MEMORIE DELLA ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL’ ISTITUTO DI BOLOGNA TOMO XII. BOLO GII TIPI GAMBERINl E PARMEGGIANI 1861. Mo.Br ’^rden, NUOVO METODO PER LA CURA DI ALCUNE VARIETÀ 1»' ERNIA INGUINALE CONGENITA ASSOCIATE ALLA PRESENZA DEL TESTICOLO NEL CANALE INGUINALE mmmm DEL PROF. CAV. FRANCESCO RIZZOLI ( Leila nella Sessione del 15 Novembre 1860. ) 1 iella specie umana, come è ben noto, la discesa del testicolo nello scroto succede al settimo mese di gravidan- za, e siccome alla superficie di questa glandola aderisce strettamente il peritoneo, ne deriva da ciò, che nello scen- dere che fa il testicolo nello scroto, trascina seco ed in basso un lembo del peritoneo stesso formando una specie di sacco , il quale sorgendo dal foro inguinale interno ed approfondandosi nello scroto rimane in comunicazione colla grande cavità peritoneale nascosta entro V addome. L5 indicato sacco però, che gli. anatomici appellano pro- cessa vaginalis peritonei , infuori di alcune eccezioni , nella specie umana si oblitera dal canale inguinale in basso fino in prossimità del testicolo, ove rimane pervio, costituendo così la tunica vaginale propria del testicolo. Questa oblitera- zione del processo vaginale suole essere completa al tempo del parto, ma qualche volta però anche nel feto maturo non ha luogo , o soltanto incompletamente , per cui in questi ul- timi casi rimane un piccolo foro di comunicazione colla cavità peritoneale; il quale foro o non si oblitera giammai, Francesco Rizzoli o la sua chiusura più o meno ritarda. In qualche indivi- duo invece la indicata obliterazione piuttosto che dal foro inguinale interno, comincia in un punto più basso lungo il funicolo, od anche verso il testicolo. In tutti gli accen- nati casi non solo, ma altresì quando il testicolo o non discende affatto, o discende soltanto dopo la nascita, od in un tempo alla medesima più o meno lontano , può aver luogo quella specie di ernia che è detta ernia della vagi- nale , perchè il suo sacco è formato da quel tratto peri- toneale, che cuopre il testicolo ed il funicolo penetrati nel canale inguinale, o discesi nello scroto, e che li avreb- be del pari ricoperti , ed originato il processo vaginale se il testicolo stesso , od il funicolo non si fossero soffermati nell’ addome. E giacché agli studi da me fatti, ed a voi esposti nella tornata del 20 Decembre 1855 (1) intorno alle varietà di questa particolare specie di ernia nelle quali il testicolo non è normalmente disceso nello scroto , altri ne ho ag- giunti che mi hanno condotto ad una nuova applicazione pratica , non voglio ritardacene la esposizione per avere da voi quel giudizio che crederete di potere su ciò pronunziare. Vi dirò adunque dapprima, che della indicata specie di ernia inguinale ne ammetto 18 varietà, le quali non bene conosciute potrebbero porre il chirurgo in grande imbarazzo nel curarle tanto se si presentassero libere, quanto se si mostrassero irreducibili , o strangolate. l.a Varietà. Il testicolo è ancora rinchiuso nella cavità dell’addome, la falda peritoneale che avrebbe formato il processo vaginale, se il testicolo fosse disceso nello scroto, è spinta invece lungo il canale inguinale dal viscere che va a formare V ernia , ed ha luogo perciò un’ ernia ingui- nale obliqua esterna congenita in cui manca il testicolo nel canale inguinale , o nello scroto. (1) Rendiconto delle Sessioni dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna Anno Accademico 1855-56 , e Memorie dell’Accademia delle Scienze dell* Istituto di Bologna Voi. VII. 1856. Dell’ Ernia inguinale congenita 2. a Varietà. L5 ernia è nel canale inguinale, il testicolo rimane a cavalcione del foro inguinale interno. 3. a Varietà. Il testicolo è già disceso nel canale dell5 in- guine, rimanendo avviluppato dal processo vaginale in un coi visceri che concorrono a formare l5 ernia. 4. a Varietà. Questi visceri hanno prese tali aderenze col testicolo , o si sono fatti ipertrofici in modo da non potere essere respinti entro la cavità addominale. 5. a Varietà. Una porzione di omento aderisce, ed ottura il processo vaginale in corrispondenza del foro inguinale interno. L5 ernia inguinale stessa è associata ad idrocele del processo vaginale entro cui nuota il testicolo. 6. a Varietà . Il testicolo, ed il funicolo hanno contratti attacchi coi tessuti che tappezzano la superficie interna della parete anteriore del canale inguinale , nascondendo del tutto od in parte posteriormente le porzioni dei visceri protrusi. 7. a Varietà. L5 intestino che forma F ernia è rivestito non solo dal processo vaginale, ma ben anco da un sacco particolare formato dall5 omento, il quale sacco ha un collo proprio (1). 8. a Varietà . Il testicolo, ed i visceri erniosi mal com- pressi all5 inguine da improprio cinto , forzato il margine su- periore del canale inguinale si sono insinuati in totalità od in parte fra i corrispondenti strati muscolari costituiti dai larghi muscoli dell5 addome. 9. a Varietà. Il testicolo è fermo nel canale inguinale , il processo vaginale del peritoneo , si è obliterato in vicinanza del foro inguinale interno, e l5 ernia che trovasi all5 inguine è rivestita da un sacco peritoneale proprio , come nelle er- nie volgari. 10. a Varietà. Il testicolo compreso nell5 ernia è appena abbozzato, od atrofico. 11. a Varietà. Gli attacchi del testicolo coi tessuti adia- (1) Vedi la mia memoria Su alcune particolarità riscontrate in un’ernia inguinale congenita nascosta, ed incarcerata Ietta all’Accademia delle Scienze dell’ Istituto di Bologna il 20 Novembre 1848, e pubblicata fra le memorie dell’ Accademia stessa. Tom. 2.° 1851. 6 Francesco Rizzoli centi sono così deboli , il foro inguinale interno così ampio da poter permettere che il testicolo stesso in un coi vi- sceri protrusi siano spinti entro V addominale cavità. 12. a Varietà. In alcuni casi di discesa incompleta del te- sticolo si osserva , che 1’ epididimo in parte staccato dalla glandola seminale , ed allungato giunge passando attraverso 1’ anello inguinale esterno fino alla parte superiore dello scroto. Cock ha notomizzato un’ ernia inguinale congenita che presentava questa particolarità. La porzione inferio- re dell’ epididimo , e le circonvoluzioni del canale defe- rente erano circondate di grasso, e di tessuto cellulare in modo da costituire un tumore rotondo ricoperto dal pro- cesso vaginale simulante il testicolo , per il quale fu preso nell’ operazione dell’ ernia. La glandola seminale era situata al di sopra dell’ anello inguinale esterno. Di questi sposta- menti dell’ epididimo oltre alcuui altri autori ne hanno parlato in ispecie Cloquet, e Gallili (1). In un caso in cui osservai questa varietà di ernia congenita trovai questo di particolare e cioè, che mentre il testicolo, e 1’ epididimo mantenevansi nelle regioni sunnotate, il processo vaginale era disceso fino al fondo dello scroto , e conteneva una volumino- sa ansa intestinale strozzata , ed alcune oncie di sierosità. 13. a Varietà . Il testicolo è uscito dal foro inguinale ester- no contro cui rimane fisso, il processo vaginale ha presa aderenza attorno al funicolo non già all’ apertura ingui- nale interna , ma poco sopra il testicolo ; per cui il viscere ernioso si è insinuato entro il processo vaginale rimasto pervio nel canale inguinale , ed è isolato dal testicolo sot- toposto , il quale è d’ ordinario volume , od invece atrofico. 14. a Varietà. Il testicolo è alquanto disceso nello scroto, il processo vaginale ha quivi pure , prese aderenze col fu- nicolo un po’ al di sopra del testicolo , ed ha permesso la formazione di un’ ernia inguinale congenita simile a quella della antecedente descritta varietà, associata però ad idro- cele della vaginale che ricuopre il testicolo. (1) Traité pratique des maladies du testicule etc. par Curling , traduit de P anglais par Gosselèn. Artide 171 pag. 24. Dell’ Ernia inguinale congenita 15. a Varietà. II processo vaginale ha contratte aderenze tutto all5 intorno col corto funicolo verso la sua metà. Pe- netrato T intestino nella porzione superiore rimasta pervia spinge in basso il tramezzo che divide la cavità superiore del processo vaginale dalla inferiore, e del medesimo ri- coperto dentro questa si insinua, e si arresta contro il testicolo in alto soffermato, o lo oltrepassa. 16. a Varietà . U intestino non potendo superare le ade- renze contratte col funicolo dal processo vaginale nel tratto summentovato, si infossa nella parete posteriore del vaginale processo che riveste superiormente il funicolo , ed appro- fondandosi lungo i vasi spermatici, e passando dietro le indicate aderenze giunto verso il testicolo, non profonda- mente disceso nellg scroto, fa in allora sporgenza sotto la vaginale che involge il testicolo stesso. 17. a Varietà . Il testicolo arrestatosi nella regione alta dello scroto, aperto essendo completamente il processo vaginale è compreso nell* ernia. 18. a Varietà. Il testicolo stesso soffermato in alto nello scroto non è rinchiuso nell’ ernia, essendosi il processo vaginale nel normale modo obliterato. L’ ernia congeni- ta , che si osserva in questo caso , è come la volgare ricoperta da un sacco proprio somministratole dal perito- neo ; la quale ernia qualche volta si arresta all’inguine, qualche altra discende nello scroto , o vi si approfonda an- che in modo da oltrepassare il testicolo , per cui questa ernia differisce da quella indicata nella 9.a varietà soltanto perchè 1’ organo separatore del seme ha attraversato an- cora 1’ esterno foro inguinale. Da ciò che ho esposto ognuno di leggieri potrà confer- mare che realmente grandi saranno i vantaggi che potrà ri- trarre il chirurgo dal conoscere esattamente tutte le varietà di ernia congenita da me descritte sia per stabilirne la diagnosi, sia per intraprenderne la cura tanto se saranno libere e riducibili , quanto se mostransi irreducibili , od in- carcerate (1). (1) Vedi la nota posta in fine di questa memoria. Francesco Rizzoli E rispetto alle libere siccome sonovene alcune le quali quantunque tali pure hanno posto senza frutto V ingegno dei chirurghi a tortura , onde trovare modo di conte- nerle, così bramo di richiamare ora sulle medesime V at- tenzione vostra , per confermarvi quanto bene ha potu- to la pratica ritrarre dalle esatte nozioni di anatomia pa- tologica che intorno le medesime vi ho poste innanzi. Due di questi casi furono non è molto da me veduti dei quali darovvi una succinta istoria. Sul cominciare di que- st’anno ( 1860) presentavasi a me Angelo Mazzacurati ven- tenne, cameriere , e mi narrava che da alcuni mesi soffriva assai gravi incomodi i quali erano riferibili ad un’ ernia in- guinale destra , che egli portava fino dalla nascita , e che era in modo notabile cresciuta , in c§usa di non averla mai potuta contenere con qualsiasi mezzo meccanico. Postomi ad esaminarlo trovai in quel canale un tumo- re molle, elastico della grossezza poco meno di un pu- gno , che conobbi manifestamente costituito , non solo da anse intestinali , ma ben anco dal testicolo soffermatosi nel canale inguinale , le quali anse quantunque con facilità potessero venire completamente respinte nei cavo addomi- nale pur tuttavia esercitavano tale pressione sul testicolo da derivarne sofferenze , che fattesi nell’ infermo insop- portabili lo costringevano a desistere dai proprii lavori ed a cercar calma nel riposo. Il Mazzacurati mostrandosi volonteroso d’ assoggettarsi a tutto quanto potesse servire a liberarlo dai suoi patimenti, ed a garantirlo ben anco dai pericoli che lo minacciavano continuando a rimanere coll’ ernia non ridotta , si determinò di entrare nella mia Clinica onde esservi curato, ed ove venne accolto nel Febbraio di questo medesimo anno (1860). Rendendosi manifesto pei ripetuti esperimenti che ven- nero pure da me fatti , che nel nostro infermo era im- possibile il potere contener V ernia col cinto, o con qual- siasi altro congegno meccanico, mi feci a considerare se in lui fosse stato opportuno 1’ adottare quello stesso operato- rio processo, che pei primo esperimentai con esito felice in un altro giovine contadino che nomavasi Pietro Biagini Dell’ Ernia inguinale congenita 9 affetto esso pure da ernia inguinale congenita incontenibile associata alla presenza del testicolo nel canale dell9 inguine, del quale fatto vi diedi contezza nella sessione suindicata del 20 Dicembre 1855. Vi esponeva io in allora, che quel contadinello giunto essendo all9 età di 18 anni senza avere mai sofferto note- vole incomodo per la presenza dell9 ernia da cui era affet- to , cominciò di poi a patire anch9 esso in modo, da non potere più reggere alle usate fatiche , pochi e lievi sforzi bastando a far sì che il tumore dell9 inguine ingrossasse in guisa d9 arrecargli tale dolore da obbligarlo a desistere dal lavoro, e costringerlo a coricarsi. Stanco questo giovanetto d9 una vita così inerte , ed ozio- sa, sentendo il bisogno di agire, invidiando l’attività, e l9 energia dei suoi compagni , niun vantaggio ricavato aven- do dai mezzi meccanici più adatti posti in uso onde con- tenere quell9 ernia, pronto essendo ad assoggettarsi a qual- siasi pericolosa operazione, purché riescire potesse in que- sto intento, venne perciò da me accolto in Clinica nel gior- no 24 Maggio 1855 , onde indagare se un qualche partico- lare provvedimento potea in lui essere adottato. Riconosciuto pertanto che la cagione per la quale quel- l9 ernia inguinale non poteva essere contenuta , era soltanto riferibile alla presenza del testicolo nel canale inguinale, il quale testicolo non poteva in modo alcuno sopportare l9 a- zione di quei mezzi meccanici che rendevansi indispensa- bili ad evitare la discesa dell9 ernia , mi si affacciò alla mente l9 idea di togliere affatto da quell9 innormale posi- zione il testicolo stesso, e quindi di demolirlo come in casi ben diversi da questo alcuni antichi, e moderni chi- rurghi avevano fatto. Ma il riflesso che asportando a quel povero contadinello un testicolo , lo privava d9 uno di quegli organi , che men- tre serve all9 energia degli atti generativi dà all9 uomo le impronte della forza, e del vigore, volli in lui evitare tanto danno , e mi studiai perciò di trovar modo onde quel te- sticolo conservare. Ed in questo riescii aprendo nel mio infermo per tutta la T. xn. 2 10 Francesco Rizzoli sua lunghezza il canale inguinale, incidendo pure egualmente il processo vaginale che serviva a ricevere i visceri erniosi , togliendo gli attacchi che legavano il testicolo alle vicine parti, e spingendolo dopo avere inciso il. foro inguinale in- terno attraverso il foro medesimo in modo , da farlo passare nella cavità dell’ addome. Col quale atto operatorio oltrec- chè posi le parti operate in condizioni tali da permettere facile e sicura l’ applicazione di un cinto appena la cica- trice fu formata, ottenni fortunatamente anche molto di più , vale a dire la guarigione radicale dell’ ernia stessa , per cui il cinto a nuli’ altro servì se non se a prevenire nel- 1’ operato il pericolo di recidiva. Prima però di determinarmi ad approfittare di questa operazione istessa nel Mazzacurati , volli assicurarmi se in lui rinvenivansi tutti quegli estremi che la rendessero giu- stificabile, o se invece qualche particolarità si riscontrasse in quell’ ernia , che permettere potesse di sostituirvi un’ al- tra operazione la quale in se riunisse anche maggiore sem- plicità, e sicurezza. E diffatti per 1’ attento esame che io feci di quell’ er- nioso tumore essendomi assicurato, che il testicolo soste- nuto da breve funicolo era libero , e non aveva contratta aderenza alcuna colle parti che lo racchiudevano, al con- trario di quanto nel Biagini era avvenuto, mi si rese quindi manifesto , che in causa di questa propizia circostanza non occorrendo isolare il testicolo dalle vicine parti , poteasi perciò risparmiare in lui d’ aprire ampiamente la parete anteriore del tumore onde porre a nudo il testicolo, stesso ed agire con maggiore sicurezza sul medesimo , e potea inve- ce riescire sufficiente lo ampliare soltanto mercè incisio- ni sottocutanee 1’ interno forò inguinale , che all’ ernia cor- rispondeva , acciocché il testicolo potesse attraversarlo, ed essere spinto e mantenuto nel cavo addominale. Ma sebbene così operando avessi di molto semplificato 1 atto operatorio , ed esposto pure a molto minore rischio F infermo , pur tuttavia ponendo mente che non di rado nella regione delio interno foro inguinale hanno luogo ano- malie anatomiche non sempre determinabili prima di inci- Dell’ Ernia inguinale congenita 1 i dere F anello, per le quali anche colla indicata sottocuta- nea incisione potrebbero derivarne lesioni capaci d’indurre conseguenze molto Funeste la volli risparmiare, e vi sosti- tuii la semplice dilatazione graduale incruenta sottocutanea dello stesso anello. Pertanto la mattina del giorno 25 Febbraio 1860 collo- cato 1 infermo su di un letto supino colle gambe e coscie rialzate, e poste nell’ adduzione, mi misi alla di lui destra e spinsi ì visceri che formavano F ernia entro F addominale cavità. Dopo di che per allargare F interno foro dell’ inguine in modo che potesse concedere al testicolo compreso nel- 1 ernia di attraversarlo, arrovesciai col polpastrello del mio dito indice entro F indicato foro inguinale interno, la lassa, ed assottigliata parete anteriore del canale inguinale rico- perta dal tegumento, resa così sottile pel volume acquistato dal tumore, e piegato il polpastrello dello stesso dito in- dice destro ad uncino , stirai con esso dolcemente F orlo dell anello allo esterno, ed in alto, e ne ottenni in breve tale ampliamento da potermi permettere di insinuare in quella apertura il dito medio della stessa mano , e diva- ricare ambedue le dita in modo d’ ottenere senza lacerazione alcuna quell’allargamento dell’ anello che era indispensabile acciocché il testicolo lo attraversasse. Ritirate diffatti quelle due dita, presi il testicolo, e portatolo di contro al più volte nominato spiraglio , con leggiere pressioni su quello esercitate colle stesse mie dita, sollecitamente lo attraversò, e portossi nell’ addominale cavità. Applicato immediatamente un cinto che io aveva apposi- tamente fatto disporre , ritenni prudente cosa il consigliare all’ operato di non alzarsi come avrebbe potuto, ma di ri- manersi in letto , ove si trattenne per quattro giorni , non mancando io di farlo sorvegliare per esser ben sicuro che il cinto non si smuovesse, e valesse invece ad impedire la nuova discesa dell’ ernia , e del testicolo. Iri ciò essen- do pienamente riescito permisi in allora al Mazzacurati di alzarsi, e di passeggiare, e ciò potè egli fare senza il più che piccolo disturbo. Cominciossi poscia a levare 12 Francesco Rizzoli all’ operato il cinto del tutto per circa un’ ora ogni giorno prima che scendesse dal letto senza che nè 1* ernia, nè il testicolo uscissero dall’ addome, ed essendosi già 1’ interno foro inguinale notabilmente ristretto si licenziò il Mazza- curati dallo Spedale , il giorno 15 Marzo , decimo ottavo cioè dall’ operazione subita. Fu egli di poi diligente nei premunirsi col cinto, e ne fu ben contento, giacché con ciò non solo il testicolo ri- mase permanentemente nascosto nel ventre , ma si ottenne pur anco la radicale guarigione dell’ ernia. La quale ra- dicale guarigione fino dal Luglio prossimo scorso era già , per quanto da me , e da miei scolari venne osservato , resa così sicura , che se l’ operato non veniva distolto dal suo proposito era deciso di correre in Sicilia, onde com- battere a fianco delle schiere terribili del Generale Ga- ribaldi. Non molto dopo, e cioè nel giorno 19 Agosto (1860) venne accolto nella mia Clinica il bracciante Giuseppe Lambertini d’ anni 42, il quale cadendo dall’ alto aveva ri- portata una frattura della fibola sinistra nel suo quarto su- periore. L’ egregio Medico Chirurgo Assistente Sig. Dottor L. Golinelli che aveva pel primo visitato l’infermo, mi fece avvertito, che il medesimo portava all’ inguine destro una grossa ernia nella quale era compreso il testicolo. Esa- minato da me 1’ infermo rilevai diffatti al suo inguine de- stro un tumore ernioso, del volume di un ovo di tacchina, che 1’ infermo asseriva portare fino dalla nascita , e che era andato man mano crescendo senza arrecargli grave molestia. Spinte da me le anse intestinali che lo costituivano en- tro l’addome rinvenni allora nel canale inguinale stesso il testicolo appeso a corto funicolo. Quel testicolo sebbene fosse del volume ordinario non poteva però attraversare il foro inguinale interno essendo poco ampio. Stirato il testicolo stesso dolcemente in basso affine di allungare il breve funicolo in modo da potere riescire ad applicare un piccolo cinto che servisse a con- tenere 1’ ernia , l’ infermo mostravasi così addolorato da co- stringere ad abbandonare questo divisamento , e da consi- Dell9 Ernia inguinale congenita 13 gliare invece di ricorrere a più opportuno mezzo che va- lesse a contenere l9 ernia , e garantirlo dai pericoli , che senza di ciò ad ogni istante potevano minacciarlo. Questo io poteva ottenere col mio metodo operatorio, e cioè togliendo il testicolo dal canale inguinale ove era soffer- mato e spingendolo entro l9 addome. Il quale metodo ope- ratorio , libero essendo nel mio ernioso da ogni innormale attacco il testicolo , avrei potuto eseguire , senza incidere il sacco che conteneva l9 ernia e senza sbrigliare l9 interno foro inguinale come feci nel Biagini ed anco senza prevalermi della sottocutanea incisione per ampliare F anello stesso , ma col semplice ed incruento processo di dilatazione del- l9 interno foro inguinale come fatto aveva nel* caso surri- ferito. Nè mi doveva distogliere dal praticarlo il dubbio che in causa della non giovanile età dei mio infermo F allargato interno foro inguinale non potesse di poi restringersi in modo da rendere facile il contenere F ernia col cinto, av- vegnaché F antica e la moderna esperienza aveano già mo- strato che questo pericolo non devesi molto paventare. E diffatti nell’ operare F ernia strangolata, sebbene fra gli antichi l9 Arnaud (1) il Thevenin (2) il Le Blanc (3) pel timore d’incidere F anello strozzante lo ampliassero sol- tanto mercè dilatatori metallici di diversa forma , ottennero ciò nullameno risultati così felici , i quali cotanto animarono il Le Blanc stesso, da fargli proporre la medesima forzata dilatazione anche per tentare la radicale guarigione delle ernie libere (4). E fra i moderni anche più brillanti, e felici risultati osservarono nell’ incarceramento dell’ ernia F Anten , il Servais , F Ossieurs , lo Schuormaus , il Van- Hoeter , il Deladriére usando della dilatazione alla maniera (1) Mèra, de chirurg. (2) Ouvres de Thevenin 1669. (3) lSonvelle raéthode de operer les hernies pag. 148. (4) Veipeau Notiveaux éléments de médicine operatoire Bruxelles 1832 pag. 346. u Francesco Rizzoli di Scutin (1) non aprendo cioè il sacco erniario , e spesso ancora non incidendo menomamente i tessuti che lo ricuo- prono, ma limitandosi soltanto ad ismagliare 1’ anello stran- golante col dito, con una spatola, o come fece il Palamidessi con un uncino particolare (2). E quando particolari circostanze obbligarono a preferire l’apertura del sacco stesso, io per ben più volte sono riescito ( allorché lo sbrigliamento del cingolo strozzante poteva essere susseguito da conseguenze molto temibili usando dello strumento tagliente) non solo ad ampliarlo con agevolezza insinuando dolcemente e gradatamente il dito fra il vi- scere protruso ed il cingolo stesso, e di cotal guisa sma- gliandolo, ma ho ottenuto pur anco così in alcuni casi la successiva guarigione radicale dell’ ernia. Per tutti questi fatti adunque, ed in ispecial modo poi al- 1’ appoggio di quanto da me venne nel Mazzacurati osserva- to , non trovando più motivo che trattenere mi dovesse , d’ operare pure il Lambertini col processo in quello da me usato con tanto vantaggio, glie ne feci proposta, preve- nendolo in pari tempo che rifiutandosi egli a questa inno- cente operazione, non essendo la di lui ernia in modo al- cuno contenibile , sarebbe stato perciò di continuo esposto al pericolo gravissimo dell’ incarceramento della medesima. Dato egli ascolto ai miei consigli, la operazione venne eseguita il giorno 25 Agosto , non controindicandola lo stato dell’ offeso arto inferiore sinistro. Tenuto perciò 1’ infermo nel suo letto in posizione su- pina e fattagli rialzare la coscia cui corrispondeva 1’ ernia inguinale, insinuai 1’ estremità dell’ indice della mia mano destra nell’ apertura inguinale interna, spingendo innanzi la flacida ed assottigliata parete anteriore del canale ingui- nale, e piegata la estremità di quel dito ad uncino stirai in alto, ed alio esterno il corrispondente bordo dell’anello, il quale anello si ampliò con tanta facilità da permettermi (1) Scutin de P etranglement herniaire, moyen de le taire cesser saus recourir a P operation sanglante. Bruxelles 1856. (2) Gazzetta Medica Italiana Toscana. Anno IV. Serie 2.a Tomo 2.° Dell’ Ernia inguinale congenita 15 di insinuarvi attraverso immediatamente il testicolo, e co- stringerlo a penetrare nell’ addome. Applicata poscia su quel canale inguinale una fasciatura compressiva e mante- nutavela nei quattro successivi giorni, conobbi manifesta- mente allora, che il testicolo non aveva più tendenza ad escire dal foro inguinale interno, per discendere nel ca- nale corrispondente, essendosi quel forame di bel nuovo notabilmente ristretto , per cui potei applicare un cinto che servì a contenere V ernia a meraviglia. Guarito il Lamber- tini della frattura della fìbola cominciò ad alzarsi dal letto, ed a camminare per le sale dello Spedale , senza risentire il più che piccolo incomodo all* inguine compresso dal cinto, e senza che 1* intestino ernioso , ed il testicolo escis- sero dall’ addome , il che permise di licenziare 1* infermo dallo Spedale stesso ^ verso la metà dello scorso Ottobre, dopo di che egli poco tardò a darsi con tutta sicurezza alle sue laboriose fatiche. Ed ecco o Signori che per tutto quanto vi ho esposto rimane manifesto , che lo studio anatomico patologico delle varietà di ernia inguinale descrittevi non solo si presta ad appagare la curiosità deli' anatomico, e del patologo, ma bensì a spandere quella luce che può essere di guida al chirurgo nella precisa diagnosi delle medesime , e che in ispecial modo può toglierlo da quelle penose incertezze nelle quali per lo addietro trovavasi, in causa delle idee confuse ed inesatte che esso ne aveva , allorché queste ernie essendo prese da strozzamento , dovevasi onde salvare l5 infermo ricorrere alla sempre temibilissima chelotomia. Ai quali vantaggi un altro non meno importante a g- giugner dobbiamo, quello cioè di potere con una mite, od innocente operazione riescire ancora a contenere, e persino a guarire radicalmente alcune varietà di ernia appartenenti alla specie anzidetta, alle quali la Chirurgia opinava non potersi porre riparo. Ma fortunatamente la face dell’Anatomia patologica la scos- se dal suo letargo, e trascinolla per una via, che ben presto le fece palese, non difettare poi in lei quella possanza , di cui molto a torto fin qui aveva creduto affatto mancare. 16 Francesco Rizzoli NOTA Torna qui acconcio il notare le due seguenti osservazioni onde mostrare quanto debba la pratica del taxis incruen- to , in alcune varietà della specie di ernia descritta, agli studi del Chiarissimo Prof. G. B. Borelli , il quale ap- profittando dei precetti del Richter, dai Chirurghi obliati, potè appunto in due casi di ernia incarcerata della specie anzidetta^ riescire a facilitarne la riduzione (invano da altri tentata) mediante una particolare maniera di taxis incruento. OSSERVAZIONE PRIMA. Essendomi occorso, scrive il Borelli, di osservare il pri- mo caso di questo genere nel paese di Castagnola delle Lenze , laddove veniva chiamato dalla capitale apposita- mente, nè avendo potuto sul momento raccogliere i dati circostanziati del fatto , pregai il dottor Bogliacino medico chirurgo distintissimo di quel Borgo a volermene comu- nicare la storia anamnestica. Ecco in quali termini egli ebbe la compiacenza di scrivermela. Rocca Vincenzo d’ an- ni 46 circa caffettiere di professione, di temperamento san- guigno bilioso, di robusta complessione, portò seco, nascen- do il difetto di una eccessiva brevità del cordone sperma- tico destro , per cui il testicolo invece di discendere nello scroto, come il compagno, si fermò nel canale inguinale sortendo però qualche volta dall’ anello omonimo , e sovente ritirandosi del tutto nella cavità addominale. Senza verun incomodo dipendente da tale anomalia, visse il Rocca sino ai 40 anni. A quest’ epoca incominciò ad accorgersi d’ es- sere ernioso , ma attese a munirsi di brachiere , quando dopo due anni di esistenza 1’ ernia diventò voluminosa sen- za rendersi però mai nè prima , nè dopo V applicazione del bendaggio, in alcun modo molesta. Sui primi giorni di Maggio del 1855 recandosi il Rocca per un tempo freddo Dell’ Ernia inguinale congenita 17 ed umido in un suo podere , nel salire il pendio che vi conduce, risentì un vivo dolore nell5 inguine destro, per cui dubitando , che fuori fosse uscita l5 ernia e che venisse compressa dal brachiere, cercò proseguendo la via di te- nerlo colle dita alquanto scostato ; riuscitogli vano l5 artifi- zio , e continuando a molestarlo il dolore , decise di ritor- narsene a casa. A metà del cammino si fermò , e tentando di far rientrare l5 ernia che erasi fatta ognor più dolorosa , fu sorpreso da tale angustia , che gli fu forza sedere sul nudo terreno, e non potè restituirsi a casa., che sorretto da persone, che per caso là passarono ove esso giaceva cosperso di freddo sudore. Quando lo scrivente arrivò pres- so di lui, già da due ore coricato nel proprio letto, notava le seguenti cose: la fisionomia dell5 ammalato pallida ed ab- battuta come d5 uomo che soffre , i polsi piccoli e frequen- tissimi, la pelle fredda ed umida, qualche conato al vo- mito, l5 addome alquanto dolente ed un po5 teso, un5 ine- sprimibile angoscia allo scrobicolo dei cuore , più tardi vo- miturizioni, singhiozzi, avvilimento ec. un tumore nell5 in- guine destro del volume poco più d5 un uovo di piccione renitente, e doloroso che lo scrivente giudicò per un en- terocele nel primo grado dello strangolamento. Parendogli impertanto urgente il procurare la riduzione del viscere fuoruscito intraprese tosto il taxis, dal quale fu costretto dopo alcune prove a desistere per l5 incomportabile dolore che accusava F infermo non solo al luogo dell5 ernia, ma ben anco alla fossetta sternale. Fu allora che sorpreso di tanta intolleranza venne, chi scrive, dopo ripetute interrogazioni a sapere dell5 esistenza del testicolo nel canale inguinale e potè esaminando più atten- tamente il tumore ernioso, accorgersi che il testicolo si trovava precisamente sul davanti del viscere fuoruscito, e rendersi così ragione dell5 estremo dolore provato dall5 am- malato alla minima compressione. Messo perciò a parte ogni tentativo di riduzione manuale, si ebbe ricorso ai salassi, al bagno universale tiepido , ai cataplasmi mollitivo-torpenti , ai disteri purgativi , ed alle candelette spalmate d5 estratto d5 oppio gommoso , secondo la pratica del Riben , ma non T. xii. 3 Francesco Rizzoli ottenutasi dai detti compensi adoperati per due giorni con- secutivi la desiderata riduzione, ammansatisi d’ altronde al- quanto i sintomi di strozzamento ( vomiti , singhiozzi , ten- sione dell9 addome) si pensò d5 invocare il parere del dottor Borelli, il quale giunto presso 1* infermo, ed informato di tutto quanto venne di sopra esposto, assicuratosi prima della precisa situazione del testicolo , e sospettata la vera causa dello strozzamento , mentre tentava di scostare il te- sticolo dall’ anello inguinale, riesci in un attimo ad otte- nere la riduzione dell’ ernia. OSSERVAZIONE SECONDA. Giraudo Giambattista d’ anni 25 panattiere , di robu- sta costituzione , testicondo destro dalla nascita , sentì or son circa dodici anni dietro uno sforzo qualche cosa di- scendergli nell’ inguinaglia destra, e vi conobbe essere il testicolo fino allora refrattario, giacché d’ allora in poi egli comprimendo sopra quella regione sentiva il suo testico- lo perdersi fin dentro il ventre , e ritornare quindi verso P anguinaglia da cui però non esciva. Evidentemente sotto lo sforzo suddetto il testicolo, sorpassando P anello interno od addominale dei canale inguinale erasi insinuato lunghes- so il medesimo , e lo trascorreva intero per fermarsi all5 anello esterno od inguinale. Ora avvenne che il giorno 10 Marzo 1856 mentre atten- deva ad impastare si sentì ad un tratto dolergli vivamente la regione inguinale destra e gonfiarsi prontamente, quindi essere sorpreso da dolori addominali , nausea poscia conati ec. onde dovette sul campo lasciare il suo lavoro. Ricorso tosto allo Spedale Mauriziano, oltre i sintomi generali dell5 ernia strozzata , i quali eransi manifestati quasi all5 improvviso , presentava all5 inguine destro una tumefa- zione dolentissima, di forma oblonga in perfetta direzione del canale inguinale , sporgente di circa sei centimetri dal- P anello inguinale esterno , di forma bilobata col lobo su- periore corrispondente al canale or detto e P inferiore al- P anello esterno, il superiore più duro, più dolente, e mi- Dell* Ernia inguinale congenita 19 nore di volume , P inferiore più elastico , meno doloroso, e più prominente, P uno, e 1* altro lobo intersecati da una solcatura ben sensibile nella direzione dell’ inguine. Giudicai , così continua a scrivere il Borelli , dal dolore caratteristico e dal complesso dei sintomi essere il lobo su- periore formato dal testicolo entro il canale, e 1’ inferio- re da un’ ansa intestinale fuori dell’ anello , strozzata dalla presenza del testicolo medesimo nel canale. La linea poi di depressione essere formata dall’ anello inguinale esterno. Ammaestrato dal caso sopra narrato , più facile mi riuscì la diagnosi: e quindi evidente l’indicazione curativa, ri- muovere in qualche modo il testicolo onde lasciare il pas- saggio all’ intestino strangolato. Il che appunto , aggiugne il Borelli, potei ottenere sebbene con qualche difficoltà. Infatti oltrecchè il testicolo trovavasi entro 1’ anello , egli era molto profondo come se fosse ricoperto da maggiori strati che non ci siano in quella regione. E così era , giac- ché potei accertarmi essere il testicolo dietro all’ intestino , il quale 1’ aveva in qualche modo accavallato nello sbuc- ciar fuori dall’ anello. In sulle prime credendo di avere a fare con un caso congenere al già descritto procurai d’ in- nalzare fortemente il testicolo abbracciandolo colla punta delle, dita, alla sua base , ma i miei sforzi riuscivano vani , e dovevano anzi impedire la riduzione del viscere , il quale yeniva così maggiormente pigiato contro la parete anteriore del canale inguinale. Allora meglio riflessa la cosa tentai P uscita dall’ anello del testicolo medesimo., e la riuscii, onde P intestino di sbalzo penetrò per il canale entro P ad- dome. Gessò tosto ogni dolore , cessò ogni sintomo di stran- golamento, e quel che è più notevole il testicolo se ne rimase fuori , permettendo a tutt’ agio P imposizione del bendaggio. All’ ottavo giorno il Giraudo lasciava lo spedale munito di adatto brachiere (1). (1) Gazzetta Medica Italiana degli Stati Sardi. Torino Serie 2.a Voi. 7.° pag. 89. DI ALCUNI AUTOGRAFI DEL CELEBRE PROFESSORE LUIGI GALVANI ULTIMAMENTE RINVENUTI DEL DOTT. PAOLO CAV. PREDICHI ( Letta nella Sessione del 29 Novembre 1860. ) Oono già decorsi settant’ anni, dacché il celebre nostro concittadino Prof. Luigi Galvani illustrava questa nostra Accademia, pubblicandone il suo famoso Commentario De viribus electricitatis in motu muscularì ; e voi , Colleghi Pre- stantissimi, già sapete come quel nuovissimo e studiato la- voro , divenisse fonte perenne di splendida luce , e fosse possente cagione di ulteriori esperimenti , sia per la dimo- strazione delle nuove dottrine fisiologiche in quello magi- stralmente sostenute , come per la opposizione di altre dot- trine, nuove pur esse ed importanti, che allora si propa- garono da altri dotti uomini , studiosi di quelle svolgere e rischiarare , col dare ai fenomeni osservati dal Galvani importantissima benché molto diversa spiegazione. Le sco- perte del celebre Volta sulla elettricità dinamica, promosse per certo dagli studi del fisico bolognese, e dal bisogno che questi aveva di spiegare diversamente la causa del moto muscolare, indicata col fluido elettro-nerveo dal bolognese fisiologo , essendo anche oggidì cagioni possenti di progresso nelle fisiche scienze, e perfino di utile applicazione ai Paolo Predieri 22 molteplici bisogni della vita , dimostrano appieno quanta importanza avessero le prime esperienze del Galvani , e quelle altre ancora che dopo la pubblicazione del suo Com- mentario ebbe a praticare; e attestano inoltre come di bello elogio, e di sincera benemerenza sia meritevole, forse più di altri di quel tempo, questo nostro illustre concittadino. Per la qual cosa se alla elettricità dinamica , splendido ramo delle fisiche scienze , si volesse oggidì togliere tutto quello che originariamente deriva dagli studi praticati dai predetti due fisici italiani , ben poco resterebbe alla scienza della elettricità, e questa non si dimostrerebbe meritevole di applicazione alle moderne industrie, siccome per la dina- mica elettricità è avvenuto. Oh ! sì , il nome del Galvani , e F epoca del Commen- tario anzidetto, noi sempre, come tutti i cultori delle scien- ze naturali, dobbiamo tenerla in grande onore; ed ogni notizia dell’ uomo sapiente , e le scritture di lui , che a quello importantissimo lavoro o ad altri suoi si riferiscono, dobbiamo custodirle fedelmente, e vederle con viso ilare, come suolsi fare all’ arrivo di un bellissimo dono o di molto gradita novella ; perchè da esse , come dalle preziose idee di un Genio illustre , possiamo anche oggidì riceverne lume e profitto , per conoscere più addentro i pensamenti suoi, e quei primi studi , i quali poi lo condussero a quella meta , che sf grandemente 1’ onora. Con tali notizie sopra i lavori del Galvani, otterremo pure di meglio illuminare quelle menti , che la ignoranza dei fatti avvenuti , e degli studi » praticati in quel tempo, e dirò anche la passione di parte, aveva tratte in quello inganno involontario, che riesci fu- nesto al vero , sfrondandone per così dire lo splendido al- loro , che debbesi giustamente al genio onorando del bo- lognese scopritore. E bene sei sapeva questo illustre Corpo Accademico, ed il nostro esimio collega Prof. S. Gherardi , allorquando di- venuto possessore di gran parte degli scritti del Galvani, stabiliva nell’ anno 1839, che tutte le opere e memorie di questo grande concittadino venissero riunite, onde pub- blicate in bel volume , ed illustrate con decoro e sapere , Di alcuni autografi del prof. Galvani 23 se ne inviassero copie in moltissime Città, ed ai Corpi scientifici più riputati , affinchè gli errori divulgatisi in precedenza , segnatamente sopra la casualità creduta da molti della scoperta galvanica, si togliessero totalmente, ed oramai intero risplendesse quel vero onorando ad esso do- vuto, che cioè il Galvani fu paziente e giudizioso nello sperimentare, come fu vero genio nell’ inventare la sua teo- rica, e le svariate dimostrazioni esperimentali della me- desima. Ma, Colleghi Prestantissimi, il rapporto, che il Gherardi stendeva in quell’ anno, sugli scritti, e sulle opere del Galvani, non poteva aggirarsi, che sopra quelle allora note e da esso esaminate, non essendovi di tutte in quel tempo completa raccolta. E già questo avveduto relatore se ne dolse grandemente, allorché ebbe a conoscere, che nella mol- titudine degli scritti lasciati dal nostro fisico all’ epoca della di lui morte, buon numero erane andato perduto, e che la distinta dell’ inventario di essi , presso lo zio Pietro esi- stente, superava la quantità degli scritti allora esaminati. Ora appunto volle fortuna, che buona parte dei preziosi autografi in quell’ anno ignorati, perchè sparsi in più luo- ghi , siensi rinvenuti per varie cagioni non facili a verifi- carsi come udrete in appresso ; ed io che alcuni suoi scritti rinvenni a caso, mi compiaccio grandemente di tenervene in oggi degli uni o degli altri concise parole in quest’ Aula Accademica, ove la voce stessa di colui che li vergava si fece le tante volte ascoltare con molto interessamento , e fecesi pure applaudire, per vedersi accoppiate in esso quelle bellissime doti da pochi possedute, soda religione, alacrità d’ ingegno, attività nel lavoro, e temperanza di giudizio. E chi fra voi sarà voglioso di togliermi 1’ interno diletto eh’ io ne sento, col presentare a voi, qui riuniti nella stes- s’ Aula Accademica , un breve transunto di altri scritti au- tografi, sapendoli vergati da lui che li pensava, ed ignoti fin qui agli scienzati di ogni paese , e perciò testimoni no- velli e ben manifesti delle molte fatiche , che 1’ illustre Galvani ebbe per lunghi anni a sostenere? Forsechè dopo il volume da noi pubblicato, più non occorre parlare de- 24 Paolo Predieri gli altri lavori scientifici da esso praticati , perchè fino ad ora totalmente ignorati? Forsechè non si vorrebbe emendare oggidì la biografia di un uomo umile , ma tuttavia grande , ed una storia per tanti anni malamente divulgata , anzi ovunque erronea- mente conosciuta, come scoperta dal caso favorita, e non dal Genio prodotta? Forsechè le esperienze successive non dimostrarono appieno le teoriche dal Galvani annunzia- te? Sarebbe mai inutil lavoro 1’ accrescere di un ramo lo splendido lauro che a lui cinge la fronte , e il detergere da tanta luce quella nebbia che 1’ avvolge , ed offende ? Nò, o Signori, questo non fia mai! Per me che il debbo come amico del vero , in causa degli esami , e confronti praticati ; e per voi come giudici integerrimi e sapienti , sarà per certo fatta giustizia a sì gran merito ; nè la patria nostra vorremmo lasciare priva di quel moltissimo onore che ne ridonda, ampliandone o per meglio dire precisan- done le notizie biografiche , che la memoria debitamente onorano dello illustre concittadino. Ben venga, ben venga a noi quest’ uomo sì bene composto nella persona , sì no- bile nel portamento ; ben venga a rallegrarci con quello sguardo piacevole e intelligente , con quel volto sereno ed amorevole ad un tempo, e qui presente ne riconosca ap- pieno se gli scritti eh’ io vi presento furono da esso ver- gati , se il rapporto che assunsi di compilare, sia almeno conforme a verità, poiché di altri pregi non potrei ador- narlo, onde renderlo elevato e gradito quanto all’argomento si addice ! E voi , o mio Gherardi , che mi foste cortese del vostro consiglio e dei vostri lumi , abbiate le mie più vive congratulazioni , poiché 1’ assenza vostra da questa Città prediletta fù percipua cagione che alcuni di questi auto- grafi a me, anziché a voi pervenissero, che primiero ne assumeste 1’ incarico di ordinatore esatto e veridico , non che di illustratore giudizioso e sagace. Otto sono gli scritti autografi che io potei riunire, e dei quali avrò 1’ onore di parlarvi , non essendosi di essi mai fatto esame , e dirò ben anche discorso veruno. L’ uno di questi, che è il più antico, fu nell’ anno 1856 da me Di alcuni autografi del prof. Galvani 25 rinvenuto originale nelP archivio della nostra Prefettura Governativa , accanto alla copia autentica , firmata essa pure dal Galvani, e consegnata ai Signori Assunti alle cose di sanità cui era diretta. Pare che ivi lo dimenticasse P Au- tore, dopo averne praticato quel confronto, che ognuno suole eseguire innanzi di farsi della copia la stabilita con- segna. Questo mio autografo porta pure la firma di lui , e presenta la data dell5 anno 1775 , essendovi scritto sopra nella copia questo titolo « Sentimento del Signor Dottore » Luigi Galvani sopra la natura del male di cui sono at- » taccate le bestie Bovine nelle Comunità di Vimignano e )> Savignano, di Vigo e Verzuno, di Burzanella, di Montagù » Ragazza , e di Camugnano. Il secondo autografo lo debbo al predetto Prof. Ghe- rardi , che lo rinvenne fra un Cartolare di Manoscritti ra- rissimi, vendutigli dal Libraio Masetti pochi mesi prima eh5 esso nell5 Anno 1848 lasciasse Bologna. Preziosissimo autografo è questo, quantunque nella sostanza noto , per- chè si riferisce all5 argomento dell5 elettricità animale , già in altri suoi lavori ampiamente trattato. Il terzo autografo, pure casualmente rinvenuto fra le carte acquistate dal Masetti, contiene la dissertazione latina Ietta alla nostr5 Accademia il giorno 6 giugno 1796; e risulta dei materiali coi quali scrisse la sua quinta memoria diretta allo Spalanzani, relativa alle esperienze da esso fatte in Rimini sopra le Torpedini. Gli altri cinque autografi da me esaminati appartennero in passato al Prof. Medici, e sono precisamente quei me- desimi , eh5 egli volle lasciare in dono alla nostra Accade- mia , come doppio argomento della grande stima pel Gal- vani , e del vivo interessamento eh5 esso sempre addimostrò a questo nostro consesso. Io vi terrò discorso di ognuno di questi autografi separatamente, seguendone però l’ordine della data o dell5 epoca cui appartengono. Intanto non di- menticherò di accennarvi , che anche tre di questi ultimi manoscritti sono pure riferibili ai suoi prediletti studi del- P elettricità animale ; mentre il quarto consiste nella vita o biografia della consorte sua Lucia Galeazzi ; riferendosi t. xii. 4 26 Paolo Predieri il quinto ed ultimo ad argomento puramente letterario , vale a dire ad un’ Orazione o discorso da esso recitato in occasione di una promozione ad una Laurea, siccome era costume in quei tempi. Ma volendo pur dire ciò che si conviene del primo ma- noscritto, di quello che fu da me rinvenuto, ma ohe era ignoto pur esso agli eredi , dirò eh5 esso dimostra come , fra tanti pregi , il Galvani possedesse pur 'anche quello di cono- scere la medicina veterinaria, e perciò anche l’anatomia com- parata, che di quello studio è necessario ornamento. Fu per questo corredo di studi, da esso appieno posseduti, che potè avere agio di conoscere la forma, e le funzioni dei vari or- gani degli animali , a seconda delle classi, e degli ordini e generi cui appartengono. Diffatti senza il soccorso del- P Anatomia dei bruti non può il medico, il veterinario, od il fisiologo, bene addentrarsi nello stabilire quello che ad una funzione o ad altra si appartenga ; per guisa che lo stesso illustre Buffon ebbe a dire , che senza P Anatomia degli Animali, la struttura delle parti, e le funzioni del corpo umano sarebbero molto meno conosciute. Ed in vero delle varie parti di Anatomia, che egli amò di col- tivare, la Zootomia fu quella cui diede la preferenza. Egli più di altri mostrossi persuaso, che le cognizioni re- lative all’ anatomia degli animali potevano dare molti lu- mi alle scienze mediche; e quindi a quella, ed a que- ste applicò grandemente. Occupato adunque dello studio anatomico degli animali fin da quando esso era Lettore di anatomia umana, n’ ebbe pure il Galvani a conoscere le funzioni in istato sano e morboso dei principali organi os- servati ; di quelli specialmente che più d’ altri passano pel- le mani del volgo, cioè gli animali domestici, e fra que- sti li Bovini. Conosciuta la perizia di questo medico nel giudizio e nella cura delle infermità dei bruti , ed apprez- zata dalla Magistratura bolognese la di lui onestà e peri- zia , si volle annoverarlo accanto al Prof. Baccialli nel Pro- tomedicato Governativo; vale a dire presso di quel corpo morale od assunteria che la sanità pubblica tutela e con- serva, promovendola pur anche, e ritornandola quando in Di alcuni autografi del prof. Galvani 27 malattia sia inevitabilmente caduta. Il nostro esimio Pro- fessore venne adunque, nell’ autunno dell’anno 1775, chia- mato da quell’ Assunteria onde recarsi nelle Parocchie di Vimignano, e Savignano, di Vigo e Yerzuno, di Burzanella, di Montagù Ragazza e di Gamugnano, ove il morbo grave e maligno erasi presentato, ed ove uccideva in brevi ore molti Bovini di quelle parti della nostra montagna bolognese situata come già conoscete fra il fiume Setta ed il Reno. Volgeva 1’ autunno di quell’ anno al suo termine, allor- quando recossi in quei luoghi alpestri. Ivi era lo spavento nei proprietari, il dolore nei buoni per una temuta mici- diale, e più estesa epizoozia. Il Galvani si dirige a , quei monti ; vede le stalle e le mandrie attentamente ; s’ infor- ma dei fatti primi, dei fenomeni presenti, dei processi av- venuti; e fra tanti discordi pareri , fra tante ambagi e te- menze , ordina i fatti , li appura e rischiara , esamina i bo- vini infermi, ne trova dei trapassati da breve tempo ; que- sti seziona, ed attentamente ne osserva i visceri e le parti affette ; gli esiti conosce ed apprende ; ne addita le prime cure degl’ infermi bovini ; propina li farmaci stabiliti , e la profilassi prescrive a seconda dei casi. Quindi tornato in Bologna stende un preciso Rapporto in venti pagine, nel quale descrive al Governo le cause presunte , ed i feno- meni che presentò quel morbo epidemico detto Glossoan- trace ; e quindi espone tutto quanto poteva essere oppor- tuno a rischiarare la indole, ed a precisarne la cura più utile ed opportuna. E per verità,, scrive egli nel suo Rap- porto « se si consideri il numero dei bovini di quel male » infetti e morti, se la natura e condizione dell’ accennato » tumore, che per una specie di maligno absesso cellulare » puossi tenere, essendosi esteso a tanta ampiezza in tem- » po sì breve, ed essendo stata la cellulare che il formava » piena di sangue nerissimo , vale a dire vicinissimo per » lo meno a corrompersi ; se il brevissimo tempo in cui » dopo la comparsa di tale gonfiezza morivano ; se fìnal- » mente, (prosegue a dire) l’annerita pelle sicuro indizio » di mortificazione; se questi caratteri tutti si considerino, » non si potrà a meno di ravvisarne i sintomi principali » di una infermità maligna , acuta , ed epidemicacc. 28 Paolo Prodieri Dopo della diagnosi e delle cause , tratta il Galvani della sede del morbo, sostenendo « che il sito non decide real- » mente della natura del male anzidetto; imperocché an- » che P anatomico Boneto nel Sepolcreto avverte , nascere » P Antrace maligno , bensì d’ ordinario nella lingua delle » bestie, ma riscontrarsi nondimeno ancora in qualunque » altra parte del Corpo ». E dopo questo passa a discorrere della indole o natura dei morbo anzidetto , spiegandone con essa i principali fenomeni osservati , sia nella prontezza della morte, sia nella conservazione della perfetta salute anche poche ore prima del funesto trapasso ; quindi pro- ponendo la cura farmaceutica, e la profilattica od igienica, chiude il suo Rapporto con tali affettuose espressioni , che dimostrano il sapere e F umiltà insieme posseduta dal me- dico relatore. Modello invero di senno e di prudenza io credo possa tenersi questo Rapporto del Galvani, pregie- vole per tutti, e da imitarsi da coloro che sono chiamati dalle autorità per tali esami e giudizi. E se nei nostri ar- chivi potessimo trovare altre simiglianti scritture sopra le epizoozie, che dominarono fra noi nei decorsi secoli , io credo chfe niun paese potrebbe eguagliarci, non che sorpassarci di quanto per noi si potrebbe ottenere. La storia delle epi- demie e delle epizoozie è per vero dire di tanta importan- za nella medicina deli’ uomo come dei bruti, che al dire del grande Sydenham e sua relazione colla elettricità . Ma se le cose da me finora dette non bastassero a di- mostrarvi, che anche dagli autografi da me esaminati si co- nosce quanto stessero a cuore del nostro fisico le opinioni eh’ egli aveva stabilite , e propalate sopra la forza nervea elettrica negli animali , sieno a sangue caldo , come a san- gue freddo, e quindi sulla indole di tale forza o natura da esso creduta alla elettricità simigliante , e come per que- sta parte si debbano chiamare preziosi questi autografi, io ne ho pure letto ed esaminato un pregievolissimo, a noi donato dal Medici , del quale non è fatta menzione in alcun altro lavoro del Galvani. Questo eh’ io chiamerò quinto autografo da me osservato, ha per titolo: Esperimenti nelle ova covate , o per meglio dire , Esperimenti per conoscere gli effetti della elettricità sopra i pulcini delle ova nelle varie epoche del loro sviluppo. E vaglia il vero , nel Rapporto del Gherardi fummo avvertiti, che nel triennio decorso fra il 1780, ed il 1783, il Galvani aveva praticato delle esperienze in- torno alla forza nervea applicata ai muscoli , pei quali espe- rimenti il fluido elettrico viene considerato nudamente co- me un mezzo atto ad eccitare la forza nervea muscolare. Ora appunto si conosce da questo suo manoscritto , che il nostro concittadino, onde pur completare, per cosi dire, variandone le esperienze (col fine di meglio e più ampia- mente studiare l* argomento anzidetto) curò di praticare degli esperimenti anche sopra delle ova covate , vale a dire Di alcuni autografi del prof. Galvani 33 sopra dei pulcini, che avevano la vita bensì manifesta, ma che erano in istato di prima formazione. Le ova, è detto nello scritto, erano state covate sei giorni nelle prime os- servazioni , ed il pulcino esaminato presentava i muscoli simiglianti ad una densa gelatina. Correva il giorno 23 giugno 1781, allorché diede principio agli esperimenti no- tati nel prezioso manoscritto, essendone poi stato l3 ultimo di quelli , il giorno nove Luglio seguente. Come nel primo giorno il pulcino era appena in istato di essere veduto nuo- tante fra il giallo dell3 uovo e 1’ albume condensato, così il Galvani volle esaminare i fenomeni della estrazione della scintilla elettrica , e dell3 applicazione mediata od imme- diata di questa al pulcino vivente , col mezzo di un unci- netto conduttore metallico, allorché la covatura era giunta al nono giorno. Pure altre osservazioni fece nel duodecimo, e nel decimo quinto giorno , lasciando per ultimo lo esami- nare i pulcini che erano stati covati 18 giorni, ovvero che erano da pochi momenti naturalmente sortiti dalle ova co- vate dalla chioccia. Non vi leggerò gli esperimenti ad uno ad uno come fu- rono praticati o scritti dall3 autore , perchè gioverà- meglio, onde conoscere le sue vedute, eh3 io vi esponga i due co- rollari, ch’egli scriveva in calce dei medesimi. l.° Nei primo egli scrisse, che la forza Nervea-muscolare , e la creduta Irritabilità Halleriana nei muscoli , che servono alla volontà, è minore negli animali non nati di quello che nei nati. 2.° Nel secondo che la detta forza nervea muscolare non è poi maggiore quanto Vanimale è più tenero 3 ed i muscoli più molli e più pallidi , lo che si verificò pure trattandosi dei nervi. Dopo ciò il Galvani dirigge a se medesimo la seguente domanda : Questa immobilità ed inerzia negli animali calidi giovani, prima che abbiano almeno le penne, d* onde na- sce ella forse? l.° Dalla lassezza, die3 egli o floscezza dei muscoli? 2.° da quella dei nervi? 3.° oppure dall3 addensa- mento del sangue? i.° ovvero dall3 addensamento della pin- guedine? 5.° oppure dallo avvaloramento del principio elet- trico, congiunto alla parte linfatica vaporosa? fi.0 Forsechè potrebbe nascere dalla temperatura estiva per cui più facil- T. XII. 5 34 Paolo Predieri mente evapori la detta linfa? 7.° oppure deriva forse tale immobilità dal difficile moto degli elementi del nervo? 8.° oppure dallo addensamento della linfa, a cui stiano uniti gli spiriti animali, ossia il fluido elettrico? Tutte que- ste otto dimande, fatte a se stesso dal Galvani, potranno, egli dice, venire rischiarate da successivi altri esperimenti. Da questo prezioso autografo comprendonsi molte utili cose^ fra le quali, che nell’ anno 1781 , il nostro fisico mo- stravasi inclinato ad ammettere la quasi identità del fluido nerveo o dei spiriti vitali, col fluido elettrico; però questo di natura peculiare od animale , perchè colla vita dell’ ani- male si svolge ed è per essa cumulato. In quella guisa, che in questo nostro tempo il Puccinotti in prima , poscia il Dubois-Raymond e 1’ Humboldt credettero di averlo dimostra- to, adoperando sensibilissimi elettrometri, e cioè raccoglien- done per così dire , e misurandone il fluido nerveo-vitaie al momento eh’ esso scaricasi , durante la funzione o con- trazione muscolare del braccio di un uomo vivente. Ma se in onta ai vantati esperimenti , non si è per anche riusciti finora a raccogliere e misurare una minima quantità di flui- do biotico , quello cioè che imponderabile sottilissimo scorre pei nervi dell’ animale , e ne compie le rnaravigliose fun- zioni vitali, non maraviglieremo se il nostro fisiologo non lo potè fare ottant’ anni addietro quando la scienza era anche bambina, e quando per di lui mezzo aveva origine quel ramo di fisica che Galvanismo tuttora si appella. Pe- rò bisogna convenirne , seppe egli così dimostrare fin da quel tempo, e pel primo, che la Rana preparata era l’e- lettrometro più sensibile conosciuto ; e che il fluido elet- trico, che sanno svolgere, e trattenere le Torpedini, il Gihnotto, e l’Anguilla di Surinam* è ben di poco diffe- rente dall’ altro , che scorre dai nervi ai muscoli , svolgen- dosi , ed accumulandosi , per servire negli animali alle sva- riate, benché tuttora oscure, funzioni vitali. Laonde se qual- cheduno avesse pure motivo di credere, che il caso acci- dentale della rana preparata per far brodo , fosse la prima cagione delle esperienze , e delle teoriche svolte nel Com- mentario, io credo che anche le esperienze, che si leggono Di alcuni autografi del prof. Galvani 35 in questo Autografo, servano evidentemente a dimostrare, che il nostro concittadino fù bene persuaso , essere la opi- nione od ipotesi del fluido nerveo-elettrico da esso soste- nuta nella scuola anatomica e fisiologica fino dall’Anno 1767, una verità dimostrabile per via di esperimenti diretti , la quale poteva, non che sostenersi , ma ben anche in appresso dimostrarsi per via degli elettrometri , se non eguali ai conosciuti e metallici, bensì cogli animali, quale, a cagion d’ esempio, colla rana preparata, perchè tale fluido biotico doveva essere pressoché somigliante allo elettrico , in quanto che esso pure era potentissimo, sottilissimo, e perchè an- che obbedisce alle particolari sue leggi dei passaggi. Ma tale e tanta era la persuasione del Galvani per la verità delle idee da esso sostenute sul fluido nerveo , che nuli’ ostante le opposizioni del Volta, e di altri fisici emi- nenti, egli quello non sapeva togliersi di mente; che sem- pre con variati studi cercava di confermarle con ulteriori esperienze e ragionamenti. E voi, Golleghi Prestantissimi , avrete conosciuto nel Rap- porto Gherardi , dal suo lavoro SulV Arco Conduttore , e più poi dalle cinque Memorie dirette allo Spalanzani , come egli, per quasi otto anni, sostenesse una controversia, quanto gentile nei modi, altrettanto stringente, perspicace, e riso- luta, Serbandone perfino l’anonimo, onde viemmeglio co- noscere imparzialmente gli effetti che sulla generalità dei fisici potevano le sue dottrine manifestamente produrre. Nè dopo quelle discussioni egli si ristette tranquillo , perchè, se talvolta fece tregua , riprese ben presto con mag- giore ardore a sostenere il suo compito prediletto. Difatti che ciò sia avvenuto lo dimostra pur anche 1’ altro bello Autografo, eh’ io chiamerò sesto del mio esame, scritto da esso cinque mesi prima che avvenisse la morte sua. Com- piute le cinque Memorie allo Spallanzani, e le altre scrit- ture sull’ arco conduttore, il nostro fisico e fisiologo ad un tempo, aveva già in sua mente le molte idee risveglia- tesi dagli studi praticati, e dalle opposizioni fattegli, tal- ché credeva doverle formulare in tanti chiari assiomi , che la sua dottrina fisiologica brevemente e chiaramente espo- 36 Paolo Prodieri nessero. Ora appunto queste deduzioni, scritte di tutto suo carattere, trovansi notate in quattro fogli, sotto la data 7 Luglio 1798, sicché possiamo conoscere che contengono le proprie convinzioni ultime dei Galvani , essendone morto pochi mesi dopo quelli annotamenti; e debbe anco recar- ci meraviglia come lo stesso Professore Medici, dopo averle possedute ed esaminate, non avesse fatto di esse parola in sua scrittura. Me fortunato, che oggi avrò V onore per il primo di riferirvele esattamente ! « L’ Elettricità animale , egli scrisse , sembra avere due » sedi singolarmente ; P una nei muscoli , 1’ altra nel Cer- » vello , e nello Spinale midollo. Quella che risiede nei » muscoli, opera colla legge del Circolo, o solamente o prin- » cipalmente ; dicesi principalmente, non essendosi ancora » potuto dimostrare cogli esperimenti , che quando si fa » irritamento al nervo , le contrazioni nate si facciano per » mezzo di detto circolo , quantunque però sia assai questo » verosimile. Lo stesso dicasi delle contrazioni che insorgo- » no, benché assai minori , irritato , punto, tagliato il mu- » scolo. Quello che è certo si è che tali contrazioni, prodotte » cioè dalla elettricità residente nei muscoli , non nascono » mai da un semplice leggierissimo contatto o dei muscoli , o » dei nervi, ma esiggono per eccittarsi o alterazione o di- » visione di sostanza , od almeno qualche mutazione’ nella » disposizione ed unione delle parti che compongono il » nervo ed il muscolo; e tai cangiamenti si richieggono mag- » giori nel muscolo che nel nervo. » Non è fuori di ragione il congetturare , anzi sembra ì> molto conforme agli esperimenti ed alle osservazioni , che » le contrazioni insorte per simili mutazioni indotte nel » muscolo , dipendano poi finalmente aneli’ esse da muta- » zioni fatte nel nervo , giacché i nervi sono sparsi per » tutto il muscolo, e formano pure una parte integrante » del medesimo. » La elettricità residente nel Cervello e nella spinale » midolla , si distingue da quella dei muscoli per due carat- » teri da me ravvisati costantemente nelli miei esperimen- » ti; il primo si è quello di eccitare le contrazioni al Di alcuni autografi del prof. Galvani 37 » solo leggier contatto dell5 animale, e singolarmente della pelle. » L’altro nell’animale preparato, di porre in contra- » zione i muscoli sì flessori come estensori successivamente » gli uni dopo gli altri, talché quando nell’ animale pre- » parato si abbia il cervello , o la spinale midolla in- » tatta , si osservano negli articoli i moti di flessione e di » estensione j laddove senza la presenza dell’ uno, e del- » P altra non compariscono mai, che i soli moti di flessione. » Il terzo finalmente si è di indurre tai moti , non solo » pel contatto dell’ animale, ma anche senza; di modo » che questi moti muscolari si possono distinguere in ec- » citanti ed in spontanei. » Tai moti una volta insorti , per insorgere nuovamente » abbisognano di tempo, e di quiete più o meno, secondo- » chè P animale prima della preparazione o della morte è » più o meno vegeto ; e secondochè è più o meno distante » il momento della preparazione e della morte. » Quanto dal detto momento è più lontano, tanto più » di quiete e di tempo sono necessari per ottenere i detti » moti; tanto meno quanto detto momento è più vicino ». Queste adunqne sono le ultime Idee Fisiologiche del no- stro Accademico, e possono credersi il risultamento delle esperienze, e degli studi da esso praticati per circa 30 anni prima del 7 Luglio 1798, cioè pochi mesi innanzi la di lui morte. Certamente a riassumerle di tale guisa chiare e compendiate, avranno giovato le opposizioni del Volta e degli altri fisici di quel tempo; ma però confrontan- dole colle altre da esso pubblicate nella Memoria terza diretta allo Spalanzani, vi si trovano alcune notevoli va- riazioni le quali dimostrano i cambiamenti avvenuti nel suo spirito collo scorrere degli anni , e per causa di altri studi praticati dopo la pubblicazione della sua prima teo- rica inserita nel Commentario. I caratteri poi eh’ esso ne addita per distinguere la elettricità animale insidente nel sistema nervoso, dall’altra dei muscoli, non li ho trovati notati in verun luogo ; e Voi ben conoscete come sieno og- gidì di grande rilievo. E se a quest’ avvertenza si aggiun- Paolo Predieri ga, che il Galvani ha più volte asserito nelle sue diverse memorie, che la elettricità animale non è eguale alla or- dinaria statica o dinamica , ma che è combinata e modificata da qualche principio animale, per cui acquista certi caratteri suoi propri ; le idee esposte nell’ ultimo suo autografo sono anche più sostenibili, solo restandovi la pratica dimostra- zione con un conveniente elettrometro , o per meglio dire con istrumento adatto a misurare la presenza, e la inten- sità del fluido biotico o elettro-vitale in un animale vivente. Ma intanto che ciò sosteneva, e dimostrava nel decorso secolo il nostro Galvani, ne insegnava pur anche, essere la Rana preparata il migliore elettrometro conosciuto ai suoi tempi, talché oggidì , quantunque decorsi 70 anni, niuno ha saputo indicarci un elettometro animale, che più di quella si mostri sensibile alle azioni elettro-vitali; nè le cose riferiteci dal Nobili sopra il moltiplicatore a due aghi confrontato col Galvanometro della rana , nè quelle addi- tateci dal Puccinotti , e dal Jones Bence , nè le altre del Matteucci, nè quelle dello stesso Dubois-Raymond , e del- 1* Humboldt, hanno spinto la questione più avanti dal punto in che lasciolla il nostro Illustre Concittadino. Locchè di- mostra (come asseriscono, oltre il Gherardi , anche il Gri- melli , ed il Cima , nei loro bellissimi scritti sopra questo argomento), che quanto vide immaginò ed espose pel pri- mo il Galvani, fu moltissimo, e che per se solo basta a dichiararlo un Genio illustre , ed in ogni tempo onorando. Mi resterebbe a darvi una succinta indicazione del set- timo, ed ottavo autografo da me ultimamente esaminati : ma essendo oramai trascorso il tempo concesso alla odier- na lettura, mi limiterò a dirvi, che nel rispetto letterario il Galvani non fu grande quanto possiamo tenerlo nel fisio- logico. Egli però nell’ Elogio da me esaminato , scritto in latino ed in italiano per la dì lui moglie , dopo la morte avvenuta della medesima nell’ anno 1790, si dimostra amo- rosissimo marito, ottimo cristiano, storico imparziale, av- veduto ed eloquente scrittore. La sua Lucia Galeazzi colla vita ordinata e modesta , coll’ amore e concordia in che . visse 40 anni consorte al nostro concittadino, giovò senza Di alcuni autografi del prof. Galvani 39 dubbio, come egli ne ricorda, a non distorlo dai propri suoi studi ; dei quali, come oggidì è ben noto , la sola nostra Accademia può annoverarne 39 letti , oltre parecchi altri da noi finora, o soltanto conosciuti di nome, o già rinvenuti come lavori suoi , relativi ad argomenti diversi ; essendone pur anche di questi un notevole esempio F ottavo autografo da me esaminato per ultimo , cioè V Orazione latina letta dal Galvani in occasione di avere conferita la laurea al Pigozzi» Questo però a rigore di termine, quantunque suo autografo, non lo si dovrebbe realmente chiamarlo tale, ma essendo da esso riconosciuto , e di proprio pugno emen- dato in più luoghi, e quindi letto nella detta occasione, debbe annoverarsi fra i suoi scritti corno già il Medici lo aveva indicato. Pregievole si è pure il conoscere da questa breve Orazione, come il Pigozzi fosse un discendente del celebre Malpighi , del quale anzi per eredità conservava quei pre- ziosi scritti , che a tanta fama lo avevano giustamente innal- zato. Nè meno pregievole si è anco il conoscere F altra noti- zia descritta da quest’ Autografo , che F ava di quel nuovo laureando era stata sorella dello illustre Anatomico Alber- tini. Per la qual cosa sarebbe stato da questa scrittura fa- cile di conoscersi ove rinvenire gli scritti Malpighiani , se una mala ventura avvenuta in quella famiglia non li aves- se in parte dispersi or sono 20 anni; mentre altra parte di quei scritti furono dal nostro G. Atti per caso rinvenu- ti, e nell’ anno 1847 pubblicati e messi in salvamento. Laonde quest’ Orazione è da aggiungersi alle tré altre collocate nel Plico N. 12, indicate dal Gherardi , come di pertinenza e di scrittura del Galvani. Pertanto dalle cose finora esposte , o Colleghi Prestan- tissimi , possiamo stabilire , come viemmeglio da questi au- tografi rinvenuti, e dame esaminati, rimanga nitidamente dimostrato, essere stato il Galvani un Uomo studiosissimo, ed attivissimo, un vero Genio, perchè la Idea del fluido elettro-nerveo o biotico nata in esso da favorevolissime , ed occulte disposizioni, ed insegnata fino dai primi anni nella Scuola Universitaria pazientemente , anzi con giudiziosa lo- devolissima ostinazione seppe mantenere , ed ognora più 40 Paolo Predieri per verosimile addimostrare. E comechè avvisino alcuni filosofi, le idee grandi ed originali muovere da una specie d5 eminente, e come dicono altri, ostinata ed irreflissibile inspirazione, la quale vuoisi soltanto retaggio di alcune menti privilegiate e sublimi, pure chi non bene consideri li nuovi concetti divulgati dagli uomini di genio , sembrano casuali ed improvvisi , perchè non si conoscono dagli estra- nei tutti i modi con cui naquero nella mente, nè tutte le vie per le quali passando si maturarono, innanzi di es- sere manifestati. .Anzi io penso queste sublimi idee potersi rassomigliare ad una fiamma, che repentinamente manife- sta il suo splendore, ma che deriva da ben preparato na- scosto fuoco. Certo è\, che dopo le esatte notizie pubblicate dal nostro Segretario Piani, intorno le moltissime disserta- zioni lette e presentate dai Galvani a quest5 Istituto dal- Y Anno 1762 fino al 19 Aprile 1797 (molte delle quali non prima note e conosciute), e dopo ancora le altre no- tizie riferite, e gl5 importanti lavori da me superiormente ricordati, può , dico, asseverarsi , che la biografia del Gal- vani in quanto risguarda l5 ordine esatto, il numero esteso e la moltissima importanza dei lavori da esso eseguiti , non si è per anche potuta scrivere compiutamente da veru- no; e desiderasi tuttora che qualcheduno più di me fortu- nato , riesca a trovare gli altri scritti fino ad ora ignoti a noi e mancanti. Ondechè con tali mezzi si trovi una mente , quanto bene ordinata, altrettanto giudiziosa e sagace, che meritamente a Lui così modesto rivendichi tutto quello che prima d5 oggi non fù conosciuto , e faccia con un com- piuto elogio risplendere quanto si conviene questo Genio italiano, la sua teorica, e le belle e svariate sue esperien- ze fisiche , e fisiologiche ; fonti perenni anche oggidì di lustro alle Scienze, di utile all5 Umanità, di onore a que- sto nostro scientifico Consesso. Il quale non vorrà, io ten- go per fermo, lasciare in oblio gl’ importanti lavori da me ricordati, ma sibbene riunirli a suo tempo agli altri molti già con tanto lustro da esso pubblicati. ILLUSTRAZIONE DEI PRODOTTI NATURALI DEL MOZAMRICO DESIMI»!! INTORNO AD INSETTI DITTERI DEL PROFESSORE GIUSEPPE BERTOLONI Jl ochi anzi pochissimi sono stati gli insetti Ditteri che nelle diverse spedizioni di prodotti Mozambicesi fatteci ne- gli anni passati dal Sig. Cavaliere Carlo Fornasini a noi pervennero, e questi sono tutti della provincia di Inham- bane. Li medesimi numerano venti spece distribuite sotto quindici generi. Qualcheduna di più fu certamente man- data, ma gli individui si guastarono nel trasporto, e fu a me impossibile determinarli. Sì piccolo numero di esseri comprende spece per la mag- gior parte pregievoli nelle collezioni europee , ed alcune affatto mancanti ai musei. Fra queste ultime si noverano otto novelle alla scienza, e che io vi descriverò, perocché sono il sostanziale scopo di questo mio lavoro. Senza maggiori preamboli imprendo ad esporvi una ma- teria per se stessa aridissima , e che non può intrattenere 1’ udienza con qualche diletto, perchè imploro da Voi o Colleghi Umanissimi sofferenza, e cortesia nello ascoltarmi. 1. Helophilus modestus Wiedman. » capensis Macq ? T. XII. 6 42 Giuseppe Bertoloni Questo dittero trovasi nelle collezioni europee proveniente dal Capo di Buona Speranza, ed oggi noi sappiamo che si estende all’ Affrica austro-orientale sino al Mosambico aven- done ricevuto un’ unico individuo da Inhambane sino dal 1842. 2. Sarcophaga haemorrhoìdalìs Meigen. Macq. (non Fallen nec Zetter. ) Questa spece è indigena anche di tutta Europa , ma io ne ho ricevuto un solo individuo da Inhambane sino dal 1842; per cui è certamente estesa anche all’Affrica o- rientale. Il Chiarissimo Professore Camillo Ròndani di Parma , pri- mo fra i viventi Ditterologi europei , è stato da me con- sultato nella illustrazione di cotali spece. Egli largo di quella cortesia che è propria del vero scienziato mi som- ministrò tutti gli schiarimenti, e lumi, pei quali questo mio lavoro raggiugne una perfezione scientifica , che cer- tamente non avrebbe avuto. Pertanto questo dittero in ap- presso verrà distinto con altro nome, perchè il Chiarissi- mo Ròndani colla propria ricchissima collezione aveva di già traveduto che spece diverse erano confuse insieme sotto questo sol nome di S. haemorrhoìdalìs. Genus Somomyia Rònd. Passo a parlarvi di quattro spece di ditteri appartenenti ai novello genere Somomyia del Ròndani , nome che dai me- desimo è stato di recente sostituito al vocabolo Mya per- chè già usato sino dal Linneo onde distinguere uu’ altro gruppo zoologico, ed il vocabolo Somomyia esprime insetto a corpo di mosca « 3. Somomyia suturata. Sub-genus Pollemia Desv. Setosa: capite albescente, vitta frontali nigra ; thorace vi- ridi-aeneo splendente, albo nubilato ; abdomine pallido, semipellucido, annulis colore albo-sericeo splendentibus , margine postipo annulorum nigro , pedibus nigris. Dei prodotti del Mozambico 43 Long. mill. 7. lat. inill. 3. Tab. 1, Fig. 1. Misit Eques Karolus Fornasinus ex Inhambane Mosambici anno 1842. Due soli individui io ricevei di questa novella spece, la quale appellai del nome di suturata pel distintivo caratteri- stico del margine posteriore degli anelli addominali nero. La testa è bianco-sudicia divisa nella fronte da una striscia mediana scura, che nella estremità sua posteriore si bifor- ca comprendendo nel mezzo un tubercolo anche più scuro, di figura allungata. Gli occhi sono finamente sagrinati , con un margine largo di color del rame , e con una grande macchia nera triangolare circondata dal detto bordo. I palpi colla lente si scorgono rosso-foschi, ottusi nell’ apice, ed un poco più scura anzi quasi nera è la tromba. Le se- tole frontali sono un poco ricurve all* indietro, stanno la- terali e quasi parallele alla descritta striscia, le setole orali più sottili , che stanno attorno ai bordi della bocca dispo- ste in serie longitudinale , comprese le due vibrisse più lunghe, sono nere ; le ariste antennali mostransi piumate e dello stesso colore rossastro dei palpi. Il corsaletto risplende del color metallico di rame, prin- cipalmente se si guarda coll’ occhio armato, ed è tutto quanto cosperso di una leggera velatura biancastra, e di setole nere, rade, ricurve, di lunghezza fra di loro dis- uguale. L'addome è semipellucido cogli anelli rossastri, zonati di nero nel margine posteriore , e risplendente a guisa di madreperla cangiante a seconda dei movimenti, inoltre è tutto quanto cosperso di corte setole nere, ricurve, e pie- gate dall’ avanti all’ indietro; quelle del margine posterio- re degli ultimi anelli sono più lunghe e più grosse. Le ale mostransi trasparenti come vetro, le alette invece sono bianche, ed opache. Le zampe nere , cosperse di setole , come le altre parti del corpo, hanno il lato esterno dei femori anteriori rico- perto della stessa velatura biancastro-risplendente all’ occhio armato , come mostrasi la superficie del corsaletto. u Giuseppe Bertoloni Nulla sò dire dei costumi e delle metamorfosi di questo novello dittero piuttosto di colori vaghi , ma che lo saran- no anche di più vivente V animale. 4. Somomyia marginalis Wiedman. Subgenus Ghrysomya Desv. (*) Lucilia Macq. La Somomyia marginalis Wiedman è una grossa Mosca affricana , che risplende di verde metallico tendente al bleu. Dessa è comune nelle collezioni europee. Il Wiedman la dice indigena del Capo di Buona Speranza, della Nubia, e dell’ Arabia deserta , per lo che è estesa probabilmente a quasi tutta 1* Affrica, perchè due individui io ricevei dal Mozambico. 5. Somomyia sericata Meigen. Subgenus Lucilia Desv. Macq. Questo dittero splendente tutto quanto di un bel color verde gaio metallico, eccettuatane la testa, è comunissimo in Europa, ed oggi si può accertare, che si estende ancora sino ai Mozambico, che è provincia dell’ Affrica da noi lontanissima, perchè due individui mi furono mandati da quel paese sino dal 1842. (*) H Professore Róndani in una lettera recentissima datata del 18 decem- bre 1860 così mi significava relativamente al genere Chrysomyà. Sono sue pa- role » Il genere Chrysomyà del Robin. Desv. confuso dal Macquart colle sue Lucilie dovrebbe appartenere al mio genere Somomyia,, ma la spece tipica delle Crysomie ( la Musca marginalis del Wiedman ) non può oggi lasciarsi congiunta alle altre del genere di Macquart, e deve rimettersi in onore quello del Robineau. Benché si debba accettare attualmente il Gen. Chrysomyà del Desvoidy, im- porta però di stabilirne i veri caratteri distintivi , che possono ridursi ai se- guenti , come i principali che lo separono dalle Lucilie , e Somomye. Gen. Chrysomyà Desv. — Musca Wdm — Lucilia Macq. Epistomium vix setulis duabns parvis munitum; oris apertura setis marginali- bus destituta: alarum vena secunda longitudinalis costalem attingens,, fère aeque Ionge a prima et a tertia , eie. Quando questo genere del Robineau venga accettato, converrà di cambiare il nome stesso adoperato dal Macquart per un genere delle Statiomydiaee , ed invece di Chrysomyà propongo per questo genere del Macquart il nome di Myochrysà. Dei prodotti del Mozambico 45 6. Somomyia subtranslucìda . Subgenus Ochromya Macq. corpore pallide rufo , subtranslucente ; oculis , fasciis dua- bus longitudinalibus thoracis , parte postica abdominis , apice excepto , nigris. Long. cent. 1. et mill. 2. lat. mill. 5. Tab. 1. Fig. 2. Misit Eques Fornasinus ex Inhambane Mosambici anno 1842. Di questa novella spece ricevei due soli individui. Dessa non è risplendente di vivaci colori come le altre tre sum- mentovate. Squallido rossastro è il colore predominante della medesima , e tutte quante le parti del corpo mostransi semitrasparenti. La testa di grandezza proporzionata alle altre parti è urf poco più pallida del corsaletto. Gli occhi sono neri , sagri- nati , poco splendenti ; nere mostransi pure le poche setole appena curve , che stanno attorno al cavo della bocca ; i palpi e la tromba hanno un colore un poco più carico del resto della testa ; le ariste antennali pennate , e le corte setole inferiori agli occhi si scorgono dall’ occhio armato bionde. Il corsaletto è rossastro-pallido con un solco trasversale nella faccia superiore, e due striscie longitudinali parallele nere appena interrotte ossia intersecate dal detto solco tra- sversale. Lo guerniscono setole nere, rade, ricurve, piegate dall’ avanti all’ indietro, e più lunghe di quelle, che in minor numero sono sulle altre parti del corpo. L’ addome mostra i primi anelli dello stesso grado di colore del corsaletto, ma i posteriori gradatamente si fanno più scuri , 1’ apice però dell’ ultimo è dello stesso grado di tinta giallo-rossastra dei primi ; ed il margine posteriore degli ultimi tre anelli è guernito di qualche setola nera maggiore, gli altri ne mancano. Le ale e le alette sono perfettamente diafane. Le gam- be squallide, semitrasparenti portano setole nere piuttosto Giuseppe Bertoloni 46 corte. A cagione della semidiafaneità di tutte le parti del corpo questo dittero un poco più grande di una mosca co- mune comparisce assai leggero , e fragile. I costumi del medesimo mi sono affatto ignoti. 7. Dichromya caffra Macq. Il Macquart dice che il Sig. Delegorgue rinvenne que- sto dittero nella Caffreria sulle ripe di un fiume alla di- stanza nord-nord-ovest di venti leghe dal Natale, e si sof- fermava per lo più sulle foglie di un arbusto di odore sgra- devole. Io posso accertare che è insetto comunissimo ad Inhambane, donde ne ricevei moltissimi individui e nel 1842 e più nel 1848. 11 colore della testa tutta quanta rosso come il sangue, mentre il corsaletto , e 1’ addome risplendono di color vio- letto carico, e le ale e le zampe sono nere, procaccia a questo insetto una singolarità, e novità di aspetto che lo rendono vago all’ occhio , e richiamante lo sguardo , e forse questa è stata la cagione, per cui me ne furono spediti moltissimi individui a differenza delle altre spece che mi pervennero in numero scarsissimo ; però , non è molto rara nelle collezioni europee. Un’ altra spece dello stesso genere è nota agli Entomo- logi, e trovasi indigena nel Brasile. 8. Campilocera ferruginea Macq. Un solo individuo della medesima dalle ripe del fiume Magnàrra mi fu mandato dal Sig. Cavaliere Fornasini nel 1848, ed il Macquart la dice proveniente dal Senegai, perciò oggi possiamo dirla indigena tanto dell’ Affrica oc- cidentale che dell’ orientale. 9. Diopsis curva. castaneo-fusca , sincipite complanato nigro , alis subdia- phanis , nigro-zonatis , zona graciliore curvata , latiore antice maculis tribus subdiaphanis , apicali dilutiore. Long. mill. 5. lat. mill. fere 2. Tab. 1. Fig. 3. Dei prodotti del Mozambico 47 Individuimi unicum accepi ex Inhambane Mosambici ab Equite Karolo Fornasino. Haec species proxima Diopsidi circulari Macq. , quae habi- tat Indias orientales. Questo piccolo dittero è novello alla scienza. Ha le parti del suo corpo castaneo-fosche , e quasi nerastre. La testa nella parte superiore appianata a disco è nera ; gli occhi si mostrano un poco più scuri delle corna , che li sostengono nell5 apice come è proprio di questo singolare genere dei Linneo , e ad occhio armato si distinguono finamente sa- grinati. Le piccolissime antenne sono dello stesso grado di tinta delle corna. La faccia è nera come il sincipite. Il torace collo scudetto, e le appendici, che hanno fi- gura di corna agute, lucide, liscie, appena incurvate , mo- strano uno stesso grado di tinta castaneo-fosca in tutte le loro superfici, siccome pure le due piccole punte * che sporgono vicino ed inferiormente una per lato all’ inserzio- ne delle ale. L’ addome è depresso, ristretto nella base un poco più di quello della D. circularis ; verso 1’ apice si eleva , e si allarga , ed il grado delle sua tinta fosca non diversifica da quello del corsaletto. Le ale sono bianco-trasparenti , rigate da quattro fascie trasversali nero-sbiadite. La prima fascia della base si può dire variegata per lo lungo di bianco-squallido e di nero, perchè nelle vene la tinta riesce più fosca. Questa fascia resta divisa dalla seconda da una serie trasversale di tre macchie quasi confluenti, decrescenti anteriormente dall’in- terno all’ esterno. La fascia più estesa delle altre è tutta quanta di uno stesso grado di tinta fosca, omogenea, col margine esterno convesso, mentre 1’ interno riesce a piccoli incavi all’incontro delle macchie semidiafane; la terza fa- scia è sottile , separata dalla seconda e dall’ ultima da uno spazio bianco semi-trasparente ad un dipresso delia stessa larghezza di essa fascia, la quale è incurvata col margini* concavo internamente e col convesso esternamente , dal qual carattere, ho desunto il nome della 8 pece ; la quarta ed ultima fascia occupa tutta 1’ estremità dell’ ala , ed il 48 Giuseppe Bertoloni grado di sua tinta è un poco meno oscuro delle fascie in- terne. La figura terza della tavola prima farà meglio della mia descrizione conoscere la disposizione delle tinte di que- ste ale. Le gambe sono piuttosto sviluppate in lunghezza , e gra- cili, di colore fosco, ma nn poco più pallido di quello del corpo. Le altre spece conosciute di questo genere sono tutte esotiche delle parti tropicali dell5 antico mondo, e princi- palmente dell5 Affrica occidentale. Westwood già nel 1834 ne illustrò ventuna , e fra queste , nove che erano scono- sciute. Altre tre ne descriveva il Macquart nel 1843 che con questa mia numerano oggi venticinque spece note, e descritte. Il Macquart opina che l5 insieme di cotali spece si debba elevare al rango di Tribù , perchè la loro orga- nizzazione le allontana dalle Muscidee , e dalle Seppidee : ciò facendo si raggrupperanno in generi a seconda de5 loro caratteri, quando di questi ditteri si avranno cognizioni anche più estese. Nulla io so dirvi del modo di vivere di questa mia spe- ce. Il Macquart ci dice che le altre spece abitano i luoghi aprici e le rupi , o luoghi aridi , e sabbiosi , sopra i quali si veggono volare a sciami a date ore del giorno,, e che siccome molti altri insetti ad occhi sporgenti, quali sono le Cicindelle, gli Elaphri, gli Stenus, molti Hemitteri ec. ec. sono tutti rapaci e voraci carnivori, così questi ditteri, che portano gli occhi collocati all5 apice di lunghe corna, e perciò sporgentissimi, è assai probabile che sieno dessi ancora voraci di altri animali. 10. Thereva apicalis . obscuro-ferruginea ; fronte zonis albis trasversalibus , fer- ruginea intermedia; antennis hyalinis apice nigro; tho- race, abdomine subtus fuscis , supra ferrugineis ; alis pel- lucidi vix ferrugineis; pedibus subdiaphanis lutescentibus. Long. cent. 1. lat. mill. 2. Tab. 1. Fig. 4. Habui ex Inhambane Mosambici ab Equite Fornasino anno 1845. Dei prodotti del Mozambico 49 Tre individui a me furono mandati dai Sig. Cavaliere Fornasini di questa novella Thereva la quale ha il lato posteriore del capo , che si articola col torace ricoperto da un tomento bianco ; la fronte nello spazio , che rimane fra gli occhi di figura quasi triangolare, è divisa in tre fascie trasversali, la superiore collocata all’ apice troncato del triangolo è la minore , di color bianco , quella di mezzo maggiore di color fulvo col marginé posteriore convesso , e 1* anteriore retto colla superficie longitudinalmente rigata di solchi; la terza pure bianca, come la prima, è la più lunga,, divisa in mezzo da una depressione; le antenne che confinano col mezzo del margine inferiore di questa striscia sono di color carnicino , semitrasparenti , col mar- gine anteriore degli articoli con poco fosco, e V apice di esse nero, ed acuto, il qual carattere marcatissimo ini in- vogliò di chiamare questa spece apicalis. Gli occhi sotto la lente si scorgono finamente sagrinati , e risplendenti a guisa dell’ ottone pulito in tutta lo loro superficie assai estesa : la tromba è fulva. Il torace mostrasi nel disopra scuro, ricoperto da fina e corta peluria fulva, per cui riesce la parte più fosca del corpo , nel disotto è ferrugineo , cosperso di bianchi peli , più fitti anteriormente all* inserzione delle gambe. L’ addome tutto quanto ferrugineo porta peli cortissimi, bianchi, radi , ma più spessi nella parte anteriore. Le ale poco trasparenti , movendole hanno il riflesso per- iato , le loro vene sono molto marcate , e nelle ramifica- zioni sopra tutto sfumate di color ferrugineo , per lo che senza V aiuto della lente anche il totale dell’ ala riesce allo sguardo dello stesso colore. Le gambe semitrasparenti sono di color giallastro, co- sperse di peli bianchi, corti, radi, e colle spine nere. Questo insetto non bello ha il pregio della novità, e della rarità. 1 1 . Damalis venustus. articulis antennarum nigris , imbricatis , extremo in se- tam albam producto; thorace nigro splendente, tomento T. XII. 7 «rden^ Mo, Br 50 Giuseppe Bertoloni rufo-albescente partialiter tecto, abdomine ferrugineo splendente; alis diaphanis , a basi ad medietatem obfu- scatis ; femoribus , tibiisque ferrugineis , tarsis obscu- rioribus. Long. cent. 1. lat. mill. 2. Tab. 1. Fig. 5. Individuum unum habui ex Inhambane Mosarnbici ab Equite Karolo Fornasino anno 1845. Questa è una bellissima spece novella di dittero, prin- cipalmente per la singolarità dei torace , e la vaghezza dei colori delle parti dei suo corpo. La testa è nera , ricoperta da tomento biancastro cogli occhi, che ne occupano la maggiore estensione, sagrinati, del colore di castagno fosco. Nella parte superiore dello spazio , che separa gli occhi è un3 elevazione o tubercolo appianato, sul quale sono inseriti tre occhietti splendenti, rossastri , e poco sotto a detto tubercolo stanno impiantate le antenne, fatte di neri articoli, embricciati , l3 ultimo de3 quali è allungato in una setola bianca appena un poco ingrossata nell3 apice. La faccia è guernita da due serie di setole bianco-argentine splendenti. La tromba, e le parti che l3 accompagnano, sono nere splendenti. Il corsaletto è molto rigonfiato , ed al massimo grado gibboso superiormente, anzi dire si può che desso protu- bera nella parte superiore in un gobbo emisferico. Il to- race mostrasi nero, splendente in quelle parti, nelle quali resta privo della peluria o tomento bianco-rossastro , che lo ricuopre. II gobbo emisferico ha di questi spazi nudi. Uno centrale longitudinale , che anteriormente dall3 origine sino alla metà di sua lunghezza resta ricoperto nel mezzo da una striscia ovale allungata del medesimo tomento , e posteriormente vicino alla base questo tomento si insinua per corto tratto nel mezzo dello stesso spazio nudo, il quale perciò finisce biforcato. Inoltre due altre porzioni prive di tomento si osservano in ogni lato vicine a quella del mezzo nella metà posteriore di detto gobbo. Quella più vicina alla base del torace è di figura triangolare, l’al- tra trapezioide. Cotali spazi denudati e neri mostransi splen- Dei prodotti del Mozambico 51 (lentissimi anche a vista nuda. Nel disotto il corsaletto è ricoperto in un coi trocanteri dello stesso tomento bianco sudicio, il quale in que’ punti, dove riesce rado, lascia trasparire il nero colore splendente a guisa di quello dei descritti spazi nudi della parte superiore gobba. L’ addome è un poco depresso, di bel colore ferrugineo splendente, cogli ultimi anelli neri nel margine posteriore, mentre gli altri lo sono minimamente ai Iati dove si arti- colano insieme. Le ale diafane mostrano il riflesso della madreperla, ma la prima metà è offuscata da una sfumatura fuliginosa , men- tre la metà posteriore resta perfettamente trasparente quale limpido vetro, che anzi in questa porzione le stesse vene sono bianco-pellucide, mentre nell’ altra porzione riescono fosche, siccome è fosco il margine anteriore in tutta la sua lunghezza , e perciò anche in quella porzione che corri- sponde alla parte perfettamente diafana dell’ ala. I femori e le tibie guernite di punte nerastre risplen- dono dello stesso colore ferrugi neo-rosso dell’ addome , e coll’ aiuto della lente si scorgono semidiafani. I tarsi, gli uncini, e le setole maggiori sono nerastre, e bianco-pel- lucide, coll’aiuto della lente si scorgono i pulvilli ossia le appendici membranose dei tarsi. E rincrescevole di avere ricevuto un solo individuo di questa bellissima spece, che sarebbe bene accettata dai ditterologi per le proprie collezioni , i quali perciò , onde osservarla , converrà , che visitino il nostro museo , siccome altri fecero per conoscere i rarissimi coleotteri affricani tuttora mancanti ai gabinetti delle maggiori capitali di Europa. Di questo genere sino ad ora sono conosciute soltanto altre due spece, 1’ una indigena di Sumatra, e l’altra del Tranquebar. 12. Microstylium simplicissìmum Lòew. Un solo individuo di questa spece descritta dal Lòew ricevei nel 1848 da Inhambane. Anche il Lòew la dice in- digena del Mozambico. 52 Giuseppe Bertoloni 13. Lampria serripes Fab. Di questo bello insetto ottenni pochi individui da Inham- bane : e siccome il Fabricius lo dice indigeno della Gui- nea, così oggi lo possiamo considerare diffuso in Affrica, perchè si rinviene e nell9 occidente e nell5 oriente di quel continente. ti. Gephalocera Bellardi . capite nigro, antice pilis albescentibus tecto; articulo extremo antennarum in basi constricto; thorace supra nigro, pilis albis seriatis lateralibus ; abdomine nigro, alboque annulato ; superficie inferiori corporis , pedibus- que ferrugineis. Long. cent. 1. et mill. 7. lat. mill. 3. Tab. 1. fig. 6. Misìt Eques Karolus Fornasinus anno 1848 ex Inhambane. Questa novella Cephalocera ha la testa nera, siccome sono neri li sagrinati occhi , le antenne , e la tromba , ma queste ultime sono opache. L’ articolo estremo delle antenne è clavato , ha nella base un marcatissimo assottigliamento discernibile colla lente, per cui F articolazione mostrasi strangolata. Il corsaletto nella superficie superiore è nero, asperso di corti peli biancastri , ed i margini laterali del medesimo sono guerniti di peli lunghi , seriati a modo di frangia , nel disotto poi è di colore ferrugineo cosperso principal- mente ai lati di pochi peli biancastri. L5 addome nel disopra ha gli anelli neri col margine po- steriore listato di bianco , ecettuato F ultimo , che è tutto quanto fosco. Sopra la fascia bianca del secondo anello si osservano una per parte due macchie ovali di color ferru- gineo lucido , trasversali , orlate di nero , ed una corta pe- luria ferruginea confina colla striscia bianca. Il disotto poi è tutto quanto ferrugineo, cosperso di corti peli radi bian- castri verso la base, e ferruginei verso F apice. Le ale sono trasparenti colle vene giallognole. I bilan- cieri pedunculati, foschi, e piccoli hanno figura cuneata. Dei prodotti del Mozambico 53 Le gambe mostransi dello stesso colore ferrugineo del disotto deli’ addome , cosperse tutte di peli biancastri , e colle unghiette fosche. Desiderando di onorare in qualche modo lo scienziato illustre signor Bellardi fregiai del suo nome questo raro dittero, del quale posseggo un solo individuo. Due altre Cephalocera del Capo di Buona Speranza, ed una quarta del Capo Delaiande sono note agli entomologi. 15. Bombylius (non distinguendus ). Vi porgo o Golleghi questo altro dittero, che è un pic- colo Bombilio nero, col corsaletto lucido, e le ale semi- trasparenti, perchè sono offuscate principalmente verso l’a- pice da una sfumatura giallognola. Con questi pochi carat- teri non è possibile bene distinguerlo e descriverlo es- sendo nelle altre sue parti molto traforato e rosicchiato dal tarlo. 16. Exoprosopa imbuta ? Walck. Anche intorno a questa spece ho consultato il Chiaris- simo Ròndani rimanendo io incerto nello stabilire se sia o di già nota, e descritta, o novella alla scienza. Egli pure dubitativamente la riporterebbe , siccome ve 1’ ho nomi- nata , all’ E. imbuta del Walker descritta nella parte pri- ma del suo Specimens of Dipterous insects in thè colle- ction of thè Brìtish Museum ; ma 1’ autore della suddetta spece non ne conosceva la patria , e se pertanto questo unico mio individuo appartenga realmente alla medesima si potrà ora con certezza stabilire che ne è la patria 1 Af- frica orientale, posciachè la ricevei sino dal 1842 dal- T Inhambane del Mozambico. 17. Tabanus latipes Macq. Il Macquart dice questo dittero indigeno del Senegai , ma 1’ unico mio individuo fu preso dal Sig. Cavaliere For- nasini sulle ripe del fiume Magnàrra nel Mozambico, donde lo ebbi nel 1848, per cui si può stabilire che cotale spece si estende dall’ Affrica orientale all’ occidentale. 54 Giuseppe Bertoloni 18. Tabanus subelongatus Macq. Macquart riferisce che il Sig. Delegorgue lo rinvenne per la prima volta nella Caffreria, ed io ne ricevei pochi individui dall’ Inhambane nel 1848. 19. Tabanus Inhambanensis . elongatus , nigricans , oculis macula triangulari margine fuscis ; thorace lineis tribus, lateribus albidis ; abdomine fusco , maculis albidis longitudinaliter triseriatis ; femori- bus, tibiis rufis; tarsis fuscis. Longus cent. 2. lat. mili. 8. Tab. 1. Fig. 7. Individuum unum obtinui ex Inhambane anno 1848. Sebbene il genere Tabanus sia ricchissimo di 140 e più spece già note e descritte dagli autori , e queste diffuse per tutte le terre del globo, pure eccovene una novella, che distinsi del nome dei paese , dove fu trovata indigena , e che ha molta somiglianza col T. subelongatus soprano- minato, ma dal quale diversifica per caratteri molti. La testa di questo novello dittero, che è un individuo maschio, mostrasi un poco più grande che nell’ altra spe- ce. Gli occhi sagrinati, del colore di rame opaco hanno una macchia triangolare fosca nel mezzo, estendentesi sino al margine interno; e poiché in questo genere nel sesso mascolino stanno uniti assieme come per sutura , così una sola direbbesi la macchia scura, che attraversa ambo gli occhi assottigliandosi dessa verso i lati esterni colle estre- mità dei due triangoli aventi la base alla sutura ; inoltre gli occhi nel margine sono circondati da due orletti neri , posteriormente fra di loro pochissimo scostati, e molto più gradatamente nella parte anteriore , di guisa che in questa resta fra i due orletti una porzione dell’ occhio sagrinata più finalmente, e questa pure del colore di rame , ma più intenso della porzione che circonda la macchia triangolare nera. Le antenne sono giallo-rossastre , scure nella base , e nere nell’ apice ; il primo loro articolo compresso ai lati , Dei prodotti del Mozambico come gli altri si prolunga in una punta superiore ottusa , fo- sca, mentre il resto è rossastro, il secondo pure si prolunga in una punta anche più lunga, sottile, superiore, rossastra, acuta, mentre il margine opposto non è prolungato in punta, ma piano, e fosco; il terzo articolo poi è tutto quanto giallo-rossastro , molto dilatato alla base , e nella parte su- periore di detta base rialzato in un dente acuto , rivoltato un poco allo insù nell* apice,, gli altri articoli sono tutti neri. Gotali distinzioni non si ponno fare che coll’aiuto della lente. La tromba è nera guernita di qualche peluzzo bianco , rado. Tutta la porzione della faccia compresa fra i margini inferiori degli occhi è ricoperta da spessa peluria biancastra, in mezzo alla quale spicca la detta nera trom- ba; inoltre 1’ occhio armato vi discerne i palpi rigonfiati , un poco rossastri , ne’ quali si discoprono peli neri , corti , abbastanza robusti. Il torace superiormente è di colore marrone nerastro , rigato da cinque striscio longitudinali vellutate , biancastre. Una mediana, che si parte dal margine anteriore e venendo verso il posteriore gradatamente quasi si cancella, e che co- minciando dal margine posteriore giugnendo sino a’ due terzi della lunghezza del corsaletto verso 1’ anteriore resta divisa nel mezzo da una linea nerastra sottile. Altre due striscie sono equidistanti dalla mediana quanto desse sono larghe , ma verso la parte posteriore convergono un pochetto. Le altre due striscie biancastre parallele alle descritte stanno collocate al margine di questa faccia superiore appena un poco superiormente alla inserzione delle ale. Gli spazi ne- rastri compresi fra queste striscie biancastre sono lucidi, e sembrano di superficie disuguale. Il disotto del corsaletto ed i lati hanno un colore più pallido del disopra , e fra le zampe anteriori e 1’ articolazione della testa, siccome ai lati, si scorgono peli bianchi spessi. L’ addome è dello stesso colore fosco del torace , ma un pochetto più rossastro di questo; nella faccia superiore mostrasi segnato da tre serie longitudinali di macchie trian- golari bianche che decrescono di grandezza e di intensità dalla base andando verso T estremità posteriore : queste 56 Giuseppe Bertoloni macchie hanno il loro contorno sfamato. Il disotto dell9 ad- dome è castaneo-rossastro un poco più scuro posteriormente, e la lente lo discerne provveduto di peluria bianca , eccet- tuata quella dell9 ultimo anello, che è scura. Le ale sono perfettamente trasparenti , e lucide , con vene giallognolo-fosche , siccome è dello stesso colore la stretta porzione, che rimane fra le due prime nervature del margine anteriore delle medesime. Le gambe mostransi rossastre , le anteriori coi tarsi neri e le unghiette nere, le posteriori coi tarsi guerniti di peli fitti , mentre gli articoli , che li portano , traspariscono sotto la lente rossastri , e le unghiette anche di queste sono nere. 20. Pangonia Róndani. castaneo-fusca : oculis nigrescentibus ; facie, antennis, pro- boscide rufis ; thorace supra castaneo-fusco , opaco ; ab- domine castaneo-rufo , subtus pallidiore ; pedibus rufis. Long. cent. 1. et mill. 5. lat. mill. 8. Tab. 1. Fig. 8. Individuum unum habui ex Inhambane anno 1848. Questa spece novella di Pangonia, che fregiai del nome chiarissimo del Ditterologo Italiano, si distingue perchè il suo corpo è poco snello, di colore castaneo-fosco anteriormen- te, tendente al biondo posteriormente. Gli occhi sono ne- ro-olivastri, sagrinati, divisi l9 uno dall9 altro da uno spa- zio facciale rosso-ferrugineo nella femmina , che porta le antenne dello stesso colore , guernite di peli neri radi, di- scernibili colla lente, inoltre l’astuccio della proboscide è pure nero , eccettuata la base , e le setole che contiene , le quali sono fulvo rossastre. Una serie di setole rade bian- che stanno attorno al cavo della bocca. Il torace nel disopra è castaneo-fosco, ricoperto da un tomento fitto più verso li propri margini. Subito sopra la inserzione delle ale porta una striscia curva di peli bian- chi piuttosto lunghi e fitti , colla convessità guardante l9 in- serzione della rispettiva ala; il disotto poi è vestito di peli color ferrugineo-rossastri , che si fanno bianchi vicino ed Dei prodotti del Mozambico 57 anteriormente all’ inserzione delle zampe anteriori , e late- ralmente ali’ inserzione delle zampe di mezzo. Lo scudetto è a forma di baule quadrilatero, trasversale, cogli angoli allungati in punta. Ha lo stesso colore del corsaletto. L’ addome è dilatato posteriormente, un poco convesso superiormente , e col margine posteriore e laterali sino a certa distanza dalla base molto assottigliato. Nel centro della base ha una macchia nera, della quale il margine convesso è voltato posteriormente , e 1’ anello che la porta è di colore ferrugineo-giallo. Il restante dell’ addome dello stesso colore ferrugineo si oscura gradatamente verso l’ a- pice, cosperso di peli radissimi neri discernibili colla lente, mentre i margini sono guerniti di peli bianchi, risplen- denti all’ occhio armato. Il disotto dell’ addome è nudo, un poco lucente , di colore giallognolo pallido verso la base, col centro dei tre primi anelli mostrante una macchia oscu- ra, sfumata; gli altri anelli poi hanno colore rossastro-ca- staneo, e scuro ai lati, eccettuati i due ultimi, che sono squallidi ; la lente inoltre scorge sugli anelli qualche pe- luzzo biondo. Le ale trasparenti, ma un poco offuscate da tinta fer- rugineo-giallognola mostrano le venature del colore di oc- ra di ferro. Le gambe sono pallidamente rossastre, semitrasparenti, colle unghiette scure. Queste sono le sole venti spece di ditteri, che ricevei dal Mozambico, mentre tanta abbondanza di coleotteri mi pervenne, come bene sapete, da quello stesso paese. La cagioue di tanta scarsità dei primi che pure sappiamo esi- stere sulla faccia del globo in massima abbondanza e mol- tiplicazione della spece, che equipara secondo l’opinione di alcuno entomologo l’abbondanza, ma non la moltipli- cazione delle spece dei coleotteri, sta nelle circostanze di- verse del vivere di questi due ordini d’ insetti, e quindi nella maggiore o minore difficoltà di farne la caccia, non che nel modo più o meno facile di conservarli. I coleot- teri pochissimo volano e sempre si trovano o sulla terra o sotto i sassi, o sulle o sotto le scorze, e sulle foglie, e r. xi. 58 Giuseppe Bertoloni fiori , e pochi solo nuotano entro 1’ acqua e colle dita an- che la persona la più zotica li può afferrare , mentre i ditteri poco si posano, e solo per cibarsi, che anzi pren- dono il volo e scappano colla massima facilità al minimo sospetto , per lo che onde impossessarsene è necessario sem- pre adoperare la rete di fino velo, e con molta destrezza, la quale destrezza propria dell’ esperto entomologo mancava certamente a quegli schiavi del Sig. Cavaliere Fornasini che erano incaricati di cotali cacce : inoltre i ditteri sono esseri di tessitura assai morbida e fragile, facilmente alte- rabili nei colori se si immergono nell9 alcool, per la qual cosa conveniva al Sig. Fornasini di farli infilzare cogli spilli, locchè a quelle rozze mani caffre doveva riescire di molta difficoltà, mentre i coleotteri sempre di guscio duro ed anche durissimo , e di colori tenaci , appena afferrati li faceva immergere nell9 alcool entro bottiglie , nelle quali si conservano per eccellenza al contrario dei ditteri, che più di tutti gli altri insetti sono facilmente attaccati dal tarlo, ed in pochi giorni distrutti massimamente in quel paese caldissimo, dove le termiti, le formiche, gli antre- ni, e sciami innumerevoli di altri insetti corrono per tutte le abitazioni a recare danno e molestia all9 uomo. Da que- ste poche spece ricevute però si conosce quanto sia nuovo ancora alla scienza quel paese, perchè quasi una metà di esse non si trova descritta, nè registrata negli autori. Molto io avrei desiderato che fra queste poche fosse ca- pitato un dittero meraviglioso assai, indigeno di quella parte dell9 Affrica austro-orientale , e del quale abbiamo non ha guari avuto notizia dal Sig. Livington. 10 terminerò col darvi questa notizia scientifica , dalla quale si impara , che una piccola mosca uccide il nostro bue. 11 detto Sig. Livington , prete delia propaganda prote- stante, intraprese un viaggio in questi ultimissimi anni non prima tentato da altri europei, e del quale ha pubblicato le notizie. Egli dal Capo di Buona Speranza risalì sino al lago Gnami non prima visitato forse da alcuno europeo, di là con istenti, fatiche , e sofferenze moltissime si rivolse all9 owest e pervenne sulla costa occidentale a S. Paolo di Dei prodotti del Mozambico 59 Loanda , donde si rivolse all’ est , e ripreso in parte il cammino percorso giunse dopo otto anni circa di viaggio alle bocche del Zambese. In tutta questa peregrinazione fece scoperte interessantissime di ogni genere, e fra que- ste è quella meravigliosa della Mosca appellata dai selvaggi Tsetsé. Egli imparò da quelle rozze ma buone popolazioni, che dove trovasi il Tsetsé non può alimentarsi Y utilissimo bue, anzi varie fiate le molte paia di buoi del suo treno morirono, quando fu costretto di traversare luoghi e bo- scaglie , dove il Tsetsé era indigeno. Incontrò questa ter- ribile mosca sulle ripe della Zouga, nelle vallate della ripa meridionale del Chobè, e lungo il Zambese principalmente. Dessa uccide i bovi, i cani, i cavalli colla velenosa pun- tura, mentre è inoffensiva all’uomo, ai vitelli di latte, agli asini, ai muli, alle capre, ed agli animali salvatici. Si posa sui cespugli, donde si precipita sugli animali che vuole ferire. Ai bovi qualche giorno dopo che sono stati attaccati e feriti da questa puntura , che è come quella di una zanzara , e che si fa rossa cremisi ai bordi, se ro- busti sono presi da vertigini , a tutti colano il naso e gli occhi abbondantemente, la pelle si raggrinza , il disotto della mascella inferiore si gonfia , siccome si gonfia la regione ornbellicale , 1’ individuo si emacia di giorno in giorno, ed i muscoli divengono flacidi , si manifesta la diarrea , l’ ani- male non mangia più, e tosto sfinito si muore. La necro- scopia fece conoscere al Sig. Lìvington , poiché era medi- co, che il tessuto cellulare subcutaneo rigonfiato rappre- sentava come tante bolle di sapone, e che il grasso era di consistenza oleosa, e di colore giallo verdastro, le carni tutte rammollite, il cuore flacidissimo, i polmoni ed il fe- gato pure alterati. Io stomaco e gli intestini pallidi e vuoti, e la vescichetta del fiele distesa da molta bile , perlochè in questo avvelenamento si riconosce una discrasia quasi scorbutica. Lungo il Zambese , che è il fiume maggiore dell’ Affrica orientale, e che si naviga anche coi vapori per trecento e più miglia, non vi sono bovi per la detta cagione , ma invece capre. Di questo dittero terribile negli autori sistematici a noi 60 Giuseppe Bertoloni pervenuti non si fa menzione , ma sembra essere stato tra- sportato, e studiato in Inghilterra, perchè il Livington medesimo dice che il Tsetsè è stato appellato Glossinia morsitans. Una sola altra spece di questo genere riviensi nel Na- tale, ed è descritta dal Wiedman sotto il nome di longi- palpis , ma dessa non è detta velenosa. Qui metto fine al mio dire, col quale certamente non ho saputo recarvi diletto con una materia di tanta aridità. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Figura i. Somomya suturata. » 2. Somomya subtranslucida. » 3. Diopsis curva. » 4. Thereva apicàlis. » 5. Damalis venustus. » 6. Cephalocera Bellardi. » 7. Tabanus Inhambanensis. » 8. Pangonia Rondami. TomoXII. Mem. Bertaioni ft C.8«miu èa. dal ?®o e m pi atra Luto Muu DELL’ EPYORNIS MAXIMUS MENZIONATO DA MARCO POLO E DA FRA MAURO DEL PROF. CAV. G. G. BIANCONI r ’ JU erudito nostro Segretario in una sua dissertazione letta a questa Accademia il 13 Dee. p. p. mosse il dubbio se il racconto che Marco Polo fa dell* Uccello Roch , o Ruc possa riferirsi all* Epyornis maximus di recente fatto conoscere dal Sig. Is. GeofFroy St. Hilaire. Gli avanzi che di questo si hanno, e de’ quali qui presenti sono i modelli, vennero mandati a Parigi dall* Isola di Madagascar : e Mar- co Polo parla del suo gigantesco Ruc là ove tiene discorso dell’ Isola Magastar, o Madaigascar, sulla quale non cade menomo dubbio che non sia il Madagascar de’ Geografi mo- derni. La congettura adunque del nostro Segretario era fon- data , e bene attendibile , ma egli espose anche il deside- rio che venisse più addentro esaminata; perlochè acco- gliendo io assai volontieri 1’ occasione di fargli cosa grata , benché io mi senta assai inferiore all’ importanza dell’ ar- gomento , di buon animo mi accingo ad esporre intorno al medesimo alcune considerazioni. Primamente dirò che il ravvicinamento proposto del rac- conto di M. Polo coll’ Epyornis è tanto fondato che lo stesso Geoffroy St. Hilaire se n’ avvide; ma lo toccò di 62 G. G. Bianconi passaggio sol quanto bastava per far conoscere eh’ egli non crede possibile applicare le parole del gran viaggiatore ita- liano al suo Epyornis per causa di due difficoltà che più sotto esporrò. Nè il Geoffroy soltanto, ma ancora il Sig. Strikland ricordò la narrazione di Polo , parlando del Dodo , uccello assai grande pur esso, che reputasi estinto, e che abitò T Isole Borbone , e Maurizio. Affine di potere istituire confronto fra la memoria lascia- taci da M. Polo, e le nozioni che ha la scienza intorno all’ Epyornis, cominciamo da queste, prendendole dal rap- porto del Sig. Geoffroy St. Hilaire che si legge nel reso conto dell’ Accademia dell’ Istituto di Francia il 27 Gen- naio 1851. Due giorni innanzi il dotto Francese aveva ricevute due uova , e tre frammenti d’ ossa , i cui modelli qui abbiamo : e questi soli due giorni bastarono a lui per dare estesa , e importante illustrazione degli oggetti medesimi. Il Capitano di Vascello Sig. Abadie, stando sulle coste di Madagascar vide fra le mani di un del Paese un uovo grandissimo per- tugiato all’ una delle estremità, e che gli serviva come vaso per usi domestici. Le ricerche del Sig. Abadie fecero sì che in breve un secondo uovo venisse a scuoprirsi intero, nel letto di un torrente fra un cumulo di terreno poco prima smottato; ed appresso fra alluvioni di recente forma- zione fu pur rinvenuto un terzo uovo , e alcune ossa gi- gantesche, che furono giudicate come fossili, o almeno co- me subfossili. Uniti questi oggetti furono trasmessi al Sig. Malavois all’ isola della Riunione, donde poi vennero a Parigi. La capacità deli’ Uovo è di circa otto litri e tre quarti , equivalente a quella di sei uova di struzzo, o di 148 di Gallina comune. Per la struttura del guscio, come per la forma delle ossa che coll’ uovo trovaronsi , resta palese che sono avanzi di un Uccello, e non uova di Serpente come taluno potè dubitare dapprima. La forma della estremità articolare delle ossa secondo il Sig. Geoff. St. Hilaire , le dimostra appartenere ad un Uccello brevipenne , o rudi- penne, ma ad un genere nuovo cui egli impose il nome Dell5 Epyornis maximus 63 di Epyornis . Il confronto poi della grandezza del Metatarso dell9 Epyornis con quello dello Struzzo , lo hanno indotto a valutare 1’ altezza dell’ Uccello di Madagascar a circa quattro metri , e sei decimetri. Essendo lo Struzzo alto due metri, e il Dinomis giganteus , fossile descritto dall’ Owen , qualche cosa meno di tre metri , è chiaro che 1* Epyornis fu 1’ Uccello più grande di tutti ; ed il Sig. Geoff. St. Hi- laire lo disse perciò Epyornis maximus . Aveva già annunziato nel suo rapporto il Sig. St. Hilaire sembrare che s’ abbian indicazioni di questo Uccello presso gli scrittori. Appena fa ricordo di poche parole del Flacourt che nel 1758 scrivendo di Madagascar nomina un Uccello che là si trova, simile ma minore allo Struzzo. Si volge piuttosto alle parole dei Sig. Strikland il quale riferisce il racconto di un Commerciante francese Sig. Duramele che stando a Port-Leven alla estremità N. O. dell’ isola di Ma- gadascar aveva visto un Uovo gigantesco, il guscio del quale era grosso quanto un dollaro di Spagna , e la cui capacità era tale da contenere tredici bottiglie di liquido. Da quei del paese poi udì il sig. Lepervance Méziere credersi che viva ancora 1’ Uccello gigante,, ma che sia estremamente raro, e tenersi vaga una tradizione che sia quest’ Uccello sì forte da atterrare un Bue del quale poi si pasce. (( Egli merita appena di aggiugnere conchiude il Sig. » Geoff. St. Hilaire, che questa tradizione darebbe al- » 1’ Epyornis delle maniere di vivere che non sono per » certo le sue L’ Epyornis come il Dinomis era » un Rudipenne , e non aveva nè grinfe nè ali proprie » al volo, e doveva nutrirsi pacificamente di sostanze ve- » getali ». Finito così il suo rapporto, pone una nota del tenore seguente. « Le favole sul Roc potrebbero essere non senza rapporto » con queste scoperte di Uova gigantesche fatte senza dub- » bio in uno o in altro tempo nell’ Isola di Madagascar, » e colle credenze che corrono fra quei naturali. Ma sa- » rebbe uno spingere le congetture troppo oltre il fare del » Roc, col Sig. Strikland, un Uccello di Madagascar, per- 64 G. G. Bianconi » chè quando ciò fosse, si potrebbe essere tentati di rav- » vicinarlo completamente alF Epyornis . Il Sig. Strikland » ha letto male M. Polo, la sola autorità che egli abbia ad- » dotta. M. Polo nella celebre sua relazione lib. 3.° cap. 40 » parla del Roc immediatamente dopo aver discorso di Ma- » dagascar ma non come Uccello appartenente a tale Isola , » anzi per contrario egli io fa abitatore di alcune altre iso- » le oltre Madagascar sulla costa meridionale — quelques » autres isles oultre Madagascar sur la còte du Midi. (ediz. » Francese 1556 pag. 115) — aliarum insularurn ultra Ma- » dagascar (ediz. latina del 1671. pag. 157) ». Dopo ciò sarebbe ora opportuno intendere distesamente il racconto di Marco Polo; ma reputo conveniente di ad- durre qui un’ altra relazione non ancor riferita che io sap- pia , dal Sig. G. St. Hilaire o da altri , a proposito di que- sto argomento. Il famosissimo Mappamondo di Fra Mauro , redatto da quell’ ammirabile cosmografo nel mezzo del secolo XV. e che tuttora si conserva nell’ isola di Murano presso Vene- zia, è ricco di annotazioni che sono apposte ad illustrare alcuni Paesi. Alla estrema punta deli’ Africa è delineata una nave diretta verso Ponente , sotto la quale Fra Mauro scrisse — Circa hi ani del Signor 1420 una nave over » zoncho de India . . . presso il cavo de Diab ( nome ap- » posto all ’ ultima punta à ? Africa ) e accostandose la nave » ale rive per suo bisogno , i marinari vedono uno ovo de » uno oselo nominato Croco el qual ovo era della gran- » dezza de una bota d’ anfora; e la grandezza dell’ oselo » era tanta che da uno pizo dell’ ala all’ altro se dice es- » ser sessanta passa, e con gran facilità beva uno Elefante » e ogni altro grando animai , e fa gran dano ali habitanti » del paexe, ed è velocissimo nel suo volare » (— ). Aggiunta così una nuova autorità che depone sulla esisten- za del Ruc in tempi antichissimi e del rinvenimento allora di un suo Uovo come è avvenuto anche a’ nostri giorni , fac- H Zurla il Mappamondo di Fra Mauro. Venezia 1806 pag. 139. Dell5 Epyornis maximus 65 ciamo ritorno al Sig. G. St. Hilaire, il quale per due ra- gioni, s5 io non erro, rigetta la narrazione di Marco Polo come inapplicabile all5 Epyornis , l.° perchè il Ruc non sa- rebbe di Madagascar ma di altre isole al di là : 2.° perchè sarebbe a detta di Polo un Uccello rapace, e non uno stru- zionide o brevipenne come egli giudica essere l5 Epyornis. Ma affine di apprezzare al giusto queste due difficoltà, conviene studiare per quanto si possa il vero dettato di Marco Polo : e quali più verosimilmente siano le sue pa- role : imperocché non è chi non sappia che molte e diverse fra loro, sono le narrazioni attribuite al nostro grande viag- giatore. Che le notizie di Storia e di Geografia lasciateci da Mar- co Polo siano di molto valore e degne di fede, non v9 è ornai più chi ne dubiti, dopo le posteriori scoperte che hanno dimostrato vere quelle del Polo. Ommetto inoltre di ricordare d5 avvertenza da lui posta più volte che v5 ab- biano net suo Libro cose narrate perchè da lui viste; ed altre vi siano che aveva udite dall5 altrui bocca , e raccolte durante i suoi viaggi. Ma ad onta di ciò resta sempre im- barrazzati te quella varietà di racconto su uno stesso sog- getto, che spesso si incontra nelle varie lezioni. Nella disputa che si è alzata fra9 dotti per questo motivo , e nella quale non ardisco prender parte se non con mini- me osservazioni cadutemi innanzi, v5 ha però questo di be- ne che i più convengono la migliore edizione esser la La- tina. In questa almeno Marco Polo è egli stesso che ci par- la, e scrive; dicendoci per es. là ove discorre dei popoli di Campition . ... ut satis mihi mores eorum sunt perspecti , qui una cura patre meo atque patruo per anni spatium ob quaedam negotia in hac civitate mansi (1) ; mentre la Ra- musiana dice — « In questa Città Marco Polo dimorò » con suo Padre, e Barba, per sue faccende un anno (2). e Y edizione del Milione ha « e sì vi dico che Messer Ni- fi) pag. 43. edente Muller. 