüßt, die der anderen, auf welche ihre Anpassung gerichtet war, jedoch noch nicht erreicht haben, also von beiden anderen überflügelt werden müssen. Im Allgemeinen haben die Blutegel mit dem Übertreten ins Süßwasser viel günstigere Verhältnisse als im Meer gefunden. Sie haben sich viel bedeutender verbreitet und vermehrt, letzteres so- wohl an Zahl der Individuen, als auch der Arten. Sie haben die halbparasitische Lebensweise ganz aufgegeben, ihre Sinnesorgane in hohem Grade differenzirt und sind mehr oder weniger Raubthiere geworden, eine Gattung hat sogar ihr ursprüngliches Element ver- lassen. (Über Lebensweise von Haemadipsa s. Whitman 30.) Pon- tohdella und Haemadipsa\ ein sehr großer Fortschritt; zwischen bei- den stellt aber eine nicht unbedeutende Anzahl von verschiedenen Formen eine verhältnismäßig gar nicht oft unterbrochene Verbin- dungskette her, wie ich es bei anderer Gelegenheit noch eingehen- der darlegen werde. H. Anordnung der Ringe in der Analregion. Die 3 Somite der Analregion sind die letzten, welche "Whitman am Körper der zehnäugigen Hirudineen noch gezählt und als XXIV. — XXVI. bezeichnet hat. Bei der von mir durchgeführten Analyse stellt es sich heraus, dass die Analregion in der ganzen Ordnung vom XXV. — XXVII. Somit gebildet wird. Die der Analregion entsprechenden 3 Ganglien der einheitlichen Kette des gesammten Centralnervensystems bilden, einander mehr oder minder genähert, eine besondere Gruppe, die 214 • Stephan Apàthy ich als Analganglion bezeichne, im Gegensatz zu dem Analganglion der Autoren, welches besser Postanal- oder Haftscheibengan- glion, hinteres Scheibenganglion, genannt werden kann, da es mit der Schlundringgruppe gleiche Entstehung und gleichen Bau besitzt. Bei den Rhynchobdelliden, hauptsächlich aber bei Branchellion, ist das Analganglion von dem Haftscheibenganglion um eine ziemlich lange Connectivstrecke entfernt, und daher sind beide deutlich zu erkennen ; bei den Gnathobdelliden dagegen ist das Analganglion der Autoren dem ))Analganglion(( nach meiner Terminologie sehr genähert bei Nephelis sogar eng anliegend. Dieser Umstand entschuldigt den Irrthum der meisten bisherigen Forscher, welche das Analganglion als aus ungefähr 9 verschmolzenen Ganglien bestehend beschrieben ; sie zählten nämlich, sich hauptsächlich auf Nephelis stützend, die Ganglien der Analgruppe zu denen der Postanalgruppe, welche beide sie nicht von einander unterschieden; nur Whitman (38, giebt in den Zeichnungen zur Entwicklungsgeschichte von Clepsme an Embryo- nen vor dem Scheibenganglion etwas Ahnliches, wie die Analgruppe an, deutet aber fälschlich 4 Ganglien als dazu gehörend. Der Anus bildet bei allen von mir untersuchten Hirudineeu. wenigstens ursprünglich, an jungen Thieren, eine kleine Querspalte an der Rückenfläche der Analregion, immer in der Tiefe einer Ring- furche, meist zwischen zwei Somiten, seltener zwischen zwei Drittel desselben Somits. Diese anatomische Thatsache ist eine leicht er- klärliche Folge der Embryogenese des Anus. Da dieser als später Durchbruch der Haut entsteht, so liegt es schon in der Öconomie der Entwicklung, ihn nicht als eine Längs-, sondern Querspalte, zwischen 2 Somitdritteln, in der Tiefe der Ringfurche entstehen zu lassen, wo die viel geringere Hautmuskelschicht dem Durchbruch einen geringeren Widerstand leistet, als am Ring selbst. Alle Öffnungen des Kör- pers, welche nicht, wie der Mund, mit den ersten Hauptanlagen des Körpers angelegt werden, entstehen als Querspalten, und zwar mei- stens ebenfalls in der Tiefe einer Furche: so ist es z. B. mit den Geschlechtsöfifnungen (die von Aulastoma etc. gerathen nur secundär auf den betreffenden Ring durch Verschmelzung der Piscicolaringe zu den Gnathobdellidenringen) , so mit der Öffnung der embryonalen Haftdrüse, welche zwar sehr früh angelegt wird, aber als eine se- cundäre Erwerbung von zwei Clepsine-kvien. als ein Seitenschritt in der Phylogenese, mit dem allgemeinen Plan des Anuulatenkörpers doch nichts zu thun hat. Pontohdella besitzt eine verhältnismäßig sehr verkürzte, in die Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 215 Scheibe allmählich übergehende Analregion. Die Verkürzung geschieht hauptsächlich auf Kosten der Breite der einzelnen Ringe und nicht durch Verschmelzen des papillentragenden mit dem papillenlosen, d. h. der Einge eines Somitdrittels. Das 1. und 2. Aualsomit be- steht nämlich aus je 4 Ringen, den ersten 4 des typischen Somits, sammt allen ihren noch ziemlich deutlichen Papillenmerkmalen; ja sogar an den vierten Ringen sind noch einige jener Papillen zweiten Ranges zu erkennen, welche wir an gewissen Somiten des Mittel- körpers sahen. Am 3. Somit sind die Papillen nur sehr wenig vor- springend und noch am besten, wenn das Thier haftet, erkennbar; das 2. Drittel ist schon auf die Scheibe übergegangen und hier von den Somiten der Scheibenregion durch eine leichte Ringfurche getrennt. An Stelle der Analöffnung von BranchelUon^ wo sie das ganze Medianfeld überbrückt, ist bei Pontohdella eine mit radiären Fält- chen umgebene ovale Grube vorhanden ; die eigentliche Öffnung ist bloß eine minimale Spalte in der Mitte dieser Vertiefimg. Dies scheint mir ein früheres phylogenetisches Stadium der Anusbildung, als das bei BranchelUon zu sein; denn weiter, zu den höher ent- wickelten Gattungen gehend, finden wir einen immer größeren und dabei besser organisirten Anus, welcher immer weniger an einen einfachen Hautdurchbruch erinnert. Dagegen brauchen wir von Pontohdella nur noch einen Schritt in Gedanken weiter zurück, zu einem früheren phylogenetischen Stadium zu thun, um gar keinen Anus, überhaupt keinen Hautdurchbruch zu finden. Und doch bleibt der Hinterdarm, der ganze Darmtractus, sehr hoch entwickelt ; Alles zeigt , dass diese hypothetische Form sich nicht mehr in den ursprünglichen Lebensverhältnissen, denen ihr Organismus angepasst war, befindet. Ihre Ahnen müssen nach dem Bau des ganzen Darmes zu urtheilen, auch einen wohlentwickel- ten Anus besessen haben. Dieser Anus wurde aber — wahrscheinlich in directem ursächlichem Zusammenhang mit dem Entstehen der Haftscheibe — eingebüßt, und statt seiner hat Pontohdella einen an- deren sehr geringen, nur für ein parasitisches Thier genügenden erworben. So bekommen wir einen weiteren Beleg für unsere Ver- muthung, dass der gegenwärtige Hirudineenanus mit dem anderer Annulaten nicht homolog, ein secundärer und von der Hirudineen- ordnung, als solcher, erworbener ist. Dies mag neben Anderem gleich- falls ein Hinweis darauf sein, dass die Hirudineen von solchen Vorfahren herstammen, welche noch nicht Parasiten gewesen sind. Die parasitische Lebensweise wurde jedoch nur provisorisch von der 216 Stephan Apàthy Ordnung angenommen und von ihr selbst allmählich wieder verlas- sen; denn die phylogenetische Keihenfolge ihrer lebenden Formen führt von dieser Lebensweise zu einer ganz freien wieder zurück. Gegenwärtig giebt es unter den Hirudineen nur noch Halbparasiten ; es muss aber zwischen den heutigen Egeln und ihren noch nicht parasitischen Vorfahren eine ganz parasitische Zwischenform gegeben haben. Im Allgemeinen sind die Hirudineen das Resultat einer vor- wärts schreitenden Phylogenese, welche jedoch mit einem gewissen Rückschritt nach der Abzweigung von dem gemeinsamen Annulaten- stamm beginnt. Mit anderen Worten: der größte Theil der Hirudi- neen ist wahrscheinlich höher entwickelt, als ihre nicht parasitischen Vorfahren, aber es ist eine kleine im Meer lebende Gruppe (die Ichthyobdelliden mit Ausnahme von Piscicola] erhalten geblieben, welche in gewisser Hinsicht eine niedrigere Organisation besitzt, aber in anderer Richtung nichtsdestoweniger schon große Fortschritte an den Tag legt. Aulastoma und Nephelis haben eine beinahe gleich stark ver- kürzte, gedrungene Analregion, eine dicke, starke Scheibenbasis. Auch die Scheibe ist klein, aber dickwandig, wenig abgesetzt. Hi- rudo hat eine minder verkürzte, gelenkigere Basis für ihre mehr abgesetzte, große Haftscheibe. Dieser Unterschied hängt damit zu- sammen, dass Hirudo am häufigsten das Schwimmen zur Locomotion benutzt und seine Haftscheibe hauptsächlich dazu gebraucht, um sich in der Ruhe oder während des Saugens möglichst festzuhalten. Ne- phelis und Aulastoma hingegen, welche als Raubthiere sich von klei- nen, meistens nicht schwimmenden Thieren ernähren, benutzen ihre Scheibe in erster Linie zum Kriechen. Das feste Haften ist ihnen nicht so nöthig, wie für Hirudo^ für welche es eine Lebensbedingung ist, von ihrer Beute nicht leicht abgeschüttelt werden zu können. Demnach hat sich die Scheibe von Hirudo hauptsächlich als Haftorgan, die von Atdastoma und Nephelis als Locomotions- organ ausgebildet: daher der Unterschied im Grade der Verkürzung. Auch dies weist darauf hin, dass die Zahl der ein- gebüßten Ringe nicht ohne Weiteres als Kriterium für die Stellung der betreffenden Gattung in der Entwickluugsreihe angenommen wer- den kann, wie es Whitman mit seiner Tendenz der centripetalen Verkürzung zu thun versucht; denn eine ganze Reihe secundärer Anpassungen kann Verkürzung gewisser Körperregionen veranlassen, und eventuell auch Ringe, ja sogar Somitdrittel zum Verschwinden bringen. Letzteres war an der Analregion von Haemadipsa der Fall, Analj'se der äußeren Körperform der Hirudineen. 217 indem, um der Scheibe eine noch stärkere Basis zu verleihen, hier alle 3 Analsomite auf ein Drittel reducirt wurden. Die wirkliche phylogenetische Stellung der Gattungen der Gna- thobdellidenfamilie wird in Betreff der Analregiou durch die Lage des Anus angezeigt. Bei Nephelis hat er dieselbe Lage, wie bei den Ichthyobdelliden. zwischen dem 1. und 2. Somit der Kegiou; er ist aber viel größer und mit Muskeln etc. besser ausgestattet. Bei Aula- stoma liegt er um ein Somit weiter nach hinten ; bei Hirudo um noch eines weiter . am hinteren Ende der Region , wie der des größten Theiles der 67e/>s^;^e- Arten. Was die Größe der Analöffnung betrifft, so steht diese in erster Linie mit der Natur der Nahrung in Zusammenhang. Hirudo er- nährt sich in erwachsenem Zustande von Blut, hat also per auum nichts Anderes als sehr feinkörnigen Detritus zu entleeren. Dagegen sah ich in den Fäces von Nephelis und Aulastoma ziemlich große Stücke unverdaulicher Überreste der Nahrung, so z. B. Partien von Molluskenschaleu, von Chitinpanzern, Hakenborsten von Würmern etc. Solche Dinge müssen natürlich, um ohne Mühe passiren zu können, eine möglichst weite Pforte vor sich haben. Das Wichtigste über die Analregion der Hirudineen will ich in Folgendem kurz zusammenfassen: Die Analregion entspricht 3 deutlichen, aber einander genäher- ten . eine gesonderte Gruppe , die Analgruppe (Analganglion nach meiner Bezeichnung) , bildenden Ganglien und besteht daher aus 3 Somiten, welche die speciellen Merkmale ihrer einzelnen Ringe meistens noch leicht erkennen lassen. Alle 3 Somite sind, oft in gesteigertem Grade, verkürzt, immer reducirt. Das 1. besteht, Hae- madipsa ausgenommen, bei welcher alle 3, sammt dem letzten des Mittelkörpers, auf ein Drittel reducirt sind, immer aus zwei Dritteln eines typischen Mittelkörpersomits ; die übrigen bei allen Rhyncho- bdelliden ebenfalls aus 2, bei allen Gnathobdelliden aber bloß aus einem Drittel. Der letzte Ring des 3. Somits geht meist schon auf die Scheibe über. Der specielle Grad der Verkürzung wird secundär bestimmt und ist davon abhängig, ob der Hinterkörper vorwiegend zum Haften oder hauptsächlich als Locomotionsorgan, als Stütze des sich weiter schiebenden, sich ausstreckenden Körpers benutzt wird. Im ersten Fall ist die Analregion länger; sie verjüngt sich gegen die Scheibe stärker und dient dieser als gelenkiger Stiel; demgemäß ist auch die Scheibe breiter, dünner, kann aber [Branchelliori] mit einem Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 15 218 Stephan Apàthy System secundärer Haftnäpfchen versehen sein. (Die relativ gerin- gere Haftscheibe der Pontobdella muricata wird durch den überaus großen Saugnapf ersetzt.) Im zweiten Fall finden wir eine gedrun- gene, nach hinten wenig abgesetzte Analregion mit einer Scheibe ge- ringeren Umfanges, aber dickerer Wandung. Der Anus liegt bei allen Ichthyobdelliden und auch bei Nephelis zwischen dem 1. und 2. Somit; bei Aulastoma zwischen dem 2. und 3. ; bei Hirudo und Clepsine zwischen dem 3. und der Scheibe, mit Ausnahme von Cl. sexoculata^ bei welcher er sich zwischen dem 1. und 2. Ring des 3. Analsomits befindet. Er ist immer eine Querspalte der Haut, in einer ringtrennenden Furche gelegen ; er ist bei Fonto- hdella ein einfacher Hautriss, bei den Gnathobdelliden hingegen mit besonderen Sphiuctereu, Diktatoren etc. versehen, und sein Entwick- lungsgrad steht mit der von der Gattung beanspruchten phylogene- tischen Stufe in directem Zusammenhang. Die Weite der Öffnung selbst, welche bei Nephelis gewöhnlich zu einem Kreise ausgedehnt erscheint, ist von der übrigen Ausstattung des Anus unabhängig und wird nur von der Art der Nahrung der betreffenden Gattung bedingt. I. Anordnung der Ringe in der Haftscheibenregion. Das vScheibenganglion entsteht, wie schon erwähnt, aus 6 an einander gerückten, nur unwesentlich modificirten Gliedern der ge- meinsamen, im Ganzen 33 Ganglien zählenden Kette. Haben nun den 6 Ganglien der Schlundringgruppe in der Kopf- region 6 Somite entsprochen, so ist es schon a priori höchst wahr- scheinlich, dass den 6 Ganglien der Scheibengruppe ebenfalls 6 So- mite in der Scheibenregion entsprechen oder wenigstens ursprünglich entsprochen haben. Um einen directeu Beweis dafür zu finden, brauchen wir nur einen Blick auf gewisse Entwicklungsstadien von Cl. Uoculata und heteroclita zu werfen. Bei diesen Arten wird näm- lich der Nahrungsdotter am frühesten verdaut und das hintere Ende des lebendigen Embryo schon durchsichtig, ehe noch die die Scheibe bildende Einstülpung vor sich gegangen ist. Cl. margmata, das Hauptobject bei den bezüglichen embryologischen Untersuchungen von Whitman, eignet sich zu, diesem Beweise am wenigsten. Man sieht an den Embryonen von Cl. hioculata, wie Muskelbündel, den Hauptsepten entsprechend, den Raum zwischen Hautmuskelschlauch und Ganglienstrang überbrücken, zu je einer Einschnürung zwischen zweien der 6 Ganglien der Scheibe ziehen und das Hintereude 1 Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 219 des Körpers in 6 Kammern, secundäre Körperhöhleu, also 6 Somite theilen. Dass Hoffmann (38) an dem Hinterende des Körpers die Septa nicht mehr unterscheiden konnte, ist aus anderen als embryo- logischeu Thatsachen zu erklären. In diesem Capitel will ich auf Einzelheiten nicht eingehen ; ich fasse kurz nur das von der Haft Scheibe sämmtlicher Hirudineen Geltende zusammen. Die Haftscheibe ist das eingestülpte hintere Körperende, bestehend aus 6 Somiten, von welchen 2 — 3 auf der Concavität der Scheibe zu suchen sind. Alle Somite dieser Region sind auf ein Drittel reducirt; ihr Verkürzungsgrad wechselt dagegen mit den Lei- stungen, welche von der Scheibe der betreffenden Art gefordert wer- den. Die typischen Bezeichnungen der ersten Ringe sind auf der Convexität der Scheibe nicht selten noch deutlich wahrnehmbar, nie aber auf der Concavität. K. Zusammenfassendes über Anordnung der Ringe in den Somiten. Gesetze der ßeduction und der Yerkürzung. Typisch bei jeder Art sind die Somite des Mittelkörpers, mit Ausnahme des ersten und des letzten, von welchen das eine oder das andere, resp. alle beide mehr oder weniger modificirt sein können. Das typische Somit besteht aus einer innerhalb der Gattung beständigen Anzahl von Ringen,, welche — alle oder gewisse unter ihnen — besondere Kennzeichen besitzen. Diese Anzahl ist unter den Rhynchobdelliden bei BranchelUon und Clepsine 3, bei Callio- hdella, Ichthijohdella und Pontohdella 6, bei Piscicola 12, bei den Gnathobdelliden 5. In den vorletzten 5 Fällen bilden sie je 3 Gruppen von 2, resp. 4 Ringen: jede Gruppe entspricht einem inneren Somitabschnitt, welch letztere alle 3 ihre besonderen Or- gane besitzen, besondere Functionen verrichten. Als Bezeichnung aller Ringe dienen Tastkegelchen , deren in einer Querreihe , auf jedem Piscicolaring (resp. Ringtheil , welcher einem ursprünglichen Piscicolaring gleich werthig ist) 18 vorhanden sind: und zwar jeder- seits der Mittellinie 1 inneres und äußeres paramedianes , 1 inneres und äußeres paramarginales, diese sowohl auf der Bauch- als auf der Rückenfläche, und endlich je 1 marginales an der Grenze von beiden. Die Tastkegelchen beherbergen eine Gruppe von specifisehen Epithelzellen, welche durchgehends je ein Tasthärchen tra- gen; sie können auf Papillen emporgehoben sein, eine Unterlage von 15* 220 Stephan Apàthy gelblichweißen bis orangegelbeu, opaken, fettglänzenden Zellen oder specifiscbem schwarzem Pigment besitzen; je nachdem dieses oder jenes in gewisser Anordnung vorhanden ist, sind einzelne Ringe des Somits verschieden bezeichnet ; als weitere Kennzeichen dienen größere Dichte des netzförmigen Oberflächenpigments, dunklere Querstreifen bildend, und die Lage der Nephridialaperturen, Die speciellen Kennzeichen des einzelnen Ringes wiederholen sich regelmäßig in jedem Somit, wo dieser Ring vorhanden ist; und das Fehlen gewisser Merkmale an dem Somit bedeutet das Fehlen auch gewisser Ringe. Denn alle Somite der anderen Körperregionen sind nur modificirte Wiederholung des Mittelkörpersomits, von welchem alle, das erste wie das letzte des gesammten Körpers, leicht abgeleitet werden können. Die Modificationen bestehen darin, dass gewisse Merkmale der Ringe mehr oder weniger ausgeprägt erscheinen, an ihnen gewisse oberflächliche Faltungen der Haut auftreten, oder aber an dem Mit- telkörper vorhandene Faltenanhänge ausgeglättet werden ; hauptsäch- lich aber in Verkürzung und Reduction der Somite. Beides ist die Folge eines gewissen Functionswechsels des gesammten Somits oder des Ausbleibens gewisser dem Mittelkörpersomit zukommender Functionen. Die erste Form der Verkürzung ist die einfache Längen- abnahme des Somits , ohne Verschmelzung von Ringen , welche zu demselben Somitdrittel gehören; es werden die einzelnen Ringe, ge- wisse Gesetzmäßigkeit befolgend, allmählich nur schmäler. In dem Mittelkörper sind alle Somite ungefähr gleich lang, ausgenommen solche Fälle, wo secundäre Dehnung gewisser Darmpartien mit Ver- dickung des Körpers auch eine gewisse Längenzunahme der betref- fenden Somite erfordert. Die typische Länge des Mittelkörpersomits ist in solchen Fällen das arithmetische Mittel der unreducirten Mittel- körpersomite. Beständig jedoch bei allen Gattungen ist die regel- mäßige Längenabnahme der Somite von dem Clitellum bis zu dem Kopfende und von der hinteren Grenze des Mittelkörpers bis zur Haftscheibe. Die Regel dieser Längenabnahme, welche mit der für die Körperform aller Annulaten charakteristischen Verjüngung gegen die Körperenden, wenn nicht secundäre Anpassung eine Verdickung beansprucht, Hand in Hand geht, ist hauptsächlich an dem Praecli- tellum zu erkennen, weil hier die Somite, abgesehen von der in Rede stehenden Verkürzung, gewöhnlich noch unverändert sind. Analyse der äußeren Kürperform der Ilirudineen. 221 Die Gesetzmäßigkeit iu dem Grade der Längenabnahme besteht für die Ichthyobdellideu darin, dass das letzte Praeclitellumsomit die Hälfte des arithmetischen Mittels der Mittelkörpersomite misst, und jedes Somit weiter nach vorn um ein Drittel kürzer, als das dahinter stehende ist. (Dieselbe Regel scheint auch für Clepsine und, in um- gekehrter Richtung, auch für den Hinterkörper gültig zu sein.) Für die Gnathobdelliden wird sie in der AVeise modificirt, dass die Ver- kürzung nur ein Viertel des nächstfolgenden resp. vorhergehenden Somits (den 5. Ring derselben) beträgt. Die 5 Ringe des Gnatho- bdellidensomits sind nämlich aus ursprünglichen 12 Piscicolaringen dadurch entstanden, dass zu dem 1 ., 2. und 4. Gnathobdellidenring je 2, zu dem 3. und 5. je 3 Piscicolaringe — mit mehr oder minder auffallend, auch gegenwärtig vorhandenen Spuren der Verschmelzung — verschmolzen sind. Die zweite Form der Verkürzung ist die Verschmelzung gewisser, gewöhnlich zu demselben Somitdrittel gehörender Ringe mit einander, so dass z. B. bei Gattungen, wo das Somit aus 6 Rin- gen bestand, nunmehr nur 3 als selbständig wahrnehmbar bleiben etc. Nur selten und secundär durch Vermittelung von Hautfalten, von welchen die gegenüber stehenden Flächen verwachsen, kann es vorkommen, dass Ringe, welche nicht zu demselben Somitdrittel ge- hören, mit einander verschmelzen. Häufiger ist es, namentlich an reducirten Somiten, dass Ringe, welche gewöhnlich in den ersten 3 Ringen des Gnathobdellidensomits gruppirt sind, sich als ehemalige Piscicolaringe in die 2 ersten Ringe des dreiringeligen Rhyncho- bdellidensomits zurückverwandeln, dadurch, dass die vordere Hälfte des durch eine Querfurche in 2 Theile 'gespaltenen 2. Ringes sich zu dem 1., die hintere Hälfte zu dem 3. Ring gesellt und mit die- sem verwächst. Dann geht aber dieser ganze Process meistens in dem Umkreise eines und desselben Somits vor sich, indem die eine Fläche — Rücken- oder Bauch 3, die andere nur noch 2 Ringe besitzt. Die Reduction geschieht nach dem Gesetze der Somitdrittel, nach dem Gesetze der nach einander ausgestoßenen Drittel der An- zahl von einem Rhynchobdellidensomit zukommenden Ringen. Dieser Satz ist bei allen Rhynchobdelliden vollkommen evident; denn wird ein Somit reducirt, so wird auf der ersten Stufe der Reduction der hintere Ring, resp. die diesem entsprechenden hinteren 2 oder 4, ohne vorhandene Zwischenstadien des Schwindens, eingebüßt; geht die Reduction noch weiter, so wird auch der 2. Ring, resp. die 222 Stephan Apàthy entsprechenden mittleren 2 oder 4 sammt den hinteren ausgestoßen. Über diese Grenze schreitet die Reduction nie hinaus ; ein Ring- oder die entsprechenden vorderen 2 resp. 4 bleiben intact und können nur verschiedene Grade und Formen der Verkürzung erleiden, wobei aber ein Drittel des inneren Somits mit den dem Drittel zukommen- den wichtigsten Organen, als in seinem Ganzen vorhanden, immer nachzuweisen ist. Dieses Gesetz beruht auf Vertheiluug der gesammten Functionen des typischen Somits auf die 3 Drittel des inneren Somits. Sobald bei dem Functionswechsel des betreffenden Körperthei- les gewisse Organe überflüssig werden, verschwindet auch jenes Drittel des inneren Somits, an welches dieses Organ oder diese Gruppe von Organen resp. Functionen gebunden war, ebenfalls; damit schwinden auch jene Theile der äußeren Ringelung, des äußeren Somits, welche diesem Somitdrittel zugehörten. Auf Kosten des verschwundenen werden die gebliebenen oder das ge- bliebene Drittel um so mehr entwickelt, entweder in ihrer Gesammtheit oder in gewissen Theilen der ihnen zukommenden Organe resp. Functionen, während die anderen mehr oder weniger degeneriren. Da nun das hintere Drittel die zur absoluten Existenz am we- nigsten nöthigeu Organtheile enthält, so schwindet dieses zuerst: da hingegen das erste Drittel die wichtigsten beherbergt, so bleibt dieses immer erhalten. Und obwohl der phylogenetische Schwund dieser Drittel der ursprünglich durchgeheuds gleich organisirten Somite ganz allmählich sein musste , und mit der Consolidirung der linearen Wurmcolonie Hand in Hand ging, so blieb für die Ontogenese nur das Resultat dieses Vorganges übrig,, so dass das im erwachsenen Thier reducirte Somit schon embryologisch reducirt angelegt wird: wogegen alle Verkürzungen, Verschmäleruugen und Verschmelzungen der Ringe, sammt dem Auftreten aller nur für die Art bezeichnenden Gebilde der Haut oder gewisser sich auf das sexuelle Leben be- ziehender Einzelheiten der äußeren Gestaltung, entweder für ein spätes Embryonalstadium oder häufiger für das postembryonale Le- ben aufgehoben werden. Da nun die Gnathobdelliden unter derselben Herrschaft der Drei- zahl dieselbe Eintheilung und lediglich dieselbe Ausstattung des in- neren Somits wie die Rhynchobdelliden aufweisen: da ferner ihre Ringelung in vorwärts schreitender Richtung der Entwicklung aus Analjse der äußeren Körperform der Hirudineen. 223 einer gewissen Art der Kingelung der Rhynchobdelliden, aus den 12 Piscicolaringeu. entstanden ist; da endlich die Modificationeu und Reductionen des inneren Somits — wie ich es bei anderer Gelegen- heit noch beweisen werde — in derselben Weise, wie bei den Rhyn- chobdelliden vor sich gehen, so müssen die Gnathobdelliden bei jeg- licher Reductiou des inneren Somits auch in ihrer äußeren Ringelung dieselbe Regel befolgen, welche wir bei den Rhynchobdelliden sahen, sie müssen sich auch bei jedem Schritte der Rückbildung ihrer Rin- gelung den dort obwaltenden Gesetzen unterwerfen. So ist die Herrschaft des Gesetzes der Somitdrittel, nämlich dass diese, von hinten nach vorn fortschreitend, nach einander ohne vor- handene phylo- oder ontogenetische Zwischenstadien, in ihrem Gan- zen ausgestoßen werden , für die Reduction der Somite auch der Gnathobdelliden schon a priori bewiesen, unumgänglich nöthig. Und es ist in der That in ihrer äußeren Morphologie keine Einzelheit vorhanden, welche damit nicht in Einklang zu bringen wäre. Nun ist Whitman der Erste, der auf eine gewisse gesetzmäßige »centripetal abreviation « bei den zehnäugigen Gnathobdelliden auf- merksam macht, welche darin bestünde, dass gewisse nicht mehr nöthige Ringe der Somite der Körperenden im Interesse anderer ver- bleibender geopfert würden. Im Allgemeinen behält er, wie wir sahen, Recht, trotzdem er bei seinen Betrachtungen die innere Or- ganisation ganz außer Acht lässt und daher nicht erkannt hat, dass die Verkürzung in erster Linie nicht im Verschwinden einzelner Ringe besteht, sondern in der Elimination gewisser innerer Somitdrittel, welche von ihrem früheren Vorhandensein keinerlei Spuren hinter- lassen haben. Seine Theorie ist aber unzulänglich, in so fern er die Art und Weise der Verkürzung unrichtig auffasst. Das Unterdrücken der Ringe geschieht, meint er, »by consolidation, two successive rings coalescing gradually. The papillate ring may unite with, or absorb, either the preceding or the following ring« (29 pag. 83) . Diese Ab- sorption, wo eine solche überhaupt stattfindet, fällt in die Kategorie der Verkürzungen und beschränkt sich, mit einigen Ausnahmen se- cundären Ursprungs, auf Ringe innerhalb des Somitdrittels. Im Sinne der Theorie Whitman's wäre es nöthig, dass ein übrig gebliebener, z. B. augentragender Ring virtuell alle 5 Ringe des vollständigen Somits enthalte. Dies wird aber Whitman selbst nicht glauben. Er macht keinen Unterschied zwischen Verkürzung des Somits mit eventueller einfacher Verschmelzung der Ringe, wo der neu ent- standene Ring, in der That, virtuell alle in ihm verschmolzenen 224 Stephan Apàthy enthält — und Reduction des Somits, wo gewisse Tlieile desselben im gebliebenen gegenwärtig nicht einmal virtuell enthalten sind, sondern einfach fehlen. Es giebt keinen unter den von ihm ange- führten Belegen, welcher als Beweis für seine Auffassung gelten könnte und welchen wir nicht bereits mit dem Gesetze der Somit- drittel und, innerhalb der Glrenzen dieses, mit dem der Verkürzungs- weise in Einklang gebracht hätten oder wenigstens leicht bringen könnten. Einen widersprechenden Fall, den einzigen, scheint der Hinterkörper von Macrohdella aufzuweisen. Bei dieser bestünde das, nach Whitman's Zählungsweise, XIII. Somit aus 4 Ringen; jedoch nicht immer; oft ist, nach seinen Angaben, auch dieses Somit aus 5 Ringen zusammengesetzt: wenn aus 4, so ist der 2. Ring mit dem 3. mehr oder weniger verschmolzen. In seiner Fig. 59 Taf. 20 (30) ist, wahrscheinlich aus Versehen, etwas sehr Unwahrscheinliches ge- zeichnet; es sind nämlich alle 4 Ringe des in Rede stehenden Somits durch eine punctirte Linie in zwei getheilt, als wären sie aus je zweien verschmolzen ; die Zahl der ursprünglichen Guathobdellidenringe wäre also in diesem Somit 8 gewesen, Whitman kennt die Entstehung des Gnathobdellidenringes aus mehreren Piscicolaringen nicht, also kann er damit etwas Ahnliches nicht andeuten. Falls die Angabe, dass das WHiTMAN'scbe XIII. Somit — also nach meiner Auffassung das letzte des Mittelkörpers — gelegentlich aus 4 Ringen besteht, nicht auf einem Irrthum beruht, so könnte dieser Fall nur dadurch erklärlich sein, dass der 1., 2. und 3. Ring des ursprünglich aus 5 Ringen bestehenden unreducirten Somits sich, 2 Rhynchobdelliden- dritteln entsprechend, zu 2 Ringen umgestaltet hätte, eben so wie z. B. das Somit des 3. Augenpaares bei Aulastoma und Hirudo^ mit dem Unterschied jedoch, dass bei diesen die Umschmelzung an einem schon reducirten Somit vor sich geht. Immerhin könnte diese Schwie- rigkeit bei Macrohdella allein, auch wenn sie vorhanden wäre, unser Gesetz nicht erschüttern. Der zweite Hauptfehler in den Auseinandersetzungen Whitman's ist der, den Grad der »centripetal abreviation« — als Kriterium der von der betreffenden Gattung resp. Art in der phylogenetischen Stu- fenreihe eingenommenen Stelle — aus der Zahl der eingebüßten Ringe bestimmen zu wollen. Die Zahl der Ringe kann, wie bereits erwähnt, durch secundäre Verschmelzungen auf dem Wege der Ver- kürzung vermindert werden, ja sogar die Reduction kann von der ersten (2/3) Stufe auf die zweite (V3) durch einfache Anpassung der Art selbst gesteigert werden, wodurch ein noch bedeutenderer Unter- Analyse der äußeren Kürperform der Ilirudineen. 225 schied in der Riugelzahl ohne Belang für die Phylogenie der Gattung in ihrem Ganzen {Clepsine) entstehen kann. So hat z. B. Nephelis in der Kopfregion mehr Somitdrittel als Hiriido verloren, ohne je- doch eine höhere phylogenetische Stufe zu behaupten oder Hirudo in dieser Hinsicht auch nur gleichzukommen. Und so geringe Unter- schiede, wie die in Betreff der Ringelung zwischen Aulastoma und Hirudo vorhandenen, können höchstens irre führen, wie es auch Whitman geschehen ist, indem er Aulastoma höher als Hirudo stellt. Eine weitere, nicht hierher gehörige Frage ist die, ob bei Bestim- mung der Reihenfolge der Arten derselben Gattung mit anderen Merkmalen auch die Zahl der eingebüßten Ringe zu benutzen sei? Wenn man es überhaupt wagen darf, sich auf eine sogar von ihren nächsten Verwandten losgerissene Subfamilie, die der zehn- äugigeu Gnathobdelliden, zu beschränken und an eine einzige That- sache aus der äußeren Morphologie erwachsener Thiere ohne Rück- sicht auf Anatomie und Embryologie phylogenetische Folgerungen zu knüpfen, so könnte man in diesen als Kriterium höchstens die Zahl der intact gebliebenen Somite aufstellen, wobei man aber inner- halb dieses Kriteriums die Zahl der Ringe, wie eben erwähnt, nur als Beleg für die specielle Anpassung der Art gebrauchen kann. Von diesem Standpunkte aus wäre die phylogenetische Reihe der Gnatho- bdelliden: Nephelis mit 19, Leptosoma mit 18 (nach Whitman L.pigrum mit 18, edentulum mit beinahe 18, acranulatum mit 17), Macrobdella mit 17, Aidastoma^ Hirudo und Haemadipsa mit 16 vollständigen Somiten. Letztere drei liefern sogleich klassische Beispiele des Einflusses der secundären Anpassung auf die Zahl der Ringe in den reducirten So- miten. Jene ^archaic form«, welche Whitman sucht, ist in Nephelis sehr nahe zu finden. — Die beschränkte Anwendbarkeit dieses Kri- teriums verräth sich indessen schon dadurch, dass es z. B. für die Rhynchobdelliden gar nicht brauchbar ist und zu ganz absonderlichen Ergebnissen führen würde: dass nämlich eine Clepsine die »archaic form« einer Pontohdella sein könnte, weil sie gelegentlich um nicht weniger als sieben complete Somite mehr als letztere besitzt. Kurz gefasst, sind im Bereiche der angeführten Gesetze über Reduction und Verkürzung, welche für die gesammte Hirudineenord- nung gültig sind, für die Anordnung der Ringe in den So- miten, für ihre Größen- und Formverschiedenheiten nur Eigenthümlichkeiten in der Lebensweise maßgebend und es ist in dieser Hinsicht nur das Vorhandensein der hinteren, aus Einstülpung des Körperendes entstandenen Haft- 226 Stephan Apäthy Scheibe für alle Gattungen, ohne Ausnahme, charakte- ristisch: ein allgemeiner Hirudineencharakter. L. Zusammenfassendes über die äufsere Morphologie der Hirudineen. Phylogenetische Folgerungen. Die Hirudineen besitzen einen langgestreckten, sich nach den beiden Enden in der Regel verjüngenden, glatten oder mit regel- mäßig vertheilten Verdickungen resp. Falten der Haut versehenen, immer deutlich geringelten, im Querschnitte runden oder horizontal ovalen Körper, welcher sich nur secundär in höherem Grade ab- plattet und dessen Länge in erster Linie von der Zahl der auf ein inneres Somit fallenden Ringe abhängig ist. Diese Zahl ist 3, 6 oder 12, oder aber, aus 12 ursprünglichen Ringen herstammend, 5. Der Körper ist durchgehends aus 33 deutlich nachweisbaren Somiten zusammengesetzt ; jedes besitzt ein aus 6 Ganglienkapseln bestehen- des Ganglion, welche, um das Gehirn (Schlundringj oder das hintere Scheibenganglion zu bilden, einander nur näher gerückt sind, als in den anderen Körpertheilen, ohne irgend eine größere Modification zu erleiden. Nach den Körper enden zu verkürzen sich die Somite regel- mäßig und werden gleichfalls mehr oder weniger reducirt; letzteres ist auf dem Wege secundärer Anpassung auch an anderen Körper- regionen möglich. Die Zahl der nicht reducirten Somite des Körpers ist für die Gattung und der Grad der Reduction sammt Art und Weise der Verkürzung gelegentlich zwar auch für die Gattung, zu- meist aber nur für die Art bezeichnend; mit der Phylogenie der ganzen Ordnung steht indessen keine von beiden in directem Zu- sammenhang. Der ganze Körper kann in 6 functionell verschiedene Regionen eingetheilt werden, welche alle, die halb so große Analregion aus- genommen, aus 6 Somiten bestehen: diese sind: die Kopf- oder Saugnapf regiou, die Clitellarregion, die Region des Vorder-, die des Hinterdarmes, die Analregion und die Haftscheibenregion. Die Kopfregion hat sich im Interesse einer halbparasitischen Lebensweise mehr oder weniger zu einem Saugnapfe umgestaltet. Der Saugnapf entsteht als Verdickung des Körperendes, an wel- chem eine bauchständige Längsspalte als Mundöfifnung dient und zu dem Saugnapfrande aus einander gezogen werden kann. Der wahr- scheinlich secundäre Anus ist ein querspaltähnlicher, später Durch- Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 227 bruch der Haut in der Mittellinie des Rückens. Die 6. Körperregion hat sich bei allen Gattungen zur Haftscheibe eingestülpt, deren Größe und Form mit dem Grad des Parasitismus in directem Zu- sammenhang steht und welche bei den Nichtparasiten hauptsächlich als Locomotionsorgan benutzt wird; bei einer Gattung ist sie an ihrer Concavität mit seeundären (den Trematodensaugnäpfen vergleich- baren) Haftnäpfchen besetzt. Als Clitellum dient immer das 10., 11. und 12. Somit, welche zu einem solchen secundär, meist postembryonal, in einer nach der Familie verschiedenen Form, mehr oder weniger umgestaltet sind, mit der männlichen Geschlechtsöflfnung an dem 11., mit der weib- lichen an dem 12. — Die relative Größe des Mittelkörpers ist eine Anpassung an die Menge von Nahrungsstoff, welche die beti'effende Gattung auf einmal zu verzehren hat. Immer typische, für die Gattung, resp. Art bezeichnende So- mite sind das 14. — 23., die 10 mittleren des Mittelkörpers. Be- sitzen die einzelneu Ringe specielle äußerliche Merkmale, so wieder- holen diese sich in regelmäßiger Reihenfolge an jedem Somit des ganzen Körpers, wo der betreffende Ring durch Reduction des So- mits nicht ausgefallen ist. Bei allen Hirudineen findet sich allgemein verbreitet ein hoch- entwickelter Tastsinn, dem 18 Längsreihen mit Tasthärchen ver- sehener Tastkegelchen dienen. Von diesen zeichnet sich bei manchen Gattungen (namentlich Gnathobdelliden) die Marginallinie durch größere Tastkegelchen aus und stellt so mit der Seitenlinie der Capitelliden eine gewisse Homologie her. Augen, welche bei den entwickelteren Gattungen Licht, Farbe und wahrscheinlich auch Form empfinden, haben sich hauptsächlich bei den Süßwasser- Gattungen ausgebildet und zwar von den Tastkegelchen der ersten Ringe an dem Rücken der Kopfregion aus. Von specifischen Drüsen münden an der Hautoberfläche der meisten Hirudineen eigenthümliche Chitindrüsen, welche gegenwärtig bei der Coconbildung benutzt werden und dann in der Umgebung der größeren Geschlechtsöffnung liegen, oder bei den keinen Cocon bildenden Clepsinearten , wo sie nicht ganz rückgebildet sind, als embryonale Haftdrüse [Gl. bioculata und hy alina) dienen und sich am Rücken, in der Mitte des Vorderkörpers befinden. Alle meine Ergebnisse über die äußere Morphologie der Hiru- dineen passen, wie ich glaube, in den unseren heutigen Begriffen entsprechenden Annulatentypus vollkommen hinein; man muss 228 Stephan Apàthy aber Annulateneliaraktere von Chaetopodencliarakteren wohl unter- scheiden, denn letztere sind selbst eine mit den Hirudineen par- allele Ordnimg der Annulaten. Belege für eine nähere Verwandt- schaft speciell mit den Plattwürmern konnte ich nicht entdecken. Schon die Vergleichung der äußeren Morphologie aller Gattungen und von möglichst viel Arten lässt es nicht verkennen, dass in der neueren Stammesgeschichte der Hirudineen sich eine Tendenz zur Rückerlangung freier, fleischfressender Lebensweise offenbart, welche von der halbparasitischen Pontohdella-Branchellion ausgehend, in Aulastoma und Haemadipsa culminirt. Die in höherem Grade parasitischen Formen, welche nur selten frei, nicht an ihrem Wirth, gefunden werden, sind alle Bewohner des Meeres; die Emancipirung von der parasitischen Lebensweise ist schon in dem Süßwasser vor sich gegangen; die Meeresformen scheinen sogar in dem Parasitismus auch gegenwärtig einen großen Vortheil zu genießen; denn Pontohdella und Branchellion^ die aus- geprägtesten Parasiten unter allen, sind bei Weitem die reichsten an Individuen, an Arten hingegen sehr arm. Der Parasitismus hat sich in den Meerestiefen stabilisirt, und die minder ausgeprägten Para- siten , Calliobdella und Ichthyohdella , obschon hauptsächlich letz- tere Gattung sehr artenreich ist, sind gegenwärtig verhältnismäßig sehr selten, obwohl überall in allen Meeresgegenden der Welt ver- breitet. Das vermittelnde Glied zwischen den noch ganz frei lebenden Annulatenahnen und den heutigen Selachierparasiten, Pontohdella und Branchellion^ welche, was den Wirth anbelangt, schon ausschließlich an die trägsten Bewohner des Meeresgrundes, Raja. Torpedo etc. ge- bunden sind, scheint nach allen Zeichen Ichthyohdella zu sein, welche noch ziemlich behend ist, gelegentlich auch Augen besitzt und an einer größeren Anzahl verschiedenster frei herumschwimmender Fische gefunden wird. Von Ichthyohdella führt eine Richtung der Anpassung vermittels Calliobdella zu Branchellion\ eine andere mit noch nicht aufgefun- denem Übergang zu Pontohdella. Letztere Annahme könnte jener Umstand kaum beeinträchtigen, dass Pontohdella in Betreif gewisser Einzelheiten der Organisation eine ältere phylogenetische Stufe dar- stellt, als die gegenwärtige Ichthyohdella. Eine der Ichthyohdella sehr ähnliche, vielleicht aber noch minder Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 229 parasitisch angelegte Urform tritt nach Übersiedelimg in das Süß- wasser als die heutige Piscicola auf. Von ihr zweigen sich in der Emancipirung von der parasitischen Lebensweise zwei Richtungen der vorwärts schreitenden Entwicklung ab : die eine, mit Beibehaltung der Familiencharaktere der Rhynchobdelliden , führt zur Clepsine^ welche selbst noch verschiedene weitere Stufen dieser Reihe aufzu- weisen hat, und zu Haementaria , falls diese als eine gesonderte Gattung betrachtet zu werden verdient. Die andere Richtung, mit Erlangung derGnathobdellidencharaktere, führt, yon NepJielis [trocheta, grandis n. sp. und octoctilata) ausgehend i, abermals in zwei Neben- richtungen verzweigt noch weiter hinauf. Die eine betrifft die fleisch- fressende, die andere die blutsaugende, aber dennoch nicht minder raubthierartige Lebensweise. Als Fleischfresser hat sich, wenn ich aus Whitman's Angaben richtig folgere, unter Vermittelung von Lep- tosoma (Whitm.)2 Aulastoma ausgebildet; als Blutsauger haben sich dagegen, unter Vermittelung von Macrobdella Hirudo (resp. Hirudi- naria Whitm.) und in höchster Vervollkommnung Haemadipsa stabilirt. Ich wage also, den Stammbaum der Hirudineen — gegenwärtig natürlich nur provisorisch — in dem Schema Taf. 8 Fig. 15 auf- zustellen. Neapel, im November 1887. Litteraturverzeichnis. 1. A. Moquin-Tandon, Monographie de la famille des Hirudinées. Paris 1846. 2. P. Grati ölet, Eecherches sur l'organisation du Systeme vasculaire dans la Sangsue medicinale et 1' Aulastome vorace, in: Ann. Sc. N. (4.) Tome 17. 1862. 3. A. de Quatrefages, Etudes sur les types inférieurs de lembranchement des Anneies. Memoire sur le BranchelUon dOrbigny. in: Ann. Sc. N. (3.) Tome 17. 1852. 4. Note sur le Systeme nerveux des Albiones. ibid. Tome 18, 1852. * Die Angaben Kexnel's Über einige Landblutegel des tropischen Amerika, in: Z. Jahrbücher 2. Bd. 1. Heft) vervollständigen diese Reihe und liefern nicht unwichtige Beweise für die von mir aufgestellte Abstammungsweise. Cylicohdella Grube und Lumbricohdella Kennel scheinen gewisse archaistische Verhältnisse in ihrer Organisation bewahrt zu haben, welche auf die Beschaffenheit der Übergangs- form von den Rhynchobdelliden, namentlich von der Piscicolaform zu den Gnatho- bdelliden ein scharfes Licht werfen. Man könnte Lumbricohdella als Übergangs- form zur Nephelis, namentlich N. trocheta, und Cylicohdella, welche jedoch älter als die andere sein mag, als solche zu den zehnäugigen Hirudineen bezeichnen. - resp. Cylicohdella Grube. 230 Stephan Apàthy 5. H. Rathke, Beiträge zur Entwicklungsgeschichte der Hirudineen. Her- ausgeg. und theilweise bearbeitet von R. Leuckart, 1862. 6. Fr. Leydig, Zur Anatomie von Piscicola geometrica mit theilweiser Ver- gleichung anderer einheimischer Hirudineen. in: Zeit. Wiss. Z. 1. Bd. 1849. ^^ 7. Zum Circulations- und Respirationssystem von Nephelis und Clepsine in: Bericht. Zoot. Anst. Würzburg. Leipzig 1849. 8. Anatomisches über Branchellion und Pontobdella. in: Zeit. Wiss. Z. 3. Bd. 1851. 9. Fr. Leydig, Vom Bau des thierischen Körpers. Handbuch der verglei- chenden Anatomie. 1. Bd. Tübingen 1864. 10. E. Ébrard, Nouvelle monographie des Sangsues medicinales. Paris 1857. 11. R. Leuckart, Die menschlichen Parasiten etc. 1. Bd. Leipzig u. Heidel- berg 1863. 12. G. M. R. Levinsen, Systematisk-geographisk Oversigt over de nordiske Annulata etc. Kjöbenhavn 1883. 13. J. Nusbaum, Zur Entwicklungsgeschichte der Hirudineen [Clepsine). in: Z. Anzeiger. 8. Jahrg. 1885. 14. T. Huxley, A manual of the Anatomy of Invertebrated Animals. London 1877. 15. 0. und R. Hertwig, Die Coelomtheorie. Jena 1881. 16. A. Lang, Der Bau von Gunda segmentata und die Verwandtschaft der Plathelminthen mit Coelenteraten und Hirudineen. in : Mitth. Z. Stat Neapel. 3. Bd. 1881. 17. Sur les relations des Platyelmes avec les Coelentérés d'un coté et les Hirudinées de lautre, in: Acch. Biol. Tome 2. 1881. 18. A. G. Bourne, Contributions to the Anatomy of the Hirudinea. in: Q. Journ. Micr. Sc. (2.) Vol. 24. 1884. 19. C.Vogt etE. Yung, Traité d'Anatomie comparée pratique. p.311 — 343, 1886. 20. C. Vogt, Zoologische Briefe. Frankfurt 1851. 21. P. J. van Beneden et C Hesse, Recherches sur les Bdellodes ou Hi- rudinées et les Trematodes marins. Bruxelles 1863. 22. F. Plateau, Zoologie Élémentaire. Mons 1884. 23. E. Ray Lankester, Notes on embryology and Classification. London 1876. 24. Remy Saint-Loup, Recherches sur l'organisation des Hirudinées. in: Ann. Sc. N. (6.) Tome 18. 1885. 25. Remarques sur la morphologie des Hirudinées deau douce. in : Bull. Soc. Philomat. Paris. (7.) Tome 9. 1885. 26. L. Seh mar da. Neue wirbellose Thiere. 1. Bd. 2. Hälfte. Leipzig 1861. 27. B, Hatschek, Studien über Entwicklungsgeschichte der Anneliden. , in: Arb. Z. Inst. Wien. 1. Bd. 1878. 28. L. Vaili an t, Contributions à l'étude anatomique du Genre Pontobdella. in: Ann. Sc. N. (5.) Tome 13. 1870. 29. C. 0. Whitman, The external morphology oftheLeech. in: Proc. Amer. Acad. Arts Sc. Vol. 20. 1884. 80. The Leeches of Japan, in: Q. Journ. Micr. Sc. (2.) Vol. 26. 1886. 31. H. Eisig, Die Segmentalorgane der Capitelliden. in: Mitth. Z. Stat. Nea- pel. 1. Bd. 1878. 32. Die Seitenorgane und becherförmigen Organe der Capitelliden. Ibid. 33. G. Johnston, British non parasitical worms etc. London 1865. Analyse der äußeren Körperform der Hirudineen. 231 34. V. Carus, Prodroiuus Faunae inediterraneae. Vol. 1. Stuttgart 1885. 35. Fr. 3Iiiller, Clcpsine costata, eine neue Art. in: Arch. Naturg. 12. Jahrg. 1. Bd. 1846. 30, F. de Filippi, Über eine neue riesengroße Egelart. in: Zeit. Wiss. Z. 1. Bd. 1849. 37. C. K. Hoffmann, Untersuchungen über den Bau und die Entwicklungs- geschichte der Hirudineen. Haarlem 1880. 38. C. 0. Whitman, The embryology of Clepsine. in: Q. Journ. Micr. Sc. i2.) Vol. 18. 1876. 39. Kemy Saint-Loup, Sur une nouvelle Ichthyobdelle. in: Compt. Rend. Tome 102. 1886. 40. F. Kraus s, Piscicola respirans in Mengen auf einer Bachforelle, in: Jah- resh. Ver. Vaterl. Naturk. Würtembergs. 38. Bd. 1882. p. 346. 41. M. Jaquet, Recherches sur le Systeme vasculaire des Annelides, in: Mitth. Z. Stat. Neapel 6. Bd. 1885. 42. A. E. Grube, Actinien, Echinodermen und Würmer des Adriatischen und Mittelmeeres. Königsberg 1840. Erklärung der AbbüdungeD. Für alle Figuren gültige Buchstabenbezeichnungen. a Mundrand (Lippen); a.sz Lippenpapillen ; D.s Ganglienzelle; E.ììy Prae- clitellum; e.s Sinneszellen ; /.^^ dunkle, oberflächliche Pigmentirung der dritten Ringe; J'.s Hauptseptum ; j^.< Kopfregion ; (?.^^ Schlundring; (r.?;?/ Pharyngeal- apertur; h.a hintere Lippe; h.cz Epithelzapfen; h.e Rückeugefäß; h.ny Cuticu- larfortsätze ; (5 i männliche Geschlechtsöffnung ; Q. i weibliche Geschlechtsöffnung ; «ZNerv; i.v.a Nervenendästchen ; I.z Muskelfaser; kh.t Zwischenfeld; K.d Schei- bengangliou : Analganglion autorum); K.k Connective; k.l Kiemenlamelle; km.v\ innere Paramedianlinie ; km-v^ äußere Paramedianlinie; km.t Paramedianfeld ; Kr Kiemenfalten; k.sz.r Bindegewebsfibrillen; k.sz.s Bindegewebszellen; K.t Haftscheibenregion; Kt.d Mittelkörperganglion (des Bauchstranges) ; kt Median- feld; Kt.t Region des Mitteldarmes; kv.d dorsale Medianlinie; kv.v ventrale Medianlinie; m.i Drüsenzelle; m.s Nebenseptum; Ne.ny Nephridialapertur ; Ny Clitellum; Ocs Rüsselhalter; o.e Seitengefäß; o.h contractile Seitenblasen; o.i Seitennerv; o.k Tastkegelchen der Seitenlinie (Marginallinie); ps Polsterzelle; »S'./ ringelbezeichnende gelbe Flecke; &./ Augenfleck ; &.Ä; Saugnapf; Szm.t Paramarginalfeld ; Szm.i\ innere Paramarginallinie ; seitlichen Lappen der Thyreoidea nicht stattfindet und auch unmög- lich wäre, weil zwischen der Drüsenlamelle und der äußeren Deck- lamelle ein Hohlraum besteht, in den überhaupt kein Blutgefäß, ja nicht einmal ein Blutkörperchen gelangt, die kurze Strecke aber, wo wirklich die Drüsenlamellen des mittleren und der seitlichen Lappen Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIII. 259 das Mesoderm der äußeren Umgebung berühren, blutlos ist, und weil schließlich die äußere, die ganze Thyreoidea einschließende Deck- lamelle kein Gefäß empfängt und keines durchlässt. Wie Julin zu seinen Angaben gelangt ist, vermag ich nicht zu sagen. Wenn nun auch hiermit erwiesen ist, dass der auf die Vascu- larisation gestützte Gegenbeweis meine Hypothese über die phylo- genetische Natur der Thyreoidea nicht trifft, so bliebe doch noch übrig, den auf die Nerven gestützten Beweis zu untersuchen. Ich muss indessen bekennen, dass ich nicht im Staude gewesen bin, irgend welche Nerven zu entdecken, die den Angaben ent- sprächen, welche Julin davon macht. Ich muss desshalb auch seine sehr unbestimmt gehaltenen Angaben pag;. 299 : » ce rameau [interne du rameau postérieur ou branchial du glossopharyngien] ))arrive ainsi sur le C(3té de la chorde dorsale; là il pénétre dans la cloison formée par l'union des parties supérieures des bords internes des deux lames hyoidiennes droite et gauche et, arrivé dans cette cloison, il se divise en deux tilets: l'un, externe, qui va se perdre dans le bord interne de la lame hyoidienne, et lautre, interne, qui va fournir au corps thyroide, en penetrant dans la charpente de tissu coujonctif du lobe lateral de cet organe; c'est le premier nerf thyroidien« auf sich beruhen lassen, eben so wie die Angabe, die Yagusäste »se comportent absolument de la méme manière«. Was unter der »charpente de tissu conjonctif du lobe lateral« der Thyreoidea eigent- lich verstanden wird, vermag ich trotz den zahllosen Schnitten durch die Thyreoidea, die vor mir liegen, nicht zu deuten, eben so w^enig vermag ich zu übersehen, wie die betreffenden Nerven aus der Nach- barschaft der Chorda dorsalis ohne Weiteres in die » charpente de tissu conjonctif« der Thyreoidea gelangen können. Es w^äre wünscheuswerth gewesen, über ihren Verlauf durch den ganzen Visceralbogen etwas zu erfahren, um ermessen zu können . wie und wo diese Nerven in der Thyreoidea endigen sollen. Wenn Julin, gestützt auf die angeführten Behauptungen, also sagt: »Les dispositions des nerfs thyroidiens et des artères thyroi- diennes, chez VA?)i)nocoetes, me paraissent complètement en désaccord avec riiypothèse de Dohrn sur la valeur morphologique du corps thyroidea, so könnte ich sehr beruhigt über das weitere Schicksal dieser Hypothese sein. Ich bin aber selbst durchaus nicht so dog- matisch, um meine Hypothese für unfehlbar zu erachten, und würde, wie ich schon in der XII. Studie pag. 322 und 323 aussprach , sie aufgeben, wenn sie in anderer Weise ad absurdum geführt würde. 260 Anton Dohin Da mich aber die Darstellung der Pseudobranchial- imd Thy- reoidealgefäße einmal so weit gebracht hat, so will ich auch den Bliit- laiifsverhältnisseu des Ammocoetes-Ko\iieü noch einige Aufmerksam- keit schenken und auch meinerseits über den Ursprung der Aorta und der Carotiden hei Ammocoetes im Anschluss an die fünfte Vorläufige Mittheilung Julin's einige Angaben machen. Ich habe schon auf pag. 245 ausgesprochen, dass die Aorta, wie bei den Embryonen aller Wirbelthiere , so auch bei Ammocoetes ur- sprünglich doppelt angelegt wird. Sie verschmilzt indess rasch bei den meisten zu einem unpaaren medianen Gefäße, nur bei den Fischen bleibt sie in der Region des Kopfes doppelt, dort bildet sie den von Hyrtl sogenannten Circulus cephalicus- Der Grund, der die Aorta doppelt sich anlegen lässt, ist die ursprüngliche Herkunft des subchordalen Stranges, der noch im Zusammenhange mit dem Darme steht , wenn bereits die Aortenlumina deutlich und in voller Länge rechts und links neben diesem subchordalen Strange zu erkennen sind. Den Process der Ablösung des letzteren vom Darme kann man sehr deutlich bei Selachierembryonen beobachten — er schrei- tet von hinten nach vorn vor, und gleichzeitig damit geht auch die Verschmelzung der Aorten vor sich. Da bei Ammocoetes ebenfalls der subchordale Strang angelegt wird , so erscheint es , ganz abge- sehen von der direct zu machenden Beobachtung, selbstverständlich, dass auch die Aorten , wie bei allen Vertebraten doppelt angelegt werden. Der Unterschied aber, der zwischen Ammocoetes und den eigent- lichen Fischen gefunden wird, besteht in dem Mangel des Circulus cephalicus bei dem ersteren. Der Circulus cephalicus bedeutet aber keineswegs, dass die Aorta über den vordersten Branchialabschnitten fehle und erst anfinge, wo die beiden hinteren Schenkel desselben zusammenfließen. Vielmehr bedeutet er nur, dass die Aorten über den vordersten Branchialabschnitten nicht verschmolzen, sondern viel- mehr weit aus einander gewichen seien. Es ist eine irrthümliche Auffassung, wenn Julin in seiner fünften Vorl. Mittheilung über den Ursprung der Aorta und der Carotiden pag. 237 sagt: »Ce qui di- stingue en réalité la disposition des origines de l'aorte chez les Cyclo- stomes d'avec celle réalisée chez la plupart des autres poissons, c'est que chez les premiers, l'aorte est uuique et mediane dans toute son étendue, tandisque chez les autres poissons elle n'est générale- ment unique que dans la partie postérieure de la région branchiale. Studien zur Urgeschichte des Wirbelthicrkürpers. XIII. 261 les veines branchiales autérieures dun mcme coté s'unissant eiitre elles, et les deux troucs ainsi formés ne s'unissant pour constituer mie aorte unique. que daus la partie poste rieure de la cavitò bran- chiale.u Die Eutwickliingsgescbichte der Selacbier beweist vielraebr sehr deutlich, dass die ganze Circumferenz des Circulus cephalicus nichts Anderes ist, als die beiden ursprünglichen und vor aller Aus- bildung der Branchialarterien und -Venen angelegten Aorten — und dass von einer ohne .Vermittelung dieser Aorten vor sich gehenden Verbindung der Branchialgefäße unter sich keine Rede sein kann. Ein wesentlicher Unterschied zwischen den bei Atnmocoetes und bei den Selachiern l)esteheuden Verhältnissen ist also nur in der frühen Vereinigung auch der vordersten Abschnitte der Aorta des ersteren zu erkennen: ob diese Vereinigung etwas Primitiveres darstelle als das Auseinanderweichen, ist an sich nicht zu sagen , und kann nur aus der Gesammtgeschichte des Organismus beurtheilt werden. Ju- LiN's Ansicht »la dispositiou des vaisseaux branchiaux . artères et veines, teile qu'elle se trouve réalisée chez V Atiimocoeies , me parait étre la disposition [primitive«, ist eine willkürliche Auffassung und wird durch kein entscheidendes Argument unterstützt. Ganz im Gegentheil haben wir schon Verhältnisse kennen ge- lernt, die einen ziemlich abgeleiteten Charakter der Carotidenbilduug bei Ammocoetes kennzeichnen. Das ist die Obliteration der Spritz- locharterie. Die Spritzlocharterie resp. -Vene würde, wäre sie er- halten geblieben, vor der Hyoidveue sich in den Kopfkreislauf er- gossen haben, und vor der Chordaspitze, zur Seite der Gaumenleisten. Sie würde das Choroidealgefäß gebildet haben und aus ihrem An- fange würde sich die Arteria mandibularis oder circularis oris abge- zweigt haben. Von dem Choroidealgefäß, also dem Homologen der Arteria ophthalmica magna, kann ich aber in jüngeren Stadien nur Andeutungen gewahren und bin sehr zurückhaltend, wenn ich es aus den neben der Chordaspitze verlaufenden Carotiden ableite — einen deutlichen Zusammenhang konnte ich nicht wahrnehmen , eben so wenig, wie ich den Verlauf dieses mehr einem Blutraum, als einem Gefäße ähnlichen Gebilde genau angeben kann. Und diese Schwie- rigkeiten der Beobachtung steigern sich bei weiter entwickelten, etwa halberwachsenen Stadien. Es wird der sorgfältigsten Conservirung und Präparation und eines überaus eingehenden Studiums bedürfen, um über die Blutlaufverhältnisse des Kopfes von Aimyiocoetes ins Klare zu kommen, und ehe das nicht geschehen, ist es nutzlos, ja völlig illusorisch, von primitiveren oder abgeleiteteren Zuständen zu 262 Anton Dohrn reden. Von dem Linsengefäße, welches der Arteria centralis retinae der höheren Vertebraten homolog- ist , und bei Selachiern so überaus früh entsteht und einen so merkwürdigen Verlauf hat, ist gleichfalls bei Ammocoetes nichts zu erkennen : liegt es nicht nahe, zu vermuthen, dass bei der insgesammt gehemmten Bildung des Sehorgans auch diese Blutgefäße eine Hemmung, event. eine vollständige Rückbil- duDg erlitten haben i? Betrachtet man dann auch den venösen Theil des Kreislaufes, so wird man auf dieVermuthung geführt, dass man auch in der gesammten Vascularisation eine Vermischung theils typischer, theils primitiver, aber zugleich auch reducirter Verhältnisse vor sich habe und dass eine strenge Gliederung in arterielle und venöse Blutbahnen bei Ammocoetes nicht stattfinde. Ob man dabei von Lymphräumen reden will, wie es Schneider thut, macht die Sache nicht klarer oder verständlicher; so lange man sich nicht Rechenschaft von den Zu- sammenhängen dieser sämmtlichen Blutbahnen geben kann, hat die Vermuthuug allzuviel Spielraum. Ich gedenke auf diese Fragen später näher einzugehen, sobald ich erst eine weitere nahezu vollendete Studie über die Carotiden und Vertebrales der Selachier zu Ende geführt habe. Ohne eine solche Grundlage ward man zu keinem klaren Verständnis der phy- logenetischen Beziehungen der Kreislaufsverhältnisse der Cyclosto- men gelangen. Ich wende mich nun zu den beiden noch übrigen von Julin behandelten Themata. 3. Nervus lateralis. Schon in der XII. Studie pag. 334 habe ich einige Angaben über die Entstehung und Bedeutung des. N. lateralis gemacht. Da- mals hatte ich nur die irrige Angabe Shipley's zu corrigiren , dass ein N. lateralis den ältesten Larven des Amiiiocoetes fehlte, die er Gelegenheit gehabt zu untersuchen. Ich habe dann weiter der Be- 1 Auch bezüglich der JuLiN'schen Angaben über den Ursprung der Ca- rotis externa will ich eine weitere Ungenauigkeit des belgischen Autors berich- tigen. Er lässt dieselbe aus drei Kiemenvenen sich zusammensetzen , nämlich aus dem Zusammenfluss der vierten , dritten und zweiten Kiemenvene ; dies ist nicht richtig: die vierte nimmt keinen Antheil an der Blutversorgung der Carotis externa; ihre ventrale Verlängerung ist vielmehr die oben beschriebene A. thy- reoidea {Taf. 11 Fig. 4 und 5 Car.ext.). Die Carotis externa aber empfängt außer den ventralen Verlängerungen der dritten und zweiten Kiemenveue auch noch das Längsgefäß, welches beiderseits neben der Thyreoidea verläuft. Stiulien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIII. 265 hauptung Ransom und Thompson' s |widersproclieu, dass der Lateralis des Ammocoetcs von der Commissur abzuleiten wäre, welche die AVurzeln der 8i)iualnerveu von Anfang- an verbindet , aber weitere Einzelheiten über Entwickluni;; und Verlauf, vor Allen über die Be- ziehungen des Lateralis zu anderen Nerven habe ich an jener Stelle nicht gemacht. Durch das Interesse an der Sache selbst, vor allen Dingen aber durch die so positiv vorgetragenen Angaben Julin's veranlasst, will ich jetzt ausführlicher darauf eingehen. Schon bei Larven, die erst seit fünf Tagen ausgekrochen sind, nimmt man das große Ganglion des Lateralis, hinter und über der Ohrblase, deutlich wahr (Taf. 10 Fig. 4 G. lateral). Aber es ist um diese Zeit noch so gut wie unmöglich, etwas Näheres davon zu be- richten, da alle Zellen der Larve so sehr mit Dotterplättchen an- gefüllt sind und sich alle so gleich sehen, dass weder über etwaige Faserbildung des Lateralis noch über seine Wurzeln das Geringste zu melden ist. Aber schon 24 Stunden später lassen sich sehr inter- essante Angaben über Lage und Ursprung des Ganglions sowohl wie seiner Wurzelfasern gewinnen. Führt man den Horizontalschnitt der- artig, dass eine möglichst große Partie des Medullarrohres davon ge- troffen wird, und prüft nun die Schnitte von der dorsalen Seite her^ so gewahrt man zunächst neben den beiden Hälften der Medulla das quer geschnittene EinstUlpungsrohr der Ohrblase. Dieselbe ist auf einer Reihe von Schnitten die einzige differeuzirte Bildung neben dem Medullarrohre, der Haut und dazwischen liegenden Mesodermelemen- ten. Dann folgt als erste weitere Differenzirung ein kleiner, faseriger Vorsprung zu beiden Seiten der Medulla, etwa eine Ursegmentlänge hinter der Ohrblaseneinstülpung. Diese beiden Vorsprüuge sind die Wurzeln des Lateralisganglions , das unmittelbar darunter auf dem nächsten Schnitt an seiner basalen Hälfte beginnt, und sich als Ganglion wohl über zwei Segmentgrenzen nach hinten erstreckt, eine Segmentlänge tief und an seiner breitesten Stelle eine halbe Segment- länge breit ist. Es liegt mit seiner flachen Innenseite dem Me- dullarrohr dicht au, mit seiner gerundeten Außenwand grenzt es beinah an die Haut. Zwischen der Ohreiustülpung und dem Late- ralisganglion findet man schon in diesem Stadium ein mit deutlichen, wenn auch sehr feinen Wandungen ausgestattetes Gefäß,, den ab- steigenden Venenstamm, der die späteren oberen und unteren Jugu- larisstämme verbindet. Die Lage dieser großen Vene ist darum von Interesse, weil sie eine vortreffliche Bestimmung über die topogra- 264 Anton Dohrn pliischen Beziehungen der Wurzeln des Lateralis und derjenigen des Vagus und Glossopharyngeus in ihren ersten Anlagen erlaubt. Die Wurzeln dieser beiden Nerven oder Nervengruppen liegen nämlich nicht nur bedeutend tiefer, ventralwärts , als die des Lateralis, son- dern auch mehr nach vorn, fast vor der Vene. Es folgt daraus, dass die Wurzeln des Lateralis von Anfang an nichts mit dem Vagus und Glossopharyngeus zu schaffen haben und dass noch viel weniger daran gedacht werden kann , ihn gar aus Elementen des Ramus recurrens des Facialis herleiten zu wollen, da der Kamus recurrens um diese Zeit noch gar nicht besteht. In dem eben beschriebeneu Stadium kann man auch schon aus dem hinteren zugespitzten Ende des Laterali sganglions an seiner un- teren Peripherie Fasern hervorgehen sehen, welche sich nach innen von den Muskeln zweier Segmente noch erkennen lassen. Das Ganglion des Glossopharyngeus ist um diese Zeit als ein beträchtlicher Kör- per, der aber nicht ein Drittel des Umfanges des Lateralisganglions hat, dicht hinter der Ohrblase zu erkennen , seine Fasern beginnen innerhalb der Muskelzellen hinter dem Hyoidkiemensack herabzu- steigen. Der Vagus dagegen verlässt hinter dem Glossopharyngeus das Medullarrohr und geht unter der Musculatur der Körpersegmente als ein langer aus Ganglienzellen bestehender Strang, der über den einzelnen Kiemensepten etwas verdickt erscheint. Der Faserverlauf des Lateralis ist an seiner basalen Partie schräg von unten nach oben gerichtet, so dass der Nerv bei seinem wei- teren Vorschreiten nach hinten sehr bald auf der Höhe der dorsalen Spitzen der Myotome anlangt, wo er bis auf Weiteres verbleibt und immer weiter nach hinten wächst (Taf. 12 Fig. 1 Lat.). Es würde schwer zu entscheiden sein, ob auf der ganzen Länge des Nerven je- mals eine Verschmelzung mit dem Ectoderm oder gar eine Ablösung vom Ectoderm stattfindet. Wer die Entwicklung des Lateralis bei Se- lachiern beobachtet hat, wird bei Ammocoetes einen wesentlich ver- schiedenen Thatbestand bemerken. Die nach hinten vorschreitende Verdickung des Ectoderms bei den Selachiern hat keine Parallele bei Ammocoetes^ eben so wenig oder noch weniger die taschenförmige Einstülpung, mittels deren bei den Selachiern das w^eitere Wachs- thum des Seitennerven scheinbar unter der äußeren Haut vor sich geht, die nachher platzt und den Seitencanal frei lässt (vgl. Van Wijhe, Über die Mesodermsegmeute und die Entwicklung der Nerven des Selachierkopfes pag. 34 und Beard , Branchial Sense Organs etc. in: Q. Journ. Micr. Sc. (2) Vol. 26 pag. 111). Bei diesem merkwürdigen Studien zur Urgescliielite dos Wirbelthierkörpers. XIII. 265 Entwicklung-smodus der Selacliier kann die Frage aufgeworfen werden, ob nicht die Nervenfasern des Lateralis umgewandelte Ec- todermzellen seien. Bei Ammocoetes ist das wenigstens nicht nahe- liegend, und vergleicht man die Kerne, welche, wenn auch ziemlich häulig, so doch nur vereinzelt oder in Gruppen von 2 — 3 im Laufe des Nerven vorkommen , mit den Kernen der Ectodermzellen , so sehen sie sich nicht gleich. Erstere sind länglich, letztere rund. An sich wäre das nun freilich noch nicht entscheidend, um die Herkunft der einen von den anderen abzulehnen, aber blickt man den hinteren Lauf des Nerven an, wie er unter dem Ectoderm, demselben dicht angelagert, dahin zieht, so macht es mehr den Eindruck einer Anlagerung, nicht einer Abspaltung. Immerhin aber mag die Frage nach der Herkunft der Elemente , die das Material des Lateralis bilden, unentschieden bleiben — es ist mir indess viel wahrscheinlicher, dass es sich um ein allmählich fortschreitendes Wachsthum der Fasern handelt , als dass umgewandelte Ectoderm- zellen den Stoff für die zunehmende Länge des Nerven hergeben. Es ist überdies nicht leicht zu entscheiden, ob die im Laufe des Lateralis sich findenden Kerne den Nervenfasern als solchen , oder der allmählich sich bildenden Scheide, resp. beiden angehören. Dies zu entscheiden würde histologische Studien erfordern , die ich an anderer Stelle zu publiciren gedenke. Möge es hier genügen, in großen Umrissen die sehr frühzeitige Anlage und das rasche bis ans Ende des Körpers fortschreitende Wachsthum des Lateralis festgestellt, auch seine ursprüngliche, von der späteren so sehr verschiedene Lagerung betont zu haben. Auf dem Querschnitt erscheint der Lateralis gleich nach dem Aufhören seines Ganglions als ein blasser Cylinder, in welchem eine punktförmige Substanz zu unterscheiden ist, mit verschiedenen, seiner Peripherie angelagerten Kernen und gelegentlichen Dotterplättchen, die gleichfalls außen lagern. Die Kerne sind gewöhnlich zu einem, manchmal zu mehreren, dem immer gleich blassen Cylinder an- gelagert (Taf. 12 Fig. 2, 3, 6 — 8 Lat.) , mitunter in halbmond- förmigem Querschnitt, mitunter auch als vollkommen runde Scheiben, seltener nur liegen sie, als auf dem Durchschnitt elliptische Körper, in der Masse des Cy linders. An seiner Basis, da wo er aus dem Ganglion hervortritt, liegt der Nerv zwischen dem Medullarrohr und dem schmaleren oberen Theil der Myotome, erst allmählich rückt er nach oben bis an die obere Grenze der Myotome, deren dort gelegene Zellen noch keine Umwandlung zu Muskeln vorgenommen haben. MittUeilungan a. J. Zoolog. Station zu Neapel. P.it. S. 18 206 • Anton Dohrn Dabei liegt er mitimter iu einer Art Ausbühlniig' der inneren Fläche des Myotomes. Längere Zeit kann man dann den Lateralis auf der Spitze der Myotonie liegen sehen, bis er immer weiter analwärts dicht an die innere Contour des Ectoderms rückt und dort schließ- lich zwischen die Ectodermzellen sich lagert. Es braucht kaum aus- drücklich betont zu werden, dass der Lateralis immer beträchtlich dorsal von den Spinalganglien liegt. In einem Exemplar, das erst seit neun Tagen ausgeschlüpft war, vermochte ich den Lateralis nicht weiter als bis an das letzte Dritttheil der Körperlänge zu verfolgen, weder auf Quer- noch auf Längsschnitten. Wahrscheinlich ist er in diesem Stadium noch nicht weiter nach hinten fortgerückt und steckt mit seinem Ende im Eetoderm, was um so wahrscheinlicher ist, als er 24 Stunden früher kaum bis auf die Hälfte der Körper- länge deutlich zu erkennen ist , dagegen 24 Stunden später schon im letzten Fünftel des Körpers innerhalb des Ectoderms gefunden wird. Querschnitte von 5 fi Dicke geben darüber ziemlich zuver- lässigen Aufschluss. Am elften Tage nach dem Ausschlüpfen fin- det man schon Spuren des Lateralis auf der Höhe des Afters, also im letzten Achtel des Körpers. Bei späteren Stadien erkennt man den Nerven auch sehr gut hinter dem After, bis ans letzte Ende der Myotome. Es ist nun sehr bemerkenswerth, dass in ziemlich regelmäßigen Intervallen die Ectodermzellen, unter denen oder innerhalb deren der Lateralis sich findet, höher und dichter gestellt sind, als die benach- barten Partien des Ectoderms. Das begreift etwa 5 — 7 Zellen, die solchen Eindruck machen. Ja, auf nur wenig späteren Stadien sieht man an derselben Stelle, wo anfänglich diese coutinuirlich verdickte Serie der Ectodermzellen liegt, in unregelmäßigen Intervallen Gruppen dichter gestellter, nach außen convergirender Zellen, die auch etwas dunkler gefärbt erscheinen. Es kommen solcher Stellen aber auch weiter nach dem Bauche, außen von den Myotomen vor: und es ist wohl sehr wahrscheiulieh, dass sie mit der Bildung der zuerst von Langekhans nachgewieseneu Grübchen der sog. Seitenorgane zu- sammenhängen, ein Umstand, den wir nachher noch näher besprechen werden. Es ist nun von beträchtlichem Interesse auf so frühen Stadien, wie die hier behandelten, das Verhalten der Spinaluerven zum La- teralis zu beobachten. Ich betonte schon vorher, dass der Lateralis durcbgehends dorsal von den Spinalganglien liegt. Sobald nun die S])iualuerven als solche sich zu entwickeln beginnen — - also zu der- Studien zur Urgoschichte dos Wirbeltliierkürpers. XlII. 267 selben Zeit, wo der Lateralis sich von der Epidermis resp. dem Ectoderm zu entfernen beginnt — wächst der dorsale Ast aus der oberen Peripherie der Spinalganglien in die Höhe und drängt sich zwischen den Lateralis und das anliegende Myotom. Da aber hier eigentlich gar kein Zwischenraum gefunden wird , so kann dieser Ast gar nicht umhin, sich dem Lateralis dicht anzuschmiegen (Taf. 12 Fig. 9, 10). Von einer Verbindung resp. Verschmelzung der beiden Nerven ist indessen keine Spur zu erkennen — wohl aber kann man gelegentlich beobachten, dass der dorsale Ast des Spinalnerven das j\[yotom auf einer der schrägen Septumlinien durchsetzt und sich an die Haut begiebt. Eben so verhält es sich mit den dorsalen Asten der ventralen, motorischen Spinalnerven, deren Wurzeln bei jungen Larven sehr viel schmäler sind, als später, die auch anfänglich sehr viel schmälere Aste erzeugen und im ganzen Volum wesent- lich geringer erscheinen, als die sensiblen, dorsalen Spinalnerven — ein Verhältnis, das sich im Laufe der Entwicklung bekanntlich um- dreht. Bei der weiteren Entwicklung des Lateralis verkleinert sich nun das Ganglion merklich, sei es, dass es relativ geringer erscheint, sei es, dass es seine Zellen zum Wachsthum des Nerven abgiebt. üer Nerv selbst aber wird immer stärker, seine zahlreichen Fasern sind mit einem Netz von Bindegewebselementen durchzogen. l'ber die Beziehungen des Lateralis am erwachsenen Aìnmo- coetes haben wir nun zwar eine Reihe von Darstellungen , aber sie erschöpfen weder den Thatbestand noch sind sie frei von zum Theil beträchtlichen Irrthümern. Im Licht der vorangehenden Beschreibung der Entwicklungs- geschichte des großen Nerven wird es mir vielleicht gelingen, einige dieser Irrthümer definitiv zu beseitigen und zur genaueren Kenntnis der schwierigen Ursprungsverhältnisse und damit auch der morpho- logisch-phylogenetischen Bedeutung des Lateralis beizutragen. Es giebt einen fundamentalen Fehler mit Bezug auf den Late- ralis des Ammoroetes, der, so oft ihm auch schon widersprochen ist, doch immer wiederkehrt und schließlich zu der verkehrtesten aller Deutungen des morphologischen Werthes dieses Nerven geführt hat. Dieser Fehler besteht in der Annahme, dass Fasern der Spinalnerven an der Bildung des Lateralis Antheil nehmen. Nachdem die englischen Morphologen Ransom und Thompson (On the spinal and visceral nerves of Cyclostomata. in: Z.Anzeiger IS* 208 Anton Dohrn 9. Jahrg. 1886 pag. 421 ff.) die Behauptung ausgesprochen hatten, der dorsale Ast der sensiblen Spinalnerven schicke Fasern au den Lateralis, eine Behauptung, die auf die Untersuchung von Schnitten hasirt war , erweiterte Julin diesen Satz dahin , dass nicht nur die sensiblen, sondern auch die motorischen Spinalnerven Fasern aus ihren dorsalen Asten an den Lateralis abgäben, und zwar, wie er ausdrücklich pag. 304 hinzufügt, »depuis le premier nerf spinal jusqu'au dernier«. Ich habe oben schon erwähnt, dass die Beobachtung an jungen Larven bis zum 15. Tage nach dem Ausschlüpfen keine Spur eines solchen Verhältnisses erkennen lässt, dagegen mit aller Deutlichkeit die Anlagerung dieser dorsalen Äste an die äußere Peripherie des Lateralis ergiebt. Ich habe auf Längs- und Querschnitten an halb- und ganz erwachsenen Exemplaren auf das sorgfältigste den That- bestand verificirt und muss auf das Bestimmteste behaupten, dass es auch da nicht ein einziges Mal gelingt, ein Über- treten von Fasern weder aus sensiblen noch motorischen Spinalnerven in den Lateralis noch auch aus dem Late- ralis in diese zu beobachten. Den Schein einer solchen Ver- bindung erregt allerdings die regelmäßige Aneinanderlagerung der betr. Nerven, und mitunter erweckt der schräge Verlauf nach hinten besonders der dorsalen motorischen Zweige den Verdacht, als ver- mischten sich die Fasern mit denen des Lateralis. Man braucht dann aber nur die vorhergehenden und nachfolgenden Schnitte zu prüfen, um zu erkennen, dass es sich immer nur um den Schein einer Verschmelzung, in Wirklichkeit nur um die Anlagerung han- delt', welche freilich mitunter so dicht ist, dass eine Zusammen- quetschung des Lateralis erfolgt — wobei freilich unentschieden bleiben möge , ob diese nicht auf künstlichem Wege durch die Con- serviruug oder die Schnittrichtung hervorgerufen wurde ^ (Taf. 12 Fig. 9, 10, 20 A, B, C). Da auch von Schlemm und d' Alton die Angabe gemacht worden ist, dass Fasern des Hypoglossus in die Bildung des Lateralis auf- gehen, eine Angabe, die Julin ausdrücklich bestätigt und dahin er- 1 Auch Freud giebt in seiner vorzüglichen Abhandlung (Über Spinal- ganglien und Rückenmark des Petromyzon. in: Sitz. -Ber, Akad. Wien. 78. Bd. 1879. 3. Abth.) an, dass es sich nur um Anlagerung handle. So pag. 107: »die hintere Wurzel verläuft in einer transversalen, die beiden Äste in einer sagittalen Ebene; der dorsale Ast zieht am N. lateralis vorüber . . .« Studien zur Urf,^cscliiclilc des WirboItliicrUürpers. XIII. 269 weit ort, class die dorsalen Aste beider Ilypoglossuswurzeln kurze Äste an den Lateralis abgäben, so muss ich dieser Behauptung- aus- drücklieh widersprechen und werde weiter unten die Verhältnisse des Hypoglossus genauer beliaudeln (Taf. 12 Fig. 14, 15, 17 — 19). Es sind ferner von fast allen Autoren, die sich mit den Nerven des Aììiììiocoetes beschäftigt haben, Angaben über Verbindungen desselben mit dem Ramus recurrens s. eommunicans des Facialis, gemacht w^orden. Diese Verbindungen kann ich durchaus bestätigen. Der Ramus recurrens des Facialis ist ein sehr starker Nerv, welcher vom Facialisganglion abgeht, etwas nach oben steigt und an der Innenseite der Myotommusculatur, außen von der knor])ligen Ohrkapsel verläuft, von dieser letzteren aber geschieden durch die ganze Breite der um diese herumlaufenden großen Vene. Vor dem Eintreten in den Lateralis theilt sich der Ramus recurrens in zwei Aste, w^elche sich aber beide in das Ganglion des Lateralis bege- ben (Taf. 12 Fig. 14, 15 R.rec.fac). Es ist mir nicht möglich ge- worden, zu entscheiden, ob die Recurrensfasern ohne Weiteres in den Verlauf der Lateralisfasern übergehen, oder ob sie zunächst mit Ganglienzellen des Lateralis in Verbindung treten. Dass diese Frage nicht unwesentlich ist , werden wir erkennen , wenn wir die Entwicklung des Recurrens ins Auge fassen. Den Ramus recurrens des Facialis bemerkt man bereits deutlich au Larven, die seit 12 Tagen ausgeschlüpft sind. Er verlässt das Ganglion facialis auf der Höhe des größten Diameters der Ohrblase, dieser anfänglich dicht angelagert, gleichzeitig aber auch dem Ecto- derm angelagert, da zwischen diesem und der Ohrblase nur wenige Mesodermzellen zu sehen sind. Diese Mesodermzellen und der Ra- mus recurrens liegen außerdem in dem schmalen Zwischenraum, der hier von der dorsalen und ventralen Partie der Myotommusculatur gebildet wird , welche bekanntlich auf der Höhe der Ohrblase aus einander zu weichen beginnen (Taf. 12 Fig. 12 R.rec.fac.]. Es ist nun aber von Bedeutung , gerade an dieser Stelle auch eine Ein- buchtung des Ectoderms zu constatiren, die ihre am weitesten nach innen vorspringende Convexität gerade da erreicht , wo der Recur- rens sich an sie anlegt. Und eben so interessant ist der Umstand, dass alle die Zellen dieser Einbuchtung einen conisehen Charakter haben, nach außen etwas convergirend und im Querdurchmesser ver- längert erscheinen, gegenüber den höher und tiefer gelegenen Ecto- dermzellen. Da diese Zellen sich auch etwas dunkler färben, so ge- währt das Ganze vollkommen dasselbe Bild, das wir oben vom 270 Anton Dohrn Lateralis imcl seiner Anlagerung- an das Ectoclerm beschrieben, und da bei älteren Ammocoetes an dieser Stelle deutliche »Sinneshügel (Taf. 12 Fig\ 13) sich finden, so kann es kaum einem Zweifel unterliegen, dass diese convergirenden dunkler gefärbten conischen Ectodermzellen die Vorstadien dieser Siuueshügel sind. Dann aber ist dasselbe auch für den Lateralis anzunehmen, und die Wahrscheinlichkeit, dass wir es bei beiden Bildungen mit einem Rest der alten Seitenlinie zu thun haben, wächst beträchtlich. Der Ramus recurrens erscheint in dem frühen Stadium auf dem Querschnitte genau so, wie der Lateralis, als ein einfacher blasser Cylinder mit angelagerten Kernen. Leider ist es mir bisher nicht geglückt, zu constatiren, ob er anfänglieh im Ectoderm verläuft und dort mit nach vorn wachsenden Fasern des Lateralis verschmilzt, oder ob er aus dem Ectoderm in das Ganglion des Lateralis hinein- wächst. Und das ist darum zu bedauern, weil die Frage entsteht, ob dieser Ramus recurrens irgend ein seriales Homologon des Lateralis vorstellt, ob er zu dem System der Kiemensinnesorgaue oder zu dem der Seitenlinie als solcher gehört. Bei den Debatten über die morphologische Bedeutung des Late- ralis ist die Frage nach den Seitenorganen zu sehr außer Acht ge- lassen worden. Nur Langerhans hat diesen Organen seine Auf- merksamkeit geschenkt, ja sie überhaupt erst aufgefunden. Ich habe bei meinen Untersuchungen über die Entwicklungs- geschichte auch auf die Entstehung der Seitenorgane Rücksicht genommen und kann darüber das Folgende berichten. Bei Larven, welche seit 8 Tagen ausgeschlüpft sind, findet man die ersten Spuren von Seitenorganen. Deutlicher sind sie 1 — 2 Tage später. Man erkennt sie am sichersten auf Sagittalschnitten bei Exemplaren, die gut gestreckt sind. Schnitte von 5 — 10 /t zeigen dann zunächst die äußersten gewölbten Partien der Epidermis, wäh- rend die tieferen Einbuchtungen nicht getroffen sind. Diese werden getroffen auf folgenden Schnitten, wo bereits auch die Myotome an- geschnitten werden. Mehrere Schnitte kann man nun übergehen, bis die Spinalganglien in den Zwischenräumen zwischen den Myoto- men zum Vorschein kommen. Bald danach sieht man nun dorsal- wärts von den Spinalgauglien . gerade in den septalen Zwischen- räumen zwischen den Myotomen. also in den Einbuchtungen der Epidermis, rosetteuförmige. dunkler gefärbte Stellen (Taf. 12 Fig. 4 Sei.Org.]. Betrachtet mau sie mit stärkerer Vergrößerung, so zeigen Stiulioii zur Urgcscliiclitc des Wirbcltliifi-küipcrs. XIII. 271 sich dieselben aus 7 — 9 dichter gestelltcu, im Querschnitt l^lci- neren Ectodcrmzellen gebildet (Taf. 12 Fig. 5). Dicht unter diesen IJosetten tritft der Schnitt auf den längsverlaufendeu Lateralis. Hat man auf Sagittalschuitten einmal diese Differenzirung des Ectodernis kennen gelernt, so gelingt es auch auf Horizontalschuitten diese Zellen zu erkennen, und man sieht sie in nahezu regelmäßigen Inter- vallen neben dem Lateralis. Es kann kein Zweifel sein, dass sie mit den bereits oben pag. 26G beschriebenen dunkleren Partien der Epidermis identisch sind , welche auf Querschnitten wahrgenommen wurden. Aus diesen Rosetten gehen später die von Laistgeriians be^^chriebenen, einfachen Seitenorgane hervor. Es ist nun von Wichtigkeit zu bemerken, dass diese Rosetten von Hause aus segmental gelegen sind, zwischen den Myotomen. Es kommen zwar auch Unregelmäßigkeiten vor, es wird gelegentlich ein Seitenorgan auf dem convexen Theil des Seg- mentes, über den Muskelfasern gefunden — aber bei Weitem die Mehrzahl findet sich auf den Septen. Es ist mir leider nur an wenig Stellen mit Sicherheit gelungen, Ausläufer des Lateralis an diese Rosetten zu bemerken, auch tritt die Differenzirung derselben im Ectoderm erst ein, wenn schon der Lateralis weit nach hinten gewachsen ist. Es ist hiernach wohl unzweifelhaft, dass diese Rosetten in func- tioueller Beziehung zum Lateralis stehen, und dass beide zusammen eine Art Seitenlinie vorstellen. Um so interessanter wird es nun sein, die Verhältnisse am Vordertheile des Körpers, am Kopfe zu Studiren. Dabei ergiebt sich zunächst das wichtige Resultat, dass über jeder Kiemenspalte gleichfalls eine solche Rosette am Ectoderm gefunden wird (Taf. 12 Fig. 11 Sei.Org.), und dass sie benachbart den Ganglien liegt, aus denen die Kiemennerven entstehen, also in der Nähe der Glossopharyngeus- und sämmtlicher Vagusganglien. Ich habe schon früher (XII. Studie pag. 334) Aus- läufer von diesen Ganglien an die Haut beschrieben: jetzt kann ich diese Angabe durch den Nachweis der dazu gehörigen Sinnesorgan- anlagen vervollständigen. Die Seitenorgane nun, welche sich später am Ramus recurrens des Facialis finden, legen sich gleichfalls , wie oben bemerkt , sehr frühzeitig an, lassen sich aber anfänglich nicht als discrete Bildungen erkennen, werden vielmehr als eine etwas eingesenkte, mit dichter ste- henden dunkler gefärbten Zellen versehene Partie des Ectoderms unter- schieden. Man findet diese Stelle sehr leicht in dem Zwischenraum 272 Anton Dohrn zwischen der aus einander weichenden dorsalen und ventralen Myo- tommusculatur (Taf. 12 Fig. 12 Sei. Org.]. Weiter vorn am Kopf findet man eine ähnliche dififerenzirte Partie des Ectoderm , die sich von dem Auge zur Oberlippe bis an die vorderste Peripherie des Körpers erstreckt und unter der sich der N. maxillaris cutaneus befindet; eine noch höher gelegene findet sich über dem N. ophthalmicus superficialis. Damit ist, so weit ich bemerken konnte, die Anlage der sog. Sinneshügel oder Seitenorgane erschöpft — und Niemand wird in Abrede stellen, dass sie im Großen und Ganzen durchaus der Anord- nung entsprechen, welche durch die Untersuchungen der Selachier- embryologie bekannt geworden sind. Halten wir nun mit den eben gegebenen Darlegungen zusammen, was JuLiN als die Resultate seiner Untersuchungen veröffentlicht hat, so ist es wiederum nicht schwer, die Unrichtigkeit derselben nach- zuweisen. Derselbe sagt (1. c. pag. 304) : )|J ai constate chez \ Ammocoetcs que le nerf lateral recoit un ra- meau des branches dorsales non seulement des nerfs spinaux dorsaux, mais également des nerfs spinaux ventraux et cela dans toute son étendue, depuis le premier nerf spinal jusqu'au dernier, à l'extré- mité de la queue de l'animai. »Si nous considérons, d'autre part, que le nerf lateral, d'après ce que j'ai dit précédemment, n'est forme à son lieu d'origine que 1" par une commissure du nerf facial branche du rameau récurrent] ; 2" par un petit rameau dorsal du gangliou pneumogastrique ; 3^ en- fiu, par deux rameaux émanant des branches dorsales de l'hypoglosse, il me paraìt tout rationnel d'admettre que le nerf lateral n'est, en de- finitive, qu'une commissure dorsale réunissant tous les rameaux dor- saux, tant sensibles que moteurs, des nerfs spinaux avec les rameaux dorsaux de l'hypoglosse et du pneumogastrique. Cette commissure setend en avant. par l'intermédiaire du rameau récurrent, 'jusqu'au ganglion du nerf facial. »J'ai pu en outre coufirmer. chez YAmmocoeies, l'existence de ce petit nerf, signalé pour la première fois par Ahluorn chez le Pe- tromyzon et qui unit le ganglion ophthalmique du trijumeau au gan- glion du facial.« Hieraus nun glaubt Julin die Hypothese ableiten zu können, dass diese von ihm Commissur benannte Nervenverbindung im Grunde nichts Anderes sei, als die bekannte dorsale Nervenleiste, aus welcher Studien zur Urgeschichte des Wirbclthierkürpers. XIII. 273 bei den Selaebiem die säninitlicheu dorsaleu Wurzeln der Hirn- und Spinal wurzeln hervorwaclisen. JuLiN kennt offenbar nicht aus eigener Anschauung diese Ver- hältnisse bei den Selachierenibryonen, er würde sonst nie daran ge- dacht haben, den Lateralis mit der Nervenleiste zu identificiren , da beide, wie ich schon in der XII. Studie gegen Ransom und Tiiompon bemerkte, noch längere Zeit hindurch neben einander bestehen, auch eine gründlich verschiedene Lagerung haben , die Nerven- leiste aber allmählich verschwindet, während der Lateralis bestehen bleibt und eine immer bedeutendere Entwicklung erlangt. Über die Schicksale und Bedeutung der sog. Nervenleiste oder Commissur werde ich an anderer Stelle handeln. Aber auch in der Meinung, im Lateralis des Ammocoetes ^ dem vermeintlichen dorsalen Ast des Vagus, dem Ramus recurrens des Facialis und dem Verbindungsnerven zum Ganglion ophthalmicum eine Art Commissur erblicken zu können, die in ihrer gesammten Länge gleichwerthig sei und eine Art Einheitsbildung darstelle, täuscht sich der belgische Forscher. Was es mit der Natur des Ramus recurrens des Facialis auf sich hat, bedarf unter dem Gesichtspunkte der Ho- mologie wohl noch eingehender Untersuchungen und Erwägungen, wie denn überhaupt eine vergleichende Monographie über den ganzen Facialis ein sehr großes Desideratum für die Morphologie der Kopf- nerven bildet. Die Verbindung dagegen, welche zwischen dem La- teralis und dem »petit rameau dorsal du ganglion pneumogastrique« l)esteht, kann schwerlich auf dieselbe Linie mit der Anastomose zwischen Lateralis und Recurrens gesetzt werden, denn bei ihr han- delt es sich um eine Verbindung der Wurzelstränge, nicht der peripherischen Nerven. Wie es mit dieser Verbindung sich verhält, dass sie wahrscheinlich auch nur eine nachträgliche Ver- knüpfung darstellt, muss wohl noch genauer festgestellt werden. Dass die Verbindung mit den dorsalen Asten des Hypoglossus nicht existirt, habe ich oben nachzuweisen gesucht, und dass es sich mit den sämmtlichen Spinalnerven eben so verhält, kann keinem Zweifel unterliegen. Was dann schließlich noch den zuerst von Ahlborn hervorgeho- benen Verbindungsast des Ganglion ophthalmicum zum Ganglion fa- cialis betrifft, so verdient er um so mehr eine besondere Erörterung, als die Deutung dieser Nerven eine zweifelhafte ist. W^enn ich näm- lich die Beobachtung Ahlüorn's recht interpretire, so ist dieser Ver- bindungsast gleichfalls kein peripherischer Nerv, sondern die Wurzel 274 Anton Dohrn des GaDglion opbtlialmicum, die sicli, bevor sie die Dura uiater durch- setzt, hinter dem eigentlichen Ganglion des Tiigeminus mit einem gleichfalls vom Ganglion des Facialis ausgehenden Wurzelstrange verbindet. Diese Interpretation gewinnt durch den Umstand an Wahr- scheinlichkeit, dass in sehr frühen Stadien , also schon am 5. Tage nach dem Ausschlüpfen, diese drei Ganglien deutlich unterscheidbar und jedes mit seiner Wurzel an das Gehirn zu verfolgen ist. Dabei sind das sog. Ganglion ophthalmicum und das Ganglion trigemini ziem- lich weit von einander getrennt (Taf. 10 Fig. 4), das eine liegt über der Augenblase , das zweite dahinter und zum Theil darunter , ihre AVurzelstränge gehen aber weit zurück, die des Ophthalmicum dorsal die des Trigemini überlagernd, so dass es vielmehr den Eindruck macht, das Ganglion ophthalmicum stelle das erst später mit dem Ganglion trigemini zum Gesammtganglion Gasseri verschmelzende Ganglion facialis p. ophthalmici superficialis dar, wie wir es von den Selachiern kennen. Sollte diese Auffassung, die wohl der wei- teren Prüfung werth ist , die richtige sein , so handelte es sich bei diesen Nerven wiederum, wie bei den Beziehungen des Lateralis zum Pneumogastricus , um Verbindungen der Wurzeln , keineswegs aber um Commissuren nach Art der Anastomose des Hamus recurrens mit dem Lateralis. Daraus also eine die gesammten Nerven in ursprüng- liche BeziehuDg setzende Längscommissur ableiten zu wollen, ist ein Ding der Unmöglichkeit und dürfte , nach dem heutigen Stande unserer Kenntnis, nicht mehr als discutirbar angesehen w^erden. Durch die obigen Darlegungen über die Entstehung des Latera- lis und seine Beziehungen zu einer lleihe segmental geordneter »Seitenorgane« gewinnen wir aber einen neuen Anhalt zu Vergleichen von Ämmocoetes mit den eigentlichen Fischen und können vielleicht aus den Unterschieden weiteres Material zur Beurtheilung der phylo- genetischen Stellung des erster en gewännen. Und da erlangt in erster Linie die Umlageruug des Lateralis bei Ämmocoetes beträchtliche Bedeutung. Dem Ursprünge nach ist er so sicher bei diesem wie bei Selachiern oder Teleostiern ein mit der Haut in nächster Beziehung stehender sensibler Nerv. Bei den Fischen bleibt er anfänglich zwischen Haut und Myotommusculatur liegen, ja er ist offenbar der Grund jener Spaltung der Myotonie in einen dorsalen und ventralen Theil, der so typisch geworden ist, der aber gerade den Cyclostomcu fehlt. Erst allmählich rückt er gelegentlich tiefer in die Musculaturlücke hinein, die zwischen diesen beiden Ab- schnitten besteht. Bei Ämmocoetes liegt er anfänglich ebenfalls in Studien zur Urgcscliiclito dos Wiibcltliicikörpurs. XIII. 275 der Haut, daim an der Haut, dann rückt er an die Spitzen der Myo- tonie und schließlich auf deren innere Seite, ja tief herab bis zwischen die Musculatur und die oberen Bögen der unvollkommenen Wirbel- säule. Was kann daraus geschlossen werden? Sind von Hause aus Lateralis der Fische und Lateralis der Cyclostomen nicht identisch? Mit anderen Worten : gab es nicht gemeinsame Vorfahren Beider, die einen Lateralis besaßen, von dem die beiden Gruppen ihre Laterales in directer Linie ererbten? Es würde wohl Niemand einftillen, das zu leugnen. War der Nerv aber derselbe, so müssen wohl auch die Seitenorgane als identisch angesehen werden. Dann kann also auch die Lageverschiedenheit der beiden nur eine allmählich erworbene sein, keine von Hause aus gegebene. Welche der beiden jetzigen Lagerungsweisen nähert sich dann mehr der ursprünglichen, die des Ammocoeies oder die der Teleostier und Selachier? Vielleicht wirft auf diese Frage einiges Licht die Lage des Ra- mus recurrens des Facialis und die Ausbreitung des Hypoglossus. Der Recurrens verläuft, wie schon bemerkt, zwischen der dorsalen und ventralen Partie der bis an die Nase resp. die Oberlippe ver- laufenden Musculatur des vordersten Myotomes. Dabei wird die ven- trale Partie dieses Myotomes versorgt vom ventralen Aste des Hy- poglossus, die dorsale vom dorsalen. Die Sinneshügel, welche der Recurrens innervirt, liegen gleichfalls zwischen jenen Muskeln , und auch die Seitenorgane des Glossopharyngeus beginnen dort. Wenn es nun überhaupt zulässig ist, die Seitenlinie der Fische mit den sog. Kiemensinnesorganen auf eine Linie zu setzen — was freilich unbewiesen bleibt — so ginge die ursprüngliche Lagerung derselben vom Recurrens bis an das letzte Seitenorgan des Vagus. Das Hinüber- schieben der Körpermusculatur nach vorn über den Kiemenabschnitt hat aber zur Folge , dass der Lateralis gleichfalls über die Ausbreitung des Vagus hinüber bis an die Glossopharyngeuswurzeln rückt — wo ja auch die Vagus würze In sich finden. Die Seitenorgane schieben sich also über einander : dabei müssen natürlich die einen mehr dor- sal — also die des Lateralis — die anderen, die des Vagus, mehr ventral sich lagern. Die ursprüngliche Lagerung würde beibehalten von den Seitenorganen des Facialis, Glossopharyngeus und Vagus, der Lateralis schiebt sich dorsalwärts. Dies geschieht schon bei Se- lachiern und Teleostiern, in noch höherem Grade aber bei den Cyclo- stomen, wozu dann wohl das weite Vorschieben der Musculatur auf den Vorderkopf, resp. das Gleiten des Branchialdarmes nach hinten 276 Anton Dohrn wesentlich beigetragen hat. Bei diesen Verschiebungsprocesseu , die bei Ammocoetes schon sehr früh im Embryo resp. in den jüngsten Larvenstadien stattfinden, verändert sich auch die Lagerung zwischen Lateralis und Musculatur, und nur noch die vorderste Partie, die des Ramus recurrens, erhält sich in der ursprünglichen Lage zwischen dorsaler und ventraler Schicht der Myotome. Ist diese Auffassung irgend wie gegründet , so ergäbe sie die geringere Ursprünglichkeit bei Ammocoetes^ dessen unvollkommene Einrichtung der Seitenlinie vielleicht wie so vieles Andere auf Reduc- tionen und Degenerationen zu beziehen wäre. Keinenfalls bieten die Verhältnisse des Lateralis den geringsten Anhalt zur Annahme, man habe es mit ursprünglicheren Zuständen zu thun, von denen die der Selachier etc. direct abzuleiten wären. Immer wird es sich nur um die Ausdenkung gemeinsamer Vorfahren der einen wie der anderen han- deln, und die Frage kann nur die sein: waren diese gemeinsamen Vorfahren eher fisch- oder eher cyclostomenartig. Das ist die ganze Streitfrage. Was nun noch im Speciellen den Hypoglossus anlangt, so möchte ich betonen , dass wenn man ihm in der That zwei Wurzeln zu- erkennen will, man nicht übersehen möge, dass zwischen diesen zwei Wurzeln eine dorsale, mit Ganglienzellen versehene Spinalwurzel sich befindet; die dicht unter und außen vom Lateralisganglion liegt (Taf. 12 Fig. 14, 15 Gl.hijpo)^ wo sie leicht als integrirender Theil eben dieses Ganglions aufgefasst werden kann , aber unzweifelhaft von ihm verschieden ist'. Dieses Spiualganglion ist also jedenfalls das erste , und die nach ihm folgende ventrale Wurzel (Taf. i 2 Fig. 17 — 19) könnte nur dann noch als Hypoglossus gelten, wenn man daran denkt, dass auch der Hypoglossus der übrigen Wirbel- thiere aus ventralen Wurzeln gebildet wird, deren dorsale Ganglien abortiren. Die noch immer wieder vorgetragene Auffassung, als könnten die verschiedenen Hypoglossuswurzeln der Selachier etc. als eben so viele ventrale Wurzeln zu den Vagusganglien gerechnet wer- den, erfährt jedenfalls durch die Verhältnisse des Ammocoetes keine Stütze, wo man 6 — 7 Hypoglossuswurzeln postuliren müsste , sollten sie den Glossopharyngeus- und Vagusganglien das Gleichgewicht hal- ten. Es ist dabei zugleich sehr bemerkenswerth, dass die vorderste 1 Es ist interessant, class durch Iversen (Bemerkungen über die dorsalen Wurzeln des Nervus hypoglossus. in -. Ber. Nat. Ges. Freiburg. 2. Bd. pag. 3.3 — 36) ein nahezu gleiches Verhältnis für Protopterus nachgewiesen wird. Studien zur Urgescliichtc des Wirbelthierkörpcrs. XIII. 277 Hypoglossuswui'zel keinen Ramys dorsalis besitzt, während der der zweiten ein außerordentlich bedeutender ist und sich weit nach vorn bis in die Nachbarschaft der Nase begiebt. somit auch lange Zeit auf Querschnitten Demjenigen , der nicht mit diesen Verhältnissen vertraut ist, wie ein vorderes Stück des Lateralis, der Lage nach, erscheinen könnte. Dabei ist aber zu erwägen, ob nicht von Hause aus die ventralen Wurzeln vor den dazu gehörigen dorsalen aus dem Rückenmark hervortreten : fasst man das so auf, so ergäbe sich, dass jede ventrale Wurzel ihre auf sie folgende dorsale 1)ei Petromyzoii unverkürzt besäße. 4. Der Sympathicus. In der oben erwähnten vierten » Vorläufigen Mittheilung« theilt JuLiN seine Entdeckung eines in vielen Beziehungen sehr auffallend entwickelten Systems sympathischer Ganglien und Nerven mit und schickt eine Aufzählung der Autoren und Angaben voraus, welche sich mit der Frage der Existenz oder Nichtexistenz des Sympathicus bei Cyclostomen beschäftigt haben. Ich will mich zunächst darauf beschränken, hervorzuheben, dass Julin hierbei eine von mir her- rührende Angabe übergangen hat. Es würde mir indess nicht einge- fallen sein, auf diese Priorität irgend welches Gewicht zu legen, um so weniger, als in der späteren Arbeit Julin's diese Versäumnis nachgeholt worden ist, wäre nicht der Umstand von bemerkenswerther Bedeutung, dass Jilin überhaupt diesen Theil des Sympathicus. dessen Existenz ich bereits in der IX. Studie (diese Zeitschrift VI. Bd. 1885) signalisirte, nicht zu kennen scheint, falls er es nicht bisher gänzlich versäumt hat, nicht nur Ammocoetes sondern auch Petromijzon selbst zu untersuchen. Auf pag. 416 jener Studie, in der Anmerkung heißt es: »Er (der Sympathicus) findet sich nämlich in Gestalt zerstreuter Ganglien- zellen inmitten einer mesoblastischen Gewebsmasse über den letzten Enden der Nierengänge und der Geschlechtsausführwege. Man sieht diese Ganglienzellen mit großer Deutlichkeit auf Längs- und Quer- schnitten, wenn man die Schnitte durch den After, die Rudimente der Beckenflossen« (als welche ich die vorspringenden Analfalteu in Anspruch nahm) »und die umliegenden Partien führt. Bestimmtere Angaben behalte ich mir für eine andere Gelegenheit vor.« Nun sagt zwar Julin auf pag. 200 des Anat. Anzeigers: «J'ai aussi constate l'existence de uombreux ganglions, sympathiques pro- fouds, destinés spécialement aux organes génitaux et relies par des 278 • Anton Dolini fìlets nervenx à des ganglious siipevtìciels, « aber aus den Angaben. welche er über die bistologisclie Bescbaffenbeit der von ihm beobach- teten sympathischen Ganglien imd Ganglienzellen macht, geht her- vor, dass er andere als die von mir aufgefundenen nervösen Elemente vor sich gehabt haben muss. Julin hebt nämlich ausdrücklich her- vor (1. c. pag. 19G) : »Ces cellules ganglionnaires se distinguent toute- fois des grandes cellules des ganglions spinanx: 1) par leurs dimen- sions moindres et 2) en ce qu'elles n'ont pas de membrane d'enveloppe propre.« Und damit kein Zweifel bestehen könne, dass diese An- gabe , die zunächst für die Beschaffenheit der zwischen Aorta und Cardinalvenen von Jultn entdeckten sog. oberflächlichen sympathischen Ganglien gilt, auch für die tiefer gelegenen, visceralen Ganglien Geltung behält, heißt es pag. 200: «Les ganglions, que j'ai désignés, pour la facilité de la descriptìon, sous le nom de ganglions sym- pathiques profonda présentent absolument la meme structure que les superficiels. Cependaut généralement ils ne constituent pas des organes aussi nettement délimités que ceux qui se trouvent à droite et à gauche de l'aorte, contre les veines cardinales.« Es ist nun auf den ersten Blick klar, dass unter diese Beschrei- bung die von mir entdeckten, überaus zahlreichen sympathischen Ganglienzellen nicht fallen können, die ich bei Petromyzon aufge- funden habe, denn sie sind eben so groß, wie die kleineren Zellen der Spinalganglien und besitzen eben so wie diese eine eigene, mit mehreren Kernen versehene Membran. Ich gebe in dem Folgenden eine genauere Beschreibung, so weit meine bisherigen Forschungen über diese wichtigen Gebilde gedrun- gen sind. Ich beginne die Darstellung mit dem Petromyzoii-'i^tSL(\\\\m^ da es die deutlichsten Bilder liefert. Nachher werde ich die Verhält- nisse bei ausgewachsenen, halb- und viertelerwachsenen Ammocoetes schildern. Ehe ich aber an die Beschreibung der Ganglienzellen und Ner- ven selbst gehe, ist es nöthig die Localität genauer zu bezeichnen, wo sie sich finden, und auf die topographischen Beziehungen einzu- gehen, die mit anderen Organen obwalten. Ich muss dabei etwas weit ausholen. Beim Männchen von Petromyzon — um mich zunächst auf dieses zu beschränken — existirt, wie bekannt, ein sog. Penis. Derselbe findet sich hinter dem After und ist im ausgestülpten Zustande wohl 4 mm lang. ^>eiuem morphologischen Werthe nach ist in- Studien zur Urgeschichte des Wirbelthiorkörpcrs. XIII. 270 dessen dieser Penis nichts als ein Porus abdominalis, dessen nn- mittelbarc Umgcbnng-. also die Wandung der Pleuropcritoncalliölile. auf läng-ercr Strecke verengert und mitsanimt der Hautpapille, auf der sie gelegen ist, hervorgetrieben werden kann, wobei denn wohl eine Turgescenz des ganzen Gebildes eintritt, die vielleicht auf eine Kopulation berechnet ist. Darüber fehlen indessen noch sichere Be- obachtungen. Das Lumen dieses Penis auf dem Querschnitte ist quer oval, gegen die Basis zu wird es hufeisenförmig, w^obei die untere Wandung concav, die obere convex nach innen vorspringt. Die Epidermis umgiebt den Penis in mehrfacher Schicht, die gegen die Wurzel an Dicke zunimmt und in die Wandung des Afters über- geht. Ehe aber auf dem Querschnitt durch den ganzen Leib der After erreicht wird , von dem Schwänze an gerechnet , treffen die Schnitte jene seitlichen Falten, welche ich in der 9. Studie als letzte Reste der Beckenflosseu in Anspruch nahm. Ob sich diese Inter- pretation aufrecht halten lässt, ist mir zweifelhaft geworden, zumal meine ganze Hypothese über die Natur der paarigen und unpaaren Flossen durch den Nachweis, dass der After der Petromyzonten der ursprüngliche Blastoporus ist — ein Nachweis, den wir Shipley verdanken, und der später von Anderen und auch von mir selbst bestätigt w^ordeu ist — einer Umformung bedarf, auf die ich indessen hier nicht eingehen kann. Diese Falten umgeben die Basis des Penis, bis sie sich in immer weiter nach vorn gelegenen Schnitten zur Afteröffnung zusammen- schließen. Das Lumen des Penis erweitert sich nun, ja füglich kann es überhauiDt nicht mehr zum Penis gerechnet, sondern muss als Lei- beshöhle bezeichnet werden. Die obere Wand zeigt eine Reihe Ein- faltuugen, von denen die beiden äußersten sich bald auf den weiter nach vorn vorschreitenden Schnitten als besondere seitliche Hohl- räume isoliren, dabei aber von Schnitt zu Schnitt einen größeren Raum umfassen. Sie bilden die eigentlichen Pleuroperitonealhöhlen. Die mehr in der Mitte liegenden Einfaltungen bilden erst etwas später gleichfalls getrennte und länglich-ovale Hohlräume — sie sind die Nierenausführgänge, an sie schließen sich weiter nach vorn die Convolute der Nierencanälchen. Der Enddarm liegt in der Mittel- linie, ventral von den eben beschriebenen Bildungen, auf dem Quer- schnitte zeigt er ein enges Lumen, das durch vorspringende Längs- falten vielfach gelappt erscheint (Taf. 13 Fig. 12—18, Taf. 14 Fig. 1—1 Ol. Blickt man auf diese drei verschiedenartigen Höhlungen, deren 280 Anton Dohrn eine, der Darm, uiipaar, die anderen, NierenausfUhrgänge und Leibes- höhle, paarig sind, auf einem der Schnitte, welche nicht weit von der Einmündung der Niereugänge in die Leibeshöhlc geführt sind, so wird schwerlich Jemand, der nicht mit dem Object vertraut ist, aus der gesammten Configuration entnehmen können, was er vor sich hat. Das liegt an folgendem Verhältnis. Die fünf, von Epithel umgebenen Hohlräume werden einer von dem anderen durch Bindegewebe getrennt, welches sie aber gleich- zeitig alle fünf umgiebt und zu einem Gesammtgebilde zusammen- fasst, das durch eine dünne Membran oben, dorsalwärts an den unteren Rand der zu einem großen Stamme verschmolzeneu Cardinal- venen (Taf. J4 Fig 1 Bi.S^) befestigt ist, nach unten zu aber von dem Bindegewebe gestützt wird, das zwischen Darm und Leibeswand sich findet (Taf. 14 Fig. 1 Bi.S n). Die Musculatur ist schon seit längerer Zeit bekannt; sie bildet den von Schneider sog. Afterflossenmuskel, den ich als Homologon der rückgebildeten Beckenflossenmusculatur zu deuten gesucht habe. An anderer Stelle hotfe ich auf die Frage nach der Haltbarkeit die- ser Deutung zurückkommen zu können. Es kann kein Zweifel darüber obwalten, dass diese Musculatur von den Myotonien herstammt. Die histologische Natur ihrer Fasern, die Disposition ihrer zahlreichen Septen, welche durchaus die von Schneider sog. Kästchenbildung aufweist, ferner aber ihre Lagerung außen von der parietalen Wand der Leibeshöhle machen das un- zweifelhaft. Wie kommt es aber, dass diese Musculatur räumlich so weit von der Myotommusculatur der Leibeswand geschieden ist? und welchen Theilen der Leibesmusculatur dankt sie ihren Ur- sprung? Diese Fragen werden sich mit Sicherheit nur beantworten lassen, wenn es gelingt, Übergangsexemplare von Aiìiìnocoetes zu Petromyzon der genauen Untersuchung zu unterwerfen, und da- bei wird es sich vielleicht herausstellen, dass die Bildung jenes eben beschriebenen Lymphraumes in ursächlicher Beziehung zur Abtrennung dieser Abschnitte der Myotommusculatur steht. Es ist nämlich leicht zu erkennen, dass eben so wie der Lymphraum auch diese Muscu- latur in ihrer gesonderten Lage bei Ammocoetes fehlt. Ich habe bereits in der IX. Studie pag. 407 ff. einige Angaben über diesen Muskel gemacht und seine Function vermuthungsweise in der Com- pression der Leibeshöhlenwandung und dadurch hervorgebrachte Ausstülpung des Penis gesucht. Ob das richtig ist, bedarf freilich erst der Bestätigung. Da aber seine Abtrennung von den Myotomen erst bei der Verwandlung und Geschlechtsreife eintritt, so ist wohl a priori viel für diese Hypothese zu sagen, zumal die verschiedenen Kästchen und Fasern so gelagert sind, dass ihre gleichzeitige Con- traction wie die eines circulären Schließmuskels wirken muss. Anttheüungen a. d. Zoolog. Statioa zu Neapel. Bd. 8. 