er PARRA Library of the Museum or | COMPARATIVE ZOÓLOGY, | AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS. Hounded bp private subscription, in 1861. From the Library of LOUIS AGASSIZ. No. v ne E Ie dir ser ge 3 MEMORIE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO MEMORIE DELLA ? REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO SERIE SECONDA Towo XXI. TORINO DALLA STAMPERIA REALE $ LU 77 MDCCCLXIY. INDICE > Eté degli Accademici Nazionali e Stranieri. . . . pag. Murazioni accadute nel Corpo Accademico dopo la pubblicazione Gel precede et VOLUME cars sn ragioni) o Doni fatti all’Accademia dal 1.° settembre 1862 a tutto di- ai SRO gag EE N CLASSE DI SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE Norizia srorica dei lavori fatti dalla Classe di Scienze Fisiche e Matematiche nel corso dell'anno 1862, scritta dall'Accademico Professore Ascanio Sosrero, Segretario aggiunto della Classe » — Boxer — Nota sulla forza motrice delle correnti elettriche . » — De Furri — Nota sopra il Triton alpestris . . . . . . » — Perazzi — Sul concentramento della calcopirite nel giacimento di piroltina nichelifera di Miggiandone, e sulla paragenesi dei minerali cristallizzati che vi si trovano... . LL me.» — Marreucor — Osservazioni sulla piro-elettricità . . . . . . » — De Fire — Descrizione di un nuovo genere di Accaridi parassiti » — Bonetti — Schiarimenti intorno alla nota precedente sulla forza motrice delle correnti elettriche . . . . . . CT e SR per — SismonpA (Eugenio) e Dr Firme — Parere su una Memoria manoscritta del Professore Giuseppe Srcvenza , intitolata : Disquisizioni paleontologiche intorno ai Corallarii fossili delle rocce terziarie del distretto di Messina. n . . . . . . . . , » — La Marmora e SismonpA (Eugenio) — Parere su una Memoria manoscritta del Dottore Giustiniano NicoLuccr, intitolata : Di un cranio fenicio rinvenuto nella necropoli di Tharros in Sardegna; . » — La Manmora e Sismonra (Eugenio) — Parere su una Memoria manoscritta del sig. Ingegnere Costantino Perazzi , intitolata: Nota intorno ai giacimenti cupriferi contenuti nei monti serpentinosi dell’ Italia centrale. .-. o. VR ie ee AI — Tomasini — Proposta di miglioramenti da introdursi nella costru- zione delle macchine pneumatiche. . . . . . . . . » VII XVI XX LXXII LXXIII LXXIV LXXV LXXVI — Ricuezmy — Parere su una Memoria manoscritta del sig. Prof. Carlo Resio, intitolata: Descrizione e teoria di una macchina US LA i0... N tie a à jet OS — Resio — Estratto di una Memoria intitolata : Descrizione e teoria di una macchina ad aria calda. ©. a . . . . . . » — De Fi: — Osservazioni scientifiche fatte in un recente viaggio a Kale egli en ere SA CT a » Nore sur l'effet du choc de l'eau dans les conduites; par Louis eG ATA foi (eee sie ela ob ao» MÉMOIRE sur l'intégration des équations différentielles relatives au mouvement des comètes, établies suivant l’hypothèse de la force répulsive définie par M. Fave , et suivant l'hypothèse d'un milieu résistant dans l'espace; par Jean Prana. . . . » Circa alcuni casi di integrazione dell’ equazione lineare si diffe- renziale ordinaria, che a differenziali parziali, a coefficienti variabili , d'ordine qualunque ; Studi di Giuseppe Bruno » Saggio di Ditterologia messicana, parte 2.*; di Luigi BELLARDI » SuLLA trasformazione geometrica delle figure, ed in particolare sulla trasformazione iperbolica; di G. V. SCHIAPARELLI .: » Mémorre sur un état hypothétique des surfaces de niveau dans les nébulosités qui entourent le noyau des comètes , supposé solide cet: sphérique; par! Jean PE ANA 27 199. o pr g Sopra alcuni pesci poco noti o nuovi del Mediterraneo, Nota del Dott: "Gibvdnt CANESTRINE 100 cue Mi ot x SULLA parziale ed innata occlusione dell'appendice vermiforme nell nomon O i er RS OSSERVAZIONI su alcune specie di Aire italiane ; per G. De Noranis » Di un antico cranio fenicio rinvenuto nella necropoli di Tharros in Sardegna, Memoria del Dott. Giustiniano Nicozucer . » DisquisizioNr paleontologiche intorno ai Corallari fossili delle rocce terziarie del distretto di Messina, di Giuseppe SEGUENZA. » LXXVII LXXXI 321 359 369 377 383 399 VII ELENCO DEGLI ACCADEMICI RESIDENTI, NAZIONALI NON RESIDENTI, E STRANIERI AL L^ DI LUGLIO MDCCCLXIV. ACCADEMICI NAZIONALI. PRESIDENTE ScLopIs pr SALERANO, Conte Federigo, Presidente del Senato del Regno, Ministro di Stato, Primo Presidente onorario di Corte d’Appello, Presidente della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria e del Consiglio del Contenzioso diplomatico , Socio non residente della Reale Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli, Socio corrispondente dell'Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Scienze morali e politiche) e dell’ T. e R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Gr. Cord. &, Cav. e Cons. &, Cav. Gr. Cr. della Concez. di Port., Cav. della L. d'O. di F. VICE-PRESIDENTE . Moris, Dottore Giuseppe Giacinto, Senatore del Regno, Professore di Botanica nella Regia Università, Direttore del Regio Orto Botanico, Membro. delle Reali Accademie di Agricoltura e Medico-Chirurgica di Torino, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Gr. Uffiz. æ, Cav. e Cons. &. TESORIERE Pewron, Abate Amedeo, Teologo Collegiato, Professore emerito di Lingue Orientali, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Socio Straniero dell'Istituto Imperiale di Francia (Acca- demia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Accademico corrispondente della Crusca, Gr. Cord. +, Cav. e Cons. &, Cav. della L. d'O. di F. Tesoriere Aggiunto Srsmonpa, Angelo, Senatore del Regno, Professore di Mineralogia e | Direttore del Museo Mineralogico della Regia Università, Membro del i Consiglio delle Miniere, della Reale Accademia d’Agricoltura di Torino, i della Società Geologica di Londra, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Comm. #, 4», Cav. dell'O. Ott. del Mejidié di 2° cl., Comm. dell'O. della St. pol. di Sv. , Comm. di 1^ cl. dell'O di Dannebrog di Dan. | I | VOI CLASSE DI SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE ua Direttore Siswonpa, Angelo, predetto. Segretario Perpetuo. Sismonpa, Eugenio, Dottore in Medicina, Professore Sostituito di Mineralogia nella R. Università, Professore di Storia Naturale nel Liceo del Carmine di Torino, Socio delle Reali Accademie d Agricoltura e Medico-Chirurgica di Torino , Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Comm. s, +. Segretario aggiunto. SosnERo , Ascanio, Dottore in Medicina ed in Chirurgia, Professore di Chimica docimastica nella Scuola di applicazione per gh Ingegneri , Membro del Collegio di Scienze fisiche e matematiche e della Reale Accademia d'Agricoltura di Torino, Comm. *%. ACCADEMICI RESIDENTI Moris, Giuseppe Giacinto , predetto. i Cantu’, Gian Lorenzo, Senatore del Regno, Dottore Collegiato in Medicina, Medico in 1.° della R. Persona e Famiglia, Professore emerito di Chimica generale nella Regia Università , Vice-Presidente del Consiglio delle Miniere, Ispettore presso il Consiglio superiore militare di Sanità, Socio delle Reali Accademie di Agricoltura e Medico-Chirurgica di Torino, Gr. Uffiz. & . Borro, Giuseppe Domenico, Professore emerito di Fisica nella Regia Università, Socio della Reale Accademia d’Agricoltura di Torino, Membro ordinario del Consiglio superiore di pubblica Istruzione , Comm. *. Sismonpa , Angelo , predetto. Mewazrea, Conte Luigi Federigo, Senatore del Regno, Ministro dei Lavori pubblici, Luogotenente Generale nel Corpo Reale del Genio Mi- litare, Professore emerito di Costruzioni nella Regia Università, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Gr. Uffiz. æ, 4»; Gr. Cr. @, dec. della med. d'oro al valor militare, Gr. Uffiz. della L. d' O. di F., Comm. degli Ordini di Carlo III di Sp., del M. Civ. di Sass., e di C. di Port. IX Mosca, Carlo Bernardo, Senatore del Regno, Primo Architetto di S. M., Primo Ingegnere Architetto dell'Ordine de'Ss. Maurizio e Lazzaro, Ispet- vore di Prima Classe nel Corpo Reale del Genio Civile, Membro delle Reali Accademie delle Belle Arti e di Agricoltura di Torino , dell Acca- demia Pontificia di San Luca di Roma e della R. Accademia delle Belle Arti di Milano, Gr. Ufliz. #, Cav. e Cons. &, Uffiz. della L. dO. di F. Sismonpa ; Dottore Eugenio , predetto. Sosrero, Dottore Ascanio, predetto. Cavarrr, Giovanni, Luogotenente Generale e Membro del Comitato d’Artiglieria, Membro dell’Accademia delle Scienze militari di Stoccolma, Gr. Uffiz. &, $, Comm. 9, Gr. Cord. dell'O. Mil. di S. St. di R., Uffiz. della L. d'O. di F., dell'O. Mil. Portogh. di Torre e Spada, e dell O. di Leop. del B., Cav. degli O. della Sp. di Sv., dell'A. R. di 3.* cl. di Pr., del Mejidié di 3 cl., di S. WL di 42 cl. di R. Berruti, Secondo Giovanni, Professore emerito di Fisiologia speri- mentale nella R. Università, Membro ordinario del Consiglio superiore di pubblica Istruzione ,. Socio delle Reali Accademie d' Agricoltura e Medico-Chirurgica di Torino, Membro onorario della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Uffiz. &. RicueLmy; Prospero, Professore di Meccanica applicata e Direttore della Scuola di applicazione per gli Ingegneri, Uffiz. œ. De Fri, Dottore Filippo, Professore di Zoologia e Direttore del Museo Zoologico della Regia Università , Membro ordinario del Consiglio superiore di pubblica. Istruzione, Uno dei XL della Società Italiana | delle Scienze residenté in Modena, Socio delle Reali Accademie d’Agri- 4 coltura e Medico-Chirurgica di Torino, Comm. s. i SELLA , Quintino, Membro del Consiglio delle Miniere, Uno dei XL della Società italiana delle Scienze residente in Modena, Membro dell’ Imp. Società Mineralogica di Pietroborgo, Gr. Uffiz. &. i DeLrontE, Giambatista, Dottore di Medicina e di Chirurgia, Professore Sostituito di Botanica nella Regia Università, Socio delle Reali Accademie «l'Agricoltura e Medico-Chirurgica di Torino, &. Pinta, Raffaele, Senatore del Regno , Professore di Chimica organica nella Regia Università di Torino, Membro ordinario del Consiglio su- periore di pubblica Istruzione, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Comm. k, de. Marreuccr, Carlo, Senatore del Regno, Vice-Presidente del Consiglio Serie II. Tom. XXI, 2 i ; | AS i OS m ZR f LI x superiore di pubblica Istruzione , Ispettore generale dei telegrafi elettrici, Uno dei XL della Società italiana delle Scienze residente in Modena, Socio corrispondente dell’ Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Scienze), Gr. Uffiz. &, $+, Comm. della L.-d O..di F. Genoccut, Angelo, Professore di Algebra complementare nella R. Uni- versità di Torino, Membro ordinario del Consiglio superiore di pubblica Istruzione, Uno dei XL della Società italiana delle Scienze residente in Modena, Uffiz. æ. Govi, Gilberto, Professore di Fisica nella R. Università, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, Uffiz. $. Morzscmorr , Giacomo , Professore di Fisiologia nella R. Università, Socio della R. Accademia Medico-Chirurgica di Torino, Uffiz. &. : ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI Berroroni, Antonio, Dottore in Medicina, Professore emerito di Botanica nella Regia Università di Bologna, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, 4». Manranini, Stefano, Professore di Fisica sperimentale nella Regia Uni- versità di Modena, Presidente della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Socio corrispondente dell’ Istituto Imperiale di Francia, s, $. Dr Noranis, Giuseppe, Dottore in Medicina, Professore di Botanica nella Regia Università di Genova, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Uffiz. ®, 45. Panero , Marchese Lorenzo Damaso , Senatore del Regno, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, a Genova. Cerise, Lorenzo, Dottore in Medicina, &, Cav. della L. d'O. di F., a Parigi. Panizza, Bartolomeo, Senatore del Regno, Professore di Anatomia nella R. Università di Pavia, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Socio corrispondente dell’ Istituto Imperiale di Francia, Comm. &, 4», C. C, F. VA. Savi, Paolo, Senatore del Regno, Professore di Anatomia comparata e Zoologia nella Regia Università di Pisa, Uno dei XL della Società italiana delle Scienze residente in Modena, Uffiz. #, 4», a Pisa. Brroscni , Francesco , Professore di Meccanica razionale e sperimentale presso la R. Scuola di applicazione degli Ingegneri in Milano e Direttore della Scuola medesima, Uno dei XL della Società italiana delle Scienze residente in Modena, Comm. s e dell O, di C. di Port. RI ACCADEMICI STRANIERI. Éu pt Beaumont, Giambattista Armando Lodovico Leonzio, Sena- tore dell’ Impero Francese, Ispettore generale delle Miniere, Membro del Consiglio Imperiale dell'Istruzione pubblica, Professore di Storia na- turale dei corpi inorganici nel Collegio di Francia, Segretario Perpetuo dell’Accademia delle Scienze dell’ Istituto Imperiale, Comm. %, Gr. Uffiz. della L. d'O. di F., a Parigi. HerscneL, Giovanni Federico Guglielmo, Membro della Società Reale di Londra, Socio Straniero dell'Istituto Imperiale di Francia. PowcELET, Giovanni Vittorio, Generale del Genio, Membro dell Isti- tuto Imperiale di Francia, Gr. Uffiz. della L. d O. di F., a Parigi. Fanapay, Michele, Membro della Società Reale di Londra, Socio Straniero dell'Istituto Imperiale di Francia, Comm. della L. d'O. di F., a Londra. Lisi, Barone Giusto, Professore di Chimica nella R. Università di Monaco (Baviera), Socio Straniero dell’ Istituto Imperiale di Francia, ®, Uffz. della L. d'O. di F., a Monaco. Dumas, Giovanni Battista, Senatore dell’ Impero Francese, Vice- Presidente del Consiglio Imperiale dell Istruzione pubblica, Professore di Chimica alla Facoltà delle Scienze di Parigi, Membro dell’ Istituto Imperiale di Francia, Gr. Cr. della L. d'O. di F., a Parigi. Brewster, Davide, Preside dell’ Università di Edimborgo, Socio Straniero dell'Istituto Imperiale di Francia, Uffiz. della L. dO. dr Er, à Edimborgo. | Brier, S. Em. Alessio, Cardinale, Arcivescovo di Ciamberì, Presi- dente Perpetuo onorario dell’Accademia Imperiale di Savoia, Gr. Cord. s; già Accademico nazionale non residente. XM CLASSE Di SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE. | : Direttore Fi Sauri n'lori wo, Conte Lodovico, Senatore del Regno, Consigliere di Legazione, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia: | patria, Accademico d'onore dell’Accademia’ Reale di Belle Arti, Gr. Uffiz. + , Cav. e Cons. $. | q Segretario Perpetuo i Gonresio , Gaspare, Dottore del Collegio di Belle Lettere e Filosofia , 3 Prefetto della Regia Biblioteca della Università > Socio corrispondente i dell'Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Iscrizioni e. Belle Let- | tere) e di altre Accademie nazionali e straniere , Comm. &, 4x, Uffiz. della L. d'O. di F. d ACCADEMICI RESIDENTI Pzynow , Amedeo , predetto. u SauL: n’Icriaxo, Conte Lodovico, predetto. ScLoris pi SaLeRANO , Conte Federigo, predetto. h 3 Cisrario, Conte Giovanni Antonio Luigi, Senatore del Regno, Ministra i di Stato, Primo Presidente di Corte d'Appello, Primo Segretario di S. M. | pel Gran Magistero dell’ Ordine de’ Ss. Maurizio e Lazzaro, Vice-Presidente della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Membro della Giunta di Antichità e Belle Arti, Socio corrispondente dell’Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Scienze morali e politiche) , Presidente ono- rario della Società dei Sauveteurs di Francia, Gr. Cord. +, Cav. e Cons. q», Gr. Cr. degli Ord. di Leop. del B., della Concez. di Port., di Carlo III di AN Sp., del Leone dei P. B., di W. di Sv., Cav. dell'O. Ott. del Mejid. di | 1." cl, Gr. Uffiz. della L. dO: d F, ori dAl O- dy Cr. di Port. , Cav. di Croce in oro del Salv. di Gr., Cav. degli Ord. di S. Stan. di | 2. cl. di Russia e dell'Aq. rossa di 3.* cl. di Pr., freg. della Gr. Med. i | d’oro di R. pel merito scientifico e letterario. E Baupi pt Vesme , Conte Carlo, Senatore del Regno, Segretario della W Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, 4, 4. Promis, Domenico Casimiro, Bibliotecario di S. M., Vice-Presidente della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Comm. «+. Le i XIH Ricorr1, Ercole, Senatore del Regno, Maggiore nel R. Esercito, Rettore e Professore di Storia moderna e d'arte critica nella R. ‘Università, Membro ordinario del Consiglio superiore di pubblica Tstruzione , Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Comm. s, &, e. Bon-Compacnr, Cavaliere e Presidente Carlo, Membro. della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria e del Collegio di Belle Lettere e Filosofia della R. Università, Gr. Cord. +, de. Promis, Carlo, Professore di Architettura nella Scuola di applicazione per gli Ingegneri, Regio Archeologo, Ispettore dei Monumenti d’Antichità, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Ac- cademico d'onore dell’Accademia Reale di Belle Arti, æ. Gonnzsio; Gaspare, predetto. i Banvccur, Avvocato Francesco , Professore emerito di Storia antica nella R. Università, Consigliere onorario della pubblica Istruzione, Uffiz. &. Bertini, Giovanni Maria, Professore di Storia della Filosofia antica nella Regia Università, Membro ordinario del Consiglio superiore di pubblica Istruzione, Uffiz. 4. VARESE, Carlo, Dottore in Medicina , =. Fasrertr, Ariodante, Professore di Archeologia greco-latina nella Regia Università, Assistente al Museo di Antichità ed Egizio, Ufiz. «. GuIRINGHELLO , Giuseppe, Dottore in Teologia, Professore di Sacra Scrittura nella Regia Università, Uffiz. &. Amant, Michele, Senatore del Regno, Ministro della pubblica Istruzione, Socio corrispondente dell Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Gr. Uffiz. &, d. Peyron, Bernardino, Professore di Lettere, Vice-Bibliotecario della R. Biblioteca della Università, s. Reymonp, Gian Giacomo, Professore di Economia politica nella Regia Università e Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, #. ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI Manno, Barone Giuseppe, Senatore del Regno, Ministro di Stato , Primo Presidente della Corte di Cassazione, Membro della Regia De- putazione sovra gli studi di Storia patria, e della Giunta d’Antichità e Belle Arti, Accademico corrispondente della Crusca, G. Gord. +, Cav. e Cons. onor. $, a Milano. | a XIV Manzoni, Nob. Alessandro, Senatore del Regno, Accademico cor- rispondente della Crusca, a Milano. i Corpi, Abate Antonio, Membro della Pontificia Accademia di Ar- cheologia, #, 4», a Roma. Cuanvaz, Monsignor Andrea, Arcivescovo di Genova, C. 0. S. SS. N., Gr. Cord. &, Gr. Cr. dell'O. di Cr. di Port. Martini, Pietro, Dottore in ambe Leggi, Socio del Collegio di Filosofia, e Presidente della Biblioteca della Regia Università di Cagliari, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Comm. #, 4. Spano, Giovanni, Dottore in Teologia, Canonico Protonotario Apostolico della Chiesa Metropolitana di Cagliari , Professore emerito di Sacra Scrittura e Lingue Orientali, Rettore della Regia Università di Cagliari, Comm. %. Carorr1 pi Canrocno, Domenico , Ministro residente presso la Corte dei Paesi Bassi, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia Patria, Comm. s, &, Gr. Cord. dell O. d’ Is. la Catt. di Sp., Gr. Uffiz. dell’ O. di Leop. del B. Tora, Pasquale, Consigliere nella Corte d'Appello di Genova, Membro della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Ufüz. &. Caveponi, Monsignor Celestino, Professore di Sacra Scrittura e Lingua santa nella Regia Università di Modena, Bibliotecario della R. Biblioteca Palatina, Presidente della Deputazione di Storia patria per le provincie Modenesi, Socio corrispondente dell'Istituto Imperiale di Francia (Acca- demia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Uffiz. æ, +. ACCADEMICI STRANIERI. Bruciëre pi BAnAwTE, Barone Amabile Guglielmo Prospero, Membro dell Istituto Imperiale di Francia, Gr. Cr. della L. dO, di F., Gr. Cord. di S. Aless. Newski di R., a Parigi. Turns, Luigi Adolfo, Membro dell'Istituto Imperiale di Francia, Gr. Uffiz. della L. d' O., a Parigi. Borckm , Augusto, Professore nella Regia Università e Segretario Perpetuo della Reale Accademia delle Scienze di Berlino, Socio Straniero dell Istituto Imperiale di Francia, Cav. della L. d'O. di F. Cousin, Vittorio, Professore onorario di Filosofia della Facoltà delle Lettere di Parigi, Membro dell'Istituto Imperiale di Francia, Comm. della L. d' O. di Fr. XV Costa pr Beaurecaro, Marchese Leone, Presidente dell’ Accademia Imperiale di Savoia, Comm. 4; già Accademico nazionale non residente. Grore, Giorgio, Membro della Società Reale di Londra, Socio straniero dell Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle. Scienze morali e politiche ), a Londra. Mommsen , Teodoro, Professore di Archeologia, Membro della Reale Accademia delle Scienze di Berlino, Socio corrispondente dell'Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), a Berlino. XVI MUTAZIONI accadute nel Corpo Accademico dopo la pubblicazione del precedente Volume. M == MORTI 18 marzo 1863. ALsini, Pietro Luigi, Professore di Filosofia del Diritto nella Regia Università, Membro ordinario del Consiglio superiore di pubblica Istru- zione, Uffiz. &. 20 marzo. Mossorri, Ottaviano Fabrizio, Senatore del Regno, Professore di Fisica e di Meccanica celeste nella R. Università di Pisa, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena , Comm. +, 4. 10 aprile. Amicr, Giovanni Battista, Astronomo al R. Museo di Fisica e di Storia naturale, Professore onorario nell’ Istituto superiore di Firenze, Uno dei XL della Società italiana delle. Scienze residente in Modena, Uffz. +. 18 maggio. FERRERO DELLA Marmora, Conte Alberto, Senatore del Regno, Luo- gotenente-Generale, Membro del Consiglio delle Miniere e della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, G. Cord. &, Gr. Uffiz. e, Cav. e Cons. 3», Cav. della L. d'O. di F. 15 agosto. Borenis, Giuseppe Antonio, Ingegnere Civile, Professore emerito di Matematica applicata nella R. Università di Pavia, &. A te XVII 28 agosto. MrrscuEnLicH, Eilardo, Professore di Chimica nella R. Università e Membro della R. Accademia delle Scienze di Berlino, Socio Straniero dell'Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Scienze). 20 gennaio 1864. Prana, Barone Giovanni, Senatore del Regno, Regio Astronomo, Professore d'Analisi nella Regia Università, Direttore Generale degli studi nella Regia Accademia Militare, Socio Straniero dell’ Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Scienze), Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, G. Cord. %, Cav. e Cons. i», Comm. degli O. della Conc. di Port. e della St, pol di Svezia, Uffiz. della L. VPO. di F., C. della C. F. d'A. di 2: classe, ELEZIONI DI UFFIZIALI 22 novembre 1865. Sorrero , Ascanio, Dottore in Medicina e Chirurgia , Professore di Chimica docimastica nella Scuola di applicazione per gli Ingegneri, Membro del Collegio di Scienze fisiche e matematiche della R. Università, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, Comm. s, nominato Segretario aggiunto della Classe di Scienze fisiche e matematiche. 15 dicembre. Scropis nx SALERANO, Conte Federigo, Presidente del Senato del Regno, Ministro di Stato e Primo Presidente onorario di Corte d'Appello , Presidente del Consiglio del contenzioso diplomatico e della R. Deputa- zione sovra gli studi di Storia Patria, Socio non residente della Reale Accademia di scienze morali e politiche di Napoli, Socio corrispondente dell'Istituto Imperiale di Francia (Accademia delle Scienze morali e po- litiche) e dell’ L e R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Gr. Cord. Æ, Cav. e Cons. 4&, Cav. Gr. Cr. della Conc. di Port., Cav. della L. d'O. di F., eletto alla carica triennale di Vice-Presidente dell Ac- sademia. SERIE II. Tom. XXI. 3 XVII 1. maggio 1864. ScLopis pi SaLerAno , Conte Federigo , predetto, eletto alla carica di Presidente perpetuo dell’Accademia. Moris, Dottore Giuseppe Giacinto, Senatore del Regno, Professore di Botanica nella R. Università, Direttore del R. Orto Botanico , Socio delle RR. Accademie d’Agricoltura e Medico-Chirurgica di Torino, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Gr. Uffiz. æ, Cav. e Cons. <=, eletto alla carica triennale di Vice-Presidente dell Accademia. 28 maggio. Srsmonpa , Angelo, Senatore del Regno, Professore di Mineralogia, e Direttore del Museo Mineralogico della Regia Università, Membro de! Consiglio delle Miniere , della R. Accademia d'Agricoltura di Torino, della Società Geologica di Londra, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, Comm. +, 4», Cav. del’ O. Ott. del Mejid. di 2° cl., Comm. dell’ O. della St. pol. di Sv., Comm. dicto ce dell O. di Dannebrog di Dan., eletto alla carica triennale di Direttore della Classe di Scienze fisiche e matematiche. NOMINE 15 gennaio 1865. CanuTTI pi CawTocwo, Domenico, Ministro residente presso la Corte dei Paesi Bassi, Membro della Regia Deputazione sovra gli studi di Storia patria, Comm. %, &, Gr. Cord. dell’ O. d’Isab. la Catt. di Sp., Gr. Uffiz. dell O. di Leop. del Belg. dalla categoria degli Accademici residenti della Classe di Scienze morali , storiche e filologiche entrato in quella degli Accademici nazionali non residenti. Pryrox, Bernardino, Professore di lettere, Vice-Bibliotecario della R. Università di Torino, +, nominato Accademico residente nella Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. Reymonp, Gian Giacomo, Professore di Economia politica nella Regia Università, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, æ, no- minato Accademico residente nella Classe di Scienze morali , storiche e filologiche. 8 febbraio. Bnroscur, Francesco, Professore di Meccanica razionale e sperimentale mella R. Scuola di Applicazione degli Ingegneri di Milano e Direttore della Scuola stessa, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze re- sidente in Modena, Comm. s e dell’ O. di Cr. di Port., dalla categoria degli Accademici residenti della Classe di Scienze fisiche e matematiche entrato in quella degli Accademici nazionali non residenti. 5 marzo. Govi, Gilberto, Professore di Fisica nella R. Università, Socio della R. Accademia di Agricoltura di Torino, &, nominato Accademico resi- dente nella Classe di Scienze fisiche e matematiche. S. M. iL RE D'ITALIA ABBENE Acs ALBERTETTI AMICI. ANGREVILLE (D) ARMENI AUCAPITAINE. XX DONI FATTI ALLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO DAL 1.° SEFTEMBRE 1862 AL 31 DICEMBRE 1863 Fia Brasiliensis, sive enumeratio plantarum in Brasilia hactenus de- tectarum, quas, cura Musei Caes. Reg. Vindobonensis, suis aliorumque botanicorum studiis descriptas et methodo naturali digestas, sub auspiciis Ferdinandi I Austriae Imperatoris et Ludovici I Bavariae Regis, edidit Carolus Frid. Phil. De Martius. Fasc. XXXI-XXXV. Lipsiae , 1862- 1863 ; fol. fig. Historiae patriae Monumenta, edita iussu Regis Canon Argenti. Tomus X. Codex diplomaticus Sardiniae. Tomus I. Augustae Taurinorum, e Regio Typographeo , 1861; 1 vol. fol. - Nozioni teorico-pratiche intorno all'arte di fabbricare il pane da munizione e la galetta o biscotto negli Stati di S. M. il Re d'Italia; del Comm. Angelo Abbene. Torino, Cotta e Capellino, 1863; 1 vol. 8.° Conversazioni ungheresi , tedesche, italiane, romane (valacche) , boemo- slavache e serbe in casa e sul viaggio; di Carlo Acs. Pest, Lauffer e Stolp, 1859; i vol. 8.° Il contagio e l igiene , osservazioni storico-pratiche ; per il Dottore G. Albertetti. Torino, Biancardi, 1863; 8.” Catalogo degli istrumenti costruiti dal Professore Amici e trovati, dopo la sua morte, presso di lui. Modena, Soliani, 1863; 7 fol. 4." La Flore Vallaisanne; par M. J.-E. D'Angreville. Genève , 1862; 1 vol. 8.° Raccolta di poesie edite ed inedite; di Antonio Armeni del fu Pietro. Venezia, Saralovich , 1863; 8.° Annotation au Catalogue des coquilles marines de l'Algérie; par M. le Baron Henri Aucapitaine ; 8.” XXI Coup d'oeil historique sur la projection des cartes de géographie ; par M. D'Avezac. Paris, Martinet, 1863; 1 vol. 8° Restitution de deux passages du texte grec de la géographie de Ptolémée aux chapitres V et VI du septième livre ; par M. D'Avezac ; 8.° fig. Igiene dell’agricoltore italiano in relazione specialmente alla Pellagra, ossia istruzione sulle cause che ingenerano quella malattia e sui mezzi che varrebbero a prevenirla o a sradicarla; del Dottore Lodovico Balardini. Seconda edizione. Milano, 1862; 8.° Studi di filosofia naturale. Parte prima. Della elaborazione formativa; di C. Bazzoni. Milano, 1862; 8.° Éloge historique de Jean-Christian Oersted; par M. Élie de Beaumont. Paris, 1863; 4.° Elementi di geometria, trigonometria e geometria analitica, ecc. ; di Giusto Bellavitis. Padova, 1862; 1 vol. 8.° Rivista di giornali, parte 3 - 6; del Prof. Giusto Bellavitis; 8." Sulla teoria delle sviluppoidi e delle sviluppanti; di Eugenio Beltrami. Roma, 1862; 4^ $ Considerazioni critiche sui nuovi principii di fisiologia vegetale, del Prof. Gaetano Cantoni, e sulle osservazioni chimico-fisiologiche sull’acido carbonico emesso dalle piante, dei Professeri Passerini e Giorgini , lette alla R. Accademia dei Fisiocritici nell’adunanza pubblica del 28 giugno 1863 dal Prof. Pellegrino Bertini. Siena, Mucci, 1863; 8.° Del calore prodotto per l’attrito fra fluidi e solidi in rapporto colle sor- genti termali e cogli aeroliti; esperimenti e ricerche del 1840 con aggiunte del Prof. G. Giuseppe Bianconi. Bologna, 1862; 8.° Monumenti legali del Regno Sardo dal secolo XII al XV raccolti ed illustrati per cura di una società di Giureconsulti. Fasc. 1-5. Torino, Eredi Botta, 1856-1858; 4.° Specchio di leggi ed altri atti del Governo vigenti nel Regno d'Italia nelle appartenenze del Ministero dell’ Interno. Torino, Eredi Botta, 1861; fol. Statistica amministrativa del Regno d’Italia. Seconda edizione riveduta ed ampliata per cura del Ministero dell’ Interno. Torino, Eredi Botta, 18613 1 vol. 4^ Storia del diritto di Roma sino ai tempi di Giustiniano, per Ferdinando Walter; volgarizzata dall'Avv. Emanuele Bollati. Vol. I-M. Torino, Pons e Comp., 1851; 2 vol. 8.° AVEZAC (b) ] BALARDINI. A] BAZZONI. BEAUMONT (ELIE DE) BELLAVITIS. BELTRAMI. BERTINI. BIANCONI, BOLLATI. Bona. Bonp. BONJEAN. Bossi. Bn1ANO. BRUSCHETTI. XXII Storia del diritto romano nel medio evo, per F. Carlo di Savigny; prima versione dal tedesco dall'Avv. Emanuele Bollati con note e giunte inedite. Vol. I-III. Torino, Tip. del Progresso , Tip. Eredi, Botta , 1854, 1857; 3 vol. 8.° Grammatica greca elementare ad uso dei Ginnasi; per Bartolomeo Bona. Torino, Stamperia Reale, 1863; 1 vol. 8.° Grammatica greca ad uso de’ Licei; per Bartolomeo Bona. Torino , Stamperia Reale, 1863; 8." Account of the comet II, 1861, as seen at the Observatory of Harvard College communicated by G. P. Bond. 1861; 8.° Astronomical Notices. N.° 28; 8.° Continuation of account of the comet 11, 1861; by G. P. Bond; 8.” Moon culminations 1859 (From the Astronomical Notices); 8.° III Occultations and Eclipses observed at Dorchester and Cambridge , Massachusetts; by Wm. Granch, William C. and George P. Bond. 1846; 4^ On the companion of Sirius; by Prof. G. P. Bond ; 8^ On the great comet of 1844-45; by G. P. Bond ; 4.° On the new ring of Saturn; by W. C. Bond; 4.” On the outline of the head of the comet of Donati , 1858; by Prof. Bond; 8° fig. Bulletin mensuel des séances de la Société centrale d’agriculture du Dé- partement de la Savoie; rédigé par M. J. Bonjean. VIL"* année, n.° 1-12. Chambery, 1862-63; 8.” Viage pintoresco por los Rios Paranà, Paraguay, S. Lorenzo, Cuyabà y el Arino tributario del grande Amazonas, con la descricion de la provincia de Mato Grosso , bajo su aspecto fisico , geografico , mine- ralogico y sus producciones naturales; por el C. Bartolomé Bossi. Paris, 1863; 1 vol. 8.” fig. Della vita e delle opere del Conte Alberto Ferrero della Marmora; per Giorgio Briano. Torino, Favale e Comp. , 1863; 8." Cenno necrologico del fu Gioachino Bruschetti; di Giuseppe Bruschetti; 4 Parole d' introduzione alle lezioni di stenografia e tecnologia militare per la città di Milano ; di Giuseppe Bruschetti. Torino, 1863; 4° Programma di soscrizione della Società in semplice partecipazione per cinque ruotaie di ferro a cavalli od a vapore fra Milano, Vigevano e Tornavento, e fra le varie stazioni dei dintorni di Milano. Milano, 1863 ; 4." o , XXII Proposta per una Cassa di mutuo soccorso da aprirsi presso le singole Parrocchie. Milano , 1860; 4.° Sul modo più facile, conveniente ed economico di estendere il beneficio delle ferrovie a tutte le città e provincie del Regno d' Italia ; nuova proposta dell’ Ingegnere Giuseppe Bruschetti. Milano , 1863 ; 4." Sulla ferrovia in progetto pel valico delle Alpi Retiche; di Giuseppe Bruschetti. Torino, 1863; 4^ Sul modo più facile, conveniente ed economico di estendere il beneficio dell’ irrigazione a tutto il territorio in pianura dell'Alto Milanese ; proposta dell Ingegnere Giuseppe Bruschetti alla Compagnia generale dei nuovi canali d'irrigazione italiani. Milano, 1803444," Studi per la compilazione di un piano organico della Marina Italiana , eseguiti per ordine del Ministro della Marina da Tommaso Bucchia, A. Sandri, e G. M. Maldini. Torino, Eredi Bofta, 1863; 1 vol. 4.° Class XXIII, Woven, Spun, Felted, and Laid fabrics, When shown as specimens of printing and dyeing ; by F. Crace Calvert; 8.° Lectures on Coal-Tar colours and on recent improvements and progress in dyeing and calico printing, embodying copious notes taken at the international Exhibition of 1862; by F. Crace Calvert. Manchester; 8.° On improvements and progress in dyeing and calico printing since 1851, illustrated with numerous specimens of printed and dyed fabrics ; by F. Crace Calvert. Manchester ; 8.° On poisons; by F. Crace Calvert. Liverpool, 1860; 8. On the Action of Sulphuric Acid upon Lead; by F. Crace Calvert and Richard Johnson ; 8.° On the composition of a carbonaceous substance existing in Grey Cost Iron; by F. Crace Calvert; 8.° On the expansion of metals and alloys ; by F. Crace Calvert. London , 8." fig. Su l’ Epigramma Taorminese ; lettera al sig. Amedeo Peyron per Niccold Camarda. Palermo , 1862; 8° con fac-simile. Rapporto del Segretario generale per la Sezione delle scienze fisiche, matematiche e naturali Prof. Giovanni Campani (Estr. dagli Atti del X Congresso degli Scienziati Italiani tenuto in Siena nel settembre 1862); 4.° ? Sulla costituzione geologica e sulla ricchezza mineraria della provincia di Siena ; brevi notizie del Prof. Giovanni Campani. Siena, 1862; 8." BuccrIA, SANDRI e MALDINI. CALVERT. CAMARDA, CAMPANI. CAMPORL CAMUZZONI. { A à f Y CANESTRINI. CAPPELLI. CAVEDONI. XXIV Della vita e delle avventure del Marchese Alessandro Malaspina; Memoria del Marchese Giuseppe Campori. Modena, Soliani, 1862; 4.” Notizie inedite delle relazioni tra il Cardinale Ippolito D’ Este e Benvenuto Cellini ; raccolte dal Marchese Giuseppe Campori. Modena, Soliani; 18023 £53 Notizie inedite di Raffaello da Urbino, traite da documenti dell'Archivio Palatino di Modena; per cura di Giuseppe Campori. Modena, 1863; 4.” Assumendo il 15 gennaio 1863 la Reggenza 1863 , 1864 , 1865 dell'As- sociazione Agraria Veronese; allocuzione del Professore Giulio Dott. Camuzzoni. Verona, 1863; 8.° I Blennini, Anarrhichadini e Callionimini del golfo di Genova; Memoria del Prof. Dottore Giovanni Canestrini. 1860; 8.° fig. Scheele, chimiste Suédois; étude biographique par Paul Antoine Cap. Paris, 1863; 8° Due lettere inedite di Lodovico Ariosto ; di Antonio Cappelli. Modena , Cappelli, 1863; 8^ Lettere di Lodovico Ariosto tratte dagli autografi dell'Archivio Palatino di Modena; per cura di Antonio Cappelli. Modena, Cappelli, 1862; 1 vol. 8.° Dichiarazione di tre monete di Giulio Cesare che probabilmente si rife- riscono alle cinquantadue battaglie campali da esso lui vinte; di Celestino Cavedoni. Bologna, 1863; 8.” Dichiarazione di un'antica iscrizione greca scoperta in Taormina della Sicilia l'anno 1861; di C. Cavedoni. Modena, Vincenzi, 1863; 4." Appendice alla Dichiarazione di un'antica iscrizione greca scoperta in Taormina della Sicilia l'anno 1861; di Celestino Cavedoni. Modena, ESOO des Dichiarazione di un basso rilievo mitriaco della R, Galleria Palatina di Modena; di C. Cavedoni. Modena, 1863 ; 4.” fig. Nuova silloge epigrafica modenese o sia supplimento agli antichi marmi modenesi; Memoria del Cav. Mons. Celestino Cavedoni. Modena, Eredi Soliani, 1862; 4.° Appendice alla nuova silloge epigrafica modenese ; Memoria del Cav. Mons. Celestino Cavedoni. Modena, Soliani, 1862; 4.” Nuovi studi sopra le antiche monete giudaiche; di C. Cavedoni; 8." Saggio. critico intorno alla critica ipercritica di Ernesto Renan nella sua Vie de Jésus; scritto dal Sacerdote modenese Celestino Cavedoni. Modena, 1863; 8,° XXV Dell'antichissimo idioma de’ Liguri; per Emanuele Celesia. Genova, coi tipi del R. I. de’ Sordo-muii , 1863; 8.° Porti e vie strate dell’antica Liguria; per Emanuele Celesia. Genova , Tipografia sociale, 1863; 8.° Analisi chimica dell'acqua termale di Monfalcone ; del Dott. Giacomo Attilio Cenedella. Udine, 1862; 8. Annuaire de l'Archiviste des Préfectures, des Mairies et des Hospices 1863 (3."* année) pour faire suite au Manuel de l'Archiviste , etc. ; par M. Aimé Champollion-Figeac. Paris, Dupont, 1863; 1 vol. 8.° Dei moti geometrici e loro leggi nello spostamento di una figura di forma invariabile; Memoria di Domenico Chelini. Bologna, 1862; 4.° fig. Sulla teoria de’ sistemi semplici di coordinate e sulla discussione dell’e- quazion generale di secondo grado in coordinate triangolari e tetrae- driche; Memoria del Prof. Domenico Chelini. Bologna, Gamberini e Parmeggiani , 19035. 48 Degli amori e della prigionia di Torquato Tasso; discorso fondato su documenti inediti dell'archivio Estense del Conte Luigi Cibrario ; 2." edizione, Torino , Eredi Botta, 1862; 8.° Descrizione e cronaca d’ Usseglio fondata sopra documenti autentici , del Conte Luigi Cibrario, Torino , Eredi Botta, 1862; 16. Genealogia dei Reali di Savoia e d' Italia; del Conte Luigi Cibrario; Sesta edizione nuovamente emendata ed accresciuta dall’autore. Torino, Eredi Botta, 1862: 1 fol. gr. Memorie storiche intorno alla vita ed agli studi di Gian Tommaso Terraneo, di Angelo Paolo Carena e di Giuseppe Vernazza, con docu- menti; per Gaudenzio Claretta. Torino, Eredi Botta, 1862; 1 vol. 8.° Nouvelles observations sur les modifications permanentes et temporaires que l’action de la chaleur apporte à certaines propriétés optiques de plusieurs corps cristallisés ; par M. des Cloizeaux. Paris, 1862; 8.° Prose e poesie di Giuseppe Coco. Acireale, Donzuso, 1863; 1 vol. 8.° Nuovo sistema di conche per locomozione con applicazione speciale al trasporto delle sole merci lungo il piano inclinato dei Giovi presso Genova e alla salita della cascata delle Marmore presso Terni; studi dell’ Ingegnere Ottavio Coletti. Torino, Dalmazzo , 1862; 8.° fig. Trebbiatoio da riso in uso nei circondari di Novara, Vercelli e Lomellina (dell Ing. Cav. Rocco Colli). Novara, Litogr. Yerna, 1861; fol. obl. Second Spicilegium de quelques monuments écrits ou épigraphes des Sere IL. Tom. XXI. 4 CELESIA, CENEDELLA. CHAMPOLLION- FIGEAC. CHELINI. CIBRARIO. CLARETTA. CLOIZEAUX (DES) Coco. COLETTI. Corrr. CONESTABILE. i] | f i E È XXVI CONSTANT Corri CORBIOT CORTESE Costa CREMA (DE) CUSIERI è DAUSSE De-Bosis. DELESSE DELESSE e LAUGEL, De NOTARIS DIONISOTTI. Ducis, Mémoire sur l'histoire de la création au sein de notre Discorso letto da À. Coppi ne Revue sur le systéme d’inoculations Guida teorico-pratica del medico militar Sull'attuale movimento scientifico in Italia per le Appareil pour Storia fisica e politica dell Egitto dalla Moyen de préserver La collezione B s de Londres, de Berlin, de Manheim, de la Haye, Étrusques. Musée ; par Giancarlo Conestabile. Paris, Pillet de Paris, de Pérouse (Italie) fils aîné, 1863; 8.° fig. sphère universelle ; par Roch Constant. Paris, 1863; 8.° lla Pontificia Accademia Tiberina il dì 10 [ fondazione. Roma, Salviucci, 1863; 8^ aprile 1863, cinquantenario dalla curatives du D Téléphe Desmartis ; par J.-B. Corbiot. Bordeaux , 1862; 8^ e in campagna; del Cav. Francesco 2 vol. 8.° sole scienze naturali; notizie del Professore Oronzio Gabriele Costa, 1862. Tapoli, 1863; 8^ effectuer instantanément l'appel et le scrutin dans les as- par M. Joseph de Crema. Modéne , Cappelli, Cortese. Torino, Zoppis e Marino, 1862-63 ; semblées délibérantes ; 1863; 8. fig. sua remota antichità sino all'epoca resente (1842); del Dott. Odoardo Cusieri. Firenze, 1845-61 ; b \ ) SITO v. les ponts établis en plaine sur les cours d'eau à lit variable; par M. Dausse. Paris, 1862; 4° aroni dei minerali fossili e testacei marini del dipartimento del Metauro ; alcune parole dell Ingegnere Francesco De-Bosis. Ancona, 1869; ot Carte agronomique des Matériaux de construction; par Revue de géologie pour l'année 1861; Paris, 1862; 1 vol. 8.° Musci Italici; auct. J. De Notaris. Particula I. Trichostomacei , gen. tula. Genuae , 1862; 8. fig. Le Corti d'Appello di Torino, Genova, Casale e Cagliari, ed i loro Capi; cenni storici e biografici di Carlo Dionisotti. Biella, Amosso, 1862; 1 vol. 8.” Notizie biografiche dei Vercellesi illustri; di Amosso, 1862; 1 vol. 8.° Mémoire sur les voies romaines Thésio , 1861; 8.° avec deux cartes. environs de Paris; par M. Delesse. Paris, 1862; 8.° M. Delesse. Paris, 1863; 8.° par M. Delesse et M. Laugel. Tor- Carlo Dionisotti. Biella, de la Savoie; par C. A. Ducis, Annecy, XXVII Les Fins, Bautas et Annecy; étude archéologique par l'abbé Ducis. Annecy, Thésio, 1863; 8.° Giornale per l'abolizione della pena di morte diretto da Pietro Ellero. N. I-VIII. Bologna, Monti, 1862-63; 8.° Sulla convenienza di distillare il combustibile fossile di Monteviale; di- scorso di Gio. Battista Fasoli. Vicenza, Paroni, 1863; 8.° Carte géologique des parties de la Savoie, du Piémont et de la Suisse voisines du Mont-Blanc; par Alphonse Favre; fol. Explication de la carte géologique des parties de la Savoie, du Piémont et de la Suisse voisines du Mont-Blanc; par Alph. Favre. Genève. FIGE 19020997. Copia dei due volumi della politica; del Comm. Dottor Fenicia. Napoli, Agrelli, 1862; 8.” Terzo, quarto, quinto e sesto libro della politica; del Dottor Fenicia. Napoli, 1863; 8° Galleria degli uomini illustri delle Due Sicilie nel secolo XIX, per cura di Pietro Martorano di Roma; Disp. 1.* e 2.° Napoli, Piscopo, 1856; 8.° Divinazione del principio fondamentale pe’ Geometri antichi in risolvere i problemi di massimo e minimo; Memoria tratta da’ manoscritti di N. Fergola da V. Flauti. Napoli, Pasquale, 1861; 4^ Aperçus relatifs à la carte géologique de la Savoie, du Piémont et de la Ligurie de M. le Comm, Ange Sismonda; par M. J, Fournet. Paris, 1900597. Résumé des observations recueillies en 1862 dans le bassin de la Saône et quelques autres régions par les soins de la Commission hydromé- trique de Lyon; (19.2m° année). Lyon; di: Sur les relations des orages avec les points culminants des montagnes et sur leur distribution spéciale dans les environs de Lyon; par M. J. Fournet. Lyon, 1862; 8^ Cours d'Hindoustani à l'École impériale et spéciale des langues orientales vivantes; discours d'ouverture du 1.7 décembre 1862; par Garcin de Tassy. Paris; 8. Sul carattere che dee distinguere l'architettura funebre cristiana da’ pagani monumenti; Memoria del Prof. Giovanni Garrucci. Napoli, Cataneo, 1500; OW Sulla origine e sulla costruzione dell’anfiteatro di Catania; Memoria del Prof. Giovanni Garrucci. Napoli, Cataneo , 19545. 9 ELLERO FASOLI. FAVRE FENICIA FLAUTI FOURNET. GARCIN DE TASSY. GARRUCCI "3 4 Re UAE pur cem mmm tae GASPARIS (DE). GENTILI GEREMIA GIRAUD. GLOAC, GRAHAM GRIMELLI GROVE. GRUNERT XXVIII Tegolo cumano con rappresentanza graflita e leggenda osca ; illustrazione dell'Architetto Prof. Giovanni Garrucci. 1862: 8.? fig. Un simposio sul cratere di Baja; disquisizioni archeologiche di guida da Miseno a Porto Giulio del Prof. Giovanni Garrucci. Napoli, Cataneo, 18095: 8; Sulla determinazione delle orbite planetarie; Memoria di Annibale De Gasparis. Napoli, 1863; 4.” Relazione del Consigliere Avv. Tarquinio Gentili di Rovellone alla Commis- sione nominata dal Consiglio provinciale a studiare e riferire sul pro- getto di mantenimento e cura degli esposti. Macerata, Cortesi, 1862; 4." Prima conclusione alla cattedra di letteratura italiana nella R. Università degli studi di Catania l'anno 1863 ; del Cav. Prof. Gioacchino Geremia. Catania, Coco, 1863; 8.° Nouvelles recherches topographiques , historiques et archéologiques sur Tauroentum et description des médailles trouvées dans les ruines et dans la campagne de cette ville ; par l’abbé Magloire Giraud, Toulon, Aurel, 1862; 8.° Sull Eczema semplice impetiginoide , lichenoide e pruriginoso, per T. M. Call Anderson; considerazioni critiche del Dott, Carlo Gloac. Firenze, Le Monnier, 1863; 8.° Annual report of Brevet. Lieut. Col. J. D. Graham , On the improvement of the harbors of lakes Michigan, S. Clair » Erie, Ontario and Cham- plain, for the years 1858 and 1860. Washington, 1859-1860; 8. Messages from the Governors of Maryland and Pennsylvania, transmitting the Reports of the joint commissioners etc. of Lieut. Col. Graham; 2.° edition. Chicago, 1862; 8.” Studi e norme contro la morva che va infestando la cavalleria dell’esercito italiano; pubblicazione indiritta al Ministero italiano della Guerra dal Cav. Geminiano Grimelli. Modena, Zanichelli e soci, 1863; 8.° The correlation of physical forces; by W. R. Grove; fourth edition. London, 1862; x vol. 8.° Das system der Dreilinien-Coordinaten in allgemeiner analytischer Entwi- ckelung; von Johann August Grunert; 8.° fig. Geometrische Aufgaben , welche zur Anwendung in der nautischen Geo- däsie geeignet sind; von Johann August Grunert; 8.° fig. Theorie der elliptischen Coordinaten in der Ebene ; von Johann August Grunert ; 8.° C ng XXIX Elementi di economia politica e consigli di economia domestica ; per L. Guala. Torino , 1863; 1 vol. 8? Account of experiments made to determine the velocities of rifle bullets commonly used ; by the Rev. Samuel Haughton. Dublin, 1862; 8° Essay on comparative petrology , by M. J. Durocher ; by the Rev. Samuel Haughton. Dublin, 1859; 8.° Experimental researches on the granites of Ireland. Part III, On the granites of Donegal; by the Rev. Samuel Haughton. Dublin, 1862; 8; Meteorological Journal hept at Ennistimon and Ballyvaughem, county of Clare, during the year 1861, by Freederick J. Foot, with Note on the Windrose, ecc. ; by the Rev. S. Haughton; 8.° Notices on mineralogy ; by the Rev. Samuel Haughton ; 8.° On the direction and force of the wind at Leopold Harbour; by the Rev. Samuel Haughton. Dublin, 1863 ; 8? On the form of the cells made by various wasps, and by the honey bee: with an appendix on the origin of species; by the Rev. Sammel Haughton. Dublin, 1863; 8.° On the phenomena of diabetes mellitus ; by Rev. Samuel Haughton. Dublin, 1863 ; 8. On the rainfall and evaporation in Dublin in the year 1860; by the Rev. Samuel Haughton. Dublin, 1862; 8.° On the use of nicotine in tetanus and cases of poisoning by strychnina ; by Rev. Samuel Haughton. Dublin, 1862; 8. Rainfall and evaporation in S. Helena; by John Haughton. Dublin, 1862; 8.° Short account of experiments made at Dublin , to determine the azimuthal motion of the plane of vibration of a freely suspended pendulum. Dublin, 1851; 8.” Notice sur la vie et les travaux de M. Cordier; par M. le Comte Jaubert. Paris, 1862; 8? Examen critique du Mémoire de M. Pasteur relatif aux générations Spon- tanées, couronné par l'Académie des Sciences de Paris dans sa séance du 29 décembre 1862; par le Docteur N. Joly ; 4.° Notice sur les travaux scientifiques de M, N. Joly. Toulouse, 1862; m Réfutation de l'une des expériences capitales de M. Pasteur, suivie d'études physiologiques sur l'hétérogénie ; par MM. N. Joly et Ch. Mussot. Paris ; 4.° Thése pour le Doctorat des sciences naturelles présentée à la Faculté GUALA. HAUGHTON JAUBERT. JoLY me JOMARD KOKSCHAROW. LAFOSSE. LANGLOIS. LEGROS. LEPSIUS. LIHARZIK. Ltox. Lonco (Agalino). XXX des Sciences de Bordeaux; par M. Ch. Mussot. Nouvelles recherches expérimentales sur l'hétérogénie ou génération spontanée. Toulouse , 186294 Classification méthodique des produits de l'industrie extra-européenne ou objets provenant des voyages lointains, suivie du plan de la classifi- cation d'une collection ethnographique compléte; par M. Jomard. Paris, 1862; 8^ Materialien zur Mineralogie Russlands; von Nikolai V. Kokscharow. Vierter Band. S.-Petersburg , 1862; 1 vol. 8.” avec atlas 4.” Mémoire sur la rage; par M. Lafosse ; 8.” Les Arméniens de la Turquie et les massacres du Taurus; par Victor Langlois. Paris, Claye , 1863 ; 8.° Check list of the shells of north America, Unionidae ; by Isaac Lea; 8. Description of a new Genus (Trypanostoma) of the Family Melanideae, etc. ; by Isaac Lea. Philadelphia , 1862; 8^ Observations on the Genus Unio, together with descriptions of new species, their soft parts , and embryonic forms, in the Family Unio- nidae ; by Isaac Lea (VIII, IX). Philadelphia; 4° fig. Remarks on the number of Unionidae, etc. ; by Isaac Lea. Philadelphia, 1862; 8.” Le soleil de la photographie; traité complet de la photographie pour portraits , vues, paysages, monuments, stéréoscopes et toutes espéces de reproductions sur papier, collodion, verre négatif et positif, etc.; par M. Legros. Paris, de Mourgues frères; 1 vol. 8." Standard alphabet for reducing unwritten languages and foreign graphie systems to a uniform orthography in European letters; by C. R. Lepsius. Second edition. Berlin, Unger, 1863; 1 vol. 8° La loi de la croissance et la structure de l'homme; par F. P. Liharzik. Prospectus accompagné du fac-simile d'une lettre d'Alexandre de Humboldt à l'auteur et de 3 tableaux. Vienne, 1862; 4^ fig. Sulle scuole serali gratuite instituite dall’ Accademia Olimpica di Vicenza a vantaggio degli operai. Anno II; discorso di Paolo Lioy. Vicenza, 1863 ; 4^ Commemorazione di Luigi Maria Dott. Rossi, letta nel Teatro Olimpico li 3 maggio 1863; da Paolo Lioy, Vicenza , LOOP ache I dialoghi de’ vivi o la scienza alle prese col senso comune ; del Prof. Cav. Agatino Longo. Catania, Galatola , 1863 ; 8. XXXI Prospetto delle opere filosofiche; del Cav. Agatino Longo. Catania , Galatola, 1862; 8.° Prolusione da servire allo insegnamento della chirurgia, e lezione critica sulla infiammazione ; per Giuseppe Longo. Napoli, Perrotti, 1862; 8.” Prospetto dello statuto enciclopedico e della scienza principe; per l'Avv. Cesare Loria. Reggio (Calabria) , 1862; 8^ La filosofia del dritto ossia istituzione compiuta di dritto naturale e dritto pubblico ; per Francescantonio De Luca. La divina commedia di Dante Alighieri; quadro sinottico analitico per Luigi Mancini. Fano, Lana, 1861; o Il Comune di Vercelli nel medio evo; studi storici del Cav. Vittorio Mandelli. Continuazione al libro II. Vicende politiche dall'anno 1254 al 13or, preceduto dalla biografia scritta da Giovacchino De-Agostini. Tom. IV. Vercelli, Guglielmoni , 1861; 1 vol. 8^ Studi sociali; per l'Avv. Filippo Manduca. Vol. I, disp. 1.* Napoli, 1862; da Diritto penale secondo il codice penale italiano col confronto del codice penale napolitano abrogato , diviso in trattati ; per l'Avvocato Orazio Mangano. Trattato primo : De’ reati contro l'ordine delle famiglie ; parte 2%, vol. II. Catania, Galatola , 1862; 1 vol. 8° Giudizi sull'opera dell’Avvocato Orazio Mangano , intitolata: Diritto pe- nale ecc. Catania, 1863; 8.° Nuovi giudizi sull'opera dell'Avvocato Orazio Mangano , intitolata : Diritto penale ecc. ; 8.° Storia dell’Accademia di Agricoltura, Commercio ed Arti di Verona pel triennio 1854-55-56; letta dal Socio Segretario perpetuo Antonio Prof. Manganotti nella pubblica adunanza 7 maggio 1863. Verona, Vicentini e Franchini, 1863; 8^ Consuetudini delle città di Sicilia edite ed inedite scelte e poste in con- fronto con gli articoli delle leggi civili ; dall'Avv. Vito La Mantia. Palermo, Lao, 1862; 8^ Sulla probabile esistenza di una nuova analogia fra l'elettricità e la luce, ossia se il fluido elettrico del Franklin abbia a riguardarsi costituito da più fluidi, i quali non posseggano le stesse proprietà ; Memoria del Prof, Stefano Marianini. Modena, 1862; 4.” Recherches chimiques et cristallographiques sur les tungstates , les fluo- tungstates et les silicotungstates ; par M. C. Marignac. Paris, Mallet- Bachelier ; 8.° LowGo (Giuseppe). LORIA. Luca (DE). MANCINI. MANDELLI (Eredi). MANDUCA, MANGANO. MANGANOTTI. MANTIA (LA). MARIANINI, MARIGNAC MARLIANI, MARMORA Alberto (DELLA). MARSANO. MARTIN, MARTINES. MARTINI, MATTEUCCI. MINERVINI, Morin. MONCADA, Narpo NEIGEBAUR, XXXII Sulla disammortizzazione dei beni delle manimorte in Ispagna ; lettera diretta al Ministro delle Finanze Marco Minghetti dal Senatore del Regno Emanuele Marliani. Torino, Eredi Botta, 1863; 8^ Notizie sulla vita e sulle gesta militari di Carlo Emilio S. Martino di Parella, ossia cronaca militare aneddotica delle guerre succedute in Piemonte dal 1672 al 1706; per il Luogotenente Generale Alberto Ferrero della Marmora. Torino, Stamperia dell’ Unione Tip.-Editrice, 1863; 1 vol. 8.° con ritratto. Cenni sopra alcuni risultati ottenuti nell’analisi algebrica e differenziale : da G. B. Marsano. Genova, 1862; hg Mémoire sur le Calendrier hébraïque , précédé d’un chapitre sur le Ca- La Angers, Cosniers et Lachése, 1863; 1 vol 8.° Una gloria italiana Francesco Maurolico da Messina; frammento di un lendrier des chrétiens et sur ses origines, etc.; par René Martin. lavoro inedito intitolato: Origine e progressi dell aritmetica; del Colonnello Domenico Cav. Martines. Messina , D'Amico, 1863; 8. Catalogo dei libri rari e preziosi della Biblioteca dell' Università di Cagliari ; pel suo presidente Pietro Martini. Cagliari, Timon , 1863; 8^ Della vita e degli scritti del Conte Alberto Ferrero della Marmora ; Memorie di Pietro Martini. Cagliari, Timon, 1863; 8.° On the secondary Electromotor Power of Nerves, and its application to the explanation of certain electro-physiological phenomena ; by sig. Carlo Matteucci; 4.” Bullettino archeologico italiano ; pubblicato per cura di Giulio Minervini. Anno primo, dal 15 maggio 1861 al 14 maggio 1862, N° 21-24. Napoli, 1862; 4. fig. Bullettino archeologico napolitano. Nuova serie ; pubblicato per cura di Giulio Minervini. Anno VIII, 1.° semestre dal gennaio al giugno 1860. Napoli, 1863; 4.” fig. Indicazione degli intonachi dipinti del Museo nazionale. Napoli, 1863; 8.° Il sottordine degli Acrofalli ordinato scientificamente secondo il risulta- mento delle indagini anatomiche ed embriogeniche ; del Dott. Raffaele Molin. Venezia, Antonelli, 1861; 4.° Museo Salnitriano ; di Carlo Crispo Moncada. Palermo, 1862; 16, Sull'amministrazione del patrimonio de’ luoghi pii e sul modo di miglio- rarla, ecc. del Dott. Gio. Domenico Nardo. Venezia, 1862; 1 vol. 8.° Zweiter Jahresbericht des Vereins von Freunden der Erdkunde zu Leipzig. 1862. Leipzig, 1863; 8.° XXXII Di alcune armi ed utensili in pietra rinvenuti nelle Provincie meridionali d’Italia e delle popolazioni ne’ tempi antestorici della Penisola italiana; Memoria di Giustiniano Nicolucci. Napoli, 1863; 4° fig. Cenni sui pesci della provincia di Treviso e sulla introduzione in essa della piscicoltura ; di A. P. Ninni. Venezia, Antonelli, 1863; 8.° fig. Alcune teorie su’ numeri pari, impari e perfetti; per PArchitetto G. Nocco. 1863; 8.° Confronto del materiale da ponte di vari sistemi d'Europa con quello proposto da Giuseppe Novi. Napoli, 1862; 4.° fig. Raccolta di figure megascopiche indicanti la configurazione fisica di animali, piante ed altri prodotti della natura invisibili all'occhio umano, foto- grafati da Giacomo Arena. Napoli, 1862. Rivista militare italiana, Giornale mensile. Anno VII, vol. I, dispense 2-3. Torino, Cassone e Comp., 1862; 2 vol. 8.” fig. Della influenza che il quinto paio cerebrale dispiega sulla pupilla ; studi sperimentali di E. Ohel. Firenze, Martini, 1863; 8." Abrégé de géologie; par J. J. D'Omalius d'Halloy; 7.*"* édition. Bruxelles, 1862; 1 vol 8.” Les inscriptions assyriennes des Sargonides et les fastes de Ninive; par Jules Oppert. Versailles, 1862; 8." Apocalisse di S. Giovanni Apostolo recata in versi italiani e storicamente interpretata da Vincenzo Padula. Seconda edizione napoletana. Napoli, 1861; 1 vol. 8^ Cenno del principio di nazionalità; per Vincenzo Pagano. Napoli, 1863; 8.° Osservazioni meteorologiche fatte in Alessandria alla specola del Seminario 1862.. Anno nono; del Sac. Pietro Parnisetti. Alessandria, Astuti, 1863 ; 8^ Aphididae italicae hucusque observatae ; a J. Passerini. Genuae, 1863; 8.° Sull'acido carbonico emesso dalle piante ; osservazioni chimico-fisiologiche dei Dottori G. Passerini e G. Giorgini. Milano, 1863 ; 8.° Esposizione italiana 1861. Industria mineraria e metallurgica ; relazione dei giurati redatta dal sig. Ingegnere Perazzi. Londra; 4.° Dell'azione chimica dell’acqua sopra i sali e sopra gli acidi; di Pietro Peretti. Roma, 1861; 8.° Dell’acido antropurico non conosciuto dai chimici nelle orine dell’uomo sano e dell'acido cianidrico associato all'acido antropurico nelle orine affette da malattia; Memorie due riunite di Pietro Peretti. Roma, 1862; 8.° Serw II. Tom XXI. 5 NICOLUCCI. NINNI. Nocco Novi. OHEL. Omaius (n°) D’HALLOY. OPPERT. PADULA PAGANO PARNISETTI. PASSERINI. PERAZZI. PERETTI. nre PIATTI PIPER PLACIDO PLANTAMOUR (E.). PLEBANO. POGGIOLI Ponzi. XXXIV Memoria di Paolo Peretti sopra an lavoro chimico presentato alla sezione tecnica della R. Accademia delle Scienze di Baviera da C. F. Schénbeix con il titolo: Rapporti dell'ossigeno ozonizzato con la chimica pratica. Roma, 1857 ; 8^ Osservazioni sulle macchine a compressione d'aria del Moncenisio ; di G. B. Piatti. Milano, Salvi e Comp. ; 8. Osservazioni sulla Memoria dell' Ingegn. A. Cagnoni sul deflusso dell'aria compressa per lunghi condotti, e sulle relative applicazioni ; di G. B. Piatti. Milano, Salvi e Comp. ; 8." De la représentation symbolique la plus ancienne du crucifiement et de la résurrection de Notre Seigneur; par M. Ferdinand Piper. Caen, 1861; 8.” Die Kalendarien und Martyrologien der Angelsachen so wie das Martyro- logium und der Computus des Herrard von Landsperg, nebst Annalen der Jahre 1859 und 1860; von Ferdinand Piper. Berlin, 1862; 8. Verschollene und aufgefundene Denkmäler und Handschriften ; von Fer- dinand Piper. Gotha, 1861; 8 Virgilius als Theolog und Prophet; von Ferdin. Piper. Berlin, 1862; 8." Ueber den Verfasser der dem Athanasius Beigelegten Schrift de Paschate nebst Annalen des Jahres 1861; von Ferdin. Piper. Berlin, 1862; 8.” Illustrazione di tre diplomi bizantini del grande archivio di Napoli; per Pasquale Placido. Napoli, Cataneo, 1862; 8.° Du climat de Genève; par E. Plantamour. Genève ,. 1863; 4^ Résumé météorologique de l’année 1861 pour Genève et le Grand-Saint- Bernard; par E. Plantamour. Genève, 1862; 8.° Il conguaglio provvisorio dell’ imposta fondiaria ed i suoi oppositori‘; di A. Plebano. Torino, Dalmazzo , 1863; 8.° Alcuni scritti inediti di Michelangiolo Poggioli; pubblicati per cura di Giuseppe Avv. Poggioli. Roma, 1862; 8.° Dell'Aniene e dei suoi Retitti; Memoria del Prof. Giuseppe Ponzi. Roma, 1862; 4.° Relazione sopra la regnante epizoozia bovina fatta per commissione della Camera di commercio di Roma dai Professori Giuseppe Ponzi e Tommaso Tamberlicchi. Roma, 1863; 8.° Storia geologica del Tevere; discorso del Prof. Giuseppe Ponzi. Roma, 1860 ; 8.° Sugli animali fossili che precedettero l’uomo nell’ Italia centrale ; discorso del Prof. Giuseppe Ponzi. Roma, 1862; 8.” XXXV Sul sistema degli Appennini; discorso del Prof. Giuseppe Ponzi. Roma, 1861; 8° Expériences sur l'hétérogénie exécutées dans l'intérieur des glaciers de la Maladetta (Espagne-Pyrénées); par MM. F.-A, Pouchet, N. Joly et Ch. Musset. Paris, 1863; Y, fol. 4.” Della vita e delle opere del Prof. Cav. Antonio Alessandrini; commentario del Cav. Dottor Paolo Predieri. Bologna , 1862; 4^ Monete della zecca di Dezana; pubblicate da Domenico Promis. Torino, Stamperia Reale, 1863; 4." fig. Les économistes appréciés , ou nécessité de la protection ; par P.-O. Protin. Paris, Tinterlin et Comp., 1862; 1 vol. 8.” Annuaire de l'Observatoire Royal; par le Directeur A. Quételet. 1862-63. Bruxelles, Hayez, 1861-62; 2 vol. 12° Observations des phénoménes périodiques (Extr. du tome XXXIII des Mémoires de l Académie Royale de Belgique); 4. Sur la statistique générale des différents pays; par Ad. Quételet ; 8.° Sur le magnétisme et sur l'électricité pendant les orages; par A. Secchi et Ad. Quételet; 8.” Sur le système décimal; par A. Quételet ; 8.” Sur les nébuleuses. - Sur l'hygrométrie. — Sur les variations périodiques de l'atmosphère, etc.; par A. Quételet (Extr. du Bulletin de V Académie Royale de Belgique, 2.” série, tom. XIII, n.° 5); 8^ Sur les étoiles filantes ; par E. Herrick et Ad. Quételet ; 8.” Relation des expériences entreprises par ordre de S. E. M. le Ministre des travaux publics et sur la demande de la Commission centrale des machines à vapeur, pour déterminer les lois et les données physiques nécessaires au calcul des machines à feu; par M. V. Regnault. Paris, Firn. Didot frères, 1862; 1 vol. 4.° Bibliografia dei lavori pubblicati in Germania sulla storia d’Italia; di Alfredo Reümont. Berlino, Decker, 1863; 1 vol. 8.° Manual of public libraries institutions and societies , in the United States, and British provinces of North America; by William J. Rhees. Philadelphia, 1859; 1 vol. 8.° Programmi ossieno sunti delle lezioni di meccanica applicata alle macchine e di idraulica pratica ; dette nella R. Scuola di applicazione di Torino da Prospero Richelmy. Torino, Derossi e Dusso , 1960/40 Su l'istoria civile di Atene e di Sparta; saggio critico dell'Avv. Alberto Rinieri de’ Rocchi. Siena ; 8.° PoucnET, JOLY et MUSSET. PREDIERI. PROMIS (Domenico). PROTIN. QUÉTELET. REGNAULT REUMONT. RHEES RICHELMY. RINIERI DE! Roccat. RIVE (DE LA). Rocca-SAPORITI. RONDANI RUBIERI. SAFFORD SAUSSURE (DE XXXVI Nouvelles recherches sur les aurores boréales et australes et description d'un appareil qui les reproduit avec les phénomènes qui les accom- pagnent; par M. le Professeur De la Rive. Genève, 1862; 4.” fig. Della risicoltura ; Memoria del Marchese Apollinare Rocca-Saporiti. Milano, Guglielmini, 1863; 8." De genere Dipterorum /Veera Desv. italicis addendo ; auctore Camillo Rondani. Milano, 1860; 8° De specie altera Generis Chetinae Rndn. ; auctore C. Rondani. Milano, 1861; 8.° Gen. Masicerae species in Italia lectae , observatae et distinctae a Prof, Camillo Rondani. Milano, 1862; 8.” Nota octava ad inserviendum Dipterologiae Italicae de Gen. Bertea Rndn.; auct. Prof. Camillo Rondani. Milano, 1860; 8.° fig. Ocypterae Italicae observatae et distinctae a Prof. Camillo Rondani; 8.” fig. Sarcophagae Italicae observatae et distinctae a Prof. Camillo Rondani. Milano , 1861; 8.° Sopra una specie di bruco nocivo ai prati; del Prof. Camillo Rondani. Parma, 1862; 8.° Species Europeae Generis Phasiae Latreillei observatae et distinctae a Camillo Rondani ; 8.” Stirpis Cecidomyarum Genera revisa a Prof. Camillo Rondani. Milano , 1861; 8.° fig. Sulle abitudini della Phora fasciata del Fallen; nota per servire alla storia degl insetti afidivori ; del Prof. C. Rondani. Milano, 1860 ; 4.° Zeuxiae Generis Dipterorum monographia ; auct. Camillo Rondani. Milano, 1862; 8.° Sulla proprietà intellettuale ; discorsi del Cav. E. Rubieri. Firenze, Cellini, 1863; 1 vol 8.” The observed motions of the companion of Sirius considered with reference to the disturbing body indicated by theory; by T. H. Safford. Cambridge, 19033 0r Carte du Mexique représentant le plateau de lAnahuac et son versant oriental; par Henri de Saussure. 1862. Genève, Kógel; 2 7, fogli. Coup d'œil sur l'hydrologie du Mexique, principalement de la partie orientale, accompagné de quelques observations sur la nature physique de ce pays; par Henri de Saussure. Genève, 1862; 1 vol. 8.° XXXVII Saggio sulla costituzione geologica della provincia di Pisa; del Prof. Cav. Paolo Savi. Pisa, Nistri, 1863; 4.” con due carte geologiche. Sopra i depositi di sal gemma e sulle acque salifere del Volterrano ; Memoria del Prof. Cav. Paolo Savi. Pisa, Nistri, 1862; 4.° Dei tartrati di stronziana e di barite; per Arcangelo Scacchi. Napoli , 1863 ; 4.° fig. Notizie sulla vita e sugli scritti di Francesco Carlini, raccolte da G. V. Schiaparelli. Milano, 1863; 8.° Marie-Louise-Gabrielle de Savoie, reine d'Espagne; étude historique par Frédéric Sclopis. Chambéry, 1862; 8^ Expériences constatant l'électricité. du sang chez les animaux vivants ; lettre de M. J. Béclard, réponse par H. Scoutetten. Metz, 1863; 2 broch. 8.° Sopra una banca di credito fondiario; cenni di Giuseppe Lombardo Scullica; 2.° edizione corretta ed accresciuta. Torino, Derossi e Dusso, 1862; 1 vol, 8° Notizie succinte intorno alla costituzione geologica dei terreni terziari del distretto di Messina; dissertazione scritta da Giuseppe Seguenza. Parte 1.° Messina, Capra, 1862; fol. fig. Paleontologia malacologica dei terreni terziari del distretto di Messina ; per G. Seguenza. Famiglia Fissurellidi. Napoli, Cons, 1862; 8." fig. Prime ricerche intorno ai Rizopodi fossili delle argille pleistoceniche dei dintorni di Catania compite nell'anno 1862 ; da G. Seguenza. Catania, 1862; 4° fig. Sulla formazione- miocenica in Sicilia; ricerehe e considerazioni di G. Seguenza. Messina, 1862; 8." Relazione del Ministro delle Finanze (Quintino Sella) presentata alla Camera dei Deputati nella tornata del r." dicembre 1862. Torino, Stamperia Reale, 1862; 8. Sul modo di fare la carta geologica del Regno d’ Italia; relazione del Comm. Quintino Sella al sig. Comm. Cordova, Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio. Milano, Bernardoni, 1862; 8. Théorie et pratique de la règle à calcul; par Quintino Sella, traduit de l’italien par G. Montefiore-Levi. Liége , Thier et Lovinfosse, 1863; 8.° Una salita al Monviso ; lettera di Quintino Sella a B, Gastaldi. Torino, Carbone, 1863; 8.° picc. L'abolizione delle dogane e riforme finanziarie proposte da Gaetano Semenza. Torino, Eredi Botta, 1863; 8.° SAVI ScaccHI. SCRIAPARELLI. ScLoPis SCOUTETTEN. SCULLICA. SEGUENZA. SELLA (QUINTINO). SEMENZA. SERPIERI. ý | SERVAIS. \ SiACCI. SiLLIMAN e DANA. SISMONDA (A). SOLIMENE. SPANO. SPERANZA. SPERINO XXXVIII L'abolizione delle dogane; lettere di Gaetano Semenza. Torino , Eredi Botta, 1863; 8.° ; Sulle oscillazioni regolari diurne‘ del barometro; di A. Serpieri. Pisa, Pieraccini , 1862; 8. Studi sulle temperature invernali nel clima di Urbino; Memoria del P. A. Serpieri. 1863; 8.° Constance de Bretagne ; tragédie en cinq actes et en vers par Jean Servais. Turin, Favale et Comp., 1863; 1 vol. 8.” Intorno a tre problemi proposti nella raccolta intitolata: Nouvelles annales de Mathématiques e pubblicata dai signori Terquem e Gérono; nota di Francesco Siacci. Roma, 1859; 8.” Intorno ad una linea di quart'ordine ; nota di F. Siacci. Roma, 1861; 8.” Intorno ad una formola sommatria delle potenze intere de' numeri naturali ; nota di F. Siacci. Roma, 1861; 4^ The American Journal of Science and Arts, conducted by B. Silliman and James D. Dana. Second series, vol. XXXII, n.° 94-105. New Haven; 1861-62; 8.° Carta geologica di Savoia, Piemonte e Liguria; del Comm. A. Sismonda, pubblicata per cura del Governo di S. M. Vittorio Emanuele IT, Re d'Italia. 1862 ; 1 fol. A S. Maestà Vittorio Emanuele Re d'Italia; 8.” Corso di diritto costituzionale e comento sulla costituzione ; per Michele Solimene. Parte 1.° e 2.° Napoli, Stamperia Reale, 1848; 2 vol. 8.° Justice et liberté, le code des nations ; par Michel Solimene. Paris, 1844; 1 vol. 8.° i Prolusione inaugurale per la istallazione della cattedra di diritto interna- zionale; letta dal Consigliere di Stato Michele Solimene, dedicata a Vittorio Emanuele ; 8.” Una corrispondenza scientifica addivenuta misfatto di cospirazione, arresto, spogliazione e giudizio a carico di Michele Solimene ; 8.° fig. Bullettino archeologico sardo, ossia raccolta dei monumenti antichi in ogni genere di tutta l'isola di Sardegna; diretto dal Can. Giovanni Spano. Anno VIII, 1862, settembre-dicembre. Anno IX, 1863, gennaio-marzo , luglio-dicembre. Cagliari, Timon , 1862-63 ; 8.° fig. Scelta di epigrammi latini di Giovanni Owen, fatti italiani dal Cav. Carlo Speranza. Pavia, Bizzoni, 1863; 1 vol. 8 Études cliniques sur l'évacuation répétée de humeur aqueuse dans les » "y XXXIX maladies de Poeil, par Casimir Sperino , rédigées avec le concours du Docteur Charles Reymond. Turin, Vercellino , 1862; 1 vol. 8.° q Sommario degli studi di chimica si pura come applicata alla medicina, alla STEFANELLI ' | farmacia , all igiene, alle arti ed all'agricoltura, pubblicati dai chimici PUDE ba italiani nell’anno 1862, compilato da Pietro Stefanelli e Fausto Sestini. Firenze, Cellini e Comp., 1863; 1 vol. 8.° Í % La lira di Tirteo, canzoniere politico ; di Luigi Stocchi; 1 vol. 8.° Sroccni. On artificial dilatation of the os and cervix uteri by fluid pressure from STORER. above etc.; by Horatio R. Storer; 8.” Avanzi preromani raccolti nelle terremare e palafitte dell’ Emilia, illustrati STROBEL. popolarmente per cura di Pellegrino Strobel. Fasc. 1.° Parma, Ferrari, 1863; 4.° fig. Die Terramara. Lager der Emilia; erster Bericht von L. Pigorini und Prof. P. Strobel. Zürich, 1863; 4.° fig. Lettera del Prof. Strobel al sig. Omboni. Milano, Bernardoni, 1863; 8.° Jahresbericht am 14 juni 1863 dem Comité Nicolai Hauptsternwarte STRUVE. abgestattet vom Director der Sternwarte. S.-Petersburg, 1863; 8.° Applicazione dell’aria compressa al traforo del Cenisio; Memoria del Son signor L. S. Milano, 1863; 8." Estetica ideale ; trattato in libri tre per Antonio Tari. Napoli, 1863; 8. TARI. P Sulla Flora della provincia Senese e Maremma Toscana ; studi del Dottore Tassi. Attilio Tassi. Siena, 1862; 8.° A Nuovo sistema di bersaglio pel tiro a segno; di Pietro Taverna. Alessandria, TAVERNA. 4 Oviglio, 1863; 8.° fig. Ragguaglio sulle miniere di ferro nel distretto di Sora e sui lavori della TENORE. | Commissione destinata a ricercarle durante gli anni 1853-54-55 ; per Gaetano Tenore. 2. edizione. Napoli, Nobile , 1863; 8.° Movimento statistico della popolazione di Torino nei mesi di aprile-ottobre TORCHIO. 1862; 4° Intorno ad alcuni fenomeni straordinari di meteorologia osservati in Siena Toscani. nel dicembre 1860; nota 1.* e 2." del Prof. C. Toscani. Pisa; 8.” Intorno alla vera origine della resistenza considerevole che talvolta offrono E nei tubi capillari le colonne discontinue, cioè costituite d' indici d'acqua í i separati da bolle d’aria, e intorno allo stato e al modo di ascensione > della linfa nelle piante ; riflessioni ed esperienze del Prof. C. Toscani. Pisa, 1863; 8.° Obbietti del Prof. G. Toscani agli studi chimici e microscopici dei Professori TRIMARCHI. TRINCHERA. TROMPEO. Urso (n°). VECCHI. Vico. VILLANI. XL G. Campani e S. Gabbrielli sull’acqua rossa caduta in Siena nei giorni 38 e 31 dicembre 1860 e 1.” giugno 186r. Siena, 1861; 8° Risposta del Prof. C. Toscani all'ultimo opusculo dei Prof. G. Campani e S. Gabbrielli sulla questione relativa alla pioggia dei 28 dicembre 1860 e successivi. Siena, 1861; 8.” Soluzione del problema della trisezione dell'angolo; del Prof. C. Toscani; 8." Sui terremoti avvenuti in Siena nell’aprile del 1859 e nei tempi prece- denti; Memoria dei Prof. G. Campani e C. Toscani. Pisa, 1859; 8.° Sul passaggio contemporaneo di due correnti elettriche opposte lungo un medesimo conduttore; 1. e 2.° nota del Prof. C. Toscani. Siena, 15554 5 Sulla oftalmia blenorragica; discorso del Dottore Giuseppe Trimarchi. Acireale, Strano, 1863; 12^ Poche osservazioni di Beniamino Trinchera sul progetto del porto di Napoli pubblicato da Giustino Fiocca. Napoli, 1863; 8.° Barche tramoggie di cavaporto ; di Beniamino Trinchera. Napoli, 1863; 8.° Sulla risicoltura, pensieri del Prof. Leonardi Galli; susseguiti da brevi appunti intorno allo schema di legge sulla risicoltura, del Comm. Dott. Benedetto Trompeo. Torino, Favale e Comp., 1863 ; 8.° Sul trentesimo Congresso scientifico di Francia tenutosi in Ciamberì (Savoia) dal 10 al 20 agosto 1863 ; relazione fatta alla R. Accademia di medicina di Torino dal Dottore Comm. Benedetto Trompeo. Torino, Favale e Comp., 1863; 8.° Intorno ad alcuni animali riputati velenosi od altrimenti nocivi ; lettera del Dott. Coll. Cav. Antonio Garbiglietti al sig. Dott. Comm. Benedetto Trompeo. Torino , Favale , 1862; 8.° Risposta ad una rivista ostetrica fatta dal Dottore F. Macari; di Ettore D' Urso. 1863; 8^ A Lazzaro Spallanzani; canzone del Cav. Dott. Giovanni Vecchi. Modena, Soliani, 1862; 4. Biografia del Prof. Giuseppe Bedeschi ; scritta dal Dott, Giovanni Vecchi. Modena, Vincenzi, 1855; 8.” Sulla generazione spontanea ; lettera del Dott. Giovanni Vecchi al sig. A. Anserini. Modena, Soliani, 1863; 8.” 'L tifo petechial ant le përson d' Turin l'an. 1841. Turin, Biancardi , 19094 07 Saggio di ricerche sull'antichità secondo un nuovo principio applicato alla J— ie m mn l XLI spiegazione del simbolo del serpente, e quindi del caduceo, dell idra di Lerna, ecc.; per Federico Villani. Napoli, 1862; 8.° Miniere Umbro-Sabine, ossia industria sulla lignite applicata come agente illuminante, calorifico ed altri usi; di Tommaso Visibelli. Perugia , Bartelli, 1863; 8.° Alcune osservabili formule che si ottengono da un integrale definito re- lativo alla elettrostatica ; nota del Professore Paolo Volpicelli. Roma , 1862; 4. Determinazione di alcuni integrali definiti ; nota del Prof. Paolo Volpicelli. Roma, 1862; 4^ Determinazione di un integrale definito relativo alla elettrostatica ed ap- plicazioni del medesimo; nota del Professore Paolo Volpicelli. Roma, 1001 UR Rapporti fra le accumulazioni elettriche sopra due sfere conduttrici di raggio cognito assegnati generalmente in termini finiti; nota con appendice del Prof. Paolo Volpicelli. Roma, 1863; 4.° Ricerche di analisi spettrale comunicate dal Prof P. Volpicelli. Roma , 1862; 4.° Sulla vera epoca della morte di Federico Cesi II Duca di Acquasparta e fondatore dell’Accademia dei Lincei, con varie notizie ad esso ed all'Accademia stessa relative, seguite: da tredici lettere inedite del Duca medesimo ; nota istorico-critica del Prof. P. Volpicelli. Roma, 1863 ; 4° On the total solar eclipse of july 18th, 1860, observed at Rivabellosa, Near Miranda de Ebro in Spain; by Warren de la Rue. London E 1862; 1 vol. 4.” fig. Musée Teyler. Catalogue systématique de la collection paléontologique ; par T. C. Winkler; 1.** livraison. Harlem, 1863; 8.° Intorno ad un piano di meteorologia ed all'applicazione della camera lucida al cannocchiale per ottenere dei panorami di monti in grande scala e della maggiore esattezza; lettera inedita del Comm. Francesco Carlini al Prof. Francesco Zantedeschi , con note. Venezia, Antonelli, 1863 ; 8.” fig. Intorno alla termografia dei minimi , massimi e medi ricavati dalle osser- vazioni fatte in 55 stazioni comprese fra i 36°, 24' e 47 gradi di latitudine boreale e fra i 24°, 45! e 36°, 8' di longitudine orientale dal primo meridiano, ecc. ; studio del Prof. Francesco Zantedeschi ; 8.° Sere II, Tom. XXI. 6 VISIBELLI. VOLPICELLI WARREN DE LA RUE, WINKLER ZANTEDESCHI. A o eT a peat Pe ZAPPALA Zogi ZUMAGLINI R. ACCAD DELLE SC. d' Amsterdam GOVERNO NEERLANDESE ( Batavia) ALH Lettera del Prof. Francesco Zantedeschi al R. P. A. Secchi. Padova , Bianchi, 1862; 8." Meteorologia italica ; opera del Prof. Fr. Zantedeschi. Vol. I. Leggi def clima di Verona. Verona, 1862; 1 vol. 8.” Osservazioni ed esperienze intorno alla elettricità statica atmosferica ; lettera del Prof. F. Zantedeschi al P. A. Secchi; 4.° Proposta di un provvedimento di acque potabili per le città marittime e terre fluviatili; del Prof. Francesco Zantedeschi. Padova, Bianchi, 1960 Sil Riflessioni del Prof. Francesco Zantedeschi all'articolo del R. P. A. Secchi intitolato: Altri studi di elettricità atmosferica ; 8.° Autorità degli italiani su la scienza del Diritto ; di Benedetto Crisafulli Zappalà. Catania, Galatola , 1862; 1 vol. 8.” Sullo studio giuridico ; prelezione del Prof. Benedetto Crisafulli Zappalà. Catania, 1963 ; 8.° Discorso pronunziato dal Cav. Antonio Zobi nell'occasione della solenne inaugurazione del R. Istituto tecnico di Reggio (Emilia) accaduta il 20 gennaio 1863. Reggio, 1863 ; 8.° Sul Trifolium ochroleucum e sua coltura; Memoria di A. M. Zumaglini. Biella, 1862; 8^ Hippocratis et aliorum medicorum veterum reliquiae ; mandatu Academiae Regiae disciplinarum quae Amstelodami est, edidit Franciscus Zacharias Ermerins. Vol. II. Traiecti ad Rhenum, 1862; 1 vol. 4.” Jaarboek van der Koninklijke Akademie van Wetenschappen , gevestigd te Amsterdam voor 186:. Amsterdam ; 1 vol. 8.° Programma certaminis poetici ab Academia R. disciplinarum Nederlandica ex legato Hoeufftiano propositi anno 1863. Amstelodami , 1863; 4.° Verhandelingen der Koninklijke Akademie van Wetenschappen. Vol. VII. Amsterdam , 1862; 1 vol 4.° fig. Verslagen en mededeelingen der Koninklijke Akademie van Wetenschappen; Afdeeling Natuurkunde. Deel XIII- XIV. Afdeeling Letterkunde, Deel VI. Amsterdam. 1862; 3 vol. 8^ Acta Societatis Scientiarum Indo-Neerlandicae. Vol. V, VI. Batavia, 1858- 1859; 2 vol. 4.° fig. Natuurkundig Tijdschrift voor Nederlandsch Indié, uitgegeven door der de Natuurkundige Vereeniging in Nederlandsch Indié. Batavia, 1859, 1862; 4 vol. 8^ 1 XLII Tijdschrift voor Indische Taal, Land en Volkenkunde uitgegeven door het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Wetenschappen. Deel VI-XII. Batavia, 1856-1862; 8.° Verhandelingen van het Bataviaasch Genootschap van Kunsten en Weten- schappen. Deel XX.VII-XXIX. Batavia, 1860-62; 3 vol. 4.° Abhandlungen der Kôniglichen Akademie der Wissenschafien zu Berlin, aus dem Jahre 1861. Berlin, 1862; 1 vol. 4.” fig. Monatsberichte der Kóniglichen Akademie der Wissenschaften zu Berlin, aus dem Jahre 1862. Berlin 1863; 1 vol. 8.° fig. Preisfrage der philosophisch-historischen Klasse der Kóniglich Preussischen Akademie der Wissenschaften für das Jahre 1865; 8." Mittheilungen der naturfoschenden Gesellschaft in Bern aus dem Jahre 1862 , n. 497-53o. Bern, 1862; 8^ Memorie dell’Accademia delle Scienze dell Istituto di Bologna. Tomo XII, fasc. 3-4; serie seconda, tomo T, fasc. 1-4; tomo II, fasc. 1-4; tomo III, fasc. 1. Bologna, 1862-63 ; 4.° fig. Programma dell'Accademia delle Scienze dell' Istituto di Bologna pel con- corso al premio Aldini sul galvanismo per l'anno 1865. Rendiconto delle sessioni dell'Accademia delle Scienze dell Istituto. di Bologna. Anno accademico 1862-63. Bologna, 1863; 8.° Bollettino delle Scienze mediche della Società medico-chirurgica di Bologna, serie IV (dal settembre 1862 a tntto dicembre 1863). Bologna, 1862-63 ; 8^ Mémoires de la Société des Sciences physiques et naturelles de Bordeaux. Tom. II, 2.* cahier. Bordeaux, 1863; 1 vol. 8.° Annual Report of the trustees of the Museum of comparative Zoology , together with the report of the Director; 1862. Boston, 1863; 8.° Boston Journal of natural history , containing papers and communications reade before the Boston Society of natural history. Vol. VIT, n. 1-3. Boston, 1862; 8.” Constitution and by-Laws of the Boston Society of natural history, with: a list of the Members 1855; 8.° Proceedings of the Boston Society of natural history. Vol. VIII, IX. 1861 to 1862. Boston, 1862; 8.” Commentari dell’Ateneo di Brescia per gli anni 1858-1861. Brescia, Apollonio, 1862; 1 vol. 8.° Abhandlungen der Schlesischen Gesellschaft für vaterländische Cultur ; SociETA' DELLE SCIENZE di Batavia. R. Accan. DELLE Sc di Berlino. SOCIETÀ DI STORIA NATURALE di Berna. ISTITUTO di Bologna Soc. MEp1co- Cain di Bologna. SOCIETA DI SCIENZE FISICHE E NAT. di Bordeaux. MUSEO ZooLoGico di Boston. SOCIETÀ DI STORIA NATURALE di Boston. ATENEO di Brescia SOCIETÀ AGRARIA di Breslavia. ae agio Pat pai R. ACCAD. DI Sc., LETTERE E B.-ARTI del Belgio ^ Brusselle ) OSSERVATORIO DI MARINA DI S. FERNANDO ( Cadice) Uommiss. GEOLOGICA DELL’ INDIA (Calcutta). SOCIETÀ ASIATICA di Calcutta. XLIV Abtheilung für Naturwissenschaften und Medicin; 1862, Heft Il. Breslau, 1862; 8.” fig. Vierzigter Jahres-Bericht der Schlesischen Gesellschaft für vaterlindische Cultur etc.; im Jahre 1862. Breslau, 1863; 8.” Alexanders Geesten van Jacob van Maerlant, met Inleiding, varianten van Hss., aanteekeningen en Glossarium etc. , uitgegeven door F. A. Snellaert; Tweede Deel. Brussel, Hayez, 1861; 1 vol. 8.” Annales de l'Observatoire Royal de Bruxelles, publiées, aux frais de l'État, par le Directeur A. Quetelet. Tomes XIII, XV. Bruxelles , Hayez, 1861-62, 2 vol. 4.° Annuaire de l’Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux- Arts de Belgique, 28.*"" et 29.'™° années. Bruxelles , Hayez, 1862-63; 2 vol. 12.° avec portraits. Bibliothèque de M. le Baron de Stassart, léguée à l'Académie Royale de Belgique. Bruxelles, Hayez, 1863; 1 vol. QE Bulletin de l'Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique, 30.°° année, 2." série, tomes XI-XIV, Bruxelles , Hayez, 1861-62; 4 vol. 8.° fig. Mémoires couronnés et Mémoires des Savanis étrangers, publiés par lAcadémie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique, t. XXX , 1858-61. Bruxelles, Hayez, 1861; 1 vol. 4.° fig. Mémoires couronnés et autres Mémoires publiés par l'Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique. Collection in-8.°; tomes XI-XIV. Bruxelles, Hayez , 1861-62; 4 vol. 8.° Mémoires de l’Académie Royale des Sciences, des Lettres et des Beaux- Arts de Belgique, tome XXXIII. Bruxelles , Hayez, 1861; 1 vol. 4.° fig. Almanaque nautico para el año 1864, calculado de orden de S. M. en el Observatorio de marina de la ciudad de S. Fernando. Cadiz. 1862; 1 vol 4.” picc. Annual report of the Geological Survey of India and of the Museum of Geology for the year 1861-62. Calcutta, 1862; 8. Memoirs of the Geological Survey of India. Paleontologia Indica etc. The fossil Cephalopoda etc. The fossil Flora of the Rajmahal series etc. Calcutta, 1861-62; 5 fasc. 4." fig. Memoirs of the Geological Survey of India. Vol. IV, part 1. Calcutta , 1862; 1 vol. 8^ fig. Bibliotheca Indica, a collection of oriental works, n.° 173, 182. (Calcutta, 1861-62; 4^ v — | A See din ome S a EE | | XLY Bibliotheca Indica, a collection of oriental works, n. 174-181, 183-195, new series, n. 14-37. Calcutta, 1861-63; 8.° Annals of the Astronomical Observatory of Harvard College. Vol. IMI, IV, part 1, Cambridge, 1862-63; 2 vol. 4.° fig. Report of the Committee of the overseers of Havard College, appointed to visit the Observatory in the years 1859-61. Boston, 1860-62; 8.° Report of the Committee of the overseers of Harvard College appointed to visit the Observatory in the year 1862. Submitted January 20, 1863. Boston, 1863; 8.° Memoirs of the American Academy of Arts and Sciences; new series , vol. VIT, VIII. Cambridge and Boston, 1860-63; 2 vol. 4^ fig. Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. Vol. V (fogl. 31-58); vol. VI (fogl. 1-10). Boston and Cambridge, 1862; 8° Mémoires de la Société Impériale des Sciences naturelles de Cherbourg. Tome VIII Cherbourg, 1861; 1 vol. 8.° fig. Mémoires de l’Académie Impériale des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Savoie. Seconde série , tome V. Chambéry , Puthod fils, 1862-63; 2 vol 8.° Beretning om det Kongeliger Selskab for Norges vel dets Tilistand og Virkjomged i Aaret 1861. Christiania , 1862 ; 8^ Beskrivelse over Lophogaster typicus en Maerkvaerdig from af de Lavere tifoddede Krebsdyr; af D.” Michael Sars. Christania, 1862; 42 fig. Det Kongelige Norske Videnskabers-Selskabs Skrifter i det r9 de Aarhun- drede. 4 Binds 2 Hefte. Throndhjem , 1859 ; 4. fig. Det zoologiske Museum ved det Kongelige Norske Universitet i Christiania; 1 fol, fig. Die Culturpflanzen Norwegens, beobachtet von D. F. C. Schübeler, Christiania , 1862; 4.° fig. Forhandlinger i Videnskabs-Selskabet i Christiania; Aar 1861, Christiania, 1862; 8.° Geologiske Undersogelser i Bergens omegn af Th. Hiortdahl og M. Ingens. Christiania , 1862 ; 4.° con carta geologica. Ladegaardsoens Hovedgaards Sommer og Vinterfios m. m.; 1 fol. fig. Ladegaardsoens Hovedgaards Tegninger og Modeller af Agerbrugsredskaber for de norske Almue-og Folkoskoler ; 1 fol. fig. Norsk Forfatter Lerikon 1814-1856, af Jens E. Kraft. 1-5. Christiania, 1857-1860 ; 8.° OSSERV. ASTRONOM. DEL COLL. HARVARD ( Cambridge). ACCAD. AMERICANA D'ARTI E SCIENZE ( Cambridge e Boston). SOCIETÀ IMPERIALE DELLE SCIENZE NAT. di Cherbourg. ACCAD. Imp. pi Sc. , BELLE LETT. ED ARTI DI SAVOIA ( Ciamberi ). R. UNIVERSITÀ di Cristiania sn AR tace dora R. ACCADEMIA IRLANDESE di Dublino. R. SOCIETÀ di Dublino. Società GEOLOGICA di Dublino. Soc. DI ST. NATUR. di Dublino R. SOCIETÀ di Edimborgo. ACCAD. DELLE Sc, NATURALI di Filadelfia. Soc. FiLos. AMERIC. di Filadelfia. R. ACCADEMIA DE” GEORGOFILI di Firenze. R. SOPRAINT. GEN. AGLI ARCH. Tosc, (Firenze). XLVI Recherches sur la Syphilis appuyées de tableaux de statistique tirés des Archives des hôpitaux de Christiania; par W. Boeck. Cbristiania , 1862; 1 vol, fol. Ueber das Friktions-Phünomen ; von Herrn Theodor Kjerulf; 8." Ueber den Erzdistrict Kongsbergs von Theodor Kjerulf und Tellef Dahll ; deutsch von W. Christophersen. Christiania , 1860; 4.” con carta geol. Zu den geologische Karten von Ringeriget und Hadeland, in Norwegen; D Theodor Kjerulf. 1862. The transactions of the Royal Irish Academy. Vol. XXIV, part 2. Science. Dublin, 1862; 4^ fig. The Journal of the Royal Dublin Society, published quarterly. 1862, n. 24, 25, 29. Dublin, 1862; 8^ Journal of the Geological Society of Dublin, vol. IX, part 2; vol. X, part 1. Dublin, 1862-63; 8.° fig. Proceedings of the natural history Society of Dublin, for the sessions 1860-62. Vol. III, part 2. Dublin, 1863; 8^ Proceedings of the Royal Society of Edinburgh ; session 1861-62, vol. IV, n. 56. Edinburgh, 1862; 8.° Transactions of the Royal Society of Edinburgh; vol. XXIII, part 3., for the session 1861-62. Edinburgh, 1862; 4.” fig. Journal of the Academy of Natural sciences of Philadelphia ; new series, vol V, parts 1-3. Philadelphia, 1862-63 ; 4° fig. Proceedings of the Academy of Natural sciences of Philadelphia; 1861, n. 7-36 ; 1862, n. 1-12. Philadelphia, 1861-62; 8.” Proceedings of the American philosophical Society of Philadelphia, vol. VIL, n. 64; vol. VIII, n. 65-67. Philadelphia, 1861-62; 8.” fig. Transactions of the American philosophical Society , held at Philadelphia, for promoting useful Knowledge. New series, vol. XII, parts 1-3. Philadelphia, 1862-63 ; 4.” Continuazione degli Atti della R. Accademia Economico-Agraria dei Geor- gofili di Firenze. Nuova serie, vol. IX, disp. 2-3 ; vol. X , disp. 1-4. Firenze , Cellini e Comp. , 1862-63 ; 8^ Rendiconti delle adunanze della R. Accademia Economico-Agraria dei Georgofili di Firenze; triennio IV, anno II, disp. 6.; triennio V, anno I, disp. 1-8. Firenze, Cellini e Comp., 1862-63; 8.° Regia Soprintendenza generale agli archivi toscanl; n. 1-2. 1861-62; 8.° Firenze , XLVII Abhandlungen, herausgegeben von der Senckenbergischen naturforschenden Gesellschaft; band IV, lief. 2-3. Frankfurt, 1863; 4.” fig. Recherches expérimentales sur les lésions pulmonaires consécutives à la section des nerfs pneumogastriques ; par R. Boddaert. Gand, 1862; 8.° Mémoires de l'Institut National Genevois; tomes VII- VIIT, années 1859-62. Genève, Vaney, 1861-62; 2 vol. 4.” fig. Mémoires de la Société de Physique et d'Histoire naturelle de Genève; tome XVI, 2.% partie. Genève, 1862; 4.° fig. Abhandlungen der Kóniglichen Gesellschaft der Wissenschaften zu Got- tingen; Band X. Gottingen, 1862; 1 vol 4.” fig. Extrait du programme de la Société Hollandaise des Sciences à Harlem pour l'année 1863 ; /, fol. 4° Natuurkundige Verhandelingen van de Hollandsche Maatschappij der Wetenschappen te Harlem ; vol. XVII-XIX. Haarlem, 1862; 2 vol. 4.° fig. Verhandlungen des naturhistorisch-medizinischen Vereins zu Heidelberg. Band II, n. 6; Band HI, n. 1-2. Heidelberg, 1862; 8. Acta Societatis Scientiarum Fennicae; tom. VII. Helsingforsiae, 1863 ; 1 vol. 4.° fig. Bidrag-till Finlands Naturkinnedom , etnografi och statistik, utgifna af Finska Vetenskaps-Societeten. Häft. 8-9. Helsingfors, 1863; 8.° fig. Bidrag-till Künnedom af Finlands Natur och Folk, utgifna af Finska Vetenskaps-Societeten. Haft. 5-6. Holsingfors, 1863; 8." Fôrteckning ófver Finsha Vetenskaps-Societetens Boksmaling. Ar 1862. Helsingfors, 1862; 8.° Ofversigt of Finska Vetenskaps-Societetens , Fórhandlingar V, 1857-63. Helsingfors , 1863 ; 8.° fig. Schriften der Kónigl. physikalisch-ókonomischen Gesellschaft zu Königs- berg , Jahre 1862-63. Königsberg, 1862-63; 2 vol 4.° fig. Det Kongelige Danske Videnskabernes Selskabs , Naturvidenskabelige og Mathematiske, Afhandlinger. Deel I-XIT. Kióbenhavn, 1824-46; 12 vol. 4. fig. Det Kongelige Danske Videnskabernes Selskabs Skrifter. Femte Roekke. Naturvidenskabelig og Mathematisk Afhandl. Deel I-V. Kiöbenhavn , 1849-59; 5 vol. 4^ fig. Det Kongelige Danske Videnskabernes Selskabs‘, philosophiske og histo- riske Afhandl. Deel I-VII. Kisbenhawn, 1823-45; 7 vol. 4.° fig. ISTITUTO SENCKENBERGIANO di Francfort. UNIVERSITÀ di Gand. ISTITUTO NAZIONALE GINEVRINO. Società pi FISICA E DI STORIA NATUR. di Ginevra. R. Soc. pELLE Sc. di Gottinga SOCIETA OLANDESE DELLE SCIENZE di Harlem. Soc. DI ST. NAT. E MEDICINA di Heidelberg. Soc. DELLE SCIENZE DI FINLANDIA (Helsingfors) R. Soc. FISICO-ECON. di Konisberga. R. AccAD. DANESE DELLE SCIENZE ( Kopenague ). 11 la buena UNIVERSITÀ di Leida. R. Soc. DELLE Sc. "DI SASSONIA (Lipsia). R. ACCAD. DELLE Sc. di Lisbona. XLVII Det Kongelige Danske Videnskabernes Selskabs Skrifter. Femte Roekke historisk og philosophisk Afhandl. Deel I-II, Kióbenhavn, 1852-57; 2 vol. 4.” fig. Oversigt over det Kgl. Danske Videnskabernes Selskabs. Forhandlinger og dets Medlemmers Arbeider i Aaret 1842-61. Kióbenhavn, 1843-62; 8." fig. Annales Accademici 1858-1860. Lugduni-Batavorum, 1862; 2 vol. 4.” Beitráge zur Geschichte des Zunftwesens von Victor Bóhmert. Leipzig, 219025 Ss: Berichte über die Verhandlungen der Kônigl. Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig. Mathem.-phys. Classe, 1861-62, n. 1-2; Philolog.-histor. Classe, 1861-62, n. 2-4. Leipzig, 1862-63; 8.” Darlegung der theoretischen Berechnung der in den Mondtafeln angewandten Stórungen, von P. A. Hansen; erste Abhandlung. Leipzig, 1862; 8.” Die deutsche Nationalókonomik an der Grinzscheide des sechzehnten und siebzehnten Jarhunderts, von Wilhelm Roscher. Leipzig, 1862; 8.” Die Schlacht von Warschau, 1656; von Joh. Gust. Droysen. Leipzig, 1863 ; 4.° fig. Geschichte der volkswirthschaftlichen Anschauungen der Niederlinder und ibrer Litteratur zur zeit der Republik, von Etienne Laspeyres. Leipzig; 1863 ; 1 vol. gr. 8^ Locke’s Lehre von der menschlichen Erkenntniss in Vergleichung mit Leibnitzs Kritik derselben dargestellt, von G. Hartenstein. Leipzig. 1862; 8. Messungen über die Absorption der chemischen Strahlen des Sonnenlichtes, von W. G. Hankel. Leipzig, 1862; 8.° Ueber den Bau von Angiopteris; von G. Mettenius. Leipzig , 1863; 4.° fig. Ueber den feineren Bau der Lunge ; von D C. J. Eberth. Leipzig, 1862; 8^ fig. i Ueber die Religion der Vorislamischen Araber; von Ludolf Krehl. Leipzig, 1863 ; 8.° Ueber Myoryktes Weismanni , einen neuen Parasiten des Froschmuskels ; von D: C. J. Eberth; 8.” fig. Annaes das Sciencias e Lettras, publicados debaixo dos auspicios da Academia Real das Sciencias. Sciencias mathematicas , physicas , historico-naturaes e medicas. Tom. I, primeiro anno, 1857-58, janeiro-marco , outubro-dezembro ; tom. II, secundo anno, 1858, abril-julho. Sciencias morales, politicas e bellas lettras. Tom. I, MIR. Le XLIX primeiro anno, 1857-58, janeiro, feverciro, agosto-dezembro ; tom. II, segundo anno, 1858, marco-novembro. Lisboa , 1857-59; 8. Lendas da India per Gaspar Correa, publicados de ordem da Classe de sciencias morales, politicas e bellas lettras da Academia Real das Sciencias de Lisboa ; tom. I, parti 1.* e 2.* Lisboa, 1858-59; 2 vol. 4.° Memorias da Academia Real das Sciencias de Lisboa. Classe de sciencias mathematicas , physicas e naturaes. Nova serie, tom. II, parte 1.* Lisboa, 1857; 1 vol. 4. fig. Portugalliae inscriptiones romanas edidit Levy Maria Jordao. Vol L Olisipone , 1859; 1 vol. 4." Portvgaliae monvmenta historica a saecvlo octavo post Christym vsqve ad qvintymdecimvm , ivssv Academiae Scientiarvm Olisiponensis edita, leges et consvetvdines ; vol. I, fasc. 2. Olisipone, 1858 ; fol. Quadro elementar das relaçoes politicas e diplomaticas de Portugal com as diversas potencias do mundo, des de principio do XVI seculo da monarchia Portugueza ate aos nossos dias , colligido e coordenado pelo Visconde de Santarem e continuado e dirigido pelo Socio da Academia Real das Sciencias de Lisboa Luiz Augusto Rebello da Silva. Tomi XVI-XVII. Lisboa, 1858-59; 2 vol. 8.° Report of the meetings of the British Association for the advancement of science, held at Oxford in june and july 1860 and at Manchester in september 1861. London, 1861-62; 2 vol. 8. Notices of the proceedings at the meetings of the Members of the Royal Institution of Great Britain; part XII, 1861-62. London, 1862; 8.° Extension of the triangulation of the ordnance survey in to France ad Belgium with the measurement of an arc of parallel in latitude 52° n. from Valentia in Ireland to Mount Kemmel in Belgium etc. ; by Colonel sir Henry James. London, 1862; 1 vol. 4.° Philosophical transactions of the Royal Society of London, for the year 1861. Vol. 151, parts I-II. London, 1862; 4.° fig. Proceedings of the Royal Society of London. Vol. XI, n. 48; vol. XII, n. 49-54. London, 1862; 8^ The Royal Society, 3oth november 1861; 4. The Anthropological Review, and Journal of the Antropological Society of London, n. 1. London, 1863 ; 8.° The Journal of the Royal Asiatic Society of Great Britain and Ireland. Vol. XIX, part 4; vol. XX, part r. London, 1862; 8.° Serie IL Tom. XXI. 7 j i j Í Assoc. BRITANNICA ] PER L'AVANZAMENTO DELLE SCIENZE (Londra ). d lsyrrUziONE REALE | DELLA GR. BRETAGNA (Londra) SEGRET. DI STATO PER GLI AFFARI DELLA GUERRA (Londra). R SOCIETÀ di Londra. Soc. ANTROPOLOG di Londra. R, SOCIETÀ ASIATICA di Londra. R. Soc. ASTRONOM. di Londra. SOCIETA CHIMICA di Londra SOCIETÀ GEOLOGICA di Londra. SOCIETA LINNEANA di Londra. Soc. ZOOLOGICA di Londra SOCIETÀ SVIZZERA pr Sc. NATURALI ( Luserna). Soc. DI SCIENZE NAT. di Lussemborgo. SOGIETA LETTERARIA E FILOSOFICA di Manchester. ACCAD. VIRGILIANA DI Sc,, B. LETTERE ED ARTI { Mantova). R. ACCADEMIA PELORITANA (Messina) R. ISTITUTO LOMBARDO DI Sc., LETT. ED ARTI (Milano) ———— S item iLA'Tt. L Memoirs of the Royal Astronomical Society. Vol. XXX. London, 1862; 4.” The Journal of the Chemical Society of London. Vol XV, n. r-12. Series 2, vol. I, n. 1-3. London, 1862-63; 8. Address delivered at the anniversary meeting of the Geological Society of London on the 21th of february 1862. London; 8. The Quarterly Journal of the Geological Society; n. 73-76. London; 1863 ; 8.° fig. Journal of the proceedings of the Linnean Society of London. Zoology , vol. VI, n. 21-23. Botany, vol. VI, m2 21-23: London, 1861-62 ; 8." fig. List of the Linnean Society of London, 1861; 8.” The Transactions of the Linnean Society of London, vol. XXIII, part 2. London, 1861; 4° fig. List of vertebrated animals living in the gardens of the Zoological Society of London 1862. London; 8.° The proceedings of the scientific meeting of the Zoological Society of London, 1861, part 3, june-december ; 1862, part 1-3, january- december ; 8." Transactions of the Zoological Society of London; vol IV, part 7, section 11; vol. V, parts 1, 2. London, 1862-63 ; 4° fig. . Verhandlungen der Schweizerischen Naturforschenden Gesellschaft bei ihrer Versammlung zu Luzern den 23, 24 und 25 september 1862. Luzern, : vol 8° A Société des sciences naturelles du Grand-Duché de Luxembourg. Tom, V, années 1857-62 ; tom. VI, année 1863. Luxembourg, 1862-63; 8.” fig. Memoirs of the Literary and Philosophical Society of Manchester; HI series, vol. I. Manchester, 1862; 8.° Rules of the Literary and Philosophical Society of Manchester, institued 28th february 1781. Manchester , 1861; 8.” Accademia Virgiliana di Scienze, Belle Lettere ed Arti. Anno 1863. Mantova , 1863 ; 8.° Lo Stato e la Religione, tesi di diritto pubblico amministrativo per Giacomo Macrì. Palermo, Piola e Tamburelli , 1862; 8.” Principii metafisici della morale; per FAvv. Giacomo Macrì. Palermo, Piola e Tamburelli, 1862; 1 vol. 8.° Atti del R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti. Vol. III, fasc. 5-20. Milano, Bernardoni , 1862-64 ; 4° fig. LT Aru della fondazione scientifica Cagnola dalla sua istituzione in poi. Vol. II-III. Milano, Bernardoni, 1860-62; 2 vol. 8.° Collezione degli Atti delle solenni distribuzioni de’ premi d’ industria fatte in Milano ed in Venezia dall'anno 1806 in avanti. Vol. I-VIII, Vol. IX, disp. 1-3. Milano, 1824-63 ; 8^ Memorie del R. Istituto Lonibardo di Scienze, Lettere ed Arti. Vol. IX, serie 2.", fasc. 2-4. Milano, Bernardoni, 1862; 4. Memoria di Francesco Meguscher in risposta al quesito: Additare la migliore e più facile maniera per rimettere i boschi nelle montagne diboschite dell'alta Lombardia, e per conservarli e profittarne , pro- posto dall I. R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti con programma 3o maggio 1844, premiata nel 1846. Seconda edizione. Milano, 1359; 1 vol. 8.° Sulla fondazione di una Società meteorologica per la Lombardia. Rapporto- Programma approvato dal R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti. Milano, Bernardoni, 1862; 8° Temi sui quali è aperto concorso, proclamati o ricordati nella solenne adunanza del 7 agosto 1862. Milano, 1862; 4.° Effemeridi astronomiche di Milano per l'anno 1863 calcolate da Giovanni Capelli, Curzio Buzzetti ed Ernesto Sergent, con appendice. Milano, Regia Stamperia , 1862; 1 vol. 4.* picc. Atti della Società Italiana di Scienze naturali. Vol. IV, V. Milano, 1862-63; 2 vol. 8.” fig. Regia Accademia di Scienze, Lettere ed arti di Modena. Programma pel concorso ai premi d'onore dell’anno 1863. Modena, 1863; 7, fol. Atti e Memorie delle RR. Deputazioni di Storia patria per le provincie Modenesi e Parmensi. Vol. I, fasc. 1-4. Modena, 1863 ; 4^ Memorie di matematica e di fisica della Società Italiana delle Scienze, fondata da Anton-Mario Lorgna, ora residente in Modena. Serie 2.°, tomo I. Modena, Tip. Governativa, 1862; 1 vol. 4? fig. Abhandlungen der mathemat.-phisikalischen Classe der Kôniglich Baye- rischen Akademie der Wissenschaften. Band IX, Abth. 2, 3. München, 1862-63 ; 4.° fig. Abhandlungen der philosoph.-philologischen Classe der Kóniglich Baye- rischen Akademie der Wissenschaften. Band IX , Abth. 3. München, 1863; 4° fig. Denkrede auf Joh. Andreas Wagner, gehalten in der öffentlichen Sitzung R. OSSERVATORIO di Milano. SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATUR. di Milano. R. Accap. pr Sc., LETTERE ED ARTI di Modena. RR. DEPUTAZIONI DI STORIA PATRIA (Modena). SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE residente in Modena R. Acc. DELLE Sc DI BAVIERA (Monaco). SOCIETÀ IMPERIALE DEI NATURALISTI di Mosca. ACC. DEGLI ASPIRANTI NATURALISTI di Napo. Assoc, Naz, ITAL. DI MUTUO SOCCORSO DEGLI SCIEN., LETT. ED ART. (Napoli). R. ISTIT. D'INCORAG. ALLE SCIENZE NAT. di Napoli. Società REALE di Napoli SOPRAINTEN. GENER. DEGLI ARCHIVI Napoli). Lii am 28 november 1863 von D." Carl Friedrich Philipp von Martius. München, 1862; 4^ Rede in der öffentlichen Sitzung der K. Akademie der Wissenschaften am 28 mürz 1863 etc., gehalten von Justus Freiherrn von Liebig. München , 1863; 4.” Sitzungsberichte der Kónigl. Bayer. Akademie der Wissenschaften zu München. 1860, Heft. 1-5; 186r, Band I, Heft. 1-5; Band II, Heft. 1-3; 1862, Band I, Heft. 1-4; Band II, Heft. 1-4; 1863, Band I, Heft. 1-2. München, 1860-63; 8.° fig. Ueber die Deutschen Einheitsbestrebungen in 16 Jahrhundert; Rede gehalten am 28 November 1862, von dem D Cornelius. München , 1802 $4 Ueber Parthenogenesis, von D." C. Th. E. von Siebold. München, 1862; 4.° Verzeichniss der Mitglieder der K. B. Akademie der Wissenschaften, 1862. München, 1862; 4° Zum Gedächiniss an Jean Baptiste Biot , von Carl Friedrich Philipp von Martius. München, 1862 ; 4.° Bulletin de la Société Impériale des Naturalistes de Moscou publié sous la direction du Doct. Renard. Année 1861, tom. XXXIV-XXXV, n. 1. Moscou, 1861-62; 8.” Liste des Membres de la Société Impériale des Naturalistes de Moscou. Moscou, 1862; 8.” Accademia degli Aspiranti Naturalisti. Programma pel premio Costa per il 31 ottobre 1863. Napoli, febbraio 1863; 8.” Annali dell’Accademia dagli Aspiranti Naturalisti di Napoli. Serie terza, vol. IL, anno 1862. Napoli, 1863; 8.” fig. >ullettino dell'Associazione nazionale italiana di mutuo soccorso degli scienziati, letterati ed artisti. Dispense 2, 3; 5, 6. Napoli, 1863; 8.° Atti del R. Istituto d’ incoraggiamento alle scienze naturali di Napoli. Tomi X, XI. Napoli, 1863; 2 vol. 4.” fig. Rendiconto dell’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della Società Reale di Napoli. Anno 1, fasc. 4-8; anno IT, fasc. 1-12. Napoli, 1862-63 ; 4. Rendiconto delle tornate e dei lavori della Reale Accademia di Scienze morali e politiche. Anno II, 1863. Napoli, 1863 ; 4.° Programma della Sopraintendenza Generale degli Archivi del Napoletano sopra di un nuovo ordinamento delle carte di questi Archivi. Napoli, Cataneo , 1863; 8.° > | alla Diopsite. Questo cosi straordinario cangiamento nella struttura, nella compo- sizione e nel modo di giacitura del filone di Miggiandone succede nelle vicinanze di un salto (aille), il quale seguendo la direzione O. 30° N., interseca il giacimento , la cui direzione è O. 15° S. con inclinazione al sud. L'azione chimica che si sviluppò in questo salto fu veramente straordi- naria; sembra quasi che una sorgente termale vi abbia circolato sotto la simultanea influenza del calore e di una forte pressione, dissolvendo la maggior parte dei minerali contenuti in quella porzione dello strato me- tallifero , concentrando la Calcopirite primitivamente disseminata nella Pirottina, alterando e compenetrando le rocce di contatto, per poi la- sciare il tutto depositare con più tranquillità, e svilupparsi col tempo nelle geodi che ne risultarono quelle stupende cristallizzazioni ch’oggidì vi si ammirano. Attualmente il filone di Miggiandone è conosciuto per più di 185 metri in altitudine, e 172 metri in direzione; e l'importante fatto cui sovra s'accennd venne per una grande estensione messo in evidenza dagli i importanti lavori stati diretti all'uopo dal cav. Francrorr, mentre egli conservava l'opinione che nelle vicinanze di quel salto che ben vedevasi disegnato sul margine sinistro del torrente Bletti, il giacimento avrebbe subìta una grande variazione. Si vede con ciò quanto sia utile al Minatore scientifico lo studio delle analogie; molte sono le scoperte che si fecero in simile modo, e molte sono le miniere che divengono straordinariamente ricche in somiglianti circostanze. Analoghi fatti io ebbi già l'occasione di osservare in molti dei giaci- menti d'Italia, e qui fra gli altri mi piace far cenno dell'interessantissimo salto del Bottino in Toscana, nelle cui vicinanze esiste la vera ricchezza di quella miniera, ed al quale è mia opinione sieno dovute quelle splendide cristallizzazioni che così riccamente adornano quel bel giacimento, come altresì la diversità di struttura del filone’ denominato Sansoni da quello chiamato l'Orsini ». a LXXI Sul termine dell'adunanza il Segretario Cav. Eugenio Sismonpa legge una prima parte della Notizia Storica dei lavori accademici, fatti dalla Classe di Scienze Fisiche e Matematiche negli anni 1860 e 186r. 2 febbraio. Il Segretario presenta alla Classe le osservazioni meteorologiche fatte alla specola dell’Accademia nel mese di gennaio. Quindi, comunicando il carteggio, dà lettura di un dispaccio del sig. Ministro della pubblica Istruzione in data del 28 gennaio, col quale si notifica al Presidente dell'Accademia che S. M. con Regio Decreto del 23 dello stesso mese si compiacque approvare le nomine dei sigg. Cav. Professore Grwoccur e Cav. Professore Brioscur ad Accademici residenti per la Classe di Scienze Fisiche e Matematiche. Il socio Comm. Marreucci comunica verbalmente alla Classe alcune sue Osservazioni sulla Piro-elettricità. Una grande difficoltà si è sin qui incontrata nello studio dei feno- meni piro-elettrici, perchè usossi mai sempre l'elettroscopio, non potendosi ricorrere, per la debolezza delle forze elettriche, agli apparecchi di misura dell’elettricità di tensione. A fronte di tale difficoltà il Professore Marreucer ricorse al galvanometro a filo lungo, quale si usa nelle espe- rienze di elettro-fisiologia, colle solite appendici di panno bagnato nel solfato neutro di zinco, ovvero con estremità di platino. Posando sopra tali appendici un cristallo di acido tartarico, od uno di acido levo-race- mico (della quale ultima sostanza dice l'Autore di aver avuto un cristallo dall'amicizia del sig. Pasteur), e poi accostando un corpo caldo, com- pariscono segni di corrente ben distinti, ed i quali non possono derivare che dalla piro-elettricità. Questo metodo, secondo il Professore MATTEUCCI, è capace di risultamenti più rigorosi di quelli dati dai metodi seguiti prima d'ora, Egli parla eziandio di esperimenti tentati con tormaline e con topazzi, ma avverte che, stante la troppa coibenza di queste sostanze, non si è sin qui potuto colle medesime ottenere alcun segno sul galva- nometro. Dopo ciò il socio Cav. De Firiprr legge per modo di semplice comu- nicazione la Descrizione di un nuovo genere di Acaridi parassiti da lui chiamato Zais. — LXXII « La specie, sinora unica, di questo nuovo genere, e la quale viene dall'Autore denominata Lais heterogyne, è stata rinvenuta in gran numero d' individui entro una galla di quercia, ove probabilmente erasi nutrita del Cynips. Secondo il Prof. De Fiippi essa dee appartenere alla tribù dei gamalidi, ma ha caratteri affatto particolari e strani. Il maschio è assai differente dalla femmina per la forma generale del corpo, per le parti della bocca, e per interna organizzazione. La sola femmina è munita di trachee con due stigme ai lati del collo. Essa trovasi in due stati, di vergine e di pregnante. I caratteri del corpo proprii dell’animaletto sono i medesimi in uno stato e nell’altro, colla sola differenza di uno sviluppo maggiore. di trachee nella femmina pregnante. Questa poi sì distingue per ciò che all'estremità del suo addome sviluppasi una enorme sfera, il cui diametro arriva a contenere per sino sei volte la lunghezza del primitivo suo corpo; il rapporto dei volumi sarebbe in tal caso approssimativa- mente come 1800 a 1. In questa sfera contengonsi gli organi riproduttori e la prole, la quale nasce non solo bella e viva, ma colle stesse forme e dimensioni dei genitori ». Terminata questa comunicazione il Segretario della Classe legge la Memoria manoscritta del Professore Cav. De NorARIS, intitolata Osserva- zioni sovra alcune specie di Aire italiane; la quale Memoria viene ap- provata dalla Classe per la stampa nei Volumi accademici, Essa trovasi stampata nel presente Vol. XXI, a pag. 377. Finalmente il Segretario Cav. Sismonpa continua la lettura della No- tizia Storica dei lavori dell’Accademia negli anni 1860-1861. 23 febbraio. A questa adunanza assistono, oltre ai soci ordinari, il Professore Oronzio Cosra, socio corrispondente dell’Accademia, ed il sig. Giuseppe Novr, Maggiore d'artiglieria e già Professore di balistica e storia nel collegio militare di Napoli. Il Segretario, comunicando il carteggio, dà lettura di una lettera del Cav. Bonetti relativa alla sua precedente Nota (19 gennaio) sulla forza motrice delle correnti elettriche. In questa lettera (in data del 13 febbraio) lo scrivente dà alcuni schiarimenti intorno alla sua invenzione, dichia- LXXII rando che la sola novità della sua applicazione dell’ azione delle spirali consiste in ciò, che mentre il Prof. Pace e gli altri sperimentateri si limitarono ad ottenere col citato mezzo movimenti rettilinei alternati, o circolari continui, per sostituire quell’azione agli altri motori conosciuti, egli si propone di ottenere movimenti rettilinei continui su lunghezze di parecchi chilometri; inoltre, che invece di trarre dall'accennato principio un nuovo motore assai più costoso degli altri, vuole applicarlo ad uno scopo che difficilmente può ottenersi altrimenti, cioè al trasporto di pacchi di lettere o d'altro, con grande velocità, e a distanze notevoli. Lo stesso Segretario Eugenio Sismowba, condeputato col Cav. Prof. De Furr, fa relazione sul merito della Memoria manoscritta inviata all'Accademia dal Segretario Giuseppe Secuenza, Prof. reggente di Storia naturale nel Liceo di Messina, ed intitolato: Disquisizioni paleontologiche intorno ai Corallarii fossili delle rocce terziarie del Distretto di Messina. Il parere favorevole della Giunta d’esame è approvato dalla Classe, e la Memoria riesce accolta per la lettura in una delle prossime adunanze. Il Maggior Novi, a cui il Presidente concede la parola, legge una sua Memoria manoscritta distinta col titolo: Proposte di alcuni sperimenti da attuarsi in fotografia per renderne più economiche e facili le operazioni. Secondando il desiderio dell'autore, il Presidente affida l'esame di questo scritto ad una Giunta accademica composta dei ‘soci Cav. Pria e Comm. Marreuccr, la quale dovrà riferire in proposito in una delle prossime tornate. Da ultimo il Presidente Barone Prawa legge un lavoro suo proprio, avente per titolo: Mémoire sur un état hypothétique des surfaces de niveau dans les nébulosités, qui entourent le noyau des comètes, suppose solide et sphérique. Scopo di questo lavoro è di stabilire le equazioni della figura variabile della nebulosità che circonda il nucleo delle comete , sotto l'azione della triplice forza, del sole come centro attrattivo, dello stesso sole come centro repulsivo, e del nucleo della cometa, esso pure come centro attrattivo. Questa memoria, approvata dalla Classe per la stampa nei Volumi accademici, trovasi a pag. 321 del presente Volume. 16 marzo. Dopo le consuete presentazioni fatte dal Segretario di Memorie e di opere mandate in dono all'Accademia, il Prof. Oronzio Costa, deputato Serie IL Tom. XXI. 10 LXXIV al Parlamento Nazionale, e corrispondente dell’Accademia, presenta, à nome dell’Accademia Napoletana, che si intitola degli Aspiranti naturalisti, il primo volume della serie 3.* degli atti della medesima, ed insieme fa omaggio della medaglia che essa fece coniare l’anno 1861 in commemo- razione della sua ristaurazione. L'Accademia ringrazia di questo dono la sua consorella di Napoli, e chi si assunse l’incarico di rappresentarla. Dopo ciò il socio Segretario Eugenio Sismonpa legge la Memoria avente per titolo: Disquisizioni paleontologiche sui Corallari fossili delle roccie terziarie del Distretto di Messina del sig. Giuseppe SeGuENZA, reggente la cattedra di Storia naturale nel R. Liceo di Messina. Questa Memoria stata già favorevolmente giudicata da apposita Giunta, e perciò proposta per la lettura, viene in questa tornata approvata per la stampa nei Volumi accademici, e trovasi nel presente Volume a pag. 399. 6 aprile. Il Segretario presenta alla Classe la tavola delle osservazioni meteo- rologiche fatte alla specola astronomica dell’Accademia nel mese di marzo. Il Vice Presidente Conte Alberto bra Marmora, condeputato col Segretario E. Siswonna legge una relazione sopra una Memoria manoscritta, inviata all Accademia dal Dottore Giustiniano NicoLucci, avente per titolo : Di un cranio fenicio rinvenuto nella necropoli di Tharros in Sardegna. L'autore già benemerito della Etnografia per la bell’opera da lui pubblicata sulle razze umane, si mostra valente anche in questo suo lavoro, nel quale, giovandosi di argomenti storici e critici, e di quelli desunti da cranii umani di origine fenicia, e di altre razze affini, viene a conchiudere che il cranio in questione è indubitatamente di un individuo di stirpe fenicia, maschio di sesso, dell'età di circa 60 anni. Benchè questa Me- moria si giudichi dal relatore per una parte più affine ai lavori di scienze storiche alle quali specialmente sì applica l’altra Classe accademica, tul- tavia egli propone che venga favorevolmente accolta per la lettura in altra adunanza. La quale proposta viene approvata dalla Classe. In fine il Segretario Eugenio SismoNDA continua e compie la lettura della Notizia Storica dei lavori accademici per gli anni 1860 e 1861, la quale dovrà essere premessa al tomo XX della serie seconda delle Memorie dell’Accademia, che è d’imminente pubblicazione. pe LXXV 27 aprile. Presiede quest'adunanza il Conte Alberto mera Marmora, Vice-Pre- sidente, in sostituzione del Barone Pana infermo: si hanno durante la seduta notizie consolanti intorno alla salute dell'infermo, il quale è già in via di miglioramento. Il Segretario Eugenio Sismonpa legge la Memoria del Dott. Nicoruccr, su cui erasi fatta relazione nella precedente adunanza: si passa quindi A a votazione, mercè la quale il citato lavoro è approvato per la stampa nei Volumi accademici. Esso si legge a pag. 383 del presente Volume. 18 maggio. il Conte Alberto perta Marmora, condeputato col Cav. Eugenio Siswoxpa, legge un parere intorno al merito di una Memoria manoscritta, rassegnata all'Accademia dall’ Ingegnere delle miniere del distretto di Torino sig. Costantino Perazzi. Questo lavoro ha per titolo: Nota intorno ai giacimenti cupriferi contenuti nci monti serpentinosi dell’Italia centrale. Esso consta di due parti: nella prima l’autore intende a far conoscere la composizione mineralogica dei monti serpentinosi dell’Italia centrale: nella seconda egli indica i giacimenti cupriferi che si rinvengono nei monli sovraccennati. Trattando dei depositi cupriferi, l'autore li divide in due categorie: la prima comprende quelli che appartengono all'epoca dell'eruzione della Serpentina antica, dell'Eufotide e della Diorite, con iniezione della stessa sostanza cuprifera nelle roccie metamorfiche che le accompagnano. La seconda categoria abbraccia quei depositi che si incontrano nella Toscana e nell'Apennino Bolognese, e che apparterrebbero all’epoca della seconda eruzione di Serpentina: i minerali di questi secondi depositi differiscono da quelli dei primi per età, per composizione, e pel modo di giacitura. L'autore rammenta ancora una terza serie di depositi ché si trova in Toscana, detti dal Prof. Savi filoni o diche impastate : essi sarebbero di origine posteriore all’ eruzione della Serpentina. Il relatore encomiando questo lavoro dell’ Ingegnere Perazzi, rileva V utilità che da tali studi puossi trarre non solo per la conoscenza geologica dei monti nostri, «quanto altresì per I’ incremento dell’ industria metallifera; così per le Ligas: mmm LXXVI osservazioni del sig. Prrazz si conferma ciò che già fu osservato dai geologi toscani, che cioè la ricchezza dei filoni metalliferi cresce in ragione della loro profondità; il qual criterio può servire di guida al minatore per ispingere le sue ricerche a quelle parti delle miniere che promettono una più profittevole coltivazione. Onde la Giunta conchiude che questo lavoro sia tale da meritare d’ essere inserto nei Volumi accademici, e perciò ne propongono la lettura da farsi in una delle prossime adunanze. Le quali conclusioni sono unanimemente approvate. 18 giugno. Assistono a quest'adunanza il Comm. Mossorri, socio nazionale non residente, ed il sig. G. Tomasini, di S. Bartolomeo nella provincia di Benevento, invitato a seconda di desiderio da lui espresso per esporre una sua proposta di miglioramenti da introdursi nella costruzione delle macchine pneumatiche. Fra le lettere, delle quali il Segretario dà lettura, si rammenta parti- colarmente una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione, in data del 3o maggio, colla quale il Presidente dell’Accademia è invitato a trasmettergli un esemplare delle Memorie pubblicate nel 1862, ed a con- tinuare in avvenire regolarmente d’anno in anno questa trasmissione. La parola è quindi concessa al sig. Tomasini, il quale imprende la lettura di una sua scrittura, in cui egli descrive la disposizione che a suo parere deve rendere la macchina pneumatica più efficace per con- seguire un vuoto perfetto. Per tal uopo egli suggerisce di munire il fondo superiore di ciascun cilindro di una valvola conica, aprentesi dal basso in alto, sicchè essa permetta l'uscita dell’ aria dal cilindro quando lo stantufo si innalza, ma tolga il rientrare dell'aria esterna nel cilindro quando lo stantufo discende. Così facendo, in questo secondo tempo il vuoto nello spazio compreso tra la faccia superiore dello stantufo ed il fondo superiore del cilindro, dovrà agevolarsi il passaggio nel medesimo dell’aria che sta tra lo stantufo ed il fondo superiore del cilindro. La Classe discute sull’ utilità di questa innovazione, ed osserva che sarebbe stato opportuno che le induzioni dell’ autore avessero ricevuto l'appoggio di qualche fatto sperimentale che l’autore non potè addurre: e da ultimo conchiude che di questa proposta del sig. Tomasixr si faccia cenno nella Notizia Storica dei lavori accademici. t | A | r » "== Arti dii — i b LXXVII 23 novembre. Il Presidente, aperta la seduta, notifica alla Classe la morte del socio nazionale non residente, Comm. Francesco Cantini, avvenuta ai bagni di Crodo il giorno 29 agosto ultimo scorso, durante le ferie accademiche. Il Barone Prana annunziando questo triste avvenimento soggiunge: « Il » Cantini fu uomo di grande ingegno e di rara perspicacia: le effemeridi » del Regio Osservatorio di Milano, di cui egli era primo Astronomo e » Direttore, ridondano di sue osservazioni scientifiche, che insieme alle » opere di maggior rilievo da lui stampate o isolatamente o nelle col- » lezioni accademiche, attestano quanta in lui fosse la dottrina e la potenza » intellettiva. Io ebbi seco lui ( soggiunge il Presidente ) comunione di » alcuni lavori, ed ebbi perciò campo a conoscere quanto egli valesse. » Per la morte di lui l'Accademia perde uno dei suoi soci più benemeriti, » e maggiormente degni di pubblica onoranza ». La Classe si unisce al Presidente nei sentimenti di giusto compianto e di lode da lui tributati alla memoria dell’illustre estinto. Sono dal Segretario presentate alla Classe parecchie Memorie mano- scritte state sottoposte dai loro autori al giudizio dell’Accademia; l'esame delle medesime viene affidato dal Presidente ad apposite Commissioni. Il Prof. Cav. RicneLmy, a nome di una Giunta, riferisce sul merito di una Memoria manoscritta inviata all'Accademia dal sig. Carlo Resto, Prof. di Matematica nel R. Liceo di Genova. Questo lavoro ha per titolo: Descrizione e teoria di una macchina ad aria calda. La Giunta, dopo una ragionata esposizione dell’organamento di questa macchina, dei prin- cipii teorici sui quali si fonda la sua costruzione, non ommesse alcune osservazioni intorno ad alcune imperfezioni che pare si possano rilevare dall’ispezione dei disegni presentati dall’autore, esprime la sua persuasione che tale macchina, perfezionata ed emendata, possa rendersi utile e capace di pratica applicazione. Perciò essa conchinde che si inviti l'autore a ridurre la sua Memoria a più ristretti limiti, sotto forma di estratto, e questo si inserisca nella Parte Storica dei Volumi accademici. La quale conclusione è abbracciata dalla Classe. L'estratto della Me- moria del Prof. Carlo Rxsro è del tenore seguente : y Premesse alcune osservazioni sulla enorme quantità di calorico PRA LXXVIM che nelle macchine a vapore era perduta senza produrre alcun effetto meccanico, il Professore Resio indica alcuni dei mezzi che si tentarono per ovviare almeno ad una parte di tale perdita; come sarebbero le macchine a vapore combinato, le quali non rimediano che in tenue pro- porzione alPaccennato difetto. Gli sforzi che si fecero in Francia, in Inghilterra, in America, per sostituire l’aria riscaldata al vapore, mo- strarono che nélle macchine ad aria calda si può utilizzare meglio il calorico che nelle macchine a vapore, sebbene i difetti che quelle pre- sentano, loro impediscano ancora di lottare vantaggiosamente con queste. Il professore Resto diresse i suoi studi alla risoluzione di questo problema che interessa in sommo grado |’ industria, in Italia specialmente, dove il combustibile ha un prezzo assai più elevato che presso le altre nazioni civili d' Europa. Ecco una breve descrizione della macchina ideata dal sig. Resio per raggiungere questo scopo. Dallo scompartimento superiore di una caldaia cilindrica ad asse ver- ticale, divisa in tre parti (o in tre scompartimenti , inferiore , medio e superiore), un grosso tubo conduce l'aria calda (la cui temperatura può variare da 200° a 300°, e la pressione da un'atmosfera e mezza a due atmosfere) ad agire, come il vapore, alternativamente sulle due braccia di uno stantuffo mobile entro un corpo di tromba o cilindro A. L'aria calda agisce per espansione, e il moto alternativo dello stantuffo, o degli stantuffi, viene convertito nel modo solito in moto rotatorio. Dopo la sua azione contro lo stantuffo, e dopo la sua uscita dal ci- lindro motore A, Varia calda non va subito nell’atmosfera, ma prima è obbligata di traversare una massa considerevole di reti o di tele me- talliche. Queste sono contenute in due recipienti P e Q, separati e rinchiusi in una specie di cassa rettangolare in modo che l’aria, la quale già produsse la sua azione nel cilindro motore, è obbligata, mediante due eccentrici messi in movimento dalla macchina stessa, a passare alterna- tivamente attraverso le tele meccaniche rinchiuse nei recipienti Pre ©, che per l'ufficio cui sono destinati, si possono chiamare condensatori. Mentre l'aria calda traversa il condensatore P, una massa d'aria fredda eguale e compressa traversa in senso opposto l’altro conduttore Q. Dopo un colpo di stantuffo le comunicazioni sono invertite dai due eccentrici nominati; perciò l’aria calda uscendo dal cilindro motore, traversa quest ultimo condensatore Q, € l aria fredda compressa traversa in LXXIX direzione contraria il condensatore P, poco prima traversato dall’ aria calda. Ora è chiaro, che il calorico ceduto dall’aria calda alle tele metalliche viene acquistato dall’aria fredda, la quale (ove la massa delle tele me- talliche sia convenevolmente determinata) non abbisogna allora più che di una quantità di calorico presso a poco eguale a quella che ha sottratta alle tele metalliche per-aver la temperatura voluta. L’aria calda dopo aver traversato il condensatore, va nell’aria atmo- sferica esteriore ad una temperatura non molto elevata, ed eguale pros- simamente alla metà di quella che ancora conserva dopo la sua azione nel cilindro motore. Ma l’aria fredda, sebbene abbia già acquistata una notabile tempe- ratura traversando il condensatore, abbisogna di una nuova quantità di calorico per agire convenevolmente nei cilindri motori. Perciò è portata da un tubo nel compartimento medio della caldaia. Da questo passa nello scompartimento superiore; e in questo passaggio traversa il combustibile, il quale trovasi appunto in un focolare rinchiuso nella caldaia, al contatto dell’aria compressa medesima e per conseguenza fuori del contatto del- Varia esterna. Giunta nel compartimento superiore della caldaia, laria compressa ha acquistata la temperatura voluta per agire convenevolmente. Però prima di andare a produrre la sua azione nei cilindri motori, è obbligata a traversare alcune reti metalliche, le prime delle quali hanno maglie alquanto larghe, le seguenti maglie più fitte. Queste tele sono special- mente destinate a spogliare l'aria che ha traversato il combustibile, e i fluidi aeriformi che la accompagnano, delle particelle solide che possono trascinar seco. Mentre l’aria calda percorre il cammino che si è indicato, una massa d’aria fredda eguale a quella dell’aria motrice, viene compressa in un cilindro apposito dalla macchina stessa. Anzi lo stantuffo compressore è invariabilmente connesso, per mezzo d’un’asta cilindrica e rigida, allo stantuffo motore; cosicchè i due assi dei cilindri compressore e motore si trovano sulla direzione dell’asta inflessibile che li riunisce. Uscendo dal cilindro compressore quest’ aria fredda va a traversare alternativamente le tele metalliche racchiuse nei condensatori P e Q nel modo già spiegato, e quindi segue il cammino già sopra indicato. Jl combustibile non bruciando all’ aria libera, ma la combustione pete pa smetta LXXX essendo alimentata dall’aria compressa medesima, ed avendo luogo in seno alla caldaia, ne segue che è necessario d’introdurre nel focolare il com- bustibile senza dar luogo ad una sensibile perdita di forza motrice, ossia di aria compressa. Se come combustibile si usasse un gaz, come sarebbe l'idrogeno, il gaz-luce ecc., sarebbe facile a capire come, la macchina stessa comprimendolo in un piccolo corpo di tromba, potrebbe quindi, per un piccolo tubo, essere condotto nel seno della caldaia, ed ivi bru- ciando, produrre il calorico e per conseguenza il moto. Perciò la macchina offrirebbe minori inconvenienti se fosse possibile di adoperare un gaz come combustibile. Ma se ciò si può fare in qualche caso, nella massima parte delle applicazioni, il solo combustibile che si possa impiegare è il carbon fossile. Questo corpo solido viene introdotto sul focolare mediante un robinetto , il quale porta lateralmente una cavità destinata a riceverlo. Questa cavità non può mai comunicare contemporaneamente coll'interno della caldaia e coll'aria esteriore, comunque si giri il robinetto. S'introduce il carbon fossile nella cavità del robinetto , quindi gli si fa dare una mezza rivoluzione; il carbone cade allora in virtù del proprio peso, e viene condotto da un tubo apposito sul focolare. E qui giova avvertire, che l'arso (coke) è preferibile al carbone naturale; perché da questo si svolgono prodotti, i quali depositandosi sulle pareti interne della caldaia, e anche dei cilindri motori, renderebbero più frequente il bisogno di pulire internamente la macchina. I residui della combustione cadono nel compartimento inferiore della caldaia, e, ove occorra, si possono estrarre senza fermare la macchina. Applicando il calcolo alla determinazione della forza della macchina, e del consumo del combustibile, il Professore Rrsro giunge ai risultati seguenti : 1." Una macchina che consuma un metro cubo d’aria (alla pressione ordinaria di o", 76) per minuto secondo, avrebbe una forza teorica di 93 cavalli vapore, e una forza effettiva di 47 cavalli. 2.° Usando coke o arso come combustibile, il consumo sarebbe di chilogrammi 0,720 per cavallo in un'ora ; cioó un quinto di quello che consumano le migliori macchine a vapore. 3.” Impiegando il gaz-/uce come combustibile , il consumo sarebbe di metri cubi o, 540, ossia di 540 litri per cavallo effettivo in un'ora. LXXXI 14 dicembre. Il Cav. De Fzuerr trattiene la Classe in questa tornata per comu- nicarle le scientifiche osservazioni da lui fatte nel recente suo viaggio in Persia. E.poichè molte saranno le comunicazioni che egli avrà a fare all'Ac- cademia sull'accennato argomento, così egli comincia dal discorrere delle cose rimarchevoli che gli presentarono i terreni diluviali. « Trovansi sparsi, egli dice, per gli immensi altipiani della Persia monticelli conici isolati, detti con vocabolo turco ed assai generico fepe, costituiti da materiali incoerenti trasportati, e la cui formazione é dai Persiani attribuita generalmente ai Ghebri , adoratori del fuoco, od anche, secondo alcuni, alla regina Semiramide: opinioni che non importa discutere, anche per la circostanza che questi fepe non sono tutti di una medesima epoca, ma di epoche diverse, alcuni perfino di formazione affatto recente. Quelli di Marend e di Sultanieh, che il Socio De Frureer ha visitato particolarmente, del pari che quelli del lago di Urmia descritti da Maurizio Wacner, e forse un gran numero d'altri, contengono fra il limo e la sabbia, di cui i monticoli sono formati, grande copia di ceneri, di frantumi di carbone vegetale, di ossa, di stoviglie. A Marend ed a Sultanieh questi materiali hanno una chiara disposizione in istrati oriz- zontali; ed in questulümo sito la pianura stessa, nella quale sorge il tepe col castello reale, è perforata e scavata in moltissimi luoghi; ed in queste escavazioni, alla profondità di 0,60 a 0,80 si incontrano ancora gli.stessi oggetti, carbone e stoviglie; queste vi sono affatto grossolane, di pasta nera come nel zepe. Alla stazione seguente, a Sainkalé, in riva all'Abhar, la sponda destra dirupata mette a nudo la composizione del terreno. Su uno di que’ tagli naturali, precisamente a quello più vicino all'accampamento della missione italiana, ad uno strato orizzontale di terra vegetale di circa un metro, ne succede uno di sabbia, grosso circa 0,70 , contenente polviscolo di carbone vegetale, e quindi un gran banco pure orizzontale di, argilla con nuovi straterelli sabbiosi intercalati, della potenza di 2,97; così in tutto la sponda è alta 4", 67. f La parte inferiore del banco d'argilla è mascherata da frane; ma la parie superiore presenta sparsi frammenti di carbone vegetale , di ossa e particolarmente di stoviglie ; questi ultimi. vi sono molto abbondanti. SERIE II. Tom. XXI. 11 iit hrs Ro —À sat. pera LXXXII La stessa cosa con pochissime variazioni si vede in altro taglio situato a qualche centinaio di passi risalendo il fiumicello, ed in questo secondo taglio il Professore Dr Fiuieri ha trovato ancora frantumi di carbone alla profondità di 3" nel banco di argilla. Procedendo verso oriente, a tre ore di cammino, in una breve sosta presso Huianderé ancora sull'Abhar, il Prof. Dr Fiuippi discese in un profondo burrone presso il villaggio, e percorrendo una scarpa scoscesa tutta di sabbia, ghiaia e ciottoli, sotto un grosso strato di terra vegetale, vide ivi pure una serie di grandi e distinte chiazze di polviscolo car- bonoso. La stessa sabbia, la stessa ghiaia colle medesime chiazze di carbone vegetale ricompaiono ad altre tre ore di distanza, ancora lungo l'Abhar, presso il villaggio di Kyrwah; anzi qui un cemento calcareo ha convertito quei materiali incoerenti in una puddinga, ma sempre colle solite grandi macchie carbonose. Il Prof. De Firrepr considera tutto il terreno così tagliato dall'Abhar come un grande deposito diluviale, contemporaneo a quelli da pochi anni riconosciuti in Europa, ma in confronto di questi distinto per le particolari specie dei prodotti dell’industria umana che vi sono contenuti, distinto cioè per la grande quantità di carbone vegetale sotto forma di polviscolo nella sabbia e nella ghiaia, in pezzetti. bene riconoscibili ed isolabili nell’argilla, ove accompagna numerosi frammenti di stoviglie. Gli stessi materiali si trovano nei tepe, e pure con dispo- sizione stratiforme orizzontale, quantunque meno regolare: la quale cir- costanza è dal Prof. De Firierr stimata di grande importanza, perchè ne emerge una connessione tra i fepe, che pur si vogliono fattura umana, e i grandi banchi d'argilla, di sabbia e di ghiaia della valle dell'Abhar, lasciati da un grande avvenimento cosmico, dal diluvio ». In questa medesima adunanza il Segretario presenta alla Classe una memoria manoscritta dell’ Ingegnere di Ponti e Strade di Francia, sig. Lerorr di Parigi. Questo scritto ha per titolo: Sur la détermination nu- mérique des intégrales definies , au moyen desquelles on exprime les termes généraux du développement des coordonnées d'une planète dans son mouvement elliptique. Questo lavoro è consegnato ad una Giunta acca- demica, con incarico di esaminarlo e riferire in proposito in altra adunanza. ESSERI NOTE SUR L'EFFET DU CHOC DE L'EAU DANS LES CONDUITES © PAR LOUIS FRÉDÉRIC MÉNABRÉA SAM Lue à l Académie des Sciences de Turin dans la séance du 7 mars 1858. SUNNY Pour calculer la résistance vive des conduites d'eau , j'emploie, depuis plusieurs années, dans le cours de construction que je professe à l'Uni- versité de Turin, une formule que j'ai réduite à une grande simplicité, et qu'il me semble utile de faire connaitre. Lorsqu'on doit évaluer l'épaisseur à donner à un tube de conduite d'eau, on commettrait une grande erreur si l'on ne tenait compte que de la pression statique exercée par le liquide sur les parois du tube; il faut encore avoir égard aux arréts instantanés du mouvement de l'eau, qui donnent lieu à des chocs, ou coups de bélier, et occasionnent fré- x quemment la rupture des tubes. Pour parer à cet inconvénient, et pour (*) J'ai donné un résumé de cette note inséré dans le Compte-rendu de la séance de l'Académie des Sciences de Paris du 2 avril 1858. Serie II Tom. XXI. S = nem 2 NOTE SUR L'EFFET DU CHOC DE L'EAU ETC. tenir compte de l'imperfection de la matière qui compose les tubes, on a l'habitude, dans la pratique, d'augmenter d'une quantité constante l'épaisseur qui correspond à la pression statique. Mais cela ne suffit pas, il faut savoir se rendre compte des phénoménes qui ont lieu sous l'action du choc afin d’être à méme d'établir d'une maniére rationnelle la grosseur à donner au tube. Tel est l'objet de cette note qui offre une application intéressante du principe des forces vives. Lorsque le mouvement de l'eau s'arréte brusquement dans un tube, la force vive dont est animé le liquide se transforme en trois effets distincts, savoir : 1.° La dilatation de la paroi du tube, dans le sens de la circonférence ; 2.° La compression de la matière composant le tube, dans le sens normal à la surface intérieure ; 3. La compression de l'eau (*). Entre ces trois effets il existe des rapports qui conduisent à la solution du problème, On verra comment, dans le cas d’une conduite de fer fondu, et pour des vitesses un peu grandes, la compression de l’eau absorbe une proportion considérable de la force vive du liquide , ce qui diminue d'autant le travail d'extension qui a lieu dans la circomférence du tube. Quant au travail de compression de la matiére du tube, il se réduit en général à peu de chose. Je considére le phénoméne du choc au moment oà l'eau a perdu toute sa vitesse, et qui correspond à celui de la plus grande extension de la circonférence. Je ne tiens pas compte d'autres phénoménes qui ont lieu en méme temps, et qui se rapportent à la propagation des ondes, aux vibrations , au développement de la chaleur; c'eüt été compliquer inutilement la question pour les applications pratiques que j'ai principa- lement en vue. Je détermine l'épaisseur à donner au tube afin que l'extension ne dépasse pas les limites de Pélasticité. Enfin je calcule la hauteur d'une colonne d'eau dont la pression produirait dans le tube la méme extension que celle qui est déterminée par le choc. (*) Il faudrait encore tenir comple de Pallongement du tube; mais en général, dans la pratique, les extrémités sont fixes, et par conséquent ce n’est pas le cas d'avoir égard à cet effet, qui du reste peut être ordinairement négligé. l i ts PAR L. F. MENABREA D j Si l'on suppose que toute la force vive de l'eau est absorbée par È i l'extension de la circonférence , on trouve que la hauteur de cette colonne | d'eau est égale à la hauteur due à la vitesse de l'eau, divisée par Pal- longement proportionnel de la matière dont le tube est composé. Cette da È ; ; À formule peut être adoptée pour les conduites de fer fondu lorsque la i" à vitesse de l'eau n'atteint pas 1", oo ; mais au delà, elle donne des résultats M ; . E hi ud trop forts, et pour une vitesse de 4", oo, par exemple, il faut prendre HU > F ,00, È ple, E | . . . y | les */, environ de la hauteur ainsi obtenue. 1 | Je vais maintenant développer les principes qui conduisent aux résultats | que je viens d'indiquer. Soient les dénominations suivantes : i r — rayon intérieur du tube, supposé de section circulaire ; \ e — épaisseur du tube; v [ | l'+;c-— rayon moyen; 1 — longueur de la portion de tube que l'on considere; 8 I q E E - module d'élasticité de la matière du tube ; ? | E' - coeflicient de compressibilité dn liquide ; | w i q - poids d'un mètre cube du liquide; pour l'eau q= 1000*; g - gravité = 9,8088; y v — vitesse de l'eau ; h - hauteur due à la vitesse v; i H r " x D | mz - rapport de la circonférence au diamètre ; | E : 1 i i; | 9 - augmentation du rayon r qui a lieu par l'effet du choc | , de l'eau ; È H À - allongement proportionnel de la circonférence moyenne T | du tube correspondant à la limite d'élasticité et à l’ac- | A croissement ò du rayon; : X! - compression proportionnelle de l'épaisseur du tube dans le 7 sens normal à sa surface intérieure ; : ^ à" = compression proportionnelle de l'eau ; " T, - travail absorbé par l'allongement de la circonférence du N E 5 À tube ; | | : \ È ESS NOTE SUR L'EFFET DU CHOC DE L'EAU ETC. T, > travail absorbé par la compression normale du tube; T; - idem par la compression de l'eau; p - pression intérieure propre à produire l'allongement pro- portionnel 2; H - hauteur de la colonne d'eau correspondante à cette pression, La section longitudinale d'une des parois du tube est =e}. Le poids du liquide contenu dans le tube de longueur / est —nr'iq; et sa force vive: n] (Eli ca TT. anriqh 1 8 Considérons en premier lieu la dilatation de la section du tube. L’allongement proportionnel À sera: "^ ele. Gita. nor peer La tension qui a lieu dans le sens de la circonférence du tube est : uk Eel. =Eel) . rip. Seo La pression p capable de produire cette tension est donnée par l'équation (he ae pr= Eek Le travail nécessaire pour produire l'allongement proportionnel est celui qu'il faut employer pour allonger d'une quantité 270 une verge de section el et de longueur primitive 2z(r-1 ie); ainsi ce travail sera exprimé par and ada Jan(r+ie) o à 2 =Beln(r+10). (5) =1nle(r+¿e) E). Soit e la diminution d'épaisseur du tube produite par la pression p; on 2 -= PAR L. F. MÉNABRÉA 5 En comparant cette expression à l'équation (4), on déduira : Siren enitn (c RE een nt ur LS i e (OMS Li emm $ En raisonnant, comme précédemment , le travail de la compression du D D P tube sera : xdx z e? (ra Tani ES o Lorsque la dilatation du tube a eu lieu, la section circulaire intérieure devient x(r+0), et la hauteur de la colonne d’eau Z, indépendamment de la compression qu’elle subit, devient: = r (Loire U= On ne tient pas compte de la petite augmentation de rayon due à la compression £, car on voit d’après la formule (8) que cette quantité peut x 4 A e ce ; : etre négligée a cause que — est ordinairement une fraction assez petite. pa Mais l'eau étant soumise à la pression p qui résulte du choc , cette longueur /' diminue d'une quantité p. qu'on obtient par l'équation tie p=E'W=E VE =E.2.1. e r Le travail absorbé pour opérer la compression p. sera: 2 (125 Ton ray Bf omite rine pU e o On peut arriver à ce résultat en partant d'une considération plus générale. MW re MAGI nn == ren { 6 NOTE SUR L'EFFET "DU CHOC DE L'EAU ETC. Soient œ un des éléments de la surface qui termine le liquide dans le tube, dz le déplacement de cet élément dans le sens de la normale, le travail élémentaire de la compression du liquide sera : CL PIN x ou bien d, zpdg ; où dy représente l'élément de la variation v du volume primitif 7^ du liquide qui a lieu sous l'action de la compression. Pour les liquides on a e P où K n'est autre chose que le coefficient de compressibilité E', car on le ; ‘ : : Y RES détermine en observant la compression proportionnelle y quia lieu pour . £ 5 x H une pression donnée, celle d'une atmosphére par exemple. Cela posé on pesk aura : ede rara rg F Mais on a sU. s p=E-C\=E'.z; en substituant il viendra: expression identique avec celle obtenue précédemment. On égalera la somme des trois travaux partiels 7°, 7, 73, à la moitié de la force vive du liquide, cé qui donne: (13) AAA nrg. = e ar'Igh=T+T,+T;=nerlEX pap tA s TEM i 2r E r en réduisant, l'on a l'équation suivante : 10 I e E et (14) A opm : pimp) 1 r El H étant la hauteur de la colonne de liquide qui produit la pressionp, on a: 5 asa Has E... (i O pesg LESS, x A. F PAR L. F. MÉNABRÉA 7 Lo combinant les deux équations (14) et (15), on obtient: diss e : 5 En négligeant le terme —, compris entre parenthèses dans les deux : = ; mi e équations (14) et (16), et déduisant la valeur de =» on aura: (io) asia sn 2qh E e El eae (eR) => E h 2 (3) ENS Hz A x 2qh 7) I+ idu E! Lorsqu'on suppose que toute la force vive du liquide est absorbée par la dilatation de la circonférence du tube, on aura les expressions suivantes e H "ee pour les valeurs de > et de H, que j'accentue afin de les distinguer de celles qu'on obtient en tenant compte de la compression du liquide: e! h Ue = ; (DO) m=} : Pour donner une idée des résultats numériques, auxquels conduit la théorie précédente, prenons pour exemple un tube de conduite d'eau en fer fondu. Dans ce cas l'on a: Gijp- E= 12000 ooo ooo kilogr. rapporté au mètre carré ; I x . b T SEPA (32). . = correspondant à la limite d'élasticité. 1400 L'expérience démontre que l'eau, à la température ordinaire, se comprime 8 * ^ moyennement de Á sous la pression d'une atmosphère, d’où l'on E 1000000 conclut que l’on doit prendre: —r— are | f { 8 NOTE SUR L'EFFET DU CHOC DE L'EAU ETC. (Cet. da E'= 214600000 kilogr. Les deux expressions (18) et (20) deviendront ainsi : 800 AA T, WE bee CE (24) 1+V1+18,594” (a5p 251 REM Jm + H'=1400h . Au moyen des formules précédentes j'ai calculé la table qui suit, dans laquelle les résultats sont exprimés en nombres enters: HAUTEUR DE LA COLONNE D'EAU dont la pression produirait l'effet du choc VITES PEMEAN en supposant l’ext k de la circonférence du tube poussée jusqu’à la limite d’élasticité dans le tube ————Àdr—————— a En tenant compte En n’ayant pas égard de fer fondu de la compressibilité à la compressibilité de l’eau de l'eau o", 5o 17” 18" 1509 59 71 15550 116 161 23-300 180 285 2 ,50 246 446 3 ,00 314 642 Sup tO 385 874 4 ,00 455 1142 5 ,00 598 1784 10 ,00 1323 7137 Ces résultats démontrent l’influence considérable de la compressibilité de l'eau pour diminuer l'effet du choc de ce liquide quand les vitesses | | | | PAR L. F. MÉNABRÉA. 9 dépassent 1™,00. Lorsque la vitesse est inférieure à 1",00, on pourra, sans inconvénients, employer la formule (20) dans laquelle il n'est pas | tenu compte de la compressibilité du liquide. | Si la conduite d’eau devait, indépendamment du choc, supporter une pression constante que je désignerai par p, et correspondant à une | colonne Æ,, il se produirait dans le tube un allongement proportionnel 1 constant },, lié à la pression p, par l'équation suivante: y (O a s Pri SIA Pr ( Cela posé, ce ne sera plus l'allongement total que pourra supporter i le tube sous l'action du choc, mais seulement la différence: $ (Cona AA = Ri : iH C'est donc cette différence que l'on devra substituer à la place de A dans les formules primitives précédentes. J'ai supposé, jusqu'ici, que l'extension de la circonférence du tube était poussée jusqu'à la limite d'élasticité; mais si l'on voulait connaitre, indépendamment de cette circonstance, la pression correspondante au LE choc, pour une épaisseur donnée du tube, on déduirait, des formules précédentes, l'espression de // qui suit: Dans le cas d’une conduite d’eau en fer fondu, on aurait: 3464. TIE Ros (3 IE vov i5 À esse pl 1+280.-+> PP | i A y i ou bien, en mettant pour À sa valeur — , TR 8 Serie Il, Tom. XXI. 10 NOTE SUR L'EFFET DU CHOC DE L'EAU ETC. e 783 . y: $ (Bien sins H=y .— = e e I-+-280.- += hi Li En faisant abstraction de la compressibilité de l'eau, l'expression pré- cédente se réduirait à m". MÉMOIRE : l'intégration des équations différentielles relatives au mouvement des Comètes, établies suivant l'hypothèse de la force répulsive définie par M." Faye, et suivant l'hypothèse d'un milieu résistant dans l’espace JEAN PLANA > Lu dans la séance du 4.er d'eembre 1864 oe e — E. examinant de prés les conséquences inhérentes à ces deux hypo- thèses, j'ai reconnu que celle de M. Faye donne des résultats qui se rapprochent de ceux observés pour les deux Cométes périodiques de 1205 et 2718 jours. Il est vrai que Vhypothése du milieu résistant conduit, pour ces deux mêmes Comètes, à des résultats qui se rap- prochent davantage de ceux obtenus par M." EwckE et M. Axel Mórrzn. Mais, avec le temps, une telle supériorité pourrait étre infirmée, ct il convient, pour le moment, de s'en tenir aux faits connus. Je vais exposer mes équations dans l'ordre qui m'a paru le plus convenable pour rendre claire la comparaison des deux hypothéses. Mon analyse est exclusivement bornée au mouvement du centre de gravité des Comètes, et je n'entre dans aucune discussion relativement aux phénoménes observés sur la variété des apparences et leur état physique. PP SÈ D’après un Mémoire de M." Faye publié le 4 Mars 1861, l’attraction Newtonienne n’est pas suffisante pour expliquer et calculer tous les a fi Te 12 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. mouvements des corps célestes. Suivant lui, il faudrait, en outre, admettre une force répulsive émanée de la surface incandescente du Soleil, et dé- croissante, comme la force attractive, en raison inverse du carré de la distance au centre du Soleil. Cette force aurait une direction inclinée par rapport au rayon vecteur de la Comète, à cause d’une différence finie entre sa vitesse de propagation, et la propagation instantanée de la force attractive. Pour définir plus clairement cette hypothèse, nous exprimerons par H9 7 la composante de la force répulsive suivant la direction du rayon y Hy A AS vecteur 7 de la Cométe, et par — sa composante, sulvant la direction 7 de la tangente à l’orbite décrite par la Comète, en sens contraire à son : ds È i mouvement. Ici »==— represente la vitesse du centre de “ee Comète pour un instant quelconque du temps ¢; et 0 désigne la vitesse gravité de la constante de la propagation de la force répulsive. La résultante de ces deux forces est exprimée par mum dr PRE Avant le passage au périhélie la valeur de Ty est négative ; elle de- a ^ a vient. nulle à l’instant de ce passage, et acquiert après une valeur positive. Cela posé, en nommant x, y les coordonnées du centre de gravité de la Comète, ayant ‘pour origine le centre du Soleil, il est clair que la courbe (censée plane), décrite par ce point, sera déterminée par ces deux équations différentielles: > (, dx OH dx | de ara QUE E | dy AP RE HP dy TH yen dé ROOT E ae où 2m k = 385.2579 0172024 ; Log; k 28, 2355897. ; k’= 0, 000295924 ; Log. k*= 6, 4711794 ; PAR J. PLANA 13 l'unité du temps étant le jour solaire moyen, et l'unité de distance, la distance moyenne de la Terre au Soleil. En faisant, pour plus de sim- plicité, p z—K'— 0, on aura les deux équations : | dx, pe H dx \ dt peg © PARE 3 ] £r er HE dy | disp T pk On peut intégrer ces équations par la théorie de la variation des cons- tantes arbitraires, en y appliquant les formules du Chapitre VII du premier Volume de la Mécanique Céleste. Pour cela on y fera: dR Hdi Cole Hi. dium eya p Gaje Mure Via) ATO) xdy—ydx=r'dv=dt.Yu.Va(1— e?) a de V at (1 — e)? È = a(1—e°) > M NT I ^ 1-Fe.cos.(v—a) TE +e.cos.(v—x)|" ? ds OT. TV p ae rire du Ta oy) yi +e. sin, (o—2), ; CER p SIETE PE LI, t de Lal de A +e 2e. cos. (o 8), § IL. Cela posé, je commence par l'équation différentielle «(Beto nl dx dt dt a mad da rA 2H (2): : dx donc en substituant pour n ) sa valeur, nous aurons 6 ae (4) =%. eel Ie? 4- 2e. cos, (9) . a vr alte’) 14 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. | Maintenant, si l'on fait, pour plus de simplicité, (e. IL (v — 5) [1 + ¢.cos.(v—z) |"| I 4-6'--2 e.cos. (v —5)| n l'on aura om a (= senor al M(v—w). y L'équation 4 (3)... = nad (£) donne d’abord (ay ak ndt. (v~s), a (i=) L'expression de d£, soumise au second signe intégral, étant remplacée par r'de Vu.VaG—e) ? ep fas fe I+-e°+260.c0s.(v—)| - di posa l'on aura (5 VaG—e) yis PRE ndo.fr1+e+oe.cos.(v—3x)| que Mu Va =e) La méme valeur de dż étant substituée dans l'équation (2), on en tirera: (07. dam. 2H y A RE). Ve (1—e*y Vu (1—-e)f Les variations finies des quatre élémens a, e, n, w, étant censées avoir pour facteur H, il est clair que, en négligeant les termes multipliés par le carré de H, on peut intégrer cette équation, ainsi que la valeur de &! en traitant a, e, n et o comme quantités constantes; ce qui donne en posant fda=da : 2H ,_ (r+e°) 4H.Va e.sin.(v —) . (9)... CaS Vit ave =. — 3 Voc ef VE Ge) s 3H n(1+e°) 6H ne.sin.(v — s) ^ dh... = peepee ALA ie + — —_—_——= . (8) $ Vu Yali = e’ Ve: Vya(x—ey PAR J. PLANA 15 8 III. Maintenant, si l'on fait fee. cosa 3 Yu ue Ses on aura les équations vede =fdf+f'df' $ uedo —fdf'—f'df A posées à la page 347 du premier Volume de la Mécanique Céleste. Les formules données à la page 326 du. méme Volume se réduisent à celles-ci: Pag ; dda ia dy of ee Hm Lx) (— dr) 5 Mais parta nt nous avons ap= 2%. Ve. VaG—e) 1—e*).dy ; 1 2H df'2 =. Va Yar—e).du ; et par conséquent ; — 24 de =_—B'Ya(1—e 7) | dy cos. w —— da sin. s r*.ypu sin x m \dy sin. c + dx cos. o | 7 DRE 4 STO. As nur (ISS oer r D’après les équations a—rcose; yærsin.e, lon a da zdr.cos.o— rgin.e do ; dy —dr.sn.e-r-rcos.ede ; donc en substituant ces valeurs l'on aura: Tr de=—2H. EE (v—%). 7 ERT = fo nia a, cos. (v —& ).— ; 16 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. edo= AAA ey dr p È h.c — 2H. Vanno) granate | ys dv En remplaçant — par = È 4 i r° dv — Va(1—e*) | sen E hunt poine ru dr eU. par 7 (+) e. sin. (vy —5) de d=) = ee, 7 a (1 — e^) nous aurons de CM LU zc EL ; Vu.Va(1—e?) r 7 C 2780 > lt de E iili pois Jap OI sin. (o) 5 . (ala Mais dt due 51i4e.cos.(v—>)| "Ye aVai=e) Donc, en substituant cette valeur et réduisant, on obtiendra —2 He > H .. de=— do — - :. cos. (v — o )de ; (9) de Vs y nep face) cos. (v—a)dy ; rose ET M AM pe IRE ST v—w). (10) V pa(1—e’) En intégrant ces équations sans avoir égard à la variation de a, e, ©; ce qui revient à négliger les quantités multipliées par 77^, si l'on fait [dede fda=07, Pon aura (11) de EE $ af sin. (y —%) Ir) 2 —————————— A (TT) 5 Ve y a(1—e”) Vati—e) j 2H (a) =.cos.(y—w) . y va (1 — e?) PAR J. PLANA 17 g IV. DEI Pour avoir la différentielle de de l'époque c, j'ai recours à l'équation (IS). 20 dns voy de— de = Vi e.de Vitae, da e. tang. = ea ‘sin. (0 —a) [1 +e. cos. (v—a) | ^ donnée par Porssox à la page 442 du premier Volume de son Traité de Mécanique. En y substituant pour de et da leurs valeurs données par les équations (6) et (9) nous avons ddr = 2Hdv e.cos.(v—-w)|1-+-e.cos.(v—w)| Te.Vpa sin. (0—7) > Hdv lie 2-26. e.V pa sin (v— o )[1 +e. cos 2 Hdy + e+e. cos. (o — s) — e. cos. (y — 5) [2 +e. cos. (v —3)]! e Via sin. (9—7 )| 1 + e.cos.(e— 2) | di=do= 2Hdy je —e”.cos. (vy — m) + (12 e.cos.(—5)) [1 —e?.cos..(v—w)]!. eV pa sin. (v— 5) [1 +e. cos. (v —)] à de— do = 2 Tedo.sin.(v—x) 2Hde j1—e”.cos.(9—%)! Vuali+e.cos.(v—x)] e.V pa sin. (o — 5) i (CORRO ER de— da = 2Hede | sin.(y—") V va ? | I 46, COS. (v— 5) 2 H(1—e*°) dy e Vra sin. (v— z) + sin. (v — 5) } + En posant | (de —do)=0:—09%, et exécutant l'intégration depuis =0, sous la condition expresse que e soit considéré comme une fonction du temps £, telle quelle donne ` o=: , lorsque #=0, l'on aura SERIE IL Tow. XXI. 18 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC H 2. COS. (0 — $ = g ES cotes cos. (v — e) — cos. (e — z )| 2H iog 1e cos- (om) a Hey ~ Ppa 1+e.cos.(s —)| Vra! | tang ( LE S ) + AIRE ) Log. VE due a y p.a | E / tang. (== ) Mais l’équation (10) donne (16) 2 I —À e.V pal (1 —e”) donc en substituant celte valeur on aura: | cos. (v— m) — cos. (e — z) | (17) de= a DS —e | | 08 (02) met) | e 5 (° ca ) | 2 19. LE up 2H Los: I+ e.cos.(yv—a) MEL Iri 2 I +e. cos. (ew) EL eus E Jeg (==) } Cela posé, il est démontré que, en excluant la totalité des termes va- riables et périodiques, les équations (7), (8), (11), sue (16) et (17) se réduisent aux suivantes; savoir 2H Va.(r--e*) (=e). y Tore di 3H n(1+e Leg E E (A) ce e \ jer. e xn ————.—————.95 | Ve Va(x — e?) dl O ò o = == ; avety ks E Sto quei E En supposant connues par l'observation les valeurs de ¢ et dg, il serait néanmoins impossible de tirer de là les valeurs séparées de chacune des ms PAR J. PLANA 19 deux quantités Æ et 0, définies dans le premier S. L'existence du fac- H : ; : teur — qu'on voit dans ces formules démontre, que la force répulsive m du Soleil ne saurait surpasser sa force attractive, puisque cela rendrait 3 M imaginaire Vaccélération €. Besser, en considérant d'une toute autre ma- | nière la force répulsive du Soleil, la trouvait égale, pour la Comète nit d'Harngy, à 2,812, comparativement à sa force attractive prise pour ; unité, Mais ce résultat atteste seulement la différence radicale des deux M théories. : > , à H Il importe d'observer, que l'on doit remplacer Æ par Vz dans la m valeur de y, donnée par LarracE à la page 319 du 4.™° Volume de la Mécanique Céleste; ainsi que dans l'expression de de que l'on voit dans la page précédente. Alors ces deux formules deviennent conformes à celles que je viens d'établir. Un tel remplacement est d'autant plus nécessaire | qu'il met en évidence la concentration des trois quantités 4°, 770, H | nie a H H : : : dans l'unique facteur ¿=== =, ce qui est un fait analytique yp VR—HG [ inattendu. Ce fait est propre à détruire tout espoir de pouvoir connaitre l'influence de la composante de la force radiale du Soleil, d'après les seules circonstances du mouvement du centre de gravité des Cométes. Il y a plus: cette concentration exige un parfait accord entre les résultats j observés et ceux obtenus pour la variation de l'excentricité de l'orbite, a l'aide de l'accélération observée. Car ces deux quantités dépendent de 1 l'unique coefficient ve: Voilà une condition qu’on était loin de prévoir È u 1 par la seule définition de la force répulsive émanée du Soleil. On verra bientót, que l'heureuse coincidence que présente, à cet égard , la Cométe de ÉxckE, ne pouvait pas être citée comme une preuve tout-à-fait décisive k E en faveur de cette hypothése. i 8 X. | Application de ces formules aux deux Comètes périodiques i} de Encke et Fare. En faisant v==nt, la seconde et la troisième des équations (A") donnent È LÀ | 10 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES EQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. Si Het robin o E 157 Als que l'on a Cette formule démontre, que, en écrivant les équations t t - 2 ^ 1 Sige > pd ee 7 g RET i le coefficient à' doit être, en général, beaucoup plus petit que le e i | coefficient À de l'accélération ¢ du moyen mouvement. Après un nombre ¿ de révolutions de la Comète l'on aura ¿==2.¿*; e—sin.(p—iX). Nous avons Pour la Comète d’EncxE : n at cuf > "c ~ e= sm. (97 38'. 9 jon ti» oi Oh 5 ris=:1000 8525 » Koll RAR i r Pa È wa E SON 009 S #3 Log. V a= 0, 1728240 3 a ;'(i1+e nd ^ j + IRALA Log. A z-1,0632900 ; Log.f=06,4539540 ; £ Vi-(—ey Log.27:=0, 7981799 ; e ——— Log. TD m =0 , 2966672 ; Los T : PAR J. PLANA 2t Done l'équation (18) donne 539540 — 2, 6477196 = 3, 8062344 ; H — o,o64008 Mir PR o paia Ve. (10) H a Avec cette valeur de ==, Pon a (en parties du rayon): Log. —: E AO P et par conséquent (Ori dg = — 3", 2850. 7 ‘ La discussion exacte des observations faites par M." Encke a donné 3 t di Sea E (294 RITA dg=—3%,471.7 : Nous avons Pour la Cométe de Fark: e= sin. (33°. 53.58") ; n=472”,98032; Log. Va—0, 2905645 . Et, d’après les calculs de-M." Axel Môrrer, ¿=330",371, pour l'ac- th a célération observée pendant une période. De sorte que l'on a: Log. ¢. sin. 1" = 7, 2045768 Log. Lo 0, 7169014 Log. pe 021000 à Donc la formule (18) donne H Log. = = 7, 2045768 — 1, 8422506 225, 362326: ; Ve Ga : FAT Avec cette valeur de a Pon a (en parties du rayon): LL i —— SERE y | È i da MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ET‘ H Áem i Log. ——.———————— = 6, 0792276 ; 8 Ve. Y a.(1—e”) TOES et par conséquent (DO) stu c eas dg=—24 L'hypothése de M." Faye donne donc pour la Cométe de 2718 jours une diminution de l'excentricité, sensiblement plus petite que celle dé- duite de l'ensemble des observations. Il y a un abime entre ces deux résultats: le second (34",574), déduit de l'observation, laisse le premier (24", 75) à l'état d'hypothése. Il est trés-probable que cent périodes de la première de ces deux Cométes donneraient (par l'observation) 09 — — 347", 1 proxime, et non p= — 328", 5. Et probablement dix périodes de la seconde donneraient proxime 0g 2 — 345", 74. Remarquons que, en appliquant ces mêmes formules à la Cométe pé- riodique de 2412)", 5 (dite de Gamsarr), pour laquelle e= 0, 7570 ; a==35,0240 lon aurait È 2 2 3 (1+e).47 E — 2 = 177,850 ; ? a. (1 —e3y Va. (1—e”) Are i TE =i OOO. tandis que pour la Cométe périodique de 2718 jours l'on a NC HB AE ca 2:200; 9429.5 = 2108 . 2 Va.(1—e*)? “i : È ele SES De sorte que, il faut croire la quantité VE beaucoup plus petite à p" 3 : CO l'égard de la Cométe de 2412 jours, puisque le produit Fe 177; 85.55 a été insensible d’après les observations. Cela prouve, que rien ne peut H Va” Avant de terminer ce S, remarquons que si l'on fait être statué sans la connaissance du facteur PAR J. PLANA 23 4(i+e*).Va ( an, m ES , I (ET ' n Se'.Va a MM! = 3 | ^ 0) 21g (eet) | les équations (18) et (19) peuvent être écrites ainsi j TL 3 au Seer 4 = oe E = . 7 V p dd i (A) sed es a I 5 =H n Vie M", t tua p 2 e a { Sous cette forme les expressions de ¢ et do sont semblables à celles qui / ont lieu dans l'hypothése suivante. à 8 VI. i Considérons maintenant les effets d’un milieu résistant, dont la densité j décroît en raison inverse du carré de la distance au centre du Soleil; | la résistance étant calculée d’après la loi ordinaire qui la fait proportion- 4 T aS\ x6 M E T i T nelle au carré 7 de la vitesse du mobile sur lequel le milieu agit È 7 8 en sens contraire de son mouvement, suivant la tangente à la courbe décrite par son centre de gravité. Alors les équations différentielles du mouvement sont, au lieu des équations (A'), celles-ci: (3 [ada as do \ dt’ dor (BORA sus d- ds dy E de E È f | ifi où le coefficient 77! tient lieu du coefficient spécifique désigné par 7 ) À dans les équations (A). D’après les formules que jai données dans un f de mes Mémoires, publié à Gênes, en 1825, dans le Volume XIII.* de la Correspondance du Baron De Zacu, l'on a dans ce cas: À € T À A 2 > ip» PUR dos ~ M". (27) ada M'int=—1-H'.M'n qu 8 8 M'—|2—Z4-———-|£Ff£-—z———ÀAR|ÓIS—- in | È sam 3aG—e)|l4 :—e 24 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. t B Z^ ? | —i Pour appliquer ces formules à la Cométe de Favs on fera: Log. F"=0, 2356362 ; Log. E Log. - ; ) (a 2794525 (—)= Log. 4579994 (—) = Log. o ' 220, 1584802 Log. (— 1, 90306) ; nl or — Log. (— 2,870 e (3; 87075) ; Log. (— 1, 8707 5) o MEI (^) La différence entre mon résultat et celui de en considérant la valeur de dp, au lieu de celle de de, cette distinction. £ Et MA Wd esum. Ln T > eh hi ! N N $ PAR J. PLANA 7 | D'après cela on aura: M' = — 4, 93890 + 10, 61030 =+ 5, 6714 ; M's 6,42877] — 3, 22091 == 3, 20856 ; i D va E a Log. M'= 0, 7536903 ; Log. M" — 0, 5063102 ; f Vela o* i 1 i Log. de =o, 1226577 3 Log. 4 a = 1, 1831890 ; | be e HI ji qt ad Log. se = 9, 7463925 = Log. (0, 557946) ; } a + | ie. M" A 4 lop mo eer 4957789 = Leg. (0,313170) . 4 En faisant ¿= T Von aura (en parties du rayon): (30) Ec d BODA) 0 Soa ! QUE. A er ial à òp = —H'.(1, 96770) . La première des équations (30) donne: | Log H' 7, 2045768— 1, 3429523 = 5, 8616246 ; j ‘ K : j } orson CER de d Ha" j e (10)* B Avec cette valeur de Æ’ la seconde des équations (30) donne 4 1 t 13 do=— 29", 5128.7, . UR Cette valeur de dg est approchante de celle conclue de l'ensemble | x Le des observations (- 34% 574-7) par M." Axel Mórrrn. Néanmoins la Y différence des deux formules serait sensible après dix révolutions de cette Al Comète (Lisez la fin du $ VIT). En appliquant les formules (28) à la Cométe de Excxe on trouve: Log. F* = 0, 3234379 ; Log.E'=0, 0897816 ; M'=53,9737 ; M"=47,2973 y | i Log. M' = 1, 7321823 ; Log.M"= 1,6748364 ; i 1 € : 4 Log. a = 9) 7949455 ; Log. 4a =0, 9472900 ; À E t " 4, SERIE M Tom- XX : D } x à 6 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES EQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. SU e, — = 0, 9600835 = Áo" : Log, = 0, 9609835 = Log. (9, 14079) ; 5 M" Se St 3 y Log. -——— =o0, 5224919 = Log.(3,33027) ; 4a.e * (AES s M g= H' (360, 8640) — 58,665. sin. 1"; 5 òg = — H' (20, 9235) La première de ces deux équations donne: P à "E i 0, 00788154 Got Log. H' — 3, 8966110 ; Tie UE ; / E 10)* Et avec cette valeur de /7' la seconde donne: (30) de=—3", 4019 . D Ce résultat est trés-approchant de celui (— 3", 471) trouvé par M.” Encre, Si l'on observe maintenant, que les formules (27) donnent M',,268,3774; M" „= 59, 1054 pour la Cométe de 12051", tandis que l'on a M'=53,9737; M"=47,2973 pour la méme Cométe, on jugera, parle rapprochement des formules (27) et (28), que les deux x hypothèses devaient conduire à des valeurs à-peu-près « égales pour ¢ et dp dans ce cas particulier. Cette égalité, en*quelque sorte fortuite , ne peut pas être considérée comme un argument favorable à l'hypothèse de la force répulsive. Effectivement, pour la seconde Comète de 2718 jours, dont l'accélération a été démontrée, l'on a M'(,2 17,8019 ; M" 522 8, 29949 tandis que MIA M"=3, 2085 La différence de ces valeurs est assez grande pour rendre impossible la coincidence entre les valeurs de ¢ et d + calculées par les formules (27) et (28). Il est probable que l'on tombera sur une discordance semblable, pour d'autres Cométes , dont l'accélération et la variation de l'excentricité de Vorbite seront constatées par l'ensemble des observations. e x T et supposant que la valeur corrigé gée de X soit 2=330",371+X, les équations (27) donneraient Au reste, en faisant ¿= g PAR J. PLANA 07 R O A o iy x ETS er p --(A LEE x 7 u) ! Done, il faudrait accorder, que la correction X peut surpasser 70" pour avoir une valeur de dg comparable à celle observée; ce qui est inadmissible. Pour la Comète Ë HALLEY : En prenant e=0,9674; a=17,99, Pon aurait: Log./'—0,4446322 ; Log. E'=0, 0311800 ; M'= 1348, 590 — 112, 9693 = 1235, 6207 ; M" — 1314, 540 — 110, 1866= 1204, 3534 De là on tire (en secondes d'arc) ¿= H' (0): (£93, 802): 75 5 èp=—H'(10)".( 56", 768): + Donc, en supposant (gratuitement) que la valeur de 7/'(10)', obtenue pour la Cométe de Encke, soit aussi applicable à la Cométe d'Harrev, l'on aurait : 2 =38", 845.75 5 Qo — 4", 474: T Le mouvement diurne étant de 46", 476, on voit que cette accélération serait moindre d'un jour pour la dernière période de 1759 à 1835. Suivant l'hypothèse de la force répulsive du Soleil, les formules (18) et (19) donneraient : ; + i RARE it e a ¿=p (ro). .(3432", 255): 7 > dp = Vi (92^, 1792) Quelle que soit la cause mécanique de la force tangentielle, on peut la regarder comme insensible, relativement au mouvement du centre de gravité de la Cométe d’Harrex, pendant sa dernière révolution. Ce fait contraste vivement avec les énormes apparences physiques qui ont été observées, et savamment décrites par plusieurs, Astronomes. En imaginant une Cométe qui aurait la méme excentricité e=0, 9674 , et pour demi-grand'-axe, «=0,38.f; il suffirait de multiplier 42” par di irei } i | 8 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES EQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. € 47, 342 H 17, OC 6,8805 > | 99 b puis par DEUS ar à pour avoir l'ac- Gf AE (yf Vo 0, 38.f y7 iio € et la variation dg, correspondante à l'une ou à l'autre des deux hypothèses dont il est ici question. Par une fiction analogue, appliquée à la Cométe de 1205 jours, on voit que e==sin. (57°. 38’. 9") =sin.p étant l'excentricité, et a=0,38.f le demi-grand'-axe (au lieu de a==2, 2164) l'on aurait o5 8326. by 8326 | e 992 —3", 4fo19 X ———. H' , Tura id 4 9 ri p ; c= 58", 665 Ot ; dp=-—3", Re p p , pour chaque révolution d'un tel astre. La différence de ces deux effets pourrait étre pee dans Phypothése de la force répulsive du Soleil elle dépend (caeteris paribus) des coefficiens inconnus H" et —. y Pour plus de clarté j'ajouterai, que le cocflicient H’ est, en général, composé de trois facteurs. En nommant D' la densité du milieu résistant, D la densité de la matière du mobile, S sa surface, PM son volume, et f un facteur abstrait multiplié par une ligne, l'on a: JD as. me P L'unité linéaire est la distance moyenne de la Terre au Soleil. Les valeurs différentes de Z', données par les équations (31) et (35), tiennent à la différence de ces facteurs pour chacune des deux Cométes. Le milieu résistant, auquel on applique les formules (28), n'est pas l'éther impondérable et universel qui propage la lumière: c'est une espèce d’atmosphère immobile qui entoure le Soleil sans être en contact immédiat avec sa surface, en vertu d'une cause soit électrique, soit magnétique que je ne saurai définir. Il ne s'agit pas ici d'expliquer ni son origine ni le mode de son existence, ni la cause de son invisibilité , lement de soumettre ses effets au calcul mais seu- 0 , et de les comparer aux résultats des observations, relativement au mouvement du centre de gravitó des Cométes périodiques. bs — — PAR J. PLANA 28! D'après les observations faites en 1835, la Comète d'Harrzy n'a donné aucune indication sensible d'accélération. Conformément aux calculs publiés par M.” Rosensercer dans le N.