1671. (2) pag. 13. ed. 1669. T. XII. 9 66 G. G. Bianconi » colò, e M. Matteo dimorarono un anno in questa terra » per loro fatti ». Altrove nella Ramusiana si legge (1) « E le cose di so- » pra narrate sono sta scritte in luogo di proemio che si » suol fare a cadaun libro acciò che chi lo leggerà cogno- » sca e sappi che M. Marco Polo puote saper e intendere » .tutte queste cose in anni ventisei, che ’1 dimorò nelle » parti di Oriente — e segue — Per dar principio a nar- » rar delle provinole. che M. M. Polo ha viste nell’ Asia -, et » delle cose degne di notizia che in quelle ha ricontrate » ecc » Il latino invece ha — Praemissa generali itinerum nostrorum descrìptìone } nunc ad particularia descen - dentes singulas regiones quas perambulando lustravimus de- nuo revisentesj quid in eis viderimus et experti simus anno - taturi (2). E si pare ancora che possa argomentarsi avere nella edizione latina, o nella italiana precedente, scritto egli stesso ; perchè nel cap. 22 dice — Ego Marcus qui haec scrìbo semel in hanc incidi caliginem etc. mentre nella Ra- musiana si dice « Et M. Marco quasi fu preso una fiata (3) » ed altrove » de bis scribere multa non praevaleo : quia etc. (4). Dopo ciò potrebbesi concludere che la narrazione latina , ovver V italiana che fu poi causa di questa per traslatazione fosse composta dallo stesso Marco: e che quella italiana del Ramusio constasse di narrazioni stese in parte da persone che udirono bensì le cose da Marco , ma esse poi le rediges- sero con penna propria. Fra mille prove che potrebbero ad- dursi eccone una cospicua. Marco così dice ... de quo multa audivi : et quae relaturus sum ab aliis multis regio- ni illius incolis didici ; laddove nella italiana si legge così « La condizione di questo vecchio era tale , secondo che M. Marco affermò avere inteso da molte persone ec. (5). (1) pag. 3. (2) Cap. XI. (3) pag. 7. (4) pag. 154. Muli. (5) Ramusio p. 64. Dell* Epyornis maximus 67 Un altro criterio per credere originale il racconto lati- no, o il precedente italiano, ed estranea ripetizione l’altra del Ramusio ec. si è ancora la somma differenza nell’ ad- durre le circostanze dei fatti, le quali rendono quelli nar- rati nel primo racconto verosimili, e gli altri miserabili e sci- pite fanfaluche. Il numero dei riscontri che su questo cam- po potrebbersi istituire, sarebbe interminabile: io mi con- tenterò di addurne due. — Trattandosi di trasportare i de- funti in Tangut il Milione ha — non è buono trarre Io » morto per 1’ uscio, e mettono cagioni di qualche stella » che è in contro all’ uscio (1) » Il latino dice che non è bene trarre il defunto per la porta . . . si porta dum construeretur caruit bonis fatis (2). Descrivendosi 1’ animale del Muschio si dice nella Ptamusiana (3) — Nasce a que- » sta bestia, quando la luna è piena, nell’ umbilico sotto » il ventre una apostema di sangue , e i cacciatori nel » tondo della luna escono fuori a prender de’ detti ani- » mali , e tagliano questa apostema con la pelle, e la sec- » cano al sole , — E nel latino semplicemente si legge — Iuxta umbilicum inter cutem et carnem vescicam habet sanguine plenam : et sanguis is est muscum a quo tam sua- vissimus exhalat odor. (4) Lo scrittore della Ramusiana dà per positiva 1’ influenza , ed osservazione della luna con ridi- cole particolarità; il veridico viaggiatore narra brevemente il fatto senza mescervi de’ volgari pregiudizi. Nè credasi che se più sobria più corretta e nobile è la narrazione latina, lo sia per ciò che il traduttore abbia corretta e nobilitata una scurrile narrazione italiana. Ciò non è credibile; imperocché la latina ha una originalità sua propria che potrebbe dimostrarsi con molti esempi. Uno sia. (( A Gotam e Peym havvi molte acque amare e ree ; an- » che v’ ha delle dolci e buone » così il Milione Cap. 42. (5). (1) Cap. 44. (2) lib. 1. Cap. 45. Muli. (3) Lib. 1. Cap. L. (4) pag. 63. Muli. (5) e la Ramusiana p. 11. v. 68 G. G. Bianconi il latino invece — est provincia Ciartiam plurimas habens aquas amaras unde sterile solum redditur. pag. 25. — Ed altrove il Milione » a Supurga . . . hae i migliori poponi » del mondo ... gli tagliano attorno come correggie, e » fannogli seccare (1). ed il latino Sopurgam . . . praesertim ibi abundant pepones quos filis dividunt , et desiccantur ètc. Infine la Storia e la Geografia quali si hanno redatte in latino sono lavoro degno di un Uomo grande , istruito e sensato 9 qual era senza fallo Marco Polo , F altra in italia- no è derivazione bensì dalla stessa fonte, ma è debole sforzo di chi voleva riferire racconti uditi , accrescendone F impor- tanza con inutili dicerie. Ora torniamo ali’ Uccello gigantesco di Madagascar : e udiamo che ne dica Marco Polo nella edizione latina , ed appresso, per ragion di confronto, riferirò il racconto italiano. Nel Capo XXXIX del Lib. 3.° parla De magna ìnsula Ma- daigascar; e nel XL De maxima ave Ruc ; il quale ultimo ar- ticolo è così concepito. « Sunt et alide insulae ultra Madaiga - scar versus Meridiem , sed quae difficillime adiri possunt , prò - pter velocissimum maris cursum. Et in illis certo anni tempore apparet mirabilis species avis, quae Ruc appellatur , aqui - lae quidem habens effigi em , sed immensae est magnitudinis. Ajunt qui illas viderunt aves , plerasque alarum pennas in longitudinem continere duodecim passus , spissitudinem vero ejus proportionem tenere longitudini s , et totum avis corpus pennis in proporzione respondere : avis vero ipsa tantae for- tiludinis , ut sola sine aliquo adminiculo elephantem capìat , et in sublime sustollat , atque rursum ad terram cadere sir nat, quo carnibus ejus vesci possit. Ego Marcus cum pri- mum haec de illa ave audissem > putabam esse gryphonem , qui ìnter quadrupedia dicitur esse pennatus , leoni ex omni parte similis , nisi quod faci erri aquilae habet similem : sed hi qui aves illas viderant constantcr asserebant , nihil illis commune esse cum ulla bestia , et quod duobus , ut reliquae (3) Milione Cap. 30. Dell’ Epyornis maximus 69 aves incederent pedibus . Habebat meo tempore magnus Cham Cublai nuncium quemdam , qui in insulis iis tamdiu captus tenebatur , donec incolis earum satisfactum esset : et hic po- stliminio domum revertens mira retulit de conditione illarum regionum , et de variis animalium speciebus 3 quae illìc in - veniuntur (1). Questa stessa narrazione nel testo Ramusiano si legge così al Capo 35. — Della grande isola di Magastar, ora detta » S. Lorenzo — Dopo descritta F Isola dice — Non ài na- » viga ad altre isole verso mezzodì le quali sono in gran » moltitudine se non a questa, ed a quella di Zenzibar per- » chè il mare corre con grandissima velocità verso mez- » zodì .... Dicono quelle genti, che a certo tempo del- » F anno vengono di verso mezzodì una maravigliosa sorte » di uccelli che chiamano Ruch , qual è della simiglianza » dell’ Aquila, ma di grandezza incomparabilmente grande, )) ed è di tanta grandezza, et possanza, che ’l piglia con » F unghie di piedi un elefante, et levatolo in alto lo lascia » cadere, qual muore; e poi montatoli sopra il corpo si pa- » sce. Quelli che hanno veduto detti Uccelli riferiscono, » che quando aprono F ali da una punta all’ altra vi sono » da sedici passa di larghezza, et le sue penne sono lun- » ghe ben otto passa, et la grossezza è corrispondente a » tanta lunghezza. Et Messer Marco Polo credendo che fus- » sero Griffoni , che sono dipinti mezzi uccelli , e mezzi » Leoni , interrogò questi , che diceano di averli veduti , » quali li dissono la forma di detti, essere tutta di Uccello » come saria dir di Aquila. Ed avendo il gran Can inteso » di simili cose maravigliose , mandò suoi nunzj alla detta » Isola sotto pretesto di far rilassare un suo servitore, che ivi » era stà ritenuto , ma la verità era per investigare la qualità » di detta isola, et delle cose maravigliose, eh’ erano in quel- » la. Costui di ritorno portò, sì come intesi, al gran Can una » penna di detto Uccello Ruch, la quale li fu affermato, » che misurata , fu trovata da nonanta spanne , et che la » canna della detta penna volgeva duoi palmi , che era cosa (!) pag. 157. Muli. 70 G. G. Bianconi » maravigliosa a vederla .... e tale isola, di cui qui si parla è sempre quella di Madagascar. Una prima divergenza che si presenta nel paragonare que- ste due edizioni sul racconto dell’ Uccello Ruch , si è che F una pone F Uccello nell’ Isola di Madagascar, e F altra nelle Insulae ultra Madaigascar versus meridiem. Il GeofFroy St. Hilaire si attiene giustamente a questo secondo dettato comechè sia quello della migliore edizione, la Latina; ma egli ;se ne vale per trarne la conseguenza che il Ruch di Marco Polo , abitatore di Isole al di là di Madagascar , non è F Epyornis , che abitò certamente in quest’ isola, ove furono raccolti gli avanzi di esso. Ma tale conseguenza non puossi più concedere oggi , mentrechè è noto che avanzi dell’ Epyomis si trovano an- cora nella parte più meridionale d’ Africa. Il Sig. Paravey così informava F Accademia delle Scienze di Francia il 20 Nov. 1856 (1). — Des nouvelles recherches me permettent » d’ établir que F Epyornis à existé non-seulement à Ma- » dagascar, mais sur le continent de F Afrique , en Cafre- » rie , et dans le royaume de Magodoxo speciaìement — . Siccome non vi hanno isole al Mezzodì di Madagascar se non le remotissime della Desolazione o Kerguelen , può ben credersi che sotto le parole di Sunt aliae insulae ultra Ma- daìgascar meridiem versus debbano intendersi alcuni di quei luoghi dell’ ultima punta d’ Africa meridionale , assai poco allora conosciuti, che erano in forma di Penisole, o sul- le coste. Su questo primo capo pertanto ogni difficoltà opposta al racconto di Marco Polo è tolta; perché o si stia colla edizione italiana , questa pone F Uccello gingantesco nel- F Isola di Madagascar: o si stia colla Latina, e questa in- direttamente Io dice dell’ Africa più meridionale, donde pure si hanno prove odierne della sua esistenza. Rimane la seconda obbiezione che è ben di maggiore rilievo e cioè che il Ruch, diconlo Uccello di rapina, e (1) Comptes rendus. Dell’ Epyornis maximus fornito di ali estesissime, quando per contrario l’ Epyornis è per sentenza del Sig. Geoffroy St. Hilaire un Uccello della Famiglia degli Struzzi, un corridore, e con ali ap- pena rudimentali. Sul che poniamoci primamente a cognizione delle espres- sioni di M. Polo. Egli non vide mai 1! Uccello, uè alcuna parte di esso. Udinne relazione da altri, e parmi non si possa dubitare che egli la raccogliesse da quell’ ambasciatore di Cublay che restato qualche tempo prigioniero in que’ pae- si, ritornò alla corte del regnante Tartaro ov’ era ancora M. Polo. Ecco le sue parole che m’ inducono a così pen- sare. — Habebat meo tempore magnus Cham Cublay nun - cium quemdam , qui in insulis iis tamdiu captus tenebatur 9 donec incolis earum satìsfactum esset , et hic postliminio do - mum revertens mira retulit de conditione illarum regionum , et de variis animalium speciebus quae illic inveniuntur — Sopra tale relazione egli ci ha tramandato che il Ruch ha similitudine di un’ Aquila di immensa grandezza — Aquilae quidem habens effigierà , sed immensae est magnitudinis. — che alcune penne delle ali hanno lunghezza di dodici pas- si — plerasque alarum pennas in longitudine continere duo - decim passus — e la loro grossezza essere in proporzione, come pure essere in proporzione il volume del corpo del- 1’ Uccello : ed infine essere uccello di rapina di tanta forza da poter alzare un elefante: delie cui carni cibavasi. Se in questo racconto pertanto vi è alcunché di esa- gerato, di favoloso, o di falso, ne incolperemo il relatore, non mai Marco Polo, il quale avendo dichiarato che rife- riva notizie dategli da altri, provvide al decoro del proprio nome , cui resta ben meritata anche per questo capo la riputazione di storico verace, ed intelligente. Verace io dico, perchè narra un racconto inteso da uno cui egli po- teva aggiustar fede. E che meritasse fede quegli sui rac- conto di un Uccello gigantesco del Madagascar, o della punta d’ Africa , ne abbiamo prova oggi nelle Uova e negli avanzi d’ ossa che di là ci son venute. Intelligente poi anche dirò, perchè, (toccando la cosa sol di passag- gio ) ove quell’ Uccello fosse stato gran volatore , nella lun- 72 G. G. Bianconi ghezza assegnata alle Penne delle Ali di dodici passi (se per passi intendasi una qualche misura vicina al piede co- mune) non v’ ha forse grande esagerazione. Infatti istituen- do confronti fra le parti del Condor presa la larghezza del- Y osso Metatarso presso la sua estremità inferiore , e la lun- ghezza di una sua Penna remigante , si ha una proporzione che applicata alla larghezza del Metatarso dell’ Epyornis , si avrebbe la penna di questo lunga non meno di dodici piedi. Ma ogni considerazione di questo genere addiviene inutile nella questione principale, se Y Uccello non abbia ali altroché rudimentali come sono quelle dello Struzzo, del Nandù, del Gasoar. E che Y Epyornis sia un Brevipenne è cosa sostenuta come già sopra si è detto dal Sig. Geoffroy St. Hilaire — . 11 quale darà dimostrazione di questo nell’ Opera che ha promesso di mettere al pubblico sull’ Epyornis ; ma la sua opinione è già assai rispettabile, e sin d’ ora assai conva- lidata pella riputazione di cui egli gode , di essere uno dei più valenti zoologi. Senonchè può dirsi sino a certo punto che ancora sub judice lis est, inquantochè altri zoologi abbiano diversamente opinato. Il Sig. Duvernoy ebbe alcuni frammenti di ossa di Epyornis da studiare diversi da que’ primi , de’ quali qui sono i modelli « Il y a , dans les détails de ce fragment , » des analogies et mème des ressernblances frappantes avec » la mème partie dans 1’ Autruche; mais aussi des diffe- » rences sensibles. Ne serait-ce que sa forme comprimée » dans P Epyornis et plus cylindrique dans 1’ Autruche; » ensuite la forme concave de la surface articulaire de ce » fragment, bien differente de la forme de la partie cor- » respondante du tibia dans Y Autruche. » Ces differences indiqueraient-elles d’ autres mouvements » de la jambe, d’ autres usages,, celui par exemple de na- » tation ? On pouvait deja le presumer par la forme trés- » comprimée du tarso-metatarsien ,, acquis avec les pre- » miers oeufs (1). (1) Compì, rend. 30. Oct. 1854. pag. 836. Dell5 Epyornis maximus 73 Susseguentemente a questa nota letta nella adunanza del 30 Ottobre 1854 alla Accademia di Francia, venne leg- gendone altra il Sig. Valenciennes che si espresse in questi termini. — En comparant la portion inférieure du meta- » tarse de cet oiseau aux mèmes os des squelettes de la » Galerie d5 Anatomie comparée , je fus frappé de la diflfe- » rence qui existe entre cette extremité et celle du Casoar » de la Nouvelle Hollande (Dromaeus Vieil.) et celles aussi » de l5 Autruche à trois doigts d5 Amérique ( Rhea Bris. ) » le crus trouver que cet os ressemblait plus a celui des » Palrnipèdes . . . par la longueur du col du condyle du » doigt externe , et par la gouttière creusée sur la face » antérieure de l5 os terminé par une échancrure arrondie » entre les deux condyles. Il existe sur la face interne de » chacun d5 eux une petite tuberositè. Cette disposition )) m5 a paru avoir quelque analogie avec le trou pratiqué » au mème endroit sur le tarse des Palrnipèdes. — Il Sig. Valenciennes appoggia la sua opinione ancora con altre con- siderazioni argomentando che l5 Epyornis sia probabilmente un Uccello d5 acqua intermedio fra il gen. Alca , e V Apte- nodytes (1). E dunque riservato in tale divergenza di opinioni , è ri- servato dissi a scoperte future, od a nuovi studi di chi goda degli oggetti reali, e de5 necessari termini di confronto, il decidere a quale ordine di Uccelli appartenga veramente l5 Epyornis. Ma sintantoché dello Scheletro di questo si hanno soltanto i frammenti che oggi conosciamo, difficile troppo resta il determinare la Famiglia , e V Ordine cui essi debbano ascriversi. Imperocché uniforme com5 è il tipo di tutta_ la Classe degli Uccelli, il piede ne’ più de’ casi tie- ne una conformità sì prossima nella articolazione del Meta- tarso colle dita, che con poche e leggere modificazioni si riscontri la stessa foggia di parti in vari Ordini anche fra loro lontani. Non è raro infatti esitare incerti nel distin- guere le forme di un Brevipenne, di una Gralla , e di un (1) Compì, rend. 30. Ocl. 1854. pag. 837. 10 74 G. G. Bianconi acquatico. Ma v9 è ancor di più; quando si debba circo- scrivere l9 esame ed il confronto alla sola ultima estremità del metatarso, anche li rapaci ponno essere chiamati in que- stione insieme coi tre ordini menzionati. Li rapaci diurni infatti hanno tre delle quattro robuste loro dita appoggiate a tre condili dell9 estrema parte dell9 osso tarso-metatarso, ed il quarto ad una epifisi che si applica al lato interno dell9 osso stesso. Sul quale una sensibile incavatura segna la faccia contro la quale va a posare T epifisi che è te- nuta ferma da numerosi e validi legamenti. Ove per decom- posizione vengano questi a distruggersi cade , l9 epifisi , e ri- mane allora il solo metatarso co9 tre condili terminali, e colla descritta faccia incavata sul lato interno. L9 Avvoltoio ed il Gipaeto offrono in simil guisa l9 estremità inferiore del metatarso, la quale è assai larga e depressa, corti e robustissimi i condili de9 quali l9 esterno nasce più in basso, s9 inclina all9 indietro, ed ha la rotola molto obbliqua, il di cui orlo esterno è spinto assai più indietro che F inter- no. Il condilo medio e F interno montano circa allo stesso livello poco superiore a quello del secondo ; ma il condilo interno colla sua base si getta alquanto all9 infuori del lato del Metatarso cui insiste più che noi faccia il condilo esterno. Ora alcune di queste caratteristiche ponno pur ravvisarsi nel frammento di metatarso di Epyornis , salvo alcune dif- ferenze che verrò appresso notando. Già sul lato interno v9 ha ampia e prolungata faccia concava che , se il modello non inganna, potrebbe credersi corrispondere a quella che accoglie F epifisi del quarto dito nei rapaci diurni. Il con- dilo esterno nasce più in basso e la sua rotola è obliqua come aveva già notato il Valenciennes. Il condilo interno ad onta di essere rotto , mostra chiaramente di montare sin presso a livello del medio , ed amendue superare alquanto l9 esterno. Tutti tre sono posti molto presso F un all9 altro, e la base del condilo interno insiste sul metatarso più in- fuori del suo profilo di quello che sia quanto ai condilo esterno. Infine larga e depressa è la parte estrema dell9 osso metatarso là presso ove si divide ne9 tre condili. Dell’ Epyornis maximus 75 Se però queste considerazioni farebbero strada a ravvi- cinamenti fra le forme del metatarso dell5 Epyornis , e quello dei Rapaci diurni , non so illudermi col dimenticare le ob- biezioni che si affacciano contro di ciò, quale la già men- zionata uniformità delle articolazioni del piede nella gene- ralità degli Uccelli; e gravissima poi è questa che la se- conda depressione che si ha sulla faccia posteriore del me- tatarso al lato opposto di quello che ho congetturato po- tesse accogliere 1’ epifisi del quarto dito , fa sì che ne con- segue una rilevatura o cresta longitudinale nel mezzo della faccia posteriore delF osso, cui simile non m’ è venuto fatto di vedere in verun altro de’ metatarsi esaminati nel nostro d’ altronde ricchissimo^ Museo di Anatomia comparata. Ter- za difficoltà il collo notabilmente lungo dei tre condili, la poca grossezza di questi , V incominciare il solco delle ro- tole molto più in alto che in quelle dell’ Avvoltoio , e del Gypaeto, minore larghezza della base dell’ osso ove dividesi ne’ condili , ed in generale può dirsi una forma più allun- gata, e costruzione più debole. Ma per altra parte fra’ Rapaci vi hanno tali variazioni delle estremità posteriori che potrebbero permettere qual- che approssimazione alla forma del Metatarso dell’ Epyor- nis. Per modo di esempio* il Falco Serpentarius ha lunghe estremità , e d’ esse fa uso assai minore per ghermire una preda capace di far resistenza , di quello che per correre velocissimamente nelle pianure scoperte dell Africa. Per conseguenza ha estremità più lunghe e svelte, e meno robuste di quelle dell’ Aquila , del Condor ec. , e vero- similmente meno forti, meno .corpulenti, ma più lunghi avrà i condili delle tre dita anteriori. Mancami sinora uno scheletro di questo Falco; ma argomentando per analogia suppongo che essendo corridore velocissimo avrà probabil- mente il Metatarso conformato di certa guisa a similitudi- ne di quello degli struzionidi ; e per questo Iato la opinione del Sig. Geoffroy St. Hilaire riguardo all’ Epyornis verreb- be giustificata; ma essendo Uccello rapace potrebbe avve- rare per altro lato la narrazione di Marco Polo sotto le de- bite restrizioni. Ma più oltre non ispingo ora le mie con- 76 G. G. Bianconi getture, che porgo con tutta riserva: e solo se rni venga fatto di meglio appurarle o convalidarle in appresso con nuove osservazioni , vi tornerò sopra con altra lettura. Se però venisse alfìn dimostrato che l’ Epyomis fosse un Rapace corridore, acquisterebbe luce massima di verità il racconto di Marco Polo, e fondato si mostrerebbe il pen- siero dell5 erudito nostro Secretarlo. Allora il Ruch e V E - pyornis si identificherebbero, poiché avrebbero entrambi abitato la terra al Mezzodì di Madagascar, e fors5 anche Y Isola stessa ; sarebbero stati volatori entrambi , e le loro penne avrebber misurata enorme lunghezza , ed entrambi Rapaci. Ma resterà sempre da rigettare fra le favole la po- tenza attribuita al Ruch di alzare da terra un Elefante , od un bue. Quale ultimo racconto però non è incauta di- ceria solo di M. Polo, e di Fra Mauro scrittori del XIII. e del XV. secolo, ma è voce ripetuta anche oggidì — Al- cuni vecchi di Madagascar ( dice il Sig. Geoffroy St. Hi- laire il 18 Febbraio 1856 nell5 Accademia di Francia) han- no persino raccontato al Sig. Armange che essi avevano vi- sto nella loro gioventù degli Epyornis non solo nell5 inter- no dell Isola, ove la specie avrebbe ora riparato, ma sino sulle spiagge del mare. L5 Epyornis sarebbe a loro detto un Uccello grande come una nube che agevolmente alze- rebbe un Bue colla sue grinfe per trasportarlo sulle mon- tagne e pascersi delle sue carni. — Cosi egli. Tuttavia se M. Polo ha conservato una tradi- zione erronea nel suo libro , è tradizione che si ripete an- cor oggi , e che i viaggiatori odierni consegnano alle loro carte come fece M. Polo colla riserva del si dice, Ajunt . Bisogna però convenire che la tradizione antica e moderna non può ( in mezzo alle incertezze delle vere qualità dei- l5 Uccello) non può non indurre qualche sospetto che Mar- co Polo abbia toccato la verità anche là ove disse, che il Ruch è un gigantesco Uccello di rapina. INTORNO A NUOVE ESPERIENZE FATTE COLLA ROBBIA sso&i mm&u ED IN PARTICOLARE IN ALCUNI PESCI DEL PROFESSORE CAV. MARCO PAOLLM ( Letta nella Sessione del 21 Febbraio 1861. ) Egli sono appunto venti anni passati, che , seguitando le orme di un antico nostro concittadino Matteo Bazzani , da questo stesso luogo io vi narrava, o Accademici, alcu- ne mie esperienze fatte nelle galline somministrando loro la radice della robbia mescolata all’ ordinario alimento, dalle quali fu vieppiù dimostrata la proprietà sua di tin- gere di colore rosso le ossa dello scheletro, ed anche il guscio calcareo delje uova (1). Dopo quel tempo non so che siensi effettuate dai cultori delle cose naturali sì in Italia che fuori altre esperienze colla predetta radice di alcuna importanza ed utilità agli studi della fisiologia , quando Y illustre Flourens, già benemerito della scienza (1) Novi Commentar» Àcadem. Scient. Instit. Bonon. Tomus Se*tus pag. 469. Specimen quorundam experimentorum de vi Rubiae ad ossa, ovorumque Gallinai um potaraina calcaria coloranda. Tab. XXX. 78 Marco Paolini per altre simigliatiti ingegnosissime prove fatte negli uc- celli e nei mammiferi , partecipava all’ Accademia delle Scienze dell’ Istituto di Francia nella sua ragunanza del i Giugno 1860 il fatto assai curioso e singolare, da lui creduto affatto nuovo (à ce que je crois, tout nouveau ) , vale a dire, che porgendo ad una scrofa per lo spazio de- gli ultimi quarantacinque giorni della gravidanza sostanze alimentari miste alla robbia, non solo lo scheletro di essa, siccome poteva argomentarsi dai coloramento dei denti , acquistò colore rosso, ma acquistaronlo eziandio tutte le ossa ed i denti dei feti che ne uscirono alla luce. In con- ferma di che sottoponeva all’ esame dell’ Accademia lo scheletro ed i denti di un porchetto egualmente tinti di un bel colore rosso. Aggiunge poscia che , eccettuate le predette parti ossee, il periostio, le cartilagini,! tendini, i muscoli, lo stomaco, gl’ intestini ec. presentavano le na- turali apparenze (1). Di quale inestimabi|e valore sia il narrato esperimento del Flourens per rischiarare quanto le iniezioni degli ana- tomici, le osservazioni patologiche, ed il ragionamento in- ducevano già ad argomentare circa una comunicazione del sangue materno col corpo del feto , ognuno Io può agevol- mente comprendere, dappoiché se il principio colorante della robbia ha tinto egualmente in rosso le ossa della madre e quelle del feto, fa di necessità concludere, che il sangue dell’ una comunichi direttamente con quello del- F altro; onde a buon diritto se ne può dedurre, trarre quest9 ultimo i materiali idonei alla sua nutrizione , e pro- babilmente anche alia funzione del respiro dal sangue ma- terno. Mentre adunque debbesi molta Tode a quel precla- rissimo fisiologo di avere con que’ suoi esperimenti recato nuovi lumi allo studio dell’ embriologia, 1’ amore del vero però mi obbliga a dichiarare, non avere quelli il pregio della novità, al quale sembra egli pretendere, ponendo mente alle parole con cui, siccome ho detto di sopra, si (1) Gazelte Medicale de Paris. N. 24. - 16 Juin 1860. Esperienze fatte colla Robbia 79 fece ad annunziarli a quel sapiente consesso. Imperciocché nel cenno storico dei cimenti fatti colla robbia da fisiologi di diverse nazioni, che io mandava innanzi alla descrizione delle esperienze da me fatte 1’ anno 1840, non lasciava di notare, essere già insorto nell’ animo del celebre Duha- mel il desiderio, che egli non potè soddisfare, di investi- gare se il colore rosso di quella radice esercitasse la pro- pria azione sulle ossa degli animali contenuti nell9 utero, e come al Detlef, ed al Mussey si dovesse attribuire l9 o- nore di avere pei primi eseguita una tale esperienza, la quale però riesci ferace di opposti risultamenti (1). Al qua- le proposito cade ora in acconcio di aggiungere, che Al- berto Haller desideroso di dissipare i molti dubbi e le incertezze che ingombravano la sua mente intorno le due dottrine a que9 tempi dominanti nelle scuole circa il mo- do della formazione delle ossa, essendoché mentre gli il- lustri maestri di lui il Boerhaave e lVAlbino l9 attribuiva- no al coagulamento e successivo induramento di un succo , credevasi invece dal Duhamel consistere quella formazione in altrettanti strati o lamine ossee somministrate dal pe- riostio, stimò unica via per rinvenire il vero di rivolgersi all9 esperimento, che egli chiama mori unìque Oracle (2). Oppresso l9 Haller dalle occupazioni e dalle fatiche, ne affidò l9 esecuzione al suo Dissettore Detlef, il quale de- gnamente corrispose alla fiducia del venerato maestro. Fra le molte prove da lui fatte colla robbia nei cani e nei piccioni si legge la seguente = Une chienne étoit pieine depuis quelques semaines . Je la nourris de garance pendant sept semaines, et elle mit bas , en ma présence , quatre pe- tits. Je ne trouvai aucun vestige de rouge à un de ce pe- tits animaux , que je tuai sur le champ. Je continuai de donner de la garance à la mere , mais rien ne parut dans son lait. Je verijiai cette experience une autre fois , (1) Nov. Commentar. Tom. 6. pag. 474. (2) Alb. de Haller. Deux Memoires sur la formation des Os etc. Lausan- ne 1758 pag. 6. Marco Paolini avec le mémc succès (1). Ma ben più fortunato fu P esito, che ne conseguì il Mussey Professore di Anatomia al Col- legio di Darmouth. Ho fatto, dice P autore, tramischiare ogni giorno tre o quatti* onde di robbia cogli alimenti di una scrofa durante le ultime otto settimane della sua pre - gnezza . Lo stesso dì in che essa si sgravava, sacrificai al- cuni porchetti , ed esaminatene le ossa , ho trovato che tutte erano di colore rosso distintissimo; i denti essi pure aveva- no un colore rossigno. Ed eguale successo ottenne in altra scrofa nutrita coll5 alimento misto alla robbia per lo spa- zio di soli venti giorni nell5 ultimo mese della gestazione, dappoiché i denti e le ossa dei porchetti erano tinti di rosso in egual grado che nel primo cimento. Anche le ossa della scrofa offerivano un bel colore rosso traente al- lo scarlatto (2). Dagli esperimenti di Mussey e dai recen- tissimi di Flourens è adunque posto in chiara luce un fatto fisiologico della massima importanza , esistere cioè un vero passaggio , una vera comunicazione del sangue della madre con quello del feto, potendosi questo avere in con- to di un novello organo aggiuntosi durante la gravidanza a quelli componenti il corpo della femmina, ed avente con essi comune la circolazione sanguigna , e la vita. Ed è tanto vera una tale comunicazione, che il principio co- lorante della robbia opera il coloramento sì delle ossa del- la madre come di quelle del feto. Lo che ci porge una novella testimonianza dei grandi benefizii che apportano gli avanzamenti della fisiologia agli altri rami della medi- cina. Imperciocché per le esperienze su mentovate non solo è fatta manifesta la somma necessità di usare ogni cura e sollecitudine nel sottoporre la donna gravida alle regole di una sana igiene , acciocché , bene ordinati i pro- cessi assimilativi , ne scaturisca un sangue sotto ogni ri- spetto acconcio ad un perfetto svolgimento dell5 essere che (t) Haller. Op. cit. pag. 11. (2) The American Journal of ihe Medicai Sciences. Novemb. 1829. Omo- dei Annali universali di Medicina. Anno 1830. Voi. 54. pag. 200. Esperiènze fatte colia Robbl 81 racchiude nel seno, ma eziandio se ne ricavano utili ap- plicazioni alla Patologia ed alla Terapeutica. La prima ne trae le ragioni del modo col quale possano trasmettersi dalla madre al feto non poche infermità, e come il san- gue sia il veicolo dei virus, dei [contagi, e di altre so- stanze venefiche, che introdotte nel corpo di lei trapassano a quello del feto. Giovano poi alla Terapeutica, perchè ci additano le ragioni per le quali , modificando 1’ azione de- gli agenti esteriori , od introducendo nell’ organismo ma- terno opportuni argomenti medicinali, si riesca ad indurre salutari mutamenti nel sangue di lui, e così a prevenire o debellare parecchie infermità del portato. Ma ben più alte e profonde considerazioni intorno la primitiva evoluzione del germe eccitarono le esperienze co- municate dal Flourens all’Accademia di Francia nella men- te di un illustre suo collega il Coste ; il quale accennando il fatto singolare di un certo coloramento trasmesso dalla madre all’ uovo stesso ed alla sostanza del germe innanzi la fecondazione , e prima che abbia patito veruna di quel- le trasformazioni cui deve soggiacere onde dare origine ai primi rudimenti del novello essere , fa stima che 1’ indica- to fatto sia assai confacente a chiarire la trasmissione dei morbi dalla madre ai figliuoli. Perciocché abbiamo in esso, egli dice , una irrefragabile testimonianza del modo con cui 1’ eredità dà a ciascun essere una composizione , vi imprime una forma ed un marchio originario introducen- dovi colla vita gli elementi della sanità o della malattia . secondo che questi derivano da una sorgente pura o vizia- ta. La particolarità, cui allude il Coste, è propria dei pesci ossei delia famiglia dei salmonidi. Quando la carne delle femmine è impregnata di quella materia particolare per cui acquista una tinta più o meno carica conosciu- ta sotto il nome di colore salmonato, il contenuto delle uova partorite è egualmente carico di quella materia colo- rante : per lo contrario quando per le diverse condizioni in mezzo alle quali vivono quelle femmine, le loro carni perdono quella tinta , le uova da esse deposte la perdono del pari essendo bianche come le carni materne. Ora, egli 82 Marco Paolini soggiunge, se la qualità della carne della madre, che con sì grande facilità può essere modificata dall’ azione degli agenti esteriori , può essere ripercossa su la sostanza del germe, di leggieri si scorge , che trattandosi di diatesi can- cerosa, tubercolare ec., il morbo deve propagarsi necessa- riamente per eredità non già per l5 introduzione dell’ ele- mento morboso in un punto qualsiasi del germe, ma alla sua penetrazione nell5 organismo intero. Conciossiacosaché le prime modificazioni, che patisce la materia dell5 uovo, con- sistono nella segmentazione che la converte in sfere gra- nulose, il di cui complesso per semplice sovra posizione va poi a formare sotto il nome di blastoderma la forma ini- ziale dell5 embrione. Ciascuna di quelle sfere provenienti dalla materia primitiva alterata contiene adunque in sé una parte dell5 elemento morboso, il quale presente in ciasche- dun punto del novello essere ci dà ragione della genesi delle diatesi ereditarie materne (1). Per due motivi mi sono intrattenuto alquanto a lungo sulle osservazioni e sui ragionamenti del Coste. Primiera- mente, perchè la particolarità da lui rammemorata, pro- pria delle uova delle femmine dei predetti pesci , serve sempre più a corroborare ciò che una ragionevole induzio- ne faceva inclinati a pensare , essere cioè le qualità orga- nico-vitali della sostanza dell5 uovo in intime attenenze con quelle del sangue dal quale traggono origine. Secondaria- mente, perchè, conforme sarò per dire, diedero materia ad uno Scrittore francese, di addurre in appoggio delle osservazioni di Coste , alcune esperienze da lui fatte colla robbia nelle galline , le quali tenderebbero ad infermare i risultati che nelle mie prove ottenni nelle uova medesime. Quello Scrittore pertanto, che è il Sig. Joly , in una sua lettera indiritta al Flourens , e da questi partecipata alla stessa Accademia delle Scienze dell5 Istituto di Francia nel- la ragunanza del 9 Luglio 1860, facevasi a dichiarare , che le esperienze fatte non ha guari da quel chiaro fisiologo (t) V. Il predetto nomerò della Gazette Médicale. Esperienze fatte colla Robbia 83 nelle scrofe, e le ingegnose considerazioni aggiunte in pro- posito dal Coste , aveanlo indotto a comunicargli alcuni suoi esperimenti instituiti quindici anni sono , e recente- mente ripetuti, dai quali aveva conseguito risultati simi- glianti a quelli che la natura offre nelle uova delle trote dette salmonate. E di fatti avendo esso obbligato una gal- lina prossima a deporre le uova a cibarsi di sostanze ali- mentari mescolate alla robbia, ne ottenne delle uova, il di cui contenuto racchiudeva , egli dice, grande quantità d’ alizarina o di porporina , per cui il bianco specialmente appariva sensiblement rosé. Il guscio poi presentava una tinta rossastra più o meno pronunciata massime nella sua esterna superficie. Oltre a ciò aggiunge , che la membrana mucosa dell’ ovidutto aveva lieve colore roseo ; il quale era assai più vivo nella mucosa del gozzo e soprattutto in quel- la del ventriglio, la quale ultima in tutta la sua spessez- za presentava un rosso cremisi aussi foncé que celui du pantalon de nos soldats (1). Che le galline nutrite con una certa dose di robbia depongano uova aventi il guscio di colore roseo, è cosa posta fuori d’ ogni dubbio dalle espe- rienze da tue fatte sino dall’ anno 1840, siccome è vero verissimo che la mucosa dei predetti organi ( eccettuata però quella dell’ ovidutto, che io ho sempre veduto di na- turale apparenza ) offre un colore rosso carico , in quanto che le molecole dell’ indicata pianta sono trattenute nelle pieghe o penetrano per imbibizione nei pori della membra- na medesima. Nè solamente io ho confermato tale colora- mento nel gozzo e nel ventriglio delle galline, ma ora posso aggiugnere di averlo egualmente osservato esteso a tutto il tubo digerente in alcuni pesci. In quanto al con- tenuto delle uova ed in particolare circa al bianco, che dice sensibilmente roseo , io non credo di offendere il Si- gnor Joly dubitando che esso abbia nelle sue osservazioni traveduto, oppure è di necessità supporre, che le uova delle galline di Francia siano diverse dalle nostre. Imper- li) Gazette Médicale de Paris N. 30. 28 Juillet 1860. 84 Marco Paolini ciocche alle sue esperienze io posso contrapporre le molte che da me furono fatte, siccome ho accennato poco sopra, nel 1840, dalle quali ricavasi che il colore roseo investe soltanto il guscio , avendo poi le parti membranose e li- quide dell* uovo le naturali sembianze. Narri , ripeterò qui- vi ciò che asseriva nel mio scritto, ovis aliquot coloratis adapertis et multo diligente r scrutati s , patet roseum colorem afficere quidem totam putaminis spissitudinem aeque ad in - ternam superficiem se se dilatantem ; sed tamen ultra pu- tamen calcarium non progredii cum tam membrana testa- cea, quae illi contermina est , quam albumen et vitellus no- tas cuique peculiares prae se ferant (1). Non è però a nie- garsi che, assorbita la robbia nel tubo intestinale e me- scolandosi col sangue, non possano alcune sue molecole essere separate dal sangue stesso insieme alle materie con- tenute nelle uova, ma quelle vi si debbono rinvenire in ben scarso numero , essendo dimostrato dalle osservazioni la speciale loro affinità pel fosfato di calce basico concre- to o cristallizzato quale esiste nello scheletro, e nel gu- scio calcare delle uova. Oltre a ciò, debbono ancora rie- scire insufficienti al coloramento del contenuto delle uova stesse, perchè in questo trovandosi minima quantità del predetto sale calcare in istato liquido o chimicamente com- binato a sostanze organiche, diventa perciò incapace di attirare a sè la robbia, e di unirsi alla medesima. Il sot- to-fosfato di calce, dicono Robin e Verdeil, sebbene inso- lubile nell’ acqua esiste però nel sangue e in tutti gli al- tri umori del corpo degli animali tanto combinato a ma- terie albuminoidi, che allo stato liquido. In quest’ ultimo caso la sua liquidità si opera per dissoluzione indiretta causata dall’ acido carbonico libero del sangue o dai bicar- bonati, oppure è disciolto dal cloruro di sodio, che gode della proprietà di discioglierlo in assai piccola proporzio- ne (2). Per le quali cose tutte io mi confermo sempre più (1) Nov. Comment. citat. pag. 488. (2) Robin et Verdeil. Traitè de Cbimie Aoatomique ete. 85 Esperienze fatte colla Robbia nell opinione, che le esperienze del Signor Joly non ab- biano in sè il pregio della verità, il quale, se non m9 il- ludo, sembrano avere le mie, che furono eseguite colla massima diligenza e circospezione, appoggiate da autore- voli testimonianze , e convalidate infine da altre consimili del Naumann distinto Naturalista dell’ Allemagna. Passo ora a descrivere alcune esperienze non innanzi da altri tentate, che io faceva negli ultimi tre mesi dell9 an- dato anno sopra molti individui spettanti alla specie del pesce linea ( Tincha Vulgaris Cuvier ) facendo loro ingo- iare due volte il giorno , conforme in appresso indicherò , una certa dose di un saturo decotto di robbia. Mi accinsi a simigliante .opera coll9 intendimento di riconoscere non tanto gli effetti che per l9 azione della predetta radice co- lorante si sarebbero manifestati nello scheletro , quanto quelli che per avventura fossero sopravvenuti nelle loro squame o scaglie. Imperciocché, io andava dicendo fra me, se è vero, siccome lo dimostrano accuratissime osservazio- ni, che le scaglie s9 abbiano a tenere non già semplici concrezioni inorganiche effetto di un9 escrezione , secondochè opinano Blainville e Agassiz (1) , ma bensì quali parti or- ganizzate in intime attenenze vascolari col corio, in cui si trovano in più o meno copia sali calcari , e massime il sotto-fosfato di calce in istato solido intimamente combi- nato, secondo Chevreul , coll9 acqua e col tessuto organi* co; se è vero che in alcune specie di pesci i predetti sali in quelle sovrabbondano per modo da vestire le forme ed i ca- ratteri di piastre, scudetti , od astucci di natura ossea, onde all9 azione dei reagenti chimici presentano le stesse muta- zioni delle ossa; se per tutto ciò il Garus fu indotto a distinguere l9 integumento squamoso de9 pesci col nome di dermato-scheletro, pare, io diceva, cosa molto ragionevole il supporre, che riescendo ad introdurre per un certo tem- po la radice della robbia nel corpo di quegli animali si (1) Dugès. Traité de Physiologie Comparée. Montpellier 1839. Tom. 3. pag. 133. Agassiz. Recherches sur les Poissons fossiies Voi. V. Marco Paolini •86 potesse conseguire di colorare in rosso le loro scaglie at- tesa Y affinità organico^chimica, che quella pianta possiede pel sotto-fosfato di calce. Le quali considerazioni erano a me suggerite specialmente da un attento esame di una pregevolissima scrittura intorno 1* intima tessitura delle sca- glie dei pesci ec. letta dall’ illustre nostro Preside a que- sta Accademia il giorno 19 Dicembre 1844, e poscia pub- blicata nel Tomo 9.° dei Nuovi Commentari della medesi- ma : scrittura , che per la copia delle osservazioni , per Y accuratezza degli esperimenti, e per la severità logica delle deduzioni pare a me uno de’ più bei lavori che sieno usciti dalla mente di quel celebratissimo anatomico (1). Sarebbe stato pertanto mio desiderio di eseguire le. espe- rienze sopra pesci aventi le loro squame impregnate di molta copia del predetto sale calcare, conforme sono gli storioni, i cofani ec. , ma non essendo trasportati nella nostra Pescheria altri pesci viventi che le tinche , così su di questi fui obbligato a rivolgerle. E innanzi tratto cade in acconcio avvertire , che sebbene i nominati pesci sieno forniti di piccole scaglie, esiste ciò nulla meno in queste una certa proporzione di fosfato calcare. La qual cosa non è soltanto attestata dalla universalità dei moderni Ittiologi, ma fu posta fuori d’ ogni dubbio dagli esperimenti chimi- ci dei chiarissimo nostro collega Prof. Gav. Sgarzi , il quale abbruciato un pezzetto di pelle di tinca nel cucchiaio di platino, e poscia trattato il residuo carbonoso cogli oppor- tuni reagenti, si manifestò un pulviscolo bianco indicante la presenza de’ sali calcari. Dodici tinche furono il soggetto delle mie esperienze. Allo scopo di rendere più facile e naturale 1’ introduzione della robbia nello stomaco loro, posi uno di quei pesci in un recipiente di acqua , in cui era non dirò sciolta ma sospesa una data quantità di essa radice sottilmente polve- rizzata, non avendo creduto opportuno di servirmi del de- ll) Antonii Alessandrini. De intima squamami» texlura piscium, deque scu- tulis super corio scatentibus crocodili, atque armadiii. Esperienze fatte colla Robbia 87 cotto , perchè , privata 1’ acqua per la bollitura dell’ aria atmosferica, sarebbe riescita inefficace a mantenere la re- spirazione branchiale. Benché vegeta e vispa dopo due ore d’ immersione agitata da moti convulsivi si morì, probabil- mente perchè le molecole della robbia essendosi fatte ade- renti alle lamine delle branchie, avevano posto un ostaco- lo alla funzione del respiro. Nè d’ altronde un tal modo di esperimentare sarebbe riescito gran che concludente ; perchè attaccandosi quella polvere alla densa mucosità , che in molta abbondanza spalma la pelle delle tinche, si poteva con facilità essere tratti in errore volendo indagare la speciale azione sua sulle scaglie. Laonde in tutti gli al- tri esperimenti per fare loro ingoiare due volte al giorno una o due cucchiaiate di un saturo decotto di robbia, io mi serviva di un sottile imbuto di latta introdotto ad una certa profondità entro il cavo della bocca, ed in una tinca docilissima, che resse all’ esperimento per giorni trentuno, adoperai semplicemente un piccolo cucchiaio da caffè, giac- ché appena tratta dall’ acqua apriva la bocca, e ne deglu- tiva non pochi sorsi. In generale però in tutte, siccome è facile immaginare, la massima parte del liquido versato entro la bocca usciva per le aperture delle orecchie, op- pure era rigettato per vomito: in ogni caso però, e ne fece chiara fede 1’ apertura de’ loro corpi, una porzione del decotto era inghiottita essendosi rinvenuta nello stomaco. E da ultimo aggiugnerò che per ordinario alimento porge- va ai miei pesci alcune bricciole di pane , che erano man- tenuti in un ambiente alla temperatura di gr. -+- 8 o 10 del T. R. ; e che dopo amministrata la materia colorante si cambiava due volte il dì 1’ acqua di pozzo nella quale nuotavano, aggiungendovi nei giorni più freddi una piccola quantità d’ acqua tiepida. Delle dodici tinche sottoposte ad esperimento sei mori- rono fra il quarto giorno ed il sesto, tre dopo otto giorni, una dopo nove, un’ altra dopo dicianove, e finalmente 1’ ul- tima cessò di vivere dopo lo spazio di giorni trentuno. Della sollecita morte delle prime sei non debbesi attribuir- ne, io credo, esclusivamente la causa all’azione della robbia, Marco Paorini essendosi alcune tolte dalla pescheria già vicine a morire. Intanto giova premettere che considerati in genere i fenome- ni, i quali precedettero di alquante ore la morte di quegli animali, che consistevano in energici moti convulsivi, e tali da farli sbalzar fuori del recipiente nel quale erano contenuti , pare a me , che si possa con molta ragione con- siderare la robbia quale sostanza inomogenea e venefica ai pesci, siccome similmente io la vidi nociva alla salute del- le galline. Esposto il metodo tenuto nell5 esperimentare , vuoisi pri- mieramente indagare quali mutazioni sieno sopravvenute nella superficie esterna del corpo delle tinche. La più volgare osservazione dimostra , essere il colore naturale proprio delle loro scaglie bruno-giallastro prevalendo que- st’ ultimo in quelle situate al dissotto e per un piccolissi- mo tratto al disopra della linea così detta laterale, men- tre il bruno predomina specialmente nel dorso o lungo la linea mediana. Ora egli è un fatto, confermato ancora da osservazioni comparative praticate da persone assai istrutte nelle naturali cose, che nelle tinche da me assoggettate all’ uso della robbia, e massime in quelle che durarono in vita il maggior spazio di tempo, le scaglie giallastre avea- no a poco a poco preso un colore giallo tendente al ro- seo (1). Del quale fenomeno moltiplici, e varie poteano essere le cagioni. Non era verosimile supporlo originato dallo stato di cattività cui erano costrette, perchè altri in- dividui parimenti tenuti nelle medesime condizioni , ma ab- bandonati a sè, non aveanlo manifestato. Era dunque più conforme alla ragione supporre una di queste due cose; o che per l’ azione di quel veleno fosse insorto uno stato morboso nell’ organismo di natura tale da indurre un per- vertimento nella secrezione delle diverse sostanze pigmen- tarie onde sono colorate le scaglie, essendo comprovato (1) La fig. l.a rappresenta un pesce Tinca assoggettato per giorni trentuno all uso della robbia. La fig. 2.a rappresenta un altro individuo della stessa specie nello stato naturale. Esperienze fatte colla Robbia 89 dalle osservazioni d9 Agassiz, cangiare il colore dei pesci nel tempo della frega, in causa di infermità, al cessare della vita, e quando siano tolti dal loro naturale elemen- to: oppure dovea ripetersi quel mutamento di colore dalia combinazione della materia colorante della robbia coi sali calcari esistenti nelle scaglie. Un accurato esame microsco- pico di quelle spettanti all9 individuo che durò all9 espe- rimento per trentun giorni farebbe inclinati a credere co- me cosa più verosimile , che quel fenomeno non s9 abbia soltanto a ritenere effetto dell9 azione venefica della rob- bia , ma ancora dell9 altra cagione poco sopra indicata. E difatti, cimentato colla soluzione di potassa un pezzetto di pelle, acquistò un colore roseo più pronunciato, che in- nanzi non appariva; segno evidente della presenza in esso di molecole di robbia (1). Oltre a ciò, avvegnaché le scaglie offerissero all9 occhio nudo l’aspetto di laminette biancastre e trasparenti, pure esaminate colla lente e poscia col micro- scopio sì da me che dall9 egregio dissettore di Anatomia Comparata Dottore Enrico Giacomelli , che mi fu cortese dell9 opera sua in queste mie indagini, osservammo in non poche di esse, ed in particolare nelle più sottili e poste al di sotto della linea laterale del corpo, una sfumatura rosea che occupava qua e là certi spazi dell9 area o cam- po della scaglia (2). E qui non posso a meno, tant9 è la bellezza della tessitura di questi piccoli organi, di descri- vere brevemente quanto alla nostra vista ci disvelava il microscopio; e ciò faccio tanto più volentieri in quanto che le mie osservazioni possono contribuire a dimostrare maggiormente la verità dell9 opinione del prelodato nostro Alessandrini circa la speciale organizzazione delle scaglie. Il microscopio pertanto all9 ingrandimento di 150 diame- tri , rappresenta il loro tessuto composto di tante linee , o fibre scure orizzontali , che procedono quasi obbliquamen- te dall9 alto in basso, separate le une dalle altre da certi (1) Fig. 3. ' (2) Fig. 4.a 12 90 Marco Paolini spazi presso che uguali. Questi spazi sono poi occupati da tante linee verticali scure le une contigue alle altre, che uniscono fra loro le linee orizzontali. La scaglia insomma si mostra composta di molti strati o sepimenti dirò così pettinei, perchè hanno 1’ aspetto di altrettanti pettini da tessitori , aderenti gli uni agli altri , ossia sono fra loro concentrici. Portato Y ingrandimento a 260, sì le fibre orizzontali che le verticali avevano le apparenze di altret- tanti tubi trasparenti nel centro con contorni scuri (1), così che a me pare congettura non improbabile, conside- randoli quali organi destinati dalla natura a secernere ed a contenere quelle sostanze oleose, o grassose che costi- tuiscono i diversi pigmenti, da cui traggono origine i co- lori onde sono fregiati i pesci, maravigliosi per la varietà, e la splendidezza. Chiunque si faccia ad esaminare attentamente Y appa- renza che presenta una scaglia di tinca quale il microsco- pio la dimostra all* ingrandimento di 150, e la confronti colla tavola pubblicata nell’anno 1716 dal Leeuwenhoek, in cui è disegnata una scaglia del pesce Ciprino da lui osservata col microscopio , di leggieri potrà convincersi dèl- ia molta simiglianza che passa fra loro apparendo anche quest5 ultima composta di molti sepimenti pettinei Y uno all’ altro sovrapposto. Per la qual cosa quel grande micro- grafo, che insieme al Malpighi pose le fondamenta dell’ Ana- tomia Microscopica, o come dicono oggidì dell’ Istologia, fu indotto da tale apparenza a credere ciascheduna squa- ma composta di più lamine o squame addossate le une alle altre , il di cui numero corrisponderebbe , a suo avviso , a quello degli anni che conta di vita il pesce. Etenim , egli dice , quotannis nova squama , eaque prìoribus identidem majòr, senìoribus squamis ac cresci t , et senioribus istis quasi conglutinatur ; adeo ut tot squamae sibi sìnt superstratae , quot annos natus est Piscis. Se non che dopo avere espo- sta questa sua opinione soggiunge : Huic assertioni meae (1) Fig. 4.a Esperienze fatte colla Robbia 91 multum ac vehementer contradicitur : judicantibus plerìsque, quod hic affirmo probari nullatenus posse (1). Ma ritornando col discorso alle sfumature rosee , che qua e là scorgevansi nell’ area delle scaglie, è a soggiun- gere che invano si ricercavano col microscopio nelle tinche costituite in naturali condizioni , e che dopo alquanti gior- ni, forse in causa dell’ azione della luce, eransi affatto dile- guate, sicché non erano più discernibili colle lenti. Prove chimiche adunque , e diligenti osservazioni microscopiche inducono con molta probabilità a credere quel lieve colore roseo dipendente dall’ unione di una piccola porzione di robbia coi sali calcari delle scaglie. Il quale fatto fisiolo- gico pare a ine assai acconcio a comprovare quanto le osservazioni microscopiche, e le iniezioni avevano dimo- strato al chiarissimo Alessandrini , essere cioè la scaglia mediante il suo bulbo in intime attenenze vascolari col corio , e svolgersi e crescere dietro le medesime leggi che presiedono alla nutrizione degli altri organi del corpo. Non è poi a dirsi con quanta ansietà si procedesse da noi al taglio del cadavere di questi animali , e specialmen- te di quello che più a lungo resse alle nostre prove; ma in molta parte il fatto non corrispose all’ aspettativa. In ognuno di essi si osservò la mucosa dello stomaco tinta di colore roseo , la quale in alcuni punti vestiva un colo- re rosso carico in causa di ammassi di molecole di robbia, di cui era compenetrata la predetta membrana , come chia- ramente lo facevano vedere le lenti. Nell’ ultimo individuo superiormente menzionato, la tinta rosea estendevasi a tut- ta la mucosa dell’ intestino tenue e crasso , e nell’ estre- mità di quest’ ultimo facevasi assai più carica e simiglian- te a quella dello stomaco. Negli altri visceri nulla si os- servò meritevole di considerazione. Ciò che colpì gli animi nostri di molta maraviglia si fu lo scheletro, il quale in ogni sua parte presentava la naturale bianchezza. Solamente (1) Antonii Leeuwenhoek. Epistolae Phvsiologicae etc. Delphis 1719. pag. 214. 92 Marco Paolini la superficie interna dell' opercolo, ed alcuni raggi bran- chiostegi, parve avessero una lieve tinta rosea; ma un at- tento esame di esse parti ci fece riconoscere , derivare quella da semplice deposito di molecole rosse sulle parti predette, e non da un’ intima unione o combinazione chi- mica di esse coll’ osseo tessuto. Furono osservati ancora col microscopio vari pezzettini di diverse ossa delio sche- letro senza che ci fosse conceduto di scorgervi il più che piccolo coloramento. Laonde fu giuocoforza convenire, che lo scheletro non era stato punto attaccato dalla robbia. E perchè mai le ossa dei pesci le quali, dietro le ri- cerche di Chevreul, sono composte al pari di quelle di tutti gli altri animali vertebrati di una base organica pe- netrata da materia terrosa consistente soprattutto in molta quantità di sotto-fosfato di calce (1) non acquistarono per 1’ azione della robbia il colore rosso, siccome interviene allo scheletro dei mammiferi, e degli uccelli massime di giovane età ? Debbesi quell’ effetto negativo attribuire al breve spazio di tempo che durò 1’ esperienza, per cui il sangue non siasi caricato a sufficienza di molecole rosse per indurre nelle ossa il noto coloramento? Oppure la robbia per la natura sua inassimilabile e venefica sarebbe mai sfuggita per la massima parte all’ assorbimento inte- stinale , ed espulsa quindi dall’ ano? O sarebbe invece più ragionevole il dubitare che ùò sia proceduto dalla len- tezza colla quale negli animali a sangue freddo, e nei pe- sci specialmente si compie il movimento nutritivo ? Fatte le debite considerazioni io mi sento inclinato a pensare, che quel risultamento negativo non sia a riguardarsi esclu- sivamente prodotto dalle cagioni su mentovate, ma assai più presto dipendente dalla qualità di tessitura, o di or- ganizzazione delle loro ossa. Imperciocché dal lieve colo- ramento osservato nelle scaglie essendo posta fuori di dub- bio 1’ introduzione di una certa quantità di robbia nel (1) Ciivier et Valenciennes. Histoire Naturèlle des Poissons. Tom. I. pag. Esperienze fatte colla Robbia 93 sangue , pare lecito congetturare , che se quella non eser- citò l’azione organico-chimica, che le è propria, sul sot- to-fosfato di calce esistente nelle ossa, ciò sia accaduto verosimilmente per lo scarso numero di vasi sanguiferi, che a quelle parti organiche dei pesci si distribuiscono,’ essendo inoltre sempre prive di canale midollare. Che se più agevolmente la robbia fu attratta dal sotto-fosfato di calce inerente al tessuto delle scaglie , sembra a me che di ciò possa darsi adequata spiegazione considerando che des- se essendo in intime attenenze vascolari con una ricchis- sima rete di vasi sanguiferi serpeggiante pel derma, tro- vatisi in condizioni assai piu favorevoli per essere irrorate dal sangue , e per impadronirsi delle particelle della rob- bia dal medesimo liquido trasportate. E di vero egli è un fatto dimostrato dalle esperienze di Duhamel, Flourens, e dalle mie proprie, prendere le ossa degli animali mammi- feri, ed uccelli tanto più presto un bel colore rosso , quan- to più eglino sono vicini alla nascita , e negli adulti acqui- starlo con maggior facilità e prestezza quelle parti delle ossa^ in cui non è per anco compiuto il processo plastico dell’ ossificazione : lo che in amendue i casi probabilmen- te deriva da questo, che il tessuto osseo ricevendo entro sè maggiore copia di sangue, permette alla robbia di met- tersi in attenenze organico-chimiche con una più estesa superficie di esso ; onde io ne fermai il seguente corolla- rio = ad ossium colomtionem hoc inter necessarias condi - tiones requiri , ut scilicet ossa hujusmodi a numero plus minusve magno vaSorum sanguiferorum penetrentur , sive, mutatis verbis „ colorationem plus minusve patere 3 prout ma- jor minorve extat ipsorum vascularitas (1). Ma queste non sono che semplici congetture, le quali soltanto potranno procacciarsi il pregio della verità quan- o, ripetendo le esperienze , se ne ricaveranno per avven- tura più chiari ed espliciti risultamenti. Avvegnaché io conosca la mia insufficienza, ciò nulla meno non lascierò (1) Nov. Comment. cit. Tom. 6. pag. 495. 94 Marco Paolini di porre in opera ogni sollecitudine per ripetere le prove in altre specie di pesci, estendendole ancora a que rettili e batraci, i quali sonQ forniti nella loro pelle di larghe piastre ossee, e perciò assai ricche di sali calcari. E sic- come sotto molti rispetti , secondo quanto io ne penso , le accennate esperienze possono essere feconde di impor- tanti benefizii alla fisiologia, così io faccio voti perchè valenti cultori delle naturali discipline s’ accingano pieni di zelo a nuovi cimenti, ed a novelle investigazioni. 1 Meni: del Tom:XD. ASFISSIA DA MIASMA PALUDOSO MttU DEL PROF. CAV. GAETANO SGARZI Letta nella Sessione del 24 Gennaio 1861. ) V imprudenza e V ignoranza , di frequente sono le cagioni immediate di fatali scia- gure nella società. j^fella giornata delli 30 Giugno dell’ anno prossimo passato, nella Villa Biagi poco distante dalla Barriera di Santo Stefano di questa nostra Città , e nelle prime ore del mattino, certo Mauro Battesimi Custode della Villa medesima insieme a Michele Laffi di lui Cognato, erano intenti a svuotare una specie di pozzo , nel quale dall’ au- tunno decorso erano state raccolte le acque di lavatura delle botti , dei tini , e di politura della cantina padrona- le. Quando sul finire di tale operazione il Laffi , secondo che era d’ uopo di fare , discende nel pozzo per nettarlo dalla melma e deposito, che vi si era formato; ed ecco che ad un tratto ebbe senza dubbio a tramortire, cadere accovacciato per 1’ angustia del luogo , non dare più segni di vita ; stantechè il Cognato di subito data voce di soc- corso ad un Pietro Dalla bracciante , che lì presso lavorava il terreno, pronto discese in aiuto del Laffi; ma non ap- pena tenta d’ afferrarlo , che desso pure è tramortito , è soffocato, e sopra l’altro cade come corpo morto cade. Allora il Dalla che era già accorso ai gridi del Battestini, fatto 96 Gaetano Sgarzi testimone di tanta sciagura e battendogli un cuore nel petto, mandati gridi d’ aiuto, per terzo discese nel poz- zo, sollecito di salvare i disgraziati così malamente caduti; senonchè nell’ accingersi al pietoso ufficio, aneli’ esso ven- ne meno , fu privato dei sensi , e dopo un rantolo che si udì rumoroso e breve, restò immobile mezzo appoggiato alla scala, ed al muro del pozzo. Intanto le disperate voci che eransi udite, e che echeg- giavano tuttavia all’ intorno avevano , oltre i primi soprav- venuti , raccolti dei gessaioli transitanti per la pubblica strada annessa , e da un non lontano Opificio dei lavoranti lavandai , i quali tutti però , pel terribile avvenimento resi attoniti piuttosto che operosi, e perchè inscienti del che fare, ed a che determinarsi, si ristavano perplessi ed in- certi, l’un l’altro incitandosi inutilmente, e spingendosi F un 1’ altro ad agire nell’ urgente bisogno; finche un Co- stantino Tubertini bracciante desso pure , e desso pure avviato da interno sentimento à generoso slancio, fattosi legare con una fune, discese per quarto nel pozzo fatale, onde estrarne i miseri, che forse non del tutto spenti, erasi in tempo forse di poterli trarre a salvamento. Ma non volle il destino secondare sì benefico ardimento , e molto meno coronarlo di esito fortunato ; imperocché men- tre sembravagli pur di udire qualche cupo rantolo da al- cuno degli asfissiati , dal che 1’ idea accennata di probabi- le salvezza ; mentre più animato da questo , più s’ avvici- nava alle vittime che lusingavasi più di strappare alla morte; e mentre gustava quasi il piacere della riescita , che gli pareva averla nelle mani ; fu colto da una qualità di alito , siccome desso stesso ini espresse allorché fu rin- venuto, alito sì oppressivo e forte che gli tolse ogni fa- coltà , lo trasse fuori dei sensi , lo rese quasi cadavere ; per cui sollecitamente venne cavato dal pozzo col mezzo della fune, venne rimesso presto all’ aria aperta, ed alla meglio venne subito di utili soccorsi giovato. Che se a quest’ ultimo coll’ esposizione all’ aria, col fargli fiutare dell’ aceto, col bagnargli la fronte, e col- 1’ instillargli delle goccie di vino nella bocca , si cercò Asfissia da miasma paludoso 97 ridonargli la vita ; evidentemente si fu per la ragione che gli astanti vi ravvisarono degli avanzi , che anche a porta- ta delle di loro cognizioni erano vitali; posciachè dediti tutti a questo, non si curarono quasi più dei miseri che erano in fondo al pozzo, perchè li riputarono certamente estinti. E come ciò non bastasse, a malaugurato effetto del- T ignoranza dei sussidi , che debbonsi prestare nei casi di asfissia vi si aggiunse inoltre la stupidità di non ricorrere alle persone dell’ arte, anziché al Proprietario della Villa; di far scorrere tre quarti d’ ora in una inerte dannata aspettativa; di lasciare in balìa della mofeta tre individui, onde servissero di certo trionfo al maligno potere della medesima ; ed a compimento di straordinaria fatalità , e quando pure spirò un raggio di luce in quegl’ intelletti ciechi , si diedero ad estrarre gli asfittici con lacci per i piedi , con uncini , ed afferrandoli per i capelli ; li tenne- ro sospesi a capo in basso, coll’ idea sciocca e volgare di far sortire V acqua, che non potevano avere nè bevuta nè inspirata ; e per colmo d’ imbecillità , ed allo stesso in- tento li adagiarono boccone sul terreno. Altre due ore per lo meno erano passate dalla narrata catastrofe , allora che ne pervenne al mio orecchio il tri- ste annunzio ; sicché non è a dire come mi affrettai , ben- ché senza molta speranza, a portarmi in luogo; dove è impossibile alla meschina mia penna descrivere la scena d5 orrore che mi si parò innanzi , ingrandita dall’ aspetto della desolata famiglia del Custode , di ritorno dalla vendi- ta in Città dei prodotti del Campo. Accennerò soltanto, che lo spedire per Etere , per Ammoniaca , per Cloruro di Calce , per Misture fu un punto ; del pari che il far stendere supini ed a capo rilevato i miseri che giacevano boccone e coperti da stuoie, il nettar loro la bocca dal- la schiuma, il procurare in essi una specie di insufflazio- ne a chiuse narici , e l9 instillare nelle fauci delle goc- cio di Rhum allungato. Tutto questo per altro infruttuosa- mente , quantunque si vedessero nella faccia per niente alterati i lineamenti , coloriti anziché del pallore della 13 T. XII. 98 Gaetano Sgarzi morte e quasi ancora animati , non irrigiditi sebbene in quanto alla temperatura agghiacciati. Così avvenne dei soccorsi , che continuai a porgere a tali vittime in compagnia del Dott. Canuto Canuti, giunto nel frattanto col Proprietario della Villa , e consistenti in de- nudarle , in praticarvi fregagioni , stropicciamenti e movi- menti imitanti quelli della respirazione naturale, ed in tentare perfino a chi la jugulare a chi il salasso dal brac- cio e dal piede. Così dell’ applicazione dell’ Etere, del- T Ammoniaca, non appena avuti, e sì all’interno che allo esterno , e dell’ Aceto in lavacri e fregagioni , che furono fatte pure colla lana. Così dell’ orticazione, dell’ esposizio- ne ai raggi solari , e di altri secondari tentativi e speri- menti possibili in quelle località, dei quali avemmo a te- stimoni e cooperatori pure i Dottori Codivilla e Vallaper- ta , venuti in seguito dell’ essersi divulgata nella Città 1’ in- fausta notizia dell’ accaduto disastro. Da ciò è facile comprendere che data 1’ imprudenza in certo modo lodevole degli uni che si trovarono colti dal- Y asfissia , se non era V ignoranza degli altri che mancaro- no di sollecitudine nell’ invocare aiuti , e di perspicacia nell’ appigliarsi ai mezzi di salvamento , per cui senza for- se s’ aggravò la condizione dell’ immane caso ; le cure di noi ultimi che furono certamente prodigate col maggior desiderio che riescissero utili , chi sa che non avessero sortito il maggiore dei compensi per 1’ Arte Salutare ; ciò che per altro fu negato non meno agli esperti Medici dello Spedai Maggiore , dove spediti gl’ infelici su nominati , da noi invano soccorsi, inutilmente purtroppo lo si rimasero, nullostante che vi si adoperassero le insufflazioni le meglio adatte, 1’ elettricità, 1’ agopuntura, le ustioni. Non se ne ebbe quindi che la necroscopìa diligentemente redatta dai Medici stessi, e che io credo di dovere riportare in copia conforme e per intero , se non pel vantaggio avvenire , di che sono feraci le necroscopìe in genere ; per denotare almeno 1’ intero operato a titolo di tentativo , che non ha giovato; per contrassegnare nell’ interno delle vittime, a titolo di scientifica curiosità , le alterazioni accadute che Asfissia da miasma paludoso 99 resero inefficaci gli sforzi dell’ arte; per dilucidare da que- sti effetti , a titolo d9 istruzione , una probabilità della cau- sa tuttora misteriosa che li ha recati ; per testificare in fine la debita riconoscenza al Dottor Modonini che me F ha procurata , e favorita. Copia del viso-reperto dei tre Asfittici ritirati dal Pozzo nella Villa Biagi. » I tre cadaveri sottoposti alle nostre investigazioni, di » sesso maschile , riconosciuti per gli avanzi inanimati di » quelli che mentre erano in vita venivano chiamati Mi- » chele Laffi, Mauro Battestini , Pietro Dalla, presentano » alla loro superficie macchie violacee assai appariscenti » specialmente al dorso , ai Iati del torace , ed alle nati- » che causate da incipiente putrefazione. )) Di più sono manifeste varie escare indicanti F effetto » di forte grado di calorico applicato ai medesimi nelle » regioni della pianta de9 piedi , dello scrobicolo del cuo- » re, e dei precordii ; le quali escare non essendo circon- » date da rossore apparente, nè da traccie alcune di ve- » scicazione , fanno supporre essere avvenuta la predetta » applicazione sui corpi dei sopraindicati individui già fat- » ti cadaveri. Niuna tumidezza si manifesta nei loro volti, » niuna injezione alle congiuntive , la bocca chiusa senza » ingrossamento della lingua, nè sporgenza di essa fra i » denti ; le linee facciali regolarissime addimostrano veruna » spasmodica contrazione di muscoli essere avvenuta quale » effetto di doloroso sofferimento ; e solo evvi quella ngi- » dezza muscolare generale che accompagna nel maggior » numero dei casi lo stato cadaverico. » Aperta la cavità del petto al Laffi, che ci viene indi- » cato siccome realmente apparisce, il più giovine d età, » e che ci si dice essere per il primo disceso nella loca- » lità da cui fu estratto privo di vita; si sono osservati i )> di lui polmoni assai turgidi, di colore rosso cupo, e » presentanti nelle loro superficie esterne frequenti mac- » chie nerastre per effetto della rottura di capillari vasel- 100 Gaetano Sgarzi lini sanguigni. Il loro parenchima è molto ingorgato di sangue nero , non apparendo poi nei condotti aerei rac- colta alcuna di spuma sanguigna. » Il cuore non è gonfio nè contratto, ma piuttosto flac- cido colle cavità ventricolari d’ ambedue i lati affatto vuote di sangue, siccome pure affatto vuote ne sono ambedue le orecchiette. I visceri del ventre non ci han- no manifestata cosa alcuna degna di particolare rimar- co, tranne il fegato che mostrava la sua superficie di color plumbeo, e la sua sostanza alquanto consistente e un po’ ingorgata di sangue. » Sezionato il cranio si è potuto osservare un lieve in- gorgo dei seni della dura madre, e dei vasi della me- ninge, e sola particolarità verificatasi nell’ esame del cervello degna di nota, è stata una resistenza maggiore al taglio nella metà anteriore degli emisferi cerebrali, che affatto mancava nella metà posteriore e nel cer- velietto. » Negli altri due cadaveri, per riguardo ai visceri del petto si sono osservati gli stessi fenomeni ed alterazioni ad un grado minore, per quanto si riferisce agli organi della respirazione, verificandosi però egualmente la va- cuità delle cavità tutte del cuore. Si è in essi ommesso l5 esame del capo, ed i visceri del ventre sono stati tro- vati in condizioni eguali al primo sezionato. » E pure da dichiararsi che i cadaveri di questi tre infelici non sono per niente imbrattati nella loro super- ficie , nè da essa esala alcun fetore particolare , meno quello proprio dell’ incipiente putrefazione, e così pure incidendo il polmone non si è fatto sentire nessun par- ticolare odore qualsiasi. » Per le sovra esposte osservazioni e risultanze pertanto, tenute a calcolo le circostanze che ci sono state riferite relativamente alle condizioni concomitanti il gravissimo infortunio accaduto , siamo indotti a giudicare essere av- venuta la morte di questi tre infelici in seguito di Asfis- sia prodotta dall’ azione di gas deleterio per sè stes- so ed agente immediatamente sul sistema nervoso, non Asfissia da miasma paludoso 101 » potendo a nostro parere attribuirsi la cessazione della » loro vita puramente all’ azione di gas inetto alla respi- » razione o ad insufficienza di aria atmosferica , non pre- » sentando le alterazioni osservate ne’ loro cadaveri quel- » r assieme addimostrante 1’ asfissia per impedita respira- » zione e successivo arresto di circolazione sanguigna , ed » anzi crediamo sarebbe utilissimo di fare scrupolose inda- » gini nella località , onde prevenire ulteriori infortunii » nel tempo avvenire, ed ordinare con quali precauzioni » debbasi procedere dal Proprietario all5 espurgo della me- » desima ». In seguito di che susseguirono di fatto le misure del Comitato Sanitario , sia per 1* inspezione al pozzo , sia per le prescrizioni al Proprietario, e le quali soffrirono per verità un qualche ritardo. Tuttavolta ebbero . luogo; e per quello che riguarda la cosa più interessante, che era ap- punto il conoscere la qualità della mofeta , tanto micidiale quanto sgraziatamente erasi manifestata , volle fortuna al- meno che fosse costituita di tali principii , formata in tale località, ed in guisa tale accumulata da non potere esser dispersa nel lasso di non pochi giorni che trapassarono , innanzi che le indicate misure venissero ingiunte e messe in pratica. Notisi però : che il pozzo oltreché angusto e profondo , era stato mantenuto chiuso da coperchio di gros- so macigno onde evitare ulteriori pericoli, e perciò di dif- ficile accesso per Paria: che da assai tempo eravi stato, in detto pozzo, turato il foro di comunicazione colla can- tina , perchè dicesi tramandasse tale un fetore da temersi del danno pei vini : che non è da supporsi ciò che si asseriva , essersi cioè avuta la precauzione di lasciarlo aper- to per varie giornate prima di svuotarlo, essendoché di troppa imprudenza erasi dato indizio. Ed aggiungasi che in prevenzione, io non avevo tralasciato nel inio partico- lare qualche preliminare esame del gas mefitico, e qual- che indagine sulle circostanze dell5 infortunio precorso per istudio , e per P idea di trarne in argomento qualche im- portante osservazione. Ciò non pertanto le cose procedet- tero nel modo che segue. 102 Gaetano Sgarzi L’ inspezione ai pozzo, cT ordine superiore, si eseguì da me insieme ai Dottori Predieri , Canuti , Modonini , e Ro- ta. Tale pozzo è sul marciapiede nei davanti del Casino, con chiusura di macigno; della larghezza di metri 0,9502 da un lato, e dall’ altro di metri 0,6334, e della profon- dità di metri 4,1802. Egli è murato all’intorno, di co- struzione pressoché nuova , senza scolo , senza aperture di sorta, e non riceve che un unico sbocco dalla prossima cantina ; la quale pure è di nuovo fatta, bene aerata , e puli- tissima. Il piano di esso pozzo è più largo in causa di un pic- colo sfondo a volta in un lato, è alquanto inclinato verso il detto sfondo , ed è selciato a sassi in calcina; parecchi dei quali sassi però sono stati smossi e tolti nel mezzo , a fine d’ avervi un poco di profondità per raccogliere facilmente le ultime porzioni d’ acqua nel caso dello svuotamento. Estese le osservazioni , nei contorni , e nelle vicinanze non vi esistono nè latrine, nè chiaviche da sospettarvi dell’infiltramento; quindi è certo che non vi entrarono, e non vi si erano raccolte che le semplici acque di lava- tura delle botti e vasi della cantina annessa. Nullameno all’ affacciarsi pur solamente al detto pozzo , dacché fu aperto , una quantità di piccoli insetti somi- glianti a zanzare si viddero sortirne ; si sentì un assai cat- tivo odore che facevasi più forte nel dibattere la poc acqua che eravi rimasta nel fondo , e nello smuoverne una specie di lezzoso limaccio e deposito ; odore che ognuno riconob- be misto di paludoso e di materie organiche in putrefa- zione. Naturalissimo perciò ne parve, che stante 1’ angu- stia e la profondità del pozzo , nel discendervi e nello smuoverne il detto deposito nel fondo, siasi incontrata e sviluppata una mofeta capace di rendere asfittici gl’ incau- ti , che P un dopo P altro vi si erano esposti , e di tale asfissia , che non si presentò coi veri caratteri del plomb od altra , bensì con quelli particolari disopra descritti. Come mai in un pozzo che non riceve che P acqua di lavatura di botti e di tini da vino una volta nell’ anno, può essersi ingenerato del miasma e paludoso ed epatico insieme , da produrre un’ asfissia tanto forte e mortale Asfissia da miasma paludoso 103 cotanto ? Come può essersi dato lo sviluppo di miasma sif- fatto, e di putrida mofeta, in condizioni così ristrette e differenti da quelle delle paludi, latrine ec. ? Come se- gnatamente essersene costituito il cumulo sufficiente a pro- porzionare una causa del terribile effetto avvenuto? Tali erano i quesiti che si offrivano conseguentemente spontanei nell9 operare la disamina cui attendevamo, ed ai quali mi prefissi fin d’ allora tentare di rispondere alla meglio 'per me possibile. Nel frattanto, subito notato il cattivo odóre suaccennato, si fece discendere nel pozzo un lume acceso fino al livello dell9 acqua, e prima di toccar- ne il sedimento, non lo si vide smorzarsi, e non cangiare quasi per nulla la fiamma; ma dopo avere agitata l’acqua, invece pure di spegnersi tosto, la fiamma vi si dilatò per pochi momenti, facendosi biancastra-violetta , poscia ad un tratto illanguidì e si estinse. In seguito vi si calarono, parimenti al livello dell’acqua, delle cartine bagnate di tornasole , d’ alcea arrossata da un acido debole , e di ace- tato di piombo; ed egualmente prima dello smuovirnento dell’acqua, nulla si osservò di mutato in tali cartine; ma dopo che fu smossa 1’ acqua, quella di tornasole inverdì nei bordi , si fece bluastra quella d’ alcea arrossata , e quella d’ acetato di piombo mostrossi alquanto annerita. Riguardo all’ acqua nell’ attingerla , oltreché in po- ca quantità , la si trovò piuttosto torbida, giallognola e fetidissima; in essa eranvi moltissime larve di Ditteri, cau- date, nuotanti dal basso all’ alto, e dall’ alto precipitanti al basso con moto oscillatorio e vorticoso; e nella mede- sima le tinture di tornasole, e d’ alcea arrossata manife- starono i cambiamenti disopra detti , la soluzione d’ aceta- to di piombo vi portò leggerissimo precipitato bruno, così quella di nitrato d’ argento, e 1’ ossalato d’ ammoniaca la fece opalina ; lasciata in fine a sè quest’ acqua per qual- che tempo, formò del deposito, divenne trasparente, ed il singolare si è che agli stessi reagenti meno d’ assai corri- spose, all’ infuori dell’ ossalato d’ammoniaca, che vi ri- petè il medesimo effetto. Per le quali cose era a riconoscersi evidentemente che 104 Gaetano Sgarzi r aria in fondo al pozzo, e 1’ acqua per sè quasi niente avevano di straordinario avanti che fosse smossa la melma di deposito; ma dopo lo smuovimento sì P una che 1’ altra dimostravano contenere del gas idrogeno solforato , for- se dell5 idrosolfato d5 ammoniaca, e qualche gas combu- stibile. Rapporto poi al lezzoso sedimento nel fondo del pozzo, quale si potè raccogliere dal renderne più volte torbida l5 ac- qua , poscia dal lasciarla depositare ; si mostrò questo incoe- rente e disgregato , nero e puzzolentissimo , formato visibil- mente da sabbia , da detritus , da molecole , che furono con tutta P agevolezza riconosciute per avanzi organici in istato di putrefazione. Fin qui l5 inspezione sanitaria in luogo ; ma per ultimarne il compito , era d5 uopo determinare ptìfr P analisi di quale mofeta trattavasi ; occorreva precisare per dati positivi la causa immediata della deplorabile sciagura accaduta, onde togliere che altra volta avesse ad incontrarsi; bisognava tentare di disvelarne possibilmente P origine misteriosa, che ne appariva invero strana ed inconcepibile ; lo che coincidendo appunto coi quesiti sopra indicati , che all5 in- tento mio erano diretti, portò la necessità di trasportare al laboratorio quanto potevasi di quell5 aria, di quell5 ac- qua, di quel sedimento del pozzo esplorato. ANALISI DELL5 ARIA. Per averne sufficientemente a portata di poterne fissare la composizione, sia coi reattivi assorbenti, sia colla com- bustione eudiometrica ; oltre il raccoglierne mediante bot- tiglie piene di una soluzione di solfato di magnesia secon- do Gaultier-de-Claubry in proporzione del suo peso in quello dell5 acqua ; oltre il farlo separatamente di quella soprastante l5 acqua prima di rimescolare la melma nel fondo del pozzo, e di quella svolgentesi nell5 atto del- lo smuoverla; se ne estrasse anche di quella proveniente dal sedimento stesso trasportato, col riscaldarlo in un ap- parecchio comune, adatto per ricevere i gas sotto cam- Asfissia da miasma paludoso 105 pana, mentre tnancavasi dell’Apparecchio del Gazzeri e della circostanza per raccoglierne a volontà. E comechè in tutti i casi esser doveva un miscuglio piuttosto particolare da richiedere speciali indagini , e minuti dettagli ; dirò però in genere che praticativi pur separatamente gli esa- mi qualitativi coi sensi, col lume acceso, col fosforo, col - F acetato di piombo , colla potassa , colla bacchetta di vetro intinta nell’ acido idroclorico , ne risultò nullameno un" ana- loga composizione; all’ infuori solamente di una graduata dif- ferenza proporzionale , corrispondente alle tre porzioni sud- dette di miscuglio gasoso ; all’ infuori del trovarsi dell’ aria atmosferica nella prima, non nelle due altre; all’ infuori del- 1’ essere stati maggiori gl’ indizii d’ acido carbonico, sulfidrico, e di idrogeno carbonato nella seconda, quelli dell’ azoto nella terza. Aggiugnerò dipoi : che anche il reattivo di Boettger , vale a dire la carta imbevuta della soluzione di cloruro di palladio, concorse a denotare nel miscuglio ga- zoso della seconda porzione F esistenza dell’ idrogeno car- bonato, siccome la lamina d’argento, preferita da Gardner , quella dell’ idrogeno solforato : che il metodo di Morren , dedotto dai principii di Boussingault } denotò segnatamente nell’ ultima porzione di detto miscuglio esistervi della ma- teria organica, la quale pure era contrassegnata dal catti- vo odore paludoso , bene distinto da quello del gas epati- co : che in rapporto di odori , non possedendosi dei reat- tivi proprii a disvelarne la natura chimica, la chimica de- gli odori mancando affatto ; quando trattasi di essi , come di certi effiuvii e di emanazioni particolari , non si ha che F organo della di loro percezione , cui sia dato ricorrere ed affidarsi. Conseguentemente tutto il qualitativo che fu ottenuto si ridusse a designare un misto : d’ acido idrosolforico carbonico di idrogeno carbonato di azoto con della materia organica insieme. U T. XII. 106 Gaetano Sgarzi La quale risultanza dovendola indi determinare quanti- tativamente ancora ; bisognò servirsi dei soli mezzi stessi assorbenti ed eudiometrici più semplici e comuni , e lasciare da parte qualcuno degl’ importanti processi di Lassaigne e di Leblanc , di Poggendorff e di Graham, nonché di Bous- singault e di Levy , di Regnault e Doyere ; attesoché di troppo limitata massa gasosa potevasi disporre, la quale prestare non potevasi a consimili metodi operativi, e d’al- tronde allo scopo prefisso non era d’ uopo di tanta preci- sione , e di finezza di lavoro cotanta , subito che erasi dovuto rinunciare alla più interessante ricerca quale si era quella intorno 1* azoto e la materia organica. Tuttavolta ese- guite colla richiesta diligenza tali indagini quantitative ; di queste pure dirò compendiosamente, che si risolvono a com- provare le sopranotate sostanze siccome veramente compo- nenti il gas del pozzo ; ad averne tratta una media delle tre qualità separate ; a dichiararle nelle proporzioni cen- tesimali che seguono : Acido Idrosolforico .... » 4 Carbonico » 48 Idrogeno Protocarhonato . » 16 Azoto e Materia Organica » 32 100; dirò: che niente v’ ha di dubbioso di azzardato in ciò che riguarda i primi tre prodotti dell’ analisi precisamente dosati e constatati ; dirò : che per 1’ azoto misto a ma- teria organica ogni tentativo riesci inutile a separare 1’ uno dall’ altra, e venirne a perfetta conoscenza ; mentre le ca- ratteristiche e le proprietà, tutte negative, erano le sole proprie dell’ azoto ; mentre l’ odore singolare ne era 1’ uni- ca cosa differente e distintiva ; mentre da altra parte 1’ esi- stenza di un corpo organico vi risultava indubitata ed as- soluta. Asfissia da miasma paludoso ANALISI DELL’ ACQUA. 107 In quanto all’ acqua che stava nel pozzo all altezza di poco più di metri 0,5702; che la si disse giallognola, fetida , con larve d’ insetti ; che dopo avere formato del deposito bruno fetidissimo si rimaneva abbastanza traspa- rente; e che esaminata col microscopio presentava delle miriadi d’ infusorii, di zoofiti, di vermi, di molecole or- ganizzate, di particelle amorfe e cristalline sospese; que- st’ acqua niente di particolare offri, oltre quello che si è indicato disopra, tanto in via di esplorazione qualitativa , come iil via d’ analisi quantitativa ; la si verificò quale un’ acqua resa putrida per corpi organici in essa passati a processi dissolventi ; e la si trovò mediante metodi analiti- ci dei più comuni , composta parimenti in proporzioni centesimali di : Idrosolfato d’ ammoniaca » f Solfati, Carbonati, Cloruri ...» 10 Materia Organica » 0 Acqua » 80 100. Per lo che ognuno vede essere la composizione appros- simante quella delle acque paludose , stagnanti ; delle acque ove cadono ed imputridiscono vegetabili ed animali; delle acque insomma delle fogne, delle chiaviche , dei serbatoi allo scoperto. La parte poi di sostanze volatili dall acqua stessa avute, non merita ricordo; perchè minimissima e tale da essere incalcolabile ; perchè di poc’ aria atmosferi- ca in fuori, consistente quasi tutta nei gas superiormente accennati ; perchè a traccie sole sonosi ridotti gli effetti dell’ azione dei reagenti coi quali analogamente si è ten- tata ed esplorata simile parte di sostanze volatili. 108 Gaetano Sgarzi ANALISI DEL SEDIMENTO. Non è così del sedimento o del limaccio recato al la- boratorio ; dove fisicamente e chimicamente esaminato riesci di moltissimo interesse. Imperocché dall’ essersi manifesta- to incoerente, disgregato, nero, puzzolentissimo, formato da sabbia , da molecole agevolmente riconosciute per avan- zi organici in istato di putrefazione, quale in avanti venne annunciato ; al microscopio palesò contenere in grande co- pia della materia carbonosa, particelle minute pur nere e lucenti, altre giallastre come di zolfo, detritus organici, cristallini silicei , granelli informi grigiastri , quale preci- samente F analisi poscia lo comprovò costituito. Di vero una parte di essa melma trattata coll9 acido idroclorico debole si scolorò di molto ; porzione si disciolse con effer- vescenza e sviluppo d9 acido carbonico , d9 idrogeno solfo- rato, e nel liquido i reagenti vi denotarono del ferro, della calce , dell9 allumina ; porzione rimase indisciolta , e si comportò come la silice ed il carbone. Altra parte di melma fatta bollire nell9 acqua, la colorò alquanto in giallo per lo sciogliersene di piccola quantità ; questa soluzione evaporata, lasciò un residuo di materia evidentemente animale , un poco solubile anche nelF ac- qua fredda, e in questa soluzione l9 infusione di galla ed il nitrato d9 argento vi formarono un precipitato bianco- -sporco. La detta materia trattata colla potassa caustica allungata a caldo , non portò sviluppi ammoniacali decisa- mente, bensì quali si direbbero cianici in lontananza; una goccia del liquido bruno che ne venne posta sopra una lamina d9 argento vi portò una macchia di solfuro d9 ar- gento; in esso liquido, versato dell9 acido solforico ne tras- se dell9 idrogeno solforato e del precipitato di materia or- ganica in fiocchi di un giallo bruno, la quale debolmente arrossava le tinture , e mostrava neutralizzarsi cogli alcali , la quale coll’ammonìaca costituì una specie di resina, solubile però nell9 acqua fredda , ed arrossante il tornaso- le , e la quale bruciata in capsula di platino diede prodotti solforosi, ammoniacali , ed un voluminoso carbone di residuo. Asfissia da miasma paludoso 109 Altra parte della stessa melma; dapprima diseccata len- tamente, diminuì del pari di colore e di peso, non pro- dusse quasi più sviluppo d’ idrogeno solforato , benché sempre offrisse qualche effervescenza cogli acidi, e riscal- data di più tramandava appena dell’ odore solforoso; in secondo luogo calcinata , si dimostrò quale una terra rossa evidentemente dal perossido di ferro che conteneva, e che effettivamente vi si rinvenne. Dal che egli è da arguire : che dei solfuro di ferro partecipava colla materia carbonosa al coloramento del no- stro deposito nel pozzo, siccome pure il comprovano i primi sperimenti descritti : che tale cosa non è nè nuo- va , nè difficile a concepirsi ; tra perchè diversi chimici e Braconnot innanzi a tutti ebbero campo di accertarsene; tra perchè dove esiste della materia organica da putrefa- zione, siccome lo dimostrano i secondi sperimenti avan- zati , e dove insierhe trovansi terreni e materiali contenen- ti dell’ ossido di ferro, umidità, od acque contenenti dei solfati , come nel caso nostro precisamente , non è straor- dinario, ed anzi è conseguente il formarsi di esso solfuro di ferro: che la predetta materia organica, appunto per- chè di natura piuttosto animale che vegetabile, siccome tendono a palesarlo gli sperimenti secondi medesimi sulla seconda parte di melma in esame, sta in relazione diretta colla gasosa volatile determinata nell’ analisi dell’ aria , e con quella designata dall’ analisi dell’ acqua entrambe di- sopra notate ed esposte. A tal che facendo a consimili lavori qualitativi susse- guire quelli che sono destinati a fissare le rispettive quan- tità; operando su tale deposito forse meglio che sull’ aria e, sull’ acqua antecedenti, perchè su massa maggiore, e più stabile che quelle non erano, e perchè si poteva rei- teratamente averne dal pozzo ; ultimando così le intraprese ricerche, senza qui usare minuti dettagli, che non servo- no alla circostanza, e che mi renderebbero lungo e no- ioso oltremodo; li sorpasserò siccome ho fatto in addie- tro, e dirò solamente, che tradotti i risultati ottenuti in proporzioni centesimali , la composizione del limaccio. 110 Gaetano Sgarzi della melma, del sedimento in discorso può essere rap- presentata da : Materia carbonosa » 74 Materia organica animale » 10 Solfuro di ferro » 2 Carbonato di calce, allumina, silice . . » 14 100. Ora chi non ravvisa in cotali risultarnenti d’analisi, dalla prima all’ ultima, un terreno paludoso, dell’ acqua di stagno e di pantano , e nel misto dei gas un analogo della così detta malaria? Chi non vede in cotale comples- so tutta la probabilità d’ essersi formata non una mofeta soltanto, bensì un vero miasma in genere e molto proba- bilmente il paludoso in specie? Chi rimarrà sorpreso, e si ristarà dal credere che fattosi un cumulo di questo mia- sma , invece di indurre nell’ organismo i mutamenti che producono le febbri di accesso, possa avere ingenerata un’ asfissia? Se si pensa che in fondo al pozzo, le acque di lavatura dei vasi vinarii vi hanno dovuto depositare delle feccie contenenti avanzi d’ albuminoidi , e di materie proteiche ; hanno dovuto sviluppatisi e perire delle miriadi d’ infu- sorii e d’ insetti, nascervi e dissolversi delle criptogame, cadervi e marcire foglie, rami, piccoli sarmenti del pari • che racemi, pericarpi , sementi ; hanno dovuto raecogliervi- si in fine delle parti terrose , della torba , oltre il darvisi del terreno allo scoperto dove eravi mancanza di selciato; se dall’ altro canto si riflette = all’ esservi dell’ acqua stagnante a contatto di poc’ aria, che non poteva rinno- varsi = all’ essere stata in origine quest’ acqua tutt’ altro che pura = all’ essersi indi sopraccaricata naturalmente dei principii gasosi della sottoposta putrefazione, e delle esalazioni del fomite cui era sovrastante; pensando e ri- flettendo a ciò, non è dubbio che si avrà di che persua- dersi di tutte le condizioni per ridurre il fondo dei pozzo Asfissia da miasma paludoso ad una vera palude. Se poscia riguardasi la circostanza che quivi alla meschinità apparente della causa può avervi supplito il moltiplicarsi per sè degli effetti alternativamen- te , e successivamente addivenuti causa ; mentre non es- sendovi F aria libera , non si poteva dare della dispersione dei principii deleterii ; mentre F esercizio della vita di tan- ti esseri organizzati, che vi si sviluppavano, moltiplicavano, e perivano incessantemente senza interruzione , doveva aver- vi sempre aumentati i successivi processi di putrefazione, quindi fatto luogo sempre ad ulteriori emanazioni e pro- dotti putridi ; mentre è inconcusso che le unità coi pro- gressivo aggiugnerle insieme arrivano a formare le centi- naia, le migliaia, i milioni; riguardando tutto questo, non sarà estraneo affatto che in ambiente angusto, quale in vasta palude , siasi costituita la malaria , F aria malsana delle paludi, il miasma paludoso; al che inoltre induce non leggermente F effluvio caratteristico tramandato dal pozzo, egualmentechè dall’aria, dall’acqua, dal sedimen- to del medesimo. Se si medita che niuna opposizione sem- bra affacciarsi al ritenere che il miasma paludoso, qualun- que cosa sia, e comunque agisca, come diluito nell’aria produce delle febbri di accesso , così concentrato ed accu- mulato possa essere stato capace di asfissiare ; subitochè nessun fatto a mia cognizione sta registrato in contrario; se si medita che il miasma paludoso , fors’ anco per altre circostanze, ma più forse per grado d’ intensità ammorba effettivamente dalla semplice periodica alla perniciosa le- tale , e ce lo fanno vedere le storie mediche , le pratiche osservazioni ; se si medita che la stessa cagione che quan- do agisce ad un grado può recare una qualità di effetto, quando agisce in superiore grado può recarne nonché dei più forti solamente , dei diversi benanco ed opposti , ciò che è ovvio in moltissimi casi terapeutici e patologici ; meditando questo spariranno od almeno si attenueranno le difficoltà per attribuire al miasma paludoso la duplice ma- niera di causare malattie, che gli si vuol applicare , e per ammettere il su esposto pensamento. Ma per assicurare ulteriormente , e convalidare tutto ciò, 112 Gaetano v Sgarzi egli è d9 uopo far conoscere che lo appoggiano , e vi con- sentono; l.° la derivazione dei principii elementari che costituiscono questo miasma formatosi nel nostro pozzo , la quale derivazione non diversifica da quella degli elemen- ti assai probabili del miasma paludoso; 2.° il caratteristico di miasma, che vi è applicabile di sua natura, piuttosto- chè quello di una mofeta pei suoi fenomeni di sviluppo e di manifestazione; 3.° il confronto di esso caratteristico con quello che la maggior parte degli scrittori hanno pub- blicato intorno alla malaria, confronto cho sembra condur- re a tutta la relazione per lo meno , se non all9 identità fra il miasma paludoso e quello del pozzo nostro. Dalle esperienze di Thenard e Dupuytren , di Moscati , di Brocchi, di Rigaut de V Isle , di Saussure, di Boussin - gault intorno alla malaria, che particolarmente accennano ad una materia particolare assai putrescibile, ad una sostan- za mucosa d9 odor cadaverico, a fiocchi albuminosi , ad una materia animale pure in fiocchi, di reazione alcalina, ammoniacale , e che annerisce al fuoco , ad una materia organica in genere ; dall9 idea di Danieli che li gas idro- geno .solforato e carbonato contribuiscono almeno a costi- tuirla , cui collimano pure le idee del nostro Savi ; dalle osservazioni di Gardner in Affrica ed in America, che ten- dono a designare per agente principale della malaria il gas epatico, al quale Selmi aggiugne delle particole orga- niche staccatesi da corpuscoli in putrefazione , Ricci e Giusto vi uniscono degl9 insetti microscopici ; dal sapersi comunemente che il gas delle paludi è mescolato con azo- to ed acido carbonico , e da Volta che Io è ad idrogeno carbonato , solforato , ed anche qualche volta un poco fo- sforato ; da tutto questo egli è da desumerne in concreto che li componenti della malaria possono dirsi : Acido Idrosolfiti co Acido Carbonico Idrogeno Protocarbonato Azoto Una o più Materie Organiche. Asfissia da miasma paludoso 113 Per altra parte egli è manifesto che nelle paludi , tali principii componenti non possono derivare che da qualità di terreno , da acque stagnanti, dalla dissoluzione per pu- trefazione di corpi organici , di vegetabili , di animali. Ora le suddette condizioni sonosi di fatto date nel pozzo no- stro ; il complesso dei principii somministrati dall5 analisi particolarmente dell’ aria ricavatavi , non discordano essen- zialmente da quelli di essa malaria , la derivazione da mel- ma, da acqua stagnante, da putridume di organici e di organizzati vi è perfettamenre in accordo; non può essere impossibile quindi che P aria del pozzo , e la malaria delle paludi siano cosa eguale ed identica. A sussidio di prova somminsi insieme i principii del- V elemento proteico , e del legnoso che raffigurano i corpi organici che passano nel caso nostro in dissoluzione putri- da , nonché i principii dell5 aria , e dell5 acqua che vi contribuiscono e concorrono; somminsi pure insieme i prin- cipii dei corpi suscettibili di potere risultare da tale pu- trefazione ; si vedrà nel totale corrispettivo rappresentata al quadruplo la somma dei principii costituenti li corpi di risultamento nelle proporzioni in che li ha ricavati l5 analisi eseguita dell5 aria , dell5 acqua , della melma del pozzo con tale un rapporto perfetto da costituire quasi una verità di fatto. Lo che meglio è chiarito dai seguenti quadri : Elemento Proteico = C 40 H 30 O 12 Az 5 S 2 Legnoso = C 12 H io O io Aria . . Acqua O Az 4 H O 0 62 H 41 O 24 Az 9 S 2 che si risolvono in : T. XII. 15 IH Gaetano Sgarzi 1 Acido Idrosolforico 1 Idrosolfato d9 Ammoniaca . . 12 Acido Carbonico = C 12 H H 4 0 24 Az S S 4 Idrogeno Protocarbonato . . . = C 9 H 36 8 Azoto = Az 8 31 Carbone C 52 H 41 O 24 Az 9 S 2 Facendosi dipoi ad esaminare; che la terribile cagione che operò nell9 infortunio accaduto , del quale è argomen- to e si parla , suscitossi segnatamente nello smuovere nel fondo del pozzo la melma di deposito ; che allora che tale smuovimento ripetevasi , si faceva forte l9 emanazione tutta sua propria e particolare ; che poco dopo , quasi fosse so- stanza materiale sospesa nell9 aria , mostrava come deposi- tarsi ; vedendo in ciò non l9 andamento di un gas che avrebbe a seguire la legge di Dalton (*) , confermata ed illustrata da Berthollet e da Gay-Lussac , e non occupare manifestamente così uno strato inferiore soltanto, e come ristarsi nel fango ; bensì l9 andamento di una specie di vapore che invece di espandersi e rimanere diffuso nel- l9 atmosfora ambiente , si costipa e torna a raccogliersi da dove era uscito ; prendendo a calcolo le apparenze sotto le quali ebbe a manifestarsi l9 asfissia che troncò la vita ai disgraziati su mentovati , che non potevano essere state le apparenze veramente dell9 asfissia da idrogeno solforato, da acido carbonico , il plomb cioè , oppure l9 injezione al volto, l9 immagine del sopore, del coma; poiché le appa- renze lasciate in dette vittime , che si mostrarono disopra, tracciavano piuttosto l9 azione di un quid di particolare (*) I diversi fluidi elastici semplici o composti che non esercitano alcuna azione chimica gli uni sugli altri, si spandono uniformemente in tutta f esten- sione di uno spazio limitato indipendentemente dalla densità rispettiva. Asfissia da miasma paludoso 15 natura, cui bene si accorda l’azoto e materia organica che l’analisi ha disvelato, l’idea di nn miasma in genere, e per la presenza dell’idrogeno protocarbonato insieme, e per 1’ effluvio speciale , quello delle paludi ; le sono considera- zioni queste , ragioni , ed esami che allontanano di tanto dall’ ammettere che abbia agito una mofeta, di quanto av- vicinano all’ opinione che si trattasse di un miasma, ciò che inoltre sta in armonìa coi risultamenti delle sezioni cadaveriche parimenti disopra riportati. Finalmente a deduzione diversa da quella di un miasma, e del paludoso singolarmente, non può condurre il con- fronto dell’ esposto colle • opinioni emesse da chiarissimi scrittori , nel mistero in che tuttora s’ avvolge la genesi dei miasmi e dei contagi ; che anzi per vero mi sembra portare ad una stretta analogìa , e con quelle massime intorno alla malaria quasi a perfetta medesimezza ed identità. Infatti quando genericamente si dice che non ò da ammettersi che 1’ aria di palude sia causa di febbri intermittenti , perchè sopraccaricata di umidità , di idrogeno solforato , carbonato , fosforato, e di acido carbonico, avvegnaché tali corpi e la condizione suddetta possono rendere 1’ aria malsana , ma sono lungi dal formare la malaria ; alla quale neanche il pulviscolo atmosferico sia desso inorganico , sia organico e vivente, germi sporule insetti, sembra contribuirvi! Quan- do si ammette che la malaria, quantunque conservi 1’ in- cognito nella sua composizione, è oramai dimostrato che non è costituita da materie gasose , ma da materie sospese nell’atmosfera. Quando 1’ esimio Piria asserisce, che i miasmi sono materiali d’ origine organica e da putrefazioni ; che sono sostanze attenuate non gasose , sospese nell^ aria non sciolte , e riferisce il miasma paludoso non all idrogeno solforato, ma bensì ad un quid incognito, diffuso nell aria da scomposizioni organiche , la cui origine è favorita dal- 1’ umidità , e secondo Taddei dallo sbilancio insieme di temperatura ! Quando Grisetti , alla guisa degli Accademici del Cimento, e di Moscati 9 condensando 1’ aria de’ luoghi malsani con un pallone d’ acqua fredda , trovò le materie costipate svolgere a seconda dei diversi luoghi odori distinti, 116 Gaetano Sgarzi quali d’ammoniaca, quali di puzzo particolare! Quando Salvagnoli attribuisce il miasma delle maremme alla me- scolanza delle acque salse colle dolci, che induce a morte le miriadi di piccoli vegetabili ed animali, la cui putrefa- zione ingenera le particelle malefiche, le quali assorbite dall’ uomo, hanno la terribile potenza di apportare le ma- lattie accagionate al miasma medesimo ! Quando Longo da studii profondi ha conchiuso, siccome Thenard e Dupuytrerij, essere il miasma paludoso rappresentato da un corpo or- ganico estremamente putrescibile, che tende a sviluppare nel corpo umano fenomeni d’ indole settica ! Quando Bel - lani3 nello stesso argomento della malaria, non dai prin- cipii dimostrati dall’analisi, non da gas deleteri, non da- gli eccessi del caldo, del freddo, dell’ umidità; ma incli- na per F esistenza di malefici infusorii delle specie degli Entomati di Dante 3 da minutissime sporule di crittogame! Quandi lo -stesso coleroso da Vogel si ritiene che sia non gasoso 3 ma solido tenuissimo e fioccoso, che può fissarsi ed evolarsi ! Quando in una parola li pensieri tutti che sono stati pubblicati fin qui sui miasmi e contagi , e sulla malaria venissero chiamati al confronto; credo ferma- mente, che al pari che in tutti questi notati, nulla vi si rinverrebbe di opposto al concetto superiormente preferito ed abbracciato, tanto per la natura di miasma paludoso, quanto per vederlo nel nostro caso riprodotto ! A tal che confidandone , senza più , il giudizio al sapere Vostro o Signori , e piegando al termine , che ne è ben tempo; a compimento deli’ assunto mio, non rimane che a fare rimarcare ; che 1’ imprudenza , 1’ ignoranza , e F in- sensato abbandono delle vittime prime comunque fosse per salvare F ultima; essendo state nella sciagurata cata- strofe descritta le cagioni immediate , se non dell’ asfissia , della morte di quasi quattro individui ; a prevenire sì fa- tale avvenimento, che purtroppo non è raro che s’ incon- tri , egli è d’ uopo di una provvida legge che inibisca sot- to forte responsabilità, lo svuotare dei pozzi o serbatoi chiusi d' acqua stagnante, delle latrine, di certe chiavi- che od altro chè di pericoloso , senza previo un permesso Asfissia da miasma paludoso 117 dell’ Autorità Sanitaria , della quale poi sarebbe cura farne precedere 1’ espurgo occorrente. Tale espurgo potrebbesi, in via economica e di maggiore sicurezza, operare con una mescolanza dì calce e di cenere gettata in molt’ ac- qua, e così versata per entro il luogo infetto; qualora non potessero convenire pel costo soverchio o per altre ragio- ni, il liquore di Burnett 3 quello di Ledoyen , la soluzione disinfettante di Suquet ; il permanganato di potassa propo- sto da Smith 9 il cotone di Scroeder e Duse , i carboni accesi di Polli ; il latte di calce o il versamento di sem- plice acqua ancora generalmente conosciuti ; oppure che non si fosse a portata, siccome è facile, di servirsi della borraccia di Barzellotti , dell’ ordigno di Girtanner per fa- re inspirare del gas ossigeno, del soffietto di Hunter > dei tubi di Desgranges e di Orfda , della siringa di Dessault , della maschera di Pollacci , e dell’ apparecchio di Thiboust per penetrare nei luoghi infetti. Ma cessi ornai il lungo tedio per Voi o Signori, e dalla vostra bontà pongansi in obblìo le andate noie! L’interesse all’ argomento non mancava di certo ; ma ben v’ è manca- to il modo di trattarlo. La gentilezza alla quale siete tem- prati va del pari in Voi colla scienza ; dunque non timori pel giudizio che ne darete. Da Voi un tributo che vi vie- ne offerto non può non attendersi buon viso; dunque non dubbii dell’ accoglienza e del compatimento. INTORNO AI FATTI APPARTENENTI ALLA COSÌ DETTA ORGANICA ELETTIVITÀ E PROPOSTA DEL CRITERIO PATOLOGICO CHE SE SE PUÒ DEDURRE wmm DEL PROF. CAMILLO VERSAMI ( Letta nella Sessione del 21 Marzo 1861. ) Cherchons les faits: voyons ce qui en resulte, voilà notre philosophie. Bonnet. Oenvres T. XVII. p. 34. 1 . La prescrizione del penso Accademico imposto colla nomina a Socio Benedettino obbliga a soddisfarne il debito nel giorno in cui scade , quindi oggi lo compio. E lo com- pio con vera allegrezza, non perchè stimi di offerirvi cosa proporzionata alla solennità del Luogo , e ai meriti vostri ( che anzi m’ avveggo d’ incorrere nel contrario) ; e nemme- no per la specie di compiacenza che nasce dall avere , per quanto le forze consentono, adempiuto ai proprii do- veri. Me ne rallegra invece P occasione di potere anche mediante la voce ripetermi pur sempre grato alla benigni- tà della più alta Glasse di questa illustre Accademia cui debbo ascrivere un tanto onore ; e me ne allieto eziandio per intercederne quella indulgenza e cortesia con che al- tre volte m’ incoraggiaste. Però non isgradite , Ven prego, que’ miei sentimenti; appagate questo desiderio; concede- temi che ne speri la grazia ; e che quindi , senza ulteriore 120 Camillo Versari preambolo, il tema e 1* intenzione V’ annunzi del mio Discorso. Pel quale ho scelto la elettività organica ad ar- gomento ; ed il fine a cui miro è : d’ ingegnarmi a trar- ne un criterio d’ alcuna guisa soccorrevole alla Medicina Pratica. 2. Entro in materia ; e innanzi innanzi per fare meglio comprendere a ciascuno di Voi il punto del mio ragiona- mento premetto; che per organica elettività, o virtù elet- tiva, s’ intende quella naturale e ammirabile potenza che gli esseri viventi lasciano interpretare verace e reale in sè stessi, sia coll’ incorporar identiche sostanze in tutti i sistemi e gli organi a rifacimento delle perdite incessanti addotte in ciascuno per 1’ esercizio delle funzioni; sia col- 1’ adattarsi a sopportare più in quella che in questa parte alcune universali morbifere cagioni, taluna morale perfino; sia da ultimo col patire a maggior grado in uno che in altro viscere 1’ azione di varii interni rimedii e veleni. Fenomeni ben degni dello studio de’ Sapienti, e valevoli ad inferirne : che gli organismi esercitano una sorta di pre- dilezione : che per la medesima crescono fino ad un certo segno : che se ne rinnovano : che con giusto compenso e bellezza di proporzioni ne mantengono tipo e forme; e che adempiono a tutto ciò collo scegliere, o coll’ eleggere materiali opportuni, e coll’ appropriarseli. E questi sono fatti chiari , palesi , vasti, i quali, bene interpretati, fecero nascere appunto la frase di elettività organica , o di virtù elettiva, per la quale s’ ebbe la mira a rappresentarne 1’ intima ragione , non altrimenti da quanto Bergman usò coll’ avere introdotta 1’ altra di attrazione elettiva per si- gnificare la forza di affinità chimica, e quella di compo- nente attrazione dei corpi inorganici. 3. Era mestieri differenziare tra loro queste due elettivi - tà ; e però coll’ epiteto di organica provvidi all’ uopo. Ma è mestieri ancora la gran serie de’ fatti accennati distin- guere secondo la derivazione loro e le proprie diversità; sicché io li partisco in fisiologici , in etiologici , sperimen- tali, e terapeutici. Or dunque definita l’essenziale natura del tema ; prefissane la partizione de’ fatti relativi , m’ ac- Dell’ organica elettività 121 cingo a svolgerne le prove capitali , a darvi rafferma della positività della forza suddetta, e a indurvi forse a consen- tirmene saldezza di fondamento al criterio , che, a mio av- viso , se ne può ricavare. E , apparecchiatomi in questo modo F ordine delle idee, passo alle prove, quindi inco- mincio dalle fisiologiche, ed in prelazione dalle animali. 4. Gli alimenti e le bevande danno a vedere chiarissime alcune azioni elettive. Quella degli asparagi è nota a cia- scuno; ed è pur noto che i succhi delle frutta della op- punzia vanno anch’ essi agli organi uropoietici , e che ar- rossano le urine. Abbiamo cibi afrodisiaci , alcuni perciò chiamati spermatopei ; a cagione d’ esempio varie spezie di cacio, molti crostacei e molluschi, qualche pesce, le uova sode, gli apii ortensi o i sedani, i tartufi, i funghi, i finocchi ec. ; le rane secondo Vallisnieri, le fragole, le pèsche, le albicocche per osservazione di Ghaussier, gli aro- mati , il sisaro tanto caro a Tiberio , alcune orchidi , e so- vra ogni altra il satirione così detto dagli Antichi (1). (1) Alcune di queste nozioni, e poche altre susseguenti si leggono nella Dissertazione di Boissier de Sauvages sui — Rimedii che attaccano alcune de- terminate parti del corpo umano ec. sr volgarizzata e arricchita di note da Manetli. Altre nozioni intorno alla virtù elettiva organica sono sparse qua e là nelle opere di Bordeu , F. Vaccà Berlinghieri , Darwin , Blane , Hornine , Em- mert, G. P. Frank, Monteggia, Strambio seniore, Testa, G. Tommasini, Broussais, Fanzago, Borda, Dal Giudice, M. Bufalini, Speranza , Pucciuotti, L. Balardini , Giacomini ec. Io già di molte tenni proposito nella lettera al Professore Francesco Bertinalti 17 Dicembre 1837 inserita nel Repertorio del- le Scienze Fisico-Mediche del Piemonte 15 Marzo 1838 e la intitolai: Cenno sulla utilità del criterio AB ELECTIVIS etc. Ma Ippocrale secondo, il qua- le, com’ è dei Genii, molto antivide, ci precedette anche con allusioni all’or- ganica elettività fisiologica e terapeutica. Di fatto nel Trattato ss De Natura Humana = si legge « In quem modum stirpes et semina postea quam in » terra jacta fuerint attrahunt unumquidquid in terra reperiuol quod ipsis » naturali adfinitate congruit ; primum itaque illius plurimurn attrahit quod » naturae sibi proximum est ; subinde autem alia: sic et medicamento in cor- » pore faciunt ». Si legge pure, e nel medesimo Trattato, la seguente simi- litudine: « quemadmodum terra arboribus, ita est animalibus ventriculus ». Dopo il gran Vecchio di Coo , l’ illustre Medico di Pergamo notò aneli’ Egli reale 1’ elettiva virtù degli umani organismi ; e in vero se ne trae la bella , ed evidente avvertenza: ss che le sostanze introdotte nel nostro corpo veramente si attraggono dall’ uno o dall’ altro organo , non altrimenti di quanto fa la calamita col ferro =:. T. XII. 16 122 Camillo Versari Sopravveniva una specie di mentagra a quei che cibavansi di murene : la dorada adduce sovente cefalalgia , prurito , e macchie alla pelle : i mollusci di parecchie conchiglie adducono una specie di subitanea corizza. Il pepe accresce la secrezione de’ nostri succhi gastrici , come i frammenti di selce , questi per sola azione fìsica , 1* accrescono nei ventrigli de’ gallinacei e degli struzzoli. La coca o lo ery- ihroxylon coca è nutrimento per eccellenza nervino. Chi non sa che le radici della rubia tinctorum , le altre di gal- lio, di cruciata, dell’ asperula, dell’ aparine, della sherar- dia ec. , arrossano le ossa ? la suddetta robbia ( g arance de’ Francesi ) arrossa pure i denti umani. Alimentate per un certo tempo della stessa radice le donne incinte, ne segue arrossimento alle ossa de’ loro feti eziandio, per quanto Flourens discoprì nello scorso anno. Le bevande alcooliche salgono al capo: ci sale anche il caffè, e ne rende più atti a sentire ed a riflettere ; perciò stimai sem- pre retta l’ antonomasia de’ Persiani per averlo chiamato bevanda intellettuale. Può dirsi consimilmente del thè ; e di fatto un Alberto Haller dichiara * che eccita brio di pensieri , ed un tal quale estro poetico. I vini in genere , al pari del pepe , di altre droghe , e degli aromati eccitan- ti, si tengono abili ad aumentare la secrezione dei succhi gastrici, più il vino di Madera, e quel di Bordeaux; e così ancora il diaccio, le sostanze alcaline, e il sale di cucina commisto ai cibi. 5. A proposito poi degli alimenti e delle bevande si vuole considerare , che le animali economie dopo avere per mezzo delle digestioni cambiati i cibi in chilo , assor- bitolo e converso in linfa, trasportata la linfa nel gran circolo, ridotta a sangue, e in grazia di progressiva meta- morfosi al plasma dell’ umore medesimo (1), ne proveggono (t) Paget notò già ( Annali universali di Medicina ec. Milano 1849. Fasci- colo di Settembre pag. 605) il potere deli" organismo di prendere dal sangue in grazia di una speciale elettiva affinità certe materie, e di esercitare sulle medesime tale influenza da contribuire validamente alle assimilazioni , ed alla riparazione di ogni nostra parte. Dell’ organica elettività ec. 123 alla propria generale nutrizione, senza di che rimarrebbero in breve consumate per lo staccarsi perenne di atomi e molecole conseguente ad ogni atto vitale , siccome ciascu- no di Voi non ignora. E Voi nemmeno ignorate, come ne siano mirabili gli ingegni , veramente divina la sapienza dei mezzi preparati al fine, e quanto ella meriti d’ essere contemplata pei molti, e varii atti organici successivi, e an- cora per le successive elaborazioni, per la stupenda presta- bilita armonia di organi e di ufficii, e pel risultante rifa- cimento di tutte le diverse parti dei corpi animali a spese del plasma sanguinisi o di materia affine. Ma, lasciata da banda una sì giusta ammirazione , quale ne è mai la forza ordinata ad un tanto scopo, se non la elettiva degli orga- nismi? Quelli della più alta scala zoologica e fitologica , e i più bassi dell’ una e dell’ altra ben la significano, e coll5 attignere da eterogenea mescolanza , e coll’ appro- priarsi, e col consustanziare omogenei immediati principii necessarii al restauro di umori , di cellule e fibre di com- posizione fisica , anatomica , e chimica infra loro diversis- sime, e sempre rifatte. 6. Non torna lecito porre in dubbio, che per la vita ogni cellula , ogni fibra , ogni organo , ogni viscere , o si- stema non cacci fuori del corpo alcuna sostanza di propria composizione, e che per gli alimenti e le bevande non se ne ricomponga coll’ ingresso di nuova e d’ identica. Ciò è tanto palese da potersi risolutamente asserire come fatto ben comprovato; e da nascerne, anche senza altre rifles- sioni , il diritto di sostenere : che uno de’ principali carat- teri della vita consiste nella forza elettiva in atto pel gran magistero dei processi assimilativi. Carattere questo a cui si deve tenere affisato lo sguardo per la sua insigne enti- tà, e forse da opporre ai Filosofi, che oggi tentano di ri- condurre in campo il vecchio concetto della vita univer- sale (1). Che che sia per seguirne, e frattanto sen creda, (1) Come ora, per incidenza pur sottoposi lo stesso concetto ad altra breve critica disamina nel § 30.° del mio Articolo storico-patologico ec. intorno alla Camillo Versari 124 reputo nondimeno, che non ne scemi il valore di quel carattere , nè possa scemare giammai , per essere dedotto da immensa serie di fatti manifesti. Si torni a riflettere che i materiali occorrenti a rifar cellule , nuclei , fibre 4 tessuti , umori , globuli ec. derivano da succhi plastici ete- rogenei, e che ciò non ostante ogni parte riesce sempre omogenea; e ci troveremo astretti a vie più riconoscere la validità , F alta significanza del carattere or ora contem- plato , e ad attribuirlo alla organica elettiva virtù. La qua- le può bene interpretarsi varia nei diversi esseri organiz- zati ; ma è in tutti immanente. Ne convince anche la più grossolana osservazione. E in vero scorgesi , che i muscoli , le ossa, le membrane, i nervi, altri tessuti, animali o ve- getabili , risultano sempre della stessa natura , sebbene paia ragionevole credere che patiscano alcune differenze di proporzione nel loro impasto. Però ciascun organo, guardato a parte , ci dà a vedere i consueti proprii attri- buti , sì fisici che anatomici , da lievissime diversità in fuori appena valutabili , e forse apparenti per etnologiche ragioni , fors’ anche per pochi e minimi effetti di varietà di nutrizione, di climi, e di vitali periodi. Cose che non ostano sostanzialmente all5 ampio vero dei fisiologici eletti- vi poteri ; ma che possono anzi , bene investigate , riporli in maggior luce. Ma anche tutto ciò messo da banda, la dimostrazione di questi poteri non è evidentissima, ogni- qualvolta si badi alla costante reale impressionabilità degli organi de5 sensi ai loro noti proprii agenti ? Laonde a per- suadere in Fisiologia assolutamente vera la organica eletti- vità non soggiungo altre considerazioni, ed in vece scendo a cercare , se v5 abbiano fatti etiologici opportuni a rinva- lidarla. 7. Innanzi però di scorrere i principali s5 addice forse per quelli fra Voi che non siano addentro nell5 iatroteenico forza della natura medicatrice. Sen può vedere il fascicolo Maggio e Giugno 1860 del Ballettino delle Scienze Mediche , che qui si pubblica per cura del- l’ Illustre nostra Società Medico-Chirurgica. Dell5 organica elettività ec. 1 25 linguaggio spiegare F epiteto or ora da me pronunziato. Sapete che il greco vocabolo auxia significa cagione. Ma io non so conto a Voi tutti che F altro Etiologìa , radice necessaria di quell’ aggiunto o addiettivo , s’ usi in Medi- cina solamente, e se ne intenda la parte patologica volta allo studio e alla conoscenza delle efficienze morbifere , e dei primi effetti alle medesime successivi, i quali costi- tuiscono appunto i fatti , che quivi , o in secondo luogo , debbo sottoporre alla vostra sagacia , ovvero gli etiologici elettivi. Ne cesso F allusione , e avverto , succedevolrnente all’ obbligo assunto, che alcune morbifere cagioni, sebbe- ne in sulle prime agiscano sull’ intero nostro organismo , ciò non pertanto manifestano una positiva efficacia più in certe parti, anziché sopra tutta F umana economia. 8. Quale morbifera cagione più diretta e più nocevole all’ intero nostro organismo della sifilide congenita? Eppure fin dal 1852 Gubler c’ insegnò, che arreca, principalmen- te negli infanti , una malattia particolare al fegato con aumento tlì mole o dì ^uooto viooere. e perciò gli piacque di contrassegnarla colla frase di alterazione si- filitica del fegato , frase, che Trumet de Fontane (1) mo- difica coll’ altra d’ indurimento fibro-plastico dello stesso viscere. A proposito del fegato si consideri ancora che fra le cagioni della sua rara atrofìa gialla acuta (2) se ne an- noverano varie di generali. Pure ad esse consegue F indi- cata gravissima malattia , che anche a me pare , siccome ad altri , convenga credere locale. E posto ciò come in- tenderne il fatto, se non per azioni ecologiche elettive? L’ umidità per pioggie , nebbie , discioglimenti di ghiacci , di nevi , e per vaste innondazioni , è anch’ essa una mor- bifera generale cagione; tuttavia comprende per solito le membrane mucose , le articolari , le guaine dei muscoli ; (1) Ne' suoi = Élémenls de Médecine Clioique T. 2. p. 228. Paris 1857. (2) Arduo e bell' argomento , intorno al quale il Ch. Prof. Luigi Concaio ha scritto una dotta e profonda Monografia or ora Tenuta alla luce negli Annali Universali di Med. Milano ec. 126 Camillo Versari onde non poche infreddature bronchiti, altre mucose af- fezioni, e le reumatalgie, e Partritide, e il reumatismo, e le mioiti consecutive. Di pari modo il freddo : il not- turno poi nei climi caldi riesce a frequente cagione di spasmi e di tetani , reumatici in ispecie. Il nostro corpo rimane sovente offeso dalP aria calda e secca , più nelle sue esteriori superficie , di quello che nelle interne; e appunto lungo la medesima predominano risipole, flemmoni, erite- mi , e cutanee efflorescenze. La materia contagiosa del va- iuolo arabo, della rosolia, del morbillo, della scarlattina ec. dopo essersi insinuata ne’ vasi, irrita le fauci, la schnei- derniana , gli occhi , le mucose gastro-pulmònari , e si fissa sopra la cute : la materia contagiosa del cholera asiatico va allo stomaco e alle intestina. Questi ultimi fatti prova- no evidentemente P azione elettiva dei contagii. E il loro elaborativo organico-chimico processo non si compie dalla cute, e dalle membrane mucose? Gli esantemi in genere ne porgono amplissima fede. D’ altra parte la mucosa na- sale de9 ^aValli---&>rgo ti — ****èttgìxr d ella morva ? E P umore , e P aura della dissenteria contagiosa non nasce per elaborazioni patologiche della mucosa ente- rica membrana ? Il virus idrofobico , spontaneo od inocula- to , non si elabora dalle ghiandole scialivali ? E non è forse vero eziandio , che altri contagii , altri virus , e i miasmi tifici dopo essere penetrati nella torrente sanguigna pre- scelgono il sistema nervoso? Sono d5 avviso che il miasma delle paludi lo prescelga fors’ anche; e par lecito pensare così, posciachè, dopo essere stato, al pari dei suddetti assorbito , ne sorgono ben presto periodiche , intermitten- ti, tifoidi, e perniciose con frequente offesa alP encefalo, ed ai nervi. Ma senza ciò è un fatto che i tardi effetti del miasma palustre rendono malconcio in ispecie lo sple- ne ed il fegato, sì da conseguirne le ben note fisconie. Pon- go a parte anche queste; e procedo a raccogliere prove di fatti men dubbii. Il contagio della peste Levantina, non altrimenti che faccia il veleno sifilitico , ammala i vasi linfatici , e più le glandule che ne han nome , o le così dette conglobate. Il veleno della vipera altera il san- Dell9 organica elettività ec. 127 gue , ma poi anche il sistema nervoso ed il biliare appa- rato, con facile successione d9 itterizia non rara a vedersi per alcuni patemi , e per l9 uso del cloroformio. Diversa- mente il tossico del boccininga vien trasportato al pulmo- ne : quello del serpente a sonagli , o del crotalo , al fega- to : esso uccide ben presto, e come il veleno viperino, alcun patema, ed il cloroformio, accenna all9 itterizia. Più diversamente il tossico della cerasta genera il tetano , l9 al- tro della dipsa affoga di sete ; ed il suo nome greco ve ne avvisa. Altri veleni, vegetabili, o minerali, influiscono più sul tale che sul tal9 altro sistema , o sui tali organi , e vi si fissano. La stricnina offende la midolla spinale : l9 atropina il nerveo sistema, e agisce sul cervello, sul nervo ottico principalmente e sulla retina , anche quando ella sia usata per frizioni. Huffeland ed Hutner notarono, che l9 acido prussico , quasi io direi , fulmina rnervi e il sangue. La delfina dopo essere stata assorbita agisce sul sistema nervoso. Il curaro, per quanto ne insegnano le recenti esperienze di Kòlliker, di Bernard, e di altri (1), presceglie i nervi motori. Flandin e Danger sono sì per- suasi della verità poco sopra e quivi toccata , da signifi- carne il concetto colla formola localizzazione dei veleni ; alla quale volentieri aggiungerei l9 epiteto elettiva , al fine di renderci sufficiente ragione d9 un sì gran fatto. Ad ogni modo egli è certo, che i preparati di rame preferiscono il fegato, la milza, il tubo enterico , e che non sì rinven- gono nei visceri toracici, nelle vene, nei muscoli, nei reni, e nelle ossa. Ed è pur certo, che il piombo si ricono- sce nel fegato, nella milza, nei pulmoni , nella urina, e che non si riscontra nel cuore , nei muscoli , e nelle ossa. 9. Pur altri fatti, ed altre sperienze persuadono vera V organica elettiva facoltà. È un fatto che il metallo testé menzionato , i suoi sali , ed il suo ossido per azioni tutte proprie, e per l9 astringente adducono la colica saturnina, sì inghiottiti come evaporati ; e che tanto nell’uno quanto (1) Sì vegga il Fascicolo Aprile 1861 del Filiatre Sebezio. 