Fascicolo LXXXIX. È BOLLETTINO DELLE SEDUTE ACCADEM I A GIOEMA DI SCIENZE NATURALI IN CATANIA; resoconto delle sedute ordinarie e straordinarie e sunto delle memorie in esse presentate. CATANIA TIPOGRAFIA DI c. «4LÌTOI.A • Sot.Garaen 1908 ’ INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCI CÒL O Rendiconti Accademici Aprile 1906. Fascicolo LXXXIX. DI SCIENZE N^TTJB ALI I2ST Seduta del 26 Aprile 1906. Presidente — Prof. A. Piccò Segretario — Prof. A. Russo Sono presenti i Soci Ricco, Pennacchietfci, Pieri, Staderiui, Ferrando, Russo, vari soci corrispondenti e numeroso pubblico. Dichiarata aperta P adunanza viene letto ed approvato d Processo verbale della seduta precedente ; quindi si passa allo Volgimento dell’ órdine del giorno, che reca le seguenti comuni- cazioni : Prof - A. Riocò — Risultati delle misure delle fotografo del- ? *cli»<,e parziale <„ Catania. Pr »£ A. Biccò e D.r Oavasino — Disertazioni meteoriche hi 1905 fatte alV Osservatorio di Catania. Pr °f. A. Russo — Differenti stati dei corpi cromatici nelVoo - Pk * ma hi Mammiferi e loro riproduzione sperimentale - (2» Nota Preliminare). Prof. G. Pennaoohietti — Sul moto di rotolamento. Prof. G. Lopriore — Note sulla biologia dei processi di rige- 1 azione delle Cormofite , determinati da cause traumatiche. Pr <* A. Bemporad - Introduzione di argomenti discendenti » tavol « ^aritmiche , di moltiplicazione e simili. (Presentata dal P '*Me»te Prof . A . Biecò). — 2 — Prof. R. De LudA — Nuovi tentativi di siero-terapia nella leb- bra. (Presentata dal Segretario Prof. A. Russo). D.r S.' Calandrucjcio — Ulteriori ricerche sulla Taenia nana, (presentata dal Segretario Prof. A. Russo). D.r S. Comes e D.r G. Polara — Sopra un mostro doppio di Sus scrofa ( Sicefalo-SinotoJ . (Presentata dal Segretario Prof. A. Russo). D.r G. Ponte — Sulla cenere vulcanica emessa dal cratere dell’ Etna la sera del 5 gennaio 1906. (Presentata dal Socio Prof. L. Bucca). D.r S. Se alia — Sopra alcune singolari formazioni montuose del Messico. (Presentata dal socio Prof. L. Bucca). In fine di seduta il Presidente Prof. Ricco, in nome della Società degli Spettroscopisti Italiani, fa dono all’ Accademia del Voi. XXXIV delle Memorie della Società degli Spettroscopisti ita- liani fondata dal Prof. Tacchini. L’Accademia vivamente ringrazia il Prof. Ricco per il pregevole dono. In seguito viene tolta la seduta. A. Riccò- RISULTATI DELLE MISURE DELLE FOTO- GRAFIE DELL’ ECLISSE PARZIALE IN CATANIA AL 30 AGOSTO 1905. In occasione della Eclisse del 30 Agosto 1905 vennero ese- guite nell’Osservatorio Astrotìsico varie fotografie delle fasi, » 0 equatoriale fotografico, per parte dei Sigg. Mazzarella e Taftara, e al Coronografo Huggius per parte dei Sigg. Bemporad e La- vasino. Mentre la prima serie di fotografie era specialmente desti^ nata alla misura della grandezza delle fasi a vari istanti, la conda serie aveva per scopo principale di vedere, se riuscire la fotografia della corona anche in una eclisse parai — 3 — Siccome però queste ultime fotografie riuscirono molto nitide, ed auche per queste vennero notati esattamente i tempi di posa, così si utilizzarono esse pure per le misure della fase. Vennero sottoposte alle misure è ai successivi calcoli di riduzione tre lastre di ciascuna serie. I valori ottenuti per la grandezza delle fasi e per la distanza dei centri del Sole e della Luna, concordano con quelli che si ricavano dagli annuari astro- nomici, a meno di piccole differenze, che potrebbero venir elimi- nate da una correzione di circa mezzo secondo in tempo nell’A. R. della Luna. Gli effettivi valori numerici ottenuti, sono i seguenti: A. Russo — DIFFERENTI STATI DEI CORPI CROMATI- CI NELL’ OOPLASMA DEI MAMMIFERI E LORO RIPRODU- ZIONE SPERIMENTALE — (2* Nota prel.) In questa uota, che fa seguito ad una mia precedente (1), v >ene dimostrato che nelle Coniglie, e verosimilmente in altri Mammiferi, si possono distinguere, per i caratteri della zona pel- lucida e degli inclusi del vitello, due sorta di ova, dipendenti da 011 Particolare metabolismo, che si possono artificialmente ripro- porre i caratteri di talune fra esse e quindi modificare l’elemento germinale e la via germinale. 4 — Lo studio approfondito su tale argomento e specialmente i risultati sperimentali ci conducono innanzi tutto, come sarà me- glio discusso in seguito, a metterci in sospetto contro tutte quelle formazioni, elle vanno sotto il nome di Nuclei-vitellini , Dotterkern lolk-nucleus etc. qualmente furono descritti nelle ova di moltis- simi animali. Le formazioni, di cui è fatta parola in questo scritto, si avvicinano di più a ciò che fu desritto da parecchi osservatori, come Benda (1), Meves (2), Henschen (3) e specialmente in varie pubblicazioni dal Van der Stricht (4) e dai suoi allievi (F. d’ Hol- lander, H. Lams, B. de Somer) con il nome di mitocondri, con- driomiti o pseudocromosomi. La riproduzione sperimentale di tali corpi, mentre ci fa ad essi assegnare un’origine ben diversa da quella data dagli autori, potrebbe d’ altra parte indurre a credere che si tratti di uua degenerazione delle ova, dovuta al trattamento a cui furono as- soggettate le Coniglie. Però, mi preme far subito osservare che miste* - Montpellier. 1903. - La conche vitellogéne et les mitochondries <•* geliseli, in Jena 1904. - La atructure de Voeuf dee Manmiferes-l P ti„ - Areh. d. Biologie T. 21 tM4. - La stradare de Iota/ dei Mammifera to'ua&Z IV «rie, T. Xix 1905- 5 — — 6 - sono disposti alla periferia del vitello al di sotto della zona, mentre alcuni sono ancora nell’ interno della zona stessa , il che dimostra che 1’ ovo cresce e si arricchisce di sostanze plastiche per materiali, che provengono dall’ esterno. In alcune ova quasi mature si osserva inoltre che la zona, in un segmento corrispon- dente per lo più ad un polo del disco ooforo, è molto più spessa ed intensamente colorata per accumulo di materiali , ed in tale punto il vitello si mostra ricco di globuli di varie grandezze, alcuni molto grossi ed allungati, mentre il resto ne è privo. Io non ho mai osservato che i detti inclusi si trovino accumulati attorno alla vescicola germinativa, qualmente venne raffigurato dal Limou (1) nel Coniglio, nè credo che essi abbiano rapporto con la stessa vescicola, secondo l’osservazione di Mertens (2), il quale nei Mammiferi e negli Uccelli descrisse elementi vitellogeni di origiue nucleare , nè credo inoltre che i corpi cromatici siano in relazione con la presenza di un nucleo vitellino formanti insie- me uno strato vitellogeno , che nella crescita dell’ oocite disgregan- dosi costituiscono i mitocondri secondo van der Stricht (3). Cristalloidi — Fra i corpi sopra descritti alcuni sono di forma allungata con facce laterali quasi parallele e terminali arroton- date, simili ai cristalloidi descritti in varie cellule animali, come dal Prenant (4) che li osservò nella gianduia Umica del Cama- leonte e nel nucleo delle cellule del simpatico del Riccio, dal Reiuke (5) nelle cellule interstiziali del testicolo, dal Van Bam- (l) Lim M. — Crìslallfndes dans Voeuf de Lepua cuti nification du corps (2) Mertens — Becherchea i duna Vovtde dea Mammifera et d (3) Fan der Stricht — cfr. sup, (4) Prenant A. - Notea eytologiquea : — I. Criatalloidea duna la thimique du Caméléon. ~ III. Criatalloidea intranucléairea dea cellulea i aympathiquea chez lea Mammifbea — Arch. d’ Anat. mier. 1897. (5) Reinke F . — Beitràge zur Hiatologie dea Menachen. Ueber CryataUo gen in den interetitiellen Zellen dea menachlichen Hoden. Arch. f. Mito XLVII. — 1895. 8 — Difatti, con la miscela Biondi i nuclei cellulari si colorano iu dei Nucleo -proleidi, è probabile che debbano appartenere alle . 12 -- animali inferiori. Dal complesso delle osservazioni fatte intorno al nucleo vi- 13 — lf La distinzione, fatta dal Mertens (1) nelle ova di gatta neo- nata e poi seguita da altri, io penso che debba essere corretta nel senso sopra espresso. Riservandomi di ritornare nel lavoro completo sui problemi sopra enunciati per ora credo si possa ritenere, specialmente ili base ai dati sperimentali, che i materiali (corpi cromatici) che si rinvengono nell* uovo e lo differenziano dagli altri elementi del- l’organismo animale, provengano dall’esterno e siano ben distinti dal corpo vitellino , che è legato al metabolismo speciale dell’uovo- cellula. Tale constatazione, che nelle forme inferiori è molto più chiara, in quanto che spesso nelle gonadi si differenziano cospicui elementi glaudulari, destinati a produrre materiali nutritici, che evidentissimamente penetrano nel vitello, come, per citare un caso direttamente osservato, in Phyllophoru 8 urna, (2) nelle forme superiori, come i Mammiferi, è meno apprezzabile. Però, le mie os- servazioni sulla natura e funzione della zona pellucida, i rapporti dimostrati tra i materiali, che in essa si raccolgono ed i globuli del vitello e più di tutto l’aumento di tali globuli e la loro pre- senza in tutte le ova delle Coniglie, che han subito il trattamen- to da me proposto, fanno ritenere che essi siano materiali elabo- ri all’esterno, che giungono in massima all’ovaia col sangue ed al, ’ ovo per mezzo delle cellule follicolari. A - Bemporad — INTRODUZIONE DI ARGOMENTI DI- SCENDENTI NELLE TAVOLE LOGARITMICHE, DI MOLTI- PLICAZIONE E SIMILI. Le ordinarie tavole logaritmiche e di moltiplicazione, dispo- ste a doppia entrata, come quelle di Bremiker, Becker, Creile etc., — 14 — sono suscettibili di una leggerissima modificazione, assai utile in molti casi pratici, la quale consisterebbe semplicemente nell’ ag- giungere a destra di ogni pagina una colonna di argomenti di- scendenti eguali al complemento degli argomenti ascendenti, ovvero a questo diminuito di> 1 (1). Questa disposizione, del tutto analoga a quella ben uota delle tavole logaritmico-trigonometriche, permette di ottenere a vista log (1 — #), avendo la x (ovvero 1 — M . N, avendo M ed N) e risparmia quindi l’operazione del complemento, operazione semplicissima in sè, ma che pure richiede del tempo, quando capiti di doverla ripetere migliaia di volte, come spesso accade in pratica. Come esempio, del resto quasi superfluo, comunico le prime e le ultime righe di una pagina dei logaritmi dei numeri a 5 cifre, secondo la uuova disposizione. — 15 simile innovazione, che riesce singolarmente utile (come caso particolarissimo) nella conversione delle coordinate rettilinee T della fotografia celeste in coordinate astronomiche &. Qui si tratta infatti di trasformare il valore Y (misurato iu min.) in 8 = ^0 + ( X. 60)" (\ essendo la declinazione del centro della lastra ) , e conviene quindi , secondochè Y è positivo o negativo, convertire in secondo d’arco la parte decimale della Y, ovvero il complemento di questa. Ma la formazione del complemento si può risparmiare, se si ricorre alla disposizione da noi accennata. Qualsiasi tavola numerica infine, nella quale capiti di dover adoperare, oltre ai numeri JV, che costituiscono l’argomento prin- cipale della tavola, anche i numeri 1 — N, o più in generale v— N, potrà venire utilmente corredata di argomenti discendenti. Così per i calcoli, che più davvicino interessano il nostro Osservatorio (calcolo delle a, 5 dalle coordinate rettilinee X, Y delle lastre fotografiche) trovammo utilissimo introdurre nelle nuove tavole da noi costruite, secondo le formole del Chiar. mo Dott. Gemili ( 1), argomenti ascendenti e discendenti. d -R S. Càlandruccio— ULTERIORI RICERCHE SULLA TAR- SIA NANA. La Taenia nana, come dimostrai (2) e come altri autori con- fermarono è molto comune nella provincia di Catania. Lo sviluppo, come io per il primo dimostrai sperimentalmeute sull’uomo, avviene direttamente, cioè senza ospite intermedio (3). Questo ciclo vieue considerato quale una eccezione alla legge V ‘ Nuove tavole per la trasformazione delle coordinate equatoriali 8 ° e ' degli Spettroscopisti ital. Voi. XXXIV (1905) pag. 166. (2) Animali parassiti in Sicilia. Atti dell’ Accademia Gioeuia in Catania — AnU0 LXVI-1889-90 Serie quarta _ Voi. II. (3) Nello stesso lavoro citato a pag. 127, parlaudo del ciclo evolutivo della • nana io dico : « Ad un ragazzino di sette anni, che non albergava nel suo intestino alcuna tenia nana come ci risultò da ripetuti esami, demmo Piucarico tenia nana, punto al- 80011 trai più o meno numerose le uova < terate e in buonissima condizione. à Negli ulteriori esperi menti, che furono trenta, dopo di aver fatto stare a contatto le mosche con le feci infette, tolsi le feci e posi invece di esse dei quadretti di zucchero ed esaminai quin- di le feci che depositavano nei quadretti di zucchero. Questo esame veniva fatto dopo quattro ore che avevo rimosso dalle moschiere i piattelli, lasciando sempre imprigiouate le mosche. L’esame microscopico di ogni dejezione fecale mi fece rilevare m ciascuna di esse due o tre uova punto intaccate dai succhi intestinali, ed una volta, con molta mia sorpresa, trovai l’onco- sfera mobile entro il guscio dell’uovo, mentre in migliaia di pre- parati di feci fresche dell’uomo contenenti uova di tenia nana, non souo mai riuscito a vedere muovere 1’ embrione esacanto. Questo fatto mi eccitò molto e pensai di fare una esperien- za sull’uomo sano, immune di parassiti. Esaminai per parecchi giorni le mie.feci e costatai che, salvo qualche rarissimo uovo di Tricocefalo dispar, non contenevano alcun altro uoyo di parassita. Esaminai pure numerose volte Per otto giorni consecutivi, le feci della mia bambina, che allora contava appena sette anni d’ età, e nulla ebbi a riscontrare in Il venti agosto del 1903, verso le undici di mattina cinque quadretti di zucchero coperte di macchioline fecali delle mosche dei precedenti esperimenti vennero mangiate dalla mia bambiua e altrettante da me. Lo stesso fu ripetuto il 21, il 22, il 24, il 25, il 26 e il 27 agosto successivo. Per evitare il dubbio che l’infezione potesse veuire per altra via tanto io come la mia bambiua per venti gior- ni cangiammo sempre cibi cotti e bevemmo acqua bollita. Dal 29 agosto in poi giornalmente esaminavo al microscopio le mie feci come pure quelle della mia bambina. Con mia sor- presa, il i6 settembre cominciai a riscontrare nelle feci della mia bambina poche uova di tenia nana. Le uova nelle feci aumentarono fino al ventisettesimo giorno. — 18 — — 19 — Da queste ultime mie ricerche, debbo confessare essermi ri- saltato che tanto io come gli altri autori abbiamo molto esage- rato questi fenomeni che credemmo potere attribuire del tutto a tale parassita, poiché in generale esso' produce soltanto pochi di- sturbi, sicché V ospitatore può dirsi quasi del tutto sano. Individui epilettici hanno, è vero, albergato nei loro intestini uumerose tenie nane, a cui dapprima si era data la colpa degli accessi epilettici, ma allorquando souo state espulse le tenie, gli accessi epilettici non sempre diminuirono o scomparvero. Ho conosciuto anche individui che hanno albergato per ben tire alcun disturbo. Dopo questo lasso di tempo le uova nelle feci poco a poco sudarono diminuendo per scomparire in seguito interamente. ka mia bambina ora conta otto anni e dieci mesi, ed è mol- 10 «veglia, loolto ben nutrita, pesando chilogrammi quarantatre e tuttavia alberga nel suo intestino numerose tenie nane, non risentendone alcun disturbo. Ciò dimostra che questo parassita si è molto bene adattato a N’ ospitatore, al quale produce piccolo nocumento e infine dopo mi certo tempo (sei anni in due iudividui) scomparisce o viene, «^minato spontaneamente. °K. G. Ponte — SULLA CENERE EMESSA DALL’ETNA hA 8EiìA DEL 5 GENNAIO 1906. Ija »era del 5 Genuaio u. 8., come annunziò il Prof. Riccò “ella precedente seduta di questa Accademia, 1’ Etna emise un oovolo di cenere, che spinto dai venti del nord si riversò su la Parte meridionale del vulcano coprendo di un manto grigio scuro e uevi che rivestivano il cratere centrale e la Montagnola. Q ue * 8ta Ce,lere arrivò a Nicolosi, a Mascalucia e fino a Catania. Qualcuno asserisce di aver veduto quella sera dei bagliori al 20 — sommo del cratere; probabilmente trattavasi del riflesso di lave incandescenti sul nuvolo di cenere. Oggetto della presente nota è" lo studio microscopico e chi- mico della cenere sudetta caduta sulle cupole dell’ Osservatorio di Catania e gentilmente fornitami dal Prof. Ricco , e a Masca- lcia, raccolta su foglie di palme dal Dr. S. Scalia. La cenere in esame è di colore grigio chiaro. Lavata ed iso- lata dalla polvere estremamente impalpabile, lascia distinguere ad occhio nudo dei granuli di colore diverso: nero, rossastro e bianco sporco. I granuli neri sono attratti dalla calamita assai più facil- mente di quelli chiari. La cenere calcinata diventa rossa; al cannello scricchiola svolgendo dei gas acidi riconoscibili dall’arrossimento della carta di tornasole inumidita; fonde facilmente in una massa vetrosa di color nero. Osservata al microscopio la cenere risulta costituita dai se- guenti elementi : Granuli di feldspato plagioclase , riconoscibili dalla gemina zione polisintetica , ripieni completamente d’ inclusioni vetrose e di magnetite; qualche frammento meno* ricco d’ inclusioni presenta fra le lamelle di geminazione interposto un sottile straterello for mato di granuli di magnetite. In minore quantità cristallini o frammenti di cristalli di Au- gite di colore verde bottiglia, con qualche inclusione vetrosa e di magnetite. Granuli di magnetite , assai abbondanti , che a luce riflessa presentano uno splendore metallico ed un colore nero bluastro. Sottili scagliette di ematite di color rosso sangue: qualcuna presenta il contorno esagonale ben definito. Granuli di pirite un po’ rari, distinguibili a luce riflessa colore giallo d’ottone e per lo splendore metallico. Per maggior® sicurezza si è liberata la sezione sottile dal balsamo di Cana a ifitòil' iilf li! - ivo ii iiQ ino v 5 5 S I ' S S - 25 Dopo la disgregazione con i carbonati alcalini , pulito e ri- scaldato il crogiuolo di platino, si è riscontrato un leggero an- nerimento sulle pareti interne , dovuto alle tracce di pirite che la cenere conteneva: il ferro rimasto libero per riduzione del solfuro , entrò in lega col platino ed in seguito si ossidò anne- rendo il crogiuolo. Lavando con HC1 e riscaldando ripetutamente si è potuta allontanare la sottile patina di annerimento. L’ analisi controllo del Ti 0 2 è stata fatta col metodo colo- rimetrico (1). Gli alcali sono stati determinati col metodo di I. Lawrence Smith e controllate con quello di Berzelius; la soluzione alcoolica del Na 2 PtCl K evaporata e provata spettroscopicamente ha dato la riga del litio assai distinta. L’ossido ferroso fu determinato col metodo di Oooke (2) e Pebal-Dòlter. Lo zolfo che trovavasi nella cenere allo stato di solfato e sol- furo è stato prima determinato nei solfati solubili nell’acido clo- ridrico e poi nei solfuri insolubili, disgregandoli per fusione con carbonato di soda e salnitro. Poiché il cloro trovavasi in minima proporzione, il P recl P 1 2 3 ' tato di cloruro d’ argento non è stato filtrato nel crogit»ol° di Gooch (3), ma in un filtro di carta, che bruciata su di un filo di platino tarato ha permesso di pesare 1’ argento metallico legato col platino. Il vanadio ed il cromo sono stati ricercati insieme: il P rl,n0 per via volumetrica ed il cromo col metodo colori metrico indica dall’ Hillebrand. Trattata la cenere con HC1 i granuli di magnetite si 801,0 (1) Hillebrand - Zschimmer Analyse d. Silicatgeiiteine. Leipzig» l 8 (2) I. P. COOKJC, Am. Jonr. Se. 2d ser. Voi. XLIV p»g- 347, l» 67 ’ (3) Ani. Chem. Jour. I p» g . 319 ; 1879-80. 23 — disciolti e la soluzione cloridrica analizzata ha. mostrato la pre- senza del titanio, del fosforo e del vanadio $ la maguetite è quindi titanifera. La presenza del cloro, degli alcali, dell’ alluminio e dello zolfo fra le sostanze solubili nell’ acqua, fanno ritenere che gli alcali si trovano allo stato di cloruri, l’ alluminio allo stato di Il peso specifico venne determinato col metodo del picnometro. Confrontando la cenere emessa dal cratere centrale dell’Etna la sera del 5 Gennaio u. s. con alcune ceneri studiate di precedenti eruzioni, ne risulta una rimarchevole differenza per la rilevante quantità di solfuri, solfati e cloruri che in essa si trovano. Tali prodotti che accompagnano la cenere, sono stati osservati in forma cristallina macroscopica dal Waltershausen e più recentemente dal Prof. S. Consiglio Ponte (1) su bocchi eruttati dal cratere centrale dell’ Etna. La presenza di essi ci autorizza a credere che la cenere da «oi esaminata proviene da materiali delle pareti interne del cono craterico, i quali col loro franamento avevano in parte ostruito 11 cmiìì0 eruttivo e che furono polverizzati dalla forte tensione ei vapori che finirono col soffiarli ali’ esterno, come avvenne con Maggiore violenza il giorno dell? 8 Aprile u. s., durante il quale dal sommo del Vesuvio un pino enorme di vapori e di cenere, Prodotti dal franamento del cono eruttivo, si elevò sino a 7000 metrl di altezza (2). ^ (1) Prof. S. Consiglio Pontb - Studio mineralogico dei blocchi eruttati dal W're centrale nell’ eruzione dell’ Etna del 1879. Fase. LXXVI Marzo 1903. v — 24 — ELENCO DELLE PUBBLIC&ZIONI pervenute in cambio e in dono, presentate nella seduta del 26 aprile 1906 ITALIA Catania Firenze - - Soc. med.-chir. 6 Se. med. — Boll. ■ Rassegna internazionale della medi Società degli Spettroscopisti italian R. Acc. econ.-agraria dei Georgofil . med. — 1906, 2-3. mod. — 1906, 3-5. Meni. — 1905. , II, ! id. - Miiieo — - Serie V, Voi. HI, 1. iiitotnol. ital. — Bull. — Anno XXXVII, Trina. I. jc. medica — Boll. — 1905, 4. Peloritana — Atti — Voi. XX, 2. . lomb. di se. e lett. — Mem.— Serie III, Voi. XI, 7-8. . _ T i Voi. XXXVIII, 19-20. — Bend. — Sene li j Vol X XXIX, 1-6. — Aiti Fond. Cagnola — Voi. XX. . di st. nat. — Atti - Voi. XLIV, 4. Soc. ital. di se. nat. « Luce e Ombra » — 1906, 3-4. Osservat. meteor.-geodin. « Guzzauti » - Boll. — Ani — « La Nnova Notarisia » — 1906, Aprile. - Le Staz. sperim. agrarie ita!. - Voi. XXXVIII, 9. Anno I, 8-12. — Nuova Serie, I, 21-35. nt. — Serie V, — Serie 1 med.-chirurg. — Boll. — 1905, 5. tee. dei Lincei — Mem. Cl. se. fi», mot. , Voi. XV, ,m., 3-6. gi , mor% 8t.fil .-~ Serie V, Voi. XIV, 9-10. Anno XXXI, 7-8. Atti - Anno LVIII, 8 — Anno LIX, »© s . Mem. - Voi. XXIII. II-VII. — 25 — Aguascalientes — E1 Instrnctor. — Anno XXII, 9-10. Barcellona — Institució Catalana d’ hi storia naturai— Bw«I.-1905, 9. — 1606* 1-2. Basel — Naturf. Gesell. — VerhantU. — Voi. XVIII, 1. Bruxelles - Aca eccessivamente alti (ttn di 12 piani I) ed in quelli costrmti (1) Le abbiamo tratte specialmente da: thè -Velar. Voi. M, ‘ 178 ! La Nature 34e Anuée, N. 1722, pag. 407 ; Monte»*»» De Bai fremblements de terre, pae. 404. — 6 — sul terreno basso con cattivo fondo; gli effetti disastrosi del terremoto si estesero solo ad una sottile striscia, che va da S. Uosa a Salinas, presso la baia Mouterey, cioè circa per 300 km. da nord a sud di San Francisco ; sembra che il massimo d’ intensità sia stato nella valle di Palo Alto, a sud di San Francisco ; l’Uni- versità di California a Berkeley non ha sofferto molto ; San José è stato parzialmente rovinato ; a Sacramento la scossa fu forte, ma non cagionò danni ; i grandi Osservatorii di Monte Hamilton e di Monte Wilson fortunatamente non sono stati danneggiati. Il terremoto di San Francisco non è affatto vulcanico : esi- stono bensì in California dei vulcani, ma lontani centinaia di chi- lometri da San Francisco, ed estinti da secoli. La causa di questo terribile movimento tellurico risiede nella costituzioue geologica della California : in essa vi sono corrugamenti della scorza ter- restre che non hanno ancora conseguita una sufficiente stabilità; la Sierra Nevada e la Coast Rango sono spesso scosse da terre- moti : nel 1872 ve ne fu uno violentissimo per cui si produsse una frattura del suolo, o faglia, con 6 m. di dislivello. La penisola di San Francisco poi, presenta parecchie grandi fratture, o faglie, di cui le principali e meglio determinate sono quelle di San Bruno, di Saut’Andrea e di Filarcito. Il fondo dell’ oceano Pacifico a poca distanza dalla costa presenta una bru- sca discesa fino a 4000 m. Tutto ciò indica una notevole instabilità del suolo la quale spiega la frequenza e la violenza dei terremoti in questa regione. Il catalogo del prof. Holden assegna 254 scosse nel territorio di San Francisco, verificatesi dal 1850 al 1886 ; nel XIX secolo vi sono state 10 scosse forti, e nel 1868 una parte della città fu distrutta. Allora si discusse sull’ opportunità di continuare ad abitare una regione così tormentata, ma poi i timori ed i guai furono dimenticati, e la città risorse e si sviluppò grandemente, arricchendosi di grandiosi e di audacissimi fabbricati. - 7 — A. Bemporad. — SOPRA UNA NOTEVOLE RELAZIONE TRA I COEFFICIENTI BINOMIALI E LE POTENZE (»-»)*. Nella teoria della refrazione di Bessel capita *) di dover di- mostrare l’ identità e per questa (svolgendo in serie di potenze di a? il primo mem- bro) l’identità equivalente „« - n( n-l)n + («-2)« + « (— B*'* 1 - 1* = » 1 abbastanza interessante anche dal lato puramente matematico, perchè nou appaia del tutto superfluo l’ accennarne qui una breve dimostrazione. Questa identità rientra come caso particolare nel seguente: Teorema. U espressione <— >*+ G)(^—. •+(.-! « dove n e k denotano numeri interi e positivi, 1° è uguale a (— per fc — 0. 2° è nulla per 0 < k < n 3° è uguale a n ! per k = n. La prima proprietà (notissima) discende subito dallo svilup- P° di Newton per (1— x) n , facendo tendere * a zero. Per dimostrare le altre due proprietà ci serviremo del pro- cedimento detto da n ad »-j- 1, e cominceremo dallo stabilire una relazione ricorrente fra le F (n, k), nel modo che segue : and praticai Astronomi Pag- l64 ’ (Ed * — 8 — Può scriversi evidentemente 1 ). . . . (»— l)*-‘-h(2)(»— l) 1 * - ' —1) — +.*-■- (3 (-1)*- 1 .) — +«*-', ossia per la (4) F(n,k)=z F(n,k- \) + [ *■(., i-1) + (— 1J"- l*- 1 | + [ f(«, k-1) + (-!)'*-* (,lj) l*-‘ +••+(“) ] =.*■(., i-1) +(.-1) (-!)»-> (J.,) l»-' + (.-2)(-l)’>^(,l 2 ) 2 *' ,+ - + (*).(.-!)*-. H *M-i> + (.-y»-+,;. +( _i)«-»(;zJ) 2*-> + • Si ha quindi la relazione ricorrente F(n,k) — » j F(n, k-1) + F(n-1, k-1) J . Da questa, per la prima proprietà, segue subito , »>1 è F (n, 1) = o e più in generale (procedimento da n ad n-f 1) che se è F{n~ 1, *-l) = 0 (per n>k), è anche F (n y fc) =r 0 (seconda proprietà). Per le = n infine, applicando successivamente la ( B ) e la 86 conda proprietà già dimostrata, si ottiene F(n,n)=znin-l)(n-2) 2 . F (1, 1) .= * * che è la terza proprietà. (B) che per L’estensione del teorema a valori di *>» condirne ad espres- sioni via, via più complicate, .Così ad es. si trova, applicando la (£), e ricordando le note relazioni fra i coefficienti biiiomiali, * (»,»+!) = ul\^- F(n, n+2) = . «(«+!) (H-» * >are Adente, dalle precedenti considerazioni, l’attendibi- met °do nella ricerca microchimica del Fosforo, almeno per ,° cIie ^guarda i tessuti animali. Questa attendibilità aéqni- iufine un valore incontrastabile pel fatto che al metodo del Pollacci si può sostituire un altro metodo che, mentre è di si- curo un reattivo di sostanze che contengono Fosforo, ne controlla positivainenie i risultati anche nei più minuti particolari. Mi ri- ferisco al metodo Heidenhain all’ Ematossilina ferrica. Ohi ha, per caso, acquistata una sufficiente pratica nell’ uso di questo metodo, saprà benissimo che questo reattivo fa colorare iu un bel nero con sfumatura violetta le sostanze cromatiche del nucleo cellulare, (1) anzi tutti i citologi se ue sono preferi- bilmente serviti per lo studio del nucleo e delle sue parti. Tutto il resto della cellula conserva una tinta violetto-chiara ben di- stinguibile dalla precedente. Ora, in tutte le ovaie che vennero trattate col metodo su- detto, la cromatina vescicolare come i nuclei delle cellule folli- colari, connettivali eco. si coloravano in nero. In nero si colora- vano pure quelle particolari formazioni ovoplasmiche che vanno sotto il nome generico di corpi cromatici (cristalloidi, mitocondri, pseudocromosomi) salvo che in certi casi ben determinati per la condizione fisiologica dell'individuo. Per quanto concerne la zona pellucida ho notato gli stessi fatti osservati servendomi del reattivo molibdico. Cioè che la pellucida rimane sempre la meno colorata di tutte le altre parti dell’ uovo (precisamente offre una colorazio- ne grigio- giallastra) in alcune specie di Mammiferi ed appunto iu quelle in cui per la stessa il metodo Pollacci non dava 1» caratteristica colorazione azzurra (ovaie di topi). Che in altre specie ora si colorava ed ora no in follicoli della stessa ovaia e talora della medesima sezione, come il prof. Busso trovò nelle coniglie ed io nelle gatte, e ciò in rapporto allo stato fisiologico e nutritivo dello individuo. Questa colorazione era totale o parziale, a placche od a g ra * nuli , in modo però che anche qui si potesse notare un fondo grigio-giallastro , colorazione che la pellucida conservava , nella (1) Forse per la proprietà che han le nucleo-albumine di unirsi con composti minerali di ferro, come è V allume nel metodo in parola (Bottaz z, Chim. tisiol.)