-ASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA AN nm “Università di Palermo ı ER Lista dei collaboratori ordinarii per le Riviste critiche. Morfologia della cellula — Dott. O. Kgrucn (R. Istituto Botanico di. Roma). Istiologia ed Anatomia comparata .— Prof. R. Pmorra (R. Istituto Botanico di Roma). 3 Traltati = Prof. O- Marrinoro (R. Orto Botanico di Bologna). unse Organogenia, Teratologia — Prof. 0. Pexzıs (R. Orto Botanico di È enova). eg Prof. R. PIROTTA: Tecnica microscopica — Prof. À. Poi (R. Istituto Tecnico di Piacenza). Patologia — Dott. U. Baızı (R. Stazione di Patologia Vegetale di Roma). Biologia — Prof. A. Bonzi. Fitopaleontologin — Ing. Cuerici (R: Istituto Botanico di Roma). Storia della Botanica — Prof. P. A. Saccarpo (R. Orto Botanico di Padova). Botanica | forestale ed industriale — Prot. R. F. Sorta (R. Scuola Forestale di . Vallombrosa). Botanics medica — Prof. €. Averra. (R. Orto Botanico di Parma). | Botanica orticola — C. SPRENGER (S. Giovanni Teduccio pr. Napoli). Flora. fanerogamica t Italia — Sr. Sommer (Eungarno Coren £ si Firenze). Pteridofiti. — Dott. A, Bumm (R. Istituto er Soa. Museinee — Dott. U Bar 0 ket Epatiche — Prot. €. "Missione (Univ. à d iu Licheni — Dott. p Jerra (Ruvo di Puglia). Funghi (Sistematica) — Prof. P. A. Saccarbo (R. Orto Botanico di Padova) Funghi (Biologia e Morfologia) — Prof. 0. Marrmoro. Aly ghe marine — Prof. A. Piccone (25 Via Caffaro, Genova). Alghe d'aequa dolce — Prof. A. Bona - — (R. Orto Botanico di EE Bacteriologia — Dott, L BuscaLioNt = Orto Botanico zi Lo Signori Autori sono responsabili di quanto ` SC è stampato nelle loro memorie originali. ` + RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA O. PENZIG Prof. all’Università di Genova A. BORZI R. PIROTTA Prof. all’ Università di Palermo Prof. all Università di Roma ANNO X — VOLUME X MARCELLO MALPIGHI 1627-1094. © RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA | SEN REDATTA DA i i 9 ÉNEIA he Ge Prof. all’ Università di Genova i A. BORZÌ | B. PIROTTA — Prof. all’ Università di Roma in eollaborazione eon molti Botaniei De Italiani e Stranieri. dou PUE Ano XL. VOL À > | EE ~ A in ta E dur i a elf xim zeg Sech + 1999. - : GENOMA... 1. 05 TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO P Vico Mele, 7, interno 5 (ute ag PARTE SECONDA CAPITOLO 1. E Il Corpo mucilaginoso delle Druse di ossalato ealeico. + 3 — (Cont. vedi Fasc. 11-12 anno 1895) A) STORIA DELL’ARGOMENTO. Il Sanio nel suo classico lavoro « Ueber die in der Rinde dicot. Holzgewüchse vorkomm. Krystallinischen Niederschläge, und deren Anat. Verbreitung. Monatsber. d. Kgl. Akad. d. Wissenschaft. Berlin 1857 » fu il primo ad accennare alla presenza di un residuo organico di natura proteica nell'interno delle druse, il quale veniva posto in evi- denza quando si scioglievano i cristalli con adatti reagenti. ll fatto fu più tardi confermato dal Vesque (1) il quale così si esprime ` — al riguardo: « Les cristaux se forment souvent autour d’un noyau , étranger, qui reste visible au centre du cristal, comme on peut le voir ` avec une netteté remarquable dans l'écorce primaire de l'Abelia jaa Ss Stris et du Ptelea trifoliata. » LA Così pure il Pfeffer (*), a proposito dei eristalli did si osservano in — aleuni granuli d'aleurona, afferma di aver sempre potuto mettere in evi- ^ i “denza un nucleo di natura protoplasmatica, colorabile in giallo, allorchè si disciolgono le druse coll’acido cloridrico addizionato di jodio. Gli autori che sono venuti di poi accettarono integralmonte l'idea : () l.c. p. 117. uu cca über die Proteinkörner und die Bedentung à Es Asparagins eimen des Samen. e Jahrb. f. Wiss. Botanik Bol. VI 4 ^. LUIGI BUSCALIONI ` di Sanio, di Vesque e di Pfeffer, senza aggiungere novità di sorta in proposito, come infatti si può constatare consultando i trattati del Zim- mermann (4), del Tschisch (°), del Poli (3) e di altri ancora. Per meglio far comprendere i fatti e per ragioni che troveranno più tardi la loro spiegazione, è duopo che io aggiunga ancora che la mag- gior parte di questi osservatori ammette poi anche che attorno ai cristalli vi abbia. assai spesso un velo protoplasmatico, il quale serve ad indi- care che i cristalli per lo più nascono in seno al protoplasma (Pfeffer), anche quando più tardi trovansi rigettati nell'interno di vacuoli. Solo in qualche specie, come ad esempio nella Tradescantia, studiata dal Zimmermann, i cristalli si presentano affatto liberi di involucri pla- smici, il che, a mio parere, è molto dubbio, inquantochè ho dimostrato nella 1.* parte di questo lavoro, che i cristalli adulti, ritenuti liberi, |. di questa specie e di alcune altre sono invece circondati da un invo- | luero, il quale certamente ha tratto la sua origine da un plasma peri- . eristallino. A questo modo di interpretare la costituzione della maggior parte delle druse, stanno di contro da una parte le osservazioni dell’ Arcan- geli (4) sull'intima costituzione di questa specie di eristalli, e dall'altra quelle proprie del Kohl (5), del Wakker Uie di altri RER sul. modo di originarsi delle druse stesse. Il Kohl, a pag. 28 e 29, nel suo trattato sui sali di calcio e sulla si- liee nelle piante, afferma: « Jedenfalls geben daruber die ersten jugen- Stadien der Drusen sicheren Aufschluss, denn in den meisten Fällen gehet die Drusenbildung von einem grossen Solitar aus, an dem sich allseitig kleinere Kristalle aufsetzen die dureh langsames Heranwachsen - schliesslich die Grósse des ersten Krystalls erreichen ». Augencond Pflanzenanatomie. Leipzig 1879. 2A 7 polvere cristallina e sulle druse di ossalato di calcio. Nuovo Giorn. Bot. Ital. V, XXIIL n eI ^ 0. STUDI sur CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 5. Egli dimostra in tal modo, ehe se il centro della drusa è occupato da un cristallo, attorno al quale successivamente vanno depositandosene altri, ben difficilmente può comprendersi ancora la presenza di un nu- cleo centrale di natura proteica. È: vero però che, poco sotto, il medesimo autore ammette anche la 2 possibilità che molte druse possano formarsi nel modo stesso degli sfe- riti e che anzi vi sia un graduale passaggio dal primo tipo a questo, ma ció non di meno ritiene il primo modo di formazione delle druse come regola generale o per lo meno come molto frequente. 34 Le mie osservazioni, estese ad un gran numero di vegetali appartenenti - alle famiglie le più disparate, le quali, sotto questo punto di vista, con cordano in parte colle idee espresse dall'Arcangeli (!, mi hanno portato a ritenere che il processo formativo ammesso dal Kohl à tutt'altro che generale. i | Nel maggior numero dei casi, all'opposto, come si può osservare stu- diando le nostre più comuni piante arboree ed erbacee, i cristalli in druse nascono in corrispondenza dell'apice vegetativo sia caulinare che radicale, sotto forma di piccolissimi sferiti, non troppo distinti dal cir- eostante protoplasma, nei quali è già subito evidente una specie di ca- vità o di corpo centrale, più o meno oscuro, dal quale si irradiano dei piccoli cristalli aghiformi; coll’ accrescersi delle druse, tanto la parte centrale, quanto i singoli aghi cristallini, vanno aumentando in sviluppo - . fino a raggiungere la forma definitiva. L’ Arcangeli, come sopra è stato detto, confuta pure la ipotesi del Kohl nella struttura delle druse, ma egli afferma che in seguito al- l'azione dell'acido cloridrico, non è mai riuscito a constatare l'esistenza ` di un nucleo organico, come è stato ammesso da taluni, quale centro di deposizione dell’ ossalato calcico. a .. Quest’ autore così interpreta l'origine delle druse: E ben vero che molte sostanze minerali prendono eristallizzando una struttura fibrosa, | eoordinando i eristalli prismatici a guisa di fibre normalmente alla su- perficie dei corpi sui quali si depositano, oppure con disposizione ;ra- - (t) Nuovo Giornale Bot. Ital. Vol. XXIII, 1891. Mr EE i e > i EC diata attorno ad un corpo estraneo (zeoliti ecc.), però questo centro può B d essere tanto dn cristallo come un corpieciuoló organico. Quello che però S È più interessa avvertire si è che la struttura delle druse ci rivela il modo > della loro origine. Infatti sappiamo dalle esperienze di Kuhlmann, che facendo cristallizzare una soluzione di solfato di zinco, o di altre so- stanze, ridotta a concentrazione siropposa, con gomma, gelatina od un idrato ‘metallico, la cristallizzazione si effettua più rapidamente ed i cristalli si coordinano in sferiti o sferoliti: ed è pure noto che nei cro- giuoli dei vetrai, per rapido raffreddamento, si formano sferoliti di sili- cati. Possiamo quindi arguire che nella formazione delle druse il pro- cesso di cristallizzazione abbia compreso due fasi: una prima nella quale, per l abbondanza di ossalato calcico disponibile e forse per la copia di materiali gommosi o mucilaginosi disciolti, la cristallizzazione si effet- tui più rapidamente, producendo la parte interna delle druse a struttura fibro-raggiata, ed una seconda nella quale la minor quantità della so- stanza cristallizzabile e la scarsità delle materie permise una più lenta cristallizzazione, che dette luogo alla parte periferica della drusa. Ciò però non corrisponderebbe col fatto osservato dal Kohl che sopra — la lastra coperta di gelatina le sferiti si formano interno al punto toc- eato con un sale di caleio, ove sembra che la cristallizzazione dovrebbe. | essere più lenta, ma corrisponde con quanto egli ammise nelle sue ri- cerche, in cui dapprima si formano cristalli monoelini e poi tetragonali ` dei quali gli ultimi raggiungono dimensioni notevoli. | In conclusione l Arcangeli ritiene che la parte più interna lella. . drusa, quella cioè a struttura fibro-raggiata si formi allorquando i tes- B ` suti sono giovani cellule e le contengono plasma in quantità; la se- conda od esterna quando invece l'organo ha raggiunto più inoltrato svi- e , e per la EE ee Dë ADU cellulare offre Send PME mezz zi Seen. di speciale costituzione, variabili col tempo éd i quali non sono dimostrabili all'osservazione. La teoria & poi basata su di un -~ principio falso perchè è sempre possibile vedere il nucleo qualora si faccia | . uso, invece che del semplice acido cloridrico, anche della tintura di jodio, inoltre perchè è assai spesso dimostrabile che le druse hanno fin dai primordi della loro esistenza la struttura di quelle adulte, fatta astra- zione naturalmente della grossezza, ed infine perchè talora le druse son già quasi completamente sviluppate in vicinanza dell’ apice vegetativo, in una regione cioè dove il protoplasma è ancora più che mai abbon- dante. Un’ ultima ipotesi riguardante lo sviluppo delle druse e che mal si concilia colle idee del Sanio e del Pfeffer è quella, come si è detto sopra, del Wakker, diffusamente sostenuta nei suoi EE one über die Inhalts- Korper der Pflanzenzelle. . Quest” autore dimostra, in seguito a minuziose osservazioni fatte sulla ‘Martynia formosa, sulla Nicotiana tabacum, sul Mesembryanthemum ` cristallinum, sull’ Impatiens Sultani, sull Hoja carnosa, sul Citrus Au- rantium, sul Ricinus communis, sulla Vanilla planifolia, sulle Begonie, sull’ Anthurium Hookeri, sul Melianthus major e su molte altre piante ancora, che i cristalli di ossalato di calcio, sia in druse, sia in cristalli isolati, n nascono sempre in seno ad un vacuolo. I Wakker, che in queste ricerche si è esclusivamente servito del me- - o della plasmolisi, non ha tenuto EK aleun conto ed ha passato sotto ilenzio le osservazioni del Sanio sul nucleo proteico delle druse, e ciò — molto probabilmente pel fatto che con grande difficoltà si può spiegare - la presenza di un residuo pere nel centro di un pad che d ` nasce in un vacuolo. Inoltre non ha creduto opportuno di sviscerare la questione se Ah d nte i cristalli naseano nei vaeuoli o se piuttosto non vengano dall | protoplasma istesso isolati entro à questi, non si tosto si sono formati, | some infine possa trarre origine entro ad un vacuolo il velo proto- ` tico. che circonda le druse ed i cristalli isolati ed è destinato de: incarcerarli più tardi in un involuero di cellulosa. Per conto mio. io > ho cercato di risolvere la Lee osaminando E materiale vivente, plasmolizzato con soluzioni al 5-10 9/, di nitrato di : e : ERN potassa od al 50/, di zucchero, il modo di comportarsi delle druse m ` corrispondenza degli apiei vegetativi, ma debbo confessare ehe non ho iu potuto ottenere risultati decisivi. In molti casi non & possibile stabilire se la drusa si trova in un va- . euolo, oppure in seno al plasma, in altri invece è evidente l’origine pro- toplasmatica della stessa, ed in fine altre volte (Kerria Japonica ad es.) pare ehe la drusa si formi in un vacuolo e ció pel fatto che quando à . ancora piccolissima, presenta talora dei movimenti browniani; ma questo . fatto, come ho detto, è tutt'altro che dimostrativo, prestandosi a troppe interpretazioni. Dai fatti esposti risulta adunque che le teorie di Kohl, del Wakker e dell’ Arcangeli non corrispondono sempre alla realtà dei fatti, tanto per ciò che concerne la struttura, quanto per ciò che dach la storia di sviluppo delle druse. Inoltre l'idea di un nucleo protoplasmatico nelle druse, siccome venne - lanciata nel mondo scientifico in un'epoca in cui le reazioni microchi- miche erano così scarse da non permettere di distinguere, con un’ ana- lisi rigorosa, ciò che è plasma da corpi di ben altra natura, al giorno E d' og; oggi è DI: che lecito elevare dei dubbi sulla natura ssaa di detto corpo. Di fronte a queste considerazioni i io ho voluto intraprendere una serie ituzione delle druse e sul loro modo di origi B.) EE E noto che la maggior parte dei eristalli in druse, invece di presen- | tarsi come corpi solidi, lasciano riconoscere una cavità sferica centrale, nella quale si notano qua e-colà dei punti o delle granulazioni scur x quasi che fosse parzialmente occupata da piccole bollicine di . aria. Questa struttura che è distintamente visibile nei preparati in acqua od i in glicerina, si mantiene maderno) anche quando si esaminano le ^ m EC delle sezioni di Riva tiptrina incluse in balsamo di Canadà, "ebe la cavità centrale presentasi circondata da un alone o membrana sottile, la quale serve in certo modo ad isolare questa escavazione dal cristallo. Ben diversa va la cosa se si trattano le sezioni di tronchi riechi di druse di ossalato calcico, come ad esempio quelli del Pothos platicaule, con deboli soluzioni di acido cloridrico. In tal caso si osserva che dopo ` la scomparsa del cristallo, rimane nel centro dello spazio da questo primi- tivamente occupato, una sostanza granulare, di aspetto nubecolare, molto ` simile per struttura al plasma circostante, quantunque si differenzi dal ; questo per una tinta meno giallognola (fig. 49). identità fra le due sostanze appare ancor più note Aion si giunga un poco di tintura di jodio, come hanno appunto fatto Sanio Pfeffer, i in quantochè la sostanza endocristallina si colora pallidamente ` in giallo. Questo eorpo centrale non deriva da sostanze che, primitivamente in- | terposte fra gli aghi cristallini, si raccolgono di poi nel centro delle - druse in seguito alla soluzione di queste ultime, poichè tanto i D." Ferrero .e Krasser quanto io stesso, siamo riusciti a colorarlo col bleu di anilina | eristali intatti e su preparati stati semplicemente in alcool, dimo- PE strando anche così che le druse sono permeabili. su Stabilito adunque che le druse si modellano attorno ad un corpo cen- — | rale, rimaneva a EE la natura ips: ono: a tal We ho E "stica in soluzione al 50 0/,, il protoplasma si disorganizza più o meno. . completamente, in ispecie se si riscaldano i preparati, mentre il corpo centrale non subisce notevoli variazioni. Talvolta però coll’ ebollizione in questo liquido si osserva che i granuli di cui consta si disaggregano alquanto e si portano alla periferia della drusa, quasi in contatto della | membrana di Rosanoff, dove si dispongono ad anello (Pothos platicaule ` ed altre Aroidee). | Ammesso adunque che il nueleo delle druse abbia la stessa. natura del protoplasma, pur tuttavia esso dimostra una costituzione alquanto dif- ferente, la quale riesce ancor piü manifesta nei preparati, che dopo il trattamento coll’acido cloridrico, siano stati sottoposti per molte ore - (24 e più) all'azione dell'aequa di Javelle. ; .Dopo un simile trattamento tutto il protoplasma è scomparso ed i) granuli d’ amido sono più o meno profondamente intaccati, mentre la | sopra indicata sostanza lascia ancora riconoscere distinte alcune granu- lazioni, sebbene in numero assai minore, le quali inoltre non riescono più colorate colla tintura di jodio o col clorojoduro di zinco, | La diversità di struttura riesce vieppiù evidente colorando i prepa- rati col bleu di metilene e colla tintura di alcanna. Con questa doppia. colorazione i granuli della drusa, nei preparati ‘di Pothos liberati dai | cristalli coll’ HCI, riescono eolorati abbastanza intensamente in rosso, quasi a dimostrare una natura resinosa; invece le membrane cellulari ed i i residui plasmici, quando ancora esistono, si tingono in bleu. - L'aleool, il cloroformio, l'etere e gli altri solventi delle sostanze re- | sinose sono però senza azione o ne hanno ben poca su tali corpi cen- trali, i quali d'altronde resistono all’ H,S0, e si sciolgono lentamente -nell acido cromico, mentre non danno alcuna reazione colla es na. ed acido cloridrico. | “i Queste reazioni tendono adunque a dimostrare che la sostanza cen- trale delle druse, non è di natura protoplasmatica e che se per aleur | caratteri mierochimiei si avvicina alle es esinose , educ d STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO l1 di altre piante già completamente sviluppate ; quando invece si fanno le stesse reazioni su sezioni praticate in vicinanza dell'apice vegetativo in accrescimento, i granuli di detto corpo si presentano assai meno re- sistenti, tanto all’azione dell’acqua di Javelle, quanto alla potassa cau- stica, assumendo anche persino talora una dubbia colorazione rossa col- l'H,SO, e zucchero che va ben tosto perduta nelle cellule adulte. Colpito dalla singolarità dei fatti e sospettando che si trattasse forse di corpi resinosi speciali (t) io ho anche saggiato la reazione di Unver- dorben-Franchimont, secondo la quale, le sezioni trattate a fresco col- l acetato di rame, acquistano, dopo alcuni giorni di immersione nel reat- tivo, una bella colorazione bleu smeraldo nei punti dove esistono delle sostanze resinose. A tutta prima il reattivo ha confermato le mie idee, avendo ottenuta (f) Nel punto di uscita delle radici avventizie del Pothos platicaule io ho molte volte trovato, nell’ interno delle lunghe cellule che accompagnano i fasci vasco- lari nel loro decorso attraverso la corteccia, tanto delle druse normalmente con- formate, quanto dei piccoli cristalli ottaedrici, isolati od aggruppati. Tali cristalli appaiono immersi in una sostanza protoplasmatica, la quale però trattata colla tintura d'aleanna, mostrasi costituita da sostanze resinose Essa ha l'aspetto di una massa subrotonda, oppure di un corpo foggiato a pen- nello, oppure infine di una sostanza in parte omogenea, globulare ed in parte träsformata in un ammasso di aghi, (fig. 64 e 65 B) il tutto fortemente colorato in rosso dall'aleanna che lascia all’ opposto il plasma quasi incolore. Questi corpi talora abbondanti, tal’ altra invece scarsissimi od anco mancanti affatto, danno ricetto, sia nel loro interno, sia alla loro periferia, ai cristalli di cui sopra abbiamo parlato, i quali perciò, a primo aspetto, potrebbero dar l illu- sione di esser nati a guisa di granuli d’amido entro a siffatti strani plastidi. Un'esame più attento lascia però riconoscere che per una specie di cristalli, quelli cioè foggiati a drusa, il rapporto colla sostanza resinosa è tutt’ altro che di- retto, essendosi questa semplicemente accumulata là dove si trovano le masse cri- stalline le quali poi talora sono prive di questo curioso rivestimento. I cristalli ottaedrici invece pare che si formino realmente ed esclusivamente là dove si riscontrano le masse resinose e sono perciò in stretta dipendenza colle stesse. L'esame microéhimico ci dà la spiegazione del diverso modo di comportarsi delle due sorte di cristalli. I cristalli in drusa, sono costituiti da ossalato di calcio, gli altri invece si sciolgono nell’ acido solforico senza dar luogo a precipitati di gesso, resistono all'acido acetico e si sciolgono sotto l’azione dell’ acqua di Javelle. > A quanto pare adunque sono fatti di sostanze organiche di natura ignota. una elegante eolorazione bleu del nucleo eristallino, mentre la drusa di ossalato di calcio scomparve completamente. Ben tosto però ho dovuto convincermi che, anzi che una colorazione, si trattava di un abbondante $e preeipitato di un sale di rame nel nucleo della drusa. E Ripetute le osservazioni su un gran numero di piante, come ad esempio È Viscum, Populus, Aesculus, Corylus, Kerria, Ostrya, Rhus, Centrade- nia ecc., ho trovato sempre gli stessi fatti, cioè scomparsa della drusa e formazione di un precipitato più o meno abbondante a seconda dei casi, di un sale di rame verde chiaro, granulare, talora striato concen- p> tricamente. Il precipitato trattato con ferrocianuro di potassio diventa lentamente rossastro, in seguito a formazione di ferrocianuro di rame ([FeCy5J* Cü?) e la reazione si compie piü speditamente scaldando il preparato. La tra- à sformazione però non avviene più se si è fatta agire l’acqua di Javelle, la quale cambia il precipitato in una massa bleu che poi in breve tempo diventa nerastra, forse perchè si è trasformata in biossido di rame (Cu O). EI Esso è insolubile nell’ H,SO,, anche se adoperato a caldo; viceversa, — trattato previamente con acqua di Javelle, scompare rapidamente: si scioglie con abbastanza rapidità nell’HNo, a caldo come pure nell’ HCl, tanto se questo venga adoperato in unione coll’ aequa di Javelle, quanto senza questo reattivo; talora riscaldando alquanto le reazioni nell' HCl ho ottenuto la scomparsa del sale di rame e la formazione di un ge, í | granulare grigio chiaro che coll’ H,SO, diventa oscuro. ; Il eloruro di sodio in soluzione concentrata e la potassa caustica al 109/, impiegati sia a freddo che a caldo, non hanno aleuna azione sul precipitato che invece à rapidamente disciolto dall’ammoniaca, dando luogo una ad colorazione bleu celeste, più o meno intensa, del liquido della ` preparazione. e Il joduro di potassio, come. pure l'ossalato di potassio, sciolgono com- | - pletamente il precipitato, purchè però non siasi fatto agire previamente eue acqua di Javelle. Finalmente l'ammasso euprieo à insolubile nell acqua e nell’alcool; si seioglie in parte nell'aeido jodidrico, il quale poi in E unione al earbonato di sodio determina, a caldo, rapidamente la tra- .Sformazione del precipitato in un grumo di ossidulo di rame. i ut su vasta scala, come ad esempio, nei tubi di assaggio, ecc. Quantunque non sempre sicure, le molte reazioni fatte permettono di arguire che il precipitato di rame non è formato da un composto inor- ganico di rame 0 da rame metallico, poiché noi sappiamo che quest'ul- : timo è solubile rapidamente nell’acido jodidrico ed insolubile nell'aeido cloridrico, e che i sali di rame che si formano per combinazione di uno + degli acidi minerali che più comunemente possono trovarsi allo stato di sali nei tessuti vegetali, sono solubili nell'aequa e presentano per di : ; ‘colorazioni e reazioni assai diverse da quelle sopra indicate.. Kaes è pure noto che l'ossidulo, il biossido ed il carbonato di rame tinguono dal precipitato delle druse per una colorazione o rossa 0 - | verde affatto speciale, e per particolari reazioni chimiche, e Vo | stesso vale per i solfuri e fosfuri di rame, per gli azotati ed azotiti dello stesso metallo, per i fosfati e loro derivati ed infine per altri com- | posti cuprici che io, per ragioni di brevità, non starò qui a menzionare (1). _ Per meglio studiare la natura del precipitato cuprico nel nucleo delle druse, io ho anche saggiato l’azione di altri sali minerali sopra i tronchi i Pothos e di Aesculus Hippocastanum, che per la grande quantità druse, si prestano assai bene a quan genere di rieerche. | eco quanto ho potuto rinvenire dall'esame di pezzi lasciati immersi, ` oltre ad un mese e mezzo, nelle soluzioni concentrate dei veri sali: 1.°) Il cloruro, il joduro, il solfato ed il nitrato di potassio; il clo- — . ro, il solfato ed il nitrato di sodio; il cloruro d'ammonio; il nitrato, ` solfato ed il fosfato di calcio; l'acetato di alluminio; il ferro cianuro. potassio ed il perossido di manganese non disciolgono le druse e non inano alcun precipitato nel nucleo delle stesse. chi desideri maggiori ni al riguardo può consultare le E SR i , Paris 1876; Ricurer, Trattato di Ce? nica, Trad. Ital. 1884; H. S. Roscoe und ScHORLEMMER , rh i- Lehrbuch d. Chemie, Bd. IL iui 1879; E. F. von Gorup-BESsANEZ, > Chemie; Henri Rose, Traité M de Chimie er 27) Il solfato di ammonio, il cloruro di bario, il eloruro ed il sol- fato di magnesio, il cloruro di zinco, il cloruro ed il solfato di allu- minio, il solfato manganico, il solfato ed il cloruro ferrico ed il cloruro ferroso sciolgono le druse più o meno completamente a partire dal centro verso la periferia, ma non determinano re di sorta nel corpo centrale delle Se (1). quello dovuto al calcio trattato con H a50, dà luogo alla for- | mazione di cristalli di gesso. 4.) Il cloruro di zinco scioglie le druse e colora in verdastro il nucleo senza però dar luogo ad un vero precipitato. 3 9.) Infine il cloruro mercurico, il nitrato ed il cloruro d' argento, e il nitrato e l’acetato di piombo non sciolgono le druse, ma formano nel loro interno dei precipitati analoghi a quelli del rame. H precipitato dato dal cloruro mercurico à di colore fosco, scompare ES o coll’acido cloridrico e riesce evidente qualora si esaminino le sezion olio di garofani; quello prodotto dai sali d’ ‘argento ed in uro è bruno giallastro e molto volumino; 80; ; quello infine pro ‘acetato di piombo è ‘scarso e formato da piccoli cristallini. Anche col corredo di queste nuove re reazioni non ci è adunque d o di indicare qual è il composto organico o l'acido organico che si co i- bina eon questi corpi per dar luogo ai surriferiti precipitati ed alle m zionate reazioni; ciò non di meno se noi consideriamo che alcuni posti peetiei e Vaeido ossalico tanto ‘comuni - nelle piante | analoghi precipitati quando si combinano coll’ ‘argento, col r mercurio ecc. e che questi pectati ed ossalati sono appunto insol p nell’ acqua, mentre gli stessi corpi, combinandosi colla potassa, ue : dio ecc., formano pure degli ossalati e dei pectati solubili nell'acqua, ci appunto nel nostro caso, si avranno valide ragioni per ritenere ch Se aen il quale si forma nel nucleo. delle druse è formate * | to organico di rame. | # ES Anche Sovanay. et Lesen Tunnen, ottennero gli stessi ris ul concerne il flens di agna T STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI | CALCIO E ‚bilito Base fatto, se noi ora consideriamo che le sostanze più diffuse nel regno vegetale aventi un rapporto più o meno diretto col calcio sono, pectati, gli ossalati ed altri corpi affini si può completare l'enunciato affermando che i sovraindicati precipitati sono probabilmente dovuti appunto a pectati, ossalati e simili corpi. Avremo occasione di vedere nella conclusione come alcune reazioni tratte dalla microchimica militino a vantaggio di quest’ipotesi e più spe- . cialmente in favore dei pectati. Qui voglio solo osservare che qualora si trattasse di ossalato di rame questo non deriverebbe già, puramente e semplicemente, quasi per azione meccanica, da una doppia decompo- sizione che avrebbe luogo fra l’ ossalato di calce della, drusa ed il sale - rame impiegato, come a tutta prima si può credere, stando ai dati i i offertici dalle osservazioni dell’ A. Reynoso (1) dalle quali risulta che i tato con dei sali solubili di rame, di argento, di S bo, di nio; di zinco, di nikel, di cobalto, di stronzio e di bario, prova una doppia decomposizione, dando gli ossalati di questi metalli ed .un sale solubile di caleio. Nel caso nostro aleune considerazioni ci autorizzano a ritenere che le conelusioni dell' A. Reynoso, esattissime quando vengano desunte da reazioni fatte in grande, non sono più applieabili ai precipitati endo- cristallini. nanzi tutto quest'autore, per ottenere i suoi risultati, o a caldo, o tre il precipitato delle druse si forma à freddo. Inoltre io ho osservato, studiando di ora in ora il modo con cui si forma l'ammasso euprico, che questo è già completamente formato in : un tempo in cui i cristalli sono ancora quasi intatti, o presentano | sol- tanto un principio di corrosione in corrispondenza delle estremità ri- volte verso il nucleo endocristallino (V. fig. 51). ID | secondo luogo, se si osservano le druse di una data pianta si veri molto di frequente ehe in una stessa preparazione , mentre tutti i cri sono disciolti, aleuni non presentano traccia di preeipitato,. altri. | ne scarso e molti infine ne sono abbondantemente forniti. | LUIGI BUSCALIONI Inoltre non è infrequente lo osservare che mentre nei rami giovani le druse danno un notevole precipitato, in quelli vecchi’ manca od è scarso (Trapa). : Ma vi ha di più: si danno alcune volte delle druse di dimensioni notevolissime e che perció a primo aspetto, stando alla teoria de | é doppia decomposizione, dovrebbe dare un rieco sedimento di ossalato di. rame, ed invece non ne danno che uno scarso (Viscum). Si aggiunga ancora che se si trattano con soluzioni eupriche i tronchi delle Dracaene riecamente forniti di rafidi di ossalato di caleio nell'am- bito della corteccia e del midollo, le foglie ed i tronchi di Citrus che presentano numerosi cristalli solitari al di sotto dell'epidermide, i tegu- © ment seminali delle oPapaveracee. (Chelidonium, Glaucium ecc.), come | pure i tronchi delle Solanacee forniti di sabbia cristallina nel midol — e nella corteccia, i tronchi delle Dracene, le foglie del Mesembryan themum ed i rami delle Conifere che presentano dei minuti cristalli in- eapsulati nello spessore della membrana cellulare, i tronchi di Fagas, della Sterculia platanifolia e di altre piante che hanno pure dei cristal solitari nella corteccia secondaria, si ottengono risultati. ben. trova cioè quasi sempre che il solfato e l’ acetato di rame s + _ masso cristallino od i singoli cristalli ponendo in evidenza le me IS à di Rosanoff da cui sono rivestiti, come pure la struttura reticolare de membrane in cui essi si annidano (Conifere, Dracaene ecc.) senza però dar luogo ad un precipitato di ossalato di rame, oppure dando qua e là, in modo affatto ineostante ed aecidentale, dei piecolissimi residui. Un tale risultato opposto all'idea del Reynoso si comprende benissimo - qualora si pensi che le piccole quantità di ossalato di rame che si. for- mano per l’ accennata doppia decomposizione, possono Mantenere í | sciolte nell’eccesso di reattivo impiegato. Di fronte alla costanza con cui avvengono le surriferite reazio | Cai paw. affermare, che il precipitato di rame, formatosi nelle i mercurio, di Sege taluni dei quali dànno pre- liere la drusa. detto che il precipitato di rame non è dato da un osihlató. E tuttavia che io aggiunga che un tale enunciato va incontro a qualche rara eccezione, inquantochè io sono riuscito a dimostrare in ta- luni easi la presenza di traccie di ossalato cuprico commisti al grosso del precipitato che, come io inchino a eredere, dev’ essere formato da pectati di rame o da sostanze affini. Per una tale ricerca io ho trattato le sezioni ricche di precipitati di rame con cloruro di calcio ed ho trovato che, se nel maggior numero dei casi, il precipitato si scioglie mettendo a nudo il nucieo organico, | senza formare traccia di ossalato di calcio, qualche volta invece (Pothos) lascia come residuo attorno allo stesso un scarso precipitato di questa . ultima sostanza, che così ripete di nuovo la forma della drusa scomparsa. È chiaro che in questo caso l’ossalato di calcio deriva dall’ ossalato di rame prodottosi per la doppia decomposizione che avvenne fra la | vente, il quale ossalato di rame è stato incorporato nel corpo centrale dell'energia fissatrice dello stesso. Come si vede adunque l’eccezione of- ferta dai Pothos dipende da un'aecidentalità che non modifica punto la legge sopra enunciata. \ Del resto, la più bella prova che il precipitato endocristallino non è dato da un composto dell’ acido ossalico lo dimostra il fatto che se si mettono le sezioni di Pothos, Aesculus e di altre piante che abbiano ‘subìto l'azione del rame in una soluzione di acido ossalico, si ottiene lo allora realmente la trasformazione di tutto quanto il precipitato e in un ossalato dello stesso metallo colla consegnente forma- di un ricco accumulo di ossalato di calcio assai spesso cristallino, sostanza propria del nucleo delle druse qualche rara volta ha anche Ma anno X, vol. X. e sostanza del cristallo in druse ed il sale di rame impiegato come sol- al nucleo, qualora si faecia agire, come si è detto, il cloruro ` Da questi esperimenti si può perciò trarre la conclusione che se la la facoltà di e, r Lari di rame derivante Sieg Zeng vigi SE jet y qualche particolare struttura da cui dipendesse appunto la forma del | più svariati reattivi, impiegando a preferenza quelli che per concentra à non avendo esso la facoltà di fissare allo stato solido i sali di rame, il che - a dimostrare la differenza che intercede fra esso ed il corpo centrale della d i Vorkommenden Ozalsawren Kalks. Flora, 1869. LUIGI wem ab, maggior numero dei casi invece forma soltanto dei composti organici col rame costituiti probabilmente da pectati e da sostanze affini, dai er quali pero l'acido ossalico ? escluso. N Per maggior esattezza ho anco voluto cercare se per avventura il ` precipitato potesse dipendere dalla forma cristallina dell ossalato di : calcio, ed anco in questo caso ho veduto che tanto nelle druse com-. poste di eristalli monoclini, quanto in quelle fatte di aghi tetragonali | vi ha un precipitato più o meno abbondante a seconda dei casi, il quale poi manea tanto nei cristalli monoelini , quanto in quelli del sistema ` i tetragonale quando sono isolati (1). Premessa questa lunga serie di reazioni, io debbo ancora EE che prima di me l' Aà Arnd (?) aveva già fin dal 1869 osservato che trattando col solfato di rame le druse di ossalato calcico, queste scom- | parivano lasciando un deposito verde o bleu che viene disciolto dalla. potassa caustica, assieme al nucleo del eristallo. SE L'osservazione di quest'autore è stata dimenticata, ma d'altra parte, espressa in questi termini, è affatto priva di importanza, potendosi. fare . su di essa le più disparate congetture, compresa quella della doppi de de- E. composizione indicata dal Reynoso. La presenza di un precipitato cosi voluminoso nel seno del gelaf à cristallino mi aveva fatto sospettare che quest’ ultimo potesse avere l’ammasso cuprico. Perciò io ho pensato di sciogliere quest’ ultimo co zione o per natura propria fossero meno atti a disorganizzare la com pagine del contenuto cellulare. I risultati furono conformi alla mia aspettazione, poichè immergel le sezioni per un tempo più o meno lungo nei varii reattivi io sono riuscito à Santo la presenza di un corpo speciale nell'interno de N .(!) Dalle mie ricerche risulta pure che il plasma non fai azione sul ebe (2) Arno Ap Henrica, Ueber die ma are Bedentung des in der Pi a È robi: SUI wem SC OSSALATO DI CALCIÓ araso, al rs ho dato il nome di Corpo clins delle druse, bon À diversamente conformato da quei pochi granuli insolubili nelia potassa, colorabili colla tintura di aleanna e col jodio ed insolubili nell’ acido cloridrico che furono osservati dal Sanio, dal Vesque e dal Pfeffer . melle loro ricerche in cui SEN I HCl in soluzione più o meno concentrata. Per i miei studi io ho fü assai spesso uso del seguente processo: Dei pezzi di tronco, di radici, di foglie, ecc. ricchi di ossalato di — . calcio vengono ridotti alla lunghezza di cirea 1 cent., e di poi sono posti nelle soluzioni di acetato o di solfato di rame concentrato, ove devono dimorare | per un tempo piü o meno lungo, variabile da una settimana da un mese e più. | Contemporanoamente, a scopo di controllo, à duopo porre altri pezzi delle stesse piante nell’ alcool, avendo anche cura talora di esaminare materiale fresco. Avvenuta la soluzione delle druse, che si può rico- noscere praticando un taglio e sottoponendolo al microscopio, seziono al miérotomo i pezzi e metto le sezioni in una soluzione variabile dall'l*/, - all'8 0/, di HCl od in soluzioni che variano dal 1 9/, al 30 ?/, di acido | — Con questi reattivi si ottiene molto spesso, dopo 24 ore o 48 ore, la mparsa del precipitato di rame quando però si abbia eura di mante- | le sezioni del termostato ad una temperatura di 38? circa, dopo di i può benissimo osservare il corpo mucilaginoso a fresco o meglio ancora colorandolo tanto col bleu di anilina, quanto colla fuesina acida. | Nelle prime ricerche che io ho intrappreso sul corpo mucilaginoso , 3 ero attenuto esclusivamente a questi due metodi: piü tardi ho do- $ to ‘convincermi che in molti casi sono dannosi, in quanto. che tanto è RE E Wem acetico, benchè in soluzioni cosi e allora ottenere delle doppie colorazioni molto istruttive. 20 LUIGI BUSCALIONI 2 0}, od anco più concentrata, scioglie il precipitato e nello stesso tempa colora il corpo mucilaginoso senza danneggiarlo. Ha però un inconveniente ed è che fatta agire anche per oltre 48 ore sulle sezioni talora non riesce a sciogliere ii deposito cuprico, Più recentemente ho trovato che corrispondono meglio allo scopo le 3$ soluzioni di acido cromico dall 1/,,, all’ Lag come pure le soluzioni al- lungate di ossalato potassico, ed infine il cloruro di calcio nella propor- | zione dal 2 al 16 */,. : | Adoperando questi reattivi, in specie a caldo, si ottiene entro 24 ore, - od anco assai prima, la soluzione del precipitato di rame, raentre il nu- : cleo rimane fissato nella sua vera forma e struttura. | Esso appare come una massa trasparente giallognola ben diversa- 4 mente conformata da quanto avevano veduto Sanio e Pfeffer, la quale, | in alcune specie di piante fissa più o meno energicamente la fucsina 3 acida, in altre invece si colora intensamente col rosso di Rutenio ed 5. in altre inflne si mostra sensibilissima al bleu di anilina e refrain A invece al rosso di Rutenio ed alla fucsina acida. Combinando l’azione di due di queste sostanze coloranti si possono Ora ehe abbiamo ampiamente illustrati i metodi tecnici per mettere in evidenza il corpo mucilaginoso e, per quanto era possibile, la sua ` M composizione ehimica, dobbiamo passare a studiare come esso si pre- senti nelle varie specie vegetali e quali rapporti contragga: con altri | corpi d’analoga natura, che danno luogo agli stessi precipitati cupriei | e rispondono alle stesse reazioni, ma che si trovano liberi nelle cellule (corpi mueilaginosi liberi) per potere colla scorta delle nuove osserva- zioni arrivare ad una conclusione a riguardo della funzione che com- | piono questi corpi nell’organismo vegetale. SC De » 1° POTHOS PLATICAULE (?) (1). Se si esaminano dei giovani tronchi in via di attivo sviluppo e che siano stati a lungo nell’acetato o nel solfato di rame (?) si trova che al di- sotto dell apice vegetativo caulinare esistono abbondanti precipitati di e rame sotto forma di sferiti, diffusi in tutti i parenchimi del tronco, i . quali occupano non solo parte centrale delle druse disciolte, tanto ab- bondanti in specie attorno ai fasci vascolari, ma si trovano anche liberi in cellule non cristalligere. Es Per lo studio di queste formazioni i io mi sono valso della fuesina acida, E lell’acido cromico all’!/,,,, del cloruro di calcio al 15 ?/, e del bleu di anilina. I preparati, trattati coi due primi reattivi, rimasero per oltre - 94 ore col termostato a 38^, quelli sottoposti al eloruro di ealeio vennero 4 À semplicemente scaldati fino all'ebollizione. I precipitati di rame si sciolgono completamente eon tutti questi reat- vi, ed il corpo mucilaginoso si mostra variamente conformato a se- ‘onda del reagente adoperato. Colla fucsina acida esso si presenta poco distinto, in quanto che il oplasma delle cellule cristalligere si colora intensamente, a differenza. i di quanto succede negli elementi vicini che fissano poco il colore. Dom +. SE dinario ha la forma di un ammasso rossastro, striato radialmente ` ` Le quasi fosse costituito da bastoncini irradiantisi da un centro; più di rado apparisce come una nubecola granulare. corpi mucilaginosi liberi rassomigliano poco a quelli inglobati nelle presentandosi essi sotto l'aspetto di semilune fortemente colorate db 2 gs specie esistente nelle serre del R. Istituto Botanico di Torino ed indicata ia nome di plaficaule non si trova accennata nelle monogra OC) Salvo speciali ege è da preferirsi l'uso dell'acetato di rame, fone solfato intacca i nel mezzo del Kee cellulare. In molti casi poi presentansi come masse omogeneamente colorate in rosso che è però più sbiadito in vicinanza della periferia. Col bleu di anilina, previa l'azione dell’ acido eromieo o del clan di calcio in soluzione diluita, si possono metter» in evidenza gli stess fatti, solo che l’analogia fra i corpi inelusi e quelli liberi riesce assai p manifesta, pel fatto che entrambi spiccano fortemente colorati in bleu sul. protoplasma e sui nuclei cellulari che hanno soltanto acquistata una tinta. |»... verdognola o bleu sbiadita. Un fatto importante si & che molto spesso nelle cellule a druse si no- tano ad un tempo i corpi mucilaginosi racchiusi e quelli liberi. Nelle cellule cristalligere adulte quelli racchiusi si riducono alla for di anelli pieghettati che incorporano talora una sostanza d’aspetto nu becolare poco colorabile (fig. 47 e 50). i Il corpo mucilaginoso è solubile nella potassa e nell’acqua di Javell -eoll'acido cloridrico si scioglie in parte, lasciando per residuo delle g nulazioni che si raccolgono nella parte centrale del corpo (allorche edi à ineluso) e che costituiscono appunto i granuli veduti dal Sanio e Pfeffer. Col jodio e col cloruro di zineo jodato si colora in giallo, men si mantiene incoloro coll acido osmico e col rosso di Rutenio. + an si tratta il poop ides delle n col cloruro di calcio D uc par indio à da un'alone ie IS civ _miche si Ge costituiti da ossalato di calee. (ig 48). Unt t fatto prova e come stato detto nel je apt. curioso ‘anello di ossalato di pu che rieorda gie We per for. struttura la EE isst 2° CENTRADENIA GRANDIFOLIA Endl. (Fig. 62 e 63). ‘In corrispondenza dell'apice vegetativo del tronco mancano i cristalli di ossalato di calcio raccolti in druse, i quali compaiono solo ad una certa distanza dal medesimo, dapprima limitatamente alle regioni dei nodi per diffondersi di poi successivamente nei tratti internodali del mi- dollo, diventando in pari tempo numerosissimi e grandi. . L'acetato di rame non determina alcun precipitato nei tratti in cui Aene Ss d + et i Lei res non Ab il centro degli wg ma per ed °/, ed infine dell'acido cloridrico all'l °/,, il quale però non dà dei risultati troppo soddisfacenti. © Le sezioni immerse nell’uno o nell’altro di questi reagenti vennero Becr por 3%, ore nel termostato a circa 36°. ; più si ha un principio di solubilità alla periferia degli sferiti di a i du di m colorati col bleu di SE o colla stessa fucsina cloruro di calcio dimostra una più grande energia dissolvente, _ [ ando si faecia Lim alla sua azione den dell acido i os allo facilmente intaceabile di poi dal cloruro: nec: impiegato da solo, e meg ancora in uad en il eloruro di calcio | le druse non sono ancora presenti; questo comincia manifestarsi là dove ` ` cloruro di SE al 15 °/,, delt HUNE all’ 1 °/,, dell’ EE KU. dei precipitati cuprici liberi, Vieni di wn inclusi nei A ei A Sis SL 3 | T. i H ^ Ce SE i | lascia riconoscere un eorpo mucilaginoso assai grande nel centro del druse, foggiato quasi come un globulo rosso del sangue di rana, in quanto che la sua porzione centrale si appalesa alquanto piü densa. Nei pre- parati che soggiornarono nell’ acido ossalico esso e ricoperto da un ab- bondante precipitato di ossalato di calcio a fini granuli. ^ Lg stesso reattivo mette poi in evidenza una grande quantità di corpi ` mucilaginosi liberi nelle cellule non eristalligere, foggiati pressoché sullo. stampo di quelli inclusi nei cristalli. Il bleu di anilina, impiegato in soluzione concentrata ed a caldo, co- lora vivamente tutte queste singolari produzioni, le quali spiccano sul protoplasma poco o punto colorato anzi giallastro. Il rosso di Rutenio non colora, o solo debolmente, il corpo mucilaginoso. … 3^ AESCULUS HIPPOCASTANUM Linn. ` Questa specie è abbondantemente fornita di cristalli di ossalato cal- cico sotto forma di druse, più di rado di cristalli isolati, in tutto l'am- bito della corteccia primaria e secondaria del tronco, al davanti i ispecie degli archi di sclerenchima, come pure nel parenchima del lomb fogliare vieino ai fasei vascolari del picciuolo. Le druse, piccole nel primo anno di vita del ramo, in ispecie se osservano in vicinanza dell’ apice vegetativo in accrescimento, pare che subiscano un lieve aumento di volume quando il ramo ha raggiunto il secondo anno. : |. Posti dei pezzetti di rami giovanissimi, e perciò in attivissimo av luppo, come pure dei rami adulti e dei pezzi di foglia in via di in giallimento nlla soluzione di acetato di rame, ho notato dei fatti ab- bastanza singolari relativi alla struttura del corpo mucilaginoso, i quali, in questa specie, hanno una forma caratteristica e costante, non ne ribile, che io mi sappia, in altre piante. i Per le relative ricerche io ho fatto uso della soluzione di acido | tico varianti dal 4 al 30 °/o» dell’acido eromico 1/,,, e dall'acido pum la cui eoncentrazione variava dal 4 al 20 °/,. vm SUI CRISTALLI íi e * Di poi ho aie le sezioni col bleu di anilina, o col rosso di Be tenio. Inoltre ho fatto anche uso della fuesina acida, la quale, come si à detto, ha il vantaggio di non riehiedere l'uso di un altro solvente per colorare il corpo mucilaginoso. Ecco ora i principali risultati ottenuti dalle differenti parti della pianta. Apice vegetativo caulinare. — Il precipitato di rame si presenta sotto forma di piccoli sferiti multipli, rotonde, talora suddivise in due, o quattro pezzi, i quali sono disposti in circolo all’interno della drusa disciolta. Il precipitato però è molto scarso. Esso si scioglie molto bene nell’acido cromico, e nella fucsina acida, la quale preseuta la particolarità di colorare il corpo mucilaginoso che residua in giallo bruno, che contrasta assai colla colorazione rosso viva ca circostante protoplasma. : Inoltre, trattato colla fuesina acida, il corpo mucilaginoso, invece di . presentarsi, come nei casi precedenti, quale un unico ammasso striato concentricamente, si mostra costituito da un numero più o meno grande di piccoli corpicciuoli isolati gli uni dagli altri, foggiati ad anello oda — — — biscotto il cui numero è uguale a quello dei SEA di rame (fig. 5B): xi La grandezza e la forma dei singoli corpiceinoli mucilaginosi varia da una cellula cristalligera all'altra, essendo talora finissimi, quasi puntiformi, tal'altra invece costituendo dei veri ammassi. Quest'aecumuli mucilaginosi trovansi per lo piü situati verso la pe- riferia della drusa in modo da formare quasi un anello interrotto: non | mancano però i easi in cui si trovano anche nel centro della stessa. Degno di nota si & che in vicinanza dell'apice vegetativo in via di uf corpieciuoli elementari globosi, dal cui complesso risulta formato il corpo mucilaginoso delle druse, sono molto sensibili ai reattivi, tanto. che trattati coll’ acido eromico all" (dann e poi col bleu di anilina si pre- | bleuastra a contorni diffusi; inoltre colla potassa caustica al 20 "/, e col- l'acido cloridrico si disorganizzano. i 1 Occorre menzionare che esaminando il midollo di giovani tronchi ho ` trovato in quasi tutte le cellule dei precipitati cuprici, in generale una ` o due sferette per cellula, grosse quanto quelle proprie delle druse, le quali davano le identiche reazioni di queste ultime. Non ho però potuto stabilire con sicurezza se tali accumuli fossero y E! A Xu proprio analoghi a quelli liberi e multipli ehe esistono nella corteccia ` o ehe rappresentano i primi stadi di quelli che più tardi incontriamo | : inclusi nelle drusa. E Rami di due o più anni. — Le druse sono molto grandi e presen- - | tansi circondate da una membranella di Rosanoff, non sempre troppo di- — stinta dalla parete cellulare che negli elementi eristalligeri à sottile. A Molto spesso le cellule a druse sporgono nello interno degli spazi in di tercellulari, oppure trovansi incuneate in ammassi di elementi scleren: chimatosi. Il precipitato di rame è molto più abbondante che nelle druse d rami giovani. Esso forma una massa compatta, omogenea, verdastra, che ix riempie quasi totalmente la cavità cellulare, e che si scioglie abbastanza - bene coll acido acetico e col cloridrico, mantenuti alla temperatura di 30° per circa 24 ore, lasciando in sito il corpo mucilaginoso intens - mente eolorabile col bleu di anilina. j Occorre però notare a questo riguardo che le soluzioni deboli di ES: acetico sono più raccomandabili di quelle concentrate e che l’ acido clo- ridrico, an be molto allungato, provoca un dee deeg del corpo mucilaginoso. I eorpi mucilaginosi colorati hanno un aspetto assai variabile: dads sono sostituiti da minute granulazioni disposte irregolarmente nella ca- vità della drusa; tal’altra formano un unieo ammasso nel centro dell: stessa od una specie di anello, dal quale si irradiamo delle tenui fibril che vanno fino alla periferia della drusa; in altri casi sono rappresen a tate da piccoli corpicciuoli più o meno numerosi, avvicinati alla. mel brana di Rosanoff e congiunti fra loro da briglie di varia grossezza li collegano pure all'involuero di cellulosa. della Gm T du STUDI SUI CRISTAL DI 08 ALATO. DI CALCIO- "fu altri casi invece questi corpi sono indipendenti gli uni dagli altri, ma ognuno iuvia quattro o cinque fibrille assai tenui alla parete del cristallo. Infine talora ho pure notato che tutta la drusa era riempita xD da una massa nubecolare bleuastra, nella quale nuotavano aleune gra- E nulazioni più oscure, oppure che i corpi mucilaginosi si riducevano alla forma di vescicole vuote o di corpi striati concentricamente con un punto centrale più oscuro (fig. 59). Del resto il numero delle forme può essere ancora più elevato, e ciò forse in dipendenza del reattivo adoperato come solvente. Sta perd il fatto che nei rami adulti il numero e la grandezza dei corpuscoli ele- | mentari sono di molto aumentati, in paragone di quanto si osserva nelle druse poste in vieinanza degli apiei vegetativi; il che spiega l'abbon- - danza del precipitato di rame, il quale inoltre non si presenta più in piccoli ammassi multipli. ue | Tali fatti fanno supporre che il corpo mucilaginoso vada accrescen- = dosi per un certo tempo, anche forse nel secondo anno di vita del ramo. Foglie vecchie. — Esistono molti corpi mucilaginosi liberi, ma quelli inclusi nelle druse paiono in via di involuzione e di scomparsa. _ Il fatto però merita ulteriori studi. Prima di terminare la trattazione dei corpi mucilaginosi dell Aesculus, debbo aggiungere che se si trattano le sezioni rimaste in acetato di rame con acido ossalico in soluzione al 10°/,, dopo 24 ore circa il pre- p cipitato cuprico primitivo riesce costituito quasi interamente da ossalato * di rame. Allora sottoponendo i preparati all’azione del cloruro di calcio al 79/, previa naturalmente rapido lavaggio in acqua, se può ottenere, | dopo un po' di tempo, in ispecie se si scaldauo le sezioni in tubetti di | assaggio, la formazione di cristal'i artificiali di ossalato calcico, i quali, riempiono esclusivamente le cellule a druse. . Questi cristalli hanno forma di piccole druse o di aghi cristallini iso- — lati e stanno per Lo più in stretto rapporto coi singoli corpi mueilagi- nosi, che per questo trattamento sono diventati giallo pallidi (fig. 53). Il cloruro di calcio impiegato da solo non determina la produzione _dell’ossalato di calcio, come abbiamo visto invece succedere nel Pothos . platicaule, e questo prova che a formare il precipitato di rame pri- | mitivo nell' Aescultus non vi eoneorre punto l'ossalato di calcio. Il reat- tivo, come ho detto, fa risaltare molto bene i singoli corpi mucilaginosi, sotto forma di cerchietti a bordo più oseuro e colorabili di poi forte- mente, tanto col bleu di anilina, quanto col rosso di Rutenio. 4° POPULUS PYRAMIDALIS Rosier. La produzione delle druse nei rami giovani avviene ad una distanza - abbastanza considerevole dall'apice vegetativo, ed ha luogo specialmente nella corteccia ed in alcune piccole cellule che giacciono alla periferia del midollo. La disposizione del precipitato di rame concorda con quella delle druse, in quantochè comincia a manifestarsi, sia come precipitato in- - cluso in Queste ultime, e sia come accumuli liberi solo nella regione dove il processo formativo dei cristalli diventa energico. In questa regione noi troviamo che i precipitati liberi per lo più giaciono nelle cellule che stanno al di sotto dell’ epidermide; dapprima sono dei minuti accumuli, scarsi in numero che però a poco a poco vanno facendosi più abbondanti e più voluminosi. Per la forma e per l'intima struttura i precipitati liberi di rame sono analoghi a quelli che si osservano nel centro delle druse, i quali pure subiscono lo stesso aumento in numero ed in grandezza. xi Il deposito cuprico si scioglie nell’ acido acetico al 2 °/,, nell’ acido | eloridrico e nell’acido cromico all’l ?/, e infine nella fucsina acida, quando - si abbia peró cura di fare agire questi reattivi alla temperatura di cirea 38° per oltre 24 ore. Fra tutti questi solventi i deli sono l'aeido acetico, il E e la fuesina acida: D acido cloridrico, per quanto impiegato in una so- luzione.eost diluita, provoca un principio di disorganizzazione nei giovani «corpi mucilaginosi, riducendoli a piccoli grumi bleuastri e talora snc li discioglie completamente. ; Come sostanza colorante il bleu di anilina mi ha dato sempre ottim risultati, , Cos} pure il rosso di Rutenio, il quale però qualche vo . non riesce a colorare il corpo mucilaginoso. pt I eorpi mueilaginosi liberi, trattati col bleu di anilina o colla fucsina | acida, presentano la forma di piccoli globicini bleu o rossastri, di una D tinta che differisce grandemente da quella del protoplasma circostante. Essi sono dapprima piccoli, tondi o semilunari, poi a poco a poco au- + | mentano in grossezza, fino a riempire quasi completamente le cellule. (fig. 43 A). | Quelli inclusi nelle druse hanno lo stesso aspetto di quelli liberi; anch'essi subiscono un ingrossamento e come questi molto spesso pre- E sentansi foggiati a semiluna col lato piano adagiato contro le pareti a . della drusa. | i | — Non di rado poi essi sono multipli, di forma svariatissima (fig. 42-43); E esempio foggiati a guisa di corpo solido con un punto centrale piü | vivamente colera oppure a struttura raggiata (fig. 42) od anellare (ig 43 D. 7 ‘Non è pur’ anco infrequente i caso che nelle stesse cellule a druse si incontrino anche dei corpi mucilaginosi Se sia unitamente a quelli Ke inclus. sia affatto solitari. Ho pure trovato qualche volta che i corpi mucilaginosi possono ri- vestire la forma degli sferocristalli di inulina, occupando parecchi ele- menti ad un tempo, senza venir influenzati dalla parete divisoria delle wine. : energici, Lia dal sale di rame Ge i precipitati cuprici pos- jd sono trovarsi liberi anche negli spazi intercellulari, dove una volta bc | che siano stati disciolti lasciano anco riconoscere il corpo mucilaginoso xt Nei tronchi adulti noi vediamo che i corpi liberi sono in gran parte mparsi, mentre i precipitati endocristallini hanno subito un lieve in- andimento. ; Diseiolto il precipitato si osservano pressochè le stesse forme già de- ` scritte di corpi mucilaginosi, i quali peró molto spesso presentansi for- - mati di strati concentrici od hanno forma di anelli. Le druse occupano qui delle piccole cellule che fiancheggiano gli i intercellulari e che si distinguono subito dalle altre circostanti, = per la maggior sottigliezza delle pareti e per la mancanza di protoplasma verde giallastro che à invece abbondante nelle cellule non cristalligere. Nelle foglie cadute noi vediamo, poco su poco giü, gli stessi fatti; i bene sono di mco veier Eë in ispecie euge das ma i GE esportare il precipitats di' rame. Questi fatti non permettono di SE se i corpi mucilaginosi subi- scono un aumento od una diminuzione coll’ inveechiamento dell’ organo che li ricetta; forse a questo riguardo si arriverà ad un risultato piü sicuro adoperando il cloruro di calcio. 5° CORYLUS AVELLANA L. quante le dins si presentano disciolte, molte son prive di ammassi cu- prici, i quali poi si presentano anche liberi nel parenchima c del picciuolo e > della nervatura mediana. e. Anche nei tronchi adulti non à difficile incontrare delle druse D quali maneano di Seen ' | bed assai spesso una parte centrale ed uno strato porifarieo più vamente e ie 6° QUERCUS — vu. t In vicinanza dell’ apice | vegetativo Aaaa 1 cristalli in drusa & rari. iei bacon tanto la onec ento il As n reet elle druse, si fa ben tosto più raro nelle parti più distanziate del- - apice, dove la deposizione di cristalli è quasi completamente esaurita; EI l di guisa che nella prima noi troviamo molte cellule riempite da am- — massi sferici multipli di sale di rame, mentre in queste ultime il pre- cipitato cuprico si limita prevalentemente alle cellule a druse. Nei tessuti giovani la fuesina acida scioglie discretamente bene il precipitato, colorando il corpo mucilaginoso in giallo bruno pallido, il che lo rende distintissimo dal protoplasma vivamente tinto in rosso. Inoltre con questo reattivo si nota il singolare fenomeno della mag- giore colorabilità del plasma contenuto nelle cellule cristalline di fronte $ a quello che fa parte. degli elementi circostanti. SC Questo fatto, che si osserva pure in altre specie di piante, tende a provare che nelle cellule eristalligere vi ha qualche sostanza speciale Cp SSES? fissa più Rn la eur acida ed aliri VM SC Ee pure ottimi preparati. trattando le sezioni con acido ace- - | tico, coll'acido cloridrico e coll’acido cromico, poscia eolorandole con deboli soluzioni calde di bleu di anilina, le quali hanno la proprietà di Tegore intensamente il corpo mucilaginoso, lasciando quasi incoloro il i quelli liberi, sicchè riesce già per questo manifesta l'identità delle due specie di ammassi cuprici; identità resa ancor più evidente, come si è visto, pei processi di colorazione. I corpi mucilaginosi inclusi hanno fi- ‘cati Mi pareti delle cellule; essi poi abbondano anche molto spesso nelle cellule vieine alle cristalligere (fig. 44 B), mentre mancano o si fanno i scarsi negli elementi che stanno discosti dalla. regione ove avviene la I Basen di. qssalato; calcico. Lat BUSCALIOND ` ` DA? che le druse si fanno sempre più grandi a misura che si trovano più vicine alla corteccia. ; ; I preeipitati sono anche qui abbondanti, ma meglio localizzati nelle "e cellule a druse; essi poi sono alquanto più difficilmente solubili ed in QUE e Pa gen, wf CREAN È: generale lasciano per residuo un corpo mucilaginoso meno manifesto di quello delle druse giovani, inquantochè, fatta naturalmente astrazione - dai cristalli in cui esso non è più presente, tale corpo si presenta come una sostanza nubecolare che invade tutta la drusa o come granulazioni isolate o come anelli a contorni b ese dd e spesso difficili a porsi in : evidenza. L'aequa di Javelle scioglie lentamente il corpo mucilaginoso che invece insolubile nella potassa caustica. Anche nelle foglie secche io ho trovato unà maggior difficoltà, sia a E sciogliere il precipitato, sia a mettere in evidenza il contenuto di questo. ` 71? OSTRYA VIRGINIANA Koch. - Questa specie, benchè ae un abbondante stater tanto nelle cellule cristalligere, quanto in quelle ordinarie, pur tuttavia si prest Pane allo studio à causa della SONNO del corpo ge che si Il egen? delle cellule cristalligere ha la proprietà di ME S molto più intensante dei protoplasmi circostanti. Nulla di ner en ee? nr il uis Kae ha, dre refrattorio alle colorazioni. J p. 8° CARPINUS BETULUS L. I cristalli ed i precipitati di rame occupano er tronco la cortecc - primaria e secondaria, essendo assai rari nel midollo. ; Come solvente dell’ ammasso euprieo si può adoperare l'acido crom: E Vas la fucsina acida od il cloruro di calcio. Questi 3 ultimi E Nd Se ge A ci Mad NUN yo ach : SNE ; RR Hi È Fai 3 Sh SE STUDI SUÍ CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO i migliori, poichè l'aeido eromico determina qua e colà la disorganizza- zione del corpo mucilaginoso. Fra le sostanze coloranti, la fuesina acida va preferita al bleu di ani- — lina, il quale molte volte colora con eguale intensità, tanto i granuli clorofillini ed i protoplasmi, quanto i corpi mucilaginosi. Questi ultimi presentansi per lo più sotto forma di masse irregolari uniche o multiple, fornite di un centro colorato e di un alone perife- rico a tinta sbiadita, dal quale talora si vedono partire delle fine briglie che vanno verso la membrana di Rosanoff. Adoperando la fuesina acida si rileva subito una notevole differenza 3 ; fra il plasma ed i corpi mucilaginosi, siano questi liberi od incapsulati ; nelle druse; il primo appare fortemente colorato in rosso, i secondi. invece tinti in giallo bruno. Qualche volta ho anco notato che il protoplasma delle cellule cristal- li ; assumó la stesso tinta giallastra o giallo-caffé che si osserva nel- ' = T interno delle druse, il che conforterebbe l'opinione sopra emessa che questi protoplasmi secernino qualche sostanza di analoga natura del corpo ; mueilaginoso, la quale forse & in istretto rapporto colla formazione dei eristalli. Altre volte invece di questa struttura si aveva semplicemente la pre- senza di corpi mucilaginosi liberi nelle cellule cristalligere. ^ ^ Questi ultimi occupano il centro di uno spazio chiaro che si osserva nel plasma, oppure sono intimamente commisti a quest’ultimo; essi man- cano al di sotto dell’ apice vegetativo, dove mancano pure i cristalli, e . non sì tosto formati, in generale non tardano a presentarsi in cisti dati a. nella membrana di Rosanoff. Nei rami adulti e nelle foglie secche pare che il corpo subisca un irz iale assorbimento, presentandosi desso alquanto più piccolo, ma il 3 fatto merita conferma. 9° KERRIA JAPONICA DC. In questa pianta le druse trovansi prevalentemente nell'interno del midollo del caule, dove oceupauo in aleune piccole cellule disposte per ' più in file longitudinali. Malpighia anno X, vol. X. d LUIGI BUSCALIONI cuprico è molto abbondante. Colla fuesina acida e col bleu di anilina si puo ottenere la soluzion di esso ed una doppia colorazione dei preparati, i quali presentano protoplasmi colorati in bleu, i corpi mucilaginosi in rosso bruno. j Questi ultimi appaiono molto spesso quali vescicole irregolari, ber- noccolute, talora sparse di punti più vivamente colorati che sono sparsi lungo l’asse del corpo, oppure hanno figura di masse irregolari, multiple, appoggiate contro la robusta membrana di Rosanoff. Il eorpo mucilaginoso & sensibilissimo ai reattivi in ispecie acidi, che con tutta facilità lo sciolgono; non deve quindi recar meraviglia sè molte volte noi troviamo il centro delle druse assolutamente vuoto. Forse per ovviare a questo inconveniente sarebbe meglio tentare di ; disciogliere il precipitato di rame con soluzioni molto allungate di clo- ruro di calcio, che pare non eserciti una così forte energia disorganiz- zante sul corpo mucilaginoso. Anche in questa specie ho trovato dei corpi che ARE a quel mucilaginosi liberi, ma non ho potuto stabilire se realmente debbono considerarsi come tali o non piuttosto come produzioni accidentali altra natura. ; La fucsina acida colora spesso vivamente i i plasmi delle cellule cr stalligere giovani. i 10° SPIRAEA OPULIFOLIA L. (Fig. 60). : È una specie poco interessante, presentando soltanto delle minu ; mucilaginoso poco distinto, per lo più di forma Kalle, qualora ve trattato colla fucsina acida o col bleu di anilina, previa naturalmen! ; dissoluzione del deposito cuprico. STUDÍ SUI CRISTALLI DI OSSALATO Di CALCIO 35 11.? EVONYMUS JAPONICUS Lin. Le druse abbondano specialmente nelle cellule della corteccia, dove sono cosi grandi da riempire in gran parte il lume cellulare. Trattate coi sali di rame esse si sciolgono per dar luogo alla solita precipitazione del sale cuprico, che si fissa pur anco qua e là nel pro- toplasma delle cellule eristalligere. Il precipitato di rame si scioglie con difficoltà nella fuesina acida e negli altri solventi, lasciando riconoscere un corpo mucilaginoso, ora confermato ad anello, ora a guisa di una massa a contorni mal definiti, talora invece costituito da parecchi globicini ed infine anche da un = sacco bernoccoluto di forma variabilissima. Esso però non è sempre presente, pel fatto forse che venne disciolto f » y dai reattivi; in molti casi poi troviamo che il plasma delle cellule cri- stalligere assume un' intensa colorazione. 12° VISCUM ALBUM L. Nel Viscum album si incontrano molti cristalli di ossalato calcico, sia sotto forma di druse, sia di grossi cubi e sia infine ad un tempo for- mati di druse saldate a voluminosi cristalli di varia forma, nello spessore della robusta corteccia. Le druse sono molto grandi in relazione appunto collo sviluppo delle cellule, e presentano distintissima una parte centrale formata da una sostanza giallo bruna, d'aspetto granulare, la quale rimane ancora più . evidente qualora venga osservata in un mezzo, come il balsamo di Ca- nadà, che annulli quasi completamente l'azione ottica delle druse. 1l D: Ferrero ed io siamo riusciti a mettere in evidenza questo corpo — motende le sezioni in una debole soluzione di bleu di anilina o di metil violetto; così trattate le druse presentano nel loro interno una massa non ben definita nei suoi contorni e nei suoi CATO, la quale è più o meno intensamente colorata. SH miglior metodo perd per studiare questa sostanza, che non è altro che il corpo mucilaginoso, si à quello di ricorrere al solito processo della LUIGI BUSCALIONI dissoluzione delle druse coi sali di rame e dell’ esportazione del preci- pitato con un solvente qualsiasi. Ottimi risultati io ho ottenuti a questo riguardo trattando a calde) sezioni, che dimorarono in acetato di rame, con una soluzione di cloruro di calcio nelle proporzioni del 15 ?/,. | Anche l’acido acetico, la fucsina acida e le soluzioni allungate di : acido cloridrico e cromico mi hanno dato buoni risultati, quantunque però abbiano presentato il solito inconveniente di alterare, più o meno ` energicamente, la compagine del corpo. Come sostanza colorante ho trovato utilissimo il bleu di anilina, rosso di Rutenio e la fuesina acida: però fra queste merita il primo . posto il bleu di anilina. Il corpo mucilaginoso si presenta sotto forma di una massa veramente | colossale, talora dall’ aspetto di una capsula integra o rotta, dalla quale | si dipartono dei prolungamenti più o meno fini ed in numero straor- dinario, che si portano fin contro il velo cellulosico che avvolge la drusa (fig. 55). Nei casi abbastanza frequenti in cui in una sola cellula vi bait due druse più o meno intimamente fuse fra loro, noi troviamo che una siffatta disposizione si accompagna ad una particolare strattura del corpo mucilaginoso, che in tal caso presentasi foggiato a biscotto, quasi stroz zato nel mezzo, di guisa che ognuna delle espansioni forma come ` centro della rispettiva drusa. i Una simile struttura lascia fondato sospetto che tali cellule, anzichè : contenere realmente due druse, ne alberghino invece una sola oe. deformata. ` In altri casi l'aspetto à un po’ diverso, avendosi soltanto una massa omogenea (fig. 57), a contorni irregolari, bernoccoluta nella quale non si puó riconoscere una membrana limitante. Quando questa à presen allora si ha un passaggio alla forma capsulare precedentemente deseri : Molte volte poi si incontra un gran numero di globetti indipendenti gli uni dagli altri, oppure parzialmente fusi fra loro, eiaseuno dei quali 9 delimitato da una pellicola ben distinta (fig. 54). | Questi corpicciuoli riempiono quasi tutto lo spazio circoseritto dil drusa. Finalmente à pure assai frequente la presenza di una massa tutta pieghettata, a festoni, quasi che avesse dovuto accartocciarsi sopra se | stessa per occupare un minor spazio (fig. 56), oppure di un corpo striato concentricamente e con un centro vivamente colorato. 3 Debbo perd aggiungere che qualehe volta non si può più vedere | traccia di nueleo, forse pel fatto che esso si è riassorbito. Un fatto degno di nota si è che il bleu di anilina colora il corpo mu- cilaginoso molto più intensamente del protoplasma cellulare, in ispecie quando si abbia cura di adoperare delle soluzioni non troppo concentrate. Interessante si presenta pure il fenomeno che attorno ad ogni corpo mucilaginoso, quando questo sia stato posto in evidenza col cloruro di > calcio, al 15 °/,, noi troviamo un alone brunastro granulare formato da minuti cristallini. Bus L'origine di tale pulviscolo è molto problematico; credo tuttavia, in KA seguito alle reazioni fatte, di esser nel giusto affermando che esso è formato di ossalato di calcio e deriva da due successive decomposizioni. Vale a dire allorchè si & trattata la drusa di ossalato di caleio col solfato od acetato di rame, in seguito ad una prima doppia decompo- sizione, si deve esser formato dell'ossalato di rame, che si & fissato col corpo mucilaginoso assieme all’altro sale organico di rame di cui sopra si è tenuto parola. Scioltosi di poi il precipitato cuprico col cloruro di calcio per la presenza dell’ossalato di rame, dovette aver luogo nuova- mente una doppia decomposizione con formazione di solfato di rame e di ossalato di calcio, il quale ultimo è appunto quello che noi troviamo costituire l' alone granulare. Il corpo mucilaginoso del Viscum è forse quello che, in grazia del | suo enorme volume, si presta meglio alle ricerche sulla sua costituzione e' sul modo di formazione delle druse, ed io consiglio vivamente coloro che intendessero dedicarsi a queste ricerche, di metterlo in evidenza col eloruro di ealeio, il qual reattivo esercita quasi nessuna azione disor- ganizzatriee. | Il eorpo mucilaginoso si colora in giallo coll' H,So, e jodio, come pure col solo jodio o eol elorojoduro di zinco; & solubile nell aequa di Ja- pollo e nella potassa caustica; si scioglie solo in parte nell’ HCI con- $ “Meet x E À sz LUIGI BUSCALIONT centrato e nel cloruro di bario e di ammonio. Trattato successivament col cloruro di calcio ed acido solforico, si ricopre di eritalli di gesso « molto numerosi, indicando così che ha la facoltà di assorbire e di accumulare certi sali. Sottoposto infine suecessivamente all' azione del- lacetato di rame, dell’ acido ossalico e del cloruro di calcio dà luogo ad un abbondante precipitato di ossalato di caleio, che ripete all’ in- grosso la struttura delle druse. Il materiale che aveva a disposizione non mi ha permesso di far studi comparativi fra gli stadi giovani ed adulti; dirò ‘soltanto che mentre nei rami giovani le druse sono abbondanti, in tronchi vecehi invece le ho trovate molto scarse. Io non so se debba attribuirsi questo fatto a pura accidentalità o non piuttosto ad una tardiva soluzione delle druse. Finalmente devo aggiungere che per studiare il corpo mucilaginoso | nei suoi minuti particolari è duopo servirsi di materiale fresco, otte- nendosi da preparati conservati in alcool reazioni non più caratteristich 13? CORNUS sp. (Fig. 41). E uno degli esempi piü belli per la quantitä dei corpi mucilaginosi, sia liberi che inclusi nelle druse. Nei giovani rami il precipitato cuprico è assai abbondante. Esso i costituito da sferiti striati radialmente che in ‘vicinanza del meristema apicale diventano sempre più piccoli e finalmente scompaiono. ì Gli ammassi di rame sono facilmente solubili nella fuesina sede nell'aeido cromico all’ 1/5 e lasciano il solito residuo mucilaginoso, lorabile intensamente, tanto col primo reattivo, quanto eol bleu d' ani- lina, fatto agire dopo l’acido eromico, Con entrambi i reattivi coloranti i eorpi mueilaginosi prendono una tinta che con tutta facilità li fa conoscere in mezzo al protoplasma. Quelli inclusi hanno I’ aspetto di una massa nubecolare, ci data da una membrana a doppio contorno, più intensamente. È S S va. Vi è 8 ei ` e e No H » ^ ji STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO ‘39. lorata. Essi riempiono spesso totalmente la cavità circoscritta dalla drusa. Altre volte invece presentansi come corpi striati concentricamente e forniti di un punto centrale molto vivamente colorato. | Quando non oceupano tutta la cavità della drusa, per lo più acqui- ; stano la forma di semilune attaccate per il lato piano alla parete del cristallo. I corpi liberi si mostrano costituiti pressochè sullo stesso stampo di quelli inclusi: talora ve ne ha uno per cellula, altre volte invece son- vene tre o quattro di varia dimensione in uno stesso elemento. Non è infrequente il caso, in cui al pari degli sferiti di inulina, essi occupino parecchie cellule ad un tempo senza subìre deformazione di sorta per la presenza delle membrane cellulari separatrici. Ho pure infine trovato, e non molto di rado, dei precipitati di rame coi rispettivi corpi mucilaginosi negli spazi intercellulari, dove forse | erano giunti in seguito a processi osmotici, come pure ne osservai dentro le stesse cellule cristalligere accanto a quelli inclusi. La potassa caustica a freddo scioglie i corpi mucilaginosi, siano desse inclusi o si presentino liberi nelle cellule e la stessa azione viene pure esercitata dall’ HCl. 14° STAPHYLEA PINNATA L. (Fig. 61). Le druse oceupano prevalentemente il lato profondo della corteccia e sì presentano così grosse da riempire quasi del tutto le cavità cellulari in cui si annidano. | L'acetato di rame scioglie completamente l'ossalato di caleio, senza dar luogo a precipitati di sorta, notandosi solo qua e colà qualche ae- cumulo cuprico affatto insignificante. Malgrado questa particolarità che è pure, quantunque in minor grado, presente nel Viscum, il corpo mucilaginoso è abbastanza voluminoso e mostrasi foggiato ad anello, dal quale si dipartono numerose fibrille che vanno fin contro la membrana del cristallo. | Molte volte sonvi due o più eorpi mucilaginosi in una stessa DEN d congiunti da tenui filamenti. Essi si colorano molto bene col bleu di anilina. Col cloruro di zinco jodato questi corpi, coi rispettivi filamenti, assu mono una colorazione giallo verdastra : coll’ acqua di Javelle si sciolgono lentamente, ed infine colla potassa caustiea diventano granulari e meno evidenti. Le cellule cristalligere sono povere o sfornite quasi totalmente di pro- \ toplasma. Da questi dati risulta che nella Staphylea pinnata il corpo mucila- ginoso ha perduto la facoltä di fissare i sali di rame e che il precipi tato cuprico non & punto dipendente dalla presenza della druse. 15° TILIA PARVIFOLIA Ehrh. Sparse qua e colà nelle cellule degli strati profondi della cortecci le grosse eios di questa specia presentano una pe resistenza sh f ais sempre ben int Di rado il Gett manca. To ho notato, (quantunque non possa asseverare che il fatto sia costante j ehe se si adoperano come solventi l' acido acetico, il eloridrico ed il ero mico si ha una leggera alterazione del corpo mucilaginoso, il quale mo 2 strasi normalmente costituito solo colla fucsina acida. Se si adopera quest’ultimo reattivo esso rassomiglia fortemente una vescicola rossa, a pareti ispessite, bernoccoluta, nel cui centro n csi nota sostanza di sorta o tutt'al più qualche punticino. Molte volte x 0 Allorchè' si presentano casi in cui le druse sono assai resistenti me adoperare il solfato di rame, che mi è pene: più attivo, sì . vescicola è sostituita da numerosi fava, oppure presentasi strozzata quasi in gemmazione. Se invece della fuesina acida si h uso dell’acido acetico o dell’acido cloridrico in soluzione al 4-8 °/,, molti corpi mucilaginosi vengono di- : sciolti, oppure quando ancor riescono posti in evidenza col bleu di anilina, . appaiono soltanto piü formati da una massa omogenea o granulare, ta- | lora eosparsa di corpi analoghi a batteri uniti a due a due. 16* RHUS TIPHINA L. Nella corteccia del Rhus tiphina, inglobati in un parenchima d'aspetto _ eollenchimatoso, sonvi molte druse, di varia grandezza, le quali si con- traddistinguono per la fina struttura dei singoli aghi da cui risultano ee e che rieorda alquanto quella propria degli sferocristalli d'inulina. Nel centro della massa cristallina si nota la presenza di una sostanza ERI granulare, visibile alquanto confusamente nei preparati rac- chiusi in balsamo (fig. 52 A). Le cellule sono quasi del tutto riempite da siffatte druse e talune ne LEE contengono parecchie, di cui una è più voluminosa. L'acetato di rame determina nelle cellule cristalligere un abbondante | precipitato che può venir disciolto con tutta facilità dall’ acido cloridrico, ; acetico e cromico, e dalla fuesina acida e che osservato ‘alla luce po- Di larizzata, presentasi debolmente birifrangente. La fucsina acida, il bleu di anilina e l'ematossilina, mettono in evi- denza le particolarità del corpo mucilaginoso, allorchè è stato liberato | dal deposito cuprico. Esso è assai voluminoso, per lo più semplice , e ` consta quasi sempre di una robusta membrana esterna tutta A ‘pieghe, avvolgente una sostanza più o meno colorata, la cui parte centrale di- Pi stinguesi sotto forma di piccoli corpicciuoli assai colorati, dei iti talora . ve ne ha uno solo (fig. 52). Molte volte dal corpo centrale si irradiano delle fine fibrille che si portano fino alla periferia del corpo mucilaginoso; in altri casi invece manca un nucleo ben definito e noi troviamo soltanto un ammasso . bluastro o rosso striato concentricamente, Be " LUIGI BUSCALIONI Non sono peró infrequenti i casi in cui una drusa si consolida attorno a parecchi di questi corpi mucilaginosi, di varia forma e struttura ed in- | dipendenti gli uni dagli altri, che ricordano lontanamente quanto abbiamo veduto succedere in modo molto più tipico nell Aesculus Hippocastanum. Infine-noi troviamo anche spesso delle masse bitorzolute, omogenee, ` È circondate a distanza dalla membrana di Rosanoff pure fortemente colorata. I corpi mucilaginosi liberi conformati sullo stampo di quelli inclusi sono tutt'altro che rari. L’ acido solforico ed il cloridrico non hanno alcuna azione su questi corpi colorati col bleu di anilina; tutto al più li rendono più oscuri, mentre alterano e scolorano i protoplasmi circostanti. Gli stessi si sciolgono invece molto rapidamente nella potassa m nell’idrato di cloralio, nell' acido eromico e nell’ acqua di Javelle. 17^ ALNUS GLUTINOSA Gaertn. E una specie poco interessante a causa della piccolezza dei cristalli — in druse. Ció non di meno ho ottenuto la colorazione bleu del nucleo foggiato per lo più ad anello, mettendo direttammente le sezioni nel bleu di anilina, inquantochè l'acetato di rame, anche dopo una lunga. azione, determina la produzione di un precipitato oltremodo scarso. 18° VIBURNU M LANTANA L. Nei rami di un anno la corteccia consta di un robusto strato sughi roso a cellule vuote, cui tien dietro un tessuto collenchimatoso, seguito a sua volta dell’ ordinario parenchima corticale, le cui cellule si fanni sempre più grandi e più sottili a misura che si avvicinano alla regions del cilindro centrale. | E in questo ultimo tessuto che abbondano le druse, le quali, grosté all'esterno, vanno diventando più piccole in prossimità del libro. Le cellule cristalligere non sono sparse irregolarmente nella corteccia ma raccolte in gruppi di tre o quattro, e sono contraddistnite dagli ele- menti vicini a eausa della sottigliezza delle pareti, di guisa che e: N STUDI SUI CRISTAÉLI DI OSSALATO DI GANCIO. -> ag" . origine speciali di isolotti di cellule delieate, circondati da elementi non cristalligeri a parete robusta. Le druse sono pure presenti, in minor copia però, nelle grandi cellule. del midollo. La membrana di Rosanoff & in questi elementi quasi sempre nettamente visibile. I pezzi di tronco conservati in acetato di rame danno un ricco deposito euprieo, solubile nell'aeido acetico e nel eloridrieo, il eui corpo muci- laginoso & colorabile nel modo solito col bleu di anilina. Il detto corpo, quasi sempre formato da un punto fortemente colora- rabile, à circondato à distanza da una membrana più o meno robusta, alla quale sta collegato per mezzo di briglie e di filamenti. Quando in una stessa cellula vi hanno due o più druse parzialmente fuse fra loro, come si puó riconoscere dall esame della membrana di Rosanoff la quale in tali easi presentasi come strozzata o divisa in- completamente in due concamerazioni, invece di esser foggiata a guisa di un anello, noi riscontriamo pure una specie di sdoppiamento del corpo | mucilaginoso, che talora si manifesta semplicemente con una strozzatura più o meno profonda praticata nel mezzo dello stesso, tal'altra invece arriva fino ad una completa seissura in due corpi (fig. 33). La moltiplicità dei corpi mucilaginosi non é tuttavia sempre indizio di divisione della drusa: noi la troviamo assai spesso in druse semplici _ sotto forma di vacuoli o di grumi indipendenti. Allorchè il corpo mucilaginoso ha la forma di un anello, questo puà esser libero nella drusa oppure congiunto alla membrana di Rosanoff per mezzo di numerose briglie bleuastre. In altri casi invece, forse in seguito al rigonfiamento prodotto dai reattivi usati, il medesimo, pur mantenendosi foggiato ad anello, occupa uno spazio alquanto maggiore della drusa, la quale pare cosi che sia nata in seno ad un disco colorato, oppure questo aderisce intimamente alle pieghe della membrana di Rosanoff, in modo da riescire difficil- mente visibile. Un fatto abbastanza interessante si è che allorquando il precipitato di rame e solo incompletamente sciolto, esso non colorasi col bleu di anilina, come già abbiamo osservato in altri casi, il ché dimostra che . il corpo mucilaginoso à una cosa ben distinta dall’ ammasso cuprico, LUIGI Seu un v4 I rami del Viburnum Lantana si prestano assai molto bene per lo studio dei corpi liberi, i quali occupano appunto quella regione del corteccia e del midollo, dove è più attivo il processo formativo d cristalli (fig. 38 À). Tali corpi sono in ispecie abbondanti ai nodi ed hanno la stessa figu j di anelli, di corpi striati concentricamente e di masse omogenee che ` abbiamo già imparato a conoscere nello studio delle druse. I corpi liberi per lo più mancano nelle cellule che già contengono una drusa completamente sviluppata. 19° FAGUS SYLVATICA L. Al pari che nel Viburnum Lantana, in questa specie l’ ossalato di calcio abbonda nella corteccia, dove occupa alcune cellule speciali | parete sparse fra gli elementi tanniferi. E La membrana di Rosanoff à assai distinta e legata alla parete collu- | lare da numerosi tendini. L’ acetato di rame provoca la formazione di un forte aceumulo di rame, il quale perd, una volta che venga espor- iato coi soliti acidi, non lascia in sito alcun corpo mucilaginoso ben conformato. Qua e colà peró se ne intravedono dei resti sotto forma di anelli di grumi colorabili col bleu di anilina. A Forse si otterebbero a questo riguardo migliori risultati PE come solvente il cloruro di calcio in soluzioni allungate dal 7 al 15 ° .. Nel midollo di questa pianta esistono molti cristalli isolati, ma non danno precipitato di sorta coi sali di rame e non presentano traci di nucleo. 20° CEREUS BAUMANII Lem. negii elementi della- -corteccia, arm SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO | LABS FR Le masse cristalline rivestono assai spesso le figure di vere druse, talvolta invece di grossi cristalli irregolari, che lasciano perd ricono- scere nel centro un corpo a struttura raggiata, probabilmente costituito da uno sferito di ossalato calcico. 1 I sali di rame sciolgono lentamente i cristalli e determinano la com- parsa di numerosi sferiti cuprici nelle cellule della corteccia, siano desse o non cristalligere. | I precipitati di rame sono perd più abbondanti nelle cellule a druse 3 ed aumentano a misura che la soluzione del eristallo va progredendo. Pure adunque che in questo caso si abbia un’eccezione alla regola enun- 5 eiata in principio sulla costituzione chimica del deposito cuprico, deri- Es vando essi nel caso attuale per la massima parte da una doppia de- | composizione che avviene fra l'ossalato di calce ed il sale di rame ado- i | perato per solvente, anzichè da una vera partecipazione su di un corpo | mucilaginoso. È L'apparente eccezione troverebbe però la spiegazione nell’ enorme j volume delle masse di ossalato di caleio. | La copia dei precipitati, in ispecie di quelli liberi, che presentansi | foggiati a guisa di semilune aderenti alle pareti, intraleia l'azione dei solventi, di guisa che assai di rado si può mettere in evidenza i corpi mucilaginosi. Questi poi, dall'altro canto, si sciolgono completamente nel- _ laeido cloridrico anche diluito. os Faccendo perd uso dell’acido acetico e del bleu di anilina, i corpi mucilaginosi, sia liberi che inclusi, appaiono vivamente colorati in bleu e di forma prevalentemente sferica od emisferiea a struttura radiata. Disgraziatamente peró non ho potuto fare uno studio completo di questa | specie abbastanza interessante per la grande abbondanza di ossalato di ; calce. Io oso credere che sciogliendo il rame col eloruro di calcio, si raggiungeranno risultati più decisivi. 21.° TRAPA NATANS L. Foggiata nello stampo della maggior parte delle piante acquatiche, la | Trapa natans presenta una corteecia suddivisa in molteplici concame- Sg o tl I DUBCALIONI ‘degli elementi e circondate da cristalli semplici attaccati alla parete, | razioni aeree da muri cellulari costituiti per lo più di un unico strata di cellule. | Qua e colà, come hanno giustamente osservato i dottori Gibelli « Ferrero (1), talune cellule di queste pareti divisorie si segmentano pi attivamente delle vicine, dando luogo alla formazione di due o più ele- menti accoppiati, più ricchi in contenuto plasmatico, assai piccoli, i qual perd non tardano a svilupparsi ed in certo qual modo a far ernia nel lume delle grandi cavità aeree. E in queste giovani cellule che ben tosto compaiono i cristalli di | ossalato di calcio, in forma di piccole druse occupanti la parte mediana ns quali più tardi scompaiono, forse perchè si sono fusi colla drusa. Le altre cellule dei muri sono affatto sprovviste di cristalli. Il protoplasma degli elementi cristalligeri, dapprima occupa quasi tutto | il lume cellulare residuante, ma poscia; compresso dalla drusa, che aumentando in volume, finisce per ridursi allo stato di sottile straterel adagiato, in un col nucleo, contro la membrana cellulare. Se si mettono dei pezzi di tronco nelle soluzioni di solfato o di aceta di rame, si può osservare che mentre al di sotto dell’apice vegetativo, | in generale, la precipitazione del rame nelle piccole cellule sopra de- scritte è assai abbondante, tanto da riempirle non solo completamen ma da rivestirle di uno straterello più o meno grosso di cristalli cupricl, ` (fig. 36 A) nelle collule vecchie invece l'ammasso sta raccolto n centro delle druse (fig. 36 2). Il fenomenono però, per quanto generale, non può avere un valor assoluto, potendosi anche trovare presso l’ apice vegetativo delle cellule povere ed anco mancanti di precipitato. Io ho cercato di stabilire se per avventura si potesse avere un pr cipitato di rame nelle cellule cristalligere, prima ancora che avvenga i la formazione dei cristalli di ossalato di calcio, ma non ho potuto yt- tenere risultati concludenti, sia pel fatto che il sale di rame impie; È frutto della Trapa natans. V. Mal pighia, anno 1895. Di Ricerche di anatomia e morfologia intorno allo sviluppo del fiore e — dr St Greg DI OSSALATO DI CALCIO 47 ^ : per solvente esercitando un'azione osmotiea pud con tutta facilità estrarre dalle cellule a pareti ancora sottili, la sostanza che lo fissa, di modo | che esso precipita di poi negli spazi intercellulari, come qualche volta mi occorse di vedere, e sia pel fatto che il plasma molto denso non per- . mette di stabilire dove abbiano luogo i primi accenni di formazione cristallina. Sta però sempre il fatto dell’ abbondante precipitazione di un sale di rame in vicinanza dell’ apice vegetativo caulinare, per dimostrare che ivi abbonda la sostanza fissatrice del rame, la quale poi, a poco a poco, va consumandosi, di guisa che il precipitato cuprico si fa sempre minore. Il deposito cuprico ed il corpo mucilaginoso sono oltremodo sensibili ai solventi, tanto che adoperando soluzioni anche allungate, come ad esempio all'l/,,, od all'l/,, di acido eromico, il secondo, libero dal- . l’involuero cuprico, presentasi col più come un anello unico o multiplo | granulare, distintamente colorabile col bleu di anilina. Facendo uso di una soluzione più concentrata, il precipitato di rame viene disciolto completamente assieme al corpo mucilaginoso, mentre invece colla fucsina acida non si ottiene dissoluzione di sorta. Molto migliori risultati si ottengono invece qualora si faccia uso del -cloruro di calcio, in soluzioni varianti dal 2 al 15 ?/, nelle quali si - deve mantenere le sezioni di Trapa natans per oltre 24 ore, procurando, anche all’occorrenza, di elevare alquanto la temperatura dell’ ambiente. Con tale processo il corpo mucilaginoso apparisce come una massa giallo pallida, situata nel centro delle cellule cristalligere, molto ben distinta del plasma, e di forma rotonda od irregolare. (fig. 36 C) Capita anche «qualche volta di osservare delle cellule che contengono parecchi di siffatti | corpo mucilaginoso così posto in evidenza, riesce fortemente . colo- rabile tanto col bleu di anilina, quanto col rosso di Rutenio; adoperando però questi due reattivi ad un tempo si possono ottenere delle doppie colorazioni assai istruttive, nelle quali il protoplasma apparisce tinto f in bleu, il detto corpo in rosso. Degno di nota si è che trattando il precipitato di rame col cloruro di caleio, qualche volta si ottengono degli scarsi depositi di ossalato di ealeio nell' interno del corpo mucilaginoso, il che prova che quest’ EH conteneva anche probabilmente delle piecole quantità di ossalato di! | o forse anco di acido ossalico, inglobate alle altre sostanze Der de formavano la massa principale del precipitato ora disciolto. L’ acido ossalico scioglie il precipitato cuprico in un col corpo mu laginoso e perciò non dà più, in unione al cloruro di calcio, alcun Pl cipitato artificiale di ossalato di calcio. ; a 22° PISTIA STRATIOTES Lin. Oltre ai rafidi di cui avremo occasione di trattare in altra p? di questo lavoro, il tronco contiene pure, in ispecie verso l'api Rosanoff. Esse sono ineuneate entro a cellule rotonde che formano ca tanti centri attorno ai quali gli elementi ordinarii del tessuto stan disposti radialmente, quasi a guisa di raggi di una ruota (fig. 78). . In seguito all’azione dell’ acetato di rame, si determina la soluz dei cristalli, ma la precipitazione del sale cuprico ha luogo soltanto corrispondenza dell'apice vegetativo, dove si formano degli accum assai vistosi nell’ interno delle druse e nel plasma circostante. Gli elementi ordinarii del parenchima difettano di precipitati, pure non ne presentano traccia quelle druse EE pei tessuti completamente evoluti. Nel tronco esistono pure dei precipitati liberi, ma non ho potuti ‘conoscere se dessi siano dovuti alla stessa causa che forma quelli in Il precipitato euprieo è poco solubile nella fucsina acida; un po P invece Hon MED cromico all /200, Sotto la em Ton fanis m 23 Il corpo mucilaginoso nei semi di VITIS (A gi: e di SILYBUM MARIANUM. E Essendo cosa pota che questi semi immagazzinano dell ossalato di Ke | calce sotto forma di druse entro speciali granuli di aleurona. i quali si NI eontraddistinguono da quelli vicini, privi di tali formazioni, per una grossezza maggiore e per una forma alquanto differente, io ho voluto * ER anche provare se il eristallo in drusa per avventura racchiudasse anche un corpo mucilaginoso. À tale scopo ho posto dei semi adulti nell’ acetato e nel solfato di rame e dopo un mese di soggiorno li ho sezionati. Ze esame mieroscopico mi dimostrò, più o meno evidente, la presenza n precipitato | nell’ interno delle cellule cristalligere, specialmente ybum marianum dove esso occupava dilaga sive il granulo i aleurona cristallifero (fig. 39 e 40). Inoltre anche nei casi in cui a primo aspetto non si poteva stabilire ‘con sicurezza la presenza di un accumulo cuprico a causa delle esigue Bag Maro ged EE hr : | sue proporzioni, esso diveniva ben tosto evidente dopo che le sezioni vevano soggiornato qualche tempo nell’ acqua di Javelle. eg ae See omogeneo (fig. 39 C), bleuastro, A cte qualche Quasi X imme Hato contatto dell’accumulo di rame si nota una mem- 2 ina sottile, di natura RUES one pires, formata Ae strato ; N in en il precipitato nei casi dubbi, u pure o con vantaggio l'acido solforico il quale seioslie tutto quanto ad e però resiste all’acqua bollente. indicando così che dess^. qnantugne — eun MEIN alcuna, sëng NEEN E del mee SE lo. LUIGI BUSCALIONI 1 tato con uno dei soliti mezzi e poi colorare ciò che residua col di anilina o con altre sostanze. Debbo però confessare a questo rigu che i tentativi fatti non mi hanno dato risultati così evidenti co negli altri casi per la circostanza che i granuli di aleurona fissano e gicamente le sostanze coloranti ed impediscono così di osservare la fi struttura del corpo mucilaginoso. ; Ho però notato, adoperando la fuesina acida, il bleu di anilina it soluzioni allungate e talora anche coll'aggiunta d'idrato di cloralio, il granulo d'aleurona cristalligero del Silybum marianum si colora rapidamente degli altri. Inoltre mi fu dato di intravedere aleuni altri particolari nella s tura del corpo mucilaginoso che perd non so se siano costanti e quii rinunzio à deseriverli. Nell epoca in cui ho fatto le ricerche non ho potuto avere a d sizione dei semi in via di sviluppo tanto di Vitis, quanto di En. marianum, onde sottoporli all’azione del solfato di rame. Questo inconveniente non mi ha concesso di dare aleun raggu relativamente al modo con cui si formano nelle giovani cellule i cipitati cuprici, il che costituisce certo una grave lacuna alla spero di poter ovviare non si tosto avró del materiale adatto das porre all esame (1). 3 (!) Aleuni dati che ho potuto Sieg nella scorsa estate, mi portan: K tenere che si possono già ottenere dei precipitati cuprici abbondanti ger b della vite in un'epoca anteriore alla comparsa dei granuli d’aleurona, che cipitati di poi si localizzano nelle druse e che infine alla maturità del fanno più scarsi. Di questi fatti perd verrà tenuta parola in un altro lavoro in cui si : anche dei precipitati cuprici attorno ai cristalli ottoaedrici nelle Eier sc chimatose del frutto dell’uva. E CAPITOLO I. Maneanza del eorpo mucilaginoso in aleuni vegetali. A) PIANTE PRIVE DI OSSALATO DI CALCIO. Quantunque l'ossalato di calce abbia una grande diffusione nel regno | vegetale, ed inoltre per la sua forma e per le sue proprietà ottiche sia facilmente reperibile, pur tuttavia al giorno d’oggi è conosciuto un certo numero di piante, specialmente inferiori, nelle quali manca qualsiasi traccia di questa sostanza. . Se noi passiamo in rassegna i grandi gruppi del regno vegetale a cominciare dalle Tallofite, troviamo che sino ad ora l'ossalato di calce ` è stato. scoperto in due Spiridie dal Klein ('), e nella Vaucheria, nella | Spirogyra e nell Halimeda Tuna Lamon dal Voronin (?). D. Dove si incontra con alquanto maggiore frequenza tale sostanza si à | nella classe dei funghi. Ivi assai spesso forma delle incrostazioni nello spessore della membrana o a ridosso degli strati esterni della stessa, entrando però ben di rado a far parte dei costituenti del protoplasma ‘cellulare. Fanno però eccezione a questo riguardo la Russula adusta, il Phallus caninus, alcuni Pilobolus, qualche Pesiza ed altre poche + Muschi e le Felei condividono colle Tallofite la stessa proprietä di non accumulare l’ossalato di calcio nelle loro cellule. I Muschi difatti ne sono assolutamente sforniti: tra le Felci invece s incontrano talune — — specie che ne difettano, mentre altre ne posseggono una discreta quan- | > ità E (t) AZgologische re dun ing ozalsaurer Kalk und ng Körper bei Algen. Flora 1877, p. 3 (3) Bot. zeit. 2 421. (3) Per maggiori Lusi si può consultare il recente lavoro di Parit or Recherches anatomiques sur les d cid vasculaires. Aun. Sc. Nat. 7° Sér., 1 nel quale sono indicate le specie di felci che sono ricche o povere di ossalato di alcio, il quale, per lo più, in queste "eg assume la forma di depositi diffusi. — — LUIGI BUSCALIONT Le Selaginelle e gli Equiseti mancano sempre di ossalato di calcio. Finalmente tra le Fanerogame ne sono prive le Graminacee, le Ti facee, le Najadee, fatta eccezione per due o tre specie e per alcuni tessuti. Tutte le altre famiglie ne contengono invece una quantità pi o meno notevole. Colpito della singolarità del caso, io ho voluto dot: alcune fra le piante prive di calce al solito tratigimonto col solfato e coll’ acetato di rame, per osservare se per caso avesse luogo un precipitato euprieo ` che mi appalesasse la presenza di un corpo NEE indipendente dall'ossalato calcico. Ecco pertanto i risultati a cui sono giunto: : Cladophora sp. — Sotto l'azione del reagente in cui l’ alga rimase oltre ad un mese, le membrane cellulari appaiono sfaldate in numerosi strati, i protoplosmi più o meno alterati, ma non vi.ha traccia di pre- cipitati di rame. H i preparati col bleu di anilina non si ottiene la co parsa di corpi bleuastri, come si à visto invece nelle piante cristalli- gere studiate. Trattati di poi Selaginella sp. — Ho esaminati i fusti e le foglie senza rinvenire traecia di precipitati di rame. Solo nell'interno dei grossi corpi eloro-. fillini notansi aleuni punti verdastri racchiusi entro le maglie, opp dei corpi analoghi a » quelli proprii dell’ ipoclorina. .. Marchantia sp. — Nel tallo non si nota alcun corpo che possa. id | somigliare, anche lontanamente, a precipitati di rame, o à corpi muci- E: laginosi, sia che le sezioni vengano esaminate nella soluzione cup: . o che abbiano subito di poi l’azione della fuesina. acida o del bleu. anilina. : EE Ho solo notato dei corpi rossastri che occupano due o tre delja . a guisa degli sferiti di inulina, ma essi non hanno aleunchà di con | coi corpi mueilaginosi, benchè si colorino ancor più vivamente in Ä Ge colla. fucsina acida. - Isolepis Sp. — Non ho trovato precipitati cuprici, und esamin e "t SC uu EE E? Il “ils di rame en diina la for- mazione di ammassi rossastri che riempiono quasi completamente il lume | di talune cellule. 1 Graminacee. — Ho studiato parecchie specie zenza incontrare traccia ri di ammassi cuprici. e Equiseti. — In talune specie di questo genere ho travato dei minuti precipitati di rame, i quali talora rivestono, sotto forma di depositi se- milunari, le pareti delle grandi cavità aeree nate da lacerazioni dei tessuti, tal’altra invece si trovano liberi nell'interno delle cellule con- finanti colle stesse: nel qual caso sono pure Bep: a guisa di piccole . granulazioni subrotonde. «Qualche volta si nota un'impregnazione diffusa con un sale di rame À di alcuni. corpi d aspetto oleoso, sparsi qua e colà nelle cellule, oppure | un precipitato nelle pareti ‘cellulari confinanti coi vasi, le quali perciò | appaiono alquanto più ingrossate. ` | Manca perd sempre quella disposizione speciale quasi sferolitica che ho molte volte osservato nelle piante cristalligere. I precipitati sono insolubili e non si colorano, o si colorano debol- ` mente colla fucsina acida, malgrado che siansi mantenute le sezioni in coutatto di questa sostanza per oltre 48 ore ed alla temperatura di 38*; i essi poi si sciolgono completamente coll’ acido eromico all Lee: ed al- lora lasciano un residuo che, al pari dei corpi mucilaginosi, può venir colorato coi soliti metodi già indicati. ef Pare adunque che negli Equiseti esista una sostanza la quale si com- porta analogamente a quella che costituisce il corpo mucilaginoso delle | Fanerogame eristalligere, e ciò ad onta che le Equiseiacoó siano indi- - | cate come prive di ossalato caleico. Per ora il fenomeno si sottrae a qualsiasi spiegazione, a meno che = non Jo si voglia mettere in rapporto coll’ abbondanza di silice che si osserva appunto in questi vegetali. Ma per istabilire un siffatto rapporto occorrerebbe indagare se il pre- cipitato si osserva realmente in tutte le specie di Equiseti e con quale ` | costanza, potendo benissimo Ben solo ee in alcuni Segoe) ) $ GE e SE AE, rest LUIGI BUSCALIONI Dai fatti esposti risulta adunque che, fatta eccezione per gli Equiseti, SE nei quali vi hanno precipitati cuprici che si comportano in modo ana- logo di quelli che rivelano la presenza dei corpi mucilaginosi, la man- canza di ossalato di calce è pure collegata alla mancanza di un depo- sito di rame nelle cellule e che in conseguenza. i corpi mucilaginosi sono in istretto rapporto colla formazione dei cristalli di ossalato di calcio ed in ispecial modo delle druse. B) LE DRUSE DELLE BEGONIE. (Fig. 45). À maggior prova che il precipitato di rame si forma non già per l'intervento di una drusa o di un corpo cristallino qualsiasi, ma per la presenza di una sostanza speciale che si trova nell'interno della Se prima, io ho voluto esaminare come si comportano coi sali di rame | i cristalli in drusa delle Begonie, il eui modo di sviluppo affatto dif- ferente da quello delle druse test? studiate. Le ricerche del Wakker, che ho potuto temas appieno, hanno. difatti dimostrato che in tutti i ‚parenchimi delle varie specie di Be- gonie, esistono assieme a numerosi eristalli isolati, delle grosse druse di ossalato di calcio, le quali nascono da un cristallo solitario primordiale, sul quale se ne vanno depositando più tardi degli altri, 0, come ben | disse il Wakker, sul quale sorgono ben tosto delle protuberanze che finiscono per dare al cristallo originario la forma di drusa. Queste singolari formazioni sono contenute nelle cellule ordinarie del parenchima e presentano una delicata membrana di Rosanoff, che riesce visibile in seguito all’azione dell’ acido cloridrico. - L'osservazione di preparati inclusi in glicerina od in balsamo, non lasciano riconoscere, come à naturale, la benchè minima traccia di un corpo centrale. Lo strano modo di formazione di queste druse si manifesta anche con un diverso comportamento delle stesse di fronte ai sali di rame. ` Trattando infatti le sezioni od i i pezzi di tronco con acetato di rame, si ottiene la completa soluzione della massa cristallina, senza che abbia luogo il benchè mine precipitato nel centro del eristallo; tut- ` t'all’ingiro però della membrana di Rosanoff si deposita un fino pul- viscolo cuprico, che rende ancor più distinta la forma di tal involucro. Questo fatto è tanto più singolare, inquantochè, per la grande quan- tità di cristalli di ogni specie che si incontrano in tutti i tessuti della pianta, questi sono pure riempiti da depositi cuprici liberi sotto forma di sferiti o di grosse granulazioni tappezzanti le membrane cellulari e dificilmente solubili cogli ordinari reattivi ('). Risulta quindi che le druse delle Begonie si comportano come i cri- stalli isolati del Cistus e di altre piante. CAPITOLO III. Il eorpo mueilaginoso nelle cellule a Rafidi della PONTEDERIA CRASSIPES Mart. - Quantunque io mi sia prefisso di studiare unicamente il corpo muci- .laginoso nell’ interno delle druse, credo tuttavia opportuno di riportare in questo capitolo aleuni fatti relativi ai precipitati di rame che si pos- sono produrre nelle cellule a rafidi della Pontederia crassipes. - Questa specie per la singolare localizzazione delle sue cellule cristal- ligere e per la stretta relazione che hanno le stesse colla distribuzione 2 SH precipitati eupriei, à uno degli esempi che valgono meglio a dimo- strare come il corpo mucilaginoso sia intimamente collegato coi cristalli | di ossalato calcico, anche quando questi rivestono una forma differente da quella delle druse. i = Per farsi un concetto della disposizione delle cellule cristalligere della Pontederia crassipes occorre esaminare giovani apici vegetativi cauli- E. : nari che abbiano soggiornato un po di tempo in alcool. Molti di questi precipitati devono andar ascritti ad ossalato di rame, poiché il Ste ha dimostrato nel suo opuscolo Die Lokalisation € Ozalsäuse in der Pflanze che l acido ossalico abbonda nei parenchimi delle Be i rello in contatto della parete, quando non è quasi del tutto scompar ; non si formano né eristalli di ossalato di calcio nà mucilagine, ed in del caule della Pontederia erassipes, ci facciamo ad esaminare dei tron 3 : nn troviamo che anche dopo un mese di dimora nel reattivo noscere che il tronco consta di una corteccia attraversata da gran lacune aeree, i cui muri divisori sono formati da un solo piano di cellu Talune di queste ingrandiscono in modo esagerato, diventano vesci colose e finiscono per invadere quasi totalmente le due cavità aei colle quali confinano. Altre cellule invece, dopo di aver subito un principio di ingrossamenti S arrestano nello sviluppo e si riempione di sostanze giallo-brune. Nel midollo noi troviamo un tessuto più compatto, il quale qua e col presenta pure degli otricoli rigonfiati, molto probabilmente incuneati i spazi intercellulari alquanto più ristretti. Se noi seguiamo nello sviluppo, tanto la corteccia quanto il cilind centrale, noi vediamo che le cellule vescicolari, sono dapprima conf mate sullo stampo delle altre, poi a poco a poco il loro plasma cominci a secernere una mucilagine che si raccoglie nel mezzo dell’ elemen dove ben tosto compaiono dei rafidi aggruppati in fasci, dapprima ve corte dimensioni, ma che non tardano a subire un certo allungament Una volta che la cellula rafidiofora ha raggiunto lo stadio adulto, presentasi soltanto più come una grande vescicola piena di mucilagine di cristalli, nella quale il protoplasma forma solo più un delicato stra più voluminose subiscono la stessa sorte: molte di esse dopo aver giunto un certo volume e dopo essersi trasformate parzialment otrieoli mucilaginosi, See een senza dar luogo a Ra di lato di calcio. ` Nelle cellule ordinarie del parenchima, sia corticale che midol questi elementi conservano il loro protoplasma e la prov vista di : ma riali amilacei fino alla vecchiaia (Bg. 31. £).- Se noi, ora che conosciamo così all’ ingrosso la struttura Bas: che abbiano soggiornato a lungo nell'acetato di rame in soluzion cat, i in — agli apici e e nella Se mediana. ci i bito l'abbondante precipitato di sali di rame sotto forma di grossi sferiti, più o meno numerosi ed ade- renti alle pareti cellulari (fig. 37 B) che ha luogo presso l’apice caulinare. L'aeeumulo ha luogo nelle grandi cellule del midollo e della cor- teccia, siano desse già cristalligere o siano soltanto elementi in via di - sviluppo, piene di mucilagine che non tarderà a produrre il fascio di . cristalli. Le cellule ordinarie del parenchima corticale e midollare sono - . assolutamente sfornite di precipitato, il quale manca pure; in una certa ` d misura, nelle cellule che dopo aver subito un lieve aumento di volume, Ge AER si sono arrestate nello. sviluppo e si sono riempite di sostanza giallo? : bruna (fig. 37 C). e Ge Qui adunque non si può far a meno di pensare che il precipitato di V rame non & già formato da un ossalato derivante da una doppia de- composizione fra l’ossalato di calce dei cristalli e l'acetato di rame usato come reattivo, ma trae invece la sua origine da una particolare sostanza esistente nella mucilagine delle cellule cristalligere, ed avente la pro- prietà di fissare alcuni sali di rame. . Se noi ora pratichiamo delle sezioni alquanto al di sotto dell’ apice | egetativo, non riscontriamo più gli stessi fatti. Le cellule vescicolari, pur riempite di rafidi e di mucilagine, non hanno più traccia di preci- LA pitato 0 questo è scarso. H precipitato di rame à solubile con difficoltà nella fuesina acida; si | š scioglie invece rapidamente nell’ acido eromico all’ 1/,,, lasciando però in sito scarsi residui organici colorabili debolmente col bleu di anilina. - Splendidi risultati si ottengono invece col cloruro di calcio in solu- e zione MT mantenuta calda. Il precipitato si scioglie e lascia in sito © . un corpo mucilaginoso libero, conformato sullo stampo del precipitato euprieo, il quale può venir posto in evidenza col bleu di anilina. Inoltre le cellule così trattate mostrano pure distintamente colorata in bleu una ` . membrana pericristallina avvolgente i singoli rafidi (fig. 37 A). .. L'azione dell'acido ossalico e del cloruro di calcio, (fatti agire l'uno T DS Eo < n LUIGI BUSCALIONE. 7. / dio r albo) ea la trasformazione del precipitato di rame e dap prima ossalato euprico e di poi in ossalato caleico, il quale si presenta sotto forma di fini cristalli che riempiono quasi completamente le c lule cristalligere, tanto da renderle opache, mentre le cellule ordinarie, se si è avuto cura di lavare il preparato prima di passarlo nella soluzione. i ry di calcio, ne sono quasi sfornite. * Questi fatti provano che il precipitato di rame primitivamente for- ` mato non era costituito da ossalato di rame, inquantochè se tale fosse stata la sua natura, il cloruro di calcio impiegato primitivamente per mettere in evidenza i corpi micilaginosi, l’avrebbe di già da per sèssolo trasformato in ossalato di calcio insolubile. | CONCLUSIONE. ehe nelle piante in cui si formano delle druse, queste trattate con ai sale di rame danno luogo pressocchè costantemente alla formazione di un precipitato cuprico, localizzato nel cosidetto « nucleo organico » del | druse posto in evidenza dal Sanio e dal Pfeffer. DI Sulla costituzione chimica del precipitato fino ad ora non si possono 1 - avere dati sicuri; le molte ricerche chimiche che io ho fatto in proposito mi permettono solo di escludere che si tratti di un we e inorgani di rame. , Qualche rara volta tuttavia ho potuto dimostrare, trattando il p cipitato col cloruro di calcio, che entrava a far parte dello stesso l 0 | salato di rame (Pothos ed altre specie), ma in questi easi l’ acido salico, anzichè derivare dalla sostanza propria del cosidetto corpo m cilaginoso o nucleo del cristallo, con tutta probabilità doveva proveni da una doppia decomposizione che erasi compiuta fra il sale di a impiegato e l’ ossalato di calcio disciolto dal medesimo. E 2 logieo quindi ammettere che aleuni altri speciali corpi oue probabilmente degli acidi organici (A. pectico?) racchiusi nella sostanz | del nucleo del cristallo, siano dotati della proprietà di combinarsi e è | rame, per dar luogo agli indicati precipitati, la cui natura non pu 57 per ora, venir messa in luce a causa della mancanza di reazioni mi- crochimiche appropriate. Vedremo in seguito come altri criteri possano, fino ad un certo S = permetterci di affrontare l’ intricata questione. Lo studio di aleune piante, specialmente di quelle aquatiche, mi ha portato a riconoscere che il precipitato cuprico, abbondante nelle druse da poco formate, va in parte scomparendo in quelle completamente evolute. E segno adunque che la sostanza non ben definita, capace di fissare Aem SM RE SIRIO Y ER T ide > il rame, va gradatamente consumandosi e forse viene utilizzata per la formazione delle druse stesse. Non mancano peró i fatti opposti non meno interessati ed istruttivi. Noi abbiamo di fatto vedute in talune specie, come ad esempio in modo c classico nell Aesculum Hippocastanum, che paragonando le druse dei : rami giovani con quelle dei rami di due anni, si puó constatare un graduale i = “aumento nella quantità del precipitato nell'interno delle druse; aumento _ che però, dopo un certo tempo, può anche venir sostituito da un processo | inverso. Nelle foglie secche noi abbiamo pure cercato di stabilire se si osser- vano le stesse particolarità, ma i dati raccolti fino ad ora, troppo incerti e scarsi, non mi hanno permesso di arrivare ad un risultato qualsiasi. Quali conclusioni possono trarsi da siffatte osservazioni? Che il nucleo delle druse è capace in molti vegetali di trarre nuovi materiali dal 7 protoplasma circostante, i quali poscia verranno probabilmente adibiti : : per l’ingrossamento della massa cristallina, come hanno di già osservato ^ molti autori e come io stesso ho potuto verificare. L'aumento in volume di una sostanza inclusa nella cerchia cristallina ‘presuppone naturalmente che questa sia permeabile, e di questa proprietà io ne ho avuto più volte le prove più evidenti. - Innanzi tutto ho osservato che il nucleo delle druse in alcune specie | (Viscum) è direttamente colorabile coll’ anilina, senza che si debba ri- correre alla soluzione della drusa per far arrivare il reagente in con- tatto col corpo mucilaginoso. Secondariamente ne fa pure fede l’ osservazione più volte ripetuta ee le mie esperienze sul vario modo di comportarsi delle druse di WED c7 i LOI AUNOALON fronte ai sali di rame a seconda che hanno previamente subita o l’azione di mezzi disidratanti come l’ alcool. d Vale a dire se si mettono dei pezzi di Pothos che abbiano soggiorna nell' aleool assoluto, in una soluzione di rame, questo determina, cor al solito, la soluzione delle druse, ma dà luogo ad un precipitato alquanto piü scarso di quello che si otterrebbe immergendo un altro frammento sia pure l’ altra metà dei pezzi di tronco adoperato direttamente ne soluzione cupriea. In terzo luogo depone pure in favore della stessa ipotesi il fatto che le druse, poste in eontatto dell'aeido cloridrieo si vanno sciogliendo da l'interno verso l'esterno, il che laseierebbe anche supporre che la parte dei eristalli rivolta verso l'interno sia la piü giovane. ; Ed infine non é improbabile ehe i filamenti osservati nel Viscun nell'Aesculum ed in altre piante, i quali dal corpo mucilaginoso si tano fin contro la membrana di Rosanoff, abbiano lo scopo di met appunto il detto corpo in relazione col protoplasma della cellula. Un altro fenomeno non meno interessante che ho potuto mettere luce nelle mie ricerche si è la presenza quasi costante di precipi à cuprici nei parenchimi dove avviene la formazione delle druse. ` Tali aceumuli euprici che io ho chiamati « liberi » per disting da quelli inclusi nelle druse, si stabiliscono talora disordinatament quasi tutte le cellule dei parenchimi che contengono elementi cristi geri, come ad esempio nella maggior parte delle nostre piante forest in altri casi invece (7rapa) sono esclusivamente localizzati in quelle lule destinate a diventare generatrici di cristalli o che sono già La maggior parte poi di detti precipitati è infine circoscritta a qu zona nella quale è più attivo il processo formativo dei cristalli; i positi d’ordinario mancano o sono scarsi nei ani adulti o she esaurita la loro attività formativa. L’importanza di una tale disposizione non può sfuggire a ness Essa dimostra che nel plasma delle cellule, là dove si formano i stalli, vi ha una data sostanza, che al pari di quella inclusa nelle d fissa i sali di rame, comportandosi poi, di fronte ai reattivi dissolvi e coloranti che ho impiegato, in tutto e per tutto come il corpo . laginoso Mia N tuzione chimica di quest’ ultimo. L’ esattezza di questo asserto viene anche confermata dalla cicostanza che aleune delle specie vegetali le quali non offrono traccia di cristalli di ossalato di calce mi si presentarono prive di siffatti precipitati liberi. L'eccezione dell'equiseto, a questo riguardo, gr potrà col tempo tro- vare la sua interpretazione. Io debbo però qui notare che non tutti i precipitati di rame liberi devono venir considerati come gli omologhi di quelli inclusi. Essi molte volte possono dipendere da altre sostanze, come ad esempio nel caso in cui le cellule sono rieche di acido ossalico, poichè questo rea- gendo. coll’ acetato di rame dà luogo a precipitati di ossalato cuprico. Pet ritenerli veramente come analoghi di quelli inclusi occorre fare " olte reazioni comparative, specialmente coi mezzi coloranti di varia natura, ed anzi a questo riguardo io sono convinto che solo con ulteriori studi ‘si potrà precisare meglio i casi nei quali vi ha una identità di sostanza e quelli in eui questa manca e si potrà così anco stabilire se nell’ equiseto ed in altre piante vi abbiano o non gli omologhi dei corpi SZ mucilaginosi ` liberi. À questo proposito mi giova ricordare che i precipitati, pur tanto requenti che si incontrano nell’ interno degli spazi intercellulari, molte lte debbono esser considerati come analoghi a quelli inclusi; occorre TUN aggiungere che dessi non sono già prodotti in grazia di una so- stanza che si trovi in tali cavità, ma si sono ivi organizzati in seguito pace di fissare il rame. | stessa osservazione vale pel contenuto cuprico dei vasi, pei quali | i sali di rame non siano per avveutura presenti nel contenuto loro. 1 molteplici tentativi che ho fatto per risolvere la natura chimica | del precipitato, se non mi hanno portato ad un risultato sicuro in pro- posito, mi banig M fatto conoscere che un dato sale di EE per lo e risulta RE CS tale corpo Se avere la co à processi osmotici che hanno attirato nelle lacune aeree la sostanza ` talora non si può assolutamente escludere che le sostanze fissatrici ` EE E LUIGI BUSCALIONI Innanzi tutto il detto corpo ha una forma ben definita come si osservare esportando il rame con dei solventi debolissimi. In secondo luogo è sensibilissimo ad alcuni reattivi come, ad esemp l acido cloridrico, in ispecie forse quando esso non ha subito l’azion in certo qual modo fissatrice del rame, di guisa che non deve recar mes raviglia se il Sanio, il Vesque ed il Pfeffer, dopo il trattamento coll’ HGL praticato allo seopo di seiogliere le druse, non hanno più constatato che la presenza di pochi granuli, come pure dà ragione al fatto più volte da me constatato, che nei Pothos, se si incomincia ad intaccare le dru coll’ acido cloridrico, il solfato e l’acetato di rame, aggiunti di poi, n danno più luogo a precipitati di sorta. ; Le sensibilità di questo corpo varia spesso da specie a specie ed a seconda dell’evoluzione che ha subito. Tanto è vero che con uno stess solvente in una pianta si può ottenere soltanto la dissoluzione del pr cipitato euprico, in altre invece si esporta anche il corpo mucilagin ed in altre infine non si ottiene effetto di sorta. Qual'é la natura del corpo mucilaginoso? d Come le sostanze protoplasmatiche esso si colora in giallo col jodio € fissa pure le altre sostanze coloranti, ma si differenzia dalle stesse p la capacità di accumulare i sali di rame e di argento in modo energico, e per colorirsi con alcuni speciali colori, quali il rosso di tenio ed il bleu di anilina, molto più rapidamente e molto più inten samente del protoplasma della cellula in cui esso si trova. Il complesso di reazioni fatte, in ispecie di quelle basate sulla rabilità, sulla solubilità negli acidi e negli alealini, sull'indifferenz: fronte ad aleuni reattivi caratteristici del plasma, come il nitrato a di mereurio ed il reattivo di Raspail, mi portano a credere che i mucilaginosi, tanto liberi quanto incapsulati nelle druse, siano fo di sostanze mucilaginose. Ed infatti solo le sostanze mucilaginose possono avere una cosi g plasticità da assumere tutte quelle caratteristiche forme che io ho | 6 scritto di cerchi, di corpi striati, di anelli, di masse sferolitiche ecc. | sotto linfluenza del processo di cristallizzazione del rame. Io mi sono soffermato a lungo a descrivere queste forme perchè yw T. | trovava pell" impossibilità di distinguere sempre quelle che erano pro- prie di detto corpo, come parmi sia il caso per quelle dell’ Aesculus, del Viscum e per quelle che formano il centro di due druse più o meno saldate fra loro, da quelle che sono prodotte dall'azione del rame. D'altronde una minuta deserizione di tutte le forme particolari era pure resa necessasia allo scopo di poter dimostrare l'immensa facilità che hanno i corpi mucilaginosi di cambiar figura sotto l influenza di cause speciali, una mobilità la quale rivela appunto la loro natura mu- cilaginosa poco consistente. Forse la loro vera struttura viene messa meglio in evidenza quando si faceia uso del cloruro di ealeio che ha la proprietà di cancellare l'im- | pronta lasciata dal precipitato di rame, ridando ai corpi mucilaginosi il loro aspetto di masse jaline ed omogenee. Del resto, per convincersi che tale & la loro natura, basta aver pre- sente l'energia colla quale siffatti corpi fissano il bleu di anilina (in specie a caldo) anche in soluzioni diluite. Il corpo in quistione riesce bentosto vivamente colorato, in mezzo ad un protoplasma incoloro o quasi, e che anzi è suscettibile di ricevere una colorazione di contrasto. Il detto corpo si accresce, in certi casi, per un dato tempo, cosa che era già resa evidente dai precipitati più voluminosi dei rami adulti del- l'Aeseulus e che riesce facilmente comprensibile qualora si consideri che desso è in comunicazione col protoplasma delle cellule, sia per mezzo di filamenti che raggiungono la membrana di Rosanoff, sia in grazia della permeabilità delle druse. Da questi fatti è quindi lecito sospettare che il corpo mucilaginoso possa ricavare dal plasma nuovi materiali per l'ulteriore accrescimento . della drusa il quale, a mio modo di vedere, dovrebbe avvenire per in- tuscuscezione. L'ipotesi riguardante la presenza di una siffatta sostanza nell'interno della drusa, a primo aspetto potrà parere alquanto strana; se noi però consideriamo che la maggior parte dei rafidi, la polvere cristallina ed altre forme ancora di cristalli di ossalato di calcio sono sempre accom- pagnate da una mucilagine, non desterà più meraviglia l'ammettere che anche le druse possano trarre origine da dove appunto esistono tali so- stanze. LUIGI BUSCALIONI. a ro D? Ed a ER di siffatti corpi, io devo SEN qui gli studi d 2 Fremy (1), di Stude (2), di Giraud (5), di G. Bertrand e di A. Mallevre | J. — e di altri ancora sull'intima costituzione delle mucilagini vegetali. Questi prodotti, grandemente diffusi nel regno delle piante e con . . stanti in gran parte di sostanze pectiche, e specialmente di acido pee-. = tico combinato colla calce allo stato di peetato di calcio, si trovano nei. protoplasmi dei frutti in via di maturazione, nei tronchi e via dicendo, Alcuni di essi hanno, com» i nostri corpi mucilaginosi, la proprietà | di dar precipitati colle basi e di esser solubili coi sali organici ammo- niacali ed infine in presenza degli acidi, di liberarsi con tutta facilità dalla calce, dando luogo alla formazione dell’acido pectico. Data una tale costituzione delle mucilagini, riesce facilmente com- cristalli di ossalato di calcio colle sostanze mucilaginose, in ispecie quando si con D prensibile come con tanta frequenza si trovino accoppiati i sideri che l’acido ossalico, allo stato di ossalato, è molto diffuso nell piante e quindi puó benissimo unirsi alla calce dei pectati per dete | minare in seno a queste mucilagini la formazione dell'ossalato di calcio. E questo mio concetto trova un forte appog gio nelle classiche osser- | vazioni dell’illustre istologo francese, il Mangin, dalle quali risulta che . molto spesso dove vi hanno precipitati di ossalato di calcio ivi pure tro- vansi le sostanze pectiche, o per lo meno, le mucilagini callosiche. „Basterà citare a questo proposito la Legend di sostanze pectiche ne lent delle cellule a rafidi e nello spessore delle. membrane do si depositano alcune volte dei fini cristalli di ossalato caleico indie D A da quest’autore (?) per convincersi degli stretti rapporti che intercedonc ein l'ossalato di ealeio e le mucilagini pectiche. (2) Ann. de Chemie u. Pharm. tend *) Recherches sur la pectose et sur la fermentation pectique. °) Chi desidera ragguagli più particolareggiati go mam pectiche « | losiche puó consultare le seguenti opere del Man A Sur la presence de composés pecliques dans teg Set Compt. rend. | |o Sur la callose nouvelle substance fondamental existant dans la mem. : E rend. 1890. — Observations sur la presence de la callose chez les. ZI ei STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO | 65 Ed io stesso, nelle mie lunghe ricerche, ho molte volte potuto con- statare che il corpo mueilaginoso delle druse era precisamente formato da quelle mucilagini che il Magnin classifica col nome di pectiche, pel fatto che diventano intensamente colorate col rosso di Rutenio. In molti casi ho invece constatato soltanto la presenza di mucilagini callosiche, vale a dire di quelle mucilagini colorabili fortemente col bleu di anilina. Stabilito pertanto che i cristalli in druse si formano attorno ad un corpo di natura mucilaginosa, possiamo ora domandarei di nuovo qual’è il valore che si può accordare alla teoria di Wakker sull'origine endo- vacuolare dei cristalli di ossalato di calcio. Noi sappiamo che nelle cellule destinate a diventare otricoli rafidio- sori, il protoplasma comincia a secernere la mucilagine che si racco- glie nel centro dell’ elemento dove più tardi nasceranno i rafidi. Lo stesso fatto deve, a mio parere, succedere anche per le druse, solo che qui, non sì tosto è comparsa la mucilagine, questa, se non è desti- nata a restar libera, si circonda subito di una drusa che la sottrae al- l osservazione. È perciò impossibile, tanto nel caso dei rafidi quanto in quello delle druse, che i cristalli nascano in un vacuolo, ma bensì essi debbono trarre origine in seno al protoplasma o per lo meno ad una sostanza da questo secreta, per circondarsi di poi all’ occorrenza di un vacuolo che isola così la produzione cristallina dal contenuto cellulare. Fra la mucilagine dei rafidi e quella destinata ad incarcerarsi nelle druse vi ha una lieve differenza dovuta a ciò, che la prima forma un ammasso voluminoso facilmente rilevabile al microscopio, la seconda invece è più intimamente commista al protoplasma, molto meno volu- minosa e perciò anche poco o punto distinta senza l’impiego di speciali reattivi (sali di rame, bleu di anilina, ece.). nerogames. Bull. de la Soc. Botanique de France 1892, — Observations sur la de France, T. 41, 1894. - 5. Malpighia anno X, vol. X. affrontare un altro quesito relativo alla mutua dipendenza tra la for- mazione della cellulosi e la precipitazione dell'ossalato di calcio. Molti autori, come si è dotto in principio di questo lavoro, oggigiorno . tendono ad ammettere che assai probabilmente il caleio serve come di. veicolo delle sostanze che devono far parte delle membrane cellulari e ciò pel fatto che là dove è assai attivo il processo di formazione o di ispessimento delle membrane delle cellule (fibre, cellule sclerenchima- tose, ecc.), ivi pure abbondano le druse + le altre specie di cristalli di ossalato calcico. 