128 Camillo Versari nell’ altro caso comprendono le intestina, in particolare le tenui , ed il nervoso sistema. E un altro fatto che il mer- curio e i suoi diversi preparati vanno alle ghiandole scia- livali , ed alle gengive, onde il ptialismo, 1* idrargirosi , la stomatite mercuriale ec. , e ne fan prova gli escavatori del primo e del secondo metallo, i Chimici che li prepa- rano , gli artigiani che se ne servono , ed i malati che li usano per bocca, o per la pelle. È pure un fatto che le passioni imprimono su noi particolari caratteristiche, e che possono recare malattie speciali, speciali sfigmiche altera- zioni , e speciali organiche offese. 10. Tacerò che abbiamo passioni mute ed eloquenti, fredde e calde , tristi e liete , pallide e rosse , deprimenti ed eccitanti; ma non tacerò che bianchi ne rende la pau- ra, di terrigno colore il lungo rimorso (1) : a capelli irti il grado maggiore della medesima , e lo spavento. Non ta- cerò , che la lussuria intumidisce e arrossa la faccia : che 1’ ira accende e sospigne a prorompere in atti , ed in pa- role : che la vergogna ali’ opposto tronca la voce , rattiene e concentra i movimenti di organica- espansione ; e che vi- ceversa la gioia adduce facondia , alacrità di moto e di gesto. Nè tacerò, ohe quegli cui non è dato saziare, e rimette la vendetta, mordesi labbro ed indice: che dal Casa fu a ragione caratterizzata macra la gelosia ; e che la fidùcia in Dio, siccome bene ritrasse il Bartolini, fa elevare la fronte e gli occhi al Cielo. Niuno ignora quanto gli ora toccati , ed altri forti commovimenti dell’ animo riescono ad ammalarci , e che ciò accade per mezzo del- T encefalo. Il quale trasmette a’ nervi le ricevute impres- sioni , i nervi le trasmettono ai vasi , e se ne turba V in- tero sistema. Però questi turbamenti son vasti. I nervi ed (1) Vidi ciò in varii detenuti; ed Ussi Y ha fatto vedere dipinto sul volto del Segretario del Duca d’ Atene nella Cacciata da Firenze. Espresse P alto Dipintore in quel Tristo il rimorso pel terrigno colore del volto, e insieme il sospetto di prossimi pericoli per lo sguardo teso alla coda degli occhi ; ed , a mio avviso, per ambedue queste passioni ne rese il vero con tanta abilità da farlo bene comprendere a chi osserva quella gran tela e la considera con attenzione. Dell’ organica elettività ec. 129 i vasi spargonsi per tutta 1* economia. Or come spiegarne le espressioni caratteristiche degli affetti indicati , e le ma- lattie particolari che a5 medesimi conseguono senza una elettiva, e peculiare attività? Appresso questi primi scon- certi altri ne succedono nella economia e negli organi , onde appunto disordini più o meno generali, peculiari ma- lattie, e la morte perfino repentina. E in vero nelle gio- vani di sentire delicato spesseggia la clorosi in conseguenza di paure e di affetti delusi. La pietosa nostalgia s’ ingene- ra per la lontananza dal natio paese, e dai più cari. L or- goglio , la non soddisfatta ambizione , 1’ avarizia , Y invidia , 1’ amor della gloria , oltre certi confini , adducono palpi- tazioni, vertigini, malattie di cuore, aneurismi ; e sovente dopo lenti patemi nascono mali di stomaco e di fegato e della porta per collera, per tristezza, e gelosia. E per fer- mo Senac, Lietaud , Pechlin, Boneto, e Morgagni descrisse- ro dilatazioni del cuore, della aorta, e ne occorse a me stesso alcun caso, sopravvenute ad afflizioni, e a spaventi. Gorvisart giunse perfino a riferire ad un forte spavento T ossificazione del ventricolo sinistro e delle valvole corri- spondenti, o delle mitrali, trovata in uno che n’ era mor- to a poco a poco. Anche i polsi patiscono variamente pel- le diverse emozioni dell* animo; e sì da percepirne quali- tà differenti. Dobbiamo agli Antichi questa osservazione , che a me par reti*, e a cui G. B. Borsieri assentì nel suo Trattato postumo sui polsi. Mi piace darvene i contras- segni in ossequio a un sì gran Clinico, per averli io stes- so in gran parte verificati , e perchè cade in acconcio. Grande addiviene il polso, impetuoso, celere, frequente per ira, grande pure, ma raro e tardo per la gioia; piccolo, languido , raro per tristezza ; e dopo istantaneo e violento timore batte con celerità, con vibrazione, disordine, ine- guaglianza. Ebbi al mio paese ( nel quale esercitava anche la Carceraria Medicina ) a notare più volte assolutamente veri quei caratteri sfigmici successivi alla tristezza; e an- cora , che i prossimi a salire il patibolo aveano , quantun- que giovani, il polso lento, debole, irregolare; e che era molto consimile ne’ grami rosi dal frequentare di profondo T. XII. ^ 130 Camillo Versari e cupo rimorso per delitti allora non iscoperti. Tanto può il terrore della morte , dell’ infamia , e di altri pericoli ! Se non che il terrore nuoce più spesso in modo subitano al cervello ed ai nervi : difatto ei torna a frequente cagio- ne di mentali alienazioni, di apoplessia, massime nervosa, di lipotomìe e di sincopi per alterata e sospesa cerebrale innervazione, e di tremiti, paralisi, convulsioni ec. ; e talvolta addusse il singolare fenomeno d’ un quasi subito incanutire capelli neri di giovani all’ udirsi leggere inatte- sa condanna di morte. In proposito delle grandi e istan- tanee emozioni del nostro spirito, permettetemi che io Ven tocchi di volo un’ altra particolarità, quella cioè di seguir le piacevoli più presto, ed anche a un tratto mor- tali, in confronto delle dolorose , e a maggior numero poi allorché sopravvengono in contrarietà di stato morale. Isto- rie, e Statistiche ne riportano autentici documenti: alcu- ni G. G. Zimmermann nella sua = Esperienza in Medi- cina = ; ed io alluderò a quattro confermativi dell’ ultima fatale osservazione. Sofocle, già calunniato, e dubitoso in- torno al giudizio sull’ ultima sua tragedia (l’ Edipo), morì nell’ atto di riportarne corona; pure la Romana di sover- chia gioia al rivedere il figlio creduto morto in battaglia: ugualmente Diagora di Rodi, quando i tre figli vincitori e coronati gli posero sul capo le corone, e fra loro gra- tulanti 1’ abbracciavano, e il popolo applaudiva; e così il Console romano Marco Juvenzio Talva nel leggere decreta- tagli la supplicazione per avere soggiogata la Corsica, ne venne meno, cadde, e spirò. Ahi dunque ci si palesa per le passioni ancora, noi essere nati più al dolore che al piacere ! Però ne confortino le tante pure delizie che dal- le Scienze ci vengono , dalle sperimentali principalmente , e compensiamcene. Laonde anche per questo rispetto men torno di buon grado alle esperienze non ha guari indica- te ; e n’ è ben tempo, almeno per non dilungarmi in una digressione, che ornai potrebbe distogliere dal mio princi- pale argomento. 11. Diedi già un cenno intorno alle recenti esperienze sul curaro , e ne risultò che preferisce i nervi motori , e per Dell’ organica elettività ec. 131 e$se risultò altra nuova testimonianza di una elettiva orga- nica sperimentale facoltà prima de’ nostri giorni sconosciu- ta, e molto considerabile. Or qui, e allo scopo medesimo, risalgo a cimenti di epoca anteriore a quelli che addussi nel mio Commentarìolum Phlebologicum (1). Quindi ripeto: che Home iniettò nelle vene di bruti domestici P infuso dei colchico autunnale ; e che ne vide conseguire mai sem- pre P enterite. Ripeto : che Lorry e > Magendie per mezzo di consimili esperimenti riconobbero costante il trasporto del tartaro emetico, o stibiato , allo stomaco; e che ne conseguiva pur sempre il moto antiperistaltico, onde il recere. Ripeto: comprovato dall’ Orlila P elettiva proprietà delie cantaridi sull’ apparato uropoietico, ed in particolare infiammatoria in danno della vescica , per iniezioni con polvere di quei coleopteri disciolta in olio , ed immessa nelle vene di buon numero di animali. Aggiungo che Em- mert vide , dopo avere per ferita insinuato P arsenico sotto la cute, prodursi erosioni gangrenose allo stomaco : che MoTÌchini dimostrò il passaggio di molte sostante in- decomposte dallo ^sxonracu ai- -reni .- che P elettricità , tan- to applicata per correnti , quanto per iscosse , dirigesi pur sempre in particolare ai nervi ed ai muscoli; e che la materia contagiosa della morva equina innestata , od in- trodotta nel circolo degli stessi animali va alla pituitaria , ed ivi si fissa, e riproduce. Aggiungo infine pel mio tema sperimentati recentemente nelle rane dai Dottori Dugbrow- shy e Pelika P upas ariti ar , la tanghina venenifera , la digita- le, e P elleboro verde. Essi prima ne discopersero il cuore, poi diedero quelle sostanze per bocca, o le insinuarono sotto la cute in diverse parti dei corpo. Così , ed ora ta- gliati i pneumo-gastrici , ora distrutta la midolla spinale, ne riconobbero e dedussero : che agiscono sui nervi car- diaci (2). E sopra le citate sperienze di Kòlliker e di Ber- nard, e sulle percorse in questo paragrafo, non ispendo (1) Voi. 6.° delle Memorie di questa Società Medico-Chirurgica. (2) Gaz. des Hopitaux. 132 Camillo Versari altre parole , posciachè quando i fatti cadono sotto gli oc- chi e le mani, e quelli più che siam in grado a voler nostro di riprodurre limpidamente, non ne bisognano; la realtà certificata dei medesimi avendo in sè tale e tanta efficacia od una sì grande persuasiva da riescile superiore a qualunque industria e perizia oratoria, per la semplice ragione che il vero manifesto è non solo eloquentissimo, ma che sovrasta ad ogni arte e a qualunque sapienza. Per ciò e per la dolcezza che ali’ anima ne scende, 1’ amai sempre, e l’amo, e mi proposi seguirlo, e lo seguii nel darvi le prove capitali dei poteri elettivi fisiologici, degli et iologici, degli sperimentali, e gli sarò fedele anche pei terapeutici , o per gli ultimi dei quali mi resta a dire. 12. Or dunque rrC è uopo entrar nell3 aringo rimaso (1), o in quello dei poteri elettivi che hanno attinenze alla cura delle malattie. Sta in Terapeutica da tempo antico la distinzione non vana di rimedii in cefalici, sialagoghi, cardiaci , pettorali , diuretici , emmenagoghi , colagoghi , idragoghi , diaforetici , sudoriferi ec. , perchè rappresentati- va di molti veri cuuipiuvaù anche oggidì. Sembra a me tuttavia conveniente altri soggiungerne, e li soggiungo a maggiore evidenza della mia tesi. La radice di poligala fu introdotta a curare 1’ infiammazione dei polmoni e delle pleure dal Medico Inglese Tennent per averne veduti gua- rire i morsicati da certi serpenti velenosi , dal boccininga in ispecie, i quali col veleno loro producono le suddette malattie. Si sa , che poi Du-Hamel riconobbe utile la stes- sa radice in casi di epatizzazione pulmonare. E chi non interpreta , conceduti questi effetti della poligala , ed i successivi al morso del boccininga, che non potrebbero conseguire senza relative elettività? Io perciò dalla mia prima giovinezza prescrissi contro i mali sovrammentovati ora il decotto , ora la polvere della poligaia virginiana , e spesso con reale vantaggio. L’ estratto della cannabis indi - ca eccita ed esilara il cervello. Il rabarbaro tigne in ran- (1) Dante Paradiso Canto I. Dell* organica elettività ec. 133 ciato le urine: consimilmente la santonina, e questa per giunta agisce sulla retina, e in modo da far vedere gli oggetti verdi, dorati ec. , tanto che da ben molti anni io ne trassi ragione di proporla in via di saggio sperimentale contro varie crupsie o daltonismi, e relative nervose malat- tie degli occhi, prodotte da alcune dell* encefalo, o dalle idiopatiche del nervo ottico e della retina ec. In proposi- to degli elettivi terapeutici poteri altre prove fuor di dub- bio non mancano; e mi pare che qui convenga addurne buon numero. Son già due lustri dacché 1* Americano Dottor Page annunziò la luppolina rimedio contro le erezioni not- turne che tormentano i compresi da male venereo acuto, facoltà poi verificata da non pochi Medici Europei , e ri- conosciuta da Harsthorne in un caso di onanismo , per es- sere giunto a spegnerne il voluttuoso eccitamento con più dosi al giorno, di due grani ciascuna. La luppolina ha dunque una azione elettiva , e deprimente , sui genitali maschili. Le cantaridi all* opposto , la cantaridina , e 1* al- cool fosforato in noi e in qualche animale producono iscu- ria, ed eccitano priapismo, satinasi, erotico vigore. I ra- mi, e le foglie dell’ arbutus uva ursi , in decotto o in pol- vere , contraggono le fibre della vescica , e quindi possono convenire contro i mali per lassezza delle sue membrane. La segala cornuta, il suo estratto, o l’ergotina, fanno altrettanto sull’utero; e però giovano ad alcun parto , e nelle metrorragie passive. Tanto nelle donne, quanto in parecchie femmine di animali domestici e la sabina e la ruta mostrano azione consimile. Il muschio , la valeriana , la morfina, i suoi sali, il castoreo, la canfora ec. prescel- gono il sistema nervoso; la digitale, e il tasso fiaccato i nervi cardiaci; il jodio ed i jodali la gianduia tiroidea, ed i vasi linfatici; 1’ asparagina, la radice di cainca, la sed- ia , il nitro , i decotti delle radici aperienti maggiori , e e minori ec. (1) i reni; l’aloè il retto; 1’ atropo belladonna (1) Per esempio il paterleng di qui, o rosa canina, il cui frutto è dai Bo- tanici chiamato cinarodion. 134 Camillo Versari ed il suo alcaloide 1* organo della vista : inoltre dilatano le pupille e poi le rendon immobili. Il ferro ed i suoi preparati vanno al sangue, ne accrescono la quantità con- tenutavi, i globuli di numero, e la fibrina di massa. For- se F immunità dei lavoratori alle miniere dello zolfo e degli abitanti in vicinanza alle medesime e alle terme sol- furee dalle malattie della pelle diede occasione a notarne le elettive medicinali virtù sulla cute, e forse per ciò fu introdotto in Terapeutica. Ma comunque se ne pensi , cer- to è che il solfo guarisce molte dermatosi. Che più ? Si legge trovato il chermes minerale ne’ pulmoni di quelli che sotto varie formole Io aveano usato lungamente , e a buona dose. Leggesi eziandio riconosciuta per gli occhi e per analisi chimiche 1’ esistenza reale del mercurio nella linfa e nelle ossa dei venerei , i quali ne aveano per un certo tempo fatta la cura così esterna che interna , e que- sta con varii suoi preparati. Non è punto a dubitare, che il mercurio principalmente si rechi ai linfatici ed ai gan- glii loro , e già il dissi , onde potrebbe spiegarsene come tornasse vano a G. Rasori farlo ricercare dal Chimico Ale- manni nel sangue da poche ore estratto a quelli che per frizioni ne dovevano contenere abbondante quantità (1). Gli ingegnosi pensieri , e le assidue sollecitudini del Pro- fessore Grimelli per la nuova cura contro i morbi scrofo- losi , e la morva equina han base di fatto sulle virtù elet- tive modificatrici de’ proposti noti rimedii , e gli esperi- menti e le osservazioni , tuttora in corso , dell’ Ercolani ne confermarono , e vie più confermeranno la ragionevo- lezza. Sarà, a mio credere, consimilmente ragionevole pre- scrivere colla debita prudenza il curaro contro molte vio- lente convulsioni (2). E di ciò basti, sebbene quanto alle prove terapeutiche della virtù elettiva potessi aggiugnerne altre (3). Pur le sopprimo, chè le già addotte sono baste- (t) Non c’ era neanche un atomo di mercurio per osservazione dello stesso Rasori. ( Dizionario Classico di Medicina ec. Venezia ec. Tomo 38 p. 915 ). Metodo curativo anti-scrofoloso ec. Torino 1861. Tip. Favaie e Comp. (3) Il Professore Cavaliere Carlo Speranza sostiene che le foglie di noce Dell’ organica elettività ec. 135 voli e chiare , laonde ben sufficientemente aiutano 1* intel- ligenza del mio concetto. D5 altra parte vale a Voi il poco per molto ; debbo premunirmi dal tediarvi anche per so- perchianza ; ed il mio assunto, se non ampiamente , è già abbastanza comprovato per tutte le quattro grandi catego- rie di fatti, alle quali m* obbligai fin quasi da principio. 13. Ma quale astrazione faremo della forza da cui quei fatti promuovono? Se V intima ragione di ogni altra non può dal nostro debile infelletto raggiungersi (e ciò ahi quanto è vero ! ) vuole necessità che stiamo contenti a in- terpretarla sólo approssimativamente per deduzione dai fatti relativi alla medesima , e per analogia delle forze affini. Tutto che ho discorso fin qui, bastevolmente palesa (per quanto a me sembra) una sorta di attrazione organica, una specie di appetito; di tendenza vitale: palesa una propen- sione tra sostanze , tra agenti sistemi ed organi , tra siste- mi ed organi sostanze ed agenti, tra sistemi organi e ri- medii tra questi e quelli : palesa una forza in atto , una virtù in esercizio : palesa , quasi sarei per dire, una legge, un istinto naturale. Deve il motivo precipuo de’ fenomeni elettivi consistere nella disposizione organico-chimica e nella tessitura anatomica dei visceri e dei sistemi ; ma duopo è ci concorra anche la diversa natura degli agenti che li determinano, onde un reale rapporto. Si tratta dun- que di un risentimento degli organi agli agenti, il che lascia arguire un legame fra loro, una risultante unità, o nel caso nostro la elettiva virtù. Ciò rafferma bene la sud- detta attrazione organica; postane quindi la realtà, siam astretti ad ammettere vincoli di azioni tra la stessa poten- za ed i tessuti vivi , sì da non avventarci forse troppo nel ed il loro estratto godono di azione elettiva sul sistema linfatico-glandulare ; e che perciò riescono utili contro la scrofola ec. ec. Il medesimo in altre sue Memorie , come in quella della clorosi , nella Storia d’ un caso singolare di un individuo spirante odor soave , nell’ altra relativa ad un cadavere sudante, e altrove, tenne proposito di molti fatti elettivi, e ne svolse lo spirito. Inoltre è notabile che alcuni recenti Trattatisti di Materia Medica traggono dalle azio- ni elettive fondamenti a questo ramo di Scienze mediche. Camillo Versari congetturare: che per la diversa composizione dei mede- simi succeda diverso richiamo di sostanze, di agenti , e di rimedii. E forse accade così, od almeno si può inclinare a crederlo per varii consimili fenomeni offerti da corpi e sostanze dell’ inorganico Impero; e ancora perchè sembra lecito i primi riferire alla diversa natura dei secondi. Per esempio la calamita a sè tira il ferro: l’ago calamitato in- dica i poli: P ossigeno dell’acqua decomposta per l’elettri- cità s’ indirizza al polo positivo , 1’ idrogeno al negativo : Dutrochet, e Hornbeck, esposto il sangue all’azione di una pila Voltaica , videro chiaramente i globetti rossi del sangue respinti dal polo positivo ed attratti dal negativo. Al positivo della pila gli acidi si dirigono, al negativo i sali ; e gli alberi mostrano la polarità magnetica. Hansteen dice: che la bo- reale è alla inferiore loro estremità, 1’ australe alla supe- riore. Anch’ oggi, dopo Malus, per alcuni fenomeni relativi alla luce, se ne ammette la polarizzazione. 14. Chi mai potrà ragionevolmente dubitare, che cotali ed altri somiglianti fenomeni non siano da ascrivere alla attrazione? Tuttavia non si può nemmeno dubitare di pari modo, che essa non porga alcune differenze. Trovo ben degni di lode anche per ciò Dalla Decima, C. L. Dumas, e Puccinotti, per averne il printer contrassegnata la terapeu- tica colla locuzione di facoltà elettiva dei rimedii, per ave- re il secondo l’ organica distinta dalla inorganica coll’ altra locuzione di affinità vitale; e il terzo con quella di affi- nità fisiologica , e per averla in ispecie stabilita sui rapporti fra le cagioni morbifere, le malattie, ed i rimedii. E tengo pure commendabile Pissot quando rammento non Sfuggitagli 1’ attitudine di alcuni organi a dare ricetto a certi agenti, tanto che la disse receptivitè. La Fisica e la Chimica, più avventurose della Fisiologia, della Patologia e della Tera- peutica, determinarono quelle affinità e le aggregazioni dei corpi. Tuttavia le affinità fisiologiche* ecologiche* morbose, tossicologiche, e terapeutiche, quantunque si veggano e si tocchino , non incontrarono uguale fortuna. Pure speria- mola ; e teniamoci impertanto lontani dal porre in non cale la forza elettiva degli organismi. Esiste, però studiamone Dell5 organica elettività ec. 137 i fenomeni, ed investighiamoli per la mira di valercene a bussola fra le tempeste di alcune malattie, eafil d’Arianna in qualche nostro labirinto. Ma nello studiare questa spe- cie di organica attrazione , e di attrazione vitale , ne stia a cuore di non confonderla colla espressa identicamente da Fordice, che la ripose solo ne9 muscoli, e pretese di spie- garne le contrazioni. 15. Uopo è dunque accettare la verità della forza orga- nica elettiva, e tanto più lo si deve in quanto che può servire di guida nell’esercizio delle Arti Salutari, asserto del quale in’ accingo a darvi le prove con pochi cenni ge- nerali intorno a’ fatti che già la Scienza possiedete per istoriche annotazioni di casi prescelti fra quelli, ne quali e in Patria e qui ebbi compiacenza d’avere praticato il criterio ab electwis . Eccovi i cenni. Lascio andare che 1 e- lettività fisica potè impedire ottalmiti e le gravi loro conse- guenze per 1’ attrazione della calamita messa di buon’ ora in prossimità agii occhi di fabbri e di altri , levandone scheggie di ferro. E piuttosto rifletto come la elettività organica gio- vasse e giovi a soccorrere gli stessi organi nel bisogno di operarli per cateratta. Di fatto il Chirurgo oftalmico dalla pomata di atropina consegue il beneficio della midnasi. L’ empiastro della belladonna in molte ernie agevola il taxis. Da un pezzo si sedano e vincono nevralgie e convul- sioni coi nervini. Troncansi accessi di asme nervose col far pipare foglie e radici della datura stramonium , ed an- che per 1’ uso della lobelia inflata. L’ elettricità vinse pa- ralisi e paresi resistenti ad altre medicature. S’ ignorava perchè la polvere di spugna bruciata guarisse il gozzo; però analizzatala, e scopertone che contiene jodio, se n’ebbe la ragione; e il jodio, ed i jodali si amministrarono pro- fittevolmente contro altre malattie glandulari e linfatiche, e in grazia dell’azione elettiva. Altrettanto avvenne pel mercurio contro a’ mali venerei. Le cure, che io quasi direi derivative, raggiunte coi diuretici, cogli idragoghi, coi sudoriferi, ecc. si spiegano per le facoltà elettive di cotah rimedii. Così pure s’ intesero le guarigioni di molte gravi e complicate malattie di fegato , della porta ottenute per 138 Camillo Versar! 1 acetato di potassa, per la cicuta, pei sapone, pel rabar- baro, per l’aloè. Non sarebbe difficile a questi cenni sog- giungerne altri in proposito; ma i dativi ho per bastanti; e non mancai d’ averci la mira anche in alcuno de’ para- grafi percorsi. Alieno da superflue ripetizioni, attingo dalle mie schede le promesse storiche annotazioni, e alt’ ultimo trarrò dal mio intero Discorso quel tanto, che stimo se ne possa conchiudere conforme a ragione. 16. Sono alcuni lustri dacché ebbi a curare un vecchio nervosissimo, da vent’anni guarito di sifilide, da mesi ad- dolorato agli articoli , alle vicende di atmosfera sensibilis- simo, e alle igrometriche principalmente. Pioggie, e fresco vento erano le note cagioni di quelle doglie: pomate mer- curiali, diaforetici , antipsoriei furono i rimedii usati prima che mi chiamasse. Non avea febbre, nè alta temperatura , nè rossore, nè gonfiezze. Per ciò; per avere posto a calcolo il temperamento; quanto le suddette cagioni possano anche offendere i nervi di simili individui; come quella squisita impressionabilità ne desse conferma; e che i menzionati soccorsi riesci vangli vani, diagnosticai di vaga nevralgia. E non ini apposi male, posciachè solo con decotto di vale- riana e infuso d’ arnica in tre settimane lo guarii ; e sì che correa il verno. Permettetemi intorno a questo fatto due riflessioni : istituita la diagnosi pel criterio ab electivis in parte, e per 1’ altro di esclusione o di eliminazione ; e recuperata la salute per elettiva nervina facoltà. Avrebbe potuto guarirlo la così detta forza medicatrice della Nata - m ? Mostrai nel mio Articolo già citato doversi ben poco fidare nella medesima: era egli debole per l’età, pei mali patiti, per le cure anteriori: la stagione avversa: non crisi: peggiorare que’ dolori per solito, se lasciati a sè stessi ; e per la valeriana e l’arnica raggiuntane invece, e pronta la guarigione. 1/. La Signora Bagioni in Colombani di Forlì, facile a recidivare in pleurite si atterrì per pubblica notturna ca- lamità , e ne seppe estinto F amatissimo consorte. Mesta, anzi inconsolabile per sì cruda repentina sciagura, passava da circa un mese dì e notti in veglia patetica , quasi con- Dell’ orgànica elettività ec. 139 tinua. Gliene conseguirono pallore, magrezza, moti convul- sivi, stirature e doglie agli arti, più a’ pelvici, sotto 1’ au- mento dei quali sintomi pronosticava i cambiamenti atmo- sferici ; e, questi avvenuti, cadeva in ismanie, e nel biso- gno di cercare frescura. Tale ne era lo stato da un anno incirca quando io la visitai. Anche in questo caso m’ in- dussi alla diagnosi di nevralgia erratica. Le porsi morali conforti, e prescrissi olio con buona dose d’ acetato di mor- fina per frizioni, da ripetersi almeno tre volte al giorno. Non le ommise, e, poc’ oltre due settimane , guarì. 18. Sanai pure, guidato dagli indicati principii , e al- quanto prestamente, lombaggini, torcicolli, nevrosi, e pa- ralisi colla noce vomica, e col suo estratto alcoolico , per le quali accagionavasi 1’ umidità , e che aveano resistito a cure antiflogistiche semplici consigliate da altri Medici. Riconobbi benefiche le correnti elettriche in paresi nate da spavento, e viddi per 1’ agopuntura migliorare alcune vecchie ischialgìe susseguite a pioggie notturne. Queste te- stimonianze dan fede che dal criterio ab electivis possono scaturire buone indicazioni , e concetti idonei a compren- dere la sede e l’ indole di varie malattie, non sì di leggieri interpretabili senza applicarlo. Me ne persuasero alcune pseudo-diagnosi di angioiti e di vizii precordiali in ipocon- driaci, in isteriche, che io invece curai coll’acetato di mor- fina, col muschio, col castoreo, ora con intero, ora con discreto successo. Del pari me ne persuasero ancora varii casi di convulsioni per collera , dai Colleglli medicate coi nervini , che a me sembrarono all’ opposto prodotte da an- gioite , che cedettero quando alla sola digitale in piccola dose, quando ai marziali ; e n’ ebbi ragione di credere non falsa quella mia congettura. Così pure mi parve non falsa qualche altra mia diagnosi, combattuta in via consultiva, di tabi veneree supposte flogistiche, e da me vinte, o assai menomate per mezzo di poco sublimato corrosivo commisto col latte. 19. Ho ragioni di compiacenza scientifica e morale nel criterio ab electivis pel fatto seguente. Un geloso marito , dedito a Bacco e alla ginnastica se ne riscaldò, e n’ ebbe 140 Camillo Versari scolo blennorroico , del quale incolpava la moglie, nella per- suasione d’ averne acquistata blennorragia. E ci si ostina- va ; nè tanto pel carattere suo , quanto per lo scolo ; e ancora per certa cutanea efflorescenza ad entrambi com- parsa da poco, e che sostenea venerea, quantunque non ne avesse i contrassegni. Dissi , ridissi invano per isgan- narlo. Solo in via di saggio accettò : di prendere rinfre- scanti : darsi al riposo : rendersi astenio ; e d’ essere presto ad ingollare fiori di zolfo in copia. Attenne le parole. Dopo quindici giorni fu sano, calmo, e la famiglia ac- chetata. 20. Ben io potrei darvi giunta di ricordi storici confer- mativi F utile applicazione del criterio ab electivis ; pure mi limiterò ad altri due solamente. Una Madamigella, per molte delicate virtù cara ad ognuno, accolse in sul fiore degli anni le amorose impressioni dello spirito d9 un Signore , colto, agiato, cortese. Le celava quasi anche a sè stessa, e ne rinvigoriva la fiamma. Per sì pura passione languì di salute : le si resero irregolari , scarsi i mensili ripurghi : poi fu amenorroica. Ne venne ad infermità , e , senza ma- nifestare la vera cagione del male , consentì cure mediche , e lunghe. Decadde vieppiù; sicché consumavasi , ed ornai rifiniva, e con molti sintomi di nostalgia. Io in tale stato la visitai : feci sospetto di quella passione , e giunsi ad averne intera la confidenza. Conforti e rimedii a nulla va^ levano , nè allora potean valere , chè ella bramava la mor- te, quasi uscita di senno. E per così strano notabile desi- derio prestavasi a’ rimedii, e rifuggiva dal cibarsi. Onde, perdute le prime vaghe forme, e le vivide tinte di gio- ventù , era quasi solo velata da sottili tegumenti , somi- glievoli a periostio : Pallida nella faccia e tanto scema , Che dall’ ossa la pelle s9 informava (1) : (1) Dante Purgatorio C. 23. Dell’ organica elettività ec. 141 ventre ridotto a vera pelvi : anche ivi i tegumenti sottilis- simi e verdognoli qua e là : fresca la pelle : formicanti i polsi ; e deliquii al solo inclinare a muovere all’ uno o al- 1’ altro lato il quasi misero scheletro. Molti Colleglli la vide- ro. Tutti pel pronostico errammo , non tutti per la diagnosi. Chi la fece di lenta metrite , questi d’ uguale peritonite , quello d’enterite, altri di mesenterite cronica. Tre, io fra’ quali, giudicarono di tabe nervosa, e ne esclusero ogni vizio organico. Io mi risovveniva del caso alquanto somi- gliante di Antioco Re di Siria, acceso d’ amore per la ma- trigna ( Stratonica ) e di altri analoghi casi per lunghi , cupi patemi , e rimorsi ; nè poteva imitare Erasistrato. Rie- scii ad ottenere che si lasciasse ogni rimedio , m’ industriai di far credere alla pietosa inferma , che gliene prescriveva alcun nuovo; e in vece apparecchiavale osmazoma sotto forma pillolare. Così non moriva con meraviglia d’ ognuno. Ricreatala di spirito; alquanto, e a poco a poco, nutrita- la , non parve più cadavere. Si sostenne e migliorò. A maggior grado riavutasi , fu poi mandata in villa vicina a respirarne le aure benigne e a consolarsi colle amenità di primavera già avanzata. Se ne riebbe vie più : accresciuto- le il vitto animale da dramme ad oncie, poi misto al pi- tagorico, d’ animo ricomposta e di corpo, tornò in due anni a brillare colle grazie di prima. Questo caso somiglia agli estremi marasmi nati per nostalgia , e per affini pas- sioni, ai guariti col riacquistare la patria, con varietà di affetti , colla, musica , per amene o filosofiche letture , per divagamenti , per viaggi , per cure morali. Laonde , e per la cagione, sosterrei quella diagnosi. La stessa cagione e i mezzi apprestati agiscono in gran parte sui nerveo siste- ma , di che conferma diagnostica , e comprova eziandio della pratica utilità del criterio ab electivis. 21. Finisco i ricordi storici colla compilazione di un fatto offertomisi non ha guari da un egregio Paesista , for- nito di temperamento nerveo-sanguigno , di 63 anni, po- dagroso da pochi. Egli da ben sei mesi ogni notte ( pri- ma secondo sua abitudine giacendo per pochi minuti sul lato sinistro , e poi rivoltosi sull’ opposto ) prossimo a 142 Camillo Versari prender sonno pativa un senso di sfinimento a foggia di sincope incipiente, e gli parea doverne morire per inter- rompimento di circolo e di respiro. Tentava Egli di ri- scuotersene con moti di rivolgimento del proprio corpo, e li ripeteva con grande sollievo. Ma 1’ accesso tornava poi tre o quattro volte. Richiamate le forze , era sospinto a rimuoversi. Niun altro sintoma : niun altra sensazione. S9 ad- dormentava dopo quattro o cinque accessi : dormiva indi placidamente ; e i giorni consecutivi passavano bene. Per P età; per la podagra; perchè Y assalto fu sempre nottur- no;^ pei sintomi del medesimo, era agevole sospettare di litiasi all9 aorta toracica, o alle sue valvole, od alle cardiache. Però P ascoltazione non ne lasciava percepire indizii. Sarebbesi potuto temere di angina pectoris nervo- sa ? Ne mancavano molti contrassegni , tra i quali la ben valutabile caratteristica ortopnea. Anche i sintomi dell9 asma non c9 erano. Le etiologiche investigazioni non davano lu- ce; chè Ei non sapea riconoscere veruna morbifera cagio- ne. Escluse patemi, caffè, thè, colori saturnini, mercu- riali , altri agenti , e gli abusi in genere : nemmeno cena- va : mai efialte , o incubo : nè alcuna nervosa malattia. Mutata P ora del coricarsi, l9 assalto mutò, sol quanto alla medesima ; non potea dunque riferirsi a periodicità. Proveniva forse dal sonno? Ma prima non gli adduceva quel male ; e d9 altra parte dopo gli accessi il sonno du- rava placido, e gli riesciva ristorante, siccome ho detto. Congetturai si trattasse di nevrosi per sospesa influenza del pneumo-gastrico ; e che quindi dovessi curarla co9 ner- vini , però alquanto stimolativi. Preferii il laudano di Sy- denham , e ne guarì. Ora è da considerarsi che altra cura gli avesse nociuto ; e si può dalla praticata , e in parte dal temperamento , e dai sintomi , anche per questo caso , arguire la bontà del criterio ab electivis. 22. Restami dopo ciò di trarre dalle cose discorse le conclusioni che ne discendono quasi a modo di corolla- rii. Dico adunque : risultare la forza elettiva organica vera come l9 attrazione e P affinità : che essa ne costituisce una specie modificata dalle leggi vitali ; e non doversi quindi Dell* organica elettività ec. 143 confondere nè con quella , nè con questa. Dico che la Fisiologia, l’Etiologia, molti esperimenti, tossicologiche, chimiche, terapeutiche osservazioni, e alcune di Anatomia Patologica porgono chiare , indubitabili prove di quella organica elettività , sì da stabilirne assolutamente reale P e- sistenza , da ascriverla a fenomeno organico-dinamico , e da profittarne per lo studio dei rapporti relativi. Come 1’ esperienza antica di quel che giova, o nuoce diede il semplice criterio ippocratico a juvantibus et laedentibus 3 può la moderna fornirne un migliore, quello ab electivis 3 per tenere sua base nella detta forza organica , oggidì meno oscura, e perchè riceve conforto dall’ argomento di causalità e di effettività degli agenti morbiferi, dei rimedii, e dalle relative successioni. Anche per ciò il criterio ab electivis riesce composto ed a maggiore utilità ; chè al me- desimo contribuiscono 1’ Etiologia , e la Terapeutica; e ri- chiede più vasta e più ponderata osservazione dell’ ippo- cratico. Approda 1’ elettivo alla conoscenza della idiopatìa , o località delle malattie , e per molte interne vale ad in- dirizzo della possibile cura diretta. Laonde, e pei rappor- ti poc’ anzi toccati , può giustamente aspettarsi giovevole alla diagnosi , alla terapìa , ed anche , entro certi limiti , al pronostico. Correvano già in pratica alcune utili eletti- ve indicazioni; però non se n’ era ancora dedotto e fissato il profittevole criterio. S’ addice dunque accoglierlo ed ap- plicarlo. Più che ad altre malattie può la cura elettiva bene soccorrere a molte fra le così dette dinamiche , e fun- zionali ; e non solo per comporne i disordini , ma per va- lere a prevenirne vizii organici e complicazioni , che gra- do grado senza il beneficio di quella cura sono temibili , e ahi quanto spesso s’ avverano ! Il criterio ab electivis si attiene per poco all’ ippocratico testé menzionato , però essi in rispetto a deduzioni pratiche consuonano in fra lo- ro. » E qui è uopo che ben si distingua (1)» il proposto per la sua maggiore estensione, e perchè conduce a diri- fi) Dante Paradiso Canto XI. 144 Camillo Versari gere i mezzi curativi più alle parti , di quello che all* intero organismo. Avanza inoltre P ippocratico , ogniqualvolta ne sia consentito d’ esplorare la natura dei fondo morboso e di scan- dagliarne la sede primaria, cose alle quali sta pur bene in- tendere. E P ippocratico sovente casuale, e pur, nè di rado, fonte ad empiriche ed a volgari argomentazioni. Il criterio ab electivis per contrario sa veramente di scientifico e di medico ; e in vero muove dalla fisiologica , dalla sperimen- tale, e dalla patologica filosofia. Valse P ippocratico a sta- bilire il sanissimo principio = contraria contrariis curan- tur =. L’ elettivo potrà forse valere a raccomandare il precetto = remediis contrariis, sed electivis , plurimi morbi curari debent =. Ed io lo raccomando per lo scopo al- meno di svellere i mali dalle radici , e per P altro d’ im- pedire che steli e rami ne pullulino ; due intenti per certo non ispregievoli ; e a’ quali ci è dato soddisfare pel non iscarso numero de5 rimedii già ricordati. Poi, se pressoché tutte le malattie nascono da centri , da parziale patogenica condizione ; se è vero che molte tra le promosse da cagioni generali si localizzano, o prevalgono in certi organi, o si cir- coscrivono, le cure elettive torneranno sopra modo utili in confronto delle consuete , le quali per salvare le parti ammalate riescono quasi sempre a non lievi turbamenti della intera economia. Ne cesserebbe per molte il danno , e ne conseguirebbe non solo innocenza al tutto; ma il bene più confortevole di giovare alle parti inferme per mezzo di rimedii che alle medesime si trasportano, e son abili a modificarle salutevolmente ; onde vite più lunghe , brevità e calma di malattie, preservazioni dalle successioni, dalle conversioni loro , e più spedite convalescenze. I rime- dii di azione sul generale, eroici principalmente, i così detti fondenti, e le cure polifarmache , non rare anch’ oggi per mala ventura , sconcertano , e possono addurre effetti vani e sintomi talvolta affini ai morbosi. Le medicature di molti mali limitati al di fuori del corpo, e quindi esterne e lo- cali, sanano senza tumulto, più presto e più felicemente per le anzidette ragioni, per la semplicità dei mezzi tera- peutici, e per la diretta applicazione loro. Ciò avviene Dell5 organica elettività ec. 145 pure talvolta per F uso della Medicina così detta pneuma- tica , ossia della gazosa applicabile a curare pochi casi di malattie dell5 apparato respiratorio. 23. Non dissimulo tuttavia a me stesso una opposizione che taluno potrebbe muovermi contro , quella di fatti , nei quali le cure elettive non bastano a svelarci l5 essenza , o il fondo delle malattie. Risponderei : comune questo difetto alla pratica degli altri metodi curativi; però minore in quella dell5 elettivo : occorrere il medesimo difetto anche pel criterio ippocratico già contemplato: questo inabile a sceverare i fenomeni simpatici delle idiopatìe : abbastanza giovare all’uopo il criterio ab electivis ; e valere ad assag- giarli, e a distinguerli; posciachè col rimuovere, o col- F elidere le morbose entità , ne debbono pure cessare gli effetti, ossia rimanerne elisi, od almeno temperati. Si faccia comparazione con quei due criterii, e forse ne apparirà più profittevole l5 elettivo. Lo spirito de5 fatti occorsimi nel pratico esercizio , e in breve narrati , può indurre a per- suadersene. Ne persuade eziandio il riflettere, che quel- F ippocratico criterio lascia arguire solo ne5 primi stadii delle malattie , F utile o il danno dei mezzi opposti ; e che invece F altro ab electivis irradia luce lungo F intera durata delle medesime, dal caso in fuori nel quale soprav- venga la sciagura di vizii strumentali , o di organici , nati e cresciuti ne5 visceri più nobili, e soggetti a grandi con- sensi. Allora , e nelle maggiori complicazioni , sono entrambi manchevoli , e non preservano dai pericoli dell5 argomento = hoc post hoc ; ergo propter hoc =. Ne scemano poi la fruttuosità ben altre circostanze; Fintempestiva ammini- strazione di forti rimedii , la scarsa dose dei medesimi in ■confronto delle morbose violenze, le diffusioni e le succes- sioni de5 mali, la tendenza ad esiti infausti, i vani e mol- teplici effetti delle nascoste sofferenze morali, e i quasi inaccessibili delle vicende meteorologiche,. sicché richieg- gono entrambi acume, squisita assidua cura , e buon abito e gusto di osservazione. Ma il criterio ippocratico aiuta solo in via empirica ; e il criterio ab electivis aiuta invece a conoscere la sede e la natura dei morbi con veri e scien- t. xii. 46 Camillo Versari tifici fondamenti per sorgere puro e legittimo dalla Filo- sofia sperimentale , o dall5 unica fonte delle Scienze Medi- che antiche e nuove, e che sia in grado di renderle pro- priamente benefiche al maggior numero delle malattie. Au- guro quindi sia la Terapeutica più che da altri principii diretta dall5 elettivo , per avere buoni fondamenti nella gran serie de5 fatti percorsi , nella casta loro osservazione , e an- cora perchè il principio ab electwis può essere illustrato e reso fruttuoso da chiunque lo accolga con amore, conve- nevolmente lo applichi , e quel tanto di vero che in sè racchiude svolga con sano ed ingenuo raziocinio. E parmi di augurare un gran bene. Però anche i più puri e mag- giori desiderii di quanto appaia veramente profittevole tradurre in pratica, non sempre si rendon paghi, quando al Pubblico non siano manifestati in ispecie da chi ne abbia già da alcun tempo raggiunto l5 invidiabile onore di una ben5 alta estimazione. Conseguentemente non so, nè debbo rimanermi dal pregare Voi tutti, o illustri Accade- mici , affinchè colla vostra benignità vogliate a tal5 uopo degnarvi di fare alcun riparo alla pochezza della mia fa- ma. Se, com5 io confido, mi fosse toccata la buona ven- tura d5 avere indotti gli animi vostri a credere ferma- mente , che dal bene appropriare le cure elettive debba sorgere una non lieve pratica utilità; se meco pur con- verrete , che la gran serie delle prove recate a dimostra- zione della elettiva virtù , ed i ragionamenti fatti intor- no alla medesima abbiano un assoluto valore di fonda- mento scientifico ; e che ne possa escir luce a rette in- terpretazioni , a buone norme , a saldo criterio , confido ancora vorrete obbligarmi dell5 autorevole vostro patroci- nio. Oh consolatemene ! se non per altro , almeno perchè col proteggere le mie intenzioni potreste rendervi un dì benemeriti dell5 uman genere. Nè V5 incresca in oltre anche riflettere , che fra i doveri imposti alle Accademie quelli si annoverano non solo d5 incoraggiare i ben volonterosi e di sostenerne le onorate fatiche, ma gli altri pure di propagarne i frutti , di raccomandarli , e tanto più ogni- qualvolta alla salute proveggono. Così non dubito , che la Dell’organica elettività ec. 147 Medica Famiglia sia per concedere alle mie considerazioni un grado d’ importanza non lieve, e certamente maggiore di quello, che senza il valido vostro sostegno non potreb- bero mai conseguire. Così al mio buon volere non man- cherebbe il più grande tra i conforti eh’ io posso bra- mare , ed al quale saprei corrispondere ( e Ve ne fo am- plissima fede ) coi perenni sentimenti della più vera gra- titudine, insieme agli altri antichi di perfetta osservanza verso tutti Voi , cui anche prima di permaner qui , e da varii lustri , mi compiaceva d’ esser legato per questi , e per altri vincoli accademici. Nota del Segretario . Il Chiarissimo Autore è concittadino del grande MOR- GAGNI ; e debbono riferirsi alla Città di ForTi i fatti tutti che nel corso della Memoria asserisce esserglisi presentati in patria . SULLE TRACHEL0L1TI ED OFTALMOLITI OSSERVATE IN ALCUNI GECCUIDI E SULLO SCHELETRO DEL PLATYDACTYLUS GLTTATUS CUV. mm DEL PROF. LUIGI CALORI La sostanza cristallina non men de* solidi organizzati fa pur essa parte della organizzazione. Ella è sempre li- mitata entro termini angusti , e fu dapprima rinvenuta nella gianduia pineale del cervello dell’ uomo e di qualche altro mammifero, de’ ruminanti in ispecie secondo Soem- merring : appresso nel labirinto uditivo di tutti i vertebrati e de’ molluschi cefalopodi. L’ Eherenberg 1’ ebbe scoperta in gran copia entro il cranio de’ rettili in genere ed anco di alcuni mammiferi, e nella teca vertebrale ai fori di co- njugazione , ove ne’ batrachii si acquistò per la sua bian- chezza la denominazione di sostanza lattata. Non mi è a notizia che sia stata dagli anatomici veduta in altri luoghi dagli indicati in fuora. Il perchè avendola io ritrovata nel fondo dell’ orbita ed ai lati del collo di alcuni Gecchidi, che ho avuto occasione di notomizzare , mi farò qui a de- 150 Luigi Calori scriverla sotto i nomi dal Greco desunti di Tracheloliti e di Oftalrnoliti. In tre Platidattili murali Duine et Bibr. e in due Piati- dattili guttati Cuv. mi sono occorse ai lati del collo due masse cretacee, molli e meri voluminose ne’ primi, più voluminose e solide nei secondi, vere pietre, donde la de- nominazione loro imposta. Queste tracheloliti sono regolari, simmetriche, e nel Platidattilo guttato concavo-convesse, solcate, e ricordano qualcosa di una conchiglia come appa- risce in a Fig. 1 , 2 , 3 , Tav. 1 . Cominciano con una estremità stretta dai processi degli occipitali laterali cui sono apposte, e dietro le cavità timpaniche; recansi posteriormente costeggiando le vertebre cervicali ed allar- gandosi , e formano una grande e ragguardevole prominenza o convessità che tende a farsi sottocutanea. Giunte alle scapole t, n, ne coprono il lembo anteriore, poi dietro le medesime prolungansi ingracilendo, e corrono tra le scapole stesse e le costole cervicali, e terminano in punta ottusa oltre il lembo scapolare posteriore. A mano a mano che cotali tracheloliti si portano allo indietro, si scostano dalla colonna cervicale, e tra questa e quelle passa la muscolatura profonda, che poi assieme colla superficiale le avvolge e comprende, salvo nella parte inferiore , la quale ripiegando sotto le vertebre cervicali s’ insinua fra i mu- scoli cervicali inferiori profondi e la faccia superiore della faringe, ove sulla linea media vengono a contatto , massime posteriormente, di guisa che le due tracheloliti vedute dalla parte inferiore Fig. 3 Tav. 1 e complessivamente con- siderate si paragonerebbero ad un collare legato ai pro- cessi degli occipitali laterali. La porzione inferiore di esse tracheloliti forma una larga concavità o doccia nella quale corre la rispondente porzione di tubo dirigente. Le altre doccie o concavità delle medesime sono date particolar- mente alla muscolatura. I rapporti più importanti delle tracheloliti sono coll’ apparecchio dell’ organo dell’ udito, con quello del gusto, colle corna joidee , e colla faringe. Le tracheloliti descritte hanno un involucro di tessuto connettivo cosperso di vasi sanguiferi , squarciato il quale Sulle Tragheloliti ed Oftalmoliti ec. 151 involucro si offre subito la sostanza cretacea onde sono composte ; la quale è bianchissima , non stratificata attorno un nucleo, ma formata di più pezzi appena coerenti. Co- tali pezzi sono friabili e riduconsi in polvere, che umettata con acqua distillata , ed esaminata al microscopio ad un ingrandimento di 500 diametri sì mostra composta di mi- nutissimi cristalli rombici Fig. 4 Tav. 1 insieme legati da un cemento amorfo. Questi poi trattati chimicamente si trovano composti di carbonato di calce e di una minima quantità di fosfato calcare ; onde che essi somigliano a quelli del labirinto acustico, e della teca cranio-verte- brale superiormente indicati. Nel Platidattilo guttato meglio che negli altri Platidattili che mi è stato concesso di notomizzare , ho scorte le Oftal- moliti, che appariscono in fi Fig. 1,3, Tav. 1. Le Oftal- moliti sono molto meno voluminose delle tracheloiiti , ed hanno una forma che mal potrebbesi definire. Angolose al fondo dell’ orbita e contro la porzione membranosa del cranio, tondeggiano poi inferiormente Fig. 3 Tav. 1. Sono anch’ esse regolari e simmetriche , e poggiano sui lati del- P anzidetta porzione membranosa , sul lembo anteriore delle grandi ale dello sfenoide insinuandosi tra queste e le columelle zz, e sulle apofisi che dal corpo sfenoidale e, recansi agli ossi pterigoidei m , m2. Dalla parte del setto introrbitale sono cave, e formano con esso una specie di imbuto che ha il suo apice al forame ottico, e nel quale è accolto il nervo del medesimo nome , circondato dai mu- scoli proprii del bulbo. La struttura delle Oftalmoliti è si- mile a quella delle tracheloiiti. In questo stesso Platidattilo mi sono pure occorse delle cranoliti che hanno la medesima apparenza delle trachelo- liti ed oftalmoliti, e che senz’ aprire il cranio tuttavia ap- pariscono a traverso la fontanella posteriore od occipitale in y Fig. 1,2, Tav. 1 . Qual è la significazione delle divisate pietre del collo e dell’ orbita? A quale prò son elleno date? A prima giunta io le aveva prese per produzioni patologiche, ma da ciò mi ha ritratto P averle trovate in due specie di Gecchidi , 152 Luigi Calori e nei cinque individui che ne ho esaminati , F esser elle regolari e simmetriche, e l’avere una composizione simile a quella delle cranoliti , rachiliti ed otoliri od otoconie. Degli usi loro non è così agevole a dirne. Tuttavolta con- siderando che le tracheloliti hanno convenienza coll’ appa- recchio dell’organo dell’ udito, e che le parti solide finitime a questo apparecchio servono a rinforzare i suoni , ei si può credere che esse tracheloliti siano un mezzo di più conceduto per tale bisogna a questi saurii , i quali essendo notturni o nictalopi, godono essi altresì della facoltà compar- tita agli altri animali simili di percepire i rumori più lievi. La quale congettura quando fosse trovata conforme a ra- gione, e fosse favorevolmente accolta, potrebbero le tra- cheloliti mutare denominazione , ed assumerne una più con- facente al loro uffizio, quella cioè di otoliti od otoconie cervicali. Ma rispetto alle Oftalmoliti , mal potrebbesi con- ghietturarne. Si vede che esse hanno analogia colle rachi- liti , ma quale è 1’ uffizio di queste ? Noi sappiamo. Nota tuttavia il Carus che di sostanza calcare o cretacea ama di circondarsi il sistema nervoso, e che quella è testimonio di questo. Sarebbe mai che come la forza di codesto sistema ha maggiore efficacia e tenacità, di maggior copia di quella sostanza cignessesi, e che le oftalmoliti fossero indizio di una grande forza nervosa dell’ occhio de’ Gecchidi, i quali vengono dai Zoologi assomigliati a ciò che tra i carnivori sono i gatti, il cui Occhio nelle tenebre scintilla di una luce elettrica? Ma checché sia, le oftalmoliti e le trache- loliti non altrimenti che la sostanza cretacea della teca cranio-vertebrale e del labirinto uditivo, vogliono essere considerate come parti accessorie (additamenta ) dell’ endo- scheletro per la ragione posta innanzi dal Carus , che io ho poco sopra allegata. Colle Tracheloliti ed Oftalmoliti ragionate ho pure ri- tratto Io scheletro del Platidattilo guttato, che mettendolo a paro con quello del Platidattilo murale dimostrato nella seconda e terza nota non presenta che piccole differenze, sé ne eccettui la mole del corpo la quale nel guttato è molto maggiore. E proporzionatamente a questa è altresì Sulle Tracheloliti ed Oftalmoliti ec. 153 più grande e pesante il teschio, in cui poi e numero e cónformazion di ossa , e fori e cavità sono similissime. La fontanella posteriore od occipitale è ben aperta, onde le cranoliti y Fig. 1 , 2 Tav. 1 mettonsi in vista. La sutura fra l9 occipitale inferiore a Fig. 3 , Tav. 1 ed il corpo e dello sfenoide posteriore è scomparsa certo in grazia della età avanzata del Platidattilo. Contemplando poi i pterigoidei m , 7w2 , i palatini 7 , ed i vomeri 8 si ha una conferma della erroneità delle divisioni e determinazioni che delle medesime ossa ci ha porte il Blanchard nel teschio del Platidattilo murale. Di che fu già per me ampiamente di- scorso nella terza nota. I processi palatini de9 mascellari superiori 2, sono meno sviluppati e larghi anteriormente per forma che essi non giungono a ‘toccarsi sulla linea media al di dietro del premascellare od intermascellare 1, che ha poi la sua porzione palatina più estesale compensa in un coi vomeri 8, che più in avanti prolungansi , il no- tato diffetto. L9 intermascellare è armato di dieci denti , ciascuno de9 mascellari superiori di trenta ; la mandibola di trentadue per ogni banda. I denti mascellari superiori sono posteriormente più piccoli; gli inferiori più piccoli e po- steriormente ed anteriormente: quelli dell9 intermascellare un po’ men grandi de9 mascellari che seguono. Dietro i denti divisati trovansi le corone dei denti di sostituzione , non molto voluminose , presso che coniche, le quali ven- gono comprese nella gengiva , onde si levano con essa , e sono nella inferiore meglio che nella superiore mascella accolte in una doccia. In corrispondenza di queste corone la radice dei denti completi, già saldata alla parete alveo- lare esterna , unica che esista , essendo i Gecchidi de Pleu- rodonti, è quasi affatto od in gran parte venuta meno. Sie- bold e Stannius notano che la base dei denti completi « est logée dans nne alvéole peu profonde (1) ». Ciò forse potrà essere in qualcuno de9 Gecchidi, chè io tutte non ne ho esaminate le specie, ma nò certo ne9 Platidattili guttato e 54 Luigi Calori murale, che di alveoli non offrono vestigio. Scrive R. Owen, che « In thè common Indien Gecko ( Ptyadactylus guttatus Cuv. ) thè theeth , with te exception of a few anterior ones, are rather cylindrical than conical , and are terminatel by obtuse sommits » (1). Guardando questi denti dalla parte interna la radice ne pare bensì cilindrica, ma non la co- rona che è piatta e tagliente, un po’ concava nella faccia interna, e sotto la concavità vi ha una prominenza quasi fosse un talone. JL’ apparenza cilindrica poi scompare, quando staccato un dente senza romperlo si esamina colla lente, perocché nel Iato onde la radice aderiva al processo alveo- lare , si trova essa radice largamente incisa in direzione obliqua, sì che sembra tagliata a tno5 di penna da scrivere, o di linguetta di flauto. Nè è mica a sospettare che questa larga incisura dipenda dall’ essere rimasta una porzione della parete della radice attaccata alla parete alveolare nella avulsione del dente; chè questa parete rimane netta, netta, senza nulla adesole : oltre che V orlo della incisura non è frastagliato , ma regolare , un po’ rotondato , e tutto attorno ripiegato esternamente , e rassembra quello di un catino navicolare. Io ho già dimostrata questa disposizione nella terza nota trattando del Platidattilo murale. Il tronco del Platidattilo guttato non ha che venticinque vertebre Fig. 1 Tav. 1 , otto cervicali , fra cui le cinque posteriori vanno fornite di costole Fig. 2 Tav. i ; sedici dorsali. Le cinque anteriori hanno costole aggiugnenti o separatamente , o mediante un analogo de’ processi xifoidei h Fig. 3 Tav. 1 Io sterno , che non diversifica da quello del Platidattilo murale se non se nella forma dell’ osso im- pari k , il quale è proporzionatamente più piccolo e manco nel suo processo inferiore, ed ha più presto del rombo che della croce. Lo che conviene colle asserzioni del Gu- vier (2), dimostrate però troppo esclusive dal Platidattilo murale siccome vedemmo nella terza nota. Le altre undici (1) Odontography etc. Voi. 1. London 1840-45, pag. 240. (2) Oss. foss. Tom. V Part. II. pag. 293. Sulle Tracheloliti ed Oftalmoliti ec. 155 vertebre dorsali Fig. 1 Tav. 1 sostengono le rispettive co- stole addominali, le anteriori delle quali hanno cartila- gini sì lunghe da aggiugnere la linea alba; ove quelle di un Iato sono contigue con quelle dell’ altro come neJ Ca- meleonti. Vi è una sola vertebra lombare. La coda mozzata alla decima vertebra caudale si è riprodotta col consueto stiletto osseo tubolato. Una cosa notabile è che a lui at- torno del pari e fra la muscolatura che cingevalo, ci era una enorme quantità di olio o pinguedine , la quale pur estendevasi in avanti fin presso la settima vertebra caudale ove comincia la partizion delle vertebre in porzione ante- riore e posteriore. Nelle molte altre lucertole a coda rige- nerata che ho avuto occasione di esaminare, mai mi è oc- corso un tale fenomeno, e solo ho rinvenuto uno straticello di grasso nel periostio di quello stiletto e che poco o punto penetrava tra i muscoli di nuova formazione che tutto at- torno l’avvolgevano. A che tanta copia di grasso approdi, dire non saprei. Giova ella forse come serbatoio di alimento, onde lungo il torpore iemale non si estingua la vita, man- tenendosi esca alla respirazione? Giova ella forse come so- stanza che si trasmuti ne’ tessuti della coda , e ne prov- vegga allo incremento? E non potrebbe anco essere pato- logica? Questioni difficilissime, alla soluzion delle quali sarebbero necessarie molte e molte osservazioni, delle quali la scienza non è per ancora in possesso. Aggiugnerò che quella grande quantità di grasso contribuisce molto alla grossezza e rotondità della coda rigenerata dal Saurio , circo- stanza che in un colla brevità e colla differenza delle scaglie ha sì imposto ai Zoologi da fare del medesimo più specie. Negli arti non vi è di notabile che la penultima falange delle dita la quale è proporzionatamente assai lunga , sot- tile ed incurvata, e che il pollice delle mani del pari e de’ piedi essendo sfornito di unghia termina con quella fa- lange stessa sol modificata in quanto che ella rassembra uno stiletto. Checché ne insegnino le figure del sig. Emilio Blanchard, al carpo ed al tarso vi è lo stesso numero di ossa che dimostrai nel Platidattilo murale. 156 Luigi Calori SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1. Scheletro del Platydactylus guttatus Cuv. grande al vero, e copiato di fianco. Fig. 2. Veduta superiore della testa in un con porzione di tronco. Grandezza naturale. Fig. 3. Veduta inferiore della testa medesima insieme a porzione di tronco. La mandibola è stata levata. Grandezza naturale. In tutte queste figure le stesse lettere indicano i medesimi oggetti. Nella testa poi », tracheloliti. 0 , oftalmoliti. y , cranoliti. a , occipitale inferiore. b, occipitale laterale. d, occipitale superiore. e, corpo dello sfenoide posteriore. f> corpo dello sfenoide anteriore. g , rostro sfenoidale. hy setto introrbitale. 1, ossetti o processi ingrassiali. m , m2, pterigoidei. n, columella. p, grande ala dello sfenoide. r , squamoso. s , timpanico. u, frontale principale. t>, frontale anteriore. x, frontale posteriore. y, nasali. I , intermascellare. 2, mascellari superiori. 3, jugale. 6 , trasverso di Cuvier. 7 , palatino. 8 , vomero. 9 , dentario. 1 0 , denti. Mom.Toni.HI Tracheloliti ec.Tav.I. Sulle Tracheloliti ed Oftalmoliti ec. 15T 12, angolare. 13 , soprangolare. 14, coronoideo. 15, articolare. Nel tronco i, cartilagine o disco romboidale. f 9 fì f 5 cartilagini costali, che a questo disco direttamente congiungonsi. h, processi tifoidei. g, cartilagini costali unite ai detti processi. k , osso impari. r2, osso coracoideo. s2, sua cartilagine. * v, clavicola. t , m , scapola. Fig. 4. Cristalli microscopici delle tracheloliti ed oftalmoliti suddette. 160 Luigi Calori medesimo di pari guisa rispetto le altre sue particolarità : lacuna che io m’ ingegnerò di riempiere con questa Nota. L’ individuo che mi ha servito per questo scheletro , proveniva dall’ interno dell’ Affrica ^ ed era adulto e ma- schio. L’ ebbi dall’ Illustre Collega ed amico Prof. Giu- seppe Bianconi, che lo ricevette vivo, e mantennelo per più mesi nutricandolo con ova di gallina e con erbe , di quelle che a noi pur giovano di alimento , e sopratutto con lattuca. La Fig. l.a, Tav. 1 ne ritrae lo scheletro grande al vero. E desso singolare per robustezza e forza, lungo trentacinque centimetri , de’ quali quattro appena alla testa appartengono , quindici e mezzo al tronco , poco più di uno al sacro, e quattordici e mezzo alla coda. Cominciando dalla testa , io non vorrò qui descriverne partitamente le singole ossa , ma limiterommi a revocarne ad esame le par- ticolarità notatene dal Cuvier nell’ Opera delle ossa fossili e le aggiunte dell’ Annotatore delle sue lezioni di Anat. Comp. , facendone confronto e con quelle del teschio del mio Uromastix e con quelle del teschio dello Stellione vol- gare che prenderò come a tipo. Leggesi nell’ Opera sulle ossa fossili che negli Stellioni caudiverbera la testa è deprimée et élargie in grazia della grandezza e volgimento esteriore de’ jugaii che rendono così prominenti le guancie di questi Saurii. Ei non ci ha dubbio , che la notata larghezza , e la cagioue donde si fa procedere , non sieno verissime , ma del pari vera non parmi la depressione ; conciossiachè questa essendo carattere ge- nerico del teschio di molti animali, de’ rettili in ispecie, converrebbe, perchè fosse singolare del teschio dell’ Uro- mastix , offrisse un particolare avvallamento , una partico- lare compressione ; ma *la region superiore di questo teschio è piana, ed appena avvisi in lei una curva leggierissima dal frontal principale ingenerata, siccome dimostra la Fig. cit. , Tav. cit. , e le Fig. 7, 10, 13 Tav. 1. La quale pìanizie ha sua ragione nell* essere alto il muso , od alta e quasi verticale la regione naso-mascellare, e meno obli- qua o più dritta quella dell’ occipital superiore , per forma che il diametro verticale di detto teschio riesce generai- Dell’ Uromastix Spinipes ec. 161 mente a rispetto di quel dello Stellione volgare più lungo, ed il frontal principale m, e il parietale o non hanno d’uopo di piegare inferiormente per aggiugnere quello le ossa della faccia , questo l’occipitale superiore. Cotale disposizione parmi che anco più della larghezza distingua il teschio del- \9 Uromastix da quello del prefato Stellione , in cui il fron- tal principale ed il parietale si vanno 1* uno incontro 1’ altro un po’ ascendendo fino alla loro unione, ed essendo più basso il muso o la regione naso-mascellare ne viene che il primo sia costretto a discendere colla sua porzione ante- riore, e discendendo dolcemente s’ incurva, e descrive un arco, la cui convessità è maggiore in corrispondenza del- P arcata orbitale superiore od interna. Laonde io dico che la testa dell’ Uromastix ha per caratteri di essere larga , piana , molto alta anteriormente e presso a poco tanto quanto la è nella parte posteriore, corta anzi che nò, e col muso altresì corto, non aguzzo. Il frontale principale u Fig. 7, 10, Tav. 2 è qualificato dal Cuvier per fort etroit , ma piuttosto che strettissimo , lo direi lungo , e po- steriormente poco esteso presso i suoi angoli orbitali esterni; lo che approda allo ampliamento dell’ orbita. I nasali, pro- segue egli , sono petits et courts , ma sara bene di anco aggiugnere eh’ essi y Fig. cit. , circa alla metà di loro lun- ghezza, là dove passa lor sotto il processo nasale del pre- mascellare 1, si piegano, e formano un angolo ottuso o ginocchio ben prominente, che termina in un cogli etmoi- dei laterali , o frontali anteriori v, il piano della regione superiore del teschio; senza che i nasali nella porzion ri- piegata offrono un foro ond’esce un vase sanguifero accom- pagnato da un nervicciuolo , ed al lato esterno della ri- piegatura un sottile processo che lungo il lembo anteriore degìi etmoidei laterali si reca alle apofisi montanti de ma- scellari superiori. Onde l’Annotatore delle lezioni di Anat. comp. si dilungò dal vero ponendo ne’ caudiverbera che le ossa del naso ne touchent pas aux maxillaires. Alla sutura fronto- n asale occorrono due lamelle medie che altro non sono che ossa sopranumerarie o Wormiani dati come ad opercolo del foro che vedemmo nello Stellione comune, e che sembra 160 Luigi Calori medesimo di pari guisa rispetto le altre sue particolarità : lacuna che io m5 ingegnerò di riempiere con questa Nota. L5 individuo che mi ha servito per questo scheletro , proveniva dall’ interno dell5 Affrica „ ed era adulto e ma- schio. L’ ebbi dall5 Illustre Collega ed amico Prof. Giu- seppe Bianconi, che lo ricevette vivo, e mantennelo per più mesi nutricandolo con ova di gallina e con erbe, di quelle che a noi pur giovano di alimento , e sopratutto con lattuca. La Fig. l.a, Tav. 1 ne ritrae lo scheletro grande al vero. E desso singolare per robustezza e forza, lungo trentacinque centimetri , de5 quali quattro appena alla testa appartengono , quindici e mezzo al tronco , poco più di uno al sacro , e quattordici e mezzo alla coda. Cominciando dalla testa, io non vorrò qui descriverne partitamente le singole ossa, ma limiterommi a revocarne ad esame le par- ticolarità notatene dal Cuvier nell5 Opera delle ossa fossili e le aggiunte dell5 Annotatore delle sue lezioni di Anat. Cornp. , facendone confronto e con quelle del teschio del mio Uromastix e con quelle del teschio dello Stellione vol- gare che prenderò come a tipo. Leggesi nell5 Opera sulle ossa fossili che negli Stellioni caudiverbera la testa è deprimée et élargie in grazia della grandezza e volgimento esteriore de5 jugali che rendono così prominenti le guancie di questi Saurii. Ei non ci ha dubbio , che la notata larghezza , e la cagioue donde si fa procedere, non sieno verissime, ma del pari vera non parmi la depressione ; conciossiachè questa essendo carattere ge- nerico del teschio di molti animali , de5 rettili in ispecie , converrebbe, perchè fosse singolare del teschio dell5 Uro- mastix, offrisse un particolare avvallamento, una partico- lare compressione ; ma *la region superiore di questo teschio è piana, ed appena avvisi in lei una curva leggierissima dal frontal principale ingenerata, siccome dimostra la Fig. cit. , Tav. cit. , e le Fig. 7, 10, 13 Tav. 1. La quale planizie ha sua ragione nell* essere alto il muso , od alta e quasi verticale la regione naso-mascellare , e meno obli- qua o più dritta quella deli5 occipital superiore, per forma che il diametro verticale di detto teschio riesce generai- Dell* Uromastix Spinipes ec. 16 mente a rispetto di quel dello Stellione volgare più lungo, ed il frontal principale «, e il parietale o non hanno d uopo di piegare inferiormente per aggiugnere quello le ossa della faccia * questo F occipitale superiore. Cotale disposizione parmi che anco più della larghezza distingua il teschio del- F Uromastix da quello del prefato Stellione , in cui il fron- tal principale ed il parietale si vanno F uno incontro 1 altro un po’ ascendendo fino alla loro unione, ed essendo più basso il muso o la regione naso-mascellare ne viene che il primo sia costretto a discendere colla sua porzione ante- riore, e discendendo dolcemente s’ incurva, e descrive un arco, la cui convessità è maggiore in corrispondenza del- F arcata orbitale superiore od interna. Laonde io dico che la testa dell’ Uromastix ha per caratteri di essere larga , piana , molto alta anteriormente e presso a poco tanto quanto la è nella parte posteriore, corta anzi che nò, e col muso altresì corto, non aguzzo. Il frontale principale u Fig. 7, 10, Tav. 2 è qualificato dal Cuvier per fort etroit , ma piuttosto che strettissimo , lo direi lungo , e po- steriormente poco esteso presso i suoi angoli orbitali esterni; lo che approda allo ampliamento dell’ orbita. I nasali, pro- segue egli, sono petits et courts , ma sarà bene di anco aggiugnere eh’ essi y Fig. cit. , circa alla metà di loro lun- ghezza, là dove passa lor sotto il processo nasale del pre- mascellare 1, si piegano, e formano un angolo ottuso o ginocchio ben prominente, che termina in un cogli etmoi- di laterali , o frontali anteriori v , il piano della regione superiore del teschio; senza che i nasali nella porzion ri- piegata offrono un foro ond’esce un vase sanguifero accom- pagnato da un nervicciuolo, ed al lato esterno della ri- piegatura un sottile processo che lungo il lembo anteriore degìi etmoidei laterali si reca alle apofisi montanti de ma- scellari superiori. Onde l’Annotatore delle lezioni di Anat. comp. si dilungò dal vero ponendo ne’ caudiverbera che le ossa del naso ne touchent pas aux maxillaires. Alla sutura fronto- nasale occorrono due lamelle medie che altro non sono che ossa sopranumerarie o Wormiani dati come ad opercolo del foro che vedemmo nello Stellione comune, e che sembra 162 Luigi Calori aver sua ragione nella giovane età. Le narici esteriori e le orbite sono veramente très grand s; ma rispetto alle prime Fig. 7, 10, 13 Tav. 2 giovi notare che a confronto di quelle dello Stellione volgare non sono niente , niente obli- que, ma e comparativamente e per sè quasi dritte e quasi del doppio più lunghe od alte che larghe ; lo che conviene colla molta lunghezza delle apofisi montanti de’ mascellari superiori, le quali sorgono a perpendicolo, e con quella altresì del processo nasale del premascellare , il quale pro- cesso non è così obliquo e giacente da farsi quasi orizzon- tale come nello Stellione predetto, ma sale dapprima dritto, poi dolcemente inclina allo indietro ascendendo. Non po- trebbesi poi convenire col più volte citato Annotatore che F intermascellare sia fort ètroit ; che non lo è per verun conto , mostrandosi il descritto processo più sviluppato di quello dello Stellione volgare e più sviluppata ben anche la sua porzione palatina, come chiaro apparisce dalla Fig. 8 Tav. 2. Rispetto alle orbite , descrivono senza fallo due grandissime ellissi ; ma il numero delle ossa che le com- pongono, non è come di solito, conciossiachè è venuto meno il lagrimale incorporatosi forse col mascellare supe- riore o col jugale. Questo segnato 3 Fig. 7, 8, 10, 13 Tav. 2 non è semplicemente très large , ma è per soprap- più molto lungo , e se mal non mi appongo , la lunghezza è anche più rilevante della larghezza, siccome quella che misura più della metà della lunghezza totale del teschio. Certo che gli etmoidei laterali o frontali anteriori v , ed i posteriori x, sono petìts : i quali ultimi nel mio esemplare si offrono perfettamente separati , mentre in quello del Cu- vier sembra noi fossero : gli anteriori formano quel piccolo angolo da lui indicato au devant de f orbite. Nel setto inter- orbitale Fig. 13 Tav. 2 oltre Fossetto /, rappresentante la piccola ala dello sfenoide od il processo ingrassiale, oc- corre F altro che vuoisi considerare come un rudimento di lamina perpendicolare ossea dello etmoide. Quanto al parietale o Fig. 7 Tav. 2 non altro nota il Cuvier che ha le branche posteriori fort longues, e F Annotatore delle sue lezioni di Anat. comp. aggiugne grèles } e nel margine an- Dell’ Uromastix Spinipes ec. 163 teriore una grande incisura chiusa anteriormente dal mar- gine posteriore del frontale , e perciò convertita in un large trou que ferme une simple membrane . Nel mio esem- plare quelle branche sono bensì un po’ lunghe, ma non sottili, chè hanno una ordinaria grossezza. Sono poi ben divaricate ed arcuate e ravvolte così che la loro faccia su- periore guarda internamente, l’ inferiore esternamente a differenza di quelle del parietale dello Stellione comune , ove una faccia è superiore e 1* altra inferiore. Non manca la larga incisura del margine anteriore , ma è chiusa da so- stanza ossea, produzione del frontale, nella quale è aperto un piccolo foro. La quale differenza è forse un effetto di avanzata età. Finalmente il Guvier pone come caratteri l’es- sere i palatini larghi e corti; la direzione alquanto infe- riore dell’ angolo esterno formato dalla congiunzione dei pterigoidei e de’ trasversi ; lo sporgere dell’ intermascellare fra i denti mascellari sans porter lui méme aucune dent. De’ quali caratteri il secondo non è esatto; perocché non poco od alquanto, ma piuttosto molto quell’ angolo sporge e si adima : onde meglio il suddetto Annotatore ponendo , che esso angolo discende fino all’ altezza della faccia arti- colare del timpanico, e nel mio esemplare anche un poco più in basso. Non convengo poi con lui che i pterigoidei si tocchino un peu par leur pointe en avant , entre les palatins ; ma i pterigoidei m, rr? Fig. 7,8, Tav. 2 correndo con una sottile linguetta in avanti lungo il margine interno de’ pala- tini 7 , più e più fra loro semplicemente si accostano , senza che si rechino a mutuo contatto ; chè rimane un vano occupato dal producimento del sotto-introrbitale entro la cavità nasale. Ma se questo carattere non è vero , ve- rissimo è bensì 1’ altro da lui significato , che i palatini 7 giungono a toccare i trasversi 6 conducendosi lungo il mar- gine esterno de’ pterigoidei. L’ ultimo carattere indicato dal Guvier non regge per verun conto ; chè la sporgenza del- 1’ intermascellare fra i denti mascellari è un vero dente, e lo sospettò Y Annotatore scrivendo che elle tient lieu d’ une incisive , impari, largo, con un dentello da ogni lato, dente ricevuto in una incisura della mandibola. 164 Luigi Calori Come questo dente fra le varie utilità di cui può riu- scire all* Uromastix , quella pur ci ha di frangere con più agevolezza le uova, che gli valgono a nudrimento ; faceva a prima giunta risovvenire , eh’ esso fosse come lo stato permanente di una condizione transitoria de5 feti degli Ofidi e di molti Saurii al cui intermascellare è dato un particolare organo somigliante ad un dente per rompere il guscio dell’uovo, ed escirne fu ora , compiuta la quale operazione esso organo si va via via consumando , e sva- nisce (1). Ma consultando 1’ Odontografia di R. Owen ho trovata su tale proposito diversa sentenza ; conciossiachè questo Celebre Anatomico assevera esservi negli individui giovani dell* Uromastix da due a quattro denti anteriori od intermascellari che appresso si saldano e fondono in- sieme e compongono un dente solo lobato (2). La quale sentenza è preferibile all’ altra, e riceve una comprova da due osservazioni che il teschio del mio Uromastix mi ha data opportunità di fare; V una è che il premascellare 1 Fig. 10 Tav. 2 offre poco sopra quel dente trilobato ó denticolato due fori o canaletti alveolari ; 1’ altra è che i denti vicini de’ mascellari superiori sono del pari insiem saldati e fusi in un grande dente tagliente, largo quattro millimetri. Aggiugne poi 1’ Owen che nella mascella infe- riore quel dente complesso è accolto in una larga incisu- ra fra i due denti anteriori (3). Questi denti anteriori si hanno pur come primi dall’ Annotatore delle lezioni di Anat. comp. di Cuvier, e grandi e prominenti ti appaiono nelle Fig. 9, 10, 11, 12, 13, 14 Tav. 2, massime a rispetto degli altri denti che seguono. Il Wagler pur ebbeli notati (1) MuIIers Archiv. an. 1841 pag. 329. (2) Op. cit. Voi. II. pag. 239. In thè young of thè Uromastyx there are from two to four anterior or iutermaxillary teeth which subseqnently become anehylosed together , so as to appear like one lobated tooth. — Prima però di Owen i Signori Duméril e Bibron Erpét. Tom. IV. Paris 1837 pag. 534, avevano insegnato il somigliante: (3) Op. cit. 1. c. In thè lower jaw thè crown of this complex tooth is received into a wide interspace between thè two anterior teeth. Dell’ Uromastix Spinipes ec. 165 e li disse canini a corona trasversalmente troncata , com1 2 * * 5 è in realtà, e con una piccola incisura nel mezzo (1). Ma contemplando i bordi della incisura predetta scorgonsi in essi due superficie 10®, ovali, bianche, e smaltate, volte obliquamente allo interno ed in avanti, le quali superfi- cie a bocca chiusa rimangono coperte dalla faccia poste- riore della corona dell5 unico dente dell5 intermascellare ; anzi cotal faccia ha due fossette separate da un rilievo longitudinale medio, fatte proprio al ricevimento di quel- le superficie. Laonde io penso che queste altro non siano che due superficie trituranti pertinenti a due denti anchì- losati colla estremità anteriore del processo alveolare di ciascuna metà della mandibola , e che tali denti siano ve- ramente gli anteriori o primi ; ovvero se esse superficie non voglionsi avere come veri denti, sì certamente le si debbono riguardare quali organi di sostituzione di quel- li (2). Nella quale opinione mi conferma il sunnotato in- dumento di smalto che copre tali superficie e il vederle altresì circondate inferiormente, come gli altri denti, dal- la sostanza osteoide , longitudinalmente lineata, e fatta di- rei quasi eburnea ( sì è dura ) del processo alveolare ; so- stanza che è ritratta nelle Figure 10, 11, 12, 13, 14 Tav. 2, dalle quali figure pur rilevasi eh5 ella non solo appartiene al detto processo della mandibola, ma a quel- lo ancora della mascella superiore. Codesta sostanza che non mi è a contezza altri abbia descritta, è, a mio pa- rere, di gran peso alla significazione da me data de5 bordi e superficie della incisura mandibolare discorsa. Per le qua- li cose è chiaro che non uno, ma due denti anteriori da ogni lato sarebbonvi come nella mandibola dello Stellione (1) up cit. pag. 323. . . (2) Quando le asserzioni del Wagler op. cit. pag. cit. fossero conformi a verità . sarebbonvi nella mascella inferiore ( forse ne’ giovani individui . ) quat- tro incisivi, che certo dovrebbero corrispondere alle superficie smaltate della incisura mandibolare, i quali denti confluirebbero e saldarebbonsi insieme, don- de le superficie medesime che , posto cotale fatto , avrebbero di necessità la si- gnificazione che io propendo a dar loro di denti. 166 Luigi Calori volgare, con questa notabile differenza però che i due denti anteriori hanno amendue in questo Stellione forma di canini, e nessun di essi corrisponde ai due incisivi ond’è armato 1’ intermascellare ; mentre nell’ Uromastix i soli esterni avrebbero forma di canini tronchi , e le superficie smaltate suddiscorse circoscriventi 1* incisura mandibolare non ne avrebbero la più piccola somiglianza, e corrispon- derebbero al dente complesso dell’ intermascellare. La di- sposizione descritta è dunque tutta propria a questo Sau- rio, e ne dà ad intendere quanta presa ei debba avere sui corpi che addenta; imperciocché, entrati che siano fra il tagliente della corona di quel dente complesso e le superficie trituranti delle corone dei denti della incisura mandibolare, non solo non possono sfuggirgli^, ma è come di necessità eh’ elli pur siano tronchi. Scrive P Annotatore delle lezioni di Anatomia comparata di Guvier che dopo il primo dente della mandibola, per me secondo , i sei che vengono appresso , si sono dilegua- ti, sicché quivi la mandibola presenta un vuoto. Nel mio esemplare cotali denti non sono iti in dileguo, nè ci ha vano alcuno. Ciò che io scorgo , si è che dietro il secondo dente anteriore vengono otto piccoli denti a corone piatte e taglienti , assai vicini tra loro, e riuniti mediante un cemento o sostanza osteoide a linee o fibre verticali, la quale muove dagli alveoli e ai denti interponesi e li co- pre tuttavia. A sinistra questo velame di cemento è tale nella parte anteriore che quasi affatto nascondeli, e cotal disposizione vuoisi avere come un grado dell’ anomalia che si avvisa nei denti anteriori della mascella superiore, ciò è a dire della fusione di quei denti in uno grande e ta- gliente che corrisponde a quello della mascella superiore medesima. Al di dietro degli otto piccoli denti descritti sonvene altri nove molto più grandi, ed i maggiori sono il quinto ed il sesto; onde non è esatto dire coll’ Owen che elli crescono in grandezza a mano a mano che si recano allo indietro (1). Rispetto alla loro forma , essi non appa- (1) Op. cit. Voi. I. pag. cit. troppo esclusivamente detto =s they are ap- proximated , and increase in size astheyrecéde backwards ss. Dell5 Uromastix Spinipes ec. 167 riscono veramente triangolari , ma tendono al subcilindrico, e sono compressi, non acuti nella estremità, piuttosto ta- glienti, incavati nella corona esternamente per adattarsi a bocca chiusa alla convessità della faccia interna dei den- ti mascellari superiori Fig. 13-14 Tav. 2. Quanto a questi ultimi, dissi già che gli anteriori si erano riuniti in un dente tagliente molto esteso ed incorporato col processo alveolare , la superficie triturante del quale dente conserva tuttavia un color bianco lattato , ed è assai dura , ond’ è a ritenersi eh’ ella sia rivestita di smalto , disposizione si- mile a quella della incisura mandibolare suddiscorsa (1). Dietro questo gran dente complesso vengono otto piccoli denti mascellari che fannosi via via maggiori come più posteriori, finalmente altri sette mascellari più grossi, che pur crescono nella medesima direzione, i quali denti ma- scellari superiori hanno meglio la forma triangolare che gli inferiori, colla sommità ottusa. Io non rni estenderò di vantaggio su questo teschio ba- stando a vieppiù particolareggiarlo le figure che ne ho date ad illustrazione. L’ osso joide Fig. 6. Tav. 2 diversifica da quello dello Stellione volgare in quanto che il corpo ne è proporzio- natamente molto più grande, le corna tiroidee piu brevi, e non addossate, ma molto allontanate fra loro; V angolo alla unione del pezzo orizzontale od interno coll’ esterno delle corna anteriori più saliente e protratto in avanti. La colonna vertebrale Fig. 1. Tav. 1. si compone di quarantasei vertebre così ripartite, ventiquattro al tronco, due al sacro e venti alla coda. Le vertebre del tronco non possono dividersi che in cervicali e dorsali e in ciò vi ha differenza trai’ Uroma- stix e lo Stellione volgare, sendo che in questo trovasi una vertebra lombare. Le cervicali sono otto, e le cinque po- steriori hanno processi costali o costole cervicali, mentre (1) Wagler Op. cit. pag. cit. fa cominciare i denti mascellari superiori con ì canino, ma io non ho potuto vedere niente di simile. 168 Luigi Calori nel predetto Stellione solo le quattro ultime vanno fornite di tali costole; sotto il quale rispetto l* Uromastix confon- desi coi Varandi , coi Lacertidi ecc. Le quattro vertebre cervicali anteriori hanno spine inferiori, dovendosi conside- rare la spina anteriore dell’ asse come pertinente ali5 atlante. Questo a comparazione di quello di altri Saurii è piccolo anzi che nò: 1’ asse è come di solito; colossale col suo processo spinoso a mo’ di cresta rassembrante una mannaia , e coperto di epifisi. La sua apofisi odontoide già distinta dal corpo, siccome quella che è il corpo dell’ atlante, è grossa nella base e schiacciata nell’ apice, sì che la cresta ne sembra la punta di una lingua umana. Le altre vertebre cervicali sono alquanto più piccole delle vertebre dorsali anteriori retroposte, ed hanno i processi spinosi triangolari , leggiermente bitubercolati o bifidi , e piegati in addietro , e più , generalmente parlando, che quelli delle vertebre dor- sali. Queste sono un po’ più voluminose anteriormente e posteriormente che nella parte media del dorso, ed hanno processi spinosi pur triangolari , un po’ crestati , e volti allo indietro, ed alquanto più brevi di quelli delle cervicali. Hannovi ventun paia di costole , cinque cervicali o asternali anteriori , quattro toraciche o vertebro-sternali , e dodici asternali posteriori o addominali. Fra le cervicali le tre anteriori sono corte , larghe , piatte , e la prima è bre- vissima , triangolare ; le altre due come le costole toraciche e addominali. Le costole toraciche in un colle addominali anteriori sono ben incurvate , le altre presso che dritte. Le più lunghe di queste costole sono le cinque addominali anteriori, le più brevi le posteriori; chè la loro lunghezza sì dinanzi che dietro quelle va via via diminuendo. L’ arma- dura della cavità toracico-addominale che col concorso delle vertebre rispondenti e dell’apparecchio sterno-scapolare com- pongono, guardata dalla parte superiore ricorda un rombo od una elissi , ed è molto larga nel mezzo e schiacciata. Le cartilagini delle costole descritte non sono veramente di vera cartilagine , ma come d’ ordinario , di un osso parti- colare , tenero , elastico simile a quello della cartilagine rom- boidale. Questa i Fig. 2 Tav. 2,Fig. 1 Tav. 1 presenta due Dell’ Uromastix Spinipes ec. 169 fori ovali otturati da membrana ed una incisura nel mezzo coperta dall’ osso impari k, che è a temo, o a croce col processo posteriore sì lungo che poco manca non aggiunga P estremità posteriore della cartilagine romboidale mede- sima; particolarità che quanto più lo dilunga da quello dello Stellione suddetto, altrettanto V avvicina a quello dell’ Iguana. Da detta estremità muovono i lunghi ed in- curvati processi h , che qui con Geoffroy Saint-Hilaire si- gnifico , come già altrove, per processi xifoidei. Sui lati esterni posteriori occorrono le inserzioni delle cartilagini f-> fi /? / delle quattro costole vertebro-sternali , cartila- gini tanto più lunghe quanto più posteriori; e sui lati esterni anteriori due doccie piuttosto profonde che ricevono la porzione posteriore della cartilagine soprapposta al lembo interno dell’ osso coracoideo r, assai più robusto che nello Stellione comune, e fornito di due spazi membranosi o fori otturati. La scapola t , u , è altresì più robusta , e colla sua porzione ossea t , forma insieme col processo ester- no del coracoideo e sua cartilagine epifisaria s, un terzo foro otturato. La porzione cartilaginea u , della scapola è piuttosto di osso simile a quello del disco romboidale e delle cartilagini costali, ed è solo cartilaginea nella base presso cui trovansi molti piccoli fori otturati di varia di- mensione e forma. Alla riunione delle due porzioni scapo- lari «, e con ambedue si articola la clavicola v, che è robusta e un po’ sigmoidea. Le altre regioni dell arto an- teriore non hanno minori impronte di robustezza e forza ; e di fatto Y omero Fig. 1 Tav. 1 è corto , e nelle estre- mità largo ed anche grosso con apofisi ben risentite , e così le ossa dell’ avanbraccio. Ragguardevolissima è la rotula bracchiate. Breve è altresì la mano e robusta. Il carpo con- sta delle solite nove ossa Fig. 3 Tav. 2 , e il numero di quelle del metacarpo e delle dita non si differenzia da quello che generalmente rilevasi ne’Saurii. Le falangi sono corte e forti : l’ungueale, che apparisce nella Fig. 1 Tav. 1 , vestita di un’ unghia ad estremità ottusa , spoglia che siane , si mostra qui pure angolosa , uncinata Fig. 3 , Tav. 2. Appartengono a questa mano due voluminosi sesamoidei Fig. 4 Tav. 2 T. XII. ^ 170 Luigi Calori compresi nei tendini riuniti de* muscoli flessori lunghi co- muni delle dita , i quali sesamoidei accrescono fede a ciò che già P intera mano ne esprime , data ad esercizio di grande forza sì pel raspamento come per la scavazione. Le vertebre sacre Fig. 1 Tav. 1 , Fig. 15. 16, 17 Tavo- la 3 più piccole nel corpo delle dorsali offrono processi spi- nosi più lunghi , verticali , non più crestati , ma presso a poco quadrilateri. I loro processi trasversi sono come d’ or- dinario , lunghi , larghi , orizzontali , allargati , gli anteriori in ispecie, nella estremità, colla quale vengono a contatto coi posteriori , donde un forame ovale intra loro. I poste- riori presentano allo esterno e posteriormente una incisura , e nella faccia inferiore un foro che conduce ad un cana- letto percorso da un vaso sanguifero. Forse questo foro è un indizio di partizione del processo in trasverso propria- mente detto ed in costale, sendo probabile che cotale di- visione già fosse ne’ primordi di formazione. Una traccia di divisione pur trovammo ne’ processi trasversi della verte- bra sacra posteriore dello Stellione volgare , ed un foro che da parte a parte passava que’ processi in altri Saurii p. e. nel Platidattilo murale. Ai descritti processi congiun- gonsi le ossa innominate , e componesi un anello pelvico che paragonato a quello dello Stellione comune non pre- senta sensibili differenze, salvo che per 1’ ossetto 15 Fig. 16 Tav. 3 situato nell’ anterior parte della sinfisi ischiatica, e prolungato tra i forami otturatori. Il femore e le ossa della gamba Fig. 1 Tav. l.a, sono corte e robuste, massime a rispetto di quelle dell’ anzidetto Stellione in cui sono lunghe e piuttosto gracili, nè manca, come in questo Stel- lione, una rotula femorale ben sviluppata, quantunque però meno della bracchiale. Non occorrono al tarso che tre ossa, perocché il tibiale 26 Fig. 5 Tav. 2 , ed il peroneo 27 , benché presentino nella faccia dorsale un solco , che li di- stingue , nella plantare cotal solco non avvisasi , per forma che i due ossi sonosi fusi in uno. In corrispondenza della faccia plantare del tibiale trovasi un piccolo sesamoideo. Sotto e dinanzi 1’ osso peroneo-tihjale 26 , 27 , giace il grande osso 29 , e al davanti di questo 1’ ossetto 30 , contro Dell9 Uromastix Spinipes ec. 171 la base del terzo e quarto metatarso. AI metatarso ed alle dita nulla di notabile. Finalmente la regione caudale è, a dir vero, enorme, ma essa altresì piuttosto corta comparativamente a quella di molti altri Saurii. Ella è assai larga, e le venti vertebre che la compongono, hanno processi trasversi non solo rag- guardevoli per larghezza come scrivono gli Autori , ma an- cora per lunghezza Fig. 1 Tav. 1, Fig. 16 Tav. 3. Questi processi conservansi fino alla decima ottava vertebra , ab- breviandosi a poco a poco dopo la settima, chè al davanti di questa sono di lunghezza presso che uniforme , quan- tunque la larghezza dallo avanti allo indietro vada scemando. Elli sono orizzontali, dagli ultimi in fuori ^ che piegano in avanti. I processi spinosi delle vertebre caudali sono molto più sviluppati e robusti di quelli delle vertebre dorsali e sacre , e i tre anteriori sorgono verticalmente ; quelli che seguono, piegano alquanto allo indietro: nella metà poste- riore circa della coda si estendono molto dallo avanti allo indietro assottigliandosi. I processi bicruri od ossa ipsiloidee cominciano all9 articolazione della terza colla quarta verte- bra caudale, e cessano a quella della decima settima colla decima ottava. Ad ultimo i corpi delle vertebre caudali hanno una proporzionata robustezza , e si fanno piu lunghi e in un medesimo più sottili quanto più sono posteriori, eccettuati i tre ultimi che sono più corti di quelli che stannogli innanzi. La coda dell9 Uromastix è singolare per essere molto larga e piatta inferiormente, ed armata ai lati e nella re- gion superiore di belle serie di grandi squame aculeate che copronsi a guisa di embrici , e la sostanza cornea on- de sono vestite, ha la durezza di quella delle unghie, tali scaglie, la cui forma è ritratta dalle Fig. 18, 19 lav. ó , sono triangolari, e cave, che rassembrano conchiglie, e nella cavità ricevono le pieghe cutanee di forma consimile che ne costituiscono il letto, mentre la matrice occoire a so co che ne circonda la base. Questa coda , che e anco no- tabile per grossezza, viene mossa dal rettile con molta forza e rapidità; ed io che il vidi vivo e V esaminai, po- 172 Luigi Calori stegli le dita al collo per prenderlo , cominciò subito a fortemente divincolarla erigendo quelle squame, che urtandosi diedero un suono simile a crepito , e cercò di portarla verso la mia mano per difendersi del pari ed of- fendermi ; perchè levatala, egli da quel divincolarla cessò, e ne fece arco della region superiore ; in fine più volte la battè come rude spatola, sul suolo. Memore di tutto ciò facendone lo scheletro , ho avuto vaghezza d’ investi- garne la muscolatura, intorno alla quale ho osservate alcu- ne particolarità ed incontrati alcuni muscoli de’ quali non trovo fatta menzione presso gli autori , quelli almeno che mi è stata fatta facoltà di consultare e ohe noi posse- diamo. Leggesi nelle lezioni di Anat. comp. di Guvier che nella coda de’ Saurii ordinarii , sonovi, come in quella del Coc- codrillo , tre paia di muscoli ; uno continuazione degli spi- nali del dorso corrisponde agli interspinosi ed ai sacro-coc- cigei dei quadrupedi j altro analogo agli ischio-coccigei dei quadrupedi medesimi , avvegnaché sia più complicato ; ed un terzo senza analogo ne’ mammiferi , detto femoro-pe- roneo-coccigeo , o semplicemente femoro-coccigeo , siccome quello che non ha sempre connessione colla testa del pe- roneo. L’ Annotatore poi aggiugne un ischio-coccigeo su- periore o trasverso, esteso dall’ ischio alle due prime verte- bre caudali , muscolo divisibile in due nel Camaleonte , in cui occorrono alcune altre differenze risguardanti lo svi- luppo e la estensione de’ muscoli divisati, i quali poi a suo dire sono agevoli a mettersi in vista per le leggieri aderenze che hanno colla pelle, e levarlasi quindi con fa- cilità (1). Ma questa esposizione non conviene del tutto con quella di G. F. Meckel , il quale oltre il muscolo ischio-coccigeo o trasverso eh’ egli ha in conto di un mu- scolo periforme, ammette che ordinariamente ci siano quat- tro paia di muscoli, e nell’ Agama e nell’ Iguana cinque. Due di tali muscoli sono inferiori o sottocaudali distinti in (1) Le$ons etc. Tom. cit. pag. 112, 113. Dell’ Uromastix Spinipes eg. 173 superficiale ed in profondo, due sopracaudali, uno ester- no, F altro interno, e ne’ due Saurii nominati ne sono tre, uno interno, uno medio ed il terzo esterno (1). E fin qui le cognizioni che possediamo sulla miologia della regione caudale de’ Saurii. Ora dirò quanto ho osservato nell’ Uromastix. Spogliandone la coda della pelle che io trovava assai densa e robusta, non indugiai punto ad avvedermi che eli’ era generalmente molto adesa ai muscoli sottoposti massime sui lati e nella regione superiore. In queste par- ti le aderenze operavansi mediante espansioni tendinee e fascetti muscolari. Proseguendo nella dissezione non anda- va guari, che io riconosceva consentir meglio col vero le asserzioni del Meckel intorno i muscoli caudali dell’ Aga- ma e dell’ Iguana che quelle del Cuvier ; conciossiachè nell’ Uromastix mi si offerivano i medesimi muscoli, sal- vochè erano più sviluppati e forti, particolarmente i sot- tocaudali e il sopracaudale esterno, ed anco modificavan- si e ad essi in fine se ne aggiugnevano de’ nuovi. I mu- scoli sopracaudali mandavano tutti alla pelle una moltitu- dine di fascetti che si inserivano in corrispondenza di li- nee trasversali indicanti sulla faccia interna di lei i punti donde esternamente la pelle stessa sorgeva nelle duplica- ture insinuate entro le scaglie cornee suddivisate. I muscoli sopracaudali interno e medio presso i bordi pei quali si toccano , mettevano , cominciando circa dalla quinta ver- tebra caudale, successivamente e a regolari distanze, dei fascetti che a due a due riunivansi, e formavano altrettan- ti muscoletti , che allargandosi s’ appiccavano alla parte media delle linee trasversali descritte come si vede nella Fig. 15 Tav. 3 da 35 a 35. Il muscolo sopracaudale ester- no 34 è veramente enorme nell’ Uromastix e cosi inestri- cabilmente unito alle parti laterali ed alla faccia interna della pelle, eh’ egli è impossibile a separamelo senza che (1) J. F. Meckel Traité d’ Anat. comp. Tom. V. Prem. part. pag. 283 alla 286. i 174 Luigi Calori uria grande moltitudine di fasci muscolari non le rimanga- no attaccati , onde che con questi fasci viene a formare come una specie di muscolo pellicciaio caudale. Trovasi questo muscolo sopracaudale rovesciato allo esterno nella Fig. cit. Tav. cit. ove appariscono i suoi fasci cutanei : dall* altro lato in cui ho cercato di spogliarne il piu pos- sibilmente la pelle raschiandola, si vede il grande fascio muscolare superiore, che malgrado la raschiatura è rimasto, come anche una moltitudine di fibre pertinenti agli altri fasci muscolari cutanei posteriori , che occorrono , però ta- gliati secondo che pur dimostra la Fig. cit. Tav. cit. Levati i muscoli sopracaudali e sottocaudali fin qui esa- minati , si parano innanzi due serie di muscoli che al par de9 fasci muscolari cutanei descritti , non trovo indicati da veruno. Una di queste serie è quella dei muscoli inter- trasversi 37, 37 Fig. 16 Tav. 3, e l5 altra è quella dei muscoli interspinosi 38 , 38 Fig. 17 Tav. 3. I primi mo- stransi tutto lungo la coda cominciando dal processo tra- sverso della prima vertebra caudale , e terminando con l9 ul- timo di questi processi pertinente alla decima ottava. I muscoli intertrasversi sono sviluppatissimi , larghi , quasi tutto carnosi , dalla parte superiore in fuori , ove lor ade- risce obbliquamente una striscia aponeurotica che serve di attacco ai fascetti muscolari spettanti al muscolo sopracau- dale esterno. I secondi , o gl9 interspinosi occorrono essi altresì lungo tutta la coda e come i precedenti, ne man- cano all9 apice. Questi muscoli che trovansi già da ambi- due i lati de9 processi spinosi, sono pure ben carnosi e sviluppatile ricordano i muscoli interspinosi cervicali e lombari dell9 uomo , o gl9 interspinosi de9 mammiferi. Essi non vogliono confondersi col muscolo sopracaudale interno che Guvier considera analogo agli interspinosi ed allo spi- nale, ma a torto; perocché il detto sopracaudale, avuto riguardo alle sue origini dagli apici de9 processi spinosi ed alle sue inserzioni a questi apici ed ai processi articolari, diventa il rappresentante e di un muscolo spinale e di un muscolo semispinale, ma non mai de9 muscoli interspi- nosi , i quali nell9 Uromastix sono affatto separati dal mu- scolo sopracaudale divisato. Dell’ Uromastix Spinipes ec. 175 Ei non vi ha dubbio che anche solo per T azione dei muscoli caudali ordinarii non potessero spiegarsi i mo- vimenti che l9 Uromastix opera colla sua coda , massi- me che tali muscoli hanno in lui acquistata tanta grossez- za e sviluppo; ma i movimenti laterali della coda non possono a meno di rendersi vieppiù energici per 1’ azione de9 muscoli intertrasversi , e maggiore l9 arcuamento supe- riore per quella degli interspinosi. Certa cosa è che i fasci muscolari cutanei dei tre muscoli sopracaudali so- no le sole potenze che fanno muovere la pelle della co- da, e le sole che valgano ad erigerne le squame aeu- leate che l9 armano. 176 Luigi Calori SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLA 1. Fig. t . Scheletro dell’ Uromastix Spinipes Merrem veduto in tre quarti. Gran- dezza naturale. TAVOLA 2. Fig. 2. Apparecchio sterno-scapolare dimostrato dalla parte inferiore. Fig. 3. Ossa della mano disgiunte. Fig. 4. Ossa del piede disgiunte. Fig. 5. Sesamoidei de' tendini de’ muscoli flessori lunghi comuni delle dita della mano. Fig. 6. Osso joide. Tutte queste figure ritraggono gli oggetti di grandezza naturale. Le lettere ed i numeri ne indicano le seguenti parti fi fi fj cartilagini delle costole vertebro-sternali che s’inseriscono ai lati del disco o cartilagine romboidale t. h , processi xifoidei. k , osso impari. r, osso coracoideo. s, sua cartilagine. t, u, scapola. 1 , radiale. 2 , cubitale. 3 , pisiforme. 4, ossetto intermedio al radiale ed al cubitale, da 5 a 9 , ossa della seconda serie del carpo. 26, 27 osso tibiale e peroneo uniti. 29, 30, ossa della seconda serie del tarso. Fig. 7. Regione superiore del teschio dell' Uromastix suddetto. Fig. 8. Veduta inferiore del medesimo teschio. Fig. 9. Mandibola rappresentata dalla parte superiore. Fig. 10. Regione inferiore del teschio. Fig. 11, 12. Rappresentano l’ incisura mandibolare dalla parte interna, supe- riore ed anteriore, onde chiaro appariscano le superficie dentarie 10a della incisura medesima. Fig. 13. Profilo del teschio suddetto. Fig. 14, Dentario della mandibola e linee longitudinali del processo alveolare e dei denti. in fuori le quali rappresentano gli oggetti il doppio del vero, le altre li porgono tutti di naturali dimensioni. In tutte poi le medesime lettere indicano i medesimi oggetti. Uiomastix.Tav. I. C Bettia^lit. Mem.Tom.Xll. ?*=*» Q, Olili dkdaheio- im hU wro. Mein.Tom.XD. Fromastix.Tav.H. Lit. De Maria Meni. Tom. XII. Uroinastix.Tav. III. Dell5 Uromastix Spinipes ec. 177 а , occipitale inferiore. ò, occipitale laterale. d, occipitale superiore. e, corpo dello sfenoide posteriore. f, corpo dello sfenoide anteriore. g9 rostro sfenoidale. l , processi ingrassiali. P, osselto longitudinale compreso nel setto introrbitale h, il quale ossetto po- trebbe per essere distinto compararsi ad un rudimento di lamina perpen- dicolare dello etmoide. m , m2 , pter goideo. », columella. p, grande ala dello sfenoide. 0, parietale. q, mastoideo di Cuvier da me significato come squamoso. r , squamoso di Cuvier da me significato come apofisi zigomatica del temporale. $ , timpanico. », frontal principale. t>, etmoideo laterale di Bojanus, o frontale anteriore. x9 frontale posteriore. y , nasale. 1 , premascellare od intermascellare. 2, mascellare superiore. 3, jugale. б, trasverso. 7 , palatino. 8 , vomeri. 9, dentario. 10 , 10, denti. 10, a, superficie dentaria de’ bordi della incisura mandibolare. 1 1 , opercolare. 12, angolare. 1 3 , soprangolare. 1 4 , coronoideo , o complementario. 15, articolare. TAVOLA 3. Fig. 15. Coda dell’ Uromastix Spinipes veduta dalla regione superiore, e de- nudata in gran parte dalla pelle rovesciata sul lato sinistro, onde appa- riscano i muscoli sopracaudali ed i lacerti muscolari cutanei. Fig. 16. Veduta inferiore della medesima coda, da cui sono stati detratti i muscoli sottocaudali, e messi in vista i muscoli intertrasversi. Fig. 17. Rappresenta i muscoli interspinosi caudali. 10 , ileo. 12 , ischio. 13, ossetto posteriore della sinfisi ischiatica. 23 178 Luigi Calori 15, ossetto anteriore della sinfisi medesima, il quale mediante sostanza fibro- cartilaginea si unisce alla sinfisi pubica. 1 7 , pube. 19, epifisi del processo uncinato o spina del medesimo osso. 20 , epifisi completante 1’ orlo anteriore della cavità cotiloide. 32, muscolo sopracaudale esterno. 33, muscolo sopracaudale medio. 34, muscolo sopracaudale interno. Da 35 a 35 , lacerti muscolari cutanei dati dai muscoli sopracaudali interno e medio. 36 , lacerti muscolari cutanei dati dal muscolo sopracaudale esterno. Da 37 a 37 muscoli in tertras versi. Da 38 a 38 muscoli interspinosi. Fig. 18. Una squama cornea della coda, la quale squama mostra la sua faccia superiore. Fig. 19. La medesima squama che offre la sua faccia inferiore. SULLO SCHELETRO DELL’AGAMA ACULEATA MERREM SIITI DEL PROF. LUIGI CALORI iAllo scheletro dell’ Uromastix Spinipes farò succe- dere quello dell’ Agama aculeata Merr. , del quale Schele- tro, se 1’ Agama a pierreries Daud. altro non è che un giovane individuo della medesima specie , secondo che ha posto Cuvier , noi abbiamo il uumero delle vertebre nelle sue lezioni di Anat. comp. (1) Da questa nozione in fuori quivi altre non ne occorrouo. Ma nell’ Opera sulle ossa fos- sili è notato che sonvi delle Agame , l’ atra p. e , le qua- li hanno un jugale tanto largo che copre gran parte della tempia e della guancia; che corto ne è il muso e piatto, le narici piccole ; 1’ angolo de’ pterigoidei recantesi quasi tanto in basso quanto i timpanici, il dentano molto este- so , P opercolare piccolissimo , e quasi nullo , e 1 apparec- chio sterno-scapolare simile a quello degli Stellioni (2). ai le cognizioni intorno P Osteologia degli Agamidi, la scarsezza delle quali ne fa assai chiara la necessità di novelli studi, cui mi ha fatta facoltà d’ imprendere lo scheletro dell Aga- ma aculeata suddetta, scheletro singolare per piu rispetti siccome apparirà da questa Nota. , Cotale scheletro è delineato nella Fig. 1 , Tay. 1, grande al vero , ed appartiene ad un individuo adulto d ignota 180 Luigi Calori provenienza. È lungo dieciotto centimetri , dieci de’ quali ne comprende la coda, due la testa, il restante il tron- co. Qual cosa di gracile e snello avvisasi in questo sche- letro, salvo nel teschio, il quale è sì lungo come largo, e rappresenta un triangolo a lati eguali: nel che si differen- zia dallo Stellione volgare in cui la lunghezza la vince di alquanto sulla larghezza. Nella regione superiore, massime anteriormente, è più arcuato o convesso che nel detto Stellione, ed il frontal principale u Fig. 9, 10, 11 Tav. 2 più largo , ed altresì tubercoloso presso la sutura fronto-parie- tale. Il frontale anteriore od etmoideo laterale v un po5 più grande, non più quasi orizzontale, mà più declive e di- scendente in avanti, pressoché dritto, ed ha un angolo tubercolato che ripiega al davanti delP orbita. II frontale posteriore x è più lungo e più esteso sopra P apofisi zi- gomatica o lo squamoro r. Il parietale o ha le sue bran- che posteriori ben lunghe e divaricate, i suoi processi od angoli anteriori ben sviluppati, e nel mezzo del suo mar- gine anteriore una larga incisura convertita in foro dal margine posteriore del frontal principale, foro otturato da semplice membrana. Ai lati e dietro l5 incisura offre de5 tu- bercoli che in un con quelli dei detto frontale fanno at- torno quel forame corona. Fra il parietale o, e P occipi- tale d, vi è una larga fontanella a spese particolarmente dell’ ultimo. Non trovo separato il mastoideo di Guvier, sal- datosi forse colle branche del parietale. Ben sviluppato n’ è lo squamoso, il quale ascende, come nello Stellione vol- gare, con un processo lungo le branche parietali anzidetto. Piu ampio e il grande vano della fossa temporale , sol cir- coscritto dallo squamoso, dal parietale e dal frontale po- steriore. Grande il jugale 3 , ma meno che nello Stellione in grazia del maggiore sviluppo del frontale prefato. L5 or- bita grande, ma di una ellissi più corta. Il lagrimale 5 quasi a niente ridotto. Nulla di notabile quanto a’ timpa- nici 5, allo sfenoide ed a’ pterigoidei m , m2 Fig. 7 Tav. 2, se non è che questi col loro margine interno assai meno produconsi anteriormente, e poco manca eh’ essi coll’ an- golo che fanno alla loro congiunzione coi trasversi 6, non Dell5 Agama aculeata discendano tanto quanto i timpanici. I palatini 7 un po’ più grandi , e prolungati con una linguetta lungo il margine interno della porzione anteriore de’ pterigoidei , mentre il contrario si avvisa nello Stellione. I vomeri 8 un po’ più piccoli. Il muso è bensì corto, ma alto, e se vuoisi, an- che alquanto piatto Fig. 9-10 Tav. 2. Le narici non piccole, ma proporzionatamente come nello Stellione. Le ossa na- sali j incurvate e inferiormente ben larghe. Per la detta incurvatura formano nella parte media del muso una rag- guardevole prominenza o ginocchio. Brevi le apofisi mon- tanti de’ mascellari superiori 2 proporzionatamente più cor- ti, ma più massicci nel corpo di quelli dello Stellione. Piccolissimo 1’ intermascellare 1 e, cosa soprammodo no- tabile, sprovvisto di denti. A prima giunta io aveva cre- duto che fossero scomparsi in grazia della età avanzata del saurio , conciossiachè sappiamo da Owen (1) che negli Agamidi 1’ intermascellare porta quattro piccoli denti senza i corrispondenti nella mandibola (2). Ma V Illustre Collega Cav. Prof. Giuseppe Bianconi avendomi fatta facoltà di esaminare due altri individui dell’ Agama aculeata prove- nienti dal Mozambico, uno giovanissimo e 1’ altro adulto, ed avendone preparato nel primo Io scheletro della testa , ed il secondo attentamente esaminato, nessun dente 1’ in- termascellare mi ha offerto , e ne ho trovata la parte che dovrebbe rappresentare il suo processo alveolare, tutta co- perta dalla gengiva. Che più ! Nìel teschio di un’ Agama colonorum Daud. adulta ho veduto altresì 1’ intermascel- lare strettissimo , affatto di denti privo. Forse che in (1) Odontography etc. Voi. 1. pag. 239 London 1840-1845. Giovi rife- rirne il testo = The raulable Agame ( Trapelus ) , resemble thè Stellios in having two conical teeth longer than thè resi commencing thè senes in thè lower jaw and superior maxillary bones ; but thev have fonr small conical intermaxillary teeth , without correspondig teeth below; seventeen triangolar teeth succeed thè canines in thè lower jaw and fifieen in thè upper jaw in thè Trapelus ater. The dentition of thè Agama orbicularts resembles that of thè Trapeli except that thè molar teeth behind thè canines are more conical =. (2) Wagler però aveva significato non esserci nel genere Trapelus che tre incisivi superiori ed il medio solo ossi intermaxillari innatns. Op. cit. pag. 322. 182 Luigi Calori altre specie affini ci ha il somigliante? Io non ho osser- vazioni che mi pongano in grado di rispondere. Ma chec- ché sia , i fatti riferiti ne addimostrano da un canto ripro- dotto fra’ Saurii un carattere che, da poche eccezioni in fuori, è tutto tutto degli Ofidi , e dall’ altro canto ne pre- stano fondamento ad una divisione degli Agamidi in Ato- miodonti ed in Tomiodonti. Un’ altra particolarità , ond’ è singolare 1’ Agama aculeata, e dirò anche 1’ Agama colono- rum , è che nella mascella superiore s’ incontrano bensì da ogni lato due denti analoghi ai canini, ma nella ma- scella inferiore non ne occorre che uno solo da ogni ban- da Fig. 7, 9, 10 Tav. 2, mentre è detto dallo stesso Owen che negli Agamidi ci sono altresì due canini in ciascuna metà mandibolare come nello Stellione (1), contrariamente alla asserzione di Wagler che aveva posto nel genere Tra- pelus dens laniarius supra et subtus utrinque unus (2) : lo che torna vero quanto al secondo punto, non quanto al primo , stando alle due specie divisate di Agamidi. Gli al- tri denti somigliano per forma , ed anche per numero quelli dell’ ultimo Saurio menzionato. Nel piccolo teschio del- 1’ Agama aculeata giovanissima indicato superiormente , te- schio il cui parietale è anche quasi tutto membranoso , i canini non sono niente più lunghi degli altri denti : e so- lo dal sito più che dalla forma possono significarsi. L’ osso joide Fig. 6 Tav. 1 è simile a quello dello Stellione volgare. La colonna vertebrale Fig. 1 Tav. 1 consta di cinquan- tadue vertebre , numero che corrisponde a quello dell’Aga- ma à pierreries che credesi un giovane dell’ Aculeata come dissi sopra. Esse sono così ripartite, otto al collo, quin- dici al dorso, due al sacro, e ventisette alla coda. Io non trovo i processi spinosi delle vertebre dorsali così alti , dritti e stretti come Cuvier afferma essere nelle Agame (3), (1) Op. cit. Voi. I. 1. c. — Così pure Dumèril e Bibron Erpet. T. IV. (2) Op. cit. pag. 322. (3) Oss. foss. Tom. cit. pari. cit. pag. 286. Dell9 Agama Aculeata ec. 183 ma elli sono di mediocre altezza , non tutti dritti , chè i posteriori tendono a piegare allo indietro , di larghezza or- dinaria, e rassembrano una serie di piccole creste. Molto meno alti sono i processi spinosi delle sei vertebre cervi- cali posteriori, quelli delle dorsali più alti di tutti, pun- tati, e ad obliquità posteriore. Nelle vertebre caudali i processi trasversi piegano allo in dietro. Nelle sacre poi ci ha assimetria ; perocché a sinistra Fig. 1-4 Tav. 1 , la prima vertebra sacra in luogo di processo trasverso ha un piccolo tubercolo che ne è un rudimento, e a propria- mente parlare manca di tale processo ; il processo trasver- so della seconda ben sviluppato si reca un po’ più in avan- ti, come pure il processo trasverso del medesimo lato della prima vertebra caudale, e tutti e due questi processi ag- giungono l9 ileo con cui si articolano, e per tal modo vien compensata la deficienza del processo trasverso della ver- tebra sacra anteriore. Una consimile assimetria ho altresì rinvenuta nello scheletro di un Phrynosoma orbicularis ma- schio, del quale scheletro parlerò nella Nota seguente. Si numerano diecianove costole da ogni lato. Quattro anteriori cervicali od asternali anteriori in tutto simili alle quattro cervicali dello Stellione comune , tre vertebro-ster- nali , dodici addominali o vertebrali posteriori. La prima di queste ultime prolungasi fin presso l9 estremità poste- riore della cartilagine romboidale , e aderisce all9 appendice xifoidea h Fig. 2 Tav. 1. . ,. L9 apparecchio sterno-scapolare Fig. 1-2 Tav. 1 non di- versifica da quello dello Stellione volgare, se non nell ave- re la cartilagine romboidale i gli spazi membranosi o lori otturati più grandi, e così disposti da rappresentare la figura di un cuore colla base in avanti, nell9 essere 1 osso impari k più piccolo, non più foggiato a mannaia, ma al ; le clavicole v un po’ più gracili. L’osso coracoideo r olire uno spazio membranoso solo, e la scapula t,u,e propor- zonatamente più stretta. La pelvi Fig. 4 Tav. 1 , dalla notata assimetria del sa- cro in fuori, non mi presenta altra differenza che negli ossetti della sinfisi ischiatica, i quali sono piu sviluppati 184 Luigì Calori e distinti in due, uno posteriore minore, l’altro anteriore maggiore, periforme e solcato nel mezzo, sì che sembra formato di due pezzi. L’ ossetto 13 è pur qui bicrure co- me gli ossetti ipsiloidei delle vertebre caudali. L’ omero ed il femore , le ossa dell’ antibraccio e della gamba sono lunghe e sottili : vi ha una rotula bracchiate ed una femorale Fig. 3-5 Tav. 1 , che non occorsemi nello Stellione volgare. Non mancano gli ossetti interarti- colari della articolazione del ginocchio. Come di solito, nove ossa al carpo , e quattro al tarso , nella quale ultima regione cinque se ne avrebbero, quando il tibiale e il pe- roneo non fossero fusi in uno. Nulla di notabile ne’ me- tacarpi e ne’ metatarsi. Trovo di singolare nelle dita, che il quarto, come il terzo sì nella mano come nel piede ^ non è composto che di quattro falangi , eccezione alla legge posta da Guvier che il quarto dito de’ Saurii ne abbia cinque (1). (1) Oss. foss. Tom. cit. Pari. cit. pag. 298. Dell’ Agama aculeata eg. 85 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLA 1. Fig. 1. Scheletro dell’ Agama aculeata Merr. grande al vero e veduto in tre quarti. Fig . 2. Apparecchio sterno-scapolare. Fig. 3. Avanbraccio e mano. Fig. 4. Pelvi. Fig. 6. Gamba e piede. Fig. 6. Osso joide. Le figure 2 , 3 , 4 , 6 rappresentano gli oggetti del doppio ingranditi. i, disco, o cartilagine romboidale a eui lati posteriori s’inseriscono le carti- lagini costali f, f, f, ed il processo xifoideo h, al quale è adesa la cartilagine costale f*. r , coracoideo. s j sua cartilagine. v, clavicola. t, u, scapola. v*, omero. *, rotula bracchiale. y , ulna. z, radio. 1 9 radiale. 2 , ulnare. 3 9 pisiforme. 4 , ossetto intermedio al radiale ed all’ ulnare, da 5 a 9 , ossa della seconda serie del carpo. 10, ileo che offre una epifisi in 11. r. xii. 24 Luigi Calori 186 12, ossetto bicrure della parte posteriore della sinfisi ischiatica. 14, 15, ossetti di questa sinfisi. 17,, pube. 1 8 , libro-cartilagine della sinfisi pubica. 19, epifisi della sua spina. 20 , epifisi completante anteriormente P orlo della cavità cotiloide. 21 , femore. 22, rotula femorale. 23, tibia. 24, fibula. 26 , ossetti interarticolari dell* articolazione del ginocchio. 26 , 27 , osso che rappresenta il tibiale ed il peroneo fusi in uno. da 29 a 31 , le tre ossa della seconda serie del tarso. TAVOLA 2. Fig. 7. Teschio dell’ Agama aculeata Merr. dimostrato dalla faccia inferiore. Fig. 8. Mandibola veduta dalla parte superiore ed interna. Fig. 9. Profilo del teschio. Fig. 10. Veduta anteriore del teschio medesimo. Fig. 11. Veduta posteriore dello stesso. Queste cinque figure dimostrano gli oggetti ingranditi del doppio. In tutte a, occipitale inferiore. b, occipitale laterale. d, occipitale superiore. e, corpo dello sfenoide posteriore. f , corpo dello sfenoide anteriore. g , rostro sfenoidale. h , setto interorbitaie. I , ossetti analoghi a processi ingrassiali. tn, m2, pterigoideo. n , columella. P ■> grande ala dello sfenoide. o, parietale. r , squamoso di Cnvier. Dell5 Agama aculeata ec. 187 s, timpanico. u, frontale principale. v , frontale anteriore od etmoideo laterale. x, frontale posteriore. y , nasali. 1 , premascellare ed intermascellare prive di denti. 2, mascellare superiore. 3, jugale, 6 , trasverso. 7 , palatino. 8 , vomeri. 9, dentario. 10 , denti. 12, angolare. 13, soprangolare. 14, coronoideo, o complemenlario. 15, articolare. Mem.TonL.XIL Anania amicata Morr.Tav.I. CBsttini ine. Mem.Tom.XH. Agama aculeata Merr.Tav.H. ClBettnilit. IdiMaru SULLO SCHELETRO DEL PHRYNOSOMA HARLANII E SU QUELLO DEL PHRYNOSOMA ORRICULARIS ID. mm DEL PROF. LUIGI CALORI Q Opring e Lacordaire hanno parlato della Osteologia del Phrynosoma Harlanii (1), e non ha guari il Sig. Emilio Blanchard ne ha fatto a disteso una dimostrazione per figu- re (2) , a dir vero maestrevolmente incise , ma nelle quali la scienza non va di pari passo coll’ arte d’ incidere. Lo che fia chiaro e provato per questa Nota. Nella Fig. 1. Tav. 1. si vede lo scheletro del Phryno- soma Harl. di grandezza naturale, veduto in tre quarti o quasi a volo di uccello, acciocché meglio se ne avvisi la forma generale, e soprattutto il particolare carattere del tronco de’ Frinosomidi, il quale è tanto largo in corrispon- denza della cavità toracico-addominale da parer quello della femmina della Rana Bufo. Il Blanchard ha per rappresentar- lo scelto un perfetto profilo , il quale non ben rende cotale (1) Notes sur quelques points de P organisation du Phrynosoma Harlanii etc. Bull, de Bruxel. Voi. IX P. 2 pag. 195. an 1842 (2) V Organisation dii Règne animai par E. Blanchard , Rept. Livr. 2. an. 1852. Planche 12. 