- F' — 20 — Basta ricordare che ci sono pellucide colorate intensamente in nero , pellucide assolutamente incolore e pellucide che mo- strano tutti i gradi dii colorazione fra questi due limiti estremi e ciò servendosi dello stesso reattivo. Evidentemente questo di- verso grado di colorazione non è attribuibile ad un potere fisico di fissazione col reattivo da parte del tessuto ma ad un potere chimico che muta mutando in ogni caso il ricambio dei materiali provenienti all’ uovo. Giacché si vede che essendosi solo modificato il chemismo dell’ ovaia, o per iniezioni di lecitina o per particolari condizioni nutritive, a queste modificazioni devesi la presenza di una ìéag- giore o minore quantità di sostanze fosforate. Con analoghe espe- rienze sul fegato si è dimostrato che quest’ organo, contenente una gran quantità di lecitina nel normale, può perderne o acqni- starne (Hefter). Donde la immediata conseguenza che le lecitine siano dei prodotti principali nell’ anabolismo cellulare. In tutto ciò che fu detto il metodo Heidenhain dà gli stessi risultati del metodo Pollacci, anzi di questo istologicamente ^paò considerarsi più esatto, perchè più nitida e marcata la colorazio- ne nera eh’ esso produce, e perchè talora può fornirci più sicure nozioni sulla presenza delle sostanze fosforate. Così nel nostro caso spesso la pellucida si mostra con un fondo grigio giallastro su cui stanno allogati tauti granuli disposti a corona di rosario. Ora questi granuli così colorati potrebbero anche farci entrare nel sospetto che si tratti di sostanze fosforate organiche e pre- cisamente di quella categoria di sostanze dette mieliniche (nuclei na, lecitina, colesterina, mielina, protagono) giacché è propria 1 esse questa forma granulosa detta appunto forma mieUnica- I due metodi infine controllandosi e sostituendosi a vicenda, mentre acquista nuova e più sicura conferma il metodo del Po lacci, quello dell’ Heidenhain può benissimo assurgere, come ben ebbe a dire il prof. Russo, a reattivo microchimico delle sostanze fosforate. Onde potessi meglio assicurarmi del valore assoluto dei ^due metodi citati sono ricorso, come ha fatto anche il Bertolo ( • c * 22 — Jourdan (1), che scoprì un reticolo nervoso sóttoepi teliate, che dà rami all’epitelio, nè infine lo stesso Hainaun (2), che dimostrò la continuazione delle fibrille nervose ^con le cellule di' senso della pelle, da lui scoperte e che ha contribuito alla conoscenza istologica dei vari pedicelli ambulacrali, fanno alcuna menzione di corpuscoli di senso nei loro lavori speciali. Forma dei corpuscoli sensitivi e tecnica adoperata per metterli in evidenza I corpuscoli, che hanno forma costantemente elissoidale e grandezza variabile dai 30 ai 40 jx. sono costituiti di una sostan- za formata da minutissime ed abbondanti granulazioni e limitata da una sottile membrana a contorno perfettamente regolare. Essi sono attraversati raedialmente da una fascia ordinariamente ret- tilinea, che dall’ una estremità si estende fino all’ estremità op- posta, alla quale essa si termina. Iu alcuni casi ho potuto notare che la fascetta mediana si termi- na nelPinterno del corpuscolo mediante un rigonfiamento a bastonci- no, chiaro alla suà parte centrale, più oscuro lungo i bordi, (f. 1) Talvolta invece la fascia si divide nell’ interno del corpuscolo in due o tre rami laterali, ognuno dei quali attraversa tutto lo spessore del corpuscolo stesso, alla periferia del quale si termi- na ( f. 2 ). (1) Joordan M. FjT.—Recherehes sur V Histologie àes Holothuries. Annali dn musèo d’Histoire Natnrelte do Mnrsei He. Zoologie T. I Marseille l*»-' ^ (2) ET am ann. Ott. — Beitrage zur Histologie der EehinodenMn . H®f^ Hòlothurien. Jena 1884. Coll’estremità opposta la fascia media»» si continua fuori del corpuscolo con una sottile fibrilla, la qttale iusieine con altre, che si terminano sotto le cellule epiteliali, fa capo ad un ramo nervoso cutaneo. La fibrilla nervosa, che si continua nel corpuscolo sude- scritto, è quasi sempre priva di granuli di pigmento. di cui sono invece costantemente munite quasi tutte le altre, che si dipartono «lai medesimo ramo cutaneo, come ho descritto in altra nota (1). Di tali corpuscoli io mi accorsi per la prima volta quando colorai le sezioni colla miscela Biondi-Heidenhain, avendo preven- tivamente fissato il pezzo col liquido del Flemming. Lo stroma interno granulare si colorò di un bel roseo chiaro, la membrana esterna assunse una tinta roseo-cupa, la fascetta si tinse in ros- so-cupo volgente al bruno. Nessun’ultra colorazione adoperata fino allora mi aveva rive- lato queste caratteristiche formazioni, che a volte mi si presen- tavano sotto forma di grossi nuclei non appartenenti ad alcuua li grossi nuclei non appartenenti > forma di cellule, in cui invano ricercavo il nucleo. Avendo ritentato la colorazione colla miscela del Biondi, dopo di aver fissato col sublimato alcoolico o col liquido del Magazzini, mi accorsi con somma meraviglia che quei corpuscoli erano scomparsi o, dirò meglio, essi non presentavano quella fo- ssetta caratteristica, che li distingue a prima vista dagli elementi vicini ; e solo in grazia della loro forma, delle loro dimensioni e del loro raggruppamento in bottoni sensitivi alla sommità di a cuni particolari pedicelli, di cui si fa parola nel capitolo seguente, «ni convinsi della loro mascherata presenza. Fissando invece c liquido del Flemming essi mi si mostravano chiari, evidenti con una bella fascia interna, che li percorreva dall’ uno all’altro es re Or poiché il liquido del Flemming contiene » bbon, *V quantità di acido osmico, il quale, come si sà, è uno dei ^ "ero, ho delle fibre nervose, che ne rimangono tint ® per credere che la colorazione rosso-cupa, q Po,.ara-S*K« connessione ielle cellule pigmento* del ^ *-«0 del, e Oloturie con i «m» «torf « loro significato ** Gioenia. Catania— Febbraio 1906— Fase. LXXXVIH p. 12 . 24 — bruna, che assume la fascetta interna dei corpuscoli, sia dovuta prevalentemente all’azione dell’acido osmico, contenuto nel liqui- do fissatore adoperato. Pertanto, chiamo fin da ora queste formazioni « Corpuscoli di Russo » in onore del mio maestro, che unico in Italia si è occupato dello studio degli Echinodermi, alla conoscenza intima dei quali ha potentemente contribuito con pazienti ed ingegnose ricerche. Distribuzione dei corpuscoli. I corpuscoli su descritti si trovano sparsi fra le varie celiale epiteliali, che rivestono la superficie del corpo ; essi però sono più abbondanti nella regione dorsale e specialmente nella por- zione anteriore, che nel resto del corpo. Ma è sopratutto interessante notare la loro presenza in organi particolari , che rimasero anche fin’ ora inosservati dagli studiosi, che mi hanno preceduto in queste ricerche e sulla na- tura dei quali dirò soltanto quanto è necessario per la intelligenza dei corpuscoli, che li accompagnano, riserbandomi di dare ulteriori e più diffuse notizie nel lavoro per esteso. Sulla superficie del corpo di un’ Holothuria tubulosa o Polii esistono, come si sa, delle appendici indicate col nome di pedi- celli ambulacrali, distribuite in due linee longitudinali, che corrono parallele dalla parte anteriore alla posteriore ai due lati di cia- scun cordone nervoso radiale. Nelle due specie su menzionate è facile poter distinguere due sorta di pedicelli : gli uni, piramidali e sormontati da una piastra rotonda ricca di cellule sensitive che si può invaginare nel pedicello, sono sparsi sulla superficie dorsale del corpo, gli altri, terminati da una ventosa, si trovano alla parte ventrale. Praticando però una sezione trasversa della parete del corpo di un’ Oloturia si pnò di leggieri riconoscere che interposte fr a i pedicelli sia dorsali che ventrali esistono delle speciali forma- zioni, diverse dalle appendici ambulacrali. Sono esse delle cavità cilindriformi, che decorrono nel con^ uettivo dermatico dalla sua parte più profonda alla superficie che si — 27 — i pedicelli ambnlacra'H, coi' quali si potrebbero facilmente con- fondere, se non se ne distinguessero péff^e dimensioni molto più ridotte e per la forma della porzione terminale; la quale è del totto priva di ventosa o del disco di cellule sensitive caratteri- stico dei pedicelli dorsali. E però si può pensare che- esse rappresentino dei pedicelli atrofici, dexpseudopedicelH, i quali^ perduta la funzione propria delle altre appendici ambulacrali, si siano adattati a compierne un'altra più specifica, diversa dalla prima, la quale è sicuramente Infatti, alla loro estremità superiore, immediatamente al di sotto dello strato epiteliale questi pseudo pedicelli presentano sulle sezioni longitudinali due ingrossamenti laterali, addossati alle pareti del piccolo tubo acquifero. Essi sono limitati da una sot- tile lamina con netti vai e, su cui poggia uno strato di piccole cel- iale a nucleo rotondo, che li avvolgono, mentre nell’ interno si presentano accumulati numerosi corpuscoli attraversati dalla ca- ratteristica fascetta, la quale , inferiormente si continua con le sottili fibrille, in cui si risolve il nervo, clic accompagna la for- mazione pseudopedieellare. ( f. 4. ) Significato dei «corpuscoli di Russo» 1 « corpuscoli di Kmm » sono senza dubbio dei «OT- Pascoli sensitivi. L » relazione della fascetta, che li attraversa, con le ultime fi bre dei rami nervosi cutanei non solo basta da sola a sostenere avvalorare questa interpretazione, ma non permette, a m, ° avviso, che venga loro attribuito alcun altro significato funzionale La loro prevalenza fra le cellule epiteliali , che ricoprono la Pozione anteriore del cori» , che è certamente la più sensitiva C0lne quella che è prossima all’ anello nervoso orale, mi conferma sempre più nell’idea, che essi rappresentino dei corpuscoli o 8e,,H0 e molto probabilmente di senso tattile. Anche la loro costituzione depoue a favore della speci ci sensitiva dei detti corpuscoli. ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI pervenute in cambio e in dono, presentate nella seduta del Si maggio 1906 Affaascalientes - E1 Inatmctor - Anno XXII, na - Iustitució Catalana d’ hiat. nat.— 2 11 - 12 . Butti.— 190 6 » 3> fiarcelon Topeka - Kans. Akad. of Science — Trans. — Voi. XIX. Washington - Carnegie Institi»*..— Pubi. - NJ 23, 24, 30. — Ver bandi. - 1906, 2-4. ZWrich - Natnrf. Gesell. - Vierteljahrschr. — 1905, 4. DONI DI OPUSCOLI Bassa ni F. e Galdieri A. — Notizie sull’ attuale eruzione del Vesuvio (aprile dalla Voce del diritto— Aprile, 1905. Detto _ Klima— [Catania] f, 1906— Biblioteca del Saraceno— N. 37, 4 Febbraio 1906. Detto - Nedda - Racconto - Catania, 1905 - Biblioteca della Natania Gaetano — Sulla velocità » ai vulcanici— Acireale, 1905- la Classe di Scienze della R. Accademia degli «**-»• Detto — Origine della « Timpa » della Scala Roma 1- Estratto dal Bollettino della Società Geologica italiana- Vol. XXIV (1905) — Fase. IL Gaetano Platania e Giovanni Platania-Effets magoétiques de la ** io, roche, volcaniqnea [Paria, 1905]. - [■*-*■ Compte, renda. hebdon.ad.ire.de *• 068 dG Pal ' Ì8 ] f „ , mo nrodotto da fhl- Giovanm Platania e Gaetano Platania - Sul magnet.s P minazioni — Acireale, 1906 -Estratto dalle Memone de.» classe di Scienza della R. Accademia degli Zelanti 3* serie— Voi. IV— 1905-1906. — 32 ELENCO DELLE MEMORIE da pubblicarsi e pubblicate nel volume XIX degli Atti in corso di stampa Mera. XIV. — Prof. A. Bkmporad — Calcolo dei valori della radiazione solare per le diverse fasi di un eclissi. » XV. — D.r G. Trovato Castorina — Effetti magnetici del fulmine sulla XVII. — D.r S. Scali a — I fossili postpliocenici delta contrada Salustro , presso Motta S. Anastasia. XVIII.— D.r S. Di Franco — Gli inclusi nel Basalte dell’ Isola dei Ciclopi XIX. - Prof. G. — Sui potenziali elastici rito INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO Rendiconti Accademici Verbale dell’adunanza del 5 loglio 1900 pag. 1 Note presentate ,Z. Bmcalioni — Le aeacie'a fiRodii e gli eucalipti — Studio biològico sulla vegetazione dell'Australia (Nota preventivi!) . . . pag. 2 A. Mascari — Sul recente massimo dell' attività solare . . & del disco solare dal centro verso la periferia . . - » 10 Dott. Giovanni Trovato- Cantorino — Sulla direzione delle scariche elettriche Doti. Giovanni Platania — Variazione di declinazione magnetica durante P eclisse del 30 agosto 1905. . ... . . . » 22 P. Bartolo e I. Vitali — Reazioni comuni o differenziali tra saccarina e dul- cina » 33 P. Bertolo e I. Vitali — Sopra due composti mercurici della saccarina. » 44 Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio e ini dono, presentate nella seduta del 5 luglio 1906 » 53 Elenco delle memorie da pubblicarsi e pubblicare nel volume XIX degli Atti In corso di stampa » 54 Luglio 1906. Fascicolo XOI. DI SCIENZE 3ST -A» T TT IR -A. L I I3ST C-A-T^.^TX^- Seduta del 5 Luglio 1906. Presidente — Prof. A. Ricoò Segretario — Prof. A. Russo Sono presenti i Soci effettivi Riccò, Orsini Faraone, Basile, Grimaldi, Grassi , Pieri , Perrando , Russo , numerosi Soci corri- spondenti. Dichiarata aperta radunanza viene letto ed approvato il pro- cesso verbale della seduta precedente ; qiiiudi si passa allo svol- gimento dell’ordine del giorno, che reca le seguenti comunicazioni: Prof. A. M ASC ABI — Sul recente massimo delV attività solare. (Presentata dal Presidente Prof. Ricco). Prof. L. Buscalioni - Le Acacie a fillodi e gli Eucalipti. Studio biologico sulla vegetazione dell ’ Australia. (Presentata dal Segretario prof. Russo). Prof. G. Lopriore — Studi anatomo-fisiologici sui semi di Eriobotrya japonica. Prof. A. Bemporad — Sulla legge di decrescimento del potere radiante del disco solare dal centro verso la periferia. (Presentata dal Presidente Prof. Riccò). Prof. E. Boggio-Lera - Sulla radioattività di alcune terre. — 2 — Dottor G. Trovato Castorina — Sulla direzione delle sca- riche elettriche atmosferiche nelle fulminazioni. (Presentata dal Pre- sidente Prof. Ricco). Prof. G. Platani A — Variazione di declinazione magnetica durante V eclisse polare del 30 agosto 1905. (Presentata dal Presi- dente Prof. Ricco). Dottor C. Bellia — L 1 isteresi negli elementi termo-clettrid. (Presentata dal socio Prof. G. P. Grimaldi). Prof. P. Bertolo e I. Vitali -- Reazioni comuni e diffe- renziali della Saccarina e della Dulcina. (Presentata dal socio Prof. G. Grassi). Prof. P. Bertolo e 1. Vitali — Sopra due composti mercu- rici della Saccarina. (Presentata dal socio Prof. G. Grassi). Dottor G. Trinchieri — Contributo allo studio della cauliflo- rìa. (Presentata dal Segretario Prof. Russo). Dottor G. Muscatello — Ricerche citologiche sulla Belvella monachella. (Presentata dal Ségretario Prof. Russo). Esaurito 1’ ordine del giorno, viene tolta la seduta. NOTE L. BlSCALIONI— le ACACIE A FILLODII E GLI EUCA- LIPTI. — Studio biologico sulla vegetazione delV Australia. (Nota preventiva). Il grande numero di specie che questi due tipi di piante hanno dato e la singolare distribuzione geografica tanto delle Acacie a fillodi quanto degli Eucalipti, largamente diffusi in Au straba e mancanti invece quasi del tutto, allo stato naturale, m altre parti del mondo (fatta eccezione per alcune isole dell Oceapo indo-pacifico) costituiscono due condizioni di cose, così ecceziona i nel regno vegetale, che mi hanno indotto ad investigare le cause dell’ origine della flora australiana e i fattori che attualmente pre- siedono alla sua evoluzione. — 3 — A tale scopo, ho studiato innanzi tatto la costituzione cli- matologi*^ e geografica dell’Australia. Questo continente, arido nelle parti centrali, abbastanza soggetto alle piogge nelle regioni nordiche ed in quelle orientali, si presta ottimamente per lo svi- luppo dei differenti tipi , sia di Acacie che di Eucalipti. Debito però far notare che le epoche differenti in cui cadono le piogge, da un lato nelle regioni meridionali, dall’altro in quelle setten- trionali del coutillente australiano, come pure l’ aridità dell’ Ere- mea sono due fattori che hanno, secondo me, provocato l’ accan- tonamento delle molte specie in cui si suddividono gli Eucalipti e le Acacie a fillodi. Lo studio di una flora non è, però, completo se non s’ indaga il passato del territorio che l’ alberga e la diffusione dei differenti tipi vegetali in epoche geologiche più o meno lontane. Perciò ho esaminato una lunga serie di documenti paleontologici, onde poter seguire le vicende cui andarono soggetti gli Eucalipti e le Acacie a fillodi nelle differenti epoche geologiche. Ora la rieerea paleontologica mi ha dimostrato che se è vero che nei terreni ap- partenenti al Cretaceo ed al Terziario dell’Europa, dell’Asia, della Australia e dell’America s’ incontrano molti resti di Eucalipti (50 6 più specie!, questi però preseutano le foglie diritte, per nulla Paragonabili a quelle dell’attuale Eucalyptus globuli. Siffatta parti- colarità morfologica che mi venne confermata dal Velenowscky, R no dei più valenti conoscitori degli Eucalipti fossili, mi ha in- dotto a ritenere che gli Eucalipti siano entità moderne e che le forme fossili rappresentino i progenitori degli Eucalipti, ma non S& questi. Per quanto concerne le Acacie a fillodi, i reperti pa- leontologici sono affatto negativi, non essendosi trovata traccia di ^esti tipi nelle epoche anteriori alle attuali, ciò che mi induce a ritenere che l’origine di queste piante non rimonti ad un’epo- 051 molto antica. Per comprendere come Acacie a fillodi ed Eucalipti siano moderni occorre studiare anche la geologia dell’Australia. E questo un problema molto oscure, ammettendo taluni che 1’ Au- stralia sia il residuo di un antico continente che collegava l’Africa via di espansione. Orbene, colla scorta dei documenti faunistici e floristici, ho potuto mettere in evidenza, innanzi tutto, che l’Australia in epo- che antichissime fu in connessione con 1’ America del Sud, pro- babilmente per mezzo delle terre Australiane circum-polari, e, se- condariamente, che essa sorse dalla fusione di un gruppo d’isole. Attualmente la regione è del tutto assettata, e lo attesta la man- canza di vulcani, i quali, invece, sono numerosi ed attivi nelle isole che circondano a distanza il continente australiano. Credo pertanto di non andar errato ritenendo che la comparsa degli Eucalipti e delle Acacie a fillodi dovette coincidere coll’ epoca in cui avvenne la fusione delle isole in un unico territorio. Il sollevamento delle regioni ceu trali dell’ Australia determinò in- dubbiamente un profondo mutamento nelle condizioni climatolo- giche del continente che divenne più arido ; in conseguenza di ciò i progenitori degli Eucalipti e delle Acacie a fillodi diedero origine a queste due nuove forme meglio adatte alle mutate con- dizioni di clima e di terreno. La presenza di Eucalipti e di Acacie a fillodi , sebbene iu scarso numero, in talune isole degli Oceani pacifico e indiano (Giava, Timor, Filippine , Molucche , Sandwich, Bourbon , Mauri- tius, ecc.) fu pure da me presa in considerazione, essendo non del tutto privo d’ interesse l’ indagare se queste isole abbiano rice- vuta la loro flora di Acacie e di Eucalipti dall’Australia o vice- versa fornita a questa siffatti tipi. Messo innanzi tutto in sodo che le Acacie a fillodi derivano da una forma bipinnata, io sono riu- scito a dimostrare che la diffusione delle Acacie a fillodi e degli Eucalipti fuori dell’ Australia dovette essere limitata a quelle re- gioni che rispecchiano le condizioni climatiche del continente au- straliano. Stabilito questo principio, ho pure assodato che l’ eB1 ‘ grazioue ebbe per punto di partenza l’Australia, almeno per ciò che riguarda le isole situate a Nord di questo continente. Per quanto concerne le isole Sandwich, Bourbon e Mauritius è d’uopo ritenere che 1’ Acacia Koa , e rispettivamente 1’ A. heterophylfai — 5 — presenti, abbiano avuto un’origine locale, troppo grande essendo la distanza che separa queste isole dal continente australiano; in pari tempo è necessario pure ammettere che la comparsa di siffatte Acacie avvenne in tempi più recenti di quelli che videro sorgere le altre specie nell’ Australia e per effetto del vulcani- smo che, modificando il clima delle regioni in questione, provocò pure radicali cambiamenti nella costituzione della flora. Uno studio accurato sulla conformazione dell’ Australia da nna parte, della Nuova Guinea dall’altra, mi ha dimostrato che queste due terre non furouo più unite che da tratti insignificanti di terre dall’epoca in cui le Acacie e gli Eucalipti sorsero in Australia, come lo attesta la mia teoria della corrispondenza delle aree di emersione, che io intendo sviluppare nel lavoro originale. Agli stessi risultati giunsi collo studio della fauna australiana , la cui diffusione attraverso le isole dall’ Arcipelago malese ha seguito pressoché le stesse leggi che regolarono l’espansione degli Eucalipti e delle Acacie a fillodi. ! Solo per alcune isole del Pacifico e dell’Oceano indiano è d’uopo ammettere, come testé accennai, che sotto l’ influenza del vulcanismo, che ha innalzato i coni eruttivi ad altezze tali da formare delle vere barriere all’ aliseo od ai monsoni apportatori di Pioggia, siasi modificato il clima in guisa da provocare la Allodi nizzazio ne delle Acacie locali nei territorii che venivano de- pauperati delle idrometeore. A primo aspetto, appare strano che gli Eucalipti, così diffusi e numerosi in Australia, non si trovino che in modo quasi spo- radico in altre parti del mondo, fatta astrazione, ben inteso, dagli individui coltivati. Il fenomeno è realmente singolare, ma io ho Potato dimostrare che questi tipi essendo sensibili all’azione e Ve,, t°> delle alte temperature, del freddo e di altri agenti, sten- tano a diffondersi nelle regioni dei monsoni battute da venti forti ^ salati. Ne fanno fede alcuni casi di insuccessi nella coltiva- rne, che io ho studiato nei miei viaggi attraverso l’Atlantico. ** distruzione quasi totale degli esemplari coltivati era, in ques 1 casi, dovuta esclusivamente all’ azióne del vento e della salsedine del mare. Un capitolo del mio studio è dedicato alle ricerche sogli Eucalipti e sulle Acacie viventi in Australia ; nello stesso, nu- merose tabelle e diagrammi dimostrano come lo sviluppo sia degli uni che delle altre è inerente alle condizioni di clima, per cui mentre nell’ Australia occidentale vediamo predominare le forme nane di Eucalipti e di Acacie a fillodi, nella regione orientale incontriamo di preferenza i grandi alberi di Eucalipti e le forme di Acacie prive di fillodi. Tutte queste modificazioni sono dovute esclusiva mente alla maggior umidità che regna nell’ Australia orientale. In ogni stazione poi cambia il portamento delle piante a seconda che queste si trovano in località umide o secche. Sui giunti predomina intanto una flora di Eucalipti e di Acacie primi- tiva, il che va ascritto al fatto che le sommità dei monti alber- garono nelle passate epoche i progenitori degli Eucalipti e delle Acacie, i quali rimasero ivi indisturbati fino al momento in eni 1‘ Australia sorse alla dignità di continente. Infine ho pur osser- vato che non solo il portamento, ma sibbene anche la forma e la struttura delle piante variano col variare delle stazioni in cui vivono le differenti specie. Specialmente la struttura delle foglie è iu armonia coll’am- biente. Tra gli orgaui più interessanti sotto questo punto di vista meritano di essere ricordati gli stomi, i quali nell’ Eucalipto* globulm , proprio dei siti umidi, sono ricoperti da una pellicola che a primo aspetto parrebbe rappresentare un carattere di xerotitismo, mentre non è ehe una disposizione atavica la quale vale a {li,n0 " strarei che siffatta specie è derivata da una forma xerofita. Nelle camere d’aria sottostanti agli stomi vi sono cellule speciali, che io ho chiamato «atmotilli» (reperibili anche in altre piante), la cui funzione è differente a seconda che si tratta di piante xerotìte oppure di forme viventi nei siti palustri ; nelle prunt, siffatte cellule servono ad ostacolare la traspirazione , ne ^ e se " conde, invece, la favoriscono epl loro contenuto in acqua abbon dante e colle loro pareti sottili. 