3 La teoria & stata sostenuta, in questi ultimi anni, dal Kohl, il quale ` l’ha illustrata con un gran numero di esempi che realmente hanno molto valore. Io ho già indicato nella prima parte di questi studi, come tale teori non corrisponda sempre alla realtà dei fatti; credo tuttavia che esi possa venir accettata, qualora la si modifichi alquanto, ammettendo cit che la presenza dei cristalli di ossalato di calcio, più che in istretta ed immediata dipendenza cogli ispessimenti delle pareti cellulari, sia in intimo nesso con alcuni formatori delle stesse, cioè colle sostanze tiche o callosiche, la cui immensa diffusione nelle pareti venne in evidenza dalle recenti ricerche del Mangin. Stando così le cose, rapporto della calce cogli accrescimenti che si verificano nella parete. per quanto intimo, diventerebbe, in certo qual modo, secondario, ind retto, poichè le sostanze pectiche e callosiche secrete, quantunque sia parti fondamentali delle membrane, possono assai spesso, come nei che ho studiati, non venir utilizzate per la produzione di nuovi st di membrana, o di nuove membrane. a Questo modo di considerare i fatti, secondo me, si concilierebbe anel ' meglio col fenomeno più volte osservato che cioè, là appunto dove : ha un'estrema abbondanza di precipitati di ossalato di calcio, come. esempio, nelle cellule a polvere cristallina, e che quindi a priori fareb supporre che si abbiano dei forti ispessimenti nelle membrane ce circostanti, questi invece non si verificano. ZE ZS In conelusione adunque io mi credo autorizzato ad enunciare: che ha = IE T y Y ` 0 7 STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 67 | cristalli di ossalato calcico sia in druse, sia sotto forma di rafidi (Pon- tederia), si originano in quelle cellule nelle quali vi hanno degli spe- ciali accumuli di mucilagine di natura callosica 0 forse anco pectica (corpi mucilaginosi); che entrambe le specie di cristalli si sviluppano nell’ambito di siffatti accumuli per cui resta escluso che traggono ori- gine in un vacuolo; e che infine i cristalli d' ossalato di calcio hanno probabilmente solo un rapporto indiretto cogli ispessimenti che si veri- ficano nelle membrane cellulari e colla produzione di queste. (Continua) SULLA CAUSA DEGLI SDOPPIAMENTI FOGLIARI Nota del Dottor Lucio GaBELLI. Dietro un articolo del signor Adriano Guébhard: Sur les partitions anomales des fougères (pubblicato in: Feuille des Jeunes Naturalistes, Paris, 1 Marzo 1895, N.° 293) non credo inopportune alcune parole | Sopra un argomento di tanta importanza. . Sotto il nome di sdoppiamento fogliare intendesi quel fenomeno per _ eui le foglie si mostrano anormalmente bifide o bilobe più o meno pro- fondamente, coi lobi innervati da due fasci librolegnosi di uguale po- tenza, i quali sembrano derivati dicotomicamente dall'unieo fascio che innerva la porzione inferiore della foglia sdoppiata. Il numero dei lobi puó essere ancora maggiore di due, ed essi possono essere tanto profon- damente divisi da simulare due o piü foglie inserite sul caule molto vi- | cino fra loro nell'area d’inserzione dell’unica foglia normale ordinaria, oppure anche essere l'una dall'altra separate, alterando per tal modo la fillotassi. Non sempre tale anomalia colpisce una sola foglia in un dato ramo: spesso le foglie sdoppiate sono varie. In tal caso esse sono verticalmente poste l'una sull’altra; cioè sulla stessa generatrice del ei- lindro o cono caulino. Il fenomeno si verifica frequentemente, e nelle | piante a vegetazione lussureggiante molto più che non in quelle che crescono in condizioni ordinarie. mente entrare in azione. 68 be LUCIO GABELLI Per questo forse, tale anomalia è frequente nei polloni e nelle piante coltivate, come ad esempio, nella Vitis vinifera L., nell’ Olea europea L. ecc. Il prof. Federico Delpino (Teoria generale della Fillotassi, Atti della R. Università di Genova 1883 e Esposizione di una nuova teoria della ` Fillotassi, Atti del Congresso botanico internazionale di Genova 1892) - che ha studiato caso per caso questi fenomeni, dimostra come gli sdop- piamenti fogliari vengano mirabilmente spiegati qualora si ammetta M nelle matrici fogliari la potenza a produrre non una sola, ma un nu- mero indeterminato di foglie. Nei casi ordinari ogni matrice ne weie una sola, ma dietro certe circostanze, di cui la più importante sem- bra essere la abbondanza di nutrimento, la matrice è posta in condi- zioni favorevoli allo sviluppo di più d'una foglia e così si hanno gli sdoppiamenti in tutte le loro gradazioni. L'ipotesi del Delpino & sem- plicissima, e, chiunque si sia occupato dell'argomento, non puó non tro varla perfettamente adatta alla spiegazione di tali fenomeni. Il Guébhard al contrario, oceupandosi di sdoppiamenti fogliari di Felei, sarebbe indotto ad ammettere un’ipotesi affatto differente. : Egli sarebbe propenso a credere le foglie sdoppiate in conseguenza d : lesioni apicali delle stesse per opera specialmente di bruchi. Second tale autore la causa sarebbe dunque estrinseca alla pianta mentre, se- condo le teorie del Delpino, la causa sarebbe piuttosto intrinseca risie dendo in una proprietà speciale della prima matrice fogliare che non sempre però si esplica, ma solamente allorquando si avvertino circo stanze esteriori che trovansi talvolta, e più spesso mancano. Vengo : esaminare partitamente i fatti su cui si appoggia il Guébhard. Egli nota come trovinsi spesso gruppi di piante di varie specie il cui si nota qualche foglia sdoppiata in mezzo alle altre piante a fogl i normali: così ad esempio ha raccolto nelle Alpi Marittime esempl vicini ed a foglie sdoppiate di Ceterach officinarum e di Asplen Trichomanes che pur tanto raramente, egli nota, presentano il fenome dello sdoppiamento. Donde ne dedurrebbe una causa estrinseca. Questo. a mio vedere non dimostra altro che la necessità di circostanze estrin: seche, affinchè la vera causa degli sdoppiamenti fogliari possa Wee | SULLA CAUSA DEGLI SDOPPIAMENTI FOGLIARIO — 69 In secondo luogo nota lo stato poco florido e lussureggiante, ma anzi rachitico delle piante di Ceterach e di Asplenium a frondi sdoppiate da esso raccolte. Questo starebbe contro la abbondanza di nutrimento che secondo vari autori ed il Delpino à o causa o circostanza in cui avviene tale anomalia. Esso stesso perd nota la differenza tra gli Scolopendrium ‘e Pteris sdoppiate ed i suoi due casi di Ceterach e Asplenium: lecce- zione sarebbe dunque molto piccola, inoltre è molto difficile giudicare | della copia d’alimento avuta da una pianta e sarei molto curioso a questo riguardo di vedere io stesso gli esemplari che egli cita: non già che neghi losservazione, ma semplicemente per conoscere meglio l’ob- biezione. Del resto non dico che l'abbondanza di nutrimento, la quan- tità, sia la sola condizione favorevole allo sviluppo di tale anomalia: vi potrebbero essere altre circostanze ancora ignote. Da ultimo cita un caso che veramente parrebbe dar ragione alla sua teoria. Diee d'aver osservate piante di Lippia citriodora Kunth colti- vate in spalliera a 720 metri sul livello del mare. Le foglie di queste piante erano danneggiate da un bruco quasi tutti gli anni. Se dopo aver sofferto tal danno sopravveniva un tempo piovoso, si notavano abbondanti foglie bipartite, mentre cid non succedeva se il tempo rima- neva secco. Noto anzitutto una contraddizione tra questo fatto ed il precedente. L'autore pare voglia negare che l'abbondanza di nutrimento sia o causa o circostanza (secondo gli autori) dell'anomalia, mentre poi il fatto della Lippia dice chiaramente che senza di questa condizione non avveniva il fenomeno delle foglie sdoppiate. Desidererei inoltre maggiori rag- guagli su questo caso ed anche qui vorrei esaminare i rami e le foglie sdoppiate. Lo sdoppiamento delle foglie nella Lippia osservasi molto frequente- mente, come io stesso ho notato, ed ora ho, fra gli altri, presente un caso osservato in Toscana (Mugello: villa dello Sproceo dei Conti Sassóli De Bianchi) cirea alla stessa altezza del caso citato dal Guébhard. E un ramo lungo m. 1,95, del diametro di 8 mm. in basso e 4 mm. in alto comprendente 23 nodi. Al 6.° nodo si osserva in un vertieillo una fo- glia sdoppiata, nulla si nota nel nodo superiore, con esso alterno, nell’8.° BEN REDET GAB che coincide immediatamente col 6.° osservasi sulla stessa generatrice un altra foglia anche più sdoppiata, e similmente al 10.° nodo ert un’altra foglia sdoppiata sino dall inserzione. Le tre foglie sdoppiate | sono verticalmente poste una sull’altra, secondo la legge già citata che. regola gli sdoppiamenti, e la profondità della partizione aumenta d l'alto al basso. Nel 12.° nodo immediatamente sovrapposto all'ultima fo- - glia maggiormente sdoppiata del 10.° nodo, non vi sono più 3 foglie, m 4 e cosi di seguito tutti i nodi si alterni che ES sino all api del ramo: cioè per altri 11 nodi. La fillotassi, dietro influenza dello sdoppiamento, à mutata e da ter à diventata quaterna. Dietro i suesposti fatti il Guébhard crede la causa degli sdoppiame essere patologica: peró non la generalizza, ma la ritiene vera solo in : qualche caso. Rilevo anzitutto che le esperienze al fine di sostenere D ipo- tesi sua, il Guébhard le ha tentate, ma infruttuosamente. Io credo che ane non generalizzata, l'ipotesi del Guébhard debba combattersi. I fatti e le osservazioni che esso espone a difesa della sua ipotesi, come ho già no- tato, o sono insufficienti, o si contraddicono, o non si oppongono alla | teoria del Delpino. Noto inoltre che se la causa fosse patologica e d vuta all'azione dei bruchi, i casi di sdoppiamenti dovrebbero essere ben più frequenti di quelli che sono. E In secondo luogo la teoria del Guébhard non può spiegare, SE e neppure la legge della sovrapposizione delle foglie sdoppjate, menti tuttociò spiegasi facilmente colla teoria del Delpino. In ultimo, come è possibile spiegare colla teoria patologica del Mes i easi di sdoppiamento che causano cambiamento di fillotassi e che sono tanto frequenti? e se non à possibile, perchà volere separare qua caso da tutti gli altri assegnando loro cause sostanzialmente diffe | mentre con tutta chiarezza vediamo una bellissima gradazione d | stesso fenomeno? m Ma non & bene essere troppo esclusivisti: sul momento almeno trovo assurdo ammettere che la distruzione dell’ apice vegetativo di foglia durante il suo accrescimento possa riuscire a formare una fo | senza che peer di Linie: ciò rate sarà z Ee raro: richiede troppe condizioni. Ma anche qualora il caso si ve- . rifiehi e per esso quindi le ipotesi del Guébhard sia nel vero, la ipo- | tesi non avrà mai grande importanza. Già bisognerebbe distinguere gli | sdoppiamenti in due categorie: una importantissima comprenderebbe i Tes veri sdoppiamenti, quelli cioè che vengono in causa della proprietà della Ber, matrice fogliare di produrre più di una foglia dietro date circostanze . ambienti: quelli che modificano la fillotassi o la possano modificare. Un'altra, composta di una parte sola di quei casi che non riescono a GA mutare fillotassi (chè l'altro è un grado minore di vero sdoppiamento) us dovuta a causa estrinseca, patologica. Sebbene, qualora il caso si av- : veri, (chè se non lo credo assurdo, non per questo mi credo giustificato e, neppure il Guébhard, ad ammetterlo reale) tali foglie sdoppiate delle due categorie possansi confondere praticamente, in PIA però i casi sono distintissimi sostanzialmente. f Trattandosi di un argomento di importanza massima, essendo legato intimamente colla fillotassi e mettendo in evidenza una speciale proprietà delle matrici fogliari in correlazione della architettura vegetale, ho cre- duto bene analizzare l articolo del Guébhard e combatterlo dove si po- . trebbe intenderne generalizzata la sua ipotesi sugli sdoppiamenti, emessa forse dall'autore troppo arditamente e senza tener conto dai moltissimi easi che hanno azione nella fillotassi. Modena, Luglio 1895. NOTE MICOLOGICHE | per Fausto MORINI Il presente lavoro apporta un contributo alla conoscenza del ciclo vitale di alcuni fungilli, due dei quali costituiscono altrettante forme ` nuove e gli altri due sono rappresentati da specie già note, di cui una - è imperfettamente conosciuta in determinate fasi della sua esistenza, mentre, rapporto all’ altra, i Micologi non sono concordi rispetto alla circoscrizione della caratteristica generale in relazione al concetto della ` specie. Le due specie nuove sono il Rhizophidium Messanense ed il Phy- — comyces Pirottianus; delle rimanenti forme qui studiate l’ una è la i Lachnea hirta Schum., e l'altra il Mucor racemosus Fres. = L. sa Rhizophidium Messanense n. sp. (Fig. 1-4). Osservasi questo fungillo parassita di una Cladophora, i cui fila- menti per solito presentano alterazioni molto gravi. Rivolgendo l'at- ` tenzione ai fili molto alterati (fig. 1, 2), i quali si prestano meglio per lo studio della fase adulta del parassita in questione, ‚osservasi che il contenuto loro & ridotto ad un plasma pressochè interamente | scolorato, poco denso e costituito da una sostanza fondamentale finamente | granulosa, in cui si notano qua e là oltre a scarsi cloroplasti normali, areole con contorni non bene definiti, composte di sostanza omogenea ` A e ialina ove perciò i granuli hanno sofferto un completo disfacimento, e cumuli densi, granulosi, irregolari, incolori, che il più delle volte | evidentemente sono il residuo dei cloroplasti. D ere es L alterazione ` de i NOTE MICOLOGICHE D PT le areole ora accennate si aecrescono maggiormente, confluiscono assieme, mentre altresi i cloroplasti residuali vengono distrutti e la sostanza granulare a poco a poco scompare, per cui infine le singole cellule della Cladophora contengono una sostanza molto aequosa, omogenea o quasi e scarsamente albuminoide, per la cui presenza & manifesta la morte dell alga stessa. Il fungillo consta di una grande cellula cilindroide (fig. 1, 2), ta- lora lievemente rigonfiata nel mezzo, la quale risiede alla superficie della membrana dei filamenti algosi, su cui sta eretta perpendicolar- mente; nella sua regione inferiore detta cellula si assottiglia in un bre- vissimo pedicello, il quale attraversa la membrana dei segmenti dei fili della Cladophora, nell'interno dei quali si espande in un micelio, mediocremente sviluppato, ramificato nel modo monopodiale racemoso in filamenti tenuissimi immersi nel plasma dell'alga ospite. Ecco nelle sue linee generali la costituzione di ciaseun individuo del fungillo parassita; i segmenti dei fili algosi possono dare ricetto fino a parecchi individui; in generale peró questi non superano il numero di tre o di quattro. La grande cellula anzidetta, la quale è un zoosporangio, misura in lunghezza H 48-54 e u 17-22 in larghezza, è provvista di una esilis- sima membrana scolorata, di natura cellulosica, e mentre va raggiun- gendo la fase adulta, nel suo apice si differenzia una piccola papilla, la quale poi si lacera ed attraverso l’ apertura così formata, escono nume- rose zoospore perfettamente evolute (fig. 2). Queste dapprima sono in- sieme agglutinate da una sostanza fondamentale ialina ed omogenea, per cui, dinanzi al foro di deiscenza di ciascun zoosporangio, trovasi un cumulo di zoospore; ma bentosto l’ acqua circostante discioglie detta sostanza fondamentale e le singole zoospore, rese così libere, dimostrano un vivace movimento per cui si allontanano l’una dall’altra e si disper- dono nel liquido. Le zoospore sono molto rifrangenti la luce e si dimostrano colorate in un roseo pallido, il che à dovuto alla grossa gocciola oleosa che si riscontra circa nella parte centrale del loro corpo protoplasmico, il quale | è all'incirca globuloso, è lungo u 31/,-4 e porta un cilio lungo tre o quattro volte il diam. longit. delle zoospore; con molte difficoltà ed eli- colo nucleo sferico che occupa in generale la parte anteriore delle zo- | ospore. : Il movimento di queste à molto energico, e puossi rappresentare come una specie di irregolare reptazione discretamente rapida, con brevi intervalli di riposo, determinata da un moto ora flabellare ora elicoide . del cilio. Si ha dunque un movimento intermittente nel quale i periodi di moto possono durare circa un minuto, ed allorchè nella zoospora si | risveglia la funzione della locomozione, questa riappare lentamente, . raggiunge a poco a poco il massimo grado per poi decrescere e scom- | parire. Durante il periodo della più grande attività nel movimento, il. corpo delle zoospore mostra eziandio, non di rado, un moto convulsivo come a scatti, i quali ponnosi succedere con molta rapidità, per cui le. zoospore sembrano incedere saltellando. D. Specialmente nei tratti dei filamenti di Cladophora, ove il conte- nuto presenta gravi alterazioni, si riscontrano le spore quiescenti (fig. 1. 3, 4), che sono piuttosto rare e provengono dagli stessi ele- menti da cui si formano i zoosporangi ai quali sono perfettamente omologhe. Hanno forma globulosa, un diam. che varia dau 26 a 31 la membrana loro è differenziata in eso — ed in endosporio, il prim alquanto grosso, liscio ed è colorato in un bruno carico traente al ros- sastro; ognuna di esse contiene una grossa gocciola oleosa. In general queste spore per germinare richiedono un periodo di riposo, più o men lungo il quale però quasi mai ha superato le cinque o sei settiman p e fruttificano eangiandosi ognuna direttamente in un zoosporangio, quale sviluppa zoospore identiehe a quelle già descritte, perd più scarse in numero. i ; Come i zoosporangi, le spore quiescenti risiedono sopra un mice intramatricale manifestamente sviluppato, il quale è abbastanza visibile solo nei filamenti algosi più alterati: la sua presenza è mol dificile a constatarsi nei segmenti di Cladophora ove il parassita h causato non gravi alterazioni, per cui ivi il plasma conservasi anco denso; in questo caso necessita anzitutto decolorare i filamenti dell al EE NorE MIDOLOSÍOHR ^ 5) UPS EE Me posto da Zopf (t). E così mettesi in evidenza una specie di austorio miceliale pià volte ramificato e costituito da un'unica cellula; il pedi- cello tanto dei zoosporangi che delle spore quiescenti, innanzi di rami- ficarsi nelle ife miceliali, mostra nella sua regione intramatrieale un tenue rigonfiamento, per cui si forma una vescicola piccolissima (Fig. 2), la quale peró spesso presentasi tanto ridotta in volume da apparire affatto indistinta. Avvenuta la formazione delle zoospore, il micelio tanto dei zoosporangi che delle spore quiescenti muore e si dissolve. Riguardo allo sviluppo del parassita intorno al quale poteronsi in- traprendere aleune ricerche, non abbiamo a porre in rilievo aleun fatto che devii da quelli già noti nelle altre Chitridiacee affini al nostro fun- gillo. Dopo breve tempo, la facoltà della locomozione va lentamente estinguendosi nelle zoospore, le quali si attaccano ad un filamento di Cladophora ed ivi si rendono completamente immobili; il cilio si retrae ed il corpo protoplasmico si circonda di un'esile membranella. Dalla cellula cosi formata, si emette una papilla la quale attraversa la parete del filamento dell'alga ospite, nel cui interno si allunga e si ramifica nel descritto micelio austoriale, mentre la zoospora incapsulata si in- grandisce ed a poco a poco si sviluppa nel zoosporangio o nella spora quiescente. Nonostante il fungillo fosse tenuto in osservazione parecchie settimane, per eui si potè studiare il succedersi di parecchie generazioni mediante infezioni sopra filamenti algosi sani, mai si potà constatare il fenomeno della sessualità nd fra le zoospore, nè fra i filamenti miceliali di due in- dividui distinti abitanti lo stesso segmento del filo di Cladophora. ‘Riassumendo, la vita del fungillo, ora studiato, puossi compendiare nei tre seguenti periodi principali: 1.° Fase determinata alla disseminazione: zoospore uniciliate. 2.° Aggressione dell'alga nutrice: le zoospore incistidate germo- gliano una papilla, la quale si addentra nelle cellule dell' alga e quivi sviluppa il tenue micelio. 3.° Fase parassitica; colla genesi del micelio austoriale procede di (!) Abhandl d. naturf. Ges., Halle; 1888, XVII. “ER | FAUSTO MORINI | . pari passo lo sviluppo dei zoosporangi e delle spore quiescenti; da ambo queste formazioni hanno origine le zoospore. . H fungillo in esame, oltre al presentare un micelio non perennante, è eucarpico, monocarpico e monofago secondo la nomenclatura proposta da A. Fischer (!). E l'associazione simbiotiea di esso colla specie di Cladophora esplicasi, come nella grande maggioranza delle altre Chi- tridiacee, sotto forma di un parassitismo rigorosamente obbligato; e. nell'alga nutrizia la formazione delle zoospore è in generale più o meno. impedita e non di rado anche completamente soppressa. ` Pei suoi caratteri, il parassita ora studiato è manifestamente una Chitridiacea ascrivibile al gen. Rhizophidium (Schenk) Fisch., nella cir- coscrizione proposta dal Fischer (?) per la quale in esso sonosi riuniti l'antecedente gen. Rhizophidium Schenk ed i gen. Phlyctidium A. Braun, Sphaerostylidium A. Braun e Rhizophyton Zopf. Infatti, sebbene il no- stro fungillo presenti interessanti rapporti di affinità con alcune forme | appartenenti alla Famiglia delle Ifochitriacee e massime colle specie del sottogenere Urophlyctis del gen. Cladochytrium, non può trovare posto in questo gruppo specialmente pei caratteri del corpo vegetante e pel modo di formazione intercalare dei zoosporangi e delle spore quie- scenti che con tanta frequenza si osserva nel micelio e che rappresenta una delle note principali della famiglia suddetta. Nella famiglia delle Spo- ` rochitriacee alla quale appartiene il parassita in questione, è carattere importante il modo di formazione delle spore quiescenti, ed è appunto in base a questo che devonsi escludere i gen. Chytridium,e Bee dee giacchè nel nostro fungillo, come nelle altre specie del gen. Rhiz zophi- dium, dette spore sempre nascono dalle zoospore incapsulate alla su- perficie dei filamenti dell’ alga ospite. Differenze pur sempre importanti, : sebbene non cosi profonde, risultano dall’ esame comparativo dei gen. Rhizophlyctis, Obelidium ed Entophlyetis; in quest’ ultimo il micelio e le spore quiescenti, nonchè i zoosporangi, si sviluppano entro le cel- UI Rasennorst’s Kryptogamen Flora von Deutschland, Oesterreich und der Schweiz. Zweite Auflage. — Phycomycetes bearbeitet von D Alfred Fischer; Leipzig 1892, pag. 1, 8, 14. PLE c. pag. 87. è È; NOTE MICOLOGICHE- 77 lule della pianta ospite, mentre negli altri due le spore quiescenti ed i zoosporangi germogliano esili filamenti miceliali, le cui porzioni ter- minali si addentrano nel substrato nutritivo. Infine, i gen. Septocarpus, Achlyella, Rhizidium e Rhizidiomyces mentre concordano col gen. Rhi- zophidiwm per avere i zoosporangi insidenti alla superficie libera delle cellule ospite, ne diversificano il 1.° per la forma ed altri caratteri dei zoosporangi, il 2.° perché le zoospore tosto si incapsulano innanzi all’ apertura del zoosporangio, attraverso la quale vennero emesse, ed i rimanenti per la presenza di una vescicola iposporangiale bene svi- luppata spettante alla regione del micelio. Senonchè, la presenza di una tenuissima vescicola alla base dei zoosporangi del nostro fungillo puó _ fare sorgere il dubbio trattarsi di una specie riferibile al gen. Rhizi- dium; ma, prescindendo dagli altri caratteri proprii di questo genere, il fatto dell' esiguità di detta formazione, congiunto alla frequente ri- duzione o completa maneanza di questa, escludono ogni incertezza in proposito. Nella specie in esame & importante il notevole sviluppo del micelio e la presenza dell accennata vescichetta sotto il punto di vista dei rap- porti di parentela delle Chitridacee fra loro. Anzitutto detta vescichetta diminuisce la distanza che dapprima separava il gen. Rhisophidium dei gen. Rhizidium e Rhizidiomyces e tanto che questi tre generi con ulteriori ricerche potranno forse essere riuniti in uno solo. Anche coi gen. Entophlyctis ed Obelidium si hanno interessanti vincoli di affinità per la presenza di detto organo vescicolare; ed il fatto della vita intra- matricale delle specie del 1.? genere, e della vita libera per la quale il pa- rassita è in rapporto col substrato nutrizio solo mediante le estremità delle ife miceliali nelle forme dell’ altro genere, non altera punto le omologie. Parimenti, detti due caratteri migliorano considerevolmente la filo- genesi non solo della specie di Rhizophidium, ma eziandio dell’ intera famiglia delle Sporochitriacee rispetto all’ altra delle Ifochitriacee, nella quale ultima sono comprese Chitridiacee superiori; limitandoci all’or- gano vescicolare, con molta probabilità questo può rappresentare un _zoosporangio in istato di avanzata riduzione progressiva. E siecome à noto con quanta frequenza e costanza le Ifochitriacee formano zoospo- — nealogica, ossia gli ultimi gradi nella via della regressione. 78 FAUSTO MORINI rangi intercalari nelle loro ife miceliali, le Sporochitriacee costitui- ` rebbero una progenie dell'antecedente famiglia, per la supposta suc- cessiva riduzione e scomparsa dei zoosporangi intercalari fino al residuo di una sola e tenue vescichetta iposporangiale, la cui presenza parla. eloquentemente in favore di tale congettura. Dalle Sporochitriacee - provviste di detto organo sarebbero derivate le rimanenti Micochitri- dine che ne sono prive. Il gen. Myzocytium, causa il suo sviluppo olo- carpico come anche per la mirabile concordanza esistente si nella genesi : che nei caratteri morfologici delle sue oospore paragonate colle spore ` quiescenti degli Olpidiopsis, rannodasi intimamente alle Mixochitridine, — ove sono raccolte le forme infime e più semplificate. . Le Mixochitridine, e specialmente i gen. Olpidium, Olpidiopsis, Pseu- dolpidium ece., secondo i dati forniti dalla filogenesi e dall’ anatomia comparata, sembrano essere Chitridiacee in sommo grado depauperate, il cui corpo vegetante in ciascun individuo ha subito una tale ridu- zione per la quale esso è divenuto un’ unica cellula cangiantesi poi in- - teramente in un zoosporangio (olocarpìa); un altro passo ancora nella evoluzione regressiva e dalle Mixochitridine olocarpiche e destituite di micelio, noi procediamo alle Monadine zoosporee. Sembrerebbe dunque più ` conforme al vero riguardare le forme precedenti, e più particolarmente le Olpidiacee, non come semplici ma bensi come semplificate; per cui invece di rappresentare lo stipite delle Chitridiacee, come vorrebbe A. Fischer (!), esse costituirebbero le ultime diramazioni della serie ge Premesse queste poche considerazioni frammentarie sulla filogenesi dei principali gruppi delle Chitridiacee, forse non del tutto inutili | in causa della grave divergenza che ancor regna fra i Micologi intorno a tale questione, e considerato adunque come un Rhizophidium M fu gillo in esame, il nome specifico di questo puossi desumere da quelle = della città nella cui adiacenza à stato osservato. : O L. C pag. 9. NOTE MICOLOGICHE ` Ed eccone i principali caratteri specifici: RHIZOPHIDIUM MESSANENSE. i Hyphis mycelialibus exilissimis in cellula nutritia expansis. Zoospo- | rangs cilindroideis inferne attenuatis in brevissimo pedunculo, in mi- mutissimam vesciculam plerumque inflato; longis p. 48-54 et u 17-22 latis, laceratione papillae apicalis deiscentibus; zoosporis globulosis, roseo-pallidis, diam. H 31/4. Sporis quiescentibus brunneo-rubescen- tibus, episporio glabro, diam. y. 26-31, ut zoosporangia germinantibus. Hab. — In Dane SC Cladophorae. — Messanae, lectum DISTA . Con questo fungillo ascendono a 4 le Sporochitriacee viventi in fili di Cladophora; infatti oltre ad esso si ha il Rhisophidium globosum (A. Braun) A. Fisch., il Rhizidium Schenkii Dang. e l’ CO Cienkowskiana (Zopf) A. Fisch. IL. Mucor racemosus Fres. — (Chlamydomucor Bref.) (Fig. 5-7). = Questo fungillo intorno al quale abbiamo le classiche ricerche del Brefeld (5), è una delle specie di Mucor giustamente annoverata fra le È più frequenti ed importanti e nello stesso tempo più multiformi; e chiun- Ce que ha avuta opportunità di studiarlo avrà potuto constatare questi fatti. resto la loro espressione nella relativa frase diagnostica che si trova nel- l’opera più recente di sistematica sui Ficomiceti di A. Fischer (2). E ri- 39 ferendoci alle variazioni più salienti che ivi troviamo nella caratteristica za Ueber Gährung ss Jahrbücher, V. 1876). — EEE aus dem itgebiet d. wur , VIII Heft 223. 9 L. e., pag. 192-1 Le notevolissime divergenze nei suoi caratteri differenziali hanno qe x 80 FAUSTO MORINI generale del M. racemosus la quale, come à data dall'A., risponde com- pletamente alle ricerche del Brefeld e del Bainier, si ha che le ife sporan-. gifere presentano una lunghezza che oscilla da mm. 5 a 40 e gli sporangi un diam. che varia da x 20 a 70; e questi ultimi sono fra loro tanto differenti che il Bainier (4), tenuto però conto di altri caratteri, ha descritte due varietà distinte l'una per gli sporangi scolorati e l’altra. per gli sporangi bruni, aventi le spore giallo-brune e la columella più o meno nerastra. Oltre a ciò abbiamo differenze notevoli nelle forme di ramificazione monopodiale racemosa delle ife sporangifere, nella quantità e nella dimensione dei rami; a questo aggiungasi che le gemme (clamidospore) sono ben lungi dal mostrare caratteri . costanti, perchè la forma loro varia dalla globosa alla piriforme e cilindroide. Che più? Le zigospore presentano notevolissime differenze | la cui esistenza ed importanza non può essere attenuata dal tentativo di A. Fischer di assegnare una caratteristica generale a dette forma- ` zioni, ascrivendo a queste una figura globosa, una colorazione brunastra S ed un episporio giallognolo provvisto di papille ottusamente coniche, bruno-rossastre. Infatti, secondo le ricerche che il Bainier ha riportate in tre successivi lavori guenti forme: , le zigospore si possono presentare nelle se- 1.° Colla membrana che oltre al mostrare striature finissime è prov- vista di papille coniche, ottuse e molte sviluppate; l’ episporio è gial- lastro e su di esso spiccano le dette asprezze che sono bruno-rossastre o 2° Colle papille molto più piccole (?). 3° Infine, nel suo ultimo lavoro ammette che in tutte le varietà di M. racemosus le zigospore hanno colore rossastro, colla dimensione. variabile nella proporzione da 1 a 4; l'episporio mostra dapprima mol- tissimi inspessimenti piccoli ed aventi forma di placche più o meno re- (1) G. Bamer, Sur les zigospores des Mucorinees (Ann. d. Sciences natur., Botanique, 6.° Séries, Tome XV, pag. 350, 3 (à) G. Bamer, Observations A les Mucorinées (Aun. d. Se. natur., 6.° Séries, Botanique, T. XV, 1883, pag. 5, 4. (5) G. Bamir, Sur les GE d. Mucorinées (Ann. Sc. Nat., Botanique, 6: Séries, T. XV; PL 17, fig. 6, 7; PL 18, fig. 7.9. À NOTE MICOLOGICHE - BES = golarmente quadrate, separate da linee più chiare; alla maturità esse confluiscono insieme in numero maggiore o minore, per cui si producono | asperità più voluminose (1). DE Per tanta latitudine nei caratteri differenziali che rende così in- certa e controversa la circoscrizione specifica del M. racemosus, sorgono spontanee le domande: questo fungillo è costituito da un’ aggregazione si _ di specie insieme confusa, ovvero rappresenta una specie polimorfa in grado insigne, le cui diverse forme sonosi concretate in relazione a de- terminati adattamenti biologici od a speciali condizioni di nutrizione? . Intorno a questa importante questione esporremo sommariamente i ri- sultati di aleune ricerche, nella speranza che queste possano avviare UR ad una soddisfacente soluzione tale interessante quesito. di esperimenti di coltura furono istituiti con diversissimi substrati T. nutritivi ed indifferenti contingenze di umidità, di luce, di tempe- ratüra e di aereazione; tali culture vennero continuate a lungo onde potere osservare le modificazioni che eventualmente si manifestassero nelle successive generazioni, in relazione altresì alle svariate condizioni di sviluppo. Le eultnre vennero intraprese nei seguenti substrati nutrizi: soluzione Co di glucosio — zucchero di canna, azotato di ammonio e fosfato. di potassio — pane umettato — patate — soluzione di peptone — glucosio e peptone — sterco equino. L'aria ambiente veniva frequente rinnovata. Dopo circa un giorno comincia a svilupparsi un micelio, dal quale š poi ben presto si costituiscono gli sporangi, la cui produzione è più o . meno attiva a seconda della qualità dei substrati nutrizi: la soluzione di glucosio rivelossi come la meno appropriata, giacchè in essa in ge- neràle non si formarono che numerose clamidospore e scarse ife spo- rangifere; la soluzione di peptone e l’altra di glucosio e peptone dimo- straronsi invece le più adatte allo sviluppo del tallo e delle ife spo- rangifere. Ed in questo modo si produce una forma assessuata del M. racemosus la quale iere chiameremmo tipica per la sua generalità x vi G. Bamer, Nouvelles observations sur les zigospores des Mucorinees (Ann. d. Sc. Nat., Bot., 6.* pe T XIX, D ed pag. 203; PL 8, fig. 1). Ez Nour, anno X vol. X. À ‚82 FAUSTO MORINI | sviluppati dal micelio e non direttamente prodotti dalle clamidospore e dalle f e costanza: meno alcune secondarie differenze specialmente relativ alla dimensione degli sporangi, la caratteristica di detta, forma puossi ridurre alle seguenti note fondamentali. È - i micelio non presenta alcun fatto degno di nota di fronte a quello delle altre specie di Mucor, se si eccettua in parecchi casi una ten- denza notevole a manifestare qua e là piccoli ed irregolari gonfiamenti nelle sue ife, i quali però non si circoscrivono dal resto del filament mediante setti trasversi; anche in substrati liberamente aerati queste fungillo dimostra eosi i primordi di quella speciale segmentazione delle M ife miceliali per la quale, in determinate condizioni di vita, si produce la così detta formazione oidiale. Le ife sporangifere sono molto me. lunghe di quelle del M. Mucedo, in compenso però sono più o meno: ramificate; stanno verticali o quasi sul substrato e la loro ramificazio è monopodiale racemosa, però quelle più corte sono molte volte sem- plici; inoltre, la lunghezza dell’ ifa principale varia da mm. 3 a 38 (! i rami laterali sono in generale corti e più o meno diritti, non di rado. incurvati in basso ed è solo nei substrati riccamente nutritivi in cui. si ramificano di nuovo secondo il tipo precedente. Le ife prineipali secondarie terminano ognuna con uno sporangio; isolate, si prese 1 tano lievemente luteole, nel loro insieme invece eostituiscono tanti spuglietti giallognoli traenti alquanto al bruno. Sporangi sferiei, di un giallo più o meno pallido; la loro membrana è liscia, è inerostata da finissime granulazioni calcari e nel periodo della maturità presen non difluente, per cui le spore pervengono in libertà mediante lacera- zione di essa, di cui persiste solo una tenne porzione basale che resta aderente alla columella in forma di collaretto; il diam. varia moltis- — simo e ponnosi per esso ritenere le cifre date dal Fischer, e cioè di 20-70; | gli sporangi più voluminosi sono per regola quelli terminali e la de crescenza del loro volume è in generale collegata alla diminuzione esattamente fra lo sporangio e l’ifa per cui non si produce apofis (!) Qui si riferiscono solo le misure delle ife sporangifere e degli spora mazioni oidiali. NOTE MICOLOGICHE RAT, M. negli sporangi più piccoli essa non si costituisce. Le spore sono inco- lore, liscie ed hanno una figura che varia dalla globosa all'ovoidale, ` nel secondo caso il loro diam. longit. varia da u 6-8 !/,. i Non appena il substrato incomincia ad esaurirsi nel suo valore nu- J . tritivo, nel micelio, nelle ife fruttifere ed in taluni casi ancora nella columella e persino nei sospensori delle zigospore si formano numerose Es clamidopospore le quali hanno forma per solito cilindrico-ellittica talora | alquanto irregolare, sono giallognole e presentano la membrana liscia, inspessita e manifestamente stratificata; sommerse nei liquidi nutritivi germogliano un ricco micelio, esposte invece all' aria sviluppano in ge- | nerale un' ifa terminata da un piccolo sporangio. E siccome i segmenti in cui dividonsi le ife miceliali nel periodo della maturità hanno ognuno la potenzialità in normali condizioni di germinare un' ifa spo- rangifera, cosi le clamidospore sono formazioni omologhe a quelli; cia- scuna di esse rappresenta un segmento ifico miceliale ove si à arre- stato lo sviluppo dell’ ifa sporangifera, mentre rendesi indipendente per ei gli acquisiti caratteri di spora. Specialmente nei liquidi nutrizi contenenti glucosio e quando ľ ac- : cesso dell'aria sia impedito, le ife si scompongono in tanti segmenti separantisi sotto forma di cellule o di spore globose od ovoidali, che per gemmazione producono colonie cellulari sempliei o ramificate, le quali producono un lieve grado di fermentazione alcoolica. Questi ele- menti, che costituiscono la così detta formazione oidiale, sono ben noti E principalmente per le belle ricerche del Brefeld e si presentano omo- = loghi alle Clamidospore, le quali non sono che formazioni oidiali ulte- . riorménte differenziate in seguito alla depauperazione nutritiva del sub- ` | strato. Essi germogliano, come le clamidospore, e cioè nei liquidi danno. origine ad un micelio, mentre all'aria sviluppano una breve ifa termi- nata da un minutissimo sporangio. In taluni casi, negli oidii esposti. ‘all’aria, osservasi la formazione in un punto della cellula, di un’ ifa spo- rangifera semplice, in un altro punto di un'ifa sterile; in entrambe ebbe age la formazione di clamidospore (fig. 7). Così elaborata la caratteristica generale del micelio e dagli ~ organi er asessuati, in essa si riscontrano aleune differenze in con- FAUSTO MORINI fronto a quella data del Fischer. Queste sono specialmente relative : una maggior restrizione nei caratteri degli sporangi, della columella delle spore e delle clamidospore; la quale principalmente dipende dal- l aver separata una varietà a caratteri abbastanza bene definiti e c descriveremo più avanti. Nonostante tale restrizione, resta pur semp grande latitudine nei caratteri specifici, le cui differenze però non p sentano alcuna fissità o costanza, come i numerosi esperimenti di cul tura hanno ciò dimostrato; ad es. trasportato un piccolo sporangio vemente pedicellato in un substrato molto nutritivo e coltivato p: parecchie successive generazioni sempre in nuove sostanze riccamen nutrienti, ben presto e talora anche alla prima generazione compaion .i grandi sporangi; e viceversa i grossi sporangi trasportati in sostan nutritive depauperate, oppure abbandonata a sè nel suo substrato nu ‚tritivo la coltivazione ove essi sonosi formati. Lo stesso dicasi d | forme a scarsa ramificazione nelle ife sporangifere e di quelle ad i riccamente ramificate. A questo aggiungasi la concomitante presen‘ nello stesso tallo germogliato da un’unica sporangiospora, di ife ferti più o meno ramificate e di sporangi grandi e piccoli. Una bassa temperatura non inferiore però a +.3° o 4° sola, ma spesso associata a substrati impoveriti, dà origine a forme sommament depauperate nella loro riproduzione asessuata. Poca influenza mani rità, notansi alcune anomalie nelle ife fertili, le quali diventano. . volmente più lunghe ed esili, la ramificazione diminuisce e non di in esse non ha luogo la formazione degli sporangi; si hanno così _ press’ a poco equivalenti a quanto riscontrasi con molta chiarezz gen. Pilobolus. Con qualche DER e specialmente nel pane un po’ eer: nelle soluzioni di peptone fatte da qualehe tempo, si potè osservare. comparsa della forma già accennata, la quale devia alquanto da tipica dianzi descritta, e che pel suo notevole grado di costanza p 2 considerare come una varietà del M. racemosus. Detta forma è stata conosciuta anche dal Bainier, il quale però ne ha dato un’ impe x Fr: i EE e E ENEE E A S descrizione; lo stesso Bainier ha ammesso anche una forma a sporangi ZK incoloti, ma questa non è stabile e ben definita e per ciö deve essere compresa nella specie. Tale varietà distinguesi per il micelio i cui filamenti presentano un calibro sensibilmente uguale’, per cui in esso non si osservano gl’ in- grossamenti notati nella specie tipica; le ife sporangifere sono in ge- E nerale poco ramificate e la loro lunghezza varia da mm. 2 a 6. Spo- + rangi colorati in un giallo bruno intenso, ed aventi la membrana 3 bluastra alquanto scura; parete della columella traente al nerastro e | spore giallo-brune. Clamidospore sferiche, di rado brevemente ellittiche; | quelle formate nel micelio presentano costantemente una dimensione maggiore di quelle prodotte nelle ife sporangifere. In questa forma si [^ nota adunque un generale abbrunimento della membrana dello sporangio, della columella e delle spore, il quale talune volte puó estendersi al- ires) alla parete della porzione superiore delle ife sporangiofore; oltre a questo carattere, che è notevolmente costante, per cui è solo in ra- rissimi casi che riesce di ottenere la forma tipica, si hanno minori di- mensioni nelle ife sporangifere, mentre le clamidospore differiscono al- quanto nella forma. Le zigospore del M. racemosus si possono ottenere in diverse condi- zioni di sviluppo, o lasciando lentamente produrre un notevole grado di esaurimento nel substrato nutritivo, ovvero inducendo in questo una lenta disseccazione; non infrequentemente però tali formazioni si svi- luppano eziandio in substrati riccamente nutritivi; in ogni caso, siccome la fase sessuale suppone nel fungillo la pienezza della sua vitalità, cosi il substrato nutrizio deve essere disposto convenientemente e deve tro- varsi in quantità sufficiente affinchè le ife miceliali possano estendersi e ramificarsi liberamente nell’ interno di esso. v el Nella specie in esame la formazione delle zigospore effettuossi palle ^ nostre culture esposte a convenienti temperature , principalmente dab gennaio all’aprile; ed ebbe luogo nello sterco equino, nel pane bagnato 2 e nella soluzione di peptone; queste sostanze sono disposte secondo la quantità decrescente di zigospore che in esse si formano; più rigogliosa nello sterco equino ove. ebbe luogo dopo eirca unà diecina 2 giorni, zigospora ha subito durante il suo incremento; e non di rado dette pa- cono alla superficie di substrati anche notevolmente consistenti ; ovver T Ana a rie FAUSTO MORINI nella soluzione di peptone la formazione di detti organismi dimostross molto scarsa, mentre ottiensi una ricca produzione di ife sporangifere. La privazione dell’ aria frequentemente rinnovata sembra ostacoli la genesi delle zigospore, favorendo invece la formazione oidiale in ap- propriati substrati nutrizi. Avvenuta la costituzione delle zigospore, la quale per solito ha luogo. alla superficie od a piccola profondità nel substrato, queste si rivelano come minutissime punteggiature nerastre, globulose, il cui diametro varia. da » 78 a 92. Più sopra abbiamo accennato alle diverse forme di zi- gospore ottenute dal Bainier, e le nostre ricerche confermano le osser- vazioni di questi; senonchè, mentre la terza forma di sviluppo veduta dal Bainier devesi interpretare come la fase adulta delle zigospore, i quanto alle due rimanenti la loro genesi è interamente subordinata alla diversa età in cui può arrestarsi lo sviluppo delle zigospore stesse alla densità del substrato ed al vario grado di profondità in cui quelle possono svilupparsi. 5 Allorehé lo sviluppo pud aver luogo completamente, la giovane zigo- spora presenta nel suo robusto episporio piccole papille coniformi, le quali à poco a poco si vanno ingrandendo, mentre acquistano forma più o meno regolarmente quadrangolare e vanno appiattendosi nella loro sommità; infine, dette prominenze confluiscono insieme in diverso nu- mero, per cui si formano tanti gruppi papillari più o meno larghi, co- spicuamente depressi ed a contorno irregolare, i quali spiccano anche pel loro colorito che è rosso-bruno sulla rimanente superficie norastra della zigospora. i Quando le zigospore si sviluppano nell’ interno di substrati molto con sistenti ed anche un po’ disseccati, ad es. nel fimo equino, allora all superficie di esse non si formano che papille più o meno grosse, il cu grado di sviluppo è in relazione. diretta col grado di pressione che 1 pille possono essere scarsissime ed appena appariscenti, come si ha nell 2 fig. 5, la quale appunto rappresenta una zigospora sviluppata entro sterco equino un po” disseccato. Se invece queste formazioni si produ À r 2j | NOTE MICOLOGICHE nell" interno di liquidi BEN allora per regola esse assumono i carat- - teri della fase adulta già indicati, non essendo ostacolata da alcuna pressione lo sviluppo delle loro asperità papillari. — I sospensori sono in ogni caso lievemente rigonfiati. In talune volte nella"costituzione delle zigospore osservasi un fatto in- teressante che rammenta la genesi di queste nei gen. Piptocephalis e Syncephalis: nell’ unica cellula prodotta in seguito alla fusione delle due cellule terminali dei rami sessuati, ha luogo una contrazione del plasma, per cui si produce una nuova cellula, la quale si circonda di membrana propria ed è in rapporto lateralmente con due piccoli loculi uno per lato, formati in seguito a tale contrazione del plasma. Parecchie volte poi la zigospora formasi in una sola delle cellule terminali dei rami destinati alla coniugazione, nella quale è confluito il contenuto dell altra (1). Molto raramente si potè constatare la germinazione di queste zigo- spore, la quale avviene dopo un periodo più o meno lungo di riposo, essa ha luogo nel solito modo, collo sviluppo di un micelio se le zigo- spore si trovano immerse in un liquido, di un filamento sporangifero invece se sono esposte all’aria umida; rapporto a quest’ ultima contin- genza, osservasi che la ramificazione racemosa trovasi più o meno ma- nifestamente conservata, mentre lo sporangio terminale frequentemente presentasi anche più grosso dei laterali (fig. 6). Le azigospore sono estremamente rare; sono state trovate dal Bainier (*), il quale ha altresì osservata sì dal sospensore di una zigospora che da una columella l' emissione di un’ ifa terminata da uno sporangio. Da quanto precede devesi concludere che il M. racemosus è una specie emin»ntemente polimorfa ; la quale contingenza è certamente in relazione | colla grande frequenza con cui detto Mucor si riscontra, coi svariatissimi substrati ove questo può crescere e colle differenti ed anche sfavorevoli : condizoni di vegetazione. cui può resistere. Le nostre ricerche avendo ` ` condoto a risultati alquanto divergenti dalla caratteristica generale spe- cifica he emerge dai lavori del Brefeld, Bainier ed A. Fischer, rendesi (*) G. Bamwr Sur les zigospores des Mucorinées, ecc., pag. 352. (3) Sur les zigospores des Mucorinées, ecc., pag. 02, In quanto poi alla forma distinta massime per l’ abbrunimento della ` membrana degli organi della riproduzione asessuata, puossi considerare [o come una diramazione della specie, dalla quale si è concretata in se- guito a condizioni di vegetazione in parte sfavorevoli e da cui appare, ; opportuno mantenerla distinta come una varietà. Mucor racemosus (Fres.) Mycelio interdum cum parvis akionya in hyphis componentibus. Hyphis sporangiferis plus minusve ramificatis iusta typum monopo- dialem racemosum, ramis lateralibus plerumque brevibus, rectis, in- terdum inferne reclinatis, et saepe eodem modo ramificatis; oe principali mm. 3-38 circiter longa. Sporangüs sphaericis, luteo p. m. pallidis, diam. ^ 20-70; mem- brana glabra, quae maturatione laceratur usque ad parvi annuli r2- siduum circa columellam ovoidalem; sine apophysi. Sporis incoloribus, glabris, globulosis-ovoidalibus (diam. p. 6-8 !/,). Chlamidosporis luteoio- pallidis cilindrico-ellipticis, cum membrana glabra et incrassata. Forna oidialis, cellulis globulosis ovoidalibus plerumque dispositis in catenilis constituitur. Zigosporis globulosis, diam. H 78-92; in maturatione aspiri- tates episporii constituuntur numerosis protuberantiis rubeo-brunnzis valde depressis, circuitu irregolari, quae minutis papillis terminantur. reliqua superficies zygosporae est nigrescens. Var. BRUNNEA — Filamentis mycelialibus inflationibus pen Pur Hyphis sporangiferis plerumque Parum ramificatis, multo minus bn LE quam in specie. Sporangiis valde luteo-brunneis, sporis luteo-Brunni D SC chlamidosporis sphaericis raro breviter ellipticis — Varietas qu generali obfuscatione distinguitur in membrana formae reproductirae as sessuatae, perveniente in columella ad maximam intensitatem. - fe SEE Vel sola, vel cum specie neni E Phycomyces Pirottianus D. Sp. (Fig. 8-12). Hyphis sporangiferis circiter em. 2 1], - 3 1/, longis, cum membrana tenuiter olivacea. Sporangiis globulosis in maturitate nigrescentibus , diam. mm. 0,10 - 0,49; membrana plerumque diffluente usque ad parvi . annuli residuum circa columellam ovoidalem persistentis. Sporis ellip- ticis, luteo-pallidis, w 12-18 longis. Chlamidosporis inter formam. glo- ulosam et cilindroidem variantibus; membrana glabra. Zygosporis ovoi- da ibus, cwm pariete nigro, glabro vel paucis et tenuissimis protube- ‘antiis praedito, diam. longit. mm. 0, 120 circiter, tectis subtili involucro, constituto laxo contextu hy ypharum exilium et nigrescentium quae a suspensoribus germinantur; numerosae et breves hyphae ad extremitatem ag in superficie involucri eriguntur. Hab. — In stercore equino. Mart. Apr. — Messanae. Alcune annotazioni devonsi fare intorno a questa specie, la quale, ' debito di indelebile gratitudine, abbiamo dedicata al nostro illustre. amico il Prof. Romualdo Pirotta. de Il micelio è molto sviluppato ed uniformemente espanso nel substrato nutritivo; i rami principali grossi ed incolori decrescono gradatamente nel calibro mentre vanno ramificandosi e le ultime diramazioni sono CS ilissime. Pel colorito delle ife sporangifere e degli. sporangi la frut- Se icazione assessuata, nel suo insieme, appare intensamente nerastra. — i SEN di particolare osservasi rapporto all'evoluzione della forma ases- i in generale ed in particolare nello. sviluppo degli sporangi (fig. KS ; 9) e nelle clamidospore, se si toglie che, ‘avvenuta l’ emissione delle 4 Spore, per due volte notossi la formazione di un "ifa sporangifera dalla. columella ($). ^E i to delle ife H Sono note le belle ricerche di L. Errera sulle fasi di incremen sporangifere del GERAN nitens. (Die ae tue bei den FN EN Fatti importanti poteronsi osservare nella costituzione delle rarissime. zigospore ottenute, le quali si produssero solo alla superficie del sub- strato. Due rami sviluppati ognuno da un’ifa miceliale s'incurvano pur mantenendosi separati e si ‘dirigono l uno verso l'altro, finchè si toccano colla loro sommità. Fino dai primordi dello sviluppo della zigospora, dai sospensori (i quali vanno a poco a poco rigonfiandosi) ha luogo la germogliazione di esili e numerose ife septate (fig. 10) dapprima in- colore, che si allungano e si ramificano mentre vanno avanzandosi sulla giovane zigospora, alla cui superficie si intrecciano lassamente per for- mare infine un feltro poco denso, strettamente applicato alla zigospora, molto sottile, a maglie per solito grandi ed irregolari. Durante la ma- turazione della zigospora, la membrana delle ife involgenti annerisce e si cutinizza, per cui diventano molto rigide; le ife bifide (Fig. 11, 12) sono in generale corte, diritte, di rado più o meno ricurve, e non solo si riscontrano alla superficie dell’ invoglio, ma scaturiscono anche dagli interstizi del lasso intreccio, ovvero dall’ interno delle maglie. Solo i un caso si potè osservare la germinazione delle zigospore: dapprima si ha un notevole rigonfiamento in queste, il contesto involgente e l’epi- sporio si lacerano insieme ed attraverso I’ apertura "Ope un corto filamento sporangiale. Il modo con cui effettuasi la coniugazione, nella quale i SEN ses- suati innanzi di areuarsi non stanno insieme aderenti longitudinalmente, e la costituzione dell'invoglio delle zigospore, non ci sembrano carat- teri di sufficiente importanza onde stabilire un nuovo genere colla specie ora deseritta. Per cui questa deve necessariamente ascriversi al gen. Phycomy yces delle cui pochissime specie finora note puossi considerare come una forma maggiormente evoluta e differenziata pei caratteri del- a: invoglio delle zigospore. Dal Ph. microsporus, i cui sospensori ema- nano ognuno tre spine. dicotome, si procede al Ph. nitens nel Le le . von Phycomyces. Mit. 1 Taf. — Bot. Zeit., 1884; N. 32, 33, 34, 35, 36), confe mate da E. Laurent (Etudes sur la turgescence der les Phycomyces. Bull. Acad. Roy. des scien. de Belgique, 1887, T. X). Nel nostro fungillo dette fasi non ap- paiono cosi nettamente data: più specialmente la pausa nello nic che si re nel terzo stadio vi é Scena manifesta, voglio circonda parzialmente la zigospora, nella nostra specie invece ha avuto luogo un maggior incremento in lunghezza delle ife avvol- genti le quali si ramificano e s'intrecciano fra loro onde costituire il conservata solo ` lasso micelio descritto; la ramificazione dicotomica si é nelle ultime diramazioni, le quali si concretano nelle spine bifide già i | accennate. — Il tipo campilotropo di copulazione è manifestamente conservato, seb- ci eno non nella forma così spiccata che si osserva negli altri Phycomyces, ma piuttosto secondo la modalità che si osserva nel gen. Spinellus. I caratteri poi dell involucro della zigospora nella nostra specie stabili- | scono un interessante nesso di diffinità fra i Phyeomyees e le Mortie- relle, ovvero fra le Mucorinee esosporangiate e le carposporangiate : infatti, mentre nel Ph. microsporus e Ph. nitens i rami primari ger- minati dai sospensori sono molto grossi e vanno assottigliandosi mano . mano si ramificano fino a rendersi "molto esili, nella nostra specie le | ife involgenti dalla loro prima origine si dimostrano molto sottili e con- servano press'a poco la stessa grossezza fino negli ultimi ramuscoli, il che porta alla costituzione di un vero micelio filamentoso, stante il rado S intreccio che si stabilisce fra le ife. Ammettendo poi che il processo di cutinizzazione nelle ife involgenti vada diminuendo e che l'intreccio si faccia sempre più denso e più sviluppato, a poco a poco ci troveremmo tamente la 21gospora; attorno alla quale formano un fitto ifenchima (carposporio). Nella nostra specie, come nelle altre del gen. Phycomyces ed in, alcune del gen. Absidia trovasi concretata un’ utilissima disposizione biologia diretta non solo alla difesa o protezione della eben: zigospora, ma altresi alla funzione della disseminazione: indubbiamente tali forma- zioni eostituiscono anche organi di attacco o di presa per determinati ; animalcoli visitatori od abitanti dello sterco 0 delle sostanze animali o egetali in putrefazione; sarebbero organi dunque biologicamente equi- e È i x E NS Y = di 2 d P Ee t x + SH ET ife spinose sviluppate dai sospensori sono numerose, nerastre, rigide e molte volte ramificate dicotomicamente; in ambo queste specie l’ in- nella giurisdizione del gen. Mortierella (M. Rostafinskii Bref. e M. ni- ` : grescens V. Tieg.), nel quale appunto le ife avvolgenti coprono comple- M C IS rn pausto a Ge E | aloni a quelli che si riscontrano nei frutti « così detti eriofili delle Ad giosperme, come si può manifestamente riconoscere comparando ad es. n gli uncini avvolgenti le zigospore dell’ Absidia septata ed A. capillata 2 | colle analoghe formazioni degli achenii di non poche Ombrellifere (gen. : Daucus, Caucalis, Turgenia, ecc.). ME | IV. | | Lachnea hirta Schum. | 1 (Fig. 13-16). | Intorno a questa specie le nostre ricerche silimitano solo ai primordi. i di sviluppo del corpo ascoforo; ed i principali fatti che qui si riferiscono | vennero direttamente osservati nello stesso substrato ove si riscontra- rono perfettamente maturi gli apoteci della specie suddetta. | Associate agli apoteci bene sviluppati si notano minutissime granu- lazioni giallo-brune, a vario grado di evoluzione e cresciute alla su- perficie del substrato, le quali rappresentano i primordi di sviluppo. delle fruttificazioni ascofore della specie qui studiata; fra essi e gli apoteci maturi notansi numerose fasi di transizione. Nell’ età in cui giovani apoteci hanno figura all’incirea globulosa e misurano in diam. circa 2 dmm. queste formazioni sono costituite da un denso intreccio | di ife, per eui si produce un ifenchima nel quale i segmenti ifici decre- scono in volume più si procede verso il centro (fig. 13); le cellule della porzione centrale dei noduletti in esame hanno la. membrana sco- lorata ed un contenuto riccamente proteico, mentre quelle della zona periferica mostrano un plasma molto acquoso e la parete colorati un giallo scuro; numerose ife radicanti mantengono fissati detti cor- puscoli al substrato nutrizio dal quale assorbono il necessario nutrimentc e le cellule periferiche del peritecio germogliano circa nella‘ metà su- periore di queste numerose ife setulose. Nel mezzo della regione basale | del peritecio stesso si osserva pressochè costantemente una grande cellul filamentosa non septata e lievemente ingrossata nella regione mede la N OTE MICOLOGICHE | 4 une ivi decorre parallelamente al substrato ossia nel senso ee EE all’ asse longitudinale del giovane corpo ascoforo. Detto elemento mo- strasi lievemente incurvato, colla faccia convessa rivolta in basso, e costituisce la cellula iniziale ascogena, per cui rappresenta il cosi detto Archicarpo, Carpogonio od Ascogonio; contiene un plasma molto denso e finamente granulare e nel mezzo della sua. lunghezza notasi un nucleo globuloso (fig. 13, 14). Tale cellula iniziale (per la quale qui riterremo il nome di Archicarpo, non completamente nel senso del el Bary (1), ma colle restrizioni che emergeranno dalle considerazioni che più avanti faremo) e le ife ascogene che da essa germogliano nella ccessiva fase di sviluppo, sono visibili con estrema difficoltà causa il udoparenchima corticante molto denso e colorato, le numerose ife se- tulose della superficie di questo ed il sommo grado di delicatezza di dette formazioni; buoni risultati si ottengono col metodo del Kihlman (°). Così deseritto il primo rudimento delle ife ascogene, mediante ricerche fatte nello stesso substrato nutritivo si potè riconoscere che quello unitamente all’ apparato avvolgente traggono origine nel seguente modo. Parecchie ife miceliali s' intrecciano insieme e formano un tenuissimo ` omerulo, il cui diam. à di cirea p. 50-65, nell’ interno del quale non Si può riconoscere alcuna differenziazione. Nella successiva fase di svi- luppo, si costituisce l’ Archicarpo il quale, nella sua primissima evo- ` contesto che lo circonda: da una cellula ifica della regione interna e, le del giovane apotecio, germoglia un grosso ramo, il quale. ben s'insinua fra le cellule ` presto assume la sua posizione caratteristica, preesistenti e va a poco a poco allungandosi, mentre il corpuscolo glo- ` uloso di ifenchima progredisee nello sviluppo ed assume i ‘caratteri t anzi descritti. Adunque qui P Archicarpo non trae origine da primordi anti di fronte alle ife avvolgenti,, ma bensi si costituisce diretta ( Acta Soc. Fl. Pemas, T. ! e Zur Seen d. Ascomyeeten ( XII, Helsingfors 18 94 : | FAUSTO MORINÌ Mentre la cellula filamentosa anzidetta va disponendosi alla forma- zione delle ife ascogene, superiormente ad essa il pseudoparenchima av- volgente si differenzia in una specie di zona sottoimeniale, dalla quale hanno origine le parafisi, il cui complesso, in unione ai giovani aschi qua e là formati, determina la deiscenza del peritecio, perché lenta- mente lacera il sovraposto infenchima corticante, il quale resta pres- sochè stazionario nel suo sviluppo, per cui non può seguire la graduata espansione nella superficie dell’imenio in questo periodo principalmente formato dalle parafisi, la neoformazione delle quali va continuamente svolgendosi. i Solamente allorchè lo strato della parafisi è notevolmente differen- ziato, ha luogo ľ ulteriore sviluppo della cellula ascogena. Da questa nascono numerosi filamenti, i quali sono più o meno ramificati, le ultime diramazioni attraversano l’ipotecio e così pervengono alla base delle parafisi fra le quali lentamente s’ insinuano, mentre vanno trasforman- ` — dosi in aschi: contemporaneamente ai primordi della differenziazione — degli aschi, nell’ Archicarpo manifestasi una progressiva regressione per. cui infine si disorganizza completamente e di esso non permane piü al- cuna traccia; dopo avere sviluppati gli aschi, le ife lie vanno pare lentamente dissolvendosi. ` è .. Nella regione apicale del corpo ascoforo cosi costituito, il quale i questo grado di sviluppo ha forma irregolarmente globulosa ed un diam. di 4-6 dmm., notasi una minuta foveola dal cui fondo emerge Y i- menio formato delle parafisi e dai primi aschi evoluti (fig. 16); ma questo va continuamente allargandosi per l' interposizione di nuovi aschi e di nuove parafisi, in seguito a che rendesi sempre piü superficiale; ` raggiunta l'apotecio la definitiva eonfigurazione, l'incremento in su- 1 perficie dell'imenio rendesi insensibile o quasi; avviene bensì una con- | tinuata intercalazione di nuovi aschi, ma questi sostituiscono quelli già deiscenti ed ora atrofizzati nel fondo dell'umenio: E così il giovane apotecio, bene differenziato nelle sue singole parti costituenti, va pro- gressivamente sviluppandosi fino a raggiungere la sua completa evo- luzione, alla quale perviene dopo in generale 16 a 20 giorni dalla sua fase giovanissima in cui esso trovasi allo stato di piccolo glomerulo d’ifenchima ove l’ Archicarpo non 3 ancora differenziato. NOTE MICOLOGICHE Da questo breve cenno ` ascoforo, i quali notevolmente differiscono da quelli dell’altra Lahnea da noi studiata parecchi anni sono (!), emergono i seguenti fatti prin- E^ eipali : UE ‘1° Origine dell’ Arehicarpo non già separata e distinta da quella delle ife avvolgenti; ma bensi quello irae origine da queste. 2. Sviluppo dell’ Archicarpo notevolmente posteriore a quello delle ife corticanti à somiglianza di quanto avviene nei gen. Pyronema, Collema, ecc.; in- fatti esso ha luogo dopo che il peritecio & pervenuto ad un rilevante . grado di sviluppo. 3." Costituzione di una sola cellula iniziale aseogena are conformazione, E senz’ alcun’ altra formazione annessa. 4^ Sua singol - e ritardo con cui da essa comincia lo sviluppo delle ife ascogene, il | à quale manifestatasi solo quando lo strato delle parafisi è bene evoluto; simile contingenza sembra propria degli Ascomiceti superiori ( Peziza, Leotia, Helvella, ece.). 5.° Cospicua differenza nei caratteri della pri- mordiale formazione ascogena in specie spettanti allo stesso genere come la Lachnea theleboloides e la L. hirta, le quali anzi — allo . Stesso sottogenere Scutellinia. —. Tutti questi fatti collegati cogli altri eorrispondenti studiati in nu- merosi Ascomiceti, dimostrano anche una volta il niun valore sessuale ` dei primordi ascogeni, la cui funzione & evidentemente ridotta alla for- ` mazione e nutrizione degli aschi o delle ife ascogene, com' à piü parti- colarmente manifesto in quei casi ove detti primordi presentano un | notevole sviluppo ( Ascobolus, Lachnea, Pyronema, ece.) Ammettendo poi la razionalissima congettura avvalorata costituiscono una serie parallela à da moltis- simi argomenti, che gli Ascomiceti quella dei Basidiomiceti, ambo le quali sareb mieeti col gruppo intermediario degli Emiasei nella 14 e degli Emi- basidi nella 22, la significazione sessuale già combattuta da tanti fatti, solo come fenomeno attuale, ma sarebbe definitivamente eliminata, non te dagli ascomiceti. E “nd in relazione alle forme supposte antena (!) Biografia degli apoteci della Zacknea theleboloides (A. et S.) Sacc. (Mem. della R. enm delle Scienze dell'Istit. di Bologna, Serie ‚con 1 Tax intorno ai primordi di sviluppo del corpo i bero scaturite dai Zigo- .. IV, Tomo IX; 1889, Y dni FAUSTO MORINI mentre prima delle classiche ricerche del Brefeld (‘), in base ai carat- teri morfologiei e funzionali degli elementi iniziali ascogeni, potevasi ritenere con qualehe ragione presentare gli Ascomiceti qualche affinità colle Floridee, la fondatissima ipotesi che scaturisce dalle dette ricerche relativa alla discendenza di questi funghi dai Zigomiceti, toglie ogni . valore di caratteri padristici o continuativi ai primordi ascogeni rispetto alle floridee e contribuisce a sopprimere in questi organi ogni signi- ficato sessuale. Nis In questo diverso ordine di idee, la forma semplicemente moltiplicativa, ovvero la fruttificazione asessuale quale si riscontra nella sottofamiglia delle Mucoree (ove lo sporangio presentasi in una sola forma e contiene porti che avrebbe colla presunta metamorfosi dello sporangio nell’ asco. ` Parecchie forme intermedie fanno inclinare ad ammettere essere avve- - nuta una trasformazione dello sporangio in un asco la quale, iniziata negli Emiasei, ha raggiunto il suo massimo grado negli Ascomiceti, ove l asco presenta caratteri bene definiti e costanti. : Ritenendo la reciproca omologia degli aschi e degli sporangi, l' Ar- Li chicarpo quando è differenziato, rivelasi omologo ad un segmento ifico del = micelio di una Mucorea, e come da questo segmento germogliano le ife E sporangifere, cosi da quello nascono le ife ascogene. L'apparato involgente K (inelusi i cosi detti Anteridi o Pollinodii, quando esistono) presentasi | poi omologo coll’ involucro dei Thelebolus e colle ife che ricuoprono la ` base delle ife sporangifere della Mortierella Rostafinskii. La grande va- riabilità ehe spesso mostrano i differenziati primordi ascogeni anche in 4 specie affini, i loro diversi sviluppi, le strane anomalie, le svariate de- cd gradazioni nonchè le diverse atrofie che possono giungere fino all’ aborto — | completo, non si oppongono per nulla a dette omologie, e si spiegano — colla nuova funzione in essi concretata, per cui costituiscono serbatoi di = sostanze nutritive pei corpi ascofori in via di sviluppo; nuova funzione, A il cui grado d’ intensità è in diretta relazione coi caratteri e coi bisogni ` di nutrizione delle giovani fruttificazioni ascofore , come lo sono i ca- K A numerose spore ed una columella), ha una speciale importanza pei rap- - | | | 1 | i (') Untersuch. a. d. Gesammtgebiet d. Myhologie — IX, X, Heft, 1801. » si animali de nelle Ste dal che emerge il principio es niuna ; e pud ritenersi ben costituita se manca della fase sessuale. Main Eee dello sviluppo, in quali parti ed in qual modo la sessualità nte nammo nel nostro ds essersi concretata ? Come già diff lavoro (°), secondo un’ ipotesi bands questo fenomeno ` erebbesi nella fase antecedente alla costituzione del frutto asco- | mel micelio colla fusione del contenuto di due segmenti ifici ` , nella quale congettura la sessualità avrebbe luogo non più fra ` specializzati a tal fine, ma bensi fra organismi od. individui üni- da ri quali sono i segmenti. delle ife. L’ impulso poi alla costituzione apparato involgente e delle parasifi che, omologamente a quanto a nella Formazione del Cistocarpo delle Floridee, ritenevasi partisse | Ascogonio fecondato dall’ Anteridio.. troverebbe la sua ragione. in se vitale anteriore, cioè nella coniugazione del contenuto di due r ifiche distinte, appartenenti però alla stessa stirpe la quale, per. : , è subordinata e circoseritta al grado della specie. $ = lori à di RUA della. R. Università di Messina, Giugno 1990. : ur. ii Nova — INTE Vgl d. Pilze. - den. Te TL d . 90. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE (Tav. ID. Fig. 1-4 — ARhivophidinm Messanense. Fig. 1. Breve tratto di un filamento di una Cladophora attaccata dal parassita. ` Vedonsi aleuni zoosporangi ed una spora M ON col micelio; da uno dei zoosporangi sono uscite le zoospore — X 2. Porzione del filamento precedente visto ad un piu forte ingrandimento. Alla base del zoosporangio notasi la tenuissima vescicola iposporangiale. 320. — a spora quiescente privata del suo miel — X 320. : Exit sviluppate da una spora quiescente in germinazione — X 320. Fig. 5-7. — Mucor racemosus Fres. . Zigospora coi due sospensori e breve tratto delle ife miceliali dalle quali quelli sonosi sviluppati — X 1 Germinazione di una zigospora; Pifa fruttifera di Questa sviluppata mo- stra all'apice dell'asse primario un grande sporangio, pown SSES? HM vece alla som mità dei rami secondari — X 105. ‚ Due cellule spettanti alla formazione oidiale, una delle quali ha m. gliato due filamenti, il più lungo di questi br un AER RE i DEE presentano clamidospore — X 180. Fig. 8-19 — Phycomyces Pirottianus. Fig. 8. Cron e breve tratto del pedicello in sez. longit. teorica — » 9. Columella, pedicello dello sporangio e collaretto che gira attorno base di quella; aleune spore stanno attorno alla columella — X 120. » 10. Primordio di sviluppo di una zigospora; nei sospensori è già iniziata formazione delle ife corticanti — X 110. >» 11. Una zigospora — X 1 : ; a » Te Porzione periferica dell'i ne ifico che Stee la zigospora — M i Sono bene visibili i filamenti corti, rigidi e bifidi germogliati a | periferia del SES mm od emergenti dall’ interno delle maglio di | questo. 3 s 'Sez. longit. assile di un giovane corpo ROTE pr cui = one sale notasi l’Archicarpo il quale non ha ancora germogliate le it asco- Ss gene. Le ife setulose della superficie si sono omesse — X- 1 .» 14. Archicarpo visto ad un forte ingrandimento, Ss fase anteriore allo wi luppo delle ife ascogene — X 410. Se » 15. Sez. long. assile, i in parte schematica, di un giovane apotecio; óriiaslone - archicarpo e sviluppo degli aschi da dette ife. — M s : rascurato — x 130. » 16. Sez. longit. assile di un apoteci nio e le ife ascogene sono scomparse He i filamenti miceliali radicanti e le ife. oM. x 130, Notansi. Rivista bibliografica italiana per il 1894 IV. ANATOMIA E FISIOLOGIA (Continuazione e fine: Vedi Anno IX, p. 438). Con una serie di determinazioni e di analisi eseguite sulle cariossidi di due varietà di grano (gentile rosen e mazzocchio) giorno per giorno, da quando le spighe erano ancora verdi fino a quando i granelli si erano completamente seccati sulla pianta, il Passeri (1) potè stabilire la. verità di quanto già avevano affermato il Ridolfi, il Cantoni (e molti. altri), che cioè la mietitura del grano va eseguita precocemente, poichè. infatti si ottiene un prodotto di maggior peso ‘benchè la pordon sia” diversa per le diversa sas e di più bell’ aspetto. dade Secondo PACO (2) da Mariotte (1679) ad Eberdt (1889) i soli Stee | e Leitgeb fra tutti quelli, che Si occuparono della traspirazione, accen- . nano all’ influenza. dell” umidità del suolo sul processo. Però i! primo non riporta esperienze dirette e di eguale importanza all umidità del- . laria e del suolo, mentre per D Aloi P azione della prima sarebbe su- bordinata a quella della seconda. n Leitgeb esperimenta su parti stac- cate, e inoltre, secondo l'Aloi, la conclusione che in alcune. piante. co sufficiente umidità del suolo la fessura stomatica si stringe alla dirett . luce del sole, non sarebbe conciliabile con D altra dello. stesso Leitgeb, che la chiusura dello See avviene in n seguito. a diminuzione tient dità del terreno. ; Sk N Secondo r "autore è è dall umidità à del suolo che acm ndono princip E à 0 PasseRINI e Sulla maturazione Mw frumento. Atti Accad. ER o Ser. IV, Vol. 17, EE "Ur Aro A. Ge hoer Seege di Së sulla traspirazione delle man ire Natural. Sicil XIII, 1894, p. 79. : M ces 4 pl mento delle cellule stomatiche. E di vero: se la traspirazione non è che un atto fisiologico direttamente collegato con la funzione di nutri- sione, e se per compiersi la funzione di nutrizione è indispensabile la presenza dell'umidità del terreno, chiaro ne emerge che la traspira- zione delle piante debba essere subordinata in ispecial modo all’ umi- -— . dità che nel terreno le piante trovano a loro disposizione. A conforto di questa sua opinione l'autore fece già nel 1891 delle esperienze che proverebbero « che la luce e gli altri agenti esterni in- z= fluiscono sulla traspirazione tutte le volte che le piante trovano nel E ni terreno la necessaria umidità. » Riporta ora i risultati di una nuova serie di esperienze condotte con maggiore oculatezza e con più seru- polosa esattezza. Impiega delle piante in vaso con identici terreni ar- ~ tifieiali di determinata composizione, allo scopo di avere lo stesso spo- stamento degli strati acquei d’imbibizione nelle particelle terrose, e la massima facoltà nel terreno di cedere acqua alle piante; le inaffia in modo da portare | umidità del terreno allo stato normale, cioè in cui il terreno si è imbevuto di tutta quell’ acqua di cui è capace, senza che questa stagni sulle particelle terrose. Tenne eonto dello stato del cielo, della temperatura, dell’ umidità relativa dell'aria ecc.; misurava lampiezza della fessura stomatica coll’ oculare mierometrico, portando _ Sul portaoggetti dei pezzetti di pellicola delle foglie staccati con la pinza. L'autore avrebbe trovato, che mantenendo il terreno ad umidità quasi normale, luce, calore ed umidità dell'aria spiegano la loro azione in modo, ehe ad ogni aumento di intensità di uno dei detti agenti segue. costantemente un allargamento della. fessura stomatica. I detti agenti diventano impotenti ad esercitare la benchè menoma influenza sulle | fessure stomatiche, quando difetta nel terreno P umidità. L’ Aloi crede poter definitivamente concludere: ‘< Te che è necessario che nel terreno vi sia un sufficiente grado di . umidità, perchè la luce, il calore o l’ umidità dell'aria possano eserci- . tare la loro influenza sul movimento delle cellule stomatiche, quindi Sulla traspirazione delle piante; 2° che mancando nel terreno la necessaria umidità, gli stomi riman- Lnd LEN Ll Sono chiusi, sotto qualunque siasi influenza; de n» gli ‘stomi con i loro Bio bem regolano la irse delle piante. ` Il Vannucemt (t) si è pre di concorrere con esperienze ed osser- a PESI delle gemme, hanno influenza sul loro schiudersi. Ricordando poi che le prime gemme a svolgersi sono le superiori, vece con altri, che l' epoca e la successione dello schiudersi delle gemm« dipende dal vigore dei tralci, e nello stesso tralcio dal vigore delle ufüeio dup movimenti presentati dalle foglie di certe Graminacee, eonducono al. fatto ben noto del. rovesciamento della lamina fogli per cui si rivolge in alto la pagina morfologicamente inferiore. T tandosi di una comunicazione preventiva, nella quale non sono esp le esperienze e non vi è quasi pr alla bibliografia dell'argomen: . una maggior quantità di acqua, che il genere di vita e la natura d mezzo rendono indispensabile. Tali piante si rifornirebbero d ac à durante la notte togliendola all aria atmosferica, e l'assorbimento s rebbe fatto, secondo i casi, dalla base della lamina, dalle. guaine . dal. Atti Accad. Georgofili, Ser. IV., Vol |. €) Panarore E, Movimenti fogliari Mi G : 2 Polosus, Maggio 1894, H SEH à Osservazioni impe schiudimento delle gemme della Ee 4 ER » cx XJ vaminacee. Nota preliminare. ten EE dalle louis Re een sull’iı o i spesso all’ apice delle foglie graminacee delle minute ER UT . ehe confluiscono in goccie più grosse quando sul resto della stessa foglia S — pon se ne osserva affatto, opina che P apice delle foglie delle gramigne (sie) adempie alla funzione importante di attirare e assorbire in parte il vapore acqueo, sicchè attorno alla pianta, nell area che essa occupa, esista un’ atmosfera relativamente più ricca di vapore acqueo. Questa e l’altra opinione che lo spesso involucro siliceo concorre a mettere le graminacee in condizione di sostenere un clima rigido attendiamo di veder sostenute nell’esposizione completa del lavoro. R. PIROTTA, Ra LICHENI. t Saccarno Fr. — Saggio di una flora analitica dei licheni del Veneto, TE Padova 1894. i SÉ 2. Baroni E. — Su di una nuova località toscana della Cladonia ec S S E | diviaefolia Fr. Specie t Boll. della Soc. bot- it dei. 1894, 88.9 90. 3. Jarra A. — Sulle Lepre italiane Malpighia 1894. do. Materiali per un censimento generale dei lichent iu | liani. Boll. della Soc. bot. ital. 1802-1804. 3d E + ander principalmente dei lavori classici del Deeg e del Beltramini e dell’ aceurata compilazione del De Hohenbühel-Heufler , : it Dott. Francesco Saccardo nella sua dissertazione per laurea compilava ` una Flora descrittiva dei licheni del Veneto, cui aggiungeva sistema- ticamente gli altri generi e la maggior parte delle specie appartenenti al resto d'Italia; in modo che il suo lavoro deve considerarsi come un imo tentativo di Lichenografia italiana, e pub riescire utile oltremodo 2 1 ; besch guida allo studioso di questa. ` ` d Nella introduzione VA. si occupa dei vari :sistemi lichenografici dei quali brevemente ritesse la storia fino ai nostri ultimi tempi, e distin- guendo in questi le due scuole degli Schwendeneriani e degli autono- — FO misti, si professa seguace dei primi. Accostandosi al concetto Massalon- giano egli accorda il maggior valore sulla classificazione al criterio spo- ‘ rologico; ma a nostro avviso esagera tale giusto concetto, allorchè sulla ` — . variabilità nel numero delle segmentazioni di alcune forme di spore, per loro stesse poco costanti, si fa a creare i nuovi generi Peltigerella, p Arthoniella, Pyrenardia e Thelidiella, e sposta la base naturale del ` genere Lobaria Nyl. Adotta per la sistematica i sistemi di Massalongo - . e di Koerber, colle modificazioni apportatevi dal riferente, e conchiude ` i con sobrie osservazioni di indole generale sul substratum e sull habitae dei licheni. Cosi i generi come le specie sono descritte in questo lavoro col me- | todo dicotomico, perd le frasi si riferiscono soltanto alle specie venete, giacchè delle altre si riporta soltanto il nome e la località indicata nei ` nostri materiali lichenografiei. Ammesso il sistema di classificazione adottato dall’ Autore è ben na- | turale che oltre la creazione dei nuovi generi di cui è fatto cenno pre- cedentemente, egli mantenga i generi Menegazzia Mass., Pinacisca Mass, Aspicilia Mass., Hymenelia Krplb., Petractis Fr., Phialopsis Krb., Se- coliga Norm., Placodium Hill., Gyalolechia Mass., Dimelaena Norma Zeora Fr., Ochrolechia Mass., Maronea Mass., Pyrenodesmia Mass: , Icmadophila Ebr., Diploicea Mass., Biatora Fr., Blastenia Mass., Xan- ; thocarpia Mass., Lecidella Krb., Sporastatia Mass., Catillaria Ach., Sa- giolechia. Mass., Lecanactis Eschw. , Coniangium Fr., Embolus Wllr.. Endopyrenium Fw., Ithacoblenna Mass., Ulocodiwm Mass., ai quali pu recenti studi tenderebbero a negare l'importanza di generi. Segue infine, in appendice, l'enumerazione di aleuni generi e. specie incerte, dei licheni imperfetti (Lepra , Pyrenothea, Spiloma), e dei li- chent parassiti di tutta l'Italia, e chiude il lavoro un prospetto nume- ` rico dei licheni veneti in confronto degli italiani , da cui risulterebbe che i primi rappresentano i due quinti del numero totale delle secte italiane. . Nell’ adunanza del 10 dicembre 1893 il dott. E: Baroni presentava ` ‘alla Società Botanica Italiana un esemplare di Cladonia endiviaefolia Fr. (specie comunissima in tutta Italia) con apotecii, raccolto dal dott. Phocion presso Firenze nella pineta sotto Vinigliata. Questa sarebbe se- condo l'A. la terza località toscana in cui tale specie è stata raccolta n spore; ma occupandosi egli dello esame di queste, eredé avere sco- - perto negli esemplari fiorentini due ben distinte forme di spore: le or- dinarie sempliei ialine di Cladonia, ed altre nerastre ellittiche tri-plu- | riseptate. È facile però osservare, come del resto ebbe a rilevare nella tornata stessa il prof. Arcangeli, che nella specie le seconde spore deb- - bano ritenersi assolutamente estranee alla Cladonia Wie E Pr. Il riferente continuando ad occuparsi dei licheni italiani studiò le sepre dell’ Erbario Massolongiano in confronto colle altre da lui raccolte jn Italia. Potette così distinguere nel vecchio genere di Haller dei funghi, lle alghe « e dei talli lichenici anormali, oin via di formazione, che si studiò. di riportare a forme ben note di licheni. In questo lavoro di | tutte le Lepre italiane sono riportate alla prima categoria due specie, ` alla 25. cinque, e alla 3° sedici, in alcune delle quali agen si riscon- 25 ig anche gelo normali formazioni aaa DEE à n See GE continuava à ‘comunicare’ alla “Società. Botanica. aliana i suoi Materiali per un censimento dei licheni italiani, di cui udeva la pubblicazione con un elenco di aggiunte e correzioni e a deste di pubblicare tra non molto una but Lichenum Ita- ` n, che à già pronta. > ` | S I signor Ab. Hue (Bull. de la Société ornidan de Franco, 1895 e d a come funere stati ai occupandosi di questo lavoro, rilev: nel censimento dei licheni italiani Dermatocarpon Ambrosianum var. orbiculare Mass., e Lecidea glomerans Nyl, ma certamente egli è errore, giacchè queste specie vi sono riportate ai n.' 859 e 1368. € inoltre che la Ramalina maciformis Del. sia da escludere dai licheni italiani, perchè la specie pubblicata sotto il N. 228 dal Massalongo deve, secondo lo Stizenberger, riferirsi a Ramalina breviuscula Nyl. Ciò à | esatto, ma può solamente dimostrare che erroneamente venne citato il N. 288 dell’ Zxsiccata di Massalongo a proposito della R. maciformis Dél., senza però escludere che questa specie appartenga all’ Italia, giacchè ` a testimoniarne l’esistenza può citarsi lo stesso Stizenberger, (cfe. Sti- zenberger, Bem. zu den Ramalina-Arten Europa's pag. 28). Infine il sig, | Hue ci rimprovera di non avere seguito in questo lavoro un metodo na turale e una nomenclatura perfetta, e di non aver dato alla pubblicazione una paginazione propria ed un indice alfabetico. Per queste giuste 08- servazioni però può essere di scusa il fatto che non fu intendimento del. l A. presentare nei Materiali un lavoro completo e finito, ma soltanto una serie di contribuzioni che dovevano poi servire alla compilazione di una ben ordinata Sylloge, la quale avrà il suo sistema naturale, la pa ginazione propria, gl’ indici dei generi e delle specie, e quant’ altro occo a rendere ben accetto un simile lavoro ai cultori della materia. Per compilazione di questa Sylloge i Materiali già pubblicati vennero di fatti meglio elaborati e riveduti ; e si deve appunto a questo nuovo studi di essi se il prospetto numerico delle ‘specie che si desume dal lavoro- in esame subirà qualche modifica; giacchè il numero COMPIARATO de specie sarà ridotto a 1478, così divise: js ^ mes 92. | Fam. 1. Byssacei 2. » 2. Collemacei 90. IL. Heterolichenes 1386. - A. Fruticulosi 109. Fam. 1. Ramalinacei 47. .» . 2. Cladoniacei 57. > 3. Sphaerophoracei 5. RIVISTA Foliosi 127, » 4. Parmeliaeei 105. » 5. Umbilicariacei 17. » 6. Endocarpacei 5. e E Crostosi 1150. Ss » 7. Lecanöracei 353. za » 8. Lecideacei 399. » 9. Graphidacei 110. » 10. Caliciacei 48. » ll. Verrucariacei 240. È A. JATTÀ, Rassegne en r EN JENBERGER E. — Die Grübchenflechten (Stictei) und ihre AR | en — Flora, 1895. P band, 81, Hft. : | L A. che già avea con precedenti s sue pubblicazioni illustrati i generi à Brgopogon 4 e Ramalina, col presente suo lavoro si assume il più difficile compito di una re- ; ne generale dei licheni a cifelle, o meglio di tutte quelle forme licheniche una | volta venivano riunite sotto il vecchio genere Sticta Schreb. Discute piamente tutte le divisioni e suddivisioni apportate a questo genere da varii lichenologi in diverse epoche, coi molteplici nuovi generi e sottogeneri creati a spese, e lo divide in tre generi: 1. Ricasolia Durs, 2. Stieta Schreb, 3. Stic- a Nyl, suddividendo il 2° genere in tre sottogeneri cioè: 1. Lobaria Nye, e Nyl. e 3. Parmostieta Nyl., e il terzo in altri tre icc adt 4. Lo. b 2. Eustictina Nyl., 3. Parmostictina NÉ ; È assieme sono enumerate 189 specie, pue QUU XU, = Se d Ricasolia Durs. sp. 35. né? ) SUN 2. Sticta Schreb. Wc 82. 3 Stictina Nyl. sp. queste appartengono all’ Stee, 11 specie, e di esse ad uropee 2 specie sono assegnate al genere Ricasolia Durs. tanto 10 all Italia. x a SAGA Schreb. e o Garovaglii Schaer. dia er. it. n. 185) è riportata. come varietà della inita Sa A. JATTA. Il Sodio collaboratore, Dott. R. F. Sorta, finora Professore nel R. Istituti Forestale di Vallombrosa, è stato chiamato come ER di Botanica all’ Isti- tuto Tecnico Superiore di Trieste. Il Dott. K. Frırsch ha avuto la nomina a Professore RETI di Botani sistematica nell' Università di Vienna. | E uscita recentemente l opera, da parecchio tempo annunziata, del Prof. T A. seo « La sani Italiana ». Essa contiene nella prima Sal un repertor E Magala région d’Italia, E infine un breve cenno storico e bibliografico s orti botanici pubblici e privati d'Italia. E autore ha distribuitó copie del suo voro ai principali: orti botanici, musei ed istituti botaniei d' Italia e dell] la sig. R. $ Sons d di delia avverte she sta per is dp un papa itg od li Berli ) sarà e della distribuzione. delle pisil Sé b colte dal sig. Schlechter; e si può sottoscrivere presso di lui per tali eol i al ës di L. 4 Ee ogni centuria: di bond , oettinger con n m del Prot | $ Fu dg Ké Tepe SE Ca Sa mo ehm ep ze : ELI TERI reg eur e, pa HU do ue E i Wi». as EE AS E e EDEN ee nat ER u, ; Mie n : j ; mm i M c em I ie Sei qtu 5 E : We ] C AE / lj P AY s à EE & y =. ` YE Mone 2 Se Oh Eeer corredati, secondo. il E Pe : RR 5 EIER i5 abbonamento annuale i im porta E du. pagabili alli ricezione delle: fascicolo Li TE Volume | PE. e togli i in Ka I 20 ta ole) s ER messo. ndita al prezzo di L. : PET ci POR Prof, È He Pii stalli di ossalato di calcio. Parte seconda causa degli sdoppiamenti fogliari. 81 3 LL x "Universitä.di Genova ` à Università di Palermo E ista dei collaboratori ordinarii per le Riviste critiche. Morfologia: della cellula — Dott. o Kruca (R. Istituto Botanico di Roma). ga ed Anatomia comparata — Prof. R. Pinorra pe Istituto Botanico di CS Roma). ` age È e: Trattati = Prof; 0. Macros (R. Orto Botanico di Bolog gna), Organografin, Organogenia, Sr onà — Prof. 0. Penzia 35 Orto Botanico ac Genova). ` Pasilogia — Prof. R. Port: Tecnica microscopica — Prof. A. Por (R. Tetto Gei di Piacenza). © Palologia - — Dott. U. Brizi (R. Stazione di Patologia Vegetale di Roma). Biologia — Prof. A. Bonz. > Fitopaleontologia — Ing. CLéfIGI (R. Istituto Botanico di Roma). Storia della Botanica — Prof. P. A. Saccarpo (R. Orto Botanico di Padova). SG ` Botanica forestale ed industriale — Prof. R. F. Sorta (R. Scuola Forestale di--.; : Vallombrosa), : - Botanica medica — Prof. C. Aere (R. Orte Botanico di Parma). Botanica orticola — C. SPRENGER (S. Giovanni Teduccio pr. Napoli). En Flora fanerogamica d'Italia — Sr. Sowimier (Lungarno Corsini 2, ls Pteridofiti - — Doit. A. Bumm KS Istituto dato: ni - Muscinee — Dott. U. Baka Epatiche — Prof. C. MassALONGO (Univ. à con) ` eben! — - Dott. A! Jarta (Ruvo di Paglia). 5 Dien : | Funghi (Semio) — Prof. P. A: TER (R. Orto. faina. di E ci Di = Funghi (Biologia e Morfologia) — Prof. O. Marrinoto. È et Alghe marine — Prof. A. Piccone (25 Via Caffaro, Genova) ` ` Alghe. d'aequa dolce — Prof. A. Bona — (R. Orto Botanico di i Palermo). e Seet = Dot. I hens (R. Orto Botanico di Torino): E Stee? Autori sono ; responsabili di quanto | è us nelle loro memorie pers = JULES CAMUS Un herbier composé en 1838 pour Victor Emmanuel et le Due de Gênes. L'on sait que le roi Victor Emmanuel avait une prédilection marquée pour le séjour dans le Alpes, où il ne manquait pas de se rendre, dès _ que les affaires du gouvernement lui. en laissaient le loisir. Ce goût de la montagne s'était développé de très bonne heure chez lui et chez son frére Ferdinand , duc de Gênes, car, en 1834 déjà, étant en villégia- ture à Courmayeur, au pied du Mont Blanc, les deux jeunes princes aimaient à faire d'assez longues excursions dans les environs, au petit St. Bernard, au lac de Combal, ete. Deux ans plus tard, se trouvant RÀ Fenestrelle, ils montérent plusieurs fois au Pré de Catinat, puis au col de l’Albergiano et à celui de l'Abries. L. Isnardi (1), à qui j 'emprunte. ces renseignements, nous dit encore qu'ils visitèrent ensuite les prinei- x pales vallées du Piémont, depuis le Mont Viso jusqu'au Mont Rose. = Dans toutes ces explorations, les fils de Charles Albert étaient en empie de personnes distinguées par leur savoir, soit dans l’art mi- litaire, soit dans les sciences naturelles, à même de leur fournir d’am- ples informations sur tout ce qui attirait particulièrement l attention. Le Duc de Gênes s'intéressait beaucoup à la botanique, science dont il vait déjà reçu les. premières notions, et se plaisait, parait-il, à re- - cueillir un certain nombre de Gesten SNE Ss En était-il de même LI Lino Iswarpi, Vila di caca principe Ferdinando di Savoia d Dea di Genova, pp. 97-99, Genova, 1857. II L. Iswarpr, ibid. p. 101: « Prendeva diletto di raccogliere nelle ontagne ` i ed sha di alcune | delle ou già conosceva il nome, T uso ed i caratteri Re anno X "ak X. de Vietor Rouet e: penes ne le disent pas, mais nous suppo= sons que, pendant son adolescence au moins, il ne restait pas indiffe- | rent aux beautés de la flore si riche et si variée qui se montre sur le - a versant méridional des Alpes. Quoiqu'il en soit, les deux princes possédaient une jolie collection de | plantes sèches des Alpes, dont un certain Felix Bonnaz leur avait fait hommage en 1838. Ce xe ae an lon conserve actuellement à Za Bibliothèque í du » choisies pour donner une idée générale de la flore des Alpes. Les Ber | sont fixées, au moyen de bandelettes de papier, sur 120 feuillets libres ` _ de 0" 35 sur 0" 22, et chacune d'elles est munie d'une étiquette de couleur portant les noms de l’espèce, en latin et en français, le lieu et l’année de la récolte, avec le nom de Bonnaz. Le tout est renfermé ` dans une couverture de luxe, en cuir noir avec arabesques en relioß ^ = due à Jouy ('), l’un des relieurs les plus estimés de Turin. Cette cou- — verture porte, en lettres d'or, sur le dos: « Bonnaz, 1838 », et sur le premier plat extérieur: « Herbier des Alpes. A L.L. A.A. R.R. les Ducs _ de Savoie et de Génes », avec les armes a Savoie. Ce don était ac ; compagné de la lettre suivante: e k Messeign det C’est avec pe sentiments de la plus profonde vénération que je dé . pose aux pieds de L, L. A.A. R.R. ce résultat de mes excursions alpines. _ Si ce modeste fruit de mes loisirs peul fixer un instant les regards ( de E DAA RR, je suis a ee de mes Green et ré compensé de mon travail. ` Leur très humble, très nase, tres dévoué segviteur ` Bonnaz Ferix. A en juger par la finale de son nom, F. Bonnaz devait être doris dae. "i ^j * š A x KS BER 1 i " ; £e y Fa E i ine savoisienne ou valdôtaine; et, d’après les localités et les dates qui () La marque di Jouy se trouve au bas du second plat intérieur. dà cette‘ $ borisé, en 1836, dans le Jura et la Savoie, puis, les deux années sui- vantes, sur le Mont Cenis et aux environs de Suze. Enfin il a sans .1840 (!). Mais toutes mes recherches ont été vaines pour apprendre quelque chose de plus sur ce botaniste, qui n'est cité ni dans l Histoire {simple dilettante de- botanique, car, non seulement il commet Er erreurs dans ses déterminations, mais en outre il se montre peu fami- liarisé avec l'orthographe latine usuelle des noms de plantes, écrivant | polygalla, gallium, giroflexa, dystachia. lynosiris, sysimbrium, erigerum, et autres incorrections, que je ne crois pas devoir reproduire plus loin, en donnant la liste des plantes de son herbier. . Les noms français de plantes qu’il nous offre ne sont le plus sou- SÉ que le Po des noms latins, comme genét ové, myosote des collines, géranion à feuilles d'aconit, potentille découpée, polygalle en | toupet, etc., et les quelques noms vraiment populaires qui se rencontrent sur ses étiquettes, tels que raiponce, laiche, vergerette, vermiculaire, linaigrette, ete., sont généralement trop connus pour qu'il vaille la | peine de s'y arrêter. Nous noterons toutefois comme pouvant présenter . quelque intérêt, les trois suivants: Téte d'or pour le Linosyris vulgaire, onhomme (de Phénicie) pour le Verbascum phoeniceum, et The du Mont Cenis pour le Veronica Allioni. Des 317 plantes que renferme l'herbier de Bonnaz, 230 ont été ré- a E (!) Vicror pp Savom ET LE cnasseur pes ArPrs. Nouvelle historique par Felix naz. Turin, 1840. Chez Pic, libraire de la R. A. des Sciences (48 p. in-16). - "e On i deg cette ona divers passages qui témoignent de l'enthou- siasme de l’auteur pour les hautes régions alpestres; par exemple, àla page 10: « Le plateau du Mont Cenis se presente comme un tableau magique au milieu "z sommites, l'onde azurse du plus beau lac des hautes Alpes l'embellit et offre à charme une Île quombragent U aulne vert et le triste bouleau. Le Mont | de Ronche domine ces passages, la tête couronnée de neiges ou enveloppée de > il semble régner en E sur r ce théatre de merveilles. La vue de tant nu est bien REDE d'élever Táme et tere le genie... » 112 , JULES CAMUS coltées sur le Mont Cenis, 60 près de Suze et au-dessus de cette ville ` à Novalèse, à Bard (t), à Molaret et à Jaillon, 5 au M! Iserand, 4 au M.' Thabor, 1 au Simplon, 6 dans la Savoie, 2 dans le Jura et 3 iso- lément à Turin, à Moncalieri et à la Chiusa di S. Michele; pour les autres, le lieu de la récolte n'est pas indiqué. Un premier examen rapide de cette collection m'y ayant fait recon- naître des formes rares et curieuses, ainsi que quelques espèces non St: ` gnalées jusqu'iei pour le M.' Cenis et la vallée de Suze, j'ai voulu en faire 2 une révision minutieuse, mettant à profit pour les confrontations les eo ` pieux recueils de plantes des Alpes que l'on possède à Turin. Cette tâche ` n'était pas sans présenter quelques difficultés, car Bonnaz n'ayant fait entrer dans son herbier que des exemplaires de petites dimensions, ses plantes n'ont pas toujours atteint le développement nécessaire pour une détermination facile et süre de l'espéce ou de la variété. Néanmoins j'ai pu surmonter ces difficultés grâce à l'aide de l'un des plus zélés explorateurs de la flore du Piémont, M. E. Ferrari, conservateur des ` ‘herbiers au Jardin botanique de Turin. Je puis donc présenter iei la liste exacte des plantes sèches que possédaient les deux jeunes princes de Savoie. | L'ordre que je suis est celui du Compendio della flora italiana de G. Arcangeli. Aux noms latins de plantes employés par Bonnaz, j'a- joute, entre parenthèses, soit l'abréviation du nom d'auteur, qu'il omet presque toujours, soit un nom plus moderne de la plante, ou bien en- core la rectification d'une détermination erronée. Je néglige de repro- : duire les dates, car, à l'exception de huit plantes recueillies, en 1836, | dans le Jura et la Savoie, toutes les autres l'ont été en 1837 et en 1838. Herbier des Alpes de Felix Bonnaz 1. XXXIV. (°) Thalictrum aquilegifolium (L.) M. Cenis. 2. XXXVI. Thalietrum minus (7. foetidum L.) M. Cenis. (') L'auteur écrit toujours Bart, probablement pour distinguer ce village de la petite ville de Bard dans la vallée d’Aoste, l (*) Les nombres en chiffres romains indiquent les feuillets de l'herbier. Thalietrum angustifolium (T. Majus Jq.), Anemone vernalis (L.) M. Cenis. Anemone nana (A. Vernalis L.) M. Cenis RE Anemone Halleri (All. M. Cenis. 2 Anemone alpina (L.) M. Cenis. E . CVII. ` Adonis flammea (A. aestivalis L.) Suze. LXII. Myosurus minimus (L.) Suze. e . XXXIII. Ranuneulus aquatilis (L.) M. Cenis. L Ranunculus glacialis (L.) M. Iserand. 3 . XCVI. Aquilegia alpina (L.) M. Cenis. | n LXI. Papaver alpinum (L.) Savoie. 2 DM, V. Corydalis Halleri (C. solida Sm.) M. Cenis. | 15. CVII. Fumaria spicata (L.) Suze. - e SL . 16. XLVIIL Sisymbrium palustre (Nasturtium palustre DC.) Ile du 22 lae du M. Cenis. vi 17. LXXXIX. Nasturtium pyrenaicum (R. Br.) M. Gem : Arabis alpina (A. Airsuta Scop.) M. Cenis. inc di , i ; i Arabis pumila (Jq.) M. Cenis. db Turritis glabra (Arabis bellidifolia hj M. Gg ; A Arabis arenosa (Scop.) M. Cenis. i Cardamine alpina (Wild.) M. Cenis. Alyssum alpestre (L.), coespitosum. M. Cenis. Alyssum alpestre (L.) M. Cenis. Alyssum montanum (L.) M. Cenis. ` Draba pyrenaica (L.) M. Thabor. Petrocallis pyrenaica (Draba pyrenaica L.) M. Cenis. Draba aizoides (L.) M. Cenis. Draba stellata (D. tomentosa Wahl.) M. Cenis. Draba hirta (D. tomentosa Wahl.) M. Cenis. Draba nivalis (D. carinthiaca Hoppe) M. Cenis. Draba muralis (L.) Novalèse. . Thlaspi sylvium (T. praecox Wulf.) M. Iserand. ; Thlaspi proecox C T. perfoliatum L.) M. Cenis. Iberis rotundifolia (Thlaspi. r rotundifolium Gaud.) M. Cenis. e 65. XCIX. Arenaria mucronata (Alsine mucronata L.) M. Cenis. 36. CXVI. "adagia RENT (Hutchinsia alpina R. Br.) M. Cenis. ! AE 37. CXI . Cochlearia Draba (Lepidium Draba L.) Jaillon. i 38. LVII. Polygala eomosa (Sehk.) M. Cenis. 39. LVIIL Polygala lanceolata (P. comosa Schk.) M. Cenis. 1 i 40. LV. Polygala alpestris (P. amara L. v. eie Rehb.) M. e Cenis. - | 41. XXXVIII. Viola bicolor (V.-biflora L.) M. Cenis. M 42. XXVI. Viola Balbis Re. (V. arenaria DC.) M. Cenis. E 43. XXV. Viola mirabilis (V. sylvatica Fr.) Suze. DE ME 44 XXIV. Viola Zoysii (V. calcarata L.) M. Cenis. TEM 45. LXXVII. Gypsophila repens (L.) M. Cenis. 46. XLV. Saponaria lutea (L.) M. Cenis. 47. XXIX. Dianthus atrorubens (All. M. Cenis. 48. LXII. Dianthus caesius (Sm.) M. Cenis. 49. XVIII. Dianthus neglectus (Lois.) M. Genis. 50. LXII. Dianthus glacialis (D. neglectus Lois.) M. Cenis. 51. XXX. Silene elatior var. (S. acaulis L.) M. Genis. 52. XXVIII. Silene v. elongata (S. vallesia L.) La Novalöze. 53. XXIX. Silene armeria (L.) Molaret. 54. XI. Agrostema Flos Jovis (Lychnis Flos Jovis d M. | Cenis. 55. LXXXVIII. Lychnis alpina (L.) M. Cenis. 56. XXVIII. Stellaria mantica (Cerastium manticum L.) Suze. 57. LX. Cerastium latifolium (L.) M. Genis. E 58. XVIII. Cerastium alpinum (C. arvense L.) M. Iserand. E 59. XL. Stellaria incana, n. (Cerastium tomentosum L.) Suze. ` 60. XCVII. Arenaria biflora (L.) M. Genis. 61. XCVII. Arenaria grandiflora (All) M. Cenis. 62. LXXVIII. Arenaria polygonoides (Moehringia polygonoides M. K.) M. Cenis. | 63. XCVII. Arenaria tenuifolia (Alsine tenuifolia Grantz). M. Cenis. 64. XCVII. Arenaria fasciculata (Alsine Jacquinii Koch.) M. Cenis. a G . Arenaria verna (Alsine verna Bartl.) M. Cenis. o7. XCVIII. Arenaria recurva (Alsine recurva Wahl) M. Cenis. 68. XXVIII. Spergula arvensis (L.) Suze. 69 70 . XXXII. Herniaria glabra (L.) Suze. . LXXXV. Herniaria alpina (Vill.) M. Cenis. 71. XCIX. Scleranthus perennis (L.) M. Cenis. 72. GXL Hyperieum humifusum (L.) M. Cenis. 73. LXXI. Geranium aconitifolium (L'Her.) M. Cenis. 74. LXXV. Genista ovata (G. tinctoria L. v. ovata W. et K.) Bart. 75. LXXV. Genista mantica (Cytisus nigricans L.) Suze. 76. CX. Cytisus sessilifolius (L.) Jaillon. 77. XCI. Ononis natrix (L.) Suze. 78. LII. Ononis cenisia (L.) M. Cenis. 79. XXXVII. Trifolium arvense (L.) Bart. .80 XXXVII. Trifolium pannonicum (L.) M. Cenis. XXXVI. Trifolium alpinum (L.) M. Cenis. CVII. Anthyllis lutea (A. vulneraria L.) M. Cenis. ; CVII. Anthyllis pallida (4. vulneraria L. v. polyphylia DC E PRES M. Cenis. Anthyllis coceinea (A. vulneraria L v. hiroa K. = M. Cenis. Anthyllis vulnerarioides (A. vulneraria L. v.rubriflora ` .K.) M. Cents Beete cyanea (0. cate Lin} M. Cenis. Astragalus campestris. f Oxytropis campestris DC.) M. =; Genis. Oxytropis foetida (DG). M. ‘Coni Astragalus Halleri (Oxytropis foetida DC.) M. ne Phaca alpina (Astragalus penduliflorus Lam.) M. Cenis. Phaca astragalina (Astragalus alpinus L.) M. Cenis. Astragalus cicer (L.) Suze. Ss Astragalus aristatus (L'Her.) M. Cenis. Astragalus monspessulanus (L.) M. SR Coronilla montana Geri M. Annin 96. CXVIII. | JULES CAMUS Hedysarum obseurum (L.) M. Cenis. 97. LXXXI. Hedysarum montanum (Onobrychis sativa Lam. v. mon- ` tana Gaud.) M. Cenis. 98. LXXXIV. Lathyrus Aphaca (L.) Jaillon. ini LXXXVL Lythrum salicaria (L.) Suze. 125. XLVI. 126. XLVII. 127. XLVl Orobus niger (Lathyrus niger Bernh.) Bart. Orobus vernus (Lathyrus vernus Bernh.) M. Cenis. e Vicia lutea (L.) Turin. ax 3 Geum reptans (L.) M. Cenis. Potentilla alba (L.) Bart. Potentilla minima (L.) M. Cenis. Potentilla grandiflora (L.) M. Cenis. Potentilla cinerea (P. subacaulis L. var. cinerea Chaix.) M. Cenis. Potentilla argentea (L.) Suze. ` 2 Potentilla intermedia (P. recta L.) Bart. A Potentilla multifida (L.) M. Cenis. = Comarum palustre (Potentilla Comarum Scop.) M. Cenis. Alchemilla hybrida (A. minor Huds.) M. Genis. Rosa pumilla L. (R. gallica L.) Molaret. Nu Li Epilobium alpinum (L.) M. Cenis. Epilobium alpestre (E. alsinefolium Vill.) M. Cenis. Epilobium origanifolium (LE, alsinefolium Vill) M. Cenis. Circea alpina (L.) M. Cenis. Sedum villosum (L.) M. Cenis Sedum atratum (L.) M. Cenis. Sedum aere (L.) M. Cenis. Saxifraga bryoides (L.) M. Cenis. Saxifraga aspera (S. bryoides L.) M, Cenis. Saxifraga hirculus (L.) Jura. Saxifraga adscendens (S. tridactylites L.) M. Cenis. Saxifraga petraea (S. controversa Stern). M. Cenis. Saxifraga granulata (L.) Savoie. Saxifraga planifolia (Lap.) M. Cenis. Buse. < Ver Lo. E, LIS we, act UN HERBIER COMPOSÉ, ETC. Eet Saxifraga Allionii (S. exarata Vill) M. Cenis. E p xxx. Saxifraga diapensoides (Bell) M. Cenis. 130. XLV. id id. id. 131. XLVI. Saxifraga valdensis (DC.) M. Cenis. 3 1192 L. Saxifraga biflora (All.) M. Cenis. i 133. XLIII. Ribes petraeum (R. nigrum L.) M. Genis. D. 13M. XVI. Bupleurum latifolium (B. stellatwm L.) M. Cenis. 135. XI. Bupleurum ranuneuloides L. (var. caricinum DC.) M. Cenis, 136. XLI. Pimpinella dioica (Trinia vulgaris DC.) M. Cenis. 137. LXIII. Athamantha cretensis (L:) M. Cenis. = CH. Aethusa Meum (Meum athamanticum Jq.) M. Cenis. . LXXXV. Phellandrium Mutellina (Ligusticum Mutellina B. et H. M. Cenis. E 140. CXI Caucalis daucoides (L.) Suze. E 141. LXXXVII. Laserpitium Halleri (L. Panax Gouan). M. Cenis. . CVI. Asperula arvenis (L.) Bart. SCVE Asperula taurina (L.) La chiusa di S. Michele. . LXXIV. Galium anglieum (Asperula galioides DC.) Suze. . LXXIII. Galium pedemontanum (G. vernum Scop.) Novalèze. . LXXIV. Galium glabrum (G. vernum Scop.). . LXXIIL Galium saxatile (G. sylvestre Poll.) M. Cenis. . LXXII. Galium tenerum (G. helveticum Weigg.) M. Cenis. . LXXIV. Galium verum (L.) Suze. . LXXXIV. Lonicera lactea (L. caprifolium L.) Jaillon. . LXXXIV. Lonicera caprifolium (L. etrusca Santi) Jaillon. 152. XXVI. Valeriana celtica (L.) M. Iserand. . LXVI. Erigeron acre, var. alpinum (Æ. acris L.) LXIII. Erigeron alpinum (L.) M. Cenis. XLVIIL Erigeron uniflorum (L.) Ile du lac du M. Cenis. CGD. Chrysocoma Linosyris (Aster Linosyris B. et H.) Suze. . XXXII. Senecio incanus (L.) M. Cenis. 158. XV. Doronicum pardalianches (L.) Suze. DI . V. Chrysanthemum alpinum (Pyrethrum alpinum W.) M. Thabor. 1 M. Cenis. (4) . CIV. «TRAVI. TEXTE CXV. ivo sia SEET KEE JULES CAMUS Achillaea nana (L.) M. Cenis. Achillaea Clavenae (L.). Achillaea nobilis (L.) Suze. Achillaea tomentosa (L.) Suze. Artemisia Mutellina (Vill) M. Genis Artemisia glacialis (L.) M. Cenis. Artemisia spicata (Wulf) M. Genis. Inula hirta (L.) Bart. Inula montana (L.) Bart. Buphtalmum grandiflorum (B. salicifolium L.) M. Cenis. Gnaphalium rectum (G. sylvaticum L.) M. Cenis. Gnaphalium dioieum (Antennaria dioica Gaertn.) M. Cenis. Gnaphalium Leontopodium (Leontopodium alpinum Cass.) ` M. Cenis. Gnaphalium germanicum (Filago germanica L.) Suze. Xeranthemum annuum (X. inapertum W.) Suze. Saussurea alpina (DC.) M. Cenis. Centaurea phrygia (L.) M. Cenis. Centaurea Cyanus (L.) var. pumila. Montealier. Centaurea seuzana (C. axillaris Wild.) Suze. ; Apargia alpina (Leontodon pyrenaicus Gouan.) M. Cenis. Andyala lanata (Hieracium lanatum Vill. M. Cenis. Hieracium acutifolium (H. glaciale Lach.) M. Cenis. ` ; Hieracium angustifolium (H. glaciale Lach.) M. Cenis. Hieracium pictum (H. picturatum Arv. - Touvet). (1) M. Cenis. - Phyteuma pauciflorum (L.) M. Cenis. Phyteuma globulariaefolium (P. pauciflorum L. var.) M. Cenis. Phyteuma hemispherieum (L.) M. Cenis. Phyteuma Halleri (All.) M. Cenis. Je dois cette détermination à M. le prof. S. Belli, specialiste bien connu à pour le genre Hieracium. È MAST: LXVII. . LXVII. PE VI. . LXIX. Pie XC. . LXVIII. . LXVIII. UN HERBIER COMPOSÉ, ETC. Campanula cenisia (L.) M. Cenis. l Campanula Schleicheri (C. Scheuchseri Vill) M. Tabor. ` Campanula spicata (L.) M. Cenis. i Campanula Allionii (C. alpestris All.) M. Cenis. Campanula uniflora (C. alpestris All. var. nana). M. Cenis. Campanula barbata (L.) M. Cenis. Pyrola uniflora (L.) M. Cenis. Azalea procumbens (L.) M. Cenis. Vaccinium oxycoccos (Oxycoccos palustris Pers.) M. Cenis. Gentiana cruciata (L.) Savoie. Gentiana alpina (G. acaulis L. var. parvifolia G. et G.) M. Cenis. Gentiana asclepiadea (L.) M. Genis. Gentiana utricolosa (L.) M. Cenis. i Gentiana nivalis (L.) M. Cenis. Gentiana nivalis (L.) var. gracilis. M. Cenis. Gentiana nana (G. verna L.) M. Cenis. Gentiana bavarica (L.) M. Cenis. | Gentiana imbricata Vill. (var. de G. bavarica L.) M. Cenis. Gentiana glacialis (G. tenella Rottb.) M. Cenis. Gentiana filiformis L. (Exacum filiforme Wild, Cicendia Del.) Suze. Cerinthe glabra (C. minor L.) M. Thabor. Pulmonaria pusilla (P. angustifolia L.) M. Cenis. Myosotis collina (M. hispida Schl.) M. Cenis. : 211. LXXXVIII. Myosotis lactea (M. hispida Schl., fl. albo) M. Cenis. Myosotis nana (? M. intermedia). M. Cenis. | Anchusa italica (A. officinalis L.) Suze. Cynoglossum pictum (? C. officinale L.) Suze. Myosotis caespitosa ( Eritrichium nanum Schrad.) M. Genis. Plantago? ( P. lanceolata L., var. lanuginosa Koch?) près de Lanslebourg. Plantago alpina (P. montana Lam.) M. Cenis. c dn ar 238. XXXII Scutellaria alpina (L.) M. Cenis. 239. XVI. Betoniea hirsuta (L.) M. Cenis. 240. XL. Stachys germanica (L.) Suze. 241. XIX. Primula latifolia (P. viscosa All.) M. Cenis. 242. XIX Primula pedemontana (P. viscosa All, var.) M. Cenis. 243 JULES CAMUS . XXVII. Verbascum phoeniceum (L.) Suze. . LXXXV. Linaria spuria (Mill. M. Genis. . LXXXVIII. Linaria monspessulana (L. striata DC.) M. Genis. . LXIX. Gratiola officinalis (L.) Suze. . XXVI. Veronica Allioni (Vill. M. Cenis. . XXIV. Veronica seutellata (L.) M. Cenis. . XXIV. Veronica acinifolia (L.) Suze. . XXVI. Veronica bellidifolia (V. bellidiodes L.) petit M. Genis. . XXXVIII. Veronica arvensis (L.) Suze. . XXXVIII. Veronica agrestis (L.) Suze. . CVE Euphrasia verna (Odontites serotina Rehb.) Bart. . XXXV. Pedicularis tuberosa (L.) M. Cenis. SNE Pedicularis fasciculata (Bell) M. Cenis. | EV. ‘Pedicularis gyroflexa (P. fasciculata Bell.) M. Cenis. LVI. Pedicularis cenisia (P. gyroflexa Vill.) M. Cenis. LV. Pedicularis incarnata (Jq.) M. Cenis. LEV. Pedicularis foliosa (L.) Les Alpes. < LEV. Pedicularis recutita (L.) M. Cenis. -LVE Pedicularis hirsuta (P. rosea Wulf.) M. Cenis. . XLIV. Nepeta Nepetella (L.) Suze. . CXVII. Aretia Vitaliana (Primula Vitaliana L.) M. Cenis. . CXVII. Androsace helvetica (A. bryoides DC.) M. Cenis. . XCIV. Androsace alpina (4. pubescens DC.) M. Cenis. XCIV. Androsace carnea (L.) M. Cenis. . XCIV. Androsace obtusifolia (All) M. Cenis. XCIV. . Androsace elongata (L.) Simplon. . XXIX. Armeria plantagineà (Wild.) Suze. Gë Rumex ? (R. acetosella L. var. nana) P. M. Cenis. . CX. Chenopodium Botrys (L.) Suze. £ ENS E NM POE S eu AIC DR E KE BS à UN HERBIER COMPOSÉ, ETC. 121 Daphne Cneorum (L.) Novaléze. bi Thesium campestre (7. alpinum L.) M. Cenis. . LXIII. Euphorbia verrucosa (Lam.) M. Cenis. LH, Salix Pontederae (S. hastata L.) M. Cenis. . XXX. Salix reticulata (L.) M. Cenis. . XXXI. Salix holosericea (S. reticulata L.) M. Cenis. XXXI. Salix herbacea (L.) M. Cenis. XXXI. Salix reticulata (S. retusa Scop. var. serpyllifolia.) M. Cenis. ; (XL Betula nana (L.) Jura. . LXIV. Ephedra distachya (E. vulgaris Rich.) Suze. 2. LIII. Ophrys repens (Goodiera repens R. Br.) M. Cenis. . XCII. Ophrys Loeselii (Liparis Loeselii Rich.) M. Cenis. . LIII. Ophrys monorchis ( Zerminium monorchis R. Br.) M. Cenis. . XCH. Orchis hireina (.Himantoglossum hircinum Spr.) M. Cenis. ; GHE Ophrys anthropophora (Bicchia albida Parl.) M. Cenis. . XCIII. Cypripedium Caleeolus (L.) Savoie. . LXXVII. Gladiolus imbricatus (L.) Bart. . XXXIX. Uvularia amplexifolia (Streptoptus amplexifolius DC.) M. Cenis. . LXXXVI. Lilium bulbiferum L. (var. croceum Chaix). Suze. . KGL Ornithogalum umbellatum (L.) Bart. XLV. Scheuchzeria palustris (L.) M. Cenis. XVII. Butomus umbellatus (L.) Savoie. LXXXII. Luzula pilosa (Willd.) M. Cenis. . LXXXII. Luzula spadicea (DC.) M. Cenis. LXXVIII. Juncus luteus (Luzula lutea DC.) M. Genis. | . LXXVIII. Juncus spicatus (Luzula spicata DC.) M. Cenis. ME Juncus triglumis (L.) M. Cenis. . LXXVIII, Juncus Jacquinii (L.) M. Cenis. - VI. Juncus trifidus (L.) M. Cenis. . CXV. Eriophorum alpinum (L.) M. Cenis. . LXV. Eriophorum latifolium (Hoppe). M. Cenis. . LXXIX. . LXXIX. VE + CXIV. . CXV. : GAY, . CXIII. Me v d G GAHE . OXIIL. . CXIV. EECH, . LXXIX. . XGV. . LXXX. . LXXXIIL Osmunda Lunaria (Botrychium Lunaria Sw.) M. Cenis. JULES CAMUS Kobresia caricina (Willd.) Kobresia scirpina (Carex dioica L.) M. Cenis. Carex pauciflora (C. microglochin Wahl.) M. Cenis. Carex mirabilis (C. curvula AlL) M. Cenis. Carex bicolor (Bell.) M. Cenis. Carex atrata (L.) M. Cenis. Carex pallescens (L.) M. Cenis. Carex pallescens (L. var. de la préced.) M. Cenis. Carex caespitosa (C. vulgaris Fr.) M. Cenis. Carex sempervirens (Vill. M. Cenis. Carex sylvatica (C. hirta L.) M. Cenis. Phleum Gerardi (Alopeeurus Gerardi Vill) M. Cenis. Agrostis alpina (Scop.) M. Cenis. Agrostis aurata (A. alpina Scop. var. aurata All.) M. Iserand. | : Agrostis purpurea. (A. spica-venti L.) M. Cenis. Aira caryophyllea (L.) M. Cenis. Avena versicolor (Vill.) M. Cenis. Avena distichophylla (Trisetum distichophyllum PB.) M. Cenis. . Melica uniflora (M. nutans L.) M. Cenis. Poa alpina (L.) M. Cenis. Poa brevifolia (Poa alpina L.) M. Cenis. Poa cenisia (All) M. Cenis. Poa distichophylla (Poa cenisia All.) M. Cenis. Poa minor (Gaud.) M. Cenis. Briza media (L.) M. Cenis. Briza minor (B. media L.) M. Cenis. Briza maritima (B. maxima L.). Avena valesiaca (Koeleria valesiaca Gaud.) M. Cenis. Koeleria hirsuta (Gaud.) M. Cenis. Avena Halleri (Festuca Halleri Al.) M. Cenis. Festuca pumila (Vill) M. Cenis. 2216. LXXXIH, Lycopodium alpinum (L.) M. Cenis. 