190 Luigi Calori forma ; senza che ne ha tanto arcuato il dorso che ne rie- sce lo scheletro gibbo. Ma il corpo del Saurio, onde lo scheletro è armadura , gibbo non è : chè ti appare piutto- sto piano ed assai largo. Lo scheletro da me delineato ap- parteneva ad una femmina, che portava delle ova ben svi- luppate, e che paragonata ad un maschio, che era molto più piccolo, non mi offerse sensibile differenza rispetto alla detta larghezza di corpo. La quale nel suo massimo misura da cinque centimetri , mentre la totale lunghezza dello scheletro è di dodici e mill. sette, tenendone il tronco poco più di cinque e mezzo , per forma che in quel mas- simo è desso quasi tanto largo come lungo. A paro di que- sto scheletro ho ritratto l’altro del Phrynosoma orbicularis Harl. Fig. 2. Tav. 1. pur esso grande al vero, ed in tre quarti per farne confronto e trarne le differenze osteologi- che , che corrono tra l’ una e V altra specie. Questo sche- letro è più piccolo , non di femmina , ma di maschio , e probabilmente di minore età , non già per la picciolezza , chè un maschio del Phrynosoma Harl. aveva consimile sta- tura , ma per altre particolarità che appresso noterò. È desso pure molto largo , ma alquanto meno dell’ altro , e vera- mente orbicolare nel ventre, e lungo poco più di undici centimetri , quattro circa de’ quali sono del tronco , mentre la maggiore larghezza appena aggiugue a tre. Il numero delle vertebre è eguale in amendue le specie , ed è di qua- rantasei; quindi maggiore di quello delineato dal Blanchard, il quale non ne rappresenta che quarantaquattro, e di que- sta differenza ne dà ragione la region caudale , chè diffalta ne patisce di due ; perchè era conveniente che ei ne avesse ammoniti essere cotale regione incompleta. Elle poi sono così ripartite ; ventitré al tronco che nel Phrynosoma Harl. dividonsi in otto cervicali , quattordici dorsali ed una Jom- bare ; mentre nel Phrynosoma orbicularis la divisione non è che in otto cervicali e; quindici dorsali : due al sacro in amendue le specie , e ventuna alla coda. Quantunque pari il numero delle vertebre caudali, la coda però, con- templando le Fig. 1-2 Tav. 1, non riesce di pari lunghez- za ; chè nel Phrynosoma Harl. e proporzionatamente ed as- Del Phrynosoma Harl. eg. 191 solidamente è più corta che nell’ Orbicularis , e ciò dipende dall’ aver questo le vertebre caudali più lunghe, le poste- riori in ispecie. Sembra poi che le femmine abbiano la coda alquanto più breve, secondo che ho rilevato dal con- fronto fattone con un Phrynosoma Harl. maschio. Le ver- tebre cervicali, dall’asse infuori, sono piccole, o per dir più esatto, corte, e solo in avanti sino alla quinta offrono spine inferiori. I loro processi spinosi sono alti , verticali , robusti. Le quattro ultime cervicali portano costole allun- gate e simili per forma alle addominali. Nel Phrynosoma orbicularis vi ha assimetria ; perocché a destra trovansi tre costole cervicali sole , ed a sinistra cinque. Le vertebre dor- sali non altrimenti che le cervicali vanno da principio cre- scendo di mole via via che fannosi posteriori, ed hanno processi spinosi molto alti e robusti , che nelle anteriori sorgono a perpendicolo e sono più lunghi, ma nelle se- guenti piegano allo indietro e si allargano per forma che rassembrano creste. Nel Phrynosona Harl. solo le due pri- me hanno costole connesse colla cartilagine romboidale i Figura 3. Tavola 2, mentre nell’ Orbicularis una di più le si congiugne Fig. 4. Tav. 2; onde fra le due specie comincia ad esservi differenza nel numero delle costole ver- tebro-sternali ; chè la prima ne ha due sole, la seconda tre. Altra differenza è nel numero delle costole addominali, sendo che una di più ne occorre nel Phrynosoma orbicularis; ma questo non ha poi , secondo che fu notato, veruna vertebra lombare Fig. 2 Tav. 1. Le vertebre sacre sono più piccole , salvo ne’ processi trasversi , molto voluminosi come di soli- to , intorno ai quali processi quelle del Phrynosoma orbicu- laris presentano l’ assimetria che pur incontrammo nell’ Aga- ma aculeata Merr. , e cioè l’ anteriore manca a sinistra del processo trasverso; mancamento compensato da quello della prima vertebra caudale , il quale si prolunga in avan- ti per congiugnersi coll’ osso innominato e sostenere da questo lato 1’ anello pelvico. Non si vuol lasciar di notare, che cotale mancamento era altresì nell’ Agama anzidetta a sinistra, e che nel Phrynosoma Orbicularis corrisponde al lato stesso in cui rinvenimmo due costole cervicali di più. Luigi Calori Quanto alle vertebre caudali, queste si vanno ingracilendo ed allungando a mano a mano che si avvicinano all’ apice della coda, ma 1’ allungamento è alquanto maggiore nel Phrynosoma Orbicularis. I loro processi trasversi poi con- servansi abbastanza sviluppati fino alla terzadecima ver- tebra in amendue le specie , e gli ossetti bicruri od ipsi- loidei cominciano dietro la quarta caudale e cessano alla undecima. Nell9 apparecchio sterno-scapolare Fig. 3 , 4 Tav. 2 la grandezza della cartilagine romboidale i fa contrapposto di sproporzione colla picciolezza dell’ osso impari k , che nel Phrynosoma HarJL somiglia un martello da muratore senza manico, mentre di breve sì, e sottile manico è fornito nell’ Orbicularis Fig. 4 Tav. 2. La cartilagine romboida- le i offre uno spazio membranoso allungato e triangolare, ed è molto larga nella posteriore estremità, da’ cui lati muovono le appendici xifoidee A, tra cui e la cartilagine dell’ ultima costola vertebro-sternale si insinua la lunga cartilagine della prima addominale. La clavicola v è sot- tile ed un po’ sigmoidea. Il coracoideo r non offre che uno spazio membranoso , e la scapola t , u , è molto lunga , stretta , ripiegata allo indietro. L’ omero e le ossa del- 1’ antibraccio y s z , Fig. 5 Tav. 2 hanno mediocre lun- ghezza e robustezza, nè molto allargate sono nelle estre- mità. Nella figura dello scheletro datane dal Blanchard queste ossa appariscono troppo lunghe, e il sono anche più del femore e delle ossa della gamba : senza che è sta- ta da lui ommessa la rotula bracchiale , che pure occorre in amendue le specie. Il carpo Fig. 5 Tav. 2 consta del- le solite nove ossa , ma pel Blanchard di quattro sole , che ei rappresenta nella Fig. 11 della sua Tav. 12 dei Rettili. Nulla di notabile al metacarpo ed alle dita. La pelvi de- lineata dal Blanchard nella Fig. 10 Tav. cit., conviene per forma piuttosto con quella del Phrynosoma Orbicularis che coll’ altra del Phrynosoma Harl. , come traesi dal con- fronto delle Fig. 6, 7 Tav. 2, colla sua; giacché fra le due specie corre questa differenza, che i pubi e gli ischi sono più allontanati nell’ ultima , più vicini nella prima , Del Phrynosom£"Harl. 193 così che i forami ovali sono in quella più orizzontali e meno estesi dallo avanti allo indietro, mentre in questa giacciono obbliqui ed il diametro antero-posteriore ne e alquanto maggiore. Io non trovo niente di singolare negli ossetti della sinfisi ischiatica e pubica, sopra i quali tanto si sono fermati Spring e Lacordaire. Noi, li abbiamo fin qui incontrati nella maggior parte de’ Saurii, ne’ quali so- no tuttavia più distinti e meglio ossificati. I femori rap- presentati dal Blanchard non ne hanno la forma. Già so- no corti , troppo sottili nella diafisi , e senza quel sigmoi- deo così caratteristico del femore de’ Saurii. Essi sono piu lunghi degli omeri ed hanno una prominenza trocantenca abbastanza sviluppata, ma con estremità non molto grosse. La rotula femorale 22 Fig. 8 Tav. 2 manca nello scheletro delineato dal Blanchard, ed altresì mancano gli ossetti inter- articolari dell’ articolazione del ginocchio. Le ossa lunghe della gamba sono quanto a diafisi e ad epifisi nelle mede- sime proporzioni riscontrate nel femore. Una cosa che ve- ramente sorpassa ogni credere , è la dimostrazione al tutto erronea che il Blanchard fa delle ossa del piede disunite nella Fig. 12 Tav. cit. , e la spiegazione relativa. Prima di tutto egli delinea nel tarso un grande osso cui appone la lettera c, e lo chiama tibiale ma quest’ osso che io ho pur delineato separatamente in 26 , 27 , non è solo il ti- biale, ma il tibiale ed il peroneo insieme; essendo cosa ovvia’ trovare questi due ossi fusi in uno. In secondo luo- go ei delinea a lato del precedente un altro osso, cui ap- pone la lettera e, alla qual segue nella spiegazione peromen , ma questo che io ho pure rappresentato in 29 , non appai- cene alla prima serie, bensì alla seconda , e non e il pe- roneo. Viene appresso nella figura del Blanchard , e tiene la medesima fila un terzo osso altresì indicato colla lettela c , il quale visibilmente è il metatarso del pollice, ma per questa lettera particolarmente pare abbia voluto porlo fra le ossa del tarso: ad ultimo mostra 1 ossetto denomi- nato os centrai nella spiegazione, e che nelle nue figure corrisponde all’ ossetto 30. Lascia poi nella matita o nel bulino il piccolo ossetto 31 , situato profondamente verso T. XII. 25 194 Luigi Calori la pianta; ossetto che abbiamo pur rinvenuto in altri Saurii in corrispondenza, come qui, della base del quinto osso del metatarso. I metatarsi in fine, oltre che ei li ha ge- neralmente deformati nella base , non presentano nella cit. %. , nè tampoco nella prima, la distinzione delle loro epifisi. Passando alla, testa dico che il Blanchard V ha delineata in quattro vedute, superiore, inferiore, posteriore e late- rale. Confrontando queste figure col vero, e con quelle che dal vero mi sono ingegnato di trarre il più accurata- mente per me potevasi nella Tav. 3 , si avvisa subito che il Blanchard nelle Fig. 2-3 della sua Tav. 12 dei Rettili non ha ben reso il generale carattere del teschio del Phry- nosoma Harl. conciossiacchè ei Y ha fatto lungo e stretto, mentre è largo e corto col muso altresì corto e schiacciato. E che sia veramente così lo provano le seguenti misure. Tirando dal punto medio di una retta che riunisca gli apici delle ,due grandi corna del parietale, una linea che vada a terminare alla estremità del muso, ed altra pur condu- cendone che incroci la precedente , dall’ apice del corno medio di un lato a quello dell’ altro ^ si hanno due lun- ghezze eguali ; ma nelle citate figure del Blanchard la linea longitudinale riesce di cinque mill. più lunga della trasver- sale. Senza che il Blanchard non ha conosciuta la vera forma e disposizione de’ tubercoli o creste, e delle corna che adornano particolarmente la regione superiore del teshio medesimo; perocché ei delinea que’ tubercoli in minor nu- mero che non sono, e come se fossero coni a base piut- tosto stretta , allungati ed inclinati posteriormente , e le grandi corna suddette del parietale a foggia di coni assai grossi e rotondi. Ma tali tubercoli lungi dall’ avere la forma conica la mostrano piramidata, triangolare , a base larga, e sorgono quasi dritti e men si elevano , nè solo apparten- gono al parietale ed al frontal principale , ma ancora ai na- sali ed al frontale anteriore Fig. 11 , 14 Tav. 3. Essi sono maggiori e minori, e confluiscono, e bellamente dispon- gonsi in serie per lo più arcuate o semicircolari , parte at- torno al foro aperto nel mezzo della sutura fronto-parietale , parte attorno ai tubercoli maggiori, e presso la base delle Del Phrynosoma Harl. ec. 195 grandi corna, parte lungo l9 arco sopraciliare del frontale, e parte in fine sul limite anteriore della regione superiore del teschio. Le grandi corna poi non sono si grosse e ro- tonde , ma alquanto compresse , e presentano de’ solchi e de9 fori pel corso de9 loro vasi nutrizii ed una vagina cornea che le comprende a somiglianza delle corna a fusto o ca- viglia ossea , ed il piccolo corno ad esse intermedio è altresì compianato, ed egualmente invaginato, ed una simile vagina appartiene anche alle altre corna del teschio. La quale va- gina cornea ha il suo organo formatore o la sua matrice non solo circoscritta alla base di quelle, quantunque la pelle le sorga tutto attorno e s9 insolchi per riceverla , ma estesa anco sotto di lei prolungandosi la cute in un col corpo mucoso a rivestirne l9 ossea caviglia e a formar letto a quel- la. I caratteri fin qui divisati addiconsi pure al teschio del Phrynosoma orbicularis Fig. 17-18 Tav. 3; se non che i tubercoli suddescritti si limitano semplicemente alla por- zione posteriore o cranica del frontal principale u } ed al parietale o, nè solo sono ridotti in ispazio minore, ma sono anche nel più stretto spazio da cui sorgono , meno di numero, meno salienti e puntuti, più tondeggianti ed appena delineati in certi punti , massime del frontale prin- pale. Le grandi corna della region posteriore del parietale sono molto più brevi , compresse , triangolari e così il pic- colo corno intermedio. Il frontal principale u Fig. 11 Tav. 3 del Phrynosoma Harl. è più largo, e congiugnesi mediante un prolunga- mento de9 suoi angoli o processi orbitali esterni o poste- riori con altro processo molto lungo de9 frontali anterio- ri v, analogo ad un sopraciliare, così che la grande aper- tura dell9 orbita rimane divisa in due. Nel Phrynosoma or- bicularis Fig. 17 Tav. 3 i frontali anteriori p hanno pure l9 indicato processo, ma non è si lungo, nè aggiugne il frontal principale „ quantunque questo negli angoli predetti offra l9 additamento di un ossetto x2 , che può essere con- siderato tanto una pertinenza del frontale medesimo come del sopraciliare. I frontali anteriori e sono piuttosto piccoli in amendue le specie , ed i posteriori x grandi. Nel Phry- 196 Luigi Calori nosoma Hall, sono guerniti di una serie di quattro tuber- coli non avvisati dal Blanchard ; lisci nell’ Orbicularis , e più obliqui ed inclinati allo esterno. Il parietale o è al- tresì più largo nel primo, ed il forame della sutura fron- to-parietale ha un lume maggiore nel secondo. Questo pure nella sutura fronto-nasale offre un foro simile all* occorsoci nel teschio dello Stellione volgare; foro chiuso da mem- brana e dipendente forse dalla giovanile età dell9 individuo. In amendue le specie poco o punto discernousi le suture de9 quattro pezzi componenti l9 occipitale Fig. 12-13, 18 Tav. 3. L9 occipitale superiore d è poco alto; sendo che il parietale posteriormente molto discende , massime nel Phrynosoma orbicularis,, nè ci ha veruna fontanella. In que- sta specie ancora l9 occipitale inferiore a Fig. 18 Tav. 3 è piccolo, poco esteso in avanti, ed assai grande il corpo sfenoidale e, mentre molto minore sproporzione , anzi quasi eguaglianza di estensione avvisasi nelle medesime parti del- l9 occipitale e dello sfenoide del Phrynosoma Harl. Fig. 12 Tav. 3. Sì in questo che in quello la grande ala p dello sfenoide è stretta anzi che nò, e quindi maggiore la por- zione membranosa del cranio, nella cui parte anteriore tro- vansi i soliti ossetti l analoghi a processi ingrassiali prolun- gati nel setto interorbitale , sostenuto inferiormente, come il cranio membranoso, dal rostro sfenoidale g ben svilup- pato. I pterigoidei m s rr? Fig. 12, 18 Tav. 3 sono larghi e corti , e l9 angolo che formano nella loro congiunzione coi trasversi 6 ,, molto discende. I palatini 7 sono grandi , larghi ; i vomeri 8 piccoli. I mastoidei q di Guvier sono piccoli, e gli squamosi r del medesimo come merlati in grazia di tre corna compresse , angolose che produconsi allo esterno. I zigomatici 3 sono lunghi e stretti, e nel Phry- nosoma Harl. guerniti di una serie di tre tubercoli Fig. 13 Tav. 3, liscii nell5 Orbicularis Fig. 17 Tav. 3. In ambidue non è distinto il lagrimale. Il mascellare superiore 2 è corto, e colla sua apofisi montante sale a perpendicolo. L9 intermascellare è ben sviluppato , e largo , massime nel processo alveolare. I nasali y come nell9 Uromastix spimpes. Grandi le narici esterne ed altresì le interne. La mandibola Del Phrynosoma Harl. eg. 197 è molto robusta nel Phrynosoma Harl. ed a proporzione debole nell’ Orbicularis. Nel primo il soprangolare 12 è enorme e prodotto allo esterno in tre merli angolosi e denticolati negli orli ; smerlatura che manca in quella del secondo. Gli altri pezzi della mandibola non presentano differenze notabili, e quanto alla loro forma e relativa estensione basti l’ispezione delle Fig. 15, 16 Tav. 3, e la spiegazione annessale. I denti sono conici e puntuti. Nell’ intermascellare del Phrynosoma Harl. se ne incontrano quattro , in quello del- 1’ Orbicularis cinque. Nel primo questi incisivi sono sen- sibilmente più piccoli de’ mascellari, nel secondo poco o punto. Ho trovato i mascellari varii di numero non solo da un lato e dall’ altro , ma altresì ne’ diversi individui della medesima specie. I due primi mascellari del Pryno- soma Harl. sono più piccoli degli altri che seguono, dagli ultimi in fuori. Il numero varia dagli undici ai quattordici per ogni banda. Nell’ Orbicularis varia da un lato e dal- P altro da quattordici a sedici , e meno diversificano di grandezza fra loro e dagli incisivi. Nella mandibola ciascun dentario ne porta venti, e così è anche in un individuo del Phrynosoma Harl., mentre in altro non ne apparisco- no che tredici, differenza attribuibile senza dubbio alla età. Questi denti sono accolti in apposite doccie delle ma- scelle e saldati alla parete esterna del processo alveolare, unica esistente, essendo questi Phrynosoma pleurodonti. Que- sta esposizione diversifica da quella del Wagler che pone sei incisivi nel genere Phrynosoma, e dieciotto mascellari e mandibolari da ogni banda. Oltre che colloca i Phryno- somidi fra gli Acrodonti (1). La quale ultima proposizione non può di veruna guisa ammettersi. Darò fine a questa Nota indicando i diversi pezzi com- ponenti F osso joide Fig. 9, 10 Tav. 2. Nel Phrynosoma Harl. il corpo è più massiccio che nel- (1) Nattìrliche» System der Amphibieu , Mttnchen, Stuttgard und Tubingen 1830 pag. 323-24 eie. 198 Luigi Calori F Orbicularis, e sorge posteriormente in due piccoli tuber- coli dai quali muovono due sottili filamenti mernbranoso- -cartilaginei che corrispondono al terzo paio di corna o corna medie o tiroidee. Le corna laterali anteriori sono composte di due pezzi ossei ben distinti , e le posteriori di un pezzo solo nel Phrynosoma Harl. Fig. 9 Tav. 2, di due nell’ Orbicularis Fig. 10 Tav. 2 , F interno de’ qua- li pezzi è piccolissimo. Ho fatta questa dimostrazione, pe- rocché la figura datane dal Blanchard dell’ osso joide del Phrynosoma Harl. non ci porge la separazione degli indi- cati pezzi, ma un joide di un pezzo solo senza rudimenti di terzo paio di corna. Del Phrynosoma Harl. ec. 199 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLA. 1. Fig. 1. Scheletro del Phrynosoma Harl. veduto in tre quarti. Grandezza naturale. Fig. 2. Scheletro del Phrynosoma Orbicularis Harl. grande al vero , e veduto come il precedente. TAVOLA. 2. Fig. 3. Apparecchio sterno-scapolare del Phrynosoma Harl. Fig. 4. Apparecchio sterno-scapolare del Phrynosoma Orbicularis. Fig. 5. Antibraccio e mano del Phrynosoma Harl. Fig. 6. Pelvi del medesimo Phrynosoma. Fig. 7. Ossa innominate del Phrynosoma Orbicularis. Fig. 8. Ossa della gamba e del piede del Phrynosoma Harl. Le figure quinta e ottava specialmente rappresentano gli oggetti del doppio maggiori del vero. ij cartilagine romboidale che nel Phrynosoma Harl. riceve l’ inserzione di so- le due cartilagini costali e nelP Orbicularis di tre. f , f9 ecc. queste cartilagini. A, processi xifoidei. A, osso impari. r, coracoideo. s, sua cartilagine. t, u, scapola. v, clavicola. «*, omero. *, rotula bracchiale. z , radio. y9 ulna. 1 , radiale. 2, cubitale. 3, pisiforme. 4, ossetto intermedio al radiale ed al cubitale, da 5 a 9, ossa della seconda serie. 10, ileo. 12, ischio. 13, osso posteriore della sinfisi ischiatica. 15 , ossetto di questa sinfisi. 1 7 , pube. 18, ossetto della sinfisi pubica. 20 , ossetto completante in avanti la cavità cotiloide. 22, rotula femorale. 23, tibia. 24, fibula. 25 , ossetti interarticolari dell’ articolazione del ginocchio. 200 Luigi Calori 26 , 27 , tibiale e peroneo fusi in uno. 29, 30, 31 , ossa della seconda serie del tarso. Fig. 9. Osso joide del Phrynosoma Harl. Fig. 10. Osso joide del Phrynosoma Orbicularis Harl. TAVOLA 3. Fig. 11. Regione superiore del teschio del Phrynosoma Harl. Fig. 12. Regione inferiore \ Fig. 13. Regione posteriore l del medesimo teschio. Fig. 14. Profilo ) Fig. 15. Metà destra della mandibola veduta dalla parte interna. Fig. 16. Metà sinistra della mandibola veduta dalla -parte inferiore. Fig. 17. Regione superiore del teschio del Phrynosoma Orbicularis Harl. Fig. 18. Regione inferiore del medesimo teschio. Tutte queste figure rappresentano gli oggetti del doppio ingranditi. In tutte poi le stesse lettere indicano i medesimi oggetti. а, occipitale inferiore. б, occipitale laterale. d, occipitale superiore. e, corpo dello sfenoide posteriore. fj corpo dello sfenoide anteriore. g, rostro sfenoidale. 1, processi ingrassiali. m , m2, plerigoidei. n , columella. p, grande ala dello sfenoide. o , parietale. g, mastoideo di Cuvier, per me squamoso. r, squamoso di Cuvier, per me apofisi zigomatica dello squamoso. s , timpanico. w, frontale principale. v, etmoideo laterale o frontale anteriore. x , frontale posteriore. x2, osselto che sembra essere una pertinenza del sopraciliare. y , nasali. I , premascellare od intermascellare. 2, mascellari superiori. 3, jugale. 6, trasverso. 7 , palatini. 8 , vomeri . 9 , dentario. 10, denti. I I , opercolare o splenio. 12, angolare. 13, soprangolare. 14, coronoideo, o complementario. 15, articolare. Mem.Toin.JII. Plirynosoina Bari -Wieo . lari. Phrynosoina Orbic.id. Mem.Tom.XlL Pkynosoma Harl-WieJ: Tav.HI. PhiynosomaOrbic:iì RIUNIONE OSSEA DI ALCUNE FRATTURE ENTRO-CAPSULARI DEL COLLO DEL FEMORE MEMORIA DEL PROF. CAV. G. B. FABBRI (Letta nella Sessione del 25 Aprile 1861.) Ne mordez jamais le sein de vos nour- rices , n’ insultez jamais à vos maltres, soyez modestes dans vos irìomphes; dans vos livres témoignez quelquefois un peti de reconnaìssance pour vos voisins. ( Prefazione di V. Monti: Dell’ obbligo di ono- rare i primi Scopritori del vero in fatto di JL ingegno feracissimo di quell’ Ambrogio Pareo, del quale i Francesi si gloriano a ragione, fu fatto maggior- mente risplendere dalla bontà e dal candore dell’ animo. « Je t’ ai pansé, Dieu te guerit ». Ecco P ingenua frase che ne scolpisce il carattere. Dunque non è meraviglia, se la grazia de’ potenti, la stima del popolo, e la fede e 1’ en- tusiasmo dei soldati non seppero inorgoglirlo. — Dagl’ Ita- liani imparò molte cose, e non lo tacque; come non si recò a vergogna tramandarci nelle sue Opere lo schietto racconto d’ errori o commessi da lui o tardi riconosciuti. Di che converrebbe inferire che gli Spiriti molto elevati o non sentono o sormontano, in fatto di scienza, la riva- lità di nazione; e che la bella disinvoltura che ne gover- na le azioni , con molto senno si appaga di quella modesta divisa « Chi non fa , non falla ; e fallando s’ impara ». t. xii. 26 202 Giambattista Fabbri Certo un bell’ insegnamento vien fuori da quella specie di contraddizione che apparisce tra la natura della Verità, e la natura della mente umana. Quella , nascosta profon- damente a capo di strade lunghe , aspre , attraversate da molti inganni; questa, necessitosa ed avida di conoscerla, e nondimeno passibile di grandi errori ; sebbene dotata d’ ingegno acuto , moltiforme , perseverante. Ora , quale può esservi migliore argomento della naturale socievolezza della nostra schiatta, se nella ricerca del Vero, che è T affare più importante dell’ Umanità, non possiamo non sentire 1’ inevitabile bisogno degli scambievoli aiuti ? Non si arriva ad alcuna scoperta , se molti nel tratto di molte generazioni non hanno quanto basta preparato la strada. E dopo l’inventore, molti altri sono chiamati a rendere perfetta la scoperta e a svolgerla nelle sue applicazioni ; le quali in effetto sono scoperte di altre verità concatenate con altre , che altri uomini vengono facendo via via. Posta dunque la giustezza del proverbio che riassume in due parole la nostra storia « Errando discitur » quegli che mette sott’ occhio un errore , fa che si dia un passo verso la verità ; e se chi lo palesa è quel desso che vi era caduto , deve ognuno sapergli grado , che , vinto 1’ a- mor proprio, abbia piantato il segno là dove 1’ inganno si tiene celato. Per questo un Eistero e un Morgagni ri- conobbero il merito , e lodarono a meraviglia la nobile sincerità del fondatore della Chirurgia francese ; e il Pal- letta non potè trattenersi dal prorompere in questa sen- tenza « Atque utinam ut Me suum errorem ingenue fassus est, sic ii qui insecuti sunt Chirurgi idem prestitissent , quo - ties vel a signorum defectu , vel fallacia , vel eorundem si- militudine decepti sunt » (1). Lo sbaglio confessato dal Pareo , e a cui fecero allusio- ne gli Uomini illustri che ho testé nominati , fu che egli prese per lussazione del capo del femore una frattura del collo di quest’ osso (2). E v’ era in quel caso una circo- li) Adversaria Chirurgica prima N. 15. pag. 15. (2) Thesaurus Chirurgiae etc. etc. per Petrum Uffenbachium. Francofurti 1610. Op. Ambrosii Parei Lib. XIV. Cap. XXL pag. 311. Delle fratture entro-capsulàri eg. 203 stanza che comunemente non vi si trova ( chè anzi si trova per solito il contrario ); voglio dire che Pareo , trovò la punta del piede voltata all9 indentro. L’ osservazione clinica ha confermato più volte la possi- bilità di questo fatto , e lo scalpello anatomico ne ha più volte messo allo scoperto la cagione. Ma nel sedicesimo secolo non era facile rendersene ragione ; anzi parve dura da intendersi anche al tempo di Sabatier e di Louis, i quali ragionando di quell* antica osservazione, non se ne pote- rono capacitare (1) ; e , con brutto esempio , negando quello che non riuscivano ad intendere, attribuirono la cosa a errore di dettato. Dalla narrazione tramandataci dal Pareo comincia la vera storia della patologia della detta frattura. Ma quando Gu- glielmo Hoffmann (come racconta Morgagni) ebbe mostra- to nel cadavere di un gatto , che quella che , vivente l9 a- nimale , per molto tempo erasi giudicata lussazione della coscia , altro non era che frattura del collo ( proprio come nel caso di Pareo ) , s9 accrebbe vie maggiormente il so- spetto che la detta frattura fosse , senza confronto , più di quella lussazione , facilissima ad accadere ; e che i Chirur- gi prendessero abbaglio nel gidicare con troppa frequenza in favore della lussazione. Nacque da ciò una bella gara di volere conoscere la verità adoperandovi gli aiuti dell’ Anatomia patologica ; e in Alemagna, in Inghilterra ed in Francia molto vi si attese. Morgagni , Palletta e Monteggia sono per avventura i soli che abbiano in Italia studiato queste cose in ordine alla parte patologica. Comunque sia , la pratica si è molto avvantaggiata de’ lavori che in gran numero hanno veduto la luce. Onde, fermate le diverse specie di essa frattura, studiati i sintomi che le caratterizzano , 1’ andamento che tengono e le conseguenze che ne derivano ; s’ è arrivati al punto, se non di escludere, di allontanare almeno il pe- ricolo di errore dalla diagnosi , e s9 è ottenuto di darne (1) Mémoires de I’ Ac. Roy. de Chirurgie. Paris 1768 Tom. IV. pag. 630, e 649. 204 Giambattista Fabbri un prognostico più veritiero , e di tracciare norme più ra- gionevoli alla cura. Gontuttociò lo sbaglio di Pareo si è rinnovellato anche a’ nostri dì ; e uomini giustamente stimati , quali uno Stanley (1) e un Malgaigne (2) , immitando 1’ esempio ri- cevuto da quel candidissimo Intelletto, non hanno celato il proprio errore , avvegnaché a questi giorni , dagli spiriti meno indulgenti potesse venire imputato a colpa. Egli è certo che le nozioni patologiche in ordine a questo argo- mento sono quà e là suscettive di perfezionamenti ulterio- ri ; e però non è cessato il bisogno di esaminare e segui- re con molta cura i fatti clinici che si vanno presentando ; e d’ investigare con ogni diligenza e premurosamente rac- cogliere e tenere a conto i fatti anatorno-patologici. Questo genere di ricerche (per la difficoltà che la cosa ha in se stessa ) attrasse la mia attenzione sino dal tempo che , giovane essendo , io seguiva nel nostro Spedale Mag- giore le visite di quell’ Uomo ragguardevole che fu il no- stro Clinico Prof. Matteo Venturoli : grave d’ anni e di meriti passato di vita in su lo scorcio dello scorso anno. E nell’estate del 1831, dopo spesi tre anni nelle Con- dotte , essendomi per alcuni mesi fermato in Bologna , io raccoglieva nel detto Spedale la storia di una frattura del collo del femore, che bravamente venne diagnosticata dal nostro Maestro, quantunque il costante e saldo rivolgi- mento del piede indentro, e la mancanza dello scroscio, ed un vistoso tumore osseo nell’ anca insinuassero forte nell’ animo il sospetto che fosse piuttosto un dislogamento del capo femorale. Venuta a morte 1’ inferma nel tempo della cura, me ne fu commessa la necroscopia; e questa pose in palese una frattura mista di entro e fuori-capsulare , con infiggi- li) A Treatise on fractares in thè vicinity of joints etc. by Robert William Smith. Dublin 1847. pag. 25. (2) Traité des fractures et des luxations par J. F. Malgaigne. Paris 1847. T. I. pag. 674. Delle fratture emtro-capsulari eg. 205 mento del frammento interno nella sostanza spugnosa del gran trocantere , il quale era esso pure fratturato nel sen- so della lunghezza. Alcuni anni dopo, ebbi ad osservare un fatto in parte somigliante al precedente nella mia Sala delle Donne nel- lo Spedale di Ravenna, e ne raccolsi la storia, che per la morte dell’ inferma potè essere corredata del racconto di circostanze non comuni messe sott’ occhio dalla necro- scopia. Le due predette osservazioni furono pubblicate pel 1841 in Appendice ad un lavoro che aveva grande atte- nenza con questo argomento (1). Da quell9 epoca in poi, avendo continuato a prendermi pensiero di tali cose, e trovandomi possessore di scelti pezzi patologici di varie specie, parte raccolti da me e parte avuti in dono da diversi Colleglli , m5 è venuto 1* i- dea di scegliere ad argomento della mia lettura un qual- che punto relativo alla patologia delle fratture che ho nominate. Il punto che ho preferito agli altri è la riunio- ne ossea di alcune fratture entro-capsulari , o entro-artico- lari del collo del femore. La frequentissima e quasi costante mancanza di riunione ossea dei due frammenti proprii di quella frattura, è un fatto che fu già notato ancora dal nostro Morgagni , e che è stato confermato da uno sterminato numero di osserva- zioni posteriori, e per poco non dico quotidiane. Ma come ogni regola generale ha le sue eccezioni , anche a questa non ne sono mancate. E le ricerche accurate che si sono fatte, hanno rivelato che in alcune persone la riunione e risaldatura ossea è accaduta senz’ altro. I quali fatti incontrovertibili hanno deciso in favore dei francesi la lite nata tra questi e i loro vicini d’ oltre Ma- nica , ossia tra il Dupuytren e Astley Cooper. GP inglesi però sostengono che il loro Caposcuola non ebbe mai ne- ll) Memorie di Chirurgia sperimentale sulle lussazioni traumatiche del fe- more , inserite nel T. 2.° delle Memorie della Società Medico-Chirurgica di Bologna. 206 Giambattista Fabbri gato la possibilità del fatto in modo assoluto; e che si limitava ad affermare di non conoscerne verun caso. Quan- do poi gl’ intervenne di vederne uno , non ricusò di rico- noscerlo per quello che era. Ora però che è tolta di mezzo quella controversia, ne viene in campo un’ altra , la quale versa intorno al nume- ro approssimativo dei casi che depongono in favore della riunione ossea. Alcuni vanno asserendo che se ne conosce un numero non al tutto scarso, ed altri invece tengono la sentenza contraria. E per citare un qualche nome io ricorderò tra’ primi un Ranzi , un Nelaton , uno Smith ; e dei secondi nominerò il Malgaigne , autore , come tutti sanno , di un trattato re- centissimo scritto ex professo sulle fratture e sulle lussazio- ni. Questo eruditissimo ed acuto scrittore , fra undici casi di frattura entrocapsulare del collo del femore consolidata, che altri hanno allegati come concludenti, egli non ne accetta che tre soli. E badate che tre di quegli undici appartengono al Museo Dupuytren ; e di questi tre , uno solo è ammesso come sicurissimo dal Patalogo francese. Tutti i rimanenti egli giudica che siano alterazioni del collo del femore che somigliano ad antiche fratture, ma che in realtà riconoscono un’origine rachitica o d’altra na- tura (1). Ancora il nostro egregio Prof. Pasquale Landi toscano, che anni sono ebbe agio di visitare i musei di Parigi e di Londra, fu tanto lontano dal persuadersi di quelle «saldature, che propose venisse sancito in regola generale, che non si dà riunione ossea dopo quella frat- tura entrocapsulare. Per quello che poco appresso udirete, vedrete che ho ragione di non tenere dal Landi ; pur nondimeno le sue parole e quelle ( meno avverse bensì , ma contuttociò molto circospette) del Malgaigne mi danno ragione di sospettare che le preparazioni le quali pongano fuori di controversia la riunione ossea, se non sono così scarse come si è dato (1) Op. eie. pag. 677. Delle fratture entro-capsulari ec. 207 a sostenere questo Autore, non debbono neppure essere così copiose come avevano sostenuto quegli altri. Quindi si fa aperto che pe’ cultori degli studi anatomo-patologici non può aversi in dispregio un qualche nuovo pezzo che com- provi evidentemente il fatto della saldatura ossea di quella frattura entrocapsulare. E molto più, se riesca di porre in rilievo una qualche circostanza a cui non si fosse per av- ventura posto mente, come era pur giusto che vi si po- nesse. Ora , di preparazioni della qualità che ho detto , e che sono da me destinate al nostro Museo di Anatomia pato- logica , io ne posseggo due ; e sono rappresentate nella 3.a e 4.a di quelle tavole che adornano la presente Memoria. Ne posseggo ancora una terza che somiglia a capello alle due che precedono ; con questa differenza , che la saldatura non era veramente ossea, ma era fatta da cartilagine molto compatta. Onde si può credere che se F infermo avesse vissuto qualche altro tempo , la tessitura ossea avrebbe preso il posto di quella cartilagine. Ma prima che io venga alla descrizione degli oggetti dianzi nominati , parmi che metta bene toccare di volo le opinioni più accreditate circa le cagioni per le quali la frattura in argomento è impedita dall’ arrivare per consueto al punto di perfetta e salda riunione. A quattro dunque si estendono le circostanze che si re- putano apportatrici di quell’ impedimento. l.a La presenza della sinovia , o ancora di sierosità , che si frappongono alle superficie cruente dei frammenti ; 2.a la mancanza di un grosso strato di parti molli che , circondando i detti frammenti, prenda parte alla somministrazione sufficiente- mente abbondante dei materiali plastici che sono indispen- sabili perchè il callo si formi ; 3.a la scarsezza de’ vasi che rimangono ad alimentare il frammento interno; i quali tutti si restringono a quel fascio di vasi, che dal fondo del cotile vanno per entro la lunghezza del legamento ro- tondo ad immergersi nella testa del femore; 4.a per ulti- mo ^ la scomposizione della frattura; onde le due superficie cruente di essa si abbandonano o appieno o quasi del tutto. 208 Giambattista Fabbri Dopo la quale enumerazione è curioso notare, che i di- versi Autori non sono concordi nell5 assegnare il grado dJ im- portanza che, a loro giudizio, s’accoglie in ognuna di quelle quattro cagioni diverse. Così, per modo di esempio, Boyer fa grande stima della pretesa scarsezza de’ vasi nu- trizi ; Gruveilhier valuta assai la mancanza delle parti molli; Monteggia e A. Cooper, l’ intrammessa di molto umore sino- viale; Nelaton apprezza soprattutto la scomposizione dei frammenti. Intorno a che io sarei di parere, che il con- cetto dell’ insufficienza de’ vasi nutrizi e della mancanza delle parti molli circostanti siano le due opinioni che han- no in se minore solidità. Ghè a dir vero, se il lavoro di restaurazione dell’ osso non è altro che il comune lavoro del- la nutrizione fatto più operativo per la sopravvenuta dell’ ir- ritazione e della flogosi ; riesce non facile da intendersi, per quale motivo qui, a ristabilire la perfetta continuità dell’ osso, non bastino, come in altre parti, quei vasi che sono pure bastanti a provvedere alla normale nutrizione e al mantenimento di lui. — — E rispetto ai difetto delle par- ti molli , è già stato risposto da altri che , come si riat- taccano e consolidano i frammenti del collo rotto fuori della capsula ( avvegnacchè qui pure non siavi abbondan- za di parti molli che avvolgano i frammenti ) cosi, per questo solo difetto, non dovrebbe nelle fratture entro-ca- psulari , venir meno il lavoro di una riunione per ogni ri- guardo perfetta. Di che io m’ accorgo d’ essere piuttosto propenso a quelli che la mancata riunione ossea ripetono o dall’ accavallamento de’ frammenti o dalla mancanza di uno stretto contatto tra le due superficie cruente della frattura. E chi ben guardi s’ accorgerà di leggeri che que- sta è forse 1’ opinione che quadra alla' maggior parte. Im- perocché queste due sfavorevoli circostanze sono ricono- sciute per isvantaggiose ancora nelle fratture di altri tratti dello scheletro. E da un altro lato, i fatti conosciuti di buona e forte riunione delle fratture entro-capsulari delle quali io vi ragiono, e che sono stati sino ad ora scoperti dallo scalpello anatomico e pubblicati per le stampe, ven- gono indirettamente a rafforzare questa medesima opinio- Delle fratture entro-gapsulari ec. 209 ne. Per quanto è a mia notizia , le necroscopie hanno dimostrato una di queste due cose : o che le due superfi- cie rotte non si erano reciprocamente abbandonate e il pe- riostio conservavasi intatto, almeno per la massima parte; oppure che , sebbene le due superficie fossero qualche po- co trascorse Y una sull’ altra , nondimeno i due frammenti erano rimasti addentati Y uno coll5 altro per opera d5 al- cune punte della loro corteccia , penetrate reciprocamente nella sostanza spugnosa d5 ambedue. Conseguenza di que- ste particolari disposizioni è stato , che ne5 casi di perfetta riunione delle fratture in discorso, si è trovato che il collo o aveva serbato in tutto e per tutto la lunghezza e la dire- zione sua normale ; oppure che queste due qualità si erano mutate assai poco. In grazia di queste lievissime mutazioni riconosciute co- me proprie dei casi contemplati, non è forse stato diffi- cile cadere in errore in certi altri casi che avevano molte sembianze de5 primi , ma che non erano a gran divario della medesima natura. Così nel cadavere di persone già affette da zoppicamento , del quale non si conosceva la storia a perfezione, avendo trovato un collo di femore ac- corciato e deforme e ad un tempo qualche abbassamento o deviazione del capo, si è potuto giudicare che si fosse messa allo scoperto un’antica frattura entro-eapsulare con- solidata. E invece poteva ben essere che tutto il male consistesse solamente in questo , che una lentissima ar- tritide reumatica , per lunghi anni , ebbe fatto mal governo di quella giuntura. Egli è certo che vi sono infermità di diversa ragione, le quali a lungo andare mutano in molte guise la forma delle ossa che concorrono a comporre questa o quell ar- ticolazione. E noi, ne5 nostri Musei d5 Anatomia patologica e di Ostetricia , possediamo fra gli altri due pezzi da me raccolti, i quali hanno risguardo a malattie dell5 articola- zione dell5 anca e che meritano che io ne faccia menzione in questo luogo, soprattutto perchè e prima di tagliare il cadavere, e dopo messo a nudo il legamento capsulare , non si poteva giudicare con sicurezza della vera natura 210 Giambattista Fabbri della malattia, la quale offeriva moltissima somiglianza colle fratture delle quali intendo parlarvi. E fu mestieri aprire 1’ articolazione e investigarla minutamente. In ambedue i casi vi fu zoppicamelo. Ma, nell’ uno dipendeva da una specie particolare di lussazione patolo- gica ; mentre nell’ altro non v’ era stata nè lussazione nè frattura. Il primo è rappresentato nella Tav. 1 , il secondo nella Tav. 2. Questi elegantissimi ed esattissimi disegni ( come gli altri che vi mostrerò fra poco ) sono stati ese- guiti dal valente Artista Sig. Onofrio Nannini. Nel pezzo della lussazione patologica, si osserva che la cavità cotiloidea è appieno colmata, anzi cancellata da una vegetazione ossea natavi dentro; la quale si propaga al- P insù verso la fossa iliaca esterna ; ed è spianata in superfi- cie , lievemente granulosa , e la sua figura ricorda più che altro quella di un ovato. Dal lato del femore, il capo, il collo e il piccolo trocantere sono scomparsi, e ne ha preso il posto una lieve tumidezza ossea, disposta longitudinal- mente, e che per la grandezza e per la forma ovoide ri- sponde in tutto alla vegetazione che colma 1’ antico aceta- bolo. In alto , questa tumidezza è distinta dal gran trocan- tere per un solco ; e in basso, digradando insensibilmente, si confonde col corpo del femore. La faccia della tumidezza che ho detto, combaciava colla vegetazione dell’ osso inno- minato; è spianata, e perfettamente somiglia alla superficie di quest’ ultima. Il legamento capsulare allungato, ma non interrotto, aderisce al contorno delle due superficie che v’ ho descritte. Non accade che vi dica non trovarsi traccia di legamento rotondo. Perciò la normale enartrosi dell’ anca si è tramutata in una specie di diartrosi piana. Per questa lussazione il catino venne a deformarsi , e io ve ne ho già data la descrizione 1’ anno scorso, parlando di quella obli- quità del catino che è partorita da lussazione congenita o antichissima di un femore (1). Di quale natura sia stata la malattia generatrice di que- ll) Descrizione di ima Pelvi obbliqtia-ovale ec. nel Voi. XI. di queste Me- morie. pag. 36. 37. Delle fratture entro-capsulari ec. 211 sta stranissima maniera di lussazione patologica, mi è al tutto ignoto. Mi è però grato di potere citare un fatto so- migliante , registrato dal Palletta nelle sue Adversaria Chi- rurgica prima (1) , del quale si dice che lo zoppicamelo cominciò subito dopo guarito il vajuolo arabo. L9 altra preparazione ha coll9 argomento della presente Memoria relazione più immediata e palese. Prima di tutto 10 vi dirò che l9 accorciamento dell9 arto , il rovesciamento del piede all9 infuori, e la tumidezza della regione del gran troncatere ( la sommità del quale era vicina più che dal- l9 altro lato alla cresta dell9 ileo) avevano dato sospetto, prima che si tagliasse il cadavere , che qui si trattasse di una frattura antica del collo del femore. Fu conservato il catino coi due arti , e l9 esame dell9 articolazione ( per una circostanza che non accade ricordare) fu instituito molto tempo dopo. Il fatto è che dopo ancora l9 apertura del- l9 articolazione non fu agevole decidere, se il collo del fe- more fosse o no stato rotto. Eccovi pertanto la descrizione del pezzo patologico. Il cotile del lato infermo , che è il de- stro, è molto più ampio e profondo dell9 altro, che è per- fettamente sano (T.2 F.l.) Tale ampiezza si è prodotta perciò che tutto l9 orlo del cotile si è prolungato e reso saliente per generazione di nuova sostanza ossea ; e nel tempo che 11 detto orlo cresceva acquistava una circonferenza più este- sa j massime verso la parte superiore. Il ciglio nuovo del cotile è tutto continuo, cosicché manca dell9 incisura in- terna. Nel fondo della cavità non v9 è traccia della fossa ove s9 annicchia la così detta gianduia sinoviale. La parete cotiloidea ha grossezza doppia dello stato normale. Onde chiaramente si scorge che la generazione di osso nuovo si è fatta , non solo lungh9 esso l9 orlo del cotile ma s9 è fatta in tutta l9 estensione della sua concava superficie articolare. E può dirsi con tutta verità che un intero guscio artico- lare nuovo s9 è formato dentro l9 antico, col quale rimane confuso in tutto il contorno, mentre là dove si trova naturai- (1) Op. cit. pag. 31. 212 Giambattista Fabbri mente P incisura interna dell’orlo del cotile primitivo, la produzione nuova si mostra separata dalla faccia dell’ antica cavità, e con una tenta si può passare e spaziare tra il nuovo e 1’ antico acetabolo. Non è dunque da meravigliare se di legamento rotondo non serbasi segno veruno. Il fon- do e la metà inferiore della cavità ha superficie lievemente disuguale; ma nella parte superiore 1’ osso è sommamente liscio e come logorato per lungo strofinamento. Ora par- liamo dei femore. Il capo è molto più grosso del capo del- P altro femore, e quella maggiore grossezza risponde per- fettamente ali’ ingrandimento della cavità in cui era accolto. La superficie è liscia e logorata superiormente ; lievemente disuguale nel resto ; proprio come s’ è notato nel cotile. La fossetta ove s’ inserisce il legamento rotondo è scom- parsa. Il collo si presenta come ora dirò. La porzione che sorge dal gran trocantere entra , come in un fodero , dentro quella che scende dal capo; e questa specie di fodero è molto lungo di sotto ; brevissimo nella faccia posteriore. Lungo il margine superiore non v’ è distinzione tra le due porzioni del collo (T.2F.2.)Io sono d’avviso che converrete, che questo modo di presentarsi del collo doveva renderci in- chinevoli al persuaderci dell’esistenza di un’ antica frattura, consolidata con irnpiantamento del frammento esterno nel tessuto del frammento interno, oppure colla formazione del- la viera , che costituisce la così detta riunione per invagina- mento. — Gontuttociò quella lunghezza del collo non trop- po accorciata; quella direzione del capo mantenuta quale deve essere nello stato normale, facevano contrasto col- P idea di una frattura che avesse esistito per P addie- tro. — A mettere tutto in palese , fu ricorso alla sega ; e, diviso P osso per lungo, si vide manifesto che quella che prima sembrava porzione di collo scendente dal capo, era una produzione nuova , che , quasi appendice della generale iperostosi di lui, scendeva dal suo contorno a fare una specie di guaina intorno al vero collo, senza che questo presentasse il menomo indizio di una precedente frattura ( Tav. 2 Fig. 3 ). I descritti due pezzi patologici potrebbero forse dare Delle fratture entro-capsulari ec. 213 motivo a qualche riflessione di rilevanza; ma io mi limi- terò a poche e facili parole. — E noterò solamente che mentre sembrano sommamente fra loro diversi anzi contra- ri, sono invece per certi riguardi somigliantissimi. Sembra- no diversi perchè, mentre nel primo la forma di enartrosi è abolita , nel secondo per converso è esagerata. Dico poi che vi è somiglianza , in quanto che in ambedue 1’ alte- razione della forma primitiva è apertamente derivata da esuberanza di produzione del tessuto osseo. Nel primo l’ec- cesso di questa produzione ha prevalso dai lato del cotile ; nei secondo vi hanno partecipato egualmente il capo del femore e le pareti della cavità cotiloidea. Anzi sarei ten- tato a dire che 1’ iperostosi ha cominciato dai capo ; e che il lento e graduato crescere di questo è stato cagione non ultima perchè nelle parti che formano il cotile si renda più operoso il processo nutritivo , sì che abbia avuto luogo quella formazione di osso nuovo in aggiunta all’ antico, la quale ho procurato significare; ma che meglio delle mie parole rappresentano i disegni che le accompagnano. — Co- munque sia, confido che non possa dispiacere che io ab- bia serbato pel nostro Museo queste due preparazioni. Ora senz’ altro indugio vengo a parlare degli altri pre- parati che formano il principale argomento di questa Me- moria, e ai quali ho fatto allusione sino da bel principio. Il primo di questi ( Tav. 3 Fig. 1 a K ) io lo raccolsi in Ravenna , saranno ben diciotto anni , togliendolo dal cadavere di un vecchio trovato a caso nella camera anato- mica dello Spedale e che m’ accorsi essere zoppo del- F arto sinistro. La necroscopia mi palesò una frattura en- tro-capsulare robustamente riunita. La macerazione pose fuor di dubbio che i due frammenti, benché accavallati, erano saldati insieme da sostanza di osso nuovo. Molti an- ni appresso , per avere una prova più evidente del fatto , feci colla sega una sezione trasversale , che divide in due metà (una superiore ed una inferiore) il gran trocantere, il collo e il capo del femore. La frattura era accaduta parecchi anni addietro , e dal mio Collega Dott. Luigi Fuschini che ebbe curato F infermo, 2U Giambattista Fabbri venni a sapere che , dopo riportata la frattura , quest’ uo- mo aveva potuto camminare un qualche tratto prima che avvenisse la scomposizione dei frammenti, e gli si toglies- se facoltà di reggersi sopra quella gamba. — Il pezzo pa- tologico presenta le cose che ora dirò. Il collo del fe- more si ruppe proprio in quella parte che s’ innesta col capo o in grande prossimità di questa. Il capo colla sua base è applicato e saldato alla superficie posteriore del collo, in guisa che la circonferenza inferiore della sua sfe- ra rimane pochi millimetri lontana dalla linea intertrocan- terica posteriore e dal piccolo trocantere (Tav. 3 Fig. 2). Se poi si guardi la doppia superficie della sezione fatta colla sega, rilevasi che la sostanza spugnosa del capo è distinta dalla sostanza spugnosa del collo mediante uno strato di tessuto osseo compatto della grossezza di 4 mil- limetri ; il quale è la corteccia del collo alquanto ingros- sata. A questi segni è forza rimanere convinti che la sal- datura de5 due frammenti si è fatta non ostante che la superficie rotta della base del capo siasi trovata in contat- to colla superficie del collo non cruenta , e con ogni prò* babilità vestita del periostio e della sinoviale. L’ egregio Prof. Landi ( che io nomino per cagione di onore ) alla semplice vista di questa preparazione, mutò sentenza in un attimo , e si convinse che la riunione ossea delle fratture entro-capsulari del collo del femore si dà realmente. Ma per giudicare più agevolmente delle nuove relazioni acquistate dal capo e dal collo , nessuna cosa è più giove- vole del gettare un9 occhiata alla preparazione quando siasi collocato di bel nuovo il capo nell’acetabolo (Tav. 3 Fig. 1 ). Allora è impossibile non avvedersi che la testa del femore non s’ è mossa punto dalla sua sede naturale ; e che in- vece il collo si è spostato secondando i movimenti del- 1 arto. L arto ha rotato dal didentro all’ infuori e ad un tempo è stato tratto in alto. Quindi il collo staccato dalla testa s’ è voltato all’ innanzi coll’ estremità del suo mon- cherino ; poi è asceso radendo colla sua faccia posteriore incolume la faccia fratturata della base del capo. In que- ste nuove attenenze fermatisi i due pezzi dell’ osso rotto, si sono attaccati 1’ uno coll’ altro. Delle fratture entro-capsulari eg. 215 Ora vedete da Voi medesimi che le cose si sono adagiate in una certa foggia che si direbbe poco propizia per una riunione buona e salda. Imperocché la maniera più univer- salmente adatta per la formazione del callo osseo dopo qualsiasi frattura , quella essere si stima per cui le due superficie rotte vengono a scambievole e stretto contatto. E sebbene questa regola abbia molte e vistosissime ecce- zioni , tanto dalle fratture accavallate e perfettamente riu- nite per le due facce coperte di periostio ; quanto dalle fratture parimenti accavallate, ma senza immediato contat- to de’ frammenti (onde la riunione si è operata colla for- mazione di ponti ossei isolati e gettati pel tratto d’ alcune linee dall’ uno all’ altro frammento); le circostanze nelle quali si sono operate quelle riunioni sono a gran pezza di- verse da quelle di una di queste fratture entro-capsulari. Là s’ è trattato , per esempio , dell’ osso della coscia nei luoghi dov’ è circondato da parti molli assai abbondanti , e il materiale necessario all’ organizzazione dell’osso nuovo è stato versato con molta ricchezza. I pezzi dell’ osso rotto mantenuti immobili sia dagli argomenti chirurgici , sia dal- la rigidità de’ muscoli ( parte rattratti , parte compenetrati e induriti dalla materia plastica ) si sono trovati immersi in una abbondanza di cemento organizzabile. E però non è a stupire che abbiano avuto luogo quelle meravigliose riunioni , e che siatesi prodotti tutti di nuovo quegli strati grossi e di compattezza e solidità simile a quella dell’ avo- rio , i quali per lungo tratto avviluppano e nascondono gli antichi frammenti. — E nonostante che sì belle op- portunità s’ incontrino nelle congiunture che ho allegate, pure F accavallamento è condizione poco favorevole alla sicurezza di una buona riuscita; e che, se non altro, ri- tarda la consolidazione, per poco che nel corpo della per- sona inferma abbia ricetto qualcuna di quelle malsanie dell’ universale, che fanno impedimento all’ organizzazione perfetta de’ tessuti nuovi. Ma quando si tratta della frattura entro-capsulare di cui ora si tiene discorso , 1’ accavallamento de’ frammenti sem- brerebbe una condizione assolutamente contraria alla loro 216 Giambattista Fabbri riunione e alla consolidazione di questa. Tanto è vero che i casi ne’ quali si crede che siasi verificata quella consoli- dazione ( per quanto hanno potuto scoprire le mie ricer- che ) sono casi di frattura o senza scomponimento , o con iscambievole addentatura dei due pezzi, o con invagina- mento , cioè a dire colla formazione di una viera ossea più o meno estesa che gli abbraccia ambedue (1). Il secondo dei tre pezzi anatomo-patologici ha parimenti risguardo ( come si è già accennato ), ad una frattura en- tro-capsulare in tutto e per tutto simile alla precedente ; eccettochè la riunione dei pezzi è cartilaginea, quantun- que dotata di notabile solidità. Chi 1’ ebbe riportata fu un vecchio d’ oltre 70 anni per nome Pietro Fiorentini. Una sera del mese di Dicembre dell’anno 1854 cadde da suoi piedi , mentre era in procinto di salire la scala che menava alla sua camera. Egli si rialzò da solo e montò diciotto gradini di quella scala che era rìpidissima. A ca- po di questi , non potendo più reggersi , chiamò aiuto , e fu portato in letto. Io lo visitai poco dopo , condottovi da quell’ ottimo e distinto giovane che fu il Dott. Giacomo Can- dì mio cognato. Chirurgo di quella famiglia. Il recente ac- corciamento dell’ arto inferiore sinistro e la sua rotazione all’ infuori, 1’ ascensione del gran trocantere, P integrità della diafisi , 1* impossibilità per parte dell’ infermo di sol- levare la gamba staccando il piede dal letto,, erano segni sufficienti della frattura del collo del femore. Un altro se- gno , per me molto valutabile , era un particolare avvalla- mento , riconoscibile nella faccia anteriore ed interna del- la coscia e precisamente nel luogo dove il terzo superiore si confonde col terzo medio. Non mi è noto che altri ne abbia parlato; ma io ne tenni discorso anni addietro nella Memoria che ho citata quest’ oggi un’ altra volta. E nel nostro Museo d’ Anatomia patologica vedesi manifestamente questo carattere in una mezza figura in gesso, di uomo (1) Smith. Op. cit. Vedi ancora GEuvres Chirurgicales de Sir Astley Coo- per. Paris 1837. pag. 151-153. Delle fratture entro-capsulari ec. 217 adulto, della quale feci cavare la forma sul corpo vivo d’ un giovane , infermo di detta frattura , e curato nel no- stre Spedale Maggiore dall9 Eccmo Sig. Dott. Atti. II qua- le per ispeciale cortesia avendomi concesso che si eseguisse T indicato lavoro , mi gode V animo di rendergliene qui alla vostra presenza le grazie che gli sono dovute. Io poi , nel Fiorentini , traeva motivo di credere che la frattura fosse entro-capsulare , da ciò che non v9 era segno di frattura del gran trocantere. Imperocché per osservazio- ni fatte sui pezzi da me posseduti , e ripetute ne9 musei anatomo-patologici che ho visitati , ho acquistato la per- suasione che la frattura longitudinale del gran trocantere non accompagna le fratture entro-capsulari ; e invece accom- pagna quasi costantemente la frattura estra-capsulare. Le ec- cezioni a questa regola sono rarissime. Io non ho potuto vederne che una per ognuna delle due, specie. — - Questi pochi cenni siano bastanti , posto che di presente non ho in animo di trattare della diagnosi differenziale tra specie e specie di questa frattura. Nessun apparecchio venne applicato. — Il povero vec- chio sopravvisse per altri due buoni anni ; pochi mesi dei quali passò parte in casa, parte nello Spedale Maggiore; e tutto il rimanente, nel Ricovero. Pochissime volte fu alzato dal letto e posto in una seggiola. — La necrosco- pia mostrò quello che ho già detto ; e di più fece vedere che tutta la superficie dell9 acetabolo era ancora come di- pinta da uno strato sottilissimo di sangue. Intorno a questo e intorno al fatto precedente io mi fermerò ad una breve e semplice considerazione, la quale è che ambedue le persone, che riportarono la detta frat- tura , poterono reggersi per qualche tempo sull9 arto offeso e adoperarlo camminando. Anzi il Fiorentini fu al caso di salire senza aiuto 18 gradini d9 una scala molto disagiata. Noto questa circostanza, non già perchè sia nuovo il fatto del poter camminare dopo accaduta la frattura del collo del femore; ma sì perchè l9 opinione più accreditata par- mi sia quella che, in tali congiunture , siasi trattato di frat- tura estra-capsulare con infiggimento della base del colio t. xit. 28 218 Giambattista Fabbri del femore nella tessitura spugnosa del gran trocantere. Qui per certo tale disposizione dei frammenti non ebbe luogo ; chè il collo era rotto in grande prossimità del ca- po. — La cosa del reggersi e del camminare potè inter- venire perchè la frattura non si scompose sotto F azione della causa che la produsse; e ancora perchè, essendo di- retta quasi trasversalmente, il frammento superiore, o del capo , si mantenne abbastanza saldo sul frammento inferio- re , o del collo , sino a tanto che una rotazione dell’ arto all9 infuori vinse la debole resistenza offerta dalle scabrez- ze delle due superfìcie contigue dell9 osso rotto. Dopo il quale ragionamento ( che sarebbe agevole dimostrare per via d9 esperimento ) vi confesso che l9 altra opinione dian- zi allegata mi apparisce colle sembianze di una ipotesi che sia difficile sostenere. Ed in vero ; quando la frattura colpisce il collo alla sua base, se l9 infermo tenta com- mettere all9 arto offeso il peso del tronco ,. lo sforzo della gravitazione del tronco, e quello della contronitenza del femore, s9 incontrano nel luogo dove l9 osso è scavezzo; vale a dire nel luogo dove il collo, che è quasi orizzon- tale, s’innestava al corpo del femore, che è verticale. Ora , ammesso pure che la base del collo siasi piantata nel gran trocantere , sarà egli credibile che un incastro di poche linee sia capace di reggere il peso del tronco, senza che quell9 angolo si chiuda e venga meno la reazio- ne dell9 arto? — Io dunque direi che, data l9 opportuni- tà di nuove osservazioni , sia necessario condurle e racco- glierle con ogni possibile diligenza. La persona che ebbe a patire la frattura entro-capsulare che ne ha fornito il terzo ed ultimo de9 pezzi che ho menzionati più volte , fu un vecchio di 77 anni. Scendeva egli da una scala, quando, arrivato agli ultimi quattro gradini , fu stramazzato per l9 urto d9 un9 altra persona che gli veniva dietro e che cadeva presa da vertigine. La frat- tura del collo del femore fu manifesta senza praticarvi molte indagini. Collocato l9 infermo nel suo letto in giaci- tura orizzontale e coll9 arto disteso , pochissime cose furo" no poste in opera. Alcuni cataplasmi ammollienti ne9 primi Delle fratture entro-catsulari ec. 219 giorni , e in appresso abbondanti e quotidiane embrocazio- ni di olio accompagnate da fregagioni a tutto 1’ arto. — Senza apparecchio di sorta si tenne in letto per qualche mese. A capo di questi potè reggersi colle grucce ; e in seguito camminò appoggiato a due bastoni. Prima che un anno fosse passato , gli riusciva di camminare coll’ appog- gio di un bastone solo , e ancora senza bastone , se il suo- lo non offeriva disuguaglianza. L’ arto offeso era rimasto più corto ; ma un tacco due centimetri più alto, ristabi- liva ad arte 1’ eguaglianza. — Dopo sette anni dalla ca- duta , quest’ uomo passò di vita. Nel cadavere io potei verificare che 1’ arto infermo era 4 centimetri più corto ; benché dal confronto de’ due calcagni P accorciamento sem- brasse di due soli centimetri. L’ inganno nasceva da ciò , che il catino non era più orizzontale ^ e a destra era di due centimetri più basso. La necroscopia dell’ articolazione dell’ anca pose in evi- denza la frattura entro-capsulare. La capsula legamentosa era strettamente applicata alle ossa contenutevi , anzi al- cune briglie, sottili ma frequenti, passavano dalla faccia interna del legamento alla faccia esterna del collo. Quan- do poi, dopo lunga macerazione, 1’ osso fu denudato, si vide che la riunione ossea aveva avuto effetto in una ma- niera solidissima. I rapporti acquistati dai due frammenti sono quegli stessi che io descrissi parlando del pezzo rac- colto nello Spedale di Ravenna. Del resto , nell’ ultimo che vi ho descritto la saldatura ossea è tanto manifesta nella sua faccia anteriore ( Tav. 4 Fig. 1 ) che a togliere ogni scrupolo non fu necessario dividerlo in due colla sega. Noi dunque possediamo tre casi di frattura entro-capsu- lare del collo dei femore, con accavallamento de’ fram- menti, e nondimeno colla riunione, ossea in due, cartila- ginea nel terzo. Se il numero di questi fatti non fosse troppo limitato , s’ avrebbe ragione di sospettare che 1’ ac- càvallamento, quale è accaduto in questi tre casi ( che so- no somigliantissimi 1’ uno all’ altro ) invece di essere una circostanza dannosa, fosse per lo contrario alquanto propi- zio. Ad ogni modo tale sospetto acquista maggiore proba- 220 Giambattista Fabbri bilità quando si considera che ne9 frequentissimi casi di falsa articolazione venuta in seguito della detta frattura entro-capsulare , quella peculiare maniera di accavallamene to non si verifica , e ne fanno fede e i pezzi patologici che ho potuto esaminare, e le figure che se ne conoscono e specialmente le molte che sono raccolte nell9 opera di Roberto Guglielmo Smith (1). Se questo mio pensiero non è fallace , io direi che in grazia di quell9 accavallamento la capsula legamentosa premendo forte l9 uno contro l9 al- tro i due pezzi dell9 osso rotto, li mette in una condizio- ne che è favorevole alla loro riunione. Ora poi , che per quanto poteva ho compiuto il mio debito di accademico , piacciavi che un antico discepolo paghi un lieve tributo di pietosa osservanza alla memoria di un venerato Maestro. — Il femore, del quale qui da ultimo vi ho tenuto discorso , è il femore destro del nostro professore di Clinica Chirurgica Mattéo Venturoli. Di quel- F Uomo che la Natura ebbe dotato di molti pregi non comuni , tra9 quali primeggiava una rara perizia nel giu- dicare , ed una stupenda abilità nel saper condurre le cure più ardue con una semplicità meravigliosa di argomenti terapeutici. Oh! quante volte ho lamentato, e quanto mi dorrò pur sempre , che non siasi tenuto memoria delle in- numerevoli e gravissime ferite &’ ogni ragione che sotto la sua cura riuscirono a guarigione non isperata ; e del nu- mero ben grande di cistotomie , di erniotomie e d9 altre importantissime operazioni, che tra le sue mani pervenne- ro a prospero fine ; onde ben a ragione potè chiamarsi va- loroso e fortunato chirurgo. E il suo metodo di tagliare i pietranti fu in sostanza quello di Mariano Santo, che i chirurgi Italiani ( benché lo abbiano eseguito con processi diversi ) non hanno mai abbandonato del tutto; quantun- que , non ha molto , l9 Heurteloup siasi dato a credere di esserne l9 inventore. (1) A treatise on fractures in thè vicinity of joints ete. etc. by Robert William Smith. Dublin 1847. Delle fratture entro-capsulari ec. 221 Questo pezzo patologico prezioso per la Scienza, per noi preziosissimo, alle premurose istanze mie, e a quelle del nostro rispettabile e carissimo Collega Prof. Camillo Versari, fu conceduto da’ nipoti dell’ illustre defunto, ac- ciocché, unitamente a buon numero di pietre vescicali estratte dalla mano del ben amato loro Zio, fosse collocato nel Museo anatomico-patologico della nostra Università. Per questo fine, a dì 16 Novembre dello scorso an- no 1860, accompagnato da un giovine assistente , mi con- dussi, appena giorno, nel Cimiterio della Certosa; e dal corpo che stava per essere calato nel sepolcro, io stesso, con pochi tagli , levai il femore destro unito all’ osso innomi- nato. Poi, dopo che ebbi ricucite le parti e rivestito il cor- po, nel mentre che assistevamo all’ ultimo Vale pronunziato dalla Chiesa, misto a rammarico gustai il contento di ve- dermi sortito a rendere al nostro antico Maestro gli uffici estremi. Io v’ assicuro che procurai di adempirli come si con- veniva a me , che , discepolo , professore e padre , sentiva in mio cuore il debito di essere di buon esempio al gio- vine che mi aveva seguito; il quale era figlio mio, e sco- lare della nostra Facoltà. M.m.'tWn.XlI. Ir.T! lulilni tulio tini frmmv.TilV:!. LU.faiu’iiMi . Meni. Tom. XII. ().B.FiiI)l»ri*Fralhire outronips. del collo del femore. Tav; 11 . ' * 1 Lil. himalih . fi.fi. Fabbri = Fratturo unti Lti. Paiu aldi 3fem.Tom.XII. ÌT.I3.Fabl>ri=Frafriire entrocapS: del collo del lemure. TavrIVT MISCELLANEA BOTANICA XXII. DEL CAVALIERE COMMEND. PROFESSORE ANTONIO BERTOLONI (*) E cosa singolare, come la Rosa non sia rammentata nei libri Protocanonici della Sacra Bibbia tanto scritti in Ebraico, che in Caldeo, o in altre lingue. Pare, che in quelli antichi tempi gli Ebrei o non la conoscessero, o non la curassero ; ma se ne parla nei libri dell’ Ecclesia- stico, e della Sapienza scritti posteriormente. L’ Ecclesia- stico fu scritto da Jesu figlio di Sirach, mentre regnava Antioco Epifane , ed era Pontefice Onia terzo ; lo scrisse in Ebraico , ma questo testo fu perduto , e solo S. Girola- mo (1) dice di averlo veduto, nè dopo lui fuvvi chi più lo vedesse. II nipote di Jesu trovò questo libro nell’ Egit- to , e lo trasportò in lingua Greca regnando Tolomeo Ever- gete , nella qual lingua Au aggiunto alla Bibbia dei Settanta. Fu in seguito voltato nella lingua latina, nella quale lo ebbimo nella Volgata antica, ora perduta, come oggi lo abbiamo nella Volgata nostra. Adunque Jesu nell’ Ecclesiastico lib. 24. prende ad esal- tare la Sapienza sopra ogni cosa : « Ego ex ore Altissimi prodivi primogenita ante oranem creaturam » v. 5. « Gy- rurn coeli circuivi sola, et profundum abyssi penetravi, in fluctibus maris ambulavi » v. 8. « Et in omni terra steti; et in omni populo » v. 9. Quindi paragona con essa quanto (*) Questa Miscellanea fu letta nell’ adunanza dei 2. Maggio 1861. (1) Epist. 115. 224 Antonio Bertoloni v’ ha di più maraviglioso , di più bello , di più pregiato nella terra. Il Cedro del Libano, il Cipresso di Sion per la loro forma, e altezza insigni, la Palma di Gades mae- stosa per la chioma delle frondi ricurve verso terra, tra le quali pendono i grappoli di frutti dolcissimi , la Rosa coltivata in Gerico delizia degli uomini per la bellezza de’ fiori , e per il grato odore , che questi spandono , 1’ Oli- vo , che grandeggia ne’ campi , e che nell* Aprile bella- mente si copre di grappoletti di fiori , il Platano vicino alle acque , e nelle piazze sorprendente per la sua altezza , e per le foglie vagamente frastagliate , il Balsamo , ed il Cinnamomo per la loro fragranza, la Mirra per il suo fu- mo di soave odore, per non dire delle altre cose. Noi ci fermeremo più particolarmente sopra la Rosa. Il testo della Volgata dice: Quasi plantatio Rosae in J etico. Dunque qui si tratta di Rosa coltivata : e quale era que- sta Rosa? Mi riserbo di determinarne più sotto la specie, e particolareggiarne le prerogative. Frattanto osserverò, che nella versione Siriaca il testo messo in latino si limita a dire: Quasi pianta Rosae in Jerico . Il vocabolo Siriaco chiama la Rosa Verdò , che corrisponde al Caldaico Perda , vocabolo malamente usato in altro senso da Giuseppe Cie- co nel Cantico dei Cantici ; ma io riterrò per Rosa il pódov del testo greco di Jesu, che realmente significa la Rosa, e se nella versione Siriaca non è detto plantatio Rosae , ma Pianta Rosae , nondimeno si deve intendere la Rosa coltivata attenendosi al testo originale di Jesu. Peggio poi si esprime la versione Arabica che ridotta in latino dice tamquam arbores Rosarum in Jerico . Questa versione è più recente, e forse la meno esatta, e meno esatta appunto è P espressione arbores Rosarum , perchè le Rose non so- no alberi, ma frutici. Non contiamo dunque sopra questa inesattezza, e riferiamoci sempre al testo fondamentale di Jesu, che intende parlare della Rosa coltivata. I sacri Interpreti non si sono punto occupati di deeife- rare cosa si intendesse per Rosa di Jerico. Ne’ bassi tempi, quando i Turchi si impadronirono della Palestina , e di Costantinopoli estendendosi fino quasi a noi, la pietà dei Miscellanea Botanica xxii. 225 Fedeli pensò di prender cura de’ Luoghi Santi non badan- do alla spesa di un tributo ai Turchi , e mandò a Geru- salemme un drappello di Frati Francescani , i quali doves- sero custodire le memorie del nostro Salvatore, e segnata- mente il Santo Sepolcro , dove fu posto dopo la sua cro- cifissione , e morte. Questi fraticelli misero fuori una Rosa di Jerico di loro capriccio , della quale diede contezza Enrico Cordo scrivendone a suo figlio Valerio , e questi ne riportò le parole di lui tanto nelle sue Annotationes in Dioscoridem (1), quanto nella Historia de plantis (2) : « Amo- » mum , ut parens meus Henricus Gordus prodidit , est » parvus ille et odoratus frutex , veiuti unguibus quibusdam » in racemosam faciem convolutus , quem Monachi Rosam » de Hierico, et Rosam Sanctae Mariae vocant » (3), e più distesamente altrove lo descrisse (4) dicendo , che « par- » vus est et dodrante brevior fruticulus, substantia lignosa » ab uno caudice, seu trunco minimo digito graciliore plu- » res emittens ramos, qui et ipsi rursus in numerosos, » cirrososque surculos distrahuntur , in se ipsos introrsus » convolutos Affertur ad nos ex Syria, ab iis qui Hie- » rosolymarn religionis gratia hactenus hinc profecti sunt », e quivi acremente rimprovera que’ buoni Frati dicendo : » eoque ad imposturas suas hucusque usi sunt monachi » et sacrificai , simplici et credulae plebeculae persuaden- » tes rosam id esse circa Hierichum, in Sancta terra na- » tam , ideo in Natali Salvatoris nostri nocte , atque ipsa » Nativitatis hora , sponte sua, divinitus aperiri, et diffun- » di, maxima et execrabi li impostura hoc mendacium ho- » minibus inculcantes, revera enim sponte expanditur nun- » quam , nam quotiescunque , et quandocunque volueris » aperitur, si aqua aut vino perfusum maceraveris, eodem » illi quoque modo expansum populo ostenderunt » (5). Io (1) Valerti ! Cordi Simesusij Annotationes, et Historiae plantarum libri etc. 1561 Annot. cap. 14 p. 6. versa. (2) Eju«dem Hist. plant. lib. 4. ibid. p. 195. (3) Annot. ibid. I. c. (4) Hist. pi. ibid. I. c. (5) Valer. Cord. Hist. de plant. lib. 4 p. 195. T. XII. 29 226 Antonio Bertoloni non sarò così severo contro que’ Frati, ma dirò, che dal- lo smercio di questa loro Rosa di Jerico ritraevano qual- che mercede per provvedere alle loro ristrettezze. Lo stesso Valerio Cordo poi aggiunge , che questo Amomo portato a noi è insipido e senza odore, perchè diventa così colla ripetuta macerazione , nel che per certo sbaglia essendo pianta sempre senza sapore, e odore anche fresca, e viva, ed egli stesso si disdice nelle Annotationes (1) , ove la di- stingue meglio, e le dà il nome di Amomis lasciando il nome di Amornum ad un’ altra pianticella più fragile, di gusto aromatico , e intensamente odorosa , distinzione giu- stissima , che ci conduce più chiaramente a conoscere la vera Rosa di Jerico de’ Frati, della quale solo ora inten- do parlare. Adamo Lonicero ripete, che V Amomo è quel frutice, « quem Monachi Rosam Sanctae Mariae, et Rosam de Hie- » rico, seu Hierocuntis nominant » (2). Quivi ne pose una » rozza figura , che per i suoi numerosi rami incurvati , ma senza foglie e senza fiori si avvicina alla pianta secca dei due Cordi, ma non ne dimostra la specie. Nell’indice poi dell’ Opera corregge un suo errore, e dichiara, che « Amo- » mum hodie ignoratur. Non enitn est Rosa Hierochuntis , » quemadmodum aliquando credidi » (3) , della quale dif- ferenza già aveva dato un cenno Valerio Cordo , siccome dis- si poco prima. Sin qui però noi siamo sempre all’ oscuro intorno alla pianta, di che si tratta, perchè nè le parole dei Cordi, nè la figura del Lonicero dimostrano i caratte- ri essenziali, che valgono a determinare la specie. Fu più fortunato Mattia de Lobel, che vide viva la pian- ta nell’ orto Trevisan di Padova , e la indicò sotto il nome di Rosa hierocontea negli Adversaria (4) , e nelle Observa- (!) Idem Annotai, cap. 14 p. 6 versa. (2) Adami Loniceri Naturalis histortae opus novum. Francofurti apud Chr. Egenolphum. p. 238 versa. (3) Adami Loniceri Naluràlis historiae opus novum Francofurti apud Chr. Egenolphum. p. 238. versa. (4) Mattkiae de Lohels Nova stirpium Adversaria. Antuerpiae a Planlinum. 1576. p. 455. apud Chr. Miscellanea Botanica xxii. 227 tiones (1). In queste pose una figura sufficientemente buona accompagnata dalla seguente esatta descrizioncella : « Folia » parva Oleae , aut Monspalliacae Phyteumatis , et floscu- » los albos , cauliculo palmari inhaerentes Bamiae ritu , » quatuor foliolis conflatos Erysimo pares in alabastriculis » oblongis habet » (2) , dalla quale descrizione , e figura facilmente si conosce, che si tratta di una pianticella ap- partenente alla famiglia delle Cruciferae Juss. , ed alla Classe Tetradynamia siliculosa Linn. Il nostro Mattioli aggiunge una particolarità di più alla storiella di questa pianta : « Plantam hanc plerunque apud » nos e Hierico deferunt ii , qui ad sanctissimum Redem- » ptoris nostri sepulchrum peragre proficiscuntur... Utuntur » Hierocunta nostrates mulieres tempore partus ad irivesti- » gandam pariendi horam , quandoquidem ( ut ipsae faten- » tur) in aquam demissa non prius fatiscit , quam faetus » nasci incipiat: tanta inter christicolas irrepsit supersti- » tio (3). Il Bellon (4) dopo avere ripetuto quello, che i Frati di Gerusalemme davano ad intendere sopra le proprietà della loro Rosa di Jerico , e quello che le partorienti buo- namente ne credevano, nega, che sia la vera Rosa di Je- rico delle Divine Scritture, alla quale vuole* che si riferi- sca una delle nostre Rose comuni di fiore rosso , o carni- cino, ma non determina qual sia: appoggia poi il suo detto coll’ osservare , che in Jerico non si trova la Rosa dei Fra- ti, bensì dice di averla rinvenuta nell’ Arabia lungo la spiag- gia deserta del Mar rosso * e nelle pianure di Suez (5) Nem- meno il Rawolf la trovò in Jerico, ma nella Siria sopra i tetti, e le rovine degli edifizii* e di ciò dà contezza il Gronovio nella sua edizione della Flora orientalis del (1) Ejusdem. Plantarum seu stirpium Historia. Aniuerpiae ex offic. Chr. Plantini. 1576. observ. p. 616. (2) Lobcl. Plant. hist . p. 616. in Observ. (3) Mallhioli Comment. Valgasi 1565. p. 52. (4) Bellonii Observ. lib. 2. cap. 86. p. 143. in Car. Clusii Atrebatis Exoli- corum libri decem , item Petri Bellonii Observaliones Car. Clusio inlerr Ex officina Plantiniana Raphelengii. 1605. (5) Bellon. Observ. lib. 2. cap. 54. p. 122. 228 Antonio Bertoloni Rawolf (1). Pure il Thevenot afferma di averla rinvenuta nelle pianure di Jerico, come P aveva rinvenuta nei de- serti del Sinai (2). Ad onta dunque dei Bellon, e del Rawolf bisogna convenire , che i Frati non ebbero torto di dirla pianta di Jerico , ma ebbero torto di chiamarla Rosa, E progredendo oltre trovo, che il Camerario nel Hortus tab. 41. (3) rappresenta questa pianta con una figura an- che migliore di quella del Lobel tanto nello stato naturale perfetto, quanto nello stato secco, ma non posso dire lo stesso della figura datane dal Morison (4) , bensì ne sono lodevoli la descrizione, e le notizie annessevi. Io non mi dilungherò a parlare degli altri antichi Autori, che trattarono della falsa Rosa di Jerico , perchè a un di- presso ripetono le cose stesse , e pienamente confermerò quello, che dissero il Bellon, e di poi il Ferro nella se- conda edizione dell1 2 3 4 5 6 Erbario nuovo di Castore Durante (5) , cioè che questa non era la Rosa di Jerico della Sacra Scrittura. Ma veniamo alla perfine alla vera conoscenza , e deter- minazione della Rosa di Jerico de’ Frati. Linneo in una nota , che lasciò manoscritta , e che di poi fu pubblicata dal suo discepolo Paolo Dietrich Giseke (6) , dopo avere dichiarato , che essa seccando incurva , ed aggomitola i ra- mi , e che esposta ad una tiepida umidità di nuovo li di- stènde , si ferma sulle sue caratteristiche , e ne rileva un genere nuovo , ed una specie nuova , alla quale applica il (1) Rawolffii Leonh. Flora orientali s edita a Joan. Freder. Grommo. Lug- duni Balavorum, typis Wilhelmi de Groot , 1755. p. 78. (2) Theven. Itin. cap. 43. (3) Camerarius Joachimus Hortus medicus. Francofurti ad Moenum. 1588. cui additae Icones ex eodem typographaeo , et anno. (4) Morison Roberti Plantarum historia universalis Oxoniensis tomi duo. Oxonii e Theatro Scheldoniano 1680. 1699. Vide tom. 1. part. 2. sect. 3. p. 229. tab. 25. (5) Herbario nuovo di Castore Durante dato in luce da Gìo. Maria Ferro. In Venetia . 1667. (6) Caroli a Lime Praelectiones in Ordines naturales. Edidit Paulus Dietr. Giseke. Hamburgi , Typis G. F. Schiebes. 1792. Miscellanea Botanica xxii. 229 nome generico di Anastatica s che significa Morta Risorgo , e le conserva il nome specifico di Hierocuntica , nome tra- dizionale proveniente dai Frati di Gerusalemme, e dai bo- tanici antichi , sebbene malamente, appropriato alla Rosa. Ora passo a trattare della Rosa indicata nel Libro della Sapienza , perchè ciò darà lume sopra la vera Rosa di Je- rico. Adunque nel Gap. 2. vers. 8. si dice : « Coronemus » nos rosis, antequam marcescant : nullurn pratum sit, quod » non pertranseat luxuria nostra ». Questo Libro al dire di S. Girolamo fu scritto in greco nell’ impero des Mace- doni , e malamente da prima si credè lavoro di Salomone. Erano già in que’ tempi invalsi i costumi effeminati dei Greci. Non è dunque a meravigliare, se nella Sapienza si parli delle corone di rose , che la lussuria aveva introdot- te negli uomini. Già Teofrasto aveva detto (1) « In omnibus » fere plantarum generibus Sylvestre semper urbano copio- » sius est.... Pars enim exigua hoc in genere urbana no- » tatur, quae coronariis pene consumatur, ut rosa, viola, » Flos Jovis » , e quando la mollezza si impadronì dei Greci , allora le Rose furono in tanto pregio , che merita- rono di essere celebrate dagli antichi poeti Greci , come adoperate nelle corone, ne’ conviti, nelle solennità di Bac- co. Il soavissimo Anacreonte così cantò della Rosa nell* Ode quinta (2). Rosam amoribus dicatam Sociemus ad Lyaeum : Foliis rosam decoram Capiti revincientes Galices jocemur inter. Rosa , honor decusque florum , Rosa , cura amorque veris : (1) Theophrasti Eresii De historia plantarum. Illustranti Joannes Bodaeus a Stapel. Accesserunt Julii Caesaris Scaligeri Animadversiones , et Roberti Con- stantini Annotationes. Amstelodami Apud Henricum Laurentium. 1644. lib. 6. cap. 1. p. 646. (2) Cum versione Henrici Stephani. Canlabrigiae ex officina Joann. Ilayes. 1684. 230 Antonio Bertoloni Rosa , caelitum voluptas : Roseis puer Gytheres Caput implicat coronis, Charitum Choros frequentans. e nell5 Ode decima Sed implicare curo Meos rosis capillos. e nell5 Ode vigesimaprima En aspice , in corollis , Rosis decenter alba Ut lilia implicentur. e per ultimo nell5 Ode trentesima riunendo le lodi, e gli usi della Rosa così si esprime : Rosa flos, odorque divum Hominum rosa est voluptas; Decus illa Gratiarum Fiorente Amoris hora. Eadem decens coronis , Et expetita mensis Solemnibusque Bacchi. Tanto poi erano riputate le corone di rose , che si po- nevano sul capo di chi voleva comandare al paese , come abbiamo da Gleone ammiratore degli Ateniesi appresso Ari- stofane: Atqui mea dicunt O r acida } quod oporteat Te impe- rio totius terrae potivi , Rosis coronatum (1). Era certamente limitato nel principio I5 uso delle corone (1) Aristoph. in Ippeis Act. 2. scen. quarta. Aureliae Allobr. sumptibus Calderrianae Societatis. 1607. pag, 346. Miscellanea Botanica xxii. 231 di rosa « Usus ejus in coronis minimus est », abbiamo da Plinio (1), ed a ragione, perchè allora la coltura delle rose era assai limitata, come abbiamo veduto appresso Teo- frasto ; ma quando il lusso crebbe ne’ Greci , e passò nei Romani , allora V uso delle rose si difuse per tutto. Properzio cantava : Me juvat et multo mentem vincire Lyaeo , Et caput in verna semper habere rosa. Eleg. lib. 3. Eleg. 5. v. 21. 22. Al dire di Ovidio 1’ amante si toglieva le rose dal capo , e le attaccava alla porta della donzella restia per blan- dirla : Postibus et durae suplex blandire puellae Et capiti demptas in fore pone rosas. De art. amat. lib. 2. v. 527. 528. Si spandevano i fiori delle rose sopra le mense ne’ con- viti splendidi , come si usa anche adesso : Tempora sutilibus cinguntur tota coronis 3 Et latet injecta splendida mensa rosa. Fast. lib. 5. v. 335. 336. et motis flores decidere capillis 3 Decidere in mensas ut rosa missa solet. Fast. lib. 5. v. 359. 360. e si adoperavano persino ne’ funerali: fila meo caros donasset funere crines Molliter et tenera poneret ossa rosa. Prop. Eleg. lib. 1. eleg. 17. v. 21. 22. (1) Plin. Nat. hist. edit. Pauli Manutii. 1555). lib. 21. cap . 4. p. 662. 232 Antonio Bertoloni Orazio rimproverando Pirra diceva di un garzoncello: Quis multa gracilis te puer in rosa Perfusus liquidis urguet odoribus Grato y Pyrrhay sub antro ? Carro, lib. 1. Carm. 5. p. 15. edit. Pombae. e se Anacreonte aveva detto , che la Rosa era adoperata nelle feste di Bacco; Columella la trasse ad onorare gli Dei ne’ loro templi : rosa praebet honores Caelitibus , templisque Sabaeum miscet odorem. De cult. hort. lib. 10. v. 261. 262. Tra le rose da tempo immemorabile coltivate una è , che vince ogni altra per il delicato colore incarnato, e per il soavissimo odore del fiore , e se gli antichi non la indicarono per i suoi particolari caratteri , la indicarono per gli usi. Quando poi si cominciò a studiare meglio le loro particolarità, il Parkinson per il primo la riferì sotto il nome di Rosa damascena (1) , alla quale attribuì « thè » most excellent sweet pleasant sent far surpassing all other » Roses or Flowers », e dal nome specifico di damascena pare , che la riputasse proveniente da Damasco forse come Rosa ivi coltivata, e derivata da altra parte più orienta- le , forse dalla Persia , o dall’ Assiria. Comunque sia , al certo da Damasco prima passò nella Palestina, indi nel- 1’ Egitto , nella Grecia , in Roma , e poi nel resto dell’ Eu- ropa. Il Miller 1’ adottò nel suo Gardners Dictiònary (2) prendendola dal Parkinson. I primi sistematici non vi po- sero particolare attenzione , ma in seguito il Du Roi , (1) Parkinson Theatrum botanicum. London , bu Tho. Cotes. 1640.». 413. Rosa ». 4. (2) Miller. Gardners Dictiònary tom . 2. Ros. n. 10. Miscellanea Botanica xxii. 233 P Aiton , il Willdenow, e tutti i botanici successivi la ri- cevettero qual buona specie , e ne stabilirono meglio i caratteri distintivi. Quale dunque sarà stata la Rosa di Jerico dell5 Eccle- siastico paragonata per le sue insigni prerogative colle bellezze altissime della Sapienza? Al certo non poteva es- sere , che la Rosa più bella , e più soavemente odorosa fra tutte le altre rose. Era la Rosa damascena s e questa per lo stesso titolo era la rosa delle corone decantata nel Libro della Sapienza , e poi celebrata dai poeti Greci , e Latini. Dissi abbastanza della Rosa. Ora passerò a descrivere sei specie nuove di piante, che m’ebbi dalle Indie orien- tali. I benemeriti Signori Hooker figlio, e Tomson viaggia- rono in quelle Indie, e vi raccolsero ricca messe di pian- te. Si compiacquero di mettermi a parte delle medesime , e spontaneamente me ne mandarono una copiosa collezio- ne, la quale è il più bello, ed il più prezioso ornamento del mio Erbario esotico. Quivi ne rendo loro pubblica- mente i miei più segnalati ringraziamenti, e da questa collezione traggo le sei specie , che ora faccio di pubblica ragione. T. XII. 30 234 Antonio Bertoloni CLASS. TETRANDRIA. ORD. MONOGYNIA LINN. Ord. nat. Rosaceae Sanguisorbae Juss. Gen. Senticosae Linn. Ord . nat . n. 35. 1 . Sanguisorba longifolia : foliis subsexjugis , foliolis elonga- tis, anguste oblongis ; spica cylindracea. Tab . 1. Sanguisorba Hook fil. 9 et Toms. PI. sicc * Perenn. Habui ex India orientali in Khasia ad altitudi- nem 5-6000. ped. in regione temperata. Gaulis teres , ereetus , striatus , alterne , et remote ramosus , bipedalis, et ultra, glaber, e viridi purpurascens. Folia inferiora impari-pinnata , subsexjuga , longe petiolata , fo- liolis elongatis, anguste oblongis, brevissime apiculato- -dentatis , oppositis, breviter petiolulatis. Stipula parva in basi petiolorum, ovata, dentata, vel subintegra. Pe- dunculus simplex, vel ramosus, longus, terminalis cauli, ramisque, adspersus bracteolis exiguis, remotis, ramen- tum floris foventibus. Spica terminalis , cylindracea. Bra- cteola sub quovis flore parva, ovata, acuminata, cibata. Flores sanguinei. Non est ex nostris, licet appropinquet Sànguisorbam offi- cinalem L. Differt majori pinnarum numero , foliolis mul- to longioribus, basi non cordatis , spica cylindracea. CLASS. ICOSANDRIA. ORD. DIGYNIA LINN. Ord . nat. Rosaceae Pomaceae Juss. Gen. Pomaceae Linn. Ord. nat. n. 36. 2. Crataegus ribesius : foliis profunde trifidis , segmentis acuminatis, incisis, arguteque dentatis, stipulis oblongis, pedunculis tenuibus, longe pilosis ; calycibus hirsutis. Tab. 2. C. oxyacantha Hook fil. , et Toms. PI. sicc * non Linn. Frut . Habui ex Kashmir 3 et Kishtwar ad altitudinem 6-9000. ped. in regione temperata. Miscellanea Botanica xxii. 235 Gaulis teres, erectus, ramosus, glaber , in rneo esemplari inermis. Folia alterna, breviter, et tenuiter petiolata, basi breviter cuneata , et integra , superne tripartita , segmentis lateralibus bifidis , medio trifido, omnibus acu- minatis, apice argute dentatis , utrinque sparse pilosa. Stipulae oblongae, apice subtridentatae. Flores corymbo- si, pedunculis , et pedicellis tenuibus , longe pilosis. Galyx hirsutus , segmentis ovatis , acutis , reflexis. Corol- la alba, calyce triplo longior, petalis late obovatis, ob- tusis, ungue brevi. Stamina corolla breviora. Stilus soli- tario, crassus. Stigma capitatum. Circa basim stili lana alba , densa. CLASS. ICOSANDRIA. ORD. POLYGYNIA LINN. Ord. nat. Rosaceae Juss. Gen. Senticosae Linn. Ord. nat. n. 35. 3. Rosa unguicularis : aculeis caulinis validis, crasse subu- latis ; foliis subtrijugis , foliolis parvis , ovalibus , obtusis , parvidenticulatis ; stipulis minute ciliato-glandulosis ; cy- narhodio tumide ellipsoide, glabro, parceve setoso. Tab.3. R. pimpinellifolia Hook fil. and. Toms. PI. sicc .* non Linn. Frut . Habui ex Himalaja boreali-occidentali ad altitudi- nem 6-15000. ped. in regione temperata. Gaulis erectus , valde ramosus ; purpurascens , valde , et valide aculeatus, aculeis longis, crasse subulatis ; solita- riis , vel geminis , patentibus, flavidis. Folia impari-pin- nata, bi-trijuga, foliolis parvis, unguicularibus , ovalibus, obtusis, argute denticulatis. Petioli tenues , minute sub- spinulosi. Stipula in basi petioli oblonga , adnata, bifi- da, margine minute, et crebre ciliolato-glandulosa. Pe- dunculi solitarii, uniflori , glabri. Laciniae limbi calyci- ni lanceolatae , acuminatae , integrae. Corolla grandiu- scula. Cynafhodium tumens , ellipsoide , glabrum , vel adspersum setis paucis, raris, apice glanduliferis. Rosa pimpinellifolia L. , quae eadem cum Rosa spinosissi- ma L., facile distinguitur aculeis tenuibus , acicularibus , 236 Antonio Bertoloni foliis tri-quinquejugis , foliolis magis oblongis , crebrius , et argutius denticulatis , stipulis grandioribus. 4. Rubus opulìfolius : caule, rarnisque superne molliter vil- losis ; aculeis rectis ; foliis pinnato-ternis, subtus albo-to- mentosis , foliolo terminali trilobo , lateralibus bilobis ; racemo simplici; segmentis calycinis ovato-lanceolatis, lon- ge acuminatis. Tab . 4. Rubus Hook fil. , et Toms . PI. sicc * Frut. Habui ex Khasia ad altitudinem 5500. ped. in regio- ne temperata. Gaulis teres, ramosus, superne, rarnisque breviter, molli- ter, et patenter villosus, aculeis rectis armatus. Folia longiuscule petiolata, pinnato-terna , supra saturate viri- dia, et sparse pilosa, subtus albo-tomentosa, foliolo ter- minali trilobo, majore, inermi, subtusve in nervo medio pauciaculeato , lateralibus bilobis, omnibus crebre, ar- gute , et subinaequaliter dentatis. Petioli more caulis molliter villosi , inermes , vel aculeolati. Stipulae linea- res, hirsutae. Racemi terminales , breves , simplices , pauciflori. Pedicelli breves , basi subspinulosi. Segmenta calycina ovato-lanceolata , longe acuminata , erecta , mol- liter villosa , setis longiusculis, apice glandulosis inter- mixtis. Corollam in sicco videre non potui. 5. Rubus fragarioìdes : caule brevi, inermi; foliis longe petiolatis , palmato-ternatis , foliolis late ovatis , obtusis , subincisis , arguteque dentatis ; floribus solitariis , cernuis ; petalis lanceolati , acuminatis. Tab. 5. Rubus Hook . fil. , et Toms. PI. sicc * Ann. Habui ex Sikkim ad altitudinem 11-12000. ped. in regione temperata. Caulis herbaeeus, tenuis, erectus, bipollicaris , simplex, puberulus , et magis superne. Folia longe petiolata, pal- mato-ternata , foliolis breviter petiolulatis , late ovatis, obtusis , subincisis , arguteque dentatis , utrinque conco- Ioribus , viridibus , vel rare , et parce pilosis praesertim subtus. Petioli puberuli. Stipulae oppositae , ovato-oblon- gae, acutiuscuìae , subciliatae , in basi caulis confertio- res. Flos solitarius , breviter pedunculatus , cernuus , ex Miscellanea Botanica xxii. 237 adverso folii floralis caeteris multo minoris prodiens. Pe- dunculus pubescens. Galyx quinquepartitus, laciniis ova- to-lanceolatis , acuminato-subulatis , erecto-patulis. Petala lanceolata , acuminata , calyce breviora. Proximus Rubo arctico L., sed minor. CLASS. POLIANDRIA. ORD. POLYGYNIA L. Ord. nat. Ranunculaceae Juss. Multisiliquae y. Linn. n. 26. 6. Ranunculus mìcrocarpus : glaber; caule superne ramo* so-eorymboso ; foliis primordialibus trifidis , reliquis tri- partitis , obtuse dentatis , superioribus anguste laciniatis , floralibus linearibus; receptaculo fructigero oblongo, te- nui; nucuiis exiguis , inermibus. Tab. 6. R. muricatus Hook. fils et Toms. PI. sicc.* non Linn. Ann. Habui ex Khasia ad altitudinem 5000. ped. in re- gione temperata. Radix fibrosa , fibris crassiusculis, longis. Gaulis longitudinis variae , minor decumbens, pollicaris-palmaris , major ere- ctus , spithamalis , striatus , superne ramoso-corymbosus. Folia inferiora longe, reliqua brevius petiolata, primor- dialia reniformi-rotundata , subtrifida, successiva triparti- ta , inferiora segmentis cuneato-ovatis , lateralibus bifi- dis , medio trifido , omnibus apice grosse , obtuse , et subinde inaequaliter dentatis , superiora seginentis angu- stis, apice parce dentatis, vel integris, floralia indivisa, subdenticulata , subpilosa , vel subciliata. Flores gemini, approximati in summitate ramorum corymbi, grandiuscu- li. Pedunculi tenues , subpilosi , uniflori. Galyx erectus, pentaphyllus , foliolis ovatis , obtusis. Petala lutea, ob- longo-obovata , calyce triplo longiora. Receptaculum fru- ctigerum oblongurn , gracile. Nuculae exiguae , subrotun- do-tumidae , inermes , laeves , stygmate brevissimo, in- curvo apiculatae. Tota herba glabra. 238 Antonio Bertoloni Ranunculus muricatus L. longe ab hoc diversus , tim nuculis multo grandioribus , aculeatis , in globoso dispositis. Explicatio tabulae sextae. Fig. 1. Pianta in statu naturali. a. Receptaculum nuculigerum aucturn b. Nucula aucta. praeser- capitulo Tom*. BL r Bertoloni Miscel. XXH : Tav : i Tom: XII. Bertoloni MisccLXXU.TavJI. Tom.xn. Bertoloni Miscel.XXH. Tav- IH. vero empietra C.BettittèsJal’i Lii. De- Maria. Toni:XIl. Bertolorii Miscel: XXIL Tav; IV LitFiSiwsova Toni: XII. Bertoloni MiscelJKU. TavsY. Bellini disiai vero e m filtra iit PI* Casanova. DEL PARTO FORZATO NELLE MORTE INCINTE IN SOSTITUZIONE DEL TAGLIO CESAREO DEL DOTTORE FERDINANDO VERARDINI i Letta nella Sessione del 21 Novembre 1861 ). Innanzi 1’ Accademia Imperiale di Medicina in Parigi venne ultimamente discussa la quistione circa V operazione cesarea dopo la morte della madre; quistione che ebbe vita non breve, e che ‘promosse in seno di quell9 Accade- mia varie e rilevanti osservazioni le quali intrattennero a lungo i valorosi membri di quel sodalizio scientifico. Dire di tutte in questo luogo , oltrecchè sarebbe superfluo , sti- mo tornerebbe ancora di scarso frutto al tema che mi sono proposto investigare oggi stesso, col quale intendo bensì tornar sopra a quel subbietto, ma solo però nella parte di esso più vitale, e che concerne il punto di veduta le- gislativo, religioso, e scientifico pratico. Ed a ciò mi muo- ve specialmente , il desiderio grandissimo che ho nell9 ani- mo di vieppiù divulgare, e quindi generalizzare il me- todo dell9 estrazione del feto per le vie naturali, invece dell9 operazione cesarea , nelle donne morte incinte ; meto- do proposto ed eseguito dal eh. professore cav. Francesco Rizzoli, attuale nostro presidente; metodo che fu da me 240 Ferdinando Verardini primo su tutti pubblicato, commendato, ed anche difeso dalle opposizioni che taluno gli mosse nobilmente contro ; metodo che dee condurre ad un radicale cambiamento nelle leggi che regolano la condotta del medico-chirurgo, il quale è guidato per esso ad eseguire un atto operatorio facile , sicuro , pronto , e scevro da quelle gravi responsa- bilità che seco adduce la gastro-isterotomia ; responsabilità che tal fiata ed in peculiari momenti può tornare e torna anzi gravissima , di maniera a sconcertare V animo anche il più sicuro per 1* appoggio della ben meritatasi pubblica stima , ed avvalorato da quel sentimento superiore che spinge l9 uomo veramente dotto ad operare; sicché tal me- todo 1* ho preso in ispeciale amore; della stessa guisa che una buona nutrice ama un figliuolo non suo che ha ali- mentato del proprio latte , e sostenuto e custodito con solerti ed affettuose cure. Per queste tutte cose, A. P., ho pensato che argomento sì grave ed ancora controverso, ben valesse la pena Vi fosse presentato siccome a tribunale supremo; in quanto che Voi sostenete il decoro di questa patria nostra , la quale ricordando sempre con dignitoso orgoglio d’ essere nota alle genti pel nome di dotta. Voi ringrazia che mer- cè le opere Vostre le mantenete V antica riputazione. Se non che a raggiungere appieno il mio scopo, e per- chè il giudicio Vostro intorno la quistione che Vi sotto- pongo , possa essere fondato , giova venga sponendo dap- prima storicamente lo stato delle cose , innanzi di mostrarvi le deduzioni, che a seconda delle mie scarse forze, ho cercato formulare in proposito ; e di tal fatta spero sdebi- tarmi in questo anno inverso di Voi, che mi onoraste ascrivermi all’ ordine degli Accademici pensionati o Bene- dettini ; onore di cui già sentitamente Vi porsi le più vive azioni di grazie nell’ atto che ne accolsi modestamente la nomina , e che adesso per 1’ opportunità , e perchè non sono, nè saranno mai troppe. Ve le rinnovo e ben di cuore. Per ragionare adunque cronologicamente, e per servire con fedeltà alla storia, comincierò dall’ avvertire che in Del parto forzato nelle morte incinte 241 grazia del senso di ribrezzo provato dal Rizzoli nell’ an- no 1 834 , nell’ atto che mediante la gastro-isterotomia to- glieva dalla matrice un feto in donna morta incinta, in seguito a rottura d’ un aneurisma dell’ aorta ventrale , pensò modo d’ ovviare agl’ inconvenienti che da quell’ o- perazione derivano , e quindi d’ allora in avanti sempre determinossi per 1’ estrazione del feto dalle vie naturali, nelle morte in istato di gravidanza, attenendosi alle regole prescritte da Celso pel parto forzato. Nel giorno dieci agosto 1852 mi avvenne d’ assistere al Rizzoli che estrasse un feto quasi a termine dal cadavere d’ una Signora , col parto forzato , e potei valutare la fa- cilità e la prontezza posta all’ effettuaraento di tale opera- zione , la quale già da anni Egli commendava dalla Catte- dra di istituzioni chirurgiche, ed insegnava praticamente agli studenti chirurgia , massime nelle esercitazioni che usavansi profittevolmente nello stabilimento Provinciale, e Ricovero uniti. Ma siccome anche le cose più belle e maggiormente utili, prima che si possano recare ad effetto fa d’uopo che le genti a poco a poco vi si abituino ; ed essendo proprio degli umani in genere a mostrarsi schifiltosi ad abbando- nare le usate abitudini ; e quello che accade delle masse ignoranti , pur troppo per varie ragioni , si verifica altresì negli uomini dati alle scienze; di tale guisa avvenne, ed avviene pur anco, circa la proposta del nostro Clinico chi- rurgico, che fu contrariata; sicché rimaneva ristretta ed adottata da que’ pochi che trovaronsi nell’ opportunità di esperimentarla con Lui , e qualora fu renduta maggiormen- te nota per le stampe, incontrò oppositori, i quali procu- rarono guerreggiarla. Allorquando però questa città e provincia furono sog- gette alla terribile invasione dell’asiatico flagello, locchè accadde com’ è noto nel 1855, ebbesi campo da ognuno di noi di valutare 1’ importanza del metodo del Rizzoli per togliere dall’ utero delle morte pel Choléra i feti che por- tavano nel loro seno ; e non poche volte vennero questi estratti vivi, sebbene quelle fragili organizzazioni avessero T. XII. 31 242 Ferdinando Verardini già subite le malefiche influenze che emanavano dalle in- felici madri. A stabilire impertanto la prima base scientifica dell’ u- tilissimo ritrovamento, ed allo intento di persuadere a ces- sare dalla pericolosa e temibilissima operazione cesarea, stimai opportuno pubblicare nel nostro Bullettino delle Scienze mediche, fascicolo di marzo 1859, un articolo, col quale veniva mostrando il modo di porre in pratica il metodo del parto forzato nelle morte incinte, e lo racco- mandava assai caldamente , appoggiandolo a molti , e per mio avviso, gravi ragionamenti. Da quel tempo in avanti il giornalismo si è mostrato or favorevole , ed ora avverso alla proposta fatta , di guisa che la quistione non è total- mente vinta , e ferve ancora la lotta , sebbene però gli avversarli vadano cedendo terreno , e si mostrino mal fer- mi in arcioni , per cui ho tutta ragione di credere che con questo nuovo e vigoroso attacco li obbligherò ad ar- rendersi completamente. E tale presagio mi compiaccio derivarlo da ciò , che qualora questo mio scritto si troverà adorno dell9 approvazione che Voi, lo spero, sarete per accordargli, verrà rispettato maggiormente, e maggiormen- te avuto in considerazione. Dico dunque seguitatamente che guari non andò da quel- la mia pubblicazione , che nel Giornale della R. Accade- mia di Torino, fascicolo 31 ottobre 1860, leggevasi un rapporto del eh. sig. prof. cav. Scipione Giordano , col quale dignitosamente opponevasi al metodo proposto da noi per l9 estrazione del feto nelle morte incinte , massime perchè credeva riescire meno facile l9 escita del feto stesso per le vie naturali , di quello noi sia colla gastro-isteroto- rnia; che con quel metodo si induce molestia e si dan- neggia il frutto del concepimento , per cui non doveva venire accolto generalmente , essendo scopo della Legge di salvare il feto , e di prestargli colla massima possibile sol- lecitudine il Sacramento Battesimale; e ne voleva, il Gior- dano, limitata la pratica qualora soltanto la donna fosse morta in soprapparto siccome avevano adoperato ed un Chally , ed un Cazeaux in Francia. Del parto forzato nelle morte incinte 243 A queste , ed altre ragioni affacciate dal eh. opponente , trovai necessario rispondere , e corredare il mio primo scrit- to di argomenti meglio persuadenti ; e nello stesso Giornale di nostra medica Società , fascicolo novembre e dicembre 1860, porsi innanzi molte ragioni, colle quali credetti provare illusorie e poco profonde le osservazioni fattemi, in quanto che col metodo del Rizzoli , dissi , non si defrau- da il feto dal farlo partecipe del Sacramento Battesimale, ma anzi questo atto di nostra Religione si compie più fa- cilmente , e più sollecitamente ; e provai che il feto non soffre danno dall’ essere estratto per le vie naturali, mo- strando ancora le difficoltà che bene di sovente s’ incon- trano valendosi del parto cesareo; e provai pure che il feto portato alla luce col metodo proposto si mantiene in vita ; sicché anche per questo rispetto non iscapita di fron- te alla gastro-isterotomia ; e chiarii finalmente che il me- todo stesso doveva e poteva essere posto in atto anche ne’ primi mesi di gravidanza, e non già solo nel tempo del soprapparto; chè in allora ne era ben evidente la ma- nualità pratica. Ma per non andare troppo oltre , ed anticipare le con- clusioni che verranno in ultimo, came^per terminare il riassunto istorico , qui mi stò, e continuo quel cammi- no avvisando che la replica opposta all’ urbana critica fattami dal Giordano avvantaggiò la mia causa , e pronun- ciaronsi a favore non pochi gravi giornali scientifici, fra’ quali citerò la Liguria medica, 30 aprile 1861, in cui si legge un articolo bibliografico redatto dal eh. Du Jardin , relativo alla mia risposta all’ ostetrico di Torino , il quale articolo termina di questa guisa. » Noi non entreremo giu- dici fra un Corpo medico che appoggia con fatti un me- todo generalmente praticato da anni , ed una illustre Ac- cademia che per bocca del suo relatore lo respinge. Ad ogni modo crediamo di non meritar taccia di troppo arditi dicendo che quando ci trovassimo nel caso, noi ci atter- remmo al metodo del Clinico Bolognese. » Aggiungo poi con vera contentezza che la citata mia risposta procurom- mi ancora la gratissima compiacenza di ricevere dallo stesso 2U Ferdinando Verardini Giordano una sua lettera colla quale dichiarava apprezzar molto le ulteriori mie osservazioni , e poneva il desiderio che mercè fatti venisse sciolta la quistione. Sebbene già di fatti ne avessi toccato , come udiste , nelle pubblicate dissertazioni, volle fortuna che ciò che suole accadere piuttosto di rado , si verificasse invece in poco lasso di tempo , e parve quasi il destino vo- lesse terminata a nostro favore , ed in breve , la disputa scientifica. Noterò adunque che allo Spedale Provinciale i distinti giovani assistenti, Sig. Dott. Antonio Capuri , Cesare Busi, ed Eduardo Vecchietti , pubblicarono nel fascicolo del feb- braio 1861 nel nostro Bullettino una storia, nella quale dichiararono d5 avere estratto vivente , e colla massima fa- cilità , un feto in donna morta , quantunque quello si pre- sentasse in posizione occipite-cotiloidea sinistra. » Appena estratti gli arti pelvici dai genitali materni, essi dicono, furono lavati coll5 acqua battesimale , e con molta agevo- lezza si terminò dippoi l5 estrazione del feto dal seno ma- terno. Ne sgorgò una quantità piuttosto copiosa di siero sanguinolento, ma levata la placenta, cessò affatto. Escito il feto alla luce diede manifesti segni di vita, che duraro- no però pochi istanti , e pel suo sviluppo conobbesi che toccava appena il sesto mese. La morta dopo essere stata guardata per 16 ore, fu trasportata alla camera incisoria f e la necroscopia nel giorno appresso confermò quanto era- si in vita diagnosticato rapporto alla malattia precordiale , e ci mostrò pur anco 1’ utero * la vagina, ed i genitali esterni essere totalmente illesi ». Questa storia venne bene accolta dai giornali di medi- cina e chirurgia , e nell5 Associazione medica degli Stati Sardi N. 35 anno 1861 , è formulato il voto che sia presa da tutti la pratica opportuna e giudiziosa dell5 estrazione deb feto col metodo del nostro illustre Rizzoli, di cui ne aveva già lodato in sulle prime il pensiero, siccome può leggersi da ognuno a Pag. 96 anno corrente del citato pe- riodico. Giova ancora rammenti in proposito, ed a prova sem- . Del parto forzato nelle morte incinte 245 pre maggiore della facilità colla quale si eseguisce il parto forzato nelle morte incinte, e per togliere dalla mente de- gli ostetrici che le manualità eseguite per estrarre arti- ficialmente il feto non sono tali da produrre disordini ma- teriali apprezzabili nell9 apparato generativo, e quindi che non può essere accolto ciò che dice il eh. Esterle nel suo bel lavoro intitolato , rendiconto clinico dell9 Istituto di Ma- ternità alle Laste di Trento, stampato in Milano or fanno pochi mesi, cioè « che F estrazione forzata deve accagio- nare alla madre tali lesioni che , nel caso fosse in vita , le si lascierebbe certamente in seno il germe della morte » giova soggiungo che narri in breve il caso occorso di fresco allo spedale maggiore detto della Vita. Certa Tioli Clemente d’anni 35, veniva accolta il 27 lu- glio dell9 anno attuale nel suddetto stabilimento, ed era collocata nella sezione medica diretta dall9 egregio amico il Prof. Giovanni Brugnoli. Al medico assistente dello spe- dale veniva consegnato un mio biglietto con cui faceva noto che io stesso aveva per due giorni curata a casa que- sta poveretta, e dichiarava che la teneva colpita da emor- ragia cerebrale dal lato del ventricolo destro, e notava che trovavasi incinta circa nel quinto mese. A questo diagno- stico fui indotto per avere trovato la donna emiplegica dalla parte sinistra ; per avere avvertito che le facoltà intellettuali non erano offese , mostrando essa d9 intendere le interrogazioni che le indiriggeva , ed alle quali non po- teva rispondere per la glossoplegia istantaneamente forma- tasi. Escludeva che lo stato dell’ inferma potesse dipendere da eclampsia, non essendovi convulsioni di sorta alcuna, nè il male correndo ad accessi ; ed escludeva pure che F apoplessia avesse sua ragione nell9 apparato uterino, non riscontrando verun indizio che potesse appoggiare tale so- spetto , e trovando chiari e netti i battiti del cuoricino del feto. Mi confortava poi finalmente nel diagnostico proffe- rito perchè le sottrazioni sanguigne f massime locali , ap- portarono utili cambiamenti ^ sebbene di corta durata, nella fenomenologia di questa gravissima e letale infermità. Il mio giudicio trovò piena ed intera conferma nel Bru - 246 Ferdinando Verardini gnoli y il quale sapientemente, e come è da lui, non tra- lasciò mezzo alcuno al fine di porre argine alla violenza del male, ma tutto riesci vano, chè due giorni dopo es- sere stata ricevuta nello spedale, la donna morì. A lode del vero, è necessario pure dica qui, che questa misere- vole fu assistita e sorvegliata colla massima attenzione dai medici Assistenti, ed il sig. Dott. Leopoldo Golinelli 3 che è pure Assistente provvisorio alla Clinica ostetrica , appena la donna mandò l9 ultimo fiato , estrasse colla più grande facilità il feto mediante il metodo del Rizzoli; feto che era di poco morto , siccome ben se lo attendeva il predet- to esperto giovine , giacché man mano la madre si ridu- ceva agli estremi, aveva egli ascoltato indebolirsi i battiti del suo cuoricino, i quali cessarono affatto quando la ma- dre venne all9 ultima miseria ; la quale circostanza avverto di sfuggita perchè la udrete, A. P., raffermata poi dall9 au- torità del Depaul , e di altri chiarissimi , come verrà detto più avanti , e si oppone alla sentenza di coloro che sono di credere che la durata della vita fetale entro l9 utero, possa prolungarsi a molto tempo dopo la morte della ma- dre, locchè io, insieme al Depaul e ad altri molti non ten- go per vero, nè per possibile. Ma siccome il motivo principale che mi indusse a re- digere questi tratti, circa la storia della Tioli , si fu per mostrare il risultato della operazione praticata appena essa morì , così mi compiaccio ora trascrivere la relazione che mi diedero gli studiosi Assistenti allo spedale della Vita. Nel giorno successivo al decesso della Tioli , apertosene il cranio, si trovò una iniezione venosa nelle membrane del cervello ; questo nulla presentava esternamente di anor- male ; incisi però gli emisferi nel modo usato per iscuo- prire i ventricoli , rinvennesi nel destro un vasto focolaio apoplettico contenente un grosso grumo sanguigno ; il qua- le focolaio occupava gran parte della sostanza bianca del detto emisfero, i corpi striati, ed i talami dei nervi ot- tici ; vi era pure un gru metto sanguigno nel corpo an- teriore del ventricolo laterale sinistro; la sostanza cerebra- le che formava la parete del focolaio destro, era rammollita Del parto forzato nelle morte incinte 247 in un sottilissimo strato. Le arterie della base del cranio non erano punto ossificate , e non rinvenivasi alcun embo- lo nelle medesime ; le altre parti della massa encefalica vidersi sane. Così rimaneva confermata la diagnosi d’ emor- ragia cerebrale. Nel torace poi, e nello addome nulla eravi degno di rimarco. Estratto P utero, e la maggior parte della vagina, venne quello inciso colla forbice nella sua faccia posteriore. Pre- sentava integro tutto il suo corpo, e rilevavasi soltanto nella superficie interna del labbro posteriore del collo del- la matrice nella sua lunghezza, una fenditura profonda al- cuni millimetri; la quale è a dichiararsi di niuna impor- tanza , in quanto che generalmente consimili lesioni si osservano pure , effettuandosi il parto anche spontaneamen- te, quando sia un po’ violenta P azione esercitata dalla te- sta del feto nell’ attraversare il collo uterino. Questo fatto storico , a me pare , di due cose special- mente farne capaci, confermando prima la facilità con cui riesce a bene il parto forzato, e mostrando dippiù che il collo uterino si presta ad essere dilatato anche quando la gravidanza non è giunta a quel termine in cui il feto è vitabile ; secondariaTrr ne prati- cai la necroscopia , mediante la quale potei bene esami- nare F utero. Il quale avendo distaccato da ogni suo at- tacco alla pelvi , e portato fuori della sua cavità dell’ ad- dome , ne risultò palesemente , come potete verificare voi stesso, che il collo ed il suo corpo non presentavano , nè presentano la più che piccola lesione j per cui eccovi , amico carissimo, un5 altra prova che il parto forzato ese- guito colle norme del Rizzoli „ riducesi ad una operazione facile, spedita, e non temibile, nè per la vita della ma- dre , nè per quella del feto , il quale si estrae vivo dalla matrice , di maniera che ogni coscienzioso pratico dovrà porla in esecuzione , invece del taglio cesareo ». Del parto forzato nelle morte incinte 253 Le istorie narrate adunque mi confortano a sperare che i contrarii saranno indotti a cambiare opinione , e che il eh. Balocchi il quale nel suo ultimo Manuale ostetrico (1859) a pag. 546 poneva il dubbio « che quando il collo uteri- no non ha subite tutte le modificazioni che suole impri- mergli la gravidanza, si possa eseguire il metodo del Riz- zoli salvando il feto, giacché non deve dimenticarsi che è solo per quest* ultimo che ci accingiamo ad un atto ope- ratorio » vorrà rassecurarsi per le cose dette , tanto più se considerasi come oggi il medesimo illustre autore, nel- lo Sperimentale di Firenze delli 27 settembre anno cor- rente, a pag. 151, avverta saggiamente esso pure a quel- la ripugnanza che prova il chirurgo il quale deve disporsi al taglio cesareo esprimendosi così « Ed in vero chi si è trovato nel caso , solo può dire 1* ansietà del medico che deve accingersi a tale operazione. Poiché sebbene niente sia più semplice che 1’ eseguirla quando si tratta di don- na realmente morta ; pure siccome non si hanno segni in- fallibili della morte ( salva la putrefazione ) ognuno esita ad infiggere il coltello su persona che potrebbe essere tuttora vivente ». Perciò adunque è sperabile, il ripeto volentieri , che il Balocchi , ponderati questi ulteriori miei studii, vorrà concedere quel valore al metodo proposto, che a me sembra possa e debba meritare. Condotta la materia del discorso a questo punto , e spo- ste le cose con quell’ ordine medesimo con cui avvennero e progredirono, mi par tempo d’ esaminare il lavoro del Sig. Depaul stampato a Parigi nel 1861, ove con molta chiarezza trovasi raccolto quel tanto che risguarda la di- scussione sorta in seno dell’ Accademia Imperiale di Pari- gi, circa 1’ operazione cesarea dopo la morte della donna incinta. Due furono le quistioni presentate all’Accademia; 1’ una dal Sig. Hatin , 1’ altra dal Kergaradec. Il primo metteva il quesito se il medico sia in diritto per se stesso di pra- ticare 1’ operazione cesarea dopo la morte della madre , e se egli per conseguenza sia irreprensibile. Credendo che le leggi ed i regolamenti francesi non siano abbastanza 254 Ferdinando Verardini espliciti a questo riguardo , cerca di provocare una dichia- razione categorica dall9 Accademia. Il Kergaradec opinando per la convenienza d9 operare , vorrebbe che fosse anticipato il termine della vitalità del feto, e che si dichiarasse obbligatoria 1* operazione cesa- rea, anche dopo del tempo non breve dall’ avvenuta mor- te della madre, e persino dopo scorsi non pochi giorni. Ognuno ben vede dal modo con cui sono state formulate le domande, che il punto di partenza per entrambi è eguale , vale a dire , ammettono sempre che si debba ri- correre alla gastro-isterotomia per liberare il feto dalla matrice in cui è rinchiuso. La difficoltà per P uno consiste nel non sentirsi quieto nell9 animo, sembrandogli che la legislazione non proveg- ga abbastanza ; per l9 altro invece l9 operazione cesarea è il tutto ; desidera soltanto che sia eseguita anche prima di quel termine che è prescritto, per credere il feto vitabi- le ; e la vorrebbe attuata anche dopo non poco tempo che la madre abbia cessata la vita. In quanto al Sig. Hatin sono d’ avviso che non abbia se non promossa una ricerca puramente di deontologia medica , e che non abbia saputo interpretare la savia de- liberazione del Legislatore , il quale sentenziando che do- po la morte della madre debbasi con ogni sollecitudine ricorrere alP operazione cesarea, si è inteso con ciò di mostrare puramente che fa d’ uopo venga posta ogni cura per salvarne il feto ; e siccome la scienza non gli additava sino ad oggi altra via infuori di quella del taglio delle pareti del ventre a penetrare nell9 interno dell9 utero , così sol quella era comandata all9 uomo dell9 arte. Al quale non poteva e non può rimanere dubbietà nell9 animo qualvolta tenga d9 eseguirla ira manchevolmente , e come unico mezzo per venire in soccorso di quell9 essere che è nascosto nel- le viscere materne. Parmi quindi che bene a ragione ab- bia dichiarato sotto questo aspetto la Commissione incari- cata per esaminare la Memoria del Sig. Hatin che « la legislazione attuale basta a porre a riparo i diritti profes- sionali del medico ed i suoi doveri verso la donna gravida Del parto forzalo nelle morte incinte 255 che perì. Il medico nella pratica della sua professione li- berale deve avere solo per guida la legge e la sua coscien- za, rischiarata dai precetti dell’ arte ». D5 ora in avanti ho ferma fiducia che la bisogna dovrà cambiare aspetto, ed ogni riservata temenza scomparire, allorachè la Scienza dirà , come dice in ora all* uomo del- F Arte : havvi un altro mezzo di venire in soccorso della vita del feto senza ricorrere alla grave ed orrida operazio- ne che è il taglio cesareo, che ti muove ad esitanza, e turba ed impressiona sinistramente 1* animo de* parenti, o degli attinenti alla donna che morì incinta. T’ accheta; il feto può condursi alla vita estraendolo per le vie natu- rali materne, e riserba esclusivamente la gastro-isterotomia in que5'easi, in cui per la ristrettezza e mala conformazione della pelvi, o per qualsivoglia altro insuperabile meccani- co ostacolo non può essere assolutamente posto in opera il metodo proposto ed adottato dalla nostra scuola clinica chirurgica. Ecco il cambiamento che io fervorosamente invoco dal nostro Governo ; cambiamento che acquieterà ogni animo gentile, allontanerà qualunque dubbiezza, e soccorrendo mirabilmente ai bisogni di quell5 essere che ha diritto di tutta l5 attenzione per venire salvato , impedirà sempre che si rinnovino i dolorosi fatti , ahi troppo noti alla storia chi- rurgica , che mediante la gastro-isterotomia sia stata uccisa una donna che si credeva morta , e non lo era che in apparenza. Fermato ciò , esaminiamo le osservazioni che il Depaul presenta incontro alla tesi del Kergaradec , le quali trovo acconcie al tema mio, massime per la parte religiosa, re- putando quest5 ultimo , come già accennai , il taglio cesa- reo doversi porre in opera anche prima che la gravidanza sia giunta al termine delli 180 giorni, facendo stima essere possibile che il feto possa continuare, sebbene sì meschino, a fruire della vita, e porgendo alcuni fatti a sostegno di sua credenza. A tale proposito il Depaul innanzi tratto dassi giudi- ziosamente ad esaminare tutti que5 casi che mostrerebbero 256 Ferdinando Verardini convalidare 1’ opinione espressa dal Kergaradec , e chiari- sce assai bene che le osservazioni esibite non sono , nè possano essere autentiche , e perciò nulla provano a favo- re della tesi sua, la quale da ciò anzi è infirmata dJ assai. Inoltre pongasi mente , segue il Depaul « che conservare un feto , il quale abbia trascorsi 210, e 225 giorni nella cavità uterina , è ancora un problema difficilissimo a risol- versi , ed io che da venti anni assisto alla pratica de’ par- ti , non ho che pochissimi fatti seguiti da esito fortunato ; e per ottenere questo buon’ intento fa d’ uopo trovarsi in condizioni eccezionali che non si incontrano che nelle al- te classi sociali. Nella classe operaia non se ne ha esem- pio alcuno. È impossibile quindi , soggiugne , che si veri- fichino casi in cui il feto abbia durato alla vita estratto che sia dal ventre materno nei cinque mesi , allorquando non ha che venti o trenta centimetri di lunghezza, e che pesa appena 300, oppure 350 grammi ; ed anche nel se- sto mese quando è della lunghezza di 25 a 35 centimetri, e che è del peso che può variare da 600 ad 800 grammi. Per chiunque abbia veduto questi piccoli aborti , conclu- de , colla pelle molle , trasparente , ed incompleta ; per chiunque abbia studiato lo sviluppo pure incompleto de’ lo- ro polmoni e del loro apparecchio digestivo , è facile com- prendere che, se si può accogliere il termine legale di 180 giorni , si è però in diritto di farne qualche riserva sotto il punto di vista puramente scientifico , e che sopratutto non si dee essere disposti a rescindere da questo termine prescritto ». A cotali savie considerazioni del Depaul , credo non ci sia alcuno che possa dissentire , e parmi rimanga quindi conchiuso che solo dopo il termine delli 180 giorni di vi- ta intrauterina , è dovere dell* ostetrico di togliere dal ca- davere materno il feto; locchè ho fiducia d’ avere provato che d* ora in avanti dovrà farsi col metodo proposto e pra- ticato dal nostro illustre Clinico chirurgico, siccome quel- lo che trova sicuro appoggio ne5 fatti addotti , e nelle ra- gioni poste a loro conforto. Che se venga chiamato presso d* una donna incinta, innanzi abbia compiuto il sesto mese Del parto forzato nelle morte incinte 257 di gravidanza , e che questa donna sia in sul morire , op- pure disgraziatamente già di poco morta, in allora nel pri- mo caso a quiete di coscienza sarà di dovere che median- te P introduzione di una cannula insinuata conveniente- mente per le vie naturali sino entro la bocca dell’ utero , previa la rottura del sacco , porga P acqua battesimale al feto ; mentre non essendo vitabile , non vi ha altro scopo di quello infuori di soddisfare primariamente a questo rito di nostra religione. Ben è vero che il Battesimo intra-ute- rino non è da tutti accolto favorevolmente; ma qualora si rifletta che sommi Teologi, e Padri della Chiesa lo san- zionarono concedendogli integra e piena validità, fo stima che sia necessario ricorrervi ogni volta il chirurgo ab- bia dati sufficienti per ritenere che il feto trovisi ancora vivente. Che se il feto poi è vitabile allora il chirurgo rompe gli indugi , ed eseguito il rivolgimento , e levato fuori dalle parti naturali materne un arto inferiore , su quello porge il battezzo, ed indi securamente ne compie P estrazione. Di questa maniera spero rimanga provato che col parto forzato, il feto è renduto partecipe più sollecitamente e sicuramente del Battesimo, di quello noi possa farsi col- P operazione cesarea , anche nella fortunata ipotesi che il chirurgo assistesse la donna preventivamente , ed avesse seco i necessarii istrumenti , od almeno un altro collega che gli servisse d’ aiuto, dovendo compiersi P atto opera- torio con tutte quelle regole dell’ arte , e come se la don- na fosse vivente ; abborrendo persino dall’ idea che , od altri infuori dell’ ostetrico s’ accinga all’ operazione , o vi si accinga non ne’ debiti modi. Altra quistione ed assai rilevante venne studiata dal Corpo Accademico di Francia, e riportata dal Depaul , la quale concorre a mostrare P utilità del metodo proposto , e cioè quanto tempo dopo la morte della madre , può presumibilmente durare la vita del portato di lei , giacché il Sig. Kergaradec sosteneva che il feto può vivere lunga- mente nell’ utero , sebbene la madre sia estinta. Innanzi tratto occorre avvisare che si danno fatti, i quali 33 T. XII. 258 Ferdinando Verardini si riferiscono a nascite di feti dopo la morte della ma- dre, postume e spontanee; altre provocate colla sezione cesarea. « Cominciando da Cangiamila e venendo sino a’ giorni nostri, sono molte le istorie narrateci di nascite postume e spontanee , e ciò si spiega , dice Depaul 3 per le due facoltà contrattili ben distinte che possiede l5 utero, cioè la; contrattilità organica, e la contrattilità del tessuto. Quan- do accade la morte , la prima di queste proprietà si spe- gne subito; la retrattilità al contrario dura del tempo, ed essa sola può in certi casi espellere il prodotto del conce- pimento , ciò che si comprende senza pena qualora si con- sideri che i varii muscoli che appartengono alla vita or- ganica, e che nelle condizioni ordinarie oppongono una grandissima resistenza, sono completamente annichilati. Que- sta spiegazione d’ altronde non è ammissibile che in cir- costanze rare ed allorquando la morte è accaduta di re- cente. Quando al contrario, essa rimonta a molte ore, od a diversi giorni , bisogna ricorrere ad un altro ordine di fenomeni per ispiegare queste nascite postume sponta- nee. Qui sono, in effetto i gaz che la putrefazione svilup- pa nel tubo digestivo od altronde , i quali cacciano fuori il feto siccome cacciano le materie fecali ». Concede quindi il Depaul , e lo concediamo noi pure , che dopo più o men lungo tempo possa da un cadavere di donna morta incinta ( massime soggiungo io a gravidan- za avvanzata od a termine ) essere espulso dalla matrice il feto; ma se ciò accade a qualche distanza dalla natura- le mancanza della madre, io divido V avviso di coloro che tengono il feto escire sempre morto. Nè potrei menar buoni i fatti recati per provare il contrario; e giova cre- dere che la morte non fosse che apparente qualora ci si dice che dopo tre, dopo quattro, e persino dopo quindi- ci giorni e più dalla morte della madre , è stato trovato espulso vivo il proprio feto. No ; ciò non parmi assoluta- mente credibile e penso che si possano spiegare que’ fatti più naturalmente , ed in guisa diversa da quella a cui al- tri fu condotto. E forse in tale inganno è caduto anche Del parto forzato nelle morte incinte 259 lo stesso Kergaradec , il quale potrebbe non avere quanto convenivasi valutata la possibilità di una morte apparente protrattasi a lungo. E ciò che è detto delle nascite postume spontanee , vale per que’ feti portati alla luce vivi colla gastro-istero- tomia attuata dal chirurgo, molto tempo dopo la morte della madre ; ed il celebre Velpeau studiando la quistione dell’ operazione cesarea post mortem dichiara che dopo al- cuni pochi quarti d’ ora, i feti sono certamente morti; e considera quindi come inutile ogni qualunque operazione praticata una o due ore dopo la cessazione della vita del- la donna. E di vero, 1* assennato ostetrico non verifica giornalmente mediante 1’ ascoltazione, che gli è dato ben di sovente d’as- sistere alle varie fasi dell’ agonia del feto man mano che è condotta agli estremi la vita di colei che l’ accoglie den- tro da se? e sebbene il chirurgo possa alcuna volta attua- re 1’ operazione cesarea appena appena la madre ha ces- sata la vita , non è altrettanto vero che spesso non estrae che un cadaverino ? Ho reputato adunque necessario ed utile insieme d’ ap- purare quanto fu sanzionato dall’ Accademia di Francia circa la durata della vita del feto nell’ utero dopo la morte della madre, per rendere evidentemente più impor- tante il metodo del Rizzoli , in quanto che per esso ri- mane accertato dagli antecedenti discorsi, che mercè quel metodo 1’ operazione compiesi colla massima sollecitudine e con minori difficoltà di quello possa farsi colla gastro- -isterotomia , e quindi nei suindicati casi assai maggiore sarà la probabilità di estrarre il feto vivente. Dopo ciò potrebbe aver termine il mio lavoro ; se non che avanti di dipartirmi interamente da Voi , A. P., mi è finalmente gradita, onorevole, e necessaria materia, in gra- zia dell’ ufficio che ebbi a sostenere di sincero espositore de’ fatti i quali hanno appoggiato ed appoggiano il mio rile- vantissimo e filantropico tema , ed a suggello della bontà e del valore pratico del metodo proposto, che narri ancora come esso, dopo gli studii in Italia intorno al medesimo, 260 Ferdinando Verardini studii che furono da noi promossi, abbia già ottenuta ap- provazione da varii de’ membri dei!’ Accademia Imperiale di Francia. E lo stesso Depaul nel ridursi a riassumere le discussioni accademiche , al paragrafo undecimo dice « Avant de recourir à 1* operation cesarienne il importe de s’ assu- rer si 1’ enfant peut ètre extrait par les voies naturelles. Il faut préférer la version, l’application du forceps; et méme P accouchement forcé avec le débridement du col , toutes les fois que 1’ état des parties permet d’ y recou- rir ». Ed il Dupacque sostenendo caldamente 1* operazione podalica, si esprime anco più esplicitamente affermando « che è d’ uopo attenersi alle regole prescritte dalla scuo- la chirurgica bolognese, come dagli insegnamenti del eh. Rizzoli y per liberare il feto racchiuso entro la matrice, nelle donne che siano in sul morire, o già morte ». Ed io da questo luogo onorevolissimo , ben di buon gra- do commendo il nobile procedere, e lodo assai le ingenue espressioni del Dupacque s il quale ha renduto giustizia al merito , ed ha rimossa da se la brutta taccia di farsi bel- lo, e di ornarsi di cose non sue proprie. E lo avesse pure imitato il Sig. Dott. Otterbourg che ora non avrei a lamentarmi di lui ; il quale nella Gazzetta degli Ospedali di Parigi N. 106 del 10 settembre 1861 , si esprime in modo da farsi credere autore del metodo dell’ estrazione del feto per le vie naturali nelle morte incinte. E notate che non può scusarsi di ignorare le cose nostre, perchè appena appena pubblicati i miei scritti, li inviai all’Accademia di Francia mentre ventilavasi il grave ar- gomento dell’operazione cesarea post mortem ; e 1’ Accademia stessa licita ne’ suoi conti resi dell’anno corrente; quindi non potevano nè dovevano non essere conosciuti dal Sig. Dottore a cui tanto stava nel cuore tale discussione ; ed arroge che non doveva nè poteva pure ignorare , altri suoi colleghi avere lodato il metodo della scuola clinica chirurgica nostra , co- me è fatto aperto per le testimonianze sopra recate. Ma a meglio valutare questo suo non lodevole procedere piacciavi udire le sue stesse parole. « Je pose en principe , dans le cas de mort des femrnes enceintes , 1’ operation Del parto forzato nelle morte incinte 261 césarienne ne doit ètre pratiquèe que très-excepfcionelle- ment, la délivrance d9 un enfant viable devant se faire presque toujours par les voies naturelles. Toute opération, toute tentative faite par les voies naturelles, aura l9 im- mense avantage d9 étre acceptée sans difficulté par les fa- milles , puisque nous ne sortons pas des règles usitées pour T accouchement. Par les voies naturelles , nous ne perdons pas un instant pour procèder à Y extraction de Y enfant , et par consé- quent lui conserver la vie. Nous n9 avons pas besoin de temporiser, afin de nous assurer de la mort réelle ou ap- parente de la mère , puisque P indication formelle est d9 agir de suite. La délivrance par les voies naturelles faite avec la pru- dence et le ménagement usités en pareil cas , au lieu d9 ètre un procédé dangereux, peut devenir un moyen de sauver la mère aussi bien que 1’ enfant. En agissant ainsi , il n9 existe plus de difficulté religieuse. La dilatation de Y orifice utérin est presque toujours possible en procé- dant doucement et graduellement ; chez les primipares , par suite du peu d9 épaisseur des parois, et chez les mul- tipares, à cause de la facilité de la dilatation du col, principalement dans les derniers mois de la gestation. En- fìn , la dilatation artificielle est encore mieux indiquée quand le travail est commencé etc Il est donc de la plus haute importance d9 etablir le principe de l9 accouche- ment post mortem par les voies naturelles ». Ebbene, sono -costretto a dirlo, può darsi plagio più manifesto di questo? Chiunque abbia letto precipuamente la mia risposta al eh. Giordano, troverà espressi presso che li identici concetti che il Sig. Otterbourg appropria a se medesimo. Se non che, siccome ogni male non viene per nuocere, così giova sia manifesto che successivamente al brano di discorso da me sopra riportato , il Sig. Otter- bourg annovera due fatti pratici rilevantissimi , i quali ven- gono in appoggio circa la utilità e convenienza della pratica ostetrica della nostra Scuola Clinica Chirurgica , e tornano a più splendido trionfo del metodo proposto e messo in pratica da noi. 262 Ferdinando Verardini Se mal non m’ appongo adunque con questo mio discorso sembrami d’avere mostrato con fatti, e chiarito con argomen- tazioni , che il metodo dell’ estrazione del feto per le vie naturali nelle morte incinte, mercè la dilatazione del collo uterino, scioglie completamente la disputa scientifica , sia che venga essa considerata nel rapporto religioso, legisla- tivo , e teorico-pratico , laonde reputo d’ avere adempiuto a quanto erami obbligato, e mi conduco quindi a riassu- mere le cose studiate, tanto per lo passato che attualmen- te , in queste conclusioni 1 .a Che il metodo del Rizzoli è del tutto nuovo ; non avendo nulla a che fare le osservazioni del Cazeaux , e del Chally , le quali si riferiscono soltanto alle circostanze in cui la donna sia morta in soprapparto, mentre il metodo da noi illustrato lo si può, e lo si deve eseguire anche fuori di tale stato. 2. a Che si pone in effetto più prontamente, e più fa- cilmente, che non il taglio cesareo. 3. a Che i feti si estraggono vivi , e lo provano le istorie allegate e quindi che per esso si soddisfa assai bene alla Legge che giustamente vuole si rivolgano le cure a salva- vare il feto, se la madre è morta. 4. a Che il metodo operatorio non apporta alcuna lesio- ne apprezzabile , od alcun grave danno alla madre , qualora la morte non fosse in lei che apparente , non riscontran- dosi nell’ utero tutto al più che quelle superficiali lesioni del suo colio, le quali sono proprie a vedersi pur anco ne’ travagli di parto naturale, se la testa del feto è un poco capace , ed urti con violenza per farsi strada al- V escita. 5. a Che se la gravidanza non è giunta alli 180 giorni, termine in cui il feto è bensì vivo , ma non vitabile , se- guendo le regole volute pel parto forzato, si può anzi si deve battezzare il feto entro 1’ utero. Che se poi la gravi- danza è più avanzata, e quindi il feto vitabile, in allora tale metodo permette che sia più presto soddisfatto al ri- to di nostra Religione , e può , appena abbassatosi un arto, su quello porgere il battezzo. Del parto forzato nelle morte incinte 263 6. a Che trovandosi il feto nel distretto superiore , la versione si pratica assai bene, non essendo colate le acque ; che se la testa fosse discesa ed .impegnatasi in cavità , al- lora si applica , come è noto , il forcipe. 7. a Che finalmente si libera 1’ operatore da qualunque angosciosa dubbietà, essendosi non infrequentemente veri- ficati, pur troppo, casi di morti apparenti, perchè non vi ha dati certi i quali assolutamente testifichino la morte reale della donna, dalla putrefazione in fuori; e rimuo- ve poi anche dall’ animo dei parenti od assistenti, quel ribrezzo e quello spavento che ben a ragione seco addu- ce la operazione cesarea, la quale invece è sostituita con un metodo operatorio il più innocuo , ed il meno rat- tristante. Con questo ha termine il mio scritto , col quale reputo di non avere trascurato ogni maniera argomenti e prove, per raggiungere il fine lodevole che mi era proposto; e spero poi anche di non avere oltrepassati i limiti voluti dalla discrezione, e di essermi comportato in quella guisa che si tiene per avere un solido metallo , pel quale non basta tener conto delle affinità, ma bisogna anche calco- larne le proporzioni. La lega può comunicare virtù nuove; oltrepassate la misura , e non avrete che un metallo fria- bile e senza solidità, incapace di sopportare la tempera. APPENDICE A completare tutto che è stato osservato e fatto , rela- tivamente all’ estrazione del feto dalle vie naturali nelle morte incinte , credo necessario di aggiungere le cose che se- 264 Ferdinando Verardini guono, le quali sono occorse dopo la lettura della mia Me- moria , sino al momento che ne è stata eseguita la stampa. Chiarissimo Sig. Dott. Ferdinando Verardini Barga, Toscana, 30 novembre 1861. Perdonerà Ella Y ardire che mi prendo inviandole la pre- sente ; ma avuto riguardo allo scopo di coadiuvare , per quanto le deboli mie forze il comportano , ai progressi del- la Scienza , ed in appoggio ulteriore alla Tesi sostenuta da Lei , chiarissimo Signore , quella cioè di doversi preferire il parto forzato alla operazione cesarea , spero non Le sarà discara. Le invio perciò istorie di alcuni casi a me avvenu- ti, e coronati di felice esito, pregandola, quando li creda utili , pubblicarli in codesto Giornale medico di cui Ella meritamente ne è Vice-Direttore, oppure di farli seguire alla sua Memoria or ora letta all’ Istituto delle Scienze. Avrei pure altri fatti interessanti , fra i quali un caso di fistola vescico-vaginale da me operata da qualche tempo , con un metodo di mia invenzione , e che ebbe un felice esito : ma la mia triste posizione di Chirurgo Condotto in provincia , che non mi lascia un momento libero per po- tere distendere le istorie dei casi che mi avvengono , è la cagione che ho lasciato fino a qui in silenzio dei fatti che avrebbero assai interessato alla Scienza. Spero però di po- terli compilare e poscia inviarli alla S. V. chiarissima, per sentire se Ella li reputi degni di stampa. Nel frattanto La prego aggradire le istorie che mi sono permesso inviarle a maggior corredo del di Lei gravissimo tema , ed anticipan- dole pel rimanente i più distinti ringraziamenti , e profes- sandole i sensi di mia alta stima, e del mio profondo os- sequio, ho il vantaggio dichiararmi Della S. V. Illrha e Chiarissima Devot. Servii, e Collega Dott. PIETRO TALLINUCCI. Del parto forzato nelle morte incinte 265 I. Fino nel 17 novembre dell5 anno 1854 certo Luigi Nanni mugnaio si recava premurosamente da me, invitandomi a nome ancora del mio collega Dott. Antonio Bargiacchi a re- carmi con sollecitudine a tenere un consulto , e provvedere per quanto fosse possibile ad una grave , e repentina malattia che erasi sviluppata alla di lui moglie incinta , e già nell5 ot- tavo mese. Strada facendo per recarmi dall5 ammalata rag- giunsi il Dott. Bargiacchi al quale domandai di che cosa si trattasse intorno alla inferma , ed egli mi narrò j che fino da quella mattina di buon5 ora aveva visitato la ma- lata Maria Nanni, di belle e regolari forme, di anni 22, di temperamento sanguigno, di condizione mugnaia, e che era affetta di clorosi, da dismenorrea, e frequenti palpi- ta.zioni con disturbo di respiro, a cui ne andava sogget- ta fino nella sua prima giovinezza, e che l5 aveva ritrova- ta priva di sensi , in preda ad una grave convulsione , con faccia tumida e pallida , labbra livide , occhi chiusi , digri- gno di denti , membra contratte , polso piccolo e frequen- te : in tale gravissimo stato nulla potendo raccogliere dalla malata, rilevò solo dai congiunti che essa era gravida e nell5 ottavo mese , e che nel corso della gravidanza aveva provato delle molestie ora di natura nervose, ed ora di- sturbi gastrici, i quali la tenevano in una continua sofferenza, e che nei giorni precedenti in seguito a qualche distur- bo, e patemi d5 animo, divenne più aggravata del solito, e in quella notte fu presa da smanie con dolori vaganti alla vita ; al che sopraggiunse una forte convulsione che la privò dei sensi non rendendo più conto di se ; dietro di che egli ravvisò trattarsi di eclampsia, e praticò un salasso, revulsioni all5 estremità, nulla potendo ammini- strare all5 interno perchè non si prestava la inferma. E conoscendo la gravità del caso consigliò che quando fosse tornata in se le fossero amministrati i Sacramenti. Intesa dal collega Bargiacchi questa istoria, si giunse al letto dell5 ammalata ove trovammo il Sacerdote che le aveva amministrato l5 estremo Sacramento ; e conoscemmo lo 34 T. XII. 266 Ferdinando Verardini stato manifesto dell’agonia della donna. Aveva essa abbandono delle membra, respiro corto e stertoroso, occhio appannato, per lo che vana rendevasi ogni premura per 1’ infelice che già stava per estinguersi , e solo rimaneva di occuparsi del feto che ella portava nel suo ventre , e che contava già 1* ottavo mese di sua gestazione , per cercare di sottrarlo, se pure era possibile, alla triste sorte da cui era minaccia- to; e datomi a ricercare se fosse vivo, palpando il ventre della medesima, non mi fu dato distinguere nessun mo- to fetale , nè udire i battiti cardiaci ; solo notai un con- fuso e languido rumore del soffio placentale , il quale sem- brava tenere dietro , ed essere dipendente dalia impulsione che lentamente si riscontrava nel polso della ammalata mo- rente. Il Dottor Bargiacchi vedendo 1’ imminente morte m’ invitava a dispormi al taglio cesareo. Mentre fra me stes- so andava riflettendo , che dietro a quanto aveva inteso dal- F istoria , era esistito nei primordii del male qualche dolore per la vita , dal che ne dedussi che potesse essersi atteg- giato il travaglio del parto, e che per la comparsa del- Y eclampsia , non avesse potuto completarsi , era però an- sioso di constatarè se ciò esistesse; in questo mentre l’in- felice esalava gli ultimi aneliti di vita : esternato il mio dub- bio al Dott. Bargiacchi , egli rispondeva « A che vale co- desto schiarimento ora che la donna è estinta ? qui non vi è un istante da perdere, è d’ uopo salvare il figlio ». Ciò non pertanto non mi rimossi dal mio pensiero; e fat- to scorrere il cadavere dell’ infelice al fondo del letto , e situato in posizione come suole praticarsi per le operazioni ostetriche, introdussi 1’ indice della mano destra nelle par- ti genitali, e riscontrai che il collo dell’ utero era assot- tigliato in modo da non ravvisarlo; Y utero però era ab- bassato, e la sua bocca era aperta per la grossezza di una moneta di un franco ; datomi a percorrere con il dito la circonferenza, riscontrai che il collo dell’ utero era cedevo- le, e sembrava prestarsi alla divaricazione, per lo che mi nacque 1’ idea di tentare di estrarre per quella via il feto , come suol farsi nel parto forzato ; di che fattane parola al mio Collega, egli si opponeva dicendomi, che tralasciassi Del PARTO FORZATO NELLE MORTE INCINTE 267 ogni innovazione, e non indugiassi ad estrarre il feto con P operazione cesarea. Ma non rinunziando io al mio pen- siero , e di già forzando il collo dell’ utero , ruppi il sacco delle acque , ed introdotta la mano destra entro il viscere, e sempre cercando di divaricare , e afferrati i piedi del feto eseguii il rivolgimento, effettuando il parto, ed estraen- do un feto di sesso maschile, il quale diede segni non dubbii di vita, a cui fu poscia amministrato dallo stes- so Parroco il Battesimo. IL Sul finire dell’ estate dell’ anno 1857 si presentò a me un uomo , il quale nella massima agitazione mi pregava , e pressava seguirlo per visitare una donna, che asseriva essere morta in quel momento all’ improvviso ; gli feci qualche domanda intorno al fatto, e nulla mi veniva rispo- sto da potere comprendere la causa di tale disgrazia ; pu- re non mi ristetti dal seguire il richiedente , il quale dopo un lungo cammino per via appartata , mi condusse in una stanza, ove trovai una donna distesa sopra un piccolo let- to, coperta degli usuali vestimenti, in posizione supina, con le braccia divaricate, senza dar segni di vita, perchè ri- scontrai non distinguersi più il polso, non più i battiti del cuore , e già il calore cutaneo veniva a mancare , e la fisonomia erasi fatta cadaverica ; mentre faceva queste in- dagini rimasi attratto dal notabile sviluppo che presentava 1’ addome , per cui palpando questa regione , riconobbi che il volume sì per la sua estensione , che per la sua confor- mazione e resistenza, presentava i segni della gravidanza assai inoltrata. Rivoltomi ad una donna che sola si trovava presente, le esternai il mio sospetto, ed in fatti ella mi confermò che 1’ infelice era gravida , ed all’ epoca dell’ ot- tavo mese; vana mi fu ogni altra ricerca intorno alla causa della morte, e solo mi fu dato rilevare che la donna po- che ore innanzi fu presa da vomito con convulsioni , per le quali perdè i sensi, ed era rimasta in quello stato. Senza più divagare, per quanto incerto mi fossi se si trattasse di una 268 Ferdinando Verardini apoplesìa, o di una asfissia, allacciai il braccio, e prati- cai il salasso , ma inutilmente , perchè non venne sangue. Allora rivolsi le mie cure al feto che già contava 1’ ottavo mese di gestazione, e feci palese la necessità di fare im- mediatamente il taglio cesareo per sottrarlo, se pure era possibile , alla morte ; ma ciò ini venne decisamente vie- tato, perchè quei di casa mi manifestarono che P infelice era gravida illegittimamente, e che sarebbe grave il diso- nore , e il dispiacere della famiglia, e perciò non voleva- no che rimanessero traccie sospette sopra il cadavere. In questo stato di cose , assai complicate per me , che sentiva le voci del dovere e della umanità, tornatomi in mente quanto aveva praticato nel caso della estinta Maria Nanni , mi proposi di tentare il medesimo metodo ; e se fosse pos- sibile appagare il desiderio degli astanti , i quali non vole- vano che lasciassi traccie molto apparenti delP operazione ostetrica. Posta P infelice donna sulla sponda del Ietto con le co- scie flesse sull’ addome, sorrette, e divaricate dalle due persone che ivi si trovavano, introdussi P indice della ma- no destra nella vagina , e riscontrai che P utero era assai basso, il suo collo assottigliato, e quasi intieramente spa- rito, la bocca del medesimo chiusa, co» i suoi labbri pe- rò molto cedevoli , per cui non mi riesci diffìcile , dietro qualche pressione , di spingere P apice del dito esplorato- re dentro il medesimo, ove riscontrava un corpo solido, e resistente che probabilmente era la testa del feto; insi- stei nella manovra, e fattomi strada potei penetrare con due dita , divaricando con moderata pressione la bocca del- P utero , a rompere il sacco delle acque , e per sì fatto modo introdurre la mano. Riscontrando manifestamente al- lora la testa del feto , cercai di spingere oltre il mio braccio affine di andare in cerca dei piedi per effettuare il rivol- gimento, al che trovai molta resistenza; ma pure non ab- bandonai P impresa , e in questa forzata manovra , aven do casualmente portato gli occhi sul volto della donna ^ ebbi luogo di osservare un tal movimento nel di lei labbro in- feriore che fermò la mia attenzione , sebbene non sapessi Del parto forzato nelle morte incinte 269 capacitarmi se quel moto era stato effetto dell’ urto delle mie manovre, oppure se fosse un segno di vita; però con- tinuai senz’ arrestarmi nell’ intrapresa operazione, e trovati i piedi, operai il rivolgimento estraendo un feto di sesso fem- minino vivo, ed assai vegeto. Compiuto così il parto forzato , e mentre riponeva la donna nel lettole nella primiera posizione, e forzando a caso sul braccio di essa in cui aveva praticato il salasso , con mia sorpresa vidi stillare del sangue ; questo fenomeno unito all’ antecedente del movimento del labbro , mi fecero dubitare di morte apparente ; nè m’ ingannai ; chè prati- cate delle forti frizioni , comprimendo il torace , insufflan- do dell’ aria per mezzo di una cannula nella bocca, e po- nendo F ammoniaca alle narici della donna , incominciò la di lei fìsonornia a rianimarsi, ed infine ebbi F avventurosa sorte di vederla risorgere, e tornare alla vita. III. Qualche anno fa riceveva una lettera dall’ amico e col- lega Dott. Michele Andreini, Medico Condotto a Trassilico nella Garfagnana , con la quale in’ invitava ad andare in quel luogo per tenere consulto intorno ad una grave malattia sviluppatasi a certa Lucia Rebechi , in età di anni 35 , di buona salute, nel nono mese circa di gravidanza, e di condizione contadina. Recatomi nel luogo , ed al letto del- F ammalata col predetto mio collega, e con il di lui fra- tello Carlo, chirurgo, trovammo la inferma in uno stato assai grave. Giaceva supina , con il corpo come abban- donato a se stesso, con le spalle molto elevate, in preda di una angosciosa sofferenza , e minacciata da soffocazio- ne ; era di temperamento linfatico ; fu madre di quattro figli che partorì felicemente : tornata ad essere incinta provò fino nei primi mesi delle insolite inquietudini . divenne clorotica , con edema alle estremità inferiori , manifestando nel progresso della sua gravidanza uno spro- porzionato sviluppo del ventre , il quale non stava in rap- porto con V aumento proprio all’ andamento ordinario della 270 Ferdinando Verardini gravidanza; per lo che fu creduto che questa fosse asso- ciata all’ idrope. Dietro di che, ripetuta scrupolosamente ogni indagine per constatare la gravidanza , la quale non lasciava più alcun dubbio , e potendo eliminare che il versamento fosse nel sacco peritoneale, si stabilì molto probabilmente doversi trattare di un Idrometra , la quale per il notabile sviluppo che aveva portato all* utero, comprimendo la cavità tora- cica, ne diveniva a diminuire la sua capacità, da compro- mettere i visceri in essa contenuti in modo, da minacciare 1* inferma di una imminente soffocazione, giacché i polsi erano piccoli e sfuggevoli , respiro corto , interrotto e ster- toroso , la fisonomia languida ed abbattuta , con sopore. In questo stato così allarmante credei vana ogni terapeutica indicazione a quell’ infelice , alla quale erano già stati am- ministrati gli ultimi Sacramenti della Chiesa, e vedevasi chiaramente che non rimanevano ad essa che poche ore di vita ; pur nondimeno per non lasciare nulla d’ intentato , e riflettendo che quella morte avveniva per le condizioni dell’accresciuto e sproporzionato aumento dell’ utero , proposi il vuotamento del medesimo per mezzo del parto forzato 3 al che ( annuendo anche i Medici consulenti ) mi accinsi , ed eseguii nel modo ordinario ; e già indicato , con 1’ even- tualità però, che rotto il sacco delle acque si ebbe uno straordinarissimo sgombro delle medesime, le quali furono calcolate circa 30 libbre. Il feto che estrassi era di sesso maschile , vivo e vegeto , che fu subito battezzato ed in grado di essere portato, nel giorno successivo, alla ceri- monia della Chiesa. La madre si ristabilì mediocremente , ma però negli anni successivi andò soggetta a nuovi ver- samenti saccati nel basso ventre, e precisamente alla re- gione dell’ ovaia , per cui nel corso di tre anni , è stata operata tre volte di paracentesi, con esito felice, dal sud- detto collega Carlo Andreini. Del parto forzato nelle morte incinte 271 Il Sig. Dott. Franchini Antonio, medico-chirurgo condotto in S. Agata Bolognese , m5 inviava una sua pregiatissima lettera, in data 7 dicembre 1861, nella quale dichiara d5 avere levato dal corpo di certa Melega Luigia in Ferra- ri il feto per le vie naturali mediante la dilatazione del collo dell’ utero eseguita graduatamente colla più gran- de facilità. E mi faceva noto ancora , che con tale metodo aveva potuto salvare il feto stesso, il quale altrimenti sa- rebbe perito , avendo dichiarato il marito della donna di non permettere assolutamente che fosse aperto il ventre di lei, sebbene morta la vedesse. È poi escito in luce nel frattanto un Opuscolo del Gh. Sig. Professore Cavaliere Duparcque , così intitolato = Sur F accouchement par dilatation forcée du col de F uterus ; Paris 1861. = Tale Memoria mi fu recata in dono dal me- desimo Gh. Autore che qui era di passaggio , il quale si mostrò assai dispiacente di non avere conosciuto i miei scritti antecedentemente pubblicati , chè in allora ne avreb- be fatta la debita menzione; fu ancora tanto cortese da dichiararmi che giunto a Parigi ed a circostanza opportu- na, ne avrebbe tenuto parola cogli illustri membri della Società Medico-Chirurgica stessa. Alle quali addimostrazio- ni di animo gentile , io sono ben lieto di attestare ora la mia cordialissima gratitudine. Intanto è mio debito sog- giungere che il Gh. Autore si mostra inclinato ad acco- gliere il metodo sopra discorso , limitandosi ad alcune re- strizioni, alle quali però credo rispondano pienamente le cose riportate nella mia Memoria ora pubblicata. 272 Ferdinando Verardini Finalmente in relazione all’ importantissimo argomento per me trattato , ed a monografico complemento dello stes- so , avvertirò che il eh. ed illustre Prof. Carlo Est eri e , della cui amicizia mi tengo onoratissimo , ha studiata la quistione medesima in seguito a ciò che fu da me pub- blicato, e credo tornerà utile a chiunque di osservare i suoi rendiconti Clinici stampati in Milano negli Annali di Medicina Universale ( continuazione del Griffini ) negli ul- timi Fascicoli dell’anno 1861. DELLA PERINEO-CHEILORAFIA NELLA CURA DEI PROLASSI DELLA MATRICE DEL PROF. CAV. FRANCESCO RIZZOLI i Letta nella Sessione del 5 Dicembre 1861 ). fVvendo la esperienza ben di frequente mostrato a me pure, che in molti casi assai male si prestano i meglio forma- ti pessari a mantenere nascosta entro la pelvi la discesa e sporgente matrice, e che anzi non di rado i medesimi cagionano mali di non poca rilevanza , ad imitazione di alcuni chirurghi, piuttosto che in simili circostanze abban- donare le donne alla loro triste sorte, divisai soccorrerle con qualche processo operatorio cruento, che desse spe- ranza di potere impedire alla matrice d’ insinuarsi fuori della vulva. Il primo tentativo che feci di questo genere fu sempli- cissimo, e si ridusse alla escisione longitudinale di alcune pieghe della membrana mucosa, che tappezzava 1’ ampio osculo vaginale della donna che assoggettai alla operazione . la quale fu di tal guisa fatta, coll" intendimento di otte- nere nei tratti ove la mucosa rimase escisa , così forti , e ristrette cicatrici , che valessero a rendere tanto angusto T. XII. 274 Francesco Rizzoli F ingresso della vagina da non concedere più alla matrice di prendere posto nella vulva (1). Ma il risultato che ne ebbi, non essendo stato così com- pleto da rendermi sicuro di potere evitare, che F utero spinto in basso da cagioni meccaniche diverse , col suo collo forzasse di bel nuovo F orifizio vaginale , vi si intro- mettesse, e finisse per attraversarlo completamente e spin- gersi fuori delle pudende, rivolsi perciò i miei pensieri ad altro metodo operatorio, che immaginato a barbaro fine, venne invece, a’ nostri dì, dal Fricke con qualche fortuna applicato alla cura di questi prolassi. Gelosi infatti alcuni popoli selvaggi dell’ Asia , e del- F Affrica di cogliere il fiore della verginità d’ una giovane sposa, e mossi da principii religiosi ben diversi da quelli che dominavano i nativi di Goa, di Galicutta, del Mada- gascar e delle isole Filippine, che con tutta indifferenza, anzi molto volentieri lo cedevano ai sacerdoti, od agli stranieri , ricorsero quei selvaggi a diversi mezzi , onde for- zare le giovani. -a xTuusei vai e lei lom verginità fino al mo- mento ffeF matrimonio , fra i quali dee specialmente notar- si F agglutinamento delle grandi labbra in quasi tutta la loro lunghezza, procurato mercè la cruentazione e la sutu- ra, riserbandosi poi al marito nel giorno coniugale di fen- dere col tagliente del suo pugnale la formatasi cicatrice, e di cogliere in modo così brutale il fiore della verginità. Fu di questa operazione che si valse il Fricke per cu- rare le cadute complete dell’ utero; nella quale però tro- vando io alcuni pregi non disgiunti a notevoli difetti, pen- sai a toglierli , od a correggerli , il che mi venne fatto , sostituendo alla semplice episiorafia un altro processo ope- ratorio che con questo stesso nome chiamai per del tem- po, ma che ora più acconciamente mi piace perineo-chei- lorafia denominare. E già fino dall’ anno 1843 così operando nello Spe- dale Provinciale, e Ricovero ne ottenevo due felicissimi (1) Bulleitino delle Scienze Mediche della Società Med. Chir. di Bologna fase, di Settembre 1839. Della perineo-cheilorafia eg. 275 risultati (1) , i quali mi invogliarono a fare degli studi speciali intorno questi prolassi onde meglio conoscere quel- le varietà che avrebbero potuto indurmi ad estendere, od a limitare F applicazione del mio processo operatorio. Nè mancommi per certo subito V opportunità , in quanto che in quello Spedale accogliendosi gran numero di donne vecchie, o decrepite, facile mi fu F incontrarmi in alcune di esse affette dalla indicata malattia, tre delle quali anzi essendo venute a morte nel successivo anno 1844 mi per- misero di ispezionarne colla maggiore accuratezza i cada- veri, di conoscere i cangiamenti anatomici avvenuti nelle parti protruse, e di stabilire dietro ciò il profitto che in casi identici, od analoghi trarre poteasi dalla perineo-chei- lorafia. Il primo cadavere da me nottrmizzate^ fu q-»el4o di una vec- chia di 65 anni morta la notte del 20 Marzo 1844 per emorra- gia cerebrale. Il prolasso pendente fra le grandi labbra era della grossezza di un uovo di tacchina, la vagina del tutto arrovesciata ne formava lo esterno inviluppo. NelF apice del tumore , sporgente in basso vedevasi il muso di tinca , il quale era rappresentato da una fessura trasversale della lunghezza di un centimetro e mezzo, scomparsa essendo affatto la porzione intravaginale del collo della matrice. Il tumore mostravasi più rigonfio anteriormente di quello che noi fosse posteriormente , F apertura uretrale esterna era spinta in alto verso la clitoride , mancava ogni traccia di vestibolo, e non marcavansi che pochi avanzi di perineo. Palpeggiato il tumore faceva sentire sotto la parete an- teriore della vagina alcuni tessuti molli, che giudicai esse- re formati dall’ uretra, e da porzione della vescica urina- ria spostate , e posteriormente notai un corpo cilindrico formato da tessuto consistente , del diametro di un cen- timetro , che dal muso di tinca si insinuava entro la pelvi. (t) Vedine la relazione nel Bollettino delle Scienze Mediche della Società Med. Chir. di Bologna fase, di Novembre e Dicembre 1843. 276 Francesco Rizzoli Introdotto il dito indice nel retto intestino e diret- tolo in alto , allora manifestamente sentii che F anzidetto corpo cilindrico diriggevasi esso pure in alto per confon- dersi con un altro corpo della forma e volume di una matrice piuttosto piccola, per cui lo ritenni formato dalia porzione sopravaginale del collo uterino notabilmente allun- gata. Diffatti aperto 1’ addome di quel cadavere, e portate le mie indagini alla regione dell’ utero , lo trovai veramen- te di volume minore dell’ ordinario e disceso di soli due centimetri dalla regione che gli è propria , coi legamenti in uno stato abbastanza marcato di stiramento, e manife- stamente notai che in realtà il corpo duro, e cilindrico summenzionato era costituito dal collo uterino nella sua por- zione sopravaginale resosi della lunghezza di cinque centi- metri, e ricoperto anterkn loente dall’ uretra e da un trat- to di vescica urinaria, il quale collo, senza che il corpo dell’ utero si fosse , come dissi , allontanato di molto dalla propria sede , aveva perciò potuto in un colle anzidette parti insinuarsi entro il tumore che costituiva il prolasso in guisa da occuparlo nella sua lunghezza e da fondersi nel muso di tinca. Questo fatto importantissimo indurre mi dovea a ricer- care se la ipertrofia longitudinale del collo dell’ utero che 10 aveva rinvenuta nel cadavere da me ispezionato , e che 11 sommo Morgagni aveva pure una volta osservata , era a ritenersi, come opinava il Monteggia, un fatto patologico puramente eccezionale, o se invece era a credersi che in varii di quei casi , cui davasi dai Chirurghi il nome di caduta della matrice , 1’ arrovesciata vagina , piuttosto che il corpo, racchiudesse la porzione sopravaginale del di lui collo resasi longitudinalmente ipertrofica. Di ciò mi persuasi dopo che ebbi fatte le altre due ispezioni anatomiche che voglio riferirvi. Moriva nel suddetto Spedale il 10 Maggio dello stesso anno 1844 una ottuagenaria donna, la quale era stata madre di sette figli e che era affetta da assai voluminoso prolasso ritenuto da chi V aveva in addietro curata for- mato dal corpo della matrice. Della perineo-cheilorafia ec. 277 Il tumore aveva una figura quasi cilindrica, il suo asse era della lunghezza di sette centimetri, il diametro mag- giore di quattro. Il muso di tinca era rappresentato da due labbri frastagliati 1* anteriore dei quali cuopriva alquan- to il posteriore. L5 arrovesciata vagina mostravasi un poco ispessita, il tumore anteriormente era piuttosto appianato, rigonfio invece posteriormente , il perineo mostravasi ridot- to a due millimetri di altezza. Palpeggiato il prolasso sentivasi anche qui manifestamente un corpo cilindrico consistente che dal muso di tinca si insinuava verso la pelvi. Spinto il dito nel retto intestino se ne trovava una porzione ripiegata in basso a modo da costituire un inarcato rettocele vaginale , e si avvertiva be- nissimo Y indicato cordone, che quindi per V antecedente osservazione ritenni la porzione sopraraginale del collo dell5 utero ipertrofica nella sua lunghezza. Aperto diffatti Y addome trovai la vescica urinaria e l5 uretra per nulla spostata, il fondo dell5 utero al disotto del livello naturale, il di lui corpo un poco allungato ed appianato, stirati al- quanto in basso i legamenti ed il collo dell5 utero pure stirato e della lunghezza di sette centimetri , di grossezza poco meno della normale, insinuantesi profondamente en- tro il tumore per terminare nel muso di tinca, ed avente posteriormente un tratto di intestino retto arrovesciato. E così pure nel cadavere di una vecchia morta nello stesso Spedale di anasarca, nell5 età di 73 anni, pochi mesi dopo la testé nominata decrepita , rinvenni un volu- minoso prolasso di matrice la figura del quale si accostava alla sferica, ed il di cui diametro maggiore era di cinque centimetri. La vagina completamente arrovesciata non la- sciava scorgere posteriormente che poche traccie di peri- neo. Il muso di tinca era raffigurato da due labbri Y an- teriore dei quali mostravasi un po’ più grosso del poste- riore. Anche in questo caso tanto 1’ esterna palpazione quanto la esplorazione per la via del retto intestino ren- devano manifesto il solito cilindrico fibroso cordone, il quale , aperto che fu 1’ addome del cadavere , si fece real- mente conoscere per la porzione sopravaginale del collo 278 Francesco Rizzoli dell’ utero della lunghezza di sette centimetri ed alquanto assottigliata. Il corpo dell’ utero era di tre centimetri disceso dalla sede normale , ed i suoi legamenti vedevansi allun- gati. Piccola porzione del basso fondo della vescica urina- ria , e di retto intestino formavano parte del tumore. In questo caso poi come negli altri summentovati le tube fal- loppiane , e le ovaie non presentavano alcuna innormalità. I pezzi patologici che vi ho descritti e che per la loro importanza non ho mai ommesso , da che li osservai, di far notare ai miei scolari, sono pur quelli che ora a voi presento e che furono del pari resi ostensibili nell’ anno 1850 alla Società Med. Chir. di Bologna (1) dall’ egregio Sig. Dott. Cesare Taruffi già mio assistente nel suddetto Spedale , ed ora Professore di Anatomia Patologica in que- sta Regia Università, onde all’ -appoggio dei medesimi, e di altri non pochi da me veduti , dimostrare che , a mio credere, quegli spostamenti i quali vengono denominati comunemente cadute d’utero, invece di essere prodotti dalla discesa di tutta la matrice , come opinavasi , erano nella maggior parte dei casi al contrario di quanto aveva opinato il Monteggia formati dalla ipertrofia longitudinale, e sopravaginale del collo dell’ utero stesso susseguita a graduale arrovesciamento della vagina , ed associati non di rado alla discesa dell’ uretra , di porzione di vescica urina- ria, e di intestino retto, e tutto questo senza che il corpo della matrice si sposti in modo assai notevole dalla sua posizione normale. La frequenza della quale ipertrofia longitudinale della porzione sopravaginale del collo della matrice è stata poi , quasi contemporaneamente a me , verificata pure , come risulta in ispecial modo da un esteso ed importantissimo lavoro di recente pubblicato nelle Memorie dell’ Accade- mia Imperiale di Medicina di Parigi (2), da un illustre chirurgo quale è 1’ Huguier, con questo però che io ho (1) Bullettino delle Scienze Mediche della Società Med. Chir. di Bologna fase. Maggio e Giugno 185 0. (2) Memoires de P Acadéraie Imperiale de Médecine. Tom. 23 Paris 1859. Della perineo-cheilorafia ec. 279 avuto la fortuna per ben due volte di incontrarmi in una specie di ipertrofia del collo della matrice da nessun altro veduta , vale a dire la ipertrofia longitudinale simultanea tanto della porzione sopravaginale quanto dell’ intravagina- le del collo della matrice. Eccovi una breve esposizione di questi due importantissimi fatti. Fu accolta nella Clinica Chirurgica da me diretta sui primi del Novembre 1859 una donna nominata Serafina Caviliori cenciaiuola d’ anni 48 acciocché la curassi di un prolasso della matrice , che invano erasi tentato di conte- nere entro la pelvi mediante dei pessari. Portati i miei esami alle pudende, osservai P osculo della vagina ampis- simo, il perineo quasi completamente scomparso, e pen- dente fuori delle grandi labbra un corpo di figura conoide della lunghezza di quasi quattro eentimetri , del diametro di un centimeirxL_e mezzo, ed avente all’ apice diretto in basso una piccola apertura rotonda dalla quale gemeva un muco biancastro. Quel corpo era libero tutto all’ intorno , la membrana mucosa che lo rivestiva era rossa, non ulce- rata, non indurita, ma sul rtledesimo strettamente aderente. Insinuato il dito entro la vagina si rilevava in allora , che la indicata membrana mucosa si continuava colla membra- na mucosa della porzione più alta della vagina o cui di sacco della medesima che si era arrovesciata in basso ed era giunta fino all’ osculo vaginale nascondendo entro se un altro corp'o cilindrico sul quale si poteva col dito scor- rere pel tratto di quattro centimetri e mezzo, e della medesi- ma grossezza e consistenza del superiormente ricordato col quale continuavasi. Da tutto ciò si rendeva manifesto non solo che il corpo di figura conoide pendente fra Ingrandì labbra era costituito dalla porzione intravaginale del collo uterino ipertrofica nella sua lunghezza, ma pareva anche evidente, che il corpo cilindrico che con questa porzione di collo continuavasi fosse formato dal tratto sopravaginale del collo della matrice resosi esso pure longitudinalmente ipertrofico. Nulladimeno onde togliere ogni dubbio, non solo ebbi ricorso agli ordinarii mezzi di isterometria , ma non omisi 280 Francesco Rizzoli pur anco di afferrare colle tre prime dita di una mia ma- no , e di portare maggiormente fuori della vulva la por- zione ipertrofica intravaginale del collo uterino che vi si trovava pendente , nei qual modo il tratto sopravaginale di esso collo , ed il corpo , ed il fondo dell’ utero stesso furono condotti così in basso da concedermi mediante il dito indice dell’ altra mia mano introdotto nel retto inte- stino di riconoscerli fuori d’ ogni dubbio, e stabilire che la porzione sopravaginale del collo uterino era giunta al- la lunghezza di oltre quattro centimetri e mezzo. Questo fu il primo fatto che mostrò alla scienza anato- mo-patologica potersi rinvenire contemporaneamente 1’ i- pertrofia longitudinale della porzione sopra ed intravaginale del collo della matrice invano ricercata anche dallo stes- so Huguier, ad onta delle sue molte ed accurate osser- vazioni ; il quale fatto trovò^onlerma , come accennai , in un altro che nello scorso anno scolastico vidi~ pure nella mia Clinica, e nella persona di certa Teresa Ferri Bo- lognese dell’ età d’ anni 38. Esaminata con tutta diligen- za questa donna, le si vedeva pendere fra le coscie, e fuori della vulva un corpo di figura conoide lungo quat- tro centimetri , grosso due centimetri e mezzo , di consi- stenza fibrosa pertugiato al suo apice, il quale era diret- to inferiormente , tappezzato da una membrana mucosa su di esso aderente , ingorgata di sangue , ulcerata , e conti- nua in alto colla mucosa del cui di sacco della vagina in basso arrovesciata , e formante base all’ indicato corpo co- noide. Potea questo corpo essere spinto entro essa vagina e nascondervisi totalmente ; rimanendo così un ampio oscu- lo vaginale, al di sotto del quale trovavasi il perineo ri- dotto a minime dimensioni, e ciò anche per lacerazioni nel medesimo avvenute nei pregressi parti. Riconosciuto quel corpo per la porzione intravaginale del collo dell’ utero resasi longitudinalmente , e nella sua circonferenza ipertrofica, volli assicurarmi se anche la por- zione sopravaginale di esso collo trovavasi nel medesimo stato, e ripetuti gli esami nel modo stesso praticato nell’altra donna teste ricordata, potei, e lo poterono quanti frequenta- Della perineo-cheilorakia ec. 281 vario la mia Clinica e visitarono l’inferma rendersi certi, che anche la porzione sopravaginale del collodi quell’ute- ro trovavasi longitudinalmente ipertrofica , avendone questo tratto acquistata manifestamente la lunghezza di quattro cen- timetri e mezzo , mentre poi il corpo della matrice man- tenevasi delle dimensioni normali. Per le descritte diverse osservazioni adunque, e per molte altre che vennero di poi da me fatte, in lunga se- rie di anni , sono posto in istato di stabilire che quei fat- ti morbosi i quali vengono comunemente nominati cadute di utero sono costituiti : 1 . ° Da un arrovesciamento completo della vagina rac- chiudente il corpo dell’ utero in istato fisiologico , o pato- logico, spostato completamente dalla sua sede e profonda- mente abbassato, senza che il collo dell’utero stesso ab- bia sofferto alcun avvertibile mutamento nella sua forma, e lunghezza , il quale abbassamento del corpo dell’ utero è associato qualche volta alla presenza di tratti più o me- no estesi di uretra, di vescica urinaria, o di retto in- testino. 2. ° Che in moltissimi altri casi invece, gli indicati spo- stamenti sono formati dalla vagina del pari completamente arrovesciata racchiudente non di rado queste ultime indi- cate parti , ma non già il corpo dell’ utero il quale , tro- visi o no in condizioni naturali, in causa della resisten- za opposta dai suoi legamenti continua a rimanere nasco- sto entro la pelvi, ma in di lui vece la vagina stessa na- sconde specialmente la porzione sopravaginale del collo dell’ utero stesso, la quale si è resa longitudinalmente ipertrofica. 3. ° Che in alcune altre circostanze, la sporgenza tutta si deve alla longitudinale ipertrofia della porzione intrava- ginale del collo della matrice soltanto. 4. ° Infine che in alcune rarissime circostanze il prolasso è, dovuto alla contemporanea ipertrofia longitudinale della porzione sopra, ed intravaginale del collo della matrice. Appena mi avvidi che assai di rado quei fatti meccani- co-chirurgici che comunemente venivano denominati cadute t. xii. 36 282 Francesco Rizzoli di utero erano costituiti dalla completa discesa del corpo della matrice, e che infuori di poche altre eccezioni dovea- 110 invece nella maggioranza dei casi riferirsi all* arrovescia- mento della vagina racchiudente entro se non già il corpo, ma in ispeciale modo il tratto sopravaginale del collo del- F utero in rilevantissimo modo allungato, pensai tosto, se in questi casi , nei quali i pessari o riescono nocivi , o so- no impotenti , fosse egualmente sanzionabile quel processo di sutura , che indubitatamente parevami fecondo di gran- di vantaggi , quando la procidenza era formata dalla di- scesa completa del corpo della matrice. Vi dico il vero, che a prima giunta sembrommi che quel processo non fosse opportuno; ma di poi fatte più mature considerazioni conobbi il mio inganno, per cui ri- petutamente tentatolo ne ottenni felicissimi risultamenti. Il che desidero bene che ora da voi si sappia, essendoché 10 stesso Huguier , il quale , come dissi , quasi contempo- raneamente a me notò la frequenza della indicata ipertro- fia del collo uterino , altamente proscrive la sutura , con- sigliando invece una ardua e grave chirurgica operazione, e cioè 1’ isolamento e distaccò della vagina dal collo ute- rino longitudinalmente ipertrofizzato , e la di lui completa asportazione. Onde infatti mostrare la preminenza che dee darsi alla sua operazione , 1* Huguier fa notare , che non amputando 11 collo dell’ utero , ma limitandosi a respingere 1’ arrove- sciata vagina entro la pelvi in un col lungo collo uterino , onde eseguire la sutura parziale delle grandi labbra, il collo uterino stesso, attesa la sua lunghezza ed in cau- sa di trovarsi il corpo della matrice fermo nella regio- ne sua propria , non potrà prendere posto entro la pelvi senza indurre un’ antero, una retro, od una latero flessio- ne, un’ antero, una retro, od una latero versione della matrice, il che sarà cagione di molti incomodi, e mali. Ciò pure dapprima io avea temuto, ma molto presto i miei timori si dileguarono, giacché sebbene in molte don- ne avessi constatata la descritta ipertrofia uterina, nullame- no il prolasso fu facilmente ridotto senza che si presentassero Della perineo-cheilorafia ec. 283 quegli incomodi , che alle indicate deviazioni avrebbero po- tuto riferirsi , ed anzi risentendone notabile sollievo Je pa- zienti. Di che mi diedero aperta spiegazione oltre le su- periormente descritte, alcune altre cadaveriche autopsie, per le quali mi venne confermato non essere poi vero, che sempre nell’ indicata specie di prolasso il corpo della matrice rimanga fermo nella posizione naturale, ma che d’ ordinario invece esso di alquanto si abbassa, il che gli permette di rialzarsi , nel ridurre che fassi 1* allungato e prolassato collo uterino , il quale perciò ha campo di na- scondersi entro la pelvi senza che ne avvengano notevoli deviazioni dei suo asse , ad evitare le quali poi concorre ancora in modo rilevante F accorciamento cui va soggetto P allungato collo uterino appena sono ridotte le parti pro- truse, cessando sul medesimo quelle trazioni , che vi eser- citava F arrovesciata vagina, e che F obbligava a disten- dersi, ed a maggiormente allungarsi. Dirò poi che se in qual- che rarissimo caso la facile, ed immediata riposizione del pro- lasso non puossi ottenere , vi si giunge però molto agevol- mente tenendo le donne per alquanti giorni in letto in po- sizione supina colle natiche rialzate , nel qual modo le par- ti protruse trovano le condizioni opportune a debitamente atteggiarsi entro la pelvi. Un altro inconveniente cui si va incontro colla sutura nei ricordati casi , secondo F Huguier , si è , che a motivo del peso acquistato dalla matrice , e della forma assunta dal suo collo , può questo col tempo dilatare e rompere la porzione di condotto vulvo-vaginale che è stata ristretta mediante la operazione, e dar luogo così al rinnovamento del prolasso. Vero, verissimo ciò; ma vero soltanto quando la opera- zione è eseguita alla Fricke, cui si riferisce F Huguier, quando cioè si procuri una unione non molto valida, di porzione delle grandi labbra, e non si comprenda nella sutura il perineo di cui come appositamente ho fatto no- tare , rimangono d’ ordinario soltanto piccole traccie. Non avviene così allorché la operazione* è eseguita col mio processo, vale a dire quando si usi della perineo-cheilorafia. 284 Francesco Rizzoli e si faccia questa operazione con tutte quelle cautele , che ponno con tanta maggiore sicurezza favorire la formazione di una estesa e forte cicatrice. Io cruento tutta la super- fìcie interna delle grandi labbra, per quel tratto che dal- V orlo superiore dell’ osculo vaginale si estende fino alla superstite piccola porzione di perineo , il di cui bordo va- ginale è pure da me cruentato. Ne risulta così un trian- golo ad apice inferiore , i di cui due margini laterali lar- gamente cruenti vengono posti in tutta la loro lunghezza ed ampiezza a mutuo e stretto contatto mercè una robu- sta sutura , quale si è la clavata. Così operando e purché si abbia Y avvertenza di vuotare della urina a più o meno lunghi intervalli colla siringa la vescica , o non si ometta di mantenerla nella medesima a permanenza , il lavoro di completa cicatrizzazione non si fa __ attendere che poche giornate , con che rifilane superstite contro V osculo vagi- nale un robustissimo cuscinetto formato dai perineo e da estesa parte delle grandi labbra strettamente riunite , che mentre non impedisce la facile escita del sangue mestruo, o di altri umori che possono colare dalla vagina , rende più accetto 1* accoppiamento e si oppone con forza alla nuova sporgenza delle parti , che furono protruse. Risulta- to felice che in modo stabile si ottiene puranco quando il prolasso è di enórme volume, obbligando le donne a rimanere in letto due , o tre settimane dopo che si è già formata la completa cicatrizzazione della ferita. Pei quali fortunati successi, o Accademici, non esitai di an- teporre pure il mio processo alla amputazione del collo del- F utero fatta alla maniera di Gbaumet , od a quella dell’ Hu- guier (1), (quantunque sembrasse indicata) anche nei due ul- timi casi che vi descrissi, nei quali cioè Y ipertrofia longitudi- nale sopravaginale del collo uterino era congiunta colla iper- trofia parimenti longitudinale della porzione intravaginale di esso collo e queste operazioni non riescirono meno felici , es- sendocchè il muso di tinca corrispondente all5 allungata por- zione intravaginale del collo uterino, prendendo appoggio sul (1) Memoires de 1’ Àcadémie Imperiale de Médecioe. Tom. 23 Paris 1859. Della perineo-cheilorafia éc. 285 grosso e robusto cuscinetto formato dai riuniti tessuti , non trovò più modo di comparire fuori della vulva. Che se per altro taluno mi affacciasse, che operando alla mia maniera nei casi in cui il còllo uterino è longi- tudinalmente ipertrofizzato non può in causa di ciò sperarsi il fecondamento , io allora risponderò , che mentre non scemerebbe per questo di valore il mio processo , quando dovesse applicarsi , come avviene più di frequente , a don- ne le quali hanno oltrepassata la critica età non dovreb- be a parer mio neppur proscriversi, o posporsi all’ ampu- tazione del collo uterino anche in quei casi , nei quali le operande sono mestruanti , avvegnacchè in quelle che tali mostraronsi e furono operate dall’ Huguier in nessuna ebbe luogo la fecondaabwxe-^da quale- invece — non mancò in una- operata al- modo mio. Del quale fatto a vero dire non feci le meraviglie , giacché come osservato avea la gravidanza ed il parto in una sposa mostrante la porzione intra vaginale del collo uterino notabilmente ipertrofica, della lunghezza cioè di sette centimetri , così del pari poteva supporre che la gra- vidanza ed il parto si effettuassero anche in donna sogget- ta alla ipertrofia longitudinale, e sopravaginale del collo della matrice. La persona in cui notai quest’ ultimo fatto serviva in qualità di cameriera una mia parente. Oppressa dagli incomo- di e dalle gravi molestie che le arrecava un assai volumi- noso prolasso della matrice da niun mezzo meccanico con- tenibile deliberò di palesarmi il suo difetto, onde io la curassi e guarissi. Osservata quella morbosa tumidezza , la rinvenni del volume e della forma di un grosso arancio. La vagina completamente arrovesciata lasciava vedere in basso soltanto il muso di tinca, non trovandosi più trac- cia della porzione intravaginale del collo uterino. La palpazione esterna invece, la esplorazione fatta per la via del retto intestino , l’ isterometria mi mettevano fuori di ogni dubbio sulla esistenza di un prolasso in cui la porzione sopravaginale del collo della matrice avea acqui- stata la lunghezza di oltre a sette centimetri cui associa- vasi un cistocele , ed un rettocele vaginale. 286 Francesco Rizzoli Non trovando io controindicazione alcuna , fu quella cameriera da me operata colla perineo-cheilorafìa il giorno 20 Giugno 1846, e ne ebbi un pieno risultamento , giacché il prolasso più non ricomparve. Dopo un lasso di oltre a due anni, sventuratamente per lei, questa giovane donna essendosi innamorata , e venendo dall’amante di continuo istigata a voler cedere alle sue brame , nella fiducia , che attesa la sofferta imperfezione non potesse riescire incinta, appagò i di lui ardenti desideri. Ma non passò gran tem- po , che sorsero in lei i sospetti di gravidanza , i quali pur- troppo di poi in certezza carigiaronsi. Percorse la gravidanza stessa i suoi stadi colla massima re- golarità, ma giunta che fu oltre 1* ottavo mese , la disgraziata giovane venne invasa da vainolo arabo confliientissimo * il quale la pose in prossimo pericolo di perdere la vita. E fu sui finire di questa malattia e cioè sui primi di Maggio dei 1849 che ella si sgravò di un feto bene sviluppato, e complesso. Il travaglio non riesci molto penoso, sebbene piuttosto lento , 1’ apertura vulvare cedette in modo da non deri- varne alcuna lacerazione nei tessuti artificialmente riuniti , e terminato il puerperio, quantunque la giovane donna ri- prendesse le sue laboriose occupazioni, non si rinnovò per questo in lei il prolasso. Fu dessa poco dopo il parto, ab- bandonata da quell’ amante , e ne provò acerbo dolore , ma di presente trovasi felice e consolata avvegnaché un ouest’ uomo invaghitosi di lei se la è fatta sua sposa , e V ama con vero trasporto. Adunque, o Accademici, se meco considerare vorrete, che la operazione cui ho data la preferenza è facile , e tale, da concederne F esecuzione anche a chirurghi non molto esperti nell’ arte , difficile e grave invece F aspor- tazione dell’ ipertrofico collo uterino dall’ Huguier consi- gliata ; che la mia al contrario di quest’ ultima può senza difficoltà compiersi anche allorquando vi è notevole difet- to nella pelvi, e può modellare la bocca della vagina in gui- sa da togliere e da prevenire la rinnovazione non solo dell’ u- terino prolasso , ma dei cistoceli , e rettoceli vaginali , che Della perineo-cheilorafia ec. 287 possono complicarlo ; se vorrete por mente , che pel mio operatorio processo, rimpicolito essendo Y osculo vaginale, P accoppiamento non solo sarà tanto più desiderato , ma potrà rendersi ancora non di rado fecondo, e ciò in cau- sa di essere il seme costretto a soffermarsi entro la va- gina (1) , se vorrete dare valore alla mitezza dei fenomeni da cui è susseguita questa operazione, e pei quali nelle mie inferme nulla ebbi giammai a paventare , ed ai pe- ricoli invece che ponno susseguire a quella dell’ Hugu- ier i quali forse concorsero alla morte di due sue opera- te, e se darete in fine il ben dovuto pregio ai risulta- menti felici che pure ottennero col mio processo di peri- neo-cheilorafia alcuni egregi miei colleghi, quali sono il Dottore Gio. Batt. Baravelli il Dottore Augusto Ferro, il Dottore Federico Romei, sono ben certo, che non mera- viglierete , se nelle circostanze annunziate mi starò an- che in avvenire lontano dalla amputazione del lungo e prolassato collo uterino , e continuerò invece ad onta del- la grave autorità dell’ Huguier, a valermi di quella ope- razione la quale mi procurò ben molte , e molte volte i contrassegni della più viva gratitudine , per parte di quelle donne che amarono d’ approfittarne. (1) Nota. Anche la Teresa Ferri , in cui notai P ipertrofia longitudinale della porzione sopra, e immaginale del collo uterino, trovasi attualmente in gravi- danza avanzata. DESCRIZIONE DI UNA NUOVA MALATTIA DELLA CAAEPA NEL BOLOGNESE DEL PROF. GIUSEPPE BERTOLONI (Letta nella Sessione dei 2 Gennaio 1862.) Jj esperienza ci fa toccar con mano tutto giorno che le coltivazioni dei vegetabili quanto più si estendono, e si perfezionano in una provincia , tanto più vanno soggette a malattie , e ad epidemie devastatrici dei prodotti i più utili e necessari all* uomo; che anzi lo agricoltore non sa indicare una sola coltivazione di qualche estensione sia di piante erbacee , sia di arborescenti , la quale riesca asso- lutamente immune da cotali danni , perchè molte di que- ste disgrazie pur troppo annualmente si ripetono nelle più utili e necessarie nostre coltivazioni. Lo studioso della natura scuopre facilmente le cause di queste devastazioni , le quali per lo più dipendono da sva- riati e molteplici esseri organizzati, che vivono e si nu- trono a scapito delle piante coltivate : e siccome quan- to più desse si estendono, e si riproducono, tanto più si accresce F abitazione e F alimentazione degli esseri dan- nosi , sieno questi parassiti o noi sieno , così spesso inter- viene che la moltiplicazione degli esseri dannosi si fa an- che troppo grande e sproporzionata all’ estensione delle t. xii. 37 290 Giuseppe Bertoloni piante coltivate , le quali in un dato anno vengono del tutto distrutte in qualche loro organo di primaria necessi- tà, come sarebbero le foglie , quindi nemmeno riescono suf- ficienti alla necessaria e perfetta alimentazione degli esseri dannosi , perocché muoiono per la maggior parte lasciando di cotal guisa un5 utile tregua alle devastazioni per alcuni anni successivi fino a tanto che la razza perversa si sia di nuovo moltiplicata da divenire gravemente dannosa. Que- sto fatto è stato da me osservato varie volte nelle specie distruggitrici delle foglie dell’ olmo, e di quelle del melo: ina per dimostrare vieppiù la mia superiore asserzione , la grande coltura del grano in Italia quanto danno non rice- ve dalle proprie crittogame parassite interne, ed esterne, che producono il morto, il malume rosso delle foglie e del colmo, non che dalle specie d’ insetti, le quali vivo- no dell’ erba del medesimo , come sarebbero i Zabri , le Cecidomie, e simili ? Così intieri campi di fave di frequen- te sono distrutti in poco tempo dalla strabocchevole mol- titudine degli Afidi , ossia pidocchi di questa coltivazione , o dalla parassita fanerogama cioè V Orobanche minor , che nata ed impiantata nella base del caule vive del succo alimentare delle fave ; e questo dicasi delle coltivazioni antichissime , mentre lo stesso accade anche nelle coltiva- zioni moderne , e delle quali si può precisare 1* origine storica. Inoltre al botanico, ed all’ entomologo è noto che al- cune piante esotiche coltivate anche assai ristrettamente hanno trasportato con loro il germe dei rispettivi parassiti esotici della natia terra , o quelli di qualche specie di animale non parassito , che viva di un cotale vegetabile. Esempio del primo caso a noi porge la Cociniglia che di- strusse le Opunzie per entro alle stufe di alcuno giardino di Europa , dove perciò essendo presto venuta meno la specie propria , sulla quale vive parassito V animale , ripro- ducendosi desso enormemente si è diffuso sopra altre Opun- zie o piante crasse affini , che parimenti annientava : esem- pio del secondo caso lo abbiamo nel Leandro ( Nerium Oleander) che da’ climi caldi affricani si estende spontaneo Di una nuova malattia della Ganepa 291 colla propria area di vegetazione sino alle piagge più tie- pide dell’ Italia siccome io lo osservavo tre anni or sono salvatico nei monti di Nizza, e che nelle parti meridionali di tutta questa nostra penisola vive in pien’ aria sotto la coltivazione che ne fa F uomo : che più trasportato e col- tivato in vase nell9 Italia settentrionale, ed oltre le alpi ancora per adornarne i giardini sino nella fredda Prussia , dove la coltivazione dello stesso si esercita per la maggior parte delF anno entro le stufe, pure è stato accompagnato sin là dai germi, o per meglio dire dalle uova di quel- V animale , che si pasce esclusivamente delle foglie di es- so ; e che costituisce la specie appellata Deìlephila Neri , la quale ritiensi pel lepidottero più bello della famiglia delle Sfingi , animale un giorno molto raro nelle collezio- zioni , ma oggi divenuto riproduttivo anche al nord del- F Europa colla dilatatasi coltivazione del Leandro. Ma le piante forestiere da noi introdotte, ed acclimatate non solo subiscono epidemie e danni dagli esseri parassiti 0 non parassiti che trasportarono dai climi nativi , bensì esseri parassiti e non parassiti nostrani si sa che attaccano 1 vegetabili forestieri ne’ nostri campi , e si giovano dei medesimi per nutrirsi, e riprodursi devastandoli. Per tanto F utilissima Canepa è pianta esotica all’ Italia, perchè , come sapete , cresce spontanea nell’ Affrica , e nell’Asia, donde fu trasportata in Europa, e si coltiva nel territorio Bolognese da due secoli e mezzo circa con progressiva estensione non solo in questa, ma ancora nel- le provincie limitrofe di Ferrara, di Forlì , e Ravenna., non che in altre parti dell’ Italia. La specie colla coltivazione ha acquistato un abito gi- gantesco , mutando un poco la forma dello stelo , che si è fatto quasi semplice o pochissimo ramoso, perchè nella pratica di nostra agricoltura le piante sono seminate assai fittamente, e perciò i rami laterali delle stesse non ponno prendere il loro naturale sviluppamento attesa la vicinanza degli individui , i quali d’ altronde trovandosi nati sopra terra fertilissima e profondissima non perdono di rigoglio , per lo che si alzano molto in lunghezza con caule sottile 292 Giuseppe Bertoloni guernito soltanto di piccoli rami verso la cima , onde rie- sce un vantaggio grande al prodotto cioè al tiglio, che lunghissimo non è mai interrotto dai rami inferiori, e be- ne questa canepa nella estesissima , e più perfetta nostra coltivazione incontra danni vistosi da alcune malattie, alle quali va soggetta quanto più è rigogliosa. Di una di esse io già vi tenni discorso in questo stesso luogo molti anni sono facendovi conoscere che derivava dal bruco della Bo - tys silacealis , che si sviluppava e nutriva internamente allo stelo, per cui questo si troncava, e produceva il danno nel prodotto, così detto delle Bigatelle , che ad alcuni pro- prietari portava via in certi anni anche un terzo dell’ en- trata ; inoltre in altre pubblicazioni inserite nel Propagatore Agricola ho parlato del danno cagionato dalle Altiche, os- sia pulci da canepa dei villici, che traforano estesissima- mente le prime foglie delle pianticine appena sono nate con grave deperimento e perdita delle medesime, e da ultimo dietro domanda fattami da molti proprietari sugge- rii colle pubbliche stampe dello stesso Propagatore Agri- cola V unico ed a mio credere radicale modo di distruggere la così detta impropriamente dai campagnoli Scalogna, os- sia Orobanche ramosa dei botanici , Succhiamiele degli Ita- liani, che nasce parassita al colletto della Canepa con tanto micidiale danno della medesima , che alcuni agricoltori hanno preso il partito di sospenderne la coltivazione nelle terre le più fertili , e le più adattate a cotal pianta. Ma qui non finisce la storia dei danni , a’ quali pur troppo la pianta per noi più utile va soggetta, perocché in que- st5 anno comparisce in iscena un5 altra novella malattia della medesima , che prima non era conosciuta , forse perchè restava assai limitata, mentre nell5 estate passata sembra che abbia preso un5 estensione troppo ampia e minaccian- te in un Comune di terreni fertilissimi della bolognese provincia. Il primo che richiamò la nostra attenzione sopra questo nuovo malanno è stato il Sig. Raffaele Bisteghi , il quale avvertito dal suo Fattore di un danno non prima osservato ne5 proprii canepari si fece sollecito di darmene avviso, e Di una nuova malattia della Canepa 293 di mandare alla Illustre Società Agraria della provincia di Bologna , ed a me le piante affette , perchè studiato fosse questo nuovo male, e gli sapessi dire da cosa era prodotto, e come si potesse togliere ed impedire. Ciò accadeva alla fine di giugno , epoca nella quale io ero molto occupato nelle incombenze universitarie, quindi non mi fu possibile di applicarmi subito alla ricerca ed allo studio della cagione, per cui questo manipolo che qui vedete , o Signori , di piante rigogliosissime di canepa erano appassite, e quasi morte, soltanto in allora una superficiale osservazione mi fece pronunciare che si trattava di una specie particolare di pianta parassita crittogama, che a mag- gior agio avrei studiata col mezzo delle osservazioni mi- croscopiche. Poco dopo anche il Sig. Cavaliere Botter nostro Collega mi sollecitava di studiare , e scoprire qual fosse la specie di crittogama di questa malattia , perchè gli interessava conoscerla per parlarne nella Monografia della coltivazione della canepa da presentare alla Esposizione Nazionale Ita- liana di Firenze. Io per tutto ciò con ogni premura al più presto potei mi vi accinsi , e conobbi che detta parassita occupa costantemente la superficie esterna della parte bassa dello stelo , e vi si estende attorniandolo per la lunghezza di circa una spanna partendo dal secondo palco di foglie della base, e più o meno espandendosi verso V alto sotto P aspetto di un intonaco bianco-niveo , tubercoloso, che gradatamente va dileguandosi e scomparendo nella estre- mità sua superiore Tav. 1. Fig. 1. perchè il maggiore suo sviluppo si mostra sopra il terzo internodio , o meritallo , mentre il quarto meritallo ha appena un grado minore di male , e direbbesi quasi una più superficiale sfumatura bianca , dalla quale trasparisce il verde sottoposto , e que- sto grado di minor malattia raramente si estende al quinto meritallo. Gli internodii superiori poi sino alla cima tutti si mostrano del solito bel color verde, e sani. Sopra il terzo meritallo che dissi maggiormente ricoperto dall’ in- tonaco bianco protuberano dei tubercoli rotondati, fra di loro disuguali di grandezza, e di forma. I più piccoli han- 294 Giuseppe Bertoloni no la grossezza di una testa di spillo, e gradatamente in- grandiscono sino alla dimensione di un seme di veccia, sono disugualmente prossimi gli uni agli altri sopra uno stesso spazio di superficie , ed alcuni sporgono ancora a guisa di corta costa. La maggior parte restano ricoperti dall’ intonaco bianco , tomentoso , ma alcuni dei più grossi , e maggiormente protuberanti direbbesi che avessero perduto di detto intonaco e traspariscono foschi e nerastri , ed anche neri ; altri dei minori non neri sono un poco depressi nel mezzo , e come ombellicati , ma questi sono pochi ; tutti poggiano e restano aderenti colla loro base per uno spazio più o meno esteso alla cuticola dello stelo a loro sottopo- sta, dalla quale facilmente si staccano, e si fanno saltar via sottoponendo alP orlo della base F unghia , ed alzan- dola con piccolo sforzo. Questi dopo essere staccati mostrano nella loro base lo spazio , col quale aderivano alla cuticola, e questa spesso li seguita, ma gli orli della base non hanno aderenza colla superficie , sulla quale poggiano almeno nei tubercoli più sviluppati. L’epidermide che è rivestita dall’in- tonaco bianco-niveo mostrasi alterata , e mortificata , e si stacca colla massima facilità dal tessuto cellulare a lei sot- toposto a guisa di sottilissima membrana , quando si fac- cia anche piccola violenza contro di essa. La scorza pure della pianta , ossia il tiglio resta assai smembrato dall’ azio- ne micidiale della parassita , che lo ricuopre : si stacca pure dalla lisca sottopposta colla massima facilità, e F occhio scorge questa scorza mortificata , arida , scolorita , molto assottigliata e consunta, per cui se viene stirata per lo lungo si tronca facilmente a differenza dell’ altra appena a questa superiore che non fu attaccata e rivestita dall’ in- tonaco bianco , e che mantiensi verde , di aspetto sano , tenace , e resistente assai a chi fa sforzo per romperla. An- che il legno o la lisca corrispondente alla porzione di stelo intonacato è alterato * e morto, perchè riesce molto più tenero e fragile dell’ altro anche dopo la disseccazione quando si comprime colle dita , ed il tessuto cellulare che riveste la fìstola interna di questa porzione di stelo ma- lato è divenuto giallo scuro , e quasi ocraceo , mentre Di una nuova malattia della Canepa 295 negli internodi sani inferiori , e superiori si è conservato bianco. Cotale parassita tende a diffondersi allo insù pel caule , e non allo ingiù verso il colletto o la radice, perlochè dal colletto alla parte malata passa uno spazio sano di dieci centimetri circa corrispondenti ai due primi meritalli o pal- chi di foglie, Io che osservai quasi costantemente in tutti gli individui affetti , forse perchè il morbo soltanto a que- sta piccola elevatezza dal suolo ritrova le condizioni favo- revoli al proprio sviluppamento , e non più in alto e non più vicino a terra. Dissi che la pianta è affetta nel mag- gior rigoglio, ed il fascetto di individui che vi porgo, o Colleghi Umanissimi, cresciuti già all’altezza di due me- tri alla fine di giugno in una estate tanto straordinaria- mente asciutta ve ne accertano, poiché mostrano uno svilup- po bellissimo, mentre per 1* effetto del morbo inferiore si scorge , che si sono appassite le foglie scolorandosi , da pri- ma le più basse e più vicine al male e successivamente le altre andando verso la cima, la quale è F ultima a risen- tirsi della mancanza di sano nutrimento. Oh quanto sarebbe stato utile apporre scrupolosa osservazione al primo com- parire di questa Trichodermacea , ed al diffondersi della medesima sullo stelo per sapere positivamente quanto tem- po impiega dopo essersi sviluppata a mortificare il tessuto vivo e rigoglioso della canepa, perchè questa si mostri in alto dapprima appassita e poi morta ! Forse soltanto sei od otto giorni sono sufficienti a produrre tanto eccidio. Conosciute di cotal guisa le dette circostanze col mezzo di osservazioni fatte ad occhio nudo od armato con lente semplice, passai a ricercare se Autori tanto di Agricoltura che di Fitografia avessero descritta una tale crittogama , e dopo moltissime e lunghe ricerche nulla trovai che fosse stato registrato intorno alla medesima, e nemmeno nella rac- colta di crittogame tanto italiane che esotiche, certamente non povera, e conservata negli erbari di casa nostra, rin- venni specie che si potesse riferire a questa, ma lo stu- dio ripetuto mi persuase che si trattava di una crittogama novella dell’ ordine dei Gasteromiceti , del sottordine dei Giuseppe Bertolohi 296 Trichodermacei , e della tribù degli Aethalinei del Fries , vicina od appartenente al genere Spumaria del Persoon , come ne scrissi subito al Sig. Professore Botter a Firenze, ed al Sig. Bisteghi a Bologna riserbandomi di rettificare queste mie prime osservazioni e studi con più agio , e con lenti più acute per essere ben sicuro di quanto asserivo , quando sarei tornato dalle alpi Apuane, e dalle alpi Ma- rittime , dove recarmi dovevo in adattata stagione al dop- pio scopo di raccogliervi piante ed insetti , ed esercitare alle erborazioni ed allo studio pratico della Botanica il mio nipote Antonio Bertoloni. Di fatto appena io fui tornato da queste mie occupazioni dilettevolissime , delle quali pre- govi delia sofferenza di ascoltare la relazione in altro mio discorso , mi recai in Toscana a visitare la ricchissima e sor- prendente Esposizione Nazionale della nostra penisola, e bene ne fui contentissimo per la parte mia , perchè non vidi mai collezione di piante peregrine , bellissime , e rare quanto quelle, che osservavo nelle magnifiche stufe sorte d’improvviso, e come per incanto. Con immensa compia- cenza poi là entro cogli oggetti davanti agli occhi legge- vo la dotta descrizione ed illustrazione fattane dal Chiaris- simo Sig. Cavaliere Filippo Parlatore mio collega ed ami- co; e nella stessa Esposizione, dove si osservavano gli og- getti della Monografia della coltivazione della canepa, mi cadeva sotto gli occhi un manipolo di piante della mede- sima affette più debolmente di queste dallo stesso malore , che era stato distinto dal sullodato illustre autore della Monografia col nome di Spumaria cannabis , perchè così avevo suggerito dubitativamente nella mia lettera si doves- se chiamare la causa della malattia in discorso , e si dichia- rava che dallo stesso Sig. Cavalier Botter alcuni anni fa la medesima era stata osservata nel territorio Ferrarese sulle piante di canepa , e se ben rammento a me pùre sem- bra di averla veduta anche ne’ canépari bolognesi alcu- ni anni andati, ma in allora la cosa fu trascurata e non istudiata, per cui oggi non posso essere certo se quella crittogama fosse la stessa di questa. Comunque si sia , ne- cessita assai descrivere dettagliatamente questa malattia , e Di una nuova malattia della Canepa 297 farla conoscere con precisi caratteri , e colle figure ai bo- tanici, ed agli agricoltori, poiché il danno che ha pro- dotto in quest5 ultima estate è non piccolo nel ristretto spazio, dove si è sviluppata. Anzi prima di esporvi questi ca- ratteri di distinzione della medesima credo pregio dell5 ope- ra dirvi le ulteriori notizie che mi ha procurato il Signor Raffaele Bisteghi intorno alla medesima per maggiormente farvi toccare con mano quanto sia minacciante rovina que- sta parassita al prodotto ed entrata di nostra maggiore im- portanza. La lettera scrittami dal Sig. Raffaele Bisteghi il 25 no- vembre 1861 porta queste notizie = Sono sue parole = « La canepa in pianta affetta da malattia , che Le feci » tenere nello scorso giugno, crebbe in un mio fondo po- » sto nel Comune di S. Giovanni di Calamosco denominato » il Grande , di terreno sciolto , e buono. Cominciò circa )> sui primi dello stesso mese a manifestarsi il male quà e » là in un caneparo concimato con letame di pecora , e » seguitò in tutto il mese a svilupparsi e moltiplicarsi , » per cui un terzo del raccolto sopra mille libbre di tiglio » di canepa, che poteva rendere, è andato perduto. An- » che in altri canepai dello stesso fondo concimati con » rizza si è osservata la stessa malattia in minor quantità , » ma però in complesso il danno avuto sarà stato di circa » libbre due mila di tiglio, essendo undici i canepari del » nominato fondo: così pure vengo assicurato, che nel » fondo limitrofo di ragione del parroco dei Celestini, che » è di eguale qualità di terreno, si sia mostrata la malattia » stessa , ma in minore quantità , come anche qualche pic- » cola cosa in altri poderi confinanti coll5 anzidetto mio, » uno del Sig. Dottore Vincenzo Mingoni, e l5 altro degli » eredi Signori Spadoni, tutti di eguale qualità di terreno. » Ecco quanto posso significare relativamente al richie- » stomi dettaglio , e con verace stima ec. ec. ». Da questa narrazione è provato che il danno riesci gran- de , perchè un solo predio di undici canepari perdeva due mila libbre di tiglio, ed un solo caneparo il terzo del pro- dotto: che più la malattia mostra ai miei occhi una ten- t. xn. 38 298 Giuseppe Bertoloni denza raggiante da un caneparo all5 altro, la quale in ap- presso (che Dio noi voglia) sussistendo le circostanze fa- vorevoli allo sviluppo, si potrebbe estendere a molta su- perficie della provincia, ed anche oltre questa. Pur trop- po abbiamo avuto di recente l5 esempio della diffusione di una terribile crittogama, che da prima sviluppata ristrettis- simamente per entro una stufa d5 Inghilterra si espanse per tutta Europa infestando la vite a modo da farne per- dere anche la intiera entrata. Ciò premesso, passo a dichiararvi quanto mi hanno sve- lato le ripetute osservazioni fatte da me e da altri miei colleghi con i più perfetti microscopi composti che si han- no in città. L5 intonaco bianco, che cuopre il terzo meritallo, Tav. 1 Fig. A 3 e si estende al quarto, ed anche in qualche in- dividuo al quinto in grado decrescente come sopra vi di- chiarai, e come osserverete nelle preparazioni a secco, è costituito da tanti tubuli o miceli intricati assieme, o per meglio dire intessuti, ed assai fitti, per cui ad occhio nu- do, od armato con lente semplice desso sembra una con- tinuata e fitta membrana , ma dilacerata una piccola por- zione della medesima , e sottoposta al lume del microsco- pio di Schiek di Berlino allo ingrandimento di 150, discuo- pre chiaramente all5 osservatore che è costituita dei detti miceli o tubuli aventi piccole strozzature , ed ingrossamenti quà e là , alcuni un poco flessuosi , gli uni più sottili degli altri, coll5 apice rotondato , quando non sia rotto o lacero, lo che è di frequente come osserverete nella figura B ? spesso piegati di varia maniera , ed alcuni si direbbe che sono anastomizzati ad angolo acuto, o quasi retto, conte- nenti spore in parte seriate, come in una fila sola, op- pure di rado a gruppetti Tav. 1. Fig. B. Questo micelio più che ad altri somiglia a quello della Spumarla alba , ma ne diversifica perchè è più grosso , ed ha minor nu- mero di strozzature. L5 osservazione si è ripetuta sulle spe- cie disseccate , mentre sarebbe stato assai meglio praticarla sulla crittogama viva ed ancora aderente per così dire alla canapa vegetante. Le spore sono granuli sferici Tav. 1 • Di una nuova malattia della Ganepa 299 Fig. C. I tubercoli tagliati ed osservati a vista nuda od armata di lente semplice nella loro sostanza interna sono di struttura omogenea , di un colore bianco un poco ros- siccio, che nella superficie esterna si fa più scuro, ed anche nero : sottoposta poi una sottilissima fettolina della stessa sostanza del tubercolo al microscopio di Schiek allo stesso ingrandimento di 150, l’osservazione ci assicura che il tubercolo è costituito di solo tessuto cellulare con cel- lette esagonali ; e resta coperto dai miceli , finché è gio- vane. Tale è la semplicissima organizzazione di questa nuova crittogama , che per quello ne giudicai da prima io riferivo al genere - Spumaria , ma ora per le posteriori osservazioni microscopiche ponderando che il micelio è differente e che anche il peridio ha note caratteristiche particolari , che lo differenziano pure da quello della Spumaria, e dei generi affini , così io la giudico non solo costituire una specie no- vella , ma ancora un genere non prima scoperto nella tri- bù, sotto la quale dee essere collocato, e che perciò cre- do necessario distinguere con adattato nome esprimente la malattia , che produce sulla cute della Ganepa. L’ aspetto di questa è assai somigliante al favo della tigna dell* uo- mo, la quale deriva da una specie di Oidio , come sapete, che si sviluppa sulla cute capillata della testa , e che ha i proprii miceli , e le proprie spore. Questo mi invogliò di vederne più dettagliatamente i rapporti , e manifestata la cosa al chiarissimo nostro collega Sig. Cavaliere Pietro Gamberini, egli con quella cortesia propria dello scienziato mi si offerse di ripetere con me le osservazioni coi mezzo de’ propri microscopi semplice e composto, e le osserva- zioni da noi fatte con lente semplice massimamente acuta disvelarono la grande somiglianza tra il favo della tigna umana prematura ed i tubercoli un poco depressi nel cen- tro della nostra crittogama, quelle poi fatte col microsco- pio composto allo ingrandimento di 150 certificarono che il favo della tigna umana era per la massima parte costi- tuito di spore , e di pochissimi miceli sotto quel grado di sviluppo della osservazione , mentre il tubercolo della crit- togama era tutto coperto di miceli con poche spore , inoltre 300 Giuseppe Bertoloni queste ultime mostravansi più grandi nella crittogama del- la canapa. Mettemmo sotto ponderazione accurata le differenze ed i pochi rapporti che passavano in cotale stato di svilup- pamento fra queste due crittogame assolutamente diverse. Io però accordando valore alla forma grossolana ossia alla somiglianza della mia nuova crittogama colf abito della crittogama della tigna umana interrogai il mio cortese Col- lega se credeva ben fatto chiamare questa cagione della malattia della Ganepa col nome di tigna della medesima , e non solo Egli ne convenne , ma altri medici , che erano presenti , e si dilettavano di fare con noi i confronti , tutti convennero della giustezza di cotal nome , perchè noi di- remo d’ ora in avanti che la nostra canepa ha la propria tigna ; che anzi io credo opportuno per non dire necessa- rio di nominare il nuovo genere di crittogama con un vo- cabolo composto dal greco, come è di uso presso i bota- nici ed i naturalisti , il quale esprima il carattere , o la fisionomia della nuova pianta , ed il nome di questo ge- nere sarà di Acoromorpha ( Ascapo po pepa) cioè a forma di tigna, il quale si distinguerà fra i Myxogastres del Fries colla seguente frase : = Acoromorpha: peridium indeterminatum, niveo-album , tuberculosum , tomentosum, ad extremi- tates gradatim evanescens. Siccome poi di questa crittogama si conosce una sola specie , della quale sentiste di sopra la descrizione , cosi scientificamente adoperando non può comporsi la frase spe- cifica di sua distinzione da altra , che non è , essendo suf- ficiente quella del genere per riconoscerla , mentre però dalla abitazione sua la chiamerò specie della canepa, e per- ciò Acoromorpha cannabis sarà il nome scientifico della medesima. Di qual guisa questa parassita uccida la canepa facilmente si capisce, perchè nata sulla cuticola comincia da prima a suggere il succo del sottoposto tessuto cellulare verde, Di una nuova malattia della Ganepa 301 il quale scolorisce e per così dire annienta , indi attacca e sugge le fibre della scorza , che costituiscono il tiglio , quin- di Fazione assorbente dei miceli si estende al tessuto della lisca ossia ai legno , non che al tessuto cellulare del mi- dollo, per lo che queste parti tutte restano inaridite, e disorganizzate, non trasmettono più il sucpo saliente, e nemmeno il discendente, e di cotal guisa nel più bello di rigogliosa vegetazione io credo in poco tempo la pianta appassisca, e si muoia. Forse ulteriori osservazioni stabili' ranno meglio queste mie induzioni, per le quali propen- do ad ammettere che la pianta non ebbe malattia lunga che anzi sollecita assai perchè nessun individuo mostra di essere cresciuto con macilenza, e sembra invece di essersi appassito e morto sotto il maggior rigoglio. I proprietari Bolognesi e gli Agricoltori a queste notizie presi da non piccola temenza di ciò che potesse avvenire negli anni prossimi venturi del maggior prodotto di nostra provincia suppongo che coi Sig. Raffaele Bisteghi tutti mi chiedano, come si potrà impedire il minacciato danno. Ai medesimi rispondo di questa guisa. Sono tre giorni che parlavo col chiarissimo Sig. Cavaliere Botter della malattia , che vi ho descritta. Egli mi confer- mava con maggiori dettagli ciò che nella esposizione na- zionale di Firenze avevo letto succintamente , cioè che nel Ferrarese non solo era stata osservata la malattia in discorso nel 1853, ma che egli stesso aveva avuto un intiero suo caneparo attaccato, e rovinato dalla medesima, la quale però comparì quando la canepa era già molto alta , e bene sviluppata , siccome accadde nella proprietà del Sig. Biste- ghi nell’ estate passata , ed il sullodato Professore mi fa- ceva avvertito che anche le piante attaccate ponno dare del tiglio , certamente non perfetto , come quello della ca- nepa pervenuta alla maturità necessaria per avere ottimo questo prodotto, ad ottenere il quale, come è a tutti no- to, deve la pianta rimanere nel campo, e crescervi per circa un altro mese, poiché per regola di nostra agricol- tura non si taglia, e cava dal suolo se non se dal venti- cinquesimo al trentesimo giorno del luglio. 302 Giuseppe Bertoloni Inoltre io ritengo che questa parassita sia esotica, come è esotica la canepa , poiché mai io la vidi sopra altri ve- getabili nostrani viventi, e che perciò sia venuta colla pianta, della quale vive, siccome dapprima vi dimostrai intorno all’ accaduto di simili trasporti , ed acclimatazio- ni di altri esseri esotici introdotti sotto coltivazioni più o meno estése , la qual circostanza ai miei occhi è meno favorevole allo sviluppo e diffusione di questa tigna, per- chè difficilmente in Italia incontra i caldi delle zone in- tertropicali, quindi a me pare che raramente da noi na- sce, e comparisce o si ripete, e poco o nulla sino ad ora si è diffusa. Questa circostanza è 1’ opposto di quello che avviene della Cuscuta europea che essendo da noi parassita indigena di molte specie di leguminose, e di altre piante spontanee tutte dell’ Italia ci ha invaso la coltivazione del- F Erba Medica , e per noi riescirà sempre impossibile, adoperando anche tutte le cure di annientarla perchè le origini delle sementi diffondentisi sono ampiamente nei nostri boschi sulle Ginestre principalmente e sopra altre piante. Tuttavolta , sebbene il raziocinio dei dati esposti ci lascia nella speranza di difficile propagazione e diffusio- ne di questo nuovo micidiale morbo della Canepa , quei poderi, ne’ quali i canepari sono stati attaccati con qual- che intensità, denno tenersi sotto rigorosa sorveglianza non solo dei proprietari , e dei coloni , ma ancora dell’Autorità distrettuale , e devesi procurare di distruggere qualunque primo indizio di morbo vi comparisca nella prossima coltiva- zione di questa utilissima pianta sradicando ed incendian- do subitamente tutti gli individui affetti, prima delia ma- turazione dei miceli , e delie spore , o seminnli per pre- venire che questi si diffondano nella provincia. Forse sa- rebbe prudente coltivare per varii anni non più a canepa quelle buone e fertilissime terre, che mostrarono già la malattia ; ma ancorché un avveduto proprietario bramasse far ciò, lo indurre i coloni ed, anche gli altri proprietari del vicinato ad un altro avvicendamento , mentre F attuale è la ricchezza del paese, sarà di non poca difficoltà, per non dire impossibile , e se un qualche proprietario giu- Di una nuova malattia della Canepa 303 gnesse a persuadere i coloni a cotal pratica, certamente non la eserciterebbero i suoi vicini , e con ciò la peste si diffonderebbe egualmente. Io parlo così , perchè ho fat- to per due anni consecutivi raccogliere sulla vite i cartoc- ci del tagliaticcio , e bruciarli , distruggendo di cotal guisa migliaia e migliaia d’ uova , e mentre suggerivo ai vicini , che facessero lo stesso consumando 1* opera di quattro o cinque donne per tre o quattro giorni in ogni podere di dodici corbe di seminagione, nessuno volle farlo, ed i tagliaticci dei campi vicini venivano ugualmente sulle mie ripulite viti , perchè aneti’ io abbandonai questa utile pra- tica, che pure dovrebbe aprire gli occhi non solo ai pro- prietari ma più ancora ai rozzi coloni , i quali spesso nel- le colline sopra tutto si lamentano del tagliaticcio , che tronca tutti i grappoli de’ tralci acconciati a festoni. Qui metto fine al mio dire , col quale ho preteso di- mostrare : 1 . ° Come si moltiplicano e diffondono esseri parassiti e non parassiti nelle coltivazioni dei vegetabili. 2. ° Qual’ è , e come si distingue la parassita novella al- la scienza da me chiamata Acoromorpha cannabis 3 che og- gi minaccia il più utile nostro prodotto. 3. ° In fine come si possa opporre un argine alla diffu- sione della medesima qualora ricomparisse minacciante nei campi bolognesi. :Tom.Xll. Ber toloni _ Malat.Canepa INTRODUZIONE AD DNA TEORIA GEOMETRICA DELLE CURVE PIANE MEMORIA DEL PROFESSORE CAV. LUIGI CREMONA Il desiderio di trovare, coi metodi della pura geometria , le dimostrazioni degli importantissimi teoremi enunciati dall7 illustre Steiner nella sua breve Memoria « Allgemeine Eigenschaften der algebraischen Curven » ( Crelle, t. 47 ), mi ha condotto ad intraprendere alcune ricerche delle quali offro qui un sag- gio benché incompleto. Da poche proprietà di un sistema di punti in linea retta ho dedotto la teoria delle curve polari relative ad una data curva d’ or- dine qualsivoglia , la qual teoria mi si è affacciata così spontanea e feconda di conseguenze , che ho dovuto persuadermi , risiedere veramente in essa il meto- do più naturale per lo studio delle linee piane. 11 lettore intelligente giudiche- rà se io mi sia apposto al vero. La parte che ora pubblico delle mie ricerche, è divisa in tre Sezioni. La prima delle quali non presenta per sé molta novità, ma ho creduto che, oltre alle dottrine fondamentali costituenti in sostanza il metodo di cui mi ser- vo iu seguilo, fosse opportuno raccogliervi le più essenziali proprietà relative all’ intersezione ed alla descrizione delle curve , affinchè il giovane lettore tro- vasse qui tutto ciò che è necessario alla intelligenza del mio lavoro. La teoria delle curve polari costituisce la seconda Sezione, nella quale svolgo e dimostro con metodo geometrico , semplice ed uniforme , non solo i teoremi di Steiner , eh’ egli aveva enunciati senza prove , ma moltissimi altri t. xii. 39 306 Luigi Cremona ancora, in parte nuovi ed in parte già ottenuti dai celebri geometri Plucker, Cayley , Hesse , Clebsch , Salmon , col soccorso dell’ analisi al- gebrica. Da ultimo applico la teoria generale alle curve del terz’ ordine. Oltre alle opere de’ geometri ora citati , mi hanno assai giovato quelle di Maclaurin , Carnot , Poncelet , Chasles , Bobillier , Mobius , Jonquières , Bischoff ecc. , allo studio delle quali è da attribuirsi quanto v’ ha di buono nel mio lavoro. Io sarò lietissimo se questo potrà contribuire a diffondere in Italia P amore per le speculazioni di geometria razionale. Introduz. ad una teoria geometrica ec. 30*] SEZIONE I. PRINCIPll FONDAMENTALI. Art. I. l>el rapporto anarmoniro. 1. In una retta siano dati quattro punti a, b, c, d; i punti a3 b de- terminano col punto c due segmenti , il cui rapporto è — - , e col punto d cb due altri segmenti , il rapporto de’ quali è ~ . 11 quoziente dei due rap- db porti , ac ad cb ' db dicesi rapporto anarmonico (*) de’ quattro punti a,b3 c, d e si indica col simbolo ( abcd ) (**). Mutando 1’ ordine , nel quale i punti dati sono presi in considerazione , si hanno ventiquattro rapporti anarmonici , quante sono le per- mutazioni di quattro cose. Ma siccome: ac ad _ bd bc _ ca cb _ db da cb db da ca ad bd bc ac ’ ossia : ( abcd ) = ( bade ) = ( edab ) = ( deba ) , così que' ventiquattro rapporti anarmonici sono a quattro a quattro eguali fra loro. Ossia , fra essi , sei soli sono essenzialmente diversi : tali sono i se- guenti : ( abcd ) , ( aedb ) , ( adbc ) , 1) ( abdc ) , (acbd) , ( adeb ) . 308 Luigi Cremona ed analogamente: ( acdb ) (acbd) = 1 , (adbc) ( adcb ) = 1 , ossia i sei rapporti anarmonici 1) sono a due a due reciproci. Chiamati fon- damentali i tre rapporti ( abcd ) , '( acdb ) , ( adbc ) , gli altri tre sono i valori reciproci de’ precedenti. Fra quattro punti a, b, c, d in linea retta ha luogo , com’ è noto , la relazione : bc . ad -+* ca . bd -h ab . cd — 0 , dalla quale si ricava: ca bd ab cd ^ bc ' ad bc ad ossia: (abcd) -h (acbd) = 1 , e cosi pure : ( acdb ) -4- ( adcb ) = 1 , ( adbc ) h- ( abdc ) = 1 ; cioè i sei rapporti anarmonici 1), presi a due a due, danno una somma egua- le alP unità ( rapporti anarmonici complementari ). Dalle precedenti relazioni segue che , dato uno de’ sei rapporti anarmoni- ci 1), gli altri cinque sono determinati. Infatti, posto ( abcd) = A, il rap- porto reciproco è ( abdc ) = — . I rapporti complementari di questi due sono ( acbd ) = 1 — X , ( adbc ) = — - — . Ed i rapporti reciproci degli ultimi due sono (acdb) = ^ . (adcb) =rs ■ . 2. Congiungansi i dati punti a, 6, c, <1 ad un arbitrario punto o situa- to fuori della retta ab ( fig. l.a ), cioè formisi un fascio o(a,b,c , d) di quattro rette che passino rispettivamente per a, b, c, d e tutte concorra- no nel centro o. 1 triangoli aoc , cob danno: ac ao _ sen aoc cb bo sen cob Similmente dai triangoli aod , dob si ricava: ad ao __ sen aod db " bo sen dob InTRODUZ. AD UNA TEORIA GEOMETRICA EC. ovvero, indicando con A, B , C, D le quattro direzioni o(a, b , c , d) e con AC, CB , . . . gli angoli da esse compresi: ac ad __ sen AC sen AD cb ‘ db ~ sen CB '' sen DB 5 eguaglianza che scriveremo simbolicamente così: ( abcd ) = sen ( ABCD )l All’ espressione del secondo membro di quest’ equazione si dà il nome di rapporto anarmonico delle quattro rette A, B , C 3 D. Dunque: il rapp or- centro o è eguale al rapporto anarmonico de’ quattro punti conseguenza, se le quattro rette A , B , C , D sono segate da un’ altra trasver- sale in a', b ', c', d' , il rapporto anarmonico di questi nuovi punti, sarà egua- le a quello de’ primi a, b, c , d. E così pure, se i punti a,*b, c, d ven- gono uniti ad un altro centro o' mediante quattro rette A', B’ , C , D’ , il rap- porto anarmonico di queste sarà eguale a quello delle quattro A , B, C, D. 3. Dati quattro punti a,b,c,d in linea retta e tre altri punti a',br,c' in un’ altra retta, esiste in questa un solo e determinato punto d! , tale che sia: ( a'b'c'd' ) = ( abcd ). Ciò riesce evidente, osservando che il segmento a'b' dev’ punto d' in modo che si abbia: dd' / ad_ ac d b' V db '' cb diviso dal Donde segue che, se i punti ad coincidono ( fig. 2.a ) , le rette bb', cc' , dd' concorreranno in uno stesso punto o. Analogamente: dati due fasci di quattro rette ABCD, A'B' CD', i centri de* quali siano o, 6, ed i rapporti anarmonici sen (ABCD), sen (A'B' CD') siano eguali, se i raggi AA! coincidono in una retta unica ( passante per o e per o' ) , i tre punti BB1, CC, DD1 sono in linea retta. Dati quattro punti a, b, c, d in una retta ed altri quattro punti a1, b', c', d' in una seconda retta (fig. 3.a ) , se i rapporti anarmonici (abcd), ( a'b'c'd ’) sono eguali, anche i due fasci di quattro rette a(a'bcd'), a! (abcd) avranno eguali rapporti anarmonici ( 2 ). Ma in questi due fasci i raggi corri- spondenti aa! , a! a coincidono; dunque i tre punti ( ab', a'b), (ac, de), ( ad', a’d ) sono in linea retta. Questa proprietà offre una semplice regola per costruire il punto d ' , quando siano dati abcd, a'b'c'. Ed in modo somigliante si risolve 1’ analogo problema rispetto a due fa- sci di quattro rette. 4. Quattro punti a, b, c, d in linea retta diconsi armonici quando sia: ( abcd ) = - 1 , L Luigi Cremona 310 epperò anche: ( bade ) = ( edab ) = ( deba ) = (abdc) = {bacd) = (cdba) = (dcab)=- 1. 1 punti a, b e così pure e, d diconsi coniugati fra loro (*). ad Se il punto d si allontana a distanza infinita, il rapporto — ha per db limite — 1 ; quindi dall’ equazione ( abed ) = — 1 si ha = 1 , ossia c è cb il punto di mezzo del segmento ab. La relazione armonica ( abed ) = — 1 , ossia mostra che uno de’ punti c, d , per esempio c, è situato fra a e 6, mentre 1’ altro punlo d è fuori del segmento finito ab. Laonde , se a coincide con b , anche c coincide con essi. E dalla stessa relazione segue che , se a coincide con c, anche d coincide con a. La relazione armonica individua uno de* quattro punti , quando sian dati gli altri tre. Ma se questi sono coincidenti, il quarto riesce indeterminato. Analogamente: quattro rette A , B, C, D , concorrenti in un punto, di- consi armoniche , quando si abbia: sen (ABCD) = - 1 , cioè quando esse siano incontrate da una trasversale qualunque in quattro punti armonici. 5. Sia dato ( fig. 4.a ) un quadrilatero completo , ossia il sistema di quattro rette segantisi a due a due in sei punti a , b , c , a', b', c' . Le tre diagonali aa', bb', cc' formano un triangolo afiy. Sia x il punto coniugato ar- monico di ^ rispetto a c, c' e sia y il coniugalo armonico di y rispetto a b , b'. La retta coniugata armonica di aaf rispetto alle acb ac'b ed anche la retta coniugata armonica di a' a rispetto alle a'bc, a'b'c' dovranno passare per x e per y. Dunque questi punti coincidono insieme con a, punto comune al- le bb', cc'. Donde segue che ciascuna diagonale è divisa armonicamente dalle altre due. Di qui una semplice regola per costruire uno de’ quattro punti armonici a , y , b , b' , quando siano dati gli altri tre. Una somigliante proprietà appartiene al quadrangolo completo ( sistema di quattro punti situati a due a due in sei rette ) e dà luogo alla costruzione di un fascio armonico di quattro rette. 6. Quattro punti m{ , m2 , «i3 , in linea retta , riferiti ad un punto o della retta medesima, siano rappresentati dall’equazione di quarto grado: 2) A . òmi -h 4B . òm5 -+* 6 C . dmr -i- 4D .om -r E = 0 , cioè siano om{ , omì , om ^ , om4 le radici dell’ equazione medesima. Introduz. ad una teoria geometrica ec. 311 Se il rapporto anarmonico ( mltnìm3mi ) è eguale a — 1 , si avrà : wijWig . m4m2 -+* m2m3 . m imi — 0 , ovvero, sostituendo ai segmenti m{m3 , . . . le differenze om3 — oml , . . . ed avendo riguardo alle note relazioni fra i coefficienti e le radici di un’ eqna- A ( om{ . om2 -+* om3 . omi ) — 2 C = 0. Analogamente: le equazioni ( ) = — 1 , ( m1mim2m3 ) = — 1 danno : A ( or»! . om3 -t- om4 . om2 ) — 2C = 0 , A ( omj . om4 -4- om2 . oro3 ) — 2C = 0 . Moltiplicando fra loro queste tre equazioni si otterrà la condizione neces- saria e sufficiente , affinchè uno de’ tre sistemi ( m^m^m^m^ ) , ( mKm3mKm.2 ) , ( mtm4m2m3 } sia armonico. Il risultalo è simmetrico rispetto ai segmenti om{ , om% , om3 , omi , epperò si potrà esprimere coi soli coefficienti dell’ equazio- ne 2). Si ottiene così : ACE+SBCD- AD*-EB* - <* zz 0 come condizione perchè i punti rappresentati dalla data equazione 2) , presi in alcuno degli ordini possibili, formino un sistema armonico (*). Art. II. Projettivilà delle punteggiale e delle atelle. 7. Chiameremo punteggiata la serie de’ punti situati iti una stessa retta, e fascio di rette o stella la serie delle rette ( situate in un piano ) passanti per uno stesso punto ( centro della stella ) (**). Le punteggiate e le stelle si designeranno col nome comune di forme geometriche . Per elementi di una for- ma geometrica intendansi i punti o le rette costituenti la punteggiata o la stella che si considera. Due forme geometriche si diranno projetlive quando elemento della prima corrisponda un solo e determinato elemento della seconda ed a ciascun elemento di questa cor- risponda un solo e determinato elemento della prima (***). Per esempio : se una stella vien segata da una trasversale arbitraria , i punti d’ intersezione formano una punteggiata projettiva alla stella. Dalla precedente definizione segue evidentemente che due forme projetlive ad una terza sono projettive fra loro. 8. Consideriamo due rette punteggiate. Se i è un punto fisso della prima retta, un punto qualunque m della medesima sarà individuato dal segmento im; ed analogamente, un punto qualunque m ' della seconda retta sarà indi- viduato dal segmento j’m', ove / sia un punto fisso della stessa retta. Se le (*) Salmon , Lessons introductory to thè modem higher algebra, Ditlilin 1859, p. 100. (*** BChasles , 1 Principe de corretpondance entre deux objeti variables etc. ( Compie* rea- 312 Luigi Cremona due punteggiate sono projettive e se m, tn' sono punti corrispondenti , fra i segmenti im , j'm' avrà luogo una relazione , la quale , in virtù della defini- zione della projettività , non può essere che della forma seguente : ove x , A , [i , v sono coefficienti costanti. Quest’ equazione può essere sempli- ficata, determinando convenientemente le orìgini i, j . Sia i quel punto delia prima punteggiata , il cui corrispondente è all’ infinito nella seconda retta : ad im = 0 dovrà corrispondere j’m = oo , quindi ^ == 0. Così se supponiamo che j' sia quel punto della seconda punteggiata , a cui corrisponde il punto alP in- finito della prima, sarà A = 0. Perciò l’equazione 1) assume la forma: 2) im . j'm — k j ove k è una costante. Siano a, b, c, d quattro punti della prima retta; à, b\ c , d' i loro corrispondenti nella seconda. Dalla 2) abbiamo: k , * 3 ° ’ JC = ~ic ’ quindi : , , _ k . ac Analoghe espressioni si ottengono per cb', ad', db', e per conseguenza : ac ad' _ ac ad 7v : Hrv ~ dT : ~db 5 ( a'b'c'd ' ) = (abed ). Abbiansi ora una stella ed una punteggiata, projettive. Segando la stella con una trasversale arbitraria si ha una nuova punteggiata, che è proietti- va alla stella, e quindi proiettiva anche alla punteggiata data ( 7 ). Sia- no a, b , c, d quattro punti della punteggiata data, A, B, C, D i corri- spondenti raggi della stella ed d, b', c' , d' i punti in cui questi raggi sono incontrati dalla trasversale. Avremo : ( db'cd' ) = ( abed ). Ma si ha anche ( 2 ) : ( a'b'c'd' ) = sen ( ABCD ) , ( abed ) = sen ( ABCD ). Da ultimo, siano date due stelle projettive: segandole con due trasver- sali ( o anche con una sola ) si avranno due punteggiate , rispettivamente pro- iettive alle stelle, epperò projettive fra loro. Siano A, B, C, D quattro rag- gi della prima stella; A', B', C, D' i quattro corrispondenti raggi della seconda ; a , b , c } d ed a' , b' , e’, d' i quattro punti in cui questi raggi sono Introduz. ad una teoria geometrica ec. 313 incontrati dalle rispettive trasversali. A cagione della projettività delle due punteggiate abbiamo: ( a'b'c'd' ) = ( abed ). Ma si ha inoltre ( 2 ) : ( a'b'c'd' ) = sen ( A B' CD' ) , ( abcd ) = sen ( ABCD ) , dunque : sen ( A B CD ) = sen ( ABCD ). Concludiamo che: date due forme proiettive, il rapporto anarmonico di quattro elementi quali si voglianoceli' una è eguale al rapporto anarmonico de’ quattro corrisponden- ti elementi dell' altra. Da ciò consegue che, nello stabilire la projettività fra due forme geo- metriche , si ponno assumere ad arbitrio tre coppie d’ elementi corrispondenti , per es. aa', bb', ce . Allora, per ogni altro elemento m dell’ una forma , il corrispondente elemento m' dell' altra sarà individuato dalla condizione del- V eguaglianza de’ rapporti anarraonici ( ab'c'fn 1 ), ( aberri ). 9. Supponiamo che due rette punteggiate proiettive vengano sovrapposte P una all’ altra ; ossia imaginiamo due punteggiate proiettive sopra una medesima retta , quali a cagion d’ esempio si ottengono segando con una sola trasversale due stelle proiettive. La projettività delle due punteggiate è rappresentata dal- Per mezzo di essa cerchiamo se vi sia alcun punto m che coincida col suo corrispondente rrì . , Se le due punteggiate s’ imaginano generate dal movimento simultaneo de’ punti corrispondenti m, »', è evidente che questi due punti si moveranno nello stesso senso o in sensi opposti, secondo che la costante k sia negativa ^ Sia A: > 0. In questo caso è manifesto che si può prendere sul prolun- gamento del segmento fi... un punto e tale che si abbia ie . j e = k. E se si prenderà sul prolungamento di ij... un punto f, che sia distante da j quanto e da • , sarà if.j'f=k . Cioè i punti e, f, considerali come apparte- nenti ad una delle due punteggiate , coincidono coi rispettivi corrispondenti. Ora sia k-~- /r. I punti m, m non potranno, in questo caso, coin- cidere che entro il segmento ij'. Si tratta adunque di dividere questo segmento in due parli tm, mf, il rettangolo delle quali sia h\ Quindi, se 2j» < y , vi saranno due punti e, f sodisfacenti alla questione: essi sono i piedi delle ordinate perpendicolari ad ij' ed eguali ad h, del semicircolo che ha per diametro tj Se 2 h = ij', non vi sarà che il punto medio di tj che coincida col proprio 2 h > ij', la quistione corrispondente. Da ultimo ne reale. , , Concludiamo che due punteggiate projettive sovrapposte nanno due punti comuni (reali, iniaginari o coincidenti), equidistanti dal punto medio del segmento ij'. . , Che i punti comuni dovessero essere al più due si poteva prevedere an- che da ciò che, se due punteggiate proiettive sovrapposte hanno tre punti T . XII. W Luigi Cremona 314 coincidenti coi rispettivi corrispondenti , esse sono identiche. Infatti , se ( aberri ) = ( aberri ), il punto tri coincide con m. Se e, f sono i punti comuni di due punteggiate proiettive sovrapposte, nelle quali ari , bb' siano due coppie di punti corrispondenti , si avrà V egua- glianza de’ rapporti anarmonici : ( abef ) = ( a'b'ef ) , che si può scrivere così: ( aa'ef ) = ( bb'ef ) , donde si ricava che il rapporto anarmonico (aa'ef) è costante , qua- lunque sia la coppia ari. 10. Siano date due stelle proiettive, aventi Io stesso centro. Segandole con una trasversale, otterremo in questa due punteggiate proiettive: due pun- ti corrispondenti m tri sono le intersezioni della trasversale con due raggi corrispondenti M, M' delle due stelle. Siano e , f i punti comuni delle due punteggiate. Siccome i punti e, f della prima punteggiata coincidono coi loro corrispondenti e\ f della seconda , così anche i raggi E , F della prima stel- la coincideranno rispettivamente coi raggi E', F' che ad essi corrispondono nella seconda stella. Dunque, due stelle projettive concentriche hanno due rag- gi comuni ( reali , imaginari o coincidenti ) , cioè due raggi , ciascun de’ qua- li è il corrispondente di sè stesso. Art. III. Teoria de* centri armonici. 11. Sopra una retta siano dati n punti aKa2...an ed un polo o. Sia poi m un punto della retta medesima , tale che la somma dei prodotti degli n rapporti — ~ , presi ad r ad r , sia nulla. Esprimendo questa somma col simbo- 1° ^ , il punto m sarà determinato per mezzo della equazione : " *(?).=•• che , per l’ identità ma = oa — om, può anche scriversi : ossia sviluppando : ove il simbolo esprime il numero delle combinazioni di n cose prese ad r ad r. L’ equazione 3) , del grado r rispetto ad om , dà r posizioni pel punto m : Pntroduz. UNA TEORIA GEOMETRICA EC. 315 tali r punti m{m2 . • • mr si chiameranno (*) centri armonici , del grado r, del dato sistema di punti a{a2 . . . an rispetto al polo o. Quando r = 1 , si ha un solo punto m , che è stato considerato da Poncklet sotto il nome di centro delle medie armoniche (**). Se inoltre è n = 2 , il punto m diviene il coniugato armonico di o ri- spetto ai due ata2 ( 4 ). 12. Se l’equazione 1) si moltiplica per oa{ . oa2 . . . oan e si divide per ma{ . ma.2 . . . man , essa si muta evidentemente in quest’ altra : *) 2 ( ,_r=0> donde si raccoglie: Se m è un centro armonico, del grado r, del dato sistema di punti rispetto al polo o, viceversa o è un centro armonico, del grado n — r, del medesimo sistema rispetto al polo m. 13. Essendo m^m2 . . . mr gli r punti che sodisfanno all’ equazione 3), sia fi il loro centro armonico di primo grado rispetto al polo o ; avremo 1’ equa- analoga alla 2), ossia sviluppando: i =2(i),- Ma, in virtù della 3), è: dunque : — = s(— ) , Ofi \ oa / 1 ossia : 2(~' — M =0. V 0(i oa f k Ciò significa che fi è il centro armonico, di primo grado,, del dato sistema di punti a{a2 . . . an rispetto al polo o. Indicando ora con fi uno de’ due centri armonici, di secondo grado, del sistema m,m2 . . . m, rispetto al polo o, avremo V equazione analoga alla 2) : 2(i-iX = 0’ (*) Jonquières, Mèmoire sur la théorie de s póles et polaires etc. (Journal de M. Liocville. 316 Luigi Cremona ossia,, sviluppando: Ma , in virtù della 3) , si ha : onde sostituendo ne verrà: vale a dire: s(i-^X = 0; dunque p è un centro armonico, di secondo grado, del sistema «,%••• «•> "^"lo “stessi risultato si ottiene continuando a_ra tro armonico , del terzo , quarto , \ r t enarmonici, di grado r, del dato sistema n^'/.u,. rispetto al polo », i centri armon.c. d, grado , (s"-S [ ( « - 1 ) o'i + 2( in ), } { ( » - 2 ) o'i S( im ) , -* 2 S( im ), j + ( - 1)”-2 { o'i S( im )„_2 + ( n - 1 ) S( im j =0. In questa equazione posto per 2(im)r il valore antecedentemente scritto, si ottiene : oi . o'i [ n(n— — (n— l)(n — 2) -r-(n- 2) (n-3)*^-* S(«a)a... } -+- (o* *+• o'i ) { (n-l)7^aS(io)1 -2 (»■—• 2)ìft”""3 2(ta)a-*- 3 (»-3Ì^n“^2(io)3... } h- { 1 . 2 «fi 2(ta)2 — 2 . 3 t’fi S( tei) 3-+-3 . 4 tfi” ^(*d) 4. . . } — 0 ; il qual risultato, essendo simmetrico rispetto ad 0, 0, significa che: Se f sono i centri armonici, di grado n — 1 , del sistema a4a2 . . . an rispetto al polo 0, e se sono i centri armonici, di grado n — 1 , dello stesso sistema ata2 ... a» rispetto ad un altro polo 0' ; i centri armonici, del grado n — 2, del sistema m{m2 mn_K rispetto al polo or coincidono coi centri armonici , del grado » — 2 , del sistema . . .m'w_i rispetto al polo 0. Questo teorema, ripetuto successivamente, può essere esteso ai centri armonici di grado qualunque , e allora s’ enuncia cosi : Se m1m2...mr sono i centri armonici, di grado r, del siste- ma dato a{a2 . . . a» rispetto al polo o , e se sono i centri armonici, di grado r', dello stesso sistema dato rispetto ad un'altro polo 0', i centri armonici, di grado r-t-r— n, del si- stema m{m.2 . . . mr rispetto al polo of coincidono coi centri armo- nici, di grado r + r — n, del sistema . . . . m'r , rispetto al polo 0. 15. Se m e ;ì sono rispettivamente i centri armonici, di primo grado, dei sistemi a{a^...an ed a2a5...a*, rispetto al polo o, si avrà: n— 1 _ 1 J_ 1 0(i oa2 oa- oan Si supponga [i coincidente con at : in tal caso le due equazioni precedenti . paragonate fra loro, danno om = 0(i. Dunque: Se a{ è il centro armonico, di primo grado, del sistema (li punti a2a3...OM rispetto al polo 0, il punto a{ è anche il centro armonico, di primo grado, del sistema a1a2...an rispetto allo stes- so polo. 16. Fin qui abbiamo tacitamente supposto che i dati punti ata2...an fossero distinti, ciascuno dai restanti. Suppongasi ora che r punti anaw_,...a»_r+i 318 Luigi Cremona coincidano in un solo, che denoteremo con a0. Allora , se nella equazione 5) si assume a0 in luogo dell* origine arbitraria i , risulta evidentemente : 2 ( ia ) » = 0 , 2 ( ia — 0 , 2 ( ia )„_r+i = 0 , onde I5 equazione 5) riesce divisibile per a0m , cioè r — 1 centri armonici del grado n — 1 cadono in a0 , e ciò qualunque sia il polo o. Ne segue inol- tre , avuto riguardo al teorema (13), che in a0 cadono r — 2 centri armo- nici di grado n — 2 ; r — 3 centri armonici di grado n — 3 , . . . ed un den- tro armonico di grado n — r 1 . 17. L’equazione 3) moltiplicata per ómr e per ( — 1 )r oa{ . oa2 . . . oan dwir 1 ) ™ s( oa )*_r+t h »(n — !)...(»- (» — r-t-2) (n — r-f-1 )_ 1.2 ° 2(o a )» = #. Suppongo ora che il polo o coincida , insieme con anaw_t . . . «n_s*H , in un unico punto. Allora si ha: 2 (ofl)n = 0 , S(oa)w-1=:0, . . . 2(oa )«j*h = 0 > quindi 1’ equazione che precede riesce divisibile per oms , ossia i! polo o tien luogo di s centri armonici di grado qualunque. Gli altri r — s centri armoni- ci , di grado r, sono dati dall’ equazione: om/s”s 2 ( oa )„_r — (n — r-hl ) òm^-1 2 ( oa (n r-t-2),(n-— r-t-1 ^ — f_s_2 v/^,t — 0. ove le somme 2(oa) contengono solamente i punti a{a2 • • • *• I^nncjue ^ gli altri r — s punti m , che insieme ad o preso s volte costituiscono i centri ar- monici, di grado r, del sistema a{a2...an rispetto al polo o, sono ì centri armonici, di grado r~s, del sistema a{a2 . . . a„_, rispetto allo stesso polo o. Si noti poi che, per s = r -+- 1 , l’ultima equazione è sodisfatta iden- ticamente, qualunque sia m. Cioè, ser+1 punti a ed il polo o coincidono insieme, i centri armonici del grado r riescono indeterminati, onde potrà as- sumersi come tale uu punto qualunque della retta a{a2 ... 18. Abbiasi, come sopra ( 11 ), in una retta R ( fig. 5. ) un siste- ma di n punti a,a,2 . . • a« ed un polo o; sia inoltre m un centro armonico di grado r, onde fra i segmenti ma, oa sussisterà la relazione 1). Assunto un punto arbitrario c fuori di R e da esso tirate le rette ai punti o, a , m . seghinsi queste con una trasversale qualunque R! nei punti o , a, m . Allora si avrà: Introduz. ad una teoria geometrica ec. 319 Il secondo membro di questa equazione non varia , mutando i punti a, a quindi avremo: Siccome poi la relazione 1) è omogenea rispetto alle quantità — , così se oa ire dedurrà: 2(t7-X = 0’ cioè : Se m è un centro armonico , di grado r , di un dato sistema di punti a 1% . . . an situati in linea retta , rispetto al polo o posto nella stessa retta , e se tutti questi punti si projettano, mediante raggi concorrenti in un punto arbitrario, sopra una trasversale qualunque, il punto m' ( projezione di m ) sarà un centro armonico, di grado r, del sistema di punti o'1a,2...a'n (pro- iezioni di 0^2 . . . an ) rispetto al polo o ( projezione di o ). Questo teorema ci abilita a trasportare ad un sistema di rette concorrenti in un punto le definizioni ed i teoremi superiormente stabiliti per un sistema di punti allineati sopra una retta. 19. Sia dato un sistema di n rette A\A^...An ed un’altra retta O, tutte situate in uno stesso piano e passanti per un punto fisso c. Condotta una trasversale arbitraria R che, senza passare per c, seghi le rette date in aiaì...all. si imaginino gli r centri armonici m^m^ • . . mr > di grado r, del sistema di punti a^... an rispetto al polo o. Le rette Mi M% ... Mr con- dotte da c ai punti miwt2...mr si chiameranno assi armonici , di grado r, del dato sistema di rette A{A*...An rispetto alla retta O. Considerando esclusivamente rette passanti per c, avranno luogo i seguenti teoremi , analoghi a quelli già dimostrati per un sistema di punti in linea retta. Se M è un asse armonico, di grado r, del dato sistema di rette A{ A^... rispetto alla retta 0, viceversa O è un asse armonico digrado n — r, del me- desimo sistema, rispetto alla retta M. Se Mi M^ • • • Mr sono gli assi armonici, di grado r, del dato siste- ma A[A%... An , rispetto alla retta O, gli assi armonici, di grado s (s2 - - - AÌX_S rispetto ad O. 20. Se al n.° 18 la trasversale R! vien condotta pel punto o, ossia se la retta R si fa girare intorno ad o, il teorema ivi dimostrato può essere enun- ciato così: Siano date n rette A\A%...An concorrenti in un punto c. Se per un polo fisso o si conduce una trasversale arbitraria R che seghi quelle n rette ne’ punti aiaì...anì i centri armonici di grado r, del sistema aia2...an, ri- spetto al polo o, generano, ruotando R intorno ad o, r rette M\M2 - • ■ Mr con- correnti in c. E dagli ultimi due teoremi (19) segue: Se s rette AnAn__± ... /4n_s-H ^ra le ^ate coincidono in una sola i40, questa tien luogo di s— (n — r) delle rette M{M2 ■ • • Mr. Se inoltre Spassa pel polo o, essa tien luogo di s delle rette M\M2 ■ • • Mr- Le rimanenti r — s, Ira queste rette ^ sono il luogo de’ centri armonici di grado r — s, (rispetto al polo o ) de’ punti, in cui R sega le rette Aì‘Ai..,An^. IRT. IV. Teoria dell* involuzione. 21. Data una retta, sia o un punto fìsso in essa , a un punto variabile; inoltre siano Aq , k.2 ... hv .. quantità costanti ed a una quantità variabile. Ora abbiasi un’ equazione della forma : 1) kn oa -t- hn_i oa1 \ . . -+-fc0-t- o | hn oa* ■+• oa ‘~^\ .-t~A0 \ = 0. Ogni valore di © dà n valori di oa, cioè dà un gruppo di n punti a. Invece, se è dato uno di questi punti, sostituendo nella 1) il dato valore di oa, se ne dedurrà il corrispondente valore di o, e quindi, per mezzo dell’equa- zione medesima , si otterranno gli altri n — 1 valori di oa. Dunque , per ogni valore di o, l’equazione 1) rappresenta un gruppo di n punti così legati fra loro, che uno qualunque di essi determina tutti gli altri. 11 sistema degli in- finiti gruppi di n punti, corrispondenti agli infiniti valori di o, dicesi involu- zione del grado n (*). Una semplice punteggiata può considerarsi come un’ involuzione di. pri- mo grado ( 7 ). *) Jonquikres, Gènéralisation de la théorie de l’involution (Annali di Matematica, tomo 2 ia 1859, pag. 86 ). Introduz. ad una teoria geometrica ec. 32 Un’involuzione è determinata da due gruppi. Infatti,, se le equazioni: knoa -t-fcn_ioat l...= 0, hnoa -+- 4>j_i oa” *...= 0 rappresentano i due gruppi dati , ogni altro gruppo dell’ involuzione sarà rap- presentato dalla : kn oa -+• k„_i oa* \ . . ■+• o (hn oa” H- hn_{ oa 1 . . . ) = 0 , ove o sia una quantità arbitraria. 22. Ogni qualvolta due punti a d’ uno stesso gruppo coincidano in un solo , diremo che questo è un punto doppio dell’ involuzione. Quanti punti doppi ha V involuzione rappresentata dall’equazione 1)? La condizione che quest’e- quazione abbia due radici eguali si esprime eguagliando a zero il discriminante della medesima. Questo discriminante è una funzione, del grado 2(n— 1), de’ coefficienti dell’equazione; dunque, eguagliandolo a zero, sì avrà un’equa- zione del grado 2(n — 1 ) in o. Ciò significa esservi 2(n — 1) gruppi, cia- scuno de* quali contiene due punti coincidenti, ossia: Un’involuzione del grado n h a 2 ( n — 1 ) punti doppi. 23. Siano alai...an gli n punti costituenti un dato gruppo. Il centro armonico m, di primo grado, di questi punti, rispetto ad un polo o preso ad arbitrio sulla retta data, è determinato dall’equazione: donde, avuto riguardo alla 1), si trae: k0-hoh0 *, -ho Quindi, il segmento compreso fra due punti m, m', centri armonici di due gruppi diversi, si potrà esprimere così: _ „m = " )(»-»’) (*! + oht )(*, + .'*,) - Siano ora n*i , m2 , m3 , i centri armonici ( di primo grado < al polo o ) di quattro gruppi , corrispondenti a quattro valori r , è evidente che 1’ equazione 5) conterrà nel primo membro il fattore oa , cioè il punto o terrà il posto di r punti comuni alle due involuzioni. (e) È superfluo accennare che, per le rette concorrenti in uno stesso pun- to , si può stabilire una teoria dell’ involuzione affatto analoga a quella suespo- sta pei punti di una retta. Luigi Cremona 324 25. Merita speciale studio l' involuzione di secondo grado o quadratica , per la quale, fatto n — 2 nella !)_, si ha un’equazione della forma: 6) h2.oa~-*-k{.oa + k0-bo(h.2.oa -hh[ .oa-t-/t0) = 0. Qui ciascun gruppo è composto di due soli punti, i quali diconsi coniu- gati; e chiamasi punto centrale quello, il cui coniugato è a distanza infinita. Posta 1’ origine o de’ segmenti nel punto centrale ed inoltre assunto il grup- po, al quale esso appartiene, come corrispondente ad « = oo, dovrà essere h2 = A0 = 0. Pertanto , se a, a' sono due punti coniugati qualunque , l’ equa- zione 6) dà: Confrontando questa equazione con quella che esprime la projettività di due punteggiate (9): ia . fa' = cost. si vede che l’ involuzione quadratica nasce da due punteggiate projettive , le quali vengano sovrapposte in modo da far coincidere i punti %, f corrispon- denti ai punti all’ infinito. Altrimenti possiam dire che due punteggiate projet- tive sovrapposte formano un'involuzione ( quadratica ), quando un punto a , considerato come appartenente all’ una o all’altra punteggiata, ha per corri- spondente un solo e medesimo punto a! . Da tale proprietà si conclude che nell’ involuzione quadratica, il rapporto anarmonico df quattro punti è eguale a quel- lo de' loro coniugati. (a) Siano e ,f\ due punti doppi (22) dell’involuzione, determinati dal- T eguaglianza oe = of — cost. ; avremo : cioè il rapporto anarmonico (efaa')è eguale al suo reciproco , epperò è == — I, non potendo mai il rapporto anarmonico di quattro punti distinti essere egua- le all' unità positiva. Dunque : nell' involuzione quadratica, i due punti doppi e due punti coniugati qualunque formano un sistema armonico. Ne segue che un’ involuzione di secondo grado si può considerare come la serie delle infinite coppie di punti aa! che dividono armonicamente un dato segmento ef. (b) Due involuzioni quadratiche situate in una stessa retta hanno un grup- po comune, cioè vi sono due punti a, a! tali, che il segmento aa! è diviso armonicamente si dai punti doppi e, f della prima ^ che dai punti doppi g,k della seconda involuzione. Infatti: sia preso un punto qualunque m nella retta data; siano m' ed m{, i coniugati di m nelle due involuzioni. Variando m, i pumi m mt, generano due punteggiale projettive, i punti comuni delle quali costituiscono evidentemente il gruppo comune alle due involuzioni proposte. Introduz. ad una teoria geometrica ec. 325 E pure evidente che due involuzioni di grado eguale, ma supcriore al secondo, situale in una stessa retta, non avranno in generale alcun gruppo comune. 26. La teoria dell’ involuzione quadratica ci servirà nel risolvere il pro- blema che segue. Se abcd sono quattro punti in linea retta , abbiamo denominati fondamen- tali ( 1 ) i tre rapporti anarmonici : ( dbcd ) = À , ( acdb ) = ^ ^ , ( adbc ) = • Se i primi due rapporti sono eguali fra loro, vale a dire, se: cioè tutti e tre i rapporti anarmonici fondamentali sono eguali fra loro. Dati i punti abc in mia retta, cerchiamo di determinare in questa un punto d , tale che sodisfaccia all’ eguaglianza : (abcd) = (acdb), ossia : ( abcd ) = ( cabd ). Assunto ad arbitrio nella retta data un punto m , si determini un pun- to mi per modo che sia ( abcm ) = ( cabra' ). Variando simultaneamente m, m' generano due punteggiate proiettive, nelle quali ai punti a, 6, c} m corrispondono ordinatamente c, a, b, mi. Se chiaraansi d, e i punti comuni di queste punteggiate, si avrà: ( abcd ) = ( cabd ) , ( abce ) = ( cabe ) , cioè il proposto problema è risoluto da ciascuno de’ punti d , e. Ora siano a, p, y i tre punti della retta data, che rendono armonici i tre sistemi (b, c, a, a), (c, a, b, p) , (a, 6, c, y); i due sistemi (a,b,c,y ), (a ,c , b , P) saranno proiettivi, e siccome al punto b, considerato come ap- partenente all’uno o all’altro sistema, corrisponde sempre c,così le tre cop- pie aa, bc, Py sono in involuzione, cioè a è un punto doppio dell’involu- zione quadratica determinata dalle coppie bc , Py. L’altro punto doppio della stessa involuzione è a, poiché il segmento bc è diviso armonicamente dai pun- ti a , a. Dunque a , a dividono armonicamente non solo bc , ma anche pj. Si ha perciò: ( bcaa ) = ( Pyaa } = — 326 Luigi Cremona ossia i sistemi ( b , c , a, a), (/?, y9 a , a) sono projettivi: la qual cosa torna a dire che le coppie aa , b jp , cy sono in involuzione (*). Da un punto o preso ad arbitrio fuori della retta data imagininsi condotti i raggi o(a, a,b, p 9 c,y) e o(d,e), i quali tutti si seghino con una tras- versale parallela ad oc nei punti a', a' , b'9 p'9 1» , /, d', e. Avremo: X — ( acdb ) = ( doo d'b1 ) — , ab onde la 7 ) diverrà : 8) dd'2 - ddr . db' = 0. Essendo ( abcy ) = — 1 , si ha ( db' oo / ) rz — 1 , cioè y' è il punto medio del segmento db'. Quindi, per le identità: dd' = y'd' — y'd , db’ = — 2y'a' , la 8) diviene: 9) y'd'2 = /e'2 = 3y'd . y'V , donde si ricava che y' è il punto medio del segmento d'e' 9 cioè si ha (dVooy')= — 1, epperò ( decy ) = — 1. Similmente si dimostra essere (de6/?)= — 1, ( deaa ) — 1; vale a dire d9 e sono i punti doppi dell’ involuzione (a«; bp9 cy) (**). Il rapporto anarmonico X è dato dall’ equazione 7) , ossia è una radice cubica imaginaria di — 1. Per conseguenza , i quattro punti ( dbcd ) od ( abce ) non possono essere tutti reali. L’ equazione 9) ha il secondo membro negativo o positivo , secondo che db' siano punti reali o imaginari coniugati. Dunque, se i tre punti dati a, b, c sono tutti reali, i punti de sono imagi- nari coniugati 9 ma se due de’ tre punti dati sono imaginari coniugati, i pun- ti de sono reali. L’ equazione 8) poi mostra che , se db' = 0 , anche dd! — de — 0 ; cioè, se due de’ punti dati coincidono in un solo, in questo cadono riuniti anche i punti de. 27. Chiameremo equianarmonico un sistema di quattro punti, i cui rap- porti anarmonici fondamentali siano eguali, ossia un sistema di quattro punti aventi per rapporti anarmonici le radici cubiche imaginarie di — 1. Quattro punti in linea retta siano rappresentati ( 6 ) dall’ e- quazione : 10) A . om -t- 4B . oro5 -h 6C . om -h AD . om -+- E = 0. Se il sistema di questi quattro punti è equianarmonico , si avrà: ovvero, sostituendo ai segmenti m{m^9... le differenze om.2 — om{ 9 . . . : (ow»! — om2) (om{—om7) (om4— om2) (om4 — om3) -f-(om2— om-)2 (orni -“om4)2 = 0* Introduz. ad una teoria geometrica ec. 327 Sviluppando le operazioni indicate , quest’ equazione si manifesta simme- trica rispetto ai quattro segmenti om, onde si potrà esprimerla per mezzo dei soli coefficienti della 10). Ed invero, coll’aiuto delle note relazioni fra i coef- ficienti e le radici di un’ equazione , si trova senza difficoltà : AE - 4BD -+■ 3C2 = 0 , come condizione necessaria e sufficiente affinchè i quattro punti rappresentati dalia 10) formino un sistema equianarmonico (*). A UT. v. Definizioni relative alle linee piane. 28. Una linea piana può considerarsi generata dal movimento di un punto o dal movimento di una retta: nel primo caso, essa è il luogo di tut- te le posizioni del punto mobile; nel secondo, essa è 1’ inviluppo delle posi- zioni della retta mobile (**). Una retta, considerata come luogo de’ punti situati in essa, è il più semplice esempio della linea-luogo. Un punto, risguardato come inviluppo di tutte le rette incrociantisi in esso, è il caso più semplice della linea-inviluppo. Un luogo dicesi dell7 ordine n , se una retta qualunque lo incontra in n punti (reali, imaginari, distinti o coincidenti). Il luogo di primo ordine è la retta. Un sistema di n rette è un luogo dell’ ordine n. Due luoghi , i cui or- dini siano rispettivamente n, n' formano insieme un luogo dell' ordine Un luogo dell’ordine n non può, in virtù della sua definizione, essere incontralo da una retta io più di n punti. Dunque, se un tal luogo avesse con una retta più di n punti comuni, questa sarebbe parte di quello, cioè tutt’ i punti della retta apparterebbero al luogo. Una linea curva di dato ordine si dirà semplice, quando non sia compo- sta di linee d’ ordine inferiore. Un inviluppo dicesi della classe n,se per un punto qualunque passano n posizioni della retta inviluppante, ossia n rette tangenti (reali, imaginarie , distinte o coincidenti ). V inviluppo di prima classe è il punto. Un sistema di n punti è un inviluppo della classe n. Due inviluppi , le cui classi siano n, n, costituiscono, presi insieme, un inviluppo della classe n -+• n. Se ad un inviluppo della classe n arrivano più di n tangenti da uno stesso punto, questo appartiene necessariamente a quell’ inviluppo , cioè tutte le rette condotte pel punto sono tangenti dell’ inviluppo medesimo. Una curva-inviluppo di data classe si dirà semplice, quando non sia com- posta di inviluppi di classe minore. 29. Consideriamo una curva-luogo dell’ ordine n. Se a è mia posizione del punto generatore, ossia un punto della curva, la retta A che passa per a e per la successiva posizione del punto mobile è la tangente alla curva in quel punto. Cioè, la curva luogo delle posizioni di un punto mobile è anche (*) Paiuvin, Équatùm des rapporti anharmoniques etc. ( Nouvelles Annales de Malliématiques, 19, Paris 1860, p. 412 . (**) PlOcker , Theorie der algebraischen Curven, Bonn 1839, p. 200. 328 Cremona 1* inviluppo delle rette congiungenti fra loro le successive posizioni del punto medesimo. Nel punto di contatto a la curva ha colla tangente A due punti comuni (contatto bipunto ); quindi le due linee avranno, in generale, altri n — 2 punti d’ intersecazione. Se due di questi n — 2 punti coincidono in un solo b , la retta A sarà tangente alla curva anche in b. In tal caso, la retta A dice- si tangente doppia ; a e b sono i due punti di contatto (*). Invece, se una delle n — 2 intersezioni s* avvicina infinitamente ad a, la retta A avrà ivi un contatto tripunto colla curva. In tal caso , la retta A dicesi tangente stazionaria , perchè, se indichiamo con a , a , a" i tre punti iufini- tamente vicini che costituiscono il contatto , essa rappresenta due tangenti suc- cessive aa! , a! a!' ; e può anche dirsi eh’ essa sia una tangente doppia , i cui punti di contatto a, a' sono infinitamente vicini. Ovvero: se la curva si sup- pone generata dal movimento di una retta , quando questa arriva nella posizio- ne A cessa di ruotare in un senso, si arresta e poi comincia a ruotare nel senso opposto. 11 punto di contatto a della curva colla tangente stazionaria chiamasi flesso, 'perchè ivi la retta A tocca e sega la curva, onde questa passa dall’ una all’ altra banda della retta medesima. 30. Consideriamo ora una curva-inviluppo della classe m. Se A è una posizione della retta generatrice, cioè una tangente della curva, il punto a ove A è incontrata dalla tangente successiva , è il punto in cui la retta A toc- ca la curva. Quindi la curva inviluppo di una retta mobile è anche il luogo del punto comune a due successive posizioni della retta stessa. Per un punto qualunque si possono condurre , in generale , m tangenti alla curva. Ma se si considera un punto a della curva, due di quelle m tan- genti sono successive, cioè concidono nella tangente A. Quindi per a passe- ranno , inoltre , m — 2 rette tangenti alla curva io altri punti. Se due di queste m — 2 tangenti coincidono in una sola retta B , la curva ha in a due tangenti A, B 3 cioè passa due volte per a , formando ivi un nodo ; le rette A e B toccano in a i due rami di curva che ivi s’ incro- ciano. In questo caso, il punto a dicesi punto doppio (*). Invece , se una delle m — 2 tangenti coincide con A , questa retta rap- presenta tre tangenti successive A , A', A ", ed il punto a può considerarsi come un punto doppio, le cui tangenti A, A' coincidano (cioè, il cui nodo sia ridotto ad un punto ). Nel caso che si considera , il punto a dicesi cuspi- de o regresso o punto stazionario , perchè esso sappresenta V intersezione della tangente A con A’ e di A' con A" ; ossia perchè , se s’ imagina la curva ge- nerata da un punto mobile, quando questo arriva in a si arresta, rovescia la direzione del suo moto e quindi passa dalla parte Opposta della tangente A ( tangente cuspidale ). Dalle formole di Pliicker, che saranno dimostrate in seguito ( xvi. ) , si raccoglie che una curva-luogo di dato ordine non ha in generale punti Introduz. ad una teoria geometrica ec. 329 doppi nè cuspidi, bensì tangenti doppie e flessi; e che una curva-inviluppo di data classe è in generale priva di tangenti singolari, ma possiede invece punti doppi e punti stazionari. Però, se la curva è di natura speciale, vi potranuo anche essere punti o tangenti singolari di più elevata molliplicità. Una tangente si dirà multipla secondo il numero r , ossia ( r )pla, quando tocchi la curva in r punti , i qua- li possono essere tutti distinti, o in parte o tutti coincidenti. Un punto si dirà ( r )pl°, quando per esso la curva passi r volte , epperò ammetta ivi r tangenti tutte distinte, ovvero in parte o tutte sovrapposte. 31. Se una curva ha un punto ( r fl0 a, ogni retta condotta per a sega ivi r volte la curva, onde il punto a equivale ad r intersezioni della retta colia curva. Ma se la retta tocca uno de’ rami della curva, passanti per a, essa avrà in comune con questa anche quel punto di esso ramo che è succes- sivo ad a ; cioè questo punto conta come r -f- 1 intersezioni della curva colla tangente. Dunque , fra tutte le rette condotte per a ve ne sono al più r ( le tangenti agli r rami ) che segano ivi la curva in r h- 1 punti coincidenti ; ep- però, se vi fossero r -f- 1 rette dotate di tale proprietà, questa competerebbe ad ogni altra retta condotta per a, cioè a sarebbe un punto multiplo secondo il numero r + 1. Analogamente : se una curva ha una tangente A multipla secondo r , questa conta per r tangenti condotte da un punto preso ad arbitrio in essa , ma conta per r 1 tangenti rispetto a ciascuno de’ punti di contatto della curva con A. Cioè da ogni punto di A partono r tangenti coincidenti con A ; e vi sono al più r punti in questa retta , da ciascun de’ quali partono r -+- 1 tangenti coincidenti colla retta stessa. Onde, se vi fosse un punto di più, dotato di tale proprietà , questa spetterebbe a tuli* i punti di A , e per con- seguenza questa retta sarebbe una tangente multipla secondo r + 1. Da queste poche premesse segue che: Se una linea dell’ ordine n ha un punto ( n Yl° a , essa non è altro che il sistema di » rette concorrenti in a. Infatti, la retta che unisce a ad un altro punto qualunque del luogo ha, con questo, n + 1 punti comuni, eppe- rò fa parte del luogo medesimo. Così , se un inviluppo della classe m ha una tangente ( m )pla, esso è il sistema di m punti situati sopra questa retta. Una curva semplice dell9 ordine n non può avere , oltre ad un punto ( n — 1 )pl° anche un punto doppio , perchè la retta che unisce questi due punti avrebbe n -+- 1 intersezioni comuni colla curva. Analogamente , una curva semplice della classe w» non può avere una tangente ( m — 1 )pla ed inoltre un* altra tangente doppia , perchè esse rappresenterebbero m 1 tangenti con- correnti nel punto coniuue alle medesime. Ut. VI. Punti e tangenti comuni a due curve. 32. In quanti punti si segano due curve, gli ordini delle quali siano n, nr ? Ammetto, come principio evidente, che il numero delle intersezioni dipenda unicamente dai numeri n, ri, talché rimanga invariato, sostituendo alle corvè date altri luoghi dello stesso ordine. Se alla curva d’ ordine ri si T. XII. 42 330 Luigi Cremona sostituiscono »' rette, queste incontrano la curva (l’ordine n in nn' punti; dunque : due curve, i cui ordini siano n , n, si segano i n nn Si dirà che due curve hanno nn contano bipunto y tripunto , quadripun- to y cinquipunto sipunto , . . . quando esse abbiano due , tre , quattro , cinque . sei , . . . punti consecutivi comuni , e per conseguenza anche due , tre , quat- tro , cinque , sei , . . . tangenti consecutive comuni. Se per un punto a passano r rami di una curva ed r di un’altra, quel punto dee considerarsi come intersezione di ciascun ramo della prima curva con ciascun ramo della seconda, epperò equivale ad rr' intersezioni so- vrapposte. Se , inoltre , un ramo della prima curva ed un ramo della seconda hanno in a la tangente comune , essi avranno ivi due punti comuni , onde a equivarrà ad rr' ■+• 1 intersezioni. In generale , se in a le due curve hanno s tangenti comuni , a equivale ad rr -t- s punti comuni alle due curve. Come caso speciale , quando le r tangenti della prima curva e le r' del- 1’ altra, nel punto comune a, coincidono tutte insieme in una sola retta T, questa, supposto r' p , è np-(i>-*Hp— *> n. 43. Siano date due curve, 1’ una d’ordine p, l’altra d’ordine q , e sia p -+■ q = n. Se nel luogo d’ ordine n , formato da queste due curve, si prendono n(» + 3) — 1 punti , per essi passeranno infinite curve d’ ordine ì comune altre — (n jntersezionj ( 41 ) , di- punti, se ne prendano np — g sulla curva d’ordine;) ed nq — h sulla curva d’ordine q, ove g3 h sono due numeri (interi e positivi) soggetti alla con- dizione : ,1 De relationibus , qu(B locurn habere <• puncta inter sectionis duarum Introduz. ad una teoria geometrica ec. 341 Inoltre, affinchè le due curve siano determinate dai punti presi in esse, dovrà essere : «P - 9 > à > nq-h > - , da cui : _ p (p — 3) — g(g — 3) 9<~ j + P9’ * < g Se in queste due relazioni poniamo per g e per h i valori dati dalla 1), ab- biamo : 1 = )(?-2) _ = (P- 1) (jp — 2) A> f 9> 2 ■ Così sono fissati i limiti entro i quali devono essere compresi g, h. Possiamo (p— 1 ) (p — dire che g è compreso fra il limite minimo -rpq. valore, il teorema suenun- Abbiamo così il teorema (*): Tutte le curve d ’ ordine nr-p -f- q, descritte per np — g punti dati di una curva d’ordine p e per nq — h punti dati di una curva d ' ordine q, segano la prima curva in altri g punti fissi e la seconda curva in altri h punti fissi. (a) Da questo teorema segue immediatamente: Affinchè per le n2 intersezioni di due curve d’ordine « passi il sistema di due curve d’ ordini p, n— p, è neces- sario e sufficiente che di queste intersezioni np — g ap- partengano alla curva d’ ordine p, ed n(» — p) — h apparten- gano alla curva d ’ ordine n — p. (b) Quando il numero g ha il suo ciato può esprimersi così: (p — 1 ) fp— 2) Ogni curva d ’ ordine n , descritta per np — — - - — — punti dati di una curva d’ ordine p < n, incontra questa in altri punti fissi. Ovvero : Se delle n2 intersezioni di due curve d’ordine n . (p — - 1 ) (p — 2 ) . . .. .. np — giacciono in una curva d ordine p )