° 294 du Journal d'Altona, l'instant calculé de son passage au périhélie: 1835, Novembre 15, 9454; répond au passage observé avec un degré de précision, tel qu'on doit supposer nul le coef- ficient H'. Il y aurait eu une différence d'environ 7 jours, si la valeur de A", qui a lieu pour la Colnéte d'ExckE, était applicable à la Comte d'Harrev, d’après les résultats publiés au N.° 276 du Journal d'Altona (page 193). Les sept jours de retard , dont il est ici question, sont une conséquence de la valeur hypothétique attribuée au coefficient H': et le fait a démenti l'hypothèse. Araco ne parait pas avoir compris la nécessité d'interpréter les calculs, exposés par M.” Rosensercer au N. 276 précité, dans le sens d'une pure fiction et non d'une réalité. Autrement, à la page 202 du Second Volume de ses Mémoires scientifiques on ne lirait pas le passage posthume: « Or, au contraire, d’après M.” Rosenseno, lastre observé » aurait été de six jours en retard sur les résultats de calculs dégagés » de toute considération sur la présence d'un milieu résistant tel que » l'éther », qui a été ajouté a sa Notice de l'année 1836: En voyant que j'obtenais Jọ = — 29", 51 au lieu de 09 = — 34", 57 pour la Cométe de Faye, j'avais concu quelques doutes sur la quotité de l'aecélération observée Et pour les dissiper j'ai écrit à M." le Professeur Axel MóLien, afin d'avoir, sur ce point important, son adhésion. Il a eu la bonté de me faire la réponse que je publie ici : « Monsieur le Baron J. PLANA, Lund, 1861, Avril 9. Ayant recu votre lettre estimée du 2 passé, je m'empresse de vous répondre que la valeur de AM pour une période de 2720 jours de la Cométe de M. Fave, selon mon calcul, est égale à 330", 352. Quant au rapport numérique que j'ai trouvé entre les quantités x et y, il faut remarquer que je n'ai pas encore considéré l'influence du milieu résistant sur les positions de la Cométe dans le calcul des per- turbations; il est donc probable qu'une nouvelle computation des per- turbations amènerait quelque modification dans ce rapport. Il me paraît a ge 28? MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. aussi possible , que l'observation de la prochaine apparition pourrait encore d'une maniére sensible modifier ce rapport. J'ai l'honneur etc. Signé: Axe. MÖLLER ». § VII. En supposant la loi dela densité du milieu résistant, exprimée par F(r)=B +=, ou B, désigne une quantité constante indéterminée , les > formules générales, que j'ai données dans le Vol, XHI déjà cité, peuvent 5 yeu J >] étre réduites à celles-ci : 3m TÉ M'te (a F'—E')B, pu < de | —H' Vie, Vie 4a COUTE ¡Ms aa (F'— E')B,ju ; eus H'\M' a F'—E') B, oo > +a° (27 Boju « Il suit de là, qu'en posant u=nt, et "EL 2 re I M" qe Ra (I ic G'— ¿FE m 3 a a l'on a Donc, en faisant ¿=1. l’on aura: T > AAA DURA ST t yop om pope type I ce qui donne Pour appliquer ces formules à la Comète de 2718 jours on fera: F'= 1,72043 ;. E'=1, 44039; VICO Tajo C WERE mais de l’équation (37) on tire PAR J. PLANA qe? i Gla (Corana or CW TP m ; ala 2 S 0,69482 O 61228 i : dm EX 0920/49. 4 et la formule (38 en faisant X=330",371, donnera: D y. 39715; È Der REST; E È (AL) ein rid gi dp — — 24 (7949085 c'est-à-dire une valeur de dg égale à celle fournie par l’hypothèse de la force répulsive calculée au $ V. Ainsi un milieu résistant constitué de maniére que la loi de sa densité soit de la forme n EUNDI I D' 10, 332042 +4 | 4 1 produirait une diminution de l’excentricité égale à celle déduite de la 2 considération de la force répulsive, Pour appliquer cette hypothèse à la Comète de 1205 jours, on prendra Poo 1 229000 M 0807973 Magn; ce qui donnera js Jas G! 1+ B, (0, 18167) — 1, 042155 3 = : = acta 8052 1+B,(0,27090) 1,062860 je St of et t que c'est-à-dire, à fort peu-prés, une diminution de l'angle y égale à celle Jose 27 dono Goo input 0-95 Y > 4019 7 ? T Il suit de là que les résultats connus à l'égard des deux Cométes de trouvée au 8 V (-3", 2850. 7) . —— 284 MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. 1205 et 2718 jours ne suflisent pas pour établir d’une manière incontestable l'hypothèse de la force répulsive. Du moins il est permis de formuler ainsi la conséquence, en limitant les recherches au mouvement du centre de gravité des Comètes. 1 1 2.G(-—1 a rd m E En supposant F(r)=- e x (où e désigne la base des Lo- E A hl c ae garithmes hyperboliques), M.' Axel Môrrer a trouvé dp=-—32", 559 par son Mémoire publié dans le N° 1317 des Astronomische Nachrichten. ; t SRE CASES cn ele RESET I el Li nera " Ainsi il est probable que le résultat de l'observation 99 ——34 5745 sera confirmé par les observations futures; ou que du moins il subira , 5 £ t x un léger changement. Alors l'équation. 09 = — 24", 7545.75 deviendra d / inadmissible, et il faudra chercher ailleurs des preuves favorables à Phy- pothèse de la force répulsive, émanée de la surface incandescente du Soleil. j Uniquement préoccupé du mouvement du centre de gravité des masses | cométaires, je n'ai pas su m'aider des Recherches très-intéressantes de M M.' Édouard Rocur, relatives à l'atmosphère des Comótes. Néanmoins, | je pense que les deux Cométes directes à courte période, et la Cométe rétrograde d'Harrey, à longue période, offrent un trait de lumière i propre à dissiper l’obscurité qui empéche de fixer irrévocablement la i ; véritable source de la force tangentielle que l'on doit absolument associer | à la-force attractive du Soleil et des planètes. | g VIII. g Pour appliquer les formules (28) à des Comètes, dont l’excentricité / serait très-approchante de l'unité (semblables à celles de 1668, 1680, Ì 1811 et 1843), il faudrait faire $ > pri ipm 1 — e^)? Log. hyperb.* — T" joe 0m neg pet x (1—e?) E'=1 = 1 RG — rss hyperb.* ce qui donnera: | | | PAR J. PLANA 28° ; 2 (3+4e'+e! 3-be? 4 Vi 2 A z log bie iper Eee $" =e) A UE aut 3--22e'--7e* 1 4 Mi aloe hyperb.*- uon Td 2 26” E] y y | Dans le cas, purement hypothétique, d'une Cométe, dont l'orbite aurait i une fort petite excentricité, on ferait . H br I zn e (4 F's’ (17e) 5 Eure |, ‘i 2 4 a 4 ! ce qui donne n 1 n n \ M'=~(1+-Ze’) ; M'z—.3e*; À 2 4 x 4 c=ie(1+2e) À È à OE RN MSS, j =-r(it le). —.4 D=—S Tr e—a . "di 4 | ERU ETS A i Par la variété inhérente à ces formules, on concoit que, même dans le langage algébrique, il y a une différence caractéristique entre l'hypothèse du milieu résistant et l'hypothèse de la force répulsive émanée du Soleil. } Dans ce cas, les formules (18) et (19) sont immédiatement applicables, quelle que soit la valeur absolue de l'excentricité de l'orbite. Pour la Cométe de l'année 1680, on peut prendre (d’après le résultat des calculs de M." Excxe) a= 427,64; e= 0,9999. Avec ces élémens on obtient 16 10) 4.(10)* | 2 : M'z. oo asa Gw) + 3 — Log. hyperb.* (283) ; n 3 (1,9999) 19999 3 M'= 133346900 — 20002 — 62213332689» ; et sensiblement 77" — M'. Cela posé, Pon aura (en secondes d'arc): | O) (460 15600) + yz ; A ye 5 " ^d sd £ . È | òp — H' (10) ( 9^, 06926 )- 7; ; 13 où Z= 8843 années juliennes. On voit par là qu'il faut absolument avoir au moins des limites du coefficient H', pour estimer la grandeur i de cette accélération pendant la première période , comptée depuis pi ; $ Ne 2 } lannée 1680. La petitesse du facteur [al empéchera toujours que le À SERIE II. Tom. XXI p* | di j ^ « C 28° MÉMOIRE SUR L'INTÉGRATION DES ÉQUATIONS DIFFÉRENTIELLES ETC. coefficient H’ puisse être détérminé par des observations bornées au mouvement du centre de gravité des Comètes pendant la courte durée de leur visibilité, J'ignore s'il est possible de déterminer ce coefficient par les phénomènes que présentent leurs noyaux, leurs nébulosités et leurs queues , considérés en ayant égard à l’excessive petitesse de leur masse. Nous n'expliquerons pas ce dernier fait en disant (comme NewTON): « Ne Solem attractione sua nimis agitent ». ia Ria Note au $ V. — £969 L'explication que M." Faye la exposée, vers a fin de l'année 1858, aux pages 944-946 du second Semestre des Comptes rendus, revient à supposer la vitesse de propagation 9 de la force répulsive égale à la vitesse de propagation de la lumière; c’est-à-dire à faire -(60)° 41 = Aet = 10126 =(10)*.k (proxime) H ——= =M donne d'abord, y k’— H9 gi Boso, Vcl Alors l'équation Mais la petitesse du nombre M (10)* permet, en général, de supprimer l'unité sous le radical, et de réduire cette équation à H0 = M (10y. k? Maintenant, si l'on admet que, pour la queue de la Cométe, la quan- tité M devient M', et que l'on a MATO mi de où X* est un nombre indéterminé, l'on aura, en prenant o, 0064 pour M (10)* (c’est-à-dire le nombre donné par l'équation (21) au $ vy! M' » | | * PAR J. PLANA 281 64.k* dcc H9 GX et par conséquent 64 k°— H0=k 1 2 De sorte, que la force radiale ——— sera, pour la queue, négative; 7 ou en sens contraire de la force attractive du Soleil. De là M." Faye tire la conséquence, que la queue doit être dirigée en sens contraire du rayon vecteur de l'orbite de la Cométe. wo pa did ——-- z i a Re A è : á - ra 29 CIRCA ALCUNI CASI 5 DI INTEGRAZIONE DELL'EQUAZIONE LINEARE 1 SL DIFFERENZIALE ORDINARIA, CHE A DIERERENZE PARZIALI, A COBRRICIENTA VARIABILI, D'ORDINE QUALUNQUE | STUDI DI A GIUSEPPE: BRUNO SMS (Memoria letta nell'adunanza del 3 giugno 1860). AMAVA La frequenza con cui nella risoluzione dei problemi di fisica e di mec- canica si incontrano le equazioni differenziali così dette Zineari, attirò sovr'esse in modo speciale l’attenzione degli Analisti. Frutto delle loro scientifiche speculazioni fu la scoperta di parecchie proprietà delle equazioni stesse, e la loro integrazione in alcuni casi particolari. Fermandoci dapprima alle equazioni differenziali lineari ordinarie , Hi ossia ad una sola variabile indipendente, la cui forma generale è E d"y dry ans}? dy ss | lass Gat, gita Faentino HAm Ta FAN) = 3 i | nella quale equazione 4,, 4,,..... An», Amo X rappresentano À funzioni della sola x, Lacrance diede modo di trovarne l’integrale ge- nerale quando sia noto l integrale completo dell'equazione (i) dot dry duty dy hs j2s OP PII Ais edu, Ry =O, "dar ur. che si ottiene mettendo zero in luogo di X nell'equazione (I). A tale 4 scopo, che Cavcuv ed altri raggiunsero in seguito con metodi diversi , ‘ E LAGRANGE ideò, ed espose in una Memoria inserta negli Atti dell’Accademia D di Berlino per l'anno 1775, il metodo della variazione delle costanti | 1 1 3o CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. arbitrarie, del quale, e si servi poi a dimostrare ancora altre proprietà delle equazioni lineari, e furono fatte in appresso felicissime applicazioni alla risoluzione di molti problemi di fisica-matematica e segnatamente di meccanica celeste. Fu inoltre dimostrato che, se Vasi Larini sn sieno m funzioni della x che poste in luogo della y nella equazione (II) la verifichino, e C,, C,, C;,..... C, sieno m costanti arbitrarie, l integrale generale di questa equazione è: SHQIP GY + 6m... + Cum: anzi provò lo stesso Lacrance che , se si conoscano solo n «zm integrali particolari dell'equazione (II), la determinazione del suo integrale com- pleto dipende dall’integrazione di un’altra equazione d'ordine m — n ancor essa lineare e mancante del termine indipendente dalla funzione e sue derivate. Quest'ultima proposizione, cui Lacrorx nel suo trattato di calcolo integrale dice essere la più generale fra le conosciute sull’ integrazione delle equazioni, e la quale conduce a trovare l' integrale completo del- l'equazione (II) quando se ne conoscano m—1 integrali particolari, fu pur dimostrata da Guglielmo Liri in una Memoria letta all Accademia di Parigi, stampata poi nel giornale di CreLLE (1) e per sunto anche in quello di Liovvrrrr; nella quale inoltre l'Autore dimostra parecchie ana- logie che esistono fra le equazioni differenziali lineari e le equazioni al- gebriche ordinarie, delle quali analogie perchè non aventi diretta relazione col mio scopo mi limito ad accennare le due seguenti: :." Nello stesso modo che da un’equazione algebrica ad una sola incognita di grado m si può far scomparire il termine che contiene la (m—n)*™* potenza dell’ incognita risolvendo un'equazione di grado n, si può da un’equazione differenziale lineare ordinaria d'ordine m far andar via il termine che contiene P(m-—n)*"^ coefficiente differenziale integrando un'equazione lineare d'ordine n; 2.° E come, date le m radici di un'equazione algebrica di grado m, questa è determinata e se ne possono scrivere i coefficienti in funzioni simmetriche delle radici date, così, dati m integrali particolari di un'equazione lineare d'ordine m mancante del termine indipendente dalla funzione e sue derivate, i coefficienti di questa equazione sono funzioni simmetriche, che si possono determinare, degli m integrali par- ticolari dati. (1) Anno 1833, Vol. 10.°, fasc. 2.° STUDI DI G. BRUNO Ji Non ostante però che queste proprietà ed alcune altre di minore im- portanza appartengano alle equazioni lineari della forma dell’equazione (IT) qualunque ne sieno lordine ed i coefficienti, il numero dei casi in cui queste si sanno integrare completamente è assai limitato. Se si tolga infatti il caso in cui i coefficienti 4,, 4,, 43; ..... An sono tutti costanti, e quello in cui rappresentando con &,, 4,, &3,..... guado» stanti qualunque si ha (1): a, a oie E ido 2 A Az Tarba’ A (a+bx) * —Gbx | a "m zi "= urbaj A, nod nei quali casi l'equazione (IT) s' integra qualunque ne sia l'ordine, e si eccettui ancora il caso in cui la detta equazione è di primo ordine, il qual caso arrivando, essa si integra qualunque ne sieno i coefficienti, i metodi conosciuti per integrare le equazioni lineari, tuttochè ingegnosi, o non servono che per equazioni specialissime, o non sono che trasfor- mazioni, le quali fanno dipendere l'integrazione dell'equazione proposta da quella di altre non sempre più facili a trattarsi. Di quest'ultima specie sarebbe quello che si volesse ricavare da quanto espone ScHeLLBACH in una sua Memoria stampata nel 4.° fascicolo del 16.° Volume del giornale di CreLLE, in cui l'Autore dà l integrale della equazione (I) quando.sieno note m funzioni della x che egli chiama «,, %,, a, ,.....0,_,, le quali abbiano coi coefficienti dell'equazione da integrarsi determinate re- lazioni, che egli spiega sopra un'equazione di 4.° ordine e scrive così: A, SK HO, Ha + 05 5 A =(0,+d)0 + (0 +d)0+(0%-+d) 0, +(0,+d) a, + (05 47 d) 0, + (a+) a, 5 A;=(a,+d)(e+d)c,+(4+d)(2,+d)c,+(4+d)(2.+d)0, + (e 2- d) (e, -- d ) a, ; A, (05 +d) (&, 27 d) (zd) 0, , nelle quali formole l'autore intende che la lettera d in ciascun termine q (1) Lecenpre ha provato che questo secondo caso d'integrazione dell'equazione (11) rientra nel caso precedente, facendo vedere come, mediante un opporluno cambiamento di variabile , un'e- quazione lineare, i cui coefficienti abbiano la forma quivi accennata, si trasforma in altra lineare dello stesso ordine a coefficienti costanti e a e 32 CIRCA ALCUNI CASI DI INTÉGRAZIONE ECC. indichi che si deve prendere il coefficiente differenziale di ciò che la segue nel termine stesso, ossia intende che («,--d)«, significhi a a E e (2,+d)(a,+d), stia in luogo di da, dur ed) y da, ACCES T da e così di seguito. Passando a considerare le equazioni lineari differenziali parziali ci limiteremo al caso in cui esse contengono due soli variabili indipendenti. La forma generale delle medesime è la seguente: d"z d”z d"z Auot oe a Eee + Am TE dx (IDE he dy qn gno dut (HD) se PA pet A nia A ni T E a URI à dy dz dz HE PORp. CS AIRE LR diae. MEE pppoe. Suo! S224, \ SERT og dy ‘ WP CURA ay de A he CL Aaa EN ear deni M eee de tris Ay Ao, 2 Map Presentado. tinziont delle sole variabili indipendenti x ed y. - Quando l'equazione (IIT) è di primo ordine la sua integrazione si fa dipendere dall’ integrazione di due altre equazioni ordinarie. Qualunque sia l'ordine dell'equazione (III), se tutti i suoi coefficienti sieno costanti ed il suo secondo membro 4 sia nullo, essa è verificata sostituendo per z espressioni della forma Ce***** (1), in cui C denota una costante arbitraria ed 2 e B rappresentano pure costanti qualunque, purchè legate fra di loro dall’equazione algebrica in cui si trasforma la proposta equazione differenziale per la sostituzione dell’accennato valore di z. Sotto le stesse condizioni, la somma di quante espressioni si vogliano della forma Ce****' è ancora un valore di z atto a verificare l'equa- zione (III), e da questa proprietà si trasse modo di determinare sotto forma finita l’ integrale completo della medesima quando tutte le radici (1) La lettera e quivi, come in tutto il corso di questa Memoria, rappresenta la base dei loga- ritmi Neperiani. STUDI DI G. BRUNO 35 dell’accennata equazione algebrica fra « e f£, risoluta rispetto ad una di esse lettere, per esempio «, sono funzioni razionali intere di primo grado delPaltra, f. Quando i valori di « non sono tutti lineari in Bs sa ancora determinare l'integrale generale dell'equazione (III); ma le funzioni arbitrarie in esso contenute si trovano in tal caso collocate sotto segni d'integrazione, eppercid riesce difficilissimo il determinarle in modo da adempiere alle condizioni ai limiti del problema che ha condotto alla equazione differenziale parziale, tolto qualche caso in cui tal determinazione si effettua impiegando il celebre teorema di Fourier. Oltre il primo ordine, se i coefficienti sono variabili, l'equazione dif- ferenziale parziale lineare non s'integra che in pochissimi casi tult'affatto particolari. Veramente il sig. BnowAccr, in una sua Memoria inserita nel Volume per gli anni XII e XIII dell'allora Accademia Imperiale di Torino, dimostra che si può far dipendere Pintegrazione dell'equazione (IIT), nel caso in cui sia il suo secondo membro 4=0 e tutti i suoi coefficienti sieno funzioni di una sola delle variabili indipendenti x ed y, dall'inte- grazione di un'equazione differenziale lineare ordinaria dello stesso or- dine m ed a coefficienti variabili: ma, oltrecché quest'ultima non è, nella maggior parte dei casi, integrabile, il metodo dato da Bruwaccr per formarla è di tale lunghezza, che riesce quasi impraticabile se la proposta equazione differenziale parziale sia d'ordine un po’ elevato. Essendomi occorso di trovare alcuni casi, oltre i sovraccennati, in cui l'equazione differenziale lineare ordinaria, od a differenze parziali, a coefficienti variabili, d'ordine qualunque, si integra, o se ne può ridurre l'ordine, li ho raccolti in questo scritto, che presento al benevolo giu- dizio dell’Accademia. S 1 Si sa che l'equazione differenziale lineare ordinaria di secondo ordine dy dy Mens. si TRE PA +4,y=0 G) e Pa o5 cor d. quando i suoi coefficienti 4,, 4, sono costanti, è soddisfatta da yee ` è AS E ossia da (O) epa t peter Serw IL Tom. XXI. > Eu 34 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. in cui C dinota una costante arbitraria e z, è una radice dell'equazione (Oran pri z + A,5+A,=0 Se i coefficienti 4,, 4, dell'equazione (1) sono variabili, l'equazione (2), nella quale z, s'intende sempre rappresentare una radice della (3), può ancora soddisfare alla (1), purchè si prenda per € non più una costante ma una funzione della x da determinarsi convenientemente, e detta z, l’altra radice dell'equazione (3) facilmente si trova per determinare C l'equazione A d.C WO atl, o A qot —» 34:03:67? Quest'equazione, che è lineare e della stessa forma della proposta (1), ha i suoi coeflicienti costanti, ed è perciò integrabile completamente, se, dette k, %,, 2, tre costanti qualunque, abbiasi LH ; 7 =kx+a,. Quando dunque le radici della (3) sono della forma ora accennata, la (1), tuttochè a coefficienti variabili, si può integrare. lo mi propongo di provare che, in caso analogo, l'equazione lineare d'ordine qualunque è altresì integrabile, ossia mi propongo di determinare l'integrale completo dell'equazione d d" y ds d" dy. (2). dass m ignoti ‘Pasta ..+4,. "m z+... + A) =0 quando i suoi coefficienti Viu i$ etu Aube SOLO. tall Che la CUL. rispondente equazione caratteristica (*) (6)... T A PA AAA Au mo abbia per radici DS epee ae ta A isla Elec OR essendo: Kya; thy A O quantità costanti qualunque. Per questo osservo che un coefficiente qualunque 4, dell'equazione (5) è la somma dei prodotti distinti che si possono fare colle radici z 19 Za) 53, + Zm dell'equazione (6) prese n ad m e col proprio segno o con di i 5 (*) Do per brevità un nome all’equazione (6) perchè essa si presenta ancora molte altre volle nel corso di questa Memoria sn - Mw STUDI DI G. BRUNO 99 segno contrario secondoché m è pari od impari. Il numero di questi prodotti è m(m-—1)(m—2).....(m—n--1) 124.9 51) E ed uno qualunque di loro ha, nell'ipotesi che abbiam fatto sulla natura delle radici Zes 2,, .235 + 4.,2,,,.1a forma seguente: () RS gia. S, p pae. ad S mae DS, in cui un coefficiente qualunque S, rappresenta la somma dei prodotti distinti che si possono fare coi secondi termini dei fattori del polinomio (7) m(m-—1)(m—2)...(m—n-- 1) pur yep) presi g a q. La somma di tutti gli prodotti analoghi al (7) sarà un polinomio dello stesso grado e forma, ossia avrassi (=i Y A=B ka" BR x" Bk amu. Bn co PB,: il polinomio che forma il secondo membro di quest'uguaglianza non solo sarà una funzione simmetrica delle quantità @,, %,, ... %,, ma un suo coefficiente qualunque B, sarà un multiplo di P,, se con P, si indica la somma dei prodotti distinti che si possono fare con tutte le quantità yy Ur, +++ &, prese q a q. Per vedere qual multiplo sia B, di P, notisi m(m— 1) (m—2)..... (m—n-4- 1) E 1315-019. 5 a olt n(n—1i)(n—2)... (n—g + 1) TO diu che ciascuno degli termini analoghi al S, onde il B, si compone, consta di prodotti distinti delle quantità 2,, 2,, 2;, ... %, prese q a q, epperciò di questi prodotti in B, ve ne sarà un numero rappresentato da m (m —1)(m —2)...(m—n-- 1) n(n—1)(n—2)...(n—q-- 1) 3 X Sed Aviv. è s. TO 1.2.9... _m(m—1)(m—2)...(m—n-+1) Ivana (Rega di tali prodotti a formare P, volendovene m(m—1)(m—2)...(m—q-+ 1) Piar avremo | 36 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. _ m(m—1)(m—2).. .(m—n-+1) Dade weg, 77 1,2,3...(n—q)X1.2.3...q mm—i)(m—2)...(m—q+#1) P, B LL (m—q)m—q— 1) m—q4— 2)... (m—n+1)p ; (n—q)(n—q — 1) (N—q—2)... 1 da , epperò l’espressione generale d'un coefficiente qualunque 4, dell'equa- zione (5) sarà (Be nsa ner Aj=(=1)" ; | ; m(m—1)(m—2)...(m—n-+1),, n H k x | NAN OR Sad ase ou n È m—i)(m—2)...(m—n-+1 | ( )( ) ( + Pp asa | [Qe e (n— 1) À | i IPO e ara Eae i isi dust 14S (n— 2) I | E (m—q)(m—q— 1) (m—q—2)...(m—n+1) Pn ra HI ` E Uus iur (n —4) d il f |) — C ran or cocta eph RER + p, kep, : Facciasi ora ; ! (re MR y=Ce n | C denotando una funzione della x da determinarsi. Il coefficiente diffe- | tam | renziale E”. che nell'equazione (5) è moltiplicato per 4, sarà, come dann? q I P D è noto: | , v 4 | gà qu i | kz AS OT a WCE Apu te EC 4 e . . . ium I di didnt! Í ES (m —n)(m —n—1) d'e ? d"-"-*C | dc Py da CO a | (10)... dam Le i — il i o ieee Ead e a dn-n_10 il LIE i h dx" gon" A pes p2 | maem el O eu. 3 e | i tt sers Tee de c RCM - | i E rid STUDI DI G. BRUNO 37 Cid premesso, se noi sostituiamo nell'equazione (5) per d"y etu) Lei diim) dy dax? ^ dx" ? dx"? ? a 8 E el i loro valori, la cui espressione generale è data dalla (10), e per y il suo valore dato dall'equazione (9), ed ordiniamo il risultato, rispetto ai | | coefficienti differenziali della C, a formare il coefficiente Q, , che nel ri- | f UM ; AS i i sultato moltiplicherà uno qualunque di essi -——, concorreranno 1 ter- i da" n mu : à : $ SODI s | mini dell’equazione (5) dal primo fino al termine Ay Tr inclusiva- | ax mente, ed agevolmente si scorge che sarà 1 í e 1 kt. qus me he y BER e I dx pe q 2) (m—n+ 1) 4 CIRE Tr TT a eee = Se A I ARA) 4 deci esita i Sr ae 1 ia 1 as _ m(m—1)(m—2)...(m—n+1) d'e ° 1 | WE CORDE en E BEES n da" | Notisi adesso che | he P d de ? rk Be a uno ee SC OR as = "s i BRAY k xa Far he lle Vy 1] 5 at na? 2 du rm qu =ke RICADE 3a. yx] ; | " | d'e ? kE su — } TT UD [Gc Vt) + 6 (e. Vay 3] y iio sa 910501 i GB, a % a 38 CIRCA ALCUNI CASI. DI. INTEGRAZIONE ECC. us i jm kie die O 2 x VE) a E gygy OC E) ey | a Seis lis, tesina GT lim (ies pet} E ] y l om d ne ap (x.V% ft Nr ne din ete | | Il termine generale di Q, che è E | p=M_nti)(monti-1)(monti—2)... (m—n+1) , die? gom TERRE i ae dra sostituendovi per 4,_; la sua espressione tratta dalla (8) cambiandovi n [ | ' > b= 1 in n—i, e per Xx il suo sviluppo somministrato dall'equazione (11), H i diverrà : | R=(=1y= i(m—n-4-i) (m—n--i—1) (m—n-4-i— 2). . (mni), k= il mira. i | | m(m—1)(m—2)..... (montiti),,_ co e | PR Bde ees (n —i) i (m —1)(m — 2)..... (m —n --i-- Dp fates nU MEE px 365 502 (n —i—1) y (m—4) m —4— 1) (m—4—2). . . (m—n-4-i4- 1) Biki i—q gn_i-9q TER. DIS (n—i—q) Mir. I RE eT pis EE B. —\; I(iTI ing, 1 —21)(6—2)(0—3 en (a. VX) + erp sail Ré 2H Doo VE) oe E; l X i(i—i)(i—2)..... (¿—2p+1) ese quis D se DIRO TM C 2p uu e men nee pe P Se si eseguisce questo prodotto, il termine generale di R avrà per | U espressione | ‘ | do ride | y | STUDI DI G. BRUNO 39 Lu (m—n2ei)(m-—n-ci—1):.. (m—n-- 1) e JU eds dO basate D or mi A + x 122.3 (Meg) ] U^ i(i—1i)..... (Lee) epa TV eg is * ite ey 2) aie ay g | Tt alm—q)(m—q—1).. e. (m—n- 1) pe lio eugene pee, 1.2. (i—2p)X 1.2...(n—i —q)X 2 TET La P y m or Ot q)(m—q-—1).....(m—n- 1) ‘= 1.n—p—q ,n—a2p—4,5 Deg EENE dai 2pX1.2.....(n—2p—q) Xj (Pig 1) (n —i—4-3).- ee (n—3p—q) TOR d Ee Po (Tp) Per avere R bisognerebbe ora sommare tutti i valori di 7 corrispon- v.e q uguale a ciascuno dei numeri interi compresi da zero fino dd n—i. i denü a p uguale a ciascuno degli interi compresi da zero fino ad — Ottenuto cosi À per avere Q, si dovrebbero poi sommare tutti i valori che prende R quando vi si fa successivamente ¿=0; ¿=1 PER AU Ora un po'di riflessione basta a convincerci che si può invertire lor- dine di quelle somme, e cangiarne rispettivamente i limiti nel modo che sto per dire: si faccia la somma G di tuiti i valori di 7° che corrispon- dano ad i uguale a ciascuno degli interi compresi fra 2p ed n—q, questi limiti inclusi, poi si sommino tutti i valori che prende G per q=0; G13 (=2) +++-- (=N—2Pp, detta H questa somma, si avrà Q, ks reset insieme i valori di Æ corrispondenti a po; secondochè 7 25 econ no Wp diod à pesto Pai her ; a pz p= pari od impari (**). (*) Uso per brevità questo modo di dire quantunque per r=; le ultime espressioni di 7 ap- parentemente assumano un valore infinito; il valore di 7 corrispondente all'estremo accennato di P Si avrà ricorrendo alla prima espressione della stessa 7. ) Simile osservazione s’ intenda ripetuta in seguito, quando, in casi analoghi, per ugual ragione, mi servirò ancora dello stesso modo di esprimermi. ** e ned j i | US Quantunque, come avvertii, sia facile il persuadersi che è lecito il fare l’accennata inver- | sione nell'ordine di sommare i termini di Q, , ed i relativi indicati cambiamenti di limiti, ne darò ETA si 4o CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. Procedendo adunque in quest'ordine, osserviamo che 7' ha il fattore qui una dimostrazione, tanto piü volentieri che oceorrerà ancor altre volte nel corso di questa Memoria di dover fare analoghe trasformazioni. Stabiliti tre assi di coordinate delle i, g e p, si intenda ciascun termine del polinomio Q, scritto nel punto dello spazio le cui coordinate sono i valori di i, q e p corrispondenti ad esso termine. Se ora si prendano sugli assi delle i e g le lunghezze 0.4, OB uguali ciascuna ad n unità di misura e, condotto per A la retta AC parallela ad Op e lunga = unità, si formi il tetraedro 0.4 BC P 9 + manifesto che i termini del polinomio, che abbiamo chiamato À, occuperanno i punti, le cui coordinate p e q sono espresse da numeri interi e che sono contenuti nell'interno o sul perimetro del parallelogramma 48793, che è sezione del tetraedro con un piano parallelo a quello delle p eq, e condoito pel punto 9, tale che il numero delle unità di misura contenute in Oô sia eguale al valor costante che ha la lettera i in tutti i termini di R; e che perciò i punti occupati dai termini di Q, saranno tutti quelli le cui tre coordinate sono espresse da numeri interi e che giacciono nel? interno o sulla superficie del tetraedro. Ora la nostra trasformazione consiste nel sommare d ad un med dapprima i termini che corrisp valore qualunque di p e q, e sono compresi uell'interno o sulla superficie della piramide, ossia che sono scritti sopra una retta qualunque gh condotta nella piramide parallelamente all'asse delle 7, e questa somma è quella che abbiamo chia- malo G; nel sommar poi tulte le espressioni di G relative ad uno stesso valore di p ed a valori di q compresi nei limiti della piramide, con che si ha la somma H di tutti i termini di Q, con- tenuti nella sezione rst della piramide fatta parallelamente al piano delle ¿ e g e corrispondente ad un valore intero qualunque di p: nel fare infine la somma di tutti i valori che prende H per 3 g si n . " nn zu p uguale a ciascuno degli interi compresi da zero fino al z ossia di tutti i termini che occupano punti situati nell’ interno o sulla superficie della piramide, la qual somma è appunto Ọ, . STUDI DI G. BRUNO 4 i No Mim i Boe seca te (m m—n-- 1), E pet UR (=r as 4.6...2pX1.2.3...(n—2p—q) 7 Phi or" e indipendente da ¿; sommiamo perciò i valori dell'altro fattore di 7° cor- rispondenti ad i=2p; i=2pH 1; i=n —q. Questi valori sono i successivi termini della serie seguente : 1.2 rt IR I _(n—2p—q)(n—2p=— —q— 1) (n— 2p —q— 2) 1.3.9 oem erm] PEE PET (rer) PE | Sarà pertanto e ,(m—q) (m—g—1) ...(m—n--1 \p tro rg — Go, 2.4.6...2pK1.2.3...(n—2p—q) ? Ora, per ciascuno dei valori di g compresi da zero fino ad n—2p—1 inclusivamente, il valore di G si annulla, epperò la somma # dei valori di G corrispondenti a quelli di y, compresi nei limiti superiormente in- dicati, si riduce al valore che prende G per g=n—2p, il quale è 2 m— d ui didi LE Bou en ns p) (m nd-ap RAM C nido pve E : Bete Deam 2p s Avremo dunque RS (LS) GUNT crue Q,=(—i)'e * { P WR Ld roii ri Pi bart) à y (m n AY icum Kumar ti nta t p DA by, genre nee in ee erin) —Ó—9 (n—n-c1)p pr sic, "Lun a de) y (mne 2p) (m—n4-3p—1) (m—n4- ap—2)..(n—n--1)p gp | du quaere a 2p nf Lor c EMI e rt ET Serie IL Tom. XXI. menie | — — 42 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. La trasformata dell’ equazione (5) che si ha col sostituire in. essa per y e suoi coefficienti differenziali le loro espressioni per mezzo della variabile € essendo d"C d"-'C d"—C d"—Cc d™-'C € Qu da" SH Q, dx” ie Qo de Q; dx Q, dar | | d"—c d"-"C > mah n be A UE ari m a SEI +Q,C=0 , sostituendovi per Q., Q,, Qi, Qs, Qi, Q5-----.-- O Qn | le loro espressioni tratte dalla (12) ed ommettendo il fattore comune | k 2 i e ?, diviene | { mv m=i pre m— a | | deep mL Paste ED Cars | CEL GAS 2 dx | | el jus. G Pied ims à” x) p | | ES 2 E ni s | > (». y (M2) (m —3) P.k+ miei lr) opcs È ZA UNO 5 D dal A È ( p, (MBA) p p (m1) (2 (m—3) (M—A) pk s | - | ERE Fr d ed dM Ip porc | (3) uv pase e o E | Patto pM M | ni 2 d"—C | +(— 1)” Toma | : (m-n«2p)(m-n-2p-1)..(m-n*1)5 q dx i ; + 7 M ire | TA SQ Parr Pu akon 1.3 B, uk mls +(— 1 ; PEE 4 ESL IO ANE S (2p— DP map PH eee il cui integrale completo si sa trovare perchè essa è ancor lineare ed ha j i suoi coefficienti costanti. La legge di formazione di questi coefficienti T essendo ben nota, l'equazione (13) si può formare appena sieno cono- sciute le radici dell’equazione (6), e, se rappresenti C la più generale espressione che verifica la detta equazione (13), l'equazione (9) sarà l’integrale completo della (5) proposta. messo STUDI DI G. BRUNO 43 A maggior intelligenza del metodo ora esposto applichiamolo ad un esempio particolare numerico. Debbasi integrare l'equazione diy ay ; 2 d'y (see dea Gr 29) pa DIRE TA de —(32.x°+120x°+92x—10) dI 41162480 x+92x°—20x—34)y=0. Per conoscere se questa equazione rientri nel caso di cui ci siamo oc- cupati in questo paragrafo, il metodo più naturale sarebbe di risolvere rispetto alla z la sua equazione caratteristica ¿(Bart 10) 3 (24 x^ + 60 x 33) z^ — (32104 120 x" 492% — 10)5 + 16x52 - 80 x? 92^ — 20x — 34 — 0 e vedere se le quattro radici sue sono della forma kx+0,, kx+4,, ka+o), ko+a, in cui k, %,, %,, %, a, sono costanti; ma sarà più comodo invece cercare se i coefficienti dell’ equazione (a) sono della forma (8) dei coefficienti dell'equazione (5); cioè se poste le equazioni 8x+1o=4kx+P, ; 2425 2- 60x: 2 23 2 6 Pa +3 P, kac 2 P, ; 32% 2 120 x* 2 92 — 10 = À Ex t 3 P Kx-2Pkr-P,: 16.x'+80x°+92x°—200—34= Kha P, ai +P ka Pika P, sia possibile verificarle qualunque sia la x con valor ‘costanti dik, Bs P,, P,, P,. Si trova potersi in questo caso soddisfare alle dette equa- zioni assumendo k=2; P,=10; P,=23; P¿=— 10; P,—— 34: la proposta equazione (a) è adunque integrabile completamente, e Pequa- zione (13) riducendosi nel caso nostro alla seguente dC dC Us sd E È “ag e quod ts C=0;, il cui integrale completo, operando secondo le regole conosciute e rappre- sentando con C,, C,, C;, C, quattro costanti arbitrarie, si trova essere C=C,e"4+ C,e* + C;eì* + C, e5* , avremo per integrale completo dell’equazione (a) : y=e (C,e*+ Ce + Cre +-C,e'*) - Si occ td NARRE e cm 4 4 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. Sd L'equazione (4) del paragrafo precedente è integrabile in un altro bo pene dis YT caso oltre il già contemplato, quando cioè 2,—2, € -— sieno uguali ai dac quozienti di due quantità costanti qualsiensi divise rispettivamente per la prima e per la seconda potenza di uno stesso binomio di primo grado in x, ossia quando abbiasi z uii dada e arta Us UT aba °C atb ax &,, a, b denotano costanti qualunque, epperò nella stessa ipotesi si poirà dove k, a, determinare l'integrale completo dell’equazione (1). Anche questo caso di integrazione si estende alle equazioni lineari d'ordine qualunque , cioè l'equazione dry an eh Re SA ge A. Li (5) p Ux riae ax" + 4 da" J Y è integrabile completamente quando le m radici della sua equazione ca- ratteristica abbiano per espressione koro, . kax+o,. kx x KX Ae hn DER PaO A e "Epp le lettere k, a, 5, &,, Ory Q3..... &,, rappresentando costanti qualunque. In questa ipotesi, diffatti, un coefficiente qualunque 4, dell’ equa- zione (5) non differisce da ciò che si denotava con la stessa lettera nel a 1 ae caso del paragrafo precedente fuorchè pel fattore Gere) che quivi si introduce. Sarà perciò (— 1) 7 EIE Inl ee A, = OE (a+bx)" m(m—1)(M—2)....... (m—n 1) CESTA n Lime Fret (m—n-+1) Plr- sermi iosa (n— 2) kn ga (m—q) (m—q — 1) (M—q—2)+-:+- (m —n-+ 1) d RESI hio (n—q) P, mn- i , A o TAA om nn + > P,_kx+P,, STUDI DI G. BRUNO 45 nella qual formola P,, Pi Py PATES Pu, rappresentano le stesse funzioni di @,, %,, Q3..... a, che nella (8). Pongasi ora l'equazione k (HORS EO o. g= Ce? in cui C indica una funzione della x da determinarsi. Un coefficiente differenziale d'ordine qualunque m—n della y sarà dato dalla formola (TO) ALAS ea Last AMC” meandar da" 7" I b diana E (mn) (m —n— 25) 3: 1.2 5 f dor. x pe (m—n) (m—n—1) (m—n—2). . . (m—n—h-- 1) E | dmn ak ane Srey nt h bl dam" mn (k\"-"—'dC Te PER o FENG wean C. / Sostituendo nella (5) per y e suoi coefficienti differenziali le loro espres- sioni date dalle equazioni (15) e (16), ed ordinando la trasformata rispetto ai coefficienti differenziali della C, l'equazione (5) assume la forma d^C GIG d"—C (17) Ew ud 0.7 + LY, day" TQ E Voc NIN v (it eG. te Oe agian de RE E C RECEN +Q,,C==0 in cui un coefficiente qualunque Q, è espresso dalla formola 7j Li eres Q, e^ m—n--ik (m— n+ 2) oe» (t) 4 Art GA un I b 163 (m —n4-3) (m—n-+2) (m—n+ 1) (kV + 3 (3) A 198% x4 ) Mm_-n+i)(m-n+i-1)(m-n+iT-2)...(m_n+1) (5) 4 clie qd ann i n—i m(m—1)(m—2)...(m—n- 1) (7 i T 159 Da n ar / I 48 A ! J 13 46 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. il cui termine generale, sostituendo per 4,_; la sua espressione ricavata dalla (14) cambiandovi n in n — i, è ;(m-n+i -n+i-1)(m-n+i-2)...(m-n+1)(k\' a n+i)(m-n+i-1)(m-n jees 077 (7); e i, DERE, i a+bay ee à .(m—n+i+i) . (n—i) (m — 1) us .(m—n+i+1). .(n—i— 1) n—i pri k It OT OU SI (m—q)(m—q—1)(m—q—2). .(m—n+i+ 1) 123. AAN mE Urs ^ È Pm a gor pra i TE BÓ du mo n—i—1 I kæ Pai. I varii termini di R sono perciò della forma n-im—nti)(m_nti—-1)(m—n+i—-2)...(m-n+1) sr pa dii dini i y MD m4 1) (mg). (M—n-+i4-1) p (7) A D dd POSI (n—i—q) ^b (aA - bacy k 1 = pus q)m—4q—1)(m—4—2)... (m—n-2-1), et | PTS eus (n—q) 1 (aba)? | x ap (n—4—1)(n—4—2)-.. (n—q—i-+1) JS ka Las dts BAS acte i b] \a+bx j Per avere R bisognerebbe sommare tutti i valori di 7 corrispondenti 4 q2:05 IZ oi =n—i. Q, poi sarebbe la somma di um i valori presi da R quando vi si faccia i20; i=1; i=2; UU son —n. Ma ad avere Q,, invertendo l'ordine delle somme, si può pare sommar prima tutti i valori di 7' corrispondenti ad i uguale a ciascuno dei numeri 0, 1, 2,..... n—q, e, detta H la somma otte- nuta, addizionare i valori che prende H per q uguale a ciascuno dei numeri interi compresi fra zero ed n inclusivamente a questi due limiti, Procedendo in quest'ordine, e notando che il fattore ( a Le ES dem o A .(m—n+ 1) p Po: ) Te; "CEN TER (n—q) iron di T è indipendente da 7, avremo — e STUDI DI G. BRUNO 47 ne ,(m—q) (m—g —1) (m—q—2)... (m—n-+1) 5 de d ac ir" (n—q) PET ( ka r- n—q k ka pe a+bx eso 5 lita (n—q)(n—q— 1)(k vv tex hag ue d x 1.2 (3) (+32) me, x .(n—q)(n—q—1)(n—4—2)..(n—q—r--1) (kV (. kx WV7777 e ; Deui us r (5) (s) —q(ky- ka ky 1] | (955) + (y -"(7) 2 a+bx EE cu Scd e e M pube nr e (n—q) T(a+bx)\a+bx b (m—q)(m—q— 1)(m—q—2)...(m—n-+1) (x y" e? =(—1) 1090199)... (n—q) b T(a+bx)" 1 e quindi 9 (aie "T(a+bx)" / p, mui Mp, + nta enti) (82) pi a m b ELS b __ (m—n+3)(m—n+ 2)(m—n-4- dp PRE d eme i $5 b , E ^ (m—n--i) (m—n-+-i—1)(m—n+-i—2)...( +1) (k n ¿y ¡(m= — — — —2)...(m—n a Meter) RAD ON oe i 7) Pas Lom (m—1) (m— 2)... (m—n+1) "ey oi SML MR +(— 1) T AO e: i Sostituendo nell'equazione (17) per Q., Q,, Q,, ..... (Uri vac aed Qn i loro valori la cui espressione generale è data dalla formola precedente, DA ed ommesso il fattore comune e^ , essa diventa: 48 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC, m ka anc. PTT qnc dx" a--bx dx" As m-2 ka (m-1)(m-2)/ka\° m(m-1)(m-2)/ kaV I cm (5) iie 1:07 35 (3) WC (a 4-5 x) dac (— 1)" d"-"C Gela de (19) + RE Ra a ion + p 5 n p i32 ;(m-n+i)(m-n+i-1)...(m-n+1)(ka\' Shwe Wee (+) ‘curia ERES - ks m-n+1 ka __(m_n+2) deve — (—1)" a Lestat. M (a+-bx) Questa equazione è integrabile coi metodi conosciuti, e se dicesi C l'espres- sione più generale in x che vi soddisfa, l'equazione (15) sarà l'integrale completo della proposta equazione (5). All'equazione (19) si può dare una forma più semplice.. Osserviamo per questo che le diverse radici kx a, . kara, kx +, kao e 0%, ak ba” IRE cade i.c. Ro dell’equazione caratteristica possono scriversi in quest altro modo ka ka ka P o kå D dr MSIE È fin) A, i k RE D ; k "m b : ¿Y abr dn STO hg baba aa 6° atba ? diciamo: B, iov rs ne m le quantita ka ka ka ka gu nce o E, MEE ey Bey peg Sopas up En — STUDI DI G. BRUNO 49 dette quantità, e con IL, Il, ..... IT,,_, le somme dei prodotti distinti che si possono fare colle medesime prendendole rispettivamente due a due, tre a tre, ... m—1 ad m—1, e con M, il loro prodotto f},8.8}...f,: con un ragionamento analogo a quello con cui abbiamo stabilito l'equa- zione (8), si scorgerà che i coefficienti di dCi der mot d"-"C y dx": Li dx"? dormi? nell'equazione (19) sono rispettivamente II, IL, II, ARA tlaxba) 1 (ab x)? NE arotaes (=) (—:)” in (aba) ' (a--b x)" e che perciò la detta equazione (19) può scriversi così: ps dC of, dc i, ^ dec ) d». 2'INNU LIS ID 4 e (30) dx" ax dat (axba) uo" TT, PG e hi y IL, les c CECO LIA e i (a+ bay dx" ee TUA PS. +( ) (a+ ba)" zz o Sia come esempio particolare proposta ad integrarsi l'equazione seguente : d'y _18x+3 d'y, 108x°+36x+30 dy Wien ie dx Shy a (3a—1)* dx 216 X°+ 108x°+ 180 x + 82 E la (3a — 1) — Dalla forma dei coefficienti scorgesi che se essa è integrabile col metodo che ora fu esposto dovrà aversi a — 1; b=3; k==6: confrontando poi i coefficienti stessi colla forma generale di 4, data dall'equazione (14) si hanno le uguaglianze 18x-4- 3=3kx+ P,, 1081 + 36x+3o=3k*x° +22, kx +P, , 2160+1080 +1800+82= Bas P, ko 4- Pkt P; , cui si soddisfa indipendentemente da ogni valore di x assumendo k=6, come già abbiamo detto, e P,=3; P,—3o; P;=82: eppero la Serie II. Tom. XXI G 5o CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. proposta equazione (h) è effettivamente integrabile col metodo trattato in questo paragrafo. L'equazione (19) colla sostituzione degli accennati valori di a, b, k, Pi, P,, Ps, e fattovi di più m=3, si riduce alla seguente: dC. 9 dc 54 dC 162 de Jai dx OZE de Ox PY C=o > il cui integrale completo, rappresentando con C,, C,, C; tre costanti arbitrarie, è C=C, (x—1)-2- C, (x — 1) els (3 — 1)! : Vintegrale generale della proposta equazione (b) sarà perciò yee (C(3x—1)-- C, (321) +C (3x —1)). $ 3. Uno degli argomenti. trattati dal Dottore Brunaccr nella sua Memoria già citata è l'integrazione dell’equazione differenziale lineare ordinaria d'ordine qualunque m, la cui equazione caratteristica abbia p radici-co- stanti ed m —p radici variabili. Dimostra l'Autore che l'integrazione dell'equazione proposta dipende dall integrazione di un'altra. equazione lineare d'ordine m — p , ed è perciò sempre possibile quando sia p=m—1. Questa proposizione è un corollario quasi immediato dell'altra più generale e più antica dovuta a Lacrance, di cui anche fu già fatta parola, la quale stabilisce che la determinazione dell integrale completo di un'e- quazione differenziale lineare ordinaria di ordine m, della quale si cono- scano p ye dou este ve E da” dx" n dam? s Ky du hit ojiva hs +K, — +KM,=0, dæ dx in cui un coefficiente qualunque K, si scorge facilmente essere dato dalla i formola seguente: 52 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. K | m(m-—ai)(m-—2)..... (i+ 1) TY REL ed (m—i) a has PEE pe, obéir ea Mr) bos tg amis D a Ly reer he CIC cUm ee maine |) (m—i)(m—i—1)(n—i—2)..... (m—i—q 1) os 4 Aou à Pe m(m— 1)(m—2)..... (n—q+1) 4,0, (m—i)(m—i—1)(m—i—2)..... I |. O a e m(m—1)(m—2)..... (¿+1) Ami La quale espressione di K, ponendovi per 4,, 4,, ...4,, -Ami i loro valori espressi per mezzo di G,, G,, ... G,,_, dati dall'equa- zione (21) si trasforma nella seguente : ; g=” (m — 2)(m—3) PETIT (i+ i)i GES tt Gite eT PES (m—i) | à wa umoris mercy m (n—i—1)6 air i ; ti m=i ' (nn) (mes) a bee n | (m—i)(m—i—1)(m—i—2)...(m—i—q-2-1) A moi a p q si G, 7 red. (m—1)(m—2)(m—3)..... (m —q) e "a mi(M=i) (m—i-—1) (m—i—2)..... Iq j [S QE +( 1) (m— 1) (m—3) (m—3) RUE ; F m=i 9 per ¿=o essa diventa zero, eppercid la precedente equazione differen- ziale in M, viene a mancare del termine che contiene la M, sotto forma 1 finita, ed in conseguenza , fatto d M, LI, da si ha per determinare JV, l'equazione lineare seguente d'ordine inferiore di un'unità a quello della proposta equazione (5) (*): (^) Che Pequazione in M debba mancare del termine contenente questa variabile sotto forma finita, epperciò debba il suo ordine potersi ridurre di un'unità si può dimostrare più brevemente cosi; poiche l'equazione (6) ha una sua radice costante ed uguale ad a, , della C una costante [0 n d arbitraria, l'equazione (5) è soddisfatta ponendo y= Ce " ; ed invero mediante questa sostituzione " ax EET: " il primo membro della (5) si riduce al prodotto di Ce " per il risullato della sostituzione di a, in luogo di z nel primo membro della (6), il qual risultato è nullo per ipotesi. Ora, noi avendo | nà STUDI DI G. BRUNO 53 at IN eA NA (24) ss ee dx” + Ko 7° da" ‘+ Kma — dar a METE gi + Kip dx Ora io dico che questa equazione (24) è della stessa forma che l'equazione (5) nel caso che trattiamo, ossia che l'equazione caratteri- stica della (24) ha ancora alcune delle sue m — 1 radici costanti e le altre variabili, e precisamente che queste z —: radici sono le differenze AJA y AG y ee Apr QU, Po Qa. mp Ts fra la radice a, e le altre m—1 radici della (6). Infatti l'equazione (6) può scriversi nel modo seguente: X unaic occ ann TOSO: ET pi)" 6,5 abere ecd q (| = pepe e ans. POLI i )- x facciasi in essa z=a,+% e si sopprima il fattore x, l'equazione tras- formata che avrà per radici le m — 1 differenze or ora accennate sarà (u+a,)" — G(u+a,)" >+ G, uta ^, —.... Lus í (=) G,(u Ha) iesu. pera — dun nella quale se, sviluppando le diverse potenze di w-+-a,, si cerca il coefficiente che moltiplica '^', dettolo /7,, si trova — (m—1) (m— 2) (m—3)..... i I, Dr (m—i) PL HL iG amis 4 (m—i)(m—i—1) Gq ppt ads s ier ; m=i `! (m—1)(m—2) © E m~i —q wi ¿(mM—i) (m—i—1)(m—i—2)...(m—i—q+1) & ) (m — 1)(m —2)(m—3)..... (m—q) me Ug. mi (m—i)(m—i—1)(m—i—2)...1 ; o anc UM) Cree qom reet Gi; ossia H,=XK, come volevasi dimostrare. + a,x A H H à, H fatto y— Mie ' , uno dei valori di Mı che verifica l'equazione trasformata : CMa Cs oh EU DR - d M. d M, LCS mar s uod cem +K7 at Hr + TT + KO Mi=0 , è Mx=C, il qual valore sostituito nella trasformata medesima la riduce a K,C=0, ossia a K¿=0, ciò che appunto volevasi dimostrare. CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. ar = Trattando adunque l’equazione (24) come si è trattata la (5), fa- cendo cioè «= N, =M, em% ( poichè a, — a, è una radice costante dell equazione in u, poc’ anzi m considerata, ossia dell equazione caratteristica della (24)), e quindi ME | Uni T la determinazione di N, verrà a dipendere da un'equazione lineare d’or- dine m—2 d"-*N, dn-*N, dr=»N (25) MP dare ML. dx™-3 I d x" (BRL Donde fle api A Met AE AR +7, N, =0 , dae tale che le radici dell'equazione sua caratteristica sono le differenze fra la radice a,— a, dell'anzidetta equazione in e ciascuna delle altre radici dell'equazione stessa, ossia tale che l'equazione sua caratteristica ha per radici Wy Oy A Ag Qu. A) Gan ce Pmp + | Continuando lo stesso procedimento , finchè tutte sieno scomparse le ra- dici costanti, sì giungerà ad un’equazione lineare > d"-PN d"-r—N d™—P-2N ) E HIS DER dg AAA f ra det È (26) He ale -X.-, arr dns (dlgs UE È. Cu EMETTE +X, ae. YX, p 0 d'ordine m—p, ossia d'ordine uguale al numero delle radici variabili della (6), di cui un coefficiente qualunque X, sarà uguale alla somma dei prodotti distinti che si possono formare colle quantità note CREATA, a AOS Pap Ti prese ad m—p—i-+t ad m—p—i+1, e col proprio o con con- trario segno secondoché m—p—i è impari o pari, poiché l'equazione caratteristica della (26) deve avere per radici le suddette differenze à 9,—4,, Pa— Apr $3— p 5 ce Pp — 4p - Rappresentando poi con WV, la funzione più generale in x che verifica la (26), la qual fanzione comprende perciò m— p costanti arbitrarie , 4 I hi STUDI DI G. BRUNO 55 encon CC oido iat C, altre p costanti pure arbitrarie, si trova, risalendo; per l'integrale completo della proposta equazione (5), (3 © (28) recat. « y=C + C,e uer “da [om gx vx dH fel tae [msan i vi Per rendere sensibile quanto la maniera d'integrazione fin qui esposta sia più breve di quella del Dottore Bruxacci la impiegherò ad integrare l'equazione dy (Ces um .d 3452 Gay =o che egli scelse come esempio particolare cui applicarvi il suo metodo. Le radici della equazione caratteristica della (c) sono, come è facile vedere, a,=2, 4=—2, 9,=x°. L'equazione che in questo caso, in cui m=3, p=2, XA=-—ax°—2, corrisponde alla (26) è dN, dx —(x°-+2)NM=0 , la-quale integrando, e denotando con Æ una costante arbitraria, dà 23 N, = Fe} +21 Epperd dalla (28) si deduce per integrale completo della proposta ES — + 2% r=Ce + ces rentas fe B pel oe od ancora, trasformando il doppio integrale in integrali semplici e fa- cendo F=4E, x3 x3 4 C az C — 22 E ax Dial; e —2% ue D = Ci Cet Ae +£ e e dx —e e dx Quando le radici variabili 9,, 9,, 9; ..... np della (6) fossero rispet- tivamente uguali a keta, ; kx +o,, ko+o, ..... ka eG as osta kato, keto, ko+0 kac aus — pur A m A DOS à EU, UMP. ah? qu K PI a+bx >? a+bx? a+bx? a+ba ^ pl DLO ONO tris Cati opc "e TH cS &,.., Sono quantità costanti, le radici dell'equazione caratteristica della (26) avrebbero ancora la stessa forma, epperd la detta equazione (26) sarebbe integrabile coi metodi esposti È 56 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. nel primo o nel secondo paragrafo di questa Memoria : donde si con- chiude che un'equazione differenziale lineare d'ordine qualunque è inte- grabile completamente nel caso che l'equazione sua caratteristica abbia alcune radici costanti e le altre variabili, tutte però queste ultime dell’una, o tutte dell'altra delle forme accennate. Cosi, se si debba integrare l'equazione diy ii à dy (poza. 2 TÀ — (ni) mA en Hiei) GA — (aoa? 16x — 9) Z+ (242—482 18) y zo si formi la sua equazione caratteristica zi — (4e 1)z (4+ 12" — 11)2* —(20x*— 16x —9)z+24x°—48x+18=0 Per vedere poi se e quante sue radici sieno costanti si ordini questa equazione rispetto alla x, che diverrà perciò x^ (42^ — 205-24) + x (— 4z + 123° 162—448) 4-2 —25—11:2 4-95-- 1820 si cerchino ora i valori di z che annullano simultaneamente i coefficienti di x^ e dio e la parte del primo membro di quest'equazione indipen- dente dalla x: questi valori sono: z—2; 2=3: soppresse queste ra- dici nell'equazione precedente, essa diviene di secondo grado e dà per gli altri due valori di 2 le due seguenti espressioni 22—1; 24—3. Si ha perciò, nel caso dell'equazione proposta (0977 29 p EE «292; 4,=3; g=2X—1; p —2x—3; la caratteristica dell'equa- zione corrispondente alla (26) ha per radici 2x—4 e 2x— 6, eppero l'equazione che somministra N, è CAE N, d das MAT gy +(2x—¿4)(2x—6)N,=0 , la quale è della forma di quelle trattate nel primo paragrafo. La quantità che là era rappresentata con k quivi vale 2; fatto perciò N,=Ce* , come dicemmo nel paragrafo citato, l'equazione determinatrice di € si trova essere ) | | 1 STUDI DI G. BRUNO 57 d°C dC da ni t0 go OO ; essa dà, rappresentando con E ed F due costanti arbitrarie, C=e~**(Ecos.x-+-Fsen.x) , onde N, =e% -5z (E cos. x- Fsen.x) ; e finalmente, sostituendo nella (28), si ha per integrale completo della (d) VHC, e" + Ce?" + e fordafe”="=(Ecos. x+Fsen.x)dx , od ancora, trasformando il doppio integrale in integrali semplici, VC, e" 4- Cest aet fon (E cos ace Fsen. a) dx ^ { — ex f Ti*(Ecos.æ+ Fsen.x)dx . La proposizione che serve di fondamento al metodo di integrazione esposto in questo paragrafo, come si sarà avvertito , è la seguente: se l'equa- zione (6), caratteristica d'un'equazione differenziale lineare (5) d'ordine qualunque, ha una radice costante a,, fatto y — M, e^*, l'equazione dif- ferenziale lineare determinatrice di M, ha per caratteristica un'equazione di cui una radice è nulla e le altre sono le differenze fra a, e ciascuna delle radici della (6) diverse dalla a,. Il metodo seguito per dimostrare l'ora detta.proposizione serve pure a provare quest'altro teorema: in un'equazione differenziale lineare d'ordine qualunque m fra la variabile x e la funzione y, la cui equazione caratte- ristica abbia per radici costanti o variabili z,, z, , z; ...... (24$ fatto y-—Ce?*, dove C denota una funzione della x a determinarsi e y una costante qualunque, l'equazione trasformata in C è ancor lineare d'or- dine m e le radici della sua equazione caratteristica sono le differenze ep nee DE Dess qase dg eee A vee Sme) > Quest’ ultima proposizione è più generale della prima e la somministra se si fa y uguale alla radice costante che, nel caso considerato, avrebbe l’equazione caratteristica della proposta. Da essa ancora si può trarre la proposizione dimostrata nel paragrafo precedente: difatti per le equazioni ivi contemplate si aveva Serie II, Tom. XXI. H 58 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. kere, , karo, 0 kx. _ kere Dre [i n= a+bx pum 757 1 k i : x Fatto dunque y= 5 la caratteristica della trasformata in C avrà per radici e raa cera usen E DRM ON TED a+bx >? abx ? UA, RSE abx’ epperò questa trasformata coinciderà coll’equazione (20). Allorquando i coefficienti dell'equazione differenziale lineare d'ordine qualunque della sua equazione caratteristica ordinata rispetto alle potenze decre- scenti di x assuma la forma (8-308 xP fe) kar LO CO pp EOD bomini e ec Ms 35 i tt EI ELS — y AU 1) (k=2) PTT mat) pm d"f (2) i id tale m az dove f(z) rappresenta un polinomio qualunque razionale intero in z a coefficienti costanti il cui grado sarà necessariamente m, k denota un numero qualunque, e p un numero pur qualunque il quale però giusta l'ipotesi fatta sulla forma dei coefficienti dell'equazione (29) sarà sicura- mente intero e positivo, l’equazione (29) è integrabile completamente. La determinazione dell'integrale generale dell'equazione di cui ora io tratto riposa sopra una considerazione della massima semplicità, cui vado ad esporre generalizzandola però molto più che non sia necessario per dedurne l integrale della proposta equazione (29). La considerazione | | | | | STUDI DI G. BRUNO 59 accennata è la seguente: se nell'equazione differenziale lineare d'ordine m a coefficienti qualunque d"u d"-'u qc (7) he et Tati oies ir ELO $ detta F(x) una funzione qualunque della x, si sostituisce y F(x) in luogo della x, l'equazione differenziale fra y ed x trasformata della (y) è ancor lineare d'ordine m, e rappresentandola con w d"y CE; di T (5) ni Sek quu M magi uiae PL En y umo gli sviluppi dei suoi coefficienti 4,, ... 4,, ... 4, sono tali, che de- notando con f(z) il polinomio z” e L2”. o. eL, TR eZ, 5 ossia il primo membro dell’equazione caratteristica della (y), e con e nf d'f(z) idis m da? ga (tee i le successive derivate di f(z) prese rispetto alla sola z, il primo membro dell'equazione caratteristica della (5), ordinato rispetto ai coefficienti dif- ferenziali successivi di (x), facilmente si trova essere Fla) fl) + 1.486) SO, v CPR) PO TW dz ila dz* È i 1 d'F(x) d'f(z) (os Ft SE TENDS TRIES «doe seu nM zi 5 I d"F(x) d"f(z) i Soana wia.3...m da". di” P Se quindi, data un'equazione differenziale come la (5), sappiansi deter- minare per F(x) e f(z) due espressioni convenienti perché il primo membro della sua equazione caratteristica possa scriversi sotto la forma (ò), e sappiasi inoltre trovare un integrale particolare o l'integrale generale AS dell'equazione (y), la cui caratteristica è = ny p uae 60 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. un integrale particolare o rispettivamente l’integrale generale della pro- posta equazione (5) sarà U PU Ciò posto, tornando al caso dell’equazione (29), se si divida il primo membro (6) della sua equazione caratteristica per x^, questo verrà a coincidere con (ò), in cui siasi posto F(xw)=x* purchè f(z) rappresenti un polinomio razionale intero in z a coefficienti costanti. Ma in tal caso si sa sempre trovare l’espressione più generale U della funzione di x che soddisfa l'equazione differenziale lineare la cui caratteristica è f(2)=0, sì conoscerà pure adunque l’integrale completo della proposta equa- zione (29), il quale sarà U TER" Cosi l’equazione ; PIAR eae (e) TD qx da? 4x ut (n +3)y=0 , che ha per equazione caratteristica 4x z —hxztpha +izo, il cui primo membro ordinato rispetto alle potenze di x coincide con (f) in cui siasi fatto m=2, p=2, k=—!, f(2)=42+4, è in- tegrabile col metodo in discorso, e siccome l’equazione du = mm Us) da? 3 la cui caratteristica è z'-«-120, o ciocché fa lo .stesso 42-40, ha, denotando con C, e C, due costanti arbitrarie , per integrale generale u= C, sen. x +C,cos.x , l'integrale completo della proposta (e) sarà y=Yxw(C,sen.x-+C,cos.x) . Similmente l'equazione „diy d? de d x E J 4-820 52, — (00-12) d m Bae + (o —4)yzo, da il primo membro della cui equazione caratteristica ordinato rispetto alle potenze di x è STUDI DI G. BRUNO Gr Maa +1) + 8x (ii —2) +122°—4, ossia è uguale al risultato che si ha facendo in (8) p=2, k=2, e f(a)=3'—25° +1, s'integrerà col metodo superiormente accennato, e darà per valore generale della y e"(C,x + C.) +e ^ (Cic 4- C.) i d X y= in cui le lettere C,, C,, C;, C, rappresentano le costanti arbitrarie in- trodotte coll’ integrazione. Le equazioni lineari la cui caratteristica si può ridurre alla forma (f), e della cui integrazione ci siamo ora occupati, sono quelle il cui inte- grale generale è rappresentato dall'equazione Cent 4, olt tu ie C, c n? JE er E dove C,, Cy, ...C,, sono. m-costanti arbitrarie, e sk Kas «oa Km denotano costanti qualunque dipendenti dai coefficienti dell'equazione da integrarsi. Passando ora a casi più generali, mi propongo di trovare un criterio per riconoscere quando un’equazione lineare come la (5) abbia per suo integrale completo un'equazione della forma Corta C, c^? + MA LC: (30)... y= re o dell’altra seguente Gn o ys Coen" e C, (aba)... eC (aem ba) nelle quali F(x) rappresenta una funzione qualunque della x, a e è denotano due costanti qualunque, e C,, Ca, ... Cm5 hy, hay «++ Km hanno i significati, che poco innanzi furono attribuiti alle stesse lettere. A questo fine si osservi che, se l'integrale generale della (5) deve essere dato dall'equazione (30) o dalla (31), la (y) dovrà avere per in- tegrale completo ~ wos Ces ade eam eat -- C, oh? ; o rispettivamente u=C, (a+b ac)" + C. (a+b xc) + teh + C, (a2 b c) ? epperò i coefficienti Z,, Zas ..... aS SS L,, di essa dovranno essere 62 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. costanti nel primo caso, e nel secondo soddisfare alle equazioni b G uoi aE XS Iper na pec die Re a S, go ufa i" | gittis JOR DS om bay 5 nelle quali G,, G,,..... Gen Y G Sono costanti qualunque. Si consideri inoltre che, l’equazione (5) risultando dalla (y) col so- sütuire y (x) ad u, fra i coefficienti delle ora nominate equazioni sussistono le relazioni | AF (2) =L, F(a) +m) 3 4, F(9) =L, F(a) + (m1) 2 0 mma) PEG), A, F(x) — L,F(x)4-(n— ny prar d* F(x) aa q mm — 1) (ma) TOM dò dic ! A, F(x) — L, F(x) + (m—n--1) L,.. AS, e» (m—n —n+2)(m—n-+1) d°F(x) m 2 hes Gui m she OV dd UL: e pu um n+i-1).. «(m-n+1)7 d'F(x) 43 Oed «oi i JW medici rud «cod ar e OT oie mo m(m —1) (m —2). . . (m—n--1) d'F(x) | LMD ST voc n da" + dF dF 4,F(x)=L, F(x) + L Epuisé a uomi. : d! F(x) d" F(x) . | Elige E AO + dx") | | STUDI DI G, BRUNO 63 alle quali si dovrà poter verificare , determinando convenientemente F' (x), con valori costanti per le incognite Z,, Ly, ...£,,, se Vintegrale della proposta equazione (5) ha da avere la forma (30), o prendendo per le stesse incognite espressioni della forma dei secondi membri delle equa- zioni (e), se l'integrale della detta equazione (5) deve essere rappre- sentato dalla equazione (31). Ora la prima delle equazioni (32) somministra , indicando con H una costante arbitraria , mono St s fnt : | 3 Jr i y me ors Tr è E $ " È e siccome il fattore He ™ , nel primo dei casi che consideriamo, 1 | x I WU i | ossia quando Z, è costante, si riduce ad He " , e nel secondo caso, | G gi et, : ; HS OF " n inten; a, Paccennato fattore vale Æ(a+bx) 5", questo | fattore potrà, tanto nell’uno quanto nell’altro caso, intendersi fatto pas- sare, coi necessari cambiamenti di segno negli esponenti, nei numeratori delle equazioni (30) o (31), senzachè la forma di questi numeratori sia variata, e senza perciò che i coefficienti dell'equazione (y) cessino di | essere costanti, o rispettivamente delle forme rappresentate nelle equa- | zioni (e); eppercid, se l'integrale della (5) deve essere dato dalla equa- Li zione (30) o (31), per espressione di F(x) si potrà assumere FE | Attribuendo tal valore a F(x), la prima delle equazioni (32) dà Z,—o, la seconda fa quindi conoscere Z,, la terza Z;, e così di seguito; se questi coefficienti non risultano tutti costanti, o rispettivamente delle forme dei secondi membri delle equazioni (e), ciò indica che nè la (30) né la (31) sono atte a rappresentare l'integrale generale della pro- posta (5); che se invece essi si troveranno avere l'una o l'altra delle forme accennate, si conosceranno ad un tempo i loro valori, epperò si potrà formare l'equazione (y) dalla cui integrazione, che nei due casi di cui parliamo si pud eseguire, dipende la determinazione dell'integrale | generale della proposta. Si può evitare la risoluzione delle equazioni (32) sostituendo nella (5) } : à | gc oss gra Da : | ue ad y; se la trasformata avrà i coefficienti costanti, o | delle forme indicate nelle equazioni (e), si potrà determinare l’espressione 64 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. generale di w e quindi I’ integrale completo della (5); che se i coefficienti della trasformata non. saranno delle forme ora accennate, l’integrale ge- nerale della proposta non potrà essere dato nè dalla (30) nè dalla (31). A maggior intelligenza del metodo esposto cercherò se per mezzo del medesimo si possa integrare l'equazione E d'y 4x +2 dy Xx'+x+3 se Sa fet PT As Lee 0 Le equazioni (32) in questo caso riduconsi alle due seguenti 4x +2 tp T ) fonder 6 DERE EIU frr id. FEN PEA oF) d d'F(x) L'HALHI dec alla prima delle quali si verifica facendo £,=0, F(a)=x°+%+1; la seconda allora dà Z,=1. Questo valore di ZL, essendo costante, la (g) è effettivamente integrabile col metodo superiormente esposto: l'equazione (y) in questo caso divenendo d'u la (g) avrà, denotando con C, e C, due costanti arbitrarie, per suo in- tegrale generale tuo , me sen. x + C, cos. x LH LI Cosi pure s integra l'equazione | (e)... A -(es- i) + (ae 18) Sn Us Se infatti si faccia ife, pla y=ue GTR essa trasformasi nella seguente Questa, C,, C,, C, essendo tre costanti arbitrarie, ha per integrale completo j u=C,x+C,x+C; ; STUDI DI G. BRUNO 65 lintegrale generale della (g') avrassi pertanto nell'equazione yet (Gere, +2) A i Le equazioni, il cui integrale generale ha la forma (30), non solo comprendono, facendo F(xw)=x*', quelle di cui ci occupammo nel prin- cipio di questo paragrafo, ma quelle altresì studiate nel paragrafo primo | M UM | le quali ne risultano col porre F(x)-e *; e similmente, le equa- zioni trattate nel paragrafo secondo sono un caso particolare di quelle | il cui integrale generale ha la forma (31), il caso, cioè, in cui si abbia | Ty *; e non sarebbe, in tali ipotesi, difficile il risolvere gene- ralmente le equazioni (32), ossia il provare coll'aiuto di esse, che l'equa- zione (y) alla cui integrazione si riduce l'integrazione dell’ equazione proposta coincide colla (13) o rispettivamente colla (19). Ey | Denoti f(x) un polinomio contenente la sola variabile x, razionale, intero, di grado non superiore ad m, le cui derivate successive dalla | prima: fino alla m= sieno f'(x), f(x), f(x), ... f(x) , ed 4 rappresenti una costante data qualunque. Se a, sia una radice dell'equazione (rss ACIER (35) CSS, lone vios À IE (x —a,) "747: sarà un integrale particolare dell'equazione differenziale lineare , — . . | ELLO 44) LO P2 Las a PE RAE INL ANTE I AS A OLO es | (36) (c 4(4— 1) (4—23).... (4 — ie I. SO - eee NU: mano ani e TT SM EM. og ERES +A(A-1)(4—-2)..... a Serie II. Tom. XXI. I —m 66 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. In fatti ricavando dalla (35) l'espressione del coefficiente differenziale‘ d'ordine qualunque (m—i) della y si trova (35)... s =(m—A—1) (m—A—2) (m—A—3)... ((i—4)(x—2a.)-^^ ; e sostituendo nella (36) per y la sua espressione data dalla (35) e per i successivi coeflicienti differenziali della y i loro valori ricavati dalla (37) coll'attribuire ad i valori convenienti il primo membro della detta equa- zione (36) si riduce a (=) 4(4—1)(4 —2)..... (4 —m--1)(x—2a,)-*-' f (2) — (x LE (e a y LA E x +0 ay LIA arena E =(— 1)" A(A—1)(4—2)... (A—m+ 1) (x— 2.) 7 f[x—(x—a,)] =(— 1)" 4 (4—1) (43). (4m) (4) Sa) , per essere a, radice della (34), ossia perchè si ha. f(a,)=0. Di qui ne segue che, se f(x) sarà di grado m‘"° ed. 4 un nu- mero negativo, o positivo frazionario, o se positivo ed intero sarà uguale o superiore ad me, dette a, , dagpagiuon nie a, le m radici dell'equa- zione (34) e C, , Ci, Cr ae Cn m eostanti arbitrarie , l’ integrale completo della (36) sarà (38) eee r= 0d E RC A T + C; (x — a)" 1 + Fi rite + C,(x—a,)"-^4-' j Questa equazione cessa di rappresentare l'integrale completo della (36) quando la (34) abbia una o più radici multiple; è però facile, appli- cando metodi conosciuti, il provare che, se la radice a, e n**, cioè se abbiasi RNA Ev Caf sostituendo nel 2.° membro della (38) al polinomio C, (x — a) + C, (ea) + C (x —a5)n74-: n HOT vein + C,(x—a,)"-4- STUDI DI G. BRUNO 67 quest’altro, in cui B,, B,, By, ... B, sono ancor costanti arbitrarie, l'equazione (38) rappresenta ancora l'integrale generale della (36). L'equazione d'y DI Py dy en (h) ... KT ppt Tait 180 x qui 48007 + 3607 = o è integrabile col metodo di cui parliamo, perchè fatto nella (36) m=4, A=6, f(x)=x'+1 questa coincide colla (h) proposta: e poiché le radici a,, a,, az, a, dell'equazione X\+1=0 ay ees at ira rue, aaa VIN ns pac Va, l integrale generale della (h) si avrà nell'equazione y= Gi Va Va YH) +0 (01 + +O (xi Vani V2 V=) + €, (x--1- Va +e VD, sono od ancora, riducendo a forma reale, nell'altra equazione seguente, in cui le costanti arbitrarie sono rappresentate dalle lettere M,, M,, N,, N., M, sen. | N, + 3 arc. (tang. =x -V2 + 1)} Vars a 53 ("ens pin) a, Masen | N+ 3 avc, (tang. = x V2 — 1)| 3 (x5 =x- V3 +1) Similmente, se venga data l'equazione (i) Beta) era] dite ic ol n “0 UM (sus da? UO. 7 mi accorgo che essa € della forma dellequazione (36), perchè, fatto Sf (x)= 8 (x3+-x*), il coefficiente del 2.” termine 12(3x*+2x) vale Af'(x) purchè si prenda A=ì, ed i coefficienti del > e dell’y nella 68 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. equazione (i) sono appunto ciò a cui si riducono le espressioni dA-1r)f'@ , 4(4—1(4—2/7(x) 2 2 quando vi si ponga A=} e f(x)-—8(x^4-x'), e siccome l'equazione e e . ha due radici uguali a zero ed una uguale a —: V integrale generale della (i) rappresentando con C,, C,, C; tre costanti arbitrarie sarà DET C. y=0 Varie Por ; Se il polinomio f(x) fosse di grado ¿ l'equazione (36) si trasforma nella seguente: STUDI DI G. BRUNO 69 25 yo eH AC) D EE I E cs e i FZ fi-n (a) f(a) eno , la quale può scriversi più concisamente così : LR : — Lo da! Va 4 da cui si trae dapprima, indicando con C,, C,, C,,..... Cj isnbico: stanti arbitrarie , ett). LS à =C (A, C,x*° © is TJ em oC x Cx +. +C;-,x © e quindi la seguente che sarà l’integrale completo della proposta e nella quale BO BB 5128955 Bm: sono altre m—i costanti arbitrarie J=B,+B,x+ B,x+..... SB ee pesan HE HOT E + dira. 7G) 8 6^ In questo e nei seguenti paragrafi io considero equazioni differenziali parziali lineari, a due variabili indipendenti, d'ordine qualunque; sup- ponendole prive del termine indipendente dalla funzione e sue derivate parziali, la loro forma generale è la seguente : : dz d”z dro Amo JPA qq, + E + Amm Ta dr dr" dr (40) side + An, 9) de polls OY MER x dard t + Am, mar ‘ayn d'+9z dz dz +. Lo PE dx "dy Vlt Hg tia MÁS + Tt toe: Z==0 , 1 in cui i coefficienti Amor Amory esses CELLA T EN COMM E. pans RE aa Was itle Aris Au. Sono COS ó Var: riabili, ma non contengono la z né alcuna sua derivata. ZOL 70 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. | Se. gli ora accennati coefficienti sono. costanti, l'equazione (40), come fu già detto nel proemio di questa Memoria, è integrabile completamente. Risolta, in tal caso, rispetto ad æ l'equazione seguente, che chiameremo ancora equazione caratteristica della proposta (40), à | Magacthe- dan qa" PHS een + An, mb + À moro 277" (41) Ses APA ors ue A A A id FA 19,94 PR RA +4, JARA, Bd umo, e dette 1 Pe (Bb) i &(B)5 P (B) i .....… e, (B) le sue m radici, e rappresentando con FE(B): F.(8) s FB); oes F.(p) > m funzioni interamente arbitrarie della £, l'integrale generale dell’ equa- zione (4o) é (4a)... am (Fi (p) P 77 ag ue f (ge PP ag + [etr tm agus sue fs p) t ap, in cui i limiti delle integrazioni indicate sono arbitrarii anch'essi. Quando uno o pià dei valori di « ricavati dalla. (41) sono funzioni razionali intere di: primo grado in fj i termini corrispondenti del secondo membro dell'equazione (42) assumono forma finita; così se a, e b, es- sendo costanti indipendenti da f si abbia 9,(@)=a,B+-6, il termine By + xq gx bis . j ga VON ap si riduce ad e * d,(y-+a,x), in cui 9, è sim- bolo di una funzione arbitraria. Se tutte dunque le radici dell'equa- zione (41) sieno espresse linearmente in f, rappresentandole con at b,; abb, ; a,B--b, 5 ..... Am Bd dove le quantità rappresentate dalle lettere a,,a,, 43, ..... Bas OS by Dieta: a b, sono tutte costanti ed indipendenti da f, I’ integrale generale (42) della (4o) assumerà la forma finita e molto comoda (43)... == p (2-2, 2) dee y (yaa) ty ie asa) | by "E AE des ditus Pa +e paly Hant), | e M STUDI DI. G. BRUNO 71 nella «quale d, pa) 435 «o... Ọm sono segni di funzioni arbitrarie. Il metodo che nel primo paragrafo ha condotto ad integrare un'equa- zione differenziale lineare ordinaria a coefficienti variabili nel caso ivi contemplato, serve pure a trovare, in caso analogo, l integrale generale della (4o). Supponiamo infatti che i coefficienti di questa equazione (4o) siano funzioni tali della x che le radici dell'equazione (41), risoluta rispetto ad q, sieno Kkx+-9,(B); kæp (B); kx+p(B); ..... kæ pn (B) , essendo ©,(8); ®.(B); g:(B) ; ..... m(B) le radici di un'altra equa- zione analoga alla (41), ma a coefficienti costanti, che denoteremo con D,,,, 0" By OO BEB, n" ^ PA. + B, mb” (44) 4 Bar TR B a" BA MB, nap +. [> SE BIE OM 60. sig +B, ,a+B, BB. =o. L'equazione (41) ottenendosi dalla (44) col sostituire in questa a—kex ad a, un coefficiente qualunque 4,,,,, della (41) si potrà esprimere per mezzo dei coefficienti della (44), e si scorge avere per espressione (ille deo Aus = B Los (Hi) (7293) p I.2 Berg ht te nan see Sue s (r2- 1) (r2- 2) (2-3). .... (rh Ls RE dee h CH) (0292) (+3)... (n—4) y rule PE pe E (m—r—q) +(—1) +(— 1)” PS ENTRE TUE. Tale sarà adunque la funzione di x che, nell’ ipotesi fatta sulla forma delle radici dell'equazione (41), moltiplicherà nella (40) il coefficiente differenziale parziale qualunque Analogamente a quanto ab- CI oT biamo fatto nel caso, simile a questo, trattato nel paragrafo primo, poniamo ora x^ a k (46) ho die x 2=Ce 4 72 á ' ‘CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. © rappresentando una funzione di x e di y da determinarsi. Le for- r mọle (10) ed (11) ci danno l’espressione generale di e il cui termine generale é r(r—1)(r—2)..... (r— i41) NL TE MARE i ts 5 i(i—1i)(i—2....- (iia bla td FH DAC x Date Os 2p ae OR doi ux Um È F so E epperciò il termine generale dello sviluppo di Tad? sarà pieri aiy. (ei) pip uiu, ta dg 1.2.3...(i—2p)X2.4.6...2p da"-'dy' da” ay’ plicato per 4,:,,,, la cut espressione svolta secondo la potenza di x p Il coefficiente differenziale parziale essendo nella (40) molti- è data dalla (45), il termine generale che nella trasformata in C pro- E dr*tz ; viene x sviluppo del termine Aroa Tardi della proposta avrà per..espressione & pat 1) (r2 2) (r+-3). t E ) R Ius SEE à Bias, ux r(r—1)(r—2)..--- (r—i-+1) Li dr-i**C = DURE 1. k-rxi3Pe "n (i—2p)X2.4.6.....2p dæ dy! od ancora semplificando , (r—it 1) (r—i+2)(r—i+ 3) (r+h) Ae Es 1.2.9... h X 1.2.9... (i— 2p) X 2.4.6... 2p x? " ; MB ON 2 dy a Per trovare la somma di tutti i termini che nella trasformata in C : d"-'+7C A dd cercheremo dapprima la somma di tutti quelli di essi che contengono una medesima potenza v della x e la lettera B coi medesimi indici, contengono il coefficiente differenziale parziale qualunque ossia sommeremo tutte le espressioni cui si riduce il termine (47), supponendovi costanti le quantità r—i, 9, r+h, p, e dando ad h STUDI DI G. BRUNO 92 e ad i tutti i valori interi e positivi che verificano la relazione h+ti-2p=v. Questa somma è È . . Lee Pad a r (r—i--1) (r— i22) (r—i2-3). .. (r+h) A- ipai sad Me Itri AAN Brano, gh tate da —dy* v p(v—r) P (o— 1) (o—2)... (v i+ 1) kopr 005). «a TRES Hal EF 40902 124 i = ¿e v d MR RS os (—1) Te 7 E o più concisamente 8 (r—i+ 1) (r—i+-2) (r—i+3)...(r+h) RPh e sg rh mt. QNI CB DES 2p MT dri 9 B. asl yk a e y, de dpi * E. Riflettendo ora che le due parti ¿—2p ed h di v provengono rispet- tivamente dalle formole (11) e (45), dove sono gli esponenti di x nei e m anto dae : A termini generali ‘degli sviluppi di Wai sé di 4,,,,,, e che però nè Puna né l’altra possono essere negative, e che quindi y pure sarà o po- € > 1 I P sitivo o nullo, ed osservando che l'espressione (48) è nulla per vo, si scorgerà che l'espressione generale dei termini che nella trasformata i : ? tira COE s in C contengono la derivata parziale Tardi Si otterrà ponendo nella (48) v=0, anzi, giusta l’osservazione poc’ anzi fatta, ponendo ¿—2p=h=0 > con che essa si riduce a (r—2p--1)(r—2p-2-2)(r—2p-2-3)... rp xk ke ULT iO (BERG RPM 2p Mena Fes Uaec yer od ancora, facendo per semplicità 7—>2p=u, alla seguente (u1) (27 2) (+3)... (u+- 2p) neers: he divo (49) - -- ALA 6 ee 2p nr dandy * La somma quindi dei termini della trasformata in C che contengono A ne a > T Di o h " d il coefficiente differenziale parziale = si avrà addizionando tutti i da"dy? Serie IL Tom. XXI. T 74 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. valori che prende la (49) quando vi si pone successivamente per pi numeri zero, 1, 2, 2, ecc. fino a quel più grande che verifica la relazione u--q--2pz£&m. Questa trasformata, sopprimendovi il fattore comune P k— a tutti i suoi termini e ? , sarà un'equazione differenziale parziale lineare d a coefficienti costanti il cui integrale completo, che noi sappiamo trovare, ha secondo i casi la forma (42) o la forma (43). Trovata poi la più generale espressione di C, e sostituitala nell'equazione (46), questa sarà l integrale generale della proposta equazione (40). Applichiamo questo metodo ad integrare l'equazione differenziale par- ziale lineare del 3.° ordine (k) d'a — de dz wA ar PAR calcu d'z nu d'z eo Se IM 6x7 Ce 20533 : du? do dy | dxdy' dy? dx dad dy dz dz + 6) ——(8x"—4)- — (8x —12x)2=0 . EG Quest'equazione sarà integrabile col metodo superiormente esposto, se 1 suoi coefficienti saranno della forma (45), ossia se si potranno determinare le costanti 1 Ds. y B;, $3 Bs, > Biz, Di va DE. > B,.. , Byes , dat, ? D, 43 k in modo da rendere identiche lc uguaglianze Bot; B,=—2; B,=—1; Bii=2 5 B,.—3B;,,ka=—6x ; B, —2B, kx=8x ; B,,—B,,ka=2x ; B, ,—2 B, , kx +3 B, Kae = 1225 —96 y B, —B, kx +B, Kx =—8x +4 ; B. — B, ka + B, ka —B,,,kx=—8x'+1ax ; | alle quali infatti si verifica facendo i | Bi => 15 B; 35 B, =—1; Bi=2; BASES Dos By. "005 t B, ,——6; Pire 4; Bo = 0; ka. Per integrare la proposta faremo adunque 1 | | | $TUDI DI G, BRUNO 99 e cercheremo la trasformata in C sia direttamente, procurandoci per mezzo della (1) le espressioni dei coefficienti differenziali diz dez dz dz da lente GE cR X e sostituendoli unitamente al valore di z dato dalla stessa equazione (1) nell'equazione (k) proposta, sia valendoci della formola (49) che esprime il termine generale della trasformata in C. Comunque si proceda, si trova, per determinare C, l'equazione dif ferenziale parziale lineare di 3.° ordine a coefficienti costanti dic dc dC ETES $5770, dai dx dy. dxdy dy la cui equazione caratterislica o-20°B—aP'+2f}=0 , risoluta rispetto ad &, ha per radici voll E azz; eap Il valor generale di C, denotando con Y, , 9, , Y; i simboli di tre funzioni arbitrarie, sarà perciò dato dall'equazione C=g(y +e) +y.(y_-x)+4(y+22); e quindi I’ integrale completo della (k) sarà sme" |p (rmx) m Qr — e) fa (7+22)]. Similmente l'equazione d'z d'z d'z dz dz (m) sci ow ir dz sd dpi qur oc gy +(40—6x0+4)5=0 ha i suoi coefficienti della forma generale rappresentata dal secondo membro dell'equazione (45), come è facile verificare; il valore che bi- sogna assumere per k si trova essere — 2, epperò per integrarla sì porrà 3 o, i À 3 76 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. Per l’equazione determinatrice di C trovandosi (LA Cisl EG dC dC dC Wed Arpa prega Et se ne formerà la caratteristica v—u«—2'—3a--36--220, che risolta rispetto ad œ dà per le due radici 2B+1 e —f+2: l integrale generale dell'equazione in C sarà dunque C=eY(y+22) +e p (yx), ed il valor più generale di z che verifica la (m) verrà dato dall'equa- zione seguente in cui, al solito, f, e 4, indicano funzioni arbitrarie ame" try (yaje t hu (y — x) À 87 Suppongasi che i coefficienti dell equazione (41) sieno variabili fun- zioni della sola x, e tali che quest’ equazione, risoluta rispetto ad «, dia per radici apple); apego); apple)... nil nelle quali espressioni la lettera a rappresenta una costante qualunque , p(x), pla), px), .....p,(x) funzioni qualunque della x, tanto però la prima, quanto le ultime, indipendenti da f. In tal ipotesi la detta equazione (41) potrà scriversi nel modo seguente |: —48— e. ()] |«—^B — e. (x)] [a B— p (x)|. Ee x [e—a ß— pu (x)] = On od ancora, rappresentando con P, la somma dei prodotti distinti che si possono fare colle m funzioni 9, (x), a(x), (x), .......p,(x) prese i ad i, in quest'altro STUDI DI G. BRUNO 77 e quindi l'equazione (40) assumerà la forma | dz d"z m(m—1) , d"z d"z | mo ne de dy 2 K da"—dy > OX TUE d™-*z | uo | ua, o — P (cs — T + ...... +(—1) oo deraz d"-*z d™-*z 9 SR C» Wc EIE A doma DILLO + P, E (m Y np + DRE, Ye + (—1) m) dol RU BO ae edd os d™-iz : d^ -iz a (Mi) quse colei e Vi ami) (m-i-1)...(m-i-n+1) , d"-'z Top c BEET ese n A nen, "dpr d"-iz qu MY Ss | E CI DI, NA I + ( -1) dy | onis RARAS RIAS aT Soc. s d +(—1)"P,3=0 A fine di trovare l’integrale completo di questa equazione si ponga (51) te adole eain z=Cy(y tax), . dove € denota una funzione della sola x e 4(y+4x) rappresenta una funzione qualunque di y+ax. Il termine generale della proposta equazione (50) essendo (m-i)(m-i-1)(m-i-2)...(m-i-n+ 1) jp dr ta ANA È (52)... ( 1) De 7 ida mim dy? , per avere il termine generale della trasformata in C ci procureremo dti dalla (51) l'espressione di 1 Per questo, differenziando dap- prima m—i—n volte rispetto alla x l'equazione (51) e rappresentando per brevità con Y%W(y+ax) il k*"* coefficiente differenziale totale 78 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC, / detre dmrt-n-1c (y + ax) ar + (m—i—n)a GOUT) ita a RL a RE NN (ime aet P mn (m—i—n— 1) (m-—i—n—2)... (m—i—n—r-+ 1) pere PIRA EEE r qm-i-n=r 0 Kary) (7 +a x): mer ee ads... E e quindi differenziando ancora n volie rispetto alla y a miami ES PNY Han) TS a7" Liza A +(m—i—n)ap"" +(y+ax) È dani» res EE E fr E SETA ITER, fai E SA P ' danny — doin] nci m T merced mci | OE A È r TOES Vo [serate 6 Kad (rax) aa HA EE Fary (yan) O. Il termine generale della trasformata in C sarà quindi (m — i) (m—i—1) (m—i—2)...(m—i—n-—r-r1) A SE RES i QE OPES reer. ve r m-—i—n-—r X Pia ner paty aa) TÈ. (54)... (in) Per avere la somma di tutti i termini che nella trasformata contengono m—i—n—r il coefficiente differenziale qualunque FAA sommiamo dapprima quelli di essi che contengono la lettera P con un medesimo indice, ossia sommiamo tutti i valori cui si riduce l'espressione (54) facendovi i costante e dando ad r ed m per valori successivi tutti i numeri interi e positivi che rendono la somma r-n sempre uguale ad una medesima costante. " . . t è 4 La somma degli accennati termini della trasformata in C è STUDI DI €. BRUNO. 79 m—i)(m—i—1)(m—i—2)...(m—i—n—r+1) BUY E eM TUNE (r+n) m—i-n-r(] xP arpa (yax) q (y Mine UE RU det (r4-n) (ran—1)...(r+1) E oo Dun NE EP M BIHEAC LINO Bake Wise: x sh ¿(m—i) (m—i—1) (M—i—2) ... (m—i—n—T-+1) — Iu TENUIS (r+n) XPa ery (yas) TSX xGa-—aiy*", la qual somma è nulla semprecchè r-4-n, che non può essere negativo, non sia zero; epperò la trasformata in C avrà per fattore comune | ( y-4-a x), soppresso il quale, il suo termine generale sarà is ALS. La trasformata stessa sarà perciò l'equazione seguente dc arta mo an 64 55)... |] —P P nea ( ) da" 1 dax" 3 dar vest 1) Lui m—i Er AM DS Aa ie +(—1)"P, C=0 , che è differenziale lineare ordinaria. Se con un metodo qualunque si giunge a trovare m» funzioni distinte ©, 6,, Gigi Cn della x che verifichino la (55), rappresentando con Y,, fa, Paro... dm i segni di m funzioni interamente arbitrarie, l’ integrale generale della proposta equa- > 8 q zione (50) sarà dato dalla (90). x... zz C, 4, (ya) + C, (y ax) Cis (y tax) TE e Pic D + Orb (y Hax). L'equazione (55) è integrabile completamente quando le funzioni che abbiamo chiamate q, (x), v.(x), qs(x);..- @m(x) sono quantità costanti, o quando ciascuna di loro è la somma di una costante qualunque con una espressione ka di primo grado in x che sia la medesima per tutte , SE pec mm | 80 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. o più chiaramente quando, k, b,, 5,, b,,...... b, essendo costanti qualunque, abbiasi p(a)=b+kx ; o, (x)mb-m-kx; g(x) =b; kx; KR EA a Bites EOE asap pa rj tico apr ARS pec af ita vm Ma nel primo di questi due casi l'equazione proposta cade in quello già noto dell'equazione differenziale parziale a coefficienti costanti , nel secondo di essi l'equazione (50) rientra nel caso studiato nel paragrafo precedente. L'equazione (55) è pure integrabile completamente quando, essendo costanti le quantità rappresentate dalle lettere k, c, g, 5,, Da, bi... 5, le espressioni delle accennate funzioni 9,(x), @,(x), g:(x),..... Pm (x) sieno le seguenti : i DER seen by, crgr? c+ga’ cg! Crean? o le seguenti altre più generali katb,. kx+b,, kx+b;. kx + bm CEEL COFEE o-gxm'77 erga ? o quando alcune di esse sieno costanti e le altre tutte della forma kx+b,; kx+b,; kx- b; ecc., o tutte dell’altra seguente ina E Cex kath, kx+b;. c+gx’ C+gx? integrare completamente l'equazione (50). Sia, per esempio, da integrarsi l'equazione ecc. Questi sono adunque altri casi in cui si può dz diz diz d?z SARI nes a 152 Succ aa. dady ^ dady uq" 3 nd dz (Ez 6 (dz . dt: TR — (Fe Te hae) ee EIA ue Ha? alla semplice ispezione di essa à facile accorgersi che quest'equazione ha la forma della (5o) e coincide con quest'ultima , quando vi si faccia 3 6 m=3, a=2, PF Pe bile col metodo ora esposto. E poiché l’espressione più generale di € che verifica l’equazione 2, li SG) Sao; sey tm » eppero che essa è integra- STUDI DI G. BRUNO 81 PERICO: 269200. 1-6 AL ALAS ORME AC. ar > C-—OC,x-4-C,x'--C,x!, C, , C, , C; denotando le costanti introdotte dall’ integrazione, l’ integrale generale dell'equazione (n), se si adottano le lettere 4, , Y, , d; per in- dicare tre funzioni arbitrarie, sarà zzxy(ya2x)--x' b,(y--22x)4- x b (y +22). Parimente l'equazione d'z d'z d'z dz dz inum Que doigt qp hee) (Fe Ge) Heata )a=0 s’ integra ponendo : : 2=Cf(y—xu). L'equazione a dg dc EAS xcu di NC qa? 2 (x a)7 (2ax+a) 0 che si trova per determinare la C, appartiene alla classe di quelle che abbiamo studiato nel paragrafo 3, ed ha per integrale completo C=C,e + C,e** fe* dx a epperò l'integrale generale della (0) sarà omer” (ua) ef (yx). fer dx b in cui le fi(y — x) e fi(y — x) sono due funzioni arbitrarie della quantità y —x. L'equazione (55) è inoltre integrabile quando essa cade nel numero di quelle trattate nei paragrafi quarto e quinto. Se adunque i coefficienti Dui o P,, della (5o) saranno tali che ció succeda, anche questa equazione (50) sarà integrabile completamente. Questa circostanza si av- vera per l'equazione (p) .. d'z dee dez CI (Z =) 3x +1 ari. Mario ridato li ess | mata inn © pe 0 di “dd dy x(a+1)\dx dy] a poiché, fatto z=CF (x+y) , per determinar C si cade sull'equazione SERIE IL Tom. XXI. 2 —— 82 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. dc LEI dC | 3a--1 C=o da x(x-+1).dx. alar » la quale è integrabile col metodo esposto nel paragrafo quarto. Ed in verità , posto 1 T—1 LAN pecore MEL C= ji pas j £ l'ora scritta equazione differenziale in C si trasforma in. quest'altra d'u 3 de Ga la quale ha per integrale generale, denotando al solito con C, e C, due costanti arbitrarie, Ulo, sut Caepio il valor generale di C sarà pertanto C=(2+1)(0,0+3) y e l’ integrale generale della (p) (041) [er y + 2)+ ¿E (7+2)] : Cosi pure dell'equazione i d'z d'z d'z dz dz 35 (x^— 1) (art). T pei si può trovare l'integrale completo 1 1 z=(x + 1) 9 (ym 22) m (x— 1) e (y+22%), perché l'equazione dC dC 35 (x'— E D RC MO rientra nella classe delle equazioni esaminate nel paragrafo 5.°, ed, inte- grata col metodo ivi esposto , dà per valore generale di C C=C(x+ 1) +C (x — 1) - Il metodo di integrazione esposto in questo paragrafo è ancora ap- plicabile ad altre equazioni, oltre quelle della forma (5o). Se difatti si STUDI DI €. BRUNO 83 avesse un'equazione differenziale parziale lineare della forma più gene- rale (40), i cui coefficienti fossero funzioni di x e di y tali che la cor- rispondente equazione caratteristica (41), risoluta rispetto ad a, desse per questa incognita gli m valori seguenti abro (x,y); aB+o.(x,y); ago y): ...aB+o,(x, y), dove a denota ancora una costante qualunque e 9,(2, 7); (o, y); Pa (x, y) . .....0m(%,y) rappresentano funzioni qualunque di x e di y, tanto però queste funzioni, quanto la costante a indipendenti da f, e si facesse nella equazione proposta z=Ch(y+ax), C denotando quivi una funzione d’ambe le variabili indipendenti, si proverebbe, con una dimostrazione affatto analoga a quella che ha più sopra condotto all'equazione (55), che la trasformata in C sarebbe identica all'equazione (40) proposta in cui solo si fosse mutata la z in C. Da ciò facilmente deducesi che, se si sappiano trovare m espressioni Zs Za, Z;.....Z, in x ed in y tuttochè particolari, non contenenti cioè nè costanti nè funzioni arbitrarie, le quali sostituite in luogo della z nella (40) la soddisfacciano, l'integrale generale della stessa equazione (40), prendendo le lettere d, , pa, Yser.. Unm per simboli di m funzioni ar- bitrarie, sará 2=2L 0, (year) +2, Y, (yax) +Z bs (+e) +. Zin in (7+ax) . Vogliasi, a cagion d'esempio, integrare l’equazione o dira di aei, ada ey [de a DER da dxdy dy D mere ME Me o Ga(2y+ax) xy (37+2ax) — ^7 Con un metodo qualunque, per esempio quello dei coefficienti inde- terminati , si cerchino due valori particolari della funzione z: senza gran fatica si troverà che z= x° e z—y* vanno bene; potrà allora scriversi immediatamente l'integrale completo della data equazione (r), il quale è z=x db (y ac)+r V (y +ax) . i -— + ii ÈS 84 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. g 8° L'equazione (41) caratteristica dell equazione differenziale parziale d'ordine m (40) abbia , risoluta rispetto ad «, n delle sue radici costanti, le altre m—n essendo comunque variabili; dette p, (B) ; v. (B); p(B); +- -9a (B), le accennate n radici costanti, un integrale incompleto, comprendente n funzioni arbitrarie, della proposta equazione (40) è rappresentato dalla B 1(8 B 2 DI eis Wo. S laga [rt por eU Bi B B n [ne Hu didis tie dila: (a li dido dove (BY) Pb) PARIS. s F,(Q) sono le n funzioni arbi- trarie ed'arbitrarii pure sono i limiti entro i quali debbono estendersi le integrazioni indicate rispetto a f. Per dimostrare questa proposizione, poichè l'equazione differenziale proposta è lineare mancante del termine indipendente dalla funzione z e sue derivate, basta far vedere che uno qualunque dei termini del secondo membro della (57) sostituito nella (40) in luogo della z ‘soddisfa alla detta equazione (40). Ora se noi poniamo e= (Fre t Pag y e, formato il coeficiente differenziale parziale qualunque della z d'*?z degere [eC] 8e sostituiamo per z e suoi coefficienti differenziali le loro ora accennate espres- By 4-29. 8) ag ? sioni per mezzo di integrali rispetto a f nel primo membro dell'equazione (40), riflettendo che i coefficienti 4,6; Am, i + «+4r49,9 +++ di essa, costanti o variabili, sono tutti indipendenti da fj rispetto a cui si eseguiscono le inte- grazioni, il detto primo membro dell equazione (40) potrà scriversi cosi: Amo [BA ms | 04 ]7 8274... [0 [76 à Mari can pe + An. mb” + Amro laO M a rp (Of... HAm. "YF, (p) UPB) p ow A A 6] 8 2- NR cis +A, vo (B) +A Bus, hi SA STUDI Dr, c. BRUNO 85 x la quale espressione è nulla, perché, 9, (8) essendo uno dei valori di « che verifica l'equazione (41), il polinomio racchiuso nella gran parentesi che sta sotto il segno integrale è uguale a zero. La determinazione dell integrale completo della proposta non si potrà generalmente ottenere; tuttavia, riflettendo che se si decompone il primo membro dell’equazione (41) in due fattori, di cui uno C, , o" 2- C, a" B- C, ap... +C,,,8" CB a” BE CALL dl BR dela ai + C, aca +... TER eee +C, Lu C, flo. corrisponda alle z radici costanti, l'altro Pont à ments pide EA Ne A SED, iun, nan TE De ge a aan ep sd ausis ARE cB ic See eee ginis ap +P, ,a+P, D 2- DP, corrisponda alle m—n radici variabili della suddetta equazione (41), € si fa d"z d*z d"z Cure Gage + Candy + Cry dady e... ooo... d"z Z d”—'z d^-!z pes Cr, n n—1,0 n Seite Si SI oe (58)... Ga Cer Go nage pe dre dz + Cina +C 35 + Ci E i; std ys dx : 7 Pequazione proposta (40) si può trasformare nella seguente Le Asada im s sr Tree uir da Pho qus quy Enna 7 mf un MM HP mon, PS Se LR MAP de, RO a dy dx (59) tt dro. dr" y P rs ele +P, ate m—n-ri, DEM Gea BC Perd m—n—t, varied ANR — € du A boa +? TE — + P,. geb. dE SU, si scorge che la completa integrazione della proposta è ridotta alla integra- zione successiva di due altre ancor lineari, di cui la prima (59) d'ordine m—n a coefficienti variabili , l’altra (58) d'ordine n a coefficienti costanti e dotata d'un termine z indipendente dalla funzione z e suoi coefficienti differenziali. t se 2, a PS rni 86 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. L'equazione (59) s' integra solo quando i suoi coefficienti sono funzioni di alcune determinate forme delle variabili x ed y, quando, per esempio, essi sono tali che l'equazione (59) entri nell'una o nell’altra delle classi studiate nei due paragrafi precedenti: dell’equazione (58) poi basta trovare un integrale particolare , poichè se Z posto in luogo di z la verifica, Y in- tegrale generale della medesima si otüene aggiungendo Z al secondo membro della (57), ossia sarà Go =2+ fr (aye! Pass [7 gy Pr dp + [mete (81... MNT +{F.(8) far Pala i Quest'equazione sarà pur dunque I’ integrale generale della proposta equa- zione (40); ele m—n funzioni arbitrarie a ciò richieste oltre le F, (6), FB), Fs(B), .... F,(B) sono comprese nella Z, la quale, quantunque sia solo un valor particolare della z che soddisfa la (58), dipende cer- tamente dal secondo membro u di questa equazione, il quale u, essendo l’espressione più generale che verifica alla (59), contiene appunto m—n funzioni arbitrarie. Tuttavia ordinariamente la Z non si potrà determinare fuorchè quando le equazioni ai limiti, che in ogni problema di fisica o meccanica si hanno per determinare le funzioni arbitrarie, permetteranno di individuare completamente la funzione u; in tal caso Z non conterrà più alcuna funzione arbitraria, e l'equazione (60) sarà la più generale fra quelle che sono integrali dell’equazione (40) ed adempiono alle sopra accennate condizioni ai limiti. A maggior intelligenza del metodo esposto lo applico ad integrare la seguente equazione d*z diz diz diz diz: dæ dra dxdy ° dady ta | [ e» av (8) « EZ ce e 2 dz dz Lato) dx "dy bn \\ (c1) STUDI DI G. BRUNO 87 A questo fine, formata Pequazione caratteristica ai —3 o? B+ a bH 3 p — 2 B^ — [(a2-3) &— (4 204-8) à*82- (5202-3) aB’ (2 — 3) f] ei 2 dou er , + y lle+>) d-(3r+4)a8+2x8°9]— cerco se ammette, e quali, radici costanti per a: per tale oggetto, fatti in quest'equazione scomparire i denominatori , la ordino rispetto alle potenze delle x, colle quali operazioni essa si trasforma nella seguente x'(ai—3a3 Ba? B+ 3a 9 — 2 95 — a+ ha B— 5 ah 28?) 2a'—6 a> 8-2- 20° B'-- 6a 6* — 4 g* tx — 40+4+-120°B—8af*+ 20° — 6aB+4* =0, of at— 3g B+ a? pt +3afp—26 —3ai+-8a°B—3aB*—28?+4a*—8 ab —20+48 } e provo se i coefficienti di x°, di x e la parte indipendente dalla x ab- biano un fattore comune. Questo fattore esiste ed è a—ap—2P=a+ 2B : l'ora scritto polinomio è dunque fattore del primo membro dell'equazione caratteristica della proposta (s), soppresso il quale; il: primo membro dell'accennata equazione caratteristica si riduce a e cO rm à : a 2 2 SS el. pi L’ integrazione dell'equazione (s) dipenderà dunque da quella delle due seguenti d'u d'u du 2 (SE =) 2 (t) see dx? daly > dy? 241 de dy y. * one Py Thap ray Pe Oey dt dye. duo dy Ora la (t) é della forma delle equazioni trattate nel paragrafo precedente, e posto uz n Mea | T et ae i 88 CIACA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. u=Cy(y+x), per avere C, si cade sull'equazione ac Es tde 2 da ip 4 Due valori particolari di C che verificano quest’ultima essendo x+1 ed (x +1)’, l integrale generale della (t) sarà um (wr 1) lala 1) bo (7 +2) , 4, e Y, denotando i simboli di due funzioni arbitrarie. Portando il valore trovato di u nell'equazione (u) questa diventa " ds di du ds, ds NAT ANT CE Td My d ix =(c+1)0(y +2) + (et) p(y Hx). Al integrazione di quest'ultima pertanto si riduce l'integrazione delle- quazione (s). Ma I integrazione della (v) non è effettuabile, se i dati del problema che ha condotto alla proposta equazione (8) non valgono a determinare le funzioni 4, e ¥, . Per arrecare un esempio in cui queste funzioni arbitrarie, e quindi l'integrale dell’ equazione (v), si possono determinare, supporrò che il primo membro della detta equazione (Y), ossia l'espressione d'z d'z d'a dz dz de” adr" dy. de dy ’ debba per a=o ridursi ad MFI), e per y=0 ridursi ad ee. per la determinazione delle funzioni 4, e y, avrò allora le due equazioni pg) +) cry (a) + Gee 1) s (2) mn (et 1) (252 1) . Cambiando nella prima di esse y in x e risolvendole poi rispetto a Y, (x) e d, (x) si trova STUDI DI G. BRUNO 89 Y, (== dur, la) =x ; epperò l'equazione (y) nel caso particolare che consideriamo si riduce alla seguente d'z d'z qom s dz (We dude Jp up Sy OE EYE Di questa deve dapprima determinarsi un integrale particolare : col metodo dei coefficienti indeterminati facilmente si trova che PRE) ^ae xp + ye bay bry? a PS RS Ludi gata J y ¿AS dl cie Taye Ey +27) vi soddisfa. Ad avere l’integrale completo della (w) non si avrà più che a trovare l’espressione più generale di z che verifica la equazione d'z d'z d'z dz pali la quale espressione essendo yate (yx), l'integrale generale della (w) sarà 3 LP ¿=p (y+2x)+ eg (y—aj roy ay uA 4 3 37 9 I n I. x r Hd manae at ¿ap geag e quest'equazione sarà pure l'integrale più generale della proposta (s) fra quelli che verificano alle sopra accennate condizioni ai limiti x =o ed y= o. so Si concepisca un'equazione differenziale parziale lineare d’ordine m a coefficienti qualunque fra la funzione u e le variabili indipendenti x ed y, e per brevità (CE rappresenti l'equazione algebrica di grado m rispetto ad « e B che ne Serie IL Tom. XXI. M pr f 90 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. è la caratteristica. Se, denotando con X una funzione della sola x, nell’accennata equazione differenziale parziale si sostituisca Xz ad u, facilmente si trova che l'equazione differenziale parziale trasformata in z ha per sua equazione caratteristica TX AG dex dG OP) esc NETT. ie Per de Ey 1 DX PG 1 d"X d"G .. Tis dp Eos o Te de n Da quest’osservazione mi propongo di dedurre il criterio per rico- noscere quando l'integrale generale d'un'equazione data (40) differenziale parziale lineare a coefficienti variabili d'ordine m non differisca dall'in- tegrale (42) di un’equazione differenziale parziale lineare dello stesso ordine a coefficienti costanti fuorchè per un fattore x^ funzione qua- lunque della sola x, comune a tutti i termini del secondo membro di essa, e di determinare questo integrale quando siasi conosciuto che esso deve avere la forma accennata. A questo fine osservo che se, dicendo U un’ espressione incognita della forma del 5." membro dell'equazione (42) ed X una funzione pur incognita della x sola, l'integrale dell'equazione (40) è on porone, s =, il primo membro della (41) deve, coll'introduzione di un fattor conve- niente 7’, potere identificarsi col primo membro della (61), in cui G denoti un polinomio razionale intero di grado m rispetto ad « e B a coefficienti costanti ed incogniti, il cui sviluppo rappresento con alp Barat Bose By, latu Nd pat TD ENS. | + B, mb” Bo 277! + Br 0? Be Bas au pam +, in +B,-,, o eiu i cB, a" Be FOIRE: d ais, cio eit ia Be ce cee oe s ER Heh Vases sane Si avranno adunque le equazioni seguenti : AAA Ag A y da E dX PLL Livre 1) d'X | Amr TB, S A +(m—1)B,, .. he ros de 2 RS | — me. d”2 PRE ES A ripe Ds GX | (63") | y 12 Loop a CERE AE eagle AE gie S I | Deos tra r en E O «Por L AT TE O RE [A Dalle equazioni (63) si trae | ub n ERA i " ee sit ur De ti 5 tra peri B Pea god E By mq AE Una prima condizione dunque, perchè Leguagighe (40) abbia il suo in- AN tegrale generale della supposta forma (62), è che il rapporto fra due 1 qualunque dei :coefficienti. La, bud Via y Ai % Aisa costante. | La prima delle equazioni (63'), sostituendovi per 7° il suo valore y tratto dalla prima equazione delle (63), diventa | ^ Amo XB. D PR mio i dx a " e dà, rappresentando con C una costante arbitraria , 92 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. CA Bal sa n 152 da E monema O Ame ici e f In questa espressione di X l'esponente del secondo fattore è ancora in- determinato, ma esso si può prendere arbitrariamente, perchè, B dovendo essere una costante, il far variare l’accennato esponente torna allo stesso che introdurre in X un fattore della forma e^**^ in cui h ed A, sono due costanti: ora se la proposta equazione (40) è tale che, m-—x,0 fattovi dba la trasformata in diventi a coefficienti costanti, po- 3 e È ? y nendovi GET, in luogo di z, la trasformata in v sarà altresì a coef- ficienti costanti; infatti cambiando nel primo membro della (61) X in Xe^**^ esso diventa XetrthG+- d(Xe^***) dG I d (Xe**h) dG da To rd da* da’ re pes I la on G NA EE E (Re EURI here xG+2(1X + (e Ken noe + T I dudo. resi O e e vem vk ests) E qc d UD del ane een ee e 1 3 m+ aX , m(m—1),, ,d X d"G E «X Xem eci Ft) [ hdi AEG h” d"G\7 x(6+ 7 taggato nnd mehs rh, 1 dX dG h d'G "ne be i Topi a Ta) rad dorso dme i Aa (m—1) da” 1 d'Xjd'G ail d"G eus zn e onset (m—3) da a) + CRE che, soppresso il fattore e^*--^;, e fatto a+”. 4G | h° TG Ld TG n tos IE DEW us TOO Se ES Mier 4 m da” ? si riduce a XH+- yo AAA A E UC © STUDI DI G. BRUNO 93 la quale espressione , poichè Z/ è ancora un polinomio razionale ed intero di grado m in « e f, ha la stessa forma del primo membro dell'equazione (61). Assumerò dunque in ciascun caso particolare per l'esponente del se- condo fattore di X l'espressione di primo grado in x che vale a rendere più semplice lo stesso X, il quale perciò sarà così determinato , e, per | conoscere I’ integrale generale della proposta (40), non rimarrà più che a determinare il numeratore U del 2. membro della (62). La seconda e successive delle equazioni (63') e le equazioni (63") B IEA AAA, a, FR del polinomio G: ed, affinchè la (40) e seguenti varranno a determinare i rimanenti coefficienti B,,_,,1, Bm—1,23 abbia il suo integrale generale della forma voluta, si richiede che i valori trovati per ognuna di queste incognite sieno costanti, il che accadendo, ; si determinerà U coll’ integrare l’equazione differenziale parziale lineare a coefficienti costanti che ha per caratteristica (CTTU Le equazioni, che s’ integrano col metodo ora esposto, comprendono come caso particolare le equazioni studiate nel paragrafo sesto, e non | sarebbe difficile il provare che, se le radici della (41) risoluta rispetto ad « sono della forma supposta in quel paragrafo, le equazioni (63), (63!) ecc. possono sempre verificarsi con valori costanti di B,,,, B ! Bac Bor B i : he | assumendo per X l’espressione e ?. m,29 Briss TEs o Dee ee Die nis Bios Deva ecc., M_1,1) Per dare un esempio di integrazione operata col metodo esposto in questo paragrafo prenderò l'equazione (m) già trattata nel paragrafo 6.° d*z d'z d'z dz dz i ( e cercherd se la determinazione del suo integrale completo, ponendo si possa far dipendere dall'integrazione di un'altra dello stesso ordine a 4 coefficienti costanti | | du du d'u du d "'daedy e — i dpt) +B, Te B, v T ART ape gite dao 94 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. Le equazioni (63), (63') e (63), nel caso particolare che esamino, si riducono alle seguenti T=X; —T=B,,X; —2T=B,,X; dX dX (4x—3) T— B, X+ 3575 —(2x—3) TB, X +B. Tz ; - gs dX dX (4a? — 62-7 4) T B, X e B, AGS - Dalle quali si ha dapprima DEAE GU dimmi beer Xx eec T o3 j e, poichè s’é veduto che B,,, e C sono arbitrari, farò B, ,=—3, 2 . . . H . C=0, onde X=e”'; sostituendo poi questi valori nelle due ultime delle precedenti equazioni si ricava B,,=3 e B,,,==2, e si cade così sulla stessa equazione a coefficienti costanti d'u d'u d'u du du — —+2u—= dr dy + 2 2 dx" dxd » us dy* che si ottenne nel paragrafo 6.°, l'integrale della quale essendo u=ep (yam 290)+e o (y—x), si avrá per integrale generale della proposta ome" y (y 2x) Her, (y x) . Quando il numeratore U od il denominatore X del secondo membro della (62) abbiano certe forme particolari, al procedimento generale esposto superiormente possono sostituirsene altri molto più brevi. Ne darò due esempi : 1." Se l’espressione U, rappresentando con 9,, 935 93) ++- Pm i simboli di m funzioni arbitrarie, e con a,, 4,, 43, ....- Am M costanti qualunque, deve avere la forma U=o.(y+ax)+e,(y+ax)+p(y+ax) +... HF Onl YAAnX), l'equazione G=0, risoluta rispetto ad «, ha per radici ari dat ans. anos epperò il polinomio G è omogeneo di grado m rispetto ad ae 6, e quindi STUDI DI G. BRUNO 95 dee dee sono omogenei ancora e rispetti di d poni SI i ade — rispettive 28 > de E) da” g P vamente di grado m—1i,m-—2,........ zero, rispetto alle stesse « e 6. Per decidere adunque se una data equazione (40) differenziale parziale lineare d'ordine m rientra nel caso Speciale che or consideriamo, basta raccogliere in gruppi separati i termini di grado m, m—1, m—2, ecc. in we f dell'equazione (41) e vedere se coll’ introduzione del fattore 7°, che sap- piamo già determinare, possano questi successivi gruppi identificarsi coi successivi termini del primo membro della (61). Così se io voglio verificare se l'integrale della (Biren DE EED E Can RUE E da? dx'dy dxdy' dy? da dxdy 2 d*z À dz a dz 3 par tana —6)7 — (8x c ae —12.r)z=0 abbia la forma peus, 9 ( 27 2,20) H7 9, (7, x) 4-9 (n +a x) = = ; scritta la caratteristica della (k), ne raccolgo insieme i termini di uno stesso grado; moltiplicandone quindi tutto il primo membro per T=X ho l'equazione X (à — 20° B—a b’ 58) —2 Xx (34 —4ap—Q7) +X(40 —2)(30—2(88) —X(Bai—12x)=0 , 3 e scorgo subito che il suo primo membro avrà la forma del primo membro della (61), se si può trovare una funzione X di x che adempia alle condizioni seguenti dX dX Wi ful ian TEA S da (42 —2)X ; Te =—(8x—12x)X : questa funzione esiste ed agevolmente si trova essere X=e" $ l'integrale della (k) ha dunque la forma supposta, e siccome le radici dell'equazione c«—2«8—2a«'- 29 —o, DI eM — — — , Y risoluta rispetto ad a, sono «=, «=—f, «=2f, l integrale della (k) sarà, come già avevamo trovato per la stessa equazione nel paragrafo 6.", 96 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. z=e* (o (xm x) + e Qr — 2x) 4m e (2-2 x) ; 2.° Nel caso che la funzione rappresentata da X debba valere x”, p essendo un numero qualunque intero o frazionario, positivo o negativo, il primo membro dell’equazione (61) è ordinato rispetto alle potenze di x, e diviso per x? dà per quoziente LE Pri ro tells tG p(p—r)(p—2), DEM (64)... TARA TE LE quee Se adunque l'equazione (40) ha per suo integrale generale a Sk z=? in cui U è un'espressione della forma del secondo membro dell'equa- zione (42), il quoziente del primo membro della sua equazione caratte- ristica diviso pel coefficiente Am, o del suo primo termine deve potersi ordinare rispetto alle potenze intere negative crescenti della x, edi coef- ficienti che, nell'equazione così ordinata, moltiplicano x7', x7?, a7... .. devono aver la forma dei coefficienti delle stesse potenze della x nel poli- nomio. (64). L'equazione din da 4d z CNT: (TT +6x PESCI. a^ —— + (6— x" jz= o0 deste dy è integrabile nel modo ora accennato, perchè, formata la sua caratteristica, il primo membro di questa, diviso per x^ ed ordinato rispetto alle po- tenze negative crescenti di x, si riduce ad j 6 6 «^ —b’ + 28—I-+-—a+-— > de eo il quale appunto coincide col polinomio (64) quando si faceia in questo G=¿—Praf—1 e p=3. E siccome I integrale generale dell'equa- zione la cui caratteristica è G= o ossia dell'equazione d'u publ i u VE dy è, rappresentando con y, e Y, i. segni di due. funzioni arbitrarie, used (y — x) +e p(y +s) , l' integrale completo della proposta equazione (a') sarà dato dall’equazione pe pere ctia ty uan « x —U—=0 rt J Lg | | | NES “2 > on Y STUDI DI G. BRUNO 97 Nota ai paragrafi 1^ e 2. -oam La Giunta accademica incaricata dell'esame di questa Memoria, nella relazione favorevole e piena di benevolenza che fece sulla medesima, ha creduto dovere far osservare che i casi da me studiati nel primo e secondo paragrafo rientrano in altri più generali di cui già si era occupato ScugLLPACH nella sua Memoria inserta nel 16. Volume del Giornale di GreLLe, della quale ho fatto parola nel proemio di questo scritto. L'osservazione della Giunta non parendomi fondata, mi propongo di esporre, nella presenie nota le ragioni di questo mio parere: e sia per maggior brevità e chiarezza; sia per seguire più da vicino ScHELLBACH, che così fece nella Memoria citata, io ragionerò sopra un'equazione di quarto ordine: tutto ciò del resto che verrò dicendo è estensibile ad un'equazione lineare d'ordine qualunque m. Il Prof. di Berlino si occupa di ciò che in qualche modo può riflettere largomento in questione, nelle tre prime pagine della sua Memoria, e yrovato che, data l'equazione lineare | D dy i ve he 4, = X tene ad i - 4 (Byers 28 nets SE RS Ta y= = | ada. mas r | da (ay ag) da agde o e « ee da jes dxles: da |e- Xda > dove ,, 2,3 Za; % sono funzioni della x che devono soddisfare a quattro equazioni , che egli così simboleggia A, = gum de Za Oy A, mm (ae d) go (ait d) 2o (4-4 d) Zot- (ad) 2, i | + (2,27 d) 2, (at d)a,, gala ` Ay== (a d)(a,+d)a.+ (44 d) (a +d)2, + (23-44 d)(a,+ d) a+ (23+ d) (ard) Z | A= (a d) (ad) ( d) & 5 ed il cui algoritmo ho già dichiarato nel proemio, non entra a parlare del e modo con cui in alcun caso particolare si possa soddisfare alle equazioni (0). SERIE II Tom. XXI, B ee 98 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. ScueLLBACH pertanto, nella più volte citata sua Memoria, non integró alcuna equazione lineare, ma diede modo di far dipendere I integrazione d'un'equazione lineare qualunque dall’ integrazione di altre equazioni dif ferenziali (C). Ho detto, d’un’equazione lineare qualunque, perchè le equazioni (C) essendo quattro, e quattro pure le funzioni incognite g., 4,, &,, %, si concepisce in generale possibile l'esistenza di quattro fun- zioni della x che poste per &,, %,, %,, % nelle equazioni (€) le verifichino: anzi le tre ultime delle equazioni (€) essendo differenziali rispettivamente di primo, secondo e terzo ordine, e, per avere nell’equazione (B) linte- grale generale della (A), bastando conoscere un valor particolare di ciascuna delle funzioni &,, ¢,, %,, 3; si concepisce inoltre che esisterà un numero infinito di sistemi di valori per le accennate funzioni incognite, ciascuno dei quali sostituito nella (B) rende quest’ equazione atta a rap- presentare l’ integrale generale della proposta equazione (A), e ciò qua- lunque sieno i coefficienti A,, A,, Az, A, della medesima. Ora dicendo che le equazioni di cui diedi Pinteg nei due primi paragrafi rientrano nella classe più generale studiata da SCHELLDACH, o si volle affermare che le equazioni di eui io mi ocenpai hanno coefficienti tali che i valori di 2,, 2,, %,, 0 atti a verificare le equazioni (€) sieno determinabili immediatamente e senza alcuna fatica, oppure si volle solo esprimere la possibilità di dedurre o concepire dedotti i valori delle ac- cennate funzioni &,, %,, %,, Z3, dalle stesse equazioni (C). Nel primo caso parmi che l'osservazione non regga per le equezioni del primo e meno ancora per quelle del secondo paragrafo; poichè , tanto ristretto essendo il numero delle equazioni lineari che si sanno integrare qualunque ne sia l’ordine, comunque piccola imporianza abbiano quelle che formarono oggetto del mio studio, se la riduzione dei loro coeflicienti alla forma dei secondi membri delle equazioni (C) fosse con tanta facilità operabile, ciò sarebbe stato avvertito prima che un altro metodo avesse condotto a trovare I’ inte- grale di quelle equazioni. Nel secondo caso l'osservazione fatta dalla Giunta circa i casi di equazioni lineari che io ho esaminato nei due primi paragrafi è bensì giusta, ma colpisce tutte le equazioni lineari, cosicchè con ugual ragione, con cui fu detto di quelle di cui io mi occupai , è lecito dire che qualunque equazione lineare che altri abLia integrato, o giunga in progresso di tempo ad integrare, rientra in quella del Prof. di Berlino; e ciò quan- tunque il metodo di questo matematico sia impotente a far conoscere Y integrale cercato, perchè le tre delle equazioni (€) che sono differenziali a | La | ^ STUDI DI G. BRUNO 9 essendo non più lineari, anzi contenendo potenze dei coefficienti diffe- renziali superiori alla prima, ben si scorge che generalmente è assai più difficile la determinazione delle funzioni «,, a, %,, c, che non sia la diretta integrazione dell’equazione lineare proposta (A). In verità, si potrebbe osservare che, se l'equazione (A) appartiene j E [ PI al novero di quelle studiate nel primo paragrafo, facendo a=—(ka+h,); o =—(kx+h,) ; a, = — (kx +h) ; a= — (kx +h) , e se di quelle che furono integrate nel paragrafo secondo, facendo kao--h,. kath, KV mm ——— 3 a == ar+bx abx kathy, . [E pi) ESS APRI La) Le > abx dalle equazioni (C) scompare la variabile æ ed esse si trasformano in quattro equazioni algebriche contenenti le costanti incognite h,, h,, h;, h,, che perciò assai facilmente possono essere determinate in modo che le dette equazioni trasformate delle (€) sieno verificate. Ma la difficoltà stava appunto nel determinare la forma delle accennate espressioni di &,, &,, a, , & prima che altrimenti fosse conosciuto l'integrale dell'equazione pro- posta: poichè, se di una data equazione lineare siasi già con un metodo qualunque determinato l'integrale, e solo si domandi di scrivere questo sotto la forma (B), la determinazione delle funzioni di æ da assumersi perg ds Kas 0 risulta semplicissima, come proverò fra un istante, Io credo che del lavoro del dotto Tedesco si possano fare utili appli- cazioni, però a questioni diverse da quella che io mi proposi. Per citare una di queste applicazioni, farò vedere come dalla Memoria di ScueLLBACH si possa dedurre il modo di determinare l’ integrale dell'equazione (A) quando sia noto quello della diy diy (Dy 2 8 Ta té A questo fine si osservi che l'integrale della (D) ha sempre la forma Decio... y mH, y H, y Hi yo RH, Y, o in cui Z,, H,, H,, H, sono le costanti arbitrarie introdotte dall inte- grazione ed y,, Ya, J3 y, quattro funzioni particolari della x, ciascuna delle quali sostituita nella (D) in luogo della y la soddisfa: che inoltre 100 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. Pintegrale della (B), come quello d’ogni altra equazione differenziale lineare, può sempre concepirsi ridotto alla forma dell'equazione (B); | mettendo dunque in questa equazione (B) in evidenza le costanti arbitrarie, | e facendovi X=o poiché la (D) manca del termine indipendente da y | e sue derivate, si avrà quest’altra espressione dell’ integrale della (D) i 1 ’ | (Pi y H, mide e tmt: d f y Sendo, | +H, ef. fe "tus [^ fe] dar Ps | RH — fade (- Je mme LS Ix fe fe r— d) Hd is fe f (a—03) De ER I secondi membri delle equazioni ( (E) ed (F) rappresentando funzioni identiche, dovrà aversi — | toda (at de (as — e )da ye f i fe J elit N " dx; Ta in ^j fe SE da fe À a P fe ferait | da cui si trae d X TE y. dx d VAL d’ dx Fi dida dé Td pn d* de Ja d dx Yi | dy, di Yi da CARA UL y. dx dx 7, Ur. dx y, gt heme mi aen PU n alero pe NA da y, A FER d' dz y, ER: d d dr d y. dy, d^ de da d Js A y > dà d y, | da y, | | | : STUDI DI G. BRUNO IOI li Ora queste espressioni di &,, v, , 2 , #3, che sono conosciute perché son | noti i valori di 7,5 Jas ys, y,» © che sostituite nella (F) fanno che questa | rappresenti r integrale della (D), sono pur quelle che debbono assumersi perché la (B) rappresenti I’ integrale completo della (A): infatti le equa- zioni (C), non contenendo la X, sono le stesse per l'equazione (B) che” per l'equazione (A). Sostituendo dunque in (B) i valori trovati di 2,, @,, ' % ; 0, Si avrà per Pintegrale generale della proposta equazione (A) l’equazione seguente, ‘a cui, per una strada alcun poco diversa, era già pervenuto Guglielmo Lier: nella sua Memoria citata nel principio di questo mio lavoro: aS M LAO A =H y Hy, Hy Hy, Xdx d dx ce lo di trovare l'integrale della (A) quando sia noto quello E questo moc della (B), oltre il vantaggio che ha di esprimerlo colla formola (@) la quale, rispetto alle altre che si ottengono risolvendo la stessa questione con altri À metodi, è assai concisa, e la cui legge di formazione è abbastanza manifesta per lasciar vedere come dovrebbe essere modificata quando \ l'equazione (A) fosse di ordine diverso dal quarto, è talora nella pratica di più comoda applicazione che ogni altro, e segnatamente in quei casi LAI A pem CA Mor : in cui i rapporti * di due integrali particolari della (D) hanno rispettivamente per valore e:t, el, els, oppure (a+bx)h, (a+bx)hs, N ({a+bx)ls, nelle quali espressioni h,, k,, hs, a, b denotano quantità costanti, la qual cosa appunto avviene quando l'equazione (D) è delle specie di quelle che trattai nei paragrafi primo, secondo e quarto. Anzi y L3 | 102 CIRCA ALCUNI CASI DI INTEGRAZIONE ECC. in questi casi è facile, anche quando la proposta (A) sia d’ordine qua- lunque m, il ridurre l'integrale m” contenuto nell'equazione integrale generale della proposta ad m integrali semplici. Posto che P integrale dell'equazione. che nel paragrafo 4.” è segnata col numero (5) sia dato dall'una o dall’altra delle equazioni ivi notate coi numeri (30) e (31) si trova che per avere l'integrale generale dell'equazione d m y da” (da CET +4,5—5+A4 d? * dac 2 basta aggiungere al secondo membro dell'equazione (30) l'espressione oo 1 loe [n el o rispettivamente aggiungere al secondo membro dell’equazione (31) que- st’altra espressione ekat ... 7 cht (AFa)da , cur (XF(x)dx ehs Ph) TER) J ee m r (aba) (^ IXF(x)dx (la+bx)h [ XF(x)dx . Y o (E, ) (a +b a) tim g (k, ) x (a+b x) 1—m PF (x) (a+ba)tm XF(x)dx i 20000.» pr... ... vie b 9l (kn) * (@+bx)inri-n- in cuis 9405) doi et tuzioni di k,, k,, le cui radici sono k,, k,, ag 9' (km) rappresentano i risultati delle sosti- k m in luogo di k nella derivata del primo membro dell'equazione (supposta ridotta alla forma ordinaria) ọ (k) = o 3 & si | Ñ SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA DI LUIGI BELLARDI PROFESSORE DI STORIA NATURALE ice Memoria letta nell'adunanza del 17 febbraio 1861. hae PARTE II. Questa seconda parte comprende la descrizione di tutte le specie mes- sicane, che ebbi sott'occhio, appartenenti alle seguenti famiglie: Asilidea, Xylotomydea, Leptidea, Hybotidea, Empidea. Come è facile prevedere, la prima famiglia vi è rappresentata da un numero di specie di gran lunga maggiore di quello delle specie appar- tenenti alle altre quattro riunite insieme. Le tante modificazioni di struttura, che presentano gli Asilidi esotici, richiederebbcro per essi una rivista generale critica, simile a quella dataci dal sig. Lorw per le specie europee, e la formazione metodica di noveli gruppi generici, suggeriti dalla diversa struttura. delle antenne, della faccia, delle gambe e delle ali, renderebbe meno intricato lo studio di questa importante famiglia. Siccome ad intraprendere ed a condurre a buon fine un siffatto lavoro egli è necessario anzi tutto di poter esaminare direttamente i tipi stessi delle specie già note per riconoscerne tutti quei particolari di struitura, che possono consigliare nuovi gruppi ed un più naturale loro ordina- mento , e che raramente s’ incontrano nelle troppo brevi descrizioni di varii autori; così, non avendo io tale opportunità, nè, qualora Pavessi, | 4 104 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA valendomi l'animo di correre sulle orme così bene tracciate da uno dei nostri migliori maestri, stimai più prudente consiglio di riferire per ora tutte le specie nuove ai generi già adottati e consacrati dalla scienza , limitandomi a dare per ciascuna minute ed esatte descrizioni di tutte quelle parti che sono considerate come le più importanti, affinchè in tali descrizioni si possano trovare tutti gli elementi necessarii per una nuova e generale classificazione della famiglia, e ad indicare le suddivisioni già stabilite, alle quali le specie nuove descritte devono appartenere, ogni qualvolta mi riescì di poterlo fare. A scemare il numero degli errori che probabilmente mi saranno sfuggiti nella identificazione -delle specie, io approffittai dell’amicizia e delle estese cognizioni del sig. Bicor di Parigi, possessore di una delle più ricche collezioni di Ditteri. A tal fine io gli comunicai tutti i tipi qui descritti, che egli mi restituì dopo averli confrontati colla sua raccolta, corredandoli di non poche ed interessanti osservazioni, di cui mi valsi a modificare in molti casi le preconcette idee. Per quanto io mi sia adoperato affine di evitare le inesattezze che ordinariamente si incontrano in simili opere, quando particolarmente si hanno a descrivere specie appartenenti a generi che ne sono straordi- nariamente ricchi, tuttavia io non posso sperare di avere felicemente superate tutte le difficoltà: valgami di condono per le pecche occorse la natura dell'argomento, e mi sia benevolo il critico. Alle specie che io aveva raccolte, quando pubblicai la prima parte, molte ancora ne aggiunsi che ricevetti in comunicazione dal sig. Bicor, molte che mi procurai dal sig. Sacré, e molte infine che ebbi in dono dal sig. Sumiscurasr: inoltre questo distinto entomologo, che colle sue accurate caccie entomologiche in una contrada così ricca quale si è il Messico rende notevoli servigi alla scienza, mi promise, ed in parte ha già tenuta la gentile promessa , di raddoppiare le sue cure nella caccia dei Ditteri e di farmi frequenti e ricche spedizioni: per la qual cosa questo Saggio prenderà probabilmente tali proporzioni da potersi al suo compi- mento intitolare: Faunula Ditterologica Messicana. Gradiscano i miei sinceri ringraziamenti quanti contribuiscono a questo mio lavoro, e piaccia a Dio che mi sia concesso di condurlo a termine. DI L. BELLARDI 105 Vidi a [^ My. IV. Famiglia — ASILIDEA. — .silici Larr. 4. Sotto-Famiglia — MYDASINA, — Wydasii Maco. 1. Genere MYDAS Fann. { cellula, ultima posteriore nervulum ad marginem po- i | slicum. emillente ...,...,.. Spe he IO ENE sh pori sirbe ya 3 | cellula ultima posteriore nervulum ad marginem po- sticum non emittente... ...... ODE TT DRAP UNE ITE dani ‘ ree 6. thorace longiludinaliter distincte albo-vittato: abdomine Y AA A Hi dirige «ans s Lady: " TA 2. b atit D ode | thorace longitudinaliter non villato, vel obsolete tantum niiuigtó: REGGONO NONO ca e cse S tur S eq aie due à NAS es iro cn 3 | thorace bivittato : abdomine nigro.. ooun i US UB. 3. M. bitaeniatus Butt. ; | thorace quadrivitlato : abdomine rufo ............ 4. M. vittatus Maco. 4 f übdomine non DO, A na al etel T AUN TEN e Rae Di : l OVARO MOMO a ims nee ee e ES RES 5. M. tricinctus BELL. std pedibus: omnibus lotis. migris iani oe phe ees 1. M. rubidapez, Wie». © | pedibus omnibus nigris ; is et tarsis flavo-melleis 9. M tibialis Wien. segmentis 2, 3 el & abdominis viltatis: pedibus nigris 6. M. subinterruplus Bu segmentis omnibus aldominis vittalis : pedibus castaneis 7. M. basalis Westw. 1. Mypas RUBIDAPEX Wien. Maschio. Nigro-cyaneus. Fronte lata, profunde excavata, nigra et nigro- o f: 2} ? o 5 villosa: oculis nudis , inferne appropinquatis : antennarum primo articulo nigro et nigro- villoso ; aliis rubidis : facie nigra: epistomate proeminente : E È $ È mystace satis denso, basi antennarum subcontiguo, nigro, villis albidis cun nigris intermixtis: proboscide nigra. Thorace elongato , nigro, obsolete longitudinaliter vittato ; vittis et ipsis nigris sed pallidis : pleuris et pectore nigris, nigro-villosis: halteribus nigris. Abdomine subcylindrico, nigro- cyaneo-tomentoso ; tomento raro, nigro. Pedibus nigris, nigro-tomentosis et villosis: femoribus posterioribus incrassatis , subtus biseriatim spinosis ; spinis brevibus: unguiculis flavescentibus , ad apicem nigris : onychiis flavis. Alis longitudine abdominis , rubidis, ad apicem et ad marginem posticum flavescentibus , ad imam basim nigris : nervis ferrugineis , norma- libus: cellula quarta posteriore ad marginem posticum nervulum emittente. SERIE II Tov. XXI, o 106 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA Lunghezza del corpo 45"" — Lunghezza delle ali 1829. Mydas rubidapex Wien. Monogr. Myd. pag. 40. n. 2. t. LIT, f. 2. 1830. id. id. Wiep. Auss. Zweifl. Ins. vol. IL. p. n. 27 id. id. Westw. Arc. Ent. vol. I. p. 51. n. 4. 1854. id. id. WALK. List of Dipt. Ins. part VI. p. 361. n. 14. 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. of Dipt. North Amer. p. 27. Gli individui raccolti dal sig. Sarit che ho avuti sott'occhio hanno solamente il primo articolo delle antenne nero; tutti gli altri vi sono rossicci : Paddome ed il ventre vi sono di un bel colore azzurro-scuro. Un individuo comunicatomi dal Museo zoologico di Parigi ha il secondo segmento dell'addome guernito di tomento dorato: se tale carattere si incontrasse su molti individui potrebbe dar luogo alla creazione di una nuova specie: tutti gli altri suoi caratteri corrispondono con quelli asse- gnati alla presente specie da WIEDEMANN. Messico (Sarrk). lollezioni del Museo zoologico di Parigi e BeLLARD1. ( 8 8 2. Mypas TIBIALIS Wisp. Maschio. Niger. Capite .......Thorace, pleuris et pectore nigris , obumbratis: antica thoracis parte et pleuris nigro-villosis : humeris tu- berculatis , nigris. Abdomine et ventre nigris, nitidis. Coxis et femoribus nigris et dense nigro-villosis : apice femorum omnium , tibüs , tarsis totis , unguiculis , et onychiis luteo-melleis : femoribus posterioribus incras- satis, subtus biseriatim spinosis; spinis brevibus , nigris , e tuberculo exe- untibus : apice tibiarum posteriorum cum calcare longo, crasso, recurvato, tibiis concolore: apice unguiculorum nigro. Alis fuligineis, medio mar- ginis antici obscuriore, subopaco: cellula quarta posteriore ad marginem posticum nervulum emittente. Lunghezza del corpo 35?" — Lunghezza delle ali 57". 1829. Mydas tibialis Wien. Monogr. Myd. p. 42. n. 6. t. LIT. f. 6. 1830. id. id. Wien. Auss. Zweifl. Ins. v. II. p. 627. n. 30. id. id. Wesrtw. Arc. Ent. vol. I. p, 51. n. 11. 1854. id. id, | WALK. List of Dipt. Ins, part VI. p. 359. n. 6. 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. of Dipt. North Amer. p. 27. Messico (di Saussure); Baltimora (Wiep., Wrsrw., Wace.) Collezione BELLARDI. DI L. BELLARDI 107 9. MYDAS BITAENIATUS BELL. Tay, I, fig. 1i Maschio. Niger, nitidus. Fronte lata, ad verticem depressa, medio profunde excavata, nigra et nigro-villosa : ocellis in excavatione mediana, ad basim antennarum approximatis, inter se aequidistantibus; antennarum articulo primo incrassato , nigro ct nigro-setuloso ; aliis.......: facie superne lata, inferne coarctata , superne ad latera profunde excavata , ad epistoma proeminente , convexa , undique satis dense nigro-villosa : margine interno oculorum a vertice ad genas albo-pollinoso : genis nigris: proboscide brevi, incrassata , nigra: occipite nigro , albo-villoso , ad marginem. oculorum albo. Thorace longiusculo, mediocriter. convexo , nigro ; vittis albis , longitudinalibus , duabus , inter se aequidistantibus , a margine antico ad posticum productis, ibi in maculam transversam parvulam albam terminatis , ante maculam obsoletis; macula alia et ipsa alba , ante radicem alarum : tuberculis humeralibus valde proeminentibus , antice obsolete cinereo-pollinosis : pleuris et pectore nigris, cinereo- subpollinosis : scutello nigro , postice obsolete cinerco-pollinoso : halteribus nigris. Abdomine longo, conico, toto nigro , nitido, rare nigro-tomen- tosulo: ventre abdomini simili: genitalibus nigris, parum proeminentibus , nigro-villosis. Pedibus omnibus totis nigris: femoribus posticis. valde incrassatis , subtus biseriatim nigro-spinosis ; spinis robustis, et brevibus. Alis flavo-fuscis, ad marginem anticum fuscioribus : basi secundae cellulae submarginalis appendiculata; cellula quarta posteriore nervulum ad mar- ginem posticum emittente. Lunghezza del corpo 27™™ — Lunghezza delle ali 47"". Questa specie ha molta analogia col Mydas vittatus, di cui ha le dimensioni, la forma generale del corpo e la struttura. delle ali: da esso > te] però si distingue particolarmente pel colore nero dell'addome e pel numero delle bende del torace. Messico; Plaga Vicente (Sacré Collezione BELLARDI. 4. Mypas virrarus Maca. Maschio. Niger et rubescens, albo-vittatus. Fronte profunde ea'cava ta , nigra, ad latera inflata, alba et longe albo-villosa: oculis nudis, inferne f. 23), il quale appartiene al genere Rhopalia di M 108 SAGGIO -DI DITTEROLOGIA MESSICANA appropinquatis : antennis longis, nigris , ad apicem cinereis : facie superna ad latera profunde excavata, albo-villosa ; villis setuliformibus , sericeis, albo — flavis : epistomate proeminente. Thorace longiusculo , convexo , nigro , longitudinaliter quadrivittato , ad marginem posticum prope scu- tellum a secunda ad tertiam. vittam longitudinalem transversim univittato ; vittis omnibus albo-flavo-pollinosis : pleuris et pectore nigro-cinereis , albo-maculatis: scutello nigro, ad latera vix albo-notato : halteribus nigris. Abdomine conico, elongato : segmento primo nigro , postice albo -villoso ; aliis nitidis , rubescentibus: genitalibus rubescentibus. Pedibus piceis , vel nigro-picels: tibüs et tarsis obscurioribus. Alis hyalinis , flavescentibus : cellula quarta posteriore nervulum ad marginem posticum emittente. Femm. Abdomine depresso , lato: segmentis omnibus rubro-flavescen- libus et ad margines laterales nigro-unimaculatis. Lunghezza del corpo ô 3o"" — Lunghezza delle ali 287". 1850. Mydas vittatus Maco. Dipt. Exot. Suppl. IV. p. 60. n. € 1858. id. id. 0 t. IV. f. 6. (femmina). r. Sack. Cat. Dipt. of North Amer. p. Questa specie non devesi confondere col Mydas vittatus Wr. (Auss. Zweifl. Ins. vol. I. p. 559. n. 37 et Wien. Monogr. Myd. p. 54. t. LIF. \CQUART € proviene dall'Africa. 3 ro ] $ 2 x B J " L'individuo descritto e figurato da Macquart è di sesso femmineo: ] i! maschio non era ancora conosciuto: esso differisce dalla femmina per la mancanza delle macchie nere laterali e per la forma più conica ed allungata dell’addome I caratteri principali di questa bellissima specie sono le bende lon- gitudinali del torace ed il color rosso delPaddome. Messico (Santé). Collezioni del Musco zoologico di Parigi e BELLARDI. 5. MYDAS TRICINCTUS BELL. Pave det 2 Maschio. Niger, luteo-vittatus. Fronte excavata, nigra, ad latera rare sed satis longe flago-villosa: antennis nigris; articulis primo et secundo brevibus; tertio longo; clava elongata , ad apicem subtus emar- ginata , cinerescente : facie nigra , dense et longe flavo-aureo-villosa : marginibus internis oculorum in fronte tenuissime , in facie satis late < DI L. BELLARDI 100 flavo-marginatis. Thorace longiusculo , convexiusculo , nigro, vittulis duabus longitudinalibus , medianis , obsoletis, a margine antico fere usque ad marginem posticum productis et duabus lateralibus obsoletis , antice posticeque abbreviatis , omnibus cinereis; humeris rubris vel nigris, in tuberculum acutum elongatis ; macula rubra satis lata, longa, ad basim internam alarum ; villis raris, brevibus , flavis , per dorsum disseminatis : pleuris et pectore nigris, subnitidis , cum penicillo longiusculo villorum flavo-aureorum : halteribus flavo-rufescentibus. Abdomine nigro : segmento primo toto nigro , longe flavo-villoso ; secundo, tertio et quarto ad mar- ginem posticum univittatis ; vitta lutea, nuda, nitida, latiuscula ; coeteris totis nigris: ventre nigro ; segmentis secundo , tertio et quarto late luteo- wittatis ; quinto et sexto vix luteo-lincatis. Coxis nigris, longe albido- villosis : femoribus nigris , «d extremum apicem rufescentibus ; posticis valde incrassatis , subtus biseriatim spinosis ; spinis nigris , acutis : tibiis ct basi tibia tarsis anterioribus , tibiis el tarsis posticis nigr ‘um rufescente : tibiarur calcare longo, acuto , recurvo, rufescente ; tibiis et tarsis om- nibus flavo-aureo-tomentosis : unguiculis flavis, ad apicem nigris: ony- chiis flavo-melleis. Alis ad marginem anticum flavis, ad apicem fusco- maculatis, ad marginem. posticum vix infuscatis, medio vitreis: cellula quarta posteriore nereulum ad marginem posticum emittente. mm 2Amm Lunghezza delle ali 36 Lunghezza del corpo 22 g Questa specie è affine al M. interruptus Wien. ed al M. basalis Westw. Distinguesi dalla prima particolarmente per il tomento biondo-dorato della fronte e della faccia, pel torace più lungo, guernito di piccole bende longitudinali e di due macchie rossiccie nella parte posteriore, per l'addome diviso da bende gialle ben distinte, per le bende non in- terrotte sul mezzo, pel colore dei piedi e per quello delle ali: dalla seconda per la vena che parte verso il margine posteriore dell'ala dal- l'ultima cellula posteriore, per la faccia e per la fronte nere, per i lati del torace neri, pel numero dei segmenti dell'addome bordati di giallo, il quale è di soli tre, pel colore dei piedi e delle ali. Messico; contorni di Messico (Truqui, Sarit). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e BeLLaRpI. 8 8 IIO SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 6. MYDAS SUBINTERRUPTUS BELL. dava del: o» Maschio. Niger, luteo-notatus. Fronte, facie, epistomate totis nigris, et nigro-villosis : antennis nigris; clava elongata , ad apicem subtus emarginata. Thorace , pleuris , pectore et humeris in tuberculum acutum elongatis , nigris, obumbratis ; thorace , pleuris , coxis et femoribus longe nigro-villosis: halteribus flavis. Abdomine subcylindrico , nigro , nitido : primo segmento nigro-villoso ; secundo ad basim flavo-luteo-vittato ; secundo , tertio et quarto ad marginem posticum flavo-luteo-vittatis ; vittis in dorso subinterruptis , cum vittis ventris contiguis. Pedibus nigris : femoribus posticis mediocriter incrassatis, subtus biseriatim spinosis 5 spinis parvulis , longiusculis , acutis , nigris; calcare tibiarum posticarum crasso, recto , nigro , ad apicem flavo: unguiculis flavis , ad apicem. nigris : onychiis flavis. Alis saturate et uniformiter flavis: cellula quarta posteriore nervulum ad marginem. posticum non emittente. Femm. Abdomine depresso, latiusculo; secundo segmento ad basim non vittato. mm Lunghezza del corpo 20"" — Lunghezza delle ali 44". Molta è l'analogia di questa specie col M. interruptus Wien però che non si possa con questa confondere pei seguenti motivi: anzi : parmi tutto per la mancanza della vena prolungata al margine posteriore dell’ala dall'ultima cellula posteriore, quindi per la benda della base del secondo segmento dell’addome del maschio, per la benda del margine posteriore del secondo , del terzo e del quarto segmento non interrotte ai margini, ed interrotte sul dorso, piccole e lineari, pei peli della fronte, della faccia e dell'epistoma neri , e finalmente pel colore delle ali uniformemente biondo in ambo i sessi. Messico; Angang e Patzcuaro (di SAUSSURE ). Collezione di Saus SURE. 7. Mypas pasatis Wesrw. Femm. Niger, luteo-vittatus. Fronte excavata, nigra, superne ad latera late rubido-maculata: oculis ad marginem. internum Jlavo-cinctis : antennarum duobus primis articulis rubidis; tertio nigro; clava elongata. Facie ad latera profunde excavata, nigra, medio late convexa, rubida, | | | | | DI L. BELLARDI Ira villis flavis et nigris intermixtis in fronte, ad basim antennarum , et in facie. Thorace subquadrato , parum convexo , rubido; vitta mediana nigra, lata: pleuris et pectore nigris: halteribus flavis. Abdomine nigro: 5 í E é segmentis 2-8 ad marginem posticum satis late luteo-univittatis : ventre cum colore et pictura abdominis. Coxis nigris: femoribus anterioribus nigris, ad apicem rubidis; posticis mediocriter incrassatis, subtus irre- gulariter spinosis, fere totis rubidis , in facie postica nigro-maculatis : tibiis omnibus et tarsis rubidis: unguiculis rubidis , ad apicem nigris : onychiis flavis. Alis saturate et regulariter flavis: nervis rufescentibus : cellula quarta posteriore nervulum ad marginem posticum non emittente. o Lunghezza del corpo 20"" — Lunghezza delle ali 34"". Mydas basalis Westw. Arc. Ent. 53. 95. 1854. | id. id. ax. List of Dipt. Ins. part VI. p. 361. 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. of Dipt. North Amer. p. 27. Messico ; Angang (di Saussure). Collezione di SAUSSURE. 2. Sotto Famiglia — LAPHRII — Laphritae Maco. 1. Genere PSEUDORUS Warx. Thorace ferrugineo-rufescente: abdomine nigro-cyaneo .... A. Ps bicolor BELL. f, PSEUDORUS BICOLOR BELL. Tav. I. f. 90. Vemm. Nigro-cyaneus et ferrugineus. Capite lato, depresso, thorace latiore : fronte latissima , brevi, excavata, ad verticem valde depressa , is: tuberculo ocellorum mediocriter nigra , nitida , villis nonnullis nig proeminente, nigro-setuloso : antennis nigris; articulo primo cylindrico , longo; secundo brevi; tertio magno , valde inflato ; duobus primis longe et dense nigro-setulosis : facie latissima, cum marginibus parallelis , bre- vissima , inferne excavata, ad epistoma inflata, tota nigra, nitida: mar- ginibus internis oculorum albis : mystace simplici ; setulis paucis , exi- lissimis , nigris: genis nigris : barba rara, brevi , nigra: proboscide longa, nigra: palpis longis , nigris , dense et longe nigro-setosis : occipite nigro , nitido , inferne ad margines laterales unimaculato ; macula lata , cinereo- pollinosa. Thorace longitudinaliter. antice sulcato , nitido , ferrugineo- rufescente , antice breviter et rare nigro-tomentoso , postice nigro , nitido : 112 SAGGIO DI DITTEROLOGIA M SICANA pleuris et pectore colore thoracis , nitidis: scutello nigro : metathorace nigro , nitido, subrufescente’: halteribus magnis , nigris. Abdomine longo , ad basim subcoarctato, ad apicem acuminato , toto nigro-cyanco , nitido, villis nonnullis nigris ad latera primi et secundi segmenti: oviductu et ventre cum abdomine concoloribus. Pedibus praelongis, gracilibus, nigris, nitidis ; spinis brevibus , nigris , femorum paucis , tibiarum et tarsorum crebris : unguiculis valde arcuatis , nigris: onychiis longis , flavo-fuscis. Alis longis , dense fuliginosis , subopacis , medio nonnullarum cellularum subhyalino : prima cellula posteriore late aperta ; quarta clausa , "breviter appendiculata. Lunghezza del corpo ri"" — Lunghezza delle ali 24°”. c o Questa specie è la seconda del genere Pseudorus creato dal sig. Warren: i suoi caratteri generici concordano cosi bene con quelli assegnati dal WALKER a questo suo nuovo genere, che non può nascer dubbio sul posto che le compete. Dei due individui assai bene conservati, che ho ricevuti, quello de- scritto come tipo presenta nell'ala destra una macchia triangolare contigua alla metà del margine posteriore ed il terzo basale dello, stesso margine affatto scolorati: l’altro differisce dal primo pel colore delle ali molto meno intenso ma pressoché uniforme ed eguale su tutta l'ala; la. prima cellula posteriore dell'ala sinistra vi è ancor anormalmente ristretta, quasi chiusa. Messico; Plaga Vicente (Sarré). Collezione BeLLARD1. 2. Genere LAMPRIA Maco. 4 thordes: dureostamentosoxE qu. SALATE. T TES 2. L. clavipes Maco. ' | thorace non aurco-tomentoso ...... Se aroro t., UPC ORT MONS: qoi 1. g. 5 | thorace cyaneo, migro-villoso .........:.. AES A, L. mexicana Maco. Lwfemoribus: fanina ouate spas wes eqs A le Bigott Deb 1. ATOMOSIA NIGRIPENNIS BELT. Maschio e Femm. Nigra. Capite thorace latiore , depresso : fronte profunde depressa , nigra , aureo-pollinosa : tuberculo ocellorum proe- minentissimo , parvulo, nigro et nigro-villoso : antennis praelongis, nigris; articulo primo longo; secundo brevissimo ; tertio praelongo, primo lon- giore; primo et secundo breviter nigro-setulosis: facie depressa, plana, aureo-pollinosa: mystace subsimplici; setulis paucis, parvulis, longis : proboscide brevi , nigra: barba rara , flavescente : occipite nigro , obsolete Jlavo-pollinoso et villoso. Thorace nigro, dense et satis longe aureo-to- mentoso , convexo, ad marginem. anticum nitido, nudo: pleuris et pectore nigris , luteo - aureo - pollinosis : scutello nigro , dense et satis longe aureo-tomentoso: halteribus luteis. Abdomine depresso, medio subcoarctato, nigro-aenceo : segmentis quatuor primis aureo-tomentosis ; quinto et sexto nudis: ventre fusco: genitalibus parum proeminentibus , nigris. Coxis et femoribus omnibus nigris , aureo-Lomentosis et villosis: tibiis et tarsis ferrugineo-flavescentibus : macula externa extremi apicis tibiarum posti- carum, duobus ultimis articulis tarsorum anticorum , quatuor ultimis tarsorum intermediorum et apice omnium tarsorum posticorum fuscis. Alis ad marginem anticum saturate, ad posticum pallide fuligineis , ad basim. hyalinis, fere undique iricoloribus : prima cellula posteriore late aperta; quarta clausa, breviter appendiculata. mm Lunghezza del corpo 7"" — Lunghezza delle ali 11 Questa specie ha molta analogia coll’ 4t. sericans War. (Trans. Ent. "sae OR. 120 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA Soc. vol. V. N. S. part VII. p. 15): i caratteri che ne la distinguono sono a mio credere: il tomento dorato della fronte, il tomento dorato che ne ricopre il torace e gran parte dell'addome, la maggior densità della tinta nera delle ali, e la loro base quasi scolorata. : Messico (SALLÉ). Collezione BeLLARDI. 2. Aromosia Macquarti BELL. Femm. Nigra, rare aureo-tomentosa. Capite latitudinem thoracis ae- quante: fronte profunde depressa, nigra, flavo-pollinosa et rare villosa : tuberculo ocellorum proeminente, nigro, flavo-setuloso: antennarum articulis duobus primis nigris ; tertio .....: : facie lata, plana, flavo-aureo-pollinosa et undique rare flayo-aureo-villosa: barba albida: occipite nigro , Jlavo- setuloso et villoso. Thorace brevi, subquadrato , parum convexo , nigro- aeneo , nitido , breviter et rare sed undique et uni formiter aureo-tomen- toso; setulis lateralibus paucis, albo-flavis: pleuris, pectore et coxis nigris, albo-pollinosis: scutello thoraci concolore, ad marginem posticum setuloso : halteribus flavo-luteis. Abdomine convexo , nigro-aeneo : segmentis quarto: et quinto postice flavo-marginatis : ventre Jlavescente. Pedibus nigris: ima basi et extremo apice femorum et tibiis ad basim late ferrugineis: tarsis fuscis. Alis nitidis, hyalinis, immaculatis: cellula prima posteriore ad marginem. alae clausa; quarta clausa, breviter appendiculata. Lunghezza del corpo 7"" — Lunghezza delle ali 12". Questa specie per i suoi caratteri generali è molto affine alla At. inci- suralis ed alla At. unicolor Mace. : a mio credere va distinta dalla prima sopra ogni cosa per la prima cellola posteriore chiusa e per alcuni altri caratteri secondarii notati nella descrizione; dalla seconda, colla quale ha in comune la cellula prima posteriore chiusa per questa cellula stessa che si chiude sul margine dell’ala e la cui forma è arcata, non ovale, e per il margine del quarto e del quinto segmento orlato di color biondo. Messico (Cravent ). Collezione BELLARDI. 3. Aromosia? Bicori Bert. Maschio. Nigra, flavo-villosa et pollinosa. Capite latiusculo , parum convexo : fronte inferne dilatata , superne valde coarctata , depressissima , | | ^ | | ) DI L. BELLARDI 121 flavo-aureo-pollinosa, villis nonnullis ad margines infernos, brevibus, flavis: A e y tuberculo ocellorum valde proeminente, nigro-setuloso : antennis longiu- sculis; articulo primo longo , pallide flavo , ad imam basim nigro, flavo- setuloso; secundo brevissimo , subcyathiformi , fusco , superne nigro et À nigro-setuloso , inferne flavo-villoso ; tertio praelongo , compresso, latiu- seulo, ad marginem supernum prope apicem. emarginato, unispinoso, nigro , ad imam basim flavescente: facie plana, vix: ad epistoma ocninente, cum i j / > a — marginibus parallelis , dense aureo-pollinosa, setulis nonnullis supernis , | medianis , albis : mystace mediocri ; setulis longis , flavidis : proboscide longa , lata, nigra: palpis minimis , nigris : barba rara , flavescente : | | occipite nigro, margine superno late flavo-aurco-pollinoso , inferne late albo-argenteo-pollinoso ; setulis flavis. Thorace lato , mediocriter convexo , dense flavo-tomentoso et pollinoso: vitta mediana biplici et vittis late- ralibus arcuatis , nigris : setulis marginalibus anticis nigris , posticis flavis: "— pleuris et pectore cinereo-pollinosis : scutello fusco , flavo-pollinoso , ad marginem setuloso ; setulis sex rigidis , longis, duabus medianis nigris , aliis flavis: halteribus flavo-luteis. Abdomine toto satis dense punctato , nigro, tomentoso et villoso ; tomento et villis raris , Jlavis ; margine postico omnium segmentorum flavo. Pedibus flavis : dorso femorum po- E sticorum , apice tibiarum. posticarum , apice articuli primi et omnibus aliis articulis tarsorum posticorum fuscis; tomento , villis et spinis flavis : articulo primo. tarsorum posticorum longo: unguiculis brevibus, valde j . . . .. . . . ni. | . i arcuatis , nigris : onychiis flavis. Alis ad basim hyalinis, ad apicem Le nine Sor infuscatis , iricoloribus. Lunghezza del corpo 8"" — Lunghezza delle ali 17". 5 I 8 7 Messico (Sarr£). Collezione Bicor. 3. Sotto-Famiglia — ASILIN élites Maca. 1. Genere MALLOPHORA Serv. sculello nigro, dense et longe luteo-villoso........ 1. M. infernalis Wisp. | sculello nigro, dense et longe nigro-villoso ....... 2. M. Craverii BELL, d ) i ) 1. MALLOPHORA INFERNALIS Wiep. i Femm. Nigro-cyanea , dense et longe nigro-villosa. Capite lato , valde Serie II Tow. XXI. Q E REA AA x minm cin — 122 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA depresso : fronte lata, valde depressa , nigra, nitida, superne longe flavo- villosa, inferne ad iiio nigro-setulosa : tuberculo ocellorum «ix proe- minente; ocellis inter se valde distantibus: antennis longis, nigris , ad basim nigro-rufescentibus, articulis primo et secundo subaequalibus, tertio elongato , parum. lato: stylo longiusculo , nigro , ad summum. apicem i Mapas : facie superne plana, ad epistoma proeminente , nigra, nitida, nigro-villosa : mystace magno, denso , longo, nigro : palpis magnis, nigro- rufescentibus, longe et dense nigro-setulosis: proboscide nigra: barba flava: occipite nigro , flavo-marginato; villis longis, densis, flavis. Thorace subquadrato, depresso, nigro, dense nigro-tomentoso ; villis. nonnullis flavo-luteis in margine antico: pleuris et pectore totis nigris , nitidis et dense nigro-tomentosis : scutello nigro , toto dense et longe luteo-villoso: halteribus nigris. Abdomine brevi, lato, depresso, toto nigro-cyaneo , nitido , dense undique nigro-tomentoso : ventre abdomini concolore. Pe- dibus totis nigro-castaneis , nitidis, densissime et longissime nigro-villosis: unguiculis brevibus , Jalle arcuatis, nigris: onychiis fuscis. Alis regu- lariter et satis dense fuliginosis, cyaneo-micantibus. 1821. Asilus infernalis Wien. Dipt. Exot. p. 202. n. 35. 1828, id, id. Ip. Auss. Zweifl. Ins. i I. p. 475. n. 76. 1834. Mallophora id. Maco. Dipl. vol. I. p. 301. n. 1. 1830-34. Asilus id. Perry Del. Anim. Art. p. " t. XXXVI. f. 5 1849, id. id WALK. List of Dipt. Ins. part. II. p. 387. 1855. Mallophora id. Ip. id. id. part. VII. p 579. n. 11. Lunghezza del corpo 22"" — Lunghezza delle ali 53". Messico; Oaxaca (SALLÉ). Collezione BeLLARDI. MALLOPHORA CRAVERIT BELL. Femm. Nigra, densissime et longe nigro-sulphureo-tomentosa. Capite latitudinem thoracis aequante, depresso: fronte depressa, nigra, satis dense flavo-luteo-villosa: tuberculo ocellorum parum proeminente: antennarum articulo primo et secundo brevibus, fuscis ; tertio gracili , elongato : stylo longiusculo , lutescente : facie fusca: mystace maximo, densissimo , usque ad basim antennarum fere producto; setulis crassis, rigidis, longis , nigris, supernis luteis: barba nigra , ad margines oculorum lutea: palpis longis, ad apicem. densissime et longe nigro-setulosis : proboscide nigra, setulis palporum occultata: occipite nigro , villoso; villis supernis luteis, late- ralibus nigris. Thorace parum convexo, nigro , dense et longe nigro- tomentoso; macula e tomento luteo, mediana, antica, subt; iangulari t pleuris, | | | DI L. BELLARDI 123 pectore et coxis nigris et nigro-villosis: scutello nigro, toto densissime et longe nigro-villoso : halteribus fuscis, ad basim pallidis. Abdomine depresso , brevi, cordiformi, nigro: segmento primo nigro-villoso ; aliis dense, longe, undique et regulariter luteo-villosis; villis ad basim. luteo- ferrugineis et luteo-sulphureis : ventre nigro , nigro-villoso , ad apicem luteo-sulphureo-villoso. Pedibus crassis, nigro-castaneis: femoribus om- nibus dense et longe nigro-tomentosis ; tomento femorum posticorum in- Jerne a basi ad apicem producto , albo: tibiis anterioribus parum et breviter. nigro-tomentosis : tibiis posticis ad latus externum. et internum densissime et longissime nigro-tomentosis: macula parvula tomenti albi in medio marginis interni: tarsis omnibus et extremitate tibiarum nigro- setulosis et tomentosis: unguiculis validis , nigris : onychiis fuscis. Alis praelongis , flavis , abdomine multo longioribus. Lunghezza del corpo 26"" — Lunghezza delle ali 64. I peli bianchi dell'ultimo paio di gambe , il color biondo delle ali, i piedi di color castagno, e la macchia gialla anteriore del torace distin- guono questa specie dalla M. Pluto Warr., colla quale ha una certa analogia. Due individui che ebbi dal sig. Sarré provenienti da Oaxaca sono più piccoli, ed hanno le ali leggermente velate di bruno. Messico; contorni di Messico (Craverr); Oaxaca (Sarr). Collezione Bertar. 2. Genere PROMACHUS Loew. 7 abdomine transversim villalo .......... ME . Depos. fixas. eu A © | abdomine non transversim vittato ........ PRET NEA A we AN «ys eNOS ak e e M. 2 pedibus totis nigris .......................... A. Pr. fuscipennis BELL. AA UE RE CR TIA MIO OT c Pot MIO mystace flavo-aureo: thorace cinereo-maculato : fe- 3 MOVUS MIO US s oum dedu ne .. 2 Pr. cinctus BELL. ©) mystace albo: thorace flavo-fusco-maculato: femoribus nigro-rufescentibus ............,,.......... 3. Pr. magnus BELL. 4 | femoribus castaneis , longitudinaliter nigro-wnivittatis — 7. Pr. Truquii BELL. STIRO RR AO a ir s pe has Votre nb, p À tibiis omnibus rufis................., SCARE 18 CARERE A CRDI EE RU | tibiis posticis rufis, anterioribus nigris .......... 6. Pr. pulchellus Brett. 6 | maculis dorsalibus abdominis nigris, quadratis .... 4. Pr. quadratus BELL. ` | maculis dorsalibus abdominis nigris, trapesoidalibus 5. Pr trapezoidalis BELL. "etes 18 pn 124 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA i. PROMACHUS FUSCIPENNIS BELL. var. A. Tav. H. fig. 1. Maschio. Niger, cinereo-vittatus. Capite parum depresso , latitudinem thoracis aequante: fronte profunde excavata, nigra , ad latera nigro-setu- losa, ad basim antennarum aureo-tomentosa: tuberculo ocellorum parum proeminente, nigro et nigro-villoso : antennis nigris; articulo secundo primo valde breviore, ad apicem subincrassato ; tertio gracili, conico , primo breviore: stylo crasso, longo , nigro: facie ad basim antennarum plana, inferne valde convexa, undique dense aureo-pollinosa , superne flavo-villosula: mystace magno; setulis externis nigris, internis aureo- flavis , totis rigidis , longis: palpis longis , nigris et nigro-multisetulosis : proboscide crassa , longiuscula , nigra, nitida, ad apicem subtruncata et flavo-villosula : barba densa , longa, flavo-aurea: occipite nigro, obsolete flavo-pollinoso, superne nigro-setuloso , ad latera dense et longe flavo- aureo-villoso. Thorace longiusculo , coneexo , nigro , cum marginibus et vittis duabus , transversis, dorso late interruptis , cinereo-pollinosis , nigro- tomentoso , postice et ad latera longe nigro-setuloso : pleuris , pectore et coxis nigris , cinereo-pollinosis et, villosis: scutello nigro , ad marginem longe et dense nigro-setuloso : halteribus fuscis. Abdomine elongato , cum genitalibus alis longiore , conico , ad basim lato, nigro: segmentis om- nibus cum marginibus postico et lateralibus satis late cinereo-vittatis ; vittis lateralibus latis: tomento nigro, in vittis albido : villis primi, secundi et tertii segmenti ad latera longis : ventre nigro , unicolore , longe cinereo-villoso : genitalibus longis, nigris et nigro-villosis. Pedibus totis nigris , nigro-spinosis et cinereo-villosis : unguiculis longis, nigris : onychiis latissimis , praelongis , saturate flavis. Alis longis , subfuscis : cellula submarginali medio fuliginosa ; prima posteriore aperta, sed ad marginem alae coarctata, Femm.? (an varietas ?) Polline frontis et faciei albo-flavescente : setulis nonnullis mystacis et barba albidis: villis segmentorum basalium abdominis praelongis , subsericeis , omnibus albis: vitta marginis postici latiore : segmento sexto et sequentibus totis nigris : oviductu praelongo. Alis longioribus, latioribus et fuscioribus : cellula submarginali non fuliginosa. Lunghezza del corpo 25"" — Lunghezza delle ali 29.3. 1846. Trupanea fuscipennis M&cQ. Dipl. Exot. Suppl. I. p. 81. n. 44. t. VIII. f. 4. 1855. id. id WALK, List of the Dipt. part VII. p. 589. n. 11. Ca _ = ^ È ———————— — E e DI L. BELLARDI 155 | Il sig. Bicor, cui ho comunicati gli insetti di sesso maschile qui descritti, crede doverli riferire a questa specie di Micquarr, e dietro tale autorità non dissento dal riconoscere la specie di Macovanr negli insetti messicani: noterd soltanto le differenze che ho osservate cercándo di applicare loro la descrizione data da Macovanr della sua Tr. fuscipennis, e che dapprima mi avevano indotto a considerare gli insetti messicani come appartenenti a specie distinta e non ancora descritta: secondo MACQUART la sua specie ha 1 palpi gialli, guerniti di peli parimente gialli, la faccia fulva con tomento bigio nel mezzo, i baffi fulvi inferiormente: inoltre nella figura data da Macquanr , forse per inesatezza del disegnatore - sulla pietra, la cellula marginale è chiusa molto prima del margine dell'ala, | mentre negli insetti messicani essa è chiusa quasi sul margine stesso dell’ala. i L’insetto di sesso femmineo, che ho descritto e che ho avuto in gentile comunicazione dallo stesso sig. Bicor, ha maggiore analogia colla specie | descritta da Macquart pel colore della fronte, della faccia e della barba: anche in essa però i palpi sono neri guerniti di setole nere. Messico (SALLÉ ). Collezioni Bicor e BeLLARpI. ) 2. Promacnus CINCTUS Becu. Tav. IL fig. 2. Maschio. Niger, cinereo-vittatus. Capite thorace latiore, parum de- i presso : fronte profunde excavata , nigra, ad latera flavo-nigro-villosa, inferne flavo-aureo-tomentosa : tuberculo ocellorum parum. proeminente , n nigro-villoso : antennis nigris; articulo secundo brevi; articulis primo et secundo multisetulosis ; tertio compresso , ovato, primo breviore : stylo longo , gracili, nigro: facie superne plana, inferne proeminente , nigra , Jlayo-aureo-pollinosa, undique dense et longe flavo-aureo-villosa: mystace . villoso , subindistincto , cum illis faciei confuso : genis nigris: barba Jlavo-aurea, densa, longa: palpis nigris, dense nigro-setulosis , ad basim Slavo-aureo-villosis : proboscide nigra: occipite nigro , ad margines late- rales flavo-aureo-pollinoso , superne nigro-setuloso , inferne flavo-villoso. Thorace brevi, valde convexo , nigro , longe nigro-tomentoso; marginibus | et vitta transversa. submediana cinerescentibus ; setulis rigidis , nigris , tomento intermixtis, praesertim ad margines et in parte postica: pleuris à et pectore nigris, obsolete flavo-villosis , subflavo-pollinosis : scutello nigro, | 126 SAGGIO DI DITTE ROLOGIA MESSICANA ad marginem longe nigro-setuloso et cinereo-villoso : halteribus fuscis. Abdomine elongato, conico, ad basim latiusculo; segmentis primo et secundo satis dense albo-cinerescenti-villosis ; aliis antice nigro , postice cinereo - tomentosis ; omnibus nigris, ad marginem posticum et ad margines laterales cinereo-vittatis ; vitta lata, continua ; excepto segmento primo toto nigro: ventre cinerescente , unicolore , flavo-villoso : genitalibus parvulis, longis, nigris et nigro-villosis. Pedibus satis dense flavo-villosis et nigro-spinosis , nigris ; exceptis tibiis omnibus ferrugineis ad extremum apicem et ad imam basim tantum nigris : unguiculis valde arcuatis , nigris: onychiis magnis , flaeidis. Alis obscure flavis : cellula submarginali medio fuliginosa. Femm. Maior. Facie subnuda; villis raris, ad basim antennarum flavis, versus mystacem nigris: mystace cum setulis paucis sed rigidis , flavo- aureis. Abdomine breviore ; oviductu compresso , longo , nigro. Lungh. del corpo ô 25°" 9 387" - Lungh. delle ali ô 43%" o 45%”. Messico (SALLE ). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e BeLLARDI. 3. PROMACHUS MAGNUS BELL. Femm. Niger, cinereo-vittatus. Capite thorace latiore, parum depresso: fronte profunde depressa, nigra, flavo-pollinosa , ad latera et ad basim villosa ; villis nigris , lateralibus raris , brevibus , infernis satis densis , longiusculis : antennis nigris; articulis primo et secundo nigro-setulosis; tertio .........: facie lata, superne plana, inferne parum proeminente, undique flayo-cinerescenti-pollinosa, superne rare nigro-villosa ; mystace raro; setulis incrassatis , rigidis , longis , albis , willis nonnullis. albis intermixtis : barba densa, longa, alba: palpis nigris, dense nigro-setulosis, ad basim albo-villosis : proboscide crassa , longiuscula , nigra , nitida : occipite undique flavo-pollinoso , superne nigro-setuloso , ad latera flavo- villoso. Thorace lato, brevi, valde convexo, fusco, breviter et rare tomentoso , postice rare setuloso; vittis duabus dorsalibus , maculis late- ralibus quatuor obsoletis , nigris: pleuris, pectore et coxis fuscescentibus, flavo-villosis , scutello pallide fusco , albo-villoso , rare nigro-setuloso : halteribus flavescentibus. Abdomine brevi, lato: segmentis primo et secundo longe et satis dense albo-cinerescenti-villosis ; aliis cum tomento brevi, nigro et cinerescente ; omnibus nigris , ad marginem posticum et ad DI L. BELLARDI 127 margines laterales cinereo-vittatis ; vitta. in primo segmento vix notata, in aliis postice parvula , ad latera satis lata, continua; tomento in vitta postica tertii et quarti segmenti nigro: ventre cinereo, unicolore , albo- villoso. Pedibus breviter nigro-flavo-tomentosis et nigro-multispinosis , nigris : femoribus nigris , subrufescentibus : tibiis obscure rufis , ad apicem nigris: unguiculis valde arcuatis , nigris: onychüs magnis , obscure flavidis. Alis obscure flavis: medio cellulae submarginalis subfuliginoso. Lunghezza del corpo 29"" — Lunghezza delle ali 54"". I seguenti caratteri distinguono questa specie dalla precedente, colla quale ha molta analogia: dimensioni maggiori, colore delle macchie del torace, dei fianchi e del petto bruno, tomento della benda transversale posteriore del terzo e del quarto segmento dell’addome nero, bende laterali dell'addome pià larghe, tibie di color rossiccio scuro , femori di color nero , leggermente rossiccio. sE Messico (di Saussure ). Collezione di Saussure. 4. PROMACHUS QUADRATUS Bexv. Tav. IL f. 3. Maschio. Niger. Capite thorace latiore, depresso: fronte valde depressa, ad verticem profunde excavata, nigra, antice flavo-pollinosa, ad latera nigro-villosa : tuberculo ocellorum parum proeminente , breviter. nigro- villoso : antennis nigris; articulis primo longo, secundo brevi, nigro-multi- setulosis ; tertio ovato , compresso , primo breviore, ad imam basim fla- vescente: stylo praelongo , nigro : facie superne plana, inferne proeminente, Jlayo-aureo-pollinosa, superne ad latera flavo-aureo-villosula : mystace magno , setulis rigidis, longis, supernis et lateralibus nigris, aliis flavis: genis flavo-aureo-pollinosis : barba densa, longa, flava: palpis nigris , nigro-multisetulosis: proboscide crassa, nigra, nitida: occipite superne nigro et nigro-setuloso , ad latera nigro-flavo-pollinoso et villoso. Thorace latiusculo , convexo , nigro, obsolete cinereo-pollinoso, vittato et maculato ; antice nigro-tomentoso , postice et ad latera nigro-multisetuloso : pleuris et pectore nigris , flavo-cinereo-pollinosis et obsolete flavo villosis: scutello nigro, ad marginem setuloso et villoso ; setulis praelongis , nigris; villis flavis: halteribus fuscis, medio pallidis. Abdomine brevi, flavo-tomentoso: segmentis dorso late nigris, ad margines laterales late flavo-vittatis; vittis 128 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA latis, cum marginibus parallelis, subquadratis , a margine antico ad po- sticum productis; ventre flavo et longe flavo-villoso : genitalibus magnis, depressis , ad apicem. dilatatis , clayatis , nigris et nigro -villosis. Pedibus Jlavo-tomentosis et willosis , nigro-spinosis , nigris , exceptis tibiis ferru- gineis , ad extremum apicem tantum nigris: unguiculis longiusculis , valde arcuatis, nigris : onychiis magnis , subferrugineis. Alis obscure flavis : medio cellulae submarginalis subfuliginoso. Femm. Maior. Setulis infernis mystacis flavo-aureis. Tomento et villis abdominis longioribus : segmentis 1-5 nigris, ad margines laterales vittatis ut in mare; ceteris totis nigris. Lunghezza del corpo ô 22"", o 28"" compreso l'ovidotto. Id. delle ali ^5 34776 gg mn I principali caratteri proprii di questa specie sono: le bende di color biondo dell’addome, le quali sono molto larghe coi margini laterali paralleli, di figura quasi quadrata, e fra le quali è compresa: una larga macchia quadrata dorsale di color nero intenso, e quindi il tomento generale del corpo biondo: nel maschio le bende laterali dell'addome si prolungano un poco sul margine posteriore di ciascun segmento. Messico ( Sarré ). Collezione Briranpr. 5. PROMACHUS TRAPEZOIDALIS BELL. RAY, CM uf. Ap Maschio. Niger, flavo-tomentosus. Capite latitudinem. thoracis aequante, parum depresso: fronte coarctata, profunde depressa, flavo-aureo-pollinosa, ad latera rare nigro-villosa: tuberculo ocellorum vix: proeminente, subnudo: antennis nigris; articulis primo et secundo flavo-nigro-setulosis; secundo longiusculo; tertio compresso, ovato , primi longitudinem. aequante : stylo longiusculo, nigro: facie coarctata, ad epistoma proeminente, undique dense aureo-pollinosa: mystace aureo-villoso, longo, satis denso, ad basim anten- narum adscendente: genis aureo-tomentosis: barba densa, longa, flava: palpis brevibus, nigris, nigro-setulosis: proboscide longiuscula , crassa, nigra: oc- cipite aureo-pollinoso , superne nigro -setuloso , ad latera flavo-aureo-villoso. Thorace brevi , convexo , aureo-pollinoso ; antice nigro-tomentoso , postice et ad latera longe nigro-setuloso: vittis duabus longitudinalibus , dorsa- libus et maculis lateralibus subquatuor , nigris: pleuris, pectore et coxis DI L. BELLARDI 120 Slavo-cinereo-pollinosis et flavo-villosis : scutello aureo-pollinoso , ad mar- ginem longe flavo-aureo-villoso : halteribus flavis. Abdomine conico , ad apicem. acuminato : segmentis flavo-luteis ; primis longe, posterioribus breviter flavo-aureo-villosis; omnibus dense flavo-aureo-tomentosis et dorso nigro-maculatis; macula trapezoidali, postice attenuata ; in primo segmento maxima , in aliis regulariter. decrescente: ventre ad basim flavo-cinereo- villoso , ad apicem flavo-villoso : genitalibus longis , nigris , ad apicem flavo-villosis. Pedibus fluvo-aureo-villosis , nigro-spinosis , nigris, exceptis tibiis ferrugineis ad apicem tantum nigris: unguiculis longis, valde arcuatis, obtusis, nigris: onychiis magnis, flavo-subferrugineis. Alis flavis, ad apicem obscuris: cellulis marginali et submarginali medio nebulosis. Femm. Maior sed brevior. Mystace minore. Oviductu longo, compresso, nigro , nitido. " Lunghezza del corpo ô 18"", 9 20%". Id. dellecali 60 2029 D 395m. Messico ( Sazré ). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e BErranpr. 6. PROMACHUS PULCHELLUS Bern. Tav. IL f. 5. Maschio. Niger, flavo-aureo-tomentosus et villosus. Capite lato, parum depresso : fronte coarctata, nigra, vix flavo-pollinosa , nigro-villosa , satis profunde excavata: tuberculo ocellorum vix proeminente: antennis nigris; ultimo articulo compresso , ovato , brevi, lato: stylo longo , nigro: facie valde coarctata , ad epistoma proeminente , a basi antennarum re- gulariter descendente , undique flavo-pollinosa , superne medio ad basim antennarum nigro-villosa; villis longis , a mystace nigro , satis denso, longo, cum nonnullis setulis internis flavis , disiunctis : genis flavo-polli- nosis : palpis nigris , dense nigro—setulosis : proboscide longiuscula, crassa, nigra, nitida : barba densa , nivea , longa : occipite nigro , obsolete flavo- pollinoso , superne nigro-setuloso , ad latera flavo-villoso. Thorace brevi, aureo-pollinoso, rare nigro-villoso , in parte postica marginum lateralium nigro-setuloso , vittis duabus longitudinalibus postice abbreviatis , maculis lateralibus quatuor saturate nigris : pleuris , pectore et coxis flavo- cinereo-pollinosis et flavo-villosis : scutello flavo-aureo-pollinoso , dense Jlavo-aureo-villoso : halteribus flavis. Abdomine ad basim. lato, ad apicem Serw IL Tom. XXI. & n nns ANC IT enia er 130 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA acuminato : segmentis primo , secundo, tertio et quarto longe Slavo-aureo- villosis ; quinto aureo-flavo et nigro-tomentoso ; omnibus nigris , ad mar- gines laterales maculatis; macula parvula, longitudinali, flavo-pollinosa : ventre cinereo , flavo-villoso: genitalibus longis, nigris et nigro-villosis. Pedibus omnibus flavo-nigro-tomentosis, nigro-spinosis , nigris, exceptis tibiis posticis ad basim late ferrugineis : unguiculis longis, valde arcuatis , nigris: onychiis magnis , flavo-fuscis. Alis obscure flavis, ad apicem late subfuligineis. mm Lunghezza del corpo 14"" — Lunghezza delle ali 23 Questa specie differisce dalla precedente pei seguenti caratteri: per le minori dimensioni del corpo e delle ali, per i peli della faccia e pei baffi neri, per la brevità del torace, per le macchie nere dell'addome più marcate, per quelle laterali più piccole , pei piedi anteriori tutti neri, per le ali scure all'apice. Messico (SaLLi). Collezione BerLARDI. 7. Promacaus Tregun Bert. Tav. IL f. 6. Maschio. Fuscus, flavo-tomentosus et villosus. Capite depresso , thorace latiore : fronte profunde depressa, nigro-luteo-pollinosa , ad latera flavo- villosa : tuberculo ocellorum parum proeminente , breviter nigro-setuloso: antennarum duobus primis articulis subferrugineis , nigro-annulatis et setulosis; secundo primo multo breviore; tertio longitudinem primi aequante, conico; nigro : stylo longiusculo , nigro : facie. superne plana , inferne valde proeminente, flavo-pollinosa, undique satis dense et long 2 flavo-villosa; villis cum mystace flavo, magno contiguis: barba densa , longa , flava : palpis nigris, setulosis ; setulis rigidis , numerosis , nigris : proboscide nigra , nitida, crassa, longiuscula , ad apicem flavo-setulosa : occipite flavo-pollinoso , superne nigro-setuloso , undique flayo-villoso. Thorace longiusculo , valde convexo , fusco , obsolete flavo-pollinoso , rare nigro- tomentoso , postice et ad latera nigro-setuloso ; villis albidis intermixtis : pleuris et pectore pallide fuscis , flavo-villosis: scutello fusco, ad marginem setuloso ; setulis longis, nigris , in duas series dispositis ; villis albis in- termisctis : halteribus fuscis. Abdomine conico , ad basim lato, convexo, fusco , undique dense et satis longe flavo-lutescenti-tomentoso : segmentis mw DI L. BELLARDI 131 basalibus ad margines. laterales flavo-villosis ; segmentis omnibus dorso nigro-maculatis ; segmento primo fere toto nigro, vix ad latera fusco; macula nigra in aliis regulariter decrescente, ut, si maxima in primis , vix notata in ultimo : ventre flavo-pollinoso et villoso : genitalibus longis , nigris et ferrugineis , tomento denso argenteo superne obtectis. Pedibus incrassatis, castaneis , undique et regulariter flavo-cinereo-tomentosis , nigro-multispinosis : femoribus longitudinaliter. antice nigro-viltatis : un- guiculis longis, nigris, ad basim ferrugineis : onychiis praelongis , latis- simis , ad apicem truncatis , flavis. Alis vix flavescentibus , unicoloribus : cellula submarginali medio fuliginosa ; prima posteriore late aperta. Femm. Maior. Abdomine brevi , inflato , Jere toto nigro, vix ad mar- gines laterales fusco, in oviductum, longum , nigrum desinente. mm Lunghezza del corpo 21 — Lunghezza delle ali 32"", Messico (Truqur). Collezione Brrranni. 