7917. XII. Lycopodium Selago (L.) M. Cenis. L'on aura remarqué dans cette liste que diverses espèces se trouvent épétées deux et móme trois fois; cela provient de ce que Bonnaz, outre l'exemplaire typique, a recueilli quelquefois une ou deux formes accidentelles, plus ou moins intéressantes, qu'il regardait, soit comme la noté cà et là sur ses étiquettes. Ne fut-ee que sous le rapport de . ces différentes formes, son herbier aurait déjà une certaine valeur pour Fhistoire de la flore dans le Piémont; toutefois il y a plus. En effet, , Pous y trouvons, non seulement quelques plantes rares, come le Coro- z nilla montana Scop. ou le Carex bicolor Bell., mais encore cinq espèces aus Bonnaz a été le seul, je crois, à rencontrer dans la vallée de Suze : — Fumaria spicata L., Cerastium tomentosum L., Exacum filiforme W., Potentilla subacaulis L., et Oxycoccos palustris Pers. Au premier abord ces trouvailles paraissent bien extraordinaires, Surtout si l’on considère que le M. Cenis et ses alentours avaient été déjà minutieusement explorés, depuis un siècle, par des botanistes tels qu "Allioni, Re, Balbis, Colla, Bonjean et autres. Cependant, comme nous n'avons aucune raison de douter de la bonne foi de Felix Bonnaz, il faut almettre que ces cinq espèces étaient apparues depuis peu dans la vallée de Suze, et qu'elles ont disparu presqu’aussitöt. - M. B. Caso a déjà noté un fait semblable pour plusieurs autres plantes | de la même région (1), depuis 1818, année dans laquelle fut imprimée la Flora segusiensis de Re; et tout récemment, dans un opuscule (?) re- latif à quelques centaines de plantes recueillies dans la vallée de Suze par la Société botanique de cette ville, l’on faisait remarquer que 45 d'entre elles n'avaient été connues, ni de Re, ni de son traducteur M. B. Caso. DNE E m e RE rale () B. Caso, Za Flora segusina di G. Franc. Re (Torino, 1881), p LM. (*) Società botanica segusina, Elenco delle piante raccolte nel 3898, p. IV, um. dic. 1895. de bonnes variétés, soit comme des « plantes nouvelles », ainsi qu'il Es ES mmm nmn ETO. 4 CINE lm B n ; 315. IL Pronos Lonchitis (A spidium aculeatum Sw.) M. Conia. B sie. tenant À | ces. cing di toties. nous ferons RE, que l' Exacum filiforme et le Potentilla subacaulis ont été trouvés dans d’autres endroits du Piémont, et que le Fumaria spicata ne erof pas seulement en Sicile et dans la province de Naples, mais aussi dans la Ligurie, au-dessus de Port-Maurice. L'Oxycoccos palustris avait pro- bablement été transporté au M. Cenis par quelque oiseau de passage; mais il n'aura pu s'y maintenir. Il a dû en être de même en Toscan où cette Pere n'a été rencontrée qu'une pics fs à M E "s ne máritait pas l'oubli dans lequel il est resté jusqu'ici, et que ce petit document devra être pris en considération par celui qui pp une étude d'ensemble sur les plantes du Piémont. Ce pel Dottor Lurer BUSCALIONI (Cont. e fine v. fase. XI-XII 1895, I-II 1896) PARTE TERZA i CAPITOLO 1. La teoria di Camillo Acqua sui eristalli di ossalato calcico. I risultati ai quali sono giunto colle mie ricerche mi hanno portato . & concludere che l'ossalato di calcio si forma in quelle cellule dove si 5 : elaborano certi corpi ancor non troppo ben definiti, di natura mucila- | ginosa, talora probabilmente ricchi di pectato di calce, i quali costitui- | scono il nucleo delle druse e l'involucro dei rafidi (Pontederia). Siffatto modo di interpretare i fatti, si allontana alquanto da ciò che ` oggigiorno si conosce a proposito dell’ossalato di calcio ed in special . modo urta contro molti punti fondamentali di una teoria che è stata elaborata alcuni anni or sono dal D.' Camillo Acqua, e che io quindi debbo qui per sommi capi indicare, onde poter mettere in rilievo qual'è, a mio parere, il'lato buono ed il lato debole della stessa. Ecco adunque in che consiste il concetto del Camillo Acqua: In una prima memoria sui cristalli di ossalato di calcio (1) questo | autore, dopo di avere dimostrato che nella Pircunia dioica l' elimina- zione dell’ ossalato dal corpo della pianta avviene, oltrechè per il modo ordinario, anche mercè l’intervento della cuffia radicale, e dopo di aver pure messo in rilievo, sperimentalmente, che i cristalli di ossalato di ‘calce una volta formati nella cuffia non vengono piü ridisciolti, passa & trattare del luogo in cui si origina l'ossalato di calcio. L'ipotesi del De Vries sulla solubilità dell'ossalato di calce si appa- lesa, per il Camillo Acqua, priva di fondamento poiché, innanzi tutto, (!) Contribuzioni allo studio dei cristalli di ossalato di calcio nelle piante. nuario del R. Istituto Botanico di Roma, anno III, 1887-89. h 9. Malpighia, anno X vol. X "STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO — LUIGI BUSCALIONI quantunque sia vero che le cellule a cristalli sono meno rieche di ma- teriali plastici e poco attive, come afferma il De Vries, ciò però si spiega benissimo considerando che tali cellule sono dedicate ad una funzione . affatto speciale, che è quella di produrre i cristalli di calcio. Cosi pure la presenza dell'ossalato calcico sulle membrane anche tratta in campo da questi per spiegare la solubilità di questo sale, è chiarita ben diversamente dal fatto che nelle pareti cellulari esiste una grande quantità di comunicazioni plasmiche e che nella Pesiza schle- rotiorum Y ossalato di calcio, il quale precipita fuori della cellula, come ` ha osservato il De Bary, deriva non già da un ossalato di calce solu- bile contenuto nelle cellule, ma dell’ acido ossalico legato al potassio che, sortendo dalla cavità cellulare, viene a combinarsi colla calce del substratum nutritivo. All’ affermazione del De Vries, di grande valore per la sua ipotesi, che le cellule rieche di acido ossalico le quali circondano gli elementi cristalligeri valgano ad impedire alla calce di portarsi nel sito in cui deve cristallizzare, salvo il caso in cui questa sostanza attraversi prima, naturalmente allo stato di ossalato solubile, questa guaina di cellule, il Camillo Acqua oppone poi un’ altra teoria. > Questi ammette cioó che i sali di calcio possono benissimo dal terreno arrivare fin nelle cellule cristalligere, senza venir in contatto dell'acido ossalico contenuto nella guaina cellulare sopra indicata, pel fatto che i materiali assorbiti progrediscono, come è noto, nello spessore delle mem- brane cellulari. Infine anche la dimostrata solubilità dell'ossalato di calcio in qualche rara pianta e la grandezza dei cristalli presa in considerazione dal primo autore, non reggono, secondo l’Acqua, alla critica e si prestano ` a troppe interpretazioni che hanno nulla a vedere colla teoria del De Vries. | In base a queste considerazioni, avvalorate dall’ esperimento che l'os- salato di calce non si diseioglie pià nella Phytolaeea, benché le solu- zioni nutritive siano affatto prive di ealeio, il Camillo Aequa conelude che l'ossalato di calce è generalmente insolubile nel succo cellulare e si accumula nelle stesse cellule nelle quali fu formato. E STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 197 In una seconda memoria sullo stesso argomento il medesimo autore (') tratta ancor più diffusamente la questione dell’ origine dell’ ossalato di calcio. In questo lavoro egli si accinge a dimostrare che tutti quei fatti i quali furono utilizzati per dimostrare che tale composto & solubile, pos- sono benissimo conciliarsi col concetto che desso si formi nelle stesse cellule in cui trovasi depositato. Le piante di cui l'autore si serve per tali ricerche sono gli Oxalis, i Rumex e la Pircunia dioica. Innanzi tutto egli osserva che, data la grande quantitä ed il precoce comparire dell'ossalato potassico nei tessuti eristallogeri, depone, già a priori, in favore di una certa correlazione tra la formazione dell’ ossa- lato di calcio e la presenza dell ossalato potassico. Il Camillo Acqua ha diffatti incontrato nella Pircunia dioica che i rami i quali sono più ricchi in cristalli sono parimenti meglio forniti di un ossalato solubile che precipita coi sali di caleio. Cid, secondo lui, porterebbe alla conclusione che nelle piante superiori, analogamente a quanto succede nella Pesisa Selerotiorum, invece di un ossalato caleico solubile, nelle cellule deve aversi un altro ossalato so- . lubile (potassico?), il quale di poi si combina colla calce, per passare allo stato di ossalato insolubile. Per illustrare una tale ipotesi oecorre, secondo l’Acqua, utilizzare sali solubili di caleio, i quali, come si sa, precipitano coll'acido ossalico o cogli ossalati. Tali sali devono venir introdotti nelle cellule ricche di ossalato solubile, ma per raggiungere un cosiffatto risultato à duopo to- gliere allo strato protoplasmatico periferico delle cellule le sue proprietà protettrici che impediscono l'ingresso del calcio, utilizzando nello stesso tempo una soluzione che non determini correnti osmotiche che valgano ad esportare dalle cellule l'ossalato solubile. Come si vede, il problema à abbastanza complesso; ciò non di meno l'autore reputa ehe si possa raggiungere lo scopo facendo uso di una Nuova contribuzione allo inno dei cristalli di ossalato di calcio nelle 9 1) ‘piante. Malpighia, anno III, vol. 128 LUIGI BUSCALIONI soluzione allungata di eloruro calcico saturata di acido pierico, costituta da 100 parti in peso di soluzione di acido pierico e 2 parti di cloruro calcico. Il primo di questi reattivi avrebbe la proprietà di facilitare la pene- trazione del sale di calcio, uecidendo lo strato ectoplasmico che si oppone all’ ingresso, mentre il secondo, venendo in contatto coll’ ossalato solu- bile delle cellule, darebbe luogo ai precipitati di ossalato calcico. e Il processo tecnico consiste nel tagliare dei piccoli pezzi dalle piante s che si vogliono sottoporre all' esame, immergerli rapidamente nel liquido sopra indicato e di poi, dopo un tempo più o meno lungo, sezionarli e sottoporli all’ osservazione mieroscopica. Esaminando una sezione di picciuolo fogliare di Oxalis sottoposta ad un simile trattamento, si scorgono gli spazi del parenchima ripieni di un abbondante precipitato di ossalato caleieo che aderisce anche alle pareti cellulari e che invade pure la cavità stessa degli elementi. Di fronte a questi fatti il Camillo Aequa trae la eonelusione che a l'ossalato potassico si trova in tutte le cellule turgescenti del parenchima 4 della corteccia e del midollo, dalle quali emigra per aecumularsi negli — spazi intercellulari. N Messo in rilievo questo strano modo di comportarsi delle cellule; i l’autore si sofferma a discutere se il metodo non possa incontrare ob- | biezioni e non sia esente da difetti. Egli stesso si domanda se per caso l sal ucciso dall’ acido — pierieo non possa lasciar sfuggire negli spazi intercellulari l’ ossalato solubile, che perciò verrebbe a precipitare sotto forma di ossalato cal- ` 3 cico negli stessi. A questa obbiezione però egli risponde che ha sempre ottenuto gli stessi fatti, tanto nelle varie specie di Oxalis osservate, quanto nei Rumex, dove perd i depositi nella membrana erano alquanto meno evidenti, e che inoltre, avendo fatto uso delle soluzioni di sale calcico e di acido pierico diluitissime, incapaci perció di determinare delle correnti osmotiche un po’ energiche, ha trovato che se l'ossalato | | non precipita che in parte, pur tuttavia gli spazi in molti casi si mo- ` strano ripieni del sedimento cristallino. | EE anche le trachee contengono dei precipitati, ma questi. sono — M we, er STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO — 129 dovuti all’azione aspiratrice dei vasi tagliati che si sono così imbevuti di ossalato solubile, destinato di poi a precipitare col calcio. Non si può quindi stabilire un paragone fra quanto succede nelle tra- chee e quanto avviene negli spazi intercellulari, tanto più che nelle prime domina una pressione atmosferica negativa, nelle seconde invece una pressione positiva. Finalmente l'argomento più adatto per dimostrare l esattezza del me- todo sta nella circostanza singolare che gli spazi incuneati nel paren- chima fogliare sono sempre privi di precipitati, mentre nel tronco l’ac- cumulo dell’ossalato nell’interno degli men è assai maggiore che nelle cellule. In conseguenza il Camillo Acqua ritiene come probabile che nei pa- renchimi corticali e midollari del fusto e del piceiuolo l'acido ossalico si forma in tutte le cellule, nelle quali combinasi, almeno in parte, con il potassio e si getta di poi negli spazi intercellulari: e ciò malgrado che in qualche caso però, tanto il picciuolo quanto il fusto, presentino gli spazi del tutto vuoti. | Arrivato a questo punto l'autore cerca di investigare qual’ è il pro- cesso che impedisce alle soluzioni di calcio, assorbite dal terreno e de- correnti nello spessore delle membrane, di venire in contatto coll'os salato potassico contenuto nelle cavità cellulari e negli spazi intercel- lulari. Per quanto riguarda le eavità cellulari il fatto si spiega facil- mente sapendo che l'ectoplasma impedisce l'ingresso di molte sostanze nell'interno delle cellule, ma per ciò che si riferisce agli spazi la cosa va molto diversamente. E qui l'autore tira in campo la questione dei rivestimenti nep a intercellulari. Si sa, dice il Camillo Acqua, che in tutte le piante gli spazi sono rivestiti da una delicata pellicola che scoperta dal Russow e ritenuta dallo stesso d natura plasmica, venne più tardi classificata fra le mu- cilagini o ritenuta come formata di sostanze lignificate, fino a che il Berthold riuscì a dimostrare che dessa è realmente formata da plasma. Di fronte a questi fatti egli è inclinato a credere che nell'Ozal/s, nella Pirennia e nei Rumex i rivestimenti intercellulari devono con- 420 — | LUIGI BUSCALIONI siderarsi con tutta probabilità come membrane viventi, tanto piü che essi esistono fin dai primordi di sviluppo della pianta, si accrescono uni- tamente agli spazi, ed infine sono controdistinti da speciali reazioni. Tali rivestimenti, benchè d'origine probabilmente plasmica presentano, ciò non di meno ‘alcuni caratteri che valgono a farli distinguere dai protoplasmi endocellulari; ma a questo proposito il C. Acqua fa però i osservare che, dato il loro ufficio diverso, anche diversa debba divenire i la loro natura, pur tuttavia godendo, al pari dei protoplasmi, della pro- prietà di impedire i processi osmotici fra il contenuto delle membrane 2 e quello degli spazi. Messo cosi in chiaro che i rivestimenti degli spazi intercellulari con- stano di plasma, l'autore passa a studiare le comunicazioni plasmiche fra cellula e cellula nell’ Oxalis, nella Pircunia e nei Rumex e trova che in tutti i tre generi esistono tali filamenti di unione fra le cellule ` ricche di acido ossalico e quelle cristalligere. Da questo conchiude che l'aeido ossalico, in combinazione col potassio, dopo essersi formato nelle cellule dei parenchimi del tronco e dopo essersi gettato negli spazi in- tercellulari, passando forse attraverso a speciali comunieazioni plasmiche che uniscono il eontenuto cellulare con quelle degli spazi, arriva nelle. cellule cristalligere, dove, del resto, puó pure pervenire indirettamente per la via delle comunicazioni plasmiche intracellulari. Il sale di calcio, invece, segue un'altra strada: esso si diffonde attra- verso le molecole cellulosiche della parete, impedito di riversarsi nel protoplasma endo ed estracellulare dai rispettivi ectoplasmi. Una volta poi. che ha raggiunto le cellule cristalligere, le quali, a causa della speciale funzione che è loro devoluta, sono permeabili, si versa liberamente nel cavo cellulare e combinasi coll’acido ossalico per formare i cristalli di ossalato di calcio, la cui abbondanza dipenderà sol più dalle speciali con- dizioni osmotiche sia della parete, sia dell’ acido ossalico come pure dal sale di calcio che è a disposizione delle cellule, Le cellule cristallofore, adunque, rappresentano per il dott. Acqua A il luogo in cui ha origine U ossalato di calcio, ma non quello in cui si forma l acido ossalico. Questo è, in breve, il concetto dell'autore, il quale però non si dissi- — STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO | © mula che tale teoria ha certamente il suo lato debole, in ispecie per quanto riguarda il rivestimento degli spazi intercellulari, le comunica- zioni plasmiche con questi ultimi (che io chiamerei estracellulari) e l impossibilità pel calcio di attraversare le membrane. Malgrado una siffatta condizione di cose egli ritiene che la teoria, per quanto com- plessa, vale a spiegare nel modo più semplice i fatti ed inoltre è suf- fragata dagli esperimenti del Kny sulla aprira artificiale di cristalli di ossalato calcico. Poco tempo dopo la comparsa di questa memoria lo stesso autore ha fatto altre osservazioni sull’ origine dell’ ossalato di calcio (4). Egli, dopo di aver notato la mancanza di osservazioni che valgono a stabilire con sicurezza, sia pure in casi isolati, se veramente l’ossalato di calcio si formi nelle stesse cellule dove trovasi depositato, cerca di portare un po’ di luce sull'argomento con alcuni esperimenti eseguiti sul Mesembryanthemum acinaciforme L. e sull Evonymus japonicus. A tale scopo, egli avendo osservate che nelle foglie di Mesembryan- themum vi ha un ossalato di calcio insolubile, sotto forma di rafidi, ed un altro ossalato solubile, mise dei pezzettini di lembo nella solita so- luzione di cloruro di calcio all acido picrico. Con questo metodo egli ha potuto rilevare che ľ ossalato di calcio artificiale si era depositato in tutte le cellule dei parenchimi, occupando talora anche le cellule cristalligere. In seguito a ciò fece anche l’ esperimento, diremo cosi complementare; ha cercato cioà di studiare la distribuzione dei sali di calcio immergendo le foglie in soluzioni di acido ossalico al 2 °/, il quale processo ha il vantageio, in grazia del grande potere di penetrazione dell'acido ossalico, da far precipitare i sali di calcio nel punto istesso in cui si trovano. Un tale trattamento ha dimostrato all'autore che i sali di caleio mentre non sono quasi mai precipitati nelle cellule verdi, abbondano invece nelle cellule sottastanti in forma di masse rotonde, depositate in seno alle pareti. (!) Alcune osservazioni sul luogo di origine dell ossalato calcueo nelle piante ro anno Ill, vol. III, 1889. A 2 /— LUIGI BUSCALIONI Nell’ interno delle cellule, fatta eccezione per le eristallofore, non si riscontra aleun precipitato o se esso è presente è dovuto all’azione mec- —— canica del rasojo. = Le cellule eristallofore sono piene di depositi oppure ne sono sfornite, i nel qual caso contengono invece dell’ acido ossalieo. | e RA. Di fronte a siffatti risultati il Camillo Acqua stabilisce che il calcio cammina realmente lungo le membrane; che l'ipotesi del De Vries nella <} solubilità dell ossalato di calcio e erronea; e che infine le cellule eri- à. stallofore rappresentano il luogo in cui avviene D incontro delle due — — sostanze, il calcio e l' acido ossalico. Un argomento, infine, ancor migliore a favore della sua ipotesi, venne. trovato dall’ autore nelle ricerche che ha fatto nell’Evonymus japonicus. E i Questa pianta, come & noto, contiene numerose macle in via di ac- : Zë crescimento. Sottoposta al reattivo dell acido ossalico e degli ossalati | essa non dà precipitati di sorta, per cui si deve concludere che l'acido ossalico appena formato entra subito in combinazione colla calce. Usando invece l'altro metodo per precipitare i sali di calcio solubili, l'Aequa ha, all’ opposto, trovato numerosi precipitati che nella corteccia occupano quasi esclusivamente le pareti delle cellule, mentre nel mi- do dollo sono pure talora presentate nell’ interno delle cellule. b Negli elementi cristallofori poi i depositi sono ancor più abbondanti, | 1 tanto ehe talora trasformano la parete in un sol pezzo di ossalato di calcio. Da eid, egli conchiude, che se i sali di calcio si depositano cosi ab bondantemente nelle pareti delle cellule a macle è segno che essi sono | destinati a trovar impiego nelle stesse ed hanno quivi origine. Per quanto riguarda l’acido ossalico esso può prodursi in tutte le cel- lule del parenchima e venir portato di poi a quelle eristallofore o for- . marsi esclusivamente in quest’ ultime. La prima ipotesi è per Acqua - poco probabile, tanto più che il calcio presente nel protoplasma delle © cellule, può con tutta facilità reagire coll’ acido ossalico e perciò nel- ` r Evonymus Japonieus le cellule cristallofore rappresentano il luogo m cui si origina l'ossalato di calcio ed anco l acido ossalico. Inoltre le pa- reti delle cellule cristallofore, in ispecie nei tessuti verdi, ee la facoltà di e i sali di calcio Me Sg stato di dissoluzione si diffondono nel corpo della pianta. Questa è per sommi capi la teoria di Acqua, che io ho voluto qui riportare nella sua integrità, perché avendo ripetuto esattamente gli esperimenti dell'autore, come pure avendo fatto qualche osservazione personale, sono venuto alla conclusione che la stessa, per quanto ela- borata con fino eriterio e ricca di dati, taluni dei quali tutt'altro che privi di interesse, pur tuttavia & fondata sopra aleuni fatti i quali si ` prestano a ben altre conclusioni di quelle alle quali l'autore è giunto. L'intreccio abbastanza complicato dell'ipotesi e le eccezioni che pre- senta sono già dati che per sè stessi possono lasciar dubitare dell’esattezza della medesima; però prima di esporre le ragioni per le quali il con- cetto dell’ Acqua pecca del peccato originale, è duopo che indichi qui le osservazioni che ho fatto in proposito. Alcuni pezzi di tronco e di foglie di Oxalis pubescens H. B. vennero posti in una soluzione concentrata di acido picrico contenente il 2 ?/, di cloruro calcico, come suggerisce il dott. Acqua, poscia trascorso il tempo necessario affinchè la reazione fosse avvenuta, furono lavati in acqua e sezionati. L’esame microscopico dei tronchi mi ha dimostrato che il precipitato di ossalato di calcio artificiale, riempie non solo gli spazi intercellulari, ma anche le pareti che circoscrivono gli stessi e quelle che separano l'una dall’ altra le cellule, presentandosi in forma di finissime granu- lazioni. Le cavità cellulari sono vuote, oppure contengono dei cristalli sparsi qua e colà irregolarmente od aderenti alle pareti, nel qual caso assai spesso si mostrano uniti in fasci (fig. 80 A e B). - Coll’ acido cloridrico i cristalli endo ed estracellulari si sciolgono com- pletamente, nel tempo istesso che le pareti cellulari subiscono un ri- | gonfiamento più o meno marcato. Ben diversa va la cosa, se invece dell'acido eloridrico si fa agire il solfato o l’ acetato di rame come solventi dei cristalli. Col solfato di rame, se si esaminano quei punti del preparato dove il precipitato oc- cupa saltuariamente soltanto aleuni tratti delle membrane che separano le cellule, si pud rieonoscere che questi sono notevolmente rigonfiati di i KEE? ; VAST Re d SE 33 3 di Lo ta STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO —— BR 133 is Pd e LUIGI BUSCALIONI fronte ai tratti liberi della parete, che hanno conservato l'aspetto normale (fig. 83). Il fatto è anche ben accentuato. nelle membrane che circondano gli spazi intercellulari. là dove l ossalato di calcio riempie la cavità ed impregna la membrana. Col progredire della dissoluzione dei cristalli sotto il microscopio, si può constatare che la membrana è rigonfiata al punto da occupare buona parte della cavità estracellulare, allorchè questa si presenta un po’ piccola, lasciando in tal guisa riconoscere che non ha luogo un vero precipitato nell’ interno dello spazio intercellulare o che per lo meno esso è insignificante, mentre la membrana cellulare è del tutto infarcita di cristalli. Degno di nota si è che allorquando il precipitato è completamente scomparso, la parete cellulare nei punti dove è rigonfiata, non mostra dei fori o delle cavità corrispondenti ai punti in cui stavano innicchiati i singoli cristallini, come si può vedere invece nelle Conifere e nei Mesembryanthemum, (le cui membrane contengono normalmente dei cristalli di ossalato calcico), ma presentasi semplicemente sfaldata o quasi spappolata. La lamella mediana poi, poco distinta nei tratti normali della parete, riesce invece abbastanza evidente in quelli che erano precedentemente ricoperti dai cristalli (fig. 83); essa anche ha subito la stessa sorte de- gli altri strati della membrana, vale a dire si mostra qua e colà sfaldata o rotta. Trattando col cloruro di zinco jodato le cellule del parenchima cor- ticale, dopo che si sono esportati i cristalli col sale di rame, si può osservare che nei tratti normali il reattivo determina una bella colo- razione bleu, in quelli rigonfiati invece una colorazione molto più sbiadita. Coll’ acetato di rame i fatti sono forse ancora più evidenti, non pro- vocando questo reattivo che una insignificante azione dissolvente delle pareti, la quale poi ha nulla di comune con quella determinata dal cloruro di calcio usato dall’ Acqua per ottenere la precipitazione del- l’ossalato calcico. Un fatto abbastanza interessante si è che se si osserva un punto della parete ricoperto da precipitati, mentre questi vanno dissolvendosi sotto l'azione del sale di rame, si riconosce che i granuli non presentansi E GE ce in file radiali che valgono a ricordare, dine lontanamente, le comunicazioni plasmiche intercellulari, come ad esempio si osserva nei semi di Strychnos trattati con nitrato d' argento e cloruro sodico, ma son disposti in modo irregolare. Il precipitato poi non solo invade le cellule dei parenchimi, ma occupa anche le membrane epidermiche ed i vasi. Per quanto riguarda l epidermide noi troviamo; qua e colà, nello spessore della membrana esterna, aleuni cristalli di ossalato di calcio disposti a guisa di azhi irradiantisi da un centro (fig. 82 4) o di cate- nule di granuli dirette perpendicolarmente alla superfieie. Un precipi- tato più o meno abbondante à pure presente nelle cavità cellulari, sotto forma di sabbia cristallina, visibile in specie colla luce polarizzata. L'acetato di rame scioglie lentamente i grossi aghi ed i granuli in- euneati nella membrana e permette cosi di riconoscere che questa. in tali punti à notevolmente ingrossata e perforata (fig. 82 B). Molto intesessante à il modo di presentarsi del precipitato nel lume dei vasi e nel parenchima che li attornia. Molto spesso si nota, in specie nei vasi spiralati a larghe spire, e quando il precipitato non à molto abbondante, che i cristalli, i quali per lo più son discretamente volu- minosi, contraggono intima aderenza colle spire lasciando liberi soltanto i tratti di parete assottigliati. Questa particolarltà a tutta prima pud Spiegarsi benissimo, sia colla teoria della capillarità e sia con quella della pressione negativa esistente nei vasi, vale a dire ammettando che in seguito all' aspirazione che si esercita nei vasi, il precipitato che ascende lungo gli stessi si arresti di preferenza contro le parti sporgenti rappresentate dalle spire. Ma una tale spiegazione non si concilia col fatto, parecchie volte con- statato, della cementazione che avviene fra la parete cellulare o la spira ed il cristallo di ossalato di calcio. Io ho perfino verificato che i cristalii possono riuscire e far sporgenza ad un tempo, tanto nella cavità del vaso, quanto in quella delle cellule vicine (fig. 79) oppure entro a due vasi giustaposti. L'esame dei lembi fogliari offre maggiori difficoltà di quello del tronco, er causa della delicatezza dei tessuti che è di ostacolo a praticare sezioni RE SEI ON CNE È LUIGI BUSCALIONI sottili; cionondimeno, come ha dimostrato l’ Acqua, si possono ottenere risultati soddisfacenti indurendo il tessuto nell’alcool ed asportando di poi il protoplasma coll’acqua di Javelle. Le sezioni del tessuto fogliare di Oxalis pubescens, mentre mostrano > taluni spazi intercellulari del tutto vuoti, come appunto ha indicato l'Acqua, lasciano pur tuttavia riconoscere un numero non indifferente di tali cavità rivestite da pareti più o meno ricche di un precipitato granulare di ossalato calcico artificiale (fig. 81) il quale, se non è mai eccessivamente abbondante, ciò va dovuto all’ esiguità di ossalati solu- ` bili che si incontra nel lembo di questa pianta. Inoltre ho pure notato che molte cellule hanno nel loro interno dei precipitati cristallini sparsi qua e colà irregolarmente, oppure addossati alle pareti, quando non sono — persino inglobati nello spessore delle stesse membrane divisorie. ; L'acetato di rame scioglie anche qui i precipitati endoparietali, i i quali però, essendo molto scarsi, non provocano un così forte rigonfia- mento della membrana come abbiamo veduto succedere nel tronco, dove. la differenza fra i tratti ingrossati e quelli sottili era talora eguale al rapporto di uno a cinque (!). x Allo scopo di procedere con maggior rigore nelle ricerche io ho anche modificato alquanto il metodo di Acqua, immergengo cioè l'intera pianta, appena estratta dal terreno e lavata, nella soluzione di acido picrico e di cloruro di calcio sopra indicata. , Questa piccola variante non à priva d'interesse, in quanto che le se- - zioni dei tessuti lasciano riconoscere che mentre la membrana esterna dell’ epidermide è piena di precipitati situati al di sotto della cuticola, gli spazi intercellulari dei peduncoli fogliari sono invece quasi del tutto ` privi di ossalato di calcio, o tutto al più mostrano qua e colà qualche raro e grosso cristallo incuneato nello spessore delle membrane delimi- x tanti gli spazi intercellulari, specialmenté in corrispondenza degli angoli . di queste cavità. à (t) Una così grande differenza di spessore prova che nelle membrane farcite ` di eristalli si ha a fare con una vera aceumulazione degli stessi prodotta dalle correnti osmotiche, anziché con un semplice passaggio allo stato solido (in se- guito a combinazione chimica) di una sostanza liquida preesistente nello spes- sore della parete. STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 137 Un abbondante precipitato verificasi solamente nello interno delle pic- cole cellule fiancheggianti i vasi dove assume la forma di fine granu- lazioni, oppure di cristalli aderenti alle membrane cellulari. Un risultato ancor più decisivo ho ottenuto immergendo dei pezzetti di pieciuolo di Oxalis pubescens in soluzioni concentrate di solfato di rame ed in soluzioni al 2 "/, dello stesso reattivo onde ottenere la for- mazione di ossalato di rame. I pezzi che hanno soggiornato nella soluzione diluita, già dopo 24 ore mostrano gli spazi intercellulari pieni di un precipitato granulare di os- salato di rame che occupa pure la cavità delle cellule, quelli invece che subirono l'azione del solfato di rame in soluzione concentrata pre- sentano moltissimi spazi intercellulari vuoti, mentre quelle stesse cel- lule, che trattate col cloruro di calcio eransi mostrate piene di preci- pitato, ora offrono pure un forte aceumulo di cristalli, che talora riescono persino à mascherare gli spazi intercellulari nelle sezioni un po' spesse. A differenza poi di quanto abbiamo visto succedere col cloruro calcico, in seguito all'azione del precipitato di ossalato cuprico, ottenuto colle due sorta di soluzioni, le membrane che dividono due cellule contigue e quelle che limitano gli spazi intercellulari, non sono rigonfiate. La defieienza se non assoluta, certo notevole, di precipitati nell'in- terno degli spazi intercellulari e nello spessore delle membrane che li circondano, non puó spiegarsi ammettendo che il solfato di rame in ec- cesso, dopo di aver provocato la precipitazione dell'ossalato di rame in siffatti punti, determini di poi la sua dissoluzione, poiché ad una tale ipotesi si oppone il fatto della mancanza di quei rigonfiamenti parietali che si sono verificati nell'esperimento col cloruro di caleio e quello non meno importante della persistenza dei precipitati nell'interno delle cel- lule e qua e colà negli spazi intercellulari. Finalmente a complemento di queste osservazioni debbo aggiungere ehe avendo studiate col cloruro caleico varie specie di Rumex ho ri- scontrati a un dipresso gli stessi fatti già osservati nell'Oxalis. Il preci- pitato di ossalato di calcio ottenuto colle soluzioni di eloruro di caleio -ed acido pierico occupano, tanto il lume cellulare (alerendo prevalen- temente alle pareti), quanto lo spessore delle membrane, nel qual caso 138 LUIGI BUSCALIONI perè i granuli cristallini sono molto più fini di quelli che stanno nella cavità cellulare. Per quanto riguarda gli spazi intercellulari io ho trovato che mentre assai spesso la parete limitante presenta dei depositi, ben di rado invece si nota un vero accumulo nel lume loro. Come negli Oxalis l'epidermide dei Rumex presenta poi la membrana esterna impregnata di pulviscolo caleico localizzato al di sotto della eu- tieola, in ispecie lungo i prolungamenti delle membrane radiali. Tali accumuli disciolti col solfato di rame lasiano in sito una mem- brana perforata e disorganizzata. Nelle membrane dei parenehimi l’uso del solfato di rame come sol- vente dell'ossalato di calcio artificialmente prodotto, mette pure in ri- lievo le traccie della disorganizzazione, prodotta da quest’ ultimo, na- turalmente non in modo così notevole come ho osservato nell’Oxalis. Infine anche i vasi presentano i depositi di cristalli di ossalato caleico- localizzati prevalentemente lungo le spire. Riassumendo adunque i fatti esposti noi troviamo che l’ ipotesi di un ossalato solubile, rispettvamente dell’acido ossalico, diffuso negli spazi intercellulari, non regge alla critica ed alla osservazione spas- sionata. Infatti, come si può spiegare il notevole rigonfiamento delle pareti attraversate dal precipitato di ossalato calcico e l’ abbondanza di questo ultimo che si osserva nelle stesse, se non ammettendo un'azione osmo- tica, quasi assorbente, che abbia determinato un’ accumulazione, una specie di condensazione del sale in questione nella trama molecolare delle membrane ? Che realmente nel processo ado;erato dall’ Acqua entri in giuoco quasi — esclusivamente un'azione osmotica, lo dimostra anche TI esperimento fatto con piante che venivano poste intatte nel eloruro di calcio, nelle quali il precipitato degli spazi intercellulari era mancante o ridotto ai minimi termini, in grazia appunto del diverso modo di procedere della soluzione di prova attraverso i tessuti. A questo proposito potrei aggiungere che il Giessler, il quale per al- cune speciali ricerche ha ripetuti gli esperimenti dell’ Acqua sugli Oxalis $ \ f * 3 Z á STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 139 e sui Rumex (t), facendo per altro agire la soluzione di cloruro di calcio su parti integre e coll aiuto della pompa aspirante, allo scopo appunto. di provocare una più rapida introduzione del liquido la quale valesse ad impedire la diffusione dell’ acido ossalico, ha pure osservato che ta- lora l'ossalato di calcio precipita fuori delle cellule. Ma, secondo quest'autore. tale incidente che si verifica con tutta fa- cilità, specialmente quando si tratta di membrane sottili, come quelle che si ineontrano nelle stipole, nella epidermide delle foglie e negli elementi fiorali, va pure ascritto unicamente a processi osmotici. Inoltre lo stesso Giessler dimostra che nelle foglie l epidermide è assai ricca di ossalati solubili, mentre il tessuto assimilatore ne è molto povero, il che è in opposizione con quanto si verifica nei picciuoli e nel tronco dove siffatta sostanza abbonda straordinariamente in tutti i tes- suti sottoepidermici. Questi fatti pertanto. valgono a spiegare come nelle foglie dii spazi intercellulari siano cosi poveri di precipitati in confronto di quelli dei peduneoli e del tronco, senza dover ricorrere all'ipotesi alquanto com- plessa del Camillo Acqua, secondo la quale solo gli spazi intercellulari del tronco e dei picciuoli hanno la facoltà di accumulare l'acido ossalico o gli ossalati solubili. Un secondo fatto che rende anche poco probabile l'ipotesi di que- st'ultimo osservatore si & la presenza nei vasi di grossi eristalli ade- renti non solo alle pareti ma attraversanti addirittura le stesse a tutto spessore, il che non può spiegarsi altrimenti che ammettendo il solito processo osmotico. Nelle ricerche dell'Aequa questo fonomeno fisico ha avuto certamente la parte più importante od esclusiva nel far comparire quella singolare struttura e ciò specialmente in grazia della rapidità di diffusione che spiega l acido ossalico di fonte al eloruro di calcio; rapidità che lo stesso Camillo Acqua ha rilevato a pag. 3 della sua memoria sul Me- senbryanthemum e nell’ Evonymus. (!) Die lokalisation d. Ozalsüure in der Pflanzen Jenaisch. Zeitschrift. f. Na- vides Bd. XXVII. 1887. 140 -— 2: 7 LUIGI BUSCALIONI A eonferma di un tale asserto io potrei aggiungere che le soluzioni di solfato di rame concentrate, più rapidamente diffusibili del cloruro di calcio al 2 °/,, non provocano più, o solo in minor grado, le precipi- tazioni estracellulari. Tutti i fatti che ho esposti tendono adunque a mettere in evidenza = che la teoria dell’Acqua & basata su un principio falso; ciö nondimeno À ho ancora voluto ottenere la prova più decisiva dimostrando che l’acido ossalico e l'ossalato di potassa — l'uno o l'altro dei quali, secondo il sopra citato autore, deve essere contenuto nelle cellule, — hanno una velocità di diffusione assai maggiore del eloruro di calcio impiegato sia in soluzione al 2 ?/,, come fece l'Acqua, sia in soluzioni più concentrate. — p A tal uopo io ho fatto i seguenti esperimenti: 1. Alcune capsule di gelatina a coperchio mobile, quali si incon- trano in quasi tutte le famacie sotto il nome di capsule opercolate, ven- gono riempite di una soluzione al 10 °/, di cloruro di calcio e tuffate i di poi in un’altra al 2 °/, di acido ossalico o di ossalato di potassa. S Questo esperimento semplicissimo permette di riconoscere che dopo un po di tempo la parete della capsula si intorbida a causa di un preei- ^ pitato più o meno abbondante che si va formando verso la superficie interna della capsula, vale a dire assai più daccosto al cloruro di calce che all'ossalato di potassa ed all'acido'ossalico, per cui la capsula pre- sentasi rivestita esternamente da un orlo gelatinoso jalino. S 2° Se si ripete l'esperimento procedendo in senso inverso. vale à dire mettendo la soluzione ossalica nella eapsula, si troverà che il pre- cipitato ha cambiato di sede e si è avvicinato, più o meno grandemente, alla superficie esterna, non lasciando perciò più rilevare 1’ orlo jalino E sopra indieato. e, Questi fatti adunque addimostrano Se l'aeido ossalieo e l'ossalato di potassa camminano più rapidamente del cloruro di calcio attraverso | hi la parete osmotica rappresentata dalla capsula di gelatina. Un tale fenomeno è costante e non è modificato neanche dalla diffe- - renza di concentrazione (entro certi limiti) dei due liquidi, poichè se è già palese nel caso che la soluzione ossalica abbia una concentrazione del 2 °/, ed il cloruro di calcio del 10 °/,, noi lo troviamo ancor più. manifesto nel caso inverso in cui il cloruro di calcio entri nella pro- porzione del 2 ?/, e l'acido ossalico o l'ossalato potassico del 10 */,. I molti esperimenti eseguiti mi permettono di affermare che aumen- tando là concentrazione del cloruro di ealeio, aumenta pure la sua ve- locità di diffusione, senza però raggiungere quella della soluzione os- salica, almeno nei limiti di concentrazione sopra indicati. Inoltre, siccome l' esperimento dà sempre gli stessi risultati, anche in presenza di soluzioni concentrate d’acido picrico, si ha la prova più si- eura che il fenomeno in questione relativo alla sede dei precipitato, di- pende esclusivamente dalla diversa velocità delle soluzioni impiegate. Occorre però che io segnali che per procedere con un certo rigore nel- l'eseguire questi esperimenti sono necessarie alcune pesci che io in- dicherd qui sommariamente. Innanzi tutto è assolutamente indispensabile che le due soluzioni ba- gnino il più che è possibile esattamente nello stesso tempo le rispettive pareti o superficie della capsula con cui vengono in contatto. Per raggiungere un tale scopo, basta riempire della soluzione che si è scelta fino a metà la capsula. poi applicare a questa il coperchio tenendola in posizione verticale ed infine gettar l’otricolo nel tempo istesso che lo si capovolge, nel recipiente contenente l’altro liquido. Procedendo in tal guisa si è quasi sicuri che le due soluzioni ven- | gono a contatto delle pareti del coperchio nello stesso momento, di guisa che se si vuol poi studiare la zona occupata dal precipitato basterà sem- plicemente sezionare il coperchio e sottoporlo all’ esame microscopico , non sì tosto lo si veda sufficentemente intorbidato. Non occorre che io aggiunga che nessuna altra parte della capsula, all’ infuori del coper- chio, pud essere utilizzata per l'osservazione microscopica. Ma per procedere all'esame col mieroscopio è d'uopo, in secondo luogo, che le capsule non abbiano soggiornato troppo a lungo nel liquido, poi- chè in tal caso si verifica un eccessivo rammollimento delle stesse, in ispecie quando. la temperatura dell’ ambiente sia alquanto elevata. | Perciò, trascorso che siano circa 10 minuti od un quarto d'ora, si estraggono le capsule dalla soluzione e se ne esporta il coperchio con un colpo di forbici. E Malpighia, anno X, vol. X. STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 141 LUIGI BUSCALIONI Dopo di che la parte sezionata viene messa ad indurire nell’ alcool — assoluto, avendo però cura di colorire il lato esterno della stessa con . colore qualunque di anilina, onde sia possibile, allorché si fa l'esame al microscopio, il distinguere qual’& il lato interno e quale l’esterno della ` — capsula. : Dopo una mezz'ora circa il coperchio è sufficientemente duro per poter 3 essere sezionato: a tale scopo si include il pezzo fra due pezzi di sam- | buco e si eseguiscono i tagli con un rasoio molto affilato che verrà fatto scorrere lentamente, onde non produrre accartocciamenti delle sezioni, nel tempo istesso che lo si terrà sempre bagnato nell’ alcool assoluto. I tagli devono venir esaminati in glicerina acquosa (1 p. glicerina e ` 1 acqua), dove però acquistano solo dopo un certo tempo (1 ora circa) ` un rigonfiamento sufficiente da permettere un’ osservazione rigorosa) Con questo processo io son riuscito anche a riconoscere che a parità x di soluzione, il solfato di rame cammina con una velocità alquanto ma giore del cloruro di calcio, e quindi si spiega come esso impedisca, certa misura, la formazione dei precipitati estracellulari (1). Nella recensione che io ho fatto del lavoro dell’ Acqua si è visto ec questi accenni all'ipotesi di comunicazioni plasmiche fra il protoplasma endocellulare e quello degli spazi estracellulari. Contro quest'idea sta il fatto della disposizione TR dei | granuli di ossalato di caleio precipitati nello spessore della parete. che ricorda per nulla la struttura a strie radiali propria di dette comuni- cazioni. D’ altronde queste ultime, per quanto ha rapporto cogli spazi intercellulari, non sono ancora state dimostrate con sicurezza. o o almeno nel maggier numero di piante. à Il Camillo Acqua dà naturalmente una ne importanza, per spie- | | gare, a modo suo, i precipitati estracellulari, alla presenza di un rivesti- ` mento degli spazi intercellulari che molto probabilmente sarebbe for- ` mato da sostanze protoplasmatiche, le quali, in certo qual modo. cambie- rebbero detti spazi in pseudocellule. (t) Io ho calais queste poche ricerche da un lavoro di imminente pubblica- zione che sto facendo sui processi osmotici , pel quale mi sono valso appunto anche delle capsule di pristina: sopra indicate Or bene, anche questo criterio, al giorno d'oggi, non ha piü gran va- lore. Io ho difatti dimostrato, in un lavoro che ho pubblicato in colla- ` | borazione col prof. Mattirolo (4), che i rivestimenti degli spazi intercel- lulari, anzichè di natura protoplasmatica, dovevano invece considerarsi ‚come costituiti da sostanze aventi molta affinità colla lamella mediana. Questo nostro modo di vedere ha trovato di poi un’ampia conferma nelle ricerche del Mangin sulla costituzione della membrana (2), dalle quali risulta che il rivestimento degli spazi intercellulari è formato da quelle sostanze pectiche, che entrano con grande frequenza a far parte delle membrane e delle mucilagini. Scomparso adunque il proto- - plasma, cade anche di per sè°l e: dell’azione protettrice dell’ ecto- | plasma estracellulare. Finalmente, per terminare questa rivista critica, potrei aggiungere che la speciale localizzazione delle cellule cristalligere in alcune piante ac- quatiche, come la Trapa ad esempio, non si concilia troppo colle vedute. del Camillo Acqua. Stabilito pertanto che la teoria di quest’ autore, a mio parere, non mE > venir accettata, ee ora domandarci se à possibile spiegare i atti in altro modo e, senza ricorrere di nuovo all’i SE del De Vries, Oppure anco ammettendo la stessa. I fatti ehe ho osservato a riguardo delle druse rispondono affermati- vamente. d j | Se si tien conto difatti che in talune cellule il protoplasma è capace di fabbricare delle speciali sostanze, probabilmente delle mucilagini, ricche di sostanze pectiche, in ispecie di pectati di calee, noi possiamo con tutta facilità spiegare come nell’ambito delle stesse si possa formare. * dell’ ossalato di calce, qualora tali mucilagini vengano in contatto col- | l’acido ossalico o con un ossalato solubile. Finora tutti gli autori sono riusciti a dimostrare che nelle cellule ve- getali puo assai spesso trovarsi l'aeido ossalico od un ossalato solubile; (!) ©. MarriRoro e L. ER iot, Sulla struttura degli spazi en, nei | tegumenti seminali delle Papilionacee Malpighia, Anno III, Vol. III, 1 € ) ees sur la cos! ostitution de la membrane. Atti del Segen Bota- m 144 na "LUIGI BUSCALIONI ma nessuno, che io mi sappia, ha potuto stabilire se tali sostanze siano distribuite uniformemente in tutto l'ambito delle cellule o non occupino 3 piuttosto, come à più probabile. aleuni vacuoli delle stesse. E quindi lecito arguire che mentre aleune parti' del protoplasma fab- bricano acido ossalieo od un ossalato solubile, capace magari, all'occor- renza, di emigrare di cellula in cellula, altre parti invece producono quelle speciali mueilagini ricche di calce, atte a raggiungere un volume più o meno grande, prima di venir in contatto coll’ acido ossalico e pro- vocare così la precipitazione dell’ ossalato calcico. La più grande difficoltà contro cui deve lottare la mia ipotesi si è ` che io non sono riuscito a dimostrare, con un’ analisi chimica rigorosa, ` | che tali mucilagini siano rieche di un sale di calcio, per cui mi si po- ` : trebbe obbiettare che la ipotesi à affatto gratuita. Sta però il fatto che per via indiretta sono riuscito, innanzi tutto, a dimostrare nei miei studi coi sali di rame, che il precipitato cuprico, che abbiamo visto raccogliersi sui corpi mucilaginosi delle druse, dev'es- sere un composte organico di rame e che solo parzialmente ed eccezio- nalmente consta di ossalato cuprico. p In secondo luogo i vari solventi impiegati, i precipitati ottenuti con vari sali, le reazioni eoloranti col bleu di anilina e col rosso di Ru- tenio mi hanno dimostrato che il corpo così detto mucilaginoso, situato nell’ interno delle druse, al pari delle sostanze che circonda i rafidi ` T (Pontederia) à formato delle mucilagini eallosiche e pectiche, le quali ` d poi sono capaci di svilupparsi per un certo tempo. Tutto induce quindi a credere che queste mucilagini constino di pec- tato di calce, come del resto lo provano numerose osservazioni di altri autori su molteplici mucilagini e sulla cellulosa ed in ispecie le ricerche | di Mangin, di Lange, di Heinrich e di altri ancora. La calce di queste sostanze entrerebbe, secondo il mio modo di vedere, in combinazione coll’ acido ossalico per dar luogo ai precipitati di ossalato caleico, sia in druse che in rafidi od in cristalli isolati, come ho potuto osservare nei n miei studi sui tegumenti seminali delle Papaveracee. 3 Non desterà quindi più meraviglia se io non ho pià potuto ottenere | la reazione della calce dalle mucilagini, dal momento appunto che tale * sostanza essendo Ser in E con un acido si à Seel ma ho soltanto più avute alcune reazioni chimiche (precipitazione di sostanze basiche ecc.) e micro-chimiche (colorazioni col bleu di anilina e col rosso di Rutenio) proprie delle mucilagini callosiche e pectiche. Noi possiamo quindi conchiudere che in molti casi l'ossalato di calce si forma nelle stesse cellule nelle quali si trova il sale depositato, come giustamente ha osservato il Camillo Aequa nell'Evonymus, dove appunto ho trovato dei fatti interessantissimi che valgono a dimostrare la rigoro- sità del metodo adoperato da quest’ autore, il quale se a mio parere, per quanto concerne gli Oxalis ed i Rumex ha seguito una falsa strada, ció lo si deve unicamente al cómpito difficile che si era prefisso ed all’ inco- tezza che regnava nella scienza sulla natura dei rivestimenti intercel- lulari. CAPITOLO Il. L influenza dell’ umidità sulla formazione dei eristalli di ossalato di calcio. llavori di Schimper, di Monteverde e di altri autori sopra piante sia mantenute all’oscuro, sia sottoposte alle condizioni normali di illumina- zione, come pure le osservazioni fatte su vegetali appartenenti ad una stessa specie e dimoranti tanto in luoghi ombreggiati, quanto in siti so- leggiati, hanno dimostrato che la luce ha una certa influenza sulla pro- duzione dell'ossalato di calcio; influenza che si manifesta con un mag- gior accumulo di questa sostanza nei parenchimi e negli organi esposti alla luce. A sua volta il Penzig (!) studiando la struttura delle foglie delle Aurantiacee, ha messo in evidenza che i cristalli lossalato di calcio, i quali abbondano al di sotto dell'epidermide della pagina superiore della foglia, sono disposti in modo da irradiare la maggior quantità di luce possibile nel robusto tessuto che costituisce il mesofillo. E quindi mani- (©) Sull'esistenza di apparecchi illuminatori nell interno d'alcune piante. | Estratto dagli Atti della Società dei Naturalisti di Modena, 1883 LUIGI BUSCALIONI | festo che la luce esercita, sulla formazione e sulla distribuzione dei sali di calcio, un'azione di non poca importanza, sia diretta che indiretta; non ` risulta perd che gli osservatori i quali hanno rivolta la loro attenzione a siffatto argomento abbiano stabilito la parte che spetta nella produ- zione del fenomeno alla maggiore evaporazione che risulta dall'influenza di un'illuminazione intensa, che d'ordinario à anche accompagnata da un'energia termica considerevole. Solo in modo molto incidentale la questione è stata toccata, relati- vamente a questo punto di vista dall' Heimerl nel suo opuscolo sulla presenza dell'ossalato di calce nelle pareti cellulari dell& Nictaginee. ‘ Quest'autore ha trovato che la diffusione dell'ossalato di calcio nelle pareti delle cellule epidermiche di varie specie di Nictaginee sta in intimo rapporto colle influenze climatiche, in quanto che tale sostanza — manca ivi completamente in quelle specie che vivono nei climi caldi di umidi dei paesi tropicali, mentre invece è presente in quelle altre che abitano nei climi secchi e che sono sottoposte ad una forte evaporazione. L'ossalato di calce avrebbe adunque lo scopo di proteggere le piante da una rapida evaporazione, sostituendo in certo qual modo la euticol: quando questa è sottile e rafforzandola ancor di più quando essa à ro- busta. D Stando cosi le cose si potrebbe sospettare che la —a dell’ os- - salato calcico debba andare ascritta, più che all influenza diretta della luce solare, alla maggiore o minore evaporazione cui va incontro la = pianta a seconda dei climi, sotto l' influenza calorifica che à compagna. d della illuminazione. Io ho pertanto voluto studiare la questione sotto questo punto di vista, CA ed a tale scopo ho coltivato delle giovani piante, nelle quali l’ossalato di calce faceva ancora completamente difetto, in un’ atmosfera satura ` di vapore aequeo, per studiare di poi al microscopio, se l'ossalato di ; calee, potesse, o non. svilupparsi. Non avendo a disposizione nè delle ` Nictaginee nè delle conifere giovani, che per tali studi sarebbero state x le pià opportune, ho dovuto limitarmi ad osservare i fatti nelle foglie ) di Citrus e nei rami di Opuntia. E noto che i tronchi delle Opuntia, come ha recentemente EE Una tale disposizione anatomica, in piante che sono conformate in modo speciale per resistere alla siccità, lascia supporre che essa sia relazione appunto col fenomeno dell evaporazione. | Pertanto io collocai sotto aleune campane di vetro di grandi dimen- di sioni parecchie pianticelle di Opunzie in via di attivo sviluppo e sulle quali eransi di già sviluppati dei piccoli rami ancor del tutto sforniti di «ssalato di calcio. Le campane posavano sul fondo di una vaschetta mantenuta costan- temette riempita d’acqua di guisa che si aveva un’ abbondante produ- zione di vapore acqueo nell interno delle stesse. a Le pante dimorarono una ventina di giorni cirea in questi recipienti | rimanenlo, come d'ordinario, assoggettate alla luce solare e venendo di tempo in tempo adeguatamente innaffiate. Trascorso questo lasso di tempo, durante il quale i giovani rami si E furono di molto allungati, questi vonparo sezionati e Rr all'os- ione microscopica. .. Orbene, l»same addimostrò la presenza di i posa druse normalmente conformate lei tessuti sotto epidermici, per eui si ottenne la prova che - l'umidità ecossiva non aveva avuto aleuna influenza sulla produzione dell’ ossalato ii calcio sottoepidermidale. Avaloghi esperimenti furono eseguiti su giovanissime foglie. di Citrus aurantium i eu rami, in via di sviluppo, vennero: ‘tenuti per oltre un mese in grossi xlobi di vetro, nel cui fondo era mantenuta una certa quantità di acqua. | Le giovani una le quali erano state hesotpellate ad un siffatto Y trattamento prim che nelle loro cellule si fossero manifestati i cristalli i di ossalato calcico quando vennero estratte dall” ambiente saturo di umi- 5 anual all'anatonia € fitiolojis del D assimilatore delle piante. Atti i de Istituto Botanio della es di P | LUIGI BUSCALIONI dità si mostrarono alquanto più piccole, un pó clorotiche e deformate, À ma nelle loro cellule sotto epidermiche della pagina superiore la prov- . vista di ossalato di calcio era normale o quasi. Risulta quindi che anche nei Citrus la formazione dell’ ossalato di ealeio à indipendente dall’ umidità, essendo influenzata da altre cause, fra le quali non ultima D illuminazione. f I pochi dati che ho raccolto in questo argomento sono ben lungi dal permettermi di risolvere la questione in modo assoluto: ed io sono cor- j vinto che maggior luce si potrà portare sulla stessa, qualora si posa ; applicare lo studio, come ho detto sopra, alle Conifere, ai Mesombryan- | themum ed alle Nietaginee. Inoltre sarebbe anche opportuno di eseguire gli esporimenti valendosi del sussidio del Clinostato per eliminare al- cuni fattori che potrebbero influenzare il fenomeno. CONCLUSIONE Una lunga serie di ricerche mi ha fatto conoscere la grarde diffu- sione che hanno nel regno vegetale le membrane di Rosandf, taluni delle quali si organizzano in modo singolare che ripete per filo ep segno l’intima struttura del protoplasma dal quale derivan». Il lato più importante della questione si è quella di aver io dimo- strato che i mierosomi dei punti nodali hanno una parte non indiffe- rente nell’accordare ai tendini di cellulosa la particolare struttura che | è loro propria fabbricando quelle granulazioni e quei pintini più ri- | frangenti e quelle parti più ingrossate dei legamenti cie io ebbi già occasione di mettere in evidenza nei miei studi sulle nembrane cel- lulari. B Un'altra serie non meno complessa di ricerche mi ha portato a ri- | conoscere l'intimo rapporto che intercede fra le muciagini pectiche e ` callosiche colla presenza dei cristalli di ossalato ealepo, di guisa che la questione concernente la origine dell’ ossalato di @lce venne messa in nuova luce e si è potuto assoggettare le moderne teorie che versano su tale argomento ad una critica spassionata. L'alea è gettata, una nuova strada è stata aperti alle investigazioni ` DCR future, ed io oso sperare che disti poteit colmare la mire T si osserva nelle mie ricerche a riguardo della natura chimica delle muci- lagini ineompletamente da me studiate, e varranno così a definire se esse contengano realmente dei pectati di calee o qualtro altro sale or- ganico della stessa sostanza. INDICE BIBLIOGRAFICO Nel eorso del presente lavoro ho già indicate le principali monografie che trattano dell'ossalato di calcio; qui pertanto aggiungeró solo il nome di quelle pubblicazioni che hanno un'attinenza più o meno diretta col- D one : Alberti Alberto. L'ossalato di eech se" foglie. Boll, della Soc. ital. dei Micro- scopisti, Anno I, vol. e 2. Arbawnont. La tige do jette "tá Se. Nat. (Bot.) 6* Sér., T. IL, 1881. Baccarini P. Intorno ad una probabile funzione er dei ital di ossa- ico. Ann. del R. Ist. Bot. di Roma, vol. I, Bailey. ee Journal of Science and Arts. New Bin 1845. Baillon. Dictionnaire de Botanique (Fascicolo 14). Belzung. Recherches chimiques sur la germination et cristallisations intracellu- laires artificielles. Ann. Se. Nat. 7° Sér., V. | Belzung. Sur ring, de l'oxalat de satin à r état dissous. Journal Botan. 1894, n. Belzung et nod G. Şur les sels z l'Angiopteris erecta. Journ. d. Bot. 1892. Berg. Arch. d. Pharmacie, II Reihe, Bd. 99. Berthold G. 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Oxalsäuregahrung bei einen typischen (endosporen) eege Par, d. Deutsch. Bot. Gesellsch. 1892, SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tavora I. Fig. C f. LIEN à esterno del seme di Magus in via di sviluppo. | = . Epidermide + ide Å RETTEN del SE esterno. i = CH CS. Cellule secretri C. Cristalli di ee di calcio. SI. Strato interno del en BR esterno. Ob. CC. Oc. 2 Zei » 2. Strato interno del Een esterno di Magnolia in via di sapo A. Amido. LE. rn superficiale od esterno dello strato. 2 Imm. Om. Oc. 2 Zeiss. » + ni. dei filamenti nella Magnolia. i . A. Filamenti ancora protoplasmatici. B. Filamenti già trasformati ed MUR alla parete. posu Ob. E Oe. 2 Zeiss. ` — Se Pezzo di cellula dello strato interno del testa di Magnolia Il protoplasma è disposto a guisa di reticolo, i cui punti nod ur dei mierosomi piü imd e piü tetano colorabili coll ; o ue Om. Oe. R Zeiss. eue VR E Pezzo di cellula dello strato interno ael testa di Magnolia © coi fil : eellulosici in via di formazione. ré A ee = ossalato. di calcio E ai filamenti, et Cellula an So BOR a i nia Ste Nei puati E dei : menti i cellulosici si its microsomi più Lima più : colorati (M). - N. Nucleo. ` C. Cristalli di Gg calcico. x er bb. 1/, Imm. Om. Oc. 2 Zeiss. | gnolia La co ara lla è attravorsata da bafi di close 3 Venti dia 2 Zeiss. Fig. 8. Cellula dello stesso ts o assai più tolta nello sviluppo. Incipiente - : formazione dei d nodali. : A. Microsomi dei punti no i B. Cristalli di Rosanoff. DI F. Filamenti torulosi di Gelee N . Nucleo. 9. Struttura dei filamenti di cellulosa alquanto inoltrati nello sviluppo. La parte assile è più rifrangente. Imm. Om. Oc. 3 Zeiss. » 10. Sezione inodo di una cellula adulta dello stesso strato. leo ucleo N. Danalicoif Seet dalla porzione assottigliata dei filamenti. P. Cristalli di Rosanoff. ti . Oc. 3 Zeis » . Pezzo di colli ata i dello strato CET del testa di Magnolia (Ser. longitudina! | N. Cavità re WO PUT KP E C. Canalicoli. DUE Tis L. Corpo legnoso. eines od : bb. !^, Imm. Om. Oc. 9 Loin A » 12. Cellula adulta dello stesso strato esaminata alin luce polarizzata. I cri- j stalli ed il pulviscolo cristallino sono fortemente illuminati. E Oc. 2 Zeiss. ZA prie giovanissimo di Glaucium Inteum. dei | E Tegumento esterno. e $ penne, interno. — ; semi apocr. Koristka oe. tan » 14. Stadio di d'Re alquanto più inoltrato del Li x TE. Tegumento esterno. ` | PI Tegumento interno, ` Se C. Strato cristalligero. GE accenno EE formazione di cristalli di E is calato; s Semi apocr. Koristka Oc. 4 Comp. 7» 15. SE della membrana istalli di o » 16. Membrana pericristallina secondaria =- goli cristalli A Glaucium, messa in evidenza coll ac acqua di Javelle e col ragt: 20 mm. yin Oc. 12 am Zeiss. Sa »:: 17: Randi li ni attorno ai cristalli del Steen esportati coll acetato "o. Ya Koritka, 0e. Comp.. sa AR s | - LUIGI BUSCALIONI ` t Fig. 18. Seme di Glaucium luteum a metà sviluppo. ecumuli plasmatici fra i es di ossalato di calcio che vennero espor- tati coll acetato di ram 5 Koristka. = 4 Comp. »:-19.: Motte pii ricristslliue secondarie in via di sviluppo e reticoli proto- plasmatici in via di trasformazione attorno ai cristalli di ossalato cal- cico s o Glauci Yis Koristka. Oc. 4 Comp. » 20. Seme E ue a metà sviluppo. Formazione dei reticoli cellulosici coi punticini rifrangenti punti nodali. Il preparato venne sottopo- sto E azione del solfato di rame e dell neg di Javelle. b. !/,, Koristka. Oc. 4 Comp. » 21. Seme S Giancihes quasi adulto trattato coll' Bar di Javelle e solfato. di rame. Reticoli cellulosici e punti rifrangenti Obb. 1/5 Sem. Ap. Koristka. Oc. 4 Com + » 22. Disorganizzazione dei filamenti cellulosici del Giade ucium operata dall'a- . zione combinata dell’acqua di Javelle, dell'acido cloridrico e del reat- tivo di Schweizer. I filamenti presentansi m di punticini o di . tratti alternativamente più o meno rifrangen ,0 mm. Zeiss. Oc. 12 Com (0) + E EURER libere ed incluse nei geg cellulosici del Glaucium poste. to. A in Meine col trattamento sopra indica . Ap. Koristka. Oc. 4 Com P- » 24. Geen e reticoli cellulosici dello strato cristalligero del Glau- á cium, con formazione di granulazioni cellulosiche. (Aequa di Javelle HCl. e reattivo di Schweizer. . "ıs Sem. Ap. Koristka. Oc. 4 Comp. » 25. Seme di Gideni adulto trattato coll acqua di Javelle ed acetato di Reticoli cellulosici, eme e re pericristalline corde dello en Seene del te b. 4/15 Koristka. Oc. mp. y 28 ode in via di sviluppo ipti a cristalligero del tegumento se minale del Chelidonium m Il protoplasma forma una Sec: s cuscinetto al di sotto dei cristalli = Ob. 2,0 mm. Zeiss. Oc. Comp. 4 Koristka. » 27. Comparsa dei reticoli di cellulosa in qe ai reticoli plasmici nelle cel- lule cristalligere del Chelidonium 0 mm. Zeiss. Oc. 4 Cap: Koristka. Ob. : : » 28. Formazioni dei reticoli cellulosici coi punti nodali piu Seege I fi- P amenti sono rivestiti da granulazioni qme e cellulosiche. ` . Ap. Koristka. Oc. 8 Com » 29. Reticoli & Se posti in evidenza coll’acqna di javelle. A. Cellula di Chelidonium assai giovane. B. Stadio più evoluto. 1 punti nodali più ispessiti cominciano a ren- dersi manifesti. Pr . !/45 Koristka. Oc. 4 Comp. Fig. 30. Cellula adulta dello strato Segen del Chelidonium trattata coll’acqua di javelle. I punti nodali dei filamenti cellulosici riempiono quasi com- pletamente il lume cellulare e si attaccano alla parete per mezzo di peduncoli sottili. z Ob. . Zeiss. Oc. 8 Comp. Koristkà. » 31. Reticoli cellulosici del Chelidonium risolti in granulazioni coll'acqua di ire HCl e reattivo di Schweizer b. i/i Sem. Ap. Koristka. Oe. » 89. ue seminale eng adulto dell a californiana trattato coll acqua di jave A. Cellule seriali le cui pareti sono rivestite da bastoncini cellu- osici. B. Strato cristalligero attraversato da filamenti cellulosici che circoscri- vono una cavità nella quale si annidava previamente il nncleo. i iss. Oc. oristka. l » 33. Una cellula dello strato eristalligero dell’ Zschscholtzia. A. Cristalli. B. Nucieo. 7 C. Plasma, filamenti cellulosici e granulazioni di varia natura. . Sem. !/,, Ap. Koristka. Oc. omp. » 34. Una cellula dello strato cristalligero di Eschscholtzia risolta in granuli cellulosiei dall’ HCl,. Acqua di Javelle e reattivo di Schweizer. Lie Sem. Ap. Koristka. Oc. 4 Comp. ` » 35. Tegumenti seminali della Roemeria refracta, la cui epidermide è formata da cellule piene di polvere cristallina di ossalato di caleio. . Lie Sem. Ap. Koristka. Oc. 4 Com » 36. Cellute Ree della Trapa natans trattata coll’ acetato di rame. A. Cellule giovani piene di precipitato cuprico B. Cellule adulte il cui precipitato cuprico si è fatto scarso. C. Il corpo mucilaginoso delle druse Ob. E Zeiss. Oc. 4 Comp. Könstka. . Pontederia era teg A. Cellula rafidiofora contenente un fascio di membrane pericristalline. (0b. E Zeiss. Oc. 4 Comp. Koristka). B. La stessa piena di precipitato cuprico dopo l'azione dell" acetato di rame. (Ob. E Zeiss. Oc. 4 Koristka). peer: del tronco colle cellule rafidiofore e lu piene di precipitati cuprici. (Ob. AA Zeiss. Oc. 4 Ko ristka). » 38. Viburnum lantana rpi P oe? inelusi nelle membrane di Meer e liberi. À. PM mucilaginoso libero 2. Fig. Y Y Y Y Y v 45. Precipitsit euprici sulla membrana di Rosanoff nelle péetdodruss di gonia (tronco B. Corpo mucilaginoso ancora circondato da precipitato di rame disposto ` a raggiera. 1/,3 Im. Sem. Ap. Koristka Oc. 4 Comp. 39. Cellula dell abonné di Silybum marianum trattata con acetato di rame — idrato di cloralio A. Membrana protoplasmatiea che cireonda la drusa. B. Impronte dei a. lasciate sul corpo mucilaginoso. C. Serien eupri Ob. !/,5 Sem. ei Koristka. Oc. 4 Com 40. Cellula dell albume del Silybum marianam trattata con solfato di rame. - C. Granulo d'aleurona contenente la drusa. G. Granuli d'aleurona senza cristalli. N. Nucleo. Ob. 2,0 mm. Zeiss. Oc. 4 Comp. Koristka. 41. Apice vegetativo caulinare del Cornus sp. (Midollo). Corpi mucilaginosi inclusi nelle druse e liberi. + Ob. E Zeiss. Oc. 4 Cho Koristka. 42. RUM pyramidalis. A di corpi ee Cer pes druse. b. Uu Sem. Ap. Koristka. mp. 43. Van pyramidalis (Midollo e corteccia a ad tronco). — A. Corpi mucilaginosi liberi nelle cellu - I. Corpi mucilaginosi inclusi nelle E. Corpi mucilaginosi negli spazi ee EH Ob. t/i Sem. Ap. Koristka Oc. 4 Comp. m Quercus peduncolata (Ramo giovane). | A. Preeipitati cuprici nella drusa di ossalato caleie B. Precipitati cuprici liberi nella cellula cristalicer éd in se stanti. ce. Membrana di Rosanoff. b. A Sem. Ap. Koristka. Oc. 4 Com co). Ob. E Zeiss. Oc. * Ru Korist tka. tasma. ee di Rosanoff. Corpo mucilaginoso foggiato ad anello: | 0b. Ni, Sem. Ap. Koristka. Oc. 4 er z Fig. 48. Azione del iia) di rame, cloruro di calce e bleu di anilina sulla ye del Pothos platycaule. A. Cristalli omg di ossalato calcico. RR B. Corpo mucilagino RUNS Ob. E Zeiss. ne 4 Comp. Koristka. » 49. Ger ue ne del corpo mucilaginoso incluso in seguito all’ azione do cloridrico (Pothos platycaule). ra Ob, !/,, Koristka. Oc. 4 Comp. » 50. Corpo mucilaginoso del Pothos platycaule, costituito da una massa omo- m re da una er pieghetta t/s Koristka. Oc. mp. » 51. Vari ke di dissoluzione delle Ge? del Pothos platycaule in seguito all azione del solfato di rame e contemporanea formazione del preci- pitato cuprico. i Ob. E Zeiss. Oc. 4 Comp. Koristka. | » 52 Varie forme di corpi mucilaginosi (liberi ed inclusi) del Rhus typhina. CR A. Osservato attraverso la drusa chiusa in balsamo. B. Corpo mucilaginoso libero. Ob. Uu Imm. Om. Koristka. Oc. 4 Comp. » 53. Cristalli artificiali di ossalato calcico attorno ai corpi mucilaginosi del- T Aesculus ee Ob. E Zeiss. Oc. 4 Comp: ‘Koristka. » 54-57. Varie forme di corpi mucilaginosi inclusi x Viscum album. Ob. Le Sem. Ap. Koristka. Oc. 4 Com » 58. Corpi mucilaginosi di un ramo giovanissimo di dealt PUPA: A. Corpi mucilaginosi ancora liberi. B. Inclusi. ; Ob. E Zeiss. Oc. 4 Korist op » 59. Ramo adulto di Aesculus Hippocastanum. Varie forme di corpi mucilaginosi pus taluni dei quali sono forniti di ee, che vanno fin contro la M di Rosanoff. . He Im. Om. Koristka Oc. 4 Comp. ` » 60. Varie ach di corpi mucilaginosi niue nell’ Fum Ob. 1/15 Kosistka Oc. 4 Comp _» 61. Differenti forme di corpi Lo inclusi della Mobi puse Ob. '/,3 Koristka. Oc. 4 Comp. -» 62 Soe grandiflora (apice vegetativo ca ul.) i Cristalli cuprici disposti attorno a corpi ieren liberi. A. Cristalli cuprici. 2 D. Corpo ee dello stesto, col to int te col bleu di anilina. o Parte centrale del corpo mucilaginoso. Ob. E ZUM Oc. 4 duse Koristka, Fig. 63. E mucilaginoso incluso foggiato ad SERE della ER . s. Oc. 4 Comp. Koristka. » 64-65. Corpi resinosi a struttura raggiata od om enei che circondano cri stalli di varia natura nelle radici avventizie del Pothos platycaule. A. Nucl SES B. ga, resinoso con I accluso cristallo. : Ob. E Zeiss. Oc. 4 Comp. Korist E » 66. Porzioni di cellula rafidiofora del tronco di Dracaena col fascio di mem- brane pericristalline poste in evidenza col solfato di rame e bleu di anilina. 3 Ob. Uu Koristka. Oc. 4 Comp. 67. Il fascio di membrane pericristalline della Dracaena dopo l'azione de I HCI. Ob. 1/,, Koristka. Oc. mp. 68. Cellula rafidiofora della Pistia ie N. Nuc À. See iis lar B. Plasma ridotto alle stato di velo delicato tapezzante la membran C. Spazio vuoto (?) interposto fra la mucilagine ed il plasma. Ob: A, Kea Oc. 4 Com itudin date ) ; Ob. !/,, Korista. Oc. 4 Dot, i ; » 70. Ree trasversale del kem di membrane. perictistalline di una cellula rafidi ofo ra ais Dioscor Tora . Om. Morin. ER 4 Comp. MTL H dell’ Cer Colocasia. A. Me ique della cellula eristalligera 12 D Membrana ivre il pacco di Rafidi. GALE $ Fascio di membrane pericristalline. Ses F. Mucilagine. 1 es Ob. E Zeiss. Oc. 4 Comp. Koristka. duri a CHE Frammentazione dei nuclei nelle cellule eristalligere del dal album. A. Nuclei. B. Punte delle due ne à ; Ob. ‘ha Sen ES dicar Oc. 4 Comp. » 73. Frammentazion le cellu I crsaligre d del Ze vs ; AN. Nucleo. E ECT B ï f B8. ^ i fot WA Membrana 4 di Rosanoff. È . 4 X. Ob. E Zeiss. Fig. 74-75. SE 3 Formazione della sabbia cristallina attorno ad una drusa. A. Drusa. B. Sabbia cristallina. C. Nucleo. Ob. E Zeiss. Oc. 4 Con: Koristka. » 76. Cellula a sabbia crimine” dell’ Aucuba japonica trattata col solfato di rame. A. Nucleo B. ET : ` C. Mucilagine a struttura RPN che avvolge la sabbia cristallina. v (0) Kor mp. 71. Bun di cellula a rabidi, dell’ Co: Colocasia trattata colla potassa len B. La BEER pericristallina. 0004. La membrana che avvolge il pacco di cristalli la quale, sotto l’azione dë del reattivo, si è fusa colla membrana esterna (C) della cellula, in cor- rispondeaza di uno dei E di = b. oristka. Oc. 78. Disposizione de? delle paies DESEN del tronco di Pistia Stratiotes attorno alle cellule a druse. i ingrandimento. Ce 7445. Cristallo artificiale di ossalato di calcio sporgente ad un tempo in un vaso ed in una cellula del parenchima legnoso del tranco di Ozalis cnm b. Uu Koristka. Oc. 4 Comp. 0. Cavità ul del tronco di Ozalis pubescens contenente ii. grossi | cristalli artificiali di ossalato calcico (B) aderenti alla parete in ispecie — in corrispondenza degli spazi intercellulari. e A. Spazio ripieno di precipitato di ossalato calcico. Myr. Ob. E Zeiss. Oc. 4 Comp. Koristka. | >» 81. Lembo di foglia dell’ Oxalis pu)escens i cui spazi intercellulari presen: | tano dei precipitati artificiali di ossalato calcico aderenti. alle el : Mer Ob. E Zeiss. Oc. 4 Koristka. ^ c. RS A. Membrana esterna dell’ epidermide di Ozalis pubescens contenente un | grosso eri cristallo di ossalato calcico artificiale. di » 82 B. La stessa dopo 5 esportazione del cristallo coll’ acetato di rame. Al posto del precipitato si nota un foro Ob. !/, Koristka. Oc. 4 Com 83. Membrana di Ozalis pubescens rigonfiata nei punti in eui è attraversata dai ps di ossalato calcico (A). : . (e Koristka. Oc. 4 je. | v Y ba H R. F. SOLLA : OSSERVAZIONI BOTANICHE durante una escursione in provincia di Cosenza di R. F. SOLLA La vegetazione del territorio di Cosenza, per quanto almeno mi fu. dato di poter trovare, in proposito, nella letteratura (1), è poco nota, in ` generale. Parmi perciò utile di esporre alcune osservazioni generali sulla vegetazione dei paesi attraversati, nell’escursione scientifica a cui ebbi l'onore di prender parte, di rivolgere l'attenzione ai singoli fatti im- portanti, della vita delle piante, che mi colpirono, aggiungendovi l’ E- lenco di quelle tra esse che potei raccogliere o che notai in passando. Lo aver percorso quella regione solo in pochi giorni, in una sola stagione dell’anno ( comunque in quella del miglior sviluppo della vegetazione) non potrà dare però all’Elenco altro che un valore molto relativo: stimo s (!) M. TENORE nel suo Sylloge (1831) cita diverse piante de’ dintorni di ES senza, della Sila ae del Monte Cocuzzo, frutto dei suoi viaggi fatti ripetutamen i in queste regioni, su’ quali egli stese una « Relazione del viaggio di Abruzzo» ` pubblicata nel 1830. Alle Ni pubblicate in seguito, avrà contribuito non poco il suo scolaro BENEDETTO VITELLI ‘(benchè non lo trovi citato), il quale ` sulla Sila e sulla costa orientale : le sue raccolte sono conservate nel R. Liceo Convitto di Cosenza. 4 e S. BRUNNER, « Uber die Vegetation des Festlandes von Italien « (in: Flora, f? oder allgem. botan. Zeitung, Regensburg 1826, pag. 625) riferisce, per le re gioni meridionali, solo quanto potè ragranellare da’ libri, mettendo però aper- tamente in dubbio Il’ autenticità di singole specie e di molte varietà citate nelle - opere botaniche del TENORE i F. PARLATORE (« Flora italiana ») ed altri riportano, per molte specie, sin- - golarmente le stazioni geografiche, dedotte da'libri dei loro predecessori od. anche raccolte da loro stessi: ma è tutto un lavoro di indole sistematica con semplici citazioni di località. Un quadro geografico, una descrizione complessiva ` della vegetazione dei paesi visitati in quest’ escursione, non l' ho trovato: a meno ` che non fosse esposto nelle due opere seguenti, delle quali non potei, mio mal- grado, prendere ispezione: NoTARJANNI, « Raccolta di viaggi fisico-botanici, effet- tuati dai collaboratori della flora napoletana », tom. 1.° (anno di Gier? Y | OSSERVAZIONI BOTANICHE ` tuttavia non inutile il presentarlo con quelle osservazioni, riferibili alla » . distribuzione geografica delle specie citate, che credetti opportune, e — E = perchè vi si trovano annoverate alcune piante che credo nuove per la Er Calabria. La città di Cosenza & situata, com'è noto, a 39°17' lat. bor. sul punto a di confluenza del Busento nel Crati. La città è fabbricata in collina, 5 |J circondata da’ ridenti declivi della Sila, dal brullo M. Coeuzzo e dalla } Se catena elevata del M. Pollino. Malgrado la sua posizione meridionale LS A D e l'apparente riparo contro i venti, da qualunque lato, la vegetazione: intorno a Cosenza non offre un carattere veramente meridionale e si rimane sorpresi di non trovarvi quelle piante che, amanti del caldo, 2 d pur si spingono fino a latitudini tanto più settentrionali. Tali p. es. gli agrumi, dei quali non esiste là una coltivazione, se si eccettuano i po- chi alberi sporadicamente sparsi nei giardini di lusso; nè vi si trova il carrubo, fatta eccezione forse di qualche esemplare solitario. Le o- non indicato), e Dott. SavanEst, « Voyage en Calabre dans I. an. 1801 e 1802 » (in: Journ. Encyclopéd. d. Naples, 1818; 3"*, an., t. 1). Questi, mineralogo, parla — come ho trovato indicato da altri — anche della flora del paese. Porta, Hurer e Rigo arrivarono da Napoli fino a Paola, donde proseguirono per mare fino a Reggio, erborizzarono sul gruppo d' Aspromonte, ne' dintorni di Gerace, Catanzaro, spingendosi fino a Tiriolo: visitarono Castrovillari e fe- cero delle escursioni sul M. Pollino, ecc. Non parlano né di Cosenza, né - della Sila, né del M. Cocuzzo. La relazione estesa da P. PoRTA descrive le im- pressioni e gli avvicendamenti di viaggio, annoverando le piante vedute e rac- colte, senza esporre le condizioni nelle quali vivono (Vedasi il « Viaggio bo- tanico in Calabria nel 1887 », pubbl. in: Nuovo Giornale botanico italiano, vol XI, pag. 224-290). i = Per le Crittogame abbiamo: BOTTINI, ARCANGELI, MaccHIATI, « Prima contri- ` | buzione alla flora briologica della Calabria » (in: Atti della Società critt. ital, - ; vol. III, 1883): gli Autori hanno studiato però solo il territorio della provincia us t HN di Reggio e parte di quella di Catanzaro soltanto. Relativamente a licheni ri- = mando a’ recenti lavori del Dott A. Jarra, pubblicati nel Nuovo Giornale bo- la tan. italiano, 1892 e Bullettino della Società botan. ital., 1893 e 1894. SE presente lavoro chiuso, come manoscritto, nel 1894 non puó tener conto della * pubblicazione del magg. MicurrErT: sulla flora calabrese (Bollet. Soc. bot. ital. . 1895 e 1896). rotte lo cireondano, sarebbero da citare: le euforbiacee (Euphorbia bi- scillazioni della temperatura sono, a quanto appresi, troppo sentite per permettere la coltura di queste piante su vasta scala, e per tale motivo ritrae anche la vegetazione tutt'allingiro un carattere a preferenza piü settentrionale di quello che potrebbe supporsi ad una tale latitudine. ` In città, e specialmente a riparo del colle, dove si estendono le colture della « Villa » sonvi piantate le Yucche, la Palma, il Fico d'India, con l’Agave ed altre piante di regioni calde, ma nella vegetazione sponta- | nea intorno alla città si cercherebbero indarno le Opunzie, che fanno. 3 intorno a Napoli, le Agave, che si sono rese subspontanee sul promon- i torio di Piombino, o qualche altra delle piante dette. Non credo però ` che le oscillazioni forti e i disquilibri della temperatura soltanto si ren- . dano sfavorevoli alla vegetazione; la temperatura stessa non dev essere - suffieientemente elevata, o per lo meno deve dare delle medie inferiori — a quelle che si avranno nella campagna intorno a Napoli ed altrove. Parmi poter trarre questa deduzione dal fatto che, percorrendo la linea ferroviaria Napoli-Metaponto, e da qui a Cosenza, si trovavano le piante, avanti di arrivare a Cosenza, molto più avanzate nella vegetazione an- - ziché intorno alla città stessa. La vite. l' olivo, la robinia, i cereali tant'altre piante fornivano gli esempi piü palesi a questo proposito» G'immediati dintorni di Cosenza non offrono gran fatto un tipo di vegetazione spontanea, grazie alla diffusione che vi gode la coltura del terreno, solo nelle siepi, tra le fratte delle colline, fra’ campi, si scor- gono delle piante le quali o contribuiscono al consolidamento del ter- reno, o si rinnovano con tale insistenza che tutta la fatica dell’ uomo non arriverebbe ad estirparle. Fra le piante che più danno nell occhio di chi cerca una traccia di rusticità framezzo alle colture che ininter- glandulosa, E. terracina. ecc.), le lezuminose ( Anthyllis Vulnerarit. specie diverse di Trifolium, di Vicia, di Lathyrus, Lotus corniculatus. Ornithopus compressus, ecc.) qualche composta ( Achillea Millefolium, Picris hieracioides, Pulicaria viscosa, Calendula, Centaurea sp, Car - duus sp.), e poche labiate (Lamium, Nepeta, Calamintha, Ajuga): meno frequenti vi prosperano le ombrellifere ( Foeniculum), le graminacee (Bromus, Poa, Festuca). e le altre famiglie di fanerogame. Le critto- | OSSERVAZIONI BOTANICHE game vi fanno anche più rare (per lo meno nella stagione nella quale visitai quei luoghi): quinci e quindi s'incontra qualche felce (Asplenium Adianthum nigrum, Pteris aquilina): i licheni sono scarsi e quasi tutti sassicoli; nell'ombra del fogliame che costeggia un corso d’acqua si cela qua e là un Equisetum ed anche qualche esile musco da’ colori foschi od olivastri anzichè vestito del verde gaio che hanno le briofite dei boschi. Le colline tutto intorno a Cosenza offrono uno splendido quadro . dell’attività di quella gente agricola; fin dove arriva la coltura agraria l’occhio si riposa sulle svariate coltivazioni che si designano già da lungi per i colori diversi loro propri, e tanto si estendono che per il botanico non resta gran che da cogliere, se si eccettuano le solite erbe che accompagnano earatteristicamente le piante coltivate , infestando i TES "ET . H E . KÉ DH campi (fiordaliso, gettaione, rosolaccio, specchio di Venere, e sim. Le la vegetazione scarsa che si & rifugiata su’ margini de campi o su' pen- dii degli argini, molte volte brulli, a destra e sinistra delle strade. Di ortaglie se ne vedono poche, e pià in prossima vicinanza della città; maggiormente estesa in collina è la coltura della vite, la quale arriva quivi fino agli 800 e 900 m.; più verso il piano si hanno le colture delle fave, di lupini, di grano; più sopra si coltivano il granturco, la | segale, il lino, il trifoglio, la sulla; e anche più sopra signoreggiano gli oliveti; con l'olivo sono frequenti gli alberi di fichi e di gelsi, meno frequenti sono i ciliegi, de’ quali ne ho veduto, in una certa maggio- ranza, fra Celico e Spezzano grande. Col cessare dell'olivo si entra nella regione del castagno, la quale arriva fino a 1300 m. Ma non dovunque il passaggio dall’olivo al castagno è così continuato; lo si può seguire su quella serie di colline che si addossano alla costa della Sila, coro- ` nate dalle biancheggianti dimore de’ diversi paeselli, i « castellieri » antichi. Verso quella direzione si fa predominante, sempre più, fin dalla: regione dell’olivo, la quercia (forme diverse di Quercus pubescens W. ?) (1) (1) Intendo i termini di « regione » e di « vegetazione », più volte usati nelle ` presenti Osservazioni, nel senso della moderna Geografia delle piante, e ri- mando perciò al celebre trattato del Prof. O. Drops, « Lehrbuch der Pflanzen- ara » Dresden, 1890. RR R. F. SOLLA che si interna nei castagneti, o forma da sè de’ boschetti compatti con. esemplari maestosi per la grossezza dei tronchi e l’ampiezza delle loro chiome. La vegetazione spontanea di queste colline non è svariata, e poco di- ES versa da quella del piano, fin dove arrivano le colture agrarie : lungo con sparso qualche esemplare di Zelleborus, cespiti di graminacee snelle M TES . à E le sponde delle strade s'incontrano numerosi cespugli di euforbiacee, … | da’ lunghi culmi ondeggianti sulla brulla terra rossastra (Dactylis glo- : i 1 merata, Festuca ovina, F. dimorpha , Serrafaleus mollis, Briza media, gli Hordeum, ecc.) suffrutici poco meno che solitari di qualche composta ` ` (Pulicaria viscosa, Anthemis, Achillea, Helichrysum angustifolium, ece.), oppure i pungenti cespuglietti della Genista germanica, del biancospino, E qua e là la serpeggiante Bonjeanea hirsuta da’ fiori pallidi, qualche singola Rosa od i sarmenti arcuati di rovi sui quali si arrampica la vitalba con la madreselva: il tutto peró troppo interrotto, si che si con- fonde in gran parte con il colore del terreno o de massi che sporgono quinci e quindi sotto la poca ombra offerta da’ radi alberi ivi piantati. (Robinia, Ulmus, Ailanthus). Più su, dove le colture agrarie si fan | meno intense (dopo i 600 m. in media) anche la vegetazione spontanea | acquista maggior sviluppo, e parecchi tratti di terra, ombreggiati a mala pena da querci o castagni che si trovano posti a radi intervalli, offrono l'aspetto delle colline aride mediterranee, cotanto caratteristiche per il versante occidentale di questa regione fitogeografica, con i massicei ce- spugli di Cistus (C. salvifolius, C. ereticus, C. monspeliensis), Calyco- tome, Erica, Rosmarinus, Spartium, anche di Arbutus (come ne vidi specialmente da Rovito andando verso Celico), ece., che sporgono spo- ` radicamente tra’ greppi o da’ crepacci dei massi. Sr Ne’ castagneti verso la cima delle colline scarsa à la vegetazione bassa, Semi UE e nel suo complesso non offre molta diversità da’ castagneti che s in- — contrana sull'Appennino ed i suoi contrafforti nella parte centrale della ` — Penisola. Qua come là noi incontriamo un magro fil d'erba, che non arriva à cuoprire il terreno, per buona parte scoperto, con le radiei E degli alberi messe a nudo; solitari e sparsi vi si rinvengono gl' individui. di Myosotis silvatica, Saxifraga bulbifera , Cerastium campanulatum , OSSERVAZIONI BOTANICHE | 173 - Silene viscosa, Fragaria vesca, F. collina, Geranium nodosum, più specie di Cytisus, Helianthemum vulgare, Cistus salvifolius, Helleburus viridis, Orchis maculata, ecc., limitata & pure la vegetazione delle crittogame, con pochissimi muschi (per lo più sempre gli stessi: Dicranum scopa- rium, Mnium punctatum, Hypnum commutatum, ecc.) e qualehe lichene | (Sticta, Peltigera) su’ tronchi: sovrana regna quivi però la felce aqui- lina che pullula su quanto più terreno pud abbracciare, soffocando le altre piantine all'intorno. Mentre peró il carattere della vegetazione sotto i castagni non offre, nel suo assieme, una diversità da quella degli altri paesi (tranne per l'eventuale presentarsi di singole specie tipiche più tosto del mezzodi: Helianthemum guttatum, Plantago albicans , Erucastrum incanum e sim.) possiamo notare il fatto climatologico di trovare non solo il castagno, con le poche specie che vivono consociate ad esso, ad un'elevazione molto superiore che nell' Appennino centrale e su’ suoi contrafforti, ma altresì, e malgrado l' altezza della regione, una notevole anticipazione nell’ epoca della fioritura. Valga ad esempio che, mentre a Vallombrosa, sulla fine del maggio, i castagni si vestivano appena delle prime foglie verdeggianti e le diverse piantine appena spun- | tavano a’ piedi degli alberi e non erano peranco in fiore, sulle colline . intorno a Cosenza si poteva osservare invece, una settimana più tardi, i castagni già belli e fronzuti e con gli amenti maschili molto pronun- ziati, e nel vigore della fioritura le piantine sotto gli alberi. Non su tutte le colline si nota però l’ eguale e regolare succedersi del castagno all’ olivo, o per lo meno non salgono dovunque castagneti compatti, per delle centinaia di metri, verso i monti; in diversi punti il castagno è rado e cessa ben presto; il terreno scoperto apparisce al- lora quanto mai scarso di vegetazione, e le poche piante che vi fanno offrono ‘un aspetto piuttosto stentato o in aperta lotta con gli elementi. Tale la Potentilla calabra, la quale solleva appena i suoi rami fioriferi di pochi centimetri al di sopra del suolo, mentre i suoi fusti vanno strisciando fra sasso e sasso, quasi cercando un riparo alle loro delicate foglie. Similmente celano gli Hieracium, la Viola, la Anthemis ed altre Specie le foglie delle loro piant» fra' sassi sollevando gli steli fioriti al sole che li avvolge di luce, il timo sembra prosperare rigoglioso fra 12. Malpighia, anno X, vol. X. Dee R. F. SOLLA le pietre cuoprendo delle larghe piazze di terreno co’ rosei fiori profu- sfida le oscillazioni del clima e le diverse intensità di luce. All’ incontro i pochi faggi, che fanno capolino qua e là, restano cespugliosi, con i rami torti o parzialmente ridotti da’ venti gelati che ne disseccano le S gemme., Analogo à l'aspetto dei pochi aceri, degli arbusti d'erica che soffrono sotto l'influenza delle intemperie. - Di terreni cosi brulli, pove di vegetazione, se ne incontrano al di sopra del castagno sul colle di Aprigliano andando verso i rimboschimenti sul Craticello; più lontano di Cosenza si possono vedere saggi analoghi di un tale terreno nella lo- calità di Manche, verso le sorgenti del Cordari, dove affatto manca castagno (per quanto io abbia osservato), e così pure sui colli di San Pietro in Amantea, prendendo verso I Terrati, sul Majuzzo verso i Casellone d' Ajello, e sulle vette delle colline che stanno fra il dorso dei monti di Ajello e Grimaldi. 7 Ne’ burroni, percorsi o solcati dalle acque, all’ ombra e su tem più soffice e più pingue si può incontrare qualche poco di vegeta più compatta; vale ciò specialmente per i torrenti a' quali dell’ uomo ha apportato delle modificazioni, non solo con le diverse co- i struzioni di difesa, ma altresì con l'impianto di una vegetazione con- sputarla all’incalzare dell’acqua. Oltre a queste vi si notano pure: P diversi, Poterium Sanguisorba, Cistus salvifolius, Achillea millefoliun Geranium columbinum, Trifolium, Helichrysum, Mentha e diverse gra- minacee (Poa, Dactylis ed altre), qua e là un cespuglio di orniello, rosa, di sanguinella. Sulle colline dell’ Aprigliano, e così pure sul dorso della catena e da Mendicino porta, passando dai Vivieri, al Monte Cocuzzo, segue eastagno il faggio, ma ridotto ad esemplari ben meschini, alti app OSSERVAZIONI BOTANICHE qualche decimetro o di rado più, salvo in punti più riparati dal vento, come lo dimostrano i robusti faggi d' alto fusto nell’insenatura del monte verso le sorgenti del Craticello. Framezzo e sotto a’ bassi cespugli di faggio, maltrattati da' venti, sull'alto delle colline, non prospera che scarsa vegetazione, in complesso non dissimile da quella de’ luoghi sco- perti sopradetti. | Prima di lasciare le colline avvertird che il earattere della loro ve- getazione, quale l' ho brevemente abbozzato per il bacino del Grati in- torno a Cosenza, é ripetuto anche su’ poggi che costeggiando prospettano sul mare ed hanno, alle loro radici. una larga distesa di sabbia. Da questa s' innalzano piuttosto ripidi e malagevoli, ora fra scisti cristallini (Longobardi), ora fra sabbie mioceniche (Amantea) addossate a singoli massi scistosi, dei poggi, coperti anch'essi di coltivazioni agrarie, prin - cipalmente di vitigni e di campi di grano o di biade. Più in alto si ripete la stessa vegetazione che abbiamo incontrato su’ colli intorno a Cosenza. Ma il tratto di spiaggia che da Fiumefreddo si estende all’ A- mantea, e forse oltre, non offre affatto (per quanto l'ho percorso) una traccia della caratteristica vegetazione delle spiaggie mediterranee. Si fu con non poca sorpresa che vidi presentarmisi davanti una landa là dove io m'aspettava di trovare un ridente folto di sempreverdì. I fini detriti portati giù dalle acque, dalle intemperie, e ridotti anche più dalla lenta azione delle onde, hanno formato una pianura di sabbia che la vegetazione non è arrivata ancora a cuoprire de’ suoi ammanti. Mentre sulle foci del Cordari, framezzo a’ sassi e sulla poca terra che l'acqua vi ha menato, crescono stentatamente esemplari di Trifolium agrarium, T. phleoides, T. stellatum, Medicago marina, Lotus corniculatus, Bunias Erucago, Pulicaria viscosa, Chenopodium, Atriplex, non si incontra, da qui in giù che qualche raro Eryngium maritimum, o qualche solitaria Euphorbia Paralios ed E. Pinea seminascosti sotto la sabbia che li cuo- pre. L'operosa mano dell'uomo ha cercato anche qui di disputare il terreno agli agenti naturali, ed a riparo di lunghi filari di tamerici si vedono . de’ piccoli quadrati di terra dedicati all'allevamento di pochi ortaggi. Verso l'Amantea, senza che la natura all’ intorno muti gran fatto il suo carattere di landa, si presentano, sia coltivati nei giardini, sia sul pendìo 176 R. F. SOLLA del poggio, in luoghi non accessibili, o fra le colture agrarie individui di — elimi caldi, come ad es.: Matthiola tricuspidata, Convolvulus althaeoides, Opuntia vulgaris, Solanum Sodomaeum, Agave americana e simili. Quivi pure, salendo di poco sul poggio, si nota una vegetazione tipica di arbusti — — mediterranei (Myrtus communis, Pistacia Lentiscus, Calycotome, Ar- butus con l' Asparagus acutifolius, la Smilax aspera, ecc.) ma rappre- sentata solo da pochi individui, sparsi su’ margini delle proprietà, tanto. da lasciar quasi sorgere il dubbio se quelle piante siano (come proba- bilmente) gli ultimi avanzi di una vegetazione che cedette il terreno alle culture dell’ uomo, o vi siano state piantate per scopo di abbelli- mento. ASTE Un aspetto singolare presenta il Monte Cocuzzo nella flora dei ` 4 dintorni di Cosenza. Il masso di calcare triassico di questo monte si innalza, al di sopra di colline mioceniche, pesante fino à ca. | ma & quasi spoglio di vegetazione dal lato di tramontana e dove l'ho potuto vedere. Grossi macigni ne compongono !’ mentre i loro detriti, staccandosi e cadendo, hanno formato, col tempo, ripidi declivi di ghiaia che cede sotto il passo e rende oltre modo difli- cile non che il salirli anche l’attraversarli. Questi declivi, da lungi biancheggianti e deserti, non permettono ad una vegetazione di svilup- — parsi altro che in condizioni assai stentate, come possiamo ritrovare delle condizioni analoghe fra le Alpi dolomitiche o su certi pendii della. catena del Carso. Ed è appunto con questa catena che l analogia si - rende tanto più marcata in quanto che, oltre l’ aspetto nano delle piante, — vi riscontriamo delle specie simili o specie affini, ma degli stessi generi. ; Cito qui, fra altre, l Tberis Garrexiana, V Alyssum montanum, il Thymus Serpyllum, gli Helianthemum, i Trifolium, la Saxifraga tridactylites , che fanno quasi nascoste tra’ sassi qua e là, mentre da’ crepacci dei massi sporgono modesti ciuffi di graminacee (comunissime quivi la Poa bulbosa var. vivipara), o la Ceterach officinarum, una felce tipicamente muricola. Qualche rado arboscello di faggio o di spino nero completerebbe È la scarsa vegetazione del monte. Su qualche tratto di terreno, dove 1 OSSERVAZIONI BOTANICHE RL AS l’acqua potrà ristagnare, si hanno delle distese erbose con singoli ar- busti dell'ontano calabro (Alnus cordifolia) ed una vegetazione di scir- pee e di ciperacee oltre a qualche miosotide, la Serapias, le foglie della Veronica Beccabunga, ecc., piante tutte caratteristiche di terreni umidi. Singole specie raccolte sul monte servono però a segnalare quivi la vi- cinanza di una regione floristica più meridionale, come sarebbero, oltre all Alnus cordifolia, già citato, anche il Geranium brutium Gasp., l' Hy- | pericum graecum Boiss. et Hldr., la Vicia consentina Spr., V. ochroleuca » Ten, Orchis italica Poir. ed altre. Non ho girato il monte anche sugli aitri versanti, nè sono salito alla sua vetta piatta, per poter descrivere qui meglio il carattere della sua vegetazione che spicca contro quello della regione circostante. Mi limito solamente a farne cenno, dal punto di vista della geografia botanica, al quale s' insinuano le Osservazioni che mi pregio di presentare. - Al fine . di rendere più completi questi pochi cenni di interesse geografico, ri- corderò qui alcune specie che M. Tenore, nella sua Sylloge, indica quasi esclusivamente proprie del M. Cocuzzo; cioè: Ranunculus brutius Ten, Thalictrum lucidum Jeq. et Spr, Helianthemum arcuatum Ten., Geum pyrenaicum Ten., Potentilla pilosa W., Sedum neglectum Ten., 5 Colchicum parvulum Ten. — piante che non mi fu dato di incontrare, nell’ itinerario, anche per il motivo che taluna di esse entra nello svi- luppo in altra epoca che alla fine di maggio. È indubitato che chi imprenderà a studiare la Flora di questo monte, oltrechè raccogliervi specie di piante non ancora citate, darà una de- scrizione. botanica di esso che riescirà di p importanza per questa regione di vegetazione. Molto diverso à, al confronto, il carattere tipico nella vegetazione della Sila. Quest'immenso masso di gneis che si eleva dolcemente ad oriente di Cosenza, quale vasto anfiteatro fino a circa 1700 m., estende un altipiano misurante 100,000 ett. in superfieie, tutto ineguale, ora avvallato ora abbassantesi per centinaia di metri al di sotto di quel- | 178 CR. F. SOLLA . F orlo che si disegna sullo sfondo del panorama di Cosenza. Le acque ` che hanno le loro sorgenti su questo altipiano, subiscono, negli abbas- samenti del terreno, un rallentamento nell’ energia del loro moto ed uscendo dagli argini allagano porzioni del terreno circostante, per cui non deve sorprendere se, sopra l'altipiano, si incontrano piante di ter- ‘ reni umidi o palustri, quali le sfagnacee con carici, giunchi e qua e là diverse altre piante esigenti acqua (Cirsium italicum, Cicuta virosa, Montia, Caltha). Di contro a questa spicca invece notevolmente la ve- getazione de’ terreni asciutti, che offre un carattere sterile anzichè no, e non apparisce molto dissimile — se si eccettuano i campi coperti dalle = colture agrarie (segale, ecc.) — da una landa, specialmente là dove il vento ha accumulato i mobili finissimi detriti della roccia, ne’ quali affonda il passo. E naturale che anche le piante non possono farsi molto rigogliose sotto l'alto strato di sabbia, che a vicenda le copre; à tipiea però di questi terreni la vegetazione dell Erucastrum incanum, che € lungi si rende avvertibile per il colore giallo pallido de’ suoi fiori, quell degli arbusti spinosi dell' Astragalus siculus, con le foglie piccole e nerine, del Ranunculus illyricus, vestito pur esso di numerosissimi comi appressati che nascondono il suo verde naturale e lo fanno apparit bigio; analogo si presenta, nel suo tipo esterno, il Doronicum co folium, e qualche altra pianta ancora. Quinci e quindi sporge dalla sabbia l'infiorescenza racemosa di un Muscari, con le foglie modesta- mente appressate al terreno; su snelli scapi afilli dondola il eapol dell’ Armeria majellensis, da’ fiori sbiaditi, dietro ai sassi si cela Viola calcarata, tanto tipica dell’ Appennnino meridionale, e più vol: incontrata, nelle escursioni intorno a Cosenza, in punti esposti o spog al disopra della regione del castagno. Su cocuzzoli che si innali sopra l’altipiano ed arrivano fino a 1900 m., si estende generalmen bosco compatto, prevalentemente costituito dal tipico Pinus Laricio Po e frammista ad esso la sua varietà, il pino nero. Tale il bosco in con- - trada « Il tasso » presso l' Acquafredda, tale il poggio a Serra della Guardia, e molto più ancora il bosco di Gallopano, dove si vedono più maestosi ed anche i più annosi tronchi di pino, pur troppo. non tutti conservati, stante |' abuso praticato dall’ uomo se servirsene Pas materiale di illuminazione. Nel ie di i Aslan tedvidis pure su- | perbi esemplari di abete bianco, coi rámi incurvati da larghi festoni di Usnee che vi si sono annidate. Ma non solo qui, l' abete bianco si in- contra già alla salita, vale a dire sui declivi verso ponente, nella località detta « Nocelleto », dove sta mescolato a diverse altre essenze. Singolare & il presentarsi sull' altipiano di parecchie specie che al- trove fanno in regioni molto più basse; per massima parte sono piante introdotte per coltura, ma vanno, ciò nondimeno segnate, tali: il ca- stagno, la robinia. l’ ippocastano, il ciliegio, il cerro, il noce, il pioppo tremolo, il bosso; alle quali fanno seguito il larice, l’ abete rosso, la betulla. Si aggiunga poi, quali specie più preponderanti nella vegeta- zione dell’ altipiano silano — oltre alle poche tipiche su ricordate — anche le seguenti: Prunus spinosa, Potentilla calabra, Crataegus mo- nogyna, Rosa sp., Vicia Cracca, Genista silvestris, Anthemis arvensis, Centaurea montana. Verbascum sp., Digitalis sp., Plantago, Sedum , Helianthemum, Valeriana tuberosa, Asphodelus albus, Orchis sambu- cina, ecc. ecc. (1). i In complesso si può dire che la vegetazione della Sila — per quello che mi fu agio di osservare — è una regione boscosa, interrotta da campi coltivati e da pascoli, con stagni e terreni paludosi, — che ha il carattere della regione dei boschi nel resto dell Appennino, con la particolarità però dellə sua elevazione non inconsiderevole sul mare. In questo quadro generale scompare quasi la singolare vegetazione fra la sabbia del gneis, o piuttosto questa sembra amalgamarsi con l' assieme che la circonda. — Se, come abbiamo avuto campo di vedere nelle escursioni, il carattere floristico della Sila ritrae, nei suoi contorni generali, sul versante portato più verso settentrione (da noi percorso) il carattere botanico dell’ Appennino, mentre — come si puo supporre SÉ offrirà verso mezzodi, sul golfo di Squillace un tipo della vegetazione meridionale, la Sila — malgrado che poco estesa in senso longitudinale (!« Non parlo qui del Prunus Cocomilia Ten., che non cito neppure nel- l'Elenco, benchè lo abbia avuto da altri dalla Sila, perchè non mi fu dato di scorgerlo nelle mie escursioni, e non saprei dire nulla sulle condizioni della sua vegetazione, 180 . ..4 2 9 ne ro della Geografia delle piante, al pari delle estese catene dei Pirenei, ` delle Alpi, dei Balcani. Vogliamo dedicare ora un po d' attenzione a qualche particolare nella vegetazione succintamente esposta. Singolare, fra altri fatti, è la consociazione dell’ abete bianco. La | sua presenza non desta gran fatto sorpresa, perchè è noto come questa specie si estenda dal centro dell’ Europa, lungo l’ Appennino. fino in Sicilia. Nel bosco di Gallopano l’ abete bianco è nelle sue naturali con- dizioni, framezzo agli altri pini trova riparo sufficiente contro i venti e un’ eccessiva insolazione, mentre non gli manca quel grado di umi- dità — apportatavi anche dal corso di fresche acque che attraversano `: il bosco — che con le altre costituisce le condizioni naturali per la stazione di questa pianta. Sotto questi abeti e pini il terreno nons a luppa quasi affatto una vegetazione come si vede generalmente fustaie compatte di resinifere. — Ma interesse molto piü particolare ` richiede l'abete al Nocelleto, alla salita verso l'altipiano. Quivi Pal- d bero può dirsi sufficientememte regolato, dalle essenze che lo circon- dano, in rapporto ad una quantità di insolazione che gli è conveniente; non mancano le aeque che gl’ inaffino le radici e gli cedano |’ umidità. che richiede; ma le specie, con le quali lo troviamo consociato qui, sono tutte latifoglie a fronda caduca: aceri, pioppo tremolo, querci, e più in su e tutto all’ intorno faggi. Questa convivenza non è certamente tipica, ma eccezionale per l’ abete bianco. Questa consociazione porta perciò, | di conseguenza, che la pianta, nei mesi invernali, circondata da alberi sfrondati, resta esposta a’ freddi venti che la deturpano, ne fanno ge- lare le vette e sviluppano poseia delle gemme anormali o forzano i. rami laterali à mettersi in direzione verticale, talchè gli alberi si pre-. sentano da lontano come candelabri giganteschi, a meno che non s'in- contrino de tronchi torti, del tutto insoliti nell’ abete bianco. Se si osservano più da vicino le alterazioni nel portamento degli alberi esi ‘OSSERVAZIONI E 7 75. 777 gp ‘tiene conto delle dimensioni considerevoli che raggiungono, in gros- sezza, i tronchi dell’ abete, mentre gli aceri e le altre specie latifoglie circostanti hanno tutti proporzioni molto più modeste, si dovrà rico- noscere che al Nocelleto ci si trova dinanzi ad un fatto geografico im- portante, che quantunque si realizzi anche altrove, è pur tuttavia di somma importanza anche per la silvicoltura, cioè il fatto che una specie endemica ceda il terreno alla coltura invadente. E innegabile che gli aceri, le querci, i pioppi al Nocelleto sono stati: introdotti per coltura e si sono avanzati sempre più occupando il terreno altre volte posse- duto dagli abeti, questi ritirandosi cedettero, perirono, e solo singoli individui più resistenti, o forse meglio protetti, si sono conservati spo- radicamente in mezzo alla foresta che si avanza (1). - De’ faggi ritengo che siano stati fin da principio, e come altrove nell’ Appennino, in una zona superiore a quella dell’ abete bianco, la quale si avanza fino al- l’ Acquafredda. Che i faggi abbiano tronchi sottili o assumano porta- mento cespuglioso anzichè costituire una faggeta compatta, potrebbe trovare la sua spiegazione nel rinnovamento organico della pianta e nell’ azione dei venti che non le permettono di innalzarsi ad albero maestoso. j Avuto riguardo alla stagione nella quale furono fatte le escursioni ed al percorso seguito in queste, si può distinguere nella vegetazione spontanea dei dintorni di Cosenza — lasciando affatto a parte il tratto della spiaggia di Amantea, già descritto — due zone vegetative: una montana, che à bene rappresentata sull’altipiano della Sila, della quale anche si tenne già parola, ed una zona submontana sulle alture sco- perte delle colline, generalmente al di sopra del castagno, ed in parte anche nel dominio dei castagneti. la quale ritrae il carattere della grande regione mediterranea. In essa troviamo tipiche le Cistacee (con () Non mi nascondo che l'uomo vi avrà contribuito la sua parte con l ab- battere gli alberi, ma inclinerei a ritenere questo fatto come un coefficiente , non come prima causa della scomparsa dell abete. a # H "NOCT R. F. SOLLA ralmente diffuso e preponderante, nel suo sviluppo, sopra le altre specie nulla delle Monocotili — piante generalmente tipiche del Mediterraneo ` le tre specie ricordate dei Cistus e parecchi Helianthemum) che in grande quantità prosperano fra’ sassi. A questa famiglia devesi aggiungere subito per abbondanza di rappresentanti. quella delle Papiglionacee, come ne 5 fanno prova i numerosi cespugli di Cytisus, le molte specie di Vicia, P Astragalus siculus sui declivi della Sila, gli arbusti di Calycotome spinosa, le frequenti Genista, le Anthyllis, che insieme a molti Lathyrus e Trifolium si possono dire comuni a tutta la regione percorsa, ed altre ancora. - Non infrequenti sono inoltre gli Hypericum, talvolta molto marcati per lo sviluppo dei singoli individui. e Alle famiglie nominate si aggiungano poi, come oltremodo tipiche, si le specie seguenti: la Potentilla calabra che si estende da uno all’altro "i i I eg e gene EE, E, Eege Ze art E EE d dei tanti dossi scoperti, il Thymus Serpyllum con varie forme, gene- ` della famiglia delle Labiate, per la quale si potrebbero citare anche altri rappresentanti, il rigoglio dei quali cadrebbe perd in stagione più ‘avanzata. Altrettanto dovrebbesi dire della numerosa famiglia delle Com- VEM poste, della quale — in proporzione — non s'incontrano che pochi ine dividui, stanteehè lo sviluppo maggiore delle piante di questa famiglia cade d’ ordinario nei mesi più caldi. Altra specie quanto mai domi= nante, particolarmente nei castagneti, à la Pteris aquilina, che ebbi occasione di nominare più volte: di altre Felci invece non si osservano ` : che pochi rari rappresentanti. Per ultimo indicherö anche l'Armeria ma- jellensis che offre un carattere singolare nella vegetazione sulle. falde elevate della Sila e si avanza persino con l’ Astragalus siculus e b Va- . leriana tuberosa, su’ campi sabbiosi sull’altipiano (1). - Non posso dire — perché di esse non ho incontrato, relativamente, che poche specie (si osservi nell' annesso Elenco il numero delle Orchidee, in primo luogo. | indi i Muscari, il Narcissus ece.); ma conviene tener presente che queste piante — escludendone le Glumiflore — hanno il massimo del x (t) Stimo inutile il parlare della Viola calcarata L., perehé assai diffusa su tutto l Appennino, nelle regioni elevate del quale si trova predominante nella forma che F. PARLATORE distinse più propriamente per Viola Fugenzae. Kate: E OSSERVAZIONI BOTANICHE o . , 188 —— loro sviluppo ne' mesi di maggior umidità, cioè nella primavera e nel- l'autunno. Le Glumiflore, e specialmente le Graminacee, non possono dirsi abbondanti nella vegetazione che abbiamo preso a considerare. D' altra parte colpisce non meno la searsità dei rappresentanti di altre famiglie; tale per es. quella delle Ombrellifere. Le specie di questa famiglia, com’ à noto, fanno su terreni i più svariati ed in condizioni diversissime; noto pure che il maggior numero di esse é perennante, quindi, anche se non in fiore o frutto, dovevano trovarsi i cespiti fo- gliferi di queste piante (tali sarebbero le specie di Daucus, Ferula, Thapsia, Bupleurum, Peucedanum. ecc. che non osservai in verun luogo). All’ incontro il numero delle Ombrellifere, comprese nell’ Elenco, è molto esiguo e quasi limitato a condizioni particolari, cioè non di generale diffusione, come si può rilevare dalle indicazioni sulla località, apposte a ciascuna specie. La famiglia delle Rosacee è pure fra quelle - meno rappresentate, e posso anche aggiungere che del genere Rosa non osservai che pochi rappresentanti nelle siepi: arbusti di rose, sparsi per la regione, non ne vidi che molto pochi. Egualmente notai la mancanza del Sarothamnus vulgaris, dell’ Ulex europaeus, di qualunque Gentiana, dell’ Juniperus communis, che non mi fu dato di osservare in veruna escursione, e potrei addurre anche l Erica scoparia, incontrata solo ai piedi delle colline di Ajello. Quale importanza si possa annettere a queste specie mancanti non potrei dire, per ora, chè ulteriori e più estese ricerche dovrebbero appena chiarire gli ultimi limiti dell’ avan- zarsi delle specie nominate sul territorio di vegetazione spontanea in- torno a Cosenza. La stessa osservazione dovrà farsi per il Pinus brutia Ten., caratteristico della vicina catena d’ Aspromonte, ma del quale non abbiamo veduto verun esemplare. Rari pure sono gli esemplari di Sam- bucus nigra, di Cornus sanguinea; non vidi affatto il C. mas. Anche del genere Saxifraga non si osserva veruna delle specie frequenti sul- l Appennino; anzi di queste non abbiamo veduto che la S. bulbifera, comune, se anche non dovunque, e la S. tridactylites, limitata unica- mente al Cocuzzo. Ricorderd per ultimo alcuni casi di danneggiamento alle piante, che ho avuto occasione di notare nelle escursioni. Uno dei danni più rilevanti & certamente quello causato da’ « topi » sulla Sila, e specialinente nelle piantagioni di querce verso la Serra. della Guardia. Le piantine, di qualehe anno d'età, vengono rose alla base del tronco, generalmente da un lato solo. Il roditore asporta la eorteecia ed il legno, peró procedendo dall'alto verso il basso rode molto più legno fino ad arrivare alle radici che vengono guaste quasi com- pletamente. I tronchi, male equilibrati, cadono all'urto del vento o di qualehe animale che passa, o se pure stanno anche in piedi, si possono estrarre con tutta facilità dal terreno. Non di rado si sono insinuati, per la superficie di erosione, i miceli di diversi funghi saprofiti nell' interno del cilindro legnoso, i fusticini appariscono allora anneriti, con rivesti- —— mento ragnateloso, ed il legno cariato si sbriceiola sotto le dita cedendo ` porzione di acqua, della quale è imbevuto all’ eccesso. ll carattere ti- — pico offerto da’ fusti rosicati, e specialmente la porzione guasta, corri- sica M E AC sponde egregiamente alla descrizione che l’ALtum fa dei danni cagio- —— nati dall’ Arvicola amphibius Dsm., e le indicazioni che ho potuto . avere su’ « topi » della Sila sarebbero consone con le abitudini del detto roditore. I « topi » sono di mediocre grandezza e di vita notturna, vivono in gallerie sotterranee, analoghe a quelle delle talpe, in vicinanza dell’ acqua, nella quale entrano. Dopo un’estate molto secca, i topi non si sono mostrati più. Grederei adunque che il danneggiatore nostro sia l'Arvicola amphibius,il quale ha una predilezione speciale per le quercie. Altro danno che parvemi considerevole è l' abuso di scheggiare i mae- stosi tronchi di pino per servirsene da lume artificiale. Nel bosco di Gallopano si vedono, pur troppo, numerosi alberi così maltrattati , in parte anche carbonizzati, con grave danno della pianta. Preseindendo dal danneggiamento diretto del prodotto della pianta, vengono alterate le funzioni fisiologiche normali di questa, ne scapita l equilibrio della pianta tutta, e, per le scheggiature praticate, è aperto l adito alle spore di funghi, portate dal vento nelle fessure del legno, da dove spingeranno OSSERVAZIONI BOTANICHE OTT 185 le loro ife nel eorpo legnoso, e causeranno la carie dell'albero. Questo pericolo & tanto più grave in quanto che nel suddetto bosco di Gallopano ho notato già la presenza di una specie di Polyporus, vivente su' pini, della quale dirò qualcosa in altra occasione. Il fungo sporgeva le sue fruttificazioni legnose dall'alto dei tronehi già gnasti per il suo paras- sitismo. Danni non pochi causano le capre, dove sia, nella vegetazione intro- dotta per coltura specialmente. Qualeuno degli scorzamenti e anche più piante intristite e deturpate nel loro accrescimento per opera di questi animali, ebbi occasione di vedere quinci e quindi intorno a Cosenza. Nulla di particolare peró in questi easi, come non mi si offri occasione di scorgere casi patologici speciali dovuti all’azione degli insetti sulle piante. Notai bensì numerosi Galleruca alni L. su’ cespugli di Alnus cordifolia lungo i torrenti perlustrati: abbondanti pure gli Omophlus betulae F., su piante diverse, ma principalmente sugli ontani, gli aceri ece.; diversi Curculionidae su’ salci e qualche lamellicorne, ma tutti di poca importanza. A questi si vogliono aggiungere i bruchi di Liparis chrysorrhoea L. che tessevano i loro nidi seriei intorno a rami dei ci- liegi a Miglianò. Danni possono produrre anche i venti ed i geli. Sulla Sila si hanno talvolta, anche nelle mattine del luglio (come appresi), de venti freddi che causano delle gelate nella vegetazione: il carattere cespuglioso che la flora presenta in molti punti, notevolmente esposti, della Sila è do- vuto in primo luogo a queste condizioni di clima. Vale lo stesso per la - vegetazione del faggio, lungo il ciglione dell'altipiano, come ho detto più sopra. E non meno si fa valere l'azione dei venti sulla vegetazione . che euopre le discese a ponente di quest'immenso masso. Fra tutti gli altri alberi soffrono eli abeti, condizionatamente al trovarsi attualmente, i pochi individui rimasti, sparsi framezzo ad una vegetazione che non offre loro un riparo naturale. Le forme più differenti si possono osser- vare colà nello sviluppo de’ tronchi, e non v’& pianta che presenti nel suo portamento il tipo diritto dell' abete. Fra i casi più frequenti & quello della policladia, cioè dello sviluppo di parecchi rami in direzione ver- ticale, al posto dell'asse primario deperito. La vetta però di questi rami _ 186 R. F. SOLLA à non solo torta, ma anche ridotta nel proprio, come nello illa dei ramoscelli laterali. Ordinariamente, com'è noto, si vedono i rami del- l'abete riuniti a verticillastri, orientati verso tutte le direzioni de venti, intorno all’ asse principale; gli abeti della Sila (a Nocelleto) non hanno, nelle parti superiori de’ rami eretti, che ramificazioni unilaterali, e sono sviluppati precisamente solo i ramoscelli dal lato prospettante verso mez- zogiorno e ponente, cioè quelli provenienti da gemme riparate contro i venti freddi che scendono dall’ altipiano silano. S | ELENCO. DELLE PIANTE RACCOLTE NELL'ESCURSIONE (!) DICOTYLEDONEAE. Ranunculaceae Juss. Clematis Vitalba L., nelle siepi sulle colline, non frequente. Apri Adonis distorta Ten., nel folto di piante sul Craticello. Indicata, ne! Compendii, delle vette dell' Appennino, credo gis specie ` nuova per la regione cosentina. Thalictrum aquilegifolium L., nella regione del faggio sopra Spezzano grande. — flavum L., luoghi incolti, aprici sull’ altipiano della Sila. Ranunculus illyricus L., a Monte sulle colline scoperte sopra Apri- gliano, e nella sabbia sull’ altipiano della Sila. Ge — montanus Willd., alla Fossiata sulla Sila. -= velutinus Ten., a Nocelleto, presso i rigagnoli. — bulbosus L., sul torrente Craticello. Ritengo che gli es raccolti qui En Lens veramente alla specie PARSE (!) Nella disposizione delle specie ho KE il « Conspectus Florae euro- paeae » diC.F Nyman, Oerebro, 1878-84 Le specie più comuni e piü diffuse. — Papaver Rhoeas, Capsella Bursa pastoris, Senecio vulgaris e sim. — sono omesse per brevità. ZE £ ng 5 OSSERVAZIONI BOTANICHE uer ‘+ MOT differiscono notevolmente dai ranuncoli dell'Appennino cen- trale, altre volte ritenuti per R. bulbosus, ma riportati in- vece al R. Aleae in seguito ad indagini piü precise (Cfr. gli studi eritiei di E. Chiovenda pubblicati nel Bull. della Soc. bot. ital., 1892). — sardous Crz.,.sulle sponde del Mucone sulla Sila. | Helleborus foetidus L., sparso qua e là nel castagneto sopra Aprigliano: fr. ; — viridis L., sul monte sopra Ajello; fr. Caltha palustris L., sul eorso delle acque alla Fossiata; fr. Papaveraeeae DC. | Glaucium flavum Cr. (G. luteum Scop.), alla spiaggia presso Amantea. Fumariaceae DC. Fumaria capreolata L., sui muri di Cosenza. Cruciferae Juss. Cakile maritima Sep, sulla spiaggia d'Amantea; sparsa. Matthiola tricuspidata Br. R., ivi; rara. Nasturtium officinale Br. R., in luoghi paludosi a Mendieino. Dentaria bulbifera L., all'Aequafredda (Sila), sparsa sotto i faggi. Sisymbrium Thalianum Gay, luoghi incolti alla Fossiata. Erucastrum incanum Kch., sulle colline sopra Spezzano grande in luoghi aprici, e molto diffuso sui campi sabbiosi dell'altipiano silano. Koni ga maritima Br. R. (Alyssum maritimum Lam.), sul torrente Cordari. Alyssum montanum L., tra la ghiaia sul M. Cocuzzo; non frequente. Iberis Garrexiana All, ivi; sparsa. Bunias Erucago L. (Erucago campestris Dsv.), sul cono di deiezione del Cordari. Neslia paniculata Dsv., sui colli sopra Aprigliano, non frequente. Resedaceae DC. Reseda luteola L., sulle pendici scoperte alla salita da Spezzano grande verso la Sila. Cistineae DC. Cistus creticus L., (C. villosus L.. B creticus L.), sparsa sui dorsi delle colline, in luoghi scoperti: verso Rovito, colline dei Terrati sul lago del Majuzzo. 188 R. F. SOLLA — salvifolius L., piuttosto frequente, sulle colline alluvionali e scistose: intorno ad Aprigliano, a Monte, ai Terrati, verso Rovito: sparso anche nei castagneti: sopra Mendicino, presso Grimaldi e sopra Spezzano grande; egualmente nel folto di eoltivazioni sul percorso inferiore del Cordari. - monspeliensis L, non frequente; sulle colline ad oriente di Cosenza, verso Rovito, Celico, ecc. Helianthemum guttatum Mill., sparso, in luoghi esposti delle colline, fra i sassi. : — vulgare G , sparso qua e là, in luoghi scoperti: colline sci- stose di Aprigliano, salita da Ajello fino al Romitorio; tra i sassi del M. Coeuzzo, come anche sotto castagni: sopra ` Aprigliano, Mendicino, Spezzano grande e presso Grimaldi; fra le coltivazioni a Serra della Guardia sulla Sila. -— rubellum Prsl., sul M. Cocuzzo. — graecum Boiss. et Hdr., sul M. Cocuzzo, tra i sassi. Violarieae DC. Li Viola canina (L.) Rchb.. in luoghi umidi all’ Acquafredda, fiorita; sulle sponde del Crati, verso Monte, fr. -- calcarata L., nelle regioni elevate, nei castagneti sopra Monte fino alle sorgenti del Crati, sopra Mendicino, Spezzano grande: fra le coltivazioni a Serra della Guardia, nonché sul Crati- cello. Fa pure in luoghi scoperti, tra i sassi: sul M. Coeuzzo, .sul monte sopra Ajello fino al valico « il Romitorio », sul granito scoperto alla Cantoniera Margherita salendo alla Sila, nonché sall’ altipiano silano. — sp. À Manche, sotto il Cocuzzo, raccolsi fra le piantagioni di rimboschimento aleuni esemplari non fioriti di viola, ma non mi fu possibile di identificarne la specie dal carattere, poco eostante, delle foglie soltanto. Polygaleae Juss. Polygala major Jeq, ai Vivieri. E vulgaris (L.) Sehk., piuttosto frequente sul M. Cocuzzo, in luoghi erbosi; meno tra i rimboschimenti sul Maiuzzo fino al easellone di Ajello. OSSERVAZIONI BOTANICHE 189 Silenaceae (Brtl) Lndl. Eudiante Coeli rosa Fzl., ai Vivieri. Lychnis Flos cuculi L., sull’altipiano della Sila. Melandryum pratense Rhl., sul torrente Cordari. Silene italica Prs., a Miglianò, fra i campi. — gallica L., nel castagneto intorno ad Aprigliano, sul monte sopra Ajello verso le sorgenti del Majuzzo. — conica L., castagneto sopra Mendicino; a Miglianò fra i campi. = sp. Al easellone d'Ajello raccolsi alcune piante, non fiorite, che riporterei — per quanto lo concede l’esame dei caratteri ar degli organi di vegetazione — al genere Silene, ma non SC potrei indicarne la specie. Dianthus prolifer L., colline scoperte intorno a Mendicino; ael casta- . gneto sopra Spezzano grande. ES Alsinaceae (Brtl.). Cerastium campanulatum Viv., castagneto sopra Aprigliano, sopra Spez- zano grande; tra le coltivazioni a Serra della Guardia; in luoghi erbosi sul M. Cocuzzo. — brachypetalum Prs., al casellone d’Ajello. | Spergula arvensis L., alla Fossiata. . Spergularia rubra Prs., fra i detriti di gneis salendo dalla Cantoniera | Margherita all’ altipiano silano; sparsa. Lineae DC. 3 —. Linum narbonense L., al casellone d’ Ajello, sparsa fra la vegetazione all'intorno. Questa specie, rara in Italia, non à stata indicata, a mia saputa, finora della Calabria; secondo le indicazioni nei Compendii non arriverebbe più in giù delle Marche. ma usitatissimum L., coltivato sulle colline intorno a Cosenza, verso i 600 m. d'elevazione (Pian del Lago, Rovito-Celico, ecc.). Hypericineae DC. o Hypericum barbatum Jeq., lungo il Mucone, sulla Sila. Il Nyman non cita per questa specie la regione calabrese, benché ricordata nei Compendii. /— calabricum Spr. (H. barbatum Jeq., £. calabricum Spr.) in- 13. Malpighia anno X, vol. X. 106 — "m P.os0LtLA È dicato fin qui solo d'Aspromonte (efr. Cesati-Passerini-Gibelli, compendio pag. 757), venne raccolto a Serra della Guardia sulla Sila. — perforatum L., comune nella regione delle colline, lungo le strade. — crispum L., sui colli d EES à — Coris L., sul Craticello, sul burrone di Piane Crati. Indieato ` dagli Autori soltanto per l'Italia superiore e media. Forse introdotto in Calabria con i lavori di rimboschimento sui torrenti. : Aeerineae DC. | ; Acer Pseudoplatanus L., pochi esemplari su terreno scoperto , vers Monte sopra Aprigliano. — italum (Lth.) Pax, fra i rimboschimenti sul corso inferiore (di sotto agli 800 m.) del Cordari, esemplari giovani, bass Declivi della Sila, presso Nocelleto. Hippocastaneae DC. di Aesculus Hippocastanum L., coltivaio in diversi esemplari presso la : serma di Migliand sulla Sila. Ampelideae H-B. K Vitis vinifera L., coltivata nella regione delle colline. NOIE DC. : menti sul Craticello. — columbinum L., nei pressi di Mendicino; al margine all strada. | ; — brutium Gasp., sul M. Cocuzzo. = Alcune specie di Geranium, non fiorita, della sezione. lumbina Boiss., raccolsi insieme al = Robertianum L., anche non fiorito, lungo le sponde del Gate S E malacoides W., sulla collina verso Monte. — Celastrineae R. Br. Anonymes latifolins Scop., lungo le sponde del Cordari. Tes Mc Deae L., presso Grimaldi; sulla Sila a Nocelleto e > Jona OSSERVAZIONI BOTANICHE 191 neralmente nel folto di boschi o di consociazioni con altre legnose. Rhamneae R. Br. Rhamnus tinctorius W. K., nel bosco di Gallopano. a specie se- gnata dal Nyman quale sottospecie del R. sawatilis L., per le regioni del Mediterraneo orientale, non è affatto compresa nei Compendii. Per il R. savatilis L. tutti gli Autori sono concordi nell'indieare l'Italia settentrionale quale suo limite equatoriale nella nostra flora. Il R. tinctorius W. K., nuovo per la Calabria, è importante per segnare un rappresentante di più delta flora balcanica sull’ Appennino. Terebinthaceae Juss. Pistacia Lentiscus L., alla spiaggia e sulle colline d'Amantea; sui colli brulli di S. Pietro in Amantea verso il lago del Majuzzo. Quest’ ultima località à di interesse per l'avanzarsi di questa specie mediterranea, amante le spiaggie, nell’ interno del continente: come si vede anche in altri punti della Penisola (macchie intorno Roma, à Spoleto, ecc.). Ailanthus glandulosa Dsf., coltivato generalmente, luñgo le strade, in alto delle colline (verso Aprigliano, ecc.); anche intorno ad Amantea. Cesalpinieae R. Br. Ceratonia Siliqua L., coltivato presso Amantea. Cercis Siliquastrum L., sulle colline intorno à Mendicino. Frequentis- sima nelle siepi sull'argine ferroviario prima di arrivare a Cosenza. . Papilionaceae L. Spartium junceum L., sulle colline in luoghi scoperti, per lo più, sparso: ad Aprigliano, Mendicino, Celico, Amantea; qua e là anche fra le specie consolidanti i terreni di rimboschimento: à Piane Crati e sul Cordari. Viene anche coltivato per scopi industriali, ma non molto. È volgarmente detto « ghinostra ». Genista silvestris Scop., altipiano della Sila, verso Serra della Guardia ed alla Fossiata. Nuova per la Calabria, questa specie viene 192 R. F. SOLLA indieata dagli Autori esclusivamente per il settentrione della Penisola (Friuli). — germanica L., sparsa e non frequente sulle colline, al mar- gine dei castagneti. — anglica L., sull'altipiano della Sila. Questa specie, sparsa —— anche altrove in Europa, non era indicata — per l’Italia — = che dei pascoli elevati sull’ Aspromonte. | P ME tinctoria L., sulle colline verso Celico; salita alla Sila presso — = la cantoniera Margherita, e sparsa sull'altipiano, per lo più — | | in luoghi erbosi, umidi (Serra della Guardia, Jona). Ze | Cytisus monspessulanus L., sulla collina verso Mofite, e presso Grimaldi, | in luoghi scoperti. | E sessilifolius L., specie piuttosto diffusa sebbene non frequente nella regione. in luoghi scoperti: ai Vivieri, sul M. Coco 4% sul poggio sopra Amantea, alla cantoniera Margherita. — triflorus F Her., presso Grimaldi; cantoniera Margherita. -— hirsutus L., a Monte, e sulla Sila alla cantoniera Federici. beni capitatus Scpp., castagneto sopra Mendicino. Specie, come eredo, nuova per la Calabria essendo indicata solo Der l’Italia superiore e centrale. — altre specie ne raccolsi nei dintorni di Cosenza, specialmente i nel castagneto sopra Mendicino, ed ai Vivieri, ma non E fiorite, quindi mi fu impossibile di identifiearle. Calycotome spinosa Lk., sulle colline, in luoghi aprici aridi, sparsa: Aprigliano, Mendicino, Rovito, Amantea. - Lupinus albus L. (?) (o qualche altra specie?), coltivato abbondante- mente presso la città. Anthyllis Vulneraria L., sparso qua e là, specialmente nei lavori di rimboschimento: sul Craticello, a Piane Crati, sul Majuzzo: in luoghi erbosi all'Aequafredda. — ©. rubra Gou. (A. Dillenii Schlt.), in luoghi ombreggiati, sotto castagni a Monte; a Serra della Guardia e sul colle . di S. Giovanni Pagliati sulla Sila. és tetraphylla L., spiaggia d’Amantea. X Py A Su RR 3 ti OSSERVAZIONI BOTANICHE. Medicago marina L., sul cono di deiezione del Cordari. — Helix W., y. Astroites Bert., sul colle a Monte, in luoghi | aridi. Trifolium pratense L., verso il casellone di Ajello ed il Romitorio; nel castagneto sopra Spezzano grande. — Cherleri L., in luoghi aridi, sassosi: sul M. Cocuzzo; verso le sorgenti del Majuzzo. — angustifolium L., coline d'Aprigliano. — stellatum L., sulle colline qua e là in luoghi aridi, a Men- dicino e sopra Amantea; sul cono di deiezione del Cordari. -— phleoides Pourr., sul codo di deiezione del Cordari. — subterraneum L., sul monte sopra Ajello, verso il Majuzzo; raro. : — agrarium L., sul M. Cocuzzo, sul cono di deiezione del Cor- dari; nel castagneto sopra Spezzano grande. xu incarnatum L. ed altre specie sono anche coltivate qua e là sulle colline. Doryenium suffruticosum Vill, raro, sui colli verso I Terrati. -— hirsutum Ser. (Bonjeanea hirsuta Rchb.), sparso e non fre- quente sui colli alluvionali di Aprigliano, sopra Amantea, nella regione superiore del castagno, in luoghi esposti, sopra Mendicino; nel letto del Crati a Monte, e lungo i lavori di rimboschimento a Piane Crati. e Lotus cornieulatus L., comune qua e là, tanto tra i coltivati quanto in luoghi incolti, più frequente su terreno arido: sul colle sopra Amantea, sul monte sopra Ajello, sul cono di deiezione del Cordari, sull’ altipiano della Sila. (0. Coronilla Emerus L., non frequente; sui colli sopra Amantea, qua e là. Ornithopus compressus L., sparso; a Monte, e sul monte sopra le sor- genti del Majuzzo. Colutea arborescens L., al lago del Majuzzo. Robinia Pseudacacia L., coltivato frequentemente, sui torrenti per rim- bosehimento, dalla regione del piano fino alle loro sorgenti (Craticello, Piane Crati, Majuzzo, Cordari), nelle siepi prima di arrivare a Cosenza, lungo la ferrovia, e sulle colline. : UR. F. SOLLA Psoralea bituminosa L., piuttosto frequente e diffusa, per lo più in collina: verso Aprigliano, a Mendicino, Rovito, sopra Amantea; 7 anche sul cono di deiezione del Cordari. Astragalus glycyphyllus L., alla Fossiata sulla Sila. — siculus Biv., sulla Sila, dalla cantoniera Margherita in su, comunissimo sui campi sabbiosi dell’ altipiano. Non ancora fiorito. Terrati verso il lago formato dal Majuzzo. In qualche luogo ` — (Mendieino) anche coltivato su larga scala. E | Phaseolus, diverse specie, coltivate, nelle regioni inferiori delle colline. É : : | È j i | Hedysarum coronarium L., sul torrente Cordari, sulle colline brulle ai M | Lathyrus platyphyllus (Retz.) (L. silvestris L., 5. platyphyllus Retz.). a Monte, in luoghi aridi. — sphaericus Ritz, col precedente. — Aphaca L., colli d'Aprigliano. — sessilifolius Ten., all’ Acquafredda. Vicia ochroleuca Ten., sul M. Cocuzzo. — Gerardi Vill., sotto querci verso Rovito: alla Serra dell Guardia. — _ consentina Spr., sul Craticello, al M. Cocuzzo, a Miglianò. — sativa L., a Serra della Guardia. — varia Hst., al M. Cocuzzo, e sul Mucone. — Faba L., coltivata nella regione inferiore delle colline. — Sp. ne raecolsi anche diverse, appena o non ancora fiorite, ma senza frutti, si che mi riesci impossibile di identificarle. Wes Drupaceae L. : . Prunus avium L., coltivato, ma non molto oen per lo più in alto delle colline. Ne vidi, in maggior quantità, a Grimaldi, e verso Spezzano grande; anche a Miglianò, sulla Sila, sono coltivate aleune piante. — spinosa L., non frequente. Sotto castagni a Monte, raro; in n luoghi scoperti sopra la cantoniera MARRA e verso Serra della i sparso. * 2 t SE ` sp. diverse osservai, in E i CH isst mella teillone della colline tutto intorno, anche sui torrenti, . meno frequenti ne vidi formare sottobosco (sotto i i castagni ad Aprigliano , CP Grimaldi); non ho tentato di identificarle perchè troppo poco ` sviluppate da offrire tutti i caratteri richiesti per il loro studio. uu LM iu dra iU Fragaria vesca L., nel aspri iph è Aprigliano, al casellone di Ajello, a Serra della Guardia. | collina Ehrh., sotto i caen o e d. con la procedente ` verso Monte. ^ 18 So | RIVISTA BIBLIOGRAFICA ITALIANA ver IL 1894 | "d Rivista bibliografica italiana per il 1894 RIVISTA EPATICOLOGICA ITALIANA "i MASSALONGO). I. Camus Fr. — Note sur les récoltes bryologiques de M. P. Mabille en Corse: Révue Bryol. 