19 282 . Anton Dohrn Was uns hier aber noch mehr interessirt, als dieser merkwür- dige Muskel, siud Arterien und Nerven, die, von der Aorta und den Spinalnerven kommend, den Lymphraum von beiden Seiten her an seiner breitesten Stelle durchsetzen. Es ist bekannt, dass wie bei den übrigen Vertebraten auch bei Petromyzon aus der Aorta segmentale seitliche Arterien hervorgehen, die sog. Vertebral-, Spinal- oder Parietal -Arterien. Diese Arte- rien gehen zunächst nahezu rechtwinkelig beiderseits aus der Aorta ab, theilen sich aber bald danach in einen dorsalen und ven- tralen Ast. Beide Aste liegen in nächster Nähe der sensiblen Spinal- nerven, die an ihnen entlang sowohl aufwärts wie abwärts steigen ; eine bestimmte Lagerung, etwa vor oder hinter der Arterie ist dem Nervenbündel nicht eigen (Taf. 15 Fig. 4 V.Art.). Nicht weit von der Arterie verläuft auch die gleichnamige Vene — wo man diese beiden auf den Schnitten trifft, kann man mit Sicherheit auch die dorsalen Spinalnerven finden. Während nun aber, z. B. bei den Selachiern, aus dem Stamme der Vertebralarterien auch der Ast für die Nieren hervorgeht, sieht mau diesen bei Petromijzon vielmehr selbständig aus der Aorta au ihrer unteren Peripherie hervorgehen, und zwar nicht auf derselben Höhe, sondern zwischen zwei Vertebralarterien. Es wiederholt sich da etwas Ahuliches wie mit den ventralen und dorsalen Spinalnerven- wurzeln, die auch immer alternireud, nie in derselben Querebene gefunden werden. Die dorsalen wie die ventralen Aste der Verte- •l)ralarterien geben eine Anzahl von Zweigen zur Myotommusculatur ab, der dorsale Ast außerdem einen Zweig an das Centi-alnerven- sy Stern. Auf die Anastomosen, die sich ziemlich zahlreich auffinden lassen, will ich hier nicht weiter eingehen. Natürlich hören die Nierenäste auf, sobald das Nierenparenchym selbst aufhört: an den Schnitten, welche hinter die Nierenausdeh- nung fallen, bemerkt man keine aus der unteren Peripherie der Aorta abgehenden Arterien mehr. Dagegen aber senden einige der ventralen Zweige der eigentlichen Vertebralarterien sehr deutliche und gut ausgebildete Zweige quer durch jenen Lymphraum an die End- abschnitte der Nierengänge, wo dieselben in die Pleuroperitoneal- höhle münden, ab, und diese Zweige sind es, deren ich hier Erwähnung th«n muss Taf 15 Fig. 1 Sp.Art.). Diese Arterien durchsetzen den Lymphraum von oben nach unten ; sie sind einge- hüllt von einer schmalen Schicht Bindegewebe, welches an verschie- denen Stellen schwarzbraunes Pigment zu besitzen scheint. Ich zähle Studien zur Uri>eschiclite dos Wirbclthierkürpers. XIII. 283 drei solche Arterien, von denen die vorderen beiden ziemlich gerade nach nnten verlaufen, nur wenig nach hinten gerichtet sind, wäh- rend die dritte im Gegentheil erst einen langen horizontalen Lauf nach vorn macht und dann durch den Lymphraum hindurch an die äußere Wandung der bereits sehr kleinen Leibeshöhle tritt. Ihre Abgangsstelle liegt mithin beträchtlich hinter ihrem Verbrei- tungsbezirk. Es scheint nicht möglich zu sein, diese Arterien als seriale Homologa der Nierengefäße aufzufassen, ich glaube vielmehr, wir haben es mit besonderen Zweigen der ventralen Aste zu thun. Immerhin bleibt diese Frage eine offene. Ich wende mich nun zu dem eigentlichen Thema dieses Ab- schnittes meiner Untersuchungen, zu der Darstellung der nervösen Apparate dieses eigenthüralichen Körpertheils. Zunächst will ich die Verbreitung und Structur der daselbst befindlichen überaus zahlreichen Ganglienzellen schildern. Was die Ausdehnung des Gebietes anlangt, auf welchem ich bis jetzt Ganglienzellen beobachten konnte, so erstreckt es sich von der Basis des Penis, wo derselbe schon halbkugelförmig aus der Körper- wand hervortritt, bis an NierenausfUhrungsgänge dicht am Ende der letzten Nierencanäle (Taf. 13 Fig. 17, 18, Taf. 14 Fig. 1—7 Sij.Gl), oder um mich in Zahlen auszudrücken: über ein Gebiet von ca. 160 Querschnitten, deren jeder die Dicke von 10 /t misst. Diese Zellen sind also füglich nicht zu übersehen. Es ist freilich wahr, dass sowohl an den Nierenausführungsgängen, wo dieselben isolirt verlaufen, wie auch an der Basis des Penis viele Schnitte ohne Ganglienzellen gefunden werden; dafür aber hat man zwischen diesen beiden Extremen, also etwa auf einer Strecke von 100 Quer- schnitten, keinen einzigen, der nicht wenigstens 3 — 4 Ganglienzellen getroffen hätte, dagegen aber viele, wo man zwischen 30 — 10 findet. Die meisten liegen dicht unter den Afterflossenmuskeln, über den Nierengängen, ferner außen von der parietalen Wand der Peritoneal- höhle, wiederum den Muskeln angelagert: etwas weniger zahlreich findet man sie in den Scheidewänden zwischen den beiden Nieren- gängen und zwischen Nierengang und Peritonealhöhle. Oberhalb des Darmrohres sieht man nur selten eine, auf den übrigen Theilen seiner Peripherie habe ich überhaupt keine wahrgenommen. Dieser Verbreitungsbezirk der Ganglienzellen lässt sich leicht und bequem auf Sagittalschuitten verificiren. Über die Structur der Ganglienzellen bin ich einstweilen nur im 19* 284 Anton Dohrn Stande eine annähernde Beschreibung zu geben, wie sie sich aus Schnittpräparaten, nicht aus Macerationspräparaten gewinnen lässt. So vermag ich vor der Hand also kein Gegenstück zu den vortrefflichen Untersuchungen Freud's zu geben, der uns die Spinalganglien in so umfassender und sorgfältiger Weise kennen gelehrt hat. Indess ist es hier auch weniger wichtig, das zu thun: worauf es hauptsächlich ankommt, ist, die Structur der vorliegenden sympathischen Ganglien- zellen mit der zu vergleichen, welche die Zellen der Spinalganglien erkennen lassen, und da beide dieselbe technische Behandlung erfahren haben, so wird der Befund immerhin die eine Frage entscheiden können, ob beide Gauglienzellenarten von einander abweichen oder nicht. Es ist nun von Wichtigkeit festzustellen, dass ein wesentlicher Unterschied zwischen beiden Zellenarten nicht nachgewiesen werden kann, weder in der Größe des Zellleibes noch des Kerns, weder in der Beziehung der von den Zellen ausgehenden Nervenfasern, noch in dem Vorhandensein und der Beschaffenheit einer distincten Hülle. Es mag vielleicht zugegeben werden, dass die Zellen der Spinal- ganglien eine größere Plasmafülle aufweisen (Taf. 15 Fig. 8), als die sympathischen, und dass die letzteren auch einen kleineren Kern besitzen, doch ist dies nicht auffallend, zumal wenn man sich er- innert, dass die Zellen der Spinalganglien von sehr verschiedener Größe sind, worüber Freud sehr genaue Mittheilungen gemacht hat, die auch auf Schnittpräparaten nicht schwer zu bestätigen sind. Besonderes Interesse muss sich aber an die mit größter Deut- lichkeit wahrnehmbare Hülle der sympathischen Ganglienzellen (Taf. 15 Fig. 5, 11 — 13) knüpfen, da sie mit aller nur wünschenswerthen Genauigkeit die Hülle nachahmt, welche für die Zellen der Spinal- ganglien so charakteristisch ist. Ich muss bei dieser Gelegenheit eine Angabe Freud's berichtigen. Derselbe sagt 1. c. pag. 105: «in solchen [nämlich Schrumpfungs-] Fällen ist natürlich die Kapsel der Zelle besonders deutlich zu sehen. Kerne in derselben sind selten.« Offenbar haben die Behandlung mit Goldchlorid und die vorher erforderlichen Processe Freud zu dieser nicht richtigen Angabe veranlasst. Bei der Behandlung mit Sublimat und Alkohol bleiben sowohl die Membran, als auch die in ihr liegenden höchst zahlreichen Kerne mit größter Deutlichkeit erhalten, und man kann bei großen Spinalganglienzellen mit Leichtigkeit 10 — "20 Kerne in der Membran zählen, während die Zahl der Kerne in der Membran der sympa- thischen Zellen 6 — 14 beträgt. In der Sti-uctur und dem Verhältnis zum Zelleuleibe der Ganglien besteht indess kein Unterschied. Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIII. 285 Die Nervenfasern, welche aus den sympathischen Ganglienzellen abgehen, erscheinen nicht anders, als die aus den Spinalganglien abgehenden. Sie sind schmal und, so weit es mir hat gelingen wollen, sie in dem Gewirre von Gewebe zu erkennen, mit deutlicher Scheide versehen. Es ist aber nicht leicht, sie auch nur eine kleine Strecke weit zu verfolgen, weil sie fast immer bedeckt und durch- kreuzt werden von anderen Fasern, die unverhältnismäßig breiter sind, als die eben beschriebenen (Taf. 15 Fig. 5). Es ist durch Freud festgestellt worden, dass es außer den von den Ganglien- zellen abgehenden Nervenfasern in jedem dorsalen Spinalnerven auch sog. durchgehende Fasern giebt, die direct aus dem Rückenmarke stammen und sich dem sensiblen Nerven beimischen. Freud sagt von ihnen 1. c. pag. 115: »Die durchtretenden Fasern sind von sehr verschiedener Stärke. In den meisten Wurzeln begegnet man 1 — 4 sehr breiten Fasern, welche ein besonders günstiges Object zur De- monstration der durchgehenden Fasern geben und ihrer Breite wegen auf der Pia mater und im Rückenmark kenntlich bleiben. Sie sind weniger dick als breit, bandförmig, oft feingekörnt, mit zahlreichen kleinen randständigen Kernen besetzt und färben sich intensiver als andere Nervenfasern. Sie sind breiter, als die Fasern der vorderen Wurzeln. Die größere Zahl der Fasern [nämlich der durchtreten- den] ist schmäler und drehrund: von solcher Art sind auch die Zellenfasern oder Fortsätze der Spinalganglienzellen.« Es ist mir der Gedanke gekommen, ob vielleicht die überaus breiten Fasern des sympathischen Geflecht mit diesen breiten durchgehenden Fa- sern irgend etwas zu thun haben könnten, und es wäre vielleicht der Mühe werth, darauf hin diese Gebilde zu untersuchen, wie sie denn überhaupt eine histologische Bearbeitung in mehr als einer Beziehung sehr zu verdienen scheinen. Es ist indessen wohl wahr- scheinlicher, die großen, cylindrischen , breiten Fasern nicht mit diesen von Freud beschriebenen sensiblen Fasern in Beziehung zu bringen, vielmehr sie für Abkömmlinge der vorderen Spinalnerven zu halten, denn sie scheinen an mehr als einer Stelle in directeni Zusammenhange mit Spinalnerven zu stehen (Taf. 15 Fig. 1 Sp.N.). Um diesen Zusammenhang nachzuweisen, muss man sowohl Sagittal- wie Querschnitte zu Rathe ziehen. Keines dieser Systeme für sich allein kann darüber vollkommenen Aufschluss geben. Auf Querschnitten bemerkt man, wie von den ventralen Asten der sen- siblen eben so wie der motorischen Nerven, welche hinter den Nie- rencanälen gelegen sind, dicke Faserbündel sich abzweigen, den 286- Alltun Dülim oben beschriebenen Lympliraiiiu in derselben Weise schräg durch- setzen, wie es vorhin von den Arterien angegeben ward, um dann mit breiter Ansatzstelle an die Afterflossenmuskeln zu gelangen und sich in theils gestreckten, theils gewundenen, oft deutliche Theilungen aufweisenden Bahnen zwischen die Musculatur, die Nierengänge, die Peritoneal Wandung etc. zu verth eilen. Da aber auf Querschnitten diese Stränge, wo sie durch den Lymphraum hindurchtreten, sehr leicht zerreißen, der Querschnitt auch selten den ganzen Strang durchschneidet, so ist es sehr empfehlenswerth den Befund auf Sa- gittalsehnitten zu vervollständigen. Man gewahrt dann, dass sowohl sensible wie motorische Spinalnerven an dem sympathischen Geflecht Theil nehmen und erkennt, dass die gewaltigen breiten Fasern wohl von den letzteren stammen, dagegen die Ganglienzellen mit ihren schmaleren Fasern den sensiblen Spinalnerven ihren Ursprung danken. In letzterer Beziehung ist es wichtig , festzustellen, dass Ganglienzellen sich mitten auf dem Laufe des ventralen Astes der sensiblen Fasern eingeschaltet finden (Taf. 15 Fig. 14), ja, dass sie sich sogar in mehrfacher Zahl an der nahezu ventralen Seite der Peritonealwandung auffinden lassen, wo bereits sensible und mo- torische Fasern sich durchkreuzen, also im Kleinen das Bild wieder- holen, welches das sympathische Geflecht im Großen bietet. Es ist nicht uninteressant, dass sich an einem solchen durchaus ventral gele- genen Theil eines sensiblen Nerven nicht nur gewöhnliche Ganglien- zellen finden, sondern auch solche, welche drei bis vier großC; deut- liche Kerne enthalten (Taf. 15 Fig. 6) — oft'enbar einer Zelle entspre- chend, die im Begriff ist, Tochterzellen aus sich hervorgehen zu lassen. An anderen Stellen sieht man mitten in einem bindegewebigen Septum, welches den Lymphraum durchsetzt, ganz kleine Ganglienzellen, die an Größe kaum die Blutkörperchen ül)ertrefien. Auf Sagittalschnitten ist es dann auch sehr leicht, die großen motorischen Fasern in be- trächtlicher Ausdehnung zu verfolgen, ihre gelegentlichen Theilungen festzustellen und zu constatiren, dass ihr Durchmesser oft den der Vertebralarterienäste übertrifft. Hat man einmal diese Fasern in der flächenhaften Ausdehnung gesehen, so erkennt man sie auch leicht wieder auf den Querschnitten, wo man erst versucht ist, sie ihrer Größe halber für durchschnittene Blutgefäße zu halten. Ich beschränke mich einstweilen auf diese Angaben, möchte aber nicht unterlassen, daraufhinzuweisen, ein wie glänzendes Material dieses sympathische Nervengeflecht für den Histologen darstellt, und wie es gewiss einer macerirenden Untersuchung gelingen wird, die Studien zur Uigcscliichtc des Wirbclthierkörpers. XIII. 287 hier gegebenen , mehr topogniphiscli-anatümischen Angaben auf das Wesentlichste zu vervollständigen. Das Vorstehende bezieht sich , wie ich schon oben sagte , aus- schließlich auf geschlechtsreife Petromi/zo/i -Münm-heu, die in der Peritonealhöhle Milliarden von Spermatozoen erkennen lassen , also noch nicht in die luvolutionsperiode eingetreten sind, in welcher die Gewebe einer allmählichen Entartung verfallen. Es wird mm wichtig* sein, hiermit zu vergleichen, was sich bei ausgewachsenen A7nmocoetes findet und danach weiter rückwärts zu gehen, um über den Zeitpunkt und die Modi der Entstehung dieses ganzen sympathischen Geflechts ins Klare zu kommen. Zuvörderst bedarf es wiederum einer topographisch-anatomischen Schilderung der Verhältnisse, die sich um After, Niereugänge und Leibeshöhle finden — Verhältnisse, die in auffallender Weise von denen, die ich oben von Pctromyzon geschildert habe, abweichen. Während man nämlich bei Petrotmjzon hinter dem After die Geschlechtsöffnung trifft, die, ohne Vermittelung leitender Gänge, die Geschlechtsproducte, welche frei in der Leibeshöhle sich finden, nach außen entleert, begegnet man nichts dergleichen selbst bei dem aus- gewachsenen Ammocoetes. Erinnern wir uns aber, dass durch den einem Porus abdominalis gleichwerthigen Penis des Pefromyzon auch die Nierenproducte nach außen geführt werden konnten , da die Nierenausführgänge in die verengerte Peritonealwandung so weit hin- ten einmündeten, dass ein Querschnitt durch diese Körperregion noch nicht die Hinterwand des Afters traf — so werden wir fragen müssen, wie denn die Nierengänge sich bei Ammocoetes verhalten? Die Autwort ist auffallend genug : bei Ammocoetes besteht eine Cloake, d. h. die Nierengänge münden nicht in die Peritonealhöhle, sondern in den Afterdarm. Während es also bei Petromyzon eine Anal- und eine Urogenitalspalte giebt, zeigt Ammocoetes nur eine Uro-Anal- spaltei — gar keine Genitalspalte (Taf. 13 Fig. 1 — 11). Oben ward ferner ein großer Lymphraum beschrieben, welcher 1 In seinem »Lehrbuch der Entwicklungsgeschichte« pag. 20G sagt 0. Hert- WIG, dass die Ausmündung des Urnierenganges an dem Bauchporus der Petro- myzonten sich als ein Eest ursprünglicherer Zustände erhalten habe. Durch die hier geschilderten Verhältnisse bei Ammocoetes lässt sich eine solche Auffassung nicht aufrecht halten, denn Ammocoetes zeigt die Urnierengänge in Verbindung mit dem Enddarm; erst bei der Verwandlung löst sich dieser Zu- sammenhang und bildet sich der Porus abdominalis aus. Welche physiologi- schen Motive diese Veränderung herbeiführen, bedarf wohl erst weiterer Be- obachtungen. 288 Allton Dührn die gesammten Eingeweide , iucl. die Peritonealliöhle umgab , und sogar den großen Afterflossenmnskel einschloss. Von diesem Lympli- raum ist bei Ammocoefes nichts zu sehen, es sei denn wir betrachten ein aus der großen Analvene nach unten steigendes und sich zu un- regelmäßigen Bluträumen erweiterndes Gefäß als den Anfang dieses Lymphraumes. Von dem Afterflossenmuskel ist ebenfalls nichts zu sehen, während die beiden Afterlappen, welche ich als Reste einer Beckenflosse aufgefasst habe, in beträchtlicher Ausdehnung bestehen. Der Afterdarm wird bei Ammocoefes eben so wie bei Petrotnyzon in seiner Lage erhalten durch ein von faserigem Bindegewebe gebil- detes, von der großen centralen Vene herabsteigendes Septum, welches den Darm umgiebt und ihn unten an die Körperwand befestigt. Zu beiden Seiten dieses Septum findet sich der ganze Raum zwischen ihm und der Myotommuskulatur, ja zwischen dieser und der Leibes- wand durch großmaschiges hyalines Zellgewebe ausgefüllt, das auch auf der dorsalen Körperhälfte alle übrigen Organe umgiebt. Dieses Zellgewebe zeigt ziemlich große, scheibenförmige, runde Kerne, die man am ehesten wohl mit kleinen Ganglienkernen vergleichen könnte. Je jünger der Ammocoetes ist, um so mehr körnigen und vacuolen- reichen Inhalt hat dies Zellgewebe, während es bei ausgewachsenen nur selten ein Gerinnsel in seinen großen Maschen erkennen lässt. Alle Nerven, alle Blutgefäße sind von demselben dicht umgeben. Wie verhalten sich nun bei diesen, in so wesentlichen Beziehun- gen von den Zuständen des Pefromyzou abweichenden Verhältnissen des Aminocoetes die Nerven? Finden sich bereits jene sympathischen Ganglienzellen? Finden sich die colossalen motorischen Fasern? Dem oberflächlichen Beschauer erscheint es, als sei von alledem bei Aììimocoetes noch nichts vorhanden. Querschnitte, auf denen man mit einem Schlage 20 durchschnittene Ganglienzellen sieht, Längs- schnitte, auf welchen Nervenfasern lägen, die einen größeren Durch- messer als Vertebralarterien darböten — nichts wird davon gefunden. Der sorgfältigere Beobachter findet aber bald in dem Septum, welches den Afterdarm an die große centrale Vene heftet , verein- zelte Zellen, die unzweifelhaft Ganglienzellen vorstellen (Taf. 13 Fig. 5 — S Sy.Gl.). Selten liegen zwei dieser Zellen neben einander, meist sind sie durch die Stränge des Septum beträchtlich von einan- der geschieden. In der Größe sind sie von Spinalganglienzellen in demselben Verhältnis oder noch mehr verschieden, als die sympa- thischen Zellen des Petromyzon von seinen Spinalganglienzellen es sind. Was ([\q Frage nach einer eigenen Membran betrifft, so cxi- Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIII. 289 stirt eine solche ohne Zweifel, und ininicr erkennt man mit größter Deutlichkeit au dieser Membran wenigstens einen , oft genug aber zwei bis drei Kerne. Freilieh besitzen die Spinalganglieuzellen des a,\\sgewa.chsenen Amniocoefes sehen eben so deutliche, mit einer großen Zahl von Kernen ausgestattete Membranen, und in dieser Beziehung weichen unzweifelhaft die sympathischen Ganglienzellen des Ammo- coctes wesentlich von denen des Petromyzon ab (Taf. 15 Fig. 12, 13). Aber keinesfalls 'darf man sie als membranlos bezeichnen. Keine einzige habe ich beobachtet, an der nicht ein deutlicher Kern der Membran zu erkennen gewesen wäre. Solche sympathische Ganglienzellen habe ich nun sowohl über der Afterwandung , wie au den Verbindungsstellen zwischen Darm und Nierenausführungsgängen gefunden, Sie sind an dieser ganzen Strecke weder selten noch häufig. Man findet sie aber auch, wenn ich mich nicht täusche, noch weiter am Darm hinauf im Innern der- jenigen Bildung, welche die Spiralklappe des Selachierdarmes re- präsentirt. Dort befinden sich manchmal ähnliche Zellen sogar in größeren Gruppen, d. h. hinter einander gelagert, in der Nähe des Darmepithels, mitunter erkennt man auch einzelne mitten in dem Parenchym der eingewucherten Mesodermmasse zwischen den Zellen derselben und den Blutkörperchen, ja auch außen auf der den Darm umgebenden Bindegewebshülle habe ich sie vereinzelt wahrgenommen. Sie färben sich hier freilich weniger intensiv als in der Aftergegend, auch wird es nicht so leicht", an ihnen eine Membran mit Kernen zu beobachten: ich glaube aber doch behaupten zu dürfen, dass eine solche besteht, und habe fast immer neben oder über dem eigent- lichen Kern der Ganglienzelle einen zweiten Kern angetroften, den ich der Hülle zuschreibe. Die Nervenfasern zu erkennen ist mir noch schwerer geworden, als die Ganglienzellen aufzufinden. Es scheint mir aber, dass gewisse Fasern, welche sich quer durch die Bindegewebsfasern des Septum hindurch erstrecken und sich verzweigen , wohl als Nerven- fasern angesprochen werden dürften (Taf. 15 Fig. 3), wiewohl es mir nicht gelungen ist, ihren Zusammenhang mit Spinalnerven nachzu- Aveisen. Spinalnerven sieht man hier und da durch das hyaline Zell- gewebe hindurchgehen, aber da sie noch sehr dünn sind und sich sehr schlecht färben, so ist es mir nicht gelungen, sie auf Quer- schnitten in ihrem Laufe zu verfolgen. Bei halberwachsenen Ammocodes verhält es sich durchaus ähn- lich. Die Ganglienzellen finden sich in ähnlicher Lagerung, jede 290 Anton Dohrn mit einer Membran und einem Kern in derselben, außer ihrem eigenen größeren Kerne. Über nocli jüngere Stadien bin ich nicht im Stande, bestimmte Angaben zu machen. Die zu meiner Verfügung stehenden Schnitte von 3 Ceutimeter langen Atmnocoetes sind nicht fein genug, und bei aus dem Ei gezüchteten Larven vermag ich für diese Fragen keinen Gewinn zu ziehen. Das Vorstehende weicht nun in sehr wesentliclier Beziehung von dem ab, was Julin über seine Entdeckung des Sympathicus berichtet. Zwar hat er nur über Atnmocoetes^ nicht über Petromyzon gearbeitet, und aus der obigen Schilderung geht hervor , dass die Unterschiede nicht nur graduelle , sondern zum Theil essentielle sind. So über die Beziehung des Darmes zu den Nierengängen, der letzteren zur Peritonealhöhle etc. Immerhin muss ich es bestimmt aussprechen, dass es mir weder bei Ämmocoetes noch bei Petromyzon gelungen ist; die von Julin als oberflächliche sympathische Ganglien bezeichneten Kör- per zu entdecken. Dies kann durchaus meine Schuld, resp. die Schuld meiner Präparate sein. Indessen kann ich ein Bedenken nicht unterdrücken. Es ist mir gelungen, die Ganglienzellen über dem Afterdarm und in der Nähe der Nierengänge zu finden — ja ich bin zuversichtlich über ihre Structur, besonders was das Vor- handensein einer Hülle und eines resp. zweier Kerne in derselben anlaugt. Julin leugnet diese Hülle und ihre Kerne : haben wir etwa Verschiedenes vor Augen gehabt? Dieselben Ganglienzellen, welche bei Ämmocoetes über dem Afterdarm liegen und nur einen oder höchstens zwei Hüllenkerne zeigen, finden sich in sehr viel größerer Gestalt mit zahlreichen Kernen in einer überaus deutlich wahrnehm- baren doppelt-contourirten Hüllmembran bei Petromyzon , und lassen keinerlei andere als nur graduelle Verschiedenheiten von den Zellen der Spinalganglien erkennen. Nach Julin sollen die tiefen sym- pathischen Ganglienzellen durchaus dieselbe Structur aufweisen, wie die oberflächli(5hen ; es ist somit erlaubt zu vermuthen, dass die letz- teren dann auch dieselben Veränderungen durchzumachen haben wer- den, wie die ersteren. Aber auch bei Petrofnyzon ist es mir nicht ge- lungen , auch nur eine Spur dieser oberflächlichen Ganglienreihe zu finden, während es ein Leichtes ist, jene Ganglienmasse zwischen Darm und Uroperitonealraum zu finden. Sollten diese Ganglien bei Ämmo- coetes angelegt werden, um nachher bei Pctromyzoii zu verschwinden ? Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIII. 291 Ferner : so weit unsere bisherigen Kenntnisse über den Ursprung der sympathischen Ganglien, z. B. bei Selachiern gehen, nclinien wir für erwiesen an . dass sie einer Abspaltung von den Spinal- ganglien ihren Ursprung danken ; die Angaben Balfour's und Onodi's kann ich nach eigenen Untersuchungen durchaus bestätigen. Wir sind zweifelhafter über die Herkunft der visceralen sympathischen Ganglien. Sind aber die sympathischen Ganglien ein ausschließ- liches Product der Spinalganglien, wie kommt es, dass Julin ober- flächliche sympathische Ganglien nicht nur im Zusammenhang mit den dorsalen Spinaluerven sondern auch mit den ventralen findet? Woher stammen dann diese letzteren? Bekanntlich findet man auf dem ganzen Verlaufe der aus den ventralen Wurzeln hervorgehenden motorischen Nervenfasern keine Ganglienzellen, und wenn man derlei an den frühesten Stadien der Selachier dicht an ihrer Austrittsstelle wahrzunehmen geglaubt hat, so ist die Bedeutung dieser Zellen noch keineswegs festgestellt'. Julin legt beträchtliches Gewicht auf seine 1 Ich habe mich eingehend mit den Fragen der Nervenentstehung bei Sc- hicliicrn beschäftigt und dabei eben sowohl die motorischen wie die sensiblen Wurzeln berücksichtigt, auch die Entstehung der sympathischen Ganglien und des Grenzstranges in den Kreis meiner Untersuchungen gezogen. Die Ergeb- nisse derselben gedenke ich in extenso später mitzutheilen. Hier möchte ich nur aussprechen, dass ich nicht im Stande war, die Betheiligung der motorischen Nerven an dem Aufbau der sympathischen Ganglien zu beobachten , vielmehr eine solche so weit in Abrede stellen muss, als daran gedacht werden könnte, dass auch die motorischen Nerven Ganglienzellen in die sympathischen Ganglien lieferten. Was Van Wijhe kürzlich als Ganglien der ventralen Wurzeln be- schrieben hat , könnte vielleicht so gedeutet werden , allein , so weit ich sehen kann, fehlt ein entscheidendes Kriterium zur Beurtheilung der Natur imd Her- kunft dieser anscheinenden Ganglien. Denn, obschon ich sehr geneigt bin, den Eintritt von Medullarzellen in die ventralen Wurzeln zuzugeben, so kann ich doch Balfour und seinen Nachfolgern nicht Recht geben , die ohne Weiteres die spindelförmigen Zellen, welche frühzeitig den hervorwachsenden ventralen Ner- ven sich an- und einlagern, für Nervenzellen halten. Ich bin im Gegentheil ge- neigt, diese spindelförmigen Zellen mit His u. A. für Mesodermelemente anzu- sehen. Aber außer diesen spindelförmigen Zellen begeben sich aus dem Medullarrohre Zellen in die ventralen Wurzeln, wie ich aus einer Anzahl von Präparaten von Frist iums , Scyllium, Mustelus, Toiyedo und Riija entnehme. Was diese Zellen für den Aufljau des Nerven bedeuten, habe ich bislang nicht festzustellen vermocht. Es ist nicht undenkbar, dass aus ihnen die Neuroglia- scheide sich aufbaut, die neueren Forschungen zufolge die Nervenfasern umgeben soll. Dass aber auch unzweifelhafte Ganglienzellen sich im motorischen Nerven vorfinden, beweisen die Befunde am Oculomotorius, der, wie ich den neuerdings noch von Eis geltend gemachten Zweifeln (Die morphologische Betrachtung der Kopfnerven, in: Arch. Anat. Phys. Anat. Abth. 1887. pag. 421) gegenüber festhalten muss , eigene Ganglien bildet. Diese Ganglien entstehen erst am 292 Auton Dohrn Entdeckung der mit den motorischen Nerven in Zusammeniiang stehen- den sympathischen Ganglien und glaubt dadurch bewiesen zu haben, dass eine ähnliche Trennung der beiden Kategorien von Nervenfasern für das sympathische System bestehe, wie für das spinale. Dass es zu einer solchen Scheidung der motorischen Ganglien gar nicht be- dürfe, scheint er übersehen zu haben. Also woher die Ganglien der motorischen Nerven? Julin sagt selbst 1. c. pag. 201 : »L'étude du développement démontrera si réellement ces plexus nerveux viscé- raux naissent d'une facon iudépendante du Systeme central, comme le soutient Onodi,« scheint also zu bezweifeln, dass die visceralen Ganglienzellen einen anderen Ursprung |haben, als die des Grenz- stranges. Wenn aber doch, wie Julin ausdrücklich und mit beson- derem Nachdruck hervorhebt, kein Grenzstrang existirt — wesshalb Julin denn auch behauptet, »il est evident que la disposition du Sy- steme nerveux sympathique, réalisée chez VAtmnococtes, est une dis- position primordiale» — , wie kommen dann die sympathischen Ganglien an die ventralen Wurzeln? Es wäre denkbar, dass jedes sympathische Ganglion, das nach der Weise derjenigen der Selachier sich von den Spinalganglien abtrenne — wobei freilich niemals eine Continuitätstrennung stattfindet, da die betreffenden' Zellen durch ausgezogene Nervenfasern ihre Verbindung mit den Spinal- ganglien festhalten — sich nochmals trenne , und die eine Portion in den Bereich der motorischen Fasern gerathe , aber es bliebe Oculomotorius , nachdem derselbe sich schon mit seiner Termi nalphitte an die Muskelzellen der vordersten Kopfhöhle angeschmiegt hat, und es ist sehr cha- rakteristisch, dass sie an dem Nerven entlang zu wandern scheinen. Man findet solcher Ganglien eine ganze Reihe an Embryonen, die etwa dem Bal- KOUR'schen Stadium N u. ff. entsprechen. Am deutlichsten zeigt sich das bei den Embryonen von 3Iustelus und Raja, aber auch Scyllium, Pristiurus und Tor- pcdo zeigen sie. Ich werde darüber ausführlich an anderer Stelle handeln. Diese Ganglien für »sympathische« zu erklären, hat keinen Sinn, denn die sympathischen Ganglien der Selachier sind zweifellos Theilstücke der Spinalganglien und stehen offenbar ursprünglich zu den großen Gefäßen des Körpers in functionellen Be- ziehungen (vgl. auch His a. a. 0. pag. 413). Eben so wenig darf man diese Ganglien des Oculomotorius mit dem Ganglion ciliare verwechseln, welches un- zweifelhaft als vorderstes Hirnganglion entsteht und sich an das Ectoderm an- legt, wie alle übrigen Hirnganglien. Auch auf dem Verlaufe des Trochlearis habe ich eine vorübergehende Ganglienbildung constatiren können. Diese Gan- glienbildung des Oculomotorius und Trochlearis ohne Weiteres mit den suppo- nirten Ganglien der motorischen Spinalnervenwurzeln auf eine Stufe zu stellen, wie es Van Wijhe versucht, scheint mir indessen nicht gerechtfertigt — die Sonderstellung der Augenmuskelnerven wird im Gegentheil dadurch eher noch stärker betont. Doch darüber an anderer Stelle mehr. Studien zur Urgeschichte des Wirhelthierkürpcrs. XIII. 293 daim doch wahrscheinlich, dass die verbindenden Fasern erhalten würden, und es wäre selbst dann noch schwer zu begreifen, wie die motorischen Fasern sich mit den dem ursprünglichen sensiblen Gan- glion entnommenen Ganglienzellen verbänden. Das Vorstehende hatte ich während eines Sommeraufenthaltes in den kärnthnerischen Alpen niedergeschrieben, als mir von Neapel die Nummern 257 und 258 des 10. Jahrganges des Zoologischen Anzeigers zugesandt wurden, in welchen Ed. van Beneden unter dem Titel «Les Tuniciers sont-ils des Poissons dégénérés? Quel- ques mots de réponse à Dohrn« von Neuem dieselben Argumente zusammenstellt, die schon in den »Recherches sur la morphologie des Tuniciers« par E. van Beneden & Ch. Julin und in den oben citirten vorläufigen Mittheilungen Julin's ausführlich dargelegt und von mir in der XII. und in der vorliegenden XIII. Studie de- taillirt bekämpft resp. widerlegt worden sind. Bei meiner Rückkehr nach Neapel fand ich dann die ausführlichere Arbeit Julin's vor'. Was zunächst letztere betrifft, so bietet sie im Allgemeinen wenig mehr, als was schon in den vorläufigen Mittheilungen enthalten war, über die oben bereits meinerseits gehandelt ist, zumal der größte Theil dieser letzteren wörtlich in der ausführlicheren Arbeit Julin's abgedruckt ist. Wesentlich neu ist nur ein Abschnitt über das Ar- terien- und Venensystem, eben so wie über die Spinalnerven des Ammocoetes, was uns aber hier nicht zu beschäftigen braucht, und eine Reihe ziemlich schematischer Abbildungen auf Taf. 21 — 23, welche die Angaben des Textes zu erhärten bestimmt sind. Indessen will ich doch noch einmal, mit der Feder in der Hand und Seite für Seite, auch diese letzte Arbeit Julin's durchgehen und diejenigen Bemerkungen hier niederlegen, welche in den obigen Er- örterungen nicht bereits vorweggenommen sind. Dabei stoße ich 1. c. pag. 779 auf die Äußerung: »Je ne terminerai pas ce chapitre sans insister tout particulièrement sur la disposition et l'origine, que j'ai mentionnées, des artères nourricières du corps thjroide, ces faits ayant une grande importance au point de vue de la signification morphologique de cet organe.« Diese Äußerung ist darum wesentlich, weil Julin hier die von 1 Recherche» sur I'appareil vasculaire et le Systeme nerveux póriphérique de V Ammocoetes [Fetromyzon Pluneri). in: Arch. Biol. Tome 7. pag. 75!) — 9U2. Taf. 21—23. 294 Anton Dohrn ihm beschriebenen Thyreoidarterien »des artères noumcières « nennt, also nicht bedacht hat, dass Zweige der Branehialarterien, bevor sie nicht den Lauf durch die Kiemenblättchen gemacht haben, nicht Nutritionsarterien der Thyreoidea werden können. Auf Taf. 23 Fig. 1 werden diese «artères nourricières du corps thyroide« wirklich ab- gebildet. Es ist da nämlich ein Querschnitt gezeichnet worden, für dessen Verständnis 1. c. pag. 897 bemerkt wird: »Coupe transversale pratiquée au niveau du 4"" ganglion spinal, dans la région branchiale. Nous avons en réalité réuni sur cette figure, plusieurs coupes voisines, de sorte que cette Image est la combinaison d'une dizaine de coupes voisines, afin d'indiquer dans toute leur étendue le trajet des vaisseaux et des nerfs.« Ich wiederhole noch einmal: Ein Gefäß, wie es diese Ab- bildung mit den Buchstaben A. th. (Art. thyreoidea) bringt, existirt nicht, und kein Befund auf Quer- oder Längs- schnitten, wenn dieselben gut ausgeführt sind, kann dazu berechtigen, eine solche Abbildung zu geben. Weder geht eine solche Arterie aus den primären Branehialarterien nach unten ab , noch tritt sie in die Thyreoidea an der Stelle ein, wo JuLiN ein deutliches Lumen in einer Weise zeichnet, als setze es sich in das Parenchym der Thyreoidea hinein fort. Wenn aber nicht eine einzige solche Thyreoidealarterie existirt, so existiren noch weniger fünf derselben , und darum beweisen diese vermeintlichen Arterien ganz und gar nichts für die metamerische Vascularisatiou der Thyreoidea. Die wirklich bestehende Art. thyreoidea, nämlich den Ast der ßranchialvene des vierten Kiemenbogens, welchen ich auf Taf. 1 1 Fig. 1 — 4 in Längs- und Querschnitten abgebildet und pag. 258 be- schrieben habe , hat Jülin auch auf der eben besprochenen Abbil- dung mit keinem Striche angedeutet, sie also offenbar übersehen. Auf pag. 779 seiner letzten Arbeit fährt Julin dann fort: »Les seuls renseignements que nous possédions jusqu'à ce jour, concernant les artères thyroidiennes, nous les devions à Dohrn, qui, dans sa VHP étude dit que l'organe thyroide regoit son sang arteriel d'une seule paire d'artéres qu'il mentionne des le début du développement.a Julin führt dann Worte von mir an, welche indess mit keiner Silbe von der Ernäh- rung der Thyreoidea handeln, sondern nur das sehr wichtige Factum beschreiben, das auch auf pag. 245 dieser Studie von Neuem beschrie- ben worden ist, nämlich die ursprüngliche Ausbildung des der Spritz- loeharterie homoloaen vordersten Arterienbogens. und seinen Verlauf. Studien zur Urgeschichte clos Wirbelthierkörpers. XIII. 295 Es heißt weiter auf pag. 780 bezüglich dieses von mir beschrie- benen Gefäßes: »En outre, si toutefois je compreuds bien l'idée ex- primée par Doiirn. ce ne sout pas ces vaisseaux qui amèncraient le sang artériel [?] dans les lamelles branchiales portées plus tard, chez \ Ammocoetes , par la première lame branchiale ; mais le sang artériel serait amene par une artère branchiale secondaire fournie par cha- cune des artères branchiales primaires et située dans la première lame branchiale, en arrière de la branche terminale correspondantc de l'artère branchiale primaire. Il en résulte que chez VAmmocoefes. si l'opinion de Dohen est exacte, nous devrions trouver en avant de la première fente branchiale deux artères, comme nous trouvons, chez les Sélaeiens, deux artères en avant de la fente hyobranchiale : lune de ces artères, antérieure par rapport à l'autre, constituerait la ter- minaison de l'artère branchiale primaire du méme coté et serait homologue à l'artère thyroidéo-mandibulaire des Sélaeiens; l'autre, postérieure, constituerait l'artère branchiale secondaire de la l'*^ lame branchiale et serait homologue à l'artère hyoidienne des Sélaeiens. Cette manière de voir est en désaccord avec mes observations : je n'ai constate, chez VAtmnocoefes, en avant de la 1^ fente branchiale, qu'une seule artère émanaut de l'artère branchiale primaire« etc. etc. JuLix hat eben nur den ausgewachsenen Ammocoetes untersucht, und, überzeugt davon, dass weder meine Ableitung der Pseudobranchial- rinne aus der entsprechenden Spritzlochtasche richtig sei, noch dass überhaupt ein vorderes Kiementaschenpaar existire , trotzdem auch Scott dasselbe beschrieb , hat er nicht bedacht , dass wenn eine Kiementasche zu Grunde geht oder zu anderen Functionen berufen wird, auch der zu ihr gehörige Branchialbogen abortirt, hat also den am Erwachsenen sich findenden ersten Branchialbogen bona fide mit dem von mir an der jüngsten Larve beschriebenen Gefäß iden- tificirt. Ich wende mich nun zu den Angaben über die Nerven des Ammocoetes, w^elche die ausführlichere Schrift Julin's bringt. Der Verlauf des Facialis wird pag. 820 ff. abgehandelt, und fast mit den- selben Worten, wie in der vorläufigen Mittheilung. Nur auf pag. 823 bemerkt JuLiN : »Fürbringer, Wiedersheim et Ahlborn soutiennent que le nerf facial des Cyclostomes est exclusivement sensible. II m'a été impossible de poursuivre jusque dans leurs dernièrcs ter- minaisons les fins filets nerveux éraanant des rameaux prétrèmatique et posttrématique du facial, chez \Amniocoefes; mais il me parait hors de doute que ces filet^ nerveux doiveut ètre les uns sensibles 296 . Anton Dohrn et les autres moteurs, les fìlets moteurs se terminant dans les muscles branchiaux, avec lesquels ils se trouvent en rapport. Je crois que ropinion exprimée par Fürbringer etc., sur la nature exelusivemeut sensible du nerf facìal des Cyclostomes , n'est nullement démontrée; aucun fait ne s'oppose à ce que Ton admette que ce nerf est à la fois sensible et moteur, comme c'est le cas cliez les Sélaciens.« Ich möchte hierzu bemerken, dass auch meiner Meinung nach die oben angeführten Autoren nicht im Rechte sind, den Facialis des Anmio- coetes für einen ausschließlich sensiblen Nerven zu erklären, er ist sicherlich gemischt, wie bei den Öelachiern. Jene Autoren haben die Muskeläste nicht gekannt, die Jülin richtig beschrieben hat (mit Ausnahme des sog. R. posttrematicus, der auf solchen Namen weder durch seineu Verlauf noch durch seine sonstigen Eigenschaften An- spruch hat) ; JuLiN aber irrt, wenn er sich berechtigt glaubt, diesen Muskelästen nun seinerseits péle-méle auch sensible Fasern beigemischt sein zu lassen: den ausschließlich sensiblen Ast hat er nicht gesehen: er geht, wie oben beschrieben ist ipag. 248), in mächtigem Stamme au die Haut, homolog dem Mandibularis externus der Selachier, viel- leicht der Chorda tympani der höheren Vertebraten. Es folgt nun bei Jülin ein Abschnitt »Comparaison avec le nerf facial des Sélaciens«. Jülin erwähnt darin, dass aus dem Facialis «du coté dorsal«, zufolge den bisherigen Forschungen , entspringen : »1" le nerf ophthalmique superficiel, 2" le nerf buccal. Ces deux uerfs paraissent étre exelusivemeut sensibles : van Wijhe pense méme que la branche ophthalmique superficielle et le rameau buccal ne sont en réalité, qu'un seul nerf divise dichotomiquement. Ce nerf, primitivement unique, est homologue, dans mon idée, à la portion terminale du nerf facial de Y Ammocoetes , à partir du poiut d'cmergence du Rameau postérieur.« Ob diese Hypothese van Wijhe' s eine besonders begründete sei, lasse ich einstweilen dahingestellt: wer den Nervus buccalis und ophthalmicus superficialis in ihrer Entstehung verfolgt hat, wird die van WuHEsche Deutung für gezwungen halten und lieber abwarten, dass weitere Forschungen über die Urgeschichte des Wirbelthierkopfes diese beiden Nerven besser verstehen lehren. Auf Grund solcher Hypothese sie beide mit dem einen Nervenast des Ammocoetes zu homologisiren , scheint mir nicht zulässig. Vielmehr will mir scheinen, dass der N. ophthalmicus des Ammocoetes dem Ophthalmicus superficialis, der Ast aber, von welchem Jülin spricht, dem Buccalis gleichgestellt werden könnte. In diesem Studien zur Urgeschichte des Wiibelthierkörpers. XIII. 297 Sinne, aber nicht in dem von Julin adoptirten, ließe sich mit ihm sai;-en: 'Bref. il me semble ressortir à Tévidence ?j de l'étude que j'ai faite du nerf facial de Y Aimnocoetes , quii y a homologie complète entre lui et le nerf facial des Sélaciens.« JuLix giebt dann eine längere Auseinandersetzung seiner Befunde über den Ursprung und Verlauf des Hypoglossus, Vagus und Glosso- pharyngeus. Bezüglich des ersteren wiederholt er seine Behauptung, dass er sich mit dem Lateralis verbinde, indem er sagt (pag. 834): »la brauche dorsale se divise bientót en deux rameaux, dont Tun. linterne, très court, vient se continuer avec le nerf lateral par le coté externe de ce nerf et tout près de son origine.« Auf Taf. 22 Fig. 5 werden diese Verbindungen auch abgebildet, bei den Buch- staben Bd nnd Bd^ findet man kurze Anastomosen zwischen diesen Hypoglossus-Ästen und dem Lateralis. Ich kann nur wiederholen, dass diese Äste nicht existiren. Vom Glossopharyngeus heißt es weiter (1. c. pag. 83S) : »Au niveau du 1^ sac branchial, il fournit un rameau interne, qui se com- porte comme le ramean interne des trois premiers nerfs branchiaux proprement dits fournis par le pneumogastrique : ce rameau passe au-dessous des muscles branchiaux superficiel et profond près de leur extrémité supérieure et arrive ainsi sur le coté de la chorde dorsale ; là il pénètre dans la cloison formée par l'union des parties supérieures des bords internes des lames hyoidiennes, et, arrivé dans cette cloison, il se bifurque en deux filets : l'un interne qui va fournir au corps thyroide, e est le premier nerf thyroidien, lautre, externe, qui va se perdre dans le bord interne de la lame hyoidienne.« Versuchen wir uns klar zu machen, auf welchem Wege dieser Ast des Glossopharyngeus überhaupt an die Thyreoidea gelangen kann. Die Thyreoidea ist bekanntlich mit dem Branchialdarm nur durch den schmalen Canal verbunden, welcher sich zwischen dem dritten und vier- ten Kiemensack findet. Was immer in das Innere der Thyreoidea gelangen soll, muss entweder hier durchpassiren, oder aber es muss von außen und unten an dieselbe gelangen. Wie sich nun Julin den Verlauf der Thyreoideanerven vorstellt, oder vielmehr wie er sie beobachtet zu haben glaubt, ergiebt die Abbildung auf Taf. 23 Fig. 1 , deren Zustandekommen wir schon oben erfahren hatten. Auf dieser durch das »Projiciren« von zehn Querschnitten erhaltenen Abbildung haben wir gerade den Verbindungscanal zwischen Thyreoi- dealsack und Branchialdarm erhalten, nnd dort sehen wir, wie ein langer Nervenast dicht neben dem innersten Rande der betreffenden Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Xeapel. Bd. S. 20 298 Anton Dohrn Kiemenscheidewaud , dicht neben den durch die Zeichnung ziemlich richtig wiedergegebenen l^leiuen Drüsenvertiefungen , die ich auf pag. 241 erwähnte, also auch dicht hinter dem Wimperreif des be- treifenden Kiemenbogens von oben nach unten hinabsteigt, sich durch den schmalen Gang des Verbindungscanais zur Thyreoidea begiebt und in ihrem Inneren allmählich aufhört. Es ist eigenthUmlich, dass JuLiN diesen Nerven gerade an der Stelle zeichnet, wo nach meinen Untersuchungen die Arteria thyreoidea verläuft, die Julin indessen nicht bemerkt und darum auch nicht gezeichnet hat. Ich meinerseits habe auf das Angestrengteste nach diesem Nerven gesucht — aber mit durchaus negativem Erfolge. Immerhin wäre es möglich, dass ein solcher Nerv und auf dem in der Zeichnung angegebenen Wege in die Thyreoidea gelangen könnte. Ich nehme an , es sei zufällig, dass Julin zur Darstellung des Verlaufs der Thyreoideanerven gerade diejenige Partie gewählt hat, welche den Verbindungscanal der Thyreoidea darstellt. Aber da fünf Thyreoideanerven bestehen sollen, deren erster von dem Glossopharyngeus abgegeben wird, so muss man sich natürlich die Frage vorlegen, auf welchem Wege denn diese in das Innere der Thyreoidea gelangen. Julin beschreibt ihren Lauf folgendermaßen (1. c. pag. 841): «La branche interne pénètre dans la cloison formée par lunion des parties supérieures des bords internes des deux lames branchiales correspondantes ; puis se divise en deux filets: Tun externe qui va se perdre dans le bord interne de la lame branchiale de son coté, et lautre interne, qui va fournir au corps thyroide , en se perdant dans la lame conjonctive qui séparé le lobe median du lobe lateral correspondant de cet Organe.« Es ist sehr zu bedauern, dass die Phrase »qui va fournir au corps thyroide« mehr eine Versicherung, als eine Beschreibung enthält. Den Eintritt dieser Nerven in die «lame conjonctive, qui séparé le lobe median du lobe lateral correspondant« der Thyreoidea kann man nämlich nur auf eine Weise für möglich halten: alle diese Nerven müssten am Boden des Branchialdarmes convergiren und die vorderen nach hinten, die hinteren nach vorn gegen den Verbindungscanal hin- laufen, dort gemeinsam hinabsteigen, dann aber wieder aus einander fahren, um die Thyreoidea in ihrer ganzen Länge und noch dazu »métamériquemeut« zu innerviren. Nun habe ich schon zu bekennen gehabt, dass es mir nicht einmal gelungen ist. den einen abgebildeten Thyreoideanerven innerhalb dieses Canales aufzufinden, geschweige denn ein Bündel von fünf Nerven. Es muss also sehr bedauert Studien zur Urgeschiclite des Wirbelthierkürpers. XIII. 299 werden, class Julin ims ihren Verlauf uiclit Schritt für Schritt ge- schildert, resp. auf »unprojicirten« Abbildungen klar gemacht hat. Bis dieser Anforderung genügt sein wird, darf man, dies glaube ich versichern zu können, die sämmtlichen fünf Thyreoideanerven des Atnmocoetes für apocrypli halten und zu den fünf Thyreoidarterien desselben Autors gesellen. Ehe ich nun das Gebiet der Brauchialnerveu an der Hand der neuesten Publication Julin's verlasse, habe ich der noch einmal wiederholten Angabe ihres Verfassers zu gedenken: »Le pneumogastrique fournit dans toute son étendue, non pas six nerfs branchiaux, destinés aux six dernières fentes branchiales, comme lont soutenu J, Müller, Born, Schlemm, d' Alton et Schnei- der, mais cinq nerfs branchiaux destinés respectivement à l'inner- vation de chacune des cinq dernières fentes branchiales.« (pag. 841.) Ich meinerseits muss nun allerdings die Angaben J. Müller's etc. vollständig aufrecht halten. Ich will es aber nicht bei einer bloßen Behauptung bewenden lassen, sondern — eingedenk des Vorwurfes, der mir von den Herren van Beneden und Julin früher gemacht worden (Recherches sur la Morphologie des Tuniciers pag. 456) — eine Abbildung geben (Taf. 11 Fig. 7), durch welche, da sie noch dazu von einem anderen Forscher, Herrn Ed. Meyer, gezeichnet ist, wohl zur Genüge bewiesen wird, dass J, Müller etc. richtig, Julin aber falsch gezählt hat. Aber dieser Fehler im Zählen scheint nicht bloß ein zufälliger und harmloser Rechenfehler, er hat eine weiter tragende Bedeutung. Bedenkt man nämlich, dass es sieben wirkliche Kiemenspalten bei Ammocoetes giebt — darüber lässt auch Julin keinen Zweifel — und dass die zu ihnen gehörenden Branchialnerven an ihrer Hinter- seite herabsteigen, so ergiebt sich, dass sechs derselben — und zwar von hinten an gerechnet — durch Vagusäste versorgt werden, die vorderste siebente aber durch den Glossopharyngeus. Dieses einfache Rechenexempel hätte nun freilich einen dicken Strich durch die ganze Van Beneden- JuLiN'sche Behauptung machen müssen, wonach die erste wirkliche Kiemenspalte dem Spritzloch der Selachier etc. entspräche, denn zu dieser gehört bekanntlich als Branchialnerv der Ramus posttrematicus s. hyoideus des Facialis. Da nun aber, nach der JuLiNschen Entdeckung, es in der That der Facialis sein soll, welcher hinter der ersten definitiven Kiemenspalte des Ammocoetes als dazu gehöriger Ramus posttrematicus gefunden wird, so kam der belgische Autor in Verlegenheit, was er mit dem Glossopharyn- 20* 300 Anton Dohrn geus und den sechs Vagusästen anfangen sollte. Und da sich nicht eine achte Kiemenspalte hinter der siebenten wirklich vorhandenen demonstriren ließ, so musste der Vagus herhalten: ihm ward ein Ganglion und ein Ast rite amputirt! Es folgt nun in der ausführlichen Arbeit Julin's der Abschnitt über den N. lateralis; da er indessen den wörtlichen Abdruck der Vorläufigen Mittheilung bildet, die dasselbe Thema behandelt, so hätte ich meinen obigen Auseinandersetzungen nichts hinzuzufügen, müsste ich nicht ausdrücklich constatiren, dass die Abbildungen auf Taf. 22 Fig. 1 und Fig. 5, ferner auf Taf. 23 Fig. 3 — 5, welche die Anastomosen mit den Spinalästeu betreffen, durchaus nicht dem Thatbestande entsprechen. Solche Aste, wie sie z. B. auf Taf. 23 Fig. 4 bei N.l. abgebildet sind, vermag ich auch in keiner Weise als aus Verwechslungen resultirend zu verstehen — was Julin zu diesen Zeichnungen Anlass gegeben hat, bleibt mir unerfindlich. Julin erörtert dann nochmals die Natur des N. hypoglossus be- züglich der Frage, ob er rein motorisch sei, oder gemischt, d. h. ob auch sensible Fasern in seinen Verlauf eintreten. Dabei gelangt er pag. 853 zu dem Schluss: »je suis plutot porte à admettre que les deux sortes de racines se fusionnent dans le cours du développement ou sont fusionnés des leur origine«. Ich verweise noch einmal auf die erwiesene Existenz des dem Gangl. lateralis dicht angelagerten Gangl. hypoglossi, wodurch auch diese Frage gelöst wird, ohne dass eine Verschmelzung der Wurzeln oder die Betheiligung des Vagus oder gar des Lateralis angenommen zu werden braucht. Es folgt weiter ein längeres Capitel über die Spinalnerven, das uns hier nicht direct interessirt, und darauf der Abschnitt über den Sympathicus, der im Großen und Ganzen nur wiederholt, was schon in der Vorläufigen Mittheilung enthalten ist. Den Schluss der ganzen Schrift macht dann ein Capitel, betitelt . » Conclusions et Cousidérations générales« , in welchem indessen pag. 884 ff. nur zwei Thesen erörtert werden: 1° »En tenant compte de leurs rapports auatomiques, les deux premières fentes branchiales de V Ammocoefes et des poissons Cyclostomes en general, sont-elles ho- mologues respectivement à l'évent et à la fente hyobranchiale des Sé- laciens?« und 2° »Le corps thyroide de VAmmocoetes, en tenant compte de ses rapports anatomiques, peut-il étre considerò comme Fhomologue d'une paire de fentes branchiales transformées?« Diese beiden Thesen werden noch einmal die erste bejaht, die zweite verneint. Es ist nicht nöthig, dem gegenüber wiederum zu Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpors. XIII. 301 lecapituliren . was den Inhalt der vorliegenden Studie bildet. Wohl aber möchte ich darauf hinweisen, dass Van Beneden sowohl wie JuLiN ausgesproehenermaßen den anatomischen Befund der Innervation und Vascularisation der vordersten Kiemenspalten und des Hypo- branchialsackes als entscheidend für die Beantwortung der oben er- wähnten Thesen und damit für Recht oder Unrecht meiner Hypothese über die phylogenetische Stelle der Tunicaten erklärt haben. Ich habe nun Schritt für Schritt die JuLiN'schen Argumente zurückge- wiesen, habe, um ja nicht noch einmal den Vorwurf zu erfahren, keine beweisenden Abbildungen beigegeben zu haben, eine reichlichere Ausstattung dieser Studie mit Abbildungen veranstaltet, als es mir bisher erforderlich schien, und hoffe auf diese Weise auch Denjenigen ein Urtheil zu ermöglichen, die keine eigenen Studien über Ana- tomie und Entwicklung von Petromyzon gemacht haben. Erklärung der Abbildungen. A. Ac. An. Ao. Art. Art. b ranch. \ Art.br.pr. Art.br. Art.br.sec.i Art.hi/o.] Art.hyoid.] Art.thyr. Art.vert. Aug. Bi.G. Bi.S^.\ Bi.sJ Bs.Pr. Can.thyr. Aorta. Nervus aeusticus. Anus. Aorta. Arterie. Arteria branchialis prima- ria , durch Theilung aus dem Conus arteriosus her- vorgehend. Arteriae branchiales se- cundariae, die eigentlichen Kiemen-Arterien. Hyoid-Arterie. Thyreoideal-Arterie. Vertebra!- oder Interco- stal-Arterie. Bulbus des Auges, blasiges Bindegewebe. bindegewebiges Septum. Pseudobranchialrinne. Canal , welcher die Thy- reoidea mit dem Bran- chialdarm verbindet. Cur. ext. Carotis externa. Car.int. Carotis interna. Ch. od. Ch.d. Chorda dorsalis. Con.art. Conus arteriosus. D. Darm. JEct. Ectoderm. £2^. Epidermis. Fac. Nervus facialis. Ga. sympathische Ganglien- zellen. G.Fac. Ganglion des Facialis. G.Gloss. Gangl. des Glossopharyn- geus. G.Lat.\ > - - Lateralis. G. Lateral.) G.ophth. - - Ophthalmicus. G.Trig. - - Trigeminus. G. Vag. - - Vagus. Gl.hyp. - - Hypoglossus. Gl.lat. - - Lateralis. Gl.N. sp.l. - - ersten Spinal- nerven. Glophth. - - Ophthalmicus. Gl.sp. Spinalganglion. Hyp.d. dors. Ast des Hypoglossus. 302 Anton Dohrn Medullarrohr. Hyp.v. venti". Ast d. Hypoglossus. Ki.Bl. Kiemenblättchen. K.3Iusk. ventraler Längsmiiskel unter dem Kiemenapparat. Kn. Knorpel des Kiemenappa- rates. Kn.Kie.B. knorpelige Kiemenbügen. Kopfh.IIn.III zweite u. dritte Kopf- höhle. K. W. Knickungswinkel des Ve- lum. L. Leibeshöhle. Lat. Nervus Lateralis. L.Kn. Längsknorpel des Kiemen- korbes. L.P. Lumen des Penis. Ly. Lymphraum. M.add. Adductormuskel d. Kie- menbögen. Jl.constr. Constrictormuskel der Kie- menbögen. Md.\ Med. Bohr.) Mes. Mesoderm. Mu. Afterflossenmusculatur. Muse. Urwirbelmusculatur. n. sympathische Nerven. N.acust. Nervus acusticus. N.fac. - facialis. N.fac.r.hyv. Ramus hyoideus Nervi fa- cialis. N.gloss. Nervus glossopharyngeus. N.M. - lateralis. N.mand.ext. - mandibularis ex- ternus. N.nmx.tnf. - maxillaris inferior. N.ophth. - ophthalmicus. N.sp. - spinalis. N.vag. - vagus. Ni. Niere oder Nierengang. Ni. Ca. Nierencanäle. Ohrbl. Ohrblase. Ohrkn. Knorpelwandung ders. Opt. Nervus opticus. P. Penis. Fs.Br.R. Pseudobranchialrinne. R.cut.max. Ramus cutaneo-maxillaris. R.hyo.fac. - hyoideus Nervi fac. R.mand.ext.fac. Ramus mandibularis externus Nervi facialis. R.rec.fac. Ramus recurrens facialis S.Ga. sympathische Ganglien- zellen. Sei.Org. Seitenorgane. Sept. Septum zwischen Stomo- daeum und Darm. Sp.Art. Spinalarterie. Sp. Gl. Spinalganglion. Sp.N. Spinalnerv. Spr.Art. Spritzlocharterie. Auf Taf. 10 Fig. 1 ist fälsch- lich diese Bezeichnung ge- braucht, wo es Ai-t. hyo. Hyoidarterie heißen soll !,! Sptz. Spermatozoenmasse. Stom. Stomodaeum. Sfom.T. vordere Stomodaeum- Tasche. Sy.G'a.]^ sympathische Ganglien- Sy. Gl.j Zellen. Sy.N. - Nerven. l'/iyr. Thyreoidea. Tr.K.Ni. Trichter der Kopfniere. U. W. Umschlagswinkel des Ve- lum. Unc.\ ^, ^, / Urwirbelmusculatur. i rio.Jlusc.) V. Cardinalvene oder Vene. Vag.l — VI. Die 6 Ganglien des Vagus. Vel. Velum. Ven.hr. \ Vena branchialis secun- Ven.br. sec.) daria I — VL Ven.l. Seitenvene, welche aus den Branchialvenen Blut in die Carotis externa führt. V.Koj)ßi. vorderste Kopfliühle. W.N.sp. Wurzel eines Spinalnerven. X. oberer Muskelast des Fa- cialis. I— VIII. Kiemenspalten, wobei J= der Pseudobranchialrin- nenspalte, 11= derHyoid- spalte steht. Auf Taf. 10 Fig. 1 u. 2 muss statt I, II gelesen werden //, HL Fig. 5. 5 Tage nach dem Ausschlüpfen Fig. 6. 6 - Fig. T. 7 - Fig. S. 9 - _ _ Fig. 9. 9V2- - Fig. 10. 10 - - - Fig. 11. 11 - _ _ Fig. 12. 12 - _ Fig. 13. 13 - - I: Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIII. 303 Tafel 10. Fig. 1 — 1. Sagittalschüitte durch einen jungen Ammocoetes 7 Tage nach dem Aus- sclilüpfeu aus dem Chorion. (In Fig. 1 u. 2 muss statt I u. // stehen II u. /// und statt Spr. Art. muss stehen Art. hyo.) Diese Schnitte sind dazu bestimmt, die Lagerung der vordersten Kiemenspalten zu verdeutlichen mit Bezug auf 'die umliegenden Theile : Spritzlochar- terie, Hyoidarterie , Nervus facialis, Nervus glossopharyngeus , Ohr- blase und vordere Kopf höhle. Fig 5 — 13. Horizontalschnitte durch junge Ammocoetes 5 — 12 Tage nach dem Aus- schlüpfen. \ Diese drei Schnitte zeigen d. Spritz- ' ( lochspalte noch als ausgestülpten I Entodermsack , der auf Fig. 6 bei- I nahe das Ectoderm berührt. Diese drei Schnitte veranschau- lichen die Zurückziehung und Con- centration der Zellen des Spritzloch- sackes. Diese drei Schnitte lassen die er- neute Einstülpung der eigentlichen > Pseudobranchialspalte erkennen, die ganz auf den Hyoidbogen hin- aufrückt. Man erkennt leicht in Fig. 5—7 die Spritzloch-Arterie [Spr. Art.] vor dem Spritzlochsack, eben so den N. maxillaris inferior (Fig. 8) vor und den durchschnittenen N. facialis (Fig. 8 u. 9) hinter dem Spritz- lochsack, außen von der Hyoidarterie, wodurch die Natur der 1. Ento- dermausstülpung als Homologon des Spritzlochsackes der Fische fest- gestellt ist im Gegensatz zu den Deutungen Julin's und Van Beneden's. Fig. 14 — 16. Horizontalschnitte durch einen Vagus- Visceralbogen von einem 7, einem 12- und einem 20tägigen Ammocoetes. Tafel 11. Fig. 1 — 3. Drei auf einander folgende Querschnitte durch den 4. Visceralbogen eines mittelgroßen Ammocoetes, um den Abgang der Arteria thyreoi- dealis aus der 4. Kiemenvene zu erläutern. Fig. 4. Sagittalschnitt (aus mehreren Schnitten componirt) mit etwas sche- matischer Darstellung der 6 vorderen Kiemenvenen. Aus der 4. Kie- menvene steigt die Thyreoidea-Arterie in die Thyreoidea hinab und sendet nach vorn und nach hinten je einen Haupt- und mehrere Neben- äste in dieselbe. Aus den ventralen Verlängerungen der 2. und 3. Kie- menvene geht die Carotis externa hervor und nimmt noch bei Ven. l. das Blut aus der Vena lateralis auf. Fig. 5. Sagittalschnitt durch denselben Ammocoetes , um den Abgang der Kiemenarterien aus dem Conus arteriosus und der aus ihm durch Spal- tung hervorgehenden sog. Arteria branchialis primaria zu zeigen. Aus keiner der Kiemenarterien geht ventralwärts irgend ein Gefäß zur Thy- reoidea ab. Den Längsknorpel [L.Kn.) begleitet das venöse Längs- 304 Anton Dohrn gefäß [VenJ.j, gleichfalls ohne Aste an die Thyreoidea abzugeben, ergießt sich vielmehr in die Carotis externa. Fig. 6. Componirter ;aber nicht schematisirter; Sagittalschnitt durch einen 10 Tage nach dem Ausschlüpfen conservirten Ammocoetes, um die Lagerung der Kopfnerven um diese Zeit klar zu macheu. Unter der Ohrblase liegt die Hyoidspalte [II), d. h. die vorderste der dauernden Kiemenspalten; vor ihr verzweigt sich der Facialis, hinter ihr steigt der Glossopha- ryngeus herab. Bei Stoni, trifft der Schnitt die große Stomodaeum- tasche, welche von dem N. maxiilaris inferior und dem N. maxillaris cutaneus umgabelt wird. Fig. 7. Componirter aber gleichfalls nicht schematisirter) Sagittalschnitt durch einen 15 Tage nach dem Ausschlüpfen conservirten Ammocoetes , um die Verhältnisse des Vagus zu den Kiemenspalten darzulegen. Es be- stehen 6 Vagusganglien, deren jedes einen Nerv hinter der dazu gehö- rigen Kiemenspalte abgiebt, woraus wiederum folgt, dass die erste der dauernd erhaltenen Kiemenspalten, hinter welcher der Glossopharyngeus herabsteigt, der Hyoidspalte der Fische und nicht, wie Julin und Van Beneden behaupten, der Spritzlochspalte homolog ist. Tafel 12. Fig. 1. Horizontalschnitt durch einen 9 Tage n. d. A. alten Ammocoetes. Zeigt den N. lateralis, welcher dicht unter dem Ectoderm verläuft, ohne aber im geringsten mit demselben in Zusammenhang zu stehen. In den Ectoderm- und Mesodermzellen finden sich eben so wie auch in dem Lateralis selbst noch Dotterplättchen. Vergr. 700. Fig. 2. Querschnitt durch den Rumpf eines gleichfalls 9 Tage alten Ammo- coetes , um die Lagerung des Lateralis in Bezug auf das Ectoderm und die Urwirbelmusculatur zu zeigen. Der Nerv [Lat.) liegt noch oberhalb der Spitzen der Urwirbel. Vergr. 330. Fig. 3. Querschnitt durch den Rumpf eines 12 Tage alten Ammocoetes. Der Lateralis ist schon über die ürwirbelspitze nach innen und unten in die Nähe des Medullarrohres gerückt. Auf gleicher Höhe mit dem Lateralis hat der Schnitt rechts ein Seitenorgan getroffen. Vergr. 330. Fig. 4. Componirter Sagittalschnitt durch einen 14 Tage alten Ammocoetes, um die Lagerung der eben gebildeten Seitenorgane zu zeigen. Vergr. 130. Fig. 5. Eines derselben vergrößert. Vergr. 700. Fig. 6. Vgl. Fig. 2, der Lateralis in seiner Lagerung 700 mal vergr. Fig. 7. Von demselben Ammocoetes; es scheint eine Verbindung vom Late- ralis in das Ectoderm zu wachsen. Vergr. 700. Fig. 8. Vgl. Fig. 3. Der Lateralis in seiner Lagerung 700 mal vergr. Fig. 9. Querschnitt durch die mittlere Partie des Rückens eines ganz erwach- senen Ammocoetes , um die Anlagerung des dorsalen Astes eines Spi- nalnerven an den Lateralis zu zeigen. Vergr. 30. Fig. 10. Dasselbe Präparat; mau erkennt, wie die Fasern des Spinalnerven dem Lateralis dicht anliegen, keine einzige aber tritt in irgend welche Verbindung mit ihm. Vergr. 330. Fig. 11. Querschnitt durch die Region der 3. Kiemenspalte eines 13 Tage alten Ammocoetes. Man erkennt bei SeLOrr/. eines der branchialen Sinnes- organe, bei Vag. ein Vagusgangliou. Vergr. 2(j0. Studien zur Urgeschichte des Wirbel thierkörpers. XIII. 305 Fig. 12. Querschnitt durch die Region der Ohrblase eines 12 Tage alten Ammo- coetcs. Bei R.rec.fac. liegt dicht an der Ohrblase der im Querschnitt getroffene R. recurrens facialis und dicht an ihm in der Epidermis ein Seitenorgan. Au dieser Stelle weicht die nach vorn vordringende Urwirbelmusculatur aus einander. Vergr. 200. Fig. 13. Dieselbe Partie von einem halberwachsenen Ammocoetes. Links ist das Seitenorgan durch den Querschnitt getroflen. Bei R.rec.fac. sieht man den sehr stark gewordenen R. recurrens. Vergr. 200. Fig. 14—15. Querschnitte durch einen halberwachsenen Ammocoetes, um die Lagerung des dorsalen Hypoglossusganglions zum Lateralisganglion zu demonstriren. Die Zellen des Hypoglossusganglions liegen dicht unter dem Lateralisganglion, auch in dem dorsalen Ast des Hypo- glossus finden sich noch Ganglienzellen. Vergr. 330. Fig. 16. Querschnitt durch denselben Ammocoetes, um die Lagerung des ersten Spinalganglions zum Stamm des Lateralis zu erweisen. Vergr. 330. Fig. 17—19. Querschnitte durch denselben Ammocoetes, um die Irrigkeit der Behauptung zu zeigen, als verbände sich der Hypoglossus mit dem La- teralis. In Fig. 17 trifft der Schnitt den Stamm der 2. ventralen Wurzel des Hypoglossus, die sich in einen ventralen und einen dorsalen Ast scheidet. Der dorsale liegt in Fig. 18 dem Lateralis so dicht an, dass man ihn fast als damit eine Einheit bildend ansehen könnte, in Fig. 19 zieht er aber wieder an ihm vorbei. Vergr. 330. Fig. 20. A—C. Aus Sagittalschnitten durch einen Petromyzon , um zu zeigen, wie auch bei ihm die Spinalnerven an dem Lateralisstamm vorbeiziehen, ohne mit ihm zu verschmelzen. Keine einzige Faser biegt in solcher "Weise um, dass sie in den Faserverlauf des Lateralis eingehen könnte. Vergr. 100. Tafel 13. Fjg, i_ii. Querschnitte durch die Anal- und Cloacalgegend eines ausgewach- senen Ammocoetes. Die einzelnen Schnitte folgen nicht direct auf einander, sondern sind aus einer bedeutend größeren Zahl in Intervallen ausgewählt. Sie zeigen die Anwesenheit der sympathischen Ganglienzellen (Fig. 5—8 Sy.Gl.) und zugleich das Vorhandensein einer Cloake, da auf Fig. 8 u. 9 deutlich die Einmündung der Nierengänge in den Analdarm zu erkennen ist. Die Leibeshöhle [L.) fängt bei Fig. 7 an. Fig. 12— 18 und Tafel 14. Fig. 1 — 10 sind Querschnitte durch dieselbe Körperregion eines erwachsenen Petromtjzon <5 und gleichfalls, wie die Fig. 1—11 auf Taf. 13, in größeren Intervallen aus der gesammten Serie ausgewählt. Sie zeigen eine be- deutende Zunahme der sympathischen Ganglienzellen und die Auflösung der Verbindung des Nierenganges mit dem Darm D. Dieser liegt frei unterhalb der Leibeshöhle, in welche bei Ni Taf. 14 Fig. 1 die Nieren- gänge einmünden, um auf dem als Penis vorstülpbaren Porus abdo- minalis (Taf. 13 Fig. 12—16 P.) zugleich mit den Geschlechtsproducten ins Freie zu gelangen. Auf Taf. 13 Fig. 15—18 u. Taf. 14 Fig. 1—6 findet sich bei Mu. die sog. Afterflossenmusculatur, welche bei Ammo- coetes fehlt, eben so wie auch auf Taf. 13 Fig. 12—17 u. Taf 14 306 Anton Dohrn, Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIII. Fig. 1 — 8 bei Ly , der große Lymphranm, der gleichfalls bei Ammo- coetes fehlt und bei Petromyzo7i von einzelnen Spinalarterien und Spinalnerven (Taf. 14 Fig. 5 — 7 N.sp. u. Art.sp.) durchzogen wird. Fig. 11 — 14. Stücke von Sagittalschnitten durch einen halberwachsenen Ammo- coetes. Fig. 11. Aus 24 Schnitten zusammengestelltes Bild, um den Verlauf des Facialis und Glossopharyngeus vor und hinter der Hyoidspalte, zugleich auch die Ganglien des Lateralis, Vagus, Acusticus und Trigeminus zu zeigen. Fig. 12— 14. Schnitte durch denselben Ammocoetes ; Fig. 12 zeigt den Stamm des Facialis getroffen, Fig. 13 den Theilungspunkt, wo der R. hyoi- deus vom R. mandibularis abgeht, Fig. 14 einen Schnitt durch beide Äste. Tafel 15. Fig. 1—3 sollen die Lagerung der Sympathicusganglien und -Fasern zum Uro- genitalapparat verdeutlichen. Fig. 1. Combiuirte Querschnitte durch einen Petromyzon vor der Anusgegend, ungefähr dem Stadium auf Taf. 14 Fig. 4 — 7 entsprechend. Vergr. 40. Fig. 2. Zwei combinirte Sagittalschnitte aus derselben Paitie eines Petromyzon , wobei zu bemerken, dass die Schnitte etwas schräg gefallen sind. Vergr. 25. Fig. 3. Querschnitt durch einen erwachsenen Ammocoetes , der Fig. 6 auf Taf. 13 entsprechend. Vergr. G5. Fig. 4. Stück eines Sagittalschnittes von Petromyzon, um die Lagerung der Spinalganglien und der dorsalen Äste der motorischen Spinalnerven zu zeigen. Vergr. 65. Fig. 5. Stark vergrößerte Partie des sympathischen Geflechtes von Petromyzon. Vergr. 330. Fig. 6. - - - - - - mit einer viel- kernigen Ganglienzelle. Vergr. 330. Fig. 7. - - Spinalganglienzellen von Petromyzon. Vergr. 330. Fig. 8 — 10. - - Sympathicus- Ganglienzellen von Petromyzon, über dem After gelegen. Vergr. 330. Fig. 11 — 13.- - Sympathicus-Ganglienzellen eines erwachsenen ^w- mocoetes. Vergr. 550. Fig. 14. Eine kleine Ganglienzelle im Sympathicus zwischen Bauchwand und Peritoneal Wandung eines Petromyzon [vgl. Fig. 2 bei x). Vergr. 330. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. Von Paul Mayer in Neapel. Mit Tafel 16—18. lu meiner Arbeit über die unpaaren Flossen der Selachier ^ habe ich die Verhältnisse des Kreislaufs imberUcksichtigt lassen müssen, weil es mir damals nicht gelang, gute Injectionspräparate herzustellen. Ich will es jetzt versuchen, diese Lücke auszufüllen, möchte aber dabei nicht stehen bleiben, sondern auch noch einige andere Punkte, welche zunächst nichts damit zu thun zu haben scheinen, ausführlich behandeln. Da nämlich Gefäße, welche ich für Venen halte, von den meisten früheren Autoren als Lymphbahnen betrachtet worden sind, so habe ich nicht umhin gekonnt, das Lymphgefäßsystem bei Haifischen auf seine Existenz hin zu untersuchen, bin von da natur- gemäß auf die Chylusgefäße gekommen imd habe im Zusammenhange damit auch die feineren Vorgänge bei der Verdauung zu studiren begonnen. Einen Theil dieser Untersuchungen, der sich leicht zu einem Ganzen abrunden ließ, konnte ich bereits veröffentlichen ^ ; das jetzt zu publizirende Stück zerfällt, wie schon angedeutet, in zwei Abschnitte. Den ersten über die Circulation im Schwänze und den unpaaren Flossen habe ich absichtlich bisher zurückgehalten, weil 1 Paul Mayer, Die unpaaren Flossen der Selachier. in: Mitth. Z. Stat. Neapel. 6. Bd. 1885. pag. 217—285. Taf. 15—19. - Paul Mayer, Über die Entwicklung des Herzens und der großen Ge- fäßstämme bei den Selachiern. ibid. 7. Bd. 1687. pag. 338—370. Taf. 11 u. 12. 308 Paul Mayer ich vom baldigen Erscheinen einer Arbeit von Parker über denselben Gegenstand Kenntnis hatte: nachdem sie mir jetzt vorliegt, ersehe ich aus ihr, dass wir in vielen Punkten unabhängig von einander zu gleichen Ergebnissen gelangt sind. Der zweite Theil über das so- genannte Lyraphgefäßsystem hat eine größere Ausdehnung, als an- fänglich beabsichtigt, durch die Widerlegung erhalten, welche ich der umfangreichen Arbeit von Öappey schuldig zu sein glaubte. 1. Über die Cireulatiou im Schwänze und den unpaareu Flossen bei den Selacliiern. Am lebenden Thiere ist, wie bei der Undurchsichtigkeit der Haut von vorn herein zu erwarten steht, so gut wie gar nichts über den Kreislauf zu ermitteln. Kur junge Exemplare und auch ältere Embryonen zeigen einiges Wenige über die Richtung des Blutstromes in den Flossen und am Ende des Schwanzes, erleichtern so die Unter- scheidung von Arterien und Venen und geben den auf andere Weise hierüber gewonnenen Vorstellungen eine directe Stütze. In allen übrigen Fällen ist man auf das Studium injicirter Thiere oder, w^o das nicht angeht, z. B. bei jungen Embryonen, auf dasjenige von Schnittserien angewiesen. Da nun die lujectionstechnik für Fische einen oder den anderen Kunstgriff erforderlich macht, welche bei höheren Vertebraten nicht zur Ausübung kommen, so mögen mir einige Worte über die von mir geübten — was aber nicht etwa heißen soll: meine eigenen — Methoden gestattet sein. U n t e r s u c h u n g s m e t h 0 d e n . Parker^ verwendet zur lujection von Mustehis entweder ge- färbten Gips oder warme Gelatine mit Carmin oder Berlinerblau. Für die Arterien bindet er die Cauüle in die i>Veutral gastric artery« ein, die Venen füllt er von verschiedeneu Punkten aus oder aber treibt durch die Arteria coeliaco-mesenterica blaue Gelatine in die Venen und schickt dann rothen Gips nach, welcher nur bis zu den Capilla- ren vordringt. Er hat aber auf diese Weise nur erwachsene Thiere von etwa 1 m Länge injicirt und an ihnen alsdann die Gefäße ent- weder präparirt oder auf Schnitten durch die gefrorenen Cadaver 1 T. Jeffery Parker, Oa the Blood-Vessels of Jlusfelus antarcticus: a Con- tribution to tlie Morphology of the Vascular System in the Vertebrata, in : Phil. Trans. Vol. l'T. 1887. pag. 685—7:32. Taf. 34-37. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislavifsorganen der Selachier. 309 untersucht. — Außer ihm wäre hier ferner Hyrtl ' zu erwähnen, der sich ausschließlich mit Rochen befasste und in die Arterien har- zige Massen einspritzte. Gleich ihm habe auch ich große Schwierig- keiten beim Injiciren der Selachier vom Herzen aus gefunden, zumal bei kleineren Exemplaren von 15 — 30 cm Länge, die ich aus gleich zu erörternden Gründen den großen vorziehe. Selbst leichtflüssige kalte Massen, in denen der Farbstoff nicht aufgeschwemmt, sondern wirklich gelöst ist, dringen durch die Capillaren der Kiemen nur unter hohem Drucke langsam durch und ergeben in Folge davon stets par- tielle Füllungen der Schwauzgefäße. Hyrtl wählte darum eine große Eingeweidearterie (die Coeliaco-Mesenterica oder die Mesenterica an- terior) und injicirte centripetal. Da es mir nun hier nicht auf die Gefäße im Kopfe und auch nur selten (bei Musteliden etc. mit Rumpf- dorsalis) auf die im Rumpfe ankam, so gelangte ich leichter zum Ziele, wenn ich direct von der Aorta aus injicirte. Ein Einbinden der Cauüle ist freilich in diesem Falle nicht möglich, denn die Aorta ist mit der Unterfläche der Wirbelsäule verwachsen, aber auch kaum nöthig, wenn nur die Canitìe derart konisch zuläuft, dass sie die Aorta schließt. Au ihrem Rumpftheile ist allerdings einige Vorsicht nöthig, am Schwanztheile jedoch, wo sie von den unteren Bogen der Wirbelsäule umfasst wird-, genügt ein einfaches Einschieben des Glasrohres völlig. Es schadet auch gar nicht . wenn dabei die Vena caudali« zusammengedrückt wird, denn zum Ausflusse des Blutes giebt es anderweit Öffnungen genug (Venae laterales etc., s. unten pag. 315). Mannigfache Erfahrungen unangenehmer Art haben mich gelehrt, dass zur Erzielung guter Inj ectionen lebendes Material unbedingt erforderlich ist. Bei todten Thieren, auch wenn sie noch frisch sind, ist es unmöglich, die Blutcoagiila aus den Capillaren und Venen der Flossen zu entfernen : überdies beginnt die Auflösung der Gefäß- wandungen so sehr rasch, dass Extravasate gar nicht zu vermeiden ' Jos. Hyrtl, Das arterielle Gefäßsystem der Rochen, in: Deukschr. Akad. Wien. 15. Bd. 1858. 36 pag. 5 Taf. 2 Emery (Le specie del genere Fierasfer. in: Fauna Flora Clolf. Neapel 2. Monographie 1880 pag. 51) verfährt ähnlich bei Fierasfer, nimmt aber die Vena caudalis zum Ausgangspunkte. Diese ist bei Haifischen ihrer Klappen wegen zur Füllung der Schwanzgefäße ungeeignet. Auch Parker hat sich für die Lateralvenen der Glascanülen bedient fpag. 724). Hochstetter (s. unten pag. .327) verwendet für erwachsene Thiere die TEiCHMANN'sche Masse und rühmt sie sehr, macht aber keine näheren Angaben über die Injectionen. 310 Faul Mayer sind. Man sollte auch die Thiere nicht mit Chloroform tödten, weil alsdann die Capillaren gewöhnlich mit Blut gefüllt bleiben, sondern erstickt sie entweder in Süßwasser oder noch besser in einer starken Lösung von Kaliiimchlorid in Süßwasser und erhält so die peripheren Organe verhältnismäßig blutleer und die Hautvenen ausgedehnt. Auf letzteren Umstand ist desshalb besonderes Gewicht zu legen, weil eine vollständige Injection der Flossen nur dann möglich ist, wenn ihre Venen, besonders die oberflächlichen, weit geöffnet sind. Bevor nun die Muskelstarre eintritt, wird dicht hinter dem After oder, wenn es sich um die Rumpfdorsalis handelt, vor dieser das Thier durch- schnitten und sofort mit destillirtem Wasser (nicht etwa mit physio- logischer Kochsalzlösung) injicirti. Der hierdurch gesetzte Reiz ver- anlasst die noch lebenden Gewebe zu mehr oder weniger starken Contractiouen : derartige Bewegungen des ganzen Schwanzes sind bei den überaus zählebigen Scyllien oft so stark, dass sie zum Abbrechen der Spitze der Glascanüle führen können. Sind die Ge- fäße blutleer geworden, so entfernt man die Canüle und lässt die vorübergehend starr gewordenen Gewebe erst wieder erschlaffen, be- vor man zur eigentlichen Injection schreitet. Als Massen habe ich verschiedene benutzt, um zuletzt endgül- tig beim löslichen Berlinerblau stehen zu bleiben. Gelatinemassen sind entbehrlich, falls es nicht etwa auf pralle Füllung der Ge- fäße ankommt. Bei nachheriger Behandlung der Objecte mit Al- kohol schlägt sich so viel Berlinerblau an den Wandungen der Ge- fäße nieder, dass auch die stärksten bei der Präparation kenntlich sind ; die feinen bleiben ohnehin ausreichend gefüllt. Zudem ist das Blau bei durchfallendem Lichte ungemein deutlich und gestattet außer- dem noch Färbung der Gewebe mit Carmin etc., wie ich gleich noch näher besprechen werde. Ich kann daher nur dringend zum lös- lichen Ber liner blau ratheu. Da aber die käufliche Waare selten gut ist, so thut man besser, es sich selbst zu bereiten, was ja auch einfach genug ist. Man löse 20 g Ferrokaliumcyanür (gelbes Blut- laugensalz) in 500 ccm Wasser, verdünne 10 ccm des officinellen Liquor Ferri sesquichlorati (Eisenchloridlösung) ebenfalls mit 500 ccm Wasser, gieße unter Umrühren letztere Lösung in erstere, so dass stets ein Überschuss von Blutlaugensalz vorhanden ist, und lasse 1 2 Stun- 1 Auch sehr schwacher Alkohol, etwa luo^iger, ist zum Ausspülen der Gefäße mit Vortheil verwendbar, namentlich bei nicht ganz frischen Thieren, wo man befürchten muss, das destillirte Wasser möchte die Wandungen ruiniren. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 311 den laug absetzen. Darauf gieße mau die gelbe Lösung so gut wie möglich ab. briuge den blauen Rückstand auf ein Filter, lasse ab- laufen und wasche nun mit destillirtem Wasser so lange aus, bis das Filtrat tief blau durchzusickern beginnt. Diese Operation dauert 1 — 2 Tage. Erst das tiefblaue Filtrat fange mau auf und löse nun durch erneutes Aufgießen von Wasser auf das Filter nach und nach den ganzen Niederschlag auf. Schließlich erhält man etwa 1 Liter eines concentrirten löslichen Berlinerblaus, das sich in dieser Form mindestens 6 Monate lang hält und ohne Weiteres jeder- zeit zum Injiciren benutzt werden kann. Da seine Herstellung eigentlich nur Zeit, kaum Geld kostet, so braucht man auch nicht so sparsam damit umzugehen, wie mit den theueren Carmin- oder Zinnobermassen. Wie bekannt, fällt dieses lösliche Blau bei Zusatz von Salzen wieder aus. Es giebt daher mit Blut Coagula, und schon aus diesem Grunde ist Werth auf gutes Auswaschen der Gefäße mit reinem Wasser zu legen. Geht dies nicht an, wenn z. B. das Thier bereits längere Zeit todt ist, so ist es gerathen, statt des löslichen Berliner- blaus das feinkörnige Präcipitat zu injiciren , das man durch Zusatz von Kochsalz zu jenem erhält. Ich nehme hierfür gleiche Volumina lO^/oiger Kochsalzlösung und Berlinerblau, schüttele um, lasse .einige Stunden absetzen und gieße die klare Flüssigkeit weg. — Ferner ist, w^as ich aber nirgend erwähnt finde, das Berlinerblau gegen Alkalien — freie oder kohlensaure — höchst empfindlich. Auf diesen Umstand ist auch wohl das nachherige Verblassen der injicirten Theile, dessen hier und da in der Litteratur gedacht wird, zurückzuführen 1. Bei Torpedo^ deren Gewebe alkalisch reagiren^, sind mir einige Injectionen nur hierdurch verdorben, und dies ist i Auch Fol, lässt in seinem «Lehrbuch der vergleichenden mikroskopischen Anatomie« (Leipzig 1884 pag. 14) das Berlinerblau nicht haltbar sein; es ver- blasse «gänzlich nach kürzerer oder längerer Zeit im geschlossenen Präparat«. Meine Erfahrungen erstrecken sich allerdings nur über 2 Jahre , indessen habe ich bisher noch nicht über ein Nachlassen in der Intensität der Farbe zu klagen gehabt. Nur einige Präparate, welche ich zu rascherer Erhärtung des Balsams tagelang auf etwa 70 o erwärmt hatte, verblassten gänzlich, aber sie waren auch nicht mit angesäuertem Blau injicirt worden. - Dies giebt schon Th. Weyl (Physiologische und chemische Studien an Torpedo, in: Arch. Anat. Phys. Phys. Abth. 1883. pag. 105 ff., Citat pag. 116) an: »Wie das elektrische Organ, so reagiren auch die Skelettmuskeln einer le- benden oder eben getödteten Toipedo schwach alkalisch, seltener neutral oder amphoter.« Ich wurde an diese Notiz durch obiges Missgeschick wieder erinnert. 312 Paul Mayer auch der Grund, wesswegeu ich in allen irgend wie zweifelhaften Fällen entweder das zu injicirende Wasser oder das Berlinerblau mit etwas Essigsäure versetze. Der Druck, unter welchem die Injection zu geschehen hat, variirt weniger nach der Größe und dem Alter der Thiere als nach der Species. Bei Scylliiim canicula reichen mitunter 25 cm Queck- silber, also 1/3 Atmosphäre, nicht aus, um in den Flossen das Blut durch die Capillaren hindurch in die Venen zu treiben. Mustelus und Torpedo erfordern lange nicht so viel , indessen verhalten sich auch hier mitunter ganze Bezirke eines Individuums durchaus ab- lehnend gegen die Injection. Wahrscheinlich liegt dies daran, dass dort die Gefäße verengt sind; in solchen Fällen kann man aber nichts Anderes thun, als zu einem willfährigeren Exemplare greifen Zur Erzeugung des Druckes habe ich mich einfach eines doppelten Gummiballes, wie sie an den LiSTEß'schen Zerstäubern angebracht sind, bedient und damit Luft in einem mit Manometer versehenen großen Glasgefäße von etwa 10 Liter Inhalt bis zum gewünschten Maße comprimirt. Eine genauere Beschreibung dieses Apparates dürfte nicht nöthig sein. Während eine Injection von der Vena caudalis aus ihrer Klappen wegen nie Erfolg hat, kann man namentlich die oberflächlichen Ge- fäße äußerst leicht von einer der Vena laterales cutaneae aus füllen. Ja, es gelingt sogar zuweilen eine ziemlich vollständige Injection auch des tieferen Gefäßnetzes von ihnen aus, so dass die Masse schließ- lich aus der Arteria oder Vena caudalis wieder herausströmt. Dies giebt übrigens auch Hyrtl in seiner wichtigen Arbeit über das Seiten- gefäßsystem der Knochenfische auf pag. 235 an (s. hierüber unten pag. 339). Endlich kann man auch noch, nachdem man die Schwanz- spitze abgeschnitten hat, von hier aus die Aorta zugänglich machen und nach vorn hin injiciren, jedoch sind die Resultate weniger gut als auf dem oben angegebenen Wege. Nach Beendigung der Injection schließt man die Aorta oder die sonstige Öffnung mit einem Glasconus und legt die Thiere erst in schwachen, später in starken Alkohol. Die Weiterbehandlung richtet sich nach dem Zwecke, den man verfolgt. Um die oberflächlichen Venen von außen in toto sichtbar zu machen, lässt man die Haut in concentrirter Essigsäure etwa 15 Minuten lang aufweichen oder be- pinselt sie auch einfach mit starker Salzsäure und kann sie dann mit Leichtigkeit abschaben, so dass die Gefäße bloßliegeu. Ich habe mit vielem Vortheile junge Scyllnmi canicula von 15 — 20 cm Übei* Eigenthümlichkeiteu in den Kreislaufsorganen der Selacliier. 313 TotalläDg-e so präparirt, weil diese bei etwa lo cm Schwanzlänge noch handliche mikroskopische Präparate ergeben. Außer diesen Oberflächeubilderu bedarf mau noch für die tiefen Gefäße solcher Exemplare, bei deueu mit dem Rasirmesser die Seitenmuskeln bis ziemlich nahe der Wirbelsäule abgetragen sind und die man alsdann in Canadabalsam untersucht. Auch die völlige Reinpräparirung der großen tiefen Venen ist nöthig und lässt sich au älteren Thieren unter Zuhilfenahme von Essigsäure oder Citronensäure i mit Skalpell und Schere leicht erzielen. Endlich aber habe ich auch junge Scyllien in 90%igem Alkohol durch Salpetersäure völlig entkalkt, mit dem Rasirmesser in Schnitte von etwa Y2 lUDti Dicke zerlegt, diese mittels Collodium nach dem FÖTTiNGER'schen Verfahren 2 aufgeklebt und mit Carmin^ gefärbt. Derartige Schnittserien in Canadabalsam liefern ungemein instructive Bilder. Zur Ergänzung dienen andere Serien durch uninjicirte ältere Embryonen, an denen sich die Klappen Ver- hältnisse und sonstige histologische Einzelheiten ermitteln lassen, welche natürlich bei den injicirten Exemplaren meist verloren gehen. Allgemeine Übersicht über das Circulatioussy stem im Schwänze der Haie (excl. Squatina). Wie bekannt, treten am Anfange des Schwanzes die Haemapo- physen ventral in der Mittellinie zusammen und bilden so einen knöchernen Canal, in welchem dorsal die Aorta caudalis, ventral 1 Ich wende beide Säuren in concentrirter Form, die Citronensäure natür- lich in Wasser gelöst, derart an, dass ich nach annähernder Bloßlegung des zu präparirenden Gefäßes (oder auch des Nerven , denn für ihn gilt das Gleiche) einige Tropfen von ihnen aufträufele, so lange warte, bis Muskeln und Binde- gewebe gequollen und durchscheinend geworden sind , und nun den Überschuss an Säure mit Wasser abspüle. Nicht nur zeigt sich alsdann das Gefäß viel deutlicher, sondern es lassen sich auch die stöi-enden Gewebe bequemer entfer- nen. Citronensäure ist mit Rücksicht auf die Augen des Präparators vorzu- ziehen, obwohl Essigsäure stärker einwirkt. 2 A FOETTixGER, Eenseignements techniques. in: Arch. Biol. Tome 6. 1886. pag. 115 — 125. Die Schnitte werden durch Fließpapier vom Alkohol be- freit und mit Collodium auf Glas befestigt. Man muss rasch verfahren, damit die Schnitte nicht austrocknen ; sie haften vorzüglich. Merkwürdigerweise ließen sich Raja und Torpedo nicht in gleicher Weise behandeln. Die Muskeln wurden im sauren Alkohol so brüchig, dass sie sich nicht aus freier Hand schneiden ließen, sondern zerbröckelten. 3 Saures alkoholisches Carmin stark verdünnt; Auswaschen mit Alkohol unter Zusatz von Pikrinsäure, so dass Pikrocarminfärbung entsteht. Mit.theilungan a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 21 314 P^^i^ Mayer von ihr die gleichfalls impaare^ Vena candalis liegt (Taf. 16 Fig. 8). Letztere besitzt nur ein Endocardium (»Endothel«) aus platten Zellen und ist im Übrigen mit dem Haemalrohre verwachsen (Taf. 17 Fig. 8 vc)\ erstere hingegen [ac] hat auch dorsal, d. h. an der Seite nach dem Wirbelcentrum zu, eine eigene muskulöse Wan- dung, die allerdings dünner als auf der ventralen Seite ist. In ganz bestimmten Abständen nun — ob segmental , wird unten pag. 329 zu erörtern sein — tritt rechts und links je eine Arte ria inter- costalis seitlich von der Aorta ab, wendet sich zunächst schräg nach unten (Taf. 17 Fig. 8, 19 und Taf. 16 Fig. 8 ai) und theilt sich dann noch innerhalb des Knorpels in zwei Aste 2. Der ventrale ver- läuft längs der Haemapophyse und giebt Zweige an die Seiten- musculatur und eventuell auch an die ventralen uupaaren Flossen ab ; der dorsale strebt in analoger Weise nach oben. Hierbei ist zu beachten, dass beide Aste nicht etwa gleich den Spinalnerven mehr oder weniger schräg nach hinten ziehen, vielmehr ziemlich genau senkrecht nach unten resp. oben gerichtet sind, was bei der Dar- stellung der Circulation in den Flossen (unten pag. 329) noch näher zur Erörterung kommen soll. Jeder Ramus dorsali s der Arteria intercostalis versorgt zu- nächst die Seitenmuskeln und giebt dann, in der Höhe der Neura- pophysen angekommen, einen Ramulns medullaris ab, welcher in nahezu horizontaler Richtung den Wirbel ^ durchbohrt (Taf. 16 Fig. 8 und 5 rm). Der rechte und linke Ramulus gabeln sich jeder wieder, nachdem sie eben in den Wirbelcaual eingetreten sind ; und zwar liefert jedes dorsale Zweiglein arterielles Blut für die dorsale 1 Hyrtl macht zwar schon 1850 (in : Das uropoetische System der Knochen- fische pag. 10) darauf aufmerksam, dass üwen's Angabe von einer paaren Vena caudalis (in seiner Comparative Anatomy ofFishes) falsch sei, indessen wieder- holt Owen seinen Irrthum in seiner Anatomy of Vertebrates (Vol. I Fishes and Reptiles. 1866. pag. 466). Beide Venen »extend forward, in close contact, along the haemal canal in the tail, then through the abdomen« etc. 2 Ich behalte diesen alten Namen bei, obwohl er nicht besonders gut ist und vielleicht wegen der Analogie mit den Spinalnerven durch spinalis oder noch besser durch segmentalis oder metamerica zu ersetzen wäre. Parker (pag. 701) nennt die dorsalen Äste »spinal (segmental) arteries«, Hyrtl dieselben Aste im Rumpfe Rami, im Schwänze Ramuli spinales; aber das Wort «spinalis« giebt zu Verwechselungen luit der medianen Arterie im Spinalcanale Veran- lassung, was bei »dorsalis«' nicht vorkommen kann. Aus gleichem Grunde er- setze ich den Namen »Spinalzweig« durch »Ramulus medullaris«. 3 Genaueres über die Eintrittsstelle in den Wirbelcanal s. unten pag. 330. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 315 Seite des Rückenmarkes, während die beiden ventralen Zweiglein sich gerade auf einander zu wenden und in die mediane Art e ria spinalis (media s. impar nach Hyrtl, anterior nach Jon. Müller) münden. Diese ' verläuft in der ganzen Länge des Rumpfes und Schwanzes ventral vom Rückenmark (Taf. 16 Fig. 5, 7, 8 as). Nach Abgabe des Ramulus medullaris setzt der Ramus dorsalis seinen Weg nach oben fort und versorgt die dorsalen Theile der Seitenmus- culatur, eventuell auch die Flossen. Während also im Großen und Ganzen das arterielle Gefäßsystem sich durch Regelmäßigkeit und namentlich durch strenges Gebunden- sein an die Antimeren, zum Theil auch an die Metameren, auszeichnet, ist das venöse selbst in seinen Hauptstämmen viel regelloser und zugleich complicirter , als man erwarten dürfte, macht daher auch eine längere Auseinandersetzung nöthig'^. Zunächst entspricht, wie der Arteria caudalis die gleichnamige Vene^ so auch die Vena intercostalis ihrer Arterie, jedoch mit einer geringen Abweichung : die Rami ventrales nämlich münden nicht zugleich mit den dorsalen seitlich in die Vena caudalis ein, sondern getrennt davon rein ventral, und ferner verlaufen die beiden Rami ventrales desselben Metameres nicht genau in der gleichen Höhe, so dass man auf einem Querschnitte immer nur einen antrifft (Taf. 16 Fig. 1 vi). Ramuli medulläres existiren ebenfalls, aber statt einer Vena sjiinalis haben wir einen ve- nösen PI e XUS 3 von großer Variabilität (Fig. 7 und 5 />ä), der sich über die dorsale und die lateralen Partien des Rückenmarkes erstreckt und das Blut aus diesem Organe aufnimmt. Ferner aber kommen, als im arteriellen Systeme ohne Gegenstück, nicht weniger als 4 zum Theil sehr mächtige Venen hinzu, welche das * Nach Hyrtl (1. pag. 309 c. pag. 27) entsteht sie bei Haja clavata aus einem Plexus spinalis impar, indem dieser sich weiter nach hinten durch Wegbleiben der Anastomosen in drei longitudinale Stämme verwandelt: die Art. spinalis media und zwei laterales. »Endlich laufen auch diese drei Arterien in eine ein- zige zusammen, welche das Rückenmark bis zum Schwanzende begleitet.« Auch bei Torpedo existiren nach Hyrtl pag. 13 diese laterales; in sie, nicht aber in die media sollen die Ramuli medulläres einmünden, während die laterales wiederum jedem Spinalnerven ein Ästchen mit auf den Weg geben. Jedoch bezieht sich diese Darstellung auf den Rumpf von Rochen. Parker erwähnt dieser Ver- hältnisse überhaupt nicht. 2 icii rechne zum venösen Systeme hier ohne Weiteres auch die soge- nannten Lymphgefäße ; die Gründe hierfür s. unten pag. 337 ff. 3 Parker erwähnt seiner nur ganz kurz. Meist wird er als Lymphgefäß betrachtet. 21* 316 Paul Mayer Blut aus der Haut und den oberflächlichen Muskeln zu sammeln und der Vena caudalis zuzuführen haben. Sie sind bereits von den ältesten Autoren ziemlich genau beschrieben worden — allerdings meist als Lymphgefäße — und sind in der That auch auffällig genug. Die eine verläuft genau median dorsal (Taf, 17 Fig. 17 und 18 vd)^ die andere ventral (Taf. 16 Fig. 7 w); natürlich werden sie an der Insertion der verticalen Flossen in ihrem Laufe unterbrochen, gehen aber dann als Ringgefäße um sie herum (Taf. 17 Fig. 17 vene). Am Beginne der Schwanzflosse lösen sie sich gleichfalls in je 2 Zweige auf, die sich aber hinten nicht wieder vereinigen (Fig. 18; vgl. unten pag. 338 Anm. 3). Nach dem Vorgange anderer Autoren^ be- zeichne ich sie als dorsale resp. ventrale Hautvene. Die beiden anderen Hautvenen (Venae laterales, Taf. IG Fig. 7, Taf. 17 Fig. 17 vi] sind noch viel auffälliger und meist auch größer. Sie verlaufen dicht nach innen (und gewöhnlich ein wenig ventral) von der Seitenlinie als die sogenannten Lymphgefäße der- selben. Mit den medianen Hautvenen treten sie wohl in jedem Metamere durch etwas schräg verlaufende Quervenen in Connex^, so dass ein förmliches System von Canälen zur Ableitung alles Haut- blutes besteht (Taf. 17 Fig. 17 v(]. Ferner aber münden sie selbst überraschender Weise an beiden Enden in größere Venen. Wie sich der vordere Abfluss im Einzelnen gestaltet, habe ich nicht genau untersucht ^ , über die hintere Communication aber mit Hilfe der 1 Parker giebt pag. 720 von der Dorsalis an , sie beginne bei 3Iustelu& etwas vor der ersten Rückenflosse, also vorn auf dem Rumpfe. Die Ventralis; zerlegt er in eine vordere, die vom Schulter- bis zum Beckengürtel reiche, und in eine hintere, die vom Anus aus nach hinten ziehe; beide stehen aber um den Anus herum durch ein Ringgefäß in Verbindung. Ähnlich Sappey(1. pag. 341 c. pag. 38. Taf. 10 Fig. 1), welchen Parker nicht gekannt hat. Er lässt beim »Squale« die Dorsalis auf dem Hinterkopfe sich in zwei Zweigen hinter den Augen her in die Jugularis interna ergießen. 2 Bei den Injectionen füllen sich an den einzelnen Exemplaren stets andere- von diesen Quervenen; nimmt mau also die Resultate von mehreren Injectionen zusammen, so ergiebt sich, dass in der That jedes Segment seine Quervene hat. Mitunter zeigen Selbstinjectionen absterbender Thiere Ähnliches. 3 Auf Sappey's Schilderung der Laterales komme ich weiter unten pag. 324 zu sprechen. Parker nennt sie «Lateral cutaneous veins« und giebt pag. 721 an, sie entleerten ihr Blut nach vorn in die beiden «Subscapularsinuse«, und diese wiederum in die Cardiualsinuse. Dies ist richtig, genügt aber nicht. Sie lassen sich nämlich noch weiter nach vorn bis hinter die Augen verfolgen, wo sie dann zunächst dorsal eine quere Anastomose unter einander und mit der dorsalen Hautvene eingehen. Sie setzen dann ihren Weg in je einem Bogen, medial von den Augen weiter fort und enden vielleicht erst auf dem Vorder- über Eigenthiimlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 317 Schnittserien (vgl. die Abbildungen Taf. 16 Fig. 2 — 4) Folgendes ermittelt. Bis nahe zum Ende des Schwanzes verläuft jede Lateral- vene, wenn man von den eben erwähnten Quervenen absieht, als völlig geschlossenes ^ Gefäß und wird dabei immer enger. Aber schon im Anfange der Schwanzflosse gehen nach innen einige Äste von ihr ab, münden indessen nicht, wie man vermuthen sollte, in die Vena caudalis'^. sondern in die Venae ventrales. Diese selbst sind hier bereits paar, bilden die directe Fortsetzung der weiter vorn unpaaren Hautvene (s. oben pag. 316), können aber, da sie allmählich in die Tiefe rücken, füglich nicht mehr als Hautvenen angesprochen werden. Paar werden müssen sie, sobald die Knorpel der Schwanzflosse auftreten und sich gewissermaßen in das bis dahin einheitliche Grefäß von oben her hineinschieben; dies gilt natürlich auch für die vorn unpaare, hinten paare dorsale Hautvene. Während aber letztere nach hinten kleiner w^erden und bald gänzlich eingehen, werden die beiden Ventralvenen umgekehrt immer bedeutender (vgl. Fig. 2 n»it Fig. 4). Von Strecke zu Strecke, und zwar allemal da, wo die Knorpel der Schwanzflosse eine Unterbrechung erleiden, ver- schmelzen beide Venen wieder zu einem großen unpaaren Behälter (Fig. 6). Mehrere Male ^ nun findet die Verbindung der Lateralvenen mit den Ventralvenen statt; die Aste, welche dies bewerkstelligen, verlaufen meist so schräg von vorn nach hinten, dass sie auf dünnen Querschnitten (z. B. Fig. 4) nur stückweise zur Anschauung gelangen köpfe. — Wenn Parker ferner sagt, die Lateralvenen »anastomose posteriorly both with the caudal and with the dorsal cutaneous vein«, so ist das nicht ganz genau. Eine Anastomose liegt hier nicht vor, sondern das wahre Verhältnis ist derart, dass die Dorsalvene ihr Blut in die Laterales ergießt und diese es auf coraplicirtem Wege in die Caudalis schaffen oder wenigstens schaffen können. (Über die Circulation in diesen GefäI3en vgl. unten pag. 341.) 1 Die Zweiglein der Venae intercostales reichen zwar bis dicht unter die Haut an die Lateralis heran (Taf. 16 Fig. 7), treten aber mit ihr nicht in Ver- bindung. 2 An einem injicirten und dann geschnittenen Exemplare von S. canicula sehe ich freilich an einer Stelle einen directen Zusammenhang der Laterales mit der Caudalis durch einen sehr dünnen Ast, weiß aber nicht, ob hier nicht ein Kunstproduct vorliegt. An demselben Exemplare ist aber weiter hinten die Communication der Laterales mit den Ventrales genau wie oben geschildert. 3 Ich zähle bei einem nahezu reifen Embrj^o von S. canicula vier solche Äste; es mögen aber mehr sein, denn uninjicirt fallen sie leicht gänzlich zu- sammen und sind dann auf Schnitten nicht mehr zu erkennen. — Sappey (1. pag. 341 c. pag. 38 sagt, jede Vena lateralis »sabouche ,dans un renflement de nature fìbreuse qui s'ouvre dans la veine caudale«. Diese Darstellung ist, wie man sieht, dürftig und iingenau. 318 Paul Mayer (vgl. dagegen die combinirte Fig. 6, rechtes Antimeij. Gleichfalls mehrere Male, aber häufiger als mit den Laterales, communiciren die Ventrales mit der Vena caudalis , die übrigens hier bereits an Größe bedeutend hinter ihnen zurücktritt. Über die Entwicklung der genannten größeren und kleineren Gefäßstämme habe ich nur wenig beizubringen. Sie treten sammt und sonders erst sehr spät auf. Im Allgemeinen haben sie beim Embryo ein relativ weiteres Lumen, als beim jungen, aber bereits ausgeschlüpften Thiere. Was sich bei Jenem besonders gut studiren lässt, sind auf den Schnitten die Klappen, sowie überhaupt die histologischen Verhältnisse. Leydig' giebt zwar an, er habe sie sowohl an den Lymphgefäßen als auch an den Venen vermisst (pag. 69), allein sie sind in reicher Anzahl vorhanden, und zwar ganz regel- mäßig angeordnet'^. Um so seltsamer muss es erscheinen, dass auch Sappey, welcher offenbar große Exemplare von Haifischen secirte und nicht gleich Leydig in erster Linie die Histologie berücksichtigte, ganz bestimmt sagt : «Les veines des poissons ne préseutent pas de valvules sur leur trajet« (pag. 18) und nur am Sinus Cuvieri einige, noch dazu unvollständige zulässt. Vielleicht der nämliche Vorwurf ließe sich auch Parker machen, der sich allerdings jeglicher Be- merkung über Klappen enthält. In Wirklichkeit sind sie so reich vertreten, dass eine Injektion von der Vena caudalis aus nie gelingt. Ihre Struktur ist überall die gleiche und sehr einfache (Taf. 17 Fig. 5) : sie sind nichts als eine Fortsetzung des »Endothelrohres« des engeren Gefäßes in das weitere hinein, öffnen sich also für den in regulärer Richtung austretenden Blutstrom und schließen sich beim Andränge von der anderen Seite her, indem sie einfach zusammengeklappt und gegen die Wandung des größeren Gefäßes gepresst werden. Bei jüngeren Embryonen (z. B. bei 26 mm langen von Scyllium canicula oder 32 mm langen von S. stellare) fehlen sie noch völlig; später sind sie auch nur zwischen den Venae intercostales und der caudalis (Taf. 16 Fig. 2) , ferner zwischen den laterales und den ventrales (Fig. 4) , zwischen diesen und der caudalis (Fig. 3) , sowie endlich zwischen den aus der Analflosse und der ventralen Schwanzflosse das 1 F. Leydig , Beiträge zur mikroskopischen Anatomie und Entwicklungs- geschiclite der Rochen und Haie. Leipzig 1852. 127 pag. 4 Taf. 2 Nach Sappey (1. pag. 341 c.) hat Robin in einer älteren, mir nicht zu- gänglichen Schrift für die Anschwellung (»renflement ou ampoule terminale«) der Lateralvene einige Klappen constatirt, welche den Rückfluss des Blutes aus der Vena caudalis verhindern sollen (vgl. unten pag. 338). über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 319 Blut zurückführenden tiefen Venen einerseits und der Caudalvene resp. den Ventralvenen andererseits (Fig. Ì) vorhanden. Den Dorsal- flosseu fehlen sie also gänzlich K Auf Schnitten sind die Klappen, wie z. B. Taf. 16 Fig. 2 zeigt, nicht leicht zu übersehen, dagegen bedarf es bei der Präparation in toto frischen Materials und etwas größerer Sorgfalt, und dies mag wohl auch den Grund dafür abgeben, dass meine Vorgänger, an die bequemen Verhältnisse bei den höheren Wirbelthieren gewöhnt, sie einfach leugnen. Dazu kommt noch, dass sie nicht so weit in das Lumen der größeren Vene hineinragen und daher leicht als zufällige Faltungen gedeutet werden mögen. Gleichwohl sind es Rohre von derselben Form wie beim Embryo. An den Mündungen der Venae intercostales in die Caudalis sind sie ausnahmslos derart angebracht, dass ihre zarte Wandung vorn und hinten (also in der Längsrichtung des Thieres; in das Endothel des Gefäßes übergeht, sonst aber frei im Inneren derselben schwebt. Sie bilden also eine engere Ellipse in einem weiteren Kreise (Taf. 17 Fig. 6, 7, Jl). Die Configuration der Klappen oder sagen wir besser Rohr- ventile giebt natürlich auch ein Mittel an die Hand, um über die Richtung des Blutstromes ins Klare zu kommen, wenn directe Be- obachtung desselben nicht möglich ist. So sieht man z. B. auf Längsschnitten, dass im hinteren Abschnitte der Ventralvenen, die als lange Canale die ganze Schwanzflosse durchziehen, in gleich- mäßigen Abständen (allerdings in den Antimeren nicht genau ein- ander gegenüber) das Lumen durch Rohre verengt wird, die hinten von der Wand der Vene entspringen und nach vorn frei im Lumen enden (Taf. 16 Fig. 17; im Querschnitte Fig. 15). Offenbar hat man es hier mit Ventilen zu thun , welche den Strom des Blutes in der Richtung von vorn nach hinten unmöglich machen sollen (vgl. unten pag. 341). Von den Längsgefäßen sind beim erwachsenen Haie und auch schon bei den älteren Embryonen unpaar die Arteria und Vena caudalis, die Arteria spinalis und die dorsale und ventrale Haut- vene; letztere freilich nur in einem Theile ihres Verlaufes. Dass die beiden Hauptstämme des Gefäßsystemes von Hause aus paar sind, habe ich bereits in einer früheren Arbeit ^ nachgewiesen. Von den Hautvenen lässt es sich, da ihre Anfänge im Embryo schwer 1 Über ihr Vorkommen im Rumpfe habe ich keine Beobachtungen an- gestellt. 2 1. pag. 307 c. 320 Paul Mayer zu entdecken sind, zur Zeit nicht beweisen, gleichwohl aber annehmen, zumal sie bei den Rochen in der That fast ganz paar sind. Auch die Arteria spinalis scheint aus der Verschmelzung von 2 Arterien hervorgegangen zu sein. Bei jungen Embryonen {S. stellare von etwa 30 mm Länge) fehlt sie wohl noch, und meine Schnitte durch ältere, selbstredend nicht injicirte Embryonen zeigen sie mir entweder gar nicht oder bereits unpaar. Bei Torpedo ist sie dagegen deutlich paar. Hier liegen bei einem ziemlich alten Embryo in der Höhe des Spiraldarmes an der Ventralfläche des Rückenmarkes zwei Arterien dicht neben einander ; weiter nach hinten am Schwänze in der Höhe der vordersten Rückenflosse ist die Situation noch dieselbe, dann aber rücken sie weiter aus einander und liegen zuletzt — etwa am An- fange der Schwanzflosse — rechts und links fast seitlich vom Rücken- marke. Ich sehe letzteren Umstand für wichtig an, denn man könnte dazu geneigt sein, in der Verbreiterung des Körpers der Rochen den Grund für ein nachträgliches Paar wer den zu suchen; aber alsdann müssten sie gerade da , avo er schmaler wird , nämlich am Schwänze, einander näher rücken. Überdies ist aber bei Erwachsenen die Arteria spinalis in der Höhe der vordersten Rückenflosse und weiter nach hinten unpaar, also wohl aus jenen beiden verschmolzen. Dies dürfte sich demnach für Scyllium ähnlich verhalten. Noch muss ich einiger eigenthümlichen Clefäße erwähnen, die bei keinem früheren Autor Beachtung gefunden zu haben scheinen. Man sieht sie am besten auf Schnitten , wo man in dem Bindegewebe, das zwischen und neben Arteria und Vena caudalis liegt und den Hämapophysencanal ausfüllt, rechts und links meist je ein ziemlich bedeutendes Gefäß antrifft (Taf. 16 Fig. 7 avas). Ich habe, so lange ich mich auf das Studium der Schnitte beschränkte , nicht darüber ins Klare kommen können , ob es eine Arterie oder eine Vene war und wie es sich mit seinem Verlaufe eigentlich verhielt. Schließlich ist es mir aber mit Präparation iujicirter großer Thiere [Scyllium. Mustelus, Centrina^ Squatina) zu ermitteln gelungen, dass jede Arteria intercostalis gleich nach ihrem Ursprünge und noch innerhalb des Canales einen kleinen Ast abgiebt, welcher in der Richtung nach vorn verläuft und sich in jenem Bindegewebe verzweigt. Es kommt so eine arterielle Längsbahn zu Stande; sie steht durch zahl- reiche Quercanäle mit einer venösen Längsbahn in Verbindung, und von dieser aus gelangt das Blut, wie zu erwarten stand, einfach direct in die Caudalvene. Öffnet man letztere an einem großen Exemplare, so sieht man schon mit der Lupe in der Längslinie, 1 über Eigenthüralichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 321 welche die Mimduugen der lutercostalvenen jedes Antimeres verbin- det, auch hier und da kleinere Öffnungen (Taf. 17 Fig. 11 avas). Man trifft sie ungefähr in der Mitte zwischen jenen , also nahe den Intereostalarterien, aber durchaus nicht regelmäßig, sondern oft haben mehrere Segmente der Vene nur rechts je eine solche Öffnung, dann wieder links : sind ihrer 2 in einem Segmente vorhanden, so liegen sie nur selten einander genau gegenüber. Oft befindet sich eine da, wo unter ihr, natürlich getrennt durch Bindegewebe, die Ar- teria intercostalis hinzieht, meist jedoch sind sie vor oder hinter dieser Ebene gelegen. Auch sie scheinen Klappen zu besitzen, jedoch bin ich darüber nicht ins Reine gekommen. Eine Injection von diesen Öffnungen aus gegen den Strom ist mir nur ein ein- ziges Mal gelungen, und dann füllte sich ein ziemliches Stück der Längsbahn desselben Antimeres. Übrigens sind letztere Bahnen durchaus nicht einfache Canale, sondern bilden förmliche Plexus. — Ich finde nun im Rumpfe ein ähnliches Verhalten vor, und zwar in der Region der Nieren. Hier liegt auf Schnitten rechts und links von der Aorta gleichfalls ein kleiner Längsstamm, dessen aber weder Hyetl noch Parker noch Sappey Erwähnung thun. Es schien mir, als wenn er hier von Strecke zu Strecke in die beiden großen Pfort- adern der Niere, also in die directen Fortsetzungen der Vena caudalis nach vorn zu, münde i. Dies würde dem Verhalten im Schwänze entsprechen. Da wir es aber vielleicht nur mit Vasa vaso rum zur Versorgung der Hauptgefäße von Rumpf und Schwanz zu thun haben, so würde es beim jetzigen Stand unserer Kenntüisse kaum gestattet erscheinen, aus dem gleichen Verhalten dieser Gefäße in den beiden Körpertheilen irgend welche Schlüsse auf die frühere 1 Parker (pag. 704) findet es seltsam, dass die gebräuchlichen Lehrbücher sämmtlich mit Ausnahme von Eolleston bei den Selachiern die Venae cardi- nales direct, d. h. ohne Einschaltung des Nierenpfortadersystems, von der Cau- dalis bis zum Sinus Cuvieri reichen lassen, während doch Jourdain's Bestä- tigung der älteren Angaben von Jacobson in einer so bekannten Zeitschrift wie die Annales des Sciences naturelles (Tome 12. 1859) erschienen sei. Dem ist in der That so. Sämmtliche Autoren, die nicht etwa gleich Wiedersheim (2. Aufl. pag. 717) die heikle Materie in ganz allgemeiner Fassung darbieten {»es kann ein Nierenpfortadersj'stem eingeschoben sein«), haben offenbar auf die Autorität von Hyrtl und Stannius hin gehandelt, was um so eher erlaubt schien, als namentlich Hyrtl (1. pag. 314 c.pag. 11) in seinen unrichtigen Angaben merkwürdig bestimmt auftritt. Gegenbaur citirt allerdings in seiner ausführ- lichen 2. Ausgabe von 1870 Jourdain als Litteraturquelle , aber nur für die Vögel. Auch Pagenstecher, der sonst manchmal Eigenes darbietet, kennt Jourdain nicht. Dasselbe gilt für Owen. 322 Paul Mayer Ausdehming der Leibesliöhle nach hinten in den Schwanz hinein zu ziehen (vgl. auch unten pag. 326). Allgemeine Übersicht über das Circulationssystem im Schwänze der Rochen (incl. Squatma). Ich brauche hier nur die nicht besonders erheblichen Abweichungen vom Typus, als welchen ich für unser Thema die Haie betrachte, namhaft zu machen. Manche von ihnen lassen sich darauf zurück- führen, dass die Rochen brachy- und zugleich mehr oder weniger platyur sind , ihren Schwanz kaum als Bewegungsorgan , sondern mehr als Steuer oder auch als Waffe benutzen und daher ihn nicht so stark mit Blut zu versorgen brauchen. Dies gilt namentlich von den Rochen (im engeren Sinne, also Raja^ Trygon etc.) , wo er nur wenig mehr als ein Knorpelstab ist. Die Arterien scheinen, wenn wir von denjenigen absehen, welche in directe Beziehungen zu den Rückenflossen treten ^ , in Ursprung und Verlauf keinerlei Besonderheiten darzubieten'-^. Dagegen zeigen, entsprechend dem breiten Querschnitte des Schwanzes, bei Squatina die sonst unpaaren Hautvenen die Tendenz paar zu werden und dicht neben einander zu verlaufen. Jedoch ist dies Verhalten bei der ventralen weniger ausgesprochen als bei der dorsalen, und man kann nur von der letzteren sagen, es seien eigentlich 2 Venen, die an einzelnen Stellen ihres Verlaufes durch Verschmelzung unpaar werden. Hingegen treten sie bei den Rochen im Vergleiche zu den Haien an Bedeutung sehr zurück, was sowohl auf der geringen Ent- wicklung der vertikalen Flossen als auch auf der Gegenwart anderer Hautvenen beruhen mag. An Stelle der zwei Laterales nämlich existiren bei Raja vier, und zwar liegt ein Paar dorsal von der Seitenlinie, das andere mehr ventral (Taf. 16 Fig. 10 viel resp. vlv). Die beiden Längsstämme desselben Antimeres stehen natürlich durch zahlreiche Querzweige in Verbindung und gehen vorn im Rumpfe in einander über (Fig. 14, linkes Antimer). Dies giebt übrigens 1 Hierüber unten pag. 332 Genaueres; es wird sich dort auch ergeben, warum ich Squatina nicht mit den Haien , sondern gegen die Systematik mit den Rochen zusammen bringe. 2 Ais Litteraturquelle liegt nur eine ältere Arbeit von Ch. Robin vor : Recherches sur un appareil qui se trouve sur les poissons du genre des Raies [Baia Cuv.), et qui présente les caractères anatomiques des organes eléctriques. in: Ann. Sc. N. (3) Tome 7. 1847. pag. 193— 3U2. Taf. 3 u. 4. über Eigenthiimlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selacliier. 323 schon l\OBiN (pag-. 