5. Genere ERAX Scor. 1 cellula submarginali duplici .......,,.......... 1. Er. anomalus Bet. ` |. cellula submarginali simplici ...... CF iia der Tu eS a es Saige Pia Se cic es 2 thoracis dorso carinato el dense comato ......... EROTICI EE se ` À thoracis dorso convexo, mon comato......... sha IRE A 6. 3 abdomine albo-fasciulo ....... TRA n TES AA e AP, “| abdomine non albo-fasciato,.................., B, Er. unicolor BELL. 4 fasciculo postico villorum comae albo. ....... +... 9. Er. parvulus BELL. © À fasciculo postico villorum comae mon albo ........ ............. weeks Es À s V fasciculo favori wen eter tee ene Er, carinalus BELL. 5. ; fasciculo croceo ....... eee see ous ie 2 Er. comatus BELL. 6 j genitalibus compressis, praelongis, dorso revolutis, . OUEST TENTE EN E. ` | genitalibus inflatis, mediocribus, non dorso revolutis — ....... see Peek ev A Y COSIO RE N E O O ANSE I ltr SUD SR ARTO I 18. 8 mystace absque setulis nigris ..............,,.. 7. Er. cinerescens BELL. AMORE AIR toes e. AA uo SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 9 | abdomine albo-vittato :...,....,..:.,,... we f WE NC MED RNA 10 “| abdomine non albo-vittalo .................... 44. Er. bicolor BELL. 10 j villis transversis abdominis albis, continuis ....... 8. Er. tricolor BeLL. ` | vittis transversis abdominis albis, medio interruptis. .................. 204. | vitla alba una in quinto segmento .... ......... 42, Er. bimaculatus BELL. 14. 4 villis albis duabus, una in sexto, allera, in septimo > | SEGMENTO . +. eee reece metr .. M. Er. quadrimaculatus BELL. 12 abdomine albo-vittato . ...:... CRE DIR Aero ete i 43. ^" | abdomine non albo-vittato ................. ... 13. Er. marginatus BELL. 13 segmentis 3-7 albo-argenteis .................. 6. Er. eximius Bert. “| segmentis 6-7 albo-argenteis ......,........... It tee Ah. T f barba alba: femoribus totis nigris ............. 10. Er. cingulatus Bett. ] barba flava: femoribus ad basim nigris, ad apicem rufis 9. Er. affinis Bert. 15 | pedibus saturate nigris, nigro-tomentosis ........ 15. Er. nigripes BELL. 5. y ; l pedibus fuscis, flavo-tomentosis ............... 46. Er. villosus BELL. 4. Erax ANOMALUS Bert. ( Erax Loew ). Tav. II. £ 7. Maschio. Niger , flavo-pollinosus et albo-argenteo-villosus. Capite tho- race latiore, satis convexo : fronte flayo-pollinosa, superne coarctata , profundissime excavata, inferne dilatata , obliqua, ad latera nigro-setulosa: tuberculo ocellorum parum convexo , nigro: antennis nigris; primo et se- cundo articulo subtus flavo-setulosis ; tertio brevi: stylo longo, nigro: facie flavo-pollinosa , superne plana, inferne parum dilatata , ad epistoma valde convexa: mystace magno , longo ; villis supernis albis , infernis nigris et flavis mixtis: genis parvis, nigris: barba longa , alba : proboscide longiuscula, crassa: palpis longe nigro-setulosis : occipite flavo-pollinoso , superne setuloso ; setulis nigris, robustis, numerosis. Thorace longo , valde convexo , antice tomentoso , postice setuloso , Jlavo-pollinoso ; vitta mediana antice bifida ; maculis lateralibus obsolete nigris : humeris ci- nereo-pollinosis: pleuris flavo-fusco-pollinosis, nigro-albo-villosis: scutello parvulo , flavo-pollinoso , nigro-tomentoso , ad marginem. nigro-setuloso : halteribus flavis ; capitulo fusco. Abdomine cylindrico: segmento primo brevi ; inflato , nigro-fusco , nigro-tomentoso ; secundo lato, nigro , nigro- tomentoso et villoso; villis a dorso ad margines laterales directis; margine ^ —* | | À DI L. BELLARDI 133 postico nudo , flavo-fusco ; aliis segmentis albo-argenteo-pollinosis , dorso longitudinaliter nigro-univittatis; vitta tertii et quarti antice dilatata , postice attenuata , quinti sublineari, sexti et septimi antice attenuata , postice dilatata ; villis albo-argenteis a dorso ad margines laterales di- rectis, tertii et quarti segmenti longis , quinti brevibus , sexti et septimi brevissimis , in tomentum mutatis : ventre flavo-cinereo , albo-villoso : genitalibus. maximis, nigro-castaneis , flayo-tomentosis. Coxis nigris , Jlavo-fusco-pollinosis, albo-villosis, flavo-luteo-spinosis : femoribus crassis, flavo-nigro-tomentosis et longe villosis, nigris, ad apicem et ad basim rufescentibus ; spinis in anticis nullis, in intermediis raris, nigris et luteo-flavis , in posticis numerosioribus et in seriem dispositis: tibiis rufis, ad apicem. nigrescentibus , inferne longe flavo-villosis , nigro-flavo-tomen- tosis , nigro-spinosis: tarsis castaneis, longe flavo-villosis , robuste nigro- spinosis : unguiculis praelongis , robustis , valde arcuatis , nigris, ad imam basim rufescentibus : onychiis magnis, flavo-rufescentibus. Alis undulatis , abdomine brevioribus (exclusis genitalibus), dilute flavescentibus : cellula submarginali in duas divisa ab appendice primi nervi posterioris ad nereum submarginalem producto et cum ipso coniuncto. Femm. Minor. Abdomine breviore (excluso oviductu) , depresso, nigro: margine postico secundi segmenti, segmentis tertio , quarto , quinto et margine postico sexti, ad latera albo-argenteo-pollinosis et breviter villosis , dorso late nigris : oviductu valde compresso , longissimo , superne arcuato , falcato. Maculis rufescentibus femorum maioribus. Lunghezza del corpo 21”” — Lunghezza delle ali 30". Il principale carattere di questa specie, il quale ne rende ovvia la separazione dalle specie congeneri, sta nella struttura delle ali: in esse il nervo intermedio fra la prima e la seconda cellula sotto-marginale , il quale è frequentemente appendicolato verso la sua congiunzione col nervo intermedio alla cellula seconda sotto-marginale ed alla prima posteriore , ha Pappendice prolungata fino al nervo solto-marginale per modo da dividere in due distinte cellule la prima cellula sotto-marginale. Le ali dei due maschi che ebbi sott'occhio presentano le seguenti anomalie: nell'ala destra dell'uno e dell'altro la cellula seconda sotto- marginale è divisa in tre da due piccoli nervi fra loro paralleli che l’attraversano a metà circa della sua lunghezza, e nell'ala sinistra di uno la stessa cellula é divisa in quattro da tre nervi paralleli: nella femmina i 134 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA la nervatura è normale. Abbenchè di una certa importanza siano le differenze che scorgonsi fra i caratteri dell’insetto da me considerato come il sesso femmineo di questa specie e. quelli offerti dai maschi, ciò nullameno la stessa provenienza, la stessa caratteristica disposizione della nervatura e la natura stessa delle modificazioni, mi hanno determinato a riferire gli uni e gli altri alla stessa specie della quale credo rappre- sentino i due sessi. Messico: Cuantla (di Saussure ). Collezioni di Saussure e BeLLARDI. 2. Erax comatus Bert. (Erax Loew). Maschio. Fuscus, longe villosus. Capite latitudinem thoracis aequante , parum convexo: fronte nigricante, lata, superne profundissime excavata, inferne depressa , ad latera longe et dense nigro-villosa: tuberculo ocel- lorum parum proeminente : antennarum primo articulo satis longo ; secundo brevi; tertio .......; duobus primis longe nigro-setulosis : facie inferne valde proeminente , flavo-luteo-pollinosa: mystace maximo, a basi antennarum ad epistoma producto , denso, longo; villis nigris et flavis regulariter intermixtis : genis parvulis , nigricantibus : barba densa, longa, flavo-crocea : occipite flavo-pollinoso , flavo-villoso , superne, flavo-setuloso. Thorace flavo-fusco-pollinoso, elongato , antice attenuato , ad latera com- presso , dorso carinato ; carina valde arcuata , dense comata ; villis longis, erectis , antice et medie nigris , postice croceis : lateribus thoracis antice nigro-tomentosis , postice longe nigro-villosis ; setulis nonnullis croceis intermixtis : pleuris thoraci concoloribus : scutello nigro , ad margines fusco, toto et dense setuloso ; setulis nigris , anticis brevibus et parvulis , ad marginem posticum longissimis et crassis: halteribus flavo-fuscis. Abdo- minis segmentis primo et secundo nigris, longe et dense nigro-villosis ; tertio , quarto et quinto albo-argenteis, longe albo-argenteo-villosis ; reliquis nigris: ventre Jusco et fusco-villoso : genitalibus maximis, nigris et nigro—flavo-villosis. Coxis nigris, anterioribus longissime , posticis longe flavo-villosis : femoribus nigris , longe flavo-nigro-villosis ; ante- rioribus rare spinosis; posticis inferne et ad latus externum multispinosis; spinis nigris: tibiis castaneis , longe et dense flavo-villosis, longe nigro- multispinosis : tarsis castaneis , multispinosis ; ultimo articulo nigro : unguiculis longis , nigris: onychiis magnis , flavo-ferrugineis. Alis obscure flavis , versus basim pallidis , versus apicem subfuscis ; margine antico versus apicem late dilatato: prima cellula posteriore appendiculata. a | | DI L. BELLARDI 135 Lunghezza del corpo 25"" — Lunghezza delle ali 37". Nell'esemplare qui descritto si notano le seguenti anomalie nella struttura delle ali: la cellula sotto-marginale dell'ala destra è divisa alla base da un nervo transversale, ed il nervo che separa la cellula sotto- marginale dalla prima posteriore è appendicolato nell’ala sinistra, semplice nella destra. Messico (di Saussure). Collezione di Saussure. 3. Erax PAnVULUS Bert. (Erax Loew ). Tay ii f $, Maschio. Cinereus , albo-villosus. Capite thorace latiore , convexo : fronte latissima, nigra, flavo-cinereo-pollinosa, superne profundissime excaeata , inferne dilatata, depressa, ad latera nigro-setulosa: tuberculo ocellorum parum proeminente, longe nigro-setuloso , basi antennarum proximo: antennis nigris; primo articulo longo ct secundo brevissimo , nigro-setulosis; tertio ovato, brevi, compresso: stylo praelongo : facie nigra , cinereo-flavescenti-pollinosa , superne brevi, plana, inferne pro- eminentissima : mystace magno , longo ; setulis supernis et lateralibus nigris , internis et infernis flavo-croceis: genis inflatis , nigris, cinereo- pollinost: : proboscide nigra: palpis nigris, longe et dense nigro-setulosis , barba longa, densa, albo-flavescente: occipite nigro, flavo-pollinoso et villoso , superne nigro-setuloso et longe nigro-villoso. Thorace compresso, alto , nigro , flavo-cinereo - pollinoso , dorso carinato ; carina antica valde arcuata , dense comata ; villis erectis antice et medio nigris, postice niveis; setulis marginalibus nigris: pleuris flavo-cinereo-pollinosis: scutello Jlayo-cinereo-pollinoso , satis longe niveo-villoso ; setulis nonnullis nigris ad marginem posticum : halteribus pallidis, ad basim et ad apicem fuscis. Abdomine alis breviore ( genitalibus exclusis ): primo segmento fusco , Jlavo-cinereo-pollinoso et albo-flavo-villoso ; secundo et tertio nigris, albo-villosis, ad marginem. posticum nudis, albescentibus ; quarto albo- argenteo-pollinoso et albo-villoso , ad margines laterales antice nigro ; quinto , sexto et septimo totis albo -argenteo-pollinosis et albo-villosis : ventre flavo-cinereo, longe albo-villoso: genitalibus maximis, pallide nigris, flavo-tomentosis. Coxis nigris , flavo-cinereo-pollinosis , anterioribus longe et dense, posticis breviter. et rare albo-villosis : femoribus pallide nigris, i b t a 136 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA ad apicem flavo-unicingulatis, in articulatione antica dense nigris, omnibus et totis flavo-tomentosis et longe albo-villosis; anticis muticis; intermediis rare nigro-spinosis; posticis nigro-multispinosis ; spinis inferne seriatim dispositis: tibiis et tarsis obscure flavis, flavo-aureo-tomentosis, longe nigro-multispinosis : tarsis versus apicem fuscis: unguiculis valde arcuatis, nigris, ad basim subrufescentibus: onychiis magnis , flavo-fuscis. Alarum margine antico versus apicem dilatato: alis limpidis: prima cellula sub- marginali ad marginem alae valde coarctata ; prima posteriore inappen- diculata. Lunghezza del corpo 9"" (escluso l'apparato genitale ). Id. delle ali 187», Messico (Truqui ). Collezione BeLLARDI. 4. Erax CARINATUS Ber. ( Erax Loew ). Tav. II. f. 9. Maschio. Cinereo-flavescens, flavo-nigro-villosus. Capite thorace latiore, convexo : fronte lata, nigra, flavo-pollinosa , superne profundissime excavata , inferne dilatata , brevi, concava, ad latera nigro-setulosa : tuberculo ocellorum antennis approximato , valde proeminente , longe nigro-multisetuloso : antennis nigris : duobus primis articulis nigro- setulosis ; tertio brevi: stylo longo , nigro: facie nigra, Jlayo-pollinosa, ad latera aureo-pollinosa, superne brevi, plana, inferne longe et valde proeminente: mystacis setulis supernis et lateralibus nigris, nonnullis flavo- croceis intermixtis, internis et infernis flavo-croceis , totis longis: genis proeminentibus , nigris , obsolete flavo-pollinosis : palpis nigris, longe et dense nigro-setulosis: proboscide nigra, subtus longe flayo-villosa: barba albo-flavescente : occipite nigro, flavo-pollinoso , ad margines flavo-villoso, ad verticem nigro-setoso et longissime nigro-villoso. Thorace compresso , elongato , flavo-cinereo-pollinoso, dorso carinato; carina medio valde arcuata, dense comata: villis anticis et mediis nigris, brevibus ; posticis flavo-croceis , longis: setulis marginalibus raris, nigris: pleuris thorace pallidioribus : scutello flavo-cinereo-pollinoso , antice breviter flaso-croceo- villoso, ad marginem posticum longe nigro-setuloso: halteribus flavis. Abdomine alis breviore (exclusis genitalibus), flayo-villoso: villis basalibus longis , apicalibus brevibus , intermediis totis longis: 1-5 segmentis nigris, | ~~ fae DI L. BELLARDI 13” y ad margines laterales oblique pallide maculatis , flavescentibus : sexto albo-argenteo-pollinoso; aliis fuscis: ventre cinereo-flavescente: genitalibus maximis , subaeneis, flavo-nigro-tomentosis et villosis. Coxis flavo-cinereo- pollinosis , anterioribus longe et dense flavo-croceo-villosis : femoribus aeneis , ad extremum apicem flavo-ru, escenti-unicingulatis et ad latera nigro-maculaiis , totis flavo-tomentosis ; anterioribus undique , posticis inferne longe flavo-villosis ; anticis muticis ; posterioribus nigro-multi- spinosis ; spinis in posticis inferne seriatim dispositis : tibüs et tarsis rufescenti-flavis: spinis tibiarum et tarsorum numerosis , longis et nigris : tomento tibiarum. et tarsorum flavo-aureo : unguiculis longis , nigr onychiis mediocribus, flavo-fuscis. Alis versus apicem obsolete fuliginosis : margine antico versus apicem dilatato : cellula prima submarginali ad basim et ad marginem alae coarctata; prima posteriore inappendiculata. Lunghezza del corpo 13"" (escluso l'apparato genitale ). Id. delle ali 23", Messico (Truqur ) Collezione BErraAnp:. 9. Enax UNICOLOR Bert. (Erax Lorw ). Femm. Fuscus, villosissimus. Capite thorace latiore, antice convexo : fronte lata, profunde excavata, nigra, Jlavo-fusco-pollinosa, ad latera longe nigro-setulosa; setulis flavis nonnullis intermixtis: tuberculo ocel- lorum parum proeminente, nigro-setuloso: antennis .....: facie superne plana, inferne valde proeminenti , nigra, flavo-fusco-pollinosa : mystace maximo , denso, longo, cum setulis nigris et flavis: proboscide crassa , mediocriter longa, nigra, ad apicem. flavo-tomentosa, ad basim longe Jlavo-villosa : palpis nigris , longe nigro-multisetulosis : barba longa , Jlava : occipite nigro , flavo-fusco-pollinoso , flavo-multivilloso et setoso. Thorace dorso carinato , ad latera compresso, flavo-fusco-pollinoso; carina dense comata : villis longis, erectis , antice nigris , postice flavis: setulis marginalibus Jlaeo-croceis $ pleuris thoraci concoloribus : scutello nigro, ad margines Jlavo-fusco-pollinoso, dense sed breviter nigro-setuloso; setulis marginis postici longis, flavo-croceis: halteribus Jlavo-fuscis. Abdomine conico , nigro , flavo-fusco-pollinoso , dense et longe flavo-villoso : ventre abdomini concolore , villis longioribus: oviductu praelongo , nigro. Coxis Serie JI. Tow. XXL s | | 1 | 138 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA nigris, anterioribus longissime, posticis longe flavo-villosis : femoribus nigris, longe flavo-villosis ; anticis muticis y posterioribus spinosis ; spinis in intermediis paucis , longis , nigris et flavo-croceis intermixtis, in posticis numerosis, nigris , inferne seriatim dispositis: trochanteribus posticis flavo-croceo-spinosis: tibiis castaneo-rufis , flavo-villosis , nigro-spinosis : tarsis castaneo-rufis ; ultimo articulo nigro ; spinis numerosis , crassis , longis , nigris: unguiculis longis , nigris : onychiis magnis , flavo-rufescen- tibus. Alis longis, flavis , ad apicem fuscis: cellula prima posteriore appendiculata. Lunghezza dei corpo 18”"” (escluso Povidotto). Id. delle ali 35", Messico; Orizava (di Saussure). Collezione di Saussure. 6. Enax eximius Berr. ( Erax Loew ). Maschio. Cinereus, albo-tomentosus et villosus, argenteo-pollinosus. Capite thorace latiore, convexiusculo: fronte nigra, cinereo-pollinosa , lata , superne profundissime excavata , inferne dilatata , concava, ad latera nigro-setulosa : tuberculo ocellorum parum proeminente , basi antennarum valde proximo , longe nigro-setuloso: antennis nigris; articulis primo et secundo albo-setulosis: stylo longo : facie albo-flavo-pollinosa , ad. mar- gines oculorum subargentea , lata, superne brevi, plana, inferne proemi- nente: mystace toto albo-subflavescente , magno: genis parum proeminen- tibus , nigris, obsolete cinereo-pollinosis: palpis nigris, longe et robuste nigro-setosis: proboscide nigra, crassa, longa , ad basim inferne longe niveo-villosa : occipite cinereo-pollinoso , ad margines albo-setuloso , ad verticem nigro-setoso. Thorace elongato , mediocriter convexo , cinereo- Jlavescenti-pollinoso ; vitta mediana et maculis lateralibus obscurioribus subindistinctis ; tomento nigro , antice brevissimo ; dorso villoso ; parte postica longe nigro-setulosa; setulis maioribus in duas series longitudinales antice convergentes dispositis ; setis marginalibus raris, longis , nigris : pleuris cinereo- -flavescenti-pollinosis , niveo-villosis : scutello cinereo- pollinoso , niveo-villoso , ad marginem longe nigro-setuloso : halteribus flavis; capitulo rufescente. Abdomine vix alis breviore (exclusis genitalibus): segmento primo cinereo, ad latera albo-setuloso, et secundo antice fusco, postice cinereo , albo-tomentosis : tertio , quarto, quinto, sexto et septimo DI L. BELLARDI 129 totis argenteo-pollinosis (excepto dorso tertii antice obscuro), satis longe albo-argenteo-villosis : villis a dorso ad margines laterales directis; mar- gine postico septimi segmenti et octavo fuscis: ventre cinereo-pollinoso : genitalibus magnis , nigris, subtus rufis , flavo-tomentosis. Coxis cinereo- pollinosis; anterioribus longe niveo-villosis ; intermediis et posticis albo- setosis. Pedibus omnibus totis albo-tomentosis et villosis : femoribus nigris, ad apicem superne rufo-maculatis ; spinis in anticis nullis, in intermediis raris , in posticis numerosis , inferne seriatim dispositis, omnibus brevibus, nigris , nonnullis flavis intermixtis : tibiis anterioribus externe rufis, interne nigris, posticis nigris , interne et postice ad basim vix rufescen- tibus , omnibus longe nigro-spinosis : tarsis rufescentibus ; tarsis anticis et posticis et apice tibiarum anticarum et posticarum subtus dense aureo- tomentosis: unguiculis longis, nigris, ad basim rufescentibus : onychüs magnis , longis , flavis. Alis limpidis, vix versus apicem cinereis: cellula prima submarginali appendiculata, ad basim coarctata, ad marginem alae satis late aperta. Lunghezza del corpo 14"" (escluso l'apparato genitale). Id. delle ali 2197; Messico; contorni di Messico ( Truqur). Collezione BELLARDI. 7. ERAX CINERESCENS Bert. ( Erax Loew). Tav. Il. f. 10, Maschio. Cinereus. Capite vix thorace latiore , convexo : fronte la tissima, profundissime excayata , flavo-pollinosa , inferne ad margines setulosa et villosa; setulis supernis nigris; villis infernis albis: tuberculo ocellorum basi antennarum proximo , parum proeminente et parum nigro- setuloso: antennis nigris ; duobus primis articulis nigro-setulosis ; ultimo dilatato: stylo longo , nigro: facie pallide flavo- pollinosa, superne brevi, plana , inferne longa , valde proeminente: genis proeminentibus , nigris , obsolete flavo-pollinosis : palpis brevibus , nigris , parum albo-villosis : proboscide crassa, nigra, inferne longe albo-villosa : barba densa, longa , alba: occipite flavo-pollinoso , ad latera albo-villoso , superne nigro- setuloso. Thorace brevi, dorso valde convexo et arcuato, fusco , ad marginem posticum pallido, rare et brevissime nigro-tomentoso : setulis marginalibus raris, nigris: villis marginis posterioris nonnullis flavis , È cesta 140 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA longis : pleuris thoraci concoloribus, vix pallidioribus: scutello cinereo- pollinoso , albo-villoso , ad marginem posticum longe nigro-setuloso : halteribus flavis. Abdomine vix alis breviore ( exclusis genitalibus ) , cinereo-pollinoso ; segmentis tertio , quarto et quinto ad latera plus minusve dense nigro; sexto et septimo et margine postico quinti albo- argenteo-pollinosis : ventre cinereo: tomento abdominis et ventris albo , versus basim longiusculo , versus apicem brevi: genitalibus magnis , nigris , flavo-nigro-tomentosis. Coxis cinereis ; anterioribus longe, posticis breviter albo-villosis : pedibus totis albo-tomentosis : femoribus nigris , nitidis ; anticis muticis, longe albo-villosis ; posterioribus nigro-multi- spinosis; spinis posticorum inferne seriatim. dispositis : tibiis ad basim , anterioribus late , posticis parum castaneis , ad apicem nigris , tarsis omnibus totis nigris; spinis tibiarum et tarsorum longis , nigris: ungui- culis longis , nigris : onychiis magnis , flavo-rufescentibus. Alis limpidis : cellula prima submarginali longe appendiculata , versus marginem. alae coarctata , ad marginem. dilatata. Femm. Segmento primo abdominis cinereo; segmentis secundo , tertio , quarto, quinto et sexto cinereis , nigro-bimaculatis ; maculis secundi et tertii parvulis , subrotundis ; quarti, quinti et sexti quadratis , latis; seg- mento septimo nigro , nitido , ad margines laterales cinereo : oviductu nigro , compresso , longo. Lunghezza del corpo 12°" (escluso l'apparato genitale ). Id. delle ah 21%": Messico (Sarit); Tuxpango presso Orizava (Suwicunasr). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e BerrArpr. 8. Erax TRICOLOR Berr. ( Erax Loew). Tav. IL f. 12. Maschio. Cinereus , nigro-argenteo-vittatus. Capite thorace vix la- tiore , convexo : fronte cinereo-pollinosa , superne latissima et profun- dissime excavata , inferne brevi, concava , ad latera cinereo-villosa et nigro-setulosa : tuberculo ocellorum basi antennarum valde proximo , parum proeminente , longe nigro-setuloso : antennis nigris ; articulo primo cinereo-setuloso ; tertio dilatato , brevi : stylo longo , nigro : facie lata , marginibus parallelis, tota dense cinereo-pollinosa , superne brevi , plana, DI i. BELLARDI 141 inferne satis longa , proeminente : mystace lato , satis denso , albo-cinere- scente ; setulis nonnullis rigidis , nigris intermixtis : genis nigris, obsolete cinereo-pollinosis: palpis nigris, longe albo-setulosis : proboscide nigra, inferne ad basim albo-villosa: barba alba, densa, longa: occipite cinereo- pollinoso , ad latera albo-villoso , ad verticem nigro-setuloso. Thorace convexo , dense cinereo-pollinoso , fere immaculato ; breviter nigro-tomen- toso ; setulis marginalibus et villis posterioribus nonnullis nigris : pleuris cinereo-pollinosis : scutello toto cinereo-pollinoso et nigro-villoso , ad marginem posticum longe nigro-setuloso : halteribus flavis. Abdominis segmento primo cinereo-villoso et tomentoso , ad margines laterales nigro- setuloso ; secundo cinereo , medio et ad latera dense nigro-maculato , maculis dorso disiunctis , conicis, cum basi ad marginem lateralem ; tertio saturate nigro, dorso subvittato , vitta cinereo-fusca , ad marginem po- sticum cinereo ; quarto toto nigro; quinto nigro , ad marginem posticum albo-cinerescente ; sexto et septimo subnudis , albo-argenteo-pollinosis ; tomento nigro in partibus nigris , cinereo in cinereis : ventre cinereo j segmentis sexto et septimo albis : genitalibus mediocribus , nigro-subrufe- scentibus , flavo-tomentosis. Coxis cinereis; anterioribus dense et longe albo-villosis : femoribus nigris , nigro-tomentosis ; anticis muticis , poste- rioribus spinosis; spinis raris nigris, in femoribus posticis subtus seriatim dispositis : tibiis anterioribus ad basim rufescentibus , ad apicem. nigris ; posticis fere totis nigris , macula tantum rufescente i uferna , prope basim omnibus flavo-cinereo-tomentosis et nigro-spinosis: tarsis nigris: unguiculis nigris, ad basim subrufescentibus , praelongis : onychiis magnis , flavo- fuscescentibus. Alis limpidis , vix ad apicem flayescentibus : prima cellula submarginali appendiculata , versus marginem. alae vix subcoarctata, Femm. Minor. Thorace cinereo-fuscescente. Abdominis segmentis tertio, quarto et quinto dorso vittatis ; vitta cinereo-fusca ; segmentis septimo et sequentibus nigris , nitidis , subnudis : oviductu elongato. Lunghezza del corpo 6 17"" (escluso l'apparato genitale) 9 16", (compreso l'ovidotto) — Lunghezza delle ali ô 29, © 27°". Messico; contorni di Messico ( Trugur). 9. Enax arrinis Bert. (Erax Loew). Maschio. Fuscus. Capite vix thorace latiore , convexo : fronte nigra, fusco-pollinosa , superne profundissime excavata , inferne brevi , ad latera " 1 | D 142 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA nigro-setulosa ; villis albis nonnullis intermixtis : tuberculo ocellorum parum. proeminente , nigro-setuloso: antennis nigris: duobus primis ar- ticulis nigro-setulosis : facie lata, marginibus subparallelis , flavo-fusco- pollinosa , superne brevi, plana , inferne proeminente: mystace magno, longo; setulis nigris supernis et nonnullis ad marginem oris, medio villis albo-flavis: genis parum proeminentibus , nigris, obsolete flavo- fusco-pollinosis: palpis nigris, ad apicem parum. nigro-setosis , ad basim flavo-villosis: proboscide nigra, ad basim inferne longe flavo-villosa: barba longa, densa, flava: occipite flavo-fusco-pollinoso , ad margines flavo- villoso , ad verticem nigro-setoso. Thorace lato , antice attenuato , flavo- fusco-pollinoso, antice satis longe et dense nigro-tomentoso , postice nigro- villoso et setuloso ; vitta mediana indivisa , antice lata, postice brevi et maculis lateralibus obscuris , obsoletis: pleuris fuscis: scutello cinereo- flavescente, flavo-villoso, ad marginem, flavo-multisetuloso : halteribus flavo- rufescentibus. Abdomine alis breviore (exclusis genitalibus), ad basim flavo- villoso , cinereo et nigro-tomentoso: segmento primo . flavo-cinereo , ad margines laterales flavo-setuloso; segmentis secundo, tertio, quarto et quinto nigris, margine postico brevissime, marginibus lateralibus satis late cinereo- flavo-pollinosis; sexto et septimo totis argenteis : ventre cinereo-pollinoso : genitalibus magnis, nigris, dense et longe nigro-tomentosis ; villis non- nullis flavis , ad basim intermixtis. Coxis fuscis , anticis longe flavo- villosis ; intermediis flavo-villosis et setulosis: femoribus antice nigris , ad apicem et postice rufescentibus; anticis muticis, superne nigro-villosis , inferne longe albo-flavescenti-villosis; posterioribus albo-flavescenti-tomen- tosis et villosis, spinosis: spinis nigris: tarsis obscure rufescentibus: ungui- culis longis, nigris: onychiis magnis, flavidis. Alis flavescentibus ad mar- ginem anticum , versus apicem mediocriter dilatatis: prima cellula sub- marginali appendiculata, ad basim valde coarctata, medio dilatata , versus marginem alae aliquantisper coarctata et ad marginem. alae latiuscula. Lunghezza del corpo 15?" (escluso l'apparato genitale). Id. delle ali 29””. Messico ; Cordova (di Saussure). Collezioni di Saussure e BELLARDI. 10. Enax ciNGULATUS Bern. ( Erax Loew). Maschio. Cinereus. Capite vix thorace latiore , convexo : fronte nigra, DI L. BELLARDI 143 cinereo-pollinosa, superne lata, sed aliquantulum coarctata, profundissime excavata, inferne brevi, dilatata , ad latera nigro-setulosa et albo-villosa: tuberculo ocellorum vix proeminente, vix nigro-setuloso: antennis nigris; duobus primis articulis. nigro-multisetulosis ; ultimo longiusculo , versus apicem obscure rufescente : facie lata , marginibus subparallelis , vix superne approxunatis , cinereo-pollinosa , superne brevi, plana, inferne proeminente: mystace magno; setis nigris, longis et villis albis inter- mixtis: palpis nigris, longe nigro-multisetulosis : proboscide nigra, ad basim subtus longe albo-villosa : barba longa, densa, alba: occipite cinereo-flavescenti-pollinoso, ad margines albo-villoso , ad verticem nigro- setoso. Thorace lato, antice attenuato, flavo-cinerescenti-pollinoso, antice satis dense et longe nigro-tomentoso , postice nigro-villoso et setuloso ; vitta dorsali bifida, antice lata, margini contigua, postice angusta et maculis lateralibus nigrescentibus obsoletis: pleuris fusco-pollinosis: scutello cinereo- pollinoso et villoso, ad marginem posticum nigro-bisetuloso : halteribus Jlavo-rufis. Abdomine alis breviore (genitalibus exclusis), cinereo-villoso; villis segmentorum basalium longis , apicalium brevibus : segmentis primo, secundo , tertio , quarto et quinto. antice fusco-nigris , postice et ad latera cinereo-pollinosis ; primo , secundo et tertio ad basim breviter nigro- maculatis; quarto et quinto ad basim latissime nigro-maculatis ; sexto et septimo totis albo-argenteo-pollinosis, unicoloribus , immaculatis : seg- mentis ventris fuscis, ad marginem posticum cinereis ; segmentis sexto et septimo totis cinereis: genitalibus magnis , nigris, subrufescentibus , longe et dense nigro-tomentosis. Coxis fusco-pollinosis ; anticis longe albo-villosis; intermediis albo-villosis et setosis: femoribus omnibus nigris, vix ad summum apicem superne rufescentibus; anticis incrassatis, muticis, flavo-tomentosis, superne et inferne longe albo-flavescenti-villosis, superne villis nonnullis nigris intermixtis; posterioribus albo-flavescenti-tomentosis, spinosis ; spinis nigris et flavis intermixtis , in posticis subtus seriatim dispositis : tibiis rufescentibus , ad apicem nigris ; flavo-villosis et tomen- tosis, nigro-spinosis: tarsis obscure rufis, posticis obscurioribus , nigro- spinosis : tibiis et tarsis anticis et posticis subtus dense aureo-tomentosis : unguiculis longis , nigris: onychiis magnis , flavo-rufescentibus. Alis ab- domine longioribus , pallide flavescentibus: nervis basalibus Jlavis, aliis rufescentibus : prima cellula submarginali appendiculata, ad basim coar- ctata, medio dilatata , ad marginem. alae parum. coarctata. Lunghezza del corpo 17"" (escluso apparato genitale). Id. delle ali 28%, Mem À 1 A SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA ges sos Messico: Cuantla (di Saussure). Collezione di Saussure. 11. Erax QUADRIMACULATUS Bert. (Erax Loew). Tav. I. f. 13. Maschio. Cinereus et niger. Capite latitudinem thoracis aequante, convexo: fronte nigra, flavo-pollinosa , mediocriter lata, superne coarctata , profun- dissime excavata, inferne dilatata, ad latera nigro-setulosa: tuberculo ocel- lorum vix proeminente , longe nigro-setuloso , basi antennarum proximo : antennis nigris: articulis primo et secundo nigro-setulosis; tertio lon- giusculo: stylo longo: facie mediocriter lata, inferne dilatata , flavo- aureo-pollinosa , superne plana, inferne convexa: mystace magno, longo, superne setulis nigris, inferne et medio flavis: genis nigris, obsolete Jlavo-aureo-pollinosis : palpis nigris , flavo — multisetulosis : proboscide longa, nigra, inferne flayo-villosa: barba densa, longiuscula , pallide flava: occipite nigro , flavo-pollinoso et villoso , ad margines nigro- setuloso. Thorace brevi, lato, mediocriter convexo , nigro , cinereo- pollinoso ; vitta mediana duplicata , antice lata , margini contigua, postice coarctata , brevi, et maculis lateralibus duabus, nigris ; tomento satis denso , brevi, nigro , postice longiusculo ; setulis marginalibus paucis , nigris: pleuris cinereo-pollinosis : scutello cinereo-pollinoso , rare nigro- villoso , ad marginem nigro-setuloso : halteribus flavis. Abdomine alis breviore (exclusis genitalibus), cinereo-tomentoso et villoso: segmentis primo, secundo , tertio , quarto et quinto nigris , ad margines laterales late cinereo-pollinosis ; sexto et septimo albo-pollinosis , dorso nigro- vittato ; vitta postice lata, antice attenuata ; octavo toto nigro : ventre cinereo-pollinoso : genitalibus maximis , nigris , nigro-villosis. Coxis cinereo-pollinosis , anterioribus longe et pallide flavo-villosis ; femoribus nigris , ad genua rufescentibus , anticis superne nigro-villosis , in erne longe flavo-villosis , interne nigro-unispinosis ; intermediis superne nigro- villosis, inferne breviter flavo-villosis; posticis flayo-tomentosis ; poste- rioribus longe nigro-multispinosis : tibiis flavo-rufis , ad summum apicem nigris , totis fluvo-aureo-tomentosis , rare nigro-spinosis : tarsis nigris , inferne aurco -tomentosis , nigro-multispinosis : unguiculis nigris , ad basim rufescentibus , longis : onychiis magnis , rufescentibus. Alis obscure flavis , versus apicem subfuligineis : cellula prima submarginali appendiculata, ad basim et ad marginem alae coarctata, medio lata. <- e Ct DI L. BELLARDI 14° Lunghezza del corpo 22™™ (escluso l'apparato genitale). Id. dela; Messico; Plaga Vicente (Sari); Cordova (di Saussure). Collezioni di Saussure e BELLARDI. 12. Erax BIMACULATUS Ber. ( Erax Loew ). Tatt E 11 Femm. Niger, cinereo-pollinosus. Capite thorace latiore , convexo : fronte nigra, flavo-pollinosa, superne profundissime excavata et coarctata, inferne dilatata , ad latera parum nigro-setulosa: ocellorum tuberculo parum proeminente , basi antennarum proximo , nigro-setuloso : anten- narum articulis primo et secundo nigris , nigro-setulosis; tertio nigro, ad margines subrufescente : stylo nigro , ad basim rufescente, longo : facie Jlavo-pollinosa , dimidia parte superna plana, dimidia inferna, convexa, proeminente: mystace mediocri ; setulis rigidis , nigris et flavis mixtis , ad genas in margines laterales oris productis: genis faciei concoloribus , parum proeminentibus: palpis- nigris , flavo-villosis et setulosis; setulis rigidis, nonnullis nigris intermiatis: proboscide nigra, crassa, ad basim subtus flayo-villosa : barba longa, flava: occipite flavo-pollinoso et villoso , ad verticem nigro-setuloso. Thorace vix elongato, antice flavo-fusco, postice cinereo-pollinoso, rare et breviter nigro-tomentoso; vitta dorsali duplicata, antice lata , margini contigua , postice attenuata et abbreviata ; maculis lateralibus duabus , nigris: pleuris cinereo-fusco-pollinosis : scutello ci- nereo , rare nigro-tomentoso , ad marginem parum nigro-setuloso: halte- ribus flavo-fuscis. Abdomine vix: alis breviore (excluso oviduct), sub- cylindrico: segmentis basalibus flavo-tomentosis , apicalibus nigro-tomen- tosis: primo, secundo , tertio et quarto dense nigris, marginibus late- ralibus albo-cinereis ; quinto in dorsum et ad margines anticum et po- sticum nigris, ad latera albo-argenteo-pollinoso ; sexto et septimo totis nigris: ventre cinerco ; ultimo segmento nigro: oviductu compresso, nigro, praelongo. Coxis cinereo-fusco-pollinosis ; anterioribus flavo - villosis : Jemoribus nigris, nigro-flavo-tomentosis, spinosis; spinis in femoribus anticis raris, in intermediis et posticis crebris , in posticis subtus seriatim dispositis , nigris et flavis intermixtis : tibiis rufis, ad apicem nigris , longe nigro-spinosis , flavo -nigro-tomentosis : tarsis totis dense nigris : unguiculis longis , nigris: onychiis mediocribus, flavidis. Alis longis , SERIE II. Tow. XXL 3 E 146 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA flavescentibus , ad apicem. subfuligineis: prima cellula submarginali ap- pendiculata , medio dilatata, versus apicem coarctata, ad marginem alae satis lata. jJ Lunghezza del corpo 21°" (escluso l'ovidotto ). Id. delle ali 37". | g : Messico ( Sarré). ) Collezione Brrranpr. i 13. Erax MARGINATUS DELL. (Erax Loew). Ì Femm. Cinereus. Capite thorace latiore, convexo: fronte lata, nigra , cinereo-fusco-pollinosa , superne profundissime excavata , inferne brevi , ad latera nigro-setulosa : tuberculo ocellorum parum. proeminente , parce nigro-setulosa: antennis nigris; articulis primo et secundo nigro-setulosis; stylo longo: facie luta, marginibus parallelis , nigra, cinereo-pollinosa , superne brevi , plana , inferne proeminente : mystace magno; setulis nigris, | longiusculis, villis nonnullis albis intermixtis: genis nigris, proeminentibus: palpis brevibus , nigris et nigro-setulosis : proboscide nigra, subtus ad a a basim albo-villosa: barba longiuscula , alba : occipite cinereo-pollinoso , l ad latera albo-villoso, ad werticem nigro-setoso. Thorace subovato, cinereo-pollinoso, antice rare et brevissime nigro-tomentoso , postice et ad margines longe nigro-setoso ; vitta mediana lata, margini antico contigua , postice brevi, medio subindivisa, nigra; maculis lateralibus nigris, obsoletis : pleuris cinereo-pollinosis : scutello cinereo-pollinoso , ribus flavo-rufescentibus. Abdomine brevi, alis breviore (excluso oviductu), | brevissime et rave nigro-tomentoso , ad marginem nigro-bisetuloso : halte- À cinereo-pollinoso et rare cinereo-tomentoso ; basi segmentorum nigra , in primis satis lata , in ultimis latiore: ventre cinereo-pollinoso : oviductu nigro, compresso , praelongo. Coxis cinereo-pollinosis : femoribus omnibus f nigris, ad summum apicem superne rufescentibus ; anticis albo et nigro- \ villosis ; posterioribus flayo-tomentosis ; omnibus nigro-spinosis ; spinis nonnullis in margine inferno omnium , aliis irregulariter dispositis in i) posterioribus : tibiis et tarsis flavo-castaneis; tibiis posticis ad apicem y nigrescentibus , spinis longis , nigris: unguiculis longis , nigris : onychiis mediocribus , flavidis. Alis limpidis, ad basim distincte Jlavis : prima ) cellula submarginali longe appendiculata, lata, cum marginibus subpa- il rallelis , ad marginem alae non coarctata. ———PÓ iz“ DI L. BELLARDI I ESS SI Lunghezza del corpo ro"" (escluso l'ovidotto ). Td. delle ali 20™™- Messico; Cuantla (di Saussure). Collezione di Saussure. 14. Enax picotor Bert. ( Erax Loew ). Femm. Cinereus , nigro- maculatus. Capite thorace latiore, convexo: fronte nigra , flavo-cinereo-pollinosa , lata, profundissime excavata , su- perne coarctata , inferne dilatata, ad latera flavo-villosa et longe nigro- setulosa: tuberculo ocellorum parum proeminente , setuloso ; setulis duabus rigidis , crassis , longis , nigris: antennarum articulis primo et secundo nigris et nigro-setulosis ; terlio ......: facie lata, flayo-cinereo-pollinosa, superne leviter coarctata, plana, brevi, inferne dilatata , valde convexa , elongata: mystace magno; setulis externis parvulis , flavis , internis crassis, longis: genis proeminentibus , nigris , obsolete flavo-pollinosis : palpis nigris, ad basim flavo-villosis, ad apicem nigro-setulosis : proboscide longiuscula , nigra, ad basim subtus albo-flavescenti-villosa: barba albo- Jlavescente , densa, longa: occipite flavo-pollinoso et flavo-ciliato, ad latera frontis setuloso ; setulis crassis, brevibus, nigris. Thorace elongato, Jlavo-cinereo-pollinoso ; vitta dorsali nigra, duplicata , antice dilatata , margini contigua, postice attenuata, abbreviata; lateribus nigro-micantibus: tomento nigro , satis denso , brevissimo ; setulis marginalibus paucis , rigidis , longis, nigris: pleuris cinereo-pollinosis: scutello cinereo-pollinoso, rare flavo-tomentoso, ad marginem posticum bisetuloso ; setulis longis , nigris : halteribus fuscis. Abdomine cinereo- flavescente , alis breviore (excluso oviductu ) : segmentis secundo , tertio, quarto et quinto ad mar- ginem anticum late nigro-maculatis; macula in segmentis basalibus minore; sexto fere toto nigro ; tomento denso , ‘brevi, abdomini concolore: ventre cinereo-flavescente : oviductu nigro , compresso , praelongo. Coxis cinereo- pollinosis : anterioribus longe et dense albo-flavescenti--villosis. Pedibus Jlavo-tomentosis : femoribus nigris, vix ad genua rufescentibus ; anticis muticis , subtus longe albo-flavescenti-villosis ; posterioribus spinosis ; spinis nigris, paucis, in posticis subtus seriatim. dispositis: tibiis rufescentibus , ad apicem nigris; tomento flavo et nigro intermixto ; spinis nigris, raris, longis: tarsis nigris: unguiculis longis , nigris : onychiis magnis , flave- scentibus. Alis flavescentibus , ad apicem subfuligineis : prima cellula j vemm: il | 148 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA submarginali longe appendiculata , medio et ad marginem dilatata , versus apicem alae coarctata. Lunghezza del corpo 20"" (escluso Povidotto). Id. delle ali 33^, Messico ; contorni di Messico (di Saussure ). Collezione di Saussure. 15. Enax nigriees BELL. (Eristicus Loew ). Maschio. Niger, fusco-albo-maculatus. Capite lato , depresso : fronte valde depressa, excavata , inferne dilatata, superne coarctata , ad latera nigro-setulosa , fusco-pollinosa ; tuberculo ocellorum parum proeminente, infero , nigro-setuloso: antennis longiusculis , nigris; primo articulo longo; secundo brevi, dense et longe nigro-setosis : stylo longo, nigro: facie superne plana, in erne valde proeminente , dense flavo-aureo-pollinosa: mystace magno ; setulis supernis et lateralibus nigris, mediis et infernis albis, omnibus longis: proboscide nigra, mediocri, inferne rare albo-villosa: palpis nigris et nigro - setulosis : barba densa, longa , nivea : occipite aureo-pollinoso , superne fusco-maculato et nigro-setoso ; ad margines albo-villoso. Thorace longiusculo , valde convexo , dorso late et saturate nigro, ad margines laterales fusco; setulis posticis et lateralibus longis, nigris: pleuris et pectore fuscis , maculis nonnullis saturate nigris: scutello fusco et fusco-villosulo , ad marginem posticum bisetuloso; setulis nigris, longis: halteribus pallide flavis: metathorace medio saturate nigro, ad latera argenteo. Abdomine vix alis longiore , saturate nigro et nigro- tomentoso , exceptis marginibus lateralibus fusco-flavis ; margine postico primi, secundi et tertii segmenti albo-argenteo-vittato : vitta satis lata, medio late interrupta, marginibus lateralibus contigua et segmento septimo toto albo-argenteis: setulis lateralibus primi segmenti numerosis , rigidis, nigris: ventre fusco, ad apicem pallido: genitalibus magnis , castaneis , nigro-flavo-tomentosis. Pedibus omnibus et totis saturate nigris et nigro- multi-setosis: coxis anterioribus dense albo-flavescenti-setulosis : femoribus omnibus nigro -tomentosis : tibiis anticis et posticis postice rufescenti- tomentosis , omnibus nigro et flavo-tomentosis : unguiculis praelongis , totis nigris: onychiis praelongis , flavo-fuscis. Alis flavescentibus , vix ad extremum apicem fuscescentibus: cellula secunda submarginali ad basim subangulata , non appendiculata : alulis ad marginem dense et longe niveo- villosis. DI L. BELLARDI 149 Lunghezza del corpo :r5"" — Lunghezza delle ali 23 "". Messico (Sait). Collezione Bicor. 16. Enax viLLOsUS Berr. ( Eristicus Loew ). Maschio. Cinereo-flavus , niger , undique dense villosus. Capite parum lato , alto: fronte latissima , cinereo-flavo-pollinosa , ad margines laterales nigro-albo-setulosa, inferne excavata, ad verticem valde depressa: tuberculo ocellorum parum proeminente , dense nigro-setuloso: setis erectis, brevibus: antennis longiusculis , nigris, articulo primo dense nigro-setuloso; sccundo longiusculo et ipso nigro-setuloso ; tertio elongato; stylo longo, nigro: facie lata, flavo-pollinosa , inferne proeminente : mystace magno , setis supernis et infernis nigris , setulis intermediis flavis: genis nigris: pro- boscide longa, nigra: palpis brevibus, nigris et dense nigro-setulosis: barba densissima, longa, cinereo-flava: occipite cinereo-flavo-pollinoso, superne et ad latera nigro-maculato , in macula setoso ; villis: marginalibus flavis. Thorace longiusculo , valde convexo ; longitudinaliter nigro-vittato ; vitta antice bifida, versus margines laterales dilatata , evanescente ; marginibus lateralibus et postico pallide flavo-cinereis; tomento brevi, raro , nigro : setulis marginalibus ad basim alarum rigidis, longis , nigris: scutello fusco, ad basim subcinereo, longe nigro-setuloso ad marginem posticum: halteribus fuscis. Abdomine vix alis longiore, saturate nigro, exceptis macula laterali obliqua , triangulari , et vitta basali primi segmenti, macula quadrata secundi et tertii segmenti, omnibus margini postico et lateralibus contiguis, cinereis, et margine postico quinti , sexti, septimi et octavi fere totis flavis : marginibus lateralibus primi segmenti longe nigro-setosis : marginibus lateralibus secundi et tertii longe et dense flayo-villosis et satis late cinereis: tomento generali brevi, nigro : ventre cinereo , ad apicem flavescente : genitalibus mediocribus , nigro-rufescentibus , dense flavo-villosis. Pedibus incrassatis, totis dense flavo-cinereo-tomentosis et nigro-spinosis , nigris, basi superna femorum et basi tibiarum vix rufescentibus : unguiculis praelongis , nigris : onychiis praelongis , flavis. Alis flavo-fuscescentibus: cellula submarginali longe. appendiculata. Lunghezza del corpo 22"" — Lunghezza delle ali 34", Messico (Savi). Collezione BELLARDI. ! 190 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 4. Genere PROCTACANTHUS Mace. Colore fusco-rufescente: barba densissima, praelonga, alba ... A. Pr. Craverii Beri. 1. PROCTACANTHUS CRAVERH BELL. Maschio. Cinereus , rufescens. Capite latitudinem thoracis aequante. fronte lata, superne coarctata, inferne dilatata, profunde depressa, cinereo- pollinosa, superne et ad latera albo-villosa: tuberculo ocellorum proeminente, setoso; setis nigris , longis : antennis longis , articulis primo et secundo ru- fescentibus setulosis; setulis nigris et flavis ; tertio nigro , longo: stylo nigro , subrufescente , longiusculo: facie lata, cinereo-pollinosa, marginibus parallelis , vix superne coarctatis: mystace magno, longo, albo-flavescente: barba densissima , praelonga , alba: proboscide nigra, crassa, subtus albo - flavo villosa : occipite flavo - cinerescenti- pollinoso , ad margines flavo-setoso. Thorace cinereo, antice breviter et rare nigro-flavo-tomentoso, postice et ad latera postica longe nigro-multisetoso ; maculis humeralibus rufescentibus : pleuris fusco-cinerescentibus : scutello cinereo-fuscescente , undique longe nigro-setoso : halteribus fuscis , ad basim flavis. Abdomine fusco , ad apicem rufescente : margine postico segmentorum nudo, cinereo: tomento albo, raro, ad latera segmentorum basalium setulis nigris inter- mixtis: ventre fusco, versus apicem ru, escente : genitalibus mediocribus , rufescentibus , albo-flayescenti-tomentosis. Coxis fuscis , breviter nigro- spinosis ; anterioribus albo - flavescenti-villosis : femoribus antice nigris , postice rufescentibus , spinosis; spinis disseminatis , nigris, inferne crebrio- ribus: tibiis et tarsis omnibus totis rufis , nigro-spinosis: femoribus, tibiis et tarsis undique dense sed breviter. albo-flavescenti-tomentosis: unguiculis nigris , ad basim rufis, praelongis. Alis Jlavescentibus. Femm. Maior. Barba minus densa. Abdomine longiore, ad basim la- tiore, ad apicem attenuato : spinis genitalium nigris. Hmm Lungh. del corpo ô 25°”, 9 32 mm mm - Lungh. delle ali © 41"", 942". Messico; contorni di Messico ( Craveri). Collezione BeLLARDI. 3. Genere ASILUS L. | femoribus incrassalis .......... Ras PIO 9. A. megacephalus Bert. © | femoribus non incrassatis ................ Py PSE ite VIENAM y ya sd prima vena posteriore SINUOSA ................. eater tity Aas pier Toi, 3. H prima vena posteriore non nU ios dE 8. A. apicalis Bet. M DI L. BELLARDI 151 | articulo tertio antennarum brevi, lato .......... 7. A. infuscatus BELL. © | articulo tertio antennarum elongato, sublineari segni psv. myslace parvulo, setulis nigris paucis; facie vic ad È epistoma convexa ............. SESH! UNE font wars Ea ee re 5. A ¿ gita È ` mystace magno, selulis nigris pluribus ; facie valde proeminente.,, i. iii SRI ESA ROL USER chee os NEM EG RT Seti » | femoribus totis nigris, vel vix ad extremitates ferrugineis .......,............ . 6. v. . H H H . . H . H | femoribus ferrugineis, longitudinaliter nigro-vittatis.. ......,........... PECA x femoribus totis nigris ........... ati le RAR ET . A. albo-spinosus BELL. a femoribus nigris, basi posteriorum et apice omnium Tar TOOLS se eine XE LA QUEE na Ne 6. A. taeniatus BELL co . A, fuliginosus BELL. . A. Truquii Be. 9 abdominis segmentis ad latera spinosis .......... PERDUTO MEANS eni e 4. A. humilis BELL. 7 | abdominis segmentis ad latera non spinosis....... 8. | femoribus nigris: tibiis subferrugineis oo... + A. A. niveibarbus BELL. 1. Asinus numuLIS Bert. (Lophonotus Loew ). Femm. JVigro-viridescens , dense flavo-tomentosus. Capite thorace la- tore, convexo : fronte superne profunde excavata , inferne concava , dilatata, ad latera nigro-setulosa: tuberculo ocellorum parum proeminente: antennis nigris; articulis primo et secundo nigro-setulosis; tertio compresso, lato: stylo brevissimo: facie lata, superne plana , inferne valde proemi- nente; mystace magno , ad dimidiam faciem producto ; villis longis , supernis nigris, infernis flavis: genis parvulis : barba longa , Slava: setulis omnibus occipitis flavis. T'horace elongato , antice compresso , valde con- vexo , dorso a margine antico ad posticum longe nigro-setuloso : setulis marginalibus nonnullis albis: scutello Jlavo-villoso et nigro —setuloso : halteribus flavis. Abdomine cylindrico , elongato , alis longiore: margine postico segmentorum nudo : spinis lateralibus raris, flavescentibus: ovi- ductu longo, compresso , nigro , subtus castanco. Pedibus corpori con- coloribus : femoribus subincrassatis , multispinosis ; spinis femorum totis | flavis , tibiarum et tarsorum Jlavis cum nonnullis nigris : unguiculis longis, nigris: onychiis mediocribus, flavidis. Alis brevibus, hyalinis. 8 , 3507 Lunghezza del corpo 11%" — Lunghezza delle ali 16". Messico (Truqui). Collezione BeLLArDI. | w SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 2. Asinus Truqun Berr. (Mochtherus Loew). Maschio. Fuscus. Capite latitudinem thoracis aequante, parum conyexo: fronte lata, superne profunde excavata , inferne dilatata , concava, ad latera nigro-setulosa, undique flavo-luteo-pollinosa : tuberculo ocellorum crasso , parum proeminente , nigro: antennis longiusculis, nigris ; articulis primo et secundo dense nigro-setulosis; tertio compresso, longiusculo; stylo longo: facie plana , inferne ad epistoma parum convexa, dilatata , undique albo-flavescenti-pollinosa; mystace mediocri , ad dimidium faciei non ad- scendente, longo; villis supernis nigris, infernis albis: genis pareulis, faciei concoloribus : barba longa, alba: occipite flavo-cinereo-pollinoso , superne nigro-setuloso. Thorace convexo , brevi, flavo-pollinoso : vitta mediana lata, postice abbreviata; maculis lateralibus quatuor , nigris: setulis an- ticis brevissimis , lateralibus et posticis: crassis , rigidis , longis , nigris : pleuris flavo-cinereo-pollinosis : scutello flavo-pollinoso , ad marginem nigro-bisetuloso: halteribus flavis. Abdomine longo, gracili , subcylindrico, fusco , ad latera pallidiore: segmentis tomentosis ; tomento ex pilis nigris et flavis intermixtis ; margine postico segmentorum nudo , pallido: spinis lateralibus posticis albis : ventre flavo-cinereo : genitalibus pareulis sed : NERA Ne à E E. qux Reno: longis , nigris ; forcipe profunde emarginato et longo. Coxis flavo-cinereo pollinosis , anticis longe flavo-albo-villosis. Pedibus flavo-aureis et hinc inde nigro-tomentosis: femoribus supra nigris, infra rufis; tibiis ante- rioribus supra rufis, infra nigris ; posticis ad basim late rufis , ad apicem nigris : tarsis nigris , basi articulorum rufa: spinis raris , femorum albis, tibiarum et tarsorum albis et nigris intermixtis : unguiculis mediocribus satis arcuatis, nigris : onychiis mediocribus , flavidis. Alis longitudinem abdominis aequantibus , subfuscescentibus. Lunghezza del corpo :4"" — Lunghezza delle alt 23m. Messico ( TRUQUI). Collezione BeLLARDI. 5. Asus ruLicinosos Ber. (Mochtherus? Loew ). Maschio. Fuscus. Capite thorace vix latiore , antice convexiusculo : fronte superne profunde excavata , inferne dilatata, concava, cinereo- pollinosa 5 ad latera nigro- setulosa : tuberculo ocellorum parum proemi- nente , fusco , nigro- setuloso : antennis nigris , longis; articulis primo et secundo nigro-setulosis ; tertio compresso , elongato; stylo crasso, longo: DI L. BELLARDI 153 facie exigua , inferne parum dilatata , plana , ad epistoma parum convexa, undique albo-argenteo-pollinosa: mystace mediocri, longo ; villis supernis nigris, infernis albis: genis parvulis, faciei concoloribus : proboscide lon- giuscula , crassa, nigra, ad basim inferne albo-villosa : barba alba : occipite cinereo-pollinoso, superne nigro-setuloso. Thorace coneexo; flavo- cinereo-pollinoso ; vitta mediana antice duplicata, postice abbreviata et maculis lateralibus obsolete nigris ; setulis anterioribus brevissimis , la— teralibus et posterioribus. nonnullis, crassis , longis: pleuris cinereo- pollinosis : scutello cinereo-pollinoso , postice nigro-bisetuloso : halteribus pallidis. Abdomine longo , gracili , cylindrico , fusco, nigro-tomentoso : margine postico segmentorum pallido, nudo; spinis lateralibus posticis longis , albidis: ventre cinerescente : genitalibus pareulis , nigris. Pedibus rufescentibus: coxis cinereo-pollinosis; anterioribus albo-villosis: femoribus anterioribus nigris , ad apicem et inferne rufescentibus ; posticis rufescen- tibus, antice nigris: tibiis et tarsorum articulis rufescentibus , ad apicem nigris ; spinis nonnullis femorum albis , tibiarum et tarsorum nigris et albis intermixtis: unguiculis longis , nigris: onychiis mediocribus, flavo- fuscis. Alis abdomine viz: brevioribus, dilute fuscis. Lunghezza del corpo 17"" — Lunghezza delle ali 27"". Messico. Collezione BeLLARDI. 4. ASILUS NIVEIBARBUS Ber. ( Epitreptus Loew). Maschio. Fusco-cinereus. Capite thorace lutiore, convexo: fronte su- perne profunde excavata , coarctata, inferne dilatata , concava , ad latera setulosa, undique albo-flavescenti-pollinosa: tuberculo ocellorum crasso , proeminente : antennis nigris; articulis primo et secundo albo-willosis ; tertio compresso , elongato : facie satis lata , superne plana, inferne di- latata, ad epistoma convexa , tota albo-pollinosa : mystace magno , ad dimidium faciei adscendente ; villis longis , supernis nigris , infernis albis: genis parvulis: barba longa, densa, alba: proboscide crassa, nigra: occipite albo-flavescenti-pollinoso ; setulis supernis nigris. Thorace elon- gato , flavo-cinereo-pollinoso ; itta mediana lata , postice abbreviata , nigra; maculis lateralibus subindistinctis: setulis ad marginem posticum et ad dimidiam partem marginum lateralium rigidis, longis , nigris: pleuris cinereis , roseo-submaculatis : scutello flavo-pollinoso et villosulo , ad Serw II. Tow. XXI. U si i 154 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA marginem bisetuloso: halteribus luteis. Abdomine elongato, cum genitalibus alis longiore, cylindrico , dorso fusco-cinereo , ad latera subroseo , flavo- tomentoso; margine postico segmentorum nudo , pallido ; spinis lateralibus nonnullis, albis : genitalibus longis , fuscis: segmento septimo subtus ap- pendiculato : ventre cinereo-roseo. Pedibus totis dense et breviter flavo- tomentosis : coxis cinereo-pollinosis ; anterioribus longe et dense albo- villosis : femoribus robustis , antice nigris , postice rufescentibus ; macula rufescente ad apicem anteriorem femorum. anticorum; femoribus anterio- ribus subtus albo-villosis; posticis subtus albo-setulosis : tibiis anterioribus fere totis rufescentibus, antice longitudinaliter nigro-subvittatis et ad apicem. nigro-maculatis; posticis antice late nigris , postice rufescentibus ; omnibus spinosis: spinis tibiarum. anticarum raris , nigris et albis, me- diarum crebris et ipsis nigris et albis; posticarum crebrioribus, omnibus nigris: tarsis rufescentibus , antice nigris ; spinis robustis, numerosis ; farsorum anteriorum nigris et nonnullis albis intermixtis ; posticorum totis nigris: unguiculis valde arcuatis, nigris , ad basim rufescentibus , elon- gatis. Alis hyalinis, ad apicem. dilute fuscis. Femm. Longior. Abdomine acuminato : oviductu elongato, compresso, nigro: spinis tarsorum crebrioribus. m Lunghezza del corpo 13”” — Lunghezza delle ali 21” Messico; Cordova (di Saussure). Collezioni di Saussure e BeLLARDI. 5. ASILUS ALBO-SPINOSUS BELL. (Epitreptus? Loew). Maschio. Fuscus. Capite latitudinem. thoracis aequante , antice con- vexiusculo: fronte superne profunde excavata, inferne dilatata, concava, nigro-setulosa, tota flayo-luteo-pollinosa: tuberculo ocellorum parum proemi- nente, nigro, nigro-setuloso: antennis nigris; articulis primo et secundo dense nigro-setuloso; tertio compresso, cordiformi: stylo crassiusculo : facie exigua, inferne parum dilatata, plana, vix: ad epistoma convexa, tota flavo-aureo-pollinosa: mystace brevi, ad dimidium faciei vix adscendente, longo; villis supernis nigris , infernis albo-flavescentibus: genis parvulis: barba longiuscula , alba : proboscide longiuscula , crassa, nigra: occipite _flavo-cinereo-pollinoso, superne nigro, multisetuloso. Thorace mediocriter conexo , flavo-pollinoso ; vitta mediana lata; maculis lateralibus quatuor, nigris ; setulis anterioribus brevibus , parvulis ; lateralibus et posterioribus | | | DI L. BELLARDI 155 longis, crassis; omnibus nigris : pleuris flavo-pollinosis : scutello flavo- cinereo-pollinoso , breviter nigro-villoso , ad marginem posticum sulcato et setuloso : halteribus flavo-luteis. Abdomine longo , gracili: segmentis fuscis, nigro-tomentosis, ad marginem posticum flavis , nudis , ad margines laterales pallidis , flavo-tomentosis ; primo , secundo , tertio e£ quarto albo- setulosis: ventre fusco: genitalibus latis, fuscis , flavo-villosis ; forcipe profunde emarginato. Pedibus nigris: coxis flavo-pollinosis; anterioribus longe albo-flavo-villosis: femoribus nigris , breviter et dense flavo-tomen- tosis; posterioribus ad basim rufescentibus: tibiis ad basim rufescentibus ; anterioribus parce, posticis late nigris : tarsis nigris, ad basim rufescen- tibus : spinis femorum raris, longis, albis; tibiarum albis et nigris ; tarsorum totis nigris: unguiculis longis, nigris : onychiis fuscis. Alis abdomine sublongioribus , obscure fuligineis. [mm Lunghezza del corpo 15"" — Lunghezza delle ali 24 Messico; contorni di Messico (Truqui). Collezione BeLLARDr, 6. Asus TAENIATUS Bert. (Philonicus Lokw y Femm. Fusco-niger. Capite vix thorace latiore, antice mediocriter convexo: fronte superne profunde excavata , inferne dilatata , concava y Jlavo-pollinosa et nigro-setulosa: tuberculo ocellorum parum proeminente, nigro-setuloso: antennis nigris; articulis primo et secundo nigro-setulosis ; ultimo longiusculo , compresso: stylo crasso: facie subplana , vix ad epistoma convexa , inferne parum. dilatata , undique flavo-aureo-pollinosa : mystace mediocri , longo , ad dimidiam partem non adscendente ; villis nigris , crebris , lateralibus ad marginem epistomatis flavo-albis : genis parvulis: barba longiuscula , alba: proboscide longiuscula , crassa, nigra : occipite flavo-pollinoso , superne nigro-multisetuloso. Thorace convexo. flavo-pollinoso, cum vitta dorsali lata et maculis lateralibus quatuor nigris, nigro-setuloso ; setulis anticis brevissimis , posticis et marginalibus longis, crassis : pleuris flavo-cinereo-pollinosis : scutello Jusco-nigricante, nigro- setuloso : halteribus flavis. 4bdomine elongato , conico; Jusco-nigricante : segmentis nigro-tomentosis , ad marginem posticum flavis , nudis : spinis nonnullis ad margines laterales: ventre flavescenti-fusco : genitalibus par- vulis, nigris , compressis , brevibus. Coxis flavo-cinereo-tomentosis; anticis Hayo-villosis : femoribus subincrassatis , exquisitissime aureo-tomentosis , M 156 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA nigris, ad apicem et ad basim subtus rufescentibus : tibiis rufis, ad apicem nigricantibus : tarsis ad basim rufis , ad apicem nigris : spinis raris, fe- morum. et tibiarum posticarum albis, tibiarum. anteriorum albis et nigris intermixtis , tarsorum nigris et nonnullis albis: unguiculis nigris: onychiis flavo-fuscescentibus. Alis longitudinem. abdominis aequantibus , dilute fla- vescentibus. Lunghezza del corpo 15"" — Lunghezza delle ali 28". Messico ( Craveri). Collezione BELLARDI. 7. ASILUS INFUSCATUS BELL. Tav. IL f. 15. Maschio. Fuscus. Capite latiusculo , thorace sublatiore , antice con» vexciusculo : fronte ad verticem profunde excavata , exigua , ad basim antennarum dilatata, concava, nigra, ad latera flavo-pollinosa et nigro- setulosa: tuberculo ocellorum parum proeminente, nigro-setuloso: antennis nigris; articulis primo et secundo longe et dense nigro-setulosis ; ultimo compresso , cordiformi: stylo crassiusculo: facie conica, inferne dilatata, ad epistoma convexa , nigra: mystace magno y ad basim fere antennarum adscendente, denso, longo, nigro: genis vix perspicuis, faciei concoloribus: barba satis densa et longa, alba: occipite cinereo-pollinoso , ad verticem nigro-setuloso. Thorace convexo , ad margines laterales flavo , ad anticum et posticum cinereo-pollinoso: vitta mediana antice lata, postice abbreviata, et maculis lateralibus quatuor latis, dense nigris; setulis nigris, in parte antica brevibus et exilibus , ad margines laterales et in parte postica crassioribus et longioribus : pleuris et pectore cinereo-pollinosis: scutello cinereo-pollinoso , nigro, rare tomentoso , ad marginem posticum nigro- setuloso : halteribus fuscis. Abdomine longo, subcylindrico , flavo-aureo- pollinoso , micante : segmentis rare et breviter. flavo-auréo-tomentosis, ad marginem posticum nudis ; segmentis basalibus pallide flavis ; apicalibus flavo-aureis : ventre fusco: genitalibus crassis , longis , nigris, nigro- tomentosis ; partibus infernis nonnullis rufescentibus. Pedibus nigris: coxis cinereo-pollinosis; anterioribus longe albo-villosis: femoribus subincrassatis, dense et breviter nigro-tomentosis; spinis nigris, raris et villis flavis inter- mixtis: genubus et basi tibiarum castaneis: tarsis nigro-multispinosis: ungui- culis longis, nigris: onychiis fuscis: Alis longitudinem abdominis aequantibus, ad basim late hyalinis , medio marginis antici fusco-maculatis, ad apicem DI L. BELLARDI 157 late fuliginosis ; macula fusca marginis antici cum fuligine apicis ad marginem. alae coniuncta. nmm Lunghezza del corpo 15”” — Lunghezza delle ali 24". 8 I D 4 Messico (Sazré ). Collezione Brerranpr. 8. ASILUS APICALIS BELL. Femm. JVigro-fuscus. Capite antice depresso, vix thorace latiore: oculis magnis , medio minute, ad margines externos minutissime reticu- latis: fronte profunde excavata, exigua , fusca, inferne flavo-pollinosa : tuberculo ocellorum valde proeminente, nigro: antennis mediocriter longis; primo articulo flavo, antice fuscescente; secundo fusco, primo vix breviore; tertio longo, acuto, fusco : stylo ..........: facie valde exigua , tri- gona , ad basim antennarum coarctata , ad epistoma dilatata et convexa, undique aureo-pollinosa : mystace raro ; villis supernis nigris , infernis flavis : genis parvulis faciei concoloribus : proboscide longiuscula, acuta , nigra, ad basim flavo-villosula: palpis brevissimis , nigris , flavo-setulosis: barba subnulla, brevi, flava: occipite flavo-pollinoso , ad verticem nigro- setuloso. Thorace antice valde convexo , longiusculo , postice attenuato , flavo-luteo-pollinoso ; vitta mediana longitudinali, lata , et maculis late- ralibus quatuor , latis, nigris; setulis marginalibus posticis raris , nigris: pleuris flavo-pollinosis: pectore nigro-maculato : scutello fusco, ad mar- ginem sulcato, mutico: halteribus flavis. Abdomine longo , subcylindrico, ad apicem. acuto, nigro: margine postico omnium. segmentorum fusco : tomento raro, nigro ; setulis posticis , lateralibus ; flavis: ventre fusco, ad apicem nigricante. Pedibus longis: coxis longis , flavis : femoribus longis, gracilibus , flavo-rufis ; intermediis et posticis ad apicem. nigris ; posticis superne a basi ad apicem nigris : tibiis flavo-rufis ; posticis ad apicem nigris : tarsis ad basim flavo-rufis , ad apicem nigricantibus : spinis raris, nigris cum nonnullis flavis intermixtis. Alis longitudinem abdominis aequantibus , flavescentibus , ad apicem. valde obtusum. nigro- marginatis : quarta cellula posteriore longe appendiculata , postice recta , antice regulariter arcuata. Lunghezza del corpo 15"" — Lunghezza delle ali 28°”. Messico (SALLE). Collezione BeLLArRDr. pa 158 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 9. ASILUS MEGACEPHALUS BELL. Tav. IL f. 14. Maschio. Flavo-fuscus. Capite antice depresso, lato, thorace latiore: oculis magnis , medio minute, ad marginem externum late minutissime reticulatis: fronte exigua, superne profundissime excavata, flavo-pollinosa: tuberculo ocellorum parum proeminente , fusco , setuloso : antennarum ar- ticulo primo brevi; secundo breviore ; ambis flavis ; tertio .....: facie brevi , trigona, superne coarctata, convexa, ad epistoma proeminente , undique flavo-pollinosa : mystace satis denso , ad dimidiam longitudinem faciei adscendente ; villis praelongis , supernis nigris , infernis albo-flavis: genis subnullis , excavatis : barba satis longa et densa, albo-flavescente: proboscide longiuscula , crassa, recta, nigra, ad basim flavescente , ad apicem flavo-villosa : palpis brevissimis , flavo-villosis : occipite flavo- pollinoso , ad verticem nigro-setuloso. Thorace longiusculo , convexo , Jlayo-fusco-pollinoso; vittis longitudinalibus medianis ; maculis lateralibus quatuor fuscioribus : setulis anticis brevissimis , raris , ad margines late- rales et prope scutellum longioribus et maioribus , nigris, nonnullis fla- vescentibus intermixtis : pleuris flavo-cinereo-pollinosis et villosis: scutello parvulo , fusco , ad marginem posticum rare nigro-setuloso ; metathorace fusco , ad latera flavo: halteribus flavo-luteis. Abdomine alis longiore , subcylindrico , flavo-fusco , flavo-tomentoso , ad latera satis longe flavo- villoso: margine postico segmentorum fusciore : ventre medio fusco, ad apicem et ad basim flavescente ; segmentis omnibus ad marginem posticum fuscioribus: genitalibus mediocribus, castaneis. Pedibus flavis, flavo-villosis, obsolete nigro-setulosis : femoribus omnibus incrassatis, medio nigro- maculatis ; posticis inferne setulosis; setulis numerosis , magnis , nigris : tarsis fuscescentibus ; spinis numerosis , longis , rigidis , nigris : unguiculis praelongis , valde arcuatis , nigris , ad imam basim rufescentibus : onychiis magnis , praelongis , flavo-rufescentibus. Alis dilute flavis, ad apicem subinfuscatis. Lunghezza del corpo rg"" — Lunghezza delle ali 3o". La forma del capo e la grossezza dei femori di questa specie rende- rebbero plausibile la proposta per essa di un nuovo genere: ma la man- canza dell'ultimo articolo delle antenne nell'unico individuo da me conosciuto non mi permette di ben definire i caratteri generici, perlocchè credo per DI L. BELLARDI 159 ora più prudente consiglio di riferire la specie al genere Asilus, col quale conviene per la gran pluralità dei suoi caratteri generici. Messico (SaLré ). Collezione BeLLARDI. 6. Genere OMMATIUS Irtic. Corpore nigro , cinereo-pollinoso. .….....,,....,..... Omm. pumilus Maco. 1. Ommativs PUMILUS Mace. Maschio. Niger et cinereus. Capite thorace latiore , convexiusculo : fronte lata, inferne parum coarctata , superne profunde depressa, cine- rescente , albo-villosa : tuberculo ocellorum parum proeminente , nigro: antennis nigris: facie parum lata , superne coarctata, nigro-cinerea : mystace parum. denso; setis supernis ad basim antennarum productis , nigris ; infernis flavis ; omnibus longis: barba rara, alba: occipite cinereo, albo-villoso. Thorace nigro, maculato; maculis cinereo-pollinosis: pleuris et scutello cinereo-pollinosis et albo-villosis : halteribus flavis. Abdomine nigro , rare et breviter cinereo-tomentoso. Pedibus totis nigris: femoribus posticis rare albo-spinosis. Alis hyalinis , iricoloribus. Lunghezza del corpo 8”” — Lunghezza delle ali 14"". 1847. Ommatius pumilus Macq. Dipt. Exot. 2 Suppl. p. 42. n. 6. t. I. f. 10. 1855. id. id. | WALK. List of Dipt. Ins. part VII. p. 755. n. 2. 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. of Dipt. North Amer. p. 36. Messico ; Cuantla (di Saussure), Collezione di Saussure. 4. Sotto-Famiglia — DASYPOGONINA. — Dasypogonitae Maco. 1. Genere CERATURGUS Wiz». 2. C. vitripennis BELL. (LEE. NULES A, AS AAA AO e Ec DEE AC RAN 2. alis hyalinis = — alis ad basim fuscis, ad apicem hyalinis ........ 3. C? dimidiatus BELL. alis ad marginem posticum fuscis, ad basim luteo-flavis A. C. rufipennis Maco. ES A 1. CERATURGUS RUFIPENNIS Maco. Femm. Niger, aureo-pollinosus. Fronte brevi, nigra , flavo-aureo- pollinosa, ad verticem profunde depressa: tuberculo ocellorum satis pro- eminente , bisetuloso ; ocello antico magno: antennis nigris, ad basim 160 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA nigro-setulosis : facie plana , lata , aureo-pollinosa et rare villosa: mystace simplici, brevi, flavo? genis faciei concoloribus: palpis et proboscide nigris: barba flava, rara: occipite flayo—pollinoso et villoso. Thorace valde convexo , flavo-aureo-pollinoso et tomentoso ; vitta mediana. et macula laterali obscure nigris: pleuris, pectore et coxis flavo-aureo-pollinosis : scutello nigro , flavo-aureo-marginato : halteribus rufescentibus. Abdomine depresso , undique punctato , nigro , nitido, nudo , ad apicem testaceo : segmentis omnibus ad margines laterales. unimaculatis; macula trigona , margini postico contigua , flavo-aureo-pollinosa: ventre nigro. Pedibus testaceis: trochanteribus et apice articulorum omnium tarsorum nigris. Alis ad marginem posticum subfuscis, ad marginem anticum et ad basim late flavo-luteis. Lunghezza del corpo 13"" — Lunghezza delle ali 2477. 1847. Ceraturgus rufipennis Macg. Dipt. Exot. 2 Suppl. p. 32. n. 2. 1854. id. id. — Warx. List of Dipt. Ins. part VI. p. 378. n. 4. 1858. id. id. Os. Sack. Cat. of Dipt. North Amer. p. 98. Messico. Collezione Bicor. 2. CERATURGUS VITRIPENNIS BELL. Maschio. JVigro-cyanescens. Fronte brevi, cinereo-pollinosa, ad verticem profunde depressa : tuberculo ocellorum mediocriter proeminente, setuloso: antennarum articulis primo et secundo subaequalibus , nigris ; tertio prae- longo, ad apicem incrassato ; ultima divisione elongata , dense nigro- tomentosa: facie plana, flavo-aureo-pollinosa: mystace simplici; setulis gracilibus , brevibus , raris, albidis: genis subnudis: palpis et proboscide brevi nigris: occipite nigro , flavo-cinereo-pollinoso. Thorace valde con- vexo , flavo-aureo-pollinoso , ubi detrito ibi nigro, undique setuloso ; setulis brevibus , rigidis, albidis; posticis longioribus : pleuris , pectore et coxis cinereo -pollinosis : scutello nigro , albo-marginato : halteribus albo- flavescentibus. Abdomine lato , depresso , undique minute punctato , nigro- cyanescente : segmentis primo , secundo , tertio et quarto ad marginem lateralem maculatis ; macula albo-pollinosa , in primo segmento a margine antico ad posticum producta; in aliis parvula, margini postico contigua: ventre nigro. Pedibus nigris: femoribus nudis: tibiis et tarsis albo-spinosis: genubus anterioribus , ima basi tarsorum anteriorum , extrema basi et extremo apice femorum posticorum , tibiis posticis , primo. articulo as A DI L. BELLARDI 161 tarsorum posticorum ad basim late et basi aliorum articulorum breviter flavis. Alis hyalinis: cellula prima posteriore late aperta ; quarta aperta, ad marginem. coarctata . Lunghezza del corpo 9"" — Lunghezza delle ali 177". La presente specie è afline al C. niger Maco., dalla quale viene di- stinta pel color bigio della fronte, per la macchia del primo segmento dell'addome, pel color nero dei femori e delle altre parti dei piedi e finalmente» per le ali scolorate. Merita particolare attenzione la struttura dell'ultima divisione del terzo articolo delle antenne, la quale è molto allungata, claviforme e ricoperta da fitto tomento nero; questo carattere, ove si osservasse su di un certo numero d individui, potrebbe dar vita ad un nuovo genere. Messico; Cuantla (di Saussure). Collezione di Saussure. 3. CERATURGUS ? DIMIDIATUS BELL. Maschio. Niger. Facie brevi, nigra, ad latera obsolete cinereo-pollinosa, ad verticem profunde depressa, nigra; tuberculo ocellorum mediocriter proeminente , setuloso : antennis nigris, capite multo longioribus : facie plana , albo-pollinosa : mystace, simplici, brevi, gracili , albo-flavescente : palpis, genis et proboscide nigris : occipite nigro, ad margines cinereo- pollinoso. Thorace convexo, nigro, flavo-aureo-pollinoso et minute albido- setuloso : pleuris, pectore et coxis cinereo-pollinosis : scutello nigro: halteribus flavis. Abdomine convexiusculo , nigro, aeneo-micante, undique minute punctato : segmentis secundo , tertio , quarto et quinto ad margines laterales unimaculatis ; macula parvula , transversali, margini postico contigua, albo-pollinosa : ventre cinereo. Pedibus castaneis : trochanteribus, apice tibiarum et tarsis omnibus nigris: femoribus subnudis : tibiis et tarsis rare spinulosis. Alis ad apicem hyalinis, ad dimidiam partem basalem saturate infuscatis: prima cellula posteriore late aperta; quarta aperta, sed ad marginem coarctata. mm Lunghezza del corpo 10 — Lunghezza delle ali tg". 1847. Dasypogon dimidiatus Macg. Dipt. Exot. 2 Suppl. p. 35. n. 56. 1854. id. id. WALK. List of Dipt. Ins. part VI. p. 428. n. 104. 1858. id. id. Ost. Sack. Cat. of Dipt. North. Amer. p. 29. Il signor Bicor ebbe la gentilezza di comunicarmi l'esemplare stesso di questa specie che servi a Macquart per crearla : confesso che non Serie IL Tow. XXI. y ere — À ps 162 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA ini sarei permesso di mutare il genere, al quale era stata ascritta la specie da MacquarT, se io non vi avessi riconosciuta una perfetta cor- relazione di caratteri tra quelli generici di questa specie e quelli che sono proprii al genere Ceraturgus, ad eccezione delle antenne, le quali sono in imperfetto stato di conservazione, e tali da non poter basare su loro un certo giudizio. La forma del capo, la struttura della faccia, dei baffi e del torace, la punteggiatura dell'addome, le sue macchie laterali, la disposizione delle vene delle ali, corrispondono esattamente ai caratteri analoghi del C. rufipennis Maco. Messico. Collezione Bicor. 2. Genere DASYPOGON Farr. 1 | tibiis: anticis calcaratis .......... ` | tibiis anticis non calcaratis ................... 9 | abdomine ad basim coarctato ............ ^" | abdomine ad basim non coarctato . . 3 | pedibus totis nigris ...... Dr o ARE HN aw ` | pedibus rufis, vel certis in locis rufescentibus ..... ria Ev bine 4. UAE SUUS adque RT e iia TT | palpis vel tolis nigris, vel ad basim nigris el ad apicem | palpis totis rufis, vel rufescentibus ..... palpis ad basim nigris, ad apicem rufis ... palpis totis nigris .......... M DEI MEE 6 | abdomine transversim vitialo .................. Sap ect tenes Se GER TM te e abdomine transversim non vwittalo .....,,...,,,.. eth hte 10. 4 | abd: nigro; segmento 2 et 3 postice albo-vittatis 1%. D. nigripes BELL. ` | abdomine dorso fi te, postice flavo-vittalo .... ......... M M re à 8. villa cum maculis lateralibus concoloribus coniuncta — .................,... 9. villa marginibus parallelis, vel viv ad latera dilatata 5. D. Cuantlensis BELL. 9 corpore pallide flavo; maculis et vitta thoracis angulosis — 3. D. goniostigma BELL. "* | eorpore flavo-aureo; maculis et vitta thoracis subrotundatis 2. D. Jalapensis BELL. 10 abdome unizolose DREAD LU EP NID is PONE esu Wb «eb M. ' | abdomine ad latera nigro-maculato ..... osse 6. D. Craverii BELL. ^ f a DI L. BELLARDI 163 T ubdomine fusco, migrescente ................... T. D.virescens BELL. ` | abdomine ad basim fuscescente, ad apicem rufescente — 8. D. Sallei Br. 12 CAT COTON ICI LOTO s ca reor RARA en Pr MO L Ej iria rrr MU ee me du seen cer se rares Din NA i 13 | corpore fusco ........... TET PEAR TT PRE 9. D. Bigoti BeLL. | corpore rubescenti-flavo . ...................... A0. D. rubescens BELL. T | segmentis abdominis lale cinereo-vittatis .. . . . Del 41. D. tricolor BELL. © | segmentis abdominis minute luteo-vittatis . . . . .. . COAT 3S uon ed). penis ob. x ; ; 15 segmentis omnibus vittatis ........... FR at 13. D. dubius BELL. DE H . H . A segmentis ultimis non villalis .......,.......:... 42. D. affinis Bett. 16 quarta cellula posteriore clausa ..... MART Certe To. NE omis ee eva d. ). š quart cellula posteriore aperia ...,.......,2%, cet eue B eet uil. cellulis posterioribus quatuor .......,,,....,.,. errores 18. | "| cellulis: posterioribus sem. .…......,.......,.:40%46. D. Truqui BELL 18 articulo 2 antennarum primo subaequali ......... 19. D. magnificus WALK. “| articulo 2 antennarum primo multo breviore ...... .........,:...... SS I y . i 19 j capite transverso, lato ....................... + TEOR a T. , ` À capite compresso, allo ..... POR A Be RROD spathuldius Duo: + | 20 segmentis abdominis omnibus nigris ............. 20. D. quadrimaculatus Bett. © ` segmentis abdominis primis nigris, ultimis rubris... —24.D.Lucasi Brit. 21 | ábdomine wubito AUR. HEISE erstes del. 17. D. humilis BELL © | abdomine argenteo-nigro-vitlalo ..........:..... A38. D. candidus Maco. 1. DasyPOGON sECABILIS Warck. (Saropogon? ). Tav. I. f. 4. Maschio. Fuscus, fere undique aureo-micans. Fronte lata , plana , brevi, inferne late luteo-aureo-pollinosa, superne breviter nigra ; tuberculo ocellorum parum. proeminente, postice nigro-setuloso: antennis ferrugineis ; articulo primo incrassato; primo et secundo subaequalibus , brevibus ; ù tertio elongato , ovali, compresso , duplo longitudine primi et secundi | simul iunctorum; dorso articuli primi et secundi et dorso basali tertii | . . . . D . E: | | nigro-setulosis: facie plana, aurea; mystace luteo, simplici, setulis nonnullis a brevibus superne adiunctis : palpis flavo-rufis et longe Jlavo-rufo-setulosis : 164 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA proboscide castanea: barba rara, flavo-aurca: occipite aureo , medio transverse nigro —vittato , setulis aureis in coronam dispositis. Thorace gibboso , castaneo ; marginibus aureis; vitta mediana aureo-fusca, a mar- gine antico ad posticum producta , antice lata, postice attenuata: pleuris castaneo-fuscis , late aureo-vittatis : scutello aureo : metathorace aureo- fusco-micante : halteribus fuscis ; capitulo nigro. Abdomine elongato : primo segmento lato, brevi; secundo cylindrico, caeteris longiore; aliis conicis ; omnibus ad basim fuscis , subnigris , postice late luteo-marginatis; secundo segmento subtoto luteo ; omnibus undique aureo-micantibus : ventre abdomini concolore: genitalibus villosis. Coxis omnibus aureis : pedibus castaneis: tibiis et tarsis posterioribus aureo-tomentosis : femoribus intermediis breviter , posticis late ad basim nigris; spinis crassiusculis , nigris, Alis luteo-fuscis, ad marginem posticum vix pallidioribus: medio plurium cellularum subhyalino ; secunda cellula posteriore late aperta ; quarta clausa, appendiculata. Femm. Genitalibus spinosis. : Lungh. del corpo 6 23", 9 26°" — Lungh. delle ali ô 4o"", o 46". 1861. Dasypogon secabilis WALK. Trans. Ent. Soc. vol. V. N. S. part VII. p. 9. Fra le numerose specie di questo genere già conosciute ne ho trovata una sola, la quale meriti di essere paragonata con questa per notarne le rispettive differenze: questa specie è il D. coarctatus Warx. (Laphria coarctata Perry) del Brasile. L’affinità di queste due specie fra loro sta principalmente nella forma dell'addome ristretto alla base; le seguenti proprietà ne rendono però facile la distinzione: nella presente specie i segmenti dell'addome sono di color bruno nerastro alla base, e gialli al margine posteriore; i femori posteriori sono nericci alla base; il capo dei bilancieri è nericcio; le ali sono più scure; finalmente il corpo presenta quasi dappertutto un riflesso dorato. Ricevo al momento di cominciare la stampa di questa seconda parte il fascicolo pubblicato dal sig. WALKER nelle Memorie della Società Ento- mologica di Londra, vol. V, nuova serie, parte VII, nel quale a pag. 9 trovo il D. secabilis che credo possa essere sinonimo di questa specie, abbenchè nella descrizione non si faccia cenno della ristrettezza del se- condo segmento dell'addome, che credo costituire uno dei caratteri più notevoli della specie. Messico; Tampico, Cuantla, Messico (di Saussure); Oaxaca (Sauré), Collezioni di Saussure e BELLARDI. == DI L. BELLARDI 165 2. DasyPOGON JALAPENSIS Bert. (Saropogon). Tav. det: 9: Femm. Gracilis, flavescens , nigro-maculatus. Fronte lata, concava, aurea; tuberculo ocellorum fusco, satis proeminente : antennis flavis : facie lata, plana, aurea: mystace duplici serie setularum ; setulis longis, albo-flavidis : proboscide longa, nigra, crassiuscula : palpis nigris: occipite aurescente , setuloso ; setulis supernis nigris , lateralibus et infernis flavis. Thorace proeminente , valde convexo , aureo-flavescente, saturate nigro- maculato; maculis quinque , mediana antice lata, postice attenuata , mar- gini posteriori non. contigua, lateralibus duabus anticis subrhomboidalibus, posticis conicis , margine posteriore subconiunctis: marginibus macularum et vittarum rotundatis: setulis crassiusculis , nigris , in marginem lateralem dispositis , a tertia parte antica thoracis ad scutellum sex: pleuris et pectore flavis, immaculatis: scutello aureo-flavo, unicolori, nigro-bisetuloso: halteribus flavo-rufescentibus. Abdomine gracili, longo , flavo-rufescente: segmentis omnibus medio nigro-maculatis; macula antice lata , margini contigua , postice abbreviata , a margine disiuncta , in primis segmentis parvula, in ultimis lata; ventre flavo-fuscescente. Pedibus gracilibus , longiusculis , flavo-rufescentibus : apice femorum posticorum et omnium tarsorum articulorum. nigrescente: setulis nigris, rigidis, longis in tibiis et in tarsis: femoribus subnudis. Alis subcinereis , ad apicem obtusis : cel- lulis posterioribus prima , secunda et tertia late apertis; quarta clausa , longe appendiculata. Lunghezza del corpo 14"" — Lunghezza delle ali 23%". Messico: Jalapa ( TnvQvr). Collezione BeLLARDI. 3. DASYPOGON GONIOSTIGMA Bert, (Saropogon). Tav. I. f. 6. Maschio. Gracilis, flavus, nigro-maculatus. Capite lato, thorace latiore, antice depresso : fronte lata , ad verticem profunde excavata , undique albo-flavo-micanti-pollinosa ; tuberculo ocellorum valde proeminente , nigro , bisetuloso ; setulis longis , nigris: antennis flavis, longiusculis ; articulis duobus primis longiusculis, longitudine aequalibus, flavo-pallidis ; tertio longo, clavato , crasso , flavo-fuscescente; articulis primo parum 166 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA et breviter, secundo dense et longe nigro-setulosis: facie lata cum mar- ginibus parallelis, plana, dense albo-flavo-micanti-pollinosa, subtomentosa, ad epistoma vix proeminente: mystace subsimplici; setulis albis, supernis brevibus , infernis praelongis : genis fuscis : occipite nigro , medio obsolete , ad margines oculorum. dense albo-flavescenti-pollinoso ; setulis verticis longis , nigris ; marginalibus brevibus, albo-flavis: proboscide longa, nigra: palpis nigris, dense et longe nigro-setulosis. Thorace brevi, lato , sub- orbiculari, valde convexo, dorso rare nigro-villoso , ad margines laterales et postice longe nigro-setoso , flavo-cinereo-micanti-pollinoso et saturate nigro-maculato ; macula antica lata, margini antico thoracis et maculis lateralibus contigua, in vittam ad marginem posticum producta; maculis lateralibus duabus anticis, magnis, quadratis, maculis duabus lateralibus posticis triangularibus , elongatis, a vitta mediana «ix divisis, ad mar- ginem externum emarginatis; vitta et maculis angulosis: tuberculis hu- meralibus satis proeminentibus , pallidis , albo-flavo-micanti-pollinosis : pleuris et pectore albo-flavo-micanti-pollinosis, concoloribus : vitta nigra, obsoleta, obliqua: scutello flavo , unicolori , nigro-bisetuloso. Abdomine gracili , elongato , flavo : segmentis omnibus dorso fusco-unimaculatis ; macula lata, obsoleta, subquadrata , a marginibus omnibus disiuncta : genitalibus incrassatis , fuscis, flavo-villosis. Pedibus longis , gracilibus , flavo-fuscescentibus: femorum , tibiarum et tarsorum omnium articulorum apice nigro; spinis nigris, femorum gracilibus paucis, tibiarum numerosis praelongis , tarsorum numerosioribus rigidis: unguiculis longis , nigris: onychiis longis , flavis. Alis longis , hyalinis, incoloribus, vix ad mar- ginem. posticum et ad apicem satis late nebulosis. Femm. Colore generali magis flavescente. Antennarum articulo se- cundo minus setuloso. Pleurarum vitta nigra magis notata. Maculis dorsalibus abdominis minoribus , subpunctiformibus. 2 mm Lunghezza del corpo 14"" — Lunghezza delle ali 23 Questa specie ha molta analogia colla precedente, da cui si distingue pel colore generale biondo-pallido, non biondo-giallo, pel colore biondo- bigio del dorso del torace e dei fianchi, e sopra ogni cosa per la lar- ghezza e per la forma distintamente angolosa delle macchie nere e della benda intermedia del torace, la quale è contigua e fusa colle due macchie laterali anteriori, e protratta fin quasi al margine posteriore del torace: inoltre le macchie dell'addome sono poco marcate e libere anteriormente, Li DI L. BELLARDI 167 cioè non contigue col margine anteriore di ciascun anello: le ali final- mente sono meno larghe, e la nebulosità della loro parte posteriore vi è meno visibile. Messico: Plaga Vicente (Sarré). Collezione BeLLARDI. 4. DASYPOGON BRUNNEUS Wien. (Saropogon). Femm. Rubigineo-fuscus. Fronte mediocriter lata, depressa , fusca ; tuberculo ocellorum valde proeminente, medio bisetuloso; setulis longiu- sculis , crassiusculis , nigris: antennis flavo-ferrugineis ; ultimo articulo parum incrassato, longitudinem primi et secundi simul iunctorum aequante : facie plana, flavo-aurea : mystace subsimplici, duplici setularum serie; setulis longis , albo-flavis : genis fuscis , nudis: palpis ad basim nigris; ultimo QD [o] 2 o > articulo rufo, longe rufo-subsetuloso: proboscide longa , nigra, ad basim subferruginea. Thorace longiusculo , convexo, antice subgibboso, rubi- ineo-fusco , dorso longitudinaliter nigro-bivittato ; vittis ad marginem > 8 8 > 8 posticum subindistinctis; marginibus flavo-aureis; humeris flavidis: scutello, pleuris et pectore rubigineis: halteribus fuscis. Abdomine ad basim sub- coarctato, versus apicem latiusculo , fusco: segmentis primis ad margines laterales antice nigre, postice albide maculatis; maculis nigris, sub- trigonis , versus dorsum. evanescentibus : segmentis ultimis castaneo- fuscis , nitidis , unicoloribus: ventre fusco. Pedibus flavo-melleis: extre- mitate tibiarum et trium primorum. articulorum tarsorum fuscescente : quarto et quinto articulo tarsorum anteriorum, tertio, quarto et quinto articulo tarsorum posticorum et unguiculis totis nigris: femoribus subnudis: tibiis et tarsis spinosis ; spinis longis , nigris , obsoletis : onychiis flavis. Alis ad apicem late, ad marginem posticum et in nonnullis cellulis fuscis, medio subhyalinis: cellula secunda posteriore late aperta; auarta clausa. Lunghezza del corpo 17°" — Lunghezza delle ali 35"". L'insetto qui descritto è lo stesso che venne determinato da Macquarr e che mi fu gentilmente comunicato dal sig. Brcor. Messico (Bicor). Collezione Brcor. 9. Dasypocon CUANTLENSIS Berr. ( Saropogon ). Maschio. Flayo-fuscus. Fronte lata, excavata, aurea, brevi: tuberculo 168 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA ocellorum fusco et satis proeminente: antennis mediocriter. longis, flavo- rufis; ultimo articulo laevi , longiusculo , subclavato: facie lata, elongata, aurea: mystace duplici serie setularum; setulis rigidis, longis, albo-flavidis: genis nigris, nitidis: proboscide longiuscula, nigra : palpis brevibus, nigris, ad apicem longe setulosis: setulis nigris : occipite setuloso ; setulis totis T flavis. Thorace longiusculo , dorso convexo , flavescente, obsolete nigro- 3 maculato ; macula intermedia exigua, a linea mediana flavescente divisa, margini antico contigua, a margine postico disiuncta ; maculis lateralibus parvulis , vix notatis : setulis rigidis , longis, nigris , nonnullis ad marginem | anticum , ad margines laterales et ad posticum: pleuris et pectore Jlave- scentibus : halteribus fuscis: scutello parvulo , flavo , bisetuloso ; setulis longis, nigris. Abdomine subcylindrico : segmentis fuscis, ad marginem posticum aureo -flavo-cingulatis ; ultimis dorso rufescentibus , hinc inde aureo-micantibus ; marginibus lateralibus margini postico concoloribus : venire fusco : genitalibus laeviter incrassatis, castaneis , setulosis; setulis longis , nigris et flavis mixtis. Pedibus flavo-rufescentibus : tarsis ad extremitatem subcastaneis ; spinis nigris. Alis subcinereis: prima cellula posteriore late aperta ; quarta clausa et longe appendiculata. Femm. Corpore maiore. Maculis thoracis magis distinctis , mediana subindivisa. Abdomine crasso , ad apicem attenuato : genitalibus nigro- í spinosis. L| Var. A. Maschio. Maculis thoracis obsoletioribus: halteribus luteis. Far. B. Maschio. Z'horace rufescente, parum. convexo ; maculis subindistinctis : halteribus luteis. Lunghezza del corpo 22"" — Lunghezza delle sli SOLI Questa specie appartiene al gruppo di quelle, nelle quali i caratteri sono mutabilissimi; per la qual cosa riesce molto difficile il darne una esatta e precisa descrizione. Messico: Cuantla (di Saussure). Collezione di Saussure e BELLARDI. 6. Dasrvocon Craveri Bert. ( Saropogon). Maschio. Flavo-fuscus. Fronte lata , subplana, aurea: tuberculo ocel- lorum proeminente : antennis mediocriter longis, satis crassis , castaneis ; secundo articulo nigro-setoso , primo longiore ; tertio duobus primis [ —— Mr DI L. BELLARDI 169 coniunctis longiore, subclavato: facie lata , plana , aurea: mystace simplici; setulis rigidis, longis , albo-flavescentibus : proboscide longiuscula , nigra: palpis nigris, nigro-flavo-villosis : genis nigris: setulis occipitis aureis. Thorace convexiusculo , brevi, dorso flavo-fusco et nigro-quinque- maculato, ad margines flavo-aureo-maculato; maculis latis, saturate nigris; mediana indivisa , postice abbreviata ; lateralibus elongatis; setulis posticis nigris, longis , rigidis: pleuris et pectore flavis, unicoloribus : scutello lavo , unicolore , parvulo , nigro-bisetuloso : halteribus flavis. Abdomine Jlavo-castaneo , subunicolore ; segmentis omnibus ad margines laterales nigro-fusco-unimaculatis : ventre fuscescente : genitalibus casteneis, aureo- villosis. Pedibus castaneis: genubus et apice articulorum omnium tarsorum subinfuscatis: spinis nigris, mediocriter longis, rigidis, aliis brevioribus intermixtis. Alis hyalinis , vix: subflavescentibus : cellula prima posteriore late aperta; quarta clausa, appendiculata. Femm. Corpore crassiore. Maculis fuscis lateralibus abdominis ma- ioribus. Alis flavescentibus. Lunghezza del corpo 23"" — Lunghezza delle ali 34°". Messico (Craveri). Collezione BeLLARDI. 7. DASYPOGON VIRESCENS Bert. (Saropogon). Maschio. FJavo-fusco-virescens. Fronte latiuscula , depressa, cinereo- viridula : tuberculo ocellorum proeminente, nigro-bisetuloso : antennarum duobus primis articulis longitudine subaequalibus, nigris, nigro-tomentosts et nigro-setulosis ; tertio Jusiformi, rubigineo , dorso versus basim nigro et nigro-setuloso: facie flava , subviridescente, plana: mystace subsimplici, cum duplici setularum serie; setulis longis , rigidis, albidis: palpis totis nigris, longe nigro-villosis: occipite flavo-viridescente , satis longe flavo- willoso. Thorace convexo , subgibboso , obscure flavo-viridescente , ad margines pallido , dorso nigro -trimaculato ; maculis lateralibus medio sulco divisis: scutello , pleuris , pectore et coxis flavo-viridescentibus , unicoloribus : halteribus flavo-luteis. Abdomine conico, ad basim latiusculo, dense fusco: margine postico segmentorum flavo-rufo-lineato : ventre abdomini concolore: genitalibus flavo-rufis. Pedibus flavescentibus : apice femorum et tibiarum. obscuriore : primo, secundo et tertio articulo tar- sorum. fuscescente ; quarto et quinto nigro ; setulis satis numerosis, rigidis, Serie IL Tom. XXI. x 170 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA brevibus: unguiculis longis , valde incurvatis , nigris : onychiis longis , pallide flavis; setula intermedia, rigida, flava, praelonga. Alis cinereis , ad marginem posticum versus apicem. obsolete fuscescentibus : prima cellula posteriore late aperta; quarta clausa appendiculata. Lunghezza del corpo 20"" — Lunghezza delle ali 36"". Messico (Truqui). Collezione BELLARDI. 8. DasyroGon SALLEI Bert. ( Saropogon ). Femm. Fuscus, rufescens. Fronte lata, excavata, albo-flava, versus occipitem fusca: tuberculo ocellorum valde proeminente, postice rufescente, medio bisetuloso; setulis longis, nigris: antennis rufis; duobus primis articulis longitudine subaequalibus, nigro-setulosis; tertio longitudinem primi et secundi simul iunctorum aequante, fusiformi, ad. basim supra nigro- setuloso : facie convexa , albo-flava : mystace cum nonnullis setularum seriebus ; setulis longis et brevibus intermixtis, omnibus albo-flavis : genis fuscis, subnigris, nudis : palpis clagatis , nigris , longe nigro-villosis: pro- boscide longiuscula, acuta, nigra, ad basim flava: occipite flavo-fusco- viridescente, flavo-setuloso. Thorace valde convexo , nigro , rufo-fusco , subunicolore, longitudinaliter obsolete fusco-vittato : tuberculis humeralibus subindistinctis : setulis lateralibus longis, nigris: pleuris, pectore et coxis Jlavo-cinereis, immaculatis : scutello et halteribus flavo-rufescentibus. Abdo- mine subcylindrico , rufescente: ventre abdomini concolore. Pedibus ru- fescentibus: extremo apice femorum annulo nigro notato: extremitate articulorum omnium tarsorum fuscescente: unguiculis nigris, ad basim rufescentibus : onychiis flavis. Alis subfuscis, ad basim hyalinis: cellula prima posteriore late aperta ; quarta. clausa, appendiculata. Lunghezza del corpo 19"" — Lunghezza delle ali 32". Messico (Sacré), Tuxpango (SumICHRAST ). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e Brrranpr. 9, Dasyrocon Bicori Bett. (Saropogon). Maschio. Totus ferrugineo-fuscus. Thorace obsolete nigro-maculato , dorso setuloso. Abdomine ad basim ferrugineo-fusco , ad apicem ...... Pedibus longis, multispinosis ; spinis crassis, brevibus , nigris. Alis longis, DI L. BELLARDI 171 flavis: cellula prima posteriore ad marginem subangustata ; quarta clausa. Lunghezza del corpo 3o"" — Lunghezza delle ali 54", L'unico individuo d’imperfetta conservazione, che ho qui descritto e distinto come specie nuova, mi fu gentilmente comunicato dal sig. Bicor col nome di D. intactus Wien. secondo Macquart. Siccome nella descri- zione del D. intactus Wien. leggesi abdomine nigro , thorace aurato; caratteri che assolutamente non esistono nell'individuo in questione, cosi io dovetti considerare questo insetto come specie diversa da quella colla quale era stato identificato, e, non potendolo riferire ad alta già cono- sciuta, ho dovuto con essa crearne una nuova. Messico (Bicor). Collezione Bicor. 10. DasvPoGON RUBESCENS Berr. (Saropogon). Maschio. Rubescens. Fronte brevi, excavata, superne fusca, inferne flavescente: tuberculo ocellorum parvulo , parum proeminente , setulis destituto ?: antennis ferrugineis ; ultimo articulo..........: facie lon- giuscula, subplana, aurea: mystace subsimplici; setulis rigidis, longis , albo-flavis: genis vix infuscatis : palpis castaneis, longe ferrugineo- villosis: proboscide longiuscula , acuta, nigra, ad basim castanea: occi- pite flavo-aureo , ad verticem ferrugineo-fusco. Thorace valde convexo, ferrugineo-flavo , subaurato ; dorso maculis tribus fuscis, subnigris: me- diana margini antico contigua, ibi lata , medio rufescente , ante marginem posticum evanescente ; lateralibus medio a sulco subaureo transverso divisis; omnibus nigro-fuscis : tuberculis humeralibus proeminentibus, flavo-aureis : pleuris, pectore, scutello et coxis flavo-rufescentibus : halteribus flavis. Abdomine ad basim subcoarctato , versus apicem dilatato , toto flavo- rubescente, unicolore, vix ad basim pallidiore : ventre abdomini concolore. Pedibus longis, flavo-rubescentibus : extremitate articulorum. tarsorum fuscescente: spinis raris: unguiculis nigris: onychiis flavis. Alis flavis: cellula prima posteriore satis late aperta; quarta clausa , appendiculata. Lunghezza del corpo 24"" — Lunghezza delle ali 43°". Ho ricevuto in comunicazione dal sig. Bicor due Dasypogon stati nominati da Macquart Das. rufipalpis, i quali pei loro caratteri non si possono riferire alla specie di Macquart, ed hanno molta analogia colla presente. bls SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA Essi sono di sesso femmineo: uno ha dimensioni un poco minori del tipo qui descritto, l’altro ne è ancor più piccolo: le principali differenze del primo sono i palpi biondo-rossicci con setole di egual colore, le macchie nere del torace alquanto più intense, l'addome non ristretto alla base; quelle del secondo sono: i palpi scuri quasi neri, le macchie del torace molto più larghe, prolungate fino al margine posteriore, la base dello scudetto nerastro, il colore generale del corpo più chiaro. Io credo, che probabilmente questi due individui appartengono a due specie, diverse esse pure da quella qui descritta: ma sgraziatamente non hanno quella freschezza nelle macchie del torace, che sola potrebbe permetterne uno scrupoloso confronto, ed appartengono inoltre ad una sezione ricchissima di specie affini, che facilmente si possono fra loro confondere, e che richiederebbero una generale rivista critica da chi potesse conoscerne le rispettive modificazioni su numerosi individui; senza lesame delle quali modificazioni riesce molto pericolosa ed incerta la determinazione loro. Io mi limito percid, per tema di complicare ancor più l'intricata matassa, ad accennare per ora queste forme, credendo più prudente di ritardare per esse un giudizio, quando si abbiano più nu- merosi materiali di paragone. Messico ; Messico (di Saussure); Tuxpango (Sumicurasr). Collezioni di Saussure e BeLLARDI. 11. Dasyrocon TRICOLOR Bert. (Saropogon). Maschio. Fuscus et niger. Fronte brevi , parum lata , depressa , superne fusca , inferne subaurata: tuberculo ocellorum crasso , satis proeminente, fusco, medio quadrisetuloso ; setulis parvulis, nigris: antennis longiusculis; articulis primo et secundo flavis, nigro-setulosis , longitudine aequalibus ; ultimo longo, duobus primis simul iunctis longiore, fusiformi , fusco , superne ad basim nigro-setuloso: facie subplana, elongata, aurata : mystace subsimplici; setulis auratis : genis vix fuscescentibus: palpis rufescentibus, flavo-fusco-villosis : proboscide ad apicem nigra, ad basim rufescente , partibus internis castaneis : occipite subflavo, ad verticem rufescenti- maculato , ad latera superne nigro-unimaculato: setulis supernis nigris , aliis flavis. Thorace parum convexo , Jusco; maculis nonnullis aureo- micantibus ; vitta mediana fusciore , subindistincta : tuberculis humeralibus satis proeminentibus , fuscis: pleuris, pectore et coxis pallide. fuscis : scutello et halteribus subferrugineis. Abdomine depresso , nigro , ad latera Ramon DI L. BELLARDI iro flavo-villoso: segmento primo ad latera rufescente ; segmentis secundo, tertio et quarto postice vittatis et flavo-marginatis; vitta lata, ad latera dilatata, cinerea ; ceteris segmentis totis nigris: genitalibus rufescentibus : ventre nigro cum margine postico segmentorum flavo. Pedibus subferrugineis , nigro-spinosis: apice femorum posteriorum et vitta externa tibiarum posticarum nigris: tibiis et tarsis aureo-tomentosis : tarsis fuscescentibus : unguiculis nigris: onychiis flavis. Alis flavo-luteis, unicoloribus: prima cellula posteriore late aperta; quarta clausa , appendicalata. Femm. Colore thoracis pallidiore. Vittis cinereis abdominis minus latis. Vitta nigra tibiarum posticarum breviore et minus lata. Lunghezza del corpo 28"" — Lunghezza delle ali 43". Dei due soli individui, coi quali io stabilisco la presente specie, uno mi fu gentilmente comunicato dal sig. Brcor col nome di D. rufipalpis Mace.; l’altro dal Museo zoologico di Parigi con quello di D. brunneus. Né la descrizione del D. rufipalpis Mace. , né quella del D. brunneus possono convenire agli insetti qui descritti, come riesce facile l'accertarsene paragonando la descrizione da me fattane con quelle delle precitate specie. Messico ( Brcor). Collezioni Brcor e del Museo zoologico di Parigi. 12. DasvPo6oN arrinis BELL. (Saropogon). Maschio. Fuscus. Fronte brevi, depressa, fusca, ad basim flavescente : tuberculo ocellorum parum proeminente, nudo: antennis ferrugineis ; articulis primo et secundo longitudine subaequalibus ; ultimo longitudinem primi et secundi simul iunctorum aequante , parum. incrassato , Susiformi , superne ad basim minutissime setuloso : facie subplana, albo-aurea: mystace subsimplici, albido: epistomate ad latera nudo : genis faciei concolo- ribus: palpis rufis et rufo-flavo-villosis : proboscide nigra, ad basim ru- fescente: occipite Jlavo, cinereo, superne ad latera unimaculato ; macula nigra, semilunata ; setulis brevibus, supernis rufescentibus , aliis flavis. Thorace satis lato, breviusculo , valde convexo, aureo-ferrugineo ; maculis quinque nigris; mediana parvula, margini antico contigua, ante marginem posticum. attenuata , per lineam rufescentem medianam divisa; lateralibus parvulis, antica subrotunda, postica conica, elongata: pleuris, pectore, coxis et scutello flavo-rufescentibus : tuberculis humeralibus satis proemi- nentibus , ferrugineo-aureis : halteribus fuscescentibus. Abdomine vix ad H i i 174 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA basim attenuato, depresso, nigro: segmentis primo et secundo antice ad latera, rufescentibus ; secundo , tertio et quarto ad marginem posticum subaureo-vittatis ; vittis ad latera dilatatis ; ceteris abdominis segmentis totis nigris: genitalibus nigris, ferrugineo-villosis : ventre fusco. Pedibus ferrugineis, aureo-tomentosis; posticis subfuscis: apice articulorum omnium tarsorum fuscescente : unguiculis nigris: onychiis flavis. Alis flavis , ad marginem posticum subinfuscatis: prima cellula posteriore late aperta ; quarta clausa, appendiculata. mm mm Lunghezza del corpo 21"" — Lunghezza delle ali 4o Messico (Santé). Collezione BeLLARDI. 13. DasrrocoN pusius Berr. (Saropogon ). Femm. Vigro-fuscus. Fronte parum: lata , parum depressa, brevi, aurata, superne fusca: antennarum articulis duobus primis flavo-rufe- scentibus ; tertio...: facie longa, subplana, aurata: mystace subsimplici ; setulis longiusculis, aureis: genis aureis: palpis rufis et rufo-villosis : proboscide nigra ad basim rufescente: occipite flayo-aureo, ad verticem fusco-maculato et ad latera unimaculato ; macula nigra, semilunari ; setulis brevibus, rigidis, flavis , vertice rufescentibus. Thorace brevi, satis convexo , aureo-flavo—viridescente , quinquemaculato ; maculis saturate nigris; mediana margini antico contigua , ibi lata , postice acuta, ante marginem posticum attenuata; lateralibus latis, sulco aureo divisis , antica subquadrata, postica cuneiformi: pleuris, pectore, coxis et scutello flavidis : halteribus subferrugineis. Abdomine vix ad basim attenuato, depresso; nigro: segmentis omnibus ad marginem posticum obscure aureo-vittatis ; vittis ad latera dilatatis: ventre fusco. Pedibus subferrugineis , nigro- spinosis : femoribus posticis cum. vitta externa antice posticeque abbre- viata et ad apicem nigris: apice articulorum. tarsorum fuscescentibus : unguiculis nigris: onychüs flavis. Alis hyalinis , ad apicem et ad mar- ginem posticum cinereis: prima cellula posteriore late aperta; quarta clausa , appendiculata. i Lunghezza del corpo 21"" — Lunghezza delle ali 36m, Messico; Cuantla (di Saussure). Collezione di Saussure. DI L. BELLARDI 179 14. Dasyeocon NIGRIPENNIS Mace. (Saropogon). Femm. Niger. Facie albo-cinerea: mystace nigro , cum duplici serie setularum. Marginibus thoracis albidis; vittulis longitudinalibus , dorsa- libus, obsoletis, et ipsis albidis: maculis pleurarum albo-micantibus: halte- 1 ribus nigris. Abdomine elongato, dorso convexo, nitido , toto nigro. Coxis € albo-micantibus : pedibus nigris. Alis saturate fuscis, violaceo-micantibus: nervo secundo submarginali subappendiculato : secunda cellula posteriore late aperta ; quarta clausa. Lunghezza del corpo 27"" — Lunghezza delle ali 44". | 1847. Dasypogon nigripennis MacQ. Dipt. Exot. II Suppl. p. 34. t. I. f. 6. 1854. id. id. WALK. List of Dipt. Ins. part VI. p. 428. n. 103. 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. of Dipt. North Amer. p. 29. Il color bianco della faccia, la mancanza di macchie sull'addome , i bilancieri di color nero, i margini del torace, le sue piccole bende longitudinali bianchiccie e la maggior densità del color bruno delle ali, | distinguono questa specie del D. punctatus d'Europa, col quale ha grande analogia. Messico. Collezione Bicor. 15. DASYPOGON NIGRIPES Bert. (Saropogon). Femm. Niger, aureo-cinereo-vittatus. Capite thorace latiore , antice depresso : fronte lata, brevi, excavata, nigra, medio obsolete ad mar- ginem. oculorum distincte ferrugineo-pollinosa : vertice nigro, nitido ; tuberculo ocellorum mediocriter proeminente ; ocellis magnis, infero ab aliis approximatis satis distante : antennarum articulis primo et secundo longitudine subaequalibus, flavo-fuscis, nigro-setulosis; tertio.....: facie lata , plana, marginibus lateralibus parallelis, transversim. rugulosa, tota dense aureo-micanti-pollinosa : mystace simplici; setis rigidis , crassis , longis, albis : genis nigris: occipite nigro, ad margines ferrugineo; se- tulis omnibus nigris : proboscide praelonga, nigra: palpis nigris, dense nigro-setulosis. T'horace longiusculo, valde convexo , fusco, ad margines laterales vittato ; vitta a margine antico ad posticum continua , curvata , ferrugineo-aurea ; vitta dorsali lata, nigra, fere usque ad marginem posticum producta, a maculis lateralibus seiuncta, medio per lineam fuscam obsolete N po an 156 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA divisa ; maculis lateralibus nigris, elongatis, cum marginibus rotundatis, anticis cum posticis simul fusis vix in sulco emarginatis : setulis margi- nalibus et posticis longis, nigris : pleuris et pectore nigro-fuscis ; macula albo-pollinosa super coxis intermediis: scutello ferrugineo-aureo : hal- teribus ferrugineis. Abdomine elongato, ad basim subcoarctato : segmentis omnibus, exceptis secundo et tertio , totis saturate nigris et dense nigro- tomentosis ; aliis longioribus , ad marginem posticum cinereis et satis late cinereo-micantibus : ventre nigro. Pedibus nigris : coxis albo-cinereo-mi- canti-pollinosis et albo-setulosis : apice femorum , basi tibiarum et basi lata omnium articulorum tarsorum rufescentibus : unguiculis longis, nigris: onychüs longis , flavis. Alis dense flavo-rufescentibus , ad apicem nebulosis : nervis omnibus flavo-rufis : cellula prima posteriore late aperta ; quarta clausa , appendiculata. mm Lunghezza del corpo 21%" — Lunghezza delle ali 37 Messico; Plaga Vicente (Sarri). Collezione BeLLARDI. 16. Dasyrocon Truoun Bert. (aff. Stenopogon). Tav. I. f. 10. Femm. Luteo-flavus. Capite compresso , elongato : fronte parum lata, valde depressa , flavo-luteo-pollinosa , ad latera flavo-multisetulosa: tu- berculo ocellorum lato, parum proeminente , flavo-multisetuloso : an- tennis testaceis ; articulo secundo primo breviore ; tertio acuminato , ad basim latiusculo : stylo nigro : facie elongata, conica , ad basim an- tennarum attenuata, convexa , subcarinata , flavo-aureo-pollinosa : my- stace denso, fere usque ad basim antennarum producto ; setulis rigidis , longis , albis : genis subnigris : barba rara, flavescente : palpis nigris, ad apicem flavo-villosis : proboscide nigra: occipite . flavo-aureo-pollinoso , undique spinosissimo ; spinis rigidis, brevibus , et ipsis flavo-aureis : col- lari spinosissimo. Thorace mediocriter convexo, fusco-flavo-luteo-pol- linoso , dorso satis distincte fusco-vittato , undique spinoso ; dimidia parte postica et marginibus lateralibus setulosis ; setulis longis , flavo-aureis : tuberculis humeralibus satis proeminentibus, multispinosis: pleuris, pectore et coxis flavo-fuscis, flavo-rufo-maculatis : scutello fusco, ad marginem posticum multispinoso : halteribus flavo-luteis. Abdomine elongato , sub- cylindrico, fusco, nigro-aureo-micante : segmentis quinto, sexto et se- ptimo dorso rubescentibus , medio nigro-univittatis ; vitta ad marginem DI L. BELLARDI 197 posticum non producta ; octavo toto rubescente : ventre fusco, ad apicem rubescente. Pedibus flavis: femoribus anterioribus cum duabus vittis lon- gitudinalibus nigris ; antica brevi et parvula ; femoribus posticis cum dimidia parte externa nigra: tibüs posticis cum vitta longitudinali , satis lata, a basi ad apicem producta , externa , nigra: ultimo articulo omnium tarsorum nigro ; apice omnium aliorum articulorum. fuscescente : unguiculis nigris, ad basim flavescentibus : onychiis magnis, luteis. Alis abdomine brevioribus, flavo-cinereis , in medio marginis antici fusco- maculatis: nereis fere omnibus fuligine marginatis: cellulis posterioribus sex ; prima clausa et longe appendiculata ; secunda et ipsa clausa et longe appendiculata , duplici ; ultima clausa , breviter. appendiculata. mm Lunghezza del corpo 22"".— Lunghezza delle ali 26””. Questa curiosa specie si distingue facilmente dalle numerose sue con- generi per molti caratteri di forma e di colore, e soprattutto per la struttura delle ali, della quale non conosco esempio afline che nel D. hetero- neurus Mace. L'aspetto generale ne è affine a quello del D. Sabaudus Mace. Pei caratteri generali del capo, del torace e dell'addome questa specie dovrebbe appartenere al sotto genere Stenopogon in prossimità del D. Sa- baudus, con cui ha ancora in comune il colore generale, se la struttura singolare delle sue ali non ne la disgiungesse e non consigliasse per essa nna nuova Sezione. Messico ( Tnuoui ) Collezione BeLLARDI. 17. Dasyrocon? nuxiLis Berr. ( Heteropogon). Maschio. Niger et ruber. Capite lato, transverso : fronte lata, parum depr'essa , flavo-luteo-pollinosa : tuberculo ocellorum proeminente, flavo- setuloso: antennis fuscis: articulis duobus primis subaequalibus ; tertio longo : facie lata, planata , Jlavo-luteo-pollinosa : mystace simplici; se- tulis gracilibus, albidis : occipite flavo-pollinoso et flavo--villoso. Thorace valde convexo, gibboso, obsolete flavo-pollinoso , flavo -tomentoso ; vittis posticis longis: pleuris , pectore , scutello et coxis nigris , flavo-luteo- pollinosis : halteribus luteis. Abdomine conico , depresso , ad basim lato: segmento primo, basi secundi , genitalibus et ventre nigris; parte postica secundi segmenti et segmentis sequentibus rubris. Femoribus nigris , nitidis, ad summum apicem ferrugineis: tibiis ferrugineis , ad apicem Serie IL Tow. XXI, Y po rr | 178 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA anterioribus parum, posticis late nigris : tarsis ferrugineis ; summo apice articulorum nigrescente: unguiculis nigris: onychiis luteis, pareulis. Alis fuligineis, ad apicem hyalinis: prima cellula posteriore late aperta; quarta et ipsa late aperta. Lunghezza del corpo 8"" — Lunghezza delle ali 17"". Dell’unico esemplare, su cui è stabilita la presente specie, le antenne sono in istato imperfetto di conservazione ; per il che non può essere de- finitivo il posto assegnatogli in questo genere: per la larghezza del capo presenta qualche analogia colle Discocefale, e per la disposizione delle nervature delle ali si avvicina al genere Ceraturgus. Messico; Cuantla (di Saussure). Collezione di Saussure. 18. Dasxrocon CANDIDUS Mace. (Stychopogon ). Maschio. Niger, argenteo-pollinosus. Capite depresso , trigono : fronte superne profundissime depressa, nigra, argenteo-pollinosa , tri- gona, inferne coarctata, superne lata: facie mediocriter lata, tri- gona, ad basim. antennarum coarctata , convexiuscula , argenteo-polli- nosa: mystace simplici; setulis longis , densis , argenteis : antennis nigris ; primo articulo brevissimo ; secundo brevi; tertio longiusculo, ad basim incrassato; stylo longiusculo : palpis filiformibus et proboscide nigris: barba satis densa, nivea: occipite argenteo-pollinoso , albo-villoso , superne albo-setuloso. Thorace parum convexo , nigro, cinereo-pollinoso , ad margines albido , subnudo ; $etulis marginalibus paucis , albis; pleuris , pectore et scutello nigris , argenteo-pollinosis : halteribus albis, ad imam basim nigrescentibus. Abdomine depresso, vix ad apicem attenuato , argenteo-pollinoso: parte postica secundi segmenti late , tertio segmento toto , parte postica quinti, sexto et septimo nigro-fuscis; celeris, margi- nibus lateralibus omnium , parte antica secundi et quinti segmenti ar- genteo-pollinosis : vitta dorsali nigro-fusca , postice abbreviata , margini antico contigua , in segmentis non nigris. Pedibus nigris , argenteo-pol- linosis: femoribus brevibus, subnudis ; anterioribus incrassatis: tibiis ad apicem incrassatis et tarsis multispinosis; spinis rigidis , albis, longis: unguiculis praelongis , nigris; setula intermedia nigra , longa, rigida, superne revoluta : onychiis praelongis, albis. Alis hyalinis, immaculatis , abdomine longioribus , ad apicem obtusis : cellula prima posteriore aperta, ad apicem coarctata ; quarta satis late aperta. DI L. BELLARDI O, mm mm Lunghezza del corpo 10°” — Lunghezza delle ali 17 1846. Dasypogon candidus MAcQ. Dipt. Exot. Y Suppl. p. 67. n. 48. 1858. id. id. Ost. Sack. Cat. Dipt. of North Amer. p. 29: 1849. id. fasciventris Macq. Dipt. Exot. IV. suppl. p. 69. n. 75 t. VI. f. 13 (fide Bicomi). 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. Dipt. of North Amer. p. 29. Nella descrizione di questa specie il Macquarr avverte che la dispo- sizione delle vene delle ali è quella normale del genere Dasypogon: la qual cosa indurrebbe a credere che negli insetti descritti dal Macouarr, la quarta cellula posteriore fosse chiusa, come ha luogo nella massima parte delle specie di questo genere. Siccome perd tutti i caratteri della specie di Macquart corrispondono a quelli degli insetti Messicani da me rifertivi, così io credo che il carattere in questione sfuggì accidental- mente all'occhio perspicace del Macquarr, e che non deve nascere dubbio sulla identificazione da me fatta. Nè posso supporre, che anormalmente la quarta cellula sia aperta negli individui da me esaminati; imperocchè i dieci individui che ho sott'occhio tutti l'hanno largamente aperta. A confermare la identità della specie si aggiunse il confronto fatto dal sig. Brcor degli insetti da me descritti col tipo della specie di Macquart esistente nella sua raccolta. Lo stesso sig. Bicor crede inoltre che il D. fasciventris del Macquarr si debba considerare come varietà del D. candidus. Gredo pure che si debba riferire alla presente specie il Das. gelascens pubblicato dal sig. Warrer (rans. Ent. Soc. N.S. vol. Y. part. VII. p. 10); imperocchè la descrizione datane si applica perfettamente agli insetti qui descritti. Messico ( Sarié ). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e BerLarpi. 19. Dasrpocon maGniricus Wark. (Microstylum ). TINA: Maschio. Niger et ruber. Fronte brevi, fusco-nigra, parum depressa : i tuberculo ocellorum satis proeminente, nigro et nigro-setuloso : antennis nigris ; articulis primo et secundo brevibus , subaequalibus ; tertio primo et secundo simul iunctis fere duplo longiore, ad basim superne nigro-setuloso, ad extremum apicem. rufescente : facie subplana, albo-aurea : mystace simplici, nigro ; setulis rigidis, longis : genis, palpis, proboscide et occipite nigris. Thorace convexo; saturate nigro ; ad latera et postice setuloso ; 180 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA setulis rigidis, nigris: pectore, pleuris et scutello totis nigris: tuber- culis humeralibus parum proeminentibus et ipsis nigris: halteribus fuscis. Abdomine longo , subcylindrico, toto rufo et rufo-tomentoso. Pedibus totis nigris, totis dense sed breviter. nigro-tomentosis : spinis femorum subnullis, tibiarum nonnullis, tarsorum numerosis, omnibus rigidis, nigris : unguiculis longis , nigris: onychiis longis , latis, flavo-luteis. Alis fusco- flavis, ad basim fusco-nigris: prima cellula posteriore ad marginem alae subangustata ; quarta clausa , longe appendiculata. Femm. Abdomine conico. Lunghezza del corpo 4o"" — Lunghezza delle ali 709”. 1854. Dasypogon magnificus Walk. List of Dipl. Ins. part. VI. p. 427. n. 102. 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. of Dipt. North Amer. p. 29 Messico; contorni di Messico (Cravent e Sazré); Jantepec (Truqui); Huastec (di Saussure). Collezioni di Saussure e BELLARDI. 29. DASYPOGON QUADRIMACULATUS BELL. Tav. L fig. 8. Maschio. Niger, albo-maculatus. Fronte lata , depressa , brevi, ni- grescente, cinereo-pollinosa , ad latera nig 'o-multisetulosa : tuberculo ocellorum parum proeminente , nigro-setuloso : antennarum articulo primo brevi, nigro, setuloso ; secundo brevissimo, subcyathiformi , rufescente , setuloso; tertio. .... : facie fronte minus lata, nigra, cinereo-pollinosa: mystace fere usque ad basim antennarum producto , multisetuloso ; se- tulis nigris , longis : genis nigris : barba nigra: palpis nigris et nigro- setulosis: proboscide brevi, nigra: occipite nigro , flavo-cinereo-pollinoso, superne nigro-multisetuloso , inferne nigro-villoso. Thorace parum con- vexo , nigro , ad margines cinereo-pollinoso : pleuris nigris cum tribus maculis albo-pollinosis : pectore, coxis et scutello nigris: halteribus flavis: metathorace nigro, ad latera unimaculato ; macula albo-pollinosa. Abdomine ad basim et ad apicem lato , medio attenuato, nigro et nigro- tomentoso : segmento primo ad latera longe nigro-villoso ; secundo et tertio cum duabus maculis albo-tomentosis , trigonis , margini antico contiguis , dorso attenuatis et subcontiguis , ad latera dilatatis : genita- libus nigris et nigro—villosis : ventre nigro. Pedibus nigris, multispinosis et nigro-tomentosis : coxis anterioribus longe flavo-villosis : genubus rufescentibus : unguiculis nigris , ad basim rufescentibus: onychiis flavis. | l * -— DI L. BELLARDI 181 Alis saturate nigris , subopacis : medio cellularum margini postico proxi- marum subhyalino: prima cellula posteriore late aperta; quarta clausa , vix appendiculata. Lunghezza del corpo 18"" — Lunghezza delle ali 34°. Questa specie e la seguente differiscono dai veri Microstylum, coi ‘quali hanno in comune la struttura delle ali e delle antenne, per i baffi che ascendono fino verso la base delle antenne, per il rialzo mediano longitudinale assai convesso della faccia, per il secondo articolo delle antenne brevissimo , molto più breve del primo, e per il terzo la cui lunghezza è tre volte maggiore di quella dei due primi congiunti insieme. Messico (di Saussure). Collezione di Saussure. 21. Dasyrocon Lucasi BELL. Mavi Maschio. Niger et ruber, cinereo-tomentosus et villosus. Fronte lata parum depressa , nigra , cinereo-pollinosa , ad latera villosa ; villis ci- nereis et nigris intermixtis: tuberculo ocellorum parum proeminente , nigro —setuloso : antennis nigris ; articulo primo brevi, rare setuloso ; secundo brevissimo, subcyathiformi , multisetuloso ; tertio praelongo , lon- gitudine triplici duorum precedentium simul iunctorum, lineari , vix: medio incrassato: facie mediocriter lata, superne subattenuata , medio convexa , nigra, cinereo-pollinosa: mystace fere usque ad basim antennarum pro- ducto ; setulis mollibus , longis, densis, albis , inferne nonnullis nigris intermixtis: genis nigris: palpis nigris et nigro-setulosis: proboscide brevi, nigra: occipite albo-cinereo-pollinoso et albo-flavo-villoso. Thorace nigro cum marginibus albo-pollinosis, longe et dense cinereo-villoso: pleuris ni- gris,quadrimaculatis ; maculis albo-flavo-pollinosis : pectore nigro: scutello nigro, ad marginem posticum cinereo-pollinoso: metathorace nigro, ad latera unimaculato ; macula albo-flavo-pollinosa : halteribus flavis. Abdomine subcylindrico : segmentis primo et secundo ad latera cinereo-villosis ; primo, secundo et tertio nigris ; secundo. et. tertio antice bimaculatis ; maculis triangularibus , margini antico contiguis, dorso attenuatis sed contiguis, ad latera dilatatis , albo-pollinosis, in ventrem productis; mar- gine postico segmenti tertii, segmento quarto et sequentibus rubris, ad latera nigro-maculatis : genitalibus nigris , flavo-villosis : ventre nigro. Coxis nigris, longe flavo-cinereo-villosis : pedibus nigris, albo-cinereo- wr a 182 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 8 gineis : unguiculis nigris, ad imam basim. rufescentibus : onychiis flavis. Alis uniformiter fuliginosis , via obscurioribus ad marginem. anticum versus basim: cellula prima posteriore late aperta; quarta clausa , breviter appendiculata. tomentosis et villosis ; spinis albis , nonnullis nigris : genubus subferru- Lunghezza del corpo 16%” — Lunghezza delle ali 27°". Messico (Craveri). Collezione BELLARDI. 22. DASYPOGON SPATHULATUS BELL. PAV E 05559. Maschio. Niger. Capite compresso , alto: fronte parum lata, vix depressa , nigra, ad latera nigro-setulosa : tuberculo ocellorum vix proemi- nente: antennis totis nigris; primo articulo satis longo, multisetuloso ; secundo brevissimo, cyathiformi, cum nonnullis setulis ; tertio praelongo , longitudine duplici primi et secundi simul iunctorum, lato, subspathulato : facie conica , ad basim antennarum attenuata , convexa, ad hypostoma proeminente , albo-pollinosa: mystace denso, ultra dimidiam partem faciei producto ; setulis rigidis, longis, nigris: genis albo-pollinosis: barba longa, nigra: palpis nigris et nigro-villosis : proboscide brevi, nigra, ad apicem. breviter. flavo-villosa: occipite nigro-cinereo , ad margines albo- pollinoso , nigro-multisetuloso. Thorace convexo, subovato, nigro, dorso obscure cinereo -vittato et nigro tomentoso, ad latera longe nigro-setuloso : pleuris, pectore, scutello et halteribus totis nigris. Abdomine conico , depresso; primo segmento, basi secundi , maculis trigonis lateralibus secundi et sequentium , genitalibus et ventre nigris ; margine postico secundi segmenti et segmentis sequentibus rubris. Coxis et pedibus totis nigris, nigro-tomentosis et nigro-multispinosis. Alis dense fuligineis , subopacis: prima cellula posteriore late aperta, sed ad marginem alae subcoarctata; quarta clausa, satis longe appendiculata. Lunghezza del corpo 17?" — Lunghezza delle ali 27". Per i caratteri generali questa specie va collocata in. prossimità dei Microstylum: ne deve però essere disgiunta per Paltezza del capo, il quale pare compresso lateralmente , per la fronte e per la faccia, le quali vi sono strette, e per gli occhi che sono lunghi e poco larghi, Messico ( Truqui). Collezione BELLARDI. DI L. BELLARDI 183 3. Genere DISCOCEPHALA Maco. 1 j alis totis fuscis...... I ES ec ge PRG ME Res AAN e E ' | alis ad basim et ad apicem fuscis, medio hyalinis. ..................:.. hh E pedibus totis nigris ....... 5 dvd PERA eta, Ns Ba Iis PER eo srt 3. “" È pedibus nigris; genubus rufescentibus .. ..:.... . . 8. D. deltoidea BELL. 3 villis thoracis latissimis: basi abdominis nigra .... A. D. minuta BELL. “| vittis thoracis mediocribus : basi abdominis lutescente 2. D. nitida Wir. y y alis longis, ovatis....... O ie 4. D. longipennis BELL +. E 3 : à M nos | alis brevibus, Inigonis.. .......:..,......u... 5. D. affinis BeLL. 1. DISCOCEPHALA MINUTA BELL. Maschio. Nigro-fusca. Oculis medio minute, ad margines minutis- sime reticulatis (an character generis): fronte nigra, ad verticem et ad latera flavo-aureo-pollinosa: tuberculo ocellorum mediocriter proeminente, nigro : antennis. distantibus, divaricatis, nigris: facie aureo-pollinosa , obscure bivittata ; vittis obliquis ad basim antennarum | confluentibus : mystace raro; setulis nonnullis aureis marginalibus et willis nonnullis supernis, versus antennarum basim. reflexis et ipsis aureis: genis cine- nereo-flavis : barba subnulla : proboscide longiuscula , incrassata , nigra, aureo-villosula : palpis nigris, ad imam basim rufescentibus, ad apicem multisetulosis; setulis aureis: occipite cinereo-flavescenti-pollinoso ; villis nonnullis lateralibus, aureis. Thorace valde convexo, subgibboso , nudo, flavo -luteo ; maculis tribus lorigitudinalibus latis , saturate nigris; me- diana antice cum lateralibus coniuncta, ante marginem posticum termi- nata; lateralibus medio transverse subindivisis , fere ad marginem posticum productis : vitta. laterali nigra ad basim anticam alarum: pleuris, pectore et coxis cinereo-flavescentibus: scutello Jlaeo-luteo , nudo: halteribus mainsculis, albo-flavis. Abdomine gracili, toto fusco-nigro, vix ad mar- gines laterales versus apicem cinerescente ,, subnudo : genitalibus satis proeminentibus , nigris, partibus internis flavis. Pedibus incrassatis , nigris, nitidis, aureo-villosis et setulosis: extrema basi femorum subrufescente : unguiculis brevibus, valde arcuatis , nigris : onychiis fuscis. Alis abdomine longioribus, undique et satis regulariter pallide fuscescentibus , vix ad basim obscurioribus. 184 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA Femm. Maior. Maculis nigris lateralibus thoracis latioribus, transversim x indivisis : scutello flavo-viridescente. Abdomine latiore , versus apicem ; fusco-cinerescente. Basi omnium articulorum. tarsorum posticorum ru- fescente. Lunghezza del corpo ô 54 "", 9 6". Id. © delle ali $ 13%", o 147". Specie molto affine alla seguente, dalla quale viene disgiunta per le sue dimensioni considerevolmente minori, per le macchie longitudinali del torace più larghe, pel colore del torace pià pallido, per i bilancieri bianchi appena biondeggianti , per l'addome nero alla base, pel numero minore delle setole delle gambe e per la minore intensità della tinta scura delle ali. Occorre perd notare che questo confronto è fatto della femmina di questa specie con due femmine da me riferite alla D. nitida WALK. Messico; Tuxpango presso Orizaba (SuwicumasT ds Collezione BELLARDI. 2. DISCOCEPHALA NITIDA WALK. e Femm. Fusca. Oculis in medio minute, ad margines minutissime re- ticulatis : fronte nigra, ad verticem et ad latera superne aureo-pollinosa : tuberculo ocellorum mediocriter proeminente, nigro: antennis distantibus , nigris : facie aureo-pollinosa, obscure bivittata ; vittis obliquis , ad basim antennarum confluentibus : mystace cum paucis setulis , exilibus , aureis : genis et occipite aureo-flavescenti-pollinosis : palpis nigris ; setulis aureis : proboscide nigra. Thorace subgibboso , mudo, luteo, nigro-trimaculato ; macula mediana postice abbreviata , antice dilatata, margini antico con- tigua ; maculis lateralibus transversim. indivisis : vitta nigra ante basim alarum: pleuris , pectore et coxis luteo-cinereo-pollinosis : scutello luteo : halteribus flavo-fuscescentibus. Abdomine depresso, fusco , ad basim fla- vescente, ad margines laterales cinerescente: ventre cinereo. Pedibus nigris , ad imam basim femorum subrufescentibus , aureo-villosis et se- tulosis ; villis raris, longis : unguiculis brevibus, valde arcuatis, nigris : onychiis fuscis. Alis abdomine longioribus , latis , ad apicem obtusis , undique regulariter. saturate fuscis ; fuscitate nigro-fuliginea. mm Lunghezza del corpo 8°" — Lunghezza delle ali 17 DI L. BELLARDI 185 1830. Dasypogon nitidus Wien. Auss. Zweifl. Ins. v. II. p. 643. n. 60. 1854. id. id. WALK. List of Dipt. Ins. part VI. p. 503. 1854. Discocephala nitida WALK. List of Dipt. Ins. part VI. p. 496. n. 3. 1858. id. id. Osr. Sack. Cat. Dipt. of North Amer. p. 29. Egli è difficile, per non dire impossibile, il dare un giudizio definitivo sulla specie di Wiepemann, cui ho riferto gli insetti qui descritti ; impe- rocchè l'imperfetta conservazione dell'individuo col quale il Wirepemanx ha creato la specie non gli ha permesso di esporre con precisione i ca- ratteri tutti dell'addome. La provenienza dell’insetto descritto dal Wreprmanw e meglio l'ac- cordarsi che fanno i caratteri i più importanti dallo stesso assegnati alla specie con quelli degli insetti Messicani che ebbi sotPocchio mi hanno consigliato di risguardare in questi i rappresentanti della Specie di Wikebemanw, considerando come semplici modificazioni accidentali le leg- giere differenze che si possono notare fra il tipo descritto da Wiepewanx e gli insetti qui descritti. Messico (SarrE); Jalapa (Truqui). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e BeLLARDI. 9. DiscocEPHALA DELTOIDEA Bri. Tav. I f. 12. Femm. Fusca. Oculis medio minute, ad margines minutissime reti- culatis: fronte brevissima, inferne luteo-viridescenti-pollinosa , superne nigra: tuberculo ocellorum parum proeminente , nigro: antennis nigris : facie luteo-viridescenti-pollinosa ; villis nonnullis ante mystacem, versus antennas revolutis: mystace simplici , flavo: palpis et proboscide nigris, flavo-villosis : occipite luteo-viridescenti-pollinoso. Thorace luteo-viride- scenti-pollinoso, antice obscure nigro-trimaculato ; maculis margini antico contiguis, postice evanescentibus ; vitta nigra ante basim alarum: pleuris et pectore flavo-aureo-pollinosis : scutello luteo -viridescenti-pollinoso : halteribus flavis. Abdomine depresso, lato, fusco, ad basim et ad margines laterales satis lutescente : ventre luteo. Pedibus nigris, spinosis , villosis et tomentosis: genubus flavescentibus: spinis, villis et tomento aureis. Alis brevibus , trigonis , latis , undique fuscis, ad basim obscurioribus : quarta cellula posteriore ad marginem. subcoarctata. Lunghezza del corpo 7"" — Lunghezza delle ali 17"". Serie II. Tow. XXI. z 4 È o Oo SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA Questa specie si distingue dalla precedente pei seguenti caratteri: pel colore della fronte, della faccia e del torace leggermente verdiccio; per le macchie nere del torace poco marcate e meno lunghe; pel colore della base e dei margini laterali dell'addome e dei ginocchi; e finalmente per la brevità delle ali, per la loro figura triangolare e per il loro colore nerc- bigio. Il color nero delle gambe la distingue inoltre dalla D. rufiventris Maco., colla quale ha pure molta analogia. Messico (SALLE). Collezioni del Museo zoologico di Parigi e BeLLARDI. 4. DISCOCEPHALA LONGIPENNIS BELL. Tav. I. f. 14. Maschio. Nigro-fusca. Oculis medio minute, ad margines minutissime reticulatis: tuberculo ocellorum satis proeminente , nigro: fronte et facie nigris; villis nonnullis in medio faciei versus antennas revolutis et my- stace simplici flavo- ferrugineis: antennis nigris: occipite cinereo-pollinoso. Thorace , convexo , gibboso , fusco , marginibus et vittis dorsalibus duabus pallidis: pleuris, pectore, coxis et scutello flavo-cinereo-pollinosis : hal- teribus fuscis ; capitulo albo-flavescente. Abdomine depresso , lato, fusco , subnigro , marginibus lateralibus pallidis : ventre cinereo. Pedibus obscure castaneis: trochanteribus et apice femorum nigris: spinis castaneis : to- mento flavo-aureo. Alis longis, ad basim late, ad apicem. breviter nigris, medio hyalinis; margine postico convexo: quarta cellula posteriore ad marginem. subcoarctata. Lunghezza del corpo 8"" — Lunghezza delle ali 21"". Messico; Jalapa (Truqur). Collezione Brrranpr. 5. DISCOCEPHALA AFFINIS BELL. Tay. L £ 13: Maschio.. Parvula, nigra. Oculis medio minute, ad margines minu- tissime reticulatis : fronte nigra: tuberculo ocellorum satis proeminente , nigro: antennis nigris : facie nigra: mystace simplici , fusco ; villis nonnullis supra mystacem, versus antennarum basim revolutis et ipsis fuscis: barba alba, satis densa: proboscide et palpis brevibus, nigris , DI L. BELLARDI 187 fusco-villosis: occipite fusco-cinerescenti-pollinoso , subnudo. Thorace convexo , gibboso, nigro, vix ad basim anticam alarum fusco-notato : pleuris , pectore, coxis et scutello nigro-cinereo-pollinosis : halteribus fuscis; capitulo albo-lutescente. Abdomine toto nigro, depresso , lato : ventre fusco. Pedibus nigris: basi tibiarum. castanea : spinis castaneis : tomento flavo-aureo. Alis brevibus, trigonis , margine postico. subrecto , ad basim latissime, ad apicem. brevissime nigris , medio hyalinis : quarta cellula posteriore ad marginem. alae vix subcoarctata. Femm. Apice alarum vix fusco-marginato. Lunghezza del corpo 7"" — Lunghezza delle ali 15". Questa specie é affine alla precedente: ecco quali sono, a parer mio, i caratteri principali che ne la distinguono: in essa la lunghezza pro- porzionale del corpo è alquanto minore; i baffi sono di color bruno ; il torace è quasi totalmente nero, segnato appena di bruno ai margini; Paddome non ha colore più chiaro ai margini; il colore delle gambe è bruno quasi nero; le ali sono pià brevi; il loro margine posteriore é quasi retto; la tinta. delle macchie più intensamente nera. Ho considerato come appartenenti al sesso femminino di questa specie alcuni individui, i quali non differiscono dai maschi descritti; che per la piccolezza della macchia apicale delle ali. Messico (SALLE). gi e BELLARDI. Collezioni del Museo zoologico di Parig 4. Genere LEPTOGASTER Merc. Corpore ufo. ii ree nodi iia ri aa der uguit DELL. r 1. LEPTOGASTER TnuQunu Belt. Tav. Il. fig. 18. Maschio. Rufus. Capite thorace sublatiore, parum convexo : fronte lata , inferne coarctata, superne parum depressa, flavo-aureo-pollinosa : tuberculo ocellorum parum. proeminente, nigro, nudo: antennis nigris ; secundo articulo et ima basi tertii flavescentibus : facie superne coarctata, inferne dilatata, planata, breviter sed dense albo-argenteo-tomentosa : mystace simplici; setis albis , longis : barba brevi, rara, fusco-flavescente : proboscide et palpis nigris: occipite Jlavo-aureo-pollinoso , ad margines nigro-setuloso. Thorace postice valde convexo , rufo : vitta mediana a 188 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA margine antico ad posticum producta, albo-flavescente ; vitta altera ante basim alarum exili, albo-flavescente : tomento raro, brevi, rufescente ; setis duabus lateralibus, una ad marginem, altera in dorso, nigris, lon- giusculis : pleuris saturate nigris, hinc inde fusco-micantibus : scutello minimo, rufo , aureo-micante : halteribus flavo-rufis. Abdomine praelongo, exili, ad apicem clayato, ad basim coarctato, rufo, unicolore, subnudo : margine postico primi segmenti nigro-spinoso: ventre rufo : genitalibus parvulis , flavo-rufis. Coxis colore pleurarum : femoribus, tibiis et tarsis rufis : femoribus omnibus ad imam basim nigris, ad apicem in articu- latione nigro-spinosis: spinis nigris nonnullis in tibiis: tarsis ad apicem obscure rufis: unguiculis longis, nigris. Alis longis, flavis, ad apicem obtusis: margine postico dense et satis longe ciliato. Lunghezza del corpo 17”" — Lunghezza delle ali 247. Messico; Jantepec (Truqui). Collezione BELLARDI. V. Famiglia — XYLOTOMYDEA — Xylotomae Mus. 1. Genere THEREVA Larr. $ abdomine rufescente, nigro-maculato ....... eso... A, Th. crassicornis BELL. ] abdomine nigro, argenteo-pollinoso ..... bia owe 9. Th. argentata BELL. 1. THEREVA CRASSICORNIS BELL. Tav. IL f. 16. Maschio. Elongata, rufescens et nigra, flavo-villosa. Capite lato : oculis nudis , latis, subcontiguis : vertice minimo, nigro, et nigro-villoso : ocellis magnis rufescentibus : antennis prope epistoma insertis, longiusculis; articulo primo praelongo, crassissimo , medio inflato, nigro, flayo-pollinoso, undique dense et longe nigro-setuloso ; secundo cyathiformi , nigro , setuloso ; setulis nigris, brevibus, subtus numerosioribus ; tertio nudo, compresso , lato , subovato , nigro : stylo brevi , crasso , nigro: facie trigona , lata, brevissima, convexa , nigra, satis dense et longe nigro- villosa : proboscide crassa , nigra , flavo-villosa: barba densa, longa, flavo-aurea : occipite nigro, flavo-aureo-nigro-villoso. Thorace longiusculo, parum. convexo, nigro, Jlavo-aureo-tomentoso et nigro-villoso : pleuris et pectore nigris, longe Jlavo-aureo-villosis : scutello nigro, flavo-aureo- e flavo-aureo-villosis : DI L. BELLARDI 189 tomentoso et nigro=villoso ; setis nonnullis, longis, nigris , ad marginem posticum : halteribus sflayescentibus; capitulo maximo, fuscescente. Abdomine longo, conico, flavo-rufescente : segmentis omnibus ad marginem anticum nigro-maculatis ; macula in segmento primo latissima, totum fere seg- mentum amplectente, in aliis trigona, ad marginem anticum lata , fere ad margines laterales. producta , postice plus minusve acuminata , ad mar- ginem posticum producta: ventre toto flavo-rufescente , immaculato : genitalibus. inflatis , flavo-rufescentibus , nigro-villosis : villis. undique in abdomine et in ventre disseminatis, ad marginem posticum segmentorum densioribus , flavo-aureis, super maculas nigris. Pedibus longis; posticis praelongis ; omnibus fusco-rufescentibus : coxis omnibus nigris, longe emoribus omnibus ad basim et anticis externe nigris; anterioribus longe villosis ; villis flavo-aureis , nonnullis nigris intermixtis ; posticis flavo-aureo-tomentosis : femoribus, tibiis et tarsis nigro-spinosis. Alis flavescentibus : stigmate fusco cellula poster. iore clausa ; nervulo submarginali simplici , sed valde sinuoso. mm mm Lunghezza del corpo 10"" — Lunghezza delle ali 20 À nessuna delle specie finora descritte di questo genere puossi riferire la presente, della quale uno dei caratteri i più importanti sta nella grossezza del primo articolo delle antenne: inoltre il color biondo ros- siccio dell'addome, e le sue macchie nere, ne costituiscono una buona specie. Messico (Truqur). Collezione BeLrARDI. 2. THEREVA ARGENTATA BELL. Maschio. Nigra, argenteo-pollinosa. Capite lato : oculis nudis, ad verticem tantum contiguis : vertice parvulo, trigono, nigro, cinereo- pollinoso : ocellis tribus , distantibus , parum proeminentibus : fronte trigona , convexa ad basim, superne nigro- -nitida, inferne nigra, ad latera argenteo-micante , in medio longe et satis T nigro-villosa : antennis brevibus , nigris: facie brevi, concava , argenteo-micante : bar ba longiuscula, nivea: occipite nigro, niveo-pollinoso, villoso : villis albis, nonnullis nigris intermixtis. Thorace brevi, lato, mediocriter convexo, nigro , cinereo-pollinoso , villoso; villis albis, raris in disco , densis ad margines laterales : setis nonnullis nigris, longiusculis ad margines la- rm 190 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA terales: pleuris et pectore nigris, niveo-pollinosis, albo-villosis : scutello nigro, cinereo-pollinoso, ad marginem. posticum nigro-setoso : halteribus j À { ni, ris ; capitulo magno. Abdomine brevi, lato , depresso , nigro, niveo- villoso et niveo-argenteo-pollinoso : margine postico secundi et tertii 5 segmenti niveo: ventre nigro; villis niveis, raris ; polline niveo , obsoleto: " 1 margine secundi et tertii segmenti niveo: apice abdominis subrufescente. " Pedibus longis: femoribus omnibus nigris, niveo-villosis et niveo-pollinosis : | | tibiis anticis totis nigris; intermediis et posticis rufescentibus, ad apicem nigris; omnibus nigro-spinosis: tarsis anticis totis nigris; intermediis et posticis nigris, ad basim rufescentibus. Alis brevibus, latis, lacteis : nervis flavescentibus ; nervo submarginali simplici, sinuoso : quarta cellula posteriori clausa et appendiculata. Lunghezza del corpo 7”” — Lunghezza delle ali 127". 5 | Px 8 Questa piccola specie appartiene al gruppo della Th. anilis d'Europa, di cui può considerarsi come il rappresentante messicano ; i caratteri sovra assegnati la distinguono da tutte le sue congeneri finora pubblicate. Negli insetti da me osservati, i quali pur troppo sono lungi dall’essere in perfetto stato di conservazione, le bende longitudinali del torace, co- muni al maggior numero delle specie di questo genere, sono appena indicate. i Messico; contorni di Messico; Cordova (di Saussure). Collezioni di Saussure e BerLarni. 2. Genere PSILOCEPHALA Zerr. d 1 quarta cellula posteriore clausa ........ ..... IAN AR Ina, ZI | ` À quarta cellula posteriore late aperta............,.. 3. Ps. nigra BELL. E SEn OUS IPB Es tes da à nd somos so veve Ae JE. HiiDilitid DELL. EMIR RISO oor ee TI ver... 2. Ps. Sumichrasti BELL. 1. PSILOCEPHALA UNIVITTA A BELL. Femm. Nigra, nitida. Oculis valde distantibus : fronte lata, conica, ad verticem coarctata, convexiuscula, nuda, nigra, nitida, ad latera basis albo-cinereo-pollinosa : tuberculo ocellorum parum proeminente: ocellis | inter se aequidistantibus : antennis nigris; articulo primo nigro-setuloso ; j tertio valde incrassato : facie brevissima, concava , excavata, nigra albo- DI L. BELLARDI IQI pollinosa: barba rara, brevi, alba: palpis apice clavatis, nigris, cinereo- villosulis: proboscide nigra et ipsa cinereo-villosula: occipite nigro , cinereo-pollinoso ; setis marginalibus nigris. Thorace brevi, convexiusculo, nigro , longitudinaliter. obsolete cinereo-quadrivittato : pleuris nigris , cinereo-pollinosis ; subnudis : scutello nigro , obsolete cinereo-pollinoso , ad marginem posticum nigro-setuloso : halteribus nigris ; capitulo magno ; penicillo villorum alborum halteribus antico. Abdomine longiusculo , ad basim lato, ad apicem attenuato , depresso, subnudo , nigro, nitido: margine postico secundi segmenti albo-argenteo-vittato , vitta ad mar- ginem ventralem eiusdem segmenti producta ; segmento quinto obsolete cinereo-pollinoso : ventre nigro. Coxis omnibus nigris , cinereo-pollinosis , albo-argenteo-villosulis , nigro-setulosis: pedibus anticis .......: femo- ribus posterioribus nigris, albo-argenteo-villosis , subtus nigro-setosis : tibiis et tarsis ferrugineis, nigro-spinosis : extremo apice tibiarum et ar- ticulorum omnium tarsorum infuscato. Alis subflavescentibus , macula stigmaticali longa , flavo-fusca : quarta cellula posteriore vix appendi- culata : nervis obsolete fusco-marginatis. Lunghezza del corpo 9"" — Lunghezza delle ali 15". Messico; Puebla (di Saussure). Collezioni di Saussure, Bicor e BELLARDI. 9. PSILOCEPHALA SUMICHRASTI BELL. Maschio. Nigra, argenteo-pollinosa. Capite convexiusculo : fronte trigona, subconvexa, nuda, nigra, cinereo-cyaneo-micanti-pollinosa , ad apicem. maculata ; macula oculis contigua, rotundata, saturate nigra : oculis contiguis : vertice parvulo , trigono, nigro , nudo: tuberculo ocel- lorum parum proeminente : antennis longis, Jlavis; articulo primo longo, nigro-setuloso ; secundo brevissimo ; tertio primo et secundo simul iunctis longiore , regulariter incrassato, sub-fuscescente: facie bre- vissima , profunde excavata, nigra, cinereo-cyaneo-micanti-pollinosa : macula laterali nigra, elongata: palpis et proboscide nigris : barba brevi, rara , flavescente : occipite nigro, cinereo-pollinoso. Thorace convexiusculo, nigro , longitudinaliter obsolete cinereo-vittato, tomentoso ; tomento raro , brevi, aurato : setulis nonnullis, rigidis, longis, erectis, nigris, ad mar- gines laterales et ad. marginem. posticum scutelli: scutello saturate nigro, ad marginem anticum rare aureo-villosulo , ad marginem posticum dense 192 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA nigro-villoso ; villis subsetulosis , praelongis, erectis , nigris: pleuris et pectore nigris, cinereo-micantibus : halteribus flavo-fuscis. Abdomine brevi, nigro, albo-villosulo , cinereo-micante : segmento secundo postice albo- marginato : genitalibus magnis , ferrugineis: ventre nigro-cinereo-micante ; segmento secundo postice albo-marginato. Pedibus longis, flavo-ferrugineis ; extremo apice tibiarum anticarum et tarsis anticis nigris: tarsis poste- rioribus pallidis : spinis tibiarum crebris in tibiis posticis, raris in aliis, totis nigris: coxis et trochanteribus nigris, cinereo-micantibus. Alis hyalinis, iricoloribus, medio nebulosis , ad basim flavescentibus : quarta cellula posteriore clausa et longe appendiculata. Lunghezza del corpo 7"" — Lunghezza delle ali 13". Messico; Tuxpango presso Orizaba (SumicurasT). Collezione BErrAnpr. : 3. PsiLOCEPHALA NIGRA Bert. (Dialineura Row.) Maschio. Nigra, nitida. Capite latiusculo , depresso : fronte. parvula , nigra, cinereo-micante: ocellis vix proeminentibus , inter se valde distan- libus: antennis nigris: articulo primo non incrassato , nigro-setuloso ; secundo brevissimo, subcyathiformi ; tertio ......:, facie nigra, cinereo- pollinosa : palpis et proboscide nigris : barba rara , nigra: occipite ci- nereo , nigro-multisetoso. Thorace, pleuris, pectore et scutello totis nigris, nitidis et nigro-tomentosis : setulis nonnullis rigidis, longis, nigris, ad margines laterales, in parte postica et ad marginem. posticum scutelli: haiteribus nigro-fuscis. Abdomine nigro , nitido, rare nigro-tomentoso : margine postico omnium segmentorum fusco. Pedibus totis nigris et rare nigro-spinosis. Alis dense fuliginosis: cellula quarta posteriore late aperta. Lunghezza del corpo ri"" — Lunghezza delle ali 187". Messico (SempER). Collezione BELLARDI. VI. Famiglia — LEPTIDEA — Leptides Maco. 1. Genere ATHERIX Mete. femoribus nigris .................... A eM ... A. Ath. latipennis BELL. femoribus ferrugineis .......... MU Ua SR A .. 2. Ath. longipes BELL. $ Di L. BELLARDI 193 4. Arnerix LATIPENNIS BELL. Maschio. Nigra, cinereo-vittata. Capite mediocri: oculis subcontiguis: vertice nigro et nigro-villoso : ocellis parum. proeminentibus, inter se aequidistantibus, subrufescentibus: fronte superne lineari, inferne subtri- gona, in linea mediana carinata , nigra et nigro-villosula: antennis brevibus, nigris ; duobus primis articulis nigro-villosis : stylo longo , nigro : facie brevi, ad latera profunde excavata, medio late convexa , nigra, cinereo-pollinosa : proboscide longa, compressa, ad apicem fal- cata , nigra et nigro-villosula : palpis nigris, dense nigro-villosis : barba longiuscula, nigra: occipite nigro, subnudo, ad latera cinereo-pollinoso. Thorace antice attenuato , depresso , nigro et obsolete nigro-villosulo : pleuris et pectore nigris, obsolete cinereo-pollinosis : scutello nigro, undique nigro-villoso : halteribus nigris. Abdomine undique flavo -villoso , dense nigro: segmentis omnibus ad marginem posticum late vittatis ; vitta cinereo-pollinosa , medio subinterrupta: ventre toto nigro et obsolete cinereo-pollinoso. Pedibus longiusculis , totis nigris et dense sed breviter nigro-tomentosis. Alis latis , fuliginosis, cum maculis. et vittis hyalinis : macula basali lata, ad marginem anticum alae profunde emarginata: vitta apicali sinuosa, a marginibus alae disiuncta ; altera lata, recta, a mar- gine antico cellulae discoidalis ad marginem. posticum alae prope apicem cellulae analis producta: stigmate subnigro, elongato: cellula secunda submarginali ad apicem acuta, praelonga. Femm. Fronte lata, nigro-fuscescente: palpis exilioribus : proboscide longiore. Lunghezza del corpo 7°" — Lunghezza delle ali 18 "^. Pel complesso dei suoi caratteri questa specie è affine all 4th. mar- ginata d'Europa: non riesce perd difficile il distinguernela per le seguenti sue qualità: nella specie Messicana il corpo 6 meno lungo e più grosso; la barba è nera; le bende dell'addome sono più larghe, quasi interrotte nel mezzo, di color bigio azzurrognolo ; le ali sono molto più larghe , ed in maggior parte colorate in nero. Messico: Angang (di Saussure); Oaxaca (SALLE). Collezioni di Saussure e BELLARDI. Serie IL Tom. XXI. +4 ape 194 SAGGIO DI DITTEROLOCIA MESSICANA 9. ATHERIX LONGIPES BELL. Tay. Al: f, 47. Femm. Nigra, cinereo-vittata , rufo-maculata. Capite mediocri: oculis late disiunctis: vertice depresso: ocellis ru fescentibus, parum proemi- nentibus : fronte lata , marginibus parallelis , depressa , longitudinaliter medio unisulcata, fusco-cinereo-pollinosa : antennis brevissimis, subnudis, fuscis , subrufescentibus: stylo longo, nigro : facie brevi , medio valde convexa, proeminente , ad genas rufescente : proboscide brevi , incrassata, nigra, partibus internis rufis : palpis longis , exilibus , falcatis, nigris et nigro-tomentosis : barba rara, brevi, alba: occipite nigro, cinereo-pol- linoso, ad latera albido et albido-villoso. Thorace longiusculo , convexo, nudo (an detrito? ) , longitudinaliter obsolete cinereo-bivittato , nigro , ad latera et postice obsolete rufescente : humeris late rufescentibus : pleuris rufescentibus: pectore et scutello fuscis : halteribus pallidis ; capitulo fusco. Abdomine brevi, lato, nigro; subnudo : margine postico omnium segmentorum vittato ; vitta lata, medio subinterrupta , cinereo-pollinosa : ventre nigro; marginibus segmentorum, flavescentibus. Pedibus praelongis: femoribus omnibus totis rufis : tibiis et tarsis anticis et posticis totis. fusco- nigris; intermediis pallidis. Alis longis , latis, Juligineis , maculis et vittis funde emarginata : margine apicali alae pallide fuligineo, subhyalino: vitta prima lata, subregulari, subrecta , margini antico contigua; altera a hyalinis : macula basali magna, ad marginem anticum alae pr margine antico cellulae discoidalis ad marginem posticum alae prope apicem. cellulae analis producta , medio dilatata, antice et postice atte- nuata : stigmate longo, fusco : cellula secunda submarginali acuta, longa. Lunghezza del corpo 8mm — Lunghezza delle ali 20°". Abbenché grande sia l'analogia di questa specie colla precedente , non può però nascer dubbio sulla necessità di separarnela pei seguenti suoi caratteri: per le dimensioni maggiori, per la fronte molto più larga, per la faccia molto più sporgente, per la brevità delle antenne, per le macchie omerali, pel colore rossiccio dei fianchi e dello scudetto, per la maggior lunghezza delle gambe, pel colore rossiccio dei femori, per la figura e distribuzione delle macchie e delle bende ialine delle ali. Le tibie ed i tarsi neri, la mancanza di tomento nero sui femori, la faccia di color bigio e la figura delle macchie ialine delle ali distinguono pure DI L. BELLARDI 195 questa specie dall Ath. variegata Bann. ( Varx. List of Dipt. Ins., part. I. pag. 218). I femori rossicci la separano anche dall 4th. filia Vaux. (1. c. p. 219). Messico: Cordova (di Saussure ). Collezioni di Saussure e BELLARDI. 2. Genere LEPTIS Fas. Alis cinereis, nigro-punctatis . ................. T OEC .A. L. cinerea BELL. 1. Lepris? CINEREA BELL, Maschio. Cinerea. Capite depresso: oculis contiguis: tuberculo ocellorum valde proeminente: fronte plana, trigona, cinerea: an- tennis cinereis; primo articulo incrassato , longiusculo; secundo cyathi- formi ; tertio pyriformi , ad apicem flavescente : stylo apicali, brevis- simo, crasso, nigro: facie et occipite cinereis. Thorace lato , brevi, parum. convexo, cinereo: pleuris, pectore et scutello cinereis. Abdomine. . . Pedibus fuscis: genubus, tibiis et tarsorum basi flavescentibus. Alis cinereo- flavescentibus, medio cellularum omnium cinereo-fusco-unipunctato: nervis fuscis ; nervis transversis nigro-marginatis : nervo secundo. submarg inali ad apicem. profunde sinuoso : stigmate nigro, punctiformi: cellula anali clausa et breviter appendiculata. Fem. Fronte latissima, plana : antennis valde distantibus. Abdomine antice fusco, postice flavescente. Lunghezza del corpo 7"" — Lunghezza delle ali 14”. Gli insetti qui descritti potrebbero, a mio giudizio, dar luogo alla creazione di un nuovo genere affine al genere Leptis, al quale li ho per ora riferti a motivo del cattivo stato di conservazione dei due soli iudi- vidui, l'uno maschio e l'altro femmina, che ebbi occasione di esaminare. I caratteri che, secondo me, potrebbero circoscrivere il nuovo genere sono: la lunghezza del primo articolo delle antenne maggiore assai di quella del primo articolo delle vere Zeptis; la forma globosa alla base ed acuminata all'apice del terzo; la brevità e la grossezza dello stilo ; finalmente la cellula anale chiusa e munita di un peduncolo di mediocre lunghezza. Questi caratteri ove si riconoscessero costanti in altri individui di perfetta conservazione, giustificherebbero la creazione del nuovo genere. 196 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA Le ali presentano curiosi accidenti di colorazione : quasi tutte le cel- lule hanno nel centro una macchietta bigia, ad eccezione della cellula discoidale e delle due basilari: le macchie delle cellule posteriori sono ravvicinate al margine dell’ala : i nervi sono tutti bruni: i trasversali sono orlati di nero, ed alcune macchiette nere si osservano pure all'estremità del primo nervo sottomarginale , là dove si incurva per raggiungere il margine dell'ala: lo stimma è giallognolo alla base, nero intenso all'apice. Messico: Cordova (di Saussure). Collezioni di Saussure e BELLARDI. 3. Genere CHRYSOPILA Mace. Corpore nigro; thorace et abdomine dense aureo-tomentosis. . A. Chr, Mexicana Burt. 1. CunysoPiLA MEXICANA Bett. Maschio. Nigra, aureo-tomentosa: capite lato : tuberculo ocellorum proeminente, nigro : oculis contiguis: fronte parvula , triangulari, exca- vata, medio sulcata, nigra: antennis . fusco-nigris : | facie ad latera et su- perne profunde sulcata , inferne valde convexa , fere in rostrum producta, nigra, nuda : genis nigris , aureo-villosulis : palpis brevibus , exilibus , via revolutis , nigris , aureo-villosulis : proboscide crassa, brevi, nigra: barba longiuscula, aurea: occipite Jlavo-cinereo-pollinoso. Thorace lato, brevi, valde convexo et scutello nigris, dense aureo-tomentosis: pleuris et pectore cinereo-nigris , nudis: halteribus ad basim flavescentibus , ad apicem. nigris. Abdomine longo, conico , ad basim dilatato, toto nigro, dense aureo-tomentoso : segmento primo longe aufeo-villoso : ventre nigro. Coxis cinereo-nigris , aureo-villosis : pedibus fusco-nigris: femoribus omnibus totis dense aureo-tomentosis. Alis subfuscescentibus: stigmate dense fusco , rotundato : nervo submarginali ad apicem. incureato versus marginem anticum alae. Lunghezza del corpo 7™ — Lunghezza delle ali qmm Per meglio far conoscere i caratteri di questa specie li esporrd in un modo comparativo con quelli della Chr. aurata d'Europa, colla quale ha molta analogia e di cui é corrispondente la specie messicana. La faccia è molto convessa e sporgente: i palpi non sono terminati in clava: il tomento del torace, dell’addome e dei femori è molto più ; DI L. BELLARDI 197 fitto e di color dorato più intenso e più splendente: l'addome è più sottile e più lungo: le ali sono più scure, non giallognole alla base: la macchia stimmatica è di figura circolare e di color bruno-scuro. La sporgenza dell'epistoma, la figura circolare dello stimma ed il colore leggiermente bruno delle ali distinguono pure questa specie da un’altra che credo nuova proveniente dalla contea di Nizza, e colla quale ha in comune la forma lunga e sottile dell'addome, la tinta e densità del tomento dell’addome. Messico: contorni di Messico ( TRUQUI). Collezione BeLLARDI. VIL Famiglia — HYBOTIDEA. — Hybotinae Mace. 4. Genere HYBOS Merc. Pedibus flavis: alis hyalinis, ad basim fuscis ........... A. H. dimidiatus BELL. 1. HYBOS DIMIDIATA BELL. Femm. Nigro-fusca. Capite mediocri: antennis nigris: proboscide flavo-lutea : occipite nigro. Thorace valde convexo , nigro-fusco , dense et breviter fusco-tomentoso : humeris pallidis : pleuris et pectore pallide fuscis: scutello nigro-fusco, thoraci concolore: halteribus ad basim pal- lidis , ad apicem subfuscis. Abdomine nigro-fusco, ad margines laterales pallido : ventre nigro , ad latera pallido : oviductu longo, acuto, nigro. Pedibus melleis : spinis nigris: femoribus posticis valde incrassatis , longis. Alis ad basim dense fuscis, ad apicem subhyalinis: prima cellula poste- riore ad marginem alae valde coarctata : stigmate elongato, fusco. Lunghezza del corpo 5"" — Lunghezza delle ali v 1". Messico (Sarr£). Collezione BELLARDI. VIII Famiglia — EMPIDEA. — Empidae Mace. 1. Genere EMPIS Lixx. i | Dedtbus. noh. PURAS T N T saretta YOU PEGS DCI ccs OR oe ince roe Fee eee $ 9. E. cyaneus BELL» corpore cyaneo, metallico .........,.... de arias 3. E. totipennis BELL. corpore nigro, non metallico .............. risse 198 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 1. Empis BICOLOR Bent. Femm. Niger, cinerescens. Oculis late distantibus : fronte et facie planis , nigro-cinerescentibus : antennis nigris. Thorace convexo , nigro , cinerescente , dorso longitudinaliter obsolete bivittato , villoso ; willis raris, nigris, rigidis: pleuris et pectore thoraci concoloribus : halteribus nigris , ad basim fuscis. Abdomine depresso , nigro-cinerescente et nigro- villoso. Pedibus totis dense nigris, nigro-tomentosis , spinosis et villosis : tomento, spinis et villis densioribus et longioribus in margine externo et interno, non vero in cil s regularibus dispositis. Alis ad apicem ro- tundatis , uniformiter et satis dense fuliginosis , ad imam basim subhyalinis, flavescentibus. Lunghezza totale 5"" — Lunghezza delle ali r1". La semplicità dei caratteri generali di questa specie la ravvicina ad alcune europee: il suo colore è nero cangiante in una leggiera tinta grigia ed ovunque uniforme: le gambe, delle quali l’ultimo paio è molto lungo, sono di un nero denso, uniforme, ricoperte di un fitto tomento, e guernite di peli e di spine tutte nere: il tomento, le spine ed i peli sono alquanto più densi e lunghi sui margini esterno ed interno di tutte le gambe e per tutta quasi la loro lunghezza; non così lunghe però, nè così disposte come lo sono nelle specie del gruppo a gambe pennate. Finalmente if colore delle ali rende ovvia la distinzione della specie: esse sono di color di fuliggine assai denso ed uniforme; la sola base è quasi ‘trasparente e di color biondo chiaro: manca ogni traccia di macchia stigmatica. Messico : Cuantla (di Saussure). Collezioni di Saussure e BELLARDI. 2. Empis cvaneus Ber. Femm. Cyaneus, metallicus. Fronte lata, profunda , nitida, nigro- cyanea: antennarum articulo primo longo, cylindrico, nigro, longe et dense nigro-villoso; secundo brevissimo, nigro, nigroque villoso; tertio. . proboscide longitudinem capitis et thoracis simul iunctorum aequante : occipite nigro, ad marginem. longe nigro-subsetuloso. Thorace valde convexo , nigro-villoso , nitido , nigro-viridi, metallico , longitudinaliter dorso obsolete vittato : pleuris et pectore dense nigris , hinc. inde sub- metallicis : scutello nigro -viridi, metallico, ad marginem posticum longe | DI L. BELLARDI 199 nigro-villoso : halteribus ...... Abdomine ad apicem acuto , cyaneo , me- tallico, ad basim nigro -villoso. Pedibus anterioribus brevibus; posticis. . . . : coxis nigris: femoribus anticis ad basim late nigris, ad apicem flavis : tibiis anticis ad basim late flavis , ad apicem nigris : tarsis anticis omnibus nigris ; articulo primo longo et valde inflato : pedibus intermediis flavis , cum ima basi femorum et extremo apice tibiarum omniumque articulorum nigris: femoribus anticis et tarsis anterioribus nigro-flavo-tomentosis : tibiis anterioribus et femoribus intermediis satis longe flavo-ciliatis. Alis hyalinis , ad basim fuscescentibus : nervulo submarginali recto, nereo submarginali perpendiculari. Lunghezza del corpo 4"" — Lunghezza delle ali distese 8"". Messico: Angang (di Saussure). Collezione di Saussure. 3. EMPIS TOTIPENNIS BELL. Femm. Wigro-cinerescens. Antennis nigris: haustello longitudinem ca- pitis et thoracis simul iunctorum aequante. Halteribus nigris, ad basim pallescentibus. Pedibus nigro-fuscis : femoribus anticis ad marginem in- ternum tantum ciliatis ; femoribus posterioribus et tibiis omnibus ad mar- ginem externum et internum longe et regulariter. ciliatis: tarsis omnibus tomentosis et spinosis, non ciliatis. Alis totis fuligineis : fuscitate ad stigma densiore: nereo primo submarginali arcuato , subsinuoso ; nervo primo posteriore ad marginem. alae non producto. Lunghezza del corpo 5"" — Lunghezza delle ali distese 11°". Questa specie appartiene al gruppo del’ E. pennipes d’ Europa, colla quale ha molta analogia. I seguenti caratteri osservati negli insetti mes- sicani qui descritti mi hanno determinato a considerarli come appartenenti ad una specie distinta: tutto il corpo è di colore nero, ricoperto da una velatura regolare, bigia: i bilancieri sono nero-bigi all’estremita e biondi solamenie alla base: i femori anteriori sono distintamente cigliati sul margine interno: le ali sono di color di fuliggine assoi denso, più scuro in prossimità della macchia stimmatica, biondeggianti alla base: il primo nervo sottomarginale è arcato colla convessità verso la base dell’ala e leggiermente sinuoso verso il margine: il primo nervo posteriore è sottile, non prolungato al margine dell’ala. Messico; Morelia (di Saussure ). Collezione di Saussure. 200 SAGGIO Di DITTEROLOGIA MESSICANA APPENDICE SAU 4. Sezione NEMOCERA. I. Famiglia — CULICIDEA. — Culicides Maco. 1. Genere CULEX Livy. Corpore non dnietallico: aika sc he 210 SAGGIO DI DITTEKOLOGIA MESSICANA posterioribus flavis, exceptis apice femorum, basi et apice tibiarum et apice tarsorum posteriorum nigris. Alis subhyalinis, vix adumbratis, prope stigma obscurioribus : stigmate late maculato ; macula lutea in parte basali, nigra in parte apicali. Femm. Maior. Fronte lata, superne rufescente , longitudinaliter. uni- sulcata, nuda, nitida, postice nigra, albo-villosula : margine postico ocu- lorum rufescente: ultimo articulo antennarum sub-rufescente : tomento thoracis rariore: halteribus totis albo-flavescentibus: abdomine subcir- culari. Lungh. del corpo ô 5"", o 6°" - Lungh. delle ali 6 11"", o 12°". Questa specie è una delle più piccole del genere che io conosca: ed ha per la forma generale, particolarmente della femmina, una grande analogia colle 4canthine , dalle quali viene distinta pei suoi caratteri generici. Gli occhi nudi, il color rossiccio della parte superiore della fronte e del margine posteriore degli occhi nella femmina, il tomento bronzato del torace, la macchia gialla e nera dello stimma ed il color delle gambe sono i caratteri proprii di questa specie. Messico (SaLLé): Tuxpango presso Orizaba (Sumicurast ). Collezioni Bicor e Brrraupr, 6. Genere SARGUS Faser. Thorace metallico, viridi: abd cyaneo-purpurascente...... 14. S. versicolor BELL. 11. SanGus VERSICOLOR Bern. Tav. HII. f. 8. Femm. Viridis et cyaneo-purpurascens. Capite magno, valde convexo : fronte satis lata, superne planata, viridi , metallica, fusco-villosa , inferne proeminente, albo-flavescente : tuberculo ocellorum parum. proeminente ; ocello inferno ab aliis satis distante: antennis Jlavis ; articulis primo et secundo nigro-setulosis: stylo longiusculo, nigro : facie brevissima, fusca, ad basim antennarum flavescente : proboscide flava: barba rara, brevi, flava: occipite nigro , ad verticem viridi , metallico. Thorace convexo , viridi, metallico , brevissime fusco-tomentoso ; marginibus lateralibus et macula postica ad basim alarum flavo -fuscescentibus : pleuris aeneis, me- tallicis et pectore viridi, metallico, flavo-villosulis : scutello viridi , me- tallico , flavo-fusco-marginato : halteribus flavis ; capitulo fusco: Abdomine ai DI Le BELLARDI FII gracili, ad basim parum coarctato, cyaneo , in parte antica segmentorum late cyaneo-purpurascente. Pedibus omnibus totis flavis et dense flavo- aureo-tomentosis: coxis anterioribus et ipsis flavis; posticis fuscis. Alis hyalinis, immaculatis , flavescentibus. Questa specie è affine al S. speciosus Macq.: i caratteri che ne la distinguono sono i seguenti: dimensioni minori; fronte verde, metallica ; antenne bionde ; torace, scudetto e petto verdi, metallici; piedi intera- mente biondi; ali con leggiera tinta bionda. Messico: Oaxaca (SALLÉ). Collezione Brrranpr. II. Famiglia — TABANIDEA — Tabanii Larr. 9. Genere TABANUS L. COPE MATE CEE Benen oOo n à er que ...... 