1895, n. 5, p. 65-74. Fra le epatiche registrate in questo articolo, è notevole per la Corsica il Plagiochasma italicum De Not., ma specialmente la Fimbraria afri- ` cana Mont., perchè quest’ ultima ci era conosciuta soltanto dall'Algeria r ed isole Canarie. II. Gasparis A. pe — Su di uw epatica del Trias: — estratto ` Rend. R. Accad. Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli E fasc. 3, anno 1895. Tutte le epatiche fossili sino a poco tempo fa descritte, spettavan a terreni terziarii; IA. in questo articolo ci fa ora conoscere una nu forma, proveniente dal « Keuper superiore (Trias) », dallo stesso chiamata | Bassania Keuperiana nov. gen. et sp. Il genere Bassania, secondo TA mostrerebbe aleune affinità coi generi viventi Plagiochila e Calypogea; da tale raffronto si può però arguire che trattasi di affinità molto diseu- ` tibili, essendochè fra Plagiochila e Calypogea sussistono delle differenze. rilevantissime. Per questo motivo, come ancora in considerazione del fatto che l impronta, da cui venne tratta la diagnosi, rappresenta un. solo ramoscello sterile, forse l'A. avrebbe potuto piü opportunamente ` ascrivere , cotesta epatica fossile, al genere collettivo Jungermannites | Goepp., essendo già, d'ordinario, molto arrischiata la determinazione di un genere di J ungermanniaceae viventi, qualora difettino gli a della. fruttifieazione. III. Lanza D. — Su tre epatiche nuove per la Sicilia: — Bul- lett. Soc. Bot. It n. 6, p. 154 (proced. verb.); Firenze 188 Le tre specie segnalate dall" Autore nei dintorni di Palermo sono: . Plagiochasma italicum, P. Roussellianum e feu caespitifor- . Ki ì Meri RIVISTA BIBLIOGRAFICA ITALIANA PER IL 1894 D mis. La scoperta di queste rarissime epatiche in località del resto no- tissime ai floristi, dovrebbe invogliare i botaniei della Sicilia, regione quasi sconosciuta in fatto di queste crittogame, a dedicarsi anche alla ricerca e studio delle epatiche del loro paese. IV. MassazowGo C. — Sopra una Marchantiacea da aggiun- gersi alla flora europea in: Bullett. Soc. Bot. It. n. 6, p. 154; Firenze 1895. Recentemente il prof. D. Lanza rinveniva in Sicilia il Plagiochasma Roussellianum Mont., specie dianzi ricordata soltanto dall’ Algeria. Il Revisore prende l'occasione di questa importantissima scoperta per descrivere in dettaglio detta Marcanziacea, valendosi di numerosi esem- plari vivi e fruttiferi, comunicatigli dal Lanza stesso ed inoltre per farne rilevare le differenze più spiccate rispetto alle altre due specie congeneri (Pl. italicum e PI. Aitonia), che da lungo tempo si conoscono per la fiora europea. V. MassaLonco €. — Le specie italiane del genere Junger- mannia. L., p. 1-43. — Estratto dagli Atti Soc. Veneto-Tren- tina, Scienze Nat., Ser. II, vol. Il, fase. II, Padova. 1895. In questa monografia trovansi descritte le specie (in numero di 26) del genere Jungermannia L. emend., attualmente segnalate nel dominio della tlora italica. Alla diagnosi redatta in lingua latina delle differenti specie, segue una precisa e dettagliata indicazione delle relative località. Nelle numerose osservazioni intercalate nel testo, sono prese in esame ancora quasi tutte le altre specie europee congeneri, le quali finora non si conoscono nel nostro paese, e ne vengono messi in rilievo i rapporti di affinità e le differenze con quelle indigene. Il prospetto analitico unito al lavoro è destinato a facilitare la determinazione vue specie e varietà italiane spettanti, a questo genere. 198 RASSEGNE Rassegne i ooo I. — Unperwoop L. M. — The evolution of the Hepaticae; from | the Proceed. of the American Assoc. for the Advancement of Science. — Vol. XLIII; Salem, Mass. 1894. E L'A. ammette che le epatiche primitive siansi originate da progenitori de- — - rivati da alghe superiori. Ulteriormente queste archegoniate si sarebbero diffe- A renziate in tre tipi o gruppi. Al primo di tali tipi o delle Marcanthiales spet- terebbero le forme più semplici, come p. es. le Riccia, le quali non differiscono . ancora gran fatto da alcune alghe. Il tallo delle Riccia a poco a poco avrebbe acquistata struttura più complessa e modificate alcune delle sue ramificazioni, . specialmente destinate a portare glì organi riproduttori, in tal guisa raggiun- gendo il massimo perfezionamento nei generi Conocephalus e Marchantia. — Il secondo tipo verrebbe rappresentato dalle Jungermanniales in cui l' evoluzione ei esplica anzitutto nel progressivo differenziamento del tallo in un caule KH glifero. Le Jungermanniales costituiscono il gruppo senza paragone più ricco. di forme dell'intera classe; in esse il protonema, d'ordinario, è poco sviluppato nonchè effimero; soltanto nel genere Protocephalozia, trovasi persistente, rap- presentandovi pressochè l'intero apparato vegetativo. Le foglie e la colesula hanno subito molteplici e svariate modificazioni in rapporto alle differenti in- fluenze dell' ambiente. Mentre nelle Marchantiales il tallo andó mano mano elaborandosi a spese delle altre parti o membri della pianta e le Jungemanniales hanno sviluppato a Ges un caule foglioso (per la massima parte almeno), esautorando in certa maniera la loro potenziale energia evolutiva nel polimorfismo degli organi appendicolari, e della colesula, nel terzo gruppo o delle Anthocerales invece constatiamo che si accentua specialmente la differenziazione dello sporogono. Nelle Anthocerales infatti il tallo non offre che lievi mutamenti in confronto della sua forma pri- mordiale ed & solo lo sporogono che, per compenso, acquista organizzazione e struttura più complessa, essendo]questo organo fornito di stomi e di una colon- RASSEGNE ` su c netta analogamente a quanto si osserva nei muschi pr. detti, i quali, per tale motivo, si dovrebbero ritenere i discendenti meglio evoluti di un capostipite non molto dissimile da quello delle Anthocerales. L'Underwood ulteriormente sviluppando il suo concetto traccia un quadro filogenetico delle principali classi del regno vegetalea partire dalle epatiche, ed arriva alla conclusione che dalle Anthocerales di quest’ ultime si sarebbero differenziate le Sphagnaceae e Brya- cete da una parte, e dall'altra dapprima le felci leptosporangiate, in seguito le pterigofite più elevate, ed infine le fanerogame. II. — Schirrner V. — Hepaticae in: Engler u. Prantl, Die Na- türlichen Pflanzenfam., 1. Theil, 3 Abth. Lief., 91-92, 112; Leipzig, 1893-95. Dalla pubblicazione della « Synopsis hepaticarum, Hamburgi 1844-47 » dei sigg. Gottsche, Lindenberg e Nees, nella quale trovasi un rilievo di tutte le epatiche che erano note fino verso la metà di questo secolo, il numero delle specie particolarmente esotiche, che negli anni successivi furono descritte, venne, si pùò dire, quasi duplicato. A ciò si aggiunga che dopo quell'epoca importan- tissimi scritti videro la luce relativi alla morfologia, biologia e fisiologia delle epatiche. Per questi motivi, da tempo era sentito il bisogno di un lavoro col- lettivo nel quale si trovassero vagliate e censite le numerose e disperse me- morie edite negli ültimi decenni, sopra tali sporofite, lavoro che rappresentasse un prospetto e quadro fedele dello stato attuale delle nostre cognizioni intorno a coteste zoidiogame. Si deve perciò essere riconoscenti al chiarissimo prof. Schif- fner, il quale si assunse il difficile incarico di elaborare, per le « Natürlichen Pflanzenfamilien », questa classe di crittogame. L' A. in questa pubblicazione, dopo aver trattato delle generalità morfologiche, distribuisce nella parte sistematica, i differenti gruppi tassonomici gerargicamente, secondo le loro affinità naturali, adottando in ciò una ingegnosa combinazione delle classificazioni finora proposte dal Nees, Leitgeb, Lindberg e Spruce spe- cialmente, come apparisce dal prospetto che segue: E: | RASSEGNE Cl. Hepaticae. Sottoel. I. Marchantiales Sottofam. 4. Zeptotheceae È | Fam. I. Ricciaceae Sottofam. 5. Cudonioideae i | Fam. ll. Marchantiaceae Sottofam. 6. Haplomitrioideae. ci Sottofam. 1. Corsinoideae Fam. Il. /ngermanniaceae akrogynae. E i Sottofam. 2. Targionoideae Sottofam. 1. Epigonianthae i Sottofam. 3. Marchantioideae Sottofam. 2. Trigonanthae 3 S l. Astroporae Sottofam. 3. Ptilidioideae : | S 2. Operculatae Sottofam. 4. Scapanioideae 1 | S 3. Compositae. Sottofam. 5. Stephaninoideae A | Sottocl. II. Jungermanniales — Sottofam. 6. Pleurozoideae d o Fam. I. Jungermanniaceae anakro- Sottofam. 7. Bellinciniodene 3d gynae. - Sottofam. 8. Juboloidene $ | Sottofam. 1. Sphaerocarpoideae Sottocl. III. Anthocerales z Sottofam. 2, Rielloideae Fam. I. Anthoceraceae. | A i Sottofam. 3. Metzgerioideae ng Eeer, Alla caratteristica delle famiglie e sottofamiglie, nonchè dei gruppi tasson: * mici di ordine superiore, fa seguire quella di tutti i generi, dei quali alcun vengono proposti per la prima volta come nuovi, p. es.: Neesiella, Anastrepta s Së Cephaloziopsis, Apothomanthus, Eucephalozia, Mina Cephaloziella. In parte questi nuovi generi corrispondono però a sezioni o sottogeneri già stabiliti dallo Ge Spruce, — In un'epoca come la nostra nella quale, dopo le pubblicazioni di 0. > , Kuntze, la questione relativa alla nomenclatura botanica è, per così dire, all or- dine del giorno, non può far maraviglia se anche qui'si trovano non pochi cambia- ` menti dei nomi generici, relativi a queste crittogame, di cui la nomenclatura ` — e sinonimia fu sempre, da Raddi in poi, causa di non poche controversie fra i b vu : sistematici. e. La massima parte dei disegni illustrativi, intercalati nel testo, furono scelti, fra i i migliori, dalle opere di Hofmeister, Leitgeb, Bischoff , Kay, Trabut, Gottsche, i à Hooker, Göbel, Spruee, Stephani, e Sande-Lacoste; parecehi altri peró sono del Jod tutto originali ed eseguiti espressamente dallo stesso Schiffner, il quale, com'è ; Maur noto, oltrechè un provetto epatologo, è anche un disegnatore di primo ordine. Infine del lavoro, sotto ogni riguardo pregevolissimo, il Schiffner ci fa co- noscere il numero di tutte le epatiche attualmente descritte, il quale sarebbe di 3965 specie, distribuite in 164 generi. A questo censimento vengono aggiunti altri 10 generi, comprendenti cirea 40 specie di epatiche fossili. 4 Ki RASSEGNE ` ee aoi IM. — LOITLESBERGER K. — Vorarlbergische Lebermoose in: Ver- handl. K. K? Zool. Bot. Gesellsch. Wien. Jahrg., 1894, pag. 239-250. L'A. in questo scritto, riunisce tutte le epatiche che sono attualmente note nel Vorarlberger, le quali ammontano a 110 specie. Parecchie di esse furono per la prima volta ivi raccolte dallo stesso A., fra le quali meritano particolare men: zione le seguenti cioè: Scapania apiculata, Hygrobiella myryocarpa, Cephalozia planiceps, Jung. obtusa, Aplozia cordifolia, e sopratutto l’ Haplomitrion Hookeri. Oltre all' indicazione delle località ed epoca della fruttificazione, trovansi qua e là inserite delle utili osservazioni, relative ai earatteri distintivi delle specie più rare o controverse. Dopo le memorie edite dall’ Heeg e Breidler, è questa la più importante che vide la luce sulla flora epaticologica di una regione dell' impero austro-ungarico. IV. — Pzansov W. H. — Frullania microphylla sp. nov: in: Journal of Botany for Nov., 1894. ^ . Questa specie era sinora ritenuta semplice varietà parvifolia della Frullania Tamarisci; come però giustamente osserva l'A. è affatto distinta da quest' ul- tima, essendo piuttosto affine alla Frull. fragilifolia. Per le sue foglie non fra- gili, le orecchiette saccate più allungate (né cuccullate!, i segmenti degli anfi- gastri acuminati e separati da incisura piü profonda ed infine per i lobi delle brattee involucrali acuti, distinguerebbesi dalla Frull fragilifolia. V. — Pranson W. H. — A new hepatic (Cephalozia Hibernica, Spruce); — Reprinted from the Irish Naturalist. December, 1894, vol. IM, Plate 6. | La specie in questione, fu, per la prima volta, trovata in Irlanda dal dottore D. Moore nel 1865, che la riferiva alla Jung. (Cephalozia) connivens; più tardi aleuni esemplari essendo stati esaminati ancora dal Gottsche e Spruce, questi la. battezzarono, quantunque dubbiosamente, col nome di Jung. ( Cephalozia) cras- i | sifolia G. et L. Ultimamente, poco prima della sua morte, lo Spruce avendo ri- | cevuto dallo Seully R., altri saggi provenienti dalla stessa località (raccolti nel 1889), scriveva al Pearson facendogli conoscere che si tratterebbe di specie 202 RASSEGNE nuova, per la quale proponeva il nome di Cephalozia Hibernica. Poichè fino ad ora la Jungermanniacea in parola si conosce soltanto sterile, il Pearson dubita - della sua autonomia rispetto alla vera Cephalozia crassifolia, però constata che X e dt ad ogni modo essa è una forma da aggiungersi alla flora europea. Avuto riguardo alla decorrenza lungo il caule del margine dorsale delle foglie, questa specie | accosterebbesi al genere Zoopsis e sarebbe distinta dalla affine Cephalozia con- nivens (Dicks.) per l'infiorescenza dioica ed i segmenti delle foglie, terminati ` 5i a M we da sottile appendice, formata da 2-4 cellule uniseriate, come si può rilevare — - dalle figure della tavola annessa. Gennaio 1896. A a C. MASSALONGO. m G. Liwpav. — Lichenologische Untersuchungen. — Hess I. Ueber Wachsthum und Anheftungsweise der Rindenflechten. E. : Dresden, 1895. PE In questa prima parte delle sue Ricerche lichenologiche l A. studia il modo in cui crescono e aderiscono ai rami i licheni crostosi o di ordine superiore, che eomunemente vegetano sugli alberi. Riconoscendo nei licheni degli esseri com- EN Er plessi prodotti da simbiosi, egli prende in esame l'azione delle ife sugli articoli ` — di Trentepohlia e sulle alghe Palmellaceae, e ammesso che la stessa possa es- - Se sere di duplice natura, meccanica e fisiologica, constata che nei licheni in eui l'ife costituiscono l' elemento vegetativo più importante, esse non formano che #9 degli organi destinati a imprigionare e trattenere le alghe; in modo che nel a fatto non hanno comunemente che un'azione puramente meccanica. Colle ricerche esposte in questa pubblicazione inoltre D Autore può stabilire: 1.° Che i licheni i quali vegetano sui tronchi posseggono sempre una parte del tallo sprovvisti di gonidi, la quale cresce nel periderma insinuandosi negli spazi ` * intercellulari più o meno profondamente, e questa parte del tallo serve prin- ` d cipalmente a tenere aderente il lichene alla matrice; 2.° Che le ife, le quali erescono nel periderma, non producono perforazioni nelle membrane, né sciol- gono il celluloso; 3.° Che, ció malgrado, puó darsi che nelle membrane cellu- lari si producano sotto l'azione di agenti chimici atmosferici delle alterazioni fino al punto da verificarsi delle vere perforazioni, che permettono l'entrata | e lo sviluppo intracellulare delle ife ; ond’& che la sola ricerca anatomica non potrebbe offrirei una prova che le ife sieno capaci di produrre la perforazione lla pianta su eui Re solo per ja Seet di tri fattori nocivi | Alla pubblicazione sono aggiania tre EH E illustrative, TN un Dee Questi risultati, che modificano in FA modo quelli EE ot- tenuti dal Bornet e dal Frank, confermano anche meglio il concetto che, pur pe la simbiosi algo-micelica, r autonomia dei licheni può trovare la sua buona ragione di essere, almeno pel principale degli elementi consorziati, nella natura stessa. dell'ifa, che ha certamente finalità e attività piolagicne speciali, ben ione da quelle degli em miceti. Kee ere 10 Gennaio 1896. PICCOLA CRONACA Piccola Cronaca Al posto d'insegnante di Botanica nel R. Istituto Forestale di Vallombrosa è stato chiamato il Sig. Dott. Fripiano Cavara, finora Assistente nel R. Orto tanico di Pavia. Il Prof. MarsnarL Warp, insegnante all’ Accademia forestale di Cooper's Hill | i è stato nominato Prof. Ord. di Botanica all’Università di Cambridge (Inghilt.). . All'Università di Berlino ha preso la libera docenza in Fisiologia Vegetale i Dott. A. Zimmermann; a Torino, la libera docenza in Botanica il Dott. Vosto. D Il Dott. G. Karsten da Lipsia si è trasferito all'Università di Kiel. : Si annunzia la morte dei Botanici: Prof. Jean MUELLER rip. Diret- tore dell'Orto Botanico di Ginevra; G. Lawsox in Halifa WSON, Di- rettore dell’ Orto Botanico di Minas. noto scrittore zd flos @ India e del- i l Africa tropicale,; Joux BucHanan, esploratore anch'esso della Flora Afric: Il Dott. Tauserr di Berlino è partito per un viaggio botanico nelle mon della Venezuela. oi ^ Al giardino Seen dell'Università di Ginevra è stato nominato come — .il Prof. Joux Brig Il Conte us pee DE SAINT-L£on, residente a Milano, ha aen tutto | le Fanerogame del suo considerevole erbario all’ oana Botanico Hanta del- P Università di Geno | Sig. Huco joi addetto al Museo Botanico dell' Università di Geno partito per Buitinsotg. (Isola di Giava). a fare raccolte botaniche per il Muse sopra detto. s. Per continuare la « Sylloge Fungorum omnium » del Prof. P. A. Sacca la Redazione del giornale « Hedivigia » ha stabilito di pubblicare ogni anno aggiunte, col titolo di « Ælenchus Fungorum ». Per l'anno 1895 lo stesso | Ke Saccanpo ha redatto tale elenco; dal 1896 in poi questo sarà elaborato dal Dot G. Linpau. I micologi sono pregati d’ inviare, nel loro proprio interesse, a Pre 6-7, Berlin W) i loro lavori micologiei. Prof. O. PENZIG Redattore responsabile. Hi e sì Robbie: una volta al mese, in fascicoli di 3 e d sia ai E eg corredati S secondo. il bisogno, a tavole. % : CRAL d Se dell’ Se a + = m intiero. volume annule (36 togli à in 8, ; in vendita al prezzo- ti 30: Non saranno venduti fascicoli gn x EU aua i en 1838 pour Victor Emmaunel et le Duc de Gi © SEES è R RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA ~ REDATTA: DA WARS O. PENZIG Prof. all'Università di Genova A. BORZI R. PIROTTA Prot. all’ Università di Palermo Prof, all Università di Roma [2 | RO X? Base VIE Et d 697-1694. PASTE Trattati — "Prof. O. Marroro (R. Orto Botanico di Bologna) 1 À Genova. j SC — Prof. R. Pinorra. | ; Tecnica microscopica. — Prof. A Pori (R. Istituto Tecnico. di bia) | Patologia — ‘Dott. H Baızı (R. Stazione di Talon. Be di Eë | Biologia, + Prof: A. Bou. -Flüopalentalgia = -— dug. Canet A Istituto Botanico. di Romaj. u^. MABPIGHIA ^ I OSSERVAZIONI BOTANICHE durante una eseursione in provineia di Cosenza di R. F. SOLLA {Continuzione e fine, v. fasc. III-IV). Potentilla calabra Ten. (P. argentea L., 8. calabra Ten.), diffusa per la regione superiore delle colline e frequente su terreni sco- 3 perti: a Monte, verso i Vivieri, al Romitorio: sparsa anche, su terreno sabbioso, sull'altipiano silano. Geum urbanum L., alla cantoniera Margherita ed a Serra della Guardia; : non comune. Po Rosa canina L., nelle siepi presso Aprigliano raccolsi due forme distinte bu di questa specie, ma per mancanza dei frutti non mi riesci di poterle determinare con esattezza. to Egualmente ho rinunciato allo studio delle altre forme vor dute, e in parte raccolte, nell’ escursione, alcune delle quali non erano neppur in fiore Ho già accennato che questo ge- nere non è molto frequente nella flora cosentina; singole specie D . fanno pure sull’altipiano della Sila (Serra della Guardia). Poterium dietyocarpum Sp. (P. Sanguisorba (L.) Kch.), colli d Apti- gliano, e sul burrone di Piane Crati. Pomaceae L. Ü -Crataegus monogyna Jeq., non frequente; colline verso Rovito (a 600 . m. e più), a Jona sulla Sila (1400 m.). am | Myrtaceae R. Br. T ; Duras communis L., raro; sul poggio sopra Amantea qua e à o sulle à St 4 colline presso ai Terrati. he: Malpighia anno X, vol. X. 206 R. F. SOLLA Onagrarieae Juss. Epilobium parviflorum (Schrb.) Rtz., a Serra della Guardia. Tamariseineae Dsv. Tamarix africana Poir., coltivato sulla spiaggia d'Amantea. — gallica L., con la precedente e di essa anche piü frequente. d Portulaeaceae (DC.). Montia fontana L., al Ponte di Cecita. Seleranthaeeae Lk. Scleranthus perennis L., verso il casellone di Ajello, ed a Serra d Guardia. Crassulaceae DC. ; Umbilicus pendulinus DC., tra i sassi que e là ad Aprigliano, = dieino. Sedum altissimum Poir., in luoghi scoperti, sulle colline verso Rovito, sul monte sopra Ajello, sull'altipiano della Sila e. ed ra Cepaea L., sui muri, ad Aprigliano. — hispanicum L., (S. glaucum W. K. } sul Craticello e nel bo di Gallopano. CE DC. — Li. Mill., all’Amantea. Saxifragaceae DC. Saxifraga bulbifera L., sparsa qua e là nei castagneti: sopra Monte | 1300 m.), sopra Spezzano grande; sotto faggi e pini à della Guardia. — . tridactylites L , tra i crepacci dei massi sul p Cocuzzo. Umbellatae L. Foeniculum officinale All., nelle siepi e sui campi della regione colli, non frequente (Aprigliano). Cicuta virosa L., al fosso della Campagnella sotto la Serra della Guar! Smyrnium Olusatrum L., discesa della Sila, verso la cantoniera gherita. i Eryngium maritimum L., lungo la spiaggia fra Longobardi ed A raro. ; OSSERVAZIONI BOTANICHE ` SC 207 Araliaceae Juss. Hedera Heli» L., coltivata qua e là, rivestiente i muri. RUM Cornaceae DC. Cornus sanguinea L., colline presso Mac na poggio sopra Amantea. Caprifoliaceae Rich. Sambucus nigra L., quinei e quindi coltivato: a Vico (Aprigliano), nelle vicinanze di Grimaldi, eee. Spontaneo (?) forse sulle colline verso Celico. Lonicera Caprifolium L., nelle siepi, pe e quindi sulle colline. Rubiaceae Juss. Galium lucidum All. (G. corrudaefolium Vill), sul monte sopra Ajello, e nella regione del castagno sopra Spezzano grande a Celico. — Aparine L., colli d'Aprigliano. — Cruciata Scp., sul Cordari, lungo la strada verso la uk sopra Spezzano grande; a Serra della Guardia. etu odorata L., sotto faggi all’Acquafredda. e arvensis L., nel castagneto sopra Mendicino. Mera arvensis L., su ‘terreno scoperto intorno ai rimboschimenti sul Majuzzo verso il casellone d’Ajello; sparso anche sul ter- reno dell’altipiano silano. Valerianaceae DC. Valeriana tuberosa L., alla salita dalla cantoniera Margherita e sul- l'altipiano della Sila, in terreno arido o sabbioso. Centranthus ruber DC., tra massi in luoghi esposti delle colline, a Vico, Aprigliano, Celico; non molto frequente. Dipsacaceae DC. Scabiosa columbaria L., sulle colline, ad Aprigliano, non comune. Compositae L. Doronicum caucasicum M. Bbr., sul Craticello, sparso e non comune. o eee Columnae Ten. (D. cordifolium Stnbg.), alla salita, dalla cantoniera Margherita, e sull'altipiano della Sila, fra Mi- glianò ed il ponte di Cecita. Senecio nebrodensis L., salita da Spezzano grande, qua e là Ce mar- gine del castagneto, e a Nocelleto. B 5 Eege |. RF. SOLLA Anthemis tinetoria L., qua e là sulle colline, fra i coltivati. -— arvensis L., sparsa per la regione; quinei e quindi sugli orli i delle strade in collina; sul Craticello; sull’ altipiano della Sila | A — Chia L., presso Aprigliano. ; ; — spa non fiorita, sulla Sila intorno a Miglianò. Achillea Millefolium L., nella regione delle colline, non frequente (Ro- : vito, ecc.): burrone di Piane Crati, briglie sul Cordari. ET Ee nobilis L., sui muri di Cosenza. | Pinardia coronaria Less., CELS d EE colline nella regione del castagno; anche sul poggio d me Matricaria Chamomilla L., sull’altipiano della Sila. Tanacetum Balsamita L., coltivato in pochi esemplari, a a Miglianò. Artemisia sp. non fiorita ed indeterminabile, sui colli sopra Amante Helichrysum cena DC., sulle Dee in Ben SNE, Cordari e sul geg — citrinum Ces. Pass. Gib., sulla spiaggia d’Amantea. Gnaphalium Inteo-album L., al poggio dell'Amantea. Solidago Virgaurea L., colline sopra Amantea. ` Bellis sylvestris Cyr., diffuso, nei luoghi erbosi, per tutta la region ma non molto frequente. A Monte, sul Cordari, sul d ue + i peus piü oltre, su BER alien non l ha ve Inula viscosa Ait. (papers viscosa er su terreno arido, E lo ai Terrati; sul Cordari, lungo le RARE e E cono ( \ zione dov’ è piuttosto frequente; abbondante pure nel + del torrente di Valleoscura. : Tussilag go Farfara L., comunissimo lungo le sponde dei ne visitati. Foglie soltanto sviluppate, sanie la — avam Manca all altipiano silano. torrenti OSSERVAZIONI BOT AN i Calendula arvensis L., sulle colline: verso Aprigliano. Sé `" Cirsium italicum DC., al Mucone, sulla Sila, frequente. A ` Galactites tomentosa Mch., sulle colline verso Spezzano grande, e sul Cordari. Ro d i Carduus nutans L., sul monte sopra Ajello, sul margine del castagneto | sopra Spezzano grande. — pycnocephalus (L.) Jeq., colline presso Vico, e Mendicino. Centaurea montana L., presso Miglianò tra i coltivati. ius Cyanus L., tra i coltivati verso Celico. — paniculata L., a Miglianò. Lactuca saligna L., sul Majuzzo. Hieracium Pilosella L., sparso in luoghi sassosi &prici. Sul monte sopra Ajello fino al Romitorio, alla salita sopra la cantoniera Mar- gherita, a Serra della Guardia. Non in fiore. — altre specie, egualmente non fiorite, raccolte alle briglie sul Cordari, e nel gli ini SES Grimaldi, senza poterle determinare. Crepis leontodontoides All, presso Grimaldi. — setosa Hall. £, sul Craticello. ei neglecta Lo: colline ee | Picridium vulgare Dsf., ivi. . Peajopogon porrifoliu m L., tra i coltivati presso Aprigliano, non fre- quente. i Picris hieracioides L., Beate sulle colline: Aprigliano, Mendicino ; 4 sopra Spezzano grande. Hypochaeris laevigata Ces. Pass. Sib d fosso della a Gampaziolla sila meu Sila. Lapsana communis L., iit colle di Vico Dahlia variabilis, coltivata in "Messe SH a Weien ` Ambrosiacene Lk. ` Xanthium strumarium Li, sulle colline di S, Pietro. in Amantea.” Campanulaceae Juss. ^ CR Campanula dichotoma Lo sul Cordari. = Seen speculum pc. f, trai coltivati sulle colline presso Cosenza. EA 5. H. F. SOLLA BE Jasione montana L. alla cantoniera Federici sulla Sila. Bicornes L. ; Erica arborea L., a Monte, ed altrove in luoghi scoperti sull'alto delli colline, nella regione ancora del. castagno. — scoparia L., nel letto del torrente di Valleoseura. Non ho veduto altrove questa specie. e più; sui colli presso ai Terrati, in località molto interi A. | (come Myrtus, Ampelodesmos, ecc.). : Oleaceae Lindl. Olea ewropaea L., coltivato largamente nella regione superiore del colline. CIN de Ligustrum vulgare L., nelle siepi qua e là sulle colline, a Cosenza Rovito. Fraxinus Ornus L., sulle colline presso Cosenza, ma non frequente. ue Convolvulaceae Vent. 4 E Convolvulus cantabrica L., nel eo sopra Mendicino, e alla spi de gia d'Amantea. I Compendii non indieano questa specie ( per l'Italia superiore e media e per le isole maggiori. — althaeoides L. (Sm.), alla spiaggia e sul fi^ d’Ama ni Borragineae Juss. (R. Br.). Anchusa italica Rtz. se luoghi scoperti ed aridi, bills colline ai Terrati. Lycopsis variegata L., al casellone d’Ajello. | Cerinthe pee Kit. (C. glabra Mill), salita verso la cantoniera N gherita. Questa specie, delle Alpi e del settentrione d'E trovasi indicata sommariamente, nei Compendii anche € Napoletano » — secondo esemplari dell’Erbario Gussone : vi senza località più precisa. Per la Calabria non ho t indicata questa specie; gli esemplari che ho raccolti corri- spondono però perfettamente a quelli ottenuti da semi e col tivati, in questi anni, pell Orto fusce patios di Vallombrosa. vulgare L., alla eantoniera Margherita, e in I sco e presso la sega di Basile sulla Sila. : D OSSERVAZIONI BOTANICHE 5 ^. . ee 211 Lithospermum calabrum Ten., nel torrente Cordari, ed alla sega di Basile. Myosotis palustris Rth., nel castagneto verso il Craticello, e in luoghi umidi sul M. Cocuzzo. — silvatica (Hffm.) Lehm., nel castagneto sopra Spezzano grande, e sotto faggi alla Serra della Guardia. — hispida Schleht. (M. collina (Ehrh.) Hff.), a Serra della Guardia. Cynoglossum officinale L., lungo la strada, qua e là, salendo da Spez- zano grande; alla sega di Basile. — pictum Ait, tra i sassi a Monte sopra Aprigliano. Solanaeeae (Juss.) Brtl. Hyoscyamus niger L., a Miglianò. Lycium europaeum L. (?) nelle siepi qua e là, a Vico e presso Amantea. Non posso indicare con certezza la specie perché le piante non erano peranco fiorite. Solanum sodomaeum L., alla spiaggia d'Amantea. Personatae L. Verbascum .... diversi cespiti di piante della sezione Zuthapsi Bth. di questo genere ebbi occasione di incontrare quinei e quindi sulla Sila, già alla salita nei poggi sopra Spezzano grande, in luoghi aridi, scoperti, ed in condizioni simili anche sul- l'altipiano (Migliand e colle di S. Giovanni Pagliati), ma non avendo sviluppato altro ehe le foglie, non potei deter- minare la specie. ` Serophularia grandidentata Ten., a Serra della Guardia, in luoghi umidi. — peregrina L., presso Aprigliano. — canina L., sul burrone di Piane Crati e sulle colline presso Spezzano: grande. Digitalis — Una specie non determinabile, perchè solo con le foglie (D. lutea L.?), osservai abbastanza frequente verso Serra della Guardia. Linaria Pelisseriana Mill, qua e là tra i sassi, in luoghi pet: a Monte, sul monte sopra Ajello verso il Romitorio; qua e là, in luoghi aridi lungo il Cordari. ` e ^ RS % ` P SE H 8 ATV uU et SES 3 d pe CE ARIS MEC E "e 2 A 3 ge ve d EC à = SRE y ; ; Kelte K d a 3 s Er è. 2 Te à WI T uen y B a ; sa "da f SR 1 E patin Piga v t We HOLEN Veronica Beccabunga L., in luoghi umidi sul M. Cocuzzo. Foglie s — serpyllifolia L., tra i rimboschimenti sul Mae Bartsia Trixago L. (Trixago apula Stev.), ivi. Verbenaeeae Juss. a Vitex Agnus castus L., presso Amantea. Labiatae Juss. ' Teucrium Chamaedrys L., qua e là sotto i Ste ad Apres Mendicino. — Polium L., in luoghi aridi sulle colline qua e là, à M cino, sopra Amantea ed a S. Giovanni in Amantea. — capitatum L. (Ten.), spiaggia d'Amantea. Ajuga genevensis L., sul Craticello, tra i rimboschimenti. — Chamaepitys Schrb., in luoghi aridi sulle colline presso è Terrati. i | Rosmarinus officinalis L., frequente nella regione superiore delle line, su scarpate di terreno brullo; qua e là coltivato nelle siepi. Lamium album L., alla salita dalla cantoniera Margherita, nella chia di cespugli; non frequente. — bifidum Cyr., sul M. Coeuzzo. (— rugosum S. S. (L. E (Sbt.) Rth.). salita. verso V2 quafredda. Galeobdolon luteum Hds., a Monte. Stachys salviaefolia Ten. (S. italica Mill), a Serra della Guardia. AC . Nepeta ... esemplari di una specie non fiorita vidi qua e là : i dari, nè potei determinarla per mancanza dei fiori e mintha Nepeta Sav.?). UN Calamintha alpina Lam., alla cantoniera Margherita. — Acinos Clry., non infrequente nella regione bosehi à; castagni ad Aprigliano, discas grande; sotto faggi a della Guardia. This TOM oa Fr. REN con EE dna in E Ko 4 5 esse anını Menthe sp., in luoghi m presso 'doulizigo e sul Cordari: non Kee terminabile, perchè non in fiore. ‚ Primulaceae Vent. | Lysimachia Nummularia L., in luoghi umidi sul M. Cocuzzo. Foglie sol- tanto. — nemorum L., sul Craticello. Anagallis arvensis L., nel eastagneto sopra Mendieino, e sul monte sopra Ajello — Plumbagineae Vent. Armeria majellensis Boiss., alla cantoniera Margherita, e sull’ altipiano della Sila sui campi sabbiosi: Questa specie è indicata della Majella soltanto; sull'Aspromonte ed in Sicilia vive una forma, descritta per var. nebrodensis Boiss., ma le piante che ho raccolte sulla Sila corrispondono alla diagnosi della specie (A. gracilis Ten.). Plantagineae Vent, Plantago Cynops L., ai Vivieri. — lanceolata L., sulle sponde del Craticello. — albicans L., sul margine del castagneto sopra Gates grande, ed alla eantoniera Margherita. | ca sp. diverse, ma solo con le foglie, notai sui ni sabbiosi | ge altipiano silano Vereen frequenti , senza poterle però ` P determinare. Polygonaceae (Juss.) Lindl. Rumex bucephalophorus P" nel castagneto d'Aprigliano, in luoghi aridi, scoperti. ` — Acetosa L., nei Mogi incolti e sui pascoli dell’altipiano silano — Acetosella L., diffuso per la regione, sotto castagni a Men- | dicino e sopra Spezzano grande; frequente tra i lavori . * rimboschimento lungo le sponde dei torrenti (Majuzzo, Sech al casellone d'Ajello; frequentissimo sotto i faggi a Serra. della Guardia; anche in de scoperti, sassosi, e Spez-” zano grande. eg maritimum L., spiaggia. d Amantea. i 214 Santalaceae R. Br. i Thesium intermedium Schrd., sotto i cespugli a Jona sulla Sila. Aristolochiaceae E. UM Aristolochia pallida W., rara, nel Castagneto presso Grimaldi; qua e là d sul Craticello, in luoghi ombrosi. R. F. SOLLA : Euphorbiaceae A. Juss. Buxus sempervirens L., coltivato a Miglianò. Euphorbia dendroides L., spiaggia d'Amantea non frequente. dulcis L., sulla Sila: a Serra della Guardia, alla cantoniera Federici. Paralias L., spiaggia d'Amantea. terracina L., nelle siepi sulle colline, in certi punti — come presso Cosenza — anche frequente, meno nella parte supe- s riere delle colline. biglandulosa Dsf., con la precedente. Artoearpeae DC. Ficus carica L., coltivato abbondantemente, per lo più nella regione ele- vata delle colline. | Morus alba L., coltivato abbondantemente come il precedente. Urticaceae E. Parietaria erecta W. K., sui muri qua e là intorno a Cosenza, a Men- dicino. ` Ulmaceae Mirb. Ulmus campestris (L.) Sm., sulle colline, non frequente: à Vico, Ro- vito, ecc. Non mi riesci di poter identificare esattamente i caratteri specifici di queste piante con la descrizione del. i glabra Mill, che già il Nyman (nel Conspectus a pag. 669) mette sinonimo di U. campestris, e gli autori recenti ten- dono a stabilire come tipo in sostituzione della specie linneana (efr. la 2. edizione di Willkomm, Forstl. Flora, e la biblio- grafia ivi citata). Juglandeae DC. Juglans regia L., in bellissimi esemplari (colt.) alla cantoniera Federici. e SE : UN O EN T De < DONC E à en acea a do) È FE els 2i ve OSSERVAZIONI BOTANICHE Cupuliferae Rich. Fagus silvatica L., in tutta la regione dei monti, per massima parte cespuglioso stante l'esposizione della località; in luoghi ri- parati piante maestose. Frequente anche sulla Sila: all’ Ac- quafredda, alla Serra della Guardia dov’ à frequentemente associato al Pinus Laricio, con rieco sviluppo di vegetazione erbacea ai piedi dei tronchi; al bosco di Gallopano, con pochi esemplari secolari. Castanea sativa Mill. (C. vesca Grt.), forma boschi ora compatti, ora interrotti, nella regione superiore delle colline, arrivando ordinariamente fino al faggio. Coltivato sulla Sila: a Miglianò, alla Serra della Guardia (1300 m.), dove molti esemplari sono venuti anche da seme caduto; alla cantoniera Federici. Quercus sessiliflora Sal., sulle colline à Monte, verso Celico, Rovito dove specialmente forma boschi estesi di tronchi maestosi e secolari. Non ho potuto raccogliere però materiale sutlieiente da poterne identificare, per tutte le località, la specie e stu- diarla nelle sue diverse forme indotte dalle condizioni del- l’ambiente e tenerle distinte dalle molteplici forme della specie seguente, — pubescens W. (Q. lanuginosa Th.), che ho raccolto intorno ad Aprigliano (a Vico, ece.), ma nelle regione inferiore al castagno. dea Farnetto Ten., passato Grimaldi, verso Pian del Lago, in località detta « Farneto »,' crescono pochi alberi maestosi di questa specie. Usata anche per rimboschimento su porzione della Serra della Guardia, sulla Sila; ma gli individui sono ancora giovani. — Cerris L., piuttosto raro per la regione; non l'ho veduto che coltivato, al casellone d'Ajello ed alla Serra della Guardia. | Corylus Avellana L., sotto castagni, a Monte, sopra Spezzano grande, non frequente nella regione. Viene anche coltivato. Salieineae Rich. en Populus alba L., non frequente. Presso Grimald}, Populus alba tremula L., non frequente; a Nocelleto, Migliand e alla can- toniera Federici. Gli esemplari di Migliand, molto slaneiati — e con la corteceia bianca dei tronchi lasciarono supporre, 83 bella prima, si trattasse del P. canescens Sm., ma un esame | più particolareggiato degli organi vegetativi — specialmente ` dei ramoscelli torulosi, corti, eiallo-rossiecio o rosso-lucenti, B glabri, le foglie cuneate alla base e grossolanamente sinuoso t i — dentate sul margine, glabre su ambe le pagine, il pie- - ciuolo più lungo della lamina — fa riportare gli alberi in. esame al P, tremula L., malgrado il loro portamento un p È diverso ed il colore della corteccia. FTA eg e S LAUR UCM E, e ne — nigra L., qua e là fra i castagni a Monte; sulle briglie d Cordari. | Salir alba L., nei lavori di rimboschimento sul torrente Craticello 8 pectora. t) nel burrone di Piane Crati; presso Grimaldi. : EE sauer, A SE — purpurea L., sull acqua verso Serra della Guardia. — cinerea. L., sul Craticello, tra le piante di vimboschinieste t E Betulaceae Brtl. Alnus glutinosa Grtn., sul Craticello, e al ponte di Cecita; non frequente. = cordifolia Ten., abbondante in tutta la regione, tanto per provenienza spontanea, quanto per coltura introdotta sopra- tutto sui terreni rimboschiti: Craticello, Piane Crati, Gor- E dari, Majuzzo, nonché sul monto sopra Ajello fino al valico | « il Romitorio »; ai Vivieri. Non so di aver veduto SE specie sulla Sila. | RES TU fo » uer Betula alba L., coltivata, in parecchi esemplari già alti e prosporanti, E. nel piantonaio della Fossiata sulla Sila. Coniferae L. Abies alba Mill., Ps a sulla Sila. a Nocelleto e nel boseo di Gal- lopano: coltivato a Serra della Guardia (esemplari anche g gio- vani) ed anche al casellone di. Ajello. Picea excelsa Lk., coltivato (individui anche giovani) nel sitis di d Migliand ed alla Serra della Guardia. Larix europaea DC., coltivato (in esemplari giovani) framezzo ai pini. OSSERVAZIONT BOTANICHE alle fonti del Craticello, al casellone di Ajello, nei piantonai di Migliand e della Fossiata (gli ultimi esemplari già ab- bastanza alti). Pinus Laricio Poir., pianta caratteristica dei boschi della Sila, e tipica specialmente per il bosco di Gallopano; inoltre all’ Acqua- fredda, in contrada « il Tasso », al fosso della Campagnella. Coltivato anche, in diversi punti, nelle regioni elevate ; verso le sorgenti del Craticello, del Cordari, sul monte sopra Ajello per scopi di rimboschimento. nigricans Hst. — da alcuni Autori interpretato quale varietà della specie precedente: — al bosco di Gallopano, sparso, insieme con il precedente, MONOCOTYLEDONEAE. i Orchideae L. Serapias Lingua L., nel RR sopra Mendieino e al M. Cocuzzo, in luoghi erbosi. Orchis italica Poir. (0. longieruris Lk.)., sul M. Cocuzzo. —— Morio L., a Serra della Guardia. papilionacea L., alla Fossiata. rubra Jeq., sul M. Coeuzzo. (II Nyman mette questa specie come sinonima della precedente). maculata L., nel castagneto sopra Aprigliano. sambucina L.. nel castagneto sopra Aprigliano, ai rimboschi- menti sul Majuzzo, sull'altipiano silano sparsa qua e là in luoghi erbosi: all Acquafredda, alla Serra della Guardia. mascula L., sopra la cantoniera Margherita t tra i Ex ss Aceras anthropophora R. Br., sul M. Cocuzzo. SCH Amaryllideae R. Br. x Narcissus poötieus L. (?), alle fonti del Craticello; tra i cespugli sopra la cantoniera Margherita. — Ho determinato la specie su ma- teriale disseecato, e non sono certo — riguardo ai caratteri dell'ovario — se non potesse trattarsi del N. radüflorus Sal. A Agave americana L., presso Amantea. Smilaceae Lindl. Smilax aspera L., poggio sopra Amantea. Asparageae DC. Ruscus aculeatus L., con la specie precedente, nelle siepi e sul margine della strada. Asparagus acutifolius L., con le due onda nelle siepi. Liliaeeae DC. Asphodelus albus W., sparso e non frequente, su terreni sassosi Scope] della regione elevata delle colline: verso Monte, sopra Spez- zano grande, fra la Cantoniera Margherita. Lilium croceum Chx., sotto faggi, all’ Acquafredda. Foglie. Ornithogalum exscapum Ten, all'Aequafredda. — sp. altra raecolsi nel eastagneto sopra Aprigliano, ma non mi fu possibile identificarla. p Seilla bifolia L., tra i cespugli, sopra la cantoniera Margherita. Fr. ; Bellevalia comosa Kth. (Muscari comosum Mill. ), nei castagneti qua e là (Aprigliano, Mendicino) ed anche in luoghi aridi scoperti: sul monte sopra Ajello, nei campi sabbiosi sull’altipiano della . Sila, ma non frequente, i Boiryanthus vulgaris Kth. ( M. botryoides DC. ), raro, qua e là sulla Sila, in luoghi scoperti, andando da Migliand verso Ser della Guardia, e su terreno coperto di sabbia, dove però è meno frequente del precedente. Juncaceae (Brtl. Fr. Juncus capitatus Weig., in luoghi pado sopra Monte, verso le : genti del Craticello. — sp., diverse, non fiorite, in luoghi palustri sul M. Coeuzzo a'Jona e sul Mucone sulla Sila, alla Fossiata. Luzula multiflora Lej. (L. erecta Dsv.), a Manche sul Cordari ; in. p umidi a Nocelleto sulla Sila. — sp., non in flore, a Serra della Guardia, in luoghi erbosi. Cyperaeeae DC. GEET Scirpus: silvaticus L., paludi al Mucone. ER E) MA OSSERVAZIONI BOTANICHE 219 Carex macrolepis DC., sul Cordari a Manche. — pallescens L., sul Mucone. — divisa Hds., in luoghi palustri o stagnanti sull'altipiano della Sila. -— intermedia Good., con la precedente. — sp., non fiorite, diverse, sotto castagni a Monte, in luoghi er- bosi umidi sul M. Cocuzzo, sul tratto rimboschito alle sor- genti del Majuzzo. Gramineae Juss. Anthoxatum odoratum L., nei rimboschimenti sul Majuzzo, al easellone d'Ajello, sui prati della Sila. Alopecurus Gerardi Vill. (Colobachne Gerardi Lk.), sui prati della Sila. Cynosurus echinatus L., sulle colline di S. Pietro in Amantea, ed al colle di S. Giovanni Pagliati sulla Sila. — cristatus L., qua e là nella regione delle colline sui pascoli. Ampelodesmos tenax Lk., alla spiaggia e sul poggio d’Amantea; sulle eolline aride presso ai Terrati, dove costituisce (col mirto, la pistacia ecc.) una stazione certamente interessante dal punto di vista geografico. Agrostis interrupta L. (Apera interrupta P. B.), a Manche sul Cordari. Lagurus ovatus L., sulle colline sopra Amantea. Aira flexuosa L., sul colle di S. Giovanni Pagliati. Holcus lanatus L., a Monte, in luoghi erbosi, e sull'altipiano silano sul margine dei boschi. ; T diee capillaris M. K. (Aira capillaris Hst.), sulle colline brulle presso Aprigliano ed a Monte. — sativa L., coltivata presso Cosenza. Dactylis glomerata L., abbastanza frequente nella regione delle colline, | in luoghi aridi e tra i coltivati. | Bromus maximus Dsf., al casellone d'Ajello. — madritensis L., sulle colline ai Terrati. e rubens L., a Migliand. a sp., non determinabile, perchè incompleta, nel eastagneto di Spezzano grande. R. F. SOLLA _Serrafaleus mollis Parl., sull’ altipiano della Sila. - Festuca dimorpha Guss., sul torrente Majuzzo. — duriuscula Bert., presso Miglianò. — , pratensis Hds., in luoghi erbosi a Jona. —- sp., non completamente sviluppate, sul Majuzzo ed al case z lone d’Ajello. 2 Selerochloa dura P. B., ad Aprigliano. Briza maxima L., a Monte, e sulle colline di Spezzano g grande. ` — media L., sul burrone di Piane Crati, nei luoghi rimboschiti. Poa bulbosa L., var. viripara, tra i crepacci dei massi del M. Cocuzz — sp., diverse, non complete, ed indeterminabili. Hordeum murinum L., colline di Vico. Secale cereale L., coltivato sulle colline (verso Aprigliano) ed anche sulla Sila, in più punti, verso Miglianò, I mn e verso Serra della Guardia (fino a 1500 m.) Aegilops sp., sulle colline di Spezzano grande. Triticum vulgare Vill., coltivato sulle colline. _ repens L., var. majus Parl., sul Craticello. "ar perenne L., tra i coltivati, ad Aprigliano, e sulle colline aridi di S. Pietro in Amantea. l “Nardus stricta L., a Serra della Guardia, Zea Mays L., coltivato qua e là nella regione, non abbondanti (N dicino, Grimaldi, Pian del Lago). | ACOTYLEDONEAE VASCULARES. Equisetaceae DC. E tre Equisetum sp., piante sterili, su- terreno umido verso le sorge ti de Craticello. i m Polypodiaceae (R. Br.). mera aquilina L., comunissima nella regione, tanto in luoghi aridi uu. peste nei ‘boschi, à anche. su sopratutto in os i l'altipiano silano. n pue Adiantum Capillus Veneris L., in LI eoni par sti iti Mendicino. | SS | OSSERVAZIONI HOTANICHE | Asplenium Trichomanes (L.) Hds., tra | i sassi e sui muri qua e presso n A v Cosenza e sulle colline. CH — Adiantum nigrum L., sparso, sul margine dei campi, fra — altra vegetazione spontanea. : Ceterach officinarum W., tra i crepacci dei massi sul M. Coeuzzo. M Lyeopodiaceae DC. di Selaginella spinulosa A. Br., in luoghi ombrosi sulle sponde del Cordari. A E. sparso; qua e là anche sul margine della strada attraverso D 724 = D il poggio d’Amantea. ` à BRYOPHYTA (1). ; Prinhosiamsae: | i 6 Barbula subulata. (L.) Pal. Beauv.!, sul terreno, nella eeng, salendo alla Sila. Orthotricheae. i Orthotrichwm lejocarpum Br. eur.!, sui tronchi di castagno a Miglianò. Bryeae. Webera cruda (Schrb.) Schmp.!, sul terreno nella NEEN sopra la can- Fi toniera Margherita. Minn undulatum L.!, lungo il torrente Cordari. |. Bartramieae. È SER ityphylla Brid.!, Sila: sotto faggi all’ Acquafredda, e su terreno nie a Nocelleto, nonchè altrove lungo i. pochi corsi d’acqua nella salita dalla cantoniera Margherita. Philonotis fontana Brid.!, Sila: su terreno umido, in più punti, come all’ Acquafredda insieme con la specie age indi sul x torrente Cecita, alla sega di Basile. ` — . — var. gracilescens Schmp. Boul., all’ Acquafredda sota: tai nella salita alle ENEE del Mucone. = Polytricheae. : Polytrichum EE Schrb.! !, su terreno ee a Jona sulla Sila. ED Gentilmente determinate dal chiarissimo dott. A. arb. Born di Pisa, 15, Malpighia anno X, vol. X. Brachytheeieae. Brachythecium rutabulum (L.) Bryol. eur.!, lungo il torrente Rhynchostegium megapolitanum (Bland.) Bryol. eur.! ai . presso maldi, nel castagneto. ; Hypneae. TUE cupressiforme l., sui tronchi di castagno a Grimaldi. — commutatum Hdw.!, sul Craticello, sopra l'Aprigliano. ` ehr (Lichenes) C) Ramalinacei. Usnea articulata. Ach., su tronchi di abete bianco a Gallopano sulla sil dA Bryopogon jubatum Ach., var. chalybaeum Sehr., con la specie pre e- cedente. Evernia furfuracea Fr., su corteccia di Pinus Laricio, all'Acquatrd e sul terreno al Craticello, su tronchi di castagno sopi Aprigliano. i — Prunastri L., con la precedente fra a ies sul terreno Craticello. Ramalina farinacea Ach, su tronchi di castagno, à one Parmeliei. ER MUR pulmonacea uo su xus à Grimaldi. nel haso ep ROR — saxatilis L., con la specie precedente. — Acetabulum Ach., su castagni, a Miglianò. Parmelia obscura Ehrh., su tronchi di castagno, a mate ` = stellaris L., con la specie precedente. - pe pulverulenta Ach., su castagni, a Miglianò ed altrove p | - frequente. is ; Ehyscia (Xanthoria) Saratna F Fr., su tronchi di castagno, pioppo liegio, ece., a Miglianò. ; Pam . t) Pe gentile delor miiaziong avuta dal chiarissimo signor Arosio. J A Ruvo di -e Lecidea deen Th. Fes su sassi e fra le rocce verso Castello di N, L. NICOTRA P L. NICOTRA L'impiego del catetometro nella fisiologia vegetale. (Notizia preventiva). Sin da quando mi son posto a studiare il magnifico Lehrbuch Botanik del Sachs, mi é rava i einquantesimi di millimetro; ho EN cura di rivestire inte namente di sughero o di pelle le pinzette destinate ad afferrare estremità degli organi studiati, e di evitare le strozzature, che avre bero apportato troppa alterazione melle condizioni di esperimento, 0 D noia di frequenti rotture. Con tal metodo, ho potuto verificare esattamente le leggi E r dal Sachs, dal Detmer e da altri fisiologi; e, potendo attingere ‘maggiore precisione, sono arrivato ad osservare un ' estensibilità ` grande (nei fusti di Convolvulus arvensis), di quella recata come ma da essi autori. I vecchi fusti di Lonicera implexa mi hanno mostrato elasticità perfetta. L'allungamento prodotto dal peso veniva diviso la lunghezza primitiva, e se ne traevano i coefficienti di distendibilità ; accorciamento osservato dopo la sia veniva diviso d Palonga s = u = CR = © ® n vi 2 œ d < ® E © (!) V. a pag. 689 dell’ edizione di Lipsia ara; e. Ho voluto poi studiare J'influenza dei pesi, e l'ho vista differente a | seconda dell’ età e della natura degli organi sperimentati. Spesso ho trovato quell’ allontanamento dalla legge comune sancita dalla fisica, al quale accenna lo Pfeffer (1), e stante il quale non mi parve assolu- tamente giusto il far uso di quella formula, che l'Haberlandt accetta (2), per trarre i valori del modulus d' elasticità. } Bello sarebbe studiare la parte, che ha il tempo, tanto nel prodursi l allungamento, quanto nell’ accorciarsi dell’ organo, sottrattone il peso stirante. Mi sono assieurato perfettamente di tale influenza del tempo, ma à difficile tener conto di quanto spetta al disseecamento, che frat- tanto si opera, e che produce le importanti modifieazioni molecolari studiate dal Weinzierl (3). Forse limitandoci a un tempo corto, come ho cercato di fare, potrà aversi speranza di scoprire le leggi dell’ an- damento di una estendibilità ed elasticità di seconda specie. jg Questa influenza del tempo, apparendomi evidentissima, mi ha fatto = decidere ad esser molto circospetto nello accogliere i risultati degli studi da me fatti sulla /egge dei pesi: a non tenere come usufruibili se non le osservazioni corrispondenti a tempi uguali, e ad attingere una lestezza maggiore nella lettura del catetometro, e talora a ricor- s rere à una media di due osservazioni, per allontanare nel miglior modo » possibile l’ errore proveniente dalla variabilità d’ allungamento, varia- bilità più pronunciata allorchè impiegansi pesi assai grandi. Moltiplicando il numero delle osservazioni, si potrà venire a capo di costruire delle curve, che darebbero le leggi dell’ andamento dei fatti. | Per ciò che spetta alla legge dei pesi, avendo io potuto alquanto e- stendere le mie osservazioni, che mi riserbo di comunicare (allorchè potranno dare risultamenti di qualche importanza), mi sono accorto che — i valori osservati andassero talora d'accordo con quelli dedotti a Sech E da una equazione empirica. (%) Citando alcune sue sperienze sugli stami di Cynara Scolymus | (Cfr. Pjlon- ~ semphysiol. Leipzig, 1881, Vol. IL p. 13). i (3) In Scuenk’s Handb. d. Botanik, V. M, p. 602). uo (0 Beiträge z. Lehre v. d. ` Festigh. u. Elastic. M Gew. u. on, (Wien 1877). D^ L'IMPriGO DEL CATETOMETRO vetta FISIOLOGIA | VEGETALE P. 225 E Finalmente ho voluto impiegare il catetometro alla ricerca delle leggi $ j L NICOTRA ‘dello accrescimento degli organi Sal: Vero è idle s$’ incontrai difficoltà, massimamente per le deviazioni che subiscono essi sotto l’ influenza della luce: ma mettendosi in certe condizioni n pratutto facile mi è riuscito lo studio dello accrescimento nello. del resto fondasi sopra un principio ottico analogo a quello, che al ` tetometro concede analoghe prerogative. E le poche prove di cui parlo mi han convinto, che mercé il e tometro riuscirà agevolissimo lo studio intorno all' influenza luce, del calore ecc., sull’ accrescimento, una volta che si variino bitamente le disposizioni istrumentali di sperimentare; e potrà sq f _sitamente scorgersi la differenza, che in tal fenomeno spiegano la radiazioni di rifrangibilità differente. m Vorl. Mitth. üb. eine neue Moth. das Wacksihum d. Pflanzen 2b [^ aci (Flora, 1873). i = ? SETE RÉ DEP ed » € P ER E | SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM i gdr VEN gi AAT UN Dott. Uco Brizi M Saggio monografico del genere Rhynchostegium rg |! 2 Il genere Rhynchostegium della famiglia delle Æypnacce, è uno dei D LE più naturali e comprende un gruppo di Briofite, benissimo caratteriz- bie zato, quantunque alcuni autori, anche oggidì, lo includano ancora nel n a genere Hypnum, ed altri invece lo suddividano in un grande numero uit di generi e sottogeneri. Le specie appartenenti a questo gruppo, non seno molte, né tutte fa- eilmente determinabili quando manchino gli organi sessuali o lo sporo- fito e sono, per la maggior parte, saprofite, poche saxicole, pochissime esclusivamente acquatiehe; aleune vivono alla luce diretta del sole, altre all ombra, ed alcune anche nell’ oscurità profonda, e la loro distribu- ` . zione geografica à vastissima nella provincia Romana. | Aleune specie sono esclusive della spiaggia marina, e altre non vivono . invece che sulle alte montagne, tantochè la Briofita più alta, che si trova . sulla più alta montagna della provincia a 2200 m., è appunto una spe- diversifolium B. E.; tra questi cie appartenente à questo genere, il R estremi sonvi tutti i graduali passaggi. Le specie più grandi si avvicinano, per certi caratteri, al genere Thamnium, e le minori s' avvicinano al genere Plagiothecium o al ge- nere Hypnum propriamente detto, ma tutte sono caratterizzate, oltre che da un certo aspetto e. portamento particolare che non si puó descrivere, ma che non sfugge all’oechio esercitato del briologo, dalla forma dello | sporogonio, dalla sua posizione orizzontale, dalla forma dell’ opercolo | sempre sormontata da un beeco o rostro lungo, sottile, obliquo, e dal peristomio sempre perfetto. 5 Non sembra, a parer mio, giustificata la suddiv isione che quasi tutti r UGO: BRIZI | i Briologi, anche i sommi, tuttora fanno di questo gruppo di ofi così ben caratterizzato, in due generi: Rhynchostegium ed Eurhynchi quando, coi caratteri differenziali indieati per ciascuno di essi, si piò appena farne dei sottogeneri. Infatti il solo carattere costante che servirebbe a distinguere ji generi, i quali concordano perfettamente nei caratteri generali del stema vegetativo e persino nell etimologia del nome, e in quelli anche « particolari del sistema riproduttivo, è quello del tessuto foliare, « anche il carattere, di poco valore sistematico perchè non comune a tutte | le specie, del pedicello della capsula rude o muricato, carattere E ri- scontrasi prevalentemente nel genere Braehythecium. Nella presente memoria seritta dopo molti anni di ricerche briolo- giche, e coi mezzi e col benevolo aiuto fornitomi dal mio maestro il Ch. Prof. R. Pirotta, al quale mi & oltremodo gradito render doverosi ringraziamenti, ho tentato un saggio monografico di questo interessante gruppo di Briofite del territorio del Lazio, e tale saggio non è che capitolo di uno studio consimile, il più possibilmente completo, di tutti le Briofite, che vedrà a suo tempo la luce, e che ha per iscopo prin- cipale di studiare tutte le forme diverse che le specie, naturalmente le più comuni, presentano, in relazione colle variazioni di SE altitudine, di luce ece. La presente nota dovrebbe riferirsi al gruppo Li Rhynchostegium d Lazio, ma, in realtà, essendovi rappresentati tutti i tipi specifici itali: meno uno, il À, cirrhosum (!), essa può riferirsi a tutti i Rhynchostegium italiani: di più vi sono tre nuove specie, una delle quali tanta > descritta altrove (2). La memoria è preceduta da un quadro analitico, per la determini zione esatta delle specie e varietà, desunta, quanto più è stato possi bile, dai soli caratteri del sistema vegetativo, per render facile la id (t) Secondo l’ Epilogo di De Notaris mancherebbero ancora, à render completo il pr delle specie italiane, R. locarnense D. Not. il quale non è che una : forma riferibile 4 R. tee? 2 e R. Funkii D. Not. che non è altro che R. t cirrhos um ce Bruzi U. Su aleune Briofite fossili, in Boll. Soc. Boll. ital. 1893. Di ciascuna Ger e utut poi, lire aiia. Pinoli pale GE uc | nologica, h o data una breve frase diagnostica. differenziale, tale da of- - i principali caratteri esatti di ciascuna specie, senza le liga stereotipate descrizioni, che descrivono bene le singole specie, ma non ne permettono lo studio differenziale; segue poi, per ognuna delle spe- - cie, che ne presentano, lo studio delle varietà colle forme principali | e qualche osservazione relativa alla biologia, e alla distribuzione geo- Nr ORC EE sm anti — amemeënat d € Da er, + joane ot mordndseo ‘ynf uou puwa . "naonnt nee ei. o GE EE ne ^ * aoa myerindseo 1109 af pura . ^ + + + + + 5 5 5 tMoupu euo *ejworiqur ouou o ud eno; e ) Di 7 Pa J0fput DUIS WIRE C MU eM IQ s ET vuo; *ejeuviddv e11$0} 8 NI CA UE È E wa cocco coco! c ewnmeusos eyuoue)Jo) eyeurtunov ojuouoAodq erog "I : ; : - 35. e wawwgedsPów 9 c 5 ` ` "emm La SS uou 4p Ip oagd end a i e a A * * egfunpjqo oqeao po eao 1804 , d EE Pa dE -ensoj nitt yow ve cute oan? 'worun ao) al RIMANI I o EE Eier ADMIN "mee 71 KEE En LI ; 'ouodwse *irv[nopuniéA 0 out Deal e[njpoo .V ‘esse Ip pow vi gei enge es 2 ; - : 3 S ndo; ajap iere), mag ‘077010 arjo; Cunummodpbont A) eyavorpra uou 010101018 ovod osna Y | 'WOIDALSODNAHA %94 op SC (oana) pond zug) pop à amade apap "iiowofonos ai. ODLLITYNY Ow a0 EMT à M D SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM be GEN suaburs ‘À unssoddep ‘9 Mna4npoppo. `Q JUNUMOI x ungui "H uenaoad. * 5] mat * nr "nso.4pnbs. "E (1) owaoyrosna ingonpnt. “A unman) ‘E Jowt ADM a.na "x "H EE oelwo[|wo oitamto ojjg Ip eswq epe 039$se4!4 ojsnj X “+ + «+ -esomenbs. uou mr ojuourie33e| 01304 4 D QquoLiquia ejueuresuep 21807 "Mise O i0409-o[fer2. rj3er2ndsoo $ ijeuulodIo puva *ozuodq-oqper? 193017 3ndseo *ojsnqoa ojsnj ® D Lamas, tum ee. 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CR e eet . . i D H + . al E "Jorotp Hot D xD E UD Lu. guitar Qu “porous uou HO , iu) wusepeds «pi i c EE (oddujias ongazaod v) rueSipod o prous MOU V | * * -ojeonimur o opua yed ut o ont ur "oam o qd ejnsdwo Siet egeorpeq I — INNIHDNAHUNA "uodans TI PR F “ouussty#unt ossods “oydun] “urıpou ep ——9 *ordloj ejpop ur e ə Isuos I nju3 un osejstp uid o] Jed ot Sot "austnatme? o Se resse u aod meta u s SE i P ut na s wm] ae ‘el wunojunDiD "e (ID murs *q (L1) seproxnso&ur *y ` (92) repepseog, "U ‘ 'ejepooruop ueq ‘eqeurtunoe vuodde eqZunjqo oje4o ao > -gados osod o h "m METTA «ero ə rn 917507 əjjəp vangeadon $ (8c) umox03t] ‘H (LG) wmpostAmo “XY ^ ^ (cz) WnIAT9WISSVII 3 | re eje[ooruop ‘eIsnqoI vanjeAdou *oAvouoo aydunggo ojyeAo 1 O oJOutur wurioj ‘09998 [ou egen | ə Front Ba ` * BWIISSTISUGOA VULIO] *0990S 09898 ope odsodo uou wur oyeaıyd edo) + Vilimjur e CDA 08804 o ESSO. (‘Wta eg-og) eyvrreotped otmen epnsdvo. © t La "mm 98-07 ogsnqoa op[eorped Sos e ojvjuop ejuonroj10J oo S * ejnoeqns o one vuedde 1mejoSuerag-oqgrao so )( D roven! uou puwa vzuongosuoo ded e ojvoriquit uou aog , 09998 [eu ejueurperoeds *o[ndseuo o ojwoos o oyeyoydord 21780] d: Rois Ip e1tunur (eggununor ejuenreug) ossy ofog ri ` OIOSI[ nn in w[nsdeo eop oppootpe ‘Il euros epe rsenb ojuoSuni$ wäre] è vjsnqor 01/80} ep[op vaneso S aan) rsenb *ojeurumnov ejueuej10J eqmpoeoue] 9180 — D * D ` porouour Lon )( D H KE (pc) 9eyoara 2 mäi [ou o1ojui 'onuoj wnjeAdou ‘009919 ‘eour, odunfgo ‘3 O (ec) umgrumd *q D D D ` ejeo[pos o 93v33e3erd 911507 *esnqoi ed : ae o WE ezuos ei[30j *epyrow1s wurd , D * e RR aqnro geg ) memo ato "W^ ex 'ouorxoqus “2109 ango alep euvipour Anise * E ona unt? emyvasou *rjwuutodro roovqnf ejueumjjou pura ‘y . (91) ummogrsaearp "H ` oov Am ni o oemyjo eqouw pe *eqonnur (gr) umwvopqug 7 EE "4 SEO wah muemeuen | $ . 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SE Hypnum ruscifolium Dill, Hist. Muscor. p. 298, t. 38, fig. 31. Wilson, Bryol. Britann. p. 354. tab. XXVI . . Hartmann, Skand. Flor. Handb. p. 136 . . v am Exiee. Erbar. erittog. ital. Ser. IL, n. 605. GE LS europ. n. 385. Draaxosis. Caespites: laxe intricati, terrestres vel fluitantes, de | nigricans; folia late SE vel obovato oblonga, acumine dein praedi enervia: capsula ovata, cernua, pedicello 9-15 mm. long., crasso, olivace aut badia, annulo lato praedita. Habitat. Comune sulle pareti degli acquedotti, nelle fontane, nei co d’acqua, sui sassi irrigati presso alle cascate, sulle rupi bagnate; € | piano e dal mare fino alla regione collina; meno frequente, ma non raro, sui sassi sommersi nei ruscelli submontani e sugli stillieidii delle rocci e sorgenti montane. Intorno a Roma, e anche dentro la città, frequente nelle fentane SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM ` 2907 bliche: Piazza del Popolo, S. Pietro, Palazzo dei Cesari, Orto Botanico a Panisperna, Grotta della Ninfa Egeria, Villa Borghese, al lago di Villa Panfili, Acqua traversa, Vejo, Tre fontane, Bufalotta, e nei fossi : Caffarella, Almone, Maglianello, Malafede. Sui Monti Albani: « in montibus Latialibus » (Sanguinetti in | herb. D Frascati nelle ville, Albano (De Not. in herb), Ariecia, parco Chigi, a Rocca di Papa (Bolle in herb R. Horti Romani), fontanile ai Campi d'Annibale, lago di Nemi, Doganella alle sorgenti del fiume Sacco, a Monte Porzio (Fior. Mazz, in herb). Nei Monti Cimini e Sabatini: Sopra Viterbo e alla Pallanzana (Mari), Bracciano, Vicarello, Trevignano, Canale, Manziana, fosso di Pianoro, S. Maria di Galera, Cesano, Isola Farnese. Nei monti Ceriti al Campaceio e all’ Allumiere (Baldini). Sul monte Soratte presso s. Oreste, a Civita Castellana nei burroni del "Trein, e presso il lago di Monterosi. Sulle rupi tra Anzio e Nettuno, alle paludi di Maccarese, al lago Trajano e lungo la costa marittima non oltre Ladispoli & pure frequente. Sui monti Tiburtini non raro: Tivoli alle Cascate e alla Grotta, al Lago dei Tartari, a Villa d' Este, Acque albule, Montecelio, Monte Gen- naro alla fontana di Campitello al Pratone, Vicovato nell’Aniene (Pi- rotta), sul monte Fogliettoso, sul monte Pelleechia al mulino di Civi- tella e alla sorgente della Licenza e a Pereile. Sugli Erniei e Prenestini piuttosto raro: Zagarolo presso la sorgente di Passerano, nell' Aniene a Filettino, alla sorgente Pertusa e a Trevi. Sui monti Simbruini assai raro: sull’ Autore fino a 1800 m., al San- tuario della Trinità, a Valle Pietra, ai Pozzi della neve sul monte Yid : glio a 2000 m., sul monte Livata, a Subiaco, a Cineto Romano x (Pirotta). ERE Rinvenni questa specie anche fossile nelle argille plastiche quater- a narie dell’ alveo del Tevere (V. Brizi I. c.) insieme a frammenti di altri Muschi, in quantitä, relativamente, grande (eirca 22 frammenti) in esemplari benissimo conservati, senza frutto, ma coi fiori maschili perfettamente rieonoseibili. Fructificat. Assai raramente e, per lo piü, solamente al piano (Villa 16. Malpighia, anno X vol. X UGO BRIZI Panfili) in autunno e in tutto l'inverno: la sola © prolicum talvolta. un frutto. Cer Variat. Il R. rusciforme è uno dei Muschi più polimorfi e muta eno memente caratteri, aspetto, dimensioni, forma, colore, ecc. ad ogni mi- nima variazione di ambiente; è veramente una specie proteiforme. Le forme principali, riducibili e meritanti il nome di varietà sono le seguenti: | A. Forme più o meno acquatiche a. fusto non rivestito alla base di tomento raleareo X foglie squarrose o leggermente omotrope. © 1. f. nettamente squarrose squarrosum ` 2. f. non nettamente squarrose X f. omotrope * forma gigantesca, montana cesp. gialli E atlanticum * forma minore, di pianura, cesp. verdi €. prolixum X f. non omotrope n. irrigatum X foglie legg. imbricate non squarrose x. commune 8. fusto rivestito alla base di fitto tomento calcare à. calcareum ` B. Forme terrestri 5 * fusto gracile, cesp. verde olivaceo, rámi depressi 6. depressum * fusto robusto, cesp. giallo bronzo, rami eireinnati y. ringens a. commune (Hypnum rusciforme a. vulgare, Boulay. l. c. ex 3] È Coespites rigidi, caulis brevis divisus, ramis brevibus, olivaco-viridibus. foliis concavis, leniter imbricatis, breviter acuminatis, pedicello brevi. Forma più comune: frequente ovunque al piano e nelle basse colline, nei piccoli corsi d'aequa, nelle fontane pubbliche, nelle ville suburbane specialmente nei luoghi riparati da una luce edes intensa. Ordinaria à mente sterile. : 5. squarrosum (Hypnum rusciforme $. squarrosum, Bryel. Europ. | ex p) Praecedenti similis sed rigidior, ramis longioribus acutiusculis, foliis haud imbricatis sed undique expansis, squarrosulis, brevius acuitat SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM 239 Forma alquanto rara, propria delle pietre irrigate in collina e in mon- tagna e specialmente delle rupi sommerse a metà, o spruzzate di con- tinuo, come gli stillicidii degli acquedotti, le pietre emerse alla base delle eadute d’acqua, le pareti rocciose del letto dei rivi montani ad acqua perenne, le scaturigini ecc. ` ordinariamente sterile. y rigens (De Not. in herb.) Brizi l. e. Speciosum, coespitibus bre- vissimis contractis rigentibus, aureo flavescentibus, ramis brevibus, jula- ceis circinnatis, basi denudatis foliis acutioribus. Forma interessantissima, propria delle colline marittime; non frequente se non sulle rupi appena umide per leggero stillicidio, ma soltanto nei luoghi aprichi verso la spiaggia ed esposti al sole e ai forti e eostanti venti del mare. Questa singolare forma, la sola forse che merita meglio di ogni altra il nome di sottospecie, fu rinvenuta già nelle isole dello stretto di Bo- nifacio in Corsica dall’ illustre De Notaris il quale, quantunque la ricono- scesse degna quasi di figurare come specie, non la descrisse neppure nel- l'Epilogo (7. c.) nel quale, non si eomprende perchè, rifiutó tutte le varietà del Rhynchostegium rusciforme, e solo ne lasciò la seguente | diagnosi manoscritta sull'esemplare autografo esistente nel suo Erbario, E «Rami subfastigiati, siccitate pulchre curvati: folia laxiuscula, imbri- cata, secunda, subchartacea, anguste ovato lanceolata vel elliptico lan- | ceolata, acuminata, margine superiore serrulata, nervo valido ad apicem . fere usque producto, instructa ». La forma descritta dal De Notaris ha però l'aspetto molto diverso dalle forme ordinarie: sembra piuttosto una forma contratta di Ambly- stegium irriguum e si distingue dalla forma tipica, oltre che pei ca- Patteri esposti nella diagnosi notarisiana e mia, anche per le foglie le . quali hanno una tessitura un po’ meno compatta, le cellule dei due A | terzi superiori appena un pó più larghe e corte e le basilari molto più — larghe e corte, quasi quadrate. 3. ealeareum Intermedium , fontinaloideum , caulibus longis, basi foliosis, ramis S EE S E ae y ; +: ; pres SE TEE | ee M im uu molti metri quadrati. dalle acque dello stillieidio, grossa in certi punti oltre un l'esterno, alla parte cioè viva del cespuglio; in tal modo spezzando molta pazienza, isolare delle piantine lunghe fin 90 centimetri, al ; tenendo conto della grossezza totale dello strato calcareo e dello turgidioribus, foliis late concavis breviter acuminatis. F lanta fi í semper, plus minusve, topha calcarea vestita. i Forma per lo piü nettamente caratterizzata, propria delle aeq nerali contenenti abbondanti sali di calcio, come al lago dei T alle Aeque Albule presso Tivoli, alle sorgenti del Simbrivio sul Autore ecc. nelle quali aeque è spesso in grande abbondanza e con buisce, insieme coll’ Amblystegium glaucum, alla formazione del H caleareo e del travertino. ; Di questa formazione un bellissimo esempio si trova presso al tuario della SS. Trinità (1300 m.); alla base di un’ enorme roccia i nata da tempo immemorabile dalla sovrapposta eresta del monte : iore, geme uno stillieidio di aequa riechissima di bicarbonati al specialmente di calcio. stillieidio che si opende per una superfici La intera roccia è ivi rivestita di un fitto manto di Muschi, coi esclusivamente di due specie, Amblystegium glaucum, Rhynchos rusciforme à. calcareum, i quali, sviluppandosi continuamente da hanno rivestita la rupe di una crosta di carbonato di calcio mezzo . nella quale, mentre la porzione esteriore e superficiale cespuglio & verde e vegeta, la porzione più interna à trasform à pietra calcare, vero travertino, il quale è duro e compatto alla del cespuglio e va gradatamente divenendo spugnoso avvicinan rupe si Duo riconoscere, anche dove la pietra è compatta, la sua dirò così vegetale, giacchè, quantunque i cauli siano totalmente lizzati e propriamente parlando più non esistano, essendosi sost sostanza minerale all’organica, è tuttavia possibile, al microscopio, scere la fine struttura non solo del eaule ma anche, qua e là. delle fo È tuttavia singolare la continuità della vita senza riproduzione giacchè tal forma quivi non fruttifica mai e si continua sempre d' in anno pel suo solo sistema vegetativo, diguisachè si possono . che se ne forma ogni anno, non é difficile. iribuire una età uguale a quella delle secolari quercie, o dei vegetali più annosi. i À x e. prolixum (H. rusciforme var. prolixum, Boulay l. e. ex p.) Prolixum, fluitans, caulibus longissimis, divisis, apice attenuatis ni- gricantibus, ramis turgidis, leniter homotropis obscure virentibus: saepe AEST fructigerum; ` m. È $4 ^ TE NERIS V Forma vivente nelle acque a lentissimo corso, fissata sul fondo e sui ` 4 un margini dei ruscelli e dei fossi incassati fra alti argini, quindi oseuri, 2 | specialmente in pianura. i E. atlanticum (Hypnum rusciforme 5 lutescens Bryol. Europ. Le.) - H. atlanticum Desf. Speciosum, giganteum usque ad 60 centim. longum, aureo viride vel o pulchre flavescens, ramis incurvis, arcuato-procumbentibus , basi lon- à gissime denudatis, sed vestigiis cour adhuc vestitis, rigidis, foliis homotropis, late ovatis. ` — Forma Pigeon iie spesso gigantesca, propria | della acque limpide ‘correnti dei ruscelli montani e delle cascate, sempre però dei luoghi ais e bene illuminati, o anche esposti alla luce diretta del sole. è - ^. irrigatum (R. rusciforme y inundatum, Bryol. Europ. ex p.: Brizi L Ci Seier Gene maxime divisi, pra patte virentia ne dal y. .. Forma poco frequente, sommersa nelle SC? d acqua nelle Jimpido. : | scaturigini montane, o dove P acqua scorre a fior di terra o nei ruscelli . a fondo assai basso. . Questa forma varia anch'essa di frequente pel silere a seconda. della intensitä maggiore o minore di luce alla quale è esposta, rimanendo abbastanza costanti gli altri caratteri. Sul monte Pellechia, dove è fre- manto; sul versante dario sen di un verde tenero capsula turgida, pedicello brevi crasso. > chostegium rusciforme più evidentemente di tutti manifesta le varia- od olivaceo, mentre sul versante meridionale la sua tinta è sempre giallastra o giallo-bronzina. \ 5. depressum (H. rusciforme n. laminatum, Boul. 1. c. p. 95 ex p.) Caules precedente graciliores, luride virentes; rami depressi breves, fo- Lis acutiusculis, in ramulis fere disticho-applanatis; saepe fructigerum, Forma vivente fuori dell’ acqua. ma in luoghi molto umidi ed oscuri appié dei muri nell'interno delle grotte: nell'interno della città è i musco ruderale più frequente (Palatino, Terme di Caracalla, sotterranei del Colosseo ecc. ecc.) Osservazioni — Le forme sopradescritte non sono sempre così netta- mente caratterizzate come io le ho descritte tipicamente, ma presentano uno immenso numero di forme intermedie fra l'una e l’altra che posso sovrapporsi e acquistare una somma di caratteri comuni a più varie La ragione di questa grande variabilità per cui, tra i muschi, il Rhy zioni morfologiche corrispondenti a variazioni d'ambiente è da attribuire a questa diversità di condizioni di vita dalle quali si originano, evi dentemente, le forme anzidescritte, le quali si plasmano, per così di ` sotto gli occhi stessi degli osservatori. : Per esempio, la forma € prolixum che vive fluttuante nelle acque à lento corso, anzi il pià delle volte interamente sommersa, se viene per caso à trovarsi in parte fuori di esse in luogo ove non manchi la luce, si contrae, acquista un colore giallastro e passa alla forma ß. squa rosum, che è propria dei sassi a metà sommersi e delle rupi spruzza costantemente dall’ acqua, in collina o nella regione submontana. Così pure nei ruscelli di montagna la forma €. atlanticum, abbastanza nettamente caratterizzata, se viene per caso a trovarsi in un ambiente; povero di luce o molto oscuro, diventa la € prolixwm, e la x communis, se è costretta accidentalmente a vegetare fuori dell’ acqua, anche sol- tanto in parte, in luogo aprico ed esposto al vento, acquista i i caratte: della 7. rigens; talvolta in un solo cespuglio, in una sola pianta. la SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM a" MAS porzione sommersa nell’ aequa ha i caratteri della e prolizum, o C. atlan- licum, o i. innundatum, mentre la parte fuori d'acqua ha i caratteri di a. communis o talvolta di 6. depressum. Tra tutte le forme tipiche descritte le più costanti e che meritano pro- priamente il nome di sottospecie sono: Y. rigens, C. atlanticum, g. de- pressum. Le variazioni, in eonseguenza, che puó subir» la specie in discorso. a causa delle variazioni d'ambiente, come pure altre specie di Muschi viventi in eondizioni simili od analoghe, sono in generale le seguenti: La luce ha una influenza diretta sulle mutazioni di colore; nei luoghi oseuri ed opachi i cespuglietti sono di un colore verde livido opaco, e nei luoghi assai tenebrosi (caverne. acquedotti, ecc.) può divenire fin bruno cupo; nei luoghi invece dove siavi molta luce, non diretta, ma diffusa, a seconda della intensità di essa, il colore varia dal verde tenero al verde pallido, tendente al giallastro quando è molto forte la luce. La luce inoltre esercita in modo assai considerevole la sua azione ritardatrice sull’ accrescimento, modificando in modo notevole le dimen- sioni delle piantine le quali sono per solito più brevi, robuste e rigide, nei luoghi ben illuminati o al sole, e diventano invece lunghe, più ramificate, coi rametti innovanti più lunghi, deboli e spesso flaecidi nei luoghi dove vi à maggior oscurità. ij Quando i cespugli sono situati in modo da ricevere, anche per una parte soltanto della giornata, i raggi diretti del sole, acquistano un colore giallo lucente, tinta che va accentuandosi ed aumentando coll’ avanzarsi della stagione, procedendo dall'inverno all'estate, fino a raggiungere il color giallo a riflessi brillanti, o il color d'oro splendente. Quando questa specie vive nell'aequa, suo ambiente più ordinario. ` varia a seconda che l’acqua è limpida o abitualmente torbida o ricca di sali minerali, stagnante o corrente, in pianura o in collina, e varia specialmente riguardo alla lunghezza maggiore o minore dei cauli, alla ramificazione più divisa nelle acque correnti, meno divisa, ma più dif- fusa nelle acque stagnanti o a lento corso. Infine l’ esposizione nelle forme che vivono fuori dell acqua, influisce molto sulla loro variabilità. La forma y rigens è una evidentissima UGO BRIZI € H À forma di adattamento alla maneanza d'aequa, al sole, al vento, ed a quest’ ultimo specialmente, poichè, per diminuire la soverchia traspira- zione che indurrebbe sulle foglie il costante e periodico vento del mare, presso al quale esclusivamente trovasi la suddetta forma, sulle rupi tra Anzio e Nettuno, contrae i propri rametti a foggia di pastorale, appli- l cando fortemente le foglie contro i rami, mentre, per resistere alla azione 3 dannosa che la soverchia luce ha sulla assimilazione, acquista un colore giallo d' oro, ed uno splendore aldirittura metallico per respingere una parte degli eccessivi raggi solari. . I diversi fattori sopradeseritti, combinandosi in vario modo danno ori- gine a numerose forme fra le quali le più salienti sono quelle dianzi enumerate. Peró per quanto siano numerose le forme intermedie che ricongiun- Lo gono tra di loro le estreme, il Rhyncostegium rusciforme è sempre fa- cilissimo a riconoscersi per un aspetto sempre particolare che ha al- P occhio del briologo. CE PT se ER GENT HS j 4 i MV LEE TEE O e ET EU ROTE, ia RERTE oro epa ug ONE PIE. VPE ee ta N 2. R. confertum. Bruch Schimp. Gümb. Bryol. Eur. V. Rhyneh. VII, tab. IV (1853) Amor ad De Notaris. Evil, Briol ital p-72.. ; .: . . . .. (1809) n Schimp. Synops. Muse. Eur, ed. II, 683 . . . . . . (1876 — Bott. e Vent. Enum. erit. Musch. ital. n. 8. . . . . (1884) E Pirott. Terr. Briz. in Guida della Prov. di Roma, Cap. V., ! - p. 179, 182, 195, 904. . . . . 2:2 (1890) 8 Brizi. Reliq. Not. in Ann. R. Ist. Bot. di licis 2 d HERB i Hypnum confertum Dikson. Fasc. Crypt. IV, p. 17, tab. IX, fig. 14. ( Smith. Flor. Britannie. III, p. 1304. Sim (1804) . Bridel. Bryol. Uto VHI, p 40; 05 sx as a De Notaris. Sylab. Muse. p. 37. : (18 Fiorini Mazzanti. Spec, Bryol. Rom. ed. Il., p. 48 (ex. n (184 Boulay. Muscinées de la France, p. 96. . . ( ps Ex. Erbar. eritt. Ital. Ser. I, n. 907, Ser. IT, n. 254. Biber Bryotheca Europaea n. 906. c ds. aae SA 23 D SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM 245 Diagnosis. Caespites demissi, laete vel sordide virentes; caulis radi- cans substrato adhaerens, simplex, vel parce divisus; folia laxe imbri- cata, interdum complanata, ovato concava, breviter acuminata, remote serrulata, nervo tenui ad medium, vel ad ?/, producto; perygyna in- terna late et longe acuminata, tenuicostata ; capsula obliqua, cernua, pe- dicello basi dextorso, apice sinistrorso (mm. 8-12. L), annulo pertenui! Habitat. Sulle rupi e sui sassi, appié dei vecchi muri, sulle rovine, all’ ingresso delle caverne e grotte, nell’ interno dei pozzi, lungo i pic- coli corsi d' acqua, nelle aperture delle fogne e delle condutture d’ ae- qua, più di rado alla base dei tronchi d'albero e sui-legni fradici; co- . mune. Preferisce, ma non vi è esclusivo, il terreno siliceo; dal piano e dal mare, sale fino alla regione collina o SENNO, di rado fino alla montana. Intorno a Roma e dentro la città è frequentissimo: Cortile del Qui- rinale, Orto del Museo Agrario, Palazzo dei Cesari, appiè dei ruderi ‘specialmente verso il Foro Romano, nel quale pure é frequente special- mente dal lato verso il nord, nella Cloaca massima, al Colosseo, alle Terme di Caracalla, ecc. Nelle ville suburbane pure frequente: Villa Panfili, non di rado fer- ie tile, Villa Borghese, Corsini, ece. Sul Testaccio, Acqua Traversa, lungo il Cremera a Vejo, Grotta della Ninfa Egeria, Cave di Pozzolana al 10.° chilometro sulla via Tuscolana; Villa Livia a Prima Porta, Via Appia . a Cecilia Metella e al Circo di Romolo, S. Agnese, Monte Sacro, Casale dei Pazzi, ecc. Sui Monti Laziali: Albano ai Cappuccini, a Villa Doria, a Villa Fer- * rajoli, all’ Ariccia (Fior. Mazz. in herb.) Parco Chigi, Collepardo, Cave di Galloro, Monte Gentile, Macchia della Fajola, Villa Sforza a Gen- zano; Frascati al Vermicino, nella villa Aldobrandini ai lati della ca- scata, Villa Falconieri, Mondragone, Grottaferrata, di rado più in alto: sul Monte Cavo alla Madonna del Tufo, a Rocca di Papa alla Punta delle Saette, e alla torre d’ Enea a Civitalavinia. Lungo il mare non raro: Colline intorno al lago Trajano e a Porto |. presso Fiumicino; colli tra Anzio e Nettuno, macchia di Carroceto; 246 Sar UGO BRIZI ` * Villa Borghese e Macchia di Nettuno, colle dell' Acciarella ad Astu al Lago di Paola e a Terracina (Sang. in herb). Colli Tiburtini non frequente: Monte S. Antonio, Monte Catillo, Grotte! della Sirena, Villa Adriana, Madonna del Quintiliolo, presso al sifone dell’ Acqua Marcia, Monte Sterparo, ecc. Sui monti Prenestini a Palestrina, a Zagarolo alla Villa Rospigliosi. Sul gruppo di Monte Genaro è molto raro, a causa della sua preferenza al terreno silicicolo, tuttavia trovasi a Marcellina Vecchia, lungo | la strada da Vicovaro a Licenza, alla Villa di Orazio e sotto Roccagiovane, ma raramente. 2 Sui monti Ceniti alla Tolfa piuttosto raro ( Baldini); sui Simbra raro a causa dell'altitudine: Cineto Romano (Pirotta), Anticoli Corrado, Filettino a 1235 m. Sul Monte Soratte è raro, però di rado raggiunge i 300 metri E versante verso il Tevere, un po’ meno sul versante opposto, Lago di | i Monterosi, Civita Castellana, al Ponte Felice, a Scrofano e a Rignano | : Flaminio. Sui monti Sabatini à invece frequente a Bracciano, al Cimitero sulla | strada di Oriolo, alla Manziana, a Canale, a Trevignano e Vicarello | alla base della Rocca Romana e di Monte Virginio. i Fructificat. Dal principio dell’ autunno a tutto F inverno è assai co- piosamente per solito ben fruttificato. Variat. Le variazioni che questa specie subisce non sono molto nu- merose, ma assai notevoli giacchè abbastanza costanti. Quelle riddeibil] à sottospecie sono le seguenti: S A. Forme robuste p. sp. * cespuglietti verdi opachi, foglie lassam. imbricate 3 decipiens | * cespuglietti verdi splendenti f. appianato quasi ee, B. Form. gracilissima psp. EE pusillum — x. decipiens. Caespites lavi, laete virides , opaci; folia lase ere imbricata, maxime concava, breviter acuminata, tenuiter serrulata nervo brevi */, folii occupante. A Forma normale, frequentissima in pianura, specialmente nei luoghi oscuri, appiè dei ruderi, muri, ecc., rarissimamente appiè degli alberi. 9. paradoxum HR. Delognei. Piré Bull. Soc. Bot. Belg. tab. X. p. 100. R. confertnm B. Delognei. Boulay l. c. p. 97. R. confertum var. Daldinianus. De Not. ex p.; Brizi l. c. Coespites virides nitidissimi, ramulis subsimplicibus; folia applanato disticha minus concava, acutius margine apicem versus dentata, nervo robustiore ultra ?/; folii evanido. Forma molto rara, spesso più robusta della forma tipica e d' aspetto simulante in certi casi di À. praelongwm. La distribuzione geografica di tale forma sporadica à difficile a determinare esattamente, poiché tro- vasi in qualunque terreno, anche se prevalentemente siliceo da cui rifugge la forma X. e ad altitudini ed esposizioni diversissime; la rin- venni infatti in pianura al sole (Villa Panfili) in collina ombrosa (ver- sante nord del Monte Cavo sui colli Laziali) e nella zona montana (Monte Pellecchia, sopra a 1200 m.) Tale forma, alla quale ben si conviene F Série di paradoxa, è molto ben distinta e curiosissima, che varia bensi alquanto nelle di- mensioni dei cespuglietti, ma che ha un habitus e una facies propria che la fa distinguere a colpo d'occhio non solo dalle specie affini, ma ancora dalla stessa specie tipica, dalla quale peraltro, per l identità dei caratteri specifici. à impossibile disgiungerla. Sarebbe, a parer mio, importantissimo il riuscire a stabilire il perché di tale variazione distinta e costante, non spiegabile, com’& agevole fare per altre forme, colla diversità del modo di vita e di ambiente, giacchè la /$ paradoxa, trovasi sempre insieme alla forma æ colla ` quale vive in identiche condizioni, in substrato prevalentemante siliceo. Non è perciò da attribuire alla natura del substrato questa diversità dalla forma tipica, la quale, come ho detto, è bensì assai rara in substrato si- liceo, ma quando vi si trova, sia sola, sia associata alla G, non perde nulla dei caratteri suesposti., Ciò che è anche strano si è ehe non ho mai, non ostante le più accurate SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM 247 248 Ss | UGO BRIZI osservazioni, rinvenute forme intermedie che colleghino evidentemente tra di loro le forme 2 e 5, mentre sono frequentissimi tra & e y; è quindi necessario ammettere che i caratteri di questa forma siano fissati da 3 lungo tempo, ma è difficile precisare la causa, perchè, mentre tra la specie tipica e le varietà o forme, nella massima parte dei muschi, si notano delle forme intermedie che presentano delle vere sfumature di ` biente o di substrato, la ß. paradoxum è refrattaria direi quasi alle ; ; | caratteri dipendenti il più delle volte dalle più piccole variazioni d'am- A variate condizioni esteriori, giacchè nei luoghi oscuri per esempio, dove | i i tutti gli altri muschi verdi splendenti, perdono lo splendore e prendono E. un colore verde livido od olivaceo, la forma in discorso, caso estrema- mente, raro, conserva la sua tinta aurea e i caratteri sopradeseritti. BEL Coespites tenuissimi, tenere virides vel aurei, foliis minoribus, vix M concavis, angustioribus, acutis, remotius serrulatis, nervo 1/, folii oc- 1 cupante. i Forma minore in tutte le sue parti della 4, elegantissima, simulante E R. depressum, di colore verde smeraldino o giallastro dorato, probabil- E mente esclusivamente marittima. giacchè non è infrequente lungo il mare, dove soltanto la rinvenni (Fiumicino, Villa Borghese a Nettuno). Ob. Il R. confertum, quantunque non sia da annoverarsi fra i muschi più polimorfi, e le sue poche variazioni siano ridueibili ai tre tipi suin- - dicati, è facile talvolta ad esser confuso con alcune forme il R. murale, — col quale non di rado vive in società, ma dal quale si distingue oltre che pei caratteri esposti nella diagnosi, anche per le foglie non così | y. pusillum S strettamente imbricate, meng concave, più acute, per la ce minore, solida. 3. R. BITTER, Bruch Schp. e Gümb. Bryol. Eur. Vol. V. Rhynch 5, tab. 5 De Notaris. Epil. Briol. ital. p. 74. . . . i| ow. A869) Schimp. Synops. Muscor. Europ. ed. Il, p. iui (1876) ` Fior. Mazz. Florul del Coloss. in. Att. Acc. Pont. N. Line. Anno XXXI, 17 Febbr. . . . . . . (1878) Jn ded Le SS, RK P d CH : t d "y T « ia E d GE > 354v dx DE Tux a ; E A SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM EL à Bott. e Vent. Enum. crit. Musch. ital. n. 9. . . . . (1884) Pirott. Terr. Briz. Flora Rom. in Guida della Prov. di Roma di E. Abbate. . . . . (1890) Brizi.Reliq. Notaris n. 5. in Ann. R. Ist. Bot. di Roma (1892) Brizi. Su aleune briofite fossili (Boll. Soc. Bot. ital.) . (1893) Hypnum megapolitanum > Blandow, in Sturm. Deutschl. Fl. II, fig. 9 . . . . (1810) : Bridel. Bryol. wnvers H, 401... . ei e 0820) ` ` Boulay. Muscin. di Frane, p. 95 . . . . . . :'. (1884) H. confertum 5 megapolitanum Wilson. Bryol. Britann. p. 356. . . . de vos CERDOS à Fior. Mazz. Spec. Bryol. Rom. ed. II, p. 9 DD £o qo E ie, Ex. Rabenh. Bryothec. Europ. n. 486, 1840. Diagnosis. Caespites laxi, prolixi, intricati, minime substrato haerentes; caulis flexuosus, irregulariter ramosus; folia laxe imbricata, late ovata, E Monge acuminata, decurrentia, ambitu serrulata, semicostata; perygyna p z esterna enervia, interiora costata; capsula subcylindrica, incurva, brun- nea, pedicello longo, flexuoso (15-mm.), annulo ‚pluriseriato. Habitat. Sul terreno sabbioso argilloso nei campi e nei prati in mezzo ` E alle erbe, nelle ajuole dei giardini, sulle colline incolte, alla base dei vecehi muri, sugli argini delle vie campestri, sui margini e nelle ra- dure dei boschi; comune nel piano, dal mare alle basse colline: meno frequente sulle alte colline e sui monti. Intorno a Roma (circa Romam Fior. Mais. in herb.!) frequentissimo Traversa alla Farnesina, Insugherata, Val d’ Inferno, lungo il Cremera — a Vejo, Isola Farnese, Macchia Mattei, Bravetta, Caffarella, Tor di Mezza Via, Porta Furba: comunissimo nei prati lungo l'Aniene al nord est di Roma: Pratalata, Ponte Nomentano, Buffalotta, Valle dell’ Osa, Marco Simone ecc. ecc. Sui monti Laziali abbastanza frequente: villa Aldobrandini a Frascati, alla Rufinella e a Mondragone, Tuscolo, Camaldoli ece, eee.; nella Macchia di Marino e intorno al lago di Albano a Castello, a Palazzola ala Villa Panfili, a Villa Borghese, Ludovisi ecc., comune ad Acqua ` ek br $ 250 UGO BRIZI lungo le mura del convento, all Ariceia nel parco Chigi e lungo le Gallerie, : a Monte Gentile, Pratoni di Nemi, Villa Sforza a Genzano, a Galloro, a Collepardo. Macchia della Fajola, lungo la valle del Vivaro, Campi d'Annibale, intorno al lago della Doganella e fino sotto a Rocca Priora. a Monte Pila; a Monte Cavo & raro. ; Sui monti Tiburtini & più frequente perché preferisce il substrato calcareo: Oliveti di Villa Adriana alla base degli ulivi vecchi, Villa Gregoriana, Monte S. Antonio, Aeque Albule, villa d' Este, Castel Ar- eione, Monte Catillo. Sui monti Prenestini pure non è raro. Palestrina, Zagarolo al Castello bi E E à di Passerano ecc. ecc. Sui monti Lepini presso Ceccano, piuttosto raro (Baldini). Nel gruppo di Monte Gennaro abbastanza frequente in basso, più raro in alto: Scarpellata, Marcellina Vecchia, Strada di Moricone, Monte Morra, S. Polo dei Cavalieri, Colle del Tesoro, Monte della Guardia, valle tra S. Angelo e Palombara, a Montecelio, Castel Chiodato, Schiene degli Asini e al Pratone, Monte Folliettoso, Rocca Giovane, Strada da Vicovaro a Licenza, molino di Civitella, presso ai laghetti di Percile, lungo gli argini della Licenza fino alle falde del Pizzo di Pellecchia (1000 m.!), lungo la Ferrovia a Mandela (Pirotta), sulle pen- dici del Costasole; sotto la mola d’ Arsoli, ad Anticoli Corrado, lungo | la strada da Agosta a Subiaco. | e Sugli Ernici e Simbruni: intorno a Subiaco non raro; Salita all'Au- | |. tore, al Campo dell Ossa, e alle falde del colle di Livata donde non sale ES, più in alto, giacchè manca totalmente sull’ Autore al disopra dei 1200 ` — metri e si ritrova sotto al Santuario della Trinità nella Valle del Sim- brivio, presso a Vallepietra, a Trevi e fin sotto a Filettino. Sui monti Ceriti è frequente in basso, più raro in alto, alla Tolfa e al Monte delle Grazie (Baldini), sulla via per Canale Monterano ai Vulcani Sabatini, a Manziana, a monte Virginio e Trevignano fino à Ass, E: Cesano e S. Maria di Galera: & frequente pure lungo le vie e sugli argini nella valle di Campagnano a Barbarano, a Nepi, alle falde del ` ` Soratte presso Civita-Castellana, a Sutri e presso Ronciglione. . A Presso al mare è comune nelle colline in vicinanza di esso, Magliana 4 erh bir. oo LA RENE | SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM ` Siet . Malafede, al lago Trajano, colli presso al mare a Fiumicino, nei tom- boleti fra i ginepri sulla spiaggia. da Maccarese fino ad Ostia, Civita- vecchia dietro al Cimitero, S. Severa, Porto d'Anzio a Nettuno al po- ligono dell'Artiglieria, sul colle dell'Aeciarella abbondantissimo e frut- tifero, alla Pineta e a Torre Astura. Rinvenni inoltre questa specie fossile (V. Brizi l. c. n. 3) nelle torbe quaternarie dell'alveo del Tevere, nelle quali fu possibile trarre molti frammenti benissimo conservati, uno dei quali col perichezio e la seta. Fructificat. Nell' inverno e al principio della primavera (dicembre- aprile) trovasi comunemente ben fruttifero; perd prima, e più abbon- dantemente presso al mare che in collina bassa; più raramente ancora in collina alta. È Variat. Le variazioni che subisce il RAynchostegium megapolitanum, non sono molto numerose, ma assai importanti e riducibili a due vere varietà nettamente caratterizzate, delle quali una presenta tre forme notevolmente distinte. A. Foglie brevemente acuminate, fortemente se- ghettate x elatum ){ fogl. appianate, forma p. s. gigant. . major V fogl. più o meno imbricate, form. minori * rami julacei cespuglietti verdi . ». julaceum * rami non julacei, cesp. gialli o aurei rutabuloideum B. Foglie lungam. acuminate, fortemente dentate 3 septentrionale x elatum (R. megapolitanum B meridionale Schimp. l. e.; Hypnum. m. 6 meridionale Boulay l. e. ex p.). Folia breviter acuminata, toto ambitu fortiter serrata, cellulis basila- ribus distinctam auriculam | efformantibus, fere usque ad costae basin productam. Questa notevolissima varietà, descritta anche da taluno come specie. si può scindere nelle tre forme seguenti: 1. majus. Robustissima, gigantea, caespitibus virentibus, foliis appla- natis, parum concavis, toto ambitu denticulatis, interdum leniter plicatis. Ramuli diffusi, longissimi, basi longe denudati (usque ad 6 centim. v. amplius) Peristomii dentes et eilia maiora. UGO BRIZI Forma assai frequente e alla quale soltanto va, secondo il mio rere, riferita la var. meridionale di tutti gli autori, e non già al due seguenti, abbastanza bene distinte. delle costruzioni e dei muri, sulle basse colline, ma sul versan rivolto al nord, sugli argini dei sentieri ombrosi, nei boschi, e in generale ove vi è poca luce diffusa e dove non arrivano mai i raggi diretti del sole. 2. julaeeum. Minor, gracilior, virescens, foliis EE lenit imbricatis. ramulis siccitate pulchre julaceis gracilioribus paru flexuosis. : ; Forma molto rara, ma ben distinta, propria delle basse colline rittime, e delle fresche ed umide pendici di esse (Villa Borghese a Nettuno); somiglia alquanto alla var. B septentrionale, e allo sta sterile è facile confonderla colle forme gracili di Rhynchosteg murale; poco frequentemente trovasi in frutto e in tal caso molto presto (novembre-dicembre). i : f 3. rutabuloideum. Robustius, luteum vel aureum; ramulis longiusei lis (4-5 cent.) depressis, nusquam julaceis, parce flexuosis: Fol majora, laxe imbricata, orata, minus acuminata, dentibus, vioribus. | Forma abbastanza frequente, propria dei luoghi apriei a sola specialmente sul versante sud delle collinette, dal mare fino per certo tratto nell’ interno; rarissima nella zona collina alta o montana costituisce dei larghi ed estesi fitti tappeti insieme au merosi licheni (Cladonia pyxidata, endiviaefolia ecc. ecc. ) eoi qu sovente si presenta in cespugli assai. intricati. Più raramente . rinviene nella pianura, e in tal caso solamente nei prati asci in mezzo alle basse erbe. : Questa forma presenta molto costante i caratteri suesposti | Brachythecium rutabulum, colle quali, allo stato sterile, è m faeile confonderle. : Bota y^ RHYNCHOSTEGIUM. SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE 3 septemtrionale. Foliis longe acuminatis, tenuissime dentatis, vel omnino integris; cel- lulis foliorum basilaribus parum distinctis, auriculam nullam vel vio cospicuam, efformantibus. Questa splendida varietà, considerata da alcuni briologi come il tipo specifico (Schimp. l. e.), è rarissima, sporadica, montana e preferisce un clima molto freddo. Nel territorio romano non la rinvenni che due sole volte, sul monte Pellecchia (1300 m. !) sui confini della provincia romana colla Sabina, e sul monte di Rocca Romana nei Vulcani Sabatini , quasi sempre entro le anfrattuosità delle rupi soffocate, ed al riparo dei venti ecces- sivi. = Obs. TI Rhynhcostegium megapolitanum nelle sue forme è di grande costanza, e le stesse variazioni non subiscono che lievissime modifica- zioni. Nei nostri climi, cioè nella provincia Romana, la var. « può essere considerata come il tipo costante, mentre la var. & à per noi una forma e relativamente al consueto habitat di pia- assai alti e freddi; per eccezionale dei luoghi montani, e, ` nura e al clima preferito della specie in generale, le regioni nordiche dell Europa e anche per le centrali (Francia, Ger- mania eec.) il tipo più frequente e costante è la var. D septentrionale mentre la e meridionale costituisce l’ eccezione. Però i veri caratteri | specifici anzidescritti sono più propri della z. meridionale, la quale sempre o quasi, ben fertile, mentre la ` è anche assai più diffusa perchè, £ è rara anche perchè difficilmente si riproduce per sessualità. La var. 5 septentrionale, presenta una curiosa particolarità, di avere cioè nei luoghi piuttosto oscuri dove si trova, alla base delle rupi sof- focate, e nelle screpolature delle rupi, ricche di humus, un singolare splendore sotto una certa incidenza di raggi. Il suo colore è ordinaria- mente, come in quasi tutti i muschi viventi nella semi-oscurità. di un verde opaco più o meno intenso che può, in certi casi, raggiungere il color verde olivastro scuro. I cespuglietti della var. G septentrionale, visti ad una certa distanza, 17. Malpighia, anno X vol X bot) 2 "vào. p NECS presentano uno dia A i volte assai intenso, medi presi in mano o anche soltanto guardati molto davvicino, non presen. tano più tale fenomeno, davvero singolare giacchè manca qualsiasi ap- parato illuminatore omologo se non analogo a quello che presenta i È protonema della Schistostega osmundacea (1), o lo splendore aureo del I Hglocomium splendens (?). Lo splendore dei rametti della £ septentrionale è dovuta al fatto che le foglie, quando l umidità è è grande, pel forte loro turgore, si fanno. concave all'esterno; in tal modo, essendo sature d'aequa, non pud questa più penetrare nei tessuti, e l'eccesso di vapor d'aequa si eondensa sulla che, vedute sotto un certo raggio incidente, emanano una luce tale da colpire. l'occhio a una distanza relativamente Brando, dando l impres- | sione di una tinta smeraldina. V Questo aspetto brillante cessa totalmente quando l’aria à relativamente asciutta, e quando si guardi davvicino il cespuglietto, giacchè la luce nor colpisce più con quella determinata incidenza le goccioline d’acqua. È assai probabile che le gocciole d' aequa abbiano lo scopo di concentrare i raggi luminosi per rendere più attiva la assimilazione, perchè il fenomeno avviene, dove almeno ho potuto osservarlo io, in luoghi sempre avvolti dalla nebbia, quando il cielo è oscuro o durante l’ inverno, allora ap- punto quando I atmosfera à carica di vapore. Il fenomeno non avviene invece, poichè allora probabilmente non ve n'è bisogno, quando il cielo è sereno, e la luce, benché diffusa, & tuttavia tanto forte da permettere la normale assimilazione. In tal modo l’ apparecchio rilucente avrebbe per iscopo di provvedere alla insufficienza di luce durante l’ invern quando appunts ve ne è più bisogno, essendo l'attività vegetativa in tale specie massima nell inverno, come in moltissimi altri musehi che si propagano, crescono e si riproducono sessualmente in questa stagione. Il R. megapolitanum vive, come ho detto, sulla terra vegetale sabbiosi ( NótL, Ueber das Leuchten und Fortpflanzurg des Protonemas der Sc. = tostega osmundac cea (Bot. Centralbl. XXXIV, 399) ed anche VUILLEMIN, TAM ~ reluisant du Schistostega (Journ. anatom et physiol., 1887, er €) Kensrn v. ns arti p. 346. EE, cm xs DUMP EE bs cles We ee e E — Jahrb. Bd. Brrzi, Oss SE Se istologiche e biologiche sui Cyathophorum (Rend. SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM argillosa, di rado sull’Aumus ricco di sostanza organica e su di esso in modo decisamente saprofita, come moltissime altre specie di Muschi (1); si rinviene per altro anche talvolta sulle rupi e nelle fessure di esse dove eravi una minor quantità di terra vegetale. . Nell'Orto Botanico a Panisperna rinvenni, nel 1889, un grosso cespu- glio della specie in discorso, vegetante sopra un largo pezzo di lamiera di ferro, sul quale non eravi affatto traccia di terra vegetale. Su questo singolare substrato erano i cespuglietti fortemente aderenti coi loro ri- zoidi; dubitando però io che le singole piantine si nutrissero col sussi- dio dei numerosi rametti i quali sfuggendo lateralmente al frammento di lamiera, toccavano il suolo, li recisi e trasportai il pezzo di lamiera sopra una lastra di vetro fuori del contatto col suolo, avendo cura di porre la lamiera suddetta colle piantine ad essa aderente, in un luogo umidissimo, esposto alla pioggia e in condizioni farevevoli. Le piantine così tenute, senz ‘ombra di terra vegetale, vissero, crebbero, e prospe- rarono per tre anni di seguito rimanendo sterili, e al quarto anno (1892) produssero abbondantemente le capsule, senza avere avuto altro ali- mento che l’acqua di pioggia, e quel poco che poteva dar loro la pol- vere trasportatavi dal vento. La lamiera di ferro si mostrava qua e là serepolata e profondamente ossidata, e i rizoidi erano poco numerosi, piccoli, poco ramificati o ridotti quasi alla sola funzione di mantenere l’ adesività delle piantine al sostegno. Insieme col Rhynchostegium megapolitanum vissero, senza fruttificare però, ma pure rigogliosamente, alcune piantine di Brachy- thecium rutabulum. 4. R. rotundifolium. Bruch, Schimp. Gümb. Bryol. Europ. V. Rhyneh. 7. tab. VII E: 2) De Notaris. Epilog. Briol. I. tab. p. 72. . (0 A Schimper. Synops. Mus^or. Europ. ed. I., p. 085 2 ABI HABERLANDT, Beiträge zur Anatomie und Physiologie der Zaubm oose (Pringsh. PAR R, Acc. dei Lincei, Sed. 22 Genn. 1893, p. | 102). Bott. e Vent. Enum. fre ital. n. 7. Hypnum rotundifolium Scopoli. Fl. carniolica ed. IL, n. 1333. Bridel. Bryol. Univers. IL, 768. IR Müller C. Synops. Muscor. Vol. IL, p. 245. È 41 Boulay: Mascio. de Frane. p. 98. . . . 2e > . (1884 Ex. Erbar. erittog. ital. Ser. I, 1152. Husnot Muscolog. Gallie. 446. Dragnosis. Caespites depressi, atro-virides; caulis ramosus, substrato | plurimis rhizoidibus fortiter adhaerens; folia madore patula, siccitati contorta, late ovata, breviter acuminata, tenuiter denticuluta ; perygina longe acuminata ecostata; capsula obliqua, crasse ovata, brunnea op culo aurantio, rostro pallido, annulata, pedicello brevi (5-10 mm.). Habitat. Sulle pietre umidiccie nei luoghi oscuri, e in particolar modo nelle grotte, caverne, ruderi, ecc., piuttosto raro: Palazzo dei Cesari ` . Clivus Victoriae e alla Domus Aurea, nei sotterranei del Colosseo, Terme di Tito e di a alla Cloaca Massima e nelle Gage di S. Sebastiano. — d . Fructif. Nell inverno, o alla fine dell autunno, quasi sempre | fruttificato. - Obs. Quee rara ed interessante specie, facile a cohfondérat a E i aspetto col R. confertur, se ne distingue nettamente pel colore atr virente opaco dei cespuglietti, et le foglie n colare ne torte nella’ e: o Dasar d E, Lan. de l'état ipgromelrigne de l'aire sur la position € fehlten des feuilles dans les Nap (Compt. Rend. de STR des nin 1891). i hi a e nervatuta si avvolgono a spira, ma esse soltanto; il lembo della foglia segue il movimento della nervatura ma in modo curioso giacchè si piega compiendo solo un mezzo giro di spira, ed eseguisce il movimento intorno al punto in cui cessa la nervatura la quale, come ho detto, giunge sino alla metà. Da tale movimento risulta che la foglia è contorta dalla metà in su, in modo da simulare un 8, giacchè l'intera foglia, presenta, verso la metà, una strozzatura così perfetta che sembra siano due foglioline sovrapposte o, almeno, una foglia sola lobata, ma dopo attento esame si scorge che la sola metà superiore resta nella sua posizione nor- male, mentre l'inferiore si presenta nello stesso piano della superiore solo nel easo che la torsione sia perfetta, mentre invece forma un angolo variabile quando la torsione & incompleta (Tav. IV, fig. 19). Par foglioline, assai igroscopiche, quando sono secche non hanno bi- sogno dell’acqua allo stato liquido per distendersi; basta l’ aequa allo stato di vapore per determinare il raddrizzamento della foglia la quale, contorta, come ho detto, quando l'aria è asciutissima, a mano a mano che l'aria si fa più umida diventa piana, passando per la forma elicoi- . dale, e la rapidità del movimento è proporzionale alla tensione del vapore d’acqua dell’ atmosfera, diguisachè, le foglioline di questa briofita co- - stituiscono un ottimo e infallibile igrometro Quantunque molti autori indichino questa specie come raccolta nel territorio romano (Bruch. Schimp. Gümb. l. e., De Not. l. c., Fior. Mazz. l. c.) essa non vi fu mai indicata e vi è anche abbastanza rara. La contessa Fiorini Mazzanti, che pubblicò di averla raccolta nel ter- ritorio romano nel 1838, la rinvenne invece solamente, come risulta anche dal suo Erbario, presso alle cascate delle Marmore a Terni nel- l' Umbria, allora politicamente ma non geograficamente, territorio dun Ze mano, e mai entro gli attuali limiti geografici del Lazio. | Il R. rotundifolium, raro e quasi sempre ruderale, è una specie assai caratteristica, che conserva, giacchè vive sempre nelle identiche con- dizioni, assai costanti i suoi caratteri morfologici, e non presenta perciò, salvo la variabile lunghezza del pedicello della cape i variazioni molto notevoli. ( Continua) P. 4. SACCARDO MYCETES SIBIRICI PUGILLUS TERTIUS ('). blici Musaei SEA Studiis aliis ROSE modo Coni ad fungo 5 praedictos curam converti. Quamquam non paucos immaturos vel se consumptos invenerim, tamen sat multi et novi et nobiles se osten runt. Sequitur enumeratio specierum quas extricare potui: quae s novae v. Florae sibiricae addendae typis erassis impressae sunt. Cete e Sibiria jam innotuerant. Littera M. indicabit el. Martianoff collecto Tu simul Sibiriam australiorem, K. vero designabit cl. Kitmanoff et sin Sibiriam magis borealem. Mycetes in Sibiria lecti usque ad annum 18 erant 901, additis nunc speciebus 122, ad numerum 1023 augentur. | Palavii, die XV Martii MDCCCXC VI. HYMENOMYCETEAE. T Lepiota mastoidea Fr. (Sec. icones Gilletii et Cookei). Hab. ad terram pr. M. Isych (M. n. 2298). 2. Tricholoma albellum Fr. Hab. in arenosis subsalsis pr. M. Isych (M. n. 2297). - (5) Cfr. P. A. SACCARDO, Mycetes Sibirici (Pugillus D addito Gala m ycetur in Sibiria praesertim circa Minussinsk et in Ki rghiscia hueusque observatorur : Bruxelles 1889. — e ee: Sibirici, Pogillus. Il. Florentiae 1893. "ii ERA Los 3. Tricholoma areuatum Fr. Hab. in desertis pr. M. Isych (M. n. 2299). 4. Collybia velutipes Curt. Hab. ad truncos pr. M. Kasajach (M. n. 2302). 5. Clitoeybe eyathiformis Fr. Hab. in silvis pr. Soldatowa (M. n. 2297). 6. Clitoeybe vernicosa Fr. (ut videtur). Hab. in silvis pr. M. Kasajach (M. n. 2390). Sporae globoso-ovoi- deae, 6 x 5, hyalinae. 7. Pleurotus pantoleucus Fr. Hab. in ligno putri Betulae albae pr. fl. Aschpa (M. n. 2296). 8. Lactarius Cyathula Fr. Hab. in turfosis pr. lac. Karasim (M. n. uer. Sporae globoso- ellip- soideae, asperulae, 7-8 + 5-6, hyalinae. 9. Lentinus Martianoffianus Kalehbr. Hab. in trunco Betulae albae pr. fl. Nitehka (M. sine num.). 10. Marasmius oreades Fr. Hab. ad terram in desertis pr. M. Isyeh (M. n. 2295). TY Naucoria pediades Fr. Hab. in silvis pr. Soldatowa (M. n. 9303) Sporae quam typi paullo ` majores, 12-14 + 7.8, ferrugineo-olivaceae. 12. Pholiota comosa Fr. Hab. ad truncos pr. M. Isych (M. n. 2292). Eximia, forte aptius per- tinens ad var. magnam Schulz. Sporae fulvo-ferrugineae, 9-10 + 6, uni-biguttatae. 13. Stropharia merdaria Fr. ` Hab. in stercore equino pr. M. Isych (M. n. 2301). A typo recedit | sporis paullo majoribus, 18 v 9, ferrugineo-fulvis, stipite (in sicco) ` ` longitrorsum sulcato. 4 14. Naucoria striipes Cooke. Hab. in silvis Soldatowa (M. n. 2297 ex parte). Sporae fulvo-ferru- gineae elliptico-reniformes, 9 > 5. 3 15. Paxillus panuoides Fr. Hab. in silvis pr. M. Kasajach (M. ı n. 2341). Sporae fuseo-olivaceae, EN, basi ne 12-13 < 5 16. Sehizophyllum commune Fr. Hab. in cortice Pini silvestris pr. fl. Asehpa (M. n. 2290). 17. Trogia erispa (Pers.) Fr. Hab. ad corticem ramorum Betulae albae pr. ft. Mey (M. n. 2287) 18. Lenzites sepiaria (Wulf.) Fr. Kr. Hab. ad truncos Pini sibiricae et P. silvestris pr. fl. Asehpa (M. n. 2284, 2538). 19. Lenzites trabea (Pers.) Fr. Hab. ad truncos Salicis ad fl. Aschpa (M. n. 2289). 20. Lenzites atropurpurea Sacc. Hab. ad truncos Salicis viminalis pr. Abacan (M. n. 2983) e Betulae ad fl. Aschpa, forma pallidior (M. n. 2282), Verisimiliter es forma lenzitoidea, atropurpurea, glabrescens Trametis rubescentis. 21. Lenzites abietina (Bull.) Fr. Hab. ad cortices Salicis (an potius Coniferarum?) ad fl. Aschpa (M. n. 2288). Contextus mollis, tenuis, totus subcinnamomeus. Ad corticem Laricis sibiricae in silvis pr. fl. Tibek (M. 2346) adest forma vetusta, deeolor, lacera. 22. Polystietus abietinus (Dicks.) Fr. Hab. in cortice Pini Ledebouri pr. fl. Sojotka (M. n. 2529). Forma lenzitoidea. In cortice Laricis sibiricae pr. fl. Tibek (M. n. 2346 23. Polystietus hirsutus (Schrad.) Fr. | Hab. in trunco S Salicis pr. t. Aschpa (M. n. 2271). Est forma crassior, margine obtusato, tubulis fere trametoideis, certe statu junjore. 24. Polystictus biformis Kl. Hab. ad corticem Betulae albae ad fl. Nitehka (M. n. 2286) | 25. Polystictus versicolor (Linn.) Fr. Hab. ad truncos Betulae etc. pr. Kanygino et Tibek (M. so, 227 . Poria subspadicea Fr. Hab. in cortice Betulae albae pr. fl. Nitehka (M. n. 2262). A e resupinata Pol. Bau! 7. Poria unita Pers. dias. in ligno putri Larieis ue ad fl. Tibek (M. n. Kerg 28. Poria xantha Fr. Hab. in cortice Pini silvestris in silvis pr. fl. Asehpa (M. n. : \ 99. «orales Ces Schrad. ` RL Pa E Hab. ad corticem Betulae albae in silvis: Ee let Salicis j viminalis pr. Abacanskaia Uprawa (M. n. 2353, 2352). d | Er | .30. Fomes marginatus Pers E Hab. in truncos Betulae albae pr. Longinowa (M. n. 2265) et ad È 3 fl. Aschpa (M. n. 2261). Be. Se 31. Fomes pinicola (Swartz) Fr. ( i s Hab. ad truncos Abietis sibiricae in silvis ad fl. Aschpa (M. n. Ee | 2263). Varietas praecedentis, observante el. Bresadola. N n x 32. Fomes (Ganoderma) applanatus (Wallr.) Fr. : : : A Hab. in truncos Betulae albae putri pr. fl. Aschpa (M. n. dibus Ero 2 ue 33. Fomes igniarius (Linn.) Fr. Pd m Hab. ad truncos Pini Ledebouri pr. Lac Bulankul (M. n. 2257). | E Betulae albae pr. fl. Aschpa (M. n. 2269), Populi Tremulae pr. 5 Samodourowka (M. n. 2268), Salicis viminalis pr. Minussinsk (M n. 2267). ; 34. Fomes nigrieans Fr. E us Hab. in truncis Pini silvestris in silvis pr. fl. Sojotka (M. n. 2264), Salicis amygdalinae pr. fl. Aschpa (M. n. 2270). . 35. Daedalea unicolor (Bull) Fr. des —— Hab. ad truncos in silvis pr. fl. Lugawka (M. n. 2977). Forma pileo ` 9 À magis tomentoso et fulvescenti potius quam griseo. i 36. Trametes Trogii Berk. u Hab. ad truncos Populi laurifoliae pr. Kriwaja (M. n. 2281), Crataegi sanguineae pr. Abakanskaja Uprawa (M. n. 2261). Forma resupinata Trametem serpentem imitans, N. 2270, in lignis ad ` fl. Tibek, videtur eadem. - = 37. Trametes odorata (Wulf) Fr. Hab. in trunco putri Salicis? pr. il. ue (M. n. 2279). 38. Trametes Pini (Brot.) Fr. Hab. in trunco putri Pini silvestris pr. Kanygino a n. 2260). 39. Trametes gibbosa (Pers.) Fr. Hab. in trunco Pruni Padi pr. fl. Asehpa de n. em). et Betalas albae ur fl. Tibek (M. n. ina * P. A. SACCARDO 40. Trametes populina (Schulz.) Bresad. in litt. Polyp. populinus Schulz. P. vulpinus Kalchbr. Ic. t. XXXVII, fig. 15, nec. Auct. 1i Hab. ad truncos Salicis sp. in silvis pr. fl. Lugawka (M. n. 2343). Est forma resupinato-producta, poris inaequalibus, obliquis, ore lacero- ` dentato. Daedalea Schulzeri Poetsch sec. exemp. hungarica cl. Kmet ` hue pertinet, ut status senescens. 4l. Hydnum rufescens Pers. Hab. in silvis pr. M. Kasajach (M. n. 2367). Sporae globoso-suban- gulosae, 6-7 œ diam., hyalinae. 2. Hydnum coralloides Scop. Hab. ad truncos Populi laurifoliae pr. Minussinsk (M. n. 2368). Forma compactior ad H. Caput- Ursi accedens. ; 43. Odontia Barba-Jovis (Bull.) Fr. 1 Hab.in cortice Betulae albae in silvis pr. fl. Nitehka a (M. n.9322) . Sec. cl. Bresadola in litt. haec est genuina species, nec Queletii et 5 Æ Patouillardii, quae potius sistit Hydnum ferruginosum (= H. crinale Fr. — Kneiffia irpicoides Karst). | 44. Odontia arguta (Fr.) Quél. Hab. in cortice Betulae albae pr. fl. Nitehka (M. n. 2350). Dubia ` quia sporae desunt (Bresadola in litt.). 45. Irpex sinuosus Fr. | ; . Hab. ad cortices Salicis, Betulae et Caraganae pr. fl. Lu- gawka, Aschpa et Nitehka. (M. n. 2345, 2344, 2347, 2349). Valde varius. et, recte observante cl. Bresadola, in Z. lacteum sensim transit. 46. Irpex fusco-violaceus (Ehr.) Fr. Hab. ad cortices Pini silvestris et P. Pitehae pr. fl. Tibek ot Aschpa (M. n. 2348, 2540). Est forma resupinata dentibus piero mii lineato-radiatim positis. 47. Stereum purpureum Pers. Hab. ad corticem Betulae albae pr. tl. Lugawka (M. n. 2338) at. Populi laurifoliae pr. Minussinsk (M. n. 2574). 48. Stereum rugosum Pers. : . Hab. ad truncos Laricis sibiricae in silvis pr. fl. Tibek (M. 2318). MYCETES SIBIRICH ` 49. Corticium incarnatum (Pers.) Fr. è i Hab. in cortice Car aganae, pr. fl. Lugawka et Nitchka (M. n. 2308, 2374). 50. Corticium lacteum Fr. Hab. in cortice Salicis sp. pr. Abacanwaja Uprawa (M. n. 2335). 51. Corticium roseum Pers. Hab. in corticibus Betulae, Salicis, Populi pr. fl. Aschpa, Tibek (M. n. 2544, 5337, 2340), Poseka (K. n. 11646). 92. Corticium giganteum Fr. Hab. in cortice Pini silvestris in silvis ad fl. T'ibek (M. n. 2315). 53. Corticium polygonium Pers. Hab. in cortice Betulae albae pr. fi. Tibek et Lugawka (M. n. 2342, 2323). De identitate speciei dubito, ceterum quoad Corticiorum et simi- ` lium speciei fere dici potest: « tot capita tot sensus ». Non negarem multum profuisse eliminationem a Corticio ete., generis Hypochni, Peniophorae, Coniophorae, Hymenochaetes, ete. sed reliquarum spe- cierum innumerarum (et quot abolendarum!) notas certas, acutas, typos diseriminantes a monographo critico adhue expectamus! 54. Corticium (Cytidia) salieinum Fr., Cytidia rutilans (Pers.) Quél. Fl. mycol. Frane. p. 25. Hab. in eortice ramorum Salicis pr. fl. Maly Ssyr (M. n. 2339). Basidia cylindrica, longa, simplicia v. sursum furcata, aurantio-fulva, intus granuloso-farcta, apicibus obtusis sterigmate aciculari labilissimo auctis; sporae ovato-oblongae, 12 5, hyalinae. Fructificatio fere dacryom ycetoidea. 55. Hymenochaete tabacina (Sow.) Lev. x Hab. in cortice Caraganae arborescentis pr. fl. Nitchka (Me n. 2311 bis) - Var. collieulosa Sace., hymenio effuso (forma pileata non visa) obscurius tabacino, ubique dense minute granuloso-colliculoso; setulis aureo-fulvis, 60-70 =~ 6-7. In cortice ejusdem Caraganae pr. fl. Nitehka (M. n. 2311). 56. Coniophora puteana (Schum.) Fr. Hab. ad lignum udum ustum Betulae albae pr. fl. Asehpa (M. n. 2313). Sporae olivaceo-brunneae, 10-12 + 6-8. | 61. Bovista plumbea Pers. E E l gambei Lon) Bon. Hab. ad corticem Salicis et Crataegi pr. fi. Tibek (M. n. 231 2319). 58. Tomentella flava Bref. Unters VIII, p. 11, t. I, fig. 14-14, Hype Saec. Syll. IX, p. 242. Hab. in cortice Betulae albae in silvis pr. fl. Aschpa (M. n, T 59. Clavaria formosa Pers. Hab. ad terram in silvis pr. M. Kasajach (M. n. 2364). Sporae dër soideae, dilute flavidae, 10-12 + 6. | 60. Clavaria corniculata Schiff. Hab. ad terram in silvis pr. M. Kasajach (M. n. 2365). Sporae glo- bosae, 5 u diam., hyalinae. 61. Clavaria Ligula Schiff. Hab. ad terram in silvis pr. M. Kasajach (M. n. 2366). 62. Clavaria fastigiata Linn. , : Hab. ad terram in silvis pr. M. Kasajaeh (M. n. 2362). Est forma major, sporis ellipsoideo-oblongis, basi ps 10-11 x 5, ochracei intus granulosis. : 63. Clavaria stricta Pers. Hab. ad caudices Betulae be: in silvis pe Boldniowa (M. n. 234: 64. Sparassis crispa (Wulf) Fr. Hab. in silvis pr. fl. Slojotka (M. n. 2861). 65. Exidia impressa (Pers.) Fr. i c Hab. in cortice Salicis viminalis pr. Abaeanskaja dida a (M. 2336). GASTEROMYCETEAE. yu c 66. Bovista dermoxantha (Vitt.) De Toni. Hab. in desertis pr. Minussinsk (M. n. 2569). Sporae olivaceae, 4- v diam., diu stipitellatae. i Hab. in desertis pr. Minussinsk (M. n. 2551). i 68. Lycoperdon Bovista Linn. Hab. in desertis pr. Kriwaja (M. n. 2558). E? tool Mibi Mi Bull. sec. Vitt. SE Fe). S Hab. in desertis pr. Minussinsk, pr. M. Isyeh, pr. fl. lib M. n. 2508, 2510, 2566). 70. Lyeoperdon eaelatum Bull. sec. Vitt. (nec. Fr.). „Hab in silvis pr. fl. Aschpa (M. n. 2561). 71. Lycoperdon fragile Vitt. Hab. in desertis pr. M Isych, pr. fl. Ujbat et fl. Abaean (M n. 2555, 2554, 2556, 2552, 3571, exemplaria varia aetate et magnitudine). 72. Lycoperdon piriforme Schiff. Hab. in silvis pr. Soldatowa (M. n. 2572). = ^3. Lycoperdon atropurpureum Vitt. ~ Hab. in silvis pr. fl. Aschpa (M. n. 2567). 34. Lycoperdon eæcipuliforme Scop. Hab. in silvis pr. fl. Aschpa et Abacan (M. n. 3559). e Mycenastrum Corium (Graves) Desv. (1842), Lycoperdon Corium Graves in DC. Fl. fr. IL, p. 598 (1815), Bovista suberosa Fr. (1829), Endonevrum suberosum (Fr.) Czern. Ge Cfr. Sorok. Rev. Mycol. < 1890, p. 16, fig. 365 et 370. : Hab. in arvis pr. lacum Karasim et in desertis pr. Gorodok (M. n. 2553, p 2565, 2563). - Var. phaeotrichum Berk. Lond. Journ. Bot. 1843, p. 518 i (nota), t. XXII, f. 2, M. Corium var. Karakumianum Sorok. In de- sertis pr. fl. Ujbat (M. n. 2562). A typo differt praecipue floccis et sporis — . eolore saturatioribus. | 75. Scleroderma Michelii (Lév.) De Toni, Sclerangium Michelii Lev. Hab. in desertis pr. fl.-Abacan (M. n. 2560). Sporae violaceae, aspe- rulae, 6 y. diam. Adest simul exemplar minus evolutum gleba ex olio atropurpurpurea; en. eadem. 77. Secotium acuminatüm Mont., Sorok. Rev. EUER 1890, p. 51. d 374-383 et 347. Endoptychum agaricoides Czern. Hab. in desertis pr. fl. dudas m n. 2564). HYPODERMEAE. x j SH 78. Uoni Si SE A j Fuck, E Sa Kunze. A Hab, in | foliis Oxy bropidis pilosa a i eek (M. n. 2436). . 266 “Dr A. SACCARDO ` | i 79. Uromyces Veratri (DC.) Schröt. Hab. in foliis Veratri albi, Poseka (K. n. 12035) 80. Uromyces Rumicis (Schum.) Wint. : Hab. in folis Rumieis sp., Jeniseisk {K. n. 11265). 8l. Uromyces striatus Schrót. A Hab. in foliis Thermopsidis lanceolatae pr. Idrenskoje (M. . n. 2439). i .82. Uromyces Limonii (DC.) Lév. Hab. in foliis Statiees Limonii pr. lae. Tagarskoje (M. n. 3403) ; 83. Uromyces Geranii (DC.) Otth. | Hab. in foliis Geranii laeti pr. Bolsehaja Idra (M. n. 2435). 