1 — I tessuti meccanici delle foglie degli Eucalipti hanno pare delle funzioni complesse, poiché mentre alcuni servono a dnr con- sistenza ed elasticità al lembo, altri funzionano in pari temi» come organi di immagazzinamento d’acqua (collenchima, trachei- di, ecc.). La struttura xerofita di alcuni Eucalipti mal si concilia coll’esuberante accrescimento di queste piante, grazie al quale alcune specie (E. globulus , E. Viminali», ecc.) rappresentano, insieme con le Sequoia i colossi del regno . vegetale. Ma, secondo il mio modo di vedere, è d’uopo rilevare che nelle forme palustri dotate di forte sviluppo la xerofilìa non è assoluta, servendo solo a regolar Intendo perciò contrassegnare tali piante col nome di « emixerofite. » Anche le Acacie a fillodi presentano delle strutture i»rti- colari, poiché il fillodio mostrasi conformato in guisa da ricordare certi organi delle (Jactee e dei Memnbryanthemum, i quali an- drebbero perciò ascritti alla categoria dei fillodi. Invero le piante testé citate mostrano una certa affinità colle Acacie a fillodi non solo per la struttura dell’ orgauo fo- gliare, ma ancora pel modo con cui si formano gli stomi. Molto complessa è la questione del fillodio ed oltremodo erronee sono le definizioni che dello stesso ci hanno dato i migliori trattati ^tanica. È probabile che la formazione di questo singolare or- gano sia stata favorita dalla presenza, nelle Acacie, di un cuoci netto motore che, come è noto, si trova alla base delle foglie ne ^ Mimosee. Questo, essendosi esteso a tutto quanto il piccino o^ avendo modificata la sua funzione e la sua struttura, avrebbe larga parte nella formazione del fillodio. Infatti la fillodinazio^, oltre che nelle Acacie, ha pare luogo nelle Oxalidee, le cui glie sono pure munite di cuscinetto motore. . .. Là mia attenzione fu anche rivolta alle forme ^ iOVa ”. af _ Acacie a fillodi e degli Eucalipti e le ricerche fatte su qu gemente mi hanuo portato alle seguenti conclusioni : tfelle Acacie a fillodi il tipo di foglia primordi» « » ^ presenta un organo arrestato nello sviluppo poiché «l da tale filloma deriva, non può essere considerato come una forma più evoluta. La foglia primordiale va quindi considerata sempli- cemente come una forma atavica. Lo stesso non può dirsi per gli Eucalipti poiché le foglie di secondo stadio sono certo più evolute di quelle giovanili. Anzi, l’ evoluzione fogliare raggiunge il mas-, simo nelle forme palustri, in cui la foglia di secondo tipo , oltre all’essere verticale, allungata e picciuolata, si presenta anche fog- giata a falce. E sotto questo punto di vista gli Eucalipti diffe- riscono dalle Acacie a fillodi le quali nei siti umidi tornano a sviluppare le foglie primordiali , mentre gli Eucalipti esagerano sempre più il secondo tipo fogliare. I due tipi di piante nei primordi della loro evoluzione svi- luppano un organo speciale (disco di assorbimento) peloso negli Eucalipti, compatto nelle Acacie, il quale ha lo scopo di assor- bire l’acqua dal terreno nel periodo in cui la radichetta non è ancora in grado di funzionare. La differente evoluzione che compie il filloma degli Eucalipti rispetto a quello delle Acacie a fillodi è in stretta relazione con alcuni momenti biologici che presiedono allo sviluppo di tali piante. Infatti il filloma curvo a falce essendo molto mobile tra- spira attivamente sotto 1’ azione del vento, come fanno in gene- rale le così dette Windblatter. La traspirazione esagerata attirando però 1’ assorbimeuto radicale favorirebbe, indirettamente, l’accre- scimento, per cui si comprende come gli Eucalipti dei siti umidi siano capaci di crescere attivamente. La traspirazione deve poi aver agito sulla struttura delle piante nel senso di modificare la fillotassi. A questo riguardo, credo degno di nota rilevare che la fillotassi verticillata è più facile a rinvenirsi nei tipi xerofiti, poco attivamente traspiranti, che in quelli igrofiti. Per ben comprendere il fenomeno è, secondo me, necessario considerare che la presenza di due foglie attivamente traspiranti sullo stesso nodo può esser causa di disturbi nella distribuzione — 9 — portana modificando la fillotassi, eh© perciò da verticillata si tra- sforma in isolata. Negli Eucalipti il fenomeno è evidente, poiché le forme gio- vanili e molte fra quelle dei siti aridi hanno foglie opposte, men- tre le specie dei siti umidi e dotate di forte potere traspiratorio hanno fillotassi isolata. I risultati, cui giunsi, trovano una conferma non solo nell’e- sperimento e nell’osservazione diretta della pianta, ma anche in un gran numero di dati che si trovano consegnati nella letteratu- ra, tra i quali meritano d’essere ricordati quelli del Pischinger sulle Gesneriacee e del Wiesner sulla traspirazione correlativa. Anche l’ eteromorfismo fogliare degli Eucalipti si spiega ammet- tendo che lo stesso sia iu relazione con la traspirazione, mentre, dal punto di vista fisiologico, 1’ accrescimento esagerato di uno dei margini fogliari è subordinato alle condizioni dell’ insolazione e forse della gravità. La torsione del picciuolo, che a questo s’ac- compagna, è invece dipendente da Cause interne, come ho potuto dimostrare coll’ esperimento. Nell’ultimo capitolo, poi, dimostro che la presenza di molte ^eeie di Acacia e di Eucalyptus in Australia è indizio che que- sti due generi di piante sono meravigliosamente adatti al clima dl quel continente, il che ci spiega come gli stessi abbiano potuto sviluppare delle forme non sempre ben distinte le une dalle altre. II lavoro, infine, è pure destinato a portare un nuovo contri- sto di dati al problema della caulitìorìa, la quii le sarebbe inerente a He condizioni di umidità in cui vivono le piante cauliflore. A * Mascari — SUL RECENTE MASSIMO DELL’ATTIVITÀ solare. I* osservazioni solari fatte in questo primo semestre del 1906 C1 mettono in condizioni di potere con sicurezza stabilire essere Stat0 il 1905 un’annata critica, riguardo alla manifestazione delle macchie solari ; in tale annata esse raggiunsero il massimo della ° r ° attiv ità, completando regolarmente il ciclo di 11 annl > 86,128 — 10 — ritardo rispetto al precedente massimo che era avvenuto nel 1894,1. All* Osservatorio di Catania lo studio dell’ attività solare viene fatto sulle macchie, sulle facule e sulle protuberanze idro- geniche ; dal confronto della loro media frequenza abbiamo ricavato come època critica pel massimo delle macchie 1905,2. Per le facule non potendo attenerci alla media frequenza del gennaio 1905, che è la più elevata, perchè basata su una sola osservazione, siamo obbligati accettare il valore massimo del feb- braio ; sicché anche per le facule il maximum coinciderebbe con quello delle macchie ; mentre per le protuberanze solari, V epoca del massimo si troverebbe ritardato alquanto, essendosi protratto sino a marzo. Possiamo perciò stabilire la data 1905,2 come epoca critica per quest’ultimo massimo u «decennale dell’attività solare. Intan- to se ricordiamo ohe nel 1901 l’attività solare scese al minimo più intenso che fosse stato osservato in tutto il secolo passato, non è da meravigliarsi se il sole, in seguito, nel ripigliare energia non avesse raggiunto, nel suo massimo ascensionale, valori molto elevati. Difatti uno dei caratteri spiccati di questo massimo è una miuore frequenza su tutti i fenomeni : le macchie, le fecole e le protuberanze furono tutte in minor numero rispetto a qnelle che si osservarono nel massimo precedente del 1894, quantunque , nel 1905 ci fossero state molte macchie visibili ad occhio nudo, maggiore in numero ed estensione di quelle avute nel 1894. A. Bemporad — SULLA LEGGE DI DECRESCIMENTO DEL POTERE RADIANTE DEI PUNTI DEL DISCO SOLARE UAL CENTRO VERSO LA PERIFERIA. Avendo applicato, dietro consiglio del Sig. Prof. Ricco,* 1 metodo di calcolo da me proposto in un recente lavoro (1), a e (1) Relazione sulle osservazioni attinometriche eseguite durante 1 del 30 agosto 1905 il eli» Osservatorio astrofisico di Catania, Memorie della ocie degli Spettroseopisti Italiani, Voi. XXXV. 1900 p»g. 17- — 11 — osservazioni attinometriche eseguite nel nostro Osservatorio du- rante P eclisse del 28 Maggio 1900, giungo alla conclusione, che anche in quella eclisse, come nell’ ultima dello scorso anno, il decrescimento osservato della radiazione solare (col progredire della fase) fu piu ràpido di quello da me calcolato sul fondamento delle osservazioni di Sécchi, Vogel ed altri circa la distribuzione apparente del calore sul disco solare. Questi risultati ricevono ora piena conferma dalle osserva- zioni attinometriche eseguite durante 1’ ultima eclisse a Borgo» dal prof. W. H. Julius di Utrecht (1), poiché questo insigne tì- sico ricava dalle dette osservazioni un decrescimento del potere radiante verso la periferia del disco solare notevolmeifte più ra- pido di quello già ottenuto da Secchi, Yogel e dagli altri. Peri) anche i valori dati da Julius per il potere radiante a varie di- stanze dal centro del disco solare si possono rappresentare in incerto di tutti gli altri, come egli stesso mostra di ritenere rac- chiudendo questo valore entro parentesi. Riassumendo, mentre le osservazioni dei già citati astronomi e tìsici, fondate sul confronto simultaneo di areole uguali a vnne distanze dal centro del disco solare, conducevano sul bordo solare ad un valore di J pari ai 4 decimi del valore corrispondente alle regioni centrali del disco, Julius otterrebbe per questo stesso rap- porto il valore — , e la nostra forinola Io farebbe anzi disceu dere fino ad . Si viene così a sollevare una interessante que- stione, cioè quella di vedere, se il disaccordo esistente fra i ri- sultati dei predetti astronomi e fisici e i risultati delle °‘ ’ eclisse a Catania, a bur- 1 Prof. Julius ad un er- 210,11 attinometriche eseguite durante un e altrove sia dovuto, come ritiene i ^ rore sistematico del metodo di Secchi e Vogel, ovvero a zioni dell’assorbimento dell’ atmosfera terrestre nel c0TS0 _ ^ l’eclisse, dipendenti direttamente dalla intercettazione dei raggi )ro di Maggio 1906, < solari (1), ovvero, come è anche possibile, ad effettive variazioni della legge di decrescimento del potere radiante dei punti del disco solare dal centro verso la periferia, dipendenti da possibili variazioni nell’ atmosfera del Sole secondo la sua attività. Per avere un’ idea dell’ entità di tali variazioni, accenneremo che mentre le osservazioni di Secchi-Vogel condurrebbero ad uno strato atmosferico omogeneo di altezza pari ad un quarto del raggio solare e col coefficiente di trasmissione p — 0,62 , le recenti os- servazioni di Julius condurrebbero ad un’altezza quasi uguale (0,24 in lungo di 0, 25) e al coefficiente di trasinissioue 0,44. Ora le variazioni di estensione e di luminosità della corona ri- modo quasi perfetto colla formola da me proposta (2), e che corri- sponde all’ ipotesi di un’ atmosfera assorbente omogenea attorno al Sole, log J — log p (P(i 4-X) 8 — X*r* — X^l — r 2 - l)> (1) dove J indica il valore del potere radiante alla distanza r dal centro del disco solare, p il coefficiente di trasmissione e X l’altezza relativa (cioè rapporto al semidiametro solare) del supposto strato atmosferico omogeneo. Ecco infatti i risultati del confronto fra 1’ osservazione e il calcolo coi valori log p — — o, 3553 e log \ = 0, 6029 per le due costanti. - 13 - Valori del potere radiante ( J ) a varie distanze (r) dal centro del disco solare. L’accordo a meno di 5 millesimi è quanto di meglio potrebbe attendersi in questo geuere di misure. Fa però eccezione il va- lore di J al contorno del disco solare, ma questo valore venne ottenuto dallo Julius per estrapolazione, ed è quindi assai piu scontrate da una eclisse ad un’altra sono certo abbastanza ri- levanti per non escludere la possibilità di variazioni di quest’or- dine di grandezza nella costituzione dell’ atmosfera solare. Benin teso ai numeri da noi ottenuti non è da attribuire altro signifi- cato che quello di costanti empiriche, perchè l’ atmosfera solare con è. certo uniforme, nè omogenea, come l’ abbiamo suppos — 14 — Dott. Giovanni Trovato - Castorina — SULLA DIRE- ZIONE DELLE SCARICHE ELETTRICHE ATMOSFERICHE NELLE FULMINAZIONI.- Nota I. In una mia pubblicazione precedente (1) ho esposto che ef- fetti magnetici di fulmini su muri costruiti con lava basaltica dell’ Etna furono in generale costituite da lunghe zone distinte, a nastro, di 1 cm. di larghezza, sensibilmente parallele a due a due, quelle di polarità opposta, e talmente disposte da prevalere il numero delle scariche ascendenti. La mancanza di registratori di direzione di scariche elettriche atmosferiche ed il numero abbastanza ristretto di osservazioni fi- li’ ora eseguite rendono sommamente importanti tali ricerche. Analoghe a quelle di Keller, Oddone e Sella e Folgheraiter, ne ho già intrapreso una serie su rocce dell’ Etna. Zone distinte a doppio nastro su .rocce vulcaniche, molto scarse nella Campagna romana, (2) sono invece frequenti nei din- torni di Acireale, ove raggiungono persino la lunghezza di 4 in. circa. Sono invece molto scarsi i punti distinti. Anche nei muri delle nostre campagne si osservano, non ra- ramente, delle tracce magnetiche. Ma essendo questi muri costrui- ti a secco con pezzi di lava basaltica e potendosi i vari pezzi facilmente orientare in modo vario, gli studi su di essi eseguiti non avrebbero evidentemente alcun valore. Le presenti ricerche sono state pertanto intraprese su rocce vulcaniche in situ nel piano Pizzone , a N W di Acireale, (ove si osservano dei banchi di lava basaltica dell’ Etua emergenti gene- ralmente poco più di 1 m . dal suolo) con una bussola tascabile, 1’ ago della quale ha 3 cm. di lunghezza. (1) Atti dell' Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania - Maggio 1906. N. 10 -Spoleto - 1900. Pag. 5. — 15 — Le zone magnetiche sulle rocce, per quanto riguarda la loro disposizione, si possono offrire nei seguenti mpdi : «) Due zone distinte a nastro di polarità opposta, parallele e vicine tra loro, dirette dall’ alto in basso con a sinistra (per chi guarda) la zona distinta di polarità Nord, a destra quella di polarità Sud. Per brevità indico con m questa disposizione. h) Due zone distinte a nastro disposte come nel caso pre- cedente, ma con polarità invertite, che indico con #n. c) Più zoue distinte a nastro, parallele a due a due e di polarità alternata. d) Due zone distinte a nastro di polarità opposto, paral- lele e viciue tra loro, sensibilmente orizzontali e disposte in uu piano verticale. «) Zone distinte a nastro di un’ unica polarità magnetica, senza che si osservi alcuna traccia della zona distinta di |>ola- rità opposta. In questo caso non è possibile stabilire la direzio- ne della scarica elettrica. Le zone magnetiche in discorso hanno tutte 1 «»• di lar- ghezza, sono perfettamente continue e scendono in generale dal- l’alto in basso. Iu ognuno dei casi da me studiati non ho mai osservato sulle rocce magnetiche traccia meccanica alcuna dovuto al passaggio della scintilla. Il Piano Pizzone occupa un’ area di circa 100 mq. Ad esso attiguo e separato da un muro si trova un altro di terreno, circa altrettanto esteso , proprietà del Sig. Casimiro Opinati, ove ho continuato le ricerche. Conveniamo di assumere come positiva la direzione de rica elettrica dal suolo alla nube, che indico col seguo + ? ne ^ tiva quella in senso inverso che indico col segno — La lettera O indica il caso in cui la scarica elettrica a av n ° lno &° orizzontalmente ; 11 ? il caso in cui non è possibile stabilirne la te*** ^ Alle scariche positive corrisponderebbero quindi le zone — 16 — gnetiche del tipo a) ; alle negative quelle del tipo &) ; alle orizzon- tali quelle del tipo d). I diversi numeri, nello schizzo qui appresso, indicano la po- sizione di quei massi, ove si osservano le zone distinte appresso — 17 — PIANO PIZZONE D. Casotto daziario t di pietre vulcaniche. -f- j Sulla superficie del masso sovrastante alia cava vi sono tro zone distinte a nastro ns, nV , sensibilmente pa- -f- \ rallele tra loro, ciascuna lunga cm. 55; il nastro di pola- •ità Nord dista cm. 24 circa dal rispettivo di polarità Sud. + { Più giù a destra più di 1 m. altri 2 nastri ns lunghi 20 Presso l’orlo della taccia che guarda a NW, due zone magnetiche, parallele tra loro, in parte distinte, lunghe un. e distanti cm. 10 sensibilmente orizzontali; sotto la zona distinta di polarità Nord, sopra quella di pola- rità Sud. \ due zone distinte ns, lunghe 40 < ( masso alto cm. 60. listanti 18 ; ! due zone distinte sn lunghe cm. 25 e distanti cm. / due zone distinte ns, più giù verso destra 80 cm. circa \ dalle precedenti, lunghe 50 cm. e distanti cm. 20, iu parte ! sopra una superfìcie orizzontale, sensibilmente ad esse pa- \ rallele. quattro acne distinte ns, nV sulla feccia rivolta ad W di I un masso alto m. 1,80 circa. Due, lunghe cm. 30 e distan i 1 era. 1» S o,,„ verticali; le altre hanno direzione diversa, ■- stano era. 14, sono lunghe ra. 1,60 e raggiungono obbb- I quamente il suolo. In basso, dirimpetto la sapertele ov ....eri ve ne sono altre due, ns, abba- i stanza brevi. Quattro lunghe zone distinte ns, nV parallele a due a due, disposte sopra un masso alto m. 0,70, lungo (EW) più di ni. 4. Due, lunghe m. 3,90, 1’ attraversano per quasi tutta la lunghezza e distano, em. 32; le altre lunghe m. 2,80, hanno direzione diversa. / Due deboli zone distinte a nastro, lunghe 70 em. circa \ sensibilmente orizzontali, parallele e disposte in un piano ) verticale; presso il terreno c’è la zona di polarità Nord; l ad 8 cm. di distanza, presso l’orlo, la zona distinta Sud PROPRIETÀ CASIMIRO CARPITATI 7 ) ‘-j“ j Sei nastri distinti ns, nV, nV sulle facce d’ un masso l avente forma grossolanamente d’ un colle facce alte dà + j 12 a 80 cm. e colla base al muro. Ogni nastro è lungo circa / cm. 25 e dista cm. 20 dal rispettivo nastro parallelo di + polarità opposta. 8) — i Dieci nastri distinti sn, sV, s,^, s/n/, s"n". Tre nastri doppi si trovano sulla faccia che guarda ad NW d’uu masso che s’ erge per più di 40 cm. dal suolo. Gli altri due sono sulla faccia rivolta a Nord di un altro, posto ^a poca di- stanza dal precedente. In generale hanno direzione diffe- rente ; la loro lunghezza varia dai 40 ai 80 cm. e la di- stanza fra un nastro ed il rispettivo di polarità opposta dai 20 ai 30 cm. Tutti raggiungono il suolo. f | Ivi si osserva pure un nastro distinto di polarità isolata. - 19 - j Banco di lava avente forma grossolanamente rettangolare i di circa 3,5 X 14 mq. La faccia che guarda ad W larga I 60 em. offre per la lunghezza di circa 12 m. nn nastro | distinto di polarità Nord, presso il terreno. Presso l’orlo,' < sensibilmente orizzontale, si ha la parallela zona magnetica ! di polarità opposta con qualche putito distiuto. r I Sulla superficie orizzontale, la quale è increspata, oltre ai | punti distinti di diversa polarità, vi sono due zone distinte 1 : ns lunghe cm. 20. / Otto zone distinte su, sV, 8,^, s/u/ sensibilmente parallele i tra loro, poste sulla faccia inclinata verso W di nn masso < lungo m. 2,50 ed alto cm. 60 circa. La loro lunghezza varia / dai 50 ai 90 e la distanza tra un uastro ed il rispettivo 1 \ di polarità opposta dai 15 ai 30 cm. 1 Bue zone distinte su sulla faccia rivolta ad Est dello stesso I masso. Il nastro di polarità Sud è lungo in. 0,30, quello di ( polarità Nord è lungo m. 2 circa. ( Bue nastri distinti di polarità opposta ortogonali tra loro. Il nastro di polarità Sud è lungo 1 m ; 1’ altro m. 0,55. Mancano i rispettivi nastri paralleli. I Quattordici zone distinte parallele a due a due disposte sulla faccia inclinata verso W di un masso lnngó circa | 3 m. avente forma allungata, emergente dal suolo \ cm. 50. Sei zone doppie sono del tipo us 1,10 a del tipo su- La loro lunghezza varia da m. 1,10 a ra. 0,40 è la stanza fra un nastro ed il rispettivo di polarità opposta 30 cm. 13) ~ ( ■+( Quattro zone distinte sn, na si trovano su due facce di un masso alto circa tri. 0,50 avente forma d’ un tronco di pi- ramide. Sono obblique e lunghe circa 60 cm. 14) Due deboli zone distinte ns, lunghe m. 1,30, faccia d’un masso avente forma d’ una piramide t Distano cm. 20 e raggiungono obbliquameute il 15) -j- \ Quattro zone distinte ns, nV sulla faccia d’ un masso alto -f- \ circa 50 cm. lunghe era. 70 e distanti cm. 25. Ivi si osserva pure un nastro distinto di polarità Sud, molto 1 - obbliquo, lungo circa 2 m. Non si osserva il rispettivo na- [ stro di polarità opposta. Due bellissime zone distinte sn lunghe circa m. 2,50 distani , cm. 25 , disposte per più di 1 met ro sopra una superflui quasi orizzontale ; quindi si piegano in basso, raggiungend * obbliquameute il suolo. Si trovano sulla faccia rivolta v SE di un masso avente superficie ellittica. ( Due nastri distinti ns, lunghi cm. 40 e distanti c •Ai*] raggiungono obbliquamente il suolo, disposti su < ( ed» superficie che guarda a NW. \ Tracce magnetiche ns lunghe 40 cm. ( d ’ Dna superficie che guarda ad Est. ( Due nastri distinti ns lunghi 50 cm. e distanti 40 cm. | loro, i quali scompaiono a 50 cm. dal suolo. Sono disposti su d’ una superficie rivolta a N-NW. 20) | Due sensibilissimi nastri distinti ns, lunghi 60 cm. verti- ' ) cali e distanti cm. 15 tra loro su di un masso alto m. 1,20. 21) / Due deboli nastri distinti ns in quella parte della roccia + . che guarda a N e che presenta l’ aspetto di gradinate, f Sonò lunghe 30 cm. 22 ) ( Due nastri distinti ns, lunghi 60 cm. disposti in parte sulla \ sommità orizzontale d’un masso alto cm 40, posto a 3 ni. I verso N dal precedente. 23) ! Due zone distinte ns lunghe 60 cm. e distanti cm. 20 tra + loro disposte su d’ una faccia che guarda a SB. Raggiun- ' gono obbliquamente il suolo. ^ Due zone magnetiche su, lunghe 20 cm. su d’ una pietra i avente la forma d’ un piccolo prisma triangolare poggiante ■ per mezzo d’ una faccia sul terreno. 24) 1 Masso alto circa 50 cm. dal quale partono tre rami in di- [ rezioni differenti. Sulla faccia che guarda a SE si osser- 0 I vano due fortissimi nastri distinti sensibilmente orizzontali I ed è sotto, presso il terreno, il nastro distinto di polarità | Sud, sopra a 10 cm. quello di polarità Nord, il quale per \ 75 cm. attraversa quella faccia in tutta la sua lunghezza. + Sulla faccia che guarda a Sud vi sono due nastri distinti I «s. distanti cm. 20 che raggiungono il suolo. + f Sulla faccia che guarda a NE quattro nastri distinti ns, i sn ; i primi due lunghi 70 cm. e distanti 40 ; gli - 1 lunghi cm. 50, distano cm. 25. ? j Si osserva pure qualche nastro di polarità isolata. — 22 — Quattro zone distinte ng, nV sul lembo SW del masso isolato, più vicino al casotto daziario D del Piano Pizzo- ne. Sono lunghe m. 1,70 circa. Bue di esse distano cm. 10; le altre cm. 25. Da quanto precede è facile concludere: 1) Le rocce dell’ Etna si mostrano fortemente magnetiche. 2) Mentre le rocce magnetiche dei dintorni di Roma (l) e delle Alpi Centrali (2) offrono in generale punti distinti irrego- larmente disposti, sulle rocce magnetiche dell’Etna si rinvengono invece quasi sempre lunghi nastri distinti di 1 cm. di larghezza e parallele a due a due quelle di polarità opposta. 3) La loro disposizione è tale da potersi determinare nel maggior numero dei casi la direzione della scarica elettrica. 4) Ammettendo che ogni nastro doppio di polarità opposta sia dovuto ad una scarica elettrica, essa in 38 casi avrebbe avuto luogo dal suolo alla nube, in 12 dalla nube al suolo, in 4 oriz- zontalmente. Pubblicherò in seguito altri risultati. Dott. Giovanni Platania - VARIAZIONE DI DECLI- NAZIONE MAGNETICA DURANTE L’ECLISSE DEL 30 AGO- STO 1905. Con 1» intendimento di esaminare la variazione della declina- zione magnetica che per avventura potesse verificarsi in occasio- ne dell’ eclisse solare del 30 agosto 1905 , a evitare l' infine»» delle correliti vaganti dei tram elettrici io Catania, scelsi M »•* 86 + AC) 0, 33 ar. Ho avuto cura di rendere piccolissima questa f.e.m parassita, per questo i fili A . 1 e C . 2 erano di costantana come il filo di- Steso in modo che ai punti di contatto A e C non si stabilisse nessuna differenza di potenziale, mentre i pozzetti 1 e 2, dove la costantana si univa ai reofori di rame, erano mantenuti alla stessa stemperatura mercè la disposizione speciale dell’ interruttore 8; anche le altre congiunzioni in S e S' erano mantenute alla stessa temperatura. — 31 III. Ecco come procedeva 1’ esperienza : 1° Lettura del termome- tro T, 2° Misura della f. e. m. e, 3° mistir» della f. e. m. pa- rassita e', 4° Nuova lettura di (C che coincideva con la prima, in caso contrariò rifacevo 1’ esperienza } 5° Determinazione dello zero depresso di T , 6° Lettura del ter m ometto t che dava la temperatura della resistenza X. Riferisco i dati di una delle mie esperienze : ? i i' ìlh +1.. T - in jir * a ' • 49. 66 +0.10 +0. 02 49.58 47.1 510.4 0.0 0.0 , 75.36 +0. 02 — 0. 08 75. 26 68. 5 742. 7 0.0 0.0 742.7 99.88 0.00 — 0. 06 99. 82 86.5 937. 3 +0. 1 +0.6 987.9 75.10 0. 00 — 0. 08 75. 02 68 35 740.7 +0.3 + 1.6 742 3 49.92 +0. io +0. 02 49. 84 47.3 512.5 +0.1 {| +0.5 513.0 Nella l a e 5® misura ho adoperato uno dei termometri nor- mali, nella 2*, 3 a e 4* V altro. Ora vedo fino a qual puuto questi risultati sono attendibili: La lunghezza AO era determinata con 1’ approssimazione di , cioè con 1» approssimazione di 0,00532 ohn ‘ , questo er- rore Porta nella determinazione di e, come si vede dalla (1), un errore massimo di 0,5^ circa. La sua variazione di resistenza per effetto della temperatura era trascurabile essendo il filo disteso dl costantana. 2 - La resistenza del circuito principale R' -f- X + Y + AB er a determinata con l’approssimazione di 2 ohm ; ciò porta un’ in- certezza nel valore di X di circa % 5 obm . Poi la resistenza X è 1 10° 0 ohm a 16°, 5, per avere il suo valore a f bisogna fare una — 32 — correzione ; ritenevo che il termometro t segnasse la temperatura di X con V approssimazione di i / t grado, questo porta una inde* terminatezza nel valore di X di 11000 X 0,00044 X 0,5 = 2,5 olira circa. Perciò X era determinata con l’approssimazione di 4 0hm il che, quando T = 75° e perciò AC — 7,2 ohm circa, può portate nella determinazione di e un errore massimo di 0,4^. 3. La deviazione 8 dovuta alla f. e. m. parassita veniva de* terminata con F approssimazione di l j i0 di divisione, quindi quan- do T = 75° e AC = 7,2 ohm si ha per la (2) un errore massimo nella determinazione di e' di (8, 86 -f 7, 2) 0, 33 X 0, 1 ~ 0, 5V* Sommando questi errori si ha un errore massimo di 1,#® nella determinazione di e ; a questo bisogna aggiungere anche l’er- rore, che non si può calcolare, dovuto alle variazioni della f.e.m- della pila campione. Per rendere paragonabili fra loro i valori così ottenuti per temperature crescenti e decrescenti calcolavo per ogni esperienza la f. e. m. della coppia alle temperature di 50° e 75° mediante 1’ espressione : Sostituendo in questa i valori di e e di T trovati nella 1* e 2 B misura avevo due equazioni che mi davano i valori dei coef- ficienti a e 6 , avuti i valori di questi coefficienti mediante I» stessa espressione potevo calcolare il valore della f. e. in. a 50° e 5 . Per la 4 a e 5 a misura fatte a temperature decrescenti calco- lavo un’ altra volta i valori delle costanti e quindi le f. e. m- Il seguente specchietto dà i risultati della prima sene di cinque esperienze dove d e d' rappresentano la differenza dell® — 33 — f. e. m. per temperature crescenti e decrescenti rispettivamente La differenza fra le f.e.m. per temperature crescenti e decre- scenti è piccola ed inferiore al limite di approssimazione clie pos- sono consentire queste esperienze, quindi il fenomeno se esiste è inferiore agli errori di osservazione , almeno nelle condizioni in cui ho sperimentato io, e non ha certamente 1’ entità che il Ba- chmetieff e il Barrett vi attribuiscono. I valori abbastanza notevoli trovati da questi due fisici credo si debbano attribuire a cause di errore dovute principalmente al fatto che le misure venivano fatte col metodo della deviazione durante il riscaldamento e il raffreddamento del bagno in cui si trovava la saldatura calda e quindi, non essendo stabilito l’equi- librio di temperatura, i termometri non segnavano con precisione la temperatura della saldatura. P. Bertolo e I. Vitali - REAZIONI COMUNI E DIF- FERENZIALI TEA SACOAKINA E DULOINA. Fra i metodi finora conosciuti per la ricerca della saccarina nei Prodotti alimentari e commerciali, alcuni autori consigliano dei processi fondati sulla decomposizione della sua molecola e sulla successiva identificazione dei prodotti di scissione che da essa uè derivano. 34 - Così il (1) Vitali propone di riscaldare la saccarina in pre- senza di calce spenta o in presenza di acido iodico, e quindi iden- tifica, per mezzo di reazioni speciali, 1’ ammoniaca e il benzolo che con tale riscaldamento vengono a mettersi in libertà. M. Spica criticando in una sua Nota (2) i vari processi di ricerca della saccarina finora comunemente adoperati, fa rilevare gl’ inconvenienti e la poca attendibilità che presentano i diversi metodi, e consiglia due uuove reazioni, che, secondo le sue espe- rienze, ritiene come reazioni assai sensibili e nello stesso tempo sicure per il riconoscimento della saccarina nei vini, nei sciroppi e nei prodotti alimentari e commerciali in genere : La prima di queste reazioni si fonda sulla ossidazione con permanganato potassico del gruppo imidico della benzoilsolfinide in gruppo nitrico, e sulla successiva identificazione dell’ acido nitrico libero per mezzo del cloridrato di defenilammiua. La seconda si fonda sulla trasformazioue della saccarina in acido solfoamidobenzoico , e sul riconoscimento di questo acido per mezzo della reazione dei diazocom posti. Ora, considerando che in commercio trovasi un’altra sostan- za, la dulcina o parafenetolcarbam mide, /NE. CO. NE t C\ H i / C 2 H h la quale per diversi caratteri è assai somigliante alla saccarina, principalmente nel sapore dolce e nel comportamento verso 1 2 * solventi, e poiché anche il suo processo di estrazione dai prodotti alimentari o commerciali è quasi identico a quello della sacca rina, abbiamo creduto opportuno di provare se alcune reazioni finora praticate per il riconoscimento della saccarina fossero co- muni in tutto o in parte anche alla dulcina. (11 Bollett. Farm. - 1899, pag . 297; - Selmi - Giorn. di Chim. e Scien*. 1890-91, pag. 97. ,.***•*«*■* (2) M. Spica - Ricerche della Saccarina sotto il punto di vista oro e farmaceutico a mezzo di nuove reazioni ^ «. Chim. Ital. (1901) p. HP»g- 4 * Invero esaminando la forinola di costituzione della para-fene- tolearbammide, a priori s’intravede come essa contenendo dei grappi anòdici e un gruppo ossibenzolico, se viene sottoposta ai medesimi trattamenti praticati per la saccarina, secondo i metodi proposti dal Vitali e da M. Spica, facilmente può dare origine ai medesimi prodotti di decomposizione. Le nostre esperienze eseguite con tale intento, ci hanno con- dotto a risultati positivi per conchiudere che la dulciua nelle reazioni sopracenuate del Vitali e di M. Spica, si comporta in modo assai identico alla saccarina. Noi esporremo brevemente le nostre ricerche allo scopo di mettere in rilievo le piccole differenze tra le due sostanze nei diversi trattamenti ; come anche descriveremo le altre esperienze da noi eseguite con l’intendimento di stabilire quali siano le vere reazioni differenziali tra la saccarina e la dulcina, onde non incorrere in equivoco e non confondere l’ una cou 1’ altra so- stanza nei casi di ricerca specialmente quando si dispongono di piccole quantità di prodotto e non si possono eseguite tutte le reazioni speciali. PARTE SPERIMENTALE Le prove della dulcina furono eseguite comparativamente «oc qnelle della saccarina operando sempre nelle identiche con- dizioni e impiegando quantità presso a poco uguali delle due sostanze. Reazioni di Vitali 1.