238 ff.) an und nennt die dorsale »veine laterale accessoire«. Auch Sappey (pag. 21) thut dies^, ohne freilich seines Vorgängers zu gedenken, und ich stimme hierin Beiden zu. Zwar wollte man als typische Seitenvene diejenige betrachten, welche dicht neben der Seitenlinie verläuft, so geriethe man bei Raja^ Tor- pedo etc. einigermaßen in Verlegenheit. Denn im größten Theile des Schwanzes stehen beide Venen von der Seitenlinie gleich weit ab (Taf. 16 Fig. 10 und 11), und zwar ist dann die latero ventrale in den eigenthümlichen Hautkiel hineingerUckt. Aber bei der Wan- derung, welche die Seitenlinie beim Übertritte vom Rumpf auf den Schwanz ventralwärts ausführt, wird sie von der lateroventralen Vene begleitet, indess die laterodorsale weit von ihnen entfernt bleibt (Fig. 9). Zudem liegt die letztere innerhalb der um die Seitenmuskeln gespannten Fascie, die lateroventrale hingegen außerhalb, wie der Seitencanal auch. (Dies Verhältnis ist freilich nur im Rumpfe und im Anfange des Schwanzes deutlich.) Mithin muss man, wie mir scheint, doch die laterodorsale Vene, obw'ohl sie manchmal au Größe der anderen gleichkommt, als einen Zweig der lateroventralen und diese als die typische Lateralvene betrachten. Merkwürdigerweise aber verlaufen bis an das Ende des Schwanzes nur die beiden latero- dorsalen Zweige, während kurz nachdem der Seitencanal eingegangen ist, die lateroventralen sich definitiv mit den ventralen Hautvenen vereinigen (Fig. 12). Wir erhalten also am Ende des Schwanzes ^ von Raja ein sehr einfaches Bild 'Fig. 13) : rechts und links von der Wirbelsäule je einen Seitenmuskel, dorsal und ventral in ziem- lich lockerem Bindegewebe je 2 große Gefäße, also ähnlich wie bei Scyllium^ wo wenigstens im vorderen Theile des Schwanzes (vgl. Taf. 17 Fig. 18) die paar gewordene Dorsalis noch ziemlich groß ist. Wir haben es aber bei RaJa nicht mit der wirklichen Dorsalis, 1 Für Sappey sind es Lymphgefäße. ~ Ausdrücklich sei aber bemerkt, dass hier nur von Embryonen die Rede ist ; ausgeschlüpfte haben einen ventral nahezu platten Schwanz. Da nun in ihm die Wirbelsäule ventral bis dicht unter die Haut reicht, so können die Ventralvenen erst ganz hinten einigermaßen umfangreich werden. Es scheint übrigens, als wenn auch hier wie bei den Scylliiden das Endstück des embryo- nalen Schwanzes abgeworfen oder resorbirt wird. Hierauf weist schon J. Wyman (Observations on the Development of RaJa latis. in : Mem. Amer. Acad. Arts and Sc. Cambridge and Boston (2) Vol. 9 1867 pag. 31- -44 1 Taf.) als möglich hin , und bestimmter kann auch ich mich nicht ausdrücken. Eine wortgetreue Wiedergabe der Hauptergebnisse von Wyman's Arbeit (offenbar nach einem Separatum^ findet sich in: Ann. Mag. N. H. (3) Vol. 14. 1864. pag. 399—400. 324 Paul Mayer sondern mit einem Zweige der Lateralis zu tliim. Auch Torpedo zeigt auf Schnitten nahe dem Schwanzende ein Bild wie llaja^ mit dem Unterschiede jedoch, dass dort die Schwanzflosse mit ihren Hautgefäßen dazu kommt, welche ja bei Raja fehlt. Bemerkenswerth für Torpedo ist der Umstand, dass die Trennung der Lateralis in 2 Zweige nicht schon im Rumpfe, sondern erst in der Höhe der hinteren Rückenflosse stattfindet: freilich beginnt der seitliche Haut- kiel , in welchen die Lateroventralis hineinrückt , auch erst hier, während er bei Haja fast die ganze Länge des Schwanzes ein- nimmt. Bei dieser Gelegenheit möchte ich bemerken, dass auch gewisse Haie am Rumpfe ein Paar accessorischer Seitenvenen zeigen. Dies zeichnet und beschreibt schon Sappey. Sein »Squale« besitzt außer der echten Lateralvene (als dem »satellite« der Seitenlinie) mehr ventral davon eine andere, die aber vorn und hinten in jene mün- det und, wie ich hinzusetze, offenbar mit der accessorischen Vene der Rochen nichts gemein hat. Ich selbst fand an einem älteren Embryo von Accmthias spec. , bei welchem sich die Hautgefäße sehr gefüllt zeigten, ebenfalls im Rumpfe eine mehr ventrale Vene, wäh- rend die eigentliche Lateralis, dorsal von jener gelegen, nach hinten noch weit in den Schwanz hinein sichtbar war. Bei Mustelus er- wähnt Parker dieser accessorischen Vene nicht, und auch ich finde sie bei erwachsenen Thieren weder hier noch bei ScylUiim. Dies stimmt zu der Bemerkung von Sappey (1. pag. 341 c. pag. 38) : »quelquefois ce tronc lateral n'existe pas« , falls man nämlich das Wörtchen »zuweilen« als gleichbedeutend mit »bei manchen Species von Squale« auffasst (vgl, unten pag. 347). Dagegen habe ich sie bei nahezu reifen Embryonen von Mustelus rulgaris allerdings nur als sehr dünne Vene gesehen, aber auch nur. weil sie gleich allen anderen Hautveneu bei den schon dem Tode nahen Thieren mit stagnirendem Blute überfüllt war. Auch Squatina hat solche Hilfs- venen, die gleichfalls ventral von der Seitenlinie verlaufen, aber schon in der Höhe der vorderen Rückenflosse ein Ende erreichen, während die eigentliche Lateralis der Seitenlinie bis zum Ende des Schwanzes folgt. Aus dieser gesammten Darstellung ergiebt sich als Hauptresultat, dass im Schwänze der Rochen (incl. Squatina) an größeren Längs- venen kein Mangel ist, dass aber ihre Zurückführung auf einander und auf diejenigen der Haie nicht immer angeht. Constant sind streng genommen für alle Selachier nur die Seitenvenen, während die über Eigenthiimlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selacliier. 325 dorsalen und ventralen Stämme je nach der Entwicklung der verticalen Flossen an Bedeutung- wechseln. Ich erwiihnte schon oben pag. 320, dass bei Embryonen von Torpedo die Arteria spinalis noch paar ist. Von der gleichnamigen Vene habe ich dies nicht bemerkt. Sie ist übrigens bei den Rochen (namentlich bei Raja ^, weniger bei Torpedo und Trygon) von auf- fälliger Weite (Taf. 16 Fig. 9 ró), bildet keinen Plexus und führt (auf Schnitten durch Embryonen und junge Thiere) stets Blut, Es bleibt mir, um der Unterschiede im Kreislauf bei den Brachyuren und Makruren sämmtlich zu gedenken, noch das Gefäß system im Haemapophysencanal zu erörtern übrig. Charakteristisch ist hier die geringe Ausbildung der Arteria und Vena caudalis derEochen gegen- über den Haien. Während beide Gefäße bei diesen bis an das Ende des Schwanzes deutlich bleiben, ist das bei jenen nur mit der Arterie der Fall. Und auch diese hat wenigstens bei RaJa eine so schwache Muscularis, dass sie auf Querschnitten iTaf. 1 7 Fig. 1 , 2) histologisch kaum von der Vena caudalis absticht 2. Und doch hätte sie in dem sehr weiten Knorpelrohre zu ergiebigen Änderungen in der Capacität Spielraum genug ! Aber da es weder im Schwänze selbst noch in seinen Flossen ausgedehnte Muskelmassen zu versorgen giebt, so wird der Impuls vom Herzen her wohl ausreichen. — Im Gegensatze dazu ist die Vena caudalis im Anfange des Schwanzes relativ weit (Taf. 16 Fig. 9, 26) und nimmt auch geräumige Intercostalveneu auf. Indessen schon nach kurzem Verlaufe im Canale gestattet sie sich (wenigstens bei RaJa) allerlei Unregelmäßigkeiten, d. h. rückt einmal nach rechts, dann wieder nach links, trennt sich in 2 mehr oder weniger ungleiche Aste Fig. 29), wird dann auch wohl wieder auf eine kurze Strecke unpaar und geht endlich noch vor der Region der vorderen Schwanz- flosse völlig ein (Fig. 10). An ihre Stelle treten dann functionell die »Vasa vasorum«, bis auch sie verschwinden. Alsdann liegt, überall von lockerem Bindegewebe mit kleinen Bluträumen umgeben, die Arterie mitten im Knorpel canal , und nun lässt sich auch an kleinen lebenden Exemplaren der Strom in ihr durch die Haut hin- durch deutlich wahrnehmen. Kurz vor ihrem Ende wird die Vena caudalis übrigens noch einmal wieder sehr geräumig, liegt dann auch genau median und nimmt sogar noch Intercostalvenen auf. Wer also zufällig nur aus dieser Region einen Querschnitt sähe , würde gar 1 Auch Robin (pag. 237) erwähnt dies. 2 Robin (pag. 234) verleiht ihr »des parois très rétractiles«, hat aber merkwürdigerweise die Nebengefäße ganz übersehen. 326 Faul Mayer nicht auf die Vermutliimg kommen, dass mehr nach vorn derartige Absonderlichkeiten existiren. Im Einklänge mit der vergleichsweise geringen Leistungsfähig- keit der Vena caudalis sind die beiden seitlichen Längsgefäße neben ihr auffallend groß. Ich habe sie oben bei den Makruren als Va sa vaso rum bezeichnet, und diesen Eindruck machen sie dort und auch bei Squatina. Ganz anders bei Raja, wo sie ihrer Größe wegen sich leichter studiren lassen. Im Kumpfe liegen sie zwischen den Nierenpfortadern und der Aorta descendens und gleich jenen dorsal von den Arteriae intercostales (Taf. 16 Fig. 25 avas). In der Gegend des Afters, hinter dem Ende der Nieren, sind sie ungemein groß (Taf. 17 Fig. 2) und bleiben dies auch, nachdem an Stelle der beiden Pfortadern die Vena caudalis getreten ist. Irgend welche Communi- cation mit der Aorta habe ich im Rumpfe nicht wahrgenommen, in- dessen waren die Schnitte (durch eine ganz junge, aber bereits aus- geschlüpfte Baja) hier nicht besonders gut. Dagegen fand ich vorn im Schwänze ganz deutlich den Zusammenhang mit den Arteriae intercostales in der Art, dass jede von den letzteren kurz nach ihrem Austritte aus der Caudalis einen Zweig zum Längsgefäße der be- treffenden Seite abgiebt (Taf. 16 Fig. 26 a%). Nach längerem oder kürzerem Verlaufe münden letztere dann in die Vena caudalis (Fig. 28), und zwar, wie schon oben pag. 321 für die Makruren ange- geben, nicht zusammen mit den Venae intercostales, sondern ein Stück davon entfernt. Ist dann noch weiter hinten die Vena caudalis ganz verschwunden , so nehmen an ihrer Stelle sie die Intercostalvenen auf, stehen aber auch noch mit den Intercostalarterien in Verbindung und liegen, wie im Rumpfe, dorsal von ihnen (Fig. 31). Wie gesagt, reichen aber auch sie nicht bis ans Ende der Wirbelsäule, so dass sich dort das gesammte venöse Blut in den 4 Hautvenen ansammeln muss (Fig. 12, 13) und in ihnen nach vorn befördert wird. Der bedeutende Umfang dieser Blutbahneu im Haemapophysen- canale legt die Frage nahe , ob sie wirklich als Vasa vasorum auf- zufassen sind oder eine andere Function ausüben resp. in der Vergangenheit ausgeübt haben. Da sie sich als Längsstämme durch den Schwanz hindurch in den Rumpf hinein erstrecken, so wäre es immerhin möglich, dass sie irgend wie geartete Derivate der Leibeshöhle darstellten und erst allmählich bei den Makruren zu unbedeutenden Gefäßen, welchen nur noch die Versorgung der Wandungen der beiden Hauptstämme obliegt, herabgesunken sind. So lange indessen nichts Genaueres über sie aus dem Rumpfe be- über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 327 kaunt ist, sind solche Muthmaßimgen ohne weitere Bedeutung. Ich sehe daher auch davon ab, einen eigenen Namen für sie in Vorschlag zu bringen. Bei Knochenfischen ist von homologen Bildungen mir aus der Litteratur nichts bekannt gew^orden. Jedoch beschreibt Sappey von Esox und Plenronectes einen unpaaren Lymphstamm ventral von der Vena caudalis, der vielleicht irgend wie damit zu thun hat. Auch JouRDAiN (1. pag. 321 c. pag. 343 Taf. 7 Fig. 2) kennt von Tinea eine »veine caudale accessoircfc Endlich soll bei Lophius nach Hoch- STETTER 1 überhaupt keine Vena caudalis existiren ; an ihrer Stelle 1 F. HoCHSTETTER, Beiträge zur vergleichenden Anatomie und Entwick- lungsgeschichte des Venensystems der Amphibien und Fische, in: Morph. Jahrb. 13. Bd. 1S87 pag. 119—172 Taf. 2—4. Citat pag. 138. — Diese Arbeit gelangte in meine Hände, als ich den Abschnitt über das Venensystem bereits abgefasst hatte, und enthält auch trotz des Titels fast nichts, worauf hier näher einzugehen wäre. Verf. hat die Entwicklung des Venensystems der Selachier an viel zu alten Stadien untersucht und bezieht sich daher für die Subintestinalis etc. auf Balfour. Über das Auftreten der Cardinales hat er nichts Näheres. Die Be- schreibung der Venen und venösen Räume in der Leibeshühle, unstreitig werth- voll, verliert leider viel an Interesse, weil ja von Neueren Parker und Sappey denselben Gegenstand mit Erfolg behandelt haben. Eine Vergleichung ihrer Angaben mit den HocHSTETTER'schen , somit eine kritische Würdigung der letzteren , liegt indessen außerhalb des Planes meiner Arbeit. Die Gefäße im Schwänze erörtert Verf. gar nicht; der Discussioni ob Lymphgefäß, ob Vene, gedenkt er nur unter Berufung auf Robin und beschreibt daher auch die Gefäß- netze am Darm etc. (vgl. unten pag. 360] auf Grund von Injectionen schlechtweg als Venen. Merkwürdig gering ist seine Litteraturkenntnis. So sagt er, er habe über das Venensystem der Selachier »abgesehen von den Beobachtungen, welche JouRDAiN über ihr Nierenpfortadersystem mittheilt, keinerlei Angaben in der Litteratur verzeichnet« gefunden. Nun schrieb aber Jourdain im Jahre 1859; es war also von vorn herein anzunehmen, dass doch spätere Arbeiten existirten. Und was hätte nun wohl , um der anderen , rein zoologischen Jahresberichte gar nicht zu gedenken, einem Prosector am anatomischen Institute näher liegen müssen, als den Jahresbericht von Hoffmann und Schwalbe zu befragen, wo im 10. Jahrgange 1. Bd. pag. 158 die Arbeit von Parker über das »venous system« verzeichnet steht ! Auch sollte man doch, wenn man über die Entwick- lung des Venensystems bei den Elasmobranchiern schreibt, von Balfour nicht nur die »Elasmobranch Fishes«, sondern auch die «Comparative Embryology« benutzen. — Am Schlüsse giebt Verf. ein »möglichst vollständiges« Litteratur- verzeichnis. Dies ist freilich lang genug, aber so durchsetzt mit Druckfehlern und anderen Irrthümern, dass es den einzigen Zweck, den es überhaupt haben kann, nämlich als Quelle zu dienen, unmöglich erfüllen wird. Was nützt z. B. das Citat: »Nicolai, Isis 1826« oder: »Jacobson, Isis 1822«, zumal, wenn die Hauptarbeit von Jacobson nicht aufgeführt wird? Was ferner: »M. Bonnsdorf, Bidrag Till Blodkärlsystemetr jemforande Ana- 328 • Paul Maj'er seien »zu beiden Seiten der Wirbelsäule mitten in die Musculatur eingebettet« 2 Venen vorhanden, um das Blut aus dem Sehwanze den Nieren zuzuführen. Ich habe, da mir letztere Angabe nicht recht zuverlässig vorkam, selber Z. piscatorius und budegassa daraufhin untersucht und finde, dass in der That die eigentliche Vena caudalis fehlt, dass aber die beiden Ersatzvenen nicht etwa mitten in der Musculatur, sondern im Wirbelcauale selbst liegen und sich ähnlich den oben geschilderten »Vasa vasorum« zu verhalten scheinen. Bei Lophius ist der Schwanz stark reducirt. wie schon daraus hervorgeht, dass bekanntlich kein Rückenmark, sondern nur eine allerdings volu- minöse Cauda equina in ihm vorhanden ist ; vielleicht hängt also die Ausbildung der »Vasa vasorum« mit der Rückbildung des Schwanzes irgend wie zusammen. Über den Kreislauf in den v erti cale n Flossen der Selachier. Ich kann hier Rochen und Haie zusammen abhandeln, da sie keine erheblichen Unterschiede darbieten. Als Typus werden natür- lich wieder letztere zu fungiren haben, weil ihre Flossen kräftige Leistungen ausführen und hierzu einer reichlichen Blutzufuhr be- dürfen, während sie bei den Rochen zu mehr oder minder bedeutungs- losen Anhängseln geworden und theilweise sogar total unterdrückt worden sind. Die Dorsales und die Analis sind einander fast gleich, und auch in der Caudalis ist im Wesentlichen der Kreislauf ähnlich. Es genügt also zunächst die genauere Betrachtung einer Dorsalis bei den Scylliiden oder Musteliden. In der Litteratur liegt hierüber so gut wie nichts vor. Hyrtl sagt (1. pag. 309 c. pag. 14) von Torpedo^ die vordere Dorsalis erhalte auf jeder Seite 2, die hintere nur 1 Arterie. »Jene der vorderen bilden zu beiden Seiten der Flosse einen von dem lateralen Flossenmuskel bedeckten Bogen, aus welchem die kleineren tomie Portven 595 temet hoi sadur Iota (Act. Soc. scient. fennicae T. III. pag. 571. 1S22.« WL'iin die Arbeit 1&52 erschienen ist, von E. J. Bonsdorff herrührt (fide Carus II. Engelmann) und «Portven-Systemet« von » Gadus Iota» behandelt? Gleich vielen anderen Citaten hat auch dieses Verf. von Jourdain entnommen, ist aber an den schlimmsten Fehlern darin selber Schuld. M. ist natürlich = Monsieur. Darum sollte auch der Titel einer Arbeit von Guillot nicht lauten : »M. Guillot, Natalis sur un reservoir particulier qui présente« etc., sondern: »Natalis Guillot, Sur un reservoir particulier que présente« etc. über Eigenthüinlichkeitcn in den Kreislaiifsorganen der Selachier. 329 Äste für die Flosse ausstrahlen, welche .... nicht nach der Richtung der Strahlen verlaufen , sondern dieselbe in verschiedenen schiefen Richtungen kreuzen.« Abbildungen giebt er nicht und über die Ver- hältnisse bei Baja schweigt er völlig. Auch Robin lässt hier fast ganz im Stich. Von den neueren Autoren bietet nur Parker eine kurze Bemerkung über die Vena profunda (vgl. unten pag. 335) mit Abbildung dar, während Sappey eine unrichtige Darstellung der ober- flächlichen Flossenvenen liefert. Die Arterien zu und in den Flossen. Schon oben pag. 314 habe ich kurz darauf hingewiesen, dass die Intercostalarterien nicht gleich den Nerven mehr oder weniger schräg, sondern fast senkrecht zur Längsachse des Körpers verlaufen. Dies wird natürlich besonders auffällig im Schwänze, weil dort die Verschiebung der Nerven groß ist Taf. 16 Fig. 23). Embryologisch lässt sich diese Thatsache leicht erklären, wenn man nur weiß, dass die Spinalnerven viel früher entstehen als die zugehörigen Gefäße ^ und bei der Verschiebung der Flossen längs der Wirbelsäule nach hinten hin passiv schräg gerichtet werden. Unterliegen doch auch die Flossenknorpel , wie ich früher erörtert habe-, gleichfalls dem Zug nach hinten nur wenig. Es geht daher auch nicht an, den segmentalen Werth einer Flosse aus Zahl und Position ihrer Arterien bestimmen zu wollen, vielmehr haben dabei die Nerven das entscheidende Wort zu reden. Die Arterien und im Großen und Ganzen auch die Venen) folgen in ihrem Verhältnisse zu den Halbwirbeln denselben Normen wie die Nerven. Während also im Rumpfe auf jeden Wirbel 1 Arteria inter- costalis und 1 gleichnamige Vene kommt — allerdings nur schematisch : für Torpedo z. B. giebt Hyrtl pag. 13 an, sie seien nicht sym- metrisch gestellt — , verschieben sie sich nach hinten derart, dass im Schwänze auf je 2 Halbwirbel nur 1 Arterie und nur 1 Vene zu rechnen ist, welche regelmäßig mit einander abwechseln. (Statt ein- gehenderer Beschreibung verweise ich auf die Zeichnung Taf. 17 Fig. 19, wo in Folge ungenügender Injection mit körniger Carmin- masse sich lediglich die Arterien gefüllt haben.) Dies ist auch bei Heptanchus der Fall; das Resultat spricht also, wie ich leider offen sagen muss, nicht für meine Hypothese von der Werthigkeit der Halb- wirbel : ich muss demnach die Zahl der schon früher von mir selbst dagegen geäußerten Bedenken (1. pag. 307 c. Flossen pag. 270) um eines vermehren. Nach dem neuen Befunde charakterisiren sich also 1 1. pag. 307 c. Entw. Herz. pag. 351. 2 1. pag. 307 c. Flossen pag. 25G. Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. B.l. 8. 22 330 Paul Mayer je 2 Halbwirbel als eine Einheit, welche einem Ganz- wirbel im Rumpfe gleichzustellen ist^ Auf ihrem Wege zur Dorsalflosse giebt der Ramus dorsalis der Arteria intercostalis einen Ramulus me dui lari s zum Rückenmarke ab. Hierüber noch einige Worte zur Ergänzung meiner obigen (pag. 314) kurzen Schilderung. Wie Taf. 16 Fig. 18 zeigt, verlässt die untere Wurzel des Spinalnerven das Rückgrat durch dieselbe Öffnung im Wirbelbogeu, welche auch der Vene zum Austritt dient; dagegen haben die obere Wurzel und die Arterie zwei getrennte Pässe, und zwar jene im Intercalarstück. diese hingegen im Bogen selber, etwa in gleicher Höhe mit dem Loche für die Vene 2. Nach Abgabe des Ramulus medullaris gelangt der Ramus dor- salis wieder näher zur Mittelebene des Schwanzes, von welcher er sich bei seinem Wege um den Wirbelkörper herum entfernt hatte (Taf. 16 Fig. 8), und tritt in die Flosse dicht an der dorsalen Mediane hinein. (Ganz medial liegt allemal die Vene, dann folgt die Arterie, darauf der Spinalnerv ; s. Fig. 23.) Sofort gabelt er sich, und zwar verläuft der eine Zweig ziemlich parallel den Knorpeln, der andere 1 Robin (1. pag. 324 c. pag. 233) hat bereits bemerkt, dass bei Raja die Arterien und Venen in dieser Weise mit einander abwechseln. Für Selaehier finde ich in der Litteratur sonst keinerlei Angaben mehr hierüber, dagegen wohl für Knochenfische. Nämlich C. Vogt (Embryologie des Salmones. Neuchatel 1842 pag. 234) und schon K. E. v. Baer (Untersuchungen über die Entwicklungsgeschichte der Fische etc. Leipzig 1835 pag. 24) haben an Coregonus resp. Ci/prinus beobachtet, dass Anfangs je 2 Wirbel nur 1 Arterie und 1 Vene in regelmäßiger Abwechslung haben, also genau so wie es bei den Selachiern am Schwänze zeitlebens der Fall ist. Vogt meint auch, es scheine, wenn der Wirbel rechts eine Vene habe, so sei links eine Arterie vorhanden. Vielleicht haben diese Thatsachen nicht bloß eine rein ontogenetische, sondern auch eine phylogenetische Bedeutung. Hubrecht geht in seiner neuesten Arbeit (The Relation of the Nemertea to the Vertebrata, in: Q. Journ. Micr. Sc. (2) Vol. 27 pag. 605 ff.) auch auf die hinteren und vorderen Wurzeln der Spinalnerven ein (pag. 627) und möchte sie auf Grund der Beobachtungen Anderer an Amphioxus und an Cyclostomen für ursprünglich selbständige Nerven angesehen wissen. Er nimmt also, auch ohne meine früheren Angaben über die Selaehier zu kenneu, eine Position ein, die mir nicht mehr haltbar erscheint. 2 Ich gab dies schon in der früheren Arbeit über die Flossen pag. 266 an, konnte jedoch damals nur Ein »Gefäß«, nämlich das arterielle, constatiren. Johannes Müller (Vergi. Anat. d. Myxinoiden 3. Forts. Gefäßsystem pag. 291) lässt die Arterien «durch die Foramina intervertebralia am ganzen Rückgrat eindringen«. Hyrtl (1. pag. 309 c. pag. 29) begnügt sich mit der Bemerkung, am Rumpfe seien die Eintrittsstellen der Arterien nicht die »Austrittslöcher der Rückenmarksnerven «. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 331 senkrecht darauf (Fig. 24). Einige von ihnen lassen sieh an reich- lich injicirten Exemplaren ' direct bis nahe ans Ende der Flosse, weit in ihren häutigen Theil hinein, verfolgen (Fig. 24). vSie bleiben dann natürlich dicht neben der dorsalen Mediane. Dagegen durch- setzen die meisten, um die Musculatur an der Basis der Flosse zu speisen, letztere in der Quere und sind in Folge davon nur kurz (Fig. 7). Von Interesse ist die ungemein starke Versorgung dieser Muskeln, die mir an meinen Präparaten stets viel auffälliger gewesen ist, als bei den Rumpfmuskeln, welche doch gewiss mehr zu leisten haben. Bekanntlich liegen in der Flosse wie die Knorpel so auch die Myotome einander nahezu parallel; nur die vorderen und hinteren sind unbedeutender und liegen auch mehr schräg zur Richtung der anderen. Jedes Myotom nun ist arteriell von seinem Nachbar an der Oberfläche völlig getrennt, in der Tiefe hingegen (also näher der Mediane zu) greifen die Arterienzweige von dem einen auf das andere über, was übrigens auch die feinen Venen thun. In jedem Myotome wiederum laufen die feinen Arterien theils parallel der Richtung der Fasern, theils quer darauf, und so entsteht ein dichtes und äußerst zierliches Maschenwerk , von dessen Con- figuration meine Zeichnung (Taf. 17 Fig. 3) nur eine gar schwache Vorstellung gewährt. Aus diesen Ca pilla ren tritt das Blut in die Venen über. Man kann dies Verhalten auch so ausdrücken, dass man sagt: jedes Myotom stellt einen schiefen Kegel dar, dessen ellip- tische Basis sich an derjenigen der Flosse befindet, während die ab- gestutzte Spitze weiter distal dem Knorpel anliegt; von innen nach außen durchsetzen ihn Arkaden von Gefäßen, welche das Blut nach ganz kurzem Verlaufe aus den Arterien in die Venen leiten. An der Spitze des Kegels hat eine starke Schlingenbildung statt, auch sieht man feine Gefäße in weitem Bogen von einem Myotom zum anderen übergreifen (Taf. 17 Fig. 4). Die Anzahl der Intercostalarterien, welche eine Flosse versorgen, ist keineswegs Constant, schwankt aber lange nicht so stark wie es bei den Spinalnerven der Fall ist. Denn arterielle Collectoren kommen nicht vor; überhaupt kann mau nur am vorderen und hin- teren Ende der Flosse darüber im Unklaren sein, ob noch 1 oder 2 Arterien Zweiglein hineinsenden. So ergiebt sich (Taf. 16 Fig. 24) für ScyUium canicula bei der Vorderflosse die Zahl von 4 Arterien, * Bei schwächerem Drucke füllen sich diese Zweige nicht, sondern alle Injectionsraasse strömt durch die Muskelgefäße. 99* 332 Paul Mayer während die 12 — 13 Knorpelstrahlen nur 3 Neurotomen entsprechen ; für die Analis zähle ich 6 — 7 Arterien , und dies stimmt zu den 26 — 27 Knorpeln. Bei Mustelus habe ich in die hintere Dorsali» 5 — 7 Arterienäste hineintreten sehen. Die beiden Antimeren jeder Flosse sind arteriell einander ganz gleich. Ich erwähne dies ausdrücklich, weil es bei den Venen nicht der Fall ist, und füge auch gleich die Einschränkung hinzu^ dass diese Symmetrie nur für die Makruren Geltung zu haben scheint. Denn bereits bei Squatina findet eine ganz merkwürdige Abweichung statt, welche an den Verlauf der Venen erinnert. Während nämlicb der vordere Theil der Flossenmusculatur in der gewöhnlichen Weise sein Blut empfängt, ist für den hinteren Theil, sowie für beinahe den gesammten häutigen Abschnitt der Flosse gemeiniglich die Arterie nur Eines Antimeres bestimmt, während die entsprechende des an- deren Antimeres verhältnismäßig unbedeutend ist (Taf. 16 Fig. 22). In der Flosse selbst schlägt die Ader, welche bis dahin mehr oder weniger schräg nach hinten zog, den entgegengesetzten Weg ein und beschreibt dabei im häutigen Theile einen großen Bogen, welcher dem der Vena postica (s. unten pag. 333) ziemlich parallel gerichtet ist (Fig. 21). Die Varianten im Verlaufe dieser Art e ria postica sind sehr zahlreich. Denn nicht nur, dass sie in der Vorderflosse links, in der Hinterflosse rechts und in der Schwanzflosse wieder links sein kann (Fig. 22 ; oder auch in beliebiger Weise anders : eine Regel habe ich nicht aufgefunden), so kommt es auch vor, dass in ein und derselben Flosse die Arterie zum linken , die Vene hin- gegen zum rechten Antimere gehört und umgekehrt (Fig. 21). End- lich gehört die Arteria postica nicht immer zu demselben Metamere,. so dass auch der Abstand zwischen denjenigen der beiden Flossen um 1 Metamer schwanken kann i. Ähnlich wie Squatina verhält sich auch Torpedo (Taf. 17 Fig. 16), nur scheinen hier die Unregelmäßigkeiten noch zuzunehmen. Von der Art ocellata fand ich nach Untersuchung mehrerer junger und alter Exemplare, dass die Arteria postica der hinteren Flosse die 7., 8. oder 9. hinter derjenigen der vorderen ist, dass sie also, um in den häutigen Theil zu gelangen, je nach dem Individuum ganz verschie- dene Wege einschlagen muss. Natürlich variirt auch hier das Anti- mer, von welchem sie ausgeht, auch erfolgt ihre Kreuzung mit der 1 In der Regel ist die Arterie der hinteren Flosse die 8. nach derjenigen der vorderen. Leider kann ich aber, wie schon früher (1. pag. 307 c. pag. 278) erwähnt, den Namen der Species von Squatina nicht angeben. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 333 Veua postica in verschiedenen Höhen der Flosse. Vielleicht lassen sich alle diese Besonderheiten darauf zurückfuhren, dass die Basis der Flosse verhältnismäßig schmal ist . so dass im Embryo leicht Verbindungen der hier nahe neben einander und noch dazu theil- weise ziemlich schräg verlaufenden Arterien stattfinden können und so ursprüngliche Nebenbahnen zu Hauptbahnen werden. Nicht viel anders scheint die arterielle Versorgung bei Raja zu geschehen. Hier verlaufen in der Flosse selber die Arterien sehr schräg von vorn nach hinten, also im Wesentlichen wie bei den Haien. Ich habe aber trotz aller Mühe keine recht befriedigenden Injectionen von der Arteria caudalis aus erhalten können; in der Regel geht die Masse schon ganz im Anfange des Schwanzes in die Venen über und füllt die Venen der Flossen, so dass die Arterien, vom Blute verstopft, kein Blau mehr aufnehmen. Aus diesem Grunde kann ich über die Ungleichheiten zwischen den beiden Antimeren im Einzelnen keinen genügenden Aufschluss geben und constatire nur, dass sie auch hier vorhanden sind. Die Venen in und von den Flossen. Wir haben hier wie bei den Körpervenen überhaupt zwei Arten zu unterscheiden: die oberflächlichen oder Hautvenen und die tiefen. Jene beschränken sich auf die schon oben pag. 316 erwähnten Bögen — ich bezeichne siealsVenae circulares — welche sich an der Basis der Flossen hinziehen und vorn wie hinten sich zur unpaaren dorsalen (bei der Analflosse natürlich ventralen) großen Hautvene vereinigen. Sie sammeln das Blut aus der gesammten Haut der Flosse (Taf. 16 Fig. 7, 23, 24, Taf. 17 Fig. 17, 18 vcirc). In dem Endtheil derselben, da wo sie nur noch aus den Hornfäden und der Haut besteht und vergleichsweise durchsichtig ist, verlaufen die aus den Capillaren hervorgehenden kleinen Venen ziemlich parallel zu der Richtung der Knorpel, treten aber dann sämmtlich in eine größere Quervene — ich nenne sie Vena postica, in den Figuren rp — ein, welche am Hinterrande der Flossenbasis sich zu einem kleinen Behälter erweitert und mit der Circulärvene zusammenhängt. In dieses Re- servoir, an welchem ich aber keinerlei Klappen oder Vorrichtungen zur Aufstauung des Blutes gefunden habe, mündet eine zweite Quer- vene (Taf. 16 Fig. 23 und 24 'op') , welche am distalen Rande der Knorpel nach vorn verläuft und das Blut aus diesen sowie überhaupt aus" den centralen Theilen der Flosse sammelt. Sie scheint, wie alle Venen, individuellen Schwankungen zu unterliegen; wenig- stens habe ich sie nicht immer durch Präparation deutlich machen 334 Paul Mayer können. Im Gegensatze zur stets uupaaren Vena postica ist sie wohl immer wenigstens im vorderen Theile der Flosse paar. Mit dem Behälter steht endlich eine dritte Vene in Zusammen- hang, die aber in der Tiefe verläuft und ebenfalls un paar ist. Diese Vena profunda (Taf. 16 Fig. 21, 23, 24 vprof] nimmt das Blut aus den Flossenmuskeln auf und erstreckt demgemäß ihre Hauptzweige ziemlich parallel denselben. Eigentlich sollte jede Flosse so viel tiefe Venen haben wie sie Arterien empfängt, denn beides sind ja die directen Fortsetzungen der Intercostalgefäße, mithin meta- merer Natur. Indessen hat jede Dorsalis nur eine einzige, die Analis je nach der Ausdehnung 2 — 4 und die Caudalis gleichfalls mehrere derartige Venen. Die übrigen, ihr von Hause aus gleichwerthigen Intercostalvenen verhalten sich so, als wenn keine Flosse existirte, d. h. sie sind nur für den Stamm, nicht aber für die Flosse vor- handen. Dies gilt auch für diejenige Vene, welche in demselben Metamer wie die Flossenvene, aber in dem anderen Antimere ver- läuft (Taf. 16 Fig. 7). Anfänglich hat mich dieser Umstand einiger- maßen überrascht, und ich glaubte, vielleicht bei der Präparation die andere Vene zerstört zu haben. Indessen ist in der That die Vena profunda nur in dem einen Antimer entwickelt und greift natürlich in der Nähe der Flossenbasis (Fig. 7) mit einem Zweige auf das andere hinüber. Dies thun aber auch manche Venen in der Flosse selbst, indem sie die mediane Scheidewand durchbohren. Auch die Vena postica liegt, wie Schnitte lehren, meist nicht genau in der Mediane *. Es schien mir nicht ohne Interesse zu ermitteln, ob die Asym- metrie der Vena profunda bei ein und derselben Species oder auch nur bei den sämmtlichen verticalen Flossen eines Individuums Constant sei. Derartige Freilegungen der Vene sind, da sie auf beiden Antimeren geschehen müssen, recht mühsam und das Ke- sultat ist noch dazu einfach gewesen: die Einrichtung ist regellos. Bei einem S. canicula war die Vene in der vorderen Dorsalis links, in der hinteren rechts; bei einem anderen Exemplare lagen beide rechts; bei einem dritten die vordere rechts, die hintere links etc. Von 9 Individuen hatten sie 7 in der Vorderflosse links, 2 rechts, von 6 unter ihnen 3 in der Hinterflosse rechts, 3 links. Bei Mustelu& 1 In meiner ersten Arbeit über die Flossen habe ich sie auf Taf. 16 Fig. 11 abgebildet und von ihr pag. 237 erwähnt, zu ihrer Bildung trete ein rechter und ein linker Ast zusammen. Dies bezieht sich auf die beiden Bogen der Vena circularis. über Eigenthümliclikeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 335 lag bei einem Exemplare in der vorderen Dorsalis die Vene rechts, in der hinteren und in der Aualis dagegen links. Ein anderes hatte in der Hinterflosse die Vene rechts, ein drittes wieder links. Eben so wenig herrscht Constanz im Verhältnis der Vena profunda zu den Knorpeln der Flosse. Mitunter verläuft sie von einer Dorsalis nach der Vena caudalis zu um ein Metamer weiter nach vorn als ge- wöhnlich'. Vielleicht ist das so zu erklären, dass im Embryo noch sämmtliche Intercostalvenen einer Flosse in gleicher Weise bei der Ab- fuhr des Blutes aus ihr betheiligt sind und dass erst allmählich eine von ihnen die Oberhand gewinnt. Warum dies überhaupt geschehen muss und nicht lieber sämmtliche Venen gleiche Rechte haben, dafür weiß ich keinen Grund anzugeben. A priori würde Niemand das wirk- lich bestehende Verhältnis ahnen können. Da es aber auch bei Hep- tanchus sich genau in derselben Weise vorfindet, so muss es wohl eine uralte Einrichtung bei den Selachiern sein 2. Von der oberflächlichen Circulärvene jeder Flosse geht jederseits wenigstens 1 Zweig quer oder etwas schräg ab- resp. aufwärts zur Vena lateralis des betreffenden Antimeres (Taf. 16 Fig. 7, 11, Taf. 17 Fig. 17 vi). Auch hierin herrscht keinerlei Regel. Sappey zeichnet für die vordere Rückenflosse seines »Squale« 3 solche Quer- zweige und lässt zugleich die Vena postica vorn und hinten in die Circularis münden. Letzteres ist entschieden ein Irrthum, überhaupt macht die ganze Abbildung, so weit die Flosse in Betracht kommt, keineswegs den Eindruck einer genauen Copie von der Wirklichkeit. Im Texte pag. 39 behauptet er, die Vena postica — für ihn wie alles Übrige natürlich ein Lymphgefäß — sei in beiden Antimeren vor- handen, was ich gleichfalls bis auf Weiteres bezweifeln muss. Eine kurze Darstellung liefert Parker von der Vena profunda der Rumpfdorsalis bei Mustelus. Er sagt pag. 720, die dorsale un- paare Hautvene zerfalle am Hinterrande der Flosse in die zwei Zweige, 1 So habe ich bei S. caniciila gefunden , dass die Vena profunda der hin- teren Dorsalis die 12. oder 13., ja sogar die 14. Intercostalvene hinter derjenigen der vorderen ist. ~ Ich hätte hiermit gern die Verhältnisse in der Rückenflosse der Cetaceen verglichen. In der Litteratur fand ich darüber nichts, aber Herr Prof. Max Weber in Amsterdam untersuchte auf meine Anfrage in zuvorkom- mendster Weise eigens einen Lugenorhynchus albirostris und erlaubte mir auch das Resultat zu veröffentlichen. Danach begleiten die Intercostalvenen durchweg die Arterien und verrathen keinerlei Asymmetrie, also kann von einer Analogie zwischen Cetaceen und Selachiern in diesem Punkte keine Rede sein. Allerdings ist auch die Rückenflosse der Wale eine bloße Hautbildung und entbehrt des Skelettes durchaus. 336 Pä^il Mayer welche die Circulärvene bilden, und in einen dritten, welcher in der Tiefe abwärts ziehe und sich bei dem einzigen hierauf untersuchten Exemplare in die linke Nierenpfortader ergieße. Er hat demnach die Asymmetrie der Vena profunda wohl bemerkt und nur ihre Zu- fuhrwege aus der Flosse selber übersehen. Von der hinteren Dor- salis giebt er gar nichts darüber an. Den Haien, welchen die obigen Darlegungen gelten, schließen sich Squatina (Taf. 16 Fig. 21) und Torpedo (Taf. 17 Fig. 16) an, mit dem Unterschiede jedoch, dass bei T. im Einklänge mit der enormen Entwicklung der Hautgefäße überhaupt (vgl. oben pag. 323) die Venae circulares bei Weitem das meiste Blut aus der Flosse weg- schaffen und der Vena profunda nicht viel zu thun übrig lassen. Letztere ist aber hier darum nicht etwa weniger regellos als bei den Haien. Bei einem sehr kleinen Exemplare von T. marmorata fand ich übrigens unerwarteterweise einmal die Venae profundae der beiden Dorsales paar. Eigenthümlich verhält sich Raja^ was aber verständlich wird, wenn man überlegt, dass in der Höhe der Flossen die Vena caudalis bereits eingegangen ist (vgl. oben pag. 326). Da wird dem Blute aus den Flossen kaum ein anderer Weg übrig bleiben, als aus den Venae posticae und circulares in die großen Hautvenen überzugehen. In der That sind diese geräumig genug. Der Behälter am Hinter- rande jeder Flosse, der bei den Haien verhältnismäßig klein ist, dehnt sich hier in dem Hautlappen, welcher die eigentliche Flosse mit dem Stamme verbindet, weit nach hinten aus und kann daher viel Blut fassen. Mehrere Male habe ich bei der lujection von einer Vena laterodorsalis aus bemerkt, dass die auf der Seite liegenden Flossen sich sofort aufrichteten, obwohl der Druck nicht besonders groß war. Mithin besteht bei Raja die Möglichkeit, durch Auf- stauung des venösen Blutes in den Hautbehältern auch ohne Zuhilfe- nahme der Musculatur die Flossen senkrecht zu stellen; ob sie aber unter normalen Umständen auch benutzt wird, weiß ich nicht, wie ich denn ebenfalls hier keinerlei Vorrichtung zur Aufstauung des Blutes gesehen habe. Leider sind mir. wie schon oben erwähnt. Schnittserien durch injicirte Exemplare von RaJa nicht gelungen; auch stellen sich dem Präpariren von feinen Venen hier größere Schwierigkeiten entgegen als bei den Haien. Ich kann daher die völlige Abwesenheit der Venae profundae, welche natürlich in die »Vasa vasorum« münden würden, selber nicht für bewiesen halten, sondern nur vermuthen. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorgancn der Selachier. 337 2. Über das sogeuamite Ly in phgefäfssy stein der Selachier. Im ersten Abschuitte habe ich eine Anzahl von Gefäßen, vor- nehmlich solche, die in oder nahe der Haut verlaufen, als Venen beschrieben, und es wird sich jetzt darum handeln, klar zu legen, dass wir es wirklich mit solchen und nicht mit Lymphgefäßen zu thun haben. Als ich mich mit der Untersuchung der Circulation bei den Selachiern zu beschäftigen anfing, war ich sehr erstaunt darüber, dass so große Venen, wie z. B. die Laterales, bisher der Aufmerksamkeit hatten entgehen können: erst später sah ich, dass sie in allen Hand- und Lehrbüchern unter dem Capitel Lymphsystem aufgeführt werden. Parker hat, wie er auf pag. 716 constatirt, an sich die gleiche Erfahrung gemacht. Was ist nun bisher im Allgemeinen als Lymphgefäß , was als Vene angesprochen worden, und worauf stützt sich diese Unterschei- dung? Die erste Frage ist leichter zu beantworten als die zweite. Stanxiusi kennt als Venen, abgesehen von denen an den Einge- weiden und am Kopfe, die uns hier vorläufig nicht angehen, nur die Caudalis mit ihren beiden Fortsetzungen im Rumpfe, sowie die Inter- costalvenen 2. Als Lymphgefäße betrachtet er dagegen (pag. 252 ff.), wiederum abgesehen von denen der Eingeweide und des Kopfes, »Längsgefäße im Canalis spinalis« , ferner die »zwei Seiteu- längsstämme« (unsere Laterales) , welche durch Quergefäße mit »mehre- ren mehr dorsal gelegenen Längsgefäßeu« (unseren Venae dorsales) in Verbindung stehen; ferner einen »unpaaren epigastrischen Längs- stamm«, den ich nach der kurzen Beschreibung nicht recht unterzu- bringen weiß ; endlich »untergeordnetere oberflächliche Längsstämme«, wohin z. B. die Circulärvenen der Flossen gehören. Diese Dar- stellung findet sich in den bekannten Lehrbüchern von Owen, Wie- DERSHEiM und Gegenbaur wieder und ist ohne Zweifel aus Stannius geschöpft. Auch H. Milne Edwards ^ hält sich im Wesentlichen an Stannius, fügt aber vorsichtig hinzu, das Lymphgefäßsytem der Fische bedürfe in mehreren Punkten noch sehr der Aufklärung. Der Lymphstämme der Haut seien im Wesentlichen nur drei, nämlich ein 1 Herm. Stannius , Handbuch der Anatomie der Wirbelthiere. 2. Aufl. Berlin 1854. I.Buch. Die Fische, pag. 246 ff. - Nach unserer Nomenclatur; er nennt sie »Venen der Rumpfwandungen«, während seine Vertebrales posteriores jetzt als Cardinalcs bezeichnet werden. Eine ausführliche Synonymie der Venen giebt Parker. 3 H. MiLNE Edwards , Legons sur la physiologie et l'anatomie comparée de l'homme et des animaux. Paris. Tome 4. 1869. pag. 471 ff. 338 Paul Mayer medio- ventraler und zwei laterale. Die beiden letzteren beschreibt er, was übrigens auch Stannius thut, unter Anlehnung an Hyrtl, hat jedoch eine uns interessirende Anmerkung (pag. 472), die ich bei ihrer Kürze wörtlich citire : »Dans ces dernières années, on a méme élevé des doutes sur la nature de quelques parties qui sont généralement attribuées à ce Systeme de vaisseaux. Ainsi M. Robin a trouvé du sang dans le vaisseau lateral chez les Raies et les Squales, circon- stance qui l'a porte à croire que ces organes ne sont que des vaisseaux veineux", et je dois ajouter que M. Natalis Guillot en étudiant le vaisseau lateral chez des Carpes Vivantes, en a vu sortir du sang; mais M. Hyrtl a reconnu que, dans la plupart des cas au moins, ce méme vaisseau ne reuferme qu'un liquide séreux.« Obwohl also Milne Edwards zwei Autoren namhaft macht, welche in den Lateralgefäßen Blut gefunden haben, so gilt ihm doch die Autorität Hyrtl' s mehr. Stannius seinerseits hat offenbar Robin's Arbeit nicht gekannt, sonst würde er vielleicht in seinen Angaben schwankend geworden sein. Was aber hat Hyrtl dazu veranlasst, die Lateralgefäße und mit ihnen natürlich auch die übrigen Längsstämme in der Haut für Lymph- gefäße anzusehen? In seiner Arbeit- aus dem Jahre 1843, die frei- lich nur über Knochenfische handelt, beschreibt er zunächst ihren Caudalsinus 3, d. h. den paaren Behälter in der Schwanzflosse, welcher mit der Vena caudalis in Zusammenhang stehe und vielleicht * Ch. Robin, Note sur le systéme sanguin et lymphatique des Raies et des Squales. in: Journ. l'Institut. Tome 13. 1845. pag. 452. 2 J. Hyrtl, Über die Caudal- und Kopf-Sinuse der Fische, und das damit zusammenhängende Seitengefäß -System, in: Arch. Anat. Phys. Jahrg. 1843. pag. 224—240. Taf. 10 u. 11. 3 Derselbe ist wahrscheinlich den paaren Ventralvenen im Schwänze der Selachier (vgl. oben pag. 316) homolog, obwohl diese bestimmt nicht contractu sind und sich über eine viel größere Anzahl Metamere erstrecken. Auch Sappey scheint (1. pag. 341 c. pag. 38) dies für das »renflement ou ampoule terminale« der Seitenvenen, mittels dessen diese in die Vena caudalis münden sollen, an- zunehmen. Hyrtl sagt nicht, ob das Caudalherz der Aale ebenfalls ein Lymph- behälter sei. Nach Owen (1. pag. 314 c. pag. 465) enthält es Blut »and some affirm, also lymph«. Sappey schätzt (pag. 47) die Anzahl seiner Pulsationen auf 84 — 88 in der Minute und hält es für total verschieden von den Caudal- ampuUen der anderen Knochenfische, da diese in Folge des Mangels an quer- gestreiften Muskeln nicht contractu seien. Ich selbst habe an einem jungen Conger 100 — 150 Schläge in der Minute gezählt, aber sie waren sehr unregelmäßig und setzten oft ganz aus. Der Inhalt war makro- und mikroskopisch unzweifel- haft Blut. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 339 coutractil sei. Da er nach dem Herauspräpariren aus dem Körper kein Blut, sondern nur «einige Tropfen eines wasserklaren Serums« enthalte, so sei er kein Blutbebälter. In ihn münden nun die beiden Seiteugefäße, und bei lujeetionen von einem der letzteren aus lasse sieh leicht das ganze Venensystem, ja sogar ein Theil des Arterien- systemes füllen. Gleichwohl seien auch die Seitengefäße keine Bluträume, denn sie enthalten ebenfalls nur »klare, wasserhelle« Flüssigkeit. Dieser Behauptung steht für die Selachier zunächst diejenige Eobin's 1 aus dem Jahre 1867 gegenüber. Robin giebt nämlich unter Hinweis auf seine älteren, mir leider nur theilweise zugänglich ge- wesenen Schriften über denselben Gegenstand an, er habe anfäng- lich das Seitengefäßsystem auch für lymphatisch gehalten, sei aber schon 1845 ganz davon zurückgekommen 2. j)I1 s'est assuré que, dans l'état normal, ces vaisseaux contiennent du sang, et ne sont réellement que des veines«. Auch Parker sagt ausdrücklich von seinem System der Hautvenen (pag. 720): »as far as my experience goes the vessels in questiou invariably contain blood«, wobei ihm nur der Irrthum unterläuft, dass er Kobin für einen Vertreter der falschen Ansicht hält. Meine eigenen Beobachtungen endlich über den Kreislauf in den Hautgefäßen haben Folgendes ergeben. Die großen Haie sind gänzlich undurchsichtig, bei jungen Scyl- lium canicula und Mustelus (diese sind wegen ihrer dünneren Haut vorzuziehen) ist eigentlich auch nur in den Flossen Blut zu er- kennen. Man sieht hier die Vena postica angefüllt und kann auch unter Umständen den Strom in ihr verfolgen. Bei Injectionen in die Arteria caudalis füllen sich in der Flosse zunächst die Arterien und dann erst bläut sich die Vena postica. Es ist also keinem Zweifel unterworfen, dass wir es mit einer Vene zu thun haben. Ich muss hier aber gleich eines Umstandes gedenken, der vielleicht den Schlüssel zu Hyrtl's Befunden an den Seitenvenen liefert. Überlässt man nämlich junge S. canicula in einem Bassin sich selbst, so kann man, wie schon gesagt, in den Venae posticae sämmtlicher Flossen — die paaren besitzen sie auch — das Blut deutlich roth durchschimmern sehen. Allerdings zeigt manches Individuum mehr, manches weniger 1 Ch. Robin, Memoire sur l'anatomie des lymphatiques des Torpilles com- parée à celle des autres Plagiostomes. in: Journ. Anat. Phys. Tome 4. 1S67. pag. 1—34. Taf. 1—3. - Note de M. Eobin, présentée par M. Edwards, in: Compt. Rend. Tome 21. 1845. pag. 1282. 340 Paul Mayer Blut. Reizt man nun die Thiere zu lebhaften Bewegungen, so dauert es oft gar nicht lange (einige Minuten), bis die Venen anscheinend blutleer sind. Erst nach 10 — 15 Minuten der Ruhe ist die rothe Farbe wiedergekehrt. Bei ruhigem Schwimmen hingegen behalten die Venen ihr Blut: auch haben in der Ruhe oft die Venen beider Brustflossen nicht den gleichen Inhalt. Aus all diesen Thatsacheu geht hervor, dass diese Gefäße zu Zeiten voll Blut, zu anderen da- gegen blutleer sind. Ist Letzteres der Fall, so enthalten sie immer noch Flüssigkeit, da ja aus den umliegenden Geweben durch die zarte Wandung solche in sie hinein diffundiren muss. Würde man aber dann das Gefäß anschneiden, so gelangte man ohne Weiteres bei Prüfung des Inhaltes zum Schlüsse , es sei ein Lymphgefäß, während es doch eine momentan blutleere Vene ist. Diese Überlegung gilt natürlich auch für die Lateralvenen. So habe ich selber bei einem großen chloroformirten Exemplare von S. canicula aus den Hautvenen — auch aus einer Lateralis — absolut keine Flüssigkeit gewonnen; erst nach Erholung aus der Narkose zeigte sich in den durchschnittenen Muskeln Blut. Mithin sind auch Hyrtl's an sich richtige Angaben nicht für seine Folgerungen beweiskräftig i. Bei Embryonen ist die Haut durchsichtig genug, um Beob- achtungen des Kreislaufes an einigen Stellen zu gestatten. So z. B. in der Vena profunda der Dorsales, wo ich bei einem 25 mm langen S. canicula die Richtung des Stromes deutlieh sah. Bei demselben Embryo führten die Laterales kein Blut und existirten die Hautvenen in den Rückenflossen noch nicht. An einem anderen Embryo con- statirte ich jedoch , dass der Strom des Blutes in der Lateralvene von hinten nach vorn geht''^, und dies war auch in den (ventralen 1 Hyrtl sagt speciell voo der Lateralis eines quer durchschnittenen Esox oder Salmo: »Trocknet man die Schnittfläche ab, und streift mit dem Finger längs der Seitenlinie herunter, so quillt aus der Durchschnittsöflfnung des Seiten- gefäßes ein klarer, wasserheller Tropfen, der sich unter dem Mikroskope bei 360 Lin. Vergrößerung wie der Inhalt des Caudalsinus verhält. Bei Thieren, die außer dem Wasser abstanden, enthält das Gefäß häufig Luft und gar keine oder sehr wenig Flüssigkeit« (pag. 232). Dies berechtigt aber doch keineswegs zur Deutung der Vene als Lymphgefäß. 2 Hyrtl findet es pag. 230 -sonderbar, dass das vordere und das hintere Ende des Seitengefäßes mit dorn Venensysteme sich verbindet , da der Strom seines Inhaltes nach entgegengesetzten Richtungen stattfinden, und in der Länge des Seitengefäßes ein Punkt existiren muss, von wo aus die vor- und rückwärts gehende Strümung beginnt«. Das anatomische Factum ist richtig (vgl. oben pag. 31Ü), die Folgerung aber kann ich nicht ohue Weiteres annehmen. Wie überall so ist es auch hier misslich, sich ohne directe Beobachtung eine über Eigenthiimliclikeiten iu den Kieislaufsorganen der Selachier. 341 oder eigeutlichen) Laterales ausgesclilUpfter , noch leidlich durch- sichtiger Exemplare von Ruja punctata der Fall ^ Auch die Circulär- venen der Flossen enthielten hier und bei den Embryonen von S. ((ttulus Blut. Eechnet man dazu noch, dass man auf Schnitten die großen Hautgefäße stets mehr oder weniger voll Blut findet, so kann, glaube ich, kein Zweifel über das Endresultat bestehen. Hiernach sind die Hautgefäße der Selachier keine Lymph- gefäße, sondern Venen. Zu diesem Schlüsse war ich schon im Winter 1S85/6 gelaugt, bevor noch die Arbeit Pakker's selbst in ihrer vorläufigen Gestalt (Proc. R. Soc. London Vol. 40 pag. 472 ff.) in meine Hände gerieth. Indessen bald wurde ich durch eine auf- fällige Notiz im Zool. Jahresberichte f. 1880. IV. pag. 57 stutzig gemacht, auf die ich bei Durchforschung der Litteratur stieß. Sappey habe — so referirt Carus in dankenswerther Weise — durch eiue besondere chemische Methode bei den Plagiostomen nicht nur Lymph- gefäße, sondern auch ungeheuere Mengen von Lymphherzen entdeckt. Hatte Sappey wirklich greifbare anatomische Kennzeichen für Lymph- gefäße aufzufinden gewusst? Sein wohlbekannter Name ließ Brauch- bares vermuthen, indessen hat die Arbeit"^ meinen Erwartungen nicht entsprochen. Sie ist aber schon wegen ihres Autors und auch wegen ihrer ungewöhnlichen Gestalt — Imperialfolio mit riesigen, sehr plastisch lithographirten Abbildungen — dazu geeignet, Auf- richtige Anschauung vom venösen Kreislaufe zu bilden. In den beiden Ventral- venen ist wegen der Rohrventile (vgl. oben pag. 319) eine Strömung nach hinten nicht möglich; nach vorn wird sie auch kaum erfolgen, weil hier der Querschnitt zusehends geringer wird. Mithin muss das Blut, welches etwa aus dem Ende der Laterales durch die schrägen Canale (vgl. oben pag. 317) in die Ventrales gelangen könnte, hier umwenden und (in Folge der Aspiration vom Herzen her) durch einen der vielen Canale in die Vena caudalis strömen. (Dass es umge- kehrt aus den Ventrales in die Laterales geriethe, wird ja durch besondere Klappen verhindert.) Wahrscheinlich haben aber die vergleichsweise sehr ge- räumigen Ventrales normalerweise nur die Rolle von Behältern zu spielen, in denen sich das venöse Blut aus der Haut der ganzen Schwanzflosse an- sammelt, um von hier aus wieder in die Circulation zu gerathen, und sind die hinteren Ausmündungen der Laterales in die Ventrales nur Nothauslässe. Jedenfalls stimmt diese Annahme zu den obigen Angaben über die Richtung des Stromes in den Laterales. 1 Einige beinahe reife Embryonen von Mustelus laevis , welche nach ihrer Befreiung aus dem Uterus bereits über 14 Tage lang ganz munter iu einem geräumigen Bassin leben, haben die sämmtlichen Venae posticae Constant mit Blut gelullt Leider sind sie zu dunkel gefärbt, um den Inhalt der Laterales erkennen zu lassen. (Zusatz bei der Correctur.) ■^ Ph. C. Sappey, Etudes sur l'appareil mucipare et sur le Systeme lym- phatique des poissons. Paris, Delahaye 1880. Folio. 64 pag. 12 z. Th. col. Taf. 342 Paul Mayer sehen zu erregen. Man wird es mir also wohl nicht verübeln, wenn ich die Besprechung- etwas ausführlich werden lasse , zumal das Werk selber nur schwer zugänglich ist, wie es scheint, so schwer, dass selbst ein specieller Landsmann ^ des Verfassers bei einer jüngst erschiene- nen Arbeit über die Milz es nicht benutzt hat. Eine Kritik des kurzen Abschnittes über die «Schleimcanäle« zu geben, überlasse ich Anderen- und halte mich nur an den uns speciell berührenden Theil. Hier wäre zunächst zu bemerken, dass Sappey's Litteraturkenntnis sich fast ganz auf Milne Edwards zu beschränken scheint; wenig- stens finde ich sonst an Quellen nur citirt einige ältere Arbeiten von Robin, ferner Sappey über den Respirationsapparat der Vögel, Hyrtl über den Caudalsinus, sowie Leydig's »Traité d'histologie« (1866). Diese Vernachlässigung der Litteratur rächt sich denn auch in so fern, als ich zeigen kann, dass Sappey's Hauptentdeckung, von ihm mit großer Wärme vorgetragen, bereits von Leydig gemacht, wenn auch anders gedeutet worden ist (s. unten pag. 345). Als Typen für die Selachier dienen ihm «la Raie« , also Baja spec. , cursorisch auch Squatina , und ferner von Makruren »le Squale«, was so viel wie «Hai« bedeutet und nach den Abbildungen irgend ein Mustelide sein mag. Dass er keine genaueren Angaben über seine Objecte macht, darf nicht befremden, versteht er doch unter »Sélaciens ou Plagiostomes'f nur Baja und stellt sie den »Squales« gegenüber. Besonders charakteristisch für die Arbeit sind die Untersuchungs- methoden. Die Injectionen macht Sappey mit metallischem Queck- silber, aber auch mit »vernis ou une solution de gomme colorée avec le jaune de chrome«; sie liefern nach ihm bei einiger Übung gute Resultate. Neu und wichtig ist die Anwendung von Reagentien, unter denen besonders Chlornatrium, sowie Essig-, Chrom- und Salz- säure hervortreten. Jenes wird in der Art angewandt, dass man die Gewebsstücke 1 2 — 1 5 Minuten (oder auch länger) bis zur Verflüssigung des Bindegewebes in halb concentrirter Kochsalzlösung kocht 3. Ferner 1 Phisalix ; ich komme darauf noch zurück. 2 Auch G. Fritsch kennt in seiner neuesten Publication (Über Bau und Bedeutung der Canalsysteme unter der Haut der Selachier. in : Sitz. Ber. Acad. Berlin 18S8. pag. 273—306. 4 Fig.) Sappey nicht. 3 Sappey scheint für Leser ohne jegliche physikalische und chemische Vorbildung zu schreiben, denn die obige einfache Vorschrift giebt er in folgender langathmigen Weise (pag. 3): »La préparation du premier est très simple: On depose du chlorure de sodium (sei gris ordinaire) en surabondance dans un vase contenant de 500 à 600 grammes d'eau distillée. Le lendemain, la solution portée au maximum de Saturation est filtrée; puìs le reactif est ainsi compose: über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganeu der Sclachier. 343 gelaugt, ebeufalls kochend, ein Gemisch von 1 Theil '/io**/oiger Salz- säure und 4 Theilen V4ü%iger Chromsäure zur Benutzung. Sein Gehalt an Säuren ist also ungemein gering. Dann heißt es : »La liqueur de Müller sera étendue de 9999 parties d'eau distillée ou réduite au dix-millième. Malgré cet etat de dilution extreme, eile est encore assez colorée et communique sa couleur aux coeurs lymphatiques quelle met en complète évidence après une ébullition suffisammeut prolongée. Eéduite à elle-méme, elle coustitue un bon réactif; mais pour lui douner tonte Tefficacité qu'elle comporte, il convient d'ajouter à quatre parties de cette liqueur une partie d'acide acétique pur.« Nach unserem Autor wirken also in dem letztgenannten Gemische nicht etwa die 20 % Essigsäure, sondern die geradezu ver- schwindende Menge (nur VioooVo) MüLLER'sche Flüssigkeit. Warum dann nicht lieber einen Schritt weiter gehen und sagen: das wirk- same Princip ist hier nur das Wasser? Ähnliches scheint Sappey in der That auch gefühlt zu haben, denn er fährt gleich fort: »Bien que très différents par leur composition, les trois réactifs qui précèdent ont un attribut commun : ils n'agissent qu'à la condition d'en elever la temperature à cent et quelques degrés; l'ébullition est la condition première de leurs succès.« Also die Erhitzung der Flüssigkeit auf »100 und einige« Grade ist zum Erfolge nothwendig — hieraus folgt doch wohl mit einiger Wahrscheinlichkeit, dass man vom Kochsalz und auch von den Säuren absehen und sich mit reinem Wasser begnügen kann. Sappey selbst zieht das Gemisch mit der beträchtlichen Menge Essigsäure den beiden anderen vor; »son action est süre, constante et rapide«. Indessen ist auch hier der Erfolg noch an eine letzte Bedingung geknüpft: »il importe que les poissons destinées à l'étude des réseaux soient utilisés immédiatement après la mort. Dès qu'ils commencent à s'altérer, les réactions ne s'opèrent plus que d'une manière imparfaite«. Und selbst dann schlägt die Operation oft fehl; wenigstens heißt es über die Herstellung der Solution de chlorure de sodium, une partie ; eau distillée, une partie. Le liquide transparent est alors verse dans un flacon , puis tenu en réserve pour operer une sèrie de réactions dans lesquelles ou procède de la manière suivante : La partie dont les réseaux [der Lymphgefäße] doivent étre mis en évidence, étant déposée dans une capsule de porcelaine munie d'un manche, ou l'immerge dans la solution de chlorure, et l'on soumet celle-ci à l'ébullition qui sera prolongée jusqu'au moment où le tissu conjonctif sous-cutané ou sous-muqueux, siège des réseaux, prendra la consistance d'une gelée ou d'une matière pulpeuse ; en general, ce résultat est obtenu au bout de douze à quinze minutes. Lorsque le tissu conjonctif n'est pas assez ramoUi pour se laisser étaler en lame mince, l'ébullition est continuée.« 344 Paul Mayer «Lympliherzen« in der Haut der Flossen auf pag*. 19: »Lorsqu'on les étudie , il importe de ne pas oublier que les réactifs employés pour les découvrir ne donnent pas toujours des résultats identiques ; quel- quefois l'opération réussit très bien; on les voit alors avec la plus grande netteté. Parfois elle ne réussit pas, ou ne donne que des ré- sultats imparfaits; on pourrait eroire, dans ce cas, qu'ils sont rares ou qu'ils font défaut Je répète que les animaux doivent étre en très bon état de conservation , et que la eoction dans les réactifs appropriés doit étre poussée au point de ramollir la peau, qui devient alors transparente, et de fluidifier le tissu cellulaire souscutané.« Aller- dings bleibt es fraglich, was man unter dem ))unmittelbar nach dem Tode« zu verstehen hat, da auf pag. 39 ausdrücklich gesagt wird : «à Paris, 0Ù les poissons ne nous arrivent que quelques jours apres leur mort«, und ich nirgend in der ganzen Schrift erwähnt finde, dass Sappe y seine Untersuchungen auch nur zum Theile am Meeresstrande gemacht habe. Und nun die Kesultate, welche wir diesen neuen Methoden ver- danken? In erster Linie sind es die «coeurs lymphatiques« , da sie ein Charakteristicum für die Lymphgefäße bilden sollen. Ihre Ent- deckung glückte Sappey bereits im Jahre 1870, aber trotz vielfacher Bemühungen hat er sie lediglich bei Raja und bei keinem einzigen anderen Fische angetroffen. Es sind biconvexe, in der Mitte durch- bohrte Linsen, die aus glatten Muskelfasern bestehen, welche in eigenthümlicher Weise angeordnet sind und bei der Contraction das eingeschlossene Lymphgefäß verengern (Taf. 17 Fig. 22, Copie nach Sappey). Nur selten sieht man sie zu einem Ringe erweitert. Ihre Größe wechselt außerordentlich , jedoch sind die ganz kleinen und eben so die ganz großen (Durchmesser 2 — 3 mal so groß wie derjenige der mittleren) selten'. Man findet sie überall im Körper: »sous la peau et méme dans sa conche profonde, sous les muqueuses, dans l'épaisseur des muscles lisses, sur tonte la périphérie des faisceaux musculaires striés, sur les vaisseaux qui naissent du canal déférent et sur les nerfs qui se rendent à l'organe électrique.« Am häufigsten sind sie am Spiraldarm, sowie am Magen, wo sie einander mitunter berühren. Wenn sie alle der Eeihe nach in Thätigkeit treten, und zwar in dem Sinne, welcher der Bahn der Lymphe entspricht, so wirken sie als Propulsionsorgane — daher die Bezeichnung Lymph- herzen — ähnlich der Tunica muscularis des Darmes bei der peristal- 1 Vgl. wegen der Größenvevhältnisse Taf. 18 Fig. 9. Es giebt übrigens noch größere, natürlich richtet sich das auch theilweise nach dem Contractions- zustande. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 345 tischen Bewegung; wenn sie sich dagegen in umgekehrter Reihen- folge coutrahiren, was allerdings nicht ihre Hauptrolle sein dürfte, so verhindern sie als Klappen den Rückstrom. Als ich Mitte März 1886 das Werk von Sappey erhielt, war ich nicht wenig über diese seltsamen Organe und die noch eigenthUra- lichere Function verwundert, welche ihnen von ihrem »Entdecker« zugeschrieben wird. Indessen brauchte ich nur bei Leydig (1. pag. 318 c. pag. 69) nachzuschlagen , um meiner Überraschung zu einem guten Theil Herr zu werden. Wie so sehr Vieles, so hat Leydig auch diese Bildungen vor Augen gehabt und sie kenntlich genug be- schrieben, so dass über ihre Identität mit den SAPPEY'schen )> Lymph- herzen« kein Zweifel herrschen kann. Dies wird ein Blick auf die Copie Taf. 17 Fig. 21) seiner Abbildung sofort zeigen. Leydig hält freilich diese »turbanähnlichen Knöpfe, welche man unregelmäßig über die innere Wand des Lymphgefäßes zerstreut wahrnimmt«, für Theile der Blutcapillaren ; sie entstehen nach ihm »durch eine eigen- thttmliche, aber immer sehr regelmäßige Verknäuelung eines Blutge- fäßes. Die Kerne und Linien entsprechen den glatten Muskeln des Gefäßes«. Sie finden sich »sowohl in allen untersuchten Lymphge- fäßen des Tractus von Raja hatis und Trygon pastinaca^ als auch an Lymphgefäßen in der Schädelhöhle von letztgenannten Rochen und endlich in den Lymphgefäßen der Augenhöhle von SpJiyrnm. Ahnlich drückt er sich in seinem Lehrbuch der Histologie aus, wo er auf pag. 423 eine etwas andere Abbildung giebt, welche absolut keinem Zweifel mehr darüber Raum lässt, dass wir es in der That mit den »Herzen« zu thun haben. Wunderlich aber ist es, dass Sappey die betreffende Stelle in der französischen Übersetzung in extenso citirt, ohne auf die Identität der Bildungen aufmerksam ge- worden zu sein \ die jedem Andern auf den ersten Blick einleuchten muss. 1 Die Art, in welcher Sappey dabei noch gegen Leydig polemisirt, ist zu bemerkenswerth , als dass ich hier nicht das ausführliche Citat folgen lassen sollte. Es heißt auf pag. 29: »Sur une foule de points on peut remarquer aussi qu'une artère ou une veine est pour ainsi dire enlacée par un réseau lymphatique, tant les anastomoses de ceux-ci si multiplient sur son trajet. De cette dispo- sition si simple, quelques anatomistes sont arrivées à conclure qua les vaisseaux lymphatiques contiennent des vaisseaux sanguins dans leur cavitò. Leydig sur- tout a contribué . . . .« und nun folgt das Citat aus Leydig. Darauf fährt Sappey fort: »Un vaisseau sanguin dans la cavitò d'un vaisseau lymphatique!! 1 Mais toutes nos connaissances générales sur l'appareil de la circulation se sou- lèvent contre une pareille affirmation ! et il s'est trouvé un anatomiste, et mème un anatomiste de mérite. qui n'a pas craint d'assumer sur lui la responsabilité d'une teile assertion! La savante Allemagne seule pouvait montrer tant de té- Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 23 346 Paul Mayer Es versteht sich von selbst, dass ich mich damals sofort daran machte, die »Lymphherzen« aus Autopsie kennen zu lernen. Ich be- nutzte dazu den Rumpf eines ziemlich großen Exemplares einer Raja^ welche bereits einige Stunden todt war. Nach Kochung mit dem Essigsäuregemisch fand ich in der That an mehreren Stelleu der Brustflossen die fraglichen Gebilde in Mengen und fertigte auch 2 Dauerpräparate davon an, die mir allerdings nur zur vorläufigen Orientirung dienen und dann durch bessere ersetzt werden sollten. Damit aber erging es mir seltsam genug. Wohl 2 Monate lang unter- suchte ich fast täglich 1 — 2 Exemplare von Rochen, große und kleine, theils ganz genau nach Sappeys Vorschrift, theils absichtlich mit Varianten derselben, und nie mehr wollte es mir glücken, in der Haut des Rumpfes die Lymphherzen wahrzunehmen. Zwar am Trac- tus intestinalis zeigten sie sich auch, aber nur am Magen, nicht je- doch am Spiraldarme , wo sie doch nach Sappet in geradezu un- glaublicher Menge vorkommen sollten. Da nun auch Sappey nicht angab, sie bei lebenden Thieren gesehen zu haben, was Wunder, dass ich schon bald auf den Gedanken gerieth, sie seien überhaupt nicht normal, sondern entweder pathologische Gebilde — z. B. die in der Wand des Magens — oder geradezu Kunstproducte ; und je mehr ich die Modalitäten der Sappey' sehen Präparationsmethoden mir überlegte, desto mehr wurde ich in dieser Muthmaßung bestärkt. Man bedenke nur : Sappey kocht, zum Theile sogar mit starker Essig- säure, die Flossen so lange, bis das Unterhautbindegewebe sich »ver- flüssigt«, d. h. Leim liefert. In der That ist die Brühe, in welcher die Thiere gekocht worden sind, ungemein klebrig. Ferner sehe man nur einmal selbst, welche Krümmungen ein Stück der Flosse aus- führt, wenn es der Einwirkung von kochendem Salzwasser etc. unter- liegt, wie die Haut hier und da auf weite Strecken einreißt und die Muskeln zu Tage treten lässt : man löse alsdann den zu untersuchen- den Hautlappen, von dem längst das Epithel verschwunden ist, von den Muskeln ganz ab und beachte, wie er sich fast augenblicklich völlig zusammenrollt; man nehme ferner die Flossenmuskeln unter das Mikroskop, um auch an ihnen inne zu werden, welche Zerstörungen diese SAPPEv'sche Methode anrichtet. Sind doch eigentlich nur die größeren Nervenstämme, welche die Innenseite der Haut netzartig überziehen, ziemlich intact in der Lage erhalten, während die Blut- mérité«. Sappey hätte besser daran gethan, statt diesen Ausfall mit einer wahren Verschwendung von Ausrufungszeichen niederzuschreiben, sich Leydig's Zeichnungen genauer anzusehen. über Eigenthünilichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 347 getiiße, uamentlich die Venen, mehr oder weniger zerrissen sind. Kurz, dass der rohe Eingriff, wie ihn Sappey setzt, allerlei Kunst- produete hervorrufen muss, wird mir jeder Unbefangene zugeben. Und doch sind die »Lymphherzena normale Gebilde, und die Sache hat sich sogar verhältnismäßig einfach aufgeklärt. Ich würde auch die Geschichte meines langen Irrthums nicht so ausführlich vorge- tragen haben, geschähe es nicht in der Absicht, an ihr darzulegen, wie nothwendig die genauesten Angaben über das Untersuchungs- material sind. Sappey spricht nur von »la Raie«, gerade als wenn nur eine einzige Species dieses so ungemein artenreichen Geschlechtes existirte. Welche Art er unter den Händen gehabt hat, erfährt man nicht, wahrscheinlich waren es aber verschiedene, denn so erkläre ich mir jetzt den Umstand, dass er selber mitunter die Herzen nicht hat auffinden können. Natürlich braucht sich ein «Anatomiste de mérite«, wenn er von seiner Domäne aus einmal einen Streifzug in das Gebiet der niederen Wirbelthiere noch unterhalb des Frosches unternimmt, nicht mit solchen Kleinigkeiten aufzuhalten, dass er die Thiere bestimmen oder bestimmen lassen sollte. »La Raie« und »le Squale« genügen zur Bezeichnung vollauf. Nun aber hat sich Fol- gendes herausgestellt. Lange Zeit hatte ich nur die gewöhnlichste Species unseres Golfes, die Baja punctata Risso (= asterias Bp.) zur Verfügung; bei ihr finden sich die »Coeurs lymphatiques« ganz sicher nicht in den Brust- und Bauchflossen, eben so wenig auch in der Spiralklappe. Dann erhielt ich zuerst im Mai 1886 zwei junge Exemplare von einer Raja mit vielen Flecken, die ich mit ziemlicher Gewissheit ^ als maculata Mont. bestimmte, und fand 1 Bereits Jon. Mxjller und Henle heben in der Einleitung zu ihrem großen Werke über die Selachier die Schwierigkeiten hervor, welche mit der Bestim- mung der Rochen verknüpft sind. Gleichwohl haben weder sie noch Giov. Ca- nestrini (Fauna d'Italia. Parte terza Pesci. Milano, ohne Jahreszahl!, wahr- scheinlich 1872) noch sogar Günther es für nöthig gehalten, Schlüssel zur De- termination zu geben. Nur P. Doderlein (Manuale Ittiologico del Mediterraneo. Fase. 3 — Batoidei. Palermo 1885) thut es und erleichtert damit die schwere Aufgabe einigermaßen. Aber selbst hiermit ist nur bei solchen Species, die gut gekennzeichnet sind , eine wirklich sichere Bestimmung möglich. Leider sind die Abbildungen im Bonaparte gerade bei Rochen so sehr schlecht, und das macht die Sjnionymie nur noch verwirrter. Man wird jedenfalls die Syste- matik der Rochen mehr als bisher üblich auf anatomische Charaktere gründen müssen; es dürften daher auch die Sphincteren nach dieser Richtung hin zu ver- werthen sein (vgl. unten pag. 3-50), eben so vielleicht die jüngst von G. Fritsch entdeckten »Spaltpapillen«. Trotz dieser Verhältnisse muss ich aber den Vor- wurf gegen Sappey aufrecht erhalten, da er offenbar die Determination gar nicht einmal versucht hat, überdies R. clavata durchaus nicht zu verkennen ist. 23* 348 Paul Mayer zwar auch im Spiraldarme keine Lymphherzen, wohl aber an den Flossen einige wenige. Selbst damals legte ich mir, da ich an frisch nach Sappey behandelten Stücken keine gesehen, dagegen an anderen Theilen, welche einige Stunden später lange Zeit gekocht worden waren, wohl welche angetroffen hatte, die Situation noch in der oben angegebenen falschen Weise zurecht. Erst als ich nach sehr langer Pause im Frühjahr 1887 die bis dahin nicht recht befriedigenden Unter- suchungen über die Lymphherzen wieder aufnahm, fiel mir eine große Raja datata Rond. in die Hände, und diese zeigte sofort Alles, was Sappey zu fordern berechtigt war, nämlich eine Unmenge jener Sphincteren^ in der gesammten Rumpf haut und im Spiraldarme. Seither habe ich mich mit vollster Sicherheit davon zu überzeugen vermocht, dass zwar auch die individuellen Schwankungen in der Menge der Organe beträchtlich sind, jedoch in erster Linie spe- cifische Unterschiede vorliegen. Dadurch gewinnt aber, wie wir unten sehen werden, die Frage nach der Bedeutung dieser Organe eine ganz andere Gestalt; hoffe ich doch beweisen zu können, dass Sappey aus seinen zwar richtigen, aber lückenhaften Beobachtungen falsche Schlüsse gezogen hat. Bau der Sphincteren. Wie oben pag. 344 u. 345 erwähnt, lassen Sappey und Leydig sie aus glatten Muskelfasern bestehen. Jener betrachtet sie als Compressoren eines Lymphgefäßes, Dieser als ein zu einem Knäuel aufgewickeltes feines Blutgefäß. Wesentlich anderer Ansicht ist Phisalix 2, der sie von der Milz her kennt, sehr gut abbildet, auch auf Leydig's »Turbane« zurückführt und als »bou- tons lymphatiques« bezeichnet (pag. 403 ff.). Sie seien aber aus Binde- gewebsfasern zusammengesetzt, eng zusammengerollt, oft in Form einer 8, und umschließen ein Lymphgefäß, das sich in sie hinein öffne. »Leur coloration par le nitrate d'argent apres l'injection des lympha- tiques fait supposer immédiatement que ceux-ci s'ouvrent dans leur Interieur ou s'y ramifient en branches nombreuses et tenues.« Trotz- dem bei Injectionen der Lymphgefäße mit gefärbter Gelatine nichts davon in die »boutons« hineindringe, müsse man doch eine Communi- cation annehmen, zumal auf Schnittten sich ein feiner Zweig des Lymphgefäßes hinein verfolgen lasse. Wahrscheinlich bilden sie die 1 Ich führe diesen Namen als bezeichnend für die Function ein und ver- werfe den SApPEY'schen unbedingt. 2 C. Phisalix, Recherches sur l'anatomie et la physiologie de la rate chez les Icthyopsidés. in: Arch. Z. Expér. Génér. (2) Tome 3. 1885. pag. 369—464. Taf. 18—22. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 349 ersten Wege des Lymphsystems. Der vierte Autor endlich, Cattaneo i, hat sie nur im Tractus intestinalis gefunden und liefert von ihnen eine herzlich schlechte Beschreibung, nennt sie mit einem von Ricci ^ entlehnten Namen «Faserknorpela , hat ihre Beziehungen zu den Ge- fäßen gänzlich übersehen und lässt sie als Stützorgane für die Darm- vfand dienen! Wenn ich nun zwischen diesen vier total verschiedenen An- sichten entscheiden soll, so muss ich mich auf die Seite von Sappey schlagen. Denn zunächst haben wir es mit glatten Muskelfasern, nicht aber mit Bindegewebe zu thun, wie deutlich aus ihrer Con- tractilität hervorgeht. Im polarisirten Lichte zeigen sie dieselben optischen Erscheinungen wie die Musculatur des Darmes ; elastisches Gewebe sind sie nicht, wie sich aus ihrem Verhalten gegen Farb- lösungen und gegen Kalilauge zweifellos ergiebt ^. Ferner ist es mir gelungen, die Sphincteren theils mit Nadeln zu isoliren und zu zer- zupfen, theils auf anderem Wege* in ihrer Continuität zu lockern, und da hat es sich gezeigt , dass es lediglich Muskeln sind , dass aber kein Lymphgefäß in ihren Windungen versteckt liegt (Taf. 18 Fig. 12, 13). Endlich habe ich sie unter Umständen von den Ge- fäßen aus noch weit in ihre Umgebung hinein verfolgen können (Fig. 10, 15, 16), aus der sie auch wohl herstammen werden (vgl. unten pag. 362) . Function der Sphincteren. Auch hierin muss ich Sappey in so fern Kecht geben, als sie den ganzen oder theilweisen Ver- schluss der Gefäße bewirken, welche sie umgürten. Zwar habe ich am lebenden Gewebe ihre Zusammenziehung nicht beobachtet, auch keine Nerven an sie herantreten sehen, aber dass sie die Gefäße 1 G. Cattaneo , Istologia e sviluppo del tubo digerente dei pesci. Mo- nografia, in: Atti Soc. Ital. Se. N. Milano. Voi. 29. 1886. 65 pag. 3 Taf. Ich werde später noch Gelegenheit dazu haben, diese Arbeit vollauf zu würdigen. - N. Ricci, Intorno alla speciale forma e struttura dello stomaco di alcuni pesci, in: Rend. Accad. Napoli. Anno 14. 1875. pag. 123 — 128. 1 Taf. Behandelt nur Mugli und Scomher und ist nach Text und Abbildungen zu schließen von sehr geringem Werthe. 3 Nach Ranvier, Traité technique d'histologie. Paris 1885. pag. 339 schwin- det gewöhnliches Bindegewebe in Kalilauge von 10 X. während elastisches Ge- webe bleibt. Bei Tinction des Spiraldarmes mit Boraxcarmin und Ausziehen der Farbe mit Salzsäure und Pikrinsäure hat das Bindegewebe auf den Schnitten eine ganz andere Farbe als die Sphincteren, welche hierin völlig den Muskeln gleichen. * Wenn man den Darm oder auch die Gallenblase mit verdünnter Chrom- Essigsäure unter Druck anfüllt, so werden durch die starke Dehnung der Wan- dung manche Sphincteren in ihr gelockert. 350 P^ul Mayer stark zu comprimiren vermögen, gebt aus der Art hervor, wie ihre Fasern angeordnet sind. Mitunter umgeben sie die Gefäße in weitem Abstände, so dass ein Raum dazwischen bleibt (Taf. 18 Fig. 8), häufiger jedoch haben sie sie eng zusammengeschnürt, so dass die Injectionsmasse gar nicht oder nur als dünner blauer Faden sich hindurch erstreckt, während vor und hinter ihnen das Gefäß stark aufgebläht und ganz voll Berliuerblau ist (Fig. 15). An frischen Präparaten verhält sich der natürliche Inhalt der Gefäße ähnlich. Wenn ich also mit Sappey in zwei wichtigen Punkten übereinstimme, so vermag ich doch keinen Schritt weiter mit ihm zu gehen. Für ihn sind die Sphincteren ja bei der »Raie« ein Charakteristicum der Lymphgefäße; darum deutet er auch alles Mögliche als lymphatisch und dehnt dies per analogiam auf die übrigen Fische aus, obwohl er selber eingestehen muss, sie nur bei der »Raie« gefunden zu haben. Aber bei den übrigen Fischen sei sehr viel weniger Lymphe vorhan- den, und diese finde gewiss ihren Weg auch ohne besondere Pro- pulsionsorgane. Ich kann mich mit diesem Raisonnement absolut nicht befreunden ; bevor ich jedoch an seine Widerlegung herantreten darf, muss ich noch einige Angaben über das Vorkommen der Sphincteren, sowie über den Bau der Haut und der Wandungen des Tractus intestinalis macheu. Vorkommen der Sphincteren. Dass im Gegensatze zu Sappey Leydig sie außer bei Raja hatis auch bei Tnjgon pastinaca und in den Lymphgefäßen der Augenhöhle von Sphxjrna fand , er- wähnte ich schon. Cattaneo sah sie im Darmcanale von Raja cla- vata, oxyrrhynchus^ maculata und Torpedo narhe [= ocellata], Phi- SALix in der Kapsel der Milz und dem «Mesenterium spleno-gastricum« von Raja clavata. Ich selbst kann außer den schon oben genannten 3 Rochen als Fundorte von geringerer Bedeutung noch angeben: Myliobates aquila Dum. {= noctula B\i.), untersucht 1 Exemplar, das seit Jahren schlecht couservirt war; im Darmcanale wenige Sphincteren, aber einige riesige, in den Flossen keine, Raja oxyrrhynchus, 1 frisches Exemplar; im Darmcanale wenige, in den Flossen gar keine, Raja miraletus L. 3 frische Exemplare ; im Darmcanale wenige, in den Flossen ganz vereinzelte, Raja mar ginata'LdLQ,. 1 frisches, noch sehr junges Exemplar; im Darmcanale ziemlich viele, in den Flossen gar keine, Raja punctata nicht sehr zahlreich im Bindegewebe um den Augapfel (1 frisches Exemplar). über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 351 Dagegen fand ich sie auch trotz wiederholten Suchens bei Squa- tina überhaupt nicht, eben so wenig bei Torpedo. Junge Thiere von einer Art, welche später am Darmcanale zahlreiche Sphincteren aufweist, entbehren derselben noch gänzlich ; aber bei ihnen ist auch das lockere Bindegewebe der Submucosa, der hauptsächliche Sitz dieser Organe, kaum erst entwickelt. Dies habe ich bei R. punctata bis zu 80 mm Rumpflänge constatirt. Um so mehr hat es mich überrascht, dass 3 große Exemplare eines Rochen, welchen nicht nur ich, sondern auch die Herren Lobianco und Raffaele als li. maculata bestimmten, in den Flossen auch nicht einen einzigen Sphincter zeigten, obwohl sie mir bei meiner Präparationsmethode (s. unten pag, 352) nicht hätten entgehen können. Entweder also bilden sie sich, da sie bei kleinen Exemplaren von R. maculata auch nicht zahlreich sind, gänzlich zurück, oder ich hatte doch eine andere Species vor mir. Im Magen zeigten jene großen Thiere freilich auch Sphincteren. Ich muss nun specieller auf das Vorkommen bei den 3 Arten von Raja eingehen, die ich genauer und vergleichend untersucht habe. Bei Raja punctata entbehren die paaren Flossen, überhaupt die gesammte Haut des Rumpfes, ferner die Wand des Spiraldarmes und der Cloake, die Mesenterien der Eileiter und wahrscheinlich auch noch andere Organe in der Bauchhöhle der Sphincteren gänz- lich. Von ihrer Anwesenheit dagegen in den Wandungen des Magens überzeugt man sich leicht, wenn man vom lebenden Gewebe durch flache Schnitte mit der Schere durchscheinende Stücke abtrennt und sie sofort unter das Mikroskop bringt. Aber nicht nur sind die verschiedenen Stellen des Magens in ungleichem Maße reich an ihnen, sondern auch haben manche Exemplare entschieden weniger als andere, was ich um so bestimmter aussprechen kann, als ich bei diesen Vergleichen immer dasselbe Stück der Magenwandung (dicht bei der Anheftung der Milz an den Magen) benutzte. Von 2 mittel- großen Exemplaren, deren Darm ich in situ von den Gefäßen an der großen Curvatur aus injicirte, hatte das am wenigsten gefüllte in der Wand der Gallenblase fast gar keine, das andere hingegen, bei welchem sich die Venen in den Flossen und die Kiemen gefüllt hatten, ungemein viele Sphincteren. Diese individuellen Verschieden- heiten gelten übrigens auch für die anderen beiden Arten. Bei Raja maculata^ von der ich mehrere Exemplare untersuchte, sind die Sphincteren in den Flossen wenig zahlreich. Sie finden sich hauptsächlich im vordersten Theile der Fectorales, nach vorn 352 Paul Mayer von den Kiemenspalten, und zwar an der Basis, da wo wie von einem Centrum die Ampullen auszustrahlen beginnen. Um mich genau über ihre Anwesenheit und Vertheilung zu orientiren, habe ich die getödteten, aber noch frischen Thiere in ein Gemisch von Chrom- und Essigsäure gelegt'. Nach einigen Stunden ließ sich die gesammte Epidermis in Fetzen ablösen und dann traten in dem helleren Bindegewebe alle nur einigermaßen oberflächlich gelegene Sphincteren in situ als opake Punkte äußerst scharf hervor, ein Resultat, das sich nach der SAPPEY'schen Kochmethode unmöglich erzielen lässt. Hier constatirte ich nun, indem ich mit dem Zeichen- prisma (ohne Linse) eine genaue Copie des Thieres aufnahm, eine durchaus regellose Vertheilung der Sphincteren 2. In manchen Metameren der Flossen waren gar keine, in anderen hier und da einer, dann wieder Gruppen von ihnen (Taf. 17 Fig. 13). Dass diese Thatsache nicht für eine wichtige Funktion derselben spricht, leuchtet ein. Auch die beiden Autimeren eines und desselben Thieres verhielten sich hierin ganz verschieden. In den tieferen Schichten der Haut war besonders die Ventralflosse reich an Sphincteren, denn auch hier ist das lockere Bindegewebe verhältnismäßig dick. — Der Tractus intestinalis von maculata gleicht dem von punctata: im Spiraldarme fehlen also die Sphincteren. Endlich Baja clavata. Dies ist die einzige Species, bei welcher Sappey's Angaben zutreffen. Von der Menge Sphincteren, die ein be- liebiges Stück Haut der Flossen erwachsener Thiere buchstäblich über- säen, hat man kaum einen Begriff. Dasselbe gilt vom Darmcanale 3, und zwar von allen Theilen desselben, besonders aber von der Spiral- falte, ferner von den Mesenterien der Eileiter, des Pankreas etc. etc., von der Gallenblase u. s. w. Selbst im Schwänze und den Dorsal- 1 Wasser 750, l^ige Chromsäure 150, Essigsäure 80 Maßtheile. Dass die Sphincteren auch im Leben schon vorhanden sind, ersieht man, wenn man rasch ein Stück Haut abpräparirt. Nur ist das mühsam und giebt natürlich über ihre Vertheihing keinen Aufschluss. 2 In derselben Weise behandelte Exemplare von Raja ptmctata zeigten auch nicht einen einzigen Sphincter in der äußeren Haut, und ich bin völlig sicher, dass mir keiner entgehen konnte. 3 Cattaneo sagt von RaJa clavata, im ganzen Magen seien etwa nur 50, im Spiraldarme noch weniger Sphincteren vorhanden. Man könnte glauben, hier läge ein Druckfehler vor, indem einige Nullen vergessen wären, aber diese so bestimmte Zahlenangabe steht im Einklang mit seiner Beschreibung vom Fischdarme überhaupt und dem der Rochen insbesondere. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorgaoen der Selachior. 353 flössen sind die Organe reichlich vertreten, was bei den ersten beiden Species ebenfalls nicht stattfindet i. Structur der Haut. Macerationspräparate und Schnitte er- geben Folgendes von Interesse für die vorliegende Frage. Im mittleren Theile der Flossen befindet sich unmittelbar unter oder auch in der mehrschichtigen Epidermis das Pigment, das übrigens an vielen Stellen gänzlich fehlt, an anderen außerdem auch wohl noch in tiefereu Lagen der Haut vorkommt. Zugleich zieht sich direct unter der Epidermis in lockerem Bindegewebe ein dichtes Netz von Capillaren hin, das aber stets, also auch bei clavata, der Sphincteren völlig entbehrt (Taf. 16 Fig. 20). Darunter liegt eine dünnere oder dickere Schicht eines straffen Bindegewebes 2, durch dessen Lücken die Ge- fäße zur Versorgung jenes Capillarnetzes , sowie Nervenstämmchen aufsteigen. Nach innen davon erstreckt sich — je nach der Stelle der Flosse in sehr verschiedener Mächtigkeit — wieder lockeres Binde- gewebe mit einem zweiten Gefäßnetze. Nun kommt eine dünne, aber sehr straffe Haut, offenbar als Fascie wirkend, mit P^asern in der Längsrichtung des Thieres. Endlich verlaufen noch tiefer, aber nur auf den Knorpelstrahlen oder in ihrer Nähe, also wesentlich in der Richtung der Flossenmetameren, die großen Arterien, Venen und Nerven (Taf. 16 Fig. 19). — Die Sphincteren nun sind bei R. clavata (und maculata) nur am inneren Gefäßnetze und, obwohl relativ selten, auch an den zum äußeren Netze aufsteigenden Gefäßen angebracht. Bei II. punctata und den anderen Arten ohne Sphincteren scheint auch die Bindegewebschicht, in welcher das innere Netz liegt, dünner zu sein ; dies aber stellt den einzigen constanten Unterschied dar, welchen ich zwischen der Haut der zwei Categorien von Rochen finden kann. In allen diesen Punkten (abgesehen von der Vertheilung des Pig- mentes und der Stacheln) gleichen sich übrigens Dorsal- und Ventral- 1 Ich bin davon überzeugt, dass die erste Raja, welche ich überhaupt auf die Sphincteren hin prüfte , eine clavata war. Beweisen lässt es sich fieilich aus den stark zerkochten Hautstückchen nicht mehr. 2 Es zeigt eine eigenthümliche Anordnung seiner Elemente. Bei Betrach- tung von der Fläche sieht man nämlich zwei Systeme von hellen Fasern sich rechtwinklig kreuzen, außerdem aber auch in unregelmäßiger Vertheilung dunkle Knötchen von verschiedenem Durchmesser. Letztere sind nur der optische Ausdruck für kurze dicke Fasern, welche die beiden wagrechten Systeme senk- recht durchsetzen und theils aus dem lockeren Bindegewebe kommen, theils von den wagrechten Fasern abstammen, indem diese sich rechtwinklig umbiegen. Durch diese Art von Verknotung erhält die ganze Schicht große Festigkeit. — Bei Leydig (1. pag. 318 c. pag, 80) findet man einige kurze Angaben über das Bindegewebe der Haut. 354 Paul Mayer fläche der Flossen, jedoch sind auf letzterer, namentlich im Bereiche der Bauchflosse, die Sphincteren zahlreichere Structur der Gefäße in den Flossen und Verhalten der Sphincteren dazu. Die Arterien und Venen ^ lassen sich, auch wenn sie schon sehr fein sind, leicht von einander unterschei- den: erstere sind vergleichsweise enger, besitzen eine starke Mus- cularis und verlaufen viel gerader als die Venen, die leicht wellig erscheinen (Taf. 18 Fig. 5). An Oberflächenpräparaten sieht man die kleineren Arterien oft auf kurze Strecken verengt, ein Zeichen, dass ihre Ringmuskeln thätig waren. Die arteriellen Vorcapillaren, über deren Charakter als solche man nicht einen Augenblick im Un- klaren sein kann , wenn man die meist dicht daneben verlaufenden venösen dagegen hält (Taf. 17 Fig. 12), haben häufig keinen gleich- mäßigen Belag mit Ringmuskeln, sondern nur hier und da Ringe. Die feinsten Venen bestehen nur aus Endothel mit spärlichen Kernen; größere zeigen nicht selten, indessen durchaus regellos, ver- einzelte Muskelfasern, die sich aber auch zu den schönsten Muskel- netzen verdichten können. Die Fasern sind dann theils zu Ringen, theils zu weiten Spiralen angeordnet und ziehen mitunter von der Wand der Vene herab in das Bindegewebe selbst hinein (Taf, 18 Fig. 16), wie sich denn auch in letzterem derartige Fasern isolirt antreffen lassen. Bei R. clavafa nun zeigen sich an den Zweigen, welche direct von den großen Venen (Taf. 16 Fig. 19) der Flossenstrahlen abgehen, sowohl derartige Ringe in ganz unregelmäßiger Anordnung als auch echte Sphincteren (Taf. 18 Fig. 5). Entweder mUsste man also alle diese unzweifelhaft venösen Gefäße mit Sappey für lymphatisch halten 1 Die eben geschilderten Structuren , namentlich aber die Schicht mit den Fasersystemen , werden durch Kochen in Wasser mit und ohne SAPPEY'sche Ingredienzien wenigstens undeutlich gemacht, meist sogar ganz zerstört (vgl. oben pag. 346). Nur die Geföße, Nerven und Sphincteren bleiben erhalten, er- stere jedoch sind vielfach abgerissen und geplatzt. Durch geeignete Ma- ceration (s. oben pag. 352) hingegen lassen; sich die Schichten namentlich bei R. clavata leicht von einander abheben. Man vergleiche nun hiermit Sappey's Schilderung (pag. 19): »Le derme , chez les plagiostomes [also bei Raja], com- prend deux couches, l'une sous-jacente à l'épiderme, plus dense, plus épaisse et constituée par une substance homogene; Tautre profonde, composée de fibres de tissu conjonctif et de fibres elastiques. C'est dans la première que se mon- trent les lacunes étoilées [Anfänge der Lymphgefäße]; et c'est dans son épais- seur aussi que les vaisseaux lymphatiques prennent naissance. « — Übrigens habe ich auch bei Raja oxyrrhynclius dieselbe Zusammensetzung der Haut wahr- genommen, also wird sie wohl für die Rochen typisch sein. 2 Leydig's Angaben beziehen sich, wie es scheint, nicht auf die Gefäße in der Haut, sondern in den Eingeweiden; vgl. unten pag. 361. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 355 oder mau kommt zum Schlüsse, dass die Sphiueteren durchaus kein anatomisches Merkmal für Lymphgefäße sind. Für die Entscheidung im letzteren Sinne sprechen aber alle meine Beob- achtungen ohne Ausnahme. Dahin gehört zunächst der allerdings ver- gleichsweise seltene Fall, dass sogar echte Arterien nach außen von der Muscularis noch Sphincteren haben können (ich constatirte dies an den Ventralflossen von clavata) , sovile (bei derselben Species in den Brustflossen) der Fall, dass ein und derselbe Sphincter zugleich eine arterielle und 1 oder auch 2 venöse Vorcapillaren umschließt (Taf. 17 Fig. 12). Ferner sind lehrreich die Befunde an R. maculata. Wenn ein Gefäß durch die Anwesenheit eines Sphincters zu einem lymphatischen wird, so haben wir bei dieser Species in manchen Theilen der Flosse absolut keine, in anderen ihnen sonst gleichen pro Quadratcentimeter nur ein einziges oder einige wenige, in noch anderen eine reichliche Anzahl! Endlich lässt sich noch folgende Überlegung anstellen. Das äußere Capillarnetz hat, wie oben pag. 353 angegeben, keine Sphincteren, das innere hingegen bei R. clavata viele, bei punctata ebenfalls keine. Einen anderen Unterschied zwischen beiden Categorien von Gefäßen kann ich nicht finden. Demnach gelangen wir nach Sappey zum Resultate, dass die letztere Species überhaupt der Lymphgefäße in den Flossen entbehrt und auch bei der anderen die oberflächlichen Hautgefäße echte Blutcapillaren, die tieferen dagegen Lymphcapillaren sein müssen. Da nun aber erstere in letztere münden, so hätten wir die curiose Erscheinung vor uns, dass bei clavata zwischen die Blutcapillaren und die größeren Blutgefäße ein System von Lymphgefäßen eingeschaltet wäre ! Es sei denn, man ließe das äußere Netz zum Theil Blut, zum Theil trotz des Mangels an Sphiueteren Lymphe führen, dann müsste aber Sappey zum Beweise seiner These andere anatomische Difierenzen zwischen den beiden Arten Capillaren angeben. Und dies thut er in folgender merkwürdigen Weise. Er giebt selber zu, und illustrirt dies auch durch eine Abbildung (Taf. 6 Fig. 5) , das Netz auf der Dorsalseite in dem dreieckigen Baume, wo Brust- und Bauchflosse zusammenstoßen, «contient habi- tuellement du sang« ; ferner : »les vaisseaux lymphatiques cutanés com- muniquent à leur origine avec les capillaires veineux«. Diese An- fänge nun der Lymphgefäße »naissent des couches superficielles du derme par des lacunes étoilées, qui d'abord s'ajoutent les unes aux autres , et auxquelles succède bientòt un capillaire régulièrement calibrò«. Sieht man sich aber nach Beweisen für diese Behauptung 356 Paul Mayer um, so findet mau uur die Augabe, mau müsse dünne Schnitte von der Haut erst recht lange in der Kochsalzlösung kochen und dann bei einer 100 fachen Vergrößerung untersuchen. Es leuchtet wohl ohne Weiteres ein, dass so subtile Dinge, wie Anfänge der Lymph- bahnen, auf diese Weise nicht sicherzustellen sind, und die wenigen Abbildungen (Taf. 3 Fig. 2, 3) erwecken auch kein Vertrauen. In Fig. 3 zeichnet Sappey »deux vaisseaux lymphatiques contribuant à former le réseau de la superficie du derme«; ich muss aber nach dem Habitus das eine davon entschieden als eine feine Arterie, das andere als Vene ansprechen. Auch kann ich nicht finden, dass hier und da in ihrer Wandung Pigmentzellen liegen, wie Sappey will. Welcher Art ist aber nun der Inhalt der Gefäße in den Flossen der Rochen? Haben wir es überhaupt dabei mit Lymphe zu thun? Um diese Fragen beantworten zu können, muss ich zuvor in ähnlicher Weise die Gefäße am Darmcanale besprechen. Ich hoife dabei die Unrichtigkeit von Sappey's Auffassung ebenfalls nachzuweisen und will dann auch versuchen, eine andere Deutung für die Sphincteren zu geben. Struktur der Darm wand (mit Ausschluss des Epithels). Die relativ besten Angaben darüber verdanken wir Leydig, während unter seinen Nachfolgern Edinger, Waalewijn und Cattaneo mir nicht recht auf der Höhe der Zeit zu stehen scheinen. Leydig (1. pag. 318 c. pag. 53 ff.) weist auf die quergestreifte Musculatur des Ösophagus und die glatte des übrigen Tractus hin; der Spiraldarm habe eine dünnere Muskellage als der Magen; auch die Mesenterien führen neben den elastischen Fasern »bedeutende Züge glatter Muskelfasern« als unmittelbare Fortsetzung der Muskelhaut des Tractus. Dass Leydig die Sphincteren wenigstens gesehen, wenn auch falsch ge- deutet hat, wurde schon oben pag. 345 hervorgehoben. Edinger ^ hingegen erwähnt ihrer gar nicht, obwohl er unter anderen Selachiern auch JR. clavata untersuchte ; freilich ist ihm auch der Unterschied in der Musculatur des Ösophagus und des übrigen Tractus entgangen. Im Spiraldarme lässt er die eigentliche Klappe nur aus der Mucosa bestehen: «weder Quer- noch Längsmusculatur des Darmes setzen sich in sie fort« (pag. 676), jedoch habe sie eine eigene glatte Mus- culatur, die in der Mitte der Wand liege und von einem Netze elastischer (?) Fasern umsponnen sei. — Pilliet's- Beschreibungen 1 L. Edinger, Über die Schleimhaut des Fischdarmes, nebst Bemerkungen zur Phylogenese der Drüsen des Darmrohres, in: Arch. Mikr. Anat. 13. Bd. 1877 pag. 651—692 Taf. 40 und 41. 2 Alex. Pilliet, Sur la structure du tube digestif de quelques poissons de mer. in: BuU. Soc. Z. France. 10. Vol. 1885. pag. 283—308. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 357 sind, da sie nicht von Abbildungen begleitet werden, schwer ver- ständlich; hier finden wir zum ersten Male der Serosa (als einer Schicht kubischer Zellen, pag. 299) gedacht; bei Squatina soll die quergestreifte Musculatur vom Ösophagus her auch noch ^4 vom Magen bedecken. Vielleicht würde Pilliet, der mir unter den hier citirten jüngeren Autoren der sorgsamste^ zu sein scheint, auch die Sphincteren gefunden haben, aber er untersuchte nur Scyllmm^ Lamna, Torpedo [y^Raja torpedoa) und Squatina, und in beiden letzteren Formen konnte auch ich sie nicht entdecken. In der Spiralfalte beschreibt er 2 Streifen glatter Muskeln und als von ihnen entspringend eigene Fasern der Zotten. — Die fast ganz vergessene kleine Schrift von Waalewijn2 enthält für unser Thema so gut wie nichts. Am Magen von Raja clavata leugnet er eine Muscularis mucosae (pag. 12), findet dagegen in dem submucösen Bindegewebe einzelne Muskelfasern, die vielleicht von der Ringmuskelschicht abstammen; letztere liegt nach innen von den Längsmuskeln; quergestreifte Muskeln hat nur der Ösophagus. Der Sphincteren geschieht keine Erwähnung. — Cat- taneo ^ endlich, dessen eigenthümlich bestimmte Angaben über die Sphincteren bei R. clavata etc. ich schon oben pag. 349 besprechen musste, findet im Magen eine Muscularis mucosae als ununterbrochene Schicht dicht unter den Drüsen, erwähnt der Gefäße überhaupt nicht 1 Um so bedauerlicher ist der Mangel an Abbildungen ; in der That ist es schwer verständlich , wie man bei einer rein descriptiven Arbeit mit so vielen Einzelheiten dem Leser zumuthen kann, sich ohne Zeichnungen in dem Wirr- warr von 26 Fischarten zurechtzufinden. 2 H. W. Waalewijn , Bijdrage tot de Histologie van den Vischdarm. Academisch Proefschrift. Leiden 1872. 50 pag. 1 Taf. 3 An der Arbeit von Cattaneo, welche allenfalls im Jahre 1866 (statt 1886) am Platz gewesen wäre, sind weniger die Resultate verwunderlich , da bei der Art der Präparation keine besseren erwartet werden konnten, als letztere selber. Die Därme kommen geöffnet auf wenigstens 24 Stunden in Alkohol »a ^/4« (wohl = 70 X). dann in die »erhärtende« Mischung von Latteux (Wasser, Glycerin, Gummi arabicum, »sciroppo di glucosio« und Alkohol, von letz- terem nur 100 Theile auf 550 des Gemisches, außerdem Carbolsäure) ; hierin bleiben sie 1 — 3 Tage, werden dann an der Luft getrocknet (»asciugati«) und mit dem Mikrotom geschnitten. Die Schnitte werden gefärbt, mit Wasser aus- gewaschen, mit Alkohol entwässert, um schließlich — nicht etwa in Balsam, sondern in Glycerin aufbewahrt zu werden. Sogar Embryonen von Salmo mussten sich all diesen Proceduren unterwerfen. So wurden «über 100« mikroskopische Präparate gewonnen , was auf die 41 untersuchten Fischarten (incl. Amphioxus und Petrnmyzon) vertheilt gewiss für die Genauigkeit der Arbeit spricht. Auch die Zeichnungen sind wenig werth; so ist z. B. in der Abbildung des Magens von R. clavata kein Sphincter zu sehen I Wohl nur ein Druckfehler ist es, wenn letztere Species zu den Haien statt zu den Rochen gestellt wird. 358 Paul Mayer und sagt vom Spiraldarme nur aus, das submucose Bindegewebe sei we- niger entwickelt als beim Magen und es gebe nur Ringfasern an ihm. Für meinen Zweck erscheint es mir ausreichend, wenn ich nach eigenen Untersuchungen den Unterschied im Bau des Darmes bei R. clavata und punctata erörtere , da sich die Bedeutung der Sphincteren alsdann am leichtesten herausstellen wird. Von außen nach innen lassen sich bekanntlich folgende deutlich getrennte Schich- ten zählen : die Peritonealhülle (einschichtiges Epithel aus kubischen Zellen) , die Muscularis und das Epithel. Verschiedenheiten bietet die mittlere Schicht in Dicke und Anordnung der Lagen und nament- lich in der Menge des Bindegewebes, welches die eigentliche Muscu- latur umgiebt und die Gefäße und Nerven einhüllt. Am Magen lässt Cattaneo die äußere Muskelschicht circulär, die innere längsgerichtet sein. Waalewijn und auch Wiedersheim (l. pag. 321 c. pag. 574) sagen das genaue Gegeutheil und sind damit im Recht; aber beide Schichten gehen, wie ich finde, durch schräge Fasern in einander über, auch fehlt die circuläre an manchen Stelleu gänzlich. Am Pylorustheile des Magens wird dagegen letztere un- gemein stark und ist die erstere fast ganz zurückgebildet. Es folgt am eigentlichen Magen mehr nach innen eine Lage ungemein lockeren Bindegewebes mit großen leeren Maschen (so an Paraffinschnitten); sie ist sowohl gegen die Muscularis als auch nach innen zu durch eine dünne Membran abgegrenzt. Nach innen von dieser zeigt sich noch- mals lockeres Bindegewebe, aber nur wenig, und in dieses sind die Drüsen des Magens derart eingebettet, dass sie gleichsam die Maschen eines Netzwerkes ausfüllen. Die feinen Blutgefäße verlaufen in den Fäden des Netzes bis nahe an das Epithel, umspinnen also die Drüsen. Eine Muscularis mucosae kann ich nicht finden und halte, was Cattaneo als solche bezeichnet, für stark geschrumpftes Bindegewebe. In dem, was ich so eben beschrieben, stimmen beide Rochenarten mit einander überein. Höchstens ist die Lage des lockeren Binde- gewebes bei clavata relativ stärker als bei punctata, aber dies ist bei den so wechselnden Zuständen der Ausdehnung des Magens schwer mit Sicherheit festzustellen. In der Darmwaudung von Raj'a punctata (Taf. 17 Fig. 10) folgt auf die äußere Muskelschicht mit ihren Gefäßen ebenfalls eine Lage lockeren Bindegewebes mit dichteren Fasern darin und dann eine Muscularis mucosae. Diese ist es denn auch, welche sich in die Spiralfalte fortsetzt; natürlich sind ihrer darin 2 Lagen, ent- sprechend den 2 Epithelschichten, während die Mitte der Falte von über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 359 der Fortsetzimg des Bindegewebes mit seinen Fasern eingenommen wird'. Am inneren freien Rande ist die Falte angeschwollen, aber dies betrift"t nur das Bindegewebe resp. die Bluträume darin. Der wesentliche Unterschied jedoch zwischen den beiden Species ist der, dass hei punctata die Sphincteren fehlen, bei clavata (Taf. 17 Fig. 9) enorm entwickelt sind. Und zwar finden sie sich, wenn auch relativ vereinzelt, in der äußeren Muscularis, zu wahrhaft riesigen Mengen angehäuft dagegen im Bindegewebe und der Muscularis mucosae vor; ja, letztere verliert durch ihre Anwesenheit den Charakter als ein- heitliche Schicht und ist vom Bindegewebe viel weniger scharf ab- gesetzt als bei punctata ~. Bei letzterer liegen übrigens im Binde- gewebe vereinzelte Muskelzüge (Fig. 10 m). Verhalten der Gefäße am und im Tractus. Leydig war der Erste, dem es auffiel, dass die großen Gefäße am Magen und (Darm »von einer sehr starken, grauweißen Scheide umgeben« seien 1. pag. 318 c. pag. 68) ; letztere betrachtete er als Lymphgefäß und ließ von dessen Innenwand an die Tunica adventitia des Blutgefäßes »wahrscheinlich der Befestigung halber« von Stelle zu Stelle Quer- faden gehen. Diese Angabe, welche ihm den Hohn und Spott von Sappe Y einträgt (vgl. oben pag. 345 Anm.) , wird von Diesem durch die andere ersetzt, die Blutgefäße seien von Lymphgefäßen dicht umsponnen, welche mit einander aller Orten anastomosiren^. Denkt man sich nun unter Zugrundelegung der richtigen Beobachtung von Sappey die einzelnen Lymphgefäße ungemein geräumig und ihre Anastomosen ganz regellos und überaus häufig, so gelangt man zu dem eben so richtigen Bilde, welches Leydig entwirft ; also ist doch nur des Letzteren Ausdrucksweise nicht präcis genug. In Wirklich- keit verhält es sich mit dem ganzen Complex folgendermaßen. An der Magen- oder auch Darmwand bilden Arterie -\- Vene eine starke, auf dem Querschnitte elliptische oder halbkreisförmige Hervorragung (Taf. 17 Fig. 14 und 15), die nach der Leibeshöhle zu natürlich vom Cölomepithel überzogen ist und innen neben den genannten Ge- fäßen von zahlreichen Räumen durchsetzt wird. Diese sind gleich 1 Edikger's Darstellung (s. oben pag. 356) ist also ziemlich richtig; Wie- dersheim's Angabe dagegen (pag. 552), die Falte bestehe nur »aus Schleimhaut ohne Quer- und Längsmuskeln«, offenbar aus Edinger geschöpft, leitet in dieser Fassung leicht irre. 2 In der Zeichnung ist dies Verhalten nicht gut zum Ausdrucke gekommen. Sappeys Abbildung (Taf. 8 Fig. 9) eines Schnittes durch die Spiralklappe ist wie alle seine histologischen Zeichnungen geradezu schlecht. 3 Dies giebt aber bereits Robin (1. pag. 339 c. pag. 3) an. 360 Paul Mayer der Vene mit Epithel ausgekleidet (Fig. 20), unterscheiden sich von ihr auch sonst nicht und stehen alle mit einander in Verbindung; sind nun die sie trennenden Bindegewebsbalken sehr dünn, die Räume also fast continuirlich , so hat man in der That Leydig's »L}Tnphgefäß« , von dem er richtig meldet, seine Wandung bestehe aus Bindegewebe und innerem Epithel. — Diese »Lymphgefäße«, welche die Arterien und Venen der Eingeweide umspinnen, sind übrigens schon von den ältesten Autoren (Monro, Fohmann etc.) gesehen worden. Sappey's Verdienst ist einzig und allein, die turban- ähnlichen Knöpfe Leydig's in ihnen richtig als Sphincteren erkannt zu haben; dagegen meldet er viel weniger genau als Robin die Mündungen dieser Gefäße ins Blutgefäßsystem. Verfolgt man nun in umgekehrter Richtung den Verlauf der Lymphgefäße oder, wie ich sie von jetzt ab im Einklang mit Robin nennen will, Chylus- gefäße in der Wandung des Tractus selber, so findet man, dass sie im Allgemeinen die Arterie und Vene eine Strecke lang begleiten. Am Spiraldarme speciell gehen quer zu seiner Längsachse in ziemlich gleichmäßigen Zwischenräumen von der Arteria intestinalis dorsalis oder ventralis Zweige ab; der zugehörigen Venen sind vorn am Darme stets je 2, die eine vor, die andere hinter dem arteriellen Zweige; die letztere ist hinten am Darme nicht mehr vertreten. Sticht man aber eine feine Canüle in die »Lymphscheide« und injicirt mit ganz schwachem Drucke, so füllen sich nicht nur sämmtliche Chylusräume in ihr, während die Blutgefäße davon unberührt bleiben ^ sondern es zeigen sich am Spiraldarme selber beträchtliche, ganz oberflächliche Gefäße injicirt, die je eins parallel zu den Arterien- zweigen verlaufen 2 und sich theils in der Musculatur, theils im Binde- gewebe verzweigen. Es ist mir aber nicht gelungen, nun auch zu er- mitteln, ob sie bis in die Zotten der Schleimhaut vordringen. Denn obwohl letztere sich blau färbt, so ist dies doch kein Beweis für ge- sonderte Chylusgefäße in ihr 3; auf Schnitten habe ich gleichfalls in den Zotten der Schleimhaut nie zwei getrennte Gefäßsysteme gesehen, auch glückte es mir nicht, durch Einführung bestimmter Nahrungs- 1 Natürlich kann man bei stärkerem Drucke auch das gesammte Venen- system nicht nur des Tractus, sondern selbst der Kiemen etc. füllen ; umgekehrt gelingt es bei vorsichtiger Injection der Blutgefäße , die Chylusräume in der Scheide leer zu lassen. Beide Systeme stehen central eben nur an wenigen Punkten mit einander in Verbindung. 2 Ähnlich äußert sich Robin pag. 12. 3 Es ist ja immerhin möglich, dass die Chylusgefäße auch schon innerhalb der Darmwand mit Venen in Verbindung stehen. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 361 mittel in den Tractus des lebenden Thieres gefärbten Chylus hervor- zubringen. Ich muss daher die Frage nach der Existenz eines eigenen Chylusgefäßsy stemes offen lassen; es wird sich in- dessen sofort ergeben, dass davon keineswegs die Beurtheilung der Sphincteren abhängig ist. Während in der »Scheide« um die großen Gefäße, welche zum oder am Tractus verlaufen, bei R. punctata sowohl als auch bei clavata an Sphincteren kein Mangel ist (Taf. 17 Fig. 20), sind ihrer im Spiraldarme selber und speciell in der Falte bei punctata absolut keine vorhanden. Bei clavata dafür desto mehr, aber nun zeigt sich auch (wie oben pag. 355 von den Flossen erwähnt) die seltsame Erscheinung, dass sie nicht nur an »Chylusgefäßen«, sondern auch an unzweifelhaften Venen und sogar an echten Arterien vorhanden sind (Taf. 18 Fig. 1 — 4 , sowie dass auch mitunter eine Arterie und die Vene daneben einen gemeinschaftlichen Sphincter besitzen (Fig. 6). Und zwar ist dies nicht nur am Darme, sondern auch am Magen und an der Gallenblase der Fall. Dies sind zwar vergleichsweise seltene Erscheinungen, aber dass sie überhaupt vorkommen, benimmt den Sphincteren den Werth als Unterscheidungszeichen für »Lymph- gefäße«. Ein Blick auf die Fig. 1 genügt doch wohl, um erkennen zu lassen , dass die gestreckt verlaufenden engen Adern Arterien sind — dafür spricht auch ihre histologische Structur — also müssen die Gefäße daneben Venen sein, einerlei ob sie in ihrer Wandung Muskelnetze (wie das Gefäß in Fig. 6) haben oder nicht. Ich hebe dies ausdrücklich hervor, weil Phisalix (1. pag. 348, c. pag. 391 if.) von den Gefäßen zu und an der Milz angiebt, bei den Venen seien die Ringmuskeln nicht wie bei den Arterien dicht an einander ge- reiht, sondern mit Zwischenräumen, die »Lymphgefäße« aber besitzen nur Endothel'. Wollte man diese Distinction auf den ganzen Tractus übertragen, so käme man zu dem Resultate, dass er fast gar keine Venen habe, während doch mächtige Arterien ihm viel Blut zuführen; und dann müsste man erst recht allenthalben eine Communication der Chylusgefäße mit den Venen annehmen, weil 1 Phisalix giebt ferner an, den Venen fehlen die Längsmuskeln gänzlich, im Übrigen seien sie den Arterien gleich. Diese bestehen aus Endothel, Längs- muskeln, Ringmuskeln und Bindegewebe mit elastischen Fasern darin. Leydig (1. pag. 318 c pag. 67) weicht hiervon einigermaßen ab, was wohl darin seinen Grund haben mag, dass er mehr die großen Gefäßstämme untersuchte. Nach ihm haben die Venen meist keine Muskeln. Ich selbst finde, dass bei längerer Einwirkung von Kalilauge auf die Darmgefäße nur die elastischen Fasern dunkel bleiben, alles übrige Gewebe hingegen, auch die Sphincteren, durchsichtig wird. Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 24 362 . Paul Mayer Gefäße mit und Gefäße ohne Muscularis durchaus regellos in ein- ander übergehen. Ahnlich verhält es sich mit der Gallenblase, welche sich ihrer dünnen Wandung halber besonders leicht untersuchen lässt. So fand ich bei einer R. punctata, deren ich schon oben pag. 351 gedachte, sämmtliche Gefäße der Gallenblase (nach lujection von dem Darme aus) mit Ausnahme der Arterien blau und zugleich waren sie mit Sphincteren versehen (Taf. 18 Fig. 8). Wie will man hier Venen und »Chylusgefäße« oder »Lymphgefäße« unterscheiden können ? Über die Entstehung der Sphincteren habe ich folgende Aufschlüsse zu geben. Nicht gerade oft, aber doch häufig genug, um Beachtung zu verdienen, habe ich bei Durchmusterung von Zupf- präparaten und Flächenausichten Sphincteren gesehen, welche nicht völlig rund waren, sondern sich nach einer Seite mit einem Fort- satze in das umliegende Bindegewebe verloren. Besonders fiel mir dies an einem Magen von R. punctata auf, den ich schon oben pag. 349 erwähnte. Hier sind neben ganz contrahirten auch sehr erweiterte Sphincteren vorhanden, ferner solche, deren Ursprung aus einem Muskelbündel sich nicht verkennen lässt, endlich auch solche, die theils zu mehreren unter einander, theils mit der Magenmuscu- laris zusammenhangen, dabei aber doch ein Gefäß einschließen. Nun möchte man hier an Kunstproducte denken, aber selbst wenn man dies annimmt, so sieht mau doch, wie die Sphincteren aus der gewöhnlichen Musculatur des Magens wenigstens entstehen könn- ten'. Aber ich habe in der Wandung mehrerer gut conservirter Gallenblasen, bei denen allerdings die Gefäße injicirt worden waren, das Gleiche gefunden (Taf. 18 Fig. 10, 15) und darf endlich noch 1 So lange ich noch der Meinung war, die Sphincteren seien nicht normal , hatte ich mir diesen Fall so zurechtgelegt: der Magen ist mechanischen Insulten seitens der lebend in ihn eingeführten Nahrung, besonders der hartschaligen Krebse, trotz seiner enormen Ausdehnungsfähigkeit ausgesetzt, und diese führen zu pathologischen Bildungen. Darum suchte ich auch eifrig nach Nerven, welche auf diese Weise zufällig durch Muskelbündel umschlungen worden wären, aber stets vergebens. Herr Prof. His machte mich freundlichst anf eine ältere Stelle aus der Litteratur aufmerksam, die vielleicht mit mehr Recht auf patho- logische Zustände hinweist. Heinrich Müller nämlich (Über eigenthümliche scheibenförmige Körper und deren Verhältnis zum Bindegewebe, in : Verh. Physik. Med. Ges. Würzburg 10. Bd. 1860. pag. 127—137. Taf. 1) beschreibt von Astchen der Arteria und Vena centralis retinae scheibenförmige Ver- dickungen der Adventitia und aus dem »Bindegewebe des Ciüarmuskels« ähn- liche Bildungen, die sich in einen Strang fortsetzen. Nach den Abbildungen zu urtheilen, würden sie den Sphincteren entsprechen. In den mir zugänglichen Lehrbüchern finde ich dieses Falles nirgend gedacht. über Eigenthümlichkeiten in den Kreialaufsorganen der Selachier. 363 als besonders verUlsslich den Fall anführen, wo an einem ohne jeg- liche Dehnung oder sonstige mechanische Misshandlung direct in Sublimat conservirten Stücke des Mesenteriums zwischen Darm und Milz gewissermaßen ein Sphincter im status nascens sichtbar wird (Taf. IS Fig. 11). Sind aber die Sphincteren nachträgliche Ver- dickungen der Gefäßwand durch Hinzutritt von glatter Musculatur aus dem umliegenden Gewebe, so begreift man auch leicht die Fälle, wo zwei Gefäße einen gemeinschaftlichen Sphincter erhalten. Was man allerdings nicht versteht, ist die Art, wie die Aufrollung um das Getiiß zu Stande kommt und warum sie so eigenthümlich loka- lisirt ist. Bei den Arterien des Tractus von R. clavata ist es zwei- fellos, dass der Sphincter außerhalb der eigentlichen Muscularis liegt (Taf. 18 Fig. 2), mithin eine nachträgliche Bildung ist; aber auch die eigentliche Muscularis scheint, wenn man an die oben pag. 354 erwähnten Fälle denkt, aus dem umliegenden Gewebe zu stammen ' und braucht nicht etwa schon embryonal angelegt zu sein. Bei clavata möchte mau von einer Hypertrophie der Gefäßmusculatur reden, wenn damit nur irgend eine Erklärung gegeben wäre. Auf der anderen Seite glaube ich auch den Zerfall der Sphinc- teren beobachtet zu haben. Bei Durchmusterung von Stücken der »Scheide« um die Darmgefäße im frischen Zustande wird man näm- lich sofort zwei Arten von diesen Gebilden finden : bei durchfallen- dem Lichte helle , homogene , und solche , die dunkel und körnig sind und genau so aussehen, als wären sie in Histolyse begriffen. An gefärbten Präparaten zeigt sich dasselbe. Es wäre also mög- lich — und beim steten Wachsthum des Thieres hat die Vorstellung gar nichts Befremdendes — dass eine fortwährende Auflösung alter Sphincteren und eine stete Neubildung stattfände. Ob damit die vielen Fälle erklärt werden, wo ganze Gefäßbezirke der Sphinc- teren durchaus entbehren, während andere dicht daneben sie in Hülle und Fülle darbieten, muss ich dahin gestellt sein lassen. Wie aus meiner ganzen Darstellung hervorgeht, ist es mir un- möglich, sichere histologische Kennzeichen für die »Chylusgefäße« zu finden. Aber der Inhalt der Gefäße, so wird man glauben, muss doch hier die Entscheidung herbeiführen. Was ist also bei 1 So weit ich sehen kann, ist auch bei den höheren Wirbelthieren die Entstehung der Muscularis noch nicht bekannt. Vielleicht stellt sich dort Ahn- liches heraus. 24* 364 Paul Mayer den Selachiern Blut, was Chylus? Auch hier verdanken wir Leydig die ersten und zugleich ziemlich genauen Angaben. Er unterscheidet (1. pag. 17 c. pag. 69) die gewöhnlichen Blutscheiben, ferner »Lymphkügelchen«, endlich »Körnchenzellen; sie sind noch einmal so groß als die vorhergehenden, und von derselben Be- schaffenheit und Größe (0,00675'") wie die Körnchenzellen in der Milz«. In seinem Lehrbuche der vergleichenden Histologie giebt er (pag. 449 Fig. 221 C] auch eine gute Abbildung davon. Freilich übersah er in den »Körnchenzellen« den Kern und versuchte viel- leicht nur desshalb ihre Deutung nicht. Nach ihm scheinen nur Phisalix (1. pag. 348 c. pag. 414) in der Milz und Sappey (pag. 42 Taf. 7 Fig. 8) sowie Edinger (1. pag. 356 c. pag. 658) in dem »Lymphganglion« des Ösophagus , das ich bei einer anderen Ge- legenheit zu deuten versuchen will, die letzteren beobachtet zu haben, und auch nur Phisalix lässt sich näher darüber aus, indem er sie als «modification speciale« der Lymphzellen auffasst, in denen die »granulations soit protéiques, soit graisseuses, soit hémoglobi- ques«, wenn sie zahlreich seien, den Kern bei Seite drängen und die amöboiden Bewegungen zum Stillstand bringen. Das ist genau dieselbe Auffassung, zu der auch ich durchaus selbständig gelangt bin. Die eigentlichen Leukocyten zeigen im Leben die prächtigsten amöboiden Bewegungen, die Körnchenzellen dagegen nicht. Bei den Arten von Raja ist der Inhalt der letzteren verhältnismäßig grobkörnig, so dass sie einigermaßen das Ansehen einer Brombeere haben (Taf. 1 8 Fig. 7) ; der Kern liegt fast immer dicht am Kande und sticht an Pikrocarminpräparaten als rothes Gebilde scharf von den lebhaft gelben Körnchen ab. (Bei ScylKum, Mustelus und Tor- X>eclo sind letztere viel feiner, manchmal staubartig fein und in Folge davon lange nicht so charakteristisch.) Man sieht aber außer den prall mit Körnchen erfüllten Zellen alle Übergangsstadien bis zu ganz leeren Leukocyten, so dass in der That kein Zweifel darüber bestehen kann , dass der dritte Bestandtheil des Blutes aus dem zweiten, den »weißen Blutzellen« hervorgeht und sich auch wohl wieder in ihn zurückverwandeln kann. Im Einklänge hiermit habe ich denn auch gleich Phisalix an den halbvollen »Körnchenzellen« noch amöboide Bewegungen beobachtet. Blut und Chylus nun sind mikroskopisch nur durch die relative Menge der »Körnchenzellen« unterscheidbar. Denn selbst im Blute aus der Aorta oder dem Herzen sind die Körnchenzellen vorhanden; das ist aber schließlich auch nicht weiter merkwürdig, denn einmal über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 365 muss der Chylus doch dem Blute beigemengt werden. Was dagegen wohl bemerkenswerth ist, dürfte der Umstand sein, dass in allen Gefößeu am und im Tractus intestinalis, wenn wir die unzweifel- haften Arterien ausnehmen, die mikroskopisch gleiche Flüssigkeit zu circuliren scheint. Leider lässt sich dies nicht bestimmter aus- drücken, weil man sich immer den Einwand machen muss, am le- benden Thiere könne doch ein Unterschied vorhanden sein, der aber schon bei der Untersuchung frischer Darmstücke und noch mehr bei der Conserviruug für Dauerpräparate verwischt werde. Der Einwand steht und fällt aber mit dem Nachweise eigener Bahnen für die Beförde- rung des Chylus von den Darmzotten bis zur »Lymphscheide«, und diesen sicher zu führen, hat Sappey gar nicht einmal ernsthaft versucht. Hiernach lassen sich also einstweilen histologisch und auch ihrem Inhalte nach Venen und Chylusgefäße nicht aus ein- ander halten. Damit erwächst mir aber die Aufgabe, die so auffällige »Scheide« um die großen Blutgefäße am Tractus und ihr auch von mir anerkanntes Canalsystem anders zu deuten als es bis- her geschehen ist. Zur Zeit finde ich dafür keine bessere Erklärung, als dass in ihnen der Chylus, so wie er aus dem Darme kommt, auf- gespeichert wird, um erst allmählich dem Blute beigemischt zu werden^. Das kann offenbar nur geschehen, wenn diese Gefäßbezirke aus der allgemeinen Circulation vorübergehend je nach Bedürfnis aus- geschaltet werden, und das wiederum kann nur durch ganzen oder theilweisen Abschluss der Venen erfolgen. Hierfür sind die Muskelnetze in ihren Wandungen und noch mehr die Sphincteren bestimmt. Wie verhält es sich aber mit den »Lymphgefäßen« in der Haut? Ich erwähnte schon oben pag. 340 von den Makruren, dass die Hautvenen, welche man am lebenden Thiere sehen kann, je nach Umständen rothes Blut führen oder blutleer sind. Dies gilt auch von Baja. die auf der Bauchseite selbst an größeren Exem- plaren direkte Beobachtung bei auffallendem Lichte erlaubt. Die Anfüllung der Venen kann in beiden Antimeren sehr verschieden 1 EoBiN (I. pag. 339 c. pag. 20) giebt ganz richtig an, diese »Chyhxsgefäße« enthalten bei den Rochen , wenn man sie wenige Minuten nach Herausnahme aus dem Wasser tödte, »quelques gouttes seulement de lymphe«, aber dann sei der Darm auch relativ blutleer. Sie enthalten dagegen mehr Flüssigkeit, wenn sie rascher geöffnet werden und der Darm in Verdauung begriften sei. Leider schildert er den Chylus nicht mikroskopisch. Ich finde die geringfügige Menge Flüssigkeit, welche aus den Räumen der »Scheide« ausfließt, wenn man sie dazu durch Injection an einer anderen Stelle zwingt, röthlich; an conservirten Thieren enthält auch sie echte Blutscheiben. 366 Paul Mayer sein. Man sieht z. B. auf der einen Seite die Venen parallel den Knorpeln, an deren Auffassung als Venen selbst ein Sappey nicht rüttelt; deutlich roth durch die Haut schimmern, auf dem anderen Antimere dagegen nicht ; sie sind aber dabei prall mit einer Flüssig- keit gefüllt, die ich zunächst nur als verdünntes Blut bezeichnen will. Man beobachtet ferner auch wohl ein blasses Verbindungsstück zwischen zwei Venen voller Blut, ohne dass man weiß, warum es nicht ebenfalls roth ist. Und da sich diese Thatsachen auch bei R. punctata constatiren lassen, so können die SAPPEv'schen Lymph- herzen daran nicht Schuld sein, sondern auch hier müssen die Venen sich durch die Muskelringe in ihrer Wandung gegen einander ab- sperren können. Die kleineren Hautgefäße, welche das oben beschriebene äußere und innere Ketz bilden, sind am lebenskräftigen Thiere — ich sage absichtlich nicht : am normalen Thiere , denn schon die Rückenlage mag als ungewohnt in der Circulation Veränderungen hervorrufen — fast immer farblos, am todten streckenweise roth, also voll Blut. Über ihren Inhalt habe ich natürlich nur an con- servirten Exemplaren mich genauer unterrichten könuen, da aber die Tödtung so rasch und zugleich so schonend wie möglich geschah, ferner die Conservirung mit Sublimat oder mit Chromessigsäure (direct oder auch nach lojection mit Berlinerblau) identische Resul- tate ergab , so glaube ich . dürfen wir letztere wohl als brauch- bar annehmen. Die Hautgefäße also führen durchaus kein reines Blut, sondern außer den relativ spärlichen Blutscheiben viele Leu- kocyten und Körnchenzellen, mithin ein Gemisch, das sich dem In- halte der Darmgefäße annähert, falls es nicht geradezu damit iden- tisch ist. Außerdem aber sind namentlich an den Stellen, wo mehrere Capillaren zusammentreffen, oft polygonale Körper in ihnen vorhanden, die ich nach ihrem optischen Verhalten als Körnchenzellen ansehen muss. welche sich an einander gelagert und dadurch ab- geplattet haben. So bei R. clavata. aber auch bei punctata; mithin spielt auch hierbei die An- oder Abwesenheit der Sphincteren keine Rollet Aber auch die größeren Venen haben denselben Inhalt, nur 1 Dies kann auch aus einem anderen Grunde nicht sein. Bei datata näm- lich habe ich ein reichliches Quuatum Hautstücke durchgemustert und mich davon überzeugen können, dass zwar kein Sphincter ohne Gefäß vorkommt, umgekehrt aber manches Gefäß ohne Sphincter. Schon Sappey weist auf die durchaus unregelmäßige Gruppirung der letzteren hin, und auch ich finde zuweilen ein kleines Gefäß so dicht mit Sj^hincteren besetzt , dass einer über Eigenthiimlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 367 beginnt hier die Anzahl der Blutscheiben zu überwiegen. Selbst in den Arterien, welche 1 — 2 au Zahl diese Venen begleiten (Taf. 16 Fig. 19), sind neben rothen Blutkörperchen Körnchenzellen zu fin- den. Unter Berücksichtigung aller dieser Momente wage ich nun die Annahme, dass bei normaler Circulation die rothen Blutschei- ben in ihrem Verlaufe von den Arterien durch die Capillaren in die Venen rascher fortgetrieben werden, als die umfangreicheren Körn- chenzellen, welche sich auch wohl vermittels amöboider Fortsätze direct an die Wandung der Capillaren anheften und so in ihnen an- häufen mögen. Werden zudem Stücke der betreffenden Bahnen theil- weise oder ganz von der allgemeinen Circulation abgeschlossen, so kann sich in ihnen die Verflüssigung der «Körnchen« in den Körn- chenzellen und ihr Übergang in das Blut allmählich vollziehend Die Absperrung aber würden sowohl die Muskeln der Venen als auch in vollkommenerer Weise die Sphincteren besorgen , und es blieben immer doch für die Fortbewegung des übrigen Blutes zu respiratori- schen Zwecken noch Bahnen genug offen. In der Einrichtung, dass ein Sphincter zugleich eine arterielle und eine venöse Vorcapillare schließt, ließe sich eine fernere Vervollkommnung erblicken. Somit würde ein und dasselbe Hautgefäß bald mehr Blut, bald mehr Chylus führen. Dann aber bleibt nichts Anderes übrig, als auch bei den Rochen die sämmtlichen nicht arteriellen Hautgefäße, groß und klein, als Venen zu bezeichnen, deren Inhalt nach Ort und Zeit wechseln kann. Hierdurch gerathen die Rochen in Übereinstimmung mit den Haien, wo ja auch andere Beobachter sich für Venen ausgesprochen haben (vgl. oben pag. 339). Wenn wir uns nochmals vergegenwärtigen, dass im Spiraldarme bei R. clavata eine wahrhaft ungeheuere Menge Sphincteren vorhan- den sind, bei allen anderen mir bekannt gewordenen Rochen und Haien dagegen keine, so ergiebt sich mit vollster Sicherheit, dass die Sphincteren in ihrer Wirksamkeit durch andere Einrichtungen ersetzbar sind, daher auch nicht die Bedeutung haben können, welche Säppey ihnen zuschreibt. Und dies war doch das Thema proban- dum. Er selbst hat einen solchen Einwand offenbar vorausgesehen und sucht ihn folgendermaßen zu entkräften (pag. 33): »Je réponds direct auf den anderen folgt , während ein daneben verlaufendes , ihm sonst absolut gleiches und auch mit ihm in Verbindung stehendes ihrer ganzlich ent- behrt (Taf. 18 Fig. 14). 1 Die Gründe für meine Annahme, dass die »Körnchenzellen« eine Rolle bei der Verdauung spielen, hoffe ich in einer anderen Arbeit darlegen zu können. 368 Paul Mayer qne dans les autres poissons le système lymphatique est incompa- rablement moins développé ; la lymphe chez eux est beaueoup moins abondante; dès lors, nous ne saurions nous étonner qu'avec ce déve- loppement exceptiounel et cette excessive production de globules blancs, coincide Tapparition d'organes exceptionnels aussi.« Aber so einfach liegt die Sache doch nicht. Es soll noch erst bewiesen werden, dass -Ro;« mehr »Lymphe« producirt, als die übrigen Fische; ferner: B. clavata und punctata führen, so weit uns bekannt ist, dieselbe Lebensweise, nehmen die gleiche Nahrung zu sich, haben denselben Verdauungsapparat, und doch: bei der einen Art die Sphincteren im Spiraldarme, bei der anderen nicht! Hier ist mit der Annahme enormer Quantitäten »Lymphe« nichts gewonnen, und mein Erklärungsversuch, den ich jedoch ausdrücklich als Versuch bezeichne, scheint mir der Wahrheit näher zu kommen. Sappey ist als menschlicher Anatom offenbar von der Ansicht ausgegangen, dass auch die Fische ein Lymphgefäßsystem haben müssen, wäh- rend ich diese Nöthigung nicht einsehe und mir ganz gut denken kann, dass die «Lymphe« aus den Geweben direct in die Capillaren hinein diffundirt und sich hier mit dem Blute mischt. Warum hat nun gerade bei R. clavata diese enorme Entwicklung von Sphincteren Platz gegriffen, während die allernächsten Verwandten ohne sie eben so glücklich leben und auch dieselbe Größe er- reichen können? Diese Frage liegt so nahe, dass ich nicht umhin kann, sie mit einigen Worten zu berühren. Absolut ausgeschlossen ist, woran man an erster Stelle denken möchte, dass irgend welche Parasiten, seien es selbst Bacterien, in irgend welcher Weise die un- mittelbare Veranlassung zur Bildung der Sphincteren gäben. Eine Zeit lang habe ich dafür die verschiedene Wassertiefe i verantwortlich machen wollen, in welcher die Rochen leben. In der That ist R. punc- tata ein Bewohner seichter Gewässer, clavata dagegen nicht. Nun lebt aber in gleicher Tiefe mit letzterer die Species miraletus nahezu ohne Sphincteren in der Haut, also lässt uns auch dieser Erklärungs- versuch im Stiche. Wir werden uns daran gewöhnen müssen, dass die 1 Robin scheint ein ähnlicher Gedanke vorgeschwebt zu haben, wenn er sagt (pag. 21): »II y a lieu de croire que dans certaines conditions de la vie de ces animaux, à une grande profondeur de la mer, ces larges conduits [die »Lyinphscheiden«, welche er meist beinahe leer gefunden hat, vgl. oben pag. 365] sont pleins ou à peu près, alors que surviennent certaines moditìcations de la cir- culation ". Er meint aber, sie dienen zur Aufnahme des Überschusses an Blutplasma, welches mit jedem Herzschlage in die Capillaren getrieben werde. über Eigenthümlichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 369 vielen Seltsamkeiten in der Organisation auch der anscheinend gut er- forschten Thiere uns noch lange dunkel bleiben. Befinden wir uns doch in einer Periode, wo derartiger Räthsel Tag für Tag neue auftauchen, während von den alten nur wenige wirklich als gelöst gelten dürfen. Zum Schlüsse dieses Abschnittes möchte ich diese ziemlich lang gewordenen Auseinandersetzungen noch kurz zusammenfassen. Der Versuch Sappey's, auf Grund eigenthümlicher Bildungen bei einer einzigen Fischart sämmtlichen Fischen ein ausgebreitetes Lymph- gefäßsystem zuzuerkennen, worin er seine Vorgänger Hyrtl, Stan- Nius etc. noch übertrifft, ist als gescheitert anzusehen. Mit Robin und Parker leugne ich vielmehr in der Haut des Körpers der Selachier constante Lymphbahnen, die man offenbar dem Schema der höheren Wirbelthiere zu Liebe construirt hatte. Jedes Hautgefäß ist entweder eine Arterie oder eine Vene oder eine Capil- lare und führt je nach Umständen reines Blut (rothe und weiße Körperchen mit wenig Chylus) oder Chylus oder ein Gemisch von beiden; in den letzteren Fällen vielleicht, um ihn völlig zu assimi- liren, wobei es sich durch Muskeln von der allgemeinen Circulation vorübergehend abschließt. Die Gefäße an den Eingeweiden, spe- ciell am Tractus verhalten sich ähnlich und speichern zu Zeiten den Chylus auf, während sie zu anderen Verdauungsperioden Blut führen. Gesonderte Chylusgefäße sind bisher noch nicht mit Sicherheit nachgewiesen worden. Neapel, Ende Januar 18S8. Erklärung der Abbildungen. a Arterie, vd Vena dorsalis. ac Arteria caudalis, vi intercostalis, ai intercostalis, vi lateralis (nach Parker «la- ap postica, teralis cutanea«), as spinalis, vld laterodorsalis, avas Vas vasorum, vlv lateroventralis. iü Nervus lateralis, vp\ l)s Plexus spinalis venosus, ,) postica, vp'\ ^ rm Ramulus medullaris, vprof profunda, V Vene, vrp Nierenpfortader, VC Vena caudalis. vs Vena spinalis. vcard cardinalis, vt transversalis cutanea, vcirc circularis. vv ventralis. 370 Paul Mayer Tafel 16. Arterien dunkelroth, Venen blau, Nerven gelb, Knorpel grün, Muskeln und electrisches Organ hellroth. Die Pfeile geben die Richtung des Blutstromes an. Fig. 1 — 4. Schnitte durch einen nahezu reifen Embryo von Scyllium canicula, und zwar Fig. 1 in der Höhe der Analflosse , die übrigen in der Höhe der Schwanzflosse. Die Anlagen der Hautzähne sind tief- schwarz wiedergegeben. Man sieht in Fig. 1 die Mündung einer Vena profunda {vjjrof) der Analflosse in die Vena caudalis , in Fig. 2 dgl. einer Vena intercostalis , in Fig. 3 dgl. einer Vena ventralis, in Fig. 4 die Mündung der Venae laterales in die Venae ventrales (vgl. oben pag. 317). Die Gefäße neben der Arteria cau- dalis sind nur in Fig. 1 deutlich zu sehen, in den übrigen Figuren einfach weggelassen. Vergr. 2-5/1. Fig. 5. Schnitt durch das Rückenmark im Rumpfe eines etwa 20 cm langen S. canicula zur Veranschaulichung der Gefäße. Die feineren Bahnen sind nur theilweise gezeichnet (vgl. oben pag. 314). Vergr. 25/1. Ejg. 6 — 8. Schnitte durch den Schwanz eines etwa 18 cm langen S. canicula, und zwar Fig. 7 in der Höhe der zweiten Dorsalflosse , 8 in der Höhe des Anfanges und 6 ganz nahe dem Ende der Schwanzflosse. Fig. 7, aus mehreren Schnitten combinirt, dient zur Demonstration der Intercostalvenen und der Verzweigung der Gefäße in Knorpel und Musculatur der Flosse (schematisch gehalten ; vgl. Fig. 24 und oben pag. 331); Fig. 8 zeigt den typischen Verlauf der Intercostal- arterien eines Metameres (vgl. oben pag. 314); in Fig. 6 beachte man die Dimensionen der Ventralvenen (hier unpaar; vgl. oben pag. 317) im Vergleiche zu denen der Vena caudalis sowie den aus mehreren Schnitten combinirten Zusammenhang" der Venae laterales mit den ventrales (vgl. oben pag. 318). In Fig. 7 sind die periphe- rischen Nerven nicht angegeben. Vergr. 12/1. Fig. 9 — 13. Schnitte durch den Schwanz eines Embryos von Raja spec. haupt- sächlich zur Veranschaulichung der Lateralvenen (vgl. oben pag. 322) und der Gefäße neben der Arteria caudalis (vgl. oben pag. 325). Der Nervus lateralis ist in Fig. 12 nicht mehr vorhanden, in Fig. 13 ist auch das Seitenorgan eingegangen, cc = Hautkiel. Das elec- trische Organ ist gleich den Muskeln hellroth gefärbt. Vergr. 20/1. Fig. 14. Schnitt durch den Rumpf eines jüngeren Embryos von Baja spec. Man sieht die beiden Lateralvenen in der Figur links noch ver- einigt, rechts bereits getrennt (vgl. oben pag. 322). Der Nervus lateralis scheint zu fehlen. Die Eingeweide in der Leibeshöhle sind schematisch gehalten. Die Vene x entspricht der »Vena lateralis« nach Parkers Nomenclatur. Vergr. 20/1. Fig. 15 und 16. Von demselben Embrj^o wie Fig. 1—4, und zwar 15 dicht hinter 1, 16 dicht vor 4 (vgl. oben pag. 319). Vergr. 38/1. Fig. 17. Stück eines Horizontalschnittes durch den Schwanz eines Embryos von S. canicula, um die Klappen in den Venae ventrales zu zeigen (vgl. oben pag. 319). Rechts in der Figur ist hinten. Vergr. 38/1. Fig. 18. Spinalnerven und Gefäße an einer Neurapophyse in der Höhe der hinteren Dorsalflosse von Mvstelus spec. (vgl. oben pag. 330). Rechts in der Figur ist hinten. Vergr. 3/2. über Eigenthüralichkeiten in den Kreislaufsorganen der Selachier. 371 Fig. 19. Gröbere Stämme des tiefen Gefäßnetzes und der Nerven in der Ventralhaut der Brustflosse von Raja clavata. Die Zeichnung ist in so fern scheraatisch, als die Arterien stets über den Nerven, diese über den Venen liegend dargestellt sind, während sie in Wirklich- keit durch einander verlaufen ; auch ist das ganze Hautstück flach gehalten , während (vgl. Fig. 20) die 4 Hauptvenen höher liegen müssten als die Räume zwischen ihnen. Links in der Figur ist medial. Durch die Fräparation sind viele feinere Zweige abgerissen. Vgl. oben pag. 353. Vergr. 7/1. Fig. 20. Schnitt durch die Ventralhaut der Brustflosse von Raja clavata zur Demonstration der beiden Gefäßnetze (vgl. oben pag. 353). Bei z ein Hautzahn; e — Epidermis. Vergr. 20/1. Fig. 21. Gefäße zu und von der vorderen Rückenflosse eines ziemlich großen Embryos von Squatina spec. (vgl. pag. 332 und 336). Die Vena circiilaris ist ganz entfernt worden. Punktirt sind die Gefäßab- schnitte , welche im linken (in der Figur unteren) Antimer ver- laufen. Vergr. 7/2. Fig. 22. Arterien beider Antimeren (punktirt die im unteren = rechten) eines anderen Embryos von Squatina spec. (vgl. oben pag. 332). Vergr. 7/2. Fig. 23. Gefäße zu und von der hinteren Rückenflosse eines mittelgroßen 3Ii(stelus. Von den Nerven sind nur die vorderen Wurzeln gezeichnet. Die Vena profunda verläuft an ihrem Ende im linken Antimer. Bei rcirc sieht man den Querschnitt der Vena circularis (Taf. 17 Fig. 17). Es ist auch eine Vena profunda der Analflosse angegeben (vgl. oben pag. 329 und 333). Nat. Größe. Fig. 24. Gefäße zu und von der vorderen Rückenflosse eines kleinen S. ca- nicula (vgl. oben pag. 331 und 333 sowie den Querschnitt Fig. 7). Auch hier verläuft die Vena profunda an ihrem Ende im linken Antimer; vcirc wie in Fig. 23. Vergr. 7/2. Fig. 25 — 31. Schnitte durch eine ganz kleine Raja [jjunctata'i} zur Veranschau- lichung der Gefäße im Hämapophysencanale (vgl. pag. 325). Fig. 25 ist aus dem Rumpfe, die übrigen sind aus dem Schwänze, und zwar Fig. 31 in der Höhe der vorderen Rückenflosse, 30 in der Höhe des Anfanges derselben. In Fig. 30 sieht man die (ob normale?) Verbindung beider »Vasa vasorum« unterhalb der Ar- terie mit einander. Tafel 17. Fig. 1. Zur Demonstration der histologischen Verhältnisse der Gefäße in der Nähe des Afters bei Raja. Der Schnitt gehört zu derselben Serie wie die auf Taf. 16 Fig. 9 — 13 abgebildeten (vgl. oben pag. 325). Der Knorpel ist gekörnelt wiedergegeben. Vergr. 50/1. Fig. 2. Dasselbe von der Raja, zu welcher Fig. 25 — 31 auf Taf. 16 ge- hören. Vergr. 50/1. Fig. 3 und 4. Theile des Gefaßnetzes in der Musculatur der vorderen Rücken- flosse von S. canicula. Die Zickzacklinie in Fig. 4 giebt die distale Grenze der vorletzten Glieder der Knorpelstrahlen an (vgl. oben pag. 331). Vergr. 50/1. Fig. 5. Mündung einer Vena iutercostalis in die Vena caudalis bei einem 372 Pialli Mayer Embryo von 5'. canicula; zur Veranschaulichung der Klappe (vgl. oben pag. 318). Bei x Blutgerinnsel. Vergr. 130/1. Fig. 6 und 7. Dasselbe von zwei erwachsenen S. stellare. Vgl. oben pag. 319. In Fig. 7 sieht man von der Vena caudalis aus in die V. inter- costalis hinein ; in 6 ist letztere durch einen Schnitt der Länge nach geöffnet. Vergr. etwa 5/1. Fig. 8. Querschnitt durch Arteria und Vena caudalis in der Hohe der Analis desselben Embryos von S. eanicula wie der von Fig. 5 und von Taf. 16 Fig. 1 etc. Zur Demonstration der feineren Structur (vgl. oben pag. 314). Bei n ein Nerv. Vergr. 50/1. Fig. 9. Stück der injicirten Darmwand von Rajn clavata. Gefäße blau, Ar- terien mit doppelten Umrissen, m Musculatur der äußeren Darm- wand, mm Muscularis mucosae. Die isolirten Bindegewebszüge sind dunkelgrau, das lockere Bindegewebe ist hellgrau gehalten. Darm- epithel schematisch ; p Coelomepithel. Vgl. oben pag. 359. Vergr. 25/1, Fig. 10. Dasselbe von R. punctata. Bei m' isolirte Muskelfasern mitten im lockeren Bindegewebe. Vergr. 25/1. Fig. 11. Stück der Vena caudalis von S. stellare geöffnet, zur Demonstration der Mündungen der Venae intercostales und der »Vasa vasorum« (vgl. oben pag. 321). Die Arteriae intercostales schimmern durch. Vergr. 3/2. Fig. 12. Aus der Haut der Brustflosse von JB. clavata: ein Sphincter, welcher 2 kleine Venen und eine kleine Arterie umschließt. Die dunklen Gebilde in den Venen sind » Körnchenzellen <•; der übrige Inhalt ist nicht gezeichnet (vgl. oben pag. 355 und 364). Vergr. 130/1. Fig. 13. Stück der Brustflosse von R. maculata zur Demonstration der Sphinc- teren (vgl. oben pag. 352j. Die dunklen Striche zeigen den Verlauf der Knorpelstrahlen. Nat. Größe. Fig. 14 und 15. Zur Veranschaulichung der großen Gefäße und ihrer »Scheide« an Darm resp. Magen von R. j^^^tctata (vgl. oben pag. 359). Die Sphincteren sind, weil zu klein, nicht angegeben. Darm- und Magen- wandung schematisch. Vergr. 8/1. Fig. 16. Arterien der vorderen Rückenflosse von Torjiedo ocellata (vgl. oben pag. 332). Die Zeichnung ist durch Combinirung der Skizzen beider Antimeren gewonnen; punktirt sind die Arterien, so weit sie im rechten (unteren) Antimere verlaufen. Die Vena postica blau. Vergr. 3/1. Fig. 17 und 18. Theile des Schwanzes von zwei jungen Yenu z. B. Kölliker (Entwicklung" des Menschen. 2. Aufl. pag. 62 1) sich folgeudermaßeu ausspricht: »Die Stämme der sen- siblen und motorischen Nerven treten ohne Ausnahme in erster Linie als Bündel feinster paralleler Fäserchen auf. zwischen denen keine Kerne und keine Zellen sich befinden«, so ist das eine Anschauung, die ich einstweilen nicht theilen kann. Von feinen parallelen Fäser- chen ist »in erster Linie« keine Rede, sondern von einer mehr oder weniger homogenen Plasmaraasse, in welche ebensowohl Kerne und Zellen aus dem Medullarrohre wie aus dem umgebenden Mesoderm- gewebe eintreten. Die Fäserchen, d.h. die Achseucylinder . halte ich für Differenzirungsproducte eben dieses Plas- mas. Dies Plasma tritt in Contact mit dem Plasma der Endorgane — ob dieser Contact irgend welche functionellen Beziehungen dar- bietet, lasse ich dahingestellt — und erst nachdem die Einwan- derung der erwähnten Medullär- und Mesodermzellen stattgefunden hat, erkennt man etwas von den «Fäserchen«, wie sie Kölliker. His, Sagemehl u. A. beschreiben. Es bleibt freilich fraglich , ob mau sich vorstellen soll, dass diese Fäserchen. d. h. die ersten Andeutungen des Achsencylinders, vom Medullarrohre in die Plasmamasse des Nerven hineinwachsen, oder ob eine allmählich vorschreitende Differenzirung dieses Plas- mas selbst den Achseucylinder bilde. Man fragt sich aber, wenn die erste dieser Alternativen vorgezogen wird, zu welchem Zwecke, resp. zu welcher Function, dieses Plasma dann berufen sei? Denn wenn der Achseucylinder in das Plasma als Neubildung vom Medullarrohre aus erst eindringt, so würde eben dies Plasma seine unmittelbare und nächste Scheide bilden , um die herum erst die Mesodermscheide sich lagern könnte. Welchem Theile des defini- tiven Nerven entspräche dann diese Plasmascheide'? Etwa der späteren Markscheide? Dieser Meinung scheint Vignal zu sein, welcher in seiner sehr interessanten Abhandlung »Développement des tubes nerveux chez les Embryons« (Arch. Phys. Paris (3) Tome 1 18S3. pag. 51 S) sagt: »Les faisceaux eux-memes . . . sont formés par une substance homogene se colorant peu par l'osmium et probable- ment de nature protoplasmique . englobant daus son Interieur un nombre considérable de fines fibrilles disposées parallélement au grand axe du faisceau.« Und weiterhin pag. 538: »La substance homogene qui formait primitivement tont le nerf, et qui plus tard 458 • Anton Dohrn englobe et eutoure les fibrilles du eylindre-axe , parait jouer im certaiu role daus la formation de la myélme.-^c Meine eignen Studien sind noch nicht so weit vorgeschritten . um diese Hypothese be- jahen oder veraeinen zu können — der Beachtung scheint sie aber unter allen Umständen werth zu sein. Von anderer Seite, wie z. B. von BovERi in seinen »Beiträgen zur Kenntnis der Nervenfasern« (Abh. Akad. München 15. Bd. 1SS5 pag. 30 fif.) ist diese Anschauung Vignal's auf Grund histologischer Untersuchungen abgewiesen worden — ob mit Recht, wird wohl erst die combinirt histologisch-embryo- logische Untersuchung feststellen können, so schwierig sie auch sein mag. BovERi hält das Mark für ein mesodermatisches Produkt, und seine Argumente sind recht lesbar — aber das Factum, dass die erste Grundlage des entstehenden Nerven Plasma ist, und dass innerhalb dieses Plasmas die Fibrillen auftreten, außerhalb desselben mesodermatische Elemente, lässt die Anschauung, dass dies Plasma irgend welchem Product des fertigen Nerven außerhalb des Achsen- cylinders zu Grunde liege, vollständig gerechtfertigt erscheinen. Weitere Untersuchungen sind freilich unumgänglich erforderlich, um diese Frage zu lösen. His giebt in dem Aufsatz »Über das Auftreten der weißen Sub- stanz und der Wurzelfasern« (Arch. Anat. Pbys. Anat. Abth. 1883. pag. 168 ff.) ein Bild davon, wie er sich die Entwicklung der eigentlichen Nervenfaser und ihrer Beziehung zum Endorgan, d. h. der Muskelplatte denkt. Nach seinen Angaben existire zwischen den Ur wirbeln und dem Medullarrohre eine compacte, 0,1 — 0,15 mm breite Substanzbrücke , deren größere , dorsale Hälfte vom Spinal- ganglion eingenommen und beinahe völlig ausgefüllt ist. Die ven- trale Hälfte der besagten Substanzbrücke bestehe aus Bindesubstanz mit zahlreichen Zellen. »Die Bündel der Wurzelfasern treten quer durch die Substanz- brücke und dringen bis in die Nähe der Segmental- (Urwirbel-j Höhle vor. Schon bei schwächerer Vergrößerung erkennt man ihren Weg als helle Straße innerhalb des dunkleren umgebenden Gewebes. In der Nähe der Segmentalhöhle angelangt ändern die Fasern rasch ihre Richtung. Ein Theil derselben wendet sich als Ramus posterior dorsalwärts, ein anderer Theil verläuft, der Höhlenwandung entlang, ventralwärts. Letztere Fasern bilden ein compactes Bündel, das dann mit einem Male aufhört.« Diese Anschauung stimmt nicht mit den von mir beobachteten Thatsachen überein. Die sog. Substanzbrücke existirt nicht zur Zeit Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkürpers. XIV. 459 der ersten plasmatischen Anlage des motorischen Nerven, weder das Spinalg-ang-lion noch die Mesodermzellmasse. Vielmehr bildet das Plasma selbst die Substanzbrücke, wie oben dargelegt, und erst nach- her treten die übrigen Elemente hinzu. Und von einem auswach- sendeu Bündel von Fibrillen ist nichts zu sehen, ja, auch für die spätere Scheidung in dorsale und ventrale Aste ist immer festzu- halten, dass Plasma voran geht, in dem erst nachträglich Fibrillen auftreten. Und was die Ablenkung der Fasern durch den Wider- stand der entgegenstehenden Wandung des Urwirbels anlangt, so kann ich auch dieser Anschauung nicht zustimmen. Mir scheinen die Verhältnisse anders zu liegen. Das Plasma legt sich, wie oben be- schrieben, gleich von vorn herein in breiter Fläche an das Plasma der muskelbildenden Schicht des Urwirbels an ; mit dem Wachsthum dieser Schicht nach oben und nach unten wächst auch das Nerven- plasma und schiebt sich dorsal wärts und ventralwärts. Wenn nach- her in dem Plasma sich die Achsencylinder differenzireu, so folgen sie eben der Verschiebung resp. dem Auswachsen des Plasma- bodens , in dem sie entstehen, und haben schwerlich das Bedürfnis und die Fähigkeit, weiter zu wachsen als dieses Plasma reicht. Wenn aber dies Plasma den Contact mit dem Muskelplasma erreicht hat, so kann es sich wohl noch im Zusammenhang mit dem letzteren in immer feinere Beziehungen gliedern , aber sein isolirtes Weiter- wachsen ist eo ipso durch den erreichten Contact ausgeschlossen. Doch auf diese Verhältnisse des wachsenden Nerven will ich hier nicht speciell eingehen, dazu werde ich demnächst in zusammen- hängender Schilderung Gelegenheit haben. Ich verschiebe darum, wenn auch ungern, Erörterungen über die Anschauungen, welche KöLLiKER in seinem Aufsatze «Histologische Studien an Batrachier- larven« (Zeit. Wiss. Z. 43. Bd. 18S5. pag. 1 — 40) ausgesprochen hat. mit denen meine Befunde indess an mehr als einer Stelle wohl in Harmonie zu setzen sind. 460 Anton Dolirn Erklärimg der Abbildimgen. Tafel 22. a plasiuatische Anlage des Nerven, h muskelbildende Zellschicht des Urwirbels, c Bindegewebe bildende Partie des Urwirbels. Fig. 1 — 10. 3Iustelns-'Km\>vjo von 5,5 mm Länge, mit vier Kiemen- spalten. Fig. 1. Querschnitt aus der hinteren Rumpfgegend. Weder die Spinalganglien noch der Urnierengang sind an dieser Partie angelegt, bei a erkennt man aber die plasmatische Anlage des motorischen Xerven. (Vergr. : 250.) Fig. 2. Derselbe Schnitt in mehr als doppelter Vergrößerung. (Vergr. : 550.) Fig. 3. Aus demselben Embryo ein um Weniges weiter kopfwärts gelegener Schnitt. Auf diesem Stadium ist die erste Wucherung der Spiualgan- glien imd die äußerste Grenze des nach hinten wachsenden Urnieren- ganges zu erkennen. Der plasmatische Nerv a ist länger und voluminöser geworden, er wächst den nach oben wandernden Bindegewebszellen entgegen. Auf der rechten Seite streckt sich eine Medullarzelle gegen die Basis des Nerven zu, um in ihn einzuwandern; e dunklere körnigere' / blassere rundere Medullarzellen. Vergr. : 550. j Fig. 4. Derselbe Embryo. Noch weiter nach vorn gelegener Schnitt aus der Rumpfgegend. Der Plasmanerv hat sich der muskelbildenden Schicht und ihrem Plasma dicht angeschmiegt. Die Bindegewebszellen um- geben ihn, sind aber noch nicht an ihn herangewachsen. (Vergr.: 550.) Fig. 5. Derselbe Embryo, dreizehn 5 u-Schnitte weiter nach vorn. In den plasmatischen Nerven sind Medullarzellen eingewandert, resp. im Be- griff einzuwandern. Es ist zweifelhaft, ob die Zelle (j Medullär- oder Mesodermzelle ist. (Vergr.: 550. Fig. 6. Derselbe Embrj-o. Acht Schnitte weiter nach vorn. An der Basis des plasmatischeu, von Bindegewebszellen umgebenen Nerven liegt in der Medulla eine Zelle, welche sich zur Theilung anschickt. (Vergr.: 550.) Fig. 7. In den plasmatischen Nerven einwandernde Medullarzellen. (Vergr.: 550.) Fig. 8. Theilung einer Medullarzelle an der Basis des plasmatischen Nerven. (Vergr. : 550. Fig. 9. Derselbe Embrj'O, Schnitt durch die vordere Rumpfgegend. In dem plasmatischen Nerven sieht man eine Menge Zellen theils mesoder- raatischer theils medullärer Herkunft. Die Anlagerungsfläche an die muskelbildende Zellschicht des Urwirbels ist sehr beträchtlich. (Vergr.: 550.) Fig. 10. Noch weiter vorn. Die plasmatische Platte ist wesentlich verbreitert und enthält zahlreiche Zellen beiderlei Provenienz. (Vergr. : 550.) Fig. 11 — 15. Von einem 10mm langen Pristittrus-Y^m.hvjo. Diese Schnitte bedürfen keiner Erkliirung, sie geben eine Anschauung von den Verhältnissen der Zelltheilung an der Übergangsstelle vom Medullarrohre zum motorischen Nerven. fVergr.: 550.) Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkörpers. XIV. 461 Fig". Ui — 19. Vou einem .{ luiii langeu Pristiurus-Y^iwhryo. Diese Schnitte zeigen die erste plasmatische Bildung der motorischen Nerven. Sie sind aus der Mitte des Rumpfes genommen, die Fig. 17 und 18 zeigen denselben Nerven, Fig. 16 einen weiter nach hinten, Fig. ly einen weiter nach vorn liegenden Nerven. Von den Spinal- gauglien erkennt man erst in dieser Körperregion die ersten Zellvor- wucherungeu. Ob die in den Fig. IT und IS im Plasma des Nerven befindlichen Zellen medullärer oder mesodermaler Herkunft sind, lässt sich nicht entscheiden. (Vergr.: 550.) Fig. 20 — 26. Von einem 10 mm langen Frist iurus-Em.hvyo. Die 4. und 5. Kiemenspalte sind noch geschlossen, am vordersten Kiemenbogen ist die erste Knospe eines Kiemenblättchens zu erkennen. (Vergr.: 550.) Fig. 20, 22 und 26 zeigen die Beziehungen der plasmatischen Nervenanlagen zu den Urwirbeln , sowohl zu den muskelbildenden , wie zu den Binde- gewebe bildenden Abschnitten. Fig. 21, 23, 24 zeigen Mitosen von MeduUarzellen an der Basis, Fig. 25 im Inneren des plasmatischen Nerven. Fig. 27 — 32. Von einem 5 mm langen Scyllium caiiicula-Ytmhrjo aus der hinteren Rumpfgegend. Diese Schnitte zeigen dieselben Verhältnisse wie oben; Mitosen an der Wurzel der Nerven, Fig. 32 eine Zelltheilung, deren eine Hälfte im Medullarrohre, die andere im Nerven gelegen ist. (Vergr.: 550,) Studien über den Körperbau der Anneliden. Von Eduard Meyer in Neapel. Mit Tafel 23—25. IV. Die Körperforin der Serpiilaceeii und Heriiiellen. Wenn ich in der vorhergehenden Studie^ die Serpulaceeu und Hermellen zusammenstellte, so beweg mich dazu die nur diesen beiden Wurnifamilien eigenthümliche Form der thoracalen Nephri- dien. Nach einer Erklärung für die merkwürdige Abweichung vom allgemeinen Annelidentypus suchend, musste ich die Gesammtorga- nisation dieser Thiere zu Rathe ziehen und gelaugte dadurch zur Einsicht, dass die bezeichneten Gruppen einander verwandtschaftlich viel näher stehen, als man bisher vermuthet hat, und dass der Hermeilenkörper in mancher Beziehung als ein Schlüssel zum Ver- ständnis der vielfach sehr sonderbaren Organisationsverhältnisse der Serpulaceen dienen kann. Es ergab sich aus diesen Untersuchungen, dass der Grund zur Umgestaltung der Thoracalnieren nicht in diesen Organen selbst zu suchen sei, sondern in der abweichenden, allgemeinen Körperform, und da diese wiederum ihrerseits durch den Röhrenbau und die fest- sitzende Lebensweise unserer Würmer erklärt werden muss, so wäre denn die erstere Abweichung in letzter Instanz auf diese Gewohn- heit unserer Würmer zurückzuführen, w^elche in keiner anderen 1 in: Mitth. Z. Stat. Neapel 7. Bd. 1SS7 pag. 706 ff. Ich werde häufig auf die Tafeln im 7. Bande verweisen müssen, aber dann jedes Mal »7. Bd.« hinzufügen. Studien ül)or den Körperbau der Anneliden. 463 Gruppe (las Extrem erreicht hat. wie wir es bei den typischen Ver- tretern der Serpulaceen und Hermellen finden. Um das Zustandekommen der eigenthümlichen Thoracaluiereu- form zu verstehen, müssen wir also eine ganze Reihe von Umge- staltungen an den verschiedensten Organsystemen berücksichtigen, und daher lag es nah, diesen Erklärungsversuch auf die Gesammt- orgauisation der Serpulaceen und Hermellen auszudehnen. Indem somit der Wunsch, die abweichende Gestalt der thoracalen Nephridien erklären zu können, den Ausgangspunkt für den hier beabsichtigten Versuch bildete, wird es begreiflich sein, dass ich vor Allem denjenigen Organisationscharakteren eine besondere Auf- merksamkeit gewidmet habe, welche durch ihr Abweichen von dem typischen Verhalten auf die Formbildung der Thoracalnieren einen unmittelbaren oder entfernteren Einfluss gehabt haben mögen oder als Beweismittel bei diesen Speculationen in Betracht kommen kön- nen; die übrigen sich hieran anschließenden Fragen habe ich mehr oder minder cursorisch behandelt. Ein derartiges Verfahren scheint mir in so fern statthaft, als es sich hier nicht um eine Monographie der bezeichneten Wurmgruppe handelt; auch möchte aus demselben Grunde eine mehr willkürliche Anordnung des Stoffes erlaubt sein. So will ich denn zunächst in einer Reihe einzelner Abschnitte meine Untersuchungen über ver- schiedene Organe und Organsysteme der Serpulaceen und Hermellen voranschicken und dann die sich sowohl hieraus als aus Vergleichen mit anderen Anneliden ergebenden Schlüsse nachfolgen lassen. A. Anatomische und ontogenetische Untersuchungen. 1. Die Entwicklung des thoracalen Excretionssystenis. Von der Entwicklungsgeschichte des Nephridialsystems der uns beschäftigenden Anneliden ist bisher nur wenig bekannt geworden, und dieses bezieht sich ausschließlich auf die Kopfnieren einiger Serpulaceenlarven . Die larvai e n Nephridien. Bei der Larve von Psygmobraìichus protensus hat dieselben Salensky gesehen (1S82A. pag. 362 und 377, Taf. 15 Fig. 14 Oijh). Er stellt die in Rede stehenden Organe als ein Paar kurze, innen flimmernde, zu beiden Seiten der Bauchmarkanlage gelegene 464 Eduard Meyer Canale dar, die er »org-anes vibratiles« nennt, aber doch mit den von Hatschek bei Anneliden und Mollusken beschriebenen Kopf- nieren vergleicht. Über ihren Bau sagt er nichts. Sodann beschreibt v. Dräsche (1S84 pag. 7, 9, Taf. 2 Fig. 26, 27; Taf. 3 Fig. 28, 29, 33 ex) das paarige Excretionsorgan der Larve von Pomatoceros triqueter L. als einen stark flimmernden Canal, «welcher in einem mehrfach gerippten Trichter endigt«, am hinteren Theile des neuralen Larvenlängsmuskels befestigt ist und mit seinem distalen Ende an die vordere Partie des betreffenden Mesoderm- streifes anstößt. Er bildet es sowohl bei der unsegmentirten als bei der in der Segmentirung begriffenen Larve ab. Die Entwicklung der Serpulidenkopfniere hat Hatschek bei Eupomatus uncinatus Phil, beobachtet (1885 B. pag. 134, 143, 144, Taf. 4 Fig. 41—47; Taf. 5 Fig. 4S— 51 K.N). Da seine Darstellung die ausführlichste ist, welche wir bis jetzt in dieser Hinsicht be- sitzen, und andererseits mir bei meinen Beobachtungen die Anfangs- stadien gänzlich fehlen, so seien die Angaben des genannten For- schers hier etwas eingehender referirt. Nach Hatschek fällt die erste Anlage der Kopfniere in das Stadium, wo sich in der jungen Trochophora die Larvenorgane aus den Keimblättern zu bilden beginnen. Sie entsteht aus jener Zelle, die jederseits unmittelbar an die Polzelle grenzt, also nächst die- ser die hinterste Zelle des primären Mesodermstreifens ist; diese Zelle zieht sich gegen den Ösophagus hin in die Länge und erweist sich in der weiteren Entwicklung als Anlage des pri- mären Excretionsorgans oder der »Kopfniere«. Am Vorder- ende dieser Zelle liegt eine andere rundliche, die später die End- zellen des Organs liefert. Die erste Zelle streckt sich allmählich zu einem »kurzen, spulrunden Faden« aus, in welchem ein flimmern- der Längscanal auftritt. »Eine äußere Mündung konnte nicht mit Sicherheit erkannt werden.« Später ragt die Kopfniere, welche sich dem neuralen Längsmuskel anschmiegt, in die Leibeshöhle hinein, indem sich ihr vorderes Ende vom Ösophagus ablöst und mit diesem nur durch die feinen Fortsätze ihrer Endzellen in Verbindung bleibt. »Eine Öffnung in die Leibeshühle ist nicht vorhanden.« Von den Endzellen des Organs, welche Hatschek mit den von ihm bei Echiurus und auch bei Pltoronis gesehenen vergleicht, vermuthet er, »dass dort der Beginn der Excretion stattfindet«, und macht darauf aufmerksam , »dass sich Anfangs die hintere p r o t o p 1 a s m a t i s c h e Anschwellung des Längsmuskels genau eben so verhält, wie I Studien über lìen Körperbau der Anneliden. 465 die audereu Eudzelleu der Kopfiiiere» . In späteren Stadien erstreckt sich das larvale Excretionsorgan »längs der secnndären Mesoderm- streifeu noch nach hinten bis zu den Polzellen des Mesoderras«. Etwas anders verhalten sich die Kopfnieren der am Faro von Messina gefischten Serpulidenlarve (Hatschek 1885 B. pag. 25. Taf. 5 Fig. 52 — 54 K.N). indem ihr Canal »nur bis zum Vorderende des Mesodermstreifens« reicht. Ferner »inserirt sich hier der Längsmuskel zuerst am Vorderende der Kopfniere « , welche außerdem »einen zum Ösophagus ziehenden Anheftungsfaden« be- sitzt, und der erstere »wächst erst später bis zum secnndären Meso- dermstreifen aus«. Die larva leu Nep bri dien von Psyginobranchus protensus konnte ich erst in einem beinahe fertigen, wahrscheinlich schon voll- kommen functionsfähigen Stadium mit gewünschter Deutlichkeit wahr- nehmen, da bis dahin die überaus reichliche Versorgung sämmtlicher Gewebe der Larve mit Dotterkörnchen, welche nun allmählich anfingen resorbirt zu werden, die Beobachtung außerordentlich erschwerten. In der noch unsegmentirten Trochophora von Psijgììiobrcmckus (Taf. 23 Fig. 1) hat die Kopfniere [L.N) eine spindelförmige Gestalt und besteht aus zwei mit einander verschmolzenen Zellen, von w^elchen die größere distale Excretionszelle ihrer Länge nach einen engen, spaltförmigen Hohlraum enthält und in ihrem fein- körnigen Protoplasma einen dunklen, ovalen, wandständigen Kern besitzt; die proximale oder »Endzeile« ist bedeutend kleiner, kegelförmig, hat auch einen dunklen, aber kleineren, runden, cen- tral gelegenen Kern und sitzt mit ihrer Basis dem inneren Ende der ersteren fest auf. Ob das Lumen des Nierenorgans in diesem Sta- dium schon nach außen mündet, kann ich nicht sagen. Diese beiden larvalen Nephridien liegen im Bereiche der Seitenlinie und sind hier parietal dicht vor und unter einem Paar nach innen vorspringender Ectodermverdickungen [l.Kr) an der Larvenhaut befestigt, welche sich in einiger Entfernung hinter den oralen Wimperkränzen befinden und die Anlage der seitlichen Kragenlappen bilden: von hier aus erstrecken sich die Kopfnieren durch die primäre Leibeshöhle frei nach vorn und lehnen sich mit ihrer Endzelle an die beiden neuralen Längsmuskel {K.l.m) der Trochophora fest an: mit den noch soliden und ungeglieder- ten »secnndären« Mesodermstreifen Pi, -welche dem En- toderm anliegen, haben sie gar keine Berührung. Im weiteren Verlaufe ihrer Entwicklung streckt sich die Kopf- Mittheilungen a. cL Zoolog. Station zu Neapel. Bd. S. 31 466 Eduard Meyer niere in die Länge und Avird flas eben förmig- Taf. 23 Fig. 2 L.N). Auf der Grenze zwisclien der proximalen und distalen Zelle näm- lich bildet sich eine halsartige Verengung, indem das nunmehr canal- förmige Lumen der letzteren sich etwas erweitert und ihren mitt- leren Theil dadurch auftreibt (Taf. 23 Fig. 3). Im iutracellulär en Achsen canal, der sich als solcher besonders deutlich an Quer- schnitten zu erkennen giebt (Taf. 24 Fig. 6 L.N), bemerkt man im Leben eine starke, nach außen gerichtete Flimmerbeweg-ung. welche um so deutlicher hervortritt, je mehr das Lumen der Außenzelle durch die Anhäufung der wasserhellen Excretionsflüssigkeit erweitert ist. Auch lässt sich zu dieser Zeit bei günstiger Lage des Objectes (im Profil: recht gut die äußere Mündung des Organs wahrneh- men : sie stellt einen kleinen, kreisrunden Hautporus vor, aus welchem di 3 inneren Wimpercilien zeitweise herausflimmern. Die Beziehungen der Larveunieren zum primären, neuralen Längsmuskel [K.l.ni bleiben dieselben, indem die sich noch spitzer ausziehende Endzelle sich mit dem letzteren immer fester verbindet (Taf. 23 Fig. 2 — 5). An Horizontalschnitten von älteren Larven sah ich ferner von der Endzelle mehrere zipfelförmige Fortsätze ausgehen (Taf. 24 Fig. 27 L.N.ez): ob und mit w^elchen Organen sie in Ver- bindung treten, konnte ich nicht ermitteln. Bei eintretender Segmentirung lässt sich die Lage des larvalen Nephridienpaares in Bezug auf die Längsachse des Körpers genauer bestimmen (Taf. 23 Fig. 2, 3: Taf. 24 Fig. 6, 24 : es befindet sich auf einem Niveau mit dem ersten Segmentpaare der » secundären « Mesodermstreifen [P^] , mit dem vordersten Paare der gangliösen An- schwellungen der Bauchstranganlage und mit dem vordersten Paare der neuralen [l.Kr) und hämalen [à.P^] Ectodermverdickungen, welche, wie weiter gezeigt werden soll, die Anlagen der entsprechen- den Parapodien vorstellen. Es ist hiernach klar, dass die beiden Kopfnieren ein dem postoralen Theile des Kopfmuudsegments, d. h. dem ersten Somite^ angehöriges Kephridienpaar bilden. 1 Der neueren Nomenclatur von Prof. Hatschek zufolge , welche er in einem demnächst erscheinenden Handbuch der Zoologie anwendet und mir freundlicher Weise mündlich mitgetheilt hat, würde sich der von mir als »Kopf- mundsegment« bezeichnete Abschnitt des Annelidenkörpers aus folgenden Theilen der Larve zusammensetzen: 1) dem Prosoma, bestehend aus dem Prostomium (= Scheitelfeld, Kopf läppen) und dem Me tasto mi um (= Gegen- feld, den Mund enthaltend,, und 2 dem 1. So mi te des gegliederten M eta- sto ma. Da diese Eintheilung des besagten Körperabschnittes, welche mit meiner Auffassung durchaus harmonirt und in Bezug auf ihre theoretische Be- Stiuliea über den Kürperbau der Anuelideu. 4(37 Mit der Gestaltveräuderung, welche die Psy[/t)wbranchus-L?iYVQ in der Folg'c erleidet, werden auch die Lagebeziehuugeu der lar- valeu Excretionsorg-aue etwas geändert ; indem sieh nämlich die An- lagen der seitlichen Krageulappen faltenartig nach vorn und nach innen in die primäre Leibeshöhle hineinschlagen, werden sie immer mehr gegen das Vorderende des Larvenkörpers, in das Prosoma hin- ein, vorgeschoben (Taf. 23 Fig. 4, 5: Taf. 24 Fig. 27 . Den Zeitpunkt, wann die Kopfnieren verschwinden, habe ich nicht mit Sicherheit feststellen können, da diese Organe in älteren Stadien äußerst schwer aufzufinden sind. Bei einer ziemlich weit vorgeschrittenen, lebenden Larve, welche etwa dem Stadium der Fig. 8 auf Taf. 23 entsprach, sah ich die Kopfnieren noch in voller Thätigkeit; sie befanden sich hier ganz vorn zu beiden Seiten des Mundes in nächster Nähe des Gehirns, wo noch ein Überrest der primären Leibeshöhle [L.H] vorhanden war. Mit dem gänzlichen Schwinden dieser gehen auch sie Avahrscheinlich zu Grunde, ver- muthlich in einem Stadium, auf welchem die sich entwickelnden, bleibenden Thoracalnieren schon die excretorische Thätigkeit für den jungen Wurmkörper übernehmen können (vielleicht im Stadium der Fig. 11 Taf. 23;. Am meisten Ähnlichkeit haben die Larvennephridien unserer Ser- pulidenform mit denjenigen, welche Hatschek bei der Larve vom Faro beschrieben hat, weichen aber von dieser und auch von den gleichen Organen von Eupomatus sowie Pomatocerus darin ab, dass sie wenigstens auf den von mir beobachteten Stadien in keiner directen Berührung mit den » secundären « Mesodermstreifen stehen. Hervor- gehoben sei noch die Übereinstimmung mit den Kopfnieren von Eu- pomatus und von der Larve vom Faro, dass sie nach innen voll- kommen geschlossen sind. Wenn v. Dräsche also bei diesen Excretionsorgauen der Pomatocerus-LdiYYQ von Trichtern spricht, so muss das auf einem L-rthume beruhen. Die erste Anlage der definitiven Thoracalnieren. Die Entwicklung dieser Organe ist bisher noch gar nicht unter- sucht worden. Ihre einzelligen Anlagen sind zwar bei Psijgmohrcm- deutung bei einer anderen Gelegenheit geprüft werden soll, eine genauere Be- stiiumung der Lage gewisser Orgaue bedeutend erleichtert, so will ich sie schon hier zu diesem Zwecke verwerthen. Meine Zähluugsweise der Segmente bleibt dabei unverändert ; der Consequenz zu Liebe werde ich dann aber auch statt »Zonit« den synonymen Ausdruck »Somit« gebrauchen. 31* 468 Eduard Aleyer clms protensus von Salexsky bemerkt und abgebildet (1882 A. pag. 369, Taf. 15 Fig-. 19, \^ A, Gsg , Fig. 20, 22 , jedoch nicht als solche erkannt worden; er nennt sie w ohi «glandes segmentaires « deutet sie aber einfach als einzellige Ectodermdrüsen, welche im zweiten Segment gegen das 3Iesoderm hin vorspringen sollen. Die Anlagen der definitiven Nierenorgane des Thorax sah ich auch erst in der unsegmentirten Psyg7ììohranchus-\j?i\'\Q. wo die Ge- webe der letzteren durch Absorption eines großen Theils des in ihnen enthaltenen Dotters schon bedeutend durchsichtiger geworden waren. Es sind hier ein Paar große Zellen (Taf. 23 Fig. 1 N}S), welche durch ihre Dimensionen sofort in die Augen fallen. Ihr reich- lich vorhandenes Protoplasma ist dunkel, feingranulirt, der Kern groß, hell, bläschenartig und mit einem dunklen, runden Kernkör- perchen versehen; so haben sie durchaus den Charakter von Em- bryonalzellen und erinnern am meisten an die bekannten Polzellen des Mesoderms. Ihrer Lage nach gehören die beiden großen Zellen dem Be- reiche der Seitenlinie an, an deren oberen Grenze sie sich gleich hinter und über der Anlage des ersten Borstenbündelpaares [B.B^] befinden. Umgeben von kleinen, meist dunkelkernigen Zellen, welche längs der Seitenlinie in lockerem Geflige eine streifenförmige Schicht — ich nenne sie »laterale Parenchymlage« l.Py) — bilden, lehnen sie sich wie diese dem Ectoderm von der Innenseite fest an ; von hier aus ragen sie halbkugelartig in die primäre Leibeshöhle hinein, die sie von den soliden, dem Entoderm anliegenden »se- cundären« Me soderm streifen trennt. AVie aus der weiteren Entwicklung ersichtlich ist, bilden diese zwei Zellen nicht die Anlage der ganzen Thoracalnieren, sondern bloß deren paariger, excretorischer Abschnitte , der Nephridial- schläuche. Durch ihre Lagebeziehuugen zum ersten definitiven Borstenbün- delpaare [B.B^] ist die Zugehörigkeit dieser Nierenschlauchanlageu zum 2. Somite bestimmt; auch entsprechen sie, wenn sich die »secundären« Mesodermstreifen zu gliedern beginnen, dem zweiten Metamerenpaare derselben (P" Taf. 24 Fig. 5, S; Fig. 22—23). Da sich nun aber die zwei großen Nephridialzellen im hintersten Ab- schnitte ihres Körperringes befinden, so kommen sie bald scheinbar auf die 2/3 Segmentgrenze zu liegen, richtiger zwischen das 2. und 3. Paar der soliden Mesodermsegmente (Taf. 23 Fig. 2—5 ; Taf. 24 Fig. 25) und gerathen daher auch, wenn diese letzteren sich bei der Studien über den Kürperbau der Anneliden. 400 Cölonibildimg- aushöbleu und ihre Zellen sich als Peritoneum allen inneren Organen anlehnen, zwischen das vordere und hintere Blatt des zweiten Dissepimentes Taf. 23 Fig. (i — 9, 11; Taf. 24 Fig. 16 . Bei dieser Gelegenheit erhalten die einzelligen Nephridialschlanchanlagen ihre peritoneale Bedeckung, die so- mit Anfangs nur auf der Seite der secundäreu Leibeshöhle vorhanden ist und. da die erstereu sich bei ihrer Größenzunahme von der be- sagten Somitgrenze in der Richtung nach vorn hin ausdehnen, haupt- sächlich von den Wänden des zweiten Peritonealsäckchenpaares ge- liefert wird. Die ursprüngliche retroperitoueale Lage der Nierenzellen bleibt ihnen damit bewahrt. Die Veränderungen, welche sich während dieser Zeit an den großen Zellen selbst abgespielt haben, beruhen auf einem eigenar- tigen Wachsthume , histologischer Differenzirung und engerer Ver- bindung mit dem Ectoderm. Durch die fortschreitende Entwicklung der benachbarten Meso- dermmetameren (P^^ und P^^^ werden die Anlagen der thoracalen Nierenschläuche immer fester an die Haut gedrückt und nehmen in Folge dieses Druckes die Gestalt basal abgerundeter Pyramiden an. deren Spitze der Bauchseite der Larve zugewandt ist (Taf. 23 Fig. 3 : Taf. 24 Fig. 25 N.^S): zugleich wird das Protoplasma in der äußeren, oberen Hälfte des großen Zellenpaares bedeutend heller, und dieses letzte drängt sich dabei mit dem betreffenden Theile zwischen die Zellen der Hypodermis, so dass es hier direct an die Cuticula an- stößt (Taf. 24 Fig. 8 N^S] . Auf diese Weise sind die beiden Nie- renanlagen distal am Integument fixirt, wobei ein weiteres Wachsthum derselben nur noch in entgegengesetzter Richtung, näm- lich nach innen , stattfinden kann ; dem entsprechend hat sich auch das feinkörnige, embryonale Protoplasma mit dem Kerne in den proximalen, inneren Theil der Zelle zurückgezogen, und dieser ist es thatsächlich, welcher sich in der Folge noch bedeutend vergrößert. Weiter treten nun in der oberen, hellereu Partie des Zellleibes gröbere Körnchen auf, und ihre Abgrenzung gegen den feinkörnigen Abschnitt wird immer deutlicher (Taf. 23 Fig. 5: Taf. 24 Fig. 15 N.'^S). Diese histologische Differenzirung scheint mir den Beginn der excretorischen Thätigkeit anzudeuten: das Hellerwerden des Protoplasmas am distalen Ende der Zelle möchte ich als eine locale Anhäufung von Flüssigkeit, in diesem Falle der flüssigen Excretionsstoffe, und die gröberen Körnchen als Excretions- concremente . das Eindringen der Nierenzellen in das Integument 470 Eduard Meyer und ihre Annäherung an die äußere Oberfläche des Larvenkörpers aber als ein Bestreben, sich hier einen Durchbruch nach außen und damit einen Ausweg für die sich mehr und mehr aufspeichernden Ansscheidungsproducte zu verschaffen, auffassen. Indem die beiden Excretionszellen, wie man sie nun wohl nennen darf, wachsen, werden sie durch die ihnen zu ihrer Aus- dehnung angewiesenen Räume gezwungen ihre Gestalt zu verändern : distal selbst an der Haut befestigt, werden sie von den Mesoderm- somiten und den verschiedenen Organen der Seitenlinie eingeschränkt und in bestimmte Bahnen gelenkt : ihre oberen , sich abplattenden Enden bleiben schmäler und vertical, ihre unteren, sich allmählich verdickenden Theile dagegen, welche den Kern enthalten und den eigentlich waehsthumsfähigen Abschnitt repräsentiren , biegen sich horizontal nach vorn in den Bereich des 2. Segmentes hinein vor. So werden die Zellen annähernd retortenförmig (Taf. 23 Fig. 6, 7 N.^S). Bevor wir die Entwicklung der definitiven Thoracalnieren weiter verfolgen, möchte ich hier erst die rudimentären Nephridialschlauchanlagen des 3. und 4. Thoracalsegmentes beschreiben, welche bei der Psyc/mobranchus -Larve allerdings nur auf sehr frühen Stadien vorhanden sind. Ungefähr auf derjenigen Entwicklungsstufe der Trochophora, wo der postorale Theil derselben eine conische Gestalt annimmt (Taf. 23 Fig. 2; Taf. 24 Fig. 22, 23), die «secundären« Mesoderm- streifen eben in je vier solide, metamere Theilstücke (P^ — P^^'; zer- fallen und sich außer dem ersten noch zwei fernere Paare von hämalen Borstendrüsen BB^ — BB^) anlegen, treten an der Innenseite des Ectoderms in der oberen Partie der Seitenlinie jederseits zwei durch ihren Habitus kenntliche Zellen [N^^S, NJ^'^S) auf. welche beziehungs- weise dem 3. und 4. Somite angehören. Man sieht sie auch noch im nächstfolgenden Larvenstadium (Taf. 23 Fig. 3 NßS., Nß^S), wo sich schon ein fünftes Metamerenpaar vom jMesodermstreifen ge- sondert hat. In ihren Segmenten liegen diese zwei Paar Zellen im hinteren Abschnitte, gleich über und hinter den resp. hämalen Borstendrüsen- anlagen. Obgleich dem 3. und 4. Mesodermsegmentpaar entspre- chend, w^as an etwas jüngeren Larven deutlicher hervortritt (Taf. 24 Fig. 4), so gehören sie doch nachher den Querebenen an, die je durch Studien über den Kürperbau der Anneliden. 471 die Grenze zwischen dem 3.-4. und 4. — 5. Paare der noch soliden Mesodermmetameren gehen. Xicht bloß ihrer Lage nach entsprechen die betreffenden Zellen den Anlagen der definitiven Xephridialschläuche , mit welchen sie jederseits eine schräg von vorn nach hinten abfallende Linie bil- den, sondern auch in ihren Beziehungen zum Integument, in- dem sie gleich jenen in muldenförmigen Hautvertiefungen einge- bettet gegen die primäre Leibeshöhle kugelig vorspringen und von den bereits erwähnten Parenchymzellen l.Py) rings umgeben sind: eben so wenig wie jene ferner haben sie einen directen Contact mit den »secundärena Mesodermstreifen. In ihrer Größe und ihrem histologischen Bau sind die beiden Zellenpaare des 3. und 4. Segments von einander etwas verschieden. Das vordere Paar 'A^. "aS) ist das größere, wenngleich es noch lange nicht die Dimensionen der Nierenzellen des nächstvorangehenden 2. Somites {N}S) erreicht: als gemeinsame Structurcharaktere mit diesen hat es ein reichliches, feinkörniges Protoplasma und einen ziemlich großen, bläscheuartigen, hellen Kern mit dunklem Kern- körperchen. Das kleinere, hintere Zellenpaar \N}'^'^S) hat nun auch ein feinkörniges Protoplasma und auch einen bläscheuartigen . mit einem Xucleolus versehenen, aber dunklereu Kern, Wenngleich die verschiedeneu Theile dieses Paares sowohl in Größe als theilweise auch in ihrem Aussehen von den zwei vorderen Paaren abweichen, so sind sie ihnen doch noch viel ähnlicher als den übrigen kleinen, dunkelkeruigen Zellen ihrer Umgebung. Nach ihrer Lage und Structur urtheilend glaube ich daher nicht fehl zugehen, wenn ich diese zwei Paar Zellen als Nierenschlauch- anlagen des 3. und 4. Segmentes deute, die schon sehr früh in ihrer Entwicklung gehemmt niemals zur Ausbildung gelangen. Sehr bald verschwinden sie ganz, denn schon auf den nächsten Larven- stadien konnte ich sie nicht mehr finden. Lassen wir nun die Homologie aller drei Paar hier mit einander verglichenen Zellen gelten . so ergiebt sich daraus von selbst der Schluss. dass die Serpuliden früher im Thorax mehr als ein Paar definitiver Nephridien gehabt haben müssen. Ferner geht aus dem Vergleiche der drei Zellenpaare hervor, dass sie von hinten nach vorn drei auf einander folgende Entwick- lungsstufen repräsentiren : zugleich lässt uns aber ein solcher Ver- gleich vermuthen , dass jüngere Stadien d e r X i e r e n s c h 1 a u c h - anlagen, als wir sie im dritten Paare haben, den sie umgebenden 472 Eduard Meyer Zellen der lateralen Pareuchymlage noch viel äbnliclier seien und sich desswegen unseren Blicken entziehen. Die Bildung der Trichter und die sie begleitenden Er- scheinungen an den einzelligen Kephridialschlauchan- lagen der bleibenden Thoracalnieren. Ungefähr auf dem Stadium, wo wir die Anlagen der definitiven thoracalen Nephridien verlassen hatten, beginnt die Bildung ihrer inneren Mündungen. Von der hinteren Wand des ersten Paares der Cölom- oder Peritonealsäckchen (P^) wächst jederseits im unteren Theile der Seitenlinie längs der Haut ein solider vielzelliger Zapfen {Tr^) aus, welcher sich nach hinten in den Bereich des 2. Somites, bedeckt vom parietalen Peritoneum desselben, vorschiebt, bis er an die Nephridialschlauchanlagen (iV^S anstößt (Taf. 23 Fig. 6. 7). Somit gehen die Anlagen der Wimpertrichter von der vor- deren Lamelle des ersten Dissepimentes (!)•) aus und ge- hören mit dieser dem ersten Paare der Mesoderm- oder Pe ri tonealseg mente an. welche dem metasomatischen Abschnitt des Kopfmundsegmeutes. dem 1. Somite. entsprechen: ihre peri- toneale Bekleidung aber erhalten die Trichter vom Perito- neum des 2. Somites. Im Anschluss an das Cölom des 1. Segmentes entsteht durch Auseiuanderweichen der Zellen das Lumen in den Trichteranlagen, die also anfänglich hinten blindsackartig endigen (Taf. 23 Fig 8 Tr^). Während nun aber die übrigen Theile des Peritoneums sich verdünnen und allmählich ihr membranartiges Aussehen erhalten, bleiben die Trichterwandungen dicker, die Zellen schließen sich fester an einander an und bilden ein regelmäßiges Epithel, das sich darauf mit Wimpercilien bekleidet und je einen engen Achsencanal begrenzt; bald öffnet sich dieser Canal auch nach hinten, und der Trichterapparat in seiner einfachsten Form ist fertig (Taf. 23 Fig. 9 Tr^). Viel complicirter werden die inneren Nephridialmün- dungen hier überhaupt nicht: indem sich das Flimmerepithel au der Eingangsölfnung über die Ebene des ersten Dissepimentes nach vorn vorstülpt (Taf. 23 Fig. 11 Tr^], kommt der lippenartige Wulst zu Stande, den wir im ausgewachsenen Zustande gesehen haben (7. Bd. Taf. 26 Fig. 12, 27 Tr^: Stud. III p. 713). und schließ- lich wächst später der Trichtercanal , welcher bei Psygmohranchus Studien über den Kürperbau der Anneliden. 473 gegeu eleu Xepbridialschlauch hin histologisch immer scharf abge- grenzt bleibt (Stud. III p. 727), noch bedeutend in die Länge. Interessant sind die Veränderungen, welche sich während und jedenfalls auch in Folge der Trichterbildung an den ein- zelligen Nierenscblauchanlagen bemerkbar machen. Zunächst ist ihr Protoplasma fast durchweg gleichmäßig hell und grobkörnig geworden, und nur um den Kern herum sieht man noch eine dunklere, feingrauulirte Schiebt (Taf. 23 Fig. 8 N^'-S), w^oraus man schließen kann , dass der Excretionsprocess sich nun beinab im ganzen Zell- körper abspielen muss. Wenn sich dann die Trichtercanäle nach hinten geöffnet haben, so tritt im verdickten vorderen Theile der beiden großen Nierenzellen ein Hohlraum auf. der sich in das Lu- men der ersteren continuirlich fortsetzt (Taf. 23 Fig. 9, 1 1 : Taf. 24 Fig. 16 K^S — Tr^] und als die Bildung des proximalen Endes des definitiven Excretiouscanales zu deuten ist. Es entsteht diese intracellulare Lichtung vermuthlich dadurch, dass die Flimmerbewegung im Triclitercanal einen beständigen Andrang der im ersten Peritonealhöhlenpaare enthalteneu Leibesflüssigkeit gegen die Excretionszelle hervorruft. Die Bildung des hämalen unpaaren Ausftthrungsganges. Etwas später entsteht das distale Ende des Excretions- canals in den oberen Eudabschnitten der beiden Merenschlauchan- lagen ganz unabhängig vom proximalen Theile desselben, und zwar eben so wie dieser in Gestalt eines intracellulären Hohlraumes (Taf. 24 Fig. 17 N^S). Hier geht diese Bildung allem Anscheine nach in der Weise vor sich, dass es an der Stelle, w^o die in die Haut eingesenkten Excretionszellen an die Cuticula anstoßen, that- sächlich zu einem Durchbruch gekommen ist, und die terminal au- gehäuften Exeretionsstofife durch diese Öffnung {jS"^P) entleert w^ordeu sind. Es hätten somit die Thoracaluieren in diesem Larvenstadium (Taf. 23 Fig. 11; ein Paar provisorischer Kephridialporen. indem eine jede von ihnen durch einen einfachen Ectodermporus an der entsprechenden Seite des Körpers nach außen mündet. Die Lage dieser beiden äußeren Öffnungen ist eine sehr hoch hämale, denn es haben sich auch die verticalen oberen Schenkel der einzelligen Nierenschlauchanlagen recht ansehnlich verlängert, jedoch nicht durch ein terminales Auswachsen, da sie hier schon längst durch Einsenkung iu die Haut iixirt waren, sondern durch einen Nachschub von Protoplasma vom unteren verdickten Zelltheile her: 474 Eduard Meyer das Ziisammeurücken der oberen Zellenenden g-egen die Mediane des Rückens kann daher kein selbständiges sein, es ist vielmehr bedingt durch gewisse Hautverschiebungen, die wir weiter unten näher betrachten werden. Ans ganz ähnlichen Gründen richten sich ferner auch die convergirenden Spitzen der Ex- cretionszellen schräg nach vorn (Taf. 23 Fig. 6, 7, 9 N^S). Da die Nierenschlauchanlagen von vorn herein eine retroperitoneale Lage haben, so kommen denn auch die oberen Enden derselben zwischen die Haut und die hämale Längsmusculatur {h.ni] , die sich vom Peritoneum aus bildet, zu liegen. Die paarigen, provisorischen Nephridialporen münden in den er- weiterten hinteren Theil einer medianen hämalen Wim per rinne (Taf. 23 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 17, 21 A.TFi, welche nach vorn zu schmäler aber zugleich tiefer wird und sich bis über das Gehirn fort- setzt: die recht kräftigen und langen Cilien derselben schlagen von hinten nach vorn und ragen in dieser Richtung über die Stirn hin- aus. In ihrer vorderen Hälfte wird diese Längsrinne des Rückens von einem Paare zu dieser Zeit beweglicher Zapfen '/(P^} einge- engt, welche mit ihren medianen Theileu über der Rinne sich gegen einander neigen ; sie verwandeln sich nachher in die unbeweglichen hügelförmigen Kopfkiemeustützen des ausgewachsenen Psygmohran- clius (7. Bd. Taf. 22 Fig. 9 li.P\ Stud. HI pag. 715). Hinter ihnen, ein wenig mehr seitlich , tritt das erste hämale Borstenbündel- paar [B.B^] aus je einem Integumenthöcker hervor, und darauf folgen M'iederum mehr median die beiden äußeren Öffnungen der Nierenzelleu. Die Wimperrinne des Rückens stellt die Anlage des un- paaren hämalen Ausführungsganges der Thoracalnieren vor und erscheint schon auf einem relativ frühen Larvenstadium, welches etwa dem in Taf. 23 Fig. 7 abgebildeten entspricht. Hier bildet sie eine schmale und flache longitudinale Ectodermeiuseukung, in welcher die etwas dunkleren, länglichen Zellkerne der Längsachse des Körpers parallel angeordnet sind (Taf. 23 Fig. 13 h.W)\ sie reicht vom hinteren Theile der Gehirnanlage bis zur Querebene der beiden hämalen Hauthöcker des ersten Segmentes (Ä.P^) und passirt die oralen Wimperkränze an der Stelle, wo diese auch schon früher unterbrochen waren vgl. Taf. 23 Fig. 6). Die Bewimperung der Rinne ist zu dieser Zeit noch sehr zart und kurz. Alhnählich wird die flimmernde Längsrinue' tiefer und schreitet nach hinten vor, bis sie in der Gegend der distalen Enden der Excretionszellen angelangt Stttdieu über den Kürperbau der Anneliden. 475 ist: hier erweitert sie sicli etwas inid uimnit die äußeren Mündungen der letzteren auf. Die Bildung der Rinne geht demnach von vorn nach hinten vor sich, indem sie präoral angelegt wird und erst nachträglich sich auf die beiden ersten So- mite hin fortsetzt. Obschon ich die Umwandlung der hämalen Wimperrinne in den unpaaren Ausfuhrungsgang nicht direct beobachtet habe, denn es war mir trotz vielfacher Bemühungen nicht möglich, die Larven bis zu diesem Stadium zu züchten, so kann doch, wie mir scheint, weder über die Art und Weise, wie sich die Rinne schließt, zum Canal wird nnd sich dann vom Integument abschnürt, noch dass dieses wirklich geschehen muss, kaum ein Zweifel bestehen. Ein Vergleich der Wimperrinne und ihrer Beziehnngen zu den Nierenschlauchanlagen mit dem fertigen, bleibenden Ausführungscanal muss uns nothweu- digerweise zu diesem Schlüsse führen. Die definitive Ausbildung der Thoracalnieren habe ich leider aus demselben Grunde nicht verfolgen können, wie auch die Umwandlung der hämalen Längsrinne in den unpaaren Aus- führungsgang ; es ist jedoch nicht schwer sich vorzustellen, welche Vorgänge weiter stattfinden müssen, damit das thoracale Nephridien- paar seine endgültige Gestalt erlangt. Zunächst muss sich der Excretionscanal der Nephridialschläuche vervollständigen, denn auf dem letzten von mir beobachteten Stadium waren nur der proximale und der distale Theil desselben vorhanden ; nun braucht der erstere sich nur bis zum letzteren fortzusetzen, oder umgekehrt, nnd dann Aväre die Continuität des Canales her- gestellt. Von nicht geringer Bedeutung scheint mir daher der Um- stand zu sein, dass somit das Lumen der Niereuschlauchanlage einen ganz selbständigen Ausmündungsporus erhält und seine Communication mit der secundäreu Leibeshöhle erst durch das Hinzutreten des Wimpertrichters bewerk- stelligt wird. Vergleichen wir ferner die fertigen Nephridialschläuche mit der Anlage derselben, so finden wir vor Allem den großen Unterschied, dass die Wandungen jener aus einem regelrechten Epithel bestehen, während diese durch eine einzige Zelle repräsentirt ist, welche vom Excretionscanal durchsetzt wird. Es muss also diese eine Zelle durch entsprechende Proliferation das ganze spätere Excretionsepithel lie- 476 Eduard Meyer fern, und das könnte man sich sehr gut so vorstellen, dass die Tliei- Inng- derselben ling'S um den Canal herum sowohl in radiärer als long'itudinaler Eiehtung vor sich geht ; dadurch würde sich zugleich auch das Anfangs intracellulare Lumen der Nieren- schläuche in ein intereelluläres verwandeln. Endlich sahen wir noch, dass heim ausgewachsenen Psijgmo- hrcmchus sich das Excretionsepithel bis in den hinteren Theil des unpaaren Ausführungsganges hinein erstreckt und hier dessen Wan- dung bildet 7. Bd. Taf. 2(3 Fig. 7 K^A.G: Stud.III pag.730i. Dieses Verhalten kommt wahrscheinlich dadurch zu Staude, dass die beiden distalen Enden der Xephridialschläuche nach dem Ver- schluss der hämalen Läugsriuue median verwachsen, dann beim Vorrücken des ectodermaleu vorderen Theiles des Ausführungsganges als einheitliches Rohr nach- wachsen und so den excretorischen. hinteren Theil des- selben bilden. 2. Die Kopfkiemenstützeii der Serpulaceen und der Paleen- apparat der Hermellen. Bei der anatomischen Beschreibung der Thoracalnieren in der vorhergehenden Studie habe ich den Umstand hervorgehoben, dass die bald tiefere, bald flachere Längsfurche, die auf der Oberfläche des Rückens der Serpulaceen dem subcutan verlaufenden, unpaaren Ausführuugsgange der Nephridien entspricht, von einem Paar hügel- oder wulstförmiger Erhebungen des Integumeutes begrenzt wird, die wegen ihrer Beziehungen zu den Kopfkiemen als Kopfkiemen- stützen bezeichnet werden können (Stud. III pag. 715, 718, 721, 722) ; dieselben Organe wurden auch bei der Entwicklung des un- paaren Ausführungsganges erwähnt, wo sie zu der Zeit, als dieser noch eine offene Längsrinne bildete, zu beiden Seiten desselben als ein Paar beweglicher Körperanhäuge erschienen (Taf. 23 Fig. 11 h.P^). Bei den Hermellen sind es nun die Pal e en träger, die zu den Mundtentakeln ein bis zu einem gewissen Grade ähnliches Ver- halten beurkunden: median verwachsen, bilden sie an ihrer Unter- seite eine nach unten offene Längsfurche, an derem hinteren Ende, wie wir sahen, sich der Porophor mit der gemeinsamen Ausmün- dungsöffnung des thoracalen Nephridienpaares befindet (Stud. III ms. 725Ì. Studien über den Körperban der Anneliden. 477 Die K 0 p f k i e m e n s t ü t z e n der S e r p u 1 a c e e n . Sowohl in Bezug auf ihre Form als auf den Grad ihrer Aus- bildung zeigen diese Organe eine große Mannigfaltigkeit, indem ihre Gestalt und ihre Dimensionen nicht nur in den einzelnen Unter- abtheilungen der Familie, sondern je nach den Gattungen und selbst nach den Arten recht bedeutenden Schwankungen unterliegen; ihre Lage aber ist überall ungefähr dieselbe, nämlich zu beiden Seiten der erwähnten Rückenfurche, wo sie den Wurzeln der Kopfkiemen sich hämal und zum Theil auch lateral anlehnend, entweder gerade über, oder etwas vor den seitlichen Theileu des Halskragens ge- legen sind. In der Gruppe der Serpuliden i.e.S. fand ich nur die deckel- losen Formen mit deutlicli entwickelten Kopfkiemenstützen ausge- stattet, und hier haben sie über und zugleich etwas vor den lateralen Kragenlappen ihre Lage. Bei Psyfjmohranclms protensus sind es ein »Paar nach beiden Seiten hin sanft aufsteigender, hügelartiger Erhebungen, welche die beiden Kiementräger oben und zum Theil auch seitlich umfassen und so eine Art Stütze derselben bilden« (Stud. II pag. 715; 7. Bd. Taf. 22 Fig. 9: Taf. 23 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 1 h.P\\ ganz ähnlich, nur stärker prouoncirt, sah ich dieselben Gebilde bei Protula intestinum. Eine merkwürdige Umgestaltung scheinen die Kiemenstützen bei Protula appendiculata erfahren zu haben, wenn ich die Angabe Schmarda's (1861 pag. 33) richtig verstehe, welche folgendermaßen lautet: »zwischen den Kiemen und der Bauchhaut sind fünf Haut- lappen, von denen vier viereckige paarig an den Seiten stehen, der fünfte in Form eines spitzigen Dreieckes ist am Rücken«. Hiervon sind die paarigen Hautlappen unstreitig die neuralen und lateralen Theile des Collare, den fünften, hämalen Lappen aber möchte ich, salvo errore . als median verwachsene, blattförmig gewordene Kopfkiemenstützen deuten. Bei den de ekel tragenden Arten sind, wie es scheint, diese Organe nicht vorhanden, wenigstens konnte ich weder bei Ser- pula crater, Eupoinafus lunuliferus und Spirorhis Pagenstecheri^ die ich selbst daraufhin untersucht habe, eine Spur von ihnen entdecken, noch in der Littevatur irgend welche Andeutung von ihrem Vorkommen auffinden. Bei den Sabelliden sind die Kopfkiemenstützen im Allge- meinen mehr in die Augen fallend, wesshalb sie auch in der Litteratur 478 Eduard Meyer als pigmentirte Höcker . als Xackenwlüste , als aceessorisclie oder dorsale Lappen des Halskragens liier und da erwähnt sind; noch häufiger aber sind diese Organe, ohne im Texte besehrieben zu sein, auf den Habitusbildern dargestellt. So lässt sich denn theils aus den Angaben, theils aus den Abbildungen, welche in den zahlreichen systematischen Arbeiten von Grube, Quatrefages, Schmarda, Malm- GREN, Claparède. Langerhans, MIntosh u. a. vorliegen, ein ziem- lich reiches Yergleichsmaterial zusammentragen. Aus diesem ergiebt sich einerseits, dass die uns beschäftigenden Gebilde bei den Öabel- liden in der Regel nicht so weit nach vorn gelegen sind, sondern vielmehr die Querebeue des Collare einhalten, und andererseits dass sie gerade in dieser Serpulaceeugruppe die größten Verschiedenheiten in Bezug auf Form und Ausbildung aufweisen. Bei SpirograpMs habe ich die Stützorgane der Kopfkiemen ab- gebildet ;7. Bd. Taf 22 Fig. 11. 12: Taf. 23 Fig. 9 Taf. 26 Fig. 16, 17 li.P] ; hier erheben sie sich gleich über den dorsal weit klaffenden, seitlichen Kragenlappen in Gestalt von zwei »hohen, dunkelpig- mentirten Höckern« (Stud. Hip. 7I8i, die von den Basalstücken der Kopf kiemen nach hinten weit über die Grenze des 1. Segmentes hinausreichen. Ahnlich gestaltet sind diese Organe bei gewissen Arten von Sahella, Dasychone. Potamilla. Clione. doch treten schon in diesen Gattungen erhebliche Schw^ankungen auf; so sehen wir sie bei ver- schiedenen Repräsentanten derselben sich zu kleinen Hügeln oder selbst zu niedrigen, transversalen Wülsten verkleinern, so dass sie in manchen Fällen, wie z. B. auch bei Laonome , kaum mehr be- merkbar sind. Ganz außergewöhnliche Dimensionen und. wie es scheint, eine drüsige Beschaffenheit haben die Kopf kiemen stützen von Sa- hella i)orifera\ dem Berichte Grube's zufolge 1S7S pag. 252; be- finden sich bei dieser Art »auf dem Rücken der vorderen vier Seg- mente« zwei median zusammenstoßende, aus einer »Anhäufung von weichen, flachen, dicht an einander gedrängten, rundlichen, in ihrer Mitte von einem Porus durchbohrten Papillchen« bestehende Polster. Dass diese Bildung hierher gehört, scheint mir aus der beigefügten Abbildung (Taf. 14 Fig. 5 a) ohne Zweifel hervorzugehen. Eine bemerkenswerthe, in der Gruppe nicht seltene Gestaltver- änderung der KopfkiemenstUtzeu ist nun die, wo dieselben blatt- förmig geworden sind. In dieser Form erscheinen sie bei Bran- chiomma. Hier bilden sie zwei von dem nach vorn gerichteten Studien über den Kürperbau der Anneliden. 479 Collare durch tiefe Eiusebuitte getrennte . auch nach vorn vor- springende, fast horizontale Lamellen , die von den älteren Autoren als dorsale oder accessorische Lappen des Halskragens bezeichnet worden sind: Brunotte, welcher vor Kurzem eine sehr ausführliche anatomisch-histologische Abhandlung über Branchiomma geliefert hat, beschreibt sie als besondere Bildungen unter der Benennung von »Lobes dorsaux« (1888 pag. 4, 28). Dieses Verhalten bildet einen Übergang zu demjenigen, wo die Organe bei ähnlicher Gestalt und Stellung mit den seitlichen Theilen des Halskragens verwachsen sind, wodurch ein bald breiteres, bald schmäleres, einheitliches, nach vorn gerichtetes Collare entsteht, das nur auf dem Kücken durch einen engen, medianen Einschnitt in zwei symmetrische Hälften getheilt erscheint ; solche Beziehungen kommen bei verschiedenen Arten der Gattungen Chone und Euchone vor. Sehr werthvoll ist schließlich folgender Passus in der Diagnose von Notaulax, die wir bei Levinsen (1884 pag. 187) finden: »Collare humillimum. dorso perpaulo iucisum, ceterum integerrimum lobis ven- tralibus nullis. Fasciculus setarum segmenti collaris angulatus, parte tertia posteriore cum parte cetera angulum extus apertum formante. Setae ejus breves, in serie exteriore apice dilatato, triangulari, obli- que acuminato.« Aus dieser Angabe und der zugehörigen Abbildung (Taf. 2 Fig. 2) geht hervor, dass bei Notmdax die Kopfkiemen- stützen, welche dorsal zusammengerückt und mit den niedrigen s eitlichen Halskragenwülsten verwachsen sind, in ihrem unteren Theile ein Paar besonderer Borsteu- bündel mit zweireihig angeordneten Borsten tragen; es wäre dieses ein in der ganzen Familie der Serpulaceen einzig da- stehender Fall. Unter den Eriographiden kenne ich die Kopfkiemenstützen bloß bei Myxicola i7. Bd. Taf. 22 Fig. 13, 14; Taf. 23 Fig. 10; Taf. 26 Fig. 18 h.P: vgl. Stud. IH pag. 721). Es sind hier halbmondförmige Wülste, welche sich nach vorn stark über die Basis der Kopfkiemen vorwölben, hämal dicht an einander stoßen und seitlich bis zur Mitte der Körperhöhe herabreichen ; durch ein Paar tiefe Einkerbungen sind sie gegen die ebenfalls wulstförmigen, lateralen Kragentheile abgegrenzt. In der einfachsten, resp. reducirtesten Form erscheinen schließ- lich die Kopfkiemenstützen bei den Amphi cori den , wo sie wie z. B. bei Amplmjlene nur ein Paar »^ ziemlich flacher Integu- 480 Eduard Meyer meiìtverclicknug-en« (Stucl. III pag. 722) auf dem Rücken des Kopfmimdsegmeutes vorstellen, deren wulstige vordere Kante sich der Kopfkiemenbasis anlehnt: auch sind sie hier lange nicht so weit nach vorn hinausgeschoben , wie in den drei vorhergehenden Gruppen der Serpulaceen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14—16 h.P). Die Entwicklung der Kopfkiemenstützen, Bei der PsychmohrancJms-LdiXYQ treten die ersten Anlagen dieser Gebilde mit dem Beginn der Segmentirung auf und erscheinen als ein Paar rundliche, scharf umschriebene Ectodermver- dickungen, bestehend aus etwa 4 bis 5 helleren, höhereu, dicht- gedrängten Zellen, die mit dunklen Kernen versehen sind ; den bei- den nach innen leicht vorspringenden Zellgruppen lehnen sich auf der Seite der primären Leibeshöhle einige der parietalen Schicht [l.Py) angehörige Parenchymzellen an (Taf. 23 Fig. 2 h.P^). Zu dieser Zeit haben die Anlagen der Kopfkiemenstützen eine durchaus laterale Lage; dem oberen Theile der jetzt noch beinah horizontal verlaufenden Seitenlinie an gehör ig, befinden sie sich im postoralen Abschnitt der Trochophora gleich hinter den Wimperkränzen, dicht über den Anlagen der lateralen Kragenlappen [l.Kr], in einer Querebene mit den letzteren, dem vordersten Paare der soliden Mesodermmetameren (P'), den äußeren Mündungen der Kopfnieren und dem vordersten Paare der gangliösen Anschwellungen der Bauchmarksanlage und erscheinen somit als Orgaue des ersten Somites. Abgesehen von einer relativ geringen Vermehrung der Zellen, bleibt ihre Structur ziemlich lange dieselbe, dagegen ändert sich schon bald ihre Lage ; die beiden ectodermaleu Zellgruppen nämlich verschieben sich in tranversaler Richtung nach oben und gelangen so allmählich auf die Rückenseite des Larvenkörpers (Taf. 23 Fig. 5. 6 Ä.pi). Jetzt beginnen sich die bisher ganz flachen Aulagen der Kopf- kiemenstützen auch in Bezug auf ihren Bau zu differenziren, denn sie erheben sich zu kleinen Hügeln: ihre Zellen, deren Kerne größer, oval und noch dunkler werden und sich vertical aufrichten, ordnen sich in eine gleichmäßige Schicht und erhalten dadurch das Ansehen eines regelrechten Cylinderepithels, welches nach außen von der jungen Cuticula bedeckt ist Taf. 23 Fig. 7, 9, 13: Taf. 24 Fig. 21 h.P^]. Innen werden diese Gebilde hohl und nehmen die obere Studien über den Kürperbau der Anneliden. 481 Partie des ersten Mesodermsegmentpaares (P^) in sich auf, welche sich bei der Cölombildung- als parietales Peritoneum der ober- flächlichen Zellschicht anschließen und an diese die schon früher hier vorhandenen Parenchymzellen anpressen; aus den letzteren gehen später jedenfalls die musculösen Elemente der bald nachher be- weglichen Höcker hervor. Inzwischen hatte die Bildung der hämalen Wimperrinne [h. W) begonnen, welche in ihrer Entwicklung von vorn nach hinten aus- wachsend zwischen die beiden Hügel geratlien war, durch die fort- schreitende gegenseitige Annäherung dieser mehr und mehr eingeengt und daher auch tiefer wurde; die immer höher werdenden, höckerförmigen Hauterhebungen wölben sich dann, wie wir schon sahen, mit ihren medianen Theilen über die Längs- rinne (Taf. 23 Fig. 11). Stellt man sich diesen Vorgang in der eingeschlagenen Richtung weiter fortgesetzt vor, so müssen die sich gegenüberliegenden Partien endlich zusammenstoßen; verwachsend würden sie den Verschluss der Wimperrinne und die Bil- dung des Canals einleiten. Derweil haben die ectodermalen Hügel ihre Gestalt wieder ge- ändert: sie sind auch noch nach beiden Seiten hin ausgewachsen und erscheinen daher jetzt als abgerundete flügelartige Fort- sätze, welche dem Rücken der Larve aufsitzend von vorn nach hinten auf und ab bewegt werden können (Taf. 23 Fig. 11 h.P'^) — eine Fähigkeit, die sie bei Psygmohranchus später wieder einbüßen. Während der Larvenentwicklung erleiden die Kopf kiemenstützen noch in anderer Richtung eine Verschiebung und zwar von hin- ten nach vorn, indem sich mit dem Schwinden der Wimperkränze der ganze postorale Abschnitt des Kopfmundsegmentes über den Kopf- lappen vorschiebt (Taf. 23 Fig. 2 — 11). So kommen jene Organe, die sich in ihrer ersten Anlage vom Scheitelpol weit entfernt nach hinten befanden, schließlich über das Gehirn zu liegen und gelangen damit auch an die basalen Theile der Kopfkiemen ; mit Verlust ihrer Beweglichkeit verwandeln sie sich dann später in die oben beschrie- benen, abgerundeten Hügel. Der Paleenapparat der Hermellen. Die Paleenkrone der Hermellen wird von einem Paar mächtiger, median verwachsener Körperanhänge getra- gen, die von den seitlichen und oberen Theilen des Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. S. 32 482 Eduard Meyer 1. Somites sich nach vorn hin fortsetzend das Prosoma weit überragen und so das vordere Ende des Körpers bilden (7. Bd. Taf. 22 Fig. 15, 16; Taf. 24 Fig. 7—9, 11—13 h.P). Auf der Rückenseite zeigt eine mediane Längsfurche die Ver- wachsungslinie der beiden Paleenträger an (7. Bd. Taf. 24 Fig. 8), und auf der Unterseite entspricht derselben die bereits mehrfach er- wähnte, nach unten offene Längsrinne (7. Bd. Taf. 24 Fig. 9 i^), an deren hinterem Ende sich die äußere Öffnung der Thoracalnieren befindet. Zu beiden Seiten dieser Rinne treten die genannten Or- gane derart zusammen , dass sie ein massives Dach vorstellen, dessen seitliche Hälften nach unten an Dicke zunehmen, und an den beiden ventralen, sehr breiten Kanten dieser letzteren entspringen abwärts und schräg nach vorn gerichtet , in je eine Längsreihe an- geordnet, die beiderseitigen Gruppen der zahlreichen Fühlercirren [T). Auf diese Weise bilden die Paleenträger der Hermellen eine Art von Stützorganen der Mundtentakel, und zwar noch in be- deutend höherem Grade als es bei den Serpulaceen die Kopfkiemen- stützen für die Kopfkiemen sind. Die untere Läugsrinne reicht nicht so weit nach hinten wie die Rückenfurche, und gleich hinter dem Ende der ersteren befindet sich zwischen den Paleenträgern , von oben und von beiden Seiten in die Masse derselben eingeschlossen, dicht unter dem unpaaren Ausflihrungsgange der Thoracalnieren das Gehirn, also damit auch derjenige Körperabschnitt, welchem bei anderen Anneliden das Pro- stomium entspricht; abwärts von diesem, zwischen denselben Organen öffnet sich nach vorn der Mund, über welchem ein Paar grififel- förmige Stirn fühl er [h.T] in gerader Richtung nach vorn vor- ragen, und zu dessen Seiten an der unteren Kante der Paleenträger die Gruppen der Mundtentakel sich inseriren. Im Bereiche des 1. Thoracalsomites schließt sich den sehr weit nach unten herabreichenden seitlichen Theilen der Paleenträger auf der Bauchseite das 1. neurale Parapodienpaar [B.Bm^] mit seinen lappenförmigen Baucheirren [l.Kr] an. An ihren vorderen Enden erscheinen die Paleenträger schräg ab- geschnitten und bilden hier zusammen eine annähernd hufeisenför- mige Oberfläche, aus welcher die freien Theile der Paleen hervor- ragen. In Bezug auf die vielfach variirende Gestalt dieser überaus kräftigen Borsten muss ich auf die betreffenden systematischen Ar- beiten verweisen: bei den europäischen Arten [Sahellaria) sind sie in drei concentrischen Reihen augeordnet, bei vielen exotischen For- Studien über den Körperbau der Anneliden. 4S3 iiieu aber [Pallasia] sind nur zwei solcher Kreise vorlianden, wo- für statt des dritten in der Nähe der Verwachsuug-sstelle ihrer Träger ein oder zwei Paar mächtige Haken vorkommen. Die inneren Theile der Paleen stecken in riesigen Säcken, welche bis weit hinter das Gehirn in die Masse der Paleenträger eindringen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 12, 13; Taf. 26 Fig. 22 Pa, hP). Diese Paleentaschen zeigen in größerem Maßstabe denselben Bau, wie die gewöhnlichen Borstendrüsen ; sie sind mit einer außerordentlich kräftigen und sehr differenzirten Musculatur versehen, welche das Innere der sie tragenden Körpertheile vollkommen ausfüllt. Hervorzuheben wären noch die cirrenartigen Zäpfchen, welche sich in einer je nach den Arten verschiedenen, meist aber ziemlich bedeutenden Anzahl am vorderen Außenrande der Paleen- träger erheben [[Ci]]. 3. Die lateralen Kragenlappeii der Serpulaceeu und die neuralen Parapodien des 1. Somites der Hermellen. Ungefähr in der nämlichen Transversalebene, wo sich hämal die Kopfkiemenstützen befinden, erhebt sich bei den typischen Ser- pulaceeu unterhalb jener Organe, das Vorderende des Thorax zu beiden Seiten sowie neural umfassend und sich den Kopfkiemen- wurzelu mit seinen basalen Theilen anschmiegend, der sogenannte Halskragen. Die vergleichend anatomische Betrachtung dieser Bildung bei den verschiedenen Repräsentanten der Familie und vollends die Entwicklungsweise derselben zeigen, dass das Collare im morphologischen Sinne kein einheitliches Gebilde ist, sondern sich aus ihrem Ursprünge nach selbständigen unteren und seitlichen Theilen, den neuralen und lateralen Kragenlappen, zusam- mensetzt. Demgemäß scheint es mir statthaft zu sein, diese ver- schiedenen Bestandtheile des Halskragens besonders zu besprechen; die zuletzt genannten, welche den Kopfkiemenstützen zunächst ge- legen sind und, wie wir bereits sahen, zu diesen gelegentlich so- gar in sehr nahe Beziehungen treten können, wollen wir zuerst betrachten. Ein ähnliches Verhalten, wie es die lateralen Kragenlappen der Serpulaceen zu den Kopfkiemenstützen beurkunden, haben nun bei den Hermellen die mit einem blattförmigen Cirrenpaare ausgestatteten, neuralen Parapodien des 1. Segmentes zu den Paleenträgern ; eben so finden wir hier ventralwärts von den .32* 484 Eduard Meyer ersteren ein Paar beweglicher Bauch zapfen, die ihrer Lage nach dem neuralen Abschnitte des SerpulaceencoUare vollkommen ent- sprechen. Die lateralen Kragenlappen der Serpulaceen. Auch diese Organe haben in den einzelnen Gruppen, Gattungen und Arten der Serpulaceen verschiedene Größe, Form und Beziehungen zu den sie umgebenden Gebilden. Bei den Serpuliden i. e. S. sind die lateralen Kragenlappen im Allgemeinen ziemlich gleichartig und zwar viel stärker als in den übrigen Unterabtheilungen der Familie entwickelt. Überall etwas hinter den KopfkiemenstUtzen inserirend erscheinen sie als ein Paar breiter flügelartiger Fortsätze, die stets mehr oder weniger nach hinten umgeschlagen werden und nach oben auf den Rücken noch weiter hinaufreichen, als das gleich hinter ihnen befindliche, auch schon sehr hoch gelegene erste Paar der hämalen Borsteuhöcker; ihre basalen Theile sind hier außerordentlich kräftig und besonders im unteren Abschnitte so breit, dass sie sich unter den eben erwähnten Borstenbündeln bis in das Gebiet des 2. Somites erstrecken (7. Bd. Taf. 23 Fig. 1 1 l.Kr). Gewöhnlich sind die lateralen Kragenlappen in dieser Serpulaceeu- gruppe jederseits durch einen bis an die Körperoberfläche gehenden Einschnitt von den neuralen Lappen getrennt, doch kommen unter diesen Thieren auch solche Arten vor, wo die seitlichen und unteren Theile zu einem einheitlichen, ganzrandigen, nur auf dem Rücken klaffenden Collare verwachsen sind. Charakteristisch ist schließlich für die Serpuliden i. e. S. die Verbindung der lateralen Kragen- lappen mit der zu beiden Seiten des Körpers von vorn nach hinten verlaufenden Th ora calmembran [Th.M], in welche sie oben con- tinuirlich übergehen. Die einzige mir bekannte Ausnahme hiervon bildet die von Levinsen (1884 p. 203) beschriebene Serpulidenspecies Chitinopoma Fahricii, bei welcher die Thoracalmembran ganz fehlt, und das ganze Collare , also auch dessen seitliche Lappen nicht nach hinten um- geschlagen, sondern gerade nach vorn gerichtet sind. In den übrigen Serpulaceengruppen befinden sich die lateralen Theile des Halskragens immer genau in derselben Querebene wie die über ihnen gelegenen Kopfkiemenstützen; weitere Unterschiede von den Serpuliden i. e. S. bestehen darin, dass ihre AVurzeltheile durchaus auf das erste Segment beschränkt Studien über den Kürperbau der Anneliden. 4S5 sind imd oben mit keiner Thoracalmembran in Zusammenhang stehen. In der Unterabtheilimg- der Sabelliden tritt die Abgrenzung der lateralen Krageulappeu sehr deutlich z.B. bei Spirographis her- vor, wo eine ziemlieh tiefe, transversale Hautfurche jene vom 2, So- mite scheidet (7. Bd. Taf. 22 Fig. 12; Taf. 23 Fig. 9 l.Kr). Hier wie auch noch bei verschiedenen Arten der Gattung Sabella haben die Organe eine flUgel förmig e Gestalt, sind mit ihren vorderen Rändern etwas nach hinten umgebogen und sowohl von den neuralen Lappen als von den KopfkiemenstUtzen getrennt. Die bei den verschiedenen Vertretern der Gruppe vorkommen- den Abweichungen beruhen nun darauf, dass die lateralen Kragen- theile bald mit den neuralen Lappen, bald mit den manch- mal auch blattartigen Kopfkiemenstützen, oder auch mit diesen beiden Organen zugleich zu einem einheitlichen, häufig gerade nach vorn gerichteten Collare von ver- schiedener Breite verwachsen; in der Regel sind sie dabei ziemlich weit nach vorn über die Wurzeltheile der Kopfkiementräger vorgeschoben. Am wenigsten ist dieses Letztere vielleicht noch bei Notaulax der Fall, wo die mit borstentragenden Kiemenstutzen verwachsenen lateralen Kragentheile die Gestalt niedriger, nach vorn scharf- kantiger Wülste haben. Für die Eriographiden hatte Claparède die Abwesenheit eines Halskragens als charakteristisches Merkmal aufgestellt. Bei einer genaueren Betrachtung von Myxicola lassen sich jedoch hier sowohl die neuralen als auch die lateralen Theile eines wenn schon nur sehr wenig entwickelten Collare auffinden. Die lateralen Theile erscheinen bei diesem Thiere in Form zweier dicker, seitlicher Wülste, welche mit ihrer vorderen, abgerundeten Kante an die Kopfkiemenbasen sich anlehnen. Ihre obere Grenze, die durch einen deutlichen Einschnitt markirt ist, liegt niedriger als bei den übrigen Serpulaceen, weil die an sie anstoßenden, gleichfalls wulstförmigeu Kiemenstützen ungewöhnlich weit nach unten herabreichen ; dafür dehnen sich aber die lateralen Kragenwülste gegen die Bauchfläche um so mehr aus und gehen in die kleinen neuralen Lappen ohne scharfe Abgrenzung über (7. Bd. Taf. 22 Fig. 13, 14: Taf. 23 Fig. 10 l.Kr). Bei den Am phi co ri den sind an Stelle der lateralen Kragen- lappen nur leichte Integumentverdickungen vorhanden, 486 Eduard Meyer welche gegen die neuralen Lappen, die Wurzeln der Kopfkiemen und die Stützorgane der letzteren bloß durch ganz oberflächliche Hautfurchen abgegrenzt sind. So fand ich diese Beziehungen bei Amphiglene (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14, 16), und ähnlich scheinen sie, so weit aus der Litteratur, richtiger aus den betreffenden bildlichen Darstellungen ersichtlich ist, auch bei den übrigen Vertretern dieser Gruppe zu sein. Ihrer Structur nach stellen die lateralen Kragenlappen der Serpulaceen, wo sie als blattförmige Körperanhänge erscheinen, eine Haut duplica tur vor. Die beiden Hypodermlamellen derselben schließen zwischen sich außer bindegewebigen, muskulösen und ner- vösen Elementen in der Regel ein dichtes Gefäßnetz ein; am stärksten ist dieses bei den Serpuliden i. e. S. entfaltet, und hier finden wir die feinen Enden der Gefäß Verzweigungen zu kleinen contractilen Ampullen erweitert, welche durch ihre rhythmisch erfolgenden Contractionen das in sie eingetretene Blut in dieselben Bahnen, in denen es herankam, wieder zurücktreiben (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11 im-). Wo die lateralen Halskragentheile in Form von Wülsten auf- treten, bestehen sie in ihrer äußersten Schicht aus einer sehr starken, zum Theil wohl auch drüsigen Hautverdi ckung. Besondere drü- sige Partien enthalten vor Allem im unteren, hinteren Abschnitte ihrer Wurzelregion die lateralen Kragenlappeu der Serpuliden i. e. S.,, worauf ich später noch zurückkommen werde. Die Entwicklung der lateralen Kragenlappen. Schon frühzeitig sind die ersten Anlagen der lateralen Kragen- lappen bei der Larve von Psygmohranclms deutlich erkennbar. In der noch unsegmentirten Trochophora treten sie im unteren Theile der Seitenlinie gleich hinter den Kopfnieren als ein Paar nach innen stark vorspringender rundlicher Ectodermwuche- rungen auf, denen sich auf der Seite der primären Leibeshöhle ziemlich viele aus der parietalen Schicht stammende Parenchym- z eilen anschmiegen (Taf. 23 Fig. 1 l.Kr). Wenn sich nun das Metasoma der Larve kegelförmig ausdehnt, und die secundären Mesodermstreifen sich zu segmentiren beginnen, so kommen die besagten Ectodermverdickungen dem vordersten Meta- merenpaare der ersteren (P^) gegenüber zu liegen (Taf. 23 Fig. 2, 3; Taf. 24 Fig. 6, 23 l.Kr) und documentiren damit ihre Zuge- hörigkeit zum 1. So mite. Zu dieser Zeit nehmen sie eine ver- Studien über den Körperbau der Anneliden. 487 tical-wulstförmige Gestalt an, rageu nun auch nach außen vor (Taf. 24 Fig. 24 l.Kr) und befinden sich neuralwärts gerade unter den Anlagen der Kopfkiemenstützen [h.P'^), welche jetzt deutlich hervortreten. Ihr ectodermales Zellmaterial ordnet sich darauf im Allgemeinen zu einer einfachen Schicht an, welche in der Ebene der Körperober- fläche keinen Platz mehr hat, denn einer flächenhaften Ausbreitung derselben in dieser von vorn nach hinten ist durch die Anheftungs- weise der primären Längsmuskeln des Kopfes [K.lm^) eine Grenze gesetzt; die äußere Zellschicht der lateralen Kragenlappenanlagen schlägt sich daher in Gestalt einer Hautfalte nach außen um, in welche die benachbarten parenchymatösen Elemente mit hineinge- zogen werden (Taf. 23 Fig. 4 l.Kì'] . Jedoch nicht in ihrer ganzen Ausdehnung ist diese Duplicatur des Integumentes einschichtig. In dem der Rumpfoberfläche zuge- wandten Blatte derselben befindet sich eine scharf umschriebene, rundliche Ectodermzellengruppe (Taf. 23 Fig. 4; Taf. 24 Fig. 28 n.P^] ungefähr von demselben Aussehen, wie es die Kopf- kiemenstützen auf ihrem jüngsten Stadium zeigen. Diese beiden Zell- gruppen gehen nachher spurlos verloren. Die Anlagen der lateralen Kragenlappen wachsen nunmehr in verticaler Richtung weiter, sowohl nach oben — und schieben dadurch die Anlagen der Kopfkiemenstützen dorsalwärts vor sich her gegen die Mittellinie des Rückens hin — als auch nach unten und treffen an der unteren Grenze der Seiteulinie mit einer auf der Bauchseite sich entwickelnden Hautfalte der unpaaren Anlage des neuralen Kragen- lappens [n.Kr] zusammen, von welcher sie jedoch stets durch je eine Einkerbung getrennt bleiben (Taf. 23 Fig. 5). In der Folge macht sich ein starkes Wachsthum der beiden seit- lichen Integumentfalten bemerkbar, so dass sie bald in der Form von flUgelartigen, nach hinten zurückgeklappten Körper- anhängen erscheinen, die immer größer werden und schließlich die ganzen Seitentheile der vorderen Brustregion der Larve umfassen (Fig. 23 Fig. 6—11). Die beiden Epithelschichten der seitlichen Integumentfalten legen sich im Laufe der Entwicklung an einander fest an und comprimiren dadurch die mittlere Schicht Parenchymzellen, die sich dann in Bindegewebe und Muskeln verwandeln und so die ganzen Ge- bilde zu selbständigen Bewegungen fähig machen. Eine peritoneale Schicht scheint in diesen frühen Stadien nicht mit in die Organe 488 Eduard Meyer hineing-ezogeu zu werden, sondern wird wolil erst später, wenn sich wieder ein Lumen in ihnen bildet. hineinrUcken; zu dieser Zeit lehnt sich das Peritoneum einfach an die Innenseite der Lappen- wurzeln an. Gegen den hinteren Rand der lateralen Kragenlappen wird ihr äußeres Epithel ganz flach, in der Wurzelgegend aber ist es ziem- lich hoch und enthält in der inneren dem Körper zugewandten La- melle eine gewisse Anzahl von Drüsenzellen (Taf. 23 Fig. 8) . Später werden die Lappen in ihrem basalen Theile noch bedeutend verstärkt, indem die gleich hinter ihnen gelegene, schon dem 2. So- mite angehörige Hautpartie der unteren Hälfte der Seiten- linie auch noch zu ihrem Aufbau hinzugezogen wird (Taf. 23 Fig. 11). Wenn wir die Lage der lateralen Kragenlappen, welche die- selben in diesem vorgeschrittenen Stadium am Larvenkörper ein- nehmen, mit derjenigen vergleichen, welche sie bei ihrem ersten Auftreten hatten, so wird sie uns als eine bedeutend veränderte er- scheinen. Zunächst sehen wir, dass die Organe in verticaler Rich- tung dorsalwärts verschoben sind; durch diesen Umstand sowie durch die selbständige Größenzunahme haben die lateralen Kragenlappen die Kopfkiemenstützen auf den Rücken hinaufgedrängt. Andererseits sind sie aber auch noch nach vorn vorgerückt, so dass sie jetzt nach dem Ver- schwinden der adoralen Wimperkränze einen Theil des Prosoma bedecken und an die Kopfkiemen ganz nahe herantreten. Diese letztere Verschiebung werden wir einer Ver- kürzung der primären Längsmuskeln des Kopfes zuzuschreiben haben, welche ein allgemeines Vorrücken der vorderen Rumpfregion über den präoralen Leibesabschnitt nach vorn hin zur Folge hat, wäh- rend die zuerst erwähnte Lageveränderung der seitlichen Kragen theile. wie weiter gezeigt werden wird, von der inzwischen erfolgten Aus- bildung der neuralen Partie des Collare verursacht worden ist. Da das Vorrücken der vorderen Rumpfregion dorsal am stärksten ist, so sind die Kopfkiemenstützen weiter nach vorn gerathen als die late- ralen Kragenlappen, und diese liegen demgemäß jetzt nicht mehr gerade unter, sondern etwas hinter den Stützorganen der Kopfkiemen. In welcher Weise sich die Vereinigung der lateralen Kragen- lappen mit den beiderseitigen Hälften der Thoracalmembran vollzieht, habe ich nicht beobachten können, da die Larven immer schon zu Studien über den Körperbau der Anneliden. 4S9 Grunde gingen, bevor noch von diesem Organ auch nur eine Spur zu erkennen gewesen wäre. In der Eutwicklungsgescbiclite von Psygmohranchus^ welche Sa- LENSKY geliefert hat, wird auch der Bildung des Halskragens ge- dacht, allein seine diesbezüglichen sehr kurzen Bemerkungen im Texte beziehen sich hauptsächlich auf den neuralen Krageulappen (1882 A. pag. 362. 