84. Uromyees Dactylidis Otth. Hab. in folis Daetydis glomeratae, Poseka (K. n. 12643). 85. Cronartium flaccidum (A. S) Wint. Hab. in foliis Paeoniae anomalae, Meticowo (M. n. 2505). 86. Cronartium ribicola Dietr. Hab. in foliis Ribis, Virehny Jubatsk (K. n. 12715). 87. Puceinia sessilis Schneid. Hab. in foliis Alopecuri ad fl. Seroglicon (K. n. E 88. Puceinia bullata ( (Pers.) Schrôt. Hab. ad folia Libanotis sibiricae ad M. Koibar (M. 2486). 89. Puccinia Hieracii (Schum.) Mart. Hab. in foliis Hieracii sp. Sumarokova is n. 12684). ` 90. Puccinia Prenanthis (Pers.) Fuck. È Hab. in foliis Crepidis sibiricae, Poseka (K. n. 11637), Mul gedii sibiriei, Verkny Jubatsk (K. n. 12764). Ar. 9l. Puccinia Arenariae (Schum.) Schròt. Hab. in foliis Cerastii, Poseka (K. n. 12645), Stellariae Bun- geanae, Alinskol (K. n. 12703) et Poseka (K. n. 11609). 92. Puccinia suaveolens (Pers.) Rostr. Hab. in foliis Cirsii, Virehny Jubatsk [ (K. n: 12739). 93. Puccinia Bistortae DC. Hab. in foliis Poly goni vivipari, Monastir x. n. 12704). 94. Fetoinia Ribis DC. | E RAUS SE ee in foliis Ribis, Poseka (K. n. 12634) SH 95. Puccinia Tanaceti DC. i ST Hab. in foliis Artemisiae E pr. Galactionova (M. TOME n. 2458). i 96. Puccinia Phragmitis (Schum.) Körn. *Hab. in foliis pedicellisque florum Phragmitis eommunis pr. lacum Karasim (M. n. 2411). 97. Puecinia Helianthi Sehw. Hab. ad folia Helianthi annui culti, Minussinsk (M. n. 2443). Forma, ut videtur, P. Tanaceti. 98. Puccinia Caricis (Schum.) Reb. Hab. in foliis Caricum sp. Monastir (K. n. 12669), Poseka (M. n. 11624), ad fl. Lugarka (M. 2407). 99. Coleosporium Sonchi (Pers.) Lév. Hab. in foliis Tussilaginis, Nardosmiae laevigatae, Se- necionis nemorensis, Inulae salicinae, Cacaliae hasta- tae, Sumarokova, Poseka. fl. Pit, Verchny Jubatsk (K. n. 12694, 11606, 12636, 11608, 12648, 12626), Sonchi maritimi ad lacum Tagar- skoje (M. n. 2461). 100. Coleosporium Cimicifugatum Thüm. —— Hab. in foliis Cimieifugae foetidae, Poseka (K. n. 12660). -= 101. Coleosporium Campanulacearum Fr. Hab. in folis Campanulae sp. Poseka (K. n. 12642). 102. Melampsora Euphorbiae (Pers.) Mont. Hab. in foliis Euphorbiae Esulae, Mirnoe et Torki (K. n. 12661, 12771). Euph. lutescentis pr. Idrinskoje (M. n. 2400). . 103. Melampsora Alni Thün. Eus c. e Hab. in foliis Alnastri fruticosi, Poseka et Sumarakova È n. 12668, 12658). 104. Melampsora Salicis-capreae (Pers.) Wint. da ak Hab. in foliis Salieis sp. Poseka, Monastir, Krestorve ca n. am 12624, 12628, 11607, 12780). 105. Melampsora betulina (Pers.) Desm. E | Hab. in foliis Betulae albae, Poseka PE n. EN 268 SC P. A. SACCARDO 109. Melampsora Vacciniorum (Link.) Schröt. . 114. Ceratitium cornutum (Gmel). Rabenh. 106. Melampsora populina (Jaeq.) Lév. : Hab. in foliis Populi tremulae, Poseka, ad fl. Seraglicon um. n. 1 11594, 11625). 107. Melampsora Galii (Link) Wint. Hab. in foliis Galii borealis, Poseka (K. n. 12644). 108. Melampsora Padi (K. et S.) Wint. Hab. in folis Pruni Padi, Verehny Jubatsk (K. n. 12722). Hab. in folis Vaceinii uliginosi. Monastir (K. n. 12749), vf Myrtilli Alinskol (K. n. 12705). ; 110. Xenodochus carbonarius Schlecht. Hab. in foliis Sanguisorbae ofücinalis, Poseka (K. n. 12650). 111. Phragmidium Fragariastri (DC.) Schrôt. Hab. in folis Potentillae sp. Krestorol (K. n. 12790). 112. Phragmidium fusiforme Schrót. Hab. in folis Rosae Gmelini (Uredo) pr. fl. Terek- Karasuk. . (M. n. 2547) et Rosae sp. (teleut.) ad fl. Ognja (K. n. 11595). 113. Phragmidium Potentillae (Pers.) Karst. (f. Lecythea). Hab. in foliis Potentillae multifidae, Jeniseisk (K. n. 126 Hab. in foliis Sorbi aucupariae, Verehny Jubatsk (K. n. 12686 115. Peridermium oblongisporium Fuck. Hab. in foliis Pini Pichtae, ad fl. Tibek (M. n. ces 116. Aecidium Erythronii DC. Hab. in folis Erythronii Dentis-canis in silvis pr. il. Tibel (M. n. 2387). Status Uromycetis Erythronii in Sibiria jam reperti 117. Entyloma Linariae Schröt. Hab. in foliis Linariae vulgaris, Monastir (K. n. 12725). PHYCOMYCETEAE. 118. Plasmopara pusilla (De Bary) Schröt. Hab. in foliis Geranii pusilli, Poseka (K. n. 12640). 119. Peronespora leptosperma De Bary. MYCETES ang) — EE dé Hab. in foliis Artemisiae latifoliae in silvis Idrinskoje (M. n. EN PYRENOMYCETEAE. 120. Erysiphe lamprocarpa (Wallr.) Lév. Hab. in foliis Lamii albi, Monastir, Poseka (K. n. 12690, 12713), E ad lacum Karasim (M. n. 2518). PE 121. Erysiphe Martii Lév. Hab. in foliis Lathyri pratensis, L. pisiformis, Orobi lutei. Poseka (K. n. 11615, 11302. 11298), Urticae et Astragali, Wo- DTE stotehnoje et Nitehka (M. n. 2412, 2419). S E 122 Sphaerotheca Castagnei Lév. E Hab. in foliis Humuli Lupuli, Saxifragae aestivalis, San- guisorbae officinalis, Poseka, Lusino (K. n. 13730, 12691, 11215). 193. Eurotium herbariorum (Wigg.) Link. Hab. in foliis Comari etc. male exsiccatis, Jeniseisk (K. n. 11241). 124. Valsa Pini (Alb. et Schw.) Fr. Hab. in cortice sicco Pini Piehtae pr. fl. Tibek (M. n. 2530). 125. Valsa nivea (Hoffm.) Fr. (forma tetraspora). Hab. in cortice Populi Tremulae pr. fl. Aschpa (M. 2542). 126. Diatrypella favacea (Fr.) Ces. et De Not. À Hab. in cortice Betulae albae pr. fl. Nitchka (M. n. 2357). 127. Diatrypella verrueiformis (Ehr.) Nits. ` Hab. in ramis corticatis Viburni Opuli pr. fl. Aschpa (M. n. 2464). Forma stromatibus solito magis regularibus. 128. Calosphaeria pusilla (Wahl. Karst. * Hab. in cortice secedente Betulae albae pr. fl. Nitehka (M. n. 2379) ` 129. Diatrypa Stigma (Hoffm.) Fr. Hab. in cortice Betulae albae (M. n. 2546). 130. Hypoxylon eoeeineum Bull. Hab. in cortice Betulae albae pr. fl. Nitehka HE n. 2535) et Po- 3 seka (K. n. 11643). GE 131. Hypoxylon luridum Nits. ni Hab. in cortice duriore Viburni N pr. fl, Asehpa (M. n. 2465). 18. Malpighia anno X, vol. X ri e PRO e Poet SE E FE aa È j È T hu. Fe FAR ER pop E E. i ek SS = as E + ioi : 5 ANA Ti a SC Vd P. A. SACCA st) i 132. Hi esa | serpens ( Pers.) Fr. Hab. in cortice Betulae albae pr. Samodourowka (M. n. 2315). 133. Sphaerella allicina (Fr.) Auersw. Hab. in foliis languidis et emortuis Allii Sehoenoprasi, Lusin (K. n. 12733). 134. Sphaerella lineolata (Desm.) De Not. SS Hab. in foliis morientibus Hierochloae odoratae pr. Atchowr (M. n. 2393). m 135. Phaeosphaerella grumiformis (Karst.) Sacc., Sphaerella Karst. Hab. in foliis Aretostaphyli alpini, Susino (K. n. 12743) Spo- ridia matura olivaceo-fusca, 15-18 + 5-6, medio non v. vix conr M 1:36. Melanconis stilbostoma (Fr.) Tul. dm ee SE atris, nitidulis, vix rugulosis 250 p diam., contextu si H coriaceo, Pares Wee ascis crasse DE brovissim non v. vix constrictis, dilotissime olivacels. x Hab. in ramulis Spiraeae chamaedryfoliae in silvis pr. fl. Til e (M. n. 2439). Aflinis M. ur Karat: sed in nostra sporidia no — V. vix constricta, etc. SE Leptospora ovina (Pers.) Fuck. Hab. in cortice duriore Betulae albae pr. fl. Aschpa (M. n. Sporidia solito paullo breviora, nempe 26-36 > 4. 139. Leptosphaeria Salicinearum Pass. i Hab. in folis Salieis pe DUE Verehny Fubalsk (E 12738). 140. | Pleospora herbarum. (Pers.] Rabenh. Hab. in caulibus Polesiillas sericeae, Kärasuk (M. n. 2516.1 F S ostiolo . eximie papillato, EM 36 > 18, pu obtusis. e TV / MYCETES SIRIRICI ` ` 141. Dothidella betulina (Fr.) Sace. ` Hab. in foliis Betulae nanae, Lusino (K. n. 12719). ‚142. Phyllachora Heraclei (Fr.) Fuck. Hab. in folis Heraclei dissecti, Ermakovo (K. n. 12681). More $ solito non evoluta. 143. Polystigma ochraceum (Wahl.) Sace. Hab. in foliis vivis Pruni Padi, Mirnoe, Poseka (K. n. 12682, 12655). DISCOMYCETEAE. 144. Psilopezia aurantiaea Gill. — 'P. xylogena Sacc. subsp. nov., tab. V, f. 2. Ascomatibus disciformibus, 0,5-0,7 mm. diam., inter fibras np 5 S dulantibus, aurantiis xcipulo margineque subnullis, siccis rugulosis 3 ‘aseis clavatis 140-160 8-20, apice rotundatis, octosporis; paraphysibns sursum rubescentibus; sporidiis ellipsoides, levibus, 17-19 8-10, hya- linis, dein dilutissime rufulis. _ Hab. ad ligna emortua decorticata Populi laurifoliae prope At- choury (M. n. 2532) - Ignotis dimensionibus fructificationis speciei Ke: |. .pieae, nescio an nostra specifice differat. . 145. Otidea Auricula (Schäff.) Sace. Hab. in stercore equino, Minussinsk (M. n. 2376). Forma peculiaris: i sporidia 18-20 + 9-11, intus granulosa. 146. Helotium ferrugineum Fr. Hab. in ligno putri Betulae albae pr. fl. Aschpa (M. n. 2534). 147. Cenangium (Encoelia) furfuraeeum (Roth.) De Not. Hab. in cortice Viburni Opuli pr. fl. Aschpa (M. n. 3463). 148. Cenangium (Encoelia) populneum (Pers.) Rehm. Hab. in cortice Populi Tremulae pr. fl. Tibek (M. n. 2545). SPHAEROPSIDEAE. 149. Phyllosticta melanogena Sace. sp. nov., ish. VB, Maculis ofhi- . eulari-angulosis, crebris. amphigeni ‚aterrimis convexis, infra concavis: SC dense g grogariis. epiphyllis, Pere ps pertusis, 3 80-90 p: diam., contextu fuligineo: sporulis eylindraceis, rectis, utrin qui - -rotundatis et levissime inerassatis, 45 x 0,7, 2-guttulatis, hyalin 2 - Hab. in foliis subvivis Polygonaceae eoe: v. gece Ananino (K.-n. 12767). 150. Phyllosticta, desertorum Sace. sp. nov., tab. V, f. 7. Maculis sul -orbieularibus amphigenis, parvis, fuscis, centro pallidioribus ; peritheeii : saepius epiphyllis, globoso-depressis, minutissime papillatis, prominuli 130 mm. diam. contextu fusco-ochraceo: sporulis Sen, | 6-8 v 2-2,5, eguttulatis, hyalinis. ; Hab. in foliis subvivis Astragali Alopeeuri in desertis props Ga- lactionova (M. n. 2441). Affinis Ph. lathyrinae. 151. Phyllosticta minussinensis Thüm. Hab. in foliis Lathyri a Poseka (K. n. 11302 ex pari g Sporulae oblongae, hyalinae, 4 + 152. Phoma tagana Thüm., tab. V, E 4. C Hab. in eaulibus vivis albo-maculatis Centaureae Scabiosae . —. Viosmina (K. n. 11359). Potius PlyMostictae species. x 153. Phoma herbarum West. dd Hab. ad caules Clematidis giancae et Delphinii elati, Patr schilowo (M. n. 2468). - | 154. Phoma Corni-suecicae (Fr.) Sace | - Hab. in ramis Corni albae pr. Atehoury (M. n. 2445). Perithec late effusa densiuseule gregaria, mediocria; sporulae bsp qe 565 -li basidia Moy ere bacillaria, 11-14 Y L 565 Phoma (?) longissima (Pr.) West. = Hab. ad Da emortuos Libanotidis EE ad 1. 3 (M. n. 2485). Non verae sporulae adsunt, sed cellulae thalami dentes, hyalinae. | 156. Dendrophoma sue silvi Sdoe. sp. nov. tab. V, fig. 6. Perith innato-erumpentibus, hine inde pluribus v. paucis in caespitulos peri dermio cinetos colleetis, globulosis, atro-nitidis, vix papillatis , Aj mn. diam, duriusculis; basidiis fascieulatis,. filiformibus, aS i Sepiatis, lateraliter alterne ramosis, ramulis: Bee ! lindraceis rectis, 3-4 + 0,5, NERA Hab. in ramis cor He et Viburni ad fl. Aschpa (M. 1 - 2541 et 2464 ex p.). Affinis D. pleurosporae, sed porithociis subsuper- ^ fieialibus, eaespitosis mox distineta. | 157. Vermieularia Liliacearum West. (forma Polygonati). Hab. in caulibus Polygonati officinalis pr. fl. l'ibek (M. n. 2383). Sporulae fusoideae, cervulae, 18 + 3. 158. Vermicularia Dematium Fr. Hab. in caulibus Heraclei barbati pr. tl. Tibek (M. n. 2476). 159. Cytospora ehrysoperma (Pers). Fr. Hab. in cortice udo Salicis (an potius Populi ?) pr. Minussinsk (M. n. 2369). : 160. Cytospora clypeata Sacc., var. Spiracaa Sace, tab. VI, f. 2. Stro- matibus gregariis, disciformibus, epidermide atrata nitida velatis, disco albido ostiolo unico v. paucis perforato; basidiis verticillato-ramosis | sursum acutis, 24 v2; sporulis allantoideis, hyalinis, curvis, 5b7e«l5 | Hab. in ramulis Spiraeae chamaedryfoliae pr. fl. Tibek (M. n = 2431). Forma typica in Rubo, spermogonium sistit Valsellae clypeutae. 161. Cytospora subelypeata Sace. sp. nov. tab. VI, fig. 1. Stromatibus sparsis, pustulatis, 1/-3/, mm. diam., tumidulis, epidermide atrata nitida velatis, intus inaequaliter pluri-loculatis griseis, disco minuto griseo; > basidiis verticillato-ramosis, 25 x l, ramulis acutis; sporulis allantoideis " ` eurvis, 4-5 v L d À Hab. in ramulis emortuis Riododendri dahurici pr. Longinowä i | (M. n. 2522). Similis C. elypeatae. 7 102. Asteroma Medusula Dur. et Mont. Hab. in caulibus emortuis Chaerop hylli, Longinova up 1. 2477). S 163. Asteroma Gentianae Fuck. (forma Swertiae). E Hab. in foliis morientibus Swertiae, Lusino (K. n. 12520) SCH Placosphaeria Onobrychidis (DC.) Sace. | Hab. ad folia Hedysari obscuri, Ananino (K. ı . 12750). . 165. Camarosporium Caraganae Karst. Hab. in ramis corticatis Ge arboroscontis pr. Ll hm -(M.: 12499). E nae E: : 166. Septoria ua, (Fr) Sace. E e E e Hab. in foliis. Salicis sp. pr. Mine. Nitehka. a (M. n. . 2306). m | 167. Septoria cornicola (DC.) Kickx. er. d Hab. in foliis Corni albae, Poseka (K. n. 11197, 12638). 168. Septoria Gentianae Thüm. Ge Hab. in foliis Gentianae nord siiis: Jeniseisk Tjölkına (K. n. 11209, 12657) socia Puccinia Gentianae et Darluca Filo. 169. Septoria Polygonorum Desm. Hab. in foliis Polygoni lapathifolii, Jeniseisk (K. n. 11321). 170. Septoria Lychnidis Desm. Hab. in foliis Silenes v. Lychnidis, Poseka (K. n. 11339). 171. Septoria d Speg. var. sibiriea: sporulis Deeg nempe 45-60 + E Hab. in foliis Aconiti sp., Ermakova (K. n. 12788). 172. Septoria Grylli Saec. Hab. in foliis graminum, Poseka (K. n. 12649). Sporulae perlongae et pertenues, 90-75 » 0,5. " 173. Septoria posekensis Sace. sp. nov. tab. VI, f. 4. Maculis inaequa- liter orbicularibus amphigenis, virescenti-olivaceis, centro pallidioribus; | peritheeiis saepius epiphyllis, globulosis, 80-100 œ diam.; sporulis ba cillaribus, brevibus, continuis, hyalinis, 15-16 = 0,7-1, rectiusculis. Hab. in foliis subvivis Orchidearum, Poseka (K. n. 12666). 174. Septoria Trientalis (Lasch) Sacc., Depazea Lasch. Hab. in foliis Trientalis europaeae, Mirnoe (K. n. 12689). Ma eulae albae, suborbieulares, brunneo-marginatae; perithecia d isciformia. pertusa, 150 mm. diam.; sporulae into ciat 24 x 1, obsolete nn hyalinae. 175. Septoria Urticae Desm. Hab. in foliis Urticae urentis, Poseka (K. n. 11279). 176. Septoria Callae (Lasch?) Sace. Cfr. Syll. fung. III, p. 569 et % p. 382. Hab. in foliis Callae palogtris. Poseka (K. n. 11228). Maculae ór- biculares, parvae, albidae, olivaceo-marginatae ; perithecia globosa-d pressa, pertusa, 50-80 u diam.; sporulae bacillares, curvulae, 25-30 | subeontiuuae, hyalinae. | MIT Soptoris Cirsii Niessl. Hab. in foliis S Serratulae See ‘socia Puccinia Floseulosarum. (A. et S. ad fl. Ujabat (M. n. 2466). 178. Rhabdospora nebulosa (Desm.) Sace. Hab. in caulibus Bupleuri multinervis, pr. fl. Tibek (M. n. 2483). 179. Rhabdospora Faleula Sace. sp. n., tab. VI, f. 5. Peritheeis epider- mide velatis, punctiformibus, nigris, pertusis, 100 diam., hyphulis einetis; sporulis fusoideo-faleatis, utrinque acuminatis, 24 = 4-5, conti- nuis, hyalinis; basidiis obsoletis. Hab. in caulibus emortuis Hesperidis sp. in desertis pr. lacum Djemak ul (M. n. 2577). Potissimum sporulis eximie falcatis dignoscenda species. 180. Phleospora dolichospora Sace. sp. nov., tab. VI, f. 6. Maculis sub- circularibus, minutis, atro-sanguineis, epiphyllis; peritheciis imperfectis, seu nucleis subglobosis, innatis hypoph yllis, pallidis; sporulis baeilla- ribus, curvulis, praelongis, utrinque obtusulis, obsolete pauci-soptatis, un: 3, hyalinis; basidiis fasciculatis, brevibus. Hab. in foliis adhue vivis Spiraeae e sect. Sorbariae, Jeniseisk | (K. n. 11259). A Septoria Ulmariae differt praecipue sporulis multo longioribus, septulatis, a S. Salicifoliae Mondes minime fusoideis, pa- riter multo longioribus. ! 181. Leptothyrium punetulatum Sacc. = Hab. in caule emortus Delphinii elati ad fl. Tibek (M. n. 2470), Sporulae initio stipitello auctae, hine acutae, apice quoque initio acutae ` : . (primitus forte catenulatae), tandem utrinque obtusulae. Forte var. ` Leplothyrii vulgaris. | S 182. Discosia Artoereas Fr. var. . sibirica Saee. tab. VL f. 3. Peri- theciis oblongis, dein umbilicatis ; sporulis 15 +3, rper dalle. setulis 12-15 ~ 0,5, Hab. in caulibus emortuis Geranii sp. ad fl. T'ibek (M. n. 2480) MELANCONIEAE. : Es = 18 dues earieinum Sace. sp. nov., tab- VI, fig. 7. bate ef- an v. confluens, na fulvescens, Zeie in ‘meatibus foliorum copiose evoluto, filiformi, ramoso, hyalino ; basidiis fasciet brevissimis e thalamio minute parenchymatico hyalino oriundis nidiis oblongis, rectis, 4-5 + 1, hyalinis, eguttulatis. Hab. in foliis subvivis Caricis sp., ubi maculas elongatas aureo-fulva gignit, Verehny Jubatsk (K. n. 12729). A typo generis habitu praecipui desciscens. | 184. Gloeosporium Ribis (Lib.) Mont. et Desm. Hab. in foliis vivis Ribis sp. Tolstoi Nos (K. n. 12688). 185. Gloeosporium lagenarium (Pass.) Sacc. Hab. in cortice fructuum Citrulli vulgaris, quos vexat, pr. Min sinsk (M. n. 2423). 186. Cylindrosporium Padi Karst. Hab. in foliis Pruni Padi pr. Knyschy (M. n. 2420). 187. Cylindrosporium Heraelei E. et E. Hab. in foliis Heraclei dissecti, Poseka (K. n. 11275). 188. Marsonia Potentillae (Desm.) Fisch. "NM. Fragariae Sacc. Mac minutis ochraceis, late sanguineo-marginatis; acervulis atris; conid minoribus, nempe 18 + 5-6, curvato-rostratis, constricto-l-septatis. È Hab. in foliis Fragariae vescae, Poseka (K. n. He HYPHOMYCETEAE. 189. Trichoderma lignorum (Tode) Harz. | a Hab. ad lignum putre Populi laurifoliae pr. Minussinsk (M. n | 9515. : 190. Aspergillus Mülleri Berk. Hab. in cortice fructuum Cucumeris Melonis eulti pr. Minus (M. n. 2498). Totus albus; vesieula ellipsoidea 30 + 20: basidia formia 15 «5; conidia 9 7, superiora globosa 9-10 u. diam. asperu Praeter colorem valde accedit ad A. glaucum. 191. Ovularia pusilla (Ung.) Sace. - ~ Ho. in foliis AlehemiMae vulgaris, Poseka (K. n. 12699). 192. Ovularia Vossiana Thüm. "0. jubatskana Sace. tab. VI, Acervulis h ‘ypophyllia, late effusis, cinerescentibus; hyphis 45 © wYOETES. SIBIRICI culatis, etie sursum denticulatis; conidiis da (quam typ) ovoideis, 15 + Hab. in foliis Us Cardui erispi, Minus Jabat (K. ı 12671). 193. Trichothecium, roseum Link. Hab. in cortiee udo Populi Tremulae pr. Abakanskoje (M. n. 2573). 194. Ramularia Lysimachiae Thüm. Hab. in foliis Lysimachiae vulgaris, Verchny Jubatsk (K. n 12742). 195. Ramularia Pieridis Fautr. et Roum. Hab. in foliis Picridis sp., Jeniseisk (K. n. 11310). 196. Ramularia Agrimoniae Sace. sp. nov. tab. VI, f. 9. Maculis nullis; eaespitulis hypophyllis, latis, albidis, tenuissimis; hyphis repentibus, sterilibus filiformibus, fertilibus assurgentibus, tortuosis, simplicibus, parce denticulatis, 20-25 v 2-3, conidiis tereti-fusoideis, rectis, l-sep- tatis, 15-16 + 3, utrinque acutis, hyalinis. Hab. in foliis vivis Agrimoniae sp., Poseka (K. n. 12646). 197. Ramularia macrospora Fres. Hab. in foliis Campanulae sp. Lusino (K. n. 12734). 198. Ramularia arvensis Sacc. Hab. in foliis Potentillae ad fl. Enaschimo (K. n. 10111). 199. Ramularia Coleosporii Sacc. Hab. in foliis Aconiti barbati ad acervulos abortivos Coleosporii ` Aconiti Thüm. pr. Jdrinskoje (M. n. 2496). 200. Coniothecium effusum Corda. Hab. in eortice ramorum Caraganae arborescentis, Patrochilowo (M. n. 2549). 201. Torula anonim Rom. et Sacc. Hab. ad folia subviva Populi Tremulae, Borki (K. n. 11264). 202. Polythrincium Trifolii Kunze. | Hab. ad folia Trifolii supini, Lusino (K. n. 12745). 203. Fusicladium depressum (B. et Br.) Saec. Hab. in foliis Angelicae silvestris, Poseka (K. 204. Scolecotriehum graminis Fuck. n. 11294). | Hab. ad folia morientia Tritiei sp. pr. Soldatowa (M. n. 239 Verehny Jubatsk (M. n. 12679). 205. Cladosporium Typharum Desm. Hab. ad folia Typhae angustifoliae ad fl. Lugavka (M. n. 2416) 206. Alternaria tenuis Nees. Hab. in fructibus eorruptis Cucumeris Melonis eulti pr. Minus sinsk (M. n. 2427). 207. Tubercularia vulgaris Tode. . Hab. in ramis Salieis pr. Uprawa (M. n. 2371) et Sambuci ra cemosae, Sumarokovo (K. n. 12752). E. SPECIES INCERTAE , MYCELIA et PSEUDOFUNGI. 208. Phyllachora graminis (Pers.) Fuck. Hab. in foliis graminum Tolstoi Nos (K. n. 12677). Sunt pustul: -nigrae, steriles, immaturae, e cellulis brunneis facile secedentibus | boso-angulosis compositae, 209. Diatrype vel Diatrypella.. sp.? S Hab. in ramis corticatis Caraganae arborescentis pr. Lugawl - (M. n. 2380). Pustulae majusculae, transverse erumpentes, atrae, pu. allantoidea 12-15 + 2,5-3; asci jam resorpti. ar 210. Didymaseus Metkinoffi Sacc. nov. gen. et sp., tab. V, fig Pustulae hypophyllae, applanatae, suborbiculares, inaequales, '/, diam., subinde confluentes, initio epidermide velatae, diaphane, au tenerae ex ascis paraphysibusque stipatis muco tenui tectis, formatae; excipulo omnino nullo; asci verticales, stipati, clavati, subsess 60-65 « 20, indistinete 6-8-spori, paraphyses interjectae asco longi paliformes, sursum aureae; sporidia rarius evoluta, obovata, 15 © hyalina, 1-septeta, non constricta. e Hob. im foliis viventibus Actaeae spicatae, Poseka, julio (K. 12633). Stirps mihi adhue dubia et iterum in vivo serutanda, ad Exo caceas certe pertinens. Subinde paraphyses (?) fiunt crassiores, 70-80 totae aureae, medio l-septatae. Mycelium ob specimina exsiccata contracta non clare visum. Hab. in foliis bus vivis HU EON dee? «K. A CI 12768). Sunt pustulae amphigenae subrotundae epidermide velatae, flavicantes, ubi cellulae hine inde deformatae intus gerunt conidia laxe stipata, varia, oblonga. v. allantoidea subinde spuni 1-septata, 10-12 3 s v 3-4, hyalina. Mihi fungus omnino incertae sedis. . 212. Paehyma Covos Fr.? v. affinis species. 5 Hab. in silvis pr. fl. Sojolka (M. n. 2372). KE Sclerotium Clavus DC.? v. affinis species. _ Hab. in ovaris Calamagrostidis Epigeiae pr. e os (M. n. 215. Erineum populinum Pers. ex p. . Hab, in foliis Populi Tremulae pr. Beresovka (M. n. v ads o EXPLICATIO TABULARUM. Tas. Ma + Melanopsamma Nertiansfiane Sace, sp. nov. — 4 magn. nat. — ^ periti s aucta — c contextus perithecii — d asci — € sporidia. : > Psilopezia aurantiaca Gill., *P. æylogena Sace. subsp. nov. — 4 magn. nat. — A ascomata aucta e fronte — € ascoma auctum sectum — We ascus — € RR a Didymascus? Metkinofi Saec. nox. ve et sp. — 4 RES nat. — a e Phoma tagana Thüm. 4 magn. nal P perithee. auctum - SE ere 15 Phyllosticta EE Saec. “ nov, — & ZE nat. +b perithecia c FARA sporulae. : 9 Dendrophoma caespitosa Sacc. sp. nov. — 4 maguet | ; — € basidia — 4 sporulae. Ert vu a MUR ER ze. desertorum Sace. sp. nov. — 4 magn. " Cytospora subelypeata Sacc. sp. nov. — 4 magn. nat. — b stroma- — € idem sectum — d basidia — e sporulae. 2 > Cytospora clypeata Sace. (f. S'pireae) a magn. nat. — b stroma auctum — ei sectum — d basidia — e sporulae. . Discosia Artocreas Fr. — var. sibirica Sacc. nov. var. — 4 magn. nat. na DE — € sporulae. auct. — c-d sporulae et basidia. 7. Gloeosporium caricinum Sace. sp. nov. — a magn. nat. — / conidia = , — € eonidia. = € hyphae et conidia. 9. Ramularia Agrimoniae Sace. sp SC de TNA te TU RES. ESA, a Ne | specie, apparentemente simile ai saccaromiceti, debba GUTTULATUS Ros. IL SACCHAROMYCES OSSERVAZIONI del Dott. Lt BUSCALIONI Assistente all’ Istituto di Fisiologia vegetale dell’ Università di Göttingen e Libero Docente in Botanica nella R. Università di Torino Fra gli organismi vegetali che più vivamente richiamarono l'attenzione degli osservatori noi dobbiamo annoverare quella famiglia di funghi cosi altamente interessante tanto del lato industriale, quanto da quello bio- logico, la quale à rappresentata dai saccaromiceti. Noi possediamo infatti una vera collezione di lavori piü o meno im- | portanti, intesi gli uni ad investigare il ciclo evolutivo di questi orga- nismi, allo scopo di determinare la loro posizione sistematica nella classe dei funghi, diretti gli altri ad illustrare il processo della fermentazione che costituisce, senza dubbio, la caratteristica più essenziale dei sacca- romiceti. Ciò non di meno, malgrado la ricca messe di osservazioni le quali | lascierebbero a priori supporre che la storia dei saccaromiceti sia com- pletamente conosciuta nei suoi intimi particolari, noi siamo ancora quasi all’ oscuro relativamente alla vita di questi esseri, poichè al giorno d'oggi | regna la più grande confusione a riguardo dell’ affinità dei funghi in que- stione cogli altri organismi vegetali, ed in pari tempo siamo ben lungi dall’ aver detto l'ultima parola, non solo sulla struttura delle cellule fer- menti e su certi processi fermentativi speciali ingenerati da alcuni sac- - caromiceti, ma persino nell'essenza stessa della fermentazione alcoolica. Se a questo si aggiunge che attualmente non possediamo ancora un criterio che valga, senz'altro, ad indicarci con sicurezza se una data esser ‘collocata fra PEN SC sono arrivate a questo stadio di sviluppo per lo piü esse diventano ii quasi tutto " ciclo ie dell’ organismo per deren la gücska duopo confessare che la dottrina dei funghi fermenti ha progredito ben poa Io credo pertanto non del tutto privo di interesse di riportare q dettagliatamente gli studi che ho compiuto sopra una specie di sac romicete vivente nell intestino del coniglio, la quale è in particola modo istruttiva, sia perchè vive allo stato di sorprofita, o fors’anco parassita, e sia perchè date le sue colossali dimensioni si presta as bene alle rieerehe di istologia, che sinora, per quanto riguarda gli à | rappresentanti del gruppo, non approdarono a risultati molto soddisface STORIA DELL'ARGOMENTO. — Il Saccharomyces guttulatus (Rob.) fu s perto dal Remaek nel canale intestinale dei eonigli e di altri erbiva più tardi il Moulin, addetto al Laboratorio del Robin, ne fece oggetto ricerche ed infine esso venne studiato alquanto dettagliatamente di stesso Robin, il quale lo denominò Cryptococcus guttulatus e ne die la seguente descrizione: Cr. cellulis ellipticis, aut ovato-elongatis, longitudine plerumque Q""0, 0""0,20, latit. 0""0,06-0,""0.08, bruneis, fuscis, opacis, cavis 2-4 gut hyalinis continentibus; unis ab aliis sejunctis, segregatis vel extre tibus geminatis, vel 1, 2, 3 in extremitate unius. insertis. Hab. in stomacho et intestino gracili Leporis canicularis, Bovis tan Ovis arietis et Suis serophae. Ab aliis speciebus Cr. differt magnitudine, colore et guttulis. A complemento di questa deserizione, il Robin aggiunge ancora seguenti particolarità sulla struttura del fungo: : Quest' organismo à un'alga a cellule elissoidi od ovoid; allungati estremità arrotondate, ottuse e spesso a bordi paralleli verso il mer Gli individui più grandi hanno 0770,24 di lunghezza e 0,"70,07-07"( di larghezza. Le gemme ancora aderenti alla cellula madre posso avere dimensioni pressochè impercettibili, oppure raggiungere una l ghezza di 0""015-07"^0,20 ed una larghezza di 00,05-0"m0,07. Qu; Le eellule -del Cryptoc. gutt. hanno consistenza coriacea è IL SACCHAROMYCES GUTTULATUS ROB. un colore bruno nero od à riflessi un po’ fulvi o rossastri; inoltre sono opache, lasciano difficilmente passare la luce e non vengono intaccate dagli acidi e dagli aleali a freddo; solo in seguito all azione dell’ acido solforico e nitrico diventano nerastre. Il loro eolore oscuro rende difficile il discernere la parete dalla cavità della cellula; in questa tuttavia si notano da 2 a 4 gocciole trasparenti, chiare, sferiche, a bordi netti, benché assai pallide. Le goccie non rifran- gono la luce a guisa dei corpi grassi, ma agiscono piuttosto come le sostanze azotate albuminose; il loro diametro è variabile da 0""0,02 a 00,06 ed inoltre in una stessa cellula difficilmente hanno tutte quante le identiehe dimensioni. Le cellule del Cryptococcus non sono mai agglomerate a guisa di tessuto, e quando sono unite in ammassi ció dipende unicamente dal muco che le ingloba. Per lo piü gli elementi sono isolati od uniti a due a due, a tre a tre, in vario modo, come si osserva negli ordinari saecaro- miceti della birra. Il mezzo nel quale cresce il vegetale à il muco intestinäle dei roditori | (conigli), dei ruminanti (bue, montone) e del porco. Noi lo incontriamo perciò dove vi ha una grande quantità di materiali amilacei in via di : . metamorfosi. "E I] Remack ha trovato costantemente il füngo nel contenuto stomacale " ed intestinale dei conigli, qualunque fosse il genere di alimentazione à eui venivano assoggettati gli animali, mentre non riusci a rintracciarlo hell'apparato digerente dei carnivori, degli uecelli e del roditori. Il fungo in questiono è affine agli organismi della fermentazione, dai quali differisce tuttavia per la forma cilindrica e per la grandezza quasi — doppia. I risultati delle osservazioni del Remack ricevettero una completa conferma dal Purkinje, Boehm, Mitscherlich. Quest'ultimo anzi avrebbe anche visto il Criptococco nei canalicoli biliari del coniglio, ove forma dei rigonfiamenti analoghi a quelli di natura tubercolare, sui quali il Nasse aveva di già richiamato l’attenzione degli osservatori. Il Remack = però avrebbe anche osservato il fungo nelle placche del Payer del- OR l appendice cecale del coniglio, e nello ME delle pareti intestinali LUIGI BÜSCALIONI (intestino tenue), ove produce dei ‘nodi conici appuntati 0 bifore In queste neoformazioni l’ organismo trovasi incistidato in una speci; membrana, ed inoltre presentasi quasi sempre diretto parallelamente ghiandole del Lieberkuhn. ; Il Remack non à mai riuscito a riscontrare il fungo nei feti di q È animali che allo stato adulto lo albergano. 2e. | Il Kollieker considera le vescicole indicate dal Remack come uova botriocefali , il che però è falso perchè è abbastanza facile distingue una cosa dall'altra, tanto al volume diverso, quanto alla differente str tura delle due specie di corpi, e ciò malgrado che le uova di elmi siano frequenti nei ‘condotti biliari e nel fegato del coniglio e delle vie, ove formano pure delle nodosità. Per quanto riguarda lo sviluppo del Criptococeo esso è rapido è e fa per gemmazione. Le gemme sono in principio estremamente picco ma ingrandiscono rapidamente e quindi diventano libere. Il modo * eui si formano é assai semplice; dapprima si nota un restringimento un dato punto della cellule madre, il quale perd non impedisce che abbia continuità di sostanza fra l'elemento riproduttore e la gemma e formata; più tardi si stabilisce sol più un semplice contatto fra le d formazioni, ed infine la gemma rimane libera. Il saccaromicete pare che non eserciti un'influenza dannosa sull a male che lo alberga. Fin qui il Robin. Io ho voluto riportare quasi integralmente a i serizione che ne ha fatto l'autore francese perchè più tardi avı occasione di vedere come questi sia caduto in tali controsensi ed eff che di certo riescirebbe difficile il rilevare colla scorta dei suoi l identità del Cryptococcus guttulatus, qualora il libro non fosse buona sorta corredato di due figure le quali riproducono ac delmente la forma dell'organismo. Il Cryptococcus guttulatus fu più tardi descritto dal Saccardo Winter sotto il nome di Saccharomyces guttulatus. Tanto l’ uno l’altro però si limitano a collocarlo fra le specie dubbie per la ma si trova anche nel canale dista e nelle feci dei mammiferi ; uccelli e dei rettili. si à copies di questa ia SE ( cht X il Perroncito nel suo manuale | sui parassiti dell u uomo e $ dedi SEN = cita il Saccharomyces guttulatus, ma le figure e le descrizioni colle quali egli illustra il fungo sono cosi fantastiehe ehe non reputo opportuno di soffermarmi per rilevarne le inesattezze. T. I fatti esposti dimostrano a chiare note quanto incompleta sia la storia ZE . di sviluppo del saccaromicete guttulato, ed è appunto allo scopo di col- RR mare una siffatta lacuna che io mi sono prefisso di eseguire alcune os- EM v ERN sérvazioni le quali, fortunatamente, mi hanno portato à stabilire la vera Hem ; natura del fungo E qui mi è d’ uopo esprimere le più vive azioni di. - ia grazia ai signori prof. Berthold, Gibelli e Giovannini i quali mi hanno x messo a disposizione un abbondante materiale di studio e mi hanno reso — pacs il compito coi Jora autorevoli conde (N. / D | DIFFUSIONE DEL SACCHAROMYCES GUTTULATUS. — I miei studi si rife- riscono unicamente ai conigli ed alle cavie, poichè avendo fatte anche alcune ricerche sul contenuto intestinale di altri animali, non ho rile- p a vato traccia del saccaromicete e quindi non sono in grado di stabilire ` se la speeie indicata dal Winter come presente nello stomaco dei ru- Í i minanti, degli uccelli e dei rettili esista realmente nell' intestino di questi animali e tanto meno se sia identica à quella del coniglio. Per quanto concerne il coniglio, non solo il Saccharomyces guttulatus j manca nei feti, come vuole il Remack, ma non si trova neppure negli individui lattanti. Questo fatto, che ħa riscontro con quanto venne 08- . servato a riguardo di taluni parassiti animali, dipende da ciò che l'in- E troduzione del parassita nel canale digerente ha luogo quando l’animale ` che lo deve ospitare, passa dalla nutrizione animale a quella vegetale. Nei primordi in cui il eoniglio comincia a nutrirsi dei vegetali noi - troviamo nelle feei qualche raro saccaromicete e lo stesso si verifica nel contenuto ee ed intestinale. Da ur momento però oa xU | (!) Le presenti ricerche furono iniziate in collaborazione coll E amico e collegà Dott. Alip ppio R Rondelli ex Assistente alla Clinica Dermosifilopatica di | quale però non potè continuare gi studi a causa delle esigenze del . servizio sanitario. but c 3s we = 19. Malpighia, anno X, vol X. o gnazione del plasma loro eon pigmenti biliari. Dp LI nismo fungino non abbandona piü Vase: nel quale rte tinua a moltiplicarsi, tanto che nei conigli adulti la quantità di 380087 romiceti che viene eliminata colle feci è veramente colossale. A questo riguardo però occorre notare che non tutti i conigli si com- portano allo stesso modo; taluni individui, e specialmente poi quelli che furono mantenuti isolati per tutta la loro esistenza, presentano una quan- tità minima di saccaromiceti nelle feci; quelli invece che menano M associata nelle conigliere ne sono riccamente forniti. La presenza, in quantità maggiore o minore del parassita, pare ehe non eserciti aleuna influenza dannosa sull’ ospite, ed io infatti ho con- Statato, al pari di Remaek, che lo stato di salute dei conigli fortemente M infetti, si mantiene tanto buono quanto quello degli individui quasi privi ` di elementi fungini. La questione però reclama ulteriori ricerche, poich io ho potuto mettere in sodo che il fungo esporta dall’ organismo una grande quantità di sostanze nutritive. Forma E sTRUTTURA. — Se noi esaminiamo le feci da poco emesse e- perciò ancor ricche di acqua, o meglio ancora se osserviamo direttamente il contenuto intestinale, troviamo che i saccaromiceti presentano su pel giù la forma indicata dal Robin. Essi lasciano poi rieonoscere un add numero di vacuoli, due dei quali, alquanto piü grandi degli altri, sono: loealizzati in corrispondenza dei poli delle cellule. Nella parte mediana di queste, e pià precisamente in immediato eontatto di una delle pareti longitudinali, si osserva un corpo di aspetto vacuolare, il quale, com avremo occasione di constatare meglio più tardi, non è altro che il nucleo. Il protoplasma interposto fra questo ed i vaeuoli si presenta finamen granuloso, immobile, d aspetto trasparente con una leggera sfumatura bluastra. lo non ho mai potuto riscontrare quelle forme nerastre o rossasire indicate dal Robin, ed anzi sono convinto che quest’ autore abbia confuso qualche altro organismo di forma pressochè uguale a quella del sacca- romicete, oppure sia stato tratto in inganno dalla colorazione giallo- bruna che assumono i saccaromiceti morti e che è dovuta alla imp Che il Robin abbia sedi bito it shccatoinioete con os organismi P | prova i fatto che egli accenna a raccolte di saccaromiceti esistenti nel E: | | fegato, nei condotti biliari, nelle pareti intestinali, ecc., le quali deter- La s minano lo sviluppo di neoformazioni analoghe ai tumor tubercolari , | mentre oggigiorno & cosa accertata che tali produzioni sono in stretta , dipendenza eol Coccidium oviforme, un organismo parassita dei conigli, il quale, nella forma giovane, rassomiglia lontanamente al saccaromi- | ; cete guttulato ed ha una membrana colorata in giallastro che può avere indotto in errore il Robin. D'altra parte, perd, la presenza di una membrana attorno ai eoceidi | spiega anche come il Kolliker (!) abbia potuto scambiare tali corpi con uova di elminti, poichè difatti la rassomiglianza del Coccidio con questi è assai marcata. . In tempi recenti il geg ha richiamato l’ attenzione degli stu- diosi sopra una struttura affatto particolare che egli avrebbe osservato nel Saccharomyces Cerevisiae e che forse sarebbe comune à tutti quanti = questi organismi. ^ "Egli trovò, cioè, che se si eoltivano i saccaromiceti in termostato a 25° ed in soluzione di zucchero di barbabietola o di zucchero di latte dl plasma delle gemme ehe con questo processo di eoltura diventano al . quanto rare, acquista una struttura grossolanamente granulare ed inoltre d si granuli si dispongono in serie, in guisa da forffiare dei gomitoli, delle | corone da rosario, alle quali produzioni il Hieronymus ba dato il nome di « Centralfüden ». SE I filamenti centrali sono visibili qualunque sia il processo adoperato per colorare e fissare i preparati e riescono poi particolarmente mani- -festi col carmino all'aeido acetico e coll’ inclusione in balsamo. Ge Nel protoplasma dei saccaromiceti talora vi ha un solo filamento cen-. trale, talora invece ve ne hanno parecchi e questi, per lo più, hanno tratto origine dalla frammentazione di un unico filamento. Tali produ- - zioni poi molto spesso decorrono a spira nell' interno delle cellule e quando ~ (5 V. a quasto Eege Bütschli Protozoa, Bd. L pag. ‘483, ove si Heu ap- ow F errore bas Kolliker. , tenuti nell'interno dei vacuoli e di dimensioni relativamente gra fissato, essendo riuscito a constatare, nai H della Tilletia in numero di due o tre, le loro spirali non si avvolgono se nello stesso senso. I granuli di cui risultano costituiti le spire presentano a forte ingr dimento una forma cristallina, che si osserva pure in alcuni corpi bleu di metilene, colla fucsina. coll’ eosina ed altre sostanze. Da questi fatti I’ Autore eonchiude che il plasma dei saccaromi ha una struttura tipicamente filamentosa o fibrillare e che i cor stallini sono materiali di riserva. I fenomeni osservati dal Hieronymus furono pure constatati da a autori, fra i quali merita di essere citato il Lindner che avrebbe osserv un'analoga strattura nelle colture in goecia pendente conservate da pè di tempo. Le catenelle, secondo quest'autore, si trasformerebbero poi in corpi oleosi non si tosto i preparati vengono laseiati na mente essiccare. ; Nelle molte ni che ho fatto non ho mai potuto mettere ine denza nel saecaromicete guttulato la particolare costituzione segn | dal Hieronymus e dal Lindner nel Saccharomyces Cerevisiae. Ho p notato che nelle feci conservate da un po di tempo le cellule del fung si riempiono di granulazioni le quali si colorano vivamente con ale sostanze coloranti (entossilina). Che tali corpicciuoli corrispond quelli veduti dal Hieronymus è ‘molto probabile; ciò non di meno ! mi fu dato di rilevare ohe essi fossero disposti con un certo ordi lo credo pertanto che tali produzioni, anziché costituire un normale del fungo. debbono essere attribuite a fenomeni di in | alterazione del plasma, come d'altronde lo prova il fatto che esse piono soltanto in mezzi speciali o nelle colture vecchie. Anche il Dangeard nella sua nota sui saccaromiceti pubblicata giornale « Le Botaniste » manifesta l'opinione ehe le figure ottenute Hieronymus non siano l’ espressione di un fatto normale. Egli ri piü tosto che rappresentino un aspetto particolare del nucleo male I : ‘matici, tutte le SCH in cui si aveva aene una cattiva fissa- zione del nucleo, la quale si verifica quasi anse quando si ha mate- ——— riale in rapido accrescimento. ` ` DE Per parte mia se condivido l'opinione del Dangeard ammettendo che | trattasi di fenomeni di non del tutto normali, ritengo però che la spie- gazione data da questi non sia. soddisfacente, poichè il nucleo dei sac- 2 caromiceti è cosi piecolo che non & possibile ammettere che esso riesea un Ka dividersi in un numero tanto grande di granulazioni, quante se ne do | osservano nei « centralfäden ». Inoltre mi pare che quest’ autore esa- x geri alquanto l'importanza della cosidetta « fissazione cattiva » che si tende da molti un po’ a capriccio a fare intervenire in causa tutte le volte che non si sa spiegare un particolare istologieo. Debbo però aggiungere, che se non sono riuscito a mettere in evi- | denza i tipiei filamenti centrali, ho tuttavia molte volte constatato la d presenza sia di piccoli eristalli nei vaeuoli e sia di goccie grasse nel protoplasma, come & stato indicato dal Rcs ne e dal Lindner per il Sace. Cerevisiae, ; Del resto nel lavoro del Hieronymus si rileva una dimenticanza assai imperdonabile, che diminuisce alquanto il valore delle sue osservazioni. Io voglio qui alludere al fatto che l' Autore non fa cenno del nucleo , : quantunque fosse di grandissima importanza stabilire i rapporti dei > T filamenti con questo corpo che di certo, coi mezgi adoperati dall Hiero- — Ss nymus, doveva venir colorato. Per quanto riguarda la struttura dei saccaromiceti noteró ancora che gli organismi viventi nelle feci essiccato non mostrano più traccia di vacuoli. Il liquido cellulare torna però d ordinario a manifestarsi non : Si tosto che il fungo viene di nuovo a contatto dell’acqua. Questo è u carattere. che vale a differenziare gli individui viventi da quelli morti, poichè gli ultimi posti in acqua non mutano d’aspetto ed inoltre si mo- - i strano riempiti di granulazioni di varia natura e di differenti dimensioni. ` | anti ehe fanno parte integrante del con- > icogeno. Questa sostanza che è attirolo ed altri autori, : lores d. Clau- Fra i corpi più import tenuto cellulare devesi menzionare il gli stata constatata dal De Bary, Errera, Zopf , M in molti funghi, e più spoedalmatte nei saccaromicoti Kee qui 4 5 bi dei E EE e Wo NE "s YE ‘gemme. a keet: BU cationi ` nelle cellule contenute nello stomaco dei conigli, come pure nelle gi . nella loro coneavità i vacuoli. [o ho notato che durante la gemmazio Ca trovasi pure Geeks in quantità: più o meno considerevole parassita del coniglio. ` lo ho osservato che il glicogeno è relativamente poco abbonda vani gemme. Esso aumenta a misura che queste si vanno sviluppani ed a misura che i funghi progrediscono lungo il canale intestinal tanto che quando il saecaromiceti hanno raggiunto l’ intestino cras E trovansi assai spesso farciti di tale sostanza. E d'uopo peró avvertire che non tutti gli individui eliminati coll feci ne sono ugualmente forniti, anzi all’ opposto, le forme che col j jod joduro di potassio assumono soltanto una colorazione giallastra, sono bondantemente commiste agli elementi che collo stesso reattivo aeq stano un'uniforme: ed intensa tinta rosso-bruna. € Per lo più il glicogeno occupa la parte centrale dell’ organismo, sciando tuttavia liberi il nucleo ed i vacuali. Esso si presenta sotto forma di una massa unica dottata di una certa rifrangenza, oppure accumuli separati od anco infine di anelli incompleti che abbraccia il glicogeno emigra col plasma nella cellula figlia: esso poi scom nei saccaromiceti lasciati essiccare colle feci, come pure viene qui del tutto consumato nel processo della sporificazione. ni Le vicende a cui va, incontro il glicogeno nel Saccharomyces guti latus hanno molta analogia con quanto venne osservato in altri rappre- sentati del gruppo. Cosi il Lindner ha trovato che non tutte le cellu dei saccaromiceti (Sace. Cerevisiae) ne sono ugualmente fornite il glicogeno va aumentando nelle SC al fine della fermenta principale, tanto da raggiungere il 32 9 o del peso totale della sostan secca per diminuire di poi nelle qe vecchie, e che infine anche saccaromiceti i quali non determinano fermentazione di sorta sono prov di tale sostanza (Sace. Baillei), la quale poi, d'ordinario si accumula determinati punti del protoplasma. L'unica differenza che si puo ril si è che mentre gli ordinari funghi sermenti accumulano il glicog in maggior copia durante la gemmazione, il Sace. guttulatus in continua ad immagazzinarlo anche dopo di avere cessato di emeti IL SACCHAROMYCES GUTTULATUS ROB. Finalmente, per completare questi brevi cenni sulla costituzione del fungo, oecorre avvertire che il plasma dà le solite reazioni col jodio e coll acido solforico e zucchero, pur tuttavia essendo resistentissimo al- l’acqua di Javelle e che inoltre esso è rivestito da una delicatissima membrana la quale, sottoposta all’azione combinata dell’ ipoclorito di calce e di potassa e del clorojoduro di zinco, non assume la colorazione caratteristica della membrana di cellulosa , comportandosi così come quella degli altri saccaromiceti. GEMMAZIONE. — Quando io ho iniziato la serie di ricerche che for- mano oggetto del presente lavoro, rimasi più volte colpito dalla cir- costanza che nelle feci del coniglio riuscivo ben di rado a rintracciare dei saccaromiceti in via di gemmazione, malgrado che usassi la pre- cauzione di esaminare gli escrementi non sì tosto venivano eliminati. La spiegazione di questa accidentalità l'ho avuta più tardi quando cioè ricorsi allo spediente di sezionare i conigli per esaminare la dif- fusione del fungo nell’apparato digerente. Allora soltanto ho potuto constatare che il saccaromicete si sviluppa rigoglioso unicamente nella cavità dello stomaco che, come è noto, nei conigli è quasi sempre riempito da una poltiglia verdognola o giallastra 3 a seconda del nutrimento eui si & sottoposto l’animale, di un odore partieolare e molto adatta per costituire un eccellente mezzo di coltura per molti organismi. I saccaromiceti che pullulano in abbondanza in questa melma sono talora aderenti alla parete stomacale , inglobati nel muco, oppure pre- sentansi disseminati uniformemente per tutta quanta la cavità, od anco ` infine trovansi localizzati in maggior copia in certi punti di questa. L'alta temperatura dello stomaco, la g e la grande ricchezza di materiali nutritivi, sono fattori più che favo- revoli per un’attiva moltiplicazione del fungo; non ei deve quindi recar meraviglia se noi troviamo ivi il Sace. guttulatus in tutti gli stadi della gemmazione. Le gemme nascono esclusivamente ai poli della cellula madre; esse cominciano a manifestarsi sotto forma di piccole prominenze appena rande umidità del contenuto ; visibili, le P be tosto.s si duan eer per lo più alq a obliquamente rispetto all asse della cellula madre (1). Non è infrequente il caso di incontrare sopra uno stesso eleme due o tre di queste prominenze in differenti stadi di sviluppo, e che emettono delle gemme in corrispondenza dei due poli, pressoché contemporaneamente. Quando il processo di moltiplicazione & è molto vivace le stesse vll figlie, prima di staecarsi, gemmano a loro volta, di guisa che ne nascon delle catenule che ricordano da vicino quanto si osserva negli altri ra presentanti del gruppo ed in ispecie nei S. Pastorianus ed Ellipsoider Le gemme sono, nei primordi dell’ evoluzione, costituite quasi uni o E mente da una massa protoplasmatica densa rivestita da una membr i sottile. Mentre la gemma va sviluppandosi il suo protoplasma si m. tiene in diretta comunicazione con quello materno. Il fatto riesce pa . ticolarmente evidente quando si colorano le cellule coll’ ematossili xi | perchè allora si può rilevare un tenuissimo filamento protoplasmatico debolmente colorato, che attraversa il punto in cui è avvenuto lo $ zamento e collega così i due protoplasmi. : Il processo di gemmazione à intimamente collegato coi fenomeni tali che si vanno svolgendo nell’individuo che ospita il fungo, di gui che se si esporta lo stomaco del coniglio e lo si colloca ( ricoperto una campana onde sia protetto contro l’ evaporazione) in un termos . alla temperatura di circa 38° gradi si nota che le gemme in via e sviluppo riescono a completare il ciclo evolutivo, ma dopo qualche gi tutte le cellule entrano in una fase di riposo che precede da vici morte dei saccaromiceti. [] Qualehe volta ho tuttavia rilevato, come del resto si osserva pur di rado nelle feci fresche, che talune cellule fanno ancora un ulti sforzo per produrre una gemma, ma questa cessa ben tosto di cre ege? !) Il Raum nel suo lavoro Zur MOS u. Biol. d. Sprosspilze descri processo della gemmazione nei sacearomiceti in modo affatto originale. lo rò Lu le osservazioni di questo ape siano del tutto erronee. e gie cosi come una specie di bitorzoletto, alla altaccato ale: e Y elemento che lo ha prodotto. DS Nel contenuto stomacale, assieme alle cellule in via di formazione, si incontrano assai spesso dei piccoli saccaromiceti del tutto liberi, A : primo aspetto si potrebbe ritenere che questi elementi non siano altro d ehe giovani gemme le quali vennero meccanicamente strappate dalla cellula madre in seguito ai movimenti peristaltici dello stomaco. Se si considera però che le manipolazioni più ruvide solo difficilmente riescono a strappare qualche gemma quasi completamente sviluppata, una tale spiegazione perde di valore e bisogna perciò ritenere che tali corpiceiuoli rappresentino degli elementi sviluppatisi da spore che vennero acciden- talmente ingoiate dal coniglio. Allorchè il cibo è penetrato nell’intestino la gemmazione si arresta -sotto l'influenza di particolari condizioni non peranco ben note. È logico a tuttavia ritenere che i due fattori principali i quali mettono fine al pro- cesso sono l’alçalinità del contenuto intestinale e la presenza del liquido biliare. de. ` A questo proposito giova ricordare che il Neumayer avendo fatto in- | goiare ad un suo inseverviente delle quantità più o meno notevoli di : Saccharomyces Cerevisiae ed avendo osservato che il fungo non si trova più in gemmazione nelle feci fresche, ritenne parimenti che l'alealinità | , „del eontenuto intestinale sia la causa che arresta lo sviluppo dei funghi. * Egli ammise perd ancora che i movimenti peristaltici dell’ intestino — & coneorrano à produrre lo stesso effetto ; ma questa asserzione mi pare | destituita di fondamento, perchè nello stomaco dei conigli i movimenti ` ; | peristaltici sono certamente tanto energici, quanto nell'intestino, e ciò = nondimeno il Sace. guttulatus trova ivi le condizioni più favorevoli per produrre delle gemme. | . In tutto il tratto intestinale il fungo non si solita: più; esso con- | . tinua però a vegetare rigogliosamente, come lo prova il fatto che von . poco a poco aumentando la provvista di glicogeno: quando infine viene espulso. colle feci si altera e muore, oppure si adatta s nuovo o ambiente sporifieando. = Dai fatti chef riesce facile rilevare che la gemmazione del che romyces guttulatus si compie sotto l'influenza di condizioni che negl altri rappresentanti di questo gruppo, più intimamente studiati, tendo l Hayduch ha dimostrato che l'acido cloridrico al 0,1 */,, P acido so forico al 0,5 "/,, l'acido acetico al 1,5 °/, (al 0,6 °/, secondo Mürke l acido capronico in minima quantità, l’ acido propionico al 0,I ?/, A traleiano i processi vitali degli ordinari saccaromiceti riuscendo talor persino ad arrestare la fermentazione, noi osserviamo qui che il pa sita del coniglio vive rigogliosamente in un mezzo in cui per lo men uno o due di questi acidi, ed in specie I HCl, non solo sono presen ma si incontrano precisamente nella dose voluta per intraleiare la mentazione e le altre manifestazioni vitali. ; p SPORIFICAZIONE. — Se noi facciamo astrazione dei lavori di Sehwann (1839) e di De Seyne (1868) troviamo i primi cenni sulla sporificazio dei saccaromiceti nelle classiche ricerche del Rees che, indussero p molti anni i botaniei a collocare i saccaromiceti fra gli ascomice Tutti sanno però come i lavori del Brefeld e di altri autori abbia portato un tal cumulo di fatti contrari a questa ipotesi, che oggigio: si tende per lo più a ricercare i vincoli di parentela dei saccaromie! in altri gruppi di funghi. Le osservazioni del Rees furono più tardi confermate ed amplia dagli altri micologi, tanto che al giorno d'oggi si conosce un gran I mero di saccaromiceti capaci di produrre delle spore. Soltanto aleu specie, benchè sottoposte ai più svariati mezzi di coltura ed alle più sparate condizioni di esistenza, non hanno finora dimostrata tent di sorta a propagarsi per questo mezzo. Fino a pochi anni addietro riteneva che il processo della formazione delle spore fosse un fenomeni accidentale che interveniva sotto lazione di particolari condizioni d éSistenza non del tutto note. Oggigiorno questa idea à stata comp mente abbandonata, essendo l Hansen riuscito a dimostrare che la rificazione avviene sotto determinate leggi che si possono compend nei seguenti assiomi: i saccaromiceti devono avere a loro disposi un'abbondante provvista d'aria; la temperatura dell'ambiente non RE ibat ubi. aiu, "ow hs! PUS E CE wë Na PE SERE AT ETS H E e IL SACCHAROMYCES GUTTULATUS ROB. - essere troppo bassa; per ogni specie vi ha un optimum di temperatura che. non si scosta però di molto dai 25? c. circa, in cui la sporificazione avviene più facilmente e più sicuramente; il substrato infine deve essere umido. Secondo l’ Hansen soltanto poche specie sono capaci di sporificare anche nei mezzi capaci di fermentare ed inoltre sporificano soltanto le cellule giovani. Quest'autore ha poi ancora distinto pareechi modi di formazione e di germinazione delle spore. Cosi in aleuni saccaromiceti (S. Cerevisiae) la porzione di plasma che non è stata utilizzata per la formazione delle spore si trasforma in una specie di parete (Seheidewand) che unisce e cementa le varie spore. Queste poi possono in alcuni casi fondere i loro contenuti. In altre specie invece (S. Ludwigi) i protoplasmi delle diffe- renti spore si fondono costan temente gli uni cogli altri durante le prime fasi della germinazione, per dar luogo alla produzione di un promicelio, da cui si originano ben tosto le gemme. Finalmente il terzo tipo di spo- rificazione è caratterizzato dalla forma speciale delle spore che sono emisferiche ed inoltre presentano” una listerella in corrispondenza della base (S. Anomalus). ` Il Zopf ha pure descritto differenti tipi di Mesue sulla base di un altro criterio. Egli considera innanzi tutto la sporificazione come una formazione cellulare libera, nel senso che nell interno della cellula . madre nascono una o più cellule figlie, senza che frattanto la membrana della prima intervenga nella formazione delle spore, di guisa che queste non formano nn tessuto coll’elemento che le ha prodotto. Secondaria- riamente egli distingue due sorta di formazione di spore, secondo che manca o residua il eosidetto periplasma. Nel primo caso le spore oc- ` cupano tutta quanta la cellula madre, nel secondo invece rimane una quantità più o meno grande di plasma materno non utilizzato. Pare però che i due modi possano incontrarsi nella stessa specie, avendo il Brefeld dimostrato che allorquando i sacearomiceti hanno vegetato attivamente to cellulare per la formazione delle quantità più o meno impiegano tutto quanto il contenu spore, mentre nel caso opposto residua sempre una notevole di periplasma. La sporificazione non avviene sempre colla stessa rapidità nelle dif- # r LUIGI BU USCALIONI ` ferenti specie, come pure per una data specie varia a seconda delle par- ticolari condizioni esterne. Così ad esempio con un ottimo di tempe tura la sporificazione del S. Cerevisiae dura cirea trenta ore; con 11° G questo fungo impiega invece 10 giorni, mentre a parità di ez: ; il S. Pastorianus sporifica in 77 ore. Oltre alla temperatura anche altre ` l ; -cause influiscono sul processo. Quantunque la formazione delle spore sia stata così intimamente Se diata da molti micologi, pur tuttavia anche in tempi recenti noi tro- = k viamo degli osservatori i quali negano ai saccaromiceti la proprietà di s ` produrre delle spore. Basterà che io citi qui il Müller, il quale nel 1892 y affermò appunto che le pretese spore dei sacearomicéti sono sfornite di — nucleo e di membrana, per eui non possono appartenere alla categoria x S della vere spore. Ma su queste osservazioni non occorre ‘e spandere molte parole per dimostrare che sono erronee. $ . Per quanto riguarda il numero delle spore esso varia di la 10: per lo pià peró sono in numero da 2 a 4. Molti autori sono concordi nel- l'affermare che esse non nascono contemporaneamente, ma l'una dopo Valtra, di guisa che la prima à già matura, quando l'ultima non = cora completamente evoluta. : | : e Per ottenere la sporificazione si sono indicati differenti metodi e s stanze, poichè la semplice lavatura in acqua.distillata o la graduale di- minuzione del nutrimento zuccherino non valgono, secondo lo Sehum cher, ad estrinsecare il fenomeno negli ordinari fermenti dell’industri Fra le sostanze maggiormente in'uso noi possiamo menzionare le caro preposte da Rees, le patate raccomandate dal Schumacher, le barbabi tole, le lastre di gesso da bendaggio ed infine-la carta di filtro. Le par tate devono essere fresche, in quanto che quelle cotte danno luogo ad un rapido sviluppo di funghi che rovinano le colture. Oltre a ciò vanno. mantenute abbondantemente umide , altrimenti i saccaromiceti conti- nuano a vegetare senza produrre spore di sorta. à “Il fenomeno della sporifieazione à stato studiato nei suoi particalari i ` pochi osservatori ed ancora in modo molto superficiale; però quasi tutti concordano nell'affermare che tutto quanto il protoplasma od una parte S dies esso si condensa i in tanti piccoli grumi quante sono le spore e che di p queste si inondano di una membrana. Merita però di essere ricordato qui il Zalewski, il quale ha descritto il processo in modo alquanto dif- ferente. Egli osservò, cioè, che nel S. Ellipsoideus, Apiculatus ece., il plasma prima di sporificare si addossa alle pareti, mentre nel centro delle cellule si va formando un grosso vacuolo. Più tardi il contenuto cellulare si strozza in due porzioni che ripetono di nuovo le stesse fasi, per dar luogo alla formazione di quattro spore, attorno ad ognuna delle quali si organizza infine una membrana (1). Io ho voluto descrivere qui per sommi capi le principali osservazioni che si sono fatte sulla sporificazione, sia perchè molte ricerche hanno attinenza diretta coi miei studi e sia anche per dimostrare come noi siamo ancora ben lungi dall’aver detta l’ultima parola in proposito. In- fatti se si consultano le memorie dei differenti autori si osserva una no- tevole discrepanza di opinioni, persino a riguardo del modo con cui si comportano talune specie, di guisa che mentre gli uni affermano, ad esempio, che un dato saccaromicete sporifica sotto l’influenza di deter- minate condizioni, gli altri sostengono decisamente il contrario. Queste divergenze di vedute sono tuttavia in parte scusabili pel fatto che la determinazione delle varie specie non è sempre cosa facile. La sporificazione costituisce un momento biologico di altissima im- portanza, in quanto che nella maggioranza dei casi permette di stabi- lire con una certa sicurezza se un dato organismo, dotato della pro- prietà di emettere incessantemente delle gemme, debba venir annoverato fra i saccaromiceti. Egli è quindi naturale che io abbia cercato in tutti i modi di ottenerla allo scopo di poter „elassificare il Saccharomyces guitulatus, poichè la mancanza di un tale criterio ha fatto sì che sino ` ad ora i micologi non si sono decisi à raggruppare questo fungo e novero dei veri saccaromiceti. Il metodo che io ho seguito e che mi ha dato risultati Bo soddisfacenti, si allontana alquanto da quelli che vennero escogitati dagli ` altri osservatori. (') Le osservazioni del Zalewski furono recentemente dimostrate erronee dal um. P LUIGI BUSCALIONI lo raccolgo le feci fresche dei conigli e le lascio essiecare mantenen- dole per un pù di tempo in un vetrino da orologio od altro analogo re- - eipiente. Quindi le bagno abbondantemente e le spappolo in molo da ottenere una poltiglia, dalla quale elimino di poi l'eccesso di aequa. u 3 miscuglio abbandonato a sè alla temperatura dall'ambiente (15-18 € circa) dopo un tempo variabile da 24 a 48 ore presentasi di nuovo del | tutto secco e duro. Io lo mantengo in tale stato per tre e quattro g giorni. circa ed infine lo bagno di nuovo. Per lo più 24 ore dopo questo se- condo innáfiamento compare abbondante la sporificazione che si può così seguire in tutti gli stadi (1). Ho però notato che molte volte la sporificazione non ha luogo. Cosi ad esempio ho osservato che le feci molto rieche di baeteri di alcuni co- nigli adulti determinano la decomposizione dei saccaromiceti. In altri E easi all'opposto l'insuecesso à dovuto forse alla temperatura dell'ambiente : che nella notte si abbassa al di là dei limiti compatibili colla sport: ficazione, oppure all eccesso di liquido impiegato. od anco infine à e altre cause affatto sconosciute. 3 Le feci che si prestano meglio per questo genere di ricerche sono ^ . quelle dei conigli adulti, perchè presentano una quantità più grande di sacearomiceti. In generale perd & sempre bene esaminare le seibali prima. di procedere all'esperimento, onde eliminare quelle che difettano di funghi, in quanto che si notano, sotto questo rapporto, delle variaziont ~ grandissime negli escrementi dei differenti conigli. ` Ecco intanto quali sono le metamorfosi che si vanno compiendo nelle E: cellule in via di sporificaziome. Durante lo stadio di essiccamento i saccaromiceti non mostrano p traccia di vaeuoli e si presentano inquinati da una quantità di granu- lazioni raccolte prevalentemente ài poli delle cellule, più di rado disseminate in tutta quanta la massa protoplasmatica. % Poche ore dopo che & avvenuto il secondo innaffiamento noi troviamo Li | (1) Talora basta semplicemente spappolare le feci in un po’ d’acqua ed abban- — donarle di poi alla temperatura di 15-18 : c. perchè dopo 3 o 4 giorni si possa | seguire il processo della sporificazione in tutte le sue fasi. I. SACCHAROMYCES GUTTULATUS ROB. ] # che i saccaromiceti si sono alquanto rigonfiati e che i grossi granuli sopra descritti hanno emigrato verso la parte mediana delle cellule, mentre ai poli di queste sono ricomparsi i soliti vaeuoli circondati da un protoplasma finamente punteggiato. Si origina in tal modo una differenziazione abbastanza netta nel con- tenuto cellulare che ei segnala in modo sicurissimo la prossima comparsa delle spore. E qui debbo notare che un fatto analogo, quantunque meno evidente, venne pure riscontrato dal Schumacher nel Saccharomyces cerevisiae durante la sporificazione. : Il protoplasma a grossi granuli é dapprima sparso disordinatamente nel centro della cellula, sotto forma di una massa ramosa i cui prolun- gamenti si attaccano alle pareti laterali. Dieci o dodici ore più tardi nel suo interno cominciano a differenziarsi dei piccoli accumuli di forma ovalare alquanto rifrangenti, tutto all'ingiro dei quali si radunano delle piccole granulazioni a contorni molto marcati e che all’ acido osmico dànno una dubbia reazione delle sostanze grasse, in quanto che si fanno più oscure. I sovra accennati accumuli non sono altro che le spore in formazione. Esse non tardano a circondarsi di una membrana, dapprima alquanto sfumata, ma più tardi nettamente differenziata ed a doppio contorno, suila cui superficie esterna continua ad intravedersi quella corona di granuli che abbiamo sopra segnalato, la quale però in questo momento sì presenta in gran parte disorganizzata. Le spore adulte sono corpi ovalari pieni di protoplasma finamente granulare e denso. Esse per lo più sono in numero di due, ma non sono infrequenti i casi in cui noi incontriamo soltanto una sola spora, mentre ben di rado se ne osservano tre o quattro. Le spore occupano la re- gione mediana della cellula madre e sono disposte obliquamente l’ una rispetto all’altra, allo scopo di occupare il minor spazio possibile. Come sopra è stato detto, lo sviluppo di queste produzioni non è simultaneo, per- chè d'ordinario si osserva che una spora ha già finito la sua evoluzione, quando le altre son ancora alquanto indietro. Di più non è infrequente il caso che una spora si arresti nello sviluppo ed assuma quindi l'a- Spetto di un semplice accamulo di sostanza protoplasmatica. d 99 però 9, cistidamento delle Amebe contenute nelle feci dei conigli (V. Nota a pag pci ee > LUIGI BUSCALIONI - Per quanto riguarda la frequenza della sporificazione io debbo : gere che col metodo che io ho adottato, il quale più si avvicina. condizioni naturali delle cose, non si riesce a far sporificare che un colo numero di saccaromiceti; forse tentando altri processi si potrà í rivar ad ottenere una raccolta maggiore di spore (1). Nel caso che io ho studiato residua adunque una notevole quant di contenuto cellulare non utilizzato, appartenente tanto al plasm grossi granuli, quanto a quello finamente punteggiato. Questo peripla pero non tarda a scomparire in gran parte ed inoltre pare che al una azione non indifferente nel mettere in libertà le spore, poi qualche giorno dopo la sporificazione, molte di queste trovansi li nelle feci, dove non si riscontra più traccia della cellula madre. Ora | probabile che il fenomeno sia dovuto al fatto che il periplasma à aequa e fa scoppiare la membrana del così detto aseo. [o però non potuto assistere alla distruzione di questa sotto il mieroseopio e qui accenno il fatto come una semplice probabilità, notando perd che altri saccaromiceti venne realmente dimostrata l'influenza del periplas A nella rottura della cellula madre. ur Quello che ho potuto invece constatare con sicurezza si è il modo comportarsi del glicogeno durante la sporificazione. Questa sostanza abbiamo veduto abbandonare in alcane cellule delle feci e scarseggi in altre, durante la sporificazione si raccolglie nel protoplasma à 8 granuli, per diminuire à poco a poeo a misura che le spore si M nn organizzando. I risultati ottenuti tendono pertanto a dimostrare che vi ha una analogia fra il modo di sporificare dei saccaromiceti e quello segna dal De Bary, Zopf ed altri autori per gli ascomiceti. Considerato nei suoi più minuti particolari il proeesso sporigeno del Sac. are (!) I dadi di gesso, tanto utili pesca si tratta di far sporificare gli è orc di saccaromiceti, non sono applicabili nel caso attuale, poichè i baeteri delle rovinano le colture. I Vosa die ho fatto con questo metodo andarono eeng falliti. segnalare che il processo si presta assai bene per determin dL SACCHAROMYCES GUrTULALUS wn N appare affatto fadhieidoqte dai tre tipi segnalati dall ERA ER i - le spore della così detta « Scheidenand », non essendo esse fornite di ornamenti, e non fondendo infine i loro protoplasmi, ma presentandosi affatto indipendenti come si verifica nello Schizosaccharomgces Pombe e nel Sac. octosporus. All’opposto siffatto tipo di formazione cellulare libera si presta benissimo ad essere classificato nella categoria della forma- zione di spore con periplasma indicata dal Zopf e da altri autori. Le osservazioni che io ho fatto sul ciclo evolutivo del Saccharomyces gut- tulatus sono di una tale evidenza che qui non è più permesso sollevare dei dubbi sulla sporificazione, potendosi persino osservare la membrana |» Attorno alle spore anche a debole ingrandimento. Riesce pertanto dimo- 7 strato che il Saccharomyces guttulatus è un vero saccaromicete, per cui | d'ora in avanti esso dovrà essere radiato dalla specie di incerta sede. Io ho cercato con adatti mezzi di coltivare le spore, ma disgraziata- mente non sone riuscito. I miei tentativi furono fatti sia in camere umide sotto il microscopio, sia in tubetti e sia infine sulle lastre di gelatina; e inoltre ho saggiato una quantità grande di sostanze , come decotto di fieno, latte, siero di latte, soluzioni di granulosa, gelatina, decotto del i contenuto stomacale dei conigli, soluzioni di sugo gastrico addizionate » di HCl all’] ?/,, mezzi alcalini e via dicendo, senza mai riuscire ad ot- tenere la germinazione delle spore, malgrado che molte volte avessi esperimentato in ambienti mantenuti alla temperatura di circa 38? C.: tutto al più qualche golta ho notato un qualche leggero deem delle stesse (1). A ARE 3 x 3m o UV. A EURER, e E d EM P3 (!) Nelle colture in decotto di foglie di insalata, filtrato ed addizionato con sugo gastrico (20 goccie di sugo per 20 ce. di decotto), mi occorse pia volte di consta- - tare che si Laine alla superficie del liquido delle pellicole costituite quasi esclusivamente da amebe. uesti organismi coltivati in termometro alla temperatura di 38° C. circa, dopo alcuni giorni si incistidavano aeg di una membrana giallo-brunastra pieghettata, non ho cercato di determinare la speeie di siffatti organismi, sia per le diffi- coltà che talora presenta una tale deter minazione e sia ancora perchè questa ri- cerca non entrava nella cerchia dei -miei studi. Ad ogni modo credo non del tutto privo di interesse notare il fatto dell'incistidamento delle amebe , poichè molti Autori hanno al presente segnalato la presenza di cisti in questi organismi sia che si trovino. liberi e sia che vivano nell'i intestino degli animali. 20. Malpighia anno X, vol. X. 4 E x Si i auget BUSCALIONT x ae Ad onta di questo insuccesso, che olt volte era dovuto alla rag inquinazione delle colture con altri organismi, io credo di poter affer- mare che il Saccaromicete in questione non forma un promicelio, poiehé nello stomaco dei conigli, dove indubbiamente arrivano le spore prima della germinazione, ho spesso notato, come sopra ho detto, la presenza di. aleuni piccoli saccaromiceti ovali, i quali erano probabilmente for giovani del S. guttulatus, mentre non ebbi mai a constatare la SCH | di ife septate che fossero di pertinenza di questo fungo. Al processo della sporificazione si annodano alcune questioni, talur delle quali riguardano l'influenza ehe esercita la temperatura sulla for- — mazione delle spore, altre invece concernono il modo di EE il fenomeno in relazione colle cause determinanti. Per quanta riguarda la prima questione se noi paragoniamo l alta temperatura in eui il Saccharomyces guttulatus vegeta con quella del l'ambiente esterno in cui soltanto il fungo sporifica, troviamo che fra luna e l'altra può intereedere una differenza di cirea 25-30 gradi. Questo fatto a primo aspetto pud far nascere il dubbio che il Sacch romyces guttulatus, in relazione colle peeuliari eondizioni della sua ei stenza, si comporti un po diversamente dagli altri saccaromiceti i qu gemmano e sporifieano pressochè alla stessa temperatura. Un esame pit attento della questione ci porta tuttavia a riconoscere che questa di genza non esiste. Innanzi tutto è dimostrato che anche gli ordinari. caromiceti possono vegetare benissimo nell’ intestipo di molti animali. come venne messo in chiaro dal Brefeld, il quale ritiene che anzi vera sede di questi funghi non sia la superficie dei frutti zuecherini delle foglie e via dicendo, ma l'apparato digerente degli animali @ bivori: in secondo luogo i saccaromiceti dell'industria (S. Pastorian d ellipsoidens, Cerevisiae) possono produrre delle gemme o delle spore en limiti di temperatura assai estesi (1-38? C. circa) (!), per cui si può | nissimo artificialmente ottenere negli ordinari saccaromiceti e E uno l’altro modo di riproduzione con temperature cosi differenti da riprodurn le condizioni sotto eui gemma e sporifica il parassita del coniglio. (!) Per più particolareggiati dettagli v. i lavori di Hansen. X IL SACCHARÖMYCES GUTTULATUS ROB.- coo). E lecito quindi conchiudere che non vi ha differenza di sorta fra il S. guttulatus e altri rappresentanti del gruppo per quanto riguarda la + temperatura a cui avvengono i due processi di moltiplicazione. Se passiamo ora a considerare le cause che determinano la sporifica- zione ed il valore che si deve dare alla stessa, noi entriamo in un gi- . . mepraio di questioni, le quali hanno appunto contribuito in gran parte a far cambiare tante volte di sede i saccaromiceti. ui Non è quindi mio intendimento addentrarmi in un campo così spinoso . per investigare se lo sporangio dei saccaromiceti sia analogo ad un asco, . € se questi funghi derivino dagli ascomiceti o da altre forme e via di- = cendo, Io voglio però discutere qui un'opinione che & stata emessa re- centemente da un distinto micologo italiano, il Berlese, a proposito di . una tale questione. Questi afferma che l’asco e lo sporangio sono degli organi normali rappresentanti il punto estremo di sviluppo che può rag- giungere l’ organismo e paragonabili porciò ai frutti delle piante supe- riori, mentre la cellula asco dei saccaromiceti è qualche cosa di ben di- verso, è il prodotto di condizioni di vegetazione cattive che hanno in- traleiato lo sviluppo della specie, d’on 'e ne consegue che i saccaromiceti non possono venir incorporati con certi gruppi di funghi superiori forniti di aschi o di sporangio. Per quanto appaia seducente l’idea del Berlese tuttavia mon parmi che essa sia da accettare perchè contrasta col fatto sufficientemente accertato che nella formazione degli apparati riprodut- tori dei vegetali non si può escludere del tutto l'intervento di condizioni zione (nel lato senso), per quanto sia un fenomeno normale, pur tuttavia è in stretta relazione colle variazioni del mezzo esterno, e se uno studio |. fisiologico della questione non è ancora stato fatto, almeno per quanto mi consta, colle varie specie di funghi, noi abbiamo ciò non di meno . molti dati concernenti le piante superiori i quali dimostrano l’ esattezza - di quanto sto affermando e rendono quindi molto probabile ehe la stessa REOR COH ME Aman A uo | cosa debba verificarsi pure pei funghi. ; i A mie parere egli è perciò più logico ammettere che tanto gli sporangi, quanto i così detti aschi dei saccaromiceti si formino allorchè alcune | sondizioni di esistenza diventano inadatte all'ulteriore evoluzione delle sfavorevoli (entro certi limiti) all’ esistenza della pianta. La fruttifiea- ` LUIGI BUSCALIONT. pianta e che quindi sia soltanto questione di modalità se in una sp di funghi la sporificazione avviene normalmente, mentre nell'altra verifiea solo accidentalmente ed in condizioni non per anco completa- mente note. Per moltissimi funghi, fra i quali vanno annoverati i saccaromiceti, la sporifieazione è un fenomeno inteso nor solo ad assicurare l’esisten ma anche la moltiplicazione della specie. Se si volesse far un’eceezione a questo riguardo pei saccaromiceti, ritenendo che la sporificazione ser visse qui unicamente a garantire l'esistenza quando le condizioni este diventano inadatte, non si potrebbe più spiegare il fenomeno che pr sentano questi organismi di poter cioè, tollerare allo stato vegetativo condizioni più disadatte e per un tempo lunghissimo, senza che per questo perdano la facoltà di vegetare e riprodursi per gemme non si teste eondizioni esterne diventano nuovamente favorevoli. Bisogna quindi necessariamente ammettere che l'asco dei saccaro ceti è una produzione analoga agli sporangi ed ai veri asch), non: dal lato morfologico, ma anche da quello biologico, cosicchè le differe fra i saccaromiceti e gli altri gruppi di funghi vanno ricercate altro anziché in un principio differente di causalità che informi e regol 1 processo della sporificazione. Ora che abbiamo così dettagliatamente analizzato il ciclo evoluti del Saccharomyces guttulatus dobbiamo passare allo studio non m interessante del nucleo. Ir. nucLeo. — Lo Schmitz fu uno dei primi a dedicarsi alle ricerche nucleo nelle Tallofite e le sue osservazioni hanno avviato gli osserv che son venuti di poi a continuare le indagini che favorite dai mo metodi di fissazione e di colorazione, come pure dei potenti mezzi ott. di cui disponiamo attualmente, hanno portato alla scoperta del nucleo quasi tutti i rappresentanti dei due gruppi di organismi, alghe e fi Coll’ aiuto poi delle doppie colorazioni si è potuto anche affrontare problema della costituzione del nucleo nelle tallofite e dimostrare, grado la sua grande piccolezza, che molte volte esso contiene dei nuch ed è ravvolto da una membrana come i nuclei delle piante supe! d Nè qui si sono arrestate le investigazioni degli osservatori; essi hanno anche voluto stabilire come il nucleo si comporti durante la divi- ` sione delle cellule, e le ricerche fatte in questo senso hanno messo fuor di dubbio che in molte alghe ed in molti funghi la divisione cellulare è preceduta dalla cariocinesi. Basterà ricordare a questo proposito i la- vori dello Strasburger sulla Trichia fallax, del Sadebeck sugli Exoascus, del Fisch sugli Ascomiceti e del Dangeard sull’ intera classe dei Funghi. La cariocinesi però non è l’ unico processo di moltiplicazione nucleare della tallofite, anzi i dati che ci offrono i moderni metodi di colorazione lasciano sospettare che essa costituisca l’ eccezione. Nel maggior numero dei casi si osserva soltanto la divisione diretta del nucleo, che però in talune circostanze trovasi accoppiata alla divisione indiretta (Dangeard, Fairchild). In qualche circostanza poi la divisione diretta si modifica al |. . punto da impedire all’ osservatore di decidere a quali dei due tipi di di- visione nucleare debba riferire le figure che si enm nel campo del microscopio (Basidiobolus). D'altra parte à pure cosa accertata che anche nei easi ben constatati | di cariocinesi il processo non si esplica con quella regolarità che si ve- . . rifica nelle piante superiori mancando, a quanto pare, la divisione lon- E gitudinale dei filamenti cromatici ed essendo moltó incomplete le figure acromatiche. Solo il Dangeard avrebbe recentemente rilevato un’ identità di struttura fra i nuclei dei funghi e quelli delle piante superiori, es- sendo giunto a riconoscere che durante là cariocinesi dei primi com- Ee E ES 4 ee I E E. T ies a de A We A E FER ALLO Se paiono talora persino speciali corpuseoli polari che prendono parte al processo di mitosi e si comportano cosi come veri centrosomi. Ma il fatto segnalato dall'autore francese merita di essere confermato, poiehà il Dangeard stesso non é sempre sicuro di aver a fare con veri centrosomi, ed inoltre alcune particolarità a cui egli accenna lasciano sospettare che . le’formazioni da lui vedute abbiano nulla di comune coi corpi studiati dal Flemming e dal Guignard. Fra i processi di divisione nucleare che si sono osservati nei funghi e nelle alghe meritano di essere deseritte qui brevemente le anomale segmentazioni che furono segnalate dal Berthold, dallo Schmitz e dal Fairchild nella Valonia, nel Codium, Bryopsis e Derbesia, quelle osser- y ES e È mt Lie H * d Es presentanti più bassi del regno vegetale. Am Lo Schmitz osservò che col Gen. Valonia e Codium il nucleo pu M in "e modi ed in eee cie i casi esso si foggia dapprima ed infine il nucleo si spezza. Il Berthold non solo osservò un analogo fenomeno nelle stesse Diane ma riconobbe che il nucleo entra in cariocinesi e che il filamento il quale congiunge i due nuclei secondari in via di allontanamento, da lui denominato mittelstuck, presentasi foggiato a fuso e poscia si rompe À corrispondenza dei due capi. Quest autore non vide peró una membrana nettamente differenziali attorno al nucleo in riposo. Recentemente il G. Fairchild, dopo di aver dimostrato che lo Sehmi non seppe indieare se i due modi con cui il nucleo si divide rapp i sentino realmente due processi distinti, o non piuttosto due varietà d divisione diretta, passa a descrivere la divisione nucleare nella Valo utricularis. In quest’alga egli trovò che il nucleo può moltiplicarsi tan per cariocinesi, quanto per frammentazione ed anzi le due forme did visione nucleare si trovano spesso l' una accanto all’altra, prevalendo però l’amitosi nei punti ove vi ha abbondante provvista di amido. Du- rante l'amitosi il nucleo si strozza e le due metà si allontana l'una da l’altra, rimanendo pur tuttavia congiunte per un certo tempo per mezzo - del mittelstuck; in questo processo poi la cromatina non si orienta in. modo speciale ed i nucleoli rimangono sempre presenti. senza ees di- visione di sorta (! ) N (*) Fatti analoghi a quelli osservati dal Faischild si verificano pure nell’ albume = mi Vicia Faba (V. L. Buscalioni: Sulla frammentazione nucleare seguita da E SG dai nuclei si i dividolo invece per aim ha ere un’ "ori en- x tazione speciale dei filamenti cromatici e la scomparsa dei nucleoli, di guisa che questo processo, non può in alcan modo ritenersi affine al precedente, come vorrebbe lo Schmitz. E Il pezzo intermediario o Mittelstuck sarebbe formato, secondo il Fa- irehild, dalla membrana nucleare che si stira prima di rompersi. Qualche cosa d'analogo venne osservato dall'Hartog v. Wager nella moltiplieazione nucleare della Peronospora parassitica. In questo fungo si verifica una vera cariocinesi, ma i filamenti di cromatina rimangono racchiusi nella membrana nucleare, che li circonda a guisa di un sacco e si va allungando a misura che i nuclei si allontanano. La, membrana . si rompe di poi a divisione compiuta. Fra le forme anomale di riproduzione nucleare nei funghi merita in- . fine di essere ricordata anche quella osservata dall'Eidam nel Basidio- bolus ranarum. Qui non si ha nè amitosi nè cariocinesi. Il nucleo si divide in tre serie di granulazioni cromatiehe separate da due zone ja- _ line; poscia la serie di mezzo si divide a sua volta ed allora le due metà del nucleo si allontanano l’ una dall’ altra. . Nella classe dei funghi vanno in ispecial modo segnalati i saccaromi- echt, avendo questi organismi vivamente attirato l'attenzione di coloro che si occuparono di ricerche istologiche, di guisa che oggigiorno pos- sediamo una discreta letteratura sul nucleo di siffatti esseri, la quale | però anzichè costituire una guida sicura rappresenta piuttosto una rac- . colta di opinioni disparate. Verso la metà di questo secolo noi troviamo di Ee aleuni autori de et descrivono il nucleo dei saccaromiceti sotto forma di un corpo visibile 3 isione "m cellula. Nota preventiva. Giornale. della R. Accademia. di Medicina ài Torin In u eg di TARE —— pa della R. Ac cademia delle scienze di Torino) io dimostro che nella nucleo in cariocinesi si spezzano nello "t e longitudinalmente ma si suddividono in quattro articoli. lla frammentazione dei cromosomi tiene poi dietro un pure il nucleo si strozza a biscotto nel mezzo e termina di dividersi per fram- t di gomitolo, non solo trasversalmente a vera cariocinesi, Op- . mentazione, cia Faba molte volte i filamenti del i : È a ra AC a Bar ^ 0% SEN SE | dh, bei 5 PU S. 2? ERE e ir 5 + A d Kä RE SI ai Va x e Kë: vez TEN + Fra LUIGI BUSCA SS A LI a fresco e senza l'aiuto di reagenti. Fra questi merita di essere il Rail ehe nel 1855 non solo fece cenno di un tale corpo e lo distinguere dai vacuoli, ma riusci persino a constatare che esso ! pare durante la gemmazione. Non é necessario aggiungere che i risultati di ricerche cosi prim non sono attendibili. : Piü tardi i metodi di ricerea che si vanno perfezionando, invece ı LEI apportare un pò di luce sull'argomento, fanno sì che gli osservatori dividono in due schiere, l'una delle quali contesta la presenza & nucleo nei saccaromiceti, l’altro invece l’ammette. Fra i primi ricorderò il Wiesner che ritiene i saccaromiceti for unicamente di archiplasma, il Krasse il quale, benchè riesca a dim strare per mezzo di ricerche chimiche che in questi funghi-fermenti Z contiene della nucleina, pur tuttavia afferma decisamente che tale stanza non si trova raccolta in un organo speciale, ma diffusa nel De ed infine il Brucke ed il Raum (1). Fra i secondi noi troviamo il Nägeli, lo Schleiden, il Jórg l Hansen, il Zopf, il Zalewski, il Müller, lo Schmitz, lo Stras il Zacharias ed il Dangeard. A questi si può ancora aggiungere Lindner ed il Zimmermann, il primo dei quali ammette la presenza. un nucleo solo per aleune specie, mentre il secondo non osa € in modo deciso in favore del nucleo. AI presente l'idea che i saccaromiceti siano organismi nueleati è mente generalizzata che la controversia può considerarsi come ris Non per questo tuttavia la scienza ha detto l’ultima parola sui . dei saccaromiceti, et nuove m sono sorte le iin reclar Pe a Cerevisiae un nucleo enorme che occupa i cellula, mentre il Dangeard lo descrive e figura piccolissimo in un dell'elemento. Quest’ ultimo poi sostiene che esso è fornito di membi 7 (t II Råum, i invece del nucleo, trovò che i saccaromiceti sono | riempiti di granuli che si comportano in modo speciale di fronte a molti r Queste ricerche pers a mio parere, meritano RR indifferenziata: >| Janssen infine trova la cariocinesi tanto nella gemma- ‘zione, quanto nella sporifieazione, mentre il Möller constata la divisione diretta in entrambi i processi. Una tale divergenza di opinioni al riguardo si spiega benissimo qua- ‘lora si consideri che il Saccharomyces Cerevisiae sul quale esclusiva- mente esperimentarono gli osservatori, adoperando persino gli stessi rea- genti (ematossilina, acido picrico, alcool ecc.), è un organismo di cosi esigue dimensioni che anche osservato a forti ingrandimenti non per- mette di discernere gran che sulla sua intima costituzione. Io debbo quindi aserivere a vera fortuna che mi sía presentata l'occasione di stu- diare un rappresentante di questo genere di funghi dotato di dimen- sioni relativamente colossali, qual è il Sacch. guttulatus, il quale perciò si presta molto bene per le ricerche sul muleo assai grosso e colorabile in modo molto evidente. : Il risultati a cui sono giunto colle mie ricerche si allontanano tal- mente da quanto hanno veduto i miei predecessori che io credo neces- | sario di descrivere qui minutamente la tecnica adoperata, affinchè chiun- que possa essere in grado di controllare e di estendere le mie osservazioni. Io spappolo alcuni frammenti di feci ricche di saccaromiceti, quali ‚sono quelle dei conigli adulti, rispettivamente piccoli grumi del conte- nuto stomacale di questi stessi animali, entro una goccia d’acqua o di acido osmico all 1 ?/, valendomi all’ uopo di un vetrino copri oggetti. Quindi lascio essiccare quest’ultimo all'aria libera e poscia lo passo tre. volte alla fiamma come indica il Koch per la colorazione dei ‘bacteri. | Un siffatto metodo di fissazione potrà parere a taluni alquanto infe-_ E SES ma io sono in grado di opporre innanzi tutto che avendo esperi- 2 : mentato, per confronto, anche altri processi non ho trovato modifica- zione di sorta nei risultati, secondariamente che esso venne pure im- piegato, in unione al metodo di Lukjanow da un altro- istologo, il Raum, il quale non ebbe a lamentare inconvenienti di sorta, e finalmente che à il metodo in questione si presta benissimo pr la colorazione me nuclei . dei leucociti e di altri elementi. Non sì tosto il vetrino è stato fissato io propers una soluzione dilui- e di nucleolo, mentre gli altri ritengono che è costituito da una massa ` vetrino da orologio, di grandi dimensioni, riempito di acqua distillata Ciò fatto apro una boccetta contenente dell'ammoniaca e soffiando ui pò energicamente in direzione tangenziale all apertura del recipie faccio arrivare nella soluzione, d’ordinario colorata in rosso violett sbiadito, una corrente di vapori ammoniacali, avendo cura però di si spendere immediatamente l'operazione non sì tosto si nota che la e stanza colorante accenna a diventare bleuastra e Questa parte del processo costituisce l'operazione più delicata. perch bisogna assolutamente evitare che un eccesso di ammoniaca determini presto o tardi la precipitazione dell' ematossilina. Quando io ho ottenuto il grado desiderato di colorazione, tuffo i trini coprioggetti nel liquido, nel quale devono rimanere per un Er variabile da 12 a 24 ore; in seguito li passo rapidamente quattro ( cinque volte in una soluzione acquosa concentrata di acido pierico poscia esamino i preparati in glicerina, previa naturalmente una dili- gente lavatnra degli stessi in acqua distillata. Se si vuole conservare la preparazione conviene montarla in bal impiegando i soliti processi in uso nella tecnica microscopica, perchè preparati montati in glicerina dopo un pò di tempo svaniscono. Oltre all'ematossilina io ho anche saggiato altri reagenti, ma debl confessare che tutti quanti mi sono parsi inferiori per bontà a qu che ho indicato, fatta eccezione perd per le miscele Biondi e del Z mermann le quali talora mi hanno dato delle discrete doppie colorazion Ecco intanto quali sono i risultati a cui-sono giunto col mio meto di colorazione: IL NUCLEO DELLE CELLULE VEGETATIVE. — Se si esamina con un f obbiettivo una cellula di Saccharomyces guttulatus si osserva, anche à fresco, nella parte mediana dell'elemento e più precisamente a rid di una delle pareti longitudinali, un corpo di aspetto vacuolare, relativ mente grosso, il quale, come sopra è stato detto, rappresenta il nucleo (!) Seil liquido colorante ha di già una colorazione bleuastra si puo fare 2 meno di sottoporlo all' azione dei "on di ammoniaca La LT AE coll’ sale la permetto di riconoscere te questo | corpo è rotondo, oppure alquanto irregolare nei suoi contorni, od anche. + talora di aspetto poliedrico: essa però non rivela la presenza di granu- lazioni che possano paragonarsi ai nucleoli. Talora, è vero, si incontrano dei nuclei cosparsi di granulazioni, ma queste sono piccole, più o meno numerose e non si possono quindi distin- guere dalle ordinarie granulazioni di nucleina. La membrana nucleare è facile a mettersi in evidenza quando il nucleo ^ . mon si colora intensamente, o quando è povero di sostanza cromatica, nella quale circostanza anche a fresco essa appare ben distinta: in tutti - gli altri casi non è possibile riconoscerla. Il reticolo nucleare non è evidente; tutt'al più come già dissi si in- contrano delle granulazioni irregolarmente disseminate, per cui il nucleo- dal Saccharomyces guitulatus non differisce, allo stato di riposo, ri altri piccoli nuclei dei funghi. In molti preparati microscopici si osserva che l'ematossilina non riesce più a mettere in evidenza il nucleo di certi elementi; io non so se questa particolarità debba attribuirsi realmente alla mancanza di un tale corpo, | come à reso probabile da aleuzi fatti, o non piuttosto ad un’ insuccesso j nella colorazione. Altre volte si notano invece qua e colà dei saccaromi- ` ceti il cui nucleo si è spostato più o meno verso uno.dei poli della cellula. IL NUCLEO DEI SACCAROMICETI IN GEMMAZIONE. — Come ebbe ad osser- vare il Dangeard nel Sace. Cerevisiae così anche nel S. guttulatus noi 5 troviamo una certa indipendenza tra la divisione delle celJule e quella del nucleo. Per lo più compare dapprima la gemma e poscia, quando | fatto non è costante, potendosi anche incontrare il caso opposto. Il nucleo in divisione ingrossa, -per lasciar ben tosto scorgere uno strozzamento lungo la parte equatoriale, il quale è diretto Ree g larmente od obliquamente all’ asse della cellula. In seguito una delle metà nucleari si porta in corrispondenza del punto in eui si attacca la cellula figlia, l'altra invece d' ordinario non e muta di sede. è questa ha raggiunto una certa dimensione, il nucleo si divide. Però il —— LUIGI Eeer Il nucleo Stee dopo di esser rimasto un po di pe a rid della membrana cellulare, ove forma quasi un turacciolo che otti canale di accesso alla cellula figlia, si porta ın quest’ ultima. Dur: il passaggio attraverso il canale di comunicazione esso si allunga un sottile filamento, ma non sì tosto l'ha attraversato ingrossa di nuo e riprende la forma solita. Giunto poi nella cellula figlia continua a progredire fin verso il mezzo dell'elemento, ove al fine si fissa. E Molte volte ho osservato che il nucleo della gemma presenta la fo La di un chiodo, il che va ascritto al fatto che soltanto una parte del in questione si & di già radunata in una massa sferica. In qualche preparato ho poi constatato che il nueleo della cellula m si porta in immediato contatto del punto d’attacco della cellula fi forse per emigrare in questa ultima senza dividersi. Io non ho però tuto rilevare al mieroscopio il passaggio dell'intero nucleo, ma ciò di meno credo che il fatto possa succedere poichè, come dissi, n infrequente di incontrare dei saccaromiceti completamente svilupp i quali sono privi di nucleo. Questa accidentalità non va confusa. ec t seïiplice dislocazione del nucleo materno, la quale si verifica in qual rara circostanza e che è contraddistinta da ciò che il nucleo, prima dividersi, si sposta verso il punto di attacco della gemma. In alcuni casi infine si verifica un fenomeno affatto contrario, Y a dire il nucleo che residua nella cellula madre, invece di rimar nella parte mediana di questa, emigra a sua volta e si porta verso | polo opposto a quello da cui è nata la gemma. Fra le particolarità più interessanti di questo processo di divi nucleare una specialmente merita di essere segnalata, poichè non è finora notata negli altri saccaromiceti. Essa consiste nella presenza d filamento fortemente colorabile coll'ematossilina il quale tiene unite un tempo più o meno lungo le due metà nucleari. | Questo cordone & formato indubbiamente di sostanza nucleare. dapprima è robusto, ma a misura che i nuclei si vanno allontat l'uno dall'altro diventa più sottile, filiforme e finalmente finisce. lacerarsi e scomparire. To ho potuto metter in evidenza in numerosissimi een qua e? siffatto filamento di unione o Mittelstuck , il quale poi quando i due nuclei sono di già molto distanziati decorre alquanto ondulato nella massa protoplasmatica. Ma vi ha di più: molte volte mi occorse di constatare che il cordone è ancor presente quando uno dei nuclei sta attraversando il canale che congiunge i due protoplasma e talvolta si conserva fino al momento in | . cui la massa nucleare in emigrazione ha raggiunto la sua sede definitiva -~ mella gemma. di Per quanto strano possa apparire questo singolare processo di divisione . nucleare, pur tuttavia esso va ritenuto come un fenomeno regolare, normale e facilmente rilevabile, essendo io riuscito a rintraeciarlo con pareechi metodi di colorazione ed in Saccharomyces provenienti da differenti conigli. I fatti esposti mi sforzano pertanto a ritenere che durante la gemma zione il nucleo dei saccaromiceti si comporti come quello della Valonia e del Codium, colla differenza perd che mentre in queste alghe vi ha | . ad un tempo cariocinesi ed amitosi, nei saccaromiceti invece, si avrebbe solo un processo di divisione diretta, come già venne dimostrato pel + Saccharomyces Cerevisiae dal Möller. Secondo il mio modo di vedere egli è probabile che il filamento che congiunge i due nuclei del Sac- charomyces guttulatus è pure formato dalla membrana; ma debbo tut- GI tavia confessare che le ricerche fatte in proposito per stabilire la natura n del medesimo non mi hanno portato a risultati degni di nota. b: Se noi ammettiamo pertanto che il filamento sopra indiegto corrisponda al Mittelstuck della Valonia utrieularis siamo portati a concludere che il processo di divisione nucleare nel Saccharomyces guttulatus ha molta analogia con quanto si osserva in alcune alghe, mentre per ciò che ri- guarda l’ emigrazione di uno dei nuelei ricorda da vicino il modo di com- portarsi dei nuclei negli Imenomiceti, quale ci venne descritto dal Rosen- ` winge. Infatti nella formazione delle spore degli Imenomiceti il nueleo dei basidi si divide in quattro corpicciuoli i quali ben tosto si portano nelle spore attraversando gli stretti canali degli sterigmi. In questa emigra- zione i nuelei si assottigliano e si allungano per riprendere la struttura normale non si tosto hanno raggiunto le spore. L'unica differenza che in eomunieazione il eonidio colla cellula madre. IL NUCLEO DURANTE La SPORIPICAZIONE. — I saecaromiceti content it nell'intestino od emessi da poco tempo colle feci, presentano un | nucleo ; negli escrementi invece che sono stati eliminati da 24 Ke | circa e che perciò si trovano in via di essiccamento, noi possiamo i già incontrare due nuclei per cellula in quasi tutti i funghi. L'esame di molti preparati non mi ha permesso di constatare con $ curezza se la divisione avviene per via indiretta o per frammentazione x ciò non di meno. i dati raccolti mi fanno sospettare che qui abbia. luog un processo molto analogo alla carioeinesi, quantunque naturalmente medesimo sia estremamente ridotto, come si verifica negli altri funghi lo ho osservato, cioè, qualche volta, che è già possibile riscontrare n linea di separazione in un tempo in cui i nuclei sono ancora m vicini l' uno all’altro: ; inoltre le due metà nucleari si guardano i loro faccie piane ed infine tra un nucleo e l'altro esiste un trait . unione formato da una sostanza più intensamente colorata dal pl ma aiquanto meno dei nuclei. Il fatto poi che maggiormeute confor la mia opinione si à che prima di addivenire alla divisione il nucle si ingrossa e durante il proeesso della mitosi, presente talora tos figure che ricordano, benchè alquanto confusamente, gli stadi di pias equatoriale e di fuso. A differenza di quanto abbiamo veduto succedere nella gommazion idue nuclei secondari si spostano tutti e due, portandosi ai poli : : della cellula. Ivi giunti ritornano allo stato di nuclei in riposo, oppu ingrossano nuovamente e danno origine ad una seconda divisione. i SC interessare entrambi i i nuclei secondari o soltanto uno di IL SACCHAROMYCES GUTTULATUS ROB. ed inoltre non si presenta cosi netta come la divisione primaria, per- chè, mentre i nuclei si preparano per scindersi, nel plasma circostante si vanno accumulando delle piccole granulazioni fortemente colorabili coll’ematossilina le quali mascherano il processo. Quando la segmentazione è avvenuta noi incontriamo tre o quattro nuclei regolarmente od irregolarmente distanziati gli uni dagli altri, ed allineati lungo l’asse della cellula. Questi nuclei che si possono chia- mare terziari, si presentano alquanto più piccoli di ‘quelli secondari, i quali a loro volta non raggiungono quasi mai le dimensioni del nucleo primario. Analogamente poi a quanto abbiamo veduto succedere nella prima divisione, io ho notato anche qui, sebbene con minor frequenza, quel fi- lamento che unisce i due nuclei. Esso si presenta assai largo quando i nuclei sono ancora vicini l’uno all’altro, per trasformarsi di poi in un sottile cordone quando i due corpi hanno raggiunto il massimo allon- tanamento. La colorazione del così detto « Mittelstuck » è assai meno accentuata di quella dei nuclei dai quali deriva. Io inclino a credere che siffatto tratto di unione rappresenti anche qui la membrana del nu- cleo, parendomi molto strano che esso derivi dai filamenti eromatici ab- normemente allungati durante la divisione, ma però, come già ho indi- cato altrove, non ho dati sicuri per risolvere la questione, se si eccetua quello della minor colorabilità del mittelstuek e della sua analogia coi filamenti nucleari della Valonia e del Codium. Mentre i nuclei si vanno moltiplicando nelle cellule, queste danno luogo (se le condizioni esterne sono favorevoli) alla formazione delle spore ed allora noi vediamo che i granuli fortemente colorabili sparsi nel plasma aumentano in numero e che i nuelei infine si vanno rae- cogliendo nel mezzo di ogni elemento, ove però riescono spesso masche- rati dagli aceumuli granulari sopra citati, quando questi sono molto abbondanti. . La forte colorabilitä del plasma a grossi granuli raccolti nel centro delle cellule, eome pure l’energia con eui le spore in via di sviluppo fissano P ematossilina e le altre sostanze coloranti, rendono difficile lo studio dei nuclei nelle ultime fasi del processo di sporificazione. Ciò um een - non a meno ho SE qualehe volta, constatare che ogni spora h suo nucleo e che nessuno di questi rimane libero nel periplasma y in. . cui devono formarsi tante spore quanti sono i nuclei che si inscr disposizioni. dei poli della ditis; o, più di rado, si trovano nella parte mediana della stessa. M rimangono distintamente visibili fino al termine del processo ed ane E dopo che si sono incarcerati nelle spore Inoltre esso collima eon quant venne osservato dal Beyerink nello. Schizosaccharomyces Octorporu: una specie che il Lindner colloca nel gruppo degli Schizosaccaromice! radiandola dalla categoria dei saccaromiceti veri a motivo del FC | E GR questa si compie con una certa a rapidità À complemento delle osservazioni fatte sui nuclei durante la gemm zione e la sporificazione credo utile di segnalare al lettore che ta possono comparire delle particolari strutture le quali vanno di necessit m come a i di TCR processi C ms dubi meon il eontenuto ae & stato conservato da un a di e le feci hanno, subito un’ incipiente macerazione. In We Katie di cose se noi coloriamo i Rie coll'emat sono venir scambiati eon nuclei ingrossati, ma se si esamina un gn numero M pergeret si può invece riconoscere che Gei nsn deriva dinaria, eireondato da uno di siffatti grumi, per eui l'origine di questi | non presentava più dubbio di sorta. . le non sono in grado di indicare quali siano le condizioni che deter- | minano la produzione di siffatti corpi: ritengo però che essi debbano ri- petere la stessa origine di quei granuli che circondano i nuclei durante le ultime fasi della sporificazione, i quali molto probabilmente sono in | stretta relazione coi processi involutivi che si vanno compiendo nel protoplasma non utilizzato nella formazione delle spore (1). Riassumendo pertanto le osservazioni fatte sul Saccharomyces guttu- latus si arriva alle seguenti conclusioni: * 1.° Questo fungo à un vero saecaromicete, capace di sporifieare e di emettere delle zemme. 2. Esso è fornito di un nucleo il quale si divide tanto durante il processo della gemmazione, quanto durante quello della sporificazione. 3.° Il modo con cui si compie la divisione nucleare è molto diversa da quanto si osserva negli altri funghi ed ha probabilmente un nesso più o meno intimo con i fenomeni che vennero osservati in talune alghe (Codium, Valonia), dovendosi forse ammettere anche pel Saccharomyces guttulatus la presenza del così detto Mittelstuck. 4.° Infine la divisione nucleare si compie probabilmente per un pro- cesso di cariocinesi molto ridotto durante la sporificazione e per fram- . mentazione nell'alto della gemmazione. .. Prima di abbandonare quest'argomento dei saccaromiceti debbo an- cora aggiungere alcune considerazioni a riguardo di aleune speciali con- . dizioni di esistenza di questi funghi. . Fino a pochi anni or sono si riguardavano i saccaromiceti semplice- aleun caso di parassitismo in questa categoria di organismi, se si eccettua delle Dafnie. Infatti il così detto Saccharomyces capillitii che determina ; — u Forse queste produzioni sono analoghe a quelle osser vate dal Bras, N Neisser, n, Babes, Loffler e Klebs, Steinhaus e Schottelius in molti bacilli ed in altri 3 ne inferiori. 21. Malpighia, anno X, vol. X. mente come funghi atti a provocare della fermentazione, non essendo noto ` il classico esempio de!la Monospora cuspidata (Metschnikoff) parassita probabilmente aleune lesioni della pelle e che venne zero, non va certamente al gen. Saccharomyces a causa + dello strano modo con eui gemma nel siero di bue. ; Oggigiorno invece la letteratura medica, e piü specialmente quella | TAR italiana, ha di già registrato alcuni casi di ascessi e di neoformazioni ; patologiche nelle quali si sarebbero riscontrati degli organismi simili | ai saccaromiceti ed inoltre è noto che il Neumaver avrebbe pure con- statato, in seguito all’inoeulazione delle colture pure di Saccharomyces ` Cerevisiae sotto la pelle dei conigli, la presenza di raccolte purulente, nelle quali peró i funghi si trovano in gran parte morti, mentre in- vece il Sanfelice, il Maffucei ed il Sirleo avrebbero ottenuto con esp rimenti analoghi la produzione di tumori (1). Data una tale condizione di cose, per quanto i lavori pubblicati m. al presente ci lascino in dubbio sulla natura dei parassiti, pur tuttavia | | d'ora in avanti la storia di sviluppo dei saccaromiceti non dovrà it ressare soltanto più i botaniei ed i fabbricanti di bevande fermenta ma ancora i medici, i patologi e gli igienisti. Ed è perciò che io raccomando vivamente lo studio dei Sacha myces guttulatus che vive nel canal digerente del coniglio, poichè, e stituendo esso una specie parassita, o per lo meno endosaprofita, intima mente legata alle condizioni biologiehe degli organismi superiori, qua- lora venga coltivata potrà forse servire, meglio di qualunque altra, per lo studio sperimentale degli ascessi e dei tumori prodotti da E ma almeno per forma, ai saccaromiceti genuini. (t) Chi desidera maggiori ragguagli su quest argomento può consultare i la del Bernard, Hoppe, Grohe, Popoff, Falk, Mosler, Symanowsky, Hoppe-Sey Buist, Boussy, Raum, Sanfelite, Rivolta, Micellone, Aruch. 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Con quest’altra parte dó termine ad una serie di note relative prin- cipalmente a nuove ubicazioni, comunicando il risultamento delle escur- sioni fatte ancor meglio nell'agro sassarese e in alcuni altri punti del Sardegna settentrionale (Alghero, Portotorres, Terranova, Limbara ece. ed emendando le notizie pubblicate nelle Note antecedenti, o completan- dole mercè l'indicazione di località abitate da rari dicotiledoni, e sandate da me per essere già state indicate da botanici posteriori Moris. Ora mi son convinto, che il tacerle affatto avrebbe potuto all- mentare dubbi tuttavia, e forse i inceppare la non lieve opera d’un com- plemento della Flora sardoa, e d'un generale prospetto di Addenda. floram italicam. Gli esemplari da me raccolti son destinati a costituire il principio d un Herbarium sardowm in questa Università, e i doppii, a seconda. de lor numero e della loro importanza, gli ho già offerti o a qualche pub blico museo, o a qualche amico (per es. al Gandoger), o alla Wiener Ta N schverein. : Oecorre premettere una confessione e un’ avvertenza. . Nonostante la cura posta nel darmi contezza di tutte le pubblicazioni botaniche relative alle Sardegna, venute dopo il Compendium del Barbey, me n'é sfugg qualcuna. Quella per es. del sig. Lanza sugli Adonis di Sicilia a Sardegna, stampata in questo giornale, l ho per distrazione ritenuta eon cosa pertinente solo alla prima di esse isole. Godo peró che nella terminazione di una specie sparsissima nel nord della Sardegna (A microcarpus DC.) sia riuscito d'aeeordo con tale aütore, al quale | 4 son fatto dovere di spedirne i campioni. Scrivendo poi le Ulteriori ? che al grave lavoro d'integrare il Moris si fosse accinto il chia attendere. Due righe pertanto nel rivedere le bozze di stampa io ap- E poneva in ealee all'ultima pagina, per dare la buona novella, e quasi i d et eontemporaneamente ne toecavo in altro scritto presentato al Congresso S . di Palermo. Ma, non so perché, quelle poche righe furono dimenticate DOM. | dal tipografo, solo facendosi figurare il numero, onde la postilla andava = segnata. Ciò dico a rimuovere l'idea d'una scortesia, onde potrei essere CIE EE x 7 d a TN ET IM 3 Pat 2 DUB 1 Et incolpato, stante che all'epoca della pubblieazione di quelle Note, io APR TER aveva di già fatto perfino qualche escursione botanica con esso sig. Martelli. Quantunque il sistema candolleano mi obbligherebbe a cominciare dai dicotiledoni, io dispongo le note seguenti comineiando dai monocotile- doni e dai protallogami; perchè nelle precedenti ho trattato di queste . piante prima, adesso di più urgenza essendone l’illustrazione. Ed io mi sono studiato di riferire qualcosa intorno alla loro frequenza (punto di A: ied d È » P | floristica assai importante ed ancor poco noto); al che mi ha dato mezzo. E. un altro anno di ricerche, eseguite sopra aree disgiunte e limitate. Alisma Plantago L. Incontrasi quasi ovunque. " Arisarum vulgare Targ. Tozz. Abbondantissimo ovanque. Il prof. Binna e me l'ha favorito poco fa da Alghero. ! 