— Una piccola porzione di dulcina intimamente mescolata con circa tre volte il suo volume di calce spenta, venne introdotta in »" tubo da saggio e riscaldata litio al rosso. Per tale trattamento dulcina diede origine, al pari della saccarina, ai medesimi Prodotti di scissione : ammoniaca e benzolo. ^ammoniaca venne riconosciuta all’odore, alla nota forma z »one dei fami bianchi, e confermata con la carta di curcuma che esposta all’ apertura del tubo, assunse colorazione bruna ; e ai *che cou una cartina di fenolftaleina che si colorò in violaceo. — 36 — D’altro canto, per identificare la presenza del benzolo si di- sciolse un cristallino di clorato potassico in due centimetri cubi di acido solforico concentrato. Alcune gocce di questa soluzione che era colorata in rosso arancio, furono versate in una capsulina di porcellana e vi si fece venire in contatto 1’ estremità di un bastoncino di vetro umettata con le goccioline di liquido conden- sate nelle parti fredde del tubo da saggio, in cui si è operata la calcinazione: si ottenne una colorazione verde che poscia passò all’azzurro intenso. Versando poi acido cloridrico nel residuo della calcinazione si notò una viva effervescenza dovuta al carbonato di calcio for- matosi durante il riscaldamento, e ciò nello stesso modo come avviene per la saccarina. Questa reazione è sensibile anche operando con pochi milli- grammi di parafenetolcarbaramide. Nel caso di quantità assai piccole di dulcina, la conferma del benzolo si ottiene con maggiore sicurezza toccando le goccioli- ne condensate nelle pareti fredde del tubicino con l’estremità di un bastoncino di vetro bagnato prima con la soluzione solfo- rica di clorato potassico. 2. — La seconda reazione suggerita dal Vitali per riconoscere la presenza del gruppo benzolico e del gruppo imidico nella sac- carina, fu da noi eseguita per la dulcina anche con risultato positivo : lina piccola quantità di paraetossifenilurea mescolata con cir- ca tre volte il suo volume di iodato potassico in polvere venne addizionata con poche gocce di acido solforico concentrato. Tosto si produsse una. intensa colorazione violetta, tendente al rosso cupo, che col leggero riscaldamento divenne prima piò intensa e poscia passò al giallo, mentre si notava uno svolgi- mento di vapori di iodio. Se la dulcina si trova in maggiore quantità , la reazione a differenza della saccarina, avviene più energicamente e si verifica anche a freddo una vera deflagrazione con sviluppo di vapori di iodio. — 37 — L' aminoti iaca, messa in libertà per tale trattamento, fu sve- lata nello stesso prodotto della reazione, dopo avere osservato le note colorazioni, ripigliando il residuo con acqua e soprassa- turando la soluzione con idrato potassico. La colorazione gial- lastra scomparve e l’ammoniaca fu identificata per mezzo del reat- tivo di Nessler. Queste reazioni si ottengono assai evidenti anche con quan- tità piccolissime di d oleina. Reazioni di M. Spica 1. — La reazione fondata sulla trasformazione del gruppo innnidico della saccarina in gruppo nitrico per ossidazione con per- manganato potassico fu praticata per la dulcina nel modo seguente: Ad un poco di dulcina , introdotta in un tubo da saggio , furono aggiunte poche gocce di acido solforico privo essenzialmente di prodotti nitrosi e uitrici, e qualche cristallino di permanganato Potassico. Quindi, riscaldando lentamente il tubo, si aggiunse nuovo Permanganato, sino a che il liquido non venue più decolorato. Il prodotto dell’ossidazione venne addizionato con qualche centimetro cubo di acqua e decolorato con alcune gocce di solu- bile di anidride solforosa j quindi vi si aggiunse un poco di cloridrato di di feni laminili a e finalmente per mezzo di una pipetta vi si fece pervenire al foudo del tubo dell’ acido solforico con- centrato. Tosto si notò fra i due strati del liquido un anello colo- Iato ^densamente in bleù, colorazione che si diffuse con l’agita- 55,0116 iu tutta la massa del liquido. 2 — reazione dei diazocom posti fu da noi praticata sulla dulcina seguendo le indicazioni prescritte dallo stesso Spica per ,a Ocarina: U»a piccola quantità di dulcina mescolata con dell’ossido di calcio venue riscaldata in un tubo da saggio, sino ad imbrummen- 10 della massa. Durante il riscaldamento fu notato uno sviluppo (1 ‘ ammoniaca, mentre nelle pareti del tubo da saggio si conden- sano delle goccioline gialle. 11 Prodotto della reazione fu ripreso con circa due cent. cub. — 38 — di acqua calda, e la soluzione decantata in altro tubo da saggio venne addizionata con porte gocce di acido cloridrico e con u«i pezzettino di zinco granulato. La riduzione, a differenza della saccarina procede assai più lenta, ed è completa dopo alcune ore. La soluzione che deve essere leggermente acida, separata per decantazione dallo zinco indi- sciolto, fu allungata con acqua e addizionata con due gocce di soluzione di nitrato potassico e poche gocce di cloridrato di a naftalammiua. Si osservò tosto la nota colorazione rosea che a poco a poco divenne più intensa siuo al rosso-cremisi. Anche iu questo saggio adunque la duleina si comporta nel modo identico della saccarina e la reazione è sensibde anche per piccolissime quantità. Stabilita in tal modo la somiglianza di comportamento della duleina e della saccarina nelle reazioni di Vitali e di Spica, abbiamo voluto controllare tutte le altre reazioni ritenute distin tive per V una o per l’altra sostanza. Berlinerblau propone per identificare la duleina la seguente reazione caratteristica : Una piccola quantità di duleina introdotta in un tubicino da saggio, viene addizionata con 2 o 3 gocce di alcool metilico ‘ed altrettanto acido solforico concentrato e poscia viene riscal data per qualche istante all’ ebollizione. Dopo il raffreddamento si versa il liquido rosso-carico otte nuto, in un altro tubo da saggio riempito per metà di acqua, e vi si versa con precauzione della liscivia di soda o dell’ammo- niaca, evitando di mescolare i due liquidi. Alla zona di contatto si osserva allora un anello bleù, che man mano diventa sempre più intenso e la colorazione si diffonde a poco a poco in tutta 1 massa del liquido. Questa reazione è sensibilissima e avviene istantaneamente con le soluzioni non troppo diluite. Praticando per la saccarina tale reazione abbiamo constatato 6 ® trattata nelle identiche condizioni della duleina con alcool metili® 0 ed acido solforico, si produce la medesima colorazione rosso intensa, ma poi non si osserva l’anello bleù con soda nè con ammoniaca. Il Wender propone, come reazione caratteristica della dulcina, di aggiungere ad un pochino di questa , sostanza dentro una cap- sulina, alcune gocce di acido nitrico fumante. La miscela, che subito si colora in arancio intenso, viene po- scia addizionata cou due gocce di soluzione acquosa di fenolo ed acido solforico, e svaporata sopra un bagno maria sino a sec- chezza. Si ottiene un residuo colorato in rosso-sangue intenso, che persiste lungamente. Praticando comparativamente il medesimo saggio sulla sacca- rina, abbiamo osservato che essa per aggiunta dell’ acido nitrico fumante non assume colorazione alcuna ; e trattata con fenolo ed acido solforico concentrato, il residuo dello svaporamento assu- me una colorazione violetta intensa, che per aggiunta di ammo- niaca si muta in bel verde. Un’altra reazione per identificare la dulcina, e che si trova descritta nel trattato di Merceologia del Villavecchia (1) consiste nel trattare il residuo etereo, proveniente dall’ estrazione con etere dai prodotti commerciali, con 2 ce. di soluzione al 6 % di nitrato d’argento, o di cloruro mercurico al 5 % e quindi fa- cendola evaporare lentamente sopra un bagno maria sino a sec- chezza agitando continuamente. Si otterrà tosto una bellissima colorazione violetta. Riscaldan- do ancora per pochi minuti sopra bagno di sabbia a 160 la colorazione si manifesta più intensa. Aggiugeudo poscia un poco di alcool assoluto, si ottiene una soluzione colorata in rosso- vinoso. La saccarina trattata nelle identiche condizioni col nitrato di argento produce un precipitato bianco, mentre col cloruro mer- curico non si forma alcun precipitato, nè dà le medesime colora- bili della dulcina. (1) Viixavbcchia — Trattai — 40 — Per la dulcina viene ancora consigliata un’altra reazione Un po’ di sostanza si sospende in tubo da saggio in 5 di acqua distillata e vi si aggiungono 2 o 4 gocce di nitrato i curico che non contenga eccesso di acido nitrico e si t: immerso il tubo per 10 miuuti nell’ acqua bollente, tosto una leggera colorazione violetta, e se allora si fa cadere nel liquido una piccola quantità di biossido di piombo, la colo- razione diviene ancora più intensa. Trattando la'saccarina con una soluzione di nitrato mercurico, si produce invece un precipitato bianco anche con soluzioni di- luite sino ad 1: 10000. Tale precipitato, dovuto alla formazione di un composto mercurico della saccarina, ha la proprietà singolare di sciogliersi facilmente nei carbonati alcalini senza decomporsi e di ripreci- pitare inalterato per neutralizzazione con un acido. Il comportamento della saccarina col nitrato mercurico ha attirato molto la nostra attenzione, e noi quindi ci siamo prefissi di studiare la- vera composizione di tale composto mercurico, che si origina, con l’ intendimento anche di applicare questa reazione ad un metodo di determinazione quantitativa volumetrico della saccarina, analogo al processo Liebig adoperato per la determi- nazione dell’ urea. Lo studio di questo composto mercurico sarà argomento di una prossima pubblicazione. Finalmente abbiamo provato sulla dulcina, la reazione della saccarina proposta da Pinette e Schmitt (1) fondata sulla trasfor- mazione di essa in acido salicilico per azione della potassa fondente, e abbiamo constatato che la dulcina dopo la fusione con potassa dà un residuo che ripreso cou acqua acidificata con acido sol- forico diluito, produce per aggiunta di cloruro ferrico, una colo- razione rossa-bleùastra, e con ipoclorito di calcio colorazione (1) Vedi loco citato pag. 270. (2) Eep. e Aualyfc. Chem. _ 1887 — 5 pag. 438. — 41 — CONCLUSIONI Dalle reazioni comparative da noi eseguite sulla saccarina e sulla dulcina risulta quindi : 1. Che le reazioni proposte dal Vitali per il riconoscimento della saccarina, fondate sulla identificazioue dei suoi prodotti di scissione ottenutesi per riscaldamento con calce spenta o con aci- do solforico e iodato potassico, non sono caratteristiche; poiché anche la dulcina, sottoposta ai medesimi trattamenti, si comporta nella stessa maniera. 2. Che le due reazioni proposte da M. Spica per riconoscere la saccarina, fondantesi : 1* una sulla trasformazione del gruppo immidico in acido nitrico per ossidazione con permanganato po- tassico , 1’ altra sulla trasformazione in acido solfoamidobenzoico e successiva identificazione di questo con la reazione dei diazo- com posti, non sono nemmeno caratteristiche, perchè sono anche comuni alia dulcina. 3. La reazione della fluorescenza di Bornstein, (1) quantunque è d,8t intiva rispetto alla dulcina, tuttavia, come è stato osservato da parecchi sperimentatori, non è da ritenersi come sicura, per- chè altre sostanze che possono venire estratte nel processo co- munemente usato per l’estrazione della saccarina dai prodotti ali- mentari o commerciali, possono dare la stessa fluorescenza. Sicché la vera reazione caratteristica, e diremo quasi incon- testabile per identificare la saccarina , riteniamo quella fondata 8ul riconoscimento del gruppo solfonico che non è contenuto nella dulcina. Questa reazione, che alcuni autori rigettano, perchè la cre- dono poco sensibile quando si hanno da identificare piccole quan- t,tà di ««stanza, noi riteniamo sia sempre da preferirsi , poiché Dnita a quella della trasformazione in acido salicilico, fornisce la Prova più chiara ed inconfutabile per la conferma della saccarina. 7, p. 393. — 42 E possiamo aggiungere, riguardo alla sensibilità , che ope- rando con la massima accuratezza, e facendo uso di reattivi pu- rissimi, si può ottenere la reazione assai netta ed evidente , an- che con gr. 0,001 di saccarina. In quanto alle reazioni cromatiche, solamente quella di Lin- do (1) (trattamento con acido nitrico potassa ed alcool) sarebbe distintiva per la saccarina, rispetto alla dulcina. -- 44 — P. Bertolo e I. Vitali.— SOPRA DUE COMPOSTI MER- CURICI DELLA SACCARINA. In una precedente nota riguardante le reazioni differenziali tra la saccarina e la dulcina (1) abbiamo accennato al comporta- mento speciale della saccarina verso il nitrato mercurico e alle proprietà singolari del composto mercurico che per unione delle due sostanze viene a formarsi. La reazione della saccarina col nitrato mercurico è dovuta al Bruylants, e il Vitali (2) la consiglia come metodo di determina- zione quantitativa della saccarina. A tal uopo la soluzione di saccarina, neutralizzata con car- bonato sodico, viene addizionata con un leggero eccesso di solu- zione di nitrato mercurico e dal composto mercurico, raccolto, la- vato e pesato, si calcola il peso della saccarina direttamente; o meglio ancora detraendo dal suo peso il mercurio che si ottiene per decomposizione del composto con una corrente d’ idrogeno solforato e pesando poscia il solfuro di mercurio formatosi. Come facilmente appare questo metodo, quantunque sia abba- stanza comodo, tuttavia lascia dubitare alquanto della sua esattezza. Infatti noi avendo avuto occasione di sperimentarlo ripetu- tamente non abbiamo ottenuto mai dei risultati soddisfacenti ; e quindi avevamo pensato di sostituire tale processo di determina- zione quantitativa della saccarina , con yn metodo volumetrico , impiegando una soluzione titolata di nitrato mercurico, in modo analogo al processo Liebig adoperato per la determinazione quan- titativa dell’ urea. Però per quanti tentativi noi abbiamo fatto in proposito, ripetendo in diversi modi l’andamento della reazione, non abbia- mo potuto pervenire all’ intento, e ciò segnatamente per il che, avendo il composto mercurico la proprietà singolare di scio- gliersi nei carbonati alcalini e negli acidi, diversamente dal com- (1) P. Bkbtoi.o k I. VlT4l,l. — Reazioni commi e differendoli tra laccari* . dulcina Bollett. della Accad. Giom.io.-C.tama._F.ee. IXC. -Leghe M* (2) Bollett. chini. Farm. _ 1899 pag. 297. — 45 — posto mercurico dell’urea, non si è potuto mai colpire esattamente Attirata in tal modo la nostra attenzione dal comportamento singolare di questo composto mercurico, abbiamo creduto interes- sante di studiarne con esattezza tutte le sue proprietà e quindi stabilire la sua vera composizione. Le nostre esperienze in proposito ci hanno condotto alla conclusione che, per azione del nitrato mercurico sulla saccarina si forma un composto in cui il mercurio va a sostituire l’idro- geno imidico della saccarina. Tale composto però ha una composizione differente a seconda delle condizioni nelle quali esso si forma, come anche a seconda che venga cristallizzato dall’ acqua ò dall’alcool, ovvero dall’acido acetico. intatti se si tratta una soluzione acquosa di saccarina satura a freddo (1 : 400), con nitrato mercurico, si ottiene un prodotto cl»e contiene il 46, 30 °/ 0 di mercurio. Se invece si tratta una soluzione acquosa di saccarina satura a caldo (1:30), col nitrato mercurico, si ottiene un precipitato che, dopo prolungato lavaggio con acqua bollente, contiene il 40,26 °/ 0 di mercurio. Tale differenza nelle percentuali di mercurio probabilmente 81 ^ eve possibile formazione di sali mercurici basici. Tale ipotesi viene avvalorata dal comportamento verso i sol- venti dei prodotti ottenuti tauto in un modo che nell’ altro. Cristallizzando il composto mercurico dall’acido acetico si ar- nva ad Ul * prodotto che contiene il 35, 50 % di mercurio, quan- htà che, come si vedrà in seguito, corrisponde a quella di un com- mto risultante dall’ unioue di due residui della saccarina con un \so./ / \ < > — 46 — Cristallizzando invece dall’alcool dii aito o dall’acqua bol- lente il prodotto ottenuto sia a freddo che a caldo, si ottiene un medesimo composto contenente il 34, 48 °/ 0 di Hg; quantità che corrisponderebbe ad una molecola del prodotto cristallizzato dal- 1’ acido acetico, più una molecola d’ acqua, della formolo : .CO. oppure ad un composto basico unito ad una molecola di saccari- C° /Ov C 6 H 4 ^ \N.Hg.OH.C e H 4 / \NH 'SO,' '80/ PARTE SPERIMENTALE Il composto mercurico è stato da noi primieramente preparato nel seguente modo: Ad una soluzione satura e bollente di saccarina abbiamo ag- giunto a piccole i>orzioni, e agitando, una soluzione di nitrato mercurico, privo di un eccesso di acido nitrico (1), fino a che il liquido limpido soprastante non s’intorbidava più. Dopo raffreddamento, il precipitato bianco cristallino che si era depositato al fondo del recipiente, venne raccolto sopra un filtro alla pompa, e quindi lavato ripetutamente con acqua calda per privarlo dalle tracce di saccarina o di uitrato mercurico, che eventualmente poteva contenere. (1) Il reattivo mercurico è stato preparato sciogliendo ìb 20 oc. di acido nitri- co (d. 1, 20) circa 2 grammi di ossido giallo di mercurio precipitato da recente. Alla soluzione si aggiunse a poco a poco della soda caustica fino a che d pre- cipitato giallo che sì formava stentava a ri disciogliersi e il liquido rimaneva leggermente torbido. Questo liquido filtrato venne poscia impiegato per 1 1180 come reattivo. — 47 - Il composto così ottenuto è quasi insolubile nei comuni sol- venti anidri e nell’ acqua fredda, poco solubile nell’ alcool e nel- P acido acetico diluiti. Cristallizzato dall’ alcool al 45 °/ 0 , si pre- senta in lunghi aghi setacei, spesso raggruppati a raggi. Fonde verso i 300°. Si scioglie nei carbonati alcalini e riprecipita inalterato neu- tralizzando con acido nitrico ; è anche solubile nell’ eccesso di questo acido. Trattato con gli idrati, alcalini si decompone dando l’ossido giallo di mercurio. Si decompone anche con idrogeno solforato e con solfuro ammonico precipitando il solfuro di mer- curio e mettendo in libertà la saccarina. Come è stato accennato precedentemente, la composizione di questo composto mercurico non è costante, ma a seconda che esso viene cristallizzato dall’ acido acetico o dall’ alcool diluito e dell’acqua bollente, si ottengono dei prodotti di varia composizione. Analisi del composto mercurico cristallizzato dalV addo acetico 11 composto mercurico ottenuto nel modo anzidetto, facendo cadere una soluzione di nitrato mercurico sulla soluzione acquosa satura a caldo di saccarina , dopo essere stato opportunamente lavato, venne disciolto nell’ acido acetico al 60 °l « 11 el < * uale è discretamente solubile a caldo. Per raffreddamento del solvente si depositò il composto sotto forma di cristalli bianchi aghiformi e lucenti, che fondevano a 300 C0B Parziale decomposizione. Questo prodotto , ricristallizzato per altre due volte dallo stesso solvente venne poscia disseccato in stufa a 100° sino a Peso costante, e poscia fu sottoposto all’ analisi, ritenendo suffi- eienti le determinazioni di solfo e di mercurio. Per la determinazione quantitativa del solfo abbiamo spe Cruentato i diversi processi finora usati, eseguendo prima de e Prove in bianco sulla saccarina purissima. — 48 — In riguardo, possiamo affermare cbe il metodo Messiuger fondato sulla ossidazione eon permanganato potassico in soluzione alcalina, come anche l’ altro metodo fondato sull’ ossidazione con acido cromico in soluzione cloridrica , non hanno dato risultati esatti, per i forti spruzzi che si verificavano durante il riscal- damento e per la separazione di grandi quautità di silice che rendevano difficile la filtrazione e i lavaggi. Abbiamo tentato V ossidazione dello zolfo con 1’ acqua rag* già , e col metodo di Freseuius-Babo , usato per la distruzione delle sostanze organiche, e neauco con questi metodi abbiamo ot* tenuto risultati soddisfacenti. In ultimo abbiamo sperimentato con ottimi risultati il mè- todo della fusione con nitro e carbonato sodico. Però facciamo notare, che affinchè la fusione proceda regolare fa duopo che la sostanza sia mescolata con un eccesso di miscela ossidante. Il prodotto della fusione ripreso quindi con acqua acidulata con acido cloridrico, venne addizionato con cloruro di bario secondo le norme suggerite per la determinazione dell’ acido solforico. Questo processo, nelle prove eseguite sulla saccarina , ci ha fornito dei numeri quasi teoretici , e quindi noi lo abbiamo pre- ferito agli altri metodi per le determinazioni di solfo nei compo- sti mercurici da noi analizzati. Le determinazioni di mercurio furono eseguite sciogliendo il composto in acqua acidulata con acido cloridrico e facendo at- traversare la soluzione calda da una corrente d’idrogeno solforato. Il solfuro di mercurio formatosi veniva quindi raccolto la- vato e disseccato : i gr. 0, 351 11 gr. 0,4685 ni gr. 0, 348 IV gr. 0,3771 gr. 0, 2685 di Ba S0 4 gr. 0, 3787 di Ba S0 4 gr. 0, 143 di Hg S gr. 0, 1568 di Hg 8 Calcolato per (C 6 H 4 0 3 8 N) 2 Hg. S = 11, 34 •/, Hg = 35, 46 «/ 0 10,50 irnnv LI, 10 35,32 35,79 — 49 — Dai risultati analitici noi abbiamo quindi attribuito a qi sto composto mercurico la formolo /\ / co \ 'VrQ" Ohe realmente al composto debba assegnarsi tale formola , oltre alle determinazioni di mercurio o di solfo, che corrispondono al calcolato di essa , lo dimostra il fatto di avere riottenuto la saccarina inalterata per decomposizione del composto mercurico con idrogeno solforato. Inoltre, una prova più chiara per avvalorare l’ assegnameuto di tale costituzione noi 1’ abbiamo avuto nel fatto assai impor- tante di essere pervenuti ad ottenere lo stesso composto per una altra via, cioè trattando direttamente la saccarina con ossido giallo di mercurio nel modo identico cou cui si prepara il com- posto mercurico della succinimide. A tale uopo noi abbiamo operato nel modo seguente: Grammi 4 di saccarina pura, si sono sciolti a caldo in 60 cc. d acqua. Quindi si aggiunse a piccole porzioni dell’ ossido giallo di mercurio, da recente precipitato e sospeso nell’ acqua, agitando continuamente, e avendo cura di non aggiungere nuovo ossido se n °n prima veniva disciolto il precedente. Man mano che 1’ ossido di mercurio si discioglieva, il liqui- do s’ intorbidava e lasciava separare uua sostanza bianca che si depositava al fondo del recipiente. l’operazione fu sospesa allorquando mìào rin) ase indisciolta. Dopo raffreddamento, il precipitato vt ro alla pompa e lavato ripetutamente c ^* er separare la sostanza dall’ ossido giallo di mercurio ri- ^sto indisciolto, abbiamo approfittato della proprietà speciale e essa ha di sciogliersi nel carbonato sodico. Dalla soluzione a colina filtrata, fn riprecipitato il composto mercurico per acidifi- nuova porzione di ìe raccolto sopra i acqua calda. — 50 — cazione con acido acetico, e quindi purificato per ripetute cristal- lizzazioni dallo stesso acido acetico. Il prodotto così ottenuto per il suo punto di fusione e per tutte le sue proprietà fisiche e chimiche è identico a quello che si forma trattando la saccarina con nitrato mercurico. Le determinazioni di mercurio e di solfo diedero anche dei risultati concordanti con quelli della sostanza precedentemente otteuuta, alla quale fu assegnata la formola / C0 \ v C 6 H 4 ' ^n] 2 Hg. ^80/ I gr. 0, 2746 di sostanza fornirono gr. 0, 1103 di Hg. S. II gr. 0, 2315 » » gr. 0, 1922 di Ba.80 4 . Calcolato per Trovato (C 7 H 4 S0 3 N) 2 Hg. I ^ He = 35. 46 »/„ 35. 99 8 ^ 11 , 34 0 / # ? 11 , 30 Analisi del composto cristallizzato dalV alcool diluito o dall’ acqua bollente. Il composto mercurico ottenuto nel modo descritto per azio ne del nitrato mercurico sulla soluzione satura a caldo di sacca- rina, venne purificato separatamente : una porzione cristalli^ 11 dola dall’ acqua bollente e un’ altra porzione cristallizzandola dal P alcool al 50 %. I prodotti ottenuti diedero alP analisi i seguenti risultati Composto cristallizzato dall ’ acqua I gr. 0, 227 di sostauza diedero gr. 0, 0 808 di Hg S II gr. 0, 2929 » » gr. 0, 1184 di Hg S III gr. 0, 2043 » , gr. 0, 1679 di Ba S0 4 Calcolato per C 7 H 4 0 3 8 N.Hg0H.C 7 H 5 O 3 SN Hg =s 84, 36 % 8 = 10, 99 % in 34,14 - 51 — Composto cristallizzato dall’ alcool I gr. 0, 1937 d II gr. 0, 3854 III gr. 0, 3112. IV gr. 0, 4353 Calcolato per C,H 4 0 3 8 N.HgOH.C 7 H 5 0 Hg = 34, 36 % S = 10, 99 °/ 0 diedero gr* 0, 0776 di Hg S , gr. 0, 1541 di Hg 8 » ' gr. 0, 2670 di Ba S0 4 gr. 0, 3668 di Ba S0 4 n i inr iv 34,53 34,46 11,14 11,59 Come risulta dalle suddette determinazioni appare evidente che il composto mercurico cristallizzato dall* acqua bollente è iden- tico a quello cristallizzato dall’ alcool diluito. A tale composto potrebbero assegnarsi come probabili le due seguenti formule : / C °\ 1 Hg OH . c 6 h' h \so/ X so/ Noi riteniamo che la prima formula debba escludersi per il fatto che il prodotto, messo prima a peso costante in essiccatore ad acido solforico, e poscia sottoposto a riscaldamento per parec- chie ore in stufa a 120°, non diede alcuna diminuzione di peso. La seconda formula ci sembra invece più attentibile anche I»cr il fatto che diverse altre sostanze , come ad esempio i com- posti mercurici dell’anilina studiati dal Pesci (1) hanno un’analoga costituzione, risultando dall’ unione di una molecola di composto mercurico basico con una o più molecole della base da cui pren- dono origine. (1) Gazz. Chini. Ital. Voi. XXH (1892) p. 2» p. 32 - Voi. XXHI (1893) >° P. 521 — Voi. XXVI (1896) p. 2° p. 59. — 52 — In ultimo abbiamo voluto constatare se, cristallizzando dal- 1’ alcool il composto mercurico ottenuto direttamente sciogliendo F ossido giallo di mercurio nella saccarina, si ottenesse un pro- dotto della medesima composizione di quello ottenuto col nitrato mercurico e cristallizzato dallo stesso solvente. Per tale scopo ci siamo messi in condizione di preparare il composto mercurico impiegando una soluzione alcoolica e calda di saccarina, nella quale abbiamo fatto cadere a piccole porzioni 1’ ossido giallo di mercurio sospeso anche nell’ alcool. Il prodotto che si separava dalla soluzione alcoolica duraute 1’ operazione, si presentava in forma di aghi sottilissimi con aspet- to setaceo. Questo composto raccolto, dopo raffreddamento, sopra un filtro e ricristallizzato dall’alcool, fu sottoposto all’analisi e per esso si ot- tennero dei risultati concordanti con quelli del composto ottenuto dal nitrato mercurico e cristallizzato dall’alcool o dall’acqua bollente. gr. 0, 566 di sostanza fornirono gr. 0, 2257 di Hg S. gr. 0,3196 , » gr . 0 , 2784 di Ba S0 4 I c 7 H 4 0 3 S N . Hg OH . C 7 H 5 0 3 N Hg = 34, 36 % 34, 37 S = 10, 99 o /o 10, 95 Quest’ultimo risultato ci ha fornito quindi la conferma che nella preparazione del composto mercurico della saccarina è real- mente la natura del solvente che influisce sulla formazione del composto basico o del composto neutro. Dal comportamento della saccarina con 1’ ossido giallo di mercurio si può infine desumere la sua somiglianza con la suc- ci mmide, nel formare direttamente il composto mercurico , e per conseguenza si ha una prova di conferma sulla funzione acida del gruppo imidico della saccarina. ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI pervenute in cambio e in dono, presentate nella seduta del 5 loglio 1906 ITALIA ESTERO I Catalana d’ historia r Proceed. — Voi. XLI, 13. fi. _ Voi. XVIII, 2. «remen - Natnrwissenacliaftlichen Verein — ^ C«|»rado Springs - Colorado College Stndies. Spinai - Société émnlatiou dn département dea Voages — Ann. -1 • Baile a. S. — Deutschen Mathematiker-Vereinignng — Jahresber. - 19° » 0 — 54 — Ha r lem - Musée Teyler - Arch. — Serie II, Val. IX, 3-4. Lausanne — Société vaudoise dea Sciences naturelles —Bull. - - Serie V, N. 155. Liege — Société géologique de Belgique — Ann. — Voi. XXXII, 3. London — Roy. Society — Proceed. - N. B 521. — N. A 400-402 — N. B 246. id. — London mathematical Society — Serie II, Voi. IV, 2. Mexico — Sociedad cientitica < Antonio Alzate » -Mera, y rev.—Vol. XXI, 5-8. id. — Iustituto geologico de MéxLco — Par erg — Voi. I, 10. Nevr-York — New-York Acad. of. Sciences, — Ann. — Voi. XVI, 2. id. — New-York Public. Library - Bull. — 1906, 5. Paris — Société zoologique de Franco — Tably du bull, et dee Mém. - An- née 1876-1895. Phiiadelphia - Academy of naturai Sciences — Proceed. — 1905, 2. Rocliechouart — Société Les amie des Sciences & arts — Bull. - Voi. XIV, 4-6. St. Louis - Academy of Science — Trans. — Voi. XIV, 7-8 -Voi. XV, 1-5. Toulonse - Àoadémie des Sciences inscriptions et belles lettres - Mém. - Serie X, Voi. V. id. — Université — Ann. Fac. so. — 1905, 3. Zaragoza — Sociedad Aragonesa de ciencias naturales — Boll. — 1906, 3-5. DONI DI OPUSCOLI Bénard Charles — Projet d’expédition ocèano graphique doublé a travers le bassi» polaire arctique (Association internationale pour V étude des régions po- laires) — Bruxelles, 1906. Bastali B. M. — The Cripple Creek Strihe of'l893 — with an introducilo* by T. K. Urdahl Colorado Springes, 1905 — (Colorado College Studies- General Series, n. 17). Rnmford — (The) fund of thè American Academy of arts and Sciences - Bo- ston, 1905. Torelli Gabriele e Giovanni Di Stefano — Commemorazione del Prof. Gaetano Giorgio GemmeUaro tenuta nell’ Università dt Palermo il 16 marzo 1905. Palermo, 1906. Estratto deU’ Annuario della R. Università di Palermo - Anno scolastico l905-’06. ELENCO DELLE MEMORIE da pubblicarsi e pubblicate nei volume XIX degli Atti in corso di stampa Mem. XX. — Prof. E. Boggio - Lkr.v — Sulla, radioattività di alcune terre. » XXI. - Dott. G. Trinchimi — Contributo allo studio della cauli feria. Gennaio 1907. Fascicolo XCII BOLLETTINO DELLE SEDUTE ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE . HATIjaUJ IN CATANIA resoconto delle sedute ordinarie e straordinarie e sunto delle memorie in esse presentate. ( NUOVA SERIE ) CATANIA TIPOGRAFIA W C. GASATOLA 1907 . INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE nel TRESfiftTE FASCICOLÒ Rendiconti Accademici Verbale dell’ adunanza del 12 Gennaio 1907 e parole del Presidente . pag Note presentate A, Bieco — Atlante di fotografie solari eseguite nell’Osservatorio di Astro- ' nomia fisica a Mendon (Parigi), pubblicato dal Direttore M. J. Janssen, assistito da M. Pasteur, fotografo dell’ Osservatorio — Faso.I. Achille Busso — Ulteriori ricérche sulla funzione di assorbimento dell’ epi- telio germinativo dell’ovaia dei mammiferi ( Nota prelim.) . A. B. Féletti — Origine dei cristalli di Charcot Neumann nel sangue d Prof. L. Bucca — Contributo allo studio delle lave (Nota prò- l C ’ • r,wt ~ Sul raggio di convergenza delle serie di potenze. Prof. Sebastiano Crino — L’Etna: Saggio antropogeografìco, con carta al . tìmetrica e lito-antropica Dott. 6. Accolla — Sulla radioattività di alcune rocce e terre . Giovanni Trovato Castorina - Ricerche temo-elettriche snl fenomeno Le-Ronr Elenco delle pubblicazióni pervenute in cambio e àrdono, presentate seduta del 12 Gennaio 1907 Elenco delle memorie da pubblicarsi e pubblicate nel volume XX < pr Gennaio 1907. Fascicolo XGII. DI SCIENZE NTiLTUR ALI Seduta del 12 Gennaio 1907. Presidente — Prof. A. Piccò Segretario — Prof. A. Russo Sono presenti i Soci effettivi Ricco, Rosso, Feletti, Pennac- chietti, ^apparsili, Bacca, Grimaldi, Lauricella, Pieri, Staderim, Ferrando, Buscalioni, Se verini. Dichiarata aperta 1’ adunanza, viene letto ed approvato il processo verbale della sedata precedente. Il Presidente inaugura il nuovo Anno Accademico, pronun- ziando il seguente discorso : Poiché in questa prima seduta dell’ Anno accademico 190 4 abbiamo un ordine del giorno molto esteso e molto ricco, diro ^lo poco parole per ricordare i principali fatti che riguardano il nostro Sodalizio. Però nell’aver l’onore di inaugurare oggi V 84° anno di vita Dell’Accademia Gioeuia non voglio mancare di rivolgere un aftét tnoso saluto ai carissimi Colleglli qui raccolti per ricominciare 1 mostri lavori sotto buoni auspici, come emerge dal numero ri- dante e della notevole importanza delle comuuicazioni presen- è di - 3 — In — 4 — fazione sorella e coinquilina, accordandole un po’ di largo nel- 1’ edilìzio dell’ Università, colla quale eollabora per la Scienza e per l’ istruzione della gioventù. Le condizioni finanziarie dell’ Accademia sono abbastanza soddisfacenti ; si risentono però delle oscillazioni circa i tempi della riscossione dei sussidii accordatici dagli Enti locali, patroni del nostro sodalizio, oscillazioni che consigliano, anzi obbligano Abbiamo fondata ragione di sperare che pure la Camera di Commercio d’ ora in poi verrà in nostro aiuto, riconoscendo cosi coi fatti che altresì le industrie ed i commerci traggono grande beneficio dalla Scienza, e che perciò questa merita alla sua volta di essere beneficata e sostenuta da essi. Confidiamo dunque che pure la questione finanziaria, quan- tunque la meno elevata , ma pur essa degna di considerazione anche per parte degli Accademici e dei studiosi, abbia uua rassicurante e lieta soluzione ; e così passiamo ad inaugurare serenamente l’anno accademico 1907, svolgendo l’ordiue del giorno della 1* adunanza. Si passa quindi allo svolgimento dell’ ordine del giorno che reca le seguenti comunicazioni : R. Felhtti — Origine completo sviluppo. Prof. L. Bocca — Contri] Prok. C. Srverini — Sul moto di rotolamento — ( Meni. 2 Polara — Sui rapporti di ervosi degli animali vertebrati i studio delle lave dell ’ Etna. Preside — 5 — zenitali, degli archi semidiurni e degli azimut all' orizzonte per la latitar dine di Catania. (Presentata dal Presidente Prof. A. Ricco). Prok. U. Drago — Sul reo tropismo degli spermatozoi. (Presentata dal Segretario Prof. A. Russo). Prok. G. Cutorh — Baro diverticolo del eolóu ileo-pelvico. (Presentata dal so- cio Prof. R. Staderiui). Prok. Paolino Fulco - I coerenti delle equazioni differenziali , lineari, omo- * ( z )- (Presentata del Socio Prof. G. Lauricella). Prok. 8. Crino - Bibliografia storico-seientifiea della regione etnea. (Presentata dal Presidente Prof. A. Ricco). Detto — Etna: Saggio antropogeografico , con carta altimetrica e fito-antropica. (Sunto dell’Autore). (Presentata dal Presidente Prof. A. Ricci)). D.R G. Accolla — Contributo allo studio della dispersione elettrica nell’ aria. (Presentata dal Socio Prof. G. P. Grimaldi) Detto _ Sulla radioattività di alcune rocce e terre. (Presentata dai Socio Prof. G. P. Grimaldi). ^ delle fumarole . (Presentata dal Socio Prof. G. P. Grimaldi). D.k G. Trovato Castokina - Ricerche termo-elettriche sul fenomeno Le-Roux. (Presentata dal Socio Prof. G. P. Grimaldi. Esaurito 1’ orili ue del giorno viene sciolta la seduta. NOTE A. Riocò — ATLANTE DI fotografie solari ese- guite NELL’OSSERVATORIO DI ASTRONOMIA FISICA A MEUDON (Parigi), pubblicato dal Direttore M. J. Janssen, assi- stito da M. Pasteur, fotografo dell’Osservatorio. Fase. 1. Questo magnifico ed importantissimo atlante è stato donato dall’illustre astronomo Janssen alla Società degli SpeUrosoapis^ta- l hni, ] a qua ] e si occupa i„ modo speciale di studii solari e a in Catania. Io sono certo di tare cosa gradita all’Accademia — 6 — 7 — mata di nubi globulari, simili a quelle del nostro cielo, quando è pecorino; questi globi lucidissimi sorgono e galleggiano in un mezzo meno luminoso: e quindi si comprende che la loro abbon- danza maggiore o minore determina una intensità maggiore o mi- nore della radiazione solare. La granulazione si riconosce in tutta la sfera solare, anche ai poli, ed anche sulle- facule e nella penombra delle macchie; dunque la granulazione è un fenomeno generale dell’ attività so- Anehe le macchie solari sono ben rappresentate in questo atlante, e le loro immagini, se non sono così chiare a vedersi come i disegni fatti a mano, hanno però il grandissimo pregio di essere assolutamente fedeli : cosa difficilissima da conseguirsi, anche per un abile ed esercitato disegnatore.. Da questi brevi cenni si vede come le fotografie dell’Osser- vatorio di Meudon dàuuo dei lumi preziosi riguardo alle questioni pii difficili e più importatiti , attinenti alla costituzione fìsica del sole. Nel 1905 il sig. Hansky dell’Osservatorio di Pulkova ha tatto delle fotografie solari con una specie di grande teleobbiet- tivo che dà l’immagine del disco solare, ingrandita a 54 cm. Poi egli ha ingrandito a due volte queste fotografie col solito pro- eesso ottico-fotografico, e quindi ha disegnato piccole porzioni i quest’immagine, ingrandendola ancora 5 volte; così egli ha po- tuto identificare i granuli fotosferiei e seguirne i movimen . ^ è risultato che i granuli hanno forme rotondeggianti col iame- tro vario da 1". 4 a 2". fi , ossia da 670 a 2000 km, d’accordo co " quanto risulta dalle fotografie di Janssen. Questi granuli si spostano con velocità varia, fino di una ventina di m - eondo. Nelle fotografie del disco solare, che da una dozzina ‘ l ““ si otteugouo collo spettroliogratb, mediante il quale si o «>11» luce semplice corrispondente ella radiazione di mia so *» dello spettro, il disco medesimo appare pure coperto fitta granulazione, costituita oltreché da grani minuti, rotondeg- gianti , ma poco distinti, altresì da masse luminose più grandi e meu regolari di forma , che il prof. Hale ha chiamato flocculi: sarà iuteressan tissimo conoscere la relazione che questi flocculi bau no coi granuli. Achille Russo — ULTERIORI RICERCHE SULLA FUN- ZIONE DI ASSORBIMENTO DELL’ EPITELIO GERMINATI- VO DELL’OVAIA DEI MAMMIFERI (Nota, prelim.). In una Nota (1) sullo stesso argomento ho dimostrato che l’epitelio germinativo che riveste 1’ ovaia dei Mammiferi in de- terminate condizioni si comporta analogamente al mantello epiteliale dei villi intestinali durante l’assorbimento. Tali condizioni si verifi- cano in maniera notevole quando si crea artificialmente all’ovaia un ambiente esterno nutritizio più abbondante del normale , il quale determina un esaltamento della funzione, come si ottiene iniettando della Lecitina nel cavo peritoneale. Le fasi descritte nella Nota citata, che, per la forma carat- teristica che assumono le cellule, sono di un valore non dubbio, mi hanno incoraggiato a proseguire le ricerche ed a iustituire nuovi esperimenti, che brevemente qui riassumo. Prima di tutto ho voluto constatate se la funzione di assor- bimento, che così evidente si manifestava nel caso delle iniezio- ni intraperitoneali di Lecitina, si compisse, indipendentemente da tale trattamento, nelle- condizioni normali. Dall’ esame delle ovaie, prese da Coniglie sagritìcate in di- versi periodi della loro vita, risulta che tale funzione è più ma- m festa nell’epoca dei calori, in cui l’epitelio germinativo presenta evidenti le fasi di assorbimento, che sono molto simili a quelle raffigurate nella mia Nota precedente, e che qui riproduco, per- chè quasi simili. .. , Russo ~ Sulla funzione di assorbimento dell’ epitelio germinativo del- l ovata de t Mammiferi - Monitore zoologico italiano-N. 9-1906. 9 — Protoplasma , che poggia sullo stroma connetti vale , formante la Ridetta albnginea, presenta uno «largamente o piede nel quale ... — il — ' 4 - 12 — È 1 fe ? % ?• - 13 — R. Feletti. - ORIGINE DEI CRISTALLI DI CHARCOT — 14 — — 15 — il li — 17 — Prof. Sebastiano Orinò — L’ETNA : SAGGIO ANTRO- POGEOGRAFIOO, CON CARTA ALTI M ETRIC A E FITO-AN- TROP1CA. Il Presidente, prof. A. Ricco, informa l’Accademia che la So- cietà Geografica di Roma pubblicherà tra breve un Saggio antro- pogeografico sulla . Regione Etnea del Prof. Sebastiano Orinò , il quale nell’agosto n. s. si recò sui luoghi a fare indagini dirette per tale studio. L’autore piglia le mosse dai tristi avvenimenti dell’anno testé scorso per dimostrare che gli studi sismici e vulcanologi non dànuo ancora risultati di utilità immediata; ritiene quindi che, date queste condizioni, il compito dello scienziato debba essere quello d’ insi- stere sulla necessità di provvedere nel modo più razionale alla si- curezza dei paesi che si trovano esposti ai disastri naturali d’ogni genere. E parlando in particolare dell’Etna, dice che nulla ha fatto V uomo per difendersi dalla forza distruttrice di questo vulcano. Passa in rassegna i più importanti lavori che si sono pubblicati in questi ultimi anni , i quali riguardano , quasi esclusivamente, la parte tìsico-geologica e la parte biologica dell’ Etna e dei suoi dintorni ; ma pochi, pochissimi— conchiude— sono stati gli autori eòe alle pure astrazioni scientifiche hanno .fatto seguire qualche osservazione di carattere antroi»ogeografico . Ricorda la memoria dell’ iug. Du Pérou sullo stabilimento della ferrovia nella zona vulcanica (1) , nonché quella dei Proff. A. Ricco e L. Franco solla stabilità del suolo all’ Osservatorio etneo (2) , e mostra la necessità che tali studi si estendano a tutti i luoghi della Re- sone, in modo che si possa consigliare una più razionale distri- buzione della popolazione. — Dopo varie osservazioni fatte in pro- posito, fa rilevare che, se qualche tentativo abbiamo sugli accer- (!) Ing. Du Pérou - Native sur V Etna , formation et compoiition de son *«*«/, éruption du février 1865- Catania, 1*65. ^ ^ « Boll, dell’ Acc. Gioeuia » , fase. LXV, novembre 1900. 18 — tomenti della relativa immunità e stabilità del suolo, quasi nulla si è pubblicato sulla varia distribuzione effettiva della popolazio- ne, che tanto caratterizza questa regione; e si direbbe— aggiuu- ge — che ben pochi finora hanno compreso l’importanza d’uno studio scientifico, che tenga conto precipuo della presenza e del- l’azione dell’uomo ; mentre l’Etna presenta, sotto il punto di vista antropogeografico, un campo vastissimo di osservazioui, le quali acquistano un grande interesse, perchè in uno spazio assai ristretto riscontransi le più varie condizioni di vita animale in armonia colla ricca e svariatissima flora, espressione vivente del clima fe- lice, che passa per tutte le gradazioni, dal clima sub-tropicale a quello dello Spitzbergen ». — Dando uuo sguardo alla distribuzione della popolazione, nota che la zona di popolamento non sorpassi» generalmente gli 800 m. , e che più in alto si incontrano bensì molte case coloniche e masserie isolate, le quali tuttavia, facen- dosi sempre più rade, non si estendono al di là di 1400 metri. Qual’ è dunque — si domanda 1’ autore — 1’ azione che esercita la montagna sulla distribuzione della popolazione così ineguale e in aperto contrasto fra il versante orientale e meridionale il quale è largamente coperto di città e di borgate, e il versante interno quasi deserto dove la popolazione è solo agglomerata in tre cen- tri ! E, riconosciute queste ragioni , non si potrebbe allargare e spingere più oltre la fascia di popolamento nelle parti più ele- vate e relativamente più sicure di questo vulcano! Dato il fatto poi che le montagne in generale possono ritenersi come aree di dispersione dei popoli e le grandi pianure come aree di richiamo e di concentrazione, sotto quale aspetto può l’Etna essere consi- derato con la sua base al Jonio e alla piana di Catania e la som- mità sopra i 3000 metri ! — Queste ed altre domande egli si fa, considerando la varia distribuzione della popolazione in questa regione, la quale per se stessa costituisce una vera e propria indi- vidualità geografica; ove più specialmente lo interessano i molte- plici problemi che si riferiscono ai complessi rapporti tra la terra « 1’ uomo. Di siffatti rapporti 1’ autore paria diffusamente 19 - — 20 — Così il perimetro della Regione Etnea, come la intendono G. Ma- rinelli e F. S. Giardiua , è misurato da quest’ ultimo km. 212 ; ristretto nei limiti indicati dal prof. Orinò (vedi lavoro), può essere calcolato in cifra rotonda km. 162. Questa cifra è sempre supe- riore ai km. 144 dati dal Prof. O. Silvestri, il quale, per giunta, anche lui comprende nel perimetro etneo la parte della Piana di Catania alla sinistra del Simeto-Giarretta. Limitato per tal modo il suo studio, P autore ha cercato an- zitutto di studiare la geografia tìsica dell’ Etna , servendosi di quanto ha assodato la geologia intorno all’ origine e allo svilup- po di tutta la regione ; e in brevi cenni ha creduto di riassumere il processo con cui le forze così endogene che esogene sono ar- rivate a costituire la Regione Etnea quale essa si offre ai nostri sguardi , prima di tratteggiare i caratteri generali che dànno la immagine dell’ ambiente geografico , onde viene a fissarsi lo svi- luppo poleografico. Il lavoro è, come abbiamo detto, accompagnato da una Carta altìmetrica Jito-antropica dell’Etna , costruita alla scala di 1 : 125000, la quale raccoglie gli elementi di tutte le indagini fatte dall’au- tore, e sulla quale sono necessariamente basate le sue deduzioni. In questa carta trovasi divisa la regione in aree orizzontali se- condo le linee isoipse da lui ritenute più importanti, dandone due sezioni verticali : una secondo il parallelo passante per il vertice dell’Etna, l’altra secondo il meridiano del vertice stesso, che è pure prossimamente quello dell’Europa Centrale. Ma, per evitare confusione, V autore nella carta ha segnato la sola vegetazione e le culture relative , non omettendo però le città e i villaggi , senza indicare espressamente la varia densità della popolazione. Però alia carta è sovrapposto un foglio, in cui si vede la Regione Etnea distinta in otto settori, che babbo il vertice al cratere cen- trale e la base sui rispettivi limiti della Regione preventiva- mente fissati. Di questi settori sono state prese le misure planimetriche a parte a parte, e complessivamente. Tenne determinata 1’ » rea — 21 — orizzontale della regione culminante, di là dai 1000 m., e quelle, per lo studio in parola particolarmente interessanti, che stanno fra le isoipse di 1000 m. e di 500 m., e da 500 m. al livello del mare. Per ogni settore, ove furono a suo tempo fissate le delimi- tazioni dei comuni quali risultano dalle carte dell’ Istituto Geo- grafico Militare, è stata calcolata, nei limiti delle isoipse indicate, la popolazione assoluta e relativa, secondo i dati che egli ha cre- duto più probabili. Così si possono di uno sguardo sorprendere i possibili rapporti fra le varie culture e la distribuzione della po- polazione, che nel suo complesso può dirsi agricola; e si possono rilevare meglio tutti gli altri fattori, che sono oggetto di speciali osservazioni sullo sviluppo poleografico della Regione Etnea. Opportunamente V autore ha distinto una zona o fascia cir- cumetnea di massima intensità poleografica fra il livello del mare e Maletto ; in tal modo gli riesce agevole rilevare come essa si colleghi alle culture, fissandone i dati e traendone le conseguenze. Poiché, come sopra si è detto, le condizioni economiche si ridu- cono in questa regione quasi esclusivamente alle condizioni del- 1’ agricoltura e alle industrie relative. E alla conoscenza di tali condizioni gli giovarono tanto i volumi dell’ Inchiesta agraria , quanto gli studi dell’ Hupfer. — Completano il lavoro due spec- chietti, dei quali 1’ uno mette sott’ occhio le diverse produzioni della regione, 1» altro 1’ epoca di fondazione dei singoli comuni 6 la loro popolazione nei vari secoli ; con F aiuto di questi due specchietti riesce agevole osservare il movimento sociale che è avvenuto dal 1500 ai nostri giorni, e si rintracciano viemmeglio le cause che hanno influito a comporre le sue varie e progressive condizioni. — Insomma il lavoro può dirsi completo nel suo ge- ,,ere : esso rappresenta un nuovo programma di studio metodico soli’ Etna, e può offrirsi come tipo di lavori consimili, non es- sendo stato dimenticato nessuno dei lati del complesso problema antropogeogratico. — 22 — • SULLA RADIOATTIVITÀ DI AL- CI) Atti dell’. tro la campana trovasi il piattello contenente là sostanza, della quale s’ impiega costantemente il peso di 100 gT. : La differenza- tra la caduta espressa in volta-ora nel secondo caso e quella dovuta all’ aria solamente esprime in volta-ora la radioattività della sostanza. Evidentemente i numeri ottenuti sono relativi all’ apparec- chio adoperato; ma per avere un dato di riferimento ho misurato . 1® radioattività di una sostanza completamente inattiva ben me- scolata con dell’uranio metallico in polvere, nella proporzione di 99 gr. per ogni grammo d’ uranio e dopo ho riferiti i valori della radioattività delle sostanze a quello di quest’ ultima. Ho preferito questo modo di confronto, anziché quello con deH’ uranio metallico, perchè a mio credere la radioattività con- ferità artificialmente ad una sostanza inattiva risponde dippiù alla realtà, perchè, com’è noto, le sostanze poco attive si possono considerare come costituite di materiale inattivo mescolato a qual- che sostanza attiva, in certi casi in proporzioni sparutissime. La caduta della fogliolina viene in ogni caso osservata lun- go la divisione ai cui estremi corrispondono per il potenziale i valori di 178 e 173 volta e le misure son fatte sempre con ca- nea-positiva. Questo potenziale è abbastanza elevato per ritenere di aver operato col regime della corrente di saturazione ; ma io me ne 80110 voluto accertare sperimentalmente misurando la dispersione 1,1 diversi Punti della scala. Ee sostanze sono state esaminate a quasi due mesi di di- 8ta,,za da che furono raccolte , esse sono state ben disseccate , ridotte in polvere e poi vagliate con uno staccio a maglie strette. **er ognuna di esse ho eseguite due misure, che in generale 801,0 Esultate eoncordantissi m e ; le poche volte iu cui non si è avuta tale concordanza ho eseguito a più riprese, con la sostan- ^ « senza di essa, la misura della dispersione e iu ogni caso ho fHtfc0 ^ media dei valori corrispondenti. Durante ogni serie di mis ure la dispersione dovuta all’ aria si è mantenuta quasi co- — 24 I 3 , 1 | 1 1 S ! ! 3 il 1 1 2 I i 9 I il 3 1 ì I 1 1 1 1 ,11. — 27 — classificate : terre vegetali e argille comuni, tufi e detriti basal- tici, basalti, calcare tenero e tufo calcareo. 2. La radioattività dell’ argilla con la cottura diventa ab- bastanza esigua. 3. I tufi e i detriti basaltici sono più attivi delle rocce basaltiche da cui derivano. 4. Le sabbie fluviali e i fanghi dei lidi marini esaminati hanno una radioattività piuttosto bassa e dello stesso ordine di grandezza. 5. La radioattività della lava etnea, delle rocce calcaree e del sale marino è trascurabile. fi. Il fango della sorgente d’ acqua solfurea di Brucoli ha mia radioattività dell’ordine di quella delle terre vegetali, troppo bassa perchè ad essa possauo attribuirsi le proprietà terapeutiche che all’acqua e ai fanghi di tale sorgente sono state riconosciute. Oott. Giovanni Trovato Castorina. — RICERCHE TER- MO-ELETTRICHE SUL FENOMENO LE-ROUX. È noto che, scaldando un punto qualunque di un filo me- toUico omogeneo le cui estremità, mantenute alla stessa tempera- la, siano poste in relazione con un galvauoinetro, non si hanno effetti termo-elettrici. M. Maguus prese un filo di ottone non ricotto di 1 m. di Vaghezza e di 7 mm. di diametro ed assottigliò la parte media ber una lunghezza di 15 em. circa fino a ridurre ad 1 mm. il diametro della parte sottile; scaldando da una parte o dall’altra dell’intacco, non ebbe corrente. le-Roux , volendo far vedere «he gli effetti termo-elettrici 80,10 dovuti al contatto fra due superficie aventi una differenza di temperatura e quindi deposizione molecolare diversa, l>rese un’asta di ottone di 80 cin. di lunghezza e di 9 mm. di diametro , lo ricosse più volte al rosso e ne assottigliò l’estre- vite di pressione per stabilire le comunicazioni col galvanounetro; e per impedire maggiormente che il calore si comunicasse a que- sti punti di congiunzione, fece penetrare le estremità in due re- cipienti pieni d’acqua alla temperatura della stanza in cui egli sperimentava. Riscaldando la parte media dell’ asta con una forte lampada ad alcool, constatava che non v’era produzione di cor- rente ; quando l’asta, per difetto di omogeneità, dava corrente, egli la scartava. Smontata quindi 1* asta, fece nella sua parte cen- trale un intacco circolare da 6 a 7 mm. di luughezza e profondo mm. 2 1 / 2 circa, fig. l a . M M j \ Montato di nuovo l’ apparecchio e riscaldato da un lato o dall’ «altro dell’ intacco , constatò la produzione di ima corrente che andava dal caldo al freddo (1). Le-Ronx spiega il suo fenomeno nel seguente modo : Suppo- niamo di scaldare la parte MM, allora la parte min le sottrae calore; cosicché la parte centrale della sezione MM è soggetta ad una tensione forzata rispetto alla superficie esterna che è meno fredda, mentre il tratto dell’asta mmm'm resta sensibilmente allo stato naturale , epperò 1’ origine della corrente , che , come si è detto, va dal metallo teso al metallo allo stato naturale. Nella sezione M'M' v’è un effetto di compressione, il riguardo al senso della corrente , concorda coll’ effetto prodotto dalla sezione MM. S’ intende che la sensibilità del fenomeno dipenderà non solo dal rapporto tra il raggio dell’ asta e quello della parte assotti- gliata, ma anche dalla lunghezza di questa, giacché la lunghezza (1) Annate» de Physique et de Chimi* X-Pag. 214. — 29 — e la profondità sono le circostanze che determinano la differenza di temperatura fra le due superficie poste a contatto. Iu particolare, quando la parte assottigliata è troppo lunga e sottile, la quantità di calore che essa sottrae è debolissimo ed iu queste condizioni M. Magnus , come si disse , non ebbe cor- Seconda esperienza. — Prese una seconda asta di ottoue e , dopo d’ averla disposta colle stesse norme sopra accennate , vi fece, verso la parte media , un intacco circolare di profondità sempre crescente con una lima a forma di coltello fig. 2 a . r ix izp Man mano che approfondiva l’ intacco , 1’ effetto si rendeva sempre più sensibile fino ad avere un massimo , allorché la se- zione della parte sottile era inferiore a qualche centesimo di mil- limetro quadrato , effetto che è presso a poco uguale a quello «he si osserva quando vengono completamente separate le due superficie e poi messe a contatto. Questa esperienza, dice Le-Roux, è molto importante perchè essa tende a provare che gli effetti termo-elettrici , nelle espe- rienze di questo genere, non sono dovuti, come qnaleuuo ha sup- posto, (l), a strati di materia estranea interposti fra le due su- perficie. Mi sono proposto di fare uno studio più accurato, anche estendendolo ad altri metalli. Queste ricerche furono eseguite con uu galvanometro a piccola resistenza , astatizzato a 10 secondi, ^e letture vennero fatte col metodo di Poggendorff. 1 metalli da me adoperati furono quasi tutti quelli che si (1) W od. Annate de Physique et de Chimi*- 3‘ aerie - 1858 - 1. L1II - P»g. 370. — 30 — trovano comunemente in commercio ed il diametro delle aste sottoposte all’ esperimento fu constatato di 9 min. Ottone dei. commercio.