23, T. subtilis BELL: corpore nigro-cinerescente ................,.,.. 24. T. rubescens BELL. 25. TABANUS SUBTILIS BELL. Tav: I. toe l'emm. Nigro-cinerescens. Capite lato : oculis nudis, in mortuis aeneis: 2 t fronte mediocriter. lata, medio subsulcata, nigra , cinereo-pollinosa , cum macula inferna nigra, magna , circulari, nitida: tuberculo ocellorum vix proeminente : antennis longis, incrassatis ; articulo primo nigro et nigro-setuloso ; tertio ad basim lato, compresso, vix dentato, rufo, ad apicem. nigro : facie brevissima, cinereo-pollinosa , ad latera profunde excavata, ad hypostoma late et profunde depressa: palpis albidis , nigro- setulosis : proboscide nigra, ad apicem dilatata: barba rara, cinerea : occipite cinereo. T'horace nigro-cinerescente , cinereo-vittato et pollinoso ; vittis obsoletis : pleuris et pectore cinereo-pollinosis , rare cinereo-villosis : scutello nigro, cinerescente , cinereo-pollinoso : halteribus nigro-cinere- scentibus , ad basim pallidis. Abdomine exiguo, longo, valde depresso , nigro-fusco ; vitta dorsali obsoleta, subinterrupta et margine postico seg- mentorum. cinerescentibus : segmentis posterioribus valde elongatis, non regulariter. sed abrupte decrescentibus ; ultimo magno, postice subrotun- dato ; tomento raro , nigro, in vitta dorsali et in margine postico segmen- torum albido : ventre cinereo. Coxis et femoribus nigris, cinereo-pollinosis : genubus , dimidia parte basali tibiarum anticarum , tibiis posterioribus , 212 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA basi tarsorum posteriorum rufescentibus ; dimidia parte apicali tibiarum anticarum, tarsis anticis , articulis ultimis tarsorum posteriorum. nigris. Alis hyalinis incoloribus , vix ad stigma flavescentibus: prima cellula po- steriore late aperta: nereulo secundo submarginali ad basim angulato , appendiculato. m mm Lunghezza del corpo 11"^ — Lunghezza delle ali 21 Questa specie si distingue, a mio parere, dalle numerosissime sue congeneri pel color nero-bigio del torace e dell'addome; per la benda dorsale appena segnata, e pel margine posteriore dei segmenti bianchicci ; per le sue dimensioni e pel repentino decrescere degli ultimi segmenti dell'addome, dal che i suoi margini laterali risultano fatti a gradini. Messico: Oaxaca ( Sarx£ ). Collezione BeLLARDI. 24. TABANUS RUBESCENS BELL. Femm. Rubescens. Capite thorace latiore: oculis depressiusculis : fronte lata, plana, rufa, cinereo-pollinosa nisi detrita, inferne medio sub- carinata; marginibus parallelis; vitta longitudinali rubra, nitida : antennis magnis; articulo primo magno , incrassato , antice in dentem productum , superne nigro-setuloso , rufo-flaeo , ad apicem dentis nigro ; secundo bre- vissimo , subcyathiformi , primo concolore, et ipso antice in dentem pro- ducto et nigro~setuloso ; tertio magno, lato , in dentem. obtusum producto mediocriter falcato , nigro , ad basim rufescente: facie ad latera profunde excavata , nigra, cinereo-pollinosa et albo-villosula: proboscide brevi , magna, nigra: palpis magnis , albidis , villosis; villis nigris, albo-mican- tibus: barba rara, alba: occipite cinereo. Thorace brevi, parum convexo, fusco-rufo, nigro-maculato et vittato: pleuris fusco-rufis, albo-cinereo- micantibus , pectore nigro, albo-villoso : scutello fusco-rufescente : halte- ribus rufescentibus ; capitulo albo. Abdomine versus basim lato, ad apicem attenuato , rufescente. Segmentis apicalibus ad latera nigro-maculatis : margine postico segmentorum albo-cinereo: ventre rufescente. Pedibus rufis, exceptis femoribus anticis, basi femorum intermediorum et apice tibiarum anticarum : articulis omnibus tarsorum anticorum, et articulis apicalibus tarsorum posteriorum nigris. Alis hyalinis: nervis longitu- dinalibus flavo-marginatis : macula stigmaticali ‘oblonga, flavo-lutea. DI L. BELLARDI 213 Lunghezza del corpo 14"" — Lunghezza delle ali 28°”. Messico: Oaxaca (Sarré). Collezione BeLLARDI. 6. Genere ACANTHOMERA Wiz». j abdomine castaneo: cellula posteriore secunda aperta. 2. Ac. Bellardii. Bic. | abdomine croceo: cellula posteriore secunda clausa.. ^ 3. Ac. Bigoti Bet. 2. ACANTHOMERA DELLAnDI Bre. Tav. II. f. 11. Femm. Fusco-castanea. Capite valde convexo : oculis nudis, minu- tissime reticulatis: fronte mediocriter. lata, plana, fusco-cinerescente , cum marginibus parallelis : tuberculo ocellorum parum proeminente, fronti concolore: antennis brevibus , fuscis ; articulo primo brevi; tertio compresso, ad basim satis dilatato : facie fusco-cinerescente; tuberculo mediano rotundato , castaneo , nitido: palpis longis incrassatis , fusco- nigris: proboscide fusco-nigra : barba fusco-coffeata: occipite fusco : marginibus oculorum. albo-cinereo-pollinosis. Thorace brevi, latiusculo , satis convexo , fusco-castaneo , cinereo-pollinoso , dense sed brevissime Jusco-tomentoso , ad margines laterales villoso; villis densis, longis, cof- featis ; vittis dorsalibus obscurioribus duabus , postice abbreviatis , margini antico contiguis : pleuris et pectore fuscis et fusco-villosis: scutello fusco- castaneo, cinereo-pollinoso , fusco-tomentoso, ad marginem posticum fusco- villoso: halteribus fuscis, ad basim pallidis. Abdomine subquadrato , postice truncato, depresso , castaneo, nitido, nudo: segmentis fuscis; ter- minalibus abrupte decrescentibus pareulis; ultimo elongato: ventre ca- staneo , obumbrato. Pedibus omnibus castaneo-fuscis, fusco-tomentosis : tarsis omnibus pallidis. Alis fuliginosis, ad marginem anticum obscurioribus : nervis transversis flavo-marginatis : cellula secunda posteriore late aperta. Lunghezza del corpo 20"" (escluso l'ovidotto ). Id. delle ali 457". Messico (SALLÉ). Collezione Brcor. 9. ACANTHOMERA Bicoti BELL. Tav. IM. f. 10. Maschio. Cofféata et crocea. Capite lato, parum convexo : oculis nudis, = ci 214 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA undique uniformiter et minutissime reticulatis : fronte minima, fusca : tuberculo ocellorum parum. proeminente; ocello inferno ab aliis satis distante: antennis longiusculis, compressis; articulo primo nigro ; aliis omnibus flavo fulvis : facie fusca, ad latera profunde sulcata; tuberculo mediano , crassiusculo , satis longo, conico, acuto, versus epistoma deflexo, fusco , ad apicem castaneo: palpis longiusculis, castaneis: pro- boscide fusca: barba longiuscula, satis densa, coffeata : occipite flavo. Thorace longiusculo , satis convexo , fusco et fusco-tomentoso ; marginibus lateralibus , vittis tribus longitudinalibus, dorsalibus, ad marginem po- sticum convergentibus , coffeatis: pleuris et pectore pallide coffeatis et coffeo-villosis: scutello coffeato, ad latera prope marginem. posticum thoracis , albo, unimaculato , medio obscure bimaculato , toto coffeo- villoso et tomentoso : halteribus flavis ; capitulo lutescente. Abdomine’de- presso, medio dilatato, ovato , toto uniformiter saturate croceo et fulvo- croceo-tomentoso ; tomento sericeo : ventre abdomini concolore , sed valde pallidiore. Coxis, femoribus omnibus et tibiis posticis castaneis: tibiis anterioribus et tarsis omnibus flavo-luteis : femoribus posticis versus apicem. inferne unispinosis ; spina altera in articulatione : articulo primo omnium tarsorum elongato : partibus castaneis, castaneo-fusco-tomentosis ; partibus flavo-luteis, flavo-luteo-sericeo-tomentosis. Alis subfuligineis, margine antico et regione stygmatica late obscurioribus: stygmate nigro : nervis flavis, pallide marginatis: secunda cellula posteriore clausa, satis longe appen- diculata. Lunghezza del corpo 28"" — Lunghezza delle ali 60°". Messico: Chinantla presso Oaxaca (Sarri). Collezione BELLARDI. III. Famiglia — ACROCERIDEA. — 4crocerideac Lracn. 2. Genere APELLEIA Bett. Corpore tomentoso. Oculis nudis, exquisitissime et uni ormiter reticulatis ocellis duobus inter se satis distantibus. Antennis in verticem insertis, longi- tudinem capitis superantibus, ad basim subconiugatis: articulis tribus; primo brevi; secundo dimidiam longitudinem. primi subaequante; tertio prae- longo , lineari: stylo nullo. Proboscide brevissima. Abdomine subsphaerico. Femoribus incrassatis : tibiis ad apicem inflatis, mucronatis : articulo primo 1A DI L. BELLARDI 215 tarsorum omnium elongato ; articulis secundo , tertio et quarto tarsorum posteriorum et ipsis elongatis sed longitudinem. primi non aequantibus ; articulo quinto tarsorum posteriorum valde elongato longitudinem primi fere superante ; articulis secundo, tertio , quarto et quinto tarsorum an- ticorum brevibus, subaequalibus : cellulis submarginalibus duabus , poste- rioribus quinque; prima in duas divisa a nervo transverso et ad mar- ginem alae clausa; quinta et ipsa ad marginem alae clausa. I caratteri principali e proprii di questo nuovo genere che ho intitolato ad Apelle per la maestria colla quale, ci racconta la storia, dipingeva le mosche, sono: la brevità della proboscide, la mancanza di stilo, la lun- ghezza delle antenne , il numero e la lunghezza dei loro articoli, la loro inserzione sulla parte superiore della tesia, e finalmente la struttura delle ali che ne è il carattere più speciale, e di cui non fo che accennare i tratti più importanti, la figura porgendone sott'occhio la nervazione in un modo esatto e molto più chiaro di quanto si potrebbe fare con vocaboli: tali sono due cellole sotto-marginali, una discoidale, cinque posteriori, delle quali la prima e la quinta chiuse al loro incontro col margine dell'ala. La riunione di tutti questi caratteri, che per quanto io abbia studiati i generi tutti finora conosciuti di questa curiosa famiglia, non mi venne fatto d’incontrare se non parzialmente, ad eccezione della struttura delle ali affatto propria e caratteristica, mi dà ragione di credere che il nuovo genere sia stabilito su basi solide, sopra un complesso di caratteri im- portanti e stabili. Tra i generi della famiglia, quelli il cui confronto riesce maggior- mente utile per dimostrare l'affinità del neo-collega, e le sue proprietà caratteristiche, sono: Eriosoma Maco.; Epicerina Mace.; Exetasis Wax. Il primo (Eriosoma), col quale il nuovo genere ha in comune la brevità della proboscide, la villosità del corpo, la forma generale, la presenza nelle ali della cellola discoidale, il numero delle cellole posteriori, se ne distingue per la villosità degli occhi, per le antenne inserte sulla parte inferiore della testa, brevi, munite di stilo, per la presenza di una sola cellola sotto-marginale, per la prima e quinta cellola posteriore chiuse ad una considerevole distanza dal margine dell'ala e perciò appendicolate, e per il nervo intermedio alla terza cellola posteriore ed alla quarta, il quale è breve e finisce alla metà della lunghezza delle cellole, che per conseguenza rimangono indivise nella loro metà marginale. Il secondo (Epicerina), col quale è congiunto per la brevità della j 216 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA | proboscide, per la inserzione delle antenne sul vertice, per la loro lun- | q ghezza, per le dimensioni proporzionali dei loro articoli, per la nudità | degli occhi, caratterizzato e distinto dalla particolare struttura delle ali, in cui sono tre cellole sotto-marginali, delle quali la seconda è appen- dicolata alla base, e la prima posteriore è lunga, chiusa ad una certa | distanza dal margine, non divisa in due da un nervo trasversale, e nelle | quali la quarta cellola posteriore è chiusa prima del margine, e per con- seguenza è appendicolata. Tl terzo (Exetasis), con cui si collega per la massima parte de'suoi ca- ratteri generali, quali sono la qualità e forma globosa del corpo, la brevità della proboscide, la lunghezza , struttura ed inserzione delle antenne, ne differisce sostanzialmente per la disposizione dei nervi delle ali e per la diversità delle cellole che ne risultano: infatti la prima cellola posteriore vi è lunga, a lati paralleli, dalla base fino al margine dell'ala, dove è largamente aperta, divisa in due a metà da un nervo trasversale per- pendicolare ai longitudinali; la quarta e quinta cellola posteriore sono imperfettamente divise a motivo dello stato rudimentale del nervo ad esse intermedio; finalmente nella cellola discoidale sulla base della quarta cellola posteriore havvi un’appendice. Di tutti i generi che conosco di questa famiglia il genere Exetasis WaLK. } è quello che ha maggiore analogia pel complesso dei suoi caratteri con questo nuovo da me stabilito ; ne differisce infatti solamente per la parti- colare struttura delle sue ali. Per la qual cosa è accanto al genere Exetasis che il mio dovrà trovar posto nella disposizione metodica dei generi componenti la famiglia. 1. APELLEIA VITTATA Bert. Tav. II. f. 12. schio, Fusca , flavo-vittata. Capite minimo, antice depresso : oculis ; | exquisitissime et uniformiter reticulatis, a basi antennarum ad epistoma contiguis : vertice minimo , fusco, satis longe fusco-tomentoso: antennarum. articulis primo et secundo subaequalibus , brevibus; tertio longitudinem duplam duorum primorum superante ; primo et tertio nigris; secundo flavo- fusco : palpis flavis fusco-villosulis. Thorace valde convexo, undique satis dense flavo-luteo-tomentoso , flavo; vittis longitudinalibus tribus magnis, fuscis, mediana a margine antico ad marginem. posticum producta, tate- ralibus antice attenuatis, ante marginem. anticum terminatis, postice cum ! DI L. BELLARDI 217 vitta mediana coniunctis : pleuris flavis: pectore fusco: scutello magno, toto flavo et flavo-tomentoso : halteribus flavis ; capitulo. fusco. Abdomine magno, brevi, lato, subrotundo, valde convexo, undique, flavo-luteo-tomentoso: segmentis omnibus fuscis, ad marginem. posticum univittatis; vitta satis lata tertiam partem segmentorum aequante, flavo-lutea, marginibus lateralibus et postico contigua; ventre abdomini subconcolore, parte fusca minima, vitta flava maxima. Pedibus omnibus totis flavo-fuscescentibus ; exceptis apice quinti articuli tarsorum pedum anteriorum et articulis secundo , tertio, quarto et quinto tarsorum pedum posticorum totis nigris : unguiculis posterioribus longis, valde arcuatis, nigris ; anticis pluribus ni- gris; ad basim rufescentibus : onychiis anterioribus flavis ; posticis fuscis. Alis flavescentibus, ad basim subhyalinis , abdomine longioribus. nm Lunghezza del corpo 11"" — Lunghezza delle ali CHE Messico: Plaga Vicente (Sait). Collezione B£rrAnpr. IV. Famiglia — ASILIDEA. — Asilici Larr. 2. Sotto-Famiglia — LAPHRIINA, — Zaphriae Maco. 9. Genere LAPHRIA Fasr. Pedibus totis rufis. Li. NO .. 3. L. homopoda BrLL. 9. LAPHRIA HOMOPODA BELL, Tav. II. f. 16. Maschio. Nigra. Capite lato; antice depresso : fronte profundissime excavata, nigra, cinereo-pollinosula: tuberculo ocellorum valde proe- minente, nigro et nigro-setuloso : antennis longis, totis nigris ; articulo tertio elongato, longitudinem: duorum primorum. simul iunctorum supe- rante : facie lata, cum marginibus parallelis , nigra, nitida, ad basim an- tennarum et ad epistoma valde convexa, medio transeerse et profunde depressa, superne flavescenti-pollinosa, ad margines oculorum rufo- flavescente , villosula; mystace ad partem anticam faciei non adscendente ; setulis omnibus nigris, longis, rigidis: proboscide elongata , crassa, nigra: barba rara, longiuscula, albo-flavescente: occipite nigro, ad margines oculorum. argenteo-nigro-villoso. Thorace parum. convexo, nigro; dorso rare aureo-tomentoso , ad margines nigro-villosulo : pleuris et pectore nigris, cinereo-pollinosis : scutello thoraci concolore : halteribus flavo- Serie TI. Tom. XXI. °D 218 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA luteis. Abdomine vix versus apicem dilatato, depresso, nigro et nigro- tomentoso ; tomento primi segmenti et marginis postici secundi et tertii segmenti raro, aureo: ventre nigro: genitalibus nigris. Coxis nigris , cinereo-pollinosis et albo-villosis : trochanteribus nigris : femoribus , tibiis et tarsis omnibus et totis saturate rufis et dense rufo-villosis , excepto apice femorum posticorum nigro: unguiculis nigris, ad basim rufis : onychiis rufis. Alis vix abdomine longioribus , dimidia parte basali hyalina, dimidia parte apicali fuliginosa. Lunghezza del corpo 15”” — Lunghezza delle ali 26"". Messico: Tuxpango presso Orizaba (Sumicurasr), mese di maggio, sulle foglie degli alberi nei sentieri delle foreste. Collezione BeLLARDI. 3. Sotto-Famiglia — ASILINA. — Asilites Maca. ő. Genere ERAX Scor. Genitalibus magnis , sursum revolutis: pedibus totis nigris ..... AT. E, melanopodus BELL, 17. Erax Loewi Ber. Tav. HT. f. 17. Maschio. JViger. Capite lato, antice depresso: oculis medio minute, ad margines minutissime reticulatis : fronte profundissime excavata, inferne dilatata, superne coarctata, cinereo-flavescenti-pollinosa , ad margines infernos nigro-flavo-villosula : tuberculo ocellorum mediocriter proemi- nente, nigro et nigro-setuloso: antennis nigris; stylo crassiusculo nigro: facie lata, cum marginibus parallelis, superne plana, inferne valde inflata , nigra, cinereo -flaeescenti - pollinosa : mystace magno; setulis albo-flavis et nigris intermixtis : palpis nigro-setulosis: proboscide lon- giuscula, nigra: barba alba: occipite cinercoflavo-pollinoso, ad margines Jlavo-villoso , superne nigro-spinoso. T'horace valde conyexo, nigro; vittis et maculis luteo-flavis : villis et setulis dorsalibus raris , nigris, posticis flavidis ; setis marginalibus nigris: pleuris et pectore cinereo- fusco-pollinosis : scutello nigro; cinereo-fusco-pollinoso , multivilloso ; villis longis Jlavis , nonnullis nigris intermixtis : halteribus Jlavescentibus. Abdomine (exclusis genitalibus) alis breviore, ad basim lato, nigro, ad margines laterales cinereo-flavo-pollinoso , undique albo-flavo-villoso : margine postico segmenti sexti et toto segmento septimo argenteis: ge- nitalibus magnis, sursum revolutis , nigris: ventre abdomini concolore. DI L. BELLARDI 219 Pedibus omnibus totis saturate nigris: anterioribus dense et longe flavo- | villosis ; omnibus rare nigro-spinosis : tibiis posticis rufescenti-tomentosis : | unguiculis longis , nigris: onychiis flavo-rufescentibus. Alis flavescentibus , margine antico versus apicem valde arcuato : cellulis marginali et sub- | marginali undulatis; prima posteriore appendiculata , versus apicem y coarctata. Lunghezza del corpo 19"" compresi gli organi genitali. ' Id. delle ali 287". La sola specie delle molte che ho descritte nella seconda parte, la quale abbia in comune con questa i piedi interamente neri, si è PErax nigripes; essa però se ne distingue facilmente per la forma degli organi genitali poco voluminosi e non rivolti alin su, pel numero delle bende dell'addome, per la loro posizione, pel margine anteriore delle ali non arcato , ecc. Messico: Tuxpango presso Orizaba (Sumicnrasr), nel mese di maggio. Collezione BeLLARDI. 5. Genere ASILUS Linn. i Pedibus nigris, extrema basi tibiarum rufescente...... 10. As. Tuxpanganus BELL. 10. Asinus TuxPANGANUS Bert. (Philonicus Loew ). Maschio. Niger. Capite thorace latiore: oculis medio minute, ad margines minutissime reticulatis: fronte valde excavata, inferne lata, superne coarctata , cinereo-flavo-pollinosa : tuberculo ocellorum parum proeminente : antennis nigris ; articulo tertio elongato ; stylo crassiusculo : facie superne coarctata, inferne dilatata , plana, ad epistoma convexiuscula, dense flavo-cinereo-pollinosa: mystace mediocri, ad dimidiam partem faciei | non adscendente ; setulis albis, nonnullis nigris intermixtis : palpis nigris : | proboscide brevi, nigra: barba densa, longa, nivea: occipite cinereo- pollinoso , superne nigro-spinoso. T'horace satis convexo, cinereo-flavo- pollinoso: vitta longitudinali mediana bifida: maculis quatuor rotundatis, nigris: tomento brevissimo, raro, nigro: setis nonnullis longis, nigris ad marginem posticum : pleuris et pectore cinereo-albo-pollinosis : scu- x : tello cinereo-flavo-pollinoso , ad marginem posticum nigro-bisetuloso : halteribus albis; capitulo flavo. Abdomine longitudinem alarum non d aequante, nigro-fusco , ad basim cinereo-micante: segmento primo cinereo; n— — A 220 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA secundo antice cinereo, medio-fusco , postice cinereo-cingulato; tertio antice fusco, postice cinereo ; aliis tertio concoloribus: omnibus ad mar- gines laterales nigro-setosis; vitta postica cinerea, minima : genitalibus elongatis, nigris, nitidis , albo-flavo-villosis : ventre cinereo. Pedibus nigris, albo-tomentosis , extrema basi tibiarum rufescente: femoribus anterioribus albo-villosis et rare nigro-spinosis; posticis subtus rare spinosis: tibiis anticis longe albo-villosis et nigro-spinosis; posterioribus nigro-setosis : unguiculis nigris : onychiis pallide fuscis. Alis obumbratis, ad basim hyalinis. Femm. Setulis mystacis nigris, crebrioribus: villis albidis femorum et tibiarum anteriorum subnullis: oviductu brevi. mm Lunghezza del corpo 13”? — Lunghezza delle ali 21 Messico: Tuxpango presso Orizaba (Sumicurast ), mesi di aprile e maggio sui terreni aridi. Collezione BELLARDI. 6. Genere OMMATIUS Truis. Alis fuliginosis ..... in area re i US CipenTes DELL 2. OMMATIUS FUSCIPENNIS BELL. Maschio. Niger, cinereo-pollinosus. Capite lato, parum convexo: fronte brevi, profundissime excavata , flavo-aureo-pollinosa : tuberculò ocellorum valde proeminente , nigro et nigro-setoso: oculis antice depressis , sub- planulatis , medio minute, ad margines minutissime reticulatis: antennis saturate nigris; articulis primo et secundo nigro-setulosis ; tertio brevi ; stylo praelongo , nigro; villis infernis praelongis: facie conica, regula- riter convexa, flavo-aureo-pollinosa : mystace magno, a basi antennarum ad epistoma producto; setulis longis , omnibus albo-flavidis , sericeis : barba nivea, densa, longa: occipite flavo-pollinoso et villoso , superne nigro- spinoso. Thorace valde convexo, subnudo , nigro-fusco: vittis longitu- dinalibus et transversalibus , marginibus et maculis anterioribus cinereo- flavo-pollinosis ; setis nonnullis nigris , ad margines laterales: pleuris et pectore flavo-cinerescenti-pollinosis: scutello Jlavo-cinerescenti-pollinoso et flavo-villosulo : halteribus flavis. Abdomine nigro , flavo-villosulo: seg- mento primo toto, segmentis secundo, tertio et quarto postice et ad margines laterales cinereo-pollinosis : genitalibus parvulis, nigris, ad | n w--h— DI L. BELLARDI 221 apicem rufescentibus: ventre toto cinereo-pollinoso. Pedibus nudis, nigris: parte antica femorum anteriorum , ima basi et parte postica femorum posteriorum et tibiis omnibus ad basim latissime flavis : femoribus anticis muticis , posterioribus subtus spinosis; spinis numerosis, validis , in duas series dispositis, nigris: spinis nonnullis aliis nigris, irregulariter disse- minatis : unguiculis praelongis, nigris, ad imam basim rufescentibus : onychiis praelongis , flavis. Alis abdomine longioribus , hyalinis : margine antico versus apicem valde arcuato: cellulis marginalibus, submargina- libus et primis posterioribus profunde undulatis el fuliginosis; ima basi Jlavescente: prima cellula posteriore ad basim acuta, inappendiculata. Femm. Mystace rariore. Abdomine toto fusco , cinereo-pollinoso. Alis abdomine multo longioribus ; margine antico non arcuato; cellulis mar- ginalibus et submarginalibus vix undulatis; fuscitate densiore , plusquam dimidiam. partem apicalem alae amplectente. Lungh. del corpo ô 15” © r4?" - Lungh. delle ali ô 27"" © 28"". Varie sono le specie affini alla presente; fra queste le principali sono le seguenti: O. pumilus Mace.; O. tibialis Sax; O. marginellus Farr. Distinguesi dalla prima per le sue dimensioni molto maggiori, per la mancanza di setole nere fra i baffi, per le gambe tutte rossiccie inferior- mente, e per le ali le quali sono giallognole alla base, hanno una larga macchia fuligginosa, ed il cui margine anteriore è arcato nel maschio. Dalla seconda per la mancanza di setole nere fra i baffi, pel colore dello scudetto, dei fianchi, del petto e delle anche non argenteo, pel colore delle tibie non bianco, pel colore scuro non bigio della parte api- cale delle ali. E dalla terza, colla quale ha in comune la struttura generale delle ali in ambedue i sessi, per la mancanza di setole nere fra i baffi, tanto nel maschio quanto nella femmina, per la parte inferiore e la base di tutti i femori rossicci, e per la macchia fuligginosa e non bigia della parte apicale delle ali. Messico: Tuxpango presso Orizaba (Suwrcumasr), mese di aprile € di maggio. Collezione BELLARD1. 222 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA 4. Sotto-Famiglia — DASYPOGO — Dasypogonitae Maco. 2. Genere DASYPOGON Farr. Tibiis anticis calearalis...... ...... ees. 23, Das. subiglapensis BELL. 23. DASYPOGON PSEUDOIALAPENSIS BELL. Maschio. Fuscus et luteo-aureus. Capite thorace latiore , antice valde depresso: oculis medio minute, ad margines minutissime reticulatis : fronte depressa, concava, dense aureo-pollinosa : tuberculo ocellorum parum proeminente, nigro-setoso : antennis longiusculis, flavo-rufis ; articulo secundo longitudinem primi superante ; tertio longo , superne nigro-setoso , inferne versus apicem. subfalcato: facie lata , marginibus parallelis , plana, vix ad epistoma proeminente , dense aureo-pollinosa : mystace simplici , setulis albo-aureis : palpis nigris, ad extremum apicem rufis, nigro-se- tulosis: proboscide longa , acuta, nigra, nitida: barba rara, brevi, albo- flava : occipite aureo-pollinoso, superne nigro-maculato et nigro-spinoso. Thorace brevi, mediocriter convexo, flavo-aureo : vitta mediana antice lata , postice attenuata , margini antico contigua, ante marginem posticum terminata, maculis quatuor, anterioribus rotundatis , posterioribus elon- gatis, saturate nigris: spinis marginalibus numerosis , praelongis , nigris : pleuris et pectore flavo-aureo-pollinosis: scutello parvulo, plano, flavo- aureo-pollinoso, postice nigro-bisetuloso : halteribus flavo-aureis. Abdomine longo, gracili, longitudinem alarum subaequante, nigro , fusco-aureo- micante; margine postico omnium. segmentorum flavo-aureo : genitalibus rufis : ventre flavo-luteo. Pedibus totis rufescentibus , exceptis extremo apice femorum posticorum et duobus ultimis articulis omnium tarsorum nigris : spinis longis , nigris. Alis hyalinis, ad apicem et ad marginem posticum fuliginosis : cellula marginali et prima posteriore ad marginem alae coarctatis. Lunghezza del corpo 15”” — Lunghezza delle ali 28", Questa specie ha moltissima analogia col D. ¿alapensis publicato nella seconda parte, dal quale credo si debba distinguere pei seguenti carat- teri: dimensioni maggiori, corpo più robusto, segmenti dell'addome neri, orlati posteriormente di giallo dorato, cangianti in molti siti dal bruno DI L. BELLARDI : 558 al giallo dorato, i due ultimi articoli dei tarsi neri, la fuliggine delle ali più intensa, la cellula marginale e la seconda posteriore più ristrette al loro incontro col margine dell'ala. Messico: Tuxpango presso Orizaba (SumicurasT), in maggio e giugno, sulle strade e nei boschi. Collezione BeLLaRDI. V. Famiglia — LEPTIDEA. 1. Genere LEPTIS Fa»n. | segmentis ibus abdominis postice luteo-marginatis 2. L. bitaeniata Bet. } segmentis omnibus abdominis postice migris......... 3, L. laeniata BELL. 2. Lepris BITAENIATA BELL. Tav. HI. f. 14. Maschio. Nigra, cinereo-pollinosa. Capite lato: oculis magnis , non contiguis: tuberculo ocellorum parum proeminente, nigro, cinereo-pollinoso. fronte concava, longitudinaliter uni-sulcata , nigra, cinereo-pollinosa : antennis fuscis : stylo longiusculo, villosulo : facie nigra, cinereo-pollinosa : epistomate valde proeminente: palpis et proboscide nigris, albo-flavo-villosis: barba alba: occipite nigro, cinereo-pollinoso. Thorace fusco, aureo- tomentosulo , in detritis subnudo: vittis duabus longitudinalibus postice evanescentibus, cinereis: pleuris et pectore nigris, cinereo-pollinosis : scutello thoraci concolor, , ad marginem posticum nigro-villosum : halte- ribus nigris, ad basim flavis. Abdomine nigro, aureo-tomentosulo et flavo-villosulo : segmentis secundo et tertio antice late flavis ; vitta flava medio postice profunde emarginata: ventre nigro, ad basim pallido. Pedibus fuscis : femoribus posterioribus et tibiis pallidis. Alis lutescen- ` tibus: nervis apicalibus fusco-marginatis: macula stigmaticali mediocri , fuliginosa. mm Lunghezza del corpo g”” — Lunghezza delle ali 18°”. A nessuna delle molte specie esotiche già pubblicate da Macquarr, Wazker ecc., si può riferire la presente specie, la quale rappresenta nel Messico la Z. lineola d'Europa. Essa è caratterizzata sopratutto dalla benda di color biondo mar- ginata assai profondamente nella parte mediana e posteriore del secondo — — e a ce ere SE 224 SAGGIO DI DITTEROLOGIA MESSICANA e del terzo segmento dell'addome, e dalla leggiera tinta bruna che ac- compagna i nervi della parte apicale dell'ala. " hu ton’ 9 p : af Y M 1 Messico: Tuxpango presso Orizaba (Sumicuras7), aprile e maggio. | Collezione BELLARDI. 3 LEPTIS POLITAENIATA BELE. Tav. TII. f. 13. à | Femm. Nigra, luteo-vittata. Capite latiusculo : fronte lata, longitu- | " dinaliter unisulcata , depressa , marginibus parallelis, nigra , cinereo- pollinosa; tuberculo ocellorum parum proeminente, nigro, cinereo-pollinoso: | antennis fuscis, stylo longiusculo,tomentosulo: : facie nigra, cinereo-pollinosa: epistomate proeminentissimo , subtestaceo : palpis nigris : proboscide flava : barba subnulla , flavescente : occipite nigro, cinereo-pollinoso. Thorace nigro, aeneo-viridi-tomentosulo : pleuris et pectore nigris, cinereo-pol- linosis : scutello thoraci concolore : halteribus nigris, ad basim flavis. Abdomine brevi, conico , nigro : segmentis omnibus ad marginem posticum vittatis: vitta lutea, satis lata, nitida: ventre abdomini concolore. Fe- moribus flavo-luteis : tibiis flavo-fuscis: tarsis fuscis. Alis ad basim fla- vescentibus, ad apicem. late fuliginosis : macula stigmaticali nigra; elongata. i mm mm Lunghezza del corpo 6"" — Lunghezza delle ali 14 La benda gialla posteriore di ciascun segmento dell'addome, e la tinta bruna delle ali sono i caratteri più importanti di questa specie. Messico: Tuxpango presso Orizaba (SumicurasT), mese di aprile. Collezione BeLLARDI. | 2. Genere CHRYSOPILA Maco. Corpore nigro, argenteo-villoso ........2................ 9. Chr. nigra Bert. 2. CunysoPILA NIGRA BELL. Femm. Saturate nigra. Fronte latissima , medio transversim. inflata , nigra, cinereo-pollinosa : tuberculo ocellorum minimo: antennis nigris: stylo nigro , crassiusculo : facie nigra. cinereo-pollinosa : epistomate proeminentissimo , medio fisso: palpis et proboscide nigris: barba rara, fusca: occipite cinereo. Thorace convexiusculo et scutello saturate nigris, è a —— DI L. BELLARDI 225 immaculatis : pleuris et pectore fuscis: halteribus fuscis, ad basim pal- lidis. Abdomine brevi, saturate nigro, immaculato : segmento secundo antice late transversim argenteo-villoso. Pedibus anticis nigro-fuscis : femoribus ad apicem, tibiis ad basim pallidis : pedibus posterioribus. . . . . Alis hyalinis , iricoloribus, ad imam basim. fuscis: macula stigmaticali parvula , rotundata , fusca. 1, mm Lunghezza del corpo 4 7 mm — Lunghezza delle ali 12 Il colore generale nero, denso, vellutato e la benda trasversale di peli lunghi , bianco-argentati del primo segmento dell'addome sono le note più caratteristiche di questa specie. Messico: Tuxpango presso Orizaba (SumrcurasT), mese di aprile. Collezione BeLLARDI. Serie II, Tom. XXI, | tc M A — M e (A COS on. delle HUN di Cris ? se di Se. eu. c Mars À. Gon ANI Y J | | Di Tav.1 1 y | B. | | a il 3 | | l^ ^ | | | magie ET 3 x tos ii FT en 4 s | es EE Jav. A JH. Heinemann. dt SULLA j TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ED IN PARTICOLARE ULLA TRASFORMAZIONE IPERBOLICA ' j | | Ge Ve SCHIAPARELLE Memoria letta ed approvata nell'adunanza del 7 febbraio 1861. | IL La trasformazione delle figure è una delle più feconde sorgenti di verità che alla geometria siano state aperte dalle investigazioni dei | moderni. Essendo data una figura, si potrà sempre trasformarla in un'altra col mutare secondo una legge determinata il sito dei suoi punti: ed è " manifesto che le sue proprietà nella trasformazione non si perderanno, i ma si convertiranno in altre più o meno semplici, più o meno importanti. In tal guisa si riesce a trasportare le doti di una figura semplice e co- nosciuta sopra un’altra di più difficile natura senz’altro soccorso estraneo, che quello di una perfetta conoscenza della trasformazione operata. L'ana- logia che un tal modo di procedere presenta colle trasformazioni anali- tiche e i vantaggi che da esso derivano per la geometria furono già } notati da Cmasrrs: « Quando si riflette alla natura dei metodi analitici, ) e si cerca la ragione, per cui essi hanno apportato tanti vantaggi alla y geometria, non è forse evidente, doversi questo in gran parte alla facilità 4 3 delle trasformazioni, a cui si assoggettano coll’analisi le espressioni origi- À nariamente introdotte? Trasformazioni di cui il segreto e il meccanismo l formano la vera scienza, e il continuo oggetto delle ricerche degli analisti. | Non è forse naturale tentare d’introdurre nella geometria pura analoghe | 228 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. trasformazioni, le quali si fondino immediatamente sulle date figure e sulle loro relazioni? » (1). Sebbene soltanto nei tempi più recenti si sia concepito questo modo di ricerca geometrica in tutta la sua generalità, delle speciali sue appli- cazioni si possono rintracciare anche in epoche anteriori. Noi possiamo con tutta probabilità attribuirne il primo saggio ad Arcene. Quando nella epistola a Dosrrro, che precede la Quadratura della Parabola egli scrive di aver trovato il modo di quadrar l’ellisse, ma fondandosi sopra lemmi di difficile concessione, è naturale pensare che vi sia giunto con- siderando l'ellisse come un circolo trasformato per mezzo dell'estensione proporzionale delle sue ordinate (2). Si può altresì riguardare come un modo di trasformazione la proiezione stereografica con cui ProLemeo (o secondo altri, T»rarco) insegnò nel suo Planisferio a trasformare le figure sferiche in piane. Le operazioni per cui Pappo Alessandrino passa dall'elica e dalla spirale Archimedea alla Quadratrice di DinostrATo (3) possono eziandio considerarsi come trasformazioni geometriche. Srevin e Myporce mostrarono, dopo il risorgimento delle lettere , come l'ellisse si possa generare dal circolo non solo estendendo propor- zionalmente le sue ordinate, ma ancora inclinando le medesime di un angolo costante (4): metodo che del resto da assai tempo era in uso fra i pratici del disegno. Da questa trasformazione, coll’aiuto di cui la con- siderazione delle coniche e delle superficie di 2.° grado vien ridotta a quella del circolo e della sfera, diversi geometri trassero molte belle in- venzioni, e più d ogni altro Dur, che nei suoi Sviluppi di Geo- metria (b) fondò sovr’ essa la Teoria dei contatti delle superficie, e la determinazione delle loro curvature. Nel secolo XVII Cavarrerr e RoservaL, PascaL e Grecorio da (1) Aperçu historique sur l'origine et le développement des méthodes en géométrie, capo v, $8. Di quest’opera divenuta nel suo originale piuttosto rara si può avere facilmente la versione tedesca del Pr. SOHNCKE , sollo il titolo di: Gerdjidte der Geometric, Goupefiólid im Bezug auf die neueren Methoden, bon Chafles, Halle und Berlin, Gebauer, 1839. (2) Questa è l'opinione di Cournor, Traité élém. de la Th. des fonctions et du calcul infinitésimal, Vol. II, p. 67. (3) Parri Alex., Collect. Math. Lib. IV, Prop. XXVIII et XXIX. (4) Cnastes, ibid. Capo H, $ 32. (5) Développements de Géométrie pour faire suite à la Géométrie lytique et à la Gé to ess criptive de M. MONGE: par Charles Durin. Paris 1813. Veggasi specialmente premier Mémoire, § IL DI G. V. SCHIAPARELLI 229 S. Vincenzo dedussero le proprietà della spirale Archimedea trasfor- mandola in una parabola (6). La generazione delle curve di 2." grado per mezzo delle sezioni di un cono a base circolare non è in realtà che una trasformazione del circolo base in quelle curve. Anche già presso ApoLLonio troviamo trasfor- mate le proprietà del circolo base in proprietà equivalenti della sezione obliqua per mezzo di rette convergenti al vertice del cono. Ma se noi imaginiamo situato un occhio al vertice del cono, potremo considerare la sezione conica come una prospettiva del circolo base fatta sul piano della sezione assunto a far le veci di quadro. La prospettiva è, come vedesi, una specie di trasformazione; essa è anche una delle più sem- plici, e senza contrasto la più utile, Il primo a considerare le sezioni coniche sotto quest'aspetto, e ad applicare le proposizioni conosciute della prospettiva alla deduzione pronta, chiara e generale di teoremi relativi alle trasversali ed alle coniche pare sia stato Desarcues. Con questo si fu in grado di considerare le sezioni del cono fatte da piani qualunque, senza considerare il triangolo dell asse. Egli e Pascar suo discepolo sco- persero con questaiuto un gran numero di nuove proposizioni, che ai metodi anteriori sarebbero state poco accessibili. La Teoria delle coniche assunse una forma interamente nuova. I geometri che vissero dopo Pascau e Desarcues fino al cominciare del XVIII secolo imaginarono molte altre diverse trasformazioni proprie a mutare le coniche in circoli e viceversa, e a trasportare dalle une agli altri le proprietà loro. Tali sono le Planiconiche di Lamre, e le trasfor- mazioni analoghe di Le-Porvre e di John Leste (7). Newrox nel Libro I, Lemma XXII dei Principi risolve alcuni difficili ed importanti problemi relativi alle coniche, trasformandole in circoli con un modo ancora di- verso da tutti i precedenti. Come però dalla natura delle cose dee aspet- tarsi, tutte queste trasformazioni si riducono alla prospettiva diversamente combinata con estensione e ‘inclinazione di coordinate. Questo soggetto, poco coltivato nel secolo scorso (come in generale tutta la geometria pura) , occupò molto i fondatori della nuova geometria. Nel 1812 PonceLET, prigione di guerra in Saratow, pose i fondamenti dell'opera, in cui questa materia si trova portata al più alto grado di perfezione, e ridotta ad una (6) Questa trasformazione si trova descritta nell’ Istoria delle Matematiche di MoNTUCLA, ma in modo erroneo, siccome notò Gabrio Prota nel suo Elogio di B. CAVALIERI, pag. 37. (7) Su tutte queste trasformazioni ha un cenno CmasLes, ibid. capo III, $5 30-34. A ced _L e 230 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. dottrina regolare, fonte di molte importanti scoperte (8). Ma più recen- temente analizzando gli ultimi principi da cui derivano le proprietà della trasformazione prospettica , si trovò che le considerazioni del rapporto anarmonico e dellomografía sono gli elementi più semplici e più diretti, da cui tutte le dottrine derivate fin allora con deformazioni prospettiche si possano dedurre. In queste infatti si conservano i rapporti anarmonici, e ogni figura vien trasformata in un’altra omografica della prima. Quindi anche il nome di deformazione omografica che si è surrogato a quello di prospettiva, come derivante dal nervo della cosa, e più proprio, spe- cialmente nelle 3 dimensioni, rispetto a cui il nome di prospettiva non geometria di S forma interamente nuova. STEINER in Germania nel suo Sviluppo siste- ha pià vero senso. Su queste considerazioni fu creata una matico della mutua dipendenza delle forme geometriche (9) e novel- lamente Cnasces in Francia col Trattato di Geometria superiore (10) svilupparono le verità della geometria su questa base. La deformazione omografica unita col principio della dualità (con essa intimamente connesso) forma un istrumento potente d'investigazione geo- metrica. Essa è la sola che non muti in generale il grado delle linee trasformate (l'estensione ed inclinazione delle coordinate e il cambiamento di sito non essendone che casi particolari). Per questa ragione essa è incomparabilmente più facile ad usare e più feconda di risultati, che qualsivoglia altra trasformazione: a quel modo che nell’ analisi quelle trasformazioni, che implicano soltanto operazioni quali sogliono occorrere nella formazione e scioglimento delle equazioni lineari, sono più frequen- temente usate di ogni altra. Quelle trasformazioni all'opposto che non conservano il grado delle linee trasformate, sono di natura assai più complessa, e sebbene in molti casi possano condurre a risultati , cui altri metodi difficilmente si pre- stano, la somma delle loro applicazioni é molto meno estesa. Elle possono assimilarsi ai così detti artifizi di calcolo nell'analisi, e sono in realtà artifizi di analisi geometrica: cosi gli uni come gli altri servono a rendere più facile all intelletto la comprensione di certi rapporti che a prima (8) Traité des propriétés projectives des figures. Paris 1820. (9) Suftematifhe Entiwidelung der UbbAngigreit geometrifher Geffalten von einander, Berlin, 1832. Di quest'opera elegante e profonda, che dovea constare di 5 parti, non si ha ancora che la prima. (10) Traité de Géométrie supérieure. Paris 1852. Le idee fondamentali sviluppate in questo libro trovansi già esposte nelle appendici che accompagnano il citalo Aperçu etc. (1837). €, 1 "m DI G. V. SCHIAPARELLI 231 vista si presentano sotto forma assai complicata. Nell'uno e nell’altro caso ogni artifizio non può applicarsi utilmente che ad una classe particolare di questioni. I geometri si sono per conseguenza limitati sempre ad alcuni casi particolari atti a facilitare quel genere di ricerche che aveano in vista (11). Fra questi è degno di nota l'elegantissimo principio delle imagini di W. Tuomson, per cui si trasforma una figura in un'altra prendendo la reciproca dei suoi raggi vettori (12). Esso offre forse il modo più facile e naturale di considerare le proiezioni stereografiche: dà semplici ed ele- ganti dimostrazioni geometriche dei teoremi pià complessi della trigono- metria sferica; e serve con maravigliosa facilità alla risoluzione dei problemi relaüvi ad intersezioni e contatti di circoli e di sfere. La trasformazione iperbolica ha con quella di Tuomson la stessa analogia che I’ iperbole equilatera col circolo, e gli esponenziali colle linee trigonometriche. Ambe hanno proprietà comuni all'una e all'altra: ciascuna ha inoltre delle pro- prietà speciali che nell’altra non trovano che delle correlative. Nostra intenzione non è dare nelle cose che seguono una trattazione sistematica delle trasformazioni geometriche : tanto varrebbe voler sotto- porre a regole determinate gli artifizi analitici: ed è molto a dubitarsi se tale impresa si possa mai condurre a buon fine. Riflettendo però alle diverse espressioni analitiche con cui le trasformazioni si possono rappre- sentare, si trova esistere una classe delle medesime in cui ad un solo punto della figura primitiva corrisponde anche un solo della trasformata, in virtù della semplicità delle equazioni di trasformazione, le quali danno il sistema delle nuove coordinate in funzione delle antiche, e queste in funzione di quelle, per mezzo di equazioni di 1.° grado. Tal classe dee necessariamente comprendere tutte le trasformazioni più semplici e più utili; discutendola infatti, si trova esservi comprese non solo le deforma- zioni di Ancmmenr e di Stevin, e la deformazione omografica, ma ancora x uella di Tuowsow, a cui è correlativa la trasformazione iperbolica: e 2 (11) Non parliamo di certe conversioni di figure a cui si può dare eziandio il nome di Trasfor- mazioni, ma non si fanno col deformare la figura secondo una data legge: bensi collo scambiare elementi di una specie in elementi d’altra specie, come rette in punli e viceversa, volumi in aree (come nel metodo degli indivisibili), aree in lunghezze, ecc. Qui non è questione che delle de- formazioni o anamorfosi propriamente dette. (12) Se ne può vedere una breve esposizione nell’ interessante operetta di SERRET, Des Méthodes en Géométrie, Paris 1855. Si consulti pure LIOUVILLE, Journal de Mathématiques, vol. XU. | [ | 1 282 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. come caso particolare, compreso fra le due, esiste pure in questa classe una trasformazione parabolica. La trasformazione di Tromson essendo già stata trattata da diversi geometri, io mi rivolgo nella seconda parte alla trasformazione iperbolica, esaminandone le principali proprietà , e waendone alcune deduzioni rela- tivamente all’identità di proprietà descrittive che ha luogo fra un sistema qualsivoglia di rette, e un sistema analogo di coniche assoggettate a pas- sare tutte per 3 dati punti: e fra un sistema qualsivoglia di piani e un sistema analogo di superficie di 2.° grado assoggettate a passar tutte per lo stesso punto e per la stessa conica. Come queste considerazioni geometriche possano giovare anche all’analisi vien dimostrato sul fine del lavoro, dove non solo si traducono analitica- mente i risultati prima trovati colla geometria, ma viene estesa la trasforma- zione iperbolica e le sue proprietà ad un numero qualunque di variabili, per il chie le considerazioni geometriche non possono più servire. Inoltre applicando la trasformazione iperbolica alle equazioni indeterminate di 2.° gradoïa 2,53; 4,02. variabili, si viene a mostrare sotto un aspetto nuovo l’analisi indeterminata di 2.° grado per quanto riguarda le solu- zioni razionali: ed anche per quanto riguarda le soluzioni intere, trat- tandosi di equazioni omogenee. CAPO PRIMO. FORMA GENERALE DELLA TRASFORMAZIONE DI 1.° ORDINE ED ANALISI DEI SUOI ELEMENTI. Il. Forma generale della trasformazione di 1.” ordine. Sia F(x,y)=0 l'equazione di una linea in piano; e supponiamo che si domandi di trovare l'equazione della linea in cui essa si trasforma, allorquando se ne trasportano i punti secondo una legge determinata. Questa legge non si potrà matematicamente esprimere, che col dare due equazioni fra le antiche coordinate x, y e le nuove &, n, in guisa che dati i valori delle prime (o il sito di un punto primitivo) se ne possano ricavare le seconde (o il sito del punto trasformato corrispondente) e viceversa. Supporremo dunque che la data legge di trasformazione sia rappresentata dalle due equazioni DL G.V. SCHIAPARELDI 288 AS on CIC O He eee (1). E manifesto che ricavando da esse i valori d x; y in funzione di ë, x e surrogandoli nella data F(x,y)=o, risulterà un'equazione in ë, 7, come (Ë,%)—0o, la quale rappresenterà la curva domandata. Per maggior chiarezza. d'espressioni chiameremo curva primitiva quella rap- presentata dalla data equazione f(x, y)= o tra le coordinate primitive x ed y: daremo poi il nome di trasformata alla curva e all'equazione D(Ë,1)æo fra le coordinate trasformate E, n: Le equazioni (1) saranno comprese sotto il. nome di trasformatrici. La natura della trasformazione che si opera dipende esclusivamente dall indole delle equazioni (1). Elle si applicano non solo ai punti della linea che si vuol trasformare, ma eziandio a tutti gli altri punti situati nel piano della medesima: così che quando in questo siano descritte più linee, converrà tener conto della loro trasformazione simultanea. Le stesse cose valgono per le tre dimensioni , dove naturalmente le equazioni trasfor- matrici fra le coordinate primitive x,y,z, e le trasformate £, z, € saranno tre. Essendo dato un sistema di valori delle coordinate primitive, o un punto primitivo, si potrà dalle equazioni trasformatrici ricavare un sistema di valori per le coordinate trasformate, o (più; sistemi, anche in numero infinito, come può avvenire, quando le: (1) appartengono alla famiglia delle equazioni trascendenti. Cosi ad un punto primitivo può corrispon- dere: un: solo punto trasformato , ma ne pub corrispondere. un. numero maggiore; ed anche. infinito. Inversamente lo stesso. punto. trasformato può (corrispondere! ad uno: |o pit od: anche infiniti punti. primitivi. La moltiplicità dei valori;;puó «qui diventare non. meno «molesta, che nelle. ricerche idi;\amalisi: pura; ¿Gomes d'altra parte nell’ infinito numero. delle trasformazioni: possibili non: siisono ancora. considerate che poche. delle più semplici vel quí più che altrove. necessario. procedere dal semplice al composto: abbandoneremo per orale trasformazioni multiple e; d'ordine ‘superiore, limitandoci a considerare quella classe, per cui ad ogni punto primitivo non corrisponde che un trasformato, e viceversa: sicuri, che in tal classe saranno contenute tutte le. trasformazioni più semplici e di più utile applicazione. A queste abbiam. dato: il nome di trasformazioni di 1. ordine. Trattasi primieramente di stabilire quale debba essere la forma delle Serie Hl. Tow. XXI. Pg > 234 SULLA TRASFORMAZIONE ‘GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. equazioni (1) nella trasformazione generale di 1.° ordine. Ammetteremo per questo fine i due seguenti postulati : a) Che le trasformatrici (1) siano algebriche, e non contengano x, y o E, v sotto segni trascendenti. D'ordinario le trascendenti, o nella forma diretta, o nella forma inversa introducono una infinita multiplicità di valori. Noi però vogliamo avere l’unità di soluzione nel vero senso ana- litico, e teniamo quindi anche conto delle soluzioni infinite ed immaginarie. Dovremo perciò escludere tali trascendenti, anche quando offrono una soluzione reale unica, come i logaritmi. Non è agevole pronunziare se esista una trascendente tale, che prenda un solo valore analitico per ogni valore del suo argomento, e viceversa. Data però anche la sua possibilità, noi vogliamo limitarci alle trasformazioni algebriche. b) Che onde ad un dato sistema di valori x, y corrisponda un solo sistema ë, 4, questo debba potersi ricavare dal primo per mezzo di equazioni lineari in ë, 1: e inversamente, onde a dati valori di €, 7 corrisponda un solo valore d x, y, questi derivino da £, n per mezzo di equazioni lineari in x, y: ciò si rende evidente dalla teoria delle curve. Affinchè due linee algebriche poste in une stesso piano s'incontrino in un solo punto, elle debbono essere linee rette (*). Dunque perchè da due equazioni in x, y risulti un solo sistema di valori, queste equazioni debbono essere lineari in x ed y. Queste cose essendo stabilite , osserveremo, che le due equazioni trasformatrici algebriche si potranno sempre, dopo la disparizione dei radicali e dei denominatori, ridurre a non contenere che potenze intere e positive delle quattro variabili x,y : č, n. Ed affinchè queste equa- zioni possano servire ad una trasformazione di ;r.° ordine, converrà che siano lineari rispetto ad x,y quando &, n ‘siano considerate come co- stanti; e lineari rispetto a €, n, quando si suppongano costanti x,y: Ciascun termine adunque non dovrà contenere più che una: dimensione di x, y, e non più che una dimensione di E, #., La forma delle due equazioni non potrà essere che la seguente: o — P,-- Q, x+ Q,y +0;5+Q,n1+R,éx+R,ny+R;éy P Tuae Adottando dunque i segni 4' A"... 4/ 4"... B' B"... ecc. per indicare dei coefficienti costanti, avremo, ordinando prima rispetto ad x ed y, (*) Si noti che le soluzioni imaginarie, infinile od eguali, vengono qui anche in calcolo. x T DI G. V. SCHIAPARELLI 235 poi rispetto a 4 ed n le seguenti espressioni analitiche della trasforma- zione generale di 1.° ordine: (d'6+B'n+C')x+(A"8+B"n+C")y+(4"E+B"u+C")=0 (AE B/ 4-C/) xc Am (4, E B, C" E Drap A I É oppure (Alar Ay LT Eae (Be + By +B") ae (Cla + C"y+C")=0 i (Alt Aly +A) E+ (B'e +B +B") n+ (Clee C"y +0" = ol 2. Onde poter investigare comodamente la natura di questa trasformazione dobbiamo anzitutto cercare di ridurne l'espressione alla maggior semplicità possibile. Come avviene nell'algebra, che talora una formula risulta dalla successione di più conversioni diverse sovrapposte le une alle altre: cosi pure nella dottrina delle trasformazioni sovente una di esse non appar- tene ad alcun genere particolare: ma è semplicemente il risultato di parecchie altre trasformazioni più semplici ed irreduttibili fra loro com- binate. Dovrà dunque, presentandosi una trasformazione, esser scopo del geometra analizzarla nei suoi elementi, onde riconoseerne la vera natura. Questo appunto vogliamo tentare sulle formule (2) e (»/). Innanzi tutto perd sarà necessario esaminare alcuni casi particolari di queste formule, i quali ci faranno strada alla risoluzione di quella generale trasformazione nelle sue clementari. Risolvendo le equazioni (2) rispetto ad x ed y, si troveranno l'uno e l’altro espressi in funzioni di È, 7» della forma DIESE Eu O + G'E+ HK i “MER NE +PN+QE+Rn+S ? | : DN E" En F'n GE H"a +K" i | eth tn (his V= MEAN EA Put QEF RIES ? dove. le maiuscole D'D"E'E"...... MN ecc. ‘indicano coefficienti co- stanti, funzioni di 4'4"...... BABIES ecc. facili a determinare, e che debbono avere fra di loro certe relazioni, onde si possano le (3) ridurre alla forma (2). Non tutte le trasformazioni della forma (3) sono riducibili alla forma (2): quindi nel discutere le (3) dovremo sempre avvertire alle condizioni necessarie perchè le stesse rappresentino una trasformazione di 1.° ordine. i I casi particolari, di cui intendiamo discorrere a parte, e che possono considerarsi come trasformazioni di natura speciale, sono i seguenti : me M D t i 236 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. I a=60'5+Ha+K',; y=G"é+H"n4+K"; II LO E HE KC > CUERPO" 4 + K" 3 (b= (ERA TOR RAS i HL. == ME+Nîn+Po+G'4-H'n MESRN E Pr GE He ME-NÉPSCQiIc Hu! IT Me +N Poy QEA Ri I due. primi al semplice. aspetto: si; mostrano riducibili alla forma (2); riguardo. al, terzo questa riducibilità non è più.così evidente, ma risulterà in seguito dalla particolare discussione che sopra questo caso verrà in- stituita (*). II. Trasformazione lineare. Indichiamo con questo nome la trasformazione x=G'Eé+ Hit K' ; SIGA TT epe ROME AT S (4) perchè in essa le ascisse primitive sono funzioni lineari delle. trasformate > e queste delle prime, avendosi reciprocamente E=Lx+My+N; n=l'x+M"y+N"; L'M'N', L'M"N" sono qui coefficienti numerici agevoli a determinarsi in funzione dei coefficienti primitivi G'77' K', G"H"K". Questa trasfor- mazione ha luogo ogni volta che nelle equazioni generali (2) mancano i termini contenenti una delle coordinate antiche e una delle nuove in- sieme combinate. Essa comprende in sè tre trasformazioni elementari ed irreduttibili, di cui si può sempre considerare come composta. a) La prima di queste trasformazioni elementari ha luogo, quando l’ascissa primitiva. e la trasformata, l’ordinata primitiva e la trasformata non differiscono che per nna quantità costante. Essa è contenuta nelle formule s x=ËE+ Kk’; yn K" Eur. oi. (5) b ed è manifesto, che in tal caso la figura non subisce alcuna deformazione propriamente detta, ma viene semplicemente trasportata parallelamente (*) Fra i casi particolari notabili non abbiamo enumerato quello in cui, essendo i numeratori di 2,2 grado, il denominatore è costante. Allora x ed y sarebbero funzioni intere di 2,0 grado in £, n: e si può dimostrare, che una tal forma non deriverà mai dalle (2). Basta a tal fine osservare che equazioni di questa specie, risolute rispetto a &, n darebbero sempre più che una soluzione: il che è contrario alla natura delle, trasformazioni di 1.9 ordine. DI G. V. SCHIAPARELLI 239 a se stessa in modo, che le ascisse di tutti i suoi punti si accrescano delle quantità, — K', e le-ordinate delle quantità =K". b) La seconda trasformazione elementare è contenuta nelle formule d — A ei ai: MS sli sal cero iE (o. ed in questo caso la figura trasformata è dedotta dalla primitiva per estensione proporzionale di coordinate. Le nuove astisse ele nuove or- dinate stanno alle primitive nel rapporto di 1:G', e di 1:17". E questa la trasformazione che più sopra attribuita fu ad AncmiwEpE (S I). Essa entra sovente nella composizione di altre trasformazioni. i c) Dalla trasformazione generale (4), separando dapprima la trasfor- mazione particolare (5), cioè trasportando la figura parallelamente a se stessa, col porre x=xX,+K! ; y=y PE", avremo la forma più semplice x2 G eH nex = G E+ A" a; eseguendo poi sulle coordinate £, n l'estensione proporzionale indicata dalle formule EV GORGE, ; a. VH" +H =n, resterà fra x,y, e £v, la trasformazione G' H' PER, Gin 7, rym è G" LH DU Vo rer gen) 2H " che, ponendo BP Pig 1 fang. = GA si converte in XH, = ë, COS. Q, COS. Y ; y =Esim.p+sin.p .... (7). Or queste formule coincidono precisamente con quelle che si sogliono impiegare nel passaggio da un sistema d’assi rettangolari «x,y, (fig. 1) ad un altro d’assi obliqui È, y, inclinati rispettivamente degli angoli ø, Y sull’asse x,. Si potrebbe dunque riguardare £,z, come coordinate dello stesso punto a cui appartengono, le corrispondenti x,y, ma riferite ad assi differenti. Essendo per esempio M il punto primitivo, cioè x, = ON, y =MN ; avremo &£ = MP, x, — MQ. E siccome noi usiamo riferire 238 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE F'GURE ECC. la figura primitiva e la trasformata ai medesimi assi X,¥,, si costrurra il punto M' trasformato di M col prendere OQ'=0Q=8,, OP'—OP- x, e compiendo il rettangolo OM". Si vede di più, che dal parallelogramma MO si passa al rettangolo M'O coll'alterarne semplicemente gli angoli, senza mutare le dimensioni dei lati: ossia girando le ordinate oblique OP, QM dell’angolo costante 90° —d+%, in modo che diventino fr: di loro perpendicolari. Come la stessa cosa si può dire di qualsivoglia altro punto M, segue che la trasformazione (7) è in sostanza quella di Srevin e di Myporce, e consiste in una inclinazione costante delle coor- dinate rispetto alle loro direzioni primitive ($ I). Ed ogni trasformazione lineare (4) sarà sempre decomponibile in 3 altre più semplici: cioè r.° in un trasporto della figura parallelamente a se stessa; 2.° in una inclinazione costante delle sue coordinate; 3.° in una estensione proporzionale. Quando y — p = 90° l'inclinazione delle coordinate si riduce ad una semplice rotazione della figura intorno al- l'origine. Questa trasformazione è abbastanza nota nei suoi effetti , per render inutile ogni ulteriore sviluppo delle sue proprietà. Essa conserva il pa- rallelismo delle rette, e la proporzienalità delle misure prese lungo la stessa direzione, come pure la proporzionalità delle aree. Se consideriamo il circolo 48 CD. concentrico all'origine (fig. 2), troveremo che, dopo eseguita l inclinazione delle ordinate e l'estensione proporzionale, ne risulta un'ellisse 4! B' C'D'. Se sopra il circolo si prendano quattro punti distanti di 90°, sarà facile mostrare colla con- siderazione delle tangenti, che i due diametri ortogonali da quelli deter- minati si trasformeranno in diametri coniugati dell’ ellisse trasformata. Fra tutti i sistemi di diametri ortogonali che si possono condurre nel circolo ne sarà uno 4C, BD, che avrà per trasformati i due assi A'C', B'D' dell'ellisse. Ora è manifesto che in luogo di passare dal circolo all'ellisse coll’ inclinazione delle coordinate e coll'estensione pro- porzionale, noi potremo seguire un’altra via, facendo le seguenti opera- zioni: r. girando il circolo nel suo piano in modo che i punti ABCD passino in a bcd; 2. estendendo proporzionalmente le coordinate del circolo parallelamente agli assi ac, bd in guisa che i punti æ, € passino m A' OA Eb: din BUD Dunque, nella trasformazione lineare allin- clinazione delle coordinate si può sempre surrogare una rotazione della figura nel proprio piano combinata con um estensione proporzionale. A dn — —n = DI G. V. SCHIAPARELLI 239 Osserveremo per ultimo, che quando si vogliano sovrapporre più trasformazioni lineari, cioè eseguirle consecutivamente Sopra una data figura, il risultato finale sarà sempre una trasformazione lineare unica. IV. Trasformazione omografica. Il secondo dei casì particolari che si è stabilito di considerare è espresso dalle formule _GE+H'n+K' : | LG" & + Hs K" 8 v Qua Raus ^ 7m ORR RY O cioè da frazioni di 1.° grado in È, x egualmente denominate. La risolu- zione di queste equazioni rispetto a È, n dà delle forme analoghe, cioè delle frazioni di 1.° grado in x,y egualmente denominate. Essendo infatti PIP" tre moltiplicatori indeterminati, avremo zt zn mol: |L'G'+V"G"+} Olé | VII Me ores +H +P" A PR] E CE È PAS | Ora si può sempre determinare i rapporti di 7/77"77" in guisa che i coefficienti di £, n nell'ultimo fattore del secondo membro vadano a zero. Denotando con U Ja quantità costante e nota P"K'4+P"K"+ | AU Re sì avrà così U i Q5+Rn+S" e introducendo questa condizione nelle (8), se ne deriva Ux G'E+H'n+K' AREA y + Em > U O ns ele V'x + Fly + "= Queste equazioni risolute rispetto a č, 7 daranno evidentemente delle forme quali f TE Ty eT" ; __Z'x+Z'y+Z" SENYOR le quali non differiscono dalle (8) per la forma, ma soltanto pel valore generalmente diverso dei coefficienti, 240 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. Questa è la trasformazione che Warne: (*) propose come una gène- ralizzazione di quella data da Newton nel Lemma XXII dei Principi. Cuastes ha però: dimostrato, che: la differenza fra le due non è punto essenziale, riducendosi ad una diversità di sito nelle figure primitiva e trasformata. In realtà essa può ridursi a forma incomparabilmente più semplice , separandone gli elementi estranei. Impiegando primieramente la trasformazione lineare considerata nel $ precedente, faremo NC oe n = Q'E R"n S con che le (8) si muteranno in fon GE + H In, +K! 7, GE + Hs + K" NL adenine Sa 1 o Gy grg- Kr d : Di 5, 9, =G] Hk È; 4, dh dove G'G.”....ecc. sono numeri facili a calcolare. Risolvendo queste due equazioni rispetto a = e ad si avranno espressioni della forma Er E È I ; S IGaeHy-K 5 L—G'ekH'yak ; i 1 essendo G/, H! ..... ecc. altri coeflicienti. Usando ora sulle coordinate primitive x, y la trasformazione lineare x,mG!x--H/y-M-K!; — y, G/x-- Hy K! , le equazioni trasformatrici si ridurranno alfine a z : pri $;—— 5 Upea A e MB (10). E Ji Ka y Adunque la trasformazione generale (8) equivale alla (9) o (10) com- posta con una duplice trasformazione lineare, una fatta sulla figura primitiva , cioè Gla+rHiy+Ki=xo 5 Gl'ax+Hliy+E!=y; (*) Miscellanea lytica de aeguationibus algebraicis el earum proprictatibus, 1762: oppure: Pro- prietates curearum algebraicarum, 1772, CHASLES Aperçu capo V § 23, e capo IV $ 10. DI G. V. SCHIAPARELLI 241 e l’altra sulla figura trasformata , cioè m es n= Q5+Rn+S. Siccome la trasformazione (9) è la più importante di quante si co- noscano, e noi dovremo in seguito farne uso assai frequente, non sarà inutile considerarla con alquanta attenzione dal nostro punto di vista. Paragonandola con la trasformazione del Lemma XXII dei Principi, Cuastes ne ha mostrato l’identità, non essendovi altra differenza, che una diversa disposizione degli assi. L'una e l’altra non sono che diffe- renti espressioni della deformazione omografica o della Prospettiva (*). Dalla discussione delle equazioni (9) e (10) si traggono le seguenti pro- posizioni, di cui non è necessario addurre qui la minuta dimostrazione: I. Essendo (fig. 3) OX, OY gli assi delle coordinate, si prenda O H= 1 e si conduca HK parallela all'asse x. Tutti i punti di questa linea nel trasformarsi rimarranno invariati di sito. Essa corrisponde alla intersezione del piano della figura col quadro. II. Dato un punto 4 si troverà il suo trasformato conducendo OH’ Op i : da . g A! il punto trasformato di 4. È facile mostrare che inversamente 4 AI, OI ed AB: quindi prendendo OB'= Condotta B'4', sarà sarà il trasformato di 4'. Quindi risulta che i punti situati al di sopra di HK avranno i loro trasformati fra le parallele OX, HK, e viceversa. I punti situati a distanza infinita hanno i loro trasformati sull asse x. I punti dello spazio negativo XY'X' subiranno analoghe mutazioni ri- spetto alla retta hk simetrica di HK dalla parte delle y negative: ma nello stesso tempo cambieranno il segno della loro ascissa. 1 punti di (^) Essendo dati 3 piani coordinati nello spazio , supponiamo che rispetto a questi l'equazione di un piano faciente le funzioni di quadro sia Y=1: e che una figura f(x, y)—0 sia tracciata sul piano Z=1, stando l'occhio nell’origine. Le equazioni di un raggio visuale condotto ad un punto della figura, le cui coordinate sono x, y, 1, saranno espresse dalle seguenti formule, in cui XYZ indicano le coordinate correnti : Ki uA ui «i e le coordinate della sua intersezione col piano Y=1 (cioè della sua prospettiva su questo piano) saranno: etc cg Ma die Y y ove si vede che XZ vengono sul piano del quadro determinate dalle x, y della figura precisamente allo stesso modo che £,», dalle x,y, nelle (9) e (10). Queste adunque sono l'espressione di una prospettiva. Serie II. Tom. XXI. 2G 242 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. questa linea hk perciò non rimangono invariati, ma passano ad una po- sizione simetrica dall'altra parte dell'asse YY!. Così mentre C è trasfor- mato di se medesimo, al punto m corrisponde per trasformato m'e vi- ceversa. Tutta la trasformazione è del resto simetrica rispetto all'asse y. III. Le rette parallele all'asse x dopo la trasformazione restano ancor tali: ogni altro sistema di rette fra loro parallele si converte in un sistema di rette convergenti sull’asse X: il quale per conseguenza sarà la così detta linea dei punti accidentali. Per costruire il punto ac- cidentale di una retta qualsivoglia MN si prenda Oh=OH, e si con- duca AS parallelamente ad MN. Sarà Y il punto accidentale. Siccome poi il punto C della retta MN è immutabile di sito, esso apparterrà anche alla-trasformata, e per conseguenza la trasformata di MN sarà FC. Il punto h serve cosi alla trasformazione di qualsivoglia retta. Esso è per conseguenza di grande uso anche nella prospettiva pratica (*). In questo punto convergono tutte le linee AS che sono trasformate di se medesime, e non subiscono che una semplice trasposizione di punti lungo la propria direzione. L'origine O è il punto accidentale di tutte le rette che prima della trasformazione correvano parallele all'asse y. IV. Tutte le coniche si trasformano in altre coniche: e assegnando alla figura primitiva un sito conveniente, si può ottenere una trasformata di qualunque specie si voglia: precisamente come da un cono qualunque di 2.° grado (escluso il caso del cilindro) si può trarre qualunque se- zione di forma voluta. Ogni cono di 2.° grado ha due sistemi di sezioni circolari; anche sarà possibile colla trasformazione nostra mutare qual- siasi conica in un circolo, e questo in infiniti modi. In tal guisa si può trasportare immediatamente su una conica qualunque un gran numero delle proprietà del circolo. Le teorie delle polari, degli assi radicali, ` delle figure omologiche, degli assi di sintosi derivano da queste consi- derazioni con grande prontezza. V. Quando la curva primitiva taglia l’asse x in qualche punto, in generale nasce nella trasformata un doppio ramo iperbolico. Le tangenti nei punti trasformati sono trasformate delle tangenti nei punti primitivi. Quindi la tangente della curva primitiva in un punto, ov'essa interseca l’asse x, dopo la trasformazione diventerà tangente a distanza infinita (*) È quello che LEROY nella Stereotomia suole indicare con D. DI G. V. SCHIAPARELLI 243 (veggasi alinca IL), cioè asintoto di un doppio ramo iperbolico. Inver- samente ogni ramo iperbolico implica nella trasformata un'intersezione coll'asse x: l'asintoto primitivo diventa allora tangente alla nuova curva nel punto d'intersezione (*). VI. Quando si abbiano più curve con asintoti paralleli, nella trasfor- mazione questi convergeranno in un comune punto accidentale: i rami che prima erano iperbolici ora si taglieranno tutti in tal punto, e le vette che prima erano loro asintoti, ora saranno loro tangenti nel medesimo. VII. I rapporti anarmonici dei punti posti sulla stessa retta e delle rette convergenti nel medesimo punto si conservano nella trasformazione. Essendo dati infatti quattro punti di una retta le cui ordinate siano YJ J3, M rapporto anarmonico dei loro segmenti sarà per esempio Jum ya, 3 ; il rapporto anarmonico dei segmenti trasformati sarà Tate Ts n, — Ma UTI MTA iu I gs: I =— ; y= 5 yii Lia san " Ja. 1 Js " fornite dalle equazioni (9) di trasformazione, quelle due espressioni sono eguali. Quindi si conserverà pur anche il rapporto anarmonico di quattro rette convergenti in un punto: perché tale rapporto é misurato da quello dei segment che quelle quattro rette intercettano su una segante comune. Non verrà dunque neppure alterato il rapporto armonico (cioè il rapporto (*) Quindi un metodo per trovare gli asintoti delle curve. Sia proposta la curva di 3.9 grado }x2—(y—1)a] la+2y|=1; la sua trasformata sarà: fia (1—-n)2| lzel =n, secondo le formule (9). Gli asintoti della curva primitiva nella trasformazione diventeranno tangenti alla tras- formata nei punti ov'essa interseca l’asse x. Questi punti sono dati da = +1, £— —1, £— — 2. Le equazioni delle tangenti della trasformata in questi punti sono: n+2§—2=0; n+2E+2=0 : n—i—2=0 ; ritornando ora alle coordinate primitive, ci serviremo delle formule (10): con che la curva riprende la forma originaria, e le tangenti ora trovate diventano asintoti. Le equazioni di questi saranno dunque: 21—2y+1=0 ; 2x+2y+1=0 ; æ+2y—1=0 ; che è quanto si domandava. A questa regola sfuggono quegli asintoti che sono paralleli all’asse x, perchè dopo la trasformazione rimangono ancor tali. Ma essi ordinariamente si trovano considerando la forma della data equazione: oppure applicando il metodo precedente dopo di aver scambiato gli assi x ed y: allora gli asintoti che prima erano paralleli all’asse x diventeranno perpendicolari al medesimo, e si potranno scoprire come ogni altro. 244 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. anarmonico che è eguale ad 1); ed anche si conserverà l’involuzione di sei punti, come quella che risulta dall’eguaglianza di due rapporti anarmonici dei segmenti di una retta fra quelli compresi; come ancora l involuzione di un fascio di sei rette. VIII. Notiamo finalmente, esser permesso sovrapporre più defor- mazioni omografiche, anche nella forma più complessa, qual é quella di Ware; il risultato finale sarà sempre una deformazione omografica unica. Il che possiamo anche esprimere, dicendo: Za prospettiva di una prospettiva è sempre una prospettiva. V. Uso delle trasformazioni precedenti. Non è questo il luogo di esporre le numerose conseguenze che dalla prospettiva o dagli elementi ad essa equivalenti derivano, specialmente trattandosi di un terreno a più riprese esplorato da Geometri di primo ordine, e in cui poco potremmo dire di nuovo. Solo a modo d’esempio, e come saggio della chiarezza e brevità che le trasformazioni introducono nei ragionamenti, apporterò una dimostrazione di alcuni teoremi relativi agli esagoni inscritti e circoscritti alle coniche, la quale sotto questa forma non so di aver veduto in altro luogo. I. Sia dato l'esagono qualunque 4BCDEF (fig. 4) inscritto ad una conica di qualsivoglia natura. Si prolunghino i lati opposti fino al loro concorso in 2'P"P"": quindi unendo due di questi punti, per esempio P' e P" con una retta P' P", la si adotti come linea dei punti accidentali, e si trasformi tutta la figura per prospettiva. La conica si trasformerà in un’altra, in cui le due coppie di lati che prima conver- gevano in P P' saranno diventate parallele. Allora per inclinazione di ordinate e per estensione proporzionale si potrà ridurre la conica ad un circolo (*); e come queste ultime trasformazioni non alterano il paral- lelismo delle rette (S III), in ultimo la fig. 4 sarà mutata in un circolo con entro inscritto un esagono, di cui due coppie di lati opposti sono parallele (fig. 5). Sia abcdef questesagono, e sia af parallela a cd, ef parallela a bc. (*) Quando la conica sia un'iperbole od una parabola, questo non sarà possibile che usando coefficienti imaginari ed infiniti. Ma si può evitare l’uso di tali coefficienti facendo una deformazione omografica preliminare, per cui la conica data si trasformi in un'ellisse: il che si può fare in in- finiti modi | I Ì DI G. V. SCHIAPARELLI 245 Dico che le corde ab, ed formanti la terza coppia saranno anche fra loro parallele. Infatti gli angoli in f e c sono eguali, come compresi fra rette per ipotesi parallele: quindi gli archi ded, afe saran pure eguali. E le rette ab, ed fra cui tali archi sono intercetti, saranno parallele. I lati opposti dell’esagono erano dunque tutti paralleli fra di loro anche prima che per inclinazione di ordinate ed estensione proporzionale la conica fosse ridotta a circolo. Epperò quando per deformazione omo- grafica sì ritorni alla conica primitiva della fig. 4, i lati opposti dell’esagono dovranno convergere in punti posti sulla stessa retta dei punti acciden- tali (8 IV). Dunque i tre punti P'P" p" giacciono in linea retta: ossia In qualsivoglia esagono inscritto ad una conica i lati opposti $ in- contrano in tre punti giacenti in linea retta. Questo è il celebre teorema dell'esagramma mistico di Pasca, da cui questo eccellente Geometra in età di 16 anni deduceva in 4oo corollarii tutta la teoria delle sezioni coniche. Esso fu lasciato assai tempo in dimenticanza, al pari del non meno fruttifero teorema di MeneLao sulle trasversali: e fu scoperto ri- petutamente da diversi Geometri, fra gli altri da Mac-Laurin (V. PoncELET, Tr. des pr. project. Préface) e da Besser, che ne diede una dimostra- zione trigonometrica pel caso del circolo (V. Briefwedfet swifhen $. W., Beret unb W. Olbers, herausgegeben bon A. Erman). Quando la conica proposta si riduce a due rette concorrenti o paral- lele, il teorema sussiste egualmente, e in questa forma fu scoperto, o almeno per la prima volta a noi iei da Parro (Lib. VII. Prop. CXXXIX). Serve allora a risolvere alcuni problemi di geometria pratica senza misura di linee. Veggasi la Geodesia di Bonpowr, ove per questo caso particolare è data una dimostrazione analitica. II. Sia dato l'esagono qualunque 4BCDEF (fig. 6) circoscritto ad una conica; unendo fra loro i punti di contatto MN..... avremo un esagono inscritto MNPORS. Si trasformi ora la conica e gli esagoni per prospettiva combinata con inclinazione ed estensione di coordinate per modo che la conica diventi un circolo, e i lati dell’esagono inscritto sian due a due pers come sopra fu me nella fig. 3. Avremo allora una figura come la 7°; e' sarà mn parallela ad rq, np ad sr, pq ad sm. Per il centro o del circolo:si conduca il diametro be perpen- dicolare alle corde mn, rq; per essere mnb, er q triangoli isosceli, tal perpendicolare a per 2, e. Che è quanto dire, la diagonale de passa pel centro œ. Lo stesso varrà per le altre diagonali. Dunque esse M TT 246 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. avranno una comune intersezioné nel centro del circolo: e lo stesso avendo dovuto aver luogo prima della trasformazione, ne seguirà che le diagonali primitive 4D, BE, CF si tagliano tutte in un punto comune O: vale a dire: In ogni esagono circoscritto ad una conica le tre diagonali che uni- scono i vertici opposti concorrono nel medesimo punto. Questo teorema fu enunciato per la prima volta da BriancHow nel 1817 e può derivarsi da quello di Pascar usando del principio di dualità. Il modo di dimo- strazione che qui si è seguito permette di ricavare i corollari che seguono: III. Conducendo nella fig. 7 le diagonali mg, nr, ps fra 1 vertici opposti dell'esagono inscritto, i loro punti di concorso ;', i", i" si tro- veranno evidentemente sulle diagonali be, da,fc dell'esagono circoscritto : lo stesso avrà quindi luogo nella fig. 6. Epperciò le diagonali che uni- scono i vertici opposti dell'esagono inscritto s'intersecano due a due in tre punti situati ciascuno sopra una diagonale dell’esagono circoscritto : cioè in Z',I", 1". IV. La posizione dei quattro lati ab,bc,fe,ed (aswazion fatta della loro lunghezza) è simetrica rispetto alla diagonale be: se quindi prolunghiamo ab, ed, come pure de, ef fino al loro rispettivo punto di concorso, otterremo due punti simetrici rispetto a be e la retta che li congiunge sarà parallela ad mn, rq. Dunque nella fig. 6 la retta che passa pei punti di concorso di AB, ED; e di BC,EF va nel punto d'incontro di MN, RQ. O più semplicemente: se 1, 2,3 (fig. 8) siano i punti ove concorrono i lati opposti dell esagono circoscritto, essi giaceranno due a due în linea retta coi punti PPI Pili cui aiino tersecano i lati opposti dell'esagono inscritto. Questo teorema e il prece- dente sono correlativi in virtù del principio di Gerconne sulla dualità V. Dal trovarsi © nel centro del circolo (fig. 7) si conclude senza più che il punto O, in cui concorrono le tre diagonali dell'esagono cir- coscritto, è polo della conica rispetto alla retta P'P"P" su cui s'in- contrano i lati opposti dell’ esagono inscritto. Da questa circostanza e dall' essere © centro del circolo inscritto al triangolo ;'i";", e centro anche del circolo condotto pei tre punti ove concorrono i lati opposti dell’esagono abedef, si possono dedurre altre numerose conseguenze. VI. Se per i punti della fig. 7, in cui le linee diametrali ad, be, cf tagliano la circonferenza del circolo, conduciamo a questo delle tangenti, esse formeranno un esagono:avente i suoi lati paralleli a quelli dell'esagono DI G. V. SCHIAPARELLI 247 mnpqrs. Dunque se pei punti a, 8,7, 0, s, o. della fig. 6 si conducano delle tangenti alla conica, si formerà un esagono circoscritto, i cui lati opposti concorreranno negli stessi punti P', P", P"' in cui concorrono i lati corrispondenti dell'esagono inscritto, ecc. ecc. VI. Trasformazione conica e sue tre forme. Prendiamo a considerare il terzo dei casi accennati nel S II, com- preso nelle formule x ME ANEP + G'E+H'n C ME--NEn-- Pr +QE+Rn ME +N En+ Pr + G'E+H"n | IP MES NEn Pet QE + Ra | Esaminando a parte il trinomio ME*+NEn+Pr”, è noto per la teoria o pag EV S (Tt). delle curve di 2.° grado, che mediante una trasformazione lineare della forma E=4E,+ Bu, ; n= 4'E,+ B'n, sì può sempre ridurlo ad uno dei tre tipi Etn’, 5035 (Esny secondo che N°-4MP <, oppur >, oppure —0. Adunque le equazioni (11) si potranno sempre portare a ricevere una delle tre forme che seguono, nelle quali D'E'F', D" E" pr, pr gm gom indicano coefficienti costanti di valore determinato: 5 n cian Y EST ee 3 nl Dp" a s n" 7 E Pug d pate nS i ot > UT a apt i rr E a Niviriod E n > p" zi z E" z 3 pul D". ; à m - i F "m Fee ub BT HET È 5 ui 5 n 5 Y D' + E' P' p" E" n ELI TT cado st E mts D" : : EEG = - + ii DUE : - "eg k - eM I 4 n 5 D! —— + E' +"! Mr " A s G) E) y i T Gan on č n zx È n D" " Hr n m m Ih età gast ME Roney Te 248 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. Ora è manifesto che effettuando sulle coordinate primitive x ed y la deformazione omografica : D'a+E'y+F : D'a+E" y +k" “E Dx E" q FW ? Jpn Ey p" ; le tre forme precedenti si cambieranno nei tre tipi semplicissimi (dove ad x, y, abbiam surrogato x, y) put win TPE de RES (12) T = . T É Nerone (13) È FLEURS FETE) ; TE ro TEE ie (14) e i due ultimi si potrebbero ridurre a semplicità maggiore, quando non si voglia aver riguardo alla simetria. La risoluzione dei tre sistemi rispetto a £, n dà le formule reciproche 2 x È y : nn (= 3 ) y xy E = ? i= y ) Case e wA bun n= LL; (x+y) (xy ed in tutti e tre i casi si ha abu arts dal che segue che in tutti e tre i casi si conservano le direzioni rispetto all'origine, o al centro della trasformazione, il punto primitivo e il trasfor- mato trovandosi sul medesimo raggio vettore condotto a partir dall'origine. Noi abbiamo così trovato tre specie di trasformazione godenti di un carattere comune, e aventi fra loro la medesima relazione che le tre sezioni del cono. Siccome queste possono riguardarsi come curve della stessa natura, non differenti che per il valore di certo parametro, così queste tre trasformazioni possono considerarsi come casi o generi di una trasformazione generale, che è quella cui diamo il nome di conica. Distingueremo poi i tre generi dando loro i nomi delle curve cui sono analoghi; e quindi daremo alla (12) il nome di trasformazione ciclica, ini or A DI G. V. SCHIAPARELLI 249 alla (13) quello di trasformazione iperbolica, e alla (14), limite fra i due generi precedenti, il nome di trasformazione parabolica. Da tutto questo si potrebbe forse concludere, che invece di consi- derare tutte e tre queste trasformazioni separatamente, è meglio consi- derarne una sola, riducendo le altre a questa. Il passaggio però da una delle forme (12), (13), (14) ad un’altra non si può fare che per l’ima- ginario o per l'infinito: inoltre certe proprietà che in una trasforma- zione sono da annoverarsi fra le più importanti, nell’altra non esistono che sotto un’altra forma, come nel capo 2.° sarà mostrato da più esempi. Accade qui come nelle sezioni del cono. La considerazione del circolo descritto sul grand'asse ha per Pellisse un’importanza, che non ha l'iper- bole equilatera descritta sul grand'asse di un’ iperbole qualunque. Al con- trario la considerazione degli asintoti, così utile per Piperbole, non ha egual vantaggio per l’ellisse, i cui asintoti sono imaginari.. Gli effetti geometrici immediati delle tre trasformazioni precedenti sono inoltre tanto diversi, che senza l’analisi precedente con difficoltà si potrebbe assegnar loro una comune origine. Quanto poi importi adattare a ciascun genere di questioni la trasformazione che gli conviene, si vedrà dagli effetti della trasformazione iperbolica, non così direttamente deducibili dalla ciclica. Dalle -tre forme (12), (13), (14) risulta rispettivamente (x ay) (E m x)m:; (15 en) (ča=r; (ken) ær sf 0 le quali esprimono le proprietà geometriche fondamentali appartenenti a ciascuno dei tre generi di trasformazione. Congiungendo a queste la pro- 2 EG SEPE dr ë . $ - I 4 prietà generale già indicata — =, ciascuna delle tre rimane deter- E 7 minata, e fissato il suo enunciato geometrico. Noi possiamo dire infatti, che I. La trasformazione ciclica è quella in cui il rettangolo delle coordinate primitive e quello delle trasformate sono simili ed hanno dia- gonali reciproche ; IL Nella trasformazione iperbolica i rettangoli delle coordinate primitive e trasformate essendo simili, le loro aree sono reciproche ; III. Vella trasformazione parabolica il rettangolo delle coordinate primitive è simile a quello delle trasformate, ed ha un perimetro reciproco. Le (15) somministrano ancora un altro modo di considerare l’analogia Serie IL Tom. XXI. aH 250 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. delle tre trasformazioni. Ammettiamo che l’unità, la quale nel secondo membro determina i valori reciproci, sia nella trasformazione iperbolica eguale a quella della ciclica divisa per V2, e nella trasformazione para- bolica eguale a quella della ciclica moltiplicata per V2. Cioè riferiamo ai medesimi assi le tre trasformazioni : j - ^ a \‘ (x°+y°)(8+n°)=a' > (zy) (yz) ; (zy) (5+1) = (a Ya)! 5 dove a è una linea arbitraria. Si dovrà modificare le equazioni trasfor- vs) matrici in conseguenza; e sarà (a.Va) . Eme oe i Ei a (1) (1) t y (III) CRT — LL te PRET me A ep een p Tbe o Ciò posto, si osserverà facilmente che in ognuna delle tre trasformazioni sì può imaginare un sistema di curve comprese nella stessa equazione (in cui un parametro può avere diversi valori), e che due a due si corrispondano come trasformata l'una dell’altra, Queste curve, detto m il parametro variabile, sono per ciascuno dei tre casi TI. x°+y°=m°, la cui trasformata in virtù delle (16) è &+n° = <3 IL x . y =m, la cui trasformata in virtù delle (16)è — . » =5 ; 4 j puesta NES snai II. (x+y) =m, la cui trasformata in virtù delle (16) è (+) = ES Ove si vede che ogni curva primitiva è simile e similmente posta con la sua trasformata, ed è espressa da un'equazione di egual forma. Queste curve sono: per la trasformazione ciclica, il caso più semplice dei circoli, cioè circoli concentrici; per la trasformazione iperbolica, il caso più sem- plice delle iperboli , cioé iperboli equilatere e concentriche: per la trasformazione parabolica il caso più semplice delle parabole, cioé due rette parallele, le quali ad un tempo sono il limite fra i circoli con- centrici e le iperboli concentriche. I parametri primitivi sono reciproci dei trasformati. Se di più noi prendiamo il parametro m tale, che dopo la trasformazione DI G. V. SCHIAPARELLI 251 conservi il valore primitivo, cioè nel r.° caso poniamo m 2a, nel secondo a E Vs RI D He , nel terzo m=a.Y 2, le curve primitive si confonderanno colle 2 trasformate. Come inoltre la direzione dei raggi vettori non viene alterata, segue che tutti i punti di tali curve non cambiano di sito durante la trasformazione , e sono quindi linee di punti invariabili, come già tro- vammo essere la linea HK nella fig. 3. Costruendo queste linee dei punti invariabili dietro le loro equazioni aya ayia, (xy) maa, si troverà (fig. 9) che esse si toccano nei punti «c distanti dall’origine della quantità a e posti s'una retta 44! inclinata egualmente sui due assi delle coordinate: retta che si potrebbe anche assumere quale asse comune di simetria per le tre trasformazioni. Prendendo ora due altri punti 4 ed 4' ad eguali distanze su questa retta, e costruendo per essi le curve corrispondenti dei tre sistemi, esse saranno ivi pure fra loro tangenti: lo stesso accadrà delle loro trasformate, le quali avranno un (aa) A A! > tore qualunque SS, nella trasformazione ciclica saranno invariabili i punti x e x'; inoltre cc' avranno CC' per trasformati, e viceversa. Nella tras- formazione iperbolica saranno invariabili i punti eo; e Ah! avranno per asse aa'= cioè reciproco di 4 4’. Se si conduca un raggio vet- trasformati 77 H'; e nella parabolica i punti invariabili saranno #7, mentre i punti pp! avran per trasformati PP’, e inversamente. Lungo l’asse 4 4! le tre trasformazioni producono tutte il medesimo effetto. L'essere poi i parametri delle nostre curve reciproci, quando le curve sono reciproca- mente trasformate l’una dell’altra, conduce alla conclusione, che quanto più i punti primitivi sono prossimi all'origine, tanto più lontani ne an- dranno i trasformati: per guisa che nel punto O può considerarsi come raccolto tutto lo spazio, che prima della trasformazione giaceva tutt’al- Pintorno a distanza infinita. Esso è ad un tempo il centro della trasfor- mazione , e il suo punto accidentale. Ogni linea che passi m volte per il punto O dopo la trasformazione svilupperà 272 rami infiniti correnti due a due in direzioni opposte: e l’inversa ha pur luogo, salvo alcuni pochi casi d’eccezione nelle due ultime trasformazioni. Esistono, oltre alle pre- cedenti, molte altre correlazioni; ma dobbiamo riservarne lo sviluppo o al Capo 2. j | \ t è Ñ 252 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. Noteremo per ultimo , che il carattere geometrico della trasformazione ciclica può svilupparsi eziandio in quesValtro enunciato: la trasformazione ciclica è quella, in cui i raggi vettori primitivo e trasformato sono nella stessa direzione e reciproci l'uno dell'altro. Dunque essa equivale al prin- cipio delle imagini di Tuowsow (*); e questo principio non solo ha due altri principi correlativi , ma è altresì da annoverarsi fra le trasformazioni del primo ordine. Esso costituisce uno dei tipi ¿rreduttibili compresi nella forma generale (2). M Per dimostrare che le tre trasformazioni coniche (12), (13), (14) sono veramente di 1.° ordine basta considerarne le equazioni trasformatrici , le quali, risolute sia rispetto a x, y, sia rispetto a £, non danno più che un solo valore per ciascuna delle coordinate, e quindi per ogni punto primitivo non forniscono che un punto trasformato. Che se si desideri veder dimostrato a priori, che veramente le (12), (13), (14) non sono che casi speciali delle formule generali (2) , basterà attendere alle seguenti osservazioni : I. Avendosi per tutte e tre le trasformazioni £:n::x:7, una delle equazioni trasformatrici sarà in tutti e tre i casi pup o elc c MIO ACIER (17 che evidentemente ha la forma dimandata. Inoltre II. Per la trasformazione ciclica essendo 7, p i raggi vettori primitivo e trasformato, si ha 7*p°==1, ovvero rp=1 (**); che si può scrivere ancora, quando ọ sia l'angolo di r e di p coll'asse x, re(cosp+sin"p)=1 , r C0S.Q.p COS. Q rsin. g. psin.o— x. , o finalmente DICA o DU ma (LO) equazione della forma richiesta. III. Per la trasformazione iperbolica si osserva che z=% ; yen equivalgono ad xn=1 e yG=1: le quali due equazioni ambe hanno la forma desiderata. Se si voglia conservare l'equazione generale (17) vi po- tremo annettere come simetrica con essa la (*) Veggasi il $ I. (**) Escludiamo qui il segno negativo, perchè x e È, y ed » sono sempre rispeltivamente di segno omologe. Così pure nella (20). DI G. V. SCHIAPARELLI 253 arf Seid dio ets iau CMM Uo (19) IV. Nella trasformazione parabolica la condizione (c-+y).(£+n)=1 equivale a (PIERI) ae (20) che è pure un caso particolare delle forme (2). VII. Discussione della trasformazione generale di 4." ordine. 1. Supporremo, per maggiore facilità nelle nostre considerazioni, che le equazioni generali della trasformazione ($ II) siano ordinate rispetto a €, 1. Allora, indicando per brevità con A, A’, A"..... delle funzioni lineari d x, y, cioè delle quantità come d'a + A" y + A", ecc. potremo scrivere brevemente le equazioni trasformatrici come segue: NEA nA" =o ; ASE+A/n+A/"=zo ... (21). Risolvendole rispetto a E, x; si troverà : ATI Ws ALTI ATE / x AM! Ass; Alt AN bist rmm qup m i AR, 01102) Per determinare la natura della trasformazione converrà esaminare al- quanto il modo con cui queste espressioni sono composte. 2. Se noi prendiamo le sei espressioni A e le eguagliamo ciascuna separatamente a zero, avremo sei equazioni lineari in x, y, rappresen- tanti sei linee rette. Per brevità chiameremo A' la linea retta rappre- sentata dall’ equazione A'— 0; A, quella rappresentata dall' equazione A/=0, ecc. Si potrà dunque sempre imaginare in un piano tracciate sei rette non soggette a condizione veruna , le quali rappresentino i nostri sei A. Ciò posto, se veniamo a considerare i tre polinomi di 2." grado in x, y formanti i numeratori e i denominatori delle espressioni (22); troveremo che eguagliandoli ciascuno a zero, si avranno le equazioni di tre sezioni coniche. Ed è ancora a notarsi che queste equazioni sono formate coi A rappresentati dalle sei rette sovr'accennate. Adunque fra le sei rette e le tre coniche deve esistere una connessione geometrica , che ora appunto trattasi d’ investigare. 3. Le equazioni delle tre coniche essendo AMA/—ATA= 0 : AUAS/—A""A'=0 3 AMA "AMA" =o (23) si vede che la prima dipende dagli apici ' " come la seconda dagli apici T wm 254 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. tm nmm , € come la terza dagli apici " ". Esaminiamo per esempio la prima. Noi osserviamo che a renderla soddisfatta basta trovare dei punti sod- disfacenti ad uno dei quattro sistemi seguenti di condizioni: DJS PA == UN, A Oe On, ak ee 3) "AZ Aeg AA emo ogee Ad! cioè: il punto d'intersezione delle rette A’, A/ si troverà sulla conica, e similmente quelli che risultano dalle intersezioni di A' e A", di A," e A", di A," e A/. Da qui deriva, che se noi formiamo un quadrilatero di cui due lati opposti siano formati dalle rette A', A," e gli altri due dalle ^,, A", i quattro vertici di questo quadrilatero , soddisfacendo rispetti- vamente ai sistemi 1) 2) 3) 4) dovranno trovarsi sulla conica considerata. Così abbiamo conseguito per primo risultato che da conica A"A/—A/"A'=0 è circoscritta al quadrilatero formato dalle quattro rette A'A/A"A/" in guisa che A' A”, e A" A, siano rispettivamente lati opposti. 4. Tutte le riflessioni precedenti possono applicarsi egualmente bene alle altre due coniche: per modo che le tre coniche (23) saranno cir- coscritte ad altrettanti quadrilateri formati da diverse combinazioni delle 6 rette A prese quattro a quattro. Onde formarci un’ idea netta di questo sistema geometrico, consideriamo separatamente i sistemi triplici delle rette 4', A", A", e delle A}, A,", A,". Chiamerò corrispondenti le rette dotate dei medesimi apici, cioè A! e A/: A" e A: A" e A,"'; e per chiarezza indicherd eziandio con (1.2) (1.3) (2.3) rispettivamente la 1.% la 2.°, e la 3.* delle equazioni (23) in corrispondenza colla disposizione degli apici. Ciò premesso consideriamo (fig. ro) il triangolo 4 BC formato dal sistema delle rette A’, A", A" e il triangolo abc formato dalle corrispon- denti A/, A,", A/". Si prolunghino i lati corrispondenti fino al loro con- corso in %, (9, y. Si formeranno così tre quadrilateri (1. 2] [1.3] [2.3] e i lati disposti oppositamente due a due saranno persiane All Ade “Ag GA! per [1.3] ..... AMA! e AMA Porn e ar Beh SA INTO eis CA, Questa disposizione è sufficiente per far vedere che delle 3 coniche cia- scuna è circoscritta ad uno dei nostri quadrilateri : cioè (iaaa praa]; (1.3) a [1.3]; (2.3) a [2.3]. Con questo perd non abbiamo ancora espresso tutte le condizioni a cui le 3 coniche devono obbedire. Infatti DI G. V. SCHIAPARELLI 255 essendo date le sei espressioni A, le equazioni delle 3 coniche sono in- tieramente definite; mentre ai nostri quadrilateri è possibile circoscrivere | un numero infinito di coniche. 5. 13 punti a, B, y, che sono vertici comuni a 2 quadrilateri, saranno 4 luoghi d’intersezione di due fra le 3 coniche. Cioè + in « s’intersecheranno le coniche (123) 0 r a) Mh (rs n RH SN me (ane S TT YR IAE iy ee i erent liad) C S) Consideriamo una delle 3 coppie di coniche, per esempio (1.2) e (1. 3), Il loro punto d'intersezione « è pure intersezione delle rette A'=0, A/=0; ed è chiaro che queste due condizioni mandano a zero termine a termine le equazioni delle due coniche, cioè: MAUA/—A/"A'=0 ; AUA'/-—A!"A'=0 2 qualunque sia del resto il valore che per tali condizioni prendono i po- linomi lineari A" A," e A" A.". Anzi (eccettuando casi particolari ) come del tutto indipendenti da A' A/, queste quattro quantità, surrogandovi per x ed y le coordinate del punto «, prenderanno valori qualunque. Per la qual cosa l'equazione della terza conica AU A LES A man non sara soddisfatta, generalmente parlando: cioé la terza conica (253) non passerà per «, dove passano le altre due. Nello stesso modo si farà vedere che, a meno di circostanze affatto speciali, la conica (1.3) non passerà per 8, e la conica (1.2) non passerà per y. 6. Però, ritornando a considerare le due coniche (1. 2), (1-3), sap- d piamo che elle debbono avere, oltre ad «, tre altri punti comuni, di | cui due possono essere imaginari. Le coordinate di questi punti man- deranno a zero le equazioni delle due coniche non più termine a termine, ma per eguaglianza delle parti positive dell'equazione presa nel suo insieme, colle parti negative della stessa. Avremo allora AUA!-A"A'=0 y AMAR A "UA = 0 2 le quali condizioni si possono mettere sotto la forma j A! A" A! A" TA Alea l i F Y 1 | | i 256 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. Al f E E ; o LT Ove si eccettui il caso precedente, in cui RI: queste due equazioni : permetteranno sempre di stabilire la terza M aM 4 s MAN I us AT = FM à ovvero AA TAMPA 1 Li che è semplicemente l'equazione della conica (2. 3). Dunque quei 3 punti, che con g formano le quattro intersezioni delle coniche (1.2), (1.3), appartengono altresì alla conica (2.3): il che equivale a dire ch’essi sono comuni a tutte e tre le coniche. 7. Allora la condizione geometrica, per cui date le sei rette A, le 3 coniche ne restano determinate, si potrà esprimere nei seguenti termini. Le 3 coniche (1.2) (1.3) (2.3) sono circoscritte ai rispettivi loro qua- drilateri [1.2] [1.3] [2.3]; di più esse devono tutte passare per tre altri punti diversi a, B, y. Sarà mostrato fra breve come questi punti si possano ottenere. La fig. rr mostra come si può imaginare un tale sistema di rette e di coniche. I punti segnati 1 2 3 sono punti comuni a tutte e tre le coniche; «, f, y hanno la stessa significazione che nella figura 10, di cui del resto qui si sono conservate tutte le notazioni. I quadrilateri [1.2] [1.3] [2.3] sono qui rispettivamente a«Cfc, «Byb, BAya; i triangoli formati dalle rette corrispondenti sono: 4BC, abc. Esaminando le proprietà di un tal sistema si potrebbe ricavarne dei teoremi assai interessanti. Così per esempio se dal punto « intersezione di 2 coniche conduciamo una segante nelle coniche stesse, otterremo due altri b e c. Allora le rette cf, by condotte a bc dai due punti 7f do- vranno incontrarsi in un punto 4 posto sulla conica (2.3) che non passa per «. Quindi ancora si ricava un modo di generare per moto continuo una conica di cui siano dati 5 punti, usando di due altre. Essendo infatti 1 2 3 B y i dati punti, si conduca una conica arbitraria per 1.2. 3.6 [cioè la conica (1. 2)], ed un'altra per 1.2.3.7 [cioè la conica (1.3). Quindi si fissino tre linee rette da una parte in 4, ff, y e le si movano in modo che dei vertici a, 5, c del triangolo fra loro compreso due, come bec, si movano l'uno sulla conica (1 . 3), l'altro sulla conica (1. 2). Il terzo vertice a descriverà con moto continuo la conica (2.3) passante per 1.2.3.f.7; ecc. ecc. GEE punti comuni alle 3 coniche si possono poi ottenere nel modo che segue. Chiamiamo k il valore comune dei tre rapporti A’: Aj, A":4,", A": Al. si avranno fra le incognite x, y, k le equazioni DI G. V. SCHIAPARELLI 257 A'=kA/ A'"mkAU AMSSRANM ri (24). 1 Noi potremo sempre trovare tre moltiplicatori 1, 4”, 2" per queste equa- zioni, tali, che sommandole dopo la moltiplicazione, i coefficienti di x e di y nel 2.° membro della somma riescano eguali a zero. Allora si ricaverà k espresso in funzione lineare d x e d'y: avremo cioè un'equa- zione della forma L--Mx--Nyek 0 ee Ioni Similmente si potranno trovare altri tre moltiplicatori 2, X", X", tali che eseguendo la moltiplicazione delle 3 equazioni per ciascuno di essi rispet- tivamente, e sommando i risultati, i termini in x ed y nel 1.° membro diventino nulli , sì che il primo membro si riduca ad una costante. Allora nel 2.° membro si avrà k moltiplicato per una funzione lineare d x e d'y. Dividendo per k si ricaverà 7 espresso in una funzione lineare Vx e d'y. L'equazione risultante avrà cioé la forma I R+Px+Qy=7 SERE are (26); la quale unita a (25) basta per poter esprimere x ed y in funzione lineare di k e di +. Ricaveremo dunque x ed y in espressioni della forma k FA bd stesi gm surrogando le quali in qualsiasi delle (24) si otterrà una equazione del terzo grado in k, da cui deriveranno per questa quantità 3 valori dif- ferenti. Surrogando ciascuno di essi valori nelle (27), otterremo 3 sistemi di valori per x ed y, ossia le coordinate dei 3 punti d’ intersezione. Uno di questi punti sarà sempre reale, gli altri due potendo essere reali od immaginari. VIN. Riduzione finale della trasformazione generale di 4." ordine ad una delle trasformazioni coniche combinata con due deformazioni omografiche di Warme. I° Caso. Quando i tre valori di k sono reali, anche i tre punti d'in- tersezione comuni alle 3 coniche saranno reali. Ora noi dimostreremo Serre II. Tom. XXI. E 1 | 258 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. analiticamente nel § XX e geometricamente nel § XVII, essere sempre * possibile combinare una trasformazione iperbolica con una omografica per modo da convertire le equazioni di 3 coniche passanti per gli stessi tre punti in altrettante equazioni lineari (*): e nel $ XX sarà dato il modo pratico di trovare le trasformazioni a ciò convenienti, il che domanda semplicemente che si conoscano le coordinate dei tre punti comuni alle 3 coniche. Adunque, chiamando £^ n° le cordinate così trasformate, i tre polinomi di 2° grado in x y A"A/— AA 7 AA Tom AMA! . AUA I" ASTA! À che formano i numeratori e i denominatori nelle espressioni (22) di & ed x, potranno ridursi alle forme L" E° M Megna NA a L" Ee M" N" j L'E°4-M'a+N' > essendo L M N quantità costanti. Per conseguenza le equazioni (22) rap- presentanti la trasformazione generale del 1.° ordine si ridurranno a queste altre L'&--M'v--N' à L" E° M" wA IN $i ann deme peo Tape mi (28); LE + M" N LEE MN EN che sono evidentemente quelle di una deformazione omografica nella sua forma più generale quale fu presentata da Warinc. Riassumendo adunque si vede, che per passare dalle coordinate primitive x y alle trasformate ë x conviene eseguire sulle prime una deformazione omografica congiunta con una trasformazione iperbolica, il che darà la figura, le cui coordinate sono £* y”. Una seconda deformazione omografica eseguita su £* v? con- durrà finalmente alla trasformata finale, le cui coordinate sono È n. IL* Caso. Quando dei 3 valori di k uno è reale e due immaginari, le 3 curve hanno un solo punto reale comune: gli altri due non esiste- ranno, geometricamente parlando. Ma la retta che congiunge questi due punti, e che nel caso precedente formava una corda comune alle tre coniche, non ha per questo cessato d’essere reale, e di avere una po- sizione definita. Una tal retta gode di molte fra le proprietà che distin- guono le corde comuni, ed è fra quelle che l'illustre Cuasres già designò (*) Il fattore £o no che, rigorosamente parlando, eleva le trasformate al terzo grado, qui si trascura senza inconveniente, scomparendo nei numeratori e nei denominatori delle formule (28). V. $ XX. DI G. V. SCHIAPARELLI 259 col nome di assi di sintosi (*). Nel caso presente le nostre 3 coniche avranno un punto comune, ed un asse comune di sintosi. Prendendo questo asse per linea accidentale di una deformazione omografica, si può mostrare, che in grazia delle proprietà di tali assi, le coniche proposte si trasformano in coniche simili fra di loro, similmente poste e passanti tutte per un punto: che queste coniche non saranno iperboli o parabole, ma ellissi , perchè le iperboli e le parabole simili e similmente poste hanno due punti di concorso o d' intersezione infinitamente lontani e perciò reali; il che è contro l'ipotesi. Adunque con una estensione proporzionale sarà possibile ridurre tutte queste ellissi simili e similmente poste a tanti circoli passanti per un medesimo punto. Applicando ora la trasformazione ciclica , o di Tmowsow, i 3 circoli si ridurranno a 3 linee rette. Dal che si vede che in questo secondo caso si arriva alle forme (28) combinando una trasformazione ciclica con una deformazione omografica generale: e che per conseguenza quando k ha 2 valori immaginari, la trasformazione generale di 1.° ordine si può decomporre in una trasformazione ciclica e in due trasformazioni omografiche. III. Caso. Resta a considerare il caso intermedio, in cui due delle radici k diventano eguali. Allora dei 3 punti comuni alle coniche due saranno infinitamente vicini, che è quanto dire, le coniche avranno ivi la tangente comune. Assumendo questa tangente come linea accidentale di una deformazione omografica, le coniche proposte sì trasformeranno in parabole passanti per lo stesso punto, e aventi i loro assi in direzioni parallele. Assoggettando queste curve ad una trasformazione parabolica, gine giaccia nel loro punto comune, si può mostrar facilmente che le 3 curve la cui retta accidentale sia parallela all’asse delle parabole , e la cui ori dopo la trasformazione saranno mutate in 3 linee rette. Qui adunque le forme (28) si ottengono con una combinazione di una trasformazione omografica e di una parabolica. E per conseguenza la trasformazione di 1. ordine si risolverà qui in una trasformazione parabolica e in due omografiche. i Il signor BErrAvrrIS , insigne matematico di Padova, mi ha fatto notare che questa trasformazione conica comprende in sè quella, ch’ei chiamò derivazione di trasformazione e che era stata studiata già da PoncELET, (*) Annales de mathématiques, TT. XVIII, p. 285. | fl] 260 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. da Macnus, da Steer e dallo stesso Bettaviris ( Nuovi saggi dell Ac- cademia di Padova Vol. IV, pag. 284). Nel fatto tale trasformazione , analizzata secondo il nostro metodo, si risolve sempre in una deformazione omografica combinata con una delle 3 trasformazioni coniche, cioè con una trasformazione iperbolica, quando i 3 punti cardinali ( che sono pre- cisamente i 3 punti da noi finora considerati) sono tutti e tre reali; con una trasformazione parabolica quando due di essi sono infinitamente vicini o (condizione equivalente ) quando uno è infinitamente lontano: con una trasformazione ciclica, quando 2 punti cardinali sono immaginari, 0, come li chiama BzrravrmIS, fittizi. Conclusione. Ogni trasformazione di 1.° ordine, anche della forma più generale quale fu data al $ TI è sempre effettuabile per mezzo della sovrap- posizione di una trasformazione conica e di due omografiche. Troppo lungo sarebbe voler esaminare parte a parte i casi speciali, e le eccezioni apparenti: per ora basterà osservare, che le trasformazioni speciali risul- tanti da questi casi non escono dalle regole della trasformazione generale più che non escano dalla categoria delle sezioni coniche due rette con- correnti, due rette parallele, un punto, o altrettali casi particolari. Le trasformazioni elementari ed irreduttibili di r." ordine non sono dunque, propriamente parlando, che tre: A. La trasformazione lineare, che conserva il parallelismo delle rette e le proporzionalità delle misure prese nella stessa direzione. Comprende in sè tre altre trasformazioni di concetto geometrico più semplice: a) l'e- stensione proporzionale, o allungamento della figura in una data direzione; b) la trasposizione della figura nel proprio piano; c) l'inclinazione delle coordinate sotto un angolo costante rispetto alle coordinate primitive. B. Za trasformazione omografica o prospettiva, la quale non è risolu- bile in altre più semplici. Essa conserva il grado delle linee, e i rapporti anarmonici dei punti situati in linea retta e delle rette convergenti ad un punto. Combinata colla precedente dà la trasformazione generale di WARING. C. La trasformazione conica, esaminata nel § VI. Essa conserva le direzioni rettilinee solo in certi casi particolari: in generale duplica il grado delle linee trasformate. Si conservano però i rapporti anarmonici delle proiezioni dei punti sopra gli assi delle coordinate. Essa ha tre forme diverse, che sono le sopra chiamate ciclica, iperbolica e parabolica: ciascuna di esse è semplice ed irreduttibile alle altre. Combinata colle t | | I | DI G. V. SCHIAPARELLI 261: precedenti, la trasformazione conica dà luogo a tutte le trasformazioni di 1.° ordine che si possano immaginare. o o IX. Trasformazioni di 4. ordine applicate nelle tre dimensioni. Non sarà difficile estendere tutte le considerazioni che precedono alle figure riguardate nello spazio. Per una via analoga a quella seguita nel S II si mostrerà che la trasformazione generale di 1.” ordine a tre coor- x dinate è espressa dalle formule (*) o= (4! EB! +0! CeD! ) x-- (4" E4B" 440" GED" )y 7r (4 " £c B" u--C"C EDU) 2 + (AT E+B nC" 64D") ; o= (4/ E+B! n+C! ED) )x + (Al! ESB! nC," C+D,")y + (AM ERB a CNED) z+ (4, E- B, NERD) ; oz (4, 5+B/ n+4C/ ED) ) xc + (4, E+B," n+C/" 24D.) y + (AE B" n9 C," ED) z (A, EBC," E+D,") , (a) per giungere alla completa discussione delle quali conviene far precedere, come fu fatto per il caso delle figure piane, l’esame di alcune forme particolari. Il primo caso particolare che si presenta, è quello in cui alle equa- zioni (4) mancando i termini doppi ( cioè quelli che contengono i prodotti di $, o x, o ¢ per x, od y, o z), le coordinate nuove sono funzioni lineari delle antiche, e queste di quelle. In questa trasformazione lineare si possono sempre mettere in evidenza tre trasformazioni elementari ed irreduttibili; cioè: 1) La trasposizione della figura parallelamente a se stessa, in cui tutte le coordinate aumentano di quantità costanti: a=i¿+K', J=1+K", z=%+ K"; 2) L'estensione proporzionale delle coordinate : ME Minds edi a 3) L' inclinazione delle medesime sotto un angolo costante. Essendo data la trasformazione lineare generale : (*) Dovunque, a meno che non si avverta espressamente il contrario, le lettere maggiori indicano coefficienti costanti. f 262 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. = E'té+PF'n+G'5+H'; y=E"'+F"n+G"6+H"; ga Et + pU. GrH" coll'aiuto della prima trasformazione ausiliare si potrà ridurre alla forma » a =E'E+ Fat yi=E"§+F"a+G"¢ ; z= EME +P "44+ G's B ÿ usando poi dell’estensione proporzionale, si potrà fare : ELLyEUSZEUMETU, m=n V FPFF, g=. V G + GU G6"; osservando di più che è sempre possibile determinare nove angoli 2’, w, Y, My ply NED a guisa che “sta El E" cos DT D et UE D COS a VEUXLEPGE > y E+E" VEP+ET+ P' F" cos. MM = =_=; cos. = PERES ETE ? ~ G' G" COS. A mu E > cos. p = ea 3 vera CEEA E" qu cos. y! = cos. D = === O —_—_ ARTS UE part > VETEFPZF"? E G "n cos." Nt cos. 2/4 cos."y! — 1 , cos." A! cos. pcos.’ vy = 1, cos. y — cos.” NH cos p"! cos" v" = 1 ; si troverà potersi infine ridurre la trasformazione alle seguenti espressioni : x, = E, cos. A'n, cos. MZ cos. 3; y, = &, Cos: p'e h, cos. Mt C, cos. p" ; 1 DON ^ p K p z, =E,c08.v'+n, cos. "+ C, cos. v" ; le quali mostrano che si potrebbero considerate: 19" 2;6-5,5 1,5 C, come coordinate del medesimo punto, riferendo però le prime ad un sistema d'assi ortogonali, e le seconde ad un sistema di assi, dei quali il primo fa cogli assi primitivi gli angoli N, p/, v', il secondo gli angoli VW, p", v", il terzo gli angoli 2”, p!", v". Come però tanto le coordinate primitive, quanto le trasformate s'intendono numerate sui medesimi assi, w ur DI G. V. SCHIAPARELLI 263 ne segue che la figura, le cui coordinate sono &, n, €, si otterrà defor- mando la figura primitiva in guisa che i tre assi obliqui sopra nominati vengano a disporsi ortogonalmente fra di loro. Dunque l’ultima trasfor- mazione elementare sarà una inclinazione costante delle coordinate della figura. Si può dimostrare, o direttamente coll’analisi, o usando della consi- derazione di una sfera concentrica all’origine (che nella deformazione diventa un ellissoide), esser sempre possibile sostituire all’ inclinazione delle ordinate un’altra trasformazione elementare ; cioè una rotazione della figura intorno all’origine. Ma qui non si ha che a ripetere quasi verbal- mente quanto fu detto sul caso analogo della trasformazione lineare (S III). X. Trasformazione omografica nello spazio. Nelle tre dimensioni la trasformazione generale di Warne è rappre- sentata dalle formule K'E+L'n+M'5+N'. KEEL 4 M"F4N" | KE+Lu+M EN ¿TK EL NM +N’ KEL" 4 +e MEL N" 1, Kotha Dae x= (0); e si può mostrare qui, come già nel $ IV, che risolvendo queste equazioni rispetto a §, n, €, ne derivano formule di composizione affatto analoga. Introducendovi primieramente la trasformazione lineare Cis n= 5 G=KEÉ+Ln+M5+N, cioè ricavando da queste equazioni È, n, € in funzione di Sr rg, E per surrogarli nelle (b), si otterrà (essendo K,', L/, M/, ecc. coefficienti di facile determinazione ) : eK!) +L! ne ia Y, 5, I Si 5 n I zie RU tar, IIb t LIN Ub o aps Y ALA o ji 0 is o i o 1 n 5, I +N/ +M’ 5 yoke +L," +," E +M"; Risolvendo queste equazioni rispetto a Ši UP I €: m pen Gi 1 Gi Ge : 264 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. considerate come incognite, si avranno valori della forma E= P'a+Qy+R+8; ¿Pa QUA Rie Ss g 7 P" xe Q ye Rae S" È Ed usando sulle coordinate primitive x, y, z la trasformazione lineare P'x--Q'y--R'a--S'mx, P'x+0Q"y+R"3+S"=y,; P" x + Q" y + R"2 + S" ez mem d$ la trasformazione primitiva (0) sarà ridotta finalmente a 5, 1, I Lyme -9 =7 Wu em dote € m ade le (e) o reciprocamente, a i ES y à I Sh sep J n=% , Es UM. pii (c') come si trova risolvendo le (v) rispetto a £,, 1,, E, - Questo è l’aspetto più semplice che si possa dare alla deformazione omografica nelle 3 di- mensioni, o alla così detta prospettiva di rilievo , quando la si libera dalle trasformazioni lineari con cui è combinata. Sia qui permesso di enumerare alcune delle proprietà di questa tras- formazione, che in seguito ci saranno d’uso. Esse corrispondono perfet- tamente a quelle della deformazione omografica in piano (S IV), e si deducono per mezzo di una discussione assai semplice delle formule (e) e (e'). 1. Se immaginiamo un piano parallelo al piano xy ed elevato sopra di esso per una quantità = 1 , avremo in quello il luogo dei punti inva- riabili, i quali cioè nella trasformazione conservano inalterato il loro sito. I punti situati fra esso ed il piano xy dopo la trasformazione passeranno nello spazio superiore al piano invariabile , ed inversamente. I punti situati a distanza infinita dal piano xy verranno a giacer nel medesimo ; al contrario i punti del piano xy fuggiranno a distanza infinita. Lo stesso accade ai punti situati all'infinito dalla parte delle z negative; essi si porteranno anche sul piano xy: mentre i punti che distano da questo piano di una quantità negativa infinitamente piccola nel trasformarsi prendono ordinate negative infinitamente grandi. Il piano z=—1 conserva il suo sito, ma non è più, come z—-- 1, un piano di punti invariabili : DI G. V. SCHIAPARELLI 265 i suoi punti si trasportano in posizione simetrica dalla parte opposta dell'asse z, cioè le loro ascisse cambiano di segno. 2. Le rette si cainbiano in rette, i piani in piani; ed in generale ogni figura si trasformerà in un’altra del medesimo ordine. Le rette ed i piani paralleli al piano xy dopo la trasformazione si conservano tali: ma ogni altro sistema di rette fra loro parallele e di piani fra loro paralleli dopo la trasformazione divien convergente. Il sistema di rette converge allora in un punto accidentale situato sul piano xy: e i piani in una retta accidentale situata pure sul piano xy, a cui per tal ragione si può dare il nome di piano accidentale. Inversamente tutti i sistemi di rette e di piani prima convergenti sul piano xy dopo la trasformazione si muteranno in sistemi paralleli. Quindi ogni cono avente il vertice nel piano acci-. dentale si convertirà in un cilindro; ogni cilindro in un cono col vertice nel piano accidentale, salvo il caso in cui le generatrici del cilindro siano parallele a questo piano. 3. Onde trovare per una data retta il suo punto accidentaie si potrà far uso del punto, le cui coordinate sono x= o0, y = 0, 3 = — 1; il quale chiameremo 7. Conducendo per k una retta parallela alla data, essa incontrerà il piano æy nel punto accidentale dimandato. E volendo trovare la retta accidentale di un dato piano, basterà condurre per A un piano ad esso parallelo, il quale-intersecherà il piano xy nella retta accidentale dimandata, Dal che si può concludere, che tutte le rette ed i piani passanti per } non mutano di sito nella trasformazione, ma su- biscono un trasporto di punti lungo la propria direzione. Il punto A è dunque un centro, intorno a cui si conservano le direzioni, e fa qui precisamente lo stesso uflizio che il punto di simil nome nella prospettiva piana (fig. 3). 4. Ogni superficie di 2." grado si muterà in un'altra di 2.° grado. Ma una data superficie non può mutarsi in qualsivoglia altra, al con- trario di quel che succede per le curve di 2.° grado nella prospettiva piana. Le tre superficie che non ammettono generatrici rettilinee, l'ellis- soide, l'iperboloide a 2 falde, ed il paraboloide ellittico potranno subire uno scambio reciproco, e così pure possono scambiarsi fra loro l'iper- boloide a 2 falde ed il paraboloide iperbolico ; ma dall'una classe all'altra non é permesso un passaggio per via di deformazioni omografiche reali. Quindi per estendere ad una classe le proprietà che dalla deformazione omografica potessero risultare soltanto per l'alira, converrà far uso del Serie IL Tom. XXI. aK Á Wi Terris 266 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. principio di continuità o delle relazioni contingenti (*): o (ciò che equivale) passare dall'uno all’altro iperboloide e dall’uno all’altro paraboloide per mezzo di una estensione proporzionale a coefficiente. immaginario. Il cono può cambiarsi in cilindro, ed il cilindro in cono al modo già detto sotto dom 225 5. Quando una superficie interseca il piano accidentale , dopo la trasformazione acquista per ogni ramo di tale traccia accidentale due falde iperboliche corrispondenti ad una medesima superficie asintota. Se immaginiamo che prima della trasformazione si siano condotti tutti i piani tangenti alla superficie nei singoli punti della traccia accidentale ; essi daranno origine, colle loro successive intersezioni, ad una superficie sviluppabile circoscritta alla superficie data S, e per cui la traccia ac- cidentale suddetta formerà la linea di contatto. Trasformando, la superficie sviluppabile si convertirà in altra sviluppabile, la quale sarà tangente, o circoscritta alla trasformata di S in distanze infinite; che è quanto dire, la nuova sviluppabile sarà asintota alla trasformata di S. Se la svilup- pabile primitiva era un cono (come sempre avviene quando si tratta di superficie di 2." grado), dopo la trasformazione essa si cambierà in un cono asintoto. E se prima la sviluppabile era un piano tangente della superficie lungo tutta la traccia accidentale, dopo sarà un piano asintoto della trasformata di S. Quindi deriva un modo assai semplice per trovare i piani asintoti, i coni asintoti, e le sviluppabili asintote della superficie (**). (*) CmasLES. Aperçu. Nota XXIV ; Tr. de Géom.sup. pag. XII-XVI. {**) Dovendosi trovare l'asintoto di una superficie, 1.° si trasformi la stessa omograficamente colle formule (c); si avrà cosi una nuova superficie che chiomeremo $,, indicando con 5 la superficie primitiva. 2.° Si scriva l'equazione della traccia di S, sul piano accidentale. 3.° Si cerchi l'equa- zione della superficie sviluppabile circoscritta ad $, lungo la traccia presa come linea di contatto. 4.9 Si trasformi di nuovo coll'aiuto delle (c*) tanto la S, quanto la superficie circoscritta. La S, ritornerà alla forma primitiva $; e la sviluppabile si convertirá nella sviluppabile asintota ad $, che è appunto quanto si domandava. Essendo data per esempio l'equazione ARE SOCI rH Haa CLIO AMAR CEE, 2394 de. eH (5) la sua trasformata sarà, in grazia delle equazioni (c) E° 4429074 284 +10 e la traccia accidentale di questa, £^ 2ln au^ 120, ossia Esm=tr0. L'equazione dei piani tangenti lungo la traccia è (dicendone E HZ le coordinate correnti) Eum 42); DI G. V. SCHIAPARELLI 267 6. Se più superficie hanno la medesima traccia accidentale, dopo la trasformazione elle andranno divergendo per falde iperboliche, le quali tanto più si accosteranno a similitudine, quanto più ci verremo allon- tanando dal piano xy; e lo stesso dicasi delle varie sviluppabili che prima avviluppavano le date superficie lungo la comune traccia acciden- tale. Nel caso in cui le superficie in questione siano di 2.° grado, le sviluppabili prima della trasformazione saranno altrettanti coni godenti della stessa traccia accidentale. Allora per ogni punto P di questa traccia sì potrà condurre una generatrice in ciascuno dei coni. Queste generatrici, dopo la trasformazione, allontanandosi P all'infinito , diventeranno pa- rallele. Dunque data una generatrice qualunque in uno dei coni trasfor- mati, si potrà sempre assegnare in ciascuno degli altri una generatrice parallela ; il che non pud avvenire, senza che i coni siano tutti simili fra di loro e similmente disposti. Inversamente; dati più coni simili e similmente disposti, asintoti ad altrettante superficie; dopo la trasforma- gni cono toccherà la corrispondente superficie lungo tutta l'estensione di questa traccia. zione coni e superficie avranno la stessa traccia ‘accidentale, ed o XI. Uso della trasformazione omografica a 3 dimensioni - Estensione dei teoremi di PascaL e di Briancnon alle superficie di 9." grado. Nel 1825 l'Accademia di Bruxelles propose ai Geometri la questione di trovare per le superficie di 2.° grado dei teoremi analoghi a quelli che Pascar e Briancnon scopersero relativamente alle coniche ($ V), dai quali si potesse desumere una relazione fra dieci punti di una su- perficie di 2.° grado, tale, che da nove punti determinanti la superficie, se ne potesse ricavare la costruzione del decimo. Una tale relazione non sarebbe per la teoria di queste superficie meno utile, di quanto la relazione fra 6 punti di una conica espressa dai due teoremi suddetti lo sia per la teoria di simili curve. Stabilita in questi termini, la questione è rimasta finora insoluta. : ed è indipendente dalle coordinate del punto di contatto. La sviluppabile circoscritta consisterà dunque in due piani; che col ritornare alla forma primitiva per mezzo delle (c*) diventano X+Y+Z—;=0o, X+FP—Z+;=o, e costituiscono due piani asintoti della superficie (S). 4 i il 268 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. In una seconda proposizione l'Accademia si limitò a domandare dei teoremi sulle superficie di 2.° grado analoghi a quelli di Pascar e di Bnrawcuow , senza però determinare in nulla la natura dell'analogia ri- chiesta. In questa forma il problema ammette soluzioni di vario genere dipendenti dal modo di considerare quest’analogia. Una molto artifiziosa fa data da Crases (*). Quella che segue è un frutto delle considerazioni sviluppate nel $ precedente, e per questo non parve inopportuno qui addurla. i. Lemma - Per due curve o sezioni piane qualunque di una superficie S di secondo grado è sempre possibile far passare due coni diversi. Immaginiamo infatti prolungati i piani delle due sezioni fino all’ incontro dei medesimi; indi rivolgiamo la figura in modo, che la retta intersezione dei due piani venga a collocarsi sul piano accidentale di una deformazione omografica. Trasformando , i due piani seganti diventeranno paralleli (8 X, 2). In questa trasformazione la superficie S non avrà cessato di appartenere al 2.° grado (SX, 4); quindi le 2 sezioni, diventate paral- lele, saranno di più simili e similmente poste, siccome dalla teoria delle superficie di 2.° grado è noto. Per queste due curve sarà dunque possibile far passar due coni, uno interno, cioè col vertice compreso fra le due sezioni, l'altro esterno, col vertice all’ infuori da una parte. Se ora per una trasformazione inversa ritorniamo alla figura primitiva, i coni non avranno cessato di esser coni, e le sezioni parallele avranno ripreso il sito e la forma iniziale. Dunque si possono sempre assegnar due coni che passino per le date sezioni. 2. Lemma — Essendo date tre sezioni piane qualunque nella superficie (*) Ecco gli enunciati dei due teoremi di CHASLES, quali si trovano nella XXXII nota dell’ Apercu ; 1) « Abbiasi nello spazio un tetraedro qualunque disposto rispetto ad una superficie di 2.° grado in qualsivoglia modo. I suoi 6 spigoli incontreranno la superficie in 12 punti, i quali 3 a 3 pos- sono considerarsi come aggruppati in corrispondenza ad uno dei vertici del tetraedro , e per ciascuno dei vertici determineranno un piano corrispondente. Questi 4 piani così costrutti incontrano le facce del tetraedro, opposte ai vertici corrispondenti, lungo quattro rette appartenenti allo stesso sistema di generatrici rettilinee di un iperboloide ad una falda ». 2) « Quando per gli spigoli di un tetraedro comunque situato nello spazio , si conducono ad una superficie di 2.° grado 12 piani tangenti: ad ogni faccia del tetraedro corrisponderanno tre di questi piani, passanti pei lati della faccia stessa. Questi 3 piani determineranno colla loro intersezione un punto in corrispondenza a ciascuna delle 4 facce ; e questo punto, unito col verlice del tetraedro , ch’ @ opposto alla faccia corrispondente, darà luogo ad una retta. Le quattro rette in tal modo costrutte sono quattro generatrici di uno stesso iperboloide ad una falda, ed appar- tengono allo stesso sistema » v i —— DI G. V. SCHIAPARELLI 3 269 S, si potrà, combinandole due a due, far passare per le medesime 6 coni diversi, i cui vertici giaceranno 3 a 3 in linea retta, e saran tutti contenuti nel medesimo piano. Chiamando infatti X,, X,, X, le 3 sezioni proposte, noi potremo formare con esse le tre combinazioni 2,2,, 2, 3;, Z,X,, ciascuna delle quali darà origine a due coni. Per fissar le idee, consideriamo il caso, in cui le tre sezioni sono unite due a due con coni esterni, come si è cercato di rappresentare nella fig. 12. Il cono X,X si potrà immaginare generato da un piano, il quale mantenendosi tangente alle due sezioni 2, e 2,, le venga avviluppando colle sue posizioni con- secutive. Nello stesso modo potremo descrivere i coni EZ,X,, 5;5,. Fra tutti questi piani ne potremo immaginare due tangenti simultaneamente alle 3 sezioni, e che le lascino tutte dalla stessa parte (*). Questi due piani saranno simultaneamente tangenti ai tre coni. I vertici di questi, dovendo giacere sull’uno e sull’altro dei piani tangenti, si troveranno sulla loro comune intersezione , e saranno per conseguenza in linea retta, quale Rails Se in luogo di supporre che i piani tangenti lascino tuite le sezioni dalla stessa parte, supponiamo che ciascuna successivamente delle Z,, 2,, X, si trovi da una parte e lasci le due restanti dall'altra , avremo tre altri casi possibili, in ciascuno dei quali uno dei tre coni sarà esterno e gli altri due interni. Ciascuno di questi casi considerati come il precedente, servirà a mostrare la situazione in linea retta di 3 fra i 6 vertici dei 6 coni. Essi prenderanno una disposizione analoga a quella dei punti P, , P,, Py, P,, Ps, P; (fig. 13); è palese che questa non può aversi senza che tutti questi vertici si trovino in un medesimo piano. E pure necessario osservare, che, affinché la disposizione in linea retta di 3 fra i 6 punti abbia luogo, conviene che essi siano vertici di tre coni compresi fra la stessa coppia di piani tangenti. Tre coni di questa natura chiameremo coniugati: per modo che i 6 coni risultanti dalle diverse combinazioni (*) In molti casi accadrà che sia impossibile condurre un piano tangente a tutte e tre le sezioni nello stesso tempo, con contatti reali. Tale è per esempio il caso, in cui le sezioni siano tre circoli sopra di una sfera compresi l'uno dentro l'altro (fig. 15). Qui il teorema precedente sussiste ancora, sebbene non si possa più dimostrarlo usando della considerazione dei piani tangenti. Si può allora trarre la dimostrazione dal teorema di PascAL in piano combinato coll'uso di una de- formazione omografica, seppure non si preferisca dichiarare, in grazia del principio delle relazioni contingenti, che il teorema, trovato vero quando sussistevano certe condizioni particolari della figura, deve esserlo ancora quando queste condizioni assumono una forma immaginaria, e quindi si usano considerare come non più esistenti. 1 l 270 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. delle sezioni E, , Z, , X, formeranno quattro sistemi di coni coniugati, e tre coni coniugati avranno sempre i loro vertici in linea retta. 3. Teorema - Nella superficie S consideriamo ora quattro sezioni piane che designeremo con £,, 2,, X,, X, (fig. 14). Unendo due a due le 2,, 2,, Z% con un sistema di tre coni coniugati, otterremo tre vertici P, , P,, P, in linea retta. Combinando similmente 3,, 3,, £,, e ritenendo fra X,, E, lo stesso cono che si è impiegato nella combinazione prece- dente X,, E,, 23, avremo tre altri vertici P,, P;, P, in linea retta, dei quali il vertice P, sarà comune colle due combinazioni. Eseguendo una terza combinazione di coni coniugati fra 3,, X,, X, ed avendo cura d'im- piegare fra X, e X,, fra X, e 3, gli stessi coni di cui nelle anteriori operazioni si fece uso, otterremo tre vertici in linea retta P,, DS dis dei quali P; e P; appartengono alle combinazioni precedenti. Finalmente la quarta ed ultima combinazione Z,, 3;, E, formata coi coni già pre- cedentemente descritti fra E, e X,, fra E, e 3,, fra 3, e 2, darà in linea retta tre vertici P,, P,, P; che tutti già occorrono nelle combinazioni precedenti. Dunque allorquando 4 sezioni piane di una superficie di 2° grado vengono due a due collegate con 6 coni coniugati 3 a 3, i vertici dei 6 coni così ottenuti si trovano tutti nel medesimo piano , e giacciono tre a tre su A linee rette situate in quel piano. 4. Questo è il teorema, che si può riguardare come rappresentante nella spazio il teorema di Pasca. L’analogia risulterà palese dalle seguenti considerazioni. Se per una delle quattro rette su cui si trovano i vertici Pi, P,, Ps, P,, P:, Ps, per esempio P,, P, , P, (fig. 16) conduciamo un piano, il quale intersechi la superficie S e i tre coni, che in quella retta hanno i loro vertici, ne risulterà una sezione simile alla figura 16. La superficie S darà per sezione una conica, e le 6 rette risultanti dalle sezioni dei coni P,, P,, P; formeranno un esagono t, 2, 3, 4, 5, 6 inscritto alla conica: l'insieme della figura rappresenterà dunque il teorema di PascaL in piano. E si vede, che le condizioni, le quali furono espresse più sopra col dire che i coni P,, P,, P, sono fra loro coniugati, nel piano equivalgono all'altra , che i tre fasci di rette P,, 2,, P, risultanti dalla sezione di que'coni determinino entro alla conica un perimetro esagonale continuo, i cui lati opposti appartengano al medesimo fascio. Quindi il teorema piano si potrà esprimere dicendo: Quando le tre sezioni rettilinee 3,, X,, X; di una conica si uniscano due a due con 3 fasci DI G. V. SCHIAPARELLI 251 coniugati di rette, i punti di convergenza di questi fasci staranno in linea retta fra di loro. Ora al sistema triangolare di fasci rettilinei si sostituisca un sistema tetraedrico di coni ed alle tre sezioni rettilinee Z,, X,, X, della conica ( consistenti ciascuna in una coppia di punti ) si surroghino quattro sezioni piane della superficie di 2.° grado, ed avremo il passaggio dalle condizioni del teorema piano a quelle del teorema solido. Il risultato sarà, che mentre i tre fasci rettilinei convergono sulla stessa retta P, , P, qi Pei sei coni convergeranno:in vertici P,, P,, D, P, $0 Pos Piesituati nel medesimo piano: di più questi vertici saranno tre a tre in linea retta (t 5. Dall'enunciato del teorema precedente si potrebbe senz'altro dedurne col principio di dualità un altro rappresentante nello spazio il teorema di Briancnon. Amiamo però meglio sviluppare I’ intiera dimostrazione , che molto facilmente risulta doi principi della deformazione omografica. (^) Siccome tre sezioni 3,, X,, Ez danno luogo a quattro sistemi di coni coniugali, con quattro sezioni Z,, Za, 33, E, si potranno fare parecchi sistemi di coni coniugati tre a tre, per cui valga il nostro teorema. La discussione delle diverse combinazioni possibili in questo genere allunghe- rebbe oltre ad ogni misura conveniente questa già prolissa digressione ; basterà dire, che in ultimo risultato con le medesime quattro sezioni non si possono ottenere più di otto figure diverse, sulle quali il teorema si possa enunciare. Fra le conseguenze assai numerose che si possono ricavare da questo teorema, vogliamo accen- narne qui una classe particolare. È facile dimostrare coll’aiuto della trasformazione omografica , che quando una superficie di 2.0 grado ha il suo contorno proiettato ortograficamente sopra un piano, ogni altra conica tracciata nel piano e avente colla conica di contorno un duplice contatto (reale od immaginario) può riguardarsi come proiezione ortografica di una sezione piana della superficie. Dunque allorquando si abbiano descritte in un piano più coniche doppiamente tangenti ad un’altra, che chiameremo C, esse potranno riguardarsi come proiezioni di altrettante sezioni piane di una su- perficie S di secondo grado, avente C per contorno ortografico. E se per queste sezioni piane prese due a due si conducano dei coni, questi saranno rappresentati sulla proiezione da altrettante coppie di tangenti comuni alle coniche. Se quindi la figura che abbiamo considerato nel n.° 2 s’intenda proiettata ortograficamente , nascerà il seguente teorema in piano: essendo descritte in un piano 3 coniche X,, X,, X4 doppiamente tangenti ad una quarta, esse determineranno sei coppie di tangenti comuni, le quali concorreranno in 6 punti situati tre a tre in linca retta. Proiettando la figura considerata nel n.° 3, avremo quest'altro : essendo descritte in un piano 4 coniche X, , X, , 53, DA doppiamente tangenti ad una quinta : se due a due si colleghino con 6 coppie di tangenti coniugate 3 a 3 (il significato della parola coniugate essendo preso qui in un senso analogo a quello sviluppato nel n.° 2 pei coni) si otterranno 6 punti di concorso situati tre a tre în linea retta. Se si abbia un ellissoide di rivoluzione, il cui asse principale sia piccolissimo rispetto ai due assi equatoriali ; facendo nelle vicinanze dei poli delle sezioni molto piccole rispetto al circolo equatore, quesle sezioni saranno pochissimo differenti dalla forma circolare, e quando l'equatore diventi infinitamente grande, elle saranno rigorosamente circolari, e di più potranno considerarsi come giacenti in uno stesso piano. Dal che segue che più circoli descritti comunque in un piano possono riguardarsi come aventi un duplice contatto immaginario con un circolo infinitamente grande che li circondi. Ad un sistema di tre e di quattro circoli potranno dunque eziandio adat- tarsi i due teoremi precedenti, e ne derivano delle proposizioni conosciute. 292 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. Nella figura 17 rappresenti 5,7, T, £, una superficie di secondo grado , e siano 7, Y, i vertici di due coni circoscritti alla medesima. Essi daranno luogo a due curve piane di contatto £, 7, e £,7,, le quali potranno eziandio considerarsi come sezioni piane della superficie , e venir fra loro collegate con due coni diversi F, G (v. n.° i), che chiameremo coni di sezione onde distinguerli dai coni 4,, Va, che sono coni di contatto. S' immagini prolungato il piano di ognuna delle sezioni £, 7, , £, +, fino a che s' incontrino; disponendo la retta d' intersezione sul piano accidentale di una deformazione omografica, e trasformando, le sezioni 7, t, , £, ©. diventeranno parallele, simili e similmente poste. Per i loro centri si conduca il diametro della superficie di 2." grado, e s'inclinino le ordinate finché questo diametro diventi perpendicolare alle due sezioni. Inoltre si estendano proporzionalmente le coordinate parallele alle sezioni in modo che queste si convertano in circoli. La superficie sarà cosi diventata di rivoluzione ; le sezioni £, 7, , £, , saranno ora circoli paralleli della mede- sima; e da questo punto è facile vedere, che i quattro Fio AN AARG ER F, G han dovuto convertirsi in coni di rivoluzione avente lo stesso asse principale, che la superficie. I coni 7, Y, $ intersecheranno poi secondo sezioni piane perpendicolari all'asse di rivoluzione , e parallele alle sezioni t,7,, £, t, trasformate. Dunque, 1.° i vertici V,, Va, F, G dei coni di contatto e di sezione si trovano sulla medesima linea retta F'F,3 2. la curva d intersezione dei coni V,, V, darà un sistema di 2 coniche piane; 3^ i piani di queste due intersezioni dei coni V,, Y, e i piani delle sezioni t,t,, t,t, S intersecano tutti lungo una medesima retta, essendo questi 4 piani diventati fra loro paralleli nella trasformazione (*). (*) La figura qui esaminata presenta un gran numero di particolarità e di simetrie, che la brevità prescritta non ci permette di sviluppare. Vogliamo solo addurre per saggio alcune conse- guenze dell’ultima fra le proposizioni or ora enunciate: per cui i piani delle due curve di contatto, ed i piani delle due intersezioni dei coni di contatto s'incontrano tutti lungo la stessa retta. Con- sideriamo un tetraedro posto comunque rispetto ad una superficie di 2.° grado ; le sue quattro facce determineranno nella. superficie quattro sezioni, lungo le quali potremo circoscrivere dei coni. I comi, appartenenti a due facce contigue s'intersecheranno secondo due coniche, i cui piani passano per lo spigolo confine di quelle facce : e le 12 coniche a cui i 4 coni danno origine colle loro reciproche combinazioni, passano quindi due a due per i 6 spigoli del tetraedro. Facendo passare un piano per 3 qualunque fra i vertici dei quattro coni, nascerà una sezione simile alla figura 21, che esprime il teorema seguente : Quando i 3 lati di un triangolo A,, A,, Ax intersecano in un modo qualunque una data conica S; si conducano le coppie di tangenti V,, Va. V3 nei punti d’intersezione di ciascun lato. Due coppie contigue qualunque determineranno colle loro in- tersezioni quattro punti, che due a due si trovano in linea retta col vertice del triangolo, in cui con= corrono i due lati corrispondenti alle due coppie DI G. V. SCHIAPARELLI 2778; 6. Ciascuna delle due curve piane, lungo cui s’ intersecano i coni V., V, ha con uno dei coni di sezione una relazione particolare , che dipende da una simultanea generazione. Supponiamo per esempio che nel cono F sia condotta la generatrice F't,t,, e che per i punti ove essa incontra la superficie, cioè per 7, e 7, si conducano le generatrici rispet- tive dei coni di contatto 4,7, e Z,7,. Essendo i 3 punti F, Y,, Y, in linea retta, le tre linee Fr,r,, Y,7,, Vat, giaceranno in un medesimo piano : e se prolunghiamo indefinitamente le due generatrici 7,7, , Va Ta, elle s’ incontreranno in un punto è dello spazio. Ne segue che ò sarà un £ Vv Y punto di una delle intersezioni dei coni 7, Se quindi faremo muovere la generatrice 7,7, in modo che colle sue posizioni successive venga descrivendo il cono F, il punto è corri- spondente si muoverà nello spazio e descriverà nelle sue posizioni. conse- cutive una delle sezioni piane dei coni /7,, 77. Così quando Fz,7, avrà preso la posizione Fé, £, , il punto 9 si sarà trasportato in d'. La sezione piana 00! dei coni V,, X, così descritta chiamiamo correlativa del cono F. Ripetendo le stesse trasformazioni e gli stessi ragionamenti sul cono G, troveremo ch'esso ha per correlativa l’altra sezione pp! dei coni 7,, V., luno e l’altra potendo venir generati simultaneamente con un processo del tutto analogo. 7. Abbiansi ora tre coni 4,, #,, P, circoscritti alla medesima su- perficie S. Essi determineranno su questa tre curve di contatto piane : Fra le 3 curve di contatto si possono condurre sei coni di sezione, i cui vertici giacciono tre a tre in 4 linee rette, e determinano quattro sistemi diversi di coni coniugati (n.° 2); Fra i 3 coni di contatto si possono trovare sei curve di sezione, i cui piani si tagliano tre a tre su 4 linee rette, e determinano quattro sistemi diversi di sezioni coniugate. Onde mostrare la derivazione della seconda proposizione dalla prima, consideriamo fra le 3 curve di contatto 2,, 2,, 2; corrispondenti ai coni F., V., V, un sistema di tre coni coniugati di sezione. I vertici dei medesimi giaceranno in linea retta. À questi tre coni coniugati corrispon- deranno poi (n.° 6) tre intersezioni correlative fra i 3 coni Z,, Va, Fs. Queste 3 intersezioni, correlative a 3 coni coniugati, formano quello, ch'io chiamo un sistema d intersezioni coniugate dei 3 coni /^,, Cia. Come fra le curve X,, X,, Z4 si possono formare quattro sistemi di coni coniugati, così fra i coni Z,, #,, V, esistono quattro sistemi Serie IL Tom. XXI. sE > À i. > x 274 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. d'intersezioni coniugate. Resta a dimostrare, che come i vertici di un sistema di coni coniugati si trovano s'una linea retta, i 3 piani d'un sistema d’ intersezioni coniugate s'incontrano anche s'una linea retta. Per tal fine, dato un sistema d intersezioni coniugate, costruiremo i correlativi coni di sezione , i quali avranno i loro vertici in linea retta. Questa retta, collocata sul piano accidentale di una deformazione omo- grafica, dopo la trasformazione andrà a distanza infinita, e i 3 coni si convertiranno in cilindri ($ X, 2). Di più per inclinazione ed estensione proporzionale potremo sempre ridurre la superficie S così trasformata ad una sfera. Come le curve X,, X,; 2; non han cessato di esser piane, esse saran diventate circoli della sfero. Di più elle debbono essere due a due curve d'entrata e d’uscita di 3 cilindri; questo è sufficiente per stabilire, che non solo si saranno convertite in tre circoli, ma in tre circoli eguali. In questa figura per conseguenza i vertici V,, V,, V3 dei tre coni tangenti saranno ad eguali distanze dal centro della sfera. Unendo questi tre vertici con un triangolo rettilineo , le sezioni reciproche dei 3 coni V,, V., V3, che sono correlative dei 3 cilindri saranno perpendicolari sui punti di mezzo dei suoi lati (fig. 18); i loro piani OM, ON, OP passeranno tutti pel centro della sfera e pel centro del circolo circoscritto al triangolo /,, V., V3. Questi piani dunque avranno una retta unica per intersezione comune (retta figurata dal punto O nella fig. 18): e lo stesso ebbe luogo prima delle trasformazioni. 8. Consideriamo finalmente una superficie qualsivoglia di 2.° grado S, a cui da quattro punti qualunque V,, #,, Vs, V, si siano circoscritti quattro coni tangenti. Essi determineranno quattro curve di contatto 3,, 2,, X,, E,. Fra le medesime prese due a due si conducano 6 coni di sezione, coniugati tre a tre (come nel n.° 3). Avremo , correlativamente ai medesimi, 6 curve d intersezione dei coni 77, #,, V3, K, pure coniugate tre a tre. | vertici dei 6 coni di sezione, in grazia del teorema analogo a quello di Pasca, giaceranno in un medesimo piano (n.° 3). Assumasi questo come piano accidentale di una deformazione omografica. I 6 coni saranno cambiati in altrettanti cilindri (S X, 2). Con inclinazione di coordinate ed estensione proporzionale si riduca la superficie ad una sfera. Le 4 sezioni 3,, X,, 23, 2, diventeranno altrettanti circoli; ed essendo collegate due a due con cilindri, agevole è mostrare, che questi quattro circoli y 2) saranno eguali. Per conseguenza nella trasformazione i punti 77, £ DI G. V. SCHIAPARELLI db Vz, V, Si saranno disposti ad eguali distanze dal centro della sfera. La figura risultante sarà analoga alla figura 18, soltanto in luogo del trian- golo 7, Va, V; avremo un tetraedro Y, , V,, V3, W,, ein vece del sistema £riangolare di 3 cilindri, avremo un sistema tetraedrico di 6 cilindri. I piani delle intersezioni dei 4 coni, che sono correlative ai 6 cilindri, saranno perpendicolari sul mezzo dei 6 spigoli del tetraedro V,, V, Vs, F,. Questi 6 piani adunque passeranno tutti pel centro O della sfera, e tre a tre s’intersecheranno lungo quattro raggi della medesima (che sono perpendicolari sulle 4 facce del tetraedro 4, Y, F, F,, e le intersecano nel centro del loro circolo circoscritto). Quando dalla figura trasformata si ritorni alla primitiva, troveremo dunque aver luogo il seguente 9. Trorrma - Se prolunghiamo le falde di 4 coni circoscritti ad una superficie di 2.° grado finchè vengano due a due ad incontrarsi lungo 6 curve coniugate tre a tre; queste curve giaceranno in 6 piani, che passano tutti per un medesimo punto, e tre a tre Ss’ intersecano lungo 4 linee rette divergenti da quel punto (*). Il quale teorema, correlativo (*) Si può domandare in quante maniere fra le 12 curve piane che risultano dalle intersezioni reciproche dei quattro coni, si può formare un sistema di 6 intersezioni coniugate tre a tre. È facile vedere che questo numero sarà eguale a quello dei sistemi di sei coni coniugati di sezioni, che possono aver luogo fra le 4 curve X,, Y,, X3, E. Ora già si è dello, che questo numero si restringe ad otto. Dunque anche qui sarà possibile, ritenendo i medesimi coni, fare fra 12 curve otto scelte di sei curve ciascuna, le quali soddisfacciano al teorema che precede. Se nella figura ultimamente considerata si faccia una sezione per tre qualunque dei quattro vertici 7,, Va, 73, P, si otterrà una figura piana rappresentante il teorema di BRIANCHON in piano, Nella figura 20 abbiamo cercato di rappresentare la proprietà di un sistema di quattro coni circoscritti ad una superficie di 2.° grado, che risulta dal teorema del n.° 9. La superficie di 2.° grado è una sfera; P,, Va, 73, P, sono i vertici dei quattro coni circoscritti. Le curve descritte con tratto più sottile rappresentano le quattro sezioni di contatto 3, , 2,, 23, 2,+ Le curve di tratto più grosso rappresentano sei intersezioni coniugate dei 4 coni, e sono : fra P, eV... Ke Ris, des trà Peso UU AURI SE fra V, e Va. Ka, Rig, K, , fra 7, e P, .. Ki, Risg Kg, fra Y Vi RER Er, ADA RE Ea Le parti supposte invisibili sono delineate a punti, secondo le convenzioni del disegno. Queste 6 curve concorrono 3 a 3 in 4 punti K,, K,, K;, K,3 i loro 6 piani s'intersecano tre a tre se- condo le quattro rette OK, , OK,, OK3, O K,; e tutti sei passano per il punto O. È da notarsi che qui, come già nei teoremi piani ($ V), il punto O è polo della superficie rispelto al piano, in cui si contengono i 6 vertici dei coni di sezione connettenti le quattro linee | — e —————— Á— —— 276 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. del primo per dualità , si può riguardare come rappresentante nello spazio quello di BriancHon. Questo può infatti enunciarsi come segue: Se da 3 punti qualunque V,, Va, W; presi nel piano di una conica si conducano 3 fasci tangenti alla medesima; quando si prendano le loro intersezioni coniugate (cioè determinanti un perimetro esagonale continuo, in cui i vertici opposti appartengano ai medesimi fasci) 4, B,, 4, B,, 4, B3, e si uniscano con linee rette, queste passeranno tutte e tre per un medesimo punto O (fig. 19). XI. Trasformazioni coniche a 3 dimensioni. Consideriamo, analogamente a quello che si è fatto nel $ VI, la trasformazione espressa dalle formule hi _A48+Bqa+C4+Diîn+E63+Fn6+P"5+0Q"n+R"< “TACE Bit CO DEN EEC H+ Fac P ESQ HR E Aë BiH Din Etg Fang P" Q'a + R'E "E Ae Bate CO DESEE + Fan + ER O n+R'< 20 AË+HBT+CÉÈ+DENHESE+ Fait PEQ n+ RTE "7 AP Bn+CÉHDEN+EES+ PF + P'E+HQ'n+R'E L4 E 2 e designiamo per brevità con O l'insieme dei termini di 2.” grado ACES BSOS DESEE A Fat. E noto per la teoria delle superficie di 2.° grado, potersi ridurre l’espres- sione © (usando di trasformazioni di coordinate, e di estensioni propor- zionali), ad una delle cinque forme Save, En+EG+nt, ERU. En, (60x), secondo che le superficie rappresentate dai quattro polinomi di 2." grado, che entrano a comporre le equazioni trasformatrici, sono ellissoidi, iper- boloidi, paraboloidi ellittici, paraboloidi iperbolici, o cilindri parabolici (*). di contatto Z, , 2,, 23, Z,. Questo fatto può dar luogo ad un gran numero di altre deduzioni. Finalmente è da avvertire, che la dimostrazione precedente suppone la superficie di 2.° grado riduttibile alla forma sferica. Alle superficie, in cui questo non può aver luogo per trasformazioni reali, si estenderà il teorema col principio di continuità. (*) Y cilindri ellittici ed iperbolici danno le stesse forme che i paraboloidi: i coni danno la stessa forma che gli iperboloidi. | | | | | «se | | | | DI G. V. SCHIAPARELLI 277 Eseguendo la divisione dei numeratori e dei denominatori per 9, le espressioni di x,, Yo, Z, si potranno mettere sotto la forma E Kale M'EN! Ris L3 Mni ac yv tinte ; AE E KE+L5+Mé+N K g+Lg+Mg+N È DU i4 mS má mS m Ts ott o* M ¿EN EA MEM à tpe E e pa ed è chiaro, che se noi introduciamo fra le coordinate A vota deformazione omografica y ae Kee Ly + M24! .__E'x+L'y+M"3+N" UT Ka+Ly+Mz4+N ? anew x+Ly+M z--N Ky + LU + Mz ae N!" TR xL y+M 3+N > 2 fra le coordinate x, y, 3, E, n, € la trasformazione si ridurrà a 8 2 r=E > e > x= equazioni che rappresentano nella loro più semplice espressione le 5 specie differenti di deformazione conica a 3 dimensioni, per le cinque forme sopradette che nei diversi casi può assumere O. Tutte queste trasforma- zioni sono reciproche , cioè danno, sia che si risolvano rispetto a x, y, z, sia rispetto a 5, x, &, delle forme assolutamente identiche. Da tutte si ricava SRP I cioè in tutte si conservano le direzioni rispetto all'origine delle coordinate o al centro della trasformazione. Di queste cinque trasformazioni le più degne di essere considerate sono incontrastabilmente le due prime. Le formule della prima, che diremo trasformazione sferica scritte per disteso, sono : — a . VET wi n dietam TE onde facilmente si trae XE (Etre). (2442); = = Se — - Dee e ee. MM ADM 278 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. e da questo appare, che il carattere fondamentale geometrico della tras- formazione sta nel conservare la direzione dei raggi vettori, dando perd loro un valore inverso. Per modo che il prodotto dei raggi vettori pri- mitivo e trasformato è costante. Segue che la nostra trasformazione sferica è identica col principio delle imagini di Tuowsox. Le formule della seconda trasformazione, che chiamiamo iperboloidica, o anche solo iperbolica, sono: pu E a n cal 6: P EENE EGNE y JU Esai A “Encens” e se ne trae (&n-- £&-- n6). (xy+xs+ys)=: ; dal che apprendiamo , che il prodotto: delle superficie del parallelepipedo delle coordinate primitive e di quelle delle coordinate trasformate è co- stante, stando sempre le diagonali loro nella stessa direzione rispetto all'origine. Nello stesso modo che la trasformazione sferica corrisponde alla trasformazione ciclica in piano, così la presente corrisponde alla trasformazione iperbolica piana. L'una e l’altra di queste ultime verranno considerate e discusse nel capo seguente sotto il nome comune di trasfor- mazioni iperboliche. Dal principio delle imagini si può derivare la trasformazione iper- *bolica e da questa il principio delle imagini col passaggio dal reale al- l'imaginario. Se si ponga si troverà 2 2 2 2 LE fs L 4 D X Ry AE mu, yc BV Z, È Etn ti — 65,0, 2- Gt 1,6, ; le formule della trasformazione sferica passeranno in quelle della iperbolica e reciprocamente. Si può dunque dire, che queste trasformazioni sono, epi Dee? x j 3 analiticamente parlando, identiche, perchè una trasformazione lineare imaginaria basta a convertir l'una nell'altra. Ma la cosa cammina alquanto diversamente, trattandosi di speculazioni geometriche dirette, siccome DI G. V, SCHIAPARELLI 279 sarà dato agio di mostrare nel capo seguente. Una relazione analoga esiste fra le trasformazioni della 3.* e della 4° forma, che qui non è pregio dell’opera sviluppare. \ XUL Osservazione sulla trasformazione generale di A.° ordine a 3 dimensioni. Risolvendo rispetto ad x, y, z le equazioni generali di questa tras- formazione date al $ IX, si ricaveranno 3 espressioni frazionarie, i cui numeratori e denominatori saranno polinomii di 3.° grado in &, n, &. Eguagliando ciascuno di questi polinomii a zero, si otterranno le equazioni di quattro superficie del 3.° grado, la cui considerazione sarà indispen- sabile alla ricerca presente. Non vi ha dubbio, che come le trasforma- zioni di 1.° ordine in piano sono un mezzo assai utile per la ricerca delle proprietà delle curve di 2.° grado , così le trasformazioni di 1.° ordine nello spazio debbono essere uno strumento assai utile per la considera- zione delle superficie di 3.° grado. È qui dunque aperto un campo nuovo ed ampio di investigazioni, in cui non mi è concesso per ora d’entrare. Perciò, stabilito il luogo che occupa la trasformazione iperbolica nella serie delle trasformazioni, e i suoi rapporti con altre conosciute, limi- teremo d'or innanzi a quella l’attenzione nostra, abbandonando ogni soggetto estraneo. CAPO SECONDO. PROPRIETA ED APPLICAZIONI DELLA TRASFORMAZIONE IPERBOLICA. XIV. Proprietà relative alla traslazione dei punti, e alla deformazione delle linee. Le equazioni esprimenti la trasformazione iperbolica in piano nella sua forma più semplice sono ($ VI): > Vei: WC * v9. 9» S NA (1) si. e dalla loro ispezione risultano immediatamente le seguenti proprietà : 1. L'ascissa primitiva equivale all’ inversa dell’ordinata trasformata , e l’ascissa trasformata all'inversa dell’ordinata primitiva. 2. Le due coordinate primitive hanno fra loro il medesimo rapporto O Sd — tem I 280 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. che le trasformate, cioè: a:y::€:1. Dunque il punto primitivo P e il trasformato P' (fig. 22) si trovano sulla medesima retta condotta per l'origine. Cioè si conservano le direzioni rettilinee intorno al centro della trasformazione. Ogni retta condotta per O dunque non si troverà cam- biata dopo la trasformazione : ma avrà soltanto subìto uno scambio di punti lungo la propria direzione. Se P' è il trasformato di P, sarà in- versamente P il trasformato di P'. 3. I punti che si trovano nell'angolo YO X o nel suo opposto Y'Ox dopo la trasformazione vi rimangono (*); al contrario quelli che sono nel 2.° quadrante passano nell'opposto, cioè nel 4.° : e inversamente quelli del 4." passano dopo la trasformazione nel 2.” Fatta questa eccezione, il modo di trasformazione procede analogo nei quattro quadranti. 4. Essendo condotte parallelamente agli assi le quattro rette AB, BC, CD, DA alla distanza 1 dall'origine; i punti di 4B dopo la trasformazione passeranno su A D e viceversa. Lo stesso vale per le rette C B, C D. Così p. e. i trasformati dei punti mn p q saranno m n p! q' e viceversa. 5. E similmente tutti i punti di una retta verticale P; dopo la tras- formazione passeranno sopra un orizzontale i P': viceversa i punti di ogni orizzontale P'i o Ph passeranno suna verticale Pi o P'h. Luna retta è determinata sempre dall’altra in guisa, che il prodotto delle loro distanze dagli assi a cui corrono parallele sia costantemente eguale a + 1. Per conseguenza il luogo geometrico dei punti ¿ ove le rette orizzontali e verticali incontrano le loro trasformate sarà l’ iperbole x y = 1. È ma- nifesto che il punto ¿ di quest iperbole (ove le rette primitiva e trasformata s'incontrano) è trasformato di sè medesimo: quindi la stessa iperbole godrà la prerogativa di esser linea dei punti invariabili. Il che si fa ma- nifesto anche dalle equazioni (1) dove si ha x =6, y =% , quando si ponga xy = 1, oppure £x = 1. 6. Se dunque essendo dato un punto P si vuole avere il suo tras- formato ; l iperbole dei punti invariabili servirà a darne una costruzione più comoda che quella risultante dalle equazioni (1). Perchè conducendo Pi verticalmente fino al suo incontro coll’ iperbole in z, il punto trasformato dovrà trovarsi sull'orizzontale i P' condotta per i (n.° 5); e traendo P A (^) Per chiarezza si. usa qui delle denominazioni 1.°, 2.°, 3.2, 4.? quadrante per gli spazi FOX, YOX', Y'O X, Y'OX, togliendole dalle analoghe della trigonometria. DI G. V. SCHIAPARELLI 281 crizzontale fino all’incontro coll iperbole in A, il trasformato dovrà tro- varsi sulla h P'. Esso sarà dunque P'. La diagonale P P' del rettangolo così costrutto dovrà passare per O, e potrà servir di prova, seppur non si preferisce impiegarla alla costruzione stessa di P’. Similmente col ret- tangolo Q K Q' f si trova il trasformato di Q esser Q' e viceversa. 7. Y punti situati nel 2." e 4.” quadrante subiscono rispetto all’ iper- bole x y — — 1 trasformazioni analoghe a quelle che i punti del 1.° e del 3." soffrono rispetto all'iperbole xy — -4- 1. Soltanto i punti del 2.° qua- drante dovranno portarsi nel 4.° e reciprocamente. Quindi P iperbole xy=—1 (che potrebbe del resto anche impiegarsi alla costruzione dei punti trasformati) non sarà una linea di punti invariabili: ma ogni suo punto nella trasformazione si scambierà con quello che gli sta opposto rispetto al centro. Cosi s sarà trasformato di s' e s' di s. 8. Tutti i punti compresi fra gli assi e i rami delle due iperboli ac- cennate, dopo la trasformazione passeranno nello spazio esteriore. Nello o spazio esteriore contiguo se si tratta del 1.” e 3.° quadrante, nello spazio esteriore opposto quando è questione del 2.° e del 4.°. Così mentre P si trasporta in P'e n in n' da un lato, dall'altro p passa in p'e q in q. 9. Ogni punto che si trovi sulPasse x coll'ascissa a dopo la trasfor- à 3 AT ; Sei ; mazione si troverà distare da quest'asse della quantità — , ed avere un'a- a scissa infinita. Così pure ogni punto dell'asse y, il quale abbia a per 3 ; I j atin ordinata, passerà a distanza — dall’asse y, e la sua ordinata sarà infinita. a Il punto O, come quello che appartiene a tutti i raggi vettori che per esso si posson condurre, dopo la trasformazione si cambierà nello spazio infinito che s'incontra camminando da O in qualsivoglia direzione. 10. Rispetto alla legge con cui succede lo scambio dei punti lungo un dato raggio vettore osserveremo che se il raggio vettore primitivo è DIVIETI STORIE] - I Vr+r, il trasformato sarà VE+I=—.Va'+y. Quando ay= 1, xy $ cioè quando il punto considerato sul raggio vettore appartiene all’ iperbole dei punti invariabili, si ha naturalmente /a^4-5^— V Er. In generale si vede che s'uno stesso raggio vettore i punti più prossimi all’origine dopo la trasformazione diventano i più lontani, e inversamente. L'origine passa all’ infinito in qualsivoglia direzione. I} rapporto del raggio vettore primitivo al raggio trasformato essendo espresso, nel caso generale, da xy, segue che questo rapporto sarà eguale e costante per tutti i punti SERIE IL Tom. XXI. iM 1 4 282 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. della stessa iperbole xy =a. Dunque una tale iperbole si trasformerà in un’altra simile e concentrica, la cui equazione è En=2. Tutte queste iperboli cosi primitive come trasformate appartengono al sistema consi- derato nel $ VI, e come dovremo più sotto farne uso , adotteremo per esse la denominazione di ¿perboli parallele. 11. La figura 23 serve a mostrare nel suo complesso il modo con cui questa trasformazione distribuisce i punti situati nel suo piano. Oltre all iperbole. +1 dei punti invariabili vi si trovan costrutte le iperboli parallele xy=—1, xy=t;, xy=}; indicate coi numeri — 1, æ!, +! sulla figura; e le trasformate di queste xy=—1, axy==2, æy=+4, quali risultano dalle equazioni (1). Queste trasformate sono indicate coi numeri +2, +4, ecc. Vi sono inoltre tracciate alcune di- rezioni partenti dall'origine. Quando nel riguardare questo disegno si avverta che: 1.° ogni punto ha il suo trasformato sulla stessa retta passante per. l'origine; 2.” che ogni iperbola ha per trasformata quella indicata da un numero inverso (come p. e. l'iperbole —; rispetto all iperbole — 4); 3.° che dal 2.° quadrante conviene passare al 4.” e viceversa; si concepirà facilmente nel suo ‘insieme l’effetto che la trasformazione iper- bolica dee esercitare sulle figure ad essa sottoposte. 12. Si è veduto (n.° 9) che ogni punto situato sopra un asse a di- stanza a dall origine passa, dopo la trasformazione, all’ infinito, stando però a distanza = dall’asse su cui già si trovava. Dunque ad ogni punto in cui la linea primitiva interseca l’asse x corrisponderà un ramo duplice asintotico , avente un asintoto parallelo a quest'asse. E il prodotto delle distanze dell’asintoto e del punto primitivo dall'origine sarà =- 1. Lo stesso vale per l’asse y. Quando un ramo della primitiva è asintotico ad uno degli assi, dopo la trasformazione lo sarà ancora, e reciprocamente. 13. Il punto O dopo la trasformazione si converte nello spazio che si può immaginare circondi la figura in tutte le direzioni a distanza in- finita. Ne segue, che quando la curva primitiva passa una o più volte per l’origine delle coordinate, dopo la trasformazione essa acquisterà altrettanti rami procedenti all'infinito nella divezione che aveano le tan- genti alla curva primitiva in O. Inversamente tutti i rami che vanno all' infinito non parallelamente agli assi daranno, dopo la trasformazione, altrettanti archi curvilinei convergenti in O; e le tangenti ivi condotte saranno parallele alle direzioni che i rami primitivi aveano a distanza infinita. DI G. V. SCHIAPARELLI 283 14. Il grado delle curve viene da questa trasformazione generalmente duplicato. Caso di eccezione è quello, in cui la curva primitiva passa per l’origine. Allora, se l'equazione primitiva è del grado m, quella della trasformata sarà del grado 2m— 1 , generalmente parlando. Ma può av- venire, che la trasformata sia di grado anche minore. Infatti la nostra trasformazione essendo reciproca, le curve primitiva e trasformata pos- sono intervertire il loro uffizio; e se p. e. un’equazione del grado m ha la trasformata del grado 2m, o 2m-—1, questa al contrario avrà per trasformata la curva primitiva di grado m. In tal guisa molte curve di 2.° grado potranno ridursi al primo: e molte di terzo e di quarto grado potranno ricondursi al secondo. 15. Se per esempio vogliamo esaminare quale sia l’effetto della tras- formazione iperbolica sopra una retta qualunque, troveremo anzitutto, ch'essa si convertirà in una curva di secondo grado. Inoltre, siccome questa retta si estende all'infinito in una direzione non parallela agli assi, la sua trasformata dovrà (n.° 13) passare una volta per l'origine: e la tangente della trasformata nell'origine sarà parallela alla retta primitiva (fig. 24), cioè pq parallela ad 4C. J due punti MV in cui la retta incontra gli assi determineranno (n.° r2) nella trasformata due asintoti facili a costruire, i quali saranno paralleli agli assi, mp, nv. Essi s'in- tersecheranno in un punto P' centro della trasformata, il quale sarà trasformato del punto P avente OM, ON per coordinate. Del resto ai punti primitivi 4, B, C corrisponderanno sulla trasformata 4”, B', C'. .. ; i punti M, N fuggiranno ad una distanza infinita; un ramo RS dell'iper- bole trasformata sarà generato dal segmento MN della retta primitiva, mentre le parti rimanenti N 4, MC, genereranno le porzioni OA’, OC! dell'altro ramo 777. Quando in un piano siano descritte più rette, esse si trasformeranno in un sistema d'iperboli passanti per l'origine O, e aventi asintoti paralleli agli assi e paralleli fra loro. Gli angoli compresi fra queste rette si riprodurranno tutti nel punto O comune alle diverse trasformate. La proposizione inversa è egualmente vera: cioè un sistema d’iperboli passanti per l’origine e aventi gli asintoti paralleli agli assi dopo la trasformazione si cambierà in un sistema di rette. Tulte queste proposizioni si ottengono anche con una discussione analitica fondata sulle equazioni (1). 16. In questa trasformazione si riprodurranno evidentemente tutte le proprietà descrittive delle figure: così per esempio quando più linee pas- Li 1 3 4 1 284 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. sano per uno stesso punto , dopo la trasformazione elle passeranno pe! punto trasformato del primo : quando due linee sono fra loro tangenti, lo saranno pure le loro trasformate ecc. Ma le proprietà metriche, quelle cioè in cui sono compresi rapporti e misure, perdono nella trasformazione la loro semplicità. Fra le proposizioni di questo genere per conseguenza non vogliamo che sceglierne una, la quale sarà in seguito di qualche uso. Cioè in questa trasformazione si conservano i rapporti anarmonici delle proiezioni di 4 punti sugli assi delle coordinate, e tutte le altre proprietà metriche che dalla conservazione di questi rapporti anarmonici dipendono. La dimostrazione si ottiene dalla considerazione delle (1) in modo perfettamente analogo a quello che si è seguito: nel $ IV per un caso simile. XV. Proprietà relative alla deformazione delle figure infinitesime. Noi dobbiamo al presente esaminare le mutazioni che la trasforma- zione iperbolica introduce nelle direzioni. Siccome una linea retta ge- neralmente si trasforma in una curva, non potremo qui considerare le direzioni lungo un tratto finito, dipendendo la direzione trasformata anche dal punto, che sulla retta si considera, Dovremo dunque limitarci a considerare la variazione di direzione di un elemento infinitesimale. In generale, essendo dato un elemento d'una curva, e la sua direzione (o la sua tangente) trovare la direzione dell'elemento trasformato 6 il problema che dobbiamo risolvere. Ció si potrebbe fare molto facilmente colle equazioni trasformatrici (1): ma la seguente via ha il vantaggio di porre immediatamente sott'occhio il senso geometrico dei risultati, e di porci in mano la soluzione di un altro problema, che è quello di de- terminare la deformazione delle figure infinitesime. Siano P, Q (figura 25) i due punti infinitamente vicini che deter- minano la direzione dell'elemento lineare PQ: siano P', Q' i punti tras- formati, e P'(Q' la direzione trasformata dell'elemento. Per i punti P, Q, P', Q' si conducano le iperboli parallele (S XIV, n.