1 . Arum italicum Mill. Parimenti abbondante ovunque! Chamaerops humilis L. Molto profusa tra Sassari e Platamona. -Serapias cordigera L. Limbara. » occultata Gay. Sassari al Mulino a vento. NB. Vi é sinonimo la laviftora Rehb.; ma non la lawiflora Chaub. Quindi sta male l’ indicazione del n. 1301 nel Compe dium del Barbey (p. 57, 183, 238); la quale mi ha condotto ` un momento alla confusione di quelle due laxiflora, e al pen- siero che la S. occultata del Reverehon fosse la longipetala Poll. La laxiflora, che dicesi comune in Sardegna, sarà la si- nonima di quest’ultima; ma io non l'ho incontrato, e se mai qualche esemplare alquanto divergente di S. lingua m^ è Leo à prima giunta di dovervisi riferire. meglió studiato m "ha & ag fatto mutar parere. Aceras anthropophora R. Br. Comune assai e copiosa. — ^ ° Barlia longebracteata Parl. Sassari (in varii luoghi). Tinaea cylindracea Biv. Limbara. Anacamptis pyramidalis Rich. Assai profusa in varii luoghi. LA longicornu Poir. Anche più abbondantemente sparsa della pr Yoy y » ice apifera Huds. Sassari a Filigheddu e altrove. - seo dei filli perigoneali esteriori m'ha fatto pensare un cedente. — 2: NB. Varia per più rispetti: spiga più o meno lassa, sperone più o meno ottuso, lobo medio del labello più o meno svilup- pato, colore talora assai cupo dei lobi laterali, colore dell brattee dal violetto al bianco-roseo, ece, lactea Poir. Sassari a Baddimanna e a Filigheddu. NB. Questa specie, che sarà piuttosto comune, varia per la tura, per la densità della spiga, per le varie conformazioni d labello, per la presenza o meno di macchioline PA delle stesso. A provincialis Balb. Osilo (leg. Martelli !), Bancali (l. Pitzorno laxiflora Lk. Vicino lo stagno di Platamona, e a Bunneri coriophora L. Baddimanna. saecata "Ten. Sassari in varii luoghi, ma non abbondante. NB. La nostra à « gibbis interne hirsutis ». Speculum Lk. Abbastanza diffusa attorno Sassari. lutea Cav. Comune. | | W. Comune mag verso il mare. RE Arachnites Rehb. Filigheddu e altrove. NB. Talora presenta l’appendicula del labello crassissi atrata Lindl. Baddimanna, Scala di Ciocca lungo il flame, | gulentu e altrove. aranifera Huds. Comunissima. NB. Assai variabile per molti riguardi. Il colore bia all O. exaltata di Gussons, ehe poi non è RER p essa la " aranifera x Seins del Mee non ha gibbosità, 3 va- riabile la forma del labello nella stessa spiga, manca talora. l'appendiee rivolta in su. Crocus versicolor Kev.? NB. Il Martelli giudica questo, ch'io ho così precedentemente chiamato, Cr. minimus DC.; ed io non avrei penato a consen- tirvi (essendo l' uniea specie sardoa, e non parendomi che una pianta diffusissima sia sfuggita a tanti osservatori); ma mi ha fatto forza la spata difilla e la descrizione concordante di Ber- toloni. Parlatore, Grenier e Godron che sinonimizzano al mi- nimus V insularis Gay e il corsicus, il quale ha spata difilla, come vedo negli esemplari favoritimi dallo stesso sig. Martelli. Romulea Columnae S. et M. Sassari a Baddimanna, copiosissima. x NB. I filamenti, come ben nota il Boissier, sono glabri o pelosetti allo interno. Bulbocodium S. et M. Sparsa in più luoghi vicino Sassari, presso Olmedo, fin sul Limbara. NB. Quella che ho chiamato ligustica, con qualche esitanza, non parmi ora che forma della Bulbocodium, vivente insieme ad altre forme della specie stessa, che non daranno dritto alla en costituzione di specie autonome. Esse forme stanno commiste, rappresentate da moltissimi individui, e distinguonsi fra loro per De la grandezza dei fiori (essendocene una a fiori grandi e un’al- tra a fiori piccoli), per la varia estensione del margine jalino | nel fillo ed Ven -della spata, pel colorito del perigonio e della sua gola. Io amerei vedere la mia Romulea in quella i inno nata, onde parlasi nel Barbey (p. 240) e che vi si fa prossima i alla Bulbocodium e alla ligustica. Talora pare approssimarsi alla flaveola J. et F. (che del resto è forma di Bulbocodium ARE anch'essa), ma d’ordinario dilungasi dalla ligustica per. mon PC avere mai il detto fillo affatto j Intante — s tea, non antere piü lunghe. dei filamenti, ed ha. lo sito p tosto tendente al violetto che al Lala | EE dris Pseudoacorus L. Logulentu ed altrove. Gladiolus segetum Gawl. Portotorres. NB. Vi si deve riferire pure l’ esemplare —Á presso "m sari (a Filigheddu), che è stato indicato come GT. bysantinus B da me. Il segetum sarebbe una nuova specie per la Sardegna; e ad essa, o certo al gruppo cui appartiene (seminibus globoso- … pyriformibus, non alatis) dovrà riferirsi un altro gladiolo sco- i s perto dal sig. conte Martelli nelle vieinanze di Sassari (Scala „gel pintor), come vedo da un esemplare che egli me n'ha re- ‘palato; e su cui, sebbene incompleto, posso studiare i semi. » communis L. (sec. Bss.) Sassari. NB. È probabilmente la pianta di cui ci parla Gennari (Cfr. Barbey p. 241). Quantunque Parlatore dica, che il vero communis non sia in Italia, e quantunque questa specie lin neana sia stata usurpata perfino a dinotare il segetum (che è Pu di altro gruppo), mi decido a riferire i miei esemplari ad essa specie per come sta definita nella Flora orientalis, per le areole anguste delle anastomosi che vedonsi nelle fibre delle tuniche ra- dicali, per la conformazione degli stimmi, per la disposizione d perigonio ecc.; onde, secondo Boissier, distinguesi il EEN i » bysantinus Mill. Scala del pintor. Narcissus Tazetta Lois. Presso Sassari in varii luoghi. NB. Questa pianta ho tralasciato di ricordarla nelle ? ‘precedenti, perchè finora non mi si era presentata in condizio eseludenti l'idea che essa fosse sfuggita dalla coltura. Nell: menissima vallata di Logulentu, trovo agesso che piuttosto : sua diffusione à contrastata dallo estendersi delle colture. . E pianta & poi più o meno profusamente sparsa nel Logudoro. campo d'Ozieri! sino ad Oschiri! ed anche più in giù! si tanti esemplari che vi ho potuto raccogliere, mi è parso sianvi caratteri già da me incontrati nel N. Seguentiae, che al postutto è una forma di Tazetta: il perigonio p. es., non è pre decisamente flavido. Kunth (Enum. plant., ete.) memora una varietà di Tase (var. sardoa R. S.) di eui non & cenno nei nostri autori: vi è incerto il colore del lembo perigoniale e della corona, e Pom- : 5 brella & 5-floro. Ora anche questo nostro Tazetta talora ha 2 1 l'ombrella ridotta a 4 o 5 fiori. E lo stesso autore riporta come varietà di Tazetta il N. cupularis Bert. (N. Bertolonii Parl.) che avrebbe il lembo flavo, ma uguale al tubo, e che trovasi in Sardegna. Ivi è stato trovato anche il N. italicus Sims., ma non vi È può convenire un Narcissus coltivato, che mi dicono traspor- NT a ER" tele MEE PEU AMNEM "OL “RC 4 Gë i : tato in giardino dall'aperta campagna. Io io tengo per un N. | polyanthos Lois. secondo la descrizione pero che ne riportano gli autori della Flora di Spagna, sebbene essi lo dicano per- simile al, niveus Lois., del quale questo mio recederebbe per tante ragioni. Le foglie qui non sono glauche nè canaliculate : i fiori sono quasi costantemente rivolti da una parte, numerosi in un'ombrella, e a pedicelli assai disuguali; il tubo à assai più lungo del perigonio, che à bianco; la corona à di un flavo pal- lido, che va impallidendo sempre più col tempo. Finalmente, verso il mare, fra Sorso e Portotorres, ho visto una forma maérostile di Tazetta: lo stilo sporgeva fuori della ` scodella per una lunghezza sana a m di essa, e l'ombrella e "T "s era paucifloro. E. stellaris Parl. Sassari al Mulino a vento. Ornithogalum divergens Bor. Santo Mialo, piuttosto abbondante. NB. Questa specie è citata di Portotorres da Schweinfurt, ma con dubbio. Dubito solo che sia una buona specie, ed amerei riunirla, come fa Caruel, all’ umbellatum. Variabilissima è la — relativa lunghezza fra brattee e peduncoli inferiori, variabile la direzione di questi, niente valida la grandezza degli stami - rapporto al perigonio (sulla quale conta il Boissier). I bulbilli sono deeisamente fuori della tuniea comune in esemplari | ehe parrebbero O. divergens, e vi stanno dentro in esemplari SES per altro spetterebbero all' ee | 2. Malpighia anno X, vol. X. — vb Soft pare, latum i Fra Sasari e Portotorres SE, ? » erscapum Ten. Fra Sassari ed Osilo. » tenuifolium Gss. Molto profuso in varii luoghi dell agro Toa sarese, e sino a Olmedo, Portotorres, ece. » pyrenaicum L. Limbara? Tempio? Caruelia arabica Parl. S. Anatolia, piuttosto abbondante. b Urginea Scilla Steinh. Piuttosto comune nelle rupi calcaree atto | r Spend sassarese, ad Olmedo, ed altrove. sta un’ esatta indicazione del modo onde tale specie & " buita in Sardegna. Io non ho voluto che ratificare questo ha dopo lui aecennato a tale specie. E starebbe davvero oU mamente tal silenzio, ed avremmo noi già per opera del botanieo torinese anche le necessarie indicazioni per le mom cotiledoni; se sempre si trovassero così esplicite e ben = late le ubicazioni delle piante comuni, nell’ erbario di ini. Allium roseum L. Questa specie è comune non solo nella Sardegna C trale, come dice Moris, ma anche nella settentrionale. » triquetrum L. Anche più comune è quest'altra e più abbonda >» sphaerocephalum L. Qua e là nell’agro sassarse. : » ampeloprasum L. In varii luoghi presso Sassari. Hyacinthus Pousolzii Gay (H. fastigiatus Bert.). NB. Dagli un numerosi Gogh insieme al | prof. Parlatore va acu. e forse, in Lat SÉ ) emendata (p. e nella proporzione fra brattee e pedun Martelli avrà certo la eura di darei una completa dese di questa esimia pianta, e di fornircene la desiderata fi; Bothryanthus neglectus Knth. Sassari andando verso Latte goa è inut Asphodelus microcarpus Viv. Dapertutto profusissimo; siechè U indicazione. di particolari luoghi di ritrovo. Moris lo dice mium frequens, sebbene il suo erbario. non offra che ese" plari delle isole intermedie. p NOTE | Sok ALCUNE PIANTE Di sam vague albus L. Olmedo (1. die IA Tamus communis L. Abbastanza frequente. Luzula Forsteri DC. Fra Tempio e Limbara. » campestris DC. Limbara. NB. Moris scrive che sia rara in Sardegna, e Parlatore , + seguendolo, non la dà che pel Gennargentu. To non so ehe ius altri l'abbia vista dopo di lui. ec. 7 Juncus bufonius L. Assai frequente. NB. Varia moltissimo, presentando le Sien major Parl., hybridus Brot. ete. Alla base del Limbara l'ho raccolto col perigonio interno sempre aeuto, con l'esterno più colorato e munito spesso di listerelle rosseggianti che limitano le carene, con poco sviluppo di margine membranaceo, coi due ordini di filli meno disuguali, eoi fnsti talora rigidetti, e i fiori più o ; meno fascicolati. La forma che meglio m'è parso rappresentasse l'Aybridus (e del tutto somigliante a quello che ho visto p. es. a Siracusa) l'ho raccolto a S. Anatolia presso Sassari. » maritimus Lk. Alghero. NB. Precedentemente lavevo battezzato per SSA » lamprocarpus Ehr. Alla base del Limbara. . > . «cutus L. Santo Mialo, stagno di Platamona, ecc. D» capitatus Wgl. Caprera (leg. Binna?). GE longus L. Tempio. e? NB. E riportato da HU. semplicemente sulla fede del prof. Parlatore. Io dubito che i miei esemplari si riferiscano > al tipo genuino, mentre somigliano al badius Dsf.. che alcuni gi riguardano come semplice varietà di esso. Però neanche que- st' ultimo cipero, che ho visto comune in varii "es pee ie irovi nell erbario di Moris! d D Galilea mucronata Parl. E NB. Secondo Parlatore va ascritta fra le piante di gäer: mà neanch'essa pare esista nel predetto erbario, essendo onni- namente immemorata da Barbey” i bara ed altrove RABEN NB. Secondo l' indicazione. che se ne ha dallo stesso erbario potrebbe giudiearsi una pianta rara, non segnalata finora nei. nei | luoghi da me ora accennati. » triqueter L. Fra Sorso e lo stagno di Platamona. NB. Presenta acuti i lobuli della squame. » maritimus L. Rio Scala di Cioca. Heleocharis palustris R. Br. Fra Sorso e lo stagno Platamona. Cladinm Mariscus R. Br. Abbondantissimo lungo il detto stagno. Ri: NB. Forse non occorreva citare tal località, trattandosi d'una pianta comune nei luoghi palustri, come già ha avvertito Moris; ma intanto nessun autore ne parla più, mentre per al- tre piante, anche più comuni, si riferiscono serupolosamen Sa nuove ubicazioni. Carex paludosa Good. Verso lo stagno di Platamona. NB. Parrebbe, da quanto ne dice lo stesso Moris, una specie S non comune. Le squame feminee le ho visto più o meno elon- gate; siech® la Sardegna, come la Sicilia, possederà la forma. Kochiana DC. » Link Schk. NB. Presenta. come nei saggi sieuli, i fusti aspri. » pendula Hds. Nel sassarese, in varii luoghi. NB. Moris l’ha raccolta a Scala di Ciocca; ma io P ho tr vato abbondantissimo anche sul lato settentrionale, verso Latte dolce, Logulentu e altrove. » extensa Good. var. nervosa Dat. Santo Mialo. » microcarpa Salz. Tempio! (primus legit Reverehon). » stricta Good. Limbara. » serrulata Biv. Sassari! (primus legit Moris). Anthoxanthum odoratum L. Qua e là sparso in abbondanza. NB. Non l'avrei rieordato, se il silenzio quasi unanime gli autori posteriori al Moris, non mi avesse fatto senso. È Re WÉI SC i Ee lanatus L. Sassari ad dot iod e altrove Vues comune. Down paradoxa L. Sassari, comune. NB. Anche più o meno comuni sono le tre house didie cate da me nelle Prime note. em spartum L. NB. L'erbario di quest’ Università ne possiede nn osemplaro, forse raccolto nell’agro sassarese. Setaria glauca P.B. Presso Sassari. NB. E assai meno comune della verticillata, e citata dal Barbey solo sulla fede di Reverchon, o vista Ge altri nella Sardegna meridionale. Imperata cylindrica P. B. Abba corrente. ` Stipa tortilis Dsf. Comune ovunque nei luoghi sterili, nelle rupi calcari attorno Sassari, ad Alghero. NB. Gli Elenchi del Moris dànno questa pianta Lil cagliaritano; ma pare che dalle ulteriori raccolte morisiane emerga la frequenza di essa, quantunque botanici recenziori non paini che quella eene, solamente. | settentrionale. NB.Secondo Moris si Gua nell’australe e nolo isole intermedie. Agrostis stolonifera L. Aighero e altrove, comune. ». alba L. Profusissima ovunque. NB. Ho trovato parecchie varietà, subvarietä e transiti fra le molte divergenze di questa proteiforme speci. — - E EE monspeliense Det. Qua e là piuttosto comune. NB. Ho raccolto nei luoghi bassi (a S. Martino | p. os. A i presso il mare (Alghero) la forma eui Gussone dà "na importanza, mentre Parlatore ed altri vi passano sopra, A e quella che ha la pannocchia più ridotta o la glume w rillosae. La lunghezza della resta l'osservo. nd pur d Le p non ingen dirla e anton M S Si Arundo Donax L. p co otn L. è veramente una delle gramigne più diffuse, massime lungo i corsi d’ acqua, attorno alle paludi, ove costituisce i carat- teristici canneti, che talora occupano larghe estensioni di t reno. Avenella flexuosa Parl. NB. Avendo ora studiato meglio la pianta che con dubbio 0 riferito a tale specie, m’ avvedo che trattasi veramente di un Aira, ma per l imperfezione dell’ esemplare non arrivo à terminare qual sia. - E Aira intermedia Gss. Scala di ER Limbara. » caryophyliea L. var. anceps Ces. Sassari. | » capillaris Host. var. ambigua Dnt. Limbara, Sassari. NB. Ne ho inoltre una forma elata, spiculis minoribus. Trisetum parviflorum P. San Martino e altrove. abbondante. NB. Dev essere una specie anche abbondante in ge nei Inoghi dimessi, non esclusiva perciò dei montuosi, de solo la nota il Moris. * » gracile Parl. erg (ubi primus vidit beet Avena fatua L. » sterilis L. » `` barbata Brot : d NB. qui tre specie d’avena mi son parse comuni; | quindi come il Moris non abbia indicato p. e. le due si ed abbia fatto sospettare. la rarità della prima. Melica major S. s. Pi in tutto ee sassarese. di ritrovo e sue e di altri esploratori dell’ isola. Più freq aneora di E dien è la M. eiliata es ee io m? as , SA aurea Moench. Comune qua e s UN NB. Non parrebbe cosi dalle indicazioni di Moris; ma i mati luoghi ov'é stata trovata dagli altri botanici e da me (sempre ` più o meno in gran quantità) mi dànno dritto a supporre che stia benissimo quanto della sfa abbondanza affermasi nella Flora italiana dal Prof. Parlatore. Poa annua L. Ovunque: è la graminacea più comune! ` Puccinellia maritima Parl. Alghero. Glyceria plicata Fr. Valle di Logulentu a Crabolo. NB. E fatta comune nella Flora italiana, sebbene l’ erbario morisiano non presenti che la fluitans e Y aquatica; specie che, al contrario, restano estranee (come la distanz) alla Sar- degna, per quel che scrive l’autore di essa Flora. Bertoloni poi ci dà come sardoa la distans (ricevuta dallo stesso Moris), senza - citare la Sardegna per la fluitans o per laquatica. Ma essa plicata sarà stata confusa dal Moris con la fluitans probabil- - mente, come è stata del resto confusa da parecehi botanici sti diosi della Sicilia. Intanto pare che nessuno dei recenti esplo- ` | ratori della Sardegna abbia trovato la specie ch'io qui reco; e d d er la Sis SR Ham m ra Pariatora solamente. NB. Dar o trovarsi in altri luoghi se is memoria. non E: = falla; ma più frequente di assai è la B. masima L., della quale mi nn di See i Magli moltissimi dove lh vista. GET faleus macrostachys Parl. Limbara, al guis NB. È ae sulla fede. di Parion dal à Barbey, " Pun Lat: E | — NB. Ad essa specie mi pare ap) l'iniperfetti esem- — plari che nelle Prime Note ho sospettato fossero rappresen della V. geniculata. Vulpia ligustica Luk. Sassari e altrove abbondantissima. » myuros Gml. Limbara. | NR. La ricordo, perchè mi ha unsere un passaggio alla ] bromoides. ?» aetnensis Tin. Limbara. Festuca pratensis Hds. Tempio! (ubi primus invenit Reverchon). ` » arundinacea Sehreb. NB. Mi son dimenticato di notare i varii punti ove hoi E contrato, ma non dev'essere una pianta rara. | Brachypodium sylvaticum R. S. Osilo. ; S Hordeum murinum L. Comunissimo ovunque. Triticum villosum P. B. Volgarissimo, come scrive il Morie, -Aegylops triuncialis L. Piuttosto comune. Lepturus incurvatus Trin. Comunissimo presso il mare. | Selaginella denticulata Lk. Frequentissima e copiosa. Ophioglossum lusitanicum L. Presso Olmedo. Ceterach officinarum W. Comune. ——— , Polypodium vulgare L. Comunissimo e copiosissimo. wi; » var. cambricum L. Presso Sassari (l. G. Nicot a Valle torta ecc. Aspidium pallidum Bory. Sassari e forse altrove. » aculeatum Sw. A Cane e Chervu. » » var. hastulatum La Alla base del Limbara. Ai obovatum Viv. » Trichomanes L. » Adianthum nigrum L. NB. Queste tre specie d' Asplenium sono le sole.che ho tro . e che credo abbastanza comuni, d'accordo col Moris; ma ! debbono esserlo assai più che altre notate pure come | da esso autore. Si E a re onigare L. EEN breve Bert. Caprera? | NB. Due esemplaretti che possiedo di ls specie be on. i vedo menzione che in Bertoloni) saranno stati raccolti dal prof. | Binna à Caprera, isoletta da lui visitata. lvi stesso era stata raccolta dal prof. Giraldi (secondo dice Bertoloni); e pare sia la sola località di questa rarissima protallogama. Blechnum Spicant Roth. Limbara! (ubi primo indicatur a Marcuccio). Cystopteris fragilis Bernh. Limbara (ov è copiosa). , Adianthum Capillus veneris L. Frequentissimo e copioso. Pteris aquilina L Fra Sassari ed Osilo. Clematis Vitalba L. NB. Offre una varietà indie + Ranunculus Chaerophyllos var. millefoliatus Vahl ien Gus) Limbara. D D bulbosus L. Limbara. o» parviflorus L. / NB. Varia per la statura di tutta la Geste e la direzione (avendo talora i fusti diritti), e per la relativa CES tra’ petali e sepali. À chius DG. Sassari verso l'Aequedotto e Ste (LS: Nicotra), NB. È pianta nuova per la Sardegna, mentre vi era inqui- renda per trovarsi diffusa dalla Siria alla Corsica. e > Ficaria L. genuinus. Limbara. Nigella damascena L. x NB. Si presenta anche con involucro meno me, con s e- pali più piccoli e con minor numero di tasche mellifere. | Paeoma corallina Riz. Limbara! (ubi mue vidit deo Papaver Sonan L. Sassari. "Lunaris reddite E- Fa | NB. É anche quest “altra una anie nuova per la Lepidium Draba L. Sassari. Draba verna L. Limbara. Helianthemum Tuberaria L. Ai piedi del Limbara, dal lato v trionale. ; 4 i > thymifolium P. Limbara. » viride Ten. Baddimanna. » ericoides hix agli Cafe Wk. es approssima all H. (Dadi Dan. Viola odorata L. Sassari, rarissima ! » corsica Nym. (sec. Asch.) = V. cenisia USE non L. - Limba NB. Vi ho raccolto tanto la (con a calcare acuto, quant quella à calcare ottuso. La prima a foglie lungamente piecio late, corolla azzurra verso il margine; la seconda, a foglie quası | tutte basiert a plecinoli brevi, corolla tutta hipaa e “i dara ma non è da riferirsi, alla V. gracilis. Parlatore pare labbia tenuta come V. nebrodensis Prsl.; ma Arcangeli, qu copia Gite fa tite) che iü Moris la iik conveniente | con la cenisia, i cui saggi mi sono stati favoriti dal Sig. Blanc. arborescens L. Crabolazzi. | ; NB. É spacia notata per la Corsica e per la Grecia; sé: | da Grenier e Godron e da Boissier. E nuova per la S "i ilene corsica DC. Abba corrente. -hispida Dsf. Tempio. gallica L. forma nana. Limbara. Cerastinm pumilum Curt. NB. Studiando gli esemplari raceolti sul Limbara, mi sono convinto della convenienza di ridurre a questa pe. il C. te- trandrum dello stesso autore. - renaria balearica L, r NB. Negli esemplari raccolti al Limbara i fiori sono spesso | 4-meri. Le località sardoe sono più numerose delle riferite da Tanfani, giusta quanto mi ha detto il Martelli. ` i leptoclados Rchb. Limbara, presso Sassari alla grotta dell'inferno. ` NB. Parmi che tutti gli esemplari da me già riferiti, se- guendo il Moris, alla serpyllifolia, appartengano auf. Gs rubra L. Limbara. P y ularia macrorhiza Ge NB. L'ho chiamato Sp. heterosperma nelle Note ulteriori; ma notandone aleuna. differenza. L'e esemplare è incompleto, ma sono in buonissimo stato i nazione. semi, che 1 ne assicuran la determi- AME | gella RER Relib. Limbara. Malva cretica Cav. Tempio. each hirsuta L. Samir dalia is Tempio. SE 2 x Bf Li EE — NB. Varia per avere sullo. E e sui e etali por la Pb ee in nero. um VUA L' Basi Lim ee , — Botrys Bert. Sassari. ` ui int eernun, Thb. vat ie vd o distribuzione di tale pianta nella denis settentrionale, i meno pei luoghi da me visitati. | p Genista candicans L. Tempio. NB. Forse va fatta per questa specie un’ osservazione pr a poco uguale a quella dal Macchiati fatta per la preceden (001 \earsien DC. NB. Gli esemplari del Limbara differiscono pei ramuli. £ : sono brevi e ordinariamente adunchi. i Ononis inaequalifolia DC. NB. Gli esemplari, raccolti sulle arene circostanti allo stag ‘di Platamona, hanno faccia dell’ O. ramosissima Det, Le fog! * ei fiori vi sono ridotti, e mi pare di vedervi qualcuna de tante forme di Natriæ distinte da Willkomm e Lange e Boissier. | » Columnae All. NB. Vi si debbono riferire i saggi erroneamente d me ; de nelle Note precedenti, O. serrata. Medicago denticulata W. var. pseudolappacea. en | NB. Ha le os: jore. lunghe. e non amose. dee, vario 3 i vedersi il passaggio da un estremo all’altro, cioè dalla co «nata di Gärtner alla lappacea vera. Trifolium incarnatum var. 5 Ser. Sassari in varii luoghi. > glomeratum L. forma pusilla. Limbara. -subterraneum L. forma pusilla. Limbara. » ` spumosum L. Alle falde del Limbara. » nigrescens Viv. Tempio? v » | procumbens L. var. minus Moris. Limbara. » filiforme L. var. minus. Limbara. E Lots eretiens L. var. einereovirescens Mor. Sassari al Rizzeddu. $ angustissimus L. Limbara. peregrina L. Limbara. segetalis Thuill. Sassari. NB. Non mi pare che possa tenersi qual varietà della sativa; peró non so fino a quanto xd tenersi la mia come identica a quee di Moris. Terranova. hirsutus L. Sassari? Cicera L. Sassari a S. Anatolia. NB. Ho visto quest'anno ne osempii « idis. solitarii is ». ; | glandulosum Moris. Limbara. NB. Vi ho raecolto due forme: una più robusta . alga ra- mosa fin quasi dalla base, a fiori pallidi, piuttosto numerosi : l’altra molto esigua. con pochi fiori di un roseo talora assai carico. | Se | album L. Limbara. dasyphyllum Li. bae ; NB. Non occorreva laine località per tale più così comune e come tale notata da Moris. — » var, een Gss: Limbara. Eos sanguinea L. “Risi Sassari in varii i Luoghi. rem Ge All. italica, : Wer squarrosa Lh SE Chiara. Filago minima Fries. Limbara. - NB. Nuova per la Sardegna. Matricaria Chamomilla L. Sassari, copiosissima. Senecio leucanthemifolius Poir. NB. Occorre eon le squame involucrali intatte ; pool l e costantemente quasi sulla bellissima varietà o sottosp (S. crassifolins W.). che Moris confonde col tipo. >» -erráticus Bert. Nei canneti di Seala Cioeca. Carduus fasciculiflorus Viv. Alla base del Limbara, verso Tem Chamaepeuce Casabonae DC. Maddalena (1. Murino !). Lappa officinalis AM. Ago NB. Abita magari own dimessi, e s'incontra qua e lora su ua vecchio edificio della TEN Hypochaeris linearifolia Moris. Limbara. Hedypnois rhagadioloides Wild. | NB. Ho visto una forma involueri squamis dorso s Gen praealtum Vill. Limbara! (trovato per primo si Mai » — brunellaeforme Arv. Limbara. S NB. La determinazione & stata fatta dal sig. Dr. Bel cui studio. spettiamo una revisione delle. decr sardoe di nere difficile. : M Laurentia tenella DC. Ai piedi del Limbara. Erica multiflora L. NR Devesi gea Anbitativamente t tenere I N nora veder t al sida in m e dde ho (0 prendete sn de luogo vieino ad essa città siano stati portati i molti eser | che di questa bellissima erica possede il nostro erbario. | : TENES collina Schousb, Sassari, comune e copiosa. Plantago Coronopus L. forma pusilla. Limbara. een officinale Mönch. e si NB. Le brattee si presentano spesso Lët in violaceo. | Celsia cretica L. Sassari, passim. Linaria Prestandreae Tin. Sassari in più Suap: NB. È stata identificata da Moris alla Elatine. Í ».chalepensis Mill. Lungo la via d Osilo. ` Veronica brevistyla Moris. Limbara. » - persica Poir. Sassari (verso i EE Logulentu (copiosa). NB. E nuova per la Sardegna. Orobanche crinita Viv. Sassari in varii luoghi. » densiflora Salz.? Limbara. > denudata Moris? Tempio. Calamintha Nepeta Savi. NB. Offre una varietà parviflora. ~ Rosmarinus officinalis L, i NB. Dubito se presso Sassari sia davvero — "Buh. corsica P. nem copies. T ie arvensis Lk. Presso Olmedo. Ee m L. Osilo a me primo da Manli E eres Robur L. Selve presso Osilo. RUE T NB. Vi si possono distinguere varie forme, s a appar nenti alla sessiliflora, e caratterizzate dal vario svilup; 10 varia lobulatura delle foglie, dalla grandezza. delle ghi pus dicus peut densità e lunghezza í dei ges i Delle dicotiledoni non ho segnato che le specie considerate come pi Uu o men rare da Moris, e da lui non indicate per Sassari o per gli altri CN luoghi da me visitati. Moltissime piante, che compariscona più o meno ` ; comuni nell'opera di esso botanico, io non le ho vedute; il che dipen- / derà o da una soverchia tendenza di lui a crederle comuni, o da mo- dificazioni avvenute qua e là nella distribuzione geografica di esse, ov- vero, meglio, dalla limitazione delle mie ricerche nelle stazioni. palustri, e dalla mancanza anche delle stazioni. propizie per esse piante nei luoghi ` da me esplorati. Mi ha colpito il non aver mai veduto la Linaria re- ` flexa, che è profusissima in Sicilia e che Moris adduce come comune in 3 x tutta la Sardegna. Poche volte, al contrario, mi è riuscito di veder co- À eg piosamente sparsa una pianta che Moris dà come rara, ed io ho cercato. di notarlo sempre. si Ho tralasciato pure di accennare magari a specie non troppo sparse, | ma proprie di certe stazioni o regioni, e indicate senza particolarità | d’abitato dal Moris; quantunque io le abbia viste precipuamente nelle — selve o nei pascoli subalpini del Limbara: tali il Bellum bellidioides, il Bunium alpinum, lo Seleranthus annuus, la Chamaepeuce Casabonae, l Armeria sardoa....... Sassari, Giugno 1895. ^ Prof. ©. PENZIG Redattore responsabile. ER E. lA: ia -Vo Malpigh Tav. IV. Kë in^ n EE à Ge. Qt e. > ^ EC ee VII Tav ighia- Vol. X. D Malp 0, GE SEN ; TURON annnale importa 1 t 25, pani allo ricezione I 1 fascicolo. i fascicoli separat. PCA u. B a: dan deg. del genere vehi (tas. d S PA Saccanno: Mycetes ded tav. Y. e em. SCH Ultime note sopra I piante della Sardegna RASSEGNA MENSURLE 1 DI BOTANICA REDATTA -DA . PENZIG Prof. all' Università di Genov ORZI . PIROTT Prot. dS niu di Palermo » Prof. all Università di Roma Anno X, Fasc. VII-X — Tax VHI Lista dei collaboratori ordinarii per le. Riviste critiche. Morfologia della cellula — Dott. O- Krucn (R. Istituto Botanico di Roma) - Istiologia ed Anatomia comparata — Prof. R. Pırorra (R. eech Botanico di S Roma). | Sa Trattati — Prof. 0. Marrkoro (R: Orto Botanico di Bologna). ER Organografia, Organogenia, Buste — Prof, 0. Pexzıs (R: Orto Botanico di“ SA Sege Zei Genova). Fisiologia — Prof. R. Porn Teenica microscopica — Prof. A. Porr (R. Istituto Tecnico: di Piacenza). * Patologia — Dott. U. Brzi ‘R. Stazione di Patologia Vegetale di. Roma). Biologia — Prof. A. Bora. ; Fitopaleontologia — lug. Crenict (R. Istituto Botauico di Roma). d Storia della Botanica — Prof. P. A. Saccanpo. (R. Orto. Botanico di Padova}: Botanica forestale ed industriale. — Prof. R. E. Sórrpa.(R. ‘Scuola KEE 4 È Vallombrosa). si ` Botanica medica — Prof. C. Averta (R. Orto Bia di imer Botanica orticola — €. SPRENGER (S.Giovanni. Teduccio pr. Napoli). Flora fanerogamica d'Italia — Sv. Sommier (Lungarno Corsini 2, Fir Ws Pieridofiti — Dott. A. Bauen (R. Istituto Botanico, Roma). < Muscinee — Dott. U. Brizi. | Epatiche — Prof. C. Massazonco (Uni. di Ferrara). i “Licheni =. Dott A. Jarra (Ruyo di Puglia). | Urs E Funghi (Sistematica) — Prof. P. A. SACCARDO (R. Orto Botanico di Padova) : Funghi (Biologia e Mortologia) — Prof. O. Matmroto. Alghe marine — Prof. A: PiccoxE (25: Via Caffaro, Genova). Alghe d'acqua dolee — Prof. A. Boma — (R. Orto Botanico di e ups — Dott. L. BuscaLioni (R. Orto Botanico di Tem S S : | ER E vi 3 Signori Autori sono ape bill di quanto | è stampato nelle loro memorie orta i ALPHONSE MAURICE BOUBIER RECHERCHES SUR L'ANATOMIE SYSTÉMATIQUE BETULACEES-CORYLACEES E EE al La famille des Bétulacées, y 'eorapris les Corylacées, fit partie, dans — EN ee fi dition créée par Adanson en ies de la « a des Chá- . Cette oies n'était connue qué ous peu de x + ot seu ECH ment pour le groupe des Casuarinées, ainsi que l'ont montré les Ca fiques travaux de Treub (1). Vers la même époque et sans avoir, au dest. connaissance des tra- vaux de Nawaschin, un auteur anglais, Margaret Benson (°) entreprit de son côté l'étude de la fécondation chez les Bétulacées et Corylacées et démontra que la chalazogamie est un phénomène particulier à e deux familles parmi les Amentifères et qu'il ne se retrouve pas les autres genres. Benson part de cette importante découverte pour se- e parer les Bétulacées des autres Amentifères sous le nom « d'Amentifüres | chalazogamiques » ét les rapprocher de la sorte des Casuarinée en/diffèrent cependant par leur ovule unitégumenté, tandis que les suarinées et les Cupulifères possèdent un ovule à deux téguments. Je renverrai pour les détails de ce phénomène et l'étud des Bétulacées et des Casuarinées, au travail de Benson. Ce travail a été fait au Laboratoire de botanique systématique del l'Université de Genève, sur le. tons et sous la direction de M le Professeur R. Chodat. Je suis heureux de pouvoir témoigner ici à mon cher maître tous mes sentiments de vive reconnaissance pour la bonté et l'intérêt qu'i n’a cessé de me prodiguer durant tout le cours de mon travail. Je remercie aussi bien vivement MM. C. de Candolle, J. Müller, V b Barbey, E. Autran, J. Briquet, N. Alboff, pour le concours bienveillani qu'ils m'ont prêté et qui m'a permis d'achever cotto o ue | (©) Sur les Casuarinées et leur place dans ni système naturel. Ans: du Ju i Bot. de Buitenzorg X, pag. 145-231. (°) Contributions to the embryology of the Amentiferae. The Ze * ctor Linnean Soc. of London, 2.®° Ser, Bot. Vol. IH, part 10 e i HISTORIQUE — La famille qui fait le sujet de cette étude d'anatomie systématique, renfermant des types communs et répandus dans toute l'Europe, il est évident qu sies a d Ge le point de mire de GES études faites vail d'ensemble n dial été entrepris, je ne. EE compte ge les gnes suivantes que des travaux les plus importants ayant incidemment trait à l'anatomie des organes végétatifs des Bétulacées. L'étude anatomique de cette famille a CL ies di Wu de l'anatomie botanique. | C'est ainsi que Nathan Henshaw (19) (!) denti les. vaisseaux. è piralés. dans le noisetier, en 1661, 4 ans avant que R. Hooke (°) ait ublié les premières observations en qui aient été fiie sur a structure des plantes. SCH 1675, Nehemiah Grew ne dans son ouvrage sur l'anatomie des do 1695, Van atus 8) décrit dans le bois de l'Aune les fibres la membrane ponctuée des vaisseaux ponetués. . De plus il dit avoir vu dans le Kee? de la noisette le de cent aisseaux spiraux extrêmement petits. e Guettard (9) un des premiers botanistes qui aient eu dk idée ] uiis SE l'anatomie à la classification, chercha à employees les glandes comme caractères génériques des végétaux. A décrivit en 1745, sous le nom de « glandes lntieulaires l'index Map. 1 Les nombres entre partis boor €) Mi phia. London 1665, fol È QE Mémoires de Y Acad. Troy. des sciences | ans P deor dude ^ reprises de Corylus Avellana. A. Pyr. de Candolle (4) dans son Organographie végétale, cite quelques | points anatomiques du Bouleau et du Charme; il signale en eu M Lingen des PNE Apatin entre ses SEN Minos di cellules à parois épaisses a contenu brun et celles formées de cellules à parois minces, inco formant d’après lui « comme une couverture pulvérulente des . | brunes ». Il distingue, de plus, dans les branches d’une année, le Kos í a de es I asd | Schriften en 1845, ce même A décrit les ponetuations da vaisseaux, qui varient selon les éléments immédiatement en contact avec eux, ceci chez Betula alba, Corylus Avellana, etc. du pies ed NEM en 1844 dans l'écorce du Betula tenta, prétend ill sauf Carpinus et dee où Rare elles existen . de PN étudié iet il est E adi: la première fois at T et Carpina d'anneaux fermés, composés de Sie sclórifióes. Sanio (55), étudie en 1857 la distribution de l'oxalate de chau d | gypse. A la suite des ds se de Schmid et SE et GE x sur l'oxalate de chaux, Sanio fut amené à entreprendre de nouvelles études sur ce sel, et la même année publia ses recherches (56) qui dé- montrèrent que ce qu'il avait pris d'abord pour du carbonate était en réalité de l'oxalate de chaux. Il indique sa distribution dans les tissus des Bétulacées. En 1860, Sanio (57) reprend l'é Stude du développement du liège, en Bp GE les Bétulacées. Il pn he ce rar ce qui a été eb ec VS qui mee un contenu brun. Gris (15) en 1872 étudie la moelle de différentes Star Wée? n nm vi des RO et Gares dans i type en opus S 12 r anatomie des poils Sen des feuilles dads les différents genres i de Bétulaeées. — — 1248 La même année, Vesque (64), à propos de l'anatomie comparée re S corce, décrit la sclérifieation du liber chez Betula alba. Mr Mikosch (33) en 1876 reprend l'étude des pis one du Bou- leau et en suit le een Ce Ge duis en 1876 la présence de la E un Du écorce et le bois d'un grand nombre de GE entre autres KSE En 1877 “parait d'abord: un travail de Hóhnel (23) sur le ligo à 3 une étude assez détaillée du liège du Bouleau et de la bétuline qui remplit complètement les cellules de liège à parois minces. Moler (38) publie la même année une thèse sur le bois de Betula nana. Mon défaut de connaissance du suédois, m ‘oblige à ne pas tenir com de ce travail, qui cependant parait renfermer quelques données intér santes. E Ch. Flahault (9) en 1878 étudie la racine des Cupulifárdi i | autres Corylus et dit que. leur racine embryonnaire ne possède. sommet qu'un groupe d initiales communes aux 3 régions, en quoi sépare de Ph. Van Tieghem qui a vu opor ces mêmes raci sortes d'initiales distinctes. R. Hartig (18) compare le bois des différentes Bótulaeóes. _ ; C. de Candolle (6) en 1879 montre la différence essentielle qui xiste entre le système vasculaire du limbe de Betula et celui d’Alnus, quan à la forme de sa section transversale. Il range à tort Alnus firma e cordifolia avec Betula, ses sections ayant été probablement faites t près du sommet du limbe. 3x Müller (39), en 1882, dans son ouvrage sur l'anatomie des éco ligneuses, publie une étude sur l'écorce des Bétulacées, en y compi le liber (Innenrinde). = Blenk (2), en 1884, parle des points transparents de la feuil | Carpinus, düs & de srands pristaut isolés aan des celluk * mesophylle. Constantin (7) trouve que les racines croissant dans l'eau possèdent un plus grand système lacunaire que celles croissant en terre. Il donne pour exemple un Alnus glutinosa, chez lequel, de plus, il a xe que le système ligneux reste faiblement développé. 2 Solereder (62) dans son grand ouvrage sur la structure du Kë le Dicotylédones appliquée à la systématique, donne une tabelle P = détermination des genres de Bétulaeées. ` Petit (45), en 1887 dans sa thèse sur le pétiole des Dicotyládones à donne une bonne étude de la marche des arcs ligneux dans le pétiols de quel espèces de Bétulacées. En 1886, Van pe t Douliot en. dam. leur magnifique. ou- vrage sur l'origine des dé mhres endogènes , décrivent l'origine des - radicelles de Betula alba, Alnus incana et Corylus bizantina. La même ` année, Gnentzsch (12) étudie la situation générale des vaisseaux , tra . chéïdes et cellules de parenchyme ligneux dans les couches annuelles du bois. Schultz (60) étudie l'anatomie des stipules de Carpinus Betulus et de quelques espèces des autres genres de Bétulacdes. Il signale de l'antho- = ciane en petite quantité chez Alnus et Corylus. J. C. Müller (42) a publié à Halle, en 1888, un travail (avec atlas) dans lequel il établit une classification sur le groupement des vaisseaux, | le nombre et l'épaisseur des rayons médullaires. Il distingue ainsi, d e? 3 la section transversale du bois, trois types: 1) Vaisseaux distinctement disposés en cercle. 2) Passage au 3.°* type. 3) Vaisseaux disséminés. Dans ce Aën: type il fait rentrer les Bétulaeées ot Corylacées. Quant aux rayons médullaires, il distingue 5 groupes, les Bétulacées apparte- nant au 1®, caractérisé ainsi: « Rayons médullaires étroits M, 2: En 1889 Douliot (8) se borne à rappeler que chez les Cupulifères i le periderme est sous-épidermique et qu'on ne eonnait pas dans CONA 3 famille de premier périderme ailleurs que sous l'épiderme. y La même année, Petit (46) reprend l'étude du pétiole de cada S espèces de Bétulacées et en tire quelques réflexions sur les affinités. de es espèces. Je reviendrai sur ce travail. , En 1893 Houlbert, dans son ouvrage sur le bois. secondaire des. pó- ales (26), étudie en détail ce qu'il appelle le e plan ligneux » » ch les. $ upulifères. J'aurai l'occasion. de See de cette étude. p à CHAPITRE I. STRUCTURE DE LA FEUILLE A. LIMBE ——— pu. Je BETULA 4 a) ee EE L'épiderme supérieur, vu de face, est formé de cellules polygonal de forme et de grandeur variables, qui, au-dessus des ne H allongées et forment par leur réunion des apo courant | > lon, . au-dessus du faisceau de là nervure. ll en est de même à la face joue Les stomates sont pa ridi exclusivement av sur cette face. Ils sont petits et ne dépa Es jamais la surface externe de l'épiderme. Ils n ‘ont m de cellules anne: leur bec est légèrement eutinisé. . . Les stomates die Bétulacées apparent type renonculacé, d’après ` Vesque, ; -qwils sont entourés de plusieurs nie miques disposées autour d’eux sans ordre ( A la face ds sein sauf ‘au-dessus 3 i Mur eo ER mais peu Some do vu ‘de face, Elles sont le plus souvent iscdiainéirira leurs tantôt un peu allongées tangenti: tantôt n hautes que larges. Chez B. occidentalis, B. pumila, - gra, eie. ce sont ces dernières qui dominent. Chez B. lenta, B. S lifolia, B. Mes » etc. on trouve ensemble les deux ue = formes. Gr. E à de face | ag EH çà on de. un peu plus grandes. Les cellules épidermiques les plus grandes se ` trouvent chez B. Medwediewi, B. Middendorffii, ete. Les anticlines des cellules épidermiques de la face supérieure ont toujours des parois très minces, à peine visibles. Il en est de même SZ pour la péricline interne, qui présente une forte convexité du côté des palissades. + La eutieule est toujours faible, ordinairement même très faible, ce e qui est en rapport avec l'habitat des Bouleaux, dans des pays tempérés E on froids, mais toujours humides. 4 Peut-être la faiblesse de la cuticule est-elle rachetée par la présence _ du mucilage épidermique dont il sera question plus loin? La cutine est ox . un peu plus développée sur les cellules situées au-dessus des nervilles et surtout sur les cellules épidermiques de la nervure médiane, parti- — culièrement à la face inférieure, où elle est tantôt lisse, tantôt très finement dentée (B. corylifolia). La cuticule est le plus forte à la marge, mais n'y est cependant jamais très fortement développée; il en est de même pour les cellules qui bordent - la base d'un poil. d Ordinairement lisse, la euticule est, chez B. alpestris et B. nana, — | parsemée à la face — de nombreuses wen proéminences fs H _verruqueuses. — Au-dessus des nervures secondaires; les cellules épidermiques sont SE plus petites et plus cutinisées qu'ailleurs. Il en est de même ` pour la nervure principale dont les cellules présentent une surface externe fortement curviligne, sauf chez B. Medwediewi où elle est presque plane, è et très cutinisée. _Ordinairement isodiamétriques, ces cellules "n chez | B. utilis, étroites et plus hautes radialement que larges. Le . Ces cellules épidermiques de la nervure médiane sont à parois : fortes cellulosiques, parfois même subcollenchymateuses sur leur paroi interne. L’épiderme de la face inférieure du limbe est formé de cellules petites, irrégulières. Chez B. lenta gea i Së peste Mera en grandeur - à celles de la face supérieure. ` ` + S | | Chez B. Corylifolia et B. nigra l'épiderme i inférieur ext papllo La marge présente partout la même structure, La surface e = e J'ópidermo y ST nation. ondulée (sauf chez B. fruticosa), et 1 cuticule épaisse. Au-dessous de l’öpiderme, m mais particulièrement à la face inférieure, on y trouve quelques cellules subcollenchymateuses Si l'on examine l’épiderme d'un. Be- tula, sur des matériaux secs, préalable- ` ment bouillis, puis décolorés à l'eau de Javel, colorés au réactif genevois et montés EN la gélatine gy corium % pi eg supérieure du limbe. Gr. plus réfringente qui forme comme. S ; .paroi trés minee, EUER plus fine encore que les antielines es Y cellules ópidermiques et paraissant diviser ces dernières en deux cellules si superposées (tig. 2). Cette cloison montre une convexité tournée tantôt EC et le plus souvent, du côté de la péricline externe, tantôt du côté sd la péricline interne. mr. | Le contenu des deux cellules est optiquement homogène, l'indice í réfraction étant le même dans les deux. Anticlines et membrane d | sante ne sont pas colorées par le réactif genevois. . Examinées dans l’alcool, l'aspect de ces cellules change. = Attenante à la péricline interne très mince, se trouve une ma grisátre, granuleuse, strióe qui remplit plus de la moitió du lumen de cellule. Si l'on ajoute alors de l'eau. par les côtés du couvre-objet, cett masse gonfle trós rapidement, perd son opacité et sa structure et alors presque complètement le lumen de la cellule. La fine paroi gente signalée plus haut paraît alors être la limite séparant le mucilage du lumen de la d mais c'est Piet en E nM une membra est le lumen épidérmique, se colore en jaune. Si EE | remplace l’acide acétique par de l'eau, le mucilage gonfle rapide nt. La cellule épidermique est alors distinctement divisée en deu: une supérieure petite, colorée en Leien et une inférie I et incolore. Sa dans sa Monographie des Sapindacées du genre Sagan (51) a découvert un mucilage semblable chez ces plantes, ce qui l’a conduit à rechereher s'il se représentait dans d'autres groupes. Il a en effet trouvé un mucilage épidermique dans une quantité de familles ou de genres très éloignés les uns des autres, entre autres chez les Equisé- tacées, Najadacées, Ulmacées, Cupuliföres, etc. Il cite comme en pré- sentant Corylus Avellana, Betula alba, B. pubescens, mais il dit n ’en avoir pas observé chez B. fruticosa, où il existe bien certainement. Parmi les Salicinées, Radlkofer a trouvé un mucilage épidermique chez certains Salix, tandis que d’autres, ainsi que Populus en sont dépourvus. L'en- semble des recherches de cet auteur lui ont démontré que la présence ou l'absence du mucilage épidermique peut constituer un caractère systématique. Les Betula sont une confirmation de cette idée, car le mucilage épidermique y est un fait constant. M: R. Chodat, dans un travail fait en collaboration avec M."* G. Balicka-Iwanowska, sur la structure des Trémandracées ('), a retrouvé un fait semblable dans la plupart des espèces glabres ou peu poilues de cette famille, tandis que Tremandra, à feuilles couvertes de poils nombreux, n’en possède pas, ce qui semblerait indiquer, ainsi que les ‘auteurs le pensent, que ce mucilage peut servir comme réservoir d’eau et comme protection pour le tissu palissadique, à mesure que l'eau _ | abandonne le mucilage. Le mucilage épidermique de Betula ne se liquéfie pas dans l'acide _acétique glacial; d’après Radlkofer (loc. cit.) le mucilage de Serjania se liquéfie dans cet acide mais plus faiblement que dans l'eau. -Il se gonfle plus OSTEN dans l'aeide sulfurique concentré que dans ` i leau, contrairement à celui de Serjania; mais, comme ce dernier, le . ; mucilage de Betula se liquéfie plus fortement dans l'acide sulfurique si : et l'acide chlorhydrique dilués que dans l'eau. Il ne se liquéfie qu'en partie dans l'aniline pure. acm On retrouve un mucilage semblable dans les cellules épidermiques de la face inférieure du limbe des Betula, mais pas uniformément dans +, La toutes did cellules; i -alternent çà et là avec les autres ed petites. Un 'y à 2d formati: ds MANOR divisante comme dans T sut aussi dernier. Le linibe porte. chez Betula des poils de deux espèces différentes. | Les uns sont des poils unicellulaires non glanduleux, les autres des re poils plurieatluldires sécréteurs. eig de la nervure médiane. Ils ont deua parois foften épaissies; ordinairement même leur lumen est oblitéré à l'extrémit SE sur une plus ou moins grande longueur, l'oblitération pouvant s'étendre a jusqu’à la base du poil. bi m Quelquefois petits et rares (B. glandulosa, B. Middendor[fi, ete. raissant même manquer (B. acuminata, B. verrucosa, B. Medwedi ils peuvent ailleurs atteindre une très grande longueur (B. lenti Maximowicziana , B. cylindrostachys). Ils sont soit localisés à I inférieure, soit répandus sur les deux faces également. Ils sont très breux sur les jeunes feuilles et disparaissent plus ou moins dans le | Aaen Ce sont si par Re des poils Dr ment des PE ayant cessé de balises Ee Ces poils sécréteurs (fig. 3) proviennent d’une cellule épi N un poo en n ae € cellules. voisines. Puis yer ; P RE " ‚ces aere sis peut à un mais cela g une manière constante, AU une cloison longitudinale veri. - laire à celle qui ene a donné naissance, ce qui les partage de nouveau en deux. Ce processus améne done la formation, aux dépens d'une seule cellule móre, de quatre cellules situées côte à cóte, dont deux externes, lesquelles sont parfois divi- sées à leur tour chacune en deux, et deux médianes sé- parées par la cloison longi- tudinale primitive. SC | Ces deux cellules média- 1 Fig. 3. ona Unicum nes se divisent ensuite, par Histogénie des poils sécréteurs. — a, 4,, b, stades successifs des pre miers Ce TT de Ta cel- lule-mere du u poil. — c, débuts d'un p sans doi. à la cloison primitive. en ‚son primitive Km e. — d, jeune poi : ‘eloi itudimale primitive pen serpendici nre cellules filles dont les une cloison perpendiculaire Les deux ou quatre ni _ Pyramidales latérales peuvent arrêter là leur cloisonnement et ne former, pour ainsi parler, que les soubassements de l'édifice; le poil possède ` ` alors un pédicelle à 4 cellules seulement à la base (fig. 3 f). Mais le — di S cas est rare, le plus souvent les cellules latérales prennent part aussi I à la formation du poil, lequel SCH dans ce cas un nicole à 8 cel- | Jules basilaires (fig. 3 e). ^. Hl arrive quelquefois, qu ‘au début du eloisonnement de la cellule na à il he se forme pas d ‘abord de cloison longitudinale, mais bien immé- diatement les deux cellules latérales pyramidales, ce qui donne trois Be = ; cellules parallèles au lieu de quatre (fig. 3 c). Les cloisonnements ul- " térieurs n'en suivent pas moins la même marche. Reprenons la suite du développement du poil. Chacune des juste tn = cine basilaires s'allonge-et se divise par une cloison Le > AL? See et d'un parenchyme interne conjonctif (fig. 3 e). Les cellules de la couche externe se divisent radialement, puis s'a longent en longues papilles formant une sorte de corbeille séerétrico - (fig. 3f et 9). La sécrétion, qui est une substance résineuse, s'amasse entre ces cellules et la cuticule supérieure du poil, cuticule qui soulevée, puis bientôt crevée. È Le pédicelle, ia SEN par les cellules du ELM : une plus grande fermeté au ge Te 3 f et g). À son état à définitif, le poil est done composé d'un pédicelle court à nombreuses cellules lig fiées et d'une tête sécrétrice aplatie, à contour circulaire ou ellipti (fig 3 9). | | T b) Mésophylle. | | Le mésophylle est toujours bifacial. Le tissu palissadique et le ga sont Su tous les cas. naemen Cer mais x Dari ce tissu se iod vit des ARE veer “ane des oursins Fans de chaux peu yolumiténx. e mênié Les deux tissus SE E d'épaisseur à pen près é tissu lacuneux cependant étant quelquefois un pen plus considérable er M le tissu palissadique, Uan 2 fois snm We chez B. alpes s et 4 Murithit). P c) Nervures. E Se: Il reste à parler de la structure des nervures, et d'abord de la vure principale. D sk. La section transversale de cette dernière, faite dans la moi rieure du limbe, présente, quant à sa forme générale, férents, xi Une seetion transversale de la feuille du premier type, représenté par B. lenta (fig. 4) ('), montre à la face inférieure une proéminenee en forme de vessie; la face supérieure forme une invagination, très prononcée dans l’espöce type. On peut I grouper autour de ce type B. corylifolia, Fig. 4. Betula lenta. B. Medwediewi qui se rapprochent beau- > jon pres Zeg stonie coup de B. lenta et B. occidentalis, for- + Or 9. mant un passage au second type par linvagination très faible de sa face supérieure et la proéminence moins marquée de sa face inférieure. Le deuxième type, représenté par B. Middendorffi (fig. 5), est caractérisé par une face supérieure plane où à peu près plane et une proéminence à la face inférieure beaucoup moins accusée que Fig. 5. Betula Middendorffi. Schéma de Ja section transversale dans le type précédent et formant une du limbe (nervure médiane). Gr. %/,. eourbure en are de cercle. On peut grouper autour de B. Middendorffi les espèces suivantes : B. pumila et B. humilis, presentant une face supérieure très faiblement "prominente, B. Murithii, B. fruticosa, puis des espèces où la nervure édiane n'est presque plus distincte des nervures secondaires, c’est-à-dire B. nana, ‘Bi intermedia, B. alpestris, B. glandulosa. celui de B. pubescens ( (fig. 6), possède une nervure m troisième type, cel | B. humilis et médiane renflée sur les deux faces, mais inégalement. B. pumila peuvent être considérés comme formant un terme de passage — entre ce type et le précédent. Chez B. pubescens, la face supérieure, - vue en section transversale, est renflée en un segment circulaire; il en Cem de même pour la face inférieure, mais avec une proéminence plus im H Note: ee des abréviations contenues dans les ER e Steeg Vas L liber oelle. Dans les schémas le bois a été représenté par des hà- - chures paraben avec petits cercles disséminés à po le M ads Ae me celle de D pubescens, une forme à peu près se Fig. 6. Betula pubescens. blable et 2. verru Schéma de la seetion transversale du limbe les deux faces sont ‚(nervure médiane). Gr. 5%/,. 7 également bombées. Un Conia type, représenté par Es ch (fig. A diffère de bet nbi section transversale, est re différente suivant DER et à Bes chez B. ulmifolia elle est Fig. 7. Betula utilis. Schéma de la section transversale du limbe cireulaire, chez LS cut hs ov (nervure tech ür D chys, carpinifolia et B. nigra, elle est triangulaire; dans | cette dernière e elle est peu EE de B. lenta par la cs: supérieure PS sa nervure médiane ph légérement concave. ` Le ee de e nervure pale est, de plus, lisse ou festonné. Le plus souvent lisse, il est festonné chez B. nigra, B. acuminata, et B. utilis. Les évaginations ou invaginations de la nervure principale se re- produisent en général aux nervures secondaires. ; di Sous l’épiderme de la nervure principale se trouve un collenchyme | du type concave passant insensiblement, au voisinage du faisceau, à un UP H parenchyme à parois cellulosiques plus ou moins subcollenchymateuses. Vi. Dans les cellules de ces deux tissus se trouvent de nombreux cristaux d'oxalate de chaux, soit en oursins, soit en rhomboèdres. En section n — longitudinale, le collenchyme se présente sous forme de cellules allon- gées, quatre ou cinq fois plus longues que larges, cylindriques par con- séquent. Ces cellules se raccoureissent en passant au tissu subcollen- . ehymateux, dont les cellules sont parfois isodiamétriques, mais le plus. = souvent de 2 à 3 fois plus longues que larges. Les cellules de ces tissus sont pourvues de ponctuations simples, elliptiques, dont le grand axe ` est parallèle à la base de la cellule. . Entouré ou non de sclérenchyme, le système libéro-ligneux est réuni | aux deux épidermes par ce parenchyme collenchymateux. Toujours ou- E vert à sa face supérieure, sa forme est peu variable et représente un are à à branches plus ou moins divergentes. Le système ligneux, chez B. verrucosa, B. Murithii, B. Middendorffi, B. glandulosa, à la forme ` d'une bande rectiligne ou très faiblement arquée. L'are est plus forte- ment prononcé chez B. ulmifolia, B. occidentalis, B. Medwediewi. Il j devient un cercle incomplet chez B. lenta, B. eylindrostachys, B. Ma- aimowieziana. Le bois est enfin distinctement en forme de V chez B. | earpinifolia, B. nigra et B. acuminata. spal Le faisceau ligneux varie. considérablement d'épaisseur suivant les Ai | espèces, sans que cette variation soit . nécessairement en rapport avec. l'épaisseur de la nervure principale. C'est ainsi que chez B. pubescens et B. acuminata, dont les nervures médianes ont une grandeur à peu prés égale, l'épaisseur du bois est i bien différente, étant plus ee pa dans la ume " ces. — que dans la seconde. z : SE 24. Malpignia anno da vol. X. ; | carpinifolia, ces deux espèces ayant ER une ona nervure prin cipale. Des initiales du bois, partent des rayons ligneux à un ou doux; quel- quefois même trois rangs radiaux d'éléments conducteurs séparés par des rayons médullaires étroits, ordinairement à un rang de cellules, quel- — quefois, mais très rarement, à deux rangs (B. pubescens). Les éléments conducteurs ne sont pas séparés par des fibres. : Aux initiales, qui sont des trachées spiralées, succèdent vers la aech inférieure des vaisseaux ponctués, réticulés, ou scalariformes à perfora- tion transversale scalariforme, comme on les trouve dans la tige. Autour des initiales du bois, on trouve les cellules du parenchyme ij vasculaire primaire, étroites, à parois cellulosiques trós minces et pour. vues de ponctuations simples. Ces cellules sont des éléments trés al- longés à parois séparatrices transversales droites ou plus ou moins pen- chées. Dans certaines espèces (B. lenta), elles sont franchement collen chymateuses, tandis que chez B. Mediwediewi, par exemple, elles sont sclérifiées. L'are libérien est plus ou moins épais, quelquefois plus épais que l’are ligneux (B. carpinifolia). Le liber est traversé par des rayons méd laires formés de cellules à à parois minces cellulosiques, à section trans- versale de forme irrégulière. De plus, examiné en section longitudi on y trouve des files de petites cellules isodiamétriques contenant cune un très petit oursin d’oxalate de chaux. Ce sont les cellules parenchyme libérien. Les tubes criblés sont allongés et sembla ceux du tronc. Il n'y a pas de fibres libériennes. a 2 En dehors du liber se trouve un are de sclérenchyme, are qui manq chez B. Murithii, B. fruticosa, B. eylindrostachys et B. intermedia. Che B. acuminata quelques cellules seulement sont sclérifiées sur les € du systéme libéro-ligneux. On retrouve un are seléreux à la face supérieure du bois. Ces deux ares peuvent confluer en un anneau complet (B. See, D. nigra, B. PUN do) ou rester so Leur 4 |cordement se fait alors par de grandes cellules hyalines à parois cel- lulosiques. Les éléments du selérenchyme sont des fibres allongées ou = stéréides, à ponetuations en fentes obliques et mélangées à des cellules de parenchyme scléreux. ; Les nervures secondaires offrent la même structure que la nervure principale, mais il n'y a que des trachéides spiralées dans leur faisceau ligneux. Dans les nervilles de premier ordre, le bois est réduit par rapport au liber; on y trouve encore quelques cellules seléreuses. Le faisceau Jibéro-ligneux, entouré d’un anneau de cellules aquifères, est rattaché aux deux épidermes par des cellules subcollenchymateuses. Chez B. nana, SR. carpinifolia, B. nigra, B. Maximowicziana, ete., ces cellules sont . Dans les nervilles d'ordre plus inférieur le faisceau, toujours entouré de sa gaîne de grandes cellules isodiamétriques, n’est plus rattaché qu'à l'épiderme inférieur et par des cellules hyalines à parois minces. Enfin les nervilles de dernier ordre sont complètement immergées à intérieur du mésophylle, ou mieux dans le tissu lacuneux. Il n'y existe plus de liber et le faisceau, entouré de sa gaîne, se compose uni- quement de quelques trachées spiralées, quelquefois même d'une seule ALNUS _a) Epiderme. | | Les cellules épidermiques du limbe d’Alnus ont une euticule géné- ralement plus forte que celles de Betula, ce qui peut s'expliquer par le fait que le mucilage épidermiqne est beaucoup moins développé dans le premier genre que dans le second. Elle est aussi plus forte aux nervures _ et à la marge. x; Les cellules épidermiques sont les mêmes, vues de face, que chez Be- - tula. En section transversale, elles différent suivant les espèces. . Les espèces qui possèdent un hypoderme ont, à leur face supérieure, de petites cellules épidermiques, aplaties ou isodiamétriques , à fortes parois cellulosiques ; les anticlines sont plus faibles que les périclines. D firma et A. oblongifolia le mocilage disparaît Nigra gi il ne DI : n un certain nombre d’espèces il pya que des poils unisériés en r blable à celui de Betula. (A. serrulata, A. rubra et surtout A. cord folia, A. japonica et A. maritima), avec des anticlines et une périclin interne minces. Dans ce dernier cas 1 épiderme est mucilagineux. Dans les espèces qui, ne possédant pas d'hypoderme, ont cependant porii Soules arte on rito à une régression du Doe dans l’épiderme de la face linate Chez A. viridis, à rano étirées tangentiellement ou A. isodiamétriques et à parois cellulosiques fortes, on aperçoit, dans les préparations montées à la gélatine glycérinée, quelques cellules divisées en deux comme chez Betula. La péricline interne est alors plus faible que dans les antres cellules qui ne sont pas mucilagineuses. Chez À Mouve pas même dans lhypoderme. Les cellules de l'épiderme inférieur sont petites, irrégulières, quelqu fois papilleuses (A. pubescens, A, oblongifolia, A. nepalensis). Quand y a du mucilage. ce ne sont ae les plus grandes de ces cellules le contiennent. ` Les stomates, identiques à e de Betula sont, sauf chez -B. talis, localisés exclusivement à la face inférieure. L’épiderme Q Alnus produit trois espèces de poils. On trouve d’abord des poils unicellulaires semblables à ceux do tula, mais généralement à parois moins épaissies. On les rencontre l'exclusion de la seconde espèce (poils unisériés) chez A. Brembana, viridis, A. cordifolia. Dans la plupart des autres espèces, ils sont langés à des poils unisériés, lesquels accusent une des tendances g rales du genre Alnus (A. orientalis, A. rhombifolia). Chez A. oblon, ‚on trouve des poils unicellulaires, quelquefois avec une ou deux € transversales, montrant le passage aux poils unisériés typiques. A côté de ces poils non glanduleux, on re- trouve chez Alnus les poils pluricellulaires sé- Ee créteurs qui ont été décrits plus haut pour Be- de tula. nié erme 2) Hypoderme. Pins d #04. La moitié environ des espèces d'Alnus : pos- un hypoderme, situé en alternance avec lépiderme supérieur. i: A. nepalensis, A. pubescens, A. incana, A. oblongifolia, A. , A. rhombifolia, A. Jorullensis, A. elliptica, A. glutinosa et A. La forme des cellules hypolermiques varie suivant les espèces. Elles sont toujours plus grandes que les nice épidermiques correspon- foi ndes. comme et dantes. Quelq CUP luus CEO Se Alnus nepalensis chez A. glutinosa (fig. 8), A dia etc., Epiderme et hy zd vus eh section elles leur deviennent parfois presque égales, u quoique alors plus allongées dans le sens tan- l (4. nepalensis (fig. 9), A oblongifolia). Chez A. firma, les ules épidermiques étant un peu plus grandes que dans les autres à hypoderme, ce dernier ne se distingue que par des parois ; iques plus épaisses. cellules hypodermiques sont done tantôt grandes, isodiamétriques ongées tangentiellement et à parois minces, ressemblant alors à N e ee épidermiques de Betula, comme c'est le cas chez À. gluti- : | pubescens, A. Jorullensi$, tantôt de même forme et de même na eur Kee? précédemment , mais à parois plus fortes, comme d ‚chez n d A x s 3i deux 970 ALPHONSE MAURICE BOUBIER hétriques ou un peu allongées et de petites cellules aplaties. Les pre- miéres seules sont mucilagineuses. L'épaisseur des parois de l'hypoderme est toujours plus grande au voisinage de la nervure principale. L'hypoderme remplace l'épiderme dans sa fonction de production de mucilage, fait qui n'avait pas encore été cité. A. firma et A. oblongi- folia, à hypoderme semblable à l'épiderme, ne produisent pas de muci- - lage. Chez A. acuminata, comme je l'ai dit, une petite partie seule ment de l'hypoderme est mucilagineux. Ailleurs il l’est tout entier et la production du mucilage est même très forte, remplissant presque complètement la cellule. La présence d’un hypoderme est spéciale au genre A/nus; on ne le : retrouve pas dans les autres genres de Bétulacóes. Schacht, en 1854 (59), a déjà indiqué que l'épiderme supérieur d’A. glutinosa est com- posó de deux rangs de cellules, mais il a confondu l'hypoderme avec un épiderme multiple. A part cette indication, l'on ne connaissait, jusqu à présent, rien sur l’hypoderme de la feuille d'AZnus. c) Mésophylle. x Il est toujours bifacial, mais, contrairement à Betula, le tissu lac neux est quelquefois peu distinet, de telle sorte qu'il peut y avoir for- mation d'un rang de courtes palissades lacuneuses à la face inférieure, comme chez A. elliptica et surtout À. incana. Le tissu palissadique comprend deux, rarement trois rangs de cellule: Ordinairement longues, les palissades sont très courtes chez A. cordifolia oit elles sont à peine plus hautes que larges. Il y a, comme chez Betula, des cellules oxalifères avec de petits oursins. Chez A. glutinosa et A maritima ces oursins sont plus gros. d) Nervures. La nervure médiane X Alnus présente , en section transversale , forme générale d’une vessie à la face iüférieuro et, à la face dee presque toujours une invagination. On n’ observe de proéminence que chez 4. maritima et A. rubra Á Le pourtour de la face inférieure est en FUP. plus ou moins (alone. lè épiderme et le parenchyme cortical sont les mêmes que chez Betula. La différence fondamentale qui di- " stingue Alnus de Betula est le fait que le systéme libéro-ligneux est fermé chez Alnus en un cylindre ligneux médian, surmonté à la face supérieure d'un faisceau plus petit et ouvert (fig. 10), tandis que ce même système est ouvert chez Betula. Fig. 10. Almus buen Cette structure, toujours présente Schéma de la section transversale vers la base du limbe, se continue du "emp (nervure Sage Gr. Hi, plus ou moins haut suivant les espèces. | Vers le sommet du limbe le faisceau est partout ouvert et unique, mblable à à celui de Betula. . Le faisceau fermé est entouré complètement oe un anneau libérien; — le faisceau ouvert ne possède du liber qu'à sa face inférieure. Tantôt 4 les deux libers eonfluent en une bande plus large, comme chez A. glu- tinosa, A. viridis, A. elliptica, tantôt au contraire ils sont séparés par une mince bande de selérenchyme (A. nepalensis (fig. 10), A. Jorullensis, A. orientalis, ete.). Chez A. firma quelques cellules sclérenchymateuses seulement sont intercalées entre les deux libers. Ce sclérenchyme peut | E être remplacé par une bande semblable de collenchyme à petites cellules : (4. serrulata, A. pubescens). Le liber est toujours plus étroit que le bois; il en est de même pour le selérenchyme quand il existe. Celui-ci est formé de stéreides à ponetua- tions simples, elliptiques, horizontales ou légèrement obliques, mélangées à des cellules à parois épaissies également, mais moins allongées et pour- vues de parois séparatrices horizontales, avec ponctuations simples ee. liptiques, à grand axe horizontal. On trouve en outre des cellples pa- ` 1 x deccm non épaissies, intercalées entre les fibres du seléren- rss Cet anneau selérench ymateux est, trós développé chez A. elliptica, À Pipe, A. incana, À. maritima. A qaiit ete. a l'est n moins | ALPHONSE MAURICE BOUBIER E / chez A. pubescens et surtout A. rubra où il est formé de cellules à parois très peu épaissies et peu lignifiées. Enfin, chez A. serrulata, À; viridis, et A. cordifolia, il est remplacé par une gaîne de très “petites cellules collenchymateuses. Le faisceau ligneux fermé a une forme générale circulaire (A. elliptica) ou elliptique, parfois avec un lobe médian proéminent à la face infé- "A rieure (A. rhombifolia). Le faisceau ouvert, ordinairement large, est ré- — È duit chez A. firma à une très mince bande ligneuse. de: La moelle du faisceau fermé est composée de cellules cylindriques, ` plus ou moins allongées, quelques-unes même étant isodiamétriques. Elles sont pourvues de nombreuses ponctuations simples, elliptiques, 2 dont le grand axe est parallèle à la base de la cellule et qui sont dispo- — sées sans ordre. Le bois, le liber et les rayons médullaires se présentent sous le même aspect que chez Betula. Les nervures secondaires et les nervilles sont les mêmes que chez dee y Betula. > CORYLUS () a) Bpiderme. ' = È Vu de face, l'épiderme supérieur est formé de cellules polygonales, - . . isodiamétriques ou plus ou moins allongées, trés allongées au-dessus n des nervures. L'épiderme inférieur est composé de cellules à contour sinueux, sauf chez C. americana et C. fero: où elles sont polyédriques — allongées. La cuticule est toujours faible, intermédiaire entre celle de Betula et celle d’Alnus; elle présente les mêmes variations suivant les régions. Presque toujours lisse, la cuticule est finement dentée chez C. hetero- phylla, C. rostrata et C. americana. Ce caractère se retrouve partout à la nervure médiane. strata elles sont isodiamétriques ou un peu allongées dans le sens tangentiel tandis que chez C. americana elles sont plus hautes que iamétriques ou étirées tangentiellement, et à parois cellulosiques fortes. Ces cellules ne sont pas mucilagineuses. - Les cellules épidermiques de la face inférieure sont semblables à celles Betula. Il en est de même des stomates, exclusivement localisés sur face. ; On trouve chez Corylus quatre espéces de poils, dont deux sont glan- uleux et deux non glanduleux. Ces derniers sont les poils unicellulaires et les poils unisériés décrits pour Betula et Alnus. Quelques espèces possèdent que des poils unicellulaires. Ce sont C. Avellana, C. Co- na, C. rostrata et C. tubulosa. Chez C. heterophylla et C. ferox on t, à côté de poils nettement unicellulaires, d’autres de même forme, S cloisonnés une ou deux fois à la base, tout en conservant l’extré- té complètement épaissie. n, chez C. americana, espèce qui paraît appartenir aux Corylus lus évoluós, on trouve à côté de poils unicellulaires, des poils net- ent unisériés, comme chez certains Alnus. On De trouve nulle part des poils unisériés seuls, à l'exclusion des ` ` unicellulaires, comme le fait se présente chez quelques Alnus be alensis, etc.). | Une troisième espèce de poils, très abondants sur les jeunes feuilles = een, ne m défaut à aucune EE de Guic ER CH Gost en COHEN une tri sommaire dans le SE ne nike. 8i r l'anatomie des organes de sécrétion des feuilles; . mais cet auteur ; : | | ar Caen der bs en ce ue d ne tc T deux. = Ces poii sont de deux formes un peu différentes. Les uns ont | diamètre égal dans toute leur longueur (fig. 11, 4), tandis que les au sont formés d'un pédicelle supportant une tête sphérique (fig. 11 g). Leur. histogénie est cependant identique, du moins dans les débuts. g Fig. 11. Corylus Avellana. - _ Histogénie des poils sécréteurs, 4 premier cloisonnement de la cellule-mère d poil — A c, d, cloisonnements successifs — €, f, coupe optique de deux poils, mon- E ] suec trant les 3 files de cellules qui les constituent, i it ete sphérique, 9, poil définitif à tète sp , poil définitif cylindrique. ?, poil anormal à pédicelle à une seule file de cellules. — Gr. hu Ils naissent aux dépens d'une seule cellule-mère épidermique, laqu d grandit légèrement, puis prend une cloison longitudinale qui la divise en deux cellules (fig. 11 a) égales ou inégales, suivant que la paroi : épa ratrice s'est formée au milieu de la cellule-mère (fig. 11 e) ou exc triquement (fig. 11 f). i Il se forme ordinairement ensuite une cloison oblique dans une de deux cellules-filles ou plus rarement dans les deux, cloison qui découpe une cellule étroite appliquée contre la cellule épidermique voisine (fi 11 c). Cette cloison part de l’angle externe de la cellule-fille pour abou- | tir à sa péricline interne. Cette production peut ne pas avoir lieu. |... Cei fait, il se forme dans l'une des cellules-filles, une nouvelle cloison | moins oblique que la précédente, mais toujours inclinée en dedans, cloison | Qui découpe la cellule en deux nouvelles cellules situées l'une au-de de l'autre. Une cloison semblable se forme ensuite dans la cellule-flle | . voisine, mais un peu au-dessus de la précédente (fig. 11 c et d). ‘La même formation se reproduit, donnant naissance dans chacune des deux cellules terminales du poil, qui s’est pendant ce temps allongé, à une ou deux cloisons très peu inclinées ou même horizontales et alter- nant d'un côté à l’autre de la paroi longitudinale primitive (fig. 11 d). | En section transversale, le poil montre jusqu'alors deux rangs longitu- dinaux de cellules. L'un d'eux se divise alors, par une cloison verti: cale, en deux rangs plus petits, si la division longitudinale primitive s'est faite selon le diamétre de la à cellule-mére (fig. 11 e); en deux i rangs égaux au troisióme si la di- Es vision s’est faite excentriquement (fig. 11 f). Chaque rang longitu- dinal occupe alors le tiers de lé- paisseur du poil. Avec l'allongement de celui-ci, chaque rang se divise, par des cloisons transversales, en une pile _ de cellules aplaties, cellules qui sont en alternance d’un rang à l'autre. i; Cette division peut se continuer ` jusqu'à l’allongement maximum ` du poil, qui est alors cylindrique (fig. 11 A); mais ailleurs, l'extré- mité du poil en voie de croissance peut s'agrandir de bonne heure en prenant des cloisons radiales et — (i Emerpeuce glandulpuae dà la fouille: Gr: tangentielles, pour former ainsi h une tête sphérique (fig. 11 g) Une Deg espèce de poils. glanduleux aussi, est moins répandue. On la trouve sur le limbe de C. feroz et C. americana. Ce n'est pas, à Greet parler, u un più mais une TT très nr et j Fig. 12. Corylus feroz. kovaléa, water par une tête s otre et visible à à l'oeil nu EE 12 Le epiderme se continue sur elle pour former une couche externe à cel- lules allongées. A l'intérieur du pédoneule se trouve un parenchyme à cellules également longues, et qui est la continuation du mésopbylle | de la feuille. Ces deux couches se terminent dans la tête de l'émergence, ` qui à la forme d'une cupule elliptique. On retrouve ces mêmes Geen sur le pétiole, en particulier chez C. Avellana. >. Ces poils n 'avaient pas encore été signalés, à ma connaissance du moins. 5) Mésophylle. Le mésophylle est toujours bifacial avec un tissu lacuneux distinct. Il y a un ou deux rangs de palissades avec de grandes cellules oxali- ` féres contenant de gros oursins d'oxalate de chaux , Caractère qui peut | . être considéré comme faisant partie des allures évolutives du genre -~ Corylus. Le tissu lacuneux contient des oursins plus petits. : La margo possède la même structure que chez Betula et Alnus. i 3 SES La nervure principale est, en section transversale, partout en lai de vessie à la face inférieure. A la face supérieure, elle présente soit. une invagination (C. ferox, C. americana, C. Colurna), soit, au con- Js trairo, une proéminence plus ou moins marquée. Elle est fortement triangulaire chez C. rostrata, plus faible ailleurs. L'épiderme. semblable à celui de Betula, a une euticule finement S diia il est fortement collenchymateus, sauf chez C. americana et Go | feroa. Le parenchyme enin] et le système libéra ligji sont Bee à ceux d’Alnus. En somme, la structure générale de la nervure e diane Je Corylus est identique à celle d'un Alnus. Le liber seul, vu en section transversale, se distingue. tod nettement ` de celui de Betula et Alnus, en ce que les rayons médullaires ont leurs ` : parois selérifiées chez Corylus, tandis qu’elles sont minces et cellulo- - siques chez les Bétulées. Il résulte de cette sclérification , que le liber- EM Eege divisé en îlots déjà listinets à un faible EE êmes que chez s Bétulées. _ La même remarque peut s'appliquer aux nervures tat et aux nervilles. CARPINUS et OSTRYA a) Epiderme. La cuticule est faible, à peu prés comme chez Corylus. Elle est lisse ou quelquefois granuleuse ou même recouverte de petites verrues (C. ja- t ponica). Ordinairement lisse à la nervure médiane, elle est finement k | _dentée chez C. Betulus et C. Tschonoskii. Vu de face, l'épiderme de la face supérieure se présente sous forme de cellules polygonales, allongées au-dessus des nervures. Chez C. dui= > — nensis, les cellules ont un contour sinueux. des M épiderme de la face inférieure est, vu de face. femi de cellules | polygonales un peu sinueuses. = C. duinensis et C. japonica possèdent un épiderme mucilagineux sem- blable à celui de Betwla. Les cellules sont plus DIE dans la première a SES que dans la seconde. x Les autres espèces de Carpinus et Ostrya ont un épiderme non mu- ` "eg à cellules isodiamétriques où allongées tangentiellement , à d : f parois cellulosiques bien distinctes. GE Les deux épidermes ont tantôt des cellules de grandeur inégale, plus grandes à la face supérieure qu'à l'inférieure (C. cordata, Ostrya vir- — ginica, O. carpinifolia), E de ER égale aux daot en gaer? chez C. T'schonoskii. : Il n'y a pas formation de Ce à la face inférieure. - | Les stomates, semblables à ceux des autres Bétulacées, iei SES T exclusivement sur cette face. CS On trouve chez Carpinus deux espóces de poils. ` | Les uns sont les poils unicellulaires décrits pour Betula; ils parais- i3 sent manquer chez C. viminea et leurs parois sont peu épaissies chez €. Tschonoski. Les autres sont des pur tee See chez SE od et Cons et ps AR glanduleux Gët E. dicellés. Ostrya virginica, au contraire, ne produit que des poils uni- cellulaires à parois épaissies et des poils glanduleux brièvement pédi- cellés, à ipte ia 3 es Les poils glanduleux de Carpinus et Ostrya (fig. 13) sont peu abondants sur les jeunes feuilles encore enfermées dans le bourgeon; aussi sont-ils trós rares, quel- quefois méme paraissent manquer sur la - feuille adulte. Ils naissent aux dépens d'une cellule épi- - dermique qui s'allonge un peu au-dessus ` Se db b, ipea eg des autres et prend quelquefois, comme cela ment pédicellé chez “Carnia arrive chez Corylus, une cloison oblique, — Betulus. — c, coupe opfique mais jamais de cloison longitudinale, de ; de m s globelaire de 3. — à re e sécréteur Kr pé- Sorte que la cellule reste unique. En s'al- | iu d'Ostrya virginica. Gr. longeant, cette cellule prend des cloisons SC horizontales, formant ainsi une file unique de 6 à 7 cellules (fig. 13 a). Puis deux ou trois des cellules situées ` ` A l'extrémité de ce poil, se divisent en deux ou en quatre cellules - filles par des cloisons longitudinales , produisant de la sorte une tête ovoide. Le poil tout entier a ainsi la forme générale d'une massue | (fig. 13 b). D'autres fois, le poil, toujours à une file de cellules à la base, s'al- longe peu et, par des cloisons longitudina radialesles et tangentielles, È donne naissance à une tête plus large que dans l’espèce précédente, et 3 de forme hémisphérique (fig. 13 d). . Jai trouvé chez Corylus Avellana un poil anormal (fig. 11 i) qui, par son pédicelle à une file de cellules et sa tête globulaire, forme un terme de passage entre les poils glanduleux de Corylus et ceux de Carpinus. SE os | Certaines espèces possèdent presque exclusivement des Ss longue- ` ent dne (C. Betulus, C. Caroliniana, O. "eritis. d SE ure principale. La présence de rhomboèdres, qui est particulière à à Carpinus et Ostrya i les Bétulacées, peut être considérée comme un caractère systéma- ue de première importance, qui assure à ces deux genres une place listincte dans cette famille. Ces cristaux donnent aux feuilles de Carpinus l'apparence d'être ponc- ées de points transparents, ce qui n'avait pas échappé à A. De Can- ES vs sa er des Geer puisqu'il donne () comme Blenk (2) ayant recherché quelle était la cause des points transpa- rents. des feuilles dans diverses familles, trouva que les feuilles de Car- inus possèdent des cellules de parenchyme contenant les grands cri- Staux que Cette particularité n'avait pas été signalée pour le genre La marge possède la même structure que chez les autres Bétulacées z Prodr. XVI, 2 D. 126. : La forme de la nervure módiane, vue en section transversale, : toujours sensiblement la même. La face inférieure est en forme de ves- i sie, la face supérieure proéminente en une évagination dep è pourtour lisse ou lobé comme chez C. viminea. | L'épiderme, le parenchyme et le système libéro-lignenx sont les mêm que chez Corylus. Les rayons médullaires ` Ee y sont de më selérifiés. Un anneau selérenchymateux bien développé, entoure "o e les faisceaux libéro-ligneux, et une bande mince de sclérenchyme “m le liber respectif des deux faisceaux, fermé et ouvert. En somme, on peut dire que, chez Carpinus et Ostrya, tout ou pres tout est complètement fixé. | Le bois renferme des vaisseaux scalariformes et .ponetués avec pe ration transversale RR om eomme dans les autres genres. de EE lesquels sont plus espacés que dans les autres vue CE n'y a rien de nouveau à citer pour les nervures secondaires. i B. PÉTIOLE BETULA L'é RAR et le parenchyme cortical du pétiole de Betula sont EE aux bois: E de d nervure imei du limbe. éclats épidermiques Sas grandes , à Sage externe des ou à Ss ns y an STE Ges même nain ms se Mire co : n remarque sur EN pétiale la mêmes poils Que sur le limbe. È sécréteurs y sont cependant très rares. s S i Le une ee est ek ouvert à la face su ) la ARR d'un V à angle très ouvert, Par allongement et t. FADPROCAATIANE des branches du V on arrive à nala, B. cylindrostachys, B. utilis, B. carpinifolia, B. ulmifolia, etc. on pes libéro-ligneux page invaginé à Ls face supé- Calore celle d’un U: B. lenta, B. nigra goth Maximowies ziana, Ces ifférences se retrouvent, mais beaucoup moins accusées, dans le limbe. L'are libéro-ligneux de la médiane reproduit toujours la forme gé- érale de celui de la caractéristique. On y voit cependant ordinairement une différenciation en trois parties ou lobes, une inférieure et deux la- | térales, restes des trois faisceaux isolés de l’initiale, qui se sont soudés. A l'initiale, le pétiole renferme des faisceaux toujours distincts, or- linairement au nombre de trois, rarement quatre. Ces faisceaux sont disposés selon un V à branches très divergentes. Chez B. occidentalis les trois faisceaux sont disposés en ligne droite. vu | Le bois est entouré à sa face inférieure par un are libérien de moin- dre épaisseur que lui, en dehors duquel se trouve une gaîne de sclé- renchy me, du moins à la eargetéripiqne où elle existe foujours, ud chez. = Ordinairement continu, cet arc de sclérenchyme se dive TEENS en ^m Lad exemple chez B. glandulosa , B. . Murithii, B pubescens, * SS A la QI la pee d'un are de sclérenchyme est déjà min. 2 par L. Pert dans sa thèse wi, et ip milieu .(!) J'emploie ici la terminologie créée faites ala base, au elant initiale, médiane et caractéristique les sections 29. Maipighia, anno x, vol. X. Lou n oxitté d encore chez B. SASA B. Medicediewi; aille | il est le plus souvent discontinu (B. dahurica, ete.). Ses éléments com- posants, encore bien sclérifiés dans les espèces précédentes, le sont beau- coup moins dans d'autres I en particulier B. carpinifolia et B. o verrucosa. s - Qhez B. lenta on n'en trouve plus qu'aux extrémités libres du fai- sceau libéro-ligneux; ailleurs il est remplacé par du collenchyme à pe- tites cellules. Ce collenchyme entoure complètement l'are libérien chez | B. cylindrostachys, B. acuminata, B. Middendorffii, où il n'y a plus de selérenchyme. A l'initiale le remplacement de l'arc seléreux par du collenchyme à très petites cellules est un fait presque général. On retrouve cependant du sclérenchyme en are discontinu chez. B. papyracea, B. alpestris, = nana. Les éléments qui composent les divers tissus du pétiole sont les mê- mes, vus en section longitudinale, que ceux de la nervure médiane du limbe. A la base du pétiole le bois n’est formé que de trachées spiralées. ` ` En résumé, la course du système libéro-ligneux du pétiole de Betula ` ` est très simple. Trois arcs libéro-ligneux, entourés ou non de scléren= chyme, distincts à l'initiale; confluent plus haut en un seul arc ouvert qui pénètre de la sorte dans le limbe. . ele ALNUS Alnus possède à la caractéristique du moins, le système libero-li- gneux qui a été décrit pour la base du limbe, c’est-à-dire un faisceau médian fermé, surmonté d’un faisceau ouvert plus petit. Si cette dis: position n’est pas encore complètement achevée à la caractéristique, on en peut prévoir la formation, comme je le montrerai plus loin. Alnus Brembana seul a un faisceau ouvert dans toute la longueur E de la feuille, ce qui le rapproche des Bouleaux, en particulier de. B. corylifolia. A l’initiale son faisceau libéro-ligneux se présente comme un are desine concave à sa face sla et entouré d’un arc da Fig. 14. Alnus serrulata. Sections transversales du pétiole: A. initiale, B. . Gr. 5/,. è un dens A médian gutt Yangb dé V. Les RN, libé | - ligneux de l'initiale sont en général entourés de collenchyme à petites cellules, mais chez quelques espèces il y a déjà quelques cellules seléri- fiées (A. glutinosa, A. nepalensis, A. serrulata (fig. 14 A), A. maritima, ` sition que chez Betula. La différence ne commence à se faire seni quà la PNIS pain g à la caractéristique. e un icon: ati Il n’y a de faisceau fermé que A. sérrulatm (fig. 14 B), faiseeau fermé auquel est superposé un faisceau ouvert , comme c'est le cas dans le limbe. : S p un faisceau fermé sur sa du eade longueur. di (uU cs. B. Fig. 15. Alnus acuminata. : vu transversales du pétiole: A. médiane, B. caractéristique (schémas! P A firma possède un faisceau en fer à cheval dont les deux branches ` libres sont surmontées chacune d'un petit faisceau fermé. Les extrémités libres du faisceau ouvert d'A. acuminata (fig. 15 A) se recourbent en dedans, puis de nouveau en dehors, présentant ainsi une double courbure. Cette espèce possède de plus un lobe ligneux mé- dian à la face inférieure, lobe qui est complètement séparé des deux branehes latérales. Le liber n'est cependant pas disjoint. La double courbure d'A. acuminata est encore plus régulière chez nepalensis (fig. 16 A). Il n'y a pas ici de lobe médian inférieur Een, mais on remarque, à la face supérieure du füibodóm) de chaque té, un petit faisceau ouvert. Sc 16. Alnus nepalensis. pus transversales. du pude A: Geo B. caractéristique (ché) r, 56 A la INN le faisceau est encore ouvert dans la p Inpart E espèces, mais il est plus allongé qu'à la médiane et présente à zm eier supérieures libres une courbure en dehors faisant prévoir la nine formation des deux faisceaux du limbe. Marc Lua partie inférieure du faisceau est circulaire, ou présen e encore a Sr proéminence ponme reste du faisceau, médian de ege Hans de leute: jas nian. qui s "insure et tournent E | ® | . convexité vers l'intérieur du faisceau. A la base du limbe, le rappro- | chement s'accentue jusqu’à la soudure des deux parties médianes des branches, donnant naissance à un eroissant supérieur et à un faisceau annulaire inférieur. Les deux parties se séparent ensuite soit déjà à y | caractéristique, soit dans le limbe (fig. 17 B). y Cette disposition de la caractéristique se trouve chez A. pubescens. n (fig. 17 A), A. elliptica, A. acuminata (fig. e B. A. rhombifolia, A. incana, etc, Chez A. firma, A. Jorullensis la production des deux faisceaux ty piques pour le limbe est déjà achevée à la caractéristique. Chez A. glutinosa les faisceaux se séparent très peu au-dessus de la caractéristique. Fig. 17. Alnus pubescens. A on transver tiole (caracté sale dit limbe dans tesch A ac de so), éristique). B. Section transver Le faisceau est plus compliqué chez A. nepalensis (fig. 16 B). "Ee | . ligneux y présente latéralement et à la face supérieure, une profond E z invagination produisant, à l'intérieur d'un grand faisceau fermé, une sorte de deuxième faisceau fermé pes petit, api un rs li- ; bérien dont le centre est occupé par q ell lé seg S 7 v RECHEROHES i SUR i L'ANATOMIE SYSTÉMATIQUE, ETC. . Cette disposition rte la forme d'une larve SSC A la face supérieure il y a de plus deux petits faisceaux ouverts, de chaque côté, se rendant au parenchyme du limbe. A. serrulata, enfin ; x (fig. 14 C), possède trois faisceaux fermés, un grand médian et deux à la face supérieure, dont un circulaire trés petit. A la base du limbe le plus grand des deux faisceaux fermés supérieurs s'ouvre, tout en eonservant ses extrémités libres un peu recourbées en dedans. A la médiane et à la caractéristique il y a toujours un are de sclé- renehyme à l'extérieur de lare libérien; il est surtout bien développé chez A. oblongifolia. Ordinairement continu, il est quelquefois discon- tinu et fragmenté en îlots, comme chez A. orientalis et A. Jorullensis. Il n'y a que des trachées spiralées dans le bois des faisceaux de l'ini- tialo. p divers éléments veni les mêmes que dans la nervure médiane. b: système libéro-ligneux d'un jeune pétiole d’A. cordifolia, long de L5 mm., est ouvert dans toute sa longueur. Il a la forme d'un U dont les extrémités se recourbent en dedans à la base du limbe, mais sans former de systéme fermé. Ce fait a déjà été mis en lumiére par Petit (46) à propos d'A. gluti- nosa. Cet auteur, sans avoir poussé l'étude à d'autres espèces du même genre, quoiqu'il ait étudié d'autres genres, en particulier Corylus Avel- lana, ajoute que « ces relations. ne seront peut-être pas sans ntilité - pour débrouiller les rapports de parenté des espèces et des genres ». — Dans le jeune âge, nous voyons par conséquent que le pétiole d'A/nus montre des affinités très grandes avec celui de Betula, que dans les deux ` genres le système libéro-ligneux est ouvert et que chez Alnus ce n'est . qu’à la base du limbe que le bois montre une tendance à se fermer. CORYLUS . On remarque sur le pétiole de Corylus dos émergences glandulaires trouvées sur le limbe chez C. ferox et C. americana seulement. Toutes ` les espèces en sont pourvues, sauf C. Colurna qui paraît en être i pie il Sen trouve cependant chez sa variété glandulifera, | La’ course du système libéro-ligneux BO une grande uniformité chez toutes les espèces. L'initiale renferme trois faisceaux distincts qui se divisent aa i dl y en a ainsi 4 chez C. Avellana et C. feroz, 6 chez C. tubulosa, C Colurna, C. rostrata, et même 7 chez C. americana. Ces faisceaux sont disposés selon une ligne circulaire ou elliptique et tournent leurs trachées initiales vers le centre du pétiole. Le liber est entouró d'un are de collenchyme à petites "m: rà- — rement e Avellana) d'un are de sclérenchyme. Tous les faisceaux distincts de l'initiale k soudent à la médiane en un faisceau fermé uni- que (fig. 18), surmpnté chez C. americana et C. Colurna d’un petit faisceau, fermé lui aussi. La variété glandulifera de cette dernière es- pèce ne possède pas le faisceau surnuméraire. x système unique ou principal de la médiane Fig. 18. Corylus GE "transversa _pétiole (médiane) È Ch ou moins lobé ou sinueux. Les faisceaux sont ordinairement soudés en un anneau Kai mais : restent parfois distincts. L'anneau est continu chez C. rostrata, C. Co- lurna, C. americana, C. heterophylla; il est discontinu chez C. tubulosa, ~ C. Avellana, etc. où la forme du bois est la plus irrégulière. L'anneau ligneux est toujours complètement entouré par un ‘anneau libérien et extérieurement à celui-ci par une gaîne de sclérenchyme. SR Le liber est divisé en îlots par les cellules faiblement sclérifiées des a rayons nage. comme c’est le cas dans le limbe. Elles ne sont pas sclérifiées à l'initiale; il en est de même à la médiane chez C. tu- bulosa et C. Avellana. | La caractéristique a un système libéro-ligneux identique à celui de . la base du limbe (faisceaux fermé et ouvert). Latéralement et à la face supérieure se trouvent en outre des petits faisceaux ouverts ou eet S destinés au parenchyme foliaire. i Le faisceau ouvert supérieur est x par un des jóias: dé ra neau ligneux fermé, lobe qui s'allonge un peu. Puis il y a dislocation Le n’est pas régulièrement circulaire, mais us er à l'extrémité de ce Kë fs deux Se séparées TER, se reeourbent en dehors, tournant leurs initiales vers l'extérieur. Elles se rapprochent par leur extrémité proximale qui se sépare de l'anneau cen- tral, et se soudent l'une à l'autre. En même temps l'anneau central, qui s'était ouvert par suite de ce processus, se referme. Des processus de ce genre donnent naissance aux petits faisceaux latéraux. Les rayons médullaires sont partout sclérifiés. Une gaîne de scléren- ehyme enveloppe les deux faisceaux et sépare leurs libers respectifs. "Les éléments des tissus du pétiole sont les nfêmes qu’à la nervure mé- diane du limbe. Le bois de l'initiale n'est composé que de trachées spiralées. - L. Petit (46) a déjà étudié le pötiole de C. Avellana à à divers stades B | de son développement (2 mm. et 2 2,5 mm.) Dans un pétiole de la même - espèce et long de 1,5 mm, que j'ai examiné, le système libéro-ligneux tion que dans le pétiole présente déjà dans son ensemble la même disposi adulte, mais le bois est partout fragmenté en plusieurs faisceaux: dè plus, le faisceau fermé de la caractéristique est composé d'un petit fai- sceau médian distinct et de deux faisceaux latéraux qui se recourbent nir, de telle sorte qu'en . en dedans à la face supérieure, mais sans Su réalité l'anneau n’est pas encore fermé. Le petit faisceau ouvert se compose, à la même place, et non unis en un système unique. de deux fai- sceaux perpendiculaires au premier CARPINUS et OSTRYA Même épiderme et parenchyme qu'à la nervure médiane. | O. carpinifolia, qui seule possède des poils unisériés sur le limbe, en ` | possède aussi seule, sur le pétiole. On ne retrouve pas les gros rhomboàdres d'oxalate de chaux typiques pour le-limbe, où ils n'existent pas non-plus dans la nervure médiane. La disposition et la course du système libéro-ligneux présentent d’assez grandes différences suivant les espèces, différences qui, cependant, peu- schéma: Faisceaux isolés à l'initiale, plus nis à la caractéristique en un vent se ramener à un méme Ou moins distincts à la médiane et réu faisceau médian fermé et un faisceau. supérieur pl us petit et ouvert. — ` P L'initiale dec m essentiellement et partout la même structure c'est-à-dire qu'elle renferme plusieurs faisceaux ligneux distincts, en- tourés de liber et de collenchyme. : Partout trois de ces faisceaux sont TRU et disposés selon un arc de cercle, tournant leur liber et leur collenchyme normalement à leur face inférieure. A la face supérieure de cet arc s' en trouve le plus souvent un second, plus petit, à orientation semblable et semblablement disposé et composé | de deux (C. laxiflora), trois (C. japonica, C. cordata), ou quatre (C. Betulus) faisceaux distincts. Ailleurs ce second groupe de faisceaux est orienté d’une façon inverse, tournant leur liber et leur collenchyme à la face supérieure. Les fai= p sceaux de l'initiale sont alors disposés selon une ellipse excavée à la face supérieure. Il y a deux ou trois de ces faisceaux chez C. duinensis, 4 chez Ostrya virginica (fig. 19 À). Fig. 19. Ostrya virginica. Sections transversales du pétiole: A. initiale, 2. médiane. Gr. "t Ailleurs encore il n'y a que deux des faisceaux supérieurs qui aient leur liber tourné en dehors. Deux ou trois autres faisceaux plus petits, ` situés à l'intérieur de l'ensemble des faisceaux, ont leur liber os, vers la face inférieure. C'est le cas chez C. Tschonoskii, C. viminea, C. Caroliniana.. 0. car a (o pinifolia. Les divers faisceaux de l’initiale ainsi disposés se Ee d ut, mais sans s'unir, à la médiane , en un anneau continu; ils sont - 126 même ordinairement complètement distincts, montrant encore larran- = gement général qu'ils offraient à l'initiale. Chez C. Tschonoskiü (fig. 20 A), les faisceaux, au Ge de sept, - sont disposés sans ordre, mais tournent leurs trachées initiales vers le centre du pétiole. | Fig. 20. Carpinus Tschonoshii. _ Sections transversales du pétiole: A. médiane, B. caractéristique. Gr. 5/,. Chez C. cordata (fig. 24 A), C. Betulus et C. laxiflora on distingue à la face inférieure trois faisceaux disposés selon un arc de cercle, dont un médian et deux latéraux. A la face supérieure de ces faisceaux, sen |tronvent deux autres perpendiculaires au faisceau inférieur médian et légèrement ` recourbés en dedans à leur extrémité supérieure. Le liber et le selérenchyme de ces deux faisceaux sont latéraux; ceux-ci sont recourbés aux deux extrémités chez C. cordata. La médiane d'O. carpinifolia (fig. 21 A) renferme un faisceau infé- rieur médian et deux grands faisceaux latéraux, concaves intérieurement. minces bandes ligneuses H Au centre de ces trois faisceaux se trouvent deux ayant conflué en un arc enfermant du liber, au centre duquel se trou- vent quelques cellules sclérenchymateuses. Chez O. virginica (fig. 19 B) on remarque toujours les trois faisceaux inférieurs très rapprochés, mais toujours nettement distincts. Au-dessus du faisceau médian se trouvent deux petits faisceaux à liber externe. Enfin la face supérieure de tous ces faisceaux on en observe deux autres , circulaires, presque fermés, présentant leur ouverture à àr intérieur. C. japonica est intermédiaire er | se trouvent d'un côté un faisceaux perpendiculaire comme chez C. Betulus, - de l'autre deux faisceaux superposés, un interne ouvert, l'autre externe presque fermé, comme chez O. virginica. " dx Fig. 21. Ostrya carpinifolia. - Sections agoe du pétiole: A. médiane, 2. a Gr. ai, 1: Dans + ice ces espèces, le Biet? des différents faisceaux n'est jamais uni en un anneau fermé. Tout au plus deux faisceaux voisins, quoique : à partie ligneuse distincte, peuvent-ils avoir leur liber uni en un seul are. Dans les espèces suivantes, au Re le liber forme ch un anneau fermé. C. viminea (fig. 22) et C. Ge: telle qu'elle a été décrite pour C. Betulus, mais ils sont ici très rapprochés et, à un faible grossissement, paraissent confluer en un anneau EEN pago Le liber sE Fig. 22. ie viminea. È y sont lètement ferraés. E Section sale du pée C. duinensi enfin, présente à à la médiane ` E (médiane). Gr "Ir deux bandes ligneuses, formées de faisceaux _ réunis en deux anneaux presque fermés, Le liber entoure et sépare ces . deux cercles ligneux. Une gaîne étroite de e sg b AE com- x Ds l'anneau die cf faisceau pré sinueux, soit le a. typique pour le iuis,» comme chez C. Betulus, C. Caroliniana et Ostrya virginica. Le faisceau ligneux fermé est continu chez O. virginica; il est encore divisé en trois parties ` chez les autres. Chez C. duinensis (fig. 23), au lieu d'un seul faisceau médian fermé, il s'en trouve deux côte à côte, séparés par du liber et surmontés d'un faisceau ouvert normal. Les espéces suivantes ferment moins ra- Fig. 93. Carpinus de pidement leur système libéro-ligneux. C. la- ection transversa é- æiflora montre encore la même disposition $ "4 WEN e Jm 9" ‘à la médiane; il en est de Sg EE E SE en forme de V RE dans le limbo le faisceau ouvert, tandis que les trois faisceaux inférieurs, en se rattachant bout à bout, donneront Sa aissance au faisceau fermé. Chez C. cordata (fig. 24 B), à l'intérieur. du système ouvert composé | de cinq faisceaux distincts, se trouve un cercle ligneux enfermant un cylindre libérien. La même structure se reproduit chez C. viminea et Os pe SE (fig. 21 SE La face RE de ce SE E Fig. 24. Carpinus cordata. E du pétiole: A. médiane, B. e actéristi ique a op? peu plus haut t que B et montrant le passage vers le eme Tiero- du limbe. Gr. we į CHAPITRE Il. STRUCTURE DE LA TIGE. A. BOIS BETULA ` En section transversale et à un faible grossissement, les couches an- uelles du bois sont, chez Betula, facilement reconnaissables grâce à ‘aplatissement des fibres ligneuses du bois d'automne ainsi qu'à la pau- rreté et à la petitesse de ses éléments conducteurs, ce qui contraste avec les grands vaisseaux qui se forment dès le début de l’activité ver- nale et les fibres non aplaties, polygonales et peu épaissies du prin- = Le vaisseaux sont distribués également dans toute l'épaisseur de la. couche annuelle; ils sont isolés ou unis en files radiales de 2, 3 ou ra- rement en plus grand nombre (6, 7 ou même 10 suivant les espèces). Chez B. lenta, j'ai même trouvé dans le bois de première année une Bee de 25 Senate Quelquefois aussi TUM xd ee trois ES i Di qui possède des vaisseaux de très cosi diede Le bois de première année possède toujours plus de vaisseaux, rela- | ment à la masse de la couche annuelle, que le bois des années sub- | Les vaisseaux isolés sont un peu allongés radialement, les autres sont ` uadratiques ou un peu aplatis. Les fibres ligneuses sont disposées radialement et ont leurs parois épaissies.'Le parenchyme ligneux est rare et forme des bandes trans- versales ordinairement à une file de cellules, qui se distinguent des fibres par leur contenu coloré en brun. ai Le N ons medullaires sont abondants et formés en grande majorité do dedi ou méme dinis rangs. Dark; le bois. âgé ils sont le plus > à 3 ou 4 couches; leurs parois séparatrices sont tangentielles ou obliq D'après Houlbert (26) les Bouleaux « se distinguent des Saliciné = par leurs fibres dont la paroi est toujours épaissie, puis par la présence | de "ans pures à deux assises de cellules, tandis 2 "op ni proviennent de la plus ou moins grande abondance des vaisseaux, ains que de leur grandeur ou de l'épaisseur variable de la paroi des fi © ligneuses. L'é “paie De couches annuelles varie aussi Lo cmt Chez toute i de la arem fne année que dans les couches Se Suivant ue les vaisseaux ed en files courtes et un peu éloig née ALNUS Le bois d'Ainus. montre, en section RER les affinités les Sie avec "TH de Betula. Lii y retrouve les mêmes ape Mech 150 H trouve chez Betula des vaisseaux de toutes grandeurs. L'épaisseur des parois des vaisseaux, moindre chez A/nus glutino que chez le Bouleau et qu'Hesselbarth (20) met en opposition D | distinguer ces deux espèces, n’est pas non plus un caractère constant: Il en est de même pour l'épaisseur des fibres ligneuses, qot sont dispos comme e Betula. . E es Ti NA à ceux zd dub parfois en un certain. logo, laissant entre eux 1-2 assises de Wë Dans ces s plages sims il ne se Vë ee pas de vais- En section longitudinale nous trouvons dans le bois de Betula: des chées initiales ae ps dex vaisseaux. druide € o ’est-à-dire Sur les parois longitudinales tangentielles, par lesquelles ils sont en ntact les uns avec les autres, les vaisseaux possèdent de très nom- uses et eem ponetuations aréolées, dispondes gi un ordre INEST cette di 2 aréole est elliptique; son grand diamètre, de même longueur que la e ou plus petit, est perpendiculaire à la fente ou parfois oblique. La M eur de ces aréoles est, d'après Solereder s de 09017 mm. Matpionia, anno X, vol. X. oui Houlbert ken) l'aréolation dé la paroi Yaschlaire des Boul est semblable à celle des Salicinées, mais cea plus fine. fibres ligneuses ne possèdent ordinairement aucune trace de ponctuations quelquefois seulement de très petites ponctuations rares et non aréolées. Les trachéides possèdent la même aréolation que les vaisseaux. Les rayons médullaires sont étroits et très allongés, en forme de fu- _ seaux, à 1 rang de cellules à leurs extrémités, à 2, 3 ou même 4 rangs vers le milieu de leur hauteur. Celle-ci est de 10 à 30 cellules, quel- quefois atteignant jusqu'à 40 cellules. On ne trouve que des rayons couchés, c’est-à-dire, à cellules plus allongées radialement que hautes. Les cellules composantes communiquent entre elles par des petites ponc- tuations simples. Leurs parois. en contact avec d'autres formes de tissus, ` prennent les ponctuations de ceux-ci, de sorte qu'elles sont pourvues de nombreuses ou de rares ponctuations suivant qu'elles touchent soit des vaisseaux, soit des cellules de parenchyme ligneux ou des fibres. Quelques-unes des cellules des rayons médullaires, à parois pauvre- ment ponctuées, renferment un petit oursin d'oxalate de chaux. Le parenchyme ligneux se présente, en section longitudinale radiale, sous forme de longues files à 1 rang de cellules; celles-ci sont étroites, longues, séparées par des parois horizontales, pourvues de ponctuation simples. Vers les übres elles opt des ponctuations simples, en fentes croisées deux à deux. Au contact des vaisseaux elles prennent les pone- tuations aréolées de ceux-ci. È Les fibres ligneuses sont de très longues stéréides Gusqà à l mm. dans | le bois d'été). à parois épaisses, incolores ou très légèrement rosées par le réactif genevois, ce qui démontre la présence de cellulose. Leurs ponctuations, petites et rares, sont des fentes rs croisées en X, avec une petite aréole circulaire. l Alnus, sur les faces de contact des vaisseaux entre eux, est plus grande que l'aréole de Betula. D'après cet auteur, l'aréole d’Alnus a un dia- - mètre de 0,0017 mm., tandis que celle de Betula a un diamètre variant E 0,003 à 0,004 mm. : ^ Chez Alnus l’aréole est ronde ou faiblement dree: la fente plus | petite qu’elle. La fente d’une des parois vasculaires est croisée en X ni sur la fente de l’autre paroi. La hauteur des rayons médullaires peut atteindre jusqu'à 40 cellules ; quant aux autres éléments il n'y a rien de nouveau à signaler. | . Le bois des Corylacées présente des différences plus considérables que ne le sont celles qui «distinguent Betula d Alnus. CORYLUS Le bois de Corylus est formé de trachées initiales spiralées, de vais- seaux à perforation scalariforme, de trachéides aréolées, de rayons mé- d ıllaires, de parenchyme ligneux et de fibres. Les aréoles des vaisseaux sont très grandes et si rapprochée” qu ‘elles ont une tendance à prendre un contour hexagonal. Leurs fentes sont très allongées, étroites, plus courtes que le diamètre de laréole. D'une paroi: à l’autre, les fentes de deux vaisseaux voisins sont croisées en X. En contaet avec des cellules de rayons médullaires, les parois vascu- aires sont pourvues de ponetuations faiblement aréolées: la fente, elli- ptique, est presque aussi grande que l'ellipse de l’ aréole. Quelquefois méme à ponctuation est simple. Solereder (62) prétend au contraire que ces ponctuations. sont toujours simples, ce qui ne me semble pas être exact. | Les parois vasculaires contigües à SS fibres lignenses sont dépourvues . de ponetuations. Les perforations scalariformes montrent, par le nombre maindte de eurs barreaux: 3 à 15, ordinairement 5 à 8, une tendance à la pro- duction de perforations simples. ‘Outre les ponctuations, les vaisseaux x possèdent un I fin A mde. surtout visible sur la section. er ais aussi important que Sr à fait See SE dans la classification , puisque des études plus récentes ont montré que sa présence dépendait des circonstances dans lesquelles le bois s’est développé (1). | SC Lies rayons médullaires se rapprochent beaucoup de ceux des Bétulées. `" Leurs cellules communiquent entre elles par de petites ponetuations simples et avec les vaisseaux, par des ponctuations plus grandes, simple E . ou très faiblement aréolées. Elles sont re de ponctuations vis-à-. vis des fibres ligneuses. ` Le parenchyme ligneux est formé de files unisériées de cellules Greg dans ux sens de la hauteur et rc les unes des aita mêmes que celles den rayons moa loin Les fibres ligneuses sont semblables à celles des Bétulées. CARPINUS et OSTRYA aussi, d' d'aprés iut une seule s perforation presque égale en | grandeur lumen des vaisseaux. Mais cet auteur SC n'avoir trouvé nne et des prtoratione scala BO Voir P. O. Micnaet, Vergleichende Date über den Bau des Holzes = der Compositeen, Caprifolinceen und Rubiaceen. Leipzig, 1885; et surtout ` RN. ` Verglechentoysteinntische Anatomi ie der Labiaten und Serophariaceen. Ber in, 1886. tra CESARE des vaisseaux CN Car pinus. Së scalariforme ; ‘comme en e en Hesselbarth nn de son Fer soutient l’affirmation vos esclusivo de ine scalariformes. ler? ces ‘divergences de vues, on er affirmer qu'il y a chez les |. Les ponetuations des élóments ligneux sont les mêmes que chez Coi lus. . Outre les vaisseaux, on trouve, à la limite des couches annuelles, i quelques trachéides aplaties , ponetuées aréolés presque exclusivement sur leurs faces tangentielles. Möller (40) prétend n'en avoir. trouvé que ` chez Ostrya, tandis qu 'Hesselbarth' (20) les à trouvées aussi bien chez - Carpinus que chez -Ostrya, opinion dont jai pu m'assurer la véracité. x Les vaisseaux sont pourvus d'un épaississement spiralé, ordinairement pl distinct encore que chez Corylus, caractère qui, comme Ze a été dit, ma pas une très grande importance systématique. ; E Un caractère important, au contraire, réside dans la présence, au sein es des cellules des rayons méduifaires, de rhomboèdres Se? forme RR par sa présence dans le limbe de Corpse et Ostrya, les söpare déjà nettement des autres Bétulacées. Il est curieux ` constater cette persistance de la différence entre les formes cristal- res des deux groupes de Bétulacées, s'affirmer aussi bien dans le bois ; du trone que dans le limbe de la feuille. — T. d : Quant aux autres caractères des rayons médullaires, ils Got semblables A ceux des rayons des autres genres, en particulier de Corylus. Il en est ` de même aussi quant au en ligneux et aux fibres. x: cua woran. Avant de passer à l'étude ge We il nous E dire quelques get? 4 de la moelle chez les puit s e gr ce Lu Chez Betula elle est composée de cellules cyliudriques à parois for- tement épaissies, peu colorables par le réactif genevois et laissant entre | elles des méats. : Ces cellules sont isodiamótriqüds ou le plus souvent plus hautes que i: larges et communiquent entre elles par des ponetuations simples, tra- versant toute l'épaisseur de la membrane, sous forme de canalicules. Les cellules médullaires contiennent de nombreux et petits grains. . d'amidon. a Kassner (28) a déjà indiqué que Betula alba, Carpinus Betulus et — Almus glutinosa ont une moelle homogène, qui est insoluble dans l'iode et l’acide sulfurique, lequel la colore en jaune ou jaune-brun; le chloro- iodure de zinc la colore de même en jaune ou jaune-brun. Avec ces cellules, s'en trouvent d'autres renfermant un petit oursin d'oxalate de chaux et dont les membranes sont restées minces. | Prés des trachées initiales, les cellules de la moelle sont beaucoup plus étroites et plus longues que celles du centre; elles enfermo aussi des grains d'amidon. Ee La moelle d’Alnus est très semblable à celle de Betula: il y a cepen- dant une tendance à un plus faible épaississement des parois cellulaires. Chez Corylus la moelle est formée, au centre, de cellules à parois minces ou très peu épaissies. Près des vaisseaux on retrouve une gaîne - de cellules plus épaissies, quoique moins que chez Betula, et en section longitudinale un peu plus hautes que larges. Les premières au contraire sont aplaties dans le sens de la hauteur. SE La moelle de Carpinus et Ostrya se rapproche de celle d’Alnus; ses cellules sont épaissies et possèdent peu de ponetuations. En section lon- gitudinale elles sont isodiamétriques ou un peu aplaties. Gris, dans son étude sur la moelle des plantes ligneuses (15), a déjà indiqué que la structure de la moelle de Corylus s'écarte notablement de celle de Carpinus et Ostrya, mais i n'a pas indiqué quelles en sont les différences. Cette distinction est pour lui un argument en faveur de établisse ment de 2 tribus dans la famille des Corylacées, division qui, comme Y il le dit, a été proposée par A. de Candolle. he la moelle des Fu à SS x CN quil à examinées. D'après lui, chez Betula toutes les cellules en renferment, tandis que - hez Alnus et Carpinus les cellules tannifères sont généralement dispo- des en séries longitudinales plus ou moins nombreuses. C. LIBER E Le liber du tronc de Betula se compose de tubes criblés avec leurs lules annexes, de parenchyme libérien et de rayons médullaires. gs peu eria. sont placés dans le pene des tayon mé- ‘section nni sont arrondies ou -allongées radialement. En section longitudinale. elles ont identiquement la même forme que celles es rayons du bois, dont elles sont le prolongement. Ces rayons médul- res sont à 1, 2 ou 4 files de cellules. Le parenchyme libérien coupe les rayons à à angle droit; il Si fóriné e cellules étroites et pA Een ER horizontales, beure.| e nctuations, tandis que leurs parois Linie SSC de SEN ponc- rsale ce sont des cellules isodiamé- t cellulosiques. Les xalate Ja ions simples. En section transve ues ou étirées tangentiellement; leurs parois son cellules du parenchyme libérien renferment de petits cristaux d'o de chaux en oursins ou en rhomboèdres. Il forme des bandes tangen- tielles à à 1, 2 et jusqu'à 4 rangs de cellules. Le parenebyme liberien 0 et les rayons médullaires sont bourrés de très bonne heure de la même ` stance résineuse qui remplit les vaisseaux du bois de coeur. Les tubes criblés sont allongés, à parois minces, à à large lumen. Leurs parois transversales sont fortement inclinées et pour vues de ponctuations criblées. Les parois radiales des tubes criblés sont de même recouvertes de plaques criblées, de telle sorte que les partie plaques les unes des autres, forment comme de minces scalariformes. Des plaques eriblées semblables et pem fines se trouvent. Sur les parois tangentielles. ` Š x s de membrane séparant épaississements Are Tage, b ier Me le die d'une Kee en: c’est-à-dire que les éléments qui le composent E Por à e jusqu’à oblitérer complètement leur iumen. J. Vesque (64) à donné une très bonne description de ce phénom | pour Betula alba. Comme cet auteur l'a montré, les parois épaissies d cellules conservent de nombreuses ponctuations simples , canaliculées.- Certaines de ces cellules se remplissent de gros cristaux rhomboïdaux, | 3 en quelque sorte empâtés dans la masse cellulosique. Ce sont les tubes criblés qui subissent les premiers cette selérification; ils portent enco leurs eribles terminaux, alors qu'ils forment déjà une masse compacte. Il arrive cependant qu'une aire libérienne, quoique très &gée et com- plètement entourée d'un tissu sclérifió, reste parfaitement intacte. Les rayons médullaires, au contraire, demeurent à l'état vivant. dans toutes les parties, même les plus âgées de l'écorce; ils traversent même souvent des masses selérifióes considérables sans se modifier aucunement Chez Alnus, le liber est semblable à celui de Betula; les rayons mé- dullaires sont cependant en général à 1 rang de cellules, tandis que chez Betula ils sont souvent à 3 ou même 4 rangs. Les rayons médullaires et les cellules de parenchyme libérien con- tiennent, comme chez Betula, une grande quantité de résine. Avec l’âge, le liber subit une même selérification que celui de Betula. Le liber des Corylées se distingue à première vue de celui des Bé- tulées par la présence de fibres libériennes; les rayons médullaires situés entre les paquets de fibres se sclérifient aussi trós souvent. Ces fibres sont des stéreïdes allongées, apointies aux deux BEN et op vues de petites ponctuations rondes. | Quant aux autres éléments du liber, ils sont EE dans los deux groupes. On trouve souvent dans les tubes criblés des parois à ópaissis- ^ sements réticulés dont les mailles sont criblées; cette structure se re- présente du reste chez les Bétulées. | D. PÉRICYCLE Il se forme de bonne heure, déjà dans la première année, dans | péricycle du tronc des Bétulacées, des faisceaux isolés de fibres allongées ou stéréides à lumen oblitéré. Un peu plus tard, des cellules se selé- - rifient à leur tour entre ces faisceaux fibreux, de manière à produire uh anneau selérenchymateux complètement fermé. Quelques-unes des cellules sclérifiées renferment, empátés dans leur masse, de gros cristaux no d’oxalate de chaux, soit en oursins, soit en rhomboèdres. Toutes possè- E dent de nombreuses ponetuations canaliculées. Lannen est le plus souvent fermé dès la première année, tandis qu'ailleurs, mais très ra- rement, la sclérification des cellules pierreuses ne commence que plus dard, quelquefois dans la 7."* année (B. glandulosa). E. ECORCE SC L'épiderme des Bétulacées présente essentiellement la méme structure que celle qui a déjà été décrite pour le pétiole, c'est-à-dire cellules E, épidermiques A surface externe curviligne, fortement cutinisées. Dans le tont jeune âge, l'épiderme porte les divers poils qui ont été indiqués à propos du pétiole, y compris les poils glanduleux. L'écorce est composée de collenchyme sous l'épiderme, et de subeollenchyme, plus ou moins laeuneux, prés du liber. Ces deux tissus renferment de gros cristaux d'oxalate de chaux, soit en oursins, soit en rhomboédres. Ils conservent | pendant longtemps leur contenu chlorophyllien, puis finissent par le remplacer par une substance rouge-brun, la móme probablement qui remplit les premières couches du liège, les vaisseaux du bois de coeur et le liber. | F. PÉRIDERME Dans tout le groupe des Cupulifères le périderme se forme dans la couche corticale sous-épidermique. _ Comme type, j'étudierai la formation | (Betula alba). š ; Kec : é | Dès la première année, la couche hypodermique fonetionne comme phellogène et donne en dehors un certain nombre de rangs de cellales — © de liège (5-15), cellules très aplaties, disposées en files concentriques et ` ` du liège chez les Bouleaux X En dedans le phellogène ne découpe pas de phelloderme, ce qui est le cas le plus fréquent, ou, suivant les espèces, n'en forme qu'une ou deux ` assises, à cellules conservant une paroi cellulosique. Sur les troncs âgés, ` le phelloderme produit n’est jamais considérabie. L'épiderme se déchire bientôt, mais reste encore quelque temps av anto d'être complètement exfolié, c’est-à-dire vers la troisième année. Les premières cellules de liège formées au printemps ont des parois plus minces que celles qui sont détachées en automne; la couche la plus interne, située immédiatement contre le phellogène, est celle dont ` les parois cellulaires sont le plus épaisses. Les années suivantes la même formation recommence, donnant d'abord - un certain nombre de couches cellulaires à parois minces, puis quelques eouches à parois épaisses. Les couches à parois épaisses formées précé- demment, extérieures par conséquent, s'aplatissent successivement, en prenant un contenu rouge-brun. Les parois des cellules du liège sont toutes subérifiées. D’après Mö ler. (39), ce qui est exact, le liège atteint chez Betula alba une épaisseur de 3-4 mm. et se divise en 20-40 lamelles minces, dont chacune se com- ` pose, à l'intérieur de quelques couches à parois épaisses et à l'extérieur de couches à parois minces, moins aplaties que les premières. Dès la troisième ou quatrième année, les formations annuelles précé- demment produites deviennent indistinctes; celles de la première année entre autres n’existent‘ plus que comme une mince pellicule, sans traces distinctes de lumens. La couche de la deuxième année est un peu trans- formée; elle ne présente plus de différence d'épaisseur entre les zA des diverses cellules. " Hóhnel (23) a émis l'idée que ce dernier phénomène était dà, non pis A à un épaississement des parois minces, mais à un amincissement des parois épaisses, occasionné par la croissance en épaisseur du bois et de l'écorce. Les cellules à grand lumen pourraient ainsi, grâce à ce même lumen plus large radialement, suivre facilement l'ensemble de la pres- sion, sans déchirure de leur paroi, tandis que les cellules à parois épaisses éprouvent une extension de leurs parois. hits les cellules d’une même che Sie et il en résulte que la distinction entre les diverses couches ne peut plus se faire. Ce qui vient à l'appui de cette manière de voir, c’est le fait que les cellules à parois minces ont, au début, ces mêmes parois, non pas planes tangentiellement, mais courbées en arc. Par l'extension, ces parois de- viennent dans la suite parfaitement droites, cela par conséquent sans ocqasionner d'étirement des parois cellulaires. Primitivement isodiamétriques, les cellules du périderme deviennent, | par cet étirement, allongées, fusiformes vues de face. Il n'y a ordinairement que les couches successives d» 3-4 ans qui restent attachées aux branches, toutes étant colorées en rouge-brun, à b exception ordinairement des plus jeunes. ! Le liège des troncs âgés se compose de couches alternantes, chacune d'environ 10 rangs de cellules. Les 2-3 cellules plus externes sont à pa- rois minces, les plus internes étroites et à parois épaisses. La limite e ces deux couches n'est cependant pas distinctement tranchée. En automne le dernier rang de cellules formé est celui dont les parois sont le plus épaisses. ` La décortication du liège se fait successivement selon les couches annuelles, quelquefois deux couches se séparant ensemble, montrant en dehors leurs cellules moins aplaties à parois minces, en dedans leurs cellules tabulaires à parois épaisses. Les quelques couches formées dans les premióres années du dévelop- pement du liège sont les seules qui possèdent un contenu rouge-brun. Sur les grosses branches et sur le tronc, elles sont bientôt éliminées pour faire place à des couches annuelles semblablement conformées. . Celles-ci contiennent dans leurs cellules externes à parois minces, et par- x fois, mais en faible quantité dans les cellules internes, une grande quan- tité de substance d'un blanc crayeux, la bétuline. Cette bétuline revêt les parois intérieures des cellules sous forme d'é- paississements annulaires, qui sont séparés les uns des autres par de très fins espaces. Ceux-ci, sur le liège, vu de face, paraissent tout d’ abord être autant de fentes longitudinales. bisse de E sions que dans les cellules à parois minces. Par décortication d'une e externe, pe cellules à bétuline d'u qui donne au Bouleau son aspect particulier. L'enduit de bétuline est fixé assez solidement au tronc, et comme cette substance est complétement insoluble dans l'eau, elle n eet entraînée facilement par la pluie. D’après Hóhnel (23), opinion que je crois juste, la bétuline a pour Bouleau une grande importance biologique. Elle est en effet un moyen de protection des plus efficaces contre li aa ou méme la CR des EE ou Siria ainsi q i De CER " bétuline est trós capable de ebe aux influences ext | rieures, ce qui entraîne le fait qu'une très grande quantité de couches de liège peuvent rester attachées sur le tronc, tandis que sur les branches il n'en reste que 3-5. . Sanio (57), en étudiant le EE du liège de Betula verrucosa n’attribue pas la couleur blanche de ce liège à une substance renfermée dans les cellules, mais à de l'air contenu dans les cellules tabulaires du liège. Les observations ultérieures, en particulier celles de Höhnel (23), ont eu vite raison de cette theorie qui n’est pas admissible. La betuline est un principe cristallisé que l’on peut retirer directo Se du ri du E en I Regie e l'alcool ou Pines Si d ustique la eolore en jaune. ta solution alcoolique de bátulias, bestie ` l'eau, l'acide nitrique ou l'aeide sulfurique , donne un précipité isâtre. È Ke Etudiée déjà à plusieurs reprises (!), au point de vue chimique, la bé- ine n'est pas encore ‘complètement connue quant à sa constitution. Hausmann (loc. eit.) lui accorde la formule suivante: C/? H“ O°, tandis ue Wileginsky admet une formule ini 2 Cu H** 02 + H? O2. De nouveaux travaux seront donc né élucider cett question - Pour l'extraction de la bétuline pure, EBENEN ainsi que pour des | cations plus eomplétes sur cette substance, je renverrai à l'article blié par Edme bur dans la Grande Encyclopédie T assise subéro-phellodermique shui à à certaines places , non-pas les cellules de liège, mais des cellules parenchymateuses , arrondies, à parois minces, cellulosiques, laissant entre elles un grand nombre de méats. Hi tissu parenchymateux soulève l'épiderme et le déchire. La lenticelle > la fin de la période végétative, une couche de 4-5 cellules de liège A Kë ( E nt. et Wie, Deutsch. Ch. Gotach. 1870, d i: prio . Analyse de l'é piderme du ne E i 545. ` Gueux, Handbuch der Chemie, V. T8. — Hausmann, Liebiys An. der Ch, t. CLXXXII, 368. Journ. für prakt. chem., t. XVI, 161. ^i t. VIE 54. ^ Pflanzenstoffe, p. 1067. s pn AB. qe 1788 t. IL, p. 312. Rocurener, Phytochem pus 207 et 348. Wu potgest, Soc. eha i VII, p. 310 et 451 enne, Pull. soc. fe XXVIII, p PME I de longues bandes étroites de couleur brune, qui tranchent fortement sur le liège blanc du Bouleau. s A cet état les cellules de la lenticelle sont dissociées en partie et oni des parois subérifiées, ce qui leur donne leur apparence brunâtre. Les débuts du fonctionnement de l'assise subéro-phellodermique sont . les mêmes chez Alnus que chez Betula; les lenticelles s’y forment aussi de la même manière. Mais chez A/nus la différence entre les cellules formées au printemps ou en automne est moins grande, de sorte qu'il k n'y a pas dans la suite du développement, décortication en lamelles ZUR De plus, il n’y pas production de betuline. Y Il y a du reste des Bouleaux (Betula nigra, B. Murithii. ete.), qui ne produisent point de bétuline. Toutes ees causes réunies font que l'infection par des champignons ou d’autres organismes est rendue beaucoup plus facile que chez le Bouleau commun, ce dont on peut s'assurer facilement en examinan le liège au microscope. Le périderme d’Alnus peut subsister très longtemps sur l'arbre. Müller (39) dit avoir observé chez A. incana un périderme d'au moins 12 ans. Les lenticelles ne sont pas, sur les trones adultes, étroites et très allongées, mais plutôt circulaires, irrégulières. Chez les Corylus la différence entre les cellules du liège produites | au printemps et celles produites vers la fin de l’activité de la même année est très nette. Les couches annuelles se composent alors d'un cér- tain nombre de cellules externes à parois minces, peu aplaties, quelquefo d même isodiamétriques et de cellules internes tabulaires, à parois épaisses. C. rostrata paraît présenter, dans l'échantillon que j'ai eu à ma dis- position et qui provient de l'Herbier Delessert, une anomalie, peut-être ! ge sont en effet. trós stand: le. KE rang formé au printemps est à sallulee plus allongées radialement que i larges; les autres sont à cellules isodiamétriques ou légórement aplaties. A la face interne de la couche annuelle, l'aplatissement est maximum, mais nulle part les cellules ne sont à parois épaisses. e | Cette structure particulière donne au liège de cette espèce une grande fragilité, d’où résulte qu'il part très rapidement en lambeaux irréguliers. Je n’ai pas trouvé dans ce liège le contenu brun caractéristique des autres i 23 | espèces. "e . Malgré son apparence ARTE re le liège de C. rostrata peut être . envisagé comme un développement exagéré d'une tendance générale dans le genre et qui entraîne l'exfoliation en lambeaux du liège sur les Gi ches de plusieurs années et sur le tronc. S . Le liège de Carpinus et Ostrya montre la plus grande similitude, dans — ^. son développement et son histologie, avec celui des Bétulées, en parti- ua d’Alnus. Le liège prend très rapidement le contenu brun com- + mun à à toute la famille. d ue Les lenticelles des Corylées se forment comme celles d’Alnus. De même qw Alnus, les Corylées ne produisent pas de betuline. | ^y | CHAPITRE III. CONSIDÉRATIONS SYSTÉMATIQUES. L'étude analytique générale des Bétulacées terminée, il est bon de ` revoir, en les groupant, les caractères gea importants qui Dier ` servir à la classification anatomique des Bétulacées. ` T .. Cette famille est des plus intéressantes, car les caractères anatomi- E ques des divers genres sont assez nettement tranchés, tout en offrant — des termes de passage qui peuvent nous renseigner sur leur filiation. Le type Betula paraît être le plus ancien de la série. Chez lui, en P effet, le faisceau libero-ligneux de la feuille conserve sur toute sa lon- - gueur la même disposition en arc, de forme différente selon les espèces, T i mais partout ouvert. Chez toutes les espèces la cuticule du limbe est très faible: el ; les cellules épidermiques, toujours mucilagineuses, ont leurs parois inté- rieures très minces. Partout aussi on retrouve les mémes poils unicellu- laires à parois épaissies et les poils glanduleux, à pédicelle formé d'un assez ` rt grand nombre de cellules à parois sclérifiées et supportant une tête aplatie. Le mésophylle est, dans tous les cas, distinctement bifacial et n ferme dans son intérieur de petits oursins d'oxalate de chaux. | Les seules différences un peu considérables que l'on puisse noter quant. aux espèces, proviennent de la forme de la nervure médiane, vue en. section transversale. Il semblerait que la puissance de différenciation s "est. portée chez Betula de préférence sur ce caractère, en laissant aux autres parties de la feuille leur disposition primitive. Alnus, contrairement à Betula, présente une variation bien autrement — considérable ; .. Tout d'abord, le caractère le plus important qui ha dans la feuille de ce second genre, est celui d'avoir un faisceau libéro-ligneux, non ` _ plus sous la forme d'un are ouvert à sa partie supérieure, mais pré- sentant un aspect tout différent, c’est-à-dire formé à la face inférieure ; da un anneau fermé, surmonté d'un are ouvert plus petit. RECHERCHES SUR L ANATOMIE fe, ETC. Ce caractère, qui sente absolument à l’epharmonisme, aber complètement Alnus de Betula si des formes de passage n’existaient. C’est d'abord le cas d'A. Brembana Rota, une espèce tessinoise dont on a fait une variété naine à feuilles plus petites d'A. viridis, et qui possède dans toute la longueur de sa feuille un faisceau ouvert du type Betula (B. corylifolia). En outre, le faisceau double (fermé et ouvert) ne se produit que sur une longueur plus ou moins considérable suivant les espèces. Sauf chez A. serrulata, toutes les espèces ont dans leur pétiole, à la médiane, un faisceau encore ouvert. Chez beaucoup, chez la plupart même des espèces, il est encore ouvert à la caractéristique. Il n’est fermé que chez À. firma, A. Jorullensis, A. glutinosa, A. nepalensis, A. serrulata, qui peuvent i ; être comptés parmi les Alnus les plus évolués, tous, sauf À. serrulata, possédant un hypoderme. De plus le faisceau fermé de la base du limbe s'ouvre E ou moins haut suivant les espèces. Chez À. rubra, A. orientalis, A. viridis, À. ma- ritima, l'ouverture se fait très rapidement et ces mêmes espèces peuvent être rangées parmi les Alnus représentant le type le plus ancien, puisqu'aucune ne possède d'hypoderme. _ L'étude du pétiole jeune vient confirmer cette manière de voir. En . effet dans les espèces qui, comme A. glutinosa et A. corylifolia, ont dans la feuille adulte un faisceau fermé, le pétiole renferme au contraire, dans sa jeunesse, un faisceau ouvert du type Betula. ; Une tendance nouvelle aussi chez Alnus, caractère qui, de plus, est ‚special à ce genre, est la production d'un hypoderme, de forme un peu. différente suivant les espèces. Cet hypoderme remplace toujours l'épi- derme, alors formé de petites cellules, dans sa fonetion de produetion de mucilage. La moitié environ des espèces d’Alnus possèdent cet hypoderme, qui, bien certainement, indique un stade évolutif plus élevé. ` La cuticule est, dans le limbe, ordinairement plus forte que chez Betula, ce qui est en rapport avec la tendance à la disparition du mucilage. A. serrulata, A. rubra, A. cordifolia, A. japonica, A. maritima, espèces sans hypoderme, à faisceau en général fermé sur une faible lon- gueur, ont des cellules épidermiques rappelant beaucoup celles de Betula. . 27. Malpighia anno X, vol. X. ia cana sodi bis. petites chez A. orientalis, A. rembak — suaveolens. Chez A. firma et A. oblongifolia il n'y a plus de mucilage, même dava T tendance très forte à allonger les cellules en papilles. Avec l'hypoderme un nouvel organe apparaît, sans dépendance toute- fois avec le premier. Je veux parler des poils unisériés tantôt seuls, tantôt mélangés avec des poils unicellulaires tels qu'on les rencontre chez tous — les Betula. co Nous avons ici un nouvel indice de la phylogénie des Alnus. Che A. cordifolia, A. viridis et A. Brembana on ne trouve que des poils unicellulaires; de plus, ces trois espèces ne possèdent pas d hypoderme et ont leur faisceau fermé sur une très faible longueur, ou compléte- ment ouvert dans toute la feuille. Ce sont peut-être par conséquent, par tous leurs caractères, des espèces prototypiques qui répètent la forme ancestrale d’où sont dérivés les Alnus, à partir d'une souche Betula. Chez A. orientalis et A. rhombifolia, la première espèce sans hypo- derme, la seconde avec hypoderme, on trouve à la fois des poils unie cellulaires et unisériés. Enfin chez A. nepalensis, A. pubescens, A. incana, A. glutine A Jorullensis, A. elliptica on ne trouve que des poils unisériés. Lês autres caractères de ces espèces, ajoutés à ce dernier, en font certainement les Alnus les plus évolués. Les poils glanduleux rapprochent Alnus de Betula et onsite ae distinguer dans la famille des Bétulacées le groupe des Bétulées, clas- sification qui s'accorde du reste avec la morphologie de ces genres. Le mésophylle renferme des oursins petits en général, mais plus gros chez À. glutinosa et A. maritima, comme ils le sont chez les Corylus. A. maritima, étant un type inférieur, est peut-être le descendant dire d'un type ancestral ayant donné naissance aux Corylus. La conelusion que l'on peut tirer de cette courte révision des car _ ractères les plus saillants d ' Alnus, c'est que ce genre, sans doute dé- rivé d'une souche semblable à Betula, à marché dans une direction a A: | que e ce T genre. De pui la différenciation, BEE qui in- — que un stade plus évolué, a marché dans des directions assez variées, amenant dans les types supérieurs comme A. nepalensis, qui parait être l'espèce la plus évoluée, la production d'un hypoderme, de poils unisériés et de papilles à l'épiderme inférieur. En même temps Alnus montre une tendance à la disparition du mucilage et au remplacement des poils unicellulaires par les poils unisériés. Les Corylées nous présentent une série qui se rattache étroitement x Bétulées, dont elles ont la plupart des caractéres. Le genre le moins éloigné des Bétulées, celui qui forme le passage entre Alnus et le genre le plus évolué, c'est-à-dire Carpinus, ce terme le passage est le genre Corylus. | Le faisceau libéro-ligneux est semblable, dans la moitié inférieure du limbe, chez Corylus et Alnus. La différence se fait sentir dans le pétiole, non point à la caractéristique, mais à la médiane, qui donne chez les Bétulacées un caractère distinctif bien plus précis que la ca- ractéristique elle-même. | : Les faisceaux distinets de l'initiale confluent à la médiane, pour donner naissance à un cercle libéro-ligneux fermé, unique dans la plu- | part des cas, rarement accompagné, non pas d'un faisceau ouvert, mais "un second faisceau plus petit et fermé. La différence est done des plus nettes et suffirait à elle seule pour inguer immédiatement un Corylus d’un Alnus, genre chez lequel la n édiane possède, presque sans exception, un faisceau ouvert comme chez Betula. Quand il est fermé (A. serrulata), il possède déjà la structure la caractéristique. Chez Corylus, le faisceau libéro-ligneux de la caractéristique est Semblable à celui du limbe dans le même genre et chez Alnus. Il s'ouvre toujours assez haut dans le limbe. : ‚ Corylus est, par conséquent, le genre de Bétulacées qui a son faisceau. mé sur la longueur la plus grande. "LA tendance à la perte du mucilage, sita visible chez PE d'accentue davantage chez Corylus, puisque seuls C. rostrata et C. ame- ricana Patio un Szen E SEW à celui de Betula. génie du genre Corylus, l'épiderme en offre un autre de la plus hat ; importance au point de vue systématique. Je veux parler des poils gla duleux, caractéristiques par leur pédicelle à 3 files de cellules, et qui suffisent pour distinguer immédiatement un Corylus d’un genre von La diversification des poils, déjà plus avancée chez Alnus que ch Betula, atteint son maximum de développement chez Corylus, puisque genre est arrivé à produire 4 espèces de poils. Deux se sont conservés | chez lui et indiquent sa parenté avec Alnus: ce sont les poils unicel lulaires et les poils unisériés, ceux-ci jamais exclusivement seuls. La quatrième espèce de poils est constituée par ces émergences glandulai si curieuses, que l’on trouve surtout sur le ans et qui in un tendance particulière des Corylus. Dans le mésophylle, toujours distinctement bifacial, on trouve ces gros oursins d'oxalate de chaux, qui donnent au genre sa physionom anatomique toute particulière. Comme je l'ai montré, ces gros oursins sont remplacés dans les deux genres précédents par des oursins même sel, mais beaucoup plus petits. Deux espèces d’Alnus seulemen en possèdent de semblables à ceux des Corylus. | La forme de la nervure médiane du limbe, vue en section iram. sale, si diversifiée chez Betula, déjà plus fixée chez Alnus, l'est enco! davantage chez Corylus. A la face inférieure elle a la forme cun vessie; la face supórieu est soit invaginée, soit évaginée. Enfin, un dernier caractère distinctif important de Corylus consiste : dans la sclérification des rayons médullaires libériens, épaississement qui commence déjà dès la caractéristique et qui a pour effet de div Si le liber en îlots distincts. _ Corylus semble donc dériver d'un type voisin d’Alnus, si ce n'est d E lui-même, type ayant déjà fermé son faisceau libéro-ligneux. 