— Cominciai dapprima a ripetere le esperienze di Le-Roux con aste di ottone del commercio della lunghezza di 80 cm. e di 9 min. di diametro, che ricossi tre volte al rosso. Disposi 1’ apparecchio nel modo indicato da Le-Roux , se non che, per stabilire le comunicazioni col galvanometro , a ciascuna estremità del metallo saldai un filo di rame ed isolai con paraffina le parti estreme dell’ asta, che immersi nell’ acqua. Per constatare l’ omogeneità dell’ asta, ne riscaldai la parte media per conduzione mediante una striscia di rame, lunga cm. 20 e larga cm. 2, una estremità della quale, foggiata a semi anello, misi in contatto col tratto da scaldare. Feci quindi verso la parte media, un intacco circolare lungo mm. 7 e profondo mm.2 1 /*- Scaldando da una o dall’altra parte dell’intacco, ebbi una debole deviazione in un seuso o nell’ altro , ma sempre indicando una corrente che andava dal caldo al freddo , la quale metteva in evidenza il fenomeno. Approfondendo l’ intacco fino a ridurre ad 1 ram. il diametro della parte sottile (1), il fenomeno diveuiva sempre più sensibile. Avendo ripetuta la seconda esperienza di Le-Eoux, osservai, che, quando l’ intacco , fatto colla lima a coltello , era profondo mm. 2 */*» il fenomeno non si manifestava, ed era invece ab- bastanza evidente allorché si faceva profondo 4 mm. Dopo rotta la parte sottile, e poste a contatto le due superficie separate dal- l’ intacco, la direzione della corrente rimaneva invariata ed il e* nomeno diveniva molto più sensibile. Dopo di ciò presi un’altra asta di ottone della stessa luu ghezza della precedente e, senza ricuocerla, feci nella parte media un intacco circolare lungo mm. 11 e profondo mm. 2 V* (1) Affinchè la parte assottiglia — 32 — Zinco del commercio. Esperienze analoghe a quelle fatte sull’ottone ho eseguito su diverse aste di zinco del commercio il) ed ho osservato che la direzione della corrente non è costante. Essa. ora va dal caldo al fredda, ora dal freddo al caldo. Dopo la rottura della parte sottile , la deviazione dell’ ago era sempre più sensibile di prima. Zinco puro. Avendo invece analogamente sperimentato con aste di zinco puro della casa Kahlbaum, la corrente andò costan- temente dal caldo al freddo j sia prima di rompere il tratto sot- tile, sia dopo la rottura di esso. È chiaro quiudi che la variazione della direzione della corrente nello zinco commerciale e di con- seguenza nell’ottone, è dovuta al fatto che lo zinco del com- mercio si presenta poco omogeneo. Stagno. Analoghe esperienze ho eseguito con aste di sta- gno, sia commerciale che puro. La corrente andò sempre dal cal- do al freddo ed il fenomeno , a parità di condizioni , è meno sensibile di quello osservato nel rame del commercio. Ferro. Gli intacchi, in diverse aste di ferro di Svezia, sia quello fatto colla lima a coltello, sia gli altri delle lunghezze di mm. 7, 11, 20, 25, 30, 40 erano della profondità di mai. 2 */* Dopo d’ avere osservato, in queste condizioni , la direzione della corrente, approfondivo tutti gli intacchi fino a ridurre ad 1 mm. il diametro della parte sottile. In tutte le aste in esperimento la corrente andò sempre dal caldo al freddo e l’ intensità di essa aumentava coll’ allungare ed approfondire l’ intacco. Il fenomeno Le-Boux nel ferro è sensibilissimo. Ho pure osservato, con espe- rienze analoghe a quelle eseguite sull’ ottone , che la direzione della corrente è indipendente dal ricuocimento del metallo. Se rompevo la parte sottile e mettevo a contatto le due superficie separate dall’ intacco , la corrente andava invece dal freddo al (1) Le aste di zinco in discorso furono acquistate in Acireale , P res9 ° Sig. Sebastiano Castro Librandi. 33 — caldo e, coaie per gli altri metalli, constatai che in seguito alla rottura, essa aumentava d’ intensità. II ferro ordinario si comporta nello stesso modo del ferro di Svezia. Ghisa. Circa la direzione della corrente , la ghisa ha com- portamento contrario a quello del ferro. Difatti, prima di rom- pere la parte sottile, la corrente va sempre dal freddo al caldo. Invece, dopo la rottura di essa, la corrente va dal caldo al fred- do ed il fenomeno è più sensibile di prima. Acciaio. Nell’ acciaio , quando è intera la parte sottile , la corrente lia direzione variabile. Esso si comporta ora come il ferro, ora come la ghisa. Però, in seguito alla rottura dell’intac- co, la corrente va sempre dal freddo al caldo. Piombo. Dopo diverse prove fatte per ottenere aste omoge- uee, constatai che il miglior mezzo era di ridurre a forma cilin- drica, col martello , le aste del commercio. Dalle esperienze con esse eseguite, analoghe a quelle fatte con aste dei precedenti metalli, ho constatato che nel piombo del commercio il fenomeno Le-Roux non si osserva a fatto. Nello stesso modo si comporta il- piombo puro. Nel ferro di Svezia, zinco ed ottoue del commercio, ove il fenomeno è più sensibile, ho pure determinato la fòrza termo-elet- tromotrice in diverse condizioni dell’ intacco. Le diverse tempe- rature venivano determinate con una pinzetta termo-elettrica (coppia ferro-rame ) precedentemente graduata ed applicata a 12 mm. da un estremo dell’ intacco. Prima di eseguire ogni misura aspet- tavo che la temperatura si fosse mantenuta stazionaria per un dato tempo. Sceglievo aste di m. 1, 40 di lunghezza e di 9 mm. di diametro assottigliandone le estremità. Quando l’intacco è lungo mm. 11 e profondo mm. 2 V* ? il fenomeno è poco sensibile neU’otto»e, evidente nello zinco, sensi- fehssimo nel ferro. Approfondendo l’intacco tino a mm. 4, la forza fermo-elettromotrice per il ferro, fra le temperature 26° e 135°, 5 35 — corrente rimane invariata , nell’ ottone va sempre dal caldo al freddo , nell’ acciaio dal freddo al caldo. L Nel piombo il fenomeno Le-Boux è assolutamente nullo. 5. A parità di condizioni, circa l’ intensità del fenomeno , i precedenti metalli si possono ordinare nel modo che seguo per ordine di sensibilità decrescente : Ferro , ghisa , zinco, acciaio , ot- tone, rame, stagno, piombo. ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI pervenute in cambio e in dono, presentate nella seduta del 12 gennaio 1907. Acireale - Accademia Dafnica di scienze, lettere e arti - AttioBend.- 1905. id. — Accademia degli Zelanti e dei pp. dello Stadio — Rend. e Mei*. CÌ. di se. — Serie III, Voi. H. Bologna - R. Accademia delle scienze dell’ Istituto — Mem. - Serie VI , Catania - Rassegna internazionale della medicina moderna - 1906, 9-14. Firenze - R. Accademia economico - agraria dei Georgofili - Alti-Sene V, Voi. HI, 2-3. ** enova ~ B. Accademia m W - Bollettino di bit Messina — Accademia Pelorita Milano - r. l8ti ienze matematiche— 1906, Ombra » — Rivista — 1906, 7-12. Torino - R. Accademia d’ agricoltura — Ann. — 1905. id. — Società meteorologica italiana — Boll. — Serie III, Voi. XXV, 7-8. Venezia - R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti - Atti - Serie Vili, Tomo Vili, 6-10. - Mem. - Voi. XXVII, 6. Aguascalientcs — « Baul n - Natnrwisi » - Rivista - Anno XXIII, 1-6. d' historia naturai - BtdtteH — 1906 , 5. Bordeaux — Coramission météorologique de la Giroude — Observ. pluv.-therm. fatte* dune le départ.^de^ la id. — Société des Sciences physiques et naturelles -Proc. veri.- 1904-05. Bruxelles — Académie Royale de médeciue de Belgique-BoH. — 1906, 4-10. Mém. cour. Voi. XVIII, 10. _ Voi. XIX, 1. id. — Société entomologique de Belgique — Ann. — Voi. XLIX. id. — Société belge de géologie de paleontologie et d’hydrologie— - 1905, 3-4. Cambridge, Mass. — Harvard College Mm. comp. zool.—V ol. XLIII, 4-o. -Voi. XLIX, 4. -Voi. L, 2-5. -Mem id. - Voi. XXXIII. — Ann. Rep. for 1905-06. Chapel Hill, N. C. - Elisha Mitchell scientific Society — Journ. — 1906, 2-3. Banzig _ Naturforschende Gesellschaft - Schr. — Nuova Serie, Vol.^XL 4. IVublin - Royal Irish Society - Trans. - Voi. XXXIII - Sezione A, Parte I. - Sezione B, Parte I. Edinburgh — Royal Society - Prooced. — Voi. XXIV. - Voi. XXV, Parte I-IL — Voi. XXVI, 3-5. — Tran». — Voi. XL, Parte III-IV. — Voi, XLI, Parte I-IL - Voi. XLIII. ss — Voi. XXX, 1-2. — Ber. — 1906. Freiburg i. Bl\ - Natnrforschende Gesellschaft — Ber. — Voi. XVI. Gottingen — K6u. Gesellschaft der Wissenschaften - Naehrùht.-Mathem. - physi- -Gesckaftl. Mittheil. - 1906, 1. Halle a. S. — Kais. L. C. deutsche Akaderaie der Natnrforscher- Abhandl. - Voi. LXXXII-LXXXIV. — Eatalog — Voi. Ili, 1. Il arimi - Musée Teyler — Arek. — Serie II, Voi. X, Parte I. ili. — Société hollandaise des seieuces — Arck. néerl. se. ex. et Hat. — Se- rie II, Voi. XI, 3. Hermannstadt — Siebenbiirgisehe Verein fiir Natnrwissenschaften — Perhandl. «. Mittheil. — 1904. — 1906, 1-3. Landshut — Botanischer Verein - Ber. — 1900-03. Leipzig - Kon. sachsische Gesellschaft der Wissenschaften — Ber.-iiber die Liège — Société geologi que London — Royal Society — i». Kl. 1905, — 1906, 1-i indi. — id. — Voi. XXIX - Ann. - Voi. XXXII, 4 — Voi. XXXIII, : Proceed. - N. A 520-525. de Belgiqw Madrid - i Magdeburg — N. B 247-251. ’o tke evolution Committee — N. III. 1 Society — Proceed. — Serie II, Voi. IV, I te III, V-VI. - List ' of members — 1906-07. • 1904, I-II Afdelningen. - 1905, Voi. I, I Alfdelningen. eias exactas fisicas y naturale8-R^.-19° 5 * * Manchester — Literary and philosophical Society— Mem. , Proeted . — Voi. L, Parte 3. Department of thè Interior— Etimologica! Sorrey— P«W. -- Voi. II, Mexico — Soeiedad cientifica « Antonio Alzate »—Mem. ?/ Rev. — V °1. XXI, -Voi. XXII, I-fl. Minsoula — University of Montana — Bull. — N. 28-31. MUncheii -- Kon. Bayerische Akademie der Wissenschaften— Abhandl.— Math.- phys. Kl.-V ol. XXII, Parte III, -Voi. XXIII. 1. Nancy — « Bibliographie anatomique » — Rivista — 1906, 1-5. New-Iork — New -York Pnblic Library — Bull. — 1906, 6-12. Nurnberg — Naturhistorische Gesellschaft — Abhandl. — Voi. XV, 3. — Iahresber. — 1904. Paris — Muséum d’ histojre naturelle — Bull. — 1905, 6. — 1906, 1. Philadelphia — Academy of naturai Sciences — Proceed. — 1905, Parte III. id. — American philosophical Society — Proceed. — N. 181. Porto — Academia Polyteehnica — Ann. Scient.— Voi. I, 3-4. Praze - Ceské Spolecuosti Eutomologické — Casopis — 1906, 2. Rennes — Université — Trae, scienti/. — 1905. Rochester — Academy of scienee — Proceed. Voi. IV, pp. 149 202. Rovereto — I. R. Academia di scienze lettere ed arti degli Agiato— Atti— 1906, 2. id. — Museo Civico — Pubbl. XLIII. Santiago — Sociédad cientifica de Cbile — Act. — 1905, 1-2. Stockholm - Kungl. sveuska vetenskapsakademiens - Bandi. -Voi. XL, 1^. - Arkiv for maUm. astron. oeh fi,** - Voi. U, - Comité Nobel _ « Le* prix Nobel » e« Stuttgart - Verein «ir vatereandische Naturkumle in Wiirttemtorg^ • Bfii zar. — Voi. LXII* T#kyo — University — Calend. — 1905-06. _ cm. w - Earthqnake invertigution Commlttee in tornigli l»ng - rM ' N. 21, Appendi x il. » N. 22 B, Art. M- Topeka — Kansas Academy of Science — Trans. — Voi. XX, I. Toulouse - Université - Ann. Fac. se. - 1905, 4. — 40 — Trieste — Associazione medica : triestina — Boll. — 1905. Tufts College, Mass. — Tufi» College- Stud. — Voi. II, 1 (Scientilic. Se™»)- Cpsala — Universitet — Bull. geol. Inatti. — N. 13-14. Washington — Bureau of American Ethuology - Bull. — XXVIII. id. — Smithsonian Institntion — Annua l Bep. — 1904. Wien — Kais. Akademie der Wissenschaften -Denksehr.-Maih. natami ss. Kl.- Vol. LXXVIII. id. — K. K. Naturhistorisches Hofmuseum - Ann. — Voi. XX, 2-3. id. — K. K. Geologische Reichsanstalt — Jahrb. — 1906, 2. — Verhandl. — 1906, 5-10. Zaragoza - Sociedad aragonesa de ciencias naturale» — Boi. 1906, 6-9. ZUricli - Naturforschende Gesellsehaft — Vierteljahrsschr. — 1905, 3. DONI DI OPERE ED OPUSCOLI Bassani F. e Caldieri A. — Sulla caduta dei projetti vesuviani in Ottajano du- rante V eruzione dell'Aprile 1906-Napoli, 1906, (Con 4 figure)-- Estratto dal Read, della R. Acca- demia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Na- poli-fascicolo 7 e 8— Luglio e Agosto 1906. Borromeo Giberto e Molinari Francesco - Museo mineralogico Borromeo - Milano, 1906 — (Note illustrative pubblicate m oc- casione del 50° anniversario della fondazione della Società italiana di Scienze Naturali di Milano). Goebel K. - Zar Erinneruug au K. F. Ph. v. Martin» Gedàchtnisredo bei En- thiillung seiner Buste im K. Botauischen Garten in Mnnchen aro 9 Iuui 1905 ~ Miinchen, 1905. Giuffrida Buggeri V. - Antropologia normale e antropologia criminale ma, 1906 — (In occasione delle onoranze a Cesare Lombroso ) — Estratto dagli Atti della Società Romana di Antropologia — Voi. XII, fase. III. Detto l|~ Un cranio Guayachl-Un cranio (incompleto) . Estratto dagli Atti della Società Romana di an Voi. XII, fase. III. - Cranio di epilettico con spina facciale ! i notevoli anomalie— Torino, Detto - Voi. — 44 — Medicina Legale ed Antropologia Criminal XXVII, fase. III. Giuffrida Buggeri V. - Quattro scheletri di indiani Carina* (Sud- Ara. trale) — Roma, 1906, — Estratto dagli Atti tropologiche -[Firenze, 1906] -Estratto daW Archivio per 1> Antropologia e .a Etnologi. - Voi. XXXVI, fase. 2 — 1906. to - CrAno» enropéens déformé» - Pari., 1906 - ExtrM de la Revne de PEcole d> »n tropologie de Pan* - Année Seiziéme— IX— Septembre 1906. L^ h CZil e troLrlt 0 thtlnatrian Ezhibitmn earl’ .ooort Lon- Helmann G. — Die Niederschlage in den Norddent liu, 1906 [3 voli.]. . „ lanet Charles - Deacription d„ matèrie! d’uu. patito in.tall.tion «.ent,«„.. (1. ere Partie) — Limoges, 1903. . Detto - Anatomie de la tète du Lashis Niger - Limoge*, I90o. Lamprecht Guido - Wetter-Kalender — Bautzen, 1905. Maltese F. - Socialismo bio-terapico - (Continualo** deW opera Cielo) - To- rino, 1906. fondazione Onoranze al Professore Pietro Blaserna — XXV Anniversario de a on , fisico di Roma - "■' . (Geodetic Snrvey of South Aftia» — Voi, IU). l«tz Angnst — Gedachtoierede anf Karl Alfred von Zi g» offantlichan Sitrung dar K. B. Akademm dar Wn»e ton su Miincheu zar Feier ihre. 146. Stiftungstage» Marz 1905 — Miinchen, 1905. - 42 Zawodny Josef - Der King - ( Gesehichte und Sagc)-s. n. t. Detto — Die Musik - Wien, 1906 — Separatabdruck am Ar. 6 « Si. Aloisius — Blatt » 1906. Detto - Ein Beispiel altromischer Pietas -- Won, 1907 -Separi ELENCO DELLE MEMORIE da pubblicarsi e pubblicate nel volume XX degli “ Atti „ in corso di stampa Mem. I. - Prof. G. PennaCCHIetti - Sul moto di rotolamento— Memoria 2‘. » II. -Prof. A sturba Capparklli e Dott. G. Polara - Sui rapporti di continuità delle cellule nervose nei centri nervosi dei Mammiferi a completo sviluppo. > III. — Prof. A. Bemporad e L. Mendola — Osservazioni attinometnc e e fotometriche eseguite nell’Osservatorio Etneo nel settembre 1904^ distanze zenitali degli archi semidiurni e degli azimut all’onzzoute per la latitudine di Catania. » V. - Prof. Umberto Drago - Sul reotropismo^degli spermatozoi -No* preliminare. » VI. — Prof. Gaetano CUTORE-Raro diverticolo del colon ileo-pelvico - Nota anatomica. » VII. - Prof. P. Fulco - I coefficienti delle equazioni differenziali, lineari, omogenee, di secondo ordine ammettenti fra i loro integrali par ticolari funzioni g. (z). » Vili. - Prof. S. Orinò- B ibliografia storico-scientifica della regione etnea- » IX. - Dott. G. Accolla - Contributo alla dispersione elettrica ne a • » X. — Dott. C. Bellia - Studio della dispersione elettrica sull’ E na Marzo 1907. Fascicola XCIII BOLLETTINO DELLE SEDUTE ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IN CATANIA ■ Resoconto delle skdutis ordina km: k straordinarie e sunto delle memorie in esse presentate. ( NUOVA SERIE ) CATANIA 1907. INDICE DELLE' MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO Rendiconti Accademici Verbale dell’adunanza del 12 Marzo 1907 Note presentate A. Bemporad e L. Mentitila. — Osservazioni attiuometfiche e fotometriche L eseguite nell’Osservatorio di Catania e nell’Osservatorio Etneo nel Set- tembre 1004. (Nota preliminare) . A. Bemporad e A. Cavallino. — Tavole per il calcolo delle distanze zenital j - degli archi «emidi urni e degli azimut all’orizzonte pt Catania. . A. Bempoi-ad. — Tavole ausiliario per la determinazione ; late e disposte per là latitudine di Catania. A. Bemporad. — La depressione dell’ orizzonte all’Osservatorio Etneo. (X . ta preliminare) ' 8. Arcidiacono. — Il terremoto delle Madonie del 23 Aprile 1906 Doti. 8. Comes. — L’apparato cromidiale delle Gregarine nelle sue col nucleo. (Nota preliminare) D.r Giovanni Andeer — Sulla piastra calcarea cirenmoculare delle Asterie D-r C. Bellia. — La dispersione elettrica sull’ Etna Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio è in seduta del 12 Marzo 1907 . Elenco delle memorie da pubblicarsi e pubblicate' Atti in corso di stampa . tempo cale presentate nella binine XX degli Marzo 1907. Fascicolo XGIII. ACCADEVI GHIA DI scienze nsr-^rr-cris ut o.A.T'.A-XTX.a. Sedota del 12 Marzo 1907. Presidente — Prof. A. Piccò Segretario — Prof. A. Russo Souo presenti i soci effettivi : Ricco, Russo, Grassi, Lauri- cella, Buscai ioni, Beverini. Dichiarata aperta la seduta viene letto ed approvato il pro- cesso verbale della Seduta precedente. Il Segretario dà lettura delle lettere di ringraziamento in- viate dai professori Giovanni Paladino, Camillo Golgi, Luigi Pa- !aszo, Luigi Bianchi per la loro nomina a socii onorarii e dei pro- fessori Buscalioui, Di Lorenzo, Minunni, Muscatello e Sevenni P er la nomina a socii effettivi. Comunica inoltre che i professori Paladino e Bianchi fecero dono alla Biblioteca dell’ Accademia di parecchie loro pregevoli pubblicazioni. Si passa quindi allo svolgimento dell’ordine del giorno elle Teca le seguenti comunicazioni : — 2 — NOTE A. Bemporàd e L. Mendola — OSSERVAZIONI ATTI UDOMETRICHE E FOTOMETRICHE ESEGUITE NELL’ OSSE - VATORIO DI CATANIA E NELL’ OSSERVATORIO ETNE NEL SETTEMBRE 1904 (nota 'preliminare). Nel settembre del 1904 il Sig. Direttore Prof. Ricco affi aVS * ad uno di noi il gradito incarico di eseguire osservazioni attm metriche e fotometriche all’Osservatorio Etneo, nell’ intento cipuo di vedere, se anche per le radiazioni calorifiche sussiste^ il fenomeno dell’assorbimento selettivo ormai posto in l° ce modo indubbio, da recenti ricerche eseguite nel nostro — 3 — 5 — La fig. 1 spiega il principio del metodo di ridazione se- guito. Se supponiamo di conoscere la distanza zenitale z E , che possiede all’altezza dell’Etna un raggio r incidente in Cata- nia (G) con nota distanza zenitale z c ; se ammettiamo inoltre che r assorbimento subito dal raggio r prima di giungere in E' cioè all’ altezza dell’ Etna , sia identico all’ assorbimento subito dal raggio r j, incidente in E (Etna) precisamente sotto la stessa di- stanza zenitale z E ; se sappiamo infine rilevare dalle osservazioni attinometriche eseguite in Catania (G) e all’ Etna (E) le intensità della radiazione g Cf q E corrispondenti alle* distanze zenitali ss a e z E ) potremo dire di conoscere di quanto vien ridotta l’intensità del raggio r nel passare da E' a C’; e, conoscendo la massa di aria attraversata lungo questo percorso , la quale può rilevarsi Fig. 2. — 6 — da apposite tavole costruite da uno di noi (1) , potremo anche calcolare il coefficiente medio di trasmissione (per un’atmosfera) corrispondente al detto percorso. I risultati ottenuti con questo procedimento sono rappresen- tati graficamente nella fig. 2 in due curve (corrispondenti ai giorni 13 e JL4 settembre) , le cui ordinate rappresentano i valori del coefficiente di trasmissione p corrispondenti a varie distanze, ze- nitali (ascisse). L’ andamento caratteristico dell’ assorbimento se- lettivo, vale a dire P aumentare dei valori del coefficiente di tra- smissione col crescere della distanza zenitale è senz’ altro mani- festo e regolarissimo in ambedue le curve. È questo un fatto di una certa importanza, la cui dimostrazione diretta (cioè all’ infuori di qualunque ipotesi sul principio d’ assorbimento) viene qui sta- bilita per la prima volta, almeno per la radiazione calorifica, come già per la prima volta nei lavori del nostro Osservatorio venne raggiunta la dimostrazione diretta e insieme la misura dell’as- sorbimento selettivo dell’atmosfera sulla radiazione luminosa. Si noterà che l’andamento di p è molto più pronunziato nella se- conda giornata, e in ambedue le serie poi 1’ andamento stesso e più notevole per le forti distanze zenitali (cioè nelle prime ore del mattino) anziché per le distanze zenitali inferiori a 80°. Am- bedue i fatti sono in manifesta relazione col fenomeno, già ri ti- rato in principio, della condensazione dei vapori, che accompagna all’ Etna 1’ elevarsi del Sole sull’ orizzonte. Questo fenomeno ni fatti tende a far diminuire la differenza delle intensità della i diazione all’ Etna e in Catania e quindi aumentare p col diminuire della distanza zenitale , e agisce quindi p mente in senso contrario all’ assorbimento selettivo. Come ] giorno 14, per le condizioni di trasparenza assai migliori, valore — presentò in grado meno inteiw - ^ attinometriche continuarono all’ Etna due ore di più che ne ntochè le osserva- ci A. Bbmporad. sferico tra V Osservatori < della Soc. degli Spettrt avole ausiliario per esperienze sull’ assomma strofisico di Catania e V Osservatorio Etneo — Ital. Voi. XXXIII (1904) pag. 213. — 7 — giorno precedente— così si spiega che 1’ andamento caratteristico dell’assorbimento selettivo sia stato più pronunziato il giorno 14. Per z — 75® le nostre osservazioni danno pel coefficiente di trasmissione (per un’ atmosfera) il valore p =■ 0,68, che è già sensibilmente inferiore al valore comunemente ammesso 0,80, ma è molto probabile che, se le osservazioni avessero potuto conti- nuare fino alla massima altezza del Sole, avremmo ottenuto va- lori ancora più piccoli. Alla stessa conclusione hanno condotto infine le osservazioni fotometriche della Polare da noi eseguite nei due Osservatori , essendone risultato contro il valon. medio 0,80 (anzi secondo Miiller 0,835) quale ri- salta mediante la teoria d’estinzione di Bouguer-La place, ammet- tendo come nulla V influenza MI’ assorbimento selettivo. Noteremo infine che questo valore da noi trovato in due sole sere d 08i *® r razioni non simultanee in Catania e all’Etna si accorda nel modo più soddisfacente col valore da noi già ricavato nella prima ap- plicazione di questo stesso metodo di riduzione alle osservazioni Più volte citate di Miiller e Kempf del 1894. Da queste infatti venne ottenuto (1) per la distanza zenitale di 51°, 7 (molto vicina a quella della polare) il valore, praticamente identico al nos ro Però, mentre Miiller e Kempf attribuivano la piccolezza del coefficiente di trasmissione da loro trovato (rispetto al va or munemente ammesso 0,80) al potere assorbente straordinariamente forte degli strati inferiori dell’ atmosfera su tutta la Sici ia nei mesi estivi del 1904, 1’ ottenimento di un valore ìden co a anni di distanza, verso la metà di settembre, e in con ìzi trasparenza soddisfacentissime sembra provare, che non (1) A. Bempokad. L’ atsorbimento tdettìvo eco. Pag. 281, $ o fine ’ qui di un fatto anormale e particolare per la Sicilia , ma bensì di un fatto ordinario e con tutta probabilità generale è dovuto in prima linea ali’ influenza dell’assorbimento selettivo. A. Bemporàd e A. Cavasino — TAVOLE PER IL CAL- COLO DELLE DISTANZE ZENITALI, DEGLI ARCHI SEMI- DIURNI E DEGLI AZIMUT ALL’ ORIZZONTE PER LA LA- TITUDINE DI CATANIA. ISfer 1* Un elemento della più grande importanza per le osserva- zioni attinometriche ed astrofotoraetriche è la distanza zenitale degli astri osservati ; poiché al variare di questa varia lo spessore atmosferico attraversato dai raggi e quindi lo splendore apparente degli astri medesimi. Ora il calcolo diretto della distanza zenitale vera secondo la nota formola (dove cp indica la latitudine del luogo d’osservazione, .8 la de- clinazione dell’astro, t l’angolo orario corrispondente all’istante della osservazione) riuscirebbe eccessivamente laborioso, se si dovesse ripetere per ogni singola osservazione. Per questo pei principali Osservatori, come per quello di Lick (1), per Potsdam ecc. sono state calcolate delle tavole ap- posite dalle quali, entrandovi coi due argoipenti t e 8 si ricava a vista la distanza zenitale corrispondente. Anche pel nostro Osser- vatorio astrotìsico le osservazioni sistematiche di fotometria e di attinometria già da vari anni istituite hanno fatto riconoscere la grande utilità di una simile tavola per la latitudine di Catania (

x, R. der Protozoen. — 22 — l’altro vegetativo, il primo dei quali si differeuzia nel secondo ad un momento determinato dello sviluppo, sia temporaneamente per costituire i cromidii, come negli Eliozoi e nelle Gregariue , sia definitivamente, come' nei Rizopodi e negli Infusori, per co- stituirvi un vero e proprio nucleo, il macronucleo. Questa, per sommi capi, la teoria della binuclearità dei Protozoi emessa dal Coldschuiidt. Affatto recentemente lo stesso Autore e M. Popoff (1) esten- devano agli ovociti il principio della binuclearità, nel senso, che anche qui, come nei Protozoi, i cromidii derivano dalla vescicola germinativa, in un periodo cariocinetico di essa, per costituirvi il nucleo vegetativo. La provenienza nucleare dei cromidii nelle uova è però tut- t’ altro che dimostrata. In una serie di lavori , fatti *nel nostro laboratorio dal prof. Russo (2) e da me (3), fu invece provato che i corpi cromatici dell’ ovoplasma provengono dallo esterno, per un attivato ricambio tra l’ ooplasma stesso e l’ambiente, indi- pendentemente da qualsiasi influenza del nucleo. Questo reperto anzi mi spinse ad iniziare delle ricerche comparative sui cromi- dii dei Protozoi, allo scopo di vedere se la loro origine fosse a- naloga a quella dei corpi cromatici dell’ ovoplasma. I fatti osser- vati, benché meritino un ulteriore controllo, sono notevoli, per- chè confortano quanto fu da noi precedentemente pubblicato in riguardo alla origiue ed ài significato di questi ultimi. I Protozoi da me studiati, sinora, appartengono alla classe delle Gregarine e precisamente ai generi Stenophora Iuli, e Stylo- (1) Goldschmidt, R. ù Popoff, M. — Die karyokinese der Protozoen uni der Chr orni dia lappar at der Protozoen und Metazoenzelle. Arch. Prot. K. « Bd< 1907. (2) Russo, A. - Differenti stati dei corpi cromatici nello Ovoplasma dei Mam- «i/eri e loro riproducine eperim. (2< Noto prelim.) Boll. Aoo. Giooo. Se. »•*. Catania. Fase. 89, 1906. (3) Comics, S. — Ricerche Sperimentali sulle modificazioni morfologiche e «*■ miche della Zona Pellucida e degli inclusi delV uovo dei Mammiferi. Archtv. Zool. Fase. 3, Voi. 3, 1907. ryiichus longicollis , avendo seelto di proposito questo materiale focile ad aversi e dove i cromidii sono quasi sempre reperibili. Ciò si rileva dai lavori di Léger (L e.) di Cecconi (1) di Berndt (2) di Drzewecki (l.c.) di Paeliler (3) , che li descrissero ìq altre specie di Gregarine , di Schneider (4) che li descrisse nella stessa Stenophora. I liquidi fissatori da me usati furono il sublimato alcoolieo ed il liquido di Davidoff ; i reattivi coloranti V ematossilina ferrica sola o combinata con cosina, 1’ ematossilina comune, ecc. Stenophora juli, osservata iu millepiedi catturati in ottobre, mostra, nel suo stadio prettamente vegetativo, pochi cromidii, la cui quantità varia col variare dell’ habitat dell’ oste. In millepiedi catturati nei mesi invernali, i cromidii si fa- cevano sempre più rari o mancavano affatto. La ragione di ciò ò facilissima a trovare : iu inverno questi Diplopodi vivono in una specie di letargo che li impossibilita a nutrirsi, per cui il pa- rassita si trova a disagio e i suoi cromidii scompaiono per for- nirgli un adeguato nutrimento. II nucleo della Gregarina si conserva integro ; invece, stan o alle conclusioni di Hertwig, o alle supposizioni di Léger, d nu- cleo dovrebbe disgregarsi uei cromidii ed esaurirsi completameli^ Ma v’ ha di più. Tenendo in digiuno prolungato di uno o ue mesi i millepiedi, ed esaminando poi le Gregarine del or ® ^ ^ «tino, queste non mostravano, nel loro corpo, alcun croma 10 vece, sempre secondo gli Aa. precedenti, il nucleo, ne 1 di prolungato digiuno, dovrebbe differenziarsi in cromi n. lato, condizioni eccezionali di ipernutrizione dell’oste provoca I. - Sur V Anchina Settata Lene*, parasite de CapiteUa cor Patata. O. Fabr. Arch. Prot. K. 6 Bd. 1905. (2) Bkrndt, A. - Beitrag zar Kenntnis der in Darne der Larve von hiomolitor lebenden Gregarinen. Arch. Profc. K. 1. Bd. 1902. ^ (3) Pàehler, F. — Ueber die Morphologie, Fortpflanzung un Qregarina ovata. Arch. Prot. K. 4 Bd. 1904. Zool. (4) Schneider, A. — Contribution à F étude dee Grégannc Arch ^P^rina. 1883. — 24 — la presenza di numerosissimi cromidii. lo ho riscontrato piene zeppe di granuli cromidiali la grande maggioranza delle Gregarine parassite di Julus enormi . catturati in un letame , al principio di ottobre. Tali fatti dimostrano non solo che i cromidii si formano in condizioni trofiche eccellenti, ma che la loro origine è subordi- nata ad una influenza esteriore di tali condizioni. In considera- zione di che, io tenni dei millepiedi ad una temperatura elevata di un 15° circa sulla normale, per alquanti giorni ; esaminate le gregarine, che