365) ; aus seinen Abbildungen aber scheint mir hervorzu- gehen, dass er diesen Theil des Collare zusammen mit den lateralen Lappen als einheitliches Gebilde behandelt, womit ich auf Grund meiner eigenen Beobachtungen nicht einverstanden sein kann. Angaben und Abbildungen über die Entwicklung des Collare bei anderen Serpuliden [Spirorhis^ Pileolaria, Pomatoceros ^ Salmacma) finden wir ferner bei Pagenstecher (1863 pag. 493, 494), Agassiz (1866 pag. 322) , Claparède & Mecznikow (1869 pag. 202, 201), WiLLEMOES-ÖUHM (1S70 pag. 395) , GiARD (1876 A. pag. 235), Salensky (1883 pag. 158, 173, 182) und v. Dräsche (1884 pag. 9). Die erste Anlage derselben wird bald als bewegliche, seitlich »herabhängende Arme«, welche später median nach unten zusammenwachsen, bald als einheitlicher Wulst, der die unteren und die seitlichen Partien des Vorderkörpers dicht hinter dem Munde umgreift, geschildert ; von allen Autoren ist jedoch die ursprüngliche Selbständigkeit der neu- ralen und der lateralen Theile des Halskragens nicht genügend be- achtet worden. Bei Pileolaria hebt Salensky richtig den Umstand hervor, dass die Kragenlappen aus zwei symmetrischen Hälften und diese je aus zwei epithelialen Ectodermlamellen bestehen, hämal hinaufwachseu und im oberen Theile viel stärker werden ; wenn er aber behauptet, dass sie von der Bauchseite aus entstehen (pag. 158), dass an ihrer Bildung gar keine anderen als nur ectodermale Elemente sich betheiligen und dass sie hämal mit einander verwachsen (pag. 173). so erscheint mir dieses im höchsten Grade zweifelhaft. In Bezug auf die Entwicklung der lateralen Kragenlappen bei Sabelliden besitzen wir gar keine litterarischen Angaben; nur ließe sich allenfalls aus den Abbildungen, welche Claparède & Mecz- nikow von den Larven der Dastjchoiie lucuUana gegeben haben, schließen, dass die betreffenden Organe bei diesen Thieren erst sehr spät zur Ausbildung gelangen, denn in der ältesten von ihnen dar- gestellten 8-segmentigen Larve sind die seitlichen Lappen des Collare noch gar nicht zu sehen (Taf. 16 Fig. 1 G). 490 Eduard Meyer Das vorderste, neurale Parapodienpaar der Hermellen. Nicht nur in Hinblick auf ihre Lage und ihre Beziehungen zu den benachbarten Organen, sondern auch in Bezug auf ihre Gestalt haben die neuralen Parapodien des 1. Somites der Hermellen eine gewisse Ähnlichkeit mit den lateralen Kragenlappen der Serpu- laceen. Dieses betrifft hauptsächlich die ihnen angehörenden Bauch- eirren, welche den am meisten in die Augen fallenden Theil der- selben ausmachen. Unterhalb der hinteren Enden der Paleenträger und ganz auf der Bauchseite gelegen haben sie z. B. bei Sahellaria alveolata eine dreieckige, blattförmige Gestalt; mit breiter, etwas verdickter Basis am Vorderrande des 1. Segmentes in- serirend, springen sie mit ihrem freien, sich allmählich zuspitzenden Theile in beinah horizontaler Richtung zu beiden Seiten der bereits erwähnten Bauchzapfen, welche an dieser Stelle die Mitte der Bauch- fläche einnehmen, gerade nach vorn vor (7. Bd. Taf. 22 Fig. 15, 16 ; Taf. 24 Fig. 7, 9, 11—13 l.Kr). Gleich hinter diesen Girren und etwas höher als sie befindet sich ein Paar abgerundeter Integumenthügel, aus welchen je ein Bündel nach unten und schräg nach vorn gerichteter feiner Pfriemen- borsten hervorragt [B.Bm^); es sind dieses die neuralen Chaeto- podien des 1. Somites^. Wie eben dargestellt, verhält sich das erste neurale Parapodien- paar bei den meisten Hermellen, doch giebt es auch Arten, wo die Borsten nicht vorhanden, also die betreffenden Chaetopodien nicht vollkommen entwickelt sind, so dass die Übereinstimmung mit den lateralen Lappen des Serpulaceencollare eine noch viel größere wird. Solch einen Fall haben wir z. B. bei Sahellaria spinulosa (vgl. Malmgren 1867 Taf. 12 Fig. 66 A^). * Das strenge Auseinanderhalten der von Kleinenberg (1886 pag. 33, 100) aufgestellten Begriffe »Chaetopodium« und »Parapodium« ist besonders bei der uns bescliäftigenden Wurmgruppe nicht nur für die Darstellung bequem sondern auch von wesentlicher Bedeutung, denn wie weiter gezeigt werden wird, sind gerade hier die ci r renar ti gen Gebilde, durch deren Hinzu- treten zum Chaetopodium erst das Parapodium entsteht, in hohem Grade selb- ständig und haben vielfach eine ganz eigenthümliche Umbildung erfahren. Studien über den Körperbau der Anneliden. 401 4. Der neurale Kragenlappeu der Serpulaceen imd die Baueh- zapfeu der Her ni eilen. Es sind dieses die im vorigen Capitel schon mehrfach erwähnten Gebilde, die bei den Serpulaceen als untere Theile des Collare sich median zwischen den lateralen Krag-enlappen befinden, und die ihnen entsprechenden Fortsätze der Bauchhaut, welche bei den Hermellen eine ähnliche Lage zwischen den neuralen Parapodien am 1. Somite einnehmen. Der neurale Kragenlappen der Serpulaceen. Die stärkste Ausbildung hat der mediane untere Theil des Hals- kragens bei den Serpuliden i. e. S. Es ist hier in der Regel ein recht ansehnlicher, am Vorderrande des 1 . Somites inserirender Haut- lappen, dessen verdickter, basaler Abschnitt nach beiden Seiten bis zur mittleren Körperhöhle hinaufreicht. Der nach hinten umgeschlagene Theil des neuralen Kragenlappens kann in dieser Gruppe entweder ganz randig, also vollkommen unpaar, wie z. B. bei Psygmohranclnis (7. Bd. Taf. 24 Fig. 2 n.Kr), oder wie bei Pro- tula in Folge eines medianen Einschnittes zweitheilig sein, nie- mals scheint jedoch bei diesen Thieren eine Verwachsung mit den lateralen Kragenlappen stattzufinden. Viel größer isl die Mannigfaltigkeit des in Rede stehenden Or- gans bei den Säbel li den, wo es an beiden Seiten des Körpers bald mehr bald weniger hoch hinaufreicht, ungetheilt oder zweilappig, zurückgeschlagen oder gerade nach vorn gerichtet, von den lateralen Kragentheilen durch Einschnitte getrennt oder ohne Grenze in dieselben über- gehend imd zwar mit der verschiedensten Combinirung der aufge- zählten Eigenschaften vorkommt. Die bedeutendste Entwicklung haben die neuralen Kragenlappen hier vielleicht bei Spirographis. Ein tiefer, medianer Einschnitt trennt die beiden nach hinten zurückgeschlagenen, dreieckigen Lappen von einander, deren breite Wurzeltheile blasig auf- getrieben sind (7. Bd. Taf. 22 Fig. 12; Taf. 23 Fig. 9 n.Kr). Das entgegengesetzte Extrem finden wir bei Notaulax, wo den Angaben Levinsen's zufolge die mediane Partie des Collare ganz fehlen soll. Unter den Eriographiden erscheint bei Myxicola dieser Körper- 492 Eduard Meyer theil als ein kleiner, fleischiger Zapfen von dreieckiger Gestalt, der mit seiner Spitze vom Vorderrande des Thorax gerade nach vorn vorspringt und auf seiner Unterseite mit einer me- dianen Längs für che versehen ist; an seiner Basis geht er seitlich in die weit nach unten verschobenen lateralen Kragenwülste unmittel- bar über (7. Bd. Taf. 22 Fig. 14; Taf. 23 Fig. 10 n.Kr). Bei den Amphicoriden sind wiederum ein Paar nach vorn spitz zulaufende, neurale Kragenlappen vorhanden, deren breitere Basaltheile bei Amphiglene z. B. nach hinten durch schräge Quer- furchen gegen den Thorax abgegrenzt sind (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14, 16 n.Kr). Was den Bau der neuralen Kragenlappen betrifft, so stellen sie ähnlich den lateralen im Allgemeinen eine Hautduplicatur vor, welche eine bald größere, bald geringere Menge von Binde- gewebe, Muskeln, Nerven und Gefäße einschließt. Bemerkenswerth ist nun der Umstand, dass das untere Hautblatt stets sehr be- deutend verdickt ist, und zwischen dessen hohen Hypodermzellen sich die äußeren Mündungen einer großen Anzahl von Drüsen befinden, welche mehr oder weniger weit in das Innere des Körpers hinein- ragen und die vorderste Partie der später zu besprechenden Bauch- drüsen bilden (7. Bd. Taf. 23 Fig. 9; Taf. 24 Fig. 14, 16; Taf. 26 Fig. 7, 12, 17, 18 n.Kr, B.dr). Bei den Serpuliden i. e. S. enden die stark verzweigten Blut- gefäße am Kande der neuralen Lappen wie in den seitlichen Kragen- theilen mit contractilen Endampullen (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11 n.Kr): ähnlich wird dieses Verhalten wahrscheinlich auch bei den Sabelliden sein. Die Entwicklung des neuralen Krageutheiles. In der Trochophora von Psygmohranchus (Taf. 23 Fig. 3, 4) tritt die erste Anlage des neuralen Kragenlappens in Gestalt einer nicht weit hinter dem Munde gelegeneu wul st formi gen Vorwölbung der medianen Hautpartie des 1. Somites auf, die sich in einer Querebene mit den Aulagen der Kopfkiemenstützeu und der lateralen Kragenlappen befindet und gegen die letzten durch seitliche Ein- kerbungen abgegrenzt ist. Da die ebenfalls wulstförmigen seit- lichen Theile des sich bildenden Collare zu dieser Zeit noch ziemlich weit nach unten liegen, so nimmt jene Bildung Anfangs nur einen relativ kleinen Raum auf der Bauchseite der Larve ein. Quer über die Anlage des neuralen Kragenlappens verläuft äußer- Studien über den Körperbau der Anneliden. 493 lieh der sich vou der Mimdöffnung zum hinteren Körperende hin- ziehende Bau eh wimperstreif (n.JV), und einwärts von demselben ragt hinter dem Ösophagus in die primäre Leibeshöhle eine mediane Gruppe vou Ectodermzellen (Taf. 23 Fig. 3 B.d?-) hinein, die größere, ovale Kerne und ein reichliches körniges Protoplasma be- sitzen: diese Zellgruppe stellt die Anlage des dem 1. Segmente zukommenden Theiles der Bauchdrüse vor, welche somit ganz dem Bereiche des in Bildung begriffenen neuralen Kragenlappens an- gehört. Zu beiden Seiten wird diese Partie der jungen BauchdrUse von den beiderseitigen Hälften der Bauchmarksanlage [B] begrenzt, welche sie demnach von den ebenfalls nach innen vorspringenden lateralen Kragenlappenanlagen [l.Ki'] trennen (Taf. 24 Fig. 29). Mit diesen letzteren gleichen Schritt haltend verwandelt sich der neurale Bauch wulst auf ganz ähnliche Weise wie jene, also durch Anordnung des ectodermalen Zellmaterials zu einer Schicht und den hemmenden Einfluss der primären Längsmuskeln des Kopfes, in eine sich nach hinten umschlagende Hautfalte, in welche die entsprechende BauchdrUsenpartie mit hineingezogen wird (Taf. 23 Fig. 5, 7, 10; Taf. 24 Fig. 29). In Folge der Faltung und der bald darauf erfolgenden Verkür- zung der besagten primären Längsmuskeln rückt der neurale Kragen- lappen allmählich bis dicht an den Mund und die unteren T hei le der Kopf kiemen würz ein vor. Zugleich hat dieses Or- gan nach der Separirung des Bauchmarks von seinem ectodermalen Mutterboden auch nach beiden Seiten hin an Ausdehnung zu- genommen, wodurch es die lateralen Kragenlappen aus ihrer ursprünglichen Lage verdrängt und mehr nach oben hinaufgeschoben hat. Zu bemerken wäre noch, dass der neu- rale Kragenlappen etwas vor den beiden seitlichen inserirt und die unteren Enden derselben überdeckt (Taf. 23 Fig. 7, 10), wie wir es auch beim erwachsenen Psygmohranclms sehen [7. Bd. Taf. 24 Fig. 2 n.Kr, l.Kr). Dass sich der neurale Kragenlappen der Serpulaceen durch eine Faltung der Bauchhaut bildet, haben auch meine Vorgänger erkannt, jedoch haben sie, wie schon erwähnt wurde , die Unabhängigkeit desselben von den lateralen Lappen, welche besonders während der Entwicklung so deutlich zu Tage tritt, nicht beachtet; auch ist der Umstand, dass ein Theil der Bauchdrüsenmasse mit in jenes Organ hineingeräth, bisher gänzlich übersehen worden. 494 Eduard Meyer Die Bauclizapfen der Hermelleu. Auf der Bauchseite zwischen den beiden lappenförmigen Bauch- eirren des ersten neuralen Parapodienpaares gelegen erscheinen die beiden beweglichen Bauchzapfen der Hermellen als ein Paar vom Vorderrande des 1. Somites horizontal nach vorn vorspringender, länglich-dreieckiger, fleischiger Fort- sätze, die in einem ziemlich weit geöffneten Winkel in der Mittel- linie des Körpers zusammentreten, und deren abgerundete knopf- förmige Spitzen ein wenig medianwärts gegen einander geneigt sind: nach hinten gehen die vereinigten breiteren basalen Theile dieser Gebilde in ein herzförmiges Bauchschild über, an welches zu beiden Seiten die betreffenden neuralen Chaetopodien anstoßen, und das die Mitte der hinteren Partie des vordersten Thoracalseg- mentes einnimmt (7. Bd. Taf. 22 Fig. 16 n.Kr). Ihrer Structur nach bestehen die Bauchzapfen aus einer äuße- ren, besonders auf der Unterseite stark verdickten Integumentschicht und enthalten in ihrem Inneren vielfach verflochtene Muskeln, Nerven und Gefäße, sowie die langen feinen Ausfuhrungsgänge der vorder- sten Bauch driisen, welche sich in großer Anzahl an ihren me- dialen Rändern und den abgerundeten Spitzen nach außen öffnen (;. Bd. Taf. 24 Fig. 7 71.K1). 5. Die Thoracalmembran der Serpuliden i. e. S. und die RumpfciiTen der Hermellen. An die oberen Theile der lateralen Kragenlappen schließt sich bei den Serpuliden i. e. S. die für diese Gruppe charakteristische Thoracalmembran so unmittelbar an, dass sie als eine horizontale, hintere Fortsetzung der ersten erscheint. Bei den übrigen Serpula- ceen sind nun gar keine Anhangsorgane vorhanden, welche jener Bildung entsprechen könnten, bei den Herm eilen aber sind es die hämalen und neuralen, cirrenartigen Gebilde des Rumpfes, die zu den Chaetopodien in mehr als einer Hinsicht ähnliche Beziehungen haben, wie gewisse Abschnitte der Thoracalmembran. Die Thoracalmembran der Serpuliden i. e. S. Die Brustmembran dieser Würmer ist bekanntlich ein paariges Gebilde, dessen beiderseitige Hälften sich in Gestalt zweier flUgel- artig ausgespannter Häute vom hinteren Ende des 1. Somites, wo Studien über den Körperbcau der Anneliden. 495 dieselben vom in die verticalen, seitlielien Lappen des Collare con- tiuuirlich übergeben, bis an das hintere Ende des Thorax, also durch eine ganze Reihe von Segmenten hinziehen, deren Anzahl je nach den Arten und Gattungen eine verschiedene ist. Die einzige mir bekannte Ausnahme bildet in dieser Beziehung nur Chitinopoma^ wo die Thoracalmembrau laut Angabe von Levin- SEN ganz fehlt. Die Insertion der Brustmembran am Körper stellt auf jeder Seite eine von vorn nach hinten sich herabsenkende, stark wel- lenförmige Linie vor, welche in der Mitte der einzelnen Segmente bis über die Seitenlinie gegen den Rücken hinauf — auf den Somit- grenzen aber bis dicht an die Bauchschilde des Thorax herabsteigt : dadurch kommen sowohl die neuralen als die hämalen Chaetopodien unterhalb und zwar in bestimmte Ausbuchtungen dieser Haut zu liegen (7. Bd. Taf. 22 Fig. 9, 10; Taf. 23 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 1, 2 Th.M). Am hinteren Ende ist die Insertionslinie absteigend, sodass die Thoracalmembrau jederseits hinter den letzten thoracalen Chaeto- podien mit einem verticalen Theile endet. Bei Psygmohranchus und bei vielen anderen Serpuliden setzen sich diese Endpartien abwärts bis zu ihrer Vereinigung auf der Unter- seite des Körpers fort, wodurch auch am hinteren Ende des Thorax eine Art Kragen entsteht ; den medianen, gewöhnlich spitz auslaufen- den Theil dieses möchte ich als hinteren, neuralen Kragen- lappen oder hinteren Bauchlappen bezeichnen (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11 h.Kr). Bei manchen Formen fehlt dieser hintere Bauchlappen, und die Thoracalmembrau reicht dann auf beiden Seiten bloß bis au die obere Grenze des hintersten Brustschildes herab ; ein Beispiel hierfür wäre die Gattung Sjnrorhis. In ihrem Bau hat die Thoracalmembrau viele Ähnlichkeit mit den lateralen Lappen des Halskragens, indem sie auch hauptsächlich aus zwei fest an einander liegenden Hypodermblättern besteht, zwischen denen Bindegewebe, Muskeln, Nerven und Gefäße einge- schlossen sind, von denen die letzteren, gleichfalls ein dichtes Netz bildend, an den blinden Enden ihrer terminalen Zweige mit con- tractilen Erweiterungen ausgestattet sind; ein zu beachtender Umstand ist dabei, dass die meisten, vor Allem aber die im oberen vollkommen freien Membrantheil verlaufenden Blutbahnen als Ver- zweigungen paariger, metamerer Gefäßstämme erscheinen, welche in einem jeden Segmente dicht hinter der Parapodialebene in 496 Eduard Meyer die beiderseitigen Hälften der Thoracalmembran eintreten (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11 ; Taf. 24 Fig. 1 V.m). Eben so lässt sieh eine streng metaniere Anordnung der Hanptnervenstämme erkennen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 5 c.a, e.p). Auf ihrer ganzen hämalen Ober- fläche ist die Brustmembran dicht mit Flimmerhaaren, wie auch die ganze Rückenhaut des Thorax bekleidet (7. Bd. Taf. 26 Fig. 12 bis 14, 26, 27 Th.M). Etwas anders ist die Structur des hinteren Bauchlappens, wo ein solcher vorhanden ist. Die untere mediane Fortsetzung der beiden Hälften der Thoracalmembran bildend, besteht auch er aus zwei Hautlamellen, von denen aber die untere sehr bedeu- tend verdickt ist und besonders am Wurzeltheile die Mündungen einer großen Menge von Drüsenfollikeln — es ist die hinterste Partie der Bauch drüsen — enthält, die in die bindegewebige und muscu- löse, mittlere Schicht des Organs eingebettet sind. Die Parapodialcirren der Hermellen. Die Hermellen besitzen, wie bekannt, echte Rücken- und Baucheirren, welche beziehungsweise über und unter den hämalen und neuralen Chaetopodien gelegen sind; mit diesen letzteren zu- sammen erheben sie sich in ihrem Segment von den oberen und un- teren Theilen seitlicher, transversaler lutegumentwülste, die ich Parapodialpolster nennen will (7. Bd. Taf. 22 Fig. 15, 16; Taf. 24 Fig. 7—9; Taf. 26 Fig. 28 Ci, Ki). Die Rückencirren sind bei den Hermellen echte Rücken- kiemen und angefangen vom 2. Somite zu je einem Paare nicht nur in allen thoracalen, sondern auch noch weiter nach hinten in einer ganzen Reihe abdominaler Segmente vorhanden. Sie erscheinen in Gestalt recht langer, gegen das Ende zu sich verjüngen- der, dreikantiger Körperanhänge, welche mit stark ver- dickter Basis den oberen Theilen der Parapodialpolster über und hinter den bezüglichen hämalen Chaetopodien aufsitzen und mit ihren Spitzen schräg nach oben und nach vorn geneigt sind (7. Bd. Taf. 22 Fig. 15: Taf. 24 Fig. 7, 8; Taf. 26 Fig. 28 Ki). Die typischen Bau che irren kommen bei unseren Würmern nur am abdominalen Körperabschnitt vor. In den vordersten Segmenten desselben stellen sie griffeiförmige, zugespitzte Zapfen vor und werden nach hinten zu immer kürzer, bis sie als niedrige conische Höcker erscheinen und schließlich ganz verschwin- Studien über deu Kürpcibau der Anneliden. 497 eleu. Deu nuteren Euilen der Parapodialpolster aufsitzend inseriren sie hinter den zug-eliörigeu neuralen Cliaetopodien und springen schräg nach unten und vorn vor 7. Bd. Taf. 22 Fig. 15, Ki; Taf. 24 Fig. 7, 9; Taf. 26 Fig. 28 Ci). Abweichend verhalten sich die Baucheirren am Thorax. Von diesen haben wir diejenigen des 1. Somites schon betrachtet; es sind die dreieckig-blattförmigen Fortsätze, welche vor dem ersten neuralen Chaetopodienpaar und etwas unter diesen als relativ selbständige Gebilde vom Vorderrande des Thorax gerade nach vorn vorragen {l.Kr). Auch die Baucheirren des 2. Somites haben eine ähnliche Aus- bilduDg, indem sie gleichfalls von dreieckig-blattförmiger Ge- stalt sind, doch liegen sie sehr viel höher als jene, zu beiden Seiten des Körpers, und inseriren mit ihrer breiten Basis am Vorderrande der betreffenden Parapodialpolster, von denen bei den ersteren nicht die Kede sein kann, in der Weise, dass ihre freie Spitze sich noch höher befindet als die auch schon sehr hoch hinauf- gerückten, gleich hinter den Girren gelegenen neuralen Borstenbündel dieses Segments. In den folgenden (3 — 5) Thoracalsomiten fehlen die Bauch- eirren ganz. Alle Parapodialcirren der Hermellen sind hohle Fortsätze der Leibeswand und somit innen vom Peritoneum ausgekleidet : zwischen diesem und der äußeren Hypodermschicht enthalten sie Muskelfasern und Nerven und in ihrem Hohlräume Gefäße. Eine Besonderheit der Kückenkiemen ist nun, dass sie auf ihrer medialen Oberfläche mit Wimpercilien ausgestattet sind. Die in ihnen enthaltenen Gefäße bilden eine Schlinge, deren Schenkel als Kiemenarterie [Ki.a] und Kiemenvene [Ki.v] unter- schieden werden können. Nach QüATREFAGES (1848 pag. 45) sollen die Rückenkiemen der Hermellen nur je einen axialen Gefäßstamm haben , von welchem nach beiden Seiten kleine, sich terminal ampullenartig erweiternde Nebenäste ausgehen. Diese Darstellung widerspricht zwar der mei- uigen, doch wäre es möglich, dass sich wirklich ein solches Ver- halten bei der von ihm untersuchten Form vorfände, deren Identität mit Sahellaria alveolata aus verschiedenen Gründen sehr zweifelhaft ist (vgl. Malmgren 1867 pag. 212). Mittheilungeu a. >\. Zoolog. Station zu Neapel. Ed. s. 33 498 Eduard Meyer 6. Die hämalen und neuralen Chaetopodien. Es kann nicht in meiner Absieht liegen, liier eine ausführliclie Besclireibimg der Verscbiedenlieiten zu geben, welche diese Organe bei den so überaus zahlreichen, zu den beiden von uns betrachteten Wurmfamilien gehörigen Anneliden aufweisen , vielmehr will ich bei einer durchaus allgemein gehaltenen Übersicht gewisse Verhält- nisse hervorheben, die mir für die späteren morphologischen und phylogenetischen Schlussfolgerungen unerlässlich erscheinen. Die Form und die Lagebeziehungen derChaetopodienbei den Serpulaceen. Wie bei den meisten Röhrenbewohnern ist auch bei den Ser- pulaceen die Ausrüstung der hämalen und neuralen Chaetopodien eine verschiedene: am Thorax sind bekanntlich die oberen Fußstummel unserer \yürmer mit Pfriemenborsten, die unteren dagegen mit Hakeuborsten versehen, und am Abdomen ist das Ver- halten umgekehrt, indem die letzteren oben, die ersteren unten erscheinen. "Während nun diese Anordnung bei den Serpuliden i. e. S. streng eingehalten ist, sind uns in allen übrigen Gruppen Fälle bekannt, wo die mit Haken ausgerüsteten Chaetopodien, seien es die neuralen oder hämalen, außer diesen auch echte Borsten ent- halten. Eine ziemlich allgemein gültige Eigenthümlichkeit der Serpulaceen ist die, dass die Fußsturamel am Thorax bedeutend höher als am Abdomen iuseriren. Die beiden Eeihen der Chaetopodien bilden ferner am Thorax jederseits eine von hinten nach vorn stark aufsteigende Bogenlinie. so dass das vorderste Paar der hämalen Fußstummeln bei den größeren Sabelliden und noch mehr bei den Serpuliden i. e. S., wo dasselbe häufig mit sehr kräftigen, paleenartigen, schräg nach oben und vorn vorspringenden Borsten ausgerüstet ist, schon bei- nahe auf den Rücken zu liegen kommt. Im Abdomen ist die In- sertion der besagten Organe in allen Segmenten auf gleicher Höhe. Am Vorderkörper beginnt in der Regel die Serie der hä- malen Borstenbündel mit dem 2. und die der neuralen Hakenreihen mit dem 3. Segmente. Die einzige bisher be- kannte Ausnahme macht nur die bereits mehrfach genannte Sa- bellidengattuug Notmdax, bei welcher das 1. Somit mit zweireihio- Studien über den Kürperbaii der Anneliden. 499 augeordneteu. paleeuäliuliclieu Borsten bewaffnet ist, die aus dem unteren Theile der Koi)fkiemeustützen vorragen. Der hintere Kör- perabsclinitt ist hingegen gewöhnlich schon von seinem vordersten Somite an mit oberen Hakengruppen und unteren Borstenbündeln versehen, doch kommen auch diesbezüglich Ausnahmen vor: so treten bei den Serpuliden i. e. S. häufig die genannten Gebilde erst in einem mehr nach hinten gelegenen Abdominalsegmente auf und da- bei die Pfriemenborsten vielfach noch weiter hinten als die Häkchen, In Bezug auf die gegenseitige Lage der Chaetopodien in ein und demselben Somite kann als Regel gelten, dass im Thorax die neuralen etwas hinter den hämalen, im Abdomen aber umgekehrt die hämalen Fußstummel hinter den neuralen gelegen sind. Dass die unteren und oberen Fußstummel in der vorderen Kör- perregion der Serpuliden i. e. S. auf jeder Seite unterhalb der Thoracalmembran . in besonderen Ausbuchtungen der letzteren, sich befinden , wurde schon in dem vorhergehenden Abschnitt erwähnt : an diesen die Chaetopodien tragenden Stellen der Seitenflächen des Körpers erscheint nun das Integument stark verdickt und zum Theil auch drüsig differenzirt. Viel deutlicher treten die trans- versalen Hautwülste bei den großen Sabelliden wie Spirographis her- vor , wo sie nicht nur am Thorax , sondern auch am Abdomen als ordentliche Parap odiai pois ter erscheinen, welche nach oben hin sich noch über die hämalen Chaetopodien hinaus fortsetzen (7. Bd. Taf. 22 Fig. 11, 12; Taf. 23 Fig. 9). Bei den kleineren Sabelliden- formen werden diese Bildungen meistens schon weniger kenntlich, bei den Eriographiden und Amphicoriden aber verschwinden sie ganz. Was die äußere Form betrifft, so haben die mit Pfriemenbor- sten versehenen Chaetopodien gewöhnlich die Gestalt von höheren oder niedrigeren Höckern, die hakentragenden aber treten als breitere oder schmälere Flösschen auf, wie wir es bei den Serpuliden i. e S. und höheren Sabelliden sehen. Schon innerhalb der letzteren Gruppe , sowie bei den Amphicoriden macht sich eine erhebliche Größenabnahme der Borsten- und Hakenträger bemerkbar und bei den Eriographiden schließlich erscheinen die Borstengebilde dem Körper direct eingepflanzt. Seiner Eigenthümlichkeit wegen sei hier noch des Verhaltens der Chaetopodien von Myxicola infundibulum gedacht. Im tho- racalen Abschnitte des Leibes finden wir bei diesem Wurme in den ungefähr die Segmentmitte einnehmenden leicht hügelförmigen hämii- 33* 500 Eduard Meyer len Fußstummeln ein Bündel feiner Haarborsten, unter diesen und etwas hinter ihnen die neuralen Chaetopodien mit einer kurzen Reihe von stärkeren, an ihrer Spitze gekrümmten Borsten. Einem ganz an- deren Bild begegnen wir im Abdomen. Hier sind die Bündel der feinen Haarborsteu, welche in der Mitte der Segmente liegen, etwas nach abwärts verschoben, und hinter ihnen zieht sich vom untersten Theile der Seitenfläche au in gerader Richtung nach oben bis dicht an die Mittellinie der Rückens eine lange Reihe, bestehend aus einer Menge kleiner langgestielter Häkchen, die nur mit ihrem umgebogenen Theile eben aus der Haut hervorragen (7. Bd. Taf. 22 Fig. 14). Die Entwicklung der Borstenhöcker und Hakenflösschen des Thorax. Das Erste, was in der Larve sowohl von den hämalen als neu- ralen Chaetopodien angelegt wird, ist die Borstendrüse und diese er- scheint auf ihrem jüngsten Stadium als eine abgerundete, scharf umschriebene Zellgruppe des Ectoderms mit hellerem Zell- plasma und dunklen, runden Kernen ; nach innen gegen die primäre Leibeshöhle ist dieselbe leicht vorgewölbt, und hier legen sich ihr Pareuchymzellen aus der lateralen Schicht an, aus welchen sich nachher die Chaetopodienmuskeln bilden. In der wachsenden ecto- dermalen Zellgruppe tritt dann eine oder mehrere durch einen größeren Kern ausgezeichnete Zellen auf, welche die pfrie- men- oder hakenförmigen Borsten ausscheiden. Ihren peri- tonealen Überzug erhalten die Borstendrüsen erst verhältnismäßig spät, wenn die soliden Segmente der secundären Mesodermstreifen sich aushöhlen, welche bei der Pst/ffmobranchus-LaYve dem Darm an- liegen und daher, anfänglich von den ersteren ganz entfernt, mit ihnen gar keine Berührung haben. Durch Erhebung und Differenz i- rung der Haut in der Umgebung der Borstendrüsen entstehen endlich die höcker- oder flösschenartigen Fußstummeln, aus welchen im ausgebildeten Zustande die Borstengebilde hervorragen. Die An- lage und Ausbildung der Chaetopodien ist, der allgemeinen Ent- wicklungsweise der Larve entsprechend, eine von vorn nach hinten fortschreitende. Von den Anlagen der hämalen Borstenhöcker des Thorax hat die sich segmentirende Trochophora von Psygmohratichus zuerst nur 3 Paar, welche dem 2. — 4. Somite angehören, die rasch nach einander erschienen sind und eben so auch beinah gleichzeitig Studien über den Kürperbau der Anneliden. 501 zur Ausbildimg gelaugeu. Diese Zahl bleibt lauge Constant (Taf. 23 Fig. 2 — 9 B.B^ — B.B^), indem die ^Yeitel•en Paare erst sehr viel später entstehen; nur im 5. Segment treten bald noch die Anlagen eines vierten Paares auf iTaf. 24 Fig. 7, 29 B.B^], die jedoch vorläufig in einem uuausgebildeten Zustande verharren. Die Anfangs fast ganz in der Larvenhaut eingeschlossenen, rund- lichen Ectodermzellengruppen, welche die Anlagen der Borstendrüsen repräsentiren (Taf. 23 Fig. 1 B.B^, Fig. 2, 3 B.B^; Taf. 24 Fig. 7, 29 B.B^), wachsen allmählich in die primäre Leibeshöhle hinein zu kolbenförmigen Gebilden aus (Taf. 23 Fig. 1 B.B^, Fig. 2 B.B^, B.B^j, an deren Gipfel die borstenerzeugeude Zelle durch ihre Größe erkennbar wird (Taf. 24 Fig. 7 B.B^) und distal- wärts die erste Pfriem enborste ausscheidet (Taf. 24 Fig. 4 B.B-, Fig. 23 B.B-, B.B^). Die immer größer werdenden, jungen Borsten durchbohren dann die Drüse sowie die Cuticula und gelangen so mit ihrer Spitze nach außen. Die von der Haut aus in radiärer Richtung nach innen vor- wachsenden hämalen Borstendrüsen stoßen schließlich auf die dem Entoderm anliegenden seeundären Mesodermstreifen , ein jedes Paar auf das seinem Somite entsprechende, zur Zeit noch solide Meta- merenpaar derselben [P^^—P^'^ Taf. 24 Fig. 23; Taf. 23 Fig. 3), und versenken sich dann dermaßen in die letzteren, dass diese sie kappeuartig umschließen (Taf. 23 Fig. 4). Bei der Cölombildung bleibt nun das parietale Blatt der sich aushöhlenden Peritoueal- somite an den Borstensäckchen, welche von den zu Muskeln wer- denden Parenchymzellen umgeben sind, und liefert den peritonealen Überzug für diese und jene (Taf. 24 Fig. 13, 14, 28, 29). Zur Zeit ihrer ersten Anlage bilden die hämalen Chaetopodien im oberen Theile der Seitenlinie eine fast ganz horizontale Reihe, w^elcher sich vorn im 1. Somite die ähnlich aussehenden Au- lagen der Kopfkiemenstützen anschließen (Taf. 23 Fig. 3) ; während der Entwicklung der Larve verändert sich nun diese Lage in der Weise, dass die vorderen Paare allmählich am Körper immer höher hinauf rücken, bis das erste Borstenbündelpaar endlich hoch auf dem Rücken zu beiden Seiten der hämalen Wimperrinne zu liegen kommt, und alle drei Paare zusammen jederseits eine von hinten nach vorn aufsteigende Linie beschreiben, deren höch- sten vordersten Punkt die Kopfkiemenstützen einnehmen (Taf. 23 Fig. 5—9, U, 13). Abgesehen von dieser Lageveränderung findet noch eine Ver- 502 Eduard Meyer Schiebung gegen das Prostomium hin statt, welche am stärk- sten beim ersten Paare der hämalen Chaetopodien hervortritt; in Folge der combinirten Wirkung der beiden Vorgänge werden die Borsten- bündel dieses Paares schließlich schräg nach vorn und nach oben gerichtet. Die Anlagen der neuralen Hakenflösschen. resp. deren Hakendrüsen, treten ganz unabhängig von den Anlagen der hämalen Chaetopodien und etwas später als diese auf, nämlich wenn die Psi/(/7noòranc/ms-La,YyG schon 5 Paar solide Peritouealsomite besitzt; dabei erscheinen zunächst auch bloß drei Paar, die gleichfalls lange Zeit hindurch die einzigen bleiben. Sie gehören dem 3. — 5. Seg- mente an Taf. 23 Fig. 4—10 H.W^~H.W^ . Während die Borstendrüsenanlagen der hämalen Chaetopodien des Thorax nach innen hineinwachsen, behalten die entsprechenden neuralen Ectodermfollikel ihre oberflächliche Lage in der Haut bei. Die Bildung der Hakenborsten innerhalb der jungen Drü- sen, geht hier in folgender Weise vor sich. In der Mitte der sich nach innen leicht vorwölbenden, ectodermalen Zellgruppe erscheinen eine oder ein Paar durch reichlicher vorhandenes Protoplasma und einen größeren runden Kern ausgezeichnete Zellen (Taf. 24 Fig. 1 5 H.W^)\ distalwärts vom Kerne scheidet nun das Protoplasma solch einer Zelle zuerst die Spitze des Häkchens aus (Taf. 24 Fig. 20 H. W'^^), und indem dieses letztere am proximalen Ende nachwächst, wird es gegen die Körperobertläche vorgeschoben, bis es endlich die Cuti- cula durchstößt und dann nach außen frei hervorragt. Es spielt sich hier also derselbe Process ab, wie er für das Entstehen der übrigen Borsten bekannt ist. nur dass er in diesem Falle viel dichter unter der Hautoberfläche stattfindet als sonst. Ein jeder Follikel bringt immer zuerst nur ein einziges Häkchen hervor, welches mit seiner Spitze nach vorn gekehrt ist. In der beschriebenen Form verharren die Hakendrüsen ziemlich lange : erst später , wenn sich die Larve schon festgesetzt und eine Röhre ausgeschieden hat, werden dieselben wulstförmig und er- zeugen nach einander eine von oben nach unten hinziehende Reihe von Hakenborsten (Taf. 24 Fig. 17 H.W^)\ die ihnen angelagerten Parenchymzellen haben sich dann auch in Hakenmuskeln verwan- delt und sind gegen die Somithöhle hin vom Peritoneum überdeckt worden . Ich will hier noch hervorheben, dass ich auch noch im 2. So- ni ite ein den jüngsten Anlagen der Hakendrüsen ganz ähnliches Studien über den Körperl)an der Anneliden. 503 Paar e ctodermal er Zellgruppeu beobachtet habe, welches g-leichzeitig- mit jenen erscheint, jedoch nicht so leicht zu sehen ist, weil es von den zurückgeschlagenen lateralen Krageulappeu gewöhn- lich bedeckt wird (Taf. 23 Fig. 4, 5 w.P") ; dieses FoUikelpaar entwickelt sich nicht weiter, sondern verschwindet sehr bald, die Hautpartie aber, welcher es angehörte, wird später zur Ausbildung der seitlichen Lappen des Collare mit verbraucht. Im unteren Theile der Seitenlinie gelegen und an die Bauehmarksanlage angrenzend befinden sich die Anlagen der drei Paar ersten definitiven Hakenflösschen [H.W^ — H.iV^) in ihrem jüng- sten Stadium jederseits am Körper auf einer wagerechten Linie, deren Verlängerung nach vorn im 2. Soraite das eben be- schriebene w.P") und im 1. Somite das bei der Entwàek- lung der lateralen Kragenlappe'n erwähnte ectodermale Zellgruppenpaar (/?.P') einnehmen (Taf. 23 Fig. 4, 5). Mit der w^eiteren Ausbildung der Larve verschwinden, wie gesagt, die beiden zuletzt genannten Paare und die bleibenden Hakendrüsen entfernen sich allmählich von der ventralen Mittellinie, die vorderen mehr als die hinteren, so dass auch die neu- ralen Chaetopodien schließlich eine nach vorn aufsteigende Linie zu beiden Seiten des Körpers bilden (Taf. 23 Fig. 7, 10, 12). Eine eingehende Discussion der Frage, ob die Borsten- drüsen der Anneliden mesodermalen oder ectodermalen Ursprungs seien, scheint mir nach der sehr ausführlichen und vielseitigen Behandlung, welche dieser Gegenstand zuletzt durch Eisig (1887) erfahren hat, überflüssig zu sein. Der von diesem Forscher gelieferte Nachweis , dass wir es in den genannten Gebilden mit modificirten Hautdrüsen zu thun haben, lässt keine andere als die ectodermale Ableitung derselben zu. Dess- wegen kann ich mich hier auf eine kritische Betrachtung der ent- wickluugsgeschichtlichen Befunde meiner Vorgänger beschränken. Den ectodermalen Ursprung der Borstendrüsen bestätigen die ontogenetischen Beobachtungen von Kowalevsky (1871 pag. 19), Bl'Czinski 1881), Kleinenberg (1880/81 pag. 7 und 1886 pag. 152 —154), Vejdowsky (1884 pag. 75), Emery (1886 pag. 396), Albert (1886 pag. 13) und die meinigen. In den meisten Fällen ent- stehen diese Organe, wie bei Pstjgmohranchus , als solide Ein- wucherungen des Ectoderms nach innen, und nur bei Chaetopteriden (Kleinenberg 1886 pag. 154), bei Lumhricus terrestris (Buczinski) und bei Rlynchelmis (Vejdowsky), soweit es bis jetzt bekannt ist, 504 Eduard Meyer erscheineu die ersten Anlagen derselben in Gestalt von Einstül- pungen. Die Bildung der Hakendrüsen, aber ausschließlich dieser, vom Ectoderm aus bei den «Tubicolen« behauptet auch Salensky (1883 pag. 239—241). Wenn die Ansicht, die Borstendrüsen müssten vom Mesoderm ihren Ursprung nehmen, überhaupt aufkam, so wird es der Umstand verschuldet haben, dass die Borsten in soliden Follikeln entstehen und sich dann durch das Gewebe der letzteren, sowie durch die davorlie- gende Hautpartie selbständig ihren Weg nach außen bahnen, und ferner, dass diese Follikel, noch vor der Borstenbildung, während ihrer Entwicklung vom Mesoderm fest umschlossen werden. Dieses letz- tere Verhalten kommt nun daher, dass die secundären Mesoderm- streifen und später auch ihre Anfangs soliden, metameren Theil- stücke gewöhnlich der Haut anliegen', und die nach innen vor- wachsenden Anlagen der Borstendrüsen in dieselben eindringen. Wird das Object mit ungeeigneten Conservirungsflüssigkeiten behandelt, so werden die an und für sich schon vorhandenen Druckverhältnisse noch gesteigert, wobei leicht eine Art von Verklebung der beiden verschiedenen Gewebe eintreten und die gegenseitige Abgrenzung der- selben verwischt werden kann; dann erhält man natürlich den Ein- druck , als würden die Borstenfollikel »durch Sonderung bestimmter Gruppen des Mesoderms entstehen« (Semper 1S76 pag. 207). Eine ungünstige Schnittrichtung verbirgt dazu noch den Zusammenhang dieser Follikel mit dem Ectoderm, und hat man die jüngsten Stadien, in welchen die Einwucherung oder Einstülpung jener sich wirklich vollzieht, übersehen, so scheint der mesodermale Ursprung der Borstendrüsen bewiesen zu sein. Die hier geschilderten Fehlerquellen lassen sich mit Leichtigkeit in den resp. Abbildungen von »Semper (1876 Taf. 5 — 8, 10), Gotte (1882 Taf. 6) und Salensky (1882 B. Taf. 24, 25) erkennen. Nach Gotte soll «die Hauptmasse der ursprünglichen Mesoderm- stränge . . . sich . . . jederseits in drei hinter einander liegende Ballen« verwandeln, welche die Anlagen der Borstensäckcheu vor- stellen (1882 pag. 89). Ein Vergleich seiner Abbildung (Taf. 6 ' Wie wir sahen, ist dieses bei Psygmohranchis nicht der Fall. Es liegen die »secundären Mesodermstreifen« hier vielmehr dem Entoderm an; die pri- märe Leibeshühlo ist auch im Metasoma der Larve sehr geräumig, befindet sich zwischen jenen und der Larvenhaut, und so kann man die Einwucherung der Borstendriisen vom Ectoderm aus nach iauen bei dieser Form viel leichter und sicherer constatiren als bei den meisten übrigen Anneliden. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 505 Fig. 16). welche dieses illustrireu soll, mit der meiuigen von einem entsprechenden Stadium (Taf. 23 Fig. 3] scheint mir deutlich zu zeigen, dass er die ganzen Mesodermsegmente, in welche die eigent- lichen jungen Borsteufollikel schon eingedrungen waren, für diese letzteren gehalten habe. Man vergleiche ferner Götte's Fig. 1 7 und meine Fig. 4. Um eventuellen Missverständnissen vorzubeugen, muss ich einen bei Verwerthuug meiner mündlich mitgetheilteu Resultate von Dr. Eisig begangenen Fehler berichtigen. Er sagt nämlich {1SS7 pag. 356): »Anstatt — wie Gotte glaubte — ein sehr frühes, habe ihm um- gekehrt ein solches Stadium vorgelegen, in welchem sich die (ecto- dermale) AbschnUrung der Borstendrüsen längst vollzogen hatte.« Setzen wir an Stelle von »Abschnürung« das Wort «Einwucherung«, so hat die Sache ihre Richtigkeit, denn es trennen sich die Borsten- drüsen niemals von ihrem ectodermalen Mutterboden, sondern bleiben immer mit ihm in Zusammenhang. Eine Darstellung der Borstendrüsenentwicklung giebt Salen.sky eigentlich nur für Nereis (1882 B,), und auf diese bezieht sich das oben Gesagte. Bei Psygmolranchus (1882 A. pag. 363) und bei Pi- leolaria (1883 pag. 161) hat er die Entstehung jeuer Orgaue, wenn wir von der Hakeubildung in den neuralen Parapodien absehen, wegen der Kleinheit der Elemente nicht verfolgen können, und in Bezug s.\xi Arida (1883 pag. 213), sowie Terehella (1883 pag. 240) be- hauptet er einfach, dass die Borstensäcke vom somatischen Meso- dermblatt ihren Ursprung nehmen. Bei Psygmobrandms lässt er nun die neuralen Haken aus dem Mesoderm (1882 A. pag. 3ö6), und, diese Angabe augenscheinlich vergessend, dieselben Gebilde bei Te- rebella aus dem Ectodeim (1883 pag. 239 — 241) hervorgehen. Die Hypothese Salensky's, dass bei den »Tubicolen« die hämalen (» mesodermalen «) Borstenbündel als eine Verschmelzung der hä- malen und neuralen Chaetopodien der übrigen Anneliden, die neu- ralen (»ectodermalen«) Hakenwülste aber als Neubildung aufzu- fassen seien, ist schon von Eisig (1887 pag. 352—354) in das richtige Licht gestellt worden und bedarf daher hier keiner weiteren Be- sprechung. Als nicht genügend begründet muss ich die Angaben derjenigen Forscher bezeichnen, welche bloß auf Grund von Beobachtungen am lebenden Objecto oder an Flächenansichten conservirter und gefärbter Larven und Embryonen den mesodermalen Ursprung der Borsten- drüsen behauptet haben. Hierher gehören die Angaben von Hat- 506 Eduard Meyer SCHEK (1878 pag. 22, 1880 pag. 15; und v. Dräsche (1884 pag. 8, 1885 pag. 5, 10). In Folge einer mttucllichen Mittheiliing von Prof. Hatschek weiß ich jedoch, dass er seine iirspriingliche Ansicht aufgegeben hat und jetzt auch die Ableitung der Borstendrüsen vom Ectoderm anerkennt. Ganz in das Bereich der Phantasie verv^eisen möchte ich aber die Meinung Bülow's, nach welcher wohl die borstenerzeugenden ßodenzellen vom Ectoderm, die Säcke selbst aber vom Mesoderm herrühren sollen (1883 pag. 88Ì. Salensky behauptet nun noch, dass bei Nereis die hämalen und neuralen Borstendrüsen aus einer einheitlichen Anlage entstehen (1882 B. pag. 581); da ich aber in der embryologischen Wurm- litteratur keine ähnliche Angabe finden kann, und meine eigenen Beobachtungen mich zu einer entgegengesetzten Ansicht geführt haben, so muss ich seine Behauptung für sehr unwahrscheinlich er- klären. Dass die Borstenmuskeln von mesodermalen Elementen ent- stehen, ist allgemein angenommen , nur möchte ich im Speciellen noch den Umstand betonen, dass ich sie bei Psygmohranchus aus der lateralen Parenchymlage herrührend fand, was denn auch mit der Angabe Emery's, dass sie im nachwachsenden Schwanz- ende von der Ringmuskelschicht ihren Ursprung nehmen ;i886 pag. 396) im besten Einklänge steht. Auf diesen Punkt werde ich übri- gens an einem anderen Orte näher einzugehen haben. Merkwürdig ist die Angabe Kleinenberg's, dass die wachsenden Borstendrüsen die «Muskelplatte«, also das parietale Mesodermblatt, durchbohren sollen (1886 pag. 152, 153). Es fragt sich nun. wo bekommen sie in diesem Falle ihren peritonealen Überzug her, den sie im ausgebildeten Zustande besitzen : dass sich ein solcher erst später neu bilden sollte, kommt mir wenigstens sehr zweifel- haft vor. Für die Serpulaceenlarven scheint es charakteristisch zu sein, dass bei ihnen schon frühzeitig drei Paar hämaler Borstenbündel und eben so vieler neuraler Häkchen zur Ausbildung gelangen, worauf mit dem Sichfestsetzen eine Pause eintritt, bevor sich die übrigen Chaetopodien entwickeln. Dafür sprechen die Angaben und Abbildungen von Agassiz [Spirorhis spi- rillum 1866 pag. 322), Claparède & Mecznikow {Pileolaria mili- tan's, Dasychone lucullana 1869 pag. 19S , Giard Salmacina Dysteoi 1876 A. pag. 235), Salensky [Pileolaria 1883 pag. 169) und v. Studien über den Kürperbau der Annelidon. 507 Dräsche [Pomafoceros triqueter tSS4 pag. 9). Als Ausnahme finden Avir bei der Spirorbis, welche Pagenstecher untersucht hat, in einem sehr jungen Larvenstadium schon vier Paar Borstenhöcker (1S63 p. 493). Die Angabe von Milne Edwards, dass bei der freischwimmenden Larve von Protula elegans {== Psygmobranchus protennuiì) drei bis vier Paar borsteutragender Fußstummeln vorhanden seien (1845 pag. 1(33) beruht wahrscheinlich auf einem Versehen, es sei denn, dass die schon früh angelegten Follikel des vierten Paares, welche auch Salensky beobachtet hat (18&2 A. pag. 367), ausnahmsweise eher als gewöhnlich Borsten ausgeschieden haben könnten. Die von mir beschriebenen Verschiebungen, welche die Chaetopodien des Thorax im Verlaufe der Larvenentwicklung er- leiden, sind auch, wie aus den resp. Abbildungen ersichtlich ist, von meinen Vorgängern bemerkt worden, wenngleich sie im Texte nicht weiter erwähnt werden. Wie schon gesagt, lässt Salensky bei Pstjgmohranclius die n e u- ralen HakendrUsen aus dem Mesoderm entstehen; er sagt (1882 A. pag. 366) : »Leur ébauche consiste en des amas pleius de cellules mésodermiques dans lesquelles ou voit apparaitre des plaques on- ciales, tout comme se forment des soies dans les sacs sétigères.« Was er für die Anlagen der Drüsen selbst gehalten haben könnte, sind vielleicht die Parenchymzellen gewesen, welche die ersteren innen bedecken. Richtig dagegen beschreibt derselbe Autor nachher die Entwicklung dieser Gebilde bei TereheUa (1883 pag. 239—240). Mit der letztgenannten Darstellung, sowie mit den Angaben von Claparède über die Bildungsweise der Ersatzhäkchen bei der er- wachsenen TereheUa (1S73 pag. 65 — 66) und derjenigen von Eisig bei Notomastus (1887 pag. 106) stimmen meine Beobachtungen voll- kommen überein. Die Form und die Lagebeziehungen der Chaetopodien bei den Hermellen. Wenn wir von dem Paleenap parat, den wir als die ver- einigten hämalen Chaetopodien des 1. Somites aufzufassen haben, absehen, so kommen am Thorax der Hermellen nur Pfriemen- borsten vor, welche in den oberen Fußstummeln bedeutend stärker und zahlreicher sind als in den unteren, am Abdomen aber be- gegnen wir einem ähnlichen Verhalten wie bei den Serpulaceen, indem die hämalen Chaetopodien Häkchen und die neuralen ein- fache Borsten enthalten; der schwanzförmige Endabschnitt ent- 508 Eduard Meyer behrt nicht uiiv der Fußstummeln, sondern jeglictier Körperanhänge überhaupt (7. Bd. Taf. 22 Fig. 15, 16: Taf. 24 Fig. 7, 8, 9, 13; Taf. 24 Fig. 28j. Die Beziehungen der Chaetopodien zu ihren Girren, mit welchen sie j ederseits den gemeinsamen, transversalen P a r a p o d i a 1 p o 1 s t e r n aufsitzen, haben wir schon besprochen. Während im Thorax die hämalen Chaetopodien am 2. Segmente ganz fehlen, sind dieselben im 3. — 5. Somite außer- ordentlich stark entwickelt; von vorn nach hinten an Größe zu- nehmend stellen diese drei Paare ziemlich lange, breite, seit- lich compri mir te Fortsätze vor, welche von der oberen Hälfte der Parapodial Wülste nach hinten und schräg nach oben vorspringen, und aus deren Gipfel die in eine verticale Keihe gruppirten Bündel der starken Borsten hervorragen [B.B.h). Die neuralen Chaetopodien sind in dieser Körperregion der Anzahl der thoracalen Somite entsprechend in 5 Paaren vor- handen. Mit Ausnahme des 2. Paares, welches mit seinen Cirren seitlich viel höher hinaufgerUckt ist, liegen die dem 3. — 5. Seg- mente angehörigen Organe auf der Bauchseite des Thieres, am unteren Abschnitt der lateralen Querwülste, und haben die Form rundlicher, hügelartiger Erhebungen, aus deren Mitte ein Bündel feiner Borsten gerade nach unten heraustritt [B.B.n). Die- selbe Gestalt haben auch, wie wir sahen, die unteren Fußstummeln des 1. Somites, nur sind jene von ihren blattförmigen Baucheirren gesondert. Am ganzen Abdomen erscheinen nun die hämalen Organe als breite, vertical gestellte Flös sehen, welche die mittlere Partie der Parapodialpolster einnehmen und an ihrem Außenrande mit einer Eeihe von Häkchen besetzt sind [H. Fl) : von den letzteren gehen nach innen feine, lange Fortsätze aus, deren Enden in der Leibes- höhle zwischen der oberen und unteren Längsmusculatur zu einem Kolben zusammenü'eten (7. Bd. Taf. 26 Fig. 28\ Die neuralen Fußstummeln haben eine ähnliche Lage wie im Vorderkörper, haben aber die Gestalt kleiner, kegelförmiger Zapfen, welche schräg nach unten und vorn gerichtet sind und fast eben solche, nur kürzere Borstenbündel enthalten, wie die ent- sprechenden Organe am Thorax. Studien über den Körperbau der Anneliden. 509 Die Chaetopodien der unsegmentirten Hermelleularven. Den übereinstimmenden Angaben von Quatrefages 1848 A.), Horst (1881) und v. Dräsche (1885) zufolge sind die Larven von Sahellaria alceolata und spinulosa mit außerordentlich laugen pro- visorischen Borsten bewaffnet, welche au beiden Seiten des postoralen Theiles der unsegmentirten Trochophora vorspringen ; beim ruhigen Schwimmen der Thiercheu sind dieselben nach hinten zurück- geschlagen und werden bei der geringsten Beunruhigung strahlen- förmig aus einander gespreizt. Die proximalen Enden dieser larvalen Borsten stecken wie ge- wöhnlich in kolbenförmigen Bor stendrüsen, jedoch nicht in einer, sondern in zweien auf jeder Seite, wie auch schon aus v. Drasches Abbildungen hervorgeht. An selbstgezüchteten Larven von S. alveolata habe ich mich nun überzeugen können, dass die beiden Borstendrüsenpaare genau im Bereiche der Seitenlinie, über einander gelegen sind und mit derjenigen Integumentpartie des Metasoma im Zusammenhange stehen , aus welcher bei der Psygmohranclms - Larve nachher die Hautzone des ersten Rumpf- segmentes hervorgeht. Demnach werden wir diese Organe als die larvalen, hämalen und neuralen Chaetopodien des 1. So mit es zu betrachten haben. Ihr weiteres Schicksal ist sowohl mir als meinen Vorgängern unbekannt geblieben. Über die Entwicklung der definitiven Chaetopodien bei den Her- mellen liegen keine Beobachtungen vor. 7. Die Bauclischilde und Bauchdrüsen. Unter dem Namen von Brust- oder Bauchschilden sind die mehr oder weniger scharf abgegrenzten, polsterartigen Integument- verdickungen bekannt, welche bei unseren Würmern auf der Unter- seite des Körpers zwischen den beiderseitigen Reihen der Para- podien vorkommen; in Bezug auf ihre Gestalt ziemlich verschieden erscheinen sie entweder nur am Vorderkörper oder zugleich auch an allen abdominalen Segmenten, doch giebt es auch Fälle, wo sie überhaupt fehlen, und dann ist das ganze Hypoderm des Rumpfes außerordentlich dick. Charakteristisch ist für diese Gebilde ihr in- timer Zusammenhang mit einer unzähligen Menge einzelliger Drüsen- schläuche, welche zwischen ihren Zellen nach außen mündend bald mehr bald weniger weit in die Leibeshöhle hineinragen , so dass die Bauchscliilde gewissermaßen die »polystomen Mündungen« dieser 510 Eduard Meyer BauchdrUsen vorstelleu. Wenn mm die Bauchschilde nicht als besoudeie lutegumentabschuitte vorhanden sind, so sind die Drüsen über die ganze Peripherie des Körpers verbreitet. Die Anordnung und die Form der Bauchschilde In der Familie der Serpulaceen haben die Serpuliden i. e. S. Avirkliehe Bauchschilde nur am Thorax und hier mit Ausnahme des ersten in allen Segmenten. Bei diesen Thieren stellen sie un- paare. ziemlich breite, durch intersegmentäre Querfurchen geschiedene, scharf contourirte Pol ster von unregelmäßig sechseckiger Form vor, deren vordere Begrenzungslinie jedes Mal länger ist als die hin- tere, so dass die Bauchschilde im Allgemeinen von hinten nach vorn an Breite erheblich zunehmen. Vorn schließt die Reihe derselben der neurale Lappen des Collare und hinten der hintere Bauchlappen, wenn ein solcher vorhanden ist. ab (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11: Taf. 24 Fig. 2 B.Sd). Bei den Sabelliden haben die Bauchschilde mehr abgerun- dete Umrisse und sind außer am 1. Somite, dessen Bauchseite der neurale Theil des Halskragens einnimmt, an allen Körperseg- menten vorhanden. Im Thorax sind sie un paar, größer und wie in der vorhergehenden Gruppe nach vorn zu breiter wer- dend, dagegen werden im Abdomen die durchweg gleichen, kleineren Bauchschilde durch die neurale Wimperrinne, welche an der Grenze zwischen dem vorderen und hinteren Leibes- abschnitt an einer Seite auf den Rücken hinaufsteigt, in jedem Seg- mente in zwei Hälften getheilt. Bei den größeren Formen, wie z. B. Sjnrogrujihis sind die Bauchschilde sehr stark vorspringend {7. Bd. Taf. 22 Fig. 12; Taf. 23 Fig. 9 B.Sd), bei anderen aber erscheinen ihre Dimensionen beträchtlich reducirt und häufig auch ihre Coutouren ziemlich verwischt. Nur wenig entwickelt sind diese Bildungen bei den Amphi- coriden, indem dieselben an allen Segmenten vorkommend wohl durch Querfurchen getrennte, aber seitlich nicht deutlich abgegrenzte Hautverdickungen vorstellen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14 B.Sd). Den Eriographideu fehlen sie ganz; an ihrer Stelle befindet sich im Vorderkörper eine longitudinale Eiusenkuug des im Allgemeinen sehr stark verdickten Integumentes, der sich in der Abdominalregion die viel engere Kothriune anschließt (7. Bd. Taf. 22 Fig. 14: Taf. 26 Fig. 19— 2i;. Studien über den Körperbau der Anueliden. 511 Sehr abweichend verhalten sich die 15aiichschilde der Her- niellen. Bei diesen Würmern kommen sie unr am Thorax vor, während am Abdomen die mediane Partie der Bauchhaut außer- ordentlich dünn ist. Bei Saheliaria aheolata haben wir den Bauch schild des 1. So- mites schon kennen gelernt: es ist das herzförmige Polster, das nach vorn in die beiden Bauchzapfen unmittelbar übergeht. Der Bauchschild des 2. Somites besteht aus zwei kleineu. runden Hauterhebungen, welche zwischen den hier weit nach unten herabreicheuden ParapodialwUlsten gelegen sich in der Mediane berühren, und im 3. Somite. sind es zwei größere, ovale Kissen, die von einander durch eine etwas breitere Furche getrennt sind. Im 4. und 5. Segmente endlich befindet sich je ein unpaarer. kurzer aber breiter Schild, welcher eine vor- dere convexe und eine hintere concave Kaute hat und in seiner Mitte der Länge nach riunenartig eingesenkt ist (7. Bd. Taf. 22 Fig. 16; Taf. 24 Fig. 9 B.Sd). Im Allgemeinen scheinen die Bauchschilde bei den Hermellen in Bezug auf ihre Form recht bedeutend zu variiren, allein aus den Abbildungen, welche wir von den verschiedenen Arten besitzen, ist dieselbe nicht immer gut zu erkennen. Bemerkenswerth ist in dieser Hinsicht /S. spinulosa, bei der, wie aus der Zeichnung von Malm- GREN 1867 Taf. 12 Fig. 66 A^] hervorgeht, gar keine deutlichen Bauchschilde, sondern bloß eine Verdickung der Bauchhaut vorhan- den zu sein scheint. Die Structur der Bauchschilde und Bauchdrüsen. Histologisch müssen wir an den Bauchschilden der Hauptsache nach zwei verschiedene Schichten unterscheiden, nämlich eine äußere hypodermale und eine innere drüsige. Die mit einer sehr dünnen, von einer außerordentlich großen Menge feiner Poren durchsetzten Cuticula bekleidete Hypoderm- schicht besteht aus einer einfachen Lage sehr hoher, schmaler Zellen, welche epithelartig angeordnet sind und proximal gewöhnlich von einer recht ansehnlichen , häufig sogar sehr starken Basalmem- bran begrenzt werden. Nach innen von der letzteren befindet sich die Drüsenschicht, welche sich aus zahlreichen einzelligen Drüsen zusammensetzt, zwi- schen denen außer einem dichten Gefäßuetz Bindegewebe, Muskel- fasern und Nerven bunt durch einander eingeschaltet sind. Die 512 Eduard Meyer Drüsenzellen selbst haben eine kolbenffjrmige Gestalt, ein gTobgraniüirtes Protoplasma mit tropfenförmig-schleimigen oder, wie bei den Serpuliden i. e. S., kalkhaltigen Concretionen und an ihren verdickten Enden einen ovalen, meist blassen, wandständigen Kern ; ihre fein ausgezogenen distalen Fortsätze durchbohren zu- nächst die Basalmembran, setzen dann ihren Weg zwischen den hohen Hypodermzellen weiter fort und münden durch die Cuticular- poren nach außen , auf diese Weise die Ausfuhrungsgänge der ein- zelligen Drüsen repräsentirend. Die Länge der Drüsenzellen ist eine sehr verschiedene, so dass sie einerseits ganz im Bereiche des Integumentes bleiben, andererseits aber als außerordentlich lange, dünne Schläuche sich weit in das Innere des Körpers hinein er- strecken können. Mit dem feineren Bau der Bauchschilde («boucliers ventraux, scuta ventralia«) der »sedentären« Anneliden hatte sich Cl aparede sehr eingehend beschäftigt (1873 pag. 30 — 38) und darauf hinge- wiesen, dass diese Bildung viel mehr verbreitet sei, als gewöhnlich angegeben werde. So bemerkt er ganz richtig, dass speciell unter den Serpulaceen im histologischen Sinne diese Organe nicht allein dort vorhanden seien, wo sie wie bei den Serpuliden i. e. S. [Pro- tula) an der Bauchseite des Thorax und bei den Sabelliden [Spiro- graphis^ Branchiomma) in allen Segmenten des Körpers als scharf umgrenzte Kissen oder Polster erscheinen, sondern auch bei Myxicola, bei welcher Art sie zwar nicht in Gestalt von Bauchschilden auf- träten, aber trotzdem das Maximum ihrer Ausbildung erlangt hätten, indem sie hier über die ganze Haut des Körpers verbreitet seien. Als charaktenstisches Merkmal dieser Bildungen betrachtet Clapa- RÈDE das Vorhandensein eines besonderen, zwischen Hypoderm und Muskelschicht gelegenen und von einem dichten Gefäßnetz durch- flochtenen Gewebes , das er » tissu clypéal « nennt. Aus langen spindelförmigen Zellen bestehend, sei diese Gewebsschicht durch die Basalmembran von der Hypo dermis, sowie damit auch von der Außenwelt vollkommen geschieden und könne daher kein drüsiges Organ sein. Diese letztere Ansicht des Genfer Zoologen hat vor Kurzem Brunotte, welcher die Bauchschilde bei Branchiomma sehr genau untersucht hat (1888 p. 14—16), und mit dessen Darstellung die meinige im Allgemeinen durchaus übereinstimmt, die richtigen That- Sachen aus der CLAPARÈDE'schen Beschreibung hervorhebend und die Fehler bezeichnend, endgültig widerlegt. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 513 Das Vorkommen der BauchdrU sen und ähnlicher Drüsen- complexe. Zu den eigentlichen ßauchdrüsen werden wir diejenigen zählen müssen, deren Mündungen sich an verdickten Stellen der unteren Körperoberfläche befinden, also außer denen der Bauchschilde auch diejenigen, welche in den neuralen Kragenlappen oder ihnen entsprechenden Körpertheilen enthalten sind. Bei den Serpuliden i. e. S. ist die Ausbildung der Bauch- drüsen eine durchweg ziemlich gleichmäßige. Die einzelnen Drüsen- kölbchen sind nicht besonders lang und bilden überall eine gleich dicke Schicht unter der Hypodermis; so finden wir sie in den Bauchschilden, dem basalen Theile des neuralen Kra- genlappens, des hinteren Bauchlappens und in der sich me- dian zu einer flachen Längsfurche aushöhlenden verdickten Bauch- haut des Abdomen (7. Bd. Taf. 26. Fig. 7—9, 12—14 B.dr). Ahnlich erscheint die BauchdrUsenmasse bei den Sabelliden in den meisten Bauch Schilden, sowohl der thoracalen als der abdominalen Region, doch finden wir nicht selten, wie z. B. bei Spirographis, dass die Drüsen im Bauchschilde des 2. Somites und noch mehr in den aufgetriebenen, dicken Wurzeln des neuralen Kragenlappens eine ganz außerordentliche Länge erreichen und als große, dicke Massen in die Leibeshöhle des 1. und 2. Seg- mentes weit hineinragen [1 . Bd. Taf. 23 Fig. 9 ; Taf. 26 Fig. 17 B.dr). Hier schließen sich nun die Amphicoriden an, bei welchen im Allgemeinen die Drüsen zu einer nicht dicken, gleichmäßigen Schicht in den segmental unterbrochenen Integumentverdickungen der unteren Körperseite angeordnet sind, in den neuralen Kra- genlappen jedoch ein Paar abgegrenzter runder Drüsen- gruppen vorstellen (7 Bd. Taf. 24 Fig. 14, 16 B.dr). Bei den Hermellen ist das Vorkommen der Bauchdrüsen auf die fünf thoracalen Segmente beschränkt , in diesen aber sind sie außerordentlich stark entwickelt; die einzelnen Drüsen- schläuche, welche nur auf den Bauch seh il den und an den be- weglichen Bauch zapfen nach außen münden und daher distal nur einen sehr geringen Raum auf der äußeren Oberfläche des Kör- pers in Anspruch nehmen, sind überaus lang und bilden innerhalb der Leibeshöhle enorme Massen, welche fast alle von den übrigen Organen freigelassenen Lücken im Vorderkörper ausfüllen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 7: Taf. 26 Fig. 23, 24 B.dr). Mittlieilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 34 514 Eduard Meyer Bei den Serpulaceen finden wir mm ganz ähnliche Drüsen- complexe noch an verschiedenen anderen Stellen der Körperober- fläche. Hierher gehören vor Allem bei den Serpuliden i. e. S. die verdickten Hautpartien in der Umgebung der neuralen Chae- topodien des Thorax, welche innen eine eben solche DrUsenschicht enthalten, wie die Bauchschilde (7. Bd. Taf. 26 Fig. 12—14). Eigenthümlich in Folge der Asymmetrie ist das Verhalten dieser lateralen Drüsenpartien in der Gattung Spirorbis, wo die- selben nur auf einer Seite, und zwar da noch bedeutender, als in den Bauchschilden selbst zur Ausbildung gelangen. Ferner sehen wir bei Serpuliden i. e. S. häufig noch eine ziem- lich große Ansammlung solcher Drüsenkolben auf dem Kücken der hintersten Abdominalsegmente, wo sie geradezu einen hämalen Schwanzschild bilden. Bei den Sa belli den kommen manchmal, wie auch Bkunotte berichtet, an den Parapodialpolstern Anhäufungen von Hautdrüsen vor, doch gelangen sie nie zu der Bedeutung wie in der vorher ge- nannten Gruppe. Eben so sind die seitlichen Hautpartien der Amphicoriden sehr reich an Drüsen. Bei den E riographiden endlich, speciell hei Myxicola, haben wir nun das eigenthümliche Verhalten, wie es schon Claparède richtig erkannt hatte, dass das ganze Integument des Körpers aus einer äußeren Hypodermlage und einer inneren Drüsenschicht besteht. Die einzelnen Drüsen sind hier nicht sehr lang, aber außer- ordentlich zahlreich, so dass sie nirgends aus dem Bereiche der Leibeswand nach innen vorragen. Eine Basalmembran habe ich bei Myxicola nicht gesehen. Die Entwicklung der Bauchschilde und Bauchdrüsen. Oben sahen wir, wie sich die Bauchdrüsenmasse des 1. Somites bei der Psi/ffmobranchus-LsiYYe bildet, und wie sie in die Hautdupli- catur des neuralen Kragenlappens hineingeräth ; betrachten wir nun die Bildungsweise der Bauchdrüsen und die damit Hand in Hand gehende Entwicklung der Bauchschilde der übrigen Thoracalseg- mente. So lange die Anlagen des Bauchmarkes {B.) so eng mit der Larvenhaut in Verbindung stehen, dass sich noch keine deutliche Abgrenzung desselben gegen die letztere erkennen lässt, wird die Studien über den Körperbau der Anneliden. 515 Medianliuie der Bauchseite von zwei Reihen ziemlich großer, körniger, mit ovalen Kernen versehener Winiperzellen eingenommen, welche sich einwärts zwischen die beiden Hälften der Bauchmarkanlage schieben und den neuralen Wimper st reifen (w. XF) der Larve bilden (Taf. 23 Fig. 3; Taf. 24 Fig. 2—4, 7—12). Wenn nun das Bauchmark durch Sonderung von der äußersten Zellschicht des Ectoderms weiter nach innen hineinrückt, so beginnt auch allmählich die Rückbildung der Elemente des Wimperstreifens (Taf. 24 Fig. 14, 15, 19, 20), der dann auch bald nachher ganz zu Grunde geht, in welcher Weise aber, kann ich nicht angeben. Ein großer Theil der Bauchhautzellen wird darauf größer, plasma- reicher und erhält einen drüsigen Charakter, wie auch schon Salensky dieses bei Psygmohranclms (18S2 A. pag. 369) und bei Pileolaria (1S83 pag. 155, 173 — 174) beobachtet hat, während der übrige Theil derselben sich in Fadenzellen verwandelt, welche die ersteren umgeben und gleichsam einfassen (Taf. 23 Fig. 5, 7, 10; Taf. 24 Fig. 29 B.S). So entstehen die Bauch sc bilde und Bauchdrüsen, welche somit in Folge ihrer Entwickluugs weise als eine einheitliche, durchaus zusammengehörige Bildung erschei- nen. Beachtenswerth ist dabei der Umstand, dass dieser Differen- zirungsprocess median beginnt und sich nach beiden Seiten hin fortsetzt; außerdem findet aber noch ein thatsäch- liches, auf Zellvermehrung beruhendes Breitenwachsthum dieser drüsigen Hautpartie statt, das in der vorderen Thoracalregion stärker ist als in der hinteren (Taf. 23 Fig. 10 B.S). Durch solch eine Ausdehnung in transversaler Richtung treiben die sich entwickelnden Bauchschilde die se i.t liehen Hautpartien nebst den ihnen angehörigen Organen, nämlich den neuralen und hä- maleu Chaetopodien, aus einander und verschieben die- selben aus ihrer ursprünglichen Lage nach oben gegen den Rücken zu, und zwar die vorderen Paare mehr als die der hinteren Segmente. Dieses ist die outogenetische Ursache, warum die thora- calen Reihen der Borstenhöcker und Hakenflösschen beim heran- wachsenden Thiere jederseits eine von hinten nach vorn aufsteigende Bogenlinie beschreiben. Das Auftreten der Querfurchen, welche die drüsige Bauch- haut in wirkliche, metamere Schilde eintheilt, scheint sich erst spät und ziemlich unregelmäßig abzuspielen, denn auf recht vorge- schrittenen Larvenstadien habe ich stets nur erst eine solche Furche 34* 516 Eduard Meyer erkeniien können, und diese befand sich auf der Grenze zwischen dem 3. und 4. Segment (Taf. 23 Fig. 10). 8. Die Kopfkiemen der Serpulaceen und die Muiidtentakel der Hermellen. Wie aus der ontogenetischen Entwicklung der Thoracalnieren hervorgeht, ist der unpaare Ausfuhrungsgang seiner Anlage nach ein Gebilde, das am Prostomium seinen Ursprung nimmt und erst in Folge seiner von vorn nach hinten fortschreitenden Ausbildung die Beziehungen zum Metasoma erlangt. Wir werden daher das Ver- halten dieses Theiles des thoracalen Excretionssystems zu den Or- ganen des Prosoma sowie der letzteren zu einander sowohl im aus- gebildeten Zustande als bei der Larve zu untersuchen haben. Da sich bei den Serpulaceen die gemeinsame Ausmündung des defi- nitiven vorderen Nephridienpaares am vorderen Körperende hämal in der Mitte zwischen den beiderseitigen Basalstücken der Kopfkiemen befindet, so wollen wir zunächst diese Organe betrachten und dabei das Verhalten derselben zum besagten Nephridialporus näher ins Auge fassen. Bei den Hermellen sind es nun die Mund- tentakel, welche den Kopfkiemen der Serpulaceen entsprechen, und desshalb sollen auch sie in diesem Capitel berücksichtigt werden. Die Form und die Lagebeziehungen der Kopfkiemen. Der Typus dieser Organe ist folgender. Zu beiden Seiten des terminalen Mundes entspringen am Vorderende des Serpulaceenkör- pers ein Paar sich gegenseitig zu einem bald höheren, bald niedrigeren Hohlcylinder ergänzende, dicke Fortsätze, die basalen Stücke der Kopfkiemen oder die Kopfkiementräger, von denen nach vorn eine bestimmte Anzahl Fäden oder Strahlen ausgehen, welche zusammen einen weiten Trichter bilden. Sämmtliche Kie- menstrahlen sind auf ihrer Innenseite mit einer Flimmerrinne versehen , von deren beiden wulstförmigen Kanten je eine Reihe kleiner, auf ihrer der Rinne zugekehrten Oberfläche gleichfalls be- wimperter, secundärer Fädchen oder P innula e in den Kiemen- trichter hineinragen. Diese letzteren, ganz besonders aber die freien Enden der Hauptstrahlen, sind mit Sinnesorganen, Tasthärchen, vielfach auch Augenflecken , reichlich ausgestattet. Die Flimmer- rinnen der einzelnen Strahlen vereinigen sich an der Innenseite der beiden Basalstücke zu je einer eben so bewimperten, größeren Stiuliou über den Körperbau der Anneliden. 517 Riuue, welche mm direct oder in Folge verscliiedenartiger Win- dungen der sich hier anschließenden Lippen indirect in die Mund- öffnung führen. Zwischen den Wurzeln der Kopf kiementräger liegt hämal, wie erwähnt, der unpaare Nephridialporus entweder einfach auf der flachen medianen Hautpartie des Rückens, die wir als Stirn bezeichnen können, oder auf einem nach vorn vorragen- den, transversalen Stirnwulst, unterhalb dessen sich dann eine verschieden tiefe, gegen den Kiementrichter hin offene Stirnein- senkung befindet, die unten von der Oberlippe des Mundes be- grenzt wird. Gegen den Rumpf hin , in welchen die Kopfkiemen gleichsam eingesetzt erscheinen, sind diese stets scharf abgegrenzt und werden oben von den sich ihnen anlehnenden Kopfkiemen- stützen, an den Seiten aber von den vor dem Collare gelegenen seitlichen Hautabschnitten des 1. Somites, welche gewissermaßen die unteren Ausläufer der ersteren bilden, gehalten. Die im Bereiche der einzelnen Gruppen vorkommenden Ver- schiedenheiten wäirden sich mit wenigen Worten folgendermaßen charakterisiren lassen. Die Kopfkiemen der Serpuliden i. e. S. zeichnen sich im Allgemeinen durch eine bedeutendere Länge ihrer basalen Stücke aus, welche sich bei den größereu Formen manchmal in ihren unteren Hälften um die eigene Längsachse einrollen, oben dagegen gewöhn- lich verhältnismäßig weit von einander abstehen; hier befindet sich dann in der Regel ein stark ausgebildeter vStirnwulst, der vorn in seiner Mitte den Porophor des thoracalen Nephridienpaares trägt. Die einzelnen Kiemenfäden sind bis nahezu au ihre Wurzel voll- kommen frei, und einer oder zwei der obersten sind bei vielen For- men in einen Deckelapparat verwandelt (7. Bd. Taf. 22 Fig. 9, 10; Taf. 23 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 1, 2). Verschiedene Dimensionen haben die Kopfkiementräger bei den Sab eilen; auch hier sind sie häufig sehr lang und manchmal wie z. B. bei SpkograpJns beide zusammen zu einer Spirale verschlungen, doch kommen andererseits Formen vor , wo die basalen Stücke nur sehr wenig entwickelt sind. Eben so sehen wir, dass in dieser Gruppe der Stirnwulst in verschiedenem Maße, jedoch nie so stark wie bei den Serpuliden, zur Ausbildung kommt. Die Kiemenstrahlen sind meistens bis zu ihrem Ansatz frei, doch auch hier schon manch- mal eine gewisse Strecke hinauf jederseits durch eine Membran unter einander verbunden (7. Bd. Taf. 22 Fig. 11, 12; Taf. 23 Fig. 9). Beiden Eriographiden sind die Basalstücke der Kopfkiemen 518 Eduard Meyer sehr niedrig und bilden zusammen einen vollständigen Kreis ; da bei ihnen somit die besagten Tbeile median sehr nah au einander treten, so kann der im Übrigen gut ausgebildete Stirnwulst nur sehr schmal sein. Die einzelnen sehr dicht befiederten Kiemenstrahlen sind auf jeder Seite bis an die kurzen Endfäden hinauf durch Membranen an einander geheftet, wodurch ein nur in der Sagittalebene halbirter Kiementrichter entsteht (7. Bd. Taf. 22 Fig. 13, 14: Taf. 23 Fig. 10). Am einfachsten ist der Kopfkiemenapparat der Amp hi co ri- de n. Die basalen Stücke sind hier außerordentlich kurz und tragen nur eine geringe Anzahl von Strahlen , welche bei Haplohranchus z. B. bis auf 4 Paare herabsinkt. Bei dieser Gattung sowie bei der Süßwasserform Manayunkia fehlen dazu noch die Pinnulae. Auch ist hier keine Stirneinsenkung vorhanden, und die äußere Mündung der Nierenorgane befindet sich daher zwischen den Kiemenwurzeln einfach mitten auf der leicht gewölbten Stirn. Die Structur der Kopfkiemen. Nach dem Vorgange von Quatrefages, Kölliker, Claparède, Semper und Löwe war es Orley (1884;, der in der neueren Zeit eine sehr ausführliche Arbeit über den feineren Bau dieser Organe geliefert hat. Von den zahlreichen , sehr werthvollen Details , mit denen uns dieser Aufsatz bekannt macht, will ich hier nur die- jenigen hervorheben, welche mir zur allgemeinen Schilderung der Stracturverhältnisse der Kopfkiemen nöthig erscheinen, um zugleich die von Orley begangenen Fehler zu berichtigen. Der Darstellung Örley's zufolge setzt sich auf die Außen- seite sämmtlicher Theile der Kopfkiemen unter mannigfaltiger, specieller Dififerenzirung die Körper haut, also die Hypodermis und die Cuticula, »auf die innere gegen die Körperachse zu stehende Fläche hingegen eine Art Sinnesepithel (pag. 200) fort. Gleich hier schon muss ich unserem Gewährsmann widersprechen, da ich das Flimmer epithel auf der Innenseite der Basalstücke, der Strahlen und Pinnulae für eine unmittelbare Fortsetzung des Mundepithels halte, welches ja auch stets vielfach mit Sinnes- zellen ausgestattet zu sein pflegt (Taf. 25 Fig. 1, 2, 4 — 7, 28, 29). Zwar sagt auch Orley, dass das Mundepithel »sich nach den beiden Seiten auf die innerste Wand des Lappens (= Basalstück) fortzu- setzen scheint« (pag. 202), lässt aber diese Thatsache zu Gunsten seiner ersten Aussage allzu sehr in den Hintergrund treten. Im Inneren der Kiemenstrahlen verlaufen der Länge nach auf der Studien über den Körperbau der Anneliden. 519 Seite der Fliramerrinne je ein Paar Muskeln, welclie von der liä- malen Längsmusculatiir des Körpers ihren Ursprung- nehmen sollen. Dieses ist nicht ganz richtig. Die paarigen Längsmuskeln der Strahlen hahen mit der Rumpfmusculatur nichts zu thun, sie gehen vielmehr von einer besonderen, in den basalen Theilen der Kopf- kiemen gelegenen Muskelmasse aus, welche, wie wir weiter sehen werden, parenchymatösen Ursprungs ist (Taf. 25 Fig. 1, 2, 4 — 6, 28, 29 T.m): dagegen reichen sowohl die neurale Längsmus- culatur des Körpers [fi.m) , wie es auch Örley erkannt hat, als auch die hämale '/i.m) bloß bis in die Basalstücke hinein, und in diesen haben wir ferner noch besondere laterale Längs- muskeln [L7}i], die sich nach hinten bis in die vordersten Rumpf- segmente hinein erstrecken (Taf. 25 Fig-. 5—19; 7. Bd. Taf. 26 Fig. 10—12). »Alle Lückenräume« der Serpuliden-Kiemen, behauptet Örley weiter, werden von einem stark entwickelten, »lockeren Bindege- webe« ausgefüllt, »welches an der Dorsalseite«, und eben so im Kopf- lappen über dem Gehirn »ein mehr knorpliges Aussehen gewinnt«. Da- bei hat er jedoch übersehen, dass die secundäre Leibeshöhle des Kopfmundsegmentes sich auch in die Kopfkiemen und zwar in alle Strahlen und Fiederchen hinein fortsetzt; sie nimmt die axialen Theile derselben ein, enthält die Gefäße und ist wie überall von einem gewöhnlichen Peritoneum ausgekleidet. In den drei übrigen Gruppen der Serpulaceen, bei den Sabelliden, Eriographiden und Amphicoriden, bildet das Bindegewebe unter eigenartiger, histologischer Differenzirung das bekannte Knorpelgerüst im Kopfe und den Kiemen, welches neuerdings von Viallanes (1886 A. B.) und nachher noch von Bkunotte (1888) einer eingehenderen Untersuchung unterworfen worden ist ; auch bei diesen Thieren finden wir in den genannten Organen jene Fortsetzung des Cöloms. Was nun die Gefäße der Kopfkiemen betrifft, so gehen die- selben jederseits von einem einzigen Hauptstamm {V.T) .aus, haben in den Kiemenstrahlen einen axialen Verlauf, und von diesen Achsengefäßen {V.t] zweigen sich nach rechts und links die blind endenden Gefäße für die Pinnulae ab. Ihre Wandungen sind mit Muskelfasern belegt und somit contractu. Bemerkenswerth ist die Angabe Bourne's, dass die Kopfkiemen bei HcqylohrancJms ganz gefäßlos seien. Ein besonderes Interesse bietet die Innervation der Kopfkiemen. Den Angaben Örley's nach sollen die Kiemenfäden der Serpu- 520 Eduard Meyer liden i. e. S. nur je einen Längsnerven haben, welcher zwischen dÄi beiden Muskeln der Innenseite der Flimmerrinne dicht anliegt. Außer diesem inneren oder Rinnennerv (Taf. 25 Fig. Id). wie ich ihn nennen will, welcher nach beiden Seiten die Nerven - stämmcheu der Pinnulae aussendet, habe ich in den Kiemen- strahlen von Psygmohranchus und Hupomatus noch je zwei äußere Nerven (Taf. 25 Fig. 1 c) gefunden, die unter den sog. seitlichen Zellsäulen (Örley , pag. 207 — 208) , also an der Außenseite der Strahlen unter dem modificirten Epithel der beiden Kanten ver- laufen. Als solche Nerven möchte ich auch die mit s.z bezeichneten Stellen der ÖRLEY'schen Fig. 7 (Taf. 12) deuten. Die äußeren Ner- ven stehen wahrscheinlich mit besonderen Sinneszellen im Bereiche der «seitlichen Zellsäulen« und am Endfaden der Kiemenstrahlen in Verbindung. Bei den Sab eilen und Eriographiden sind die Rinnennerven paarig (Taf. 25 Fig. 2, 29c?). Was nun die äußeren Nerven betrifft, so verhalten sich diese in den Kiemenstrahlen von Mtjxicola eben so wie bei den Serpuliden i. e. S. (Taf. 25 Fig. 2 c), bei den Sabelliden aber scheinen sie nicht als einheitliche , longitudinale Stämmchen vorhanden zu sein ; dafür sah ich bei Spirographis von den Rinnennerven feinere, unter der Haut nach außen hin verlaufende Queräste (Taf. 25 Fig. 29 d') aus- gehen, welche jenen wahrscheinlich functionell entsprechen. Die Am- phicoriden habe ich in dieser Beziehung nicht untersucht. Wie die beiden Nervenarten der Kopfkiemen mit dem Gehirn in Zusammen- hang stehen, werde ich weiter unten beschreiben. In Bezug auf die Structur der Pinnulae sagt Örley (pag. 209), dass sie »ganz nach dem Muster der Fäden« gebaut seien, jedoch bis zu einem gewissen Grade einfacher. Die Flimmer- rinne derselben geht contiuuirlich in diejenige des betreffenden Kiemenstrahles über ; unter ihr und mit ihren Zellen verbunden ver- läuft ein Nerv, welcher, wie wir sahen, sich von den Rinnenner- ven der Strahlen abzweigt, und die Mitte der Bindegewebs- masse nimmt ein blind endigendes Gefäß ein, das von Muskelfasern umsponnen ist. Außerdem setzt sich auch in die Fiederchen hinein die secundäre Leibeshöhle fort, was Örley auch hier übersehen hatte. Schließlich sei noch betont, dass die Pinnulae zum Unterschiede von den Kiemenstrahlen keine äußeren Nerven besitzen; ob sie jedoch von den beiden Muskelsträngen der Strahlen Ausläufer erhalten, vermag ich nicht zu entscheiden. Studien über den Körperbau der Anneliden. 521 Der Deckelapparat der Serpuliden i. e. S. Gewöhnlich ist es bloß einer der obersten Strahlen, entweder der erste oder der zweite rechts oder links von der Mediane, der sich mit Verlust seiner Pinnulae in einen gestielten, bald hornigen, bald mit Kalkaufsätzen und Chitinhaken der verschiedensten Art versehenen Deckel verwandelt hat; häufig tritt der Deckelstiel aus der Reihe der übrigen Kiemenstrahlen nach hinten heraus und dann befindet sich auf der entgegengesetzten Seite in einer entsprechen- den Stellung ein ähnliches jedoch rudimentäres Organ (7. Bd. Taf. 22 Fig. 10). Zwei ausgebildete Deckel sind selten. Ausnahmsweise, wie bei Apomatus und Filigrana, haben sich an den Stielen die Pinnulae erhalten und können von der ursprünglichen Natur des Gebildes Zeugnis ablegen. Sehr interessant sind nun die Fälle, wo der Deckelapparat sehr weit nach hinten bis in das Gebiet des 1 . So- mites verlegt ist und dem Nacken median aufsitzt. In solch einer Stellung finden wir ihn z. B. bei Pomatoceros elaplnis und bei Ver- milia caespitosa, von denen Haswell (1885) gute Abbildungen giebt ; die Lage desselben, seine ungewöhnliche Breite, sowie der ganze Habitus scheinen darauf hinzuweisen , dass hier eine Verwachsung zweier Deckel zu einem einzigen stattgefunden habe. Die hier vor- kommenden seitlichen, flügelartigen Fortsätze werden wir wahrschein- lich als übriggebliebene und zugleich veränderte Pinnulae zu be- trachten haben. Beachtenswerth ist noch die merkwürdige Verwendung, welche der Deckelapparat bei gewissen Spirorhis- und Pileolaria- Arten fin- det, womit uns zuerst Pagenstecher (1863) bekannt gemacht hat; hier erscheint die zwischen der Deckelampulle und dem kalkigen Aufsatze befindliche Höhle als Brut räum. Bezüglich der äußeren Form und der Beschafi"enheit des Deckel- apparates bei den einzelnen Gattungen und Arten muss ich auf die älteren zusammenfassenden Aufsätze von Philippi (1844), Grube (1862) und Quatrefages (1865), sowie auf die sehr zahlreichen systematischen Arbeiten und Angaben verweisen. Die Structur des Serpulidendeckels hat wiederum Örley (1884) genauer studirt, um die Übereinstimmung desselben mit den normalen Kiemenstrahlen auch in Bezug auf den Bau klar zu stellen. Bei den verschiedenen, von ihm untersuchten Arten fand er überall im Stiel einen Muskel, ein Achsengefäß und zwei Nerven; in der Deckelampulle fehlt der Muskel, Gefäße und Nerven aber verzweigen 522 Eduard Meyer sich »den am Deckelrand vorhandenen Zähnen entsprechenda (pag. 216) und die ersteren enden mit contractilen Erweiterungen. Der ganze übrige Raum im Inneren des Organs soll von einem besonderen Bindegewebe ausgefüllt sein. Den Bau des Deckelapparates habe ich bei Eupomatus unter- sucht und muss auf Grund dieser Beobachtungen den Aussagen Örley's in mancher Hinsicht widersprechen. Zunächst habe ich eine weit größere Übereinstimmung zwischen Deckelstiel und Kiemen- strahlen zu constatireu, indem ich eben so im ersteren wie in diesen drei Nerven gesehen habe, von welchen die beiden äußeren (Taf. 25 Fig. 3 — 5 De.c), die Örley allein auffand, sehr viel stär- ker entwickelt sind, als sie es in den gewöhnlichen Strahlen zu sein pflegen. Der unpaare Rinnennerv [d) dagegen ist umgekehrt im Deckelstiel viel schwächer, und diesen Umstand möchte ich dem Fehlen der Flimmerrinue und der Pinnulae zuschreiben. Die An- ordnung der drei Nerven ist ganz die nämliche , wie im Kiemen- faden, nur ist der unpaare Nerv von dem Muskelstrange [t.m) etwas nach innen verdrängt, was darauf hinweist, dass dieser letz- tere wahrscheinlich durch die Vereinigung zweier Stränge entstanden ist. Von den Nerven gelangen nur die beiden äußeren bis in die Ampulle, wo sie sich vielfach verzweigen, der innere Nerv dagegen endet schon etwa in der mittleren Länge des Stieles. Ferner lässt das Bindegewebe auch hier wieder einen centralen, vom Peritoneum ausgekleideten, also colo ma tischen Raum um das Achsengefäß [V.t] frei, welches sich erst in dem erweiterten End- stück des Deckelapparates verästelt. Die Entwicklung der Kopfkiemen. Ziemlich ausführlich behandelt Salensky (1882 A) die Entwick- lung der Kopfkiemen von PsygmohrcmcJms, nur muss man sich leider wie gewöhnlich die betreffenden Angaben, welche an den verschie- densten Stellen in seiner Arbeit zerstreut sind, erst zusammensuchen, um eine zusammenhängende Vorstellung von der Sache zu erhalten. Seiner Darstellung nach entstehen die Kopfkiemen als ein Paar seit- licher Ectodermvorsprünge am Kopf läppen der Larve (pag. 362), welche mit starren Sinneshärchen ausgestattet sind (pag. 365); darauf knöspen an diesen Anlagen die ersten Kiemenstrahlen hervor (pag. 371), wodurch sie dreilappig werden, und in dieselben wandern von der Somatopleura herrührende, ovale Mesodermzellen ein, die der ;)char- pente squelettique« den Ursprung geben. Auf der Unterseite sind die stildien über den Körperbau der Anneliden. 523 Kiemenstralilen abg-eflacht und mit Flimmerhaaren verseben, welche sieh gegen die Mundüffnuug hin bewegen (pag. 372 — 373). Bei derselben Serpulidenlarve ist es mir gelungen die Anlagen der Kopfkiemen auf einer noch jüngeren Entwicklungsstufe zu beob- achten. Au der fünf Paar solide Mesoderm Segmente zählenden Tro- ebophora (Taf. 23 Fig. 4, 5) erscheinen sie als ein Paar seit- liche, verdichtete Zellgruppen [T) im Bereiche der Gehirn- anlage, gleich hinter den Augen, nur etwas niedriger als diese, wo nnter ihnen sich die Schluudcommissuren (/S. C) bilden und oberhalb, doch ein wenig mehr nach hinten, ein ähnliches Zeilgruppenpaar, vermuthlich die Anlagen von Wimperorgauen (IF, 0), auftritt. Zu dieser Zeit sind die Aulagen der Kopfkiemen vom Scheitelpole ziem- lich weit, noch weiter aber vom Munde entfernt und vom letzteren durch den präoralen Wimperkrauz, sowie die davor liegende Haut- zone des Prostomiums geschieden. Bald beginnt eine starke Wucherung in den beiden ectodermalen Zellgruppen, welche eine hügelartige Erhebung der Kopfkie- menanlagen zur Folge hat, und die Ectodermzellen ordnen sich dann zu einer epithelartigen Schicht an, wodurch die jungen Organe einen, inneren Hohlraum erhalten, der mit der primären Leibeshöhle des Kopfes communicirt (Taf. 23 Fig. 6, 7; Taf. 24 Fig. 18). In die Hügelhöhle wandern nun Zellen von der lateralen Paren- chymlage [T.Py] ein, die sich nachher theils in die Muskeln, theils in die bindegewebige Stützsubstanz der Kopfkiemen verwan- deln. Ferner ist auf jeder Seite die angrenzende Partie der zelligen Gehirnmasse mit in die seitlichen VorsprUnge des Kopfes hineinge- zogen worden und bildet die Anlage der Kopfkiemennerveo [T.Nv). Auch jetzt schon findet man bei der lebenden Larve ver- einzelte, starre Sinneshärchen, welche auf dem Gipfel der Hügel frei emporragen. Inzwischen sind die Lagebeziehungen der Kopfkiemenanlagen andere geworden: es haben die letzteren sich dem Scheitel pole genähert, sie sind hämalwärts etwas hinaufgerückt, und zu- gleich ist ihre Entfernung vom Munde eine geringere ge- worden als früher. Es ist klar, dass diese Lageveränderungen dem Vorrücken des Mundes gegen das vordere Körperende zuzuschrei- ben sind. Aus den beiden Hügeln sprossen nun je drei Zapfen hervor, die wie auch die ersteren in die Länge auswachsen (Taf. 23 Fig. 8 — 11), und somit lassen sich jetzt an den jungen Kopfkiemen die beiden 524 Eduard Meyer basalen Stücke und drei Paar Kiemenstrahlen unterschei- den, von denen jederseits der längste, obere gerade nach vorn, der mittlere seitlich nach außen und der kürzeste, untere schräg nach vorn und innen gerichtet ist. Auch die Strahlen erscheinen als hohle, Parenchymzellen enthaltende Gebilde, welche an ihrer Spitze Sinnes- borsten tragen. Auf diesem Stadium ungefähr tritt an der unteren Seite der Kopfkiemen die Bewimperung auf. An der abgeflachten, neuralen Oberfläche der einzelnen Strahlen sowohl als auch der Kiementräger erscheinen kräftige Flimmerhaare, und die wimpernden Rinnen der Basalstücke gehen jederseits direct in das Flimmerepithel der Mundöffnung über, welche nach dem Schwinden der Wim- perkränze sich nunmehr gerade unter und zwischen den Kopfkiemeu befindet. Die letzteren Organe selbst sind auch noch weiter nach vorn vorgerückt, so dass sie jetzt am vorderen Ende des Körpers angelangt sind , ferner haben die basalen Stücke derselben einen größeren Durchmesser erhalten, und so ist denn von dem ur- sprünglichen Scheitelfelde nur noch vorn und oben zwischen den Kopfkiemen eine ziemlich reducirte Stirnfläche übrig geblieben, deren Mitte die h amale Wimperrinue, die Anlage des unpaaren Ausführungsganges der Thoracalnieren einnimmt. Nach hinten wird diese Stirnoberfläche jederseits von den Anlagen der Kopf kie- menstützen begrenzt, die sich zusammen mit der ganzen lutegument- zone des 1. Somites, die lateralen und neuralen Kragenlappen mit einbegriffen, auf das Prosoma hinaufgeschoben haben und damit auch an die Wurzeln der Kopfkiemen herangerückt sind. Weiter habe ich die Entwicklung der Kopfkiemen nicht ver- folgt , aus ihrem definitiven Verhalten aber können wir schließen, dass die fernere Ausbildung derselben zum größten Theil auf einer Fortsetzung der bisher beobachteten Vorgänge beruht. Die Kiementräger werden noch dicker werden müssen, so dass sie auf jeder Seite einen halbmondförmigen Querschnitt erhalten und sich somit sowohl nach unten als nach oben mehr ausbreiten; dadurch werden sie einerseits den Mund , der eine vollkommen terminale Lage bekommt, ganz und gar in ihre Mitte nehmen, andererseits aber von rechts und links her die Stirn- haut median zusammendrängen, was den Verschluss des vorderen Theiles der hämalen Wimperrinne zu einer Köhre zur Folge haben muss. Studien über dtn Kürperbuu der Aunelideu. 525 Ein weiter fortgesetztes Aufrücken der peripheren Theile des 1 . Somites wird ferner nicht nur die intimeren Beziehungen der Kopfkiemenstützen zu den basalen Stücken befördern, sondern auch von hinten her auf die Stirnhaut einen derartigen Druck ausüben, dass es zur Bildung eines Stirnwulstes und einer darunter be- tindliclien Stirneinsenkuug kommt. Durch eine Größenzunahme sämmtlicher Theile, eine Vermehrung der Strahlen und das Auftreten von secundären Fäden an diesen werden die Kopfkiemen schließlich ihre endgültige Form annehmen. Was nun die innere Diflfereuzirung betriift, so liefert das Par- enchym die speciellen Muskeln, sowie das Bindegewebe; vom 1. Somite her werden die Cölomsäcke in die Höhle der Kopf- kiemeu hineinwachsen müssen und so einerseits der peritonealen Auskleidung derselben, andererseits wahrscheinlich auch dem- jenigen Theile der Kiementrägermusculatur, der mit ent- sprechenden Längsmuskeln des Rumpfes zusammenhängt , und den Getiißen den Ursprung geben. Nach den übereinstimmenden Darstellungen von Milne Edwards (1845, Protula = Psygmohranchus] ^ Pagenstecher (1863, Spiror- òis), Claparède & Meczniko^v (1869, P/7eo/ana, Dasychone), Giard (1876 B, Salmaciiia)^ Leidy (1883, Manayunkia) und Roule (1885, Dasychone) entstehen die Kopfkiemen bei den meisten Serpulaceen als ein Paar Auswüchse zu beiden Seiten des Kopfes der Larve, an welchen später die einzelnen Kiemenfäden nach und nach hervor- sprossen, und erst nachträglich rücken die ganzen Gebilde an das vordere Ende des Körpers. Eine Ausnahme bildet ManatjunMa in so fern, als die Kopf- kiemen schon gleich bei ihrer Anlage am vorderen Körperende auf- zutreten scheinen. Es mag dieses eine mit der im Allgemeinen sehr abgekürzten Entwicklung jener merkwürdigen, im Süßwasser lebenden Amphicoridenform zusammenhängende Erscheinung sein, indem die in der Wohnröhre sich ausbildenden Embryonen derselben, wie aus Leidy's Beschreibung und seinen Abbildungen hervorgeht, weder Wimperkränze besitzen, noch überhaupt ein echtes Trocho- phorastadium haben, also ohne Metamorphose, in mehr directer resp. vereinfachter Weise sich entwickeln. Der letztere Umstand scheint mir nun einen Zusammenhang mit dem Leben im Süßwasser zu haben, wofür wir in der Oligochaeten- Entwicklung ein gutes Analogon hätten. Bei gewissen Spirorlis- kxit'ü sollen, wie Agassiz (1866 pag. 321) 526 Eduard Meyer und WiLLEMOES-SuHM (1870 pag. 395) behaupten, die Kopfkieraen sieh asymmetrisch anlegen und entwickeln, in der Weise näm- lich, dass zuerst auf einer Seite ein Kiemenfaden entsteht, dann einer auf der anderen Seite, darauf ein zweiter auf der ersteren etc. Dieser Bildungsmodus hat, wie schon Claparède & Mecznikow meinten (1869 pag. 198), keine besondere morphologische Bedeutung, um so mehr als bei anderen Arten derselben Gattung die Entwick- lung der Kopfkiemen in der gewöhnlichen Weise vor sich geht: ich für meinen Theil möchte in der obigen Abweichung einen rückwir- kenden Einfluss der asymmetrischen Körper- und Röhrenform auf die Ontogenie erblicken, der in manchen Fällen zur Geltung kommt, in anderen aber nicht. Ganz abweichend lautet nun der Bericht von Salensky über die Larve von Pileolaria^ indem dieser Autor gegen Agassiz und Pagen- stecher behauptet, dass die Kopfkiemen hämal am Kopflappen aus einer unpaaren «plaque tentaculaire« entstehen sollen, indem aus dieser gleichzeitig die höckerförmigen Anlagen von fünf Kiemen- strahlen hervorsprossen, wovon eine zum Operculum werde (1883 pag. 164, 171). Die beiden anderen Forscher scheinen mir jedoch mehr Glauben zu verdienen, erstens weil wir nicht annehmen können, dass sie ihre Abbildungen aus der Luft gegriffen hätten, und zweitens weil sie mit allen übrigen Darstellungen besser übereinstimmen: Salensky aber wird wahrscheinlich die ersten Anlagen der Organe übersehen haben. Die Betheiligung des Mesoderms am Aufbau der Kopf- kiemen erwähnt Salensky außer bei Psycjmohranchus noch bei Pileolaria (1883 pag. 182) und ferner Roule bei DasijcJwne (1885 pag. 468) , ohne jedoch näher auf diese Frage einzugehen. Nach beiden Autoren geht aus demselben die innere Stützsubstanz her- vor, welche bei den Sabelliden als »Knorpelgerüst« erscheint, und die Ausbildung dieses bei der Larve von Dasychone haben auch schon Claparède & Mecznikow beschrieben (1869 pag. 199). Salensky erwähnt noch bei Pileolaria ein Paar zu beiden Seiten des »tentacule median« sich erhebender, kleiner Zapfen, die er für besondere »tentacules provisoires« hält (1883 pag. 181 — 182). Meiner Ansicht nach sind diese Gebilde einfach die beiden untersten Kie- menstrahlen, zu welcher Deutung ich mich um so mehr berechtigt glaube, als Salensky selbst angiebt, dass die Kopfkiemen zu dieser Zeit nur je zwei Strahlen hätten, während sie doch bei allen übrigen Serpulaceen schon früh dreistrahlig sind. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 527 Ferner spricht auch Houle von besonderen «palpesa, welche bei Dasychone nach innen von den Kopfkienien in mehreren Paaren die Mundöfluung umgeben sollen, und deren Entwicklung man von den frühesten Stadien an verfolgen könne (1885 pag. 470) : diese Palpen werden wahrscheinlich nichts Anderes sein als die untersten secun- dären Fädchen der Kopfkiemenstrahlen. Von der Bildung der Pinnulae wissen wir nichts Genaues: sie scheint sich sehr spät zu vollziehen und der Angabe Giard's zu- folge am äußersten, hämalen Strahlenpaare zu beginnen (1876 B. pag. 286). Über die Entwicklungsgeschichte des Serpuliden deckeis haben uns die Beobachtungen von Pagenstecher (1863) , Müller (1864), Agassiz (1866) und Salensky (1883) einiges Licht verschafft : aus denselben ersehen wir, dass dieses Organ gleichzeitig und in ähnlicher Weise wie die übrigen, normalen Strahlen des Kiemen- apparates entsteht , auch berichtet uns Müller einen Fall , wo der Deckelstiel eines jungen Röhrenwurmes sogar Pinnulae hatte , die nachher zurückgebildet wurden. Die Mundtentakel der Hermellen. Bei diesen Thieren ist zu beiden Seiten des Mundes au der Unterseite der beiden Paleenträger je eine Reihe quer- gestellter, schräg nach unten und nach vorn vorspringender, niedriger Läppchen, denen eine große Menge sehr beweglicher Tentakel fä den aufsitzen; zwischen diesen beiderseitigen Mund- tentakelsystemen befindet sich die nach unten offene mediane Längs- furche , gebildet von der Unterseite der vereinigten Paleenträger. welche hinten über dem Munde mit der Stirneinsenkung, in deren Mitte der gemeinsame Nephridialporus der Thoracalnieren gelegen ist. abschließt. ^Qi Sahellaria aheolata (7. Bd. Taf. 22 Fig. 15; Taf. 24 Fig. 7, 11 — 13 T) verlaufen auf der vorderen Kante der lappenförmigen Fortsätze zwischen zwei wulstartigen Erhebungen quere Flimmer- rinnen, welche medianwärts in ein Paar von den vorderen Ausläufern (F) der Oberlippe begrenzte, größere Längsrinnen münden, die nach hinten schließlich in die Mundöffnung führen. Der hintere der zwei Wulste, welche die Rinnen der einzelnen Läppchen ein- schließen, trägt nun jedes Mal eine Reihe jener Fäden, während der vordere nur eine einfache, niedrige Integumentfalte vorstellt (7. Bd. Taf. 22 Fig. 16; Taf. 24 Fig. 9/). Wie die lappenförmigen Fort- 528 Eduard Meyer Sätze, SO sind auch die schlanken Tentakelfäden vorn mit einer Flimmer rinne versehen, die mit derjenigen der ersteren in Zu- sammenhang steht. Auf dem eben geschilderten Wege geht das Einnenepithel der Fäden und der Läppchen in das Muudepithel continuirlich über, dem es auch in histologischer Hinsicht durchaus ähnlich ist. Muskeln und Bindegewebe erhält das Mundtentakelsystem unter Vermittelung der Paleenträger vom Rumpfe und auch zum Theil wenigstens vom Kopf läppen, der hier seine Selbständigkeit voll- kommen eingebüßt hat. Das Blut wird zu- und abgeführt durch ein Paar Haupt- stämme, welche dicht über den größeren Längsrinnen horizontal nach vorn verlaufen und abwärts in ein jedes Läppchen einen Ast abgeben; dieser gabelt sich gleich darauf, wie mir schien, in zwei kleinere Zweige, von denen der eine unter dem vorderen, ein- fachen, der zweite unter dem hinteren, mit Fäden besetzten Kanten- wulst der Querrinne seinen Weg nimmt, und der letztere sendet schließlich die Achsengefäße in die einzelnen Fäden aus (7. Bd. Taf. 24 Fig. 7; Taf. 26 Fig. 22 V.T). Ganz sicher bin ich jedoch hierüber nicht, und es könnte sein, dass der Ast der Kiemenläpp- chen, ohne sich zu gabeln, direct die Fadengefäße abgiebt. In den Tentakelfäden enden die Gefäßstämmchen blind; sie sind von einer kräftigen Muskelschicht umgeben und verlaufen frei in der Mitte der secundären Leibeshöhle, welche die Achse der Fäden einnimmt und hier sogar recht geräumig ist. Auch über die Innervirung bin ich nicht ganz ins Klare gekom- men, und dieses betriflft vor Allem die Vertheilung der Nerven in den einzelnen transversalen Läppchen. Die zwei vom Gehirn aus- gehenden Hauptnervenstämme liefern, ähnlich wie wir es bei den Gefäßen sahen, nach unten eine den Läppchen entsprechende Zahl Nebenäste, welche sich wiederum zu gabeln scheinen, und von dem einen der zwei Gabeläste zweigen sich die Nerven der Tentakel fä den ab, während der andere ungetheilt unter der vor- deren, einfachen Einnenkante verläuft. In den Fäden habe ich stets nur je einen Nerven gesehen, und dieser befindet sich unmittelbar unter der Flimmerrinue (7. Bd. Taf. 24 Fig. 9 — 11). 9. Der Mund. Sowohl bei den Serpulaceen als bei den Hermellen hat der Mund eine terminale Lage, und der Eingang in denselben ist bei Studien über den Kürperbau der Anneliden. 529 jeueu vou den Kopfkiemeu , bei diesen von den Mundten- takeln beherrscht, deren Wimperrinnen, wie wir sahen, unter Vennittelung der Lippen, welche häufig in fUhlerartige Fort- sätze ausgezogen erscheinen, ohne Abgrenzung in die flimmernde "Wandung der Mundhöhle übergehen. Das anatomische Verhalten des Mundes in den verschiedeneu Gruppen der Serpulaceen und bei den Her- mellen wollen wir etwas näher in Augenschein nehmen. Von allen Serpulaceen ist die Mundöflfnung bei den Ser- puliden i. e. S. am weitesten nach vorn gelegen, indem sie hier auf eine sehr bedeutende Strecke vor den Stirnwulst hinausverlegt ist: ausschließlich nach vorn offen, wird die Mundhöhle von einer oberen und einer unteren Lippe begrenzt, welche seitlich an den oberen und unteren, medialen Kanten der beiden langen Basal- stücke der Kopfkiemen befestigt sind. Bei den kleineren Formen, wie z, B. in der Gattung Salmarina. Spirorbis , und im Jugendzu- stande sind es horizontal ausgespannte Hautfalten (7. Bd. Taf. 23 Fig. 1, 2 o.i, u.L), bei den größeren dagegen, z. B. Serpula, Eu- pomatus, Protului sowie beim erwachsenen Psygmobranchus ist das Verhalten dieser Gebilde ein bedeutend complicirteres. Die Unter- lippe dieser Formen ist nämlich breiter als der Zwischenraum zwi- schen den beiden Kiementrägern und daher schlägt sich dieselbe mit ihrem mittleren Abschnitte aufwärts in den Kiementrichter hin- ein, und ihre seitlichen Theile lehnen sich an die Innenseite der Basalstücke an, so dass zwischen diesen und jenen jederseits eine gewundene, in den Mund führende Kinne entsteht, welche dieselben Krümmungen wie die innere Oberfläche der Kiemeuträger beschreibt. Die Oberlippe ist nun auch hier eine horizontale, am Vorderrande median ausgebuchtete Hautfalte, doch setzt sie sich seitlich, dort wo sie mit den oberen medialen Kanten der Basalstücke der Kopfkiemen zusammenhängt, in ein Paar kurze, dicke Zapfen fort, die beiden fühlerartigen Lippenfortsätze Taf. 25 Fig. 4 Z.z) bildend, welche über dem Munde innerhalb des Kiementrichters gerade nach vorn vorspringen. Bei den Sähe lüden ist der Mund im Allgemeinen nicht so weit vorgeschoben und öffnet sich zugleich nach vorn und nach unten, indem die Unterlippe durch einen tiefen medianen Ein- schnitt in zwei Hälften getheilt ist und somit paarig erscheint; diese beiden unteren, lateralen Lippen, wie man sie auch bezeichnen Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 35 530 Eduard Meyer könnte, haben mm häufig jederseits eine ziemlich geräumige, median- wärts offene Ausbuchtung, so dass die Mundhöhle hier mit zwei unteren, seitlichen Vorkammern ausgestattet ist. Im Übrigen bilden die Unterlippen mit den Kiemenstützen wiederum dieselben gewundenen Rinnen und machen bei Spirographis die Spiraltouren der ersteren mit (7. Bd. Taf. 22 Fig. 11; Taf. 23 Fig. 9; Taf. 26 Fig. 16 l.L). Ein ganz ähnliches Verhalten der paarigen Unter- lippe beschrieben Pruvot bei Ä/^e//« (1885 pag. 312) und Brunotte bei Branchiomma (1888 pag- 46). Die Oberlippe ist gewöhnlich fast eben so gestaltet wie bei den Serpulideu i. e. S., also un paar, nur in der Mitte mehr ausgeschnitten, die an ihren Seitentheilen vorspringenden Lippenzapfen aber erreichen in dieser Gruppe vielleicht das Maximum ihrer Ausbildung '7. Bd. Taf 22 Fig. 11 h.T). Manchmal ist nun bei den Sabellen auch die Oberlippe paarig; solch ein Beispiel haben wir bei Bratichiomma . wo sie bis dicht an ihre Wurzel aufgeschlitzt ist, und die medialen Bänder der beiden Hälften nach unten in die Mundhöhle hineingeklappt sind. Anders ist die Ausstattung des Mundes bei den Eriographiden und Amphicoriden. Diese Thiere haben keine Unterlippen, und die median gespaltene, paarige Oberlippe begrenzt allein die Mundöffnung. Die beiden Hälften derselben sind wie stets seit- lich an die oberen, medialen Kanten der Kiementräger befestigt und von hier aus dann ähnlich wie bei Branchiomma abwärts in den Kiementrichter hineiugebogen , wo sie ein Paar ohrmuschelartiger Windungen beschreiben, die man füglich obere Seitenkammern der Mundhöhle nennen könnte; mit ihrer Außenseite lehnen sich diese Muscheln an die Innenwand der Kopfkiemenbasen an, und so sind es die Oberlippen, welche hier die beiden in den Mund führen- den Rinnen bilden. Bei Mtjxicola sind die Oberlippenhälften sehr dick, fleischig und enden mit je einer kurzen, kegelförmigen Spitze (7. Bd. Taf. 23 Fig. 10), bei den Amphicoriden aber sind sie im Ganzen viel dünner, haben jedoch dafür ein paar lange fühlerartige Fortsätze, die mitten im Kiementrichter zu beiden Seiten des Mundes gerade nach vorn vorgestreckt sind (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14 — 16 h.T). Die ganze Innenwand der Mundhöhle ist bei Myxlcola dunkel pigmentirt, bei den Amphicoriden dagegen farblos und bei manchen, wie z. B. AmpliUßene., sind bloß die beiden, klei- nen ohrmuschelartigen Seitenkammern dunkelbraun gefärbt, woher sie einige Ähnlichkeit mit einem Paar Augenflecken erhalten: diese Lippenwindungen fehlen bei Fahricia^ Haplohranchus und Manayunkia. Studien über den Körperbau der Anneliden. 531 Der Mund der Herrn eilen ist ähnlich Avie derjenige der Sabellen zugleich nach vorn und nach unten offen, indem auch hier die Unterlippe paarig- ist [l.L] ; sie wird durch zwei seitliche Lappen repräseutirt. deren mediale Kanten hinten und unten erst dicht vor den Bauchzapfeu des I . Somites zusammentreten und an den Seiten innerhalb der transversalen Läppchen, welche die Mundtentakel tragen, an der Unterseite der Paleenträger inserireu. Die Ober- lippe des Mundes [o.L) ist unpaar und setzt sich jederseits in eine niedrige Hautfalte [F] fort, die längs der unteren Oberfläche der Paleenträger nach vorn verlaufend die Tentakelgruppen bis an deren vorderes Ende begleitet, wo sie sich mit dem letzten Läppchen resp. mit der vorderen Begrenzungsfalte der Querrinne desselben vereinigt: so kommen die beiden größeren, hinten in die Mundöffnung einmün- denden Längsrinnen zu Stande. Bei den Hermellen bilden weder die Unterlippen noch die Oberlippen kammerartige Ausbuchtungen, und eben so fehlen die fühlerartigen Ausläufer oder Zapfen hier ganz 7. Bd. Taf. 22 Fig. 16; Taf. 24 Fig. 9, 12; Taf. 26 Fig. 22}. Structur. Bei den Serpnliden und Hermellen ist die Mund- höhle von einem Flimmerepithel ausgekleidet, welches sich einer- seits in den Ösophagus hinein, andererseits auf die Innenseite nicht nur der Lippen und der Lippenzapfen , sondern auch der Kopf- kiemen oder der Mundtentakelsysteme continuirlich fortsetzt. An der vom Munde abgekehrten Oberfläche haben nun die Lippen und ihre fühlerartigen Fortsätze eine einfache nicht bewimperte Cuticula und Hypodermis, zwischen den beiden oberflächlichen Schichten aber be- findet sich ein Gewirr von Muskeln, Bindegewebe, Gefäßen und Nerven, welche vom Peritoneum bekleidet sind; also enthalten sie cölomatische Räume (7. Bd. Taf. 26 Fig. 7, 16, 22). Wenn die Lippenzapfen gut entwickelt sind, so haben sie einen axialen Hohl- raum, eine Muskelschicht und ein einziges blind endendes Gefäß, sowie einen Längsnerven (f/^j, welcher auf der Seite der Mundhöhle unter dem Flimmerepithel verläuft (Taf. 25 Fig. 4 L.z) ; bei den Sabellen nimmt das Bindegewebe in denselben und zum Theil auch in den Lippen selbst eine knorpelartige Beschaffenheit an. Die Veränderungen des Mundes während der Larven- entwicklung. An der jungen Trochophora von Psygmobranckus hat der Mund die typische Lage (Taf. 23 Fig. 1 — 4). Er befindet sich auf der Bauchseite der Larve zwischen den beiden oralen Wimperkräuzen, 35* 532 Eduard Meyer welche auf diesem Stadium eine fast ganz verticale Stellung haben. Die vom Scheitelpole weit entfernte, kreisrunde Mundöflfnung führt in einen kurzen Yorderdarm. der senkrecht zur Körperachse gestellt ist und mit seinem noch geschlossenen Ende an die vordere Partie der von großen Olkugelu erfüllten, noch weiter nach vorn bis dicht an die Gehirnanlage vorragenden Entodermmasse anstößt. Wenn nun der in Entwicklung begriifene Halskragen in Folge der Verkürzung der primären Längsmuskeln des Kopfes gegen das Prosoma vorrückt, so Avird auch der Mund allmählich mehr und mehr nach vorn gedrängt (Taf. 23 Fig. 5, 7). Dadurch erhalten die Wimperkränze und der Vorderdarm eine schiefe Stellung zur Längs- achse des Körpers, und aus dem sich verengenden Prostomium zieht sich das Entoderm in das Metasonia zurück, so dass der kurze Ösophagus jetzt das vordere Ende der Mitteldarmanlage berührt. Ferner schiebt der vorschreitende Mund die vor ihm gelegene Ecto- dermpartie des Kopflappens ebenfalls vor, welche lateral die Kopf- kiemenanlagen und neural ein besonderes Larvenorgan , die Kopf- drüse enthält: dem Schicksal des letzteren seien hier einige Zeilen gewidmet. Das erste Erscheinen der KopfdrUse fällt in ein sehr junges Stadium der Larvenentwicklung. Bei der noch unsegmenlirten Trocho- phora fand ich die Anlage dieses Gebildes als eine histologische Differenzirung der medianen, gleich unterhalb der Scheitelplatte ge- legenen Hautpartie Taf. 23 Fig. 1 K.dr]. Die Ectodermzellen waren hier größer, mit runden Kernen und reichlichem, körnigem Proto- plasma ausgestattet und wölbten sich nach innen in die primäre Leibeshöhle hin vor. Später verändert sich der Bau der Kopfdrüse in der Weise, dass ihre Zellen nach innen hineinwachsen und sich an ihren inneren Enden, in welche die Kerne hineinrücken und wandständig werden, verdicken , durch ihre äußeren, fein ausgezogenen Spitzen aber mit der Oberfläche der Haut in Verbindung bleiben (Taf. 23 Fig. 3, 5; Taf. 24 Fig. 28, 29 Ä'.c/r'). Hier scheint das nunmehr rosetten- förmige, durch das körnige Protoplasma der Zellen und durch die Lage und Form der Kerne als Drüse gekennzeichnete Organ auch wirklich nach außen zu münden. Wie wir sahen, schob die Muudöffnuug die vor ihr resp. vor dem präoraleu Wimperkranze gelegene Hautpartie vor sich her, und diese formt sich nun zu einem hohlen Hügel um, welcher in seinem Inneren die Kopfdrüse enthält (Taf. 23 Fig. 7 K.dr). Der letztere Studien über den Kürpjrbau der Anneliden. 533 beginnt jetzt selbständig- zn wachsen und ^Yird zu einem unter dem Gehirne und zwischen den Kopfkiemen gerade nach vorn vorspringeu- den. medi a neu. dicken Zapfen, der nach der l\iickl)ildung der Wimperkränze mit seiner breiten Basis vorn die Mundütfnung- be- grenzt und daher gleichsam als eine obere Lippe erscheint (Taf. 23 Fig. S— 10 o.L). Im Anschluss an die Kopfdrüse. Avelche in dieser provisori- schen Oberlippe enthalten ist, erfährt nun auch das Gewebe der letzteren selbst eine drüsige Umwandlung, indem sich ein Theil der Ectodermzellen zu hellen, blasigen Drüsenzelleu mit rundem, wandständigem Kerne und der übrige Theil zu Hypodermfaserzellen ditferenzirt. Wenn das Organ diese Structnr erlaugt hat. so geht die neurale Kopfdrüse zu Grunde: die Zellen derselben werden dann in die primäre Leibeshöhle hin abgestoßen und sehen hier ihrer end- gültigen Zerstörung entgegen. Die noch weiter vorrückende M u n d ö f f n u n g g e r ä t h nun zwischen die Kopfkiemen, drängt -dieselben seitlich nach oben aus einander, und die Bewimperung der ersteren setzt sich auf die Unterseite der beiden Kiementräger und die drei Paar Strahlen fort; dabei ist die provisorische Oberlippe immer mehr eingeengt worden und schließlich ganz ver- schwunden. Hinten wird der jetzt schon beinah ganz vorn gelegene Mund von dem neuralen Kragenlappen wie von einer Unterlippe be- grenzt, und der Vorderdarm, welcher bis in die Mitte des 2. 