8 ypoderme. Ce type s'est à coup sûr produit très tardivement et possé- dait déjà les poils unisériés, mais encore mélangés à des poils unicel- - lulaires. La seule différence, fondamentale il est vrai, qui sépare ces deux genres, est celle qui repose sur les poils glanduleux. I] est curieux i de voir que dans les deux genres des Bétulées ces poils sont identi- | quement les mêmes et se sont conservés tels, jusque dans les espèces les plus évoluées. x ‚Un fait est cependant assez frappant dans l’histogénie de ces divers = poils. Au début de leur formation les mêmes cloisonnements se produi- | Fi sent et donnent naissance en particulier à ces cellules-filles latérales, . pyramidales ou eunéiformes, qui paraissent servir de soutènement à l'é- . difice. Peut-être est-ce là un souvenir atavique de la parenté primitive . des divers genres de Bétulacées. Gr. De plus, comme je l'ai montré, tous ne sont pas de la même épaisseur Se | dans toute leur longueur. On en trouve, qui, avec un pédicelle semblable, E possèdent une tête sphérique. Peut-être est-ce une forme intermédiaire & ; entre le poil glanduleux de Betula et le poil typique de Corylus ? È Quoique anatomiquement Corylus soit très voisin d’Alnus, les diffé- . rences morphologiques qui les séparent sont si grandes que les indica- . tions phylogéniques ci-dessus peuvent laisser quelque doute. rar Le genre Carpinus a été divisé par les systématiciens en trois gen- res: Carpinus, Distegocarpus et Ostrya. Anatomiquement ces trois genres sont impossibles les caractères leur sont communs. La course des faisceaux libéro-ligneux vi pour distinguer ce genre des précédents. . Malgré son apparente variation suivant les espèces, u néral peut être dressé. Les faisceaux distincts de l'initiale se rappro- chent à la médiane. Ils y restent complètement distincts ou soudent leur liber en un anneau fermé. Au-dedans de cet anneau, les faisceaux, ligneux ne sont pas soudés en un cercle continu, mais demeurent dis- tinets, caractère qui marque la tendance du genre. Cette tendance est toutefois déjà indiquée, quoique faiblement , chez quelques Corylus (C. tubulosa, C. Avellana, etc.). à différencier; tous ent encore icilà notre aide n schéma gé- même possède déjà cette disposition à la caractéristique. En tout cas le maximum de longueur de fermeture du faisceau li .ligneux est atteint par Corylus. Carpinus a, dans ses allures phy _ niques, la tendance à la fragmentation de ce même système. L'épiderme du limbe n’est ordinairement pas mucilagineux chez € pinus; la tendance à la perte du mucilage s'accentue par conséqu La tendance à la sinuosité des cellules épidermiques de la face férieure du limbe est beaucoup moins marquée que chez Corylus; le cellules sont plutôt polygonales, légèrement sinueuses. | On ne trouve pas chez Carpinus (sauf Ostrya carpinifolia) de poils. unisériés; l'épiderme ne produit que les poils unicellulaires, typiques f Betula et des poils glanduleux, à pédicelle formé d’une file de celluk qui sont caractéristiques pour Carpinus. Les débuts du cloisonneme de ces poils montrent une origine commune avec les poils de Coryl et des Bétulées, puisqu'il y a quelquefois formation d'une de ces el sons obliques latérales, qui ici n'ont plus de raison d’être et doivel être considérées comme un caractère atavique. 2 ; Dans le mésophylle, toujours distinctement bifacial (sauf chez O: carpinifolia où il est centrique), se trouvent de gros rhomboèdres late de chaux qui remplacent les gros oursins de Corylus. Ces rho boédres sont ici un caractère systématique de première importance, q! permet de séparer Dee et les genres Oena a de Gi e Betulees. ; La nervure médiane du limbe, flottante chez Cor, ylus, est chez pinus complètement fixée quant à sa forme extérieure. A la face inf i rieure elle a, vue en section ns la forme d'une vessie; la face supérieure est proéminente. Le liber est, comme chez Corylus, divisé en ilots, caractóre qui par conséquent distinctif des Corylées vis-à-vis des Bétulées, où les médullaires libériens sont à parois minces, cellulosiques. - i 3 L'étude du pétiole jeune montre que la souche de Corylus et de _ pinus paraît être la même, ou que Carpinus semble dériver d'un | _ deux genres. de ee _ Cette dernière Deet dës être la meilleure; En effet, le fai- sceau libéro-ligneux de la médiane est quelquefois semblable à celui d’un Corylus. On peut de la sorte rapprocher Carpinus viminea et C. — Caroliniana de Corylus tubulosa. Les poils glanduleux sont en outre a plus semblables à ceux de Corylus qu'ils ne le sont de ceux des Bétu- — les. Jai trouvé mème, comme je l'ai dit déjà, chez Corylus Avellana un poil glanduleux anormal à pédicelle unisérié, ce qui serait un point de rapprochement. | Les oursins, toujours gros, de Corylus sont homologues des rhombo- _èdres de Carpinus. Si Seule, la présence des poils nia à l'exclusion des poils uni- sériés, peut laisser quelque doute sur la filiation de Carpinus a partir i d un Corylus. D'après les caractères anatomiques du limbe des Bétulacées et comme résumé des conclusions systématiques précédentes, on peut dresser le ta- bleau systématique suivant: Tabelle systématique basée sur l'anatomie du limbe. A. Faisceau ouvert à la nervure médiane UI, Betula 1) Trichomes bétuloïdes Rayons médullair es li- Alnus böriens cellalosiques, à EN ju parois minces. Oursins dans le mésophylle ` | 2) Trichomes à pélicelle triscrié. Rayons peris ipe: ti- ( Corytus bériens sclérifiés | 3) rca à pédicelle Carpinus : unisérié Rhomboédres s | Rayons m édullaires li- SE ocarpus bériens sclérifiés. 7 B. Faisceau fermé avec petit faisceau ouvert. TO) ha sections doivent ètre faites dans la moitié inférieure du limbe, ou même plus près de la base. : anat ique du. tron itae Dess des Fonran | Pant uberensen soit la systématique, soit la phylogénie des Bé | lacées? C'est ce qu'il nous reste à examiner. GC Je commencerai par l'étude du bois. Le caractère commun des Bétulacées est de posséder des vaisseaux disposés en files radiales à éléments plus ou moins nombreux. Che toutes, caractère qu’elles ont en commun avec les Quercinées, il y à production de perforations vasculaires scalariformes. Ces perforations sont exclusives chez Betula, Alnus et Corylus, ce dernier genre mon- | trant une tendance très forte à la disparition des barreaux de la per- Se foration. Cette tendance atteint son maximum d'intensité chez Carpinus et Ostrya, où l’on ne trouve en général de perforations- scalariformes que dans les environs immédiats de la moelle, c’est-à-dire dans le bois de première année. Ce dernier fait semble prouver que primitivement les Corylées pos- | sédaient dans tout leur bois des perforations scalariformes, mais qu’el- | les les ont remplacées dans la suite de leur evolution par des perfora- | tions vasculaires simples et que c’est peut-être par persistance atavique = que les perforations scalariformes se reproduisent dans le tout jeune âge du bois. RE Les ponetuations seija des. vaisseaux, petites chez Betula, sont è . plus grandes dans les autres genres, surtout chez les Corylées où les ET aréoles, trés Weber et contigües, tendent à prendre un contour hexa- gonal. | Les rayons midollo ES toujours E chez les Bétulacées (de 1-3 rangs de cellules). Les cellules communiquent entre elles par des ponctuations simples. Chez Betula et Alnus les vaisseaux possèdent, vis- à-vis des rayons médullaires et du parenchyme ligneux, des ponetua- tions aréolées; chez les Corylées, au contraire, ces mêmes RSC sont simples ou très faiblement aréolées. Les rayons médullaires et le parenchyme EE scali ces. mêmes ponctuations. La présence de petits rhomboèdres d'oxalate de chaux dans les cel- lules de rayons médullaires chez Carpinus et Ostrya, présence sur la- j'ai déjà insist, - ractère systématique qui nous à déjà servi pour le limbe. . L'anatomie systématique basée sur le bois a déjà été tentée, non pour les Bétulacées seules, mais pour l'ensemble des Quercinées, entre autres r Houlbert et Solereder. L'étude du « plan ligneux » c'est-à-dire « l'agencement relatif de us les éléments du bois » des Bétulacées a conduit Houlbert (26) à rouper en une même section, celle des Betuloides, qu'il rapproche des N alicinées, les Bétulacées, les Faginées et les Corylacées, tandis q'une seconde section, celle des Castanoides, renferme l’ensemble des Querci- nées, à l'exception des Fagus. | Cet auteur range les Fagus avec les Bétulacées, parce que la plupart | hétres américains (Fagus obliqua. F. betuloides, F. antarctica, ete.) produisent dans leur bois tous les caractères des bouleaux, tandis qu'au contraire F. sylvatica et F. ferruginea possèdent certaines ressemblances avec les Platanes (1 N Les deux sections faites dans les Cupulifères ont en commun plusieurs caractères: tendance des vaisseaux à se grouper en bandes radiales sé- ` parées par des bandes de fibres; nombreux rayons médullaires. « Mais tandis que ceux-ci sont simples et étroits dans les Bétuloïdes, ils peuvent au contraire dans les Castanoïdes, et notamment dans le genre Quercus, atteindre une très grande largeur, et ce fait permet de distinguer fa- ilement les deux groupes » (2). . De plus, chez les Bétuloides les vaisseaux sont groupés en chaines ra- es simples, tandis que chez les Castanoides ils sont isolés. In ‘est peut-être pas sans intérêt de mettre en regard la classification des Cupulifères d'Houlbert et celle de Solereder (62) basées sur les ca- ractères du bois. Ces deux systèmes se complètent l'un l'autre, étant élevés, le premier sur le « plan ligneux », le second sur l'histologie des Mikinenti du bois. Peut-être faudra-t-il les remanier quand l'étude (1) On sait que le groupe des Amentacées est des plus artificiels. i L. cit, pag. 152. stalline est remplacée per de petite oursins du même sel, est un EN CS S Si - i Seaton nombreux, 23 1 souvent press en chai-. 3 82 , Tous les eh SE nes jen ; . . Bétuloides E étroits, à 1-8 a : an i 2 SS ses de cellules.” , Vaisseaux rares, iso- Castanopsis d OVE era a . Castanea sf - DI lus grande majorité des rayons ayant | SS a plus gr d y M ix plus de 3 épaisseurs de cellules. . . . . .. . Fagus (en pa 2) Deux espèces de rayons médullaires. . . . , . . . . Quercus Celle de Solereder (°) emprunte ses caractères distinetifs aux div | éléments histologiques du bois. i. Comme je l’ai déjà fait remarquer, l’épaississement spiralé des paro vasculaires qui joue un assez grand rôle dans cette classification, a coup perdu de son importance systématique. Pa - Voici cette classification: wm . L Sur la paroi vasculaire, contre le parenchyme médullaire, xdi vement des ponetuations aréolées; arrangement radial des vai bien marqué; exclusivement des perforations scalariformes; PA | aréolé avec une Gem aréole (Aréole< Fente); pas de rayons laires larges. a) Diamètre de l'aréole vasculaire 0,0017 mm. ....... Bel DI 208 » d 0,003-0,004 1 mm. cr II. Sur la paroi vasculaire, contre le parenchyme médullaire, ues tion simple dominante. arrangement radial des vaisseaux bien marges pas da larges ray médullaires. o L. eit, page 154. () L. cit, page 258-259, a) Trachéides E spiralées; parois Se vaisseaux eei. per- PE rans scalariformes et simples chez toutes les espèces: ) Ostrya, Carpinus, Distegocarpus. b) Trachéides aréolées non spiralées; paroi vasculaire en généra] pas spiralée; exclusivement perforations scalariformes: Corylus. * 2. Prosenchyme simplement ponctué; arrangement radial des vaisseaux; pas de larges rayons médullaires : 'othofagus. 3. Prosenchyme aréolé, souvent trachéidiforme: È a) pas de larges rayons médullaires: Castanea, Castanopsis. b) Larges rayons médullaires: Jg n A. Perforations scalariformes et perforations simples, surtout dans le bois secondaire. Vaisseaux à lumens étroits : Eufagus. B. Perforations scalariformes, le plus souvent seulement dans le bois primaire. Vaisseaux à grands lumens: Quercus. La moelle elle-même donne chez les Bétulacées des indications sys- tématiques, mais ses particularités marquent plutôt des tendances que | des caractères „distinctifs. D'une manière générale on peut dire que les cellules médullaires ont des parois plus épaissies chez Betula que dans les autres genres et que . Corylus possède une moelle à éléments non épaissis. Alnus et Carpinus seraient le terme intermédiaire. Le liber n'offre qu'un seul caractère systématique pouvant différen- cier les Bétulées des Corylées. C’est la présence dans ce dernier groupe de fibres libériennes qui manquent au premier. Cette brève révision des caractères systématiques de l'anatomie du trone montre qu'il est possible de diviser les Bétulacées en deux groupes: Bétulées et Corylées. De plus, aucun caractère anatomique ne permet de séparer Carpinus, Distegocarpus et Ostrya. Ges conclusions sont les mêmes que celles que l'étude de la feuille nous a permis de tirer. Je résumerai dans le tableau suivant l'anatomie systématique du bois chez les Bétulacées, tableau dont quelques indications sont tirées de la classification de Solereder. Be de ponetuations aréolées. Exclusivement des perforations scalariformes. Pas de fibres libériennes. 1) Diamètre de l'aréole vasculaire: 0,0017 mm. 2) Diamètre de l'aréole vasculaire: 0,003-0,004. . B. Sur la paroi vasculaire, contre le parenchyme médullai: surtout ponctuations simples, quelquefois des ponctuations faibleme aréolées. Fibres libériennes. re 1) Perforations exclusivement scalariformes. i SE Cristaux d'oxalate de chaux en oursins, dans les cellules de rayons médullaires. Moelle formée de cellules à X Seton minces corki . 9) Perforations simples et perforations scalariformes. ` Rhomboèdres dans les rayons médullaires, Carpinus. Moelle formée de cellules à parois plus épais- EE ses qhe dans le genre précédent. Ostrya. xu me reste maintenant à donner. quelques ES oer ques basées sur l’anatomie, et se rapportant au grespamento des espèces dans les divers genres de pers DL Les dis principaux essais de classification des espèces du genre tula qui aient été la sont ceux de Pus: et de Prantl. inées par R Herbiers Delensiri et Boissier r). e Prodr. See p. 161-189, 2) Betulaster, dans laquelle les écailles des samares sont plus gran- des que les écailles du chaton, et dont les chatons sont rassemblés auc E nombre de 2-4 sur un pédoneule commun. ox Cette seconde section, qui ne comprend que peu d’espèces, ne me pa- i raît pas fondée, car par tous leurs autres caractères ces espèces rentrent dans le 5'"* groupe de la première section, les Costatae, sur lesquels |... je reviendrai plus loin. | Les Eubetula comprennent, dans la classification de Regel, 6 groupes _ flottants, sans caractères distinctifs de première importance. Ce sont: Albae; 2. Fruticosae; 3. Nanae; 4. Dahuricae; 5. Costatae; 6. Lentae. | Ces groupements sont basés sur la grandeur des arbres, sur la lar- geur plus ou moins grande des ailes des samares vis-à-vis de celle du nucule et sur la caducité ou la persistance des écailles des chatons. Ces 6 tribus pourraient être sans inconvénient réduites à trois ou même deux, d'une part les Albae et Nanae, de l'autre les Costatae. Prantl (5) a déjà vu la nécessité de réduire les tribus de Regel et ne y compte que 4 groupes dans le genre Betula. Il indique de plus, ee que >» j'ai pu vérifier en faisant la révision morphologique des Bétulacées, que les espèces sont difficiles à distinguer et qu’il n’est pas facile de les dis- | tribuer en groupes caractéristiques. Ses 4 tribus sont ainsi reliées, d'a- | prés lui, par des termes de passage. . Le premier groupe, celui des Albae, hurieae de Regel. Le deuxième, celui des Humiles, rassemble en une seule tribu les. Nanae et Fruticosae de Regel. : | Le groupe 3 de Prantl, les Costatae, correspond aux Costatae et Lentae . du monographe des Bétulacées. Enfin, les Acuminatae de Prantl se con- fondent avec le même groupe de Regel. Comme je l'ai dit plus haut, l'étade morphologique aidée de l'anato- . mie du genre Betula, m'a amené à la conviction que les groupes de Prantl peuvent encore être réduits en Nanae-Albae et en Costatae. | Les deux premières tribus sont caractérisées par le lobe médian de comprend les Albae et les Da- È ©) Die natürl. Pfanzenfam. VI. Teil, 1. Abth. p. 38-46. . ALPHONSE MAURICE BOUBTER l'écaille du chaton, lobe qui est égal ou pas beaucoup plus BTS qué les lobes latéraux. En général le nucule n'est pas prolongé au-delà des ailes de la sa- ` : mare en une espèce de bec ou proéminence supportant les deux styles. " ih i De plus, les dents des feuilles ne sont pas terminées par un appendice È acuminé ou, s’il existe, il n’est que très faiblement développé. ` Chez les Albae le lobe médian de l'écaille est plus court que chez - les Nanae, il est móme quelquefois plus court que les lobes latéraux, $ lesquels sont alors pendants, c'est-à-dire que leur pointe est dirigée vers er la base de l’écaille, tandis que partout ailleurs ils sont dressés, c'est-à- ` n dire dirigés dans le même sens que le lobe médian. i È, Par les Nanae, dont le lobe médian de l'éeaille est en général un ; peu plus long par rapport aux lobes latéraux que celui des Albae, ceux-ci = se rattachent aux Costatae, caractérisés par un lobe médian très allongé, un nucule possédant un bec qui supporte les styles et un long et Sud appendice terminant les dents des feuilles. - Betula humilis qui, par ses autres caractères, soit morphologiques, ` | soit anatomiques, appartient aux Nanae, forme un intermédiaire entre . s ce groupe et celui des Costatae par son bec et le lobe médian de l’é- | caille plus long que dans les autres espèces. 3 De méme quelqües Costatae, comme B. carpinifolia et B. nigra, sont ` intermédiaires aux Nanae, le premier par ün lobe médian moins long ` que dans les aütres espèces, son écaille plus large et l'absence de her A le second par l’absence du long appendice des dents foliaires. Il est facile de se rendre compte, par cette rapide révision de la mor- È phologie di genre Betula, qu'il est impossible de tracer une ligne de démarcation nette entre les groupes d'espàces que l’on peüt établir et que ces groüpes ne représentent que des tendances extrêmes se raccor- : 1 dant entre elles par toute une série d'intermédiaires. ^ L'étude anatomique conduit au même résültat. Le caractère distinctif le plus important sur lequel on püisse baser ` un groupement est la forme de la nervüre médiane vue en section trans- © ; i versale, forme sur laqüelle j'ai insisté en traitant du limbe. E Ce caractère permet de rapprocher aütour d'un type, celui de B. w- x SS AE a cur A TPS res ti dn Le Wee ta S FOUR T E E dur (ES jy E dat ria - tilis, des espèces qui, au point de vue morp ? hologique, sont le plus affines UD e tre elles et constituent la tribu des Costatae, laquelle comprend les Co- et B. nigra. _ Les caractères morphologiques font rentrer dans cette tribu B. co- rylifolia et B. Ermani, qui s'en éloignent par la forme de leur nervure ` ` È médiane. B. nigra qui morphologiquement semble être un passage aux Aes anatomique, par le très faible prolongement de la face supérieure de sa nervure médiane. Par ce B. nigra, B. corylifolia et B. lenta qui lui est très voisin par la forme de sa nervure médiane et qui possède les appendices des dents foliaires caractéristiques pour les Costatae, mais avec l’écaille et : la samare d'un Albae, pourraient être rapprochés sans trop de difficultés _ du groupe de B. utilis. ` Outre la forme de la nervure médiane du limbe, ces espèces se rap- prochent par la forme du faisceau libéro-ligneux dans le pétiole, fai- sceau qui est en V à branches très allongées ou en U. - Parmi les Nanae-Albae, les caractères anatomiques permettent de rap- procher plusieurs espèces, déjà voisines par les seuls caractères mor- phologiques. Ainsi B. nana, B. glandulosa, B. alpestris, B. humilis, B. interme- lia, B. Middendorffi, B. fruticosa, B. pumila, dont Regel fait deux tri- bus, les Fruticosae et les Nanae, sont groupés très intimement au point de vue anatomiqüe par leur nervure médiane très peu distincte. - Le groupe des Humiles de Prantl qui comprend toutes ces espèces, semble donc être fondé, mais n'en est pas moins intimement raccordé aux Albae par une série d'intermédiaires comme B. carpathica, B. pu- ila, B. occidentalis et B. Medicediewi. _ Enfin B. pubescens, B. verrucosa, B. Murithii, B. carpathica, B. pa- | Pyracea, B. dahurica qui font partie des Albae de Prantl, sont de même actérisés par leur nervüre médiane proéminente aux deux faces, mais ER Murithî, Bouleau spécial à la région de Maùvoisin (Valai ) on a fait une variété de B. pubescens, en diffère par l'absence de s iéme mécaniqüe fibreux, soit dans le limbe, soit dans le pétiole unique dans tout le genre Betula et qui, à mon opinion, est suffis pour en faire üne espèce distincte. ; | ; La géographie botanique des espèces dù genre Betula vient confirme la classification que je propose. En effet, les espèces appartenant à section des Costatae sont, pour la plupart, confinées dans le nord de IS doustan, le Népaül, le Thibet, les bords de l'Amour, l'ile de Sakkal et le Japon, régions qui présentent entre elles de nombreuses affini B. nigra et B. lenta qui forment le passage aux Nanae-Albae ag les seuls parmi les Costatae qui soient confinés au versant atlanti ue de l'Amérique du Nord (Floride jüsqu'au Canada). | Les Nanae-Albae, d'autre part, sont des espèces de l'Europe moyen et arctique, du Caucase, de l'Asie moyenne et arctique et de l'Amériqi septentrionale, par conséquent des espèces plus septentrionales que + Costatae. © Regel et Prantl ont essayé, dans les ouvrages cités plus haut, blir une classification des espèces du genre Alnus. Regel distingue 4 sections, Prantl 3 par fusion des sections m ai de Regel (Phyllothyrsus et Gymnothyrsus) en une seule, celle des G nothyrsus. Les deux autres sections: Clethropsis et Alnaster sont, à p Be choses près, les mêmes dans les deux classifications. | Les caractères donnés par ces deux auteurs ne me paraissen DE suffisants; la révision morphologique du genre ne m'a permis de ; aucun caractère de quelque valeur systématique pour des groupes SU rieurs à l’espèce. Les caractères anatomiques donnent de meilleurs sultats. La présence ou l'absence d' hypoderme indiquent deux secti x dont la première, caractérisée par son hypoderme, renferme un € s nombre d'espèces marquant, par tous leurs caractères, le stade le P évolué qu'ait atteint le genre. Je me suis suffisamment étendu sur sujet à propos de la discussion des allures paren d’Alnus, o qu'il soit utile d'y revenir. ecHERCHES sun È eum svéréuatique, ETC. Alph. de Candolle, din sa SE des Corylacées (1), divise les espèces du genre Corylus en deux sections: 1) Celle des Acanthochlamys, caractérisée par un involucre large, partagé sur ses bords en lobes épineux. Cette section ne comprend que -C. ferox. 2) Celle des Avellana dont l'involuere est allongé en tube ou cam- panulé. Prantl (?) ne fait pas de division chez Corylus. L'anatomie parait lui donner raison, car les deux seules espèces que l'on puisse rapprocher inti- mement sont C. americana Walth. et C. ferox Wallich., les seules espèces x : chez lesquelles j'ai trouvé un épiderme inférieur du limbe à cellules poly- - gonales vues de face, des émergences glanduleuses sur le limbe, émergences qui, comme je l'ai dit, se retrouvent presque sans exception sur le pétiole. Chez ces deux espèces aussi, l'épiderme de la nervure principale, con- trairement aux autres Corylus, est peu collenchymateux. De plus, avec ` €. Colurna, ce sont les seules dont la face supérieure de la nervure médiane soit invaginée. Aucun de ces caractères ne m'autorise à faire E. de ces deux espèces une section particulière du genre Corylus. sì C. Colurna se rapproche encore de C. americana en ce que la mé- = diane chez ces deux espèces renferme deux faisceaux libéro-ligneux fer- més, tandis qu'il n'y en a qu'un dans les autres espóces. et? Le genre Carpinus a été scindé par les auteurs en trois genres: le | genre Carpinus proprement dit. Puis le genre Distegocarpus Sieb. et Zuec. (C. japonica, C. cordata, C. laxiflora) adopté par Alph. de Candolle (3) dans sa monographie des Corylacées et qui ne se distingue de Carpinus que par la présence d'une espèce de petite ligule située en _ dedans des bractées secondaires. . Enfin le genre Ostrya Mich. caractérisé par sa bractée florale qui, au x lieu d’être ouverte comme dans les deux genres précédents, enferme l'ovaire, puis le fruit, comme dans un sac membraneux fermé. () Prodr. XVI, 2, p. 124-133. | 28: Malpighia, anno X, vol. X. à ue reprises, ces niis gonrós sont og je lai dit dé he à ne pp on ce qui vient à l'appui d d manière de voir de Baillon (1), lequel fait rentrer Distegocarpus et Ost . dans le genre Carpinus, pour en former deux sections. Il serait, du 1 curieux que ces deux genres seuls, s'ils étaient fondés, ne pussent distinguer anatomiquement, alors que les autres genres de Bétula se caractérisent très nettement par leur anatomie. Ostrya ne comprend que deux espèces: 0. carpinifolia Scop. de PAn cien Monde et O. virginica Willd. de l'Amérique. d Fliche (°) pense que les Ostryas vivants appartiennent tous à un m type spécifique, occupant aujourd’hui deux aires distinctes. Contrairement à cette opinion, les deux formes d'Ostrya que j'ai e en ma possession, m'ont présenté d'assez grandes différences anatomique | ' différences suffisantes pour en faire deux espèces. O. carpinifolia par ses poils unisériés, ses poils glanduleux à long pédicelle, son mésophylle centrique, s'oppose nettement à O. virginic | possède des poils unicellulaires, des poils glanduleux à pédicelle € et un mésophylle bifacial. De plus. la course des faisceaux du pé est un peu différente dans les deux espóces, du moins à l'initiale D médiane (Voir Fejde du pétiole de Carpinus). Les espèces du genre Carpinus, pris dans son acception la plus lar peuvent se grouper selon que les faisceaux ligneux de la médiane son ou non rassemblés à |’ intérieur d'un anneau libérien fermé. C. duinensis, C. viminea et C. Caroliniana sont dans le premier cas, tandis que toutes les autres espèces, les faisceaux libéro-ligneux sont encore disti à la médiane. Parmi celles-ci, C. Betulus, C. japonica, C. laxiflora, Tschonoskii et Ostrya virginica ont, à la caractéristique le système À béro-ligneux typique pour la base du limbe, tandis que C. cordata e. Ostrya carpinifolia ont un faisceau ouvert. au centre duquel se eon une bande ligneuse eireulaire enfermant un cylindre libérien. DI Hist. des Plantes, t. VI, pag. 995.996. om eia les formes du genre t MINE B. S. B. France, t. XXXV; P1 I Les caractères anatomiques permettent, conformément aux caractères mor- phologiques, de scinder les Bétulacées en deux groupes: les Bétulées et les ` Corylées. | IL En partant du genre Betula comme type le plus simple, on peut ranger | lesdivers genres de cette famille, suivant leur affinité, d'après l'ordre suivant: BETULA — ALNUS — CORYLUS — CARPINUS. II. Les caractères anatomiques de la feuille peuvent servir à distinguer les | 3 i ol les uns des BR Le systeme libéro-ligneux du limbe est ouvert chez Betula, tandis qu'il est fermé, au moins à la base du limbe, dans les autres genres. Lita ils sont faoliga et composés d'un pédicelle à un grand nombre . de cellules et d’une grosse tete glanduleuse. — Corylus est caractérisé par des poils à pédicelle à trois files de cellules et des émergences glanduleuses, ; a par ses poils SC à SR à une file de re dax cristaux d'oxalate de chaux, jmmergée dans le Serie du limbe, sont. 1 de petits oùrsins chez Betula et Alnus (à l'exception de deux espéces d’Alnus qui en ont de gros), des oursins plus gros chez Cas Carpinus est ca- ractérisé par ses gros rhomboédres. VIL Les rayons médullaires libériens du faisceau vasculaire de la nervure mé- diane du limbe restent cellulosiques chez Betula et Almus, tandis ur | sclérifient dans les deux autres genres. " ‚ La presence d'un hypoderme dans le LI est mt: à environ la moitié : des espèces d' Alnus. ; x l ie eus ; d È ie X. La ne du pétiole, s sans ode des. rlair aussi nets qué r du limbe, fournit chez les Bétulacées de précieux indices, tandis que ractéristique n'en donne pas. — Corylus est le genre dont le système libé ligneux foliaire est fermé sur la longueur la plus grande. | X. L'anatomie du tronc donne les résultats systématiques suivants: 4) chez Corylées: présence de fibres libériennes; tendance à la disparition des forations vasculaires scalariformes; présence presque exclusive de ponet le parenchyme medullaire; 5) caractères opposés chez les Bétulées. L'aréole vasculaire est plus petite chez Betula que chez Alnus. XI. L'anatomie ne SE pas de distinguer les genres Carpinus, Distegoct et Ostrya. XIL La forme de la nervure médiane du limbe chez Betula, vue en 8 transversale, permet seule d'établir des groupements systématiques, group ments qui concordent en général avec ceux fondés sur la morphologie. r | On peut réduire le nombre des sections à deux: 1) Nanae-Albae, 2) Fruticosae. XIII. 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Ueber die Verbreitung des Phloroglucins im Pflanzenreiche, ( terr. bot. Zeitschr. 1876, n. 9. Saggio monografico del genere Rhynchostegium SR - (Continuaz. e fine vedi fasc. V-VIL). | UE S È 9. R. murale. Bryol. Europea, vol. V, Rhynch., n. 8, tab. VII. . . (1851) : De Notaris, Epil. Briol: ital, p. 74. . . . . . . - (1869) Schimp., Synops. Muscor., ed. IL, p. 686 . . . . . - (1876) Bott. e Vent, Enum. crit. Musch. ital, n. 10 . . ‘ (1884) Pirott., Terr., Briz., Flora Romana nella Guida della i prov. di Roma, p. 179, 210. . . 0.» (1890) us — Hypnum murale (Nek.). ES Hedwig., Stirpes Muscorum, IV, p. 79, tab. XXX EE Tm De Notaris, Syllabus Muscorum, p. B ID A ee Fior., Mazz., Spec. Bryol. Roman., ed. II, p. 41091 . US GEN 2 AHübener, Muscologia Germaniéa, p 623 . . . - . + (1830) "e Boulay, Muscinées de la France, p. 298 . . . . «> (1884) E Hypnum clavellatum. Linneo, Spec. Plantarum, n. 1596 . . egg C HERREN Maratti, Flora Romana, tom. II, n. 2009. SZ . (1823) Diagnosis. Coespites densi flavi vel virides, extensi; anti radicans, | (0/0 | ramulis brevibus, pinnatis, teretibus; folia densa, NOTION: CONGREA» | ovato- oblonga, ultra medium costata, margine minute denticulata; pe- rygyna et periandra margine integra enervia; capsula turgida oblonga, calyptra persistente praedita. Habitat. Sui sassi, sulle rupi ombrose, specialmente alla base dei | muri, edifizi rurali, tanto al sole che all'ombra, nei luoghi generalmente i: E freschi, più di rado nell'interno dei boschi e appiè degli alberi. i Wo Intorno a Roma frequente, ma non molto comune, à Villa Borghese ` di sulle rupi della fontana maggiore, Villa Panfili al lago, Acqua Traversa Noe sulle colline apriche, Isola Farnese, sulle trachiti a S. Maria di Galera, alla Keele a Capo di Bove, Tor di Mezza Via, al Monte Sacro, ecc, 4 Villa Aldobrandini a isi Mondragone, sul Tuscolo, Grott n : Albano, a Villa Doria e intorno al lago presso Palazzola, a Genzano a Collepardo, sulle rupi trachitiche dell’Artemisio sopra a Velletri Civitalavinia, al monte Pila e sulla Punta delle Saette. a . Sui monti Tiburtini più frequente: Villa Adriana, Villa Gregorian monte Catillo, monte Sterparo, lago dei Tartari alle Acque Albule monte Celio; sul monte Gennaro frequente in basso: Marcellina vecch: strada di Moricone, Scarpellata, ece., più raro in alto: Colle del Te S. Polo dei Cavalieri, al Pratone, sul monte della Guardia, a Rocca- giovine, a Vicovaro, sul Folliettoso e lungo la valle della Licenza fino - al Pellecchia dove non oltrepassa i 1000 metri. Sui monti Cimini è abbastanza frequente: Ronciglione presso ai | Cap puccini, al fosso del Vicano sopra la cartiera, sulle rupi sulla riva orien: tale del Lago di Vico, sulle rupi lungo la strada di Monte Fogliano, à Capraniea presso le fonti ferruginose, a Sutri sulle rovine dell 'anfite | iro, e a Bassano nella Villa Odescalchi. Sugli Ernici e Simbruini: Guarcino, Vallepietra, Trevi e presso lettino. (Baldini), come pure sui monti Ceriti all'Allumiere e al mo delle Grazie (Baldini), sui Sabatini a Bracciano, a monte Virginio, alle Manziana, e sul Soratte presso Rignano e sulle rupi nei dintorni Civita-Castellana, i > Fructificat. Trovasi piuttosto frequentemente ben fruttificata al pi e fino ai 400-700 metri, oltre i quali à ordinariamente sterile o ra ramente fruttifera. In pianura sporifica da dicembre a ei in e lina fino all’ aprile e al maggio. Variat. Questa- bella specie subisce variazioni notevoli, le quali riazioni, quantunque non siano dagli autori della Briologia europea (L c.) considerate come costanti. a parer mio nel territorio del Laz sono invece abbastanza ben earatterizzate e si possono ridurre alle guenti forme: LIUM Cespuglietti densi, rametti molto diffusi * forma robusta, cespuglietti verdi . . . . È * forma gracile, cespuglietti gialli . . . Ze E D D UB. C 5 __* cesp. verdi AE foglie lesa nnt moria E Tarina * cesp. giallo aurei o rossastri, foglie densamente imbr. Y. julaceum x, vulgare. ` Coespites densi, virides vel lutescentes, caulis brevis, ramulis brevio- ribus teretibus. x 1. major. | Robustior ramis turgidis, coespitibus laete virentibus. 2. minor (R. murale Y. Piccinianum De Not. l c.) Gracilis, ramulis subtilio- ribus, coespitibus lutescentibus. 3 La var. «. colle due forme descritte, le quali non sono che aceiden- tali variazioni e quindi non hanno una distribuzione geografica relativa ben definita, à abbastanza frequente specialmente in pianura e nei luoghi i bassissime colline, di rado al disopra dei 150-200 metri sul mare. Us luridum 23 unen var. complanatum Bryol. did ex pl i | Coespites laxi applanati oliraceo vel luride virentes; ramulis depressis ate extensis vel diffusis, MERATE folia laxe imbricata, ovato oblonga- acutiuseula, serrulata. Questa notevole e bellissima varietà è assai rara ed è propria dei luoghi molto ombrosi e freschi nella zona montana o anche, più raramente, | submontana. Vive di preferenza nelle fessure delle roccie na di Ee grasso e in compagnia di molti licheni.. y. Witzeg, Cries lari, aureo-lutescentes vel rufescentes, ramis confit bre- ` vibus incurvatis, turgide julaceis ; folia dense imbricata cochleariformia late ovata obtusa, plerumque margine integra. ` Questa varietà è assai costante, ed è frequente tanto in pianura che n montagna, ma sempre nei luoghi secchi, sulle rupi e sui muri al sole. * Oss, 1 H e murate è anch'esso tra le specio E voie, ma è sempre variabile ed essi dal verde oscuro ‘olivaceo (var. luridum) e dal gia più o meno dorato, passano talvolta al bruno o al rossastro ruggi 6. R. orthophyllum. Brizi, in Cleric. Illustraz. della Flora fossile delle fondaz. del Tevere. Boll. Soc. Geolog. ital., IX, f. III T id. Su aleune Briofite fossili (Boll. Soc. Botan. ital. 2 8 giugno 1893) . . . . vocas (18903) — DraGnosis. A. R. conferto. proximo, valde differt foliis erectis, ovato. dis acutis, dentibus marginalibus, apicem versus majoribus, ac nervo robusto SC: haud plano ad apicem difluente, praeditis; Flores et theca ignoti. (Ta IV, fig. 20, 21, 22, 24). Habitat. Fossile nelle argille plastiche quaternarie nel letto del Te vere presso al Ponte di Ripetta (1878). Oss. Questa specie ho rinvenuta fra i frammenti di Muschi isolati | P ing. Clerici, dalla torba contenente resti vegetali, trovata nell'esegut le fondazioni del ponte di ferro sul Tevere a Ripetta nel 1878, mezzo alle argille plastiche quaternarie. Per altre notizie vedere la memoria e quella dell’ ing. Clerici (7. c.); qui poi & opportuno osserv che su 24 specie di Muschi fossili ivi trovati, e su circa 35 conosci dalla paleontologia, 6 appartengono al genere Rhynchostegium. È Il R. orthophyllum, è assai simile al vivente R. confertum, del quale pure rinvenni insieme con esso alcuni saggi fossili, ma differisce 10- tevolmente per le foglie erette ovate acute (tav. IV, fig. 21) per denticolazione del margine foliare, più forte nel terzo superiore (tav. 2 fig. 22, 24) e pel nervo assai più robusto. 7 B algirianum. Lindberg, Biidrag ti Mossorn. Synonym. p. 29 . . - Brisi, Note Briol. ital. in Malpighia, vol. IV, fasc. 5 id. Reliq. Notaris. in Ann. R. Ist. Bot. Roman., n. 6 R. tenellum. a ; Bryd. Burop vol V, MÀ. 2 iab. Ho... ui SAGGIO MONOGRAFICO DEL GENERE RHYNCHOSTEGIUM Schimper, Synops. Muscor. Europ., ed. II, p. 680 . . (1876) De Notaris, Epil Briol, ital, p. 75. . . . + . + (1869) Bott. e Vent., Enum. erit. Musch. ital, n. 11 . . . + (1884) Hypnum algirianum Brid. Boulay, Muse. de la France, p. 99 . . > . . + o (1884) Hypnum tenellum Diks. Fiorini Mazzanti, Speeim. Bryol. Roman., ed. II, p. 50 (1841) id. id. Florula del Colosseo; Atti dell Acc. Pont Molino ia) Ex. Erbar. critt. ital., n. 908; Rabenhorst. Bryotheca Europ, n. 383. Dragnosis. Coespites plerumque parvuli, extensi, laete virides, rarius flavicantes vel pallidi; caulis gracilis, filiformis prostratus, ramulis erectis arcuatis, fasciculatis ; folia ramulina lanceolata, linearia, plus mi- nusve acuminata, nervo ad medium vel ultra apicem evanido; perygina acutissima, enervia vel tenuissime ac brevissime costata; periandra ovato acuminata enervia: capsula, pedicello purpureo 5-10 mm. l., brevis, tur- gida, annulo biseriato praedita. Habitat. Sulle pietre, sui rottami, sui vecchi muri e ruderi, nelle fes- sure e spaccature delle roccie, ma quasi sempre nei luoghi freschi ed ombrosi, di rado sulle rupi soleggiate, e proprio della zona della pianura e della bassa collina, nè si eleva oltre i 700 metri sul mare. Nell’ interno della città e nei dintorni di Roma comunissima sui muri e avanzi di ruderi antichi. Foro Romano, Palazzo dei Cesari, Colosseo, Terme di Caracalla, Ville e Giardini, intorno alle fontane; Grotta della Ninfa Egeria, Villa Panfili, Villa Borghese, eec. Ruderi di Vejo, Isola Farnese, Villa Livia, Via Appia al Circo di Romolo, monte Testaccio, ecc. Sui colli laziali è frequente in basso e si fa più raro man mano che si sale: Villa Aldobrandini a Frascati, Marino nelle Grotte, presso Al- bano (Fior. Mazz. in herb.), alle Gallerie d’Ariccia, al parco Chigi. Sui Sabatini pure è raro: Bracciano, Trevignano, Vicarello, Manziana ea S. Maria di Galera, ecc. e sui Cimini è rarissimo: Villa Odescalchi a Bassano di Sutri appiè degli abeti, presso i ruderi dell’ Anfiteatro à Sutri e sulle rupi alla base del Poggio del Cavaliere. Sui Cornicolani e Tiburtini pure frequente in basso: Tivoli, Villa d'Este, Sul eer fino a | 600 Set a Vicovaro e a Mandela; Subiaco idle mu | di S. Seolastica, ece. Presso al mare pure frequentissima Anzio-Nettuno Malafede, rovine di Ostia, Maccarese, S. Severa, Civitavecchia, ecc. Fructificat. Sempre abbondantemente nella primavera e nell’ estate, Variat. Notevoli sono le variazioni che subisce questa specie la quale modifica considerevolmente i suoi caratteri a seconda della sua stazione settentrionale o meridionale. Le tre principali forme, abbastanza ca ratteristiche, sono le seguenti: ` e nervatura non oltrepassante la metà della foglia «. md € nervatura oltrepassante la metà della foglia * cespuglietti di colore verde intenso, robusti. (. septentriona * cespuglietti pallidi, biancastri, gracilissimi. Y. cavernarum «. meridionale. | Robustum p. s., coespites densi, tumidi, aurei, vel aureo flavescentes nitidissimi; folia lanceolata acutissima, nervo ante medium folii, quod non superat, evanido; capsula crassior nigricans. WE Mire fruttifero. £. septentrionale. ; Coespites laxe coespitosi, depressi intense vel atro-virentes, . ple opaci; folia lanceolala minus acuminata, nervo ultra ik ve nusquam vero ad apicem, evanido, praedita. Forma propria dei luoghi umidicei, oseuri, dal lato settentrionale de rupi, degli edifizi e dei muri; questa forma sale raramente sui mon fino ad un’altezza di 700-800 metri, e quivi anche trovasi soltanto ns volto a tramontana : se uw volta, ma di bond sui monti. gene Mo) NOGR AF Ct r +. cavernarum. | | Coespites gracillimi, pallidi, albicantes ; ramulis subtillimis, bun. de- eor coloratis; folia plerumque homomalla, plus minusve decolorata, nervo 2 | ad apicem evanido praedita. Forma assai notevole propria delle oscure grotte e caverne dove pe- | netra appena qualche raggio di luce; le foglie sono quasi decolorate, i cauli lunghi e scolorati. E forma piuttosto rara, della quale esiste un esemplare nell Erbario .. Notarisiano (V. Brizi l. c.) e son dovuti i suoi singolari caratteri al- s l'ambiente particolare in cui questa forma vive. Io la rinvenni nei sot- | terranei umidi del Colosseo, del Molino di S. Pietro in Montorio e alla E grotta della Sibilla a Tivoli. j 8. R. demissum. Bryol., Europ., V, Rh. 4, tab. I. . EES Schimper, Synops. Muscor., ed. II, p. 678. EE TRI Rhapidostegium demissum, De Notaris, Epil. Briol. ital, p. 182 . . . (1869) Bott. e Vent. Enum. crit. Musch. ital, n. 2. de (MB Hypnum demissum. (Wils.). — Boulay, Muscin. de la France, p. 100. . is. (1884) Ex. Erbar. crittog. ital. n. 53; Rabenhorst Kee Kon n. 341. ` Draewosis. Coespites depressi laete virides vel lutescentes ; caulis pro- stratus divisus, ramulis brevibus, fasciculatis, depressis; folia laxe im- bricata homotropa oblonga lanceolata acuta, enervia vel tenuiter bicostata, integra, auriculata ; perygina lanceolata acuminata margine revoluta, ` capsula, pedicello fleæuoso, 10-15 mm. l., parva, oblonga, ore constricta exannulata, . D — Habitat. Sulle rupi umide volte al settentrione o al levante sul gruppo del monte Gennaro, sul colle del Tesoro e sul monte Pellecchia, piut- tosto raro; dai dintorni di Vicovaro (Pirotta). Fructificat. Durante l'estate. contrariamente à quanto avviene per maggior parte dei Muschi, si trova frequentemente in frutto nelle lo- Pi Sat: E: UGO BRIZI SS Quali specie che in Europa è abbastanza rara e singolari | sporadica, è invece fra le più frequenti dell'America del nord (Sullin Moosses of United States, p. 70) e si collega ad un numeroso grup di forme simili, pure frequenti in America, del genere Rhapidosteg al quale molti autori hanno riferita la specie in discorso, la quale, s . ‘condo me costituisce una forma di passaggio, probabilmente impor dal Nuovo mondo, al genere Rhapidostegium, ma non si può sepa | dal genere Rhynchostegium. In Italia è nota soltanto, ch'io sappia, Toscana e nelle Alpi lombarde. 9. R. depressum. Bruch, Regensbg Botan. Zeitg a . Bryolog., Europ. V, Rh. 6, tab. VI. . . . ipa Schimper, Synopsis. Muse. europ. ed. II, p. 682 RE uk Hypnum depressum (Brueh.). C. MülL, Synopsis. Muse. II, 341]. . . . . . . . Boulay., Muscinées de la France, p. 101. . . . . . H. confertum (8 depressum. Së See — II, m : perygyna longe acuminata, acumine basi dentato, enervia; peria e breviter acuminata orbicularia; capsula, pedicello 8-14 mm. l., oblo SZ turgida. 5 Habitat. Sulle rupi ombreggiate nelle radure boscose da 1200 a 2100 Sul monte Viglio e sul monte Cotento nell’ Appennino Romano 89 Presso Spoleto (Pirotta). : Fructificat. Da novembre a gennaio, peró si trova, in alta montagna, col frutto perfetto anche tutta l'estate. | 3 Oss. Questa specie è assai rara, ed è nuova for l’Italia, me | . mi consta che sia stata da altri erus mentre non è deo Viglio, dove à sparsa qua e là sulle rupi calcari, poi la raccolse il prof. Pirotta presso Spoleto. Non ? improbabile che questa specie, come molte altre, sia piü fre- | quente di quanto non sembra perchè è assai facile confonderla con una Specie assai frequente e colla quale non di rado vive il R. confertum, dal quale si distingue per cespuglietti molto depressi, pel colore verde | brillante, per le foglie quasi biseriate, e specialmente pei fiori dioici e . per le foglie enervi. 1 Dal Rhapidostegium demissum si distingue a primo colpo d'occhio per . la statura maggiore, per le foglie più larghe e pei fiori dioici. E R. Welwitschii (Schp. 1846). Schimp., Synops. Muse. Europ. ed. II, p. 679 . . . . (1876) Rhapidostegium. Bottini, App. Briol. tose., ser. II, in Nuov. Giorn. Bot. ital, XX, p. 301. . ; (1888) Brizi, App. Briol. romana in Malpighia, M V, fas. LI (1891) Sematophyllum auricomum. Mitten in Journ. of Linnean Society, VHS... (199) DracNosis. Coespites densi, turgidi, laete virentes nitidi; caulis parum divisus ramulosus; folia conferta, erecto patentia, ovato lanceolata acu- minata auriculata; periandra ovato acuminata basi tantum imbricata; perygyna ovato lanceolata acutissima ; capsula rufescens cernua annulo nullo. | Habitat. Sulla corteccia lei Pini nella pineta della Villa Borghese a ` Nettuno e a Porto d'Anzio (1890) presso Nettuno (Pirotta, 1890), E la pineta dell’Acciarella e presso Torre Astura | (1892). l peah Da ees a giugno quasi tutto l'anno. on. diem teure e EE ds fu scopata nel He ea Teneriffa, D. Malpighia, anno X, vol. X. Austria, in Franeia e in Germania. La rinvenni dapprima sul monte | In Italia fu indicata in varii luoghi della Toscana (Lange! Bot Arcangeli!) prima che io stesso la rinvenissi presso al mare a Neti lissimo effetto e visibili a distanza, perchè la corteccia dei pini è q sempre priva di muschi. Subgen. II. EURHYNCHIUM. II. R. striatum (Schreb). De Notar, Bpi Briol it; p. 207. 25 s 9 Bott. e Vent. Enum. crit. Musch. ital, n. 13 . . . Eurynchium striatum. | SS ~ Sehimp., Synopsis. Muscor., ed. II, p. 666. . | Brizi, App. Briol. roman. in Mapgh. e Reliq. Notaris u E. longirostre. t Bryol, Europ., vol. V, Eurlyneh. 5, tab. V. . . . Hypnum striatum (Schreb., Bals. e De Not., Hdw.). Fior. Mazz. Spec. Briol. Rom. ed. II, p. 45. . . . Boulay. Muscin. de la France, p. 112 . . . . . . H. longirostre (Ehr, Brid.) | + _Hüben, Muscologia germanica, p MEGA - Ex. Erbar. Ei ital. Ser. L Sie, » Ve toto margine ESE vel liu perygyna extima puer de gentia, intima erecta, longe acuminata; periandra apice denticulata ` extima enervia, intima tenuicostata ; capsula, pedicello crasso deitrorsh S d si Apod arcuata, annulo lato praeda. ma al = ovest, presso Men Manin Macchia Moina Val Ü n rno, Acqua Traversa, Insugherata, Isola Farnese, monte Musino, ecc. n foglie Ste ma non crespe allo stato secco, forma robustissima. . . 20.05. ++ & giganteum | © foglie plicate e crespe allo stato secco, forma minore . . . . + f. erispulum pe brevemente riche, mulini maturità y. brachysteleum x. game. Pinnatis, di haud siccitate pE i Forma propria dei boschi, nei luoghi riparati e volti i al nord, radure boscose fresche e ombreggiate da arbusti, specialmente tra le elei e NM di esse; cresce in cespugli giganteschi ; grossi fino ad oltre sone CR. Pale. Coespites depressi, Lul caules darti. Ste imper facte pin- folia squarrosa, siccitate longitudinaliter plicata ; atque. mars ipie Hai Forma dei luoghi di alta collina, aperti e a solatio, ma sem| mezzo alle erbe e mai nei luoghi interamente scoperti; frequente trovasi tutt'all'intorno delle grandi aree lasciate dai carbonai nei ‘di mn e quasi sempre perfettamente fruttifero. Y. braehysteleum. Coespites densi, caules longiusculi, ramulis brevibus. folia pati | capsula pedicello perbrevi, pallida, turgida, ovata. Forma rarissima, forse anomala, propria degli ericeti, vivente in me ` +. ai grossi licheni (Sticta, Peltigera, Cetraria) coi quali é intricata qu sempre: solo una volta la rinvenni presso l’ Insugherata. 12. R. meridionale. De Notaris; Epil Briol. ital, p. 77 . . . Koi a Bott. e Vent., Enum. crit. Musch ital., n, 12 siga Pirotta, Terr., Brizi, Flora Romana nella Guida della prov. di Roma, p 4E uz v uu ul Eurhynchium meridionale (De Not. 1838). Bertol., Fl. ital. at Lp. Paso . - #4 E. striatum ß. meridionale. Schimp., Synops. Muse, ed. II, p. 607. . . . . : | E. longirostre G. meridionale. sec tan, vol. V, Eurh. 6, a E € Mill, Sar Masi ed. H, p. 462 (ex p.) - - : H. meridionale (Schp.). Boulay, Muscin. de la France, p. 113. . . L Diagnosis. Coespites densi rigidi, aureo vel aeneo Ares repens ramulis fascieulatis erectis rigidis, densis, brevibus; folia : ur patentia, ovato triangularia, longe attenuata acuminata, vio destin -~ perygyna externa arcuato divergentia, intima erecta longe acu SH inae ovato erecta; capsula ovato turgida pedicello brevi ei à Habitat. Alla base delle ga + nei Juoghi secchi ä Fructificat. Quasi mai in frutto giacchè si rinviene sempre la pianta femmina, mentre è estremamente rara là pianta maschia; questa è la pro- | babile cagione della costante sterilità sua. La rinvenni fruttificata una sola - volta presso Tivoli (1891) con due sole capsule in un largo cespuglio. Negli anni suecessivi non mi fu possibile mai di ritrovar le capsule. Oss. Questa controversa specie da molti briologi à ritenuta una sem- plice forma dell’ E. striatum, per cui la sinonimia ne è abbastanza tricata. A parer mio merita il nome di specie distinta e differisce notevolmente dagli affini R. striatulum e R. striatum; dal secondo pel caule primario esattamente strisciante stoloniforme, pei rametti fasci- colati densi e corti, pei cespuglietti rigidi, giallo verdastri brillanti; dal primo invece per le foglie distese in tutti i sensi, più lungamente ri- strette, debolmente dentate e pei parafilli rari. Da entrambi poi si distingue questa bella specie per un portamento i ‘tutto speciale che non permette di confonderlo con nessuna delle specie affini, portamento dovuto alla brevità e rigidità dei rametti. _ Il R. meridionale A noto finora in Sardegna, Liguria, Toscana e Calabria, e le stazioni sue sulla costa romana ne collegano la distri- | buzione geografica tra la Toscana e la Calabria. Il Bertoloni (l. c.) la indica pel Veneto, ma à probabilmente un errore, giacch? nessun brio- logo la raecolse mai all infuori della costa mediterranea, giacché à una Specie meridionale ed esclusivamente marittima. 13. R. striatulum. De Notaris. Epil. Briol. ital, p. 78. . : (1869) .. Bott. e Vent, Enum. critt. Musch. ital. n. 14. (1884) Eurhynchium. Sehimp., Synops. Muse. europ., ed. H, p. e . ^ (1876) CANA A Bryol Europ., vol V, Eur. 5, tab. V. tcs Hypnum s ur: i Fiorini Mazzanti (non Haussmann !) Bryol. roman, p. a (ex. p. spect. ad R. circinatum) . . . . .( Hypnum myosuroides. SC Savi P; Botanicon etruscum, III, 98! (ex herb. R. horti d i È Hann 2 a, H. striatulum (R. Spruce). ` TM Boulay, Muscin. de la "rino P. 113. ~ accidat dendroideis, arcuato dec ae folia ovato triangul ria longa, acuminata fortiter dentata , nervo valido ad 3/5 procede Loc saepe dorso re ur cum ZUR acuminat o (R. "donfertum) e spesso sterile; Villa Borghese e Panfili, Villa Log _ Aequa Trasversa. XE Fructificat. Molto Lil ma quando è in frutto la si rin pe mans tutto l inverno. | : x Os DR; strigosum è stato indicato da molti autori (De Not S Schimper, Bottini e Venturi ll. c.c.) come raccolto nel territorio de provincia Romana. Ciò non è esatto giacchè la contessa Fiorini Ma zanti raccolse è vero questa specie e la indicò nella Briologia Ro (Rx m bcp te T ma la raccolse e Umbria Zeng be. L colti nell’ Umbria, | nè, ché io sappia, fu indicata da uhr nel domini del Lazio. | Questa specie è assai facile ad essere confusa con R. SE | strigosum e R. erus ma se ne distingue perd bene pel car: | della diagnosi suesposta; è una specie che probabilmente è più freq di TY non sembri er trovasi talvolta così intimamente m ei luoghi freschi, sulle rupi pe i eua margine dei. corsi “acqua, ` Presso Aequa Traversa trovasi dentro una grotta insieme con Fu- ; cladium verticillatum, ed allora ha una tinta più pallida e i caratteri della var. 5. cavernarum (Molendo, Moosstudien aus d. Algauer Alpen . 94, in Jahresber. d. naturhist. ver. f. 1865), tinta dovuta en che iallastra dei medesimi. ; 14. R. AR ; De Notaris Epil. Briol. ital, p. 78. ; ‚Bott. e Vent. Enum. crit. Muse. ital. n. 15 : Brizi U. Reliq. Notaris. Mose, in Ann. R. Istit. Bot. Rom. Vol. o Gia i Eurhynchium circinnatum Bruch, Schimp. Gümb. Bryol. Eur., vol. V, Eur. 4. tab. HI | Schimp. Synops. Muscor. Europ. “sd dp 000: a Brizi U. Not. di Briol. ital. I, n. 5. in Malpigh. I» Id. Su ale. Briof. fossil. Boll. Soc. Bot. ital. ` Hypnum circinnatum Bridel. Mantissa Muscor. et Spec. Muse. II, 148. Boulay. Muscin de la France, 1884, p. 114 . — Hypnum strigosum p circinnatum. Brid. Bryol. univ. 447 . - H. strigosum. Fior. Mazz. Spec. Bryol. ‘Romi ed. IL, p. 47. (ex. p-) Id. | Florula del Colosseo in Att. Acc. Pont. N Re (1869) Hypnum strigosum Y. diversifolium. ` Lindbg., Muse. Scandinav., p. Mi. : . (1884) Boulay, Muse. de la France, p. 116. . «+ + - > Draaxosis. Coespites intricati ; caulis brevis, ramulis fasciculatis, raro subsimplicibus, erectis, julaceis; folia ramulina conferta, dense cata, ovato obtusa enervia vel tenuicostata, toto margine dene capsula pedicello brevi (7-8 mm.), turgida, ovata. Habitat. Sul terriccio che ricopre le rupi calcaree nell'alto appennino 5 romano. Sul monte Viglio a 2100 m. sul versante Abruzzese, e sul B monte Cotento sulla vetta a 2200 m.! (luglio 1891, perfettamente fi | BEC tifero). i Ouen rarissima specie propria delle Alpi, dei Pirenei e degli a monti della Scandinavia e dell’America del Nord, fu indicata recen mente dal Bottini (7. c.) anche nell’Italia centrale sul Gran Sasso d’ Italia, | al Passo della Portella, dove fu raccolta dal conte Martelli nel 1898. Io già l’avevo raccolta nel 1891 sull’ alto appenino romano sul gruppi montuoso del monte Viglio al confine colla provincia di Aquila, gruppo che presenta una singolare somiglianza nella flora Briologica colle Alpi specialmente lombarde, e nel quale si rinvengono specie esclusi vamente alpine come la presente e come Amblystegium confervoides Amblystegium lycopodioides, R. strigosum. B. praecox. Il R. diversifolium differisce da R. strigosum e dalla sua ; praecox per un portamento tutto speciale per la forma delle foglie. €. secondo Schimper l. c., io credo si debba ritenere come specie disti | e non già come semplice forma di R. strigosum, come molti aut (Lindbg., Boulay, Bottini) ritengono. Il Bottini in una sua recente pi blicazione (l. c.) la considera come specie a sè. Il De Notaris (l. c) non indiea questa specie per l'Italia, ma leggendo la descrizione e. più che altro confrontando i saggi del suo Erbario, è chiaro che il suo R. praec deve riferirsi invece a R. diversifolium Br. Eur. 17. R. myosuroides (Linn.). De Notaris, Epil. Briol. ital., Doo. oos e Bott. e Vent., Enum. crit. Musch. ital, n. 16. . . - Isothecium myosuroides. | a Bryol. Europ., voL V, Dom. m. B, dub. eso o co P x Zurhynchium myosuroides xc : : = Schimper, Synops. Muse. Europ., ed. II, p. 662. . + . (1876) Hypnum myosuroides L. Boulay, Muse. de France, p. 117. . . . . . + . -* (1884) Diagnosis. Coespites intricati viridi-flavescentes ; caulis stoloniferus acuminata, auriculata vix ambitu denticulata; perygyna longe acumi- rata, acumine denticulato, tenuicostata ; periandra obovata acuminata, i enervia ; capsula, pedicello 12-18 mm. l., parva, obliqua, arcuata, an- nulo lato bistromatico praedita, Habitat. Sul terriccio appiè dei castagni presso Rocca Priora nei monti , iali (Baldini 1891) e alle falde dell'Artemisio presso Velletri (1892). Fructificat. Da settembre a febbraio trovasi copiosamente fruttifero. Oss, Questa specie è assai rara nella provincia romana, ed è assai co frequente anche in tutto il resto d Italia. Sul monte Artemisio 1a delle piccole chiazze in mezzo ad altri Muschi (Isothecium myu- um, Nekera crispa) sulle grosse rupi trachitiche. E necessaria molta attenzione per scorgerla, tantopiù che à assai facile eonfonderla con Pte- rogoniwm gracile, siffattamente che sfugge ad un esame superficiale e non & se non studiandone i caratteri con una forte lente, o meglio col nieroscopio, che si può, senza dubbio alcuno, differenziarla. 8. R. praelongum. |. Bott. e Vent., Enum., erit. Musch. ital, n. 2. . (1884) | De Notaris, Epil. Briol. ital, p. 86, (ex p)- - - (190) Eurhynchium praelongum. Bryol Europ. vol. V, Eurh. 19,.tab. IV. + - : : iris (1876) Sehimp., Synops. Musc. ed. II, p. 6183 . er Brizi U. Su aleune briofite fossili in Bull. Soe. » Bet 1893, E ye do: Mod t upon praelongum (L.). l 30. Malpighia, anno X, vol. X. 1893) Boulay, Muscin. de la France, p. 102 . H. distans et H. hians. Lindbg., Muscin. Skandinav., | I BE Aa e Kindbg. Laubmose Schwed. und Norweg., p. 40. ERN DraaNosis. Coespites virides vel aurei, laxi vel densi; caulis deprü s flexuosus, ramulis pinnatis; folia late ovata acuta, acuminata, bre pit decurrentia , fere disticha, denticulata, nervo usque ad a]; procede perygyna et periandra acutissima, extima tenuiter costata, intima ene capsula pedicello erecto 8-26 mm. l, annulo biseriato praedita. DH D D D RE Habitat. Frequente sülla terra, appié degli alberi, sui legni puti sulle foglie cadute, nelle ajuole dei giardini, sui margini dei sen e nelle radure dei boschi, ece., rara la specie, frequenti invece le rietà per lo piü nella zona della pianura e della collina, di rado 1 montagne. 3 GE = dino del Quirinale, Orti Pallavieini, Yilla Corsini, nelle eg del P in t MU e della Villa Medici, nell'Orto del Museo Agrario ece...... : ARE D Sui poni Laziali nelle ville Dome a: ger 9 — . Jazzolo sul Lago. Ville Doria, e F RR ad FE Villa St Genzano, ai Pratoni di Nemi, a Civita Lavinia e a Velletri, ecc. Lu il mare nei sughereti di Carroceto, alla Villa Borghese a Nettnn | l’Acciarella e a Torre Astura. Sui monti Tiburtini, Cornicolani, Erniei e Simbruini, non fregi se non in basso: Tivoli, Oliveti di Villa Adriana, Villa d'Este , . Vill Gregoriana, Subiaco, Mandelar, Anticoli Corrado, sotto la stazione d ' Roviano e presso Agosta, ecc... A Vallepietra verso 1000 metri, i strada del Santuario della Trinità. Sui colli Sabatini e Cimini non molto frequente. Isola Farnese, Maria di Galera, Rocca Romana, Capranica, appiè degli abeti alla Odescalchi a Bassano di Sutri, intorno al lago di Vico. à Nepi, Gi Castellana alle falde del Soratto, ece... Fructificat. Alfa fine dell'inverno e al principio, d della prima che See er? provincia iaia UR o 3 Cospugli robusti, foglie sempre nettamente dentate o* eaule stoloniforme, non denudato alla base. . X cespuglietti contratti, giallastri . . . . . *. Swartzii X cespuglietti larghi, di color verde scuro . . Ø. Schleicherii * eaule non stoloniforme, denudato alla base. . y. meridionale ‘e Cespugli gracili, foglie appena leggerm. denticolate à. vulgare €. Schleicherii. Eurhynchium abbreviatum. Schimp., Synops. Musc., ed. II, p. 674 . . . . . + (1876) E. Schleicherii. f È Hartmann, Skand. ELO 481 952 0994 402 2 X RUE OPER ^ Rhynchostegium Schleicherii. d Bott. e Vent. Enum. critt. Musch, ital, 26. . . . . (1884) cde praelongum. : : E De Not., l. e., ex pe CUM Te Ne UN ah A (1869) H. praelongum £. A dtu Boulay, Muscin. de la France, p. 104. . . q + + . Ger Coespites densissimi flavidi, ramuli breves erecti, densi, conferti, cras- ` siusculi; folia ramulina concava, ovato lanceolata acuta, dentata; cap- - sula brevis, pedicello perbrevi praedita (8-10 mm. 1.) crassa, castanea. Forma propria delle rupi montane e quindi abbastanza rara nella pro- i ncia: è abbastanza ben distinta dal tipo pei caratteri vegetativi, ma he & impossibile separarnela per farne, come la maggior parte degli — autori, una specie a sè. Raccolsi nella provincia Romana tre volte sole questa interessante varietà; uno presso Vallepietra nei Simbruini, un altro esemplare ebbi dal prof. Pirotta il quale la raccolse presso Man- ` ` dela e un terzo raccolsi recentemente (agosto sto nelle ER: di AE be Fogliano presso al lago di Vico. B. wart : (Hpnum atroverens Sw.; H. Swartzii, Turn.). b as Bott: è Ye] e n S. E Lou E (1884 Eurhynchium Swartzii Z. atrovirens. ; Schimp., Synops. Muse. Europ., p. 674 Rhynchostegium Sora SECH eegene Ep far ein; o : (1869) A. praelongum ß M A. Boulay, Muscin. de la Fr., pride". su + Coe (1884 Cespites lati, extensi, robusti nec saturate viridis ; caulis stoloniformis ramis arcuato-attenuatis procumbentibus folia ramulina ovato acuta , sat concava, fortitir dentata ; capsula — longo (20-25 mm.), ma- jor badia. Forma propria del piano e della collina, e più frequente di ate M. altre nella provincia romana; alla R. Swartzii vanno riferite quasi tutte ‚le località suindicate. Y. meridionale. Hypnum praelongum Y. rigidum. i Boulay, Muscin. de la France, p. 104 . - R. praelongum var. rigidum. Brisi, Not. di Briol. ital. in Malpigh. Ku SE . Coespites densi, rigidi, flavescentes, caulis non nee basi Se ramulis videns DIOS fere ae o ran | P . D . D . qus (coli dell’ Acciarella presso Ee Villa Sforza-Cosarini í a | zano). . 9. vulgare. Hypnum praelongum 6. vulgare. Boulay, Muscin. de la France, p. 103 . " . H H + Za TE praelingüm- ex. M TM CO a, De Nat: pis L de eT Ma i son eoj . Coespites. graciles laxi, CR viri bil Jl ia variegati, folia initie patula, plana, ovata vel ovato-oblonga vix denticulata cap- ; sula pedicello crassiusculo (15-20 mm. l), turgida, brunnea. ` Forma propria dei luoghi umidissimi argillosi, dei margini dei corsi | d’acqua, degli stillieidi di sorgenti, cascate, ecc., anch'essa abbastanza ` ` # _rara. D Oss. Il R. praelongum è molto polimorfo e le sue varietà le più 2 importanti e costanti delle quali sono quelle piü sopra segnate, sono | considerate da molti briologi come specie distinte, delle quali ho tentato sbrogliare l intricata sinonimia. Es Nella provincia Romana la più frequente è la var. Swartzii, le altre | " sono rarissime: della specie tipica rinvenni anche aleuni saggi fossili ER: nelle argille quaternarie (Brizi l c.). 19. R. Stokesii. De Notaris; Epil. Briol ital, p. 85. . : :+ * - * : Bott. e Vent. Enum. erit. Muse. ital; n. 29. :; GE i Brizi, Reliq. Notaris. in Ann. Ist. bot. di Roma . . - Eurhynchium Stokesü. Bryol. Europ, vol V, Eur. 7, tab. VII. . . + : * Schimp., Syneps. Muse. Europ., ed. I, M Aq m Brizi, Briofit. foss. in Bull. Soc. bot. ital, p. 369 . , Hypnum praelongum Lin. i: Kindbrg., Laubmoose rapides und Norveg. p. 40! H. 'Stokesii Turn. Boulay, Muscin. de la France, p. 100 — "v Ex. Erb. eritt. ital, n. 1303. = Dracnosis. Coespites late extensi intricati, laetis cantes; caulis ramulis erectis. pinnatis patentibus , folia | ` triangularia, longe decurrentia auriculata, usque ad apicem costata, Ta" — mulina lanceolato acuminata; perygina et Lamech acuminata e enerviaz = sime virides vel flavi- caulina ovato capsula, pedicello purpureo matico praedita. Habitat. Sul fast umido e ombroso nei boschi: al bosco dei Ca- valli, alla Villa Borghese, a Villa Panfili, sui colli Albani, alla Villa Aldobrandini, sul Tuscolo e nella Macchia della Faiola sopra Nemi, Fructificat. Assai di rado si rinviene fruttificato; per solito duri tutto l' inverno. Oss. Il R. Stokesi/, uno fra i più belli del genere, è piuttosto raro — nella provincia romana, ma non è possibile assegnargli una distribuzione geografica precisa, giacchè è sporadico qua e là in pianura e più di rado in collina fin verso i 700 metri d' altezza. È inoltre poco facile il trovarlo se non nelle giornate piovose o sus, 2 seguenti a forti pioggie, giacchè anche nell’ inverno bastano poche ore di sole o di atmosfera molto asciutta perchè perda rapidamente l ac- 2 qua: allora i cespuglietti si contraggono e si disseccano applicandosi ` contro il suolo e scomparendo quasi completamente alla vista; questo fatto, assai evidente al boseo dei Cavalli, alla Villa Borghese è vera- mente notevole perehi poea "RA edu. and cosi grosse, xn Soest in molt Een (Phascacee). Le forme piccole e sterili possono facilmente Laden con Ambly- stegiwm serpens, o piü ancora con Amblystegium filicinum, col quale è talvolta associato, ma i caratteri esposti nella. diagnosi sono uit: Werer con She riconoscere. , vaste quaternarie dell alveo del Tévere (Brizi l. wj 20. R. speciosum (Brid.). E Bott. e Vent., Enum. eritt. Musch. ital., n. 14. . Brizi, App. di Briol. Romana in 1 Malpighia e Eurhynchyum speciosum. ue Sop: Musc. europ., ed. II, p. 672 — D - D Lai ger e Bott.. Prodi: Briol; Sdk SM. Bot. Ital. XIII p. 106. . . SEES UCET STA Musch. del Moden. e Regia: p. " (in Acc. Soc. Ye A Natur. di Moden., Ser. HI, V) . . . . + (1886) R. androgynum. ; Bryol. B A vol. V, HRhynch. Supp. L tab. I. . . (1895) - Hypnum speciosum Brid. ; Boulay, Muscin. de la France, p. 102. . ER Ex Rabenhorst Bryoth. Europ. n. 389, 595, 1098 (E. an- .drogynum) . . . È : LAE. (1888) Diagnosis. Coespites extensi laete virides, nitidi ; caulis robustus ramu- erectis; folia caulina ovata, vel hen pe gr gs fortiter Habitat. Nei prati umidi e spugnosi appiè della cascata dell'Aniene Tivoli (23 ottobre 1888); presso il Rio Ronci nella strada di Vicovaro Licenza (27 Luglio 1890); presso Trevi (1891). Fructificat Da Settembre a Gennaio, però assai raramente. nella Sage Italiana dal De > loss Questa rara specie fu omessa 1 monte Pisano in aris, mentre il Lange (!) la indicà pel primo su oscana; di poi fu raccolta da altri briologi (Beccari, Fizgerald, Bottini). 0 dopo fu indicata dal Fiori (l. c.) presso Modena, poi presso Treviso | due sempre f fu raccolta o sterile o con capsule vecchie, mentre a ; Be raecolto a Tivoli à perfettamente. fruttificato. e e , distribuzione geografica di questa specie non à ben definita giacchè = poradica qua e là per tutta Europa senza un’area fissa di diffusione. Nella provincia romana è tra le più rare. E facile confonderla talvolta alcune forme di R. megapolitanum, R. rusciforme, ma si distingue facilmente pei fiori bene sviluppati ë gross, sono sinoici. ME ii quali, quando son Laxos, Toskanske Mosser (Botanik Tidschrft p. 226-254 | E eech + T od anche di R, praelongum 0 21. R. piliferum (Schreb.). De Notaris, Epil. Briol. ital.. p. 82 ES Bott. e Vent., Enum. erit. ital., n. 18. Ca Eurhynchium. LOR Bruch., Schp., Gümb., Bryol. Eur. V, Eurh. 16, tab. | Schimp., Synops. Muscor., ed. II, p. 671 - Hypnuin. Schreber, Flor. Lips. Spicileg., p. 9 1. d pe Boulay, Muscin. de France, p. 106 . Ex. Erbar. crittog. ital., ser. I, 353. LI D D . "e DiaGxosis. Coespites laxi, virentes, nitidi; caulis decumbens vage et exacte pinnatus, folia late oblonga, concava, decurrentia, laxe imbricata, acuminata, acumine longo flezwoso; perygyna intima denticulato-pilifer Capsula turgida late annulata sporis luteis praedita. Habitat. Sul terreno ombroso negli scopeti e nelle fresche praterie nella zona media dai 300 ai 1500 metri sull'appennino romano, raro . Sporadico: Monte Pelleechia, nei boschi di castagni lungo il val o 16 della Licenza: lungo la via dei Trevi del Lazio a Filettino presso a sorgente Pertusa, valle del Simbrivio da Vellepietra al BANDIRE, della Trinità, ecc. * Fructificat. Di rado si rinviene fruttificata nell aprile dans. frequentemente sterile. Oss. Il R. piliferum che il De Notaris (l. c.) chiamava « apud ul videtur rara avis » & una di quelle specie che sono sfuggite e sfuggono frequentemente anche ai briologi più esercitati le quali s sono Pure probabilmente più frequenti di quanto non sembrano. Infatti à ~ R, piliferum è quasi sempre sterile, e mescolato ed intricato con à ; | specie di pleurocarpi spesso molto simili come Brachythecium sale sum, R. romanum, ecc. éi Anche nel dominio della provincia romana A & probabilmente tale spec E SEN nella zona intermedia fra la eollina e la montana ma non p distinguerla se non Sech i cespuglietti sono quasi isolati. en xs X boschi, nei luoghi molto freschi e riparati dai forti venti. : .. Tale specie, per quanto posso desumere dalle poche volte che ho potuto ` raccoglierla, varia assai poco; solo la tinta dei cespuglietti è spesso no- tevolmente diversa anche in condizioni identiche, e non è raro rinvenire colore giallo lucente e spesso anche le due colorazoini diverse si rin- . vengono sullo stesso cespuglietto. La ragione di tale apparente variazione è che i soli rametti innov- | vanti, numerosissimi e patuli hanno una tinta verde tenero smeraldino' ' e man mano che invecchiano assumone il colore giallo. In tal modo nell’ aprile i cespuglietti sembrano prevalentemente verdi, poi appari- | son gialli; si spiega così la discrepanza della descrizione di tale specie dei cespuglietti. 22. R. romanum n. sp. : DraGNosis. Coespites lari depressi aeneo vel aureo flavescentes ; caulis brevis (6-8 cent.) ramulis erectis irregulariter. pinnatis, pinnwlis vage | ramosis; folia erecto patentia, oblonga concava lave imbricata, haud decurrentia, margine denticulata, acuminata , acumine in apiculum lon- dium evanido instructa; capsula orato oblonga, turgida exannulata, ` E ^ DL | pedicello longiusculo (25-35 mm.) papilloso scabrido, sporis fuscus (Tab. Habitat. Negli scopeti, nelle radure erbose dei boschi montani, nel : -Conca di Filettino alla salita del Cotento, carbonaie di Monte Viglio presso i Pozzi della neve e sotto al passo della Meta (2250 m. ) Observ. Questa specie è ben distinta dal precedente ed affine R. pili- ` ferum, al quale somiglia molto nell' aspetto esteriore , | ficati, come avviene specialmente fra i cespugli di erica, nelle radure, nei — aleuni cespuglietti di un color verde smeraldino, prossimi ad altri di scono variegati delle due tinte e in seguito, a fruttificazione compiuta. 5 4 . che si riscontra nei lavori di molti briologi, relativa alla colorazione ~ giusculum haud flexuosum producto, nervo valido basi dilatato ad me- luoghi freschi ma a solatio, dai 1600 ai 2250 m.. sui monti Simbruini, ma dal quale si 23. R. pumilum. cie a sè. Infatti differisce dalla suddetta specie per le dimensioni Ad mi- CR nori, Del caule irregolarmente pennato, per le foglie più strette e E scorrenti e meno bruscamente acuminate coll'acume non flessuoso , per ` la nervatura fortemente dilatata alla base e giungente appena alla metà ` della foglia, per la capsula piü rigonfia e assolutamente priva di anello, ben sviluppato invece e larghissimo nel R, piliferum, e per le spore an- Eu zichè gialle, di un colore fosco rugginoso. n Tale bellissima specie non à frequente e solo una volta la rinvenni - | nelle località suindicate, nel luglio 1891. È da annoverarsi fra le specie - alpine, e sostituisce, nell’ alto Appennino romano, l’affine R. piliferum ` che non oltrepassa i 1500 metri, nelle poche località del Lazio nelle ; quali lo rinvenni. E ^ Gli esemplari da me rinvenuti portavano ancora le capsule mature e non ancora deopercolate, ed erano perfettamente fertili, le piante ma schili simili alle femmine e con esse mescolate nel medesimo cespuglio, à portano rari fiori gemmiformi con numerose foglie periandiali enervie e numerosi anteridii corti e gront: De Notaris Epil. Bryol. Ital. p. 87 ; d : Bott. e Vent. Enum. crit. Musch. ital. n. 27. ep Eurhynchium pumilum x Schimp. Synops. Muse. ed. II, p. 675. a : Brizi. Reliq. Notaris n. 13, in Ann. R. Istit. Bot. Rom. Eurhynchium praelongum 5 pumilum Bryol. Europ. Vol. V, Europ. 8, tab. III p er Hypnum pumilum : Wilson. Bryol. Britann., p. 351 et Engl. Bot. Suppl. Bh DES 0 E S Boulay. Muse. d. Franc. p. 110. . i i . . Hypnum pallidirostrum SS ) uron C. Mill. Synops. Muse. V. ip d. 0 i ea St i Bistonhflnent + verso il mare, o sui ge dove non E l altitudine (di 400 m.;-specie assai rara e sporadica nella provincia: Villa Aldo- 'andini à Fraseati sui sassi lungo il sentiero della cascata; villa Doria ; | presso Albano Laziale, lungo i viali sul terriecio, appiè delle quercie , Villa Borghese a Nettuno, nelle radure della Pineta, alla Pineta di Ca- tel Fusano presso al mare, e finalmente appiè di una quercia presso Cimitero di Campagnano di Roma. y : Fructificat. Tutti i saggi raccolti nelle località ‘suindicate, erano mpre provvisti di abbondanti fruttificazioni: le capsule sono perfet- p mature da gennaio a marzo. | Obser. Questa rara E nota in jehi luoghi d'I Italia (Calabria, cana, Liguria, ecc.), è. probabilmente, nel dominio della Flora Ro- E più frequenté, di quanto non sembri, ma & assai difficile a seo- si, mischiata ed intricata com’ & molto spesso con altri muschi assai ii e eoi WEE: allo stato sterile pud essere facilmente confusa; M dtd essa è Ld misehiata ed pics con ou Mt ER le due specie. Essendo poi dioica ed i fiori SE METTI su pianto distinte, so lontani dalle femminee e mescolati a specie affini, è impossibile ` riconoscere le piante maschili senza una lunghissima e paziente sele- 7 “Ione e accurate osservazioni. ; | Le variazioni che questa EC subisce | sono appena nt te- = densi e sempre di un colore EAN chiaro bellissimo. dë Ze MM A à r È 3 Ze a A re © UGO BRIZI Inoltre in collina è frequente trovare cespuglietti composti quasi talmente di piantine portanti i fiori maschili, e sono invece rariss le piante a fiori femminei o cogli sporofiti sviluppati, mentre in riva al mare (Pineta di Castel Porziano, villa Borghese a Nettuno), tutti i saggi che raccolsi sono quasi del tutto costituiti da piante a fiori fem- minei e perfettamente fruttifere fino dal gennaio; le piante invece fiori maschili vi sono estremamente rare. 24. R. Pirottae, n. sp. DiaaNosis. Coespites dense intricati depressi luride vel aeneo virides caulis depressus, non radicans, ramulis fastigiato-pinnatis brevibus folia erecta, arcte imbricata ovato, lanceolata, vel ovato oblonga sensim — acuminata, acumine brevi, nervo tenui ad medium evanido; capsula ovato oblonga, obliqua, e pedicello purpureo brevi (7-10 mm.) basi tan- tum scabrido papilloso, fulta, exannulata, badia (Tab. IV, fig.9-18). Habitat. Sulla terra arenosa calcarea al piede dei grossi faggi sulla sommità del Monte Pellecchia al confine della Sabina, a 1300 m. Observ. Questa bellissima nuova specie, che nello stato sterile A assa facile confondere col Brachythecium populeum, rinvenni soltanto nell suindicata località, e sì distingue facilmente dalle specie affini, speci mente dal Rhynchostegium velutinoides (Hypnum filiforme C. Müll.) per | l caratteri esposti nella diagnosi, e principalmente pel caule non radi cante, per le foglie strettamente imbricate, per la nervatura tenue giungente appena alla metà del lembo, pel pedicello della capsula pilloso soltante alla base, e per la mancanza totale dell’ anello. I fiori maschili, sulle piante maschie simili alle femminee, colle quali trovansi spesso commiste, sono piecoli, gemmiformi radicanti coll foglie perieheziali concave, enervie, cogli anteridii assai grossi con p parafisi; i fiori femminei hanno le foglie pericheziali lanceolato-aeu minate, pochi archegoni con poche parafisi. ; Il R. Pirottae fruttifica raramente e assai tardi; nel mese di lug lo rinvenni colla maggior parte delle capsule ancora verdi. ` nuova forse perchè non if rinvenuta fruttifera, du allo stato ste- le è quasi impossibile distinguerla dalle forme montane del Brachy- ecium populeum e del Rhynchostegium crassinervium. Nell Erbario del R. Istituto Botanico di Roma esiste un esemplare R. erassinervium. Lone De Notaris, Epil. Briol. ital, p. 88. . . . . . + . (1869) Bott. e Vent, Enum. critt. Musch. ital, p. 21. . . . (1884) E Eurhynehium. ‘Bryol. Europ., vol V, Eur. 14, tab. XL . . . : : + (1855) Schimp., Synops. Muse., ed. II, p. 669. . . . . . + (1876) Brizi, Reliq. Notaris. in Ann. R. Istit. Bot. di Roma, n. 12 (1892) Hypnum crassinervium (Tayl. Fl. hib.). C. Müller, Synops. Muscor., vol. II, p. SIE, ic o BM ES Boulay, Muscin. de la France. p. 100. ER . (1884) Ex. Erb. eritt. ital., n. 404. DraGNosis, Coespites lari, saturate virides lutescentes; caulis gece concava imbricata, ressus, ramulis erectis, crassis; folia adpressata, 2/ ovata oblonga, in sicco plicata, denticulata nervo crasso ad 2/, folii periandra obovata ; evanido ; perygyna longe acuminata tenuicostata, capsula, pedicello erecto 15-20 mm. longo, obliqua, SO annulo e 2 posito adherenti praedita. freschi sotto ai boschi, Habitat. Sui eolli, Albani nei luoghi ombrosi e e Collepardo, ecie assai rara. Valle Ariccia al Parco Chigi, Albano nella Valle sotto al Ponte di Genzano. i Fructificat. Durante tutto l'autagno e in parte dell pagina EN Oss. n R. crassinervium, scoperto dal Taylor nell’ Irlanda (1820), è specie. poco P goa nell'Italia Li ER res in um E Nella provincia romana HM solamente sui colli albani doter? SCH süindieate. . Si può facilmente confondere con R. um, d dal quale si listing però EN per le EH Fe nel secco, ph i: la ne cave e a nervatura ui . 96. R. Teesdalii (Smith.) Eurhynchium Teesdalii, Schimp.,'Synops. Muscor. EE ed. II, p 676 (non Bigol. Port dE (18 70) | PARVA Teesdalii es Muscin. de la Fine P. n. ER NE UNS (1884) ginosi, lie repens, SIDING bis demissis ; + folia no nel acuta plus minusve serrulata, nervo valido, crasso usque fere ad apie producto; capsula, pedicello 5-8 mm. l, SE obovata, patti magno et annulo TEN Habitat. Sulle rupi umide e sui sassi irrigati nella Villa Aldobra dini a Frascati (1888) lungo il fosso di Pendimastalla. ai campi d nibale e al lago della Doganella. | | Ge GE Durante tutto l inverno fino a primavera Geier curvisetum, come fece lo stesso De Notaris: e come del Teilo è. facile confonderlo a primo aspetto, ma presenta però netti e decisi i ratteri differenziali esposti più sopra. E R. eurvisetum (Brid.). Schimp., Se Museor. ed. II, p. 681 . Tr Bott. e Vent. ma, crit, Mind: ial, n. 98 . . : . (1884) R. Teesdalei. ` Bryolog. Europ., V. Rhynch. III, tab. III, (ex p. exel. Syn. 3 | ST), ES V ava DI De Notaris; Epil. Briol it., p. 87 . . ,.. 4... (1869) H. curvisetum. . Boulay, Musein. de la France, p. 111. . . . . . . (1894) Hypnum. Schleiehrü var. tenellum. S Fior. Mazz., Specim. Bryol. Rom., ed. Il, p. 50 . . . (1841) e Dracxosis. Coespites densi, intense virides; caulis gracilis, radicans, — ramulis erectis raro procumbentibus; folia laxa, *oblongo lanceolata .. acuta, denticulata, cellulis medii linearibus subexagonis brevibus; pery- — gua et periandra oblonga, longe acuminata, erecta, enervia vel tenuis- - sime costata; capsula pedicello basi tantum purpureo muricato 5-6 mm. * l, oblonga, annulata. SS Habitat. Sulle pietre umide ed irrigate, sui muri molto umidi, sulle . ruote da molino, stillicidii delle fontane e delle cascate, non molto co- | : mune, ma frequente. Villa Borghese, Villa Panfili, Gianicolo, sulle pietre umidissime al Palazzo dei Cesari, al Colosseo e alla Cloaca Massima. ` Man mano che si sale in alto dal piano si fa sempre più raro: Tivoli _ alle Cascatelle e alla Grotta della Sibilla, presso Guarcino, a Trevi del Lazio sulle rupi dell'Aniene, a Manziana ai margini di un fosso, a S. Maria di Galera (Grampini) a Vejo ed Isola Farnese (Pirotta). i | Sui monti Laziali è rarissimo e trovasi qua e là ma in quantità mi- * nima: Villa Aldobrandini alle cascatelle, a Mondragone, Parco Chigi al- l’Ariccia, intorno al lago di Castello, sulle rupi della riva Palazzolo. al ` Fontanile e alle grotte del convento, ecc. Fructificat. Trovasi quasi sempre in frutto durante tutto l inverno . e in principio della primavera, quando questa specie si spinge molto in alto, relativamente (Guareino), allora fruttifica nell'estate e nell an: _tunno, Oss. Il R. curvisetum si può a primo aspetto confondere facilmente ambo le specie, quantunque per molti briologi RE sono del resto facilmente identificabili. be Il De Notaris non raccolse mai il vero R. Teesdalii, e la specie da lui descritta con questo nome (l. c.) come del resto tutti gli Mua del suo Erbario, appartiene invece a R. curvisetum Schp. 28. R. litoreum (De Not.). | Bottini, Appunti di Briol. ital. in N. Giorn. bot. ital., XXII, p. 260 . ENT Brisi, Appunti di Briol. romana in Malpighia SOC rU EE R. curvisetum var. litoreum. j Bott. e Vent., Enum. erit. Musch, ital, n. 28 B xou SM Bott., Appunti di Briol. toscana in Malpighia, I, p. 388 (1887) Brizi, Reliq. Notaris. in Ann. R. ist. bot. di Roma . . (1892) R. mediterraneum. , = Jurathzka, Verhand. d. k. k. Bot. Ges. a XXIV, p. 378 (1874) Hypnum litoreum. Se De Notaris, Syllabus Museorum, n. 43 . . . . . . (1838) DraGnosis. Coespites densi, laete virentes saepe nitidi, caulis brevis, ; ramulis densis, erectis fasciculatis vel fastigiatis ; folia dense imbricata MER oblongo lanceolata longe acuminata, integra vel vix denticulata, cellulis - È medii foliorum exagonis longis; capsula pedicello purpureo 5-7 mm. ZS badia, in sicco ore constricta, et s , um Habitat, Nei prati lungo la spiaggia marittima, all' Isola Saera, quet - ` la foce del Tevere (1889), colle dell’Acciarella, in riva al mare presso al LE: di Nettuno (1892), sempre sterile. Oss. Il R. litoreum che merita il nome di specie distinta, quantunque | il De Notaris che tale la descrisse (Syllabus), non la considera in se- guito neppure una varietà degna di nota (Epilogo), è assai ben distinta tanto da R. curvisetum del quale molti autori ne fanno una varietà, SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV. —— Lh Dia romanum n. sp.; pianta intera fruttifera (gr. nat.). d id. sommità della seta portante la cap- sula operculata (ingr. 10 d.). id. id. rametti di una branca principale por- - tante il ramulo pericheziale colla | base della seta e la vaginula (ingr. 15 d.). id. Ho e foglia delle innovazioni (ingr. 75 d.). id. i sezione trasversa mediana della stessa | cae ` (ingr. 85 di). dd. M. foglie delle branche principali A : ^a 15 à. id. $77 perichezio isolato e radicante (ingr. er 10d) id. a: = fiore maschile aird al dá ra- dicante al quale furono tolte le da | foglie (ingr. 10 d). : 3. id. ` se `G SC anteridii e parafisi (ingr. 100 d.) sa 9 | Rgnchostegium Pirottae n. sp, pianta intera fruttifera (gr. natur.). 2 id. id. | rametto fruttifero col periehezio , la seta scabra alla base e la me i (ingr. 10 d.).. id. id. | fiore maschile radieante De i 3 | (ingr. 15 d). 1203. mc cu -foglie dell'asse maggiore (ingr. md). Malpighia, anno + vol, x: i i 7 Ex d Salo ili dee he: 12 agr. | SCH Ai eege nissimo laterale (ingr. 75 foglia 2 un Vr laterale. i matura coll opereol o 10 d.). difolium Schp p.; foglia contorta nel secco (ingr. Lë i » 19. RÀ d stegiu À : » RK Rhynehostegium ortophyllum Brizi; rametto sterile estratto dalla een isolato (er. natur.j. al. m | SC Sue - porzione del medesimo NE cs Sao “e a ee staccate (ingr: 75 a). Sopra un caso rarissimo di incapsulamento dei granuli d' amido. | Nota del Dott. Luici BUSCALIONI Assistente all'Istituto di Fisiologia vegetale dell’ Università di Göttingen. 4 , (Tav. VII Nel 1891 il prof. Luigi Macchiati pubblicava un lavoro «sulla strut- tura dei semi della Veceia d? Narbona (1), nel quale si sforzava di di- - mostrare ehe lo spermoderma di questa specie si differenzia di molto ` da quello delle altre Vicie e fors’ anco da quello delle altre Papilionacee. Questa pubblicazione, siccome era in aperta contraddizione coi risul- tati che il prof. O. Mattirolo ed io avevamo ottenuto dalle ricerche sui egumenti delle Papilionacee GA ci costrinse ad assoggettare ad un par- ticolare esame i semi della pianta indicata dal Macchiati allo sue di | controllare la deserizione che questi ne diede. Dall’esame che abbiamo fatto in proposito ci TTE non solo ehe la Struttura delia Vicia narbonensis è identica a quelle delle altre Vicie, ma ci fu anche dato di per cui non merita una descrizione a parte, 5 Aa che il prof. Macchiati, non avendo saputo seguire la falsariga delle nostre indicazioni, fu indotto ad inventare di sana pianta alcuni e ad alterare BERN la nm organi, quali i tubercoli gemini, ; tara dei tegumenti seminali (*). | Intanto, per una strana combinazione, mentre stavamo TOME lo PEER della Vicia di Narbona nei vari stadi di sviluppo. > mi oe: di Narbona. Modena, 1891. E Ricerche anatomo solegiche sui | tegumenti ni delle Papilionacee. -. (Nota preventiva) R. Accademia delle Scienze di Torino 1891, V. XXIV. — Et _ cerche doni EE sui Cem seminali delle Pa Wgilionin R Acea- poc Scienze di Torino, 1 ^ ) V. a questo proposito Mi Prin Maechiati. den dere Lo e Boscauow. Critica al lavoro m Dott. ; E : sente comunicazione. Al pari delle altre Papilionacee, il tegumento seminale della Veccia di Narbona consta, allo stato adulto, dei seguenti strati: 1.° Strato delle cellule Malplghiane (C fig. 1.°). 2.° Strato delle cellule a colonna (D fig. 1.). 3.° Strato profondo suddiviso in tre piani; uno superficiale, un altro mediano ed infine un terzo profondo( (e, f, g fig. 1.). B. I due ultimi piani non sono ovunque nettamente differenziati: in ge- — nerale si nota che sulle parti laterali del seme sono assai distinti, mentre nella regione chilariale il primo trapassa gradatamente nel secondo. Lo strato delle Malpighiane & formato da cellule allungate radial- mente, la cui cavità, in vicinanza della superficie esterna del seme, si continua con piccoli canalicoli che si portano fin sotto la robusta mem- brana di rivestimento. Questi elementi poi, come è noto, presentano la così detta « Linea lucida », la quale nella Vicia narbonensis decorre ad una certa distanza della superficie del seme, ed è costituita da un ` strato di cellulosa più condensata e priva di pigmenti. no Al di sotto delle Malpighiane vi ha lo strato di cellule a colonna, d eui nome indiea abbastanza chiaramente qual à la forma degli elementi. Alle cellule a colonna succede lo strato profondo costituito esterna- mente da piccole cellule allungate tangenzialmente, alle quali tengono dietro degli elementi assai ampi, a grandi meati intercellulari, a pareti mediocremente sottili e pieghettate. Questi ultimi, a loro volta, trapas- sano gradatamente nelle cellule del piano profondo, rappresentato da nn tessuto più o meno schiacciato, i cui elementi interni sono agglutinati assieme in una massa che alla sezione trasversale si presenta come una 5 benda jalina.. vm Al di sotto del piano profondo, che à composto da tessuti ne di ai due tegumenti, e forse anco da cellule proprie della nucella, compare. l' albume sotto forma di residui protoplasmatiei mr in membrane 2 > di nuova formazione. ta contenuto cellulare non varia gran che nei differenti stasi nelle SOPRA UN CASO RARISSIMO DI INCAPSULAMENTO, ECC. Malpighiane si notano dei corpi tannici colorati in bleu-verdastro od in - giallo bruno, dei residui plasmici impregnati di tannino ed infine un piccolo nucleo più o meno deformato; nelle cellule a colonna e nello strato sottostante si incontrano invece dei corpi clorofilini, assai alte- rati ed in via di dissoluzione, dei pigmenti di natura tannica, abbon- danti specialmente nel piano mediano dello strato profondo ed infine dei granuli amilacei. | I corpi elorofillini non sono sempre presenti, ed anzi a questo riguardo si osservano delle differenze assai spiccate qualora si paragonino i semi appartenenti a diverse varietà di Vicia Narbonensis (V. Narbonensis latifolia e V. Narbonensis heterophylla) o provenienti da località diffe- renti. Lo stesso può dirsi rispetto ai pigmenti tannici ed ai granuli di amido che talora sono pure scarsi o mancanti. Quando lamido non é abbon- dante esso trovasi localizzato di preferenza nel piano mediano ed in quello profondo dello strato sottostante alle cellule a colonna ed in tal caso si verifica che aleune granulazioni acquistano dimensioni cosi con- siderevoli che nelle sezioni trasversali dei semi occupano tutto quanto il diametro trasversale delle cellule (fig. 1 À). Per lo studio di queste granulazioni amilacee sono specialmente istrut- tive le sezioni tangenziali dei tessuti profondi ed a tale scopo io. lascio rigonfiare nell'acqua i semi maturi spaccati nel mezzo, e poscia, col- l’aiuto di una pinzetta, esporto dalla superficie interna dello spermo- derma qualche lembo di tessuto che esamino di poi in glicerina. Quando i pezzi di tessuto che in tal guisa si ottengono non sono troppo ispessiti, essi lasciano riconoscere intima struttura delle cellule che formano il piano profondo del seme, dove si annidano appunto i granuli d’amido che presentano il curioso fenomeno dell’incapsulamento. Gli elementi si presentano sotto forma di grandi piastre a sepimenti d | tili, irregolari, le quali si uniscono in tessuto per mezzo di corti e pr prolungamenti. Le membrane cellulari pieghettate presentano que colà degli ispessimenti nodosi e sono attraversate da numerose punteggiature. | grumi plasmici colorati in giallo , i quali vanno lenta- ki ‘IL contenuto cellulare è costituito da bruno ed a struttura grossolanamente granulare "E r BU SCALIONI ` Niente EE in masse cellulosiche LEE granulari o ba- A stonciniformi. Inoltre talune cellule presentano ancora traccia di nuclei .— sotto forma di erandi masse ER e reticolate, prive del tutto di nueleolo. ; La particolarità perd che più vivamente colpisce l'attenzione di osservatori si è la curiosa struttura che offrono i granuli d’ amido in- : clusi nelle cellule più superficiali di questi lembi. Tali granuli hanno : dimensioni estremamente variabili, potendo alcuni raggiungere la gran- - dezza dell'amido di Phaseolus, mentre altri non oltrepassano di molto il | volume dei granuli amilacei del riso. ni In generale si nota tuttavia che quando le cellule contengono un solo granulo questo à di dimensioni colossali, mentre nel caso opposto la masse amilacee sono più piecole e di una grandezza pressochè uniforme. S Per ciò che riguarda la struttura di siffatte granul azioni può servire di guida quanto ei è noto a proposito dell'amido delle altre piante. Esse infatti, oltre all'essere fornite di un ilo, più o meno centrale, da cui si dipartono delle fessure radiali che si perdono.ben tosto nella massa amilacea, presentano talora anche i caratteristici strati concentrici, — quantunque i granuli omogenei siano tutt'altro che scarsi. p SH Le granulazioni reagiscono assai poco alla luce polariteta, presentando soltanto quelle dotate di più grandi dimensioni la caratteristica croce coi Nicol incrociati ed è questo forse l'unico carattere che le distingue dagli altri granuli d'amido, poichè per quanto riguarda il modo di com- portarsi di fronte all'jodio, àgli acidi minerali ed alla potassa caustica ` non presentano particolarità degna di nota. ; ES Quando si esaminano le cellule allo stato fresco si osserva che tanto = n il nucleo (fig. 2 C) quanto il protoplasma sono quasi sempre addossati SC ~ ai granuli e che anzi l'ultimo forma attorno aquesti un'atmosfera gra- ` ~ nulare più o meno estesa (fig. 2 e 4). e Un attento esame mostra tuttavia che fra l’amido ed il plasma cir- costante havvi quasi sempre un anello più o meno ampio costituito in gran parte da una sostanza omogenea, incolora, la quale appunto per | queste sue proprietà si differenzia dal protopiaems quasi sempre tinto . in giallo bruno dal tannino (fig. 2 Be 4 €). ri Se si fa agire l'aequa di Yale la massa aa scompare con una certa rapidità ed allora residua sol piü il granulo d'amido e l’anello di sostanza omogenea sopra ricordato, il quale avendo pressochà lo stesso indice di rifrazione del corpo che incapsula a tutta prima potrebbe venir mbiato eon una stratificaziene staccata dal granulo amilaceo se non rivelasse una differente costituzione di fronte ai più svariati reattivi. L'anello infatti non reagisce alla luce polarizzata; si colora intensa- | rosso di congo ed altri a colorazione mente e rapidamente col bleu di anilina, co reattivi; sotto l'azione del elorojoduro di zinco assume un giallo-bruna qual à propria dei calli trattati in modi analogo; non si a lungo dei granuli d’amido colora col jodio ed infine resiste assai più ll'aeido cloridrico, all’ acido solforico ed alla potassa caustica. i Specialmente interessanti sono le reazioni col bleu di anilina e col | rosso di congo, poiché queste sostanze, non colorando che debolmente | protoplasma, mettono in evidenza l'anello anche quando è inglobato utile un preventivo tratta- . nel contenuto cellulare e rendono cosi in mento dei pezzi coll’ aequa di Javelle. i che ho eseguite risulta evidente che la capsula peri- ostanza appartenente alla classe della cel- Questa : amilacea à formata da una s lulosa e più probabilmente da un corpo affine alle mueilagini. capsula, anche quando ha un notevole spessore, si presenta poco resi- Stente, poichè se si fa agire sui preparati l'acqua di Javelle od altri d’amido, si osserva che la so- involucro e si SEH nella eagenti capaci di rigonfiare i granuli. stanza amilacea con tutta facilità rompe r ca SR cellulare (fig. 6 e 9). involuero dei granuli amilacei forma talora un velo orzioni colossali e non di rado poi si mente fusa tra loro in un punto costituito da due strati sso, in seguito ad assai delicato, zi altro invece assume delle prop pia in due sfere concentriche parzial alsiasi (fig. 3). Molte volte presentasi anche e concentrici di differente natura, come pure assai spe ateriali per parte del protoplasma, as- ar rivestite da un folto disordinata apposizione di m me delle forme assai strane, quali di v eapillizio (fig. 7). Esaminate con forti obbiettivi siffatte anomale produzioni mostransi 5 LUIGI BUSC. ALIONI costituite da bastoncini e granuli impiantati perpendicolarmente all perficie dell’ anello periamilaeeo. Per molti riguardi si presenta assai interessante lo studio dei rap- porti che la membrana mucilaginosa contrae col granulo d'amido. lo ho osservato che nel maggior numero dei casi fra questo e quella esi soltanto una strettissima fessura (fig. 2, 4, 7): in molti preparati, tut- tavia, ho pure notato che l'amido non occupa tutto quanto lo spazio cir- scritto dal suo involucro ed inoltre presenta un contorno poliedrico od irregolare. In questo caso egli è d'uopo ammettere il granulo amilaceo, dopo l’incarceramento, venne parzialmente intaccato da un processo dis- solvente, quando naturalmente non si preferisca ritenere che la mem: brana avvolgente abbia potuto formarsi a distanza dal granulo d'amido. Secondo il mio modo di vedere la prima ipotesi merita la preferenza poiché à suffragata anche dal fatto che negli stadi meno avanzati dello sviluppo non si riesce a rintracciare una separazione fra le due forma zioni e che inoltre nei semi adulti si incontrano assai spesso dei gra- nuli incapsulati sparsi «di canalicoli od altrimenti intaccati dalla dia- stasi (fig. 8). | | La storia di sviluppo delle curiose formazioni che ho descritto si è ricca di dati interessanti, poiché gli anelli compaiono assai tard mente e si formano con un'estrema rapidità. To mi limiterd quindi una brevissima rassegna sullo sviluppo del seme, che ho seguito valer domi quasi unicamente delle sezioni trasversali, inquantochè il metodo dello strappamento non è applicablle nei piccoli ovuli in via di forma zione. Nei primordi dello sviluppo dell'ovulo tutte quante le cellule dell spermoderma sono ricche di amido, il quale si presenta sotto forma piccoli granuli (per lo più composti) aderenti ad un minuto plasti che si colora discretamente bene colla fucsina acida e con altre so stanze coloranti. Più tardi i granuli aumentano in volume e contem poraneamente © pure il plastidio, che apparisce come un involucro continuo fornito q e colà di ispessimenti puntiformi. | Allorchè poi il seme ha raggiunto le dimensioni di un piecol SOPRA UN CASO RARISSIMO DI I ; | sello, la provvista amilacea tende a comparire, specialmente dagli strati N E più interni direttamente assoggettati all'azione comprimente dell' em- brione in via di sviluppo: nel tempo istesso il protoplasma delle cel- lule più interne dello spermoderma si altera e scompare. Perd mentre il processo dissolvente progredisce di strato in strato, si nota che taluni granuli amilacei si sottraggono alla distruzione e che anzi possono anche - continuare a crescere, tanto che quando il seme ha raggiunto la maturità, | essi hanno acquistate le dimensioni degli ordinari granuli d’amido del. Phaseolus. i Questi granuli più resistenti od in continuo accrescimento sono quelli. appunto che si circondano del velo di mucilagine il quale si forma nel | seguente modo: — Nelle cellule quasi adulte i plastidi che hanno formato i granuli ami- lacei sono scomparsi : al loro posto si osserva tutt’ attorno ai granuli un alone protoplasmatico a grosse granulazioni, dotate di una rifran- genza alquanto diversa dalla circostante massa plasmica (fig. 5). - . Ben tosto l’alone protoplasmatico viene sostituito da un delicato velo | omogeneo che gradatamente si ingrandisce fino a raggiungere la defini- tiva struttura dell'anello mucilaginoso. In pari tempo il protoplasma che in volume, utilizzato a avvolge questa strana formazione và diminuendo i granuli, bastoncini ed altre produ- in gran parte nella formazione d | i del piano profondo zioni cellulosiche che rinforzano le pareti cellular dello spermoderma, o riempiono la cavità degli elementi (!). si incontra lanello di cellulosa attorno a ritenere che questa curiosa formazione di Narbona, non avendo potuto incontrarla in altre spec nose, : ; è una specialità della Vicia specie vegetale, una tale parti- Però, per quanto propria di una data co, differenziale della colarità non va ritenuta come un carattere specifi = (!) Nel caso che sto studiando è evidente che il protoplasma è a mare nuovi strati di sostanza amilacea, mentre all opposto puó benissimo p attorno i granuli d' amido un involucro di natura cellulosica. Le ricerche che io ho fatto per mettere in sodo la frequenza con cui ai granuli d’amido, mi portano. ie di Legumi- - LUIGI MUSCALIONI ` Vicid Narbonensis, in quanto che i semi di V. Narb. var. serratifolia ` e quelli V. Narb. v. latifolia che io aveva a disposizione nell’ Orto Bo= tanico di Gottinga non presentavano traccia del fenomeno in questione, mentre quelli dell'Orto Botanieo di Torino erano abbondantemente pU niti di granuli d' amido incapsulati. | Le influenze che determinano un così diverso comportamento nei varii semi appartenenti ad una stessa specie, vanno ricercate probabil- mente nei metodi culturali differenti e nelle condizioni di temperatura; all opposto la causa diretta che provoca la formazione dell’anello è ine- rente ai processi di involuzione a cui va incontro il plasma nelle cel- lule adulte dei tegumenti seminali. i Se noi esaminiamo infatti quali sono le condizioni dello spermoderma ` adulto troviamo che i protoplasmi cellulari non sono più nutriti in aleun modo dal funicolo in via di involuzione, e che le comunicazioni E plasmiche intercellulari, le quali facilitano gli scambi, sono in gran parte soppresse, specialmente negli strati profondi del tegumento assog- gettati ad una forte compressione da parte dell'embrione. Ne consegue | pertanto che i protoplasmi dell'involucro seminale, i quali non sono do. ` tati della proprietà di assoggettarsi ad una vita latente come quelli del- l'embrione, devono necessariamente andar incontro ad una lenta meta: S morfosi regressiva e forse anco a particolari processi di sdoppiamento che hanno per risultato la formazione di duna cellulosici nella cavità ` cellulare. La produzione di simili depositi fatti a spese del protoplasma "o _tuisce un fenomeno estremamente comune nei tessuti dei tegumenti se- - minali, ed io ho avuto più volte occasione di intrattenermi su siffatto argomento (!), ma all’ opposto la formazione di involucri cellulosiei at- torno a granuli d'amido è, per quanto mi consta, un fatto di una ra- rità affatto eccezionale, ed anzi jo credo che il caso da me es a Fume ben constatato, fino ad ora, nella scienza. | a ) V. L. e Studi sui cristalli di ossalato di calce. RAT 1895. «È, - Contribuzione allo studio della membrana N, 1802-03-94 | L. Betri? Sulla struttura. è £ sullo sviluppo del seme e della Veroni E R. Accad. delle Selene di Torino IRE y to « errate, perchè hanno il ni fondamento sopra una falsa inter- | pretazione del velo di natura plasmica che il plastidio forma attorno alle granulazioni amilacee sottoposte alla sua attività formatrice. Forse un fatto ben constatato, avente una certa analogia con quanto ' Eschscholtzia californica (Chmss.), quantunque in modo molto meno * mareato e talora affatto rudimentale. ; ; In questa specie il tegumento esterno è rivestito da un’epidermide, le cui cellule sono discretamente grandi e variamente conformate. Già di buon’ ora in questi elementi si segnala la presenza di piccoli granuli amilacei localizzati di preferenza in immediato contatto delle pareti (i £e s S; £e Da m. E S É ® > œ DS EA a = 3 H S — 5 E = ER un = S. f c PUE @ E Kä gei, SEN Nelle mie ricerche sui cristalli di ossalato di ST ho pure vg e dei granuli di amido racchiusi nelle trabecole di cellulosa che b € pu ‚ma qui si tratta di un fenomeno DEES SSC nulla den E SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Fig. 1. Tegumento seminale di Vieia Narbonensis (seme maturo). A. Amido circondato da membrana mucilaginosa. B. Linea lucida. ; C. Cellule Malpighiane. D. Strato delle cellule a colonna. e. dp g. Sirno profondo (piano superficiale medio e profondo). "e 24 . Cellula del piano profondo contenente un granulo d' amido SE Ingr. 1 : 1000. A. Granulo d' amido. B. Capsula. C. Nucleo della um D. Protoplasma. » & Pezzo di cellula contenente un granulo d aide circondato ` 'da un anello. Iner. rs » 4. Cellula ES piano suo ecc ctun SA Inge.) E: A. Granulo d’ amido. - | B. Plasma. Le OS del granulo d amido. » LA Cellule dello strato profonda. « contenenti dei granuli g amido | in b a Ingr. ES 800.. » 6. Cellula contenente un i granulo | d' ando rigonfiato dall acqua di i Jav (Da una preparazione sottoposta all’azione del jodo-joduro di A. Granulo d' amido. i B. Capsula. Ingr. 1 : 500. a Lä Pezzo die cellula toutonbüta. ES prets nie rivestite da ur di bastoncini BEZE ne 1: 1000. se SH d'amido trattato coll’ acqua di Javelle e col jodo-joduro di po- tassio. — La sostanza amilacea rigonfiata ha rotto la capsula e aid is espansa nella cavità cellulare. Ingr. 1 : 500. 10. Eschscholtzia californiana. (Tegumento seminale). Cellula contenente delle piccole granulazioni amilacee raechiuse in un reticolo. Ingr. 1 : 500. A. Granuli d' amido. B. Reticoli di cellulosa. » H. Due ils epidermiche del tegumento sorelle di Eschscholtzia ealifor- ti niana sezionate trasversalmente. I granuli d’ amido disegnati in nero | : sono racchinsi nelle maglie ı a un reticolo di cellulosa. Ingr. t: * SCH A. Granuli d' amido. wu e n = “2 Reticoli di cellulosa. Rassegne — e M. Füxrsrück. — Die Fettabscheidungen der Kalkflechten. Sc {Beiträge zur wissenschaftlichen. Botanik, Band I. Abtei- lung. 1.2: Stuttgart 1895). E noto che dopo la pubblicazione dei Ælechtenstudien dello Zukal. il qual occupandosi della produzione di materie grasse nei licheni calcicoli avea consi- derate le sue cellule sferoidali come, organi di deposito di materiali di riserva dipendenti dai gonidi, l Hulth, seguendo le stesse ricerche, venne ad una couelu- sione alquanto diversa, constataudo che lo sviluppo delle cellule oleifere fosse in. ragione inversa di quello della crosta tallina, e quindi necessariamente EE dente dai gonidi. Ora I À. col presente apar ritorna anche una volta sull’ im: | portante argomento, e considerando che Zukal , se conobbe bene i caratteri generali delle vere TER Ce? non si Sg conto con eguale esattezza delle. - ife oleifere, queste principalmente prende in esame. Esprime quindi lopini > che il we notato dallo stesso E n: nale Ze licheni sia da i il Baier le ife oleifere, le quali in un dai PER del loro REND. pren- dono una leggera colorazione verdognola; nè cela il sospetto che anche una falsa interpretazione di queste ife abbia pue dare one alla ben nota bon Minks sul Microgonidio. ll lavoro del dott. Füufstück , benchè in dd punto meriti una conferm é certo di incontrastabile interesse per chi studia le leggi biologiche che nns | la vegetazione dei licheni. L'A. accetta pei licheni calcicoli la divisione proposta da Bachmann in epi ed endolitici, a seconda che il loro tallo si sviluppa aderente , od immerso , sostrato, e riconosce maggiore la produzione di materie grasse nei er quali lo strato gonidiale & meno sviluppato. D revi osservazioni di ordine generale egli prende a dindiere- la p specialmente rispetto a ciascuna delle specie seguenti: Physcia aurantia Pers. P. decipiens Arnd., P. miniata Hffm.. P. medians Nyl., P. pusilla v. turg a Mass., Gyalolechia lactra Mass., Xanthocarpia ochracea en Ph a s nosum Chaub. , Psoroma crassum var. eer m Vill., M e Lallavei Clem., Buellia Dubyana Hepp., Diplotomma Epipolium Ach., The- lidium dominans Arnd., T. pyrenophorum Ach., Staurothele guestphalica Liw: = | Polyblastia hyperborea Th. Fr. f. abstraenda Arnd. , Amphoridium Hochstetteri Fr., f. obtectum Arnd., Verrucaria plumbea Ach., V. jos FIk., V. elaeome- laena Mass, V. marmorea Scop., V. calciseda DC. Con quest'ultima specie J'A,, dopo aver tentate inutilmente delle culture in . camera, riuscì a far sviluppare re tessuti tipici di cellule sferoidali e di ife oleifere E mediante culture a pien'aria, per le quali abbandonò sulla nuda roccia all’ aperta campagna sottili lamine tagliate nella parte più profonda del tallo, ove il tessuto oleifero non si era spinto affatto Ma di 990 esemplari così messi a vegetare, a capo di un Lea tempo, appena in 18 egli poté constatare lo sviluppo di tessuti con materia grassa, anzi solo in 14 individui riscontrò il tipico tessuto d cellule sferoidali. Nullameno, dal risultato di queste culture, lA. deduce che SN A WA y. ERE, BAR i . chent calcicoli non sia in alcuna relazione coll attività assimilatrice dei gonidi. .. E inoltre le importanti sue ricerche Res fargli conchiudere: 1." che la parte di tessuto in cui le ife con tengono maggiore quantità di e prem ea . per regola, in lontananza dallo strato pore iale nello interno del sostrato ; 2.° che . non è verosimile che le materie grasse sieno impiegate nello sviluppo delle frut- tificazioni ; 3.° che la produzione di materie grasse sia in stretto Ce con la Composizione chimica del sostrato; nel senso che per quanto questo é piu ricco . di carbonati, per tanto quella & piu abbondante; tanto che cessa del tutto quando il lichene passa a vegetare su di una roccia sprovvista di carbonati; 4° che sia usns verosimile che l'acido carbonieo libero per la decomposizione dei car- "Onati, prodotta dall’ azione Le acidi del lichene, rappresenti la materia prima er la formazione dell’ oli "A. Jarra. AVVISO. ER la fine d’Ottobre il sottoscritto parte per un viaggio botanico a Buitenzorg (Giava), Singapore e Ceylon. Durante a tempo della di lui assenza (fino verso la fine di Maggio ` 1897) d Prof. R. Pırorra in Roma assumerà la Direzione della à Malpighia »; per cui i nostri lettori e collaboratori sono Pregati di voler dir ‘igere a questo qualunque comunicazione 9 lettera che riguardasse la redazione ed amministrazione de giornale. Prof. O. Penzia. RASSEGNE | ET ot: E See a See + HE Piccola Cronaca Al R. Orto Botanico di Pavia sono stati nominati assistenti i sigg. Dott, Gino PorLacci e L. MoxrEMARTINI; come conservatore delle collezioni, il Dott. Fi TOGNINI. : Il nostro collaboratore Dott: A. Barpacci ha impreso un nuovo viaggio botanico nella penisola balcanica, e precisamente all’ Epiro settentrionale. Al posto del Prof. DIPPEL (collocato a riposo), come Direttore dell’ Orto Bota» nico di Darmstadt, è stato chiamato il Prof. H. Scnenck, finora a Bonn. Il Prof. N. L. Brirren è stato nominato Direttore del arupdicep € giardino | lumbia University) n succederà il Prof. L. M. Unperwoon. E stata fondata, nell' mud botanico di Buitenzorg TR) una sezione. spe DH Prof. H. Tren, che per molti anni diresse il giardino botanico di pe E (Ceylon), ha chiesto di essere messo à riposo, per motivi di es ` E successore à para il Prof. Joux C. WILLIS. i ; della « « Revue Horticole » ar autore di numerosi lavori var) die i il x conosciuto eil « Traité général des Coniferes ». Tav V | Fig... CONDIZIONI nio La MALPIGHIA si pubblica una ‘volta al mesé, in fascicoli di 3 De di stampa almeno, corredati, secondo il-bisogno , da tavole. Ces T abbonamento a annuale- marta L. 25, pagabili alla ricazione del jo fascicolo | en annata. gis L'intiero ‚volume annuale (36 fogli in 8° con circa 20) tale) sarà messo i E vendita: al prezzo di-L. 30. v «Non saranno venduti ‘fascicoli separati. T. i i ` At Autori saranno corrisposte 100 copia estratte ‘dal GEN 45. giorni . dopo la pübblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior b 10 al » numero di esemplari, le copie. in piü verranno. pagate in ragione di „foglio (di 16. pag.) per:‘100 copie. Quanto alle tavole Ve ‘occorrerà S lente r rimborsare le spese di. carta e di tiratura.. : o Librerie yeu Le associazioni sì ricevono presso 1 Redattori e VE dé ui italiane e dell Estero. - pn Librai è è accordato lo Separa del. e KEN x | ré E VV "de manoscritti e le corr ispondenze destinate dh Maven, dovranno essere indirizzate al Prof; 0. Pexzig in Genova. ; do p ae Sr Accetta. le pono eon altre pubblicazioni periodiche esclusivamente be: ‘taniche; Ge Per annunzj | e inserzioni rivolgersi al Redattore Prof. 0. Penzig, R. Univer- sità, Genova. ZE 5 ‘Tariffa a inserzioni sulla copertina. p er o gn ni in: se rzione. M e ere ‘pagina ;.. L. 30 SCH ug pagina... La | di x o er di pagina. » 85 ja ai pagina. » 9e Y da fogli separati, annéssi al fascicolo, a prezzi da convenirsi. A nuovi Abbonati ro E ONA il primo e secondo volume; SE | brochure, li Eer Lire : 25 invece di Lire 30 l t cherches sur l'anatomie systématique des Bétu- {con numerose figure nel testo) pied. nografico del. capsulamento dei gra REDATTA DA O. PENZIG Prof. all'Università di Genova E RZI x R. PIROTTA -* Prof, all Università di Paletmo +. Prof. all’ Università di Roma | MARCELLO ‘MALPIGHI ^. Si 1627-1694- We f | TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMIN Aa E Anatomia comparata - — Prof. R. Pmorra (R. Istituto Bo ta Roma). Trattati — - Prof. 0. Marriroro [ih Orto Botanico di i Bologna). EE ener =. Prof. R. Porta. - Tecnica aer SE Ae — SE A. Pour TE xpo Técnico di SI Biologia — Prof ^K. Bonzk - Fitopaleontologia — Ing chi (R. Istituto. De. di Roma). Storia a Botanica e Prof. p A: Saccarno IR. Orto Botanico SI ener aa na ndr — Prof c: Averra 1x Orto Botanico di Parma). ie — Dott 4 Baron R. poe Botanico Roma). go juges Dott. U. Pat. E tiché — Prof. €. Massaronso (Unis di Ferrara. ` Fanghi ee ‘è Morfologia) — — - Prof. o Mapieg" Alghe marine "e Prof. A. Piccone. (25 : Via Caffaro, Genova). ; ` Alghe. lA acqua. ‘dolce - — - Prof. A Bonzì — = (RS ‘Orto Botanico di ; | Bactriolgia — - Dott. Le Ba Orio. Botanico © } AVVISO. La Redazione della « Malpighia » rivolge viva preghiera a quelli de- gli Associati, che già non lavessero fatto, di voler inviare il più presto possibile al sottoscritto l'importo dellabbonamento all'annata X (1896). Roma, 29 Novembre 1296. Per la Redazione Pror. R. PIROTTA Panisperna 89. B. L. aure > Azione dell’ elettricità sulla germinazione * Nota di GiuLio TOLOMEI. | primi studi sopra l'azione dell’ elettricità sullo sviluppo dei vegetali a Len " datano dalla metà del secolo passato, ma nonostante che numerose . esperienze siano state eseguite in proposito, non si è ancora pervenuti a conclusioni sicure, giacchè alcuni, basandosi sopra risultati ottenuti sperimentando in un certo modo, sostengono che l'elettricità esercita un'azione benefica sulla vegetazione, mentre altri; appoggiandosi ad altre esperienze, affermano che l'azione dell’ elettricità è nulla e può anche riuscire nociva. Io credo che vi sia dell’esagerazione dalle due parti, e che pur ritenendo un pò gonfiati i risultati ottenuti dagli uni, non deb- bano prendersi per oro colato quelli avuti dagli altri. È un fatto che l'ambiente in eui le piante nascono e crescono è la sede di una quantità di fenomeni di cui tutti gli esseri organizzati ri- - sentono l'azione, e non vi è ragione per ammettere che mentre lo svi- luppo dei vegetali è collegato intimamente alle condizioni di umidità, ` di calore e di luce, non debba risentire anche l'influenza dello stato ‘elettrico, che, come è noto, varia continuamente. E se nulla possiamo | dire in.proposito, mentre si conosce abbastanza bene l’azione degli altri agenti sopra ricordati, la ragione deve ricercarsi nel fatto che, quan- i progressi fatti nello studio dell’ ‘elettricità e si sia arrivati a servirsi in mille modi di questo agente, ben poco, sa relativamente alla sua natura. È senza ; specifieo per apprezzarlo che è ri- è potato studiare, tunque immensi siano stati i EX meglio, nulla di certo si dubbio perchè a noi manca un senso masto sconosciuto all'uomo per tanto tempo, e non si è ‘come è stato fatto per il calore e la luce; ma per questo non si può affermare che la sua azione 8 sugli esseri organizzati sia nulla. Anzi molti T fati conducono ad ammettere che un nazione, e molto apra l'eserciti. |. 32. Malpighia, anuo X, vol. x GIULIO TOLOMEI Il Maxwell ha dimostrato matematicamente che sotto certi rapporti luce ed elettricità sono la stessa cosa, e l'Hertz ha provato, per mezzo di esperienze, che ormai possono essere ripetute da chiunque, che l'elet- irieità e la luee sono fenomeni dello stesso ordine e della stessa natura. Tanto l'una che l’altra si propagano per mezzo di onde, ed i due si- stemi di onde obbediscono alle stesse leggi, ma differiscono per le di- mensioni: le onde elettriche avendo una lunghezza di 0," 75 a 1500" e le onde luminose uua lunghezza di 0," 0004 a 0,7" 0007. Tali lun- ghezze, per altro, sono quelle delle onde che noi abbiamo potuto otte- nere, ma la natura non si arresta ai limiti delle nostre esperienze, e ` si possono benissimo immaginare dei condensatori di dimensioni così pic- - cole da generare oscillazioni rapide come quelle della luce, tanto da potere considerare come identici i due sistemi di onde. In tali condi- zioni luce ed elettricità saranno la stessa cosa. Comunque sia, la rela- zione fra i fenomeni luminosi ed elettrici è tale che non si può am- mettere che gli organismi i quali alla luce debbono la vita, non risen- tano alcuna influenza dai fenomeni elettrici. La propagazione dell’elettricità ha luogo in tutte le direzioni come quella della luce, ed il prodursi dei fenomeni luminosi è quasi sempre — * . aecompagnato da fenomeni elettrici. Cosi, per esempio, à stato notato che contemporaneamente all'apparizione delle protuberanze solari si pro- ducono sul nostro globo dei veri uragani elettrici che danno luogo alle ` aurore polari e ad intense correnti telluriehe; e quindi è verosimile che le protuberanze debbano la loro origine a profonde modificazioni nello stato elettrico del sole e che gli effetti osservati siano dovuti al raggiamento elettrico del sole verso la terra. Tutto questo dico, non per entrare in discussioni sopra l'origine e la natura dell'elettricità co- — smica, ma semplicemente per mettere bene in chiaro che le piante, oltre 7 4 * che all’influenza della luce e del calore, sono soggette anche all’ azione È di un altro agente di cui noi, almeno per ora, non siamo in grado di giudicare quali sono gli effetti Ed è probabile che molti fenomeni che si verificano nella vita delle piante, e di cui ora non sappiamo ren- . : i : : x i più derci ragione, saranno spiegati quando si conoscerà qualche cosa di più ` di quello che si sa presentemonte intorno ai fenomeni elettrici. Allora | AZIONE DELL’ ELETTRICITÀ SULLA GERMINAZIONE |. 