° 10) ; quelle che passano per P' Q' saranno trasformate di quelle che passano per P, Q. Se inoltre conduciamo ad O i raggi vettori PP", QQ', avremo formato due quadrilateri PQRS, P'Q'R'S', dei quali uno sarà tras- formato dell’altro. Essi si accosteranno tanto più alla forma di paral- lelogrammi rettilinei, quanto più piccoli si prendono. Dico, che questi | | | | k | DI G. V. SCHIAPARELLI 285 quadrilateri evanescenti non solo saranno parallelogrammi, ma eziandio simili e similmente posti. Infatti O è evidentemente centro di similitu- dine delle quattro iperboli parallele : gli elementi PS, RQ, P'S', n'Q' saranno per conseguenza paralleli, e i due parallelogrammi saranno equiangoli. Di più avendosi, per la proprietà delle iperboli parallele, fra gli assi loro trasversi le relazioni Q.X.O X' z— O Y. O Y', se ne deriva. agevolmente X Y: X' Y'::0.X:0Y'; or per la similitudine delle quattro iperboli rispetto ad O, X F:X' Y':: PR:P'R'; di più ORTO O OR SS 22 COME Dunque PR:P'R'::PS:Q'R', che è quanto si voleva dimostrare. T due parallelogrammi elementari essendo simili e similmente posti, se PQ P'Q' ne fossero diagonali omologhe, le direzioni primitiva e tras- formata sarebbero parallele. Ma la natura della trasformazione porta, che essendo PQ diagonale maggiore, la trasformata P'Q' sia diagonale minore: ed inversamente. Le due direzioni non saranno più parallele ; ma data l'una sarà agevole costruire l’altra. Se infatti osserviamo che la tangente MN, prolungamento del latercolo PS, è divisa per mezzo dal punto di contatto (per una proprietà nota dell iperbole); data la direzione PQ dell’elemento primitivo, si troverà come segue quella dell'elemento trasformato (fig. 26). Per P, origine della data direzione si conduca il raggio vettore O P P', e con raggio = O P si taglino i due assi in MN per mezzo di archi circolari descritti da P come centro. Conducasi MN, e per un altro punto Q qualsiasi della data direzione PQ (la lunghezza PQ essendo arbitraria) si conducano QR, QS in modo da compiere il parallelogramma P QRS. La diagonale RS sarà la direzione trasformata. E se P' sia il punto trasformato di P, OF" un raggio vettore infinita mente vicino ad OP", basterà condurre 2'Z parallela ad RQ, onde ottenere in lunghezza e direzione l'elemento P'77 trasformato di PV. In tal modo essendo data la tangente della curva primitiva in un punto P, si ricaverà una semplice costruzione della tangente alla curva trasformata in P”, Queste considerazioni danno eziandio il mezzo d'investigare la natura della relazione che esiste fra la forma di una figura infinitesima , e quella della sua trasformata. Se infatti noi immaginiamo che R'Q' P'S', lati del parallelogramma elementare trasformato (fig. 25) vengano ad incli- narsi sul raggio vettore O P' d'un angolo O R'g' supplementare a O R'Q'; a \ t : j } i id || il | i - N | | \ 4 i | 4 | 3 i= | $ 286 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. la figura R' P'q's! che ne deriva sarà simile a PRSQ, e simetricamente disposta. La relazione adunque che passa fra le figure primitiva e tras- formata è quella che ha luogo fra due figure prima simetriche, di cui siansi poi inclinate tutte le ordinate sotto un medesimo angolo (fig. 27). Per questo si potrebbe dare alla relazione esistente fra le due figure il nome di similitudine supplementare , o simetria obliqua. Mentre la similitudine ordinaria è assoluta, e di una sola specie, la similitudine supplementare è diversa, variando coll’inclinazione che si dà alle ordinate delle figure che prima erano simetriche. Nel nostro caso quest'angolo è eguale a quello che fanno le iperboli parallele col raggio vettore delle due figure infinitesime. La similitudine supplementare varierà dunque col variar delle direzioni lungo cui si cammina a partire da O: soltanto sulle rette inclinate a 45.° rispetto agli assi ella si cambia in simetria assoluta, essendo ivi le iperboli parallele ortogonali al raggio vettore. La trasformazione ciclica, o il principio delle immagini di Tuomson conserva la similitudine assoluta delle figure infinitesime, come avviene pure nella proiezione stereografica della sfera, e in quella di Mercaron. Al contrario la trasformazione iperbolica conserva solo la similitudine supplementare. Se supponiamo descritto intorno al punto primitivo P (fig. 26) un circolo infinitamente piccolo di raggio PY’, esso si trasformerà per si- militudine supplementare, ed è manifesto che ne deve risultare un'ellisse concentrica al punto P'. Per determinare la forma e la disposizione di questa ellisse, osserveremo che il massimo ed il minimo valore di 2'/7 avranno luogo quando il rapporto delle diagonali RS, PQ sarà massimo o minimo. È facile dimostrare, che ciò avrà luogo nei due casi, in cui il. parallelogramma RSPQ è un rombo. Dunque i rapporti massimo e minimo si avranno quando una diagonale è parallela ad un asse e l'altra all'altro. Questo è sufficiente per far vedere, che gli assi dell’ellisse tras- formata sono paralleli a quelli delle coordinate, e che il loro rapporto è eguale al quadrato del rapporto delle linee OM ed ON. E che la deformazione, la quale produce la similitudine supplementare, può ridursi a due estensioni proporzionali nelle direzioni degli assi delle coordinate. Tutte queste proposizioni sono casi di altre più generali che si adat- tano a qualsivoglia trasformazione continua. DI G. V. SCHIAPARELLI 287 XVI. Applicazione della trasformazione iperbolica. - Dimostrazione dei teoremi di Desarcues e di Sturm sulle coniche condotte per quattro punti. 1. Lemma. Da un punto S (fig. 28) preso sull’asintoto di un'iperbole si condncano alla curva 3 seganti qualunque, e si proiettino i sei punti d intersezione sull'asintoto stesso per mezzo di rette parallele all’altro asintoto. È noto che le porzioni di una segante comprese fra la curva e i due asintoti sono eguali fra di loro. Per questa ragione avremo nella nostra figura O4 = Sa, OB=SB, 0C= Sy; ed eleggendo 3 segmenti fra ‘i punti 4, B, C, a, B, y, in guisa che i loro termini siano tutti espressi da lettere diverse (il che si può fare in 8 modi differenti) avremo le relazioni evidenti AB.By.Ca=4A%).CR.Bu; AB. By.Ca=A4y.CB.of | AB. BC. ya=AC.By.Bu; AB.Ch.ay=AC.By.ag\ O esprimenti fra i sei punti 4, B, C, «, B, y quel rapporto, che gli odierni Geometri chiamano involuzione. 2. Un tale rapporto fra 6 punti situati in linea retta si conserva anche dopo la trasformazione omografica. Ciò si potrebbe far vedere mostrando che l' involuzione non esprime altro che l'eguaglianza di 2 rapporti anar- monici ($ IV). Ma per maggior brevità osserveremo , che quando 6 punti sono in involuzione, anche le loro proiezioni sugli assi lo sono. Se dunque le ordinate dei 6 punti siano Jas Yn» Jc Jas Ja» Ty} avremo 4poy,—ya., Byey-—ys, ecc E le relazioni (2) si potranno scrivere in funzione di queste ordinate : per esempio la prima verrà espressa con ea) (ire) (ENTI N Sr) : Trasformando ora per prospettiva, ed adottando notazioni analoghe per . , I Dd. le coordinate trasformate , sarà in generale y=—, quindi n 1 I I t>, Ps. "==, ecc Va tar wn * Va 2 I I I Ve — V= — — = — Nm); =y; = ni); ecc Laico + "a La relazione precedente diventa cosi 288 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. I pra (n (1,—75)- (0, — 1c) = vsu uw (1 — Me): (0, 12) 5 ovvero (X — 4) (,— 12) - (0, — he) = (Hy na) (0 — ic). (a 12) 7 equazione esprimente che le proiezioni dei 6 punti trasformati sull'asse delle ordinate formano ancora involuzioni, e che quindi i 6 punti trasfor- mati sono eglino stessi ancora in involuzione. 3. Nella trasformazione iperbolica non si conserva propriamente l'in- voluzione , che quando la retta su cui giacciono i sei punti si trasforma in un’altra retta. Ma generalmente parlando le rette trasformandosi in iperboli riferite agli asintoti ($ XIV, 15), VP involuzione propriamente detta non si conserverà. Ma si conserva però ancora l’ involuzione delle proiezioni dei 6 punti sui due assi delle coordinate. Coll’aiuto delle equa- I zioni trasformatrici y=>3, x=- si può dimostrare quest'ultima pro- $ Y posizione esattamente nel modo or ora seguito pel caso della deforma- zione omografica (n.° 2). È 4. Potremo quindi trasformare la figura 28 per prospettiva, assu- mendo per asse dei punti accidentali una retta qualsivoglia non parallela ad alcuno degli asintoti. Allora gli asintoti si convertiranno in due tan- genti, i cui punti di contatto si troveranno sulla linea accidentale X' Y" (fig. 29). Le rette proiettanti della fig. 28 si muteranno in altrettante rette passanti per À”, e saranno X' 4’, X'B', X'C'; Xtal, X'p', Xy. Queste sei rette determinano sulla tangente i 6 punti 4'B'C'xf'y, che saranno in involuzione (n.° 2). Ed in generale queste sei rette deter- mineranno sopra una segante qualsivoglia MIN sei punti in involuzione, perchè allora la retta MN può riguardarsi come un quadro, su cui i 6 punti 4'B'C'%'f'y' vengano posti in prospettiva rispetto al punto di vista X'. Così potremo enunciare il teorema seguente: se da un punto qualunque S' si conducano 3 seganti ad una conica, e da un punto X di questa sei rette ai punti d'intersezione able! .....: queste sei rette determineranno Sur altra qualunque MN sei punti in involuzione, o formeranno un fascio involutore. 5. Se adunque consideriamo un'iperbole (fig. 30) i cui asintoti siano paralleli agli assi delle coordinate, e conduciamo da un punto qualsivoglia N DI G. V. SCHIAPARELLI 289 tre seganti, indi prendiamo il punto X' sovra uno dei rami iperbolici a distanza infinita, il fascio involutore si comporrà di 6 rette parallele ad un asintoto, determinanti sull'altro sei punti 4BCafy in involuzione. Cioé le proiezioni dei punti abc; a'd'e' sugli asintoti, o sugli assi delle coordinate loro paralleli, sono in involuzione. Queste proiezioni resteranno ancora in involuzione quando si trasformi iperbolicamente (n.° 3). 6. Consideriamo al presente tre sezioni coniche (fig. 31) passanti tutte per quattro punti M, N, P, Q. Sia RS una segante rettilinea qualunque, 4, B, C, «, B, y i 6 punti d’intersezione. Quindi a) si trasformi per prospettiva, assumendo per linea dei punti accidentali una delle corde comuni alle 3 coniche. Due delle quattro intersezioni MNPQ fuggiranno allora all” infinito, e avremo (S IV) un sistema di 3 iperboli passanti per due punti, per esempio M, JV, e aventi gli asintoti paralleli. La segante RS non cesserà di esser rettilinea. 2) S’inclinino le ordinate in modo che le iperboli diventino tutte equilaterali, e si fissi l'origine in uno dei punti comuni, p. e. in M, prendendo gli assi nella direzione degli asintoti. c) Si trasformi iperbolicamente. Allora siccome tutte le iperboli hanno gli asintoti paralleli agli assi e passano pel punto M, origine delle coordinate; dopo la trasformazione esse diventeranno 3 rette, non aventi più che un punto comune JV (fig. 30). Al contrario la segante RS si convertirá in un'iperbole equilatera avente gli asintoti paralleli agli assi. I 6 punti ZB Caf della fig. 31 si saranno mutati in a, b, c, a’, b', c (fig, 3o). Ma fu dimostrato (n.° 5) che in questo caso le loro proiezioni sugli assi delle coordinate sono in involuzione. Dunque elle doveano altresì esserlo prima di tutte le intraprese trasformazioni : cioè le proiezioni di ABC, «By (fig. 31) sono in involuzione. Siccome questi punti stanno in linea retta, formano essi medesimi involuzione. Ne concludiamo il bel teorema che segue , dovuto a Srurm; tre coniche passanti per gli stessi quattro punti determinano suna segante qualsivoglia 6 punti in involu- zione. Nel caso particolare in cui una delle 3 coniche si riduca ad un sistema di 2 rette, si ha quest'altro : due coniche e due delle loro corde comuni (non formanti angolo inscritto alle coniche) determinano s'una segante sei punti in involuzione. Quando due coniche si riducono a due sistemi di rette, si ha il noto teorema di Drsarcurs. Ogni segante incontra una conica e un quadrilatero ad essa inscritto in sei punti formanti in voluzione. Quando le 3 coniche sono 3 coppie di linee rette, si trova per ultimo che « à Zati e le diagonali di un quadrilatero qualunque Serw IL Tom. XXI. "UN 290 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. determinano s'una segante arbitraria sei punti in involuzione» teorema già conosciuto da Parro (Coll. Math., lib. VIT, Prop. CXXX). Allorquando dei 4 punti comuni alle 3 coniche due vengono rimossi all’ infinito per mezzo della prospettiva, le coniche diventano iperboli con asintoti paralleli e per conseguenza simili e similmente poste: usando del principio di continuità , si può quindi enunciare generalmente, che tre coniche simili e similmente poste aventi una corda comune determinano suna segante qualsivoglia 6 punti in involuzione. Quanto precede, sup- pone veramente che le coniche siano iperboli. Ma se si volesse una di- mostrazione rigorosa per il caso delle ellissi e delle parabole, senza usare del principio di continuità, converrebbe usare delle trasformazioni ciclica e parabolica. i Si vede adunque che nel teorema generale di Sturm alla condizione del passaggio delle coniche per due punti è permesso surrogare quella della loro similitudine di figura e di sito. Nel $ seguente mostreremo che le proprietà descrittive dei sistemi di coniche si comportano rispetto a queste due condizioni in modo del tutto indifferente , così che è permesso surrogare l’una all’altra negli enunciati. XVII. Analogia notabile di proprietà descrittive fra un sistema di linee rette e un sistema simile di coniche assoggettate a certe condizioni. 1. Supponiamo che si abbia in un piano un sistema di coniche as- soggettate alla sola condizione di passare tutte per tre punti determinati A, B, C, essendo nel resto arbitrarie, sia ciascuna per sè, sia nella loro reciproca disposizione. Si immagini condotta una retta per due dei punti sopradetti, p. e. 4 e B, e si assuma questa retta come linea dei punti accidentali di una deformazione omografica piana ($ IV). I due punti 4 e B si allontaneranno ad una distanza infinita dopo la trasfor- mazione; e non resterà che un sistema d'iperboli simili, con asintoti paralleli, e passanti tutte per un punto, trasformato di C. S'inclinino le ordinate in guisa, che tutte le dette iperboli diventino equilaterali : e prendendo due assi nella direzione degli asintoti, ponendo inoltre l'origine delle coordinate nel punto C comune a tutte le curve, si trasformi iperbolicamente. Dopo questa nuova trasformazione, tutte le curve pro- poste si saranno mutate in altrettante linee rette, non soggette a con- dizione aleuna particolare (S XIV, 15). Ma in tutte queste consecutive — roin DI G. V. SCHIAPARELLI 291 I | deformazioni le proprietà descrittive si sono tutte conservate ($ XIV, 16). i Ne segue il teorema o principio generale seguente : « Tutte le proprietà puramente descrittive che si possono enunciare rispetto ad un sistema qualsivoglia di lince rette appartengono egualmente ad un sistema analogo di coniche obbligate a passare per i tre medesimi punti ABC»; e una tale analogia di proprietà fra un sistema di rette e l’altro di coniche è assolutamente senza limiti. Essa comprende in sè tanti teoremi particolari, quante sono le proprietà descrittive immagina- ——_1 nabili in un sistema rettilineo. 2. Siccome nulla determina la posizione rispettiva dei tre punti 4, B, C, noi possiamo supporre che due di essi siano infinitamente vicini, o che pure lo siano tutti e tre. Nel primo caso le coniche considerate si ta- glieranno tutte in un punto, e si toccheranno tutte in un altro. Nel | secondo caso esse si osculeranno tutte in un medesimo punto. Si potrà | dunque enunciare il principio precedente in termini più sviluppati, dicendo: — * | Tutte le proprietà descrittive di un sistema di rette appartengono eziandio ad un sistema analogo di coniche , le quali debbano | a) Passare tutte per tre punti A, B, C; ovvero b) Passare tutte per un punto A, e toccarsi tutte in un altro B; 3 ovvero €) Oscularsi tutte in un sol punto. Siccome nelle successive trasformazioni i punti 4, B, C sono mandati a distanza infinita, all'intersezione di 2 rette trasformate corrisponderà nelle coniche primitive non già una delle intersezioni 4, B, C, ma bensì / la quarta delle intersezioni che le due coniche hanno, oltre ad 4, B, C. Nello stesso modo che due rette determinano un punto solo colla loro intersezione , così due coniche assoggettate alle precedenti condizioni de- termineranno una sola intersezione (oltre ad 4, B, C che non vengono mai tenute in conto). E come due punti determinano una retta, così due punti (oltre ai tre dati 4, B, C) basteranno a determinare una conica del considerato sistema. La relazione di dualità che esiste fra le rette ed i punti nei sistemi rettilinei avrà pur luogo fra i punti e le coniche nei sistemi curvilinei analoghi. 3. Così d'un tratto vengono estesi ai sistemi suddetti di coniche i ? numerosi teoremi relativi alle proprietà descrittive delle trasversali. E noto, che quando un fascio 4 di rette viene attraversato da due altre B, queste determinano nel fascio 4 una serie di quadrilateri, le cui dia- ‘ 292 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. gonali s'intersecano in punti situati s'una retta appartenente al fascio delle rette B. Dunque: Se per 3 punti 1, 2, 3 e per un quarto A si conduca una serie o fascio di coniche qualunque, e per gli stessi punti 1, 2, 3 e per un quinto B due altre coniche; queste attraversando il primo sistema determineranno in esso una serie di quadrilateri curvilinei. Pei vertici opposti di tali quadrilateri, e per 1, 2, 3 si conducano le coniche dia- gonali ; esse determineranno una serie di punti d intersezione (ciascuno risultante dal concorso delle diagonali di ciascun quadrilatero), i quali si troveranno tutti sopra una conica passante per 1, 2, 3 e B. Egualmente facile sarà trasformare le proprietà descrittive delle figure omologiche risultanti da elementi rettilinei, come pure i diversi modi che si hanno per generare una linea retta per mezzo del movimento di alcune altre obbligate a passare per certi punti. Basta in tutti questi casi surrogare alla parola Zinee rette l’espressione coniche passanti per 3 punti determinati (e identici per tutte) , oppure l'altra coniche passanti per un punto e tangenti ad una retta in un altro , oppure la terza co- niche osculantisi in un sol punto. 4. Nelle cose precedenti abbiamo limitato Panalogia, di cui è questione, alle sole proprietà descrittive. Non è perd vero, che le proprietà me- triche ne vengano del tutto escluse. Basta per tal fine ricordare, che i rapporti anarmonici e l'involuzione si conservano pienamente nella de- formazione omografica; e che nell'iperbolica si conservano rispetto alle proiezioni dei punti sopra gli assi. Si è per esempio dimostrato nel S XVI, che i lati e le diagonali di un quadrilatero determinano s'una segante qualsiasi 6 punti in involuzione, Trasformando il sistema iperbo- licamente, questi 6 punti verranno a trovarsi sopra una iperbole, ma le loro proiezioni sugli assi saranno ancora in involuzione ($ XVI, 3). Trasformando ora per prospettiva, in un modo qualunque, le sette lince della figura (cioè le sei del quadrilatero , più la segante) si troveranno mutate in altrettante coniche passanti per tre punti e formanti un sistema curvilineo simile a quello della fig. 32. Il quadrilatero curvilineo M NP Q colle sue diagonali determinerà sulla segante curva VW sei punti ABCufy. Le 6 rette che nella figura precedente proiettavano I’ involu- zione sopra uno degli assi, si saranno ora mutate in 6 rette condotte da ABCaßy ad uno dei tre punti comuni a tutte le curve. Elle for- meranno per conseguenza un fascio involutore. E come quello che vale DI G. V. SCHIAPARELLI 293 per uno dei 3 punti comuni a tutte le coniche, vale anche per gli altri due: diremo che se da ciascuno di questi punti conduciamo 6 rette ad A B Ca , otterremo tre fasci involutori, uno per ciascuno dei 3 punti. Se il quadrilatero retülineo iniziale venga disposto in modo che la segante passi per l'origine della trasformazione iperbolica; questa segante si conserverà fino all'ultimo rettilinea, e l'involuzione dei sei punti in essa determinati dal quadrilatero sussisterà pure. Soltanto è da osservarsi che l'origine. della trasformazione iperbolica dev'essere uno dei 3 punti comuni a tutte le coniche che si ottengono per risultato finale delle varie trasformazioni. Dunque altresì dopo le diverse trasformazioni la segante ret- tilinea passerà per uno dei 3 punti accennati. Ne segue: che quando una segante rettilinea è condotta per uno dei 3 punti comuni alle 6 coniche formanti i lati e le diagonali di un quadrilatero curvilineo, essa viene inter- secata da questi lati e da queste diagonali in 6 punti formanti involuzione. 5. Abbiamo sopra mostrato come da più coniche passanti per 3 punti si derivi un sistema analogo di rette, prima coll'espellere due dei punti comuni all’ infinito, con che si ottengono iperboli aventi asintoti paralleli ed un sol punto comune: poi trasformando iperbolicamente. Supponiamo ora che si abbiano nella stessa figura due sistemi differenti di coniche, e che quelle del primo sistema abbiano comuni 3 punti, come 4, P, C, mentre quelle del secondo sistema passano soltanto per due di quelli, per esempio per 4 e B. Allontanando all’ infinito 4 e 8 con una deformazione omografica , tutte le curve diventeranno iperboli ad asintoti paralleli: ma quelle del primo sistema avranno un punto comune C, mentre quelle del secondo non saranno soggette ad alcuna particolare condizione. Allora prendendo, l'origine in C, e gli assi nelle direzioni degli asintoti, si tras- formi iperbolicamente. Le iperboli del primo sistema si ridurranno a linee rette; quanto a quelle del secondo, è facile far vedere, che dopo la trasformazione si troveranno ancora essere iperboli cogli asintoti pa- ralleli agli assi (*). Introducendo un'altra deformazione omografica , avremo per risultato un sistema di linee rette da una parte, e dall’altra un sistema di coniche passanti per due punti. Tutte le proprietà descrittive di una figura composta di rette e di coniche passanti per 2 punti appartengono (*) Se infatti nell'equazione di un'iperbole avente gli asintoti nella direzione degli assi, ry+4x+By+C=0 sintroducono le equazioni (1) della trasformazione iperbolica, se ne deriva C§y+ An+ B£--1—0, equazione di una curva della medesima forma. o $ i 294 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. pure ad una figura analoga formata con coniche passanti per 3 punti A, B, C,e con altre passanti per due di essi, p. e. 4 e B. Quando nella figura primitiva si ha solo una o due coniche, è inutile aggiungere la con- dizione ch'elle passino per i due medesimi punti: in questo caso sarà sempre possibile formare la figura godente di proprietà descrittive analoghe. Supponendo poi che i punti comuni a tutte le coniche si avvi- cinino a distanza infinitamente piccola, possono ricavarsi diversi enunciati in apparenza diversi dal precedente, e che qui per brevità omettiamo. Volendo per esempio trasformare i teoremi di Pascar e di Briancnon, si giungerà facilmente agli enunciati che seguono ($ V): a) Se sopra di una conica si scelgano ad arbitrio sei punti 1, 2,3, 4, 5,6, e due altri Qj R; se inoltre per un punto qualunque P , non situato sulla conica, si conducano le G-coniche PQR12, PQR23, PQR34, PQR45, PQR56, PQR61, avremo così inscritto nella data curva un esagono curvilineo 123456. I lati, o le coniche opposte di questo esagono s'intersecheranno due a due in tre punti (diversi du PQR a tutte comuni), i quali si troveranno con PQR sulla medesima conica. Quest'ultima conica rappresenta evidentemente la retta su cui concorrono i lati opposti dell’esagramma mistico di Pascar. b) Se, ritenendo gli stessi punti P,Q,R,1,2,3,4,5,6 si conducano per P, Q, R sei coniche tangenti alla conica data in 1, 2, 3, 4, 5, 6, avremo circoscritto a questa un esagono curvilineo. Conducendo pei vertici op- posti di questo (‘vertici sempre diversi da PQR), e per PQR le 3 coniche diagonali, elle s'incontreranno tutte e tre in un medesimo punto. Il teorema fondamentale delle polari si può anche trasformare come segue (fig. 33): se per il polo P preso ad arbitrio nella data conica A B TF si conduca una segante qualsiasi 77, e si costruiscano le coniche che toccano la data in 7° ed in X, obbligandole a passare pel polo P e per due altri punti 4 B fissati preventivamente sulla curva data, otterremo un punto C, quarta delle intersezioni delle due coniche così costrutte. Questa quarta intersezione sarà diversa, secondo il sito della segante 7777, e il moto di questa produrrà un moto corrispondente nel punto C. 77 luogo delle consecutive posizioni di C sarà una conica passante per 4, B A In questo modo adunque sarebbe molto facile creare un’infinità di nuovi teoremi per mezzo di consecutive trasformazioni. Ma non si può dissi- mulare, che risultati di questo genere, sebbene non dispregevoli come fatti geometrici, sono lontani dall'avere quell’ importanza, che ad altri af DI G. V. SCHIAPARELLI 295 teoremi viene data dalla loro attitudine ad applicazioni ulteriori. La com- plicazione dei loro enunciati, che da una parte serve a renderli astrusi e maravigliosi, è d’altra parte la sorgente principale della loro infecondità: 6. Le proprietà descrittive che noi abbiamo dimostrato appartenere ai sistemi di coniche passanti tutte per 3 punti, valgono ancora quando due di tali punti allontanandosi all’ infinito, il sistema si converte in un altro di iperboli ad asintoti paralleli e con un solo punto comune. Si può osservare, che in questa circostanza le coniche considerate sono tutte simili. Quando si voglia usare del principio di continuità, si potrà anche supporre che in luogo di iperboli ad asintoti paralleli si abbiano para- bole con assi paralleli, oppure ellissi simili e similmente poste. In ge- nerale allora si potrà dire, che tutte le proprietà descrittive di un sistema di rette appartengono pure ad un sistema analogo di coniche simili e similmente poste passanti per un medesimo punto. Si conferma cosi quanto avevam detto sul fine del 8 XVI; che cioè rispetto a proprietà ‘descrittive è del tutto indifferente surrogare la condizione di due punti comuni per tutte le coniche a quella della loro similitudine di figura e di sito. Questa analogia qui veramente suppone un passaggio per l’imaginario. Ma quando non si voglia far uso del principio di continuità, basterà applicare la trasformazione ciclica per le ellissi, la parabolica per le pa- rabole , l’ iperbolica per le iperboli. 7. Questa trasposizione di proprietà descrittive si può fare non solo dalle linee rette alle coniche assoggettate a diverse condizioni, ma da certi sistemi di curve a certi altri. Per questo sarà sufficiente che la stessa trasformazione valga a trasmutare uno dei sistemi considerati in un altro, per cui l’analogia di proprietà descrittive con un sistema di rette sia già stabilita. È noto per esempio, che quando si ha una conica piana, base di un certo cono, essa determinerà su una sfera descritta dal vertice del cono come centro una curva a duplice curvatura, che sarà una conica sferica di Fuss (*). Essa potrà riguardarsi come una trasformazione della conica piana. Ma se nel piano, in luogo di una, s intendano descritte più coniche, e costrutte sulla sfera le curve cor- rispondenti, è manifesto che tutte le proprietà descrittive del sistema piano avranno luogo anche per lo sferico, non escluse quelle che in- cludono I’ idea di osculazione. Cosi per esempio diremo, che tutte le (*) Nova Acta Petropolitana , vol. II et IN. Se — À " n 1 -296 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. proprietà descrittive di un sistema di rette appartengono pure ad un sistema di coniche sferiche passanti tutte per tre punti, o passanti per uno e toccantisi in un altro, oppure osculantisi in uu sol punto. Similmente le proprietà descrittive di una figura mista di linee rette e di coniche avranno le loro equivalenti fra le coniche sferiche e i circoli massimi corrispondenti ecc. XVI. Proprietà della trasformazione iperbolica a 3 dimensioni. Noi abbiamo fatto vedere nel $ XII, che la trasformazione iperbolica nello spazio è espressa dalle equazioni i n Il da cui si ricava per converso E a a y fer Z ay--yz4d-zx ^ Cay eya” LY RY SRL e da esse risultano per la trasformazione le proprietà seguenti: 1. Si ha primieramente £::6::2:y:2, il che indica, trovarsi il punto primitivo ed il trasformato sul medesimo raggio vettore condotto a partir dall'origine. Intorno ad essa dunque saranno conservate le direzioni. 2. Onde caratterizzare la legge della trasposizione dei punti converrà introdurre la considerazione degli iperboloidi paralleli , analoghi alle iperboli parallele della trasformazione piana. L'equazione generale di questi iperboloidi è xy+yz+xz=m, dove m è quello che chiamiamo para- metro dell iperboloide. Introducendo in questa le equazioni (3) troveremo che la superficie trasformata di xy+yz+zx=m è En--ub fi altro. iperboloide simile e concentrico al precedente, non diverso che per valore del parametro. Ne deriva che tutta la serie degli iperboloidi paralleli può distinguersi in infinite coppie di essi; gli iperboloidi di ciascuna coppia sono trasformati l'uno dellaltro , e il prodotto dei loro y parametri equivale ad 1. Tutti gli iperboloidi paralleli sono concentrici e simili di figura e di sito. 3. Considerando in particolare l'iperboloide, per cui m —o, si tro- verá che nella trasformazione esso passa a distanza infinita. L’ iperboloide stesso non è poi altro che un cono circolare retto passante pei 3 assi DI G. V. SCHIAPARELLI 297 | delle coordinate , rispetto ai quali il suo asse di rivoluzione è simetri- n camente disposto. Il suo vertice è naturalmente situato nell'origine delle i coordinate. Sard facile conoscere il suo angolo al vertice, osservando che i 3 assi positivi delle coordinate devono essere lati della stessa falda del cono, e quindi fare coll’asse di rivoluzione tre angoli «, 6, y, eguali 5 fra di loro. Dalla nota equazione cos.” «+ cos.* -+ cos.” y= 1 si ricaverà senz'altro cos. a = cos f = 008.7 = ys 5 O) con che la forma del cono e la situazione del suo asse sono completa- | mente definite. 4. Tutti gli iperboloidi paralleli sono asintotici al cono fondamentale | ora descritto. Essi saranno interni al cono, ed avranno due falde, quando | il parametro m è positivo; esterni e ad una falda, quando il parametro è negativo. Quanto minore sarà il parametro m, in valore assoluto, tanto | più strettamente questi iperboloidi saranno cinti dal cono nel primo caso, o lo cingeranno nel secondo: e inversamente i valori maggiori di m daranno iperboloidi più distanti. Fra gli iperboloidi a 2 falde è a di- stinguersi particolarmente quello che ha m=- : ; in esso abbiamo x —£, y=w5,2=(; e per conseguenza lungo il medesimo giaceranno 1 punti invariabili della trasformazione. Ogni punto dello spazio situato entro al | cono fondamentale avrà il suo trasformato entro la stessa falda del cono; e se il primo punto era compreso fra il cono e l'iperboloide invariabile , il secondo sarà al di là di questo iperboloide, partendo dall'origine delle coordinate. Ed in generale quando si consideri la trasposizione dei punti lungo un certo raggio vettore si può dire che quanto più il punto pri- mitivo è prossimo all'origine, tanto più lontano ne va il suo trasformato. L'origine per conseguenza passa all'infinito in tutte le direzioni. 5. Le cose succedono alquanto diversamente per i punti situati nello spazio esteriore al cono fondamentale. Supponiamo il parametro m ne- gativo, evidente risulterà dalle (3) che in tal caso x e ë, y ed n, 2 e € avranno segni opposti, senza che però cessi la proporzionalità accennata al n° 1. Per conseguenza il punto primitivo ed il trasformato giaceranno ancora sulla stessa retta passante per l'origine delle coordinate, ma l'uno sarà da una parte, l’altro dall'altra di quest'origine. Del resto possiamo rispetto alla distribuzione degli iperboloidi paralleli e dei loro trasformati fare qui delle riflessioni quasi identiche a quelle del n.° 4; solo è da Serie IL Tom. XXI, ag 298 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. riflettere, che l'iperboloide ad una falda xy +y2+2x=-— 1, sebbene si trasformi in se medesimo, non è più iperboloide dei punti invariabili, perchè ogni punto suo si trasforma in quello che gli sta diametralmente opposto rispetto all’origine delle coordinate. 6. Onde esprimere questo insieme di effetti prodotti dalla trasforma- zione iperbolica nello spazio, potremo servirci dell’ immagine esprimente la trasformazione iperbolica piana, fig. 23. Supponiamo infatti, che stando tutte le convenzioni ed osservazioni già fatte su questa figura nel $ XIV, si adotti per essa una unità di misura =} di quella allora usata (*). S'inclinino ad angolo costante le ordinate in modo che l’angolo FOX diventi = 109°. 28/. 16". 44: e presa per asse di rivoluzione la linea retta che bipartisce quest’angolo, si faccia girare intorno ad esso tutta la figura. I due assi delle coordinate genereranno un cono di rivoluzione, il quale sarà precisamente il nostro cono fondamentale: le iperboli con- tenute nel primo e nel terzo quadrante daranno gli iperboloidi a due falde, o a parametro positivo: quelle contenute nel secondo e nel quarto quadrante daranno luogo agli iperboloidi ad una falda, e di parametro negativo. L'iperbole invariabile genererà l'iperboloide invariabile ecc. Quindi questa nostra trasformazione sarà (se così è lecito esprimersi ) una trasformazione di rivoluzione, le cui sezioni meridiane sono altrettante trasformazioni iperboliche piane, e per cui l’asse di rivoluzione è quello del cono fondamentale. 7. Relativamente alla trasformazione delle superficie e delle linee alcune conseguenze possono già dedursi dalle cose or ora sviluppate. Tutte le figure composte di linee rette convergenti verso l’origine, cioè le rette ed i piani passanti per tal punto, i coni che ivi hanno il loro vertice, subiranno una semplice trasposizione di punti, senza cambiar di figura. Una figura simmetrica intorno all’asse del cono fondamentale ha per trasformata una figura pur simmetrica : e allora la legge di tras- formazione dipende da quella della trasformazione piana che si fa nel meridiano (n.° 6). In questo piano poi le trasformazioni succedono come nell'ordinaria trasformazione iperbolica piana. Quindi per esempio una retta che incontri l’asse del cono fondamentale si trasformerà in un’ iper- bole passante per l'origine ed avente per asintoti due rette parallele a (*) Modificazione necessaria, onde la figura che or ora produrremo corrisponda a quanto finora si è detto. DI G. V. SCHIAPARELLI 299 quelle generatrici del cono fondamentale che si trovano nel piano della vetta primitiva. Ma quando la retta primitiva incontra l’asse del cono fondamentale e di più è parallela ad una generatrice di questo, dopo la trasformazione essa diventerà parallela alla generatrice opposta, ed incontrerà l’asse fondamentale in un punto generalmente diverso di prima, y stando perd sempre nello stesso piano meridiano. Girando la retta pri- mitiva intorno all’asse fondamentale , descriverà un cono eguale al cono fondamentale, e avente l’asse con quello comune. La retta trasformata | descriverà un cono eguale al precedente, collo stesso asse, ma avente i per lo più il vertice in un altro punto. Questi due coni saranno quindi trasformati luno dell’altro. E così pure sarà molto facile mostrare, che gli iperboloidi simili agli iperboloidi paralleli e aventi lo stesso asse di ri- voluzione , senza però che il loro centro sia all'origine, si muteranno in iperboloidi di eguale natura e disposizione. 8. Se nell’equazione generale del piano 4x+By+Cz+1=0 s introducono le espressioni trasformatrici, ne deriverà En4+nCt+IEPAE+Bn+CG=o0, che è l'equazione di un iperboloide di rivoluzione simile, quanto a figura ^ e sito, agli iperboloidi paralleli; ma avente il centro fuori dell'origine delle coordinate, pella quale passa anzi l'iperboloide medesimo. Diremo che un tale iperboloide é riferito eccentricamente al cono fondamentale , mentre gli iperboloidi paralleli sono riferiti centralmente al medesimo. Il piano tangente all'iperboloide nell'origine sarà parallelo al piano pri- mitivo. Questo iperboloide poi avrà per cono asintoto un cono simile al fondamentale, e similmente disposto. Noi possiamo da queste circostanze giudicare di quale natura sarà l'iperboloide in questione. Quando infatti il piano primitivo fa coll'asse fondamentale (o cogli assi di tutti 1 coni asintoti) un angolo minore dell'angolo al vertice del cono, il piano che | tocca l'iperboloide trasformato all'origine delle coordinate, dovrà pure | fare coll'asse del suo cono asintoto un angolo minore del sopradetto. | Questo è impossibile, se l'iperboloide trasformato non è ad una falda. Similmente si dimostrerà, che quando il piano primitivo fa coll’asse fon- | damentale un angolo maggiore dell’angolo al vertice del cono fondamentale, l iperboloide trasformato è a due falde. E che quando il piano primitivo fa coll’asse fondamentale un angolo eguale al suddetto (nel qual caso il ^ piano primitivo pud considerarsi come tangente ad uno dei coni asintoti 300 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC, che hanno il vertice sull’asse fondamentale), l'iperboloide trasformato diventa uno dei coni asintoti. g. Consideriamo uno dei piani, i quali facendo coll’asse fondamen- tale un angolo minore dell'angolo al vertice del cono fondamentale, danno luogo, dopo la trasformazione, ad uno iperboloide ad una falda. Questo iperboloide avrà due sistemi di generatrici rettilinee X e 2”, e per l'origine delle coordinate ( per cui l'iperboloide dee passare) si potrà condurre una generatrice G del primo sistema, e una G' del secondo. Se per l'origine si faccia passare un piano, il quale contenga una delle genera- trici del sistema X, questo piano conterrà necessariamente la generatrice G'. Di pià questo piano nella trasformazione non soffre che una trasposi- zione di punti, come sopra si è mostrato. Dunque quella generatrice del sistema X, per cui il piano in questione fu condotto sarà necessariamente la trasformata della retta intersezione di questo piano e del piano pri- mitivo. Tutte le generatrici del sistema X saranno dunque trasformate di altrettante rette del piano primitivo; ed è facile mostrare che queste rette giacciono nel piano primitivo parallelamente alla generatrice G'. Nello stesso modo si farà vedere, che tutte le rette del piano primitivo, le quali corrono parallelamente alla generatrice G formano, dopo la tras- formazione, il sistema Z’ delle generatrici rettilinee dell’ iperboloide trasformato. Non è bisogno avvertire, che considerando l'origine come punto di vista, e il piano primitivo come quadro, i due sistemi di rette parallele in questo contenute sono una proiezione stereografica (*) dei due sistemi di generatrici rettilinee dell iperboloide. 10. Per determinare l’effetto della trasformazione sulle linee rette, osserveremo che una retta qualunque pud considerarsi come intersezione di un piano P passante per l’origine delle coordinate e di un altro Q condotto in qualunque maniera. Il primo non subirà che una trasposi- zione di punti nella trasformazione: il secondo si convertirà in un iper- boloide riferito eccentricamente al cono fondamentale (n.° 8). L'interse- zione di questo iperboloide col piano P sarà evidentemente la linea trasformata. Questa sarà dunque un'ellisse, un’iperbole, od una parabola, secondo che il piano P farà coll'asse fondamentale un angolo maggiore, S eguale o minore dell'angolo ‘al vertice del cono fondamentale. Essa si (*) Per analogia chiamo qui proiezione stereografica quella in cui il punto di vista essendo si- tuato sulla superficie, il piano del quadro è parallelo al piano tangente della superficie nel punto sopradetto. DI G. V. SCHIAPARELLI 3or trasformerà in retta nel caso particolare, in cui la retta primitiva sia parallela ad una. delle generatrici del cono fondamentale. 11. Noteremo per ultimo, che tutti gli iperboloidi, i quali passano per l'origine, e sono eccentricamente riferiti al cono fondamentale, si convertiranno, dopo la trasformazione, in altrettanti piani. E tutti gli iperboloidi riferiti eccentricamente al cono fondamentale , ma non pas- santi per l'origine, si convertiranno in iperboloidi della stessa specie e di analogo sito. Questo si deriva immediatamente dall'osservare che l'equa- zione di tali iperboloidi è della forma En+n6+YE+4+Bn+C%+M=o0, forma che rimane immutata anche quando si trasformi iperbolicamente. Solo quando M= o (nel qual caso I iperboloide passa per l’origine) essa si cambia, dopo la trasformazione, in un’equazione lineare, ossia in un piano (v. n.° 8). XIX. Applicazione. - Analogie di proprietà descrittive fra un sistema di piani , e un sistema analogo di superficie di 2.2 grado soggette a certe condizioni. Sia dato un sistema di superficie di 2.° grado, le quali tutte abbiano comune una sezione piana S, e inoltre siano obbligate a passare per un certo punto P posto fuori della sezione S. Immaginiamo costrutti i coni tangenti o circoscritti alle diverse superficie lungo la curva piana S. Questi coni s'intersecheranno tutti lingo questa curva, e del resto po- tranno avere i loro vertici in qualsivoglia punto. Per la curva S si faccia passare un piano, e si adotti questo come piano accidentale di una deformazione omografica a 3 dimensioni (S X). Noi abbiamo fatto ve- dere, che in tal caso i coni che prima erano tangenti, ora diventano asintoti: che in grazia della sezione S prima loro comune, i coni stessi, dopo la trasformazione, sono diventati simili e paralleli ; e che per con- seguenza, tutte le superficie date saranno ora altrettanti iperboloidi , simili quanto a rapporto di assi, ma che possono essere parte ad una falda, parte a due. Tutti questi iperboloidi avranno ancora comune il punto che sopra fu chiamato P. Noi porremo l'origine in questo punto, e dopo aver trasformato per inclinazione di coordinate in guisa che i coni asintoti e paralleli diventino di rivoluzione , con angolo al vertice = 54^ 44' 8" 22, sceglieremo per assi 3 generatrici equidistanti di Y 302 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. quello fra i coni paralleli, che passa per P. Questi assi saranno fra loro rettangolari ($ XVIII) e il cono, in cui sono contenuti, potrà assumersi come cono fondamentale di una trasformazione iperbolica. Tutti gli iper- boloidi , passando per l'origine ed avendo coni asintoti eguali e paralleli al cono fondamentale , dopo la trasformazione si troveranno mutati in altrettanti piani (S XVIII, 11). Dunque, tutte le proprietà descrittive che appartengono ad un sistema di piani si potranno egualmente bene attribuire ad un sistema di superficie di 2.° grado aventi una sezione piana e un punto comuni. À queste due condizioni si può evidentemente surrogarne una delle seguenti: 1.° una sezione piana comune, e un punto comune di contatto lungo di essa; 2.° un punto comune, e un contatto comune, nel quale gli ellissoidi osculatori siano simili e simil- mente disposti; 3.° un sol punto comune di osculazione reciproca per tutte le superficie. Coll’aiuto di questo principio generale d'analogia si può passare dai teoremi conosciuti relativamente ad un sistema di piani ad altri analoghi di nuova forma. Così per esempio rispetto ai piani vale il seguente teorema di Poncerer (*): Quando i vertici di due tetraedri giacciono due a due su quattro rette convergenti al medesimo punto, le faccie op- poste corrispondenti s'intersecheranno due a due secondo quattro rette giacenti nel medesimo piano. Lo stesso teorema varrà ancora quando ai piani si surroghino delle superficie di 2.° grado soggette ad uno qua- lunque dei sistemi di condizioni sopra accennate, e alle rette le inter- sezioni (che saranno curve piane) di due tali superficie. Così le facce curve di due tetraedri fabbricati come quelli di Poxcezer s'intersecheranno secondo quattro coniche appartenenti alla stessa superficie di 2." grado assoggettata alle medesime condizioni, cui tutte le altre si suppongono soddisfare. XX. La trasformazione iperbolica considerata dal lato analitico. Sua applicazione all'analisi indeterminata di 2." grado. A tutti i risultati ottenuti precedentemente dalla considerazione geo- metrica della trasformazione iperbolica, si può giungere eziandio per via puramente analitica, surrogando cioè alla trasformazione le formule che (*) Traité des propr. project. des figures, art. 582. >, DI G. V. SCHIAPARELLI 303 la esprimono, e alle linee e superficie considerate finora, le loro equa- zioni. Astraendo allora dal significato geometrico così della trasformazione, come delle equazioni considerate, si avranno, in luogo di enunciati geometrici, altrettante proposizioni analitiche. 1. Consideriamo primieramente la trasformazione iperbolica in piano, che sappiamo esprimersi nella sua massima generalità dalle for- mule ($ VI) __kn+l0é+mn5 eee ipsa (4) — ESE tne , POPE cala AG 1 (doye Jos si ed | ecc. sono quantità costanti): ed applichiamola a trasformare una curva qualunque di 2.° grado, di cui l’equazione gene- rale sia: F(x,y)=A4x°+Bxy+Cy°+Dx+Ey+F=o0 ..... (5) surrogando in questa le espressioni (4), dopo aver fatto sparire il deno- minatore (ru+sé+né) risultante dalla sostituzione, si otterrà per equazione trasformata REV + SHE + TE + UE+VE + W no ....(6), dove per brevità si è fatto R= Aq +Bmq+Cm'+Dpt+Emt+Ft' S=24pq+B(mp+lq)+2Cml+D(pt+qs) +E(lt+ms)+2Fst T=2Ang+B(kqg+mn)+2Ckm+D(nt4-qr)+E(kt+mr)+-2Frt U= Ap’ + Bpl+Cl+Dps+Els+ Fs V=2Anp+B(kp-+nl)+ 2CkI+-D(ns-+-pr) +E (ks+lr)-+-2Frs W= An'4+ Bkn+Ck'4Dnr+Ekr+ Fr L'equazione (6) è propriamente del quarto grado in £, z ; ma questo grado si potrà abbassare per divisione ogni volta che uno dei termini UE”, If n? si mandi a zero col fare U=0, o IF =o, e determinando i coefficienti ky Ns della trasformazione (4) in conseguenza, Affinché però con questo artifizio la (6) si abbassi al primo grado bisogna e basta (come si pud provare dall'enumerazione dei diversi casi particolari), che si abbia nello stesso tempo R=o, U=0, W =o, ossia che fra i coefficienti della trasformazione (4) esistano le tre relazioni 304 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. Aq'2- Bmq-- Cm'+Dqt+Emt+Ft=o0 ; Ap+Bpl+Cl°+Dps+Els+Fs=o0 ; An°+Bkn+Ck'+Dnr+Ekr+Fr°î=o . Noi possiamo dare a queste condizioni la forma 14+07+DI+ET+F=0 5 n ie FULAN | AB t 1 (a l ; aU ARE quon MDP BE L3 F6 ; $ $e $ $ s à k 3 apap Banc nl aug E +F=0 ; r È f r r j e dal paragone loro coll’equazione data di 2.° grado (5) si vedrà che significato hanno. Cioè i tre sistemi binari ( n 3 ie oti SHIT Vosgi PA Qus | (292) (£55); debbono, surrogati rispettivamente ad x ed y nella (5), soddisfarla; che è quanto dire, questi sistemi binari debbono rappresentare le coordinate di tre punti, per cui passi la curva rappresentata dall'equazione (5). 2. Tali sono le condizioni, a cui basta che soddisfacciano i coefficienti della trasformazione (4), perchè l'equazione (5) di secondo grado in x, y si trasformi in una equazione di primo grado in ë, n: ossia perché la conica avente per coordinate x, y, si trasformi in una linea retta avente per coordinate £, 7. Chiamando dunque per maggior chiarezza a! a" a”, B' B" B" le ascisse e le ordinate dei 3 punti sopradetti, in guisa che sia Aa'+Ba'B'+CB'+Da'+Bf'+F'=o0 | Aa! + Ba! B"4- CB! + De + BB Y F" o NU + Boll gr a cp! Da! + Bp"'4- kia dovrà essere - (8) dates ie a a zum esf Tubes? 0) pa ossia gata, m=tf'; pose", l=sP"; n=ra", k=rf" .. (9) surrogando questi valori nelle equazioni trasformatrici (4) troveremo Qt DI C. V. SCHIAPARELLI 3o5 r£" z-2-sp"E-c tou, PRI CMS Stes PSE ENE - o. pun4st4tne La trasformazione (10) servirà sempre a mutare l'equazione (5) in una equazione lineare, purché a’, Bl, a", Bl", a", B", soddisfacciano alle (8), e qualunque sia poi del resto il valore che si vuole attribuire ad r, s, £: converrà soltanto evitare di dare a queste ultime quantità dei valori tali, che ne risultino per x ed y dei valori assurdi (come , > p. e. avverrebbe, quando si ponesse r—0, s=0, da cui risulta y = ĝ LA) Quando si abbiano più equazioni di 2° grado soddisfatte tutte da ciascuno dei 3 sistemi di valori a! B'; a" B"; a" Bl’, la medesima tras- formazione (8) gioverà a cambiarle tutte simultaneamente in altrettante equazioni lineari; o in altri termini quando più coniche passino per i medesimi tre punti, la medesima trasformazione iperbolica può cambiarle in altrettante rette ; che è la proposizione fondamentale del $ XVII, e guenze. 3. Resta ad investigare, quale sarà l'equazione lineare trasformata che si cerca, Avendosi nella (6) per ipotesi R=o, U=0, JZ—o, resterà , dopo diviso il tutto per 5%, di cui non occorre sviluppare di nuovo le conse Sela A gi goa (11) dove S, T, K sono dati dalle (7), tenendo conto delle condizioni (9). Sostituendo in quelle i valori di q, m; p, l; n, k dati da queste ultime, si troverà +. S= ts 2A a! a+ B(a' B" a! Bl) 2CB! 8" + D(a! +4") HE C '4-6")+ oF; -.T= or 240 alo B (a! Bl" 2" 6) +2Cp' p" D(a! +") A- E(E! +B") + oF; Iie em rs 2A al! ol 4 Bla pea” B")+ 2C" g"-4- D (alo!) +E (8 p") + oF; espressioni abbastanza simetriche, ma che ridurremo ancora a maggior eleganza, osservando che nei secondi membri di queste equazioni è lecito . aggiungere i primi membri delle (8), che sono nulli. Aggiungendo per Serie II. Tow. XXI. ap - (10). PA 306 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. . . . . LO A x esempio le due prime espressioni (8) nel valore di Tw Si troverà per $ risultato finale mo Sad (a'a! ) +B (ah a") (BBN) + CEE") + D (dta!) | +2E(B+6") + 4E , ovvero » 1 fart ! " a! " ar ny? ! 7 A en (EE ) (E +f JE pen ( Es ) 2 2 2 2 , nm + ; dove il secondo membro non 6 altro che il risultato il quale deriva dal surrogare nell'equazione data di 2.° grado i valori 1 («+ 2") , 1 (648) in vece dx, y: e questi valori sono evidentemente le coordinate del punto che divide per metà la distanza dei punti (4, 8'), («", B"). Indi- cheremo brevemente questo risultato con il simbolo (1.2), e con (1.3) L i il risultato analogo che si ottiene surrogando all’accento doppio il triplice, e con (2.3) quello che si ottiene surrogando in quest’ultimo l’accento | doppio al semplice. Artifizii analoghi si potranno applicare alle espressioni di T e di Y; e si giungerà così a stabilire che S44 3) dmm AT, eo) [eds (aod | L'equazione lineare trasformata (11) riceverà finalmente la forma elegante st(1.2)5-er£(1,3)n--rs(a.9)—0 — ee (12), dove r, s, & sono quantità qualunque scelte ad arbitrio fra i numeri finiti, e i coefficienti numerici (x. 2), (1. 3), (2. 3) sono facili a calco- lare, bastando surrogare nella data equazione (5) per x ed y le coordi- nate dei punti di mezzo dei lati del triangolo compreso fra quei tre punti della curva, le cui coordinate sono «' fl, a" f", a!" Bl": e pren- dere il risultato della sostituzione, il quale sarà, generalmente parlando, sempre diverso da zero. XXI. Applicazione all analisi indeterminata. Essendo la trasformazione iperbolica una di quelle, che più sopra (8 IT) abbiamo appellato trasformazioni di 1.° ordine, ogni sistema di valori primitivi dæ e d'y soddisfacenti all'equazione (5) darà un sistema DI G. V. SCHIAPARELLI 307 unico di valori trasformati ë, 4 soddisfacenti all'equazione (12) e vice- versa. L'un sistema deriverà dunque dall'altro per mezzo di equazioni di 1.° grado e di operazioni razionali. Se adunque noi supponiamo che i coefficienti 4, B, C..... dell'equazione (5), i coefficienti r, s, £ delle formule trasformatrici (10), e î tre sistemi di valori soddisfacenti alla (5), a’, B's a", B"; a", Bl, siano quantità razionali, i coefficienti della trasformata (12) lo saranno pure; e ad ogni sistema di valori razionali dx ed y soddisfacenti alla (5) corrisponderà un sistema simile di valori E, n soddisfacenti alla (12), e inversamente. Questi sistemi sì corri- sponderanno dunque ciascuno a ciascuno nelle due equazioni, e la ricerca delle soluzioni razionali dell’equazione (5) si ridurrà a quella delle so- luzioni analoghe dell'equazione lineare (12). Propriamente dunque la difficoltà del problema di risolvere la (5) in numeri razionali (essendo 4, B, C.... coefficienti scevri da ogni incom- mensurabilità) è ridotta a trovare tre sole soluzioni razionali (a’, f), («", B"), (a"", Bl") dell'equazione proposta. Ora 6 facile dimostrare , che avendone soltanto wna, se ne possono derivare non solo tre, ma anche infinite (*). Dunque la trasformazione iperbolica dà il modo di esprimere in una sola formula tutte le soluzioni razionali di un’equazione di 2.2 grado a 2 variabili, tosto che una di queste soluzioni sia cono- sciuta. Per. tal fine si ha la semplice regola che segue: « Dalla data soluzione razionale se ne ricavino due altre, in guisa » da avere le tre (2', B'), (a", 8"), (a, Bl); si formino con esse le » quantità a+), BR"); (d+ a"), (BR; Lata"), i(p'+-p"). « Si surroghi successivamente il primo, il secondo ed il terzo di » questi 3 sistemi di valori nella data equazione di 2° grado F(x,y)=0: » in luogo di zero al 2.” membro si otterranno tre numeri, che sopra ab- » biamo simboleggiato con (r. 2), (1.3), (2. 3). Essendo r, s, t delle quan- » tità razionali arbitrarie, si formi fra le variabili &, n l'equazione lineare st(1.2)E+rt(1.3)n+rs(2.3)=0 ; (*) Sia per esempio (m, , #, ) la soluzione razionale data. AI valore di m, corrisponderanno sempre nella (5) due valori di x, cioè z, ed n: dei quali il primo essendo razionale, l’altro lo sarà pure. Così anche al valore di n, corrisponderanno due valori di m, cioè m, ed m,, e se m, è razionale, lo sarà anche m,. Così abbiamo le tre soluzioni razionali (m, , 2,), (m,, n4), (My, 21): ed è facile dalle ultime due per via analoga derivarne altre due, da queste ancora due, e così all’ infinito. ses TEM E 308 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. » tutte le soluzioni razionali della F(x,y)=0o saranno date dalle so- » luzioni razionali di questa equazione, per l'intermedio delle formule rasp E+ tf ns ee SME tang » = : - - ». y ra+st+tne ra+se+tné 2 = Risoluzione generale delle equazioni indeterminate omogenee di 2.° grado a 3 variabili in numeri interi. È noto che la risoluzione di una equa- zione omogenea qualunque in numeri interi si può ridurre alla risoluzione in numeri razionali di un’altra equazione dello stesso grado, contenente una variabile di meno, ma non più omogenea. Essendo dato il tipo ge- nerale di una equazione omogenea di 2.° grado a 3 variabili Ax +Bay+Cy'+Dxz+Eyz3+F2°=o0 sue da) ‘ T de » À 1 se poniamo, dopo diviso per 2°, — =x,, — = 1) Jo 3 g Ax 2- Bx, y,2- Cy +D, Ey F= o soon ed è manifesto, che ogni soluzione in numeri interi della prima darà una soluzione razionale della seconda: inversamente ogni soluzione ra- zionale di questa darà luogo ad una soluzione intera della prima. I due sistemi di soluzioni si corrispondono dunque completamente. Tuite le soluzioni razionali della (14) si possono sempre ridurre a forma di 2 frazioni aventi il denominatore comune, così che indicando con L, M, N tre numeri interi, si ha per ciascuna soluzione razionale SAI aj FRI gi AR La soluzione intera corrispondente della (13) sarà evidentemente x =, La quistione adunque che qui ci proponiamo, è già implicitamente risoluta in quanto precede ; anzi la via or ora indicata è la più utile nella pratica. Ma nello stesso modo, che sopra il trovare le soluzioni razionali della (14) fu ridotto ad una formula di 1.° grado coll’aiuto di tre date soluzioni razionali della equazione proposta; si può domandare di ridurre tutte le soluzioni intere della (13) ad esser date implicitamente nelle soluzioni intere di una equazione omogenea del 1.° grado, mediante la cognizione di tre simili soluzioni. Le formule per tale caso si otterranno dalle precedenti molto facilmente, surrogando ad x, y; =, £, poi a Z ver DI G. V. SCHIAPARELLI 3o9 5 t n ; E, 1; z5 gi É finalmente escano Ob ve sali. GI e sol 2. siano le 3 date soluzioni intiere , surrogando 1 , Uu " nt Cora blé) al a $ . "n n . m "t ad ar By > ne ado plie ad a7 B mb d y I Ÿ TJ pom ! 7 Allora, invece dell'equazione (5) o (14) si avrà l'equazione omogenea (13): le equazioni trasformatrici diventeranno xe=ra'at+sa'EG+iain; y=rbB"at+sb'Et+ip'En;| (15) 19): E sry usa sy'ECA- UI En e la formula di 1.” grado in £, n, €, contenente in sè implicitamente tutte le soluzioni intere della data (13) sarà st(1.2)E+rt(1.3)n+rs(2.3)G=0 O) dove (1.2), (1.3), (2.3) sono i risultati che si ottengono surrogando consecutivamente nella data equazione omogenea (13) in vece di x,y,z i sistemi di valori a+ a! | a e ll! ) alapa!" ] B'+B" ; per (1.2); B'E" p per (1.3); B"+p" | per (a. 0). yay" yy" ye y" Essendo allora 7,s,t numeri intieri presi ad arbitrio, purehè finiti, ogni soluzione intiera della (16) fornirà coll’aiuto delle (15) una soluzione intera corrispondente x, y, z, che soddisferá alla proposta equazione omogenea di 2.° grado. Per maggiore semplicità si può fare, senza nulla togliere alla generalità della soluzione, r= s= t= 1 ; nel qual caso le soluzioni intiere verranno date implicitamente dall'equazione (A E A NO (17) per intermedio delle formule a=a neta" Etta in; y =f$'ns+f'Ec+B'En ; (18) zc seg" eue y En CaucuY, di cui la scienza piange ancora la dura perdita, ha dato dei due problemi che precedono una elegante soluzione, la quale é perd fondata sopra un principio totalmente diverso (*). (C) Exercices de Mathématiques , Paris 1826. Vol. I. p. 247. — E: e ZI: — 310 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. XXII. Trasformazione iperbolica (analitica) a 3 variabili. Quando si ponga per brevità ën- ng% =90 , l'espressione più generale della trasformazione iperbolica a 3 dimensioni combinata colla trasformazione lineare e colla deformazione omografica è ($ XII) : m ën ntp E+ qO _m'E+n'n4+-p'6+q"0 — aëbbrn+cé+do ? TN P ED yc 64-d 0 - m" Enn p" +q" (19). a &£--b n+c Gd 0 2 = Sia proposta a trasformare una superficie o equazione di 2° grado a 3 variabili della forma generalissima EA ya) Aa By +C2+Dxy+Exz+Fyz+ Gx+Hy+Kz+L=o0 (20); surrogandovi in luogo di x, y, z i valori (19) funzioni di &, 1, &, e facendo sparire il denominatore comune [a&-+-b7-+-c¢+d0 |* che de- riva dalla sostituzione nei termini di 2° grado della (20), si troverà un'espressione della forma o=M0°+(NE+Pn+Q9)0+RE°+Sa4+T+U8n+VE54Wn% (21) dove, adottando i simboli Min, A + Bm" 4- Cm" + Dm m'-4- E m! m" + Fm'm"+Gma+Hm'a+Km"a+ Le ; A à D(m,n,a,b)=24mn+ 2 Bm"n"+ 2 Cm"n"-- D(m'n"+ mn) + E (m! n'! mn) + F(m" n" 4- mn") + G(m! b 4-n'a) + H (m" b A- n" a) ‘+K(m"b+n'a)+2Lab , e gli analoghi che si possono formare cogli altri coefficienti della (19), si avrà M=Y(q,d); R=Y(m,a); S=W(n,b); T=Y(p,c): N=9(m,q,a,d); P=(n,q,6,d) ; ODIO qe dls U=0(m,n,a,b) ; EU E EZIO De) L'equazione (21) trasformata è del quarto grado in $, x, $. Questo DI G. V. SCHIAPARELLI 31r grado si può però abbassare determinando i coefficienti delle (19) in modo che uno od alcuni dei coeflicienti M, /V...... ecc. vadano a zero. Le applicazioni, che abbiamo per iscopo, richiedono che quell’equazione (21) si abbassi fino al primo grado. A questo si può giungere supponendo o 1.° che si eguaglino a zero tutti i termini della (21) che contengono quadrati , cioè che si faccia M=o, R=0, S=0, T=0; 2° che i coefficienti U, Y, 7 diventino eguali fra di loro, ed abbiano un valore comune che designeremo con X. Nel caso in cui a tutte queste condizioni sì possa soddisfare, la (21) si ridurrà a o=(NE+Pn+Q)0+Z(En+E0+n5); e siccome sopra abbiamo fatto En+Ët+nè=0, l'equazione sarà intie- ramente divisibile per 0, e diventerà lineare della forma oN Panda 7 ..... (22). 2. Esaminando ora le condizioni che rendono possibile una tale ri- duzione , osserveremo che la prima delle or ora enunciate, cioè M= o equivale, dietro la composizione della funzione V, a A e "o gm : UU dye o F(5. T 1.)2o; cioè indicando con «", f", y le coordinate di un punto qualsivoglia della superficie (20) dovrà aversi frane que es GRE ies y salad): Delle 6 condizioni rimanenti le 3 prime R=0, S=0, T'=0, ossia TRS 00 AND) =D ; Lx, hanno un significato analogo. Esse equivalgono infatti a -i "m LLLI 14 "n m y "n "n m' m" m ples s qu ) F(—, —, —|=0; F(+,+-,,]|=0; F (idea L5 a oa Bun om BONE D e e, chiamando a’, a", 2", 6', B", B", y, y", y" le coordinate di 3 altri punti della superficie proposta F(x, y,z)=0, si avrà: m=ad ; toe miao | nebal; ETE A E ERT AA) PA SRNT IP p-cew, p'=eB"; p"=cy | Per investigare il senso'delle tre condizioni restanti U=V=W=2Z, ossia 312 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. NS > > b(m,n,a,b)=E, O(m,p,a,c)=2, P(n,p,b,c)=2, si osservi l’effetto ch’elle producono nella trasformata generale (21), quando sì suppongano sussistere contemporaneamente le 3 precedenti. La (21) in tal caso diventa o=M0°+(NE+P1+Q+2)0=0}M0+N&+Pn+Q%+2! … (25). Supponiamo al presente che si consideri fra le coordinate trasformate la superficie En+nG+S$E=0, o 0-0; e vediamo quale è la superficie primitiva corrispondente. Introducendo nelle trasformatrici (19) la condi- zione O=0, se ne deriva pb n me A m'en ue po “ abaeb yee 6” 7 2 6 Yoo.” m" £ 4 n" v am p" c a &--b ntc 6 | (96); = ed è manifesto che eliminando fra queste 3 equazioni le quantità €, 4, € (o i loro rapporti), si otterrà una relazione fra x, y, 2 che sarà appunto equazione della superficie dimandata. Siccome contemporaneamente sup- poniamo sussistere le condizioni R=0, S=o, T'=0, € quindi hanno luogo le equivalenti (24), potremo coll'aiuto di queste espellere i coeffi- cienti m/, n°, pl; m', n", p"; m", n", pl". Alle (26) potremo quindi surrogare MILIZIA RITA: Lap E2- b" n+ cp" c FT abonner * SIT Fable din E ayE+by'a+c7y = - - PTE TA o, facendo sparire i denominatori, ed ordinando rispetto a €, n, ¢ a£(x —a')+bn(x — a") +e6(a—a")=0 : ab(y—L')+bn(y—B")+ey—B")=0 ; a£(z—*3')2-bu(z —,")2-c&( z— y") 0 . Noi elimineremo È, 1, € moltiplicando queste 3 equazioni pei rispettivi fattori X, X", A", e determinandoli in guisa che sia end JAA (yp e Jo | Maa) +" (y —B" ) +" (as — y" )=0 |... (27); Y Gee") (y B") | DI G. V. SCHIAPARELLI $23 ed è manifesto, che se p’, wl, p", siano i coefficienti dell'equazione del piano passante per i 3 punti IES E EAS odo da aversi par pal! B'e p" Y = I ` pe atl ate p" Bae p" y" à : p! a! A tal! BM pe pally" om 1 » a tutte e tre le equazioni (27) si soddisferà col porre Map, Way", Way", pa+p'y+p"3=1 ... (28). L'equazione (28) è il risultato dell’eliminazione di &, 4, 6 fra le (26), ed ha per trasformata 6 =0. 3. Prendiamo ora a considerare da una parte le due equazioni o superficie AS on, pa+u'y+p"z=1, dall'altra le loro trasformate 0(M0+NE+Pn+Q5+Z)=0, 9-—o, se investighiamo quali punti sono comuni alle prime due, si vedrà che questi formeranno una curva di 2.° grado risultante dall’ intersezione della data superficie col piano p'a+-p"y+p"z=1 condotto pei tre punti a’, B' y's a", B", y"; a", Bl, y". E se cerchiamo quali sono i punti comuni alle due altre, troveremo formare questi l'intiera superficie © = o che nella 0(M0+NE+Pn+Q5+ Z)=0 è intieramente contenuta, e ne forma parte costituente. Di qui si traggono due conclusioni : 1) La nostra trasformazione è tale, che i punti i quali si trovavano primitivamente sulla sezione piana della superficie F(x,y,2)=0 fatta dal piano condotto per a’, B', y: a", B", y": a", Bl, y", dopo ven- gono a disseminarsi sopra l'intera superficie O =o. 2) Dunque se il piano condotto per i tre punti sopradetti intersechi una serie qualunque di superficie di 2.° grado secondo la medesima conica, la stessa trasformazione iperbolica fatta secondo le condizioni più sopra accennate potrà mutarle tutte in superficie della forma 0(MO+N5+Pn+Q5+Z)=o0, dovendo la superficie © =o far parte integrante di tutte le superficie trasformate. Tale è l’effetto della trasformazione nostra, quando i suoi coefficienti soddisfano alle sei condizioni Serie II. Tom. XXI. o use std rm. | o 14 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. Rasos HS == O U=}, V=}, Wet. Aggiungendo a queste la settima M= 0 , la trasformata diventa pro- priamente ONE Pre QÈ) E o .....:... (29); e se abbiansi più superficie di secondo grado intersecanti il piano con- dotto pei 3 punti (2, (P',7'), (a^, £^, 1"), (a!", BI", y") secondo la me- desima conica; se di più queste superficie soddisfano. tutte alla stessa condizione M — o , cioè passano tutte per un quarto punto (2^5, (8%, y”), la medesima trasformazione sarà capace di ridurle tutte nella forma (29). 4. L'equazione (29) rappresenta il complesso di due superficie, 020% N£--Pu--Qt--Z-2o ....... (30). Nella prima si comprendono soltanto quei punti, che prima della trasformazione si trovavano lungo la sezione piana più volte nominata. Tutti gli altri punti (infinitamente più numerosi ) della superficie pri- mitiva F(x,y,2)=0 dopo la trasformazione si disporranno nel piano rappresentato dalla seconda delle equazioni precedenti. Quando sia questione di applicare questa teoria a delle proprietà generali delle superficie di 2." grado, in cui non si consideri particolarmente la sezione piana sopradetta, si potrà far astrazione dai punti contenuti nella 9 — 0; ed allora soltanto si potrà dire, come abbiam fatto più sopra, che la superficie data di 2.° grado si converte in una di primo, o nel piano rappresentato dal- l'equazione (22). Ma se nella equazione trasformata si vuole aver rap- presentata una superficie contenente tutti i punti che anteriormente si trovavano nella data superficie di 2." grado, alla lineare (22) conviene aggiungere l'equazione © — 0: e una completa equivalenza della data F(x,y,2)=0 non si può avere che nel sistema riunito delle (30). La teoria geometrica esposta nei $$ XVIII- XIX conferma tutte le conclusioni precedenti. Ivi infatti noi abbiamo posto la sezione piana passante pei 3 punti (a, 8), y"), (4,8, 4"), (4, p", y"") sopra il piano accidentale di una deformazione omografica; ed allora questa sezione piana si trasformò nello spazio occupato da quelle parti dei coni pa- ralleli, che si trovano a distanza infinita. Ma nel deformare iperboli- camente, i punti di questo spazio si portano sul cono fondamentale , la cui equazione è appunto O =o. Inoltre abbiamo veduto or ora, che assoggettando più superficie di 2.° grado a passare per uno stesso punto e per una stessa sezione piana, Pa DI G. V. SCHIAPARELLI 315 negligendo nelle considerazioni geometriche generali la pep 0-0, seguiranno una sola trasformazione basterà a dar loro la forma (30): e le conclusioni sviluppate nel $ XIX. 5. A rendere le cose fin qui discorse applicabili ad un qualche scopo pratico, resta che si determini il valore dei coefficienti della trasforma- zione da una parte, e dall'altra quello dei coefficienti NP QZ dell'equa- zione trasformata (22). Per questo fine riprendiamo la considerazione dei coeflicienti N-9(m,q,a,d), P-o(n,q,b,d), Qo9(p,q,c,d), U=09(m,n,a,b), V=@®(m,p,a,c), HOUR pybsyc)s In virtù delle condizioni (23) e (24) noi possiamo ridurre tutte le quantità ivi contenute a non più di quattro, a,b,c,d: nel qual caso la composizione di questi coefficienti diventa singolarmente elegante. Con- sideriamo per esempio U; le prime delle (24) ci daranno m!'=a0", m AL " n" =b" ; introdotte le quali condizioni, il valore di "=ay'; le seconde similmente n'=da", n"=b6", U, per la nota composizione della funzione 9 , sarà dato per 240 0 aA+2B(' B'+2Cy'y y D(a! B"+ ap) +E (a! y'a" y! ) + F (Bly n -- £^ JP) + Gla") +A(B+8")+K(y+7)+2L. Se noi aggiungiamo nell'ultimo membro le due quantità F(2',£',y'), F(a", B", y"), (le quali sono, per ipotesi, eguali a zero) questo membro si ridurrà semplicemente a d'a! Be" yey" F > : > E 2 2 2 che porremo equivalente al simbolo (1.2). In simil guisa operando per V,W,N, P,Q, si troverà in conclusione, coll'uso dei simboli analoghi (SSL 4) 2259) ecc. N=4ad(1.4); Uhabia); P=hbd(2. 4) ; Q=4cd(3. 4) | 31) V=jac(1.3); (IW=4bc(2.3) ( "Hg NN Te Iv IU € sd dod « » B 7 non resterà più che determinare a, b,c, d, : s T d Siccome le coordinate a', ', y si suppongono conosciute, ed inoltre 2. m om om, IPN 316 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. 6. Dalle condizioni U = V =W =È si dedurrà * UOTE VE Hr aly er oho ai = Nr O (32) Quindi ricaviamo primieramente, che le tre quantità a,b,c deggiono essere rispettivamente proporzionali a (2. 3), (1. 3), (1. 2). Sia k il rap- porto comune delle prime alle seconde : si avrà E=4k*(1.2)(1.3)(2.3) essendo del resto k perfettamente arbitrario, purché di valore finito. Allora aka. Du Dec i Cr) e il quarto coefficiente d è pure lasciato al nostro arbitrio. Così che finalmente le equazioni trasformatrici (19) diventeranno k(2.3)a'&-- k(1. 3)a" n-- k(1. k(2.3) E +-k(1.3) n +k(1.2) $ + 4 8 4 _k(2-3)p'E+k(1. 3)B'n+k(1.2)8"E+dp"e J—k(3.3) E --k(1.8) n +K(1.2) 6 + dO’ k(2.3)g!&2- k(1. 3)" nm k(1. 2)" +d“ O “o k(2.3) E& M k(r.3) 6 --k(1.2) E + de 2)" g- do“ O e l’equazione trasformata (22), in grazia delle (31) e (33) avrà la forma o=d(2.3)(1.4)E+d(1.3)(2. h)ad (1 . 2)(3 . 4)C+K(1. 2)(1. 3)(2. 5). Senza pregiudicare alla generalità si può fare in ogni caso d=4: allora le formule precedenti acquistano maggior semplicità e diventano JL (2: 3) &2- (1. 3) a ite (1. 2) aS oO | 776.3) E#(1.3) v +12) € + 0 remera ay, 7 (2.3) £ +(1.3) 4 +(1.2) 6 + 0 WA YESA A SY (c. 2)77"£2- 779 “~~ (2.3) £ +(1.3) n +(1.2) 8 + 9 | (2.3) (1. 4)&2m- (1. 3) (2. 4) 2- (1. 2) (9. DE (1. 2) (1. 3) (oh 3y=0 (35). XXIII. Applicazione all'analisi indeterminata di 2° grado a 3 variabili. Le conclusioni tratte nel § XXI relativamente all'uso della trasfor- mazione iperbolica per la soluzione razionale delle equazioni di 2.° grado CREER cin a .DI G. V. SCHIAPARELLI 317 indeterminate si applicano qui egualmente bene. Cioé essendo data una soluzione razionale dell'equazione generale di 2.” grado a 3 variabili F(x,y, z) = AxB +C2+Dxy+Exz+Fyz+Gx+Hy+Kz+L=o0 sarà sempre possibile, quando 4,B,C.....siano numeri razionali, ri- cavare tutte le altre per mezzo delle formule (34) e (35). A tal fine converrà, coll’aiuto della data soluzione razionale «', fB',y' ricavarne tre altre a", 8", y": a", BM, S" : a, BY, y" il che è sempre molto facile a farsi (veggasi $ XXI, nota) col modo indicato più sopra per le equazioni a 2 variabili. Coll’aiuto di tali quattro soluzioni razionali sarà agevole ottenere le sei quantità (1. 3), Ma) (3; (1.4), (an G)ige 9.495 le quali sono i risultati che provengono dal surrogare in Z(x,y,z) in vece di x,y,z le coordinate dei sei punti di mezzo degli spigoli limitanti il tetraedro , del quale i quattro punti. (24 (eus 3!) ; (a", je 212) - (LAN icis y") 3 (Ces pus Jn) sono i vertici. Formando allora l'equazione (35), tutte le sue soluzioni razionali corrisponderanno ad altrettante soluzioni razionali della P(x,y,2)=0, le quali si otterranno mediatamente colle formule (34). Ma ricordando le osservazioni fatte al § XXII, n.° 4, si vedrà che la (35) non dà in tal modo esattamente tutte le soluzioni razionali di- mandate. Perché tutti quei punti (o quelle soluzioni razionali) della su- perficie (od equazione) F(x,7,2)=0, i quali si trovano sul piano pas- sante per i 3 punti, le cui coordinate sono (a’, 8, y') (2, B", y") (a", 8,71) non hanno corrispondenti punti (o soluzioni razionali) nell'equazione tras- formata o nel piano (35). Ma a questo difetto si può ovviare in parecchi modi: cosi per esempio si investigheranno le soluzioni razionali escluse, usando delle formule trovate pel caso di 2 variabili, ed applicandole alla sezione conica in- tersezione della superficie e del piano sopra nominati. Oppure si può, dopo usate le formule (34) e (35), formarne altre col semplice scambio di 2 dei quattro punti suddetti, il che riduce la cosa a fare alcune per- mutazioni fra i coefficienti (r. 2), (2.3) ecc. Allora avremo un'altra tras- formazione che comprenderà i punti esclusi nella prima , e darà le soluzioni razionali che prima non si potevano avere. Sovente accadrà che per una simetria della data equazione F(x, y, z)—0 ee { 318 SULLA TRASFORMAZIONE GEOMETRICA DELLE FIGURE ECC. le soluzioni si ripetano due o più volte, scambiato soltanto il nome delle variabili: nel qual caso l'operazione sussidiaria ora indicata sarà del tutto superflua. Così succede per esempio nel problema che ora ci proponiamo di risolvere a conferma ed illustrazione del precedente discorso. ProsLema. Esprimere in una sola formula lineare le proporzioni di tutti i parallelepipedi rettangoli, di cui la diagonale essendo r, i lati vengono espressi da numeri razionali. La questione si riduce evidentemente a trovare le soluzioni razionali dell’equazione Ly’ i y la quale rappresenta una sfera concentrica all'origine. Supporremo che la sezione piana passante per i tre punti (a, f, y), (a'', B", 7”), (a, 8", y") sia il circolo massimo che giace nel piano xy: e faremo per esempio a'=+1, alas 0; aM= tr, DER OS DST, p'=+1 , PS Cm Ur y! Veo ALSO y =+: Ne deriverá (1.2)=+, (n2) Esch (2.3)2—-- i, (.4)m—i, (4)——i,. (3.44: - L'equazione (35) in questo caso particolare sarà Os Be ne EA up Su TUN. (36) ; ed in essa saranno contenute le cercate soluzioni per mezzo delle for- mule (34) che qui diventano P Lod VE peo 4 nan 15; i3 pa AA (UT 1 c à 67 Cosi avendosi si trova T I peus i 2 2 vg So eni mss Be gi itg 6 E=+2,n=—1; OS — 1 L=——-) YS, tS 4+ -; 2 1 ? ? 7 7 7 I Á 8 E=—2,n=-+2; C= — 3; Te age AS parent DI G. V. SCHIAPARELLI 319 e quindi 3 H? a23 ; 2'2- 3° Gm pid + a ; ecc. Da queste formule saranno escluse tutte le soluzioni razionali cor- rispondenti a punti del circolo massimo Sopra nominato, per le quali tutte z= o. Ma vi saranno contenute le soluzioni corrispondenti a punti dei due circoli massimi giacenti nei piani wz e yz, per i quali rispet- tivamente y=0 ed «=o. Queste soluzioni non differiscono da quelle desiderate che per la denominazione delle variabili; quindi non farà bisogno instituire alcuna investigazione speciale, e si potrà dire che le equazioni (36) e (37) soddisfano al problema in tutta la generalità con cui fu proposto (*). (*) Alla teoria analitica della trasformazione iperbolica vengono a connettersi numerose con- siderazioni. Tali sono per esempio l’estensione di questa trasformazione a quattro o più variabili, il suo uso per determinare le soluzioni razionali di certe classi di equazioni del 3.° e 4.° grado, e simili. Questi sviluppi divergono troppo dallo scopo dello scritto presente, ed il medesimo è già troppo esteso, perchè si possa riputare conveniente una tale digressione. Essa dovrebbe venir trattata a parte come soggetto particolare. En CD LR —— ca iii - Ve Accad. NE delle Sedi Gorino, Clafse di ofc. Tis. e Mat. Serie 2* Gom. XXI. Tow. 1 Nrxxa rhe. à ri —À | x > ee disi. : — — + aa i ji — M c Jag. Hf. Tow. AV. Em oe Vikxa ine. = Nasa me. — MÉMOIRE Sur un état hypothétique des Surfaces de Niveau dans les Nébulosités qui entourent le noyau des Comètes, supposé solide et sphérique JEAN PLANA Lu dans la séance du 23 février 1862. "to ap popoina que le noyau solide et sphérique d’une Comète soit entouré d'une espèce d'atmosphére parfaitement fluide , dont la matière, homogène ou hétérogène, ne soit soumise à aucun mouvement de rotation pendant sa translation autour du Soleil. Supposons en outre, que cette masse aériforme puisse se constituer par couches de méme densité, à chaque instant en équilibre sous l’action des forces qui la sollicitent. Cette pure hypothèse sera encore limitée par la considération, que nous négligeons tout-à-fait l'action due à la masse méme de cette nébulosité, en raison de son excessive petitesse. Cela posé, sous la triple action simultanée de la force attractive du Soleil, de la force attractive du noyau sphérique et d’une troisième force répulsive , oblique au rayon vecteur (tiré du centre du Soleil) de chaque molécule fluide , ou élément différentiel de sa masse , il faudra que la résultante de ces trois forces soit normale à la surface terminatrice de chaque couche, conformément au principe général de l'Hydrostatique établi en 1743 par Crarraur, et démontré par Eurer, en 1755, d'une maniére simple et lumineuse. Alors, la possibilité de l'équilibre se ma- nifestera par la possibilité d'intégrer une équation différentielle de la forme: Pdx--Qdy--Rdz-o, en y considérant comme indépendantes les trois variables x, y, z, dont SERIE Il. Tom. XXI. ^n | 322 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. P, Q, R sont des fonctions censées connues par la nature des forces accélératrices agissantes sur la masse fluide. Si ce trinome n'est pas une différentielle exacte d'une fonction de x, y, z; mais susceptible de le devenir par la multiplication d'un facteur convenable, on pourra le savoir 4 priori, en examinant si, par identité, l'on a: — (1840) ro (1222) 4.1 (20, ar) ET Ee (2:25) dx dy)" La question des atmosphères cométaires ainsi envisagée et bornée aux changemens de leurs formes et de leurs volumes , devient en quelque sorte étrangére à la Dynamique. Et par une telle conception, due à M.' le Professeur Édouard Rocne de Montpellier, il n'est pas difficile de trouver, et de compléter le résultat qu'il a publié cn 1859 à la page 378 du Tome V des Annales de l'Observatoire de Paris. Toutefois on verra qu'en cessant de considérer comme nui l'effet de la force répulsive sur le noyau de la Comète, on obtient un résultat qui diffère de celui que je viens de citer, Mais, il faut absolument rapprocher l'analyse qui convient, séparément, aux deux hypothéses, pour saisir avec toute la clarté que Pon a droit d'exiger , à quoi tient la cause radicale d'une telle dif- férence. Elle échappe en quelque sorte au premier coup d'oeil; mais la précision du langage algébrique fait sentir son influence, dés que l'on entreprend de tirer de la théorie quelques conséquences comparables aux faits observés , afin de voir si, par là, elle est renforcée ou infirmée. La manière dont j'ai traité cette question me paraît, A plusieurs égards, nouvelle et développée par des formules rigoureuses, propres an calcul des coefliciens théoriques, en supposant connus les éléments dont ils sont fonctions, Ces élémens sont au nombre de cinq, savoir: 1.° Le rapport de la masse du noyau de la Cométe à la masse du Soleil, désigné par x: 2.° La vitesse de propagation (que j'ai nommée 0) de la force répulsive émanée de la surface incandescente du Soleil. En supposant qu'elle soit la méme que celle de la propagation de la lumiére, par les ondulations de l'éther qui remplit les espaces célestes, l'on aurait: AP (60) Q 496 =174, 194 ) l'unité de temps étant le jour solaire moyen, et Punité de longueur étant PAR J. PLANA 320 la moyenne distance de la Terre au Soleil, c’est-à-dire: 192921 :992—-(10) 1, 020 . . Panes . . kilomètres. 3. Le produit 779, qui représente, à l'unité. de distance, le coefficient de la force radiale et répulsive, décroissante en raison inverse du carré de la distance au centre du Soleil. 4° Le produit analogue /7'0 pour représenter l'intensité de la force répulsive sur le noyau de la Cométe, censée différente de 770. 5° Pour un instant connu , le demi-diamétre linéaire (désigné par p') de la nébulosité , coupé par un plan, mené par son centre, perpendiculairement au rayon vecteur de l'orbite de la Cométe. Quelles que soient les difficultés pour l'évaluation numérique de ces élémens , il est important pour les progrès de la Philosophie naturelle, de connaitre par quelles combinaisons de pure analyse, ils concourent à la formation des formules capables de comparer la théorie avec l'observation. L'hypothése des surfaces de niveau donne le rapport P de chaque P demi-diamétre p de la nébulosité au rayon vecteur r de l'orbite dé- crite par le centre de gravité de la Cométe. Et ce rapport est exprimé m “FO Oo ^ SE H, p; du méme ^ NI rayon vecteur 7, et des deux variables cos.d, cos.0'; è et ò par une fonction: des cinq élémens étant les A angles formés par p; avec r et une perpendiculaire à 7, Le rapport 9 7 0 i 4 1 fu] 3 — paraît variable. De là il arrive qu'une variation do, causée pro- M ] bablement par la chaleur solaire, produit une variation de la forme Pd» dans la valeur de Ê. De même , une variation dm, causée dans la F masse du noyau par une transformation de sa matière en matière nébu- p ,9m leuse, ou autrement, produira dans z Une variation P'.—-. De sorte M que, la variation absolue de p sera exprimée par le produit dm | 3 LR aE 1 (Pie >». ne) Et cette variation, évaluée en kilomètres , étant: (10)*. 1,53.7(Pdp-+ PF) i peut étre considérable, méme en l’évaluant avec le diamètre de la Terre pris pour unité, qui est égal à 12732 kilomètres. 324 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. Sa valeur angulaire, vue de la Terre à la distance D, sera: , om ae ae 4 p' s D sin. 1" e p qur TP EI o, 4848 en secondes d'arc. Par là on voit que la variation de quelques secondes répond à plusieurs kilomètres. Les véritables causes physiques de tels changemens sont loin d'étre bien connues; mais l'idée de les dériver de l'hypothése des surfaces de niveau, proposée par M." Rocur, peut être considérée comme un trait de lumière lancé au milieu de cette profonde obscurité. La découverte d'H£vfurus exposée par Araco, avec une admirable clarté, au Chapitre XXIII du XVII Livre de son Astronomie Populaire est expliquée , jusqu'à un certain point, par cette théorie, qui embrasse la figure des formes et la variation des volumes. Elle est digne d’être étudiée avec attention. Les faits qui s'y rattachent doivent être examinés de prés, afin d'éviter le reproche d'Astronome « fasciné par des vues théoriques » , que le même Araco a prononcé dans son Introduction au Chapitre que je viens de citer , immédiatement aprés celui, non moins remarquable « Sur la nébulosité des Comètes ». Certes, Araco ne voyait pas qu'un principe général d'Hy- drostatique pouvait conduire à donner une réponse satisfaisante aux ob- jections qu'il se faisait à la page 389 contre la dilatation des masses gazeuses ainsi refroidies et transportées autour du Soleil, : Il ne faut pas perdre de vue que, dans notre analyse, la lettre m représente la seule masse du noyau proprement dit de la Cométe et non la somme de cette masse réunie à celle de la nébulosité qui l'entoure. La théorie donne le demi-diamètre linéaire p de la portion de cette né- bulosité qui peut se conslituer par couches en équilibre. Et c’est celui qu'il faudra conclure de sa valeur angulaire obtenue par des mesures micrométriques fort délicates. Quelle que soit la masse de la nébulosité , cette théorie suppose nulle son action pour établir l'équilibre hydrostatique des couches dont il est question dans ce Mémoire. Quoiqu'il soit souvent impossible de distinguer, optiquement , la masse m qui constitue le noyau proprement dit d'une Cométe, rien n'empéche d'admettre que, dans toute Cométe il y a un point central de sa né- bulosité, vers lequel toutes les molécules matérielles environnantes sont attirées en raison inverse du carré de leur distance. C'est la force s 1 È | | | | | | PAR J. PLANA 325 émanée d’un tel point, qui entre dans la composition des formules analy- tiques. L'évualuation de sa force accélératrice se fait, en remplaçant m par Mais cette évaluation, ainsi exprimée, suppose tacitement que le pouvoir attractif des noyaux cométaires est, à toute température, simplement proportionnel à leur masse, comme celui des Planètes. Cependant, sur ce point, on pourrait concevoir des doutes , et imaginer que pour des masses de cette nature, l’intensité de leur pouvoir attractif soit décroissante par une influence due à une augmentation de la température. Mais cette hy- pothèse est démentie par toutes les analogies , et il est, sans comparaison, : HO : plus rationnel d'admettre que le rapport p= -gr est croissant avec la ! ; À gewibo 3 température, tandis que le rapport 9’ = ar demeure sensiblement constant. m I : E xr:-— devient variable, en y remplaçant M'3 : 9 par p(1+x)), ou par 9.e*^; e étant la base des Logarithmes Népériens , De cette manière le produit À la température, et « un coefficient convenable. Alors on fait disparaitre ce qu'il peut y avoir de paradoxal dans la conception ordinaire des contractions ou dilatations d'un volume formé par une substance gazéiforme. J'ai concu cette idée , en observant que l'intensité H'@ de la force répulsive demeure constante et égale (en posant $2174) à moe] i ese 64008). (10) =) 1— 9. (0, 19159). (10) ; , ? y:—» pour la Cométe, à courte période, d'Excxz (*). Du moins, j'ai démontré =0,00647431; g'=0,0064534; M'9=(10)*.(0, 19097); dans mon Mémoire publié le 12 septembre de l’année 1861, que ce résultat est donné par l'aceélération de son moyen mouvement, déduite, (*) Pour la Comète de Fave, un calcul semblable donne : H'0—0.V 1—9. k (a3, 0317). (10)-* ; I H'0— V 1—¢' (6,8939). (10)? ; Fog 07 280962 } g'=0,207402 ; H'0— (10). (6, 13551) . 326 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. conformément à l'ensemble des observations, de l'hypothèse de la force répulsive. Et cette valeur de H'@ ne peut être changée notablement , sans détruire l'explication théorique de l'accélération tirée de cette source. Et comme l'observation tout-à-fait frappante, faite le 7 novembre 1828 par M." Srruve, démontre que cette Cométe n'a pas de noyau visible, il faut penser que l'équilibre des couches de sa nébulosité a lieu, en supposant variable le coefficient 776. On conçoit ainsi la cause des variations énormes qui ont été observées et mesurées dans le volume de sa nébulosité. Ce cas particulier porte à croire que les variations du coefficient 77'0 seront insensibles pour le mouvement du centre de gravité, qui est sen- siblement indépendant de la masse des Cométes. Et quil y a des cas, oà il faudra nécessairement attribuer à /70 des variations fort considérables pour expliquer et mesurer les changemens incontestables observés dans le volume de leur nébulosité par les formules déduites du principe des surfaces de Niveau. Au reste , rien n'empêche l'existence de la formule AA (s: H6(12- 4.2), H'6; U(1+-2.))) y A pour exprimer le rapport variable P. et l'existence simultanée de la Pe formule H' 3 (r+e')4n° c£ PTT IC E. pour exprimer l'accélération du moyen mouvement dans un temps £; T' étant celui de la durée de sa révolution périodique. En distinguant les deux coefficiens H et /7', on fait cesser toute contradiction, en disant que Pon doit faire H' constant pour la comète à courte période. Alors les variations de Ê seront dues aux variations de la quantité Æ6. " Pour une première approximation les valeurs de Ê dépendent de È dép la solution d'équations du troisième degré. Mais, méme sur ce point élémentaire dela science du calcul, il peut étre utile de faire remarquer e A 3 m : ; E que, si on doit prendre AE pour la racine de l'équation on doit prendre PAR J. PLANA 27 m I p_|/m B M ci (ia a ft Vie. pour la valeur approchée de la racine d’une équation de la forme: ey fT eg OPEL boy 4 : ¿ : lorsque la quantité — est censée fort petite comparativement aux coef- M ficiens 4 et B. Mais on prendra: i m Pid fe) tp 4 (H) prosa NV 8 da dv s poe bu si l'équation du troisième degré est de la forme: ey La p/m. pm (£) +4 Vi pre pmo Une équation de la forme ANT A 7. pm (£) 4(£) ^P oss aura aussi une seule racine réelle et positive, dont la valeur approchee est: Cos m B Pad iS peas e —4 (rm z) i De sorte que cette racine sera fort grande comparativement. à celle de l'équation Une équation de la forme 1A DA M mL AUS EE (£) aya (£) B92 a ses trois racines réelles; deux négatives et une positive. La valeur approchée de la racine positive est: 328 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. Wil er. VA. lez Viva A legard des équations de la forme ey ey aa (£)-4(£) B. i-o Bao, on aura les valeurs approchées de sa plus grande et de sa plus petite racine positive en faisant, successivement, p=4, et TR m 44C (M. un. di BY a Lu - | ; dans la formule e Ae nice ap (> Va 7) y Fe 3p°—24p—B a Enfin, pour les équations de la forme ey P m È m (£)--4(£)- — B. M +C. a^ " il faudra poser 4 m 3p +2 4p—B. M Comme les équations algébriques que l'on aura à résoudre sont com- prises dans la forme générale 2 e Va PRG UR e). cii pain (5) +4(é ) +B. M (£)- c3 2.(° G ae qui peut étre représentée par e È. (ires F(5) «t. (2) =e > il est clair que, en désignant par p la racine approchée de l’équation ) f(E)= , on pourra faire E=p—u et évaluer u par la formule y a PAR J. PLANA a uf (P)+f cp). J(p)-- fap) ' où f', f' sont les coefliciens différentiels des fonctions f et fi. S'il Ww to © u était nécessaire de pousser l’approximation plus loin, on pourra employer la série connue d'Eurrn ( Voyez le Chapitre IX, art. 234 de son Calcul Différentiel ; et la page 214 du Traité de la résolution des équations numériques de LAGRANGE ( Édition de 1808) ). Il importe d'avoir des formules ainsi préparées, afin de pouvoir con- centrer toute l'attention sur les conséquences physiques, inhérentes aux for- mules algébriques, déduites des hypothéses que l'on a faites pour les établir. En interprétant l'équation de la surface limite de la nébulosité, et celle de la surface de Niveau qui la précède immédiatement, soit du côté du Soleil, soit du cóté opposé, d'aprés le postulatum. que la masse m du noyau des Cométes est fort petite, on reconnaitra s'il y a possibilité de faire ressortir. du langage algébrique une similitude frappante entre les surfaces théoriques et celles qu'on voit (à travers l'atmosphère qui entoure la Terre) projetées sur la voûte céleste. Les deux équations principales que Pon obtient d’après le principe Hydrostatique , combiné avec la composante totale des forces qui sollicitent chaque molécule de la nébulosité vers le centre du noyau cométaire, à È me bn 5 sont formées par des fonctions des deux rapports H^ Y l'un et l'autre Mr déjà définis. Ces deux rapports sont chacun en général d'une petitesse excessive: et cette circonstance exige des circonspections particuliéres et fort délicates, afin d'éviter les méprises et les obscurités capables d'in- firmer la démonstration des résultats. Sous le point de vue purement théorique il est essentiel d'observer, da “les termes ujubuphoP per | È RE > nelle edes que les termes multipliés par , ou par £, qu'on voit dans les équa- È r tions précédentes du troisième degré, sont absolument nuls lorsqu'on fait abstraction de la force répulsive, et sont par là réduites à la forme trés- ey t (£) aM kuBo De sorte qu'il faut voir dans lintroduction de la force répulsive la cause simple radicale d’un changement notable dans la composition des équations fon- damentales qui expriment algébriquement les surfaces de niveau, et la Serie II. Tom. XXI. E 330 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. surface limite. Pour mieux fixer les idées sur ce point j emprunte d'avance au $ V de ce Mémoire l'équation du 3.™° degré: 3 QD (£) — 4(s — 9) eos. (£) — :*.4=0 ; 7 en posant, pour plus de simplicité, j-G — p). (3cos.* à — 1) (*). Il est manifeste qu'en faisant p=0, g'=0, cette équation donne: cy gra Tien AR 899 Pe Va Es PNE fiy m ik y et par conséquent E em — pour cos =+ r. Mais, en conservant les quantités 9 et g’, il faut résoudre l'équation du 3.™° degré par la formule (III), ou par la formule (I), suivant que la valeur de cos. è sera positive ou négative, Alors l'on a, par la formule (III): P 4414" E= AA dk num et par la formule (I): m o, -V-z LED a^ Í M A' | adatas. Y) A al SD mr Me en posant A'=(g—g')cos.d. La seule inspection de ces deux formules suffit pour justifier la nécessité de la distinction que je viens de signaler, Pajouterai qu'en écrivant l'équation du 3.'"" degré sous la forme m 3 2 E oliin ! É AIM 4 (£) — (p—g')cos.d. (£) —a* UT : Met I : f on voit que dans le cas particulier de cos. tas , qui donne q=0» l'équation est impossible (le signe des deux termes étant le méme), tandis que dans le cas de cos.d=— ys l’on a; (*) Voyez l'équation (23) à la page 344. PAR J. PLANA 331 dst TE k*. V3 Steri aim JP em et par conséquent Cette explication préalable me parait nécessaire pour faire pressentir les circonspections avec lesquelles j'ai traité analyse de ce probléme. L'impossibilité d'obtenir des équations absolument indépendantes, soit de l'un, soit de l'autre des deux rapports inconnus g et 9, rend illusoire à iade m ‘ A toute détermination du rapport ài de la masse du noyau d'une Cométe à celle du Soleil, uniquement fondée sur les équations données par la théorie des surfaces de niveau, qui s'établissent sous l'action de la force répulsive. Méme en bornant la recherche à de simples limites en plus ou en moins, il est difficile d'acquérir la conviction que de tels résultats puissent étre à l'abri de toute objection sérieuse de la part des Géométres qui remontent à la source de ces applications de l'analyse mathématique. SI. Soit m la masse du noyau de la Cométe, et M la masse du Soleil. En plaçant l'origine des coordonnées au centre du Soleil, et prenant pour plan des xy celui décrit par le centre de gravité de la Cométe; si, par ce méme point, on tire trois axes rectangulaires paralléles aux premiers on aura: pax bY +e, 5 rar +; A= (e —2) + (9% Ii) Kas (ei > où p désigne la distance au centre de la masse m d’une molécule quel- conque de l'atmosphère cométaire; r le rayon vecteur du centre de gravité de la Cométe, tiré du centre du Soleil, et A la distance de la méme molécule au centre du Soleil. Les composantes rectangulaires de la force attractive, émanée de la masse m, sur le point x,, y,, 2,, sont: $ mx, my, mz, ai ==, — FP, — P P 4 Les composantes de la force attractive, émanée de la masse M, sont o M(x —x,) M(y—J:) M(o—z,) distano s 3 n E geo ow. DI 3 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. k i : ; d ond Minos, j Les trois composantes de la force radiale et répulsive e d emanee de toute la surface incandescente du Soleil, sont: De ed wy eae H0 (x —2,) Ho(y—y,) IH 0(o—z, A AAC oia Mis Pour fixer les idées on se souviendra que H représente une quantité de seconde dimension. H ds BE dS de la courbe décrite par le point x,, y,, Zp, sont: Le trois composantes de la force — tangentielle à l'élément gg H dS d(x—x,) HH dS d(y—y) Hoy tps PRE UE Mo ? TU Mq me ii H dS d(o—2,) B ewódggh de s Les trois composantes de la force M, pour mouvoir le centre de gravité de la Cométe étant M.x Ww. M.o 2 2 3 , "n y? ri on doit appliquer au point x,, y,, z, les forces so Mrt M. y M.o O — —— 5 p? p? ri afin d'avoir égard à l'état de mobilité de la masse m, avec son atmosphère, autour du Soleil. De cette manière on considère absolument nul l'effet de : na H'0 x. á . la force répulsive —-——- sur le noyau de la Cométe. Mais en cela il y m aurait contradiction, puisque cette force répulsive exige de déterminer le mouvement du centre de gravité de la Comète, par les équations diffé- rentielles J'ai écrit 4' au lieu de H, afin de distinguer l'intensité de la force répulsive , agissant sur le noyau m, de l'intensité de la force répulsive PAR J. PLANA ENS Ug Eo SERIA. ; , RA —7 qui agit sur les molécules de la nébulosité, En conséquence , on doit remplacer les composantes ea = ? ay, sv par les com- posantes ro. RME he RE bro la p r afin d’avoir égard à un mouvement elliptique, qui a lieu autour d'une force — H'0 M ^ i , et non par 2 centrale exprimée par De sorte qu'il faudra employer les forces du N° 5, ou les forces du N° 6, suivant qu'on voudra supposer nulle ou efficiente Yaction de la force répulsive sur le centre de gravité du noyau. Maintenant, si nous désignons par X,, F,, Z, la somme des cinq composantes, qui agissent sur le point x,, y,, Z1, on aura (en employant les forces du N.° 5): ¿a Soot DIRCI Chea A* dt s (1) rac ttt? + (M-H9) LT, GE OO ; Die uris HQE Ra) (1 p r A A dt Et pour remplacer les forces du N.° 5 par celles du N° 6, il suffira d'écrire v-a au lieu de m Le passage de l'une à l'autre hypothèse est donc très-facile: mais on verra que les conséquences de ce simple changement sont loin d’être insignifiantes , dès que l’on voudra interpréter physiquement les propriétés des équations ainsi obtenues pour les surfaces de niveau. Dans l'état d'équilibre des couches , les molécules x, , y, , z, ne glissent pas sur les surfaces de niveau, elles y demeurent adhérentes: 3 dx; dy, dz, en conséquence nous ferons roe > ENS > de a at [ g IL È Avant d’aller plus loin, il importe de remarquer que la force totale qui agit, au point &,, Jis Zis suivant la direction du rayon vecteur p vers le centre du noyau est, en la nommant fi 334 MEMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. = x Z p == (x. AA) é " (i ie De sorte que, d’aprés les équations (1), nous avons: D I > D’après l'équation P=ri+p—a(<.0+y.7,) j si l'on fait: T7 cos, y EST sine | 26,220, COST is Ja 7 p. sin. ĝ,. cos. d, ; 2,=P.Sin.0,. sin. y Teo? Q cos.v. cos.0,+ sin.e. sin. 0, . cos. p, — - cos. v + wey, sin. , : È È l'on a: A UNE i-e - it. eR) ! i | Gus: d.(A7) (ea) AV) | dg p.A? | La valeur de — 77, peut donc étre écrite ainsi : isp (A | è ea ne t Q+ (m 16) 07 E ) | H das ty (È dt Tip: "A En remplaçant M par M— 47/0, dans le second terme seulement , l'on aura: Tu nz 48) W TQ (M— H6). 2 A E) PAR TR di. pour l'équation qui doit être substituée à l'équation (4) dans le cas où la force répulsive sur le noyau n’est pas snpposée nulle. En faisant R,—yX/4- Y/--Z', Von a: | PAR J. PLANA 335 Ro Re RP Donc, en établissant l'équation —T,=0, il faudra concevoir que le second, et non le premier de ces deux facteurs de la force — T, est celui qui devient nul. Et comme, en nommant z l'angle formé par le rayon vecteur p et la direction de la force H,, l'on a T,= R,cos.z, il faut en conclure que la force R, est normale au rayon vecteur p pour tous les points de la surface déterminée par l'équation 7, =o. Les molécules auront donc une espèce de mouvement tangentiel sur cette surface (nommée limite), à moins qu'il ne soit détruit par une force étrangére. § tI. L'équation différentielle des surfaces de niveau est telle que l'on a: (0) 5 388. eus D(X,.dx,+Y,.dy,+-Z,.dz,)=0 ; ? où le facteur D tient lieu d'une fonction de x,, y, , z,, propre à repré- senter la densité de la couche. Faisons d'abord abstraction de la variabilité de cette densité en passant d'une couche à la suivante. En admettant, pour un moment, que le trinome X,.da,+Y,.dy,+Z,.dz, soit une différentielle exacte, nous aurons: Y (X; dx Y, dy + Z,. dz.) =const = 5 3 pour l'équation finie de la surface de la couche correspondante à la densité D: C désignant une constante arbitraire. D'après les équations (1), Von a avant l'intégration: o Sa (x, dæ y, dy +2, d 2,) — ES (x.dx,+y.dy,) O obra iy d aras mac Jde (onini | A =) H \dx dy mui dq; dX a Ut o. dz, Maintenant si l'on intégre, en observant que x, y sont des quantités indépendantes de x, , y,, 2,, l'on aura: 336 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. i C (M—H0) m M(x.x+y.y) i jp De D re E +(M—H0)- (s —) -f Actuellement si, conformément à l'explication que j'ai donnée au premier §, dac de, dy dy, vil vds. nca r on remplace " par i Le on aura au lieu de l'équation (6): S C (M—H0) _ (M — H'0).(x .x,--y- y.) (6)... Mr re 77 e eM dx da dy dy, ARENARIA +(M—H0)- (5=5)-2f Donc, en concentrant dans la constante arbitraire le binome C_(M—H6) D sis et faisant pour plus de simplicité: C Um mee + (MH), 8 se deu = a lient _ AAA — (8) D e r ya A A dir Ord y Es m a d m ich G n m ar Qu (M—H0) | 1 (om. D-^y- = dip | M d Deo ie cale dy, de rig QI Her (ee au lieu des équations (6) et (6)'. Les équations x=rcos.v, y==rsin.y donnent doi dr s i de — + COS. 9 — r Sin. Y + dé dt dt? dy YS de = * SIN. Y -I-7 COS. ye —— 5 diaudit di partant nous avons : PAR J. PLANA 337 dx d dy | A d Jr Xe» yao (cos.v.dx,+sin.v.dy,) a dv sin. Y cos.p |, rif (testas) D'après la théorie du mouvement elliptique on a l'équation (e r =/MYa(=>) 5 si le mouvement a lieu autour d'un point, dont la force attractive à l'u- nité de distance soit exprimée par M. Mais, dans le cas des équations (A) citées au premier $, on doit employer l'équation (Oui, = WMH. NE) : La valeur elliptique du rayon vecteur r, est exprimée dans l'un et l'autre cas par (TO) ren sie . r =" CTE) I + e cos. (v—) © 1 I > Donc, en écrivant gi) au lieu de g’ l'on aura: Saiu (+ dy dy, :)= (as Ta ET sa I Ja (7) ci HM Vase. |. Re (x, cos. e + y, sin. e) + Ove PRES (x, sin.» — y, cos. v) Urso (ES I ) ied (Z) co (22) > pour la valeur de cette intégrale qui doit être substituée dans le second membre des équations (8) et (8)'. Mais 1 Mraz) H.esin.(y—w) dv dt Fase eos. (=) dt Donc nous avons i Serie II. Tom. XXI. ^T -———— Y 338 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. ey ci E. (E de, Y L= CT ees CT "QU di UM m dv esin.(v—5) ; EX hadi ere RAY, i HON Goa} - |æ, 605. 0-4 y, sin. v | e eei EZ sin. e — y, cos. e| de esin.(v—5) I j : | E (5- I : | C05. v. dac," sin. v. d y, | A i ES | sin. 9.dx,—cos.v.dy, Le second terme, affecté du signe "n qu'on voit ici, doit étre fort > S I Uu etit, en observant que la différence —— 1: est une quantité dont l'ordre | q 9 q de petitesse est celui du rapport P; et que, en outre, il a pour facteur r Vie; où e désigne l’excentricité de l’orbite elliptique de la Comète. 3 . dy esin.(v—a : Cn our estimer la grandeur du produit — E em Le mo qui multiplie la dt a(1—e’) premiére intégrale, il faut employer la formule P 2[a (1 —e)] = eat ju A. ui A. u’— etc. | : où l'on a fait u= tang. 1(e—2); A 2—3e . pr m ee 5e): aera e TI) ? 5(1+e) ee (Voyez la page 184 du r." Volume de la Mécanique Céleste ). En posant U=1—3A,).wW+5A,).us— ete, on tire de la: e To sin. (9—w)_ e. V M.sin.(v—2). [14- cos. (v —)] ur a(v—e) — U.24.Va.(x —ey.y y —e Lal I x 2 è Donc , en réduisant la valeur de ar? Lo, et faisant pour plus de simplicité : Ya] PAR J. PLANA 339 z- fte. i y pe a, d z" - fte. (sin. e. e Y. ui) ; Gajas E lis H. Z' sin. (e — 5). [14- cos. imis U.(x—ey.V1—e y A (2) 2; II"— sin. (e —0).[1-+cos.(9—%)] ; l'équation (11) deviendra: j da = 25d PEER, mn VM Di ZI ot) = (nn "Lys oe yx mit AE eos. 2. sine] 7 aU.a. ya. (1 —e). vie a a 3 a Es) JE Zeccone a Ya jg a a En remplacant Vu par VM—H'6 , on aura la valeur de la méme in- tégrale qui doit être substituée dans le second membre de Pequation (8). Il suit de là que les équations (8) et (8)' sont réductibles à celles-ci: Crem AM3 M—H0 n Mts D NOMEN = 2.1(0) pe + (14111) VM _ H.y M.W.e Jerem sin p a aU.a.Va. (i—e)ÿ.Vi—e a a jus Wo ae i ipi m a Jesi] a.Va r a a Qu m M—H'0)p. M—H0 (15) ar EM micia = Je CPE e ). |o) —1| vn; PERTE H.y M-H76.n".e A um T fu; 4 a.Va aU.a.Va.(1-e).V 1-e a EY n—H H'9. Vie (2) r ES: Ja E j + Sin. 9 —'— + cos. e a a. Va 340 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. Tel est le résultat auquel je parviens pour l'équation de toute surface de niveau, appartenante à une couche quelconque (de densité constante), quelle que soit la position de la Comète dans son orbite autour du Soleil. ; : i , : H'6 " On voit par là que l'équation (15) exige de supposer —— <1, afin I J T S Pp M ; d'éviter l'imaginaire, tandis que l'équation (14), relative à l'hypothèse que l'action de la force répulsive soit nulle, ou insensible, sur le noyau m de la Cométe, n'est pas sujette à cette restriction. Les quantités Il, II" étant de l'ordre du produit de u(£) pourront étre négligées dans une premiére approximation. Alors les équations (14) et (15) seront délivrées du signe intégral. 8 IV. En changeant la direction des axes des coordonnées x,, y, dans leur propre plan, qui est celui décrit parle centre de gravité de la Cométe, et faisant rl= 2x, COS. 9 -H- y, sin, ; æ! = x, Sin. — y, cos. e Ja 1 , " x H 1 > Pon aura; 4 Ts j* a H y? m y? LFP A y. P =£, ry, +2 , si l'on fait (pour plus de symétrie) z, = z,'. La valeur de Q, posée vers le commencement du $ IT, revient à dire que l'angle sphérique, dont les côtés e et 6, sont inclinés avec l'angle 4, est tel que, en nommant 0 le troisième côté, l'on a: , (16) iinei Q=cas.¥. cos. 0, + sin. v. sin. ,. cos. Y = cos. d = á p De sorte que è désigne l'angle compris entre le rayon vecteur p et le rayon vecteur r; le sommet de cet angle étant placé au centre du noyau. Cela posé, il est clair que les équations (14) et (15), en y posant: H6 H'6 D LES 2 pri eta E paio go deviennent équivalentes à celles-ci : C m Mpcos.d | M(1—7) - (17) + p, Uter (o) 1] HWM ell!" y. PA aya 2U(1=e). Y 1=e* ES à | = PAR J. PLANA 341 C (0 M(i— — ext m M(1—g) dere) 9). | (o) yl (18). page — uu: p 008, 3 Aeg, oN ts Vie (2) xl à aya 20(1—e).Y 1—e 2 » x je ho n geo: Qu ER Lis i SIL Uh oe), 4 ou Remarquons maintenant que si l’on fait: 0 n ; e n n (20)... cos.d'= cos. 0,. cos. 379) + sin. 0, .sin. | =—v -cos.(7—¥,) , l'on a, à la fois: to ato A 7! =pcos.d ; où d' désigne l'angle compris entre le rayon vecteur p et la ligne per- pendiculaire au rayon vecteur 7, située dans le plan méme de l'orbite de la Cométe. Les équations (17) et (18) peuvent donc étre écrites ainsi; savoir: C m t pcos. (19). De pog ari ep +} (2) ru YH, el". cos. à V= ($ cos di; zi 73 ut aU(r—ey.y3—e r . 5 C ma (x:—9)pcos.9 | (1—9) = d (18)... pg irem n = -}(Q) 3 AN ell". cos. à Vr t j 0. d. Va 2U(1i—ey.yx—e Ces deux équations coincident si l'on fait 92-0: mais, autrement, il y a dans la seconde le facteur 9.) 1—g.V M au lieu de e. V M. Et comme Q "=1 dL cos d fe à (3 cos ^0 — 1) an etc. , r 2 r il y aura, dans la seconde équation, les trois termes a — M ess dl: c a speed aA Pese LETI gaong) É p , tandis que dans la premiére il y a les trois termes 342 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. di a adipe? ns 354 4) (3cos*ð— 1) E: r r 2 Et de là dérive un changement notable dans les conséquences déduites de l'une et de l'autre. Telle est l'origine de la différence entre les deux hypothèses que j'ai signalée dans le préambule de ce Mémoire, sans pouvoir la définir clairement avec le discours ordinaire. Avec une légère réflexion on conçoit que les surfaces représentées par les équations (17)', (18)! ne peuvent pas être de révolution autour d'aucun des trois axes des coordonnées rectangulaires x}, Ji, 2/3 c'est-à-dire qu'il est impossible d'avoir zx, = fonct. gp pi Ta, 3 px OÙ y == fonct, (2 +2, ) o ou 2 ONCE, (a +1) : : y do! dai Ey p y cast Car en faisant STAI =p", dy] =q , ton na pas, identiquement , q'.z,—p'.y, 20. En effet l'équation (17)! est de la forme r, kepi A ori TE Ax By i+ E+ 75 > jo i| o E 7 È : E z 2 2y, M Na où lon a: pox! +y, +2) ; Q=1 —M ef . Donc en différentiant partiellement, on formera les deux équations D. c, bouge m oz, 1—9)z, -i A 9a ( -p 9 p ig m a, i m y, eo pe (+ + .Q >? (1 Yo s lesquelles ne peuvent pas satisfaire à l'équation g'z, 2py/. L'équation (17)' et l'équation (18)' étant résolues par rapport à £ » donnent: E = fonet. (r, cos. , cos.d') . De sorte que, analytiquement parlant , on ne peut pas considérer le demi-diamètre p de la nébulosité comme proportionnel à la distance r de la Cométe au Soleil. PAR J. PLANA 343 Soit p' le demi-diamètre de la nébulosité dirigé dans le sens de l'axe z,': on aura cos.d=0, cos.0'=0. Donc, l'une et l'autre des équations (17) et (18)' donnent dans ce cas particulier : Caymmi (1— 2) (2 1) Paie de DUM ¿PF Vee? n rr d ; y 1 C : En supposant p<1, cette équation exige que la valeur de p. si positive. SV. La formule (4), posée au $ IT, exige d’être transformée de la manière suivante. D'abord, à cause de dee dob Qu dy dir y idv (2, sinv y, cos.v = dp die” a(S * COS: — sin. p "T tmo. $ RT) on aura en ayant égard aux équations (2), (7), (16), (20): HS CRIARI VISO, Hcos.d d(r~") xU COSO. v al pra 2 )= Q dt a dt Qr ? partant il est clair que l’on a: - (s do coms a) = Hcos.0-ésin.(v— c) de Hcos.ð dv p dt p dt Mais d'aprés les équations (9) et (12), posées dans le S III, cette équation donne: (mena Hoos.d e.V M. TP AC p dI E qr a. Uses Va (1—e)y.y1i—e tos of VM. VS). Donc l'équation (4) revient à dire que nous avons: p. ui DORT d (x —9)p(z.a,4- y. y,— p^) » "UA CE rem + DQ9.yo Q. cos. ò e.V M. n". p* 0.0 Uza.Ya(1—e).V 1 —e p. cos. d' + arr VM Va —e 5 Q.a(1—e’) Wi ori "gr 344 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. et l'équation (4)' revient à dive que nous avons LPT o O m qu uy prcos.d (1— ple (a er. —p) A mee parie ro.yo | 9. V 1— 9 cos.9. e.V M. n. g xi 0.0 Uza.Va(i—e).V 1—e ne tn e E EAS Mais x.JX-y.y,—p —pr.cos.0— p. Donc, en substituant cette valeur, l'on aura : ee Bu uem os nes 94- (1— 9). iu cos. i65). o7 9.cos.0. e. M . 1". e 0.0 Usd. Ya(r —ey.y1—e COS ON MNT ps uta | Mir eV VaG =e): | i pour l'équation. de la surface limite relative à l’hypothèse qui fait H'=0 ; À et | " ) d E HA ei A ) R 1 v —9 "ie Go ETS (& «cosa E). 3 pe e.V M. Ii". p° i 0.9 U2a°.Va( 1—e).~i—e ais. e. yMYai—0 aim), i pour l'équation de la surface limite , relative au cas où le noyau de la | Comète est censé soumis à l’action de la force répulsive. | Le rapprochement des équations (17)’ et (22) suggère la remarque suivante. En désignant par #7 le second membre de l'équation (17)', si | l'on différentie partiellement cette fonction par rapport au rayon vecteur p> | on en tire: | | [P o ET p -i | (= + 0) (6 cos. 0-5). o | e. Y M " ; eI". cos. à —Vi=e (5) osi j da Va” FT r | | È L * r | PAR J. PLANA 345 È : ponis I 3 E Or il est manifeste, qu'en écrivant (s—:)- r au lieu de à dans le Q second membre de l'équation (22), l'on a: LAA (I ) (D cr NS. 7 =p ( di (a ) pV M. ell". cos. ò MOL RT 9 0.2. Va date) .Vi—é cos. ò E En désignant par 7° le second membre de l'équation (18), il est clair 6 I { > , À m que l'on a de la méme maniére : uL c A mp AGOSTO: Va i = e (- )e-—a-6-29* 7 (re) (Eres a— 5 )-o NE ue y x =g YM p. | en”. cos. à —y:—e. (£) cos. vl $ 0.4. Ya laU(—ey Vie r | Donc l'équation (23) peut étre écrite ainsi : ai. A EN, fa w=” d / bw DE " N 3 —(§-1) £5 ¿YM a ell". cos. à — (2) -V= cos.. 9 0-a. Va 2 U(1—e).Y —e nz ( Les équations (17)' et (18)' étant représentées par C "URN Bal? DM) > respectivement, on peut exprimer le second membre des équations (22) dV dy"! do ( dp voit par les équations (22)', (23)'. En négligeant dans ces dernières le et (23) en y introduisant les fonctions ( ) , comme on le , ELA SE Gu) (m) =.> Ae I : Eje ; terme multiplié par au» et faisant ensuite 7, =0, on aurait: pour l'équation de la surface limite. Cette manière concise de lier, ana- A lytiquement, la surface de niveau avec la surface limite mérite d’être remarquée. Sens 11. Tom. XXI. "U ER —/— | k $ À X 346 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC, g VI. Je reprends maintenant la considération des équations (17)' et (18)'. Soit p" la valeur de p correspondante à cos. ò= ı et cos. d'= o. L'é- quation (18)' donne: t [a MANE o.Vi—g. VM er n" (E) Caen Va aU(-—ey.yi—é La méme équation (18)', en y faisant cos.d = — 1, cos.d'=0, donne, en nommant o" la valeur correspondante de p: È m Cr LCA li Dade (O) (E) STD er^ n" ( ey 0.d. Va 2U(1—ey.V1—e " Donc, en multipliant l'équation (24) par 1—6 , et faisant pour plus de simplicité ni ur (26) Co PE er”. Il roe — da Va 3U(1—ey. y e 4 l'on aura l'équation m m Cr p" ( Cr pi Ch pr (3 7+ pat): E) + (ee D. pte Vie) (7) ; p" 3 96919 |. (6) ; En multipliant l'équation (25) par 1-+-—, l'on aura: j mei 7» CR pu nae pe"! (28) u-i-u»3) 6)-(—- 2 Dute? Vi) (5) E | PUN. —}1-g+62.Y1=#}.(5) 7 | PAR J. PLANA 347 | | L’équation (23), en y faisant cos.d'=0, cos,d=+1, 7,=0, et nom- mant p" la valeur correspondante de p, donne : iv 2 | n as ; I na: (E) PIET va 1 a ler rs | ei Y La méme équation (23), en y faisant cos.ì'=0, cos.d=—1, 2,=0, donne, en nommant p' la valeur correspondante de p: gia ae (E a ii pn (e ae 7 ( It le. m. y r L'équation (29) peut être mise sous cette forme: i m p" 2 mr. 1l eee E | (Lf (y (E) (E) rrt partant lon a: T Iv A aU Lam (ii pl E LA Pr pue ) A 2M (=) E greto Et de | Iv : Iv\4 onde) ou bien Mb 10) E (32) sont cg 0=—7ÿ ^r) | en NE ET 4 Y : eee ve m Or, eu égard mula petitesse de la quantité positive M? on ne peut sa- A tisfaire à cette équation par approximation sans faire h r G WE pn 1 g_p+9G.Vi-p+7 | Eje ns r r 1 —® — m > pi+pG Yi e tay =0 , [(5)-] = 1g ou bien 348 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. Donc on aura : £125: m 2 1—9—96G.yi—g— = p M — =1 3 1— g" i Il suit de lá, qu’en attribuant à 9 et g' des valeurs positives fort petites, m y mais beaucoup plus grandes que y» 9? aura pour E deux valeurs de la forme; r—f. 1v Le 2 : p HRF) ! lj 1 —'.— 1—!.— B M j M où l'on aurait $2» fj; B et B' désignant des nombres entiers. La première de ces deux équations donne p">r, et donne un demi-diamétre de la nébulosité qui (du côté du Soleil) le dépasse. La seconde racine donne: (=P) Que ,m m y my? on ole et paraît admissible. Mais sans avoir les valeurs des rapports 9 et 9’, nous ne voyons pas la possibilité de conclure de là que la surface limite est assignable du côté du Soleil. D'ailleurs l'équation (31) a ses quatre racines réelles et positives; on pourrait le démontrer a priori à l'aide de la formule donnée par LAGRANGE à la page 134 du Volume de l'Academie de Berlin pour l'année 1777. Pour avoir les valeurs approchées de deux de ses racines, il suffit de considérer les deux équations La PPC LABS BIEN | CR (©) M cL: E arto (£)-. r mm mm M 1-9 RER La première donne: ii Tam 1 (Bale: ow Les Er: et la seconde, d’après la formule (III) posée dans le préambule de Mémoire, donne: PAR J. PLANA 349 La grandeur de cette valeur de p ne comporte pas de l'assimiler à la y nébulosité visible autour du noyau. Si la valeur de E donnée par Pé- quation (32) est admissible, elle doit s'accorder, sensiblement, avec la Iv valeur de (£-) tirée de l'équation (27). Mais pour décider ce point il Cr D.M' quoi nous allons nous occuper. Comme les démonstrations de ces propriétés faut auparavant déterminer la valeur de la constante C'est de sont fort délicates, j'ajouterai que la formule de Lacrancr que je viens de citer, en représentant l'équation (31) par iv. 4 DNE ivi iv e. A È: |: OH er ug t (5) (5) E) (Leno; m ?$—9-- Gg. V1—g 2-3; Ma m I = > Qoa ar ou N er donne une inégalité de la min 1024 N° | 7o —64. 37 M+ 256.88 N°— (256). N° a (256) N+| +KQ+KE'Q+K"Q+K"Q>0 . Donc en excluant les cas où la petitesse de JV serait comparable à la petitesse du rapport gg > cette inégalité cet incontestable. § VIL Je passe maintenant à l'équation (30) qui appartient à la limite de la nébulosité tournée du cóté opposé au Soleil. Cette équation donne: m5) eee (5) (+E) peer (E): et par conséquent nis E) + joer yop E): en {eue (E) pc € A 350 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. On peut avoir deux valeurs approchées des racines de cette équation en posant : E slitta ta r r 1— M r aW =g” m (ca L=7 4- Go. Vi—g — 7 - La petitesse du second terme permet de faire BRA c (DUE T eU rog ws m Cette valeur de E doit être sensiblement égale à celle de E , sila surface de niveau libre précède immédiatement la surface limite. Donc, m i m I Acn. en faisant £=y — dans le second membre de l'équation (28), on Mu pourra en tirer la valeur de la constante arbitraire D: m Mais l'équation (28) donne, en la divisant par + > p" 2 mia Mai or ea P) ee) mele : E DM M *\r e op. Alen de S RES TT ; Qu. Quo partant nous avons vu pu. LJ]. -- o — C m (E-)-]e = TO na d gie genere) P pip DM-M PAR J. PLANA 35% pu PEE y i ak mor D’après cette équation l'on a donc ( en y faisant — = Az : i r p Hb A m 1 j Cr Vm. ey Ma Map : Mn: So Dc mr ¡Ain IM. M bt Wiel +(Go.Vi=p 9). M m ES | Et comme par l'équation (37) Pon a m | Gg. Vi—p— 9 =4— p+ 7 > nous avons: = = | | Les trois termes qui suivent le premier sont, en comparaison, beaucoup | plus petits lorsqu'on suppose les rapports 9 et g' plus grands que la fraction Z i à M' 1 En négligeant ces trois termes, nous aurons: § VIII. En substituant dans les équations (27) et (28) la valeur de T déterminée par l'équation (40), on formera ces deux équations : Meee ay m E) sg PEE i (£) A = Vr M pmo ; J | p UN. f pitt > ab, eat 4 C FA SAR) alo A Be SY | (E) +4(5) ay y (E +27 E^ où l'on a fait i | | 352 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. 1 Ca — j 1—9'-2-Go.V1—e' ? 4— C ei +67 EN A j s-cl- ve Vi > p=cla.v-|/7 La première de ces deux équations étant résolue par la formule (V), posée dans le préambule , donne : 137/1440 Cara My oe DU En ayant égard à l'équation (37), on a l'équation : -Var C Ve Vien ] i m 1 fu m 1 V nma m. 1 : i Vate miti | L---— M pum en posant pour un moment 2x4: ]/ Bas ae ; TM M TE 1s Vs ? eta Y Me Comme È 5 mei m Lea. HE. pasce E. ae lia -ys( y: o VM» v9 4M? VM?N V» si l'on fait Er eee t Ey Yaa. VE a ? l'on écrira: a th moi x m i APE a =— e b=i+|/ Ape A À -— M 9 M 9 14 M 9 ( ce qui donne avec une approximation suffisante : PAR J. PLANA 353 j ay mor D, VER À j Ve e Vi It v5 $ TE V "HII Il suit de là que " | CL VRE SAR er an È | m i ju m moi mor ae 1 | Lux q Us TN sss e | Ms Gi 3]( Or il est manifeste que, en négligeant les termes qui auraient le | | : m : ge m c à facteur Mi dans ce produit, on peut réduire cette équation à celle-ci : di tesi ROUE En examinant le second membre de l'équation (37), si l'on suppose g' p. beaucoup plus petit que 9, on voit que, en faisant net l'on a: | CE caa d Z=, is i | Mais l'existence de la formule (42) est par elle-méme fort remarquable. | En appliquant la formule (VI) à l'équation du troisième degré qui pu détermine — , l'on aura d'abord: - 5 ; [pau pla y j en posant L'=1 z Vs x: Comme l'on a Pre Find n NN E C sz) T ENS pb Va 1 9 Mag" 7/7779 ANM Np si l'on fait =r >Ë > Hon a: | 9 j Serie IL. Tow. XXI. a > | 354 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. | m D eee - | milk js od Nine TOR? 95. Jm T | FERE Vita ERTE sas) È (PON E mo, En négligeant les termes multipliés par M: l'on a ces deux valeurs: Vane (Ger Vus (E) e-m; c'est-à-dire: pue LHC ED) OC) Mais l'équation (37) donne: — — o Wien si M U 1 =! +7 G.Vi=p . | Donc l’on a: X ASSO atm ; Finn 9 M "Eire Ai j $ IX. | E I | En substituant dans les équations (17)! et (18)' la valeur de + déterminée par l'équation (40), l'on a: ya 45 oil IE WTA AR et truy Chats (15-05 mr? V me ( be z 05. 0— (1 — 9) = (2) — 1) | y r +9G(£ ff Er IB Vie. cos. 0! ; AA C : 0. Va \r 3 indi PAR J. PLANA 355 (46) o=— at? Vael + pe 2) (+): P. cos. d—(1—9)£ ¿[e ) | +9. pans dt (a (2): (£ o) Vi—@.cos.d' . P. En développant (Q) c enims les puissances de 7 nous avons: (9) *~1=() cos. (£). (500502) +2.(£ À Fo 5 Ya = > 0082 — 3 cos. À ; ; 5. 30:5 i 113% Mis - [0949 = er P H (47) ns asc et © so i ra a dou TT y. 1:39.5...2í—1 evi 3.5...2i—3 cos.-*3 uu EM uS ES "ie 1.2.9.... i—2 a 1550750 .2i—5 cos. —* De Cra ei 4 A En outre on sait qu'en posant p—cos.d, l'on a sous une forme très- concise : id I d'(p—1) 4 Eo ETE (dp)' Les équations (45) et (46) peuvent être mises sous cette forme (respec- (ro, +? Vaf) tivement) : 48)... (1—9).(£): a bg +0) oe Gea e (5). Vie. cos. a. — CSI. esta i (E); TAG E m m e» cce) È (Arona) (9— 9) cos.0-- p. Vip. G cos. 0 T Vip. i (5): Vies, cos. a : (30s. 0 — 1). (2) . ae ae i I nen 356 MÉMOIRE SUR UN ÉTAT HYPOTHÉTIQUE DES SURFACES ETC. En posant: " 2 È Va : ; Bo = D 38 85 (1 — p) (3 cos.’ — 1) (p_g+9.Vi=PG) cos. ò jd EP (t. Vi—@. cos.0' É 4 d be ha Gy oka (o) Vi—@ cos. 0 1 ; | l'équation (49) devient: (58) .s- et l'équation (48) devient: | De) (€) | A Pie rod En supposant égal à zéro le premier membre de ces deux équations , ce qui suffit pour une première approximation , la formule générale (V), ams — => _ De OR. posée dans le préambule, donne (en supposant cos.d positif): toa Buy, + élu Lg r 8 As x T pour racine de l'équation n Ma iet rd. EET LM | f= ARA 2 DU va Fe E" pour racine de l'équation (51); ou bien: p I P io pues : z KESA BT. r fado Va [Bae 446 Do — Bo] ; P I 7 jud A x VE +44 Di — Bu} : PAR J. PLANA 357 En posant 4y=DwPn; l= Da P'a, le facteur commun dis- EJ ? paraît, et l'on a: ES cos 0+ P,,, —2.Vucos.0d | ; n P M Ve (1) Ve dos 1 Un i LT a ee pa IP) — 2. Vi cos. | ; où on doit faire: Pom (om): Pu=p¿(1+G). esa FE (5) V==0os.0 a D’après ces résultats généraux, le rayon p de la nébulosité devrait a ) imet; f augmenter, à peu prés proportionnellement à la distance 7 du centre de gravité de la Comète au Soleil. De sorte que, vers l’aphélie, leur volume devrait être énorme comparativement au volume que l’on peut mesurer vers le périhélie. L'impossibilité d'observer les Cométes vers l’aphélie, jointe à celle d'avoir une évaluation des trois élémens o, .9’, sans m M B faire des hypothéses gratuites, m'empéche de reconnaitre les conséquences certaines et observables que l'on pourrait tirer des formules que j'ai dé- montrées dans ce Mémoire. Peut-étre ces obstacles n'ont pas toute la force que je leur attribue dans mon imagination: mais dans l'état probablement trop borné de mes connaissances sur le degré de précision dont sont susceptibles les mesures micrométriques obtenues avec de puissans téles- copes, Je suis forcé d'avouer, que dans toute la théorie que je viens d'exposer, je ne puis voir des preuves incontestables , ni de l'existence , ni de l'action absolument répulsive émanée de la surface incandescente du Soleil. 359 SOPRA ALCUNI PESCI POCO NOTI O NUOVI DEL MEDITERRANEO NOTA Dort. GIOVANNI CANESTRINI DIRETTORE DEL MUSEO DI STORIA NATURALE NELLA R. UNIVERSITÀ DI MODENA —t$641—— Letta ed approvata nell’ adunanza del 13 marzo 1862. et CERNA MACROGENIS Sassi. Tay. I, fig. 1. Sassi diede di questa specie una piccola definizione nella Descrizione di Genova e del Genovesato v. Y, p. 139. Egli dice: « Operculum tricu- spidatum. Longitudo 7 vices crassitiem, et 4 vices altitudinem evincens. Caput anterius fere per rectilineam attenuatum. Maxilla inferior superiorem excedens dimidia parte longitudinis propriae ». Decim. Centim Distanza dall'apice del muso all’apice della codale . . . .. Gai 6 ‘/,. » » alla base della codale . . . ... 6. 3i » » alla fine della dorsale. . . .. . 5. 4. » » alla fine dell’anale . ..:.... 5. 4. » » al principio della parte molle della dorsale sue gun ESSO. 4. 1. » » al primo raggio spinoso 2 aik » » al principio del’anale...... 4. 3. » » al principio delle ventrali. . .. 2 4. » » al principio delle pettorali . .. 2. E » . » alla punta dell'opercolo. . . . . 2. 1 » » al margine posteriore dell'occhio — ^ 9*/. B des à 360 SOPRA ALCUNI PESCI POCO NOTI DEL MEDITERRANEO Decim. Centim. Distanza tra un occore balbo- ons oc sv ey Le Oa Dronero sd on Pitas ea D eec xu ros i une RI Altezza del corpo alle pettorali . . . . . .. AN eu, E E 9. » del corpo fra la fine della dorsale a Ce ee la — Spessore del corpo . ...................... 1. E BED A A Er 16. .G. 20. Il profilo del corpo ascende gradatamente sino alla prima spina dorsale, che occupa il posto più alto del dorso e d'onde la linea di profilo discende, pure gradatamente, sino alla pinna codale. La curvatura del ventre é simile a quella del dorso. La mascella inferiore oltrepassa la superiore d'un terzo della propria lunghezza. Il preopercolo è leggermente crenolato, al suo angolo le crenolature diventano alquanto maggiori, il sub- ed interopercolo sono appena visi- bilmente crenolati. L'opercolo porta tre forti spine, molto rilevate, fra le quali la media è la più forte. Le ossa orbitali, scapolari ed umerali hanno margine intero. L’osso intermascellare , la mascella inferiore, il vomere ed il palato sono forniti di denti; nell’ intermascellare i denti della prima serie su- perano gli altri tanto in lunghezza che in grossezza. La pinna dorsale incomincia un poco dietro l'inserzione delle pettorali ; la sua prima spina è quasi d'una metà più piccola della seconda , la quinta è la più alta. L'anale incomincia sotto il terzo raggio molle della dorsale. La codale è distintamente emarginata. Le squame non si possono contare con precisione , sono circa go in una serie longitudinale e 60 in una trasversale. Ad ‘eccezione dell’osso intermascellare tutto il capo, anche la mascella superiore, è rivestito di squame; di queste se ne ravvisa pure sulla parte molle della pinna dorsale ed anale, come alla base della codale e delle pettorali. Ogni singola squama è di forma quasi circolare ed il suo margine posteriore è munito di varie serie di denticini. La linea laterale è poco evidente, scorre quasi in linea retta dall'angolo dell'opercolo alla pinna codale e consiste in una serie di piccoli tubi. Colore uniformemente bruno. Mare Ligustico. Annotazione. Le ossa faringee ed altri organi interni di questo pesce ge ! NOTA DI G. CANESTRINI 36: non possono essere osservati, giacchè l'unico esemplare posseduto da questo Museo è preparato a secco. Non possiamo fare a meno di notare il poco valore che hanno i pesci preparati in questo modo, troppo usato nei Musei d’Italia: non dovrebbersi preparare con quel metodo che pesci o spro- porzionatamente grandi o volgari e di cui si possedessero già vari individui hi nell’alcool. . LAEVIRAJA BRAMANTE SASSI. Tav. I, fig. 2-5 Ni Sassi non conosceva che la femmina di questa specie, della quale diede (l c.) la seguente descrizione: « Latitudo disci longitudinem et sextam partem superans ; latera anteriora rhombi profunde excavata , sed a basi rostri fere usque ad apicem pinnarum pectoralium notabiliter con- vexa. Rostrum acutum, spatio interoculari triplo cum quadrante longius, utrinque scabrum, orbitis supra aculeatis; superficies laevis, demptis marginibus valde asperis. Cauda longitudine corporis minor, aculeis 1-3 retroflexis; dentes valde acuminati. Color superior plumbeus , maculis ro- tundis, raris, nigris aut albis; inferius pallescens ». FEMMINA Mascuro _——rCÒmeu TT Metri Decim, Centim. Metri Decim, Centim. al : Distanza fra l'apice del rostro e la punta della coda... +... 1 3-5 ho n a » fra l'apice del rostro ed il mar- gine posteriore delle ventrali — 8 — T? ptr Eg: » fra l'apice del rostro ed il mar- gine anteriore degli occhi. — 2. 5. — 3. 3. » fra l’apice del rostro ed il mar- gine anteriore della bocca. — 2. 3. die goi De » fra un occhio e l’altro... .. — 1. — EN ESE Larghezza della bocca... ....« — 1, 14 GA ee L Distanza dall’una all’altra estremità dellezpettoralisz. roseto dd. ees ED 1 Descrizione della femmina (tav. I, fig. 2, 3, 4). Il rostro è triangolare, acuto ed il suo apice porta sulla faccia inferiore dei piccolissimi aculei , che ai lati continuano sino al principio della concavità delle pettorali. La linea dal rostro alla punta delle pettorali è ondeggiante. I margini ante- riori delle pettorali sono notevolmente incavati, mentre i posteriori sono k | | di configurazione convessa. Sopra l'occhio vedonsi in semicerchio dei piccoli t M e a Seme II. Tow. XXI. x — 362 SOPRA ALCUNI PESCI POCO NOTI DEL MEDITERRANEO aculei, fra i quali nella parte anteriore e posteriore alcuni sono maggiori degli altri. La coda è ottusamente tetragona e porta superiormente lungo if mezzo come ai lati degli aculei validi rivolti in addietro. La prima pinna dorsale incomincia circa al terzo quinto della coda, la seconda al quarto quinto; la distanza fra la prima e seconda è contenuta 5 7, volte nello spazio fra il principio di quest'ultima e la punta della coda. L'altezza delle due dorsali è ad un dipresso uguale, ed innanzi Pin- serzione della prima e seconda dorsale vedonsi due forti aculei, l'uno a destra, l’altro a sinistra. Le ventrali constano di due lobi, dei quali l'anteriore è più stretto e men lungo del posteriore. La pinna caudale è piccolissima. I denti sono forti ed acuti, e disposti in molte serie trasversali. Il corpo è parte nudo e parte coperto di piccoli aculei; di questi se ne osserva superiormente all’apice del rostro , intorno agli occhi, sul mar- gine posteriore delle pettorali, sul lobo posteriore delle ventrali, sulle pinne dorsali e su tutte le parti della coda; inferiormente se ne vede su tutta la parte che precede la bocca e qualche traccia anche sulla linea mediana del ventre. Il maschio (tav. I, fig. 5) mostra delle differenze che potrebbero indurre a crederlo di specie diversa. La parte superiore del rostro rappresenta una forma diversa, che il disegno spiega meglio della descrizione; i lobi po- steriori delle ventrali sono molto più allungati, le pettorali portano sulla faccia superiore tre serie di forti aculei rivolti all'indentro e gli aculei della coda sono rivolti in avanti. Crediamo tanto meno opportuno farne una nuova specie , che il sesso maschile e l'età avanzata del nostro esem- plare ci sembrano sufficienti a spiegare queste differenze. Patria tanto del maschio che della femmina, è il mare Ligustico. Annotazione. Il genere Laeviraja, fondato da Bonaparte nella Fauna italica è un genere mal circoscritto e poco naturale , giacchè la lunghezza del rostro , sulla quale questo genere è fondato e per la quale solamente egli distinguesi dal genere Raja, è un carattere troppo relativo per poter servire di carattere generico. CENTROLOPHUS CRASSUS Cuv. Var.? Tav. U, fig. 1. Noi possediamo nel nostro Museo un Centrolophus, i cui caratteri concordano quasi intieramente con quelli del Centrolophus crassus di = ZZZ mi ato A etctes ES P» pa 4 NOTA DI G. CANESTRINI 363 | Cuvier e VALENCIENNES. Ne diamo un disegno ed una descrizione possi- í bilmente esatta, dalla quale si potranno rilevare le differenze che passano | fra il nostro esemplare e quello che da Cuvier e Varenciennes venne | descritto sotto il nome indicato. Al momento non crediamo opportuno | » farne una nuova specie. Decim. Centim g Distanza fra l'apice del muso e della codale s ot | » » e la base della codale . des. 16 » » e la fine della dorsale 3; I. fi » » e la fine dell’anale. 582 I& » » ed il principio della parte molle delle domui sd Ru et que \ » » ed il primo raggio spinoso dis j a cte ri nes St cam » » ed il principio dell'anale : ..- 1. 8*4. | » » ed il principio delle ventrali. 1. — ] » » ed il principio delle pettorali :. — | » » e la punta dell'opercolo . . . . 1. — » » ed il margine posteriore del- L'OCCIIO RIE A e D. T Tiras un. OCCHIO O alice A A e a Diao tratan esa seta enr otl dM de se à Dm (AU). Altezza del corpo alle si MIN V cO A Nor OPE MES. » del corpo fra la fine della dorsale A dale MEN en I ] | » AAA O oe ME o By MN | Si ua edera D MM ED MEM Ge). | Lunghezza dei raggi molli più lunghi della dorsale .... — 4%, | D. tiag, Aabi Vat ea Pasca Qi t5; Il profilo del capo è assai rotondato, ascende da principio quasi à verticalmente e poi in linea obliqua, gradatamente, sino alla prima spina i dorsale. La curva del dorso è quasi uguale a quella del ventre. h | Il pre- sub- ed interopercolo come pure le ossa preorbitali sono leg- | germente dentellate colla faccia esterna coperta di rialzi lineari. à I denti sono finissimi e collocati in una sola serie. + Le squame sono relativamente assai grandi e ricoprono oltre il tronco, le ossa opercolari e le guancie, anche la base di tutte le pinne verticali. | | D Le T — dA M A E ee 364 SOPRA ALCUNI PESCI POCO NOTI DEL MEDITERRANEO Il muso, la fronte ed il contorno degli occhi sembrano privi di squame e coperti di molti pori. La linea laterale scorre in linea parallela al dorso e finisce alla metà della pinna codale. Il corpo è nella metà superiore e sulle pinne colorito di nero, nella metà inferiore di bianco-argenteo. Mare Ligustico. Annotazione. Si potrebbe riguardare il C. crassus di Cuv. Var. come sinonimo del C. Ziparis di Risso , se questo non attribuisse al suo C. liparis « de très-petites écailles minces ». LAEMARGUS ROSTRATUS M. H. Tav. II, fig. 2, 3, 4. Le descrizioni, di questa specie, che diedero Risso e Mürcer Henle, sono tanto inesatte ed incomplete, e la figura di Risso talmente cattiva, che crediamo opportuno darne descrizione e figura. Decim. Centim Distanza fra l'apice del muso e l'apice del lobo superiore della Codales vil. NE LR cuo Dì » » e la base della pinna codale . 7. au » » ed il principio della seconda Lot] I NEMUS C 97 » » ed il principio della prima dor- SALONS A a eI NIE 2. » » ed il principio delle pettorali 2. Ed » » ed il principio delle ventrali 6. fon » » e la prima apertura branchiale r. 5. » » ed il margine anteriore dei sof- hatol AA gg » » ed il margine anteriore del- l'écho paso nome nr dou. diner ov » » ed il margine anteriore della MO CORE San LM DEM LO, CHE a ES PE -fain Ceo ETATS UPS NOST Memes RENE » fra la prima ed ultima apertura branchiale ... — 4, Lunghezza del lobo superiore della “codalé 51942 qose ey 4. » del lobo inferiore della codale . ......... 1 da mm M = — T eM UM E Em T NOTA (DI G. CANESTRINI 365 Decim. Centim Lunghezza della base della seconda dorsale ......... — 4'J. \ » della base della prima dorsale ... . ....... — 7 » della base, delle pettorali it... ritiri pide P4 » della base: delle, ventrali -i w assit iare cé". ta Altezza della seconda dorsale, rappresentata da una verticale, á che parte dal suo punto più alto ....... — 2. D uela prime dorsale ee e cos > ctam d. pali LO Dat Larshevzaadella “bocca. Ro lano e erro EA Il rostro è ottuso, il margine fra l'occhio e la punta del rostro innanzi alle narici un poco incavato. La fronte è piatta. Le narici sono poste circa alla metà fra il margine anteriore degli occhi e l'apice del muso ed assai ravvicinate al margine. Fra un occhio e l'altro v'è la distanza di circa 6 diametri. I denti della mascella superiore sono acutissimi e collocati in molte serie ; quelli della mascella inferiore sono più robusti, collocati in serie i í doppia , inclinati lateralmente, colla radice piatta, fornita di due scana- | lature parallele sulla faccia esterna e d’un margine inferiore rotondato con un seno nel mezzo. $ L'angolo anteriore delle dorsali è rotondato , il posteriore acuminato. 1 Il loro margine è intero. Il margine esterno delle pettorali è un poco i incavato. i , La linea laterale scorre quasi in linea retta dalloccipite alla pinna I) codale. | Tutto il corpo è coperto di finissimo zigrino. | Mare Ligustico. a Annotazione. Noi non possédiamo di questa specie che un esemplare mal montato; egli è perciò che non possiamo indicare né il colore, nè lo spessore, né l’altezza del corpo di questo pesce. ——Ó CENTROLOPHUS POROSISSIMUS nov. Sp. y | Tav. IT, fig. 5. Il sig. Prof. De Fiirpr ebbe la gentilezza di comunicarci un Centro- ) th lophus proveniente da. Nizza, acciò fosse studiato. | Questo Centrolophus differisce evidentemente dal C. crassus Cov. VaL., i tanto per la fronte trasversalmente mon rotondata ma compressa € quasi ii 366 SOPRA ALCUNI PESCI POCO NOTI DEL MEDITERRANEO tagliente, quanto per le squame molto più piccole e l'altezza del corpo in confronto alla sua lunghezza molto maggiore. Esso s’avyicina assai al C. ovalis C. V., col quale concorda tanto per il capo compresso dai lati, superiormente quasi tagliente e con profilo assai rapido , quanto per le squame molto minori che nel precedente. Pure non lo crediamo l'ovalis di Cuv. e Var. per i seguenti motivi : 1.° L’altezza del corpo non è contenuta nella sua lunghezza che tutt'al più due volte e mezza, mentre nell’ovalis ci sta tre volte ; 2. I raggi della pinna dorsale ed anale sono talmente lunghi, che questa lunghezza non è contenuta più che due volte e mezza nella più grande altezza del corpo, mentre nell’ovalis (secondo Cuv. e Var.) ci sta cinque volte ; 3.° Il capo ed anche il tronco sono coperti di numerosissimi pori, dei quali nella descrizione dell’ovalis Cuv. e Var. non fanno menzione. Questo carattere è tanto visibile, che i detti Autori certamente non lo avrebbero ommesso, se l’esemplare, sopra il quale compilarono la descri- zione, lo avesse posseduto , tanto più che lo indicarono nel crassus, nel quale il detto carattere è meno espresso. Bi D "IA S TD aie etn) a3: Decim. Centim. Distanza fra l'apice del muso e la base della pinna codale . 2. - et » » e la fine della dorsale ed anale 2. 8.3. Pi » » ed il principio dell’anale . . . 1. 1. * » » ed il principio delle pettorali. — 7 f » » e la punta dell'opercolo ... — 6.2. | » » ed il margine posteriore del- | A NS E eee Diametro dell’occhio ARE 7 a iii e re Lunghezza:delle: pinne;pettovali ma o ea 0D] »...dellesvéntiali -n Selen peer hys oe DIA » dei raggi più lunghi della dorsale ed anale . . . — 4. » della pinna codale (nel nostro esemplare in- ; completas): CHERS rino Wo o capu M CT qt i Altezza del corpo alle pettorali . . .....,...... 0 — 9.4. | » del corpo alla base della codale ........ 2. 8. Il capo presenta un profilo assai rapido ed è specialmente nella sua È 4 NOTA DI G. CANESTRINI 367 parte superiore lateralmente compresso, in modo da offrire in questo rapporto una grande rassomiglianza col genere Coryphaena. L'occhio é collocato nel secondo quarto della lunghezza del capo ed il taglio della bocca sorpassa di poco il suo margine anteriore. Le due narici sono collocate a mezza distanza fra lapice del muso ed il margine anteriore dell'occhio. Esse sono vicendevolmente assai rav- vicinate e l'anteriore consta di un foro rotondo , mentre la posteriore ha la forma di una fessura verticale. I denti delle mascelle sono piccoli, tutti d'ugual grandezza, collocati in una sola serie ed al loro apice un po’ curvati all'indentro. Il vomere è alquanto ruvido, però privo di denti. Tutta la membrana mucosa della bocca è coperta di numerosissime papille coniche e dentiformi. Il pre- sub- ed interopercolo sono leggermente dentellati e portano sulla loro faccia esterna delle scanalature leggerissime. Jl tronco ed il capo, ad eccezione del muso, del vertice e delle tempia, come pure la base delle pinne verticali e delle pettorali sono coperti di squame. Queste sono perfettamente cicloidi e constano di quattro triangoli più o meno distinti (tav. II, fig. 5.°). Il diametro longitudinale d’ogni squama è contenuto circa 4 volte nel diametro dell’orbita. La linea laterale scorre a foggia di =, dall’angolo dell'opercolo alla metà della base della pinna caudale. La radice della coda è un po più alta che lunga; la sua lunghezza è contenuta circa sette volte e mezza nella distanza fra l’apice del muso e la base della caudale. Tutte le parti nude del capo sono coperte di numerosissimi pori, di questi se ne vede anche sul tronco sotto la linea laterale e sono visibili a traverso alle squame. Sopra la detta linea non si vedono clie dopo levate le squame. Il dorso del nostro pesce, che trovasi già da lungo tempo nell’alcool, è di color bruno-rossastro, il ventre argenteo. Le pettorali sono di colore del ventre , le ventrali e tutte le pinne verticali sono nere. Annotazione. Lo spessore del corpo a motivo dell’azione dell’alcool non può essere rilevato con precisione; esso è contenuto circa tre volte nella più grande altezza del corpo. A A ti AUccad. RE delle” Se: di Torino; Masse 3v Se; fe mat. Serie La Domo XXI. Zar. /. : Torino. Lit. Fl Doyen 1862. Acquarone Tommaso dis. É PR 5 , 7 n 1 E^ ‘ . Y di D (TOULE amante Sa (fem. ) Lig. à. fente Peto Sas (mas) Far. LE. 2 5 E z m E E S E 2 A 5 E T 3 En S < (OD AM PUI (MOV. Sp.) E O fio we D 2722 ZR) dali Lig. J. bop 2 e LCA It CT Fi , À JL Squama laterale veduta dal disopra —— F tg. D La stessa veduta dal disotto. A ndn pius Vad To lig OA Ce tld CE D La MITT e Za Lig. 1. Squama ingrandita . a AA if 369 SULLA PARZIALE ED INNATA OCCLUSIONE DELL’APPENDICE VERMIFORME NELL’ UOMO DI E. OEHL PROFESSORE DI FISIOLOGIA E DI ANATOMIA MICROSCOPICA PRESSO L'UNIVERSITA DI PAVIA ECC. MIU Letta ed approvata nell'adunanza del 26 maggio 1864. AU Quelt'umile organo, che dalla sua forma e da’ suoi rapporti collin- testino cieco s'intitola appendice vermiforme, per quanto ancora nelle sue funzioni misterioso alla fisiologia, non isfuggiva al minuto e diligente scrutinio degli anatomici. Epperò noi troviamo di esso già menzionate negli antichi trattati di anatomia le varietà di posizione, di volume e di ampiezza. Mecket (1) cita, fra le altre, l'osservazione di Avrennrern , il quale in un’ernia inguinale trovò l’appendice vermiforme grossa come il colon, e lo stesso Mrcxger ed anche il Morcacmi (2) parlano della sua mancanza. Le opere di anatomia e gli anatomici da noi consultati però nè ac- cennano, nè sanno aecennarsi ad una particolare e non infrequente anomalia, in conseguenza della quale l'appendice vermiforme , pervia soltanto per un certo tratto di sua lunghezza dalla sua foce nel cieco, (13 Pathol. anat. Tom. I, pag. 600. (2) Advers. anat. Tom. WI, pag. 14. Serie II Tom. XXI. ^y — € 370 SULLA PARZIALE ED INNATA OCCLUSIONE DELL APPENDICE VERMIFORME ECC. presenterebbe in una più o men lunga porzione della sua libera estremità un solido cordone lungo il cui asse ogni traccia di cavità mancherebbe. Di una tale anomalia (la quale, come vedremo più appresso; tiene al modo di sviluppo del grande sistema vegetativo) osservansi nei vari cadaveri graduati passaggi. Nel mentre infatti per alcuni di essi, spingendo nel lume dell'appendice vermiforme uno specillo, troviamo fra la introdotta estremità di quest'ultimo e quella dell'appendice interposto uno spazio, che rappresenta lo spessore delle sue pareti, non quivi gran fatto dissimile da quello di ogni altro punto delle medesime; osserviamo per altri arrestarsi talmente lo specillo, che fra esso e l'estremità dell'appendice interceda uno spazio quivi. ac- cennante ad uno spessore multiplo di quello, che le pareti dell'appendice presentano in altre parti di loro periferia. Avviene generalmente in questi casi che l'appendice vermiforme anziché assottigliata e quasi appuntata termini in una oblunga ed appianata e solida espansione simile per forma e dimensione ad una piccola fava. Sparando in allora l'appendice vermiforme in tutta la sua lunghezza, possiamo convincerci colla diretta osservazione , aver fime realmente la cavità tubulare di essa laddove arrivava lo specillo esploratore ; possiamo inoltre convincerci aver pur fine quivi la membrana mucosa che tappezza internamente l'appendice e l'eccedente spazio che fra la prima e la estremità terminale di quest'ultima intercede essere dalla muscolare e sierosa tonaca intieramente occupato. Delle quali due tonache perd, mantenendo la seconda il suo spessore normale, ne deriva che alla tonaca muscolare soltanto si debba in questi casì la soda ed appianata espansione terminale dell'appendice vermiforme. Di questa primordiale anomalia si osservano nei cadaveri le diverse gradazioni fino al punto che una metà od una terza parte soltanto dell'appendice vermiforme mostrisi pervia allo specillo esploratore , as- sumendo invece l'altra metà o gli altri due terzi il carattere di un solido cordone a pià o meno appuntata od espansa estremità. Su trenta sezioni circa ch'io feci nel corso di un mese, una volta m'avvenne d incontrare l'appendice vermiforme pervia per una metà, un'altra volta per un terzo soltanto di sua lunghezza. Conservo i pezzi che a questi due casi si riferiscono, e ne presento un esatto disegno nelle figure I e II. Diseccando longitudinalmente con cautela dall'esterno alU in- terno la parete dell'appendice e dell'intestino, da cui quest'ultima emana, non fu difficile rilevare (quale rappresentasi a fig. IT) come la mucosa DI E. OEHL 371 che continuasi per tutto quel tratto che corrisponde alla parte pervia dell’appendice , s'arresta a fondo cieco, laddove questa prolungasi nel suo tratto non pervio. Facendo anzi precedere qualche po’ di macera- zione si può intieramente isolare la mucosa dalla tonaca sovrapposta , ed ottenerla sotto forma di una oblunga borsicciuola, che tiene un li- quido versatovi a prova della sua perfetta occlusione. Dal fondo cieco della piccola borsa mucosa l'appendice vermiforme si continua affatto solida per più o men lungo tratto, finchè termina o dilatata come a fig. II od appuntata come a fig. I. Di questa parte non tubulare dell’appendice vermiforme era impor- tante determinare la costituzione istologica, onde aver lume da essa sullo sviluppo embriologico dell’anomalia in discorso. Volendo ora conservare nella sua integrità il pezzo rappresentato a fig. II, mi prevalsi a tal uopo di esili sezioni trasverse eseguite sulla parte impervia dell’appendice vermiforme rappresentata a fig. I. Di tali sezioni trasverse, ottenute previo indurimento nell'aleool e successivo essiccamento, produco a fig. IM il disegno ad un ingrandimento di 500 d. circa (terzo sistema obbiettivo ed oculare n.° 2 dell'ultimo microscopio di Prósst). Ad un epitelio sem- plice, pavimentoso ed a cellule nucleate (a) succede una esilissima zonula trasparente (b), paragonabile senza dubbio per la sua significazione isto- logica alle membrane proprie degli acini ghiandolari ed alle aniste for- mazioni degli epiteli e delle epidermidi. In questo caso, per la semplicità dell'epitelio e per la natura unitiva del tessuto sottoposto, la zonula anista s'avvicinerebbe ne'suoi rapporti anatomo-istologici alla membrana di Descemer. Nella tonaca peritoneale (c) che succede alla trasparente zonula sottoepitelica è a tutt’agio osservabile la forma del tessuto unitivo fibrillare, colla particolare osservazione perd, che verso le due opposte superficie di questa membrana, e per la grande esilità e stipatezza delle fibrille e pel loro rettilineo decorrere, sembra il tessuto che la compone assumere piuttosto i caratteri dell'amorfo unitivo, mentre per la maggiore appariscenza e pel flessuoso decorso delle fibrille mediane, non che pel vario e frequente incrociarsi dei loro fasci, assume questa parte la forma generica dei tessuti unitivi capsulari. Spazi interfibrillari di vario diametro (d d d), di figura rotonda o più o meno allungata si osservano nella parte mediana della tonaca peritoneale, nè è qui luogo di discutere , quali-di essi debbansi avere per spazi o cellule plasmatiche, quali, e ciò indubitabilmente, per sezioni più o meno trasverse di vasi o di nervi. 2 972 SULLA PARZIALE ED INNATA OCCLUSIONE DELL'APPENDICE VERMIFORME ECC. Un esile strato di tessuto unitivo areolare (strato subperitoneale e) divide il peritoneo dalla sottoposta tonaca muscolare (g), di cui appaiono nella loro integrità gli elementi trasversi, sotto forma invece di più o men grosse punteggiature longitudinali. Misurano dessi una lunghezza media di 0,08 ed una media larghezza di 0,005 di millimetro. Il più interno ordine di fibre trasverse è caratterizzato da una grandezza alquanto maggiore de’ suoi elementi, i quali veggonsi nettamente limitare un oblungo spazio centrale (f) di cui l'anatomica costituzione è la seguente. Là nello spazio centrale non avvi traccia di quella punteggiatura che nella limitante tonaca muscolare indica l'avvenuta sezione dei longitudinali elementi contrattili. V ha una materia fondamentale amorfa, diafana , rischiarabile assai per l’acido acetico; e in questa materia fondamentale sono dispersi elementi cellulo-fibrosi, isolabili con l’acido nitrico e con l’acido idroclorico ad una concentrazione del *°/ ed offerenti nella loro oo? marcata limitazione, nella costante presenza di un nucleo allungato e nell’ ingiallirsi loro ai menzionati reagenti, i caratteri chimico-istologici più inconcussi della loro natura contrattile. Non differiscono essi in ultima analisi da quelli della tonaca muscolare se non pel diametro in ogni senso minore. Fra questo spazio centrale adunque e la circostante tonaca musco- lare non altra differenza correrebbe, se non che, mentre in quest'ultima sono gli elementi contrattili ordinatamente disposti in serie longitudinali e trasverse, trovansi invece nel primo senza traccia d’ordinamento sim- metrico, immersi in una sostanza fondamentale di natura unitiva. À comprendere quale sia il meccanismo embriologico della testé de- scritta anomalia, ed a mostrare come rannodisi dessa:per la sua origine alle normali varietà di sviluppo delle tonache enteriche, mi sia lecito premettere qualche breve considerazione sulla embriologia e sulla isto- genesi del tubo intestinale. Il duplice rigoufiamento gastro-colico che si verifica nel rettilineo canale intestinale primitivo dell'embrione, potrebbe indurre nella credenza, doversi l'appendice vermiforme considerare quale effetto dell'arrestato sviluppo di una parte del rigonfiamento cecale. A questa idea tanto pià sarebbe permesso avvicinarsi , quantoché sulla teoria dell’arrestato sviluppo è basata l’intiera dottrina embriologica del grande sistema vascolare. L'appendice vermiforme però, lungi dal ripetere da questo principio la sua origine, la deve invece a quello dell’insaccamento o più probabilmente della gemmazione esterna , principio su cui fondasi lo sviluppo dell'intiero sistema vegetativo. Le osservazioni infatti di na ee “n ~ — X €—M — ^ DI E. OEHL 373 ZwwERT, di Meckez, di Barn, di Mutter e di Biscuorr s'accordano tutte nell'affermare lo sviluppo dell'appendice vermiforme dal cul di sacco del cieco. Che se il risultato dell'osservazione non ci venisse a tal pro- posito in soccorso, avremmo dalla teoria dell'arretrato sviluppo inesplicato il modo di formazione dell'anomalia in discorso, poiché considerato il diametro trasverso primitivo dell'appendice e quello che dessa presenta nel neonato, dovrebbe il deficente sviluppo di essa in confronto del ri- gonfiamento cecale incominciare in un'epoca, in cui essendo già compito il processo istogenico delle sue tonache, non potremmo darci ragione di una tanta prevalenza dell'elemento contrattile nelle medesime. Laddove perd l’anomalia, di cui tenemmo parola, presenta, a mio credere , per le generali vedute embriologiche, una grande importanza , si è nella conferma che per essa vien data alla dottrina di Rercnerr sulle immediate provenienze della sua membrana intermedia (1). E noto infatti come la pagina interna della blastodermica rappresenti per Rercnerr l'ultimo residuo delle cellule vituline, le quali disterebbero dal foglietto sieroso, o membrana circumvolvente di Rercuenr, per la interposizione dei centri nervosi, della corda dorsale e della membrana intermedia. Ora per l'embriologo di BerriNo non è quella che ordinariamente riteniamo per mucosa intestinale una provenienza dell'interno foglietto della bla- stodermica, sibbene della membrana intermedia, alla quale, per servirmi delle sue espressioni, spetta la produzione del sistema cutaneo-intestinale (Darmhautsystem) , non che quella dei sistemi vertebrale, cutaneo e vascolare. La vera membrana mucosa, o, in altre parole, il centro as- similante di Rercnerr, sarebbe con esso l'epitelio, che esprimerebbe la meno avanzata metamorfosi delle più centrali cellule vituline istogeniche (2). Attenendoci infatti a quanto più addietro dicemmo circa la emergenza dell'appendice vermiforme dal dilatamento cecale, è facile immaginare, come in un'epoca assai remota dello sviluppo embrionale, quando la incipiente dilatazione cecale non offre ancor traccia di appendice vermi- forme (quindi, per l'embrione umano, prima ch'esso abbia raggiunta la lunghezza di 7 linee) debba la membrana intermedia trovarsi ad im- mediato contatto delle non ancora modificate cellule vituline istogeniche. Quando peró la dilatazione cecale incomincia a presentare in un esile « (1) Das Entwickelungsieben im Wirbelthier-Reich ; Berlin 1840. (1) 8 (2) Aggiungo l'epiteto di istogeniche per distinguerle dalle cellule vituline zutritizie 374 SULLA PARZIALE ED INNATA OCCLUSIONE DELL'APPENDICE VERMIFORME ECC, circoscritto rigonfiamento le prime traccie di un'appendice vermiforme, debbono gli elementi cellulari della membrana intermedia continuare nel loro processo riproduttivo, coperti sempre all'interno dalle metamorfo- santisi cellule vituline. Gli elementi istologici ora che emergono dalla membrana intermedia, prescindendo dalla base unitiva, sono le fibre contrattili della tonaca muscolare, e da una base unitiva e da fibre mu- scolari (facciamo astrazione dagli organi secernenti che sono di provenienza epitelica) è pur costituita la mucosa intestinale. Se ora gli elementi contratüli che s'ingenerano dalla membrana intermedia soggiacciono ad una esuberante riproduzione, ne verrà di necessaria conseguenza che il processo di gemmazione dell'appendice vermiforme, non tenendosi all'altezza della rigogliosa riproduzione de’ suoi elementi contrattili, dovranno questi ultimi, coll’otturamento completo del lume dell'appendice, impedire l'ulte- riore avanzamento delle sovrapposte cellule vituline. Che queste cellule vituline poi (destinate a formare la interna pagina della blastodermica) si limitino alla definitiva costituzione dell’epitelio e delle sue dipendenze, il dimostra la natura istologica del tessuto centrale dell’appendice vermi- forme otturata. Quivi, cioè, non abbiamo fibre contrattili, ordinatamente disposte in istrati trasversi, come avviene per quelle della tonaca mu- scolare, sibbene le abbiamo senz’ordine immerse in un tessuto unitivo embrionale, quale appunto, se si eccettui Parrestato sviluppo di quest'ultimo, suole osservarsi nella mucosa intestinale. Se quanto ho descritto può considerarsi come uno squilibrio fra due processi della vita embriologica, squilibrio al quale potrebbero anco ri- ferirsi le tante varietà di spessore delle tonache intestinali che si osservano nei cadaveri, non è men vero però, che ad uno squilibrio, direi quasi normale, della stessa natura, debbasi nellembrione la formazione del primo rudimento del cuore. Lo strato interno cioè della blastodermica passa sulla fovea cardiaca e s'infossa alquanto nella medesima , come lo stesso strato passa e s'infossa nell'appendice vermiforme. Come per quest’ultima però avviene per la prima che facendosi assai rigogliosa la riproduzione degli elementi con- trattili per la formazione del cilindro cardiaco, ne venga dall'otturamento della fovea cardiaca impedito l'ulteriore infossamento delle cellule blasto- dermiche, le quali mettonsi quindi in rapporto anatomico colla parte discendente della membrana intermedia per costituire su di essa l'epitelio esofageo. p $ DI E. OEHL 375 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE n 4 Fic. L — Appendice vermiforme pervia soltanto per una metà di sua lunghezza in uomo di 4o anni circa, Grandezza naturale. a) Punto in cui termina la parte pervia dell'appendice ; b) Estremità terminale appuntata, da cui si tolse la sezione trasversa rappresentata a fig. III Fic. Il. — Appendice vermiforme pervia soltanto per un terzo di sua lunghezza e terminante in un solido ed espanso rigonfiamento | in uomo di 60 anni circa. Grandezza naturale. Il cieco essendo stato aperto, non potè essere rigonfiato all'atto che se ne trasse | il disegno. Vedesi però chiaramente la borsicciuola mucosa con- 3 | tenuta nelle diseccate tonache intestinali. | Fic. M. - Sezione trasversa dell appuntata estremità terminale dell'ap- | pendice vermiforme rappresentata a fig. 1° (Ingr. 500 d. 3.” sist. | obj. 2 Oc. Pross) d a) Epitelio pavimentoso semplice a cellule nucleate. 1 b) Zonula anista sotto epitelica. 4 c) Tonaca peritoneale. l ddd) Spazi interfibrillari. e) Strato subperitoneale. f) Tessuto centrale dell’appendice. | g) Tonaca muscolare. | i | | | | $ | k A | M Accad. Jv. delle Se. di borimo, Classe di de. Fio. è Mat. Serie’ A: Cons XU f ye l | Il f 4 | \ j / \ j tit, FT Doyen. 1863 ) Y y | ` | y ! H i 377 OSSERVAZIONI su ALCUNE SPECIE DI AIRE ITALIANE G. DE NOTARIS a Approvata nell'adunanza del 2 febbraio 1862. —_—__ Netta seduta 18 settembre della Sezione di Botanica dell’ottavo Con- gresso degli Scienziati Italiani (1) il benemerito Presidente della stessa Sezione, Prof. Commend. A. BertoLonI, introdotto il discorso sull Zira capillaris, asseriva, averne osservati due diversi aspetti, secondo le epoche varie di sua vegetazione, d'onde le distinzioni dell’Aira capillaris, in 4. capillaris ed A. Cupaniana: presentare la Cupaniana , il primo stato della stessa specie, quando, prima dell’antési, apparisce con pe- duncoletti assai corti, le pannocchie dense, le spighette contratte. In quella medesima seduta io ed il Commendatore Prof. PARLATORE , Ja cui autorità, in fatto di graminacee è di grandissimo peso, ci permet- temmo di osservare: essere l'Z. Cupaniana distintissima dalla capillaris , e di più io soggiungeva di avere riscontrato lunghesso il litorale Li- gustico un'altra forma di dira, cui accennai dapprima nel Repertorium Florae Ligusticae, quale una varietà della Cupaniana , quindi come specie distinta col nome di Aira ambigua nel catalogo dei semi dell Orto bo- tanico di Genova per l'anno 1845. Nel volume ultimo della Flora italiana (X, 456) il Prof. Berroronr, alPoccasione di alcuni richiami sulle Aire descritte nel primo volume della stessa Flora, di bel nuovo si fa ad insistere sulla identità dell'Z. Cu- paniana colla capillaris, a cui riferisce eziandio l’Aîra intermedia di (1) Atti dell’ottava riunione degli Scienziati Italiani, Genova, 1846, p. 554. SERIE II. Tow. XXI. *z 378 OSSERVAZIONI SU ALCUNE SPECIE DI AIRE ITALIANE GussowE, ricalcando le osservazioni presentate alla Sezione di Botanica del Congresso di Genova. Il chiariss. Prof ParLatore nella sua Flora Italiana ha divisate ac- conciamente Y Aira Cupaniana, Y Aira intermedia, Y Aira capillaris ; ma a torto, cred'io, ha riferito a quest'ultima specie la mia Aira ambigua quale una varietà con tutti e due i flosculi restati. Io non ho ragioni ad impugnare l'esistenza di esemplari di Aira con ambi i flosculi restati, nelle specie nelle quali ordinariamente un solo de’ flosculi si presenta munito di resta; solo mi permetto di osservare che non é unicamente dal carattere delle reste che si debbono differen- ziare le specie del genere Aira, sibbene dalla forma, lunghezza ed andamento delle divisioni delle pannocchie, dalla grandezza relativa delle locuste, dai caratteri delle valvole e delle palee. A convalidare i caratteri delle accennate specie, a creder mio, egre- giamente distinte, presento in oggi l'analisi comparativa delle parti loro fiorali. Genova, gennaio 1862. G. DE NOTARIS. 1. AIRA INTERMEDIA. Guss. Suppl. 16. Partar. FI ital. I, 255. Aira capillaris Guss. Fl. Sicul. syn. I, 148. À. capillaris x Benton. Fl. ital. I, 458. Sardegna e Sicilia, da esemplari dei chiarissimi sigg. Commend. Prof. Moris, Prof. A. Topano. Panicula multiflora stricta vel patula corymbosa, trichotoma. Rami inferiores stricti, ramulique 2 et 3 ordinis plerique ternati , cum pedi- cellis. scabridi, flexuosi. Pedicelli elongati, solitarii plerumque, vel geminati , locustis multoties longiores. Locustae ovatae, pallentes, niti- dulae, subinde levi purpura suffusac. Gluma 2-valvis. Valvulae mem- branaceae , aequales , carinato-concavae , dorso scabridae, ambitu serru- latae, apice rotundato-praemorsae, denticulato-ciliolatae. Valvula inferior 1-nervis , superior 3-nervis , nervis tenuibus , non prominulis , ad medium evanidis. Paleae chartaceae, fusco-lutescentes. Flosculus inferior muticus pedicello calliformi suffultus, superior pedicellatus , pedicello patulo , brevi, infra medium aristatus, uterque ad paleae basim annulo pilis DI G. DE NOTARIS 379 brevissimis composito involucratus, gluma tertia parte breviores. Palea in- Serior flosculi inferioris ovato-convoluta, apice submembranacea, praemorsa, emarginata, subbifidave, ciliolata, dorso superne scabrida, 5-nervis, nervis supra medium desinentibus, tenuibus aegre perspicuis. Palea inferior Jlosculi superioris ovato-convoluta , apice bifida, segmentis forficatis , brevissime 5-nervia, et infra medium aristata, caeterum priori similis. Arista palea subduplo longior, infra flexuram in spiram contorta , reliqua partescabrida. Palea superior oblonga, 2-nervis, ad nervos utrinque inflexa. Dorso punctulata , palea inferiore paullo brevior. Antherae oblongae didymae. Ovarium obverse oblongum , glabrum. Paleolas non vidi. Spiegazione della tavola I. 1. Ramo della pannocchia tre volte più grande del vero. 2. Rametto con due locuste all'ingrandimento di dodici diametri. 3, 4. Valvola inferiore e superiore a venti diametri. 5. I due fosculi tratti dalla gluma allo stesso ingrandimento. 6, 7. Le palee inferiori dei due flosculi un po'appianate a venti diam. 8. Palea superiore dalla faccia interna e dorsale stesso ingrandimento. 8 * Sommità della palea inferiore del flosculo restato a cento diametri. 9. Antera. 10. Ovario dopo l'antési a venti diametri. 2. AIRA CAPILLARIS. Hosr. Gram. austr. IV, 20, tab. 35. Partar. FI. ital. I, 253, excl. var. fi. Berrot., Fl. ital. I, 456. a. et x., 455, excl. A. Cupaniana. Avena capillaris M. et. K. — Kocu syn, ed. IT, 922. Rora Fanerog. pas. in Giorn. bot. ital. IT, 283. Aira pulchella Bars. et Noce. FI. ticin. I, 404, tab. I, rudis. Nei luoghi coltivati delle pianure dell’ Italia superiore. Panicula ampla, valde expansa, pluries ramosa atque ramis plerumque oppositis subtrichotoma. Rami, ramulique tenuissimi , saepe flexuosi, vix scabridi, etiam. in sicco divaricati. Ramusculi terminales, sive pedicelli , locusta longiores. Locustae omnium minimae , ovato-campanulatae , pal- lentes. Glumae valvulae, explanatae, ex elliptico oblongatae , apice obtusae, praemorsae , vel subacutae, superiori parte argute denticulatae , basi 330 OSSERVAZIONI SU ALCUNE SPECIE DI AIRE ITALIANE uterque brevissime trinerviae , dorso vix scabridae. Flosculi gluma paullo minores, basi annulo pilis brevissimis constante involucrati, inferior muticus, superior aristatus. Palea inferior flosculi inferioris mutici , ovata , acuta, integra, basi breviter 5-nervis, dorso superne scabrida. Palea inferior flosculi superioris infra medium aristata , brevissime quinque- n nervis, superne aeque scabrida , apice breviter bifida, segmentis angustis B mucroniformibus , minutissime denticulatis , decussantibus. Arista ad fle- q auram usque contorta, caeterum recta, scabrida. Palea superior in | utroque flosculo conformis , utrinque inflexa , apice sinu acuto emargi- nata, toto fere ambitu argute denticulata, dorso punctulata. Jaryopsis | oblongata, paleis arcte involuta. | Spiegazione della tavola II. | 1. Rametto della pannocchia tre volte più grande del vero. | 2. Ramoscello con due locuste all'ingrandimento di dodici diametri. f 3, 4. Valvole della gluma spianate a venti diametri. | 5. Flosculi tratti dalla gluma a venti diametri. | 6. Palea inferiore del flosculo inferiore. | 7. Palea inferiore del flosculo superiore a venti diametri. | 8. Palea superiore veduta di prospetto e dalla parte dorsale, stesso in- b grandimento. | 9. Cariosside ricoperta dalla palea. | 10. Cariosside nudata, entrambi a venti diametri. ON 11. Frammento di una resta compresso tra i vetri del portoggetti del | microscopio a 100 diametri. 4 3. AIRA AMBIGUA. DNrrs Ind. sem. H. B. Genuens. 1845, et Prosp. Flora lig. in descriz di Genov. I, 49. i Aira capillaris f. Parar. FI. ital. I, 254. BrrtoL. CE maL Ip Agr | A. Cupaniana ambigua DNrrs Repert. FI. lig. n. 2058. A. elegans biaristata Gren. et Gopr. FF. fr. LIT, 505, saltem quod ad i Syn. Fl. ligust. | Ñ Nei pascoli aridi dei colli della Liguria marittima, frequente. Valde tenuis , statura Airam Cupanianam aequans. Culmus lacvissi- mus, ligula scariosa, elongata, demum lacera. Panicula depauperata, L à p^. | A ERE DI C. DE NOTARIS 381 angusta. Rami capillares, omnes erectiusculi leniter. saepe flexuosi, pri- marii. plerumque. trichotomi , superiores bifidi, trifidive, ultimi, pedicelli nempe, tenuissimi , scabridi , locusta multo breviores, locustae campa- nulatae, pallescentes ; glumae valvulae oblongae ex: apice rotundato eximie cuspidatae , ambitu , superiori parte argute serrulatae , dorso scabridae ; inferior 1 , superior obscure breviterque 3-nervis ; flosculi aristati glumam aequantes , uterque elongati, angusti, apice attenuati , basi annulo. pilis exiguis composito involucrati , dorso superne scabridi. Palea inferior ovato-lanceolata a basi ad medium 5-nervis , apice attenuato eximie , longeque bicuspidata , segmentis angustis denticulato-scabridis , saepius decussantibus. Arista ad medium contorta, tota scabrida. Palea superior tenuiter binervis ad. nervos utrinque pro more inflexa , apice sinu acuto, angustoque emarginato bidentata, caeterum. integra. Antherae loculi oblon- gati. Ovarium ovatum sessile. Paleolae angustae ovario adpressae. Spiegazione della tavola IH. 1. Ramo della pannocchia tre volte più grande del vero. D . Locuste all ingrandimento di dodici diametri. . Valvula superiore della gluma a. venti diametri. . Flosculi tratti dalla gluma a venti diametri. . Palea inferiore allo stesso ingrandimento, del pari che le seguenti. A Ta Ww Palea superiore veduta dalla faccia interna e dorsale. . Antere, prima e dopo la deiscenza. onl . Ovari colle paleole. 4. Aa CUPANIANA. Guss. Prodr. et FI. sic. syn. I, 148. Partar. Fl. ital, 1, 252. DNrrs Repert. Fl. ligust. n° 2058, excl. B. Woops Tour. FI. 408. Frequente nei pascoli aridi nei colli della Liguria marittima. Panicula confertiuscula, pyramidata, fere ut in Aira caryophyllea sed multo tenuior. Ramuli terminales sive pedicelli stricti, adpressi, lo- custas aequantes vel iis breviores, minute scabridi. Locustae ex ovato- subcampanulatae. Gluma flosculis duplo fere maior. Valvulae membranaceae pallidae ovato-concavae , apice subacutae vel praemorsae , obiterve apiculatae , toto margine denticulatae , enerviae , dorso aculeolis parvis uniserialibus muriculatae. Flosculus inferior muticus, basi nudus, superior ^ Fara WR a I ON À tes 382 OSSERVAZIONI SU ALCUNE SPECIE DI AIRE ITALIANE ECC, brevissime pedicellatus, infra medium aristatus , basi pilis brevissimis involucratus. Paleae ovato-concavae , cymbaeformes dorso superne muri- culatae, subenerves, nervis saltem valde rudimentariis, lineolis tenuis- simis ad instar, paleas ipsas excurrentibus , donatae. Palea inferior Jlosculi inferioris apice acuta, margine denticulata. Inferior flosculi superioris infra medium aristata, arista ad medium , pro more, geni- culata, paleam | duplo superante, infra flexuram contorta, superne muriculata , caeterum ovata, apice breviter bifida, segmentis intus denticulatis , saepius forficatis. Palea superior utrinque inflexa, apice emarginata, superne margine denticulata, subenervis , dorso punctulata. Antherae loculi oblongi , connectivo brevi mediano connexi. Ovarium e basi attenuata subrotundum , glabrum. Paleolae ad ovarii basim carno- sulae , exiguae. Caryopsis oblonga, facie sulcata , paleis arcte adglutinata. Spiegazione della tavola IV. 1. Rametto della pannocchia tre volte più grande del vero. 2. Ramoscello con due locuste all'ingrandimento di dodici diametri. 