8o- mites reicht, verläuft fast horizontal (Taf. 23 Fig. 11). Beim jungen Paygmohranchus befindet sich die Mundötfnung weit vor dem Gehirn , oben und unten von je einer horizontalen Lippe und seitlich von der Innenwand der Kiementräger begrenzt. Wir müssen daher annehmen, dass im Verlaufe der weiteren Ent- wicklung die wachsenden Basalstücke der Kopfkiemen so- wohl oben als unten die zwischen ihnen gelegene mediane Hautpartie nach sich ziehen, welche zu horizontalen Falten werdend die Ober- und Unterlippe bilden; und auf diese Weise in die definitive Ausbildung des Mundes eingreifend, sind es die Kopfkiemen, denen der erstere seine besondere Lage verdankt. Mit der Bildung der Oberlippe hängt nun auch zum Theil das Zustandekommen der Stirn ein Senkung zusammen, indem die erstere sich vorn an der unteren Grenze des Stiruwulstes entwickelt, der in Folge des Aufrückens der hämalen Partie des 1. Somites auf das Prostomium und auf die Kopf kiementräger entstand. 534 Eduard Meyer Wenn meine Vorgäng-er die Entwicklung des Mundes auch nicht in ihren Einzelheiten verfolgt haben , so ist doch aus den vorhan- denen Litteraturangaben ersichtlich , dass auch bei den Larven der übrigen Serpulaceeu und der Hermellen, so weit solche bekannt sind, die Mundöflnmig Anfangs in der für sie typischen Lage auf der Bauchseite auftritt und erst nachher an das vordere Körperende hinrückt. Als einzige Ausnahme ist wiederum nur die Sußwasserform Manayunkia zu nennen, bei welcher der Mund eben so wie die Kopf- kienien von Anfang an am Vorderende des Embryo auftritt (Leidy 1883 Taf. 9 Fig. 8—13). Das Vorkommen eines provisorischen, drüsigen, vor dem Munde kegelartig nach vorn vorspringenden Organs bei der Larve von Psygmohraiichns erwähnt auch Salensky (1882 A. pag. 371) ; er nennt es fttentacule median« — eine Bezeichnung, die mir unbegründet er- scheint, weil das Organ zur Gehirnanlage in gar keiner näheren Beziehung steht. Dass dasselbe im Laufe seiner Entwicklung mit einer besonderen, neuralen Kopfdrüse sich auf das engste verbindet, ist ihm entgangen. Genauer beschreibt derselbe Autor dagegen die Entwicklung dieses Gebildes bei Pileolaria. Hier soll der Bildung des «tentacule median« eine drüsige Ditferenzirung der neuralen Kopfhaut voraus- gehen, welche ihrer Structur nach an das Hypoderm der Bauchseite des Rumpfes erinnert: das vollständig entwickelte Organ soll auch später noch denselben histologischen Bau zeigen und bei dieser Form außerordentlich lang werden (1883 pag. 157, 164, 170, 181). Das Auftreten einer larvalen Kopfdrüse scheint bei den Serpula- ceeu oder wenigstens bei den Serpuliden i. e. S. eine allgemeinere Verbreitung zu haben. So giebt auch v. Dräsche für die Larve von Pomatoceros einen auf der Bauchseite zwischen den Augen- flecken gelegenen »Gürtel eigenthümlicher polygonaler Zellen« an, welcher nichts Anderes als die Kopf druse sein kann: die »kleinen, hakenförmigen Gebilde« aber, die er »in der Mitte jeder dieser Zellen« gesehen hat, werden die durch Conserviiung entstellten Zellkerne sein (1884, pag. 9). 10. Die StirnteiitakeL Bei unseren Würmern erscheinen die Stirutentakel als ein Paar vom Boden der Stirneinsenkung entspringende Fühler oder Zapfen, die manchmal außerordentlich reducirt sein oder sogar ganz fehlen Studien über den Körperbau der Anneliden. 535 können: die Ausbildung derselben ist Im Allgemeinen eine so geringe und ihre Lage eine so versteckte, dass sie bisher alle Beobachter mit Ausnahme von Pruvot übersehen haben. Der genannte Forscher entdeckte diese Organe bei Sahella pavo- nina und beschreibt sie als »deux appendices coniques, très courts, Caches en arrière et sous la base renflée des deux antennes« (1885 pag. 313). Um diesen Passus richtig zu verstehen, müssen wir uns vergegenwärtigen, dass nach der Bezeichnungsweise von Pruvot »en arrière« mit »über« und »sous« mit »hintertc gleichbedeutend ist, sowie ferner, dass der Autor unter »antennes« hier nicht die »vraies antennes«. welches seiner Ansicht nach eben jene beiden »appendices coniques« sind (pag. 314), sondern die »prétendues antennes« (pag. 322) der übrigen Autoren meint, die ich Lippenfortsätze genannt habe. Demnach würden also die in Rede stehenden zwei conischen Zapfen bei Sahella über und hinter den verdickten Wurzeln der Oberlippen- fortsätze, mit anderen Worten in der Stirneinsenkung verborgen sein. Die Innervirung dieser Gebilde geschieht nach Pruvot von den mitt- leren Hirnganglien aus. Bei Serpula und Myxieola sah er weder die Organe selbst noch die entsprechenden Nerven. In der That scheinen von allen Serpulaceen die Sabelli- den, und von diesen wahrscheinlich auch nur die größeren Formen noch die am besten entwickelten Stirnfühler zu besitzen. Ahnlich wie Pruvot diese Organe für Sahella beschreibt, fand ich dieselben bei SpirograpJtis ; leider konnte ich sie jedoch nicht mehr abbilden, da meine Tafeln schon fertig waren. Bei der zuletzt genannten Form wird die nicht besonders tiefe Stirn e in Senkung wie gewöhnlich oben von der unteren Fläche des transversalen Stirnwulstes, unten von der oberen Fläche der Oberlippe und seitlich von den oberen, medialen Partien der Kiementrägerwnrzeln begrenzt : nach vorn zu ist sie offen, und hinten am Boden lehnt sich innen das Gehirn an. Im Inneren der Stirneiusenkung an deren oberer Wand, also an der Unterseite des Stirnwulstes befinden sich zu beiden Seiten der Mittel- linie zwei Paar parallele, bewimperte Leisten, welche vorn mit einem Paar kurzer , kegelförmiger Zapfen enden, deren untere Fläche auch mit Flimmerhaaren besetzt ist ; zwei aus dem Gehirn kommende Nervenstämmchen , welche diese unansehn- lichen Stirntentakel innerviren, verlaufen längs der Innenseite ihrer bewimperten Oberfläche. Weniger deutlich treten in der Gruppe der Eriographiden bei Myxieola die Stirntentakel hervor, indem bei einer tiefereu Stirn- 536 Eduard Meyer einsenkuug die leisteuförmigeu Theile derselben zwar stärker, die Endzapfen dagegen außerordentlich kurz sind. Bei den Serpuliden i. e. S. sind die Stirufübler rudimentär. An ihrer Stelle sah ich bei Psygmohranchus und Eujiotnatus, wo die Stirneinsenkung übrigens eine recht bedeutende Tiefe hat Taf. 25 Fig. 6— 10. das Loch über dem Oea., 7. Bd. Taf. 26 Fig. 7). ein Paar mit Cilien versehene, knopfförmige Sinnesorgane [S.O], an welche ein entsprechendes Hirnnerv enpaar herantritt (7. Bd. Taf. 24 Fig. 3). Ob ähnliche rudimentäre Organe auch bei den Amphicorideu vorkommen, kann ich nicht mit Bestimmtheit sagen, allein bei Am- phighiie habe ich auf der nur leicht gewölbten Stirn, die sich hier nicht nach innen einsenkt, keine derartigen Bildungen gefunden; es wäre daher nicht unmöglich, dass bei diesen Thieren die Stirn- fühler ganz verloren gegangen seien. Sehr viel vollkommener als bei den Serpulaceen sind die Stirn- tentakel der Herm eilen, und wenn sie bei ihnen bisher nicht bemerkt wurden, so mag es daher kommen, dass sie von den sehr zahlreichen Mundtentakeln verdeckt werden und nur nach Eutfernung dieser oder an Schnitten deutlich zu sehen sind. Wie bereits erwähnt, bildet die Stirneinsenkung bei den Her- mellen den hinteren Abschluss der medianen Längsrinue [B] an der Unterseite der verwachsenen Paleenträger : oben wird sie somit von den letzteren begrenzt, unten wiederum von der Oberlippe und seit- lich von den beiden vorderen , faltenartigen Ausläufern dieser [I\ . welche mit den basalen Läppchen der Mundtentakel die beiden longi- tudinalen Wimperrionen herstellen. Die Mitte des Bodens der nach vorn offenen Vertiefung nimmt der unpaare Nephridialporus {X} P ein und seitlich von diesem entsj)ringen bei Sahellaria aheolata als ein Paar ziemlich langer, runder, cirrenartiger Fort- sätze die Stirnfühler, welche somit über dem Munde und unter dem Paleenapparate in gerader Richtung nach vorn vorgestreckt sind (7. Bd. Taf. 22 Fig. 16; Taf. 24 Fig. 7, 9. 11: Taf. 26 Fig. 22 h.T . Ihrer Structur nach stellen diese Organe hier Hohlfäden vor, die äußerlich an ihrer medialen Oberfläche mit einem besonderen Flimmerepithel ausgestattet sind, eine eigene Muskelschicht besitzen und innen vom Peritoneum ausgekleidet sind; unter dem bewim- perten Längs streifen verläuft in der Hypodermis ein vom Ge- hirn kommender Nerv (A^\2). und im axialen Hohlräume ein viel- fach gewundenes, contractiles , vorn blind endendes Gefäß [V.h.T). Stildien iilun- (U-n Kürperbnii der Anneliden. 537 11. Das Nervensystem. Kaclidem Rudolph AVagxer ;1S32 pag. 657 und Giube ^iy^'i pag. 1 7 die J^trickleiterforin des Bauehmarks bei Sabelliden erkannt hatten, legte Quatrefages durch seine zum Theii sehr ausführlichen Untersuchungen den Grundstein zur Kenntnis des Nervensystems der Hermellen ,1S4S pag. 47 — 5J; und Öerpulaceen (1S50 pag. 369 — 374. 1S65 II. pag. 409). Eiue Reihe, darunter sehr werthvolic Beiträge lieferte darauf Claparède durch seine anatomischen imd später auch histologischen Beobachtungen an verschiedenen Repräsen- tanten aus der zuletzt genannten Familie 1S6S pag. 434, 1870 pag. 147, lS7o pag. 1 12 — 131) und nach ihm MIntosh (1877 pag. 1 1 — 12 . welcher in einem allgemeineren Aufsatze über das Bauch- mark der Anneliden die Lagebeziehungen der Bauchsträuge auch bei den Serpulaceeu schildert. Einige Angaben über die Inner- vationsverhältnisse der Kopfkiemen finden wir sodann bei Orlkv (1884). in seiner Gesammtheit aber wurde das Nervensystem der Serpulaceen erst wieder von Pruvot 1885 pag. 312 — 322 behan- delt, welcher es bei je einenl Vertreter aus den Gruppen der Sa- belliden, Eriographiden und Serpuliden i. e. S. untersuchte, und schließlich erschien noch eiue Beschreibung dieses Organsystems bei Branchiomma von Brunotte 1888 pag. 30 — 35). Das Gehirn und die Hirnner veu. Dieser Theil des centralen Nervensystems wurde sowohl bei Serpulaceen als bei Hermellen erst von Quatrefages aufgefunden, denn Wagner und Grube hatten vergeblich nach demselben gesucht. Nach Quatrefages (1850) besteht das Gehirn der Serpulaceen [Sabelhi. Leiobranchus . Protula, Serpula, J^ermilia) aus einem mitt- leren, kleineren und einem äußeren, größeren Ganglienpaare, welche in einer Querreihe über dem Ösophagus liegen. Die beiden media- nen Ganglien senden nach vorn ein oder mehrere Nervenpaare aus, die sich in die Oberlippe und zum Theil auch in die oberen Theile des Collare [Sabella) begeben sollen : von den äußeren Ganglien ent- springen in derselben Richtung die beiden kräftigen Hauptstämme der Kopfkiemen, welche sich in viele Äste spaltend die einzelnen Strahlen und bei den Serpuliden auch die Deckel mit je einem Ner- ven versorgen, ferner bei Sabella noch ein Paar Kragenuerven und nach hinten und unten die Schlundcommissuren. An diesem Gan- glienpaare entdeckte Quatrefages bei Sabella ein Paar Augenflecke, 53S Eduard Meyer und mir bei dieser Form fand er ein mit dem Gehirn in Zusammen- hang stehendes »viscerales« System, welches jederseits aus zwei kleinen, an einander liegenden Knötchen bestehe, die durch zwei feine Wurzeln mit den inneren und äußeren Hirnganglien verbunden seien und abwärts an den Ösophagus zwei oder drei kleine, sich verzweigende Nerven gäben. Das Hermeilengehirn beschreibt derselbe Autor (1848) als nur von einem sich median berührenden Ganglienpaare gebildet; auch hier erwähnt er ein Paar Augenflecke. Das Gehirn liefere nur zwei Paar nach vorn gerichtete Nervenstämmchen, deren Verzweigungen in der inneren, mittleren Partie der Kopfmasse (= Paleenträger) sich verlieren sollen. Bei HermeUa beschreibt nun Qüatrefages ein sehr complicirtes Eingeweidenervensystem ; seiner Darstellung zufolge treten an der Hiuterseite der beiden Hirnganglien ein Paar feine Nervenstämmchen aus, verlaufen nach hinten und unten parallel mit dem Schlundring und vereinigen sich mit diesem dicht vor dem Un- terschlundganglion : in der vorderen, oberen Hälfte sind die beiden dünnen Stränge mit einer Reihe kleiner Knötchen versehen, welche feine Wurzeln in die Schlundcommissuren senden, und an der Mitte der ersteren zweigt sich jederseits nach vorn ein gleichfalls mit gangliösen Knötchen ausgestatteter Nerv ab, dessen Nebenäste die »cirrhes buccaux« innerviren. Bei Mijxicola entdeckte sodann Claparède die riesig entwickel- ten hinteren Ganglienlappen des Gehirns, welche sich dem unpaaren Ausführungsgange der »glandes tubipares« auf beiden Seiten anleh- nen (1873 pag. 13(J, 162), er spricht ferner über den Bau der dicken Kopfkiemennerven der Serpulaceen (pag. 130), die er als echte Ner- ven definirt und deren Lage innerhalb der Basalstücke der Kopf- kiemen er durch Abbildung von Diagrammen (Taf. 1 Fig. 1 — 4 ; Taf. 6 Fig. 1) genauer darstellt. Schließlich beschreibt Claparède noch bei Myxicola ein besonderes seitliches Gehirnnervenpaar, welches mit kräftigen Wurzeln entspringend sich im Bogen zur Seitenwand der Kopfkiemenbasen begiebt und sich hier dicht unter der Hypo- dermis flächenhaft ausbreitet, wo der Autor das Vorhandensein eines Sinnesorgans vermuthet (pag. 131). Die Angaben Orley's (1884) über die Anordnung der Nerven in den Kopfkiemen haben wir schon besprochen. Wie Qüatrefages, so nimmt auch Pruvot (1885) nur zwei Paar Ganglien im Gehirn der Serpulaceen an , von denen die beiden in- neren, kleineren in der Mediane zusammenstoßen und die beiden Studien über eleu Kürperbau der Anneliden. 539 äußeren, grcißeren sich bei Myxicola und Serpula iu die hinteren Lapiien fortsetzen sollen. Aus den mittleren Ganglien sah Pruvot nur bei Sabella ein Paar ganz kleine Nerven austreten, welche sich zu den kurzen Stirnteutakeln begeben. Von den äußeren Ganglien, die bei der eben genannten Art auf ihrer Unterseite mit einer Reihe von Augentlecken versehen sind, gehen nach oben und nach vorn die großen Kopfkiemennerven aus. Bei Sahella und Serpula sollen die- selben nur durch je eine, bei Myxicola dagegen durch je zwei, über einander gelegene Wurzeln mit dem Gehirn verbunden sein und sich distal theileud je einen Nerven für jeden Kiemenstrahl abgeben, von denen der innerste bei Serpula jederseits in den Stiel des ausgebil- deten oder rudimentären Deckels eintrete ; bei diesem Thiere erwähnt der Autor ferner ein Ganglion, mit welchem die Kopfkiemennerven dicht vor der Stelle ihrer Spaltung ausgestattet seien. Für Sabella verzeichnet Prüvot noch ein Paar kleinere, aus dem hinteren Theil der äußeren Ganglien kommende Stämmchen, welche die Muskel- masse der Kopf kiementräger innerviren. Diese Ganglien bilden nun der Angabe des Autors zufolge auch das Centrum für das »stomato- gastrische« Nervensystem. Sie sollen nämlich bei Sabella jederseits nach innen und nach vorn einen sich sofort stark verästelnden Nerv aussenden, dessen Hauptast sich mit den Kopfkiemenstämmen ver- einigt und dessen kleinere Zweige theils einen Plexus bilden, theils in die lateralen Lippenampullen eintreten ; außerdem seien noch einige selbständige kleine Pharyngealnerven vorhanden. Das Gehirn und die Hirnnerven von BrancJiiomma beschreibt Brunotte '18SS im Allgemeinen eben so wie Pruvot bei Sabella. In Bezug auf das peripherische Verhalten der Kopfkiemennerven hebt der iiutor im Einklänge mit der Angabe Okley's auch für seine Art das Vorkommen von zwei Längsnerven in jedem Kiemenstrahl her- vor, welche am Ende der letzteren die Augenflecke innerviren; wei- ter behauptet er, dass die beiden obersten Aste jeuer Hauptstämme in die Lippenfortsätze eintreten, und schließlich, dass auch die im 1. Segment gelegeneu Gehörorgane ein von den seitlichen Hirngan- glien nach hinten ausgehendes Nervenpaar erhalten. Von der Ver- einigung eines Astes der Mundnerven mit den Kopfkiemeunerven, wie es Pruvot darstellt, sagt er nichts. Meinen eigenen Beobachtungen zufolge muss ich nun das ana- tomische Verhalten des Gehirns und der von ihm ausgehenden Nerven bei unseren Würmern für ein viel complicirteres und in mancher Hin- sicht ganz anderes erklären, als es meine Vorgänger dargestellt haben. 540 Eduard Meyer Bei den Serpiilaceen ist das Organ im Bereiche der einzel- nen Grnppen sowohl in Bezug auf seine Lage als Form recht be- deutenden Schwankungen unterworfen, indem es vom vorderen Ende des Körpers bald mehr bald weniger zurücktretend in verschiedenem Maße von den peripheren Theileu der vorderen Rumpfpartie über- ragt wird und seine gangliösen Centren in ungleicher Weise an der Oberfläche vorspringen oder sich sogar von der Hauptmasse des Ge- hirns absondern : die Zahl der Gehirnnerven scheint nun im Allge- meinen überall dieselbe zu sein, doch treten im Verlauf derselben auch wieder bemerkenswerthe Verschiedenheiten auf. Das Gehirn der Serpuliden i. e. S. befindet sich zwischen den Wurzeln der beiden Kopfkiementräger, der Stirneiusenkung mit seiner vorderen und zum Theil auch unteren Oberfläche nahe anlie- gend, auf einem Niveau mit dem Halskragen und den Kopfkiemen- stützeU; wo solche als deutlich erkennbare Gebilde vorhanden sind : seiner Lage nach befindet es sich also im Bereiche des 1. Rurapf- somites (Taf. 25 Fig. 6—10; 7. Bd. Taf. 24 Fig. 1. 2, 5; Taf. 26 Fig. 7). Die Form des Organs ist im Allgemeinen eine quergestreckte, indem die Hauptfasermasse ein ziemlich breites aber kurzschenkliges, beinah vertical stehendes Hufeisen vorstellt; dieses ist ringsherum von einem an verschiedenen Stellen verschieden starken Zellenbelag umgeben, welcher die einzelnen mehr oder weniger abgegrenzten Gangliencentren bildet. Die letzteren wollen wir zusammen mit den aus ihnen entspringenden Nerven bei Eupomatus lunuliferus Clap.. einer deckeltragenden, typischen Serpulidenform, betrachten. An der Vorderseite verdickt sich der Zellenbelag zu einem leicht vorgewölbten vorderen, medianen G a n g 1 i e n p a a r , den inneren Hirnganglieu der Autoren , welches zwei Paar ganz kurzer Nerven zur Stirneinseukuug aussendet; das mittlere Stirnnerven paar (Taf. 25 Fig. 9 — <òa) endet in der Haut zu beiden Seiten der uu- paaren Nephridienmündung und die zwei äußeren Stirnnerven (Taf. 25 Fig. SZ» begeben sich zu den knopfförmigeu Sinnesorganen der seitlichen Stirnecken. In den von meinen Vorgängern als äußere Hirnganglien bezeich- neten lateralen Partien des Gehirns lassen sich nun verschie- dene, zum Theil sehr deutlich abgegrenzte, vorspringende und selbst gesonderte Gangliencentren unterscheiden. Eine recht ansehnliche Lage bilden die Ganglienzellen auf der ganzen Unterseite des Organs. In der vorderen Hälfte dieser Zellen- 1 Studien über den Körperbau der Anneliden. 54 1 masse, welche auch noch der iDteguuicnteiDsenkuDg anliegt, befinden sich rechts und links die beiden Augengruppen . welche dicht unter dem Hypoderm liegend jederseits aus einer Mehrzahl von klei- nen, je eine Linse enthaltenden Pigmenturnen bestehen Au. Auswärts vom vorderen, medianen Ganglienpaar gehen vom Ge- hirn nach vorn ein Paar sehr starke Nerven aus, es sind die äuße- ren Nerven stamm e der Kopfkiemen (Taf. 25 Fig. ](► — Sc). Ihre Fasern erhalten sie sowohl von der Hauptfasermasse des Ge- hirns als aus der vorderen Hälfte der unteren Zellenmasse, und zwar aus der medianen und der über den optischen Centren gelegenen, seitlichen Partie derselben : auf ihrer oberen und äußeren Fläche haben die Wurzeln der beiden Stämme keinen zelligen Überzug. Die äußeren Nervenstämme der Kopf kiemen treten direct in die basalen Stücke der letzteren ein (Taf. 25 Fig. 8, 1 c] und weichen dann seit- wärts ab, so dass sie nach außen von der Kopfkienienmusculatur T.m und vom Gefäßstamm [V. T verlaufend schließlich an der Innenseite der äußeren , lateralen Hypodermis der Basalstücke an- langen (Taf. 25 Fig. 6, 'bc). Nun spaltet sich jeder Hauptstamm in eine Menge dünnere Aste, von denen sich je zwei in jeden Kie- menstrahl begeben und an der Außenseite dieser, wie oben beschrie- ben , als äußere S t r a h 1 e n n e r v e n ihren Weg bis an das Ende der Fäden fortsetzen (Taf. 25 Fig. 5,. 4, \c.. Wie schon hervor- gehoben wurde, haben auch die Stiele des ausgebildeten und rudi- mentären Deckels je ein Paar solcher Nerven (Taf. 25 Fig. 5,4,3 De.c) . Hinter der Augenregiou bildet die Zellenmasse ein deutlich vor- ragendes, seitlich-unteres Ganglien paar, dessen Faserkern, welcher nach oben und innen mit der Hauptfasermasse des Gehirns in Zusammenhang steht, jederseits drei Nerven aussendet (Taf. 25 Fig. JO— 16 d, e,f. Das vorderste Paar derselben sind die inneren Nerven- stämme der Kopfkiemen d . Ihre Wurzeln befinden sich somit unterhalb und eine ziemliche Strecke hinter den Wurzeln der äuße- ren Stämme ; auch sind sie hier bedeutend schwächer als die letz- teren. Die inneren Nervenstämme verlaufen gerade nach vorn und lehnen sich an die Unterseite der äußeren Kopfkiemennerven dicht an, ohne dass jedoch eine Vermischung der Fasern dieser und jener stattfindet (Taf. 25 Fig. 9—7 d) ; darauf verlassen sie die seitwärts abbiegenden äußeren Stämme (Taf. 25 Fig. 6 d] und bilden , indem sie sich einwärts von der Kopfkiemenmuskulatur {T.m) halten und allmählich sehr viel stärker werden, an der Innenseite der dem 542 Eduard Meyer Munde zAigekehrten Wand der Kopfkiementräger ein Paar große, peripherische Ganglien (Taf. 25 Fig. od. Vom letzteren gehen nun schließlich die inneren oder Rinnennerven der Kiemenstrahlen aus iTaf. 25 Fig. 4, \ d). deren ein jeder Kie- menstrahl sowie auch die beiden Deckelstiele (Taf. 25 Fig. 5 — 3 De. d] je einen erhalten, und die dann ihrerseits die Nerven der Pin- nulae abgeben; ferner nehmen in diesen Ganglien, wie ich glaube, auch die Nerven der Lippenzapfen (Taf. 25 Fig. 3, 4 d') ihren Ursprung. Das zw^eite Paar können wir als Mundnerven bezeichnen; sie steigen zunächst beinah senkrecht bis zum Ösophagus herab (Taf. 25 Fig. 14 — 10 e) und gehen dann zu beiden Seiten desselben in hori- zontaler Richtung nach vorn bis in die eigentliche Mundregion (Taf. 25 Fig. 9 — 4 e) ; unterwegs liefern die beiden Stämmchen medianwärts eine Reihe sich verzweigender, oberer und unterer Nebenäste hinten für den Schlund und vorn für die Ober- und Unterlippe. Das dritte Nervenpaar hat Anfangs einen ähnlichen Verlauf wie das zweite, wendet sich aber am Ösophagus horizontal nach hinten, um die obere und untere Wand der Speiseröhre in ihrem größeren hinteren Abschnitt vermittels verzweigter Nebenäste zu innerviren (Taf. 25 Fig. 13 — 16, 10/); es sind also Osophagealnerven. Gleich hinter den eben besprochenen Centren befindet sich ein Paar nach außen gerichteter, kegelförmiger Vorsprünge der lateralen Zellenmasse, welche ein seitlich-hinteres Ganglien paar vor- stellen und zu den lateralen Längsmuskeln (/. m) in transversaler Richtung ein seitlich-hinteres Nervenpaar aussenden (Taf. 25 Fig. 14—16 /(;. Hierauf folgen die kurzen, aber sehr starken Schlundcom- missuren. welche eine directe Fortsetzung der Querfaserraasse des Gehirns bildend, aas den hinteren Seitentheilen des letzteren schräg nach unten und hinten austreten: auf ihrer ganzen Außenseite sind sie von einer dünnen Ganglienschicht bedeckt (Taf. 25 Fig. 15 — 19 S.C). Die h am al e Oberfläche des Gehirns ist nur in ihrer hin- teren Hälfte mit einer ansehnlichen Zellenmasse ausgestattet; durch den äußeren Theil derselben hindurch sendet nun zunächst die Haupt- fasermasse nach oben ein Paar kräftige Stränge aus, welche außer- halb des Gehirns schräg nach hinten und unten einen Bogen be- schreiben und dann dicht vor dem ersten Bauchmarksgangliou (B) in die Schlundcommissuren eintreten (Taf. 25 Fig. 10 — 19y); in Studien über di'ii Kürperbau der Anneliden. 543 ihrem ganzen Verlaufe sind die beiden äußeren Faser])üg-en mit einer besonders auf der Außenseite sehr bedeutenden Menge von Ganglien- zellen umgeben, so dass hier ein Paar große par a cerebrale Ganglien entstehen. Von ihnen geht ein seitlich-oberes Ner- ve np aar aus. das sich über dem seitlich-hinteren Paare ähnlich wie dieses auch zu den lateralen Längsmuskelu begiebt (Taf. 25 Fig. 16 «7'). Die mittlere Partie der oberen Gehiruzellenmasse wird nach hin- ten zu immer mächtiger und bildet die beiden großen oberen, hin- teren Gehirnlappen, die durch eine tiefe mediane Einsenkung von einander getrennt sind und sich dem unpaaren Ausführungsgange der Thoracalnieren ganz nah anlehnen (Taf. 25 Fig. 10 — J5), sie geben nach oben ein ziemlich dünnes, oberes, hinteres Ner- venpaar ab, welches an beiden Seiten des Ausführungsganges der Thoracalnieren nach vorn verläuft und am ectodermalen Abschnitt des letzteren seine terminale Ausbreitung findet (Fig. 25 Fig. 13 — 6i). Auf der hinteren Gehirnoberfläche gehen die gangliösen Zellenmassen der Ober- und Unterseite in einander über, und hier entspringt nun zu beiden Seiten des medianen Einschnittes aus der Hauptfasermasse ein mittleres, hinteres Nerven paar, welches sich gleich nach seinem Austritt zu einem einheitlichen, dickeren Stamm vereinigt, und dieser geht nun, einen unpaaren Gefäß- nerv vorstellend, in gerader Richtung nach hinten, lehnt sich dem Rückengefäß unten an und verläuft mit diesem bis zum Mitteldarm- sinus, auf dessen Außenwand er sich zu verzweigen scheint (Taf. 25 Fig. 14— 19/1). Die beschriebenen gangliösen Gehirncentren und Nerven habe ich alle auch bei Psygmobranchus protensus constatiren könnend 1 Auf Taf. 24 des 7. Bandes habe ich in Fig. .3 und 4 das Gehirn von Psygmobranchus nach Schnittserien reconstruirt und halbschematisch abge- bildet; die Bedeutung der Buchstabenbezeichnungen in diesen Figuren ist folgende: 6' = das vordere, mediane Ganglienpaar, Nv.^, Nc- = die beiden S tirnnervenpaare, 6- = das größere, äußere Ganglienpaar der Autoren, welches die verschiedenen äußerlich nicht hervortretenden und unter diesen auch die mit den Augenflecken versehenen optischen Centreu, G*.Au, enthält. Ncfi = die vereinigten Wurzeln der äußeren und inneren Kopf kiemennerven. Dargestellt ist nur der weitere Verlauf der äußeren Nerven, da ich die inneren Stämme mit ihrem peripherischen Ganglion erst bei einer späteren Nachuntersuchung erkannt habe ; auch sind in Fig. 5 die Nerven der Pinnulae irrthümlicherweise als von den äußeren Strahlen- nerven ausgehend gezeichnet. G'^.i = die oberen, hinteren Gehirnlap- pen; das von ihnen ausgehende obere, hintere Nervenpaar ist nicht abgebil- det. A''r.4=das mittlere hintere Nervenpaar, das sich hier erst weiter 544 Ecìiiai-d Meyer Beachten swertb sind bei dieser Art die äußeren imd inneren Haupt- stämme der Kofkiem ennerven wegen ihrer abweichenden, gegen- seitigen Beziehungen: sie bilden hier in ihren proximalen Theilen scheinbar jederseits einen einheitlichen Stamm , der auch nur mit je einer sehr breiten Wurzel vom Gehirn zu entspringen scheint. Die histologische Untersuchung zeigt uns jedoch ohne AYei- teres. dass es sieh bloß um ein sehr nahes Zusammenrücken der verschiedenen Nervenstämme ohne eine wirkliche Vermischung ihrer Fasern handelt, und dass dieselben eben so wie bei Eupomatus in locai von einander entfernten Gehirncentren ihren Ursprung haben. Bei Psygmobranchüs habe ich nun auch an Sagittalschnitten das Verhalten des oberen hinteren N e r v e n p a a r e s zum ectodermalen Abschnitt des Ausführungsganges der Thoracalnieren wieder gefun- den (Taf. 25 Fig. 20^'): hier sieht mau, dass diese beiden Nerven an der ganzen Außenseite des Canalepithels eine Art faserigen Über- zug bilden, in welchem hier und da Kerne auftreten, wie sie in den peripheren Ganglien verschiedener Sinnesorgane vorkommen. Das Gehirn und die Gehirnnerven der übrigen Ser- pulaceen habe ich mehr cursorisch untersucht, und werde mich daher auf diejenigen Punkte beschränken, welche uns hier beson- ders interessiren können. Was die Lage des Gehirns betrifft, so ist dieselbe bei den noch lacht besprochenen drei Gruppen ziemlich verschieden. Der Stirn- einsenkung anliegend linden wir dieses Organ bei den Sabelliden. wo es sich wohl zwischen den Wurzeln der Kopfkiementräger, aber vor dem Collare und den Kopfkiemenstützen, also eigentlich auch noch vor dem Bereiche des 1. Eumpfsomites befindet (7. Bd. Taf. 23 Fig. 9). Etwas mehr nach hinten gerückt sehen wir das Gehirn bei den Amphicoriden, hier hinter den Kopfkiemenwurzeln und ganz im 1 . Segment,, dabei dicht unter der nicht eingestülpten Stirnober- fiäche (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14— iti,. Bei den Eriographiden nun hat sich dieses Organ sehr weit in den Rumpf hinein zurückgezogen, so dass es zwischen dem 1. und 2. Somite und zugleich eine recht nach hinten an der Unterseite des Vas dorsale zu einem unpaaren Gefäi3nerven vereinigt. G^.a = das paracerebrale Gau^lienpaar mit NvJ^o = dem seitlichen, oberen Nervenpaar; Xv.-ni = die hinteren Enden der bogen- iormigen Faseistränge der Ganglien, deren Eintritt in die Schluudcommissuren ich auch erst nachträglich entdeckt habe, und die ich vorher für einfache Ner- ven hielt. G^' = das seitliche, hintere Ganglienpaar und Ncß = das seitliehe, hintere Nervenpaar. Die Mund- und Üsophagealnerven sind fortgelassen. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 545 bedeutende Strecke hinter die Stirneinsenkimg zu liegen kommt (7. Bd. Taf. 23 Fig. 10;. Vor und über dem Gehirn befindet sich bei den Vertretern aller drei genannten Serpulaceengruppen die huf- eisenförmig gebogene Kopfkuorpelmasse, von welcher nach vorn hin die knorpeligen Strahlen der Kopfkiemen ausgehen. Die Form des Gehirns ist überall im Allgemeinen dieselbe; bei Sabelliden und Amphicorinen ist es nur etwas mehr in trans- versaler Richtung gestreckt (7. Bd. Taf. 26 Fig. 16; Taf. 24 Fig. 15), bei den Eriographiden dagegen mehr gedrungen, weil das Organ hier von der außerordentlich starken hämalen und neuralen Längsmus- culatur des Rumpfes eingeengt wird (7. Bd. Taf. 24 Fig. 6; Taf. 26 Fig. 19), Mit Ausnahme der paracerebralen treten die übrigen vor- springenden Gehirnganglien überall mehr oder weniger deutlich her- vor, ganz besonders aber und zwar viel stärker als bei den Serpu- liden i. e. S. ist dieses wegen des außergewöhnlichen Reichthums an Ganglienzellen bei Myxicola der Fall. Die paracerebralen Ganglien sind bei Spirographis und Myxicola nicht gesondert, auf Schnitten aber innerhalb der Ge- hi rumasse dennoch gut zu erkennen, und ihre bogenförmigen Faserstränge, die bei der ersteren Form eine etwas tiefere, bei der letzteren dagegen eine ganz oberflächliche Lage haben, zeigen den- selben Verlauf und dieselben Beziehungen zu der Fasermasse des Gehirns und des Bauchmarks. Bei Amphiglene kenne ich diese Theile. sowie auch die Hirnnerven nicht. Die zwei Stirnnervenpaare besitzen sowohl die Sabelliden als die Eriographiden ; bei Spirographis und bei Myxicola inner- viren die äußeren von ihnen, wie dieses auch Pruvot für Sahella darstellt, wieder die kurzen Stirntentakel. Im Gehirn liegende mit Linsen ausgestattete Au gen flecke haben alle drei Gruppen, Amphiglene nur ein Paar, Spirographis und Myxicola aber zwei Reihen. In Bezug auf die Nervenstämme der Kopfkiemen verhalten sich die Sabelliden und Eriographiden nicht gleich. In dieser Hinsicht erinnern die Eriographiden an die Ser- puliden i. e. S. Bei Myxicola entspringen die äußeren Stämme — nach Pruvot das obere Wurzelpaar, die CLAPARÈDE'schen seit- lichen Gehirnnerven, welche in einem Paar Sinnesorganen endigen sollen — oben aus den vorderen , lateralen Theilen des Gehirns, richten sich im Bogen nach oben und außen, gehen dann hinter den seitlichen Schenkeln des Kopfknorpels zur Außenwand der Kopf- Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 36 546 Eduard Meyer kiemenwurzeln und breiten sich unter der Hypodermis zu einer dünnen, aber sebr umfangreichen Faserschicht aus (Claparède, 1873 Taf. 6 Fig. 4 w, 5 rr^, w, ß. 6 ß) ; von hier ab spalten sie sich in eine große Anzahl dünner Nerven, von denen sich je zwei als äußere Strahlennerven in jeden Kiemensti'ahl begeben (Taf. 25 Fig 2 cj. Die sehr viel stärkeren inneren Stämme — nach Pruvot die unteren Wurzeln und nach Claparède die eigentlichen Kopf- kiemennerven — gehen vom Gehirn hinter und unter den Wurzeln der äußeren Stämme aus einem großen seitlich-unteren Ganglien- paar ab, das auch hier außerdem noch den recht ansehnlichen Mund- und Ösophagealuerven den Ursprung giebt, und verlaufen dann gerade nach vorn innerhalb des Knorpelbogens und der Kopfkiemenmus- culatur (Claparède Fig. 4, 3 er', 2 er, \ n: 7. Bd. Taf. 26 Fig. 18 Nv.T — die äußeren Strahlennerven sind nicht abgebildet, weil erst später erkannt), sich beständig in der Nähe des Schlundes haltend, an welchem sie ein sehr großes peripherisches Ganglienpaar bilden. Hier entspringen wieder die inneren oder Rinnennerven, je zwei für jeden Kiemenstrahl (Taf. 25 Fig. 2 d), welche die Nerven der Pinnulae aussenden, und die Ganglien selbst ragen medianwärts bis in die beiden Hälften der Oberlippe hinein , deren kurze , ge- wundene Zipfel sie mit einer ganzen Anzahl von Nerven versorgen. Bei den Sabelliden nun erhalten die Kopfkiemen nur ein Paar Nervenstämme, die jedoch bei SpirograpJds , ähnlich wie Pruvot es bei Sahella beschreibt, jederseits durch zwei gesonderte, sich erst ziemlich weit vorn vereinigende Wurzeln vom Gehirn ent- springen. Zu diesem steht das obere, vordere Wurzelpaar in denselben Beziehungen wie die äußeren Stämme der Serpuliden und Eriographiden , und das bedeutend schwächere untere, hintere Wurzelpaar — nach Pruvot die vorderen Hauptstämme des »sto- matogastrischen« Systems — verhält sich ähnlich wie die inneren Kopfkiemenstämme jener, nur liegen die beiden, auch die Mund- und Ösophagealuerven liefernden seitlich -unteren Gangliencentren etwas weiter nach hinten, am Anfang der Schlundcommissuren. Die beiderseitigen, einheitlichen Kopfkiemenstämme bleiben einwärts vom Knorpelbogen und der Kopfkiemenmusculatur, bilden ein Paar nicht sehr große peripherische Ganglien und theilen sich dann in die paarigen Rinnennerven (Taf. 25 Fig. 28, 29 c?), von denen außer den Nerven der Pinnulae sich noch jene dünnen Nervenäste für die Außenseite der Kopfkiemenstrahlen abzweigen (Taf. 25 Fig. 29 d'). Die Nerven der Lippenfortsätze habe ich nicht gesehen; Studien über den Körperbau der Anneliden. 547 ■wie Bruxotte behauptet, sollen sie sich auch vou den beiden Haupt- stäiumen abzweigen. Die oberen, hinteren Hirnlappen [G^) sind bei allen Gruppen die am stärksten vorspnng-enden Ganglien, woher es mich wundert, dass Pruvot bei Sabella und Brunotte bei Branchiomma sie nicht erwähnen. Bei Spirographis verläuft der unpaare Aus- führungsgang der Thoracalnieren in ziemlicher Entfernung über die- sen Theilen des Gehirns (7. Bd. Taf. 23 Fig. 9) und erhält von ihnen wie gewöhnlich ein Paar obere, hintere Nerven (?) , die nach oben und etwas nach hinten aufsteigend sich am ectodermalen Canalabschnitt (Taf. 25 Fig. 24—27 N}e) ausbreiten. Hier sei einer interessanten Anomalie gedacht, die ich bei einem jungen Exemplare von Spirographis beobachtet habe. Gegen das hintere Ende des ectodermalen Abschnittes bildete der mediane Ausführungsgang der Thoracalnieren auf der einen Seite eine gegen das Gehirn hin sich ampullenartig erweiternde Aussackung, an welche der entsprechende Nerv herantrat und sich gleich hier schon zu einer Faserschicht auf der Außenseite des Blindsackes umwandelte (Taf. 25 Fig. 27, 26 iV.^e']; an der ent- gegengesetzten Seite des Canals befand sich der Aussackung gegenüber nur eine unbedeutende Ausbuchtung des Epithels. Die oberen, hinteren Hirnlappen [G^] von Myxicola zeichnen sich durch ihre außerordentlichen Dimensionen aus und klemmen den hinteren, excretorischen Abschnitt des unpaaren Nierencanals [NS] geradezu zwischen sich ein (7. Bd. Taf. 23 Fig. 10; Taf. 24 Fig. 6; Taf. 26 Fig. 19). Das aus ihren Spitzen austretende obere, hintere Nervenpaar [i] ist dem entsprechend auch recht stark, ver- läuft jederseits längs der medianen Fläche der mächtigen hämalen Längsmuskeln schräg nach vorn und oben und theilt sich dabei in eine Anzahl von Spaltästen, die über den Knorpelbogen hinweg- gehend sich schließlich zu dem kurzen, ectodermalen Endtheil des Ausführungsganges der Thoracalnieren [N}e) begeben ^Taf. 25 Fig. 21 — 24). Am letzteren schien mir sowohl \)Q\ Myxicola als })q\ Spiro- graphis eine Vereinigung der Nervenfasern mit den Ausläufern der Epithelzellen stattzufinden, auch sah ich wieder in dieser Gegend die für Sinnesorgane charakteristischen, runden Kerne. Bei Amphiglene lehnen sich die oberen, hinteren Ganglien [G"^) auch dem durchweg ectodermalen, medianen Nephridialcanale dicht an und befinden sich wie dieser gleich ujiter der Haut des Rückens (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14, 15). 36* 548 Eduard Meyer Wenden wir uns nun zum Gehirn der Hermellen. Bei Sahellaria alveolata befindet sich dasselbe nur in so weit im Bereiche des 1. Rumpfsomites, als es von den riesigen Paleenträgeru sowohl hämal als lateral weit überragt und von deren mächtigen Muskelmassen umgeben wird , nach unten aber grenzt es an die obere Wand der Mundhöhle an und lehnt sich nach vorn direct an den Boden der Stirneinsenkung (7. Bd. Taf. 24 Fig. 11, 12). Seiner Lage nach ist das Hermellengehirn also nicht so weit in den Rumpf hineingezogen, wie bei den Serpulaceen. Wenn der innere Bau des Organs auch nicht minder complicirt ist, so bilden doch die verschiedenen gangliösen Centren keine be- sonders auffallenden Vorragungen, woher denn seine Form bedeu- tend einfacher ist. Sich auch hier mehr in transversaler Richtung ausdehnend scheint es aus zwei ovalen Hauptmassen zu be- stehen , die median zusammenhängen und sich nur nach hinten als zwei mäßig vorspringende obere, hintere Ganglien vor- wölben. Ein mittleres, vorderes Nervenpaar [Nv.'^) hat auch Saheììaria\ es verläuft über der Stirneinsenkung längs der unteren Oberfläche der Paleenträger gerade nach vorn und innervirt eine ganze Reihe mit Linsen versehener Augenflecke (-4w), die zu beiden Seiten der nach unten offenen Längsrinne (Ä) in der Haut zerstreut liegen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 8 — 11). Im Gehirn selbst sind keine weiteren Augen vorhanden. Das seitliche, vordere Nervenpaar [Nv.'^) tritt unten, vorn und ganz seitlich aus dem Gehirn aus und begiebt sich in die Stirntentakel [h. T) . Oberhalb dieses Paares gehen durch den oberen Zellenbeleg hindurch aus der Hauptfasermasse kommend ein Paar para cere- brale Faser bögen aus, welche sich hinten in das Ende der Schlundcommissuren einsenken; auch hier liegen sie außerhalb des Gehirns und senden ein seitlich-oberes Nervenpaar aus, doch haben sie keinen zelligen Überzug (7. Bd. Taf. 24 Fig. 10, 11 Nv^y. Die Nervenstämme der Mundtentakel (7. Bd. Taf. 24 Fig. 9 — 11 Nv."^) entspringen an der Außenseite des Gehirns aus dessen hinterem Abschnitt mit je einer oberen, vorderen und einer unteren, hinteren Wurzele Von diesen steigt die erstere 1 Die Vereinigung der paracerebralen Faserbögen mit den Schlundcom- missuren, so wie die beiden Wurzeln der Hauptstämme der Mundtentakel habe Studien über den Körperbau der Anneliden. 549 einwärts vom paracerebraleu Faserbogen schräg nach unten und hinten hinab zur anderen Wurzel , welche seitlich aus dem noch intracerebralen Theile der Schlundcommissuren gerade nach unten austritt und stärker ist als jene. Nach der Vereinigung ihrer Wur- zeln wenden sich die beiden , nunmehr jederseits durchaus einheit- lichen Nervenstämme nach vorn und verlaufen als solche weiter in horizontaler Richtung am unteren inneren Rande der Paleenträger. medianwärts von deren Musculatur (7. Bd. Taf. 26 Fig. 22 Nv.T). Auf ihrem ganzen Wege geben sie ventral die Nerven für die basalen Läppchen der Mundtentakel ab, die sich vor dem Eintreten in diese, wie mir schien, in je zwei Aste spalten, von denen der eine die Nerven der Tentakelfäden liefert, der zweite aber ohne Seitenzweige in dem anderen Begrenzungswulst der transver- salen Flimmerrinne der Läppchen verläuft. Dicht an der Innenseite der unteren Wurzeln der eben beschrie- benen Nervenstämme gehen nach unten und innen ein Paar Stämm- chen ab, die wir als Mund-Osophagusnerven bezeichnen können (7. Bd. Taf. 24 Fig. 10, 12 S). Sie theilen sich sofort in zwei Äste, von denen der vordere sich horizontal nach innen richtend mehrere Nervenzweige für die Oberlippe [S^) , sowie einen langen [S^) für die faltenförmige , vordere Fortsetzung derselben [F] liefert ; der hintere Ast biegt seitlich von der Mundhöhle nach unten und sendet nach hinten je einen oberen und einen unteren Nerven für den Öso- phagus [S^, S^) , sowie mehrere Zweige für die beiden Hälften der Unterlippe (S'^) aus. Außerdem giebt es auch bei Sahellaria noch ein seitlich- hinteres Gehirnnervenpaar (7. Bd. Taf. 24 Fig. 10, 11 Nv^], welches im Bereiche der Schlundcommissurenwurzeln entspringend sich in den seitlichen Muskeln der Paleenträger verliert, sowie ein hinteres, mittleres Nervenpaar (7. Bd. Taf. 24 Fig. 10 Nv^], das sich aufwärts zum Vas dorsale begiebt. Die oberen, hinteren Nerven habe ich nicht deutlich sehen kön- nen, obgleich der ectodermale Endabschnitt des unpaaren Nieren- ausführungsganges mir auch hier von einer Nervenfaserschicht mit runden Kernen umgeben schien. ich auch erst später erkannt, nachdem die angeführten Tafeln des 7. Bandes schon gedruckt waren, woher diese Beziehungen auf denselben nicht mehr dar- gestellt werden konnten. 550 Eduard Meyer Das Bauchmark, und die Spinalnerveu. Wie schon erwähnt, waren es Rudolph Wagner (1832) und Geube (1838), welche zuerst auf die typische Form des Bauchmarks der Serpulaceen aufmerksam machten; auch hatte Grube erkannt, dass je zwei Quercommissuren auf jedes Segment kommen und diesen zwei Paar Nerven entsprechen. Anders stellt Quatrefages, der zuerst eine größere Reihe von Formen darauf hin untersucht hatte, das Bauchmark und die Spinal- nerven der Serpulaceen (1S50, Sabella, Leiohranclnis^ Protula^ Ser- pula, Vermilia 1865 II, Myxicola) dar, in so fern als er für diese Thiere in jedem Segmente nur ein Paar durch Quercommissuren ver- bundener Ganglien angiebt, die von vorn nach hinten rasch an Größe abnehmen sollen. Von ihnen entspringe außer einem kleinen Mus- kelnerven jederseits nur ein Fußnerv, der distal ein »gaoglion de renforcement« besitze und sich in die beiden für die hämalen und neuralen Parapodien bestimmten Aste theile. Am stärksten sei das vorderste Ganglienpaar der Doppelkette, und die von ihm ausgehen- den Parapodialnerven sollen sich schon gleich an ihrer Wurzel in den oberen und unteren Fußstummelast spalten; ein drittes Nervenpaar, welches von diesen Ganglien ausgehe, sei nach vorn gerichtet, mit je einem Ganglion versehen und innervire den unteren Theil des Halskragens. Bei Protula erwähnt Quatrefages, allerdings mit der größten Reserve, noch ein besonderes Ganglion in der Mitte der sehr starken, ersten Quercommissur des Bauchmarks. Viel genauer ist die Beschreibung des Bauchmarks und seiner Nerven bei Hermella , welche Quatrefages vorher geliefert hatte (1848). Seiner Darstellung nach schwellen die kräftigen Schlund- commissuren unten und hinten zu einem starken, durch eine Quer- commissur verbundenen Ganglienpaar an, und aus dieser Region ent- springen fünf Nervenpaare : das l . in der Mitte des Schlundrings nach außen und vorn für die j)parties laterales de la masse tentaculaire«, das 2. und 3. an der Außenseite der Ganglien für die »muscles du cou«, das 4. an der Unterseite der Ganglien für die »partie supérieure de la masse des teütacules« und das 5. an der Quercommissur sich nach vorn zum Munde begebend. Weiter bilde das strickleiterförmige Bauch- mark in jedem Segment zwei Ganglienpaare , die »ganglions princi- paux« und «accessoires« , welche im Thorax einander genähert und beide durch Quercommissuren verbunden , im Abdomen aber weiter aus einander gerückt seien, und hier hätten nur die ersteren solche Studien über den Körperbau der Anneliden. 551 Conimissuren. Von vorn nach hinten würden alle Tlicile des Baiieh- niarks schmächtiger, so dass sie im »Schwanz« nur noch mit Mühe erkannt werden könnten. Im Thorax gäben die Hauptganglien jeder- seits vier Nerven ab, drei nach außen für die hämale Musculatur, für die Parapodien und für die neurale Musculatur und einen nach innen für die mediane Integumentpartie und deren Muskeln , die Nebenganglieu dagegen, wie hier so auch im Abdomen, nur ein ein- ziges, nach oben aufsteigendes Nervenpaar für die oberen Muskel- massen. Die Hauptganglien des Abdomen sollen nur drei Paar Nerven aussenden, von denen das 1. für die Parapodien bestimmte Paar mit einem «Ganglion de renforcement« versehen sei und einen hämalen Muskelast liefert, das 2. die neurale Musculatur und das 3. median wärts die Bauchhaut innervire. Im »Schwänze« behauptet der Autor an jedem Ganglienpaar nur ein Paar feine Nerven be- merkt zu haben. Bei Psygmohi'anchus giebt sodann Claparède (1868 pag. 434) in den thoracalen Segmenten je drei und in den abdominalen nur je ein Paar durch Quercommissuren verbundener Bauchmarksganglien an. Bei Myxicola entdeckte er die unpaare, der Bauchkette auf- liegende, riesige Köhrenfaser (1870 pag. 147), stellt jedoch zu- gleich gegen die Angabe von Quatrefages (1865 II pag. 409) die sonderbare Behauptung auf, dass das Bauchmark dieses Wurmes sowohl im Thorax als im Abdomen unpaar sei, und zwar nicht etwa in Folge einer Verschmelzung der beiderseitigen Hälften, sondern durch i^atrophie normale« der einen. Dieselbe Ansicht behielt er auch in seinen »Annelides sédentaires« bei, wenngleich dahin modificirt, dass wohl im Thorax beide Bauchmarkshälften vorhanden seien, im Ab- domen aber eine von ihnen zurückgebildet sei (1873 pag. 117 — 120). Hier zeigt uns Claparède ferner, dass bei Spirographis , wie es schon Grube bemerkt hatte, in jedem Somite zwei Quercommissuren vor- kommen, im ersten aber statt dessen eine ganze Reihe zum Theil unter einander verflochtener Faserbrücken (pag. 114 . Außer anderen histologischen Details, welche wir in diesem Werke finden, giebt uns der Verfasser desselben eine sehr eingehende Beschreibung der Röh- renfasern, die bei den Serpulaceen ganz besonders große Dimensio- nen erreichen (pag. 113 — 120;. Aus seinen Beobachtungen an Spiro- graphis, Brancliiomma, Protula und Myxicola geht in Bezug auf die Anordnung dieser Fasern hervor, dass je eine derselben den beiden Bauchmarkshälften der Serpuliden und Sabelliden an der Innenseite der Länge nach aufliege und sich nach vorn längs den Schlund- 552 Eduard Meyer commissuren bis ins G-ehirn hinein verfolgen lasse; bei Spirographis konnte er außer einer Längsspaltung im Bereiche des ersten Bauch- ganglienpaares eine transversale Verbindung der beiderseitigen Röh- renfasern innerhalb der vordersten Quercommissur und seitliche Äste in den folgenden constatiren. Bei Myxicola nun fand er die Neuro- chorde nur ganz vorn paarig, aber schon in der Mitteldarmregion des Thorax zu einer einheitlichen, medianen Riesenfaser vereinigt, v^^elche einen viel bedeutenderen Umfang habe als das Bauchmark selbst. Eine Charakteristik der Beziehungen, welche bei den Serpula- ceen das Bauchmark zum Integument, zur Musculatur, und seine beiden Hälften zu einander sowie zu den Neurochorden haben, fin- den wir bei M'Intosh (1877) ; aus derselben geht hervor, dass bei den Serpuliden [Protula, Serpula] und im Allgemeinen auch bei den Sabelliden [Sabella^ Dasxjchone) die beiden mit je einem Neurochorde versehenen Bauchstränge weit von einander entfernt seien, doch schon bei einigen Vertretern der letzteren Gruppe [Chone, Euchone] sollen dieselben näher zusammenrücken, wodurch ein Übergang zu dem Verhalten bei den Eriographiden [Myxicola) vermittelt werde, wo im vorderen Drittel des Körpers zwei separirte Stränge und Neuro- chorde, von da ab aber nur ein unpaarer Neurochord vorhanden und die beiden Bauchmarkshälften median vereinigt seien. In Bezug auf die Ganglienzahl, die Spinalnerven und das ge- genseitige Verhalten der beiden Hälften stellt Pruvot (1885) das Bauchmark bei den drei von ihm untersuchten Repräsentanten der Serpulaceen verschieden dar. Bei Sahella findet er in jedem Seg- mente zwei Paar Ganglien an den weit aus einander gerückten Strängen, die alle durch einfache Quercommissuren verbunden seien, und von denen das eine Paar ganz vorn, das andere ganz hinten in seinem Somite liege, bei Serpula dagegen giebt er nur ein solches Ganglienpaar in jedem Segmente an; bei beiden Formen würden die beiderseitigen Bauchmarkshälften von den ihnen anliegenden, größe- ren Röhrenfasern begleitet, und die vordersten Ganglienpaare sowie ihre Commissuren seien am stärksten entwickelt. Bezüglich Myxi- cola behauptet er nun, die Ansicht Claparède's als unrichtig zurück- weisend, eben so wie M'Intosh, dass sowohl im Thorax als im Ab- domen die beiden Bauchmarkshälften gleich stark entwickelt, aber nicht aus einander gerückt, wie Quatrefages angiebt, sondern un- ter der unpaaren Röhrenfaser zu einem einheitlichen Strange median vereinigt seien; nur vorn soll sich die Röhrenfaser gabeln, dabei auch die beiden Hälften des Bauchmarks sich separiren und bloß Stadien über den Kürperbau der Anneliden. 553 hier zwei Quereommissuren vorkommen. Was nun die Nerven be- triö't, so hätten Sabella und Mxjxicola in jedem Somite zwei Paar, wovon das hintere die Fußnerven vorstelle und sieh in einen oberen und einen unteren Ast spalte, Serpula dagegen nur ein einziges Paar. Aus der Mitte der Connective sah Pruvot ferner bei Sabella jeder- -seits einen dünnen Nerv medianwärts nach unten austreten, welcher sieh in den Bauchschilden verzweige. Bei dieser Form sollen nun aus dem 1 . Ganglienpaar drei Nerven für die ventralen und lateralen Kragenlappen, sowie ein kleines medianwärts zur Bauchhaut gehen- des Stämmchen und aus dem zweiten Ganglienpaar die beiden Ner- ven für das vorderste Paar der hämalen Borstenbündel entspringen, die der Autor wie auch die entsprechenden zwei Paar Ganglien als zum 1 . Somite gehörig betrachtet. Aus dem vordersten Ganglien- paar des Bauchmarks von Serpula ^ dem einzigen Paar des ver- meintlichen l. Segmentes, sollen auf beiden Seiten außer dem un- teren, mittleren Nerven einer für das bezeichnete Borstenbündel, einer für den ventralen Kragenlappen und noch einer, der sich in der Haut verliert, hervorgehen. Bei Myxicola schließlich zeichnet Pruvot fünf Nervenpaare, welche die beiderseitigen, durch die erste Quercommissur verbundenen, vorderen Ganglienmassen des Bauch- marks aussenden: davon gehöre das 1. und 2. Paar dem 1. fuß- losen, das 3. und 4. dem 2. und das 5. als vorderes Paar dem 3. Somite an ; das erste Nervenpaar liefere außer einigen seitlichen In- tegumentästen die beiden Nerven für den spitzen ventralen Kragen- lappen. Die BRUNOTTE'sche Beschreibung des Bauchmarks und der Spi- nalnerven von Branchiomma (18S8) bestätigt für diese Form im Großen und Ganzen das von Pruvot für Sabella constatirte Verhal- ten. Hervorzuheben wäre seine Angabe, dass die vorderen Nerven eines jeden Segments mehr ventral, die hinteren dagegen mehr dor- sal aus den entsprechenden Ganglien hervortreten sollen, ferner, dass auch er die von Cunningham (1887 pag. 271) bei Sabella beschrie- bene Quercommissur der Neurochorde und ihre feinen Verästelungen im Gehirne gesehen habe. Das Vorhandensein der letzteren im Sabellenhirn bestreitet Cunningham, hebt aber besonders hervor, dass bei Myxicola die beiden Neurochorde innerhalb der Gehirnfasermasse in einander con- tinuirlich übergehen; hinten dagegen sollen sie sich nicht vereinigen, sondern der eine sehr bald schon plötzlich endigen. Auch bezüglich des Bauchmarks und seiner Nerven haben mich 554 Eduard Meyer meine eigenen Untersucliungeu in verschiedenen, wichtigen Punkten zu anderen Resultaten geführt. Charakteristisch ist für das Bauchmark der Serpulaceen nnd Herm eilen das Bestehen desselben aus zwei gesonderten Hälf- ten oder Strängen, die je nach den einzelnen Gruppen einer- und nach den verschiedenen Körperregionen andererseits bald mehr bald weniger weit aus einander gerückt sind, ferner zwei Paar durch Quercommissuren verbundene Ganglien in jedem Seg- mente, von denen das eine ganz vorn, das andere ganz hinten in seinem Somite gelegen ist, und denen zwei Paar Hauptnerven entsprechen. Die auf die gewöhnlich kurzen Schlundcommissuren folgenden, successiven Ganglien der vordersten Segmente sind in der Regel dicht zusammengedrängt, ihre Quercommissuren nach hinten verschoben und daher zum Theil mit einander vereinigt, so dass an der Bildung des weiten Schlundringes sich auch bedeutende Ab- schnitte des eigentlichen Bauchmarks betheiligen. Die beiden Stränge des letzteren begleiten ein Paar stark entwickelter Neuro- chorde, und sämmtliche Theile nehmen von vorn nach hinten in Bezug auf ihre Dimensionen stetig ab. Sogenannte Verstärkungs- ganglien an den Spinalnerven sind nirgends vorhanden. Bei den Serpulaceen ist die Entfernung der beiden Bauch- markshälften in den vier Unterabtheilungen der Familie eine ver- schieden starke, bei allen aber weichen dieselben, wie es auch meine Vorgänger richtig dargestellt haben, in den vordersten Thoracalsomiten am meisten aus einander. Den größten Abstand der beiden Stränge finden wir bei den Ser- puliden i. e. S., und hier ist er im Thorax im Allgemeinen bedeu- tender als im Abdomen, indem die beiden Hälften des Bauchmarks vom hinteren Ende des Thorax an nach vorn beständig mehr und mehr sich von einander entfernen. Bei Psygmohranchus, wo ich den thoracalen Abschnitt des Bauch- marks genauer untersucht habe, beginnt die typische Anordnung der Ganglien, Quercommissuren und Spinalnerven erst mit dem 3. Somite. Von da ab entspringen aus dem vorderen und hinteren Ganglienpaare eines jeden Segmentes nach außefi je ein Paar kräf- tige Nerven (7. Bd. Taf. 24 Fig. 2 Nv.a, Nv.p), welche zwischen Haut und neuraler Längsmusculatur nach beiden Seiten hin aufsteigen. Das hintere Spinalnervenpaar (7. Bd. Taf. 24 Fig. 5 Nt\p) beugt sich in seinem Verlaufe schräg nach vorn, wodurch es sich im Bereiche der Seitenlinie den Parapodien von hinten nähert; Studien über den Körperbau der Anneliden. 555 in seiuer unteren Hälfte giebt es einige Zweige für die untere, seitliche Hautpartie und die unteren Th eile der Thor a cai- rn emb ran ab und theilt sich dann hinter den Chaetopodien in zwei Äste. Der eine von diesen, ich nenne ihn den hinteren Ch aeto- po di al nerv, wendet sich gleich nach vorn und liefert für das Hakenflösscheu einen neuralen (w./)) und für den Borstenhöcker einen häm alen Fußast [h.p)\ der andere, er heiße der hintere Rücken nerv [c.p]^ geht gerade nach oben, sendet einen Zweig an die obere Hautpartie und tritt dann selbst in den oberen Theil der Thoracalmembran ein, wo er sich stark verästelt. Das vordere Öpinalnervenpaar [Nv.a] ist weniger nach vorn gebogen, giebt gleichfalls einige Zweige für die untere, seit- liche Hautpartie und die unteren Theile der Thoracalmembran ab und spaltet sich auch an der Seitenlinie in einen vorderen Chae- topodialnerv und einen vorderen Rückennerv [c.a). Der erstere richtet sich nach hinten und liefert einen hämalen Fuß- ast (//.a), welcher zum Borstenhöcker geht, ob aber auch ein neu- raler Ast da ist, konnte ich nicht sicher erkennen; der vordere Rückennerv verhält sich eben so wie der hintere, indem ein Neben- zweig desselben für die obere Hautpartie bestimmt ist, und der Hauptstamm sich in den oberen Theil der Thoracalmembran begiebt. Aus den beiden Ganglienpaaren treten ferner medianwärts an den Wurzeln der Quercommissuren ein vorderes und ein hin- teres Bauch nervenpaar, welche, sich stark verzweigend, die Bauchschilde innerviren. Die vorderen und hinteren Bauchmarksganglien des 1. und 2. Segmentes sind auf beiden Seiten dermaßen zusam- mengeschoben, dass hier äußerlich keine Connective zu sehen sind, und die ersteren somit jederseits als eine continuirliche, lange und starke Ganglienmasse erscheinen. Verbunden sind sie nur durch eine breite Quercommissur [Q.C^] im hinteren Abschnitt des 2. Segmentes, die aus zwei an einander liegenden Strängen besteht; der hintere dünnere Strang gehört dem hinteren Ganglienpaare des 2. Somites an und der vordere breitere Strang enthält drei deutlich erkennbare Faserbündel, welche dem vorderen Ganglienpaare des 2. und den hinteren und vorderen Ganglien des 1. Segmentes ent- sprechen. An Schnitten lassen sich diese vier Faserbündel nach vorn zu bis zum Niveau der respectiven ersten vier Paar Spinal- uerven [Nv.p-, Nv.ci^, Nv.p\ Nv.a^) verfolgen, woher denn die breite 556 Eduard Meyer Quercommissur eigentlich aus den vier ersten Quercommis- suren des Baiichmarks zusammengesetzt ist. Das hintere Spinalnervenpaar des 2. Segmentes (Nv.jß) unterscheidet sich von den entsprechenden Nerven der übrigen Rumpf- segmente eigentlich nur dadurch, dass der neurale Fußast des Chaetopodialzweiges sich in der seitlichen Hautpartie verläuft, da die Hakenflösschen in diesem Somite fehlen. Das vordere Spinalnervenpaar des 2. Segmentes [Nv.a^] entspringt in der Mitte des letzteren mit sehr starken Wurzeln, biegt sich aufwärts steigend recht bedeutend nach vorn und liefert außer einem Zweigpaar für die untere seitliche Hautregion jederseits zwei hintere Nerven der lateralen Kragenlappen ([2], [31), deren Nebenäste sich an der Hinterseite dieser Organe ausbreiten, dann ein vorderes Chaetopodialnervenpaar für die ersten hämalen Borsten- höcker und schließlich die vorderen Rückennerven mit ihrem Haut- ast und dem Aste für den oberen Theil der Thoracalmembran. Auch im 2. Segmente finden wir, wie gewöhnlich, ein vorde- res und ein hinteres Bauchnervenpaar, die jedoch beide an den Wurzeln der ersten breiten Quercommissur ihren Ursprung nehmen. Das hintere Spinalnervenpaar des 1. Segmentes [Nv.p^) verlässt die Bauchstränge im vorderen Theile des 2. Somites und richtet sich sofort sehr stark nach vorn. Diese Nerven geben zu- nächst nach unten einige vorwärts gehende Zweige ab, welche sich in die seitlichen Abschnitte des ventralen Kragenlap- pens begeben ([5], [4]), dann je einen oberen Ast, der ziemlich direct unter der Haut gegen den Rücken hinaufsteigt (in der Abbil- dung Fig. 5 liegt er gerade auf den hinteren Gehiralappen), und treten darauf in die seitlichen Lappen des Collare ein, an deren Vorderseite sie viele stark verzweigte Nebenäste aussendend als vor- deres Nervenpaar der lateralen Kragenlappen ([1]) bis zu den oberen Spitzen dieser Organe verlaufen. Das vordere Spinalnervenpaar des 1. Segmentes [Nv.a^] hat seine Wurzeln im hinteren Abschnitt seines Somites und theilt sich dicht vor dem Halskragen jederseits in einen oberen und einen unteren Ast; dieses Nervenpaar ist überhaupt sehr unansehnlich, und ich würde ihm nicht die obige Bedeutung zuschreiben, wenn ich nicht bei anderen Vertretern der Familie solche Spinalnerven in viel vollkommenerer Ausbildung gefunden hätte. Dem ersten Segmente gehörte noch das mittlere oder Hau pt- nervenpaar des neuralen Kragenlappens (7. Bd. Taf. 24 Studien über den Körperbau der Anneliden. 557 Fig. 2 Xv. n. Kr.. Fig. 5 6]) an. Es entspringt wohl im Bereiche des 2. Somites auf der Höhe der vorderen Spinalnerven desselben und zwar an der Innenseite der beiden Banchmarkshälften, steht aber mit seinen Wurzeln in sehr nahen Beziehungen zu den zwei vorderen Fasersträngeu der ersten, breiten Quercommissur, d. h. mit anderen Worten zu den eigentlichen zwei Quercommissuren des ersten Somites. Außer den hier beschriebenen gehen vom Bauchmark sowohl aus den Ganglien als aus den Längscommissuren noch verschiedene kleinere Nerveustämmchen aus, die ich als weniger interessant fort- lasse. Wie nun die Rumpfmusculatur innervirt wird, habe ich nicht genauer verfolgt. Bedeutend geringer ist der Abstand der beiden Bauchmarks- hälften bei den Sab e Ili den, und hier verlaufen dieselben mit Aus- nahme einer unbedeutenden Strecke im 1. Somite, wo sie ein wenig aus einander weichend in die Schlundcommissuren übergehen, fast durchweg parallel zu einander. Bei Spirograjihis und wahrscheinlich auch bei den übrigen Sa- belliden, sind die vordersten Ganglien des Bauchmarks nicht in der Weise verschoben, wie wir es bei den Serpulaceen sahen, son- dern haben ihre Lage in den Segmenten, welche auch die von ihnen ausgehenden Spinalnerven als Bezirk ihrer Ausbreitung haben (7. Bd. Taf. 23 Fig. 9). So befindet sich das vordere und hintere Ganglien- paar des 1 . Somites im Bereiche dieses Somites und das vordere Ganglienpaar des 2. Somites im vordersten Theile des letzteren. Die besagten Ganglien sind auch hier wieder groß und einander sehr stark genähert, jedoch nicht in dem Maße, wie bei Psygmohrcmchus und wie Pruvot es für Sahella angiebt, indem wohl die zwei vor- dersten Paare jederseits eine einheitliche Masse vorstellen, das dritte dagegen durch eine leichte Einschnürung sich von den vorhergehen- den abhebt. Die erste, breitere Quercommissur ist auf der Grenze zwi- schen dem 1. und 2. Segment gelegen und gehört den drei vorder- sten Ganglienpaaren gemeinsam an; dem entsprechend enthält sie wieder drei transversale Fasergruppen. Die seitlichen Spinalnerven verhalten sich im Allgemeinen eben so wie bei Psygmohranchus; ein nennenswerther Unterschied besteht nur darin, dass mit dem Nichtvorhandensein einer Thoracal- membran bei den Sabelliden auch die bezüglichen Nervenäste fehlen. Die medianen Bauchnerveu, welche die Bauchschilde inner- viren, sind auch wieder vorhanden. 558 Eduard Meyer Die Spinalnerven der vordersten Somite haben bei Spirographis der Lage ihrer resp. Ganglien entsprechend ihre Wurzeln bezüglich im hinteren und vorderen Abschnitt ihres Segments. Hervorzuheben wäre in Bezug auf das vordere Spinalnervenpaar des 2. So- mites, dass es sich nicht an der Innerviruug der lateralen Kragenlappen betheiligt, ferner, dass das hintere Spinal- nervenpaar des 1. Somites ziemlich bald nach seinem Austritt aus den Ganglien sich je in einen neuralen und einen hämalen Ast theilt, wovon der erstere stärker ist und den lateralen Kragenlappen versorgt, der letztere, feinere aber gegen den Rücken in der Rich- tung zu den Kopfkiemenstützen aufsteigt. Das vordere Spinal- nervenpaar des 1. Somites ist hier stärker entwickelt und spaltet sich vor dem Collare ebenfalls in einen unteren und einen oberen Zweig. Median wärts entspringt jederseits an den Wurzeln der ersten Quercommissur nach vorn das Nerven paar des neuralen Kra- genlappens; es sind zwei kräftige Stämme, die sich gleich in je zwei Aste theilen, von denen das mediane Paar zur Bauchdrüsen- masse geht, welche sich in der Basis des zweitheiligen Lappens be- findet, und das äußere Paar diesen letzteren selbst innervirt. Die drei ersten Spinalnervenpaare , welche auf dem Niveau der ersten Quercommissur vom Bauchmark abgehen, hat Pkuvot auch bei Sahella gesehen (1885 pag. 316 — 317), schreibt sie jedoch irrthüm- licherweise dem vorderen Ganglienpaare des 1. Somites zu; es ist dieses die Folge seines Irrthums, dass er sowohl bei Sabelliden als auch bei Serpuliden das erste Paar der hämalen Borstenhöcker als zum 1 . Segmente gehörig betrachtet, während es in Wirklichkeit dem 2. Segmente angehört. Hiernach würde auch die verdickte, vordere, durch drei Quercommissuren [q-q^^q^^] verbundene Partie der beiden Bauchmarkshälften bei Sahella nicht aus drei, wie Pruvot meint, sondern aus fünf Paar Ganglien sich zusammensetzen, nämlich den beiden Paaren des 1. und 2. und dem vorderen Paare des 3. Somites. Noch näher zusammengerückt sind die beiden Stränge des Bauch- marks bei den Eriographiden und weichen nur ganz vorn etwas mehr aus einander. Nach diesem vorderen Auseinanderweichen, wel- ches sich nur auf eine kleine Strecke bezieht, verlaufen die beiden Hälften fast ganz parallel, richtiger ihre äußeren, seitlichen Flächen, denn bei Myxicola findet in der mittleren Thoracalregion eine An- näherung ihrer medianen Flächen beinah bis zu einer gegenseitigen Berührung und von da ab wieder eine Entfernung derselben statt, Studien über den Körperbau der Anneliden. 559 welche dadurch bediugt ist, dass die Stränge vorn sehr viel dicker als hinten sind (7. Bd. Taf. 24 Fig. 6; Taf. 26 Fig. 20, 21 B). Auch bei Myxicola ist die Strickleiterform des Bauchmarks deutlich ausgeprägt und zwar kommen auf jedes Segment wie hei den übrigen Serpulaceen zwei Paar Ganglien und zwei Quercommissuren. Ich hebe dieses Verhalten desswegen besonders hervor, weil es von verschiedenen Forschern in Abrede gestellt, und das Bauchmark der besagten Form als einheitlicher Strang beschrieben worden ist. Die Ursache zu dieser unrichtigen Auffassung liegt in dem Verhalten der Neurochorde. Die letzteren Gebilde erreichen bekanntlich bei Myxicola ganz außerordentliche Dimensionen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 6; Taf. 26 Fig. 20, 21 N.Ch). Vorn sind ihrer zwei vorhanden, w^elche bald median zusammenrücken; darauf endet der eine spitz auslaufend, wie es auch Cunninciham darstellt, während sich der andere unter gleichzeitiger Verstärkung nunmehr ganz median weiter fortsetzt. Zwischen beiden Hälften des Bauchmarks und dicht über ihren Quer- commissuren gelegen, maskirt dieser Neurochord die wahre Gestalt des ersteren , und nur vorn , wo die zwei aus einander weichenden Neurochorde sind, lassen sich zwischen diesen bei Betrachtung von oben die zwei ersten Commissuren erkennen. Bemerkenswerth ist bei Myxicola ferner der Umstand, dass die beiden Stränge des Bauchmarks nicht bis in das 1. Somit reichen, sondern in der Mitte des 2. Segments fast senkrecht nach oben auf- steigen, wo sie sich durch die kurzen und dicken Schlundcommissuren oberhalb des Ösophagus mit dem weit nach hinten verlegten Gehirn verbinden; daher haben denn auch die vordersten Spinalnerven einen recht ansehnlichen Weg bis zu ihrem Bestimmungsorte zurückzu- legen (7. Bd. Taf. 23 Fig. 10). Ganz regelmäßig ist die Anordnung der Ganglien und Com- missuren erst vom hinteren Ganglienpaare des 4. Somites ab. Schon das vordere Ganglienpaar dieses letzteren ist so nahe an das hintere Paar des davorliegenden , 3. Segments herangerückt, dass beide Paare scheinbar nur durch eine breite Commissur verbunden sind; die zweite Quercommiss ur der Autoren lässt aber schon in Folge einer Längsfurche auf der Oberfläche ihre Zusammen- setzung aus zwei Faserbündeln vermuthen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 6 Q.C"), was wir denn an Schnitten auch bestätigt finden. Die fünf vordersten Ganglienpaare sind nun auf jeder Seite zu einer einheitlichen starken Ganglienmasse verschmolzen und werden durch die sehr breite, erste Quercommissur verbunden {Q.C^), welche 560 Eduard Meyer durch drei oberflächliche Furchen in vier Stränge zerlegt wird; der vorderste von diesen ist etwa doppelt so stark wie die übrigen und erweist sich bei der histologischen Untersuchung als aus zwei Faser- bUndeln bestehend. »Somit wären in der »ersten« Quercom- missur die Commissuren der fünf ersten Ganglienpaare enthalten. Das anatomische Verhalten der Spinalnerven ist etwas anders, als wir es bei den bisher betrachteten Formen gesehen haben; sie zeichnen sich durch eine Verdickung in der Seitenlinie aus, welche jedoch nur aus Nervenfasern besteht, woher auch hier nicht von einem »Ganglion de renforcement« die Kede sein kann. Die hinteren Spinalnerven {Nv.p) der unveränderten Seg- mente des Thorax geben zunächst einige Hautäste ab, darauf den neuralen Chaetopodialnerven [?i.p) und gesondert von diesem, aus der verdickten Stelle den hämalen Chaetopodialnerven [h.p] ; von der Verdickung in der Seitenlinie geht dann schließlich in gerader Rich- tung nach oben ein Rückennerv {c.p) aus, welcher zwischen der Haut und der hämalen Längsmusculatur bis nahe zur Mittellinie ver- läuft (7. Bd. Taf. 24 Fig. 6; Taf. 23 Fig. 10). Ganz ähnliche Seitenzweige haben auch die vorderen Spi- nalnerven (iVü.ö), ob sie jedoch zu den Chaetopodien in nähere Beziehungen treten , kann ich nicht mit Bestimmtheit sagen. (Die Seitenzweige sind in der Abbildung Taf. 23 Fig. 10 mit Ausnahme des Rückeunerven {c.a) fortgelassen.) Abweichend verhält sich das hintere Spinalnervenpaar des 2. Somites nur in so fern, als dem neuralen Chaetopodialast kein ausgebildetes , neurales Chaetopodium entspricht und er dess- wegen die Bedeutung eines Hautnerven erhält. Das vordere Spinalnervenpaar des 2. Somites zeichnet sich dadurch aus, dass es vermittels je eines ganz kurzen, von der Verdickung nach hinten ausgehenden Astes ein Paar Gehörbläs- chen [O.t) innervirt, welche oberhalb des ersten hämalen Borsten- bündelpaares im Integument gelegen sind (7. Bd. Taf. 23 Fig. 10; Taf. 24 Fig. 6; Taf. 26 Fig. 19). Ganz anders verhalten sich nun die Verzweigungen des hin- teren Spinalnervenpaares vom 1. Somite [Nv.p^). Vom Bauchmarke austretend verläuft ein jeder dieser beiden Stämme zu- nächst eine ziemliche Strecke nach vorn und theilt sich dann in zwei Hauptäste; der untere von ihnen geht weiter nach vorn, liefert dabei einen Zweig für die mediane Bauchhaut [1], darauf einen Studien über den Körperbau der Anneliden. 561 starken, auch medianwärts gerichteten Zweig, der sich in den neuralen K r a g- e n 1 a p p e n begiebt [2] , und setzt schließlich seinen Weg nach oben hin fort, wo er den wulstförmigen , lateralen Kragenlappen innervirt [3]. Der obere Hauptast [4] steigt mehr direct hämalwärts auf, bildet in der Seitenlinie die gewöhnliche Ver- dickung, danach eine zweite Anschwellung in den ebenfalls wulst- förmigen Kop fkiemenstützen und sendet von hier den Rücken- nerv aus ,c.p^). Am vorderen Spinalnervenpaare des 1. Somites (iYb.a^) habe ich bei Mijxicola keine Seitenzweige unterscheiden können, wenngleich es sehr viel stärker ausgebildet ist, als bei den übrigen Serpulaceen; diese Nerven haben hier, dicht vor dem rudimentären Collare verlaufend, eben so wie die anderen Spinalnerven ihre Ver- dickung im Bereiche der Seitenlinie und laufen nach oben aueh in je einen Rückennerv (c.a') aus. Bei den Amphicoriden sind die beiden Hälften des Bauch- marks am wenigsten aus einander gerückt. So sah ich dieselben bei Amphiglene auf beiden Seiten ganz nah an der Mittellinie des Bauches, durch je zwei Quercommissuren in jedem Segmente verbunden und dem entsprechend auch zwei Paar Ganglien bildend; bemerkens- werth ist dabei, dass die vorderen und hinteren Ganglienpaare aueh in den vordersten Somiten und zwar schon an gefärbten Toto- präparaten ganz deutlich hervortraten, wenngleich sie in dieser Gegend immerhin etwas mehr an einander gerückt sind als weiter hinten (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14). Die Bauchmarksnerven dieser Thiere habe ich nicht untersucht, habe jedoch allen Grund anzunehmen, dass ihre Anordnung ungefähr dieselbe sein muss, wie bei den übrigen Serpulaceen, da auch die Bauchmarksganglien sich ähnlich verhalten. Amphiglene besitzt im 2. Segmente ein Paar Oto Cysten, welche dem Integument dicht über dem 1 . Paar Borstenbündel innen an- liegen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14, 15 O.t), also die gleiche Lage haben wie bei Myxicola. Die Gehörbläschen der Amphicorinen sind schon lange bekannt und bei fast allen Vertretern dieser Gruppe wiederge- funden. Außerdem erwähnt Claparède (1868, 1870) solche Organe bei Leptochone aesthetica und Dialychone acustica^ sodann Langeehans (1880) bei Jasmeira caudata, Chone Duneri, arenicola, collaris und schließlich hat dieselben Brunotte (1888) auch noch bei einer Bran- chiomma beschrieben. Mit Ausnahme der Serpuliden i. e. S. sind uns demnach Re- präsentanten aus allen übrigen Serpulaceengruppen bekannt, welche MittheiluDgen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. S. 37 562 Eduard Meyer mit Gehörorganen ausgestattet sind. Überall gehören diese dem 2. Somite an und liegen jederseits über dem 1. Paar der hämalen Borstenhöcker, woher ich vermuthe, dass sie auch überall in gleicher Weise, nämlich vom vorderen Spinalnervenpaare ihres Segments, in- nervirt werden. Dieser Annahme widerspricht zwar die Angabe Brunotte's, welcher behauptet, dass die im Übrigen ganz gleich gelegenen Otocysten bei Branclnomma ihre Nerven vom Gehirn er- halten, doch glaube ich, dass hier ein Irrthum vorliegt. Das Bauchmark der Hermellen unterscheidet sich von dem- jenigen der Serpulaceen hauptsächlich dadurch, dass die beiden Stränge desselben im Abdomen sehr viel weiter von einander ent- fernt sind als im Thorax: hier sind sie sogar recht nah zusammen- gerückt und weichen nur erst in den zwei vordersten Somiten aus einander (7. Bd. Taf. 24 Fig. 9). In den drei letzten Somiten des fünfsegmentirten Thorax von Sahellaria alveolata verhalten sich die Ganglien , Quercommissuren und Nerven ganz gleich (7. Bd. Taf. 24 Fig. 9, 13). Die hinteren Spinalnerven [Nc.p) eines jeden dieser Seg- mente theilen sich noch auf der Bauchseite je in einen neuralen und einen hämalen Parapodialast , von denen der erste einen hinteren Baucheirrennerven und einen hinteren, neuralen Chaeto- podialnerven {n.p), der zweite einen hinteren, hämalen Chaetopodialnerven [h-p], einen hinteren Rückenkiemen- nerven [c.p], so wie einen hinteren Rückennerven liefert. Die vorderen Spinaluerven (Nv.a) spalten sich ganz ähnlich auch auf der Bauchseite nur näher an ihrer Wurzel in einen neuralen und einen hämalen Parapodialast, welche wiederum jener einen vorderen Baueheirrennerven und einen vorderen neuralen Chaetopodialnerven [n.a]^ dieser einen vorderen, hämalen Chaetopodialnerven (A.ö), einen vorderen Rückenkiemen- nerven [c.a) und einen vorderen RUckennerven abgeben. In Bezug auf die Chaetopodialnerven wäre zu bemerken, dass die »hinteren« jedes Mal von hinten nach vorn gerichtet zu den be- treffenden neuralen und hämalen Chaetopodien gehen und , wie es scheint, hauptsächlich die Muskeln innerviren, während die »vor- deren« umgekehrt von vorn kommend sich zu den inneren Enden der Borstendrüsen begeben. Was nun die Baucheirrennerven be- trifft, so treten diese bezüglich in die vordere oder hintere Partie der unterhalb der neuralen Borstenbündel befindlichen Integument- hügel ein , denen im Abdomen die grififelförmigen Baucheirren {Ci} Studien übor den Körperbau der Anneliden. 563 entsprechen; dieses möge die Benennung der Nerven rechtfertigen. Außer den beschriebeneu Nebenzweigen haben die vorderen und hin- teren Spinalnerven noch andere, w^elche (zum Theil in Fig. 13 ab- gebildet) für die neurale und hämale Längsmusculatur, für die Quer- muskeln und für die Haut bestimmt sind. Median wärts entspringen nun noch in jedem Segmente von den Ganglien an den Wurzeln der Quercommissuren ähnlich wie bei den Serpuliden je ein vorderes und ein hinteres Bauchnerven- paar, welche sich in den Bauchschilden verzweigen (in den Abbil- dungen sind sie fortgelassen). Wie schon erwähnt, weichen die beiden Bauchmarkshälften vom hinteren Ende des 2. Segments nach vorn hin auf einmal aus einan- der, und hier sind die vier Ganglienpaare des 2. und 1. So- mites jederseits zu einer langen, einheitlichen Ganglienmasse ver- einigt; auch sind die ursprünglichen vier Quercommissuren der- selben, deren einzelne Faserzüge sich histologisch nachweisen lassen, zu einer verschmolzen. Diese breite erste Quercommissur be- findet sich auf der Grenze zwischen dem 2. und 3. Segmente. Etwas vor der letzteren befinden sich die beinah über einander gelegenen Wurzeln des hinteren und vorderen Spinalnerven- paares des 2. Somites [Nv.p"^, Nv.a^). Das nahe Zusammen- rücken dieser Nerven wird seinen Grund darin haben, dass auch das betreifende Segment selbst in seinem unteren Theile sehr stark ver- kürzt ist. Von den anderen gleichnamigen Nerven unterscheiden sich die bezeichneten noch dadurch, dass sie keine hämalen Chaetopodial- nerven abgeben, wie denn auch hier keine entsprechenden Borsten- drüsen vorhanden sind; ferner ist noch hervorzuheben, dass die Zweige der neuralen Parapodialäste, welche wir als hintere und vor- dere Baucheirrennerven bezeichneten, in der That die hintere und vordere Seite der über den beiden neuralen Chaetopodien gelegenen, dreieckig-lappenförmigen Baucheirren {Ci) innerviren. Ungefähr auf dem Niveau des 1. Paares der neuralen Borsten- bündel entspringt das hintere Spinalnerven paar des 1. So- mites [Nv.p^) mit je einer kräftigen Wurzel, welche sich sofort in zwei Äste theilt (7. Bd. Taf. 24 Fig. 13). Der untere Ast spaltet sich auch gleich wieder in einen hinteren, neuralen Chaeto- podialnerven [2] und einen hinteren Bauchcirreunerven [1] der betreffenden Seite; eben so spaltet sich der viel stärkere obere Ast sofort, jedoch in drei Zweige, von denen ein kleinerer als Eückennerv [5] nach oben aufsteigt, der zweite dicht unter der 37* 564 Eduard Meyer Haut nach vorn verlaufend sich vielfach verästelt und wahrschein- lich die Nerven der cirrenartigen Zapfen der Paleenkrone liefert [4], und der dritte einen hinteren Paleennerv [3] vor- stellt. Der letztere geht innerhalb der seitlichen Muskeln der Paleen- träger fast horizontal nach vorn, theilt sich dann in zwei Hauptäste für die äußeren und inneren Paleengruppen und darauf in eine Menge kleinerer Zweige für die verschiedenen Muskeln derselben. Das vordere Spinalnervenpaar des 1. Somites {Nv.a^), welches in einiger Entfernung vor dem eben besprochenen Paare seinen Ursprung hat, theilt sich auch nicht weit von seiner Wurzel in einen unteren und oberen Ast 7. Bd. Taf. 24 Fig. 12). Der erstere erscheint als vorderer, neuraler Chaetopodialast [1], ob er jedoch auch einen entsprechenden Cirrennerven liefert, kann ich nicht sagen. Der obere Ast ^3] giebt außer einigen Zweigen für die Musculatur der Paleenträger [2, 4] zwei vorderen Paleenner- ven den Ursprung, welche sich gabelnd an den inneren Enden der Paleengruppen verlaufen. Es bleibt noch das Nervenpaar der Bauchzapfen des 1. Somites (7. Bd. Taf. 24 Fig. 9, 13 Nv.n.Kr] zu erwähnen. Es sind zwei ansehnliche Stämmchen, die an der Innenseite des Ner- venschlundringes, etwa in dessen Mitte hinter der Ebene des hinteren Spinalnervenpaares des 1 . Segmentes entspringen, zunächst median- wärts und etwas nach hinten verlaufen, dann nach vorn umbiegen und sich in die beiden fleischigen, beweglichen Fortsätze begeben. Die Entwicklung des Nervensystems. Wie aus der beti'effenden Litteratur ersichtlich ist, geht bei allen Serpulaceen der Anlage des Gehirns die Bildung eines Wimper- schopfes am Scheitelpol der Larve und der seitlich dahinter gelege- nen Augenflecke voraus, worauf sich das Ectoderm um die letzteren herum zu einer zweitheiligen Scheitelplatte verdickt. Die beiden Augen der Larve — bei manchen Formen kommt übrigens nur ein einziges in unsymmetrischer Lage vor — entwickeln sich aus je einer Zelle in der äußersten Schicht des Ectoderms und bestehen aus einer nach außen offenen Pigmenturne, die einen linsenartigen Körper enthält. Die weitere Entwicklung des Gehirns hat Salensky bei Payg- mohranchus (1882 A.) und bei Pileolaria (1883) beobachtet. Mit ihrer Größenzunahme soll sich die Scheitelplatte bei diesen Thieren in zwei symmetrische Ganglien differenziren , zwischen welche vorn die den Wimperschopf tragende Zelle eingekeilt sei. Im Gebiete der Studien über den Körperbau der Anneliden. 565 beiden Ganglien treten dann die Anlagen der Kopfkiemen auf. die ersteren sondern sich darauf von ihrem ectodermalen Mutterboden, und später erst, bei Pileolaria nach der Festsetzung der Larve, er- scheint die intracerebrale Quercommissur (Punktsubstanz). Bei der Psyginobra7ichus-LsiXVQ hat der Autor die Scheitelzelle mit dem Wim- perschopfe noch auf ziemlich vorgeschrittenen Stadien erkennen kön- nen; während ihrer Rückbildung zerfalle dieselbe in gelbe Körnchen, welche schließlich verschwinden. Bezüglich Pomatoceros sagt v. Dräsche (1884 pag. 7) : »An den Seiten der Larve sieht man die Scheitelplatten als breite Lappen nach hinten ziehen , während sie auf dem Pole durch eine schmale Brücke mit einander verbunden sind. Nach vorn sendet das Scheitel- feld zwei Schenkel, welche in späteren Stadien als ein ventraler Halbgürtel von großen polygonalen Zellen ersichtlich werden.« Ver- gleichen wir hierzu seine Fig. 28, 29 und 32, so ist es klar, dass die »breiten Lappen« nichts Anderes als die Anlagen der oberen hinteren Gehirnlappen sein können, die vorderen Schenkel aber, wenn sie sich wirklich in jenen »Halbgürtel« verwandeln, haben mit dem Gehirn nichts zu thun, und ich möchte sie eher, wie bereits erwähnt, für die Anlage der Kopfdrüse halten. Die erste Anlage des Bauchmarks beschreibt Salensky als ein Paar vom Gehirn durchaus getrennte EctodermwUlste , welche bald in den einzelnen Segmenten je ein Paar gangliöse Anschwellungen bilden, sich von der Haut nach innen absondern und erst später nach beiden Seiten aus einander weichen. Bei Pileolaria sollen die Gan- glien nachträglich jederseits wieder verschmelzen und dann die Punkt- substanz der Längsfaserstränge in ihnen auftreten; in den hinteren Larvenabschnitt, den der Autor als Abdomen bezeichnet, sollen sich die beiden Bauchmarkshälften in Gestalt von einem Paar dünner Stränge fortsetzen. In Bezug auf die Bildung der Schlundcommissuren geht aus der Darstellung Salensky's nur so viel hervor, dass sie bei Pileolaria erst in einem ziemlich späten Larvenstadium erscheinen und aus einer inneren Faser- und äußeren Zellschicht bestehen. V. Dräsche, welcher auch eine gesonderte Anlage von Gehirn und Bauchmark annimmt , scheint der Ansicht zu sein , dass die Schlundcommissuren bei der Larve von Pomatoceros vom Gehirn aus sich bilden: dahin ließe sich wenigstens der betreffende Passus (pag. 8) deuten : man sehe »die Verdickung der Scheitelplatte beider- seits Aste nach hinten senden, welche sich unterhalb des Ösophagus 56(3 Eduard Meyer mit der als Bauchmark zu deutenden Verdickung des Ectoderms ver- binden (Fig. 32) und so die Anlage der Schlundcommissur bilden«. Der präorale Ringnerv der Larve ist von Hatschek bei Eupo- matus aufgefunden und beschrieben worden (1885); bei demselben Thiere giebt uns genannter Autor auch eine Darstellung vom Ent- stehen der Gehörbläschen, wonach dieselben im Ectoderm der posto- ralen Larvenregion ihren Ursprung nehmen. Von der Entwicklung des Nervensystems der Hermellen wissen wir nur, wie aus den Arbeiten von Horst (1881) und V, Dräsche (1885) hervorgeht, dass sich bei den Larven derselben das Gehirn in ähnlicher Weise wie bei den Serpulaceen als eine mit einem Wimperschopfe und einem unsymmetrischen Auge ver- sehene Scheitelplatte anlegt. Meine eigenen Beobachtungen über die Entwicklung des Nervensystems von Psygmohranchus protensus sind ziemlich un- vollständig, so dass ich nicht im Stande bin, eine zusammenhängende Darstellung zu geben; daher werde ich mich darauf beschränken, nur einige Thatsachen, welche mir von Interesse scheinen, hier mit- zutheilen. Die noch unsegmentirte Trochophora von Psygmohranchus trägt an ihrem Scheitelpol den bekannten Wimperschopf, dessen starre Härchen mehreren etwas größeren und höheren Zellen aufsitzen; rechts und links davon befinden sich in einiger Entfernung die beiden, noch nicht ganz ausgebildeten Augen flecke, bestehend aus je einer am proximalen Theile ihrer Peripherie mit rothbraunem Pig- ment angefüllten Zelle, um welche herum das Ectoderm eine mehr- schichtige Verdickung bildet und die paarige Anlage der optischen Centra vorstellt. Dieses wären die Bestandtheile der ganz jungen, zweitheiligen Scheitelplatte (Taf. 23 Fig. 1). Wenn sich die Larve etwas streckt und zur Metamerenbildung anschickt, so werden die Augen ein wenig mehr nach hinten ver- schoben, indem die vor ihnen gelegene Ectodermpartie durch Zell- wucherung ein Paar vordere Verdickungen liefert, welche nun an die Scheitelzellen angrenzen und diese zusammendrängen; zu gleicher Zeit entsteht auch im Anschluss an das vordere oberhalb der Augenflecke ein oberes, hinteres Paar Ectodermver- dickungen [G^], und nach einwärts erscheint als Punkt Sub- stanz die Anlage der Hauptfasermasse des sich bildenden Gehirns, durch welche die einzelnen gangliösen Centren mit einander in Ver- bindung treten (Taf. 23 Fig. 2, 3). Allmählich nehmen dabei die Studien über den Körperbau der Anneliden. 567 größer gewordeneu Augenzellen ihre definitive Gestalt an , indem sich die Pigmeutschicht consolidirt und urnenförmig wird, und im Inneren sich ein lichtbrechender Körper bildet (Taf. 23 Fig. 2 — 4). Im Bereiche des oberen, hinteren Paares der gangliösen Ectodermwucherungen , welches sich über die Augen hinaus nach hinten ausdehnt, lassen sich in der äußersten Schicht ein Paar ab- gerundete Zellgruppen erkennen, in denen die Kerne dicht- gedrängt stehen (Taf. 23 Fig. 5 JV.O); leider habe ich es versäumt, diese Gebilde am lebenden Objecte zu untersuchen, auch kann ich über das weitere Schicksal derselben nichts Bestimmtes berichten. Ein ähnliches Paar ectodermaler Zellgruppen erscheint gleich hinter und etwas unter den Augen, es sind die Anlagen der Kopfkiemen (Taf. 23 Fig. 4, 5 T), welchen an der Innenseite auch je eine gleichfalls vom Ectoderm herstammende, gaugliöse Zellmasse anliegt und die Gehirncentren der Kopfkiemen repräsentirt. Die beschriebenen paarigen, zum Theil in sich schon mehr oder weniger dififerenzirten Ectodermwucherungen bilden in ihrer Gesammt- heit die Anlage des Gehirnzellenbelags, welcher die innere Punkt- substanz rings umgiebt, und in welchen vorn die Wimperschopf- zellen wie eingekeilt erscheinen. Nach hinten setzt sich nun diese Ganglienzellenmasse zu beiden Seiten des Mundes und unter den Kopfkiemenanlagen in Form zweier mit dem Ectoderm auch auf das engste verbundener Ausläufer fort, und das sind die Anlagen der Schlundcommissuren (Taf. 23 Fig. 5 S'.C). In der Folge differenzirt sich die äußerste Ectodermzellenlage zu einer echten Hypodermis, welche im Allgemeinen gegen die dar- unter befindliche Gehirnmasse sich ganz scharf abgrenzt; es wäre dieses gleichbedeutend mit einem Hineinrücken des Gehirns in das Innere des Kopflappens (Taf. 23 Fig. 6, 7). Die ursprünglichen oberen, hinteren Centren nehmen nun be- trächtlich an Größe zu und verwandeln sich allmählich in die oberen, hinteren Hirnlappen (G^^); sie rücken zugleich immer mehr median zusammen und mitten über ihnen erscheint dann die von vorn nach hinten auswachsende hämale Wimperrinne [h.W), deren Wandungen sie jederseits dicht anliegen (Taf. 23 Fig. 6, 7, 11). Wie die Kopfkiemenanlagen sich weiter entwickeln und dabei nach vorn vorgeschoben werden, haben wir oben gesehen. Auch sie bleiben mit ihren Centren in Verbindung, von welchen bei der Größenzunahme der Organe zellige Fortsätze auswachsen und so die 568 Eduard Meyer Innervirung derselben bewerkstelligen (Taf. 23 Fig. 6 T.Nv). In welcher Weise jedoch die später so complicirten nervösen Bahnen der Kopfkiemen zu Stande kommen, habe ich nicht beobachten können. Die vorderen gangliösen Partien des Gehirns bleiben mit der Stirn in enger Berührung (Taf. 23 Fig. 6, 7, 11), und hier werden dann später die Stirnnerven und die Sinnesorgane der Stirn- einsenkung sich dififerenziren müssen; der Wimperschopf geht zu Grunde, und seine Zellen verwandeln sich in gelbliche, mit Körnchen erfüllte Tropfen, welche aus ihrer Umgebung nach außen ausge- stoßen werden. Die Augen rücken mit dem Gehirn zusammen von der Ober- fläche auch ins Innere hinein. Durch Theiluug des ursprünglich nur in der Einzahl vorhandenen Paares entstehen dann nachher ver- muthlich die beiderseitigen Augengruppen; wenigstens lässt sich dieses aus der stark eingeschnürten Form schließen, welche die Lar- venaugen in späteren Stadien sehr häufig haben. In dem Maße, als sich die Anlagen der Schlundcommis- suren nach hinten ausdehnen, treten in ihnen auch die Faser- stränge auf und zwar als directe Fortsetzung der Hirnfasermasse; es ist demnaeh mehr als wahrscheinlich, dass die Bildung dieser Theile des centralen Nervensystems der Hauptsache nach vom Ge- hirn ausgeht. Wie das letztere, so befinden sich auch die Schlund- commissuren anfänglich im Ectoderm selbst, wo sie entstehen, und sondern sich von diesem erst, wenn die Vereinigung mit dem Bauch- mark schon vollzogen ist. Das Bauchmark entwickelt sich aus einem Paar von der Ge- hirnanlage durchaus unabhängiger, longitudinaler Ectodermwülste [B] , welche im Metasoma der Larve zu beiden Seiten der Mittellinie gelegen sind, die von den großen Zellen des neuralen Wimperstreifs {n. W) eingenommen ist (Taf. 24 Fig. 3, 4) ; ob im Bereiche dieses letzteren nervöse Elemente vorhanden sind, kann ich nicht sagen. Die Elemente der beiden Längs wülste ordnen sich nun sehr früh zu paarigen, metameren Zellgruppen an, welche die primären Bauchmarksganglien repräseutiren ; von diesen kommen auf jedes Segment nur ein Paar (Taf. 23 Fig. 3: Taf. 24 Fig. 25, 26 5). Durch vermehrte Zellwucherung verschmelzen dann diese ein- zelnen Gruppen auf beiden Seiten wieder zu continuirlichen Zell- strängen, an denen jedoch die metameren, gangliösen Verdickungen Stadien über den Körperbau der Anneliden. 569 wenigstens auf der Außenseite deutlich erkennbar bleiben, und da- bei tritt eine Sonderung der Baucbmarksanlagen von der äußersten Ectodermschicht ein, die sich nachher in die drüsigen Bauchschilde verwandelt (Taf. 23 Fig. 5, 7, 12; Taf. 24 Fig. 5, 6, 14, 15, 29). Zu dieser Zeit bemerkt man, dass von den äußeren, seitlichen Vorwölbungen der primären Ganglien dicht unter der Haut zuge- spitzte Zellmassen in der Richtung zu den Parapodieu hinauf vor- springen; ich halte dieselben für die Anlagen der parapodialen Spinalnerven (Taf. 23 Fig. VI Nv.p^ — Nv.p^'^). Der Anzahl der gangliösen Anschwellungen entsprechend fand ich deren in den vier ersten Rumpfsomiten auch nur je ein Paar; im fünften noch sehr unausgebildeten Segmente waren sie nicht zu erkennen. Wenn die Verbindung der Schlundcommissuren mit deren Bauch- marksanlage bewerkstelligt ist, so erscheinen auch im oberen, media- nen Theile der beiden Hälften des letzteren die Längsfaser- stränge [Bf]^ welche von hinten nach vorn an Stärke zunehmen und vorn in die gleichen Theile der Schlundcommissuren continuir- lich übergehen ^Taf. 23 Fig. 12; Taf. 24 Fig. 15, 21, 29). Was die Bildung der Quercommissuren betriift, so werden diese schon sehr frühzeitig angelegt und entstehen dadurch, dass einzelne Zellen aus den oberen, medianen Theilen der beiden Bauch- markshälften sich in transversaler Richtung medianwärts spitz aus- ziehen; indem gleichzeitig von beiden Seiten her solche Fortsätze ausgehen, w^erden die großen Zellen des neuralen Wimperstreifs überbrückt (Taf. 24 Fig. 7, 8, 12, 15). Im erwachsenen Zustande fanden wir bei allen Serpulaceen in jedem Segmente zwei Paar Bauchmarksganglien und eben so viel größere Spinalnerven. Wie dieses Verhalten aus dem ganz abwei- chenden, das ich bei der Larve von Psygmohranchus gefunden habe, zu Stande kommt, habe ich nicht direct verfolgen können, weil es sieh wahrscheinlich erst in einem viel späteren Stadium vollzieht. Eben so muss das Auseinanderrücken der beiden Bauchmarkshälften in eine spätere Entwicklungsperiode fallen, 12. Das Gefäfssystem. Unter den ältesten Darstellungen, welche wir vom Gefäßsystem der Serpulaceen besitzen ^ sind die fast gleichzeitig erschienenen 1 Außer den citirten Beschreibungen würden hierher noch die Angaben von Delle Chiaje über eine Sabelle (1841 3. Bd. pag. 71-72 Taf. 102 Fig. 2), 570 Eduard Meyer von MiLNE Edwards (1838 pag. 212) und Grube (1838 pag. 27—30) die bedeutendsten ; beide Autoren beschrieben den Verlauf der haupt- sächlichsten Gefäße der Sabellen ziemlich richtig, nur hielten sie den oberen Theil des Darmsinus für ein echtes Rückengefäß , ein Irr- thum, der erst sehr viel später, nämlich von Clapaeède berichtigt wurde, nachdem schon Quatrefages (1850 A. pag. 285, 1865 II pag. 406) bei verschiedenen Amphicoriden das Vorkommen eines den Verdauungscanal umgebenden Blutsinus constatirt hatte. Claparède war es nun, der nach verschiedenen einzelnen Beob- achtungen an einer Reihe von Serpulaceen (1868, 1870) schließlich ein Gesammtbild von den Circulationsorganen dieser Würmer ent- warf (1873 pag. 74 — 95). Die zerstreuten und sich vielfach wider- sprechenden Angaben seiner Vorgänger zusammenstellend und kri- tisirend, wählte er als Repfäsentanten der Familie Spirographis^ Protula und Myxicola^ bei welchen er das Gefäßsystem sehr aus- führlich behandelt hat. Als Centralorgan des Blutumlaufes erscheint dieser Darstellung nach bei allen Serpulaceen der große, contractile Darmsinus, in welchem das Blut zwischen dem Peritoneum von hinten nach vorn verläuft. Außer diesem sei im ganzen Abdomen und im hinteren Theile des Thorax ein Vas ventrale vorhanden, welches metamere Ringgefäße aufwärts zum Darmsinus sende , und von den letzteren sollen zahlreiche , kleinere Gefäße für die Disse- pimente und die Leibes wand nebst ihren besonderen Organen ent- springen. In der Ösophagealregion angelangt löse sich nun der Darmsinus sowohl als auch das Bauchgefäß in eine Menge von Ca- pillaren auf, die jederseits einen umfangreichen Plexus bildend, sich nach vorn hin wieder zu größeren Stämmen vereinigen sollen: solcher vorderer Längsstämme gebe es fünf, von denen das untere Paar viel- fach verzweigte Aste in den Halskragen und in die Lippen aussende, das mittlere Paar die Kopfkiemen versorge und das unpaare obere Gefäß sich in dem das Gehirn umgebenden Bindegewebe verliere. Laterale Längsstämme , welche die auf einander folgenden Ring- gefäße verbinden, erwähnt Claparède nur bei Myxicola im Abdo- men, wo sie einen ähnlichen Verlauf haben sollen wie bei den Sa- bellen. Bei 3Iyxicola hebt er noch einige Abweichungen bezüglich des Verhaltens der Blutbahnen im vorderen Körperabschnitte hervor. von Williams über die Serpulaceen im Allgemeinen (1852 pag. 177), von Grube über Myxicoia ,1855 pag. 122) und über die »paarigen Kiemenherzen« der Am- phicoriden, diejenigen von Ehrenberg, Schmidt, Frey & Leuckart und Claparède (1861 pag. 51 — 52) gehören. Studien über den Körperbau der Anneliden. 571 Einige Notizen über die Gefäße von Myzicola und Sabella finden wir bei Cosmovici (1879/80 pag. 327—329). Dieselben sollen dazu dienen, die CLAPAEÈDE'sche Darstellung- in gewissen Punkten zu corrigiren, bringen jedoch statt dessen nur Verwirrungen in die Sache. So leugnet z. B. genannter Autor das Vorkommen eines Darmsinus und behauptet, ein vorn befindliches Rückengefäß spalte sich in der Mitte des Körpers in zwei absteigende Gabeläste, welche als zwei untere Darmgefäße ihren Weg nach hinten weiter fortsetzen sollen, so wie ferner, dass im ganzen Körper zwei Bauchgefäße vorhanden seien. Beiträge lieferten Leidy (1883) und Bourne (1883) durch die Beschreibung der Blutbahnen der von ihnen aufgefundenen Amphi- coriden Manayunkia und Ilaplohrcmchus. Eine ausführliche Behandlung erfuhr das Gefäßsystem der Ser- pulaceeu schließlich durch die Untersuchungen von Jacquet an Spiro- (jraphis und Protula (1885 pag. 63 — 68) , von Haswell an Eiipo- matus und Pomatoceros (1885 pag. 3 — 7) und von Brunotte an Branchiomma (1888 pag. 54 — 58). Während Jacquet und Brunotte im Allgemeinen den Standpunkt von Claparède einnehmen, ist in der Darstellung, welche Haswell giebt, als ein entschiedener Fort- schritt zu bezeichnen, dass er das kurze Rückengefäß erkannt hat, in welches sich vorn der Darmsinus fortsetzt, und das eben so wie bei anderen Anneliden durch Vermittelung eines Gefäßschlundringes, von dem hier die Kiemengefäße ausgehen, mit dem Vas ventrale in Verbindung steht ; somit wären bei Eupomatus und Pomatoceros die beiden Gefäßnetze, welche jederseits vom Ösophagus in das Ge- fäßsystem eingeschaltet sein sollen, wie es Claparède und auch Jacquet sowie Brunotte annehmen, nicht vorhanden. Diesen Be- fund hielt zwar Haswell für eine Abweichung vom Typus, doch ist im Gegentheil gerade dieses, wie ich gefunden habe, das für alle Serpulaceen gültige, gewöhnliche Verhalten. Über das Gefäßsystem der He rm eilen gab zuerst Milne Edwards (1838 pag. 268—209) einen kurzen Bericht ; er fand zwei obere Darmgefäße, vorn und hinten ein, in der Mitte aber zwei Bauchgefäße, sowie metamere Gefäßringe, von denen die Kiemen- gefäße sich abzweigen sollen. Sehr viel eingehender untersuchte dann Quatrefages die Cir- culationsorgane von HermeUa (1848 pag. 40 — 45). Wie er es dar- stellt, soll das Rückengefäß im Schwänze und in der hinteren Ab- dominalregion unpaar sein, darauf paarig werden, und diese zwei 572 Eduard Meyer durch obere Quercommissuren verbundenen Stämme sieh im Thorax wieder zu einem medianen Vas dorsale vereinigen, welches den »cercle autour du cerveau« bildend sich vor dem Gehirn in viele, kleine Zweige spalte. Das Bauchgefäß entstehe vorn aus der Ver- einigung einer großen Anzahl feinerer Gefäße, habe im Thorax und im Schwänze einen medianen, im Abdomen aber einen unsymme- trischen Verlauf, indem es bald nach links, bald nach rechts von der Mittellinie abweiche; bei jungen Individuen sei es manchmal in dieser Gegend doppelt, und dann diese beiden neuralen Stämme durch Queräste mit einander communicirend. In jedem Segmente sollen den Zusammenhang zwischen den oberen und unteren Längs- stämmen transversale Ringgefäße vermitteln, welche außer den Achsengefäßen der Eückenkiemen Aste an die Leibeswand geben und in der Brustregion jederseits vielfache Windungen um die inneren Theile der Borstensäcke beschreiben. Serpulaceen. Bei allen zu dieser Familie gehörenden Würmern, welche ich in Bezug auf das Gefäßsystem untersucht habe, erreicht der Darm- sinus [S'.I] auf der Grenze zwischen Mitteldarm und Ösophagus sein vorderes Ende und die Hauptmasse des in jenem von hinten nach vorn getriebenen Blutes ergießt sich nun in ein kurzes, aber kräftiges Rückengefäß {V.d), dessen Wandungen nach hinten in diejenigen des Sinus continui ilich übergehen ; dieses findet gewöhn- lich in einem der vordersten Segmente statt. Entweder dicht an der hinteren Oberfläche des Gehirns oder schon vorher gabelt sich das Vas dorsale zur Bildung des Gefäßschlundringes (F.c.o), dessen beiderseitige Hälften zunächst gesondert an der Bauchseite ihren Weg nach hinten durch einige Somite fortsetzen und dann erst sich zu einem medianen Vas ventrale [V.v] vereinigen. Vom oberen Theile der Schlundringgefäße gehen nach vorn die beiden großen Gefäß stamme der Kopfkiemen [V.T) aus, welche die blind endenden Achsengefäße der Strahlen , Pinnulae und Lippen- fortsätze liefern, und vom Vas dorsale, sowie darauf vom hämalen Abschnitt des Darmsinus zweigen sich nach rechts und links inter- segmentale, in der Regel den Dissepimenten anliegende Quer- äste ab, die längs der Leibeswand nach unten verlaufend vorn in die hinteren, horizontalen Theile der Schlundriuggefäße und weiter in das Bauchgefäß einmünden; diese metameren distalen Gefäß- ringe sind nun auf einer gewissen Strecke jederseits durch longi- Studien über den Körperbau der Anneliden. 573 tiuliuale Seiteng- e fäße {V.l) unter einander verbunden, welche oberhalb der hämalen Chaetopodien an der Außenseite der Längs- musculatur des Rückens verlaufen und die ersteren Gefäße in obere und untere Bogenstücke {Ve', Ve' oder Ki.a, Ki.v) theilen ^7. Bd. Taf. 23 Fig. 9, 11; Taf. 24 Fig. 1, 2, 14—16; Taf. 26 Fig. 7—21, 26, 27). Auf die beschriebenen Blutbahnen, die fast immer alle contrac- tile Wandungen haben, beschränkt sich das Gefäßsystem der Am- p hi cori den. Bei Amphighne (7. Bd. Taf. 24 Fig. 14 — 16) geht der Darmsinus bis zur 2/3 Segmentgrenze, und das nun folgende Vas dorsale, welches sich schon in der Mitte des 2. Somites gabelt, erscheint in Gestalt eines kegelförmigen Sackes; von diesem gehen schräg nach vorn und unten jederseits die zwei ersten Paare der distalen Ringgefäße ab, welche sich beziehungsweise auf der 1/2 und 2/3 Segmentgrenze in die beiden Hälften des Gefäßschlundringes ergießen, und die letzteren vereinigen sich erst im Bereiche des 3. Segments. Die Vasa lateralia sind nur im Abdomen vor- handen. Zwischen den beiden Lippenzapfengefäßen [V.h.T] und den Schlundringgefäßen scheint hier jederseits noch eine besondere Gefäß Verbindung [V.n] zu bestehen, doch bin ich dessen nicht ganz gewiss. Noch einfacher ist das Verhalten den Berichten von Leidy und BouRNE zufolge bei Manayunkia und Haplohranehns, indem bei diesen merkwürdigen Formen nicht nur die Seitengefäße, sondern im Vor- derkörper auch die distalen Gefäßringe und in den Kiemenstrahlen die Achsengefäße ganz fehlen, die beiden Hauptstämme der Kopf- kiemen aber ungetheilt in den Lippenfortsätzen blind enden sollen. In den übrigen Serpulaceengruppen werden die Circu- lationsorgane durch das Hinzukommen von Nebenzweigen und deren Verästelungen sehr viel complicirter ; so ist z. B. der Vorderdarm sehr oft von einem dichten umfangreichen Netze capillarer Blut- bahnen umsponnen, auf welches sich die beiden Plexus zurückführen lassen, die nach Claparède sowie auch Jacquet und Brunotte in der Osophagealregion an die Stelle der großen Längsstämme treten sollen. Ferner ist das Vorkommen zahlreicher kleiner blind schlauch- artiger Gefäß zweige, die mit contractilen Enderweiterungen ausgestattet sind, bemerkenswerth ; sie treten sowohl im Inneren des Körpers als auch in verschiedenen peripheren Organen auf, so in den Fiederchen der Kopfkiemen, im Halskragen und bei den Ser- puliden i. e. S. in besonders großer Menge in der Thoracalmembran. 574 Eduard Meyer Überhaupt ist es eine für unsere Würmer cliarakteristische Erschei- nung, dass das Blut vielfach in denselben, selbst größe- ren Gefäßen hin und zurückfließen muss, wie es für die Hauptstämme der Kopfkiemen schon Grube erkannt hatte. Bei den Eriographiden habe ich das Gefäßsystem nicht ge- nauer untersucht, habe jedoch bei Mijxicola (7. Bd. Taf. 26 Fig. 18 — 21) sowohl das Vas dorsale als den Gefäßschlundring ganz deut- lich gesehen. Das erstere ist hier sehr stark und verhältnismäßig lang, indem es vom Gehirn, also von der Mitte des 2. nach hinten bis an das Ende des 3. Öomites reicht; es ist der »grand réser- voir de forme ovoide«, von welchem Claparède (1873 pag. 84) spricht. Außer deu beiden Plexus der Ösophagealregion , die, wie gesagt, nichts Anderes als ein einfaches Capillarnetz in der Umgebung der Speiseröhre sind, beschreibt dieser Forscher ein Paar obere und ein Paar untere vom »Rückenbehälter« ausgehende Geflechte , von denen die letzteren speciell die Nephridialgefäße liefern sollen, so- wie in den Kiemenbasen noch zwei bogenförmige Plexus, die den beiden Hauptstämmen der Kopfkiemen (»réservoir vasculaire exacte- ment parallèle au plexus« der rechten und linken Seite pag. 85Ì den Ursprung gäben; wie ich mich überzeugt habe, haben auch diese weiteren Plexus nur die Bedeutung gewöhnlicher, aber sehr stark entwickelter Gefäßuetze, welche neben den nirgends unter- brochenen großen Stämmen vorhanden sind und aus Verzweigungen der Nebenäste jener bestehen. Das Vorkommen der Seitenge- fäße ist bei Mrjxicola der Aussage Claparède's nach auch auf die Abdominalregion beschränkt. In der Gruppe der Sabelliden hat bei SpirograpJns (7. Bd. Taf. 23 Fig. 9; Taf. 26 Fig. 16, 17) das Rückengefäß die Länge der zwei ersten Segmente und gabelt sich dicht am Gehirn ; eben so findet die Vereinigung der Schlundringgefäße unten auf der 2/3 Seg- mentgrenze statt. Vom Vas dorsale entspringen zwei Paar inter- segmentale Ringgefäße , und am zweiten Paar derselben beginnen die Seitengefäße, welche von hier ab, also mit Ausnahme des 1. und 2. Somites im ganzen Körper vorhanden sind. Angefangen vom dritten Paar bilden die unteren Bögen der distalen Ringgefäße dicht vor ihrer Einmündung in das Vas ventrale jeder- seits eine S-förmige Windung, ein Verhalten, welches für die Sa- bellen charakteristisch zu sein scheint. Nach Brunotte sollen die lateralen Längsstämme bei Bran- chiomma fehlen. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 575 Bei den Serpuliden i. e. S.. speciell bei Psygmohranchus (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 1, 2; Taf. 26 Fig. 7—15, 20, 27) geht der Darmsinus im Bereiche des 2. Somites in das Vas dorsale über, und daher entspringen von ihm nur ein Paar distaler Riuggefäße, und gleich von diesem, wie mir schien, beginnen die Yasa lateralia, die mit Ausnahme des 1. Segments sich durch den ganzen Thorax und das Abdomen fortsetzen. Ihre Beziehungen zu den intersegmentalen Gefäßringen sind folgende. Im Vorderkörper münden die oberen Gefäßbögen wie gewöhn- lich in die Seitengefäße, von welchen nun aber an dieser Stelle ein ziemlich kräftiges Gefäß [V.m] nach aufwärts in die Brustmembran aufsteigt, sich zwischen den beiden Lamellen derselben vielfach ver- ästelt und an seinen Endzweigen mit den schon oft erwähnten ter- minalen Ampullen versehen ist. Es sind dieses die paarigen, metameren Gefäße der Thoracalmembran, deren Psygmo- hranchus der Anzahl der thoracalen Segmente entsprechend acht Paare hat, und die auch von Haswell und Jacquet bei den von ihnen untersuchten Serpuliden genannt werden. Durch die eben beschrie- benen Gefäße tritt das vom Vas dorsale oder vom Darmsinus und von den Seitengefäßen kommende Blut in alle feinen Bahnen der Thoracalmembran ein und wird nach erfolgter Systole der Endam- pullen wieder in dieselben metameren Stämmchen zurückgetrieben, aus welchen es dann aber in die unteren Gefäßbögen übergeht, die von den ersteren etwas oberhalb deren unteren Enden, mit denen sie von den seitlichen Längsstämmen entspringen , sich abzweigen. Den Gefäßen der Thoracalmembran gegenüber erscheinen demnach die oberen Theile der intersegmentalen Ringgefäße {Ki.a) als Arte- rien, die unteren [Ki.v] als Venen und die Vasa lateralia als longi- tudinale, arterielle Hauptstämme. Im 3. — 8. Brustsomite sind die unteren Gefäßbögen stark gewunden, und im Abdomen haben die ganzen Ringgefäße wieder den gewöhnlichen Verlauf. Die Seiten- gefäße werden von meinen Vorgängern nicht erwähnt, doch wäre es möglich, dass sie ihrer Unansehnlichkeit wegen nicht erkannt wor- den sind. Die beiden Hälften des Gefäßschlundringes treten bei Psygmo- hranclms im hinteren Abschnitt des 2. Somites zur Bildung des Vas ventrale zusammen und davor nehmen sie jederseits die unteren Bogengefäße der zwei vordersten Segmente auf. Vom ersten Paar der letzteren gehen nun unten nach vorn die beiden kräftigen Ge- fäße der lateralen Kragenlappen {V.l. Kr] aus, deren Ver- 576 Eduard Meyer zweigungen sich in diesen Organen ähnlich verhalten wie diejenigen der Thoracalmembrangefäße ; nah an der Wurzel der besagten Stämme zweigen sich außerdem als ein Paar ziemlich starker Adern die Gefäße des neuralen Kragenlappens [V.ti.Kr] ab, die im mittleren Theile des Collare einem dichten Gefäßnetz den Ursprung geben. Auch von den unteren Enden aller folgenden distalen Ring- gefäße, welche vermittels ihrer Nebenäste die Leibeswand, die Chaetopodien, die Nephridien und die Dissepimente mit Blut ver- sorgen, entspringen paarige Stämmchen, die sich in die Bauch- schilde begeben und mit ihren Capillaren die Follikelgruppen der BauchdrUsenmasse umspinnen; das letzte dieser Paare im Thorax tritt in den neuralen Lappen des hinteren Kragens ein (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 2). Hermellen. Alle bedeutenderen Gefäße und Blutbahnen der Serpulaceen habe ich auch bei Sabellaria aheolata wiedergefunden, doch ist ihr Verhalten in Bezug auf die einzelnen Körperabschnitte hier in mehr- facher Hinsicht ein ziemlich verschiedenes (7. Bd. Taf. 24 Fig. 7 — 9; Taf. 26 Fig. 22-24, 28). Der Darm sin US [S.I] ist nur im Abdomen vorhanden und geht schon am hinteren Ende des ersten abdominalen Segments in das dicke RUckengefäß F.r/) über, welches in seinem Verlaufe durch den Thorax allmählich dünner werdend bis dicht an das Ge- hirn heranreicht und somit die Länge von sechs Somiten hat. Die Achse des Vas dorsale nimmt ein wohl ausgebildeter, strangförmiger Herzkörper, eine intravasale Chloragogendrüse, wie Eisig dieses Gebilde bezeichnet, ein [H.K], und das Gefäß selbst befindet sich in seiner vorderen Hälfte über dem mächtigen, unpaaren Ausfüh- rungsgange der Thoracalnieren ; aus der Gabelung seines vorderen Endes gehen die beiden Schlundringgefäße [V.c.o] hervor, und diese vereinigen sich unten auf der 2/3 Segmentgrenze, wo das unpaare Bauch ge faß [V.v] anfängt. Das Vas ventrale hat im Thorax eine mediane, im Abdomen aber eine unsymmetrische Lage, indem es auf einer Seite neben dem einen der beiden weit aus ein- ander gerückten Bauchstränge verläuft. Die intersegmentalen Ringgefäße, welche angefangen vom 2. Somite in allen Körpersegmenten vorhanden sind, bilden inner- halb der Rückenkiemen eine lange Schlinge, so dass die oberen Bogenstücke als Kiemenarterien [Ki.a] und die unteren als Studien über den Körperbau der Anneliden. 