cioè che abbia in a un contatto tripunto con A. E condotta per a una retta B ad arbitrio ,, $i*potrà anche determinare una curva del fascio che passi pel punto di B successivo ad a; la qual curva avrà per conseguen- za due punti coincidenti in a, in comune con qualunque altra retta passante per a (31). Dunque: fra tutte le curve di un fascio, che si tocchino in un Introduz. ad una teoria geometrica ec. 345 punto a, ve n’ ha una per la quale a è un flesso e ve n’ ha un’ altra per la quale a è un punto doppio. 48. Può accadere che un punto-base a sia un punto doppio per tutte le curve del fascio: nel qual caso, quel punto equivale a quattro intersezioni di due qualunque delle curve del fascio (32), epperò i rimanenti punti-base saranno n2 — 4. Allora è manifesto che le coppie di tangenti alle singole cur- ve nel loro punto doppio comune formano un' involuzione quadratica : questa ha due raggi doppi, epperò vi sono due curve nel fascio , per le quali a è una cuspide. Se tutte le curve del fascio hanno, nel punto doppio a, una tangente comune, qualunque retta condotta per a e considerata come seconda tangente determina una curva del fascio. Dunque, in questo caso, vi sarà una sola curva per la quale a sia una cuspide. Se tutte le curve del fascio hanno, nel punto doppio a, entrambe le tangenti A, A' comuni, potremo determinare una di quelle curve per modo che una retta passante per a e diversa da A , A' , abbia ivi colla curva tre punti comuni. Dunque (31), nel caso che si considera, vi è una curva nei fascio , per la quale a è un punto triplo. Ciò vale anche quando le rette A , A' coincidano, cioè tutte le curve del fascio abbiano in a una cuspide, colla tangente comune. Analogamente: se a è un punto (r)pl° per tutte le curve del fascio, e se questi hanno ivi le r tangenti comuni, v’ha una curva del fascio, per la quale a è un punto multiplo secondo r -+• 1 . 49. Se le curve d'ordine n, di un dato fascio, sono segate da una trasversale arbitraria, le intersezioni di questa con ciascuna curva formano un gruppo di n punti; e gli infiniti gruppi analoghi, determinali dalle infinite curve del fascio , costituiscono un’ involuzione di grado n. Infatti , per un pun- to qualunque » della trasversale passa una sola curva del fascio, la quale incontra la trasversale medesima negli altri n — 1 punti del gruppo a cui appartiene *. Ciascun gruppo è dunque determinato da uno qualunque de’ suoi punti: ciò che costituisce precisamente il carattere dell’involuzione (21). L' involuzione di cui si tratta ha 2 ( n •— 1 ) punti doppi (22); dunque: Fra 1 e^ curve d’ ordine n, d’ un fascio, ve ne sono È evidente che un fascio d' ordine nel’ involuzione di grado n , eh' esso determina sopra una data retta, sono due forme geometriche proiettive: cioè il rapporto anarmonico di quattro curve del fascio ed il rapporto anarmonico de’ quattro gruppi di punti , in cui esse segano la retta data , sono eguali. Due fasci di curve si diranno projettivi quando siano rispettivamente proiettivi a due stelle proiettive fra loro ; ossia quaudo le curve de’ due fasci si corrispondano fra loro ad una ad una. Evidentemente i rapporti anarmonici di quattro curve dell’ un fascio e delle quattro corrispondenti curve dell' altro sono eguali. E le involuzioni, che due fasci projettivi determinano su di una stessa trasversale o su di due trasversali distinte, sono proiettive. 50. Siano dati due fasci projettivi, l’uno d’ordine n, l’altro d’ordine n'; di qual ordine è il luogo delle intersezioni di due curve corrispondenti? Con una trasversale arbitraria sego entrambi i fasci: ottengo cosi due involu- zioni proiettive, 1’ una di grado n, l’altra di grado n'. Queste involuzioni t. xn. 44 346 Introduz. ad una teoria geometrica ec. 347 Se la corrispondente curva Cn' del secondo fascio passa per o, il teorema ge- nerale applicato ad una retta qualunque condotta per o (r = 1 , r' = 0, $ = 1 , s' = 1 ) mostra eh’ essa incontra Cn+n' in due punti riuniti in o j cioè questo punto è doppio per Cn+n- (c) Nella ipotesi (b), se Cn' ha in o un punto multiplo e si applica il teorema generale ad una delle due tangenti in o aCn(r=l,r' = 0,s = 2, s > 1 ) , troviamo che questa retta ha tre punti comuni con Cn+n ' riuniti in o ; dunque questa curva ha in comune con Cn non solo il punto doppio o , ma anche le relative tangenti. (d) Fatta ancora l’ipotesi (b), se R, tangente comune a41e curve del primo fascio in o, è anche una delle tangenti ai due rami di Cn (r = 2, r' = 0, s = 1 , s' = 1 ) , essa sarà tangente ad uno de’ due rami di Cn+n'- (e) E se, oltre a ciò, la seconda tangente di Cn in o tocca ivi anche Cn' 5 applicando a questa retta il teorema generale ( r = 1 , r'=0, 8 = 2, s' = 2) , troviamo eh’ essa è la tangente del secondo ramo di Cn+n'. Donde segue che, se Cn ha in o le due tangenti coincidenti colla retta R, tangente comune alle curve del primo fascio, e se questa retta tocca nel medesimo punto anche Cn' , la curva Cn+n' avrà in o una cuspide colla tangente R. (f) Due curve corrispondenti Cn, Cn' passino uno stesso numero i di volte per un punto o. Se R è una retta condotta ad arbitrio per o, si ricava dal teorema generale (r = r' = 0 , s = s' = *) che in o coincidono i interse- zioni di Cn+n' con R, cioè o è un punto multiplo secondo i per la curva Cn+n' • (g) Se Cn passa t volte e Cn' un maggior numero i' di volte per o, questo punto è ancora multiplo secondo i per Cn+n'- Inoltre, se si considera una delle tangenti di Cn in o , il teorema generale ( r = r' = 0 , s = « -r- 1 , $' > i) dà i + 1 intersezioni di questa retta con C,+n' riunite in o. Dunque le tangenti agli i rami di Cn toccano anche gli t rami di Cn+n' - Nello stesso modo si potrebbe dimostrare anche quanto è esposto nel n° seguente. 52. Supponiamo ora che le basi de’ due fasci abbiano un punto comune a, il quale sia multiplo secondo r per le curve del primo fascio e multiplo secondo r' per le curve del secondo. Ogni curva del primo fascio ha in a uu gruppo di r tangenti: gli analoghi gruppi corrispoudenti alle varie curve del fascio medesimo formano un’ involuzione di grado r. Similmente avremo un’ in- voluzione di grado r' formata dalle tangenti in a alle curve del secondo fascio. Le due involuzioni hanno r -+- r' raggi comuni (24, b), ciascuno de’ quali, toccando in a due curve corrispondenti de’ due fasci , tocca ivi anche la curva Cn+n’ • Laonde questa curva ha r + r rami passanti per a, e le tangenti a questi rami sono i raggi comuni alle due involuzioni. ( a ) Da ciò segue che , se tutte le curve d’ uno stesso fascio hanno alcuna tangente comune in a, questa è anche una tangente di Cn+n'. Supposto che tutte le r tangenti in a siano comuni alle curve del primo fascio , epperò siano tangenti anche alla curva d’ ordine n -i~ n' , le rimanenti r tangenti di questa sono evidentemente le r' tangenti di quella curva Cn' del secondo fascio , che corrisponde alla curva Cn del primo fascio, dotata di un punto multiplo se- condo r + 1 in a ( 48 ). 53. L’ importante teorema ( 50 ) conduce naturalmente a porre questa quistione : 348 Luigi Cremona Dati quanti punti sono necessari per determinare lina curva dell9 ordine n + n'j formare due fasci proiettivi, Fimo dell9 ordine n, l’altro dell’ordine ri , i quali , colle mutue intersezioni delle curve corrispondenti , generino la curva richiesta. Ove questo problema sia risoluto , ne conseguirà immediatamente che ogni curva data d’ordine n-f-n' può essere generata dalle mutue intersezioni delle curve corrispondenti di due fasci proiettivi degli ordini n ed ri. La soluzione di quel problema fondamentale dipende da alcuni teoremi do- vuti ai signori- Chasles e Jonquières, che ora ci proponiamo di esporre. I quali teoremi però risguardano soltanto le curve d’ ordine n ■+• ri > 2 , poiché , per quelle del second’ ordine , basta la proposizione dimostrata al n.° 50, come si vedrà fra poco (59). Ci sia dunque lecito supporre n -+• ri non minore di 3. 54. Sopra una curva Clv+n' d’ ordine n -+- ri si suppongano presi n2 punti formanti la base d9 un fascio d’ordine n, e ritengasi in primo luogo n>ri. Siano C„, C'n due curve di questo fascio. Siccome delle n(n + n') interse- zioni delle curve Cn+n' , Cn ve ne sono n2 situate in C\ , così ( 44 ) le altre nri saranno sopra una curva Cn' d9 ordine ri , la quale è determinata , perchè , essendo n>ri, si ha n ^ epperò nri ^ (*). Analoga- mente : siccome delle n[n-h ri) intersezioni di Cn+n' , C'n ve ne sono n2 sopra Cn , così le altre nri saranno in una curva C'n ' d’ ordine ri . I due luoghi d’ ordine « -+- ri , Cn -+* C'n' e C'n -+• Cn' si segano in ( n-+-n' )2 punti, de' quali n2 -+• 2nnr = n (n -+- 2nr ) sono situati in Cn+n'. Quindi, sic- come n(n-t-2n') ^ + U - 1 (**) , così (41) anche le altre ri'2 intersezioni di que* due luoghi, ossia gli n'2 punti comuni a Cn', C'w , giacciono in Cn+n' e formano la base d’ un fascio d9 ordine ri. Così abbiamo sopra Cn+n’ due sistemi di punti : 1’ uno di n2 punti , base d’ un fascio d' or- dine n ; 1’ altro di ri'1 punti , base d’ un secondo fascio d9 ordine ri. Ogni curva Cn del primo fascio sega Cn+n' in altri nri punti, che determinano una curva Cn' del secondo fascio ; e viceversa , questa curva determina la prima. Dunque i due fasci sono proiettivi e le intersezioni delle curve corrispondenti Cn, Cn' sono tutte situate sopra Cn+n' - ri +3 _ (»-»') r n > 3 si ha »(n + 2n') = • 2 (n + n'P + 3 (•» + »') — 2 Introduz. ad una teoria geometrica ec. 349 (a) In secondo luogo, si supponga n ^ ri. Ogni curva Cn, condotta per gli n2 punti di Cn+ri, sega questa curva in altri nri punti, i quali, in que- sto caso, non sono indipendenti fra loro, perchè ogni curva d’ ordine ri con- dotta per nri — — — di questi punti passa anche per tutti gli altri (41, 42). Dunque, assumendo ad arbitrio altri ^ U 1 W-. - » I . »r(n, + 3)-+-(n-l)(» — 2) ... tutti questi punti giaceranno in una curva €n' d’ ordine ri. Quei punti addizionali siano presi sulla curva data Cn+n’. Analogamente: un’ altra curva C'n del fascio d’ ordine n , sega Cn+n' in nri ( oltre gli ri1 punti-base ) e questi insieme agli punti addizionali suddetti determineranno una curva C'n' d' ordine ri. I due luoghi d’ ordine n -+- ri, Cn -+• CV e C'n ■+• Cn' hanno in |n + n')2 punti, de’ quali n2 -f- 2nnr -t- ^ ^ Cn+)ì'. Ma questo numero è eguale a = (n + rfjj w + n'-KS ■ 1 -f- (n— 1) (n — 2), 1 ; dunque ( 41 ) , le rimanenti (ri- »)(»'- - intersezioni di Cn', C'n' sono aneli’ esse in Cn. ed insieme ai punti addizionali costituiscono la base d’ un fascio d’ ordine ri. Così , anche in questo caso , abbiamo in C„+n' due sistemi di punti , costituen- ti le basi di due fasci, degli ordini n, ri. 1 due fasci sono projeltivi, per- chè ogni curva dell’ uno determina una curva dell’ altro e reciprocamente. Inoltre le curve corrispondenti si segano costantemente in punti appartenenti alla data C**»' (*). ( b ) Questo teorema mostra in qual modo , data una curva d’ ordine a -+* ri ed in essa i punti-base d’ un fascio d’ ordine » , si possano determi- nare i punti-base d’ un secondo fascio d’ ordine ri9 projettivo al primo , tal- mente che i due fasci , colle intersezioni delle curve corrispondenti , generino la curva data. Rimane a scoprire come si determinino, sopra una curva data d* ordine n -+- ri, gli n2 punti-base d’ un fascio di curve d’ ordine n. 55. In primo luogo osserviamo che dal teorema di Cayiey ( 44 ) si ricava : (n — ri — 1 ) ( n — ri — 2 ) Se una curva d' ordine n -+- ri contiene ri2 surfaces géométriques de tout 350 Luigi Cremona intersezioni di due curve d’ ordine », essa contiene anche tutte le altre Ossia : Quando n2 — ^ — — punti-base d' un fascio d’ ordine w giacciono in una curva d’ ordine » -b ri , questa contiene anche tutti gli altri. Il qual teorema suppone manifestamente w — ri — 2 > 0 ossia » > ri -+- 2. Sia dunque n> ri - 1- 2 e supponiamo che sopra una data curva d’ ordine n -h ri si vogliano prendere ri2 punti costituenti la base d’ un fascio d’ ordine ». Affin- chè la curva data contenga gli n2 punti-base, basta che ne contenga ri2 — — — - — — — j cioè devono essere sodisfatte altrettante condizioni. Ora, astraendo dalla curva data, gli ri2 punti-base sono determinati da »(»-+• 3 ) 1 fra essi , e siccome per determinare un punto sono necessarie due condizioni, così per determinare tutta la base del fascio abbisognerebbe- ro »(»-f-3) — 2 condizioni. Ma volendo soltanto che i punti-base siano nel- la curva data , non si hanno da sodisfare che ri2 — — condizioni ; quindi rimarranno » ( » -H 3 ) — 2 — ri2 _ (n — ri)2 •+■ 3 (ti+nf) (n — ri — 1 ) (» — ri — 2) condizioni libere , cioè d’ altrettanti elementi si s disporre ad arbitrio. Siccome un punto che debba giacere sopra una data a è determinato da una sola condizione, così potremo prendere, ad arbi- — — — — — punti , per formare la base ri - h 2 , perchè gli »2 punti-base trio, nella curva data del fascio d’ ordine n. Nell’ altro caso ] .siano nella curva data, occorrono n2 condizioni; quindi, ragionando come dianzi , rimarranno w ( n -t- 3 ) — 2 — n2 = 3n — 2 condizioni libere. Dunque : Quando in una curva data d’ordine »-+-»' si voglio- no determinare ri2 punti costituenti la base d'un fascio d’ ordine », si possono prendere ad arbitrio nella curva (»-«')* + 3 (n+ri) -2 3» — 2 punti, secondo che si «'-2, ovvero » < »' + 2 (*}. Dai due teoremi ora dimostrati ( 54 , 55 ) risulta che una curva 1 , 21 seplembre 1857 : prendre etc. ( Comptes ren- Introduz. ad una teoria geometrica ec. 351 que d’ ordine m , può essere generata , in infinite maniere diverse , mediante due fasci projettivi, i cui ordini n, ri diano una somma = 56. Trovato così il numero de’ punti che si possono prendere ad arbitrio sopra una data curva d’ ordine m , per costituire la base d’ un fascio d’ or- dine n < m , rimane determinato anche il numero de’ punti che non sono ar- bitrari , ma che è d' uopo individuare , per rendere complete le basi de’ due fasci generatori. Ed invero : se il numero m è diviso in due parti n , ri, que- ste o saranno disuguali, o uguali. Siano dapprima disuguali, ed n la maggiore. Se n > n' 2 , il numero de’ punti arbitrari è — — ?. n ( » H- 3 ) Ma le basi de' due fasci sono rispettivamente determinate da 1 2 n ( n -t- 3 ) ■+■ n ! — 1 punti; dunque il numero de’ punti incogniti »' + 3) ( n — n' )2 -!- 3 ( n -+- »' ) — 2 Se n = n' + 2, ovi 3» — 2 , quindi i punti n(» + 3) + n'(n' + 3 ri -+- 1 , il numero de’ punti arbitrari è saranno - — 2 — ( 3n — 2 ) = nri — 1. Quando n ed ri siano uguali , il numero de’ punti arbitrari , che si pos- sono prendere nel formare la base del primo fascio, è 3n — 2 ; ma, determi- nata questa base, si può ancora prendere un punto ( addizionale ) ad arbitrio nel formare la base del secondo fascio: come risulta dal n.° 54, nel quale il numero de’ punti addizionali arbitrari — per n — ri diviene appunto = 1 . Dunque il numero de’ punti incogniti è n ( n -4- 3 ) -*- n _ 2 _ ( 3n _ 2 Allo stesso risultato si arriva anche partendo da quello de’ due numeri n, ri, che si suppone minore. Sia n " - <-■' ~ " 1 ^ ~ ^ Concludiamo adunque che, nel formare le basi de’ due fasci d ’ ordini n, ri, generatori d’ una curva d’ ordine n-bri, v’ha sempre un numero nri — 1 di punti che non sono ar- bitrari, ma che bisogna determinare mediante gli elementi che individuano la curva. 352 Luigi Cremona 57. Siano dati (n -*-»') (n + ri 4-3) punti, pei quali si vuol far pas- sare una curva d’ ordine n 4- ri : cioè si vogliano determinare due fasci d’ dini n 3 ri 3 projettivi , in modo che il luogo delle intersezioni delle curve c rispondenti sia la curva d’ ordine n 4- ri determinata dai punti dati. »(» -fr 3 )-m' (»'-*■ 3) Siccome fra gli - 2 punti, che individuano le basi de5 due fasci, ve ne sono nri — 1 che non si ponno prendere ad arbitrio, non si potranno far entrare nelle due basi che w(n + 3)+n'(«' + 3) -*-(» 1 ) punti , scelti ad arbitrio fra i dati. Di questi rimangono cosi 2nn' ■+■ 1 liberi. Affinchè la curva richiesta passi an- che per essi, le curve del primo fascio condotte rispettivamente per quei 2 nri 4-1 punti dovranno corrispondere projettivamente alle curve del secondo fascio con- dotte per gli stessi punti. E siccome nello stabilire la projettività di due for- me si possono assumere ad arbitrio tre coppie di elementi corrispondenti ( 8 ) , dopo di che, ad ogni quarto elemento della prima forma corrisponde un quar- to elemento della seconda , determinato dall’ eguaglianza de’ rapporti anarmoni- ci ; così la corrispondenza proiettiva di quelle 2 nri 4- 1 coppie di curve som- ministrerà ( 2 nri -h 1 ) — 3 = 2 ( nri — 1 ) condizioni : il qual numero è appun- to necessario e sufficiente per determinare gli nri — 1 punti incogniti (*). 58. Il problema suenunciato (53) ammette differenti soluzioni, non solo a cagione della molteplice divisibilità del numero esprimente l’ ordine della curva domandata in due parti n, ri , ma anche pei diversi modi con cui si potranno distribuire fra le basi de' due fasci generatori i punti che si assumono ad ar- bitrio (e quindi anche i punti incogniti). Da ciò che si è detto al n.° 56 risulta che : Art. XI. Costruzione delle curve di second’ ordine. 59. Se nel teorema (50 ) si pone n = ri = I , si ha : Date due stelle proiettive, i cui centri siano i punti o, o', il luogo del punto d’ intersezione di due raggi cor- rispondenti è una curva di second’ ordine, passante pei punti o , o'. Reciprocamente: siano o, o due punti fissati ad arbitrio sopra una curva di second* ordine ; m un punto variabile della medesima. Movendosi m sulla *t Josqoières, Essai sur la génération des courbes eie. p. 13 — 14. (**) Chasles , Détermination du nombre de points etc. c. s. Introduz. ad una teoria geometrica ec. 353 curva, i raggi om , o'm generano due stelle projettive. Quando m è infinita- mente vicino ad o, il raggio om diviene tangente alla curva in o; dunque la tangente in o è quel raggio della prima stella, che corrisponde alla retta o'o considerata come appartenente alla seconda stella. Da ciò scende immediata la costruzione della curva di second’ ordine , della quale siano dati cinque punti abcoo ’ . Si assumano due di essi , oo , co- me centri di due stelle projettive, nelle quali (oa, 6 a) , [ob , o'b) , (oc , o'c) siano tre coppie di raggi corrispondenti. Qualunque altro punto della curva sarà l’ intersezione di due raggi corrispondenti di queste stelle ( 3 ). Del resto , que- sta costruzione coincide con quella che si deduce dal teorema di Pascal (45, c). La qual costruzione si applica , senza modificazioni , anche al caso in cui due de’ punti dati siano infinitamente vicini sopra una retta data , ossia in altre pa- role , al caso in cui la curva richiesta debba passare per quattro punti dati ed in uno di questi toccare una retta data; ecc. Se nelle due stelle projettive, i cui centri sono o, o', la retta oo ' corri- sponde a sè medesima, ogni punto di essa è comune a due raggi corrispon- denti ( sovrapposti ) , epperò quella retta è parte del luogo di second’ ordine generato dalle due stelle projettive. Dunque questo luogo è composto della oo e di un’ altra retta , la quale conterrà le intersezioni de’ raggi corrispondenti delle due stelle (50, b). 60. Date due punteggiate projettive A, A' , di qual classe è la curva inviluppata dalla retta che unisce due punti corrispondenti? ossia, quante di tali rette passano per un punto arbitrario o? Consideriamo le due stelle che si ottengono unendo o ai punti della retta A ed ai corrispondenti punti di A' : tali stelle sono projettive alle due punteggiate , epperò projettive tra loro. Ogni retta che unisca due punti corrispondenti di il. A! e passi per o, è eviden- temente un raggio comune delle due stelle, cioè un raggio che coincide col proprio corrispondente. Ma due stelle projettive concentriche hanno due raggi comuni (10); dunque per o passano due rette , ciascuna delle quali è una tan- gente dell’ inviluppo di cui si tratta. Per conseguenza quest’ inviluppo è di seconda classe. Il punto comune alle due rette date si chiami p o q' , secondo che si consideri come appartenente alla prima o alla seconda punteggiata ; e siano p' , q i punti corrispondenti a p, q'. Le rette pp' (A1 ) e qqr (A) saranno tangen- ti alla curva di seconda classe; dunque questa è tangente alle rette date. Reciprocamente : due tangenti fisse qualunque A , X di una curva di seconda classe sono incontrate da una tangente variabile M della stessa curva in punti a, a' che formano due punteggiate projettive. Quando M è prossima a confondersi con A, a è il punto in cui A tocca la curva; dunque A tocca la curva nel punto q corrispondente al punto q1 di A' , ove questa retta è segata da A. Di qui si deduce la costruzione , per tangenti , della curva di seconda classe determinata da cinque tangenti. Due di queste sono incontrate dalle altre tre in tre coppie di punti, i quali, assunti come corrispondenti, individuano due punteggiate projettive. Qualunque altra tangente della curva richiesta sarà de- terminata da due punti corrispondenti di queste punteggiate. Se nelle due rette punteggiate projettive A , A' , il punto di segamento delle due rette corrisponde a sè medesimo , ogni retta condotta per esso unisce T. xir. 45 Luigi Cremona 354 due punti corrispondenti ( coincidenti ) ; laonde quel punto è parte dell' invi- luppo di seconda classe generato dalle due punteggiate. Cioè quest’ inviluppo sarà compósto del detto punto e di un secondo punto , pel quale passeranno tutte le rette congiungenti due punti corrispondenti delle punteggiate date (3). 61. Da un punto qualunque di una curva di seconda classe non può con- dursi alcuna retta a toccare altrove la curva (30), cioè una retta che tocchi la curva in un punto non può incontrarla in alcun altro punto. Dunque una curva di seconda classe è anche di second’ ordine. Analogamente si dimostra che una curva di second’ ordine è anche di se- conda classe. V’ ha dunque identità fra le curve di second’ ordine e quelle di seconda classe: a patto però che si considerino curve semplici. Perchè il si- stema di due rette è bensì un luogo di second’ ordine , ma non già una linea di seconda classe; e così pure, il sistema di due punti è un inviluppo di se- conda classe , senz' essere un luogo di second’ ordine. Le curve di second’ ordine e seconda classe si designano ordinariamente Col nome di coniche. 62. Dal teorema (59) risulta che, se abcd sono quattro punti dati di una conica ed m un punto variabile della medesima , il rapporto anarmonico de’ quat- tro raggi m ( a, b , c, d) è costante, epperò eguale a quello delle rette a (a, b, c, d ), ove aa esprime la retta che tocca la conica in a. Reciprocamente: dati quattro punti abcd, il luogo di un punto m, tale che il rapporto anarmonico delle rette m(a, b, c, d) abbia un valore dato X, è una conica passante per abcd, la quale si costruisce assai facilmente. Infatti: se s’ indica con aa una retta condotta per a e tale che il rapporto anarmonico delle quattro rette a (a, b, c, d) sia eguale a X , la conica richiesta sarà in- dividuata dal dover passare per abcd e toccare in a la retta aa. Il luogo geometrico qui considerato conduce alla soluzione del seguente problema : Date cinque rette o' (ar,b'9 cr, d' ,er ) concorrenti in un punto d e dati cinque punti abcde , trovare un punte o tale che il fascio di cinque rette o(a,b,c,d,e) sia proiettivo al fascio analogo d {a', b' , c' , d', e' ). S’ imagini la conica luogo di un punto m tale che i due fasci m (a, b, c, d), o' {a' , br , c' y d' ) abbiano lo stesso rapporto anarmonico. E similmente si imagini la conica luogo di un punto n tale che i due fasci n (a, b, c, e), o ( a', V , c , e’ ) abbiano lo stesso rapporto anarmonico. La prima conica passa pei punti abcd ; la seconda per abcem, entrambe poi sono pienamente indivi- duate. Ora, siccome il richiesto punto o dee possedere sì la proprietà del pun- to m che quella del punto n, così esso sarà situato in entrambe le coniche. Queste hanno tre punti comuni abc dati a priori; dunque la quarta loro in- tersezione sarà il punto domandato. Questo punto si costruisce senza previa- mente descrivere le due curve; come si mostrerà qui appresso. 63. Le coniche passanti per gli stessi quattro punti abeo formano un fa- scio di second’ ordine. Fra quelle coniche ve ne sono tre, ciascuna delle quali è il sistema di due rette: esse sono le tre coppie de’ Iati opposti (bc,ao), ica, bo) , (ab, co) del quadrangolo completo a cui sono circoscritte tutte le coniche proposte. Se per un vertice del quadrangolo, ex. gr. per a, si conduce un’ arbi- Introduz. ad una teoria geometrica ec. 355 traria trasversale A , essa sega ciascuna conica del fascio in un punto. Vice- versa ogni punto della trasversale individua una conica del fascio, che vie- ne ad essere determinata dal detto punto e dai quattro dati abeo. Dunque il fascio di coniche e la punteggiata eh’ esse segnano sulla trasversale A sono due forme geometriche projettive: in altre parole, il rapporto anarmoni- co de' quattro punti in cui quattro date coniche del fascio segano una tras- versale condotta per un punto-base è costante , qualunque sia la direzione del- la trasversale e qualunque sia il punto-base ; ed invero quel rapporto anar- monico è eguale a quello delle quattro coniche (46). Segue da ciò , che due trasversali A , B condotte ad arbitrio per due punti-base a, b rispettivamente, incontreranno le coniche del fascio in pun- ti formanti due punteggiate projettive : purché si assumano come corrispon- denti que’ punti m,m' ove una stessa conica è incontrata dalle due trasversali. Si osservi inoltre che in queste due punteggiate il punto d’ incontro delle due trasversali corrisponde a sé stesso, perchè la conica del fascio determina- ta da quel punto incontra ivi entrambe le trasversali. Per conseguenza, ogni retta miri che unisca due punti corrispondenti delle punteggiate passa per un punto fisso * (3, 60). Ogni retta condotta per i segherà le due trasversali A, B in due punti situati in una stessa conica del fascio. Dunque: la retta co ( che insieme ad ab costituisce una conica del fascio ) passa per * ; il pun- to in cui A sega bc ed il punto in cui B sega ao sono in linea retta con i; e cosi pure, il punto in cui A sega bo ed il punto in cui B sega ac sono in una retta passante per i. 64. Suppongasi ora che una conica sia individuata da cinque punti dati abedf’, ed una seconda conica sia individuata dai punti pur dati abce'f . Le due coniche hanno tre punti comuni a , b , c dati a priori ; si vuol costruire il quarto punto comune o, senza descrivere attualmente le coniche. Si conducano le rette ad , be' e si chiamino rispettivamente A , B. La retta A incontrerà la seconda conica in un punto e che, in virtù del teorema di Pascal, si sa costruire senza delincare la curva. Così la retta B incon- trerà la prima conica in un punto d' . Le rette dd’, ee' concorrano in un pun- to t. Sia m il punto comune alle rette 4 e 6c; ed m' quello ove si sega- no B ed im. Il punto o comune alle am' ed ic sarà il richiesto. Que- sta costruzione è pienamente giustificata dalle cose esposte nel numero pre- cedente (*). Art. All. Costruzione delta curva di terz* ordine determinata da nove punti. 66. Il teorema generale (60) per n = 2, ri = 1 , suona così: Dato un fascio di coniche, proiettivo ad una stella da- ta, il luogo de' punti in cui i raggi della stella segano le (*) Veggasi anche: SchbOter, Problematis geometrici ad super ficiem secundi ordinis per da- ta puncta construendam spectantis solatio nova , Vratislavi® 1862, p. 13. 356 Luigi Cremona corrispondenti coniche è una curva di terz’ ordine (o cw- bica } passante pei quattro punti comuni alle coniche e pel centro della stella. Se o è il centro della stella , la tangente in o alla cubica è il raggio corrispondente a quella conica ( del fascio ) che passa per o. Se a è uno de9 punti-base del fascio di coniche , la tangente in a alia cubica è la retta che nel punto medesimo tocca la conica corrispondente al raggio oa (51 , a). 1 teoremi inversi del precedente si ricavano da quello del n.° 54 : 1. ° Fissati ad arbitrio in una cubica quattro punti abcd, ogni conica descritta per essi sega la cubica in due punti mm ; la retta mm passa per uu punto fìsso o della cubica medesima. Le coniche per abcd e le rette per o formano due fasci progettivi. Il punto o dicesi opposto ai quattro punti abcd. 2. ° Fissati ad arbitrio in una cubica tre punti abc ed un altro punto o, ogni retta condotta per o sega la curva in due punti mm' ; la conica de- scritta per abcmm' passa per un altro punto fisso d della cubica. Le coniche per abcd e le rette per o si corrispondono projettivamente. 66. Siano ora dati nove punti abcdefghi e si voglia costruire la curva di terz’ ordine da essi determinata, mediante due fasci projettivi, l’uno di co- niche , 1’ altro di rette. Per formare le basi de’ due fasci sono necessari cin- que punti: ma uno fra essi (57) non può essere assunto ad arbitrio fra i punti dati, bensì solamente gli altri quattro. Secondo che il punto incognito si attribuisce al fascio di rette o al fa- scio di coniche si hanno due diversi modi di costruire la curva di terz' ordi- ne, i quali corrispondono ai due teoremi (65, l.°, 2.°). Noi qui ci limitiamo al solo primo modo di costruzione, che è dovuto al sig. Chasles (*). Imaginiamo le cinque coniche circoscritte al quadrangolo abcd e passanti rispettivamente per e,f,g,h9i. Il sistema di queste cinque coniche si può rappresentare col simbolo : (oòcd)(e, f, g, h, i ). Si tratta dunque di trovare un punto o tale che il sistema di cinque rette o(e , f, g , h9 t) sia projettivo al sistema delle cinque coniche. Siccome quest’ ultimo sistema è proiettivo a quello delle tangenti alle coniche nel punto a ( 46 ) , così 1’ at- tuale problema coincide con uno già risoluto (62,64). Determinalo il pun- to o opposto ai quattro abcd , sono determinali i fasci generatori; e con ciò la quistione è risoluta. 67. Suppongami ora due cubiche individuate da due sistemi di nove punti, fra i quali ve ne siano quattro abcd comuni alle due curve. Queste si seghe- (*) Constmction de la courbe du 3. ordre déterminée par neuf points ( Comptes rendus , 30 Jonqcieres , Essai sur la génération de s covrbes géométriques etc. — Hìrtenbkrgeb , Ueber die Erzeugvng geometrischer Curven (Giornale Crelle-Borchardt, t. 58, Berlino 1860, P- 54). Introduz. ad una teoria geometrica ec. 357 ranno in altri cinque punti che individuano una conica. Questa conica può essere costruita senza conoscere quei cinque punti, cioè senza descrivere le due cubiche. Si consideri il fascio delle coniche circoscritte al quadrangolo abcd jk.una qualunque di esse sega la prima cubica in due punti mn e la seconda cubica in due altri punti vriri. Le rette mn, tri ri incontrano nuovamente le cubiche in due punti fissi o, cl che sono gli opposti ai dati abcd, rispetto alle due cubiche medesime. Variando la conica, le rette omn, o'rri ri generano due stelle proiettive al fascio dì coniche, epperò proiettive fra loro. I raggi cor- rispondenti di queste stelle si segano in punti il cui luogo è una conica pas- sante per o , o' ed anche pei cinque punti incogniti comuni alle due cubiche. Essa è dunque la conica domandata. (a) Di questa conica si conoscono già due punti o , o ; altri tre si pos- sono dedurre dalle tre coppie di lati opposti del quadrangolo abcd , considerate come coniche speciali del fascio. Infatti: siano m, n i punti in cui la prima cubica è incontrata nuovamente dalle rette bc, ad ; ed rri , ri quelli in cui queste medesime rette segano la seconda cubica. Le rette mn, tri ri sono due raggi corrispondenti delle due stelle projettive, i cui centri sono o, o' ; dun- que il loro punto comune appartiene alla conica richiesta. Analogamente dicasi delle altre due coppie di lati opposti (ca, bd) , (ab, cd). Di qui segue che, de9 nove punti comuni a due cubiche, cinque qualun- que individuano una conica la quale passa pel punto opposto agli altri quattro, rispetto a ciascuna delle cubiche (*). (b) Siano abcd, àb'c'd' otto punti comuni a due cubiche; o, 6 i punti opposti ai due sistemi abcd , àb'c'd l' , rispetto alla prima cubica. La retta oo' sega questa cubica in un terzo punto x. Dalla definizione del punto opposto segue che le coniche individuate dai due sistemi abcdd , àb'c'd'o passano en- trambe per x. Dunque x è il nono punto comune alle due cubiche (**). (c) Se abcd sono quattro punti di una cubica, il loro punto opposto o può essere determinato così. Siano m, n i punti in cui la curva è incontrata dalle rette ab, cd; la retta mn segherà la curva medesima in o. Se i punti abcd coincidono in un solo a , anche m , n coincidono nel punto m in cui la cubica è segata dalla tangente in a ; ed o diviene V intersezione della curva colla tangente in m. Dunque, se (39, b) m si chiama il tangenziale di a ed o il tangenziale di m ossia il secondo tangenziàle di a, si avrà: Se una conica ha un contatto quadripunto con una cu- bica, la retta che unisce gli altri due punti di segamento passa pel secondo tangenziale del punto di contatto. Da ciò segue immediatamente che: qut sta sulla ile (***). pur (*) PlOcker , Theorie der algeb. Curven , p, 56. (**) Hart , Construction by thè ruler alone to determine thè ninth point of interteclion of ttco curves of thè third degree (Cambridge and Dublin Mathematica! Journal, voi. 6, Cambridge 1851, (***) Pokcblkt , Analyse des transversalet , p. 135. 358 Luigi Cremona (d) Dai teoremi (b) e (c) si raccoglie che, se due cubiche hanno fra loro due contatti quadripunti ne’ punti a , a', il nono punto di intersezione # è in linea retta coi secondi tangenziali o , o' de’ punti di contatto a , à. Se fa a! coincidono, anche or coincide con o ed x è il suo tangenziale, cioè if terzo tangenziale di a ; dunque : data cubica in un medesimo punto, passano pel terzo tan- genziale del punto di contatto (*). (e) Il teorema (45,b) applicato ad una curva del terz' ordine suo- na così: Se una cubica è segata da una curva dell’ ordine n in 3n punti , i tangenziali di questi giacciono tutti in un’ altra curva dell’ ordine n. Donde segue immediatamente ( 44 ) : Le coniche aventi un contatto cinquipunto con una data cubica ne’ punti in cui questa è segata da una curva dell’ ordine n , segano la cubica medesi- ma in 3 n punti situati in un’ altra curva dell’ ordine n. Ed anche: Se una conica ha un contatto cinquipunto con una cubica in a e la sega in b, e se a , b' sono i tangenziali di a, b, un’altra conica avrà colla cubi- bica un contatto cinquipunto in a! e la segherà in 6'. thè Royal Society , Introduz. ad una teoria geometrica ec. 359 SEZIONE II. TEORIA DELLE CURVE POLARI. Art. AHI. Definizione e proprietà fondamentali delle curve polari. 68. Sia data una linea piana Cn dell9 ordine n, e sia o un punto fissato ad arbitrio nel suo piano. Se intorno ad o si fa girare una trasversale che in una posizione qualunque seghi Cn in n punti a {a* . . . an , il luogo de’ centri armonici ,, di grado r, del sistema ata2 . . . <*M rispetto al polo o (11) sarà una curva dell’ordine r, perchè essa ha r punti sopra ogni trasversale condotta per o. Tale curva si dirà polare ( n ■— 'r )esima del punto o rispetto alla curva data (curva fondamentale) (*). Così il punto o dà origine ad n — 1 curve polari relative alla linea data. La prima polare è una curva d’ ordine n — 1 ; la seconda polare è deli’ ordine n ~ 2 ; ecc. V ultima od ( n — 1 )ma polare , cioè il luogo dei centri armo- nici di primo grado, è una retta (**). 69. 1 teoremi altrove dimostrati (Hi), pei centri armonici di un sistema di n punti in linea retta, si traducono qui in altrettante proprietà delle curve polari relative alla curva data. (a) Il teorema (12) può essere espresso così: se m è un punto polare (r)mo di m (***). Ossia : Il luogo di un polo, la cui polare (r)ma passi per un dato punto o, è la polare (n-r)™ di o. Per esempio : la prima polare di o è il luogo de’ poli le rette polari de’ quali passano per o ; la seconda polare di o è il luogo de' poli le cui coniche polari passano per questo punto; ecc. (b) Dal teorema (13) segue immediatamente che: Un polo qualsivoglia o ha la stessa polare (s)ma rispetto alla data linea Cn e rispetto ad ogni curva polare d’or- dine più alto, dello stesso punto o, considerata come curva fondamentale. Dunque : la seconda polare di o rispetto a C« è la prima polare di o re- lativa alla prima polare del punto stesso presa rispetto a £n; la terza polare (*) Giussmann , Theorie der Centrateti ( Giornale di Culli, t. 24, Berlino 1842, p. 262). (**> Il teorema relativo ai centri armonici di primo grado è di Cotes} vedi MACLAtnm, /. c. p. 205. :***) Bobillier , Théorèmes tur let polairet succe tives (Annate» de Gebcoiux, t. 19, Nisme» 1828-29, p. 305 '( c ),ailPtèorema0l( ie4 } Somministra il seguente: La polare ( r')ma di un punto d rispetto alla polare (r)ma di un altro punto o (relativa a Cn ) coincide colla polare (r)*Vdi o rispetto alla polare (r')m“ di o>ehtiva a Cn\ (*). (d) Supponiamo che la polare (r' )»• di o' rispetto alla polare (r)~ di 0 passi per un punto m, ossia che la polare (r)ma di o rispetto alla polare ( r’ )ma di o' passi per m. Dal teorema ( 69 , a ) segue che la polare (( * - r- ) - r )“ di m rispetto alla polare (/)»“ di o' passerà per o, ossia ohe la polare (r'p di o' rispetto alla polare ((» di m passa per o. Dunque: Se la polare ( r')ma di d rispetto alla polare (r)ma di o passa per m , la polare ( r' )ma di d rispetto alla polare (n — r — r')ma di m passa per o. f ^ 70. Tornando alla definizione (68), se il polo o è preso nella curva aIIa0cTvadinPo ,”lf de" Z coincidono ÌonT77nte ^Ts!endl indeterminato il centro armonico di primo grado, può assumersi come tale un punto qualunque della trasversale (17). Questa è dunque, nel caso attuale, il luogo de’ centri armonici di primo grado; vale a dire: la re tta p o 1 a r e di un punto della curva fondamentale è la tangente in que- sto punto. le sùf tangente, Vie de' punti . . . an coincidono nel punto di contatto; epperò questo sarà (16) un centro armonico di grado n- 1 , ossia un punto della prima polare. Dunque : la prima polare di un punto qua- 1 u n q u e sega la curva fondamentale ne’ punti ove questa a ng enti che p as n(n-t) punti, condurre «(»- 1 Cn io se n{n — 1 ). 71. Se il polo o è preso nella c 1 a s- sia la tema afy . . . an «spetto al polo o. E ciò torna a dire che tutte le polari dalla prima sino all' (»- 1 )~ passano per questo punto. . «Msa=3 Bif, Introduz. ad una teoria geometrica ec. 361 Ma v’ha di più. Se la trasversale è tangente a Cn in o, in questo sono riuniti due punti a , quindi anche (17) due centri armonici di grado qualun polari di questo punto. Dallo stesso teorema (17) segue ancora che la prima polare di un punto o della curva fondamentale è il luogo de' centri armonici di grado n — 2 , re- lativi al polo o , del sistema di » — 1 punti in cui Cn è incontrata da una trasversale variabile condotta per o. Gli n (n— 1 ) — 2 punti in cui la prima polare di o sega Cn (oltre ad o, ove queste curve si toccano) sono i punti di contatto delle rette che da o si possono condurre a toccare altrove la curva data. 72. Supponiamo che la curva Cn abbia un punto d multiplo secondo il numero r. Ogni retta condotta per d sega ivi la curva in r punti coinciden- ti, epperò (17 ) d sarà un punto (r)pl° per ciascuna polare del punto stesso. Ciascuna delle tangenti agli r rami di Cn incontra questa curva in r -+- 1 punti coincidenti in d (31); onde considerando la tangente come una trasver- sale (68), in d coincidono r- hi punti a, epperò anche r + 1 centri armo- nici di qualunque grado, rispetto al polo d (17). Dunque le r tangenti di Cn nel suo punto multiplo d toccano ivi anche gli r rami di qualunque curva polare di d. Ne segue che le polari ( n — 1 )ma , ( n — 2 )ma, . . . ( n — r -t- 1 )ma del punto d sono indeterminate, e la polare (n — r)ma del punto stesso è il sistema delle r tangenti dianzi considerate (31). Quest’ ultima proprietà si rende evidente anche osservando che, riguar- dala la tangente in d ad un ramo di Cn come una trasversale condotta pel polo d (68), vi sono r -+- 1 punti a coincidenti insieme col polo, onde qualunque punto della trasversale potrà essere assunto come centro armonico di grado r (17). Cioè il fascio delle tangenti agli r rami di Cn costituisce il luogo dei centri armonici di grado r, rispetto al polo d. 73. Sia o un polo dato ad arbitrio nel piano della curva CM, dotata di un punto d multiplo secondo r. Condotta la trasversale od 3 r punti a coinci- deranno in d ; quindi (16) questo medesimo punto terrà luogo di r — s centri armonici del grado n — s ( s < r ) ; ossia : Un punto (r)pt0 della curva fondamentale è multiplo se- condo r — s per la polare (s)mo di qualsivoglia polo. (a) Applichiamo le cose premesse al caso che Cn sia il sistema di » rette concorrenti in uno stesso punto d. Questo, essendo un punto ( n)pl° pel luogo fondamentale, sarà multiplo secondo n — 1 per la prima polare di un punto qualunque o ; la quale sarà per conseguenza composta di n — 1 rette incrociantisi in d. Condotta pel polo o una trasversale qualuuque che seghi le n rette date in 0^9 . . . an , se mtm2 . . . sono i centri armonici di grado n — 1 , le rette d ( m, , m2 , . . . mn_y ) costituiranno la prima polare di o ( 20 ). Questa prima polare non cambia (18), quando il polo o varii mantenendosi sopra una retta passante per d . Se fra le n rette date ve ne sono s coincidenti in una sola donnei punto a saranno riuniti (16) s — 1 centri armonici di grado n — 1 , epperò $ — 1 rette dm coincideranno in da, qualunque sia o. T. XII. i6 362 Luigi Cremona (b) Come caso particolare, per n = 2 si ha: Se la linea fondamentale è un pajo di rette d ( a{ , a.2 ) , la polare di un punto o è la retta coniugata armonica di do rispetto alle due date (*). E se queste coincidono , con esse si confonde anche la polare , qualunque sia il polo. 74. Ritorniamo ad una curva qualunque Cn dotata di un punto ( r)pl° d. Assunto un polo arbitrario o, la prima polare di questo passerà r — 1 volte per d (73); e le r rette tangenti a Cn in d costituiranno 1’ (n — r)wa pola- re del medesimo punto d ( 72 ). Analogamente le r — 1 tangenti in d alla prima polare di o formano P ^ ( n — 1) — (r — 1 ) ^ polare di d rispetto alla prima polare di o, ossia, ciò che è lo stesso (69, c), la prima polare di o rispetto all’ (n — r)ma polare di d. Dunque (73, a): Se la curva fondamentale ha un punto (r)^° d, le tan- genti in d alla prima polare di un polo qualunque o sono le r — 1 rette, il cui sistema è la prima polare di o ri- spetto al fascio delle r tangenti alla curva fondamentale in d. (a) Di qui s’inferisce, in virtù del teorema (73, a), che le prime po- lari di tutt’ i punti di una retta passante per d hanno in questo punto le stesse rette tangenti. (b) Inoltre, se s tangenti di Cn nel punto multiplo d coincidono in una sola retta , in questa si riuniranno anche s — 1 tangenti della prima polare di o ( 73 , a) ; onde , in tal caso , d rappresenta r ( r — 1 ) ■+• s — 1 intersezioni di Cn colla medesima prima polare (32). Il numero delle intersezioni rimanenti è n(n — 1)— r(r— 1) — (s— 1); perciò questo numero esprime quante tan- genti (70) si possono condurre dal punto o alla curva fondamentale ( supposto però che questa non abbia altri punti multipli). In altre parole: Se la curva fondamentale ha un punto multiplo secon- do r, con s tangenti sovrapposte, la classe della curva è diminuita di r(r-l) + j-l unità. (c) Queste proprietà generali, nel caso r = 2, s=l e nel caso r = 2, s = 2, danno (73, b): Se la curva fondamentale ha un punto doppio d , la prima polare di un polo qualunque o passa per d ed ivi è toccata dalla retta coniugala armonica di do rispetto alle due tangenti della curva fondamentale. Se la curva fondamentale ha una cuspide d , la prima polare di un polo qualunque passa per d ed ivi ha per tangente la stessa retta che tocca la curva data. Per conseguenza , la prima polare di o sega Cn in altri n ( n — t ) — 2 o n ( n — t ) — 3 punti ( oltre d ) , secondo che d è un punto doppio or- dinario o una cuspide. Cioè la classe di una curva s’ abbassa di due unità per ogni punto doppio e di tre per ogni cuspide (**). Introduz. ad una teoria geometrica ec. 363 ( d ) Per r qualunque ed s = 1 si ha : Se Cn ha r rami passanti per uno stesso punto con tangenti tutte distinte , la classe è diminuita di r ( r — ■ 1 ) unità; vale a dire, un punto ( r)pl° con r tangenti distinte produce lo stesso effetto, rispetto alla classe della curva, come V ^ r * - punti doppi ordinari. La qual cosa degli perchè , un’ evidenza intuiti- si incrociano in uno stesso punto, questo tien luogo doppi che nascono dall’ intersecarsi di quei rami a Ma se s rami hanno la tangente comune , combinando ciascun d’ essi col successivo si hanno s — I cuspidi , mentre ogni altra combinazione di due ra- mi darà un punto doppio ordinario. Ossia: un punto (r)vl° con s tan- genti riunite produce, rispetto alla classe della curva, la stessa diminuzione che produrrebbero -(s- 1) punti doppi ordinari ed s — 1 cuspidi. 75. Da un polo o condotte due trasversali a segare la curva fondamen- tale Cn rispettivamente in a{a.2 . . .an, bìb^...bn3 se a, |? sono i centri ar- monici, di primo grado, di questi due sistemi di n punti rispetto ad o, la retta polare di o sarà a/9. Donde segue che, se pei medesimi punti a,a2 ... an, b{b2."bn passa una seconda linea C'n dell’ ordine n, la retta afi sarà la polare di o anche rispetto a C'n. Imaginando ora che le due trasversali oa , oh siano infinitamente vicine, arriviamo al teorema: Se due linee dell’ordine n si toccano in n punti si- tuati in una stessa retta, un punto qualunque di questa ha la medesima retta polare rispetto ad entrambe le 1 i- La seconda linea può essere il sistema delle tangenti a Cn negli n pun- Ciò torna a dire che , se una trasversale tirala ad arbitrio pel polo o i conira la curva in CjC2 . . . cn e le n tangenti in t tf2 si avrà (11): 76. Sian date n rette A{A%...An situate comunque nel piano, ed polo o ; sia Pr la retta polare di o rispetto al sistema delle n — 1 re <*) Salmon, A treatise on thè higher piane curves , Dublin 1852, p. &4. Luigi Cremona i4jj42 . . . /4r_{.4r-H • • • An considerato come luogo d* ordine n — 1 ; e sia ar il punto in cui Pr incontra Ar . In virtù del teorema (15), ar è anche il centro armonico di primo grado , rispetto al polo o , del sistema di n punti in cui le n rette date sono tagliate dalla trasversale oar ; dunque : Date n rette ed un polo o , il punto, in cui una qua- lunque delle rette date incontra la retta potare di o ri- spetto alle altre n— 1 rette, giace nella retta polare di o rispetto alle n rette (*). Da questo teorema , per n = 3 , si ricava : Le rette polari di un punto dato rispetto agli angoli di un trilatero incontrano i lati rispettivamente opposti in tre punti situati in una stessa ret- ta^ che è la polare del punto dato rispetto al trilatero risguardato come luo- go di terz’ ordine. E reciprocamente: se i lati òc, ca, ab di un trilatero abc sono incon- trati da una trasversale in a!, b\ c', e se a,, b{ , ct sono ordinatamente i con- iugati armonici di a', 6', c' rispetto alle coppie bc, ca, ab, le rette aa{ , bb{ , ccx concorrono in uno stesso punto ( il polo della trasversale ). 77. Le prime polari di due punti qualunque o,o' (rispetto alla data curva Cn ) si segano in (n — 1 )2 punti, ciascun de’ quali , giacendo in en- trambe le prime polari, avrà la sua retta polare passante sì per o che per o' (69, a). Dunque : Una retta qualunque è polare di ( n — 1 )2 punti diver- si, i quali sono le intersezioni delle prime polari di due punti arbitrari della medesima. Ossia : Le prime polari di tutt’ i punti di una retta formano un fascio di curve passanti per gli stessi (n — 1 )2 punti (**). (a) In virtù di tale proprietà, tutte le prime polari passanti per un punto o hanno in comune altri (n— 1 )2 — 1 punti, cioè formano un fascio, la base del quale consta degli ( n — 1 )2 poli della retta polare di o. Per due punti o , o' passa una sola prima polare ed è quella il cui polo è P in- tersezione delle rette polari di o ed 6 . Dunque tre prime polari bastano per individuare tutte le altre. Infatti: date tre prime polari C', C", C' ", i cui poli non siano in linea retta, si do- manda quella che passa per due punti dati o, o. Le curve C'^C" determi- nano un fascio, ed un altro fascio è determinato dalle C' , C'". Le curve che appartengono rispettivamente a questi due fasci e passano entrambe per o in- dividuano un terzo fascio. Quella curva del terzo fascio che passa per 6 è evidentemente la richiesta. (b) Se tre prime polari, i cui poli non siano in linea retta, passano per uno stesso punto , questo sarà comune a tutte le altre prime polari e sarà doppio per la curva fondamentale (73); infatti la sua retta polare, potendo passare per qualunque punto del piano (69, a), riesce indeterminata (72). Introduz. ad una teoria geometrica ec. 365 78. Suppongasi che la polare ( r)ma di un punto o abbia un ponto dop- pio o, onde la prima polare di un punto arbitrario m rispetto alla polare (r)mo di o (considerata questa come curva fondamentale) passerà per o (73). A cagione del teorema (69, d) , la prima polare di m rispetto alla (n— -r — l)ma polare di o' passerà per o. Inoltre , siccome 1’ ( r -+- 1 )ma polare di o passa per o', così il punto o giace nell5 (n — r — 1 )ma polare di o (69, a). Dunque ( 77 , b) : Se la polare ( r)ma di o ha un punto doppio o', vicever- sa 1’ (n — r—-l)ma polare di o' ha un punto doppio in o (*). Per esempio : se la prima polare di o ha uu punto doppio o', la conica polare di o' sarà il sistema di due rette segantisi in o; e viceversa. (a) Se la data curva Cn ha una cuspide d , la conica polare di questo punto si risolve in due rette coincidenti nella retta che tocca Cn in d ( 72 ). Ciascun punto m di questa retta può risguardarsi come un punto doppio della conica polare di d; dunque d sarà un punto doppio della prima polare di Se la curva fondamentale ha una cuspide, la prima polare di un punto qualunque della tangente cuspidale passa due volte per la cuspide. Queste prime polari aventi un punto doppio in d formano un fascio ( 77, a ); epperò fra esse ve ne sono due, per le quali d è una cuspide (48). Una delle due prime polari cuspidate è quella che ha per polo lo stesso pun- to d (72). (b) L’(s)ma polare di un punto m rispetto alP (r)wa polare di un al- tro punto o abbia un punto doppio o' ; vale a dire (69, c), P (r)*10 polare di o rispetto all’ (s)TOO polare di m passi due volte per o. Applicando al- P ($)ma polare di m il teorema dimostrato per la curva Cn (78), troviamo che P ^(n — s) — r— 1^ polare di o' rispetto all’ (s)”10 polare di m ha un punto doppio in o. Dunque: Se 1’ (s)roo polare di m rispetto all’ (r)m“ polare di o ha un punto doppio o , viceversa 1’ (s)ma polare di m ri- spetto all’ ( n — r — s — 1 )ma polare di ó avrà un punto dop- pio in o. 79. L’(r)wa polare di o abbia una cuspide o'; P (n — r — \)ma polare di o' passerà due volte per o (78). Se poi si designa con m un punto qua- lunque della retta che tocca nella cuspide o P ( r )ma polare di o , la prima polare di m rispetto alla stessa (r)mo polare di o avrà un punto doppio in o (78, a); epperò (78,b) la prima polare di m rispetto all’ ( n — r — 2)wn polare di 6 avrà un punto doppio in o. Da questa proprietà , fatto r = 1 , discende : punto della tangente cuspidale ha per conica polare, re- der algebraischen Curven ( Giornale di Orbile , t. 47, 366 Luigi Cremona lati va mente alla cubica polare di o', un pajo di rette in- È evidente che ciascuna di queste rette determina l’altra, vale a dire, tutte le analoghe paja di rette costituiscono un’ involuzione ( di secondo gra- do ) ; onde nella tangente cuspidale vi saranno due punti , ciascun de’ quali avrà per conica polare ( rispetto alla cubica polare di o' ) un pajo di rette riunite in una sola retta passante per o. II punto o è doppio per la conica polare ( relativa alla cubica polare di 6) di ciascun punto m della tangente cuspidale; viceversa adunque (78) m è un punto doppio della conica polare di o ( relativa alla cubica polare di o ). Ossia: la retta che tocca la prima polare di o nella cuspide o', con- siderata come il sistema di due rette coincidenti, è la conica polare di o rispetto alla cubica polare di o'. Le rette doppie dell’ involuzione suaccennata incontrino la tangente cuspi- dale in o{, o2. Siccome è un punto doppio sì per la conica polare (sem- pre rispetto alla cubica polare di 6 ) di o , che per la conica polare rappre- sentata dalla retta ool9 così (78) la conica polare di ot avrà un punto dop- pio in o ed un altro sopra o to2, vale a dire, sarà il sistema di due rette coincidenti. Dunque le rette oo2, oo{ costituiscono separatamente le coniche polari de’ punti o{ , o2 ; ossia : Se la prima polare di o ha una cuspide o', nella tan- gente cuspidale esistono due punti oì , o2 , i quali insie- me con o formane* un triangolo, tale che ciascun lato considerato come due rette coincidenti è la conica pola- del pun lo o'. 80. Consideriamo ora una tangente stazionaria della data curva Cn ed il relativo punto di contatto o flesso i. Preso un polo o nella tangente staziona- ria e considerala questa come trasversale ( 68 ) , tre punti a sono riuniti nel flesso (29 ) , epperò questo tien luogo di due centri armonici del grado n— 1 e di un centro armonico del grado n — 2 (16). Vale a dire, la prima pola- re di o passa per i ed ivi tocca Cn \ e per i passa anche la seconda po- lare di o. Come adunque per t passa la seconda polare d* ogni punto o della tan- gente stazionaria, così (69, a) la conica polare di t conterrà tutt’ i punti della tangente medesima. Dunque la conica polare di un flesso si decompone in due rette, una delle quali è la rispettiva &Se t è il punto comune alle due rette che formano la conica polare del flesso i, la prima polare di i' avrà (78) un punto doppio in i. Ossia: un flesso della curva data è un punto doppio di una prima polare, il cui polo giace nella tangente stazionaria. Se un punto p appartiene a Cn ed ha per conica polare il sistema di due rette, esso sarà o un punto doppio o un flesso della curva data. Infatti: o le due rette passano entrambe per p, e la retta polare di questo punto rie- sce indeterminata, cioè p è un punto doppio della curva. Ovvero, una sola delle due rette passa per p, ed è la tangente alla curva in questo punto (71); tute i punti di questa retta appartengono alle polari (n— \)ma ed (n — 2}mu Introduz. ad una teoria geometrica ec. 367 di p , dunque la prima e la seconda polare di ciascun di que’ punti passa per p, il che non può essere, se quella retta non ha in p un contatto tripunto colla curva data (16). 81. Siccome ad ogni punto preso nel piano della curva fondamentale Cn corrisponde una retta polare, così domandiamo: se il polo percorre una data curva Cm d'ordine m, di qual classe è la curva inviluppata dalla retta pola- re? ossia, quante rette polari passano per un arbitrario punto o, ciascuna avente un polo in Cm? Se la retta polare passa per o, il polo è (69, a) nella prima polare di o, la quale sega Cm in m(n— 1) punti. Questi sono i soli punti di Cu » , le rette polari de’ quali passino per o; dunque: se il polo luppa una curva della classe m(n-’t). ? ( a ) Per m= 1 si ha : se il polo percorre una retta lì , la retta polare inviluppa una curva della classe n— 1. (b) Se la curva fondamentale ha un punto (r)p,0d} la prima polare di o passa r — 1 volte per d (73) ; quindi, se anche R passa per quest’ultimo punto , la prima polare di o segherà R in altri ( n — 1 ) — ( r — 1 ) punti ; cioè la classe dell’ inviluppo richiesto sarà n — r. (c) Se inoltre s rami di Cn hanno in d la tangente comune , questa tocca ivi i — 1 rami della prima polare di o (74); onde, se R è questa tangen- te, le rimanenti sue intersezioni colla prima polare di o saranno in numero (n — I) — (r — 1) — (s — t); dunque la classe dell’ inviluppo è in questo caso „ — 82. Come la teoria de’ centri armonici di un sistema di punti in linea retta serve di base alla teoria delle curve polari relative ad una curva fonda- mentale di dato ordine, così le proprietà degli assi armonici di un fascio di rette divergenti da un punto (19, 20) conducono a stabilire un’analoga teoria di inviluppi polari relativi ad una curva fondamentale di data classe. Data una curva K della classe m ed una retta R nello stesso piano , da un punto qualunque p di R siano condotte le m tangenti a K ; gli assi ar- monici, di grado r, del sistema di queste m tangenti rispetto alla retta fissa R inviluppano , quando p muovasi in R , una linea della classe r. Così la retta R dà luogo ad m — 1 inviluppi polari, le cui classi cominciano con m — 1 e finiscono con 1. L’inviluppo polare di classe più alta tocca le rette tangenti a K ne’ punti comuni a questa linea e ad R ; onde segue che R incontra K in m(m— 1) punti, cioè una curva della classe m è ge- neralmente dell’ ordine m(m — 1). Ma questo è diminuito di due unità per ogni tangente doppia e di tre unità per ogni tangente stazionaria di cui sia dotata la curva fondamentale; ec c. ecc. Art. XIV. Teoremi relativi ai siatemi

  • rdine n, avente 8 punti -3x: risultato già ottenuto al- 88. In un fascio d’ ordine m quante sono le curve dotate di un punto doppio? Assunti ad arbitrio tre punti o, o' , o " (non situati in linea retta), le loro prime polari relative alle curve del dato fascio formano ( 84 , a ) tre altri Tangenten algebraischer Curven ( Giornale Cbblle-Bor- Jonqdièbes, Th'éorèmes généranx eie. p. 120. Introduz. ad una teoria geometrica ec. 371 fasci projellivi d’ ordine m — 1 , ne' quali si considerino come curve corrispon- denti le polari di o, o , o" rispetto ad una stessa curva del fascio proposto. Se una delle curve date ha un punto doppio, in esso s’ intersecano le tre cor- rispondenti prime polari di o, o', o" (73). Dunque i punti doppi delle curve del dato fascio sono que’ punti del piano , pei quali passano tre curve corri- spondenti de’ tre fasci projettivi di prime polari. Ora , il primo ed il secondo fascio , colle mutue intersezioni delle linee corrispondenti, generano (50) una curva d’ordine 2 (m — 1); ed un’altra curva dello stesso ordine è generata dal primo e terzo fascio. Queste due curve passano entrambe per gli (m — I )2 punti-base del primo fascio di polari; ep- però esse si segheranno in altri 3(m— • 1 )2 punti, i quali sono evidentemente i richiesti. Cioè: Le curve d’ ordine m di un fascio hanno 3 ( m - 1 )2 punti doppi. (a) Le curve date si tocchino fra loro in un punto o, talché una di esse, C„t j abbia ivi un punto doppio (47). Il punto o' sia preso nella tangente co- mune alle curve date, ed o" sia affatto arbitrario. Le prime polari di o re- lative alle curve del fascio proposto passano tutte per o, ivi toccando oo' (71); ed una di esse, quella che si riferisce a C,n, ha in o un punto doppio (72). Anche le polari di 6 passano tutte per o (70); ma fra le polari di o" una sola passa per o , quella cioè che corrisponde a Cm (73). Le polari di o e quelle di o' generano una curva dell’ ordine 2(m— 1), per la quale o è un punto doppio ed od una delle relative tangenti (52, a). E le polari di o con quelle di o" generano un’ altra curva dello stesso ordi- ne, anch’ essa passante due volte per o (51, b). Dunque il punto o, doppio per entrambe le curve d’ ordine 2 ( m — 1 ) , equivale a quattro intersezioni. In o le polari di questo punto si toccano, epperò gli altri punti-base del fa- scio da esse formato sono in numero ( m — 1 )2 — 2. Oltre a questi punti e ad o, le due curve d’ ordine 2 (m — 1 ) avrauno 4 (m— l)2— 4— | (m — l)2— 2( = 3(»i — l)2 — 2 intersezioni comuni. Dunque il punto o, ove si toccano le curve del dato fascio, conta per due fra i punti doppi del fascio medesimo. (b) Suppongasi ora che nel dato fascio si trovi una curva Cm dotala di una cuspide o. Sia o' un punto preso nella tangente cuspidale, ed o" un altro punto qualsivoglia. Le prime polari di o rispetto alle curve date formano un fascio, nel quale v’ha una curva ( la polare relativa a Cm) avente una cuspi- de in o colla tangente oo' (72). Alla quale curva corrispondono, nel fascio delle polari di o', una curva passante due volte per o (78, a), e nel fascio delle polari di o ", una curva passante per o ed ivi toccante oo' ( 74 , c ). Perciò il primo ed il secondo fascio generano una curva d’ ordine 2 ( m — 1 ) , per la quale o è un punto doppio (51,f); mentre il primo ed il terzo fascio danno nascimento ad una curva di quello stesso ordine, passante semplicemen- te per o ed ivi toccante la retta oo' (51,g). Queste due curve hanno adun- que due punti comuni riuniti in o; talché, astraendo dagli (m — 1 )2 punti- base del primo fascio, le rimanenti intersezioni saranno 3(m — 1 )2 — 2. Ossia : se in un fascio v’ ha una curva dotata di una cuspide , questa conta per due fra i punti doppi del fascio. ( c ) Da ultimo supponiamo che tutte le curve del fascio proposto passino 372 Luigi Cremona per o, cuspide di Cm. Sia ancora o un punto della tangente cuspidale di Cm 9 e si prenda o" nella retta che tocca in o tutte le altre curve del fascio. Le polari di o passano per questo punto, toccando ivi oo" ed una fra esse, quella relativa a Cm , ha una cuspide in o colla tangente oo' (71 , 72) Le polari di o" passano anch’ esse per o (70); ma una sola, quella che si riferi- sce a Cm, tocca ivi oo' (74, c). E fra le polari di o' , soltanto quella che è relativa a Cm passa per o,ed invero vi passa due volte (78, a). Donde segue che le polari di o ed o" generano una curva d’ordine 2(m — 1), per la quale o è un punto doppio colle tangenti oor, oo" (52, a); e le polari di o ed o' generano un’ altra curva dello stesso ordine, cuspidata in o colla tan- gente oo' (51, c). Pertanto le due curve così ottenute hanno in o un punto doppio ed una tangente ( oo ) comune , ossia hanno in o cinque intersezioni riunite (32). Messi da parte il punto o, nel quale tutte le polari del primo fascio si toccano, e gli altri (m— l)2 — 2 punti-base del fascio medesimo, il numero delle rimanenti intersezioni delle due curve d’ ordine 2 ( m — 1 ) sarà 3 ( m — 1 )2 — 3. Dunque il punto o comune a tutte le curve del fascio proposto, una delle quali è ivi cuspidata, conta per tre fra i punti doppi del fascio me- desimo. (d) Applicando il teorema generale ( dimostrato al principio del presente n.° ) al fascio delle prime polari de’ punti di una data retta (77), rispetto ad una curva Cn d’ ordine n , si ha : In una retta qualunque vi sono 3 («— 2 )2 punti, ciascun de’ quali ha per prima polare, rispetto ad una data li- nea dell’ordine n, una curva dotata di un punto doppio. 0 in altre parole, avuto anche riguardo al teorema (78): Il luogo dei poli delle prime polari dotate di punto doppio, rispetto ad una data linea d’ ordine n, ossia il luogo de’ punti d' incrociamento di quelle coppie di rette che costituiscono coniche polari, è una curva delP or- dine 3 ( n — 2 )2. Questo luogo si chiamerà curva Sleineriana (*) della curva fondamen- tale Cn. ( e ) Se la curva fondamentale ha una cuspide d , ogni punto della tangen- te cuspidale è polo di una prima polare avente un punto doppio in d ( 78, a). Perciò la tangente medesima farà parte della Steineriana. 89. Le rette polari di un punto fisso rispetto alle curve d' un fascio passano tutte per un altro punto fisso (84, c). Se si considera nel fascio una curva dotata di un punto doppio d , la retta polare di d rispetto a questa curva è indeterminata (72); talché le rette polari di d , relativamente a tutte le altre curve del fascio, si confonderanno in una retta unica. Vale a dire: 1 punti doppi delle curve d’ un fascio godono della proprietà che ciascun d’ essi ha la stessa retta polare rispetto a tutte le curve del fascio. Introduz. ad una teoria geometrica ec. Di qui s’ inferisce che ( 86 ) : II luogo dei poli di una retta rispetto alle curve di un fascio d’ordine m è una linea dell’ ordine 2 ( m — 1) passante pei 3 (m — 1 )2 punti doppi del fascio. E il luogo di un punto avente la stessa retta polare, rispetto ad una data curva Cn e alle curve Cm d’ un fascio, è (87) una curva dell’ordine n -4- 2m — 3 passante pei 3(m — l)2 punti doppi del fascio. Pertanto questi punti e quelli ove €n è toccata da alcuna delle Cm giacciono tutti insieme nell’ anzidetta curva d’ ordine n -+- 2m — 3. In particolare : Una retta data è toccata da 2(m-l) curve d’ un dato fascio d’ ordine m. I 2(m — 1) punti di contatto, insieme coi 3 (m — 1 )2 punti doppi del fascio, giacciono in una cur- va dell’ordine 2 ( m — 1 ), luogo dei poli della retta data rispetto alle curve del fascio. 90. Dati due fasci di curve, i cui ordini siano m ed m[ , vogliamo in- dagare di qual ordine sia il luogo di un punto nel quale una curva del primo fascio tocchi una curva del secondo. Avanti tutto, è evidente che il luogo ri- chiesto passa per gli m2 punti-base dei due fasci; perchè, se a è un punto-base del primo fascio , per esso passa una curva del secondo , alla qua- le condotta la tangente in a, vi è una certa curva del primo fascio, che tocca questa retta nel punto medesimo ( 46 ). Osservisi poi che una curva del primo fascio è toccata dalle curve del secondo in m(m-h2m1--3) punti (87); laonde quella curva del primo fascio , oltre agli m2 punti-base , contiene m — 3 ) punti del luogo richiesto, cioè in tutto m ( 2m-t-2mt — -3 ) punti. Dunque il luogo di cui si tratta è dell’ordine 2 (m + mj — 3; es- so passa non solo pei punti-base dei due fasci, ma anche pei loro 3(m— 1 )2 3 (mt — 1 )2 punti doppi (88), perchè ciascuno di questi equi- vale a due intersezioni di una curva dell’ un fascio con una dell’ altro. Abbia- mo così il teorema : Dati due fasci di curve, le une d’ ordine m, le altre d’ ordine m{ , i punti di contatto delle une colle altre so- no in una linea dell’ ordine 2 ( m -mij ) — 3 , che passa pei punti-base e pei punti doppi dei due fasci. (a) Suppongasi che le curve dei due fasci siano prime polari relative ad una data curva fondamentale Cn d’ordine n, epperò pongasi tn = ml = n — 1. I punti-base de’ due fasci sono i poli di due rette (77), talché giacciono tutti, insieme nella prima polare del puuto comune a queste rette medesi- me ( 69 , a ) : vale a dire , i due fasci hanno , in questo caso , una curva co- mune. Tale curva comune fa evidentemente parte del luogo dianzi determinato, onde , astraendo da essa , rimane una curva dell’ ordine 4 ( n — 1 ) — 3 — ( n— 1 ) = 3(n — 2), passante pei punti doppi de’ fasci dati , qual luogo de’ punti di contatto fra le curve dell’ uno e le curve dell’ altro fascio. Questa curva del- P ordine 3(n — 2) non cambia, se altri fasci di prime polari soslituiscansi ai due dati ; infatti , siccome tutte le prime polari passanti per un dato punto hanno altri (n — l)2 — 1 punti comuni e formano un fascio (77, a), così, se due prime polari si toccano in quel punto, anche tutte le altre hanno ivi la stessa tangente. Di qui s’ inferisce che la curva luogo de’ punti di contatto fra due prime 374 Luigi Cremona polari contieoe i punti doppi di tutti i fasci di prime polari, e per conseguen- za, avuto riguardo al teorema (78), è anche il luogo dei poli di quelle co- niche polari che si risolvono in due rette. Cioè : Il luogo di un punto nel quale si tocchino due ( e p- però infinite) prime polari relative ad una data curva d’ordine n , è una linea dell’ordine 3(n — 2 ) , la quale può anche definirsi come luogo dei punti doppi delle pri- me polari, e come luogo di un polo la cui conica polare sia una coppia di rette. A. questa linea si dà il nome di Hessiana della data curva fondamentale, perchè essa offre l’ interpretazione geometrica di quel covariante che Sylvester chiamò Hessiano ( dal nome del sig. Hesse ) , cioè del determinante formato colle derivate seconde parziali di una data forma omogenea a tre variabili (*). (b) I punti in cui si segano le prime polari di due punti o, o' sono i poli della retta oo' (77); talché, se le due prime polari si toccano, la ret- ta oo' ha due poli riuniti nel punto di contatto. Se adunque conveniamo di chiamar congiunti gli (n — 1 )2 poli di una medesima retta, potremo dire: L’ Hessiana è il luogo di un polo che coincida con uno de’ suoi poli congiunti. (c) Chiamate indicatrici di un punto le due rette tangenti che da esso ponno condursi alla sua conica polare, si ottiene quest’ altro enunciato: La curva fondamentale e 1’ Hessiana costituiscono in- sieme il luogo di un punto, le due indicatrici del quale si confondono in una retta unica. 91. Dati tre fasci di curve, i cui ordini siano , m2, m3, in quanti punti queste si toccano a tre a tre? I punti in cui si toccano a due a due le cur- ve de’ primi due fasci sono (90) in una linea dell’ordine 2(m1-4-m2) — 3; ed analogamente il luogo de’ punti di contatto fra le curve del primo e le curve del terzo fascio è un’altra linea dell’ordine 2(m1-f-m3) — 3. Le due linee hanno in comune i punti-base ed i punti doppi del primo fascio, cioè m21-i-3 — 1 )2 punti estranei alla questione, talché esse si segheranno in altri ^2 ( a»! -4- m2 ) — 3^2 (mì -+• m3 ) — 3^ — (w^x -+* 3 ( — t )2^ == 4 ( m.2m3 ~h m5nii -+• mtm2 ) — 6 ( m, h- m2 -+• m- — 1 ) punti. E questi sono evidentemente i richiesti. ( a ) Posto m3 = 1 , si ha : Le tangenti comuni ne’ punti ove si toccano le curve di due fasci, i cui ordini siano m1? m2 , inviluppano una linea della classe 4m1m2 — 2(m1-Hm2). ( b ) Se le curve de’ due fasci sono prime polari relative ad una data li- nea Cn d’ ordine n , onde mj = = n — 1 , i due fasci hanno una curva comune (90, a) la quale è dell’ordine n — 1, epperò (70) della clas- (*) Sylvester , On a theory of thè syzygetic relations of two { Pbilosophicai Transactions, voi. 143, pari 3, London 1853, p. 545 J. Introduz. AD una teoria geometrica ec. 375 se (n— l)(n — 2). É evidente che questa curva fa parte dell’ inviluppo dianzi accennato ; talché questo conterrà inoltre una curva della classe 3(n- l)(»-2), cioè: Le tangenti comuni ne' punti di contatto fra le pri- luppano una linea" d el I «“cU s sV *3 (n-\) ( n-V) (“)* 92. Il completo sistema delle linee d’ ordine soggette ad m (m ■+■ 3) 2 — 2 condizioni comuni chiamasi rete geometrica d’ordine m , quando per due punti presi ad arbitrio passa una sola linea del sistema, vale a dire, quando le linee del sistema passanti per uno stesso punto arbitrario formano un fascio (**). Per esempio , le prime polari relative ad una data curva d’ ordine n for- mano una rete geometrica d’ordine n—i (77, a); anzi, molte proprietà di quelle si possono applicare, colle identiche dimostrazioni, ad una rete qual- sivoglia. Due fasci d’ ordine m i quali abbiano una curva comune , ovvero tre curve d’ ordine m le quali non passino per gli stessi m2 punti , determinano una rete geometrica d’ordine m (77, a). 11 luogo di un punto nel quale si tocchino due (epperò infinite) curve d’ una data rete d’ ordine m, è una linea dell' ordine 3 (ni — 1 ). Questa linea , che può chiamarsi P Hessiana della rete , è anche il luogo de’ punti doppi delle curve della rete (90, a). Le tangenti comuni ne’ punti di contatto fra le curve della rete invilup- pano una linea della classe 3m(m — 1 ) (91 , b ). (a) Supponiamo che tutte le curve di una data rete abbiano un punto co- mune a. Condotta una retta A per a, sia a! il punto di A infinitamente vicino ad a ; infinite curve della rete passeranno per a' (cioè toccheranno la retta A in a), formando un fascio. E condotta per a una seconda retta A{ , nella quale sia a{ il punto successivo ad a, vi sarà una (ed una sola) curva della rete che passi per a' e per al9 cioè che abbia un punto doppio in a. Dunque: allorché tutte le curve di una rete hanno un punto comune, una di esse ha ivi un punto doppio, e quelle che nel punto medesimo toccano una stessa retta formano un fascio. (b) Suppongasi in secondo luogo che tutte le curve di una data rete ab- biano un punto comune a ed ivi tocchino una stessa retta T. Condotta una retta A ad arbitrio per a, vi saranno infinite curve della rete passanti pel punto di A successivo ad a, e tali curve formeranno un fascio. Ciascuna di esse è 376 Luigi Cremona incontrata sì da T che da A in due punti riuniti in a, cioè per esse questo punto è doppio ; talché quel fascio non cambia col mutarsi della retta A intorno ad a. Fra le curve del fascio, due sono cuspidate in a (48), ed una di que- ste ha per tangente cuspidale la retta T. Ed invero quest’ ultima curva è in- dividuata dal dover incontrare T in tre punti ed A in due punti , tutti coinci- denti in a. 93. Date tre curve C, Cr, C" , gli ordini delle quali siano rispettivamente m, m' , m ", proponiamoci di determinare il luogo di un punto le cui rette po- lari, rispetto a quelle curve, concorrano in uno stesso punto; ossia, con al- tre parole (69, a), il luogo di un punto nel quale si seghiiio le prime polari di uno stesso punto relative alle curve date. A. tal uopo procederemo così: per un punto o fissato ad arbitrio si conduca lina retta Z e si determinino i punti dotati della proprietà che in ciascun d’ essi concorrano le prime polari di uno stesso punto di Z; indi, fatta girare questa retta intorno ad o, si otterranno tutt’ i punti del luogo richiesto. Le prime polari de’ punti di Z rispetto alle curve C , C' formano due fasci projettivi (77), onde le curve corrispondenti, cioè le polari di uno stesso punto di Z, si segheranno ne’ punti di una curva K' dell’ordine m -+• m' — 2 passante pei punti delle basi de’ due fasci. E qui si noti che la base del primo fascio è formata dagli (tn — 1 )2 punti ne’ quali la prima polare di o rispetto a C sega la prima polare di un altro punto qualunque di Z rispetto alla curva medesima. Così abbiamo ottenuto la curva K' , luogo di un punto pel quale passino le prime polari , relative a C e C > di uno stesso punto di Z. Ogni retta Z condotta pel punto fisso o individua una curva K'. Di tali curve E! ne passa una sola per un punto qualunque p. Infatti, se per p de- vono passare le prime polari relative a C e C' , il polo sarà l’ intersezione p' delle rette polari di p (69, a); il punto p' determina una retta Z passante per o, e questa individua la curva K' passante per p. Dunque, variando Z intorno ad o, la curva IT genera un fascio (41). Ora, se alla curva Cr si sostituisce C", la retta Z darà luogo analoga- mente ad una curva K " d’ordine m h- m" — 2, la quale passerà per gli stessi ( m — 1 )2 punti-base del primo fascio , che ha servito per generare an- che K'. Variando Z intorno ad o, le corrispondenti curve K" formano un fa- scio. 1 due fasci formati dalle curve K, K " sono projettivi fra loro, perchè ciascun d* essi è projettivo al fascio di rette Z passanti per o . Laonde quei due fasci, 1’ uno dell' ordine m-i- m' — 2 , V altro dell’ ordine m -h m" — 2 , genereranno una curva dell’ordine 2m + m, + m"-4 (50). Siccome però due curve corrispondenti K',K" hanno sempre in comune (m— 1 )2 punti situati in una curva fissa dell’ ordine m — 1 (la prima polare del punto o rispet- to a C ) , così gli altri (w + m'-2 )( m h- m’ — 2 ) — ( m — 1 )2 = m'm' -+■ m"m -4- miri — 2 ( m -nn' -+• tri' ) -f- 3 punti comuni alle omologhe curve K’,K" genereranno una curva dell’ordine 2m-i- m! -\-m" — 4 — (m — 1 ) = + — 3 (50, a). E questo è evidentemente il luogo richiesto. Questa curva si chiamerà la Jacobiana delle tre curve date (*). Introduz. ad una teoria geometrica ec. 377 Se le tre curve date passano per uno stesso punto a, le rette polari di questo passano per esso medesimo ; dunque , se le curve C, C',C" hanno pun- ti comuni a tutte e tre, questi sono anche punti della loro Jacobiana. Se una delle curve date, per esempio C" , ha un punto doppio d, la retta polare di questo punto rispetto a C" è indeterminata (72), onde può risguardarsi come tale la retta che unisce d all’ intersezione delle rette po- lari di questo punto relative alle altre due curve C, C . Dunque la Jacobiana passa pei punti doppi delle curve date. 94. Suppongasi m" = m'} cioè due delle curve date siano dello stesso ordine. In tal caso la Jacobiana non si cambia, se a quelle due curve se ne sostituiscono due altre qualunque del fascio da esse determinato. Il che è evidente , perchè la Jacobiana è il luogo di un punto pel quale passino le tre prime polari d’ uno stesso polo ; e d’ altronde le prime polari d' uno stesso polo rispetto a tutte le curve d' un fascio formano un nuovo fascio (84, a), cioè passano per gli stessi punti. Nel caso attuale, la Jacobiana ammette una seconda definizione. Se p è un punto di essa, le rette polari di p rispetto alle tre curve date concorrono in uno stesso punto p' . Ma pi è il punto pel quale passano le rette polari di p rispetto a tutte le curve del fascio [CC") (84, c); cioè la retta polare di p rispetto a C sarà anche retta polare dello stesso punto relativamente ad una curva del fascio anzidetto. Onde può dirsi che la Jacobiana delle curve date è il luogo di un punto avente la stessa retta polare rispetto a C e ad alcuna delle curve del fascio ( C'C" ) ; il qual luogo abbiamo già investigato altrove (87). 95. Supponiamo m — m' — m", cioè le curve date siano tutte e tre dello stesso ordine m. Siccome a due qualunque di esse se ne ponno sostituire ( 94 ) due altre del fascio da quelle due determinato, così alle tre date se ne po- tranno sostituire tre qualunque della rete ( 92 ) individuata dalle curve date ( purché non appartengano ad uno stesso fascio ) , senza che la Jacobiana sia punto alterata. Onde, data una rete di curve d’ordine m, il luo- go di un polo, le cui rette polari rispetto alle curve dei- dine 3 ( m — 1 ) , passante pei punti doppi delle curve me- desime (93). Perciò, nel caso di cui si tratta, la Jacobiana coincide col- 1’ Hessiana della rete ( 92 ). Abbiamo così un’ altra definizione dell’ Hessiana di una data rete geometrica. Vogliamo ora esaminare più davvicino il caso nel quale le curve della rete si seghino tutte in uno stesso punto dato, ed anche quello in cui le cur- ve medesime si tocchino nel punto comune. Nel primo caso possiamo supporre che una delle tre curve individuanti la rete sia quella per la quale il punto dato è un punto doppio; e nel secondo caso potremo assumere quella curva che nel punto dato ha una cuspide ed ivi tocca la tangente comune a tutte le curve della rete (92, a, b). 96. Siano date adunque tre curve C, C9 C" dello stesso ordine m, aventi un punto comune, il quale sia doppio per una di esse, C"; in quel punto si collochi il polo o, del quale abbiamo fatto uso (93) nella ricerca generale della Jacobiana. (a) Le prime polari del punto o rispetto alle curve e C, C’ passano per 48 378 Luigi Cremona o, onde per questo punto passerà anche la curva JT, qualunque sia la retta L a cui corrisponde (93). La curva K corrispondente ad una data retta L rimane la stessa , se alle curve C , C sostituiscousi due curve qualunque del fascio determinalo da quelle. Sostituendo a C la curva C° tangente in o alla retta t, le prime po- lari di tutt’ i punti di L relative a C° passeranno per o (70). Per o passa anche la prima polare di o relativa a C ; quindi la tangente in o alla cur- va K' sarà la retta che ivi tocca la prima polare di o rispetto a C° (51, a), ossia la retta L. Dunque: quando le curve C,C’ sono dello stesso ordine e passano per o, anche la curva K’ passa per o ed ivi tocca quella retta L a cui essa corrisponde. (b) Essendo o un punto doppio per la curva C ", le prime polari, rela- tive ad essa , di tutt’ i punti della retta L passano per o ed ivi toccano una medesima retta L' , la coniugata armonica di £ rispetto alle due tangenti di C" nel punto doppio (74, c ). La curva K'' ( 93 ) è generata da due fasci projettivi , V uno delle prime polari de’ punti di £ rispetto a C", P altro delle prime polari de’ medesimi punti rispetto a C. Le curve del primo fascio hanno in o una stessa tangen- te 11. E alla curva del secondo fascio che passa per o, cioè alla prima po- lare di o rispetto a C, corrisponde la prima polare di o relativa a C" , ossia quella curva del primo fascio per la quale o è un punto doppio. Per conse- guenza, qualunque sia la retta £, la curva K" generata dai due fasci ha in o un punto doppio (51,b). Inoltre, quando £ sia una delle tangenti di C" nel punto doppio (51, d), ovvero quando l sia tangente in o alla curva C, nel qual caso anche le curve del secondo fascio passano per o (52, a), in entrambi questi casi, dico, la retta £ è una delle tangenti a K" nel pun- to doppio o. Dunque: se C e C'' hanno un punto comune o che sia doppio per C" , la curva K" relativa ad una data retta £ (passante per o) ha un punto dop- pio in o ; ed £ è una delle due relative tangenti , ogniqualvolta essa sia tan- gente in o ad una delle due curve date. ( c ) Così abbiamo veduto che , nel caso preso in considerazione , il punto o appartiene a tutte le curve Kr relative alle rette L condotte per esso (a) ed è doppio per tutte le curve K" corrispondenti alle rette medesime (b). Dunque ( 52 ) o sarà un punto triplo per la complessiva curva d’ ordine 4 (m — 1 ) generata dai due fasci projettivi delle K' e delle K' (93). Ma di questa curva complessiva fa parte la prima polare di o relativa a C, la quale prima polare passa una volta per o; dunque questo punto è doppio per la curva rimanente d’ordine 3(m — 1), cioè per la Jacobiana. Le rette L sono tangenti (a) alle relative curve K' ; dunque (52) le tangenti alla curva risultante d’ordine 4(m — 1) nel punto triplo o saranno quelle rette £ che toccano anche le relative curve K". Ma L tocca la cor- rispondente K" (b) quando è tangente a C o a C \ epperò le tre tangenti nel punto triplo sono la tangente a C e le due tangenti di C" . Di queste tre rette, la prima è tangente (71) alla prima polare di o relativa a C; dunque le altre due sono le tangenti della Jacobiana nel punto doppio o. Così possiamo concludere che : (d) Datau n a rete di curve passanti per uno stesso Introduz. ad una teoria geometrica ec. 379 punto o, la curva Hessiana della rete passa due volte per o ed ivi ha le due tangenti comuni con quella curva del- la rete, per la quale o è un punto doppio. 97. Passiamo ad esaminare il caso in cui il punto o, comune alle tre curve C, C', C" , sia una cuspide per 1’ ultima di esse , e la taugente cuspi- dale T tocchi in o anche C e C'. (a) Le curve C , C avendo in o la stessa tangente, all’ una di esse può sostituirsi quella curva del fascio ( CC ) che ha un punto doppio in o (47); onde questo punto sarà doppio per K qualunque sia L ( 96 , b ). Ed inoltre , quando L coincida con J, questa retta sarà una delle tangenti nel punto dop- pio per la corrispondente curva K' . (b) Essendo o una cuspide per C", le prime polari , relative a questa curva, di tutt’ i punti di L passano per o ed ivi toccano T ( 74,c); e fra esse ve n’ha una, la prima polare di o, perla quale questo punto è una cuspide e T è la relativa tangente cuspidale. Inoltre, la prima polare di o rispetto a C passa anch’ essa per o ed ivi tocca la medesima retta T. Dunque (51, e), qualun- que sia L, la curva K'' ha una cuspide in o, e la tangente cuspidale è T. Ma se L coincide con T , le prime polari de’ punti di L relative a C" hanno un punto doppio in o (78, a), mentre le prime polari de' medesimi punti rispetto a C passano semplicemente per o (70); ond’ è che quella cur- vai?", che corrisponde ad L coincidente con T, ha impunto triplo in o (52). (c) Così è reso manifesto che le curve K hanno in o un punto doppio, mentre le curve K" hanno ivi una cuspide, e T è la comune tangente cuspi- dale. Ne consegue ( 52 ) che o è un punto quadruplo per la complessiva cur- va d’ordine 4(m — 1) generata dai due fasci proiettivi delle K ', K", e che due de’ quattro rami passanti per o sono ivi toccati dalla retta T. Gli altri due rami sono toccati in o dalle tangenti della curva K' corrispondente a quel- la curva K" che ha in o un punto triplo (52, a). La curva K", per la qua- le o è un punto triplo, corrisponde ad L coincidente con T (b), epperò corrisponde appunto a quella curva K' che ha un ramo toccato in o dalla retta T (a). Dunque tre delle quattro tangenti nel punto quadruplo o della curva complessiva d’ordine 4(rn — 1) sono sovrapposte in T. La curva d’ordine 4(m— l)è composta della Jacobiana delle tre curve date e della prima polare di o rispetto a C. Questa prima polare passa una volta per o ed ivi ha per tangente T; dunque la Jacobiana passa tre volte per o e due de’ suoi rami sono ivi toccati dalla retta T. Ossia : (d) Data una rete di curve aventi un punto comune o ed ivi la stessa tangente T, la curva^ Hessiana della re- genti a 1 1 a re t taP T. ? 98. Supposte date di nuovo tre curve C, C', C" , i cui ordini siano ri- spettivamente m, m', m ", cerchiamo di quale ordine sia il luogo di un punto nel quale concorrano le rette polari di uno stesso polo rispetto alle tre curve date. Sia L una retta arbitraria , » un punto qualunque di essa ; se per i devono passare le rette polari relative a C, C , il polo o sarà una del- le ( m — 1 ) ( m' — 1 ) intersezioni delle prime polari di « rispetto a quelle due curve. Se per o dee passare anche la prima polare relativa a C ”, il po- lo di essa sarà nella retta polare di o rispetto a questa curva; e le rette 380 Luigi Cremona polari degli ( m — 1 ) ( m’ — 1 ) punti o incontreranno L in altrettanti punti *'. Assunto invece ad arbitrio un punto i in L , se per esso dee passare la retta polare relativa a C", il polo è nella prima polare di i' rispetto alla det- ta curva ; la quale prima polare è una curva K dell’ ordine ni" — 1 . Le ret- te polari dei punti di K relative a C inviluppano una curva della classe ( m — 1 ) ( m" — 1 ) (81 ) , ed analogamente le rette polari dei punti di K ri- spetto a C inviluppano un’altra curva della classe ( m! — 1 ) ( m,r — 1 ). In queste due curve-inviluppi, a ciascuna tangente dell’ una corrisponde una tan- gente dell’altra, purché si assumano come corrispondenti quelle tangenti che sono polari di uno stesso punto di K rispetto a C e C'. Dunque (83, a) le intersezioni delle tangenti omologhe formeranno una curva dell’ ordine ( m — 1 ) ( m’ " — 1 ) ■+■ ( m — 1 ) ( m" — 1 ) , la quale segherà la retta L in altrettanti punti ». Così a ciascun punto i corrispondono ( m — 1 ) ( m' — 1 ) punti i', men- tre ad ogni punto i corrispondono ( m — 1 ) ( m" — !)-+■( m — 1 ) ( m" — 1 ) punti i. Onde la coincidenza di due punti omologhi i, i' in L avverrà ( m 1 ) ( m' ■— 1 ) -+■ [ni — 1 ) ( m'' — • 1 ) •+• ( m" — 1 ) ( m — 1 ) volte; cioè questo numero esprime 1’ ordine del luogo richiesto. Questa curva passa evi- dentemente pei punti comuni alle tre curve date, ov’ esse ne abbiano. ( a ) Quando le tre curve date siano dello stesso ordine m , ad esse poti- no sostituirsi altre tre curve della rete da quelle individuata, senza che venga a mutarsi il luogo dianzi considerato. Questo , che in tal caso è dell’ ordine 3(m — l)2, può chiamarsi la Steineriana della rete (88, d ). ( b ) Data una rete di curve d’ ordine m , ogni punto p della curva Hes- siana è il polo d’ infinite rette polari relative alle curve della rete , le quali rette concorrono in uno stesso punto o ( 95 ) della Steineriana. In questo mo- do , a ciascun punto dell' Hessiana corrisponde un punto della Steineriana e reciprocamente ; quindi la retta che unisce due punti corrispondenti inviluppa una terza curva della classe 3 ( m— 1 ) ■+- 3 ( m — 1 )2= 3m ( m— 1 ) (83, b). Ogni retta passante per o è adunque polare del punto p rispetto ad una curva delle rete. Del resto, se la retta polare passa pel polo, questo giace nella curva fondamentale, che è ivi toccata dalla retta polare medesima. Ne segue che la retta op tocca in p una curva della rete; ma tutte le curve del- la rete che passano per p si toccano ivi fra loro ( 92 ) , dunque la comune tangente di queste curve è op. 99. Data una curva qualsivoglia Cn ( fondamentale ) , indichiamo con n 1’ ordine della medesima , m la classe , S il numero de’ punti doppi , x il numero de' punti stazionari o cuspidi , r il numero delle tangenti doppie, * il numero delle tangenti stazionarie , ossia de' flessi. Introduz. ad una teoria geometrica ec. 381 Siccome m è il numero delle tangenti che da un punto arbitrario si possono condurre alla curva data, così, in virtù del teorema (74, c) o ( 87 , d ), si ha : 1) w» = n (n — 1 ) — 2£ — 3x, forinola che somministra la classe di una curva , quando se ne conosca P or- dine e si sappia di quanti punti doppi e cuspidi è fornita. Pel principio di dualità , un’ equazione della stessa forma dovrà dare P ordine di una curva , quando se ne conosca la classe , il numero delle tan- genti doppie e quello delle stazionarie ( 82 ) ; dunque : 2) n = m ( m — 1 ) «— • 2* — 3t. 100. Siccome ogni punto della curva fondamentale, il quale abbia per conica polare il sistema di due rette, è un flesso o un punto multiplo (80), così la curva Hessiana , la quale è il luogo de7 punti le cui coniche polari si risolvono in coppie, di rette (90, a), sega la linea data nei flessi e ne* punti multipli di questa. Onde , essendo P Hessiana dell’ ordine 3 ( n — 2 ) , se la curva data non ha punti multipli, il numero de’ suoi flessi è 3n(n — 2) (*). Supponiamo ora che Cn abbia un punto doppio d -, nel qual caso tutte le prime polari passano per d. Allora P Hessiana della rete formata da queste prime polari , che è anche P Hessiana di Cn ( 90 , a ; 92 ) , passa due volte per d ed ivi ha le due tangenti comuni colla prima polare del punto stesso (96, d), cioè ha le tangenti comuni colla curva data (72). Dunque il punto d equivale (32) a set intersezioni delP Hessiana con Cn ; ossia ogni punto doppio fa perdere a questa curva sei flessi. Ora s’ imagini che Cn abbia una cuspide d , e sia T la tangente cuspi- dale. In questo caso tutte le prime polari relative a Cn passano per d ed ivi sono toccate dalla retta T (74, c); epperò P Hessiana ha tre rami passanti per d , due de’ quali hanno per tangente T ( 97, d ). Dunque il punto d equi- vale ad otto intersezioni dell’ Hessiana con Cn > ossia ogni cuspide fa perdere a questa curva otto flessi (**). Quindi , se Cn ha d punti doppi e x cuspidi , il numero de’ flessi ossia delle tangenti stazionarie sarà dato dalla formola: 3) i — 3n(n — 2 ) — — 8x. E pel principio di dualità, se una curva della classe m ha t tangenti doppie ed t tangenti stazionarie, essa avrà 4) x — 3m {m — 2) — 6r — 8i punti stazionari. Le quattro equazioni così trovate equivalgono però a tre sole indipenden- (*) Pluckeu , System der analyUschen Geometrie, Berlin 1835, p. 264. — Messe, L'eber die Wendepuncte der Cttrven dritter Ordnung ( Giornale di Crellk , t. 28, Berlino 1844 , p. 104). (**) CAYLETf , Recherehes sur l’élimination et sur la théorie des eourbes (Giornale di Creile , 382 Luigi Cremona ti; infatti, sottraendo la 1) moltiplicata per 3 dalla 3), si ha la 6) x — t = 3 (n — m) , equazione che può essere dedotta nello stesso modo anche dalle 2 ) , 4 ). Così fra i sei numeri n , m, d , x , x , i si hanuo tre equazioni indipen- denti , onde , dati tre , si possono determinare gli altri tre. Per esempio , dati n, d, x , il valore di z si ottiene eliminando m ed i fra le 1) , 2) , 3) ; e si ha : 6) x = n(n — 2)(n2 — 9) — (2£-+- 3x) (n2 — n — 6) Una formola assai utile si ottiene sottraendo la 2) dalla 1) , ed eliminando x — i dal risultato mediante la 5) : 7) 2(d — T) = (n m ) (n -+- m — 9). Queste importanti relazioni fra 1’ ordine , la classe e le singolarità di una curva piana sono stale scoperte dal sig. Plììckeb (*). 101. Se una curva deve avere un punto doppio, senza che questo sia dato, ciò equivale ad una condizione ; infatti, a tal uopo basta che tre prime polari (non appartenenti ad uno stesso fascio) abbiano un punto comune. Invece, se la curva deve avere un punto stazionario, senza che questo sia dato, ossia se tre prime polari (non appartenenti ad uno stesso fascio) debbono toccarsi in uno stesso punto, ciò esige due condizioni. Onde segue che, se una curva d'ordine n deve avere d punti doppi e x cuspidi, essa sarà determinata (34) da — ~n ^ ^ ^ — d — 2x condizioni. E , in virtù del principio di dualità , — - — — x — 2t condizioni determineranno una curva della classe m la quale debba essere fornita di x tangenti doppie e di t tangenti stazionarie. Perciò, se i numeri n, ro, d, x, x , l competono ad una sola e mede- sima curva, dovrà essere: formola che può dedursi anche dalle 1), 2) . . . . Ma , ove sia stabilita a priori j come qui si è fatto, essa insieme con due qualunque delle 1), 2), . . . potrà servire a somministrare tutte le altre (**). 102. Noi prenderemo quind’ innanzi a studiare le proprietà di una curva Cn di un dato ordine n, la quale supporremo affatto generale fra quelle dello Introduz. ad una teoria geometrica ec. 383 la curva .fondamentale sarà della classe n ( n — 1 ) ed avrà nessun punto mul- tiplo, 3n(n — 2) flessi e -n(n-2)(n2-9) tangenti doppie. Le prime polari relative a Cn formano una rete dell’ordine n— 1 , l’ Hes- siana della quale taglia Cn ne’3n(n — 2) flessi di questa. La Steineriana della rete ( 98 , a ) , che è anche la Steineriana di Cn ( 88 , d ) , è dell’ ordine 3 ( n — 2 )2. Art. XVII. Curve generate dalli* polari, quando il polo si muova con legge data. 103. Se un punto, considerato come polo rispetto alla curva fondamen- tale Cn , percorre un’ altra curva data Cm d’ ordine m , la retta polare inviluppa una curva A', la quale abbiamo già trovato (81) essere della classe m(n— 1 ). Le tangenti che da un punto qualunque o si possono condurre a K sono le rette polari degli m( n— 1) punti, ne’ quali Cm è intersecata dalla prima po- lare di o. ( a ) Se o è tal punto che la sua prima polare sia tangente a Cm , due rette polari passanti per o sono coincidenti, cioè o è un punto della curva K ( 30 ) ; questa è dunque il luogo geometrico de’ poli le cui prime polari toccano Cm • Questa proprietà ci mette in grado di trovare I’ ordine di K , cioè il nu- mero de’ punti in cui K è incontrata da una retta arbitraria L. Le prime po- lari de’ punti di L formano un fascio (77); onde, supposto che Cm abbia 8 punti doppi , e * cuspidi , vi saranno m ( m -h 2n — 6 ) — ( 28 -+- 3x ) punti in L , le cui prime polari sono tangenti a Cm (87, c). Dunque K è dell’ordine w ( m /+• 2n — 5 ) — (2J + 3*). E poi evidente che le tangenti stazionarie di K sono le rette polari de’ punti stazionari di Cm ; donde segue che K ha x flessi. Conoscendo così la classe, l’ordine ed il numero de’ flessi della curva K , mediante le formolo di Plììcker (99, 100) troveremo che essa ha inoltre: Ir 1 ^ 27 — f m -i- 2n — 5 ) — ( 2£ -t- 3* ) J — m (5m-t-6n — 21 )-t- 10£-t- — x punti doppi, 3m(m + n— 4) — (63-t-8x) cuspidi e (n — 2 ) (wm- 3 ) -+*£ tan- genti doppie. ( b ) É manifesto che ogni punto doppio di £ è il polo di una prima po- lare tangente a Cm in due punti distinti; che ogni cuspide di K è il polo di una prima polare avente con Cm un contatto tripunto; e che ogni tangente doppia di K è una retta avente o due poli distinti sulla curva Cm ,o due poli riuniti in un punto doppio di questa curva. Siccome le proprietà del sistema delle prime polari ( relative a C„ ) valgono per una rete qualsivoglia di curve, così da quanto precede si raccoglie: le quali abbiano doppio contatto con una data linea d’or- dine m, fornita di 8 punti doppi e x cuspidi, è ~^tn(m-+-2n — 6) — (23-4-3* ) |9 — m ( 6m 4- 6n — 2 1 )-*-103-h~*. 384 Luigi Cremona 2.° Il numero delle curve della stessa rete aventi col- 1 5 anzi detta linea d ’ ordine m un contatto tripunto è 3m(m + n-4)-(63-i-8*) (*). (c) Ogni punto della curva K è polo di una prima polare tangente a Cmi onde considerando le intersezioni delle curve E e Cm, si ha: In una curva Cm dell’ordine m, dotata di d punti doppi e di x cuspidi, vi sono m2(m -+■ 2n — 5) — m(2$-H3*) punti, le cui prime polari relative alla curva fondamentale Cn toccano la medesima Cm. Di qui per m = 1 si ricava : In una retta qualunque vi sono 2 ( « •— 2 ) punti, le cui prime polari relative alla curva fondamentale Cn toccano la retta medesima. Se la retta è tangente a Cn , nel contatto coincidono due di quei 2(n — 2) poli. Dunque in una retta tangente a Cn esistono 2(n — 3) punti, ciascun de’ quali è polo di una prima polare tangente in altro punto alla retta me- desima. ( d ) Se nella ricerca superiore , la curva Cm si confonde con Cn , la linea K si compone evidentemente della Cn medesima e delle sue tangenti sta- zionarie, perchè ogni punto di quella e di queste è polo di una prima polare tangente alla curva fondamentale (71,80). In tal caso, i punti doppi di K sono le intersezioni delle tangenti stazionarie fra loro e colla curva Cn ; le cuspidi di K sono rappresentate dai flessi di £„, ciascuno contato due volte; e le tangenti doppie di K sono le stazionarie e le doppie di CM. I punti doppi di K sono (b) i poli d’altrettante prime polari doppia- mente tangenti alla curva fondamentale. Ed invero: se o è un punto comune a due tangenti stazionarie di questa, la prima polare di o tocca Cn ne’ due flessi corrispondenti (80); e se o è un punto di segamento di Cn con una sua tangente stazionaria, la prima polare di o tocca Cn in o (71) e nel punto di contatto di questa tangente (80). Sonvi adunque 3n(n — 2)(n — 3) prime polari doppiamente tangenti a Cn,i cui poli giacciono in Cn medesima; e vi sono altre — n ( n — 2 ) ^ 3n (n — 2) — 1 ) prime polari pur doppiamente tangenti , i cui poli sono fuori di Cn . (e) La curva R, inviluppo delle polari (n— \)me de’ punti di Cm , si chiamerà 1’ ( n — 1 )”*“ polare di Cm . Facendo m = 1 , troviamo che 1’ (n— 1 )ma polare di una retta R, cioè l’inviluppo delle rette polari de" punti di R, od anche il luogo de’ poli delle prime polari tangenti ad R, è una curva della classe n — 1 e dell’ordine 2(n — 2), con 3(n — 3) cuspidi , 2 ( n — 3 ) ( » — 4 ) punti doppi ed ( n — 2 ) (n — 3 ) . _ . . 4 tangenti doppie; cioè: 3 (« — 3 ) pr ) e r le quali una t 2(»-3)(n-4) pr te doppia; ed ino p. 174-176. Introduz. ad Una teoria geometrica e c. 385 ■ — (n — 2)(n — 3) rette, ciascuna delle quali ha due poli in R. (f) Se P (n— ì)ma polare della retta R passa per un dato punto o, questo è il polo di una prima polare tangente ad R (e) ; talché se 1’ (n — 1 )ma polare varia girando intorno al punto fisso o, la retta R invilupperà la prima polare di o. Così abbiamo due definizioni della prima polare di un punto: La prima polare di un punto o è il luogo de’ poli le cui (n — \)me polari s’incrociano in o , ed è anche l’invi- luppo delle rette le cui ( n — 1 )we polari passano per o. 104. Supposto che un polo p percorra una data curva Cm d'ordine m, avente d punti doppi e x cuspidi, di qual indice è la serie (34) generata dalla polare ( r)ma di p rispetto alla linea fondamentale Cn, e quale ne sarà P inviluppo ? ( a ) Se la polare ( r )ma di p passa per un punto o , il polo sarà nella polare (n — r)ma di o (69, a), cioè sarà una delle rm intersezioni di que- sta polare colla proposta curva Cm. Dunque per o passano rm polari (r)”16 di punti situati in Cm , cioè le polari (r)nie de’ punti di Cm formano una se- rie d’ indice rm. (b) Se 1’ (n — r)ma polare di o tocca in un punto Cm > avremo iti o due (r)nie polari coincidenti, ossia o sarà un punto della linea inviluppata dalle curve della serie anzidetta. Dunque : L’inviluppo delle polari (r)™ de’ punti di una curva Cm è anche il luogo de’ poli delle polari ( n — r)™6 tangen- ti a Cm. (c) Quale è l’ordine di questo luogo? Ovvero, quanti punti vi sono in una retta arbitraria le polari (n — r)me de’ quali tocchino Cm? Le polari (n — r)”16 de’ punti di una retta L formano (a) una serie d’ordine r e d’in- dice n — r ; epperò ( 87 , c ) ve ne sono (n — r ) j m ( m 2r — 3) — ( 2$ -+- 3x ) j che toccano Cm . Donde segue che : L’ inviluppo delle polari ( r )me de’ punti di una curva d’ordine m, dotata di d punti doppi e x cuspidi, è una linea dell’ordine (n — r) jm (m-t-2r— 3 ) — (2£-+-3x) Questa linea si denominerà polare (r)mo della data curva Cm rispetto alla curva fondamentale Cn (*). ( d ) Fatto r = 1 ed indicata con m' la classe di Cm » cioè posto m' = m(m- l)-(2S-t-3x) (99), si ha: La prima polare di una curva della classe m', cioè il luogo de’ poli delle rette tangenti di questa, è una linea dell’ordine m' (n — 1 ). Questa linea passa pei punti ove la curva fondamentale è toccata dalle tangenti comuni ad essa ed alla curva della classe m. Se m' = 1 , ricadiamo nella definizione della prima polare di un pun- to (103 , f). ( e ) Posto m = 1 , troviamo che la polare ( r )ma di una retta è (*) Steiner , l. c. p. 2-3. T. XII. 49 386 Luigi Cremona una linea dell* ordine 2(r — l)(n — r). Quindi la prima polare di una retta è dell’ordine zero ; infatti essa è costituita dagli (n — l)2 poli della retta data (77). Per r = n — 1 , si ricade in un risultato già ottenuto (103, e). (f) L’ordine della linea polare (r)n,“ di una retta R si può determinare direttamente come segue. A tal uopo consideriamo quella linea come luogo de’ punti comuni a due curve successive della serie d’ indice r e d’ ordine n — r , formata dalle polari (r)nie de’ punti di R (34). Se a è un punto qualunque di R, le polari ( r)me passanti per a hanno i loro rispettivi poli nella polare (n — r)ma di a, la quale sega R in r pun- ti a'. Se invece assumiamo ad arbitrio un punto a', la sua polare ( r)ma sega R in n — r punti a ; talché , riferiti i punti a, a' ad una stessa origine o , fra i segmeuli oa , od avrà luogo un* equazione del grado r in od e del grado n — r in oa. Il punto a apparterrebbe alla linea cercata , se due delle r polari (r)we passanti per esso fossero coincidenti. Ma la condizione perchè P equazione anzidetta dia due valori eguali per od è del grado 2 (r — t ) rispet- to ai coefficienti della medesima, e per conseguenza del grado 2(r— l)(n— r) rispetto ad oa. Sono adunque 2(r — l)(n — r) i punti comuni al luogo ri- chiesto ed alla retta R ; ossia l’inviluppo delle polari (r)we de’ punti di una retta data è una linea dell’ordine 2(r — l)(n — r). Le stesse considerazioni si possono applicare, in molti casi, alla ricerca dell’ ordine della linea che inviluppa le curve d’ lina data serie. Per esempio , se la serie è d’ indice r e d’ ordine $ , e se si può assegnare una punteggiata proiettiva alla serie ( cioè se fra le curve della serie e i punti di una retta si può stabilire tale corrispondenza che ad ogni punto della retta corrisponda una curva della serie, e viceversa), l’inviluppo sarà dell’ordine 2 (r — 1 ) s. Di qui per s = 1 si ricava : Se una curva della classe r è tale che si possa asse- gnare una punteggiata proiettiva alla serie delle sue tan- genti, l’ordine della curva è solamente 2(r-l). ( g ) Se la polare (n — r )ma di una retta passa per un dato punto o , questo è (b) il polo di una polare ( r)ma tangente a quella retta. Dunque: La polare (r)ma di un punto o, ossia il luogo de’ pun- ti le cui (n — r)me polari passano per o,è anche 1’ invii up- H Punto o. Così le polari de’ punti e delle linee sono definite in doppio modo, e come luoghi e come inviluppi. Egli è appunto in questa doppia definizione che sembra risiedere il segreto della grande fecondità della teoria delle cur- ve polari. ( h ) La polare ( r )ma di una curva C tocchi un’ altra curva C' nel punto o. In o quella polare toccherà la polare (r)ma di un punto o di C\ e vice- versa (b) in o la curva C sarà toccata dalla polare (n — r)ma di o. Ma la polare ( r)ma di o tocca in o anche C' ; dunque la polare (n — r)ma di o toccherà in o' la polare (n— «r)”1® di C' ; ossia: Se la polare (r)mffl di una curva C tocca un’ altra cur- va C', reciprocamente la polare (n — r )ma di C' tocca C. (k) Una retta R sia 1’ (r— t)ma polare di un punto o rispetto Introduz. ad TEORIA GEOMETRICA 387 all’ (n — r)ma polare di un altro punto o, ovvero, ciò che è la medesima cosa (69, c), la polare ( n — r)ma di d rispetto alla polare ( r — 1 )ma di o. Se R varia ed inviluppa una curva qualunque C , restando fisso il punto o\ il luogo dei punto o sarà (d) la prima polare di C rispetto all’ ( n — r)ma polare di d. Se invece resta fisso il punto o, mentre R inviluppa la curva C, il luogo di d sarà la prima polare di C rispetto all’ (r — 1 )ma polare di o\ Dunque : Se la prima polare di una curva C rispetto all’ (r— 1 )ma polare di un punto o passa per un altro punto d , la pri- ma polare di C rispetto all’ ( n — r)ma polare di d passerà per o; e viceversa. 