vivevano parassite nel loro intestino, esse non mostravano nell’ interno del proprio corpo alcun granulo cromi- diale. Com’ è noto il calore attiva il consumo dei materiali, nello stesso tempo che impedisce, se eccessivo come nella esperienza, il processo dell’ assimilazione. Eppure in tali casi di esaurimento il nucleo dovrebbe sopperire allo stato di denutrizione dell’orga- nismo, disgregandosi in cromidii, come sostiene Hertwig e la sua scuola. Se poi noi miglioriamo le condizioni nutritive dell’oste, i cromidii accennano a riapparire. Io ho tenuto dei millepiedi in letame misto a crusca — il tutto umettato con una soluzione al 7% di fosfato di soda- in dicembre, cioè in vero e proprio inverno. Quantunque non si fossero formati dei veri cromidii, il citoplasma mostrava, tuttavia, ad una distanza piuttosto rilevante dal nucleo, delle sboccature granulose più colorate che preludevano a formazioni cromidiali. Tutta questa influenza delle condizioni trofiche dell’ habitat snl- P aumento, sulla diminuzione, sulla scomparsa dei cromidii , mal si comprenderebbe se essi provenissero dal . nucleo. Ci sono però fatti più decisivi per farci escludere questa ul- tima opinione e ammettere la prima. Quando lo Sporozoo vive ancora una vita intracellulare, * croinìdii non solo si presentano nel corpo del deutomerite , anche nell’ interno del protomerite, in quantità piò o meno va- riabile. Questo valga per Stenophora. Nello Stylorhynehas longieollis, che preferibilmente aderisce — 25 — all’epitelio intestinale della Blaps, col suo protomerite, cromidii di dimensioni rilevanti si notano solo nell’ interno di questa parte del corpo della Gregari na. Ora, in tali casi , il setto ehe distingue il proto dal deu- tomerite, si è completamente formato, per cui non sarebbe las- sitele ammettere che i cromidii del protomerite abbiano origine nucleare. Evidentemente i cromidii, in questa porzione del corpo della Gregarina, derivano dal fatto che anche questa porzione , ancora fisiologieameute indifferenziata, assorbe dall’ ambiente nu- tritivo con cui trovasi in intimo contatto. Solo quando il paras- sita riesce nel lume intestinale (per quanto riguarda Stenophora), dove vive liberamente, prima di sporificare e ricominciare il suo ciclo evolutivo, il protoraerite cessa dal contenere nel suo interno corpi cromidiali, differenziandosi morfologicamente iu un organi- dio regolatore di sensi vita e di moto. Cu altro fatto che esclude la provenienza nucleare dei cro- midii è la presenza d’ una zona perinucleare solo quando essi esistono o sono da poco scomparsi. L’esistenza della zona peri- nucleare fu, senza alcun dubbio, dimostrata nell’ ovocellula di molti metazoarii. Nei Protozoi peTÒ nessuno l’ha descritta, ove si eccettui l’accenno dato su di essa dal Paelilér (1. c.): « .... einen stàrker als das iibrige Zistoplasma getarbten hof der dein kern.... anlieget ». L’ Autore sudetto crede, con Hertwig , eh’ essa sia costituita da particelle cromatiche separate dal plasma e portate al nucleo come al direttore dei processi vitali della cellula. Posteriormente al Paehler, nessuno la ha nè raffigurata, nè descritta. Io la ho molto frequentemente uotata come uno strato continuo, peri nucleare, più colorato del plasma circostante, ed ho Pure notato in essa delle modificazioni morfologiche in dipendenza delle condizioni dell’apparato cromidiale. Quando esistono numerosi cromidii, intensamente colorati, la zona si mostra più vistosa e ricca di granulazioni cromatiche; quando invece i cromidii sono decolorati ed in via di disgregazione, 1’ aspetto della zona è piu Pallido ed omogeneo. Iu tutti i casi di esistenza della 2 1 e dei cromidii, il nucleo 26 — è normalmente costituito, anzi, quando c’è un eccesso di granuli cromidiali, esso n.ostra una quantità di cromatina molto supcriore a quella eh’ esso presenta allo stato normale. La cromatina è distribuita allo strato esterno del nucleo stesso, ma in molti altri casi essa riempie letteralmente il nucleo che allora si mostra coloratissimo ed omogeneo. Iu tali casi non esiste più zon non ha di bisogno di sostanze che Non esiste più zona nemmeno quai da tempo, ciò che si verifica nella il nucleo sia regolarmente conformi perinucleare anche nei Protozoi I La testimonianza d’uno scainb : ciò significa che il nucleo li provengano dal plasma, o i cromidii sono scomparsi tazione invernale, malgrado >. Ohe cosa è dunque la zona , esageratamente attivo, tra nucleo e protoplasma e tra protoplasn come avviene negli ovociti, deve coni cioè la funzione ri produttivi!. Sotto tale riguardo è naturalissimo che 1» sona perinueleare esista anche nei Protozoi che rappresen- tano delle vere e proprie cellule sessuali, e per quanto se ne sappia , in tutti gli eleint maggior lavorio e quindi il maggior consumo dei materia 1 rifica nel protoplasma. Oltre ai fatti citati, per escludere a" 1 un» volta 1» provenienza nnclenre dei cromidii, nei Protozoi, si addurre Y impossibilità che un organite così eleo, dia origine ad un apparato cromidiale voluminoso del nucleo, nel suo complesso e coesistente, e che i cromidii, una volta emet mostrino nelle sue vicinanze che di lavorio , dove il volte pi i tuttavi ido. Essi trovano sp» rSl per tutto il corpo e tanto più grossi quanto più sono lontani ^ nucleo, princi palmeti te verso l’estremità posteriore del (leutome a posizione Stenophora , dove conservano, di solito , riscontrano spessissimo nello strato mediatane sottostante alle costole della gregari ua; nell’epi o nel protom nello Stylorhynchus. r j_ Il comportamento morfologico dei cromidii di Stenop . corda moltissimo quello dei cromidii ovoplasmici dei Maiuffli — 27 — Ogni cromidio consta di una sostanza cementante, che è una dif- ferenziazione dell’endoplasma, conglobante i gran (detti crotnidiall che, concentrandosi ed associandosi insieme, formano la porzione cromatica del cromico. Infatti $i notano talora dei cromidir in disgregazione risultanti da una porzione citoplasmica più densa che racchiude due, tre, o più grauuletti colorati; quando tali processi di disgregazione sono più avanzati è solamente visibile la porzione plasmica del cromidio — Molto simile a quello dei cromidii ovoplasmici è pure il modo dell’apparizione e della scom- parsa dei cromidii delle Gregarine : uno scambio di materiali attivissimo nel primo caso (ipernutrizione) insufficiente nel secon- do (azione del digiu uo e del calore). Sembra pure che questi cromidii e quelli degli ovociti dei Mammiferi siano della stessa natura chimici, giacché eou l’ema- tossilina ferrica e col reattivo molibdico-staunoso sia gli uniche gli altri si colorano in nero rispettivamente e in azzurro. A uche i cromidii di Stenopliora e di Stylorhynchus costituirebbero dunque delle sostanze fosforate organiche che, probabilmente per un pro- cesso osmotico, vengono assorbite dallo sporozoo accanto alle so- stanze ternarie le quali com’è noto vi costituiscono i granuli di Finalmente è notevole che la cromatina stessa del nucleo del microrganismo va sempre più aumentando coll’ aumento dei cro- midii, sicché, come esporrò dettagliatamente in seguito, si può seguire una modificazione nella forma del nucleo del parassita, dallo stadio di vita intracellulare sino alla sua maturazione nel lame intestinale, in relazione allo scambio sempre più attivo di «ai 1’ animale ha bisogno per prepararsi alla riproduzione. Dal complesso di tutti questi fatti credo che si possa esclu- dere recisamente la provenienza nucleare dell’apparato cromidiale delle Gregarine, dove pertanto non si potrebbe sostenere il con- cetto della bin 11 oleari tà nel senso che il nucleo vegetativo si differenza dal nucleo riproduttivo sotto forma di un apparato «fomidiale. !>’ altro lato questo apparisce e scompare nel periodo di ac- — 28 — creseimento del parassita, senza acquistare il significato funzionale degli sporezii. . Emerge, qon ogni evidenza, invece, che l’apparato cromidiale delle Gregarine origina per un attivo ricambio di materiali fra l’ambiente e il protoplasma, il cui metabolismo si attiva allora energicamente , corno avveniva nei corpi cromatici degli ovociti. Infatti, sia negli ovociti che neile Gregarine, è sempre possibile fare sperimentalmente aumentare o diminuire i cromidii e anche di alterarne la costituzione. L’origine nucleare è molto probabilmente riferibile ai cro- midii riproduttori o sporezii per quanto riguarda i Protozoi, i centrosomi e formazioni simili per quanto riguarda gli ovociti. Però le forme cromidiali da noi descritte, sia negli uni che negli altri, non corrispondono, ripeto, agli sporezii del Goldsehmidfc e solo in parte si possono paragonare ai cromidii di Hertwig, in quanto negli Sporozoi non ricostituiscono il nucleo, mentre now si sono formati dalla sua dissoluzione; negli ovociti non originano dal centrosoma, dal nucleo vitellino, o da formazioni analoghe» Dr. Giovanni Andeer — SULLA PIASTRA CALCAREA OIB- OUMOOULARE DELLE ASTERIE. Per consiglio del professore Achille Russo, che »» lavoro è Autorità internazionale notissima , presento a Accademia un sunto di una Memoria, che spero pubblicare Nel 1840 1’ Aristotile moderno : Giovanili Miiller, avea vato che lo scheletro radiale delle Asterie finisce all’ apice ciascun braccio in una Piastra calcarea, che nominò la « Tei nal piatte * ossia piastra terminale. Da quel tempo sino ad < gli Autori tutti hanno giurato « iu verba magistri », « re e all’ infallibilità di tale opinione. Anche io, in principio dei studii sull’argomento, feci un disegno che in buona fede ^ simile alla « Terminal piatte » degli Autori. Ma, fui sorpreso — 30 — Dott. C. Bellia. — LA DISPERSIONE ELETTRICI A SUL- L’ ETNA. Nell’ agosto scorso, per cortese concessione del Direttore Prof. A. Ricco, ho potuto dimorare qualche giorno alP Osservatorio Etneo dove ho eseguito alcune misure di dispersione elettrica. L’ apparecchio che ho adoperato, costruito per T occasione dal meccanico del Laboratorio, è quello immaginato dai signori Elster e Geitei, (1) cioè elettroscopio montato da un dispersore cilindrico, la cui capacità è di 1,3 unità elettrostatiche assolute. L’elettroscopio però invece del tipo Exuer è a una sola fo- glia di alluminio, e per attenuare la perdita della carica luugo la superficie del dielettrico V asticella che porta la fogliolina, seguendo la disposizione adottata dal Prof. Righi, (2) termina in basso in una cam panellina nel cui fondo è fissato l’ isolante. Per leggere le deviazioni della fogliolina mi son servito di una lente a corto fuoco che proietta T immagine di una scala sul piano in cui si muove la fogliolina, così con un cannocchiale si può os- servare la scala e la foglia. La base dell’ elettroscopio è un piatto circolare portato da viti calanti su cui si può adattare una campana misura della radivattività dei gas e delle terre. Per eseguire le misure ho collocato grande sala dell’ Osservatorio Etneo (2940 m. sul livello del mare), non avendolo potuto collocare all’ aria aperta a causa del vento e degli effluvi del vulcano che ho riscontrato essere radivattivi, però ho tenuto costantemente aperte due ampie finestre della stanza dalla parte opposta a quella investita dal vento. Per fare una misura caricavo 1’ elettroscopio a un potenziai di circa 170 volta e l’ abbandonavo a se stesso, allora 1 elett cità si disperdeva, aspettavo che la fogliolina coincidesse con » divisione della scala a cui corrispondeva il potenziale «, (1) Zhysik. Zeittchr. t. 1, 1899 pag. 11. (2) Nuovo cimento 1905 pag. 57. — 31 — ravo iu minuti il tempo t necessario affinchè la fogliolina an- dasse a coincidere con la divisione a cui corrispondeva il poten- ziale v', il rapporto misura in volta la perdita di potenziale subita dal dispersore iu Iuvece la quantità di elettricità perduta dal dispersore in un minuto vien data dalla forinola seguente adoperata dai sigg. Elster e Geitei, (1) dove ho indicato con 100 la carica iniziale La dispersione avviene quasi esclusivamente per mezzo del dispersore cilindrico mentre l’elettroscopio propriamente detto non perde quantità apprezzabili di elettricità, perciò bisogna intro- durre uella forinola il termine (1 — »), dove n è il rapporto fra la capacità dell’elettroscopio a quella del dispersore ed elettropio in- sieme, che in questo caso è eguale a 0,4. Prima di procedere ad una misura avevo cura di verificare V isolamento, perciò toglievo il dispersore e caricavo il solo elet- troscopio ; in queste condizioni se la perdita di potenziale era debolissima ritenevo P isolamento buono, iu caso contrario rinno- vavo il sodio e prolungavo il disseccamento. Così la dispersione attraverso il dielettrico è risultata sempre debolissima ed infe- riore agli errori di osservazione perciò non ne ho tenuto conto. Le misure sono state eseguite nei giorni 10 e 12 agosto 1906 nei quali il cielo si mantenne sempre sereno, però soffiava co- stantemente un vento forte da NW. Questo vento portava al- P Osservatorio gli effluvi radioattivi del vulcano, se tenevo aperta la finestra a Nord della stanza in cui sperimentavo, allora gli effluvi vi penetravano e la fogliolina cadeva rapidamente e a sbalzi indicando una dispersione molto grande e molto irregolare. Per questa ragione la cima dell’ Etna no.» si presta allo studio (t) Physik. ZeiUchr. t. 2. 1900 pag. H6. dell’ andamento della dispersione elettrica nelle alte regioni del- 1’ atmosfera ; pure tenendo 1’ apparecchio al riparo dall’ azione diretta degli effluvi ho trovato dei valori confrontabili fra loro e che ho raccolto nella segueute tabella. lu essa souo auche notati i valori dell’umidità relativa de- terminata con l’ aiuto di un psicrometro, e infine souo riportati per confronto i valori di q = - trovati dal signor Le Oadet sul Monte Bianco (1) (4810 m.) e dal signor Gockel sul Rothhoru (2) (1) Compie e Renine 1900 t. 36 pag. 886. (2) Pkysilc. Zeitechr. 1903 t. IV pag. 871, (1) Physilc Zeitschr. t. 1. negativa in confronto di quella positiva. ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI e in dono, presentate nella seduta del 12 marzo 1907. ITALIA 35 — Napoli — «11 Tomiuasi» Parma - Associazione no R. Accademia dei ] R ESTERO Aguascalieiitcs — « E1 Iustruetor » — Rivista — Anno XXIII, /-io. _ Verhandl. - Voi. XXVIII, 2. d’ historia naturai - ButUii— 1906, 8-9 Berlin — K. Preuss. meteorol. Boston — American Academy 18 tit .-Erg. Beob. Stai. Un. IH Ordin.- 1901,5. —Ergeb. Nied.-Beob. - 1903. arts and Sciences — Croce ed.— Voi. XLI, 30-34. —Voi. XLU, 1-5. Brunii — Naturforscheude Vercin — Ber. meteor. Comm. — 1904. _ Verkandl. — 1905. — 36 — Bruxelles -- Aeadémie Royal e de médecine de Belgique — Boll. 1906, 11. — Mém. cour. Voi. XIX, 2-3. id. — Soeiété belge de geologie de paleontologie et d’hydrologie — lidi — 1905, 5. — 1906, 1-2. Colmar — Natnrhistorische Gesellsehaft — Miltheil.— Nuova Serie, Voi. Vili. Dublin — Royal Irish Academy — Proceed. — Voi. XXVI — Sezione A, 2. — Sezione B, 6-7. - Voi. XXVII- Sezione A, 1. Edinburgh — Royal Society - Prooced. — Voi. XXVI, 6v -- Trans. — Voi. XLI, Parte III. — Voi. XLV, Parte I. Pribourg — Naturforschende Gesellsehaft — Ball. — Voi. XIIL — Mitteil. — Chiniie— Voi. II, 2. — Geologie et géographie, — Voi. IV, 1-2. Gottingeu — K. Gesellsehaft der Wissensehafteu-.VrteArieAl.-AfalA.-pAF. * l - Lausanne — Soeiété vaudoise des Sciences uaturellos - Rull. — N, 156, Liège — Soeiété géologique de Belgique — Ann. - Voi. XXXIII. 2. London - Royal Society - Proceed. - N. A 526. — Philoe. Trans. — N. A 414. — Comm. fior thè inventigation of mediterranean fever-Rep«rt>- Parte V. Lyon — Soeiété d’ agriculture, Sciences et industrie — Ann. — 1905. Madison - Wiscousis geologici aud naturai history Survey - Bull. - N. XIV Madrid — R. Academia de ciencias exactas, tìsicas y naturales —Iter. -Tomo V, 1907. Manchester - Literary and philosophieal Society - Mem. a. Proceri-^ ^ Mexico Sociedad cientifica « Antonio Alzate »-Mem. y Rev.-Vol. XXIIL I' 4 ’ Mtssoula -University of Montana - Bull. - N. .11-32, 34-35. Montevideo — Museo Nacional -An. — Voi. VI, Flora, Uruguaya, Tomo HL Nancy - « Rbliographie anatomiqne » - Rivinta - 1907, 2. euchatel Soeiété neuchatelois des Sciences natnrelles— Bull.—V^' X New-York — New-York Public Library — Bull. — 1907, 1. Paris - Musémn d’ histoire naturelle - fiali. - 1906, 2-3. id. — Soeiété zoologique de Pratico — Bull. — 1905. - 37 Praz© — Ceské Spolecnos Rochechouart — Soeióté Entomologické — Canopi Rovereto — 1. Stockholui - 5, lettere tu! arti de id. — K. vctenskapsademieus Nobelins titut — Meddel. — Bd. Sydney — Australasiau Associatimi for thè advancenaeut of Science— Itep.- Tufts College, Mass. — Tnfts College - Stud. — Voi. Il, 2 (Soieutitìc S Washington — G'arnegie Inatitutiou — Pubi. — N. 49. Wicn — K. K. Naturhistorisclie Hofmuseum — Ann. — 1905, 4. id. — K. K. Geologiche Reichsan&talt — Abhaudl. — Voi. XX, 2. — VcrhandL — 1906, 11-16. Zagreb — Hrvatako naravoslovuo drustvo — Glanuik — Voi. XVII, 2. - Voi. XVIII, 1-2. Zaragoza — Soeiedad aragpnesa de cicuciaa naturale» — Boti. — 1906, 10. DONI DI OPERE ED OPUSCOLI Lezioni di geometria analitica — Anno 1903-04 — Pisa, 1904. Sugli spazi a tre dimensioni che ammettono un groppo con- Ronia, 1897 — Estratto delle Memorie , italiana delle Scienze (detta dei XL)-*Serie 3*, Sulle varietà s euclideo a quattro dimensioni — K delle Memorie della Società italiana i XL)— Serie 3», Tomo XIII. Detto — Teoria delle trasformazioni delle superficie applicabili sulle qnadriclie rotonde-Roma, 1905 - Estratto delle Memorie Tomo XIV. Detto _ Ricerche sulle superile isoterme e sulla deformazione delle quadriehe — Milano, 1905 — Entrano dagli Annali di Ma- tematica pura ed applicata — Temo XI della Serio III. Complementi alle ricerche sulle superficie isoterme— Milano, 1905 — Entrano dagli Annali di Matematica pura ed appli- cata — Tomo XII della Seri© HI* Detto 38 — applicabili sui pa- raboloidi— Milano, 1906 — Estratto dagli Annali di Mate- — Sulle auperlìcie deformate per flessione dell’ iperboloide ro- tondo ad una falda— Estratto dai Rendiconti della R. Ac- cademia dei Lincei — Classe di scienze tìsiche, matematiche e naturali — Voi. XIV, 1° seni., sei io 5 a , fase. 10*. Detto Estratto dagli — Atti della R. Accademia delle Scieuze di Torino — Voi. XL, Anno 1904-05. Giordano Domenico — Stilla necessità dell’ insegnamento della storia naturale negli Istituti Nautici — Estratto dagli Atti del Con- gresso dei Naturalisti italiani di Milano — 15-19 Set- tembre 1906. Paladino Giovanni — Istituzione di tisiologia — Napoli, 1902-03, -[2 voli.]. Detto — Ulteriori ricerche sulla distrazione e rinnovamento con- tinuo del parenchima ovarico nei mammiferi — Napoli, 1887. Detto - De la continuatioii de la névroglie dans le squelette myéliuique des tìbres uerveuses et de la constitution pln- ricellulaire du cyliudraxe — Turiu, 1893 - Extrait de» Archives italiennes de Biologie — t. XIX, fase. !• des questiona histophysiologiqnes qui s’y rapporto»* Turin, 1894 — Extrait des Arcbives italiennes de Biolo- gie-t. XXII, fase. I. ' contorni chez la femme - 1903 — Ext™* 1 des Archives italieunes de Biologie— t. XXXIX, a8C> Sur la régénératiou du parenchyme et sur le tyP e structure de l’ oaire de la femeille du dauphin — 11 1904 - Extrait des Archives italiennes de Biologi® - t. XLII, fase. I. ts conjectu- a mitose dans le corps jaune et les rei ss sur la siguitìcation de cette formn 905 — Extrait des Archives italiennes XLIII, fase. II. de Biologie - Della nes uterina e delle relative glandolo alla formazione della decidua vera e riflessa nella donna — [Napoli, 1895] — Estratto dal Rend. della R. Accademia delle Scienze Fi- siche e Matematiche di Napoli — Fascicolo 7°, Luglio Palazzo Luigi — Carta magnetica delle Isodinamiche d’Italia— Napoli, 1905— Estratto dagli Atti del V Congresso Geografico Italiano tenuto in Napoli dal 6 a 11 aprile 1904 — Voi. 2°, — Sezione I, scientifica. Detto — Pietro Tacchini — Cenni necrologiei — Modena , 1905 — Estratto dal Boll, della Soc. Sism. Ital.— Voi. V. Detto — Bericht iiber die Tatigkeit Italiens in Bezng auf die Mit- wirkuug au den internationalen Forschungeu der hohen Detto — Su di un nuovo modello di pluviometro registratore adot- tato dal R. Ufficio centrale di Meteorologia e Geodinamica — Roma, 1906 Estratto dalla Rivista Meteorico Agraria — Anno XXVI, lì Decade di Dicembre 1905. Detto — Magnolie elementa determiued at Tripoli Barbary. Ricciardi Leonardo — Il vulcanismo nella Mitologia e nella Scienza— Napoli, 1907. agosto 1905 fatte ad Alcalà de Chivert (Spagna)-Roma, 1906 - Estratto dei Rendiconti della R. Accademia dei Lin- cei — Classe di Scienze fisiche matematiche e naturali— Voi. XV, 2° sem., serie 5 a , fase. 6°. Toro Alfonso — Estudio sobre el origen del hombre en America y su vida en los tiempos prehistóricos— Zacatecas, 1906. Pélébration du deuxième déceunaire de la Société belge «le Géologie de Pa- de M. Ernest van den Broeck à l’occasion de, sa retrai te du secrétariat général le samedi 16 fevrier 1907— Bruxelles, 1907 — Extrait da Bulletiu de la Société. Cincinnati» 1900 Proni Terrestrial Magnetism and Atmospheric Electricity for Jane, 1906. ELENCO DELLE MEMORIE . — Prof. G. Pbnnacchietti — Sul moto di rotolamento. . — Prof. A. Capparrlli r Dott. G. Polara - Sui rapporti di con - tinuità delle cellule nervose nei centri nervosi dei mammiferi e — Dott. G. Cutore — Baro diverticolo del colon ileopelvico— 1 anatomica. — Puof. P. Fulco — I coefficienti delle equazioni differenziali, li« omogenee di secondo ordine, ammettenti fra i loro integrali . — U. Drago — Sul reotropismo degli s , - - Prof. S. CrìììÒ— B ibliografia storico-scienti . — Prof. A. Capparrlli — Sulla esistenza i trote degli animali supeiioii di alcuni corpi a contenuto mielinico Prof. A. Capparrlli - - Sopra un fenomeno di fisico-chi* ■ Dott. G. Accolla — Contributo allo studio della dispersa X. — Prof. A. Riccò kd A. Cavasino — Osservazioni meteorologiche del 1906 fatte nel R. Osservatorio di Catania. XI. — Prof. L. Busca uom — La neocarpia studiata nei suo » rapporti coi fenomeni geologici e con V evoluzione. XII. — Prof. V. Beverini — Sulle funzioni sommabili. XIII. — Dott. S. Scalia — Il postpliocene dell ’ Etna. XIV. — Dott. G. Trovato Castorina — Sulla direzione delle scorie XV. — Dott. D. Quattrocchi — Analisi chimica dell’acqua Casalotto. Giugno 1907. Fascicolo XCIV. BOLLETTINO DELLE SEDUTE ACCADEMIA GIOE.NIA DJ SCltNZE NATURALI IN CATANIA Resoconto delle sedute ordinarie e straordinarie e sunto delle memorie in esse presentate. ( NUOVA SERIE ) CATANIA 1907 ; .INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO Rendiconti Accademici Verbale dell’ adunanza dèi 1 Gingilo Note presentate A. Ricco — Periodi di riposo delP Etna A. Ricco — Attività dello Stromboli . L. Buscatimi - i specifici (Nota preventiva) C. Severini — Sai raggio di convergenza delle serie di potenze. A. Bemporad — Snlle osservazioni attinometriche eseguite in occa- sione di eclissi solari Gaetano {tutore — Modificazioni strutturali delle cellule motrici del midollo spinale, durante il letargo (Comunicazione preventiva) . D °tt. G. Polara — Sul nuovo fenomeno di sostituzione dei liquidi . Giuseppe Russo — Le cellule nutrici del testicolo degli echinidi (No- : ta preliminare) . . Elenco delle pubblicazioni pervenute iu cambio e in douo, preesentate pag. 2 j> 13 » 21 * 25 Giugno 1907. fascicolo XOIV. ACCADEMIA Bill SCIENZE NATURALI I2ST Seduta del 1° Giugno 1907. Presidente — Prof. A. Riccò Segretario — Prof. A. Russo Sono presenti i soci effettivi : Riccò, Russo, Orsini Faraone, Pennacchi etti, Staderini, Di Lorenzo, Buscalioni e Beverini. Dopo avere dichiarata aperta la seduta e letto ed approvato il verbale della Seduta precedente, si passa allo svolgimento del- 1’ ordine del giorno che reca le seguenti comunicazioni : Prof. A. Riccò — Durata dei periodi di riposo dell’ Etna. Prof. A. Riccò — Attività dello Stromboli negli ultimi anni. Prof. G. Pknn acchiktti - Sul moto di rotolamento - Meni. 3». Prof. A. Cappakki.li — Sul joduro di amido e sue application pratiche. Prof. L. Buscalioni — Sulle origini della Fiera australiana. Prof. L. Buscalioni — V influenza delle condizioni di dima sui caratteri spe- cifici. Prof. c. Srvkkim Sul raggio di convergenza delle serie di potenze. Prof. A. Bkmpohad — Sulle osservazioni atti nometriche eseguite in occasione di eclissi solari — (Presentata dal Presidente Prof. A. Riccò). Prof. G. Cutore — Modificazioni strutturali della cellula nervosa durante il le- targo. (Con dimostrazione di preparati) - (Presentata dal socio Pro- fessore R. Staderini). D °TT. S. Comes - Ricerche sull > apparato cromidiale delle Gregaria . (Con di- mostrazione di preparati)— (Presentata dal Segretario Prof. A. Rosso.) 2 — ì>OTT. A. O’ URSo - Distribuzione delle fibre elastiche nella capsula del tenone — l a Comunicazione : Tessuto elastico nelle guaine muscolari (Presentata dal Socio Prof. R. Staderini). Porr. 6. Po^KA - Sul fe,, ameno di sostituzione dei liquidi (Misure) - (Pre- Plof. L. Bnscalioui). ' » 8«o Russo G. - Le cellule nutrici nel testicolo degli Echinidi. (Con dimostrazione di preparati) - (Presentata dal Segretario Prof. A. Russo). Esaurito l’ordine del giorno, viene tolta la seduta. NOTE A. Kicoò — PERIODI DI RIPOSO DELL’ ETNA. Stante il recente risveglio dell’ Etna, ossia 1’ attuale eruzione stromboliana iutercrateriea, è naturale il domandare se essa con- durrà ad una eruzione ordinaria importante, di lava all’ esterno, o se la presente attività andrà presto o tardi calmandosi senza conseguenze. Non è possibile rispondere categoricamente alla precedente domanda : però si può giudicare della probabilità maggiore del- 1’ una o deli’ altra ipotesi, studiando la durata dei precedenti pe- riodi di riposo dell’ Etna e confrontandola coll’ attuale, dopo 1» grande eruzione del 1.892. Gli elenchi storici delle eruzioni rimontano fino al secolo XII, nia soiio tanto più incompleti quanto più remota è l’ epoca a cai si riferiscono, come è dimostrato : 1. Dalla maneauza nella data di parecchie delle eruzioni piò antiche, del giorno ed anche del mese in cui cominciarono. 2. Dal grande aumento del numero delle eruzioni registrate nei varii secoli, infatti si ha : Secolo: XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX Eruzioni: 1 j 5 6 5 l6 16 20 mentre è noto che i vulcani tendono all’ estinzione, e q««» di la frequenza delle eruzioni di un dato vulcano in un lunghia»»* periodo deve piuttosto andare diminuendo. 3 a 6 6 a 9 9 a 12 12 a 15 - 4 - Ed anche così si vede che 1’ intervallo fra le eruzioni più frequenti è di circa 6 anni. Ma esaminando i singoli intervalli di tempo fra il principio di una eruzione e la seguente, si trova che sono molto ineguali, poiché si va da 2 mesi fino a 14 anni. Inoltre non si riconosce una relazione costante coll’ intensità e grandezza delle eruzioni ; talvolta le grandi eruzioni sono pre- cedute e seguite da lunghi intervalli : come è naturale di aspet- tarsi; poiché il primo servirebbe alla preparazione ed accumulo delle forze interne ; il secondo sarebbe il riposo dopo il grande sfogo ; così la grandissima eruzione del 1852 fu preceduta da una tregua di 8 a , 9 m e seguita da un riposo di 10 a , 10 ffi . L’enorme eruzione del 1819 fu preceduta da una tregua di 7 a , 7 ra eseguita da un riposo di 13 a , 5'" (1). In altre grandi eruzioni vi fu solo uno dei due lunghi inter- valli e specialmente il riposo conseguente : così quella del 1843 fu seguita da un riposo di 8 a , 9 m , quella del 1792 da un riposo 10% 9 m ;ma peraltro eruzioni grandi o grandissime mancano en- trambi gli intervalli, come in quelle del 1886, 1879, 1865, 1809, 1780, 1766 , 1763,, 1759, 1758, 1755. Dunque neppure può ritenersi per regola costaute che le grandi eruzioni siano precedute e seguite da lunghi riposi, e che una lunga tregua sia indizio sicuro di una grande eruzione da venire; come pure una grande eruzione non dà affidamento certo di un lungo riposo. Ora dalP eruzione del 1892 sono trascorsi quasi 15 anni (P iù essa fu preceduta da una tregua veramente uri lungo riposo di 13 a , 5 m . ricordata : fu preceduta da una calma di 9" «poso ai 25-, 9». 8. par»»..