3. Una delle valvole della gluma a venti diametri. 4. I due flosculi a venti diametri, al pari delle seguenti figure. 5. Palea inferiore del flosculo inferiore. 6. Palea inferiore del flosculo superiore. 7. Palea superiore dal lato interno. 8. Antera. 9. Ovario colle paleole. 10, Cariosside del flosculo inferiore matura , vestita della sua palea. In tutte le Aire qui divisate, di cui non ho accennato i caratteri del culmo e delle foglie, non presentando queste parti distintivi di molto valore, la resta è composta di un fascetto di fibre, 7-8 , strettamente coerenti, nella metà loro inferiore colorate, iniettate di un pigmento di colore rossiccio, e contorte spiralmente a modo di fune, come nella figura 11 della tavola IT, nella rimanente parte diafane, rette. La nervatura mediana della palea restata è costituita di alcuni vasellini spiriferi; ma la resta che ne deriva non ne presenta traccia, per cui quasi parrebbe essere la resta indipendente dalla nervatura mediana, e tanto più che in alcune graminacee, come nell’ Holcus mollis, la palea si presenta restata , quantunque in essa non sianvi nervature. Mí S a | Aecad. To. delle Se On Gorma Close 24 de. Chio. e Noa .— Serie 4, Dom XX A « IV Y y k (ira intermedia. dira capillaris. dira ambigua. ES DN tos des. Lit. FÜDoyen.Torino he 383 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO RINVENUTO NELLA NECROPOLI DI THARROS IN SARDEGNA MEMORIA DEL DOTTORE G. NICOLUCCI Approvata nell'adunanza del giorno 27 aprile 1862. If cranio , del quale imprendo a dare la descrizione , fu tratto da un vetusto sepolcro dell’antica città di Tharros in Sardegna. Giacciono le rovine di questa città sul piede orientale della torre di S. Giovanni di Sinis, nell'entrata settentrionale del golfo di Oristano , là dove l'istmo che congiunge il promontorio di S. Marco alla terraferma vedesi più ristretto (1). Se altri argomenti mancassero , quello solo della straordinaria quantità di oggetti rinvenuti nella sua necropoli basterebbe a dimostrare del- l'estinta città di Tharros la passata grandezza ed opulenza (2). Ma chi ne fosse stato il fondatore e quale l'epoca della sua origine, niuno fra gli scrittori antichi, ch'io mi sappia, ce ne porge ricordanza , e noi dobbiamo con congetture più o meno probabili sopperire al silenzio della storia. (1) DE LA MARMORA, Voyage en Sardaigne. P. IL, p. 358. - Itinéraire de l'ile de Sardaigne. Turin, 1860, I. 574. — SPANO, Notizie sull’antica città di Tharros. Cagliari, 1851. (2) « Possiamo senza esagerazione annunziare, che da nessun’altra necropoli di città disseppellite venne estratta tanta quantità d’oro, senza eccettuarne gli scavi pompeiani, quanto da quella di Tharros,.lo che annunzia lo stato d’agiatezza cui era pervenuta questa misteriosa città di cui appena pochi anni addietro si conosceva il nome ». SPANO, Bullettino archeologico sardo. Anno IV, p. 33 MU e 384 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. Due documenti perd del secolo XV trovati negli archivi di Arborea, e pubblicati, non ha molti anni, dal dotto Cav. Mani ci schiudono la via a queste oscure indagini (1). Da entrambi que’ codici si raccoglie, che le tradizioni rimaste in Sardegna fino al secolo IX sulla fondazione e sulla posteriore fortuna di Tharros erano le seguenti. Certa Tarra, moglie d’ Inova, grandemente doviziosa , primeggiava tra que’ Fenicî ed Egiziani che, ricusando di vivere sotto l’obbedienza de? Greci di Iolao , ripararono nella regione di Sinis in prossimità del capo di S. Marco. Ivi sostennero lunghe lotte co’ nativi che trovarono stanziati nel vicino luogo di Norachi, ma dopo sette anni, pacificatisi con essi, fondarono una città che dal nome della loro eroina chiamarono Tharros, la quale crebbe e diventò florida per commercio ed industria, e divenne così forte da serbarsi indipendente dalle città greche di Iolea e di Olbia. Altre guerre sostennero i Tharrensi con gli abitanti di Corno, città parimente fenicia che ebbe a fondatore un re di quel medesimo nome. Molto soffrirono per la ferocia e tradimento di un Numia che fu tra i reali successori di Corno, ma finalmente trionfarono a loro volta sul Regolo di quella città, ParENORE, e sul figlio di lui Tmaar, e la vittoria riportata suggellarono coll’ incendio di quasi tutta la città vinta. Anche dai Vandali ebbe Tharros a patire gravi danni, ma alla perfine li respinse valorosamente. Non fu però altrettanto felice contro i Saraceni che nel 1050 la saccheggiarono e l’ incendiarono , onde non molti anni dopo i suoi abitatori l'abbandonarono per andare a risedere in Oristano (probabilmente l'antica Othoca) che divenne la capitale del Giudicato di Arborea (2). Se io ho fatto parola della città alla quale appartiene la necropoli onde fu tratto il cranio del quale intendo di favellare , egli à perché le tradizioni intorno ad essa concordano nell'affermare , ch'essa fosse edificata (1) Testo di due codici cartacei del secolo XV, pubblicato da Pietro MARTINI. Cagliari, 1856, in-8.° (2) « Musetu....... intresit de improvisu in. ipsa civitate de Cornus, et sinde adpoderesit , et passadu ad ateras terras faguesit grandi occhisione de sos renitentes destruendo burgos et civitates Sulcis, Fausania et in multa parte Turres et Tharros, Forustrajani et ateros locos incendiando ». Cosi si legge in un documento non ha guari pubblicato mel Bullettino archeologico sardo per Panno 1859, p. 89. L'incendio di Tharros avvenne nell’anno 1050, anzichè nelle precedenti incursioni saraceniche. Questa data concorda con quella degli Annalisti pisani riportati dal MANNO, che fissa l'ultima invasione musulmana, e la rovina di Cornus e quindi di Tharros nel 1050 circa. DI G. NICOLUCCI 385 ed abitata da Fenicì misti ad Egiziani. Ma non fu quella la sola colonia che quegli antichi dominatori del mare avessero condotta nell’isola di Sardegna; imperocchè di altre anteriori e posteriori a quella di Tharros si trova fatta menzione presso vari scrittori dell’antichità. Il Ritmo sardo, che raccolse tutte le tradizioni correnti in quell’ Isola ne’ secoli VII e VIII dopo G. G. intorno alle varie provenienze de’ suoi abitatori, ricorda innanzi a tutti i Fenici che l'avevano popolata di loro colonie (1). V. 32. Et vos primum, o Phenices, - qui invenistis insulam , 33. Atque postea conduxistis - gentes et populos , 34. Et Sidones et Thyrios - et multos Ægyptios. Una colonia libica , o più probabilmente libico-fenicia, fu anche quella che, condotta da Sarpo [sia che piaccia di considerar questo nome come storico , sia come simbolico dell’ Ercole Tirio o MeLcarrE, sotto la protezione del quale erasi posta la colonia (2)], diede all’ Isola, dianzi chiamata /chnusa , Vattuale appellazione di Sardegna (3). Come Dio era venerato quel Sarno. A lui si erano innalzati altari; la sua statua era stata inviata a Delfo (4); egli era considerato come il supremo legislatore dell Isola , l'apportatore della civiltà, il benefattore di quel popolo. Così cantavasi di lui nell'antico carme di Grarrro : (1) IL Ritmo sardo, conosciuto nell’ Isola sotto il nome di Canzone latina de lo savio Deletone, fu scritto al tempo del re Gratrro che regnò ira gli anni 687 e 722 P. C. (2) Così pare P intenda PAUSANIA (pox. X. 17) Upóror di dfivar Myovext vavoty és vi» vijeov Alfves' n'yeps di cuis AtBvow fiv Sxpdos 6 Maxípidos “Hepaxdéous dè IrovouasSivtos Und Alyuntiov Te xat Aufvo». Delia venuta di Sarno nell’ isola di Sardegna documento superiore a tutte le tradizioni è la famosa lapide fenicia già esistente in Pula (l’antica Nora), ora nel R. Museo di Cagliari, e sì dottamente illustrata dall’Ab. Anni ( Memor. della R. Accad. di Torino, serie 1%, t. XXXVIII). (3) Ichnusa era chiamata dai Greci la Sardegna per la sua somiglianza con la forma del piede umano, 'ID24»ov (scrive PAUSANTA nel luogo citato) Sè oi vac" £pxopía» tonhéovtes “Iyvotcay, der tó oyñpa TH whow xat iyvos pádiorá tori USpbrov. — Sardiniam ipsam Timaeus Sandaliotin appellavit ab effigie soleae, Myrsilus Ichnusam a similitudine vestigii, scrive anche Punto (Hist. Nat. lib. III, 7) — e Siio Italico (De bello Punico, lib. XII, v. 879 e seg.) : € dA AR Pu CO Vi. AA + ferras Enormes cohibet nude sub immagine plante, Ande Ichnusa prius Grajis memorata. colonis. Mox lybici Sardus generosus sanguine fidens Herculis, et se se mutavit nomina terre ». Vedi anche Marziano CAPELLA (De nupt. philolog. , lib. VI) — ed Ismoro (Origin. , lib. XIV). (4) Pausania, loc. cit. Serie II Tom. XXI. "k 386 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. . 66. Gaude quoque , Sardus pater — qui venisti ex Lybia, 67. Qui ampliasti civitates — et legum tutamina , 68. Castra, Fana deitatum , - et presertim. Kallaris, 69. Magistratus erexisti — propter justitie , 70. Quoque nomen imposuisti — Sardinie insule. 71. Omnes artes jam florebant — et optima industria. 72. Agricultio augebatur - in die velociter. 73. Sed non queo omnia dicere — tua facta maxima, etc. L'arrivo di tali colonie in Sardegna non è determinato cronologicamente, ma tutte sembrano anteriori a quelle che vi spedi la vicina Cartagine , la quale n'ebbe il dominio dal 528 innanzi G. C. fino a che i Romani non la conquistarono e non la ricongiunsero alla sua madre naturale, Y Italia. I Cartaginesi l'occuparono quasi intera , benché sempre in lotta con gli indigeni che mal soffrivano la straniera dominazione. Molte nuove. città vi edificarono , fra cui le più illustri Sulci (1) e Calaris (2), e in tutta P Isola sparsero le loro leggi, i loro costumi e fin le loro credenze e riti religiosi, di che le anticaglie fin qui raccolte e che tutto giorno si rinvengono ci fanno indubbia testimonianza. Non è adunque a maravigliare se in un paese, che per sì lungo tempo fu colonizzato e tenuto da Fenici, Fenico-Libici e Fenico-Punici s'incontrino sepolereti in cui dormono il sonno dell’eternita que’ Semiti che vi aveano tramutate le loro dimore, o i discendenti di essi. La necropoli di Tharros è forse la più cospicua fra quante altre se ne trovino in tutta la Sardegna. È scavata in un’arenaria calcarea tenera, detta arenaria quaternaria (grès quaternaire) dall'autore della Descrizione geologica della Sardegna (3), (1) Forse Sulci prima di essere aggrandita da’ Punici era stata colonizzata da’ Fenicî, perocchè Pomponio MELA (De situ orbis, lib. II, cap. 7) la chiama antichissima città come Cagliari CrAUDIANO poi la credeva fondata esclusivamente dai Cartaginesi (De bello Gildonico ): Pars adit anti ductos Carthagine Sulch 1 g (2) PAUSANIA, pox, XVII, 9. — CLAUDIANO, De bello Gildonico . Urbs Lybiam contra Tyrio fundata potenti Tenditur in longum Caralis , tenuemque per undas Obvia dimittit fracturum flamina collem. Ma qui e mestieri intendere per Tiri i Cartaginesi discendenti da una loro colonia. (3) DE LA MARMORA, Voy. en Sard., troisième partie. Torino 1860; vol, 1,°, cap. VII, pag. 292, fig. 56; pag. 357, e fig. XVII della tavola III dell'atlante geologico. DI G. NICOLUCCI 387 ed offre una serie di camere sepolcrali di forma quadrato-oblunga od anche cubica, più o meno ampie, alle quali si penetra per uno stretto corridoio il più spesso occupato da una scala incavata nella stessa roccia. L'apertura di esse non è più alta di un metro e mezzo, e chiusa da una grossa e rozza pietra sulla quale raramente vedesi scolpita qualche figura. La porta delle tombe è sempre volta ad oriente, e ad oriente parimente guardano i cadaveri che vi sono collocati. Il numero degli scheletri che vi s'incontra ora è di uno, ora di due, di tre od anche di quattro, costantemente rivolti là dove sorge il sole, con a lato od armi, od ornamenti muliebri e vasi di varie fogge, alcuni de’ quali con iscrizioni puniche o fenicie (1). Una delle tombe più ragguardevoli di questa necropoli è quella che fornì il cranio alla illustrazione del quale è destinato il presente ricordo. L'epoca e il modo dello scoprimento di essa è così narrato in una lettera che il sig. G. Cana indirizzava il 15 settembre 1860 al Prof. Nownts di Cagliari, accompagnandola al dono che gli faceva di quel cranio di che io intendo di favellare , e che ora fa parte della mia collezione craniologica per la squisita gentilezza del mio distinto amico Cav. Antonio GARBIGLIETTI. « Nel 1842 veniva chiamato da S. M. il Re Caro ALBERTO , di gloriosa rimembranza, alla direzione degli scavi che alla presenza della stessa Maestà Sua si dovevano praticare nella necropoli dell'antica città di Tharros. Essendosi proceduto a quella operazione, vi si rinvennero non pochi. preziosi oggetti in oro ed in argento, e pietre lavorate a forma di scarabei con incisioni che non lasciano dubbio che alluder potessero al culto religioso degli antichi Fenicî od Egizî. « Però non ebbi allora nè tempo, nè comodità per addentrarmi dippiù nell'esame di quella località, come ne ebbi nel 1854 in seguito ad incombenza datami dal Ministero di Pubblica Istruzione di procedere colà a nuovi scavi ed esplorazioni. « In questa circostanza, se non fui fortunato di trovare molti oggetti in oro ed argento, ebbi invece la fortuna di rinvenirvene diversi altri più interessanti e preziosi per la scienza, e tra questi ritrovai tre cadaveri che alla prima apertura delle tombe mi si presentarono pressochè intieri, senza aver però potuto salvare che i tre teschi privi delle mascelle (1) De La Marmora, Itindraire cit., t. Y, p. 578. 388 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. inferiori, per la ragione che queste, come la maggior parte degli scheletri, si ridussero tosto in polvere. Uno di questi tre teschi è quello appunto che ebbi l'onore di offrire alla S. V., gli altri due unitamente ai molti altri oggetti ritrovati furono da me deposti nel Museo di questa R. Università, di cui, com’ Ella ben sa , aveva io la direzione. « Tanto per la loro forma caratteristica , quanto per gli oggetti che vi sì rinvennero , non può rimaner dubbio di appartenere quelle tombe ad una qualche colonia fenicia od egizia che molte ricchezze avesse accu- mulato, come lo dimostra la gran quantità dell'oro puro e dell’argento di cui si ornavano i cadaveri che nelle medesime deponevano ; come pure a finezza dei lavori di tali oggetti dimostrano che 35 secoli prima d'oggi le arti nulla avevano da invidiare ai lavori più finiti dei tempi moderni. « La rara ed interessante lapide, in forma di tempietto ed in pietra arenaria , in cui vi è scolpita una iscrizione in caratteri fenici scoperta in detta località e donata al Museo dal mio figlio Dottore Francesco, - la famosa e preziosa lamina d'oro, elastica, con incisione in geroglifici fenico-egizi che lo stesso Museo possiede per le mie cure, e le altre due da me possedute, una d'oro e l'altra d'argento , la quale ultima , oltre i geroglifici, contiene una importantissima iscrizione in caratteri parimente fenici (delle quali laminette non è stata finora scoperta altra simile in alcuna parte del mondo, tranne una in Malta nel 1696, ma che andò perduta), - la quantità degli scarabei incisi con geroglifici ed altre figure su pietre dure e pastiglie , — gli smalti colorati , gli anelli, i pendenti e le tante divinità in oro, non che i diademi dello stesso metallo, come pure le ricche collezioni ed altri ornamenti che ben si potrebbero paragonare alle magnifiche collane delle quali Omero fa tanti elogi in uno de’ suoi poemi, non possono che constatare e rendére indu- bitabile che l’antica Tharros fosse una colonia di popoli Fenici od Egizi: ciò che è pure confermato dalla storia, la quale ci fa conoscere che essi fossero i primi a stabilirsi nella Sardegna, come rimane di più comprovato dalla scoperta del prezioso Ritmo pubblicato ed illustrato dal Cav. Pietro Martini sotto il nome di Nuove pergamene di Arborea ». La tomba dalla quale furono tratti i tre cranî di cui parla la lettera del Cana aveva un ingresso che immetteva in uno stretto andito lungo tre metri e largo uno, alla estremità del quale per mezzo di due scalini penetravasi nel sepolcro dov'erano collocati in posizione orizzontale i cadaveri. Intorno ad essi erano disposti vasi di warie fogge. Un cadavere DI G. NICOLUCCI 389 aveva a destra una lunga spada, ed un'altra più piccola presso i piedi. Pro- babilmente era un guerriero o qualche dignitario della colonia. Il sepolero estendevasi due metri e venti centimetri in lunghezza, e due metri in larghezza. Presso all'uscio della tomba fu rinvenuta quella iscrizione in forma di tempietto della quale si fa menzione nella lettera stessa, e che pone il suggello della certezza alla congettura, che quella tomba fosse fenicia, e contenesse gli avanzi mortali di persone appartenenti a quel popolo sì celebre dell'antichità. L’ iscrizione è in caratteri fenici di quella forma usata ne’ bassi tempi di quella lingua, e non molto anteriori all’ éra cristiana, onde mi pare accettabilissima l'opinione del C. Spano, non poter ella essere anteriore al II o INI secolo innanzi G. C., e quindi dover appartenere a qualche famiglia fenicia o che siasi stabilita di recente in Tharros al tempo de’ Cartaginesi, o pure discendente da qualche famiglia de’ tempi remoti , cioè del tempo della fondazione della città (1). La stela in cui è scolpita è alta un metro circa e larga venti centim. nel mezzo della iscrizione. Aveva una base o plinto formata della stessa pietra, ma fu tagliata espressamente sul posto per facilitarne il trasporto nel R. Museo x 4) V ay A di Cagliari ov'oggi è collocata, e conser- nm java tuttora le sue lettere colorate di j] bp ha | 94v 4 quella medesima tinta rossa con cui fu riempiuto in antichissimo tempo il loro incavo. L'annesso disegno dà una chiara idea e della forma della stcla, e delle lettere che vi sono scolpite. Gli eruditi che si sono studiati di di- chiarare quella leggenda non concordano nelle loro versioni. Lo Spano, che fu il primo a darne la interpretazione , ha MI creduto fosse quella iscrizione destinata ad eternare l'amore di un padre chiamato Chatam verso una figlia, forse morta nel fiore dell'età , appellata Mistala , ond’egli la legge e spiega cosi: (1) Bullet. cit, 1856 , p. 38. 390 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. Mistal beth Chatàm ben Jetzabel. A Mistala, figlia di Chatam, figlio di Jezbale (1). Il Bourcape, che parimente ne fece obbietto de’ suoi studi (2), non si accorda con lo Spano, e la sua interpretazione relativamente all’ insieme del testo fenicio è la seguente : Indicatio cubiculi Katami filii Jubalis. Io non appagato da alcuna delle due interpretazioni, richiesi il parere del celebre orientalista romano Ab. Lanci, ed egli con quella perizia che tutti gli riconoscono me ne porse una piü esatta che ho il piacere di qui riferire con le medesime parole di quel dottissimo uomo (Lettera da Roma del 24 gennaio 1862): « Per favorire il desiderio di lei ho posto l'occhio sopra l'iscrizioncella inviatami, e con facilità potei venire allo intendimento di essa epigrafe , che in poche parole le fo assapere: « r.' I caratteri sono della fenicia epoca e scuola ; « 2.° I vocali che ne risultano non hanno distinzione e si conviene fargliela ; : : « 3. Alcune lettere che chiudono la linea debbono far parte della spezzata parola giacentesi nella linea appresso ; « 4^ La ortografia della prima voce raramente s'incontra, « Con le quali avvertenze si viene alla conchiusione che tutt'esse lettere fenicie ci presentano siffatti vocaboli chiariti con ebraici elementi: pair SS" rir ty da) 1 1 Misceàn . d — Jaghtàm . ben Jubál. e significa Locus dormitionis Jaghtami , filii Jubalis. e italicamente Dormitorio di Jaghtam , figliuolo di Jubal. Semplicissima e bellissima. iscrizioncella funerea ». Da tuttocid adunque è chiaro, che la tomba di Tharros fosse fenicia (1) Bullet. cit. 1856 , p. 38. (2) Ved. Ja sua lettera allo Seano nel Bullett. archeolg. sardo, An. JI, p. 88 e seg DI C. NICOLUCCI 391 e che a quel popolo parimente appartenessero i cadaveri che vi furono rinvenuti, e che il cranio di cui io presento i disegni e la descrizione debba ritenersi come puro e genuino fenicio , sia che l'individuo di cui era parte fosse originario o discendente da famiglia venuta di Cananea, sia che fosse venuto da Cartagine, sia che derivasse da altra colonia stabilita sul litorale atlantico. Esso appartiene ad individuo maschile di una età poco oltre i 60 anni. La sua calvaria, guardata con la norma verticale , si presenta di un ovale molto regolare, ma il profilo laterale della stessa non offre la medesima regolarità; imperocché dopo essersi elegantemente elevato sulla fronte , s'innalza pià del consueto nel vertice lungo la sutura sagittale, e quindi discendendo rapidamente si allunga mella protuberanza occipitale, che a Sua volta non s'incurva dolcemente per aver termine nel foramen magnum, ma con linea più inclinata del consueto va a raggiungere il forame occipitale. La fronte è larga ed alta, e le parti sopraccigliari corrispondenti ai seni frontali poco proeminenti. Tutta la regione frontale poi innalzandosi fino alla sutura coronale', si slarga moderatamente anche ai lati, e con dolce linea va a congiungersi con gli angoli superiori delle ossa parietali e con le maggiori ale dello sfenoide, per modo che le fosse temporali non risultino nè molto ampie, nè molto profonde. Le orbite , situate in linea orizzontale, sono grandi e di forma ten- dente più alla rotonda che alla quadrata ; le ossa nasali molto sporgenti ed ‘inserite sotto un angolo di 45 gradi sopra le frontali. - Le ossa molari non grandi, non proeminenti, ma estese alquanto ai lati, per guisa che Parco. zigomatico si trovi alcun poco in fuori di una linea che discendesse perpendicolarmente dalle protuberanze parietali. — Le ossa mascellari non alte , non larghe , ma bellamente proporzionate , col bordo alveolare tondeggiante e con gli alveoli disposti in linea verticale - I dénti mancano quasi tutti. meno i quattro primi mascellari del lato sinistro. Sono molto consumati dal lungo uso, e quali s' incontrano negli uomini di avanzata età. L'ultimo mascellare di quel medesimo lato manca affatto, non esistendovi alveolo, e nel lato opposto , oltre alla mancanza di quel- l’alveolo, è obliterato ‘altresì quello del terzo dente molare. Le ossa palatine sono piane e non molto scabrose ; i processi mastoidei tondeggianti e non molto grandi; la base del cranio divisa in due eguali metà dal bordo anteriore del gran forame occipitale, e tutto il teschio, i i | | È 1 392 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. se da quel bordo si alzi una linea verticale fino al vertice, cosi re- golarmente sviluppato, che le due metà che ne risulterebbero sarebbono eguali fra loro, senza che vi fosse predominio dell'una sull'altra. Le misure che questo cranio mi ha fornito sono come appresso valutate in centimetri e millimetri. Il cranio è stato misurato giusta i suggerimenti forniti dal Dottore Arrxen-Meigs, nella sua dlabábosé Memoria che ha per titolo: The men- suration of the human skull. Philadelphia, 1861, 8.° Testa. Diametro occipito-frontale , o diametro longitudinale ....... 0", 183 Diametro frontale, o anteriore trasverso , wa i punti più distanti della frontera, SES. A à A al AIO yori Altezza della fronte, dalla volta orbitaria siis parte superiore della sutura coronale ..... niit at Roue dig o ,077. Diametro bi-temporale o trasversale mediano , tra i punti più proeminenti della sutura squamosa sul forame uditivo... o , 127. Altezza parietale o diametro verticale , dal piano del forame occipitale alla parte più elevata del vertice ....... » gs lares: ds Diametro bi-parietale , tra le protuberanze parietali......... à 9453. Diametro posteriore trasverso, tra gli angoli inferiori dei pa- tallas SA men sib mm Che dps Mage dan colon a o , 129. Arco occipito-frontale , dall'osso maiis a bor do posteriore del forame occipitale ........ GS tk da Oui ME ona. o ,365 Arco frontale, da un meato uditivo all’altro passando sulle essa fronifaliÙugurgiormarictiodis ar. adornos B ade com. o ,315. Arco parietale, da un meato all’altro passando per la sutura sagittale ....... iaia Jon. 5 patena Ain. cn o ,330. Arco occipitale, da un meato all'altro passando per la protu- beranza occipitale .......,........ Periferia orizzontale, toccando l’osso bete immediatamente sopra i suoi seni, e la parte più proeminente dell'osso occipialo A A 4004.9 ooi de pa oir «6 o ,53o. DI G. NICOLUCCI Testa e Faccia. Diametro meato-malare , dal meato uditivo alla parte inferiore della sutura che unisce le ossa malari e le superiori mascéllari ...... ani ea ARRESE Diametro meato-alveolare, dal meato all'orlo degli n su- periori medii nen Dd te Faccia. Diametro naso-aleeolare, dalla sutura nasale agli alveoli della Masella Superiore oi aol e ast Diametro bi-zigomatico , fra i punti più proeminenti degli zigomi Profondità della fossa temporo-zigomatica , a livello del margine superiore dell’arco zigomatico ........4....... AUER one dog 6:6 42 o™, 038. 1 VANE hp Res A o ,040. Ortbite......2. pe E ^ Dfféstone d. MODI orizzontale. orme. DAS DA .. tondeggiante. Diametro interorbitale , o larghezza della radice del naso dal processo angolare interno di un osso frontale all’altro ... Distanza fra i processi angolari esterni .........,......... Diametro sub-orbitale , o larghezza della mascella superiore dal punto inferiore della linea di congiunzione mascello-malare di un lato all’altro Lunghezza del naso, dalla sutura nasale al processo spinoso della mascella superiore ........ ^ po, GALLI M 7023 Larghezza dell'apertura nasale , nella sua parts. più larga.. Circonferenza della mascella, da un meato all'altro passando sul margine alveolare.............. Base. Diametro interauricolare , o larghezza della base; distanza in linea retta fra i due meati uditivi . | Lunghezza ........ o”, 050. Ralato. duro ... 4 Larghezza ........ o ,044. y | LAGORAI 9 , 019. SERIE II Tow. XXI. o - on —————————————P—— AC A 393 ; 070. ro, 3021, , 020. $1092. 7 099. 30555. , 023. , 240. , 108. 394 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. Forma dell'arco alveolare superiore . ...tondeggiante. a. dal margine anteriore del forame agli Posizione alveoli de’ denti incisivi ........ 07, 092. del forame occipitale ) b. dal margine posteriore alla protube- ranza occipitale +. Tese 40004, 44.10 , 085. antero-posteriore ...... 0", 036. Diametro Hi (ASEDIO E ¿BRA AE Or, 000. del forame occipitale OPT: APRA WS A ovale; Angolo facciale (A da odes ow te, AT, Bo gradi: Fin qui il solo cranio conosciuto e descritto come fenicio era quello inviato nel 1847 dall’ insigne orientalista Fresne al celebre Morton, e tratto dalla necropoli di Ben-Djemma nell’ isola di Malta. Non vi ha ragioni convincenti per crederlo veramente tale , e lo stesso FresxeL, nella nota con la quale accompagnava l'invio di quel cranio, non esprimeva che dubitativamente la opinione che esso fosse appartenuto à un individu de la race qui dans les temps les plus anciens occupait la côte septen- trionale de U Afrique et les les adjacentes (1). Esso è stato figurato dat- lArrgen-Mrics nelle Indigenous Races of the Earth by Nott and Gliddon (fig. 36), e dal medesimo riprodotto nel suo Catalogue of human Crania in the collection of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia , based upon the third edition of D." Morton's * Catalogue of Skulls ” etc. Philadelphia, 1857. N.° 1352. E quantunque io non osassi di contraddire all'autorità del Morton che riteneva quel cranio come fenicio, mi permetterò almeno di non averlo accertato come tale, e di credere che il teschio di Tharros possa e debba essere considerato finora come il solo autentico che rappresenti il tipo craniale di quel popolo celebre dell’antichità (2). Il cranio Mortoniano differisce notabilmente da quello da me posseduto, imperocché mentre il teschio tharrense ha tutti i ca ratteri che lo clas- sificano fra i più perfetti dolico-cefuli ortogonati, il cranio maltese invece, sotto molti rispetti, è un cranio particolare. (1) Conf. MORTON, Catalogue of Skulls of Man and the Inferior Animals. Philadelphia, 1849, n. 1352, (2) Al sig. BEULÉ, felice esploratore delle rovine di Cartagine, non è venuto fatlo di poter raccogliere neppure un cranio in tante tombe da lui visitate nella necropoli di quella città, non ostante che i cadaveri vi si trovassero deposti interi secondo l’uso fenicio: « Les os, egli dice, que lon retire des niches encore fermées sont gonflés par l'humidité, et mous comme une pâte ; peu-à-peu le contact de l'air les dessèche, ils deviennent friables, et le doigt les réduit en poudre. C'est pourquoi il m'a été impossible de recueillir un crâne entier, et de rapporter un specimen de la race carthaginoise ». Journal des Savans, 1860 , p. 568 DI G. NICOLUCCI 395 « Guardandolo di profilo (così è descritto nelle Indigenous races of the Earth) a prima vista l'occhio si avvede della notevole lunghezza del suo diametro occipito-mentale, e quindi della sua forma allungata resa pià evidente dalla generale strettezza della calvaria, dalla proeminenza della regione occipitale e dalla forte tendenza prognata delle mascelle. Il contorno della regione coronale à si lungo , che richiama al pensiero la forma cimbo-cefala del Witson. Notabile per la sua regolarità è la fronte moderatamente sviluppata. La faccia ha forma e caratteri sui generis, e puó molto convenientemente essere paragonata ad un doppio cuneo; imperocché le ossa facciali non solamente sono inclinate in basso e in avanü in modo che piramideggino verso il mento, ma altresi in conse- guenza della struttura delle ossa malari e de’ rami mascellari inferiori, sì mostrano compresse ai lati, e dall’una e dall’altra parte dolcemente inclinate da dentro in fuori verso la linea mediana. La mascella inferiore è larga e molto sporta in fuori. L'inclinazione della superiore forma un angolo con l'orizzonte di circa 45 gradi. Non ostante tale inclinazione , i denti incisivi sono sì curvi, come se fossero piantati verticalmente. Quindi il prognatismo delle mascelle è tutto particolare, e differisce no- tabilmente tanto da quello degli Eschimesi, quanto da quello de’ veri Africani » (1). Se vi ha cranio con cui questo maltese potesse essere convenientemente paragonato è quello che è proprio degli abitatori indigeni della costiera atlantica, discendenti di que’ Libî dell’antichità che si distendevano dai confini dell Egitto fino alle isole Fortunate, e dalle spiagge del Mediter- raneo fino al Sahara (2). In questi eziandio il cranio è stretto e lungo; le ossa mascellari proeminenti, ma i denti così impiantati negli alveoli, che, come nel cranio maltese, si avvicinano alla direzione verticale. La medesima conformazione è osservabile altresì ne’ crani trovati nelle necropoli degli antichi Guanchi, abitatori delle isole Canarie. Da tali confronti è facile dedurne, che quel cranio creduto dal Morton appartenere ad un individuo di stirpe fenicia, non debba ritenersi che puramente libico , (1) ArrkEN-MziGs, in Nott and Gliddon, Indigenous Races of the Earth, p. 314, 315. (2) Africam Grœci Lybiam appellavere, qua mare ante cam Lybicum incipiens Agypto finitur. PLIN. Hist. nat. Lib. III, cap. 1. Il nome di Libia però è molto antico, e sta nella Sacra Scrittura ad indicare appunto la contrada ad occidente dell’ Egitto, e tenuta da popoli di cui Laabim fu il ceppo (Genesi, cap. X, v. 13). E tanto nel Genesi, quanto in Nahum (III, 9) quel nome (Laabim, Lybies) non denota che la generalità de’ popoli berberi. Ei Il [ | AS — 396 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. essendo la sua forma somigliante così a quella de’ teschi degli antichi Guanchi , di libico ceppo, come a quella delle tribù berbère odierne , discendenza legittima degli aborigeni dell’Africa settentrionale. To non entrerò qui a discutere se i Libi dell'antichità avessero o no potuto occupare innanzi ad altre genti l'isola di Malta. Non ne trovo ricordo presso aleuno scrittore, e non oso di congetturarlo; ma poiché i Fenici colonizzarono e dominarono per molto tempo quell isola, egli non à inverosimile che vi avessero potuto dedurre coloni anche dalla vicina costiera africana ove tanto estendevasi la loro potenza, e che appunto ad uno di costoro o discendente di essi si dovesse riferire quel teschio che il Morron credeva appartenere alla stirpe fenicia (1). To di questa mia opinione tenni proposito col celebre etnologo inglese sig. J. B. Davis, di Shelton, Staffordshire , uno degli autori della insigne opera de’ Crania Britannica, e possessore di una ricca collezione cranio- logica, ed egli non disconvenendo da quanto io pensava intorno al cranio preteso fenicio del Morton, mi soggiungeva relativamente a quello di Tharros: Z am quite inclined to take your view, that this may be regarded as a more genuine representation of the Phoenician race that the skull of Morton, from Malta. Indeed I have regretted that I said so much upon this presumed Phenician skull from Malta in the Crania Britan- nica, p. 45 (2). Ma se il cranio di Tharros non trova riscontro con quello di Malta, che verosimilmente è un cranio berbèro, si avvicina però grandemente (1) Non erano molto rare, al tempo del dominio romano, le famiglie libiche anche nel continente dell’ Italia. Una iscrizione latina rinvenuta a Cuma nel 1857 ci ricorda di un Sopatro, di nazione libica, che aveva servito per ventisette anni sulla trireme Apollo nella flotta ravennate, e che morto in Cuma vebbe un monumento dagli amici Ammone Taso e Babo Tarsa (libici anch'essi ). Di un Babo veterano è fatta anche menzione in una epigrafe di Mercogliano pubblicata dal MommseN (Inscript. Regn. Neapol. n. 1886). La iscrizione cumana è la seguente: D:M: M : ANT : SOPATER MIL + CL : PR: RAVEN : lil - APOLL : ST : XXVII NAT + LIBVCVS AMMO : TASO : ER * ET - BABV * TARSA ` SUB B-M-P- ( Misznvixr, Bullet. archeolog. napol., 1857, n. 3) (2) Lettera del 20 novembre 1861. | | L| | | fe A DI G. NICOLUCCI 397 ad un altro cranio antico appartenente ad un popolo strettamente affine al fenicio, e che al pari di questo lasció di sè tante memorie e tante ricordanze , cioè il popolo assiro. Questo cranio di che favello fu raccolto dal Lavard in una vetusta tomba di Nimrod, ed oggi si conserva nel Museo Britannico di Londra. Io debbo grazie al Dott. Davis che me ne ha inviato i disegni e le misure che mi sono servite di comparazione con quelle del teschio tharrense, il quale in generale è più lungo di quello di Nimrod, la cui circonferenza orizzontale è minore di 12 millimetri di quella dell'altro; il diametro occipito-frontale del primo è più lungo di 12 millimetri, e de’ tre diametri bi-laterali il solo frontale è di pari lunghezza in entrambi, mentre nel cranio assiro il bi-temporale è maggiore di 12 millimetri e il bi-parietale di altrettanto. L'altezza però è presso a poco eguale ; eguale il diametro bi-zigomatico, eguale la distanza fra i processi angolari esterni ed interni, identico l'angolo facciale. Anche la forma generale del teschio assiro presenta maggiore regolarità; più armonico è il contorno superiore della sua calvaria, più dolce la curva discendente dal vertice all’occipite, e la fronte più proeminente. Del resto, non ostante tali differenze, che potrebbero ritenersi come in- dividuali, i due cranî si rassomigliano, ed io non esito a ritenerli come appartenenti ad individui di una medesima stirpe. E di una razza medesima invero sono da considerare i Fenici e gli Assiri (1). Entrambi sono rami nobilissimi dello stipite semitico , originari della medesima contrada che fu culla comune degli Aramei e de’ Cananiti. Entrambi percorsero un ciclo di civiltà quasi identico, e s'informarono a principi religiosi poco o punto fra loro dissomiglianti (2). E come pari ebbero la grandezza, così eguale fu la loro decadenza e la loro oscurità presente. Ma non pertanto i loro tipi antichi rimangono tuttora persistenti ne’ loro discendenti odierni, non ostante che le invasioni de’ Greci, degli Arabi, de’ Persiani, de’ Curdi, de’ Turcomani , degli Osmanlini avessero in quelle regioni rimescolato da capo a fondo e popolo e lingua e religione e tutto. T ; avvi una pruova di più della persistenza de’ tipi umani sotto Nel che hav pruova di y I I (1) Movers , Die Phenizier, V. 11, p. 68 e seg. — BerTHAU, Zur Geschichte der Israel, p. 163 e seg. — Tuck, Kommentar über die Genesis, p. 944 e seg. (2) Movers, Op. cit. — BOETTICHER, Rudimenta mythologie semitice. — RENAN, Histoire générale et système comparé des langues sémitiques, p. 175. aee PETITE 398 DI UN ANTICO CRANIO FENICIO ECC. le varie influenze di clima, di civiltà, di religione, di abitudini, di costumi, le quali sì debolmente hanno addentellato sulle conformazioni fisiche dell’uomo, che, non ostante la loro azione continuata e permanente, il tipo rimane immutato quale esso era fin dalla sua origine, se un nuovo tipo non giunge a modificarlo o soprapporsi ad esso. Verità provata da tanti argomenti, che oggimai è passata nel pieno dominio della scienza antropologica. Dirò per ultimo della similitudine che il nostro cranio conserva con quello degli Arabi e de’ Giudei. È uno stesso modello onde s'informano tanto il cranio fenicio, quanto gli arabici e gli ebraici, e ciascuno può giudicare da essi soli della identità di stirpe di questi tre popoli: argomento di più fra i tanti che la scienza etnologica possiede intorno alla comunanza originaria di tutti i rami de’ figli di Sem. Onde se il nostro cranio fenicio si trova uniforme all’assiro di Nimrod, agli arabici ed agli ebraici, egli era naturale che, appartenendo esso ad un individuo di quella razza di cui que’ popoli fan parte, dovea presentare senza fallo quei caratteri di somiglianza che ne dimostrano chiaramente le vicendevoli relazioni e parentela. Litog FE Doyen. I Bucco lik. GIoesca dis : 5 => ne -è - 1 iu e; ~ x ^ rs 3 i = E c “9 m > AI Ed A EDU AS rn ey Qa gs IV E Accad. JU. dello Sc. di) Torino. Classe d de Fisse Mar. Serie V. Eon ANF: *. um d b | | Lay, 7 | | | | | | a : Sd | | | d | y | | | | | | | |! | $ | | | | | | | | | | ¡E È Il I | | | it | | | | | I nl Lifog Joyen. a FE: Crono è f enric. Lav // Bucco lit ——P ZI | | | | rg: TED” , — MENT CR SA o — à | È | E | | \ Y 4 > l $ jJ H » y (e) LI M te | Cramo Femicio E : | DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO : AI CORALLARII FOSSILI DELLE ROCCE TERZIARIE DEL DISTRETTO DI MESSINA DI GIUSEPPE SEGUENZA PROFESSORE REGGENTE ALLA CATTEDRA DI STORIA NATURALE NEL REAL LICEO DI MESSINA, MEMBRO DI VARIE ACCADEMIE. Leita ed approvata nell'adunanza del 16 marzo 1862. D) 1 Introduzione storica, À ttorchè il paleontologo si fa a descrivere una classe di fossili di un paese o di una contrada, uopo è che sia ben conscio di quanto si è | scritto e pubblicato sul subbietto che egli imprende a trattare, e quindi si trova sempre nel caso di potere rispondere al lettore, che gli chiedesse quali lavori si sieno pubblicati intorno al suo subbietto, se sieno molti e considerevoli, antichi o recenti. Il geologo poi, come quello che studia i fossili in rapporto ai terreni in cui giaccionsi, e non già sotto le vedute puramente zoologiche, potrà specialmente domandare, se unico o varii sieno gli strati di sedimento dei fossili che si descrivono, ed a quali orizzonti geologici debbansi ri- ferire. Il paleontologista deve essere pronto a dare adeguate notizie della b natura dei terreni e della loro epoca geologica. Eccomi dunque a premettere al mio lavoro descrittivo quanto fa ¿ d'uopo rispondere ai quesiti sopraccennati, e così fard conoscere i lavori sinora pubblicati intorno ai Corallarii fossili degli strati terziarii del di- stretto di Messina, e darò precise cognizioni delle rocce che li racchiudono. È H R 400 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Sin dal 1759 si cominciò a scrivere qualche cosa intorno ai polipai messinesi. Pria d'ogni altro il mio concittadino Agostino SCILLA, insigne pittore ed ottimo naturalista di quell'epoca , in quell’anno dando alla luce un’opera (1), con dotti argomenti e somma erudizione sì fa a so- stenere l’opinione che tutto quanto nelle rocce sedimentarie si mostra come residuo organico, dee per tale riguardarsi. Ed accompagnando questo suo lavoro con tavole rappresentanti aleuni fossili non solo raccolti in Messina, ma benanco in Malta e nelle Calabrie , vi fece figurare insieme coi residui dei vertebrati, colle varie conchiglie e cogli echinodermi , alcuni polipai messinesi, i quali vi sono sì esattamente e precisamente figurati, da potersi determinare con certezza le specie cui essi appartengono. Ecco i corallarii figurati dallo SciLLA coi nomi scientifici odierni: Tav. XIMI, fig. 7. (Senza denominazione)............... uo Forma calcare d'una Caryophyllia. polipaio priva di numero e di denominazione.. Ceratocyathus Scillae SEG. Tav. XVI, fig. 3. Corallum fistulosum ..... eee Dendrophyllia cornigera BLAINV. Tav. XVII, fig. B. Milleporus repertus una cum innumeris aliis corporibus marinis intra "am in capite My- larum Siciliae ......... E sess Astroides calycularis EDWARDS e HAME. Tav. XX, fig. 1. Coralium simplex durissimum sed decoloratum. .. Corallium pallidum ? ? MICHELIN. Fig. 11. Coralium fistulosum, quod copiosum in collibus messanensibus conspicitur... +++ 30.. 8 È I Coenopsammia Scillae SEG. Tav. XXI, fig. 1 B, fig. 2 C. Coralium | articulatum , quod copiosissimum in rupibus et collibus Messanae reperitur ....... Isis melitensis GOLDF. Nel 1795 l'abbate SPALLANZANI da Pavia, nella sua opera intitolata : Viaggi alle due Sicilie ed in alcune parti dell Appennino ecc., cenna l’esistenza dei polipai nelle rocce messinesi senza determinarne le specie. Nell'anno 1845 il dottore Domenico Gazvant lesse all’ Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna una dissertazione intitolata : Z//ustrazione delle conchiglie fossili marine rinvenute in un banco. calcare madre- porico in S. Filippo inferiore presso Messina. In essa trovansi cennati tre soli polipai di cui uno determinato specificamente, cioè : Calamophora polymorpha - Dendrophyllia.... - Madrephyllia.... (1) De corporibus marinis lapidescentibus. Romae, 1759. DI GIUSEPPE SEGUENZA 401 Verso l’anno 1851 il dottore Giuseppe De Narare messinese diede alla luce un opuscolo intitolato : Ricerche geognostiche sui terreni del distretto di Messina. In esso l’autore dopo aver parlato delle rocce plu- toniche e metamorfiche del distretto di Messina, passa all’esame degli strati sedimentarii; e nell'enumerare i principali fossili in essi sepolti vi riporta non pochi polipai; ma a dire il vero, seguendo egli tuttavia l'antico metodo di Lamarck , non essendo consapevole del grandissimo cambiamento che si andava operando in quell'epoca sull'Attinologia per gli studii succes- sivi dei signori Enrenserc, Enwaros, Micuerorri, D'Onsrexv, MicHeLIN, Dana ecc., che compivasi poi per le ricerche eruditissime dei signori Mine Epwarps e Giorio Hamme, non potè pervenire ad esatta determi- nazione di specie; essendo stati i due ultimi autori soprattutto che hanno richiamato l'attenzione dei dotti sulla vera costituzione, struttura e natura dei polipai, ed hanno precisato le norme per la distinzione generica e specifica, che sino allora era pur troppo vaga, a segno che sovente le specie venivano confuse tra loro, le varietà non di raro come specie ritenevansi, e per una somiglianza di forma esteriore rággruppavansi in un medesimo genere polipai, la cui natura, costituzione ed anatomica struttura sono differentissime. Quindi le determinazioni rarissimamente riuscivano esatte, e le ricerche paleontologiche intorno ai polipai di po- chissima utilità geologica. Il Dr Narare dunque riporta come proprii dei terreni messinesi le seguenti specie, aecanto alle quali io vi aggiungo la denominazione odierna, e l'epoca geologica : deis. MEUS rc ns PRIM PU Dee Isis melitensis GOLDF. ............... Miocen. v QOEM ¿ea da +++ Mopsca gracilis En. e H. ... .. Vivente Caryophyllia cyathus .. Caryophyllia cyathus Lam » » UOS oi ara » clavus SCACCHI ....... Lu. » DAMEN... AS ES Galaxea truncata Ep. e H............ » | DEFRANGE........ Montlivaultia truncata Ep. e H, ....... Oolite » truncata ....4 LAMOUR.......... » subtruncata Ep. e H. sd | MICHELOTTI...... » detrita ED. e H. ........ » HISINGER ........ Acervularia luxurians Ep. e H. ......Siluriano » cornicula Zaphrentis cornicula Ep. e H. ........ Devoniano - | TAR Pen Eusmilia aspera Ep. e H. ............ Vivente » fastigiata.... NM Di Vele Breva » fastigiata» » .... » LAMB. cria Tes dun Galaxea fascicularis Ep. e H. » > Taráicalalass Quor e Gaym. ... P» Laperouseana Ep. e H.. dv gle HENING. :........ Lithostrotion Martini » » .......Carbonif. BLAINVILLE. » irregulare » NEMPE EE » VOU I SORTE TT TET EET DT Dendrophyllia ramea BLAINV. ...... .. Vivente CowYsEAREeW.Pm. — Cladophyllia Conybearei Ep. e H. ...... Oolite 4 LAM Rowe. Chee cU. Cladocora cespitosa Ep. e H.... ...... Vivente » cespitosa .... s DA : MICHELOTTT...... » Michelotti En. e H. . . Miocen. Kuss, scorri » Reussii FROMENTEL ....... c6 Serie IL Tom. XXI, $c 402 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Caryophyllia anthophyllum,............. ==». Dendrophyllia cornigera Ep. e H. ..... Vivente BAN,» errores Turbinolia sulcata LAMK. .......::... Eocenico ATA Md | LONSDALE. » Dixon Bb 6 H^. de evene » | NES DG. ned. » Nystana » mtl. Vie. cat » SCHWEIGGER. ..... Eupsammia trochiformis » » ......... » GOLD 2257; ni Trochocyathus mitratus Ep. e H......Miocenic. Turbinolia mitrata ....... HISINGER ........ Aulacophyllum mitratum » paradis Siluriano PORTLOCK ...,... Clisiophyllum turbinatum M°Coy. ..... Carbonif. » caryophyllus .......,.......,..... Paracyathus caryophyllus Eb. e H..... Eocenico » duodecimcostata a uu i ii Ceratotrochus duodecimcostatus Ev. e H. Miocen. e Pliocenico. LIMES. vota. ve Oculina virginea LaMK. (parte). ....... Vivente A | Lamk: var. 2 .... Amphihelia oculata Ep. e H.......... » Oculina virginea......... | Moroni | Diplohelia reflexa » MER. aed Miocenic e MIGHELOTTI i 4 ‘ E à mi oftirtellà s gi, ile. Quad IAG. oq. Sclerohelia hirtella Ep e H........... Vivente Da DIDHIEPR. ere es pe sp uns see dee dites Lophohelia prolifera Ev. e H......... » Meandrina areolata .... Manicina arcolata Ep. e H ; » Cyclolites numismalis..... iie Cyclolites numismalis LK. ..........,. Cretaceo j SOLANDER e ELLIS Coenopsammia flexuosa Ep. e H. .. Vivente Madrepora flexuosa....... EIN e o A Cyathophyllum flexuosum ............ Siluriano PALLAS ¿+ +... es Cladocora coespitosa Kp. e H. ........ Vivente Millepora compressa............. UP . Montipora compressa Ep. e H. ee » A COUT IV A O ee aae rt Incrostazioni calcari di natura vegetale 4 Caryophyllia compressa » corniculata » nodularis (1). Alle inesatte determinazioni occasionate da uno studio pur troppo superficiale, il De Narare ha aggiunto un'altra causa di errore. Egli ha trascurato di apporre a ciascuna specie di polipaio l’autore che l’ha de- scritto, e quindi troppo vaga ne è rimasta la determinazione, in modo che i nomi da lui riferiti si possono rapportare sovente a più specie, come si vede nella soprascritta enumerazione. In secondo luogo si dee far notare che l’ inesattezza di determina- zione del De Naraze risulta chiarissima, dacchè le mie lunghe ricerche per tutto il distretto messinese avendomi somministrato gran numero di specie di polipai, mi hanno fatto conoscere bensì che il maggior numero di esse sono perfettamente sconosciute, € pochissime quelle che riferir si possano a specie descritte, laddove il De Narate le riguarda tutte come descritte e ben note. In secondo luogo tra le 25 specie enumerate dal sopraddetto autore appena 6 possono ritenersi come proprie delle rocce messinesi. (1) Le ultime tre specie non conosco in quale autore sieno descritte. ( pi DI GIUSEPPE SEGUENZA 403 D'altra parte, come mai può credersi che si possano rinvenire nei terreni miocenici e pliocenici di Messina delle specie che sono proprie delle formazioni eoceniche, cretacee , devoniane ecc., come sono la Turbinolia sulcata , il Cyclolites numismalis, lo Zaphrentis cornicula? Come mai insieme a queste poche specie di antica epoca tutte le altre non sono, da pochi in fuori, che polipai spettanti a specie tuttora viventi nei mari di Europa, di America o delle Indie? Finalmente i signori Epwarps e Ham, negli Annali delle scienze naturali (1), non altro cennano di polipai pei terreni messinesi se non la Lophohelia Defrancei come specie poco distinta dalla Z. prolifera, ma poi nella più recente loro opera (2) vi aggiungono l’Zsis melitensis , la Caryophyllia arcuata ed il Desmophyllum costatum, confirmando benanco come ben distinta la Zophohelia Defrancei. Questo è tutto quanto io sappia che si è scritto intorno ai polipai fossili giacenti nelle rocce sedimentarie del distretto di Messina. Le rocce di sedimento che poggiano direttamente sui versanti della breve serie di monti Peloritani, sono tutte terziarie e costituite di strati varii , differenti per la mineralogica composizione, pei caratteri paleon- tologici , e pel geologico orizzonte cui ciascuno di essi appartiene. Il quadro seguente dà chiara idea della loro epoca e della loro na- tura (3) ; in esso ciascuno strato è contradistinto non solo dalla sua oritto- gnostica composizione, ma è segnato benanco con una lettera, per potersi con facilità indicare nella seguente monografia in quale strato ed in quale orizzonte geologico rinviensi ciascuna specie di corallario in quella descritto: POSTELRIOCENIGO > dei ovo take vinta Fa ots Sabbie con fossili di specie vi- venti tuttavia nei nostri mari. A Pleistocenico. 1... ** Calcare grossolano o sabbie con conchiglie di cui 87 per 100 PLIOCENICO .. viventi ..... Cota pics B Pliocenico . . Close PT VT c Argille D Marne grallastre .............. E | Calcare più o meno compatto ... F inécesiéo ii Marne bianche eee G Molasse o sabbie con gesso...., H Argille con UJ, PAGE AR I A A ek L Eocenico ?... Conglomerato di rocce cristalline . M (1) Annales des sciences naturelles. 3.™° Série, Tom. 1X. (2) Histoire des Coralliaires. Paris, 1857-60. (3) Per avere idee complete sui terreni terziarii del distretto di Messina, si legga il mio lavoro intitolato : Notizie succinte intorno alla costituzione geologica delle rocce terziarie messinesi. t | | | 404 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. I polipai racchiusi in questi vari strati vi sono sparsi nel seguente modo : Le argille e Je molasse ne contengono rarissimamente, e si possono in esse raccogliere alquante specie solo verso Rometta, Sampiero e Monforte, e queste specie, dall’Zsis melitensis in fuori, che vi è pure rarissima , spettano tutte alla gran famiglia degli Astreidi. A questi strati succedono le marne bianche, le quali non sogliono contenere altro che Foraminiferi in grande abbondanza. Su di esse poggiasi il calcare sovente compattissimo. Esso racchiude raramente sulle gronde occidentali dei monti Peloritani, ma costantemente nel versante orientale, tale una quantità di resti organici spettanti alla classe dei Corallarii, da far sorpresa a chicchesia. Quivi per ordinario la roccia è quasi costituita di polipai , il calcare essendovi interposto come cemento, che fortemente li raggruppa, formandone una solida massa. Le famiglie a cui questi si appartengono sono quasi esclusivamente i Turbinolidi e gli Oculinidi , essendovi solo frammiste poche specie che spettano alle famiglie dei Madreporidi e dei Gorgonidi. La conservazione dei polipai in questa roccia è variissima a seconda della maggiore o minor compattezza della stessa, Là ove il calcare è cosi compatto ed omogeneo che lo diresti somigliare a quello della for- mazione giurassica, essi sono perfettamente conservati , ma pure in questo caso lo studio delle loro varie parti riesce purtroppo difficile , essendo proprio impossibile mettere a nudo il calice. Pur nondimeno alcune volte, senza che il calcare perdesse quasi niente della sua compattezza, per la sovrabbondanza dei polipai, conserva nella massa dei vuoti e degl interstizi da permetterne meglio lo studio. In altri luoghi moltissimi la roccia diviene alquanto marnosa, ed i polipai sempre in grande abbondanza , ivi hanno subìto una profonda alterazione; essi sono friabili ed indarno si tenterebbe poterne staccare qualche individuo intiero. Finalmente bene spesso, quantunque la roccia sia bastantemente dura e resistente; ma priva purnondimeno di quella compattezza di cui parlai poc'anzi, i polipai hanno subìto un'alterazione molto più profonda dell'antecedente e la loro determinazione in questo caso riesce quasi impossibile. Essi si sono intieramente distrutti lasciando semplicemente la loro forma, costituita dal calcare che ne avea riempiuto le camere , e sì era DI GIUSEPPE SEGUENZA 405 conformato in tale maniera da mentire, dopo la distruzione della muraglia e dei tramezzi, il polipaio stesso; ma in questo caso siffatta forma cal- care mostra tutto all'intorno un interstizio tra se e la roccia, che era lo spazio occupato dalla muraglia, restandovi attaccata solo per la regione del calice. E qui si dee avvertire, che tutti i polipai composti, di forma ar- borescente, e soprattutto quelli che si appartengono alla famiglia degli Oculinidi , sembrano in questa roccia dei polipai semplici, perchè essendo distrutta la muraglia che ne formava la porzione comune ai vari in- dividui, ciascuno di essi resta isolato. Si fu questa roccia che il De Narare chiamò calcare a turbinolie, riguardando come turbinolie gl’ individui disgiunti degli Oculinidi. Le marne giallastre che succedono nell’ ordine ascendente dei nostri strati sedimentarii contengono anch'esse un numero considerevole di polipai spettanti alle medesime famiglie di quelli del calcare; ma i cui generi e molto più le specie som quasi tutti differenti da quelli. La conserva- zione sovente è perfettissima, ma per ordinario essi sono rotti o pur troppo fragili. Da ultimo le rocce plioceniche e pleistoceniche sono quasi sfornite dei residui di questa classe, solo in alcuni luoghi mostrano degli esempii di poche e rare specie , come in S. Filippo, S." Domenica e Milazzo. Avendo dato in questa introduzione un ragguaglio sommario delle ricerche fatte sinora intorno ai polipai messinesi, e della loro distribu- zione nelle varie rocce terziarie, fa d’uopo por termine con un brevissimo cenno sui risultamenti ottenuti colle mie ricerche intorno ai generi ed alle specie. E primieramente fa d'uopo cennare, che quantunque il numero dei Corallarii messinesi sia grande, pure sono pochissime e rare le specie sinora descritte. In secondo luogo é importante far conoscere che la famiglia dei Turbinolidi è quella che presenta il maggior numero di forme specifiche nelle rocce messinesi ; in essa ho dovuto costituirvi quattro generi nuovi, dappoiché le moltiplicatissime e variate specie non possono riferirsi tutte ai generi, quantunque numerosi, stabiliti dai signori Enwanos e Hamer. Uno dei nuovi generi si presenta con una quantità considere- volissima di specie nelle marne giallastre mioceniche si del distretto messinese, come benanco dei dintorni di Reggio nell'opposta Calabria. f 1 } | | 406 DISQUISIZ:ONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Siffatti Turbinolidi sono molto prossimi nella loro struttura alle Caryo- phyllia, e sono da me nomati Ceratocyathus. Gli alwi tre generi nuovi da me stabiliti sono il Conotrochus , lo Stephanocyathus e Y Hemicyathus, tutti rappresentati da qualche specie; il primo si ravvicina al genere Ceratotrochus, Valtro è distintissimo dalle forme generiche conosciute , ed ha grandi rapporti coi Trochocyathus , l'ultimo è pur troppo dubbio. Tutti gli altri Turbinolidi spettano a varii generi noti, e si devono con particolarità cennare le numerose specie di Caryophyllia e di Desmo- phyllum, che presentano forme pur troppo varie e distinte, ed insieme- mente alcuni Flabellum. Tutti gli altri Corallarii insieme presentano un numero di specie in- feriore a quello dei Turbinolidi; essi spettano parte ai Gorgonidi special- mente ai generi Zsis e Corallium ; alcuni alla famiglia degli Oculinidi ed ai generi Lophohelia, Amphihelia, Diplohelia; altri ai Madreporidi ed ai generi Balanophyllia, Dendrophyllia, Coenopsammia, Astroides ; alcuni pochi poi agli Astreidi, perchè spettanti ai generi Isastraea , Heliastraea , Plesiastraea e Cladocora. È mio divisamento dunque far conoscere nella prima parte del pre- sente lavoro, le specie tutte di polipai che nelle rocce messinesi rin- vengonsi, ordinandole secondo il metodo seguito dai signori Epwarps e Hume nell’ultima loro opera le tante volte citata, descrivendone esattamente le specie, e determinandone con precisione il loro geologico orizzonte. Dopo questa parte descrittiva , in cui i polipai sono disposti in ordine zoologico , una seconda, parte seguirà , nella quale tutte le specie verranno divise in tanti gruppi quanti sono gli strati sedimentari dai quali pro- vengono, e poi seguite da considerazioni paleontologiche, riguardanti i rapporti che ciascun gruppo presenta con. quelli degli strati anteriori e posteriori, nonchè coi Corallarii delle rocce di varie contrade europee spettanti ai medesimi orizzonti geologici degli strati messinesi. Così da una parte, per le considerazioni comparative si trarranno dei documenti, che varranno a comprovare vie meglio l’età geologica di ciascun strato terziario del distretto di Messina; da un altro. lato per la descrizione di tanti generi e specie nuove verranno di molto accresciute le faune rispettive dei Corallarii delle epoche miocenica, pliocenica e pleistocenica. DI GIUSEPPE SEGUENZA 4 07 PARTE PRIMA DESCRIZIONE DEI CORALLARII FOSSILI DEI TERRENI TERZIARII DEL DISTRETTO DI MESSINA La classe dei Corallarii o dei Polipi propriamente detti, ridotta ai suoi limiti naturali dai signori Miuse Epwarps e Grunro Hamme (1), si compone degli animali radiarii che riuniscono i caratteri seguenti : 1. Una bocca centrale circondata da tentacoli, senz'ano propriamente detto. 2.° Il corpo forato d’un solo sistema di cavità, di cui tutte le parti comunicano liberamente tra di esse e col di fuori. 3.° Gli organi della generazione situati all’interno e disposti nelle cavità generali. Questi animali sono tutti acquatici, e non si sono rinvenuti sinora che nelle acque del mare. Essi subiscono delle metamorfosi nella giovane età, e nascono sotto forma di corpi ovoidi guarniti di cigli vibratili, e dotati di facoltà locomotrici più o meno estese; ma allorchè essi arrivano al secondo periodo di loro esistenza, e che rivestono la forma tipica della loro classe, non tardano a fissarsi sui corpi stranieri, ai quali restano quasi sempre «aderenti per la loro base. In siffatto stato adulto questi animali non hanno mai apparecchio speciale di locomozione, e sono costituiti essenzialmente per la vita sedentaria. Gli animali racchiusi in questa classe rassomigliano molto a quelli delle classi vicine. Si distinguono dagl’ Idrarii per l’esistenza d’un tubo stomacale sospeso nella cavità generale del corpo, delle lamine mesente- roidi che dividono tutta all’ intorno questa cavità in logge verticali, e per la presenza di organi speciali di riproduzione sessuale. Per questi 7 (1) Vedi le dotte opere di questi due autori, e con particolarità l'ultima: Histoire naturelle des Coralliaires ou Polypes proprement dits, pag. 1 e seguenti, e pag. 93. | | | | 408 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. medesimi caratteri e per la posizione degli organi riproduttori , che sono situati nella cavità generale, si discernono i Corallarii dai Medusarii, che portano questi organi all’esterno ; siffatto carattere distintivo li fa discernere anco dai Sifonofori, i quali, quantunque abbiano organi sessuali distinti, come i Corallarii, pure li hanno situati all’esterno. Sorto-CLasse GNIDARII. Tentacoli tubulari disposti in corona e comunicanti liberamente colla camera viscerale. Primo Orne ALCIONARIL Tentacoli pennati regolarissimamente ed invariabilmente al numero di otto. Quest’ordine ha pochi rappresentanti allo stato fossile, dappoichè in esso si vedono raramente dei polipai sì consistenti da potere resistere alla fossilizzazione ; il maggior numero di generi sono forniti di polipe- roidi (polyperoides), che per la loro consistenza molle o cornea, si distruggono con facilità. Famiglia GORGONIDI (Gorgonidae). Poliperoide aderente munito d'un asse epitelico (épitélique) corneo o calcare. Sotto-Famiglia GORGONIANI (Gorgoninae) Asse sclerobasico (sclérobasique) comune, non articolato , di struttura a simile in tutte le sue parti, più o meno flessibile. Tribù GORGONELLACER (Gorgonellacées). Asse sclerobasico quasi pietroso, contenente molto carbonato di calce, di maniera che, a differenza delle altre tribù, fa effervescenza coll’acido cloridrico. Genere IUNCELLA. Gorgonia (parte) degli autori Iuncella Valencienne. Gore. (Comptes rendus, t. XLI, p. 14). Poliperoide dritto in forma di baechetta. Calici sparsi. Di questo genere si conoscono sette specie tutte viventi. : a a e a a a DI GIUSEPPE SEGUENZA 409 1. IUNCELLA ANTIQUA SEG. Tav. I, fig. 1. I. axe sclerobasico calcareo, e stratis concentricis vix distinctis i constituto , irregulariter obtuse tetragono subtereti, superne gradatim attenuato subacuto , inferne fistuloso , superficie plicis raris superficialibus, D; irregularissimis , longitudinalibus notata. da Non senza dubbio riferisco queste bacchette fossili sopra descritte al genere Zuncella. Esse sono più o meno mal conservate, ma qualche volta sono pur { troppo intiere da poterne studiare tutti i caratteri: ordinariamente però sono esse divenute polverulente, friabili. j Rinviensi questa specie nelle marne giallastre mioceniche delle con- j trade Trapani , Scoppo, Gravitelli, S. Filippo ecc. Sotto-Famiglia ISIDIANI (Isidinae). | Asse sclerobasico articolato, e formato di segmenti, di cui la struttura è alternativamente differente. Genere ISIS. Corallum Sepa THESAURUS, t, IMI, p. 202. | Sertularia (parte) Linneo, Hortus Cliffortianus, p. 480 (1737). | » LiNNEO, Sistema naturae, ediz. 10, t. 1, p. 799. » PALLAS , Elenchus Zoophytorum , p. 220. i » LamK., Hist. des animaux sans vertèbres, t. Il, p. 300, e 2.7 ediz., p. 473 » Cuvier, Règne animal, t. IV, p. 81 (1817). Isis Lamouroux , Hist. des polip. flexibles, p. 468. | » BLAINVILLE, Manuel d’actin., p. 503. | » EHRENBERG, Corallenth. , p. 132. » DANA, Zooph., p. 680. | » MILNE-Epwarps et Hamme, Distribuzione metodica (Pol. des terr. pal. , p. 185). » STEENSTRUP, Om. Slaegten Isis og de under, Isis hippuris Linné , Sammenblande de 4 Arter. i » Epw. et Hame , Histoire des Coralliaires, p. 193. Poliperoide, di cui l’asse è composto di articoli calcari polipiferi, e congiunti tra di essi per mezzo di dischi di un tessuto elastico di ap- | parenza cornea. | Le porzioni calcari dell'asse selerobasico (schuérobasique) , costituiscono | come dei piccoli tronchi di colonna, di cui Valtezza varia secondo le SERIE II Tow. XXI. 3p | | | | 410 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO. AI CORALLARIJ FOSSILI ECC specie, e di cui la superficie è in generale profondamente striata da solchi verticali dritti o curvi. I rami hanno sempre origine sopra questi nodi o tronchi calcari, ed ora ne sono separati da un internodo corneo, ed ora vi sono direttamente saldati. Rapporti e differenze. Tutti i generi di questa sotto-famiglia sono pur troppo distinti dagli altri Alcionarii, per avere l’asse articolato. Il genere Zsis poi è distinto dalle Mopsea per la ramificazione che ha origine dai nodi calcari; di scernesi dalle Melithea per gl’ internodi cornei e non porosi. Storia. Il genere sis fu stabilito da Linneo nel 1737 (Hortus cliffortianus , p- 479); ma questo gran naturalista non vi riuniva allora veruna delle specie che vi spettano oggigiorno, e che in questo primo lavoro erano nominate Sertularie. Nella decima edizione del Systema naturae Liwwko applicò il nome d'Zsis ai Corallarii, che lo portano oggigiorno; ma é da notarsi, che allora il genere conteneva non solo gl Isidiani tutti ed il Corallo, ma benanco gli Encrini (1). D'allora in poi per restrinzioni successive operate dai varii autori, a norma che si sono andati studiando vie meglio la natura ed i caratteri dei Corallarii, il genere Zsis si è ridotto per ultimo ad essere circoscritto come qui lo ho delimitato. Si sono descritte sinora 8 specie d'Zsis, di cui 5 sono viventi; una è propria dei terreni miocenici, e due dei terreni secondarii. 1. Isis MELITENSIS GOLDF. 4 Corallium articulatum, SciuLA, de Corporibus marinis lapidescentibus, p. 63, tav. 21, f. 1 Isis melitensis, GoLpruss, Petrefacta Germaniae, t. 1, p. 20, tav. 7, fig. 17 » » BLAINVILLE, Man. d’aclinol., p. 503. » » MICHELOTTI, Specimen zoophytologiae diluvianae , p. 29, tav. 1, fig. 1 > » . Micnetorrr, Fossil. des terr. mioc., pag. 55. > > MICHELOTTI, Miocène inférieur, pag. 28 » » MICHELIN, Iconograph. zooph., p. 77, tav. 15, f. 10. ProvET, Traité de Paléontologie, t. IV, p. 467, tav. 108, fig. 1. » » Epwarps e HAIME, Histoire des Corall., t. 1, p. 196. ^ E. De FROMENTEL , Introduction à l'étude des Polypiers fossiles, pag. 321. (1) Linneo , Systema naturae, ediz 10.*, t. 2, p. 1287 | | | DI GIUSEPPE SEGUENZA 4113 I. articulis calcareis elongatis subcylindraceis , superficie subtiliter striata, strüs laxis tenuibus: extremitatibus crassiusculis inflatisve , iunctura conica vel planata ; basi polyparii dilatata incrustante. Il gran numero di articoli calcari, che di questa specie incontransi nelle rocce mioceniche del distretto messinese , mi ha dato l'agio di osservare, come essa è oltremodo variabile, e che sovente presenta delle modificazioni marcatissime, e che pur nondimeno non ho creduto di separare come specie distinte, perché esse si rattaccano per graduati passaggi alla forma tipica. Cosi gli articoli variano grandemente pel rapporto tra la lunghezza e il diametro, per le strie più o meno mar- cate e sovente anco quasi affatto scancellate, or rette ed or obblique , per l'estremità che quantunque sempre elargata or si termina in forma conica acuta, ed or appianata , presentando tutti i gradi intermedii tra questi due estremi. lo ritengo dunque per siffatti graduati passaggi, tra queste varie modificazioni degli articoli calcari, che essi non possono disgiungersi in più specie. Siffatto mio pensamento venne avvalorato dalle seguenti os- servazioni : vive nei mari di Sicilia una Mopsea, che con poca ragio- nevolezza si crede spettare alla M. gracilis (Isis) Lamouroux , mentre la specie delle Antille è levigata, e questa del Mediterraneo è striata per lo lungo. In essa si osserva, che gli articoli calcari sono variabilissimi nella forma; presso la base sovente si raccorciano tanto da divenire più corti del loro diametro ; alla parte superiore essi si allungano di molto e divengono più o men gracili; in riguardo alle strie poi, negli articoli inferiori sono sottili, poco distinte e molto obblique ; laddove in vicinanza dell'estremità del polipaio esse sono più distinte, più lontane, perfetta- mente rette. Quindi per ora mi fo a ritenere, con buona ragione, che tutti i cambiamenti da me surriferiti intorno agli articoli calcari fossili, riguardar si devono come varietà dell'Zsis melitensis , nelle quali credo che debba rientrare lZ. antiqua. di MicarLormI,. e forse anche VZsis nummularia Sismonpa, le quali due specie non sono cennate dai signori Epwanps e Hame (Hist. des Coralliaires), ed io ne ho trovato alcuni articoli nelle rocce messinesi. Ecco le due varietà principali che più si allontanano dalla forma tipica della specie. 412 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO: AI CORALLARII FOSSILI ECC. Var. A. Isis antiqua. I. antiqua. MICHELOTTI , Fossiles des terr. mioc. etc. , pag. 56. I. melitensis MICHELOTTI, Spec. zoophyt. diluvianae, pag. 29, tav. 1, f. 1 > » MICHELIN , Iconograph. zoophyt., p. 77, t. 15, f. 10. Articulis brevibus, crassis subcylindraceis , oblique striatis , extre- Ü mitatibus anguloso-inflatis conicis. Var. s. Isis brevis. Articulis brevibus crassis , subcylindraceis , tenuiter. striatis ; extremi- tatibus anguloso-inflatis , planis. Questa varietà differisce dalla precedente soprattutto per l'estremità perfettamente appianata. È L’Isis melitensis è stata raccolta nei terreni miocenici di Torino, di Malta, di Lipari. Essa è pur troppo rara negli strati delle argille e delle molasse mioceniche del distretto di Messina; all’ incontro è comu- nissima nel gruppo delle marne e del calcare anco miocenici, Negli strati pliocenici e pleistocenici questa specie non si trova mai; e se alcuna volta se ne rinviene qualche raro articolo, questo chiaramente vi è stato trasportato allo stato fossile , dappoichè è quasi sempre corroso dall’azione di trasporto. I signori Epwanps e Hame (opera citata) dicono che PIsis melitensis esiste nel terreno pliocenico di Milazzo: ciò è erroneo, dappoiche negli strati pliocenici di Milazzo non si trova mai; vi esiste all’incontro nelle marne giallastre dell’estremità del Capo , le quali sono mioceniche. Le principali località dove ritrovasi questa specie sono: nel versante orientale dei monti. Peloritani: Tremonti, Trapani, Scoppo, Gravitelli , S. Filippo, Cammari ecc.; nel versante occidentale Serro, Rometta , Venetico , Rocca , Sampiero, Monforte, Milazzo ecc. j Rinviensi benanco nel miocenico dell'opposta Calabria. J 2. Isis PELORITANA Sec. Tav. I, fig. 2, 2a, 95, 20, 24, Qe. I. articulis calcareis elongatissimis subcylindraceis, superficie tenuiter striata , extremitatibus anguloso dilatatis , junctura concaviuscula vel planata , basi polyparit explanata laciniata. ^ Polipaio formato di articoli calcari gracili molto allungati e striati ar DI GIUSEPPE SEGUENZA 413 longitudinalmente con strie pur troppo superficiali, di forma quasi ci- lindrica , alcune volte variamente curvi, coll'estremità angolose, dilatate, piane o alquanto concave, raramente convesso-coniche ; la base del po- lipaio si dilata molto estendendosi in prolungamenti radiciformi molto larghi , lamellosi, divisi in laeinie, e segnati da solchi e da strie longi- tudinali. Questa specie distinguesi dalla precedente per le espansioni radici- formi della sua base, che somigliano perfettamente a quelle della Mopsea gracilis (1), per gli articoli. calcari molto allungati e più gracili, colle strie più superficiali, e colle estremità più allargate ed ordinariamente concave. Questa specie trovasi nel distretto di Messina dappertutto nelle marne giallastre , il più recente degli strati miocenici. 9: Isis COMPRESSA. Tav. Tyefig. 3,132, 36, I. articulis »calcareis compressis subangulatis., superficie longitudi- naliter irregularissime plicato-sulcata et striata; extremitatibus dilatatis, angulatis , excavatis, medio productis subacuminatis. Gli articoli calcari di questo polipaio sono compressi, e formano quasi due angoli laterali; la loro superficie presenta delle pieghe e delle strie longitudinali irregolarissime, or più ed or meno profonde; le loro estremità sono dilatate , angolose all’ intorno. e profondate, con. una pro- tuberanza acuta nel mezzo. Di questa specie non s incontrano, nelle rocce messinesi, che rari articoli provenienti dal gruppo delle marne e del calcare, delle contrade Scoppo, Trapani. Sotto — Famiglia. CORALLIANI (Corallinae). Asse sclerobasico intieramente pietroso, di tessuto omogeneo, formato quasi intieramente di carbonato di calce (1) L°Zsis melitensis non porta mai la base laciniata in forma di espansioni radiciformi, ma bensì dilatata ed incrostante. Se ne può avere chiarissima ed esatta idea dalle figure dello Scilla (De orporibus mar. lapidescentibus , tav. XXI, fig. LB, fig. IJ €) pis DISQUISIZIONI PALEONTOLCGICHE INTORNO, Al CORALLARII FOSSILI ECC Genere CORALLIUM. | Madrepora (parte) LINNEO, Syst. nat. , ediz. 10.* , p. 797 Isis (parte) PALLAS, Elench. zooph., 223. » » Linneo, Syst. nat., ediz. 12.2, p. 1288. Corallium Lamouroux , Bull. de la Soc. phil. de Paris, 1812 , e polyp. flex., p. 443. b » LAMARCK, Hist, des animaux s. vert., t. IL, p. 295 (1816), e 2.2 ediz., p. 468 y Y » BLAINVILLE, Manuel d’act., p. 502. 1 » EHRENBERG , Corallenth., p. 130. 5 (parte) Dana, Zoophyt., p. 640. Corallium MILNE Ep. e Haime , Distribut. méthod. des pol., p. 188 » Mine Ep. e HatME, Histoire des Coralliaires, p. 201, tom: I. Polipaio pietroso arborescente , a superficie debolmente solcata o liscia. Si conoscono 4 specie di Corallo: due dell'epoca attuale , una della formazione miocenica ed una della creta bianca. 1. CORALLIUM RUBRUM. Madrepora rubra Linn., Syst. naturae, ediz. 10.*, p. 797. Isis nobilis Linn. , Syst. nat., ediz. 12.^ , p. 1288. 1 » » Esper, Pltanzeuth., t. 1, p. 49. Isis, tav. 7 e 8. Corallium rubrum VAMK Hist. des anim. sans vert., t. MI, p. 297, e 2.* ediz. 470. » yi » Lamouroux, Hist.. des pol. flex. , p. 456; Expos. met., p..37, tav. 13, | f. 3 e 4. » » BLAINVILLE , Man. d’actin., p. 502, tav. 86, f. 2 4 Corallium nobile EnRENBERG, Corallenth., p. 130 | » » Dana, Zooph., p. 640. ? Dp » » Mie EDWARDS, Zooph. de l'Atlas du regne animal de Cuv., tay. 80. | Corallium rubrum Ep. e Hame, Históire des Coralliaires, tomo I, pag. 202. C. axe schlerobasico dendroideo , ramoso, ramis confertis gradatim attenuatis , superficie longitudinaliter. striuta. Di questa specie vivente nel Mediterraneo ritrovansi dei rari frantumi nelle nostre rocce. Il sig. MicmeLorti assicura avere trovato il corallo rosso negli strati miocenici di Torino (Foss. miocen. de l'Italie septentrion. etc., pag. 54). À Gli esemplari che io possiedo li ho raccolti negli strati pleistocenici I 5 | di Scoppo e Trapani. 2. CORALLIUM PALLIDUM. | Corallium rubrum MICHELOTTI, Spec. zooph. diluv., p. 24, 1838 pallidum MICHELIN. , Icon. zooph. , tav 15, fig. 9 » MicuzLOTTI, Foss. des terr. mioc., pag. 55. bh » MILNE EDWARDS e Hamme, Polyp. foss. des terr. palaeoz., p. PicTET, Traité de paléont., tom. TV, p. 467 Epwarps e Hame, Hist. des Corall., p. 205 E. De FnoMENTEL, Introduction à l'étude des polypiers fossiles, p 322. DI GIUSEPPE SEGUENZA 415 C. axe schlerobasico caulescente ramoso, ramis gradatim attenuatis, superficie subtiliter striata. Questa specie, che differisce dalla precedente per le strie più sottili assai, è stata trovata nel miocenico di Torino: lo l'ho trovata molto rara nelle marne e nel calcare miocenico di Gravitelli, Scoppo , Trapani presso Messina. Secoxpo Ordine ZOANTARII. Tentacoli semplici o ramificati irregolarmente, e in numero crescente coll'età (in generale pià di dodici). 1.° Sorrorpine ZOANTARIE MALACODERMI o ATTINARII. I tegumenti comuni conservano sempre la loro primitiva mollezza, non trasformandosi mai in un polipaio sclerenchimatoso (scklérenchymateux) o epitelico (épithélique). Le condizioni di struttura di questi esseri non permettono la loro fossilizzazione ; .è perciò che. la paleontologia , non conta alcun. esempio. 2." Sorrorpine ZOANTARIT SCLEROBASICI o ANTIPATARII. Sclerenchima formato d'un tessuto coriaceo Sparso di spiculi o di filamenti minerali, ma costituito d'un tessuto sclerobasico, che si Soprappone per istrati, e forma un fusto solido, nell'asse del poliperoide costituito dal senenchima (caenenchyme). La natura ordinariamente cornea dei poliperoidi di questo sottordine ha. permesso raramente la loro conservazione negli strati sedimentarii. Nelle rocce messinesi non occorre verun esempio. 3." Sorrorpine ZOANTARIT SCLERODERMI o MADREPORARIT. Apparecchio tegumentario solidificato di maniera a costituire un po- lipaio propriamente detto. Sezione Prima MADREPORARII APOROSI Camera viscerale libera, o suddivisa trasversalmente da traverse irre- golari ; apparecchio. dei tramezzi sviluppatissimo ; sclerenchima compatto, 416 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Famiglia TURBINOLIDI (TURBINOLIDAE ). Logge intieramente libere, tramezzi indipendenti. Prima Sotto-Famiglia CARIOFILLINI | (Caryophyllinae ). Paletti aventi uno o più cicli di tramezzi. Prima Tribù CARIOFILLACEE (Caryophyllaceae). 1 paletti formano una sola corona attorno della columella, Genere CARYOPHYLLIA. Caryophyllia (parte) LAME. , Syst. des anim. s. vert., p. 370. » Lx. , Hist. des anim. s. vert., t. II, p. 224, 1816. » BLAINVILLE, Dict. des Sc. nat. , t. LX, p. 310. Galazea (parte) Oxen., Schrbder Naturg. , t. I, p. 72. Anthophyllum (parte) Schwiegger Handl. der Naturg. , p. 417. Caryophyllia, Ch. Stokes, Zool. journ, t. MI, p. 481. Cyathina , EMRENBERG. , Corall. des roth. Meer., p. 76. » Dana, Explor. Exped. Zooph. , p. 370. » Mune EpwARDS e GIULIO Hame, Ann. des Sc. nat., 3.° ser., t. IX, p. 28b. Cyathina e Amblocyathus d'Or». , Note sur des pol. foss., p. 5, 1849. Caryophyllia EpwARDS e Hame , Hist, des Corall., tom. II. Polipaio semplice e di forma quasi turbinata. Esso aderisce sempre per mezzo di una base più o meno larga, di cui i bordi si allargano in generale di maniera ad incrostare i corpi stranieri sui quali essa si attacca. Il calice è presso a poco circolare e mediocremente profondo. La columella che ne occupa il centro si compone di un numero va- riabile di fusticini stretti, compressi, torti, e termina con una superficie rotondata, e d’aspetto cicoraceo (chicoracé). I tramezzi sono retti, larghi, sporgenti e ricoperti lateralmente di sottili granulazioni. Essi formano sei sistemi, che in generale sono ineguali, e sembrano molto più numerosi pel grande sviluppo dei tramezzi secondarii od anco terziarii. I paletti sono larghi, intieri, liberi per una grande estensione, € tutti egualmente sviluppati. La muraglia non è circondata se non d'un epitecio rudimentario , e DT GIUSEPPE SEGUENZA 417 presenta delle costole appena visibili ed alquanto più marcate in vicinanza dei bordi del calice. La superficie esterna non presenta mai nè tubercoli, nè creste, nè spine Rapporti e differenze. Le Caryophyllia si riconoscono alle costole semplici che le separano dagli Acanthocyathus, alla loro forma quasi turbinata e assai elevata , che non permette di confonderle col Dyscocyathus nè col Brachycyathus ; alla base più o men larga, e sempre fissa, che le fa discernere dai Ceratocyathus ; ai loro paletti larghi che le distinguono dai Bathycyathus. Le Caryophyllia hanno molta affinità coi Coenocyathus; ma il polipaio di questi è sempre composto. Storia. Il genere Caryophyllia fu stabilito nel 1801 da Lamarck, e compo- nevasi primieramente della specie tipica del gruppo di cui parlo, e della Madrepora ramea di Liwxeo, della quale Bramvmre ha costituito poi il genere Dendrophyllia. In seguito Lamx. l'ha molto esteso, e vi ha fatto entrare una moltitudine di specie, che non hanno potuto restare così riunite. 1 Nel 1828 C. Srockes cominciò la riforma di questo gruppo etero- geneo, e restrinse il genere Caryophyllia nei limiti adottati poi dal sig. Epwanps. Nel 1834 Ennensero, che forse non conosceva la nota di Srockes, arrivò al medesimo risultamento, ma diede il nome di Cyathina al gener: di cui parlo. Questa denominazione fu adottata dal sig. Dana, e dai signori Epwarps e Harme, preferendola a quella di Caryophyllia, che aveva acquistato differenti'valori, secondo le opere varie nelle quali se ne era parlato. Ma la legge di priorità ha indotto i due ultimi autori nella più recente loro opera (Mist. des Coralliaires) a ritornare alla denominazione più antica, ritenendo il genere Caryophyllia tale quale fu caratterizzato dal sig. Srocxes. Questo genere racchiude sinora, secondo le ultime ricerche del sig. Epwarps, 13 specie, di cui 6 sono della creta, 4 dei terreni terziarii, tra i quali una tuttavia vivente, e quattro dei nostri mari (1). (1) Qualche altra specie è stata descritta dai signori MICHELOTTI e DUCHASSAING (Vedi Memoire sur les Coralliaires des Antilles, pag. 59). Serie II Tow. XXI. ig e — aiar x | 418 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE. INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. A. Specie di cui i tramezzi costituiscono cinque cicli. 1. CARYOPHYLLIA CLAVATA Sec. Tav. "fige 1, fa. C. polypario subclwato, superne compressiusculo , superficie rugoso- granulata , granulis transversim elongatis vel lineis elevatis flexuosis ; basi dilatata ; costis subaequalibus planis, a medio ad apicem distinctis et magis prope calicem; calice elliptico, fossula profunda, columella elliptica e lamellis parvis contortis per seriem digestis constituta ; septis latis granulatis, primariis , secondariis et tertiariis altioribus, subaequalibus , palulis tenuibus grosse granulatis. Polipaio elevato quasi retto cilindrico e gracile nella sua metà in- feriore, molto allargato ed alquanto compresso nella metà superiore, colla superficie della muraglia rugosa, perché sparsa di linee elevate flessuosc irasversali. Costole appianate, uguali e distinte solo nella parte superiore e tanto più per quanto più vicine al calice. Calice ellittico, fossetta pro- fonda, columella trasversalmente allungata e costituita da lamelle torte e pieghettate disposte in serie; i tramezzi sono molto larghi, alquanto sottili, colle facce granulate e col bordo interno flessuoso, 16 o 18 sono un po' pià elevati degli altri, e costituiscono cosi altrettanti ordini ap- parenti, ai quali corrisponde un egual numero di paletti flessuosi ai bordi e ricoperti di grossi e rari granuli. Rapporto degli assi del calice roo : 116. Altezza del polipaio 27"". Assi del calice 18°" e 231", Questa specie incontrasi rarissimamente nelle marne giallastre di Trapani presso Messina. 2. CARYOPHYLLIA GEMELLARIANA SEG. Tav. II, fig. 2, 2a. C. polypario elato , conico , inferne attenuato plus minusque curvato ; superficie rugosa, propter lineis transversis elevatis flexuosis; basi saepius dilatata ; costis superne subcristiformibus praesertim maioribus ; inferne indistinctis ; calice suborbiculari , columella fasciculari , e lamellis plu- rimis contortis constituta ; septis latis granulatis extus crassiusculis , quinto cyclo incompleto , primariis , secondariis et tertiariis latioribus ] j subaequalibus ; palulis tenuibus , granulatis. te | we f DI GIUSEPPE SEGUENZA 419 Polipaio elevato, curvo, di forma conica, molto allungato e gracile nella sua parte inferiore ; colla superficie rugosa , perchè sparsa di lineette sporgenti, ravvicinate e flessuose. La base è per ordinario dilatata ed incrostante ; le costole sono perfettamente indistinte alla parte inferiore, ma pur troppo visibili presso il calice, dove si elevano alquanto e di- vengono angolose, e le principali soprattutto possono dirsi cristiformi ; il calice è quasi circolare, colla fossetta un po’ profonda e la columella fascicolare , cicoracea (chicoracée), costituita da molti fusticini lamelli- formi, contorti; i tramezzi sono larghi, un po'ingrossati all'esterno e granulati; il quinto ciclo è sempre incompleto, e perciò il calice sembra formato da 18 a 19 sistemi ternarii separati d’alirettanti tramezzi più elevati ; i paletti sono circa 18 o 19 sottili e granulati. Altezza del polipaio 28™. Assi del calice 12 7/7", 13 77». Dedico questa specie all'egregio professore Gaetano Giorgio GemeLLARO; essa distinguesi bene: dalla precedente per la forma e per le costole; é molto somigliante alla C. Berteriana E». e H., dalla quale principalmente si distingue per la columella fascicolare e pel numero dei paletti. Trovasi raramente nel calcare compatto miocenico di Tremonte , Scoppo ecc. 9. CARYOPHYLLIA INFLATA SEG. C. polypario inflato, turbinato, subrecto, inferne attenuato; costis planis vix distinctis; calice orbiculari vel subovato ; columella fasciculari ?. . . ; septis latis, extus crassis, confertissimis, quinto cyclo incompleto, pri- maris secondariis et tertiariis latioribus; palulis crassis, granulatis. Con molto dubbio riferisco questa specie al genere Caryophyliia , presentandosi sempre colla base rotta, e col calice incrostato della roccia calcare, Il polipaio è turbinato, quasi sempre retto, assottigliato alla parte inferiore , colle costole perfettamente piane e poco distinte, col calice circolare e qualche volta più o meno compresso, costituito di tramezzi molto spessi alla parte esterna, e tra loro ravvicinatissimi ; il quinto ciclo incompleto ; una ventina di paletti ed altrettanti tramezzi più larghi . ; la columella è quasi sconosciuta (1). degli altri ; Altezza del polipaio 28". Assi del calice 20". (1) Probabilmente la mia specie dovrebbe far parte del nuovo genere Paterocyathus recentemente stabilito dal sig. MicnELOTTI (Vedi Mémoire sur les Coralliaires des Antilles, par M. P. DUCHASSAING e J. MICHELOTTI pag. 60, tav. 5, fig. 11). 420 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Questa specie incontrasi nel calcare pliocenico di Rometta in S." Do- menica, e di S. Filippo presso Messina. 4. CARYOPHYLLIA CLAVUS. Caryophyllia clavus ScAccmi, Notizie intorno alle conchiglie ed ai zoofiti fossili che si tro- vano nelle vicinanze di Gravina in Puglia, 1835. Cyathina turbinata PurLmPPr, Enum. mollus. Siciliae, p. 54, tav. 4, fig. 18, e tav 12, fig. 24, 1836. Caryophyllia pseudoturbinolia, MICHELIN, Icon. Zooph., p. 48, tav. 9, fig. 18, 1841. Cyathina cyathus LEUCKART, De Zooph. corall. et spec. de Fungia, tav. 4, fig. 5-7, 1841. Cyathina clavus Pippi, Arch, fur Naturgesch, t. 1, p. 42, 1842. Cyathina turbinata DANA, Exp. Zoop., p. 372, 1846. Cyathina pseudoturbinolia M, Epw. e G. HAIME, Ann. des Se, nat., 3 ser., t. IX, p. 289 tav. 9, fig. 1, 1848. Cyathina claeus M. Epw. e G. HAIME, Pol. foss. des terr. palaeoz., p. 17, 1851. Caryophyllia clavus M. Ebw e G. Hame , Histoire des Corall., tom. H, pag. 15. » E. DE FROMENTEL, Introduction à l'étude des Polypiers fossiles, p. 78 C. polypario conico , recto; basi gracillima ; costis distinctis, superne PIF 7 ; 8 prominentibus; calice elliptico vel ovali ; fossula parum profunda ; co- lumella e lamellis flexuosis , tenuibus, in seriem digestis constituta; septis E 2 > 5 3 Sep tenuibus, granulatis , primariis et secondariis majoribus ; palulis latis , 2.5 ? ] ? granulis prominentibus praeditis. Questa specie tuttavia vivente nel Mediterraneo, comunissima in tutti i terreni pliocenici d’Italia e di Sicilia specialmente, da me non era stata trovata finora nelle rocce del distretto di Messina, ma recentemente mi è >ccorso osservarne un piccolo e mal conservato individuo nella formazione pleistocenica , cioè nello strato B della contrada Scoppo presso Messina. AA. Specie con quattro cicli completi di tramezzi. B. Columella cicoracea. C. Costole piane uguali. 9. CARYOPHYLLIA ELEGANS SEG. Tav. VI, fig. 1,1a C. polypario conico, curvo, subturbinato , basi dilatata , incrustante, granulata ; costis planis, aequalibus vix distinctis, calice orbiculari ; fossula lata et profunda; columella fasciculari, e lamellis paucis, confertis 'ontorto-plicatis constituta; septis latis granulatis extus incrassatis, granulis in lineas margini septarum parallelas digestis, septis primariis et secunda- riis aequalibus, ab aliis latioribus ; patulis undulatis , flexuosis, granulatis. on È | | Jasciculari e bacillis paucis constituta; DI GIUSEPPE SEGUENZA 421 Piccolo polipaio conico, curvo, quasi turbinato e levigatissimo all'esterno, colla base dilatata incrostante e granulata, colle costole pia- nissime ; il calice è quasi circolare e fornito d'una fossetta larga e pro- fonda; la columella è fascicolare cicoracea , costituita da tre o quattro lamelle contorte; i tramezzi, larghi ingrossati all'esterno e gradatamente assottigliati verso l'interno, granulati sulle facce; quelli che spettano al primo e secondo ordine sono alquanto più grandi degli altri; i paletti sono larghi alquanto, fortemente ondulati, soprattutto al margine interno, e sparsi di grossi granuli. Questa specie è ben distinta dalle altre per la sua forma e statura, ma soprattutto per la profondità del calice e per la columella. Altezza del polipaio 21". Assi del calice 127", 13%, Nel calcare miocenico di Gravitelli, Scoppo, ecc. 6. CARYOPHYLLIA ARCUATA. Tay. HI, fig. 2, 2a. Cyathina arcuata p. 290, 1849. Caryophyllia arcuata M. Enw. e G. Hame , Histoire des Corall., tom. IT, pag. 16. » » E. DE FROMENTEL, Introduction à l'étude des polypiers fossiles, p. 79. M. Epwarps e GiuLi0 Hamme, Ann. des Scienc. natur., 3.* ser., t. IX C. polypario elato, conico, curviusculo ; basi dilatata, incrustante , superficie tenuiter. conf tim granulata; costis planis , aequalibus ; striis impressis distinctis ; calice subcirculari, fossula profundiuscula, columella septis latis, granulatis extus incras- vatis , primariis et secundariis maioribus ; patulis crassiusculis granulatis. Polipaio allungato-conico ed alquanto curvo, col calice quasi circolare, colla superficie sparsa di granuli molto piccoli e ravvicinati ; colla colu- mella fascicolare costituita da tre o quattro fusticini; le costole sono piane, larghe ed uguali, ‘distinte per mezzo di linee impresse in vici- nanza del calice, perfettamente indistinte alla parte inferiore ; i tramezzi sono larghi, ingrossati all'esterno e gradatamente assottigliati verso Vinterno, i primi due ordini sono alquanto più grandi degli altri; 1 paleiti sono spessi e granulati. Altezza del polipaio 33"". Assi del calice r9"" 18"". Questa specie descritta dai signori Epwanns e Harme trovasi rarissima- mente nel calcare miocenico di Gravitelli, e nel pleistocenico di Milazzo. 422 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. 7. CARYOPHYLLIA ARADASIANA SEGUENZA. Tav. MI, fig. 3, 3a. C. polypario elongato-cylindraceo , conico, subrecto, costis planis, aequalibus , linea profunde impressa fere usque ad basim distinctis , tenuissime et confertim granulatis, prope calicem. transversim. striatis ; calice elliptico subcirculari; fossula vix profunda ; columella elliptica , e lamellis sex contorto-plicatis constituta ; septis latis extus incrassatis, granulatis, primariis et secundarüs majusculis ; palulis latis, flexuosis , granulatis. : \ Polipaio allungato, conico, quasi cilindrico, alquanto curvo, colla base incrostante e le costole appianate, disgiunte da strie profonda- mente impresse sin quasi alla base, e ricoperte da piccoli granuli -e ravvicinati , i quali in vicinanza del calice si cambiano in piccole strie trasversali ; il calice è ellittico quasi circolare; la fossetta è appena discavata ; la columella è ellittica cicoracea, e costituita da sei lamelle contorte e flessuose ; 1 tramezzi sono sottili all’interno ed ingrossati presso la muraglia; quelli dei primi due ordini sono alquanto più grandi, ed è degno di osservazione che i tramezzi spettanti al quarto ciclo sono più elevati di quelli del terzo ordine ; in alcuni individui due sistemi di tra- mezzi mancano del quarto ciclo, ed allora il calice sembra formato da 10 sistemi uguali, invece di 12 come d'ordinario; i paletti sono alquanto larghi, flessuosi e coperti di grossi granuli. Questa specie, da me dedicata all’egregio Professore di zoologia nell'università di Catania, somiglia alquanto alla precedente, ma ne la distingue eminentemente la forma più allungata, la columella ed i tramezzi del quarto ciclo più elevati di quelli del terzo. Altezza del polipaio 35"". Assi del calice 14°47 13 7/77. Specie miocenica proveniente dal calcare e dalle marne di Gravitelli e Tremonte. 8. CARYOPHYLLIA CORONATA SEGUENZA. Tav. UI, fig. 6. C. polypario, breve, curvo, inferne cylindraceo, granulato, superne conico, elargato , subturbinato , laevissimo : basi latiuscula, costis aequa- libus planis, superne vix distinctis ; calice orbiculato; fossula parum $ D DI GIUSEPPE SEGUENZA 423 profunda; columella fasciculata , e lamellis paucis, confertis , contorto- plicatis constituta; septis latis, crassis, granulatis , granulis in lineas curvas digestis , marginibus internis Jlexuosis; septis primarüs et secun- dariis aequalibus, extus et superne multo prominentibus ; palulis flexuosis granulatis. Polipaio piccolo, breve, conico e quasi turbinato alla parte superiore, inferiormente cilindrico, colla base alquanto larga e granulata, col calice elargato e circolare, colle costole uguali, piane ed appena distinte nella parte superiore; la columella è fascicolare, e costituita da 4 o 5 lamelle contorte flessuose ; i tramezzi sono larghi, flessuosi al margine interno, e granulati sulle facce; i granuli sono disposti in linee curve quasi parallele al margine superiore; i tramezzi dei due primi ordini si elevano molto al disopra degli altri, e sporgono al di fuori del calice ;, i paletti sono larghi, fortemente ondulati, flessuosi e coperti di grossi granuli. Questa specie per la sua brevità, e per essere coronata da due ordini di tramezzi, che si elevano molto al disopra degli altri, distinguesi pur troppo bene dalle specie affini. Altezza del polipaio 24", Ássi; n9", Raccolta a Tremonte, Scoppo e Gravitelli nel calcare miocenico. CC. Costole angolose, 9. CARYOPHYLLIA DUODECIMANGULATA SEG. Tav. Il, fig. 4, 4a. C. polypario recto, conico, duodecimangulato , basi attenuata ; costis rugoso-granulatis, convexiusculis subangulatis, primariis et secundariis angulos acutos formantibus, praesertim a medio ad marginem calicis ; calice orbiculato-subpoligono , columella elliptica, e lamellis sex con- tortis flexuosis constituta ; septis latis , confertim granulats , primariis et secundariis majoribus ; palulis latis, granulis prominentibus gerentibus. Polipaio retto, conico, quasi piramidale, ornato di dodici costole principali molto sporgenti ed angolose, colla base rotta, ma che sembra dovea essere molto sottile ; colle costole rugoso-granulate, alquanto con- vesse ed angolose, molto pià sporgenti essendo quelle del primo e del secondo ciclo; il calice è circolare o quasi poligono ; la columella é ellittica, e formata da sei lamelle contorte e flessuose ; i tramezzi sono AME mit ES 424 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AL CORALLARII FOSSILI ECC. larghi e granulati, dodici sempre più sporgenti; i paletti anco larghi e sparsi di granuli molto sporgenti. Questa specie per la forma piramidale e la sporgenza delle costole distinguesi eminentemente da ogni altra. Altezza del polipaio 20". Assi del calice 15". Nel calcare miocenico di S. Filippo presso Messina. Rarissima. BB. Columella costituita da poche bacchette quasi cilindriche. 10. CARYOPHYLLIA GENICULATA SEG. Tav. II, fig. 3, 3a, 3b. C. polypario solido elongato , cylindraceo-conico, rectiusculo, varie curvo ,- geniculatove ; superficie laevissima, basi elongata, attenuata, et granulata; costis planis aequalibus , lineis impressis distinctis; calice orbiculari , columella fasciculari e bacillis paucis , crassis , contortis , granulatis , confertis et saepius coalescentibus constituta; septis latis granulatis , extus crassissimis , primariis et secundariis prominentioribus ; palulis latis crassis subundulatis. et granulatis. Polipaio molto compatto ed allungato, conico, che si avvicina quasi alla forma cilindrica, alquanto retto ovvero curvo in varii modi, o piegato nel mezzo; qualche volta nella parte superiore si osservano delle stroz- zature o degli anelli più sporgenti; la superficie è levigatissima; la base è allungata, sottile e granulata; le costole piane ed uguali; il calice è circolare e poco profondo ; la columella fascicolare è costituita da quattro o cinque bacchette compresse, contorte, granulate, molto ravvicinate e sovente riunite in modo da costituire una columella semplice, la quale pur nondimeno mostra sempre di essere originariamente fascicolare ; i tramezzi sono larghi, assai spessi all'esterno , assottigliati alla parte interna, e granulati alla superficie; quelli spettanti ai primi due cicli sono più elevati degli altri; i paletti sono larghi, alquanto flessuosi e sparsi di grossi e rari granuli. Altezza del polipaio 85". Assi del calice 20°". Questa specie per la sua elevatezza e per la forma quasi cilindrica distinguesi bene da ogni altra. Trovasi nel calcare. compatto di Tremonti, Gravitelli, Scoppo ecc. DI GIUSEPPE SEGUENZA 42 Or 11. CARYOPHYLLIA ZANCLAEA SEG. Tav. II, fig. 4. C. polypario solido, conico, elato curvo, superne elargato, basi in- crustante granulata; costis planis aequalibus et vix distinctis ; Columella e bacillis tres crassis vel tantum uno constituta; calice suborbiculato $ Jossula parva; septis latissimis, extus incrassatis , granulatis , praesertim prope marginem. internum , primariis et secundariis aequalibus, maxime elatis; palulis parvis crassis grosse granulatis et papillosis. Polipaio molto compatto, conico, elevato, curvo ed elargato nella sua parte superiore , ristretto in basso e colla base incrostante , longi- tudinalmente striata e granulata; le costole sono poco distinte, piane ed uguali; il calice è quasi circolare, colla fossetta strettissima ; la columella è costituita da ima o tre bacchette cilindriche o alquanto compresse e rotondate all’estremità superiore, ed in alcuni individui saldate in una; la picciolezza della fossetta del calice dipende dall’estrema larghezza dei tramezzi, i quali d’altronde sono ingrossati di molto all’esterno, e gra- nulati in vicinanza del margine interno ; quelli dei primi due cicli sono fra loro uguali e s'innalzano moltissimo al disopra degli altri; i paletti sono piccoli, spessi e coperti di granuli, che sovente assumono la forma di lamelle. Questa specie si distingue bene per la forma conica, pel calice al- largato , e soprattutto per la grande disuguaglianza dei tramezzi. Altezza del polipaio 5a", Assi del calice 38 4™™ 29 4m. Specie propria del calcare miocenico, e raccogliesi comunemente presso Messina a Tremonte, Scoppo, Gravitelli, S. Filippo, Trapani ecc. 12. CARYOPHYLLIA CORNICULATA SEG. C. polypario conico-corniculato, plus minusve curvato , epithecio pel- liculari , superficie granulata; basi attenuata acuta ; costis planis , aequa- libus , latis, saepius primariis et secundariis subprominulis ; calice elliptico suborbiculari ; columella e bacillis paucis constituta ; septis latis gra- nulatis , confertis, extus. incrassatis ; primariis et secundariis altioribus ; palulis parvis, crassiusculis, subflexuosis , granulatis. Serie II. Tom. XXI. tr 426 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Polipaio conico in forma di corno pià o meno curvo, molto attenuato alla base, colla muraglia ricoperta d'un epitecio pellicolare , sparso di sottili granuli, ma la fossilizzazione ordinariamente lo ha distrutto per intiero o in parte, ed allora le costole si vedono più distinte , larghe , granulate, pianissime, uguali, ovvero angolose solo quelle del primo e del secondo ciclo in vicinanza del calice; il calice si avvicina alla forma circolare, i suoi assi stanno circa nel rapporto di 100 : 110; la columella è formata di poche bacchette rotondate all’estremità e disposte in serie; i tramezzi sono granulati, molto spessi e ravvicinati tra loro in prossi- mità della muraglia; quelli dei primi due cicli più elevati degli altri; i paletti sono” piccoli, alquanto spessi e granulati. Questa specie differisce dalla precedente per la sua base molto sottile, e pei tramezzi dei due primi cicli meno elevati di quanto lo sono in quella. Altezza del polipaio 37"". Assi del calice 26", 53 77". Raccolta allo Scoppo, Trapani, Tremonte, Gravitelli ecc. nel calcare miocenico. 13. CARYOPHYLLIA PEDUNCULATA SEG. Tav. II, fig. 6, 6a. C. polypario conico-corniculato , curvato , basi attenuata pedunculata, costis planis, laevibus , aequalibus, calice suborbiculato , columella. e lamellis paucis constituta ; septis latis granulatis subaequalibus ; palulis strictis crassis, granulis crassis gerentibus. o Questa specie molto prossima alla precedente è distinta principalmente pei tramezzi quasi uguali. Altezza del polipaio 35"". SSL AUS Cancel) a er y Le ultime tre specie potrebbero essere forse varietà diverse di un medesimo tipo specifico, ma le differenze che ho fatto rimarcare, e soprattutto quelle tratte dalla grandezza dei tramezzi le distinguono bene; bisognerà quindi fare un riesame allorché potranno procurarsi molti in- dividui di ciascuna di esse. La C. pedunculata trovasi a Gravitelli, Tremonte, Scoppo ecc. nel calcare miocenico. DI GIUSEPPE SEGUENZA 427 ; E 14. CARYOPHYLLIA PELORITANA SEG. Tav. MI, fig. 5. C. polypario solido, conico-turbinato laevissimo , recto vel curvo, superne inflato et demum coarctato, theca crassissima; basi lata, incrustante, i granulata; costis ad marginem calicis vix distinctis, sed primariis et secundariis saepius angulosis; calice orbiculato , fossula profundiuscula , parva propter maximam latitudinem septarum , septis crassissimis , confertissimis , granulatis subaequalibus , primariis et secundarüs vix altioribus; columella e bacillis duobus vel tribus, saepius demum coalescentibus , et columella simplice mentientibus constituta ; palulis crassissimis , elatis, granulatis papillosis. Polipaio solido, conico, retto o curvo, turbinato, levigatissimo, allargato alla parte superiore, e poi gradatamente ristretto verso il margine del calice; Ja muraglia è levigatissima e molto spessa; la base larga ed all'estremità dilatata, incrostante e granulata; le costole sono perfettamente indistinte, o vi sono segnate raramente da linee esilissime e superficiali; solamente in vicinanza del margine del calice si distinguono alquanto, e quelle del primo e del secondo ordine vi sono angolose; il calice è cir- colare; la fossetta profonda, ma stretta per la grande larghezza dei tra- mezzi; i tramezzi sono spessi, molto ravvicinati tra loro, colle facce granulate, e costituiscono per ordinario quattro cicli completi, come in tutte le altre specie di questa sezione; ma in alcuni individui uno de' sei sistemi s'ingrandisce di molto per la formazione dei tramezzi del quinto ciclo, mentre gli altri cinque sistemi restano come d'ordinario ; i tramezzi dei primi due cicli sono alquanto più alti degli altri; la co- lumella é formata da due o tre fusticini rotondati, i quali per ordinario coll' ingrandire del polipaio si saldano tra loro, e danno l'aspetto di una columella semplice angolosa e quasi acuta; i paletti sono spessi, alquanto larghi e sparsi di grossi e rari granuli. | Altezza del polipaio 48”. nam Assi del calice 31 Questa specie che è pur troppo distinta da ogni altra, trovasi nelle marne giallastre mioceniche di Trapani, Gravitelli, Scoppo , S. Filippo ecc. presso Messina. 128 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. 15. CARYOPHYLLIA ANGOLOSA SEG. Tav. III, fig. 7. C. polypario solido, conico, subturbinato , fere recto , inferne atte- nuato, basi dilatata, incrustante, granulata; angulis irregularibus , , paucis, inaequalibus praeditus ; costis planatis vel convexiusculis...... Questa specie distinguesi principalmente per gli angoli irregolari e molto sporgenti di cui è fornita: ma la diagnosi è incompleta perchè il calice è ricoperto dalla roccia calcare, in quei pochi individui che possiedo. m Altezza del polipaio 35"". Assi del calice 21", Gravitelli, Tremonte, nel calcare. Rara. 16. CARYOPHYLLIA CRASSITHECA Sec. Tav. III, fig. 8. C. polypario solido, elongato, cylindraceo-conico , compressiusculo ; basi (fracta); theca crassissima lamellosa ; calice subovato, columella simplice , crassissima, angulosa , profunde longitudinaliter sulcata; costis indistinctis, septis latissimis , crassis; palulis latis crassiusculis. Polipaio solido allungato quasi cilindrico ed alquanto compresso, rotto alla parte inferiore, perlocchè mancano i caratteri della base ; colla mu- vaglia assai spessa (circa un centimetro presso la base), levigata e lamel- losa; il calice è elittico, quasi cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 114; la columella quantunque in apparenza semplice, mostra chia- ramente pei solchi e pegli angoli di cui è fornita, che in origine è fa- scicolare, e coll'invecchiare del polipaio le bacchette, di cui è formata, si sono insieme saldate ; le costole non sono appariscenti, i tramezzi sono larghissimi e molto spessi; i paletti larghi. mm Altezza del polipaio 50 Assi del calice 28/9, 55m, Questa specie essendo stata studiata in un solo individuo, che è benanco incompleto, non mostra come caratteri distintivi principali se y : non la grande spessezza della muraglia e la forma. Raccolta nelle marne gialle mioceniche di S. Filippo presso Messina. DI GIUSEPPE SEGUENZA 42 © 17. CARYOPHYLLIA LASPADAE SEG. Tav. II, fig. 9. C. polypario cylindraceo, conico, curviusculo, solido, laevissimo , duodecimangulato , angulis inferius parum. distinctis , superne magis pro- minentibus ; costis planis vix distinctis, sed magis prope calicem; calice orbiculato, coarctato , profundo ; columella fasciculari e bacillis quinque vel sex cylindraceis constituta ; septis latissimis, primariis et secundariis aequalibus , elevatioribus ; patulis latis, crassis, tenuiter et rare granulatis. Polipaio conico allungato, quasi cilindrico, alquanto curvo, molto compatto, colla superficie levigata, e fornito di dodici angoli ottusi, poco distinti alla base, e più sporgenti verso il calice; le costole sono piane, appena discernibili, più distinte verso.il calice, le primarie e le secon- darie sono angolose ‘e costituiscono i dodici angoli del polipaio ; il calice è circolare, profondo, la columella formata di cinque o sei bastoncelli quasi cilindrici; i tramezzi sono molto larghi, quelli dei primi’ due ordini più elevati; i paletti molto spessi e granulati. a S Altezza del polipaio 80, Diametro del calice 32". Raccolta nella formazione miocenica di ........... presso Messina. Questa specie mi è stata esibita dall’egregio avvocato sig. Paoro LasPApA, il quale è molto, intendente delle dottrine geologiche , quindi è stato mio dovere dedicarla a lui. 18. CARYOPHYLLIA ORNATA SEG. Tav. HI, fig. 10. C. polipario solido, conico, curviusculo ; basi fracta; costis latis , aequalibus, planatis, flexuose striatis, primariis et secundariis subangulosis, omnibus sulcis discretis ; calice orbiculato , fossula parvissima ; columella fasciculari, e bacillis paucis cylindraceis, apice rotundatis constituta ; septis latissin is, crassis, maxime confertis, primariis et secundariis vix ab aliis altioribus , palulis crassis, elatis, rare granulatis. Polipaio molto elegante, compatto, conico , alquanto curvo, colla base ordinariamente rotta; le costole sono uguali ed appianate, ma disgiunte da solchi ben distinti, ed inoltre ornate da strie trasversali flessuose , ' | 430 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. le primarie e le secondarie sono alquanto angolose. Il calice è esatta- mente circolare, la fossetta molto piccola e poco profonda; la columella è formata da sei o sette bastoncelli quasi cilindrici e rotondati all’estremità; i tramezzi sono larghissimi, molto ravvicinati e spessi, quelli che spettano ai primi due cicli sono uguali e poco più grandi degli altri; i paletti , sono elevati, molto spessi e con rari granuli sulle facce. Altezza del polipaio 52", Assi del calice 58", Raccolta nelle marne mioceniche di S. Filippo. La difficoltà di trarre ben completi dal calcare i polipai che vi si contengono è stato un così forte ostacolo, da farmi abbandonare il pen- siero di descrivere altre specie di Caryophyllia, che sono pur troppo incomplete, per la ragione qui sopra addotta; mi riservo quindi di ubblicarle allorchè potrò procurarmi degl’ individui meglio conservati. I I P 8 Genere CERATOCYATHUS Secuenza 1861. Sinonimo TROCHOCYATHINA SEGUENZA. (nella collezione) (1). Polipaio semplice, turbinato, peduncolato , fisso dapprima, libero nell'età adulta. i Costole poco sporgenti per ordinario, o perfettamente piane, coperte di granuli, ma qualche volta le principali formano degli angoli o delle creste. Non di raro si vedono i rudimenti di un epitecio. Calice ellittico a fossetta grande ma variabilissima nella profondità, essendovene di quelle profondissime , di quelle perfettamente superficiali e piane, e poi tutti i gradi intermedii tra questi due estremi. Columella essenziale, cicoracea (chicoracée Epw.), ordinariamente (1) Questo nuovo genere abbondante nel miocenico superiore del distretto di Messina, era stato da me nominato dapprima Trochocyathina, per esprimere il rapporto di struttura che esiste tra questo e l'antecedente genere, che altra volta nomavasi Cyathina , nonchè le relazioni di forma tra esso e i Trochocyathus; ma oggi che il genere Cyathina ritornò al nome primiero di Caryophyllia \ come benanco per seguire il metodo della denominazione uniforme introdotta dai signori Epw. e Hame per tulti i generi di Corallarii spettanti ad una medesima famiglia, mi son deciso di so- sliluire al primo nome quello di Ceratocyathus DI GIUSEPPE SEGUENZA 431 molto sviluppata, ora fascicolare ed ora seriale (serialaire Epw.), e composta di fusticini che nascono dal fondo della cavità generale, e che hanno la forma di nastri larghi e sottili, attorcigliati sopra se stessi, disposti in fascio o in serie, molto ravvicinati tra loro e sovente saldati, colle ‘estremità superiori maggiormente allargate e flessuose ; il numero di queste bacchette è molto variabile secondo le specie, ed i centrali sono i più alti. I tramezzi costituiscono sei sistemi raramente uguali, e formano quattro o cinque cicli per lo più incompleti; essi sono dritti, larghi, sporgenti, col margine inarcato alla parte superiore ed interna, e colle facce granulate. I paletti sono molto larghi e sottili, a bordo intiero e sovente flessuoso, tutti sensibilmente uguali, sempre liberi in alto per un’ estensione ben grande, e colle facce coperte di granuli conici o lamelliformi ben grossi. Essi costituiscono una sola corona, che sta ordinariamente dirimpetto al penultimo ciclo di tramezzi , sebbene eccezionalmente in qualche specie è opposta all'antipenultimo ciclo. Rapporti e differenze. Questo genere si distingue pur troppo bene da tutti gli altri di questa prima tribù dei Turbinolidi. L'esser libero nell'età adulta, mostrando una piccola cicatrice. all'estremità del peduncolo, lo distingue dai generi Caryophyllia, Bathycyathus e Cœnocyathus. Il calice ordinariamente ellittico, e molto più la forma turbinata con peduncolo e la columella cicoracea lo fanno ben discernere dal Discocyathus, dal Cyclocyathus, dal Brachycyathus e dal Conocyathus , finalmente la mancanza degli appendici spiniformi lo allontana dal genere Acantho- cyathus, col quale esso ha grandi rapporti. Le forme varie, ma più o meno turbinate, che sogliono assumere le varie specie di questo nuovo genere, sono molto simili a quelle del genere Trochocyathus col quale ha grande somiglianza, fisso come quello nell’età giovane, diviene similmente libero nell’età adulta ; insomma niente altro lo distingue da quello, se non l’unica corona di paletti, di cui va fornito; perlochè nella tribù dei Cariofillacei il genere Ceratocyathus vap- presenta ed occupa il posto che il genere Zrochocyathus ha nella tribù dei Trocociatacei. Lo studio organografico di tutte le specie componenti il genere in esame , fa conoscere come sieno perfettamente confirmate le leggi di 432 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC, organogenia e di simmetria, intorno allo sviluppo dei tramezzi e dei paletti, stabilite dai signori Epwarps e Ham, dopo accuratissime ricerche intorno ai Corallarii in generale, e specialmente sulla famiglia dei Tur- binolidi. In effetto credo sufficiente cennare, a comprovazione di quanto asserisco, che in questo genere i paletti si sviluppano sempre dirimpetto al penultimo ciclo di tramezzi (1); ma se, per esempio, in un Cerato- cyathus a cinque cicli di tramezzi trovansi alcuni sistemi o porzione di essi con soli quattro cicli, i paletti di siffatti sistemi si veggono disposti dirimpetto ai tramezzi del terzo ciclo, invece di essere in direzione dei tramezzi del quarto, come vedesi nei sistemi intieramente sviluppati. Quindi il numero dei paletti diminuisce in rapporto al maggiore o minore sviluppo del quinto ciclo di tramezzi, e laddove quest'ultimo essendo completamente sviluppato, i paletti sono al numero di ventiquattro, in tutt'altro caso sono sempre in minor quantità. Storia. Le specie tutte che compongono il genere Ceralocyathus non sono state mai descritte, neanco sotto alcun’altra generica denominazione ; solamente il De NaraLe sembra averne cennato alcune riferendole erronea- mente a specie descritte di generi. noti (2) ; e lo Serra ne ha figurato una sola, senza denominarla in verun modo (3). Le molte specie che io descrivo qui appresso provengono tutte da un solo strato terziario del distretto di Messina, tutti gli altri piani cosi inferiori come superiori non ne contengono neppure una specie. Siffatto strato è il più recente tra i molti che racchiude la formazione miocenica messinese, ed è costituito di marne giallastre grossolane, trovandosi se- gnato colla lettera Æ nel quadro inscritto nell’ introduzione. I grandi rapporti che esistono tra questo genere e i Trochocyathus, come feci notare di sopra, e la grande abbondanza di specie del primo genere, unita alla totale mancanza del secondo, fanno proprio pensare che i Ceratocyathus rimpiazzano nella formazione miocenica messinese il genere Trochocyathus, tanto comune nei terreni terziari medii dell'alta Italia, di Francia e di tante altre contrade d' Europa. (1) In una sola specie Ceratocyathus Gemellarianus i paletti sono dirimpetto all'antipenultimo ciclo. (2) Vedi P introduzione al presente lavoro, pag. 401-402. (3) Introduzione pag. 400 DI GIUSEPPE SEGUENZA 433 Il genere Ceratocyathus può partirsi in due sotto-generi, l'uno distinto dalle costole poco sporgenti e dalla muraglia semplicemente striata ; l'altro caratterizzato dalle costole principali che sono angolose o armate di creste. ly 5 ) A. CERATOCIATI STRIATI (C. striati). Costole quasi piane, muraglia striata. B. Paletti dirimpetto al penultimo ciclo di tramezzi. C. 1 sei sistemi di tramezzi uguali, quattro cicli completi. 1. CERATOCYATHUS SIMPLEX Src. av. IV, fig. 1, 1a. C. polypario conico-elongato , compressiusculo et fortiter curvo , extus tenuiter et sparsim granulato, basi elongato-attenuata, arco cur- vaturae fere in planum axi maioris calicis; costis planiusculis subaequa- libus distinctis; calice ellyptico , fossula profundiuscula; columella e lamellis duobus undato-plicatis constituta ; seplis tenuibus , latiusculis , rarissime granulatis, primarüs et secundarüs latioribus ; palulis duodecim latis, granulis crassis gerentibus , marginibus undulatis. Polipaio conico-allungato, con rari e disuguali granuli alla superficie , fortemente curvo; l'arco di curvatura è intermedio ai due piani degli assi del calice, ma si ravvicina assai di più a quello dell'asse maggiore ; la base è allungata, sottile e un po’ ricurva in alto; le costole son quasi piane ed uguali; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 115; la columella è costituita da due sole lamine contorte e flessuose ; i tramezzi sono larghetti, sottili con rari granuli, ed ugualmente sviluppati in tutti i sistemi; quelli del primo e del secondo ciclo sono più grandi degli altri e tra loro uguali; i paletti, al numero di dodici, sono larghi, coperti di grossi granuli e coi margini ondulati. Questa specie, l’unica di questa sezione, è ben distinta pei rari granuli della sua superficie, per la posizione dell'arco di curvatura, e princi- palmente per la somma regolarità del suo calice, che sembra essere diviso in dodici sistemi ugualissimi, in mezzo a ciascuno dei quali corrisponde un paletto. Altezza del polipaio 19"". Assi del calice HOS AO SERIE IL Tom. XXI. 3G 434 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Nelle marne di Gravitelli. Rarissima. CC. I sei sistemi di tramezzi disuguali, cinque cicli incompleti. D. Il quinto ciclo rudimentario, cioè rappresentato da pochi tramezzi. 2. CERATOCYATHUS DISTORTUS SEG. ) Tav. IV, fig. 2, 2a, 28 C. polypario conico-elongato , distorto , seu dupliciter cureato, gra- nulis thecae. parvis ; basi elongata attenuata; costis planissimis latis , aequalibus ; calice suborbiculato ; fossula vix profunda: columella fa- sciculari e lamellis paucis , contortis, constituta; septis tenuibus, extus crassiusculis, primarüs et secundariis vix ab aliis maioribus ; palulis latis rare granulatis. Polipaio allungato-conico e curvo, con doppia curvatura ; la muraglia | è coperta di piccoli granuli; la base molto allungata e sottile ; le costole sono molto larghe, perfettamente piane ed uguali, disgiunte da strie su- perficiali; il calice è quasi circolare, colla fossetta pochissimo profonda; la columella fascicolare è costituita da tre lamelle larghe e contorte ; i tramezzi sono sottili e un po’ ingrossati in vicinanza della mu raglia; quelli dei due primi cicli alquanto più grandi degli altri, il quinto ciclo pre- | senta solo qualche tramezzo e i rudimenti di alcuni altri; in alcuni individui poi questi ultimi si sviluppano ancora, e così si hanno otto o dieci tramezzi dell'ultimo ciclo; i paletti sono larghi e con rarissimi gra- nuli sulle facce. locchè lo tado nod . E asse di questo polipaio é una linea a doppia curvatura , distingue pur troppo bene dalle altre specie. Altezza del polipaio 12 /"". Assi del calice 12"% 11 Y", Raccolto a Zifronte sotto Sampiero. s 3 JS i N 1 9. CERATOCYATHUS PUMILUS SEG. Fig. IV, 3a. F C. polypario breve, parvo , conico , curvo, tenuissime granulato , arco cureaturae in planum axi minoris calicis; basi producta attenuata ^ 1 orizontali ; costis primariis et secundariis subangulosis , aliis planissimis vix distinctis; calice elliptico , columella ‘e’ lamellis quinque contortis pe DI GIUSEPPE SEGUENZA 435 in seriem. digestis constituta ; septis latis , tenuibus , rarissime granulatis, primariis et secundarüs altioribus extus incrassatis ; palulis latis sub- undulatis, rare granulatis. Polipaio breve, piccolo, molto curvo, sottilmente granulato; l'arco della curvatura é nel piano del piccolo asse del calice; la base à allun- gata, sottile, orizzontale e troncata all'estremità ; le costole primarie e le secondarie sono alquanto angolose, le altre pianissime ed appena di- scernibili ; il calice è ellittico, cogli assi nel rapporto di 100 : 111; la columella è formata da quattro o cinque lamelle larghe, contorte e disposte in serie; i tramezzi sono sottili e larghi; quelli dei due primi ordini s' innalzano al disopra degli altri e sono molto ingrossati all’esterno , il quinto ciclo poi vi è solamente manifesto in qualche sistema, e quindi si veggono da due a otto tramezzi sempre molto piccoli ; i paletti sono larghi, alquanto ondulati e sparsi di rari granuli. Questa specie è ben caratterizzata dalla posizione dell’areo di curva- tura, dalle costole principali angolose, e dall’ingrossamento dei tramezzi principali in vicinanza della muraglia. Altezza del polipaio , 12". Assi dello stesso 16" 1% mm Trovasi nelle marne di Rometta e dello Scoppo. Alquanto raro. DD. Il quinto ciclo molto sviluppato. E. Polipaio retto. 4. CERATOCYATHUS MAXIMUS SEG. Tav. IV , fig. 4, 4a. C. polypario magno, solido, conico-compresso, oblique truncato, confer- tissime granulato ; pedunculo producto attenuato ; costis aequalibus, latis, medio sulcatis, linea superficiali vix distinctis; calice ellyptico ; fossula profunda; columella magna ; septis extus incrassatis , latissimis , primariis et secundariis maioribus ; palulis latis , granulis crassis gerentibus. Polipaio molto grande e compatto, di forma conica ma compressa, troncato alla parte superiore obliquamente all'asse, colla muraglia sparsa di granuli molto ravvicinati; la base è allungata e assottigliata in un pe- duncolo alquanto gracile, ordinariamente rotto; le costole sono uguali , appena distinte da una linea superficiale, appianate e fornite di un solco mediano; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 115; 5 436 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. la fossetta profonda; la columella sviluppatissima e costituita di molte lamelle contorte ; i tramezzi sono pur troppo spessi e ravvicinati, assotti- gliandosi verso Y interno; quelli dei primi due cicli sempre più grandi; il quinto ciclo manca intieramente in due sistemi; in altri tre è svilup- pato nella sola quarta parte; nel sesto poi trovasi im una metà; i paletti granuli. Questa specie, tra le più grandi del genere, si fa distinguere prin- sono larghi e sparsi di grossi cipalmente pel grande sviluppo della columella, e per la spessezza dei tramezzi. Altezza del poilipaio 4g””. Assi del calice 38"" 33". Nelle marne di Rometta. Raro. 5. CERATOCYATHUS RECTUS SEG. Tav. IV, fig. 6. C. polypario breve, conico-inflato, basi plus minusque producta vel attenuata , costis convexiusculis , irregulariter subundulatis , alternatim elevatioribus ; granulis thecae confertissimis, confluentibus; calice ellyptico; columella e lamellis plurimis, tenuibus plicato-contortis per seriem di~ gestis constituta ; septis tenuibus, latis; palulis latissimis rare granulatis. Polipaio conico rigonfio, colla base più o meno allungata e sottile ; colle costole convesse, alternativamente più elevate e alquanto irregolar- mente ondulate, e ricoperte di granuli ravvicinatissimi e confluenti ; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di roo : 130 ; la co- lumella è formata di molte lamelle sottili, contorte e variamente flessuose, disposte in due ordini; i tramezzi sono molto larghi, sottili e granulati; i paletti larghissimi e sparsi di rari granuli. Siccome tutti gl’ individui che possiedo sono rotti, non ho potuto ben determinare in quali sistemi manchi il quinto ciclo di tramezzi ; ma a quel che pare i paletti sono al numero di venti, e quindi sembra che Pultimo ciclo di tramezzi manchi solo in due sistemi, o in porzioni di quattro. Altezza del polipaio 37°”. Assi del calice 44"" 347", Raro Nelle marne di Trapani presso Me | | DI GIUSEPPE SEGUENZA 437 / G. CERATOCYATHUS SONULUS Sec. Tav. IV, fig. 7, 7a. C. polypario conico-compresso , subrecto , medio inflato, superne coarctato et oblique truncato, extus tenuissime et confertim granulato ; basi producta attenuata, costis planis, aequalibus vix distinctis; calice ellyptico ; columella e lamellis disjunctis, undulatis, per seriem digestis constituta; septis tenuibus , strictis, subaequalibus , marginem. calicis vix superantibus, quibus ad tres primarios ordines pertinent vix latioribus ; palulis latis, viginti, subundulatis , rarissime granulatis. Polipaio conico, alquanto compresso, quasi retto, un po’ rigonfio nel mezzo ed alquanto ristretto alla parte superiore; colla muraglia ricoperta di sottili e ravvicinati granuli; colla base allungata e sottile; le costole sono uguali, piane ed appena distinte; il calice è ellittico, cogli assi nel rapporto, di 100 : 124; la columella è formata di lamelle sottili, disgiunte, ondulate e disposte in serie; i tramezzi sono stretti, sottili , quasi uguali e poco sporgenti al disopra del margine del calice ; il quinto ciclo vedesi sviluppato intieramente in alcuni sistemi, ed in parte in altri; i paletti sono circa al numero di venti o meno, larghi, sottili , alquanto ondulati e sparsi di rari granuli. Questa specie molto somigliante al C. maximus, differisce abbastanza per essere più piccola, coi tramezzi stretti e sottili, colla base allungata di pià, e le costole meno distinte e non solcate. Altezza del polipaio 24"". Assi del calice 33" 18 mm, Nelle marne di Rometta, Scoppo, Trapani, Gravitelli ecc. Alquanto comune. EE. Polipaio curvo. F. Curvatura nel piano dell'asse maggiore del calice. 7. CERATOCYATHUS ROMETTENSIS Sec. Tay. IV, fig. 8, 8a E. polypario conico compresso, curviuseulo, extus, tenuiter ac con- fertim granulato, basi attenuata et sursum flexa ; costis aequalibus in- distinctis , subcanaliculatis ; calice elliptico ; fossula subplanata; columella A À | 438 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. e lamellis undato-plicatis constituta ; septis tenuibus, strictis vix a calice prominentibus , tribus ordinibus primariis ab aliis paullo majoribus ; palulis latis, tenuibus, subundulatis, rare granulatis. Polipaio conico alquanto compresso e poco curvo, colla base atte- nuata e rivolta in su; colla muraglia sparsa di qualche piega trasversale, e di granuli sottili e ravvicinati ; le costole sono uguali, indistinte, e quasi scanalate; in certi individui ve ne ha aleune verso la base un po’ sporgenti ; il calice è ellittico ma sempre un po’ irregolare ; il rapporto degli assi è circa 100 : 112; la columella è formata di lamelle ondulate e contornate in varie guise; i tramezzi sono sottili, stretti , poco spor- genti dal margine del calice; quelli dei primi tre ordini sono alquanto più larghi degli altri; quelli del quinto ciclo mancano intieramente in due sistemi e nella metà di due altri; i paletti sono sottili e con rari granuli. Altezza del polipaio 19"". Ass del calice 12/7, 19. Raccolto nelle marne di Rometta. Raro. 8. CERATOCYATHUS STRIATUS SEG. Tav. IV , fig. 9. C. polypario conico-compresso et fortiter curvo, extus tenuiter gra- mulato , basi longe attenuata et sursum flexa; costis aequalibus fere in- distinctis, subcanaliculatis; calice ellyptico profundiusculo ; columella e lamellis undato-plicatis constituta, septis tenuibus, primariis et secundariis majoribus; palulis latissimis, subundu'atis , rare granulatis. Questo polipaio è molto prossimo al precedente per la forma e per la sottigliezza dei tramezzi; e se ne distingue pel rapporto degli assi del calice, essendo come 100 : 122, per la base più allungata, e pel calice più dilatato e più profondo. Altezza del polipaio 20"", mm mm Assi del calice 27 DA Raccolto allo Scoppo. Rarissimo. 9. CERATOCYATHUS COMPRESSUS SEG. Tav. IV, fig. 10, 10a. Gi polypario elato , conico-compresso , tenuissime et confertissime granulato , angulis duobus obtusis lateralibus, inferne curvato; basi DI GIUSEPPE SEGUENZA 439 paullo producta obtusiuscula; theca solidissima; costis distinctis planatis ; ipsae quae ad tres primarios ordines pertinent, elevatiores sunt; calice ellyptico; columella vix distincta......; septis tenuibus . . . . . ; palulis latissimis, granulis raris gerentibus, Polipaio allungato conico-compresso, e coperto di granuli sottili e ravvicinati; lateralmente presenta due angoli ottusi poco distinti; la curvatura è solo alla parte inferiore; la base è poco allungata ed alquanto ottusa ; le costole sono ben distinte ed appianate; quelle dei primi tre ordini si mostrano più sporgenti delle altre; il calice è ellittico, cogli assi nel rapporto di 100 : 122; la columella è pochissimo sviluppata , i paletti ed i tramezzi sono sottili.. La mancanza d’individui completi fa restare incompleta la diagnosi. Questa specie per essere abbastanza elevata e compressa, e pei due angoli laterali distinguesi pur troppo bene dalle altre Altezza del polipaio 32. si del calice 22%” 18m, Nelle marne giallastre di Rocca e Rometta. Raro. FF. Curvatura nel piano dell'asse minore del calice. 10. CERATOCYATHUS PLANICOSTATUS SEG. Tay. V; fig. 3. C. polypario solido , conico , fortiter curvato, theca solida et con- fertim granulata ; basi elongata , longe attenuata et sursum flexa; costis planis aequalibus, lineis impressis disjunctis ; calice ellyptico ; fossula profundiuscula ; columella e lamellis quatuor per seriem digestis consti- tuta ; septis tenuibus , rarissime granulatis , primariis et secundariis majoribus ; palulis latis rare granulatis et subundulatis. Polipaio compatto, conico, molto curvo ; colla base molto assottigliata e ricurva in su; le costole sono uguali, pianissime , separate da linee impresse, € coperte di granuli molto ravvicinati ; il calice ellittico o ovale, cogli assi che stanno nel rapporto di 100: 124; la fossetta alquanto profonda; la columella ‘è costituita da tre o quattro lamelle contorte e disposte in serie; i trámezzi sono sottili, con rari granuli, per la man- canza del quinto ciclo di essi in alcuni sistemi, il calice sembra costituito di circa 17 sistemi ternarii, con qualche sistema formato da un solo T 440 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. tramezzo , essendo disgiunti da circa 18 tramezzi più grandi ; i paletti granuli. sono larghi, un po’ ondulati, con rari Altezza del polipaio 36"". Assi del calice 28"? 22 4" Trovasi nelle marne di Rometta, di Spadafora e di Rocca. Raro. 11. CEnATOCYATHUS LANCIANUS SEG. Tav. IV, fig. 11, 114. C. polypario breve, conico , compressiusculo , superficie thecae gra- nulis tenuibus confertis gerente; basi producta attenuata , costis planis- simis , fere indistinctis ; calice ovali, fossula planata ; columella e lamellis paucis constituta; septis tenuibus, e margine calice, vix et subaequaliter prodeunt ; palulis latis granulatis. Polipaio breve, conico, compresso e fortemente curvo, colla base al- lungata ; le costole sono indistinte, piane ed uguali; il calice & ovale, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 120; la fossetta è superficiale ; la columella è costituita da poche lamelle; i tramezzi sono molto sottili e stretti, e sporgono quasi ugualmente dal margine del calice; il quinto ciclo di essi manca in soli due sistemi o porzioni di questi; i paletti sono molto larghi e granulati. Questa specie, che dedico al sig. Federico Lancia Duca di Brolo, egregio cultore di conchigliologia, è ben distinta per la sua brevità e per la streltezza e poco sporgenza dei tramezzi. Altezza del polipaio 15%, Assi del Calico 20" «Lante Nelle marne di Rometta. Rarissimo. 19. CERATOCYATHUS BENOITIANUS SEG. Tav. IV, fig. 12, 12 a. C. polypario conico-compresso , vix curvo, confertim granulato ; basi attenuata; costis acqualibus , planis, indistinctis ; calice ellyptico , fossula superficiali planata ; columella elongata, e lamellis plurimis , contorto-plicatis, in seriem duplicem. digestis constituta; septis tenuibus , latis; palulis tenuissimis rare granulatis. Polipaio conico-compresso, poco curvo, e sparso alla superficie di | | I OR Aiace en at a a D tte EIE DI GIUSEPPE SEGUENZA 441 granuli molto ravvicinati; le costole piane, uguali, indistinte; la base è gradatamente assottigliata ; il calice alquanto dilatato, ellittico, cogli assi nel rapporto di roo: 122, con una fossetta superficialissima e piana; la columella è molto sviluppata e lunga, costituita da molte lamelle flessuose e disposte in doppia serie; i tramezzi sono sottili e larghi , il quinto ciclo di essi manca in porzione di alcuni sistemi; i paletti sono molto sottili e con rari granuli. Questa specie distinguesi principalmente alla sua forma conico-elargata, alla sua leggiera curvatura, ed allo sviluppo considerevole della co- lumella. Offro questo polipaio al chiarissimo sig. Luigi Benorr, autore fra le altre d’una pregevolissima opera riguardante le conchiglie terrestri e fluviatili di Sicilia. Altezza del polipaio 17". Assi del calice 23?" 1,8», Trovasi a Rometta. Molto rara. 13. CERATOCYATHUS ELEGANS SEG. Tav. V, fig. 1, 1a. C. polypario conico-inflato, compressiusculo , inferne curvo, confertim granulato ; basi attenuata; costis aequalibus, lineis impressis disjunctis, medio subcanaliculatis , inferne primariis et secundariis convexis, pro- minulis; calice ellyptico ; fossula profunda ; columella e lamellis contortis, flexuosis , in seriem. digestis constituta; septis tenuibus, latis, primariis et secundariis subaequalibus latioribus; palulis latissimis , tenuibus: rare granulatis. Polipaio conico, rigonfio » colla base attenuata e curva, colla super- ficie della muraglia sparsa di granuli ravvicinatissimi; le costole sono leggermente scanalate, uguali e disgiunte da linee impresse nella parte superiore ; inferiormente quelle che corrispondono ai tramezzi dei due primi ordini sono alquanto sporgenti e convesse ; locché si osserva sola- mente sulla parte convessa del polipaio; nell'incavo della curvatura le costole sono tutte piane; il calice è ellittico , cogli assi nel rapporto di 100 : 113; la fossetta è profonda e la columella formata di 4 o 5 lamelle flessuose , disposte in serie; i tramezzi sono larghi, sottili, e costituiscono i primi due ordini quasi uguali, più larghi degli altri; i tramezzi del Serie II. Tom. XXI. 5g D Ì I" 442 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. quinto ciclo mancano intieramente in un sistema, e quasi completamente in un altro; i paletti sono larghissimi, sottili e sparsi di rari granuli. Altezza del polipaio 26"". Assi del calice 29 4°" 26", Nelle marne di Rometta. Poco comune. 14. CERATOCYATHUS AFFINIS SEG. Tav. V, fig. 2, 2a. C. polypario breve, conico-compresso , tenuiter granulato, basi at- tenuata fortiter curva ; costis, latere concavo polyparii , planis; aequa- libus , lineis impressis disjunctis, latere convexo magis perspicuis , pri- mariis, secundariis et saepius tertiarüs elevatioribus ; calice ellyptico ; columella e lamellis undato-plicatis constituta ; septis tenuibus , primariis et secundariis majoribus ; palulis tenuibus , latis rare granulatis. Polipaio breve, conico, compresso ed abbastanza curvo, colla mu- raglia coperta di granuli sottili, colla base bastantemente curva ed atte- nuata ; le costole sono piane, uguali e disgiunte da linee compresse in vicinanza del calice nel lato concavo del polipaio; ma nel lato che per la curvatara è convesso mostransi più distinte, e le primarie , le secondarie e sovente anche le terziarie sono più sporgenti e convesse. Il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100: 126; la columella è formata di lamelle flessuose disposte in serie ; i tramezzi sono poco sporgenti, sottili; e quelli dei primi due cicli più grandi; il quinto ciclo è quasi completamente sviluppato, solo manca nella metà o nella quarta parte di due sistemi; i paletti sono larghi, sottili e coperti di rari ma grossi granuli. Altezza del polipaio 22"". Assi del calice 31%" 24 7/7», Trovasi allo Scoppo ed a Rometta. Raro 45. CERATOCYATHUS SCILLAE Sec. Tav. V, fig. 5, 5a, 5b, 50. SciLLa. De corporibus marinis lapidescentibus. Tav. XIII (senza denominazione) C. polypario breve, conico-inflato , compressiusculo , subcureo ; basi attenuata acuta, fortiter curva et lateraliter flexa; costis, latere concavo , DI GIUSEPPE SEGUENZA 443 planis, aequalibus, plus minusque distinctis; latere convexo magis per- spicuis, convexiusculis, saepius inaequalibus ; calice ellyptico; fossula multo profunda ; columella e lamellis undato-plicatis constituta ; septis tenuibus , extus crassiusculis, primariis et secundariis elatis latissimis , extus crassissimis ; palulis viginti, tenuibus , latis, granulis raris cras- sisque gerentibus. Polipaio breve conico-rigonfio alquanto compresso e curvo, colla base attenuata , bastantemente curva e piegata lateralmente ; le costole sono piane, uguali, disgiunte da strie impresse e pià o meno distinte sulla q faccia concava del polipaio; laddove sul lato convesso mostransi più di- stinte e disuguali, essendo le primarie, le secondarie e sovente le terziarie più sporgenti e convesse; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 120 ; la fossetta molto profonda ; la columella è formata it da 6 a ro lamelle contorte, flessuose e disposte in serie; i tramezzi sono sottili, larghi ed ingrossati in vicinanza della muraglia, colle facce i sparse di piccoli e rari granuli; essi costituiscono cinque cicli, di cui i l’ultimo trovasi intieramente sviluppato in soli due sistemi, e nella metà degli altri quattro, le altre metà essendone completamente prive; i tra- mezzi del primo e del secondo ciclo sono spessissimi, molto più larghi e più alti degli altri, ma per ordinario sono 10 quelli che si sviluppano maggiormente , ed il polipaio sembra esser costituito di 10 sistemi; i paletti sono 20, molto larghi e sottili, e sparsi di rari e grossi granuli. Questa specie, dedicata all'egregio messinese Agostino Sciura, somiglia per la forma alla precedente, ma si distingue principalmente pei tramezzi primarii e secondari molto larghi ed elevati. Altezza del polipaio 35". Assi del calice 36"" 397, Trovasi nelle marne di Trapani, Scoppo, Gravitelli ecc. presso Messina. Alquanto raro. 16. CERATOCYATHUS PONDEROSUS. Tav. V, fig. 4, 4a, Ab. C. polypario magno, solido, conico-compresso , inferne fortiter curvo ; basi producta attenuata lateraliter flexa; theca solida, extus tenuissime granulata ; costis planis, latis , subaequalibus , sed primariis et secundariis elevatiusculis , subangulosis , praesertim in laterem congexum , et ad 444» DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. marginem calicis subcristiformibus; calice ellyptico; fossula profundissima; columella parum. distincta , e lamellis paucis , parvis, contortis , flexuosis, in seriem digestis constituta; septis latissimis tenuissimis extus crassius- culis , tribus primarüs ordinibus majoribus subaequalibus ; palulis viginti- duobus latissimis , tenuissimis, aliquandiu marginibus flexuosis, granulis crassis plus minusque exaratis. Polipaio conico, solido, alquanto compresso, molto grande e curvo principalmente. nella sua parte inferiore; la base è allungata, attenuata e lateralmente inclinata ; la muraglia è spessissima e ricoperta di granuli l sottili; le costole sono piane, uguali e disgiunte da strie impresse, ma nel lato convesso del polipaio verso la parte inferiore le principali sporgono alquanto al disopra delle altre e sono convesse; vicino al margine del calice poi queste stesse formano degli angoli più o meno sporgenti ; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100: 124, la » fossetta molto profonda ; la columella è poco sviluppata, e costituita da y piccole lamelle contorte e disposte in lunga serie; i tramezzi sono lar- À ghissimi e molto sottili, alquanto spessi in vicinanza della muraglia, colle \ facce che presentano piccoli e rari granuli; quelli che spettano ai primi \ tre cicli sono molto più grandi e quasi tra loro uguali; il quinto ciclo n è molto sviluppato, ordinariamente è completo in quattro sistemi, e manca nelle metà degli altri due, in modo che il calice sembra costituito i da 22 sistemi ternarii; i paletti al numero di 22 sono molto larghi , sottili e più o meno flessuosi al margine, colle facce sparse di granuli grossi. Questa specie è pur troppo distinta per potere venir confusa con altre, Altezza del polipaio 43"". Assi del calice 41"" 33°", | Trovasi nelle marne di Rocca e Rometta. Raro. FFF. Curvatura intermedia tra il piano dell'asse maggiore si e quello dell'asse minore del calice. { 17. CERATOCYATHUS COMMUNIS Sec. ! Tav, Vegan bali C. polypario conico-elongato , compressiusculo , inferne longe atte- nuato , arco curvaturae fere in planum axi minoris calicis, sed basi E pedunculata, sursum flexa, dexterae vel sinistrae incurva ; costis latis , | DI GIUSEPPE SEGUENZA 445 aequalibus, planis vel convexiusculis , tenuiter granulatis , lineis impressis plus minusque distinctis , saepius primariis et secundariis vix prominen- tioribus praesertim in faciem convexam ; calice ellyptico ; fossula profunda; columella e lamellis paucis , plicatis, in seriem. digestis constituta ; septis | tenuibus , latis, extus incrassatis , primariis et secundariis elevatioribus ; palulis latis tenuibus granulis crassis gerentibus. | Polipaio allungato, conico, solido, alquanto compresso, molto atte- nuato inferiormente e curvo quasi nel piano dell'asse minore del calice, sebbene la base si curva in sopra, piegandosi ora a dritta ed ora a si- nistra; le costole sono uguali , piane o alquanto convesse, sparse di gra- nuli ravvicinati , e sulla parte convessa del polipaio le principali sono alquanto più elevate delle altre; in alcuni individui alla superficie della muraglia osservansi delle piegature o delle rughe trasversali, locchè sembra f indizio della presenza d'un epitecio rudimentario; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 120; la fossetta è profonda; la columella è formata di poche lamelle contorte e flessuose; i tramezzi sono larghi, sottili, ingrossati in vicinanza della muraglia; i primi due \ cicli sono sempre più grandi , i tramezzi del quinto ciclo trovansi com- pleti in due soli sistemi; due altri li contengono in una metà, e gli altri nei tre quarti; i paletti sono circa 20, larghi, sottili e con grossi granuli. Altezza del polipaio 40™. Assi del calice 33 Mmm 28m, Questa specie è la più comune di questo genere; si rinviene a Ro- metta, Rocca, Zifronte, Scoppo, Trapani, Gravitelli, S. Filippo, Serro ecc. 18. CERATOCYATHUS SUBORBICULARIS Src. | Tav. V, fig. 6, 6a. d C. polypario brevi, conico, solido, subirregulari , extus confertim granulato , fortiter et dupliciter curvato ; basi acuta incurva , costis planis, latis, aequalibus , inferne. convexiusculis ; calice suborbiculari; fossula profunda ; columella e lamellis paucis constituta ; septis latis, tenuibus, | primarüs et secundariis majoribus extus incrassatis ; palulis latis , te- nuibus, granulis crassis gerentibus. Polipaio conico , solido, alquanto breve e doppiamente curvo, colla base molto curva ed acuta; le costole sono larghe, piane ed uguali, alla | | 446 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. parte inferiore alquanto sporgenti, convesse e disuguali ; il calice è quasi circolare; la fossetta profonda; la columella è costituita da 5 lamelle flessuose; i tramezzi sono larghi e sottili, colle facce sparse di piccoli granuli ; quelli del primo e secondo ciclo sono più grandi ed ingrossati abbastanza in vicinanza della muraglia; il quinto ciclo trovasi soltanto sviluppato nelle metà rispettive di soli quattro sistemi o di tutti e sei; i paletti sono larghi e con rari granuli. Questa specie è vicina all'antecedente, e distinguesi principalmente pel suo calice quasi circolare. Altezza del polipaio 25", Assi del calice 3o®® 27™™. Raccolta allo Scoppo, a Spadafora e Gravitelli. 19. CERATOCYATHUS ECOSTATUS SEG. Tav. V, fig. 8, 8a, 8b. C. polypario brevi, conico-subgloboso, extus tenuissime et confertis- sime granulato ; arco curvaturae ad planum axi majoris calicis pro- pinquiore ; basi sursum flexa; costis aequalibus , planis, indistinctis , linea mediana superficialissima impressis; calice ellyptico; fossula pro- fundiuscula ; columella e lamellis sex contorto-plicatis , in seriem digestis constituta; septis tenuibus , latis, extus incrassatis, primariis et secun- dariis elatioribus extus crassissimis; palulis tenuibus, granulis paucis gerentibus. Polipaio breve, conico, quasi globoso, poco curvo in un piano che si avvicina di più a quello dell'asse maggiore del calice; la superficie della muraglia è coperta d'una granulazione sottile e folta ; la base è molto curva e rivolta in alto , terminandosi con una cicatrice larga ed appia- nata; le costole non sono distinte da linee o da solchi, ma piane ed uguali, presentano nel mezzo un solchetto superficiale; il calice è ellit- tico cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 116; la fossetta è alquanto profonda ; la columella ellittica è costituita da 5 o 6 lamelle contorte flessuose e disposte in serie; i tramezzi sono larghi, sottili ed ingrossati in vicinanza della muraglia; quelli dei primi due ordini sono molto ele- vati. e spessissimi alla parte esterna ma principalmente nove; il quinto ciclo manca completamente in due sistemi; altri due ne son privi nelle n — E ÉÓ< nn es m mm — DI GIUSEPPE SEGUENZA 447 | loro rispettive meta, e due altre nelle loro quarte parti; i paletti sono al numero di 17, sottili e sparsi di rari granuli. Altezza del polipaio 18%”, Assi. del; calice. 21 ^^ 18.4%, Nelle marne dello Scoppo. Molto raro. CCC. Sei sistemi uguali di tramezzi, cinque cicli completi. 4 20. CERATOCYATHUS REGULARIS Sec. Tav. IV, fiy. 5. ? C. poly pario conico-inflato, compresso, recto ; superficie transversim undato-plicata , tenuissime granulata; basi producta attenuata vix curva; costis aequalibus , planatis , lineis superficialibus disjunctis, medio sulcis parum. profundis praeditis; calice ellyptico ; fossula multo profunda; columella e lamellis flexuosis in longam seriem digestis; septis tenuis- simis, primariis et secundariis elatioribus ; palulis vigintiquatuor , te- | nuissimis , subundulatis , latissimis , margine interno flexuoso, granulis | parvis, rarissimis gerentibus. 2 Polipaio retto, conico-convesso, alquanto compresso e retto , colla | superficie trasversalmente ondulata ed irregolarmente pieghettata , con | una granulazione sottilissima; colla base assottigliata alquanto curva ; | le costole sono uguali, appianate e distinte da linee appena visibili, nel | mezzo portano un solchetto superficiale; il calice è ellittico, cogli assi | che stanno nel rapporto di 100 : 125; la fossetta molto larga e profonda; la columella è costituita da piccole lamelle contorte e disposte in serie ; i tramezzi sono sottili, stretti, e sembra che costituiscano 12 sistemi ugualissimi, per la maggiore sporgenza ed uguaglianza dei tramezzi del primo con quelli del secondo ordine ; i paletti, 24 di numero, sono estre- >! mamente larghi ,' sottilissimi , alquanto ondulati, e sparsi di piccoli e rarissimi granuli. Altezza del polipaio 38". Assi del calice 35™™ 4387, * Nelle marne mioceniche di Rometta. Rarissimo. BB. Paletti dirimpetto all'antipenultimo ciclo di tramezzi. [ | Y 91. CERATOCYATHUS GEMELLARIANUS SEG. Tav. VI, fig. 1, ta. C. polypario conico, subrecto tenuiter granulato ; transversim. sub- rugoso ; basi producta, attenuata, subflexuosa; costis indistinctis , pri- maris et secundariis subangulosis, inferne magis prominentibus ; calice 1 suborbiculato ; fossula superficiali ; columella fasciculari, e lamellis paucis, contortis constituta, septarum quinque cyclis , ultimo incompleto ; septis inaequalibus, tenuissimis vix granulatis ; palulis duodecim, latis, tenuibus, undulatis et rare granulatis. condarie sovente sono alquanto angolose, e specialmente alla parte inferiore; il calice ha gli assi quasi uguali, stando nel rapporto di 100 : 108 ; la i fossetta è superficiale ; la columella fascicolare è costituita da sei o sette È > lamelle contorte: i tramezzi sono larghi, molto sottili e disuguali, con ? gn, 2 $ rari granuli sulle facce ; essi costituiscono cinque cicli, di cui l’ultimo è 5 d 4 BH incompleto, mancando nelle metà di due sistemi e nella quarta parte i ondulati, e con rari granuli sulle facce. 3. all'antipenultimo ciclo; ma pure essa mostra una tendenza a passare allo 4 stato normale del genere, dappoiché in quei sistemi in cui manca il mezzi, ma restano in direzione del terzo. ! Professore di geologia nell'Università di Palermo. j Altezza del polipaio 12 7,"". 1 Assi del calice 16"^ 14 /"". Li Raccolto nelle marne di Scoppo e di Rometta. Raro. à j AA. Armati (Armigeri). | Costole principali più o meno angolose o cristiformi. y G. Polipaio molto elevato, cilindraceo. 448 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARIT FOSSILI ECC. Polipaio conico, quasi retto, sottilmente granulato, e trasversalmente i] rugoso , perchè circondato da un epitecio rudimentario; la base è allun- gata e sottile ; le costole sono piane ed indistinte, le primarie e le se- rispettiva di due altri; in alcuni piccoli individui, forse giovani, non si | osservano che quattro cicli di tramezzi, e qualche volta coi rudimenti ' del quinto ciclo; i paletti in tutti i casi sono dodici e disposti esatta- mente dirimpetto ai tramezzi del terzo ordine; essi sono larghi, sottili, Questa specie è l’unica di questo genere, che porti i paletti dirimpetto A quinto ciclo, i paletti non passano dirimpetto al secondo ordine di tra- Dedico questo polipaio all'egregio sig. Gaetano Giorgio GEMELLARO, sro | | | AA DI GIUSEPPE SEGUENZA 449 22. CERATOCYATHUS POLYMORPHUS SEG. Tav. VI, fig. 2, 2a, 2b, 2c, 2d. C. polypario parvo, elongato-cylindraceo , conico subcompresso , subangulato, curvo, arco curvaturae inter plana axi majoris et minoris calicis medio ; basi elongata, semper fracta, saepius sursum flexa ; costis convexis angulosis , granulato-rugosis, primariis et secundariis prominentioribus; calice elliptico-subpolygono ; fossula profundiuscula ; columella e lamellis paucis contortis constituta ; septarum | quatuor cyclis , ultimo incompleto, saepius deficiente ; septis tenuibus granu- latis, granulis prominentibus acutis; septis primariis et secundariis majoribus ; palulis subtruncatis, tenuibus , subundulatis , granulis promi- nentibus gerentibus. Polipaio conico allungato e quasi cilindrico o prismatico , fortemente curvo, colla curvatura intermedia ira il piano dell'asse maggiore e quello dell'asse minore del calice, quantunque sempre variabile; la base è al- lungata, sovente rivolta in alto, coll'estremità sempre rotta; le costole sono alquanto sporgenti ed angolose, rugose pei granuli irregolari di cui sono sparse; le primarie e. sovente porzione delle secondarie sono per ordinario più elevate; il calice è ellittico quasi poligono; la fossetta profonda; la columella è costituita da due ad otto lamelle contorte ; i tramezzi sono sottili e sparsi di granuli acuti e molto sporgenti; essi sono variabilissimi in numero, per ordinario dieci sono più elevati e sembra allora che il calice è formato di dieci sistemi ternarii; in altri individui sono in minor numero sino a sparire completamente il quarto ciclo di tramezzi, e il calice consta di sei sistemi ternarii, ed ha allora una figura quasi esagona ; i paletti sono dirimpetto al penultimo ciclo di tra- mezzi, e quindi variano anch'essi in numero da dieci fino a sei; essi sono sottili, ondulati, quasi troncati all’apice, e sparsi di granuli molto sporgenti. Questa specie è distintissima per la base sempre rotta all’estremità, per la forma molto allungata, la quale è pure variabilissima in lunghezza ed in curvatura; per le costole e per la grande differenza di sviluppo che presenta il quarto ciclo nei varii individui, sino a mancare comple- tamente. Altezza massima del polipaio 12 7;"", Assi del calice 7" Gua, Serie IL Tow. XXL 450 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Nelle marne grossolane di Rometta. Comune. GG. Polipaio breve turbinato. Sei sistemi disuguali di tramezzi, cinque cicli, di cui l’ultimo incompleto. H. Il quinto ciclo rudimentario, 23. CERATOCYATHUS PARVUS SEG. Tav. VI, fig. 4, 4a. C. polypario parvo , conico-compresso , tenuissime granulato , inferne longe attenuato, curvo, arco curvaturae in planum. axi majoris calicis ; basi producta, gradatim. attenuata ; costis planatis indistinctis, primariis et secundariis prominentioribus acutis ; calice elliptico; columella e lamellis quatuor flexuosis in. seriem digestis constituta; septis tenuibus, primariis et secundariis majoribus , extus incrassatis; palulis duodecim truncatis, rarissime granulatis , subundulatis, ad marginem internum flexuosis. Piccolo polipaio conico compresso, con sottile granulazione alla su- perficie della muraglia, gradatamente attenuato alla parte inferiore e bastantemente curvo nel piano dell'asse maggiore del calice; la base è allungata, sottile e troncata per la cicatrice del punto d'attacco ; le costole sono piane ed indistinte, ma le primarie e le secondarie sono sporgenti in angoli acuti; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 119; la columella è costituita da tre o quattro lamelle flessuose e disposte in serie; i tramezzi sono sottili, ma quelli dei primi due ordini sono più grandi ed ingrossati abbastanza in vicinanza della mu- raglia ; di due o di te sistemi ; 1 paletti sono dodici, troncati all'apice; ondulati, il quinto ciclo vedesi solo sviluppato nelle quarte parti rispettive flessuosi al margine interno e con rari granuli sulle facce. Altezza del polipaio 13"". mm Assi del calice 12 Z"" 10% Raccolto nelle marne di Rometta. Raro. 24. CEnATOCYATHUS EDWARDSIANUS Sec. Tav. VI, fig. 3, 3a, 3b. C. polypario breve, conico , superne elargato, extus duodecim an- gulato et granulato-aspero, curvo, arco curvaturae inter plana axi ma- joris et minoris calicis medio ; basi elongata attenuata; costis primariis ! | DI GIUSEPPE SEGUENZA 451 et secundariis in angulum acutum prominentibus, aliis indistinctis vel subangulosis; calice elliptico suborbiculato ; fossula superficiali ; colu- mella e lamellis duobus tribusve flexuosis constitutas septis tenuissimis , strictis, inaequalibus , rare granulatis ; palulis latis, undulatis, superne truncatis , margine interno flexuosis, granulis elongatis acutis gerentibus. Piccolo polipaio ed elegante, breve, conico, dilatato alla parte su- periore, rugoso alla superficie pei granuli sporgenti di cui è fornito : molto curvo, l'arco della curvatura é intermedio tra il piano dell'asse maggiore del calice e quello dell'asse minore; la base è allungata ed attenuata; le costole primarie e secondarie sono sporgenti in forma di angoli acuti, le altre sono poco distinte, ma qualche volta alquanto an- golose ; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 116; la fossetta superficiale; la columella costituita di due o tre lamelle fles- suose; i tramezzi sono sottili, stretti e con rari granuli, quelli dei due primi ordini più larghetti; il quinto ciclo sviluppato solo in tre quarti di due sistemi, e sovente anco nelle quarte parti rispettive di due altri; gine interno i paletti sono larghi, ondulati, coll’estremità troncata, col marg flessuoso, e colle facce sparse di granuli sporgenti ed acuti. Questa specie è ben distinta dalla precedente per la posizione dell'arco di curvatura, per la granulazione ecc. Dedico questo Ceratocyathus al chiarissimo Professore signor Mirne Epwarps, che coi suoi studii esattissimi ha fatto tanto progredire la zoologia e la paleontologia dei Corallarii, mandando alla luce una serie di opere ragguardevoli. Altezza del polipaio 10™". Assi del calice 14% 1a 4™. Marne di Rometta. Raro. 25. CERATOCYATHUS COSTATUS SEG. Tav. VI, fig. 9. C. polypario breve dilatato, subhemispherico; superficie confertim granulata; basi producta , attenuata, curva in planum axi majoris ca- licis, costis variis, primariis et secundariis in angulis acutis prominen- tibus, praesertim prope calicem, aliis latis planis aequalibus ; calice elliptico; columella e lamellis paucis in seriem digestis constituta; septis tenuibus extus incrassatis, primariis et secundariis magis elatis, crassissimis ; palulis latis tenuibus rare granulatis. 452 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Polipaio molto breve, quasi di forma emisferica, colla base sporgente; attenuata e curva in modo che Parco di curvatura è nel piano dell’asse maggiore del calice; le costole sono di varia forma; quelle del primo e del secondo ordine sono sporgenti in angolo acuto, pei due terzi su- periori del polipaio e viemaggiormente in vicinanza del calice, tutte le altre sono molto larghe, piane ed uguali, ma sulla parte convessa esse sono un po’ sporgenti, rotondate e disuguali ; il calice è ellittico, ed ha gli assi nel rapporto circa di roo : 116; la fossetta è profonda; la co- lumella costituita di poche lamelle larghe, flessuose e disposte in serie ; i tramezzi sono sottili ed ingrossati all’esterno , quelli dei primi due ordini sono molto più elevati degli altri e spessissimi; il quinto ciclo è sviluppato soltanto e completamente in due sistemi contigui; i paletti sono larghi, sottili e con grossi e rari granuli. La forma quasi emisferica distingue pur troppo questa specie da ogni altra. e Altezza del polipaio 15"". Assi del calice 36"”, 31", Un solo individuo di questa specie è stato da me raccolto nelle marne mioceniche di Gravitelli presso Messina. HH. Il quinto ciclo molto sviluppato. 26. CERATOCYATHUS ZANCLAEUS SEG, Tav. VI, fig. 7, 7a, 70. C. polypario solido, conico, breve, compresso, curvo, curvatura in planum axi minoris calicis , superficie tenuiter granulata; basi attenuata ; costis variis, inferne vix distinctis, planis, aequalibus , in faciem con- vexam polyparii alternatim. elevatioribus convexis ; superne tribus pri- mariis ordinibus costarum in angulos acutos cristiformes , inaequales , multo prominentibus , aliis. subaequalibus planiusculis ; calice elliptico , fossula parum. profunda; columella e lamellis decem flexuosis, in seriem digestis constituta; septis latis tenuibus extus crassiusculis , primariis et. secundariis muito elatioribus , latissimis , valde incrassatis ; palulis te- nuibus latis rare granulatis. Polipaio molto solido, conico e breve, curvo nella direzione dell'asse minore del calice, colla base attenuata e la superficie sottilmente | DI GIUSEPPE SEGUENZA 453 granulata ; le costole sono quasi piane ed uguali nella metà inferiore del polipaio, sebbene sulla parte convessa le piane alternano con altre rotondate e un po’ sporgenti; sulla metà superiore poi i tre primi ordini di costole sono molto sporgenti in forma di angoli acuti o di creste, essendo sempre più elevate quelle che corrispondono ai più antichi tra- mezzi, tutte le altre poi sono quasi piane ed uguali ; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 129; la fossetta poco pro- fonda; la columella è costituita di dieci o meno lamelle flessuose, e disposte in serie doppia o semplice; i tramezzi sono sottili » larghi ed alquanto spessi in vicinanza della muraglia, ma quelli che spettano ai primi due ordini sono molto più elevati, più larghi e d’una grande spes- sezza soprattutto all’esterno; il quinto ciclo è quasi per intiero sviluppato, mancando solamente nelle metà rispettive di due sistemi; i paletti sono larghi, sottili, colle facce granulate, Questa bella specie è pur troppo distinta dalle sue principali costole molto sporgenti, e dai tramezzi spessissimi ed elevatissimi ai suoi primi due cicli. Altezza del polipaio 35", Assi del calice 4o™, 3, mm, Nelle marne di Gravitelli e Scoppo presso Messina. Rarissimo. 27. CERATOCYATHUS ORNATUS SEG. Tav. VI, fig. 5, Ba. C. polypario breve, conico, subrecto, subgibboso , et tenuissime gra- nulato, superne dilatato; basi attenuata, costis convexis » angulatisque , prope calicem prominentioribus ; calice elliptico, plano; Sossula super- ficialissima; columella e lamellis plicatis constituta j septis tenuibus latis, primariis et secundariis majoribus, extus et superne prominentibus ; pa- lulis latis granulis crassis gerentibus. Polipaio breve, conico, retto e gibboso da un lato, dilatato alla parte superiore e colla base sottile; la superficie è sparsa di esilissimi granuli ; le costole sono più o meno convesse ed angolose, ma principalmente in vicinanza del calice, il quale è ellittico, dilatato, piano, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 120 ; la columella è formata di molte la- melle flessuose , disposte in forma fascicolare; i tramezzi sono larghi e à 4 494 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. sottili ; quelli dei primi due ordini uguali tra loro, e molto pià grandi | sporgendo abbastanza in fuori ed in alto; il quinto ciclo sembra man- care nelle metà rispettive di due soli sistemi; i paletti sono larghi e portano grossi granuli sulle facce. 1) Altezza del polipaio 12"”. Assi del calice 23:47", 19 47". i Nelle marne mioceniche di Rometta. Raro. 28. CERATOCYATHUS ACUTICOSTATUS SEG. Tav. VI, fig. 8, 8a. C. polypario solido, conico, elato, curvo, arco curvaturae fere in planum axi minoris calicis , superficie rugoso-granulata , basi attenuata ; costis alternatim planis et in angulos acutos, fere lamelliformibus pro- minentibus ; calice, columella, septis, palulis........ ignotis. Questa specie è distintissima per la superficie trasversalmente rugosa, ed insiememente sparsa di granuli esilissimi, non che per le costole che sono alternativamente piane ed angolose, queste ultime si elevano molto quasi in forma di lamelle. Pur nondimeno la diagnosi resta incompleta, dappoichè non altri individui ho rinvenuto, se non pochi e rotti. Nelle marne di Rometta. Raro. 29. CERATOCYATHUS POLYHEDRUS SEG. Tav. VI, fig. 6. C. polypario gibboso-conico, curviusculo ; basi attenuata, acuta; superficie thecae confertim granulata; costis planis, aequalibus, subindi- stinctis, sed primariis et secundariis in angulos acutos prominulis; calice elliptico ; fossula profunda ; columella e lamellis flexuosis in seriem digestis constituta ; septis tenuibus , primariis et secundariis aequalibus , majoribus ; palulis latis , tenuibus, granulis crassis gerentibus. Polipaio conico, un po'curvo e gibboso, colla superficie sparsa di granuli molto ravvicinati, e colla base attenuata ed acuta; le costole sono generalmente piane e poco distinte, ma quelle dei primi due ordini si » elevano alquanto, formando degli angoletti acuti; il calice è ellittico , cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 125; la fossetta profonda; j | é ^ » T DI GIUSEPPE SEGUENZA 455 la columella è formata da non poche lamelle disposte in serie; i tra- mezzi sono sottili; quelli dei primi due ordini più grandi degli altri ; il quinto ciclo è sviluppato completamente in cinque sistemi, e manca nella metà del sesto; i paletti sono larghi, sottili, e con grossi granuli. Altezza del polipaio 30™. Assi del calice 32/47", 26". Nelle marne di Rometta. Raro. Seconda Tribù TROCOCIATACEL (Trochocyathaceae) Paletti formanti molte corone attorno della columella. Genere STEPHANOCYATHUS Sec., 1862. Sinonimo. Trochocyathus Secuenza nella collezione (non Epwanps e Hame) (1). Polipaio semplice, breve e molto allargato, ordinariamente di forma quasi discoidale, in modo che la muraglia è appianata ed orizzontale alla parte inferiore, rilevandosi tutta all intorno, dopo aver fatto un angolo più o meno distinto. La base piana presenta una leggiera protuberanza centrale, in mezzo alla quale havvi una cicatrice, che indica l'aderenza nella giovine età, mentre il polipaio è libero allo stato adulto. Il calice è circolare; la fossetta è ben grande e profonda a norma dell'altezza del polipaio ; la columella essenziale, spesso bene sviluppata, è costituita di fusticini cilindrici, o alquanto compressi e fascicolati, che s'ingrossano, si saldano insieme e si obliterano coll'età; i tramezzi sono larghi, incavati e ristretti nel centro, seguendo la forma della muraglia, spessi all'esterno, granulati sulle facce, arcuati in alto, e molto sporgenti al disopra del margine del calice. I paletti sono d'ordinario bene sviluppati, compressi e divisi in due (1) La prima specie che descrivo sotto questa nuova denominazione generica era stata da me per lungo tempo riguardata come spettante al genere Trochocyathus; ma avendomi potuto pro- curare posteriormente degl’ individui più completi e meglio conservati, mi sono convinto che bisogna costituirne un genere novello. € À 456 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. lobi, liberi all'esterno ed all’ interno, situati avanti tutti i cicli di tramezzi, eccetto l’ultimo; quelli che costituiscono la corona del terzo ciclo con- vergono alquanto verso quelli del secondo, ed alcune volte presso la co- 1 lamella si saldano con essi. Rapporti e differenze. Questo genere ha grandi rapporti coi Trochocyathus e coi Lepto- cyathus ; differisce dai primi per la forma discoidale, e molto più pei paletti bilobati; somiglia ai secondi per la forma, differendo per la di- sposizione e conformazione dei paletti. Il massimo ravvicinamento di questo gruppo poi si ha col genere 4plocyathus del sig. D’Onvicny, che | i sigg. Epwanps e Hame hanno riunito ai loro Trochocyathus; e siffatta somiglianza esteriore, fondata sul calice circolare e la brevità del polipaio, vien meno soprattutto per la conformazione dei tramezzi. Probabilmente | dovrebbe far parte di questo nuovo genere il Zrochocyathus Bunesi del sig. Hame, raccolto nell'eocenico della catena d'Hala in Sinde, per essere molto breve e fornito d’alcuni paletti bilobati. Storia. È ben lungo tempo che possedo nella mia collezione paleontologica qualche individuo della prima tra le specie qui in seguito descritte, e quantunque l'avessi denominato Trochocyatus elegans, pure fui sempre dubbioso in riguardo alla determinazione generica ; e non ha guari che s | il rinvenimento d'individui bene conservati, e di altre due specie molto affini, mi ha porto il destro di studiare accuratamente i caratteri di B siffatti polipai, e così stabilire il novello genere. 