105. L’(n — 1 )mo polare di una curva Cm d’ordine m è (81) una linea K della classe m ( n — 1 ). Reciprocamente , la prima polare di K sa- rà ( 104, d) una linea dell’ ordine m(n — 1 )2. Questa linea comprende in sè la data curva Cìn, perchè K è non solo V inviluppo delle rette polari dei punti di Cm ; ma anche il luogo de’ poli delle prime polari tangenti a Cm (103, a). Dunque, allorché un punto o percorre la curva Cm , gli altri (n — I)2 — 1 poli della retta polare di o descriveranno una linea del V ordine m(n— 1 )- — m A questo risultato si arriva anche cercando la soluzione del problema: quando un punto o percorre una data linea, quale è il luogo degli altri poli della retta polare di o? Supposto dapprima che la data linea sia una retta R , cerchiamo in quanti i il luogo richiesto. Siccome ( 1 03 , e ) vi sono — ( n — 2 ) ( w — ■ 3 ) rette, ciascuna delle quali ha due poli in R, così gli (n — 2)(n — 3) poli di tali rette sono altrettanti punti del luogo. Inoltre ricordiamo (90, b) che in ogni punto dell’ Hessiana coincidono due poli d' una medesima retta , talché le 3(n — 2) intersezioni dell' Hessiana con R sono comuni al luogo di cui si tratta. Questo luogo ha dunque (n — 2)(n — 3)-+-3(n — 2) punti co- muni con R, vale a dire, esso è dell’ordine n(n — 2). Se invece è data una linea Cm dell’ ordine m , assunta un’ arbitraria retta R, cerchiamo quante volte avvenga che una stessa retta abbia un polo in R ed un altro in Cm. I poli congiunti ai punti di R sono, come or si è dimo- strato , in una linea dell’ ordine n ( n — 2 ) , la quale sega Cm in mn ( n — 2 ) punti. Dunque vi sono mn(n — 2) punti in Cm , ciascun de* quali ha un polo congiunto in R ; ossia: Se un polo descrive una curva d> ordine m, il luogo degli altri poli congiunti è una linea dell’ordine mn(n — 2). 106. Imaginiarao un polo che si muova percorrendo una data curva Cm d'ordine m; quale sarà il luogo delle intersezioni della prima colla seconda polare del polo mobile , rispetto alla curva fondamentale Cn ? Assunta una retta arbitraria R , se per un punto i di essa passa una prima polare, il polo giace nella retta polare di i ; questa retta sega Cm in m punti , le seconde polari dei quali incontreranno R in m[n — 2) punti i'. Se invece si assume ad arbitrio in R un punto i' pel quale debba passare una seconda polare , il polo sarà nella conica polare di t' , che taglia Ctn in 2m punti ; le prime polari di questi Luigi Cremona determinano in 72 2m(n — 1 ) punti i. Così vediamo che ad ogni punto i cor- rispondono m (n~2 ) punti t , mentre ad ogni punto i' corrispondono 2m ( n— 1 ) punti talché (83) vi saranno (in /ì) m (n — 2 ) 2m ( n— \ ) = m (3n— 4) punti i , ciascun de’ quali coincida con uno de* corrispondenti i' ; cioè il luo- go richiesto è una curva U dell* ordine m(3n — 4). Evidente- mente questa curva tocca Cn negli mrt punti comuni a Cm e Cn, perchè in ciascuno di questi punti le polari prima e seconda si toccano fra loro e toc- cano Cn (71). Inoltre , siccome per un flesso della curva fondamentale passa la prima e la seconda polare di ogni punto della relativa tangente stazionaria (80), così la curva U passerà pel flesso di Cn tante volte quanti sono i punti comuni a Ctn ed alla tangente stazionaria. Dunque la curva U passa m volte per ciascuno dei 3n ( n — 2 ) flessi di Cn (*)• (a) Se Cm coincide con Cn, la linea U contiene manifestamente due volte la curva fondamentale; prescindendo da questa, rimarrà una curva dell’ ordine 3n(n— *2), per la quale i flessi di Cn sono punti (n — 2)pW. Dunque, se un polo percorre la curva fondamentale , gli ( n — 1 ) ( n — 2) — 2 punti in cui si segano le polari prima e seconda generano una linea dell’ordine 3 n(n — 2 ), avente n — 2 branche passanti per ciascun flesso di Cn, una delle quali ha ivi con Cn un contatto tripunto. Il che riesce evidente, considerando che ogni tangente stazionaria della curva fondamentale ha con questa n — 2 punti co- muni , cioè il flesso ed n — 3 intersezioni semplici. ( b ) Analogamente si dimostra che , se il polo percorre la curva Cm , le intersezioni delle polari (r)ma ed (s),na descrivono una linea dell’ ordine mn{r h- s) — 2mrs, la quale tocca la curva fondamentale ne’ punti comuni a questa ed a Cm. È da notarsi che il numero firn (r -+■ s) — 2mrs non cambia sostituendo n — r, n — s ad r, s. Art. XVIII. Applicazione alle curve di second' ordine. 107. Se ne’ teoremi generali suesposti si fa n = 2, si ottengono i più interessanti risultati per la teoria delle coniche. Dato un polo o nel piano della curva fondamentale di second’ ordine , il luogo del punto coniugato armonico di o, rispetto alle due intersezioni della curva con una trasversale mobile intorno ad o, è la retta polare di o (68). Se la polare di o passa per un altro punto o', viceversa ( 69 , a ) la polare di o' contiene o ; ossia tutte le rette passanti per un punto dato hanno i loro poli nella retta polare di questo punto , e reciprocamente tutt5 i punti di una data retta sono poli di rette incrociantisi nel polo delia data. Siccome ogni punto ha una determinata retta polare , e viceversa ogni retta ha un polo unico, così i punti di una retta costituiscono una punteggiata proiettiva alla stella formata dalle loro ri- (*) Clebsch, Ueber eine Classe von Eliminationsproblemen und iiber einige Punkte der Theorie der Polaren (Giornale CREH,E-BoaciuaDT , t. 58. Berlino 1861, p. 279). 390 Luigi Cremona dalle langenii comuni alle stesse coniche sono i vertici e i lati dell’ unico triangolo coniugato ad entrambe le curve. (d) Il teorema di Pascal relativo ad un esagono inscritto in una co- nica ( 45 , c ) , se si assume il secondo vertice infinitamente vicino al primo , ed il quinto al quarto , somministra la seguente relazione fra quattro punti di una conica e le tangenti in due di essi : Se un quadrangolo è inscritto in una conica , le tangenti in due vertici concorrono sulla retta che unisce due punti diagonali. Donde si conclude facilmente che le diagonali del quadrilatero formato da quattro tangenti di una conica sono i lati del triangolo avente per vertici i punti diagonali del quadrangolo formato dai quattro punti di contatto. (e) Se di un quadrangolo completo abcd sono dati i tre punti diagonali pqr ed un vertice a , il quadrangolo è determinato ed unico. Infatti , il verti- ce 6 è il coniugato armonico di a rispetto ai punti in cui pq , pr segauo ar; ecc. Dunque le coniche passanti per uno stesso punto a e coniugate ad un dato triangolo pqr formano un fascio , ossia ( 92 ) : (f) Le curve di questa rete che dividono armonicamente un dato segmen- to oo' formano un fascio. Infatti, se % è un punto arbitrario, tutte le coniche della rete passanti per i hanno altri tre punti comuni , epperò incontrano la retta oo' in coppie di punii in involuzione (49). Ma anche le coppie di punti che dividono armonicamente oof costituiscono un’ involuzione ( 25 , a ) , e le due involuzioni hanno una coppia comune di punti coniugati; dunque per i passa una sola conica della rete, la quale sodisfaccia alla condizione richie- sta, c. d. d. In altre parole, la rete contiene un fascio di coniche, rispetto a ciascuna delle quali i punti oo sono poli coniugati. In una rete due fasci hanno sempre una curva comune ; dunque , se si cerca la conica della rete rispetto alla quale il punto o sia coniugato sì ad o' che ad o", cioè o abbia per polare o'o", il problema ammette una sola solu- zione ; vale a dire : vi è una sola conica , rispetto alla quale un dato triangolo sia coniugato, e un dato punto sia polo di una data retta. (g) Siano pqr , pqr’ due triangoli coniugati alla conica fondamentale; $, t i punti in cui le rette p'qr, pr’ segano qrj s', t’ quelli ove qr ’ è in- contrata dalle pq , pr. Le polari de* punti q, r, s, t sono evidentemente le rette p(r , q , r , q ) , che incontrano gV in t ', s', r' q’. Ma il sistema di queste quattro rette e quello de’ loro poli hanno lo stesso rapporto anarmoni- co ( 107) , dunque : ( qrst ) = ( t's'r'j' ) » ossia ( 1 ) : vale a dire , le quattro rette pq, pr , pq, p'r ' incontrano le qr , gV in due sistemi di quattro punti aventi lo stesso rapporto anarmonico. Dunque ( 60 ) i sei lati dei due triangoli proposti formano un esagono di Brianchon. Inoltre i due fasci di quattro rette p {q » r, jf, r' ) > p ( q , r, q' , r' ) hanno Io stesso 391 392 Luigi Cremona inviluppa una seconda curva della classe m, dotata di fi tangenti doppie e x flessi, la quale è anche il luogo dei poli delle rette tangenti a Cm (103). Le due curve diconsi polari reciproche. (a) Se la conica fondamentale Ca è il sistema di due rette concorrenti in un punto i , la polare d’ ogni punto o passa per i, ed invero essa è la coniugata armo- nica di o* rispetto al pajo di rette costi- tuenti la conica (73, b);ma la polare del punto » è indeterminata (72), cioè qua- lunque retta nel piano può essere consi- derata come polare di ». Donde segue che ogni retta passante per i ha infiniti poli tutti situati in un’ altra retta passante per i , mentre una retta non passante per i ha per unico polo questo punto. Perciò se è data una curva delia clas- se r, considerata come inviluppo di rette, la sua polare reciproca , ossia il luogo dei poli delle sue tangenti, sarà il sistema di r rette passanti per * e ordinatamente con- iugate armoniche ( rispetto alle due rette 2) di possono < (a') Se la conica fondamentale Ca, risguardata come inviluppo di seconda clas- se, è una coppia di punti oo' , il polo di ogni retta R giace nella retta oo', e que- sta è divisa armonicamente dal polo e dalla polare. Però il polo delia retta oo' è inde- terminato, cioè qualunque punto del piano può essere assunto come polo di quella oo' ha infinite polari tutte incrociantisi in un altro punto della medesima retta -, men- tre un punto qualunque esterno alla oo' non ha altra polare che questa retta. Dunque, se è data una curva dell’ or- dine r, la sua polare reciproca , cioì viluppo delle polari de’ suoi punti sistema di r punti situati iu linea con oo' , i quali sono , rispetto a due, i coniugati armonici di quelli curva data incontra la retta oo'. èinu questi ove la (b) Nell’ipotesi (a) è evidente che ogni trilatero coniugato avrà un ver- tice in «*, e due lati formeranno un sistema armonico colle due rette costituenti la conica fondamentale. Viceversa, se un trilatero dato è coniugato ad una co- nica che sia un pajo di rette, queste dovranno tagliarsi in un vertice e for- mare un fascio armonico con due lati del trilatero medesimo ; e in particolare , un lato di questo, considerato come il sistema di due rette coincidenti, terrà luogo di una conica coniugata al trilatero. Per conseguenza , le tre rette costi- tuenti il trilatero contengono i punti doppi delle coniche ad esso coniugate, os- sia ( 92 ; 108 , e) 1 ’ Hessiana della rete formata dalle coniche coniugate ad un trilatero dato è il trilatero medesimo. 111. In virtù del teorema generale (110), la polare reciproca di una conica K rispetto ad un’ altra conica C.2 è una terza conica K' ; le due curve K , K' avendo tra loro tal relazione che le tangenti di ciascuna sono le polari dei punti dell’ altra rispetto a Cr Ne’ quattro punti comuni a I, la conica fondamentale C 2 è toccata dalle quattro tangenti comuni a K ; dunque ( 108 , d) le tre coniche C.2 , K , K' sono coniugate ad uno stesso triangolo. (a) Se R è la polare di un punto r rispetto a K, e se r' , R' sono il polo e la polare di R, r rispetto a C%, è evidente che r' sarà il polo di R' (b) I punti comuni a K , K' sono i poli, rispetto a C3 , delle tangenti comuni alle medesime coniche. Donde segue che, se più coniche sono circo- scritte ad uno stesso quadrangolo, le loro polari reciproche saranno inscritte in uno stesso quadrilatero. E siccome le prime coniche sono incontrate da una trasversale arbitraria in coppie di punti formanti un’ involuzione , così le tan- genti condotte da un punto qualunque alle coniche inscritte in un quadrilatero sono pur accoppiate involutoriamente. Introduz. ad TEORIA GEOMETRICA EC. 393 (c) Se sono date a priori entrambe le coniche K, K' , le quali si se- ghino ne9 punti abcd ed abbiano le tangenti comuni ABCD , la conica rispetto alla quale K, K' sono polari reciproche dovrà essere coniugata (111) al trian- golo formato dai punti diagonali del quadrangolo abcd e dalle diagonali del quadrilatero ABCD (108, c). Per determinare completamente questa conica, basterà aggiungere la condizione che il punto a sia, rispetto ad essa, il polo di una delle quattro rette ABCD (108, f). Donde segue esservi quattro coniche, rispetto a ciascuna delle quali due coniche date (d) Date due coniche K, K\ la prima di esse sia circoscritta ad un trian- golo pqr coniugato alla seconda. Se C2 è una conica rispetto a cui le date siano polari reciproche , e se le rette PQR sono le polari de9 punti pqr ri- spetto a £>, il trilatero PQR sarà circoscritto a K'. Ma il triangolo pqr è supposto coniugato a E! ; dunque ( a ) il trilatero PQR sarà coniugato a K. Ossia : ad una seconda conica, viceversa questa è fnscritta in un trilatero coniugato alla prima; e reciprocamente (*)v Quindi, avuto riguardo al doppio enunciato (108, g): Se una conica è inscritta in un triangolo coniugato ad un9 altra conica (ossia, se questa è circoscritta ad un triangolo coniugato a quella), la polare reciproca della seconda conica rispetto alla prima è l9 inviluppo di una retta che tagli armonicamente le due coniche date ; e la polare reciproca della prima rispetto alla seconda è il luogo di un punto dal quale tirate le tangenti alle due coniche date, si ottenga un fascio armonico. (e) In generale, date due coniche K , K , proponiamoci le seguenti qui- stioni (**): Quale è il luogo di un punto dal quale Quale è l’ inviluppo di una rett; seghi le coniche date in quattro pun monici? quante rette dotate di tale prò- tangenti alle coniche date? quanti punti prietà passano per un punto qualunque , dotati di questa proprietà esistono in una ex. gr. per uno de’ punti abcd comuni alle retta qualunque , ex. gr. in una delle tan- coniche date? Affinchè una retta condotta genti ABCD comuni alle coniche date? È per a seghi J5T, K' in quattro punti ar- evidente che le sole intersezioni della retta monici, tre di questi dovranno coincidere A col luogo di cui si tratta sono i punti in a , cioè le sole tangenti che per a si in cui la retta medesima tocca F una o possano condurre all’ inviluppo richiesto l’ altra conica data. 11 luogo richiesto è sono le due rette che ivi toccano F una o dunque una conica F passante per gli F altra conica. Dunque F inviluppo è una otto punti in cui le curve date sono toc- conica F tangente alle otto rette che toc- cale dalle loro tangenti comuni, cano in abcd le curve date. Di queste otto rette, le quattro che Di questi otto punti, i quattro situati toccano K' sono anche tangenti ( 1 1 1 ) alla in K appartengono anche alla conica //', conica H, polare reciproca di K rispetto polare reciproca di K' rispetto a K ; vale a K ; ossia le coniche K' , H, F sono in- a dire, le coniche K , Il , scritte nello stesso quadrilatero. Dunque, ad uno stesso fascio. Dunque, iiber analyiiiche Geometrie des Raumes , Leipzig 1861 , p. 715. Kurven 2. Ordnung , isarnberg 1831, p. 25. i. 50 394 Luigi Cremona se una tangenie di H , non comune a K' , di H' , non comune a K, è centro d’ un sega armonicamente A', J5f' , le coniche fascio armonico di rette tangenti a A”, A", H , F coincidono. Ciò accade quando K è le coniche II , F' si confondono in una circoscritta ad un triangolo coniugato a sola. Ciò accade quando K' è inscritta iu K' (d). un triangolo coniugato a K (d). Se C2 è una conica rispetto alla quale K , K' siano polari reciproche, evidentemente le coniche F , F' ( come pure E , E' ) sono polari reciproche rispetto a C2. (f) Siano K , K ', K" tre coniche circoscritte ad uno stesso quadrangolo abcd 3 e le prime due siano separatamente circoscritte a due triangoli coniuga- ti ad una medesima conica C2. Le coniche E, Er , E", polari reciproche di quelle prime tre rispetto a C2, saranno tutte toccate dalle rette ABCD, pola- ri de’ punti abcd rispetto a C.2 ( b ). Dunque (d) la retta A sega armonica- mente sì le due coniche , K , che le due C2 , Kf ; cioè le intersezioni di C2 con A sono i punti doppi dell’ involuzione ( quadratica ) che le coniche del fascio ( KK ) determinano sopra A. Di qui si trae che A taglia armoni- camente anche C2, E!', ossia (e): triangoli coniugati ad una conica data, qualunque altra conica descritta pei punti comuni alle prime due sarà pur Art. XIX. Curve descritte da un punto, le indicatrici del quale variino con legge data. 112. Riprendendo il caso generale d’ una curva fondamentale Cn d’ordi- ne qualsivoglia n, cerchiamo di condurre per un dato punto p una retta che tocchi ivi la prima polare d’ alcun punto o della retta medesima (*). Le pri- me polari passanti per p hanno i loro poli nella retta polare di questo punto. Se inoltre p dev’ essere il punto di contatto della prima polare con una tan- gente condotta dal polo o, anche la seconda polare di o dovrà passare per p (70); talché o sarà una delle intersezioni della retta polare colla conica polare di p, cioè po dev’ essere tangente alla conica polare di p. Dunque le rette che risolvono il problema sono le due tangenti che da p si possono condurre alla conica polare di questo punto , ossia le due indi' catrici del punto p (90, c). (a) Se p è un punto dell’ Hessiana , la sua conica polare è un pajo di rette incrociantisi nel corrispondente punto o della Steineriana, pel quale pas- sa anche la retta polare di p. I punti di questa retta sono poli di altrettante prime polari passanti per p ed ivi aventi una comune tangente ( 90 , a ) ; don- de segue che questa è un’ indicatrice del punto p. Ma le indicatrici di p so- no insieme riunite nella retta po (90, c); dunque (98, b): La retta che unisce un punto dell’ Hessiana al cor- (*) Clebsch , l. e. p. 280-285, Introduz. ad una teoria geometrica ec. 395 rispondente ponto della Steineriana tocca nel primo di Ond’ è che la linea della classe 3 (n — l ) ( n — 2 ) , inviluppo delle tan- genti comuni ne* punii di contatto fra le prime polari (91,b), può anche essere definita come 1’ inviluppo delle rette che uniscono le coppie di punti corrispondenti dell'Hessiana e della Stei- neriana ( 98 , b). (b) Data una retta R > in essa esistono 2(n-— 2) punti, ciascun dei quali, o, è il polo d’ una prima polare tangente ad R in un puuto p ( 103 , c); epperò in una retta qualunque vi sono 2(n — 2) punti, per ciascuno de’ quali essa è un’ indicatrice. Se R è una tangente della curva fondamentale, nel punto di contatto so- no riuniti due punti o ed i due corrispondenti punti p. 113. Quale è il luogo del punto p , se una delle sue indicatrici passa per un punto fisso i? Ciascuna retta condotta per i contiene 2(n — 2) posi- zioni del punto p (112, b); ed i rappresenta altri due punti p, corrispon- denti alle due indicatrici dello stesso punto i. Dunque il luogo richiesto è una curva Lu dell’ordine 2(n — 2) -f-2 = 2 (n — 1), che passa due volte per i. Considerando una tangente della curva fondamentale, nel punto di contat- to sono riuniti due punti p; dunque la linea Lu tocca Cn negli n(n — 1) punti di contatto delle tangenti condotte a questa dal punto t. Quando il polo o (112) prende il posto del punto t , le (n — l)(n-— 2) intersezioni della prima colla seconda polare di i sono altrettante posizioni del punto p. Viceversa, se p è nella seconda polare di i, la conica polare di p passa per i; ma i dee giacere in una tangente condotta da p alla conica po- lare di quest' ultimo punto , dunque anche la retta polare di p passerà per t, e conseguentemente p giacerà nella prima polare di *. Quegli (n — 1 ) ( n — 2 ) punti sono pertanto i soli che la curva Lu abbia comuni colla seconda polare di *; ond’ è che in tutti quei punti le due curve si toccano. Concludiamo adunque che la curva Ln tocca la curva fondamentale e la seconda polare del punto x ovunque le incontra, e gli »(» — 1)h-(«— l)(n — 2) punti di contatto giacciono tutti nella prima polare di ». Siccome la prima polare di i presa due volle può considerarsi come una linea dell’ordine 2(n— 1), e siccome la curva fondamentale e la seconda polare di t costituiscono insieme un'altra linea dello stesso ordine; così (41) per i 2 ( n — 1 )2 punti , ne’ quali la prima polare di i sega Cn e la seconda polare , si può far passare un fascio di curve dell' ordine 2 ( n — 1 ) , ciascu- na delle quali tocchi la curva fondamentale e la seconda polare di i in tutti quei punti. Fra le infinite curve di questo fascio , quella che passa per i è Lu. 114. Di qual classe è l’inviluppo delle indicatrici dei punti di una data curva Cm d’ ordine m ? Ossia quanti punti di questa curva hanno un’ indi- catrice passante per un punto » fissato ad arbitrio? Il luogo di un punto p , un’ indicatrice del quale passi per », è (113) una curva dell’ordine 2(n— -1), che segherà Cm in 2m ( n — 1 ) punti ; dunque in i concorrono 2m ( n — 1 ) tangenti dell’ inviluppo richiesto. Si noti poi che quest’ inviluppo tocca la curva fondamentale ovunque essa è incontrata da Cm ; e ciò perchè ciascuna di queste intersezioni ha le sue indicatrici confuse insieme nella relativa tangente di Dunque: Luigi Cremona va fondament dalla (a) Di qui per m = 1 si ricava che le indicatrici dei punti di una retta data inviluppano una curva della classe 2(n— 1), la quale tocca in 2(n — 2) punti la retta medesima , perchè questa è indicatrice di 2 ( n — 2 ) suoi punti (112, b). (b) In virtù del teorema generale or dimostrato, se il punto p percorre 1’ Hessiana che è una curva dell’ordine 3 (n — 2), le indicatrici di p invi- luppano una linea della classe 6 (n — 1 ) (n — 2} ; ma siccome in questo ca- so , per ogni posizione di p le due indicatrici si confondono in una retta unica (90, c),così la classe dell’inviluppo si ridurrà a 3(n — l)(n — 2): risul- tato già ottenuto altrimenti (91, b; 112, a). A. quest’ inviluppo arrivano 3 (« — 1 ) (n — 2) tangenti da ogni dato punto t ; onde ciascuno dei 3 (» — 1 ) ( n — 2 ) punti p dell’ Hessiana , le indicatrici de’ quali sono le anzidette tangenti, rappresenta due intersezioni dell’ Hessiana colla curva Lu superiormente determinata (113). Riunendo questa proprietà colle altre già dimostrate (113), si ha l’e- nunciato : Dato un punto i , il luogo di un punto p tale che la retta pi sia tangente alla conica polare di p è una linea dell’ ordine 2 ( n — 1 ) , che passa due volte per i e tocca la curva fondamentale, 1’ Hessiana e la seconda polare di * ovunque le incontra. Ilo. Cerchiamo ora di determinare l’ordine del luogo di un punto p , un’ indicatrice del quale sia tangente ad una data curva Kr della classe r , cioè indaghiamo quanti punti sianvi in una retta R , dotati di un’ indicatrice tan- gente a Kr • Se il punto p si muove nella retta R , le sue indicatrici invilup- pano (114, a) una linea della classe 2 (n — 1), la quale avrà 2r(n — 1) tangenti comuni colla data curva Kr • Dunque il luogo richiesto è dell’ ordine 2r (n — 1 ). Se consideriamo una tangente comune a Kr ed a Cn , nel contatto con quest’ ultima linea sono riuniti due punti p , pei quali la tangente fa 1’ ufficio d’ indicatrice ; donde s’ inferisce che il luogo richiesto tocca la curva fonda- mentale negli rn ( n — 1 ) punti ove questa è toccata dalle tangenti comuni a Kr , ovvero ( ciò che è la stessa cosa ) ne* punti in cui la curva fondamentale è incontrata dalla prima polare di Kr (104, d). La curva Kr ha 3 r(n — 1 ) ( n — 2) tangenti comuni coll’ inviluppo del- le indicatrici dei punti dell' Hessiana ; talché 3r(n — l)(n — 2) è il nume- ro dei punti comuni all’ Hessiana ed al luogo dell’ordine 2r(n — 1), di cui qui si tratta. Dunque: Il luogo di nn punto dal quale tirate le tangenti alla sua conica polare, una di queste riesca tangente ad una data curva della classe r, è una linea dell’ ordine 2r(n- 1 ) che tocca la curva fondamentale e 1’ Hessiana ovunque le 116. Dati due punti fissi i, j, cerchiamo il luogo di un punto p tale Introduz. ad una teoria geometrica ec. 39 T che le rette pi, pj siano polari coniugate (108) rispetto alla conica polare di p. E evidente che questo luogo passa per i e per j. Sia R una retta condotta ad arbitrio per j , e p un punto di R. Le rette polari di p , i rispetto alla conica polare di p incontrino R ne’ punti a, b', \ quali se coincidessero in un punto solo, questo sarebbe il polo della retta pi relativamente alla detta conica, talché si avrebbe in p un punto del luogo richiesto. Assunto ad arbitrio il punto a come intersezione di R con una retta polare, gli corrispondono n — 1 posizioni del polo p (i punti comuni ad R e alla prima polare di a), e quindi altrettanti punti b. Se invece si assu- me ad arbitrio b , come incontro di R colla retta polare di i rispetto ad una conica polare indeterminata, il polo p di questa è nella prima polare di i re- lativa alla prima polare di b (69, d), cioè in una curva d’ordine n — 2 , le intersezioni della quale con R sono le posizioni di p corrispondenti al dato punto b ; ond’ è che a questo punto corrisponderanno n — 2 punti a (*). Dun- que il numero de’ punti p in R , pei quali a e b coincidono , è ( n — 1 ) h- ( n — 2 ) ; e siccome anche j è un punto della curva cercata, così questa è dell’ ordine (« — 1 ) -h ( n — 2 ) -i- 1 = 2 ( n — 1). La designeremo con L'J , perchè , ove j coincida con i, essa rientra nella curva Lu già considerata (113). Sia p il punto di contatto della curva fondamentale con una tangente uscita da i ; la retta polare di p è pi, tangente in p alla conica polare dello stesso punto p, onde, qualunque sia j , la retta pj passa pel polo di pi. Dunque p è un punto di L/J , cioè questa linea passa per gli n(n — 1 ) punti di contatto della curva fondamentale colle tangenti che le arrivano da i ; e per la stessa ragione passerà anche per gli n(n — 1) punti in cui Cn è toccata da rette condotte per /. Cerchiamo in quanti e quali punti la curva L ^ incontri la prima polare di i relativa alla prima polare di j, la quale chiameremo per brevità seconda polare mista de’ punti ij. Se questa seconda polare mista passa per p , vice- versa ( 69 , d ) la retta polare di i rispetto alla conica polare di p passa per j } ossia i punti *, j sono poli coniugati (108) relativamente alla conica po- lare di p. In tal caso , affinchè le rette pi , pj siano polari coniugate rispetto alla medesima conica, basta evidentemente che la retta polare di p passi per i o per j ; epperò p dovrà trovarsi o nella prima polare di i o in quella di j. Dunque la curva Lli passa pei punti in cui la seconda polare mista de’ punti ij è segata dalle prime polari de’ punti medesimi. Ora siano p, o due punti corrispondenti dell’ Hessiana e della Steineria- na, tali che la retta po passi per i. Per esprimere che, rispetto alla conica polare di le rette pi, pj sono coniugate, basta dire che le rette polari di p e j ( relative alla conica ) concorrono in un punto di pi. Ma nel caso attua- le , la conica polare di p è un pajo di rette incrociantisi in o (90, a ) , talché 398 Luigi Cremona per questo punto passano le polari di p e j ( relative alla conica medesima ). E siccome anche pi contiene, per ipotesi, il punto o, così p appartiene ad Lij , ossia questa curva passa pei 3 ( » — 1 ) ( n — 2 ) punti dell" Hessiana , le cui indicatrici concorrono in ». Analogamente la curva lì * passa anche pei 3 ( n — 1 ) ( n — 2 ) punti dell’ Hessiana , le indicatrici de’ quali partono da j. Dunque : Dati due punti », j , il luogo di un punto p. pi, pj spetto 3 e 1 1 ’ ordine 2(n- 1 ), che^paiss ‘ o per ;; 3.° poi pei indi 4.° pe li j) è punti < (a) In altre parole, la linea Iìi sega la curva fondamentale e 1’ Hessia- na ne’ punti ove queste sono toccate dalle due linee Lu , iJi , che dipendono separatamente dai punti », j (113). ( b ) Se il punto i è dato , mentre j varii descrivendo una retta R , la linea LlJ genera un fascio. Infatti, essa passa , qualunque sia y,per4(n — l)2 punti fissi, i quali sono: l.° il punto »; 2.° gli n(n — 1) punti in cui Cn è toccata dalle tangenti che passano per »; 3.° i 3(n — l)(n — 2) punti dell' Hessiana , le cui indicatrici concorrono in i ; 4.° i 2 n — 3 punti nei quali (oltre a j che è variabile) R sega 2$; questi ultimi non variano, per- chè sono i punti comuni a due involuzioni projettive , indipendenti dal punto j (vedi la nota a pag. 397). Questa proprietà si dimostra anche cercando quante curve 11* passino per un dato punto q , quando » sia fisso e j debba trovarsi in una retta R. Sic- come le rette qi, qj devono essere coniugate rispetto alla conica polare di q, così il punto j sarà l’ intersezione di R colla retta che congiuDge q al polo di qi relativo a quella conica. Dunque ecc. Nello stesso modo si dimostra che , se *' è fisso , le curve Lli passanti per uno stesso punto q formano un fascio ; cioè per due punti dati q , q passa una sola curva lì* relativa al punto fisso »; ecc. 117. La precedente ricerca (116) può essere generalizzata , assumendo una curva-inviluppo invece del punto j, od anche una seconda curva invece di i, ovvero una sola curva in luogo del sistema dei due punti. Data una curva Kr della classe r e dato un punto » , vogliasi determinare il luogo di un punto p tale che la retta pi sia, rispetto alla conica polare di p, coniugata ad alcuna delle tangenti che da p ponno condursi a K, : ovvero con altre parole, la retta pi passi per alcuno de’ punti in cui la retta polare di p taglia la curva polare reciproca di Kr rispetto alla conica polare di p ( 110 ). La curva richiesta passa r volte per », giacché se il punto p cade in i, sonvi r rette pi sodisfacenti all’ anzidelta condizione: quelle cioè che da i vanno agli r punti in cui la retta polare di p taglia la polare reciproca di kr (relativa alla conica polare di i). Sia p un punto di Cn ; la retta polare di p sarà la tangente alla curva fondamentale nel punto medesimo. Laonde se questa retta tocca anche KrJ P sarà un punto della polare reciproca di Kr ( relativa alla conica polare di p ) ; Introduz. ad una teoria geometrica ec. 399 e siccome, qualunque sia », la retta pi passa per p, punto comune alla detta polare reciproca ed alla retta polare di p, così questo punto apparterrà al luogo richiesto. Ond’ è che questo luogo contiene gli rn(n— 1) punti di con- tatto della curva fondamentale colle tangenti comuni a Kr. Se invece p appartiene a Cn e pi è tangente a questa curva in p 3 la stessa retta pi è la polare di p; ma essa incontra in r punti la polare reci- proca di Kr dunque p è un punto multiplo secondo r per la curva richie- sta. Questa ha pertanto n ( n — 1) punti (r)pli, e son quelli ove Cn è toccata da tangenti che concorrono in t. Sia p un punto dell’ Hessiana , o il corrispondente punto della Steineria- na. Se po è tangente alla data curva Kr , essa sarà coniugata alla retta pi rispetto alla conica polare di p; infatti, sì quella tangente che le polari dei punti p , t , relative a questa conica , concorrono nel punto o. Donde s’ infe- risce che p è un punto del luogo che si considera; vale a dire, questo luogo passa pei 3r(n— l)(n — 2) punti dell’ Hessiana , le indicatrici de’ quali toccano Kr. Siano ancora p, o punti corrispondenti dell’ Hessiana e della Steineriana ; ma po passi per ». Allora , siccome la conica polare di p è un pajo di rette in- crociate in o, così la polare reciproca di Kr rispetto a tale conica sarà ( 110, a) un fascio di r rette concorrenti in o. Ond’ è che il punto o rappresenta r in- tersezioni sì della retta pi che della retta polare di p colla polare reciproca di Kr, e per conseguenza p tien luogo di r punti consecutivi comuni alla curva richiesta ed all’ Hessiana. Dunque il luogo geometrico, del quale si tratta, ha un contatto (r)*"*"*0 coll’ Hessiana in ciascuno dei 3(n — 1 )(n — 2) punti le cui indicatrici passano per Passiamo da ultimo a determinare 1’ ordine della curva in questione. Sia R una retta arbitraria condotta per i, e p un punto in R. La retta polare di p incontri R in a, e la polare reciproca di Kr ( rispetto alla conica pola- re di p ) seghi R in r punti b. Se si assume ad arbitrio a, vi corrispondono n — 1 posizioni di p (le intersezioni di R colla prima polare di a ) e quin- di r ( n — 1 ) posizioni di b. Se invece si assume ad arbitrio b , come incon- tro di R colla polare reciproca di Kr rispetto alla conica polare di un polo indeterminato , questo polo giace ( 1 04 , k ) nella prima polare di Kr relativa alla prima polare di 6; la qual curva essendo (104, d) dell’ordine r(n — 2) sega R in altrettanti punti p,eda ciascuno di questi corrisponde un punto a. Così ad ogni punto a corrispondono r(n — 1) punti b, ed ogni punto b in- dividua r(n — 2) punti a; onde la coincidenza di un punto a con uno dei corrispondenti punti b avverrà r(n— *1) -t-r(n — 2) volte. Ma ove tale coin- cidenza si verifichi, il punto p appartiene alla curva cercata. Questa ha dun- que r(2n — 3) punti in R , oltre al punto i che è multiplo secondo r; vale a dire, essa è dell’ ordine 2r (n — ■ 1 ). (a) Analogamente si dimostra che : Date due curve Kr , Kti le cui classi siano r, s, il luogo di un punto p tale che due tangenti condotte per esso , l’ una a Kr , V altra a Kt , siano coniugate rispetto alla conica polare dello stesso punto p, è una linea del- 1' ordine 2rs(n — 1 ) , la quale l.° passa $ volle per ciascuno degli rn(n — 1) punti in cui la curva fondamentale Cn è toccata da rette tangenti di Àrr; 2.° passa r volte per ciascuno degli sn ( n — t ) punti in cui Cn è toccata da 400 Luigi Cremona rette tangenti di K8‘, 3.° ha coll’ Hessiana un contatto (s)*™"*0 in ciascuno dei 3r ( n — 1 ) ( n — 2 ) punti le cui indicatrici toccano Kr • 4.° ha coll' Hes- siana medesima un contatto (r)pUHt0 in ciascuno dei 3s (n 1 ) ( w — 2 ) punti le indicatrici dei quali sono tangenti a Ks. (b) Se invece è dato un solo inviluppo Kr della classe r, e si cerca il luogo di un punto p tale che due tangenti condotte da esso a Kr siano con- iugate rispetto alla conica polare di p , si trova una linea dell' ordine rn(r — 1 ) ( n — 1 ) , la quale passa r — 1 volte per ciascuno degli rn ( n — 1 ) punti ove la curva fondamentale è toccata da rette tangenti di Kr, ed ha un contatto ( r — 1 )pMn<0 coll’ Hessiana in ciascuno de’ 3r (n — 1 ) (n 2) punti di questa curva , le indicatrici de’ quali toccano Kr . Art. XX. Alcune proprietà della curva Hessiana e della Steineriana. 118. Sia p un punto dell’ Hessiana ed o il corrispondente punto della Steineriana. L’ ultima polare di p è una retta passante per o, i punti della quale sono poli d’ altrettante prime polari toccate in p dalla retta po ; ma fra esse ve n’ ha una dotata d’ un punto doppio in p , e il suo polo è o (88, d; 90, a; 112, a). (a) Siano o, o due punti della Steineriana; i poli della retta od saran- no le (n— l)2 intersezioni delle prime polari di quei due punti, le quali hanno rispettivamente per punti doppi i corrispondenti punti p , p' dell’ Hes- siana. Assumendo o' infinitamente vicino ad o, la retta oo' ossia la tangente in o alla Steineriana avrà un polo in p ; dunque le tangenti della Steineriana sono le rette polari dei punti dell’ Hessia- n a. Ovvero ( 90 , b ) : La Steineriana è 1’ inviluppo di una retta che abbia due poli coincidenti. (b) Questo teorema ci mena a determinare la classe della Steineriana. Le tangenti condotte a questa curva da un punto arbitrario i hanno i loro poli nella prima polare di i,e questa sega 1’ Hessiana in 3(n — l)(n — 2) pun- ti. Dunque la Steineriana è della classe 3(n — l)(n — 2). (c) Siccome i flessi della curva fondamentale Cn sono punti dell’ Hes- siana (100), così le rette polari dei medesimi, cioè le tangenti stazionarie di Cn 5 sono anche tangenti della Steineriana. I punti della Steineriana che corrispondono ai flessi di Cn , considerati come punti dell’ Hessiana , giacciono nelle tangenti stazionarie della curva fon- damentale ; queste tangenti adunque toccano anche la curva della classe 3(n — l)(n — 2), inviluppo delle indicatrici dei punti dell’ Hessiana (114, b). (d) Secondo il teorema generale (103), 1’ (n — 1 )ni0 polare dell’ Hes- siana, cioè l' inviluppo delle rette polari de’ punti dell’ Hessiana , è una cur- va K della classe 3(n-l)(n-2) e dell’ordine 3(n- 2) (6» - 11 ) , della quale fa parte la Steineriana. Se t è l’intersezione di due rette tangenti alla Steineriana, ciascuna di esse ha un polo nell' Hessiana , e per questi due poli passa la prima polare di i. Se le due tangenti vengono a coincidere , i due poli si confondono in ! Introduz. ad una teoria geometrica ec. 401 un sol punto, nel quale 1’ Hessiana sarà toccata dalla prima polare di i ; ep- però quest’ultimo sarà un punto dell’(« — 1 )wo polare dell’ Hessiana , ri- guardata come il luogo dei poli delle prime polari tangenti all’ Hessiana me- desima. Ma i punti i, ne’ quali può dirsi che coincidano due successive tan- genti della Steineriana, sono, oltre ai punti di questa curva, quelli situati in una qualunque delle tangenti stazionarie della curva medesima. Per conseguenza la linea K, (n — 1 )ma polare dell’ Hessiana , è composta della Steineriana e delle tangenti stazionarie di questa. Ossia, la Steineriana ha 3(n •— 2 )(5ft — 11 ) — 3 (n — 2)2 = 3 (w — 2) (4n — 9) tangenti sta- Della Steineriana conosciamo così I’ ordine 3 ( n — 2 )2, la classe 3(n— l)(n — 2) ed il numero 3(n — 2 )( 4n — 9 ) de’ flessi. Onde , appli- candovi le formole di Plììcker (99,100), troveremo che la Steineriana ha 12(» — 2) (n — 3 ) cuspidi, (»_2 ) (n - 3 )(3»2 - 9« - 6 ) punti doppi e Yl'n~ — 3 ) ( 3n2 — 3n — 8) tangenti doppie. Se al numero delle cuspidi s’aggiunge due volte quello de’ flessi, se al numero delle tangenti doppie si aggiunge quello delle stazionarie, e se il nu- mero de* punti doppi è sommato col numero de’ punti in cui le tangenti sta- zionarie segano la Steineriana e si segano fra loro; si ottengono rispettivamen- te i numeri delle cuspidi, delle tangenti doppie e de’ punti doppi della com- plessiva curva K d’ordine 3(n — 2) (5n — 11 ) , (»— \)ma polare del- I’ Hessiana, in accordo coi risultati generali (103). 119. Sia od una retta tangente alla Steineriana; o il punto di contatto; p il corrispondente punto dell’ Hessiana. Le prime polari dei punti di od for- mano un fascio di curve , che si toccano fra loro in p , avendo per tangente co- mune po. Fra le curve di questo fascio ve n’ha una, la prima polare di o, per la quale p è un punto doppio , e ve ne sono altre 3 ( n — 2 )2 — 2 , cioè le prime polari de’ punti in cui od sega la Steineriana, le quali hanno un punto doppio altrove. (a) Se od è una tangente doppia della Steineriana; o, o i punti di contatto ; p, p' i corrispondenti punti dell’ Hessiana ; allora le prime pola- ri di tutti i punti di od si toccheranno fra loro sì in p che in pi . Dun- que (118, d): In una rete geometrica di curve d’ ordine n — 1, vi sodo -|-(n-2){»-3)(3»s-3n-8) fasci, in ciascuno de. quali le curve si toccano fra loro in due punti distinti. (b) Se nella tangente doppia od i punti di contatto si riuniscono in o, per modo che essa divenga una tangente stazionaria della Steineriana, anche i punti pp' si confonderanno in un solo, e le prime polari dei punti di od a- vranno fra loro un contatto tripunto in p, punto doppio della prima polare del flesso o. Inoltre quelle prime polari toccano in p 1’ Hessiana , perchè le tangenti stazionarie della Steineriana fanno parte ( 1 1 8 , d ) del luogo de’ poli delle T. XII. 51 402 Luigi Cremona prime polari tangenti all9 Hessiana. Donde segue che , se o è un flesso della Steineriana e p è il punto doppio della prima polare di o, la retta po è tangente all’ Hessiana in p. Così è anche dimostrato che in una rete geometrica di curve d’ or- dine n-1, v * hanno 3 (n — 2 ) ( 4n — 9) fasci, in ciascun de’ qua- li le curve hanno fra loro un contatto tripunto, cioè si osculano in uno stesso punto. 120. Consideriamo una prima polare dotata di due punti doppi p, p' , e sia o il polo di essa. Condotta per o una retta arbitraria R, le prime polari dei punti di R formano un fascio, nel quale trovansi 3 ( n — 2 )2 punti dop- pi (88), cioè i 3 ( n — 2 )2 punti comuni ad R ed alla Steineriana sono i poli d’ altrettante prime polari dotate di un punto doppio. Ma , siccome due punti doppi esistono già nella prima polare di o, così quel fascio avrà sola- mente 3(n — 2)2 — 2 altre curve dotate di un punto doppio; donde s’ infe- risce che R taglia la Steineriana non più che in 3 ( n — 2 )a — 2 punti , oltre ad o, cioè o è un punto doppio della Steineriana. Quando R prenda la posizione di P retta polare di p , le prime polari dei suoi punti passano tutte per p , epperò questo punto conta per due fra i 3(n— 2)2 punti doppi del fascio (88, a). I punti p , p' equivalendo così a tre punti doppi, il fascio conterrà soltanto altre 3 (» — 2)2 — 3 curve aventi un punto doppio ; e ciò torna a dire che la retta P non ha che 3(n — 2)2 — 3 punti comuni colla Steineriana, oltre ad o. Questo punto equivale dunque a tre intersezioni della curva con P; e lo stesso può ripetersi per P' retta polare di p. Per conseguenza: se una prima polare ha due punti doppi p, p', il suo polo o è un punto doppio della Steineriana, la quale è ivi toccata dalle rette polari di p, p' . Ed avuto riguardo al numero de’ punti doppi della Steineriana (118, d). si conclude: In una rete geometrica dell’ordine »— 1, vi sono Ì(n-2)(n-3)(3n2-9n_S) curve, ciascuna delle quali ha due punii doppi (*). 121. Imaginisi ora una prima polare dotata di una cuspide p, e siane o il polo. Uua retta qualunque R condotta per o determina un fascio di prime polari , una delle quali ha una cuspide in p ; perciò il numero di quelle dotate di un punto doppio (88, b) sarà 3(n — 2)2 — 2. Dunque R incontra la Steineriana in due punti riuniti in o. Ma se si considera la retta P polare di p, le curve prime polari dei suoi punti passano tutte per p , e fra esse ve n' ha soltanto 3 ( n — 2 )2 — 3 , che siano dotate di un punto doppio (88, c). Cioè il punto o rappresenta tre intersezioni della retta P colla Steineriana; ed è evidente che tale proprietà è esclusiva alla retta P. Dunque: se una prima polare ha una cuspide p, il suo Introduz. ad una teoria geometrica ec. 403 polo o è una cuspide della Steineriana, la quale ha ivi per tangente la retta polare di p (*). Ed in causa del numero delle cuspidi della Steineriana (118, d): 1 2 ( ti — 2 ) ( » — 3) curve, ciascuna delle quali è dotata di una cuspide. 122. Una curva Cm d’ ordine m incontri l’ Hessiana in 3 m[n — 2) punti ; le rette polari di questi punti saranno tangenti sì all’ ( n — 1 )ma polare di Cm (103, e) che alla Steineriana (118, a). Sia p uno di quei punti , ed o quello in cui la Steineriana è toccata dalla retta polare di p. La prima polare di o ha un punto doppio in p, onde ha ivi due punti coincidenti comuni con Cmj dun- que, siccome V (n — 1 )ma polare di Cm è il luogo dei poli delle prime polari tangenti a Cm (103), così o è un punto di questa (n — 1 )ma polare. Ossia: L 5 ( n — \)ma polare di una data curva d ’ ordine m tocca la Steineriana in 3m(n — 2) punti, che sono i poli d’al- trettante prime polari aventi i punti doppi nelle interse- zioni della curva data eoli’ Hessiana. Se m — 1 , abbiamo : Una retta arbitraria R sega U Hessiana in 3 (n — 2 ) punti , che sono doppi per altrettante prime polari; i poli di queste sono i punti di contatto fra la Steineriana e 1’ ( n — 1 )ma polare di R. Ed è evidente che : Se R è una tangente ordinaria dell’ Hessiana , 1’ ( n — 1 )ma polare di R avrà colla Steineriana un contatto quadripunto e 3n — 8 contatti bipunti. Se R è una tangente stazionaria dell' Hessiana , 1’ ( n — 1 )ma polare di R avrà colla Steineriana un contatto sipunto e 3 ( n — 3 ) contatti bipunti. * E se R è una tangente doppia dell’ Hessiana, 1’ (n — 1 )wa polare di R avrà colla Steineriana due contatti quadripunti e 3n — 10 contatti bipunti. Art. XXI. Proprietà delle seconde polari. 123. La prima polare di un punto o rispetto alla prima polare di un altro punto of, ossia, ciò che è la medesima cosa (69, c), la prima polare di o rispetto alla prima polare di o, si è da noi chiamata per brevità (116) seconda polare mista de’ punti od. Avuto riguardo a questa denominazione, la seconda polare del punto o, cioè la prima polare di o rispetto alla prima po- lare di o ( 69 , b ) può anche chiamarsi seconda polare pura del punto o. Se la seconda polare mista de’ punti od passa per un punto a , la retta polare di o relativa alla conica polare di a passa per o' ( 69 , d ) ; dunque ( 108 ) : La seconda polare mista di due punti od è il luogo di un punto rispetto alla conica polare del quale i punti od Ond’ è che , data una retta R , se in essa assumonsi due punti od i quali (*) Steiner enunciò che la Steineriana (da lui chiamata Kemcurve) ha 12 (n — 2)(n — 3) cuspidi (G. di CRBLtK, t. 47, p. 4). Poi Clebsch, avendo trovato lo stesso numero di polari cuspidate, sospettò che i poli di queste fossero le cuspidi della Steineriana , e dimostrò questa proprietà pel caso di n = i( Ueber Curven vierter Ordnung, Giornale Crrllb-Borchardt , t. 59, Berlino 1861 , p. 131 ^ 404 Luigi Cremona siano coniugati rispetto alla conica polare di un punto a, la seconda polare mista di oo' passerà per a. Le coppie di punti in R, coniugati rispetto alla conica suddetta , formano un’ involuzione i cui punti doppi ef sono le interse- zioni della conica colla retta (108). I punti ef sono pertanto i poli di due seconde polari pure passanti per a. Di qui s’inferisce che, affinchè una seconda polare mista, i cui poli oo' giacciano in Ry passi per a, è necessario e sufficiente che oo dividano armo- nicamente il segmento e/1; vale a dire: se oo'ef sono quattro punti armonici, la seconda polare mista di oo passa pei poli di tutte le coniche polari conte- nenti i punti ef. Ora, quando una conica polare passa per due punti ef, il suo polo giace sì nella seconda polare pura di e che in quella di f (69, a); gli ( n — 2 )- punti comuni a queste due seconde polari sono poli d’ altrettan- te coniche polari passanti per ef, epperò sono anche punti comuni a tutte le seconde polari miste che passano per a ed hanno i poli in R. Dunque le seconde polari miste passanti per un punto dato e aventi i poli in uua data retta formano un fascio d’ ordine n — 2. Se una seconda polare mista i cui poli giacciano in R dee passare per due punti ab, essa è pienamente e in modo unico .determinata. I punti di R, coniugati a due a due rispetto alla conica polare di deformano un’ involuzio- ne; ed una seconda involuzione nascerà dal punto b. I punti coniugati comuni alle due involuzioni ( 25 , b ) sono i poli della seconda polare mista richiesta. Concludiamo adunque che le seconde polari pure e miste i cui poli giacciano in una data retta formano una rete geo- metrica dell’ ordine n — 2. Inoltre, le seconde polari pure dei punti della retta data formano una serie d’ indice 2 ; cioè per un punto arbitrario a passano due seconde polari pure i cui poli giacciono nella retta data ( e nella conica polare di a ). E il luogo de’ punti doppi delle seconde polari pure e miste de’ punti della retta data , cioè l’ Hessiana della rete anzidetto , è una curva dell’ ordine 3 ( n — 3 ) ( 92 ). 124. Abbiamo or ora osservato che per due punti ef della data retta R passano (n — 2)2 coniche polari, i poli delle quali sono le intersezioni delle seconde polari pure di e, f. Se questi due punti s’ avvicinano indefinitamente sino a coincidere in uno solo f, avremo ( n — 2 )2 coniche polari tangenti in f alla retta lt, e i loro poli saranno le intersezioni della seconda polare pura di f con quella del punto infinitamente vicino in R, vale a dire, saranno al- trettanti punti di contatto della seconda polare pura di f colla seconda polare della retta data ( la curva inviluppo delle seconde polari pure de’ punti di R , ossia il luogo de’ poli delle coniche polari tangenti ad R (104) ). Si è inoltre notato che , se oo'ef sono quattro punti armonici (in R) , la seconda polare mista di oo' passa per le ( n — 2 )2 intersezioni delle secon- de polari pure di e, f. Ora, supposto che ef coincidano in un sol punto f , anche uno degli altri due ( sia o' ) cadrà in f ( 4 ) ; dunque la seconda pola- re mista di due punti of in R passa per gli {n — 2) 2 punti in cui la secon- da polare pura di f tocca la seconda polare di R. Ossia : La curva d’ ordine 2(n—2), seconda polare di una retta R, tocca i n ( n — 2 )2 punti la seconda polare pura di un punto qualunque o di R. I 2(n — 2)2 punti in cui la se- conda polare dijRè toccata dalle seconde polari pure di Introduz. ad una teoria geometrica ec. 405 due punti 6,6 di R, giacciono tutti in una stessa curva d5 ordine n — 2, che è la seconda polare mista de’ punti oo. (a) Di qui si può dedurre che la seconda polare di una retta ha, ri- spetto alle seconde polari pure e miste de’ punti di questa retta , tutte le pro- prietà e relazioni che una conica possiede rispetto alle rette che la toccano o la segano. (b) Nè questo importante risultato è proprio ed esclusivo alle curve se- conde polari , ma appartiene ad una rete qualsivoglia. Data una rete geometri- ca di curve d5 ordine m , fra queste se ne assumano infinite formanti una serie d5 indice 2 ; il loro inviluppo sarà una linea tangente a ciascuna curva invilup- pata negli m2 punti in cui questa sega 1* inviluppata successiva. Ma per un pun- to arbitrario passano solamente due inviluppate: anzi queste coincidono, se il punto è preso nella linea-inviluppo. Donde segue che P inviluppo non può in- contrare un’ inviluppata senza toccarla ; e siccome queste due linee si toccano in m2 punti , così P inviluppo delle curve della serie proposta è una linea dell5 ordine 2m. Tutte le curve di una rete, passanti per uno stesso punto , formano un fascio. Ora , i punti di contatto fra P inviluppo ed un’ inviluppata nascono dalP intersecarsi di questa coll5 inviluppata successiva ; dunque essi costituiran- no la base d5 un fascio di curve della rete. Ossia tutte le curve della rete , passanti per un punto ove P inviluppo sia tangente ad una data inviluppata , passano anche per gli altri m2 — 1 punti di contatto fra P inviluppo e P in- viluppata medesima. Per due punti in cui P inviluppo sia toccato da due inviluppate differenti passa una sola curva della rete. Ond5 è che una curva qualunque , la quale appartenga bensì alla rete ma non alla serie, intersecherà la linea-inviluppo in 2m2 punti ove questa è toccata da due curve della serie. ( c ) Ritornando alla seconda polare della retta R , gli ( n — 2 )2 punti di contatto fra questa curva e la seconda polare pura di un punto o di R compongono la base di un fascio di seconde polari miste, i cui poli sono o ed un punto variabile in R. Se due di quei punti di contatto coincidano in un solo , le curve del fascio avranno ivi la tangente comune , e per una di esse quel punto sarà doppio (47). Questo punto apparterrà dunque alla curva Hessiana della rete formata dalle seconde polari pure e miste dei punti di R ( 123 ). Ossia in ciascuna delle 6 (n — 2 ) ( n — 3 ) intersezioni di quest5 Hes- siana colla seconda polare di R , quest' ultima curva ha un contatto quadri- punto con una seconda polare pura ( il cui polo è in R ) , la quale tocca la medesima curva in altri ( n — 2 )2 — 2 punti distinti. 125. La seconda polare della retta R può anche essere considerata come il luogo delle intersezioni delle curve corrispondenti in due fasci projettivi. Siano 06 due punti fissi, ed i un punto variabile in R. La seconda polare mista dì ot e la seconda polare mista di oi s5 intersecano in ( n — 2 )2 punti che appartengono alla seconda polare di R, perchè in essi ha luogo il con- tatto fra questa curva e la seconda polare pura di i (124). Variando i in R, mentre 06 rimangono fissi, quelle due seconde polari miste generano due fasci projettivi dell5 ordine n — 2 ; ed il luogo de' punti comuni a due curve corrispondenti è appunto la seconda polare di R. Ai punti 06 se ne possono evidentemente sostituire due altri qualunque Luici Cremona presi in R , perchè le (n — 2)2 intersezioni delle seconde polari miste di oi e di oi altro non sono che i poli di R rispetto alla prima polare di * ( 77 ). Donde si ricava quest’ altra definizione ( 86 ) : La seconda polare di una retta è il luogo de’ poli di questa retta rispetto alla prima polare di un punto varia- bile nella retta medesima (*). (a) Questa definizione conduce spontaneamente ad un’importante genera- lizzazione. Date due rette R , R' , quale è il luogo dei poli dell’ima rispetto alla prima polare di un punto variabile nell’altra? Fissati ad arbitrio due punti oo in R' } e preso un punto qualunque i in R , le seconde polari miste de’ punti oi ed o'i si segano in ( n — 2 )- punti , che sono i poli di R' rispet- to alla prima polare di i. Variando i in R , quelle seconde polari miste gene- rano due fasci proiettivi delP ordine n — 2 ; ed il luogo de* punti ove si se- gano due curve corrispondenti è una linea delP ordine 2(n — 2), la quale è evidentemente la richiesta. Ad essa può darsi il nome di seconda polare mista delle rette RR'} per distinguerla dalla seconda polare pura di R , superior- mente definita. (b) Come la seconda polare pura di R è il luogo di un punto la cui conica polare è toccata da R, così la seconda polare mista di due rette RR è il luogo di un punto rispetto alla conica po- lare del quale le rette RR' siano coniugate. Infatti: se la se- conda polare mista di oi e quella di o'i passano per un punto a, la retta polare di i rispetto alla conica polare di a passa per o e per c! (123), cioè t è il polo di R' rispetto a quella conica , c. d. d. (c) Se nella precedente ricerca (a) si pone il punto i all’intersezione delle rette RR' , troviamo che la seconda polare mista delle rette medesime passa per gli ( n — 2 )2 punti comuni alla seconda polare mista de’ punti oi ed alla seconda polare mista de’ punti o'i, ossia (124) per gli {n — 2)2 punti in cui la seconda polare pura del punto i tocca la seconda polare pura della retta R. Dunque: La seconda polare pura del punto comune a due rette tocca le seconde polari pure di queste, ciascuna in ( n — 2 )2 126. Se la seconda polare mista di due rette RR', concorrenti in un dato punto i, dee passare per un altro punto pur dato o,è necessario e sufficiente (125, b) che quelle due rette siano coniugate rispetto alla conica polare di o , cioè eh’ esse formino un sistema armonico colle rette EF che da i si pos- sono condurre a toccare quella conica. Ossia, se le rette RR'EF formano un fascio armonico, la seconda polare mista di RRr passa pei poli di tutte le co- niche polari tangenti alle rette EF. Ora , se una conica polare tocca queste due rette, il polo giacerà nelle seconde polari pure d’ entrambe ( 104, b; 124 ) ; dunque le 4(n — 2)2 intersezioni di queste due curve sono poli d’altrettante coniche polari inscritte nell’ angolo EF, epperò sono punti comuni a tutte le \*) Salmo» , Higher piane curve* , p, 152. Introduz. ad una teoria geometrica ec. 407 seconde polari miste passanti per o e relative a rette passanti per i. Ond’ è che queste seconde polari miste formano un fascio. Da ciò consegue che per due punti dati oo' passa una sola seconda polare mista relativa a due rette (non date) concorrenti in un dato punto *. Vale a dire, le seconde polari pure e miste delle rette passanti per un dato punto formano una rete geometrica di curve dell’ ordine 2(n — 2). Di qual indice è la serie delle seconde polari pure di tutte le rette pas- santi pel dato punto i ? Cerchiamo quante di tali seconde polari passino per un punto arbitrario o. L’ inviluppo delle rette le cui seconde polari (pure) passano per o è la conica polare di questo medesimo punto (104, g); ad essa arri- vano due tangenti da t; dunque per i passano due sole rette le cui seconde polari (pure) contengano il punto o. Ossia le seconde polari pure delle rette passanti per un punto dato formano una serie d’ indice 2. 127. Sia p un punto comune alla seconda polare pura di R ed all’ Hes- siana (della curva fondamentale Cn). Come appartenente alla prima di queste curve , p sarà il polo di una conica polare tangente ad R ; e come appartenente all’ Hessiana , lo stesso punto avrà per conica polare un pajo di rette incro- ciantisi nel punto corrispondente o della Steineriana. Ond’è che i punti comuni all’ Hessiana ed alla seconda polare di R saranno tanti , quante sono le inter- sezioni di R colla Steineriana , cioè 3 ( n — 2 )2. Dunque : 1 ^La seconda polare pura di una retta qualunque tocca Siccome la conica polare di p è formata da due rette concorrenti in o così la retta R , che passa per o, ha, rispetto a quella conica, infiniti poli situati in un’altra retta pur concorrente in o (110, a). Laonde una retta R' condotta ad arbitrio (non per o) contiene un polo di R relativo alla conica polare di p; ossia (125, b) p è un punto della seconda polare mista delle rette RR'. Dunque: I 6 (n — 2 )2 punti in cui 1’ Hessiana è toccata dalle se- conde^polari pure di due rette date giacciono tutti nella Le seconde polari pure delle rette passanti per un dato punto i formano (126) una serie d* ordine 2(n — 2) e d’indice 2; epperò sono inviluppale (124, b) da una linea dell’ ordine 4(n — 2). Questa linea è composta del- L Hessiana e della seconda polare pura del punto i (125, c ) ; e gli 8 (n — 2)" punti, in cui le seconde polari pure di due fra quelle rette toccano l’ Hessiana e la seconda polare pura di «, giacciono tutti nella seconda polare mista delle medesime due rette. (a) Si è dimostrato che la seconda polare (pura) di R tocca V Hessiana in p; inoltre anche la seconda polare (pura) di o passa per p, giacché que- sto punto è doppio per la prima polare di o. D’ altra parte la seconda polare (pura) di o e la seconda polare (pura) di R (retta passante per o) si tocca- no ovunque s’incontrano (124); dunque: L’ Hessiana, in un suo punto qualunque, è tangente alla seconda polare (pura) del corrispondente punto della 408 Luigi Cremona ( b ) Da ciò segue che la tangente in p all’ Hessiana è la coniugata ar- monica di po rispetto alle due rette che toccano la prima polare di o nel punto doppio p (74, c); e se la prima polare di o ha una cuspide in p, la tan- gente cuspidale tocca ivi anche 1’ Hessiana. Analogamente , la tangente in o alla Steineriana è la coniugata armonica di op rispetto alle due rette che formano la conica polare di p. ( c ) Se si considera una seconda retta R' passante per o , la seconda po- lare pura di R' toccherà aneli’ essa 1’ Hessiana in p. Viceversa : le rette le cui seconde polari pure passano per p sono le tangenti della conica polare di p (104, g); ma questa conica si risolve in due rette passanti per o; dunque le rette, le cui seconde polari pure contengono il punto p, passano tutte per o. Ossia, P Hessiana è toccata in p dalla seconda polare pura di o e dalle seconde polari pure e miste di tutte le rette passanti per o. (d) Siccome i contatti dell’ Hessiana colla seconda polare (pura) di una retta R corrispondono alle intersezioni di R colla Steineriana , così , se R tocca questa curva in un punto o, la seconda polare (pura) di R avrà un contatto quadripunto coIP Hessiana nel corrispondente punto p , e la toccherà semplice- mente in 3(w — 2)2 — 2 altri punti. Le rette tangenti alla conica polare d’un punto i sono le sole (104, g), a cui spettino seconde polari pure passanti per i. Ma quella conica ha 6(n — l)(n — 2) tangenti comuni colla Steineriana; dunque la serie formata dalle seconde polari pure ( di rette ) aventi un contatto quadripunto coll* Hes- s iana è dell’ iudice 6 ( n — 1 ) ( n — 2 ). Se R è una tangente doppia della Steineriana, la seconda polare (pura) di R avrà coll’ Hessiana due contatti quadripunti e 3(n — 2 )2 — 4 contatti bipunti. E se R è una tangente stazionaria della Steineriana , la seconda polare ( pura ) di R avrà coll’ Hessiana un contatto sipunto , oltre a 3 ( n — 2 )2 — 3 contatti bipunti. 128. Quali sono le rette le cui seconde polari (pure) hanno un punto doppio? Siccome la seconda polare (pura) di una retta R è il luogo dei poli delle coniche polari tangenti ad R, così, se quella seconda polare ha un punto doppio , è necessario che vi sia una conica polare avente più di due punti co- muni con R , cioè una conica polare che si risolva in due rette, una delle quali sia R. Dunque: Le rette cui spettano seconde polari (pure) dotate di punto doppio sono quelle che a due a due costituiscono le coniche polari dei punti dell’ Hessiana. E i punti doppi delle seconde polari (pure) di quelle rette sono gli stessi punti dell’ Hessiana. La seconda polare ( pura ) di un punto qualunque i sega P Hessiana in 3(n— -2)2 punti, poli di altrettante coniche polari passanti per i, ciascuna delle quali è il sistema di due rette. Dunque : dell’ Hessiana inviluppano una curva della classe 3(n— 2)2. 129. La seconda polare mista di due rette RR' è il luogo di un punto alla conica polare del quale condotte le tangenti dal punto RR', queste tangenti formino colle rette date un fascio armonico. Tali coniche polari costituiscono Introduz. ad una teoria geometrica ec. 409 una serie d'indice 2(n~2)2, tanti essendo i punti in cui quella seconda po- lare mista è intersecata dalla seconda polare (pura) di un punto arbitrario; dunque fra quelle coniche ve ne sono 4(n — 2)2 tangenti ad una retta qual- sivoglia data (85). Ora sia data una conica qualunque C , e si domandi il luogo di un punto la cui conica polare sia inscritta in un triangolo coniugato a C. Sia a un punto arbitrario ed A la retta polare di a rispetto a C. Vi sono 4 ( n — 2 )2 coniche polari tangenti ad A e a due rette concorrenti in a e coniugate rispetto a C, ossia 4 (n — 2 )2 coniche polari inscritte in triangoli coniugati a C, un lato dei quali sia in A. Ma le coniche polari tangenti ad A hanno i loro poli nella se- conda polare pura di A ; dunque il luogo richiesto ha 4 ( n — 2 )2 punti co- muni colla seconda polare pura di una retta arbitraria , vale a dire , è una curva dell’ ordine 2 ( n — 2 ). Quando un triangolo coniugato alla conica C abbia un vertice o sulla curva , due lati coincidono nella tangente ed il terzo è una retta arbitraria pas- sante per o. Dunque , se il punto o appartiene anche alla Steineriana , cioè se o è il punto doppio della conica polare d’ un punto p dell' Hessiana, questa conica può riguardarsi come inscritta in quel triangolo. Per conseguenza : Il luogo di un punto, la conica polare del quale sia voglia data, è una fine°a dell’ordine 2(n-2),CChe sega P Hessiana ne’ punti corrispondenti alle intersezioni del- la Steineriana colla conica data. Questa linea d’ ordine 2 ( n — 2 ) , quando la conica data degeneri in un pajo di rette, non è altro che la seconda polare mista delle rette medesime. Così ad una conica qualunque corrisponde una determinata curva d’ ordine 2(n — 2). E pel teorema (111, f) è evidente che a più coniche circoscritte ad uno stesso quadrangolo corrispondono altrettante curve d’ordine 2(n — 2) formanti un fascio. T. XII. 52 410 Luigi Cremona SEZIONE III. CURVE DEL TERZ’ ORDINE. Abi. XXII. Hessiana e la Cayleyana di una curva del ter*’ ordine. 130. Applichiamo le teorie generali precedentemente esposte al caso che la curva fondamentale sia del terz’ ordine , vale a dire una cubica C-0 , che supporremo priva di punti multipli; ond’ essa sarà della sesta classe (70) ed avrà nove flessi (100). (a) Un punto qualunque è polo di una conica polare e di una retta po- lare (68). Per due punti presi ad arbitrio passa una sola conica polare (77, a). Tutte le coniche polari passanti per un punto o hanno altri tre punti oto2o5 comuni , e i loro poli giacciono in una retta che è la polare di ciascuno di quei quattro punti 00|0203. Una retta ha dunque quattro poli ; essi sono i vertici del quadrangolo inscritto nelle coniche polari dei punti della retta. Tutte le rette passanti per uno stesso punto o hanno i loro poli in una conica, la quale è la conica polare del punto o (69, a). (b) La retta polare di un punto or rispetto alla conica polare di un altro punto o coincide colla retta polare di o rispetto alla conica polare di 0 (69 ,c). Ond’ è che, se da o si conducono le tangenti alla conica polare di o', e da o' le tangenti alla conica polare di o , i quattro punti di contatto giacciono in una sola retta: la seconda polare mista de’ punti od (123). ( c ) Da un punto qualunque o del piano si possono , in generale , con- durre sei tangenti alla cubica data, poiché questa è una curva della sesta classe. I sei punti di contatto giacciono tutti nella conica polare del punto o. (d) Ma se o è un punto della cubica, questa è ivi toccata sì dalla retta polare che dalla conica polare del punto medesimo. In questo caso, da o par- tono sole quattro rette, tangenti alla cubica in altri jmnti. Ed i punti di con- tatto sono le quattro intersezioni di questa curva colla conica polare di o (71). 131. Sia o un punto della cubica, la quale intersechi la conica polare del medesimo (oltre al toccarla in o ) in dbcd : onde le rette o(a, b, c, d) saranno tangenti alla cubica rispettivamente in abcd (130,d). Una tangente è incontrata dalla tangente infinitamente vicina nel suo punto di contatto (30); quindi, se o' è il punto della cubica successivo ad o, le quattro rette o'(a,b,c,d) saranno le quattro tangenti che si possono condurre da o. Siccome poi la conica polare di o tocca la cubica in o e la sega in abcd, così i sei punti od abcd giacciono tutti in essa conica, epperò 1 due fasci o(a, b,c,d), o'(a, b, c, d) hanno lo stesso rapporto anarmo- Introduz. ad una teoria geometrica ec. 411 nico (62). Ciò significa che il rapporto anarmonico delle quattro tangenti con- dotte alia cubica da un suo punto o non cambia passando al punto successi- li rapporto anarmonico del fascio di quattro tangen- ti, che si possono condurre ad una cubica da un suo pun- to qualunque, è costante (*). (a) Di qui si ricava che, se o {a , b , c , d) , o'(a' , V , c', d' ) sono i due fasci di taugenti relativi a due punti qualisivogliano o, d della cubica, i quattro punti in cui le tangenti del primo fascio segano le corrispondenti del secondo giacciono in una conica passante per od (62). La corrispondenza delle tangenti ne’ due fasci può essere stabilita in quattro maniere diverse, perchè il rapporto anarmonico del fascio o(a , b , c , d) è identico (1) a quel- lo di ciascuno de’ tre fasci o{b, a, d ,c) > o (c,d,a,b), o(d, c,b, a) -, dunque i sedici punti ne' quali le quattro tangenti condotte per o intersecano le quattro tangenti condotte per o giacciono in quattro coniche passanti per od. (b) Il rapporto anarmonico costante delle quattro tangenti, che arrivano ad una cubica da un suo punto qualunque , può essere chiamato rapporto anar- monico della cubica. Una cubica dicesi armonica quando il suo rapporto anarmonico è 1’ uni- tà negativa, cioè quando le quattro tangenti condotte da un punto qualunque della curva formano un fascio armonico. Una cubica si dirà equianarmonica quando il suo rapporto anarmonico sia una radice cubica imaginaria dell’ unità negativa, cioè quando le quattro tangenti condotte da un punto della curva abbiano i tre rapporti anarmonici fondamentali eguali fra loro (27). 132. Se la conica polare di un punto o è un pajo di rette che si se- ghino in o', viceversa la conica polare di o' è un pajo di rette incrociate in o (78). Dunque il luogo de’ punti doppi delle coniche polari risolventisi in paja di rette è anche il luogo de' loro poli , cioè la Steineriana e 1’ Hes- siana sono una sola e medesima curva del terz’ ordine (88, 90). (a) Inoltre, siccome la retta od tiene il luogo di due rette congiungenti due punti o , o' dell’ Hessiana ai corrispondenti punti o', o della Steineriana , cosi l’inviluppo di od, che secondo il teorema generale (98,b) sarebbe del- la sesta classe, si ridurrà qui alla terza classe (**}. (b) I punti o, o sono poli coniugati rispetto ad una qualunque delle coniche polari ( 98 , b ) , le quali costituiscono una rete geometrica del se- cond’ ordine. Dunque : Il luogo delle coppie di poli coniugati relativi ad una rete di coniche è una curva del terz’ ordine (1’ Hessiana della rete) (***). ( c ) Nella teoria generale è dimostrato che la Steineriana in un suo hon, Théorèmes sur 274 ). — Eigher pU tley , Mèmoire sur [esse , Veber die Wei les courbès di Crellb , t. 42, Berli- 412 Luigi Cremon/ punto qualunque è toccata dalla retta polare del corrispondente punto dell5 Hes- siana (118), e che 1’ Hessiana è toccata in un suo punto qualunque dalla se- conda polare del corrispondente punto della Steineriana (127, a). Nel caso della curva di lerz’ ordine , queste due proprietà si confondono in una sola , ed è che la tangente all' Hessiana in o è la retta polare di 6 ; ossia : L5 Hessiana è l’ inviluppo delle rette polari de’ suoi punti. Questo teorema somministra le sei tangenti che arrivano all’ Hessiana da un punto arbitrario t. Infatti, le rette polari passanti per i hanno i loro poli nella conica polare di iJ la quale incontra 1’ Hessiana in sei punti; ciascuno di questi ha per retta polare una tangente dell’ Hessiana , concorrente in ». Naturalmente i punti di contatto di queste sei tangenti giacciono nella conica polare di i relativa all’ Hessiana. 133. Siano o, o (fig. 8.a) due poli coniugati (rispetto alle coniche po- lari ) ; la conica polare di o sarà il sistema di due rette ab , cd concorrenti in ©', e la conica polare di o' sarà formata da due altre rette ad , bc incro- ciantisi in o. Se le due coniche polari si segano mutuamente in abcd , questi saranno (130,a)i poli della retta od, e le rette ac, bd, il cui punto comune sia m, formeranno la conica polare di un punto v! situato nella retta od. Dunque u, u sono due nuovi poli coniugati; ed u è il terzo punto d’ inter- sezione dell’ Hessiana colla retta od. La retta polare di d rispetto alla cubica fondamentale coincide (69, b) colla polare di o' rispetto alla conica formata dalle due rette ad, bc; dun- que (132,c) la tangente in o all* Hessiana è la retta om, coniugata ar- monica di od rispetto alle ad, bc : proprietà che poteva anche concludersi dal teorema (127, b). Analogamente la tangente all’ Hessiana in o è o'u. Dunque : Le tangenti all’ Hessiana in due poli coniugati o, o concorrono nel punto di questa curva, che è polo coniu- gato alla terza intersezione della medesima colla retta od. (a) Due punti di una cubica chiamansi corrispondenti , quando hanno lo stesso tangenziale (39, b), cioè quando le tangenti in essi incontrano la curva in uno stesso punto. Usando di questa denominazione possiamo dire che due poli coniugati ri- spetto ad una rete di coniche sono punti corrispondenti dell' Hessiana di que- sta rete. ( b ) Siccome le rette polari di o , o concorrono in u , così la conica po- lare di u passerà per o e per o'. Ma u è un punto dell’ Hessiana ; dunque la sua conica polare consta della retta od e di una seconda retta passante per Ossia : Una retta la quale unisca due poli coniugati o, d, e seghi per conseguenza 1’ Hessiana in un terzo punto u , fa parte della conica polare di quel punto u che è polo coniugato ad u. Le rette che costituiscono le coniche polari dei punti dell’ Hessiana invi- luppano una curva di terza classe (128). Èssa coincide adunque coll’ invilup- po della retta che unisce due punti corrispondenti dell’ Hessiana (132 , a). A questa curva daremo il nome di Cayleyana della cubica data , in onore Introduz. ad, una teoria geometrica ec. 413 dell’ illustre Cayley , che ne trovò e dimostrò le più interessanti proprietà in una sua elegantissima Memoria analitica (*). (c) Le tangenti che da un punto qualunque o dell%Hessiana si possono condurre alla Cayleyana sono la retta che unisce o al suo polo coniugato o' , e le due rette formanti la conica polare di d. (d) Se abcd sono i quattro poli di una retta R , le coppie di rette (bc , ad), (ca , bd) , (ab, cd) costituiscono tre coniche polari, i cui poli giacciono in R ; dunque i punti di concorso di quelle tre coppie di rette appartengono al- 1’ Hessiana. Ossia : L’ Hessiana è il luogo de’ punti diagonali, e la Cayle- yana è l’inviluppo dei lati del quadrangolo completo i cui vertici siano i quattro poli di una retta qualunque. 134. Siano ad , bb' due coppie di poli coniugati; c il punto comune alle rette ab, db'', c' quello ove si segano le ab' , db. Allora aa'bb'cc saranno i sei vertici di un quadrilatero completo; e siccome i termini delle due diago- nali ad, bb' sono, per ipotesi, poli coniugati rispetto a qualsivoglia conica polare, così anche i punti cc' saranno poli coniugati rispetto alla medesima rete di coniche (109). Dunque: Se abc sono tre punti dell’ Hessiana in linea retta, i tre poli db'c' coniugati a quelli formano un triangolo i cui lati b'c' , cfd, db' passano per a, b, e. Donde si ricava che, dati due poli coniugati aa' ed un altro punto b dell’ Hessiana, per trovare il polo coniugalo b' , basta tirare le rette ba, bd che seghino nuovamente questa curva in c, c' ; il punto comune alle cd , c'a è il richiesto (**). (a) Le rette condotte da un punto qualunque o dell’ Hessiana alle coppie di poli coniugati formano un’ involuzione ( di secondo grado ). Infatti : se una retta condotta ad arbitrio per o sega I’ Hessiana in a e b , i poli d , b' con- iugati a questi sono pure in linea retta con o; onde le rette oab , odb' sono così tra loro connesse che Y una determina 1’ altra in modo unico. Dunque ecc. (b) Viceversa, dati sei punti ad , bb' , cc' , il luogo di un punto o, tale che le coppie di rette o{a, d), o(b, 6 ), o(c, c) siano in involuzione, è una curva del terz’ ordine , per la quale ad , bb' , cc' sono coppie di punti corrispondenti (***). 135. Quando due de’ quattro poli (poli congiunti) di una retta coincidano in un solo o, questo appartiene all’ Hessiana (90, b), e tutte le coniche po- lari passanti per esso hanno ivi la stessa tangente od. Siano ( 6g. 8.a ) o{o.2 gli altri due poli della retta (o'u) polare di o; cioè siano o{o% i punti in cui le rette (ad, bc) formanti la conica polare di o' incontrano quella retta che passa per d e forma con od la conica polare di w (133, b). Due delle tangenti, che da Oj ponno condursi alla Cayleyana (133, d), coincidono con o{o, e la terza è o,o2; così pure, delle tangenti che da o2 (*i A Memoir on curve* of thè third order (Philosophical Transactions , part 2, (***; Cayley , Mémoire sur les courbes du troisième ordre, p. 287. Luigi Cremona 4H arrivano alla Cayleyana, due coincidono in o2o, e la terza è o^. Dunque (30) le rette ool9 oo.2 toccano la Cayleyana in ol9 o2 • Ne segue che k Cayleyana è il luogo de’ poli congiunti ai punti dell' Hes- siana (105), cioè : se una retta polare si muove inviluppando J’Hessiana, due poli coincidenti percorrono I’ Hessiana medesima, mentre gli altri due poli distinti descrivono la Cayleyana. ( a ) Si noti ancora che da un punto qualunque o dell’ Hessiana partono tre tangenti o(oì9 o.2, 6 ) della Cayleyana; e due di queste ool , oo2, si cor- rispondono fra loro in modo che la retta passante pei loro punti di contatto 0\02 è pure una tangente della Cayleyana. (b) Quella retta che passa per u', e forma con oo' la conica polare di w, sega la Cayleyana, non solo in poli congiunti ad o, ma eziandio in o/o./ poli congiunti ad o'. Siccome poi quella retta è pure una tangente della Cayleyana, così se ne inferisce che questa curva è del sest’ ordine. Ì1 che può dimostrarsi anche nel seguente modo. Da un punto i partono sei tangenti dell’ Hessiana (132, c); ciascuna di queste rette ha due poli coinci- denti in un punto dell’ Hessiana medesima , dunque gli altri dodici poli giac- ciono nella Cayleyana. Ma i poli delle rette passanti per i sono tutti nella c o- nica polare di « , epperò questa sega la Cayleyana in dodici punti ; cioè la Cayleyana è una curva del sest’ ordine. ( c ) Da quanto precede si raccoglie che , se oo{ è una tangente della Cayle- yana , il punto di contatto o{ è un polo congiunto a quel punto o dell" Hes- siana che giace in quella retta , senza però che vi giaccia il suo corrispondente o' . Dunque, se indichiamo con a il punto di contatto della oo' colla Cayleyana, u sarà un polo congiunto al punto u'. Sia «' il terzo punto in cui 1’ Hessiana è segata dalla retta uu , e sia v il polo coniugato a v' . Quella retta che passa per «' e forma con wu' la co- nica polare di v segherà oo' nel punto a. Ora, la retta polare di v rispetto alla conica polare di o passa per o' , perchè questa conica è un pajo di rette incrociate in o'. Ma la retta polare di v rispetto alla conica polare di o coincide (130, b) colla retta polare di o rispetto alla conica polare di v, cioè rispetto al sistema (uu' , t>'«); dunque il polo o ed i punti u , © , 6 , in cui la retta oo' taglia la conica e la retta polare anzidelte, formano un sistema armonico (110, a); ossia: La retta che unisce due poli coniugati è divisa armo- e dal punto ove tocca la Cayleyana (*). 1 36. L’ inviluppo delle rette polari de’ punti di una data retta R e una conica, che è anche il luogo dei poli delle coniche polari tangenti ad R ( 103 ) , ed anche il luogo dei poli di R rispetto alle coniche polari dei punti di R medesima (125). Questa conica, che secondo la teoria generale (104) è la seconda polare (pura) di R, si chiamerà, nei caso attuale, più brevemente poloconica (pura) della retta R. , (a) La conica polare di un punto t, oltre all’essere il luogo de punti {*, co Memoir Introduz. ad una teoria geometrica ec. 415 le cui relte polari concorrono in t , può anche definirsi V inviluppo delle rette le cui poloconiche passano per t (104, g). (b) Le rette le cui poloconiche hanno un punto doppio son quelle che costituiscono le coniche polari dei punti dell’ Hessiana (128), cioè sono le taugenti della Cayleyana. Consideriamo adunque la retta od (fig. 8.a) e ricerchiamone la poloconi- ca , come luogo dei poli delle coniche polari tangenti ad oo'. Siccome od fa parte della conica polare di m, così questo punto sarà doppio per la poloco- nica richiesta (128). Osservisi poi che la conica polare di ciascuno de5 punti o,o ha due punti coincidenti comuni con oo' ; dunque la poloconica di questa è il pajo di rette uo , no'. Vediamo così che 1’ Hessiana è il luogo de’ punti doppi delle poloconiche risol ventisi in due rette, ed è anche 1 ' inviluppo di queste rette; mentre la Cayleyana è invi- luppata dalle rette a cui si riferiscono quelle poloconi- che (*). (c) 11 luogo di un punto rispetto alla conica polare del quale due rette fi, R' siano coniugale, è una conica (la seconda polare mista di RR' , giusta la teoria generale), la quale può chiamarsi la poloconica mista delle rette RR1. Essa è anche il luogo dei poli di una qualunque di queste rette rispetto alle coniche polari dei punti dell' altra (125, a, b). (d) La retta polare del punto comune a due rette RR' tocca le poloco- niche pure di queste rette in due punti , che giacciono nella poloconica mista delle rette medesime (125, c). 137. Se una retta R incontra l’ Hessiana in tre punti abc, la poloconica di R tocca questa curva ne’ poli db’c coniugati a quelli (122, 127 ). Donde segue che, se fi è una tangente ordinaria dell’ Hessiana , il cui punto di contatto sia a ed il punto di semplice intersezione b , la poloconica di fi avrà coll’ Hessiana un contatto quadripunto in a' (polo coniugato ad a) ed un contatto bipunto in b' (polo coniugato a 6). E se fi tocca 1’ Hessiana in un flesso a, la poloconica di fi avrà colla curva medesima un contatto sipunto in a' (127, d). (a) I sei punti in cui l’ Hessiana è toccata dalle poloconiche pure di due rette giacciono nella poloconica mista delle relte medesime (127). Dunque: Se due rette incontrano 1’ Hessiana in sei punti, i poli coniugati a questi giacciono in una stessa conica (**); Se pei tre punti in cui 1’ Hessiana è toccata da una p o 1 o c o n i c a ]S i J a passare un’altra conica q u a I s i v o gli a , q u e- curva è toccata da una seconda poloconica. Abbiamo veduto ( 136 , b) che, se o, o sono due poli coniugati (fig. 8.a ), ne’ quali 1’ Hessiana sia toccata da rette concorrenti in u , queste rette costi- tuiscono la poloconica ( pura ) di od. Questa poloconica tocca 1’ Hessiana in c ionoV * ^9° " ' ^ 432. 416 Luigi Cremona u, o, o'. Dunque questi tre punti ed altri tre analoghi giacciono sempre in una stessa conica. (b) Le quattro rette che da u si ponno condurre a toccare altrove T Hessiana sono quelle che costituiscono le poloconiche ( pure ) delle due rette concorrenti in u e formanti la conica polare di w (136,b). I punti di contatto di quelle quattro rette sono in una couica tangente all’ Hessiana in u (130,d),e d’altronde i punti di contatto dell' Hessiana colle poloconiche pure di due rette giacciono nella poloconica mista di queste. Dunque: La conica polare di un punto u dell’ Hessiana, rispet- to all’ Hessiana medesima, coincide colla poloconica mi- sta delle due rette che formano la conica polare di u , rispetto alla curva fondamentale. 138. Una trasversale condotta ad arbitrio per un polo fìsso o seghi la cubica fondamentale ne’ punti a1a^a3 e la conica polare di o in m{m2 . Nel- la medesima trasversale si cerchino i due punti determinati dalle due equazioni : — = — — ) , Vi 2 V om, om2 / = ±/i L> 2 \ om2 om[ / ’ equazione quadratica : 2) -L-JL (—+—)+— f|(— +— )*=o. o i-l1 o[i\omi om 2/ om^om^ 4 Vo»^ om2/ Ma per le relazioni che hanno luogo fra i tre punti ata2a3 et* ‘ centri armonici m1m2 ( hi. ) , si ha : — -t- — = — +—), om{ o m2 3 \oa{ oa2 oaz / om{.om2 3 ( oa.2.oa3 oa3.oat "** oa4.oa2 ) ’ onde 1’ equazione 2) potrà scriversi così : ^ (ofi oa^^op^ oai oa2 oa3)~*"(o^ L_-4 = 0. V 0(i oa5 / \0[i oa3 oaì oa2 / Facendo girare la trasversale intorno ad o , il luogo de’ punti sarà una curva di second’ ordine, che si può chiamare conica satellite del polo o (*). Se i punti 0^5 coincidono , cioè se la trasversale tocca la cubica in ordine »? Essa dorrebbe condur- Salmoit j Higher piane curve* , Introduz. ad una teoria geometrica ec. 417 a2 e la sega in av , 1’ equazione 3) manifesta nel primo membro il fattore — — . Dunque la conica satellite contiene i sei punti 0(1 octi in cui la cubica fondamentale è segata dalle tangenti condotte pel polo. Se i punti m{m 2 coincidono, cioè se la trasversale tocca in wi, la coni- ca polare di o, le 1) mostrano che i punti coincidono entrambi in m{, vale a dire , in questo punto la trasversale tocca anche la conica satellite. ti in cui questa è incontrata dalla retta polare. (a) Da quanto or si è detto e dal teorema (39, b) risulta che, se o è un punto dell’ Hessiana , cioè se la conica polare di o è un pajo di rette concorrenti in o', anche la conica satellite sarà un pajo di rette concorrenti in questo medesimo punto , e propriamente il pajo formato dalle rette satelliti di quelle che costituiscono la conica polare di o. Dunque ciascuna delle due rette concorrenti in d e facenti parte della conica polare di o ha per punto satellite (39., b) il punto al. Ossia: L> Hessiana è il luogo de5 punti satelliti delle rette che toccano la Cayleyana. (b) Si ottiene un’altra definizione della Cayleyana, osservando che (fig. 8.a) il punto u è (133) il tangenziale di d (come anche di o) rispetto all’ Hes- siana; e siccome le rette o(a, b9 u, u’) formano un fascio armonico, così oo' è la retta polare di u rispetto alla conica polare di d. Dunque la Cayleya- na è 1’ inviluppo della retta seconda polare mista di due punti dell’ Hessiana, 1’ un de’ quali sia il tangenziale dell’ altro (*). Art. XXIII. Fascio (li curve del ter*’ ordine aventi i medesimi flessi. 139. Il teorema (71), applicato alla cubica fondamentale C3, significa che, se per un punto fisso i della curva si tira una trasversale qualunque a segar quella in altri due punti , il luogo del coniugato armonico di i ri- spetto ad è la conica polare di ». Ma se i è un flesso della cubica, la conica polare si decompone nella relativa tangente stazionaria ed in un’altra retta I che non passa per i (80). Dunque il luogo del punto coniugato armonico di un flesso di una curva, rispetto ai due punti in eui questa è in- contrata da una trasversale mobile intorno al flesso, è una retta (**). Alla retta /, che sega la cubica ne’ tre punti ove questa è toccata dalle tre tangenti concorrenti nel flesso (39, c), si dà il nome di polare armonica . Memoir on curves etc. p. 439-442. T. XII. 53 418 Luigi Cremona del flesso », e non dee confondersi coll’ordinaria retta 'polare che è la tan- gente stazionaria. (a) Dal flesso i si tirino due trasversali a segare la cubica rispettiva- mente ne’ punti aa ', bb'. Siccome la polare armonica è pienamente determinata dai coniugati armonici di i rispetto alle coppie di punti aa', bb' , così essa non è altro che la polare di i rispetto al pajo di rette ( ab , db' ) , oppure rispetto al pajo ( ab', db). Dunque (110, a) la retta I passa pel punto co- mune alle rette ( ab > db' ) e pel punto comune alle ( ab., db). Se le due trasversali coincidono, si ottiene la proprietà che, se pel fles- so i si conduce una trasversale a segare la cubica in a, b, le tangenti in questi punti vanno ad incontrarsi sulla polare armonica di i. Quanto precede mette in evidenza che un flesso di una cubica ha, ri- spetto a questa ed alla sua polare armonica, le stesse proprietà (*) che un punto qualunque possiede riguardo ad una conica ed alla sua retta polare ( 107 ). (b) Se tre rette segano la cubica data rispettivamente ne’ punti iad } jbb' , lcer, e se tjl, abc giacciono in due rette, anche db'c' sono in linea ret- ta (39, a). Supposto che i punti ijl coincidano in un solo (flesso) », le due rette abc , a'b'c' concorreranno, come or ora si è osservato, sulla polare armonica di ». Se inoltre i punti abc coincidono in un punto unico, lo stesso avrà luogo de’ punti db'c’ ; dunque : La retta che unisce due flessi di una cubica sega que- sta in un terzo flesso (**). E le tangenti (stazionarie) in due qualunque di questi tre flessi concorrono sulla po- lo) Da questo teorema e dalla definizione della polare armonica d’ un flesso si raccoglie che, se 123 sono tre flessi in linea retta, il punto coniu- gate armonico di 1 rispetto a 23 è situato nella polare armonica di 1 , ecc. ; e che per conseguenza le polari armoniche de’ flessi 123 sono le rette che uni- scono i vertici del trilatero formato dalle relative tangenti stazionarie, col po- lo della retta 123 rispetto al trilatero medesimo (76). (d) 11 teorema « se tre flessi 123 della cubica sono in li- nea retta, le loro polari armoniche lvl 2/3 concorrono in uno stesso punto» può dimostrarsi anche così. Siano % le tan- genti ( stazionarie ) della cubica ne’ tre flessi nominati ; le coppie di rette I{1\ J2/'2 , J3/'3 sono le coniche polari de’ punti medesimi , e queste coniche de- vono essere circoscritte ad uno stesso quadrangolo, i cui vertici siano i poli della retta 123 (130, a). Vale a dire, le rette J3f3 devono passare pei quattro punti l\L2, l\l\i hh> Wa* Ma le tangenti in due de’ flessi 123 s’incontrano sulla polare armonica del terzo, ossia /- passa pel punto l\Ì2 j dunque J3 passerà anche pel punto f4/2, c. d. d. Di qui si raccoglie che i quattro poli di una retta che con- tenga tre flessi della cubica sono i vertici del trilatero formato dalle tre corrispondenti tangenti stazionarie, 420 Luigi Cremona tangenti all’ Hessiana in due poli coniugati concorrono in uno stesso punto della medesima (133); d’altronde essendo i un flesso anche per T Hessiana (140, a), questa curva ha ivi colla sua tangente un contatto tripunto ; dunque la tangente in i sega l’ Hessiana in », ossia la retta che è tangente (staziona- ria) della cubica fondamentale nel flesso i è anche tangente (ordinaria) del- P Hessiana nel polo coniugato »' (*). Questa proprietà si poteva anche conchiudere dalla teoria generale (118, c; 119, b), dalla quale segue ancora che tutte le coniche polari passanti per i hanno ivi fra loro un contatto tripunto. (a) Ciascuna tangente stazionaria della cubica fondamentale, essendo an- che una tangente ordinaria dell’ Hessiana , conta come due tangenti comuni ; onde le due curve avranno altre 6.6 — 2.9 = 18 tangenti comuni. Siccome poi ogni tangente dell’ Hessiana ha due poli coincidenti nel punto coniugato al punto di contatto e gli altri due poli distinti nella Cayleyana (135), così le diciotto tangenti (ordinarie) comuni all’ Hessiana ed alla cubica fondamentale toccano quest’ ultima curva ne’ punti in cui essa è incontrata dalla Cayleyana. ( b ) In generale , se o, o' sono due poli coniugati , e se u' è il terzo punto comune all’ Hessiana ed alla retta od , questa tocca la Cayleyana nel punto o coniugato armonico di u' rispetto ai due od (135, c). Ma allorché o sia un flesso della cubica fondamentale , u' coincide con o' ; epperò ( 4 ) anche o si confonde con o'. Dunque la Cayleyana tocca 1’ Hessia- na nei^ nove poli coniugati ai flessi della cubica fonda- (c) Una tangente della Cayleyana, quale è u'r (fig. 8.a), sega questa curva in quattro punti , i quali sono le intersezioni di ur colle rette costituenti le coniche polari di o, d (135). Quando o è un flesso della cu- bica fondamentale, la conica polare di o è costituita dalla tangente stazionaria od e dalla polare armonica, e quesP ultima si confonde con u'r , perchè ur ed o' coincidono insieme. Oud" è che de’ due punti oj'o2' V uno cade in o' (od m) e l’altro si unisce all’ intersezione di due tangenti infinitamente vicine u'r , o 0\ della Cayleyana , cioè al punto di contatto fra questa curva e la retta ur. Questa retta ha dunque un contatto tripunto colla Cayleyana; e siccome questa curva , essendo della terza classe e del sest’ ordine , non può avere altre singolarità all’ infuori di nove cuspidi (99, 100), così: Le polari armoniche dei nove flessi della cubica fon- damentale sono tangenti alla Cayleyana nelle nove cuspidi di questa curva. (d) L’ Hessiana e la Cayleyana sono dotate di proprietà completamente reciproche. Infatti : Una tangente qualunque della Cayleya- In un punto qualunque o dell’ Hessia- na sega V Hessiana in due punti corrispon- na concorrono tre tangenti della Cayleya- denti,cioè aventi lo stesso tangenziale, ed na; due di esse sono corrispondenti , cioè in un terzo punto che è il coniugato ar- la retta che ne unisce i punti di contatto monico del punto di contatto della Cayle- è una tangente della Cayleyana; la terza yana rispetto ai primi due (135, c). poi è la coniugata armonica, rispetto alle due prime, della tangente all’ Hessiana in o ( 135, a). ^ *) Clebsch, V eber die Wendetangenten der Curven dritter Ordnung (Giornate Cbrlle-Boh- Introduz. ad 421 in Luigi Cremona polari armoniche di 123, le quali fanno parte delle coniche polari di questi punti rispetto a tutte le cubiche sizigetiche del dato fascio ( 140 ), così la retta 123 sarà, relativamente a tutte queste curve, la retta polare del punto r ( 130, a). Dunque cias cun vertice di un trilatero sizigeticoè fiche. 143. Proseguendo a studiare il fascio delle cubiche sizigetiche, una qua- lunque di esse sia incontrata dalla polare armonica / del flesso i ne’ punti fflffl'm", onde in questi punti le tangenti alla curva saranno t(m, tri, m"). La tangente (stazionaria) alla cubica medesima nel flesso i incontri I in n. La cubica è individuata da uno qualunque de’ quattro punti nmm'm" , epperò , al variare di quella , la terna mm'm' genera un’ involuzione ( di terzo grado ) pro- iettiva alla semplice punteggiata formata dai punti n. Se rrtr2r3 sono i punti doppi dell’involuzione, essi sono anche (142) vertici de’ quattro trilateri sizigetici ; siano poi $SìS2$3 le intersezioni dei lati rispetti- vamente opposti colla retta /. Per queste cubiche trilatere , le tangenti al flesso t sono evidentemente gli stessi Iati *(*, , s2, s3); ond’ è che, ogniqualvolta i due punti nitri' coincidono in r, i punti mn si confondono insieme con $. La retta in , che tocca una cubica del fascio nel flesso i , è anche tan- gente all’ Hessiana di questa nel punto n (141). Dunque, se una data cubica del fascio incontra la retta I ne* punti mm'm" , le rette » ( m , m' , tri' ) sono tangenti nel flesso i ad altrettante cubiche del fascio, aventi per Hessiana la curva data. Ossia una data cubica è, in generale, Hessiana di tre altre cubiche sizigetiche ad essa (*). (a) Se la cubica data è un trilatero, un vertice del quale sia r ed il lato opposto passi per s, le tre tangenti t(m', m"), tm riduconsi alle due ir, is. La seconda di queste rette può risguardarsi come tangente stazionaria della cubica data , la quale è per tal modo Hessiana di sè stessa. E 1’ altra retta ir sarà tangente in i ad una cubica (del fascio) avente per Hessiana il dato trilatero. Dunque ciascuna cubica trilatera è Hessiana di sè stessa e di un’altra cubica (del fascio). Cioè in un fascio di cubiche si zig e- tro trilateri del fascio. ( b ) Cerchiamo se nel dato fascio vi abbia alcuna cubica che sia Hessiana della propria Hessiana. Una cubica C ha per Hessiana un’altra cubica, e l’ Hes- siana di questa è una nuova cubica Cf . Assunta invece ad arbitrio nel fascio la curva C' , questa è Hessiana di tre cubiche, ciascuna delle quali è alla sua volta Hessiana di tre altre cubiche C ; talché C' dà nove cubiche C. Siccome le cubiche C, C' sono individuate dalle rispettive tangenti in » ( 46 ) , od an- che dai punti n, ri in cui queste segano la polare armonica /, possiamo dire che ad ogni punto n corrisponde un solo punto ri , mentre a ciascun punto ri corrispondono nove punti n; quindi la coincidenza di due punti corrispon- denti n , ri avrà luogo dieci volte , cioè vi sono dieci cubiche sodisfacenti alla condizione proposta. Di questo numero sono i quattro trilateri sizigetici; ep- però, lasciatili da parte, avremo: Variabeln u. s. w. ( Giornale di Introduz. ad una teoria geometrica ec. 423 Un fascio di cubiche sizigetiche contiene sei cubiche, ciascuna delle quali è Hessiana della propria Hessiana (*). 144. Vogliamo ora trovare la relazione segmentarla esprimente la projet- tività che ha luogo fra 1’ involuzione di terzo grado formata dai punti mm'm" e la semplice serie generata dal punto n (143). Preso per origine de’ segmen- ti un punto r , cioè quel vertice di uno de' trilateri sizigetici che cade nella retta I ; e chiamato m uno qualunque de’ punti mm'm", la projettività di che si tratta sarà espressa da un’ equazione della forma ( 24 , a ) : 1) (A.rn + A’)™* + 3{B.rn + É')rm +3(C.rn + C')rm+D.rn-hD' = 0, ove A, A', B,... sono coefficienti costanti. Il punto s corrispondente ad r (143) suppongasi a distanza infinita , com’ è lecito fare senza sminuire la generalità dell’ indagine ; perchè trattandosi qui di relazioni fra rapporti anarmonici , possiamo ai punti nella retta I sostituire le loro projezioni fatte da un centro arbitrario sopra una retta parallela al raggio che passa per s (18). Ciò premesso , siccome i tre valori di rm corrispondenti ad rn=rs=oo devono essere rm = rs , rm! — 0 , rm" = 0 , cosi se ne trae A — 0 , C = 0 , D — 0. D’ altronde s è un punto della retta polare di r rispetto a qualunque cubica del fascio (142), quindi (11): ma rs è infinito, dunque C' = 0. Così l’equazione 1) diviene: 2) A1, rm ■+• 3( B. rn -h B' ) rm -b D' = 0. La condizione affinchè la 2), considerando rm come incognita, abbia due radici eguali è: 3) . A'*D' 4 (B.rn + #)* = 0, cioè questa equazione del terzo grado rispetto ad rn darà quei tre punti n ( ) a ciascuno dei quali , come ad s , corrispondono due punti m coin- cidenti ( ). Se nella stessa equazione 2) si fa rm = rn , ottiensi : 4) ( A' -+• 35) rn •+• 3 B'.Vn -f- D' = 0 , ossia ciascuno de’ punti n dati dalla 4) coincide con uno de’ corrispondenti punti m. Ma i punti n dotati di tale proprietà sono ( oltre ad s ) gli stessi punti s(s^s5 dati dalla 3) ; dunque le equazioni 3) , 4) , dovendo ammettere le stesse soluzioni, avranno i coefficienti proporzionali. {*) Salmo* , ITigher piane curves , p. 184. — Aroshold, Zar Theorie der homogenen Fun- ctionen dritten Grades von drei Variabeln (Giornale di Crklle, t. 39, Berlino 1850 , p. 153). 424 Luigi Cremona L’ equazione 4) non contiene 1* rn lineare ; onde eguagliando a zero il coefficiente di rn nella 3) , si avrà BB'2 = 0 , ossia B' — 0 ; perchè il por- re B = 0 farebbe scomparire il segmento rn dalla 2). Quindi le 3) , 4) di- vengono : 42?3. ~rn -+- A'*D' = 0 , ■+• 31?) m ■+■ D' = 0 , donde eliminando rn si ha : 5) {A'—B)(A’ -h2B)*=0. Posto A' = 2? e per brevità 2)' = — 4hzB, ovvero posto A' = — 22? e per brevità D' = — fc32?, le equazioni 3), 4) in entrambi i casi danno : 6) = e le radici di questa equazione saranno rst , rs2 , rs3 . Fatto adunque À3 = rn , Bl — 0 ed inoltre A' = B , ovvero 4' = — 2jB, P equazione 2) diviene nel primo caso : 7) (rm-rn)(rm + 2rn)2 = 0, e nel secondo: (rm-rn)2(2rm-t-rn) = 0. Cioè nel primo caso uno de5 tre punti m corrispondenti ad n = ( , s2 , s3 ) coincide collo stesso n, mentre gli altri due si riuniscono in un sol punto ( r, , r2 , r3 ) diverso da n. Nel secondo caso invece , due de’ tre punti m cor- rispondenti ad n = ( Si , s2 , s5 ) cadrebbero in n. Ma nella quistione che ci occupa si verifica il primo caso, non il secondo (143); ond’ è che dobbiamo assumere Al = B , non già Al = — 22?. Dunque la richiesta equazione per la projettività fra 1’ involuzione forma- ta dalle terne di punti mm'm" e la semplice punteggiata formata dai punti n può essere scritta così : 8) rm -f- 3rn.m2 - 4À3 = 0, ove h esprime un coefficiente costante. (a) 1 punti SiS2s3 sono dati dal P equazione 6) , ed i punti r{r2r3 dalla 7): rm -t- 2rn = 0 , ossia dalla: rm -f- 8A3 = 0 ; dunque entrambi i sistemi di quattro punti ss^, rr^z sono equianar- monici (27). Ne consegne che, se i è un flesso reale delle cubiche sizigeticbe, due de’ quattro vertici r giacenti nella polare armonica I sono reali , gli altri due imaginari (26). E per la reciprocità già avvertita (141,d), due delle quat- tro rette R ( lati de’ trilateri sizigetici ) concorrenti in i saranno reali , le al- tre due imaginarie. Che almeno uno de’ flessi di una cubica sia reale , risulta Introduz. ad una teoria geometrica ec. 425 manifesto dall' essere dispari il numero totale delle intersezioni della cubica coll' Hessiana, Sia dunque 1 un flesso reale; e delle quattro rette R (140,b), cioè 123., 148, 157, 169, siano reali le prime due, imaginarie coniugate le al- tre. 1 quattro flessi 57; 69 saranno necessariamente tutti imaginari,ed invero uno de’ primi due sarà coniugato ad uno degli altri due. Siano coniugati 5 e 9, 6 e 7. Le due rette reali 59, 67, e le due rette imaginarie coniugate 56, 79 si segano separatamente in due punti reali r, rì9 situati nella polare armonica del flesso 1 (139, a). Essendo reali le rette 123, 148, i flessi 23, e così pure 48, sono o entrambi reali, o imaginari coniugati. D'altronde le coppie di rette [24 , 38], [28,34] devono dare gli altri due vertici r2, r3, situati in linea retta con r, r{. Ma r2r3 sono imaginari, dunque i punti 2348 non possono essere nè tutti reali, nè tutti imaginari; cioè 23 sono reali, e 48 imaginari. Da ciò segue che de5 nove flessi di una cubica tre soli (in linea retta) sono reali, essendo gli altri imaginari coniugati a due a due (*). E delle dodici rette À, che contengono le terne de’ flessi, quattro [123, 148, 259, 367] sono reali; le altre no. Uno de' quattro trilateri sizigetici ha un solo vertice reale; un altro ne ha tre; i rimanenti nessuno. (b) Come si è supposto sin qui, sia m uno de' punti in cui una data cubica del fascio sega la retta 7, e sia n l’ intersezione di questa medesima retta colla tangente al flesso ». Supponiamo poi che i punti il/, N abbiano analogo significato per l’ Hessiana della cubica suddetta ; avremo similmen- te alla 8): r53 + 3riV . r52 - 4A3 = 0. Ma 1’ Hessiana passa, come si è già osservato (143), pel punto n, talché sarà: 9) ra3 + 3rJV.ra2-4A3 = 0, donde , dato il punto n , si desume il punto N. Per esempio , se n cade in r , si ha riY = oo , cioè N coincide con s ; e se n è uno de’ punti r,r2r3 , ossia se » è dato dall* equazione : 7n ■+■ 8A3 = 0, 2 rN+m=fi, vale a dire, N è uno de’ punti *|S2s3. Di qui si ricava che le cubiche sizi- getiche le cui tangenti al flesso i passano per uno de’ punti rr,r2r3 hanno per Hessiane i trilateri sizigetici; come già si è trovato altrove (143, a). Se invece è dato il punto N , 1' equazione 9) dà i tre punti n corrispon- denti alle tre cubiche, la comune Hessiana delle quali è la curva relativa al dato punto N (143). T. XII. 54 Luigi Cremona 426 (c) Se la cubica data è Hessiana della propria Hessiana (143,b), si avrà oltre V equazione 9) anche la : rìy5 *+• 3rn.riV2 — 4A3 = 0. Sottraggasi questa dalla 9), e dalla risultante, omesso il fattore rn — rW che corrisponde alle cubiche trilatere, si elimini rN mediante la medesima 9); ottiensi così la: 10) rn6 - 20 A3 . rn - 8A6 = 0 , equazione di sesto grado, che dà i sei punti n corrispondenti alle sei cubiche dotate della proprietà d’ essere Hessiane delle proprie Hessiane. 145. Le quattro tangenti che in generale si possono condurre ad una cubica da un suo punto , nel caso che questo sia il flesso i , sono le rette i (n j m , m', m" ). Ond5 è che il rapporto anarmonico della cubica (131,b) sarà quello de’ quattro punti nmm'm" , ne* quali la polare armonica del flesso è incontrata dalla tangente stazionaria e dalla cubica medesima. Ciò premesso , possiamo ricercare quali fra le cubiche sizigetiche del dato fascio sono equianarmouiche e quali armoniche ( 1 3 1 b ). Siccome i tre punti mmm " sono dati dalla 8), così i quattro punti nmm'm'' saranno rappresentati dall’ equazione : 11) rm4 *+• 2rn . rm° — 3 rn . rm — 4À3 . rm -+- 4A3 . rn = 0 , che si ottiene moltiplicando la 8) per rm — rn. La condizione necessaria e sufficiente affinchè la 11) esprima un sistema equiauarmonico è (27): rn (rn° -+• 8A5) = 0 , che rappresenta i quattro punti rr)r^rz . Dunque (144,b) un fascio di cubiche sizigetiche contiene quattro curve equian armo- niche, ciascuna delle quali è anche dotata della proprie- tà d'aver per Hessiana un trilatero (sizigetico). Affinchè la 11) rappresenti un sistema armonico, dev’essere (6): m6 - MKm - Sh6 = 0. Quest' equazione coincide colla 1 0) ; dunque un fascio di cubiche si- zigetiche contiene. sei curve armoniche, le quali sono an- deMe^t^prie Hessiane f*). 8 Introduz. ad una teoria geometrica ec. AnT. XXIV. La cerva di ter*’ ordine considerala come Uessiana di tre diverse reti di coniche. 146. Una data cubica qualsivoglia Cz può risguardarsi come Hessiana di tre altre cubiche ad essa sizigetiche (143). Ciascuna di queste tre curve dà origine ad una rete di coniche polari , epperò la cubica data sarà V Hessiana di tre distinte reti di coniche. Rispetto a ciascuna di queste tre reti, la cu- bica data è il luogo delle coppie de’ poli coniugati (132, b); dunque in tre guise diverse i punti di una cubica possono essere coniugati a due a due, per modo che due punti coniugali abbiano lo stesso tangenziale , ossia nella cubica esistono tre sistemi di punti corrispondenti (133, a). Ed invero, se o è un punto della cubica data ed u è il tangenziale di esso, da u partono, oltre uo, altre tre tangenti (130, d); siano d o" d" i punti di contatto. Abbiamo così le tre coppie di poli coniugati od , oo" , od", in relazione alle tre diverse reti che hanno per comune Hessiana la cubica data. Applicando lo stesso discorso a ciascuno de’ punti o o" 6" , come al punto o, si vede tosto che per la prima rete sono poli coniugati oo' ed o"o'" ; per la seconda oo" ed o'" o' ; per la terza oo" ed oo". (a) Essendo oo,o"o'" due coppie di poli coniugati relative ad una stessa rete, se le rette oo" , o'o" si segano in y e le oo"' , o'o" in z , anche yz sarà una coppia di poli coniugati relativi alla stessa rete (134). 1 punti o, o", y sono in linea retta, epperò i loro tangenziali ( che sono anche i tangenziali ordinatamente de’ punti o' , o" , z) saranno allineati in una seconda retta (39, b). Ma i tangenziali di o, o" coincidono in m; dunque il tangenziale comune di y e z sarà anche il tangenziale di u. Donde si racco- glie che : Se o o' o" d" sono i punti ove una cubica è toccata dalle tangenti condotte da un suo punto u , i punti diago- nali x y z del quadrangolo odd'o" giacciono nella cubica, e le tangenti a questa in u x y z concorrono in uno stesso (b) Dal teorema (134) risulta che, se aa' , bb' sono due coppie di punti corrispondenti della cubica, affinchè questi siano relativi ad uno stesso sistema è necessario e sufficiente che il punto comune alle ab, db' ed il punto comune alle ab', db giacciano nella curva. Laonde, avuto riguardo alla proprietà (45, d ), potremo concludere la seguente: Se uu quadrilatero completo è inscritto in una cubica, j vertici opposti formano tre coppie di punti corrispon- Qui si offre immediatamente la ripartizione in tre diversi sistemi de* qua- drilateri completi inscritti in una, cubica. ( c ) Siano aa{ , òò2 due coppie di poli coniugati relative a due reti di- verse; a il tangenziale di a ed a, ; (l il tangenziale di b e ò.2. Siano c, c3, y le terze intersezioni della cubica colle rette ab, at62, «|?;sarà y il tangen- ziale si di c che di c3. Dunque c, e3 sono due poli coniugati, relativi però «sft«sr Introduz. ad dna teoria geometrica ec. 429 polari di u rispetto a quelle tre curve sizigetiche la cui Hessiana è C-ò , epperò saranno tangenti alle tre corrispondenti Cayleyane. (b) Si noti inoltre che o'o'V" sono i punti diagonali del quadrangolo for- mato dai quattro punti di contatto delle tangenti condotte alla cubica data dal punto o (146, a); dunque o è il polo della retta o"o,,r rispetto alle coniche polari di o relative a tutte le cubiche sizigetiche (108, b); ecc. 149. Siano a§y i tre punti in cui una retta sega una data cubica, ed afp{a%a39 &0&1M35 cocic2c3 1 Pl,Dl* d* contatto delle tangenti che da quelli si possono condurre alla curva. Siccome i tangenziali di tre punti in linea retta sono pur essi in linea retta , così la retta che unisce uno de’ punti a con uno de’ punti b passerà necessariamente per uno de’ punti c; epperò i dodici punti abc giacciono a tre a tre in sedici rette (*). Siano a0ò0c0 tre punti scelti fra quei dodici in modo che siano allineati sopra una retta 9 e siano aib{cì , a2ò2c2 , a3ò3c3 i punti corrispondenti a quelli rispettivamente nelle tre reti di coniche, alle quali dà nascimento la data cu- bica considerata come Hessiana (146). Pel teorema (134) sono in linea retta le terne di punti : aQb{c{9 b0claì9 a0 C2 , &oc2<*2S a0ò3c3, à0c3a3, oltre ad a0 bQ c0 . E pel teorema (146, c) sono in linea retta anche le terne: ai ^2 c3 5 % bz Ci , a5[bl c2 , «1 h c2 j a2 &i , o3 b, c{ . Queste sedici rette si possono aggruppare in otto sistemi di quattro rette ciascuno , le quali contengano tutt’ i dodici punti di contatto (**). (a) I punti a{bsci9 che corrispondono ad iaP 3 aJ>i ? ai^i ) non Pu^ essere altrimenti composto che della retta a/? e di un pajo di rette coniugate nell9 involuzione quadratica i cui raggi doppi sono a0ò0, afa (*). Dunque la retta [01][10] passa pel punto c0 ed è coniugala armonica di yc0 rispetto alle a0ò0, (25, a). (c) Per la stessa ragione, se aaQ incontra /?62 , /263 in [02], [03], e se /2ò0 incontra «a2, aa5 in [20] , [30] , le rette [02][20], [03][30] passano per c0. Laonde, rappresentato con [00] il punto comune alle «a0, i due sistemi di quattro punti [00, 01 , 02, 03], [00, 10, 20, 30] avranno eguali rapporti anarmonici , imperocché essi risultano dal segare colle due trasversali aa0 , /960 uno stesso fascio di quattro rette concorrenti in c0 . Ne segue che i rap- porti anarmonici de’ due fasci a(aQ , a{ , a2 , a3) , P(b09 b{ , 52, b5) sono eguali, ossia che i sei punti [00], [11], [22], [33], a, § giacciono in una stessa conica, come si è già dimostrato altrove (131, a). Analogamente, concorrendo in c{ le quattro rette fl0^i -> ai^o^ azh s afa > i due fasci a( a0 , a{ , o2 > az)o P ( &i .> j h j h ) a?ranno eguali rapporti anar- monici; ecc. (d) Come nel punto c0 concorrono le rette [01][10] , [02][20] , . . . così » ct » [00][1 1] , [22][33] , . . • » c2 » [00][22] , [33][11] , . . . » c3 » [00][33],[ll][22],...n. Dunque i punti [00], [11], [22], [33], ove si segano i raggi omo- loghi de’ due fasci proiettivi a ( a0 , a{, a2 , a3 ) , ( 60 , b{ , &2 , b5 ) , formano un quadrangolo completo, i cui punti diagonali ct, c2, c3 appartengono alla cubica e sono i punti di contatto di tre tangenti concorrenti in y, terza in- tersezione della curva colla retta a§. Quando i punti a§ coincidano , ritroviamo un teorema già dimostra- to (146, a). (e) I punti a, sono i centri di due fasci proiettivi, ne’ quali alle rette a(a0, a{ , a2, a3 ) corrispondono P(b0i , ò2 , 53 ). Condotta per a una retta qualunque che seghi §bQ nel punto [#0] ; unito [#0] con c0 mediante una retta che seghi aa0 in [ Ox ] ; sarà p[0x] la retta corrispondente ad a[aO]. In questo modo si trova che alla retta a§ corrisponde pc0 od «c0 , secondo che si consideri appartenente al fascio a 0 Dunque (59) ac0 , @c0 so- Introduz. ad una teoria geometrica ec. 431 no le tangenti in a, p alla conica generata dai due fasci projeltivi ; ossia (107) c0 è il polo della retta ap rispetto alla conica [00][11][22][33]. Analogamente , i punti c{ , c2 , c3 sono i poli della retta ap rispetto alle altre tre coniche passanti per api e per le intersezioni delle tangenti che con- corrono in a ed in p ( 1 3 1 , a ). Ossia : Le tangenti che si possono condurre ad una cubica da due suoi punti a9 p si segano in sedici punti [#y] si- tuati a quattro a quattro in quattro coniche passanti per « e p. I poli della, retta ap rispetto a queste coniche giac- hi?. (*)• ap rispetto a tre qualunque punti diagonali del quadra artici i quattro punti [xy] sit (f) La conica polare di c0, oltre al toccare la cubica in c0, la seghi ne’ punti pqrs. Ogni conica passante per pqrs incontra la cubica in due altri punti che sono in linea retta col punto y, tangenziale di c0 (147); dunque la conica descritta per pqrs ed a passerà anche per p. Si noti poi che il quadrangolo completo pqrs ha i suoi punti diagonali in ctc2c3, cioè ne’ punti che hanno il tangenziale comune con c0 (146, a). Ne segue che il triangolo ctc2c3 è coniugato rispetto ad ogni conica circo- scritta al quadrangolo pqrs. Ma siccome cic2c5 sono anche i punti diagonali del quadrangolo [00][11][22][33] , cosi il triangolo c{c2c3 è pur coniugato rispetto alla coni- ca nella quale giacciono i sei punti «|?[00][1 1][22][33]. Dunque ( 108 , e ) questa conica passa anche per pqrs (**). 150. Se nel metodo generale (67, c) per costruire il punto opposto a quattro punti di una cubica Cz si suppone che questi, coincidendo per cop- pie, si riducano a due soli a, 6, il punto opposto y sarà in linea retta coi tangenziali a, p di a, b, cioè sarà il tangenziale della terza intersezione c della cubica colla retta ab. Ogni retta condotta per y sega la cubica in altri due punti mn , pei quali passa una conica tangente in a e 6 alla cubica me- desima; onde, se i punti mn coincidono, la conica e la cubica avranno fra loro tre contatti bipunti. Pel punto y passano quattro rette tangenti a Cz ; uno de' punti di contatto, c, è in linea retta con ab, gli altri tre siano c{c2cz, e consideriamo la conica tangente in abc{ . I punti cci sono poli coniugati ri- spetto ad una delle tre reti di coniche, l’ Hessiana delle quali è la cubica data (146); e se b{ è il polo coniugato a b nella stessa rete, la retta bKc{ ' de Iroitième degré, p. ! jnt of tangente drawn thr 432 Luigi Cremona passerà per a, e le bc{ , b{c si taglieranno in a{ , polo coniugato ad a ri- spetto alia medesima rete (134). Vale a dire, se la cubica è toccata in abc{ da una curva di second9 ordine , ì poli a{b{c coniugati ad abcv rispetto ad una delle tre reti sono in linea retta; donde segue che, rispetto alla rete medesima , quella curva di second9 ordine è la poloconica della retta aybyC ( 137 ). Analogamente , se ajb2 , a3ò3 sono i punti corrispondenti ad ab nelle altre due reti , le coniche tangenti in aòc2, abc5 sono le poloconiche delle rette a262c, a3è3c rispetto a queste reti. Così le coniche tangenti ad una cubica in tre punti si distribuiscono in tre sistemi, relativi alle tre reti aven- ti per comune Hessiana la cubica data. 1 sei punti di contatto di due coniche d9 uno stesso sistema giacciono in una conica segante ; e vice- versa , se pei tre punti di contatto d’ una conica d9 un certo sistema si de- scriva ad arbitrio una linea di second* ordine, questa sega la cubica in tre nuovi punti , ne9 quali questa curva è toccata da un* altra conica dello stesso sistema ( 137 , a). Se una poloconica dee passare per due punti dati o , o' , la retta a cui essa corrisponde sarà tangente alla conica polare di o ed a quella di o ( 136, a). Ma due coniche hanno quattro tangenti comuni; dunque per due punti dati ad arbitrio passano dodici coniche ( quattro per ciascun sistema ) aventi tre contatti bipunti colla data curva di terz9 ordine. La poloconica di una tangente stazionaria, per ciascuna delle tre reti, ha un contatto sipunto coll9 Hessiana (137); vi sono adunque venti- sette coniche (nove in ciascun sistema) aventi un con- tatto sipunto colla cubica data (*). I punti di contatto sono quel- li che nei tre sistemi corrispondono ai nove flessi, vale a dire, sono i punti in cui la cubica è toccata dalle tangenti condotte per uno de9 flessi ( 39 , d ). Uno qualunque di questi punti chiamisi py q od r, secondo che appartenga all9 uno o all9 altro dei tre sistemi. Tre flessi in linea retta ed i nove punti pqr che ad essi corrispondono, nei tre sistemi , formano un complesso di dodici punti ai quali si possono ap- plicare le proprietà (149). Dunque: Ogni retta che unisca due punti p ( dello stesso sistema ) passa per un flesso; Ogni retta che unisca due punti pq ( di due diversi sistemi ) sega la cu- bica in un punto r ( del terzo sistema ). Ed inoltre (137, a): I sei punti p che ( in uno stesso sistema ) corrispondono a sei flessi alli- neati sopra due rette, giacciono in una conica (**). *) Steiner , Geometrische Lehrt (**) Hesse, Ueber Curvai dritter Ordnung u. s. p.^ 165-175. ^ ^ MOwjsI1*! Kberdie ^undformen de"/1 Linien^der * dritter Ordnung (SAbhandlungen der ' ' - - ’ *eipzig 1849, p. 40). del terz’ ordine (Memorie della S durante il raffreddamento e antecedente più o men forte riscaldamento a fuoco, che li cosse; e nella fornace dessi stavano ritti , ma secondo larghezza , non secondo lunghezza ; posati , non di piatto ( verticale il minor lato , la grossezza ) , ma di taglio , di costa , o pel coltello ( verticale il mezzano lato , la larghezza , non il maggiore, la lunghezza ) ; conforme si usò sempre, e s’ usa tuttavia, ovunque, di comporre od ordinare li mattoni, almanco per la quasi totalità di essi, nell’ infornaciarli crudi , collocandoli cioè , e disponendoli , come si dice in termine dell’arte, a spinapesce (1). Io ignorava questo modo di posamento de’ mattoni. Ma 1’ indovinai e 1’ asse* rii ad un muratore pratico, come tosto le mie esperienze mostrarono che sempre un de’ fianchi de’ mattoni agiva, su tutta la sua estensione , come polo nord , ed il fianco paralello come polo sud ; quello durante la cottura , rima- sto, senza dubbio, verso il basso, e 1’ altro verso 1’ alto ( sto alla denominazione de’ poli italiana ed inglese ) (D). Provai sperimentalmente che anco li coppi ( tegoli ) go- dono di pari magnetismo polare , benché per avventura più debole, o veramente meno facile a riconoscere, co’ no- stri aghi da bussola , che ne’ mattoni. Due , fra varj ( fat- ti levare dai tetti del palazzo della R. Università), vecchi, nerastri e coperti di licheni alla superficie , sui quali feci mie prove simultaneamente, mostraronsi calamitati, ma se - (1) V. — G. Carena Vocab. d’ Arti e Mest. ecc. , Artic. Infornaciare > pag. 253 della 2.a ediz. di Napoli, 1856, — Del resto l’accennato metodo, di comporre la catasta de’ mattoni a cuocere , concilia una sufficiente stabilità della medesima ( la stabilità tornerebbe evidentemente maggiore posando li mat- toni di piatto , ma anche assai minore posandoli , sul lato mezzano, in piedi) colla indeclinabile necessità di lasciare il maggior numero di varchi o spiragli al fuoco, onde li mattoni stessi ne restino il meglio investiti. Esso viene pra- ticato costantemente, non che nel cuocere a fornace , eziandio nel cuocere a monte , alP aria aperta , senza la fabbrica stabile che si chiama fornace ( V. V art du Briquetier par F. Challeton De Brughat, Ingénieur, Paris, 1861, pag. 161, 135, e Figure delle Tav. XII, XIII, e XIV). 