495 Solamente si potrà cercare di impiegare l'elettricità, somministrandola artificialmente, per facilitare lo sviluppo dei vegetali, precisamente come si fa ora col calore e come si è tentato di fare con la luce. Prima, cioè . essendo ancora in dubbio sulla sua azione e non conoscendo nulla della sua natura, si andrebbe a tastoni e solo per caso si potrebbe arrivare a buoni risultati. Con ciò non intendo dire che intanto non si debba indagare quali ` sono gli effetti prodotti dall’ elettricità sullo sviluppo delle piante; chè | anzi sarà solo per tali ricerche che si potrà venire a qualche cosa di concludente; ma credo che, almeno fino ad ora, la maggior parte delle | esperienze siano state fatte con un indirizzo sbagliato e molte volte si siano attribuiti all'elettrieità risultati coi quali essa non aveva affatto à che vedere. In molte di tali esperienze si sono tralasciate precauzioni indispensabili, o non si è tenuto conto di fatti che possono avere in- . fluito notevolmente sui risultati ottenuti. Del resto, nel seguito di questa + = nota, chiunque potrà giudicare se io sono nel vero affermando ciò, e se 2 puö darsi peso alle conelusioni tirate da alenne esperienze. In questa nota mi oecupo solo di aleuni studi fatti sopra l' azione del- E sulla germinazione, riserbandomi di tornare in seguito sul- l argomento. Le prime esperienze di cui si ha notizia relative all’azione dell'elet- b rieità sulla germinazione, sono quelle del Nollet, del Tallabert e del ` Boze, i quali si servirono dell’ elettrieitä sviluppata dalle macchine a i strofinio. Il Nollet, sperimentando sopra i semi di senapa, trovò che lelet- ‘tricità, non solo ne accelerava la germinazione, ma che le piante nate da essi erano molto più rigogliose di quelle nate da semi germogliati | nelle condizioni ordinarie. Ai medesimi risultati giunsero il Tallabert . ed il Doze sperimentando sopra i semi di altre piante. | Chiunque abbia a disposizione una macchina elettrica a strofinio o ad influenza può ripetere le esperienze del Nollet e convineersi che i ri- à sultati da esso ottenuti si verificano sempre. E inutile osservare che le S macchine ad influenza di Holtz., Voss e Wimshurst, eec. servono moha meglio di quelle a strofinio. GIULIO TOLOMEI Due sono i metodi che si possono seguire per ripetere tali esperienze, TA e cioè: seminare le piante in vasi metallici posti sopra sostegni isolanti- ` e messi in comunicazione con uno dei poli di una macchina elettrica, ` oppure seminarli in recipienti di vetro foderati all'esterno di stagnola. | Ponendo la terra contenuta nel vaso in comunicazione con uno dei poli ` | della maeehina, per mezzo di un eonduttore metallico, e la stagnola in a comunicazione col suolo, la terra ed i semi in essa contenuti possono ` 3 essere caricati costantemente o ad intervalli determinati di elettrici positiva o negativa. Io ho ripetuto pareechie volte l'esperienza del Nollet sopra un gran T numero di semi, sia elettrizzando la terra ad intervalli sia mantenen- 4 dola elettrizzata continuamente per tutta la durata del sormogliamento ` e ho adoperato a tale scopo una piecola macchina di Voss messa in azione | da un motorino elettrico, alimentato dalla corrente di una batteria aia accumulatori. Nel corso di tali esperienze ho notato peraltro che i rici sultati a cui si giunge non sono sempre gli stessi, e mentre in cert casi si ha una anticipazione veramente notevole nel germogliamento dei semi ed uno sviluppo meraviglioso delle piante da essi nate, in altri. pur avendosi sempre una certa anticipazione ed uno sviluppo migliore, non si riscontrano delle differenze molto pronunciate con ciò che avviene — nelle condizioni ordinarie. Ciò dipende dallo stato elettrico dell atmo- sfera e dal segno dell elettricità impiegata. Dalle osservazioni che ho potuto fare durante le mie esperienze si deduce che quando il potenziale dell'atmosfera è positivo si ha una an- ticipazione nello sviluppo dei semi elettrizzandoli negativamente, e MEUS ceversa elettrizzandoli positivamente quando il potenziale doll'atmostera è negativo. si Da osservazioni fatte da un gran numero di scienziati Pd che durante il bel tempo l'aria é sempre ad un potenziale superiore a quello a cui si trova la superficie terrestre. Nelle regioni elevate dell atmo- sfera laria è molto rarefatta e conduce l'elettricità come tutti i gas r ra- refatti nei tubi di Geissler. mentre in vieinanza della terra laria. quando è secca, è coibente. Lo strato superiore si ammette che sia ca- ` rico di elettricità positiva, mentre la superficie della terra è carica di AZIONE DELL ELETTRICITÀ SULLA GERMINAZIONE 497 | elettricità negativa, e si ritiene che lo strato d'aria interposto operi come il dielettrico dei condensatori tenendo separate le due cariche. Se si potesse misurare il potenziale elettrico nei diversi punti del dielet- trico di un eondensatore, nel senso della grossezza, si troverebbe che il valore del potenziale varia regolarmente dal valore positivo Sopra una faccia a quello negativo sull’ altra, con un an di potenziale zero verso il mezzo. Ora, appunto a cielo sereno, nell'aria si hanno sempre indicazioni di elettricità positiva ed il potenziale è tanto più elevato quanto piu in alto lo misuriamo. Il Thomson trovó che il potenziale nell'isola di Arrau cresceva di 23 a 46 volta elevandosi di circa 30 cm., mentre la diffe- renza di potenziale era otto o dieci volte maggiore per lo stesso disli- vello e cambiava rapidamente quando il vento spingeva delle nubi ca- riche di elettricità positiva o negativa attraverso il cielo. Col tempo sereno una carica negativa è rarissima, il Beccaria aven- dola osservata solo sei volte in 15 anni, e quando in distanza si vede- i vano dense nubi. Ma col tempo cattivo, e specialmente durante la F pioggia, l'aria è quasi sempre carica di elettricità negativa e spesso cambia di segno più volte in brevissimo tempo. Quindi se si elettrizza - negativamente la terra quando il cielo è sereno non si viene a fare . ‘altro che ad aumentare la differenza di potenziale fra essa e gli strati è superiori dell'atmosfera e si ottiene in tal modo una diminuzione no- tevole nella durata del germogliamento; ma se durante le esperienze laria viene a caricarsi di elettricità negativa come la terra, tale diffe- _renza o non esisterà più o diverrà molto più piccola di quella che si aveva prima e le piante non ne risentiranno aleun effetto. Se invece la terra è elettrizzata positivamente non si avrà una differenza di po- . tenziale abbastanza forte per esercitare una certa influenza se non 5 quando l'atmosfera sarà carica di elettricità negativa. Questo modo di È vedere è confermato dalle esperienze dell'abate Bertholon e dal modo di funzionare del suo elettro-vegetometro. Per chi non l’avesse presente, tale. ‘apparecchio consisteva in un palo molto alto terminato da ‘punte > | metalliche ed in un conduttore isolato in comunicazione con altre punte Situate a breve distanza dal suolo in cui erano prune le piante da SÉ PE gli effotti Uode da (vinto apparecchio furono orties S e si spiegano pensando che per mezzo di esso non si fa altro, in ul tima analisi, che diminuire lo spessore di quello strato d'aria coibent di cui ho parlato sopra; e siccome la capacità di un condensatore è in. ragione inversa dello spessore del dielettrico, si capisce che l'effetto pro- dotto dall’elettrovegetometro del Bertholon deve equivalere a quello che si ha quando si aumenta la differenza di potenziale fra le piante e l'aria. sovrastante elettrizzando la terra in cui sono contenute di nome con- trario a quello dell'aria. I] Paulin, nel 1892, esegui aleune oon de REA i semi per di Bertsch. Ponendo nell'interno del recipiente i semi da studiare, elettrizzava di ora in ora a ip pe TN variare il anm | per 2 giorni avanti di essere seminati in un vaso, contenente la st ges xm terra in cui erano stati pon i pro e Ze wë della ie Y AE EIE UT AZIONE DELL’ ELETTRICITÀ SULLA GERMINAZIONE ` ` semi della l. e della 2.* serie non nacquero e dopo 5 mesi furono tro- vati imputriditi, mentre quelli della 3.* germogliarono in capo a 15 giorni. [ semi di dattero germogliarono dopo essere stati elettrizzati mentre a Saint-Etienne, dove furono fatte le esperienze, non germogliano mai. Le esperienze del Paulin sono, con molta approssimazione, una ripe- tizione di quelle dell'abate Nollet; e anche per esse si verifica il fatto a eui ho aecennato sopra, vale a dire, sulla durata del germogliamento e anche sullo sviluppo dei semi influisce notevolmente lo stato elet- ` trico dell’ atmosfera, tanto che in certe condizioni la durata del germo- gliamento à uguale o superiore a quella dei semi non soggetti all'azione .. dell’elettricità, o il loro sviluppo non si produce. Ció avviene quando - l'atmosfera à carica di elettricità dello stesso nome di quello di cui si carica la terra nella quale sono posti a germogliare i semi. Nel 1867 il Blondeau, facendo agire la corrente indotta sopra i semi prima della semina, trovò che quelli elettrizzati nascevano sempre prima * di. quelli non elettrizzati, lo sviluppo delle piante era più rapido e i fusti e le foglie erano più verdi e più vigorosi. Anche lo Spechnew, .. professore di Fisica a Kew, studiò l'influenza della corrente di indu- . zione sopra diverse piante e trovò che essa è favorevole al loro svi- ` luppo. In ciascuna esperienza furono adoperati 12 lotti di semenza com- _ prendenti 120 semi ciascuno e 12 lotti esattamente simili servirono da | testimoni. La corrente era fornita da un roechetto di Rumhkorff. Lo * Spechnew constató ehe le piante provenienti dai semi elettrizzati, ave- ` vano, in generale, una vitalità più grande; ma il rendimento fu lo stesso di quello delle piante non elettrizzate. > Non conoscendo la memoria dello Spechnew, se non per quello che me fu riportato dai giornali di elettricità, non so quali erano le costanti ` della corrente adoperata, nè altre particolarità dell esperienza. Conosco per altro le esperienze ripetute dal dott. Bruttini, pubblicate nei fasci- coli 246-250 dell’ Agricoltura Italiana, il quale conclude che la corrente — indotta è senza effetto sulla germinazione. Veramente mi pare che leo B ` conclusioue sia molto arrischiata per le ragioni che ora diro. I dott. Bruttini, per elettrizzare i semi, ricorse all'apparecchio rap- | presentato dalla figura 1, costituito da due tubi di vetro M, N conte- nenti ciascuno due dischi di rame A, A’ che si potevano collegare fra — SC Ae e con i due reofori di un rocchetto di Rumhkorff. Di questo non si sa altro che aveva una resistenza di 1152 oh; e dava una scintilla di Bas ` ma ciò non è sufficiente per determinare gli elementi della cor- rente indotta adoperata. Di piü, il dott. Bruttini distingue i semi in positivi e negativi, secondo che erano nel cilindro M o nel cilindro N; ma, come si capisce facilmente, pensando al modo di funzionare del- l’apparecchio, tale distinzione non ha valore, giacchè i due cilindri si trovano nelle identiche condizioni. Aggiungerò che sperimentando in questo modo l'azione della corrente è . Sempre accompagnata, necessariamente, da fenomeni elettrolitici, i quali, coi prodotti polari à cui danno origine, possono influire notevolment sulla composizione e sopra l attività delle sostanze che costituiscono i semi: e quindi non si può affermare che i fenomeni osservati debbano esclusivamente essere attribuiti al passaggio della corrente, potendo, a meno in parte, esser dovuti alle combinazioni e PERE chimiche che accompagnano quel passaggio. i, Ho ripetuto le esperienze del dott. Bruttini, e quindi quelle dello Spechnew, perchè le prime non erano che una ripetizione delle second ma ho adoperato un solo tubo invece di due perchè, come ho detto, i due adoperati dal dott. Bruttini sono perfettamente nelle medesime con- | dizioni; e mi sono servito dei soli semi situati nella parte centrale, cioè non ho tenuto conto di quelli posti immediatamente in contatto con le lamine per esser certo di avere semi assoggettati alla sola azione della . corrente indotta, o almeno che non avevano subito l’azione dei prodotti | polari dell’elettrolisi. In una prima serie di esperienze mi servii di i rocchettino di Rumhkort, che dava: una scintilla di Om, 1 circa, - pe in azione da un elemento Pure volor, T weiter primario del EE costituito da filo del diametro di Or", 8, aveva la lunghezza di 5 m. ed il circuito secondario, costituito da filo di Own, 1 di diametro, aveva la lunghezza di 520 m.; le resistenze dei due circuiti erano rispettiva- mente: — 0,169 ohm, ra = 1123,2 ohm; la” forza elettromotrice della corrente indotta, calcolata con la formola: nella quale e, ed e, rappresentano le forze elettromotrici dei due cir- cuiti ed p. un coefficiente costante uguale a 0,75, era uguale a 127,06 . volta; e l'intensità della eorrente, dedotta dalla legge d' Ohm, era di 0, 113 ampère. - I semi studiati furono quelli di rapa, spinaci, grano ed orzo. Dopo E. averli fatti rigonfiare nell'aequa furono assoggettati all’ azione della cor- rente per la durata di 5 minuti e poi fu seminata ‘ciascuna specie in un vaso di forma parallelepipeda insieme allo stesso numero di semi te- stimoni. Si notò una piccola differenza, in meno, nella durata del ger- mogliamento dei semi di rapa e di spinaci e nessuna in quella dei semi 1 grano e d'orzo. Fu ripetuta la stessa esperienza facendo passare la corrente indotta tre volte, durante cinque minuti per volta, con l'intervallo di un'ora fra un di passaggio e l’altro e poi fu eseguita la semina. L' anticipazione questa olta, per i semi di rapa e di spinaci, fu sensibilissima, tanto che i semi | testimoni durarono a nascere fino quattro giorni dopo che quelli assog- , gettati all’azione della corrente erano tutti nati. Contate le piantine fu x riscontrato che mentre dei semi testimoni non ne erano nati. quattro, di i quelli elettrizzati uno solo non si era sviluppato. Anche per il grano èe- per l’ orzo si ebbe una sensibile anticipazione nello. sviluppo dei semi ` ` elettrizzati, ma molto minore di quellase ottenuta coi semi di rapa e di E saggio e l'altro; e anche in questo caso fu notata una anticipazione sensi bilissima nello sviluppo dei semi. Ma, mentre per il grano e per l'orzo si trov una differenza molto più grande di quella ottenuta nell’esperienza precedente, tale differenza fu molto vicina a quella avuta prima per gli | altri semi, ciò che dimostra che esiste certamente un limite nella di- minuzione della durata del germogliamento di ciascuna specie di semi, limite a cui ci si può avvicinare sottoponendo i semi a certi agenti, ma che non si può oltrepassare. Si capisce inoltre che su tale limite deve influire la costituzione chimica delle diverse specie di semi e sarebbero- necessari studi Innghi e pazienti per poterlo determinare con esattezza. per ogni specie. In un’altra serie di esperienze adoperai un rocchetto di Rumhkorff e Car pace di dare una scintilla della lunghezza di circa 3 cm. Il circuito primario, costituito da filo di 1"" di diametro, aveva la lunghezza d 30 m. e la resistenza di 0,648 ohm, ed il secondario, costituito da filo di 0”, 02 di diametro aveva la lunghezza di 3000 m. e la resistenza di 1612 ohm. La forza elettromotrice della corrente indotta era di 333,1 | volta e l'intensità di 0,205 ampère. Adoperando il solito tubo e le medesime qualità di semi feci M la corrente per tre minuti e subito dopo eseguii la semina. I semi di rapa e di spinaci nacquero con un piccolo ritardo in confronto dei te- E stimoni e mentre si ebbero per questi 6 semi non nati se ne ebbero 8 per i primi. I semi di grano e d'orzo nacquero invece con una antici pazione di 2 a 4 giorni sui testimoni e non se ne ebbe che uno non nato, mentre non se ne svilupparono 2 dei testimeni. : Fu ripetuta la stessa esperienza assoggettando tre volte i semi al pas- saggio della eorrente durante tre minuti per volta e con un intervallo di un'ora fra un passaggio e l'altro. Si ebbe un sensibilissimo ritardo nello sviluppo dei semi di rapa e di spinaei ed una quantità rilevante di semi non ERA, mentre i semi di grano e d’orzo si sviluppa; semi non nati. attendibili da un'esperienza nella qual AZIONE DELL' ELETTRICITÀ, SULLA GERMINAZIONE | Ripetuta l'esperienza facendo passare 6 volte la corrente durante 5 minuti per volta con l'intervallo di un'ora fra un passaggio. e l altro, non nacque nessuno dei semi di rapa e di spinaci, e naequero pochi solo semi di grano e d'orzo, con un ritardo, specie quest'ultimi, molto sen- sibile su quelli testimoni. Possiamo dunque concludere che la corrente indotta esercita un'azione favorevole sullo sviluppo dei semi, azione che si manifesta con una di- minuzione nella durata della germinazione; ma che se si oltrepassano certi limiti nelle costanti di tale corrente, limiti che sono propri per ciascuna specie, l’azione di essa diviene contraria allo sviluppo dei semi e si manifesta con una maggior durata nella germinazione e con la di- _struzione della facoltà germinativa. Il dott. Bruttini ha studiata anche l’azione dell’ effluvio elettrico sulla germinazione ponendo al disopra della terra in eui erano posti i semi una corona di punte in comunicazione col polo positivo del rocchetto e nella terra una lastra metallica in comunicazione col polo negativo. Anche da queste esperienze il dott. Bruttini ha tratto la conseguenza che l'eflluvio elettrico è contrario allo sviluppo dei vegetali; ma a me pare che, dal modo con cui le esperienze sono state condotte, questa conseguenza non possa dedursi. Infatti, l'efluvio elettrico è accompagnato i una quantità non indifferente di ozono, corpo sempre dalla produzione d za notevole sulie tenere piante che non può non esercitare una influen che si sviluppano. Per dedurre che I effluvio elettrico non ha alcuna azione sulla germinazione bisognerebbe quindi mettersi al coperto dalla e che questo corpo non esercita nessuna influenza sul germogliamento dei semi, cosa che non è stata fatta e che credo sarà molto difficile fare, giacchè, trattandosi di una sostanza 08- non si capisce come non debba prender parte ai ono nelle sostanze che costituiscono il iunge che l’azione del- produzione dell’ozono, 0 dimostrar sidante così energica, fenomeni chimici che si produc seme quando questa germoglia. Se à cio si agg lozono, a seconda della quantità in cui esso si trova, à probabile che possa essere favorevole o contraria, come è stato dimostrato per altri sia arrischiato dedurre delle conseguenze casi, si capirà facilmente quanto e si sono posti in azione diversi ~ GIULIO TOLOMEI agenti e poi si è tenuto conto di uno solo, trascurando gli altri come ` se non esistessero e attribuendo a quello considerato tutti i risultati ot- - tenuti. Più numerose di quelle sopra descritte sono le esperienze fatte per studiare l’azione della corrente continua sullo sviluppo dei vegetali: ma anche in questo caso i pareri sono discordi, sebbene la maggior parte ` degli sperimentatori creda ad un'influenza favorevole. Le prime esperienze sono dovuto al Davy (1807) il quale trovò « che. il grano germoglia più presto nell'acqua elettrizzata positivamente con la colonna voltiana che nell'aequa elettrizzata negativamente ». Gli stessi risultati ottennero il Du Petit Thouars (1809) ed il Becquerel n (1825) il quale eoncluse che l'azione del polo negativo, per causa pro- babilmente dei prodotti alcalini secondari che vi si formano, attiva i ` * fenomeni della vegetazione, mentre l'azione del polo positivo, per effetto. s. dei prodotti acidi, li contraria fino al punto di farli cessare. Il Ross (1844) sperimentò sulle patate, coltivate in striscie della lun- ghezza di circa 60 m., alle estremità delle quali erano immerse una la stra di zinco ed una di rame unite per mezzo di un conduttore esterno. i Si aveva così una pila elettrica che doveva dare una corrente di in- tensità molto debole, ma che pure produsse, secondo il Ross, un ‘azione favorevolissima sopra le piante sottoposte all'esperienza. = Il Solly nel 1846 pubblicò una memoria nella quale descrisse una quantità di esperienze, fatte per studiare l’azione dell’elettricità sulla ` vegetazione, fra le quali talune relative all'influenza che correnti molto deboli potevano avere sulla germinazione, e concluse che I elettricità non ha una grande influenza sulla vegetazione, o almeno che gli ef- fetti prodotti mediante gli apparecchi da lui adoperati, sono. o debolis- ` simi o nulli. Attribuisce inoltre i risultati favorevoli ottenuti da altri. a cause puramente accidentali. i Hubeck (1847) eircondando un campo con fili metallici e piastre rame e zinco ottenne una più rapida germinazione dei semi ed un mento sul raccolto del grano saraceno, mentre ER altri casi la € Lia rimase senza effetto. AZIONE. DELL ELETTRICI. i T4 Il Fichtner modificò ai metodo Mer alle lastre metaitiohe, che dovevano generare col loro contatto col terreno la corrente, la pila, situandola sul campo coi reofori sepolti nel terreno, e ottenne risultati molto favorevoli. Invece Otto Von Ende e Fife sperimentando con lo stesso sistema ottennero risultati negativi. Il Volny (1884) adoperò casse di legno foderate di vetro, seppellite . nel terreno, nelle quali faceva arrivare una corrente elettrica, e trovò, sperimentando sopra semi di orzo, segale, colza, girasole ecc., che i semi elettrizzati germinavano più tardi di quelli non elettrizzati e che le | piante provenienti dai primi avevano uno EE più debole e disu- guale. Lo Spechnew fece pure esperienze analoghe a quelle del Ross, sep- pellendo eioà nel terreno grandi lastre di rame e zinco riunite con un filo esterno ed ottenne risultati favorevoli. Altre esperienze furono fatte dal dott. Bruttini (1392) e lo condus- sero a concludere « che i poli della pila non esercitano azioni fra loro differenti ». Ma, al solito, dal modo con eui le esperienze furono con- . dotte, non eredo che questa conclusione possa dedursi in modo assoluto. d L'esperienza era disposta nel modo seguente. In due vasi A e B rie y pieni di terra, in comunicazione fra loro, per mezzo di un grosso filo di rame a cui erano saldate due lastre ` di platino, e coi due reofori i due fili Ped Na cui erano pure saldate due della pila, per mezzo dei lastrine di platino immerse nella terra, furono posti in numero uguale dei e fu fatta passare la corrente semi di grano, preventivamente rigonfiati, di un elemento Daniell, grande modello, che veniva cambiato ogni quattro o cinque giorni. Il Ge Bruttini ns i semi in deseen e -— SE positivi quelli x erano contenuti nel vaso À e NUT quelli contenuti nel vaso B; ma, come si capisce subito riflettendo al modo con eui è disposta l'esperienza, tale distinzione non si puà fare. Infatti, poiché la corrente non passa nella terra vegetale se non per il veicolo dell’ umidità, e attraverso i liquidi composti, il passaggio della corrente è accompagnato da fenomeni chimici, si vede subito che i due - = i vasi funzionano come due veri e propri voltametri in serie, e per con- 1 seguenza le due lastre metalliche di ciascuno di essi funzionano |’ una | come elettrodo negativo e l'altra come elettrodo positivo. In ciascuno. ` dei vasi i semi si trovano quindi complessivamente nelle medesime con- - ' dizioni, mentre i singoli semi non sono nelle stesse condizioni in cia- ‘scun vaso, giacchè quelli prossimi all’ elettrodo negativo sono soggetti all’azione dei corpi che si producono a questo elettrodo, che sono di na- tura alcalina, mentre quelli in prossimità dell elettrodo positivo sono soggetti all’azione di corpi di natura acida. E siccome, per quello che ho detto sopra, ciò avviene in ambedue i vasi, si capisce che non si po- teva notare nessuna differenza nella durata complessiva del germoglia- mento dei semi, mentre si sarebbe avuta se si fosse studiato separata- «mente il modo di comportarsi dei semi in contatto immediato coi due x ‘elettrodi, o almeno posti in prossimità di essi. > Per ripetere questa esperienza in modo da tener conto dei fenomeni. chimici prodotti dalla corrente, sarebbe bastato prendere un solo “vaso S contenente due lastre di platino immerse nella terra, funzionanti, cda elettrodi, e studiare poi il modo di comportarsi dei semi posti in pros- simità di esse, cioè soggetti ai prodotti polari dell’elettrolisi che avviene nei liquidi di cui è impregnata la terra, e di quelli situati nella parte centrale dove non si ha che il trasporto degli ioni. Io ho fatto parecchie esperienze in: questo modo e ho riscontrato che i semi della parte centrale nascono sempre prima di quelli non elet trizzati e di quelli posti in prossimità delle lastre, e il fatto si verifica anche adoperando correnti di intensità relativamente grande, mentre 1 : semi ehe sono direttamente soggetti ai prodotti polari dell’elettrolisi sì comportano in modo molto differente. Così, mentre con una corrente di p 3 milliampère per cm.’ i semi di grano posti in vicinanza dell’ elettrod AZIONE DELL’ ELETTRICITÀ SULLA GERMINAZIONE 507 positivo, cioè soggetti all’ azione dell’ ossigeno nascente e dei prodotti E acidi che si producono a quell'elettrodo, germogliano presso a poco nello | stesso tempo di quelli posti nelle condizioni ordinarie, si ha un ritardo notevole quando l’intensità della corrente aumenta e la distruzione della facoltà germinativa quando tale intensità oltrepassa un certo limite che, molto probabilmente, deve variare per le diverse specie di semi. Per i semi posti in prossimità dell’ elettrodo negativo, cioè soggetti all’azione dell’ idrogeno nascente e dei prodotti alcalini che si svilup- + pano a quell'elettrodo, si ha invece un anticipazione che va crescendo E con l aumentare dell'intensità della corrente fino ad un certo limite raggiunto il quale l'antieipazione torna a diminuire fino a cessare del . tutto; e non è arrischiato il concludere ehe seguitando ad aumentare l'in- | tensità della corrente si dovrà avere un ritardo nello sviluppo dei semi, È. nonchè la distruzione della facoltà germinativa. id Questi fatti possono servire a dimostrare che mentre lo sviluppo dei : e A favorito da quelle alealine, on oltrepassino certi EN er o AE UE semi à contrariato dalle sostanze acid sempre che si trovino nel terreno in quantità che n Ep n ADEL. S i RE EM LR a LET md limiti. | Volendo vedere in che cosa consistono le modificazioni prodotte dal ad una certa distanza degli passaggio della corrente nei semi situati polari dell'elet- - elettrodi, e quindi non soggetti direttamente ai prodotti elle di porcellana, adattai agli estremi di una di che dovevano servire da elettrodi, e riempii ambedue le navicelle di semi d'orzo che bagnai con un liquido ottenuto sciogliendo 2 grammi di concime chimico, preparato con nitrato di sodio, acqua. Nella navicella contenente trolisi, presi due navic esse due lamine di platino, solfato ammonico ecc. in un litro d’ gli elettrodi fu fatta passare costantemente la corrente di un elemento Daniell ed in capo a tre giorni furono presi cinque semi nella parte mediana delle due navicelle e furono pesati. Il peso dei semi soggetti ‘all’azione della corrente superava di 0 gr. 126, quello degli altri. Si : noti che i semi erano stati scelti in modo che avessero complessiva- mente il medesimo peso prima dell’esperienza ed erano stati segnati col ; lapis per non essere confasi con gli altri. coi tre che coi semi d'orzo fu speri imentato coi fagiuoli, col grano, che dimostra che i . mento dei liquidi per parte dei semi e quindi diminuisce la durata del germogliamento. Come conseguenza di questo piü EN assorbimento ne deve y venire quella della trasformazione in più breve tempo delle sostanze che co- — _stituiscono il seme; ma per ora io non mi sono potuto occupare di nes- |... suna determinazione in proposito, pur riconoscendo che sarebbe di grande importanza il farlo perchè permetterebbe di giudicare quali sono i fe- / nomeni di ordine chimico che si producono nelle sostanze che costitui- scono i semi sotto l'azione della corrente. Il dott. Bruttini (1) studiò pure l'azione della corrente sopra i semi, elettrizzandoli prima della semina, e giunse alla conclusione che la cor- rente non esercita alcuna influenza sopra la durata del germegliamento. Ma anche questa esperienza ha il difetto delle altre e non permette: trarre, dai risultati da essa ottenuti, conclusioni attendibili. Difatti anche in questa esperienza il dott. Bruttini adoperò la disposizione rappt sentata dalla figura 1 nella quale M ed N sono due cilindri di vet in ciascuno dei A sono pon due disehi metallici A, A, in coms ne conclude che l'influenza della corrente è stata nulla. Ora, come osservato sopra, la distinzione fra semi elettrizzati positivamente e 1 gativamente non puó assolutamente farsi, giacchè i due cilindri fu nano come due voltametri in serie e le due lastre metalliche che E trovano in eiaseuno di essi costituiscono una l'elettrodo positivo e l'a D l'elettrodo Kache dimodochè i semi che si EDER nei due eilind di ciascuno di essi. E {1 Momoria citata, pag: 90. t AZIONE DELL — Qualche cosa si sarebbe potuto dedurre se, adoperando un solo ci- lindro invece di due, fossero stati seminati separatamente i semi posti in eontatto immediato con le lastre metalliche che funzionavano da elet- trodi, cioè soggetti all'azione dei prodotti polari dell'elettrolisi, e quelli | situati nella parte intermedia, eioó soggetti a quella serie di decompo- | sizioni e di combinazioni chimiche che genera il trasporto degli ioni; ma nel modo come l'esperienza è stata eseguita dal dott. Bruttini qua- = lunque conclusione non può avere valore. “à Dopo che à stato reso relativamente facile l'ottenere correnti ad alta _ frequenza, ho voluto studiare quale potesse essere l'azione da esse eser- citate sopra la germinazione sia assoggettando i semi all’azione di. tali correnti prima della semina, sia assoggettandoveli durante il tempo in cui germinavano. È inutile che osservi che queste esperienze, come quelle che ho de- ‘scritto sopra, sono state fatte esclusivamente a scopo scientifico, perchè ‘credo che, almeno nelle condizioni attuali dell’agricoltura e dell’ indu- stria elettrica, non sarebbe ancora possibile passare dagli studi, che po- tremo dire di laboratorio, alla loro applicazione pratica su vasta scala, ‘anche quando fossero dimostrati in modo indiscutibile i vantaggi che = l'elettrieità, sotto qualunque forma, può recare alla vegetazione. L'apparecchio adoperato per ‘queste ricerche, analogo à quello usato dal D’ Arsouval per i suoi studi sulle correnti ad alta frequenza, è rap- d presentato schematicamente dalla figura : 'asformatore "T ad alto potenziale e bassa frequenza è collegato alle | (che nel mio caso erano costi- armature interne di due condensatori C tuiti da quattro bottiglie di Leida) e ad un ap costituito da un vero e proprio spinterometro. Le armature esterne dei condensatori sono riunit re i di zme E i due fili che e | bot ` calcolata. con da bech 3. Il cireuito secondario di un : parecchio deflagratore M e in cascata con un solenoide S e dagli ` en la on a alta S Cé = oso ER l semi erano posti in un tubo cilindrico di velo dopo essere sai fatti rigonfiare, e la corrente veniva fatta passare per mezzo di due la- . minette di platino, poste in contatto con essi, ed in comunicazione e ie due fili che partivano dagli estremi del solenoide. | Fig. 3. S EE x j (3 | | | i Furono Pe diverse esperienze. facendo variare la durata del | saggio della corrente e la natura dei semi adoperati, ed in tutte fur due scontrato che l'azione della corrente ad alta frequenza à à contraria a sviluppo dei semi. Tale azione si manifesta eon un aumento nel te necessario al germogliamento e con una maggiore percentuale di non nati; ed esiste per ogni specie un limite nella durata dell’e | zazione, oltrepassato il quale i i semi non germogliano più. Quest e differente da una u avi altra: così mentre i semi "s grano |. CAROLUS MÜLLER Musci nonnulli novi Guianae Anglicae prope Georgetown ad eataractas « Marshall falls » fluvii Mazaruni a CL J. QueLcH collecti, descripti a CaroLo Mürrer Hal. Octoblepharum purpureo-brunneum n. sp.; cespites pulcherrime | idi in brunneum sensim transeuntes viscoso-nitidissimi COM variegati, e viri | majusculi sed humiles laxe aggregati; caulis parvulus rigidissimus fra- gilis; folia caulina erecto-conferta parva brevia angusta linealia strie- tissima, e basi breviuseula utrinque lamina unistratosa membranacea, e cellulis longis laxis dilute brunneis medium versus purpureis reticu- lata veluti alata, apice plerumque erosula latiore raptim in laminam multistratosam sub lente purpuream lineali-oblongam summitate acu- mine brevi robusto dilutius colorato unicelluloso apiculato terminat y Caetera desiderantur. Planta pulcherrima contra caracterem generis intense purpureo- -brun- nea Menem cum nulla alia specie confundenda, prima fronte maxim. tundato-ovali Caligiuri concava anguste tenniter nie à in | minam sensim regulariter acuminato-subulatam acutiuseulam flexuosam involutaceo-canaliculatam producta, e cellulis magnis valde SÉ teneris reticulata. Caetera speranda. AUI RTS EEE qr ES, ue y PA IZ (RE ng ji 4 a EN E T C S MUSCI NONNULLI NOVI GUIANAE ANGLICAE DB gerrima carinato-canaliculata, nervo angustissimo pallido exeurrente carinato-exarata, e cellulis laxiuseulis majuseulis quadratis apicem versus minoribus et minutis retieulata, cellulis intercellularibus in medio folii translucentibus praedita. Caetera nulla. Species caracteribus laudatis propria cum alia americana generis haud comparanda, tenella pulchella. Syrrhopodon (Eusyrrhopodon, Hystrices) seaberrimus n. sp. : caulis pusillus albescens horridifolius; folia madore laxe patula, e basi longiuseula cellulis magnis pellucidis retieulata, late pallido-marginata superne ciliis singulis flexuosis hyalinis paucis fimbriata in laminam lon- giusculam canaliculato-concavam involutaceam usque ad partem supe- riorem angustissime marginatam, e cellulis minutis punctiformibus areolatam, dorso inferne tenuiter superne scaberrimo-papillosam apice fere breviter hispidissimam exeuntia. Species propria, a congenere S. Sullivantii Dz. et Mb. foliis multo minus echinato-hispidis, a IS. serpentino mihi statura pusilla jam refugit. Macromitrium (Eumacromitrium, Longifolia) pentagonum n. sp.; surculus repens, ramis singulis remotis pollicaribus gracilibus plus minus arcuatis teretiuseulis; folia caulina horridule imbricata madore raptim reflexa pentasticha, lineari-oblongo-acuminata angusta complicata | curvata, margine hie illie recurva superne eroso-denticulata, nervo ' erassiuseulo dilute ferrugineo excurrente profunde carinato-exarata, e cellulis ubique grossiuseulis rotundis verrucosis areolata ; perichaetialia fructus singulariter lateralis minuti ovalis levis membranacet micros- ` tomi in pedicello brevissimo flavido curvulo stantis multo longius su- . bulata (vetusta gymnostoma). Caetera ignota. Macromitrio pentasticho C. Müll. Surinamensi proximum , sed jam differt ramis madore solum pentagonis aliisque caracteribus. = Schlotheimia (Ligularia) maeromitrioides n. sp.; cespites lati valde intricati viridissimi macromitrioidei; caulis profusus, ramulis brevissimis globularibus dense aggregatis madore rosulam minutam si CAROLUS MÜLLER ` tentibus valde divisus; folia caulina minuta dense imbricata indistincte ` torquescentia humore distincte reflexo-patula, e basi angusta longiuseula in laminam oblongo-ligulatam emarginato-obtusam sed brevissime api- culatam recurvam valde complicatam integerrimam superne undulato-. rugulosam exeuntia, nervo angusto pallido exeurrente profunde carinato- No exarata, e cellulis parvis viridissimis teneris mollibus minutis rotundis 2: areolata, tenuiter carnosulo-membranacea. Caetera desiderantur. | Species tenella pulchella, foliis madore rosulam viridissimam expl natam sistentibus reflexis ad summitatem emarginatam recurvis teneris jam facile cognoscenda propria. Meteorium (Squarridium) viridissimum n. sp.; caulis profusus longe caudiformi-porrectus tenuis viridissimus aëruginosus, ramis bre- ` vibus simplicibus vel parce ramulosis laxifoliis curvulis irregulariter pinnatus; folia caulina horride disposita patentia vel squarroso-reflexa madore erecto-patula, e basi perangusta margine parum revoluta plus minus constricta in laminam late ovato-aeuminatam tenuiter membra- ` naceam producta, subula elongata flexuosa filiformi terminata, superne | tenuissime denticulata planiuscula, nervo angustissimo pallido ante su- bulam evanido carinatulo-exarata, e cellulis angustis longiusculis densius- - culis mollibus viridulis reticulata. Caetera nulla. ; Meteorio patulo et affinibus simile, sed foliis viridissimis mollibus nec seariosis longe aciculari-subulatis species propria. Crossomitrium radulaeforme n. sp.; in foliis retiformi-adnatum angustissimum; folia caulina superiora parva Radulae instar disposi: | patentia squamaeformi-imbricata, e basi rotundata orbiculari-ovalia angustius oblonga, acumine brevi recurvo plicato terminata, enerv ubique tenuiter denticulata, e cellulis angustis longiusculis pellucidis. 4 reticulata; folia inferiora multo minora sed similia, radiculis radiatis ; et confervoideis praedita. Caetera nulla. A . Modo crescendi, foliis dimorphis patentibus acumine ineurvis "e ` dioribus firmioribus aliisque caracteribus a Crossomitrio ramulicolo tot coelo distinctum. i | MUSCI NONNULLA, NOVI GUIANAE ANGLICAE re Bi Crossomitrium ramulieolum n. sp. ; aý tenelli tenues e viridi lutescentes applanati; caulis profusus, ramis longioribus parce brevissime ramulosis flexuosis et brevioribus simplicibus eurvatis, omnibus angustis tennibus gemmula minutissima terminatis; folia caulina parva laxe re- flexe patula, e basi rotundato-angustata angustiuseule oblonga, acumine acutiusculo plicato coronata, planissima enervia ubique denticulata , e cellulis longis angustis pellucidis, reticulata, subtus radieulis radiatim dispositis brevissimis et multo longioribus filiformibus multi-articulatis . . eonfervoideis strictis prosecuta. Caetera nulla. * Ex habitu Crossomitrio Splitgerberi C. Müll. Surinamensi simile, sed haecce species primo visu differt statura robustiore et foliis majoribus patentibus late rotundato-ovatis brevius robustius acuminatis. gy ^s Leueomium Guianense n. sp.; laxe cespitosulum glaucum parce ramosum, ramulis brevissimis secundifoliis; folia caulina patula, e basi angustiore ovata vel oblongo-acuminata in subulam longiuseulam flexuo- sam acieularem protracta, integerrima enervia concava margine erecta, e cellulis. majusculis laxiusenlis pellueidis albidis reticulata; perichae- tialia angustiora. minora longius aciculari-subulata ; theca in pedunculo brevi pro plantula longiusculo tenuissimo flavido minutissima parum inclinata, e collo strumulose apophysato angustissime eylindrica arcuata Sub ore constricta, peristomio valde protuberante tenello hypnaceo, oper- culo tenuissime rostrato. robeueomio crinitifolio C. Müll. simile, sed thecae forma jam diversum. \ Plagiothecium radicisetum n. sp.; monoieum ; cespituli tenelli laxi -intertexti lutescentes; caulis ramis ascendentibus angustissimis flexuosis _pollicaribus simplicibus vel vix ramulosis; folia caulina horride patula > madore erecto-patula remotiuscula minuta, e basi serie unica cellularum | parvarum pellucidarum fibrosula in laminam minutam oblongo-acumina- n: tam subulatam curvatam teneram pallide luteseentem integerrimam ca- S viusculam attenuata, nervis binis brevissimis obsoletis vel nullis, e cellulis s angustis longiusculis pellueidis reticulata ; perichaetium radicale, foliis paucis e basi vaginacea in subulam multo longiorem tenuem protracta ; obovata membranacea fusca, peristomio brevi rufulo. Caetera ignota. Plagiothecio Andino Hpe. aliquantulum simile, surculis angustissimis tenuifoliis fructibusque multis radicalibus facile cognoscendum. ; j : Plagiothecium unilaterale n. sp.; cespites lati plani laxi intricati viridissimi molles; surculus ramos emittens longiusculos angustos ma- dore flaccidissimos tenues laxifolios; folia caulina humore caulem ele- ` ganter frondosum pulchelle pinnatum sistentia remotiuscule disposita, e basi angustiore valde longiuscule constricta ad latus unicum celluli multis laxis pellucidis parenchymaticis ornata in laminam oblique an- guste plus minus faleatulo-oblongam breviter robusto-acuminatam excur- rentia asymmetrica, margine erecto integerrima, obsolete brevissime bi- nervia vel enervia, e cellulis longis angustis mollibus reticulata. Caetera nulla. Formis longioribus flaceidioribus Plagiothecii denticulati vel sylv estris ex habitu non dissimile. pires concinnus n. sp.; monoicus; cespites lati occulte virii i 1-2-pollicares, ramis magis parallelis laxe aggregatis nec intrieatis; eaulis in ramulos breves teretiüseulos eleganter divisus; folia cauli a laxiuseule erecto-imbricata madore concinne patenti-patula parva, basi angustiore parum impressa cellulis alaribus indistinctius vesi losis pellucidis vel chryseis ornata celluloso-fibrosa in laminam lati | cule ovatam breviter acuminata, integerrima margine erecta cone : n obsolete cada è: cellulis dicctes usas viridibus soles a aie: opereulo e TUER conica ice Giele, peristomii den terni breves, interni breves dilute lutei carinati nec secedentes, ci) rise rudimontarità. Pu ` Aptychus EE n. dee: cade lati inferne dense congesti Picanto intricati superne laxi virescentes: surculus ramis longius- eulis gracilibus eurvulis horride teretiusculis; folia caulina laxe patula madore remotiuscule patula, e basi angustiore parum impressa cellulis SENS indistinetius vesiculosis parvis chryseis vel pellueidis veluti fi- _ brosa in laminam anguste oblongam margine plerumque distinete re- . volutam subeucullato-coneavam plus minus aeuminatam integerrimam producta, obsolete binervia, e cellulis anguste ellipticis areolata; peri- chaetialia minora pauca longiuseule subulata; theca in pedunculo lon- _ giusculo flexuoso flavo aetate rubro tenui apice eurvulo erecta longius- eule peranguste cylindrica arcuata ore constricta, madore cylindrico- | oblonga ore aequalis; peristomii brevis dentes interni dilute lutei integri. . Caetera nulla. | . Ab A. concinno aliquantulum simili raptim distinguitur dispositione foliorum atque theca angustieima, cylindrica longe pedunculata. — Aptychus (Potamium) leucodontaceus n. sp.; cespites pollicares rides laxissime adhaerentes; caulis tenuiter leucodontaceus teretiusculus brevissime tenue cuspidatus, ramis similibus brevibus erectis dichotome divisus ascendens; folia caulina dense imbricata parva madore erecto- patula ramulum subturgescentem sistentia, e basi angustiore plerumque parum constricta cellulis alaribus paueis vesieulosis chryseis ornata in la- minam cochleariformi-ovalem vel oblongam brevissime obtuse acuminata ani > acumen subeucullata integerrima, margine uno latere hic illic re- oluta, enervia, e cellulis angustissimis densis viridissimis glabris areo- — perichaetialia angustissime subulata multo minora; theca in pe- Te ri eurvulo fiavo-rubente € erecta SE ovalis macrostoma, — lo Set conico, peristomio —? Fructus in ramo unico plures laterales brevissime pedicellai prob! | niles vel vetusti gy mnostomi observati. Ex habitu Potamio decep- Mitt. inter congeneres americanos similis. sed multo rubustior , s — africanos Patania, rn n. "- ex meng s CAROLUS MÜLLER x o s 7 i f v : Aptyehus mieropyxis n. sp.; cespites supra terram vel corticem di — . lute explanati viridissimi intricati subtiles; caulis tenellus repens, ramis. brevissimis patulifoliis; folia caulina plerumque homomalla, e basi an- gustiore coaretata cellulis alaribus vesieulosis chryseis ornata in laminam peranguste oblongam plus minus acuminatam subulatam attenuata, mar- gine ubique erecto integerrima, concava enervia, e cellulis anguste lon- giuscule ellipticis dilute viridibus areolata; perichaetialia calycem mi- nutissimum sistentia parva, e basi vaginacea angusta in subulam angus- tissimam strietam longiusculam protracta; theca in pedicello perbrevi tenuissimo rubente nutans minutissima, e collo brevi strumuloso oblonga aequalis, peristomio brevi. Caetera nulla. Statura tenera pusilla, foliis anguste oblongis atque theca minuti sima substrumulosa breviter pedicellata facile distinguenda species. Sigmatella (Papillidium) Guianae n. sp.; cespites lati pallid surculus pusillus, ramulis brevissimis subcaudatis laxifoliis vage ramosus; folia caulina minuta patula, e basi perangusta cellulis alaribus parvis vesiculosis chryseis ornata constricta in laminam peranguste oblong | profundius concavam ante acumen breve et breviter subulatum s > cucullatum superne margine angustissime revolutam indistinete ten sime dentieulatam flexuosam exeuntia enervia, e cellulis angustissi | pellucidis brevibus unipapillosis areolata, dorso scaberula ; perichaeti: minora angustius subulata; theca in pedicello brevi tenuissimo flav glabro minutissima inclinata nutans, e collo brevi obovata, siccitate. ore constricta, peristomio brevi hypnaceo; operculo rostrato tenuissin Sigmatellae papillosae (Hsch. sub Hypno) et affinibus similis. - . Lewcomiwm Guianense n. sp. quoque vigens. Fructibus minuti .. foliisque raptim fere in subulam flexuosam attenuatis facile distingue Sigmatella (Trichosteleum) impellueida n. sp.; cespites p S simi explanati viridissimi sordidissimi; caulis vage ramosus, ramis ~ vibus spurio-pinnatis remotifoliis; folia caulina distantia pateni (d | nuta spurio-disticha, e basi eoaretato«angustiore cellulis alaribus. xi nutis vesieulosis chryseis ornata in laminam anguste oblongam à E PTS TA Cole UN ARE T Fri de i odi IRL an NE d DN D Géi TRA fe oae PRADA m Geer d ` : È ; ; Tek CR RIEN GE x RIE à i à MUSCI NONNULLI NOVI GUIANAE ANGLICAE 519 acuminatam acutam exeuntia, eaviusenla margine erecta integerrima, e cellulis brevibus angustis densis viridibus impellueidis areolata, dorso sparsim indistincte tenuiter papillosa; perichaetialia pauca vix majora in cylindrum brevem patulum congesta, suprema latiora in acumen longius basi denticulatum producta; theca in pedicello perbrevi te- nuissimo flavo glabro inclinata horizontalis minuta ovalis, peristomio brevi. Caetera scrutanda. Species propria, forsan hydrophila, foliis remote dispositis ob sordem impellucide areolatis viridissimis facile distinguenda. Sigmatella (Limnobiella) Quelchii n. sp.; cespites lati occulto-vi- ridissimi laxi intricati; surculus profusus ramulis brevissimis et bre- viter caudatis compressiusculis irregulariter pinnatus; folia eaulina parva squamiformi-imbricata madore patenti-patula, e basi valde angustiore vix constrieta cellulis alaribus nonnullis minutis fuscis fere breviter fibrosis ornata in laminam pyriformi-cochleariformi-ovalem rotundate obtusatam vel acumine brevissimo obtusiusculo terminatam exeuntia ^ viridi-membranacea, margine erecta e cellulis angustissimis densis im- pellueidis tenerrime indistincte papillosis areolata; perichaetialia ap- pressa minora e basi vaginaceatin subulam longiusculam producta ut caulina tenuiter denticulata; theca in pedunculo longiuseulo tenuiusculo strietulo flavo-rubente inclinata minuta amblystegiaceo-arcuata ore con- 5k -stricta madore e collo robusto brevi oblonga, operculo conico oblique . acuto, peristomio rufulo.. E ; Hypno acuminulato Hsch. Brasiliensi similis et proxima, sed haecce | species foliis basi valde angustatis anguste acuminatis tenuiter mem- | branaceis distincte punctato-papillosis jam longe refugit. Thuidium verrucipes n. sp.; cespites lati leviter explanati laete ` viridissimi subbyssacei ; caulis tenerrimus longe repens, ramis minutis à brevissimis remote pinnatis minutissime foliosis; folia ramulina tener- rime catenulata madore remote patenti-patula ovalia brevissime acu- | minata, papillis crenulatula profundius carinato-concava nervo pallido tenero evanido percursa, e cellulis pro foliolo majusculis rotundis obseuris CAROLUS MÜLLER areolata; caulina plus minus subulata majora; perichaetialia omnium maxima pallida, e basi vaginacea in acumen longe flexuose subulatum attenuata integra; theca in pedunculo pro ramulis brevissimis longius- culo tenero ubique dense verrucoso-papilloso rubro inclinata vel nutans minutissima, e collo brevi obovata. Caetera nulla. SE E speciebus minutissimis tenerrimis, pedunculo tenero sed maxime i. verrucoso raptim distinguendum. Addimus descriptionem Hepaticae novae, auctore cl. F. Stephani: Lopholejeunea Quelchii St. n. sp. : Monoica, rufo-brunnea, vage ramosa. Folia subrecte patentia, late faleato-ovata (margine et antico et postico valde arcuato) apice rotundata, integerrima; lobulus folio suo duplo brevior, e basi bullatim inflata SS abrupte angustatus, apice quadruplo angustior quam basi, oblique trun- eatus, angulo aeuto; carina lobuli leniter arcuata, in caulem parum de- currens. A phigastria foliis duplo minora, optime reniformia, quintuplo latiora quam caulis, basi profunde exciso-inserta, integerrima caulique appressa. Perianthia foliis parum majora, compresso-p yriformia subtri- 3 quetra e basi angusta, apice valde latiora , rotundato-truncata , rost majusculo, marginibus lateralibus substrictis paucidentatis, ventre bi- plicata, plicis in medio perianthii parallelis usque ad ejus basin fere decurrentibus, paucidentatis. Folia floralia perianthio aequimagna, ob longa, acuta, superne multidentata, inferne integerrima, lobulo ! longo, angusto, plicaeformi , integerrimo vel hic illie dente arma x Amph. florale perianthio aequilongum , rotundato-obovatum, inferne i regulariter dentatum , superne grosse irregulariterque spinosum. ` droecia in ramis lateralibus terminalia vel ramis apice vegetativis in ` |. medio ramulorum, bracteis EE quinquejugis, inaequaliter hi ~ lobis, lobis acutis. Hab. Guiana anglica prope eating: ad cataractas « Marsh Falls » fluvii Mazaruni. Legit J. Quelch. e Ab omnibus congeneribus (obtusifoliis et amphigastrio flor. den meniti facile RES perianthio: subintegro (herb. MAN. e SUPPLEMENTO ALLA FLORA DELL'ARCIPELAGO DI MADDALENA 59] Dorr. ANTONIO VACCARI MEDICO NELLA R, MARINA ` Supplemento alla Flora dell'Arcipelago di Maddalena (Sardegna) Nella prefazione alla mia Flora dell'Arcipelago di Maddalena pub- blicata dal « Malpighia » anno VIH (1894), accennavo come per mol- tepliei ragioni non mi fosse stato possibile di visitare tutta la regione compresa entro i limiti da me segnati e specialmente quel gruppo delle isole intermedie: S. Maria, Razzoli e Budelli, poste quasi nel mezzo dello stretto di Bonifacio. Le isole S. Maria e Budelli erano state anions dal Moris e dal suo erborizzatore, Domenico Lisa, fino da quando egli raecolse il materiale Sag la sua Flora Sarda, vale a dire dal 1830-1840, ma quanto all’ isola _ Razzoli, non mi consta che sia mai stata visitata da botanici. . Nello seorso anno 1895 ho avuto il modo, grazie alla gentilezza del- — legregio Comandante locale, ammiraglio Palumbo, di visitare a più ri- a riprese queste tre isole e gli isolotti adiacenti; ho inoltre percorso altri | punti dell’ Arcipelago che non mi era stato possibile di visitare nel 1893 2 ed. ho trovato speeie sfuggitemi nella precedente raecolta. Di più, quando. pubblicai il mio opuscolo, avevo ommesso di consul- _tare un’ importante pubblicazione del Prof. O. Mattirolo della R. Uni- versità di Torino « Reliquiae Morisianae etc. ». In essa ho trovato molte citazioni ricavate dall'Erbario Moris che si riferiscono alle isole ‘intermedie. A questo modo ho riunito il materiale che stimo sufficente. per aggiungere un modesto supplemento al mio precedente lavoro. I numeri posti vicino a eiaseuna specie si riferiscono a quelli della ila precedente pubblicazione avendo seguito nell'enumerazione lo stesso ordine. Per le specie nuove, aggiungo al numero presso al quale debbono essere interealate, le lettere a, b ecc. 4 592 5.05 1 ^ CN ANTONIO VACCARI I segni (*) e ! non sono mutati ed indicano rispettivamente: specie ; non ancora raccolta nell Arcipelago e : specie raccolta da me. S Ho poi aggiunto anche le località importanti o di piante rare o da So me non raccolte nell'erborizzazione del 1893, ed ho corretto varii errori di classifieazione in eui era incorso. Fra questi si deve menzionare spe- i; cialmente il Crocus biflorus che sarebbe stato nuovo per la Sardegna s S mentre si trattava del Crocus minimus tutt'altro che nuovo per l'isola. - . L'aumento dato dal presente supplemento è di 53 specie di cui 46 da. me raecolte e 7 citate. Fra le prime, due sono nuove per la flora Sarda: l. Ophrys aranifera L. 5 specularia Rchb. e l'Arundo Pliniana. Turr. E Cosi riunendo i frutti delle due pubblicazioni, le specie dell’ Arcipelago ` di Maddalena sommano a 680 delle quali 193 raccolte per la prima volta nell' Areipelago da me, fra cui 7 nuove per la flora di Sardegna. Maddalena, 21 Marzo 1896. | ANTONIO Vaccari ^. Medico della R. Marina. S. Maria! Giugno. 4. Ranunculus aquatilis L. Stagno alla foce del fiume Liscia ! Palude EE dell' isola Budelli! Marzo, Maggio. 22 (*) R. bullatus L. Comune nella costa sarda a Tre Monti, isola dei Cavalli, Porto Liscia! Novembre, Gennaio. NB. Non mi è stato dato finora di raccogliere questa specie nelle Se: 3 isolette del gruppo. d 13. Delphinium Staphysagria L. Abbondante lungo il fiume Sorao sotto monte Altura presso il Parau ! Giugno. 29. Arabis Thaliana L. Isola Maddalena ! nella costa sarda a Tre Monti! Marzo. 37% Raphanus Landra Moretti. « In herbidis parvae insulae ex intere i mediis dietae Monaci aut Capuccini ». Aprili, Majo egen? : (Mattirolo. Reliquiae Morisianae p. 12). . 37 R. maritimus Smith. Isola Monaci o Cappuccini. epp ( Lis) (Mac tirolo L a Ei ` SUPPLEMENTO ALLA FLORA DELL'ARCIPELAGO Di MADDALENA 223 NB. Il Prof. Mattirolo, nel suo accurato lavoro, fa notare come avendo | comunicato queste due specie ai Prof. Ascherson et Magnus, questi am- misero trattarsi non delle specie tipiche ma di due varietà del Raphanus Raphanistrum L. e cioè R. Raphanistrum f Landra (Moretti) Cass., Id. 6 maritimus (Loyd) Smith. | Ora per mia osservazione il Raphanus Raphanistrum & comunissimo | nell'Areipelago e spesso presenta forme svariate che anzi da principio inelinai anch'io a ritenere come il R. Landra di Moretti. Ciò confer- merebbe la classificazione di Ascherson e Magnus. Tanto più che non ` tutti gli A. sono d'accordo nell'attribuire al R. Landra l'entità di specie e il Parlatore p. es. lo dice una varietà del R. Raphanistrum con frutto | più grosso. Il Raphanus Landra poi, per quanto non ricordato dal Barbey, - è stato già raccolto in Sardegna a Sassari dal dott. Adriano Fiori (20 VII 1887) come $i può constatare da esemplari esistenti nell'erbario del .:R. Orto Botanico di Modena. 4l. Alyssum maritimum L. Isola Budelli. Arene marittime in Cecca di i Morto! Maggio _ 42. Capsella Bursa-pastoris Mönch. Isola Maddalena! Tre Monti! Marzo. 44. Teesdalia Lepidium DC. Costa sarda a Tre Monti! Marzo. ` 48. Astrocarpus Clusii Gay. Arene marittime a Porto Pollo! Cala Bat- i tistona! Maggio. 52. Cistus monspeliensis L. Isole S. Maria, Razzoli e Budelli! Aprile, 53a (*) C. villosus L. 3 creticus L. Isole Budelli e S. Maria! Costa sarda a SCH Monti! Aprile, Maggio. 8^ Silene mollissima Sibth. e Sm. Isole intermedie ai Barettini (Lisa) SC Maggio, Giugno. Mattirolo l. c. p. 18. 73. Cerastium vulgatum L. Isola Maddalena! Aprile. 15. Arenaria balearica L. Isola Budelli! Maggio. H (*) Spergularia macrorhiza Grén et Godr. Isola Razzoli nei din- | torni del Faro! Comune nella costa sarda a Tre Monti! Isola Maddalena a Cala Chiesa! Maggio. NB. Questa specie che il Moris cita solo dell'isola Tavolara, fu ri- trovata dal Réverchon (VI, 1881) nella Gallura a S. Teresa e nelle ibbie della spiaggia di S. Liberata (Vedi Barbey l. c.). Si può quindi tenerla comune nella costa nord dell’isola di Sardegna. x antonio tee ei, ER RE RT L. bre lungo le vie à Maddalena ! Au tunno e Primavera. 96. Malva parviflora L. 5 microcarpa Desf. Isola Maddalena, m Giugno. ; NB. Gli A. non sono bene d'accordo sulla distinzione della Malva par- ; viflora dalla M. microcarpa. Aleuni ne fanno un sinonimo, altri, due ` specie distinte, altri una varietà l'una dell’altra. Così il Parlatore nella - = sua Flora Italiana dice che tutti gli esemplari di questa specie trovati in Italia, sono da attribuirsi alla M. mierocarpa di Desfontaines e cita i caratteri per cui questa si distingue dalla M. parviflora. L’ Arcangeli nella Flora Italiana cita solo la M. microcarpa Desf. Il Gibelli ne fa una varietà. Io ho seguito quell'ultima opinione che parmi la più giusta. Ad ogni modo questa specie non è nuova per l’ Arcipelago di Madda- lena giacchè ritengo, sia identica a quella raccolta dal Gennari e SE sotto il nome di M. parviflora. . 102. rod corsicum Lehm. Abbondante sulle rupi emt delle tore! FORE Aprils. 136. Melilotus indica AM. Isola. Madian à SESTO Ma sili: 147. Trifolium laevigatum Dest. Isole intermedie an Maggio —(M tirolo Reliquiae 1 Morisianae p. 23). 150. Trifolium incarnatum L. f stramineum Isole Razzoli e Red Maggio. A04. ie met L. Isola Maddalena ! Isola Budeli! Magg do. E À Magis 160. Ononis reclinata L. Isola Maddalena! Isole eric E e. 3 . Maria! Aprile. | Joon o Anthyllis Gerardi L. Senp arenosi lungo il nones Parau! Giugno. icia lutea. Isola Maddalena ü pe bamisin a Gala Chiesa ve iE Ki ee SUPPLEMENTO ALLA FLORA DELL'ARCIPELAGO DI MADDALENA 525 196, Potentilla reptans L. Isola Budelli al padule di Cecca di Morto! e Maggio. 8j NB. Questa pianta cosi eomune nel continente A in queste isolette . . di una rarità sorprendente. |... 198. Rosa sempervirens L. Macchie alla foce del fiume Sorao al Parau! a Giugno. 205. Epilobium tetragonum L. Isola Maddalena! Giugno. 205^ (*) Epilobium hirsutum L. Lungo il fiume Sorao al Parau! Agosto. . 208. Tillea Vaillantii Willd. Isola Caprera al passo della Moneta! Aprile. . 213. Sedum rubens L. Isola Budelli in Cecca di Morto! Maggio. 227^ (*) Aundmannia sicula L. (Brignolia pastinaeaefolia Bert). Isola Budelli in Cecca di Morto! Maggio. 231^ (*) Oenanthe globulosa L. Isola Maddalena. Comune nei luoghi umidi inondati sotto Puntavilla e Guardia veechia! Maggio. 2382 (*) Danens Gingidium L. Isola Maddalena rupi marittime! Luglio, 938^ D. Bocconii Guss. (D. Gingidium Park), (D. siculus Ten. Arcan- geli, Nyman, Gibelli). Isole intermedie « in arenosis » (Moris) Maggio. (Esemplare di determinazione incerta perchè incom- SC pleto — Mattirolo l. e. p. 28). 250. Lonicera implexa Ait. Isole S. Maria e Razzoli! Maggio. 3542 (*) Dipsacus ferox Lois. Colli aridi a Porto Pollo e lungo il Liscia! Ee Luglio. 7 255a (*) Aster Tripolium! Paduli alla foce del Liscia! Porto Pollo! d i Arsachesia ! Ottobre. 256. Bellium bellidiodes L. Isole Razzoli e Budelli! Nella costa sarda a Tre Monti! abbondante. Maggio. 2572 (*) Bellis sylvestris L. Isola dei Cavalli e Porto Liscia nella costa sarda! Colli presso il Parau! Gennaio. 257» Nananthea perpusilla DC. Isola Maddalena (Herbarium et manu- | seripta Moris) (Mattirolo Reliquiae Morisianae p. 29). . NB. Per quanta eura vi abbia posta, non mi & mai riuscito di sco- prire traccia di questa specie nelle varie località esplorate. Cid signi- | fica che essa vi deve essere ad ogni modo assai rara oppure che quel o ehe vi era, dal tempo di Moris al ieu à scomparso non trovando GN —— auno X, vol. X. "ONE S |<. ANTONIO. VACCARI , nelle isolette dell Arcipelago condizioni climatiche o di suolo adatte al - suo sviluppo. Io inclinerei precisamente per questa ultima ipotesi sem- brandomi difficile che in quasi tre anni di pazienti ricerche questa specie abbia potuto costantemente sfuggirmi. D'altra parte è vero che la Nananthea si trova allisola dei Lavezzi (dipendente dalla Corsica) a poche miglia dal gruppo S. Maria Razzoli, ma ciò non vuol dire giacchè per es.: la Statice rupicola che è comune nel gruppo S. Maria Raz- zoli, non l'ho trovata che in una sola località e limitatissima a Mad- dalena e molti altri esempi di questo genere potrei citare. 2682 (*) Anthemis mixta L. seminati nell’ isola Caprera presso la casa Garibaldi! Luglio. 2698 (*) Anacyclus radiatus L. Isola Maddalena in Cala Chiesa! Luglio. NB. Non ne ho trovato che pochi esemplari in questa località sola ciò che mi fa credere che sia stato accidentalmente importato. 274. Artemisia gallica L. Isole Razzoli e Budelli! Luglio. LIB: Cupularia graveolens G. e G. Isole Maddalena e Caprera! Autunno. 287. Filago gallica tenuifolia L. Presso al Faro nell isola Razzoli! Maggio. AN 290. Evas rotundata Pers. Abbondante nell'isolotto Corcelli! Isola S. Ma- ` ria e la Presa! Isola Budelli! Isola Razzoli nei pressi del ` Faro e a Cala lunga! Isola Maddalena ai Giardinelli! Aprile. ` 303* (*) Cnicus Casabonae W. (Chamaepeuce DC.). Golfo Pevero ps A | Capo Ferro! Luglio. SÉ NB. Questa pianta, rara in vicinanza del mare si fa sempre più fre- . | quente più si progredisce nellinterno lungo la via Parau-Tempio. SE 312. Hypochaeris aetnensis B. et H. Isole Razzoli e Budelli ! Maggio. 316^ (*) Scolymus hispanicus L. Isola Caprera sabbie di Cala Portese! Isola Maddalena arene marittime a + Spalmatore e Nido d' Aquila! Agosto. d 318. Urospermum Daleschampii Desf. Isole Razzoli e Budelli! Maggio. | 324. Crepis bellidifolia DC. Isola Maddalena a Cala camicia nei din: Ha torni dell'Ospedale di marina! abbondante. Maggio. i . 324 C) Crepis coespitosa G. et G. Isola Maddalena a Cala Camicia! x : Giugno. | SUPPLEMENTO ALLA FLORA DELL’ ARCIPELAGO DI MADDALENA 527. . Erica Meer L. FE p» isole Razzoli e Budelli ! ! Mappe. 40. Linsen. Vincetoxicum KR. Br. Comune nelle isole Budelli, Raz- zoli e S. Maria! Maggio. 43. Erythraea pulchella Fries. Isola Maddalena! Maggio. 350. Echium creticum L. Abbondante nell'isolotto Corcelli! Isola Raz- E zoli a Cala Capello! Isola Budelli in Cecca di morto! Aprile. | (5). Echium maritimum W. Arene marittime a Punta Rossa presso " Cala Portese nell'isola Caprera! Maggio. 362^ (*) Hyosciamus albus L. Isola Maddalena presso la casa Berto- ; lioni! Aprile. 370. Verbascum conocarpum Moris. Isola Maddalena! Isola Caprera ono la casa Garibaldi! Al Parau pre il Sorao! Aprile. del Faro! Aprile. 0. L. Pelisseriana Mill [sola Maddalena a Punta Villa! Aprile. Veronica Cymbalaria Rod. Isola Maddalena presso l Ospedale di | Marina! Campi a Porto Pollo nella eosta Sarda! Febbraio, Marzo. . Beie Trixago L. Isole Razzoli e Budelli! Aprile. E? B. viscosa L. Isola Razzoli, Budelli e S. Maria! Aprile. Orobanche thirsoidea Moris. Isola Razzoli a Cala lunga! Aprile. el 0. crinita Viv. (0. sanguinea Presl.). Isola Maddalena sul Lotus i creticus a Padule! Punta Tegge! Isola Budelli ! Maggio. Mentha Pulegium L. Isole Budelli, Razzoli e S. Maria! Aprile. Mentha insularis Req. Abbondante es il fiume Sorao al Parau! . Agosto. 4) Salvia Verbenacea L. Isola Caprera presso la casa Garibaldi! Rosmarinus bet L. Comune a Razzoli, Budelli e S. Maria! Maggio. tachys arvensis L. Isola Maddalena! teg n amium bifidum Cyr. Campi a De Pollo! Aprile. ` 528 Sege ANTONIO VACCARI 408. Teucrium massiliense L. Frequente nei dintorni del Parau a Ba- d raggie! Monte Altura! Molino del Sorao! Monte Canu! Maggio. ! 414. Asterolinum linum stellatum Hoff. et Link. Tre monti! Isola Ca- E prera alla tomba del Cavallo di Garibaldi! Isola Maddalena! Marzo, Aprile. 4 417. Statice articulata Lois. Isole Razzoli, Budelli e S. Maria! Luglio. \ 419. Statice rupicola Badaró. Isole Razzoli, Budelli, S. Maria e Cor- ` celli! Frequente sulle rupi marittime. Luglio NB. A questa forse è da riferirsi la Statice densiflora data come — dubbia dal Gennari. È poi da notarsi il fatto che la S. rupicola s^ trova relativamente abbondante e vegeta bene nel gruppo S. Maria-Raz- 2 zoli mentre, come già si è detto, nell’isola Maddalena à rara e limita- * tissima. p. 421. Armeria fasciculata W. Arene granitiche di Porto Pollo! Magati. x 426. Rumex pulcher L. Isola Maddalena a Spalmatore! Maggio. a 427. Rumex conglomeratus Murr. Isola Maddalena a Spalmatore! Maggio. £ g 427 (*) Rumex crispus L. Isola Maddalena a Spalmatore! Maggio. 4293 (*) Atriplex hastata L. Isola Maddalena lungo le vie! Ottobre. 420» (*) Atriplex Halimus L. Comune all’isola Maddalena e più an cora negli isolotti Corcelli! Spargiotto ecc.! Giugno. e NB. Sulle sue radiei vive il Cynomorium Cocccineum. 429° (*) Atriplex litoralis L. Isola Maddalena! comune. Agosto. 438. Urtica membranacea Poir. Comune negli orti e luoghi incolti i Maddalena e Cala Chiesa! Spalmatore! etc. Febbraio. ——— 442. Parietaria officinalis L. 5 diffusa (M. et K.). Isola udo. punta Marginetto! Maggio 445. Theligonum Cynocrambe L. Abbondante nell’isola Maddalena! ola. | S. Maria! Aprile. : 447. Cynomorium coccineum L. Abbondante negli isolotti Corcelli o Ba- rettini! Aprile, RE 448. Thymelea Tartonraira Al. Isole Razzoli e Budelli! Aprile. - 457, Osyris alba L. Frequente nelle arene marittime della piège 2 Porto Poli vi Maggio. Essendo occorso un errore di ciassificazione, ad « Aristolochia Pi- stolochia » si deve sostituire: 452. (*) Aristolochia longa L. Isola Maddalena frequente fra le rupi di punta Marginetto! Maggio ». 452» (*) Aristolochia rotunda L. Lungo il fiume Sorao al Parau. Costa Sarda! Maggio. 453. Cytinus hypocistis L. Isole S. Maria, Razzoli e Budelli. RR, 4562 Myriophyllum alterniflorum DC. « In palustribus prope portum Arsachena ». (Moris-manoseritti) — (Mattirolo l. e. p. 30). 405. Euphorbia Pithyusa L. Isole Budelli e Razzoli! Aprile. 471. Salix pedicellata Desf. Tre Monti, Cala Battistona nella costa | Sarda! Aprile. 474. Juniperus Oxycedrus L. Frequente a Tre Monti! Gennaio. 481. Limodorum abortivum Sm. Isola Maddalena a Cala Chiesa! Maggio. 482. Gennaria diphylla Parl. Abbastanza frequente nelle boscaglie presso Tre Monti nella Costa sarda! Allo Spiniceio sopra il paese di Maddalena e fra i cespugli sopra la villa Webber! Aprile. NB. Questa specie scoperta dal Moris in Maddalena e ritrovata poi lal Gennari in Caprera, à stata, come risulta dal Barbey, trovata anche sola madre dal Réverchon il quale, nella sua gita in Gallura nel 882 l'ha trovata a Capo Testa presso S. Teresa. All'infuori di questa ella mia di Tre Monti, non so che sia stata citata finora di altre ocalità della Sardegna. E pianta rara, propria della Spagna meridio- de e Portogallo e questo è forse a ritenersi l'estremo limite setten- » i nale a cui può spingersi. Serapias occultata Gay. Luoghi erbosi dell’ AUN S. Maria! Maggio. Tinea cylindrica Biv. Luoghi soon e boscaglie presso Tre Monti! d frequente. Aprile. 90 (e Ophrys aranifera Lo B Specularia Rehb. teis Maddalena | a Padule! Nido d'Aquila! Cala Chiesa! Comune. LAM . Nuova per la Flora Sarda. , ava EE di yr EN me PE N a 0. ANTONIO VACCARI tura del labello e pel ginostemio alquanto acuto. Questi caratteri cor- ' rispondendo perfettamente alla descrizione e alle figure del Reichenbach (Tentamen Orchidiographiae europaeae in Fl. Germ., Vol. 13-14, pag. 90, tav. 112, fig. 3-7), non ho esitato a classificarla sotto questo nome. Le figure del Reichenbach riproducono la pianta comunicatagli dal Barla ` ; il quale la raccolse nel Nizzardo. Non è a mia cognizione che sia stata — raccolta in altre località italiane. Il Reichenbach esprime il sospetto ‘che questa Ophrys possa essere un ibrido fra l'O. Bertolonii Moretti e Yo. aranifera L. Per conto mio escludo questa ipotesi mancando qui. à P O. Bertolouii, ma non posso negare che il colore del velluto del la- ^ bello e i segni glabri, la ricordano. 2 Nell'isola Maddalena non esiste che l’ O. tenthredinifera Willd. e ro. fusca Link. (quest'ultima raccolta dal solo Gennari). Più chiaro sarebbe | D l'ammettere un ibrido: O. tenthredinifera X aranifera e anzi il Som- ` mier (Boll. della Società botanica gue SE p- Se ne ha donc E E lr teri questi dell' O. Der Nel caso mio si tratterebbe piuttosto di un O. aranifera X mg dinifera ma nemmeno questo posso ammettere non avendo mai (Re eng una essen tipica di 0. sadi L. l'azione del clima e del suolo. Cito a questo ER r autorità: PRADA il quale Sag Italiana diis 3, p. 533) dice chiaramente c i dei ak esterni, per la forma del ginostemio e per la presenza on di appendice nella smarginatura del labello. Il Moggridge (Contributions of the flora of Mentone) dopo 0 ‘zioni di varii anni e su moltissimi esemplari della riviera del Me Rosie giunge alla conclusione zin ritornando al concetto di | A SUPPLEMENTO ALLA FLORA DELL’ ARCIPELAGO DI Mapian SE x ^si debba riunire le Ophr. ys, Aranifera, Acadie. See ed Api- fera in una stessa specie sotto il nome di O. insectifera L. esistendo numerose forme intermedie tra queste specie. Alla tavola XLIII del la- voro del Moggridge si trovano assieme all’ O. aranifera tipica le figure ' D e G che rappresentano degli esemplari assai rassomiglianti all Ophrys da me raccolta ossia coi tepali superiori esterni rosei ed il labello con appendice terminale. Anche il citato A. ritiene che le forme intermedie _ fra le specie sunnominate piuttosto che degli ibridi siano delle varietà derivanti da selezione naturale o dal luogo ove cresce la pianta. Ho avuto oceasione di comunicare al sig. Martelli di Firenze (a cui si deve . la continuazione della flora del Moris) aleuni degli esemplari da me raccolti, ed egli pure ha trovato che si avvicinano assai alla forma fi- . gurata dal Reichenbach nello stesso tempo però mi fa noto di aver tro- . vato nella parte meridionale della Sardegna altre forme che si acco- ; stano di più all’ O. exaltata di Tenore per l appendice del labello più lunga e pel ginostemio allungato adirittura in un becco. Cid, secondo me, non fa che confermare la varietà delle forme ossia l'azione del- l’ambiente sull’ individuo. 491. Ophrys tenthredinifera Willd. Isola Maddalena a Nido d' Aquila! Le T. a Padule! Aprile. ` 491^ (*) Spiranthes autumnalis L. Isola Maddalena a Spalmatore ! alla ES Petiechio! Ottobre, Novembre. 492. Crocus biflorus Mill. E erroneo e si deve sostituirvi: S e 492. (*) Crocus minimus DC. Isole Maddalena, Caprera, Spargi e S. | Stefano e su tutta la costa Sarda! abbondante. Gennaio, p Marzo ». : NB. Si ometta la indicazione di nuovo per á Flora Sarda giacchè il Crocus minimus è tutt’ altro che nuovo per la Sardegna. Un’imper- onabile sostituzione di esemplari aveva condotto all’errore suaccennato. 4945 (*) Romulea ligustica Parl. Campi e luoghi umidi alla foce del p fiume Liscia e a Porto Pollo! Marzo. | | NB. Nel catalogo Barbey è citata solo di S. Teresa Gallura, macchie i Bancamino, raccolta dal Réverchon in Marzo, rara. S 94^ 0 Romulea bulbocodium L. Arene marittime e M. erbosi a SC Bl N ANTONIO VACCARI Tre Monti! alla foce del Liscia! in Maddalena! Caprera! Gennaio, Marzo. 4972 (*) Iris florentina L. Copiosa lungo i ruscelli in Cala Chiesa nel- l'isola Maddalena! Aprile. NB. Forse inselvatichita. Nel catalogo di Barbey è citato solo del Réverchon raccolto a Capo Testa (Gallura). 4970 (*) Gynandriris Sisyrinchium Parl. Isola Maddalena in Cala Chiesa! Isola Caprera presso la casa Garibaldi! Aprile. 500. Paneratium illyricum L. Isole S. Maria e la Presa! Isola Razzoli al Faro! Isola Budelli. Maggio. 502. Narcissus cupularis Bert. Isola Maddalena a Nido d’Aquila! Gen- naio. 509^ (*) Urginea undulata Steinh. Isole Maddalena e Caprera! Isole S. Maria e Razzoli e in tutta la costa Sarda! abbondante. Fiori in Agosto, foglie in Dicembre. 6095 (*) Urginea fugax Steinh. Monte Zoppo presso Capo Ferro! Agosto, Settembre. NB. E molto più rara della precedente. 514. Allium ampeloprasum L. Abbondante negli isolotti del Passo di Cecca di Morto tra le isole Budelli e S. Maria! Maggio. 5182 (*) Allium parciflorum Viv. Frequente nei pressi di Tre Monti in luoghi umidi! Monte Zoppo! Capo Ferro! Agosto. : 519% (*) Gagea Granatelli Parl. A Tre Monti sopra Cala Battistona ! piuttosto rara. Marzo. NB. Il Parlatore cita questa specie in Sicilia vicino a Palermo e in ` molti altri luoghi, in Sardegna è citato solo del Monte Gennargenta ` (Herb. Moris vedi Barbey, l. ei Nel continente sinora, che io pM i x non é stata trovata. COLCHICACEAE. . 919^ Colchicum neapolitanum Ten. (C. autumnale Bert., C. arenarium 2 G. et G. Gibelli, Arcangeli, Nyman). « In arenosis maritimis. insularum intermediarum » (Moris) (Mattirolo 1. c. p. 31). a 524. I. pygmarus Rhuill. Isola dei Budelli! Maggio. | 534. Dracunculus muscivorus Parl. Isola Corcelli! Isola Razzoli presso | il Faro! Isola Budelli! Aprile. | TYPHACEAE. 5342 (*) Typha angustifolia L. Comune nei luoghi umidi e paludosi della costa Sarda, al Parau del Liscia! Agosto. 944. Carex stenophylla Whlb. Isola Budelli, sponde del Padule in Cecca A di Morto! Maggio, _ NB. Questa specie che, come è detto, nella mia antecedente pubblica- ione è nuova per la Flora Sarda, è diffusa abbondantemente nell’ Ar- cipelago di Maddalena, non si deve quindi guardare se io non l’ho rac- olta che in due località. 550% (*) Carex divisa Huds. Isola Maddalena! Aprile. 9505 Heleocharis uniglumis Link. Nei luoghì paludosi delle isole inter- medie (Moris). Giugno. (Mattirolo l. e. p. 34). Isola Madda- lena luoghi umidi dietro la Trinità! abbondante. 57. Ammophila arundinacea Host. Isola dei Budelli! Maggio. . Holcus lanatus L. forma tipica. Alla foce del Sorao presso il » "v. * Paraut » » forma: spica simplex. Isola Maddalena! Luglio. B. In quest'ultima forma la pannocchia non è ramificata come nella rma tipica, ma in forma di spiga ovato-allungata portata dal caule assottigliato in alto e nudo per buon tratto. 567. Molineria minuta Parl. Isola Maddalena, Cala Chiesa ! Aprile. : Aira Cupaniana Guss. : incerta Gib. Seminati dell'isola di Mad- S dalena alla Peticchia! Aprile. ce Sfossato), non si trova in alcuna delle isole del gruppo di ANTONIO VACCARI <, 572. Avena barbata Brot. Comune nell’ isola Maddalena! Aprile. 576. Melica Magnolii Gr. et Godr. Tre Monti, Costa sarda! Maggio. b 5892 (*) Imperata cylindrica PB. Luoghi umidi e paludosi a Mucchi | bianehi presso Tre Monti, Costa sarda. Gennaio, Febbraio. 581. Schlerochloa maritima Lindl. Isola dei Budelli! Porto Pollo nella costa Sarda! Maggio. 502. Vulpia myuros Gm. 8 bromoides L. Isola Maddalena! Aprile. 5972 (*) Serrafalcus mollis Parl. Isola Maddalena! Maggio. Comune. m 601. Gaudinia fragilis PB. Isola Razzoli! Aprile. 602. Catapodium loliacewn Link. Presso il mare al faro nell’ Isola Ra zoli! Aprile. 603. Brachypodium distachyon RS. 8 asperum DC. Alla foce del Sorao presso il Parau! Isola Maddalena! Giugno. E 612% (*) Arundo Pliniana Turr. ae nelle isole Maddalena e Caprera. NB. Nuova per la Sardegna. Il Parlatore dice che fu trovata in Sicilia e in Italia, mai in Sardegna. Forse è stata importata nelle isol per la coltivazione delle vigne e degli orti. i 6218 (*) Osmunda regalis L. Luoghi umidi a Mucchi bianchi pi Tre Monti! id. id. a Porto Pollo! Maggio. NB. E stata trovata finora in varie località di Sardegna (confron Barbey l. c.) ma non nella Gallura. pnt Quando la i prata memoria era già alle stampe, ho rice u dal ° Prof. Nieotra della R. Universitä di Sassari, un = scolo « Ultime note gra alcune piante di Sardegna » e in ess notato a pag. 10 « Scolopendrium breve Bert. Caprera? » L’ Ho ot notare che questa à forse l'unica Jocalità di questa rie pra gama. Sembra peró che gli Sect ca B erede dal Prof. Nicotr. senza località o di località a e per ciò non avendola ritrovata non ho creduto interire 4 Sex specie nel gr catalogo. 6 poi trovai notato il Chamepeuce Casabonae di Maddalena, ` una nota dello stesso A. apprendo che tale località è errata, e il Cnicus Casabonae mentre è comuue nella costa Sarda e special: a una certa elevazione sul livello del mare (così a Bassa Cutena SULLA PRESENZA DI SOSTANZE AMILACEE, ECC. 535 Dott. LUIGI BUSCALIONI LIBERO DOCENTE DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI TORINO .. Sulla presenza di sostanze amilacee (amilodestrina?) nel Coc- | cidium oviforme Leuck, e sull'affinità di quest’ organismo con altri parassiti dell’ uomo e degli animali. {con Tav. IX) Quando si esamina il contenuto intestinale dei conigli giovani capita quasi sempre di incontrare, oltre ai bacteri ed ai ai saccaromiceti, an- che dei corpi ovali assai grossi,i quali non sono altro ehe gli elementi ineistidati di un parassita che vive nel fegato e nelle pareti intestinali degli animali sopraccennati, e che fu dal Leuckart descritto sotto il nome di Coccidium oviforme (fig. 2 e 3). Questo parassita, che fu studiato in partleolar modo, oltre che dal - Leuckart, anche dal Zürn, Neumann, Blanchard, Pfeiffer ed altri au- tori, determina talora in aleune conigliere delle gravi infezioni, che si | propagano quasi esclusivamente per via delle feci. > La malattia in generale colpisce soltanto i conigli, che non hanno ancora raggiunto un mese di età. Questi diventano magri, perdono la naturale vivacità, hanno scariche diarroiche e febbre più o meno in- tensa, ed inoltre presentano degli altri sintomi più o meno gravi: di Meh però, e un Nero più o meno lungo, gli animali si ristabi- RER ad un esito letale, come ebbi io stesso a constatare in un pic- 3; colo pw che si aveva infettato REN: il. term nes en LUIGI BUSCALIONI in quantità più o meno grande, quei corpi ovali (cisti) di cui abbiamo sopra tenuto parola, oppuro anco degli speciali corpi falciformi. Se noi esaminiamo un pò attentamente i corpi ovali, troviamo che sono costituiti da una robusta membrana giallastra, alquanto assotti- gliata ad uno dei poli (fig. 2),la quale, quando venga sottoposta all'a- S zione dell’ acido solforico e del jodio, ovvero anche lasciata a lungo in contatto dell'acqua di Javelle e poseia colorata col elorojoduro di zinco, non presenta traecia di cellulosa. zn ~ wá : Il protoplasma, che é incapsulato nella membrana, oceupa talvolta tutto Ex quanto lo spazio da questa circoscritto; d'ordinario perd esso sta rac- colto nel centro dell'elemento sotto forma di una massa globosa. Esso poi è costituito da uno strato periferico a grossi granuli e da un corpo centrale, il così detto nucleo, a struttura finamente granulare (fig. 3). Quando le feci vengono mantenute umide, si può osservare, che dopo ventiquattro o quarantotto ore la massa protoplasmatica si è divisa in quattro porzioni ovali, ciascuna delle quali si è incapsulata in una 5 nuova membrana, mentre il tutto continua a star racchiuso nella cavità della cisti madre (fig. 4 e 5). | Ognuna delle quattro spore cosi formate dä origine ben tosto a due xd corpicciuoli faleiformi, omogenei, separati da un ammasso di sostanza granulare (Restkórper) (fig. 6); colla comparsa di questi non ha più ` luogo un ulteriore sviluppo del coecidio, qualunque siano le condizioni di temperatura, di nutrizione, di umidità e via dicendo, alle quali esso venga. sottoposto (' ) Affinchè la evoluzione continui è è duopo che i coccidi seg- , mentati vengano introdotti nello stomaco di un giovane coniglio: in tal caso, sotto l’ influenza del sugo gastrico, rompesi la membrana della cisti e quella dei corpi faleiformi, i quali venendo così messi in libertà, emigrano nelle pareti intestinali o nel fegato, dove penetrano nelle cel- lule, e quivi continuano il loro ciclo evolutivo allo stato di parassiti. Essi diventano dapprima rotondi, poscia ingrossano, presentandosi per. un certo tempo sotto forma di organismi nudi (fig. 1) ed infine, em ne SEI EH si EC riuscire a seguire l'ulteriore sviluppo coltivando il fera in p-aolazioni di Ve tenute in termostato SULLA PRESENZA DI SOSTANZE AMILACEE, ECC. 531 pressarsi della maturità, si incistidano nuovamente e ritornano nell'in- testino donde vengono di bel nuovo espulse colle feci. Recentemente perd il Pfeiffer ha dimostrato che assai spesso il proto- plasma del parassita, invece di incistidarsi, si divide in una quantità piü "ER Xu JM LR CNE ZEE o meno grande di corpi falciformi, i quali ricomineiano il ciclo evolutivo. Siccome il parassita vive tanto nelle cellule dei canalicoli biliari quanto in quelle dell'epitelio intestinale, gli autori hanno ereduto oppor- . . tuno di farne due specie distinte, deserivendo quello che vive nel fegato sotto il nome di Coceidium oviforme e l'altro sotto quello di C. perfo- rans. To sono però di avviso che i caratteri, su cui si fonda siffatta di- stinzione, non siano abbastanza importanti per reclamare una tale se- parazione. Il fegato, invaso dal eoecidio, assume un aspetto ehe ricorda da vicino un'infezione da tubercolosi. Esso si presenta cosparso di noduli bian- chieei, più o meno estesi el alquanto rilevati sulla superficie dell’ or- gano, i quali sono eostituiti da borse di aspetto vermiforme, entro a cui si annidano in coccidî in quantità talora veramente colossale ed in tutti gli stadi di evoluzione, dalla forma a falee fino a quella di organismi ., incistidati. Le cavità sono in comunicazione coi condotti biliari, per cui | si spiega come il parassita, una volta che abbia raggiunto lo stadio adulto, possa venir espulso colle feci. Nell'intestino le cose si passano allo stesso modo; poiehé anche qui troviamo dei noduli che occupano. dei tratti più o meno estesi di mucosa. Questo è per sommi capi lo stato attuale delle nostre cognizioni sui coccidî (1), la cui storia si connette con quella di un fungo saprofita del- l'intestino del coniglio, il Saccharomyces guttulatus; poichè i primi au- iori che osservarono il Coceidio lo seambiarono appunto con questo or- len, che io ho illustrato in un altro lavoro (3). | Ora che abbiamo sezuito lo sviluppo del parassita occorre che ei in- tratteniamo alquanto su alcune particolarità strutturali che esso pre- ix e ) Per ulteriori dettagli sulla malattia prodotta dal Coccidio, si consultino i la- . i ar E Pfeiffer, Butschli, Baumgarten, ecc., ove trovasi raccolta la relativa let- e v. Malpighia 1896. ‘LUIGI BUSCALIONE ` senta e che finora, per quanto mi consta, non furono ancora rilevate da alcun osservatore. I giovani coccidî ancor privi di membrana e disseminati nei noduli del fegato sono costituiti da cellule grossolanamente granulari. Essi hanno varia forma e grossezza, ma per lo più tendono a diventar quasi poliedrici in seguito a mutua compressione. L’acqua di Javelle, fatta agire. i allo stato bollente su questi organismi, determina una parziale distru- . zione delle cellule, in quanto che lascia in sito quasi soltanto la parte centrale del protoplasma, la quale, quando venga trattata con una solu- ‘zione di jodio-joduro di potassio, assume una tinta violetta-vinosa affatto caratteristica, mentre i residui di plasma periferico che accidental- mente possono aver resistito al reattivo diventano giallastri. Un con- trasto assai marcato si nota di poi tra la colorazione rosso-bruna delle cellule epatiche e dei saccaromiceti dell'intestino ricchi di glicogeno da ‚una parte, e quella violette-vinosa dei coceidi dall'altra. Ciò denota che . la sostanza ineorporata nelle cellule del parassita non ha la stessa na- S Lora di quella contenuta nelle altre due sorta di elementi. Quando i coceidi hanno raggiante lo stadio adulto e si sono incapsu- lati nella membrana, le reazioni sopra indicate rivelano delle altre par- =a ticolarità. La cottura nell'aequa di Javelle produce innanzi tutto un no- tevole rigonfiamento della capsula (fig. 7 A), e determina la comparsa. di una seconda membrana strettamente addossata al protoplasma de eoceidio (fig. 7 B). In qualche raro caso poi provoca anche l’enueleazione del protoplasma stesso rigonfiato, il quale in tal circostanza si presenta ` costituito da uno strato di grossi granuli periferici che circondano ı porzione centrale meno distintamente. granulare od affatto. oa (Nucleo) (fig. 8). | La successiva azione del jodio diventa Ve VERI istrut poichè, mentre colora in giallo lo strato periferico del protoplasma, quando questo ancora esiste, tinge fortemente la parte centrale in violetto ch de dopo un pò di tempo passa gradatamente al bruno-nerastro. La re zione è talora talmente evidente, che quando si trovano mescolati coc- cidî adulti e giovani, come succede nel fegato, i primi spiccano i diatamente sui secondi per la loro speciale colorazione nerastra. - Lo stesso fatto, « e forse ancor più accentuato, si incontra pure nelle pore nate dal coceidio incistidato, nelle quali perd & "n cosi detto Restkórper, che fissa energicamente il jodio e diventa bruno. Se si esamina con un buon obbiettivo la sostanza colorata in violetto-. : runo, si può talora riconoscere che il colore è localizzato su certi piccoli granuli parzialmente fusi fra loro (fig. 7 D),i quali danno un aspetto seghettato alla superficie della massa. In altri casi perd tale distinzione on si appalesa, ed allora noi troviamo che la macchia bruna è omo- nea (fig. 8). La sostanza che si colora in modo cosi caratteristico & istentissima all H,SO, che la scioglie solo in parte, come pure non altera in seguito alla cottura prolungata anche per 5 o 6 ore in og no. Noi sappiamo difatti che nel 1878 il Claud Bernard affermó che la inzione glicogenica è una funzione pressochè generale, che deve perciò anifestarsi dovunque vi ha nutrizione e dovunque vi ha vita. Così è noto che il Certes alcuni anni dopo, avendo preso per punto di tenza per le sue ricerche la teoria dell’illustre fisiologo francese, ha x uto riconoscere la presenza del glicogeno anche negli infusori, dove sostanza si trova localizzata oppure diffusa. In quest'ultimo caso essa C manca soltanto in certi organi quali sono le ciglia, il nucleo, il eolo e via dicendo. Egli riuscì inoltre a constatare che la funzione enica è indipendente da quella clorofillina, poichè nelle Euglene il icogeno è diffuso nel plasma, mentre manca nei corpi clorofillini; come ro però che il Butschli nel suo classico trattato sui Protozoi parla i colorabili in violetto col jodio, i quali sarebbero contenuti nelle. LUIGI ES gregarine e che dovrebbero ascrivérsi a sostanze aflini ai corpi am loidei. Più tardi, in una nota comparsa nel Zeitzehrift für Biolog., egli ý accenna di nuovo alla presenza di siffatte sostanze che trovansi n à corpo delle gregarine, e siccome esse comportansi alquanto diversamente dal glicogeno, credo opportuno di denominarle paraglicogene (t). Data una tale diffusione delle sostanze glicogeniche nel corpo degli animali inferiori, sia allo stato diffuso, sia allo stato granulare, non deve più recar meraviglia se anche i coccidî, i quali sono affini il fegato, debbano anche esserne forniti. Orbene, per quanto il fatto sia a primo aspetto molto naturale 8 gico, tuttavia non si verifica. lo ho infatti accennato, che nei coce la sostanza in questione dimostra spesso la forma granulare el inol ho pure fatto notare che essa va mano mano modificandosi, di guis che, se nei giovani coccidî qualche rara volta manifesta ancora le zioni proprie del glicogeno, o per lo meno reagisce in modo non mo _ come l'amido vegetale, che en l'azione del jodio passa dalla colorazi oa a aa ve violetto-nerastra. coccidî in sostanza amilacea (forse in uno dei componenti dei gr d'amido qual è l'amilodestrina) perchè assolutamente non si può di fronte” ai preparati di jodio. gege del Bütschli solls Suerg ar tificiale dei Manak Leo bre 1896); dove, a proposito di alcuni corpi costituiti d' amilodestrina, si pure i rena elle gregarine. In Leen memoria l'autore afferma risolut lui sii i Gg nome di Pub: come pure da lungo tempo intra loro stretta relazione coll’amilodestrina. , ‚lo son ben lieto pertanto che le mie osservazioni concordino con le nuov mazioni dell'illustre pd di Heidelberg, al quale mi & grato di esprimere: le mie azioni di grazia p emus di eui mi fu largo durante la ees o questa nota. : SULLA PRESENZA DI SOSTANZE. AMILACRE, ECC. - T 541 La conclusione a cui sono stato indotto dall osservazione dei vari 3 stadi di sviluppo, per quanto nuova, non ha nulla di strano; poichè in ‘ultima analisi il glicogeno ha la stessa costituzione chimica dell’amido, ‘da cui differisce forse soltanto pel diverso aggruppamento molecolare, e viene giustamente considerato come sostanza isomera col medesimo. Malgrado però l'analogia di costituzione chimica, siccome le ricerche i _microchimiche attuali stabiliscono per le due sostanze determinati limiti, si può sempre arrivare à determinare se un dato corpo appartenga alle | sostanze glicoceniche od a quelle amilacee, qualora si abbia cura di tener ‘conto nell’ esperimento di tutti quanti i caratteri che sono assegnati al- i l'uno ed all'altro di tali corpi. Fra questi caratteri differenziali vanno eguenti: l amido ha una forma granulare, Si a bollente ed assume col jodio erastro ; il gli- segnalati specialmente i s rigonfia e si scioglie lentamente nell’acqu una colorazione violetta che può arrivare fino al color n cogeno invece è solubilissimo nell'acqua calda e col jodio acquista una | colorazione rosso-bruna affatto caratteristica (1). scarsi siano questi caratteri differenziali, pu a allorchè si tratta di addivenire alla so- on aver tenuto conto di essi ostinandosi a Per quanto r tuttavia essi devono sempre servir di guid pradetta distinzione. Egii è appunto per n che gli autori sono arrivati alle conclusioni più disparate, cogeniche certe sostanze granulari, € che si escrivere come formazioni gli e che quindi vanno ritenute lorano del tutto come i granuli d'amido, : Io sospetto fortemente che questo sia ap- che si trovano in aleuni or- oti sotto il nome di Grega- to che il Bütschli come genuini corpi amilacei. unto il caso anche per certe granulazioni, smi inferiori molto affini al Coccidio e n ne. Una siffatta opinione è confortata non solo dal fat già da tempo dimostrato, che il preteso glicogeno delle gregarine è un corpo ben diverso da questa sostanza, ma anche dalla circostanza che 5 up colpito dal diverso comportamento chimico del glicogeno di A ottenere coll impiego della luce i granuli del coccidio si pre- Henneguy ed altri autori SES ici Aie Be Kë lo non E qui ai dati che si possono arizzata; poiché, data la loro estrema piccolezza, lo inem Debbo tuttavia notare che Maupas, caratteristica croce nera nei pretesi stops alle luce polarizzata. vue anno X, vol X. 542 i . LUIGI BUSCALIONI tali protozoi, osù diehiarare che esso rappresenta una sostanza simile al così detto amido delle Floridee (1), che denominò perciò appunto Zoo- amilina. Ora che abbiamo potuto dimostrare come il glicogeno del fegato possa à venir assimilato dai coccidî e lentamente trasformato in sostanza ami- CS à lacea siamo anche in grado di stabilire quale azione esercitano questi parassiti sull'animale che li alberga. A mio parere, il Coceidio oviforme non solo determina un processo morboso, a eausa della sua dimora nel parenchima epatico che va logorando in modo più o meno grave, ma egli dà pur anco origine a gravi disordini nutritivi, esportando una delle sostanze più importanti per l’ organismo. Appare quindi manifesto dai fatti esposti che il Coccidium oviforme e pi. è un organismo abbastanza differenziato, che ha un ciclo evolutivo molto Agi complesso, ed un’ organizzazione che corrisponde esattamento al mezzo in cui esse vive. Questi dati ci permettono di affrontare la questione, se quegli orga- nismi o almeno quei corpi speciali, i quali si trovano nelle cellule del cancro e del mollusco contagioso, possano paragonarsi al Coccidio ovi- forme come alcuni vorrebbero. Per quanto riguarda il cancro non ho alcuna osservazione personale che valga a farmi decidere la questione piuttosto in un senso che nel- l'altro, e quindi io mi rimetto ai lavori del Foà, Pfeiffer, Steinhaus ecc.; mentre invece, per ció che concerne il mollusco contagioso, ho notato aleuni fatti in proposito, che meritano di venire brevemente discussi. | La malattia conosciuta sotto il nome di mollusco contagioso è un pro- SE cesso morboso squisitamente contagioso, che colpisce i nostri volatili da | Ce determinando delle neoformazioni epiteliali di varia grossezza | (1) Se si compulsa la letteratura dei corpi glicogeni delle gregarine, si trova - un'enorme disparità di opinioni, poichè l'Henle li considera quali granuli caleari, ` ; a. Stein quali gl i grasso, ed infine il Frenzel (1885) quali corpi albumi- noidi. Ed anco la iin sa distinzione sopra accennata del Maupas non è meno in- ‘certa, essendo l’ amido delle Floride una sostanza tutt'altro che ben definita, la quale di fronte ai reattivi iodici si comporta in modo assai divreso dei granuli d am SE = sulla cresta, sui bargigli, sulle palpebre, nella bocea e nell'esofago, e si mpagna per lo piü ad un processo difterico della cavità faringea. alehe volta esso attacca anche l'uomo, ma lin questo caso determina soltanto delle piecole verruehe, che non presentano gravità di sorta. La malattia, come è stato detto, è contagiosa, e ne fa fede il fatto che si innesta sotto cute un pezzo di tumore, si puó riprodurre negli uc- d il processo morboso. esame microscopico del tumore lascia riconoscere che esso è costi- ito da un ammasso di cellule epiteliali, il quale da una parte si ranza fino ai limiti della rete di Malpighi, dall'altro invece è rive- ito da uno strato corneo più o meno ispessito (fig. 9). Nell'esofago l'in- zione può progredire anche più profondamente, invadendo il connettivo gli strati muscolari. | cellule, che compongono questo tumore, presentano quasi tutte un o ovale od irregolare, talora munito di prolungamenti, il quale, sic- ei me occupa il centro della massa protoplasmatica, ricaecia il nucleo a la periferia di questa (fig. 10). Negli strati profondi del tessuto, e piü specialmente nei tumori in iente sviluppo, tali corpi sono piccoli. Essi però non tardano a svi- si ed a presentare delle figure, che ricordano lontanamento i pro- di gemmazione e di sporulazione. corpi del mollusco contagioso costituiscono il reperto più interes- delle neoformazioni, ed à precisamente sopra di essi che si dibatte la questione. se si debbano ritenere semplicemente quali prodotti renerazione cellulare, o non piuttosto quali parassitt assai affini , si & detto, al coccidio oviforme. loro che ‘sostengono quest’ ultima ipotesi si basano ‘sul fatto della ione e della gemmazione osservata sul molluseo; ma io credo à non sono ben accertati ; questi siano caratteri insufficienti, poich guisa che ne consegue, che se si vuole addivenire ad un responso azzardato, devonsi anche far entrare in conto alcuni altri dati, senza confronti non hanno valore di sorta. ` perciò che io ho assoggettato il mollusco ae agli stessi ` cui nn il coccidio del e ottenendone i pas CT M a LUIGI BUSCALIONI esse non mostrano traccia di una membrana nettamente differenziat quali hanno probabilmente scambiato i vacuoli colle spore. una debole tinta gialla col jodio, sia prima che dopo l'azione dell . sono venir assimilati a corpi grassi o di natura cornea, poichè Sotto l’azione dell’acqua di Javelle bollente le sezioni di mollusco si disorganizzano e le cellule epiteliali si dissolvono. I corpi del mollusco resistono alquanto di più, ma al fine vengono pure intaccati e disciolti. Dall’ esame di molte preparazioni mantenute in acqua di Javelle e ri- scaldate sul tavolino di Scultze fino alla temperatura di 80° c. io ho potuto convincermi, che le masse endocellulari, prima di scomparire, sì vacuolizzano (spore degli autori?) Inoltre sotto l'azione rischiarante del | reattivo lasciano riconoscere uno o due accumuli di granulazioni rae- colte in una cavità, le quali vengono messe in libertà quando il pi teso parassita è stato completamente disciolto dal reattivo (fig. 11). Siffatti accumuli granulari trovansi pure nel mollusco dell’uomo, na | à specialmente nei tumori degli uccelli dove si possono osservare m glio. Essi poi spiceano ancor di più, quando si faecia agire contem raneamente l'aequa di Javelle e la soda caustiea a caldo. Gli ammassi granulari possono trovarsi in tutti i punti del prepar ma talora occupano soltanto determinate zone; i granuli poi si presen- - tano sotto forma di bastoncini, di corpieeiuoli rotondi, di piecol x stalli ecc. e si colorano in giallo col jodio. Io non so quale possa essere le nature di siffatte granulazioni i A bate nei corpi del mollusco, ed io lascio alle ricerche future il com di analizzarle più da vicino, tanto più che analoghe e tansi pure alla periferia del tumore. | All’infuori dei granuli testè accennati la massa del mollusco non sentano altra particolarità degna di nota. Rigonfiate coll'acqua di J. tanto meno accenni di sporificazione, come vorrebbero aleuni à Il corpo del mollusco, al pari delle cellule che li albergano, assut di Javelle; per cui si può affermare, che nel loro interno non si H la benché minima traecia di glicogeno o di amido. Secondo il mi di vedere,le masse endocellulari del mollusco, più che a par: col liquido di Flemming diventano neri, e riescono cosi molto _gicamente il colore tanto da simulare un nucleo. Riassumendo quindi i fatti si puó concludere, che allo stato attuale della scienza non si può paragonare il preteso parassita del mollusco ontagioso col coccidio del fegato. Questo è un organismo fornito di mbrana, altamente differenziato, ed il cui protoplasma è disseminato una quantità di corpuscoli di natura amiloidea, come si verifica in molte gregarine parassite, mentre invece il primo non è altro che un mmasso informe privo di membrana e di corpi amilacei o glicogenici, el quale tutt'al più si possono riconoscere dei depositi granulari di na- tura ignota, ma giammai delle vere spore. Ed ora mi sia permesso ancora un’ultima parola a riguardo del Coc- idio. La nutrizione vegetale, che si osserva nel Coccidium oviforme, ci può autorizzare a collocare, come vorrebbe il Dangeard, quest'organismo i vegetali, tanto più che presenta delle quantità non indifferenti di sostanza amiloidea? Io non lo posso affermare, e lascio quindi ad altri compito di risolvere l’arduo quesito. Dirè soltanto, che la nutrizione vegetale non mi pare un dato suffi- : ciente per classificare un organismo in una piuttosto che nell'altra delle . due grandi divisioni del regno organico. Ed anco lo stesso criterio della presenza dell’amido non può agevolare di molto il compito, in quanto Balbiani ed Henneguy trovarono delle granulazioni amilacee in un Flagellato, la Polistoma ulvella, il Fisch (1885) rinvenne dei pie- d plastidi incolori ed amiliferi in un altro animale, il Chilomonas | ecium, dove i granuli amilacei presentavano distinta la stratifi- ione concentrica. Ed infine l'Henneguy (1885) osservò che in una gre- na del Lombrico, il Monacystris, vi hanno dei corpicciuoli che pre- la caratteristica croce dei granuli d’amido alla luce polarizzata. j granuli, in soluzioni diluite di violetto di Genziana, si colorano Pres poichè rimane nel centro una croce incolora ; mentre opposto. se vengono collocati in soluzioni concentrate della stessa à e poi lavati, presentano nel centro una eroce fortemente colo- 5 dé Ca SE Es 4 dE ob) s 4 È fa Xs $ x 3 i ` fe RE d EE SZ Sech in una massa incolora. Già iò prova che i granuli constano di due sostanze, delle quali una più densa e disposta in croce fissa più da en lentamente certi colori, ma li trattiene anche più energicamente (1). E Torino, Ottobre 1896. en | RIVISTA BIBLIOGRAFICA | x ege Ä Arıaım F. Ueb. d. ima dra b. d. FRS verdünnter Schw (3) 32, 5, 80. 1880. BanrHELEMY. Note sur quelques cas d’Acne varioliforme ou Molluscum je 3 giosum. Soc. d. Dermat. et Syphil. 1893. Bécnamp. 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Granuli di sostanza. amilacen. | E. net = pon (parassita ?) del iid - B. Nucleo. » =. Corpi del mollusco pieni di granulazioni di ignota natura. Alcune. queste si trovano anche libere nella re (1000). n " x > È SOPRA ALCUNI AMARANTI NATURALIZZATI IN ITALIA ` 55L Dorr. ADRIANO FIORI Sopra alcuni Amaranti naturalizzati in Italia e sulla presenza di Azolla caroliniana in frutto presso Chioggia. Ognuno conosce la facilità che presentano gli Amaranti a naturaliz- zarsi in paesi anche lontani dai loro d’origine e come alcune specie, quali Amarantus retroflexus L. colle sue var. chlorostachys (W.) e patulus (Bert.) e P A. albus L., dall’ America siano emigrate in Europa e quivi largamente diffuse. In Italia abbiamo però ancora altre specie che tendono ad inselvatichirsi, ma che finora debbonsi considerare piuttosto come avventizie, tali sono: l’ A. spinosus L. indicato finora soltanto della Liguria occ. a Voltri e del C. Ticino a Maggia e gli A. caudatus, H paniculatus ed hypochondriacus L. i quali ben spesso sfuggono alla col- tura. Anche l'A. campanus N. Terr. indicato di Pontammare in T. di - Lavoro, è probabilmente una pianta sfuggita alla coltura, ed anzi dalla descrizione non sembra distinto dall" A. melancholicus var. gangeticus (L.). Ma oltre a questi, altri due Amaranti sono indicati d'Italia, ed anzi uno ne sarebbe endemico, essi sono: l’ A. polygonoides L, = Amblo- m gyna polygonoides Raf. e Y A. crispus N. Terr. sui quali credo opportuno _intrattenermi più a lungo. ; < Il primo, cioè lA. polygonoides, fu registrato, a quanto mi sappia, per la prima volta nelle Flore Italiane dal Tenore (1) col seguente ha- bitat « In maritimis Adriatici: Pescara ». Il Cesati (°) esaminando Ferbario Tenoreano vi avrebbe trovato tre esemplari di tale specie, uno E Tenore, Sylloge plant. vase. Fl. Neap., p. 127. Napoli 1 EBD - f?) Cesari, Note al Compendio ium Fl. It N. Giorn. Bot. E QU p. 216. ADRIANO FIORI ` eoll'indieazione di « Pescara » ma poi radiata e sostituita con « colti- vato », un altro con quella di « Ascoli » ma pure radiata sostituen- dovi « Giulia » (probabilmente G Giulia Nuova), infine un terzo esem- plare coll’indieazione di « Ascoli »; egli propende peró a credere che si tratti per tutti e tre di piante coltivate. Perd, più tardi, il Sangui- netti (') indica di nuovo tale specie di « Porto d’ Ascoli, S. Benedetto ecc. » e ciò senza citare il Tenore; parrebbe dunque che essa esistesse ‘veramente naturalizzata in quelle località, quindi dovrebbe essere com- presa tra le specie della Flora Italiana analogamente ad altre pure nello stesso modo naturalizzate e che trovansi già registrate nei Compendi del Cesati, Passerini e Gibelli e dell’ Arcangeli. Aggiungerd, da parte mia, che di questa stessa pianta esiste un frammento nell’ erbario dell Orto di Padova, non si sa da cli mandato, che porta scritto sul cartello « cresce nell’ Orto Botanico di Mantova spontaneo »; sembra quindi che anche questa specie abbia la stessa facilità ad inselvati- | chirsi delle altre sue congeneri summenzionate. Vi L’ altra specie, cioè |’ A. crispus, descritta come nuova dal prof. Ni- È SS cola Terracciano (?), fu rinvennta unicamente dal suo scopritore inT- ` di Lavoro a « Fontanaliri nella via conducente al villaggio » e finora i sembrava doversi ritenere come endemiea di quel luogo non essendo ino dicata d’altri paesi. Tale Amaranto (ben distinto da tutti i nostrali) pel suo frutto non deiscente circolarmente appartiene alla Sez. Euwolus da | parecchi considerata come genere distinto. L’ Autore in calce alla sua E descrizione lo dice affine all’ A. deflexus, ma come egli giustamente os- serva n'à ben distinto per parecchi caratteri; forse a più buon diritto avrebbe potuto confrontarlo con qualche specie esotica, potendo facil- n di ‘mente sospettarsi che si trattasse di pianta introdotta. A tale compi e | non lieve mi accinsi appunto io dovendo elaborare il Gen. Amarantus | per la Flora Analitica e ciò sulla guida della descrizione e figura del | Terracciano e di un esemplare gentilmente comunicatomi in esame da E erbario centrale di Firenze. Cominciai quindi a eit colle 1 Boite: Fl. Romanae prodr., p. 217. Roma 1855-6 N In SOPRA ALCUNI AMARANTI NATURALIZZATI IN ITALIA 553 specie del Gen. Euwolus descritte nella monografia del Moquin Tandon (1), ma ad alcuna corrispondeva esattamente, soltanto appariva avere certa affinità coll’ E. polygamus (L.). Avevo rinunciato pel momento a pro- seguire le ricerche quando il caso mi condusse ad un risultato più for- tunato. Infatti nel luglio scorso mi venne sott occhio, tra le piante col- tivate nell’Orto bot. di Padova, un Amaranto che a tutta prima mi ri- . chiamò alla mente quello del Terracciano; esso portava il nome di Euxolus crispus Lesp. et Thév. ed era nato da semi provenienti dal- l'Orto di Budapest. Sulla guida del preziosissimo Index Kewensis potei facilmente rintracciarne la descrizione originale (°), ed allora potei fa- cilmente riscontrare che I’ Ewxolus crispus di Budapest era ben classi- ficato non solo, ma corrispondeva pure esattamente alla descrizione ed alla figura dell’ Amarantus crispus N. Terr. Per strana combinazione verificavasi poi il caso che il nome specifico dato dal Terracciano a distanza di 31 anni da quello di Lespinasse e Théveneau e ad insaputa dell'esistenza di questo, trovavasi ad essere identico; evidentemente esso era stato suggerito dal carattere delle ‘+ . foglie increspate che contraddistingue questo Amaranto. o Ed ora vediamo quale sia la patria d’origine di tale pianta. I signori + Lespinasse e Théveneau la descrissero su esemplari raccolti in Francia | presso il piccolo paese di Bessan sulle rive dell’ Hérault in un luogo ‘ove da qualehe anno si praticava il lavaggio di lane estere. Una loea- lità classica pel numero di specie non francesi raccolte da quegli Au- tori in una piccola area e che ascendono alla bella cifra di 91, fatto . . ehe sta a dimostrare quale potente mezzo di disseminazione costituiscono A _ gli animali e specialmente quelli provvisti di lana. Gli Autori dividono : b piante ivi riscontrate in vari gruppi secondo la loro patria d’origine, ` E ma lE. crispus vien posto tra quelle a patria sconosciuta; essi riportano | però l'opinione del Moquin-Tandon che lo sospettava originario della . Senegambia od Isole Canarie. Nell'Index Kewensis gli viene assegnato (!) Mogun Tanpon, in DC. prodr. XIII, sect. IL "GO Lespinasse et A. Tuéveneau, Enum. des pl. étrangères observées aux en- ora de France VI, 1859. - -virons d'Agde, et principalement au lavoir à laine de Bessan. Bull. de la Soc. — ADRIANO FIORI — per patria l'America boreale, non l'ho trovato però indicato nelle Flore degli Stati Uniti possedute dall’Orto botanico di Padova, quali l' Asa Gray (1), il Chapman (2) ed il Coulter (3), ma può darsi che sia stata rinvenuta dopo la pubblicazione di tali flore od in territori non compresi in esse; ad ogni modo, conoscendo l’accuratezza colla quale fu redatto .. Àl predetto Index Kewensis, possiamo prestare buona fede alla sua in- |. dicazione. La facilità dell Amarantus crispus a propagarsi ed a naturalizzarsi deve essere molto grande; infatti il Lespinasse (l. cit.) riferisce che il Durieu de Maisonneuve ha potuto vederne nell’ Orto Botanico di Bor- deaux tre generazioni succedersi in un anno senza coltura. Il signor H. Zabel (^ riferisce pure che tale specie già dal 1873 era inselvatichita dn gran copia nel giardino forestale di Münden. gr . Da quanto ho sopra esposto concludo dunque: che pare Sides. ze di porre tra le piante inselvatichite in Italia anche l'Amarantus poly- | gonoides L. benché non raecolto recentemente ; in secondo luogo che PA crispus N. Terr. (1890) il quale figurava sin qui come endemico d’ talia è identico all’ Euxolus crispus Lesp. et Thév. (1859) originario dell’ A- merica del nord. IL. . Alle interessanti e preziose notizie date sull’ Azolla caroliniana e sulla | sua naturalizzazione in Europa ed in Italia dal Chiariss. prof. P. A. Saccardo 0), vpn SES SECHS SC ai 19 dello scorso uc = SC D Asa hai Manual of the hoton of the nothern o St., 8.2 ed., 1868. 6) A. W. Chapman, Flora of the southern U. St., ed: 2.5, 1887. (5 I. m Manuel of the bot. of the Rocky mountain region, 1885. ! : Cfr. | REGEL, Gartenflora XXV, pus p. 179 e Tur, Bot. EE i; t. A dee L Azolla caroliniana in Ls Atti SÉ R. It. lui visti non potè riscontrare alcuna traccia di fruttificazione, e che che nell'America del nord pare che tale pianta fruttifichi raramente, ho creduto opportuno segnalare questo fatto che forse riescirà ai botanici non del tutto privo d’ interesse. R. Istituto Botanico di Padova, Agosto 1896. | Dirò qui per incidenza che l'Anacharis (od Helodea) canadensis può ormai iderarsi diffusa in gran parte del Veneto; infatti oltre che nelle località già ordate in altra mia memoria (Cfr. Malpighia IX, 1895) è stata da me raccolta quest'anno nel fiume Sile a S. Michele del Quarto ai confini tra le prov. di e e di Venezia, presso Rovigo e er Chioggia a Brondolo ed a Cava- eguago. Oramai pud prevedersi che essa a me- anche presso Brescia (Ucouini), nel lago di Garda (Desen) ed in quello (Morerri-Fossia). ^w ds x rea mese di agosto; tale malattia è stata osservata sopra alcuni sono leggermente rialzate relativamente al resto dello stelo. "Tal occupano di norma solo una limitata parte della periferia dello VITTORIO PEGLION UNA NUOVA MALATTIA DELLA CANAPA (Baeteriosi dello stelo). Nota del Dott. VITTORIO PEGLION doris à nel 1861 dal Bertoloni e studiato Se el 1868 d Tichomiroff, & una delle più temute avversitä che possano ostacolare coltura della canapa. Di minor danno à causa il Dendrophoma Mar Cav. che il Cavara ha osservato su campioni di canape proveni Forlivese. A queste due malattie ben note è necessario agginngerne una terza, finora non descritta, che fortunatamente sembra assai poco d usa ed il cui studio venne a me affidato dal Prof. Cuboni, nello sc canapa inviati dal sig. Prof. T. Poggi, Direttore della cattedra Amb lante di Agricoltura del Polesine. L’aspetto esterno di questi steli ceva a ritenere la malattia causata da parassiti erittogamiei. Lui stelo si osservano infatti delle chiazze di forma irregolarmente ı quali hanno la superficie disquamata, di color bianco-grigiastro medesimo, rare volte giungono ad invaderne la metà, mentre nel della lunghezza dello stelo, esse possono oltrepassare anche 1 ege gheet dello stelo della canapa i nettamente | di ' ho avuto occasione di studiare quasi contemporaneamente sopra piante di canapa provenienti da Cesena. Ed invero nelle piante colpite da quest'ultimo parassita, si nota uno scoloramento delle zone invase iù che si avvallano leggermente; lo stesso scoloramento si osserva nei tes- suti sottostanti all’ epidermide, i quali non presentano mai, o solo rare volte, delle serepolature quali. si osservano invece nelle piante di canape pu: ; dalla "gn di. eui à dee edm nella pene. nota. Inoltre E see d de lo uds di questi organi, ma è note, che da essi il Tiehomiroff, ha visto svilupparsi nel novembre o nell aprile i ri- D . cettacoli fruttiferi di una Peziza i eui sporidi invadono più tardi le vais piantagioni di canapa.. | i vi 7 KE no lentamente. dell T 558 VITTORIO PEGLION Lo studio anatomico delle zone infette, eseguito sopra materiale fresco o conservato nell'aleool, eselude in modo assoluto la presenza di miceli. Tutti i tessuti, dall'epidermide fino alla regione xilematica, hanno i loro elementi morti ed alterati, i soli fasci prosenchimatici ed il libro molle non subiscono apparenti modificazioni, nella forma. Invece, in seno al parenchima corticale, nella regione fioematica, interposta fra i fasci fibrosi ed in quella a contatto colla zona rigeneratrice, e nella zona ri- generatrice stessa, si osservano numerose cavità lisigeniche attorno alle quali le cellule dei tessuti sono specialmente alterate. Colorando le sezioni con violetto o verde di metile, dopo averle opportunamente rischiarate sì può osservare in vicinanza alle cellule in via di lento discioglimento delle nubecole debolmente colorate, e che, osservate con ingrandimenti molto forti, si vedono costituite da zooglee di bacteri. È degno di nota il fatto che in questa malattia, analogamente a quanto succede in altre, attorno alle cavità lisigeniche, v'è proliferazione nelle cellule circostanti. ed ipertrofia delle medesime, il che spiega la leggiera eg Set si osserva in corrispondenza delle zone ammalate. Abitualmente, cioè nella maggior parte delle macchie che ho esaminato, l’alterazione non invade la parte xilematiea dello stelo. È proba: ‘le che ciò dipenda dall'aver io esaminato piante ammalate di recente. Talvolta perd ho potuto constatare che l’alterazione si propaga anche al corpo legnoso ed in seguito a processo lisico, le cavità partendo dal paren- chima corticale possono giungere fino al canale midollare. x Il tessuto epidermieo ed il collenchima sottostante, morti in seguito all’azione del parassita, si disseccano e si staceano dallo stelo sotto SS. i | di squamette ; in tal modo i fasei fibrosi periciclici che costituiscono si g^ la massa del tiglio, vengono a trovarsi esposti direttamente all’azione - i degli agenti esterni e si alterano. Se si ripete lo stesso esame anatomico, . sopra frammenti di stelo conservati per qualehe ora in camera umida, m d UNA NUOVA MALATTIA DELLA CANAPA 550 à molto piü agevole allora osservare le zooglee di mieroorganismi, in corrispondenza delle pareti, per cosi dir», delle cavità anzidette. Sono ammassi di forma irregolare simili a pallottoline ehe richiedono una accurata colorazione ed un forte ingrandimento per essere distinte. Ho ottenuto buoni risultati colorando le sezioni, preventivamente lavate con Soluzione diluita di acqua di Javelle, e poscia con acqua acidulata al Ajọ di acido acetico, con soluzione acquosa di violetto di metile. An- che le sezioni colorate con soluzione acquosa di rosso congo, si prestano ; bene allo studio, poichè, com’& noto, questa sostanza colorante viene for- mei te fissata dalle mucillagini e pone bene in evidenza le zooglee del microorganismo. I bacilli che formano le zooglee mucillaginose anzidette si coltivano agevolmente nei comnni substrati nutritivi. I caratteri che esse pre- sentano sono molto simili a quelli del Bacillus Cubonianus, che vive -parassita dei gelsi; stante la grande affinità che passa tra le due piante ospiti, è molto facile che un dato parassita possa adattarsi a vivere sopra "una e l'altra pianta. I caratteri del microorganismo isolato dai tessuti m alati della canapa sono i seguenti; nelle culture in gelatina nelle di Petri, esso forma delle colonie emisferiche, bianche dapprima le, superficiali e sporgenti, attorno alle quali si fluidifiea tamen e il substrato. Nelle culture in tubo per infissione, il bacillo si sviluppa rapidamente alla superficie del substrato a ‘contatto coll aria, liquefà la gelatina a mo’ d'i mbuto dapprima e poi in tutta la massa fin dove. giunse l'ago di platino. La gelatina fusa si mantiene limpida ed ac- quista soltanto una colorazione intensamente gialla. Sul limite tra la latina fusa ed il fondoydel tubo si forma un deposito giallo costituito glee di bacilli, che Werdono in breve tempo la loro vilità , poi- uesto microorganismo € marcatamente aerobio. I bacilli che per- più a lungo la loro vitalità; questo velo superfieiale si rinnova rente, appena venga distrutto coll’agitare il tubo di coltura. | 4 in maniera da occupare l’intiera superficie del substrato, che viene SE S7 coperta da un velo giallo, la eni colorazione s'intensifica coll'invecehiare ; della cultura e la cui superficie, dapprima leggermente ondulata, si in- 4 crespa fortemente dopo una settimana dalla semina. Anche nelle culture sopra fette di patata, il mieroorganismo ha _ratteri che corrispondono a quelli del Bacillus Cubonianus. Si forma alla superficie del substrato delle ampie chiazze gialle, mucillaginose | che diventano più intensamente colorate coll’ invecchiare delle culture. - Le dimensioni del microorganismo corrispondono eziandio a quelle del bacillo parassita del gelso: la lunghezza non oltrepassa che rare volte Il possono però trarre in inganno le catenelle formate da due o tre individui che si osservano nelle culture. . gione inoltrata. Me d mia cura p non d mi si | ue l'occasione di aos. RR UE Roma, 1 Novembre 1891. R. Stazione di rier vegetale. a = Notizie ADDENDA. AD FLORAM ITALICAM | a mio soir n uon diró d' aver incontrato qua o la delle site ind. A che dire P e. d'avere raccolto à Reggio di Calabria la ALS demam! TH sui NOTIZIE - va tali enna ho elaborato le notule seguenti : e velulinus Ges, Sicilia a Mascali. NB. Devono sopprimersi dal numero delle piante etnee i R. lanuginosus L. ed umbrosus Ten. et Gss. — Gli esemplari di esse piante erano stati presi invece nel Valdemone, Papaver Rhaeas L. var. pallidum G. G. Etna a Rinazzi. NB. Parmi che a tal varietà si possa riferire quella, che io notai già come vi © rietà a petali bianchi e piccoli. Ce Arabis Tenorii Huet, Monte Amaro. Draba verna L. Etna al Castagno dei SR cavalli. NB. E notevole per avere le siliquette allungate assai. 2 E Helianthemum procumbens G. G. Trapani. NB. Risponde all’ H. ericoides DC. (sec. Gss.) Polygala Preslii . ANB. Devesi sopprimere Aspromonte da me citato come luogo di ritrovo per ess ~- Gli esemplari del Seguenza spettano alla P. vulgaris. Resta adunque la specie ( Sprengel fra le SC della Sicilia; e come tale l'ho tenuta nella Statistica. | © Polygala calcarea Sehltz. Ali Savoia. - : Silene tenuiflora Gss. Etna a Pietra Carbone: "et NB. Indebitamente avevala ritenuta io come S. niridiflora. Silene staminea Bert. Male Genziana, Cucubalus baccifer L. Serra S. Bruno (Calabria). Dianthus monspessulanus L. Monte Amaro. — Lychnis coronaria Desr. Monte Morrone. „aypeopkeia Arrostii Gss. Calabria a Sovereto. » tllyrica Ten. Monte Pecoraro. + Stellaria uliginosa Murr. Alpi piemontesi. : uc ur Cerastium | trigynum ` vill. Savoja. = es inosa L. Monte Morrone. ` D ien L. var. microphyllum, Fina al Castagno. ns Villa s. Gigna i^. Genista ss L. Serra S. Brio: Adenocarpus commutatus Gss. Ivi. Hippocrepis ciliata W. Otranto. Ononis variegata L. Gallipoli. Orobus variegatus Ten. Serra S. Bruno. NB. Presenta qualche differenza dalla descrizione gussoniana. Geum reptans L. Piccolo S. Bernardo. Rubus glandulosus Bell. Etna al Milo. | Bupleurum ranunculoides L. Piemonte. — Lagoecia cuminoides L. Taranto. n | Chaerophyllum. aureum L Monte Morrone. — Bunium Bulbocastanum L. vi. Angelica nemorosa Ten. Serra S. Bruno. NB. Località importante, per far vedere come la apogi non manchi neppure sul} ultimo tratto della penisola. See Kee graeca B. H. Monte Morrone. pedemontana Al. Valdieri. d Bert. Monte Velino. achnoideum L. ag del Filettino. NOTIZIE Centaurea salamantica L. Campagna della Cornetana. Senecio gibbosus DC. Calabria ‘sopra Villa S. Giovanni !) Anthemis peregrina L. Gallipoli. Artemisia Mutellina Vill. Savoja. Pyrethrum Parthenium Sw. Nella Sicilia orientale (passim). Hedypnois mauritanica: W. Etna e Monte Ilici. CN. B. Una varietà a filli antodiali setosi alquanto, ma non muriculati. Edrajanthus graminifolius DC. Monte Amaro. _ Campanula rhapunculoides L. Piccolo S. Bernardo. — Laurentia. Micheli DC. Porto d Anzio. Lappula nana Car. Alpi novaresi. Onosma stellulata W K. Rupi di Corneto. Echium calycinum Viv. Etna a Nicolosi e altrove. Pedicularis tuberosa L. Majella (l. Groves). NB. L' ho ricevuto con il nome di P. adscendens, ` Pedicularis incarnata Jacq. Piemonte. » gyrofleæa Vill. Ii. Veronica saæatilis L. Ivi. Gratiola officinalis L. Savoja. Digitalis lutea L. Calabria (*). Nepeta Cataria L. Cosenza Melittis melissophyllum L. Calabria. | Lamium longiflorum Ten. Monte Amaro. È = Teucrium siculum Gss. Monte Morvone. e ss Salvia officinalis L. Calabria. | - Satureja fasciculata Rat. var, hirsuta. be Monte Erice. Statice Limonium L. Calabria. | » virgata W. Porto d' Anzio. Lysimachia vulgaris L. Nell agro romano, in distanza del mare. Aristolochia parviflora Sibth. Zona etnea orientale pedemontana! . NB. É specie nuova per la Sicilia non solo, ma per I!’ Europa. L' avevo prima tenuta per una varietà mierofilla dell 4. longa, e come tale T ho comunicata | LI ualche botanico. ere Sé dab di panai, e iom. © Serien semplicemente Calabria, se WE localit tà non à Mera. indicata dal ra raccoglitore ore, ma certo ne alla pra ulteriore 1. > Gate dui pen Gou. ; x NB. E da togliersi dalla lista di eg già recate, e da me, come illae. Tinaea diu. Biv. Aspromonte. ? Ophrys neglecta. Parl. Leucaspide. NB. Parmi di vedere questa specie in un esemplare del Groves da lui inseritto 0. Arachniles. a rufescens zani: Alpi fr julane. NB. Parlatore lo reca solo sulla fede di Bertoloni. segetum Gawl. KH a Paceco. ‘ho già indicato incertamente come GI. dubius Gss. ; et m visto poi cha is di Sibthorp, che Gussone cita indebitamente come si- | barone PR | mi peli ia da tal Mer er (paria da m vus fee dall autumnalis, eech avente i fiori d'altro fadus Non duds dei ` d Sé i, che ho altra IT DA divulsa Good. Mascali. NB. È stata riferita da me gia come C. leporina. Carez praetutiana Parl. Monte Morrone. Serrafalcus squarrosus Parl. Gallipoli. Festuca dimorpha Gss. Coccorello (in agro Marsico). Stipa pennata L. Gallipoli. Sesleria tenuifolia Schrad. Majella. 4 » . disticha P. Stelvio. Trisetum alpestre P. B. Alpi di Brescia. Aira caryophyllea L. var. anceps Ces. Etna. y capillaris Host. var. ambigua Dnt. Acireale. NB. Parlatore esclude questa specie dal novero delle siciliane; ma Arcan ve l’ascrive, pur distinguendone PA. intermedia Gss. e la Cupaniana Gss. Io non ne saprei ben distinguere la prima; però la presenza di due veste ae mi eonsiglia la determinazione qui fatta, : Vulpia aetnensis Tin. Etna a i. Polen Cannone. Poa aeinensis Gss. Ivi. NB. ess Bivonae. Asso: Gerardi Vill. Piemonte, Aeluropus repéns Parl. Trapani. : ^ NB. È il mio de. littoralis var. > hirtum. i rit Come eds: : non mi dE “astenuto dallo indicare sale n nuova ab nuto esa di indicare osservazioni ratificanti le già Hiria: da dëi. > siehe yes non ho fatto por AE b indicazioni da me pa L PU congrua CRT esce 23 Febbraio 1896. — PICCOLA CRONACA D Piccola Cronaca * x ` Il Prof. TEODORO CarueL del R. Istituto Superiore di Firenze è stato collo- i : cato a riposo in seguito a sua domanda. i Prof. PASQUALE Baccarini di Catania è stato promosso ad ordinario. di Dott. OsvaLpo KRuck, Primo Assistente presso il R. Istituto Botanico di rs è stato nominato, in seguito a concorso, Professore di Botanica gene- rale, fisiologia e patologia vegetale nell’ Istituto Agrario sperimentale di Perugia H Il Dott. Bracio LoxGo è stato nominato 2." Assistente presso il R. Istituto > Botanico di Roma. Il sig. Emttio ÜH1ovENDA è stato nominato Conservatore delle Collezioni del R. Istituto Botanico di Roma. Il Prof. Hugo DE VRIES è stato nominato Direttore del Giardino Botanico di Amsterdam. Il Prof. H. Scuenck di Bonn è stato nominato Professore ordinario nella Scuola Tecnica Superiore di Darmstadt e Direttore del Giardino Botanico Gran- = Ka Hott: N. L. BRITTON é è stato nominato Direttore del Giardino Botanico di = J. H. | Mike è stato preposto alla Direzione del Giardino Botanico di Sydney: Dobbiamo registrare. fra le dolorose perdite fatte in questi ultimi tempi dalla nostra scienza quelle del Prof. A. G. TRECUL e del Barone FERDINANDO von MiLLER, del quale non "o ricordano la grande attività e la generosità nel fornire piante e materiali da "collezione ai Musei italiani. 3 .. Fra i nostri giovani abbiamo perduti il Dott. Fızıppo TOGNINI Gester del R. Istituto Botanico di Pavia, e il Prof. FRANCESCO Saccarno della R. pe È. Viticoltura ed Enologica di Avellino. 5 INDICE Ru LOS af Dr i | in L. Son: sui cristalli di ossalato di calcio, Pio 1 P «I (Tav L à Ys H Saccharomyces guttulatus Rob. (Tav. vin. D io. im Sopra un caso rarissimo di E tege dei grades D a- mido (Tav. VIII) . De mi Sulla. presenza di Be SE SE el ES -> cidium oviforme Leuck, e sull'affiaità di quest'organismo con altri parassiti dell'uomo e degli animali (Tav. IX) . = Camus J. Un herbier composé en 1838 pour Victor Emanuel et le Duc de Gênes . . $ i è ES alcuni Amaranti nataralizzati i in tata e sulla presenza a Rassegne. | Fünpsrück M. Die Fettabscheidungen der Kalkflechten Lixpav. G. Lichenologische Untersucungen. ct Ueber Wachsthum a A Anheftüngsweise der Rindenflecten - | LOITLESBERGER K. Voralbergische Lebermoose ~ | PEARSON W. Frullania micropyla sp. n. . . . . . . . AC A new hepatic (Cefalozia hibernica) 1 Souen V. Hepaticae, in Engler u. Prantl, Natürli ch D D . 198. 108, 204, 567 Malpighia Mol A è Tav. Ve Fig.l- GG ee almeno, corredati secondo il ano, da Vice: into annuale pri L. 25, pagabili alla x rieezione del i" fascic olo ih togli in 8° da kd 20 a sarà Be ` dopo la GE p fascicolo. Qualora spor: Fora richiesto un mag numéro di esemplari; le. copie. in più verranno. ‘pagate in ragione di L. 1 pan Eu 36. peg Par. 0p Sapia: Quanto alle tavole EC oc rt che? indirizzate al Prof. 0. Geen | in Bee: Ra A accetta. lo seambio con altre pubblicazioni Faso osclisivame e da rivolgersi al SENE ; Prot. 0. : Poi. | Musci üonuulli novi Guinae a angelicae prope Geor- ` getown ad cataractas « Marshall falls » fluvii Mazaruni a ck J DEGERE uod S i cdd eu e A. Vaccari: Supplemento alla Flora dell Arcipelago di Maddalena D D *. D D D D D E è H o». 991 Sulla presenza di sostanze amilacee | Diodes ina? ee, mi Coi Sg ie usd e NE di AE à