* .fo ggi ,. q „, lunghissimo intervallo. quantunque anteriore alp«d<^° % 1» straordinari» in.p»rf»* ; osalo di 18’, 1“ « * esattamente 14 a , ll m , dal principio), intervallo più grande di tutti quelli verificatisi dal 1759 in poi, cioè in quasi 150 anni. Si deve poi aggiungere che al 20 giugno 1892, cioè circa 20 giorni prima della grande eruzione, fu osservata nell’Etna eru- zione intercraterica di scorie incandescenti e fumo, analoga alla attuale, così pure P eruzione del 1883 fu preceduta da un periodo di attività stromboliana intercraterica; quindi auche in questo fe- nomeno si avrebbe un indizio di prossima eruzione completa. Dell’ ultimo periodo di lungo riposo dell’ tótna pare si possa dare un’ altra spiegazione, oltre quella non completamente soddi- sfacente e non completamente confermata nel passato, cioè della straordinaria grandezza e durata di sei mesi dell’ ultima eruzione nel 1892. Ricordiamo intatti che nel marzo 1883 vi fu una eruzione preceduta ed accompagnata da violentissimi moti tellurici, i quali produssero nel vulcano una grande frattura radiale, che secondo il Silvestri, si estendeva dal cratere centrale verso sud, fin presso il M. te Fusara, cioè per circa 13 Km: 1’ eruzione abortì dopo tre giorni, ma lasciò aperta la via alle successive eruzioni del 1886 e 1892 , le quali scoppiarono sulla stessa frattura , ma ad altezze sempre maggiori; infatti l’eruzione del 1883 ebbe luogo intorno a 1000, quella del 1886 a 1400, quella del 1892 a 1900 m. Questo fatto si può spiegare con ciò, che la lava fluida, per l’azione della gravità si inietta a preferenza nella parte inferiore della frattnra e la salda, ed inoltre le colate la ncuoprono i uno strato, clie solidificandosi presenta una grande resistenza, ra€ ” la parte della frattura, superiore all’ apparato eruttivo, pno res aperta. . Ma 1’ eruzione del 1892 ha avuto luogo presso u P ridionale del grande massiccio della Montagnola, enorme cono ^ eondario. così chiamato perchè rivaleggia colla M**y**V*~ tonomasia, per eccellenza, ossia coll’Etna compiessimo. E dietro la Montagnola vi è la grande spianata o terrapieno na u Al di Lprs dunque dell’apparato ernttivo del 1892 le forae 6 — interne del vulcano troverebbero una grandissima resistenza a rompere la grossa schiena, anzi la gibbosità or detta, dell’Etna. E invero dopo che 1’ eruzione del 1892 aveva certamente per ragione idrostatica, cioè secondo il principio dei vasi comunicanti, ridotto il livello del magma fluido nel canale centrale dell’ Etna circa al livello stesso delle bocche eli efflusso della lava di quel- l’eruzione, cioè a circa 1800 m., cessata che fu l’eruzione e chiuso 1’ efflusso, nel 1893 , insieme a forti terremoti , indizio di conati interni, la lava incandescente s’ innalzò e sgorgò nel cratere cen- trale. Dunque la tensione dei fluidi interni era stata capace di sol- levare il magma per lo meno da 1800 a 3000 m. , vincendo una pressione idrostatica enorme di 360 atmosfere e la ingente resi- stenza , incalcolabile , dipendente dalla nota e grande tenacità del magma ; ma la tensione interna non era stata capace di squarciare il monte. Nel luglio 1899 si ebbe una grandiosa eruzione di fumo e materiale frammeutario iucandescente dal cratere centrale: pare- va il pino caratteristico, preannunziente una eruzione completa, come suol verificarsi nell’ Etna ; l’Osservatorio Etneo fu bombar- dato : ma anche allora la montagna resistè ed il fenomeno non ebbe seguito. Sembra che questi fatti dimostrino la difficoltà di prodursi un’al- tra eruzione sulla frattura preesistente, forse incompleta di sopra dell’ apparato eruttivo del 1892; e quindi questi stessi fatti pos- sono spiegare il ritardo, ossia la singolare lunghezza del periodo di riposo dell'Etna (per quanto incompleto), che corre dal 1892 fino ad ora (giugno 1907). Si deve aggiungere pure che le grandi masse di fumo che il vulcano ha eruttato dal principio dell’anno Ano al presente, dando sfogo alla tensione dei gas e vapori in- terni, debbono concorrere ad allontanare il momento di nua con- flagrazione. - 7 - A. Riccò — ATTIVITÀ DELLO STROMBOLI. : . È noto che eia tempo immemorabile lo Stromboli è in con- tinua attività , talché era considerato come un faro naturale in quei paraggi frequentatissimi del mar Tirreno. Rarissime volte i visitatori lo hanno trovato in calma, cioè non eruttante; però in passato le visite a quel vulcano da parte dei studiosi erano assai rare, specialmente per la scarsità dei mezzi di comunicazione e trasporto. Organizzandosi una rete sismica della Sicilia ed isole adia- centi , furono affidati nel 1889 alcnni sismoscopii alla famiglia dei Sigg. Renda (proprietarii in Stromboli , che si erano sempre interessati alle vicende del vulcano) e furono incaricati di dar notizie all’ Osservatorio di Catania dei terremoti e dei fenomeni vulcanici dell’Isola. Ma poi considerando che dal Semaforo 1’ apparato eruttivo è Più vicino e più visibile che dall’ abitato dell’ isola, e che il per- sonale per il servizio è sempre al posto ed in attenzione, nel 1898 lo scrivente incaricò il detto personale di tenere un registro gior- naliero dei fenomeni del vulcano: il che è stato fatto d’ allora in poi con notevole diligenza. Pertanto prima del 1898 non conosciamo che la data Ai a- cuni parossismi di cui fu conservato il ricordo dai Sigg- Renda e dai visitatori, e degli altri che regolarmente «i furono comunicati dai Sigg. Renda ; iuvece dal 1898 in poi conosciamo tutte le va- nazioni di attività dello Stromboli. Nell’ estate 1891, essendovi nello StTomboli uno straordinario ed allarmante parossismo , mi recai a visitarlo insieme al p G. Mercalli nei primi di luglio: un’altra visita al vu can fatta dall’ ing. S. Arcidiacono, assistente per la Geodinamica ''Osservatorio di Catania, ai primi del segucote settembre, lo ^ Poi visitato lo Stromboli anche nel novembre 189 1 1898. . I ricordi di antichi parossismi dello Stromboli sono assa scarsi, e confrontandoli coi recenti , si vede chiaramente che lo elenco ne è incompleto: riportiamo qui in termini concisi la statistica delle variazioni dell’attività dello Stromboli, solamente da quando se ne è tenuto conto regolarmente , cioè dal 1891 in poi. Nella seguente tabella l’ intensità od energia dell’ attività di Stromboli è espressa in una scala arbitraria di sei gradi : 0—5, dalla calma al parossismo o massimo di attività ; la data dei parossismi si riferisce al loro principio ; si riporta poi la fase lu- nare verificatasi alla minor distanza, prima o dopo il parossismo od altra fase dell’ attività vulcanica. Considerando come parossismi distinti i massimi (5) di atti- vità verificatisi con intervallo maggiore di un mese e quaudo sono stati separati da un periodo di calma, almeno relativa, dal giugno 1891 al maggio 1907, cioè in un tempo di 190 mesi, ab- biamo 22 parossismi distinti, e quindi 21 intervalli fra di essi; pertanto l’intervallo medio è 190:21 = 9 mesi. Ma come si vede nella Tabella questi intervalli sono molto ineguali ; poiché si y a da poco oltre il limite minimo stabilito di un mese fino a 19 */* mesi (nel 1903-5), con quasi tutti i gradi intermedia Quanto alla distribuzione a frequenza dei parossismi nell’anno, si ha che ve ne furono 7 in agosto; 4 in marzo, 3 in aprile, lu- glio e novembre ; 2 in gennaio, maggio, e giugno, 1 in ottobre e dicembre; vi sarebbe dunque un massimo sensibile in agosto e nell’ estate. Per vedere poi se vi sia una relazione tra i parossismi delio Stromboli e la pressione barometrica, nella tabella diamo anche la pressione che aveva luogo a Stromboli al livello del mare al mattino dei giorni in cui cominciò un parossismo, dedncendola dalle Carte della isobare che si pubblicano dall’ Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma. Facendo la media dei — 9 — valori della pressione barometrica data nel quadro, risulta 765 mm , superiore quindi alla media annua della regione: ciò sarebbe con- trario all’opinione che si ha volgarmente in Stromboli, che cioè il vulcano sia più attivo coi venti sciroccali, i quali invece por- tano pressione bassa. Ciò potrà forse esser vero per la emana- zione del fumo , che è favorita dall’ aria umida e poco densa del scirocco. • Quanto alla ipotesi della influenza luni-solare, considerando , in aualogia alla produzione delle maggiori maree, come favorevoli ad essa ipotesi i casi di parossismi verificatisi in prossimità, cioè entra tre giorni prima o tre giorni dopo, delle sizigie (cioè sole e luua in linea retta o quasi colla Terra) ; come sfavorevolf i casi in cui i parossismi ebbero luogo entro tre giorni, prima o dopo delle quadrettare (sole è luna ad angolo retto o quasi) ; e come indifferenti gli altri casi , si ha, tenendo conto di tutti i parossismi : Casi favorevoli per l’ ipotesi dell’ influenza luni-solare 12 » contrarii » » * * ' » indifferenti » » Dunque più della metà dei parossismi dello Stromboli si sono verificati in condizione da indicare possibile una azione . luni-solare; il numero dei casi contrarii è poco più metà di quelli favorevoli alla detta ipotesi; i casi indifferenti sono ancora in toinor numero; ed i casi contrarli insieme agli iodifferenti formano un numero minore di quello dei favorevoli. In un’ altra nota , pubblicata negli Atti dell’ Accademia Serie 4 a , Voi V° — 1892, 15 anni fa, avevo già dimostrato es- servi degl’ iudizii di tale influenza sull’attività dello Stromboli. Gli attuali risultati, dedotti da una serie d’ osservazioni ininter- rotta di 16 anni confermano quel modo di vedere. Naturalmente s’ intende che la influenza od attrazione Inni- , «olare possa agire, non come causa efficente, ma semplicemente COme causa determinante, ossia che possa solamente fovorire i 10 — ilIIilIiliilflIillilllIIIIIIIIIISlIlllll I '1 llll Ili - 11 — Mese Giorno Fasi 1 prossime f]F NOTE I 26 VI 24 its 25 L. P. 63 Terremoto fortissimo locale e parossismo 29 U. Q. smo a Stromboli vn 3 1 2 7 i' 4& . 5 . 2 F.'q! ■■■ Terremoto forte in due riprese ” 30 2-10 5 2 L. P. 71 :^2l25; Terremoto locale e parossismo spavente- Vili 11 3. 52 5 11 L. N. 62 6.11 Terremoto forte e parossismo violeutis- XI 16 0 Calina : Terremoto forte di Calabria , m 29 11" 5 26 i: N. 58 19. 18 Parossismo IV-XI I 1-VI 3 10 l‘ n. Stato normale I-VI 16 ’. 7 Stato nomale VIII-XII io. 32 3 U L. P. 12 .1. 4 Stato nomale I-VII Vili 24 5 24 P. Q. 64 13'" 7 Parossismo X J ;;; Molta attività XI I-X 3 10 P.* Q. z Attività moderata XI IO XII 7. 55 2-4 Debole attività, poi recrudescenza breve I-II III-V V 20 VI 8.30 2 3 21 u. Q. s Variabile attività ; . Improvviso risveglio: fortissime esplosioni Notevole attività, poi calma vili 22 IX 14. 10 4.50 5 3 P. Q. 25 L. N. ? Parossismo Notevole attività X 19 XI 9.45 2 23 il! N. 60 Debole attività I-II III 8 9.25 Y 5 il. P. 55 7." 4 Forte detonazione ed eruzione IV-VI VIII-XI XII 29 I-IV 9.45 2 5 25 Ìli P. 66 e- Debole attività Forte esplosione ed eruzione Notevole attività v-x XI-XII I 22 in 9 IV- vi Vll-x XI il XII 19.30 10. 28 23. 40 3 5 2 5 20 ii. Q- 6 Ìp! Q. 12 U. Q. 66 13. 23 Crescente attività Parossismo Grande attività Parossismo Moderata attività Debole attività Grande recrudescenza Mediocre attività i IliiilIiliilIII I! Il 1 1 il f llllflffl Mese Giorno 3 1 prossime ili ip “~-3 1 Parossismi I-II ■ 3 VI ! 17 t N 4 m ; 88 VI 3 Vili 22 5-0 26 l! P. 62 XII 0 II 25 3.20 i IV 7 14. 5 5 5 L. N. 58 7. 15 IV 16 14. 9 » ... 57 0. 9 VII ::: 3 ;;; IX-X ::: 15 t P ' 6 . 3 3.28 XI '3 XII 4 ... II-III ;;; 3 ... IV 0 VII 15 20. 35 5 12 U. Q. 62 11. 1 IX 2 XDXII ::: 2 II V ... III 3 IV 13 21. ”50 t-5 12 h. N 55 8. 28 V 5 21.45 4-5 4 U. Q 64 0. 22 Moderata attività Forte detonazione ed eruzione Decrescente attività Moderata attività Notevole calma Fortissime eruzioni Moderata attività Deboio attività Moderata attività Parossismo Considerevole attività Moderata attività Forte recrndescenza Calma. Grande terremoto di ( Calma, poi notevole i Moderata attività Calma. Grande eruzio Debole attiviti^ Grande parossismo Debole attività Crescente attività Debole attività Crescente attività Grande attività, — 13 — w- L. Boscalioni. — SULL’ORIGINE DELLA FLORA AU- STRALIANA - (Nota prev.) 1 botanici che barino studiato la flora dell’ Australia sono con- cordi nell’ affermare che questo continente si coutraddiscingue per una ricchezza, veramente meravigliosa, di endemismi , non repe- ribili certamente in altre regioni della terra. La culla delle forme endemiche va ricercata nei territori oc- cidentali, dove le specie proprie del Continente iu questione rap- preseutano V 82/100 della flora locale. Non poco si è discusso sulle cause che determinarono da un lato gli endemismi, dell’ altro la localizzazione di questi preva- lentamente nel territorio occidentale (compresa una parte della Eremea), ma se noi ci atteniamo di preferenza alle ricerche più recenti dobbiamo inferirne che entrambi i fenomeni siano collegati ad una evoluzione indisturbata dalla flora di detta regione, dove, a causa, forse, dell’ isolamento cui soggiacque il territorio non si è fatta sentire 1’ azione moderatrice e modificatrice di altre flore. Tale, ad esempio , è l’ opinione del Diels, ma io farò subito rilevare che i miei studi sulla vegetazione australiana, se non valgono ad abbattere l’ ipotesi dell’ illustre scienziato tedesco, il- luminano tuttavia di nuova luce il problema riflettente 1’ origine della flora australiana. Le mie ricerche furono rivolte ai tipi dioici, di cui abbonda V australia, edotto dal fatto che alla diffusione di una forma dioica si oppongano difficoltà assai maggiori di quelle che ostacolano normalmente l’ emigrazione delle specie in cui l’ elemento ma- schile e quello femminile sono associati in uno stesso individuo. In questi miei studi ho poi rivolto 1’ attenzione , oltre che alla distribuzione della specie nell’ambito dell’Australia, anche ai rapporti che le stesse contraggono colla flora della Malesia, della Polinesia e di altre regioni più o meno prossime ai Continente australiano. Riassumerò qui brevemente i risultati cui sono giunto : Innanzitutto ho rilevato ohe malgrado la preponderanza dei tipi polipetali iu Australia, le forme dioiche appartengono invece alle Monoelaraidate od Apetale del Bentham, vale a dire a quel gruppo di Dicotiledonee che è costituito da specie degradate. In- fatti abbiamo 46 generi di Monoclamidate dioiche rispetto a soli 20 generi di Polipetale pure fornite di analoghi caratteri florali. La stessa prevalenza dei tipi antiquati si verifica se pren- diamo in considerazione le specie , poiché 155 di queste appar- tengono alle Apetale, mentre solo 69 entrano nella classe della Polipetale. Inoltre se consideriamo che la flora dioica australiana è rappresentata , stando almeno alla flora del Bentbam , da 436 specie dobbiamo riconoscere come oltremodo singolare e sorpren- dente che un terzo della stessa sia dato dalle forme Apetale, (o monopetale). Non meno singolari mi sembrano i rapporti che corrono tra le forme endemiche e quelle diffuse fuori del Continente austra- liano, avendo potuto rilevare che le forme Apetale endemiche so- no predominanti rispetto alle diffuse. A priori un tale stato di cose lascierebbe supporre che la flora dioica siasi organizzata in Australia, od in altre parole, sia una flora autoctona. Ma contro questa interpretazione sta il fatto che la stessa non ha le sue stazioni predilette nell» Australia occidentale, come è il caso per i tipi australiani genuini (non dioici), bensì nelle regioni nordi- che orientali. Anzi a questo riguardo si può affermare che la flora dioica e tanto più legata a questi territori quanto più è antica (Conifere dioiche). Ho pertanto ragione di ritenere che si tratti di una forma sui generis di endemismi, cui si adotterebbe benissimo la den0 ' minazione di secondaria. L’ anomalo accantonamento delle forme dioiche, sia endemiche che diffuse, trova per altro la sua interpretazione allorché « c0 “‘ «idera il mo do con cui si è venuto organizzando la flora fa*™' gamica » e l nostro pianeta da un lato, sul continente australiano dell’ altro. Una parte non indifferente della vegetazione che ricoprii terra ,,elle e poche geologiche in cui sorsero le Fanerogame, - 15 — costituita da tipi dioici , quali quelli Siffatte forme , quando mai adatte alle condizioni di clima tropicale o subtropicale iu quelle epoche dominanti, erano larga- mente diffuse nella Malesia e Polinesia, nelle Regioni antartiche, nell’ America del Sud, dalle Ande alla Patagonia, e perciò non difettavano nelle pianure e sulle montagne dell’Australia, iu quel- l’epoca smembrata iu parecchie isole, formanti nel loro assieme uno o più arcipelaghi. Verso il fine del Oretaceq e sui primordi del Terziario — for- se anco più tardi, ma a torto, secoudo non pochi autori — le regioni ceutrali dell’Australia sorsero dalle onde, collegando così in un grande continente le sparse membra. Tale rimaneggiamento nella compagine delle terre australia- ne provocò un radicale cambiamento del clima locale , che da umido e temperato divenne ben tostò arido e caldo. Ma colle variazioni climatiche ebbe pure luogo un muta- mento nella vegetazione. I tipi antiquati furouo sopraffatti da nuove forme , meglio adatte alle mutate condizioni di le quali si insediarono prevalentemente nelle regioni dando così origine a quelle coorti di specie endemiche che oggi ritroviamo ivi accantonate. Per converso le forme arcaiche, per lo più dioiche (elemento oceanico paleotopico), si ritirarono, o per essere, più esatti continuarono a vegetare e a diffondersi nelle regioni dell’Est e del Nord dove le condizioni di clima avevano subite minori variazioni. Gran parte del territorio occidentale australiano rimase perciò depauperato delle stesse. È intanto necessario ammettere che siffatto elemento ioieo paleo tropico oceanico, a poco a poco , stimolato da condizioni J vita sempre più differenti da quelle cui era stato sottopos origine, mutò flsonomia, senza per alt™ che le nuove speme- per causa della natura stessa dei loro apparati di nproduz.one condizione di iusolarità in cui trovasi 1’ Australia !lveSS tato diffondersi (salvo casi eccezionali) fori di questo contento. Perciò uoi vediamo che la flora dioica è costituita, . li llMll. — 16 — strali», da una pleiade di tipi endemici molti dei quali hanno sol più una debole rassomiglianza ed affinità colle forme ocea- niche le paleotropiche, largamente diffuse nelle regioni della Ma- lesia e Polinesia, colle quali ebbero comune origine o dalle quali forse derivarono. Lo studio della flora dioica, ci offre adunque non pochi dati sull’ evoluzione cui andò incontro la vegetazione australiana. Es- so inoltre ci rivela che vi ha una singolare antitesi tra il com- portamento della fauna locale e quello della corrispondente flora. La prima, come è noto, è costituita quasi esclusivamente da tipi che conservano ancor oggi un organizzazione primordiale e de- gradata, la flora eminentemente australiana invece è in gran parte moderna, per aver i tipi di cui consta (per lo più endemici) sop- piantato od accantonato le forme antiche paleotropiche dioiche. L. Busoalioni— L» INFLUENZA DELLE CONDIZIONI DI CLIMA SUI CAEATTEEI SPECIFICI — ( Nota prev.) Dal giorno in cui il De Vries sorse, colla nuova teoria delle Mutazioni, a scuotere 1’ edilìzio scientifico che il Darwin aveva eretto, gli studi biologici presero un nuovo indirizzo. Ammessa la mutazione è infatti logico dimandarci se le va- riazioni ereditarie, le sole atte a dar origine a nuove specie, siano V espressione di cause interne, ancora ignote nella loro intima essenza, o non piuttosto l’ indizio di una reazione, per parte del l’ organismo, a peculiari condizioni di clima , di terreno e via dicendo. Molti autori, in ossequio alle nuove vedute , ritengono col De Vnes che il clima non abbia un’ influenza decisiva sulla for- mazione , o per esser più esatto sulla creazione dei nuovi carat- teri specifici e tanto meno poi ammettono che esso possa fi^ 11 in modo definitivo. Essi citano all’uopo le forme alpine le quali, benché da tempo localizzate in più e meno g ra ,„le vicinanza dei nevai e sotto- - 17 . — Ì8 — Valèntemente succulenti, mentre nelle aride regioni dell’ occidente si mostrano per lo più secchi, di natura capsulare. Non vi ha dubbio qui che la forma e la costituzione del frutto sono V espressione delle condizioni di clima, poiché là dorè il terreno umido per le abbondanti precipitazioni atmosferiche permette un esuberante afflusso di umori alle piante queste ac- cumulano l’acqua nei frutti che diventano perciò bacche, drupe e via dicendo. Air opposto questi, in generale, rimangono secchi (capsule etc.) quando la pianta non può attingere molta acqua dal suolo. Stando ora ai concetti delle moderne teorie si dovrebbe con- 7 cludere che i sovraesposti caratteri dei frutti, essendo indubbia- mente biologici e più particolarmente collegati all’azione del clima (in senso largo), non potrebbero esser fissi ed ereditari e perciò neppure specifici. È invece tutto l’opposto che avviene poiché i tipi capsulari (od altrimenti forniti di frutti secchi propri del territorio occidentale coltivati in qualsiasi regione della terra, non mutauo la costituzione dei loro frutti, come non la mutano quelli dotati di frutti succulenti delle regioni nordi- che orientali quando vengano sottoposti a condizioni di umidità meno buone. Il clima australiano ha adunque dato origine a non poche forme veramente specifiche, poiché è noto che i caratteri dei frutti ci servono di guida nella determinazione di molte spe- cie australiane. Le Mirtacee ne sono 1’ esempio più classico. Mi si potrà obbiettare che le forme dotate di frutti secchi sono sempre rimaste tali nelle passate epoche geologiche per cui «e oggi le troviamo localizzate nelle regioni occidentali dell’ Au- stralia, ciò indica nnicamente che esse hanno trovato ivi condizioni 1 Cllma fav orevoli per insediarsi. Un analogo ragionamento po- trebbe farsi per i tipi a frutti succulenti del nord. Contro sif- fatta obbiezione , io mi limito a far rilevare che molte delle specie capsulari, o altrimenti dotate di frutti secchi, derivano M dubbiamente da tipi provvisti di bacche, drupe, o di frutti,* altre parole, succulenti proprie della Malesia , o di altre regioni Più o meno prossime all’ Australia, quando non provengono — 19 — forme insediate nel territorio nord di questo continente, parimenti dotate di frutti carnosi. Ammessa siffatta derivazione appare logico concludere che il clima abbia realmente modificato — e definitivamente — la costi- Questi esempi , ai quali potrei ancora aggiungere quelli as- sai più classici delle Acacie a fillodi e degli Eucalyptus a foglie verticali, ci portano a concludere che le condizioni peculiarissime di clima imperanti sull’ Australia hanno determinato dei muta- menti nella costituzione della vegetazione dei differenti territori da cui il continente risalta costituito. Le mutazioni, o variazioni, dapprima biologiche divennero col tempo specifiche e fisse, passando così dalla categoria dei caratteri d’adattamento a quella dei ca- ratteri di organizzazione. E noi troveremo quanto mai plausibile la spiegazione se consi- deremo che 1’ Australia ha, come altrove si è detto, mutato la sua costituzioue , passando dallo stato di arcipelago alla dignità di continente. Egli è durante questo lento rimaneggiamento di ter- ritorio, il quale ebbe luogo in. epoche geologiche piuttosto lontane. (Periodo Cretaceo e Terziario) che si vennero organizzando i nuo- vi climi e con questi le nuove entità specifiche nel dominio della flora e più particolarmente nelle regioni occidentali e nell’Eremea. Ma data la lentezza con cni ebbe ad effettuarsi l’ evoluzione del continente australiano, anche assai lenta dovette essere la modifi- cazione nella costituzione dei vegetali per cui più che ad una mutazione le trasformazioni cui andarono questi soggetti vanno probabilmente ascritte ad un processo di evoluzione Darwiniana. O. Beverini - SUL RAGGIO DI CONVERGENZA DEL- LE SERIE DI POTENZE. In un’ altra nota sullo stesso argomento, inserita nel Bollet- tino (*) di questa Accademia, ho indicato una dimostrazione, che O Fascicolo XCII, Gennaio 1907. — 20 — paruri notevole, del teorema di Gauehy-Radi nazione del raggio di convergenza di una (*) sulla determi- di potenze : Si può quella dimostrazione ulteriormente semplificare* e gio- va in ogni modo indicare una modificazione, che si deve fare nel- T enunciato del teorema. Perchè la serie (1) converga per ogni |ìp| <>, è necessario, detta o una quantità positiva, arbitramele piccola, che da un certo valore dell’ indice n in poi, si abbia : l/^-b Se il limite superiore di j/j^T| per n infinito : fc finito, diverso da zero, la (2) porta come conseguenza: . C)Oft. Caochy: . Mljrtìques (1833) pag . 46 , 1 1S - Badamri I: T vnT P “™’ T ' 0VI mK . , , . u,,a n, enibrana e di un contenuto. La membrana, as anza esile, è specialmente visibile nelle cellule decrepite, gran parte svuotate, quali si possono osservare dopo reni* — 38 — cellula presenta vacuoli assai numerosi, la sua struttura è simile a quella di un elemento vegetale. I fatti, da me messi in rilievo, mi sembrano non privi d’iu- teresse, specialmente perchè rischiarano qualche fatto assai di- battuto delle spermatogenesi, dimostrando in modo inconcusso che P unione degli spermii colla «diala nutrice non è assoluta- ,me"tc obbligatoria, come pretendono alcuni (Bardeleben, Ronda), giacché negli Bchinidi una tale unione non è eostatabile in nes- sun momento della spermatogenesi. Questi stessi latti si possono mettere a profitto per una giusta interpretazione del significato delle gonadi, dimostrando che la funzione glandulare è limitata solamente ad alcune cellule di queste e quel eh’ è più va com- pletamente a benefizio delle cellule sessuali. Un risultato note- vole d e i| e mie ricerche, è infine, che gli apparati nutritivi del calcolo degli Echinidi, hanno la stessa struttura e sono costruiti sull Identico tipo di quelli degli ovari degli stessi animali, il Me autorizza ad omologare completamente tutte le formazióni, sussidiarie degli elementi germinali anche in quegli animali in om si presentano assai diversamente costituiti negli ovari e nei testicoli. : Busso, che, coi suoi autorevoli consigli, mi e stato di valido ai «un 1 . ■ ^ nei presente lavoro, esprimo vivissimi rin- graziamenti ’ 1 m ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI ¥ena 6 111 caml)i0 e * n presentate nella sedata del 1 giugno 1907. medica — Boll. I'. ■ Accademia <*ébnmni .. G eor g 0 fj|j Rovereto - I. R. Accademia di scienze lettere e arti degli Agiati St. Louis • - 1906, i — Bull. — 1907, 1-6. — t — biiiet de S. Majeste — Section géologique — Voi. VI, 2. Santiago - Société seientifique du Chili - Actas. - 1905, 3-5. Tokyo - Imperiai earthquake investigation Committee - Bull. - Voi. I t-2 Toulouse - Università - Ann. fac. «C.-1906, 2-3. Washington - Bureau of american Ethnology - Bull. - N. 32. id. - Carnegie Institntion - Pubi. — N. 52. "* - Siili thaonian Iustitution - Smith*, misceli. Colteci. — N. 1652, Parte t . del voi. XLIX. id - K ‘ NaturhÌ8torisch « 8 Hofmuse.un - Ann. - 1907, 1. Zara ^ G ° ologI8che Reich »»i>«talt - Verhandl.— 1906, 17-18. 1907, 1-3. goza Sociedad aragonese de ciencias naturale» — Boll.— 1907, 2-4. doni di opere ed opuscoli naturale — Milano, Ardile F. Materia „ f„ rza _ No(e Detto - Elenco delle memoro Bassani Francesco — Di \ Pozzuoli opportunità di uno questo cratere e dei leuti movimenti Napoli, 1907 - Estratto dal e Scienze Fisiche e Materna- Rasgani F ra „ C e»c .7^’^! “ *’“■ 3 ” ~ >*"■ studio 7 ^ ^ 101,1 " ReIazio,,e 8l| Ila opportunità di uno io sistematico della solfatara e dei lenti movimenti del presso il Serapeo di Pozzuoli e sui mezzi più opportuni P attuarlo — Napoli, 1907 - Estratto dal Rend. della K. Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli - Fascicolo 4 - Aprile 1907. ancavilla Palermo, 1906 — Estratto da: Nicotra Fran- Cortesi Fa lipidi Ce8co Dizionario illustrato dei comuni siciliani. 10 ~Bo UU b ° tftnÌC0 8co,lo8ci " to del secolo XIX — (Fra Cesare Borgia, commendatore nell» ordine di Malta, fondatore del- Accademia Gioenia) - S. n. t. - Estratto dagli Aunali di Botanica - Voi. IV, fase. 2. 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