577 Kiemenvenen [Ki.v] erscheinen; vorn entspringen sie vom Rücken- g-efäß und hinten vom Darmsinus , jedoch an diesem ziemlich weit unten, so dass ihre proximalen Theile sich zum Mitteldarme ähnlich verhalten, wie obere, paarige Nebenäste der vorderen, vom Vas dor- sale herkommenden Kiemenarterien, die in gleicher Richtung zum Ösophagus herabsteigen, um die Wandungen des Vorderdarms mit ihren Verzweigungen zu umgeben und sich gerade an der Stelle von den ersteren abzweigen, wo diese in die Seitengefäße einmünden (7. Bd. Taf. 26 Fig. 28 V). Die beiden Vas a lateralia [V.l) sind bei Sahellaria stark entwickelt, verbinden jederseits die auf einander folgenden Kiemenarterien, bevor dieselben in die betreffenden Kiemen eintreten, und stellen somit ein Paar arterielle, respiratorische Längsstämme vor; sie beginnen vorn an der 4/5 Segmentgrenze und setzen sich von dort ab durch das letzte Thoracalsomit und die ganze Abdominalregion weiter fort. Die Seitengefäße, die bei Sa- b eil aria der Innenseite der hämalen Längsmuskeln anliegen, sind es, welche Quatrefages in dem bezeichneten Leibesabschnitt für zwei Rückengefäße gehalten hatte. Die metameren Ringgefäße liefern nun auch die Gefäße für die Körperwand und die Dissepimente, für die Nephridien, Chaetopodieu , Baucheirren und die Bauchschilde; von ihnen sind die Kiemenvenen im 3. — 5. Thoracalsegmente stark gewunden, alle übrigen aber an der Vorderseite der resp. Dissepi- mente angeheftet. Im 1. So mit e habe ich keinen vollständigen transversalen Ge- fäßring constatiren können, allein in einer den normalen Kiemen- venen entsprechenden Lage, nämlich auf der 1/2 Segmentgrenze münden in die Schlundringgefäße ein Paar Stämme ([Ä^■.^)^]), die sich gleich oberhalb in zwei Äste theilen; die unteren Zweige der- selben stellen ein Paar Baucheirrengefäße vor und verästeln sich in den dreieckigen, blattförmigen neuralen Girren [l.kr]^ das obere Zweigpaar dagegen steigt erst gerade aufwärts, wendet sich dann nach vorn und hat als Ausbreitungsgebiet die ganzen seit- lichen Partien der Paleenträger. Ferner gehen medialwärts vom Gefäßschlundringe einige Äste für den ersten Bauchschild und ein Paar stärkere Gefäße für die Bauchzapfen [n.kr] ab. Die mitt- lere, obere Partie der Paleenträger erhält schließlich noch zwei dünne, aber lange Gefäße vom Rückengefäß; es ist das erste Paar Seiten- zweige desVas dorsale [[Ki.a^]), welche das letztere dicht hinter seiner Gabelung gerade nach vorn aussendet und die über das Gehirn weggehend bis nah an das vordere Ende des Paleen- Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 38 578 Eduard Meyer apparates parallel neben einander verlaufen und sich in der Gegend der eirrenartigen Zapfen des Außenrandes zu verlieren scheinen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 7—9). Vom oberen Theile der Schlundringgefäße gehen nach vorn die beiden Achsengefäße der Stirntentakel [V.h.T) und gleich darunter die beiden Hauptstämme der Mundtentakel (KT) ab; die letzteren liefern in der früher beschriebenen Weise die trans- versalen Aste für die basalen Läppchen und diese die blind enden- den Gefäße der einzelnen Tentakelfäden. Die Anordnung der Gefäße im Schwänze von Sahellaria kenne ich aus eigener Anschauung nicht. 13. Die Peritonealdrüsen. Die Geschlechtsdrüsen. Bekanntlich kommen die Geschlechtsproducte bei den Serpu- laceen nur in der Abdomiualregion vor und werden in Folge der stets undurchbrochenen Dissepimente und Darmmesenterien nicht nur vom Thorax, sondern sogar in denjenigen Segmenten und inner- halb dieser in der Hälfte zurückgehalten, wo sie entstanden sind. In der Regel sind unsere Würmer getrennten Geschlechts, doch giebt es in dieser Familie verschiedene Beispiele von Hermaphro- ditismus. Von den Serpuliden i. e. S. seien hier die Gattungen Spirorbis und Salmacina genannt, sowie die ganze Gruppe der Am- phicoriden. Bei den letzteren und bei Spirorbis sind die vorderen Abdominalsomite Q , die hinteren (f , bei Salmacina dagegen ist nach GiARD (1876 B. pag. 287) das Verhalten ein umgekehrtes. Nachdem im Allgemeinen bei Anneliden das Peritoneum als Mutterboden der Genitalproducte erkannt war, gab Cosmovici (1879/80 pag. 332) speciell für die Serpulaceen {Sabella, Myxicola) die unteren Bogenstücke der intersegmentalen Ringgefäße (»vàisseau lateral in- férieur«) als Träger der Hoden und Eierstöcke an; etwas genauer lautet der Bericht von Brunotte (1888 pag. 64, 66) bezüglich Bra?i- c/iiofnma, indem er sagt, dass die Geschlechtsdrüsen in jedem Seg- mente zwei ziemlich voluminöse Körper vorstellen , die aus sich gegenseitig polygonal abplattenden Zellen bestehen und an der Hinterseite der Dissepimente in der Nähe der Nephridien dem Gefäße anliegen. So ist die Lage und die Form der Hoden und Eierstöcke auch bei den übrigen Vertretern der Familie ; nur sei, um die Beziehungen Studien über den Körperbau der Auneliden. 579 derselben zu den Kiuggefößen präciser zu definiren, bemerkt, dass sie von diesen durch die Muskelscbicht der Dissepimcnte geschieden sind (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11; Taf. 26 Fig. 15, 26 G.dr). Ähnlich spricht sich Cosmovici (1879/SO pag. 342) über die Lage der Genitaldrüsen der Hermellen aus: »Les glandes geni- tales se trouvent par paires contre les diaphragmes, en face des organes segmentaires toujours attachées aux vaisseaux inférieurs.« Hierbei will ich jedoch meinerseits hinzufügen, dass die an der Rückseite der Dissepimente befindlichen (^ oder § Drüsen den unteren Gefäßbögen i. e. den Kiemenvenen nicht direct an- liegen , sondern an kleinen , verästelten Seitenzweigen derselben in Gestalt von Trauben in die Leibeshöhle frei hineinragen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 7, 9; Taf. 26 Fig. 28 G.dr). Als Geschlechtsregion können wir bei den Hermellen auch wieder das Abdomen bezeichnen, doch beginnt die Serie der paarigen Drüsen hier, bei Sabellaria alveolata wenigstens, nicht im ersten son- dern erst im vierten abdominalen Somite. Die Bildungsstätten der lymphoiden Zellen. Weder bei den Serpulaceen noch bei den Hermellen habe ich bestimmte Peritonealdrüsen gesehen, welche mit der Production der lymphoiden Zellen betraut wären. Bei Branchiomma hebt nun Brunotte (1888 pag. 51 — 53) den Umstand hervor, dass die peritoneale Auskleidung und zwar vor Allem an den Dissepimenten und Mesenterien aus ovalen , granu- lirten Zellen bestehe, die kleine Träubchen von verschiedener Größe bildend in das Cölom hinein vorspringen; er hält sie für identisch mit dem von Cosmovici (1879/80 pag. 332) bei Myxicola und Sahella erwähnten Fettgewebe (»tissu graisseux, cellules graisseuses«). Diese plasmareicheren Peritonealzellen habe auch ich vielfach bei den Serpulaceen und in noch größerer Menge bei den Hermellen gefunden und glaube sie als in der Bildung begriffene lymphoide Zellen deuten zu können, die demnach bei diesen Thieren an den verschiedensten Stellen des Peritoneums entstehen würden. Wenn nun Brunotte dieselben nicht als frei umherschwimmende Elemente in der Leibesflüssigkeit hat finden können, so wird dieses sicher, wie er es auch selbst vermuthet, den Grund gehabt haben; dass er Branchiomma nur zur Zeit der Geschlechtsreife untersucht hat, wo in der Lymphe statt jener Gebilde überhaupt fast ausschließ- lich Eier oder Sperma vorkommen. 38* 580 Eduard Meyer Die pigmentirten Lymphdrüsen oder Chloragogen- drüsen. Diese Art von Peritonealdrüsen sind bei den Serpulaceen schon seit Claparède bekannt. Nachdem er sie zuerst bloß bei Laonome als »im vetement de cellules pleines de pigment« an den Seitenzweigen des Vas ventrale erwähnt hatte (1868 pag. 428), be- schrieb der genannte Autor dieselben, sie mit der »substance chlo- ragogène« der Oligochaeten vergleichend, bei Myxicola^ Spirographis und Protula als »cellules allougées , remplies de matière brune et fixées par la pointe sur la paroi du vaisseau«, welche am Bauch- gefäß und an den Ringgefäßen einen dichten Überzug bildeten (1873 pag. 94—95). Von einer dunkelpigmentirten , zelligen Bekleidung der Gefäße bei Mxjxicola und Sahella spricht auch Cosmovici (1879/80 pag. 329, 332) ohne jedoch auf die Beschaffenheit derselben näher einzugehen; dagegen finden wir bei Beunotte (1888 pag. 52) die Angabe, dass die größeren Gefäße mit Ausnahme des Vas ventrale von runden, mit braunen Granulationen erfüllten Chloragogenzellen umgeben seien. Die pigmentirten Lymphdrüsen kommen bei den Serpuliden i. e. S. nur an den unteren Bogengefäßen vor. Im Thorax, wo diese Gefäße in ihren Segmenten viele Windungen beschreiben, sind sie allseitig von jenen umgeben, im Abdomen aber sind die Ring- gefäße an die Septen angeheftet, und da ist denn nur an der Vorderseite ihrer unteren Theilstücke ein Chloragogenzellen- belag vorhanden. Ganz fehlt dieser letztere an den entsprechenden Gefäßen des 1. und 2. Somites, was für alle Serpulaceen charak- teristisch zu sein scheint (7. Bd. Taf. 23 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 1,2; Taf. 26 Fig. 8, 26 P.dr.v). Bei den Sabelliden sind die in Rede stehenden Peritoneal- drüsen fast ganz auf die unteren, S-förmig gewundenen Abschnitte der Ringgefäße beschränkt, von denen aus sie sich nur eine kurze Strecke weit nach vorn, rechts und links am Vas ventrale fortsetzen (7. Bd. Taf. 23 Fig. 9 P.clr.v)^ und so werden sie sich wahrschein- lich auch bei Branchiomma verhalten. Als continuirliche Schicht bekleiden die Chloragogenzellen das Bauchgefäß und die unteren Bogengefäße der Eriographiden (7. Bd. Taf. 26 Fig. 21 P.dr.v), doch finde ich nicht jene Sonderung in verschiedene Stränge, wie Claparède sie bei Myxicola beschreibt. In der Gruppe der Amphicoriden sah ich bei AmpMglene Studien über den Körperbau der Anneliden. 581 einen ähuliebeu, drüsigen Zellenbelag am Vas ventrale und an den angrenzenden Theilen der intersegmentalen Gefäßringe (7. Bd. Taf. 24 Fig. 16 P.clr.v], aber bier ist derselbe im Gegensatze zu allen übrigen Serpulaceengruppen farblos, was mit der allgemeinen Armutli dieser Tbiere an Pigment im Zusammenbange steben könnte. Nicbt so gut entwickelt sind die Lympbdrüsen des venösen Gefäßsystems bei den Herm eilen; zwar ist aucb \)q\ SabeUaria das Bauebgefäß, sowie tbeil weise die medianen Enden der Kiemenvenen mit pigmentbaltìgen Zellen besetzt, docb erscheint die Schicht der- selben vielfach und ganz unregelmäßig unterbrochen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 7, 9; Taf. 26 Fig. 28 [P.dr.v]). Viel bedeutender sind dafür die Chloragogendrüsen in den Rückenkiemen; sie bestehen da aus recht ansehnlichen, braune Pigmentkörnchen enthaltenden Zellen, welche in einer dichten Lage den Kiemenarterien aufsitzen und als krause Masse in die Kiemen- höhlen hineinragen (7. Bd. Taf. 24 Fig. 7; Taf. 26 Fig. 23, 24, 28 P.clr.a). B. Vergleiche und Schlussfolgerungen. 14. Die Röhreubauorgane. Bei so exquisiten RöhrenwUrmern, wie es die Serpulaeeen und Hermellen sind, wird im Haushalte des Organismus vor Allem den- jenigen Organen eine sehr bedeutende Rolle zukommen, deren Auf- gabe die Herstellung der Wohnröhre ist. Unter diesen Organen werden wir nun zwei Kategorien unterscheiden müssen, von denen die einen das Baumaterial oder die Kittsubstanz zu liefern haben, die anderen aber gewissermaßen als Werkzeuge beim Röhrenbau in Function treten. Die tubiparen Drüsen. Als solche wurden nach dem Vorgange von Claparède früher allgemein die thoracalen Nephridien der Serpulaeeen betrachtet >, * Claparède beschreibt ausführlich, wie bei Myxicola aus der äußeren Öffnung der vermeintlichen »glandes tubipares« ein Schleimfaden in gerader Eichtung nach vorn ausströme, dann nach hinten umkehrend sich auf der Oberfläche des Körpers ausbreite und so die schleimige Hülle bilde (1870 pag. 148). Diese Erscheinung habe ich auch beobachtet und mich deutlich davon über- zeugt, dass der Schleimstrom weder aus dem Nephridialporus hervortritt, noch in der geschilderten Weise zum Eöhrenbau verwendet wird ; das von der Rücken- haut abgesonderte schleimige Secret erhält vielmehr, wie es auch Soulier er- klärt, jene Stromrichtung durch die Wimperaction des vorn hämal verlaufenden «sillon copragogue«. 582 Eduard Meyer seitdem jedoch die exeretorische Function derselben sichergestellt worden ist, und die von Cosmovici (1879/80 pag. 330', sowie nach- her von SoüLiER (1888) und Bruj^otte (1888 pag. 9, 10) an Sabellen und Eriographiden gemachten Beobachtungen bewiesen haben , dass diese Würmer selbst dann noch eine Köhre zu Stande bringen, wenn man ihnen den vorderen, die Thoracalnieren enthaltenden Körper- theil abschneidet, so sah man sich genöthigt die tubiparen Drüsen anderswo zu suchen. Cosmovici sprach die Vermuthung aus, dass die gesammte Körperhaut das zum Röhrenbau nothwendige Secret ausscheide, und in so weit als sich dieses auf Myxicola bezieht, hat er vollkommen Recht; diese Ansicht bis zu einem gewissen Grade theilend gaben dagegen Soulier (1888 pag. 507) und Brunotte (18S8 pag. 13, 16) als den Hauptsitz des bezeichneten Ausscheidungspro- cesses die »boucliers ventraux« an. da an diesen Stellen die schleim- absondernden Drüsenzellen am dichtesten gedrängt vorkämen. In der That sind es die in den Bauchschilden accumu- li rten Bauchdrüsen, welche bei den typischen Serpulaceen und bei den Hermellen als die hauptsächlichsten den Röhrenkitt liefernden Organe erscheinen. Dafür spricht nicht allein ihre gerade bei den echten tubicolen Anneliden so colossale Ausbildung, sondern auch im Speciellen der Umstand, dass sie am vordersten Körperabschnitte, der doch jedenfalls das Nachbauen der Wohnröhre behufs ihrer Verlängerung und Vergrößerung zu bewerkstelligen hat, weitaus am stärksten ist, und ferner, wie ich beobachtet habe, dass die Ausscheidung der Röhre bei den Larven erst dann beginnt, wenn die Hypodermis auf der Bauchseite , wo nachher die Bauch- schilde und Bauchdrüsen entstehen, schon eine drüsige Beschaffen- heit angenommen hat. Auch Salensky (1882 A. pag. 369) ver- muthete eine derartige Function der Bauchhaut bei der Larve von Psygmohranchus. Als Bestätigung des Gesagten kann nun auch das Vorkommen von BauchdrUsen und Bauchschilden bei den Terebelliden und Chae- topteriden angeführt werden, welche sich gleichfalls in selbst ver- fertigten Röhren aufhalten, und bei denen diese Organe eben so am Vorderkörper ihre größte Entfaltung haben. Von ihnen erinnern die ersteren in dieser Beziehung mehr an die Hermellen, weil bei jenen die Schilde wie hier kleiner sind und die Drüsenmassen gewöhnlich weit in die Leibeshöhle hinein vorspringen (7. Bd. Taf. 22 Fig. 1 — 8; Taf. 23 Fig. 1—3; Taf. 25 Fig. 7, 13, 14, 21, 25—29, 34, 35 B.Sd. B.dr) ; die Chaetopteriden dagegen sind den Serpulaceen ahn- Studien über den Körperbau der Anneliden. 583 lieber, indem die Bauchschilde derselben bei einer größeren Aus- dehnung in transversaler Richtung seitlich ziemlich hoch hinauf- reichen, die Drtiscncomplexe aber nur in relativ geringem Maße nach innen hineinragen. Claparède deutete die »boucliers ventraux« nebst ihrem »tissu clypéal«, dessen drüsige Natur er nicht erkannt hatte, als eine Schutz- vorrichtung, deren die auf ihrer Bauchseite an der Innenwand der Wohnröhre auf und ab gleitenden Würmer bedürftig seien (1873 pag. 30 — 38). Wenn nun auch die eigentliche Thätigkeit dieser Gebilde eine andere ist, so möchte Claparède doch nicht so ganz Unrecht haben , denn dass die Bauchschilde in Folge ihrer dicken Hypodermschicht außerordentlich widerstandsfähig sein dürften, ist nicht zu leugnen, und daher werden wir die ihnen vom Genfer Ge- lehrten zugeschriebene Bedeutung, obgleich nur als Nebenfunction, gelten lassen müssen. Für eine ganz ähnliche Bildung hält Kleinenberg das von ihm bei der Loj}aclor//ync/ms-Lü,vye entdeckte vergängliche Bauchschild, welches dieselbe Structur habe wie die gleichnamigen Organe der Serpulaceen und Terebellen im embryonalen Zustande ; da er an den großen blasigen Zellen keine Spur einer äußeren Mündung entdecken konnte, so vermuthet auch er, dass es sich hier nicht um Drüsen, sondern wahrscheinlich um ))Stützorgane, gewissermaßen ein larvales Skelett« handelt (1886 pag. 132 — 133). Bei Lopadorhynchus mag dieses so sein, wie es Kleinenberg darstellt, die Bauchschilde der Serpulaceen- und Terebellen -Larven aber muss ich jedenfalls für drüsige Organe halten, wie sich aus der Art des Röhrenbaues der Jungen und vollends aus dem histologischen Verhalten im ausge- bildeten Zustande ergiebt; obgleich es mir auch nicht gelungen ist die Ausmündungen der großen, hellen Zellen direct zu beobachten, so ist das noch kein Beweis, dass solche überhaupt nicht vorhanden seien, denn wenn es oft schon sehr schwer ist, die äußeren Öffnungen der einzelligen Hautdrüsen bei erwachsenen Anneliden nachzuweisen, so ist es klar, dass es im Allgemeinen noch viel schwerer sein muss, dieselben bei Larven zu entdecken'. Nichtsdestoweniger können ^ Dasselbe mag auch für die »An al blasen« der Serpulaceenlarven (Taf. 23, 24 ^.fZr) gelten, welche ich eben so wie Salensky als einzellige Drüsen auf- fasse, deren Secret den jungen Würmern dazu dient, ihr Hintertheil beim Sich- festsetzen an das Substrat anzukitten, denn außer jenen Gebilden befinden sich an diesem Körperende absolut keine weiteren Hautelemente, die einen drüsigen Charakter hätten, und schließlich ist ihre Ähnlichkeit mit den in der Anneliden- hypodermis ganz allgemein vorkommenden Drüsenzellen nicht zu bestreiten. 584 Eduard Meyer aber, selbst wenn ihre Function eine verschiedene sein sollte, die Bauchschilde der Lopadorhynchus-hdirxt und jener tubicolen Anne- liden homologe Organe sein. Phylogenetisch werden die Bauchschilde und Bauchdrüsen unserer Würmer von einer indifferenteren Bildung, etwa einer verdickten, an Drüsenzellen reichen Bauchhaut abzu- leiten sein, wie wir sie auch vielfach bei frei lebenden Anneliden finden. Das ursprünglich bloß schleimige 8ecret solcher Drüsen wird den auf den Boden dahin gleitenden Thieren eine Schlüpfrigkeit verliehen haben, welche die Bauchseite des Körpers vor Verletzungen an scharfen Steinen oder anderen Gegenständen schützte; leicht be- greiflich ist weiter, wie sich in dieser Schleimmasse Sandkörnchen und Steinchen verfingen und bei einer Drehung des Wurmes um seine Längsachse zu einer Röhre zusammenklebten — ein Umstand, den die Vorfahren der heutigen Röhrenwürmer zu ihrem Nutzen aus- zubeiTten gewusst haben müssen, denn auch die letzteren benehmen sich in der bezeichneten Weise , wenn sie sich ihren Tubus bauen (Soulier). Diese vorth eilbringende Verwerthung des Organs hatte nun seine weitere Vervollkommnung in der eingeschlagenen Richtung zur Folge , und so wurden die Hautdrüsenzellen der Bauchseite zu tubiparen Drüsen, welche bei den Serpuliden i. e. S. den Höhen- punkt ihrer Ausbildung erlangt haben, indem sie hier nicht mehr bloß eine Kittmasse, sondern das ganze zum Aufbau der Wohnröhre nöthige, kalkhaltige Material liefern. Im Zusammenhange mit der specifischen Ausbildung der Bauch- drüsen werden auch die Bauchschilde entstanden sein, welche wie gesagt die polystomeu Mündungen der ersteren vorstellen. Ein Vor- springen derselben in der Gestalt polsterartiger Erhebungen ist in so fern von Nutzen, als sie sich dadurch der Innenseite der Wohn- röhre besser anschmiegen und zur Verstärkung neue Schichten von innen gleichmäßiger auftragen können. Mit dem gesteigerten Bedarf an Kittsubstanz musste die Drüseumasse und mit ihnen die Schilde, besonders am Vorderkörper, wo am Vorderrande der schon vorhan- denen Röhre beim Wachsen des Einwohners stetig neue Ringe an- gebaut werden, an Größe und Ausdehnung zunehmen. Daher brei- teten sich die tubiparen Organe der vorderen Körper- region allmählich von der Mitte nach beiden Seiten hin aus, wie es auch während der ontogenetischen Entwicklung ge- schieht, und zwar um so mehr, je näher sie sich dem Vor- derende des Wurmes befanden. Die directe Folge hier- Studien über den Körperbau der Anneliden. 585 von ist nuD eiue derartige Verschiebung- der beiden Sei- tenlinien nebst allen ihren Organen, den neuralen und hämalen Parapodieu, den Nephridien etc., nach oben, dass sie in der Brustregion nicht mehr einen horizon- talen, sondern einen von hinten nach vorn gegen den Klicken hin aufsteigenden Streifen an beiden Seiten des Körpers einnehmen. Außer bei den Serpulaceen finden wir dieses Verhalten noch bei den Chaetopteriden , wenngleich etwas weniger ausgeprägt, bei den Terebelloiden aber kommt es im Allgemeinen nicht so zur Gel- tung; auch ist dieses letztere bei den Hermellen der Fall, hier jedoch wird wahrscheinlich eine nachträglich erfolgte, stärkere Ausbildung gewisser seitlicher Organe die Bauchschilde wieder auf einen ge- ringeren Raum in der Mitte der Bauchseite zurückgedrängt haben, wofür sich dann aber die Drüsen um so viel mehr nach innen hinein entfalteten. Eine secundäre Erscheinung ist nach dem Vorhergehenden das Auftreten ähnlicher , auch beim Röhrenbau in Betracht kommender Drüsencomplexe an anderen Körperstellen. So können wir das Vorkommen solcher an den Parapodialpolstern einiger Sa- belliden und der meisten Serpuliden dadurch erklären, dass die tubi- paren Drüsen der Bauchschilde nicht ausreichend waren , und sich desswegen im Anschluss an diese auch die angrenzenden Hautpar- tien in gleicher Weise differenzirt haben ; indem nun vorzugsweise an den letzteren Integumentstrecken und zwar nur auf einer Seite des Thorax bei den Gattungen Spirorbis und Pileolaria die Röhrenbau- drüsen zur Ausbildung gelangten, verdanken die genannten Thiere eben dieser Abweichung ihre unsymmetrische, spiralige Röhren- und Körperform. Eben so sind die drüsigen hämalen Schwanz- schilde der Serpuliden i. e. S. analoge Organe, deren Function darin bestehen möchte, die durch Zufall schadhaft gewordenen Stellen am hinteren Theile der Wohnröhre auszubessern. Wie wir gesehen haben, sind die Drüsen, welche den Stoff zur Röhrenbildung liefern, bei den Eriographiden gleichmäßig über die ganze Körperoberfläche verbreitet, und das scheint mir nun eine durchaus recente Errungenschaft, eine Anpassung an die w^ieder beweglichere Lebensweise dieser Würmer zu sein, zu welchem Extrem das Verhalten der tubiparen Drüsen bei den Amphicoriden, wo sie die ganze untere Körperhälfte einnehmen, einen Übergang bildet. Dass die ersteren Würmer früher wahr- 586 Eduard Meyer scheinlicli ebenfalls nur drüsige Banebschilde g-eliabt haben müssen, dafür ließe sieh außer anderen Argumenten, die weiter unten ge- bracht werden sollen, auch der Umstand anführen, dass sich eine Myxicola z. B. bei der Herstellung ihrer Schleimhülle eben so wie die übrigen Serpulaceen langsam um sich selbst dreht, was sie doch im Grunde gar nicht nöthig hat, weil ihre ganze Oberfläche das be- treffende Secret ausscheidet, woher denn dieses Verfahren mehr den Charakter einer ererbten, einst nothwendig gewesenen Gewohnheit erhält. Die abdominalen Bauchschilde der Sabelliden sind in der Mittel- linie durch die in diesem Leibesabschnitte neural verlaufende, flim- mernde Kothrinne, den »sillon copragogue« der französischen Autoren, unterbrochen, welche auf der Grenze zwischen Thorax und Abdomen nach einer Seite ausweichend ihren Weg nach vorn hin auf dem Rücken weiter fortsetzt. Der hintere Theil derselben lässt sich jeden- falls auf eine früher bei den Anneliden vermuthlich allgemein ver- breitete Bewimperung der Bauchfläche , worauf der bei Larven so häufig vorkommende ßauchwimperstreif hinweist, zurückführen, doch müssen wir dabei zugleich annehmen, dass die besagte Rinne ur- sprünglich auch am Vorderkörper ventral bis zum Munde hin ver- lief. Da aber die Bauchschilde am Thorax in Folge der größereu Anforderung, welche an sie aus den oben dargelegten Gründen hier gestellt sind, die möglichst größte Ausdehnung erlangen mussten, so haben sie der Erhaltung der neuralen Wimperrinne entgegen- gewirkt und schließlich ihre gänzliche Unterdrückung in dieser Kör- perregion herbeigeführt, wie es auch aus der Ontogenie deutlich hervorgeht. Die Excremente des Wurmes , welche innerhalb der Röhre längs der flimmernden Bauchrinne nach vorn geschafft wur- den, fanden an der hinteren Grenze des letzten thoracalen Schildes einen Widerstand, mussten daher in der intersegmentalen Ringfurche seitlich gegen den Rücken hinauf steigen, und hier bildete sich all- mählich nur auf einer Seite ein constanter Weg aus. So wird es denn die stärkere Entfaltung der thoracalen Bauch- schilde gewesen sein, welche das Abweichen der Koth- rinne von der Bauchseite des Abdomen auf die Rücken- seite des Thorax verursacht hat. Einen Anhaltspunkt für das Zustandekommen dieser Bildung haben wir ferner bei den Serpuliden i. e. S., wo an der neuralen Ober- fläche des hinteren Körpertheiles eine auch bewimperte aber flache und breite Längsfurche verläuft, in der Brustregion hingegen die ganze Studien über den Körperbau der Anneliden. 587 llückenbaut mit einem Wimperkleide ausgestattet ist, als deren Über- bleibsel wir die vordere, bämale Strecke des »sillon copragogue« betracbteu können. Was nun den seitlichen, aufsteigenden Abschnitt des letzteren betrifft, so möchte dieser vielleicht der Rest einer früheren, intersegmentaleu Bewimperung sein, wie sie auch jetzt noch bei verschiedenen Ringel Würmern besteht. Die Vertiefung zu einer engen Rinne endlich, wie sie bei den Sabellen erscheint, wird w^ahrscheinlich damit zusammenhängen, dass diese Thiere sich eine ihrem Leibe sich dichter anschließende Röhre zu bauen gewöhnt haben, denn bei den Serpuliden. deren Kalkgehäuse sehr geräumig sind, treten an den entsprechenden Stellen, wie erwähnt, nur leichte Ein- senkungen der Hautoberfläche auf. Die Myxicoleu verhalten sich ähnlich wie die Sabellen, und hier scheint mir nach den vorhergehenden Erörterungen das Abwei- chen der Kothrinne vom Bauch zur Rückenseite an der vorderen Grenze des Abdomens ein weiterer Hinweis darauf zu sein, dass auch die Vorfahren der Eriographi- den wenigstens am Thorax stark entwickelte Bauch- schilde gehabt haben müssen. Bei den Hermellen kann der sog. Schwanz als eine äquivalente Einrichtung betrachtet werden, denn auch dieser hat bei seiner im Übrigen ganz rudimentären Beschaffenheit ver- muthlich nur den Zweck, einer Ansammlung von Fäces in der Wohn- röhre vorzubeugen; da dieser Leibesabschnitt immer nach vorn um- gebogen ist, so braucht der Wurm bloß mit seinem Vorderkörper ein wenig aus der Röhre herauszukriechen und kann dann bequem seinen Enddarm direct ins Freie entleeren. Wenden wir uns nun zu denjenigen Organen, welche un- seren Würmern als Werkzeuge beim Röhrenbau dienen. Hier wird in ersi er Linie der Halskragen der Serpulaceen in Betracht kommen. Wenn man eine in Ruhe befindliche , vollkom- men ausgestreckte Protula beobachtet, so wird man bemerken, dass sie sowohl die neuralen als die lateralen Lappen ihres Collare über den Vorderrand der Wohnröhre nach außen zurückgeschlagen hat, so dass sie dadurch sich auf diese Organe stützend ihren Vorder- theil mit dem nach Art einer Palmenkrone ausgebreiteten Büschel der Kopfkiemen aufrecht zu erhalten scheint. Das jedoch ist nicht der einzige Zweck dieser Stellung. Wir sehen, dass der Wurm sich von Zeit zu Zeit in seiner Behausung langsam um seine Achse be- wegt , wobei der Halskragen auf dem Röhrenrande gleitet ; zieht 588 Eduard Meyer sicli das Tbier in sein Gehäuse zurück oder wird es aus diesem entfernt, so werden die frischen, helleren und auch dünneren Ringe am Vorderende desselben sichtbar, die jedenfalls während jener Bewegungen in der Weise entstanden sind, dass die von den vordersten Bauchdrüsen ausgeschiedene, kalkhaltige Substanz vermittels der Kragenlappen auf den alten Rand aufgetragen wurde und hier erstarrte. Sehr bezeichnend für die Function des Collare ist ferner die Entstehungsweise der Röhre bei der Larve. Wenn dieselbe sich festgesetzt hat, so erscheint zuerst ein durchsichtiges, ringför- miges Häutchen am Vorderkörper zwischen diesem und den bereits nach hinten zurückgeklappten neuralen und lateralen Kragenlappen, ein Product der Bauchdrüsen, welche zu dieser Zeit vorn in der Bauchhaut schon deutlich entwickelt sind. Der Ring verlängert sich dann zu einem am Vorderende nachwachsenden häutigen Cylinder, welcher schließlich das Substrat, auf dem das Würmchen sitzt, er- reicht und hier wahrscheinlich vermittels des Secrets der »Anal- blasen« befestigt wird. Ein anderes Organ, das auch beim Röhrenbau als Hilfswerk- zeug Verwendung tinden muss , besitzen die Serpuliden i. e. S. in der Thoracalmembran. Die beiderseitigen Hälften dieses Ge- bildes lehnen sich an die Innenseite der Wohnröhre dicht an und können daher bei einer Drehung des Thieres das Secret der BauchdrUsen zur Herstellung von inneren Verstärkungs- schichten gleichmäßig ausbreiten helfen. Um sich eine Vorstellung von dem Ursprünge und dem Zustande- kommen der merkwürdigen Form zu machen, welche die als Werk- zeuge dienenden Röhrenbauorgane bei den Serpulaceen haben, müssen wir auf die morphologische Bedeutung derselben zurückgehen. Die Bedeutung des neuralen Kragenlappens. Aus der Entwicklungsgeschichte des Collare, wie wir sie bei der Psijgmohranchus-\^9iY\Q, kennen gelernt haben, geht hervor, dass der mediane und die lateralen Theile desselben unabhängig und ziem- lich entfernt von einander angelegt werden, wonach also der neurale Kragenlappen als eine durchaus selbständige Bildung erscheint; ob- gleich nun dieser im ausgebildeten Zustande häufig aus zwei sym- metrischen Hälften besteht, so ist er doch, wenn wir von der rasch vorübergehenden Zweitheilung durch den Bauchwimperstreif ab- sehen, bei seinem ersten Auftreten ein ebenso unpaares, media- Studien über den Körperbau der Anneliden. 589 ues Organ, wie die Baucbscliilde , welches sieh während seiner weiteren Ausbildung' von der Mitte nach beiden Seiten bin ausdehnt. Schon aus diesem Grunde ist eine Deutung des unteren Kragen- tbeiles als neurale Parapodien des 1. Segmentes, wie Pruvot (18S8 pag'. 317, 322) es will, nicht zulässig. Ein Baucbscbild wie in jedem der folgenden tboracalen Körper- ringe ist bei den Serpulaceen im 1. Somite nicht vorbanden; die Stelle eines solchen nimmt hier der neurale Kragenlappen ein, der seinem Bau nach den Brustscbilden in so fern gleicht, als in der äußeren, verdickten Hautlamelle seines basalen Abschnittes ebenfalls eine Menge BauchdrUsen nach außen münden. Berücksichtigt man ferner den Umstand, dass das Organ bei der Larve anfangs als ein flacher lutegumentwulst die Bauchseite des noch nicht durch Ver- schiebungen veränderten vordersten Körpersegments einnimmt und erst durch spätere Faltenbildung , bei welcher die entsprechende Partie der Bauchdrüsen mit hineingezogen wird, seine definitive Ge- stalt erhält, so wird man es als den durch Faltung- lappenför- mig- gewordenen Bauchschild des 1. Somites zu deuten haben. Ist diese Schlussfolgerung richtig, so muss auch die Innervirung und die Gefäßversorgung des neuralen Kragenlappens sie bestätigen können. Die Bauchschilde erhalten paarige Nervenstämmchen aus den vorderen und hinteren Bauchmarksganglien, welche aus den letzteren an den Wurzeln der Quercommissuren medialwärts austreten; eben so entspringen die beiden Hauptnerven des neuralen Kragenlappens bei den Serpuliden i. e. S. und den Sabelliden an der medialen Seite der zusammengerückten, vordersten Ganglien, allerdings in einiger Entfernung vor der ersten Quercommissur, doch dass diese in Folge besonderer Verschiebungen so weit nach hinten gerückt ist, kann keinem Zweifel unterliegen. Weniger deutlich ist die Homologie der in Kede stehenden Nerven mit den übrigen Bauchnerven bei Myxicola, da die ersteren hier als mediale Äste des ersten hinteren Spinalnervenpaares erscheinen; um dieselbe aufrecht zu erhalten, muss man eine Vereinigung der Wurzeltheile der beiden Nerven- arten annehmen. Zu Gunsten einer derartigen Erklärung ließe sich anführen, dass die sonst seitlichen Spinalnerven am vorderen, auf- steigenden Theile der Bauchstränge an deren vorderer Oberfläche, also ventral und damit zugleich sehr viel näher zur medialen Seite ihren Ursprung nehmen; dass nun zwei solche Nerven, deren Wur- 590 Eduard Meyer zela sehr nah bei einander sind und die eine Strecke lang parallel neben einander verlaufen, sich auf dieser Strecke auch wirklich ver- einigen könnten, ist nicht so unwahrscheinlich. Außer den beiden mittleren oder Hauptstämmen hat der neurale Kragenlappen der Ser- puliden i. e. S. jederseits noch zwei Nerven , die sich unten von den hinteren Spinalnerven des 1 . Segments abzweigen , doch haben dieselben nur die Bedeutung von Hautästeu, wie solche an den übrigen Spinalnerven ebenfalls vorkommen, nur dass sie vorn be- deutend stärker sind. Die paarigen Gefäßstämmchen , welche die Bauchschilde mit Blut versorgen, entspringen von den unteren Enden der Ringgefäße, von denen auch die Parapodialgefäße ihren Ursprung nehmen; die beiden Hauptgefäße des neuralen Kragenlappens aber sind die ersten Äste der Gefäßstämme der lateralen Kragenlappen, welche, wie weiter gezeigt werden wird, die Bedeutung von Parapodialgefäßen haben, und daher werden wir hier eine ähnliche Vereinigung annehmen können, wie wir sie in Bezug auf die Nerven bei Myzicola sahen. Eine dem neuralen Kragenlappen der Serpulaceen homologe Bildung sind bei den Hermellen die Bauchzapfen des 1. Somites, denn auch sie enthalten die Ausmündungen der vor- dersten BauchdrUseupartie . werden von zwei Nervenstämmen inner- virt, die medialwärts von den vorderen Gangliencomplexen der beiden Bauchstränge ausgehen, bekommen ihre beiden Hauptgefäße von den Schlundringgefäßen, von welchen dieselben gerade an der Mündung des ersten Paares der intersegmeutalen Queräste entspringen, und erscheinen hier geradezu als Theile des ersten, herzför- migen Bauchschildes, was seinerseits einen Beweis für die Richtigkeit der obigen Deutung des neuralen Kragenlappeus abgiebt. Obgleich nun die Bauchzapfeu paarig sind, so werden sie es jeden- falls erst secundär geworden sein, da sie ja eigentlich nur den vor- dersten Abschnitt eines medianen, unpaaren Organs vorstellen, und dann sehen wir ja auch, dass der neurale Theil des Serpulaceen- collare häufig genug zweilappig ist. Die Vergleichbarkeit der hier besprochenen Organe bei Hermellen und Serpulaceen ist auch Grube nicht entgangen. Die Ansicht von Frey & Leückart (1847 pag. 153) , dass die beiden vorderen, medianen Zapfen von Sahellaria den Deckelstielen der Serpuliden entsprächen, widerlegend, verglich der erstgenannte Forscher die- selben mit dem »Halskragen der Sabellen« (1848 pag. 37). Das Vorkommen eines neuralen Kragenlappens am 1. Somite ist, Studien über den Körperbau der Anneliden. 591 SO weit mir bekaunt, ein specifiscber Charakter der Serpulaceen. Das pbylog-enetische Zustandekommen desselben wird, wie sieb solcbes aus der embryologiscben Entwicklung folgern lässt, dureb die all- gemeinereu Verschiebungen, welche die vordere Integu- mentpartie des Thorax gegen den Kopflappen hin er- fahren hat, bedingt worden sein, die Vervollkommnung der Bil- dung aber in der Brauchbarkeit beim Röhrenbau ihren Grund gehabt haben; zu diesem ZAvecke ist das Organ um so geeigneter als es selbst eine nicht unbedeutende Menge von Kittdrüsen enthält, die sich an seiner Oberfläche nach außen öffnen. Die gelegentlich vor- kommende Zweitheilung- desselben erscheint als ein Fortschritt, indem es dadurch gelenkiger wird, und ein ähnliches Verhalten mag- zu der Ausbildung jener noch viel selbständigeren, beweglichen Bauchzapfen geführt haben, die wir am Vorderrande des Thorax bei den Hermellen finden; nun ist aber zum Aufbau dieser letzteren nicht der ganze Schild des 1. Segmentes aufgebraucht worden, son- dern nur dessen vorderer Theil, und das stelle ich mir so vor, dass die ursprüngliche Falte, aus welcher nachher durch Längsspaltung die beiden Zapfen hervorgingen, nur die vordere Hälfte des Bauch- schildes für sich in Anspruch nahm, weil die Verschiebung der ganzen neuralen Hautpartie nach vorn hier lange nicht den Grad erreicht hat, wie es bei den Serpulaceen der Fall ist. Die Functionsweise der Baucbzapfen von Sahellaria hat man sich etwas anders zu denken als diejenige eines typischen neu- ralen Kragenlappens. Jene Organe werden nicht nach hinten zurück- gebogen, und die Mündungen der Bauchdrüsen befinden sich haupt- sächlich an den knopfförmig verdickten Enden der ersteren; sich nach beiden Seiten auf und ab bewegend werden sie daher die aus ihnen direct hervortretende Kittsubstanz auf den alten Röhrenrand aufstreichen und in dieser Weise die von den contractilen Mundten- takeln herbeigeschafften Sandkörnchen an denselben ankleben. Eine ähnliche Umgestaltung eines Bauchschildes zu einem Paar beweg- licher Zapfen habe ich nur noch bei Amphicteniden beobachtet, wo sie jedoch nicht dem ersten, sondern einem der folgenden Körper- segmente angehören. In Folge der besonderen Art und Weise, wie sich die Eriogra- phiden ihre Schleimröhre herstellen, hat der neurale Kragenlappen seine functionelle Bedeutung verloren; daher ist dieses Organ hier zurückgebildet und zu einem kleinen, dreieckigen Zapfen zu- sammengeschrumpft. 592 Eduard Meyer Die Bedeutung der lateralen Kragenlappen. Bei den Serpulaceen bilden die seitlichen Theile des Collare den vorderen Abscbluss der nach vorn aufsteigenden Linie, welche die Hakenflösschen der folgenden Segmente an beiden Seiten des Thorax beschreiben; noch deutlicher tritt diese Beziehung auf jüngeren Lar- venstadien hervor, wo die Anlagen dieser und jener Organe jeder- seits in horizontaler Richtung auf einander folgen, und durch das Erscheinen rundlicher, ectodermaler Zellgruppen in denselben auch ihre Ähnlichkeit eine viel größere ist. Die scharf umschriebe- nen Zellgruppen, welche in den Anlagen der lateralen Kragenlappen, sowie in gleicher Lage im 2. Somite vorkom- men, um nach kurzer Zeit wieder zu verschwinden, stimmen in Be- zug auf ihren Bau mit den jüngsten Stadien der borstenerzeugenden Chaetopoddrüsen durchaus übereiu, und da sie ferner in ihren So- miten den unteren Theil der Seitenlinie einnehmen, so halte ich sie für vergängliche Anlagen der Borstendrüsen neuraler Par a podi e n. Während der Entwicklung der seitlichen Kragentheile und der Hakenflösschen, welche beide ihre specielle Musculatur von der late- ralen Parenchymlage erhalten, findet eine Erhebung der betreffen- den Integumentpartie statt, allein hierbei zeigt sich ein Unterschied. Bei der Bildung der Hakenflösschen gelangen die Häkchen und die sie erzeugenden Drüsen auf die hohe Kaute der erst relativ spät entstehenden Hautfalte; die Duplicaturen des Integuments dagegen, welche die lateralen Kragenlappen bilden , gehen aus einem Paar schon früh vorhandener, seitlicher Ectodermwucherungen hervor und erheben sich dicht vor den zugehörigen Drüsenanlagen, beurkunden also einen Grad von Selbständigkeit, wie er sich im ersteren Falle nicht zeigt. Da nun nach Kleinenberg's Beobachtungen Girren und Chaetopodien überhaupt unabhängig von einander entstehen, so wer- den wir, dieses hier in Erwägung bringend, die lateralen Kra- genlappen der Serpulaceen als neurale Parapodialcirren des 1. Somites betrachten können. Ein Vergleich mit den Hermellen wird diese Auffassung ohne Weiteres bestätigen. Das 1. Segment von Sahellaria alveolata be- sitzt ein Paar neurale Borstenbündel, deren Drüsen dem vordersten Paare der vergänglichen, neuralen Ectodermzellengruppen bei der Psygmobranchus-'L^iXYQ entsprechen, und davor die beiden ersten dreieckig- blattförmigen Baucheirren; bei S. spinulosa fehlen dazu Studien über den Körperbau der Anneliden. 593 aneli die Borstenbündel. imd so wird das Verhalten liier demjenigen bei den Öerpulaceen nocli äbnlieher. Die je einen unteren Hauptast der binteren Spinalnerven des 1 . Öomites vorstellenden Nerven für die lateralen Kragenlappen ent- sprechen hiernach dem neuralen Parapodialast des gleichen Nerven- l)aares bei den Hermellen, wobei jedoch der Bauch cirrennerv dort in Folge der Eückbildung des Borsteuapparates das Übergewicht über den Chaetopodialnerven gewonnen hat, welcher vermutblich mit dem ersteren vereinigt einen unansehnlichen, sich in der Haut ver- lierenden Zweig desselben bilden und desswegen auch nicht mehr erkennbar sein mag. Eben so wird das vielfach verzweigte Gefäß- paar der Organe die Bedeutung von neuralen Parapodial-, genauer Cirrengefäßen haben, das ja übrigens auch wie die letzteren an unteren Bogenstücken eines intersegmentalen Gefäßringes, nämlich des ersten, seinen Ursprung nimmt. Einen Versuch, das Öerpulaceencollare auf die Parapodien des 1. Segments zurückzuführen, machte Pruvot (1885 pag. 317, 322); abgesehen davon, dass er sich dabei ausschließlich auf die Inner- vations Verhältnisse stützte, die hier so verwickelt und verändert sind, dass sie allein unmöglich einen Aufschluss über die morphologische Natur jener Bildung geben können, und die der Autor außerdem nicht einmal genügend gekannt hatte, sind seine Deutungen noch desswegen verfehlt, weil er sich obendrein auch in der Segmentirung unserer Würmer geirrt hatte. Er sagt: wil faut considérer la colle- rette dans son ensemble, avec ses quatres lobes. comme les appeu- dices du premier segment, les lobes postérieurs (= obere i. e. die lateralen Lappen) avec leurs touffes de soies comme les deux rames pédieuses dorsales, les lobes antérieurs (= untere, neurale Lappen) commes les deux rames ventrales ayant perdu leurs uncini«. Vor Allem können die »lobes postérieurs« und die ')'.;ouffes de soiescf in keinem Falle zusammen für ein einziges Parapodienpaar gelten, da sie zwei ganz verschiedenen Somiten angehören. Dass ferner die lateralen Kragentheile nicht hämale sondern neurale Parapodial- cirren, und die «lobes inférieurs« überhaupt keine parapodialen Ge- bilde seien, glaube ich im Vorhergehenden hinlänglich nachgewiesen zu haben ; die Bedeutung von hämalen Parapodien aber kommt, wie wir weiter unten sehen werden, den Kopfkiemenstützen zu, von deren Existenz PßuvoT gar keine Kenntnis hatte. Dass Grube die medianen Bauchzapfen der Hermellen nur mit einem Theile des Serpulaceencollare verglich, geht aus dem hinzu- Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Ed. 8. 39 594 Eduard Meyer gefügten Passus hervor: »wenn außer den BorstenbUndeln des Mund- segmentes auch seitliche Läppchen an seinem Vorderrande uns be- gegnen«, seien solche Gebilde ebenfalls mit dem Halskragen der Sabellen »in dieselbe Kategorie« zu stellen (1848 pag. 37); hierbei kann er natürlich bloß die lateralen Lappen gemeint haben. Etwas Ähnliches behaupteten auch Frey & Leuckart (1847 pag. 1 53) , zogen aber noch das bei Sahellaria spinulosa unten und seitlich vom »ersten Körperringe« — nach unserer Zählungsweise am 2. Somite — vorspringende Lappenpaar bei dem Vergleiche mit dem Halskragen der Serpuliden hinzu, was nicht angeht, weil der letztere eben dem 1. Somite oder dem Kopfmundsegmente angehört. Nichtsdestoweniger würde das besagte L a p p e n p a a r des 2. Somite s von S. spinulosa ein Beispiel dafür sein, dass eine Art von lateralen Kragenlappen auch in einem vom Vorderende ent- fernteren Segmente und auf ähnliche Weise wie vorn zu Stande kommen kann , denn ein Vergleich mit S. alveolata zeigt uns, dass wir es hier gleichfalls mit den betreffenden Baucheirren zu thun haben, welche bei der letzteren Species noch die entsprechen- den neuralen Borstenbündel besitzen, die bei der erstereu fehlen. Das Auftreten der Parapodialcirren in Blattform ist bei den Anneliden keine seltene Erscheinung, doch sind sie gewöhnlich, wie bei den Aphroditeen, Polynoinen, Phyllodoceen und Alciopiden, ver- mittels kürzerer oder längerer Stiele am Körper befestigt; dass sie mit einer breitereu, transversalen Kante inseriren und verhältnismäßig große, flügelartige Fortsätze bilden, kommt dagegen fast nur bei Röhrenwürmern vor. So finden wir sie bei verschiedenen Terebel- loiden, z. B, bei Lanice am 2. und 3. Segment, wo es auch wieder die umgestalteten Baucheirren sind, die hier zwei Paar seitliche Kragenlappen vorstellen (7. Bd. Taf. 23 Fig. 3 7.7i>i, l.Kr'^)\ den Übergang zu jenen erranten Formen würden aber in dieser Beziehung die Spioniden vermitteln, bei denen die neuralen und auch die hä- malen Girren vielfach als senkrecht zum Körper gestellte, mit breiter Basis angeheftete, verticale Lamellen erscheinen. Die Ausbildung solcher verticalen, blattförmigen Baucheirren zu typischen lateralen Kragenlappen, wie sie die Serpulaceen am 1 . So- mite haben, kann man sich leicht erklären. Das von den tubiparen Bauchdrüsen ausgeschiedene und in der Wohnröhre von hinten nach vorn fließende Secret musste zunächst am neuralen Kragenlappen und dann auch an den seitlichen Cirrenlappen eine mechanische Ab- lenkung zum vorderen Köhrenrand hin erfahren, wobei es sehr Studien über den Körperbau der Anneliden. 595 nahe lag , diese wegen ihrer eigenen Musculatur selbständig beweg- lichen Gebilde geradezu zum Auftragen und Ausbreiten der Kitt- substanz zu verwerthen. Bei solch einer Anwendung mussten sich die Organe in angemessener Weise stärker entwickeln, behufs Er- langung einer größeren flächenhaften Ausdehnung mussten die lappen- förmigen Abschnitte in die Breite, die Wurzeltheile in transversaler Richtung zunehmen, und dabei kam ihnen das Aufrücken der vorderen Rumpfpartie auf das Prostomium zu Hilfe, in- dem durch die hieraus resultirende Faltenbildung noch benachbarte Integumentstrecken ihnen einverleibt wur- den. Durch eigene Größenzunahme schon ziemlich weit an beiden Seiten des Körpers hinauf reichend, wurden die lateralen Kragenlappen in Folge der gleichzeitigen Vergrößerung des neuralen Lappens noch höher gescho- ben, so dass die oberen Enden ihrer basalen Theile schließlich ganz hoch am Rücken des 1. Somites an- langten. Es ist begreiflich, dass bei der neuen Function der be- treffenden Baucheirren die Borsten nur hinderlich sein konn- ten, und die entsprechenden neuralen Chaetopodien da- her degeneriren mussten. Interessant ist in diesen Fällen die Veränderung der Lagebe- ziehungen der Baucheirren zu ihren Chaetopodien oder deren Rudi- menten. Überall, wo die ersteren Organe kragenartig umgestaltet sind und beim Röhrenbau verwendet werden, sind sie vor die neu- ralen Borstenbündel getreten, während ihre typische Lage hinter und unter den letzteren ist. Verschiedene Phasen einer solchen Wanderung , die an und für sich nichts Befremdendes haben kann, nachdem die morphologische Selbständigkeit der Girren einmal con- statirt worden ist, finden wir bei den Hermellen an ein und dem- selben Thiere: die gewöhnliche Stellung hinter und unter den neu- ralen Chaetopodien haben die Baucheirren hier am Abdomen, im 1. Segmente des Thorax, sodann befinden sie sich wohl noch unter- halb, aber dabei schon vor jene nach vorn vorspringend, und im 2. Somite endlich liegen sie ganz vor dem betreffenden BorstenbUndel- paar, so dass sie mit ihren Spitzen über das Niveau der letzteren hinauf reichen. Den höchsten Grad der Entfaltung haben die lateralen Kragen- lappen bei den Serpuliden i. e. S., wo dann an ihre Thätigkeit jedenfalls die größten Anforderungen gestellt sind; bei der Falten- bildung, der diese Organe zum Theil ihre Größenzunahme verdanken, 39* 596 Eduard Meyer und welche gerade in dieser Gruppe am stärksten zur Geltung ge- kommen ist, wurden untere, seitlielie Integumentpartien aus dem Bereiche des 2. Somites in die basalen Abschnitte mit aufgenommen. Daher sind die letzteren bei den Serpuliden so überaus kräftig und enthalten an ihrer Rückseite die Drüsen- complexe der Parapodialpolster des 2. Segmentes; indem ihnen ferner auf diese Weise auch das Ectodermmaterial der betreffenden neuralen Chaetopodien und Baucheirren einverleibt wurde (denn in der Ent- wicklung von Psyginobranchus sahen wir, dass diejenige Partie der Seitenlinie, in welcher sich das zweite Paar der vergänglichen, neuralen Borstendrüsenanlagen befand, in die hintere Lamelle der lateralen Kragenlappen hineingezogen wird) , liegt in diesem Um- stände selbst die Erklärung, wie die Organe außer ihrem Haupt- nervenpaare in der genannten Gruppe auch noch zwei Paar untere Nervenzweige von den vorderen Spinalnerven des 2. Segmentes erhalten. Es giebt nun eine ganze Reihe von Sabellen, welche keine frei auf- gerichteten, soliden Wohnröhren bauen, sondern sich in den Schlamm einwühlen und um sich herum die feinen Sandkörnchen zu einer Hülle verkitten, die sie leicht verlassen und eben so leicht an einem anderen Orte wieder herstellen. Diese Thiere bedürfen eigentlich keines Halskragens; so sehen wir denn auch, dass vielen derselben ein gut entwickeltes Collare fehlt, und besonders an Stelle der late- ralen Kragenlappen sich wulstförmige Integumenterhebungen befin- den. Dasselbe finden wir bei den Eriographiden und Amphicoriden. xillein das Auftreten der Baucheirren, die gewöhnlich als mehr zapfenartige oder doch wenigstens gestielte Gebilde erschei- nen, in Form transversaler Wülste am Vorderrande des 1. Somites können wir uns in diesen Fällen kaum anders erklären als dadurch, dass wir sie uns als frühere Röhrenbauwerkzeuge vor- stellen, wobei sie auch jene kragenartige Beschafienheit gehabt haben müssen; also würde hier eine Rückbildung einst gut ent- wickelter, lateraler Kragenlappen zu jenem Verhalten geführt haben. Während diese Organe bei allen Serpulaceen ziemlich hoch auf den Rücken hinauf reichen, befinden sich die ihnen entsprechenden Baucheirren des 1. Somites nebst ihren Borstenbündeln bei den Hermellen im Gegentheil ganz auf der Bauchseite. Da nun das neurale Chaetopodienpaar desselben Segmentes mit den provisorischen Borsten bei den Hermellenlarven eine viel höhere, durchaus seitliche Lage hat, so ist es klar, dass dieses und auch die Girren im Studien über den Körperbau der Anneliden. 597 Laufe der phylogenetischen Entwicklung nach unten herunter gedrängt worden sind ; dieUr Sache davon kann nichts Anderes als die enorme Ausbildung des Paleenapparates gewesen sein, welche auf diese Art indirect auch eiue bedeutendere Entfaltung der Bauchzapfen in transversaler Richtung verhindert haben wird. Die Bedeutung der Thoracalmembran der Serpuliden i. e. S. Wenn wir die Serpulaceen mit den Hermellen vergleichen, so sehen wir. dass die ersteren im Allgemeinen keine solchen typischen Rumpfcirren besitzen, wie die letzteren, wohl aber lassen sich auch bei jenen ähnliche Parapodialpolster erkennen, auf denen sieh die neuralen und hämaleu Chaetopodien erheben. Am deutlichsten sind diese seitlichen transversalen Hautkissen bei den größeren Sabellen- formen; kämen bei diesen Würmern Parapodialcirren vor, so müssten sie ähnlich wie bei den Hermellen auch die oberen und unteren Theile jener Integumentwülste einnehmen. Den Vorderkörper der Serpuliden i. e. S. finden wir nun mit der sog. Thoracalmembran ausgestattet, welche sich durch eine ganze Reihe von Segmenten hinzieht, rechts und links metamere Nerven und eben solche Gefäße vom Rumpf aus erhält und dessw^egen als eine aus paarigen segmentalen Stücken zusammengesetzte Bildung erscheint; mit Ausnahme des übrigens nicht immer vorhandenen hinteren . neuralen Lappens ganz und gar dem Gebiete der Seiten- linien angehörend, entspringen die beiden Hälften der Membran in den einzelnen Segmenten jederseits an der hinteren, oberen und vorderen Kante der Parapodialpolster, und somit erscheint mir nach dem Obigen die Schlussfolgerung zulässig, dass in der Thoracal- membran cirrenartige Gebilde enthalten sein müssen. In der That entsprechen die vorderen und hinteren Nerven- paare, welche die oberen Theile der Brustmembran im Bereiche eines jeden Somites innerviren, den vorderen und hinteren Rückenkiemen- nerven der Hermellen; ferner sind die paarigen metameren Haupt- gefäße der ersteren den in den Rückenkiemen der letzteren Würmer eingeschlossenen Abschnitten der Kiemenarterien und -venen zusam- men homolog, denn in beiden Fällen stehen sie mit oberen und unteren Bogenstücken der iutersegmentalen Gefäßringe in Zusam- menhang und haben als arterielle, longitudinale Hauptstämme die Seitengefäße. Hiernach würde die Betheiligung von Rückenc ir- ren am Aufbau der Thoracalmembran sicher sein, und da die 598 Eduard Meyer Verzweigungen der besagten Nerven und Gefäße sich mit Ausnahme der untersten Abschnitte auf die ganzen übrigen Partien der beiden Membranhälften ausbreiten, so müssen jene Organe den größten Antheil an der Bildung der Membran haben. In den neuralen Theilen bekommt die letztere Nervenstämmchen , die sich ähnlich wie die Bauchcirreunerven bei den Hermellen unterhalb der Chaeto- podialäste von den Spinalnerven abzweigen , und Gefäße von den unteren Bogengefäßen aus ; daher würden diese Abschnitte Bauch- eirren entsprechen, und man kann somit die ganze Thoracalmem- bran als das Product der Verwachsung der sämmtlichen, zuerst blattförmig gewordenen Bauch- und Rückencir- ren unter einander auf beiden Seiten des Thorax auf- fassen. Das Zustandekommen der Brustmembran kann man sich ver- gegenwärtigen, indem man zum Ausgangspunkte ein Verhalten nimmt, wie es unter den Spioniden bei den Nerinen vielfach vorkommt: sehr geeignet erscheint hierzu Nerine auriseta^ um ein concretes Beispiel zu wählen (vgl. Claparède J868 Taf. 24 Fig. 1 A). Die grififelförmigen Rückenkiemen, welche eben so wie bei den Hermellen- in ihrer Achsenhöhle eine Gefäßschlinge enthalten und auf ihrer medialen Seite bewimpert sind, setzen sich nach außen in einen breiten, saumartigen Lappen fort, der senkrecht gegen die Längs- achse des Wurmes gestellt ist und von der Kiemenspitze an in ver- ticaler Richtung längs der Kieme und dann weiter längs der Kör- peroberfläche nach unten bis an die Bauchseite herabsteigt. Dass das ganze, hinter dem hämalen und neuralen Chaetopod sich er- hebende Gebilde aus einem Rücken- und Bauchcirrus besteht, die mit einander verwachsen sind, ist klar ; auch zeigt ein leichter Ein- schnitt, der am Außenrande desselben in der Mitte zwischen dem oberen und unteren Borstenbündel bemerkbar ist und bei anderen Arten sogar bis an die Leibeswand geht, das ursprüngliche Gebiet der beiden Girren an. Stellen wir uns nun vor, dass ein Wurm, der mit so gestalteten Parapodialcirren ausgerüstet ist , dieselben beim Röhrenbau zum Ausbreiten der Kittsubstanz an die Innenseite des Tubus benutzt hat, so muss er sich bemüht haben, jene late- ralen Lappen an die Wand seiner Behausung möglichst dicht anzu- pressen; viel vollkommener konnte das geschehen, wenn die oberen griffeiförmigen Theile der Rückenkiemen sich oberhalb der hämalen Borstenbündel vorbeugten und, bei einer Verbreiterung ihrer Basis parallel zur Körperlänge, auch^ine blattartige Form annahmen. Da- Studien über den Körperbau der Anneliden. 599 mit ferner auch der Vorderrand solch eines Rttckencirrus die Röhren- wand erreicht, musste er sich vor den Chaetopodien neuralwärts neigen , wobei er mit dem Bauchcirriis des davorliegenden Somites, dessen freier, unterer Theil durch den Tubus nach hinten abgelenkt wurde, zusammentraf, und hier mag endlich eine Verwachsung ein- getreten sein: indem sich dieser Vorgang von Segment zu Segment fortsetzte, würde auf jeder Seite eine wellenförmige, in den einzel- nen Somiten hinter den Chaetopodien auf- und vor ihnen wieder ab- steigende Membran zu Stande gekommen sein. Genau so verhalten sich die beiden Hälften der Thoracalmem- bran bei den Serpuliden, welche eben so wie die Rückenkiemen der Hermellen und Spioniden auf ihrer medialen Seite mit Wimper- cilien bekleidet sind: nur vorn im 2. Thoracalsomite sind diese Be- ziehungen in Folge der Rückbildung der neuralen Parapodien und die Hinzuziehung der entsprechenden Integumentpartie zu den late- ralen Kragenlappeu etwas maskirt, im 1 . Somite aber , wo die zu- letzt genannten Organe die Baucheirren repräsentiren, stellen die sich ihnen hämal unmittelbar anschließenden Theile der Brustmembran wieder die zugehörigen Rückencirren vor. Was nun den Unterschied bezüglich der Hauptgefäße in der Thoracalmembran und in den Rückenkiemen der Spioniden und Her- mellen betrifft, so kann man sich die Vereinigung der Arterien mit den Venen, die in den letzteren eine Schlinge bilden, zu je einem einheitlichen Gefäßstamm ganz gut als eine weitere Folge der Um- bildung jener Organe zu lappenförmigen Gebilden und der dadurch bedingten Verringerung des inneren Hohlraumes derselben denken. Außer den medialen Membranflächen ist auch noch die ganze Rückenseite des Thorax der Serpuliden i. e. S. bewim- pert. Dieses Verhalten ließe sich vielleicht als eine Ausbreitung der Bewimperung von hämalen Querflimmerstreifen aus, wie solche bei den Spioniden zwischen den einzelnen Kiemenpaaren quer über den Rücken verlaufen (Claparède 1868), erklären, auf welche dann in letzter Instanz auch der vordere, dorsale Abschnitt der Kothrinne zurückzuführen wäre. Das Vorhandensein der Thoracalmembran bei den Serpuliden i. e. S. kann nun seinerseits als ein Beweis dafür gelten, dass die Vorfahren der heutigen Serpula- ceen echte Bauch- und Rückencirren gehabt haben, welche in der ersteren Gruppe unter besonderer Umgestaltung und Anpassung an die ihnen gestellte Aufgabe am Vor- 600 Eduard Meyer derkörper erhalten, in den anderen Serpulaceengruppen dagegen ganz verloren gegangen sind. Ferner zeigt uns der Gefäßreiclithnm der Tlioracalmembran und die Homologie der paari- gen, metameren Hauptgefäße mit den respiratorischen Gefäßschlingen anderer Anneliden, dass auch bei ihnen die Rückencirren früher Kiemen waren. Bei den Hermellen mussten sie diese Bedeutung behalten, weil sie hier von keinen anderen Organen er- setzt werden, denn die Athmung vermittels der Muudtentakel allein würde wohl kaum genügen, und sie konnten es, da in der weiten Wohnröhre noch immer ausreichende Wassermengen sie umspülten. In Folge des letzteren Umstandes erscheint auch heute noch die Thoracalmembran der Serpulideu als ein respiratorisches Organ, jedoch, nachdem diese Verrichtung die Kopfkiemen übernommen haben, erst in zweiter Linie als solches, während seine Hauptfunktion beim Röhrenbau zur Geltung kommt. Bei den übrigen Serpulaceen, die sich alle eng anschließende Wohnröhren verfertigen — wesshalb die umgewandelten Rumpfcirren auch hierbei überflüssig wurden, da die Körperoberfläche selbst die Ausbreitung der Kittmasse besorgen kann, und wo auch der freie Zutritt des Wassers zu ihnen verhindert ist — gingen die Parapodial- cirren bis auf die lateralen Kragenlappen, die schließlich bei ver- schiedenen Sabellen, bei den Eriographiden und vollends bei den Amphicoriden ebenfalls degenerirten, zu Grunde. Noch ein Paar Worte über den hinteren Bauchlappen, welcher bei vielen Serpuliden die unteren, hinteren Theile der beiden Thoracalmembranhälfteu mit einander in Verbindung setzt. Als ein vollkommen medianes, faltenartiges Gebilde, an dessen unterer, ver- dickter Lamelle eine Menge Bauchdrüsen nach außen münden, hat er große Ähnlichkeit mit den neuralen Lappen des Halskragens und erscheint als der zusammengefaltete, hintere Theil des letzten thoracalen Bauchschildes, in dessen vordere Hälfte er unmittelbar übergeht. Als Röhrenbau Werkzeuge werden jedenfalls auch noch die blatt- förmigen Kopfkiemenstützen, die bei gewissen Sabellen vorkommen und manchmal mit den lateralen Kragenlappen zu einem einheit- lichen Collare verwachsen sind, thätig sein, doch gehören diese Or- gane ihrer allgemeineren Bedeutung nach in das folgende Capitel. Stildien über den Körperbau der Anneliden. 601 15. Die Schutz- und Stützvorrichtungen am vorderen Rumpfende und die Locomotionsorgane. Eine ganz vorzügliche Vertlieidiguugswaff e haben die Her- mellen iu ihrem Paleenapparat. In Euhe befindlich strecken diese Würmer ihren Vorderkörper so weit aus der Röhre hervor, dass ihre außerordentlich beweglichen Mundtentakel freies Spiel haben können, wobei sie die ausgebreiteten Paleenträger so viel als möglich nach hinten zurückbeugen : bei der geringsten Beunruhigung aber schlüpfen sie blitzschnell in ihre Behausung hinein, und vom ganzen Thiere ist nun nichts mehr zu sehen als die Paleenkrone, deren zusammengeklappte Hälften den Eingang in die Wohnröhre vollkommen verschließen, und deren vorgerichtete Borsten, Stacheln und Haken eine nicht ungefährliche Verschauzung gegen eventuelle Angreifer bilden. Ein ähnliches Schutzmittel stellt der Deckelapparat der Serpu- liden i. e. S. vor, doch gehört dieses Organ nicht dem Rumpfe son- dern dem Prostomium an. Als Stützorgane erscheinen, wie bereits hervorgehoben wurde, die Paleenträger bei den Hermellen für die Mundtentakel, da ihrer Unterseite die basalen Läppchen der letzteren aufsitzen, und bei den Serpulaceen sind es die Kopfkiemenstützen, welche den Kopfkiementrägern sich fest anlegen und diesen dadurch eine ge- wisse Stütze gewähren. Die Bedeutung der Kopfkiemenstützen und des Paleen- apparates. Während der ontogenetischen Entwicklung zeigen die Kopfkie- menstützen und die mit Pfriemenborsten versehenen, hämalen Fuß- stummeln des Thorax bei der Psygmohranchus-L^iWQ eine Reihe über- einstimmender Eigenschaften. Schon gleich bei ihrer ersten Anlage haben sie die größte Ähn- lichkeit mit einander, indem sie als rundliche, scharf umgrenzte Zellgruppen im Ectoderm auftreten , welche in beiden Fällen dem oberen Theile der Seitenlinie angehören und in ihren Segmenten die gleiche Lage besitzen; ihre Muskulatur erhalten beide von der late- ralen Parenchymlage, und etwas später erscheinen die jungen Kopf- kiemenstützen, obschon nur vorübergehend, als selbständig beweg- liche Fortsätze der Leibeswand, wie es die Borstenhöcker zeitlebens bleiben. Wenn nun die beiden Bildungen in jüngeren Larvensta- 602 Eduard Meyer dien jedei'seits eine continuirliclie Reilie bilden , die Anfangs fast horizontal am Körper verläuft, so behalten sie diese gegenseitigen Beziehungen auch beim erwachsenen Wurme bei, indem sie dann zusammen eine von hinten nach vorn aufsteigende Linie darstellen, deren vordersten, höchsten Punkt die Kopfkiemenstutzen einnehmen. Hiernach würden die letzteren seriale Homologa der oberen Fußstummeln des Thorax sein, und die zuerst auftretenden e ctodermalen Zellgruppen, ähnlich wie diejenigen der in Ent- wicklung begriffenen lateralen Kragenlappen und das darauffolgende Paar, die Anlagen hämaler Borstendrtisen vorstellen, welche aber nicht zu normaler Ausbildung gelangen; denn während die entsprechenden Zellgruppen der übrigen Thora- calsegmente in die Leibeshöhle hinein zu soliden, kolbenförmigen Drüsen auswachsen , welche die Pfriemenborsten erzeugen , ordnet sich jenes Zellmaterial im 1. Segment zu einer flächenhaften, epithelartigen Schicht an und stülpt sich nach außen in Form eines hohlen Zapfens vor, dessen basaler Theil sich nachher an die Kopfkiemen anlehnt. Die Kopfkiemenstützen der Serpula- ceen sind also die umgestalteten, hämalen Chaetopodien des 1. Somites, in welchen die Borstenbildung unter- drückt ist. Die einzige in der Familie vorkommende Ausnahme machen die Kopfkiemenstützen von Notaulax in der Hinsicht, dass sie, wenn ich den Text und die Abbildungen Levinsen's richtig aufgefasst habe, mit je zwei Reihen ziemlich kräftiger Borsten ausgestattet sind, was zugleich der beste Beweis für die Richtigkeit meiner Deu- tung jener Organe wäre. Der Paleenapparat der Hermellen ist von den älteren Autoren allgemein als eine dem Kopfe angehörige Bildung aufgefasst wor- den, allein schon die Innervirung desselben vom somatischen Theile des Centralnervensystems aus ist ein ausreichendes Argument dafür, dass wir es hier mit postoralen Organen zu thun haben. Nehmen wir ferner an, dass die Paleenträger wirklich dem Prosoma angehörten, so müssten, da sie im ausgebildeten Zustande so enorme Dimen- sionen erreichen, während der Entwicklung ihre Anlagen jedenfalls doch schon früh erkennbar sein ; nichts Derartiges ist aber am Schei- telfelde der SabeUaria-Lsa'Ye bemerkbar, während am Gegenfelde die zwei Paar Borstendrüsen mit ihren langen, provisorischen Borsten bereits vorhanden sind. Ganz eben solche neurale und hämale Bor- stenbündel haben bekanntlich auch die Spionidenlarven , so dass Studien über dcu Körperbau der Anneliden. 603 sie dcD Hemiellenlarven in jüngeren Stadien zum Verwechseln ähnlicli sind; sie gehören in beiden Fällen demjenigen Hautabschnitt an, aus welchem nachher die Hautzone des 1. Segmentes hervor- geht. Nun besitzen viele Spioniden an diesem Segmente definitive neurale und hämale Chaetopodien , und es ist kein Grund vorhan- den, diese als später entstandene Neubildungen zu betrachten, da die Larven schon entsprechende Borstendrüsen gehabt haben ; man wird viel eher annehmen müssen, dass dieselben Drüsen, nach dem Abwerfen der provisorischen, die bleibenden, allerdings anders gestalteten Borsten erzeugen. So muss sich die Sache auch bei den Hermellen verhalten, nur mit dem Unterschiede, dass bei den Spio- niden die Borsten beider Drüsenpaare und bei den ersteren die- jenigen des neuralen Paares nachher relativ kleiner werden als bei den Larven , während das obere Paar BorstendrUsen unter ange- messenen Differenzirungen und secundären Lageveränderungen sehr viel stärkere Borsten, die Paleen, hervorbringt. Die beiden Hälf- ten des Paleenapparates sind demnach die median ver- einigten, über das Prosoma nach vorn hinausgewachsenen hämalen Chaetopodien des 1. Somites und als solche den Kopfkiemenstützen der Serpulaceen homolog. Dieses beweisen auch die Innervatiousverhältnisse der Organe bei den Hermellen vollkommen. Wie wir sahen , th eilen sich die hinteren und vorderen Spinalnerven schon nahe an ihrer Wurzel in je einen neuralen und hämalen Parapodialast, welche dann ihrer- seits die resp. Chaetopod- und Cirrennerven liefern. Eben so ver- sorgen die unteren Aste der beiden vSpinalnervenpaare im 1 . Somite die neuralen Parapodieu, die oberen Aste aber innerviren die Paleen- träger und zwar in der nämlichen Weise wie dort, indem die hin- teren sich zu den speciellen Paleenmuskeln , die vorderen aber zu den Paleendrüsen begeben; da nun diese letzteren selbst unver- gleichlich stärker entwickelt sind als die Borstendrüsen in den folgen- den hämalen Fußstummeln und mehrere Gruppen bilden, so sind auch die an sie herantretenden Nerven bedeutend kräftiger und spalten sich in eine entsprechende Anzahl von Zweigen. Lange nicht so gut erhalten sind die entsprechenden Verhält- nisse bei den Serpulaceen, doch liegt der Grund dafür darin, dass die Kopfkiemenstützen rudimentäre hämale Chaetopodien repräsen- tiren. Der obere Ast der hinteren Spinalnerven des 1. Segmentes steigt wohl noch direct gegen die besagten Organe hinauf, ist aber sehr viel schmächtiger als der untere, welcher in den lateralen 604 Eduard Meyer Kragenlappen geht, und verliert sich im Gewebe derselben ; nur bei Mijxicola bildet er außer der gewöhnlichen Verdickung in der Seiten- linie eine zweite Anschwellung im Bereiche der wulstförmigen Kie- menstützen. Bis an diese hinauf erstreckt sich hier auch das vordere Spinalnervenpaar des 1. Segments, während in den übrigen Gruppen die letzteren Nerven ganz unansehnlich sind, und ihre beiden Aste gar nicht mehr in die parapodialen Gebilde zu gelangen scheinen. Aus der Gefäßanordnung ergeben sich weder bei den Hermellen noch bei den Serpulaceen irgend welche Argumente, da sie zu sehr verändert ist. Wenn nun die hämalen Chaetopodien bei den erwachsenen Wür- mern in beiden Familien so hoch auf dem Rücken gelegen und über den Kopf nach vorn hinauf geschoben sind, so haben doch die An- lagen derselben bei den Larven Anfangs die normale Lage an beiden Seiten des Körpers und erhalten erst im weiteren Verlaufe der Ent- wicklung durch nachträgliche Verschiebungen jene definitive Stellung. Dass hierbei die Verbreiterung der Bauchschilde, die gerade vom besonders stark ist, einen großen Einfluss gehabt haben muss, ist schon oben dargelegt worden, und außer den früher angeführten Beispielen aus anderen Gruppen möchte ich hier speciell noch darauf hinweisen, dass die Chaetopodien des 1. Somites bei Spioniden eben- falls häufig recht hoch hiuaufgerückt sind und mit den folgenden eine nach hinten absteigende Bogenlinie bilden, wo denn auch die drusig dififerenzirte Bauchhaut in entsprechender Weise nach rechts und links ziemlich weit hinaufreicht. Dieser Vorgang allein reicht jedoch zu einer Erklärung jenes Verhaltens noch nicht aus. Bei den Serpulaceen ist nun die Ausdehnung der basalen Theile der lateralen Kragenlappen in transversaler Richtung eine sehr bedeu- tende und somit werden diese Organe ihrerseits die hämalen Chaetopodien des 1. Segments noch mehr auf den Rücken hinaufgedrängt haben. Zur Zeit, als die letzteren noch mit Pfriemenborsten ausgestattet waren, wovon die im Larvenzustande vorkommenden vergänglichen Borstendrüseuanlagen Zeugnis ablegen, müssen dieselben einem beständigen von der Röhrenwaud auf sie ausgeübten Drucke ausgesetzt gewesen sein, und einem solchen nachgebend, mögen die vordersten, oberen Fuß- stummel allmählich eine Neigung nach vorn erhalten haben; ihre Borsten wurden dadurch gegen die Öffnung der Wohnröhre gerichtet und konnten so als Schutzvorrichtung die- nen , was bei den heutigen Hermellen die Paleen noch sind. Der- Studien über den Körperbau der Anneliden. 605 selbe Druck wird durch anhaltende Wirkung zum Theil auch das Vorrücken der Organe gegen den Kopflappen hin verursacht haben, und indem dieser Process durch anderweitige sich am Prostomium selbst abspielende Vorgänge noch gesteigert wurde , gelangten sie schließlich an die Kopf kiemen- oder Mund- tentakelbasen, mit welchen sie verwuchsen und ihnen dadurch zu Stützen wurden. Das Auftreten stärkerer Borsten in diesen Chaetopodien lässt sich möglicherweise durch die Annahme erklären, dass die Vor- fahren unserer Würmer, bevor sie noch in soliden Röhren hausten^ sich in den sandigen oder schlammigen Meeresboden einwühlten und dabei ihre vorderen Fußstummel zu Hilfe nahmen, wie es z. B. die Ampharetiden und Amphicteniden thun. Von solch einem Stadium haben sich die Hermellen im Grunde genommen gar nicht so weit entfernt, denn ihre Wohnröhren sind eigentlich zum größten Theil nichts Anderes als ausgemauerte Gänge im Sande. In Folge der Benutzung zum Graben werden sowohl die Borsten, als ihre Musculatur, so wie überhaupt die ganzen Chaeto- podien sich gekräftigt haben müssen und konnten später nach Aufgabe dieser Function um so besser zum Schutze verwerthet werden; in der eingeschlagenen Richtung unter gleichzeitiger Wirkung der oben geschilderten Vorgänge sich weiter entwickelnd wird schließlich bei den Hermellen der Paleenapparat zu Stande gekommen sein, der dann seinerseits durch seine riesige Entfaltung nicht nur die abwärts gelegenen Organe, nämlich die neuralen Parapodien des 1 . Segments und dessen Bauchschild nebst den vorspringenden Zapfen, in ihrer Ausbildung gehemmt, sondern auch noch das 2. Somit dermaßen eingeengt hat, dass die hä- malen Chaetopodien desselben gänzlich zu Grunde gehen mussten. Ein anderes Schicksal ist den hämalen Chaetopodien des 1 . So- mites bei den Serpulaceen zu Theil geworden. Wenn nun auch sie wahrscheinlich eine Zeit lang als Vertheidigungswerkzeuge gebraucht worden sind, so mussten sie diese Bedeutung mit der Aus- bildung der Kopfkiemen verlieren, denn diese letzteren Or- gane und nicht mehr jene waren es jetzt, die den Röhreneingang beherrschten, wenn sich der Wurm in seine Behausung zurückzog. Die Borsten wurden daher überflüssig und gelangten allmählich gar nicht mehr zur Entwicklung, und damit war auch die Degeneration der Fußhöcker selbst eingeleitet. Wie wir es häufig bei Organen, die in der Rückbildung be- 606 Eduard Meyer griffen sind, finden, dass sie zu großen Gestaltveränderungen geneigt sind, so sehen wir es auch hier wieder an den Kopfkiemenstützen der Serpulaeeen, indem sie bald als größere, bald als kleinere Hügel und Höcker von verschiedener Form auftreten oder manchmal sogar ganz fehlen. Bei einigen Sabelliden haben nun die Organe eine blattförmige Gestalt angenommen, sich dabei ge- legentlich wohl auch mit den lateralen Kragenlappen vereinigt und da werden sie zweifellos eben so wie die letzteren als Hilfswerkzeuge beim Röhrenbau sich mit betheiligen. Zu- gleich lässt diese Form derselben es wahrscheinlich erscheinen, dass in solchen Fällen in den Kopfkiemenstützen auch noch das Gewebs- material der zugehörigen Rückencirren enthalten ist. Ein solches Verhalten bildet ferner, wie mir scheint, den Übergang zu dem- jenigen bei den Eriographiden , wo die hämalen Chaetopodien des 1. Segments ein Paar lange, auf dem Rücken an einander stoßende Querwülste vorstellen. Sie mögen hier durch par- tielle Rückbildung aus lappenförmigen Kopfkiemen- stützen hervorgegangen sein, welche diese Thiere in Folge ihrer besonderen Gewohnheiten nicht mehr beim Anfertigen ihrer Röhre benutzten, woher der blattartige Endabschnitt der Organe sich rückbildete und nur der basale Wulst übrig blieb; es wäre dieses ein ganz ähnlicher Process, wie derjenige, den die wulstförmigen lateralen Kragentheile derselben Thiere durchgemacht haben mögen. Der Außenraud der Paleenträger ist bei den Hermellen mit einer je nach den Arten verschiedenen Anzahl cir renartiger Zäpfchen besetzt. Da nun hier am 1. Somite keine derartigen Rückenkiemen vorhanden sind, wie sie an den übrigen Körperringen vorkommen, so ist es nicht unmöglich, dass jene Gebilde so zu sagen ein Mul- tiplum des ersten Paares der Rückencirren vorstellen, welche sich den Chaetopodien beigesellten, von diesen mit nach vorn hinausgetragen wurden und sich hier jederseits vervielfältigt haben; zu Gunsten solch einer Auffassung lässt sich der Umstand anführen, dass sich auch bei anderen Anneliden häufig genug mehr als ein Paar Bauch- und Rückencirren in ein und demselben Segmente vor- finden. Dieser Deutung gemäß würde der kräftige Nervenstamm, welcher im 1. Somite jederseits vom oberen Aste des hinteren Spi- nalnerven oberhalb der betreffenden Paleennerven schräg nach oben und außen abgeht und sich vorn in der Gegend jener cirrenartigeu Bildungen in zahlreiche feine Stämmchen auflöst, einem hinteren Rückencirrennerven entsprechen ; die beiden Hälften des ganzen Pa- Studien über dea Kürperbau der Anneliden. 607 leeuapparates aber würden ein Paar vollständige hämale Parapodien repräsentiren. Die Bedeutung der übrigen Chaetopodien. Bei den freilebenden Anneliden sind die Fußstummeln gewöhn- lich mit einer großen Anzahl mehr oder weniger fächerförmig aus- gebreiteter, längerer Borsten ausgestattet und werden so von den schwimmenden Formen als Ruder oder beim Kriechen am Meeres- boden zum Nachschieben gebraucht. Bei den echten Röhrenwürmern, wie es die Serpulaceeu und Hermelleu sind, deren Ortsveränderungen im Allgemeinen sich hauptsächlich auf das Auf- und Absteigen in der "Wohn röhr e beschränken, findet jene Borstenform im Ganzen nur wenig Verwendung und daher sind auch das Vorkommen der Pfriemenborsten bei diesen Thieren, deren Größe nnd die Zahl derselben in den betreflenden Chaetopodien weit geringere. Am stärksten sind in der Regel die Borsten der hämalen Fußhöcker des Thorax entwickelt, wie denn die letzteren selbst auch in diesem Leibesabschnitt sich durch eine größere Beweglichkeit und kräftigere Musculatur auszeichnen; die Ursache hierfür scheint mir darin zu liegen, dass gerade diese Organe bei dem plötzlichen Zurück- schnellen der Würmer in ihren Tubus zur Anwendung kommen. Auffallend kräftig sind die drei Paar oberen Borstenhöcker im 3. — 5. Segmente der Hermellen; da das jedoch die einzigen Organe am kurzen Vorderkörper sind, welche zu dem eben erwähnten Zwecke benutzt werden können, so mussten sie sich schon wegen ihrer geringen Zahl viel stärker ausbilden, um ihrer Aufgabe Genüge zu leisten. Diese stärkere Ausbildung der hämalen Chaeto- podien des Thorax hatte nun weiter zur Folge, dass bei den Hermellen die neuralen Parapodien, also die Bor- stenbündel und die Baucheirren, gegen die Unterseite des Körpers hingedrängt wurden, wodurch auch den Bauchschilden zu ihrer Entfaltung ein verhältnismäßig geringer Raum angewiesen wurde. Das ähnliche Ver- halten am Abdomen dieser Thiere aber hat jedenfalls die überaus starke Entwicklung der hämal gelegenen Hakenflösschen hervorgerufen, und das gänzliche Schwin- den der Bauchschilde an diesem Körpertheile endlich die Gewohnheit verursacht, den »Schwanz« nach vorn umgeklappt zu tragen, wobei er in eine mediane, rinnenartige Aushöhlung der Bauchhaut eingelegt wird; denn nun konnten hier 608 Eduard Meyer die Bauchschilde nicht mehr au die Innenwand der Röhre angelehnt werden, wesshalb sie, in ihrer Function gehindert, zusammen mit den bezüglichen, tubiparen BauchdrUsen zu Grunde gingen. In Folge dieser Haltung wurden andererseits auch die parapodialen Gebilde am »Schwänze« sehr eingeengt, ihre Borsten konnten dem Wurme selbst gefährlich werden und, da sie zugleich hier ganz überflüssig waren, degenerirten sowohl die Chaetopodien als die Girren; auf solche Weise erhielt der Endabschnitt des Kör- jDCrs allmählich seinen rudimentären Habitus. Was die mit Hakenbor sten ausgerüsteten Chaetopodien an- belangt, so ist das eine Einrichtung, welche die beiden uns be- schäftigenden Wurmfamilien mit den meisten Tubicolen gemein haben und die dazu dient, sich innen an der Röhrenwand festzu- halten. Daher sind die Häkchen auch in mehr oder weniger langen Querreihen angeordnet. Das Äußerste haben in dieser Hinsicht die Myxicolen erreicht. Am Abdomen dieser Thiere stoßen die Haken- reihen der beiden Seiten auf dem Rücken und am Bauche fast an einander, bilden also beinah vollständige Gürtel, was die besondere Consistenz der Röhre erforderlich zu machen scheint, da nur beim gleichzeitigen Eingreifen einer sehr großen Anzahl von Haftwerk- zeugen eine derartige gelatinöse Masse den erwünschten Widerstand zu leisten im Stande ist. Eigenthümlich ist aber die Erscheinung, dass bei unseren Wür- mern die Hakenborsten am Thorax in den neuralen , am Abdomen dagegen umgekehrt in den hämalen Chaetopodien auftreten; dafür nun lässt sich schwer ein triftiger Grund ausfindig machen. Die Bedeutung der Rumpfmusculatur. Einen typischen Bestandtheil der Annelidenmusculatur bilden die Quermuskeln, welche in Folge ihrer annähernd horizontalen An- ordnung im Körper der Länge nach die einzelnen Segmenthöhlen bald mehr bald weniger vollständig in eine mediane und zwei late- rale Kammern eintheilen. Dieses Muskelsj^stem dient dazu, den Körper in schlängelnde Bewegungen zu versetzen und ist bei den frei lebenden Ringelwürmern meistentheils sehr stark entwickelt, für die es beim Schwimmen oder auch beim Wühlen im Meeres- boden von großer Wichtigkeit ist. Dem entsprechend finden wir im Gegentheil bei den Serpulaceen und Hermellen, welche diese Art der freien Ortsveränderung aufgegeben haben, die transversale Musculatur in einem sehr reducirteu Studien über den Körperbau der Anneliden. 609 Zustande. Es g-iebt zwar einige Sabelleuarten, die gelegentlicli zu schwimmen versuchen, wenn sie aus ihrer Behausung vertrieben werden, doch benehmen sich dieselben dabei sehr ungeschickt, in- dem sie nicht wie die guten Schwimmer ihren Körper schlangenartig bewegen, sondern mit dem ganzen Abdomen hin und her schlagen, was durch abwechselnde Contraction der Längsmuskelfelder der einen und der anderen Seite bewirkt werden kann. Viel bedeutender ist im Allgemeinen die Entfaltung der hämalen und neuralen Längsmusculatur unserer Würmer und zwar, wie mir scheint, desswegen, weil sie ihnen beim Rückzug in die Wohnröhre von großem Nutzen ist. Auffallend mächtig sind die bezeichneten Muskeln bei den Eriographiden, woher diese Thiere sich ganz plötzlich zusammenziehen können und dadurch auf einmal in der Tiefe ihrer schleimigen Hülle verschwinden. Die vorderen Ausläufer der oberen und unteren Längsmuskeln des Rumpfes reichen bei den Hermellen bis in die Paleenträger und bei den Serpulaceeu bis in die basalen Theile der Kopfkie- men, wo ihre Contraction die Ausbreitung dieser Organe zur Folge haben muss; ganz eben so wirken jedenfalls auch die late- ralen Längsmuskeln, welche z. B. bei den Serpuliden i. e. S. vorkommen und ein gesonderter Abschnitt entweder der neuralen oder der hämalen Muskelfelder zu sein scheinen. Auch die Ringmusculatur ist häufig recht stark und wird, wie bei den übrigen Anneliden, die Aufgabe haben, den zusammen- gezogenen Körper wieder zu strecken. 16. Das Prosoma und dessen Anhangsorgane. Eine der hervorragendsten Eigenthümlichkeiten der Serpulaceen und Hermellen ist die innige Verschmelzung des Prostomiums mit dem 1 . Rumpfsomite , welche zusammen mit den hier auftretenden Lage- und Formveränderungen des Mundes, der präoralen und der benachbarten postoralen Körperanhänge dem Vorderende dieser Thiere das eigenartige Aussehen verleihen. Die abweichende Lage des Mundes und des Prosto- miums. Im Trochophorastadium haben die Larven unserer Würmer wie die meisten Annelidenlarven ein gut entwickeltes Prostomium , wel- ches über die ventral gelegene Mundöfifnung nach vorn vorragt und Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 40 610 Eduard Meyer das vordere Ende des Körpers bildet; im weiteren Verlaufe der Entwicklung aber rückt bei ihnen allmählicli der Mund an diese Stelle, gleichzeitig werden die Dimensionen des Scheitelfeldes ge- ringer, und, indem sich die vorderen, peripheren Theile des Meta- soma in gleicher Richtung vorschieben, wird der Kopflappen der- maßen in den Rumpf hineingezogen, dass er im ausgebildeten Zustande gar nicht mehr als ein gesonderter Körperabschnitt zu er- kennen ist. Die terminale Lage des Mundes ist eine Errun- genschaft der tubicolen Anneliden. Diese Eigenthümlich- keit musste besonders bei denjenigen Formen einen hohen Grad der Ausbildung erlangen, welche in mehr oder weniger aufrecht gestell- ten Röhren wohnend die Fähigkeit einer schnelleren Ortsveränderung nach und nach fast ganz verloren ; denn hiermit waren sie zugleich außer Stand gesetzt, an ihnen vorübereilende Geschöpfe zu erhaschen, und mussten sich vielmehr damit begnügen, was der Zufall in den Strudel führte, den die Bewimperung des Mundtrichters und der be- nachbarten Kopfanhänge erzeugte. Für diese Art der Nahrungsauf- nahme ist die Stellung des Mundes am Körperende unstreitig die vortheilhafteste ; die Verschiebung des ersteren selbst aber mag zum Theil wenigstens durch eine gesteigerte Ausdehnung der mit den tubiparen Drüsen ausgestatteten Bauchhaut des 1. Somites nach vorn, was bei verschiedenen Röhren- bewohnern wirklich der Fall ist, so wie vielleicht auch zum Theil durch das beständige Andrücken der Bauchseite an die Röhrenwand verursacht worden sein. Durch das Vorrücken der Mundöffnung wurde nun der Kopflappen aus seiner ursprünglichen Lage auf die Rücken- seite des Thieres zurückgedrängt, wie wir es z. B. bei den heutigen Spioniden, Polydoren und Chaetopteriden sehen, und hier schoben sich bei den Vorfahren der Serpulaceen und Hermellen, wie im vorhergehenden Capitel gezeigt wurde, die h amale n Chaetopo- dien des 1. Somites mit einem Theile der oberen und seit- lichen Integumentpartie desselben entgegen. Da die vorge- streckten Borsten dieser Fußstummel dem Wurme einen Schutz gewähren konnten, so kann man sich leicht vorstellen, dass er sich bei nahen- der Gefahr vor Allem bemüht haben wird, seinen Kopf unter jene schirmenden Stacheln zurückzuziehen. Dieses Einziehen des Kopflappens mag anfänglich je nach Bedarf ausgeführt worden sein, wie es ähnlich, aber nur in noch stärkerem Maße, die Chlor- Studien über den Körperbau der Anneliden. QU liaeminen tbim. imd ging- später in einen permanenten Zustand über ; es trat eine Verkürzung der Haut ein, wodurch die Einstülpungs- falten fast vollkommen verschwanden, und so wurde schließlich das Prostomium ganz in den vorderen Rumpftheil einge- bettet. Für die Wahrscheinlichkeit eines solchen Vorganges wäh- rend der phylogenetischen Entwicklung sprechen die uns aus der Ontogeuie bekannten Thatsachen und unter diesen im Speciellen die starke Verkürzung der Längsmuskeln des Kopfes. Bei den Serpulaceen kommt ferner der Umstand hinzu, dass auch die neuralen lappenförmigen Fortsätze des 1. Segments vor- gerückt sind, was zum Theil wenigstens die Art und Weise, wie sie beim Röhrenbau verwendet wurden, verursacht haben wird; daher ist denn hier auch das Aufrücken des Rumpfes auf den Kopflappen ein allgemeineres als bei den Hermellen, wo aber die Überdachung desselben vom Rücken und den Seiten her in Folge der mächtigen Entfaltung des Paleenapparates eine viel bedeutendere ist. Indem nun die gegenseitigen Beziehungen des Mundes, des Kopflappens und des vorderen Rumpfabschnittes auf diese Weise ganz andere w^urden, als sie bei den typischen Anneliden zu sein pflegen, haben sie ihrerseits auf das topographische Verhalten der Prostomialanhänge einen umgestaltenden Einfluss ausüben müssen und damit auch den ersten Anstoß zu deren weiteren Formverände- rungen gegeben. Die neuralen Kopftentakel und ihre Beziehungen zum Munde. Über »die Kiemen der Serpulaceen und ihre morphologische Be- deutung« besitzen wir die so betitelte und bereits mehrfach citirte specielle Abhandlung von Orley (1884); in derselben widerlegt zwar der Autor die ganz verfehlte Ansicht Semper's, dass die genannten Organe den Wirbelthierkiemen homolog seien, doch erfahren wir über ihre Natur kaum mehr, als dass sie dem Kopflappen ange- hörige Fühler sind und daher, wie er selbst meint, auch stets zu den Rumpf kiemen der übrigen Ringel würmer in Gegensatz gestellt worden wären (pag. 219). Erst später kam Pruvot durch seine vergleichenden Studien über das Nervensystem der Anneliden darauf, die Kopf kiemen der Serpulaceen als »palpescr, d. h. als untere oder neurale Kopfteutakel, zu deuten (1885 pag. 314, 322). In der That bestätigen diese Deutung sowohl die Innervirung der Organe als die ontogenetische Entwicklung derselben. Ihre Ner- 40* 612 Eduard Meyer ven, denen sich sympathische Stämme beigesellen, erhalten die Kopfkiemen aus seitlichen, mehr nach hinten gelegenen Ganglien- centren des Gehirns, wie es Pruvot für die neuralen Tentakel auch noch bei verschiedenen anderen Würmern nachgewiesen hat, und eben so befinden sich ihre Anlagen zu beiden Seiten des Prosto- miums vom Scheitelpole ziemlich weit entfernt, gleich über den Schlundcommissuren, im Bereiche eines hinteren, unteren Abschnittes der paarigen Hirnanlage, wohingegen die hämalen Kopftentakel in der Regel ganz vorn an der Scheitelplatte hervorsprossen; auch sind die letzteren Organe bei den erwachsenen Serpulaceen durch die kurzen Stirnfühler resp. durch die besonderen Sinnesorgane der Stirn repräsentirt. Einen ganz anderen Standpunkt nimmt Bourne ein (1883 pag. 172 — 175). Weil die Kiemenfühler von Haplohranchus zufällig jeder- seits nur vier Strahlen haben, die paarweise an der Basis vereinigt seien, keine Pinnulae und keine Gefäße hätten, und er für das Pro- stomium andere neurale und hämale Tentakel ausfindig gemacht zu haben glaubt, so erklärt er jene für »two parapodia on each side, each possessing a notopodial and a neuropodial ramus«. Er ver- gleicht dieselben mit den Tentakeln anderer Anneliden, welche, wie bei Nereis^ den Mund umgeben, und schließt daraus : »their condi- tion seems to me very strong evidence in favour of their peristomial nature, and consequently of the peristomial nature of the branchiae of the Serpulidae^<. Mit Vernachlässigung der ihm wohlbekannten Thatsache, dass die Kopfkiemen vom Gehirn aus innervirt werden, so wie der ganzen übrigen, embryologischen Litteratur sucht er eine von Claparède & Mecznikow gegebene Abbildung der Larve von DasycJione (1869 Taf. 16 Fig. 1 C) zu Gunsten seiner unhaltbaren An- sicht zu interpretiren, indem er behauptet, jene Forscher hätten ge- zeigt, dass hier »the first rudiments of the branchiae arise as two processes which soon bifurcate, and are clearly placed below the very large prostomium. This is at a stage when three setae bundles are visible«. Dabei genügt ein Blick auf die gleich darüber und daneben befindlichen Abbildungen von anderen Stadien derselben Larve (Fig. 1 B und 1 Z>), um uns zu überzeugen, dass die in Rede stehenden Gebilde vor dem präoralen Wimperkranze liegen und so- mit nur dem Prostomium, nicht aber einem besonderen »Peristomial somite« angehören können. Bei Nereis dagegen sind thatsächlich gewisse Paare der Fühler, welche scheinbar am Kopfe sitzen, Para- podialcirren , die nach Rückbildung der betreffenden Chaetopodien Studien über den Körperbau der Anneliden. 613 vom Rumpfe her vorgerückt sind, was ich bei Larven von iV. cultri- fem durch directe Beobachtung constatiren konnte, doch dürfen diese auf keinen Fall mit den Kopfkiemen unserer Würmer verglichen werden. In ähnlicher Weise, wie die zuletzt erwähnten Organe, werden auch die Mundtentakel der Hermellen vom Gehirn aus inner- virt, und da hier die Stirnfühler noch viel deutlicher den Charakter von hämalen Prostomialanhängen zur Schau tragen, so kann kein Zweifel darüber bestehen, dass sie ebenfalls die Bedeutung neuraler Kopftentakel haben und somit den Kopfkiemen der Serpulaceen entsprechen. Wenn auch die Übereinstimmung dieser und jener Bildungen nicht gleich auf den ersten Blick hervortritt, so ist sie doch bei einem Vergleiche der einzelneu Theile nicht zu verkennen; vom Mund ausgehend gelangen wir dabei vielleicht am schnellsten zum Ziele. Bei den Hermellen sind es die beiden großen Längs- rinuen des rechten und linken Tentakelsystems, welche an der Unter- seite des Paleenapparates , medial von den vorderen Ausläufern der Oberlippe begrenzt, direct in die Mundhöhle einmünden; ein ähn- liches Verhalten sehen wir bei einigen Sabelliden {Branchiomtna) ^ besonders aber bei den Eriographiden und Amphicoriden , indem sich auch da die seitlichen Theile der Oberlippe den Kopfkiemen- wurzeln anschmiegen und so jederseits eine in den Mund führende Flimmerrinne bilden. Demnach würden die seitlichen, unteren Theile der Paleenträger, welchen nach außen von den beiden Längsrinnen die fädentragenden Läppchen aufsitzen, und welche in ihrem Inneren die Haupt-Gefäß- und -Nervenstämme enthalten, den Basalstücken der Kopfkiemen entsprechen, nur sind sie in diesem Falle ihrer ganzen Länge nach mit den mächtigen, hämalen Chaetopodien des 1. Somites innig verwachsen, die ihnen daher hier noch in viel be- deutenderem Maße als bei den Serpulaceen als Stützorgane dienen. Wie ferner von der medialen, bewimperten Fläche der Kopf kiemen- träger die Flimmerrinnen der einzelnen Kiemenstrahlen ausgehen, so stehen bei den Hermellen die zwei Längsriunen mit den Quer- rinnen, welche auf den beiden Eeihen der basalen Läppchen ver- laufen, in directem Zusammenhange und bezeugen dadurch die Gleich werthigkeit dieser Theile. Die beweglichen Tentakelfäden endlich müssen den Pinnulae der Serpulaceenkiemen homolog sein, mit denen sie auch in ihrem Bau vollkommen übereinstimmen, jedoch sind die letzteren zweireihig auf den Strahlen angeordnet, während 614 Eduard Meyer die ersteren an den einzelnen Läppchen nur eine Reihe auf dem hinteren Begrenzungswulste der bezüglichen Flimmerrinne bilden, am vorderen aber, vermuthlich aus Raummangel, unterdrückt sind. Wie abweichend die neuralen Kopfauhänge der Serpulaceen und Hermellen auch in ihrer Form erscheinen mögen, so werden sie doch von einem einzigen Tentakelpaare herzuleiten sein; dieses beweisen das Verhalten der proximalen Abschnitte ihrer Ge- fäß- und Nervenstämme, die sich erst distal in eine Menge von Zweigen spalten, die jederseits in der Einheit vorhandenen basalen Stücke der Kopfkiemen bei den Serpulaceen und das Auftreten der- selben bei den Larven in Gestalt bloß eines Paares hügelförmiger Anlagen zu beiden Seiten des Kopflappens. Die Wimperrinnen auf der dem Munde zugekehrten Seite dieser Organe, so wie die Systeme der blind endigenden, contra etilen Achsen- gefäße machen es wahrscheinlich, dass sie aus ähnlichen Bildungen hervorgegangen seien, wie es die Tentakel der Spionideu, Polydoren und gewisser Chaetopteriden sind; allein da diese letzteren häufig hoch am Rücken und zugleich auf der Grenze zwischen Kopf läppen und Rumpf inseriren, so könnten sie leicht als hämale Rumpfcirren gedeutet werden. Hiergegen lässt sich nun der Umstand anführen, dass die besagten Organe vom Gefäßschlundring ihre Achsengefäße erhalten ; sodann sehen wir z. B. bei Polydora antennata (Clapaeède, 1868), wo außerdem ein Paar echte, wenn auch kurze, hämale Fühler am Stirnfortsatze eingelenkt sind, dass die langen »Greif- eirren« mehr abwärts am Kopf läppen, bei Telepsamis und Plnjllo- chaetopterus aber schon an der Unterseite des letzteren, über dem trompetenförmig nach vorn gerichteten Munde entspringen und dass , sie vollends bei Heterocirrtis (Marion & Bobretzky, 1875), der zwar zu den Cirratuliden gehört, jedoch genau eben so gebaute Fühler be- sitzt, sich seitlich dicht vor der ganz ventralen Mundöfifnung befin- den. Hiernach werden denn auch die Fühlercirren aller dieser Würmer die Bedeutung von neuralen Kopftentakeln haben müssen. Im Widerspruche damit stehen nun freilich die entwicklungsgeschicht- lichen Angaben von Claparède (1863) und von Claparède & Meczni- Kow (1869), dass die Fühler der Spio- und JVenVze-Larven sich hinter den Wimperkränzen bilden sollen, doch muss hier ein Be- obachtungsfehler vorliegen, denn bei den Larven derselben Gattungen und bei denjenigen von Polydora entstehen diese Organe laut den Berichten von Leuckart & Pagenstecher (1858), von Agassiz (1866), so wie nach den Aussagen und Abbildungen der beiden zuerst citir- Studien über den Körperbau der Anneliden. 615 teil Autoren auch bei Magelona (1S63), bei Telepsavus und bei PJiyllochaetoptcrus (1869) am Kopf läppen selbst. Erwähnt sei noch der Passus von Leuckaet (1855) in Bezug auf eine iVérme - Larve, wo er, sich der Ansicht Busch's anschließend, den an der Vorder- seite der Tentakel befindlichen Wimperbüschel für einen «Überrest des rädernden Scheitelwirbels« erklärt ; ob er hiermit aber den prä- oralen "Wimperkranz oder was Anderes meinte, ist aus der Aus- drucksweise nicht klar zu ersehen. Aus allen diesen Darstellungen, seien sie durch Worte oder durch Abbildung ausgedrückt, geht jedoch hervor, dass die in Rede stehenden Organe mehr neural zu beiden Seiten des Mundes angelegt werden und erst nachträglich hämalwärts hinaufrücken; nur bei Magelona sollen sie nach Clapa- EÈDE direct »auf der Rückseite des Kopflappens« hervorsprossen, doch scheint mir nach dem Vorhergehenden die Annahme gerecht- fertigt, dass die jüngeren Stadien der Fühleranlagen vom Beobachter übersehen worden sein möchten. Denken wir uns nun die Vorfahren der heutigen Serpula- ceen und Hermellen mit einem Paare greifcirrenartiger, neuraler Kopftentakel ausgestattet, welche der vorrückende Mund zu beiden Seiten des Prostomiums etwas höher hin- aufgedrängt hatte, so mussten die Wurzeltheile dieser Or- gaue beim Einziehen des Kopflappens, wie es oben dar- gelegt wurde, einerseits mit in den übergestülpten vorderen Rumpfabschnitt hineingerathen, woher sie jetzt bei den Ser- pulaceen in diesen gleichsam eingelenkt erscheinen, andererseits aber an den trichterförmig nach vorn vorspringenden Begrenzungswall der Mundöffnung fest angepresst wer- den, so dass sie allmählich mit diesem verwuchsen und ihn dadurch in obere und untere Lippenabschnitte theil- ten; hierbei wäre denn auch zugleich die Continuität der bewimperten Fühlerrinnen mit der Mundhöhle zu Stande gekommen. Eine derartige Verwachsung der Fühlerwurzeln mit der vor- gestülpten Mundhöhlenwandung annehmend, gewinnen wir einen An- haltspunkt für die Erklärung der so merkwürdigen Innervationsver- hältnisse der uns eben beschäftigenden Gebilde. Wie wir sahen, erhalten die Kopfkiemen der Serpulaceen zwei Paar Hauptnerven- stämme, oder, wo deren wie bei den Sabellen und Hermellen nur ein Paar vorhanden ist, nimmt dieses doch vermittels je zweier ge- sonderter Wurzeln am Gehirn seinen Ursprung. Die inneren Stämme 616 Eduard Meyer oder die ihnen entsprechenden Nerven wurzeln gehen nun von seitlich- unteren Hirnganglien aus, von denen dicht dahinter, ja sogar aus demselben Faserkerne, die Ösophagus- und Mundnerven entspringen, also würden die bezeichneten Ganglien sympathische Centren und somit die inneren Kopfkiemennerven ein Paar vorderer, sympathischer Nerven vorstellen, welche Bedeutung auch Pruvot den medialen Wurzeln bei Sahella und Mijxicola zuschrieb ; darauf weist ferner das große, peripherische Ganglienpaar hin, mit welchem dieselben noch in der Mundregion versehen sind, denn bei vielen Anneliden kommen gerade an den Schlund- und Rüsselnerven ähnliche Bildungen vor, sowie, dass bei Mijxicola von diesen Gan- glien eine Menge feinerer Nerven für die Oberlippen sich abzweigen. Es liegt in Folge dessen der Gedanke nah, dass die bezeichneten Stämme der Kopfkiemen ursprünglich Lippen- oder Mund- nerven gewesen sein müssen, die erst durch die Verwach- sung der neuralen Kopftentakel mit der Mundhöhlen- wandung zu diesen Organen in nähere Beziehungen traten; hier innerviren sie nun das Epithel der Wimperrinnen, welches un- mittelbar in das durchaus gleichartige Flimmerepithel des Mundes übergeht und möglicherweise auch wirklich eine Fortsetzung des letzteren auf die Fühler hin sein könnte. Dieser Auffassung gemäß erscheinen die äußeren Kopf kiemenstämme , die ja auch vor und etwas über den Rinnennerven am Gehirn entspringen, als die eigentlichen neuralen Tentakelnerven; während sie nun bei den Eriographiden ihrer ganzen Ausdehnung nach von den inne- ren Stämmen vollkommen geschieden sind, haben sie sich bei den Serpuliden i. e. S. in ihrem mittleren, noch unverzweigten Theile den letzteren bereits sehr bedeutend genähert und sich bei den Sabellen und Hermellen distal ganz und gar vereinigt, so dass nur noch die Wurzeln gesondert geblieben sind. In der Ausstattung des neuralen Tentakelpaares und ihren Be- ziehungen zum Munde lag die Möglichkeit, dass sie zu gleicher Zeit sehr verschiedene Functionen übernehmen konnten. Ihre ursprüng- liche Bedeutung als Taster beibehaltend, waren sie in Folge ihrer Contractilität dazu befähigt, das Röhrenbaumaterial herbeizuschaffen, wozu bekanntlich auch andere Würmer ihre mit Flimmerrinnen ver- sehenen Fühler gebrauchen; bei der Communication der Wimper- flächen des Mundes und der Tentakel war es ein Leichtes, durch Vermittelung dieser Organe auch Nahrung zugeführt zu erhalten, wenngleich dieselbe nur aus kleineren Organismen oder organischen Studien über den Körperbau der Anneliden. 617 Bestaiultlieileu des Schlammes bestand, doch war mit Aufgabe der freien Lebensweise das Erlangen einer besseren Kost versagt, und durch die Flimmeraction wurde das Wasser in der nächsten Um- gebung stets in Bewegung gebracht, woher dem in die Tentakel- gefäße ein- und ausströmenden Blute eine äußerst günstige Gelegen- heit zur Oxydation geboten war. Der gesteigerten Thätigkeit als Sinnes-, Greif-, Nahrungsaufnahme- und Respira- tionsorgane haben nun die neuralen Kopftentakel der Serpulaceen und Hermellen ihre äußerst complicirte Form zu verdanken. Da die Athmung vermittels der Rückenkiemen durch die den Körper umgebende Röhre beeinträchtigt wurde, so musste diese Function in den Fühlern mehr zur Geltung gebracht werden, was zur Ausbildung von Spaltästen und Nebenzweigen an diesen geführt hat; damit war aber zugleich auch die Leistungsfähigkeit derselben in Bezug auf die übrigen Aufgaben erhöht. Indem die Hermellen sich ihre Behausungen im Sande selbst herrichteten, konnten die Mundtentakel fortfahren, sich bei der Beschaffung des Baumaterials zu bethätigen, woher sie ihre Beweglichkeit beibehielten, und die Verwachsung der basalen Theile mit den Paleenträgern gewährte ihnen dabei eine hinlängliche Stütze. Bei den Serpulaceen, die sich aufrecht stehende Röhren verfertigten, musste diese Function weg- fallen, da die Organe den Boden nicht mehr erreichten, und so widmeten sie sich um so mehr ihren anderen Aufgaben, der Respi- ration, der Nahrungsaufnahme und der Sinnesthätigkeit ; an ihren Enden, welche am meisten den Einflüssen des umgebenden Mediums ausgesetzt waren, entwickelten sich nicht nur Tastapparate in größe- rer Menge, sondern selbst gegen Lichtstrahlen empfindliche Augen- flecke, und da die Tentakel in den an sie herangerückten, der Rückbildung verfallenen, hämalen Chaetopodien des 1 . Somites kei- nen für ihre Dimensionen genügenden Halt finden konnten, so ver- dichtete sieh das Bindegewebe an ihrer Basis und in ihnen selbst zu einem inneren, mehr oder weniger festen Skelett, so dass sie schließlich befähigt wurden, sich rings um die terminale Mundöffnung in Gestalt eines starreu Kiementrichters aufzurichten. In Folge dessen, dass die Kopfkiemen der Serpulaceen ihre ursprüngliche Biegsamkeit eingebüßt haben, sind es deren Spitzen, welche so zu sagen den Eingang in die Röhre bewachen, wenn sich der Wurm in die letztere zurückgezogen hat ; daher mag es gekom- men sein, dass sich an diesen Organen bei den Serpuliden i. e. S. 618 Eduard Meyer eine Schutzvorrichtung, nämlich der Deckelapparat, aus- bildete. Das Zustandekommen dieser Bildung wird man sich in der Weise denken können, dass sich anfanglich alle Kiemenstrahlen an ihren Enden kolbenförmig verdickten (wie wir es z. B. bei Salma- cina sehen), welche zusammengelegt die RöhrenmUndung verschlossen ; dann aber übernahmen dieses Geschäft mit gleichzeitigem Verluste der Pinnulae vorzugsweise zwei der obersten, längsten Fäden, wor- auf der so häufig vorkommende zweite , rudimentäre Deckel hin- weist, der übrigens in einigen Fällen auch vollständig entwickelt ist, und schließlich hat ein einziger das Übergewicht erhalten. Es traten an diesem hornige oder kalkige Platten, Chitinzähne, Zacken, ja sogar bewegliche Borsten und Haken auf, um das Eindringen in den Tubus möglichst schwer und gefährlich zu machen, und behufs Erlangung einer größeren Selbständigkeit rückte der umgestaltete Kiemenfaden aus der Reihe nach hinten heraus i. Es giebt nun auch Beispiele, wo der Deckelapparat ganz median dem Nacken aufsitzt; diese Lage, seine ungewöhnliche Dicke, so wie eine obere und untere Längsfurche machen es wahrscheinlich, dass er hier, wie bereits oben erwähnt, durch Verwachsung zweier Strahlen ent- standen sei. Etwas anders stellte sich Örley den Ursprung des eigentlichen, dem Stielende aufgepflanzten Deckels oder der iVmpulle vor, indem er meinte, dass dieser Theil als eine Verschmelzung von Pinnulae, die sich trichterförmig um den Endfaden des Strahles gruppirt hätten, aufgefasst werden müsse, doch muss ich seiner Deutung wider- sprechend den bezeichneten Abschnitt für eine durchaus terminale Bildung erklären, da er von Zweigen der beiden äußeren Nerven versorgt wird, nicht aber vom inneren Stämmchen, welches nur im Stiele vorhanden ist; vom letzteren aus jedoch müsste die Deckel- ampulle innervirt werden, falls sie aus vereinigten Fiederchen be- 1 Die übereinstimmende Lage, welche der ausgebildete und der rudimen- täre Deckel in solch einem Falle mit den Kopfkiemenstützen der deckellosen Serpuliden und mit den Paleenträgern der Hermellen haben, sowie die häufig so reichliche Ausstattung des ersteren mit starken Chitingebilden hatten mich dazu verleitet , auch in diesen Organen ein Paar umgestaltete hämale Chaeto- podien des 1. Somites zu vermuthen; daher rührt die Bezeichnung derselben mit h.P in meiner Abbildung von Serpula creder (7. Bd. Taf. 22 Fig. 10). Ein genaues Studium der einschlägigen Litteratur und eben so eigene Beobach- tungen speciell über die Innervationsverhältnisse des Serpulidendeckels haben mich jedoch nachträglich von jenem Irrthume abgebracht. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 6]9 stände , weil diese an den normalen Kiemenfäden ihre Nerven aus- schließlich von den inneren oder Riunennerven erhalten. Etwas ganz Eigenthümliches ist die Verwendung des Deckel- apparates bei der Brutpflege, wie sie in den Gattungen Spirorbis und Piieolaria vorkommt. Über die Art und Weise, wie die Eier in den Deckelraum gelangen möchten, stellte Pagenstecher (1863 pag. 495) mehrere Yermuthungen auf, von denen ich mich für die letzte erkläre, nämlich «dass die Eier vollkommen geboren« würden »und nun ganz von außen unter dem Deckel (i. e. die kalkige End- platte) in dessen Stiele eine Grube bildeten, welche durch ein ab- geschiedenes Secret zum geschlossenen Sacke umgestaltet würde«. Wohl sprach Clapaeède (1870 pag. 159) die Ansicht aus, dass die Eier durch den Thorax, den Deckelstiel und dann weiter vielleicht durch eine Öffnung in der vorderen Ampullenwand oder durch eine Resorption derselben in den Brutraum einwandern könnten , doch ist dieser Weg nicht denkbar, weil sich die Geschlechtsproducte im Abdomen bilden und durch die ganze Reihe der davorliegenden Dissepimente von dem Cölom des Kopfmundsegmentes geschieden sind; eben so wie bei den übrigen Serpulaceen, werden auch hier Eier und Sperma jedenfalls vermittels der hinteren Nephridien zu- nächst in die Wohnröhre hinein entleert, wo wir sie bei gewissen Arten derselben Gattungen reihenweise an der Innenwand angeklebt finden, und dann durch angemessene Bewegungen des Wurmes nach vorn befördert werden. Wenn nun bei unseren Würmern einerseits die Verwachsung der neuralen Kopftentakel mit den Mundhöhlenwänden zu einer weit- gehenden Umgestaltung der ersteren geführt hat, so konnte sie andererseits nicht ohne Einfluss auf das anatomische Ver- halten des Mundes selbst Tbleiben. Indem sich die basalen Stücke der Kopfkiemen jederseits zu fast vollkommenen Halbcylindern verbreiterten, nahmen sie den Mund ganz in ihre Mitte und, in die Länge auswachsend, zwangen sie auch die an ihren medialen Rändern befestigten Lippen sich in der- selben Richtung auszudehnen; auf diese Weise wurde die Mund- öffnung weit nach vorn hinaus verlegt. Da die Kopfkiemen im ausgebreiteten Zustande einen weiten Trichter bilden, so haben die in der Mitte des letzteren nach vorn vorspringenden Lippen eine ziemlich exponirte Lage ; in Folge dessen musste sich die Sensibilität dieser Organe nach und nach steigern, welche bei den Serpulaceen in der Ausbildung der fühlerförmigen Ö20 - Eduard Meyer Lippenfortsätze ihren Höhepunkt erreicht hat; bei den Hermellen dagegen ist die Mundöffnimg beständig von den beweglichen, sich durch einander mengenden Tentakelfäden umgeben, woher die Lippen hier in viel geringerem Maße äußeren Einflüssen ausgesetzt sind und daher wahrscheinlich auch ganzrandig geblieben sind. Die Entwicklung der Lippenzipfel ist bei den Serpulaceen viel- fach eine so starke, dass ich sie Anfangs eben so wie die meisten älteren Autoren für wirkliche Tentakel, und zwar für die hämalen, gehalten habe (daher die irrthümliche Bezeichnung derselben mit h.T in den Figuren 7. Bd. Taf. 22 Fig. 11; Taf. 24 Fig. 14, 16): nach- dem jedoch PßüvoT die eigentlichen oberen Frostomialtentakel bei Sabella entdeckt, und auch ich selbst darauf bei Spirograj^his , Myxi- cola, sowie bei einigen Serpuliden diese Organe oder deren Eudi- mente wieder gefunden hatte , habe ich selbstverständlich meine frühere Ansicht aufgegeben. Pruvot deutet nun die Lippenfortsätze als umgestaltete, unterste Fiederchen der Kiemenstrahlen (1885 pag. 322) . Zu Gunsten seiner Auffassung führt er an, dass Sahella terebelloides und analis zehn und zwölf, Apomatus ampuliferus drei und S. reniformis zwei Paar solcher Anhänge besitzen, die ganz und gar den Pinnulis der Kopfkiemen ähnlich wären; hier mögen dieselben, mit Ausnahme des anders gestalteten, oberen Paares von S. reniformis, thatsächlich etwas tiefer herabgerutschte Pinnulae sein, im Allgemeinen aber scheinen mir die von den Lippen selbst ausgehenden Fortsätze eben dieser Beziehungen wegen von der Mundhöhlenwandung hervorgesprosste Neubil- dungen zu sein. Die Angabe Pruvot's, dass dieselben im Jugend- zustande bei Psijgmohranchus protensus mit den Kiemenfiederchen große Ähnlichkeit hätten, kann ich nicht bestätigen; bei ganz jungen Thieren sind sie vielmehr noch gar nicht vorhanden und bilden sich überhaupt erst sehr spät. Der Tradition gemäß fasste auch Bourne (1883) die Lippen- fortsätze als Kopftentakel auf, aber bald als hämale, bald als neurale, indem er sie bei Ampliiglene und Fahricia für «prostomial tentacles«, bei Haplohranchus dagegen für »palps« erklärte.. Die erstere Be- deutung schreibt genannter Forscher bei Haplohranchus einem Paar oberer, medialer Fortsätze zu, die man viel eher für rudimentär gewordene Kiemenstrahlen als für irgend was Anderes halten kann; was er nun aber bei Ampliiglene mit »palps« bezeichnet, ist gewiss nichts weiter, als die beiden spitz auslaufenden Hälften des neuralen Kragenlappens (vgl. Claparède 1864 Taf. 3 Fig. 1 und meine Studien über den Körperbau der Anneliden. 621 Abbildung- 7. Bd. Taf. 24 Fig. 16 n.Kr). An diese Deutungen sehließt sich die sonderbare Hypothese des Autors an , dass der Lippenapparat von Amplnglene ein wohl entwickeltes Prostomium, also einen deutlich vorragenden, nicht mit dem Rumpfe verschmol- zenen Kopf läppen repräsentire , und dass die pigmentirten , ohr- muschelartigeu Lippenwinduugen die Augen desselben seien; dieses behauptet Bourne, trotzdem Claparède es ausdrücklich betonte, dass er in den besagten Pigmentflecken keinen lichtbrechenden Kör- per gefunden habe (1864 pag. 34), ferner (1868 pag. 414) dass man sie nicht für Augen halten dürfe, weil »la substance colorante est reufermée dans un boyau tordu sur lui-méme en forme de 8«, und die auf dem Rücken des 1 . Segments durchschimmernden, wirklichen Augen nicht nur erwähnte (1864 pag. 35), sondern auch abbildete Taf. 3 Fig. 1"5), die bei Fabricia gleichfalls vorhanden sind, und BouRNE bei Haplohranchus selbst gesehen hatte. Alle diese Fehl- griffe werden, wie mir scheint, aus dem grundlosen Bestreben Bourne's hervorgegangen sein, die Kopfkiemen als Parapodien eines in Wirklichkeit gar nicht vorhandenen Peristomialsomites darzustellen ; dabei musste dann auch ein besonderes Prostomium nachgewiesen werden, und irgend welche vorn gelegenen Fortsätze auf jeden Fall die Rolle von neuralen und hämalen Kopftentakeln übernehmen. Durch die erfolgreiche Verwerthung der umgestalteten neuralen Tentakel als einziger Werkzeuge zur Beschaffung der Nahrung wur- den alle diejenigen Einrichtungen am Munde oder am Schlünde, welche zum Ergreifen der Beute oder selbst zur directen Aufnahme des Schlammes vom Meeresboden dienten, außer Thätigkeit gesetzt und sind daher allmählich spurlos verschwunden; dass jedoch die Vorfahren der Serpulaceen und Hermellen einst eine kräftige Schlundbewaffnung besessen haben müssen, davon scheint mir das so stark entwickelte sympathische oder stomodeale Nervensystem derselben Zeugnis ablegen zu können, wie es ähnlich nur bei echten Raubanneliden vorkommt. Man kann sich nicht denken, dass die ganz ohne Mühe und Anstrengung prakticirte Nah- rungsaufnahme zu einer hohen Entfaltung des betreffenden Nerven- systems geführt haben sollte, welche dagegen bei einer energischen Muskelthätigkeit der in Betracht kommenden Organe begreiflich ist; daher muss die Complicirtheit der Schlund- und Mundnerven von einem früheren sehr viel activeren Verhalten herrühren. Der gerade, aller Anhangsorgane entbehrende Vorderdarm unserer Würmer würde somit keinen ursprünglichen, 622 Eduard Meyer sondern einen vereinfachten Zustand repräsentiren , den wir als eine Folge des beständigen Aufenthaltes in Wohnröhren auf- zufassen haben. Die hä malen Kopftentakel. Von den Umgestaltungen des Prostomiums und den Verände- rungen seiner Beziehungen zum Kumpfe durch Einziehen in den- selben sprechend, sagte ich, dass fast alle hierbei entstandenen Ein- stülpungsfalten nach und nach vollständig verschwunden sein müssten; nur ein Theil derselben blieb bei den meisten unserer Würmer er- halten, und das ist die Stirneinsenkuug , in der sich die Stirnfühler oder die ihnen homologen Stirnsinnesorgane befinden. Aus der Entwicklungsgeschichte geht hervor, dass die Integu- mentpartie des Bodens und der oberen Wand dieser Einsenkung der einzige Überrest der im Larvenzustande recht ansehnlichen Ober- fläche des Scheitelfeldes und zwar der vorderste Abschnitt derselben ist, an dem sich die vorderen, mittleren Hirnganglien anlegen, die dann bei den erwachsenen Thieren die beiden Stirunervenpaare aus- senden; da das äußere Paar der letzteren die Stirnfühler und in anderen Fällen die Stirnsinnesorgane innerviren, so ist es klar, dass diese Gebilde die Bedeutung von hämalen Kopften- takelu haben, wie das auch schon Pruvot richtig erkannt hatte. In Folge der stärkereu Ausbildung, welche die neuralen Ten- takel erlangten, konnten diese Organe ihre hämalen Gegenstücke functionell ersetzen, und so sehen wir, dass auch bei den Spioniden, Polydoren und Chaetopteriden die oberen Fühler zurückgebildet wurden ; nur bei Polydora antennata sind sie noch als unansehn- liche, kurze Taster am vorderen Ende des Kopflappens vorhanden. Um so auffallender erscheint es nun, dass die Stirnfühler bei den Hermellen, wo ihre Lage eine so versteckte ist, noch als ziemlich lange Fäden auftreten; allein da diese Thiere, wenn sie ungestört sind, ihre Paleenträger so weit als möglich nach hinten zurück- beugen, mag jenen Organen immerhin noch oft genug die Gelegen- heit geboten sein, sich als Sinneswerkzeuge nützlich zu er- weisen, und aus diesem Grunde mögen sie sich hier erhalten haben. Bei den Serpulaceen dagegen wurden sie durch die sich bedeutend mächtiger entfaltenden Kopfkiemenbasen sehr viel mehr eingeengt, dadurch in der Ausübung ihrer Function behindert, welche an der Peripherie des Kiementrichters die Studien über den Körperbau der Anneliden. 623 Strahlen und deren Fiederchen, im Centrum aber die freier vor- ragenden Lippenfortsätze viel leichter übernehmen konnten, und so fielen hier die hämaleu Kopftentakel der Rückbildung- an- bei m , von der das Verhalten bei den Sabelliden, Eriographiden und Serpuliden die verschiedenen phylogenetischen Phasen bis zu ihrem gänzlichen Schwinden bei den Amphicoriden vorstellen. Beispiele dafür, dass sich die rudimentär gewordenen Stirnfühler, ähnlich wie bei den Serpuliden i. e. S. in der Gestalt von Sinnes- organen, sich kaum oder gar nicht über die Oberfläche der sie umgebenden Hautpartie erheben, lassen sich auch aus anderen Wiirm- gruppen anführen; in dieser Beziehung wären die Opheliaceen und Cirratuliden zu nennen. Bei der zur ersteren Familie gehörenden Gattung PolyopJithahnus beschrieb ich (1882, pag. 794) unter dem Namen von »becherförmigen Organen« zwei an beiden Seiten des Kopfes gelegene Sinnesorgane, »welche in den oberen, vorderen Gehirnganglien ihre eigenen Centra besitzen«; dieselben constatirte nachher Kükenthal (1887) noch bei vielen anderen Opheliaceen und unter den Cirratuliden fand ich eben solche Sinnesorgane bei Chaetozone (7. Bd. Taf. 23 Fig. 6—8 S.O). Wegen der Lage dieser Gebilde, so wie des Verhaltens der wenngleich kurzen, so doch kräftigen, an sie herantretenden Hirnuerven möchte ich auch sie als Rudimente hämaler Kopftentakel deuten. Die Gestalt des Gehirns. Die große Mannigfaltigkeit, welche das Annelidenhirn im Hin- blick auf seine Form beurkundet, macht es zur Zeit noch unmög- lich, sich eine klare Vorstellung von dem Typus dieses Organs zu verschaffen, obschon die Aufstellung eines solchen schon mehrfach versucht worden ist; dergleichen Versuche, auf einem nur relativ geringen Vergleichsmaterial basirend, konnten natürlich keine ge- nügenden Resultate liefern und erscheinen überhaupt verfrüht, da unsere Kenntnisse von der Structur und Entwicklung des Gehirns der Ringelwürmer dafür noch lange nicht ausreichend sind. Stößt man dazu noch auf derartige Thatsachen als, dass das Gehirn im Bereiche einer Familie, deren Vertreter alle unter nahezu denselben Verhältnissen leben, so großen Formveränderungen unterworfen sein kann, wie es z. B. durch die Untersuchungen Eisig's (1887) von den Capitelliden bekannt ist, so ist einstweilen nicht daran zu den- ken, dass sich aus den äußeren Lebensbedingungen allgemeinere An- haltspunkte für die Beurtheilung dessen, warum die Ausbildung des 624 Eduard Meyer Organs in dieser oder jener speciellen Richtung erfolgt sei, ausfindig machen ließen. Auf Grund seiner embryologischen Studien gelangte Kleinen- berg (1886) zur Ansicht, dass das Gehirn der Anneliden aus der Vereinigung verschiedener einzelner Ganglien hervorgegangen sei, die unabhängig von einander im Anschluss an bestimmte, präorale Sinnesorgane entstanden sein müssten; auch meine Beobachtungen an der Psygmohranchus-LdiXYQ^ vrenngleich sie durchaus nicht auf Vollständigkeit Anspruch machen dürfen und keine histogenetischen Details enthalten, können dennoch bis zu einem gewissen Grade diese Auffassung unterstützen. Nimmt man nun an, dass das Gehirn in letzter Instanz dem Auftreten gewisser Sinnesorgane seinen Ur- sprung verdankt, deren gangliöse Centren es in sich aufgenommen hat, so ist es klar, dass der Grad der Ausbildung und die topogra- phischen Beziehungen dieser letzteren innerhalb des Gehirns unter dem Einflüsse der Entwicklung und der Lageverhältnisse der ent- sprechenden peripheren Organe stehen werden : von diesem Gesichts- punkte aus die Gehirnform zu erklären , wird in manchen Fällen an der Hand des Vergleichs mit solchen, wo correspondirende Sinnes- organe und deren Gangliencentren nachweisbar sind, nicht unmög- lich sein. Vergleichen wir zunächst das Gehirn unserer Würmer mit dem- jenigen einer weniger hoch stehenden Annelidenform. Ich wähle hierzu einen Repräsentanten aus der Familie der Cirratuliden [Chae- tozone, 7. Bd. Taf. 23 Fig. 6 — 8), weil mir bei diesen Thieren das besagte Organ aus eigener Anschauung bekannt ist, und ich hier die hauptsächlichsten Ganglien vorgefunden habe, die in ähnlicher Weise wie bei den Serpulaceen und Hermellen vorspringende Theile bilden. An dem im kegelförmigen Kopflappen, also ganz vor der ventralen Mundöffnung gelegenen Gehirne von Chaetozone setosa lassen sich ganz deutlich fünf Paar recht gut abgegrenzte Gangliencentren unter- scheiden, welche. durch die hufeisenförmige, hinten in die Schluud- commissuren sich fortsetzende Hauptfasermasse, sowie zum Theil auch durch Zellbrücken au den Berührungsstellen unter einander in Verbindung stehen. Das obere, vordere Paar [G^) innervirt die bei- den seitlichen Sinnesorgane (-S". 0), die ich oben als Rudimente der hämalen Kopftentakel gedeutet habe ; es sind die einzigen Ganglien, die sich in der Medianebene berühren. Nach hinten schließen sich ihnen in gleicher Höhe die hinteren, oberen Hirnlappen [G^] an, in die sich von außen her die grubenförmigen Wimperorgane [W.0\ Studien über den Körperbau der Anneliden. 625 einsenken : die Mitte der seitliehen Theile nehmen die optischen Centren [G^] mit den beiden Kopfaiigen [Au] ein, und darunter be- finden sieh zwei Paar untere Ganglien, von denen die hinteren (G'") den Sehlundcommissuren {S.C) angehören, die vorderen (G^j aber, M'clehe ein Paar stärkere Nerven [No) aussenden, wahrscheinlich die Bedeutung neuraler Tentakelcentren haben, da genau an dieser Stelle bei Heterocirrus die beiden langen Fühler entspringen. Ein sofort in die Augen fallender Unterschied zwischen der eben beschriebenen Gehirnform und der Gestalt dieses Organs bei den Serpulaceen und Hermellen besteht darin, dass dieselben Ganglien, welche dort über einander gruppirt sind, sich hier in transversaler Richtung fast horizontal an einander reihen. Für diese Veränderung ist die Ursache nicht schwer zu errathen. Indem der Mund bei unseren AVürmern eine terminale Lage annahm, musste der sonst nach unten gebogene Vorderdarm sich gerade nach vorn ausstrecken und dadurch die seitlich-unteren Hirncentren nach beiden Seiten hin aus einander drän- gen, sowie zum Theil auch aufwärts verschieben, wo- her diese ungefähr auf gleichem Niveau, rechts und links von den ursprünglich über ihnen befindlichen, jetzt aber median erscheinenden Ganglien zu liegen kommen. Ferner sehen wir, dass die neuralen Tentakelcentren hier den größten Theil der seitlichen Ganglienmasse aus- machen; dass dieses eine Folge der mächtigen Entfaltung der Kopf k lernen resp. der Mundtentakel ist, kann keinem Zweifel unterliegen. Durch das Vorrücken des Mundes und das Einziehen des Kopflappens erhielten aber die Organe nicht nur eine höhere Lage, sondern wurden auch gerade nach vorn gerichtet, und desswegen gehen die kräftigen, äußeren Nerven stamme , w^elche die eigentlichen neuralen Tentakelnerven vorstellen , oder die entsprechenden Nervenwurzeln, vom Gehirn sehr viel höher und mehr vorn, wiewohl immerhin noch seitlich, ab. Die optischen Centren, welche am Cirratulidenhirn einen ziem- lich bedeutenden Grad von Selbständigkeit beurkunden, haben diese in Folge des Einziehens des Kopfes in den Rumpf ver- loren, wie denn auch die Augen selbst hierbei ihre Bedeu- tung fast ganz einbüßen mussten, und sind mit den letzteren zu- sammen in die Tiefe der Gehirnmasse hineingerückt ; nur bei einigen Formen haben sie ihre ursprünglichen Beziehungen zum Integument noch bewahrt, indem sie in den Ecken der Stirneinsenkung mit der Mittheilungen a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 41 626 Eduard Meyer Haut in Verbindimg' blieben, bei den Hermellen aber sind die Hirn- augen gänzlich verschwunden. Interessant ist der Umstand, dass sich bei den zuletzt genannten Thieren zum Ersätze an der oberen Wand der Stirneinsenkung, d. h. also an der Unterseite der Paleenträger, in z wei Läugsreihen gruppirte Ocellen aus- gebildet haben, welche nur beim Zurücklegen und Ausbreiten des Paleenapparates LichteindrUcke empfangen können und vermuthlich aus der hier durchweg sehr pigmentreichen Haut im Anschluss an die peripheren Verzweigungen des mittleren Stirnner venpaar es ent- standen sind. In dieselbe Kategorie gehören auch die häufig vor- kommenden Kiemenaugen der Serpulaceen. Bei den Cirratuliden sind die oberen, hinteren Ganglien die Hirncentren der beiden Wimperorgane, und diese Bedeutung haben die besagten Gehirnabschnitte bekanntlich bei einer sehr großen An- zahl von Anneliden. Solche Ganglien besitzen nun auch die Ser- pulaceen und Hermellen, die besonders bei den ersteren eine geradezu auffallende Größe erreichen, doch sind sie hier von der Leibeswand abgerückt, einander bedeutend genähert, indem die mächtig ent- wickelten lateralen Gehirntheile sie medianwärts zusammen- gedrängt haben, und scheinen ihre typischen Sinnesorgane ganz zu entbehren. Allein die mächtige Entwicklung der oberen, hinteren Hirnlappen weist darauf hin, dass auch hier einst die Wimperorgane nicht bloß vorhanden, sondern sogar sehr stark ausgebildet gewesen sein müssen; was aber aus ihnen geworden ist, davon soll im folgenden Capitel die Rede sein. Was nun die seitlich-oberen und seitlich-hinteren Hirn- nerven betrifft, so mögen diese ursprünglich kleinere, prä- orale Muskelnerven gewesen sein, die in Folge der Größenzu- nahme der basalen Theile der neuralen Kopfanhänge und der damit Hand in Hand gehenden Verstärkung der betreffenden Längsmuskel- abschnitte zu einer höheren Ausbildung gelangt sind, woher denn auch die entsprechenden Gangliencentren sich mehr entfalteten. Eine besondere Beachtung verdienen die bei den Serpuliden i. e. S. und bei den Hermellen außerhalb des Gehirns verlaufenden zwei paracerebralen Faser stränge, an welchen bei den ersteren das gleichbenannte Ganglienpaar sich befindet. Indem die besagten Stränge vom oberen Theile der centralen Hirnfasermasse ihren Ursprung nehmen und etwas weiter hinten rechts und links in den Nervenschlundring eintreten, erscheinen sie als ein zwei- Studien über den Körperbau der Anneliden. 027 tes. oberes Wurzelpaar der Sclilundcommissureu, die paracerebralen Ganglien aber als ein Paar seitlich-oberer Hirncentreu, welche aus dem Verbände mit den übrigen ausge- treten und längs jenen Fasersträngen distalwärts hinausgerUckt sind; für das Letztere spricht der Umstand, dass die bezeichneten Ganglien solch ein Verhalten nur bei den öerpuliden i. e. S. docu- mentiren, während die hier aus ihnen hervortretenden seitlich-oberen Nerven bei den anderen Serpulaceen direct vom Gehirn ausgehen, In welchem dann auch ihre Centren enthalten sind. Nach ähnlichen Verhältnissen bei anderen Würmern suchend, muss es uns auffallen, solche hauptsächlich bei den höchsten Ver- tretern der Classe, wie bei den Euniciden, wiederzufinden. Wie Pruvot (1885) gezeigt hat, stehen die Schlundcommissuren hier gleichfalls durch gesonderte Wurzelpaare mit den oberen und unteren Gangliencomplexen des Gehirns in Verbindung; ja diese selbst sind dort häufig von einander getrennt und haben besondere, den Com- missureuwurzeln entsprechende Querfasermassen. Letztere kommen auch bei den Nephthydeen vor, sind jedoch ganz in die einheitliche Ganglienmasse des Gehirns eingeschlossen: die oberen und unteren Hirnwurzeln des Nervenschlundriugs aber sind wieder auf einer großen Strecke geschieden. Mir scheint nun diese Übereinstimmung unserer Tubicolen mit jenen Raubanneliden eben so wenig eine zu- fällige zu sein, wie das bei beiden in hochgradiger Ausbildung auf- tretende, stomodeale Nervensystem; ich glaube vielmehr, dass wir auch in den doppelten Commi ssurenwurz ein der erstereu den Überrest früherer, viel höherer Organisationsver- hältnisse zu erblicken haben. Wenn schon das Gehirn der Nephthydeen im Vergleich zu demjenigen der Euniciden eine ziemlich vorgeschrittene Stufe der Centralisation repräsentirt, so ist dieses bei den Serpuliden i. e. S. und Hermellen noch mehr der Fall, indem hier wohl noch die gesonderten, hämalen und neuralen Wurzeln der Schlundcommissuren sich erhalten, die intracerebralen Faserstränge der entsprechenden Gangliengruppen dagegen sich zu einer gemeinsamen Hirnfasermasse vereinigt haben , und vollends bei den übrigen Ser- pulaceen, wo die paracerebralen Stränge in das Gehirn hineingezogen sind, aber auch trotzdem sich deutlich erkennen lassen. Es möchte vielleicht den Anschein haben , dass ich , ein Paar besondere Merkmale herausgreifend, den eben gemachten Vergleich versucht hätte und, daraus Schlüsse ziehend, selbst in einen Wider- spruch damit getreten sei, was ich oben über dergleichen Versuche 41* 628 Eduard Meyer gesagt habe; einige Zeilen werden jedoch genügen, um die Ver- gleichbarkeit des Gehirns der Serpulaceen nnd Her- niellen nnd desjenigen der Euniciden in Bezug auf das Ge- sammtverhalten desselben klar zu stellen. Außer den hervorge- hobenen, übereinstimmenden Eigenthümlichkeiteu sehen wir, dass auch am Eunicidenhirn die dorsale Partie desselben vorn die hämalen Tentakelnerven aussendet und hinten sich häufig in mächtige obere, hintere Laijpen für die Wimperorgane fortsetzt. Dem oberen Theile gehören nun hier auch die optischen Centren an, während sie bei den Serpulaceen im ausgebildeten Zustande seitlich-ventral gelegen sind: allein bei den Larven liegen sie viel höher und werden durch die sich hinter ihnen bildenden Hirnganglien der äußeren Kopfkie- mennerven , welche zunächst aufwärts und dann vorrücken , später nach unten verschoben. Wie bei unseren Würmern, so entspringen ferner auch bei den Euniciden aus den unteren Ganglienmassen — denn als solche haben wir die großen, seitlichen Gehirnabschnitte bei den ersteren eigentlich aufzufassen — vorn die neuralen Ten- takelnerven und dahinter das sympathische Nervensystem. Somit wären denn bei diesen und jenen die hauptsächlichsten, mit correspondirenden Endapparaten verbundenen Hirn- centren nachweisbar, welche in beiden Fällen fast alle auch in ähnlicher Weise gruppirt sind. Besonders deutlich tritt diese Übereinstimmung bei einem Ver- gleiche des Serpulaceen- und Hermeilengehirns mit demjenigen von Staurocephalus (vgl. Peuvot 1885 Taf. 13 Fig. 12) hervor, bei wel- cher Form nur je ein Paar hämaler und neuraler Kopftentakel vor- handen sind. Hier innerviren nun, was ich noch hervorheben möchte, ein Paar vordere, sich von den stomato -gastrischen Wurzeln ab- zweigende Stämmchen (»nerf labial supérieur« , Pruvot pag. 277) die »deux gros bourrelets longitudinaux accolés , qui limitent posté- rieurement la cavité buccale et représentent les palpes labiaux des autres Euniciens«; ihnen mögen die inneren Kopfkiemenstämme ent- sprechen, die wahrscheinlich früher ja auch die Bedeutung von Lippen- oder Mundnerven gehabt haben und erst durch die Ver- schmelzung äußerer Begrenzungswülste der Mundhöhle mit den neu- ralen Prostomialtentakeln in die letzteren hineingeriethen. Vom Gehirn ausgehende Gjgfäßnerven, welche Bedeutung bei den Serpulaceen und Hermellen den beiden mittleren, hinteren Hirn- nerven zukommt, sind meines Wissens bei anderen Anneliden nicht bekannt. Studien über den Körperbau der Anneliden. 629 17. Phylogenie des Nephridialsystems. Bei der Besprechung der Eigeutliümlichkeiten des Prostomiums habe ich die merkwürdigen Beziehungen, welche bei unseren Wür- mern zwischen den Thoracalnieren und dem besagten Leibesab- schuitte bestehen, bisher noch unberührt gelassen ; dieser Punkt führt mich wieder zum Nephridialsystem der Serpulaceen und Hermellen zurück. Die Bedeutung des ectodermalen Endabschuittes des unpaaren Ausführungsganges der Thoracalnieren. Schon ihrem anatomischen Verhalten nach gehört die gemein- same Ausmündungsöffnung der beiden thoracalen Excretionsorgane dem Bereiche des Kopflappens an, indem sie sich entweder im hinteren Theile der »Stirn«, auf dem »Stirn wulste« oder am Boden der »Stirneinsenkungc befindet. Aus der Entwicklungsgeschichte geht hervor, dass nicht nur der Nephridialporus , sondern auch der darauf folgende, ectodermale Abschnitt des medianen Ca- nals eine praeorale Bildung ist, welche von vorn nach hinten sich fortsetzend erst secundär mit den in umgekehrter Rich- tung, vom 2. Segmente her, ihr entgegen wachsenden, paarigen An- lagen der Merenschläuche in Verbindung tritt: dazu kommt ferner, dass die letzteren bei der Psygmobrcmchus-Ldi\:\Q in einem gewissen Stadium provisorisch jederseits ihre besondere, äußere Öffnung be- sitzen, und so dürfen wir mit ziemlicher Sicherheit schließen, dass der nicht excretorische Endtheil des unpaaren xlusführungsganges ursprünglich nichts mit den Nephridien zu thun gehabt haben muss. Es entsteht nun die Frage, welche Bedeutung dieses Gebilde vor seiner Vereinigung mit den Thoracalnieren hatte. Bringt man den Umstand in Erwägung, dass der ectodermale Canalabschnitt bei der Larve über dem Gehirn als offene, hämale Wimperrinne angelegt wird, welcher sich innen jederseits die An- lagen der oberen, hinteren Hirnlappen dicht anlehnen, dass diesen, die bei anderen Anneliden die Hirncentren der Wimperorgane bil- den, trotz ihrer sehr starken Entwicklung bei den Serpulaceen keine solchen Sinnesorgane mit normaler Ausbildung entsprechen, die von jenen Ganglien ausgehenden Nerven aber sich an der terminalen Partie des unpaaren Nephridialganges ausbreiten, so muss eben dieser Canal als Homologon der Wimperorgane erscheinen. Zu einem ähnlichen Gedanken gaben Pruvot die nahen Be- 630 Eduard Meyer Ziehungen zwischen den hinteren Hirnlappen und dem Ausführungs- gange der Thoracalnieren bei Mxjxicola und Serpula Veranlassung; er sagt (1885 pag. 320): »La connexion de ees glandes avee des prolongements cérébraux, que nous avons toujours vus jusqu'ici lies intimement aux poches occipitales ciliées, éveille dans l'esprit l'idée d'une comparaison morphologique entre ces deux sortes d'organes, quelque différent que puisse étre leur ròle physiologique.« Unrecht hätte der Autor in so fem, als er seine Idee in Bezug auf den ganzen thoracalen Excretionsapparat ^ aussprach. Nun sind aber die Wimperorgane der Anneliden paarige Ge- bilde, während der Ausführungsgang der Thoracalnieren im fertigen Zustande eine durchaus mediane Lage einnimmt; wir müssen daher annehmen, dass er aus einer Vereinigung der beiderseitigen Organe hervorgegangen sei. Dafür spricht das symmetrische Verhalten der oberen, hinteren Gehirnnerven, welche rechts und links an den Canal herantreten, ferner das Zusammenrücken der entsprechenden Hirn- lappen während der Entwicklung und das Auftreten der beiden oberen, hinteren Ectodermzellengruppen im Bereiche dieser Ganglien bei der Larve, die vermuthlich nichts Anderes sind, als die ersten Anlagen der Wimpergruben und wahrscheinlich, zusammen mit ihren 1 In der III. Studie, die Arbeiten meiner Vorgänger über die thoracalen Nephridien der Serpulaceen referirend, habe ich es verabsäumt, die betreffen- den Angaben Pruvot's bezüglich Saheila pavonina (1885 pag. 313) zu berück- sichtigen ; darum geschehe es hier. Die von Claparède aufgebrachte Ansicht, dass die Thoracalnieren der Sabelliden jederseits ihre besondere Ausmündung hätten, weist auch dieser Forscher zurück, indem er den gemeinsamen hämalen Ausfuhrungsgang derselben constatirt, ist aber sonst über den Bau der Organe keineswegs im Klaren, denn er sagt, dass ein jeder der beiden Schenkel der- selben (»deux sacs enchevétrés«), von denen er nicht sicher weiß, ob sie hinten (»extrémité inférieure«) in einander übergehen , »émet par son extrémité supé- rieure« (= vorn) »un conduit excréteur distinct; Tun va bien s'ouvrir en dehors du premier segment, mais l'autre à la base des branchies, sur la ligne mediane dorsale, par un orifice qui lui est commun avec son congènere du coté oppose«. Die erstere von diesen Oifnungen ist nichts Anderes als die innere Mündung des Innenschenkels der Wimpertrichter; Pruvot macht demnach den- selben Fehler, welchen einst Williams in Bezug auf die »Segmentalorgane« der Anneliden begangen hatte. Bei dieser Gelegenheit möchte ich ferner eine in meiner vorhergehenden Studie (pag. 727) vorkommende Aussage berichtigen. Ich hatte dort aus reinem Versehen Herrn W. A. Haswell die Angabe zugeschrieben, dass das Excretions- epithel der Thoracalnieren von Eupomatus eine basale Schicht von Ersatzzellen besäße, während er im Gegentheil sagt, dass eine solche hier nicht vorhanden sei ; auf meinen Irrthum hat mich der Autor selbst in freundlicher Weise auf- merksam gemacht, wofür ich ihm hier meinen verbindlichsten Dank ausspreche. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 631 Hirncentren auf die Rückseite des Kopflappeus hinauf wandernd, dureli Versclimelzung- in der Medianlinie die hämale Wimperrinne bilden. Auch sei hier noch jeuer hei Sjnrof/raji/ns heohsichtete, ano- male Fall in Erinnerung gebracht, wo am ectodermalen, innen be- wimperten Canale auf der einen Seite eine leichte Ausbuchtung des Epithels, ihr gegenüber aber eine recht ansehnliche Aussackung vor- handen ist, an welche der betreffende Nerv direct herantritt; dieser Befund lässt sich im Einklänge mit den bisherigen Erwägungen ungezwungen als eine Rückschlagserscheinung erklären. D as Zustandekommen der abweichenden Thoracalnieren- form. Für die Frage, wie die Wimperorgane eine derartige Verwand- lung durchgemacht haben können und auf welche Weise sie zu der Verbindung mit dem vorderen Nephridienpaare gekommen sind, wer- den wir bei einem Rückblick auf die am Kopf und am vorderen Rumpfende der Serpulaceen und Hermellen sich uns darbietenden topographischen Verhältnisse und deren Ursachen die Antwort finden. Am Prosoma war es der nach vorn vorrückende Mund, welcher zunächst die neuralen Kopftentakel nach beiden Seiten hin aus ein- ander und aufwärts verschob ; weiter gelangten die basalen Theile dieser zu einer so mächtigen Ausbildung , dass sie nicht nur die Mundöffnung zwischen sich einschlössen und die vor und über ihnen befindlichen hämalen Tentakel einengten, sondern auch die obere, hintere Partie des Prostomiums auf einen unbedeutenden, medianen Raum zusammendrängten. Da sich hier seitlich die im Allgemeinen ziemlich hoch gelegenen Wimperorgane befanden, welche die so häufig vorkommende Form von Gruben gehabt haben mögen , so werden auch sie in Folge jenes Vorganges zu einer einheit- lichen Wimperrinne auf der Mitte des Rückens zusam- mengetreten sein müssen, die Anfangs offene Rinne aber wird sich beim fortgesetzten Übergreifen der neuralen Kopf- anhänge resp. deren Wurzeln auf die hämale Oberfläche hin durch diesen von rechts und links auf ihre Wandungen ausgeübten Druck endlich zu einem Rohr geschlossen haben. Ein ganz analoger Process am Vorderende des Rumpfes , der wahrscheinlich ungefähr gleichzeitig mit dem eben dargestellten stattgefunden haben wird, muss den Verschluss der postoralen Rinnenfortsetzung herbeigeführt haben; da waren es nun die vordersten Bauchschilde nebst den tubiparen Drüsenmassen, welche durch ihre stärkere Entfaltung und 632 Eduard Meyer Umgestaltung zuerst die parapodialen Gebilde an beiden Seiten höher hinaufschobeu, und dann drängten die in laterale Kragenlappen um- gewandelten und dabei in transversaler Richtung stark verbreiterten Baucheirren des 1. Somites die hämalen Chaetopodien desselben dorsalv\;'ärts hinauf und gegen einander, vroher die Seitenwände des hinteren Abschnittes der Wimperriune über der letzteren sich über- beugend schließlich median zusammenstoßen mussten. Durch das Aufrücken des Rumpfes auf den Kopf läppen ferner kamen die beiden, ursprünglichen Ausmündungsöffnungen des ersten N e p h r i d i e n p a a r e s , welche wahrscheinlich schon an und für sich eine ziemlich hohe Lage am Körper besaßen, in Folge jener Veränderungen am Thorax aber noch weiter auf die Rückenseite verlegt worden waren, in so nahe Beziehungen zur hämalen Wimperrinne, dass sie bei der Verwandlung derselben zu einem abgeschlossenen Gange in diesen hineingerie- then; sie gaben nachher mit ihm zusammen die Verbindung mit der Körperoberfläche auf, und die vordere, am Prostomium befind- liche Öffnung des unpaaren Cauales übernahm die Rolle eines ge- meinsamen Nephridialporus für die beiden so vereinigten Excretions- schläuche. Es sind also keine mit den Functionen des Excre- tionssystems selbst in Zusammenhang stehenden Vor- gänge gewesen, welche diese merkwürdigen Verhält- nisse zu Stande gebracht haben, sondern die ganze Reihe jener durch den beständigen Aufenthalt in Wohnröhren und durch den Röhrenbau bedingten Verschiebungen und Gestaltveränderungen am vorderen Körperabschnitt, und so ist denn die ab weichende Thoracalnierenform derSer- pulaceen und Hermellen eine Folge der bis zum Extrem gesteigerten, tubicolen Lebensweise, welcher sich diese Würmer hingegeben hatten. Bei den Serpulaceen blieb nun der Nephridialporus auf der Stirn oder dem Stirnwulste, während die median verwachsenen, sich zum mächtigen Paleenapparat ausbildenden hämalen Chaetopodien des 1 . Somites bei den Hermellen sich über den Porophor nach vorn vorwölbten und ihn dadurch in die Stirneinsenkung hinein verlegten. Was den hinteren, excretorischen Theil des Ausführungsganges anbelangt , so kann ich über dessen Entstehen nur die bei Be- sprechung der »definitiven Ausbildung der Thoracalnieren« aufge- stellte Ansicht, diesmal aber in phylogenetischem Sinne wiederholen. Studien über den Körperbau der Anneliden. 633 dass er die vereinigten und in Gestalt eines einheitlichen Rohres median weiter gewachsenen, distalen Enden der beiden Nephridial- schlänche vorstelle. Oben sagte ich, dass die ursprünglichen Ausmündungsöffuungen des vorderen Nephridienpaares bei den Vorfahren unserer Würmer wahrscheinlich schon an und für sich eine hohe Lage an beiden Seiten des Körpers gehabt haben werden. Da die Lage der Nephri- dialporen bei den Anneliden im Allgemeinen großen Schwankungen unterliegt, so kann diese Annahme nicht befremdend erscheinen; auch sind in der That viele Formen bekannt, wo sich die Poren über der Seitenlinie, also schon im Bereiche des Rückens befinden. In sehr hohem Grade ist dieses z. B. bei Pohjdora Agassizii der Fall (s. Claparède 1S68 pag. 317 Taf. 22 Fig. 1 Ä] : auf den ins vorangehende Segment hin offenen Trichter folgt hier jedes Mal ein ziemlich langer Schlauch, welcher in seinem Somite mehrere Win- dungen bildet, dann als enger Canal dicht unter der Haut in trans- versaler Richtung aufsteigt und in ganz geringer Entfernung von der Mittellinie des Rückens nach außen mündet. Von solch einem Ver- halten bis zu einer factischen medianen Vereinigung der beider- seitigen Xephridialschläuche ist es nicht weit, und zu einer Ver- wirklichung derselben bedarf es gar nicht einmal so bedeutender Verschiebungen der seitlichen Integumentpartien , wie sie vorn bei den Serpulaceen und Hermellen stattgefunden haben. Nun besitzen zwar die heutigen Polydoren und die ihnen nahe stehenden Spioniden in den vordersten Segmenten keine Nephridien, doch wird es wohl eben so wenig zweifelhaft sein, dass bei ihnen die Serie dieser Or- gane einst weiter nach vorn gereicht haben möchte, wie dass bei unseren Würmern solche außer im 2. Somite früher auch zu je einem Paare in den übrigen Thoracalsegmenten vorkamen, wovon die zwei Paar vergänglichen Nierenschlauchanlagen im 3. und 4. Segmente der Psijgmohranclius-h2i\^^Q Zeugnis ablegen können. Bei den Hermellen sowie bei vielen Serpulaceen erstrecken sich die beiden excretorischen Schleifen der Thoracalnieren durch eine größere Anzahl von Segmenten. Diesbezüglich meint Brunotte (1888 pag. 63), dass hier vielleicht ähnlich wie bei Lanice und Loimia (nicht Polymnial) jene Längsgänge, welche bei Anneliden- larven die Segmentalorgane auf beiden Seiten verbinden sollen, zum Theil erhalten wären , und sich mehrere , auf einander folgende Nephridienpaare zu einem vereinigt hätten. Darauf muss ich er- wiedern , dass es einerseits noch gar nicht sicher ist , ob die bei 634 Eduard Meyer den genannten Terebelloiden auftretenden Nepliridialgänge von einem ursprimg'lichen Verhalten abzuleiten oder als secundäre Bildungen zu betrachten seien, und andererseits, dass die Existenz der longi- tudinalen Canale der Polygordnis-La.Yye, denn bei anderen Anneliden - larven sind solche nie erwähnt worden, überhaupt äußerst fraglich ist; in den langen Schleifen der Thoracalnieren aber vermag ich nur ein einziges Paar von Nephridialschläuchen zu erkennen, welche sich in ähnlicher Weise retroperitoneal nach hinten ausgedehnt haben müssen, wie ich dieses in Bezug auf das vordere Nierenpaar der Cirratuliden ausführlich aus einander gesetzt habe (7. Bd. pag. 703 —704). Einen auffallenden Gegensatz zum Excretionssystem des Vorder- körpers bilden die auf das Abdomen beschränkten Genital schlau che. Während die excretorischen Abschnitte des thoracalen Nephri- dienpaares eine mächtige Ausbildung erlangt haben, sind die ent- sprechenden Theile der hinteren Organe entweder wenig entwickelt (Hermellen) oder ganz zurückgebildet (Serpulaceen) , doch haben wir ähnliche Verhältnisse schon bei den Cirratuliden (IL Studie) kennen gelernt, und werden dieselben eben so auch im vorliegenden Falle auf die verschiedenen Anforderungen zurückzuführen sein, welchen die Nephridien in der vorderen und hinteren Leibesregion Gentige zu leisten haben. Weit merkwürdiger ist der Umstand, dass die Genitalschläuche der Serpulaceen auf der Bauchseite nach außen münden, die ur- sprünglichen Poren der Thoracalnieren aber im Gegentheil auf dem Rücken sich befunden haben müssen; in dieser Beziehung bilden nun die Hermellen eine Vermittelung zwischen jenen Extremen, in- dem bei ihnen die hinteren Nephridialporen an beiden Seiten un- gefähr in der mittleren Körperhöhe gelegen sind. Auch lässt sich, wenn wir alle Angaben über die Lage der Ausmündungsöfifnungen bei den verschiedenen Vertretern der Chaetopteriden , Polydoren, Spioniden und Cirratuliden zusammentragen, zwischen der niedrig- sten Stellung derselben bei den letzteren, sowie bei den Serpulaceen, und der höchsten, wie sie bei Polydora Agassizii bekannt ist, eine ununterbrochene Reihe aufstellen ; am wahrscheinlichsten ist es, dass bei unseren Würmern die Poren der nicht .mehr zur Entwicklung gelangenden, ausgefallenen Organe des Vorderkörpers früher jeder- seits eine von hinten nach vorn aufsteigende Linie gebildet haben. Studien über den Körperbau der Anneliden. 635 Mit (leD Nepliridien aller eben aufgezählten Auueliden haben die hinteren Paare der Seri)ulaceen und Hcrmellen ferner die ge- meinsamen Eigenschaften, dass ihre äußeren Mimdungen auch wie dort vor den Parapodien in den bezüglichen Somiten liegen, und dass sie durch ihre Trichter stets mit den nächstvorangehenden Seg- menthühlen communiciren. 18. Terwandtschaftsbeziehungen. Die Verwandtschaft der Serpulaceen und Herraellen mit anderen Anneliden. Abgesehen von relativ wenigen Ausnahmen, können wir mit der größten Wahrscheinlichkeit ganz allgemein den Satz aufstellen, dass die festsitzenden Formen im ganzen Thierreich von frei- lebenden Vorfahren abstammen müssen. Im Speciellen finden wir unter den Riugelwürmern dafür die schlagendsten Beweise. So sehen wir, dass die typischen, tubicolen Anneliden während ihrer ontogenetischen Entwicklung eine ganze Reihe von Charakteren besitzen, welche bei den freilebenden Stammesgenossen allgemein verbreitet sind, bei jenen aber sich später verändern, verwischen oder verschwinden. Im erwachsenen Zustande haben sie eine Menge eigenthümlicher Einrichtungen, die sich ungezwungen auf bestimmte anatomische Verhältnisse bei den Erranti en zurückführen lassen, welche nicht bei der sedentären Lebensweise erworben sein können, durch Vererbung übernommen dagegen, im Falle der Nützlichkeit, sich erhalten und durch Anpassung an die neuen Existenzbedingungen und Aufgaben umgestalten konnten. Viele Beispiele ließen sich hierfür schon aus dem vorliegenden Aufsatze anführen und gewiss noch viel mehr aus der gesammten Wurmlitteratur zusammentragen. Es möchte vielleicht einigen Anstoß erregen, dass ich die tubi- colen Eingelwürmer ohne Weiteres in eine Kategorie mit den fest- sitzenden Thieren bringe. Allerdings ist der Unterschied zwischen denjenigen Fällen, wo sich ein Geschöpf mit einem Theile seines Leibes direct am Substrat anheftet, und wo nur das zum Aufent- halt dienende Gehäuse befestigt ist, in welchem der Einwohner selbst aber frei auf und absteigen kann, kein geringer, doch lässt sich die Ähnlichkeit zwischen diesem und jenem Verhalten nicht von der Hand weisen, da es sich hier wie dort um ein Aufgeben oder doch mindestens um eine starke Beschränkung der willkürlichen Ortsver- änderung handelt. Bei den Anneliden haben wir nun eine ganze 636 Eduard Meyer Stufenleiter vom freien Umherschweifen bis zu dem Zustande des völligen Gebundenseins an den einmal erwählten oder durch Zufall angewiesenen Standort, ja sogar an die selbstverfertigte Behausung. Noch nie ist es z. B. gelungen eine aus ihrer Röhre gewaltsam ver- triebene Serpula zur Herstellung einer neuen Wohnung zu bewegen, und man kann aus der Unbehilflichkeit; welche diese Würmer unter solchen Umständen an den Tag legen, sowie aus der ganzen Orga- nisation, wohl den sicheren Schluss ziehen, dass sie hierzu über- haupt die Fähigkeit eingebüßt haben, wenn sie erwachsen sind. Ist nicht annähernd dasselbe beispielsweise bei einem Vermetus der Fall? Eben so wie bei dieser Schnecke ist die mit ihrem unteren Ende am Felsen angekittete Kalkröhre bei jenem Annelid ein Aus- scheidungsproduct des eigenen Körpers, eine Schutzhülle, welche beide nicht verlassen, das erstere Thier, weil es die Möglichkeit dazu ganz verloren hat, das letztere im Bewusstsein seiner Hilf- losigkeit und des ihm dann sicher bevorstehenden Unterganges. Da nun die Serpulaceen und Hermellen von den gemeinen Anneliden den höchsten Grad von Sesshaftigkeit erreicht haben, welcher sowohl in ihren Gewohnheiten als in ihrer Gesammtorgani- sation deutlich genug zum Ausdruck kommt, so werden wir ihre nächsten Verwandten auch unter den echten Röhrenwür- mern zu suchen haben, jedoch unter solchen, welche die Befähigung zu einer freieren Ortsveränderung nicht in dem Maße eingebüßt haben, und deren Körperform daher auch nicht so durchgreifende Veränderungen erlitten hat, wie es in jenen beiden Familien der Fall ist. Da mag es den Anschein haben, als müssten in dieser Hinsicht vor Allem die Terebelloiden in erster Linie in Betracht kommen. Es ist nicht zu leugnen, dass dieser Gruppe verschiedene, sehr auf- fallende Merkmale eigen sind, die auch bei unseren Würmern vor- kommen — nur beiläufig will ich an die Vielzahl der um den endständigen Mund gruppirten Tentakel, an die Bauchschilde und tubiparen Bauchdrüsen, an die Umgestaltung von Girren zu kragen- artigen Lappen und das Auftreten der Borsten in Hakenform er- innern — doch sind das Übereinstimmungen, welche die ungefähr gleichen Verhältnisse, unter denen auch die Terebelloiden leben, mit sich briügen; im Allgemeinen aber haben sie meiner Ansicht nach in ihrer phylogenetischen Entwicklung eine ganz andere Rich- tung als die Serpulaceen und Hermellen eingeschlagen, was ich bei einer anderen Gelegenheit klar zu stellen mir vorbehalte. Um dieses Studien über den Körperbau der Anneliden. 637 wenigstens anzudeuten, wird es genügen, wenn ich liier bloß auf das für jene Wurnigruppe so charakteristische Verschwinden der Dissepimente im vorderen und hinteren Thoracalraume und die Com- munication des letzteren mit den Segmenthöhlen der Abdominal- regiou hinweise. Außer den Terebelloiden wurden bei den Betrachtungen über die verschiedenen Organsysteme von anderen Tubicolen häufig die Chaetopteriden, Spioniden und Polydoren, sowie gelegentlich auch die in den Schlamm sich einwühlenden Cirratuliden zu einem Vergleiche herangezogen; bei allen diesen ist nun die Leibeshöhle, eben so wie bei den Serpulaceen und Hermellen, den ganzen Körper entlang durch Dissepimente in segmentale Kammern und die letzteren durch die oberen und unteren Darmmesenterien je in zwei Hälften getheilt. Was die Chaetopteriden betrifft, welche besonders mit den Serpu- laceen in mancher Hinsicht eine gewisse Ähnlichkeit zu erkennen geben, so repräsentiren sie selbst eine so originelle, aberrante For- mengruppe , dass sie nicht als Ausgangspunkt bei der Feststellung von Verwandtschaftsheziehungen dienen können; ähnlich erscheinen hierzu auch die Cirratuliden in Folge verschiedener Eigenthümlich- keiten im Allgemeinen nur wenig geeignet, und so bleiben uns dann allein die Spioniden und die ihnen nah verwandten Polydoren übrig, von denen die ersteren auch wiederum in ihrer Körperform dem all- gemeinen Annelidentypus näher kommen als die letzteren. Als echte Röhrenwürmer, die sich meist in frei von ihrem Sub- strate emporragenden Wohnröhren aufhalten, haben die Spioniden und Polydoren einen endständigen Mund, über welchem sich der mit Augen ausgestattete, nach hinten nicht scharf begrenzte Kopflappen befindet ; zu beiden Seiten entspringen hier die greifcirrenartigen, neuralen Kopftentakel, welche zugleich als Taster, Fang- und Re- spirationsorgane functioniren, und manchmal, wenn auch selten, kom- men bei ihnen kleine hämale Fühler vor. Wie sich auf solche Ver- hältnisse die charakteristischen Beziehungen des Prosoma und seiner Anhangsorgane bei den Serpulaceen und Hermellen zurückführen lassen, habe ich an verschiedenen Stellen der vorhergehenden Capitel ausführlicher dargestellt. Am Rumpfe, der zwar äußerlich nicht deutlich in eine thoracale und abdominale Region eingetheilt ist, in dem jedoch innerlich durch das Fehlen der Genitaldrüsen in den vorderen Segmenten und ihre Beschränkung auf den mittleren und hinteren Leibesabschnitt schon die Grundlage zu einer solchen Eintheilung gegeben erscheint, kann 638 Eduard Meyer die Verclickimg- der reiclilicli mit drüsigen Elementen versehenen Bauchhaut bis zu einem gewissen Grade eine phylogenetische Vor- stufe der Bauch Schilde und tubiparen Bauchdrüsen repräsentiren. Ob die besagten Hautdrüsen auch hier schon den Rührenkitt liefern, ist nicht bekannt, doch vermuthe ich, dass sie zum Theil wenigstens diese Aufgabe haben, weil gerade am vordersten Körpertheile, wel- chem die Verlängerung der Röhre obliegt , die verdickte , drüsige Partie des ventralen Integumentes am breitesten und am stärksten entfaltet ist; andererseits aber werden sich aller Wahrscheinlichkeit nach auch die parapodialen Spinndrüsen am Geschäfte des Röhren- baues betheiligen (Eisig 1887 pag. 334). So möchten die Spioniden und Polydoren bezüglich der Art und Weise, wie sie ihre Wohn- röhren herstellen, und welche Drüsen bei ihnen das hierzu erforder- liche Secret bereiten, einen Übergang von den Raubanueliden , die das Kittmaterial zu ihren ephemeren Hüllen und Gespinnsten viel- fach in besonderen Parapoddrüsen bereiten (wovon Eisig eine ganze Reihe sehr interessanter Beispiele anführt), zu den ganz sedentären Formen bilden, bei denen diese Drüsen fehlen und die Bauchdrüsen vollkommen für dieselben eingetreten sind. Im Einklänge mit der von hinten nach vorn zu immer breiter werdenden, differenzirten Bauchhaut steht bei vielen Spioniden die in gleicher Richtung zunehmende Entfernung der Parapodien von der ventralen Mittellinie und ihre Verschiebung gegen den Rücken. Sowohl die neuralen als die hämalen Chaetopodien, die hier auch noch in ununterbrochener Serie bis zum 1. Somite (incl.) vorkommen, enthalten außer den einfachen, feineren Borsten oft noch bedeutend kräftigere, welche sich einerseits zu Häkchen, andererseits zu Paleen nach und nach umbilden konnten. Sie besitzen gut entwickelte Bauch- und Rückeneirren, die bald in griffeiförmiger, bald in trans- versal-lappenförmiger Gestalt, und dabei auch unter einander zu rae- tameren , kragenartigen Bildungen verwachsen , auftreten , und von denen die hämalen Paare in der Regel typische Rückenkiemen vor- stellen ; von den Rumpfcirreu der Spioniden lassen sich daher eben so gut die entsprechenden Organe der Hermellen, als die bezüglichen Kragentheile der Serpulaceen und die Thoracalmembran der Serpu- liden i. e. S. herleiten. Von den inneren Organen waren es, abgesehen vom überein- stimmenden Verhalten der Dissepimente , der Darmmesenterien und somit der ganzen Leibeshöhle, in erster Linie die hinten zugleich als Genitalschläuche, vorn aber ausschließlich als Excretionsorgaue Studien über den Kürperbau der Anneliden. 639 thätigen Nephridien der Spioniden und Polydoreu, die wir mehrfach als sehr brauchbare Beispiele bei der Erklärung des Nephridialsy- stems unserer Würmer citirten. Bei dieser Gelegenheit mussten wir schon zu der Annahme unsere Zuflucht nehmen, dass die genannten Organe sich bei jenen früher in ununterbrochener Folge bis ins 2. Segment fortgesetzt haben müssen, nun jedoch kommt noch ein anderes Postulat dazu, und das wäre das Vorkommen von Wimper- organen am Kopfe, ohne welche die typische Thoraealnierenform der Serpulaceen und Hermellen nicht zur Ausbildung gelangen konnte. In der Litteratur aber finden wir keine Angaben, dass die heutigen Spioniden und Polydoreu solche Sinnesorgane besitzen ; sollten sie wirklich dieselben ganz verloren haben, oder sind bei ihnen die Wimperorgane bloß noch nicht entdeckt worden? Darüber werden uns zukünftige Untersuchungen noch zu belehren haben. Leider ist der Bau des Gehirns der Spioniden und Polydoreu noch fast gar nicht bekannt, so dass wir auch hieraus nicht einmal irgend welche Anhaltspunkte gewinnen können, um uns eine Idee über das Schicksal der Wimperorgane bei ihnen bilden zu können. Aus der kurzen Darstellung, welche Jacobi (1883 pag. 23) vom Polydorenhirn giebt, scheint mir hervorzugehen, dass die hinteren Hirnganglien nur sehr schwach entwickelt sein dürften, wie über- haupt das ganze Gehirn eine stark vereinfachte Form verräth. In dieser Beziehung nehmen die Serpulaceen und Hermellen unstreitig eine viel höhere Stufe ein, denn, wie wir sehen, zeichnet sich bei ihnen das Gehirn durch eine außerordentliche Complication aus, die sie nicht selbst erworben, sondern bloß von ihren freilebenden, wahr- scheinlich raublustigen Ahnen als Erbgut übernommen haben können und sich, wenn auch in mancher Hinsicht verändert, zu bewahren gewusst haben. Was nun das Bauchmark betrifft, so finden wir auch bei den Spioniden und Polydoreu die beiden Hälften desselben, die allerdings nicht in der Leibeshöhle, sondern in der Haut gelegen sind, ziem- lich weit aus einander gerückt und durch Quercommissuren verbunden, in der Regel aber ist nur ein medianer Neurochord vorhanden ; doch kommen auch in dieser Gruppe Fälle vor, wo sich die unpaare »Röhrenfaser« vorn gabelt (bei Magelona, M'Intosh, 1878), oder wo ihrer wirklich zwei sind [Spio^ Prionospio ^ Scolepis^ M'Intosh, 1876, Langerhans, 1880). Über die Anordnung und Zahl der Bauchmarksganglien und Spinalnerven wissen wir zu wenig, um den Vergleich in dieser Hinsicht durchführen zu können. Zwei Paar 640 Eduard Meyer Ganglieu und eben so viele größere Nerven in jedem Segment, wie es für die Öerpiüaceeu und Hermellen cliarakteristisch ist, haben auch verschiedene andere Anneliden; ob dieses Verhalten gegenüber der Einzahl oder umgekehrt das letztere das ursprüngliche ist, lässt sich zur Zeit nicht entscheiden. Hier drängt sich mir jedoch unwillkürlich folgender Gedanke auf. Bei Sahellaria fand ich, dass die hinteren Chaetopodnerven eines jeden Somites sich zu den Borstenmuskeln begeben, während die vorderen an das innere Ende der Borstendrüsen selbst heran- treten ; es ist nun nicht unwahrscheinlich , dass diese Organe durch Vermittelung der frei nach außen vorragenden Borsten nebenbei auch als Tastorgane functioniren , und daher liegt die Vermuthung nahe, dass die vorderen Nerven mehr sensible, die hinteren dagegen mehr motorische Fasern enthalten möchten. In einer derartigen Differen- zirimg, die freilich durch genauere Untersuchungen noch sieherzu- stellen wäre, würde sich aber ein sehr hoher Grad der Vervollkomm- nung aussprechen, den die Thiere wohl kaum bei ihrem trägen Leben in Wohnröhren erlangt haben können, und so würde auch die Zwei- zahl der Hauptnerven- und Ganglienpaare des Bauchmarks als ein Erbstück von einem früheren, thätigeren Zustande aufzufassen sein. Für die mehr sensible Natur der vorderen Spinalnerven spricht außer Anderem ferner der Umstand, dass gerade von solch einem Paare die Otocysten innervirt werden, wie wir es bei Myxicola sahen und wie es vermuthlich auch bei den übrigen mit Gehörbläschen aus- gestatteten Formen der Fall sein wird. Diese Organe selbst reprä- sentiren eine uralte Bildung, welche die Ringelwürmer überhaupt wahrscheinlich schon von ihren Vorfahren geerbt haben, und die sich nur noch bei wenigen von ihnen erhalten hat^. 1 Eine ähnliche Ansicht vertritt Hatsciiek (1885 pag. 121). Außer bei den Serpulacesn sied Gehörbläschen bei erwachsenen Anneliden noch bei Are- nicola [Co^^iONiQi 1879/80 pag. 255) beschrieben; auch bei einigen Terebelloiden [Lanice , Loimia) habe ich ein Paar solcher Organe gefunden (7. Bd. Taf. 23 Fig. 3 Ot). Ob nun die von Bobretzky, Marion & Bobretzky und Langer- hans (1880 pag. 89: bei gewissen Aricien entdeckten Gehörkapseln, welche in mehreren Segmenten paarweise »seitlich unmittelbar unter der Eückenhaut sitzen« und die dahinter folgenden , ihnen entsprechenden «offenen Wimper- grübchen« den zuerst erwähnten Bildungen homolog sind oder nicht, scheint mir noch imerwiesen. Für Polyophthahnus hatte ich drei innerhalb des Gehirns gelegene Otocysten angegeben (1882 pag. 801), doch fand ich sie nachher, als ich mir diesen Wurm lebend betrachtete, nicht wieder, und neu angefertigte Schnitte zeigten mir , dass es hier nichts Anderes als große , mit einer beson- deren Hülle umgebene Nervenzellen seien. Einen ganz ähnlichen Fehler beging Studien über den Körperbau der Anneliden. 641 Die Hing-- und Längsmusculatur der Spiouiden und Polydoren ist gut entwickelt, weniger dagegen die transversalen Muskeln, und schon bei ihnen erscheint ein Theil derselben . wie bei den Serpu- laceen und Hermellen, in dorsoveutraler Anordnung. Der Vorderdarm stellt eben so wie bei den letzteren ein gerades Kohr vor, w^elches jeglicher Anhangsorgane entbehrt, und nur bei einigen ist noch eine gewisse Protractilität desselben erhalten (Poly- doren, Magelona). Den übrigen Darmabschnitten unserer Würmer habe ich nur wenig Aufmerksamkeit gewidmet; merkwürdig ist jedenfalls das Auftreten eines so außerordentlich kräftigen Muskel- magens bei den Hermellen. Nachdem das Vorhandensein eines typischen Vas dorsale auch für die Serpulaceen constatirt ist, dürfte es keine besonderen Schwie- rigkeiten bieten, sowohl das Gefaßsystem dieser als der Hermellen von demjenigen der Spioniden herzuleiten, obwohl bei ihnen kein Sinus, sondern statt dessen ein Capillarnetz den Mitteldarm umgiebt; in welchen Beziehungen aber diese beiden Formen des Darmgefäß- systems zu einander stehen, darauf werde ich ein anderes Mal zu sprechen kommen. In Bezug auf die Peritonealdrüsen ist der Vergleich mit den Spioniden und Polydoren nicht durchführbar, da wir von diesen Or- ganen bei ihnen bloß die Geschlechtsdrüsen kennen, welche übrigens hier eine andere Lage, nämlich in der Nähe der Fußstummeln, haben sollen. Nach diesen vergleichenden Betrachtungen möchte es wohl nicht zu verkennen sein , dass zwischen den Spioniden und Polydoren einer- und den Serpulaceen und Hermelleu andererseits relativ nahe verwandtschaftliche Beziehungen bestehen müssen; denn in vieler Hinsicht ist die Organisation der beiden Annelidengruppen entweder übereinstimmend, oder wir finden bei den ersteren Würmern der- artige anatomische Verhältnisse , dass sich aus ihnen die bei den letzteren vorkommenden unter dem Einflüsse der gesteigerten tubi- colen Lebensweise herausbilden konnten. Allein wir stießen bei unseren Würmern noch auf andere Eigenthümlichkeiten, für die wir Haswell (1886 pag. 22), indem er bei Halla australis in den 8—10 »oval ve- sicles", welche vom 3. — 8. Segment im Bauchmark eingebettet sind , »a rudi- mentary form of otocyst« vermuthete; aus seiner Abbildung (Taf. 55 Fig. 4) aber geht deutlich hervor , dass ea ebenfalls große Nervenzellen sind , wie Spengel (1882 pag. 37) solche bei anderen Arten derselben Gattung beschrie- ben hat. Mittheilungeii a. d. Zoolog. Station zu Neapel. Bd. 8. 42 642 Eduard Meyer bei jenen keine entsprechenden Einrichtungen vorfanden, und die wir von Bildungen herzuleiten gezwungen waren, wie sie den mehr typischen, umherschweifenden Anneliden eigen sind. Da sich nun die Polydoren im Allgemeinen nur wenig von den wirklichen Spio- niden unterscheiden und gewissermaßen einen recenteren Seitenzweig dieser Familie repräsentiren, so ließe sich die oben angedeutete Ver- wandtschaft in dem folgenden Satze zusammenfassen: Während ihrer phylogenetischen Entwicklung haben die Vorfahren der Serpulaceen und Hermellen ein Stadium durchge- macht, auf welchem sie den Spioniden in ihrer Organi- sation sehr ähnlich waren, aber von ihrer mit diesen gemeinsamen, freilebenden Stammform noch gewisse Charaktere beibehalten hatten, welche die heutigen Spioniden nicht mehr besitzen. »Die Ähnlichkeit der Sahellaria-Larve mit jener von Spiova sagt V. Dräsche (1885 pag. 6), »ist eine so große, dass eine Verwech- selung ungemein leicht erscheint; es ist dies um so auffallender, als ja die Hermelliden und Spioniden im Systeme weit aus einander stehen.« Nach dem Vorhergehenden dürften wohl dieser Nachsatz, sowie die Behauptung desselben Autors, dass den Hermelliden die Amphicteniden zunächst ständen, ihre Bedeutung verloren haben, und wir hätten vielmehr in der hochgradigen Übereinstimmung der Larvenformen ein weiteres Argument für die Verwandtschaft der beiden Familien. Wenn nun aber die Larven der Serpulaceen von denjenigen der Hermellen und Spioniden in ihrem Habitus abweichen, was hauptsächlich auf dem Fehlen der provisorischen Borsten be- ruht, so liegt die Ursache dafür einerseits in der definitiven Aus- stattung des 1 . Somites und andererseits in der verschiedenen Lebens- weise der Larven selbst. Da die Hermellen und vielfach auch die Spioniden im ausgebildeten Zustande gut entwickelte neurale und hämale Chaetopodien am 1 . Segmente besitzen , so werden diese Organe, besonders weil sie sich ganz vorn am Bumpfe befinden, in der Ontogenie sich schon früh anlegen, entfalten und den frei um- herschwimmenden Larven zum Schutze dienen können; bei den er- wachsenen Serpulaceen dagegen sind diese Bildungen entweder rudi- mentär oder gar nicht vorhanden, und ihre Larven, die sich zuerst ziemlich lange in der sie umgebenden Schleimmasse aufhalten, dann aber nur ganz kurze Zeit ein pelagisches Leben führen, kommen auch ohne Schutzborsten aus. Studien über den Kürperbau der Anneliden. 643 Die gegenseitige Verwandtschaft der Serpulaceeu und Hermellen. Wenn wir die Organisation der beiden uns beschäftigenden Wurm- familien vergleichend betrachten, so werden wir neben der großen Übereinstimmung, die sich in Bezug auf den Grundplan ihres Kör- perbaues im Allgemeinen ganz unzweifelhaft zu erkennen giebt, eine nicht unbeträchtliche Summe von Charakteren aufstellen können, durch welche sie von einander abweichen; unter diesen haben wir nun die ursprünglicheren, durch Vererbung übernommenen Merkmale von denjenigen zu unterscheiden, w^elche ein recenteres, durch An- passung an die verschiedene Lebensweise erworbenes Gepräge zur Schau tragen. Von den zur ersteren Kategorie gehörenden Unterscheidungs- merkmalen haben die Hermellen entschieden eine viel bedeutendere Anzahl aufzuweisen als die Serpulaceen. In dieser Beziehung wäre hervorzuheben, dass bei ihnen der Rumpf ventral weit weniger auf das Prostomium vorgeschoben ist, der Mund keine Lippeuzapfen be- sitzt und die hämalen Kopftentakel recht ansehnliche Organe sind: am Rumpfe ferner das Vorkommen vollkommen entwickelter, neuraler und hämaler Chaetopodien im 1 . Segment, einer größeren Zahl aus- schließlich mit Pfriemenborsten versehener, oberer und unterer Fuß- stammeln, mehr typischer Baucheirren und Rückenkiemen sowohl am Thorax als am Abdomen , das relativ lange Vas dorsale , welches einen vollkommen ausgebildeten Herzkörper enthält, die durch den Besitz eines excretorischen Abschnittes ausgezeichneten, hinteren Nephridien etc. Alle diese Eigenschaften weisen darauf hin, dass die Hermellen die ältere, von der gemeinsamen, spio- nidenähnlichen Vorfahrenform in mehr directer Weise abstammende Linie bilden und daher auch mit den heu- tigen Spioniden viel näher verwandt sind als die Ser- pulaceen. Die eben aufgezählten ursprünglicheren Charaktere rauss nun die Stammform zum größten Theile noch zu der Zeit besessen haben, als sich die Serpulaceenlinie von ihr abzweigte, da viele von ihnen die Grundlage für gewisse, bei den jetzigen Serpulaceen bestehende, anatomische Verhältnisse bilden, andere in deren Ontogenie unver- kennbare Spuren zurückgelassen haben, und die übrigen auf Grund allgemeiner Reflexionen vorausgesetzt werden dürfen. Außer diesen und denjenigen Merkmalen, in welchen unsere Würmer mit den 42* 644 Eduard Meyer Spioniden übereinstimmen, hatte der Serpulaceen- Hermeilen- stamm, wie wir sahen, noch von weiter zurückliegenden, freileben- den Vorfahren verschiedene Charaktere, wie z. B. die Wimperorgane, die Complicirtheit des Nervensystems, die bis ganz nach vorn un- unterbrochen fortgesetzte Serie der Nephridien, bewahrt; im Besitze einer solchen Organisation muss er dann zunächst, sich immer mehr der sedentär-tubicolen Lebensweise hingebend, die dadurch hervorgerufenen Eigenthümlichkeiten er- worben haben, welche sowohl den Serpulaceen als den Hermellen eigen sind. Da wäre nun, um sich auf die Haupt- sachen zu beschränken, die Ausbildung der tubiparen Bauchdrüsen und Bauchschilde zu nennen, die hieraus resultirende stärkere Ver- schiebung der Seitenlinien gegen den Rücken am Vorderkörper, die Anlage des Collare, das Einziehen des Kopfes in den Rumpf, die Verwachsung der Mundwülste mit den neuralen Tentakeln, welche secundäre und tertiäre Aste erhielten, und denen sich die hämalen Chaetopodien des 1. Segments oben als Stützorgane anlehnten, die Vereinigung der beiderseitigen Wimperorgane unter einander und mit dem vordersten Thoracalnierenpaare, die Umgestaltung der oberen Fußstummeln des Hinterleibes zu Hakenflösschen, wodurch der Gegen- satz zwischen Abdomen und Thorax ein größerer wurde; auch das Erscheinen eines Darmsinus an Stelle des aus Hauptstämmen und Capillaren bestehenden, proximalen Gefäßsystems im Bereiche des Mitteldarmes werden wir eventuell hierher zu zählen haben, obgleich dieses Verhalten, das ja bei den Anneliden im Allgemeinen nicht selten ist, wie vielleicht noch manche anderen congruirenden Bildungen, in beiden Familien eben so gut auch selbständig zu Stande gekommen sein könnte. Erst später also, so werden wir annehmen dürfen, nachdem die gemeinsamen Vorfahren der Serpulaceen und Hermellen ungefähr einen durch die bisher erwähnten Eigenschaften charak- terisirten Körperbau erlangt hatten, haben sich die beiden Li- nien, zum Theil in verschiedene Lebensverhältnisse gerathend, zum Theil verschiedene Gewohnheiten an- nehmend, von einander getrennt und in divergirender Richtung weiter entwickelt. Von derartigen äußeren Verhältnissen wird der Aufenthaltsort, den sich die Herrn eilen erwählt hatten, auf die specifische Aus- bildung ihrer Körperform jedenfalls einen großen Einfiuss gehabt haben. Diese Thiere leben bekanntlich an zerklüfteten, fel- sigen Küsten ziemlich nah unter dem Wasserspiegel, Studien über den Körperbau der Anneliden. 645 WO sie bei eintretender Ebbe oder bei hoher See zeitweise außer "Wasser gerathen; sie suchen sich daher die sandigeren Plätz- chen aus, graben sich Gänge im lockeren Boden, in welche sie sich im Nothfall zurückziehen . und ihre Sandröhren , die zwar aufge- richtet sind, gewöhnlich sich aber an diejenigen der Nachbarn so dicht anschließen , dass sie zusammen wabenartige Klumpen dar- stellen, überragen die umgebende Fläche nur wenig, sie würden ja sonst von den Wellen leicht zertrümmert. Die Kürze der empor- gerichteten Röhrenenden ermöglicht aber zugleich den Gebrauch der Fühler als Werkzeuge zum Herbeischaffen des Baumaterials, und daher behielten diese Organe ihre Beweglichkeit bei; die Köhren selbst zeichnen sich durch eine ziemliche Weite aus , woher viele ursprüngliche, besonders äußere Charaktere sich nicht erheblich zu verändern brauchten. In den nach vorn vorgeschobenen hämalen Chaetopodien des 1 . Rumpfsegmentes hatten die Hermellen eine vor- zügliche Schutzvorrichtung erkannt, unter welche sie ihre zahlreichen Kopfauhäuge in Sicherheit bringen, und durch die sie auch den Eingang zu ihrer Behausung verbarrikadiren konnten ; in Folge dieser Verwer- thung verwandelten sich die bezeichneten Organe nach und nach zu jener fast unüberwindlichen Schutzwaffe, welche die Würmer in ihrem Paleenapparate besitzen, und dessen Ausbildung, wie wir sahen, eine ganze Reihe anderweitiger Veränderungen am vorderen Körperende verursacht hat. Schließlich sei noch ihrer wahrschein- lich schon sehr früh angenommenen Gewohnheit, das Schwanzende ventral nach vorn umgebogen zu tragen, gedacht, welche nicht nur die Vereinfachung dieses Körpertheils selbst, sondern noch außer- dem eine Menge Umgestaltungen am Abdomen zur Folge gehabt haben muss. Dies mögen die Hauptmomente in der relativ neueren Geschichte der Hermellen gewesen sein, denen sie ihre eigenthüm- liche Gestalt verdanken. Die viel bedeutendere Vervollkommnung der Röhrenbauorgane, welche sich bei den typischen Serpulaceen in der größeren Aus- dehnung der tubiparen Drüsenflächen, also vor Allem der Bauch- schilde und der hochgradigen Entwicklung des Halskragens, sowie der Thoracalmembrau bei den Serpuliden i. e. S. manifestirt, und die Starrheit der Kopfkiemen scheinen mir darauf hinzuweisen, dass die Stammeltern dieser Familie von vorn herein mehr darauf aus- gingen sich Wolmröhren zu verfertigen, die von ihrer Befestigungs- stelle mit einem ansehnlichen Theile frei emporragten , was schon an und für sich den Aufenthalt in ruhigerem Wasser und somit auch ß46 Eduard Meyer in einer verhältnismäßig größeren Tiefe voraussetzen lässt. Jene Eigenthümliclikeiten rufen ferner den Gedanken hervor, dass sich diese Würmer ursprünglich auf steinigem oder felsigem Grunde angesiedelt haben möchten, wo sich ihnen zu wenig Sand oder anderwärtige kleinere, zum Röhrenbau brauchbare Gegen- stände darboten , wesshalb die große Beweglichkeit der neuralen Kopftentakel, die ihnen hauptsächlich in ihrer Function als Greif- organ unerlässlich war, überflüssig wurde, und so konnten sich diese Organe zu einem aus festeren Radien bestehenden Trichter anord- nen, welcher für die Aufnahme der im Wasser flottireuden, zur Nahrung dienenden Zersetzuugsproducte oder auch kleinerer Orga- nismen selbst einen entschiedenen Vortheil gewährte; in Folge des- selben Umstandes waren die Thiere zugleich gezwungen, in Bezug auf das Röhrenbaumaterial sich von ihrer Umgebung so viel wie nur möglich unabhängig zu machen , und das wird zu der mächtigen Ausbildung der tubiparen Drüsencomplexe und zur Herstellung von Kalkröhren geführt haben. Innerhalb der großen Serpulaceenfamilie, deren sämmtliche Ver- treter hinsichtlich ihrer Organisation im Großen und Ganzen einen durchaus einheitlichen Grundtypus zur Schau tragen , stehen trotz- dem der Serpuliden- und der Sabellenstamm ziemlich scharf abge- grenzt einander gegenüber. Bei der hochgradigen Übereinstimmung dieser beiden Hauptgruppen wird nun die verhältnismäßig geringe Zahl der Unterscheidungsmerkmale für die Bestimmung ihrer gegen- seitigen Verwandtschaft eine um so größere Bedeutung gewinnen. Die Serpuliden i. e. S. zeichnen sich hauptsächlich durch ihre Kalkröhren und den Besitz der Thoracalmembran aus. Wie wir sahen, ist diese letztere Bildung aus der Vereinigung der blatt- förmig umgestalteten , thoracalen Baucheirren und Rückenkiemen hervorgegangen, und somit würden die Serpuliden an ihrem Vorder- körper eine Serie von Organen besitzen, durch deren Erhaltung sie der Vorfahrenform ähnlicher sind , als alle übrigen Familiengenos- sen, welche diese Gebilde ganz verloren haben; doch haben sie auch noch andere Charaktere aufzuweisen, die wir als ursprünglichere er- kannt hatten, z. B. das relativ einfache Verhalten der Ober- und Unterlippe des Mundes, die geringere Differenzirung des stützenden Bindegewebes, sodann der gesonderte Verlauf der äußeren und in- neren Kopfkiemennerven und die getrennten oberen und unteren Wurzeln der Schlundcommissuren. Daher möchte ich die Serpuliden 1. e. S. für die älteste Serpulaceengruppe erklären. Dass diese Studien über den Körperbau der Anneliden. 647 Würmer dabei sich im Laufe der Zeit auch ganz eigene, neuere Einrichtungen erworben haben , wie es unter Anderem der Deckel- apparat ist, wird nichts Befremdendes sein. Wenn ich aber vorhin die Vermuthung aussprach, dass die ältesten Serpulaceen sich auf steinigem, felsigem Boden niedergelassen hätten, so scheint das heu- tige Vorkommen der Serpuliden im Widerspruch damit zu stehen, denn wir treffen sie in den verschiedensten Meeresabschnitten, au Felsen, auf Steinen und Pflanzen, die sich mitten im Sande oder Schlamme befinden und selbst auf anderen Thieren an, welche sie mit sich herumtragen; genauer zusehend werden wir jedoch die Überzeugung gewinnen, dass ihre Röhren immer an festen Körpern angebaut sind und sich niemals direct aus dem Schlamme oder Sande erheben. Ihrer enormen Fruchtbarkeit aber, welche allen sedentären Thieren eigen ist, haben wir die große Verbreitung derselben zuzu- schreiben, in Folge deren sie, natürlich erst später, in die verschie- densten Lebensbedingungen geriethen und, um dann fortbestehen zu können , sich den neuen Verhältnissen anpassen mussteu — daher rührt die große Mannigfaltigkeit der Aufenthaltsorte und der Form der Wohnröhren, die ja bei den Serpuliden lange nicht immer frei auf- gerichtet, sondern sogar sehr häufig liegend, sich dem Substrate voll- ständig anlehnend und selbst schneckenartig zusammengedreht sind. Dass die sabellenartigen Serpulaceen, zu denen außer den Sabelliden die Eriographiden und Amphicoriden gehören, eine jung ex e Linie der Familie bilden, dafür lässt sich, abgesehen von dem gänzlichen Schwinden der Rumpfcirren bis auf die lateralen Kragenlappen die Ausbildung des Kopf- und Kiemenknorpels, die Complication des Mundes durch eine stärkere Entwicklung der Lip- penfortsätze, die Spaltung der Lippen und das Ersclieiuen der Lip- penampullen oder Vorkammern der Mundhöhle, die allerdings nicht überall auftretende Vereinigung der äußeren und inneren Kopfkiemeu- nerven, die Einverleibung der paracerebralen Stränge in das Gehirn, und auch die gelegentliche Hinzuziehung der KopfkiemenstUtzen zum Collare anführen: doch muss sich dieser Zweig vom gemeinsamen Stamme schon früh getrennt haben und zwar zu einer Zeit, als das Aufrücken der vorderen Rumpfpartie noch nicht in dem Maße vor- geschritten war, wie es bei den Serpuliden der Fall ist. Auch sie mögen zwar schon ziemlich solide vom festen Boden frei vor- springende, doch noch keine kalkigen Röhren zu Wege gebracht haben. Um nun die Haltbarkeit ihrer Wohnröhren zu vergrößern, nahmen diese Würmer zu anderen Mitteln ihre Zuflucht. Sie ver- 648 Eduard Meyer wandten dazu eine gewisse Portion der feinen Sand- und Sehlamm- theilchen, welche aus dem umgebenden Wasser durch die Thätig- keit der Flimmerhaare in den Kiementrichter geriethen, indem sie das so erhaltene Material vermittels des Collare an die Außenseite des Tubus auftrugen; es wird dieses wahrscheinlich derjenige Theil der herbeigestrudelten Partikelchen sein, welcher sich in den Lippen- ampullen verfängt, von wo er durch den ventralen, medianen Schlitz in der Unterlippe und im neuralen Kragenlappen in den Bereich des Halskragens gelangen kann. Eben so ist die Möglichkeit nicht aus- geschlossen, dass auch die längs der Koth rinne wieder nach vorn be- förderten Excremente beim Röhrenbau mit verwerthet werden, und schließlich kamen die Würmer noch auf den Kunstgriff, den Durch- messer des Röhrenlumens auf ein Minimum zu beschränken, wodurch der Tubus an Haltbarkeit gewinnen rausste, was dann aber als na- türliche Folge die Rückbildung der Rumpfcirren nach sich zog. Auf dem geschilderten Standpunkte befinden sich heut zu Tage die fest- sitzenden, typischen Sabellenform en wie i.. B. Spiro(/raphis. Man kann sich weiter leicht denken, dass es nicht allen Sa- bellen der Vorzeit gelang, sich in der dargestellten Weise eine ge- nügende Sicherheit in ihren aufrecht stehenden Wohnröhren zu ver- schaffen ; wenn diese nicht fest genug waren, so mögen viele von ihnen auch in ihrer Behausung vielfachen Belästigungen ausgesetzt und daher häufig aus derselben vertrieben worden sein. Schutz su- chend, bohrten sie sich mit ihrem hinten spitz zulaufenden Leib in den lockeren Meeresgrund ein und begannen hier den Röhrenbau wieder von Neuem, nun aber in anderer Art, indem sie einfach die Sand- oder Schlammtheilchen um den Körper herum zusammenkitteten: solcher direct im Meeresboden hausender Sabelliden giebt es noch jetzt eine ungeheuere Menge. Dass bei einer derartigen Lebensweise besondere Röhrenbauwerkzeugie entbehrlich werden konnten, ist klai", daher finden wir bei vielen Schlammbewohnern dieser Gruppe die verschiedenen Theile des Halskragens zu niedrigen, transversalen Wülsten zusammengeschrumpft. Auch diese heruntergekommene Ge- sellschaft blieb von Nachstellungen nicht verschont; im Gegentheil, ihre Mitglieder werden wahrscheinlich noch viel öfter aus ihren Verstecken aufgestöbert und gezwungen worden sein, ihren Schlupf- winkel zu wechseln. Sich Anfangs bloß der Nothwendigkeit fügend, mögen die Würmer bei diesem unsteten Leben die Vortheile erkannt haben, welche ihnen aus der Möglichkeit, ihren Standort nach Be- lieben zu ändern.' erwachsen, und so brachten die Verhältnisse, in Studien über den Kürperbau der Anneliden. 649 die sie unverselieus gerathen waren, sie zur theil weisen Wieder- aufnahme der willkürlichen Ortsveräuderung. Unter dem Einflüsse solcher Schicksale niuss die Gruppe der Eriographideu entstanden sein. Wiewohl im Allgemeinen ein ziemlich träges Dasein führend, haben die Myxicolen in noch viel höherem Maße als irgend eine der echten Sabellen die Fähigkeit erlangt, sich schnell mit einer Schutzhülle zu umgeben; sie jedoch haben es verschmäht, den Sand oder Schlamm zum Röhrenbau zu ver- werthen. indem sie in der von ihrem Körper ausgeschiedenen, dicken gallertartigen Schleimmasse, die sie wohl nach eigenem Gutdünken, gezwungen aber höchst ungern preisgeben, ein ganz vorzügliches Schutzmittel gefunden hatten. Was für Veränderungen am Körperbau diese besondere Lebensart mit sich gebracht habe, ist in den ein- zelnen Abschnitten dieses Aufsatzes besprochen worden: es war vor Allem das Schwinden der Bauchschilde und die Ausbreitung der Schleimdrüsen über die ganze Körperoberfläche, die Rückbildung des Collare, die Ausdehnung der Häkchenreihen zu fast vollständigen, den Leib umfassenden Gürteln am Abdomen, die mächtige Entwick- lung der Längs- und Ringmuskulatur des Rumpfes. Dass die Mj^xi- colen von einer echten Sabellenform abstammen, die einst auch in festen Röhren gelebt hat, dafür bürgt außer Anderem die transver- sal wulstförmige Gestalt der rudimentär gewordenen seitlichen Kragen- theile und der Kopfkiemenstützen, welches Verhalten darauf hin- weist, dass diese Organe früher einen Halskragen gebildet haben müssen, wie ihn z. B. Branchiomma besitzt, und das Abweichen der Kothrinne vom Bauche auf die Rückenseite am vorderen Ende des Abdomen lässt, wie gezeigt, auch hier das ehemalige Vorhandensein wohl entwickelter Bauchschilde am Thorax vermuthen. In der voll- ständigen Separirtbeit der äußeren und inneren Kopfkiemennerveu, welche bei Myxicola noch weit vollkommener ist als bei den Serpu- liden i. e. S., besitzen diese Thiere aber eine ältere, ursprünglichere Einrichtung, die bei den Sabellen bereits fast ganz verwischt ist, und desswegen scheint mir die Annahme nicht unberechtigt, dass sich die Eriographideu schon verhältnismäßig frühzeitig vom Sabellen stamme abgezweigt haben möchten. Zu ihren spä- teren Errungenschaften wird die beträchtliche Retraction des Kopfes in den Rumpf hinein gehören, durch welches Verhalten die Myxi- colen zwar an die Serpuliden i. e. S. erinnern, das sie jedoch wahr- scheinlich ganz selbständig erworben haben (in Folge der starken Zu- sammenziehung des Leibes beim Zurückschnellen in die Schleimhülle), 650 Eduard Meyer die Ausbildung muschelartiger Kammern an der zweitheiligen Ober- lippe des Mundes, der totale Verlust der Unterlippe etc. Den höchsten Grad der Beweglichkeit haben von allen Serpulaceen schließlich die A mph icori den erlangt. Recht gewandt wandern diese kleinen Geschöpfe zwischen den Meeresalgen umher, bald hier, bald dort ihre dünnwandigen glashellen Röhren anlegend, welche vielleicht weniger zum Schutze dienen, als dass sie den In- sassen einen Halt gewähren, wenn diese ihre Kopftentakel aus- breiten und durch deren Wimperspiel sich Nahrung herbeistrudeln wollen. Doch was sehen wir? Um vorwärts zu kommen, kriechen die Würmchen mit ihrem hinteren Ende voran; denn wollten sie es umgekehrt versuchen , so würden ihnen dabei ihre Kopf- anhänge gewiss sehr hinderlich werden. Um nicht blindlings ganz aufs Gerathewohl drauf los schreiten zu müssen, besitzen verschie- dene Amphicoriden am Hintertheil Augen. Wie aber mögen sie dazu gekommen sein? Eine Menge echter Sabellen, darunter auch SpirograpMs (7. Bd. Taf. 23 Fig. 9), haben in allen Körpersegmenten, mit Ausnahme der vordersten, dicht hinter den Chaetopodien, ungefähr zwischen den oberen und unteren Fußstummeln jederseits einen dunklen Pigment- fleck, in dessen Mitte sich meist eine kleine Pigmenturne befindet, welche den Ocellen am Gehirne sehr ähnlich ist; die Serie dieser Gebilde setzt sich ununterbrochen bis ganz nach hinten fort und endet zu beiden Seiten des Telson mit je einer kurzen Reihe meh- rerer dicht auf einander folgender, einfacher Augen. Dasselbe Ver- halten finden wir eben so bei den Eriographiden wieder (7. Bd. Taf. 29 Fig. 14). Wir werden daher die terminalen Augen der Am- phicoriden als ein Überbleibsel von solchen ursprünglich metameren, lateralen Pigmentbildungen aufzufassen haben, welche auf den Sabellenstamm noch von den freileben- den Urahnen übergegangen sein müssen, denn bei den frei- lebenden Anneliden sind dieselben nicht selten [Polyophthalmus. Ge- schlechtsknospen von Syllideen, Phyllodoceen, Alciopiden, Euniciden) , während wir uns schwer vorstellen können, dass sie bei unseren Tubicolen entstanden seien. Der Nutzen, welchen diese Organe den rückwärts kriechenden Amphicoriden bringen, vorausgesetzt, dass sie wirklich für Lichteindrücke empfänglich sind, ist nicht zu verkennen. Auch bei den in durchsichtiger Gallerthülle sich aufhaltenden oder häufig ohne dieselbe umherirrenden Myxicolen, die sich dann eben- falls mit dem hinteren Ende vorwärts bewegen, sowie bei den we- Studien über den Körperbau der Anneliden. 651 DÌger sesshafteu Sabelliden lässt sich die (Nützlichkeit der Seiten- und Endaugeu unschwer errathen , nicht so leicht aber ist dieses in Bezug auf eine Spirographis\ hier werden diese Gebilde ebenfalls nur dann noch zur Ausübung ihrer Function gelangen, wenn die Wohnröhre seitlich oder am unteren Theile schadhaft geworden ist, wovon der Einwohner durch jene Organe vielleicht in Kenntnis ge- setzt -werden dürfte. Wenn wir in der Serpulaceenfamilie Umschau halten, mit wel- cher Gruppe die Amphicoriden am nächsten verwandt sein möchten, so werden wir bemerken, dass sie einerseits in mancher Hinsicht mehr an die eigentlichen Sabellen erinnernd den Übergang zu den Eriographiden vermitteln, andererseits aber mit den letzteren eine Reihe ganz charakteristischer Merkmale gemein haben, ja sie in diesen vielfach noch weit übertreffen. Als zur ersten Kategorie ge- hörige Charaktere wären zu nennen: die relativ unbedeutende Ein- verleibung des Prosoma in das Metasoma, die ansehnlichen Lippen- fortsätze, die sabellenähnliche Ausrüstung und Gestaltung der Chae- topodien, die verhältnismäßig starke Entwicklung des zweitheiligen neuralen Kragenlappens, die intersegmentalen Grenzfurchen der drü- sigen Bauchhaut, von welcher aus die tubiparen Drüsen sich nach beiden Seiten hin bereits sehr hoch hinauf ausgebreitet haben, die häutigen, dünnwandigen Röhren. Als Eigenthümlichkeiten der zweiten Art würden hervorzuheben sein : das Fehlen der Unterlippe , die Aus- bildung ohrmuschelartiger Ampullen an den beiden Hälften der ge- spaltenen Oberlippe , die Rückbildung der lateralen Kragenlappen und Kopfkiemenstützen, die nah an einander liegenden Bauchmarks- hälften, das Vermögen der freieren Ortsveränderung. Auffallend ist nun aber der Umstand, dass bei den Amphicoriden die Haut durch- sichtig, farblos, die Muskeln schwach entwickelt, das Gefäßsystem auf den Darmsinus, wenige longitudinale und transversale Stämme beschränkt ist, während die Hypodermis der Sabellen und Myxi- colen durchw^eg überaus reich an Pigmentablagerungen, ihre Mus- culatur häufig sehr kräftig und der ganze Körper von unzähligen capillaren Blutbahuen durchsetzt ist, die geradezu mächtige Gefäß- netze bilden ; doch wir werden sehen , dass alle diese Unterschiede secundäre Erscheinungen sind, welche in mehr oder w^eniger directer Weise durch das hartnäckige Bestreben, zu einem freieren Leben zurückzukehren, hervorgerufen sein müssen. Nach diesen Betrachtungen werden die Amphicoriden als ein Nebenzweig der Eriographidenlinie, bei dem zwar 652 Eduard Meyer uoch manche Charaktere vom gemeinsamen, älteren Sabellenstamme erhalten sind, die recenteren Errungen- schaften aber das Übergewicht genommen haben, und so- mit als die jüngste Öerpulaceengruppe erscheinen. Trotzdem die Amphicoriden sich einer größeren Behendigkeit erfreuen als alle übrigen Familiengenossen, so ist dieselbe dennoch lange nicht hinreichend, um im Falle der Verfolgung durch die Flucht davonkommen zu können: daher werden von ihren speciellen Vor- fahren diejenigen, welche durch Größe und Färbung die Aufmerk- samkeit ihrer Feinde am meisten auf sich lenkten , allmählich aus- gerottet worden sein, die kleineren und farblosen Formen aber, welche weniger auffielen, im Kampfe ums Dasein den Sieg davon- getragen haben. Das mag die Ursache der Kleinheit, Pigment- losigkeit und Durchsichtigkeit der heutigen Amphicoriden sein. Bei der geringen Körpergröße, die für diese Thiere also eine Existenzbedingung geworden ist, bedürfen sie nicht mehr eines so complicirten Gefäßsystems, wie es für ihre größeren Verwandten un- umgänglich ist, denn die vom Darmcanal vermittels des Darmsinus in das Blut aufgenommenen Nahrungssäfte, welche durch die Haupt- gefäße in die verschiedenen Leibesabschnitte gelangen, können hier der Lymphe übergeben und von dieser an die einzelnen, keineswegs voluminösen Organe und Gewebe direct vertheilt werden, wesshalb die secundären Gefäß Verzweigungen ihre Bedeutung verloren, nicht mehr zur Ausbildung kamen und nur die hauptsächlichsten Blutbahnen übrig blieben. Auch konnte in Folge der dünner gewordenen Körperwanduugeu die Oxydation des im Circulations- system eingeschlossenen Blutes die Leibesflüssigkeit vermitteln, be- sondere respiratorische Gefäße wurden entbehrlich, und so sehen wir, dass in dieser Gruppe wirklich Beispiele vorkommen [Haplo- hranchus^ Manayunkia) , wo selbst die Kopf kiemen gefäßlos sind und nunmehr bloß noch als Taster und Werkzeuge der Nahrungsauf- nahme functioniren. Air die Kunstgriffe jedoch, zu welchen die Natur ihre Zuflucht nahm, um diese wehrlosen Geschöpfe zu schützen, vermögen es nicht zu verhindern , dass eine sehr große Anzahl derselben fortwährend den vielen, raublustigen Meeresbewobnern als willkommene, leicht erjagbare Beute zum Opfer fällt. Damit unter solchen Umständen die Art nicht zu Grunde geht, muss die Fortpflauzungsfähigkeit dieser Würrachen eine enorme sein, und das ist sie thatsächlich. Viele Thiere, die sich in ähnlicher Lage befinden , haben sich Studien über den Kürperbau der Anneliden. 653 dadurch zu lielfeu gewusst, dass sie ungeheuere Mengen von Eiern auf einmal ablegen; dieses Mittel zur Erzeugung einer großen Nachkommenschaft ist den Amphicoriden jedoch versagt, da in ihrem kleineu Köri)er gleichzeitig immer nur eine geringe Anzahl Eier reif werden können, und zw^ar um so weniger, als diese bei ihnen meist unverhältnismäßig groß sind , und nur ein Theil der geschlechtlichen iSegmeute Ovarien, der übrige Theil aber Hoden enthält. Diesem Übelstande musste auf andere Weise abgeholfen werden, was durch die möglichst größte Abkürzung des Zeitraumes erzielt wurde, welchen das Individuum für seine Entwicklung von der Geburt an bis zur Geschlechtsreife bedarf. Den Höhepunkt hat in dieser Beziehung die Süßwasser- form Manaijunhia erreicht, indem die Embryonen derselben, dazu noch geschützt durch die Röhre des Muttevthieres , ohne Metamor- phose aufwachsen; aber auch die rapide Vermehrung der übrigen Amphicoriden, deren Larven, wie ich glaube, noch gar nicht beob- achtet worden sind, lässt eben so bei ihnen eine directere Entwick- lungsweise vermuthen. Wenn es nun darauf ankam, dass die einzelnen Thiere mög- lichst rasch ihre Fortpflanzungsfähigkeit erlangten, so ist es begreif- lich, dass alle diejenigen Einrichtungen am Körper, die sie nicht unumgänglich not hi g hatten, entweder nur unvollständig oder überhaupt nicht mehr zur Ausbil- dung kamen; sie begnügten sich, wo dieses nur anging, mit Or- ganen, die noch nicht vollkommen entfaltet waren, also auf em- bryonaler Stufe stehen blieben. So haben diese Würmer an ihrem Gefäßsystem die secundäreu Verzweigungen verloren, die hä- malen Kopftentakel sind bei ihnen ganz verschwunden, die Zahl der Kopfkiemenstrahlen ist bedeutend verringert, und bei einigen Arten [Manayimkia ., Haplohranchus) sind sogar die Pinnulae weg- gefallen; die lateralen Kragentheile und die Kopfkiemenstützen er- scheinen als unansehnliche Integumentverdickungen , das 1. Somit schiebt sich nur wenig über das Prostomium vor, wo es nicht mehr zu einer Stirneinstülpung kommt, und wo das Gehirn zum Theil wenigstens der freien Stirnhaut, und dessen hintere Lappen dem dicht unter dem Integumente verlaufenden, unpaaren Thoracalnieren- gange sich ganz nah anschmiegen; auch die beiden Bauchmarks- hälften stehen in sehr nahen Beziehungen zu der Bauchhaut und sind nur sehr wenig aus einander gerückt, die Musculatur ist schwach, und die Chaetopodien bilden am ganzen Körper zu beiden Seiten. 654 Eduard Meyer fast horizontale Linien. Alles das sind Verhältnisse, wie wir sie ungefähr bei Psygmohratichus im Larvenzustande sahen. Eben so verrathen die beiden Excretionsschläuche des thoracalen Nephridien- paares, welche zu je einer einfachen Schleife zusammengelegt in ihrer Ausdehnung sich bloß auf das 2. Somit beschränken, im Ver- gleich zu dem für die übrigen Serpulaceengruppen charakteristischen Verhalten dieser Organe einen unausgebildeten Zustand. Ein Mittel, um die Vermehrungsgeschwindigkeit zu erhöhen, scheint mir ferner in dem Hermaphroditismus den Amphicoriden gegeben, denn die Chancen für die Befruchtung der Eier werden unstreitig viel größere sein, wenn jedes von zweien, sich begegnen- den, geschlechtsreifen Thieren sowohl ^ ^Is (^ Geschlechtsproducte zum gegenseitigen Austausch bereit hat; dasselbe möchte auch für die kleinen hermaphroditischen Serpulidenformen [Spiroròts, Salma- cina) gelten. Schließlich wäre noch eine Art der beschleunigten Fortpflanzung denkbar, nämlich die Vermehrung durch Theilung. Unter den Ser- pulaceen ist diese bei einigen Serpuliden [Salmacina) mit Sicherheit nachgewiesen; ob sie auch bei den Amphicoriden stattfindet, ist zwar nicht bekannt, allein die LEiDY'sche Abbildung von Manayunkia (1S83 Taf. 9 Fig. 1) scheint mir unzweifelhaft darauf hinzuweisen. Doch wie wäre es, wenn wir versuchten, nach bekannter Weise auch den ganzen Serpulaceenstamm von den einfachsten Vertretern der Familie herzuleiten; sollten die Amphicoriden nicht am Ende die eigentlichen Archiser])ulaceen sein? Ihr Körperbau ist so ein- fach, dass sie beinah den Archianneliden ähnlich sein könnten. Man brauchte sich bloß vorzustellen, dass die Organisation unserer Wür- mer nach und nach complicirter wurde, dass auf diese Weise nach einander die Eriographiden, die Sabelliden und endlich die Serpu- liden entstanden seien und die gemeinsamen Charaktere der Serpu- laceen und Hermellen rein zufällige oder vielleicht durch die ähn- liche Lebensweise bedingte Übereinstimmungen wären ; allein ich furchte, Avir würden mit der Ermittelung von biologischen Gründen, warum das Alles geschehen sein sollte, nur allzu bald in die Brüche gerathen, woher ich es vorziehe, auf einen derartigen Versuch lieber von vorn herein zu verzichten. Nur ein Beispiel: wie wollten wir die abweichende Thoracalnierenform bei den Amphicoriden erklären, ohne anzunehmen , dass auch bei ihnen einst die Chaetopodien am Vorderkörper von hinten nach vorn zu aufsteigende Linien bildeten, dass stärker entwickelte Kopfkiemenstützen, gut ausgebildete laterale Studien über den Körperbau der Anneliden. 655 Kragenlappen und nach vorn zu breiter werdende Bauchsehilde vor- handen waren: das jedoch sind Eigenschaften, die sie bloß durch einen viel höheren Grad von Sesshaftigkeit erworben haben konnten. Wir werden also die Amphicoriden als entartete Nachkommen von exquisiten Tubicolen, wie es die ty- pischen Mitglieder der Familie sind, zu betrachten haben, bei "^ denen die Rückkehr zur freien - .11 Lebensweise, welche sie doch | | | gl nie vollkommen wieder erlangen 1 1 I 1 s '—' rt^ rr\ rvi — ^ konnten, da ihre Vorfahren schon die hierzu erforderlichen Ein- richtungen in Folge des lange fortgesetzten Röhreulebens ein- gebüßt hatten, zur Verkleine- rung des Körpers und zu einer degenerativen Vereinfachung der ganzen Organisation geführt hat. Wie ich mir ihre Stammesge- schichte, die Verwandtschaft der ein- zelnen Serpulaceengruppen unter ein- ander und der ganzen Familie mit den Hermellen auf Grund der in dieser Studie skizzirten Ideen vorstelle, habe ich durch die nebenstehende, bildliche Darstellung in übersichtlicher Weise zum Ausdruck zu bringen versucht. Serpulaceen. freilebende Vorfahren (ßaubanneliden) So eben erscheint die zu einer in- '^'^'^^^'^^^'^^^ Stammform. haltreichen Abhandlung erweiterte Rede Lang's »Über den Einfluss der fest- sitzenden Lebensweise auf die Thiere« (188S). Das nämliche Thema, wel- ches ich mir speciell in Bezug auf eine nur relativ kleine, ziem- lich scharf umgrenzte Wurmgruppe als Aufgabe für den vorliegen- den Aufsatz gestellt hatte, ist in seiner Schrift mit Zugrundelage eines außerordentlich reichen Vergleichsmateriales in Bezug auf die ganze Thierwelt behandelt ; um so mehr gereicht es mir zur Genug- thuung, dass Lang, wie ich sehe, bezüglich der tubicolen Anneliden (556 Eduard Meyer vielfach dieselben Ansichten vertritt, zu denen auch ich durch meine sehr viel weniger umfangreichen Studien gelangt bin. Auf die zahl- reichen Einzelheiten kann ich begreiflicherweise hier nicht mehr eingehen, doch werde ich an anderer Stelle Gelegenheit haben die anregenden Gedanken meines Freundes, so weit sie sich auf die Ringelwürmer anwenden lassen , zu berücksichtigen und zu ver- werthen. Verzeichnis der im Texte citirten Arbeiten. Agassi z, A. 1866. On the young stages of a few aunelids. In: Ann. Lyc. N. H. New York. Vol. 8. p. 303—343. T. 6—11. Albert, F. 1886. Über die Fortpflanzung von Haplosi/llis spotigicola Gr. In: Mitth. Z. Stat. Neapel. 7. Bd. p. 1—26. T. 1. Bourne, A. G. 1883. On Haplohranchus, a new genus of capitibranchiate an- nelids. In: Q. Journ. Micr. Sc. (2) Vol. 23. p. 167—176. T. 9. Buczinski, N. 1881. Entwicklungsgeschichte von Lumbricus terrestris. — Re- ferat in: Arch. Naturg. 47. Jahrg. 2. Bd. p. 510. Biilow, C 1883. Die Keimschichten des wachsenden Schwanzendes yon Lum- hriculus variegatus. In: Zeit. Wiss. Z. 39. Bd. p. 64 — 96. T. 5. Brunette, C. 1888. Recherches anatomiques sur une espéce du genre Bran- chiomma. In: Trav. Stat. Z. Cette. 77 pgg. 2 Taf. Nancy. Claparède, E. 1861. Recherches anatomiques sur les annélides , turbellariés, opalins et grégarines. In: Mém. Soc. Physiq. H. N. Genève. Tome 16. 1863. Beobachtungen über Anatomie und Entwicklungsgeschichte wirbel- loser Thiere. 120 pgg. 18 Taf. Leipzig. 1864. Glanures zootomiques parmi les annélides de Port-Vendres. In: Mém. Soc. Physiq. H. N. Genève. Tome 17. p. 463—600. T. 1—8. 1868. Les annélides chètopodes du gölte de Naples. Ibid. Tome 19. 1870. do. Supplement. Ibid. Tome 20. 1873. Recherches sur la structure des annélides sédentaires. Genève. Claparède & Mecznikow. 1869. Beiträge zur Erkenntnis der Entwick- lungsgeschichte der Chaetopoden. In: Zeit. Wiss. Z. 19. Bd. p. 163 — 205. T. 12—17. Cosmovici, L. C. 1879/80. Glandes genitales et organes segmentaires des annélides polychètes. In: Arch. Z. Expér. Tome 8. p. 234—372. T. 19 —28. Cunningham, J. T. 1887. On some points in the anatomy of Polychaeta. In: Q. Journ. Micr. Sc. 2) Vol. 28. p. 239—278. T. 17—19. Delle Chiaje. 1841. Descrizione e notomia degli animali invertebrati della Sicilia citeriore. Dräsche, R. v. 1884. Beiträge zur Entwicklung der Polychaeten. Entwicklung von Pomatoceros triqueter L. 10 pgg. 2 Taf. Wien. 1SS5. do. Entwicklung von Sahellaria spinulosa Lkt., Hermione hystrix Sav. und einer Phyllodocide. 23 pgg. 5 Taf. Wien. Eisig, H. 1887. Capitelliden. XVI. Monographie der «Fauna und Flora des Golfes von Neapel«. 906 pgg. 37 Taf. Studien über don Körperbau der Anneliden. 657 Emery, C. 188G. La régéneration des segments postérieurs du corps chez quelques annélides polychètes. In: Arcli. Ital. Biol. Tome 7. p. 395 —403. Frey & Leuckart. 1S47. Beiträge zur Kenntnis wirbelloser Thiere. Braun- schweig. Giard, A. 187G. A. Note sur l'embryogénie de la Salmacina Dystcri Huxley. In: Compt. Rend. Tome 82. p. 233—235. 1871). B. do. Ibid. p. 285—288. Gotte, A. 1882. Abhandlungen zur Entwicklungsgeschichte der Thiere. 1. Hft. Untersuchungen zur Entwicklungsgeschichte der Würmer. I. 104 pgg. 0 Taf. Leipzig. Grube, E. 1838. Zur Anatomie und Physiologie der Kiemenwürmer. 77 pgg. 2 Taf. Königsberg. 1848. Beschreibimg neuer oder wenig bekannter Anneliden. In: Arch. Naturg. 14. Jahrg. p. 34—52. T. 3. 1855. do. Ibid. 21. Jahrg. p. 81—136. T. 3—5. 1862. Mittheilungon über die Serpulaceen mit besonderer Berücksichtigung ihrer Deckel. In: Jahr. Ber. Nat. Sect. Schles. Ges. Vat. Cult. p. 53 —66. 1878. Annulata Semperiana. In: Mém. Acad. Sc. Pétersbourg (7) Tome 25 No. 8. 300 pgg. 15 Taf. Ha s well, W. A. 1885. The marine annelids of the order Serpulea Some ob- servations on their anatomy, with the characteristics of the Australian species. In: Proc. Linn. Soc. N. S. Wales. Vol. 9. p. 649 — 675. T. 36—37. 1886. Observations on some Australian Polychaeta. Ibid. Vol. 10. p. 733 —756. T. 50—55. Hatschek, B. 1878. Studien über Entwicklungsgeschichte der Anneliden. In: Arb. Z. Inst. Wien. 1. Bd. p. 277—404. T. 1—8. 1885. Entwicklung der Trochophora von iJjl-Y Metameren derselben oder 31. P = Mesodermpolzellen. Peritonealsomite. m.Fi/ = mediane oder splancbnische P'J Parenchymkeime. Parenchymlage des Rumpfes. R.dr = einzellige Drüsen der Rücken- it. Kr = neuraler Kragenlappeu. haut. ?i.t)i = neurale Längsmusculatiir. S. C = Schlundcommissuren. {N}P) = provisorische Hautporen der S.I = Darmsinus. Thoracalnierenanlagen. T = Kopfkiemen. n.Pi = vergängliche Anlagen neuraler T.Nv = Anlage der Kopfkiemennerven. Borstendriiscn an der Wurzel T.Py = Kopfkiemenparenchym. der lateralen Kragenlappen. Tr.\ = Trichter der Thoracalnieren. 71 pn = ebensolche im 2. Segment. V.D = Vorderdarm. NKS = Nephridialschlauchanlagen der W = Wimperkränze. bleibenden Thoracalnieren. W.O = vermuthliche Wimperorgan- iV.iiS,iN'. iii^' = vergängliche Nieren- schlauchanlagen im 3. und 4. Segment. Taf. 23. anlagen. Fig. i— 9. Organisationsbilder auf einander folgender Larvenstadien von Psyg- mobranchus, angefertigt nach gefärbten, in Canadabalsam eingeschlosse- nen Totopräparaten und theilweise vervollständigt unter Zurathe- ziehung von Schnittserien. — Fig. 1, 2, 6, 9 sind von der Rückseite, Fig. 4, 8 von der Bauchseite und Fig. 3, 5, 7 im Profil gesehen. Fig. 10. Das Bild einer von der Bauchseite bei hoher Einstellung betrachteten Larve von einem etwas jüngeren Stadium als Fig. 9. Totopräparat. Vordertheil einer älteren Larve, die sich bereits mit einer durchsich- tigen Röhre umgeben hat, nach dem Leben gezeichnet. Rückenansicht. Das Bauchmark nebst den larvalen Parapodialnerven und ein Theil des Gehirns nach einem Totopräparate vom Stadium der Fig. 7. Fig. 13. Obertlächenansicht der Rückseite des hinteren Kopf- und des vorderen Rumpfabschnittes nach einem Totopräparate von einem etwas älteren Stadium als das vorhergehende. Die Vergrößerung ist durchweg ungefähr 550/1. Fig. Fig. 11. 12. Fig. 1- Fig. Tafel 24. -4. Aus einer Querschnittserie von einer etwas älteren Larve als Fig. 1 Taf. 23. Vorletzter Schnitt durch das hintere Ende des Rumpfes. Drittletzter Schnitt ; er enthält die Polzellen des Mesoderma. Mitte des 4. Peritonealsomitenpaares. Hintere Partie des 3. Segments. 6. Aus einer nicht genau transversalen Schnittserie von einer etwas jüngeren Larve als Fig. 2 Taf. 23, Studien über den Körperbau der Anneliden. 661 Fig. 5. Hintere Partie des 2. Segments (rechts). - t). Vordere Partie des 1. Segments (rechts). Fig. 7, 8. Aus einer nicht genau transversalen Schnittserie von einer etwas jüngeren Larve als Fig. 3 Taf. 23. - 7. Links: Mitte des 5. Peritonealsomitenpaares ; rechts: undifferenzirtes Ende des secundären Mesodermstreifs mit Polzelle. - 8. Hintere Partie des 2. Segments (links). Fig. 9 — 15. Aus einer Querschnittserie von einer Larve des Stadiums Fig. •!, 5 Taf. 23. [), 10. Vorletzter und dritter Schnitt durch das hintere Ende des Rumpfes; enthalten die Mesodermpolzellen und die Parenchymkeime. - 11. Undifferenzirte Enden der secundären Mesodermstreifen. 12. Niveau des 4. Dissepiments. 13, 14. Mitte und vordere Partie des 4. Segments. - 15. Niveau des 2. Dissepiments. Fig. 16, Theil der Hälfte eines horizontalen Längsschnittes von einer etwas älteren Larve als Fig. !» Taf. 23 auf der Höhe des Trichters und Trichtercauals der linken Thoracalniere. Fig. 17. Theil eines nicht genau transversalen Schnittes von einer etwas älteren Larve als Fig. 11 Taf. 23; links 2., rechts 3. Segment. Fig. 18. Schiefer Querschnitt durch das Prostomium einer Larve des Stadiums Fig. 6 Taf. 23. Die Schnittebene geht unten durch die Kopfdrüse, in der Mitte durch die Kopfkiemenanlagen und oben durch den präoralen Wimperkranz. Fig. 19, 20. Aus einer Querschnittserie von einer jüngeren Larve als Fig. 6 Taf. 23. - 19. Niveau des 4. Dissepiments. - 2ü. Mitte des 5. Segments. Fig. 21. Nicht genau transversaler Schnitt von einer Larve des Stadiums Fig. 8 Taf. 23 ; links : hintere Partie des Prostomiums, rechts : vorderer Ab- schnitt des 1. Segments. Fig. 22, 23. Aus einer Serie horizontaler Längsschnitte von einer Larve des Stadiums Fig. 2 Taf. 23. - 22. Niveau der Nierenschlauchanlagen. - 23. Niveau der hämalen Borstendrüsenanlagen. Fig. 24. Horizontaler Längsschnitt von einer etwas jüngeren Larve als Fig. 4 Taf. 23 auf der Höhe der hämalen Borstendrüsen. Fig. 25, 26. Zwei auf einander folgende, verticale Tangentialschnitte vom Meta- soma einer Larve des Stadiums Fig. 3 Taf. 23. Fig. 27. Mittlerer Theil der linken Hälfte eines horizontalen Längsschnittes von einer Larve des Stadiums Fig. 4 Taf. 23, auf dem Niveau der Kopf- niere. Fig. 28. Horizontaler Längsschnitt von einer etwas älteren Larve als Fig. 4 Taf. 23, ein wenig unterhalb der hämalen Borstendrüsen. Fig. 29. Verticaler Längsschnitt von einer Larve desselben Stadiums auf dem Niveau der einen Bauchmarkshälfte. Die Vergrößerung aller Figuren ist ungefähr 550/1 ; nur bei Fig. 17 ist sie ca. 700/1. GG2 Eduard Meyer, Studien über den Kürperbau der Anneliden. Taf. 25. Topographische Schnittbilder von erwachsenen Serpu- laceen zur Veranschaulichung- der Form des Gehirns und des Verhaltens der Hirnnerveu. B De hm Kno Im L.Z N.^ NJe Für alle Figuren gültige Bezeichnungen. u.L. = Unterlippe. mn = Oes = o.L = S.C = T.m = t.in = Fig. 1. - 2. - 3. 4— - 20. - 21- _ 25- Augen. Bauchniark. V.c.o Deckelstiel. V.d häniale Längsrausculatur. V.T Kopfkiemenknorpel. V.t laterale Längsmuskeln. Lippenzipfel. excretorische Abschnitte des « thoracalen Nierensystems. h ectodermaler Endtheil des c unpaaren Ausführungsganges d der Thoracalnieren. c neurale Längsmusculatur. / Oesophagus. y Oberlippe. y Schlundcommissuren. /* ungetheilte Kopfkiemenraus- i culatur. k Muskeln der Kiemenstrahlen und des Deckelstieles. = Öchhindringgefäße, = Rückengefaß. = Hauptgefäße der Kopfkiemen. = Achsengefäße der Kiemen- strahleu und des Deckelstieles. H i r n n e r V e n. = mittlere Stirnnerven. = äußere Stirnnerven. = äußere Kopfkiemennerven. = innere Kopfkiemennerven. = Mundnerven. = Oesophiigealnerven. = paracerebrale Faserstränge. = seitlich-obere Nerven. = seitlich-hintere Nerven. = obere, hintere Nerven. = mittlere, hintere Nerven, wel- che sich zu einem unpaaren Gefäßnerven vereinigen. )n Eupomatus luniilifei-us Clap. - 28. - 29. Querschnitt eines Kiemenstrahles ^ Vergr. 130/1. Querschnitt eines Kiemenstrahles von Myxicola inßmdibulum. Vergr. 130/1. Querschnitt des Deckelstieles von Eupomatus. Vergr. 130/1. 19. Aus einer Querschnittserie durch das vordere Körperende vom selben Thiere. Vergr. lOÜ/1. — d' = Lippenzipfelnerv. Theil eines verticalen Längsschnittes durch das vordere Kürperende von Psygmohranchus protensus. Vergr. 250/1. -24. Aus einer Quei-schnittserie durch das vordere Körperende von Myxicola. Vergr. 100/1. -27. Aus einer Querschnittserie durch das vordere Körperende von Spiroyraphis Spallunzanii. Vergr. 130/1. — N.^e = anomale, einsei- tige Aussackung des ectodermalen Theiles des unpaaren Ausführungs- ganges der Thoracalnieren. Rechte Hälfte eines Querschnittes durch die Basalregion der Kopf- kiemen vom selben Thiere. Vergr. 100/1. Querschnitt durch die unteren Theile zweier Kiemenstrahlen vom selben Thiere. Vergr. 130/1. — d' = nach außen gehende Zweige der inneren Kopfkiemennerven. -•» » »>- Druck von Breitkopf & Härtel iu Leipzig. Math a. d Z0OL Statimi uMapeLBdìM. l'èri vfiFn^dldxder t Ss^fi. Siri. ItthAnstYhkmerm^er.PraitMurl'^M Afatfui // Zooi Sfniioit z Neapel Bd W \ insc YVrr7rfT£Ì^rftr.Fr*fùfi/t Mitlhri li Zool Station ^Neapel F,iL W bit rtl-7,1! ,<»5i~.- .--a.-.«i-/ lith Anst yy£r:tr i *1t-,: Frar.if^: •> MitA. Il li /^ool Station z Neapel Bri W 1 ^'Cy ìf-H rRFrt^aùtr^/ L ith AnstyWoTttT Ài^Ur /ra/ùfur! ' "^itllhu.U Aoor SUiüofi. ■/.. .Vcapc/. Bd //// 'lau. ü tì^ -»;* %. ;ì ^« ::. /«y^ • •• f^ -"<*iü.. ^Q^,,. / -..MiWtì*^*^/ ^^ ly /V w #:> /■* '^^ k k ^'v :^-Ä* ^Jk !,llh a ri y.ool Slali'm x Nfarirl BilVUI. I.>i K.yy. 0. «V"?"' :iiai\'j. Kmit Ami« V.Y/m.-, A«Ms ywi/.V "" 'y'^^'-- ' "V. n il o ® S) «À'i ..® o . • . *r «^d' '■*i t>- = — A - -r -• ' / ì m ^' ® o g> #J ® : ® ® ® • ® S 1$ "'",] :-^ e , a - 1^ - i - ® ^ ® j^ » » " \'\ 8> ® ® _®L © » ® ® O' ® ®\® ® ® s V7< ^...•■ i / ,n-sÀ è • 9 •^M ® * B" A U_,.- \ ( ^ :1 3-3 1 'S È F.t /ff .4^^ -i-r -- ";;-K4, f «"""■■""- HintilmariaiWlutm • .mfwMetìalVtmU i %• ì^jHosmiut'H'hi. ■ X.oelociilitlu ! 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II. .SIpm.r ^§' KK 13. . •''""'■T' /.Ps.Br.R »*♦»_••♦/ ■■■•■ :^;--;.:^^ ArtMjiiul # «11 >' / 7 VKciifh :■>*> V>^ .-^ ."•'< ^e/ ßd \7// Taf il Kar/r r/rr S'rcai r// Br/uhf OVr/////////(r //af/i f/ffi ■ /i//iì(i/i//ie/ì e/'-y leu/naiil , '{ .( o/o/nùo Von I)''J Wallher ho/'a//ien i'O/i .'> zif .3 A/eier ka/A und ■Vrl///(^l'{// .S'itiu/ Ihe AuJ/inr^'n /xzttJu'ii- sich au/ die Crundiiiv/'C/i l/m^i^hii l-JSiOOO / " - ^ ® 4o ^^ ^ M ~!"^^ 0 i^i ^ym. &^^ Or W I m èy W-* ^5^^ !#" MM " d-^ool. Slaücn ^Jm/u-iJliUM^ M25 .V///A a d Zool Station z Xecifiel Bd \Tä I Taf'2'i ^tó»/;95^) ^ì/ *" ' ' l**.*-»'"*<.Siy //«■'-• ...V , YtrlvRfntdltuiirtS