534 Silvestro Gherardi condo la lunghezza , ma 1* uno inversamente all* altro; imperocché uno dava il polo nord alla testata larga , il polo sud alla stretta , e 1* altro invece dava il polo nord a questa ed il sud a quella. Fui ben presto assicurato, come io ne inferiva , che li coppi nella fornace vengono collocati in piedi ; ma alternati , li consecutivi d’ ogni fila , coi capi largo e stretto ; il largo dell’ uno di livello col- lo stretto dell’ altro, ed e converso. I particolari , in simili argomenti , formano quasi il tutto. Ma io ne sono già sopraffatto ; e costretto a rimettere a miglior tempo una maggiore trattazione anche di questa parte dell’ argomento. — Però non debbo finire senza fa- re un cenno almanco di altre parti delle mie ricerche, le quali sono pur costretto ora a trascurare anche di più delle precedenti. Sulle esplorazioni praticate colla bussola inclinatoria nei palazzo Garignano, già nominato , dirò solamente: che mi mostrarono variazioni nell’ inclinazione minima dello stesso andare , saltuario , da una stazione all’ altra , e spesso pros- sime , delle variazioni ritrovate pria nel palazzo dell’ U- niversità; non però altrettanto grandi, anzi notevolmen- te minori di quelle : la massima variazione non superò 1°,45' (E). Di altre esplorazioni fatte nel Collegio Monviso posso dire : che vennero a confermare mirabilmente la mia teo- ria , dianzi disegnata abbastanza , della principale causa dell’ azione perturbatrice delle fabbriche sugli aghi da bus- sole. Imperocché le variazioni nell’ inclinazione e nella declinazione osservate nell’ interno di quell’ edifizio ( bas- so , di un solo piano , oltre il terreno , ed isolato ) pale- saronsi lievissime , per lo più ; e allorché apparivano , in qua in là , non lievi , stavano lì prossimissime o le ferriate delle finestre del piano terreno , o le ringhiere di ferro delle logge interne , ecc. , a dare ragione delle straordina- rie variazioni. Ed è 1* edifizio un di que’ tanti , modernis- simi, che noi abbiamo veduto sorgere quasi per incanto a raddoppiare la nobile Torino nel primo decennio di libere istituzioni, costrutti tutti coi suddetti mattoni nuovi, se Sul magnetismo polare 535 non amagnetici 3 assolutamente pochissimo magnetici a fron- te de’ mattoni delle vecchie fabbriche. Mi passo ora affatto di una serie di esperienze raccolte nell’ Orto botanico della R. Università, e negli ambienti delle sue serre, contigui a quel tale palazzo, assai insi- gne, del Valentino, che si è avuto a mentovare dal bel principio. — Ma delle molte fatte nella sala nuova del Parlamento del Regno , aggiunta e , per così dire , intro- messa nel palazzo Garignano ad occuparne lo spazio mag- giore del cortile, vo’ trar fuori dal mio registro delle me- desime la particolarissima che passo a descrivere, e colla quale finisco. Le tre gallerie della parte semicircolare , che è la principale , della sala in discorso , una delle quali , l’ in- feriore , doppia, resta coperta dalla gradinata degli stalli dei Deputati, e serve di corridojo interiore alla sala me- desima, sono tutt’ e tre formate da colonne ed archi di legno, ma ad ossatura di ferro battuto. Tra codesto ferro, e tutto 1’ altro , battuto o fuso , che entra come armatura in questa elegante e magnifica costruzione, si mette as- sieme il peso, non indifferente, di 885 quintali metrici e più ( 88535 chil. ) di ferro (F); una buona metà del quale, quello degli assi delle colonne, diretto quasi in modo da richiamare a se tutta P efficacia dell’ azione ma- gnetizzante del globo. Nè lice dubitare che tutto il ferro in discorso non sia in realtà calamitato , più o meno. Eppure la inclinazione magnetica ( da me scrupolosamente determinata in varj punti della sala , colla solita bussola di Gambey ) al luogo della sedia del Presidente della Ca- mera , che cade propriamente sul centro dell’ emiciclo, e dista, orizzontalmente, 17m* circa da quella selvetta di colonne , e 3m- soltanto dalla parete piana , in legno , op- posta al semicerchio, o, meglio, semicilindro della sala, riesci di 62°, 31'; la quale inclinazione si può scambiare colla mentovata più sopra, da noi trovata all’ aperta cam- pagna, nelle vicinanze del Valentino. Cosa influisce adun- que, e quanto, la grande massa di ferro? Grande mas- sa! . . . Ma se nel luogo delle gallerie fosse un muro grosso un buon metro, come li muri dei palazzo della R. Universi- 536 Silvestro Gherardi tà e dello stesso palazzo Carignano, e se , di più, in cam- bio della parete piana in legno si trovasse lì un bel muro di quelli antichi mattoni allora sì che si potrebbe parlare di grande e stragrande massa; ma allora dico ben io che la faccenda dell’ inclinazione magnetica lì presso non andrebbe così. Sul magnetismo polare 537 NOTE (A) pag. 515. Li Signori Rinaldi Pietro di Giuseppe, Giordano Claudio sacerdote, e Bilotti Lorenzo furono gli allievi che mi coadjuvarono nelle prime osservazioni, di cui si discorre qui. In altre, del 1860-61, di cui si discorre appresso, furono li Signori Delù Luigi, e Mautino Ambrogio. Cotesti hanno vinta la laurea dottorale in Fisica lo scorso anno; mentre queglino la vinsero nel 1858. — Mi si permetta di stendere poche linee su questi miei collaboratori nelle esperienze, di cui ci occupiamo. Il Sig. Dott. Don Giordano, superate lodevolmente le prove di vari insegnamenti di matematiche elementari nelle scuole medie di Nizza e di Sassari , nell’ anno corrente è stato promosso alla cattedra di Fisica nel R. Liceo di Macerata; ove con piacere lo sento in istima di buon profes- sore da un tale che può saperlo , perchè porta molta sollecitudine a quel- P Istituto. Il Sig. Dott. Bilotti adesso fa gl’ insegnamenti di Storia Nat. , e di Fisico-Chimica in questa R. Scuola Tecnica di Po: senza più gli pro- caccia non lieve onore, arra di maggiore in appresso, il saper sostenere insieme due scuole così gravi e diverse; il maggior onore gli verrà co- me potrà darsi ad una sola, che basta ad occupare tutto Y uomo. Li Signori Dottori Mautino e Delù hanno già compiute lor primiere prove in questo stesso anno, coll’ insegnare , P uno Storia Nat. nel R. Li- ceo di Cremona, il secondo Fisica sperimentale in quello di Cagliari, ambidue con lode, come ho saputo. Li quattro, su cui ho detto le poche parole, e più altri, che ora non mi cade nominare , stati egualmente miei allievi , quanto a Fisica sperimentale, nella R. Università, verranno salutatane vivo certissimo, fra’ migliori maestri di quella nelle scuole del Regno. Ma li avrebbe tutti superati ( essi medesimi sei direbbero ) il nominato da me in primo loco, il povero Dott. Rinaldi da Mondovì, che fatalmente, non ancora trenten- ne, è mancato ai buoni studi e alle speranze de’ suoi , nell’ autunno dello scorso anno. Sottomesso per due anni alle umili ma meritorie prove delle scolette di matematica, al terzo anno 1860-61 fu promosso, anche per mie speciali sollecitudini , a professore titolare di Fisica sperimentale nel rinascente R. Liceo di Faenza; nel quale avrìa, per indubitato, fatta in se rivivere la chiara e riverita memoria dell’ illustre professore Antonio Pérego, che, sotto il Regno Italico di Napoleone I, vi tenne vari anni la stessa Fisica. Nel Rinaldi io preconizzava, col tempo, un eletto maestro di Fisica sublime , apparata già da lui qui all* ottima scuola del Chia- rissimo Chiò. Imperocché e’ poggiava alle maggiori cime in matematiche razionali ed applicate; e sol faceagli un po’ difetto quella prontezza e scioltezza di discorrere davanti il pubblico, che in taluni pallia il saper poco, ma eh’ è pur dote necessaria anco del molto, comunicabile per via di pubblico insegnamento. E che ei sapesse comunicare il suo ne fa t, xii. 68 538 Silvestro Gherardi indubbia fede questo: che sulle materie delle molteplici scuole, durante il tirocinio universitario, anziché aver bisogno di maestri ripetitori, facea egli il maestrino a’ condiscepoli , e ad altri , che 1’ andavano a ricercare per questo. Ne ritraeva, dai più agiati, una spontanea retribuzione, da servirgli a sostentare sé lontano dalla povera casa paterna , ed a sovve- nire ancora di tratto in tratto cotesta , digiunandosi li risparmi. Quante belle virtù non rimangono esse, quasi ignorate su questa terra, spente e sepolte da ria fortuna, in quella appunto che si schiudevano alla vista del mondo! Alle misere esequie di lui in patria accorsero di grande cuo- re suoi maestri, e mecenati, e compagni di studi (ed io non saperlo a tempo!); gramaglie nobilissime, meglio appariscenti e onorataci, per la mancanza quasi o meschinità de’ soliti addobbi e panni lugubri ! — Uno scritto, che tengo io, dell’ infelice Rinaldi sopra un tema da me proposto in iscuola, e qualche altro suo lavoro , cui sto ricercando, mi presteran- no, spero, occasione di richiamarlo alla memoria con maggiore effetto d’ adesso. (B) pag. 520. V. De la Rive Traité d’ Electricité théor. et appliq. Tom. Ili, pag. 223. — La detta diminuzione annua dell’ inclinazione in Torino re- sulterebbe soltanto di 2', 56", 26"' ff, dal 1805 al 1843, stando all’ incli- nazione di 64", ir, 15" trovata dal Bar. Plana in questo secondo anno, ed all’ inclinazione di 66", 03' trovata , per Torino stessa , dai cel. De Humboldt e Gay-Lussac nel primo anno (V. Observ. sur l’ intensità et V inclinaison des forces magnétiques, faites en France, en Suisse , en Italie et en Allemagne etc. , Mémoires de Phys. et de Chim. de la Société d’Arcueil , Tom. 1, pag. 22, Tableau des Observations ; V. anche Becque- rel, Traité expér. de T Électr. et du Magnetisme, Tom. VI, Par. Il, ou Tom. VII, pag. 309, num. 24 del Tableau des Observations ). A riguardo e giudizio severo dei presenti miei studi prego che si vo- gliano considerare alcuni passi della celebrata Memoria, dianzi citata, de’ Chiariss. De Humboldt e Gay-Lussac. 11 primo passo è quello in cui si asserisce: che V influenza delle località particolari (sul valore del- V inclinazione) de v’ essere , in generale , assai piccola (pag. 12) ; al che s’ aggiunge (pag. 12-13): Nous n’ avons pu toujours observer en plein air ; et quana nous avons été obligés de le taire à couvert , nous avons choisi les appartemens les plus grands , en évitant ceux où nous dècou- vrions QUELQUE MASSE DE FER UN PEU CONSIDERARLE. — Il se- condo é quello, in cui, rammentandosi che ne’ prodotti vulcanici si trova qualche volta del ferro in quantità , poco ossidato , che agisce fortemente sull’ ago calamitato , si presagirebbe ne’ vulcani una grande influenza sull' intensità e sull’ inclinazione delle forze magnetiche terre- stri ( pag, 17); eppure, soggiugnesi, noi abbiamo potuto vedere che quel- la del Vesuvio è limitatissima; in prova di ciò si fa osservare che la inclinazione, in quella regione, va soggetta a variazioni ben discrete: a Napoli si trovò di 61°, 35' ; a Portici , innalzato sulle rovine di Ercolano e su correnti di lave, di 60", 50'; all’ Eremo di San Salvatore , sul mez- zo, all’ incirca, della salita al Vesuvio, e di fianco a correnti recenti di lave , di 62°, 15' ; e finalmente sul cratere istesso del Vesuvio , sopra delle scorie, fu trovata di 62",00: notisi che la distanza delle due sta- zioni estreme, o più lontane, si può stimare di 2 leghe. Il terzo ed ul- mo passo, che amerei venisse considerato, si incontra alle pag. 11, 12, e fa vedere aver li due celebri osservatori riconosciuto: che le loro di- rette osservazioni per determinare la intensità magnetica terrestre qui in Sul magnetismo polare 539 fe?2° "7 influencé™, SANS DOUTE, par quelque cause TRÉS-PAR- U-cxh\E n?n motlvando però altro su codesta CAUSA PARTICOLA- RISSIMA , ne da che, e d’ onde derivasse). Altri luoghi della breve ma sostanziosa Memoria potranno servire di riscontro colla umile mia pre- sente; i notati però mi sembrano li più ragguardevoli. (C) pag. 531. Le colonne delle logge, inferiore, e superiore, le balau- strate di cotesta e degli scaloni sono di quel marmo bianco grigio brec- ciato di Gassino ( Comune del Circondario di Torino ) , che geologi pre- clari riposero fra le rocce de’ terreni secondari ( V. Barelli Vincenzo, tenni di Statistica mineralogica degli Stati di S. M. il Re di Sarde- gna ecc. , Torino 1835, pag. 4-5). — Il pavimento delle logge, de’ pia- netti dei due scaloni, ed i gradini di questi sono di pietra di Barge, che viene noverata fra i Gneis (Op. dianzi cit. , pag. 163-164). — Mentre il teatro per le lezioni , e la sala della Fisica generale , ed altri ambienti contigui del Gabinetto hanno il pavimento in mattoni ( mezzane qua- dre ) , la sala grande principale od aula di esso Gabinetto Y ha in qua- dri, meta bianchi, metà nerastri, di un bel marmo levigato. Nel quale, come in tutti li calcari più o meno puri , e così in quella pietra di Bar- ge, ed in quel marmo di Gassino non vidi indizi d' alcun magnetismo; come non ne vidi ne’ sassi e ciottoli, mentovati nel testo; ma ciò, fino al tempo della, compilazione del testo medesimo letto all’Accademia del- le Scienze dell’ Istituto di Bologna. Dopo, 1’ esperienza mi ha insegnato di dovere alquanto modificare la mia proposizione, che li marmi e li sassi sparsi nella fabbrica DAVANO NIENTE di magnetismo. Li marmi forse sì ; benché adesso non maraviglierei che alcuno di essi , se non altro da qualche sua parte, agisse magneticamente. Li sassi certamente no. Per esempio, quelli che formano il selciato della grande corte del Palazzo sono, pel minore numero, calcari schietti , o calcari quarzosi, e , pel maggior numero , sono serpentinosi , o amfibolici ; li primi , che sono anche di quelli , estratti dalle muraglie , sui quali m’ imbattei colle primitive esperienze , non agiscono affatto sui magnetoscopi , sensibili quanto si voglia; li secondi, invece, vi agiscono senza alcun dubbio, anco che gli strumenti lascino molto a desiderare in isquisitezza o sen- sibilità. In somma non guari dopo la lettura della mia Memoria scoprii che li più de’ ciottoli ond’ è selciata Torino , serpentinosi appunto , amfi- bolici, una fatta di gabbro (1), posseggono un magnetismo, il quale in alcuni si mostra schiettamente ed anco fortemente bipolare. — Seguite- ci) V. Napione Cav. Carlo Antonio — Elementi di Mineralogia ecc. Tom. I Cunico uscito), Torino 1797, pag. 306 ; — V. pure Brochant — Elem. di Miner. compendiosamente tradotti ecc. , Bologna 1825, 3.a ediz. Voi. I, pag. 189. — Il compendiatore bolognese (diretto nella sua fatica, io ricordo be- ne , dal Chiariss. Ranzani ) , il quale in questo loco trascrisse quasi dal libro del Napione ciò che si legge nel suo sulla serpentina , e sul gabbro , si lasciò sfuggire, fra le sostanze contenute nella serpentina, notate dallo scrittore to- rinese , antico ma buono , il FERRO MAGNETICO C e miniera di ferro ma- gnetica, si legge nel Napione , in fine della serie delle dette sostanze ), sostanza la più ragguardevole, per noi, di tutte. — Tornerò su questo importante punto , dell’ esistenza del ferro magnetico nella serpentina , in un altro scritto. 540 Silvestro Gherardi rò qui a dare un’ idea dei risultati delle mie esperienze , posteriori alla suddetta lettura , fino a questi giorni ( fine di Luglio 1862 ). Con un magnetoscopio , più delicato e più fedele degli allestiti per le esperienze descritte nel testo, mi accertai, primieramente, dell’ esisten- za del magnetismo bipolare negli stessi mattoni di recentissima fabbri- cazione, benché meno forte, ad eccezione di qualche caso, che negli antichi; fra’ quali, pochi sono che presentino un magnetismo così debole come trovasi, generalmente, nei moderni; questi, mal cotti in grande numero, e, per altre ragioni , sfarinàccioli (1), come si dice un po’ più avanti nel testo; quelli, invece, di buona cottura nel maggior numero, e di altre buone qualità opposte allo sfarinarsi. Adesso , riguardo all’ in- fluenza della cottura, e de’ suoi gradi, sul magnetismo de’ mattoni, posso sostenere questo francamente. Scegliete tre mattoni d ' una sola e medesima cotta , o sfornaciata , per non poter dubitare che sieno di di- fi) La cattiva o scadente qualità de9 moderni mattoni, in confronto degli antichi , non si verifica per Torino soltanto ( ove il gran fabbricare di questi anni ha forse contribuito a peggiorarli ), e nè soltanto d9 adesso. S’ascoltino, senza più, alcune gravi parole in proposito di quel sensato e liberissimo in- gegno che fu il Milizia ( Principii d'Archit . Civile, Bassano 1785 , Tom. Ili, pag. 23-24 ). « Altre precauzioni sarebbero ancora da praticarsi per rendere » i mattoni più solidi delle pietre più dure ; ma senza la vigilanza di » qualche intelligente Magistrato non è sperabile di averli di buona qualità. » Noi ci lamentiamo della frequente rovina delle nostre fabbriche, inarchiamo » le ciglia alla perpetuità delle antiche, e trascuriamo i mezzi per formare » eccellenti materiali. I muri di mattoni sono, per comune consenso, più du- » revoli e resistenti degli altri (di pietre, sassi ecc. ), specialmente contro » l9 azione del fuoco, che non può calcinarli .... Oltre tanti antichi edifizii , » sussistono ancora i piloni del ponte di Caligola a Pozzuoli, benché battuti » continuamente dal mare, e ne vengono tagliati espressamente dei pezzi per » impiegarli come marmo ». — Del rimanente è ben inteso che noi escludia- mo dal confronto la modernissima fabbricazione a macchine dei mattoni e di altri materiali da costruzioni , che alcerto potrebbe soddisfare le maggiori esi- genze del severo Milizia se fosse vivo, e che ei deplorerebbe e griderebbe di vedere sì poco , com9 è , diffusa , e darebbe opera a combattere li pregiudizi e gli ostacoli ad una maggiore e più pronta diffusione della medesima. Li quali per altro non consistono tutti nella solita iuerzia e preoccupazione contro le applicazioni tecniche nuove, dipendendo pure da ragioni, belle e buone , d’e- conomia, di torna conto, che soltanto col suo tempo svaniranno, anche col necessario perfezionamento dell9 arte della medesima fabbricazione a macchine ( V. L’ art du Briquetier par F. Challeton De Brugat , Jngénieur etc. , Pa- ris, 1861, pag. 77). Certo è però che la potente molla della concorrenza ha, a quest’ora, contribuito non poco a migliorare, a restaurare la fabbrica- zione a mano de9 materiali da edificare , ne9 luoghi o vicino ai luoghi in cui venne introdotta l’altra a macchine . — li mattone di Staffordshire , sul quale abbiamo sperimentato i nostri strumenti magnetici, come si vedrà qui innanzi in questa medesima nota (C), è un mattone di fabbrica a macchine. Sul magnetismo polare 541 versa pasta, di diversa argilla; uno di cattiva o poca cottura (mal cot- to o poco cotto si dovria chiamare , — ma , pur troppo , dai fornaciari e muratori, qui, ed anche altrove, si sente chiamare biscotto! forse cor- rotto di mìscotto — ) ; un altro ben cotto ( di buona o giusta cottura ) ; il terzo stracotto ( ferrato , inferigno , frigno). In codesto terzo voi tro- verete il maggiore magnetismo polare , riconoscibilissimo coll’ ago della bussola ordinaria, per poco che desso sia mobile; nel primo, per con- tro, stenterete a trovare Io stesso magnetismo, e per accertarvene vi converrà montare un buon magnetoscopio, e poi saper fare molto; tanto quello vi è debole!; finalmente nel secondo mattone il medesimo magne- tismo si renderà facilmente manifesto, eziandio cimentandolo sulla sud- detta bussola ; giacché in intensità cotesto magnetismo spesso s’ avvici- nerà assai più al massimo del terzo mattone, che non al minimo del primo. Che se , per compiere 1’ opera , vi procurerete ancora un matto- ne crudo , assicurandovi che sia stato cavato dalla medesima mota, on- de furono cavati li tre cotti, state pur certo che del magnetismo polare nel crudo, nel semplicemente diseccato all’aria, al sole, o tuttavia umido e molle, nessun magnetoscopio al mondo ve ne farà rinvenire giammai (1): la condizione, che il mattone crudo sia stato formato del- la stessa pasta d ’ argilla che i tre cotti , rende più esatto e marcato il confronto , ma non sarebbe necessaria qui; tornerebbe invece necessaris- sima se si passasse all’analisi chimica della materia di ciascheduno , prendendovi di mira segnatamente il ferro contenuto, co’ suoi com- posti. Collo stesso magnetoscopio suddetto, e poscia anche colle bussole or- dinarie , ho discoperta e confermata 1’ esistenza del magnetismo bipolare quasi in ogni sorta vasi , oggetti di terra cotta , stoviglie ecc. ( nelle porcellane niente affatto ! ). — E , non che nei ciottoli più o meno gros- si, ma nelle ghiaje, nelle sabbie e terre, e perfino nella polvere la più sottile del terreno , che tutti insieme scavansi a poca profondità ( nè tam- poco di mezzo metro! ) da questo suolo di Torino, ho scorti indubitabili effetti o segni di magnetismo polare, o almeno di semplice magneticità, degni d’ ogni attenzione ; e di maggiore forse, per certi rispetti, che non il magnetismo de’ mattoni , anticni o moderni , ben cotti , o mal cot- (1) Ciascheduno in questo luogo intenderà, come avrà, spero, inteso io tanti analoghi luoghi dello scritto, che si vuole discorrere unicamente del ma- gnetismo di già sviluppato, come quello della calamita, magnetismo già pola- re , o , che torna il medesimo, bipolare, indipendentemente da qualsivoglia attuale esterna influenza magnetizzante; e perciò di non riferirci qui, punto, al magnetismo polare virtuale , sviluppabile ma non sviluppalo, magnetismo semplice siccome quello del ferro puro e dolcissimo, che potriasi forse con- trassegnare del titolo di apolare (non polare, o senza poli), meglio che col titolo di unipolare, proposto dal celebrato Melloni nelle Memorie lodate in sul principio della presente (V. pag. 121-122, e 143-144 del Voi. cit. nel- la relativa nota (1) nostra della pag. 517). Adunque nel sostenere noi qui che non si troverà mai nel mattone crudo del magnetismo polare, non neghiamo mica che si possa per avventura trovarvi del non polare. 542 Silvestro Gherardi ti, o stracotti, e de’ vasellami ed altri manufatti ed oggetti qualunque di terra cotta. Comunque , chi dubitasse mai che cotesto magnetismo , al quale parti- colarmente guardiamo nel presente scritto, fosse una prerogativa soltanto, o quasi , dei mattoni , tegoli , ecc. , e delle terre cotte , che si fabbrica- vano e si fabbricano colle argille del suolo torinese, sappia che noi 1’ abbiamo egualmente trovato e riconosciuto nei mattoni di Bologna ( V. Rend. delle Sess. dell’ Accad. delle Scien. dell’ Istit. di Bologna , an. 1861-02, pag. 113-14 ), in quelli d’ Ancona, di Chieti nell’ Abruzzo citeriore ( alcuni di cotesti estratti da muri ed archi , avanzi di un anfi- teatro e terme dei tempi romani ) , di Genova , di Rimini , e di altre città e contrade (1); e così 1’ abbiamo trovato e confermato ne’ vasi di terra cotta moderni del Genovesato, del Bolognese, delle Romagne , ecc., in alcuno perfino venutoci da Alessandria di Egitto (2) ; ed egualmente , anzi meglio V abbiamo ritrovato, cotesto magnetismo bipolare, in ogni maniera vasi di terre cotte, e cocci più o meno antichi, etruschi, egi- ziani, romani, peruviani ( huacos de’ tempi degli Incas\ ecc., ed anco della più profonda antistorica antichità , quella della, cosi detta , età della pietra; alla quale, senza fallo, rimontano certi cocci ed oggetti messi a mia disposizione , per cimentarli in queste sperienze , dal Chiarissimo Sig. Avv. Cav. Bartolomeo Gastaldi, Segretario di questa R. Scuola degli Ingegneri , esimio mineralista e geologo (3). Il perchè non esitiamo guari (1) Mentre io sto scrivendo questo, 28 Luglio, mirabilmente raffermo la cosa sopra un mattone ed un tegolo, stracotto il primo, di buona cottura il secondo , delle fabbriche attuali degli stessi nella Contea di Staffordshire in In- ghilterra, recatimi dalla grande Esposizione di Londra dall’ illustre Geologo Cav. Giuseppe Scarabelli da Imola; amico carissimo e compitissimo, col qua- le procurerò di sdebitarmi , meglio eh’ io sappia , nella migliore opportunità di un altro mio scritto sull’ argomento , della grande sollecitudine che ha vo- luto prendere per questi miei studj , avvantaggiandomeli non poco. (2) È cotesto un alberello d’ una certa grandezza ( diametro 8m*,5 , altez- za 14m*), di colore tra il roseo ed il gialliccio, colla vetratura in tutto l’interno, ed in una parte soltanto dell’esterno; il quale, dalle informazioni procuratemi , sarebbe di fresco uscito dalla rinomata fabbrica di terre cotte di Kénéh, nell’alto Egitto, ove si fabbricano anche de’ più accreditati alca - razas , per tener fresca V acqua d’ estate. (3) Si vegga la recentissima assai curiosa e cospicua Memoria di lui intito- lata — Nuovi cenni sugli oggetti di alta antichità trovati nelle torbiere e nelle marniere dell Italia — , Torino 1862; nella quale sono descritti pure li sud- detti cocci ed oggetti da me sottoposti ad esperienze, taluni appartenenti anche all’ età del bronzo. — Col mio magnetoscopio , squisitissimo , io so distingue- re fra essi quelli d’ una vera cottura al fuoco , più o meno buona , e quelli d’ una coltura da poco o niente , anche quando li soliti segni delle varie cot- ture in essi mancano ^ o tornano dubbi. — Il che potrà per avventura scor- gere , colle moltiplicate esperienze di tal fatta , a discoprire e seguire i progressi dell' arte di produrre e di usare il fuoco nel corso della età della pietra , a decidere se un dato oggetto appartenga all’ una piuttosto che all’ altra delle dette due età, e somministrare con ciò un novello peculiare lumicino per ten- zonare nel profondissimo bujo di quelle stesse età — . Sul magnetismo polare 543 ad asserire: che il magnetismo bipolare in discorso sia posseduto, in di- versi gradi, dal lavoro dì cotto , cioè dalle argille , più o meno grosso- lane ed impure, di tutti li terreni, e di ogni età, piu o meno cotte (ma non dalla 'porcellana formata di caolino schietto, ossia d’ argilla scevra da corpi estranei, segnatamente dal ferro, e cotta). E così non esitia- mo ad asserjre del pari : che il suddetto magnetismo de’ ciottoli , delle ghiaje , delle sabbie e terre naturali di un suolo , quale cotesto di To- rino, caratterizzato dall’ essere addossato a montagne e ad alluvioni di serpentina mista con diallage metalloide (1), deve appartenere soltanto a poche e speciali nature di suolo. (D) pag. 533. Il miglior modo d’ iniziare e compiere coleste sperienze è il seguente. Si presenta uno dei due fianchi del mattone paralellamente all’ ago del declinatorio, o dall’ est, o dall’ ovest, e in guisa che il piano orizzontale dell’ ago dimezzi il mattone, e ancora che la retta con- giungente lor rispettivi punti di mezzo riesca perpendicolare alla comu- ne direzione de’ medesimi. Così il magnetismo unipolare, diffuso su tut- ta la estensione del rettangolo stretto e bislungo , costituente ciascun fianco , agisce per attrazione sur una delle metà dell’ ago , e per repul- sione sull’ altra metà ; il perchè cospirano le due azioni ad un comune effetto , la declinazione dell’ ago dal suo meridiano , maggiore di quella che si conseguirebbe operando sopra uno soltanto de’ poli del medesi- mo. — Presentato il mattone all’ ago , nella maniera detta , si tien lì e s’ a- spetta che questo abbia finita la sua declinazione o deviazione; ma nel punto che questo medesimo incomincia a retrocedere , s’ allontana rapi- damente il mattone, per ripresentarglielo solamente quando T ago, com- piuta la oscillazione retrograda , ripiglia la diretta. Rifacendo la stessa cosa più volte, le deviazioni ed oscillazioni dell’ ago vanno crescendo fino ad un certo limite ; e per tal mezzo si ottengono grandi , o meglio che sensibili , se prima sieno piccole , od appena sensibili. — Questo poco varrà a suggerire a chiunque , un po’ versato nella materia , tutta la varietà di esperienze di tal fatta che si ponno istituire , sia coi mat- toni intieri , sia con loro rottami , più o meno piccoli ; delle quali io credo avere eseguite tutte le importanti; e colle quali , tutt’ insieme, ho trovato e confermato , che il magnetismo ne’ mattoni è sviluppato e di- stribuito in tutte le loro particelle, in maniera da accumulare, general- mente , per ciaschedune , la virtù nord sull’ intiera estensione di un fianco , e la virtù sud sull’ intiera estensione dell’ altro fianco ; però con diversa intensità polare ( occorre appena avvisarne ) ne’ diversi punti di detta estensione ; e con irregolarità ed anomalie e in un solo e me- desimo mattone, e da un mattone all’ altro, sulle quali non voglio ades- so intrattenermi , ma che appariranno a qualunque prenda vaghezza di ripetere consimili esperimenti , e delle quali vedrà anco agevolmente le precipue cagioni ( per esempio, la non uniforme cottura nelle varie parti del mattone ; la poca omogeneità dell’ impasto d’ argilla , onde fu formato; il vario piano verticale , rispetto a quello del meridiano ma- fi) V. De Humboldt e Gay-Lussac la Memoria , citata nella nostra no- ta (B), « Observations sur V intensité et V inclinaison etc. »,al num. 20 , Tu- riti , del Tableau des Observations. 5 U Silvestro Gherardi gnetico, che toccò al mattone nella fornace; ecc. ). Vo’ soltanto aggiun- gere qui , che spezialmente cotesta parte dell’ argomento va ristudiata , se mai importi , col più sicuro metodo delle oscillazioni degli aghi da bussole ; il quale io no appena usato qualche fiata a confermare i risultati più generali fra quelli ottenuti per via delle deviazioni fisse , prodotte nelli aghi delle bussole , declinatoria ed inclinatoria , sia da mattoni iso- lati o pezzi di essi, e sia da pareti o pavimenti con essi costrutti: lascio perciò ad altri di coltivare il campo presso che intero. (E) pag. 534. Le più delle suddette osservazioni si fecero e dentro Y an- tica sala dei Deputati al Parlamento, la quale ha forma elittica, e intorno ed allo stesso livello di essa, ne’ corridoj , ambienti, ed altri spazi che la circondano , e sotto di essa nell’ atrio , terreno , del palagio. — Della nobile sala la parete elittica, assai elevata, è cinta e costretta superior- mente, verso la volta, da due grossi e larghi cerchioni di ferro; sui quali fissai la mia attenzione e curiosità, come tosto ne appresi la esi- stenza , anche per altri riguardi , che non il presente del magnetismo della fabbrica. Imparai che questa parte mediana del tanto vistoso e comodo quanto barocco edifizio, soffrì molto pel grande incendio, d’an- ni fa , della polveriera nel suburbano Valdocco ; sotto 1’ immenso prolun- gato scoppio ne ebbe spaccati muro e volto! D’ onde la necessità di cerchiare quello , visto che il danno ed il pericolo della spaccatura, da cima a fondo della mole, e nel volto in più siti, andava crescendo col tempo. La invenzione , ma più la scabrosa esecuzione della peregrina opera riparatrice dei suddetti due cerchioni sono merito intero del Ch. Signor Ing. Cav. Amedeo Peyron, architetto della Camera dei Deputati. Ad una semplice mia richiesta di studiosa curiosità ricevetti tosto da lui la più compita comunicazione dei particolari tutti dell’ opera sua , per la somma modestia dell’ autore non mandata ancora alla luce del pubblico. Combattei con argomenti di pubblica utilità , e d’ amor proprio suo, quella dannosa modestia. Dalla cortesia, che in lui va pari alla modestia, ottenni però di poter parlare di detta sua opera nella mia scuola alla R. Università. E ne discorsi , come meglio seppi , ad onore di lui e della nazione, in quelle lezioni dell’ anno scorso, sul trattato del calorico, nelle quali la cosa veniva meglio al taglio. Imperocché cia- scheduno avrà ben imaginato doversi qui trattare a' un caso d’ applica- zione di legge del calore , analogo al famoso , notorio , del fisico Molard, e ad altrettali , segnatamente al più comune , ma forse meno avvertito , del cerchiar ruote di legno con cerchio di ferro; il quale, per questa bisogna , preparasi prima d’ un diametro un po’ inferiore a quello della ruota; e indi col riscaldarlo, e in ultimo col raffreddarlo , viene costret- to ad abbracciarla e serrarla. Ma quale e quanta disparità, sotto il ca- pitale rispetto delle difficoltà di pratica esecuzione , fra il caso del lodato Sig. Ing. Peyron, e il dianzi accennato! Egli però tutte le prevenne, e superò con una facilità , che saprebbe d’ incredibile , se non si pensasse che il tutto, del suo processo, fu da lui inventato e preparato a lume di calcoli fisico-meccanici e di misure esattissime, non già a intuito di sola e pura pratica , per quanto consumata. Fatto è che nel muro ditti- co, da due parti diametralmente opposte fra se, e nel volto, corrispon- dentemente alle stesse parti ed anco in altri sensi , le larghe fessure sparirono , ravvicinate e combaciate perfettamente le opposte sezioni , sotto F esercizio della somma potenza di contrazione dei due cerchioni , nel raffreddamento de’ medesimi , preceduto da forte riscaldamento ; du- Sul magnetismo polare 545 rante il quale dessi venivano gradatamente ristretti , serrando meccani- camente certe loro snodature, in guisa da mantenerli sempre ad intimo contatto col muro istesso. — Instai col Peyron per sapere di certo: se le nominate fessure nascessero proprio all * atto della scossa dello scop- pio, o non fossero, per avventura, esistite dianzi?; fossero, per esem- pio, vecchie fessure, nate fino dai primi assettamenti della fabbrica, chiuse poscia, o, meglio, riempite e coperte d’ intonaco, e perciò non apparenti, avanti che la suddetta scossa rompesse e staccasse T intonaco medesimo. Ed egli , il Sig. Peyron , a addurmi subito le varie osserva- zioni e ragioni di fatto , incontrovertibili , che escludevano il supposto , da me dubbiosamente enunciato. — Faccio voti perché questo imperfet- tissimo cenno valga ad ottenerci dall’ illustre Peyron la pubblicazione del suo lodato processo; sul quale io sono stato qui meno esplicito. di quel che fossi in iscuola , per un dovuto riguardo , che ciascheduno penserà. E finisco la nota: l.° con riferire una ragguardevole circostan- za di fatto, da me ricercata e meditala, datasi nel fenomeno di quella spaccatura ; 2.° con riportare alcuni numeri da me raccolti , a compro- vare se non altro 1’ impegno inspiratomi dal fenomeno medesimo. — La spaccatura principale del muro dittico della sala e del volto accadde appunto nella direzione del piano verticale comprendente il diametro maggiore dell’ dissi , il quale sta al minore nell’ esatto rapporto di 21 a 17.' A me pareva che avesse dovuto accadere piuttosto secondo il pia- no verticale passante pel diametro minore e per una ragione che non importa dire , e per quest’ altra , che intorno intorno al senso del mi- nor diametro la mole è più isolata e libera ,"che nel senso del maggiore, nel qual senso si trova appoggiata e incorporata colle due grandi ah del- 1’ edilìzio. Ma chi sa che non fossero propio cotesti due appoggi, i qua- li, col partecipare alla scossa dello scoppio meglio pure della mole di mezzo , anziché appoggiarla effettivamente , nel pericolo , e tenerla bene insieme, me la scossassero essi medesimi intorno alla retta che li con- giunge attraverso la stessa mole , retta che coincide appunto col ripetu- to maggiore diametro. — Sopra una buona carta della Capitale computo la distanza brevissima fra 1’ edifizio in discorso e il sito in Yaldocco do,- ve esisteva la polveriera scoppiata, e la trovo di 1800m- all’ incirca. È ben maggiore, meglio che doppia, la distanza (di 3960™-) fra lo stesso sito e la Villa Prever, sul colle di Torino (quasi di faccia al Valentino), il grandioso palazzo della quale soffrì tanto , segnatamente nelle volte , pel medesimo scoppio , che in quest’ anno si è dovuto prestamente ripa- rare, per non vederlo rovinare. — Lo scoppio, così terribile, c fatale alle fabbriche della Capitale ( spezialmente alle più robuste, ricche di volti ) , che qui non si ha memoria di un eguale , accadde il 26 Aprile 1852, giorno di Lunedì , sulle 11 e tre quarti della mattina. — Solamen- te cinque anni dopo , nel 1857 , venne eseguita 1’ opera riparatrice del Ch. Sig. Ing. Cav. Peyron alla sala del palazzo Carignano. (F) pag. 535. Opportuna occasione a conoscere tutte le parti e a pro- curarmi 1’ esatta misura di questa massa metallica mi tornò 1’ incum- benza avuta in Aprile dell’ anno scorso dal Sig. Commend. Minghetti , allora Ministro dell’ interno, di prestare la mia direzione all’ opera del munire di parafulmine Y edifizio ; opera di urgente necessità e per la grandezza della suddetta massa metallica , e per la qualità eminentemente combustibile dell’ altro materiale dell’ edifizio medesimo , siccome io stesso ne poneva , di buon’ ora , in avvertenza il nominato Sig. Ministro. Il quale . 69 T. XII. 546 Silvestro Gherardi non si lasciò avvertir due volte per dare subito ordini di fare la cosa , e colla maggiore sollecitudine condurla a compimento. — Di pieno accordo coir egregio Sig. Ing. Cav. Peyron(cheho avuto ragione ai lodare nella precedente nota ), architettore della nuova sala di cui si tratta , incaricato dell’ esecuzione dell' opera , còtesta si fece consistere soltanto in ciò , che passo a descrivere brevemente: nello stabilire una perfetta comuni cazione metallica fra le parti tutte della massa di ferro suddetta, ad es- sa collegati metallicamente anche li due cerchioni che cingono V antica sala dei Deputati (V. stessa nota precedente); nel porre in comunicazio- ne simile la medesima massa, dalla parte inferiore, coll’ acqua di un poz- zo perenne ( per sorte situato vicinissimo alla nuova sala , sul mezzo della sua parete posteriore), e, dalla parte superiore, con due aste di ferro erette , a discretissima altezza , sui tetti delle due nominate sale , la nuova e P antica , le cui piante s' intersecano un poco , corrisponden- temente al mezzo del perimetro semicircolare di quella , e ad un’ estre- mità dell’ asse minore di questa. E per tal guisa , non che il novello edilìzio della sala del Parlamento, ma l’intero palazzo Carignano, con poco, è stato armato e difeso, con ogni maggiore sicurezza, contro la fol- gore. — Do fine coll’ accennare la particolarità , che le due nominate aste di ferro terminano superiormente con due coni di rame, le cui punte io feci formare d' una lega metallica fusibile alla temperatura , circa , dell* acqua bollente, coir intento che ciascheduno imagina, e che, all’uopo, discorrerò un’ altra volta: intanto posso assicurare che le due punte tènere , a posto da un anno e più, fino a questi giorni (ultimi di Luglio), in cui sono state visitate, si mostrano tuttavia in- tatte, inalterate affatto. SII CANGIAMENTI DI FORMA DI APPARENTE PLASTICITÀ DEL GHIACCIO DEL PROF. LORENZO DELLA CASA (Letta nella Sessione del 23 Maggio 1861.) I singolari movimenti de9 ghiacciai , le cui leggi sono state , non ha guari , stabilite dalle osservazioni de9 fisici e de9 geologi, hanno condotto ad una conseguenza non meno di esso loro singolare. Il ghiacciaio si comporta esat- tamente come farebbe una massa semifluida sottomessa al- l9 azione della gravità : imperocché la sua superficie su- periore discende più sollecita che la superficie inferiore; il suo mezzo più sollecito che i suoi lati; e nella valla- ta, a cui giunge , se sono restringimenti o rapide va- riazioni di livello , vi si adatta per tale maniera , che , senza punto spezzarsi , pare dipoi che si sia modellato là dentro : pare , cioè , che il ghiaccio sì poco duttile in pez- zi di mediocre grandezza , e a tal segno resistente , che foggiato in cannoni a Pietroburgo nel 1760 potè reggerò a replicati spari con polvere , divenga sommamente plastico e come un fluido viscoso in grandi masse. Da ciò dedusse il sig. Forbes la plasticità del ghiaccio (1); e propostala ad Spiegare le proprietà de9 ghiacciai , piacque per modo la sua 548 Lorenzo Della Casa ipotesi , che venne generalmente ammessa , tuttoché in con- traddizione colle proprietà le meglio conosciute del ghiaccio. Sono poco più di quattro anni che il sig. Tyndall volse il pensiero a torre siffatta contraddizione, proposto essen- dosi di dimostrare che il ghiaccio, mentre non ha plasti- cità di sorta , ha invece un5 altra proprietà , la quale è capace di pienamente produrre gli effetti di questa (2). Se due pezzi di ghiaccio si mettono a contatto F uno del- l5 altro alla temperatura di zero , e perciò coperti da un sottil velo di acqua proveniente dalla fusione, F acqua che bagna la superficie di contatto si congela, e i due pez- zi si uniscono in un pezzo soltanto. Ciò non avviene al- lorquando il ghiaccio, trovandosi ad una temperatura in- feriore a quella di zero, ha la sua superficie perfettamente asciutta. Nè, perchè avvenga, è indispensabile la indicata temperatura: imperocché la unione de’ pezzi può farsi anche nell’ aria di temperatura un po’ superiore allo zero , e si può fare eziandio entro F acqua non del tutto fredda. Si fa pure nel vuoto. Questa proprietà del ghiaccio , avvegnaché sia in azione per così dir tutto giorno sotto i nostri occhi , non era però stata avvertita prima del 1850, nel quale il celebre Fa- raday ne fece parola in una delle tanto applaudite lezioni, eh’ egli suol dare all’ Istituzione Reale di Londra (3). Siffat- ta proprietà è poi stata chiamata col nome di rigelo . Ecco pertanto come da questa proprietà ha riputato il sig. Tyndall derivare la spiegazione dell’ apparente plasticità del ghiaccio. Se una massa di questo viene ad essere sottomessa ad una pressione o ad una trazione, a tutta prima si spezza: i suoi frammenti subito dopo , obbedendo alle forze che li solleci- tano , scorrono gli uni sugli altri ; e non passa gran tempo che il rigelo gli unisce e fa con essi di nuovo una massa coerente , che sembra avere cangiato di forma come un corpo plastico sotto F influsso delle forze esteriori. Per avvalorare questa spiegazione, il sig. Tyndall ebbe ricorso alla seguente esperienza. Presa una sfera di ghiac- cio della grossezza di pochi centimetri , e postala tra due pezzi di legno duro, che lasciavan tra loro un vano lenti- colare, F assoggettò ad una pressione mediante un torchio Sull’ apparente plasticità del ghiaccio 549 idraulico. A cagione di ciò venne ridotta in piccoli fram- menti: indi a poco si riunì da sè in una massa compatta; e in alcuni secondi fu trasformata in una lente trasparente, esat- tamente modellata sul vano in cui essa trovavasi. Cambiato questo vano [successivamente in diverse ed acconce maniere , si potè convertire la lente in un disco , in una coppa emisfe- rica, e altrettale: un prisma retto in un semianello di curvatura a beneplacito ; e ben si ebbe certezza , che per simigliante guisa possono agevolmente imitarsi tutti i can- giamenti di forma che si osservano ne’ ghiacciai ed i quali hanno fatto credere alla viscosità del ghiaccio : manifesto essendo, che qualvolta un osservatore fosse, soltanto pre- sente al principio ed al fine di ognuna delle indicate espe- rienze , e ( non vedendone il mezzo ) non vedesse perciò nè anche il rompersi del ghiaccio in sottili frammenti pri- ma di modellarsi sui corpi che lo premono e di ritornare in massa coerente, sarebbe invero irresistibilmente tratto a riputare il ghiaccio altrettanto plastico che la creta. Questo che avviene nel ghiaccio, avviene altresì, in sentenza del signor Tyndall , rispetto al mutamento di forma de’ ghiacciai. Vi ha nulladimeno un essenziale diva- rio tra le condizioni naturali in che trovansi questi e le condizioni artificiali del ghiaccio nelle mentovate esperien- ze. Passa il ghiaccio pressoché tutto in un tratto , nell’ es- perienze , da una forma in un’ altra eziandio differentissi- ma ; ma ne’ ghiacciai il mutamento di forma è continuo : la qual cosa serve a spiegare perchè non sieno visibili gli alternamenti di rottura e di riunione dei frammenti di ghiaccio. Che, ciò non per tanto, avvengano, soggiunge il sig. Tyndall , ne fa prova quello scricchiolìo, che tanti os- servatori hanno udito sui ghiacciai e non si saprebbe spie- gare altrimenti ; e inoltre quel ricongiungersi , arrivando in un sito di più dolce inclinazione, i massi di un ghiac- ciaio, che si era infranto nella vallata all’ incontro d’ un subitaneo mutamento di livello. Scorsi ben pochi mesi dopo 1’ esposizione, che il signor Tyndall aveva fatta alla Società Reale di Londra, delle sue esperienze e spiegazioni testé dichiarate , il sig. Giacomo 550 Lorenzo Della Gasa Thomson intrattenne anch’ egli la Società medesima sul- 1’ apparente plasticità dei ghiaccio (4). Dietro considerazioni teoriche era arrivato , varii anni in- nanzi (5), a concludere , che la pressione fa abbassare la tem- peratura di fusione del ghiaccio ; e questa sua notabile conclusione era poi stata confermata coli’ esperienza da Guglielmo Thomson (6) : il quale , riflettendo che i cangia- menti fatti pei ghiaccio possono estendersi agli altri corpi che pur si dilatano solidificandosi , inferì dover la pressio- ne abbassare il punto di fusione anche di questi. Furono poscia dal Glausius (7) completati i ragionamenti del primo de’ menzionati due Thomson , e fu da lui dato a vedere , che un aumento di pressione come deve produrre un ab- bassamento del punto di fusione, deve produrre non meno u- na diminuzione del calore di questa. Non aggiungerò ora, che Bunsen (8) ha indi dimostrato sperimentalmente ciò che dal- la teorìa è indicato pei corpi , che si contraggono inve- ce nella solidificazione ; e cioè : che un aumento di pres- sione fa, per converso, innalzare il loro punto di fusione. Debbo aggiungere bensì, che il sig. Giacomo Thomson si avvisò potersi dalla su riferita e già confermata sua con- clusione derivare la spiegazione deli* apparente plasticità dei ghiaccio , ed espose il suo avviso in questi termini : « Sia una massa di ghiaccio a zero , leggermente porosa e contenente , sparsa pe’ suoi pori , una piccola quantità di acqua. Si concepisca che si applichino su di essa delle forze, che tendano ad alterarne la forma. In ogni sua par- te, su cui verrà esercitata una compressione, il punto di fusione si abbasserà sotto zero , cioè sotto la temperatura attuale : ivi si determinerà un principio di fusione , ac- compagnato da un abbassamento di temperatura dovuto ali’ assorbimento del calorico latente di fusione ; e l5 acqua prodotta da questa fusione si spanderà nei pori della mas- sa intera, e anderà dai punti dove la pressione è maggiore agli altri punti dov’ è minore. Stante ciò , scomparirà V ec- cesso di pressione, che aveva luogo in certi punti e vi aveva prodotto una fusione di ghiaccio e un abbassamen- to di temperatura; e scomparso poi questo eccesso, 1* ab- Sull* APPARENTE PLASTICITÀ DEL GHIACCIO 551 bassamente di temperatura produrrà la congelazione del- F acqua, e risulterà da questi fenomeni un cangiamento di forma equivalente a quello che si produrrebbe in un corpo plastico. Il ghiaccio novellamente formato non pro- verà dapprima la pressione delle forze esteriori : ma per- chè una parte della massa non può cedere , se un5 altra parte alla sua volta non è sottomessa alla pressione e non si comporta nella stessa maniera , si produrrà definitiva- mente una successione continua di pressioni locali, segui- te da nuove liquefazioni e congelazioni, e dovrà continua- re la successione sino a che durerà F azione delle forze esteriori ». Questa teoria incontrò subitamente due oppositori: l’uno de’ quali fu il sig. Tyndall (9), com’ era ben d’ aspettarsi , e F altro il sig. Forbes (10). Il primo, che, siccome si è vedu- to di sopra, aveva spiegato il fenomeno mediante la pro- prietà che hanno due pezzi di ghiaccio di unirsi in un so- lo quando sieno messi a contatto fra loro, cioè mediante il rigelo , sostenne la sua spiegazione , e rigettò come inutile la nuova del sig. Thomson. La rigettò parimente il secondo, ma come contraria all’ esperienza , cui egli eseguì nel modo se- guente. In una camera abitata, ove la temperatura era conse- guentemente superiore allo zero , sospese in direzione verti- cale due lamine di ghiaccio sufficientemente piane ed in con- tatto colle loro superficie. Assicurò il contatto mediante la debolissima pressione di due pezzetti di molla da orologio rispettivamente agenti sulle due lamine , e trovò che dopo un’ ora e mezzo si erano queste saldate insieme su tutta la loro superficie di contatto, che aveva un’ estensione non minore di un decimetro quadrato. Dedusse quindi es- sere il rigelo un fenomeno affatto primitivo e non dipen- dere dall’ influenza della pressione, dalla quale sarebbe anzi necessità dipendesse, se non patissero difetto d’ esat- tezza le vedute del sig. Giacomo Thomson. Rispondendo questi (1 1), primieramente, alla taccia d’inuti- lità data dal sig. Tyndall alla sua teoria , obbiettò contro la spiegazione del sig. Tyndall medesimo, come quella ch’e- gli disse non dà modo a comprendere il mutamento di 552 Lorenzo Della Gasa forma del ghiaccio : il quale , allorché sia stato ridotto iti piccioli frammenti dai primo sforzo d’ un5 esterna pressio- ne, sarà indi nei caso d’ un mucchio di sabbia o di pesto vetro sotto 1* azione della pressione continuata, seppure non avrà qualche speciale proprietà onde sia dato a’ suoi frammenti di scorrere gli uni sugli altri. Questa proprietà, della quale il sig. Thomson non trovò indizio nella spiegazio- ne del sig. Tyndall, fec’ egli notare , che nella sua deriva pre- cisamente dalla fusione, che si fa dappertutto, ove le super- ficie di contatto de5 frammenti sono premute le une contro le altre : sendochè i frammenti stessi disgiunti da un sot- tile strato liquido si spostano senza difficoltà insino a che, avvenuta di poi la solidificazione di esso strato , si ripro- ducono le medesime alternative di rottura , di fusione e di spostamento. Rispondendo, in secondo luogo, al sig. Forbes, gli venne dicendo, che 1* esperienza da lui esposta voleva essere spiega- ta, non alla sua, ma nella seguente maniera. Tra le due la- mine a contatto in un’ aria di temperatura superiore allo zero non poteva non essere un velo d’ acqua di sottigliez- za capillare , e perciò tutto limitato all’ intorno da una superficie sommamente concava verso 1’ infuori. Risultava quindi al di dentro del velo acqueo una pressione molto minore della pressione atmosferica ; e da questa pressione minore , o, vogliam dire, da questa diminuzione di pressio- ne derivava per conseguenza la congelazione del velo acqueo predetto. Se poi le superficie delle due lamine non fosse- ro state ben piane, la prevalenza della pressione atmosfe- rica sulla interna pressione del velo acqueo avrebbe de- terminata 1’ applicazione delle parti prominenti di una del- le lamine alle parti prominenti dell’ altra con una forza ben lontana dall’ essere trascurabile, e avrebbe cagionata la fusione di quelle parti prominenti sino a che le due superficie si fossero esattamente applicate 1’ una all’ altra. Conchiuse perciò il sig. Thomson non essere il rigelo un fenomeno primitivo , ma una pura conseguenza dell’ influs- so esercitato dalla pressione sulla temperatura di congela- zione dell’ acqua (12). Sull’ apparente plasticità del ghiaccio 553 Per le cose finora discorse si vede, che la spiegazione dell’ apparente plasticità del ghiaccio è stata data in ma- niera discorde dai due ragguardevolissimi fisici e scienziati inglesi signori Tyndall e Giacomo Thomson ; derivandola quegli dal rigelo, e non facendo intervenir la pressione se non come causa di rottura del ghiaccio ; e questi inve- ce ammettendo, che la pressione sia parte non pur prin- cipale ma principalissima nel fenomeno. Furono descritte di sopra le notabili esperienze addotte dal sig. Tyndall a sostegno della sua spiegazione : ed esse avendo in me de- stato il desiderio di ripeterne, come poi feci, alcune, non solamente ottenni i corrispondenti risultati già dall’ autor loro ottenuti; ma potei ottenere eziandio, a forza di ripe- tere la prova, una lente di bastevole trasparenza ed effi- cacia, che diretta verso il sole ne concentrò al suo fuoco i raggi ; non da incendiare 1’ esca preparata colla soluzio- ne di clorato di potassa, ma però di visibilmente carbo- nizzarla. È certo cosa piacevole il vedere attraverso il ghiaccio passare il calore del sole , e non ispegnersi : pare una contraddizione : ma di queste apparenti contraddizioni la scienza ci offre non pochi esempi : e se altri pur non ne offrisse, resterebbe tuttavia famoso quello, che luce ag- giunta a luce può produrre oscurità; com’ ebbe ad osser- vare pel primo in questa nostra Bologna 1’ italiano padre Grimaldi , che divenne con questo lo scopritore della dif- frazione della luce. Ma tornando all’ esperienze del sig. Tyndall, egli vi con- siderò il rigelo sotto un aspetto , che invero non s’ ac- corda con quello della verità. Il rigelo, più presto che un fenomeno o proprietà primitiva, vuoisi avere per una proprietà o fenomeno comune , per un fenomeno , cioè , d’ aderenza. Lo strato d’ acqua, che ricopre i frammenti di ghiaccio , nel solidificarsi fa 1’ ufficio di glutine : da una parte aderisce ad uno de’ frammenti, dall’ altra par- te aderisce all’ altro ,, e tutti due col suo mezzo resta- no uniti in un pezzo soltanto. Già il sapere che non si uniscono i frammenti , allorché la temperatura loro essen- do inferiore allo zero non sono punto bagnati , porge ben- 70 T. XII. 554 Lorenzo Della Cas/ chè indiretta una prova che il ghiaccio non si unisce per una proprietà speciale. La solidificazione poi del sot- tilissimo strato acqueo, che bagna i due pezzi di ghiaccio , od è a loro comunque interposto , dipende alcerto dall’ essere il ghiaccio miglior conduttore del calorico che F acqua (la quale ne è anzi pessima conduttrice ) , e dal diffondersi quindi prestamente pei due pezzi di ghiaccio le piccole quantità di calorico, che da’ suoi due lati cede ad essi successivamente quello strato acqueo, che così si abbassa fino a zero e perde perciò lo stato liquido. Tanto poi il sig. Tyndall quanto il sig. Thomson hanno mestieri d’ ammettere nelle loro spiegazioni una pressione , abbenchè ( come già si è notato ) con importanza e con fine diverso : ma questa pressione se è facile usarla nei casi dell’ esperienza, quale è dessa o d’ onde deriva in quelli della natura? Nella spiegazione inoltre del signor Thomson, come 1’ acqua di fusione, proveniente dalla pressione e poscia sparsa interiormente per la massa del ghiaccio , può farlo cangiare di forma ? Queste dimande non trovando risposta nelle accennate spiegazioni , ben è da dire che , se non altro , sono incomplete. Vediamo in- tanto se sia possibile rimediare alle mancanze, e ottenere una spiegazione, che soddisfaccia, riguardo all’ apparente plasticità del ghiaccio. Affinchè il ghiaccio muti la forma come fosse materia plastica, uopo è l.° che si riduca in parti; 2.° che que- ste parti cangino di posto; e 3.° che poi si uniscano di nuòvo. Per ridurlo in parti è indispensabile una forte pressione. Questa scaturisce dal ghiaccio medesimo. Imperocché di- latandosi esso tanto nel formarsi quanto nel proseguire ( almeno per tempo non breve ) a raffreddarsi ; se in qual- che sua parte, com’ è ben facile ad avvenire (massime in una superficie molto estesa , com’ è sempre quella d’ un ghiacciaio ) , si raffredderà più che nelle altre , troverà in queste un ostacolo alla sua dilatazione , reagirà su di es- se , gagliardemente le premerà , e sconnettendole le ridur- rà in frammenti. Io feci gelare dell’ acqua in un largo Sull’ apparente plasticità del ghiaccio 555 vaso di robuste pareti : posi una mescolanza frigorifera mol- to intensa entro un altro vaso molto meno ampio e di metallo : collocai il fondo di questo sul mezzo della su^ perfide dell’ acqua gelata; e dopo non lungo tempo viddi pieno di fenditure e rotto il gelo, segnatamente in pros- simità delle pareti del suo vaso. Se alla pressione indicata se ne aggiungesse alcun’ altra comunque, è superfluo il dire che F effetto della prima sarebbe accresciuto o diminuito, secondo la direzione co- spirante od opposta della seconda. Mentre è stato ridotto il ghiaccio in frammenti, la pres- sione che ne è stata la causa , ha nello stesso tempo abbassato il suo punto di fusione, e fatto sviluppare un po’ di calore. Da questo conseguentemente vien fusa la superficie, e soprattutto vengono fuse le punte e gli an- goli de’ frammenti , che per motivo di ciò restano in qual- che modo arrotondati ; e , tra per questo e tra per essere un poco umettati , possono più facilmente scorrere gli uni sugli altri durante F azione dell’ indicata pressione. Osser- vai qualche traccia di questo moto nelF esperimento poco fa accennato. Franto il ghiaccio , e spostati i frammenti , il calore sviluppato dalla pressione scompare indi affatto , divenuto in parte latente per la susseguita fusione , e in parte dis- sipato all’ intorno per irraggiamento nell’ aria e per con- tatto con essa. Allora non può più mantenersi liquida la poca acqua provenuta dalla fusione : si rapprende perciò e si consolida di nuovo : riunisce i frammenti di ghiaccio nel nuovo sito ove sono passati, e la intera massa mostra- si quindi di forma cangiata. Chi perciò F avesse veduta solamente prima e più non la vedesse che adesso, ben facilmente, come pur fu notato di sopra, attribuirebbe a plasticità quello che invece è dovuto alla dichiarata se- rie di cause e d’ effetti. Non si vuole negare che ai conge- lamento , dal quale vengono riuniti i frammenti di ghiaccio , concorra quell’ azione capillare onde il sig. Giacomo Thom- son si è valso per ispiegare F esperienza che dicemmo essergli stata opposta dal signor Forbes : si vuole soltan- 556 Lorenzo Della Gasa to osservare che per avventura non ha quella molta ef- ficacia che le ha quegli assegnata, e da sè sola non ba- sterebbe all1 2 3 4 5 6 7 8 9 effetto. Quanto si è considerato avvenire in un primo tempo, può ripetersi in un secondo , in un terzo , e in altri suc- cessivamente , semprechè durino o si ripetano le necessa- rie condizioni del fenomeno; e così può spiegarsi il con- tinuo mutamento di forma e di posto della intera massa de9 ghiacciai. Queste che ho esposto sono le considerazioni che mi è parso si possano fare sull9 apparente plasticità del ghiac- cio. Sono esse di verun peso? Non a me, ma a voi , o illustri Accademici , spetta di giudicarne. NOTE (1) Travels through thè Alps of Savoy , etc. — Voyages dans les Alpes de la Savoie et dans les autres parties de la Chaine P emine , avec les observations sur les phénomènes que présentent les glaciers , par James D. Forbes. Edimbourg, 1843. Bibliothèque Universelle de Genève. Tome L de la 2.me Sèrie, Mars pag. 126. Norway and ist Glaciers — Notice sur quelques points de la Géographie Physique de la\Norvegie , extraite du Voyage dans ce pays-là et publiée en Edim- bourg 1853 par M. le prof. James Forbes. Bibliothèque Universelle. Tome XXVIII de la 4.me Sèrie, N. 106 -- Octobre 1854. (2) Litterary Gazette del 7 Febbraio 1857 ed Archives des Sciences Physi- ques et Naturelles. Mars 1857, p. 177 — Sur la Théorie des Glaciers. Transactions philosophicales pel 1857 p. 327 ed Archives des Sciences etc. Juillet 1858, p. 200 — Sur la structure et le mouvement des Glaciers. (3) Athenoeum e Litterary Gazette di Giugno 1850. (4) Philosophical Magazine . 4 Series, tom. XIV, p. 548 ed Archives des Sciences etc. Février 1858, p. 188 — De la plasticité de la giace dans les Gla- ciers. (5) Transactions of thè Rogai Society of Edinburg , voi. XIV, p. 5; 1840. (6) Procedings of thè Rogai Society , Febbraio 1850; ed Annales de Chi- mie et de Physique. 3.e Sèrie, tome XXXV, p. 376. (7) Poggendorff — Annalen. T. LXXXl, p. 168, Settembre 1850. (8) Poggendorff — Annalen. T. LXXXl, p. 560, Dicembre 1850. (9) Transactions philosophicales pel 1858. Sull5 apparente plasticità del ghiaccio 557 (10) Procedings of thè Royal Society of Edinburg 3 19 Aprile 1858; ed A rchives des Sciences etc. Novembre 1858, p. 305. (11) Philosophical Magazine. 4. Series , t. XIX, p. 391. (12) 11 prof. Faraday, che dopo avere avvertito il fenomeno del rigelo, non aveva più detto parola su di esso, venne in appresso esponendo alcune singo- lari sue esperienze, inserite nei Procedings of thè Royal Society 3 1860, voi. X p. 440 , e riprodotte nel Novembre 1860 degli Archives des Sciences etc . Fra tali esperienze è notabilissima la seguente: Immersi sott'acqua due pezzi di ghiaccio , convessi dalla parte ove debbono toccarsi , ed avvicinati a poco a poco sino al contatto, si uniscono insieme ed ha così luogo il rigelo. Ma se dopo breve tempo si esercita da un solo lato del contatto (col mezzo, per esempio , d’ una penna interposta ai due pezzi), un piccolo sforzo tendente a se- pararli , si mettono a girare 1’ uno sull' altro intorno al punto di contatto sen- za separarsi punto. 11 Faraday ha dato a questo fenomeno il nome di aderen- za flessibile. Dopo un tempo men breve 1' aderenza dei due pezzi di ghiaccio diventa rigida; e per riprodurre 1’ aderenza flessibile, abbisogna uno sforzo maggiore, poiché, non più un sottilissimo filamento solido, ma trattasi di spez- zare la colonnetta di ghiaccio formatasi intorno al punto di contatto. Crede poi lo stesso Faraday che questo e gli altri fenomeni da lui notati escludano affatto la necessità della pressione nella produzione del rigelo, e perciò contraddicano alla spiegazione che ne ha data il sig. Giacomo Thom- son: il quale ha indi tentato, in una Nota letta il 2 Maggio 1861 alla So- cietà Reale di Londra , di addimostrare che i nuovi fenomeni addotti dal prof. Faraday derivano dalla sua teoria; ma, per vero dire, la dipendenza di quel- li da questa non è nè chiara, nè del tutto ammissibile. Crede pure il prof. Faraday che gl’ indicati suoi fenomeni non abbiano mi- nimamente sminuito il valore dell’ opinione da lui espressa , sulla causa fisica del rigelo, sino dalla scoperta di questo nel 1850 ( Researches in Ckemistry and Physies , voi. Vili, p. 373 ); giusta la quale, così egli dice: «Ho cer- » calo di render conto del fenomeno , supponendo che una particella d’ acqua » possa rimaner liquida sino a che si trova a contatto del ghiaccio da una » sola parte, e passi allo stato solido allorché giunga a toccarlo dalle due » parti a un tempo, mantenendosi però costante all’intorno la temperatura »: sul che giustamente osserva Y abbate Moigno nel suo Cosmos ( Volume 1 7° o Semestre 2° del 1860 p. 765 ), che questa non è una spiegazione, ma il puro enunciato d' un fatto senza 1' assegnazione della sua causa efficiente. ERRATA. CORRIGE Pag. 630 Nota (1) lin. 6 Peysicien Physicien <5 INDICE Francesco Rizzoli. Nuovo metodo per la cura di alcune varietà di ernia inguinale congenita associate alla presenza del testicolo nel canale inguinale . Pag. Paolo Predieri. Di alcuni Autografi del celebre Prof. Luigi Galvani ultimamente rinvenuti ... » Giuseppe Bertoloni. Illustrazione dei prodotti naturali del Mozambico : intorno ad insetti Ditteri ; con 1 . tav . » Gian-Giuseppe Bianconi. Dell Epyornis maximus , men- zionato da Marco Polo e da Fra Mauro . » Marco Paolini. Intorno a nuove esperienze fatte colla Robbia negli Animali , ed in particolare in al- cuni Pesci; con 1. tav » Gaetano Sgarzi. Asfissia da miasma paludoso . , » Camillo Versari. Intorno ai fatti appartenenti alla co- si detta Organica Elettività , e Proposta del cri- terio patologico che se ne può dedurre . » Luigi Calori. Sulle tracheloliti ed oftalmoliti osserva- te in alcuni Gecchidi e sullo scheletro del Pia - tydactylus Guttatus Cuv . ; con 1 . tav . . » Luigi Calori. Sullo scheletro dell Uromastix Spinipes Merrem ( Stellio Spinipes Daud . ) , e sopra alcu- ni nuovi muscoli caudali osservati nel medesimo Saurio ; con 3. tav » Luigi Calori. Sullo scheletro dell Agama aculeata Merrem ; con 2. tav » Luigi Calori. Sullo scheletro del Phrynosoma Harla- nii y e su quello del Phrynosoma Orbicularis id. ; con 3. tav » Giambattista Fabbri. Riunione ossea di alcune fratture entro-capsulari del collo del femore ; con i. tav. » 3 21 41 61 77 95 119 149 159 179 189 201 Antonio Berioloni. Miscellanea Botanica XXII. ; con 6. tav. . Pag. 223 Ferdinando Verardini. Del Parto forzato nelle morte incinte, in sostituzione del taglio cesareo . . » 239 Francesco Rizzoli. Della P erineo-cheilorafia nella cu - ' ra dei prolassi della matrice » 273 Giuseppe Bertoloni. Descrizione di una nuova malat- tia della Canepa nel bolognese ; con 1. tav. » 289 Luigi Cremona. Introduzione ad una Teoria Geome- trica delle Curve piane ; con 1. tav. . . . » 305 Gaetano Sgarzi . Analisi degli escrementi dell Uroma- styx Spinipes , o Stellione Spinipede . . . . » 437 Giambattista Fabbri. Sopra un caso di antica gravi- danza tubaria , con litopedio nonimestre ; con 2. tav » 457 Giulio Casoni. Delle influenze lunari sull atmosfera. » 473 Silvestro Gherardi. Sul magnetismo polare di palaz- zi ed altri edifizi in Torino » 515 Lorenzo Della Casa. Sui cangiamenti di forma di ap- parente plasticità del ghiaccio . . . » 547 INDICI GENERALI DELLA COLLEZIONE PUBBLICATA DALL’ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL’ ISTITUTO DI BOLOGNA GOL TITOLO DI MEMORIE IH nOOICl TOMI dal MDCCGL al MDCCCLXI BOLOGNA Tipi Gamberini e Panneggiali! 1864 INDICE PER AUTORI Il numero romano indica il Tomo , V arabo la pagina. Alessandrini Antonio Descrizione Anatomica di due Mostri mancanti di porzione della Midolla Spinale, appartenenti al Gen. Perosomus di Gurlt, e Perocormus di Otto. I. 309. Osservazioni Anatomiche sullo Scheletro del Moschus Py- gmaeus Linn. I. 587. Illustrazione di uno Scheletro di Foca. II. 141. Annotazioni Anatomiche intorno un individuo maschio gio- vine del = Paradoxurus typus Fed . Cuvier =. III. 19. Annotazioni Anatomiche intorno un Bradipo Tridattilo. III. 363. Annotazioni Anatomiche sul Formichiere Didattilo = Myr- mecophaga Didactyla Linn. = III. 433. Cenni sulla struttura del Formichiere Medio = Myrmeco- phaga Tamandua Cuv. , Myrmecophaga tetradact.yla et trìdactyla Linn. IV. 391. Facilità colla quale l5 attività assorbente vitale consuma i feti , ed i loro inviluppi incarcerati nell’ utero o nella cavità addominale. V. 315. Annotazioni risguardanti l9 Anatomia del Chloromys F. Cuvier , Cavia Acuti Linn., Cuniculi species Briss. VI. 153. Cenni sull5 Anatomia del Dasipo minimo Desmarest , Da - sypus Sexcinctus et Octodecim Cinctus Linn. VII. 285. Sunto di Osservazioni spettanti all5 Anatomia del Pecari , Dicotiles torquatus Cuv., Sus Tajassu Linn. Vili. 27. Brevi cenni sullo scheletro di due marsupiali , il Didelphys Philander Linn. ed il Phalangista Cookii Cuv. IX. 247. Descrizione dei Preparati più interessanti d5 Anatomia Pa- tologica esistenti nel Gabinetto d5 Anatomia Comparata dell’Università di Bologna. X. 3, XI. 157. AnGELELLI MASSIMILIANO Della probabilità dei nascimento fra gli uomini di nuove generazioni di malattie , e dell’ unione della Medicina con la Filosofìa secondo 1’ opinione di Plutarco. I. 47. Del Loto di Omero. II. 3. Baroni Paolo Sopra un caso di Assorbimento della placenta. IV. 97. Osservazioni sopra alcuni metodi e processi di Litotomia. VI. 121. Belletti Gio. Battista Osservazioni Cliniche sulla Migliare Primitiva fatte in Bo- logna dall’ anno 1846 fino, all’ Aprile dell5 anno 1854. precedute dalla storia ragionata di un caso di questa malattia. VI. 309. 325. ' Delle malattie che dall’ Aprile 1854 a tutto Marzo 1855 hanno dominato nella Città di Bologna. VII. 35. Belluzzi Cesare Sopra un nuovo segno diagnostico differenziale fra 1’ emor- ragia cerebrale ed il rammollimento. Vili. 409. Tumori addominali profondi condotti felicemente a guari- gione mediante 1’ apertura artificiale. X. 171. Bertelli Francesco Ricerche sperimentali circa la pressione de’ corpi solidi ne’ casi in cui la misura di essa, secondo le analoghe Teorie Meccaniche, si manifesta indeterminata, e intor- no alla relazione fra le pressioni e la elasticità de’ corpi medesimi I. 431. Berti-Pichat Carlo Della sobrietà nell’ applicazione delle Scienze all’ Agricol- tura, Considerazioni. I. 463. Bertoloni Antonio Miscellanea Botanica (IX) II. 265 , (X) 283, (XI) 587, (XII) III. 145, (XIII) IV. 61, (XIV) 411, (XV) V. 423, (XVI) VI. 447, (XVII) VII. 341, (XVIII) Vili. 225, (XIX) IX. 167, (XX) X. 27, (XXI) XI. 189, (XXII) XII. 223. Elogio storico di Camillo Ranzant. IV. 225. Bertoloni Giuseppe Illustrazione degl’ Insetti del Mozambico. Lepidotteri diur- ni II. 165, Coleotteri IV. 343 , VI. 419, Vili. 297 , Ditteri XII. 41. Illustrazione di piante mozambicesi II. 561, III. 249, IV. 535, V. 463. Notizie intorno alle attuali coltivazioni de’ Bachi da seta nel Bolognese. VII. 85. Della atrofìa contagiosa , malattia del filugello del moro la prima volta comparsa in alcune coltivazioni della pro- vincia di Bologna nel Giugno 1856. Vili. 141. Della legnite di Sarzanello detta carbon fossile del monte Paterno nel territorio di Sarzana. IX. 215. Delle malattie e dei danni che soffre V Albero del Pero nella provincia bolognese. X. 377. Come si comporta il midollo delle piante dicoti ledonali dopo il suo compiuto sviluppo. XI. 175. Descrizione di una nuova malattia della Canepa nel Bolo- gnese. XII. 289. Bianconi Gian-Giuseppe Specimina Zoologica Mosambicana Fase. (1)1. 171 , (II) 187, (III) 199, (IV) III. 3, (V) 91, (VI) IV. 167, (VII) V. 225 , (Vili) VI. 139, (IX) VII. 403 , (X) Vili. 451, (XI) IX. 435 , (XII) X. 497. De mari olim occupante planities et colles Italiae , Graeciae, Asiae Minoris etc. , et de aetate Terreni quod Geologi 6 appellant Marnes bleues Dissertano (IV) I. 347 (V) IV. 477. Alcune Ricerche sui Capreoli delle Cucurbitacee. VI. 289. Descrizione delle forme cristalline di Zolfo delle miniere del Cesenate. XI. 229. Dell’ Epyornis Maximus menzionato da Marco Polo e da Fra Mauro. XII. 61. Breventani Ulisse Di un caso notevole di Febbre Tifoidea, con alcune Con- siderazioni sul valore che attribuire si debbe agli alte- ramenti che ne’ morti per essa d’ ordinario si osservano ne9 follicoli intestinali. I. 521. Brighenti Maurizio Considerazioni sulle Generali Equazioni dell’ Idrodinamica, e sulle Applicazioni che se ne sono fatte finora. I. 547. Sulle piene di Reno relativamente alla capacità dell’ al- veo. III. 211. Effemeridi del Reno di Bologna negli anni 1846-1849. IV. 33. 139. Elogio di Giuseppe Venturoli. IV. 199. Sul Reno Bolognese, co’ suoi influenti attuali e dopo gl’ in- fluenti futuri ; e sui provvedimenti da prendersi. VII. 227. Sulla corrente litorale dell’Adriatico. Vili. 485, XI. 119. Sull’ effetto del diboscamento e dissodamento dei monti rispetto all’ altezza delle piene maggiori dei fiumi ar- ginati. X. 197. Brugnoli Giovanni Notizie storiche intorno alla vita del Cav. Prof. Vincenzo Valorani. V. 101. Callegari Pietro Ricerche spettanti alla Correlazione delle Figure di Geo- metria. IV. 179. Calori Luigi Animadversiones historìco-criticae et observationes anatomi- cae de portione minore * paris quinti nervorum cere- bri Hominis et nonnullorum Mammalium domesticorum. I. 57. Sui rapporti esistenti fra le più cospicue diramazioni ar- teriose e venose , diramate per la milza dell* Uomo e dei Mammiferi domestici , Ricerche storiche ed Osservazioni • anatomiche. I. 563. Tre Osservazioni Anatomiche. Una sopra una connessione congenita della milza con le appendici uterine sinistre. Altra sopra un’ anomalia del peritoneo. La terza sopra il rapporto di formazione e di sviluppamento tra gli arti ed i loro apparecchi nervosi. II. 67. Storia di un feto umano mostruoso. II. 353. Sull’ Anatomia dell’ Axolotl. III. 269. Sulla matrice degli scudetti cornei della cassa toracico-ad- dominale dei Gheloni. IV. 143. Sulla Corda del Timpano. IV. 429. Sulla struttura dell’ Helamys Caffer F. Cuvier. V. 245. Descrizione Anatomica di un Peracefalo umano inserito col suo tralcio ombelicale in un tronco comune al tralcio di feto normale. V. 483. Descrizione di un Mostro umano doppio Opo-Ectodimo , preceduta da un breve Commentario sulle Uova Gemei- lifiche degli Uccelli. VI. 171. Sul corso e sulla distribuzione delle Arterie della Cavità del Timpano ne’ Chiropteri , negl’ Insettivori e nei Ro- ditori. VII. 105. Sulle borse mucose sottocutanee del corpo umano, Annota- zioni Anatomiche. Vili. 67. Sullo scheletro del Monitor terrestris Aegypti Cuv. ( Vara- nus arenarius Duméril e Bibron ). Vili. 161. Sopra un voluminoso tumore congenito esteso dalla pelvi ai piedi con apparente complicazione di ernia o sventra- mento. IX. 187. Sullo scheletro della Lacerta viridis Linn. ; sulla riprodu- 8 zione della coda nelle lucertole, e sulle ossa cutanee del teschio de5 saurii. IX. 345. Sopra un Sirenomelo. X. 143. Sulla riproduzione di una doppia coda nelle Lucertole , e sullo scheletro del Platydactylus muralis Duméril e Bi- bron. X. 357. Sullo scheletro dello Stellio vulgaris Daudin. X. 369. Sopra una nuova specie di Mostro umano exencefalico vis- suto trent5 ore. X. 525. Di una particolare epifisi del capitello del primo osso me- tacarpeo e del primo metatarseo , non che di altra del- la tuberosità del quinto. XI. 557. Sulle tracheloliti ed oftalnioliti osservate in alcuni Gecchi- di, e sullo scheletro del Platydactylus guttatus Cuv. XII. 149. Sullo scheletro dell5 Uromastyx spinipes Merrem ( Stellio spinipes . Daud. ) , e sopra alcuni muscoli caudali osser- vati nel medesimo saurio. XII. 159. Sullo scheletro dell5 Agama aculeata Merrem. XII. 179. Sullo scheletro del Phrynosoma Harlan. , e su quello del Phryncsoma orbicularis Id. XII. 189. Casoni Giulio Delle influenze lunari sull5 atmosfera. XII. 473. Ghelini Domenico Determinazione analitica della Rotazione de5 corpi liberi secondo i concetti del Poinsot. X. 583. Cima Antonio Ricerche intorno ad alcuni punti di Elettro-Fisiologia. IX. 3. Comelli Giambattista Sulla natura e l5 indole del Grippe , onde rilevarne più 9/ chiara e ragionevole la patogenia , e più utile la tera- pia. II. 51. Della convenienza ed utilità dell* Ecclettismo nella Prati- ca Medicina. IV. 43. Contri Gian-Francesco Cenni storici intorno alla coltivazione della Canapa. I. 259. Della Istruzione Agraria. I. 279. Sulla coltivazione dell9 Ulivo. I. 401. 414. Sul Muscino del Frumento. II. 189. Cenni generali di confronto intorno alle qualità economi- co-agrarie delle piante tigliose , e più specialmente in- torno a quelle del cotone, del lino e della canapa. III. 193. Corradi Alfonso Della odierna diminuzione della Podagra, e delle sue cau- se, Saggio di Patologia Storica. X. 409. Cremona Luigi Introduzione ad una Teoria geometrica delle Curve pia- ne. XII. 305. Della Casa Lorenzo Considerazioni sull5 elettricità atmosferica a ciel sereno, e sopra alcuni fenomeni che ne dipendono. V. 121. Sulle Correnti Elettriche simultaneamente dirette in versi contrarii. VI. 367. Sulla Causa delle Correnti indotte nei circuiti metallici. VII. 485. Nuovo modo di rendere grafici gli Strumenti Meteorologi- ci. IX. 145. Sulla Pausa Elettrica. IX. 445. Osservazioni sulla Induzione Elettrostatica. X. 461. Nuove Osservazioni sulla Induzione Elettrostatica. XI. 139. Sulla Rugiada. XI. 407. 2 10 Sui cangiamenti di forma di apparente plasticità del ghiac- cio. XII. 547. Fabbri Gio. Battista Descrizione di un Litotri tore uretrale e di un Frangipie- tra curvo-retto. VI. 277. Alcune Considerazioni Ostetriche intorno alla Pelvi. VII. 133. Di una Pelvi obliqua-ovale esistente nel Museo Anatomico della Università di Camerino, Relazione. Vili. 87. Descrizione di uno Speculum uteri modificato. IX. 229. Della molta importanza della Chirurgia Sperimentale nello studio delle Lussazioni , e di una differenza da notarsi tra la Lussazione posteriore del pollice e quella poste- riore delle altre dita.X. 41. Descrizione di una pelvi obbliqua-ovale di Naegele con lussazione congenita iliaca dei due femori ; e Considera- zioni intorno alle cause e al modo di prodursi delle deformità che vi sono. XI. 3. Riunione ossea di alcune fratture entro-capsulari del collo del femore. XII. 201. Sopra un caso di antica gravidanza tubaria , con litopedio nonimestre. XII. 457. Fagnoli Giuseppe Costruzione geometrica del sistema d’ archi circolari detto comunemente Semiovale o Curva a tre centri s desunta da alcune proprietà generali della curva medesima. I. 609. Considerazioni intorno gli effetti prodotti dal calorico su- gli specchi de’ telescopi. II. 439. Riflessioni intorno la teorica delle Pressioni che un corpo o sistema di forma invariabile esercita contro appoggi rigidi ed irremovibili , dai quali è sostenuto in equili- brio. IV. 109. Dell’ Udometrografo. V. 445. t Galvani Luigi De aèriformibus principiti Thermarum Porrectanarum. ìli. 61. Gherardi Silvestro Indagini speciali sulle rapide variazioni a cui soggiace la Corrente Voltiana collo stabilire ed interrompere alter- nativamente , a dati intervalli, il circuito della pila ec- citatrice della Corrente, ossia coll5 alternare gl’ inter- valli di attività e di riposo della medesima; e prime Esperienze sopra un semplicissimo mezzo per ostare a tali variazioni, e sostenere a lungo 1’ intensità della Cor- rente, senza troncare il circuito e senza cambiare o ri- mutare chimicamente il liquido della pila; mezzo che opera come una sorgente speciale di elettricità , e me- rita di essere aggiunto al novero delle sorgenti di tal genere. I. 123. 151. Brevi Considerazioni sui vantaggi del metodo d5 integra- zione per serie infinite anche nei casi di nota integra- zione finita, e sopra qualche altro argomento. II. 417. Sul magnetismo polare di palazzi ed altri edifizi in Tori- no. XII. 515. Giacomelli Enrico Descrizione Anatomica di un Mostro mancante degli arti posteriori , appartenente al genere Ectromeles di Geof- froy S.1 Hylaire , Peromeles di Gurlt. V. 25. Giovanini Gaetano Storia di una Elefantiasi degli organi sessuali esterni virili operata con successo stabilito in Bologna nel 25 Ago- sto 1836. VII. 253. . Gualandi Domenico Della costruzione di un Manicomio Pubblico. I. 245. 12 Di un’ Associazione fra i Medici Alienisti Italiani. II. 13. De Stultitia Consiclerationes generales. Quibus accedunt pe- culiares casus descripti , ac in omnem partem expensi si quod Jundamentum et normam rationi et usui in e a di- gnoscenda et curanda infirmiate suppeditent. II. 487. Magistrini Domenico Brevi Cenni di una nuova applicazione della Ruota Idro- fora del Gav. Prof. G. B. Magistrini , e della forma più acconcia dei tubi di essa macchina. IV. 81. Magistrini Giambattista Confronto del Calcolo delle Funzioni di La-Grange col Calcolo Infinitesimale, e superiorità del primo. I. 93. Brevi Cenni sopra un punto importante d’ Analisi biso- gnoso tuttora di schiarimento. I. 297. Malàguti Ermete Considerazioni Anatomico-Fisiologiche sul settimo paio dei Nervi Cerebrali appartenenti al Vitello. IV. 3. Considerazioni Anatomiche intorno alla Corda del Timpa- no. VII. 3. Massarenti Carlo Osservazioni sul modo d’ applicare la leva di primo gene- re nella riduzione delle Lussazioni Traumatiche del Fe- more. VII. 71. Rottura di un callo deforme dell’ omero per accavallamen- to dei frammenti , complicato a lussazione scapulo-ome- rale , ed Osservazioni in proposto. Vili. 391. Storia e Riflessioni di una Rottura utero-vaginale accaduta nel parto a termine di gravidanza con passaggio del fe- to sotto il peritoneo che veste la parete posteriore si- nistra delP addome. XI. 247. 13 Medici Michele Elogiò di D. M. G. Galeazzi. I. 1. Elogio di J. B. Beccari. I. 637. Appendice 684. Elogio di Gaetano Tacconi. II. 207. Elogio di Marc-Antonio Laurenti. III. 37. Elogio di Gian Giacinto Vogli. III. 375. Appendice 412. Elogio di Paolo Battista Balbi. IV. 365. Elogio di Pier-Paolo Molinelli. V. 337. Elogio di F rancesco-Maria Galli-Bibiena. VI. 239. Elogio di Ercole Lelli. VII. 157. Elogio di Giovanni , e di Anna Morandi Coniugi Manzoli- nx. Vili. 3. Elogio di Gian- Antonio Galli. Vili. 423. Elogio di Vincenzo Menghini. IX. 455. Elogio di Gaetano Gaspero Uttini, preceduto da brevi No- tizie intorno Gian Giuseppe Ballanti e Lorenzo Antonio Canuti. XI. 269. Elogio di Tomimaso Laghi. XI. 355. Palagi Alessandro Lettera al Prof. Belletti sulle condizioni meteorologiche di Bologna nel quadriennio 1851-1854. VII. 57. Identità di origine delle correnti d’ induzione volta-elettri- ca e magnetica. X. 349. Paolini Marco Intorno Y efficacia delle acque termali della Porrettà con- tro la sterilità delle donne. II. 321. Dell’ azione fisiologica e terapeutica in genere delle acque termali di Porrettà. V. 3. Intorno un modo speciale di azione riflessa propria dei nervi sensori. V. 391. Studi Fisiologico-Patologici sull’ Asma , ed efficacia dei ba- gni solforosi , in ispecie di Porrettà ? contro il medesi- mo. VI. 393. 14 Saggio di alcune esperienze sul Midollo Spinale. VII. 207 , IX. 383. Considerazioni critiche sopra un nuovo mezzo profilattico contro il colèra , e Cenni intorno la Topografia Medica della Porretta. Vili. 107. Elogio di Michele Medici. X. 109. Degli effetti delle acque termali solforose , in ispecie di Porretta, nella cura della sifìlide e sue complicazioni. X. 329. Intorno a nuove Esperienze fatte colla Robbia negli Ani- mali ed in particolare in alcuni Pesci. XII. 77. Piani Domenico . Sulle Funzioni Fattoriali. I. 511. Elogio di G. B. Magistrini. III. 477. Notizie relative a Luigi Galvani , le quali servir possono a documentare il Rapporto premesso alla Collezione del- le Opere del Celebre Fisico , e gli Elogi che ne scris- sero i Gh. Venturoli , Alibert e Medici, non che a to- gliere ogni incertezza di date. IV. 171. Sopra alcune Linee a data relazion di distanza con Linee e Punti dati. IV. 261. Problemi geometrici relativi agli angoli fatti da’ Raggi Vet- tori sia colle Tangenti , sia fra loro : ed Applicazione all’ Ottica. IV. 309. Sopra Artifizi Analitici di G. Manfredi e F. M. Zanotti. IV. 329. Sopra una opinione astronomica di Dante Alighieri. IX. 207. Sulla Grande Piramide. X. 391. Nota ai versi 37-43 del Canto I. dell’ Inferno. XI. 385. Predieri Paolo Della Vita e della Corrispondenza scientifica e letteraria di Cesare Marsili con Galileo Galilei e Padre Bona- ventura Cavalieri. III. 113. 15 Dei rapporti fra la Meteorologia e la Medicina , dei pro- gressi che si desiderano, e dei vantaggi che si possono attendere. Memoria Prima. V. 135. Delle Carestie avvenute nel Bolognese, e del modo mi- gliore di evitarle in appresso. VI. 3. 29. Studio storico comparativo intorno al consumo delle Carni nella città di Bologna. Vili. 323. Esame storico e statistico intorno alle Risaie del Bolognese, ed agli effetti che ne derivano. IX. 305. Intorno la variazione che sembra venuta nel Clima Bolo- gnese. X. 213. Dello stato mentale degl5 Idrofobi considerato nel rappor- to medicq-legale. X. 557. Di alcuni Autografi del Celebre Prof. Luigi Galvani ulti- mamente rinvenuti. XII. 21. Respighi Lorenzo Sul moto del Pendolo. V. 81. Considerazioni sulle equazioni generali dell9 Equilibrio dei fluidi. VII. 63. Notizie sul Clima Bolognese dedotte dalle Osservazioni Me- teorologiche fatte nell’ Osservatorio della Università , nel quarantacinquennio 1814-1858. VII. 413, XI. 421. Sull’ accomodamento dell5 occhio umano per la visione di- stinta alle diverse distanze. Vili. 355. Sulla Irradiazione oculare. IX. 513. Sulla Declinazione magnetica assoluta di Bologna. X. 477. Sui Fenomeni Cometari. X. 507. Sopra alcuni straordinari Fenomeni osservati nelle occul- tazioni delle stelle sotto il disco della luna. XI. 301 . Rizzoli Francesco Processo seguito in un caso di parto prematuro artificia- le. I. 495. Su alcune particolarità riscontrate in un5 Ernia inguinale congenita, nascosta ed incarcerata. IL 37. 16 Processo di litotomia mediana , e Storia di un raro caso d’ espulsione spontanea di grosso calcolo vescicale per la via del perineo. II. 461. Intorno ad una glutoprocto rafia. III. 75. Sulla tenotomia sottocutanea del tendine d’ Achille in al- cune fratture della gamba , e sopra una nuova applica- zione della resezione metacarpiana. III. 417. Nuova applicazione della frattura artificiale del femore on- de togliere la claudicazione. V. 41. Processo per la demolizione della Lingua. V. 405. Sulla ricomposizione di un’ antica lussazione sintomatica del femore sinistro. VI. 381. Operazioni Chirurgiche per la cura radicale di alcune Er- nie addominali esterne. VII. 187. Di una Atresia congenita dell’ ano in una fanciulla con isbocco dell’ intestino retto nella vulva ; Processo opera- torio posto in pratica onde rimediarvi. Vili. 51. Operazioni Chirurgiche eseguite in diversi casi , onde to- gliere la immobilità della mascella inferiore. Vili. 467. Risultamenti ottenuti col metodo della compressione nella cura di alcuni Aneurismi esterni. IX. 481. Cancro della metà destra della lingua demolito con un nuovo processo operatorio. XI. 105. Nuovo metodo per la cura di alcune varietà d’ Ernia in- guinale congenita associate alla presenza del testicolo nel canale inguinale. XII. 3. Della Perineo-cheilorafia nella cura dei prolassi della ma- . trice. XII. 273. Santagata Antonio Iter ad Montem vulgo Donato. I. 335. De quibusdam vinorum vitiis , horumque remediis et caus- sis. II. 479. De Josepho Mezzofantio. V. 169. 179. Dell’ uso de’ bagni e degli esercizi ginnastici in Bologna. V. 197. Della terra interposta fra i Cristalli del Gesso. VI. 113. 17 Dei Sali Efflorescenti nelle Argille di' Bisano e di Pader- no. VI: 533. Dei Carboni e Legni Fossili deh Bolognese. VII. 385. Santagata Domenico Delle metamorfosi del Calcare Compatto nel Bolognese. IL 111. 127. Origine delle Argille Scagliose. VI. 499, VII. 27. Dei Carboni e Legni Fossili del Bolognese. VII. 385. Sgarzi Gaetano Intorno ad alcune Ligniti trovate nella Provincia di Bolo- gna, e nelle sue vicinanze. I. 217. Intorno alla Termale d9 Acquasanta, Descrizione Analitica ed alcune Osservazioni. III. 215. Studii Analitici ed Esperimenti intorno al Mavi dei Caf- fri. III. 455. Della Chibaca Salutaris Bertol . FU. Analisi e Congetture. V. 59. Analisi d9 uno degli Aeroliti caduti nel territorio di Mon- te-Milone presso Macerata li 8 Maggio 1846. VI. 89. Un Pensiero sulla Pietrificazione del Legno. VI. 475. Altro Pensiero alla Pietrificazione degli Organici Animali. VII. 363. Esame chimico di Macchie particolari di apparenza san- guigna, e delle Macchie in generale prodotte da vero sangue. Vili. 273. Intorno ai Vasi, e Stoviglie di comune uso nelle Cucine. IX. 417. Nuove Osservazioni sulla materia concreta delle Terme Porrettane. XI. 205. Parole ed esperienze intorno. al mercurio dolce. XI. 333. Asfissia da Miasma paludoso. XII. 95. Analisi degli escrementi dell9 Uromastyx Spinipes s o Stel- lione Spinipede XII. 437. 3 18 Soverini Carlo Ricerche anatomico-fisiologiche sopra una Mano mostruo- sa. Vili. 247. Di una morte subitanea occasionata da un ago infitto nel pericardio. IX. 399. Di una flebo-cavite addominale primitiva che in breve cagionò la morte dell’ infermo per arresto di circolo. XI. 391. Verardini Fedinando Storia d’ Estasi catalettica incompleta. II. 25. Neuralgia intercostale seguita da bulimia , e storia di un Sudor nero. Vili. 203. Caso di Nigrizie o Melasma con alterazione grave delle capsule atrabilari. IX. 269. Del Parto forzato nelle morte incinte, in sostituzione del taglio cesareo. XII. 239. Versari Camillo Intorno ai fatti appartenenti alla così detta Organica Elet- tività ^ e Proposta del Criterio patologico che se ne può dedurre. XII. 119. 19 INDICE PER MATERIE Il numero romano indica il Tomo s V arabo la pagina. DISTRIBUZIONE I. Anatomia e Fisiologia Umana. II. Patologia e Teratologia Umana. III. Igiene. Medicina Politico-Legale. IV. Terapia. Materia Medica. V. Chirurgia. Ostetricia. VI. Zoologia. Zootomia. Zooiatria. VII. Botanica. Fisiologia Vegetale. Vili. Geologia. Mineralogia. Fossili. IX. Geometria. Calcolo. X. Meccanica e Idraulica razionale e pratica. XI. Astronomia. XII. Fisica. Meteorologia. Ottica. XIII. Chimica e sue applicazioni. XIV. Agraria. Sericoltura. XV. Storia delle Scienze. Biografie. XVI. Varietà. ( Lo scopo deir Accademia è di coltivare , e promuovere le Scienze esatte , e le Scienze naturali). 20 I. Anatomia e Fisiologia Umana. Osservazioni sulla porzione minore del quinto paio de* ner- vi cerebrali. I. 57. Sui rapporti esistenti fra le più co- spicue diramazioni arteriose e venose , diramate per la milza. 563. Se ogni parte, ogni sistema, ogni viscere, ogni organo si formi ex se , indipendentemente dalle altre parti , dagli altri sistemi , dagli altri visceri , dagli altri organi che possano essersi formati in antecedenza; e quali dipendenze esistano ad ogni modo nello svilup- po. I. 311 , II. 92. 385. 4*03. Come probabilmente si formano gli epiploon. II. 77. Se la Natura proceda mai per salti improvvisi e marcati cambiamenti nella siste- mazione delle diverse parti costituenti gli esseri orga- nizzati. III. 33. 371. 449. Facilità colla quale 1’ attività assorbente vitale consuma i feti ed i loro inviluppi in- carcerati nell* utero o nella cavità addominale. IV. 97, V. 330. Sulla corda del timpano. IV. 429 , VII. 3. In- torno un modo speciale di azione riflessa propria de* ner- vi sensori. V. 391. Sulla pelvi. VII. 133. Sulle proprietà sensorie e motrici del midollo spinale. VII. 207 , IX. 383. Studi del Manzolini sopra gli orecchi , e le parti mini- stre della voce e della loquela. Vili. 10. Sulle borse mucose sottocutanee. 67. Ufficio delle capsule sopra-re- nali. IX. 270. Struttura dell’ idatide del Morgagni. X. 535. Funzioni del catino in generale, e delle sue ossa in ispecje, e particolarmente di quelle del sacro. XI. 69. Di una particolare epifisi del capitello del primo osso metacarpeo e del primo metatarseo , non che di altra della tuberosità del quinto. 557. Esame delle dot- trine dell* Albino e del Meckel sulla ossificazione delle ossa del metacarpo e del metatarso, ivi. Fatti apparte- nenti all’ Organica Elettività. XII. 119. Riunione ossea di alcune fratture. 201. II. Patologia e Teratologia Umana. Febbre tifoidea. I. 521. Epidemie, e morbi che han do- minato nella provincia di Bologna. I. 669 , II. 235 , VII. 21 35, Vili. 123. Estasi catalettica. II. 25. Grippe. 51. Malattie che rendono infeconda la donna. 326. Ma- nia. 487. Angina gangrenosa. V. 75. Reazione simpa- tica nervosa. 394. Migliare primitiva. VI. 309. 325. Lussazione sintomatica. 381. Asma. 393. Ernie. VII. 187, XII. 3. Elefantiasi degli organi sessuali. VII. 253. Borse mucose sottocutanee patologiche. Vili. 82. Deformità di pelvi. Vili. 99 , XI. 82. Considerazioni critiche sopra un nuovo mezzo profilatico contro il Colèra. Vili. 107. Neuralgia intercostale seguita da bulimia. 203. Sudor nero. 220. Esame del segno diagnostico differenziale sta- bilito dal Trousseau fra 1’ emorragia cerebrale ed il rammollimento. 409. Caso di Nigrizie o Melasma con al- terazione grave delle capsule atrabilari ; ed esame della teoria di Addisson sulla malattia bronzina. IX. 269-303. Morte subitanea occasionata da un ago infitto uel peri- cardio. 399. Sarcoma di mole notabilissima nell’ addo- me. X. 19. Della odierna diminuzione della Podagra, e delle sue cause. 409. Storia e Riflessioni di una rot- tura utero-vaginale accaduta nel parto a termine di gra- vidanza con passaggio del feto sotto il peritoneo che veste la parete posteriore sinistra dell’ addome. XI. 247. Di una flebo-cavite addominale primitiva che in breve cagionò la morte dell’infermo per arresto di circolo. 391. Se il miasma paludoso, condensato possa produrre asfis- sia. XII. 95. Criterio patologico che si può dedurre dal- la organica elettività. 119. — Le anomalie della mi- dolla spinale devon prestare fondamento a stabilire classi ed ordini di mostruosità. I. 328. Di un’ ernia inguinale congenita. II. 37. Connessione cellulo-vascolare conge- nita della milza con 1’ ovaia e tromba faloppiana sini- stre. 71. Anomalia del peritoneo, dimostrante come lo stomaco ed il colon trasverso sono primordialmente co- perti dalla sierosa peritoneale , e come probabilmente si formano gli epiploon. 77. Mostro cefalo-acardo. 353 Peracefalo inserito col suo tralcio ombellicale in un tron- co comune al tralcio di feto normale. V. 483. Mostro doppio opo-ectodimo. VI. 179. Atresia congenita dell’ano 22 con isbocco dell’ intestino retto nella vulva. Vili. 51. Mano mostruosa. 247. Voluminoso tumore congenito este- so dalla pelvi ai piedi. IX. 187. Forma di mostruosità nella quale trovansi fuse insieme delle parti apparte- nenti a tre distinti individui, uno de5 quali completo, gli altri due incompleti , e quasi parassiti del primo. X- 16. Sirenomelia. 143. Nuova specie di mostro exence- falico , vissuto trent5 ore. 525. Lussazione congenita me- tatarso-falangea inferiore , del pollice. XI. 567. III. Igiene. Medicina Politico-Legale. Bagni e Ginnastica. V. 197. Delle Carestie avvenute nel Bolognese, e del modo migliore di evitarle in appresso. VI. 3. 29. Delle macchie da sangue. Vili. 286. Studio storico comparativo intorno al Consumo delle Carni nel- la città di Bologna. 323. Risaje nel Bolognese. IX. 305. Vasi e stoviglie di comune uso nelle cucine. 417. Stato mentale degl5 Idrofobi. X. 557. IV. Terapeutica. Materia medica. Cura della Mania. I. 245, II. 13. 487. Cura del Grippe. II. 51. Efficacia dell5 acque di Porretta contro la steri- lità delle donne. 321. Ecciettismo nella Pratica Medi- cina. IV. 43. Rimedi contro il morso della vipera. 384. Azione terapeutica in genere delle acque di Porretta. V. 3. Gastralgia pertinacissima vinta coll’ acqua della Porretta vecchia. 20. Azione della Chibaca salutaris con- tro l’Angina gangrenosa. 59. Mangandogìa , purgante usa- to dai Caffri. 480. Cura della Migliare primitiva. VI. 309. 325. Efficacia dei bagni solforosi contro P Asma. 393. Sull5 azione del cataplasma di verbena. Vili. 273. Effetti delle acque termali solforose nella cura della si- filide e sue complicazioni. X. 329. Intorno al mercurio dolce. XI. 333. Partito che si può trarre dalla Organica Eiettività. XII. 119. 23 V. Chirurgia. Ostetricia. Su alcune particolarità riscontrate in un5 Ernia inguinale congenita, nascosta ed incarcerata. IL 37. Processo di litotomia mediana, e Storia di un raro caso d9 espulsio- ne spontanea di grosso calcolo vescicale per la via del perineo. 461. Intorno ad una glutoproctorafia. III. 75. Sulla tenotomia sottocutanea del tendine d9 Achille in alcune fratture della gamba , e sopra una nuova appli- cazione della resezione metacarpiana. 417. Nuova appli- cazione della frattura artificiale del femore , onde to- gliere la claudicazione. Y. 41. Processo per la demoli- zione della lingua. 405. Osservazioni sopra alcuni me- todi e processi di Litotomia. VI. 121. Descrizione di un Litotritore uretrale e di un Frangipietra curvo-r et- to. 277. Sulla ricomposizione di un9 antica lussazione sintomatica del femore sinistro. 381. Osservazioni sul modo d9 applicare la leva di primo genere nella ridu- zione delle lussazioni traumatiche del femore. VII. 71. Operazioni Chirurgiche per la cura radicale di alcune ernie addominali esterne. 187. Storia di una elefantiasi degli organi sessuali esterni virili operata con successo stabilito. 253. Di una atresia congenita dell9 ano in una fanciulla con isbocco dell’ intestino retto nella vulva ; Processo operatorio posto in pratica onde rimediarvi. Vili. 51. Rottura di un callo deforme dell9 omero per accavallamento dei frammenti , complicato a lussazione scapulo-omerale , ed Osservazioni in proposito. 391. Ope- razioni eseguite in diversi casi onde togliere l9 immobi- lità della mascella inferiore. 467. Voluminoso tumore congenito esteso dalla pelvi ai piedi , con apparente complicazione di ernia o sventramento , come si fosse potuto curare. IX. 202. Esame delle diverse maniere di Speculum uteri ; e speculum di Coxeter modificato da G. B. Fabbri. 227. Risultamenti ottennti col metodo della compressione nella cura di alcuni Aneurismi ester- ni. 481. Della molta importanza della Chirurgia Speri- mentale nello studio delle Lussazioni, e di una diffe- 24 renza da notarsi tra la lussazione posteriore del pollice e quella posteriore delle altre dita. X. 41. Tumori ad- dominali profondi condotti felicemente a guarigione me- diante P apertura artificiale. 171. Cancro della metà de- stra della lingua demolito con un nuovo processo opera- torio. XI. 105. Nuovo metodo per la cura di alcune varietà d’ ernia inguinale congenita associate alla pre- senza dei testicolo nel canale inguinale. XII. 3. Della perineo-cheilorafia nella cura dei prolassi della matrice. 273. — Processo seguito in un caso di parto prematuro artificiale. I. 495. Se in generale si debba estrarre la placenta, quando tardi troppo ad uscire. IV. 102, V. 334. Considerazioni intorno alla Pelvi. VII. 133. In qua- li casi di deformità obliqua-ovale della Pelvi sia da promuovere il parto prematuro. Vili. 103. Del Parto forzato nelle morte incinte , in sostituzione del taglio cesareo. XII. 239. Sopra un caso di antica gravidanza tubaria, con litopedio nonimestre. 457. VI. Zoologia. Zootomia. Zooiatria. Descrizione degli Animali del Mozambico. I. 171. 187. 199, II. 165, III. 3. 91, IV. 167. 343, V. 225. 245, VI. 139. 419, VII. 403 , Vili. 297. 451, IX. 435, X 497, XII. 41. Del quinto paio de’ nervi cerebrali negli Animali domesti- ci. I. 57. Anche ne’ Rettili durano i vestigi del funicolo ombellicale finché dura la vita. 178. Sulle diramazioni arteriose e venose per la milza nei Mammiferi domesti- ci. 563. Sullo scheletro del Moschus pygmaeus. 587. Su uno scheletro di foca. II. 141. Spiegazione della patria estesissima di alcuni insetti. 185. Sul Muscino del Fru- mento. 189. Annotazioni anatomiche sopra un individuo giovine del Paradoxurus typus. III. 19. Sulla Anatomia dell’ Axolotl. 269. Se i girini delle Rane possano respi- rare per polmoni. 333. Annotazioni anatomiche intorno un Bradipo Tridattilo 363 ; sul Formichiere Didattilo. 433. Considerazioni sul settimo paio de’ nervi cerebrali nel Vitello. IV. 3. Sulla matrice degli scudetti cornei della cassa toracico-addominale dei Clieloni. 143. Sulla struttura del Formichiere medio. 391. Osservazioni sulla classificazione dei Chiropteri. V. 230. Uffizio delle espan- sioni membranacee del Pipistrello. 235. Sulla struttura dell’ Helamys caffer. 245. Facilità colla quale 1’ attività assorbente vitale consuma i feti ed i loro inviluppi in- carcerati nell’ utero o nella cavità addominale. 315. An- notazioni sull’Anatomia del Cavia Acuti. VI. 153. Sulla corda del timpano. VII. 3. Sul corso e sulla distribu- zione delle arterie della cavità del timpano ne’ Ghiro- pteri, negl’ Insettivori e ne’ Roditori. 105. Sperienze sul Midollo spinale in varii animali. 207 , e IX. 383. Sul- 1’ Anatomia del Dasipo minimo. VII. 285. Anatomia di un feto maturo del Dasypus novemcinctus. 321. Sull’ana- tomia del Pecari. Vili. 27. Sull’ anatomia del Monitor terrestris Aegypti , e confronto cogli altri Monitori. 161. Studi elettro-fisiologici sugli animali. IX. 3, e XII. 32-36. Sullo scheletro di due Marsupiali , il Didelphys Philan - der , ed il Phalangista Cookii. IX. 247. Sullo scheletro della Lacerta viridi, sulla riproduzione della coda nel- le lucertole, e sulle ossa cutanee del teschio de’ saurii. 345. Preparati d’ Anatomia patologica esistenti nel ga- binetto di Anatomia comparata deli’ Università di Bolo- gna. X. 3, XI. 157; Verruche , o porri. X. 6-10, Tumori cistici 10-23, Osteosarcosi. XI. 158-173. Sulla riproduzione di una doppia coda nelle lucertole, e sullo scheletro del Platydactylus muralis. X. 357. Sullo scheletro dello Stellio vulgaris. 369. Esame dell’ Asse cerebro-spinale . ed esperienze sulla tenacità di vita del Geophilus Ga- brieli , o Scolopendra Aristotelis et Nicandri. 547. Del- 1’ Epyornis maximus menzionato da Marco Polo. XII. 61. Effetti della Robbia ne’ Pesci. 77. Sulle tracheloliti ed oftalmoliti osservate in alcuni Gecchidi , e sullo schele- tro del Platydactylus guttatus. 149. Sullo scheletro dei- V Uromastix spinipes , e sopra alcuni muscoli caudali osser- vati nel medesimo saurio. 159. Sullo scheletro de\V Aga- ma aculeata. 179. Sullo scheletro del Phrynosoma HarL, e su quello del Phrynosoma orbicularìs. 189. 4 26 Se dalla forma del follicello si riconosca il sesso del Baco da seta , e se i doppioni contengano maschio e femmina. VII. 9T. Atrofia contagiosa del medesimo. Vili. 141. Glos- santrace epidemico esaminato dal celebre Galvani. XII. 26. Mostri mancanti di porzione della midolla spinale , appar- tenenti al Gen. Perosomus di Gurlt, e Perocormus di Otto. I. 309. Mostro mancante degli arti posteriori, ap- partenente al Gen. Ectromeles di Geoffroy S.1 Hilaire . Peromeles di Gurlt. V. 25. Commentario sulle uova gemellifìche degli uccelli , e su quelle che , sebbene ad unico tuorlo , contengono due germi, o vanno fornite di due cicatricole. VI. 171. Animaletti delle Sorgenti Porrettane. XI. 217. Specie illustrate, in gran parte con corredo di figure — Ablepharus Menestriesii. III. 16. Acherontia Atropos. II. 184. Acontias plumbea specie nuova. I. 205, X. 499. Ae- chmia metallicella. X. 381. Amphisile punctulata sp. o var. ri. VI. 143. Anihia mutilloides e A. minima sp. n. Vili. 311. 313. Apistes taenianotus. VI. 141. Arca mosambi- cana . VII. 403. — Calamaria micropkthalma sp. n. IV. 167 , X. 499. Callionymus perelegans sp. n. IX. 437. Cancer limbatus. III. 106. Cardium Fornasinianum sp. n. VII. 409. Centropus superciliosus var. mozambic. III. 5. Cephalocera Bellardi sp. n. XII. 52. Cetonia Alessandri- ni. IV. 361. Chamaeleo dilepis. I. 177. Charadrius me- lanopterus var. mozamb. III. 6. Charaxes jasius. II. 169. Cheilio bicolor sp. n. Vili. 460. Chetodon Sebanus . VI. 141. Chironectes scaber.Yl. 141. Chorinus aries var. mo- zamb. III. 99. Chrysocloris capensis. V. 239. Cinnyris di- scolor , individ. mozamb. con macchia violacea alla som- mità dell5 ali. I. 203. Coracias naevia var. mozamb. III. 3. Cryptorinchus ebeni sp. n. VI. 438. Cynopteres mar- ginatus. V. 227. — Damalis venustus sp. n. XII. 49. Danais Chrysipus. II. 177. Deilephila Nerii. 181 , D. Celerio 183, D. Ranzani sp. n. 183. Dendrobates inham- banensis sp. n. I. 196, X. 499. Dendrophis pseudodipsas sp. n. I. 210, X. 498, D. furcata sp. n. X. 500. Dio- don Calori sp. n. VI. 145. Diopsis curva sp. n. XII. 46 27 Dipsas Medici sp. n. X. 501. Dolium pomum , osservaz. sulla grand, di varj indiv. I. 213, D. galea var. n. VII. 411. Dromica rugosa e D. limbata sp. n. Vili. 305. 308. — Eleotris Fornasini sp. n. IX. 441. Etisus macro- dactylus sp. n. III. 107. Euchnemis viridi- flavus . I. 185. E. Fornasinii ed È. Salinae sp. n. I. 193. 194. — For- nasinius gen. n. nella famiglia de’ Lamellicorni. IV. 348. — Galene Fornasinii sp. n. III. 108. Gerbillus pygargus. V. 240. Goliathu$ Fornasini sp. n. e consideraz. sul ge- nere. IV. 344. — Hammaticherus serraticornis sp. n. VI. 440. Heliconia Cephea. II. 176. Hemidactylus mabuya ed H. maculatus. I. 190, III. 16, X. 499. Hemiram- phus Russellii. VI. 144. Hesperia inconspicua sp. n. II. 179. Heteroscelis Savii sp. n. VI. 435. Hippocampus ca - melopardalis sp. n. VI. 145. — Lambrus serratus var. mozambic. III. 105. — Macronyx flavicollis var. mozam- bic. III. 4. Macrophtalmus carinimanus var. mozambic. 109. Mactra helvacea var. n. VII. 410. Madrepora abrotanoi- des. III. 18. Megàlepis gen. n. appartenente alla prima sezione de9 Percoidei. Vili. 451 , M. Alessandrini. 453. Meriones leucogaster. V. 241. Mìcippe aculeata sp. n. III. 103. Monacanthus Bertolonii sp. n. VI. 148. — Naja Fula-Fula sp. n. I. 211, IV. 169, X. 498. Nyctinomus tennis. V. 236. — Oberea Alessandrini sp. n. VI. 443. Odontochelia Bianconi sp. n. Vili. 301. Onitis gigas sp. n. VI. 431. Opaethus africanus. I. 204. Ostracion For- nasinii sp. n. I. 175. ( la figura è nella Tav. I. T. VI). Otolicnus crassicaudatus . V. 225. — Pangonìa Rondarli sp. n. XII. 56. Papilio Eq. Antheus. II. 171, P. E. De- moleus 172, P. E. Nireus 173, P. Corrineus sp. n. 173. Pelates quinquelìneatus. Vili. 456. P eriophtalrnus Koelreu- teri var. argentìlineata. Vili. 459. Phacochoerus africa - nus. V. 242. Phoxomela abrupta , descriz. di var. IV. 362. Platycephalus insidiator var. aspera. Vili. 456. P on- da Achine , P. Agatina , P. Severina , P . Hecabe e P. Marcellina. II. 177. Porphyrio smaragnotus. III. 5. Pterocera truncata. I. 175. Pterois volitans. VI. 141.— Ra- nina dentata var. mozamb. III. 110. Ranzania gen. n. 28 nella tribù delle Cetonie Ceratorrhine. VI. 431 , R. splen- dens. 420. Rhinoceros bicornis. V. 243. Rhinolophus eli - vosus. 239. Rembus Dohrnii sp. n. Vili. 317. — Sca- rus due sp. forse n. Vili. 462. Scorpaena aurita var. IX. 436. Somomyia gen. n. d’ Insetti Ditteri. XII. 42. Spi - robranchus Smithii sp. n. X. 503. Sternotherus nigricans var. mozamb. III. 12. Syngnathus biaculeatus. VI. 144. Syntomis Eumolphos. II. 180. — Tabanus ìnhambanen- sis sp. n. XII. 54. Tefflus Thomsoniì sp. n. Vili. 315. Terebra maculata. I. 213. Testudo geometrica var. rao* zatnbic. III. 6. Tetrodon Hartlaubii e T. Petersii sp. n. VI. 146. Thecla Etolus. II. 177. Thereva apicalìs sp. n, XII. 48. Tridacna elongatissima sp. n. VII. 408. Triglà lineata var. Vili. 457. Triton variegatum. I. 175, T. pi- leare 214 , T. Ranzanii sp. n. III. 17. 92. Tropìdonotus scaber var. mozambic. IV. 168. Tropidosaurus capensis var. mozambic. III. 15. Typhline Cuvierii var. mozambic. I. 197. Typhlops Eschrichtii. 180, T. Fornasinii e T. Schlegelii sp. n. 183. — Vanessa Cardui e V. Clelia. II. 175. Venus Deshayesiana sp. n. VII. 406. Vioa terebrans. I. 214. Vipera arietans. 179. 189. VII. Botanica. Fisiologia Vegetale. Miscellanee Botaniche. II. 265. 283. 587, III. 145, IV. 61. 411 , V. 423, VI. 447, VII. 341, Vili. 225, IX. 167, X. 27, XI. 189, XII. 223. Flora Italica II. 286. 590, III. 146, VI. 450, IX. 169. 177, X. 37. Illustrazione di piante del Mozambico II. 268. 561, III. 186. 249. 455, IV. 535, V. 463, Vili. 237, IX. 171, X. 33. Illustrazione di piante americane II. 273. 306. 596, IV. 71, V. 437, VI. 467, VII. 355, X. 35. Illustrazione di piante asiatiche XII. 234. Dell5 anatomia e fisiologia delle piante monocotiledonali IV. 41 1. Ricerche sui Capreoli delle Cucurbitacee VI. 289. Sugli Erbarii del Boccone VII. 341. Come si comporta il midollo delle piante dicotiledonali dopo il suo com- 29 piuto sviluppo .XI. 175. Storia del Melogranato Vili. 225, dell’ Issopo X. 27, della Rosa XII. 223. Del Loto di Omero II. 8. Cosa intendessero gli Antichi sotto i nomi di Ocinum , Adoreunb, Far , Farrago, Hordeum IV. 61-66. Pomi cT oro delle Esperidi V. 423. Ethob delle Sacre Lettere X. 27. Cognizioni degli Antichi sul Cedro XI. 189 ; Cedria e Cedrio cosa fossero, e come ne usassero gli Egizi 197. Specie illustrate , in gran parte con corredo di figure. — Acacia multifoliata specie nuova VI. 470. Acrostichum microphyllum sp. n. Vili. 241. Agrimonia incisa II. 606. Anacardium occidentale III. 254. Andropogon temarius IL 600 ^ A. attenuatus sp. n. X. 34. Anthisteria barbata var. mozamb. V. 469. Archemora rigida IL 313. Argemone mexicana III. 257. Asclepias grandifolia sp. n. III. 189. Ascyrum Plumierii sp. n. IV. 77. Azolla magellanica XI. 203, A. bonariensis sp. n. 204. — Bridelia cathar- tica sp. n. V. 476. Bruschia genere n. dell’ Ord. delle Verbenaceae Vili. 238, B. macrocarpa 239. — Campu - losus monostachyos IL 601, C. gracilis sp. n. 602. Canna bidentata sp. n. X. 33. Carex macrostachys sp. n. IV. 428. Cassia humilis IL 604, C. chamaecrista 605, C. acutifolia IV. 541, C. occidentalis V. 474. Casuarina equisetifolia III. 265. Ceanotus azureus X. 36. Cenomyce capitata VII. 360. Chibaca genere n. IV. 545, C. salutarìs 548 ( vedi Chimica e Terapia). Citrus deli ciò sa V. 435. Clado- nia crinita sp. n. VII. 359. Clematis viridiflora sp. ri. IX. 171. Cleome pentafilla III. 258. Clitoria alabamensis sp. n. IL 276. Convolvulus condensatus sp. n. V. 438, C. mol- lissimus sp. n. X. 35. Cordia tenuifolia sp. n. XI. 199. Crataegus ribesìus sp. n. XII. 234. Crotalaria versicolor sp. n. III. 259. Cuscuta remotiflora e C. fruticum sp. n. IL 311. Cyperus altemifolius III. 250, C. distans\. 463, C. aequalis 464, C. caffer. sp. n. ivi. — Dasy stoma fa- bulosa sp. n. IV. 75. Desmanthus palustris sp. n. III. 266. Desmodium obtusum IL 279 \ D. ciliare 280. Dicranum affine sp. n. VII. 357. Diodia auriculosa sp. n. II. 307. Dipteracanthus hispidus sp. n. VII. 355. Dolichos hypo- geus IV. 537. Drosera americana. IL 314 — Elephan - topus elatus sp. n. II. 607. Eleusine indica V. 469. Em- petrum aciculare sp. n. IV. 78. Encephalartus ferox sp. n. III. 264. Epigaea repens II. 317. Erythrina basti foli a sp. n. II. 568. Euphorbia maculata ed E. corollata II. 318. E. discolor sp. n. 319. — Ficus gummifera sp. n. X. 40. — Gaura coccinea II. 603. Gentiana gracillima sp. n. V. 439. Gomphocarpus crìnitus sp. n. III. 253. Grimmia longipila VI. 473. Gymnogramma ovalis sp. n. III. 190. — Hedyotis fasciculata sp. n. II. 306. Hibiscus trisectus sp. n. V. 439, H. tiliaceus III. 258. Hymenophillum tun- brigense III. 167. Hyperanthera Moringa 255. Hyperìcum punctulosum sp. n. IV. 76. Hypoxis erecta II. 314. — Isidium gregarium sp. n. II. 296. — Jambosa vulgaris III. 257. Juncus caffer sp. n. 253. Janipha Manioth 260. Jungermannia tridenticulata sp. n. VII. 358. — Lepipo- gon gen. n. nella cl. Pentandria ord. Monogenia IV. 53 9 , L. obovatum ivi. Lespedeza reticulata II. 277 , L. capi- tata e L. cytisoides sp. n. 278. Lilium Catesbaei II. 315. Lobelia brevifolia IL 309, L. amoena 310, L. glandulosà y 311. Lycopodium carolinianum VI. 471, L. alopecu - roides 472. — Mafureira genere n. dell’ ord. Sapinda - ceae II. 269, M. oleifera 270. Mariscus pìlluliferus sp. n. V. 466. Marshallia dentata sp. n. 442. Mavìa judicialis sp. n. II. 570, donde V Acido mavico III. 455. 469. Melanthium biglandulosum II. 316. Micranthes genere n. nella famiglia delle Labiatae IX. 172, M. menihoides 173. Mimusops caffra V. 473. Moehringia papulosa sp. ri. IV. 427. Monachne rufa II. 596. Myrìophyllum flavescens sp. n. VI. 467. — Narcissus Cupanianus X. 37 , N. se- rotini 38. Nicotiana humilis sp. n. IV. 72. — Orchis ciliaris V. 443. — Panìcum virgatum II. 597, P . bifidum sp. n. 598, P. barbigerum sp. n. III. 250, P. jumen- torum V. 468. Paspalum punctulatum sp. n. II. 599. Pe- dalium Murex II. 566 a drupe medicinali 567. Persea longipeda sp. n. IV. 72. Petalostemum bicolor sp. n. II. 273. Pìnus serotina VI. 467. Piper Beile III. 249. Plumbago toxicaria sp. n. II. 564. Polygala incarnata V. 440, P. pseudosenega sp. n. 441. Polytrichum perigo- 31 niale sp. n. VII. 356. Potamogeton delieatulum V. 437. Psoralea alnifolia e P. alopecurina sp. n. II. 274. Pte- rìs vulcanici sp. n. Vili. 243. — Ranunculus bilobus sp. n. IX. 169, R. microcarpus sp. n. XII. 237. Ricinus purpurascens sp. n. II. 268, d’ uso terapeutico 269. Rosa longicuspis sp. n. XI. 201, R. unguicularis XII. 235. Ru- bus opulifolius e R. fragarioides sp. n. 236. — Sabbatia simplex sp. n. II. 309. Salix crataegifolia VII. 361. San- guisorba longifolia sp. n. XII. 234. Saxifraga florulenta XI. 200. Schrankia uncinata VI. 469. Seteria coriacea sp. n. V. 474. Scleroxylon genere n. nella famiglia delle Myrsinaceae Vili. 237. S. edule ivi. Scolopendrium breve sp. n. Vili. 242. Selgem nome arabo della Rapa, onde P oleum selgiticum di Plinio II. 267. Senecio tenuifolius II. 286. Sesamopteris alata III. 257. Sheadendron genere n. vicino alla famiglia delle Myrtaceae II. 572 , S. bu- tyrosum ivi , Analisi ed utilità del butiro 577. 581. Smilax alba e S. pub era VI. 468. Solanum glaucum sp. n. o poco nota III. 188, 5. asterigerurn sp. n. IX. 167. Stylisma evolvuloides II. 308. Stylosanih.es elatior II. 276. Swar- tzia macrosperma sp. n. XI. 202. Syzygium Jambolanum ìli. 256 — Tamarindus indica III. 259. Tamarìx senega- lensis , T. aegyptiaca , T. palaestina, T. tetrandra , T. arti- culata e T. anglica IV. 422. Tecoma capensis III. 258. Telephora lobata sp. n. VII. 360. Tephrosia mollissima sp. n. II. 274, T. icihyneca sp. n. Vili. 240, T. indigo- fera sp. n. IX. 173. Tournefortia mollìs sp. n. III. 186. Tribulus microcephalus sp. n. III. 255. Trichostemma li - nearìaefolium sp. n. IV. 73. — Vinca rosea III. 252. — Xanthoxylon terebinthoides sp. n. V. 470. — Ziziphus Oenoplia ivi. Vili. Geologia. Mineralogia. Fossili. Esame geologico di montagne bolognesi I. 335 , II. 111. 127, IV. 492, VI. 113. 499, VII. 27. 392. — Esame di rocce, e minerali del Bolognese I. 335, II. 111. 127, VI. 113. 499. 533, VII. 27. — Descrizione geologica e mineralogica di Cornoviglia , monte nella provincia di Luni 32 VI. 447. — Marmi di Carrara III. 181. Classificazione delle Ligniti e Carboni di terra I. 220. Carboni e legni fossili del Bolognese VII. 385. Legnite di Sarzanello IX. 215. Su cristalli giganti di gesso, e sull’ argilla che gl’ inviluppa I. 335. Metamorfismo del gesso laminare II. 122. Varia origine de’ gessi II. 136, VI. 113. Della terra interposta fra i cristalli del gesso VI. 113. Origine di varie roccie II. 111. 127, VI. 113. 499, VII. 27. Metamorfismo II. 111. 127, VI. 507. 523. 531, VII. 8. Origine delle Argille Scagliose VI. 499, VII. 27 — Sali efflorescenti nelle Argille di Bisano e di Paderno VI. 533. Delle materie cristallizzabili alcune tendono ad uscir fuori de’ minerali o delle roccie che sono ad esse matrici , al- tre ad internarsi e a formar nelle masse tanti centri di- versi cristallini e per lo più ad irradiarsi , ed altre man- cano di speciale tendenza VI. 549. Forme cristalline di zolfo delle miniere del Cesénate XI. 229. Pietrificazione degli organici VI. 475, VII. 363. 396. Materie disperse, e diffuse lontano da’ centri nelle antiche eruzioni VI. 544. Fuochi di Pietramala II. 297-300. Formazione delle acque minerali , e causa della temperatura delle termali III. 233. Materia concreta delle terme XI. 205. Se e quando il mare abbia occupato le pianure e le colline d’ Italia , Grecia ec. , e dell’ età delle marnes bleues I. 347, IV. 477. Modernità del Delta del Nilo I. 387. Se il protendimento delle spiagge adriatiche e la direzione delle foci dipendano dalla corrente littorale, o dalle bur- . rasche dominanti Vili. 485, XI. 119. Riflessioni sul moto ondoso del mare Vili. 490. IX. Geometria. Calcolo. Della Curva a tre centri I. 609. Sulla Correlazione delle Figure IV. 179. Di alcune Linee a data relazion di di- stanza con Linee e Punti dati 261. Problemi relativi 33 agli angoli fatti da’ Raggi Vettori sia colle Tangenti , sia fra loro 309. Sulla quadratura, rettificazione ec. d’ alcune Curve * la cui equazione non è facilmente risolubile per una delle coordinate 337. Introduzione ad una Teoria Geometrica delle Curve Piane XII. 305. Confronto del Calcolo delle Funzioni Derivate coi Calcolo Infinitesimale I. 93. Risposta ad obbiezioni contro il Cal- colo delle Derivate 297. Sulle Funzioni fattoriali 511. Considerazioni sui vantaggi del metodo d’ integrazione per serie infinite anche ne’ casi di nota integrazione finita, con esempi II. 417. Sulla separazione delle variabili IV. 329. X. Meccanica e Idraulica razionale e pratica. Ricerche sperimentali circa la pressione de’ corpi solidi nei casi in cui la misura di essa, secondo le analoghe teorie, si manifesta indeterminata ; e intorno alla relazione fra le pressioni e la elasticità de’ corpi medesimi I. 431. Riflessioni intorno la teorica delle Pressioni che un corpo o sistema di forma invariabile esercita contro appoggi rigidi ed irremovibili , dai quali è sostenuto in equili- brio IV. 109. Nuovo modo di trovar le equazioni del moto apparente di un punto libero riferito a tre assi or- togonali , rotanti con moto uniforme attorno ad un asse invariabile, per un osservatore che partecipa al movimento degli assi V. 84 ; applicazione al moto del Pendolo , avendo riguardo al moto della Terra 87. Determinazione analitica della rotazione de’ corpi liberi, secondo i con- cetti del Poinsot X. 583. Considerazioni sulle Generali Equazioni dell’ Idrodinamica, e sulle Applicazioni che se ne sono fatte finora I. 547. Sulle piene di Reno (di Bolo- gna) relativamente alla capacità dell’ alveo III. 211. Teori- ca della percossa idraulica 491. Effemeridi del Reno IV. 33. 139. Nuova applicazione della Ruota Idrofora, e forma più acconcia de’ tubi 81. Considerazioni sulle equa- zioni generali dell’ equilibrio dei fluidi VII. 63. Sul Reno co’ suoi influenti attuali e dopo gl’ influenti futuri; e sui 5 34 provvedimenti da prendersi 227. Sulla Corrente litorale dell’Adriatico Vili. 485, XI. 119. Sull’effetto del di- boscamento e dissodamento dei monti rispetto all’ altezza delle piene maggiori dei fiumi arginati X. 197. XI. Astronomia. Questione sullo spostamento de’ poli della Terra III. 126, X. 404. Moto della Terra dimostrato dal Pendolo V. 81. 96. Aeroliti VI. 100. Fenomeni Cometari spiegati X. 507. Straordinari Fenomeni osservati nelle occultazioni delle stelle sotto il disco della luna XI. 301. XII. Fisica. Meteorologia. Ottica. Indagini speciali sulle rapide variazioni che succedono nella Corrente Voltiana coll’ alternare gl’ intervalli d’ attività e di riposo della medesima I. 128. Mezzo semplicissimo per ostare ad esse variazioni , e per sostenere a lungo l’ intensità della Corrente, il quale consiste nel moto re- lativo del liquido e delle piastre metalliche 141. Della legge , secondo cui varia 1’ azione reciproca fra un ele- mento di corrente voltiana ed un ago magnetico, pel va- riare della loro distanza II. 423. Le correnti termo-elet- triche sfuggite al Volta per ispirito di teoria 437. Spie- gazione de’ fenomeni elettro-dinamici , ed elettro-magne- tici sperimentati da Davy ivi. Se 1’ elettrico , allo stato di corrente , si diriga e diffonda nell’ intera massa de’ con- duttori metallici 438. Considerazioni sull’ elettricità at- mosferica a ciel sereno , e sopra alcuni fenomeni che ne dipendono V. 121. Se, e come due correnti opposte pas- sino simultaneamente sul medesimo filo VI. 367. Causa delle correnti indotte ne’ circuiti metallici VII. 485. Elettro-Fisiologia IX. 3, XII. 32-36. Proprietà decompo- nente della corrente elettrica presa per fondamento d’ un nuovo processo per rendere grafici gli strumenti meteo- rologici IX. 154. Sulla Pausa elettrica 445. Identità di origine delle correnti d* induzione volta-elettrica ema- 35 gnetica X. 349. Osservazioni sulla Induzione elettrosta- tica X. 461, XI. 139. Declinazione magnetica assoluta di Bologna X. 477. Magnetismo polare di palazzi ed al- tri edifizi in Torino XII. 515. I mattoni ben cotti dan segni di magnetismo polare, e secondo il senso di loro disposizione nella fornace 530. Rapporti fra la Meteorologia e la Medicina V. 135 , VII. 46. Udometrografo, e strumenti metrografici in genere V. 445. Aeroliti VI. 89. Condizioni meteorologiche della città di Bologna nel quadriennio 1851-1854, e Quadro compa- rativo VII. 57. Notizie sul Clima di Bologna dedotte dalle osservazioni meteorologiche fatte nel quarantacinquen- nio 1814-1858 nella Specola VII. 413, XI. 421. Meteo- rologia di Porretta Vili. 119. Sulla Rugiada XI. 407. Delle influenze lunari sull’ atmosfera XII. 473. Considerazioni intorno gli effetti prodotti dal calorico sugli specchi dei telescopi II. 43*9. Sul problema catottrico di Alhazen IV. 315. Punto d’una linea data nel quale riesce massima la distanza apparente di due dati oggetti 327. Sul- 1’ accomodamento dell’ occhio umano per la visione di- stinta alle diverse distanze Vili. 355. Sulla irradiazione oculare IX. 513. Valore della gravità per Bologna V. 97. Sui cangiamenti di forma di apparente plasticità del ghiac- cio XII. 547. XIII. Chimica e Sue Applicazioni . Analisi di sostanze alimentari I. 658, II. 577; di sostanze medicamentose o velenose III. 455 , V. 59 ; di terre e roccie del Bolognese I. 340, II. 117. 119. 133, VI. 115. 504-506. 529. 541 ; di carboni di terra e legni pietrificati del Bolognese I. 243, VII. 401; de’ princi- pii aeriformi delle Tenne Porrettane istituita dal cel. Galvani III. 61; della termale di Acquasanta 220; di acque per bagni in Bologna V. 223; di Uno degli aero- liti caduti presso Macerata VI. 89. Osservazioni e sperienze sulla pietrificazione VI. 475 , VII. 363 ; sull’ efflorescenza VI. 547. 36 Esame chimico di macchie particolari di apparenza sangui- gna, e delle macchie in generale prodotte da vero san- gue Vili. 273. Composizione di uno smalto per vasi e stoviglie da cuci- na , ed esame di materie per ceramica nel Bolognese IX. 417. Analisi degli escrementi deir Uromastyx spinipes ( celebre cosmetico ) , donde si trae conferma de’ rapporti fra il modo d’ alimentazione , la nutrizione e gli escrementi XII. 437. XIV. Agraria. Sericoltura. Come debba insegnarsi l’Agraria I. 279. Cautele da aversi nell’ applicarvi le scienze 463. Cenni storici intorno alla coltivazione della Canapa 259. Sulla coltivazione dell’ Ulivo 401. 414. Sul Muscino del Frumento II. 189. Sui vizi de’ Vini 479. Cenni di confronto intorno alle qualità economico-agrarie delle Piante tigliose III. 193. Se la moltiplicazione per gemme delle piante sel- vatiche possa produr piante molto produttive e di buo- na qualità 261. Notizie sulle coltivazioni africane III. 262, IV. 535, VI. 468. Coltivazione del Melogranato presso gli antichi Vili. 225. Risaie IX. 305. Malattie e danni che soffre il Pero nella provincia bolognese X. 377. Malattie della Canepa XII. 289. Coltivazione del Baco nel Bolognese VII. 85. Se dalla for- ma del follicello si riconosca il sesso, e se i doppioni contengano maschio e femmina 97. Atrofia contagiosa del medesimo Vili. 141. XV. Storia delle Scienze. Biografie. Elogio storico del Galeazzi I. 1. Malpighi scopre il pro- tuberare dei rami arteriosi entro i venosi nella milza 565. Elogio storico dei Beccari 637. 684, del Tacconi II. 207, del Laurenti III. 37, di Cesare Marsili 113, di Giacinto Vogli 375 , di G. B. Magistrini 477. No- tizie relative al Galvani IV. 171. Elogio storico di G. 37 Venturoli 199, del Ranzani 225, del Balbi 365. Mal- pighi scopre la struttura delle piante monocotiledonali Ìli. Elogio storico del Valorani V. 101, del Mezzofan- ti 169. 179, del Molinelli 337 , di F. M. Bibiena VI. 239 , di E. Lelli VII. 157, de’ Conjugi Manzolini Vili. 3, del Galli 423. Discorso sopra N. Gontarini IX.. 175. Elogio storico del Menghini 455, di M. Medici X. 109. Sopra alcuni autografi del Galvani ultimamente rinve- nuti XII. 21. Lodi di M. Venturoli 220. XVI. Varietà. Ricerche di Filologia Sacra Vili. 225, X. 27, XI. 189, XII. 223. Sulla Via consolare da Pisa a Luni condotta da Emilio Scauro VI. 457. Descrizione della Grotta detta il Bagno di Acquasanta III. 217. Destinazione della Grande Piramide di Egitto X. 391. Qual fosse V opinione di DANTE sulla luce delle fisse IX. 207. Ammetteva creato il Mondo in primavera XI. 386. Conosceva la precessione determinata da Ipparco 388. 39 • ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE i. De Bononiensi Scientiarum et Artium Instituto atque Academia Commenta- rti. Tomi 7 io 10 Volumi. Bologna 1731-1791. II Tomo I fu ristam- pato nel 1748 con lievissime variazioni. IL Novi Commentarti. Tom. I-X. Bologna 1834-1849. III. Memorie. Tom. I-XII. Bologna 1850-1861. IV. Memorie. Serie II. Tom. 1. II , e fase. l.° 2.° e 3.° del Tom. 111. Bolo- gna 1862-1864. \. Rendiconti delle Sessioni. Dal 1829 al 1837 furono inseriti nel Ballettino delle Scienze Mediche; dal 1837 al 1854 nei Nuovi Annali delle Scien- ze Naturali; dal 1854 al 1864 si sono stampati separatamente. VI. Opere edite ed inedite del Professore Luigi Galvani. Bologna 1841. VII. Aggiunta alla Collezione delle Opere del Professore Luigi Galvani. Bo- logna 1842. Vili. Universalità dei mezzi di previdenza, difesa, e salvezza per le cala- mità degl’incendi; Opera premiata in concorso, scritta da Francesco Del Giudice. Bologna 1848. IX. Della InstituzioDe de’ Pompieri per grandi città e terre minori di qualunque Stato, Libri tre; Opera premiata in concorso, e scritta dal Cav. Fran- cesco del Giudice. Bologna 1852. L’ Opera di Geminiano Grimelli sul Galvanismo, pure premiata in concorso, fu inserita nel Tomo X de’ Novi Commentarti; e l’altra di Antonio Cima nel Tomo IX delle Memorie. Varie Memorie furono inserite per intero ne’ Rendiconti delle Sessioni, p. e. di Quirigo Filopanti Degli mi idraulici della tela; di Filippo Pacini Sopra V organo elettrico del Siluro ec. ; di Paolo Predieri Ricerche fisio- logiche sulla mortalità di Bologna ec. ; di Gian-Giuseppe Bianconi La Teoria dell’ Uomo Scimmia esaminata sotto il rapporto delV organiz- zazione. Altre furono dagli Accademici pubblicate a parte, o inserite nel Bullettino delle Scienze Mediche , negli Annali delle Scienze Naturali , in ajtri pe- riodici. Così il Morgagni pubblicò a parte gli Adversaria Anatomica Pri- ma che avea letto in una sessione solenne dell’ Accademia. IO Pel tempo che P Accademia si ritenne fusa nell’ Istituto Nazionale Italiano ( 1804-1810 ), i lavori degli Accademici £)no a cercarsi ne’ 6 Volumi di Memorie pubblicati da esso Istituto in Bologna dal 1806 al 1813 : e le Me- morie lette alla Sezione Bolognese del Heale Istituto Italiano (1812-1829) sono inserite in gran parte negli Opuscoli Scientifici e negli Opuscoli Let- terarii, Bologna 1817-1823. Le Memorie delV Istituto Nazionale Italiano si trovano in numero presso l’Accademia; non così gli antichi Commentarti , i quali debbon cercar- si presso i Librai così detti Antiquarii ( Guidi , Ramazzotti , Romagnoli ed altri ).