1. STEPHANOCYATHUS ELEGANS SEG. Tav. VII, fig. 1a, 15, 1c, 1d, 1e, 1f, 1g, 11. Trochocyathus elegans Sec, (nella collezione). S. polypario breve, orbiculato-subdiscoidali, inferne planato aut vix convexo , saepe concentrice plicato, medio saepius productiusculo et 4 subpedunculato; costis granulatis, planatis, sed majoribus prominentio- ribus , angulosis, et quidem magis distinctis , saepius subinterruptis s DI GIUSEPPE SEGUENZA 457 omnibus autem prope marginem calicis prominentibus suberistiformibus ; calice orbiculato ; columella e bacillis plurimis, teretibus vel compres- siusculis, demum. obliteratis , coalescentibus, et granulis conicis hirtis , constituta; systematibus sex aequalibus ; septarum quinque cyclis, septis tenuiter ac rare granulatis, confertis ; primariis et secundarüs aequa- libus prominentissimis, extus incrassatis ; palulis latis granulatis, lobis acutiusculis. Polipaio breve, di forma circolare quasi discoidale, granulato in tutta la superficie esterna; colla parte inferiore larga ed appianata, ovvero leggermente convessa e precipuamente nel centro, dove esiste ordinaria- mente una leggiera prominenza con un incavo, che indica il polipaio essere stato fisso nella giovine età , sebbene in qualche individuo trovasi invece un peduncolo brevissimo ; siffatta base cosi larga e libera mostra delle piegature, dei solchi e delle strie irregolarmente disposte, ma che costituiscono quasi tanti cerchi concentrici, e là, ove la muraglia ripiegasi in su per divenire quasi verticale, osservansi i rudimenti di un epitecio, il quale occulta alquanto le costole; queste sono piane, eccetto quelle corrispondenti ai primi tre cicli di tramezzi, le quali sono più sporgenti, angolose, e sovente interrotte o irregolarmente dentate ; presso il margine del calice poi le costole sono tutte sporgenti, angolate e quasi crestiformi; il calice è circolare, la fossetta molto profonda ; la columella è costituita di molti bastoncelli quasi cilindrici o alquanto compressi, rotondati al- l’estremità, i quali coll'invecchiare del polipaio s'ingrossano, si saldano insieme, restando libere le estremità che divengono irte per molte punte coniche, di cui si ricuoprono. I tramezzi sono ingrossati all'esterno, coperti di piccoli e rari granuli, e molto ravvicinati tra loro; essi costituiscono cinque cicli ordinariamente completi, ma qualche volta l’ultimo manca in una porzione di uno o due sistemi, i quali allora sono più piccoli degli altri, mentre ordina- riamente sono tutti uguali ; in qualche individuo si scorgono delle costole sottili presso il margine del calice, che sembrano gl'indizii di un sesto ciclo di tramezzi; esse alternano con tutte le altre costole, ed in loro direzione , nell'interno del calice, manca ogni rudimento di tramezzi; il primo e secondo ordine di tramezzi sono tra loro uguali, e molto pià larghi, pià spessi e pià elevati degli altri; i paletti sono larghi e divisi in due lobi alquanto acuti, disgiunti da un seno arcuato; siffatti lobi si Serie II. Tom. XXI. i =Q 4 )O DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. obliterano qualche volta coll'età, altre volte s ingrossano di molto, ed ordinariamente poi quelli che spettano al terzo ordine convergono alquanto verso quelli del secondo , e si saldano sovente con essi presso la colu- mella. I giovani individui sono discoidali, colla muraglia completamente orizzontale; e i loro tramezzi sottilissimi sono ondulati, pieghettati sui margini e dentellati; siffatti denticelli sono più grandi in vicinanza della columella, e andranno a costituire poi i paletti ; siffatte dentellature rav- vicinano moltissimo lo stato giovanile del polipaio che esamino al genere Leptocyathus. Varietà S. subspinosus Sec. Fig. 1d. Questa varietà é rarissima; essa differisce dai caratteri sopra espressi per essere più grande, maggiormente convessa alla base, con alcuni tra- mezzi del sesto ciclo in qualche sistema, e Soprattutto per avere le costole che corrispondono ai primi due o tre ordini di tramezzi ornate, anzi costituite d'una serie di tubercoli ora rotondati ed ora quasi spiniformi. Altezza del polipaio figurato 18". Diametro del calice 4o". Questa elegantissima specie trovasi ordinariamente in frantumi nelle marne giallastre mioceniche delle contrade Scoppo, Gravitelli , Trapani, Rometta, S. Filippo. 2. STEPHANOCYATHUS VARIABILIS SEG. Tav. VII, fig. 2a, 2b, 2c, 2d, 2e, 2f. S. polypario brevissimo, orbiculato-discoidali , inferne planato aut convexiusculo , irregulariter concentrice plicato, et epithecium rudimen- tarium, gerente; medio productiusculo ; costis aequalibus, planatis , vix distinctis, ad marginem. calicis prominentibus cristiformibus ; calice or- biculato , planato aut vix profundato : columella e papillis paucis demum saepius deficientibus constituta ; septarum quatuor cyclis, ultimo sacpis- sime incompleto ; septis granulatis , primariis et secundariis subaequalibus, majoribus, extus demum. incrassatis, superne multo prominentibus ; pa- lulis latis obliteratis vix prominentibus subbilobatis , demum. crassissimis et granulosis , tertiariis cum secundariis intus coalescentibus. DI GIUSEPPE SEGUENZA 459 Polipaio molto variabile, brevissimo, di forma circolare, appianato ovvero alquanto convesso alla parte inferiore, colla muraglia che rilevasi poco all'intorno di questa base piana e discoidale; su di essa osservansi | i rudimenti di un epitecio, per cui la superficie è irregolarmente piegata; » nel mezzo della base havvi una brevissima ed irregolare prominenza; le costole sono poco distinte, piane, uguali e separate da linee alquanto spor- genti; presso il margine del calice divengono elevate in forma di creste; il calice è circolare, piano nei giovani individui , alquanto profondo negli adulti; la columella è costituita da un numero variabile, ma sempre piccolo, di brevissimi fusticini, i quali si obliterano e quasi del tutto svaniscono alcune volte coll'età; i tramezzi differentissimi in grandezza, essendo molto grandi quelli dei primi due ordini, costituiscono quattro cicli completi, ed allora il calice consta di sei sistemi uguali, ma or- | dinariamente il quarto ciclo è incompleto ed il calice diviene irregolaris- | simo; altre volte poi si osservano tramezzi di un quinto ciclo in uno stato veramente rudimentario. Pure in tutte queste variazioni i tramezzi restano sempre ben distanti fra loro; i paletti sono larghi , pochissimo sporgenti, coi lobi sovente poco distinti ed obliterati , che s’ ingrossano di molto coll'età, e si cuoprono: di granuli, molto sporgenti ed acuti; quei paletti che sono in direzione dei tramezzi del terzo ciclo s'incurvano verso quelli del secondo, e si saldano con essi poco lungi dalla columella. I giovani individui di questa specie sono regolarissimi come quelli della precedente, ed hanno i tramezzi coi margini pieghettati e dentellati come quelli; ma si distinguono benissimo per avere tre soli cicli di tra- mezzi, laddove nei giovani dello S. elegans se ne contano quattro completi. Questa specie è ben distinta dalla precedente, per essere più breve, pel numero variabile dei suoi tramezzi che costituiscono ordinariamente quattro cicli incompleti, e pei paletti larghi ed obliterati. Altezza del polipaio figurato 12"", Diametro del calice 32. Questa specie trovasi colla precedente nelle marne giallastre, lo strato più recente del miocenico. Alle contrade Gravitelli, Scopo, Rometta. 8. STEPHANOCYATHUS ZANCLEUS Src. À Tav. VII, fig. 3, 3a, 35. S. polypario breve , conico-truncato , basi latiuscula subplanata , medio À vix producta; costis subaequalibus planatis , inferne vix distinctis, sed | | | nn SE ee a lr 460 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. prope calicem inaequalibus, granulato-rugosis, prominentibus , cristaefor- mibus; calice orbiculato subhexagono ; fossula lata profundissima ; colu- mella e prominentiis paucis , confluentibus , asperis , constituta ; septa- rum quatuor cyclis; septis granulis parvis ornatis, extus incrassatis , primariis et secundariis aequalibus, magnis prominentibus; palulis pro- minentissimis fere bipartitis , granulis conicis , acutis, extantibus hispidis, lobis acutis. Polipaio in forma di cono breve, troncato alla parte inferiore, la quale è quasi piana con una leggiera prominenza nel centro; la muraglia presenta trasversalmente delle piegature e delle flessuosità irregolari; le costole sono in numero doppio dei tramezzi, per due terzi dell'altezza del polipaio sono poco distinte, uguali e quasi piane ; nella parte supe- riore, quelle che sono in corrispondenza dei tramezzi, vanno gradatamente sempre più sporgendo, finchè presso il margine divengono disuguali e crestiformi , mentre alternano colle altre che restano sempre piane ed uguali; son tutte poi granulate alla superficie; il calice è circolare, avvicinandosi alquanto alla forma esagona; la fossetta è larga e molto profonda; la columella è costituita di quattro o cinque sporgenze riunite fra loro ed irte di punte coniche; il quarto ciclo di tramezzi è quasi completo, mancandone soltanto due in un sistema ed uno in un altro ; i tramezzi sono molto ingrossati all’esterno, sparsi di piccoli granuli ; quelli che costituiscono i primi due ordini sono tra loro uguali, molto pià grandi e sporgenti al disopra del margine del calice; i paletti sono molto elevati e ben disgiunti dai tramezzi , quasi bipartiti, ed aspri pei granuli conici acuti e molto sporgenti di cui sono forniti; i lobi sono molto acuti. Questa specie. per la sua forma più elevata, per la regolarità del suo calice, pei quattro cicli quasi compleü di tramezzi, per la fossetta pro- fondissima, pei paletti alti e profondamente divisi, nonchè pei lobi acuti, si distingue benissimo dalle due precedenti specie. Altezza del polipaio 23", Diametro massimo del calice 35", Un solo individuo intiero e varii frammenti raccolti a Trapani presso Messina nelle marne giallastre. , | | | | | Dl GIUSEPPE SEGUENZA 461 Genere HEMICYATHUS Sec., 1862. Osservazione. Descrivo sotto questa denominazione generica pochi individui di una specie di polipaio, di cui alcuni sono certamente rotti; il minor numero poi sembra intiero , ma pure è incompleto, formando un polipaio di- mezzato,il quale se fosse normalmente di questa forma, uscirebbe dalle leggi ordinarie della simmetria radiaria dei corallarii; ma ciò non potrà esser comprovato se non dopo accurate ricerche, e dopo avere rinvenuto e bene esaminato buon numero d'individui, locchè mi è stato sinora impossibile, a cagione della rarità della specie; purnondimanco, quan- tunque sembri difficile che la forma semicircolare di siffatto polipaio sia normale, quegli esemplari figurati nel mio atlante, di cui uno sembra esser completo, fanno credere, per la direzione delle costole, che si riuniscono in un fascio verso la parte centrale, essendo rette le mediane e curve le laterali, pel raccorciamento dei tramezzi verso il margine ret- tilineo, per la mancanza di rottura marginale nell'individuo rappresentato dalla fig. 4a, che il polipaio sia normalmente conformato in modo da presentare una simmetria semiradiaria, cioè colle costole disposte come quelle di un Pecten ; e che perciò somiglierebbe o apparterrebbe al genere Ecmesus (1) del sig. A. Puirmrr, che pure ha lasciato incerti i signori Epwarps e Hame intorno alla forma di un tal polipaio , se sia cioè completo ovvero rotto. Comunque siffatti dubbî saranno risoluti, sembra indubitato che il polipaio, di cui è discorso, spetti alla famiglia dei Zur- binolidi, avendo le camere libere ed i tramezzi costituiti da due lamine riunite. Aspettando intanto di poter definire le quistioni qui sopra espresse, allorchè nuovi rinvenimenti mi metteranno in grado di farlo, cennerò per ora i principali caratteri generici: Polipaio di forma semidiscoidale, (1) Non posso con certezza riferire il mio polipaio al genere Zomesus del sig. Pumirrr, dappoichè non ho potuto consultare la pubblicazione di questo autore, essendomi noto il suo genere soltanto per la succinta descrizione riportata dai sigg. EDWARDS e Hare (Ann. des Sc. nat., tom. IX, pag. 331); i quali d’altronde avendo potuto studiare la figura e quanto riferisce il naturalista prussiano, opinano che quella specie si debba probabilmente riunire al loro genere Leptocyathus, come si legge nell'Histoire nat. des Coralliaires tom. II, pag. 51; locchè è impossibile per la mia che presenta i palelli grandissimi ed inlieri. 4 462 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. senza segni di antica aderenza, appianato alla parte inferiore, e fornito di costole ramificate , le quali sono presso a poco disposte come quelle delle conchiglie del genere Pecten; e munito di paletti molto larghi, ed intieri dinanzi tutt i tramezzi, eccettuato l’ultimo ciclo; columella pa- pillosa marginale. 1. HEMICYATHUS CRASSICOSTATUS SEG. Tav. VII, fig. 4a, 4b, 4c, 4d, 4e, Af. H. polypario parvo; costis prominentibus , crassis , rotundatis , inter- stitiis profunde sulcatis subaequalibus , granulisque confertis ornatis ; columella papillis paucis irregularibus constituta ; septis latis subaequa- libus tenuibus, palulisque latissimis granulis conicis prominentibus ornatis. Polipaio piccolo, di forma pià o meno irregolare, ma che si appros- sima sempre a quella di mezzo circolo, colla muraglia orizzontale appianata ; le costole sono sporgenti, rotondate, granulate, e disgiunte da solchi profondi, presso a poco ad esse uguali; la columella è formata da poche papille irregolari; i tramezzi sono poco disuguali, colle facce fornite di granuli conici molto sporgenti ed acuti, alcuni dei quali si allungano sino ad incontrare la faccia opposta del tramezzo contiguo, col quale si saldano ; i paletti sono larghi e forniti di prominenze coniche simili a quelle dei tramezzi. Altezza del polipaio 37", Larghezza massima 8". Specie rarissima delle marne giallastre mioceniche di Rometta. Seconda Sotto— Famiglia TURBINOLINI (Turbinolinae). Mancanza completa di paletti. Prima Tribù TURBINOLIACEX (Turbinoliaceae). Muraglia nuda o con epitecio (épithèque) parziale. Genere DESMOPHYLLUM Ennens., 1834. Desmophyllum. Emren8. Corall. des Roth. Meeres p 75 (1834). Polipaio semplice, fisso sovente per mezzo d'una larga base; colle costole completamente indistinte alla parte inferiore, che è sempre gra- 4 Ld ru DI GIUSEPPE SEGUENZA 463 nulosa, e molto sporgenti in vicinanza del calice. La fossetta del calice è stretta ed estremamente profonda. La columella manca, ed i tramezzi restano liberi pel loro margine interno, elevandosi molto al disopra della muraglia. ‘Essi costituiscono sei sistemi ordinariamente uguali; quelli dell'ultimo ciclo si sviluppano di più in altezza di quelli del ciclo pre- cedente, e si saldano esteriormente ai loro vicini d'ordine superiore, dai quali essi divergono un poco, a misura che si avvicinano al centro. Rapporti e differenze. Questo genere per l'eccessiva profondità della fossetta del calice , e per la mancanza totale della columella, come anco pel grande sviluppo dei tra- mezzi al disopra della muraglia, e soprattutto per la fascicolazione dei tra- mezzi stessi, distinguesi eminentemente da tutti generi dei Z'urbinoliacei, Storia. Il genere Desmophyllum, stabilito dal sig. EnnkNsERG nel 1834 sul carattere della fascicolazione di qualche specie vivente, conta sinora non più di sei specie, secondo gli ultimi studi dei sigg. Enwaros e Ham (CO) di cui due sole fossili, una nel miocenico di Torino, descritta dal signor Micuetin sotto il nome di Z'urbinolia taurinensis, l’altra, tuttavia vivente, è stata scoperta nel pliocenico di Toscana ed in Messina. I terreni terziarii del distretto di Messina racchiudono molte specie di Desmophyllum, tutte tra loro ben distinte; nondimeno esse trovansi limitate nel calcare a polipai interposto tra gli strati miocenici di marna bianca e giallastra. Lo studio di questi polipai rigsce ordinariamente difficile, dappoichè incastrati nella roccia calcarea, sovente compattissima, con grande difficoltà possono da quella estrarsi, e rarissimamente riesce poi di ottenerli col calice scevro di calcare, e coi tramezzi intieri; oltrechè per ordinario trovansi completamente distrutti, non avendo lasciato nella roccia che l'esterna impressione costituita dal calcare che si è modellato sulla loro (1) Histoire naturelle des Coralliaires, 1857-61 ; tom. II, pag. 76. Fa d'uopo aggiungere la co- noscenza di altre tre specie di Desmophyllum recentemente descritte dai sigg. G. MICHELOTTI e DUCHASSAING , Mémoires sur les Coralliaires des Antilles, 1860. 464 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. muraglia , ed un nucleo interno formato dalla roccia stessa, che allo stato di sottilissimo sedimento è penetrata dalla regione del calice sin dentro al polipaio, riempiendone tutte le camere, e costituendo così delle la- mine calcari, che poscia per la distruzione completa del polipaio stesso somigliano ai tramezzi; e gli spazii vuoti lasciati da questi ultimi riter- rebonsi, da occhio poco esercitato, come vere camere del polipaio, se il difetto di struttura organica in quei falsi tramezzi , l'impressione dei granuli, allorché di questi ve ne avea sui veri di già distrutti, ed altri caratteri, non venissero a svelare chiaramente la mancanza completa di tutte le parti che costituivano il Desmophyllum. Siffatto modo di fossilizzazione che manifestasi comunissimo nelle varie specie del genere in discorso , affetta anco bene spesso tutti gli altri Corallarii che sono racchiusi nel calcare miocenico del distretto di Mes- sina, e con particolarità le Lophoheliae. A. 1 tramezzi costituiscono cinque cicli completi. 1. DESMOPHYLLUM CRASSUM Sec. Tav. VIII, fig. 1a, 10. D. polypario solido , elato , subturbinato , superne compressiusculo , basi curviuscula et vix gracili; superficie ecostata , confertim tenuissime granulata , praesertim ad basim; calice regulariter elliptico, fossula parea profundissima ; seplis omnibus extus et superne prominentibus , primariis et secundariis et tertiariis subaequalibus, extus incrassatis , et cum quinariis intime coalitis. Polipaio abbastanza elevato quasi turbinato , molto solido e pesante, un poco compresso alla parte superiore , alquanto curvo € gracile alla base; la superficie della muraglia è coperta di granuli sottili e molto ravvicinati, senza alcun indizio di costole ; la fossetta è strettissima, ma molto profonda ; il calice regolarmente ellittico , con gli assi che stanno nel rapporto di roo : 127; i tramezzi sono molto sporgenti in sopra ed all’esterno, dove sono abbastanza ingrossali ; quelli che spettano ai primi tre ordini sono quasi uguali tra loro, e saldati così intimamente con quelli del quinto ciclo, da sembrare semplici all’esterno del calice. 1 ? Altezza del polipaio soe. Assi del calice 47™™ e 377". DI GIUSEPPE SEGUENZA 465 Questa specie insieme a quasi tutte le altre del medesimo genere è y propria del calcare miocenico. È stata raccolta a Tremonte, Gravitelli, Cammari ecc. 2. DESMOPHYLLUM MAXIMUM Sec. Tav. XIII, fig. 2. D. polypario solido, magno, elato, superne compresso, subclavato , prope calicem dilatato et irregulariter obsolete costato ; basi curviuscula, i subattenuata et tenuiter granulata, calice elliptico; septis omnibus extus incrassatis, primariis et secundariis subaequalibus , tertiaribusque cum quinariis adnatis sed semper bene distinctis. Polipaio molto elevato e grande, compresso, solido ed in forma di | clava, superiormente , presso il calice , dilatato ed irregolarmente ornato di costole poco distinte ed appianate ; la base è curva, alquanto gracile e sottilmente granulata ; il calice ellittico, cogli assi che stanno nel rap- porto di roo : 135; i tramezzi ingrossati all'esterno, quelli dei primi due ordini, quasi tra loro uguali e più elevati degli altri, sono, come quelli del terzo, congiunti ai tramezzi del quinto ciclo, e saldati in modo che restano sempre ben distinti , anco al margine del calice. Altezza del polipaio 80™™. Assi del calice 547", 4o™. Questa specie è somigliante alla precedente, e si distingue per la sua forma quasi clavata, e più gracile alla base, pel rapporto tra gli assi del calice, come ben anco pei tramezzi che, quantunque fascicolati , restano ben distinti; laddove nella precedente specie i fascetti sono così costituiti, da sembrare presso il margine esterno quasi tramezzi semplici. Raccolto a Tremonte nel medesimo calcare miocenico. 9. DESMOPAYLLUM ELEGANS SEG. Tav. VIII, fig. 3, 3a, 3 b. D. polypario elato , compresso, subcuneiforme, curvato; theca te- nuissime confertissimeque granulata ; costis, quae tribus primariis ordi- | nibus septarum respondent , angulos prominentes acutos cristaeformes , prope calicem. elevatiores , constituentibus, omnibus aliis planatis; calice regulariter elliptico ; septis tenuibus prominentibus, primariis et secun- dariis subaequalibus. Serie TI. Tom. XXI. E 7 mm 5—€— 466 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC, Polipaio bastantemente elevato e grande, compresso, a forma di cuneo e più o meno curvo; colla muraglia sottilissimamente granulata ; colle costole che corrispondono agli ultimi due cicli di tramezzi appianate , mentre le altre in numero di ventiquattro si rilevano in forma di spigoli acuti, molto sporgenti ed alquanto ondulati e che sono più elevati in vi- cinanza del margine superiore; il calice è regolarmente ellittico, cogli assi | che stanno nel rapporto di roo : 140 ; 1 tramezzi sono sottili e sporgenti; quelli dei primi due ordini sono quasi uguali tra loro. Altezza del polipaio ..... Assi del calice 38""^, 57", Questa specie è molto prossima al D. cristagalli, dal quale differisce pel rapporto degli assi, per l'esterna granulazione , pei tramezzi meno i elevati, e principalmente per le costole molto più sporgenti, e distinte insino alla base. Pagliarino ecc. 4. DESMOPHYLLUM AFFINE SEG. Tay. VII, fig. 4. D. polypario elato, recto, compresso , cuneiforme, inferne attenuato ; costis primariis et secundariis a medio usque ad apicem. subangulosis , omnibus aliis planatis, indistinctis ; calice elliptico; tribus primariis or- | Raccolta nel calcare miocenico di Tremonte, Scoppo, S. Filippo, | à dinibus septarum subaequalibus et cum quinariis intime-coalescentibus. Polipaio retto, allungato, cuneiforme e compresso, colla base grada- | tamente attenuata ; le costole sono appianate ed indistinte, eccettuate quelle che corrispondono ai due primi ordini di tramezzi, le quali sono alquanto distinte dalla metà del polipaio sino all'apice, elevandosi in forma di angoli ottusi; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel | rapporto di roo : 136; i primi tre ordini di tramezzi sono quasi uguali tra loro, ed intimamente saldati con quelli del quinto ciclo. é Altezza del polipaio 45"". | Assi del calice. 337, 547m. 2. Questa specie è ben distinta per le dodici costole principali angolose D di che è ornata. Y Raccolta a Tremonte, Gravitelli, Scoppo, Trapani ecc. DI GIUSEPPE SEGUENZA 467 ‘5. DESMOPHYLLUM MIOCENICUM SEG. Tav. IX, fig. 1a, 1b. D. polypario elato conico subturbinato , tenuissime granulato, prae- sertim ad basim ; costis quae respondent tribus primariis ordinibus septarum, ultra medium plus minusve angulosis conspicuisque ; basi elon- gata, attenuata ; calice irregulariter ovato-elliptico ; septis tenuibus , extus crassiusculis, primariis et secundariis subaequalibus. Polipaio elevato, conico quasi turbinato , ed ordinariamente irregolare, colla superficie granulata, e più distintamente alla base; colle costole corrispondenti ai tre primi ordini di tramezzi sporgenti al disopra della metà del polipaio, angolose, variabilmente ottuse od acute; colla base allungata e bastantemente ristretta ; col calice irregolarmente ovato-ellittico, che presenta i suoi assi nel rapporto approssimativo di 100 : 117; coi tramezzi sottili ed alquanto ingrossati all'esterno; quelli che spettano ai primi due ordini sono quasi uguali tra loro. Altezza del polipaio 52". Assi del; calice; 372% Dip Sort. Questa specie è molto variabile, presentando le costole or acute ed or ottuse, e più o meno sporgenti; il calice quasi sempre irregolare. Ritrovasi nel calcare miocenico di Tremonte, Scoppo, Scirpi, S. Fe lippo, Cammari, Trapani ecc. 6. DESMOPHYLLUM SULCATUM SEG. Tav. IX, fig. 6. D. polypario elato, magno , cuneiforme, recto, compresso, granulato, longitudinaliter duodecim - sulcato ; calice elliptico; costis fere omnibus prominentibus, angulosis, acutiusculis, saepius subinterruptis cristatisque; septis omnibus tenuibus extus et superne prominentibus , primariis et secundarüs majoribus. Polipaio grande, elevato, cuneiforme, retto , alquanto compresso , colla superficie coperta di granuli alquanto grossi e rari, e segnata da dodici solehi longitudinali larghi e poco profondi; le costole che si elevano, formando degli angoli varii e degli spigoli più o meno acuti e spesso re, "samt (68 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. quasi interrotti, sono numerose; il calice è ellittico , cogli assi che stanno nel rapporto di 100:127; i tramezzi sono sottili, granulati e sporgenti all’esterno ed in alto; quelli che spettano ai primi due ordini sono più grandi degli altri; quelli del quinto ciclo, quantunque congiunti a quelli dei primi tre, pure sono distintissimi. Altezza del polipaio 54"" (incompleto). Assi del calice 427^, 33mm, Questa specie si distingue dal D. elegans pel numero maggiore di costole angolose, per essere retta e pei solchi longitudinali che corrispon- dono ai tramezzi del terzo ciclo. Unico individuo raccolto a Tremonte. 7. DESMOPHYLLUM COMPRESSUM Szc. D. polypario magno , elongato, conico, curvo, fortiter compresso, ac tenuiter granulato; costis omnibus quae tribus primariis ordinibus septarum respondent angulato-cristatis ; basi attenuata ; calice elliptico ; SeDUS vive d Questo polipaio trovasi in un calcare compatto miocenico in S. Pan- taleo presso Messina, ed à sempre mal conservato, eppercio i caratteri non possono con precisione determinarsi; pur nondimeno è certo, che èso ha grande somiglianza col D. elegans, soprattutto per la conforma- zione delle costole, ma sembra distinguersi abbastanza pel rapporto tra gli assi del calice, che approssimativamente può rappresentarsi coi nu- meri roo: 176, locché indica una fortissima compressione del polipaio. Altezza del polipaio 80™. Assi del calice 44", 35. 8. DESMOPHYLLUM ANTIQUATUM SEG. Tav. IX, fig. 2a. D. polypario elato , subcylindrico, compressiusculo , recto; theca con- fertim granulata; costis 24 quae respondent tribus primariis ordinibus septarum elevato-angulatis; basi .. . . calice . . . . septis ? Un. solo individuo. di questa specie, rinvenuto insieme alla precedente, €.come essa pur troppo mal conservato, ci lascia ignoranti intorno ai DI’ GIUSEPPE SEGUENZA 469 caratteri che presentano il calice, la base, i tramezzi; pur nondimeno la forma quasi cilindrica del polipaio fa ben comprendere che questa specie è distintissima dalle altre. 9. DESMOPHYLLUM SEMICOSTATUM SEG. Tav. IX, fig. 3a, 3b. D. polypario conico subturbinato , vix curvato, superne compresso, inferne attenuato; superficie tenuiter , prope basim confertim granulata ; basi stricta, calice elliptico; costis 24, elevatis, acutis, cristaeformibus , bis tertiam polyparü longitudinem occupantibus , majoribus minoribusque alternantibus ; septis omnibus tenuibus elatis, primariis et secundariis elatioribus , quinariis distinctissimis ab iis cum quibus coalescunt, Polipaio conico quasi turbinato, superiormente compresso, alla base bastantemente e gradatamente attenuato, alquanto curvo; colla superficie della muraglia sottilmente granulata, e i granuli ravvicinatissimi alla base; col calice ellittico, i cui assi stanno nel rapporto di roo: 127, con 24 costole, molto elevate, che ornano circa i due terzi superiori del polipaio ;. esse sono quasi in forma di lamine o meglio di creste acute, dodici di esse sono più sporgenti, ed alternano colle più piccole; i tra- mezzi sono sottili e molto elevati, sebbene quasi sempre ritrovinsi rotti, e quindi sembrino brevi; quelli che costituiscono i primi due cicli sono tra loro uguali e più grandi degli altri; quelli del quinto, quantunque ravvicinati e saldati cogli antecedenti, pure al margine sono disgiunti e quindi distintissimi. Altezza del polipaio 35", Assi del calice 27", 22". Questa specie per le costole molto elevate ed al numero di 24 si distingue dal D. affine; per la sua brevità, la strettezza della. base ev le costole dimezzate è ben lontana dal D. elegans. Trovasi a Gravitelli, Scoppo, Tremonte. 10. DESMOPHYLLUM CLAVATUM SEG. Tav. IX, fig. 4a, 4b. D. polypario elato, clavato, inferne cylindraceo, confertim granu- lato , superne conico-compresso, granulato; costis duodecim, irregulariter 470 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. angulosis ornato ; calice elliptico; fossula latiuscula profunda ; septis granulatis extus superneque prominentibus, primarüs et secundariis majoribus, medio incrassatis. Polipaio elevato, stretto e di forma quasi cilindrica per tre quinti della sua altezza , nel resto si allarga di molto, formando un cono ab- bastanza compresso, dove si manifestano dodici costole irregolarmente angolose ed interrotte, in mezzo alle quali sovente se ne osservano delle altre appena sporgenti ; la superficie della muraglia è cosparsa di sottili granuli, molto ravvicinati sulla parte cilindrica , rari sulla porzione co- nica; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100: 138, ma presenta una particolarità che non osservasi nelle altre specie di questo genere, cioè che l’asse maggiore trovasi disposto in un piano inferiore all'asse minore; i tramezzi sono granulati sulle facce e molto sporgenti in fuori ed in alto; quelli dei primi due cicli sono tra loro uguali, molto ingrossati nella parte media, e più grandi di tutti gli altri. Altezza del polipaio 46%. Assi del calice 36"", 26". Per tutti suoi caratteri questa specie è distintissima dalle altre. Raccolta nel calcare miocenico di Tremonte. 11. DESMOPHYLLUM EHRENBERGIANUM SEG. Tav. IX, fig. 5a. D. polypario conico, inferne attenuato et subpedunculato, superficie thecae confertim granulata; costis planis, vix distinctis, prope calicem omnibus quae quatuor primariis cyclis septarum respondent, promi- nentibus , acutis, cristatis, alternatim majoribus ; calice elliptico; septis valde prominentibus granulatis , tenuibus ; primariis, secundariis et tertiariis subaequalibus , majoribus, et cum quinarüs extus intime coalescentibus. Polipaio breve di forma esattamente conica, appena turbinata e poco compressa, colla base attenuata molto ristretta e quasi peduncolata ; la superficie della muraglia è sparsa di granuli sottili e ravvicinati ; le costole sono piane per tre quarti dell’altezza del polipaio, ed appena distinte da linee superficialissime; al margine del calice poi. quelle che corri- spondono ai primi quattro cicli di tramezzi si elevano in forma di creste, DI GIUSEPPE SEGUENZA 471 molto sporgenti ed acute, le quali sono di due grandezze alternanti ; il calice ha i suoi assi nel rapporto di 100: 116; i tramezzi sono molto elevati al disopra della muraglia, sottili e granulati sulle facce ; quelli che costituiscono i primi tre ordini sono quasi uguali tra loro e molto più grandi degli altri; il quinto ciclo al margine esterno è intimamente saldato con essi. Altezza del polipaio 31". Assi del calice 192905425 8595; Questa specie é distintissima per la sua forma breve e conica, per la sua base ristrettissima, e per le costole. Raccolta a Tremonte e S. Pantaleo. 12. DESMOPHYLLUM FUNGIAEFORME SEG. Tav. IX, fig. 7a. D. polypario clavato, fungiformi, inferne bis tertia longitudinis parte cylindraceo, compresso, curviusculo; superne dilatato irregulariter com- presso et depresso-conico ; superficie tenuiter ac rare granulata; costis 24 inferne angulosis acutiusculis , superne prope calicem prominentibus , acutis , cristatis, aliisque minoribus intermixtis ; septis tenuibus elatis 24 majoribus, cum. quinariis extus coalescentibus. Polipaio alquanto elevato, che per la sua forma generale somiglia ad un fungo, essendo cilindrico e compresso nella sua parte inferiore sino circa ai due terzi dell'altezza , ed alquanto curvo; alla parte superiore si dilata prendendo una forma irregolare quasi conica e compressa ;, il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100: 120; la su- perficie è cosparsa di piccoli e rari granuli; sulla parte cilindrica si contano 24 costole angolose ed alquanto acute , le quali si manifestano assai più sporgenti ed in forma di creste nella parte superiore, dove alternano con altre meno elevate; i tramezzi sono sottili ed elevati di molto; quelli che costituiscono i primi tre cicli sono quasi uguali tra loro e molto più grandi degli altri, e sono al lato esterno intimamente saldati con quelli che formano l’ultimo ciclo. Altezza del polipaio 40". Assi del calice 31%”, 25%, 7, Raccolto allo Scoppo nel calcare miocenico. a dme e Senge i 472 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARI FOSSILI ECC. 13. DESMOPHYLLUM MULTICOSTATUM SEG. Tav. IX, fig. 8a. D. polypario conico compressiusculo, subrècto, tenuissime ac con- fertim granulato, basi attenuata; superficie costis 24 prominentibus , acutis, alternatim vix majoribus usque ad basim ornata; calice elliptico ; septis tenuibus non valde prominentibus. Questa specie somiglia molto al D. semicostatum , ma la sua piccio- lezza, le costole quasi uguali e meno sporgenti, che si ‘estendono sin presso alla base, lo distinguono abbastanza; ne differisce ben anco pel rapporto tra gli assi del calice, che è rappresentato da 100 : 118. Altezza del polipaio 24" (1). Assi del calice 1g"", 169, Raccolto a Gravitelli e Scoppo. 14. DesmoruyLLum cosrATUM Epwarps e Haine. Tav. IX, fig. 9a. D. costatum MiLNE Epwarps e G. Hame, Ann. des Sc. nat., 3.* ser.., t. IX, p: 254, 1848, » » EDWARDS e Hare, Histoire nat. des Corall., t. HI, p. 77. » » F. J. PrcrET, Traité de Paléontologie, t. IV, p. 374 D. polypario breve subturbinato , compressiusculo ; basi lata vix curva; costis majoribus distinctis , anguloso-cristatis et prope calicem magis prominentibus ; septis tenuibus prominentibus. Polipaio poco elevato, conico, quasi turbinato ed alquanto compresso ; colla base molto larga e poco curva; le costole principali sono distinte e sporgenti in forma di piccole creste, che sono più elevate in pros- simità del.calice , il quale è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 126; i tramezzi sono molto sottili ed elevati, sebbene negli esemplari che provengono dal calcare messinese siano talmente rotti e corrosi da sembrare brevi, come si vede nella figura, che ne rappresenta uno, il più conservato; ma il paragone cogl individui viventi fa scorgere (1) Quest’altezza non è quella del polipaio figurato, ma bensì di un individuo che ha la base più completa, rinvenuto dopochè si era già eseguito il disegno, DI GIUSEPPE SEGUENZA 47° la loro similitudine, non lasciando dubbio alcuno intorno alla loro de- ? terminazione. Altezza del polipaio 23", Assi del calice 19", 15". Raccolto allo Scoppo, a Tremonte, a Gravitelli ecc. nel calcare mioce- nico, e qualche volta anco nelle marne soprastanti. 15. DESMOPHYLLUM ORBICULARE SEG. Tav. IX, fig. 10a, 108. D. polypario conico subturbinato ; basi attenuata curviuscula ; costis 12 prominentibus angulosis, medio , superneque subinterruptis ; calice or- biculato, fossula lata, profunda; septis tenuibus , primariis et secundariis subaequalibus. Polipaio conico, attenuato alla base, che è stretta ed alquanto curva; colla superficie ornata di 12 costole angolose ed alquanto sporgenti, quasi interrotte presso il margine del calice, ed alla metà circa del po- lipaio, svanendo completamente alla base; il calice è circolare, colla fossetta profonda ed alquanto larga; i tramezzi sono sottili, quelli che costituiscono i primi due cicli sono tra loro quasi uguali, più grandi degli altri, ed alquanto ingrossati all’esterno. Altezza del polipaio 26%, Diametro del calice 17", Questa specie è ben caratterizzata dal calice circolare e dalle dodici costole. Raccolta a Tremonte. Unico individuo. 16. DESMOPHYLLUM Epwarpsianum Sec. Tav. VIII, fig. 8, 8a, 8b. D. polypario irregulariter cylindraceo-conico , inferne attenuato , basi latiuscula granulata ; calice ovato-elliptico , saepius irregulari ; costis plurimis supra basim prominentibus , angulosis , acutiusculis, saepius in- terruptis ; septis tenuibus, primariis et secundariis elatioribus. Polipaio di forma variabile, essendo or quasi cilindrico, ed aleune volte di forma irregolarmente conica, pur nondimeno sempre abbastanza curvo Serw IL Tom. XXI. în } | 474 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC in tutta la sua lunghezza, colla parte inferiore che si assottiglia alquanto, ma che finisce in una base alquanto larga ed attenuata ; il calice è ir- regolarmente ovato-ellittico ; la superficie della muraglia è ornata di molte costole ineguali , angolose, più o meno acute e spesso interrotte; i tra- mezzi sono sottili e disuguali; quelli dei primi due ordini s’ innalzano molto al disopra degli altri. Altezza del polipaio 33"". Assi’ del calicés 26.7%, 005 3675 Rinviensi a Gravitelli, Scoppo, Tremonte. 17. DESMOPHYLLUM PEDUNCULATUM SEG. Tav. VIII, fig. 6. D. polypario elato, subclavato , compresso , inferne attenuato - et longe pedunculato ; irregulariter flexuoso ; superficie thecae granulata; basi subacuta et sursum flexa; calice elliptico , costis 24, prope calicem prominentibus , cristatis , acutis; septis extus crassiusculis. Polipaio allungato, quasi clavato e compresso; inferiormente attenuato e fornito di un lungo peduncolo variamente flessuoso, che si termina inferiormente in una base acuta e curva in alto; la superficie è sparsa di granuli irregolari, e fornita di 24 costole, sporgenti ed acute in vi- cinanza del calice, il quale è ellittico cogli assi che stanno nel rapporto di roo : 138; i tramezzi sono disuguali ed alquanto ingrossati all'esterno. Altezza del polipaio 30", Assrdel*caltee TAN DS to Questa specie presenta una particolarità rara in questo genere, cioè di avere la base strettissima. Raccolta a Tremonte. 18. DESMOPHYLLUM GRACILE Sec. Tav. VIII, fig. 7, 7a. D. polypario elongato-cylindraceo , compresso, flexuoso , inferne subattenuato , superne. constricto ; superficie rugoso-granulata ; costis duodecim prominentibus , cristatis, acutis, et totidem minusculis usque prope basim. ornato ; calice elliptico , fossula latiuscula ; basi lata; septis tenuibus, primariis et secundarüs majoribus. DI GIUSEPPE SEGUENZA 475 Polipaio molte lungo, e quasi di egual diametro in tutta la sua lun- ghezza, molto compresso ed alquanto ristretto alla base, in modo che questa è bastantemente larga; variamente ed irregolarmente flessuoso , all’estremità superiore alquanto ristretto, col calice ellittico , cogli assi che stanno nel rapporto di roo : 130; la fossetta alquanto larga; la su- perficie della muraglia è rugoso-granulata , ed ornata di 24 costole, sporgenti, angolose ed acute, delle quali 12 sono più elevate; verso la base gradatamente svaniscono; i tramezzi sono sottili, quelli dei primi due cicli sono più grandi degli altri e quasi uguali tra loro. Lunghezza del polipaio 44"". a} Assi del calice 13%", 7, 10", 5, Raccolto a S. Filippo, Tremonte ecc. 19. DESMOPHYLLUM ZANCLEUM Sec. D. polypario inferne cylindraceo , superne conico-turbinato com- pressissimo , superficie laevi , basi latiuscula, calice oblongo-elliptico , Jossula lata; costis 24, prope calicem prominulis, subangulosis; septis tenuibus , primariis et secundariis prominentibus. Polipaio quasi retto, di forma quasi cilindrica nella parte inferiore circa un terzo della sua lunghezza, conico-turbinato e molto compresso alla parte superiore; la superficie della muraglia é levigata e senza costole distinte, pur nondimeno in vicinanza del calice se ne vedono 24 alquanto sporgenti ed angolose, sebbene alcune tra queste siano appena visibili ; 1 tramezzi sono sottili e poco sporgenti, quelli dei primi due cicli si elevano abbastanza al disopra degli altri; la base & alquanto larga ; il calice molto allungato, di forma ellittica, cogli assi che stanno nel rap- porto di roo : 150; la fossetta larga e profonda. Altezza del polipaio 32", Assi, del calice 21", 14™™. Non si è potuto dare la figura di questa specie, dappoichè quando fu ritrovata, le tavole erano di già compiute. Essa è distintissima per la > 8 I forte compressione della parte superiore del polipaio. I I po Un solo individuo raccolto a Tremonte. tette emn 476 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. AA. Il quinto ciclo di tramezzi è incompleto. 20. DESMOPHYLLUM CYLINDRACEUM SEG. Tav. VII, fig. 5, 5a. D. polypario cylindraceo, hinc inde irregulariter constricto ; basi vix attenuata et recurea ; superficie confertim ac tenuiter granulata ; costis 13, elevatis, angulosis, acutis, cristatis, prope basim evanescentibus ; calice elliptico; septis tenuibus , primariis et secundariis multo latioribus. Polipaio di forma irregolarmente cilindrica, alquanto attenuato alla base e molto curvo, con varie strozzature irregolari in tutta la sua lunghezza, ed ornato di costole sporgenti ed in forma di angoli acuti , o piuttosto di creste sporgenti, le quali svaniscono presso la base, che è molto larga, poco meno del calice ; la superficie della muraglia è coperta d'una sottile granulazione ; il calice é ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 134; i tramezzi sono sottili e piccoli, all' infuori di quelli che costituiscono i primi due ordini, che sono larghissimi in rap- porto agli altri. Altezza del polipaio 31". Assi del calice 8% 557 Geb, 50. raccolto a S. Filippo, a Trapani ed a Pagliarino Osservazioni. Molte altre specie spettanti a questo genere senza dubbio potranno descriversi continuando le ricerche; dappoichè a riconoscerle tutte si op- pongono e la diflicoltà di trarre i polipai intieri dalla roccia, che in alcuni luoghi è quasi di essi esclusivamente costituita, e la cattiva loro conservazione in molte contrade, come sin dal principio feci notare. Si deve avvertire inoltre, che non di raro nelle roccie mioceniche messinesi in- contransi dei frantumi di Desmophyllum, che accennano a specie vera- mente gigantesche; alcuni frammenti che possedo nella mia collezione indicano chiaramente che essi provengono da individui, il cui diametro è circa doppio di quello del D. maximum, e i cui caratteri li distinguono dalle specie sopradescritte. Fa d'uopo osservare inoltre, che quantunque una sola specie di Desmophyllum vedasi cennato in questo lavoro, come quella che fa pas- saggio dal calcare alle marne, pure non dee ommettersi che nelle marne | DI GIUSEPPE SEGUENZA 477 giallastre sovente incontransi dei frantumi, che accennano a specie varie, probabilmente riferibili ad altre, che sono comuni nel calcare, ma che la loro determinazione riesce per ora incerta; e quindi fan credere che varie specie, al presente conosciute esclusivamente nel calcare, saranno scoperte in appresso nelle marne. Seconda Tribù FLABELEACEX (Flabellaceae). Muraglia ricoperta intieramente d'un epitecio pellicolare. Genere CONOTROCHUS Srcuenza, 1863. Polipaio semplice, quasi peduncolato , fisso nello stato giovanile , e libero nell'età adulta. La columella è sviluppatissima e fascicolata ; il calice circolare coi tramezzi larghi ed alquanto sporgenti. La muraglia è ricoperta d'un epitecio trasversalmente piegheitato e rugoso, il quale attorno del calice produce un bordo elevato, e sulla superficie della muraglia ne nasconde ed oblitera più o meno le costole , le quali cosi scancellate sono visibili solo in alcuni punti e specialmente alla base. Rapporti e differenze. Questo genere ha grandissima somiglianza col genere Ceratotrochus , dal quale lo distingue solamente l'epitecio completo, di cui la muraglia è coperta, pel quale le.costole sono. appena distinte, e sfornite di spine e di creste, all'opposto di tutte le specie appartenenti al genere Ceratotrochus. Storia. E unica la specie che riferisco al nuovo genere qui sopra descritto; essa fu da me riguardata dapprima come specie del genere Ceratotrochus, ma poi per la presenza dell'epitecio fui obbligato costituirne il genere sopradescritto, Siffatta specie trovasi esclusivamente nell'ultimo degli strati miocenici, cioè nelle marne giallastre. 1. CONOTROCHUS TYPUS Sec. Tav. X, fig. 1, 1a, 15, 1c, 1d, fe. C. polypario cylindraceo-conico plus minusve curvato, inferne attenuato, epithecio transverse irregulariter plicato ; superficie rugoso-granulata ; e Ue. tm. j 4 di 478 ; x 478 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI Ecc. costis aequalibus, planatis, vix distinctis » linea impressa disjunctis ; Jossula: latiuscula profunda ; septis extus crassiusculis, margine superiore plicato , superficie granulata, primariis bene distinctis, quarto cyclo saepius incompleto vel rudimentario ; columella e bacillis plurimis: cylindraceis vel compressiusculis, superne incrassatis 7 'otundatisque > constituta. Polipaio di forma variabilissim: send. la es onpaio di forma variabilissima , essendo ora esattamente c onico, ma più ordinariamente cilindraceo-conico ; di altezza variabilissima in rap- porto al diametro del calice, il quale varia pure moltissimo ; la curvatura di questo polipaio è anche essa variabile, essendo esso quasi retto ovvero più o meno curvo, sino a formare un mezzo cerchio ; alla base è sempre assottigliato , e si termina in una cicatrice concava , ovvero porta un frammento del calice di un altro individuo b nell interno del quale era fissato; e ció avviene perché sovente i giovani individui si sviluppano nell’ interno del calice di altri c vi si attaccano, come si vede nella fig. 6e; l'epitecio è trasversalmente pieghettato e striato, colla superficie rugoso- granulata ; attorno del calice costituisce un bordo lamelliforme distinto, che si eleva al disopra del margine, e perviene quasi alla medesima altezza dei tramezzi ; le costole tra loro uguali sono appianate e pochis- simo distinte solamente in alcuni punti; la fossetta è larga e profonda ; la columella è costituita di 30 a 4o fusticini quasi cilindrici, ovvero com- pressi e lamelliformi , colle estremità rotondate ed ingrossate ; i tramezzi sono ingrossati in vicinanza della muraglia, e presentano il margine su- periore pieghettato, e le facce sparse di granuli conici; essi costituiscono quattro cicli, di cui il quarto è ordinariamente incompleto, ma in alcuni trovasi completamente sviluppato; i tramezzi del primo ordine sono sempre più grandi, e quindi il calice trovasi sempre ripartito in sei sistemi uguali o disuguali; in molti individui avviene che il quarto ciclo si sviluppa solamente in una metà di ogni sistema, ed in ogni camera pri- mitiva trovansi sviluppati cos) cinque tramezzi , ‘dei quali i due più esterni ed il medio più piccoli e quasi tra loro uguali, e gli altri due sono più grandi; questo che è il caso più comune trovasi rappresentato dalla fig. 6c. Potrebbe anco supporsi in questo caso che manchi il quinto ordine di tramezzi; ma allora nella prima supposizione si ha, che i tramezzi di secondo ordine dividono le camere primitive in due parti disuguali, che quelli di terzo ordine si sviluppano disugualmente , cioè quelli spettanti alle camere più grandi ugnagliano quelli di secondo ordine, DI GIUSEPPE SEGUENZA (7c mentre quelli che appartengono alle: camere più piccole divengono quasi uguali agli altri, che costituiscono il quarto ciclo. Nella seconda spie- gazione di questo sviluppo irregolare, ma che affetta una disposizione simmetrica nelle grandezze relative dei tramezzi, si dee ammettere che quelli che costituiscono il secondo ordine si sviluppano meno di quelli del terzo , ed ugualmente a quelli che formano il quarto ciclo , locchè sembrami assurdo. La prima supposizione viene espressa nel sistema ab del calice rappresentato dalla fig. 6c; la seconda nel sistema mn della stessa figura ; il numero col quale ogni tramezzo è segnato rappresenta l'ordine cui esso appartiene. Ciò che rappresenta il sistema ab è ciò che si dee ammettere ; dappoichè in quegl'individui, in cui alcuni sistemi sono completamente sviluppati ed altri incompleti, come quelli del ca- lice fig. 6c, si vede sempre che il tramezzo di secondo ordine nei sistemi completi è più grande, come ordinariamente avviene di quelli che co- stituiscono il terzo ed il quarto ciclo; quindi non. può mai credersi che nel medesimo polipaio, nei sistemi incompletamente sviluppati, apparten- gano al secondo ordine i tramezzi più piccoli, mentre nei sistemi com- pleti sono i più grandi che lo costituiscono. Alcune volte il quarto ciclo di tramezzi manca completamente. in certi sistemi. Presso Rometta in- contrasi comunemente una varietà molto gracile ed allungata, in. cui bene spesso il quarto ciclo manca completamente , ovvero se vi esiste, lo è solamente nella metà di qualche sistema. Le dimensioni del più grande individuo rappresentato dalla fig. 6 « SONO : Altezza 26", Diametro del calice 11", Questa specie esclusiva delle marne giallastre mioceniche trovasi co- munemente nelle contrade Scoppo, Trapani, Tremonte, S. Filippo, Scirpi, Gravitelli, Rometta ecc. Genere FLABELLUM Lesson, 1831. Fungia (parte) LAMK., Hisl, des animaux sans vertèbres, t. 1, p. 235, 1816 Flabellum Lesson, Mlustr. de Zool. 1831. Monomyces (parte). EHRENBERG , Corall. des roth. Meer., p. 77, 1834. Phyllodes Puruieri, Neues Jahrb. für Miner. und Geol., t. IX, p. 665, 1841. Euphyllia (parte) DANA, Expl. exp. Zoop., p. 158, 1846. Flabellum Mine Epw. e G. Hamme, Ann. des Sc, nat., 3 ser., t. IX, p. 256, 1848 480 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Polipaio semplice, retto , più o meno compresso. La fossetta del ca- lice è stretta e profonda. La columella è ridotta ad alcune dipendenze spiniformi , che sono dei veri travetti (érabiculins Enw. e Hame) dei bordi interni dei tramezzi. Questi sono generalmente numerosissimi; essi ap- partengono in realtà a sei sistemi primitivi, ma formano molti sistemi apparenti. Essi non s’ innalzano al disopra della muraglia, e presentano sulla loro superficie delle serie radiate di granuli ben distinti. La mu- raglia presenta sovente delle creste o delle spine, ma non mai dei pro- lungamenti radiciformi. Rapporti e differenze. Questo genere ha i più grandi rapporti con altri, coi quali costituisce la tribù naturale dei Flabellacei, caratterizzata dalla presenza dell'epitecio; essi sono Rhizotrochus, Placotrochus, Blastotrochus, Conotrochus. Questi quattro generi si distinguono dai Flabelli, ciascuno per un carattere ri- marchevolissimo. I Rhizotrochus per le loro radici basilari, i Placothrocus per la columella lamellare, i Blastotrochus per le loro gemme laterali, i Co- notrochus per la columella fascicolare sviluppatissima. Storia. Le specie più anticamente conosciute di questo gruppo sono state descritte da Lamarck sotto nome di Fungia, e da Gornruss sotto quello di Turbinolia. Lesson ne ha chiamato una Flabellum, ma nello stabilire questo ge- nere, egli non vi ha riunito veruna delle specie precedentemente pub- blicate. Il sig. Prurierr ha ugualmente separato sotto il nome di Phyllodes un corallario che non differisce per alcun carattere importante dal Fla- bellum di Lzssow. In quanto al sig. Dana dee dirsi che ha confuso siffatti Turbinolini colle sue Eufillee, che appartengono alla famiglia degli Astreidi. Il sig. Micueris ha il primo riunito un certo numero di fossili in questa divisione generica, che è oggigiorno una delle più numerose di tutta la classe; ma quelli che in verità hanno accresciuto moltissimo in questi ultimi tempi il genere Flabellum, rapportandovi un gran numero di specie sì viventi che fossili, e descrivendone molte nuove, sono stati i signori DI GIUSEPPE SEGUENZA 481 Epwarps e Hame, che nella più recente loro opera (1) ne noverano 47 specie. Secondo questi due ultimi autori i Flabelli si dividono naturalmente in tre sotto-generi ben distinti dallo stato della base del polipaio, cioè : 1. Flabella subpedicellata. 2° » truncata. de sisi rou Essi appartengono all’epoca attuale ed al periodo terziario ; ed è cosa degna di attenzione, che tutte le specie fossili sinora descritte spettano al primo sotto-genere. Sotto-genere FLABELLA SUBPEDICELLATA. Polipaio che presenta alla base un pedicello più o meno distinto, divenendo libere allo stato adulto per cessazione d'aderenza. A. Sei cicli di tramezzi. 1. FLABELLUM EXTENSUM Micugum, 1841. F, extensum MICHELIN , Iconograph. zoophyt., p. 46, t. 9, f. 14, 1841. » » NysT., Descript. des coq. et pol. foss, de la Belg., p. 633, tav. 48, fig. 16, 1843. » » MicuELoTTI, Fossil. des terr. mioc. de l'Italie septen., pag. 32. » » D’Ornicny, Prodrome de Paléontolog., t. III, p. 143, n.0 2692, 1847. » » M. Epwarps e G. Hamme, Ann. des Sciences nat., 3.ème sér., t. IX, p. 261. » » » Histoires des Coralliaires , t, 11, p, 81. » » Prorer, Traité de Paléontologie , t. IV, p. 374. » » DE FROMENTEL, Introduction à l’étude des polypiers foss., p.88, 1858-61. F. polypario flabelliformi, compresso praesertim ad basim ; faciebus subconcavis; cristis lateralibus prominulis horizontalibus , lineam rectam constituentibus ; costis vix distinctis ; calice compressissimo , convexo , utrinque margine semiorbiculato constituto: septis tenuibus, tribus primariis ordinibus subaequalibus, sexto cyclo parvissimis. | : Gli esemplari che io riferisco alla specie del sig. Micuriin sono troppo mal conservati, perché potessi darne una completa descrizione; pur nondimeno i caratteri seguenti, che in essi chiaramente si osservano, non lasciano aleun dubbio sulla esattezza della determinazione specifica. (1) Histoire naturelle des Coralliaires, V. M, p. 79 e seguenti. SERIE IL Tow. XXI. lo E ci 2 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Polipaio flabelliforme, abbastanza compresso e soprattutto presso la base, dove è fornito d'un peduncolo solido, conico, alquanto curvo; le due costole laterali sono fornite di creste un poco sporgenti , e disposte orizzontalmente sopra una linea retta, in modo che non formano angolo fra di loro; il calice è molto compresso, e presenta il suo asse maggiore alla parte inferiore del polipaio; sugli estremi di quest'asse, che sono angolosi, i due margini del calice formano dall'una e l'altra faccia un’arco che oltrepassa la metà del cerchio ; i tramezzi sono sottili, e per quanto si può osservare negl individui incompleti dei terreni messinesi, essi co- stituiscono sei cicli, dei quali l’ultimo è formato di tramezzi molto stretti, mentre quelli che costituiscono i primi tre ordini sono grandi e quasi uguali tra loro: Altezza di un individuo il più completo 21", 5. Il F. extensum è stato raccolto in varii terreni miocenici, come in quelli di Torino, del Belgio e di Francia. Questa specie trovasi con molta rarità nelle marne mioceniche di Rometta A4. Cinque cicli completi di tramezzi. 2. FLABELLUM SICILIENSE Epwarps e Hame, 1848. Tav. X, fig. 5. F, siciliense M. EDWARDS e G. HAIME, Ann. des Sc. nat., 3.° sér., t. IX, p. 262, 1848 » » M. Epw.e G. Hame, Histoire des Corall., tom. II, pag. 83. » » D'Onzr;GNY, Prodrome de Paléont., t. III, p. 189, n.° 467. » » SEGUENZA , Notizie succinte intorno alla costituzione geol. dei terr. terz. def distr. di Mess., p. 26. » » Picret, Traité de Paléontologie , t. IV, p. 395. » » De FROMENTEL, Introduction à l'étude des pol. foss., pag. 89, 1858-61. F. polypario conico-compresso, elongato, pedunculo gracili; epithecio fortiter plicato ; costis planis, subaequalibus , vix distinctis, lateralibus inferne vix cristatis, et angulum acutum. constituentibus; septis tenuibus, primariis, secundariis et tertiariis subaequalibus ; marginibus flexuosis ; granulis raris. Polipaio conico molto allungato e compresso, con un pedicello gracile, e colle costole laterali fornite di piccole creste, e formanti un angolo acuto di circa 50°; l’epitecio è fortemente pieghettato trasversal- mente, in modo che le costole, che sono quasi uguali e piane, vengono | | | | DI GIUSEPPE SEGUENZA 483 in gran parte occultate; gli assi del calice stanno tra loro nel rapporto di roo : 200; all’estremita dell asse maggiore il calice si presenta alquanto angoloso, e finisce in un piano che è un poco inferiore a quello dell’asse minore; i tramezzi, costituenti cinque cicli, sono sottili e coi margini pieghettati; quelli dei primi tre ordini essendo tra loro quasi uguali, dividono il calice in 24 sistemi apparenti, di cui ciascuno contiene tre tramezzi derivati; i granuli delle facce sono rari e non molto sporgenti. Altezza del polipaio 42"". Assi del calice 32%", 16m, Questa specie è stata scoperta nel pliocenico di Palermo. In Messina è estremamente rara; trovasi, sempre rotta, nel calcare pliocenico di S, Filippo inferiore. AAA. Il quinto ciclo di tramezzi incompleto. 3. FLABELLUM MESSANENSE SEG. Tav. X, fig. 2, 2a, 2b. F. polypario flabelliformi, inferne pedunculato , pedunculo crasso , at- tenuato , subacuto ; epithecio transverse undulato-plicato , rugoso ; costis primariis et saepius secundariis subprominulis rotundatis , duabus late- ralibus anguloso-cristatis, angulum obtusissimum constituentibus ; omnibus aliis fere indistinctis ; calice convexissimo, axe majore inferius posito , margine utrinque arcuato, fere semiorbiculato et rare acuteque denti- culato ; septis tenuibus , granulis raris parvisque ornatis, primariis et secundariis intus incrassatis ibique granulis prominentibus instructis. Polipaio molto dilatato, in forma di ventaglio , colla base fornita di un grosso peduncolo, che assottigliasi gradatamente sino a divenire quasi acuto; l'epitecio è lucido, ma rugoso per le increspature trasversali ondulate ; le costole laterali, che formano un angolo di circa 135.5, ` presentano delle creste poco sporgenti, che mancano completamente in vicinanza del calice; sopra ciascuna faccia si osservano cinque costole un poco elevate e rotondate , le altre sono indistinte o pochissimo ap- pariscenti ; il calice è molto convesso, per avere i suoi assi, che stanno nel rapporto di 100 : 200, in piani tra loro ben distanti, cioè il piccolo è in un piano che passa per l'apice del polipaio; il grande asse é di- sposto in un piano che à circa alla metà del polipaio stesso; quindi il 484 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. margine del calice oltre di presentare dei dentelli rari ed acuti, mostrasi in forma di arco, che quasi uguaglia la metà di un circolo dall'una e l’altra faccia del polipaio ; i tramezzi sono sottili, e portano sulle facce dei granuli rari e piccoli; quelli che spettano ai primi tre ordini sono molto più grandi e quasi uguali tra loro, essi sono ingrossati alla parte interna, dove presentano dei granuli acuti e sporgenti, che sono i ru- dimenti dei travetti (trabiculins Enw. e Hame), i quali da se soli costi- tuiscono la columella in tutt i Flabelliz il quinto ciclo di tramezzi si manifesta in qualche sistema e sempre incompletamente. Altezza del polipaio 40%. Assi del calice 50””, 25%, Tra i vari individui incontrasi sovente una varietà, in cui le costole di secondo ordine sono alquanto sporgenti, e ciascuna di esse e delle altre insieme presenta un solchetto superficiale mediano, che la percorre in tutta la sua lunghezza. Questa specie, che trovasi comunemente nel distretto di Messina , vi è sempre mal conservata, riuscendo impossibile estrarne un solo in- dividuo intiero dalle marne giallastre mioceniche, ove essa giace. Incontrasi più comunemente nelle contrade Scoppo, Trapani, Gravitelli, S. Filippo, Rometta ecc. 4. FLABELLUM SOLIDUM Sec ; Tav. X , fig. 6. F. polypario solido, flabelliformi , basi....; theca crassa solidissima; epithecio transverse undulato-rugoso ; costis 24 inaequaliter subangulosis, duabus lateralibus acutis, rectis, angulum obtusissimum constituentibus ; calice convexo, axe majore inferius posito, Jossula profunda ; columella e trabiculinis paucis: parvisque constituta ; septis tenuibus et tenuiter granulatis, primariis, secundariis et tertiarüs majoribus , intus incrassatis. * Il polipaio qui sopra descritto è rappresentato nella mia collezione da un solo individuo in varii punti rotto (1), che molto si avvicina alla specie antecedente , perciò non senza dubbio ne ho costituito la presente specie. I caratteri differenziali che m’ indussero a ciò sono i seguenti : (1) Recentemente si rinvennero altri esemplari anch'essi rotti | | DI GIUSEPPE SEGUENZA 485 La superficie del polipaio presenta circa 24 costole più o meno sporgenti ed angolose; le due laterali, che sono molto acute, prive di creste e rette, formano un angolo di circa 120.°, che è minore di quello dell’an- tecedente specie; pur nondimeno in quest’ultima le due costole laterali sono flessuose, e a misura che s’ innalzano, curvano verso il centro, lad- dove essendo rette nella specie in esame, rendono il polipaio molto più dilatato in vicinanza del calice; la base è rotta, per cui il peduncolo non si conosce; il calice, molto convesso, sembra essere più stretto, in modo che dalle misure approssimative risulta che i suoi assi stanno nel rap- porto di 100 : 227; la columella è costituita di qualche travetto piccolo e raro; i tramezzi dei primi tre ordini sono grandi , ingrossati al centro e quasi uguali tra loro; il quinto ciclo invece di svilupparsi in qualche sistema soltanto , vi è in tutti, mancando solamente in porzione di alcuni; la muraglia costituisce anco una differenza tra questa e l’antecedente specie, essendo verso la metà del polipaio spessa di 4 o 5 millimetri e molto compatta. Le misure approssimative di questo esemplare incompleto sono : Altezza del polipaio rotto 30". Assi del calice 5o"", 22", Raccolto nelle marne mioceniche di Rometta. AAAA. Quattro cicli di tramezzi. 5. FLABELLUM LACINIATUM Epwarps e Hame, 1848. Tar A gara va Phyllodes laciniatum A. Panuiepi, Neues Jahrbuch für Miner. und Geol, t IX, p. 665 tav. II, fig. B. 2, 1841. Flabellum laciniatum M. EnwarDs e G. HAIME, Ann. des Sc, nat. , 3.e sér, , t. IX, p. 273, 1848 » » D'OrBIGNY , Prodrome de Paléont., t. MI, p. 189, n.° 469. » PicTET, Traité de Pal., t. IV, p. 375. » » Mie Epwarps e G. Harme, Hist. des Corall., tom. II, p. 92 » » SecuenzA, Notizie succinte ecc., p. 90. » » SEGUENZA, Sulla formazione miocenica di Sicilia ecc., p. 7. » » DE FROMENTEL, Intr. à l'étude des pol. foss., pag. 91, 1858-61. Alcuni frammenti, che convengono a puntino colla descrizione del Prix e colle osservazioni dei signori Epwarns e Hame , trovansi ra- rissimamente nelle marne di Rometta e dei dintorni di Messina ; essi annunciano chiaramente che il polipaio è un Flabellum dimezzato, ma sembrano mostrare che i tramezzi costituiscono quattro cicli. 486 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Trascuro di dare qui la descrizione di questa specie, perchè gli esemplari sono sempre incompleti ; il carattere più importante si è quello di presentare il margine del calice diviso in grandi lacinie denticolate. Rinvenuto dal Pump questo Flabellum nelle Calabrie , probabil- mente nella formazione terziaria media, è stato raccolto ora nelle marne mioceniche di Messina, a Rometta ed a Trapani. 6. FLABELLUM CRASSICOSTATUM SEG. Tav. X, fig. 3, 3a, 3b. F. polypario conico-compresso , lateraliter rotundato , elato , longe pedunculato ; pedunculo cylindraceo et flexuoso ; costis 24 crassis, con- tiguis , prominentibus , maioribus minoribusque alternantibus ; epithecio tenui, transverse et flexuose undulato et striato ; calice elliptico ; septis tenuibus granulatis , cyclis septarum quatuor ? Polipaio di forma conica, alquanto compresso, ma rotondato late- ralmente , molto elevato e fornito di un peduncolo lungo e flessuoso, di forma quasi cilindrica ; le costole, di cui è ornato, sono al numero di 24, molto grosse, contigue , alquanto angolose e quasi rotondate , abbastanza sporgenti, soprattutto presso il margine del calice, e meno alla parte inferiore, mancando completamente sul peduncolo; dodici di siffatte co- stole sono più strette ed alternano colle più grosse; l'epitecio è sottile, e sulle costole mostrasi trasversalmente ondulato e flessuosamente striato; il calice è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di roo : 133, di- sposti quasi nel medesimo piano; i tramezzi sono sottili e granulati; essi costituiscono quattro cicli probabilmente completi. La roccia calcare riempie talmente il calice di questa specie, da non poterlo bene studiare. Lunghezza del polipaio 23"". Aur. del calice 1077,54 12777 Trovasi rarissimamente nel calcare miocenico di Tremonte. 7. FLABELLUM ATTENUATUM SEG. Tav. X, fig. 4, 4a, 4b. F. polypario elato conico-compresso , gracili, lateraliter rotundato, subflexuoso , inferne gradatim attenuato et longe pedunculato , pedunculo gracili, cylindraceo ; costis ad marginem calicis paucis, parvis et vix angulosis; epithecio tenui, transverse striis undulatis irregularibus ornato; > E d DI GIUSEPPE SEGUENZA 487 margine calicis dentes acutos , prominentes gerente ; calice elliptico ; septis tenuibus granulatis, quarto cyclo rudimentario. Polipaio molto elevato e gracile , di forma conica, compresso, alquanto curvo, non angoloso ai due lati più stretti; molto attenuato alla parte inferiore, che si termina in un peduncolo cilindrico ; le costole, che sono quasi indistinte su tutta la superficie del polipaio, si manifestano verso il margine del calice sotto forma di angoli poco distinti, che affettano soltanto i denti acuti, di cui il margine stesso è fornito ; l’epitecio è sottile ed ornato di strie trasversali ondulate e flessuose ; il calice.è ellittico, cogli assi che stanno nel rapporto di 100 : 133; il più grande di essi è in un piano inferiore del più piccolo; l interno del calice, ingombro della roccia calcare, non può essere studiato bene, pure si riconosce che i tramezzi sono sottili e granulati, e che probabilmente quelli che costi- tuiscono il quarto ciclo sono pochi. Questa specie è molto rassomigliante alla precedente per la sua forma complessiva, ma se ne allontana per la mancanza di costole, pei denti acuti al margine del calice, per la maggiore gracilità e per altri caratteri sopra espressi. Assi del calice 12", 9», Altezza del polipaio 22"". Raccolto nel calcare miocenico di Scoppo. Sotto-Genere FLABELLA FIXA. Polipaio che resta sempre fisso per mezzo d'una larga base. 8. FLABELLUM ARCHIACIANUM Sec. Tav. X, fig. 8, 8a. F. polypario parvo , irregulariter conico , subrecto ; epithecio crasso , transverse subplicato ; costis indistinctis ; calice suborbiculato ; septis ad marginem calicis vix: prominentibus et distinctis, non lamelliformibus , confertis contiguis ; in fundo calicis primariis et secundariis inaequalibus , prominentibus , intus incrassatis et granulosis ; quarto cyclo incompleto ; Jossula lata et profundiuscula ; columella seriali. Piccolo polipaio di forma irregolarmente conica, quasi retto ; coll'epi- tecio molto spesso , che si eleva al disopra dei tramezzi, e presenta delle 1 p. 488 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. piegature trasversali , nascondendo completamente le costole ; il calice è quasi circolare e dilatato superiormente; i tramezzi in vicinanza del margine non sono lamelliformi , ma assumono quasi l'andamento di costole, essendo appena sporgenti dalla muraglia, rotondati , ravvicinatissimi, poco distinti e quasi uguali ; quelli spettanti al primo e secondo ordine si elevano gradatamente alla parte inferiore, divenendo lamelliformi e gra- nulati, ed in fondo alla fossetta pervengono insino al centro, dove s'in- grossano molto; il quarto ciclo presenta una metà dei suoi tramezzi ; la fossetta à molto larga ed alquanto profonda; la columella è costituita da poche prominenze interne dei tramezzi principali, le quali sono di- sposte in serie. Fra tutte le specie di Flabelli fossili conosciuti è questa la sola che appartenga al sotto-genere dei Flabelli fissi; essa somiglia per Pesteriore apparenza e per la spessezza dell’epitecio al F. anthophyUum ; ma la conformazione dei tramezzi l’allontana da tutte le specie conosciute. Altezza del polipaio 11"". Diametro del calice 11””. Un solo individuo raccolto nelle marne mioceniche di Trapani presso Messina. Osservazione. Oltre le specie descritte, il genere Flabellum probabilmente racchiude altre specie sepolte nelle marne mioceniche messinesi, ma il loro cattivo stato di conservazione cancellando i caratteri distintivi , ci lascia ignoranti sulla loro specifica determinazione. Nel calcare della medesima epoca incontrai, non ha guari, il nucleo di un grande Flabellum , la cui deter- minazione specifica riesce impossibile , essendo esso incompleto e man- cando ogni benchè minimo residuo del polipaio. Bisogna inoltre cennare, come appendice alla famiglia dei Turbinolidi, alcuni polipariti, che recentemente ho rinvenuto nel calcare miocenico di Tremonte, i quali sono di forma cilindrica, colla muraglia molto spessa e granulata alla superficie, coi tramezzi ingrossati, che costituiscono quattro cicli incompleti; e quantunque siffatti esemplari mostrino chia- ramente di appartenere ad una specie fornita di polipaio composto, pure non mancano i caratteri proprii della famiglia dei Turbinolidi , perlochè è probabile che debbano spettare al genere Coenocyathus , sebbene il calice ripieno della roccia calcare non permetta di riconoscervi la presenza | —_e__y i ge — e ) DI GIUSEPPE SEGUENZA 489 dei paletti, che pur nondimeno vengono annunziati con qualche indizio di probabilità nelle sezioni che i polipariti presentano ; perlochè, ritenendo dubbiosamente il generico ravvicinamento, denomino per ora questa specie C. miocenicus, sperando di poter dare in seguito nuovi rischiarimenti. Famiglia OCULINIDI (OcuriNIDAE). Logge divise trasversalmente da poche traverse lamellose; cavità vi- scerale che si oblitera gradatamente da basso in alto. Prima Tribù OCULINACED (Oculinaceae). Tramezzi disuguali. Genere LOPHOHELIA Enwaros e Hame , 1857. Matrepora (parte) OKEN, Lehrb. der Naturgesch., t. I, p. 71, 1815. Oculina (parte) LaMK., Histoire des animaux sans vert., t. II, p. 286, 1816. Lithodendron (parte) SCHWEIGGER, Handb. Naturgesch., p. 416, 1820. Lophelia Mine EpwARDS e G. Hame, Compt. rend. de l'Acad. des Sc., t. XXIX, p. 69, 1849. Lophohelia M. EDwARDS e HAIME, Histoire naturelle des Coralliaires, tom. II, p. 116. Polipaio dendroide risultante d’una gemmazione irregolarmente alterna e quasi terminale. I calici hanno i bordi sovente ripiegati e lamellari, e la loro cavità centrale è profondissima. I tramezzi sono intieri, sporgenti, s'incontrano sul loro bordo interno, in fondo alla camera viscerale senza intermezzo della columella né dei paletti.. Manca il tessuto comune pro- priamente detto, cioè il senenchima (Coenenquyme Ep»wanps e Harr). Rapporti e differenze. Questo genere, per la profondità della fossetta del calice e per la mancanza di columella e di paletti, rappresenta tra gli Oculinidi i Des- mofilli della famiglia dei Turbinolidi; ma in questi ultimi che hanno un polipaio semplice, la muraglia non è spessa, e non vi sono mai traverse. Le Lofelie si distinguono dai generi Oculina, Trymohelia, Cyathohelia, Sclerohelia , Synhelia, Diplohelia, per l'assenza completa di columella e di paletti; dalle Astrohelia pei tramezzi intieri, dalle 4crohelia e dalle Euhelia per la disposizione dei polipariti (Polypiérites EnwAnvs e Ham). Esse hanno molti rapporti colle Amphihelia e colle Enallohelia; ma hanno dei tramezzi sempre molto più numerosi e più sporgenti, e man- cano di senenchima propriamente detto. Serw II. Tom. XXI. 3p 490 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Storia. Le specie che appartengono a questo genere sono state descritte sotto vari nomi. Così Ogen, Linneo, Erris, Esper ecc. le riunirono al gran genere Madrepora; sotto il nome di Oculina e Caryophyllia le descrissero Lamarck, Lamouroux, BrarmvinLe, Dana ecc.; e sotto quello di Zitho- dendron Scuweiccer; ma poi Epwarns e Hame delimitando bene i caratteri dei generi sopraccennati, ne hanno raggruppato alcune specie sotto il generico nome di Zophohelia. Le specie sinora descritte sono quattro, di cui tre viventi ed una dei terreni terziari, la quale da sè sola nel distretto di Messina costituisce la parte principale del calcare miocenico ; a siffatta specie se ne devono aggiungere altre due, che raccolsi insieme ad essa. 1. Lopnoneria Derrancet Epwarps e Hame, 1857. "Tav. XI, fig. 1a; 1b, 10: Lophohelia Defrancei DEFRANCE, Dict. des scienc. nat., t. XXV, p. 356, 1825. » » Epwarps e HAIME, Comptes rendus des séano. de l'Acad. des Scien » » Epwarps e Haime , Histoire naturelle des Corall., tom. II, pag. 118. » SEGUENZA (G.), Notizie succinte intorno alla costituzione geologica delle roccie terziarie del distretto di Messina, p. 90. » » » Intorno alla formazione miocenica di Sicilia, p. 7. L. polypario caespitoso ramosissimo. Polyparitis lateraliter liberis , cylindraceis , prope calicem. saepius latioribus ; theca extus subtilissime granulata, crassa, solida; costis nullis ; systematibus sex inaequalibus ; septis granulats , eactus Crassis , confertis , Superne prominulis, primariis majusculis. Polipaio in forma di cespuglio, ramosissimo , coi polipariti liberi la- teralmente , di forma quasi cilindrica e mediocremente allungata; ma alquanto più larghi ordinariamente in vicinanza del calice, che germogliano una o due volte, e sovente si saldano con altri nei punti dove toccano. La muraglia è spessa, compatta, ricoperta di finissima granulazione , e priva di costole sinanco in vicinanza del calice, dove rarissimamente in qualche poliparito se ne osservano alcune principali alquanto rilevate ed wá Dl GIUSEPPE SEGUENZA 491 angolose ; i tramezzi sono molto ravvicinati, ingrossati all’esterno e sotti- lissimi internamente , colle facce coperte di granuli ; i sistemi sono irre- golari e disuguali, essendo costituiti da 3, 5 o 7 tramezzi derivati, di grandezze differenti secondo l’ordine a cui essi appartengono, essendo quelli del primo ciclo i più sviluppati; i calici, che sono spesso circolari, e che non di raro prendono una forma irregolarmente ovale o ellittica, hanno un diametro che sovente giunge a 12 millimetri; la fossetta è alquanto larga e profondissima ; i polipariti hanno una lunghezza variabile da due a quattro centimetri. Questa specie ha grandi rapporti colla Z. prolifera Ev. e H., che vive nei mari di Norvegia. Nel Gabinetto di Storia naturale dell’Università di Messina trovasi un esemplare di Zophohelia, alto circa tre decimetri, il quale, quantunque indubitatamente debba riferirsi alla Z. prolifera, pure per alcuni caratteri si allontana alquanto dalla descrizione dei signori Epwanns e Ham; i calici infatti pervengono sino ad avere un diametro di due centimetri, quantunque da una faccia il polipaio li presenti tutti di circa un centi- metro ; i tramezzi di secondo ordine, nel maggior numero di polipariti, quasi uguagliano quelli del primo ciclo; in tutt'altro l'esemplare del ga- binetto messinese conviene esattamente colla descrizione sopraccennata (1). Or con siffatto esemplare ho paragonato -la specie fossile del calcare messinese, ed ho riconosciuto le seguenti differenze: l'aspetto. generale della Z. Defrancei la fa riconoscere per molto più gracile in tutte le sue parti, sinanco nella spessezza della muraglia e nella grandezza ordinaria dei calici; la mancanza delle costole, e la poca sporgenza dei tramezzi la distinguono abbastanza, Questa specie è importantissima per le rocce mioceniche messinesi , essendo comunissima nel calcare di siffatta epoca, ed ordinariamente in tanta copia da costituire la parte principale della roccia, Vedesi a (1) Y signori EDWARDS e Hare nell Histoire nat. des Coralliaires, p. 117, t. IT, cennano come probabile l'esistenza della L. prolifera nel Mediterraneo, e ciò per la figura di Vitaliano DONATI; ora le circostanze ed i caratteri dell'esemplare del Gabinetto di Messina comprovano abbastanza siffatta supposizione. Quantunque nessuna indicazione intorno alla provenienza siavi espressa nella cartella che indica la specie, pure essendo il polipaio riposto in mezzo ad altri corallarii e cirripedi ed echinodermi e conchiglie indigeni, fa d’uopo riguardarlo siccome della medesima provenienza; di più su di esso trovasi fisso un piccolo esemplare dell’Amphihelia oculata, specie assolutamente mediterranea. Quest'ultimo carattere sembra decisivo. q AQ2 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Tremonte, Scoppo , Gravitelli , Cammari , Bordonaro, S. Filippo, Pa- gliarino, Zaffaria, Milazzo ecc. Trovasi inoltre, nel maggior numero delle medesime contrade, gia- cente nelle marne giallastre soprastanti, sebbene sparsa con molta rarità. Nel medesimo modo osservasi a S. Filippo ed allo Scoppo nel calcare pliocenico, ed a Gravitelli nelle sabbie pleistoceniche, ma con rarità tale in quest'ultima roccia, da far credere piùttosto che vi sia stata intro- dotta allo stato fossile. 2. LOPHOHELIA STOPPANIANA SEG. Tav. XI, fig. 2a, 2b, 2c. L. polypario ramoso ; polyparitis liberis cylindraceo-subturbinatis ; theca crassissima, solida , extus tenuissime granulata ; systematibus sex vel septem inaequalibus; septis tenuissimis vix productis, nunquam exertis, praeter primarios et saepius alterum ex: secundariis, qui costulam ad mar- ginem calicis constituunt; calicis margine crassissimo rotundato ,. fossula lata, profundissima. Polipaio ramoso, coi suoi polipariti liberi per buon tratto della loro lunghezza, e di forma quasi turbinata , essendo rigonfi presso il centro e quindi ristretti agli estremi; la gemmazione ha luogo ordinariamente lungi dal calice; la muraglia è molto spessa, ed alla parte inferiore d'ogni poliparito tende a chiudere la camera; la sua superficie è sottilmente granulata; i sistemi sono sei, disuguali, ed alcune volte, per lo sviluppo più progredito di un tramezzo di secondo ordine, sembrano in numero di sette; il calice presenta un margine spessissimo e rotondato , al disopra del quale non sì elevano che sei o sette tramezzi ; i tramezzi sono sottili e molto stretti, in modo che la fossetta resta molto larga e profonda ; quelli che costituiscono il primo ciclo, e sovente qualcheduno del secondo, sporgono sul margine del calice, formando delle costole acute, brevissime e crestiformi. La conformazione dei tramezzi in questa specie, e la rotondità del margine del calice, la distinguono benissimo dalle altre. Il diametro del calice è circa 10 millimetri. Questa specie è ben rara nel calcare miocenico di Scoppo, Tremonte, S. Filippo DI' GIUSEPPE: SEGUENZA 493 3. LOPHOHELIA GRACILIS SEG. Tav. XI, fig. 3a, 35, 3c, 3d, 3c. L. polypario ramoso , gracili; polyparitis conico-elongatis , gracilibus, liberis ; theca solida, tenui , extus confertim granulata ; systematibus sex | irregularibus inaequalibusque ; septis tenuibus , latis , superne productis; primariis et secundariis majoribus extus prominentibus ; calice dilatato, elliptico ; fossula parva , profundissima. Polipaio ramoso molto gracile, coi polipariti lunghi, di forma quasi conica, molto stretti inferiormente, liberi all'interno e della lunghezza circa di due centimetri; la gemmazione avviene ordinariamente presso il calice per una o due gemme; la muraglia è compatta ma sottile e colla superficie fortemente granulata ; i tramezzi sono sottili soprattutto all'interno, granulati, molto sporgenti e larghi; quelli che spettano al primo ed al secondo ciclo ordinariamente sono abbastanza più grandi e sporgono all’esterno ; 3 sistemi sono sei, irregolari e disuguali, avendo or tre, or cinque ed or sette tramezzi derivati; il calice è dilatato, or- dinariamente ellittico, del diametro di otto millimetri , colla fossetta molto profonda e strettissima. Questa specie per la sua gracilità è ben distinta dalle altre ; la lar- ghezza dei tramezzi poi; la loro sottigliezza ed elevazione al disopra, e la loro sporgenza all’esterno del calice sono dei caratteri importantissimi di questa specie. Essa presenta due distinte varietà : Var. 1. L. striata Sec. Tav. XI, fig. 30. Gracilissima, colla muraglia ornata di sottilissime strie longitudinali , coi tramezzi meno larghi e meno. sporgenti. Diametro del calice 5". Var. 2. £, latistella Sec. Tav. XI, fig. 3c. I calici molto più grandi di quanto lo sono nella specie , essi per- A vengono sino ad avere un diametro di quindici millimetri ; i polipariti | ; sono perciò ingrossati e quindi relativamente più brevi. Queste due varietà potrebbero forse costituire due specie. distinte ; $ 494 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC, ma la grande somiglianza che essi hanno col tipo della specie, sia nella gemmazione e nella forma dei polipariti, come ben anco nella sottigliezza , larghezza e sporgenza dei tramezzi, mi ha indotto a riguardarle come vere modificazioni della Z. gracilis, alla quale d'altronde sembrami che facciano passaggio per mezzo d’individui che partecipano dei caratteri dell'una e delle altre. Questa specie e le sue due varietà ritrovansi nel calcare miocenico di S. Filippo inferiore. Genere AMPHIHELIA. Enwarps e Hame, 1849. Madrepora (parte) OkEN, Lehrb. der Naturgesch. , t. I, p. 72. 1815. Oculina (parte) LAMK., Hist. des animaux sans vert., t. II, p. 284, 1816. Amphelia M. Epwanps e G. Hamme, Compt. rend. de l’Acad. des Sc., t. XXIX, p. 69, 1849. Amphihelia M. EpwARDS e Haime , Histoire naturelle des Coralliaires, t. II, p. 119, 1857. Polipaio dendroide, che risulta d'una gemmazione alterna distica ; il senenchima prende molto sviluppo nei rami della base; i polipariti sono appena costulati al margine del calice. La columella é rudimentaria o nulla; mancano completamente i paletti; i tramezzi sono intieri , poco numerosi, e debolmente sporgenti al disopra della muraglia. Rapporti e differenze. Il zoofito , che serve di tipo a questa divisione generica , è conosciuto da lunghissimo tempo sotto il nome di Corallo bianco; ma è stato confuso da quasi tutti gli autori coll’Oculina virginea. Il genere Amphihelia differisce pertanto dalle Oculine propriamente dette, così come dalle Zrymohelia , dalle Cyathohelia e dalle Synhelia per la disposizione alterna dei calici e per l'assenza di columella e di paletti. In molti generi di questa famiglia la moltiplicazione si opera nella medesima maniera; ma la struttura dei polipariti è differente; così le Sclerohelia hanno una columella e dei paletti bene sviluppati ; le Diplohelia non hanno paletti, ma una larga columella e spugnosa, e le Enallohelia hanno delle costole molto più prolungate. Le Astrohelia dif- feriscono dalle Amphihelia pel modo di aggruppamento degl’ individui e pei tramezzi dentellati; le Acrohelia pel grande sviluppo in altezza dell'apparecchio dei tramezzi, e la gemmazione in linee spirali ; infine, nell’ Euhelia , i calici sono opposti due a due, e nelle Lophohelia non trovasi vero senenchima DI GIUSEPPE SEGUENZA 495 Storia. L'unica specie di questo genere che da lungo tempo era conosciuta si è l’Amphihelia oculata, la quale fu detta dagli antichi autori Corallo bianco, poscia da Linneo riunita al genere Madrepora , e da Lamarck alle Oculine ; finchè i signori Ebwaros e Hame ne costituirono il genere di cui è discorso, riunendovi un'altra specie vivente nei mari dell'Australia. 1. AMPHIHELIA MIOCENICA SEG. Tav. XII, fig. 1, 1a, 15, 1c. 4. polypario irregulariter ramoso ; polyparitis junioribus conicis ; theca profunde striata et confertim granulata; calicibus orbiculatis , al- ternis disticis ; columella distinctissima ; septis tenuibus inaequalibus , primariis majoribus , superne et extus prominulis ; systematibus sex ae- qualibus , ordinibus tribus. Polipaio irregolarmente ramoso, coi polipariti di forma conica nella giovane elà, coi calici alterni distici, disposizione che meglio si osserva sui giovani rami; la muraglia à ricoperta di granuli molto ravvicinati, ed ornata di strie ben pronunciate, più o meno irregolari, e che si anasto- mizzano tra loro; la columella è bastantemente distinta ; i tramezzi che sono sottili e disuguali costituiscono sei sistemi uguali e tre cicli completi; quelli che spettano al primo ordine sono pià grandi e sporgenti al di- sopra del margine del calice ed all'esterno di esso. Il diametro dei calici è di circa 27", 5, Questa specie nella sua forma generale è proprio identica alla 4. oculata del Mediterraneo , ma l'ornamento della superficie della muraglia, la co- lumella meglio sviluppata, la fossetta meno profonda la distinguono bene. Trovasi nel calcare miocenico di S. Filippo e Zaffaria. 2. AMPHIHELIA SCULPTA Sec. Tav. XII. fig. 2, 2a, 2b. A. polypario solido; theca crassa, superficie exilissime confertissimeque granulata , et striis flexuosis , anastomisantibus ornata ; calicibus orbi- culatis , alternis , disticis ; columella nulla; septis crassis, confertis , gra- nulatis, primariis majoribus, prominentibus , extus costas cristaeformes formantibus ; systematibus sex aequalibus , tertio cyclo completo, fossula lata , profunda. ! | . A lin age e ii a | 496 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARIT FOSSILI ECC. Polipaio molto elegante per la scultura della sua superficie , ornata d'una granulazione sottilissima e molto spessa , e fornita di strie flessuose, piegate ed anastomizzate , cogli spazii interposti alquanto infossati e quasi scanalati superficialmente ; la disposizione dei calici sul polipaio é alterna e distica, la forma degli stessi circolare; la columella sembra mancare completamente ; i tramezzi sono molto spessi, stretti, ravvicinati e gra- nulati sulle due facce; essi costituiscono tre cicli completi, e sei sistemi ugualissimi; quelli che appartengono al primo ordine sono più grandi e sporgono al disopra della muraglia ed in fuori, formando sul margine del calice sei brevissime costole crestiformi ; lo che vedesi in minor grado in quelli di secondo ordine. Questa specie distintissima per tutt’ i suoi caratteri, lascia. qualche dubbio intorno alla sua determinazione generica, dappoiché quei pochissimi individui che io ho raccolto sono identici alla fig. 2, senza presentare cioè la ramificazione alterna distica, propria di questo genere. Il solo dubbio dunque potrebbe insorgere che siffatta specie fosse una Diplohelia ; ma ciò non è probabile per la mancanza della columella e pei tramezzi privi di dentellature. Trovasi rarissimamente a Tremonte nel calcare miocenico. Genere DIPLOHELIA Epw. e H., 1850. Diplohelia Evwarps e HAIME, Brit. foss. Corals, intr., p. XXI, 1850. Diplohelia EDWARDS e. HAME, Hist. nat. des Coralliaires, t. II, p. 120, 1857. Polipaio dendroide col senenchima bene sviluppato alla parte inferiorc. I calici affettano sui rami una disposizione alterna distica. La columella è spugnosa e bene sviluppata. Mancano i paletti. I tramezzi sono finamente dentellati, e s' innalzano poco al disopra della muraglia. Rapporti e differenze. Le Diplohelia rassomigliano pel loro modo di moltiplicazione alle Sclerohelia, alle Amphihelia ed alle Enallohelia ; ma esse differiscono dalle prime per la mancanza dei paletti, e dalle altre per la loro colu- mella spugnosa. Quest'ultimo carattere li distingue ancora dalle Lophohelia, dalle 4crohelia e dalle Euhelia; mentre che i generi Oculina , Trimohelia, Cyathohelia e Synhelia se ne separano pei loro paletti e pel modo di aggruppamento degl’ individui. Le Astrohelia se ne allontanano ancora pella gemmazione irregolare; e la columella rüdimentaria, | I —- ——— y 4— DI GIUSEPPE SEGUENZA 4 > © 1 Storia. Le specie di questo genere sono state riferite da vari autori al genere Oculina; ma i signori Epwanps e Haime nel 1850, nell'introduzione all importante opera sui Corallari fossili d'Inghilterra, lo hanno stabilito coi caratteri sopra espressi. Nella Storia Naturale dei Corallarí poi i medesimi autori riducono a quattro tutte le specie conosciute, delle quali una ritrovasi noi nostni strati miocenici , riunita ad altre tre non ancora descritte. 1. DIPLOHELIA REFLEXA Epwaros e Hame, 1857. Oculina virginea MıcHELIN, Iconographie, p. 64, tav. 13, fig. 6, 1842 (non LAMARCK). » reflexa MicneLOTTI, Foss. des terr. mioc. de l’Ital. sept., p. 45, tav. 16, fig. 5, 1847, Diplohelia taurinensis MILNE EDWARDS e G. Hame, Aun. des Scienc, natur., 3.° sér., t. XII, p. 89, 1850 Astrelia virginea D’ORBIGNY, Prodr. de paléont., t. HI, p. 146, 1852. Diplohelia taurinensis PICTET , Traité de paléont. , tom. IV, p.377, 1857. Diplohelia reflexa M. Epwarps e Hame , Histoire des Coralliaires, tom. II, p. 122, 1857. » » G. SEGUENZA, Noliz. succ. ecc., p. 20, 1862, » » » Sulla formazione mioc. di Sicilia ecc., p.7 , 1862. » » Dr FROMENTEL, Intr. à l'étud. des pol. foss., p.131, 1858-61. D. polypario ramis coalescentibus ; soenenchymate vix: granulato , et strias latas subflexuosas gerente ; calicis marginibus vix elevatis et subir- regularibus, in ramis junioribus alternis ; septis tenuibus vix: granulatis ; tertio cyclo saepius completo , primariis et secundariis subaequalibus. Polipaio coi rami sovente anastomizzati, e con un senenchima abbon- dante, e fornito d'una superficie appena granulata, e coperta di larghe strie alquanto flessuose; calici a bordi poco elevati, sovente alquanto irregolari, ed alterni sui giovani rami; i tramezzi sono sottili e pochis- simo granulati ; essi costituiscono tre cicli, sovente incompleti; quelli che spettano al primo ed al secondo ordine sono quasi uguali. Il diametro dei calici è circa di 3 millimetri. Questa specie è stata trovata nel miocenico della Superga, e vedesi anco in Calabria. Diametri del calice 3 mm o meno. In Messina trovasi a Tremonte, Scoppo, Trapani, S. Filippo, Cam- mari, Gravitelli ecc. nel calcare e nelle marne mioceniche. Serie II. Tow. XXI. e ER | N ———————————————————— 498 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC, 2. DIPLOMELIA MENEGHINIANA Sec. Tav. XII, fig. 3, 3a, 35, 3c. D. polypario ramis coalescentibus , soenenchymate vix granulato et stris tenuibus superficialibusque ornato; calicibus majusculis , subirre- gularibus prominentibus , parte prominente costis duodecim angulosis subcristaeformibus, alternatim majoribus , ornata ; fossulis latis vix pro- fundis; columella producta. spongivsu; septis tenuibus , granulato-hispidis tenuiter denticulatis; primariis majoribus prominentibus ; tertio cyclo completo. Polipaio molto somigliante alla precedente specie, dalla quale diversifica pei calici più larghi, cioè del diametro di quattro millimetri, bastante- mente elevati al disopra del senenchima comune, ed ornati all'esterno di dodici costole crestiformi, corrispondenti ai primi due ordini di tramezzi; la superficie tutta del polipaio è sottilmente striata e granulata, e i tra- mezzi sono ornati sulle facce di granuli acuti, irregolari, papilliformi, e sporgenti in modo da renderne la superficie ispida. Questa specie è stata da me dedicata al ch."° Professore G. MenEGHINI, che con tanta dottrina ha illustrato la geologia toscana; e ciò in segno del profondo rispetto che gli professo. Vedesi rarissimamente nelle marne mioceniche messinesi , e proba- bilmente trovasi più comune nelle medesime rocce presso Reggio di Calabria. ő. DIPLOBELIA DODERLEINIANA SEG. Tav. XH, fig. 4, 4a. D. polypario calicibus alternis orbicularibus , marginibus: rotundatis haud prominentibus ; fossula latissima profunda; soenenchymate tenuissime ac confertissime granulato., et strüs bene distinctis regulariter undulatis ornato ; septis intus tenuissimis, strictis, granulato-hispidis ac irregulariter eroso-denticulatis , inaequalibusque; ad marginem calicis subaequalibus, dilatatis rotundatis, sulcis superficialibus vix distinctis; tertio cyclo com- pleto: fossula lata, profunda; columella magna. Polipaio coi calici disposti alternativamente sui rami (probabilmente giovani) col senenchima sottilmente granulato, e fornito di strie ben FT | | il | | DI GIUSEPPE SEGUENZA 499 distinte, equidistanti e regolarmente ondulate ; i calici sono circolari, del diametro di 5 millimetri, coi margini rotondati e non sporgenti, colla fossetta molto larga e profonda; i tramezzi sono distintissimi nella loro forma; in fondo del calice sono sottili, larghetti, granulato-ispidi e disuguali, ma essi vanno restringendosi in larghezza e dilantandosi nella loro spessezza a misura che si approssimano al margine del calice, dove divengono sì stretti, sì uguali, sì dilatati e confluenti che sembrano den- tellature del margine stesso poco distinte e rotondate ; vi si contano tre cicli completi; la fossetta è molto larga e profonda, e la columella bene sviluppata. Dedico questa specie al ch."° Professore P. DoperLEN in attestato del profondo rispetto che gli professo. Rarissimamente incontrasi qualche frammento nel calcare miocenico di Tremonte. 4. DIPLOHELIA SISMONDIANA SEG. Tav. XII, fig. 5, ba, 5b. D. polypario ramosissimo, soenenchymate lineis impressis superficialibus, flexuosis, reticulatis ornato; calicibus alternis vix prominentibus; septis tenuibus granulatis valde inaequalibus , primariis latissimis, superne et extus adeo prominentibus ut costas sex cristaeformes in margine calicis constituant; ordinibus septarum tribus, saepius completis; columella spongiosa maxima. Polipaio molto ramoso, ed ornato di strie impresse sottilissime, ed anastomizzate fra loro siccome i fili di una rete irregolare ; i calici sono disposti alternativamente sui rami, e sporgono pochissimo al disopra del senenchima dei veechi rami; i tramezzi sono sottili, granulati e disugua- lissimi, dappoichè quelli che costituiscono il primo ciclo sono molto larghi e sporgenti oltre il margine e al di fuori, costituendo così all’esterno del calice sei costole crestiformi ; il terzo ordine di tramezzi non di raro è incompleto; la columella è spugnosa e sviluppatissima, e la fossetta larga e poco profonda. Dedico con animo rispettoso la specie sopradescritta al ch."? Profes- sore sig. Eugenio Siswonpa, sì benemerito della paleontologia italiana. La D. Sismondiana trovasi raramente nel calcare miocenico di S. Fi- lippo inferiore. 500 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Famiglia ASTREIDI (Astreidae). Logge divise trasversalmente da numerose traverse lamellose ; cavità viscerale che non si oblitera, ma solamente si suddivide; senenchima nullo ; muraglie imperforate. Sotto-Famiglia ASTREINI (Astreinae) Tramezzi col margine calicinale dentato. Tribù ASTREACEX (Asiraeaceae). Moltiplicazione essenzialmente gemmipara; il polipaio, sempre mas- siccio, non presenta quasi mai disposizione seriale. Genere HELIASTRAEA Enwaros e Hame , 1857. Favia (parte) OkEN, Lehrb. der Naturg., t. I, p. 67, 1815. Astraca (parte) LAMARCK, Hist. des anim. sans vertèbr., t. II, p. 257, 1816. Tubastraea (parle) EunENBERG , Corall. des roth. Meer., p.82, 1834. Explanaria (parte) EMRENBERG , Corall. des roth. Meer., p. 82, 1834. Orbicella (parte) DANA , Explor. exped. Zooph., p. 206, 1846. Astrea M. EDWARDS e G. Haime, Compt. rend. de PAcad. des Sc. , t. XXVI, p. 494, 1848. Heliastraca M. EpwAnps e G. Harme, Hist. des Corall., t. II, p. 456, 1857. Polipaio che forma una massa ordinariamente convessa e rotondata , di cui la parte inferiore é d'ordinario ricoperta di un epitecio sottile ma completo. I nuovi individui prodotti per gemmazione appariscono nei differenti spazii intercalicinali. I margini dei calici sono liberi, convessi esternamente e per ordinario molto elevati. La fossetta del calice è sempre poco profonda; la columella spugnosa e in generale bene sviluppata, a superficie piana, Le costole sono sviluppatissime, in forma di lamine ordinariamente pertugiate, e riunite per mezzo di un esotecio (exothèque Epw. e Hame) abbondante. I tramezzi sono sporgenti e costituiti da la- mine larghe e ben continue; essi presentano presso la columella i più grandi denti calicinali , i quali qualche volta rassomigliano a piccoli lobi paliformi. Le traverse endotecali sono abbondanti. Rapporti e differenze. Questo genere pei bordi liberi dei suoi calici si distingue da una serie di forme generiche della medesima tribù, le quali hanno i calici DI GIUSEPPE SEGUENZA bot contigui e riuniti pei margini. Da tutti i generi poi, coi quali divide questo carattere ed altri, si distingue : per le costole sviluppatissime dalle SoZe- nastraea e Phymastraca, pel bordo calicinale dei tramezzi completamente dentato dalle Leptastraea , per la mancanza dei paletti dalle Plesiastraea, per la lunghezza dei polipariti dalle Ulastraea, pei tramezzi costituiti da lamine perfette dalle Cyphastraca, pella columella bene sviluppata dalle Confusastraea , e pei polipariti liberi per un piccolo tratto dalla Brachyphyliia. Storia. Le Heliastraea, che per Oxen erano delle Favia, formano la più gran parte della prima sezione delle Astraea di LAMARCK. BLAINvILLE avea chiamato la più parte di esse Tubastraea, ma senza separarle completamente dalle Aséraea di Lamarck ; e il sig. Ennenserc le ha confuse colle Explanaria , che ne differiscono per molti riguardi. I signori Miine Enwvarns e G. Hawe hanno chiamato Astraea questa sezione generica, ma nell'ultima loro opera per ragioni di priorità hanno dato siffatto nome ad altro gruppo, chiamando questo Æeliastraea. In fine questo genere, tale quale fu stabilito dai signori Epwarps e Haime, corrisponde presso a poco al sotto-genere Orbicella del sig. Dana. Si conoscono ormai circa 45 specie d'Heliastraea, di cui parte tuttavia viventi, e buona porzione fossile dei: terreni terziarii e secondarii. 1. HertasrRarA RauLINI Epwarps e Hame , 1857. Tav. XIII, fig. 1, 1a, 15. Astraea Raulini MILNE EpwARDS e G. Hame, Ann. des Sc. nat., 3.° sér., t. XII, p. 110, 1850. » » PrcrET, Traité de Paléont., t. IV, p. 412. » » D'OnxsicnY, Prodrom, de Paléont., t. UL, p. 147. Heliastraea Reussana SEGUENZA (non Epw. e Hame), Notizie succinte intorno ecc., p. 15. » » SEGUENZA, Sulla formazione miocenica di Sicilia, p. 5. Heliastraea Raulini M.EbwarDs e G. Hamme, Hist. nat. des Coralliaires, t. II, p. 474, 1857. » » DE FROMENTEL, Intr. à l'étud des pol.foss,, p.208, 1859-61. é H. polypario superne subplanato; calicibus distantibus, orbiculatis, mar- ginibus paullulum elatis ; costis tenuibus, subaequalibus , sulcis profundis, bene discretis ; columella distincta ; septis tenuissimis, latis, vix serratis , inaequalissimis; theca tenui ; traversis exotecalibus (exothécales Enw. e Haim.) retroflexis , subramosis, propinquis, conjungentibus costas prominentes; om 502 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. faciebus septarum fortiter granulatis ; traversis endothecalibus, aliis prope theca arcuatis et fere verticalibus, aliisque fere horizontalibus et vix ramosis ; cyclis tribus completis. Polipaio colla superficie poco convessa dal lato superiore calicifero ; calici presso a poco del diametro di 2"", ben distanti fra di loro, circa 2 o 3 millimetri, di forma circolare e col margine alquanto elevato ; le costole sono molto sottili, quasi uguali, ravvicinate, e ben disgiunte da solchi profondi. La columella & bastantemente sviluppata; i tramezzi sono inegualissimi, fortemente granulati sulle facce, molto larghi, poco ravvi- cinati, quelli che costituiscono il primo ciclo larghissimi ; muraglia sottile; le traverse esotecali riuniscono costole sviluppatissime, e sono leggermente inclinate in basso ed in fuori, ove sono un po” ramificate; la loro distanza reciproca non oltrepassa mezzo millimetro ; le traverse endotecali sono di due specie: le une presso la muraglia sono curve in dentro e quasi verticali; le altre poco inclinate e ramificate sono distanti circa un mezzo millimetro. Questa specie è stata raccolta nel miccenico di Leognan. Nel distretto di Messina vi è rarissima; trovasi nelle molasse mioce- niche di Sampiero, ed alcune impronte nel calcare L ne annunciano probabilmente l’esistenza al Serro, a Monforte ed a Rometta. 2. HELIASTRAEA Prevosrana Epw. e Hame (1), 1850. Tav. XHI, fig. 6, Ga. Astraca Prevostana Maine EDWARDS e G. Hare, Ann. des Sc. nat., 3.° sér., t. XII, p. 110, 1850. » » PicrET, Traité de Paléont., tom. IV, p.411. » » D'ORBIGNY, Prodrome de Paléont., t. III, p.147, n.o 2747 c. Heliastraca Prevostana M. Epwarps e J. Hame, Histoire des Corall., t. II, p. 475, 1857 Heliastraca Prevosti DE FROMENTEL. Intr. à Vétud. des Pol. foss., pag. 209, 1858-61. H. polypario superne subplanato ; calicibus propinquis , marginibus coarctatis , elatis ; costis subaequalibus , sulcis profundis, bene discretis ; columella distincta ; septis tenuibus , latis , subserratibus , inaequalissimis ; theca crassa; traversis exothecalibus propinquis , conjungentibus costas parum prominentes ; faciebus septarum | fortiter granulatis ; traversis*en- dothecalibus propinquis, obliquiusculis, subramosis ; cyclis tribus completis. (4) Quella specie di Heliastraea che trovasi nel terziario di Palermo, e che io riferiva all’ H. El lisana (vedi Sulla formazione miocenica di Sicilia ece., p.9 e 13), devesi con certezza rapportare al” H. Prevostana; del che mi sono avveduto esaminando qualche individuo meglio conservato di quelli che anteriormente io possedeva. sa | | DI GIUSEPPE SEGUENZA 503 L'Heliastraea Prevostana è una specie somigliantissima alla precedente, dalla quale differisce pei polipariti molto più ravvicinati, pei calici che si restringono nella loro parte libera, e i cui margini sono più sporgenti, per la muraglia più spessa, per le costole meno sviluppate, e pei tra- mezzi più ravvicinati e più spessi alla parte esterna. I calici sono circa di due millimetri. Un solo esemplare raccolto nella molassa miocenica di Sampiero. 3. HELIASTRAEA PROBLEMATICA SEG. Cenno sotto questo nome una Heliastraea che ritrovasi nell'argilla miocenica di Bianchi presso Messina; essa vi è rara, troppo mal con- servata, sempre in frantumi, di maniera che non puossi determinare la forma generale del polipaio, coi calici così incrostati, che riesce impos- sibile di studiarli ; per così cattiva conservazione mi son deciso dar qui un cenno dei principali caratteri che siffatti frantumi presentano, riser- vandomi di dare precisa descrizione della specie allorchè mi sarà dato di esaminare individui meglio conservati. Sembra indubitato che questa specie somiglia molto alla H. Raulini, colla quale ha di comune la grossezza dei polipariti, e la distanza re- ciproca dei calici; inoltre la sezione trasversale dei polipariti mostra chiaramente, che i tramezzi sono identici nella spessezza e nella struttura a quelli dell’/7. Raulini, e costituiscono come in quella specie tre cicli completi; le differenze poi ben marcate che si osservano, sono: nelle tra- verse endotecali, che sono ravvicinatissime, circa un sesto od un ottavo di millimetro, ed alquanto ramose ; nella muraglia più spessa, nell’esotecio che è più o meno irregolare e tende a divenire compatto. Genere PLESIASTRAEA Epwarps e Hame, 1848. Astraea (parte) LAMARCK , Hist. des anim. sans vert., t. 1, p. 257, 1816. Orbicella (parte) DANA, Expl. exp. Zooph., p. 206, 1846. Plesiastraea M, EpwARDS e G. Haime, Compt. rend. de l’Acad. des Sc., t. XXVII, p. 494, 1848. Polipaio in forma di massa ordinariamente convessa e rotondata, di cui la parte inferiore è nuda e costolata. I calici sono poco profondi , sensibilmente circolari e liberi ai bordi. La columella è spugnosa. Le costole sono in generale bene sviluppate cosi come l'esotecio. I tramezzi 504 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. sono sporgenti , costituiti da lamine larghe e continue , sottilmente den- ticulate sul bordo calicinale. I paletti sono bene sviluppati, e disposti in corrispondenza a tutti i tramezzi che costituiscono i cicli tutti che pre- cedono l’ultimo. La gemmazione ha sempre luogo negli spazii intercalicinali. Rapporti e differenze. Questo genere, pei suoi paletti sì bene sviluppati , è distintissimo da tutti gli altri Astreacei. Storia. Le specie spettanti a questo genere erano riguardate da Lamarck come Astree, e furono riunite al genere Orbicella dal sig. Dana; ma i signori Epwanros e Hame nella loro monografia degli Astreidi, ne hanno stabilito e ben delimitato il genere, che poscia nella Storia dei Corallarii chia- marono Plesiastraea Le specie conosciute sono viventi, e fossili dei terreni terziarii. 1. Prestastrara Desmovrinsu Enwarps e Haime, 1851. Tav. XIII, fig. 2, 2a, 2b. Plesiastrea Desmoulinsii Mine Epwanps e G. Hame, Polypiers foss. des terr. pal. ecc., p. 100, 1851. El » PicrET, Traité de Paléontologie, t. IV, p. 412. Plesiastraca Desmoulinsii Ebwanros e Haime, Hist. nat. des Corall., t. IT, p. 492. 1857. Dr FROMENTEL, Intr. à l'élud. des pol. foss., p.205, 1858-61. » » P. polypario superne subplanato ; calicibus subaequalibus , suborbi- culatis aut deformatis , marginibus liberis , parum prominentibus ; areis intercalicinalibus granulatis , costatisque, costis latis , vix prominentibus ; columella papillosa , fossula vix profunda; septis propinquis , extus crassis , parum exertis , superne arcuatis , parum dentatis , subaequalibus et fortiter granulatis; palulis strictis, crassisque ; traversis endothecalibus subramosis et obliquis; exothecio fere solido ; cyclis tribus completis. Polipaio colla superficie superiore quasi appianata ; coi calici poco ineguali e disgiunti da spazii larghi, che presentano delle costole poco sporgenti , rotondate e coperte di sottile granulazione ; la columella è pa- pillosa al fondo di una fossetta poco profonda ; i tramezzi sono spessi ale cn -— DI GIUSEPPE SEGUENZA. 505 al di fuori, poco sporgenti in sopra, e col margine arcuato ed appena dentato; essi sono quasi uguali tra loro, fortemente granulati, e costi- tuiscono tre cicli completi ; i paletti sono stretti, spessi e sovente flessuosi ; quelli che sono d'innanzi ai tramezzi secondari sono pià grandi di quelli che spettano ai tramezzi primari; essi sono distinti dai tramezzi per una ben grande estensione ; il diametro dei calici è di 3 o 4 millimetri; una sezione verticale mostra delle traverse endotecali un poco ramificate, e piegate in basso; l'esotecio è quasi compatto. Questa specie è stata trovata a Saucats. . In Messina rinviensi ordinariamente mal conservata nell'argilla mio- cenica di Rometta. 2. PLESIASTRAEA ROMETTENSIS Sec. Tav. XII, fig. 3, 3a. P. polypario superne subplanato , calicibus subaequalibus propinquis, suborbiculatisque, marginibus liberis, productiusculis; areis intercalici- nalibus granulatis , costis vix distinctis ; fossula fere planata; columella subpapillosa; septis inaequalissimis , tenuibus , prominentibus, granulatis , subdentatis, extus crassiusculis , primariis latissimis , tertiariis parvis ; pa- lulis parvis, saepius obliteratis, praesertim primariis ; traversis endo- thecalibus raris, subobliquis ; exothecio solido. Polipaio colla superficie calicifera quasi appianata; calici circolari , quasi nguali e molto ravvicinati, cogli spazi intercalicinali granulosi , e colle costole poco distinte, coi margini liberi ed elevati; la columella è papillosa, ma spesso tende a divenir compatta ; la fossetta è quasi nulla o appena marcata ; i tramezzi sono sottili ed alquanto ingrossati all’esterno, disugualissimi , cioè assai larghi quelli del primo ordine, ed all incontro streltissimi quelli del terzo ciclo; essi sporgono abbastanza al disopra della muraglia, e sono appena dentati, e fortemente granulati ; i paletti sono pic- colissimi e sovente obliterati, specialmente quelli che appartengono al primo ordine di tramezzi; i calici sono del diametro di 2"",5 a 3™™ ; le traverse endotecali sono rare ed un poco oblique in basso; l’esotecio è compatto. Questa specie è distinta dalla precedente, insieme alla quale si ritrova, sebbene raramente, pei calici ravvicinati e più piccoli, per le costole poco distinte, pei tramezzi sottili, disugnali e sporgenti, pei paletti pic- coli e sovente obliterati. Serw II Tom. XXI. în | 506 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC Genere ISASTRAEA Epwarps e Haims, 1851. Astraca (parle) e Agaricia (parte) GoLnruss, Petref. Germ., t. I, p. 69, 1826. Prionastraca (parte) MiLNE EDWARDS e G. Haime, Compt. rend. de l’Acad. des Sc., t. XXVII, p. 495, 1848. » Mine EpwaRDs e G.HAIME, Ann. des Sc. nat., 3.° sér., t. XII, p. 127, 1850. Prionastraea, Meandrophyllia e Dendrastraea D’ORBIGNY, Note sur des polyp. foss., p. 9, 1849. Isastraea Mine Epwarps e G. Hamme, Pol. foss. des terr. pal., p. 102, 1851. Il polipaio forma una massa convessa o gibbosa, o quasi dendroide ; la base comune è ricoperta d'un epitecio sottile, e mostra, allorché questo è tolto via, delle costole disposte a fasci raggianti. I polipariti si moltiplicano per mezzo di gemmazione calicinale e quasi marginale, essi sono prismatici ed intimamente saldati tra loro per le muraglie che sono semplici in tutta la loro estensione. T calici hanno i loro bordi po- ligonali semplici ed angolosi. La columella è rudimentaria o nulla; i tramezzi sottili, ravvicinati, sottilmente granulati , coi bordi liberi e forniti di denti piccoli, ravvicinati ed uguali; le traverse sono bene sviluppate. Rapporti e differenze. " Questo genere distinguesi da tutti gli altri di questa tribù che hanno i calici coi margini tra loro uniti, e i tramezzi obliqui ed inclinati verso il centro, pei denti quasi uguali dei bordi stessi, e pei calici ben deli- initati , che non formano mai delle valli seriali. Storia. Questo genere riunito, come tutti gli altri della tribù, al genere Astraea dal Lamarck, venne confuso poscia colle Prionastree nella monografia degli Astreidi dei signori Epwarps e Hamme; ma pel modo di divisione del bordo dei tramezzi venne poscia distinto dai medesimi nella Storia dei Corallarii , lasciandovi riuniti' i generi Meandrophyllia e Dendrastraea , che anteriormente il sig. D’Orsiony aveva stabilito sulla forma complessiva del polipaio. Si conoscono circa 5o specie d'/sastraea, tutte delle formazioni še- condarie; la nuova specie che io sto per descrivere fa eccezione a questa legge generale , giacendo nell'argilla miocenica di Rometta. DI GIUSEPPE SEGUENZA 907 1. ISASTRAEA MIOCENICA SEG. Tav. XIII, fig. 4, 4a, 4b. I. polypario convexo , subgloboso ; epithecio tenui , costis granulatis ornato ; calicibus subaequalibus fere hexagonis vel heptagonis, marginibus vix distinctis , fossula profundiuscula , infundibiliformi ; columella e pa- pillis parvis paucisque constituta. ; septis confertissimis , regulariter gra- nulatis, marginibus dentes confertissimos, subangulosos gerentibus ; quarto cyclo saepius incompleto ; traversis endothecalibus obliquis, ramosis , fle- xuosisque ; theca tenui. Polipaio convesso, colla superficie variamente contornata, presentando diversi incavi e prominenze rotondate ; l'epitecio è sottile, con costole poco sporgenti e granulate; i calici sono quasi esagoni o ettagoni, coi margini poco distinti ; la fossetta è alquanto profonda ed infundibiliforme; la columella è poco sviluppata, costituita di poche e piccole papille ; i tramezzi sono molto ravvicinati, e regolarmente granulati, coi margini che presentano dei denti uguali angolosi, e ravvicinatissimi ; il quarto ciclo è raramente sviluppato per intiero, epperciò i sistemi ordinariamente sono disuguali ; le traverse endotecali sono oblique, ramose e flessuose ; la muraglia è sottilissima. I calici sono del diametro di 3 a 5°”. s Gli esemplari che raccolgonsi in Rometta sono di oltre 14 centimetri di diametro, ma essendo esse in tutte le direzioni perforati da numerosi lito- domi e gastrochene, non possono estrarsi dall'argilla che in piccoli frantumi. Nel caleare L incontransi non di rado in Rometta le impronte di questa specie, che fu distrutta insieme a quasi tutti gli altri residui or- ganici di quella roccia. Tribù CLADOCORACEI (Cladocoraceae). Genere CLADOCORA Ennensere, 1834. Caryophyllia (parte) LAMARCK, Hist. des animaux sans vert., t. 1I, p.228, 1816. AnthophyUum (parte) SCHWEIGGER , Handb. der Naturg. , p. 417, 1820. Lithodendron (parte) GoLpruss, Petref. Germ., t. Ip. 107, 1831. Cladocora (parte) EnRENBERG et Hemprica, Corall. des roth. Meer., p.85, 1834. Cladocora M.Enwarps e G.HAIME, Ann. des Sc. nat., 3.° sér., t. XI, p. 305, 1849. .* Polipaio in forma arborescente e ramosissimò , ovvero in forma di corona , coi polipariti cilindrici, lunghissimi, elevati e liberi lateralmente; 508 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. essi presentano un epitecio incompleto , che sovente dà luogo a specie di collaretti orizzontali, che s'estendono d'un individuo ad un'altro. I calici sono sensibilmente circolari e poco profondi. La columella è papillosa. I sistemi di tramezzi sono ordinariamente ineguali. I tramezzi un poco sporgenti, quasi uguali, arrotondati al margine superiore, granulati sulle facce, e sottilmente dentati sui bordi. Esistono dei paletti bene sviluppati innanzi tutti cicli di tramezzi che precedono l’ultimo. La muraglia è compatta, mediocremente spessa ed ornata di costole semplici, granulate o alquanto echinate, e sensibilmente rette in tuttà la loro lunghezza. Rapporti e differenze. La tribü alla quale appartiene il nostro genere è distintissima da tutte le altre della sotto-famiglia degli Astreini per la gemmazione laterale dei polipariti, e perchè questi restano liberi; or siffatta tribù, oltre il genere Cladocora, non racchiude che i generi Pleurocora e Goniocora, dai quali le Cladocore si distinguono pei polipariti liberi in tutta Testen- sione di loro lunghezza, e per lepitecio rudimentario dal primo, pei paletti dal secondo, Storia. Questo genere stabilito dal sig. Enruwserc racchiude delle specie anteriormente descritte coi nomi di Caryophyllia, Anthophyllum e Li- thodendron; ma quest’autore vi comprendeva a torto lV Astroides calycu- laris, che appartiene alla famiglia dei Madreporidi. La più parte delle Cladocore appartengono all’epoca attuale e vivono principalmente nei mari temperati; alcune specie poi sono fossili dei terreni terziart e cretacei. I signori Epwarns e Hame ne descrivono quindici specie. I terreni terziari del distretto di Messina non racchiudono che rarissimi frantumi del genere di cui è discorso, i quali debbonsi riferire alle se- guenti tre specie. 1. CLADOCORA “caEsPITOSA Epwarps e Hare. Madrepora caespitosa LINN. , Syst. nat. , edit. 12, p. 1278, 1767. flexuosa SOLANDER e ELLIS, Mist. of Zooph. , p. 151, tav. 31, fig. 5 e 6, 1786 » fascicularis Espen, Pllanz., t. I, p. 199, tav. 20, 1791. Caryophyllia caespitosa LaMK., Mist, des anim. sans vert., t. 11, p. 228, 1816. DI GIUSEPPE SEGUENZA 509 Caryophyllia caespitosa BLAINVILLE, Dict. des Sc. nat. , t. VII, p. 195, 1817. » » LAMQUROUx, Exp. méth., p. 49, tav. 31, fig.5 e 6, 1821. » ramea DELLE Curate, Mem. sulla storia e not. an. s. vert. del regno di Napoli, t. IV, tav. 65, fig. 5, 1829 (non LAMARCK). Cladocora laevigata EMRENBERG, Corall., p. 86, 1834. Caryophyllia caespitosa DANA, Expl. exped. Zooph., p. 379, 1846. Cladocora caespitosa MILNE EDWARDS e G. AIME, Ann. des Sc. nat., 3.* sér., t. XI, p. 306, 1849 » » Epw. e Hame, Hist. des Corall., t. II, p 595, 1862. » » G. SEGUENZA, Notizie succinte int. ecc., p. 33, 1857. C. polypario caespitoso confertissimo ; polyparitis elongatis ascenden- libus flexuosis, rare germinantibus ; epithecio tenuissimo , costis parvis subaequalibus, denticulatis ; calicibus suborbicularibus; fossula lata, parum profundata ; columella superne planata ; septis tenuibus, eactus crassiusculis, superne prominulis; palulis latis, superne rotundatis denticulatisque , primariis minoribus ; traversis simplicibus , saepius incompletis et obliquis. Polipaio in forma di cespuglio ramosissimo , coi rami molto ravvici- nati, coi polipariti lunghi, ascendenti, flessuosi, e che germinano a grandi distanze, e una sola volta alla medesima altezza; epitecio pellicolare , estremamente sottile ; sotto di esso le costole si distinguono bene, e sono molto strette, quasi uguali e poco sporgenti, in forma di spigoli denti- colati; calici quasi circolari, spesso alquanto deformati, colla fossetta grande e poco profonda; la columella è mediocremente sviluppata; i tramezzi sottili, ma alquanto ingrossati all'esterno, un poco sporgenti in alto e pochissimo disuguali; quelli che spettano al terzo ordine legger- mente curvi verso i secondari, e mancanti di paletti in tutte quelle metà di sistemi che mancano del quarto ciclo di tramezzi; paletti larghi, ro- tondati all'estremità e denticolati; quelli che spettano ad un ciclo di tramezzi più giovani sono più grandi ; traverse endotecali semplici, spesso incomplete ed oblique (1). Diametro del calice 4", Questa specie vivente nel Mediterraneo trovasi nel pleistocenico delle Calabrie e forse in varii luoghi di Sicilia. Nel distretto di Messina incontrasi in frammenti rarissimi , nelle sabbie pleistoceniche di Gravitelli. (1) Non trovandosi fossili di questa specie che dei rarissimi polipariti isolati e rotti, la deseri- zione e stata fatta sugli esemplari viventi, 5ro DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC, 2. CLapocora Reussi De FromentEL. Tav. XIII, fig. 5, 5a, 55, C. caespitosa Reuss, Naturwiss. Abhandl. v. Haidinger, t. II, p. 20, tav. 3, fig. 6 e 8, 1848. C. Reussana M. EDWARDS e G. Hamme, Histoire des Corall., t. II, p. 600, 1857. SEGUENZA, Notizie succinte ecc. , p. 15, 1862, Cladocora Reussi De FROMENTEL, Intr. à l'étude des pol. foss., pag. 150, 1858-61. C. polypario polyparitis brevibus , saepissime germinantibus ; epithecio ienuissimo vis distincto, costis prominentibus angulosis cristaeformibus, praesertim prope calicem, alternatim majoribus minoribusque , denticulato- rugosis et granulatis; calicibus orbiculatis vel compressis; fossula lata profundiuscula; columella, distinctissima; septis granulatis, inaequalibus , tenuibus, extus crassis, superne prominentibus arcuatis vix dentatis ; palulis latis crassiusculis, primariis majoribus ; ordinibus septarum tribus ; traversis raris incompletis. Polipaio costituito di polipariti poco allungati e germoglianti in mol- tissimi punti alternativamgnte, e sovente anco due o tre volte quasi alla medesima altezza ; l'epitecio forma dei collaretti sottilissimi e poco distinti ; le costole sono sporgenti, angolose e crestiformi in vicinanza del calice, laddove lungi da esso sono meno sporgenti e più rotondate; pure da per tutto sono alternativamente più grandi e più piccole , dentellate e coperte di granuli; i calici sono quasi circolari o un po’ compressi, del diametro di 4 o 5 millimetri; la fossetta è un po’ larga e poco profonda; la co- lumella bene sviluppata; i tramezzi sono disuguali, colle facce fortemente granulate , sottili, ma bastantemente ingrossati presso la muraglia , essi si elevano abbastanza al disopra del margine del calice e sono poco dentati; costituiscono ordinariamente tre cicli completi, e quelli del terzo ordine sono molto stretti; ma in qualche calice si osservano raramente dei tra- mezzi del quinto ciclo e propriamente in metà di tre sistemi; i paletti sono larghi e alquanto spessi, quelli in direzione del secondo ordine di tramezzi sono molto più sviluppati; le traverse endotecali sono rare e poco sviluppate. Questa specie, trovata dal sig. Reuss nel miocenico di Vienna e di Moravia, fu da lui riferita alla C. caespitosa, e poscia, con dubbio, come differente cennata dai signori Epwaros e Hame nella loro Monografia degli Astreidi, come anco nella Storia dei Corallarii. Essa in verità ne è differentissima per avere normalmente tre cicii À ^ - DI GIUSEPPE SEGUENZA DUE di tramezzi disuguali, le costole molto sporgenti e crestiformi presso il calice, ed i polipariti che germogliano spessissimo. Raccolta nell’argilla miocenica di Rometta, sempre in frantumi molto rari. 9. CLADOCORA INTRICATA ? Lithodendron intricatum MICHELIN, Icon. zooph. , p. 50, tav. 10, fig. 5, 1842. Cladocora intricata M. EpwARDS e G. Hame, Pol. foss. des terr. pal., p. 95, 1851. » » M. EpwARDS e HAIME, Hist. nat, des Corall., t. 11, p. 600, 1857. D » D’OrsIGNY, Pródrome de Paléont., t. III, p. 146, n.o 2736, 1852. » » PrcTET, Traité de Pal., t. IV, p. 410, 1857, » » De FROMENTEL, Intr. à l’étud. des pol. foss., pag. 150, 1857-61. Con molto dubbio riferisco a questa specie un polipaio, che, fisso completamente nella roccia calcarea, mostra soltanto una faccia, la quale ha grande somiglianza colla figura che ne dà il MrcreLm. Questa specie é stata trovata nella formazione miocenica di Torino. L'esemplare molto dubbio che io riferisco a questa specie di Cladocora € stato raccolto nel calcare miocenico di Gravitelli presso Messina. SEZIONE SECONDA ? MADREPORARII PERFORATI (Madreporaria perforata) Camera viscerale libera, tramezzi bene sviluppati, sclerenchima per- forato. Famiglia MADREPORIDI (MapnepoRIDAL). Sistema murale bene sviluppato e semplicemente poroso; tramezzi principali lamelliformi e poco o niente perforati. Sotto-Famiglia EUSSAMMINI (Lupsamminac). Polipaio che non presenta mai senenchima indipendente. Genere BALANOPHYLLIA Searles Woop, 1844. Balanophyllia Searles Woon, Descriptive Catal. of the Zooph. from the Crag. (Ann. and y mag. of. nat. hist., t. XIII, p. 11, 1844). Polipaio semplice, fisso per mezzo d'una larga base, ovvero pedun- | colato, più poroso di quello delle Dendrophyllia. Senza appendici costali; b - 5fu DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. costole sottili, ravvicinaté e quasi uguali; columella bene sviluppata; non mai sporgente in fondo della fossetta ; tramezzi sottili ravvicinati; l’ultimo ciclo completo e bene sviluppato. Rapporti e differenze. Questo genere pei suoi caratteri si avvicina molto al genere Endo- psammia e Leptopsammia, ma pure è ben distinto pel completo sviluppo dell'ultimo ciclo di tramezzi. Per le costole ben distinte, di cui è ornato, si allontana dalle Heteropsammia. Dee badarsi inoltre a non confondere con questo genere i giovani individui delle Dendrophylliae, le quali, pria di ramificarsi, difficilmente possono distinguersi dalle Balanophylliae. Storia. Il genere, di cui è discorso, è stato stabilito dal sig. Woo» per una specie fossile del Crag d'Inghilterra ; e l'autore nello stabilire il novello gruppo, ha ben espresso il grande ravvicinamento che havvi tra questo genere e le Dendrophylliae. Posteriormente i signori Enwarps e Tame nelle varie loro opere hanno accresciuto questo genere di varie specie si viventi come fossili dei terreni terziarii; perlocchè oggigiorno se ne contano undici specie, alle quali mi fa d'uopo aggiungerne una novella delle marne mioceniche messinesi. 1. BALANOPHYLLIA IRREGULARIS SEG. Tav. XIV, fig. 1, 1a. B. polypario conico-elongato , plus minusve curvato ; basi attenuata, subpedunculata : epithecio costas plus minusve occultante ; costis omnibus e seriebus irregularibus granulorum constitutis , primariis et secundariis majoribus ; calice suborbiculato : columella magna; septis granula pro- minentia , conica, acuta gerentibus , quaternariis cum tertiariis intus coa- lescentibus. Polipaio conico, allungato, molto variabile nella sua forma complessiva, essendo or pià ed or meno curvo, ristretto , anellato e strozzato irre- golarmente ed a varii punti della sua altezza; colla base sempre attenuata e quasi peduncolata ; l'epitecio nasconde pià o meno le costole ; esso è { | ) f DI GIUSEPPE SEGUENZA 513 j sottile, pellicolare, ed in alcuni individui è meno sviluppato e quasi ru- | dimentario ; allora le costole mostransi più distinte , più granulose; esse | ordinariamente sono costituite di granuli disposti in serie irregolare ; quelle che corrispondono ai primi due cicli di tramezzi sono alquanto più spor- genti ; il calice è circolare, raramente un po’ deformato ; la columella 8 spugnosa, bene sviluppata e molto larga; i tramezzi sono sottili ed hanno i ny — sulle facce dei grossi granuli conici ed acuti irregolarmente sparsi; quei tramezzi che costituiscono il quarto ciclo sono curvi verso quelli del | terzo e saldati oltre la metà di essi. | Altezza dell’ individuo più grande, sebbene incompleto, 27”. Diametro del calice 11!" Questa specie trovasi nelle argille giallastre mioceniche di Rometta, | e vi è piuttosto comune, ma sempre incompleta, per avere il calice mal | conservato e rotto. i | | | Genere STEPHANOPHYLLIA Micu., 1841. Stephanophyllia MicneLin, article Astrée du Dict. des Sc. nat., Suppl., t. J, p. 484, 1841. » Mine Epwarps e G. Hamme, Monographie des Eupsammides (Ann. des Sc. nat., sér. 3, t. X, p. 92). Polipaio semplice, libero e senza tracce d’aderenza, discoidale , a | | muraglia orizzontale, senza epitecio. Costole sottili, rette, che irradiano regolarmente dal centro , formate di serie semplici di granuli poco distinti. Calice circolare. Cinque cicli completi e qualche tramezzo del sesto ciclo. y Tramezzi che non sporgono all'esterno , larghi, elevati, sottili e ravvi- cinati, colle facce coperte di punte coniche; essi si saldano insieme pei margini superiori o interni, restando soltanto liberi quelli che costituiscono il primo ordine. Rapporti e differenze. Questo piccolo gruppo generico, delimitato dai caratteri sopra espressi, si riconosce facilmente in mezzo agli altri Eussammini, per la sua forma ciclolitoide, che è perfettamente ad esso speciale. Storia. \ Questo genere fu stabilito dal sig. MrcuEnm per alcune specie fossili dei terreni terziarii ; ma egli vi confuse allora una specie che appartiene alla famiglia dei Z'urbinolidi. 1 Serie II. Tom. XXI. %s | 514 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARIT FOSSILI ECC. Tutte le Stefanofillie conosciute oggigiorno appartengono ad otto specie, e si dividono in due sezioni distintissime , che piuttosto dovrebbero for- mare due generi, di cui Puna è propria dei terreni terziarii, e l’altra caratterizza la formazione cretacea. 1. SrEPHANOPHYLLIA IMPERIALIS ? MicHetIN. Fungia agaricoides Risso, Hist. nat. de l'Europe mérid. , t. V, p. 358, tav. 9, fig. 52 e 53, 1826. Stephanophyllia imperialis Micuetin, Iconograph. Zooph., p. 32, t. 8, f. 1, 1841. » » MicneLoTTI, Foss. des terr. mioc. de PIt. sept., p. 20, 1847. » » Minne Epwarps e HAIME, Eupsammides, loc. cit., 94. S. agaricoides Picrer, Traité de Paléont., tav. 106, fig. 11, p. 429, t. IV, 1857. S. imperialis D'ORBIGNY, Prodr. de Paléont., t. III, p. 190, n.o 476. » Epwarps e Hame, Histoire des Coralliaires, t. III, p. 110, 1857. » SEGUENZA, Nolizie succinte ecc., p. 26 , 1862. S. agaricoides DE FROMENTEL. Intr. à Vétud. des pol. foss., p. 242, 1857-61. Racchiuso in un calcare compattissimo pliocenico di Lardaria , osservai un polipaio semplice, che presenta al mio esame una sezione verticale, in una faccia appianata della roccia, e porzione della sua base larga e piana; ed avendo studiato i suoi caratteri, per quanto è possibile in siffatto stato, sembrami non esser lungi dal vero, riguardandolo come spettante alla S. elegans; pur nondimeno in siffatta determinazione molti dubbî mi sono insorti, che riesce impossibile di chiarire pel cattivo stato in cui il polipaio ritrovasi; quindi questa specie resta per ora dubbio- samente cennata. Genere DENDROPHYLLIA BramviuLe, 1830. Madrepora (parte) TOURNEFORT, MARSILLI e Linneo, PALLAS, ELLIS e SOLANDER, Esper ecc Caryophyllia (parte) LAMARCK, Syst. des anim. sans vert., p. 370, 1801. » id. Mist. des anim. sans vert., t. II, 228, 1816. Lithodendron (parte) SCHWEIGGER, Handb, der Naturgesch. , p. 416. Dendrophyllia De BLAINVILLE, Dict. des Sc. nat., t. LX, p. 319, 1830. Oculina (parte) EnRENBERG, Corall. des roth. Meer., p. 80. Dendrophyllia DANA, Expl. exp., Zooph., 380. » MILNE EDWARDS e G. Hamme, Eupsammides (Ann. des Sc. nat., 2.° sér., t. X, p.95). » Id. id. Distrib. méth. polyp. foss. des terr. pal., p. 136. » Id. id. Hist. des Coralliaires, t. III, p.112, 1857. Polipaio composto , in generale dendroide; polipariti cilindrici o ci- lindro-turbinati, che nascono per gemmazione. Costole sottili, vermicellate, formate da serie di granuli sempre più semplici presso del calice, ove esse sono ancora più rette; calici quasi circolari o ad assi pochissimo DI GIUSEPPE SEGUENZA Db disuguali, a fossetta profonda, Columella pià o meno sviluppata, ordi- nariamente sporgente. Tramezzi non sporgenti al disopra del margine del calice, sottili, ravvicinati; quelli del quarto ciclo bene sviluppati. Rapporti e differenze. Le Dendrofillie formano colle Zobopsammia , le Coenopsammia , le Stereopsammia e le Astroides i soli generi degli Eussammidi a polipaio composto. Esse si distinguono da queste ultime per lo stato rudimentario del loro epitecio , e dalle Stereossammie per la loro columella bene svi- luppata. Nelle Cenossammie non vi sono che tre cicli di tramezzi bene sviluppati e completi, coi rudimenti del quarto. Al contrario, nelle Den- drofillie e nelle Lobossammie, se ne contano sempre quattro o cinque completi; intanto questi due generi si distinguono benissimo tra loro pel modo di moltiplicazione, che si fa per gemmazione nel primo e per fissi- parità nel secondo. Storia, Come si vede dalla sinonimia, questo genere è costituito di specie che sono state dette Madrepore , Cariofillie, Litodendri, Oculine ecc., ed è stato stabilito dal BramviLLe, e poi ben delimitato dai signori Epwarps e Hame. Esso conta sinora 16 specie, di cui il maggior numero vivente, e le altre fossili dei terreni terziarii. È stato ripartito in tre sezioni, a seconda del modo di produzione e di sviluppo dei polipariti, cioè : 1. Dendrofillie arborescenti. Polipaio molto sviluppato in altezza, gemmazione alterna distica. 2. Dendrofillie ramose. Polipaio molto somigliante a quelli della precedente sezione; ma colla gemmazione più o meno irregolare. 3. Dendrofillie massicce. Polipaio a gemmazione irregolare, ma poco elevato, non mai in forma di albero o di cespuglio, ma rassomigliante ad una massa astreiforme. Le specie che i terreni terziarii messinesi racchiudono , appartengono alle due prime sezioni. De agger um - 516 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Sezione Prima DENDROFILLIE ARBORESCENTI. i. DENDROPHYLLIA RAMEA. Madrepora ramea Linn , Syst. nat., t. I, part. II, p. 797, ediz. X, 1760; ediz. XII, p. 1280, 1767 » » PALLAS, Elench. zooph., p. 302, 1766. » » SOLANDER e ErLis, Nat. hist. of Zooph., p. 155, tav. 38, 1786. » » Esper, Die Pflanzenthiere, t. I, p. 98. - Madrep., tav. IX e X, 1791. Caryophyllia ramea Lamarck , Syst. des anim. sans vert., p. 370, 1801. » » Id. Hist. des anim. sans vert. , t. II, p. 228, 1816, 2,2 ediz., p. 354 Caryophyllia arborea BLAINVILLE, Dict. des Se. nat., t. VII, p. 195, 1817. Caryophyllia ramea Lamouroux, Expos. méthod. des genres de polyp., p. 30, tav. 38. » » Id. Encycl. méthod zooph., p.171, 1824. » » BLAINVILLE, Dict. des Sc. nat., t. LX, p. 620, 1830. » » Id. Manuel d’actinol. , p. 354, tav, LOI, fig. 2. Oculina ramea EHRENBERG, Coral. des roth. Meer., p. 80, 1834. Dendrophyllia ramea Mune EDWARDS, Atlas du règne anim, de Cuvier (Zooph.), tav. 83, fig. 1, 1a, 10, » » Dana, Explor. exped. , Zooph., p.386, 1846, » » MILNE EDWARDS e G. Hamme, Eupsammides (Ann. des Sc. nat. , t, X, p. 97). » » 1d. id. Hist. des Corall., i. III, p. 116, 1857. D. polypario dendroide ; caule centrali ramisque primariis valde in- crassatis ; polyparitis cylindraceis , brevibus , adscendentibus , series duas verticales oppositas formantibus ; perforationibus prope calices distinctis ; costis vermiculatis praesertim super ramos primarios vix prominulis , e granulis crassis constitutis ; calice orbiculato-elliptico ; fossula profunda; columella seriali , compressa , e lamellis adscendentibus flexuosis consti- tuta ; septis tenuibus praesertim ad marginem superiorem arcuatum : ultimis cum anterioribus coalitis cyclis quatuor vel quinque, faciebus septarum tenuiter granulatis. Polipaio dendroide; tronco e rami principali molto grossi, e che continuano ad accrescersi nel medesimo tempo che compariscono i nuovi polipariti, i quali sono cilindracei, ordinariamente corti, ascendenti, e disposti sopra i rami principali su due linee verticali opposte. Le perfo- razioni della muraglia visibili solamente presso il bordo dei calici. Le costole vermicellate, soprattutto sui grossi rami, pochissimo sporgenti , molto più larghe ed irregolari alla base del polipaio, formati di grani assai grossi e molto ravvicinati. Calice leggermente ellittico a fossetta molto profonda. Columella seriale compressa, formata di piccole lamine ascendenti, contornate, e molto sporgenti nella fossetta. Cinque cicli di DI GIUSEPPE SEGUENZA 519 iramezzi nei calici terminali, quattro soltanto negli altri, Tramezzi sottili, soprattutto al bordo superiore, che è arcuato ; quelli dell’ultimo ciclo si saldano con quelli dell'antecedente non lungi dalla muraglia. Nei calici terminali i secondari sono quasi uguali ai primarii, negli altri essi sono un poco meno sviluppati. I granuli delle facce sono piccoli, poco sporgenti e rari. Asse principale del calice 18". x Questa specie è vivente nel Mediterraneo ed a Madera. Mi é successo d'incontrare un pezzo del tronco principale di questa Dendrofillia nel pleistocenico di S. Licandro presso Messina, Sezione. SECONDA DENDROFILLIE RAMOSE. 2. DENDROPHYLLIA CORNIGERÁ. Madrepora ramea (var.) EsPER, Die Pflanz., Madrep., tav. I, 1791. Caryophyllia cornigera LAMK. , Hist. des anim. sans vert., t. II, p. 228, 1816, 2.° ediz., p. 353 » » Lamouroux, Enc. méth. Zooph., p. 172, 1824. Dendrophyllia cornigera BLAINVILLE, Dict. des Sc. nat., t. LX, p. 320, 1830. Cladocora anthophyllum (parte) EnENBERG, Catal, des roth. Meer., p. 85, 1834. Caryophyllia cornigera DANA, Explor. exped., p. 382, 1846. Dendrophyllia cornigera, MiLNE Epwanps e G. Haime, Monogr. des Eupsammid. , p. 100. » » Id. id. Hist. nat, des Corall., t, III, p. 118 , 1857. D. polypario dendroide , ramis ad eamdem altitudinem nascentibus , elongatis, cylindrato-turbinatis, ascendentibus obliquis, subarcuatis diver- gentibus; costis subplanis, subvermiculatis, e granis vix distinctis con- stitutis ; calice subelliptico; columella elongata, magna; cyclis quinque ; septis latis, tenuissimis , confertis , rarissime et tenuiter. granulatis , ultimis cum antecedentibus coalitis. Polipaio dendroide , col tronco grosso, e i rami che nascono a due o tre presso a poco alla medesima altezza, e che si dirigono al di fuori; essi sono lunghi, cilindrico-turbinati , ascendenti e obliqui, sovente un poco arcuati, molto lontani tra essi e divergenti ; la gemmazione 6 rara, e la posizione dei giovani non sembra determinata da alcuna particolare tendenza. Costole quasi piane, debolmente vermicolate , formate da gra- nuli poco distinti ; calici quasi ellittici, cogli assi che stanno nel rapporto di 100: 130; columella oblunga, bene sviluppata; i tramezzi, che v EM 518 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. costituiscono cinque cicli, sono molto larghi, sottilissimi, molto ravvicinati, colle facce fornite d’alcuni granuli sottili; quelli che costituiscono l’ultimo ciclo si curvano verso quelli del quarto, e si saldano con essi non molto lungi dalla muraglia. Grande asse dei grandi calici 20"". Questa specie è vivente nel Mediterraneo e nel golfo di Guascogna. Nel distretto di Messina trovasi alquanto comune nel calcare e nelle marne mioceniche ; contrade Trapani, Scirpi, Tremonte, Scoppo, Cam- mari, S. Filippo, Milazzo, Pagliarino ecc.; cosi benanco nel calcare pliocenico di Rometta, S. Filippo, S. Pantaleo, Lardaria ecc., e nelle sabbie pleistoceniche di Gravitelli, Milazzo, Scoppo ecc. Genere COENOPSAMMIA M. Epw. e Hame, 1848. Caryophyllia (parte), Lamarck , Hist. des animaux sans vert., t. II, p. 224. Astraca (parte) BLAINVILLE, Man. d'aclinol., p. 366. Cladocora (parte) EnrENBERG, Corall. des roth. Meer., p. 86. Tubastraea Lesson, Voy. aux Indes orient. de BELANGER, 1834. Caryophyllia (parte) DANA, Explor. exped. , Zooph., p. 378. Coenopsammia, Mune EpwARDS e Hame, Monogr. des Eups. (Ann. des Sc. nal. , t, X, p. 106). Polipaio composto. Moltiplicazione per gemmazione laterale o quasi basilare; polipariti cilindrici; costole sottili, alquanto vermicolate infe- riormente , formate da serie di granuli semplici presso il calice ; calice quasi circolare o ad assi pochissimo ineguali; columella più o meno sviluppata. Tramezzi non sporgenti, poco ravvicinati e formanti tre cicli completi solamente. I tramezzi del quinto ordine sono sempre rudimen- tarii o nulli, Rapporti e differenze. Le Coenopsammia non potrebbero essere confuse che con le Dendro- phyllia e le Lobopsammia , alle quali d’altronde esse sono intimamente legate; pur nondimeno questi ultimi due generi hanno alcuni tramezzi curvi verso quelli dei cicli precedenti, coi quali si saldano al margine interno, e i loro calici acquistano così una forma stellata, Le Dendrofillie differiscono benanco per avere il quarto ciclo di tra- mezzi sempre completo. DI GIUSEPPE SEGUENZA 519 Storia. Questo genere veniva confuso colle Caryophyllia da Lamarck e Dana, colle Astraea da BLarviLLe, colle Cladocora da Emrensero, e fu quindi stabilito sotto il nome di Tubastraea da Lesson, e poi chiamato Coeno- psammia dai signori M. Epwarps e G. Hame. Tutte le specie sinora co- nosciute sono viventi. To vi rapporto una specie molto importante, e comunissima nelle rocce calcaree e marnose del miocenico messinese. Dapprima, per la sua forma generale, per la picciolezza dei suoi calici ed altro, io l'avea riguardato siccome una Dendrofillia; ma poscia avendo riguardo al numero dei tra- mezzi, che formano soli tre cicli, ed alla loro forma e disposizione, che costituiscono il calice non stellato, ho creduto piuttosto di riunirla alle Cenossammie, quantunque non senza dubbio, considerando la forma del polipaio, la picciolezza dei calici, e molto più la spessezza esterna e il ravvicinamento dei tramezzi, nonchè il numero di essi, che costituisce tre ordini completi senza i rudimenti di altri. Perlochè è mio divisamento che la nuova specie debba costituire almeno una sezione distintissima nel genere Coenopsammia , non spettando essa alle specie Astreiformi, e meno ancora a quelle che hanno una gemmazione distica. 1. COENOPSAMMIA SCILLAE SEG. Tav. XIV, fig. 2, 2a, 2b, 9c, 2d, 2e, 9f. Corallium fistulosum, quod copiosum in collibus messanensibus conspicitur, SCILLA, De corpo- ribus marinis lapidescentibus, tav. XX, fig. 1. C. polypario magno , elato, dendroide; caule centrali latissimo , compresso, crassissimo; ramis primariis plus minusve compressis ; ramis junioribus cylindraceis, rectis, flexuosisve ; polyparitis ex uno latere caulis et ramorum proditis ; in ramis junioribus productis cylindraceis, in trunco parum prominentibus ; senenchymate communi copiosissimo praesertim ad basim, parce poroso, superficie imperforata et costata; costis tenuibus undulatis flexuosis tenuissimeque granulatis ; calice orbiculato ; fossula profunda ; columella prominula, e lamellis tenuibus contortis flexuosis constituta ; septis tenuibus extus crassis, primariis et secundariis sub- aequalibus; cyclis tribus completis. » 520 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FUSSILI ECC. Polipaio molto grande, elevato e ramoso, di forma dendroide, colla porzione centrale e basilare molto voluminosa e spessa, ma sempre com- pressa e dilatata sino a presentare la larghezza di dodici o più centimetri, con una spessezza media di tre o quattro centimetri; questo ceppo prin- cipale si divide in molti rami primarii, che sporgono dalla parte superiore laterale e raramente dalla faccia anteriore, mostrando sulla faccia poste- riore del ceppo principale stesso la loro origine per mezzo di solchi e prominenze longitudinali alternanti ; siffatti rami sono meno compressi del tronco, e ramificansi alla loro volta in ramoscelli sempre più gracili, i quali, quanto alla forma si avvicinano molto alla cilindrica, e sono ra- ramente retti, ma per ordinario in varii modi piegati e flessuosi; i po- lipariti hanno una tendenza marcatissima a svilupparsi su d'una sola faccia del ceppo e di tutti i rami; su questi ultimi, quando sono giovani, hanno una forma cilindrica e sono bastantemente elevati ; sopra i vecchi rami e sul ceppo sono molto brevi e più ravvicinati, sebbene presso la base essi divengano rarissimi, e sovente manchino affatto; il senenchima, che è poco poroso, vi è abbondantissimo, e forma una massa conside- revole in rapporto alla picciolezza dei polipariti; esso alla superficie posteriore, che manca completamente di calici, è ornato di costole regolari, sottili, poco sporgenti, ondulate e coperte d'una granula- zione esilissima; laddove al lato anteriore le costole sono più flessuose e sovente vermicolate, e la granulazione è più grossolana al margine dei calici; nei giovani rami poi le costole sono meglio appariscenti ; i calici sono perfettamente circolari, e giungono appena e raramente al diametro di tre millimetri; la fossetta è larga e profonda; la columella bastante- mente sviluppata e costituita di lamelle sottili, contornate, flessuose, che sporgono alquanto sul fondo della fossetta ; i tramezzi, che costituiscono soli tre cicli completi, sono sottili al margine interno, ma spessi e rav- vicinati presso la muraglia, poco larghi e sovente poco disuguali; quelli dei primi due ordini quasi ugualmente sviluppati; tutti poi con granuli rari e prominenti sulle facce. Questa specie è distintissima da quelle conosciute, soprattutto per la sua forma arborescente, per la disposizione dei polipariti, pei calici e pel tramezzi. ' Essa, come tutti gli altri polipai composti delle rocce terziarie mes- sinesi, trovasi in frammenti più o meno grandi, e quindi i giovani rami 5 sempre staccati dal tronco principale, perlocchè la forma complessiva di { | | | | | | DI GIUSEPPE SEGUENZA 521 essa ci é sconosciuta, ma pure dai grossi pezzi che ho raccolto, si com- prende bene, che il polipaio dovea innalzarsi probabilmente sinanco ad un mezzo metro di altezza; infatti si vedono nella mia collezione dei tronchi principali in cui appena comincia la ramificazione, la cui lar- ghezzza oltrepassa sovente i dodici centimetri, e la cui altezza è quasi la stessa dei rami primarii di oltre un decimetro lunghi, e dei ramo- scelli che spesso hanno otto centimetri di lunghezza. Questa Cenossammia è comune nelle rocce mioceniche del distretto di Messina, e trovasi dapertutto, nel calcare e nelle marne giallastre ; le contrade che più ne abbondano sono Pagliarino, Tremonte, Scoppo, Scirpi, S. Filippo, Cammari, Gravitelli , Zaffaria, Bordonaro ecc. Trovasi benanco nel calcare pliocenico di S. Filippo e di S. Pantaleo, ma poco comune. Nelle sabbie pleistoceniche si rinviene qualche ramo di questa specie, ordinariamente rotolato dalle acque, e perció corroso, annunziando così, e per la rarità e per la corrosione, che probabilmente vi fu introdotto allo stato fossile. Genere ASTROIDES M. Epwanps e Hamme , 1850. Madrepora (parle) LINNEO, CAVOLINI ecc. Caryophyllia (parle) LAMARCK, Mist. des anim. sans vert., t. I; p. 244 Astreoides BLAINVILLE, Dict. des Sc. nat., t. LX, p. 332, e Manuel d’act., p. 367. Astraca (parte), Quox et Garmarp, Voy. de l'Astrol., Zooph., p. 200. Cladocora (parte) EnRENBERG, Corall. , p. 86. Astroites DANA, Zooph. , p. 406. Astroides Minne Enwarps e G. Hame, Distr. méth. des polyp. (Polyp. foss. des ter. paléoz., p. 139). Polipaio incrostante e quasi massiccio, formato di polipariti imper- fettissimamente ravvicinati, e qualche volta liberi lateralmente, circondati d'un epitecio sottile e completo, di cui si trovano le tracce ai punti di saldatura deglindividui anco i più ravvicinati. Gemmazione calicinale. Muraglia di un tessuto sottilmente spugnoso ma durissimo. Calici circolari o poligonali, coi margini liberi o intimamente riuniti secondo il grado di ravvicinamento dei polipariti. Columella sviluppatissima, molto spor- gente, d’un tessuto spugnoso finissimo e regolarissimo. Tramezzi medio- cremente sviluppati, estremamente sottili, non sporgenti, sottilmente ed irregolarmente dentellati; quelli dell’ultimo ciclo meno sviluppati di quelli del penultimo. Endotecio pochissimo abbondante. Serie II. Tom. XXI. imr | i i 533 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. 1. ASTROIDES CALYCULARIS Enw. e Hame. Madrepora calycularis SciLLa. De corporibas marinis lapidescentibus, tav. XVII, fig. B, 1759, » » PALLAS , Elenc. Zooph., p. 318. » » Linneo, Syst. nat., ed. 12, p. 1277. » » Cavoranr, Mem. per servire alla st. dei pol. mar., p. 48, tav. 3, fig. 1,2. Caryophyllia calycularis LAMK. , Hist. des anim. sans vert., t. II, p. 226. Astreoides calycularis BLAINVILLE, Dict. des Sc. nat., t. LX, p. 332, 1830. - Man. ecc., p. 367. Astraea calycularis QUOY e GaimarD, Voy. de l’Astrolabe, Zooph. , p. 200, tav. 15, fig. 16, 93, 1833. Cladocora calycularis EXRENBERG, Corall. des roth. Meer , p. 68, 1834. Caryophyllia calycularis MILNE-EDWARDS, Atlas de la grande édit. du regne anim, de CUVIER, Zooph., tav. 83, fig. 9, 2a. Madrepora calycularis DELLE CHIATE, Anim. senza vert. del regno di Napoli, tav.153, fig. 7, 1844. Astroites calycularis DANA, Zooph., p. 406, 1846. Astroides calycularis Enw. e Hame , Histoire des coralliaires, t. ITI, p. 132, 1857. A. polypario convexo astreiforme , polyparitis cylindraceis , vel subhexagonis; columella maxima prominente , e lamellis parvis confertis contorto-plicatis constituta ; cyclis quatuor completis , sed quarto rudi- mentario ; septis non prominentibus , perforatis , subflezcuosis , tenuissimis , superne strictis, vix: granulatis, marginibus concavis denticulatisque ; pri- mariis et secundariis aequalibus; traversis endothecalibus convexis , raris. Polipaio convesso e grande, che si avvicina alla forma di un'astrea , soprattutto quando i polipariti sono molto ravvicinati, e quindi i calici prendono una forma quasi esagona, e coi margini insieme riuniti ; la colu- mella è molto sviluppata e sporgente, essendo costituita di lamelle sottili, piegate e contorte; i tramezzi, che costituiscono quattro cicli completi di cui l’ultimo è rudimentario, non sporgono al disopra del margine del calice, sono alquanto flessuosi, sparsi di fori irregolari, molto sottili, stretti alla parte superiore, col margine concavo e dentellato irregolarmente; i primarii ed i secondarii eguali; i terziarii si curvano verso i secondarii. Le lamine che costituiscono i tramezzi sono perforate e leggermente flessuose; la columella è essenziale, formata di piccoli nastri lamellari piegati e contorti; le traverse endotecali sono convesse e molto distanti l'una. dall'altra. I calici sono larghi 7 o 8 millimetri. Questa specie, vivente nel Mediterraneo, 5° incontra raramente nel pleistocenico di Calabria presso Reggio. Nel distretto di Messina vedesi solamente al capo di Milazzo nel calcare sabbioso pleistocenico, e sovente incontransi degli esemplari, che hanno un diametro di due decimetri. A Trapani presso Messina se ne vede qualche raro frantume. DI GIUSEPPE. SEGUENZA 523 Famiglia PORITIDI (Poritidae). Polipaio completamente composto: di sclerenchima reticolato o trabi- ) colare (érabiculaire Enw. e Hame), e l'apparecchio costale formato so- lamente di serie di travetti. Sotto - Famiglia PORITINI (Poritinae). i | | Genere PORITES Lamx., 1816. Madrepora (parte) PALLAS, EsPER, ELLIS ecc. Porites (parte) Lamarck, Hist. des an. sans vert., t. II, p 267, 1816. » MILNE-Epwanps e G. Haime, Compt. rend. de l'Acad. des scienc., t. XXIX, p. 258, 1849. | Polipaio composto di sclerenchima irregolarmente reticolato e spon- | gioso. Epitecio basilare sottile o rudimentario. Calici poco profondi , | coi bordi più o meno distintamente poligonali, semplici, e qualche volta | pochissimo distinti. Tramezzi ordinariamente al numero di dodici, qualche | . volta anco meno numerosi, poco sviluppati e in generale poco distinti | dai paletti; questi ultimi sono papillosi, cinque o sei al più, e sono à disposti in un cerchio semplice, che circonda un tubercolo columellare > d'ordinario poco sviluppato e poco visibile. Rapporti e differenze. Tra i varî generi dei Poritini questo gruppo si distingue da tutti gli altri, eccettuate le Rhodaroca, per la presenza dei paletti; quest'ultimo genere poi, per la mancanza di columella e per la muraglia molto svi- luppata, differisce dai Porites. Storia. 4 Partas, Esper, Ertis ed altri antichi autori riponeano i Poriti nel loro grande genere Madrepora. Lamarck ha stabilito quindi il genere Porites, ma vi ha rapportato molte specie, che oggigiorno non vi spet- 5] tano, secondo la restrizione data a questo gruppo dai sigg. Enwarps e Hame. Si sono descritte sinora, per quanto mi sappia 33 specie di Porites , i 524 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO Al CORALLARIi FOSSILI ECC. delle quali 32 viventi ed una sola fossile degli strati miocenici; appunto quest’ultima è l'unica che ho raccolto recentemente nei terreni messinesi. 1. PORITES INCRUSTANS. Astraea incrustans DEFRANCE, Dict. des sc. nat., t. XLII, p. 384, 1826, Tethia asbestella MrcnELOTTI, Specimen zooph. dil. , p. 218, 1838 (non LAMARCK). Porites Collegniana Mi1cngLIN, Iconogr. zooph., p. 65, tav. 13, fig. 9, 1849. » » MicugLoTTI, Foss. des terr. mioc, de l’Ital.sept., p.46, 1847. Porites incrustans MILNE-EDWARDS et G. Hamme, Pol, foss. des terr, pal. ete., p. 143, 1851. » » PicTET, Traité de paléont. , tom. IV, p. 432, tav. 106, fig. 17. Porites Collegniana Reuss , Naturw. Abhandl. v. Haidinger, t. II, p.28, tav. 5, fig. 3, 1848. Porites incrustans Epw. e Hame , Hist. des coralliaires, p. 181, 1857. » » DE FROMENTEL, Intr. à l'étude des pol.foss., pag. 251, 1857-61. Polypario dilatato, convexo sublobato ; calicibus parum. profundis; theca tenui; septis duodecim majusculis, vix inaequalibus, tenuibus, su- perne bi-trituberculatis ; palulis quinque majoribus , 1-3 minoribus; co- lumella tuberculiformi (1). Questo polipaio è variabilissimo nella sua generale conformazione, essendo d'ordinario allargato, ma assumendo sovente varie forme con- vesse, ed in diversi modi lobate. I calici sono alquanto disuguali ed appena infossati, larghi circa un millimetro e mezzo; la muraglia sottile, poligonale e crenata. Ciascun poliparito porta dodici tramezzi ben pro- nunciati, sottili e terminati da due o tre piccoli tubercoli, un po’ meno grossi dei paletti; in generale questi tramezzi sono poco disuguali, ed a due a due tra loro convergenti alla parte interna. I paletti sono di due grandezze, 5 triangolari molto grossi, ed uno, due o tre più piccoli. La columella è costituita da un piccolo tubercolo. Questa specie è propria della formazione miocenica, ed è stata rac- colta in molti luoghi: Torino, Bordeaux, Dax, Carry (Bouches-du-Rhòne), Vienna, Boemia, Bassa-Austria, Ungheria, Moravia. Nel distretto di Messina essa è esclusiva della contrada Bianchi, dove giace abbondantemente nell’argilla I, ma in istato sì cattivo di conser- vazione, che d'ordinario cade in polvere tostochè viene estratta dalla roccia. Se ne incontra qualche frammento nel calcare L di Monforte. (1) Questa specie, aggiunta mentre che l’ultima dispensa era sotto i torchi, perchè allora scoperta, non ha potuto figurare nei quadri sinottici, e nelle conclusioni geologiche. Ct LD Or DI GIUSEPPE SEGUENZA PARTE SECONDA. DISTRIBUZIONE STRATIGRAFICA DEI CORALLARII MESSINESI COLLA FAUNA ZOOFITOLOGICA VIVENTE E CON QUELLE DEI VARII STRATI TERZIARII D'EUROPA. Dopo aver descritto accuratamente i varii generi e le numerose specie dei Corallarii che giacciono negli strati terziarii del distretto di Messina, uopo è che m'intrattenga alquanto ad esporre la loro ripartizione strati- grafica, e a ricercare i rapporti di ciascun gruppo colle faune zoofitologiche dei terreni terziarii, essendo questo senza dubbio il lavoro più utile per la stratigrafia, e quello a cui deve con ispecialità consacrare le sue ri- cerche il paleontologo. In due miei lavori geologici, dei quali l’uno riguarda i terreni messi- nesi (1) e l’altro la formazione miocenica di Sicilia (2), io ho accennato i polipai delle rocce del distretto di Messina che riferir si devono a specie anteriormente descritte, ed ho sin d'allora fatto osservare come quei residui di zoofiti, sebbene in piccol numero, pure concorrano a convalidare, quanto all’epoca di siffatti terreni, le conclusioni da me tratte princi- palmente per mezzo degli studii stratigrafici e di paleontologia malacologica. Ma in quelle prime ricerche l'esame versa soprattutto intorno ai mol- luschi, come quelli che sono stati meglio studiati, che sono più comu- nemente sparsi, con più precisione determinati ed in maggior numero, e che per queste medesime ragioni guidano il geologo a chiare e sicure conclusioni. (1) Notizie succinte intorno alla costituzione geologica dei terreni terziarii del distretto di Messina, pag. 15, 20, 26, 33. (2) Sulla formazione miocenica di Sicilia , ricerche e considerazioni ecc. , p. 5 e 7. 1 1 | | o arm 526 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Infatti in que’ miei lavori, poco curando i polipai e le altre varie classi animali, veniva soprattutto poggiando le mie deduzioni , oltre che sopra un accurato esame stratigrafico , anco sullo studio di circa duecento specie di molluschi in ciascuno strato messinese raccolte ; e quindi senza tema di equivoco io conchiudeva allora che le molasse e argille , così come il calcare e le marne soprastanti, costituiscono una distintissima formazione miocenica , non descritta sino allora in Sicilia (1); e che gli strati di più recente formazione spettar debbano parte al pliocenico , alcuni al pleisto- cenico , e pochissimi al contemporaneo. Raccolti ed esaminati accuratamente nella prima parte di questa mo- nografia i Corallarii tutti del terziario messinese, è d'uopo ora far comparativo esame, e determinare precisamente se i risultamenti som- ministrati dal loro studio sieno di accordo colle conclusioni stratigrafiche , ottenute dall'esame orittognostico e stratigrafico delle rocce, dallo studio paleontologico delle altre classi di fossili e specialmente dei molluschi. Ma in siffatte ricerche bisogna por mente sin da principio che tra i tanti Corallarii descritti in questo lavoro, pochi son quelli che riferisconsi a specie anteriormente conosciute, e quindi i risultamenti che si trarranno non potranno essere al certo sì chiari e luminosi quanto quelli a cui mi hanno condotto e le ricerche sui vertebrati, e lo studio intorno ai mol- luschi , e l'esame dei foraminiferi. Ad agevolare vieppiù le considerazioni che seguono in questa seconda parte delle mie disquisizioni paleontologiche intorno ai Corallarii messinesi , ho creduto opportuno far precedere dei quadri che accennano la ripar- tizione stratigrafica delle specie , e le indicazioni tutte concernenti la loro stazione , se tuttavia viventi; le contrade e l'orizzonte geologico dove sono state anteriormente raccolte , se fossili. Si avranno cosi nel più bell'ordine i dati precisi necessarii all'esame che mi son proposto; si riconoscerà agevolmente in ogni strato terziario del distretto di Messina quali e quante specie vi si contengono, in quali contrade sono state raccolte, quali sono quelle che tuttavia vivono nei nostri mari, quali e quante quelle altre rinvenute in terreni dai messinesi più o meno lontani, e a questi più o meno somiglianti per la natura orittognostica e per l'epoca di loro formazione. i (1) Vedi Sulla formazione miocenica ecc. , e Notizie succinte intorno alla costituzione ecc. ata bo vtab iá IUSEPPE SEG UZ " ) STRATI TER ue der È UENZA ATARI ll z^ messinesi ¡OU | E NOMI DELL V uelle i es E SPEC occe b D / | 3 Stra del d RADE n e messi o i y sd |“ L) 1| Heli istretto di ORMAZIONI Led E e Sorte fessina JARIR DI VAR ini À d 2 einer : he atl ape EU | E de Sao Da SA 5 7 n bo CRI orle,Sampi P IDEN } E OLDF piero. P ENSICI VIV S No Ai + | Leogn VIVENTI | E nij Ds i. Romet gnan. 1 E» Hill eliastraea Raul ascen » S Plesi spira È E JOE o Hamme eb eo í S Blia Desmo ov 3 Monforl Torino pari; o "lc straea mi ‘omette asii Enw. + | Bianchi ed... gheri ; Un- » d "ladoc mioceni nsis SE e H| R AN a bri ia, Cal | EN 1 ara: M) SEG ie Rometta .. lepre esi je 7 j j Xy dd did m s vita b E St ina Ba nin mE Romaya E gnan. bos tensis G ENTEL| R ti de er S » » ae JOLDF.. . ea ometta . aucats. à BHL Sampiero galera > , | ; . [vi » ] 3 tastraca Raul; t ns Vienna, Mor " » " È » d ea A ea avia » si i j 1 3 Strat j MA e Ham . | Malta, Li » » > | i oG Epw E | Sampi Torin ipari, N » i S Mari .e H.|S piero 1 i-i i s | S| bi ne Tsi ampier ai dhi gheria, "€ ne » J * | S lanche melitensis À D. onis dida Les par ala- 5 | x fees T . » | i mu PNEU exp | | Me s " " 4 È ..|Scoppo, S , Palermo » i 1 ps 11 Isi , Serro. $ i | = perm » 1 tee A | ER s Gorpr. . | Malta, Li » 5 E E à ue welt Torino peri, i y 2 c iari : gheri > Un- » S 3 aryophyllid pani ag; Trem fien Chine B 3 Gemellari E Filippo, to? E. M is B m 4 MR Suo RE (B SA ravitelli, Malta » | = » Sedano Tremont Mila ari, Ibi i, |. Torin Lipa > Z T onte, ZZO. biso. orino, ri, 5 5 ancle remo Sco , | ghe Un- » | E E a Sue. Pa Lees ? Gravitel TR: bri ria, Cala i “Shi 6 nati Rs itelli Bot a ecc: a » | oF » a SE tel nte, S o, | Pri » » : | (al docs elli, S. F coppo, Res 5 | care y pedunculata S oppo, tare? Tr Gravi- | P (Galabr M | | 9 s ele EG. .| Se SE ene, pe resso Reg a i | 1 3 Pel oppo, Tapani, cmn d pe ggio 0 » ps E 3. Cv Tapani, T. > "A r » A | 4 i s Aradasiona Ss e H Gravi, Seo remonte, s » | » odeci; Á... ra d » n | 13 » duodecimangulata 3 FE NES Coppo + » à 14 an ata SEG aS. | S.F onte. nas á » i Désm L gulosa S >, Le D ilippo . s A » um ophy il Laspad EG. remo » i | 15 yllum crass "dus Bese Ten nte, Scoppo » È » i 16 3 un Sud. ut T onte, copa, ¿Gravit » Castel-a $ VOCE us remontes ? vitelli . elli. » 3 rquato » » e Q ntes Givi E 4 17 elegans ES i ins em Gravi ah us a p P > à affin ce Mua Tremonte y Filippo. Ea Cam- » z s » A e SEG remo: tes » d » EG... Ca "My Aer » x > "mu pensa ppo, S.Filippo i » * \ T onte.Gr: ippo, » » M » y rapani. avitelli, Sco » " » ppo, » » } ! ; f | preti 528 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO Al CORALLARII FOSSILI Segue Gdusbubuxrowe dev Coralla uelle vocce terziarie wwedssuresr ceneri STRATI TERZIARII CONTRADE FORMAZIONI TERZIARIE DI VARIE CONTRADE EUROPEE NOMI DELLE SPECIE aC | IDENTICA VIVEN messinesi del distretto di Messina = e " — 18 | Desmophyllum miocenicum SEG. .| Tremonte, Scoppo, Scirpi, » » » » S. Filippo, Cammari, ecc. 19 » sulcatum SEG. ....| Tremonte. .......... . » » » » 20 » compressum Sec. . . | S- Pantaleo. » » » ) 21 » antiquatum Sze. S. Pantaleo. . i s » » » » 22 » semicostatum SEG. . | Gravitelli ,Scoppo, Tremonte. » » » » 23 » clavatum SEG. .... Tremonté, i... «eee ». » » » 24 » Ehrenbergianum S. | Tremonte, Scoppo, S. Pan- » » » » taleo. 25 » fungiaeforme Sea. | Scoppo .................. » » » » 26 » multicostatum Se. | Gravitelli, Scoppo . » » » » 27 » costatum Epw. e H. | Tremonte, Gravitelli. . » Asti. » Mediterraneo 28 » orbiculare SEG. ... Tremonte. m » » » » 29 » Edwardsianum Sea. | Gravitelli , Scoppo, "Tremonte, » » » » 30 » pedunculatum. SEG. Tremonte NA Y » » » » 31 » gracile Suc ..|S. Filippo, Tremonte. » » » » 32 » Zancleum Sec. ...| Tremonte..... » » » » Segue |33 » cylindraceum SEG. . S. Filippo. » » » » [Strato F | 34 | Flabellum crassicostatum Suc. ..| Tremonte. » » » » Calcare 35 » attenuatum SEG.. ...| Trapani... » " » a 36| Lophohelia Defrancei Enw. e i. Tremonte, Scoppo, Gravitelli, Reggio (Calabr.) » » » Milazzo, Zafleria, Lardaria, Cammari, Pagliarino, ecc. 37 » Stoppaniana SEG. ... Scoppo, T: remonte, S. DPS. » » » » 38 » gracilis Sec. . .|S. Filippo » » » » e 39 | Amphihelia miocenica SEG. . S. Filippo, Zaffaria .. » » » » È 40 » sculpta SEG. .. Tremonte.... » » » » S 41 | Diplohelia dee Enw. e Hame | Tremonte, » » » = telli, Milz ZO, T Lardaria, Pagliarino ecc, = 42 » Doderleiniana Sug ...| Tremonte .... » » » » E 43 » Sismondiana SEG. . | S. Filippo . » » » » | 44 | Cladocora intricata MICHELIN ? Gravitelli . . é » » » 8 45| Dendrophyllia cornigera BL aiv. | Tremonte, Gra 3 , [Reggio (Calahr.)[Reggio (Calabr. ) » Mediterraneo 5 Cammari, S. Filippo, Mi- e golfo S lazzo, Pagliarino, ecc. di Guascogna. $ 46 | Coenopsammia Scillae SEG.. . | Tremonte, Gravitelli,Scoppo, [Reggio (Calabr.) » » » -2 Cammari, S. Filippo, Mi- E lazzo, Rometta, Jbiso, Pa- = gliarino, ecc. = a c 1 | Juncella antiqua SEG. ......... Trapani, Scoppo, Gravitelli, » » » " Cirpi 2| Isis melitensis GOLDF. ......... Saec Tremonte, Scoppo, , Lipari, » » y 3 Gravitelli, S. Filippo,Cam-| Torino, Un- Strato E mari, Serro, Rometta ,| gheria, Cala- à Milazzo. bria ecc. Marne 3| » peloritana SEG........,... Trapani, Scirpi, Gravitelli, [Reggio(Calabr.) » » 2 \giallastre S. Filippo, Serro, Catar- d ratti. 4| » compressa SEG. ........... Scoppo, Trapani.......... » » » di 5| Corallium pallidum Mione IN... | Gravitelli, Scoppo, Trapani. » » e 6 | Caryophyllia clavata Suc. . | Trapani.. » » » y NEA » elegans SEG. Ri RT Re xs’ » » » el | | | | DI GIUSEPPE SEGUENZA Segue Gdisbabuxrowe der Cocaflaur uelle «occe terziarie wessurese STRATI TERZIANI CONTRADE FORNAZIONI TERZIARIE DI VARIE CONTRADE BUROPER NOMI DELLE SPECIE ll Li — IDENTICI VIVENTI AUS del distráltordi Messina Miocenica Pliocenica Pleistocenica 8| Caryophyllia Ar adasiana $ Gravitelli, Trapani alte » " á 3 9 » peloritana SE Trapani, Gravitelli, Scoppo, » » 5 3i S. Filippo. 10 » crassitheca SEG. ..|S.Filippo .. » » » » 11 » ornata SEG. . | S. Filippo » » » » 12| Ceratocyathus simplex S . | Gravitelli » » » » 13 » distortus SE Zifronte . . » » » » 14 » pumilus S Rometta, Scoppo . » » » » 15 » maximus S Rometta ........ » » » » 16 » rectus SEG ...| Trapani, Rometta ........ » » » » 17 » conulus SEG. ..... Rometta, Scoppo, Trapani, » » » » Gravitelli. 18 » Romettensis SEG... | Rometta.......,...,,..:. » » » » 19 » striatus SEG. . Scoppo.. fa » » » » 20 » compressus SE Rocca, Rometta. . ..... Presso Reggio » » » (Calabria). 21 » planicostatus SEG. . | Rometta, Rocca. .......... Presso Reggio » » (Calabria). 29 » Lancianus SEG....| Rometta ....... » » » > e 23 » Benoitianus SEG Romella. » » » » ® 24 » elegans SEG. .. Rometta . » » » » E 25 » affinis SEG. . Scoppo, Rometta i » » » » = 26 » Scillae SEG. ...[Trapani, Scoppo, Gravitelli. » » » » v 27 » ponderosus SEG. ..| Rocca, Rometta ....... | S* Cristina » > » E (Calabria) = 28 » communis SEG. Rometta, Rocca, Zifronte ,| Presso Reggio » » » 5 Scoppo,Trapani,Gravitelli,} (Calabria). E Segue S. Filippo, Milazzo , Serro. \ Strato E > S { Mame \ 29 » suborbicularis See. | Scoppo, Gravitelli ........ | Presso Reggio » » S | giallastr (Calabria) $ guilasiro | 30 » ecostatus SE SUODDU IE eve PUT » » » » = 31 » regularis Rometta. .. » » » » El 32 » Gemellarianus S Scoppo, Rometla. » » » » o 33 » polymorphus Suc. . | Rometta ......,. » » » » E 34 » pareus SEG... Rometta » » » » I 35 » Edwardsiánus Sra. Rometta » » » » oS 36 » costatus Suc Gravitelli..... » » » » 37 » ^ Gravitelli, Sco » » » » 38 » Rometta ..... » » » » 39 » aculicostatus Rometta » » » » 40 » polyhedrus Suc. . à » » » 41 | Stephanocyathus elegans SEG. » » » Filippo, ecc. 42 » variabilis ppo, Rometta. » » » 43 » Zancleus Suc. ....| Trapani. ee E » » » 44 Hemicyathus crassicostatus Ska. | Rometta . > » » » 45| De smophyllum costatum Epw. e H. | Trapani ...... » Asti » Mediterraneo 46| Conotrochus typus SEG..-..,.. Rometta, Gravitelli, Scoppo, » » » » Tremonte, Trapani, ecc. 47| Flabellum extensum MICHELIN. . . | Rometta. Ee Torino, Ville- » » » neuve-les-Avi- | gnon, Anversa. | 48 » messanense SEG. ... Scoppo, Trapani, Rometta, » » » \ Gravitelli, S. FRE | 49 » SEG. ........] Rometta... : J » » » » 50 » lac m Epw. e H. ; Trapani. SEIN Reggio (Calabr. ) » » » 51 » Archiacianum SEG 3 » » » Serie Y n Y Tom. XXI. | | | 4 pa 2230 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE Segue GJ tsbabuziowe der Qovallaru INTORNO AI CORALLARII FOSSILI à jM ANS uelle cocce beuziarie uessunesi STRATE TERZIARIE NOMI DELLE SPECIE CONTRADE FORMAZIONI TERZIARIE DI VARIE CONTRADE EUROPEE — Lili ee : IDENTICI VIVENTI messinesi del distretto. di Messina i = n o ¡52 | Lophohelia Defrancei Enw. e H. | Tremonte, Trapani, S. Fi- [Reggio (Calabr.) » » = lippo, Gravitelli, Scoppo, = - 7 A x D Milazzo, Zalfaria , Cam- © | ue mari, ecc. ‘2 Strat DES Diplohelia reflexa Enw. e Hame | Tremonte, Scoppo,Gravitelli, [Reggio (Calabr.) » » x um Rometta, S. Filippo. omelta, eee &| Marne \ 54 » Meneghiniana SEG. ..| Trapani . Reggio (Calabr.) i * à = laiallastre] 55 | Balanophyllia irregularis Sec... | R tt » » » » 5 grallastre 59 alanophytlv egularis S ometta. P F z 56 | Dendrophyllia cornigera BLAINV. | Trapani, remonte, Scoppo, Reggio (Calabr).|Reggio (Calabr.) » peers m > Gravitelli, S. Filippo, ecc. e golfo E di Guascogna > 57 | Coenopsammia Scillae SEG. .....| Trapani, Scoppo, Gravitelli, [Reggio (Calabr.) » » y v S.Filippo, Rometta , Mi- | lazzo, ecc. | > » | Nessun fossile spettante alla | plioce- | classe dei Corallarii, | niche | 1 | Caryophyllia inflata Sec. . .....|S. Filippo, .8.* Domenica » » » | presso Rometta. | 2 | Flabellum siciliense Enw. e Hame | S. Filippo ..,......,.,.... » Palermo. » » 2 3| Lophohelia Defrancei Enw. e H.|S. Filippo, Scoppo, S.* Do- | Calabria... . . [Reggio (Calabr.) » , Strato C menica presso Rometta, S Calcare 4 S. Pantaleo. si UN 4| Stephanophyllia i imperialis? Mica. Lardero io... “e. » Asti » » 8 ‘plioce- | 5 Dendrophyllia cornigera Épw.o H. | S. Filippo, Scoppo, $.° Do-{Reggio(Calahr.){Reggio(Calabr.) » Mediterraneo 2 / nico menica, S, Pantaleo, e golfo rà di Guascogna E \ 6| Coenopsammia Scillae SEG. ..... S. Filippo, Scoppo, S.* Do- [Reggio (Calabr.)|Reggio (Calabr.) » » | E menica, $ Pantaleo > 1 | Corallium rubrum LAMK. ......{Scoppo, Trapani.......... » » » Mediterraneo 2| Caryophyllia clavus Scaccni....{Scoppo ................ » Asti, Albenga, [Calabria, Sicilia] Mediterraneo 3 Sicilia, Cala- Strato B ; bria. Sabbie 3 arcuata Enw. e H. | Milazzo . jn Castel-Arquato e x di já opio Defrancei Enw. e H. | Gravitelli, Se Reggio (Calabr.)|Reggio (Calabr.) » 1 | P leisto- 4 5| Cladocora caespitosa Enw. e H. | Gravitelli........... » » Calabria . Mediterraneo | ceniche | 6| Dendrophyllia ramea BLAINVILLE | S. Licandro . » » » Mediterraneo " » cornigera Brarnv. | Gravitelli....,..,... Reggio (Calabr.)| Reggio (Calabr.) » Mediterraneo e golfo di Guascogna 8| Astroides calycularis Enw. e H.{ Milazzo. ...,. ,,......... » » Reggio (Calabr.) Mediterraneo Strato A j E Sabbie post-^( > Nessun residuo di Corallarii. » » » » » | era | | | | | - 0 DI GIUSEPPE SEGUENZA 531 Avendo raccolto nei precedenti quadri i dati più importanti della distribuzione stratigrafica delle faune zoofitologiche dei varii strati terziarii messinesi; mi sarà agevole ora esporre i rapporti che.esistono tra questi gruppi e le varie faune terziarie d' Europa; ma pria di tutto ecco alcuni risultamenti risguardanti il numero delle specie, ed alcune considerazioni da premettersi all'esame comparativo. J | Specie " Numero prove- Specie Specie Specie delle nienti | anterior- dagli mente Re | specie | strati i DONO No anteriori (S i eistocenici Q 75] si \ Strati pleistocenici ..... 8 3 8 » 6 | 75/109 Pliocenico . | | » pliocenici . 2.00. 6 3 4 2 4 | 17/400 | » calcareo-marnosi. . 95 1 10 85 2452100 Miocenico | » argilloso-molassici. 8 » k 4 » | 0/00 Tutti Corallarii che sinora ho raccolto negli strati terziarii messinesi ammontano al. considerevole numero di 110 specie, di cui 20 soltanto erano anteriormente conosciute, e le altre sono state da me riguardate e descritte come nuove. Un numero sì considerevole di nuove specie di polipai, quand'anche si volesse o si dovesse ridurre, attribuendone una parte agli errori di determinazione, o all’abuso di distinzioni specifiche, difetto di cui non oso reputarmi -esente , resterà pur nondimeno tale che si dovrà sempre considerarlo siccome un supplimento d’ importanza» alla paleontologia at- tinologica dei terreni terziarii. Nel medesimo. tempo tutte. queste specie spettanti a generi novelli, o poco conosciuti allo stato fossile , o affatto sconosciuti , facendo scoprire nuovi rapporti e più importanti relazioni tra le faune terziarie e la vivente, mostrano sempre meglio, e comprovano chiaramente col loro grande numero, colle loro variate ed eleganti forme, coi loro organografici rap- porti, che il paleontologo ha ancora un vastissimo campo aperto alle sue investigazioni, che quanto ha scoperto è molto meno di quanto ha da scoprire, e lo mettono in guardia a non volere 'stabilire troppo presto 532 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARI! FOSSILI ECC. le leggi della zoologia e della fitologia fossili, a non voler pronunciare premurosamente sulla distribuzione stratigrafica dei generi, sulla loro cronologica comparsa ed estinzione , e su tutto quanto è soggetto a variare colle nuove scoperte; per non vedere tosto o tardi rovesciato l'edifizio che poggia sulla debole. base di pochi fatti che vengono smentiti, o diversamente interpretati per la scoperta di fatti nuovi pià numerosi ed irrefragabili. Dopo questa breve digressione richiesta quasi dalla considerevole pro- porzione di nuove specie, fa d’uopo richiamare l’attenzione intorno al- l'importante particolarità, che quasi tutte quest'ultime trovansi riunite negli strati marnosi e calcarei del miocenico , laddove piccola proporzione se ne osserva negli strati anteriori e molto meno nei posteriori, Infatti delle go specie nuove, 85 sono nel gruppo calcareo-marnoso , laddove 4 sola- mente provengono dalle argille e dalle molasse , 2 dal pliocenico e veruna dal pleistocenico. Cominciando ora un esame comparativo di tutti i gruppi dei Corallarii raccolti negli strati terziarii messinesi, si presenta dapprima alla conside- razione la grande somiglianza che esiste tra quelli, quantunque in piccol numero, raccolti nei tre strati più antichi ; infatti oltre dell’Zsis melitensis, che è comune alle argille ed alle molasse, le altre specie appartengonsi alla famiglia degli Astreidi, fra le quali l'eliastraea Raulini incontrasi in tutte e tre queste roccie. Se poi si passerà a contemplare i Corallarii degli strati argilloso- molassici, in rapporto alla numerosa serie di specie che trovansi nel calcare e nelle marne, si vedranno con ammirazione ripetuti i medesimi risultamenti che lo studio di paleontologia malacologica mi aveva ante- riormente somministrato: Infatti nei molluschi si è osservato , che le specie tutte delle argille e delle molasse, da qualche rara eccezione in fuori (1), sono non solo differenti da quelle del calcare e delle marne, ma bensì generi, a famiglie e d'ordinario anche a classi diverse, trovandosi doviziosamente rappresentati nei primi strati i Gasteropodi ed a ppartengono a i Lamellibranchiati ; laddove nei secondi grandissima è l'abbondanza dei ? o Brachiopodi e dei Briozoarii , appena da qualche raro frantume rappre- sentati nelle argille. Non altrimenti avviene dei Corallarii, che pochi. e o > I (1) Le sole specie comuni ai due, gruppi di strali miocenici sono: Eulimella Scillae Scacchi, Nassa semistriata BR., Leda subnicobarica D'ORB., Pecten cristatus BRoNN. , Anomia polymorpha Fin. , Terebratula ampulla BROCCHI. DI GIUSEPPE SEGUENZA 533 rari nelle argille e nelle molasse, spettano tutti alla famiglia degli Astreidi, dall’Isis melitensis in fuori, che è comune a tutti gli strati miocenici ; laddove tutte le specie sì numerose del calcare e delle marne apparten- gonsi alle famiglie dei Turbinolidi, degli Oculinidi, dei Madreporidi e dei Gorgonidi. La molta somiglianza paleontologica esistente tra i Corallarii dei varii strati argilloso-molassici vien seguita da una somiglianza meno manifesta, ma non per questo meno certa, tra quelli degli strati marnoso-calcarei. Infatti dalle marne bianche V/sis melitensis, che vi è rarissima ed unica specie, passa nel calcare e nelle marne giallastre, dove sviluppasi in grande abbondanza. Esaminando tutte le specie del calcare si osserva che : tra i Turbinolidi in 12 Cariofillie due passano nelle marne soprastanti , la C. elegans e la C, Aradasiana; delle 20 specie di Desmophylium il solo D. costatum (1); dei Flabellum nessuna specie; tra gli Oculinidi delle tre Lophohelia, la L. Defrancei trovasi nelle marne giallastre ; delle due Amphihelia nessuna specie; delle tre Diplohelia, la D. reflexa; wa i Madreporidi poi, la Dendrophyllia cornigera e la Coenopsammia Scillae si vedono in ambedue gli strati. Ma la fauna zoofitologica delle marne giallastre assume un aspetto tutto a sè speciale per la comparsa di nuovi generi. La famiglia dei Turbinolidi è quella che assume la maggior parte di siffatto mutamento; infatti le Caryophyllia ed i Desmophyllum, di cui trovasi doviziosamente ripieno lo strato anteriore, vedonsi divenire abbastanza rari, sviluppandosi quasi in loro vece ed estinguendosi quattro nuovi generi importantissimi , cioè : Il Ceratocyathus con 29 forme specifiche, lo Stephanocyathus rap- presentato da tre specie , l’Hemicyathus ed il Conotrochus, ciascuno con una sola specie. Riassumendo adunque i rapporti che esistono tra le doviziose faune zoofitologiche del calcare e delle marne, si ha che dal primo alle seconde fan passaggio 8 generi tra ro che esso ne contiene, e tra 46 specie soltanto 9, laddove nelle marne si annoverano 15 generi e 57 specie. Se si dà poi uno sguardo complessivo ai Corallarii degli strati plio- cenici, si riconoscerà agevolmente , pel loro piccol numero e per la rarità (1) Fa d’uopo ricordare qui, come ho accennato descrivendo i Desmophyllum, che molti frantumi indeterminabili ritrovansi nelle marne, e ¿he perciò sarà probabilissimo lo scoprirvi in appresso delle specie sinora esclusive del calcare. i 534 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. dei loro resti, che, a differenza di quelli del miocenico , essi hanno avuto pochissima importanza nella costituzione di quei terreni. Dagli strati calcareo-marnosi del miocenico quattro specie fan passaggio nelle rocce plioceniche, e quantunque in quelli sieno comunissimi la Lophohelia Defrancei, la Dendrophyllia cornigera, la Coenopsammia Scillae, in queste divengono abbastanza rare. Risulta dai quadri precedenti che le argille plioceniche non hanno esibito sinora alcun residuo di zoofito, sebbene a questo proposito sia d'uopo che io manifesti che il terreno argilloso del pliocenico mostrasi rarissimamente allo scoperto nel distretto di Messina e per ben limitate contrade, quindi la sua esplorazione venendo resa difficile , è stata sinóra troppo superficiale. Il calcare pliocenico che succede in ordine cronologico alle argille della medesima epoca racchiude sei specie di polipai, tra i quali le tre sopraccennate provengono dagli strati miocenici. Finalmente le sabbie pleistoceniche mi hanno offerto otto specie raris- sime, di cui ire son vissute in epoche anteriori, cioè: la Caryophyllia arcuata , la Lophohelia Defrancei e la Dendrophyllia cornigera. Dall'esame sinora fatto dei Corallarii di ciascuno strato terziàrio mes- sinese , in rapporto al terreno antecedente e susseguente , ne segue chia- rissima la conclusione, che ciascuna roccia, o ciascun gruppo di strati è distintissimo dagli altri per una serie di specie importantissima e ad esso esclusiva. Or fa d'uopo constatare quale relazione passi tra siffatti gruppi di specie e le fauné zoofitologiche delle varie rocce terziarie d' Europa, che per lo studio dei vertebrati, degli anellati, dei molluschi , dei rizopodi, ho già stabilito siccome sincroniche dei varii piani del terziario messinese. Il gruppo argilloso-molassico abbastanza qualificato in quanto alla sua epoca miocenica dai vertebrati, dai molluschi e dalle altre classi di fossili che vi si rinvengono, viene benanco con somma chiarezza caratterizzato dai residui, benché rari, dei zoofiti. Si rinvengono in esso non più di otto specie di polipai, cinque dei quali sono proprii dell'orizzonte mio- cenico; infatti l'Zsis melitensis è stata raccolta nelle rocce terziarie medie di Malta, Lipari, Ungheria, Torino, Calabria (1), l'Heliastraea Raulini (1) I signori Epwarps e HAIME hanno accennato come propria della formazione pliocenica presso ? 1 DI GIUSEPPE SEGUENZA 535 nel medesimo orizzonte geologico di Leognan, la Heliastraea Prevostana nel miocenico di Malta, la Plesiastraea Desmoulinsii nelle rocce della stessa epoca presso Saucats, e finalmente la Cladocora Reussi confusa dal Reuss colla C. caespitosa è stata da lui raccolta nel bacino miocenico i di Vienna ed in Moravia. Gli strati caleareo-marnosi, come qui sopra ho accennato, rac- chiudono piccol numero di specie anteriormente descritte, unitamente al numero considerevolissimo di 85 specie nuove, buona porzione delle quali | appartengono a generi sinora sconosciuti. Tra i pochi polipai riferibili a specie già descritte se ne annoverano cinque propri dell'orizzonte miocenico, che sono l'Zsis melitensis, di cui ho parlato qui sopra, il Corallium pallidum della collina di Superga presso Torino, il Flabellum extensum proprio del miocenico di Torino, Anversa, Villeneuve-lès- | Avignon, la Diplohelia reflexa della Superga, la Cladocora intricata del medesimo luogo. Due altre delle specie di già conosciute sono state scoperte nel pliocenico di Toscana: la Caryophyllia arcuata ed il De- í smophyllum costatum; una nel terziario (miocenico?) di Calabria, il Flabellum laciniatum; un’altra nelle rocce messinesi, la Lophohelia De- francei, ed un’altra finalmente non è stata ritrovata sinora che vivente | nel Mediterraneo; è questa la Dendrophyllia cornigera. | giacenti | nelle rocce calcaree e marnose, fa d'uopo accennare che tredici di esse i Fra le specie poi descritte come nuove nel presente lavoro, e sono state ritrovate da me, unitamente all /sis melitensis ed alla Diplohelia reflexa, in alcuni strati dell opposta Calabria, che presentano la massima relazione stratigrafica, orittognostica e paleontologica cogli ultimi strati miocenici del distretto di Messina. L'esame sinora compiuto fa chiaramente conoscere che i Corallarii del CER em caleare e delle marne presentano la maggior'somiglianza colle faune zoofi- tologiche del miocenico, dappoiché essi hanno coi terreni di siffatta epoca il maggior numero di specie comuni , e questa relazione, che prova il i sincronismo delle rocce messinesi con quelle dei varii luoghi miocenici d'Europa, viene pià chiaramente dimostrata, se al carattere della comu- nanza di aleune specie si aggiungerà quello della somiglianza complessiva delle faune, carattere ben sovente invocato oggigiorno dai geologi e Milazzo PIsis melitensis; avendo falto esame sul luogo replicate volte, ho ritrovato che presso * Milazzo, come in tutti gli altri luoghi del distretto di Messina, Isis melitensis giace esclusiva | con molto profitto. | j | mente nel miocenico 536 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Infatti sarà bastevole dare uno sguardo alla famiglia dei Turbinolidi, che è la più abbondevole nelle rocce in esame, perchè presenta il mag- gior numero di generi e di specie. Nelle varie rocce mioceniche bene studiate i generi più abbondanti che appartengono a siffatta famiglia sono Trochocyathus e Flabellum ; ox le specie messinesi spettanti a quest’ultimo genere e rinvenute nelle rocce calcareo-marnose ascendono a sette, € quantunque nessun polipaio abbia potuto riferire come Zrochocyatus, pure gli Stephanocyathus non ne differiscono che pei paletti bilobati, e il genere Ceratocyathus, ricco di 29 specie, sembra che veramente rimpiazzi i Trochocyathus delle colline di Torino , del bacino di Vienna e del Tortonese ; infatti le specie di quello non differiscono da questi ultimi che nell’essere fornite di un’unica corona di paletti, somigliandosi poi completamente nella forma ed in tutte le variazioni che questa suole subire nelle varie parti del calice, delle costole e della base, a norma delle diverse specie, e costituendo così nella tribù dei Cariofillacei un gruppo parallelo ai Trochocyathus della tribù del loro nome. Di più i tanti Desmophyllum di cui sono ripiene le rocce che esamino, oltre ad una specie pliocenica; non trovano fossile loro congenere che nella formazione miocenica di Torino ; e finalmente il mio Conotrochus typus, colla sua abbondanza d'individui, rimpiazza veramente le varie specie di Ceratotrochus di Vienna, di Torino e di Tortona ; dappoichè mettendo in due serie parallele le tribà dei Turbinoliacei e dei Flabellacei, esso corrisponde ai Ceratotrochus , è presenta con essi la più grande rela- zione organica. Ecco dunque che la somiglianza di aspetto, o come suol dirsi del- Y habitus, che i Turbinolidi presentano con quelli della formazione miocenica, viene in aiuto al carattere della comunanza delle specie, un po’ debole nel nostro caso. Quindi non può restare alcun dubbio che le rocce calcareo-marnose del distretto messinese, dichiarate mioceniche dagli studii anteriori stra- tigrafici e paleontologici, vengano riconfirmate in siffatto ‘orizzonte dal- l'esame dei Corallarii. Ma qui naturalmente insorge grave un dubbio, di cui altra volta mi è occorso di parlare, cioè: se le rocce argilloso-molassiche, dirà taluno, appartengono alla formazione miocenica, e le marnoso-calcaree spettano al medesimo orizzonte, perchè la fauna delle prime è totalmente differente | I da quella delle seconde: | | | | DI GIUSEPPE SEGUENZA i 587 | Quantunque alcuni dati paleontologici inducano a credere che i due | gruppi di strati riferir si debbano l'uno al miocenico medio e l’altro al su- y periore (1), pur nondimeno, se anco questo fosse certo, non giustificherebbe | per niente la totale diversità delle specie di tutte le classi, dappoichè anco in questo caso dovrebbero esservene in abbondanza delle comuni ; e molto meno poi potrebbe giustificare la differenza dei generi, delle | j | famiglie, e meno ancora delle classi. Quindi a tutt'altra cagione fa d'uopo riferire una si completa differenza delle due faune. | Sembra a prima giunta una vera contraddizione il dire, che le rocce À | calcareo-marnose sieno anch'esse mioceniche come le argilloso-molassiche, quantunque presentino fossili completamente diversi ; ma se si pone mente k alla enorme differenza nella natura litologica dei due terreni, che per i la loro composizione traducono a noi la diversità dell'ambiente in cui Î gli animali di quei due gruppi di strati doveano vivere, si resterà con- vinto che questa è stata certamente una delle principali cagioni che hanno | indotto si grande diversità nelle due faune. Un'altra non meno importante i si è senza dubbio la diversa profondità dei due mari; infatti lo studio dei molluschi mi faceva conchiudere altrove (2), che i luoghi degli strati argilloso-molassici, dove i fossili si raccolgono, doveano essere poco pro- | fondi, dappoichè tutte le specie ivi raccolte spettano alle classi dei Gaste- ropodi e dei Lamellibranchiati, laddove nel calcare e nelle marne sonvi comunissimi i Brachiopodi, i Briozoarii e gli Pteropodi , molluschi che | annunciano un mare abbastanza profondo ; le medesime conclusioni, come i dirò tra breve, vengono somministrate dallo studio dei Corallarii. Ecco | dunque che alla differentissima natura chimica dell'ambiente , ‘che pro- | ducea anco diverso il suolo sottomarino, aggiungeasi la differenza con- i | siderevole nella profondità dei mari, che influisce anch'essa enormemente il sulla diversità degli esseri che in essi vivono; ecco come tante circostanze differenti, a noi svelate dallo studio dei fossili. e delle rocce, e tante altre che probabilmente agivano e che ci sono ignote, doveano neces- | sariamente indurre una completa differenza tra i fossili delle rocce argilloso- { molassiche e quelle del calcare e delle marne. (1) Fra le molte ragioni che inducono a riguardare il gruppo argilloso-molassico come spettante | ad una suddivisione del miocenico anteriore a quella, a cui le marne ed il calcare si appartengono, fa d’uopo senza dubbio annoverare la proporzione di specie che fan passaggio all’orizzonte plio- | cenico, la quale è minore per le argille e le molasse. j 4 (2) Notizie succinte intorno alla costituzione geologica ecc., pag. 21. | | Sent II. Tow. XXI. iy i il 538 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARIT FOSSILI ECC. Considerando poi i polipai delle rocce plioceniche, sì troverà che in sei specie due sono state riconosciute sinora come proprie del pliocenico, cioè il Flabellum siciliense scoperto in Palermo e la Stephanophyllia imperialis raccolta in Toscana ed in Palermo. Da ultimo nel pleistocenico si ha la Caryophyllia clavus comune nel pliocenico e pleistocenico d'Italia, la Caryophyllia arcuata rinvenuta nel pliocenico di Toscana, la Cladocora caespitosa che trovasi dappertutto nel pleistocenico di Calabria e di Sicilia, e l'Zstroides calycularis che vedesi nel pleistocenico presso Reggio; ecco dunque che passa una con- siderevole relazione tra la fauna zoofitologica del pliocenico e pleistocenico messinese colle rocce sincroniche d' Italia. Può conchiudersi adunque con tutta asseveranza , che i risultamenti ottenuti dal paragone dei Corallarii messinesi con quelli delle varie rocce sincroniche d' Europa, sono identicissimi a quegli altri, che lo studio e il paragone dei molluschi mi hanno somministrato (1). Quindi le ricerche intorno ai Corallarii confirmano troppo bene l'orizzonte geologico da me assegnato ai varii strati terziarii del distretto di Messina. Diamo finalmente un’altra occhiata sui varii gruppi dei Corallarii messinesi, per esaminarli ancora in rapporto alla fauna zoofitologica vi- vente , soprattutto in relazione alla distribuzione geografica dei polipai della nostra epoca, e determinare così quali utili conclusioni si possano trarre dall'esame di si importante argomento. Dapprima è da por mente alle accurate e dotte ricerche del sig. Dana e di altri distinti zoologi, i quali fanno conoscere che gli Astreidi vivono d'ordinario nelle regioni più calde del globo, e che essi giacciono a piccole profondità. Pur nondimeno in questo estesissimo gruppo fa d'uopo distin- guere gli Eufilliacei e i Litofilliacei , polipai d'ordinario confluenti a ripro- duzione fissipara che non si allontanano dal 22° grado circa di longitudine australe e boreale, come ben a proposito fa notare il sig. Mrcuzrorr: nelle sue dotte ricerche sul miocenico inferiore dell'alta Italia , dove l'accurato paleontologo torinese ha rinvenuto grande dovizia di siffatti zoantarii. Non così avviene del gruppo degli Astreacei, i quali quantunque, ab- bisognino di mari bastantemente caldi, pure non sono sparsi in limiti così ristretti come i precedenti; pur nondimeno il Mediterraneo non alimenta oggigiorno veruna specie di siffatta tribù, nel mentre che il mare Rosso (1) Vedi Notizie succinte ece., e Sulla formazione miocenica di Sicilia ecc, "o —-— DI GIUSEPPE SEGUENZA 539 ne contiene un gran numero, e tutte le altre sono sparse nell'oceano indiano , alle Antille, all Australia ecc. Da queste considerazioni si scorge chiaramente , che spettando i zoan- tarii delle molasse e delle argille mioceniche messinesi alla tribù degli Astreacei, fa d’uopo conchiudere, quantunque veruna specie sia identica alle viventi, che il mare miocenico del distretto di Messina dovea essere d'una temperatura superiore a quella del prossimo mare attuale; e ciò è perfettamente concordante coi risultamenti che i paleontologi hanno sempre tratto dallo studio dei fossili animali dei terreni miocenici, e che recentemente poi i signori Heer, Gauni, Srrozzi, MassaLonco ed altri hanno confirmato colle loro ricerche di paleontologia fitologica. Secondariamente dalla presenza di siffatti Astreidi può inferirsi, che il mare miocenico delle argille e delle molasse messinesi dovea essere di piccola profondità in quei luoghi dove si rinvengono le /eliastraea ; le Plesiastraea , e le Isastraca ; e questa seconda conclusione riesce perfet- tamente concordante coi risultati di malacologia paleontologica; dappoichè le conchiglie raccolte insieme agli Astreacei spettano esclusivamente a molluschi Gasteropodi e Lamellibranchiati. Ma qui fa d'uopo osservare; che quantunque il gruppo argilloso-mo- lassico sia il più uniformemente sparso in tutto il distretto messinese , pure i residui organici vi sono rarissimi, o, per meglio esprimermi, sono esclusivi di pochissimi e ristretti luoghi, cioè Rometta, Sampiero, Monforte, Serro , Bianchi, Gravitelli ; le quali contrade prossime essendo alle rocce metamorfiche da lungo tempo emerse, doveano probabilmente costituire i confini del mare miocenico messinese; e siccome altrove osservasi con meraviglia una mancanza assoluta di ogni fossile, anche microscopico, deesi necessariamente conchiudere che in generale il mare era allora profondis- simo , tanto da escludere qualunque vivente sottomarino ; ma all’ incontro presso le rive era poco profondo ed alimentava molluschi e polipai proprii dei mari caldi e di piecola profondità. Chiunque poi si faccia a considerare il gruppo dei polipai che. giac- ciono nel calcare e nelle marne mioceniche, osserverà, nel gran numero delle specie e nella grandissima profusione deglindividui , una notevo- lissima differenza tra questa fauna zoofitologica e quella del Mediterraneo; e`sarà portato a credere, per sì grande sviluppo della classe dei Corallarii, che anco il mare del miocenico vecente dovea godere d'una temperatura superiore a quella dei mari odierni che giacciono alla medesima latitudine. Sr 540 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Infatti dall’osservare tanto sviluppo dei Turbinolidi e degli Oculinidi, che da essi soli formano la parte principale del calcare miocenico , e sono abbondantissimi nelle marne giallastre; dal vedere soprattutto quei gi- ganteschi polipai composti, tra i quali primeggiano le Zsis, le Zophohelia, le Diplohelia, la Coenopsammia Scillae, costituire enormi ammassi, non puossi fare a meno di portarsi col pensiero. alle isole madreporiche del mar Pacifico, formate dalla riunione di Astreidi fissipari e di altri svariati Zoantarii , proprii di quelle caldissime regioni tropicali; e quatunque i Corallarii del miocenico superiore messinese non appartengano a quella famiglio, che costituisce quasi da sè sola i grandi ammassi di coralli dell'epoca attuale, pure non può rivocarsi in dubbio, che essi doveano formare grandi gruppi ed estesi, e che per questo medesimo conside- revole sviluppo deesi ritenere per fermo, che le acque in cui deponevansi il calcare e le marne del miocenico, doveano avere una temperatura superiore a quella del Mediterraneo. L'esame poi dei generi porta ad un’altra conclusione anch'essa im- portante; si conosce oramai dagli studii di geografia zoologica, che le Cariofillie vivono nei mari abbastanza profondi, come attestano i signori Dana, Epwanps e Hame (1) ; e i Desmophyllum, e probabilmente tutti i generi di questa famiglia, sembra che godano della medesima abitudine. Or essendo i Corallarii del gruppo calcareo-marnoso per la maggior parte spettanti ai Turbinolidi, e tra questi trovandosi gran numero di Cariofillie e di generi affini, nonchè di Desmofilli, si dee necessariamente inferire, che il mare in cui quelle rocce.si depositavano dovea essere abbastanza profondo. Siffatta conclusione è perfettamente concordante coi risultamenti somministrati dall'esame delle altre classi di fossili, che unita- mente a siffatti polipai giacciono nelle medesime rocce; infatti tra i molluschi si vedono abbondantissimi i Brachiopodi ed i Briozoarii, e tra le classi inferiori i Rizopodi vi sono sparsi in si grande abbondanza, da formare quasi da soli la massa tutta delle rocce marnose. Fra le 95 specie di Corallarii giacenti in questo gruppo, solamente due sono idenüche a quelle che vivono oggigiorno, il Desmophyllum costatum e la Dendrophyllia cornigera. Finalmente i polipai che si ritrovano nel pliocenico e nel pleistocenico , colla loro maggiore rarità, con una proporzione sempre più crescente (1) Histoire naturelle des Coralliaires, tom. MI, pag: 464. a DÌ GIUSEPPE SEGUENZA 541 di specie identiche alle viventi, fanno quasi toccare con mano il passaggio graduale, avvenuto nella temperatura ed in altre circostanze, dalle con- dizioni in cui erano 1 più antichi mari miocenici insino alle attuali. Infatti nel piccolo numero di sei specie racchiuse nelle rocce plioce- i niche ve ne ha una tuttavia vivente, la Dendrophyllia cornigera ; laddove | nelle otto specie del pleistocenico, che sono molto rare, se ne riconoscono sei ‘viventi nel Mediterraneo. Perlocchè si vede ben chiara la proporzione sempre più crescente di specie identiche alle viventi, dappoichè si è veduto che il gruppo argilloso-molassico racchiude polipai estinti, le marne | ed il calcare appena presentano il 2 per cento di specie viventi , il gruppo pliocenico il 17 per cento, ed il 75 per cento le rocce pleistoceniche. Da quanto ho esposto in questa seconda parte del mio lavoro risulta. ben chiaramente , che la diversità di famiglie, di generi e di specie dei Corallarii fossili messinesi, non che la rarità contrapposta ad una grande profusione , la maggiore o minore proporzione di specie identiche alle viventi che si osservano, allorchè si esaminano i varii gruppi di strati terziarii, danno una chiarissima conferma della diversa età di queste rocce, prestabilita per mezzo degli studii di stratigrafia e di paleontologia malacologica. Inoltre l'esame comparativo dei Corallarii, con quelli delle varie faune terziarie europee e della fauna vivente, confirma l’orizzonte geologico dei varii strati, e dà altri risultamenti di non lieve importanza. Quindi lo studio dei Corallarii fossili giacenti nei varii terreni terziarii del distretto di Messina conduce chiaramente alle seguenti conclusioni, che sono di alta importanza per la geologia stratigrafica di tali contrade: 1. Viene confirmata la ripartizione, anteriormente stabilita per gli } studii stratigrafici e paleontologici dei terreni terziarii messinesi, in | miocenici, pliocenici e pleistocenici; spettando alla prima epoca i sei strati L, I, H, G, F, E; alla seconda i due D, C; alla terza quello B; e siffatta convalidazione dipende dal triplice rapporto dei polipai, para- gonati tra loro a norma della ripartizione stratigrafica e mineralogica dei terreni, esaminati in rapporto alle specie dei varii terreni sincronici di Europa, e studiati in relazione alla fauna vivente. è 2.° I mari miocenici delle contrade in esame in generale dovevano E essere abbastanza profondi, da pochi luoghi in fuori, che nel tempo in cui deponevansi le argille e le molasse costituivano i confini di quel mare; } ed inoltre le acque doveano godere di una temperatura superiore a quella } che godono oggigiorno alla medesima latitudine, oo — 542 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AL CORALLARII FOSSILI ECC. 3.” La considerevolissima differenza esistente tra i Corallarii del gruppo argilloso-molassico e quelli delle marne e del calcare, rafforzata dalla medesima diversità esistente in tutte le altre classi di fossili, fa giudicare con molta verisimiglianza che i due gruppi di strati spettar debbano a due distinte suddivisioni del miocenico , cioè al miocenico superiore gli strati calcareo-marnosi che soggiacciono immediatamente al pliocenico, e perciò contemporanei al bacino austriaco , alle rocce del Tortonese ecc.; al miocenico medio il gruppo argilloso-molassico che sarebbe quindi sin- cronico al bacino di Bordeaux, ai faluns della Turrena, alle colline di Torino ecc. (1) A questa maniera di ripartire le rocce mioceniche mes- sinesi fanno eco altri caratteri svariati, tra i quali io cenno principal- mente il numero delle specie di fossili, che da questi terreni fan passaggio all’orizzonte pliocenico , essendo siffatto numero più piccolo pel gruppo argilloso-molassico. Inoltre i numerosi Ceratocyathus e Stephanocyathus delle marne giallastre, per le loro forme e pei loro caratteri, rimpiazzano i 7rocho- cyathus di Vienna e di Tortona. 4. Le condizioni di temperatura ed altre si sono gradatamente mo- dificate nelle contrade messinesi sin dagli strati più antichi del miocenico, per cambiarsi gradatamente nelle condizioni attuali del Mediterraneo. La profondità, in generale grande, del mare in cui si depositavano le argille e le molasse, si è diminuita sempre più sino al pleistocenico. Questo risultamento concorda col movimento graduale ed ascenzionale stabilito per lo studio dell inclinazione sempre crescente , dagli strati più recenti ai pià antichi (2). 5.° Finalmente quantunque le conclusioni qui sopra espresse, prove- nienti dalle ricerche intorno ai polipai fossili, possano riuscire non molto (1) Quantunque sia indubitato, che gli strati argilloso-molassici siano distintissimi dalle rocce calcareo-marnose soprastanti, e che per tutti i caratteri essi formino nei monti peloritani due orizzonti ben distinti del miocenico messinese, non è poi cerlissimo che il gruppo di strati inferiori debba riporsi nel piano del miocenico della Superga; dappoichè se una tale. idea viene dai polipai confirmata in qualche modo, perchè havvi tra essi l'Heliastraea Raulini, la Plesiastraca Desmoulinsii, la Porites incrustans (che pure son poche specie), non risulta troppo chiara dall’esame degli altri i, mi attendo fossili, dall’esalta e completa determinazione dei quali, e soprattutto dei mollu la decisiva risoluzione di un tal dubbio. Sarà forse più probabile, dopo studii paleontologici più precisi, che non tullo il gruppo argilloso-molassico rimanga nell'orizzonte del miocenico medio, ma solamente il suo membro inferiore costituito dal calcare L, che racchiude fussili difficilmente determinabili, e che sono in gran parle differenti da quelli delle argille e delle molasse. (2) Vedi SEGUENZA, opere citate. DI GIUSEPPE SEGUENZA 543 importanti in rapporto ai risultamenti importantissimi, che i paleontologi hanno tratto da siffatti studii, come ben ce lo dimostrano le tante e voluminose opere mandate alla luce dal D’ On»s:cxy, dal Micuerin , dal- P Enwanps, dall Hame, dal D'Ancmac, dal Micugrorr: e da tanti altri, pure essendo le mie conclusioni di alto momento per la stratigrafia mes- sinese , tendono anch'esse a dimostrare che lo studio dei polipai fossili è cosi importante quanto quello delle altre classi di residui organici, i quali sepolti giacciono nei varii strati terrestri, e che la scienza dei Corallarii, uscita oramai dal suo stato di fanciullezza, in cui poco fa si giaceva, poste sicure le basi per la precisa determinazione dei varii gruppi, perchè ben riconosciuto il valore relativo dei diversi caratteri organografici di questi animali, abbandonato quindi il vago ed incerto che si avea nella determinazione delle specie, dimessa insomma quella veste povera e lacera che la ricopriva, per indossarne una novella assai leggiadra e nobile , è divenuta un ramo di scibile, che richiede dal zoologo accurato e severo studio, cultura non interrotta, e sarà sempre fecondo di abbondanti ri- sultamenti , di utili ritrovati , importantissimi alla paleontologia, e di non lieve momento per le discipline geologiche. SI LOA DIA Ae — —— y Y \ | 544 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC, OSSERVAZIONI ED AGGIUNTE. Nuove e continuate ricerche mi hanno somministrato gran numero di polipai del genere Ceratocyathus; perlocché avendo a mia disposizione molti esemplari, collo studio e col paragone dei loro caratteri sono stato condotto ad ammettere alcune nuove specie, ed a riconoscervi importanti varietà di altre già descritte nella prima dispensa di questo lavoro. Quindi mi son proposto di descrivere queste nuove forme di Cerato- cyathus in queste aggiunte, unitamente a qualche nuova specie di altro genere, e così rappresentarle insieme in un'ultima tavola, dove figura benanco qualche polipaio anteriormente descritto, ma non rappresentato nelle tavole precedenti (1). Genere CARYOPHYLLIA. CARYOPHYLLIA INFLATA SEG. Tav. XV, fig. 1. Vedi pag. 419, n.° 3). ESO In alcuni esemplari di questa specie mi é riuscito osservare la base intiera, per la quale fa d'uopo conchiudere che il polipaio è libero almeno nello stato adulto; bisogna perciò riunirlo al genere stabilito dai signori Ducmassaiso e MicweLorTI, intitolandolo Paterocyathus inflatus (vedi la nota della pag. 419). Dopo la Caryophyllia coronata fa d'uopo aggiungere (vedi pag. 422 nc o 84s CARYOPHYLLIA compressa SEG. Tav. XV, fig 8, 8a. C. polypario conico fortiter compresso, inferne cylindraceo; theca laevissima, costis planis ; lineis superficialibus discretis, duodecim primariis subangulosis , ad marginem. calicis elliptici prominentibus; septis cras- sissimis confertis, primariis et secundariis majoribus crassioribus elatis; palulis tenuibus granulatis. (1) Le nuove specie in queste aggiunte descritte mancano negli antecedenti quadri sinottici. 4 D | t § DI GIUSEPPE SEGUENZA 545 Questa specie è ben distinta per la sua grande compressione, per la quale il calice risulta allungato in modo che gli assi stanno nel rapporto di 100 .: 166, pei suoi tramezzi ravvicinatissimi e molto spessi, soprattutto quelli dei due primi ordini, che si elevano abbastanza al disopra degli altri. ASSI del Calice 34^," 302m. 0% L'esemplare figurato, il pià completo tra quelli che possiedo , pro- viene dallo strato marnoso miocenico di Calabria; gli esemplari messinesi sono più piccoli e mal conservati, raccolti nel medesimo orizzonte geologico, alla contrada Scoppo. Genere CERATOCYATHUS Sec. CERATOCYATHUS RECTUS SEG. Tav. XV, fig. 5, 5a. (Vedi pag. 436, n.° 5, tav. IV, fig. 6). Avendo raccolto vari esemplari di questa specie, tra i quali alcuni completi, ho riconosciuto che ordinariamente 22 costole principali in vicinanza del margine del calice divengono sporgenti ed angolose, come viene rappresentato dalla fig. 5, 5a, tav. XV. 5^5 CERATOCYATHUS MICHELOTTIANUS SEG. Tav. XV, fig. 9, 9a. C. polypario brevi conico-compresso, subrecto, extus granulato; calice elliptico , fossula parum profunda, costis aequalibus subplanatis vix di- stinctis ; septis tenuibus extus incrassatis confertis, primariis et secundariis majusculis ; columella transverse elongata, e lamellis flexuosis in seriem digestis constituta ; palulis 23 tenuissimis, latis , granulatisque. Polipaio breve, di forma quasi conico-compressa e retto, colla mu- raglia granulata e con irregolari ondulazioni trasversali, colle costole appianate e quasi indistinte, soprattuito presso il margine del calice, il quale ha gli assi di tal lunghezza che stanno nel rapporto di 100 : 132; Seme II. Tom. XXI. DE rta Rem Er A i | y $ { 546 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. il maggiore di essi è in un piano più basso del minore, in modo che i margini del calice risultano flessuosi; i tramezzi sono sottili ma alquanto ingrossati all’esterno; quelli dei primi due ordini sono più elevati e più larghi; il quinto ciclo manca in metà di un solo sistema, perlocchè i paletti sono 23, molto sottili e larghi; la columella è seriale, costituita da tenui lamelle flessuose. Altezza del polipaio 28", Assi del calice 34,5, 267, Specie raccolta allo Scoppo nelle marne mioceniche. 9^is CERATOCYATHUS AEQUICOSTATUS SEG. Tav. XV, fig. 6, 6a, 6 b. C. polypario magno, solido, conico-turbinato , compresso , longitudi- naliter obsolete plicato, inferne recurvo ; basi producta, attenuata, sub- acuta; theca tenuissime granulata, transverse irregulariter plicata et annulosa; costis omnibus planatis , aequalibus, lineis impressis disjunctis ; calice elliptico, fossula lata profundiuscula; septis tenuibus inaequalibus extus incrassatis , primariis et secundariis majoribus et multo magis incrassatis ; quinto cyclo fere completo ; palulis magnis, elatis, tenuibus, rarissime tenuissimeque granulatis ; columella e papillis paucis, crassius- culis , flexuosis , in seriem digestis constituta. Polipaio grande, con muraglia molto compatta e sottilmente granulata alla superficie esterna; di forma turbinata, conico-compressa, curvo alla parte inferiore, e fornito d'irregolari piegature ed anelli trasversali, e di pieghe longitudinali poco distinte ; la base è gradatamente attenuata e quasi acuta all'estremità; le costole uguali, appianate e disgiunte da strie impresse ben distinte; il calice, di forma ellittica, ha i suoi assi di tal lunghezza relativa , che stanno nel rapporto di 100 : 132; la fos- setta è larga ed alquanto profonda ; i tramezzi sono disugualissimi, sottili all'interno, e molto ingrossati e contigui all’esterno; quelli dei primi due ordini sono molto più grandi e più spessi degli altri, il quinto ciclo manca in porzione di due soli sistemi; i paletti sono larghi, elevati, sottili, con rari e piccoli granuli sulle facce; la, columella è seriale e Tr LJ & DI GIUSEPPE SEGUENZA 549 molto allungata; le lamelle , di cui è costituita, sono alquanto spesse, flessuose e ravvicinate. Altezza del polipaio 45", ABSA onm Raccolto nelle solite marne di Rometta. CERATOCYATHUS COMMUNIS SEG. Tav. XV, fig. 10, 11. (Vedi pag. 444, n° 17, tav. V, fig. 7, 74, 70, 70). Oltre le grandi variazioni nella forma che questa comunissima specie suole subire , presenta benanco considerevoli differenze nella conforma- zione delle costole, dappoichè dagli esemplari a costole completamente appianate ed. uguali si passa per graduate forme a quelli che hanno co- stole principali elevate ed angolose, e che difficilmente potrebbero formare una distinta specie per le numerose forme intermedie che li riuniscono alla forma tipica già stabilita Fra tante variazioni ho creduto utile rappresentare alla tav. XV un esemplare a costole piane, ed uno a costole angolose, che formano i due termini estremi di questa lunga serie di variazioni. CERATOCYATHUS POLYHEDRUS SEG. Tav. XV, fig. 12. (Vedi pag. 454 n.° 29, tav. VI, fig. 6). Trovasi sovente in Rometta e nei dintorni di Messina una varietà di questa specie, che ho creduto utile di figurare alla tav. XV; essa differisce dalla forma descritta perché pià breve, e per avere le costole di terz'ordine che si elevano in forma di angoli e di creste, come quelle dei primi due ordini che sono anch'esse più sporgenti. 1 uU 7 Y a rn q. Dopo questa specie fa d'uopo aggiungere le tre seguenti: 50. CERATOCYATHUS MULTICOSTATUS SEG. Tav. XV, fig. 4. C. polypario turbinato , brevi, dilatato, inferne curviusculo , arcu curvaturae fere in planum axis minoris calicis ; basi producta attenuata | 548 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLANII FOSSILI ECC. subacuta ; theca tenuissime granulata; costis multiformibus, inferne con- vexis planisque alternantibus , superne vigintiduabus acute angulosis pro- minentibus , aliisque planatis , ad marginem calicis omnibus productis cristaeformibus ; calice lato elliptico; columella e lamellis tenuibus, latis, flexuosis, confertis , in seriem. digestis, constituta; septis tenuibus rare tenuiterque granulatis, viginti majoribus extus crassiusculis; palulis te- nuibus latis, irregulariter granulatis. Questa specie è ben distinta per la forma breve ed allargata , colla base attenuata ed incurvata nel piano dell'asse minore del calice, e prin- cipalmente per le costole che alla parte inferiore sono alternanti, convesse e piane ; nei due terzi superiori ce ne ha ventidue angolose e sporgenti, mentre le altre sono piane; al margine del calice poi si elevano tutte in forma di creste taglienti e disuguali; il calice è ellittico e molto largo, cogli assi che stanno approssimativamente nel rapporto di 100 : 124; i tramezzi sono larghi; sottili; circa 22 di essi più grandi ed ingrossati all'esterno ; il quinto ciclo manca nelle due metà di due soli sistemi; la columella è formata da molte lamelle contorte, larghe e flessuose, disposte in serie; i paletti sono larghi, sottili, irregolarmente granulati. Lunghezza del polipaio 32™. Assi del calice (approssimativi) 46%", 35", 31. CERATOCYATHUS CRISTATUS SEG. Tav. XV, fig. 2, 2a. C. polypario conico-turbinato , compresso, recto, inferne producto; basi attenuata acuta; costis inferne subplanatis vix inaequalibus, superne duodecim primariis prominentibus , acutis, cristaeformibus , totidemque minus elevatis alternantibus ; omnibus aliis planatis; calice elliptico , fossula profunda; columella seriali; septis tenuibus, primariis et secun- dariis elatis extus incrassatis, palulis latis. Polipaio molto distinto per la forma retta, conico-turbinata e bastan- temente compressa, che si restringe e si allunga gradatamente alla parte inferiore, sino a terminare in una base quasi acuta; colle costole poco disuguali alla regione inferiore , che divengono tra loro differentissime nella metà superiore del polipaio, dappoichè le dodici primarie sono sporgenti abbastanza, acute, elevate in forma di creste, ed alternano Nr $ | | à | Al DI GIUSEPPE SEGUENZA 549 con altre 12 meno angolose , tutte le altre sono piane; il calice ha gli assi che stanno nel rapporto di 100 : 146; la fossetta è profonda, i tra- mezzi sottili, ma quelli dei primi due ordini sono più grandi ed ingros- sati all'esterno; il quinto ciclo è incompleto, mancando i suoi tramezzi in metà di due sistemi; la columella ed i paletti non sono ben ricono- scibili, ma sembra che quella sia seriale, e questi abbastanza larghi. mm Lunghezza del polipaio 32 Assi del calice 33", .33"»,5. Raccolto a Trapani presso Messina. GGG. I tramezzi costituiscono cinque cicli completi. 92. CERATOCYATHUS FLABELLIFORMIS SEG. Tav. XV, fig. 7, Ta, 70. C. polypario conico-compresso recto, extus tenuissime granulato ; basi productiuscula subacuta ; costis duodecim. angulosis , omnibus aliis vix distinctis fere planatis ; calice elliptico, fossula haud profunda; co- lumella seriali, e lamellis parvis contorto-plicatis constituta; septis te- nuibus, primariis et secundariis latioribus; palulis latis rare granulatis. Polipaio distinto per essere retto, di forma breve e conico-compressa , per cui somiglia ad alcuni Flabelli ; colla superficie della muraglia segnata da irregolari linee di accrescimento ed ornata da sottile granulazione ; la base è attenuata e quasi acuta ; le dodici costole principali sono angolose in tutta l’altezza del polipaio, ed alternano con altre dodici alquanto distinte, mentre tutte le altre sono quasi piane; il calice è ellittico, cogli assi, la cui lunghezza proporzionale è nel rapporto di 100 : 132; la fossetta mediocre; la columella è molto allungata trasversalmente, e costituita da poche lamelle contorte e pieghettate disposte in- serie; i tramezzi sono sottili, appena granulati, molto disuguali; quelli che ap- partengono all'ultimo ciclo sono molto stretti e sottili; i paletti sono molto larghi, alquanto ondulati e con rari granuli e sporgenti. Altezza del polipaio........ Assi del calice 26%”, 5, 50", Questa specie si avvicina in qualche modo al C. regularis, ma la sua brevità e le costole angolose ne la distinguono bene. Raccolta in Rometta. » 550 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARI FOSSILI ECC. FLABELLUM ANTHOPHYLLUM. Monomyces anthophyllum EMRENBERG, Corall. des roth. Meer., p.77, 1834. i Flabellum anthophyllum Mitne EpwARDS e G, HAIME, Pol. foss. des terr, paléoz. ete., p. 33, 1851. i È » » MILNE EDWARDS e G. Hame, Histoire nat. des Corall., t. JE, p. 97. | i | a . n . L- Recentemente ho rinvenuto un piccolo esemplare di Flabellum , che | ig senza dubbio deve riferirsi a questa specie, la quale trovasi vivente nel | in Mediterraneo sulle coste della Spagna. Il mio individuo, raccolto nelle f sabbie pleistoceniche di Milazzo , è somigliantissimo agli esemplari vi- i venti; infatti l'ho paragonato ad un individuo gentilmente favoritomi ti dall'egregio sig. Colonnello G. Acrox, da lui pescato nel golfo di Napoli, e non vi ho riconosciuto apprezzabile differenza. | » Y a i e 1 \ k R 4 m h , li ? $ » rA DI GIUSEPPE SEGUENZA 551 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tav. I. Juncella antiqua Sero. Fig. r. Asse sclerobasico. » Isis Peloritana Sre. Fig. 2, 2a. Articoli calcari semplici. » 2b,2c, 2e. Articoli calcari ramificati. » 2d. Base del polipaio. » Isis compressa Sec. Fig. 3, 3 a. Un articolo calcare veduto da due facce. » 36. Un altro articolo. Tav. IL Caryophyllia clavata Sec. Fig. 1. Polipaio ingrandito. » 1a. Calice dello stesso. » Caryophyllia Gemellariana Sec. Fig. 2. Un esemplare ingrandito. » 2a. Un altro individuo di grandezza naturale. » Caryophyllia geniculata See. Fig. 3, 3 b. Due individui di grandezza naturale. » 3a. Calice dell’ individuo rappresentato dalla fig. 3. » Caryophyllia Zanclaea Sec. Fig. 4. Un individuo di grandezza naturale fisso sul calice d’un altro individuo, » Caryophyllia corniculata Sec. Fig. 5, 5a. Un individuo veduto da due lati. » Caryophyllia pedunculata Sec. Fig. 6. Un individuo di grandezza naturale. » 6a. Calice dello stesso. Tav. III. Caryophyllia elegans Sre. Fig. 1 a. Un individuo ingrandito. » 1. Calice dello stesso. rer 552 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Tav. IIL Caryophyllia arcuata Mine Enwarps e G. Hame. Fig. 2. Un individuo giovane ingrandito. ` `» 24. Calice dello stesso. » Caryophyllia Aradasiana Src. Fig. 3, 3 a. Due individui di grandezza naturale e di forma differente. » Caryophyllia duodecimangulata Sec. Fig. 4. Un individuo ingrandito. » 4a. Calice dello stesso. » Caryophyllia Peloritana Sec. Fig. 5. Un individuo di grandezza naturale. » Caryophyllia coronata Sec. Fig. 6. Un individuo ingrandito. » Caryophyllia angulosa Se. Pie Um individuo di grandezza naturale. » Caryophyllia crassitheca Sec. Fig. 8. Un individuo di grandezza naturale mancante di mu- raglia nella parte inferiore. » Caryophyllia Laspadae Sre. Fig. 9. Un individuo di grandezza naturale. » Caryophyllia ornata Sre. Fig. 10. Un individuo di grandezza naturale. Tav. IV. Ceratocyathus simplex Sec. Fig. 1. Un individuo di grandezza naturale. » 1a. Calice dello stesso. » Ceratocyathus distortus Src. Fig. 2, 2a. Un individuo ingrandito veduto in due posizioni. » 2b. Calice dello stesso. » Ceratocyathus pumilus SEG. Fig. 3, 3 a. Un individuo ingrandito, veduto in due posizioni. » Ceratocyathus maximus SEG. Fig. 4, 4 a. Un individuo di graudezza naturale veduto da due lati. » Ceratocyathus regularis. Fig. 5. Un individuo di grandezza naturale. » Ceratocyathus rectus Sec. Fig. 6. Un individuo di grandezza naturale , rotto. | | Tav. » DI GIUSEPPE SEGUENZA 553 Tay. IV. Ceratocyathus conulus Src. Fig. 7. Un individuo di grandezza naturale. » ņa. Calice dello stesso. Ceratocyathus Romettensis Sec. Fig. 8. Un individuo di grandezza naturale. » 8a. Calice dello stesso. Ceratocyathus striatus Sec. Fig. 9. Un individuo di grandezza naturale. Ceratocyathus compressus Src. Fig. 10, ro a. Un individuo di grandezza naturale, sebbene rotto, veduto in due posizioni. Ceratocyathus Lancianus Sec. Fig. 11, 11 a. Un individuo di grandezza naturale, veduto in due posizioni. Ceratocyathus Benoitianus Sec. Fig. 12, 12 a. Un individuo di grandezza naturale, in due posizioni. Ceratocyathus elegans Sec. Fig. 1. Un individuo di grandezza naturale. » 1a. Calice dello stesso. Ceratocyathus affinis Sr. Fig. 2, 2 4. Un individuo di grandezza naturale in due posizioni. Ceratocyathus planicostatus Sec. Fig. 3. Un individuo di grandezza naturale. Ceratocyathus ponderosus Ses. Fig. 4, 46. Un individuo di grandezza naturale in due posizioni. » 4a. Calice dello stesso. Ceratocyathus Scillae Sec. Fig. 5, 5a. Un individuo di grandezza naturale veduto da due lati. » 56. Un individuo alquanto differente. » 5 e. Calice di quest'ultimo. Ceratocyathus suborbiculatus See. Fig. 6, 6 a. Un individuo in due posizioni. Serie II. Tom. XXL ay 554 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Tav. V. Ceratocyathus communis SEG. Fig. 7, 7 a. Un individuo in due posizioni diverse. » 7b. Calice dello stesso. » 7c. Una varietà della medesima specie. » Ceratocyathus ecostatus Sxc. Fig. 8, 8a. Un individuo veduto da due lati. » 8b. Calice dello stesso. Tav. VL Ceratocyathus Gemellarianus Src. Fig. r. Un individuo ingrandito. » r4. Calice dello stesso. » Ceratocyathus polymorphus Sec. Fig. 2. Un individuo ingrandito di molto. » 2a. Calice dello stesso. » 26. Un altro individuo ingrandito, molto più allungato e pià curvo. » 2c. Calice dello stesso. » 2d. Un altro individuo quasi retto. » Ceratocyathus Edwardsianus SEG, Fig. 3, 3a. Un individuo ingrandito veduto in due posizioni. » 3b. Calice dello stesso. » Ceratocyathus parvus Src. Fig. 4, 4a. Un individuo veduto da due lati e molto in- grandito. » Ceratocyathus ornatus SEG. Fig. 5, 5 a. Un individuo di grandezza naturale veduto da un lato e dalla base. » Ceratocyathus polyedrus SEG. Fig. 6. Un individuo di grandezza naturale. » Ceratocyathus Zanclacus Sre. Fig. 7, 72 UD individuo di grandezza naturale veduto da due lati. » 7b. Calice dello stesso. » Ceratocyathus acuticostatus Sec. Fig. 8, 8a. Un individuo in due posizioni. » Ceratocyathus costatus Sxc. Fig. 9. Un individuo di grandezza naturale. » DI GIUSEPPE SEGUENZA 655 Tav. VII. Stéphanocyathus elegans Src. Fig. 1 a. Un individuo veduto dalla base. » 1. Lo stesso in altra posizione. » rc. Calice del medesimo polipaio. > $ » rd. Varietà colle costole tubercolose; S. subspinosus Sec » re, Un esemplare giovane veduto lateralmente. è » 1 f Lo stesso dal lato del calice. | » 1g. Base del medesimo. | | » 1 i Un tramezzo col suo paletto bilobato e porzione | di columella. » Stephanocyathus variabilis Src. Fig. 2a. Un individuo completo veduto dalla base. » 2b. Lo stesso guardato lateralmente. » 2c. Calice del medesimo. » 2d. Calice di un giovine individuo. » 2e. Base dello stesso. | » 2f. Il medesimo veduto lateralmente. » Stephanocyathus Zancleus Sec. Fig. 3 a. Un esemplare completo veduto dalla base. E » 3b. Lo stesso veduto lateralmente. t » 3c. Calice del medesimo. | » Hemicyathus crassicostatus Sec. | Fig. 4 a. Un esemplare molto ingrandito veduto dalla base. | » 4 b. Calice dell'esemplare rappresentato. dalla fig. 4 c. » 4c. Un individuo, molto ingrandito , irregolare per la disposizione e conformazione delle costole. » 4d. L'individuo della fig. 4a veduto lateralmente. » 4e. Un tramezzo ed il corrispondente paletto ingranditi. » 4f: L'esemplare della fig. 4c osservato lateralmente. Tav. VIII Desmophyllum crassum Sec. Fig. 1. Un individuo completo. » 1a. Calice dello stesso. » Desmoph yllum maximum SEG. Fig. 2. Un individuo alquanto rotto alla base. > » Desmophyllum elegans Sec. Fig. 3. Un esemplare rotto. 3 » 3a. Lo stesso veduto d'altro lato. » 3 b. Frammento d'un individuo molto grande. l 556 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Tay. VII. Desmophyllum affine Sec. Fig. 4. Un esemplare quasi intiero veduto dal lato più largo. » Desmophyllum cylindraceum Src. "Fig. 5. Un individuo un po’ rotto alla base. » 5a. Calice ingrandito dello stesso. © » Desmophyllum pedunculatum Sec. Fig. 6. Un esemplare completo ingrandito. # Desmophyllum gracile Sec. Fig. 7. Un individuo fisso sopra un poliparito di Lophohelia. » 74. Calice dello stesso ingrandito. » Desmophyllum Edwardsianum Sec. Fig. 8. Un individuo completo. » 8a. Un altro esemplare. » 85. Calice dello stesso. Desmophyllum miocenicum Sec. 1 Tav. IX 4 Fig. 1a. Un individuo a costole alquanto ottuse. » 10. Varietà colle costole acute. » Desmophy llum antiquatum SEG. | Fig. 2 a. Un esemplare rotto alle due estremità. Desmophyllum semicostatum SEG. | Fig. 3a. Un individuo intero, nh » 36. Calice dello stesso. | » Desmophyllum clavatum Sec. | \ Fig. 4a. Un individuo completo. | P » 46. Calice dello stesso. | » Desmophyllum Ehrenbergianum Sec. i Fig. 5 a. Un esemplare completo. » Desmophyllum sulcatum Sec. 4 Fig. 64. Un esemplare rotto alla base. | » Desmophyllum fungiaeforme Sec. | Fig. 7a. Un individuo alquanto rotto alla base. | » Desmophyllum multicostatum Sec. | Fig. 8a. Un individuo ingrandito. f » Desmophyllum costatum Epwarns e Harmer. pi j Fig. 9 a. Un esemplare completo. k » Desmophyllum orbiculare Sec. Fig. 104. Un individuo intiero. » 10 0. Calice ingrandito dello stesso. e day, X. » Tav. XI. h DI GIUSEPPE SEGUENZA Conotrochus typus See. Fig. 1. Un individuo ingrandito. » 14. Lo stesso in altra posizione, » 16. Calice dello stesso. » rc. Un altro individuo ingrandito. a Or + » 1d. Tre individui ingranditi, ciascuno dei quali si è fissato nel calice del proprio parente. Flabellum messanense Sec. Fig. 2. Un individuo in prospetto. » 2a. Lo stesso veduto lateralmente. » 2b. Calice del medesimo. Flabellum crassicostatum SEG. < Fig. 3. Un individuo ingrandito. » 3a. Lo stesso in altra posizione. » 3b. Grandezza e forma marginale del calice. Flabellum attenuatum SEG. Fig. 4. Un esemplare ingrandito. » 4a. Lo stesso guardato in posizione differente. » 40. Grandezza e forma marginale del calice. Flabellum siciliense Enwanps e Hame. Fig. 5. Un esemplare rotto alla base ed alla regione del calice. Flabellum solidum Sec. Fig. 6. Un esemplare col margine del calice rotto. Flabellum laciniatum Epwarns e Harme. Fig. 7. Un esemplare dimezzato veduto dal lato dell’epitecio. » 74a. Lo stesso veduto dal lato dei tramezzi. Flabellum Archiacianum Sec. Fig. 8. Un esemplare completo. » 8.a. Calice dello stesso. Lophohelia Defrancei Epwarps e Hame. Fig. 1a Un esemplare figurato di grandezza naturale. » 15. Un calice ingrandito. » rc. Un poliparito più grande del naturale, Lophohelia Stoppaniana Ste. Fig. 2a. Un esemplare di naturale grandezza. » 26. Un poliparito staccato. » 26€. Un calice ingrandito. RS 558 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Tav. XL Lophohelia gracilis Sec. Fig. 3a. Un ramo di grandezza naturale. » 3b. Un esemplare della varietà Z. striata Sec » 3c. Varietà L. latistella Sec. » 3d. Un calice ingrandito di molto. » 3 e. Un poliparito ingrandito di molto. Tav. XII. Amphihelia miocenica Sec. Fig. 1. Un ramo di naturale grandezza. » 1a. Un individuo molto ingrandito. » 15. Un poliparito tagliato verticalmente, che mostra la columella ed i tramezzi. » ıc. Un calice ingrandito. » Amphihelia sculpta Sre. Fig. 2. Un ramo di naturale grandezza. » 2a. Un frammento dello stesso molto ingrandito. » 25. Un calice ingrandito. » Diplohelia Meneghiniana Sre. Fig. 3. Un esemplare di grandezza naturale. » 3 a. Un poliparito accresciuto di molto nelle sue dimensioni. » 36, Sezione longitudinale d'un poliparito. » 3c. Un calice molto ingrandito. » Diplohelia Doderleiniana Sec. Fig. 4. Un ramo di naturale grandezza. » 4a. Un frammento dello stesso che mostra la struttura di un calice. » Diplohelia Sismondiana Sec. Fig. 5. Un ramo di grandezza naturale. » Diplohelia Sismondiana Sre. Fig. 5a. Un frammento dello stesso, che mostra la sezione verticale di‘un calice, e quindi il grande svi- luppo della columella. » 55.Unaltro frammento, in cui si vede il prospetto di un calice. Tav. XIII, Heliastraea Raulini Epwarps e Haine. Fig. 1. Un esemplare intiero veduto dal lato calicifero. » 1a. Un calice molto ingrandito. » 1b, Sezione verticale, in cui st osservano i tramezzi di alcuni polipariti, e le costole colle traverse eso- tecali di altri. ot 59 DI GIUSEPPE SEGUENZA Tav. XIII. Plesiastraea Desmoulinsii EpwaArps e Hame. Fig. 2. Un esemplare. di naturale grandezza, che mostra la superficie calicifera ed un'ostrea che vi è attaccata. » 24. Una porzione ingrandita di molto, che mostra un calice intero. » 26, Sezione verticale di un poliparito. » Plesiastraea Romettensis Sre. Fig. 3. Un esemplare che mostra la superficie calicifera. » 3a. Un frammento molto ingrandito. » Isastraea miocenica Sxc. Fig. 4. Un giovane esemplare coi rudimenti del suo epitecio, fisso sopra un vecchio frammento della medesima specie. » 4a. Un frantume molto ingrandito, che fa vedere la struttura dei calici. » 46. Un poliparito isolato, che presenta la sezione lon- gitudinale. » Clatlocora Reussi FROMENTEL. Fig. 5. Un esemplare ingrandito. » 5a. Un giovane poliparito non ancora ramificato, di grandezza maggiore del naturale. » 56. Un calice ingrandito. » Heliastraea Prevostana EpwAnps e Hamer. Fig. 6. Un esemplare veduto dal lato calicifero, in cui per la rottura di una porzione si vedono le sezioni trasversali di molti polipariti. » 6a. Lo stesso veduto in altra posizione. Tav. XIV. Balanophyllia irregularis Src. Fig. 1. Un esemplare completo molto ingrandito. » 14. Un calice ingrandito. enopsammia Scillae Sec. Fig. 2. Ceppo di un grande esemplare veduto. dalla faccia calicifera. » 24. Lo stesso esemplare veduto dal lato opposto. » 26. Un ramo dal lato calicifero. » 2c. Lo stesso guardato dalla faccia opposta. » 2d. Un ramo molto giovane. » 2e. Sezione longitudinale di un calice molto ingrandito. » 2f. Un calice ingrandito. 560 DISQUISIZIONI PALEONTOLOGICHE INTORNO AI CORALLARII FOSSILI ECC. Tav. XV. Paterocyathus inflatus Src. Fig. 1. Un individuo colla base rotta. » Ceratocyathus cristatus SEG. Fig. 2. Un esemplare completo. » 24. Lo stesso veduto in altra posizione. » Desmophyllum Zancleum Sec. Fig. 3. Un individuo completo. | » 34. Lo stesso guardato lateralmente. » Ceratocyathus multicostatus SEG. Fig. 4. Un esemplare rotto. » Ceratocyathus rectus Sec. Fig. 5. Un esemplare ben conservato. » 5a. Lo stesso veduto lateralmente. » Ceratocyathus aequicostatus SEG. Fig. 6. Un esemplare coi tramezzi più grandi rotti. » 6a. Lo stesso in altra posizione. » 65. Calice dello stesso. » Ceratocyathus flabelliformis Sec. Fig. 7. Un esemplare rotto sui margini. » ga Calice dello stesso. » 7b. Lo stesso individuo in altra posizione. » Caryophyllia compressa Sec. T Fig. 8. Un esemplare rotto alla base. b . .o. 3 » 8a. Lo stesso in altra posizione. 1 » Ceratocyathus Michelottianus Sec. A » Ceratocyathus Michelottianus Sec. Fig. 9. Un individuo ben intiero. : » ga. Lo stesso veduto lateralmente. | » Ceratocyathus polyhedrus Sec. Varietà. P Fig. 12. Un esemplare ben completo. il » Ceratocyathus communis Sec. Fig. 10. Varietà a costole piane. » 11. Varietà a costole principali angolose. | » Flabellum messanense Sec. Varietà. 1 Fig. 13. Un esemplare completo. e Oceano TU delle! oc. an Govino. Classe da Se. His. Woot Dee A. Com. ROO D Ea, -—" N Y 2 vas pun ^0 ^. lam Cjorgonid . Cen” cluncella , des. e € A fed. iw id e» i me r P D fam Curbinolid ` Gen . Caryophyllia Zi € € | | | | | | | ) y | x " , A £ Torino; lt. F Doyen. TES m n 2 . le . » e Lam. Oubinolidi/. Gen. Caryoph llia Ed € € M. ae H Pall E Torino, lit F4 Doyen.. 1862. Seguenxa dis. na. 7 ge ‘ rn 7 ; Fam. Cwkmolidi . Gen. Coratocyathus Aguera, 5 ¿fio Torino; Ut FT Doyen WET ARES LENS UR Lam Curbinolidh. Cen. Coratocyathus D ope dé € ii tes. fav. VI. Torino: lit. Doyen 1862, Lam. Cubinolidi. Gen. Ceratocyathus Le € LOQUERE. J " É 33 pom | | | | T cre nt ra TU j lav. VI. Vi Mecco. lit. ~h j s Torino Lit E Doyen 1864 y am dis 7 Dai m nee peices 6 3 ; Fam. Guihimolidv. Tribu. Cecelia zm Po. eke A > " LOT PME i Ju " Gen. Sephanocyathus 4.1 3. Sbenttoyatfius VES Dy y == = eee na rn "Inn = - EE pri Po onu == = MT Y) Y ds, Zivino Lit FT Doyen 186% Mecco lit 7 ps Na MUT PEIPER - 1 VÀ s Fam: omibinmolidr. Frón tn e N esmop hal lun ig. 1-8 Gen. esm phyllum fig 1-8, \ b Fuerza dis Torino Lit F™ Doyen 1864 Mecco. lit. | 4 D" 7. Jone pe are 7 7. 2 $ | lam. “wbmolidr. Fibu Catibenetiacei en Desmophy lun JE A-140. Torino Lit, FE Doyen: 1864 Mecee. lit i 4 > 3 AS (uxor ce PAA | Lim. “Ouibimolida. hiba Mt 2 Peg ^ | Gen. Conolochus fz. 1. Flabellunv fg. 2-7. Jar AT Iorino Lit E Deyen:/06% Mecew lit 7 ret I 4 5 © VA . Fam /Ooalwids, Bibl? oran: Gen. Lophohelia) fy. 1-3. Zav. AW M È Seguenza dis — E Torino, Lit F Doyen 1864 Mecco. lit. Q fa m YO d . Lam. Oculimidi. Tribu Cotton Gen. Ampli A7 1,9; Gipkohickiw Ar. 3-5. F SI È SY D à iii ad y € & 4? i > js WU T € Seguenza dis. Torino Lit. F Doyen 186% Mecco. lit. Lam. [9 UJ7V2 Tribu. Parttcacer A Gen. Soliastiaca ‘fg. e 6 Mesrastiaca fig. 2,3. Jonstiaca figh. Aadocor® fi. 5. — ZrXW | | ^ i | `A y | | i | - A | | | t Ù DI 3 | y $. Torino Lik FU Doyen 1865, i Mecoo, lt : fam. Mbadre pe adv. | , A - Gen. Salano P f y Una fiz. ; St y à l. Coenopsanmia fig. 2 3% e id E | | | UL) RI, i P3) Torino YE FU Doyen. 18 Mecco. Lt. > - i YA Fam. SO wE vao DU. . A gún pum ed vs SCIENZE MORALI STORICHE E FILOLOGICHE i À hi | di MEMORIE 1 | DELLA } » . l , REALE ACCADEMIA | DELLE SCIENZE i DI TORINO i | a i SERIE H. — TOM. XXI. i Sai. i \ b SCIENZE MORALI STORICHE E FILOLOGICHE TORINO STAMPERIA REALE Sra ; MDCCCLXIV. à : RELAZIONE della Giunta composta di S. E. il Conte Scuorrs, S. E. il Conte Cisrario e del Cap. Arsini, Relatore, incaricata di esaminare il merito delle Memorie presentate al concorso aperto dalla Reale Accademia delle Scienze di Torino (Classe delle Scienze Morali, Storiche e Filologiche) per l’anno 1861. Ouorevoli Colleghi, Nella tornata del 24 gennaio 1860 questa Classe (delle Scienze Morali, Storiche e Filologiche) apriva il concorso e proponeva il premio di una medaglia d'oro del valore di L. 1200 all'autore della migliore Memoria sul tema seguente: 4 « Investigare l'influenza del contratto enfiteotico sulle condizioni dell'agricoltura e sulla libertà personale dei coltivatori, specialmente in Italia. » Il programma accademico esigeva altresì che s'investigasse « sino a qual punto i contratti affini all’enfiteusi, come i contratti beneficiari o feudali, le prestarie ecclesiastiche, i livelli e gli albergamenti di mansi, abbiano pregiudicato alla libertà personale dei coloni, » Per ultimo si richiedeva dai concorrenti che s'indagasse se e con quali modificazioni si possa utilmente conservare o far rivivere il contratto enfiteotico in quelle regioni d'Italia ove abbondano le terre incolte o mal coltivate. Il termine stabilito per la presentazione delle Memorie si compiva col dicembre 1861. Sei sono le Memorie che vennero presentate all'Accademia. VI Esse sono designate coi seguenti numeri ed epigrafi: a Epigrafe: 4mor che a nullo amato amar perdona. » 2. Epigrafe: Se’ savio e intendi me’ ch'io non ragiono. » 3. Epigrafe: In tenui labor. » 4. Epigrafe: Quod potui feci, faciant meliora potentes. » 5. Epigrafe: Wè che poco io vi dia da imputar sono, Chà quanto io posso dar tutto vi dono. » 6. Épigrafe: Omnia nosse est impossibile, pauca vero laudabile. Di queste Memorie la 2.* e da 3.* sono quelle che meritano maggiore considerazione. Mi riservo di parlare di esse dopo che vi avró dato con- tezza del giudicio della Giunta sulle altre quattro. ` La Memoria segnata col n.° 1 è un lavoro imperfettissimo, che non | ha merito nè scientifico, nè storico, nè letterario. L’autore pretende di trovare l'origine dell'enfiteusi presso 1 popoli pri- mitivi e più rozzi, e nella necessità di mettere a coltura i terreni ver- gini quali erano usciti dalle mani del Creatore: opinione che non ha né fondamento storico, nè ragione nella stessa condizione sociale a cui si allude. Invece di dedurre dallo studio dei documenti e dai dati storici quale influenza abbiano esercitato sull'agricoltura il contratto enfiteotico, e gli altri contratti agricoli ad esso affini, come richiedeva il quesito , l'autore si è tenuto pago di affermare che grande esser doveva l'impor- tanza dell'enfiteusi per giovare all'agricoltura, perché i legislatori mo- strarono molta sollecitudine per questa instituzione, L'indagine intorno all'influenza di questo contratto sulla libertà personale degli agricoltori venne interamente omessa. Accenna all’utilità che a’ nostri tempi potrebbe ancora avere l'enfiteusi, senz'addurne altra ragione se non che in Italia e fuori di essa vi sono ancora terreni incolti da ridurre a coltura, pa- lidi da prosciugare, Questa dissertazione è un accozzamento di nozioni storiche e giuridiche affatto comuni sull’enfiteusi, sui feudi, sui fedecomessi, senza ordine logico, con una forma di dettato infelicissima dal lato della lingua e dello stile. Il solo fatto degno di qualche attenzione che vi si accenni si è quello della prospera condizione agricola in cui si trovavano al À principio del presente secolo i beni feudali della Lunigiana; ma questo poco giova alla risoluzione del quesito. P vir Un lavoro anche più incompiuto del precedente e con difetti non minori è la Memoria numero 4, designata col titolo di note sommariissime. L'autore volle allargare il tema risalendo sino ai tempi più remoti per i f . 1 rintracciare l'origine e la diffusione dell'uso dell'enfiteusi, ma non seppe i soddisfare nè al compito ch'egli stesso s'impose, nà a quello che gli tracciava il quesito accademico. » | Non occorre perd trattenerci a lungo sopra questa Memoria, perché essa non va oltre ai tempi di Carlomagno. S'arroge che anche il modo con cni é trattata la parte storica del quesito, pecca per gravi difetti, quali sono la mancanza di profondità e di esattezza nelle cognizioni sto- y riche, ed in particolare nozioni incomplete e poco precise sul feudo e we Ci sull'enfiteusi, delle quali due instituzioni pare che l'autore non conosca ES bene il carattere e le differenze, confusione e sconnessione d'idee, grande trascuratezza nella lingua e nello stile. La dissertazione n.° 5 non può neppur essa aspirare al premio, perchè lavoro rimasto incompiuto, come riconosce lo stesso autore, per causa ; È di una malattia che gl’impedi di condurlo a termine. Non vuol essere D però messo a pari coi due precedenti, non essendo privo affatto di pregio. Manca la risposta ad una delle parti più importanti del quesito accade- in mico, l'influenza dell'enfiteusi sull'agricoltura nel medio evo. Non deesi per altro tacere il merito intrinseco di questo scritto per la parte del È tema che vi è trattato. L’autore ha esposto con accuratezza la natura e | il carattere dell'enfiteusi, le fasi ch'ebbe nell'età di mezzo, ha esaminato con diligenza i contratti agricoli affini coll'enfiteusi, notando per quali rispetti con essa si accordino o ne differiscano: non tralasció di accen- nare la diversa origine dei beneficii e delle enfiteusi, le analogie e le diffe- i renze di queste due instituzioni. Ebbe altresi cura di far conoscere quale i influenza avessero le enfiteusi e gli altri contratti agricoli, come i livelli, gli albergamenti di mansi, sulla libertà personale degli agricoltori. Toccò, \ sebbene molto brevemente, dell’ utilità che nelle attuali condizioni della i» prosperità fondiaria in alcune provincie d'Italia possa recare l'enfiteusi. i e Certamente questo scritto non presenta né grande copia d'erudizione, né vastità d'indagini, ma non se gli puó negare il merito di un'esposi- zione che procede ordinata, con ischietta semplicità; vi traspira un abito di buon senso che concilia all'autore l'attenzione non meno che la bene- volenza dei lettori. ; Di gran lunga inferiore di merito è la Memoria n.° 6. L'autore ia | viti perdette di vista i punti più essenziali e importanti che il quesito richie- deva venissero chiariti per divagare in discussioni storiche ad essi estranee senza recarvi alcuna luce o novità di osservazioni, cadendo anzi in errori poco scusabili. Così nei contratti di vendita condizionata , mediante il correspettivo di una pensione annua che attribuisce, non si saprebbe con quale fondamento, ai primi cristiani, ravvisa l'origine dell’enfiteusi. Toccando dell’origine dei feudi mostra di avere cognizioni assai scarse e imperfette sopra questa instituzione che domina nell’età di mezzo. Non seppe determinare la differenza tra il feudo e l'enfiteusi e Pinfluenza che il contratto feudale e l'enfiteotico esercitarono reciprocamente l'uno sul- Paltro. L’autore non dà prova di giusto criterio nell’apprezzamento dei fatti storici, e non tiene conto del processo cronologico. Si diffonde a trattare delle norme giuridiche dell'enfiteusi romana, delle modificazioni che ad esse mano mano si vennero introducendo, delle massime della giurisprudenza, segnatamente del Piemonte , intorno all'enfiteusi. Ma della influenza. di essa sull'agricoltura e sulla libertà personale degli agricoltori non fa che incidentemente qualche cenno di poca o nessuna importanza. Non ha ben determinato la natura e il carattere dei varii contratü agri- coli praticati nell'età di mezzo che hanno qualche analogia coll'enfiteusi , né dimostrato quali ne siano stati gli effetti sull'agricoltura e sulla h- bertà personale dei coltivatori. Non si è preso pensiero di consultare i monumenti storici del medio evo, come il quesito accademico gl'indicava , per dedurre da un accurato esame di questi e dei fatti in essi registrati quali effetti abbia prodotto l'enfiteusi sull'industria agricola, e se e come abbia contribuito a migliorare la condizione personale dei coltivatori. Merita certamente attenzione il parallelo e la critica che fa l'autore dei sistemi che vennero adottati per determinare il correspettivo dello svincolo dei fondi sottoposti ad enfiteusi. Questa parte della dissertazione palesa molta perizia nella scienza del calcolo, ma nulla conferisce alla soluzione del quesito accademico. L'autore non ha dimenticato di proporre le modificazioni, colle quali il contratto enfiteotico potrebbe ancora riescire utile in alcune regioni d'Italia, e giovare alla coltivazione dei beni demaniali della Chiesa e delle opere pie. Le condizioni della nuova enfiteusi sarebbero le seguenti: durata lunga ma determinata, obbligo per parte dell'enfiteuta di migliorare il fondo sotto pena della caducità e della perdita dei miglioramenti, di pagare oltre ai tributi un canone non superiore alla metà del reddito da deter- minarsi sulla media di un decennio, ricognizione ad ogni quindennio dello stato del fondo per accertarne il deterioramento o il miglioramento, facoltà nell’enfiteuta di affrancare il fondo a prezzo di perizia. Il diret- tario avrebbe diritto, oltre al canone invariabile, alla compartecipazione dei miglioramenti ‘a titolo di laudemio in ragione non maggiore del 5 9), da stabilirsi ad ogni quindennio, al riacquisto del fondo nel caso di deterioramento, alla consolidazione dell’utile col dominio diretto, ter- minata la durata dell’enfiteusi, mediante compenso a prezzo di stima del dominio utile e con una mora al pagamento eguale a quella che avrebbe avuto l’enfiteuta nel caso di affrancamento. Un privilegio sul fondo guarentirebbe le ragioni del direttario. Questa riforma del contratto enfiteotico non è affatto priva di merito, sebbene la ricognizione ad ogni quindennio per accertare lo stato del fondo e determinare il laudemio, possa essere causa di dissidii tra il di- rettario e Putilista. Inoltre il condominio che si conserva al direttario sul fondo enfiteotico rende inutile il privilegio che si vuol concedere su di esso. Qualunque sia però il merito della preaccennata riforma, i difetti sopranotati in questo lavoro sono troppo gravi perchè se gli possa aggiu- dicare il premio. Arrogesi che deesi anche qui lamentare una somma trascuratezza di stile e di lingua. Bastino per saggio le seguenti frasi: il contratto enfiteotico abbia incontrato molte avarie! ...Vente da enfi- teuticarsi!... Con animo più volenteroso vengo ora a parlarvi delle altre due Me- morie, le quali, se lasciano ancora luogo all'ingrato ufficio della critica, meritano però speciale encomio pei pregi di cui abbondano. Incomincierò dalla Memoria n.° 2. L’autore si qualifica per un giovane che attende tuttora ai corsi uni- versitarii, e se non lo avesse dichiarato egli stesso ne darebbe indizio la forma del suo lavoro, quell’esuberanza d'idee e di parole propria di questa età. Ma è lavoro di un giovane d’acuto ingegno e di forti studi che porge i più lieti presagi sul suo avvenire. L'autore ordinando e ampliando le ricerche che aveva già tolto a fare sulla storia dell'enfiteusi, per rispondere al quesito accademico ci dà la partizione e lo schema del suo lavoro, il quale abbraccierebbe il soggetto in tutti i suoi aspetti e nelle sue attinenze più lontane. Egli si propose Serre II. Tow. XXI. Le di dividere l’opera in cinque libri, ragionando nel i." dell'età romana, nel 2.° della barbarica, nel 3.” dell’età feudale, nel 4.° della decadenza del feudalismo, delle riforme dei Comuni e dei Principi, nel 5.° del- Penfiteusi nell’età presente e del suo avvenire. Non avendo potuto condurre a termine il lavoro in risposta al quesito accademico (come sarebbe stato possibile il farlo in breve tempo e con sì vaste proporzioni ?), ne ha presentato due parti, e sono il capo ultimo del libro V, che tratta dell'enfiteusi sotto l'aspetto economico, e risponde all'ultimo punto del quesito, cioè intorno all’utilità che nelle attuali con- dizioni d’Italia si può trarre dall’enfiteusi; l’altra parte tratta la questione sotto l'aspetto storico-giuridico, che però è incompiuta, e comprende il solo capo I del libro I, e i primi cinque capi del libro TI. Sono da lodare in questa Memoria L'abbondanza e la scelta delle ricerche; L'acume di alcuni giudizi; La schietta e franca moderazione delle opinioni. Sono da desiderare un miglior ordine e maggiore sicurezza di espo- sizione, che, attenendosi alle idee principali da cui doveva dipendere lo scioglimento del quesito, non iscorresse vagamente qua e là in cerca di esempi, di analogie, di etimologie e di similitudini, un procedimento più sintetico; una lingua più pura, sgombra di forme talvolta troppo ricercate e volgari, uno stile più conciso e più uniforme. L'autore ha fatto troppo sotto un aspetto, troppo poco sotto un altro. Si è messo ad allargare la circonferenza del tema che doveva svolgere, e non si è fissato abbastanza sul punto centrale. Il lavoro è sovrabbondante nelle indagini accessorie e secondarie , incompleto in quelle che s'attengono al soggetto principale ed essenziale. Converrebbe dar tempo all'autore, affinché con più seria meditazione molto togliesse dalle prime, molto aggiungesse alle seconde, e traendo maggior profitto dalla copia dei materiali preparati, piü chiaramente esprimesse 1 suol concetu. Premesse queste considerazioni generali, vengo a più particolareggiate riflessioni. Il capo che, secondo la traccia segnata dal quesito accademico, avrebbe dovuto essere l’ultimo, e in questa Memoria si presenta il primo per le ragioni dall'autore accennate, tratta dell’utilità che ai giorni nostri si potrebbe trarre in Italia dalle instituzioni enfiteotiche; e l'autore mostra XI in questa, come nelle altre parti del suo scritto, ingegno svegliato, dot- trina molteplice, pensieri giusti in fatto di legislazione, intenzioni bene- fiche in punto di morale sociale. ; Considerando le attuali condizioni economiche, specialmente in Italia, e lo stato dell’agricoltura e dei terreni in molte delle sue provincie, propone di sostituire all'enfiteusi un nuovo contratto ch’egli designa con frase assai appropriata locazione bonificatrice. La sua durata non dovrebbe eccedere i cento anni; sarebbe un contratto intermedio tra l’enfiteusi e la locazione che tende a riunire i vantaggi dell’una e dell’altra, ed evi- tare, per quanto è possibile, avuto riguardo alla natura dei fondi, ai quali dovrebbe applicarsi, gl'inconvenienti di entrambe, a conciliare gli interessi dei proprietarii con quelli dei coltivatori, ad attivare l'appli- cazione del lavoro e dei capitali all'agricoltura. Attribuisce al locatario un diritto reale, una quasi proprietà che può facilmente trasformarsi in proprietà piena ed assoluta di una metà almeno del fondo; ha per iscopo di andar accrescendo il numero dei proprietarii. La vostra Giunta reputa per molti rispetti degna di lode questa prima parte. La critica che fa l’autore di alcune opinioni è giusta e vivace, e lo sarebbe di più se fosse meno diffusa. Forse l’autore non ha esa- minato ‘tutti i lati della grande questione dei vantaggi e dei danni della grande e della piccola proprietà, di cui ha visto la connessione col soggetto che: trattava. Forse avrebbe potuto toccare opportunamente del sistema dell'associazione dei capitali per la grande coltura, e della com- patibilità di questa colla divisione delle proprietà. : Sarebbe desiderabile che avesse più ampiamente sviluppato il tema da lui felicemente accennato, l'applicazione della /ocazione bonificatrice ala soluzione del problema del proletariato. Anche con questi difetti perd il lavoro dà prova di molta intelligenza e dottrina, e fa testimonianza di un senso pratico tanto più pregievole oggidi, quanto meno è frequente nei giovani che coltivano in Italia le scienze sociali. Venendo l'autore alla parte storica del tema non si limitò ad esporre le cause del colonato e dell’enfiteusi romana; ma uscendo affatto dalla cerchia del quesito accademico, ci ha tracciato nel capo I del libro I il sistema delle imposte dei Romani dal tempo della repub- blica all'epoca imperiale; si diffuse a trattare del sistema finanziario del- l'impero, della misera condizione dei proprietarii, dell'enormità delle pubbliche gravezze, dei mezzi rovinosi ed insopportabili di riscossione. i | } XII Non si può negare all'autore il merito di accurate indagini, di aver attinto a buone fonti e raccolto sugli accennati punti notizie, se non peregrine, esatte; ma esse non conferiscono al pregio intrinseco del lavoro che l'Accademia desiderava. La stessa censura devesi fare ai cinque capi del libro III che l'autore ci ha dati. Invece di attenersi alla traccia segnatagli dal quesito acca- demico, ha preferito di divagare in ricerche sull'origine dei feudi della nobiltà specialmente presso i Germani, sugli elementi del feudalismo e sull'origine dell'immunità della giurisdizione feudale e della giustizia terri- toriale. Queste materie, sulle quali versano i capi I, Il e IV, sono pressochè interamente aliene dal soggetto, o vi hanno una relazione re- mota. Nel capo III, e principalmente nel V, l’autore s'accosta al tema proposto, sebbene anche qui le digressioni non manchino intorno alle instituzioni del medio evo, che non s'attengono strettamente alla questione; percid la trattazione riesce intralciata, confusa, sconnessa. L'autore con molta dottrina e singolare acume viene delineando la storia del contratto enfiteotico, ed accennando le modificazioni che la diversità dei tempi, delle circostanze della vita sociale, l'azione del feuda- lismo recano all’enfiteusi romana, designa i caratteri dell’enfiteusi tras- formata, e la raffronta colle prestarie, colle precarie, coi livelli e coi censi, colle locazioni perpetue. La reciproca influenza del feudo sull'enfi- ieusi e dell'enfiteusi sul feudo, quella del diritto romano che vi s'intreccia, lorigine del concetto di dominio diretto e utile che ne deriva, sono de- signate con molta sagacia. E opportunamente accennato come col successivo diminuire degli allodi andasse pure scemando il numero dei liberi per lo stesso nesso che corre tra la condizione della proprietá e quella delle persone. Tocca delle restrizioni alla libertà di disporre e alla libertà personale derivate dall’influenza che il feudalismo andò esercitando sui contratti aventi uno scopo economico, e il danno che ne venne all’agricoltura. Colla scorta di documenti relativi segnatamente ai beni ecclesiastici ha procurato di dedurre i vantaggi recati dall’ enfiteusi all’ agricoltura , massime in Italia, e qual fosse la condizione personale degli enfiteuti, dei livellarii, ecc. Ma, egli è da lamentare che l’autore non abbia saputo trarre maggior luce dai documenti del medio evo per illustrare questi due punti, a chiarire i quali era precipuamente rivolto il quesito accademico, che | xii sopra di essi l’autore siasi intrattenuto più con dei fatti staccati e con esempi, che con idee generali dedotie dal diligente esame dei fatti. Ma essendosi di soverchio allargato in discussioni ed indagini superflue, gli mancò il tempo per trattare convenientemente i punti designati dal que- sito, e dovette troncare il lavoro sul bel principio della parte sostanziale del medesimo. Per verità la vastità delle cognizioni di cui potrebbe ono- rarsi, non che un giovane, un uomo provetto nelle scienze storiche e sociali, comunque in parte intempestivamente adoperate, e le prove d’un ingegno robusto e perspicace che presenta questo scritto, disarmano la critica e sono scudo contro un giudizio che potrebbe sembrare troppo severo. Ad onta però dei pregi incontestabili della preaccennata Memoria, essa per. le ragioni summenzionate non avendo che incompiutamente risposto ai punti principali del quesito, la vostra Giunta non ha potuto proporvi che le fosse aggiudicato il premio. Mi rimane a parlare della Memoria n.° 3 designata coll’epigrafe: Zn tenui labor. Il suo autore ha compreso meglio degli altri concorrenti il quesito accademico, sebbene anch’egli non siasi sempre attenuto stretta mente al medesimo. Risalendo più in là di quelio che richiedesse il quesito, l’autore nei primi otto capi del suo scritto ha voluto fare alcune indagini sui rapporti tra uomo, diritto e società, sulla genesi del diritto di proprietà segna- tamente fondiaria, sulle sue fasi nello svolgimento naturale delle umane società, sulle perturbazioni che allo stato e ai modi della sua trasmissione all'esplicamento della proprietà reca la conquista. Il diritto di proprietà nei tempi rozzi, quando il diritto si manifesta sotto forme sensibili e materiali, non si dis ingue dal possesso; la persona del proprietario s'identifica in certa guisa coll'oggetto di sua proprietà, ed è l’applicazione dell’attività di quella su di questo, il segno visibile della proprietà. Col progredire della società, collo svolgersi delle idee, il diritto di proprietà, per così dire, si spiritualizza, e si comprende come si possa avere la proprietà di una cosa senza averla materialmente in poter proprio. Coll’esplicarsi dei rapporti sociali e dei germi di disugua- glianza posti dalla natura fra gli uomini, continua a sussistere il nesso tra la proprietà e il lavoro; ma sorge la classe degli agricoltori distinta da quella dei proprietari, fra i quali si ripartiscono i vantaggi della pro- prietà. Per tal modo l’autore viene a spiegar l'origine del contratto di locazione e conduzione e dei contratti agricoli ad esso affini, e della formazione delle preaccennate due classi. xiv Questo procedimento del diritto di proprietà fondiaria volle l'autore brevemente descrivere. Le sue idee sono giuste, sebbene nulla affatto nuove. Ma non ci sembra che ragioni con esattezza quando ravvisa il titolo originario del possesso e della proprietà nell'essenza stessa della società (cap. II), e il fondamento della proprietà nella conservazione della medesima (cap. V). La società riconosce, tutela, esplica il diritto di pro- prietà, ma non fornisce il titolo che la crei o la ragione che la legittimi. Non è parimenti esatto il dire che il diritto consuetudinario sia base del diritto positivo, quasi che il primo non sia una forma di questo. L'autore confonde evidentemente il diritto positivo col diritto scritto. Eoli dà indizio di non aver nozioni nè molto giuste, né profonde sul diritto filosofico, e pare che propenda alle idee della scuola storica. Le perturbazioni che reca la conquista nelle condizioni e nello svol- gimento della proprietà, i funesti effetti economici della medesima sono designati con molta esattezza; perturbazioni ed effetti che si avverarono nelle conquiste di cui la storia ci fa testimonianza, e in particolare in quelle dei barbari che si stabilirono nelle provincie del rovesciato impero occidentale. Queste considerazioni generali si collegano col soggetto in quanto che servono a render ragione dello stato della proprietà territoriale, che prima nell'ultimo stadio dell'impero romano, poi nel medio evo, rendette l'enfi- teusi una istituzione necessariamente richiesta dalle condizioni politiche ed economiche delle due epoche, le quali per le differenze essenziali che le distinguono, le impressero un carattere diverso. L'autore ha con accuratezza e con giusto criterio esposte le cause che diedero origine all'enfiteusi romana, e dimostrato come essa si fosse venuta. gradualmente sviluppando da contratti che pei loro caratteri speciali le avevano preparato la via, ed aveva già preso una forma sua propria prima che Zenone e Giustiniano la riconoscessero solennemente e dessero autorità legale alle norme che praticamente già governavano il nuovo contratto. Sono esattamente designati i caratteri dell’enfiteusi romana, ne sono pure almeno indicati i buoni effetti sulla condizione delle persone, in quanto che l'enfiteusi giovò a mantenere e rilevare la classe dei coltiva- tori liberi, coi quali soltanto era legalmente possibile di stipularla, sull’agri- coltura, perchè per essa vennero messi o ridonati alla coltivazione terreni isteriliti, o venne accresciuta la fecondità dei terreni coltivati. I cenni sullo stabilimento dei barbari in Italia, sull'introduzione dei XV feudi, sullo sviluppo e sull'influenza del cristianesimo e della feudalità, sul decadimento di questa e sulla giustizia feudale, che occupano i capi XIII, XIV, XV e XVI, oltrechè nulla contengono di nuovo, sono estranei al soggetto, se si eccettua ciò che concerne la costituzione della proprietà. Nei capi successivi sino al XXII entra a trattare il punto principale del quesito. La classificazione e l'esame della natura e del carattere dei prin- cipali contratti agricoli, della colonia parziaria, del censo, dell'affitto perpetuo, del contratto libellario, dell’enfiteusi, rivela molta acutezza di mente. È notata l'efficacia di questi contratti sulla libertà delle persone e sul miglioramento dell’agricoltura. Ma la malefica influenza del sistema feudale co'suoi vincoli personali, coll’inceppamento delle proprietà pose ostacoli ai buoni effetti di tali contratti, e ne impedì il regolare svolgi- mento. Il parallelo fra il feudo e l'enfiteusi, quello come instituto originaria- mente ed essenzialmente politico, questa instituzione eminentemente eco- nomica, fra gli effetti dannosi del primo e gli effetti utili della seconda nell'ordine economico e nelPordine civile, è fatto con precisione e con molta aggiustatezza di criterio. Osserva assai opportunamente come l'enfi- teusi in continuo antagonismo col feudo ne viene riparando o altenuando i danni nell'ordine civile e nell'ordine economico, col favorire la libertà delle persone e col preparare la libertà delle proprietà, cioè lo stato nor- male di esse. L'influenza del feudalismo che da instituzione politica di- venuta instituzione civile invade tutti gli ordini sociali, e imprime loro i proprii caratteri, éd altera e modifica i contratti agricoli, è descritta con grande diligenza. L'autore è venuto additando con una sagacità degna di particolare encomio la trasformazione a cui, nell'elaborazione degli elementi feudali, soggiacque Penfiteusi romana, e con singolare accura- tezza ha notato le differenze tra l'enfiteusi sorta sulle rovine del feuda- lismo e l'enfiteusi romana. Cionondimeno questa parte del tema non sembra trattata in modo affatto compiuto. Per lo meno l'autore non l'ha svilup- pata con quell'ampiezza che sarebbe stato desiderabile. Egli pare che lautore non abbia fatto sui documenti del medio evo quello studio che il quesito esigeva per trarre da un diligente esame dei fatti quelle indu- zioni che sarebbero state acconcie a far meglio conoscere V influenza dell'enfiteusi e dei contratti ad essa affini sull'agricoltura e sullo stato delle persone. Quest'influenza fu desunta unicamente dalla natura e dal carattere dell’enfiteusi e degli altri contratti agricoli che le sono affini. l: [ tres XVI Nessuno degli aspiranti al premio ebbe cura di porre in luce il fatto importante che onora il senno del pari e l'umanità de'nostri maggiori, la sollecitudine cioè dei Comuni italiani di sciogliere i nodi servili dei con- tadini, mutandoli in patti enfiteotici. Le osservazioni che l’autore ha fatto sugli effetti della rivoluzione francese dell’89 nell'ordine politico e civile (cap. XXII), oltrechè non si attengono per la massima parte al soggetto della discussione, sono alquanto confuse, vaghe ed incerte, e non presentano un apprezzamento abbastanza giusto ed esatto di quel grande avvenimento e delle sue con- seguenze. Più opportune sono le eonsiderazioni che seguono sullo stato della pro- prietà prima della rivoluzione francese e sull’estesa applicazione dell’enfiteusi e dei contratti affini nel secolo passato , sebbene si riscontri la ripetizione di alcune idee sullo scopo a cui tendevano questi contratti, di trasformare l’ordinamento feudale, e di promuovere progressivamente l'affrancamento delle proprietà (cap. XXIII). L'autore si lasciò ancora più trarre fuori della cerchia segnata dal tema entrando a parlare in genere della codificazione napoleonica per notarne i benefici effetti nell’ordine civile in contrasto colle anomalie nell’ordine politico, e a delineare il movimento legislativo e lo, stato della legisla- zione civile nei paesi che sentirono più o meno l’influenza dei principii della rivoluzione francese e del ‘codice napoleonico, e in quelli che vi rimasero estranei, come l'Inghilterra, la Russia, la Turchia. Questo epilogo poi delle vicende e dello stato delle moderne legisla- zioni europee, oltre all’essere assai superficiale, è anche incompleto, poichè si omise di toccare della legislazione negli Stati austriaci fuori d'Italia e della Penisola Iberica. L’autore avrebbe meglio soddisfatto al suo assunto , se invece di gene- riche indicazioni sulle preaccennate legislazioni avesse fatto qualche studio comparativo sulle loro disposizioni intorno all’enfiteusi e ai contratti affini. Lasciamo da parte un’altra digressione sulla libertà e sull'eguaglianza nell’ordine civile mantenutasi dopo la ristaurazione del 1814 e sulla prosperità materiale che ne conseguito; alla quale contrappone l'assenza d'ogni libertà politica e le triste conseguenze morali ed economiche dell’assolutismo, In questa digressione però l'autore mostra di compren- dere il nesso tra la libertà civile e la politica, in quanto che questa vuol essere considerata come mezzo per mantenere e sviluppare quella. xvi Veniamo ad esaminare come abbia risoluto la seconda parte del que- sito (cap. XXII-XXX). L’autore venne con accuratezza additando le circostanze e le cause che chiariscono l’utilità e l'opportunità del mantenimento dell'enfiteusi in Italia. La riclama la condizione delle proprietà fondiarie in molte provincie; basti l'accennare le maremme venete, toscane, romane, le estensioni di terre ancora incolte o mal coltivate della Sardegna e delle provincie meridionali , i possedimenti ecclesiastici, demaniali, comunali, delle opere pie; che non danno frutto proporzionato alla loro potenza produttiva anche nei paesi di avanzata coltura. Per altra parte i contratti di vendita o di affitto perpetuo o a lungo termine sarebbero insufficienti per poter trarre dai preaccennati fondi tutti i proventi di cui sono capaci; Valie- nazione della grande massa di beni dei corpi morali e lo svincolo delle enfiteusi tuttora sussistenti nel centro e nelle provincie meridionali. d’Italia riuscirebbero dannosi, oltrechè mancherebbero i capitali disponibili in proporzione del valore di tutti questi beni. Arrogesi che nelle provincie nelle quali la condizione delle proprietà e lo stato dell’agricoltura richieg- gono il mantenimento dell'enfiteusi, essa gioverebbe altresì a rilevare la condizione dei contadini e ad allettarli al lavoro agricolo, estendendo anche ad essi i beneficii della proprietà fondiaria. Il perchè le presenti condi- zioni sociali ed economiche essendo tali, che l’enfiteusi può ancora ser- vire al suo proprio scopo di migliorare l’agricoltura e di rialzare la condizione delle persone, stima l’autore che essa debba essere conservata come mezzo temporario che prepari il passäggio al sistema di proprietà piena ed assoluta, non inceppata da alcun vincolo, Affinchè però l’enfiteusi corrisponda alle attuali condizioni dell'Italia, crede ch'essa debba riprendere il carattere primitivo che le aveva impresso la legislazione romana, la perpetuità, conservare la ‘divisione del dominio che vi recò il sistema feudale, ed ammettere la facoltà dell’affrancamento, portato dall'età mo- derna, che tempera il vincolo della perpetuità e tende a ristabilire la proprietà nel suo stato normale. Nel determinare però le condizioni dell'affrancamento , ammesso l'obbligo del pagamento della metà del laudemio calcolato sul valore venale del fondo, censura la norma fissata dalla legge piemontese del 13 luglio 1847 per la capitalizzazione del canone alla misura dell’interesse ordinario del danaro, e quella della legge toscana che la fissa al 3 per °] j ma mon propone alcuna norma precisa. Tolto questo difetto, la seconda parte del quesito colla quale volle l'Accademia Serre IL Tom. XXI. e | XVI ch'esso fosse eccitamento a studi, i quali oltre all’illustrare maggiormente dei punti importanti di storia patria e di pubblica economia, riuscissero ad uno scopo assai importante di pratica applicazione nelle presenti con- dizioni dell’Italia, parve ai vostri commissarii trattata dall’autore più compiutamente che non la prima. La più notevole differenza fra il sistema proposto dall'autore della Me- moria n.° 2, e quello proposto dall'autore della Memoria n.° 3 per la soluzione della parte pratica del quesito, sta in ciò, che il secondo mantiene l'enfiteusi co'suoi caratteri essenziali e segnatamente quello della perpetuità, salva la facoltà dell’affrancamento; il primo all’enfiteusi sostituisce la locazione bonificatrice di durata non maggiore di cento anni con alcuni dei caratteri dell’enfiteusi. Quello sarebbe di più pronta e di più facile applicazione, perchè meno si scosta dalle legislazioni che in materia d’enfiteusi sono in vigore nella maggior parte delle provincie italiane; ma porterebbe ad un tempo assai remoto lo svincolo totale della proprietà: questo, mentre recherebbe un’innovazione più ardita, avrebbe il vantaggio di accelerare la cessazione dei vincoli enfiteotici. Lione della prima delle suaccennate Memorie poi non avrebbe omesso di proporre le norme che dovrebbero regolare il nuovo contratto, laddove l’autore della seconda, come fu già notato, si tenne troppo sui generali sopra questo particolare. Volendo recare un giudizio complessivo sul merito della Memoria n.° 3, la vostra Giunta ha riconosciuto che l'autore ha sviluppato i varii punti del quesito talora con molta aggiustatezza, talora alquanto confusamente e cadendo in qualche ripetizione. Vi sono qua e là considerazioni erronee, qualche giudizio non molto ponderato e troppo severo, come là dove parla di Napoleone I e dell'indole dei codici moderni. Le viste politiche si pre- sentano varie ed incerte, sebbene dal complesso del lavoro lo scrittore si palesi caldo propugnatore dei principii di libertà. Le idee principali e dominanti non sono un portato della mente dell'autore , ma attinte da altri e da lui sviluppate. La sua erudizione storica non sembra molto estesa, e per questo rispetto è inferiore all'autore della Memoria n.° 2. Egli invece ha il merito di una sintesi più vigorosa. Questo scritto poi, se non è notevole per eleganza di stile, è commendevole per una sem- plicità e chiarezza appropriata all’indole del soggetto. Certamente la Memoria n.° 3 è quella che a giudizio della vostra x Giunta si è avvicinata più di tutte le altre ad una soddisfacente soluzione del quesito accademico. Siccome perd la riconobbe incompleta nella parte storica, ch'era la principale, per difetto di notizie attinte ai fonti nel programma stesso indicati, non credette essere il caso di aggiudicarle il premio e pensò fosse miglior consiglio prorogare il concorso. Un'altra considerazione si affacciò alla mente dei vostri commissarii e influì sulla loro determinazione, ed è, che sì l’autore della Memoria n.° 2, come quello della Memoria n.° 3, hanno dato prova di tale ingegno e dottrina da potersi aspettare da essi, se nessun altro più valente si pre- sentasse al concorso, un lavoro di un merito per ogni rispetto distinio sul proposto tema, sol che vogliano porvi di nuovo mano per correggere le mende notate, supplire a ció che possa esserci di mancante o d’in- compiuto. Perciò la vostra Giunta sarebbe d’avviso che si riaprisse il concorso col medesimo programma, aumentando della metà il valore del premio già stabilito, e fissando il termine perentorio per la presentazione delle Memorie a tutto ottobre 1864. Il giudizio sulle medesime dovrebbe essere pronunciato nei primi mesi del 1865. Sottoscritti all originale : Federigo ScLoPis; Luigi Crsnanto; P. L. Axsini, Relatore. MAU i | LE ANTICHITÀ DI AOSTA CARLO PROMIS i Approvata nelle adunanze del 27 maggio 1858 e 20 marzo 1862 CAPO I. Esposizione delle ricerche sinora fatte circa la storia ed i monumenti dell’antica Aosta. Se in Italia, in Ispagna, nella Francia meridionale vi sono città che a ragione vantano monumenti di Romana architettura o migliori o meglio conservati che non quelli d'Aosta, nessuna perd la supera nel numero di essi ragguagliatamente alla sua ampiezza: imperciocchè in essa trovansi mura e torri con una magnifica porta e coi residui di chiaviche segnanti il corso delle principali vie urbane : vi è un arco onorario , i ruderi di teatro ed anfiteatro, un ingente magazzino militare cogli avanzi di due templi, parecchi frammenti sparsi e copiose iscrizioni ; nella valle poi si vedono numerose reliquie della Romana strada, che già la percorse longitudinalmente. Pregio singolare dei monumenti urbani d'Aosta si è pure il sapersi che tutti, quali ci rimangono , furono edificati o per cura di Ottaviano Augusto , il quale alla città diede origine e nome, od almeno, e sempre, a’ tempi suoi e circa gli ultimi anni che precedettero l'éra volgare. Qui la città sorse di getto: quindi la partizione stradale e la distribuzione e fabbricazione degli edifici non a caso furon fatte, ma ensatamente: qui i monumenti eretti tutti nella più splendida luce dell’arte P Romana, se non sempre eleganti, sono pur sempre improntati di quella Serie IL Tow. XXI. I xd. $ 2 LE ANTICHITÀ DI AOSTA forza e grandezza che le Romane fabbriche singolarmente distingue. Ora poi che la critica architettonica si fe’ così salda, grazie alle indagini com- parate delle età diverse ed alla retta esplicazione degli scrittori antichi, avvenne che parecchi desiderati archeologici, vanamente tentati dai padri nostri, si conversero quasi in assiomi; nè a chi attese con lena eguale all'architettura ed all’erudizione può cader dubbio sull'età approssimativa di un qualunque residuo di antica fabbrica, ogniqualvolta gli sia dato di poterne distinguere la struttura. Codesti canoni critici rettamente ap- plicati determinano l'epoca delle antiche costruzioni entro limiti persino di pochi lustri; da questi canoni sorretto indagai le antiche strutture di Aosta e della sua valle e nulla in esse trovai che non accusasse paten- temente l'età di Augusto per quelle della città , l'età della repubblica per quelle che muniscono la strada lungo la valle. Per la quale dird che in nessun paese se ne conserva, grazie alla natura, cosi evidente il tracciamento : grazie alla sorte tanti avanzi di ponti, di sostruzioni , di tagli aperti nella viva roccia, cosicché appena comparabili sono le Romane vie Salaria e Valeria. L’opera del Pondel è unica nella sua specie. Ora dirò del modo, col quale fu atteso sinora a far noti questi mo- numenti, ad effigiarli, ad illustrarli; vedrassi come, colpa de’ tempi, alcuni tra essi siano tuttora sconosciuti , perchè a riconoscerli vi si vo- ‘gliono lunghe indagini avvalorate da speciali studi: come siano stati malamente rappresentati, perchè al metodo geometrico, solo opportuno, fu anteposto quello prospettico, e perchè gli antichi edifici bene si di- segnano solo da chi ne abbia acquistata peculiare perizia, € chi non l'ha, troppo spesso travede, o vede male, o non vede nulla: come fallaci ne siano le poche illustrazioni; mancata essendo la comparazione dei monumenti analoghi, mancata non solo la critica architettonica, ma la scienza e l’arte stessa. Al risorgere degli studi nel decimoquinto secolo, primo indagatore delle antiche cose di val d'Aosta fu, a quanto dicesi, Dalmazzo Berar- denco nato in Valoria presso Cuneo l’anno 1414. Questi emulando le dotte fatiche del suo coevo Ciriaco d’Ancona, fu nella valle a mezzo quel secolo e ne rilevò parecchie iscrizioni , riportandole in quel suo ma- noscritto codice epigrafico subalpino, il quale posseduto, a quanto narrasi, ancora sullo scorcio dell’ultimo secolo dal Meiranesio (1), e mai da (1) Fita del Berardenco. Giornale de’ letterati d'Italia, vol. XXI, pag. 126. PER C. PROMIS 3 nessuno fatto conoscere, si vuole che sia poi andato perduto. Circa l’anno secolare millecinquecento io penso che alcuni, almeno, fra i mo- numenti Augustani siano stati disegnati da uno fra i più valenti architetti Fiorentini di quella. età, ed a prova della mia credenza adduco le se- guenti ragioni. È noto come sul cadere del decimoquinto secolo il Car- dinale della Rovere, che fu poi Papa Giulio IL, abbia fatto innalzare in Savona sua patria il sontuoso palazzo tuttora esistente, dandone carico al grande architetto Giuliano Giamberti da Sangallo; narra il Vasari come Giuliano seguito avesse il Cardinale da Savona ad Avignone, quindi a Lione, la qual cosa fu nel 1494 (1), di dove si restituì a Savona. Che in questo ritorno ei tragittasse per Torino lo prova il disegno di cui parlerò più sotto, e che probabilissimamente abbia valicato il piccolo S. Bernardo, e che per scendere in Piemonte sia perciò passato per Aosta, me lo fa credere sì la notizia che di quelle antichità ebbero i suoi discendenti, i quali giammai non vi furono, sì il fatto dell'essere allora la strada del piccolo S. Bernardo assai men faticosa e più battuta che non quella del Cenisio. Confermano quest'asserzione i disegni che ci rimangono del Sangallo, riuniti in due codici ambo membranacei , de’ quali uno, assai piccolo, fu da me esaminato nella biblioteca di Siena: l’altro (che è un magnifico in-foglio) lo percorsi in Roma nella Barbe- riniana. Nel codice senese vedonsi i frutti del viaggio fatto da Giuliano ad Avignone per Nizza nei disegni di un edificio dell'antica Cimella ora compiutamente scomparso ; nel codice Barberiniano vi sono le prove del suo passaggio per Torino nel disegno della nostra bella porta Palatina. Quei due codici però, appunto perchè membranacei (cioè fatti per esser offerti a qualche grande) non possono contenere i disegni originali di Giuliano, od almeno non li contengono tutti quanti riprodotti per intiero ; nessuno ve n'ha di Aosta, ma che i Sangallo ne conoscessero i monu- menti lo ricavo da quest'altro fatto. Allorquando nel 1546 Paolo III volle fortificare il borgo di Roma, affidò ad Antonio Pieconi da Sangallo l'opera del portone di S. Spirito, la quale poi giacque interrotta a metà. In quanto rimane spicca sopratutto il basamento, le cui sagome, singolaris- sime ed affatto diverse da quelle di qualunque altro stilobate , si adornano (1) Guicciardini. I 3. — Special motivo per anteporre quello ad altri tragitti può anche essere stato nel Cardinale la credenza nella quale lo avevan messo i genealogisti, che gli antenati suoi appunto da Aosta fossero scesi ad essere potenti in Torino, di dove recaronsi poscia in Liguria (Ciacconius. IIL, 216). |] f ds à 4 LE ANTICHITÀ DI AOSTA ancora sotto le basi attiche di una perpetua ipobase ricorrente in nuovo modo sotto le alette. Chi vuol notizia del basamento di S. Spirito la cerchi nella bella raccolta del Létarouilly (1), ma chi brama conoscere il tipo insolito che Antonio si propose non solo ad imitare, ma a ri- produrre, lo troverà esattamente nello stilobate dell’arco onorario d’Aosta (2). Ora, Antonio non essendo mai stato nell'Italia superiore, è da credere che conosciuto abbia questi nostri monumenti dai disegni del suo maestro ed agnato Giuliano da Sangallo, il quale solo di tutta la sua gente ebbe agio a misurarli. Nei primi anni del secolo decimosesto qualche indagine circa queste antichità fu pur fatta da un Gianmaria Savino da Ivrea governatore di Bard e segretario ducale; quelle notizie, avvegnachè di lieve importanza, furono dal Savino comunicate a Domenico Maccaneo lettore di umane lettere nello studio di Torino, il quale le inserì nella sua Chorographia brevis pro historiae Sabaudianae diluciditate ; l inedito monoscritto si conserva nei Regi Archivi di Stato. Negli stessi archivi trovasi eziandio un grosso volume manoscritto d'iscrizioni da Filiberto Pingone ancor giovinetto, copiate in un suo viaggio d'Italia fatto nel 1550; restituendosi nella nativa Savoia, risaliva egli la valle d’Aosta, ove notava qualche antica epigrafe e segnava in informi abbozzi prospettici il taglio di Donnaz, Parco onorario , il Pondel. Nè senza maraviglia vedeva siffatte reliquie egli reduce da Roma: tro- vasi infatti ne’ suoi appunti come in Donnaz innumera antiquitatis vestigia extant, e più sotto: tum quo magis Augustam Civitatem. attingis co cla- riora occurrunt monumenta veterum, arcus maxime in urbis ingressu satis integer ac miro erectus artificio : alii item arcus partim dimidiati partim domibus absconditi et inculti. Sunt et palatii cuiusdam et thea- trorum vestigia, epitaphia autem. aliquot (3). Forse i tanti antichi avanzi gl'inspirarono la brama di scrivere la storia della città, come impariamo dal suo figlio Carlo Emanuele nella dedica dell Augusta Taurinorum al giovane Principe di Piemonte nell'anno 1577 (4). Circa gli anni stessi (1) Édifices de Rome moderne (1840), pl. 45, 46. (2) Vedi sotto tavole XII, XIII. (3) Seguendo le volgari denominazioni il Pingone con quegli archi accenna al teatro: chiama palazzo la porta pretoria , teatro l’anfiteatro. (4) Dice del padre suo che institutum meum probabit, cum a te probari sentiet, quod unam omnium maxime expetit et ad alia edenda opera, quae iamdudum parturit invitabitur Astam, Vercellas, Niciam, Augustam. Praetoriam et suum natale Camberium meditatur. PER C, PROMIS 5 è probabile che veduto abbia le antichità d’Aosta il fiorentino architetto e scrittore Gherardo Spini, come quello che ne'suoi codici manoscritti dice di aver attentamente considerato gli avanzi de’ buoni tempi di Roma, nella Toscana, in Piemonte, nel Delfinato ; però il Morelli (1) che ci fornisce questa notizia non ne parla più a disteso. Nell'anno 1609 il compilatore di un catalogo de’ vescovi d'Aosta gittava qualche motto sulle antichità della valle (2). Nel 1620, a detta dell’istorico De Tillet, veniva levata la pianta della città d’ordine del Duca Carlo Emanuele T, ma con intento finanziario anzichè archeologico (3). Circa dieci anni dopo un Gian Claudio Mochet notaio d'Aosta compilava un'in- digesta raccolta di lapidi e cose patrie sotto il titolo di Profil historiat et diagraphique de la très antique cité d' Aouste basty sur les restes de la naturelle prospective de ses ruines, inscriptions, medailles, autheurs vieux et modernes, manuscrits et mémoires quelle posséde; del qual libro esistono parecchi esemplari ed uno singolarmente , forse autografo ma certamente contemporaneo, sta nei Regii Archivi; nei quali si trova pure una relazione sui passaggi e sulle particolarità di quel ducato scritta dal Marchese di Romagnano che n’era governatore, inviata nel 1617 al 3 Duca Carlo Emanuele I, però senza cenno di antichità. A que’ tempi comparve pure un altro libro, rimasto felicemente inedito anch'esso, scritto in cattivo latino ed intitolato Totius vallis Augustae compendiaria de- scriptio: da certe parole del De Tillet io ne credo autore il P. Daniele Monterin francescano : l'originale è in Torino negli archivi, e le copie ne sono assai numerose ; ne vidi anche una traduzione francese del P. Gé- nand. Circa gli stessi anni trovo che su quella valle fu distesa dal P. Rolando Viot una Histoire ou Chronologie du duché d'Aouste, il cui originale si conserva pure in questi archivi in uno colle carte che furono di Pietro Gioffredo. Samuele Guichenon ne pubblicava nel 1660 parecchie iscrizioni dalle proprie schede (4), mentre altre già erano passate presso i collettori di tesori epigrafici, sempre con infinite scorrezioni. Nella grande opera del (1) Codd. mss. ital. della Bibl. Nani. N.° VII. (2) Catalogus Praesulum etc. MS. del Cav. Can. Gal. (3) H capitano Carlo Morello scrive ne’ suoi Avertimenti sopra le fortezze di S. A. R. (Ms. della bibl. del Re in Torino, f.? massimo) che: « L'anno 1622 mi fu ordinato dal Ser.”° Duca Carlo » Emanuel di leuare la pianta di questo paese con tulle le altre valli che discendono in esso etc. ». (4) Hist. de la Maison de Savoie. T. 45, 48. -— 4 f 1 6 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Theatrum Pedemontanum stampata in Olanda nel 1682 con illustra- zioni di Pietro Gioffredo, venivano primamente rappresentati su tavole incise alcuni monumenti Augustani, ne’ quali (oltre una veduta della città presa dalle alture di Charvensod) vi sono figurati l'arco onorario e la porta pretoria: stampe, a vero dire, inesattissime, essendovi efligiate ed anche descritte non poche parti che allora più non verano, con altre che non vi furon mai. Negli anni 1691-92 Filiberto Amedeo Arnod giu- dice del baliato d’Aosta descriveva i passaggi e le montagne del ducato, badando alla topografia anzichè alle antichità ; il suo manoscritto trovasi negli Archivi di Torino. Nel 1711, essendosi in città aperto uno scavo, vi si trovarono mu- raglie, volte, bassirilievi e sepolcri (probabilmente sarcofagi trasportativi dal Pomerio), ma non fu proseguito (1). Poco dopo cominciava i suoi lavori il De Tillet segretario del Consiglio de’ Commessi d'Aosta, uomo la- boriosissimo, autore di parecchi volumi in difesa dei diritti veri o pretesi de’ valligiani suoi, versato ne’ patrii documenti, ma inesperto di cose antiche: di queste egli trattò eziandio nella Histoire du Duché d'Aoste, volume fornito di cattivi esemplari epigrafici, di pessime rappresentanze monumentali, ma che peraltro offre raccolto quanto allora se ne sapesse; le copie non ne sono rare sì in Torino che in Aosta, ed io ne ebbi a mano parecchie. La risposta fattagli nel 1727 d’ordine regio dal conte di Robilant, la controrisposta del De Tillet, la dissertazione del Terraneo e quelia del De Levis sono tutte inedite, illustrano le cose de’ tempi bassi, tacciono delle antiche. Per egual ragione passerò sotto silenzio non poche relazioni sui passaggi della valle, le quali sono meramente militari, e così pure alcuni scritti di storia ecclesiastica; gli esemplari ne abbondano in Aosta ed in Torino ne’ Regi Archivi, nella biblioteca del Re, in quella che fu del Cav. Cesare Saluzzo, ed è ora del Duca di Genova. L'illustratore de’ marmi Torinesi, Ricolvi, ebbe in animo di mandare in luce anche le antichità di val d’Aosta, della qual cosa ho documento in un’asserzione del Maffei (2) ed in uno zibaldone del Ricolvi stesso, (1) Scipione Maffei. Rime e prose p. 214. (2) Ricolvius quatuor ab hinc annis nuntiavit mihi, Augustanam vallem antiquariis oculis perlustrasse, ac praeter inscriptiones , Romanae viae reliquias reperisse plures , veterisque urbis ichnographiam con- formasse. Museum Veronense (1749) p. 231. — = ia me — PER C. PROMIS T compilato a quanto vedesi circa l'anno 1745, ed ora nella biblioteca del Re in Torino; fra parecchie lapidi Piemontesi e parecchie Valdaostane leggesi la seguente nota: nella val d'Agosta, oltre le seguenti iscrizioni sono da osservarsi e farsi tirar in tanti rami li seguenti monumenti. La pianta d'essa città, secondo che fu dai Romani fabbricata, della quale se ne scoprono ancora le vestigia. Una parte che si vede ancora d'un Teatro ed alcune vestigia d'un arena. Parco di trionfo innanzi la porta. Le porte di essa città antiche. Una parte del prospetto delle mura antiche. It ponte di Bondel (sic). IL ponte di S. Martino. L'acquedotto di Gressan. Il taglio della rocca di Donnaz. Quel pensiero non sorti effetto, nè forse fu gran male, imperciocchè la nessuna critica architettonica. di que’ tempi non poteva fornire nè esatti disegni, nè sagaci illustrazioni. Noterò sol- 8 tanto, che le iscrizioni, tolte per intiero dai manoscritti del De Tillet, sono piene di errori: che parlando al plurale di porte, egli scambiò per antiche le porte aperte ne’secoli bassi: che a Gressan, sulla destra della Dora, non avendo mai esistito acquedotto, fors’egli lo scambiò con quello di Porossan sulla sinistra del Buthier, opera del secolo decimoquarto. Questi disegni dovevano probabilmente accompagnare la Sylloges Romanarum an- tiquitatum, quae cis et trans Alpes tam Maritimas quam Graias et Peninas supersunt, che egli ed il Rivoltella si proponevano di mandare in luce (1). Circa l’anno 1770 viaggiò in. val d'Aosta un Newdigate architetto inglese, il quale misurò Parco onorario e datane copia in Roma a G. B. Pi- ranesi, questi lo incise unendovi un ristauro composto a quel modo che gli fu possibile ;' quantunque quelli non siano di tutta esattezza, pure vincono d’assai quanto sinallora si fosse mai fatto (2). Circa l’anno stesso Vitaliano Donati, professore di scienze naturali nella nostra università, trovandosi in val d’Aosta e facendovi sue osservazioni (che si conservano manoscritte ne’ Regi Archivi) accennò di quegli edifizi, non però li descrisse, restringendosi a notare che Roma sola eguali monumenti ci potrebbe rappresentare. Marco Teodoro Bourrit ginevrino descrivendo nell’anno 1776 sotto forma epistolare le regioni appiedi del Monte Bianco, consacrava una let- tera ai monumenti di val d’Aosta, una seconda all’antica strada che la (1) Marmora Taurinensia. Introduzione al H volume. (2) Vedute di archi trionfali ecc. Roma, f.° 1748. i = 8 LE ANTICHITÀ DI AOSTA percorre (1); più tardi, in altra opera, ripeteva le stesse cose colle pa- role medesime (2), sempre però colla stessa mancanza di erudizione e di critica. Poco prima Cesare Orlandi aveva data una discreta veduta dell'arco onorario , aggiungendovi però del suo ingenti vestigi dell’attico già scomparso da secoli: degli altri monumenti disse poco e male (3), il che non tolse di veder le sue parole ben tosto ripetute dal Galanti (4). Il dotto vercellese Iacopo Durandi diede nel 1804 la topografia com- parata della intiera valle, ne illustrò i vici antichi, discusse le distanze itinerarie, aggiunse alcune lapidi di sana con altre di corrotta natura; è quel lavoro (avvegnaché vi si taccia delle antiche fabbriche) il migliore che si abbia sulla provincia (5); nell'anno seguente il Cambry faceva primamente conoscere il monumento celtico del piccolo S. Bernardo (6). Nel 1819 il conte Mouxy de Loche, stato parecchi anni governatore militare del ducato, distese una memoria archeologica sopra la valle e la città, corredolla di tavole troppo esigue ed inesatte e scarse; questa memoria fu poi dall'autore compendiata e riprodotta sei anni dopo (7). A quegli anni stessi il professore sostituito d’architettura in questa università Cav. Talucchi portatosi in Aosta ne disegnava i principali mo- numenti, perd senza il necessario sussidio degli scavi e delle indagini storiche e comparate. De' suoi disegni pare che siasi prevalso il Barone Malzen ministro di Baviera presso la nostra Corte, il quale ne stampò sette vedute con un testo esplicativo troppo sovente lontano dal vero ; quattr'anni dopo riproduceva il Malzen ogni cosa in Monaco, facendone più belle, non però più esatte, le litografie (8). Dalla stessa fonte de- derivano le vedute di val d'Aosta messe in luce dal Paroletti (9), € dalle quali tolse le sue lo Zuccagni-Orlandini (10). Qualche luce avrebbe potuto spandere sui monumenti di quella (1) Description des aspects du Mont-Blanc du côté de la Val d Aost etc. Lausanne 1776. (2) Description des glaciers de la Savoie. Genève 1785. (3) Notizie delle città d'Italia. Perugia 1772. Vol. II, p. 145. (4) Descrizione d'Italia. Napoli 1782. I. p. 125. (3) Alpi Graie e Pennine. Torino. Anno XII. (6) Monumens Celtiques. Paris 1805. p. 240. pl. VI. (7) Memorie dell’ Accademia di Torino. XXV. Mémoires de la Société Acad. de Savoie. I. (8) Monumens d'antiquitó Romaine dans les États de S. M. le Roi da Sardaigne. Turin 1826; Munich 1830. (9) Viaggio romant. pitt. nelle provincie settent. della moderna Italia. Torino 1824. (10) Corografia d’Italia. Firenze 1845. | | PER C. PROMIS 9 regione il Raoul-Rochette quando nelle sue lettere sopra la Svizzera toc- cava eziandio della val d'Aosta; ma in quello scritto giovanile , l'autore non appare quel dotto che fu poi, e laddove molto promette il suo nome, altro non trovasi che uno scherzare inopportuno. Ad esso aggiun- geró un altro archeologo francese di poco anteriore, e venuto esso pure in bella fama, dico Albino Luigi Millin ; questi parlando nel sno viaggio delle antichità d'Aosta, cadde in tali e tanti errori da ben dimostrare che le parole sue sono tratte da pochi e cattivi libri anzichè dall'esame dei monumenti medesimi (1). Qualche veduta a foggia inglese, cioè soave ed inesatta, fu data pure allora dal Brockedon (2) con non migliori illustrazioni. Veniva quindi riprodotto Parco onorario dall'architetto Ros. sini, desumendo vedute e ristauri dalle citate tavole del Piranesi (3), dalle quali tolse pure il disegno dell'arco il Cav. Canina, unendovi la porta Pretoria tratta dal Teatro Pedemontano, e la pianta delle mura dal disegno inviatogli dall’autore di queste memorie, e da lui alterato per adattarlo alle prescrizioni Vitruviane (4). L'abate Giacinto Amati provavasi a descrivere ed illustraré qualche monumento della valle, ma scevro di solidi studi, non riusciva a frutto (5). Una breve istoria del Ducato veniva rifatta dal canonico: Orsières (6). Il solo monumento figurato di val d'Aosta, cioè il dittico di S. Anicio Petronio Probo console dell’anno 406, veniva illustrato dal Cav. Gazzera, il quale raccoglieva eziandio e spiegava parecchie lapidi augustane (7): una nuova illustrazione del dittico era ultimamente fornita dal sig. Aubert (8). Più tardi il sig. Ferdinando Lasteyrie, propostosi di illustrare le cat- tedrali delle città alpine, parlava breve, ma esatto, dell'antichissimo mosaico Cristiano, non ismosso dal primitivo posto sulla volta della con- fessione del duomo d'Aosta (9). Attese ultimamente a far conoscere le bellezze naturali ed architettoniche di val d'Aosta il cav. Edoardo Aubert parigino, il quale, dopo fatte parecchie gite nella valle e soggiornatovi (1) Voyage en Piémont, en Savoie etc. 1816. (2) Illustrations of the passes of the Alps. Londra 1828-29. (3) Gli archi trionfali dei Romani. Roma 1836. (4) Architettura Romana. 1830. Tay. 5,* B, 8.3, 185° (5) Peregrinazione al Gr. S. Bernardo, Losanna ecc. Milano 1838. (6) Historique du pays d'Aoste. Ivi 1839. (7) Memorie dell Accad. di Torino. Vol. XXXVII, e Nuova Serie, vol. XIV. (8) L'empereur Honorius et le consul Anicius Probus. Nella Revue archéologique. 1862. (9) Les Cathédrales des Alpes. Paris 1854. Serie II. Tom. XXI. ES | | i 10 LE ANTICHITA DI AOSTA assai tempo, diede in luce un volume fornito di numerose stampe, oltre quelle intercalate nel testo, rappresentanti nelle vedute alpine, nelle an- tichità , nei castelli del medio evo, quanto di più sorprendente abbiasi nella provincia per opera della natura e degli uomini di tutte le età (1). Arricchì inoltre il suo volume dei disegni de’ marmi di ventuna iscrizioni, di quelli di due tavolette votive in bronzo e di altre minori anticaglie (2). Vi aggiunse i due importanti mosaici Cristiani colorati della cattedrale d'Aosta, l'epoca de’ quali non è comprovata da nessun argomento in- trinseco, ma a me paiono opera del VI secolo, essendo di diretta imi- tazione romana in tutti i numerosi ornamenti e loro scomparti, nei colori, negli ombreggiamenti ed infine nelle lettere esprimenti i dodici mesi , l'anno, la luua, il sole, due de’quattro fiumi dell'Eden ; d'alquanto posteriore parmi però il secondo mosaico, cioè il minore, coi nomi del Tigri, dell'Eufrate, della Chimera e dell'Elefante. Noterò soltanto che il sig. Aubert avendo già prima pubblicati a parte i due mosaici colle loro rispettive dimensioni (3), vedesi da queste che i lati ne sono ri- ducibili in piedi romani intieri; così nel minore di essi, la larghezza di metri 2,360 divisa pel piede romano = 0,295 dà piedi 8: la lun- ghezza di metri 4,720 dà 16 piedi; nel maggior mosaico invece, la larghezza di metri 4,720 fornendo essa pure 16 piedi, la lunghezza di metri 6,170 eguaglia piedi romani 21, le quali misure d'assai si ap- pressano a quelle di r20 piedi romani quadrati segnati ne' mosaici del- l'antica cattedrale di Verona, scrittavi la formola Tessellavit Pedes CXX (4). Misurando adunque codesti lati in Aosta intieri piedi romani, mi per- suade appartenere essi ad età nella quale non era ancora alterato quel piede, come accadde dopo il VI secolo. ` Solamente però nell’ottavo lustro del secolo corrente furono i romani monumenti di val d’Aosta misurati con esattezza e coll’ indispensabile sussidio delle escavazioni. L'Augusto Re CanLo ALBERTO, che allo scri- vente degnavasi commettere il laborioso e difficile assunto , voleva che (1) La vallée d Aoste par Edouard Aubert. Paris 1860, f.° (2) I disegni delle lapidi rispondono in questa pubblicazione a quelle segnate coi numeri 5, 6, 9, 11, 14, 16, 17, 18, 19, 21, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 31, 34, 35, 44, 45. Le tavolette votive son quelle date ai n.i 1, 19. (3) Les mosaiques de la Cathédrale d’ Aoste. Presso Didron. Annales Archéologiques, tom, XVII , 1857. (4) Maffei. Museum Veronense. p. 208. PER C. PROMIS II la spesa venisse sopportata dal suo privato peculio, e intendeva che una magnifica edizione degna di Lui e de patrii monumenti facesse noto all' Europa quali e quanti sian dessi e come quelle gloriose reliquie fos- sero in Piemonte apprezzate e ricerche, Voleva il Re che il corpo delle antichità Subalpine vedesse la luce appena compiutane la misurazione e l'illustrazione. Al nobile desiderio ostarono i tempi. CAPO IL Storia antica di val d'Aosta. La giogaia scernente val d'Aosta dalle inverse vince in mole ed in altezza ogni altra cresta alpina: è maggiore di quante fossero nel con- tinente antico e massima fra tutte quelle tenute dai Romani o ad essi note; n'é principio il Monte Bianco, a mezzo sta il Cervino, n’è ter- mine il Monte Rosa. I monumenti suoi, la sua storia stessa debbe la valle alla sua giacitura e forma topografica , giacchè biforcata, laddove sorge la città, con un ramo accenna a sinistra d’Italia a Francia per Savoia, per l’altro guida a destra al lago Lemano, e pei monti Elvetici a Germania, contenendo in tal modo le più pronte e naturali comuni- cazioni d'Italia a Francia ed Alemagna. Badando alle vie tenute dalle antichissime orde migranti, convien dire che i primi abitatori conosciuti vi siano scesi dal Grande o dal Piccolo S. Bernardo; io opinerei specialmente che vi fosser venuti dal primo, atteso le abitazioni lacustri frequenti in Isvizzera, e che in Italia vanno facendosi vieppiù rare: testimonianza questa di migrazioni pri- mitive affatto, nuovo fonte istorico spettante alle età della pietra e del bronzo, cui non si è posto mente che in questi ultimi anni, e che può diventare sorgente di sicure deduzioni istoriche per le epoche anteriori alla scrittura (1). Codesti migranti (per quanto si possa ricavare da Polibio e da Plinio) erano Celti , provenivano dal vastissimo paese giacente tra l'Adriatico ed il Danubio, più strettamente ancora dalla regione che più tardi fu detta Norico, ed appartenevano alla nazione de’ Taurisci, della (1) Habitations lacustres des temps anciens et modernes, par Fédéric Troyon. Lausanne 1860. | | > 12 LE ANTICHITÀ DI AOSTA quale parte rimaneva in patria ancora ai tempi d'Augusto, parte occupò il tratto tra la sinistra del Po e le retrostanti. creste delle Alpi, divi- dendosi nelle tribù principali de’ Taurisci, Salassi e Leponzi (1). E sic- come i primi formarono la miglior porzione di lor gente, così Taurisci erano ancora cumulativamente detti da Polibio all'anno di Roma 629 (2). Ad ogni modo così distinti sono i limiti della valle, così difficili ad essa i passi laterali, che gli stanziativi furono ben tosto indipendenti , assumendo la forma politica federativa per pagi comune allora ai Galli, agli Elvezi, ai Germani, a tutti i popoli insomma di loro stirpe. Affor- zati da natura e da fierezza propria ben dovettero essi custodire la loro regione, se fra tante calate in Italia di Galli e Cimbri, una sola fu per val d'Aosta , quella cioè de’ Boi e Lingoni, essi pure di razza celtica, circa quattro secoli avanti l’èra volgare (3). Al modo che in ogni valle alpina stanziava allora una tribù distinta, libera e sui nominis, il val di Dora Baltea ebbesi i Salassi d’origine celtica, come deducesi dall'anzidetto non che dal fatto della razza identica popolatrice dell’Alpi dall'Adriatico a Nizza; dal culto che fu druidico, testimone il Kromlek del Piccolo S. Bernardo, dalla precisa asserzione di Orosio e di Giulio Ossequente che li dicon Galli, tardo nome della più nobil parte de’ Celti: dalla celtica appellazione del loro fiume Duria, non che dei pagi o vici che ci son noti: dai soli nomi proprii non ro- mani che s'incontrano nelle loro epigrafi, quali Namico e Maricca am- bidue Gallici. Sarebbe qui luogo a parlare della discesa d'Annibale accaduta l'anno 218 avanti l'èra volgare ; ma fra tanta discrepanza d'opinioni (conoscendo io dodici scrittori antichi, oltre un centinaio di moderni d’ogni età pro- pugnanti pareri disparatissimi), trattandosi d'impresa militare condotta da un grandissimo capitano, troppo è giusto che, data la dovuta im- portanza alle argomentazioni filologiche e topografiche, prevalga peraltro la ragion di guerra immutabile ed eterna ; ora, se nel racconto di quella passata alpina null'altro vha di concorde, evidente e sicuro che la presa di Torino, ne dobbiamo indurre, che Annibale seguito abbia la via che a questa città naturalmente conduce, non mai un'altra la quale ( come (1) Polibio IL 28. Plinio III. 2, (2) Id. IT. 15. (3) Livio. V. 35. | PER C. PROMIS 13 quella di val d'Aosta) lo avrebbe portato assai più a levante. Certo è che non grande ma inetto generale stato sarebbe Annibale, se giunto ove fu poi Ivrea, e sapendo a Piacenza il console Scipione in atto di varcare il Po, avesse scientemente perduto e tempo e base e linee di marcie e di operazioni, retrocedendo sino a Torino per cinquantacinque chilometri senza strade nè ponti, per poi riportarsi nel basso Vercellese, ignorando eziandio quanto tempo consumato avrebbe sotto Torino; ed inetto il console Scipione che di un tanto errore non avesse approfittato. Ma di ciò basti, giacchè fra gli scrittori della guerra Annibalica nissuno vè che de’ Salassi faccia motto (1). La loro più antica memoria storica è dell’anno 611 di Roma (14: avanti Pèra volgare) ed accenna alla prima aggressione contr'essi mossa dai conquistatori del mondo. La notizia n'è data dallo storico Paolo Orosio scrivente che: Appio Claudio, Q. Caecilio Metello consulibus, Appius Claudius, adversus Salassos Gallos congressus et. victus, decem millia militum perdidit (2); dov’ € da notare, che siccome i Romani riuscivano sempre vincitori in campagna rasa contro le tribù barbariche, così una tanta perdita significa averli Appio imprudentemente aggrediti entro i loro monti così opportuni anche alla più tumultuaria difesa. A questa vittoria dei Salassi riferisconsi ancora le seguenti parole di Giulio Os- sequente , che la parte storica raccoglie da buoni documenti: cum a Salassis illata clades esset Romanis , Decemviri pronunciaverunt se in- venisse in Sybillinis, quoties bellum Gallis illaturi essent, sacrificari in eorum finibus oportere (3). Intanto Claudio, il quale guerreggiato aveva quegli alpigiani per segreto molivo di procacciar influenza a Roma nella lor valle, per l'apparente di menarne trionfo : reparata pugna, quinque millia hostium occidit. Sed cum iuxta legem , qua constitutum. erat , ut quisquis quinque millia hostium peremisset , triumphandi haberet pote- statem , iste quoque triumpha expetisset ; propter damna vero superiora (1) Lo storico d'Aosta (De Tillet) parlando della calata in Italia dei re Galli Gesati, Concolitano ed Aneresto (an. 529 di Roma), li dice scesi per val d’Aosta; egli cita Polibio, il quale non solo ne tace, ma dalla regione loro ch’ei descrive tra PAlpi e il Rodano, li fa intendere discesi pel Monginevra. Che tale fosse Popinione di Polibio si fa chiaro da un suo passo conservatoci da Strabone (1V. 6), nel quale enumerando i quattro passaggi alpini del suo tempo, pone, secondo quello pei Taurini del quale si servì Annibale , cioè quello del Monginevra. (2) Historiarum. V. 4. Alcuni codici leggono quinque millia. (3) De prodigiis. 80. Dopo l'oportere gli storici di val d'Aosta aggiungono di lor eapo apud Cor- delam Salassorum urbem. | > sm 14 LE ANTICHITÀ DI AOSTA non impetravisset, infami impudentia atque ambitione usus, privatis sum- ptibus triumphavit (1). La cosa è anche confermata da Livio, notante come in quell’anno furono domi i Salassi dal console Appio (2). Questa prima e gratuita aggressione de’ Romani svela già il loro de- siderio d’insignorirsi del migliore e più diretto passaggio alpino d’Italia per Gallia e Germania. Intanto gl inimicati Salassi correvano e deva- stavano la sottoposta pianura del Canavese già suddita a Roma; il bisogno di frenarli, con quello non minore di costituire per le future offese e difese un saldo avamposto, indusse il Senato a fondare allo sbocco della valle la colonia d’Eporedia, facendo all'uopo parlare i libri sibil- lini (3). Fu dedotta, secondo Valleio Patercolo (4), nel consolato di Mario per la sesta volta e di Valerio Flacco, ventitrè anni dopo quello di Porcio e Marcio. Qui v'è sbaglio di cinque anni nelle note numerali, le quali vanno corrette in diciotto , troppa maggior fede dovendosi alle note consolari che non ai numeri, Il sesto consolato di Marcio cadendo nell'anno di Roma 654, la fondazione d'Ivrea risponde all'anno 98 avanti Cristo. Né questa apparente contraddizione deve far maraviglia in questo storico , del quale un solo codice e mendosissimo é a noi pervenuto. Nel periodo trascorso tra la deduzione della colonia Eporediense e la compiuta soggezione de’ Salassi, periodo di circa un secolo, usavano quei feroci montanari scendere nelle sottoposte pianure e sperperarle ; da siffatte rovinose incursioni ebbe principio per gli abitatori dell'edierno Canavese una innovazione agraria, la quale riferirò colle parole di Plinio il vecchio: Non omittemus unam etiamnum arandi rationem, in Trans- padana Italia bellorum iniuria excogitatam. Salassi quum subiectos Al- pibus depopularentur agros, panicum miliumque iam excrescens tentavere. Postquam respuebat natura, inararunt. At illae messes multiplicatae do- cuere, quod nunc vocant artrare, id est, aratrare, ut credo tunc dictum. Hoc fit vel incipiente culmo , quum iam. is bina ternave emiserit folia (5). Del qual passo lascio agli agronomi la desiderata spiegazione. Già prima di quest'epoca si presenta nella storia de’ Salassi una que- stione della quale nessuno storico antico o moderno ha fatto cenno, ma (1) Orosio 1. cit. Questa legge è anche rammentata da Valerio Massimo. II. 8. (2) Epitomen. lib. LIII. (3) Plinio H. N. III. 17. (4) Hist. Romanae. I. 15. (5) Plinio. Hist. nat. XVIII. 49. PER C. PROMIS 15 la cui esistenza è capitale, pienamente dimostrabile, sorretta dai fatti materiali, e sola capace di spiegare come e perché venisse a quei tempi ad ogni altro tragitto alpino preferito dai Romani questo per val di Dora Baltea. À me pare cosa sicura, che circa questa età (130 in 140 anni prima dell’èra volgare, e subito dopo la vittoria che dei Salassi ebbe Appio Claudio Pulcro) seguisse tra gli alpigiani ed i loro terribili vicini un patto, in virtù del quale poterono i Romani sistemare la via naturale da Ivrea (mutata poi, per opera della colonia, in inferiore testa di ponte della strada stessa) al Piccolo ed al Grande S. Bernardo, facendola strada militare, munendola di tagli nella roccia, di ponti, di sostruzioni ; ebbero lungh'essa il diritto di transito per giungere dalla Gallia Transpadana ai Centroni, agli Allobrogi, nelle Gallie ed in Provenza, oppure scendere pel Rodano a Ginevra ed oltre, ove già da tempo avevan dominio , o miravano ad impossessarsi de’ paesi ancora indipendenti ; che per tutelare la strada siansi i Romani attribuite le zone che la fiancheggiano , e la Dora da Ivrea alle sorgenti ; che probabilmente sin d'allora abbiano gra- vato i nativi di gratuite prestazioni per mantener la strada, per la legna e le altre cose occorrenti. Le quali cose tutte accennate confusamente da Strabone in un lungo squarcio, che sarà riferito in seguito, io penso che i Romani le abbian fatte nell'epoca anzidetta, anzi, valendomi delle parole di Plutarco, io le attribuisco a C. Gracco, il cui tribunato fu di quei tempi: di ciò e delle numerose prove di fatto risultanti dagli avanzi Romani che lungo la via ancora si vedono, io parlerd più espli- citamente nel capo V. Qui noto solamente, che tutte queste opere i Romani non poteron farle senza allogare ad un tempo nella valle , e specificatamente nel luogo ove poi sorse Aosta, uno stabile e cospicuo numero d'impiegati e possessori, di schiavi pei lavori, di magazzini pei viveri, di presidiari per la difesa. Di questo assunto le prove morali e materiali abbondano, con esso tutto si capisce e si spiega, senz'esso di nulla si pud dar ragione. Ve- dremo appunto come a quegli anni i romani eserciti francamente e si- curamente percorressero la valle senza esserne signori; come Strabone parli delle incessanti controversie che una tale condizione di .cose faceva na- scere tra i vinti paesani ed i vincitori stranieri ; come faccia espressa menzione di governatori romani colà allora mandati ; e finalmente, come alla continua violazione di codesti patti per parte dei Salassi (dic'egli), non che all'avarizia dei Romani debbasi attribuire la guerra, finita collo sterminio de’ nativi. | | 16 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Venendo ora alle testimonianze storiche provanti che circa 130 anni prima dell’èra volgare, cioè subito dopo la vittoria di Appio Claudio , fu messo mano alla strada (tralasciando le implicite asserzioni di Polibio e di Varrone, che riferir a luogo), addurrò soltanto Cesare, il quale cominciò la guerra gallica nell'anno 695 di Roma, portandovisi appunto pel piccolo S. Bernardo, ed avvicendando le andate ed i ritorni più e più volte, com'egli stesso asserisce, senza fare mai il menomo cenno di cosa alcuna che impedisse di compiere que’ viaggi da Roma al Rodano anche in otto giorni soli; ma di ciò ne discorro a lungo nel capo V. Di mera apparenza però, siccome causata da timore anzichè da di- 2 sciplina, era la momentanea quiete di que’ montanari, e ne abbiamo prova in quanto avvenue nell'anno di Roma 710 a Decimo Bruto, il quale vinto a Modena e caduto nelle proscrizioni triumvirali, errando pel Pie- monte [prima a Tortona, poi negli Stazielli, quindi a Pollenza, e final- mente ad Ivrea, come ne informano sue lettere a Cicerone (1)] da Ivrea colla scorta della poca cavalleria Gallica, che gli era rimasta , risaliva val d’Aosta per poi calarsi dal sommo Pennino al Reno, e di là, attraverso Germania , raggiungere Macedonia ed il campo dei repubblicani; dove impariamo da Strabone (avere i Salassi fatti audaci senza dubbio dal vedere le poche truppe di Bruto e dal saperlo proscritto) usato di lor fortuna, facendogli pagar tributo di una dramma per ogni suo soldato (2). A questi stessi anni certe parole di Cicerone ci porgon motivo di argomentare, a prova di quanto fu detto dianzi, che un numero di Ro- mani stanziasse da tempo nella valle. Sappiamo com'essi sovente traessero il cognome dal luogo nativo: ora, appunto di un Q. Curzio Salasso, parla egli in lettera dell’anno 44 avanti Cristo (3), a proposito di un Publio fratello suo, il quale, parteggiando per Cesare, era stato ucciso da Pompeo; e siccome una lapide contemporanea, trovata a Canosa nel regno di Napoli, mentova un P. Curtius Salaxus, ciò rende credibile essere questo il Publio rammentato da Cicerone, il quale dal domicilio di sua famiglia tra i Salassi avesse ricavato il cognome (4) di un’altra (1) Diversorum epistolae ad M. Tullium. XL 20 etc. Appianus , De bello civili. (2) Narra Plutarco che già il grande Sertorio aveva pagato un simil tributo alle tribù dei Pirenei, chiamando ciò un pagar il tempo. (3) Ad familiares. VI. 18. Al modo stesso vedremo poi un cittadino d'Aosta dell’età imperiale portare il cognome di Augustanus (infra cap. UL n.° 13). (4) Il Bagnolo (Della gente Curzia etc. p. 20) stampandola vi soggiunge un passo d’Isidoro, per provare come i Romani scritto abbiano la X soltanto ai tempi di Augusto, avendo dapprima adoperata la G S; ciò proverebbe spettare il marmo agli ultimi lustri della repubblica. PER C. PROMIS 19 persona, fregiata di insigne carica, e portante il cognome Sulassus , probabilmente desunto dalla nativa regione, è memoria in una moneta Romano-Sicula di Agrigento presso il Torremuzza (1) ed il P. Giuseppe Romano (2): in sèguito al primo la diedero pure Eckel (3) e Domenico Sestini (4); tutti però affermano di non intenderne la leggenda, la quale sarebbe L. CLODIO. RVFO. PROCOS. SALASSO. COMITIAE. SEX. RVF. IL V., avvegnachè non muovano alcun dubbio sulla parola SALASSO. Da una assai più tarda iscrizione Veronese, veduta dal Saraina e dal Panvinio, l'appellativo Salasius apparirebbe non più cognome ma gen- tilizio (5). L'estremo disordine nel quale, per le guerre civili, caduta era a quegli anni la Romana repubblica, aveva dato animo ai popoli, che rinserrati ed oppressi dalle armi Romane vedevano prossimo il termine di loro indipendenza, a tentare le estreme sorti e, se non altro, a fare al ne- mico quel maggior danno che per loro si potesse. Strabone ne informa (6), che in quelle occorrenze predarono una volta i Salassi il danaro di Cesare (non ben spiegando se del dittatore intendesse o di Ottaviano Augusto), e che tal fiata ancora, simulando di adempiere le prestazioni viarie col riattar le strade, coglievano il destro precipitando dai monti le vive roccie sui Romani soldati che sulla via passavano; ma siccome il dittatore non. fa parola di simil rapina, nè era uomo da lasciarla impunita (dandogli ciò motivo per insignorirsi della valle, cosa che gli sarebbe tornata stu- pendamente all'uopo), io m'attengo al parere di Letronne e Gosselin, che il Cesare del greco geografo sia Ottaviano Augusto. Viene a conferma di queste parole di Strabone la scoperta fatta sullo scorcio dell’anno 1856 presso Allein vicino all'antica strada del Gran S. Bernardo, dove il tor- rente sfranando le terre mise a nudo un ripostiglio di ducentotre monete consolari seguite poi da altre, e delle quali le più recenti erano di Augusto, recentissima poi fra tutte una sua rispondente all’anno di Roma 724, di pochissimo anteriore alla final conquista del paese. Queste agitazioni e rapine d'una piccola tribù quasi isolata vieppiù (1) Siciliae veteres nummi. Vol. I. tav. VIII. pag. 9. (2) Monete Romano-Sicule del Municipio di Alesa. (3) Doctrina nummorum veterum. pag. 194. (4) Geographia nummismatica ad verbum Sicilia. MS. originale nella biblioteca del Re in Torino. (8) Grutero , 851, 951. (6) Geografia , AV. Serre II. Tow. XXI. 3 18 LE ANTICHITÀ DI AOSTA irritavano la romana potenza, e la spingevano a sterminarla perchè non sì acconciava a servitù. Di una guerra infatti, combattuta contro i Salassi nell’anno 717 e nel massimo imperversare delle turbe civili, fanno parola alcuni antichi scrittori e tra essi Dione, scrivente che Valerio Messala domò i Salassi in uno coi popoli stati lor compagni nella ribellione (1). Ora questi socii d’insurrezione e questi Salassi non furon mai nè potevano essere i nostri alpigiani (la guerra contr'essi essendosi combattuta sett’anni dopo), bensì i montani abitatori dell Tilirico, dell Epiro e della Pannonia, i quali, confusi da Dione coi nostri alpigiani, non avevano con essì altro di comune che l'antica propagazione. Infatti, motivo della guerra com- battuta da Messala non in val d'Aosta ma nell'Illirico, fa, a detta degli storici antichi, la combinata insurrezione de’ Taurisci, de’ Japodi ( Mor- lacchi), de' Liburni e de'Salassi ricusanti i tributi ed invadenti i confini. La confusione storica fu generata dalla comunanza de’ nomi presso po- poli di comune origine. Dopo lo scrittore Niceno pongo Appiano più antico d'età, avvegnachè posteriore d’un secolo a que’ fatti. Narra egli nel suo libro delle guerre illiriche, come Ottaviano Augusto a gran fatica domato avesse que’ popoli, 6 tra i quali pone esso pure i Taurisci, aggiungendo che il maggior tra- vaglio gli fu dato dai Salassi, dai Japodi, dai Segestani, dai Dalmati, dai Duisii, dai Peonii ovvero Pannoni, i quali tutti ai Salassi ( Illirici ) avevano spontaneamente aderito. I Salassi, prosegue Appiano, tengono le sommità delle alpi ( Illiriche), i monti ne sono impervii, stretti e difficili sentieri vi conducono ; nei quali vantaggi essi fidando viveano colle proprie leggi, e riscuotevano pedaggi dai viaggiatori. Ma questa descrizione topografica non m'induce punto a credere, che qui Appiano parli a ragion veduta dei Salassi nostri di val d'Aosta. Qual è infatti e sovratutto qual era, or sono diciannove secoli, la valle alpina che di simili caratteri non godesse ? Quale l'alpina tribù che non avesse sue leggi e non predasse? Prosegue egli ad esporre come Caio Antistio Vetere, luogotenente di Ottaviano, assalendo all'improvvi 50 quei Salassi, ne occupasse le strette e per due anni li tenesse assediati, sinchè forzati dall’assoluta mancanza del sale, accettarono presidio romano (2). (1) Histor. XLIX, 412, 415. (2) Ve sale, invece, in val d'Aosta, essendovi saline naturali nella Valdigna ed in val Clavalita, mentovate anche da Monsignor Della Chiesa nella sua manoscritta descrizione del Piemonte. Delle PER C. PROMIS 19 Novellamente insorti contro Vetere; ne cacciarono le truppe, e rioccupati i passi ridevansi delle poche forze inviate da Ottaviano , il quale assorto nella guerra Antoniana, per allora li lasciò in pace. Ma i Salassi (Illirici) sempre in sospetto, stringevansi con altre tribù ed invadevano le obbe- dienti a Roma, sinchè M. Valerio Messala Corvino, a ciò inviato da Ottaviano, non li domò colla fame; a questo modo, conchiude Appiano, vennero i Salassi (Illirici) in potestà di Roma (1). Vi aggiungo altresì la più antica asserzione , quella cioè di Strabone, dicente che Messala svernante in luoghi vicini ai Salassi nostri, dovette pagar loro a prezzo le legna da ardere in uno colle aste d’olmo adoperate ad esercitare le sue reclute. Ma un error comune signoreggia nelle parole di questi tre Greci, non troppo istrutti del paese del quale scrivevano e ch’essi non avevano veduto mai. Cominciando dalle particolarità di Strabone, noterò come la storia già ci abbia fatto vedere qualmente la st rada per val d'Aosta fosse ab antico quietamente percorsa dai Romani. Quindi, per qual mai ragione Vetere li avrebbe tenuti assediati, e Messala avrebbe svernato fuori della valle? Forse nelle valli adiacenti ? No, senza dubbio, attesa la loro estrema angustia e miseria, e con passi a val d’Aosta appena praticabili a fanti spediti nel colmo della state, non che nell’altre stagioni. Troppo abbon- davano allora le selve primitive nei nostri monti per aver d'uopo di com- bustibile dai Salassi. Quanto poi agli olmetti per ammaestrare all’asta le reclute, noto che, qualunque ne sia la causa, val d'Aosta non ha un olmo, ma si assai frassini presso la regione dei pini, come ne hanno ad eguale altezza tutte le alpi vicine ; e Strabone avrebbe potuto imparare dal suo Omero (2) e dalle truppe d'ogni nazione, che a tal uopo giammai olmi furono adoperati, ma sempre i pieghevoli e forti frassini. La distesa narrazione d'Appiano, la concisa di Dione, la occasionale di Strabone, tutte accennanti ad una guerra vinta sui nostri Salassi da Valerio Messala nell’anno 32 avanti Péra volgare, non mi persuadono punto, e ad impuguarle m’inducono le seguenti ragioni, saline dei limitrofi Centroni parla a lungo il Roche nella Histoire des Centrons (1819). Non sapendo scernere in queste parole di Appiano e trasportando nelle alpi Pennine un popolo del Norico, il Freinshemio ne compose i capitoli 37, 38 del libro 131 del supplemento Liviano. (1) La guerra di Messala sarebbe dell’anno Varroniano 720. (2) Iliade, XVI. Nel manoscritto parere di Nicolò Balbo ad Emanuele Filiberto leggesi, che ancora nel decimosesto secolo in Lombardia si facevano venire di val d’Aosta legni di frassino per picche ed altre armi Pasta. 20 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Nessuno scrittor latino vissuto a quegli anni oppure nei prossimi ed anche nei secoli posteriori parla di quella guerra Salassica delle nostre alpi: non Patercolo, non Svetonio così esatti e compiuti; Livio poi, cui per le cose di sua età abbondavano le notizie e niuna passonne sotto silenzio, nell’epitome del perduto libro 13: fra le guerre condotte sotto gli auspicii di Augusto, narra che Japydas et Dalmatas et Pannonios subegit (anno di Roma 719-20): poscia nell'epitome del libro 135 fa susseguire le parole Salassi gens alpina perdomiti non già alla guerra di Vetere o di Messala, ma a quella di M. Crasso contro i Traci e di Ottaviano contro i Cantabri, ambe combattute circa sett'anni dopo. Già accennai, in principio di questo capitolo, come i Salassi nostri venissero antichissimamente dalla regione fra l'Adriatico ed il Danubio: ora bisogna 5 aggiungere, che non tutti fossero venuti, ma che un residuo di tribù 55 rimasto in patria, quello fosse che poi dopo guerreggiò con Augusto. Infatti, Vantico Catone, in un brano del libro delle origini conservatoci da Plinio (1), parla de’ Taurisci, siccome di vetusti abitanti del Norico, e sottentrando Plinio ad enumerare i popoli delle alpi italiche, Euganei, poi Camuni, Leponzi, Salassi, nota che Lepontios et Salassos Tauriscae gentis idem Cato arbitratur. A me quindi pare, che i citati scrittori, non bene di- stinguendo i tempi e trovando di comune schiatta primitiva Salassi e Faurisci, li abbiano anche fatti alla età di Augusto topograficamente con- termini, situandoli nell’alpi nostre, ‘riuscendo così a collocare i nostri Salassi montani tra l'Adriatico e la Pannonia, ed a far loro sostenere contro Vetere e Messala il pondo della guerra Tracica e Dalmatica, alla quale è chiaro che non poterono mai prender parte. Ultima e gravissima prova dell'errore di quei tre scrittori sarà questa. Tutti sanno come codesto M. Valerio Messala Corvino avesse ad amico e contubernale in pace ed in guerra il poeta Albio Tibullo, il quale parecchie clegie indirizzogli, ed accompagnato avendolo appunto in quella guerra Dalmatica, ne cantò le lodi nel carme panegirico che da Messala ha nome (2); fra i vinti mentova il poeta gli Japidi, i Pannoni, gli Aru- pinati: de’ Salassi giammai fa parola. Nè poteva errare Tibullo conoscitor del paese : errarono invece i tre Greci che giammai l’avevano veduto. Pure le attestazioni di quei tre male informati delle cose nostre abbagliarono (1) Mist. Natur. IMI. 24. (2) Tibullus (edente Heyne), IV. PER C. PROMIS 2I i moderni, e, per figura, il Freinshemio supplendo il libro CXXXI di Livio, trasporta ne' Salassi nostri quell'episodio della guerra illirica, e non fatto caso delle date contraddicentisi, ne descrive bellamente gli eventi; anche il dotto Heyne comparando le parole dei tre scrittori greci coll'assoluto silenzio di Tibullo, invece di valersi di questo testimonio oculare per negar quella guerra fatta a que'tempi, si vale di Strabone per biasimar Tibullo che ne tacque, notando al verso 108 del Panegirico a Messala ilud vero mirum, cos, qui potissimum memorari debebant , Salassos, nostrum silentio praetermisisse, Tanta è anche presso i dotti la forza dei pregiudizi. Noto ancora che Svetonio, parlando dei Salassi domati da Augusto, li pone coi Reti e coi Vindelici, popoli alpini anch'essi e quasi contermini, non mai cogli Japidi e coi Pannoni (1). Esiziale ai Salassi fu la guerra ad essi mossa da Augusto nell'anno 729 (23 avanti l'éra volgare). I Romani scrittori la dissero necessaria per frenare le ribellioni loro ed i latrocinii, ma ragion vera si fu la voglia di sterminare un popolo cui Roma odiava di tutto l'odio portato ai Galli, in uno col bisogno di toglier via quella lacuna separante le provincie italiche dalle elvetiche, galliche ed ulteriori. Andava Augusto in persona contro Cantabri ed Asturi, ai suoi luogotenenti aflidava la guerra contro i montanari dall'Alpi marittime alle Giulie: quella contro i Salassi (alla quale danno somma e quasi esclusiva importanza gli scrittori con- temporanei) la rimise ad Aulo Terenzio Varrone Murena, il quale, avutane vittoria scevra di sangue ma contaminata d'inganni, fu due anni dopo assunto al consolato, essendo suo collega lo stesso Augusto per la undicesima volta. Siccome la strada da Ivrea all'alpe Graia ed alla Pennina già da tempo era tenuta dai Romani, poté Varrone senza aspetto ostile risalirla, po- nendo il campo nel suo punto di maggior comando laddove il Buthier influisce nella Dora, e dove, come accennerò parlando della strada, già da oltre un secolo vi doveva essere un Castrum stativum ; divisi i suoi, mandolli per isquadre ad occupare all'improvviso gl'indifesi vici de’Salassi, i quali pochi e sorpresi non poterono all’improvviso attacco oppor re- sistenza. Proseguendo I’ inganno, Varrone (con fraude, che i Romani avran chiamata una bella pensata di guerra) fece ai Salassi proposte di pace ed impose un tributo, come se dopo ciò nissun altro danno avesse 1) Jtem. Raetiam et Vindelicos, ac Salassos, gentes inalpinas domuit, Octav. 21. > T e 22 LE ANTICHITÀ DI AOSTA loro a toccarne. Mandati i soldati a riscuoterlo , questi proditoriamente e ad un tempo ne fecero prigione tutta la gioventù; così, la restante popolazione, senza difesa, fu essa pure ridotta in schiavitù. Portati ad Ivrea, contr’essi edificata quindici lustri prima, furono i miseri Salassi venduti all'asta pubblica in numero di trentasei mila persone; gli atti alle armi, sommanti ad otto mila, furono dal romano generale venduti essi pure, ingiunta ai compratori l'iniqua condizione che niuno di essi potesse venir emancipato prima di venti anni (1). A questo modo i Ro- mani portarono fra i Salassi la civiltà fra il sangue e lo sterminio, con- vertendo per imperiale decreto la patria loro di gallica in italiana, ed ascrivendola alla regione undecima. Pochi anni dopo, Strabone, parlando da pagano e da antico, notava come fosse in pace tutto il paese sino ai più alti monti; pace veramente romana, scolpita da Tacito colle tre- mende parole: ubi solitudinem. faciunt , pacem appellant. . Non credo io perd, che finale ed assoluto sia stato lo sterminio dei Salassi, ma bensì che parecchi fuggiaschi siansi messi in salvo ritirandosi ai gioghi più ermi ed elevati, epperciò ai Romani inaccessibili. Vedesi infatti anche in oggi abitata la valle d'Aosta da due distinte razze: l'una (figliata probabilmente dai Romani coloni) con viso e capelli bruni, con tipo facciale simile a quello dei popoli meridionali, stanziata nelle bas- sure della gran valle, nonché alle foci de’ minori affluenti: bionda l’altra, alta, robusta, avente un tipo eguale a quello de’ prossimi Savoiardi e Svizzeri, abitante i luoghi più elevati e conseguentemente più aerati e salubri; un piano inclinato, supposto a 700 metri sopra la Dora, divide le due regioni distinguibili ancora ad occhio nudo, per essere nell’alto paese sconosciuta la degenerazione del cretinismo, non rara nella bassa regione, e che non può stare coll’ idea che dalla storia dobbiamo farci di quel popolo perdurante, audace, fortissimo. Siccome poi il numero degli atti all'armi al tempo della conquista non raggiunge il quarto della popolazione assoluta, non salendo ai dodici mila, fa d’uopo credere, che quattro mila di essi o già si fossero o più probabilmente siansi allora messi in salvo (2): cosa troppo facile ed ovvia tra que’ monti irti di roccie e di ghiacciai. (1) Questa campagna di Varrone è accennata da Livio nell’epitome del libro 135, da Svetonio in Augusto cap. 20, e con molti particolari da Strabone. Nel libro 53 Dione dipinge in tutta la sua bruttezza questa scellerata vittoria. Anche Cassiodoro notava nella cronaca che: C. Aug. Caesar VIII et M. Silanus. His. Coss. Cantabros, Germanos, Salassos Caesar perdomuit. (2) Sulle proporzioni di sesso e di età di questi 44,000 Salassi parla Dureau de la Malle (Acad. de France. X. pag. 489 ). PER C. PROMIS 23 Così sparve dalla faccia della terra codesto popolo, il quale, già dome Italia, Gallia, Spagna, Elvezia con quasi tutto l'orbe allor conosciuto , solo , accerchiato da nemico potentissimo, seppe protrarre sino ai giorni d'Augusto e tra combaitimenti di un secolo e mezzo, la sua selvaggia indipendenza. Con stupendo esempio di pertinacia , fatta impossibile ogni resistenza, avrebbe ostato all'armi sole, dovette cedere all'armi sussidiate dalla frode. Tre mila Romani vennero ad occupare i campi già coltivati dai Sa- lassi, toccandone i migliori ai veterani delle coorti Pretorie. Sopra Pin- fluente del Buthier nella Dora ed a sinistra di questa, nel luogo di miglior comando sulle due strade militari, laddove Varrone aveva piantato il suo accampamento e dove un presidio romano aveva già necessaria- mente avuto stanza, fu locata la nuova città, la quale dal fondatore Augusto e dalla qualità de’coloni ebbe nome di Augusta Pretoria (1). Siccome poi le principali notizie storiche , descrittive e militari circa i Salassi le troviamo in Strabone, così credo necessario di riferirne intiere le parole, notando ad un tempo i tanti errori da lui intrusivi, nulla conoscendo il paese e poco la sua vera storia (2). « La maggior parte » de’ Salassi (dic'egli) sono in una valle profonda, dacchè i monti d'ambe » le parti chiudono quel luogo ; una qualche porzione poi di essi si stende » ancora verso le sovrastanti alture (3). Pertanto a quelli che (venendo) » dall’ Italia sorpassano i monti, per la detta valle è la strada. Poi » si divide in due; una (passando) per il così detto Penino porta verso » le sommità delle alpi ; l'altra è pei Centroni, più occidentale. La regione » dei Salassi ha poi anche ori, che una volta i Salassi, essendo potenti, » possedevano, siccome erano anche padroni delle strade (4). I fiume » Duria poi aggiunse moltissimo ad essi nella investigazione dei metalli (1) Autori succitati. Plinio HI. 21. Salassorum Augusta Praetoria , iuxta geminas dlpium fauces Graias atque Paeninas. Qui gli scrittori locali favoleggiano dell’antichissima Cordela o Fusmana fondata ove sorge Aosta da un Cordelo figlio di Saturno appunto 1158 anni prima di Cristo; a quella riferiscono le chiaviche fatte dai Romaui, nelle quali si ascondevano i Salassi, sinchè Varrone non ve li annegò colle acque del Buthier. (2) Geografia IV. 6. Questa versione affatto letterale io la debbo alla dottrina ed alla cortesia del sig. Bernardino Peyron. (3) Descrizione generica e vana come quella di Appiano. (4) L'oro minerale trovasi ancora in oggi specialmente a S. Marcel. Nella valle di Challant, a Courmayeur ed anche presso Bard si vedono residui di gallerie aperte ne’monti in cerca dell oro : se mai esso vi fu, ora si pud dire esaurilo. ‘ i $ \ 24 LE ANTICHITÀ DI AOSTA » » » » per quanto riguarda il lavare l’oro (1). Per ciò facendo essi in molti luoghi derivazioni d’acqua, evacuavano l’alveo comune. La qual cosa per un lato giovava loro a rintracciare l’oro, per l’altro molestava quelli che coltivavano i campi inferiormente, essendo privi d irrigazione ; laddove il fiume avrebbe potuto bagnare la contrada conservando le acque superiori (2). Da questa cagione avevan luogo continue guerre vicendevoli tra l'uno e l'altro di quei popoli. Dopo l'occupazione dei Romani, i Salassi scaddero e dai lavori dell'oro e (dall intiero possesso) della contrada; ma possedendo tuttavia i monti vendevano l’acqua ai pubblicani , che intraprendevano a lavorare gli ori; e con questi erano continuamente liti a cagione dell'avarizia dei pubblicani (3). Così av- veniva che i governatori d'eserciti mandati dai Romani in quelle parti trovavano facilmente pretesti di far la guerra. Certamente fino ai tempi a noi vicini, talora guerreggiando, talora venendo ad accordi coi Ro- mani, erano non di meno potenti, ed a guisa d’assassini molto dan- neggiavano quelli che trapassavano quei monti in mezzo ad essi. Tra gli altri multarono Decimo Bruto, che fuggiva da Modena, di una dramma per ogni uomo. Messala poi, svernando nei loro dintorni, pagò il prezzo del legno, sia del combustibile, sia dei lanciotti d’olmo, sia di quello per l'istruzione militare (4). Siffatti uomini depredarono una volta il danaro di Cesare e fecero sdrucciolare frane negli accam- pamenti, quasi che stessero facendo le strade ed i ponti sui fiumi. Se non che da ultimo Augusto li sconfisse pienamente e li vendette tutti, condottili ad Eporedia, colonia dei Romani, che essi stabilirono, volendo che fosse un presidio contro ai Salassi; ma quelli che erano quivi poterono resistere poco finchè la nazione non fu annientata. Pertanto (1) Sta bene che i Salassi per la ricerca dell’oro si valessero anzitutto delle acque: ma è im- possibile che a ciò adoprassero quelle della Dora fluenti troppo abbasso, quelle bensì dei torrenti minori scendenti dai ghiacciai. (2) Qui wè doppio errore. La Dora non potè mai fornir l’acqua a quelle lavalure stante il li- vello: quindi, siccome queste non assorbiscono l'acqua, come Pirrigazione, essa naturalmente discende ancora nell'alveo maggiore che tutte le raccoglie. (3) Sta bene che accadessero avvisaglie sì per avarizia dei pubblicani, sì pei ladronecci dei Salassi, ma la cagione non se ne può attribuire ali'acqua negata da questi, ai quali era natu- ralmente impossibile lo impedirle di scendere all'ingiü. - Queste parole però c'insegnano come i Romani già si fossero fatti padroni dei sedimenti auriferi, i quali giacevano ad assai considerevole distanza dalla Dora. (4) Dimostrai di sopra che in val d'Aosta non sono olmi, e che Messala non guerreggiò mai i Salassi. | | PER C. PROMIS 25 » a trentasei mila ascese il numero delle altre persone; degli uomini » poi atti alle armi ad otto mila. Terenzio Varrone li vendé tutti all'asta, » avendoli, egli capitano, sconfitti. Cesare poi, mandati tre mila dei » Romani, edificò la città d’Augusta in quel sito, dove Varrone aveva » gli accampamenti, ed oggidì tutta la vicina regione è in pace fino ai » più alti passaggi dei monti ». Intanto la nuova città destinata a principale piazza d’armi difensiva contro le eventuali insurrezioni di Galli e di Elvezi, rapidissimamente cresceva, come attestano le sue costruzioni tutte dell'età di Augusto. Pochi anni dopo la conquista della valle, dico nel Varroniano anno di Roma 744, Augusto che trovavasi nella Gallia Lionese con Druso e Tiberio ritornò a Roma pel Piccolo S. Bernardo , come vogliono ragione e geografia per chi parta da Lione (1); probabilmente fu in quel viaggio che un Gallo de’ principali del paese, asserendo il bisogno di parlargli, gli si avvicinò coll'intento di gettarlo in un precipizio, ma vista la tran- quilla serenità che apparivagli in viso, si rabbuonì nel feroce proposito (2): e poi è anche ovvio, che Augusto volesse cogli occhi suoi proprii vedere questa sua colonia, come i comandi suoi vi fossero stati eseguiti, e per- correre ad un tempo quella regione novellamente conquistata , tanto necessaria a tener unite all’ Italia le provincie apap. Il nome dei vinti Salassi ponevasi con quello degli altri alpini ne’ trofei di Augusto presso Monaco (3) e la città (od a meglio dire, gli estremi gioghi delle sue alpi) ritenevasi come termine estremo d' nee misurando 1020 miglia romane da essa per Roma e Capua a Reggio di Calabria (4) ; un’altra Augusta Pretoria fondavasi anche allora presso la primitiva sede Norica dei Salassi, cioè nella Dacia (5). Nel primo secolo pure comincid ad essere militarmente battuta la strada da Aosta al Rodano pel sommo Pennino, imperciocchè mentre Cesare la diceva difficilissima, troviamo poi che nell’anno 70, e nella pessima stagione di marzo, Alieno Cecina per quel monte condusse in Italia trentamila soldati Vitelliani contro Ottone (6). (1) Dione lib. 54 in fine. (2) Svetonio in Ottaviano. 89. (3) Plinio III. 24; in ordine topografico tra i Veragri ed i Centroni, così dovendosi sanamente leggere la parola Acitavones. (4) Solino VIII. Marziano Capella VI. (5) Tolomeo. Geografia. IM. (6) Tacito. I. 68. Serw II. Tom. XXI. 4 26 LE ANTICHITÀ DI AOSTA È questa l’ultima menzione che gli antichi scrittori facciano di val d'Aosta , essendo d'allora in poi prevalso il passo pel Monginevra e Susa, d'onde scese anche Costantino nell'anno 312. La nuova partizione d' Italia fatta da quest' imperatore pare che già abbia attribuito val d'Aosta alle Gallie, con esse trovandosi incorporata la valle circa l'anno 4oo per le cose amministrative, giudiziarie e militari (1) ; e ciò mentre la proyincia dell'alpi Cozie faceva parte d’Italia. Così pure nell'antica divisione pro- vinciale delle Gallie edita dal Du-Chesne (2), nella provincia delValpi Graie e Pennine è mentovata la Civitas Augustana, id est Argentaria, con nome probabilmente venutogli dalle miniere argentifere, ora quasi isterilite. Seguì poscia le vicende delle provincie galliche ed italiche circa Palpi, sinché i Duchi Longobardi sconfitti in Borgogna cedettero a re Gontranno val di Susa, val di Mathi ossia di Lanzo e val d'Aosta (3). Conquistata la Borgogna dai re Franchi, si ebbero anche queste valli, e Carlomagno non lasciolle a Pipino re d'Italia, ma a Lodovico signore della Francia meridionale (4). Disfacendosi poi con Ridolfo III il nuovo reame di Borgogna, venne val d'Aosta in potere di Umberto Biancamano stipite della casa di Savoia circa il mille. L'origine gallica degli antichi abitanti di val d'Aosta, giuntovi l'essere stati in successiva potestà di Franchi e di Borgognoni, fu la cagione per la quale prevalse, come prevale tuttora nella valle la lingua francese, essendovi compiutamente ignorata I’ italiana. CAPO HI. $ 4. Iscrizioni della Citta e Valle d Aosta. Le più importanti, come le più belle e più antiche epigrafi, della città e valle d’Aosta appartengono all’età dell imperatore che ridusse a sudditanza romana la patria de’ Salassi e vi edificò la città; in esse tutte (1) Notitia utriusque imperii. « Per Gallias undecim praesides.. .. Alpium Maritimarum. Alpium » Paeninarum et Graiarum. Sub dispositione Praefecti Praetorio Galliarum. .... , Alpes Maritimae, » Alpes Paeninae et Graiae ». (2) Historia Francorum. I. pag. 7, 15 (3) Fredegarius. 45. Circa l’anno 576, (4) Baluzio Capitolari. I. 439. - | | f } PER C. PROMIS 27 s: nessun Augusto è mentovato fuorchè Ottaviano, o come principe o come divo onorato dal collegio degli Augustali. Le materie nelle quali furono intagliate sono il marmo od il tufo bianco delle alpi, il bardiglio di Aimaville, la pietra ollare, ossia Zavet, tutte locali. Avverto che furono lette da me stesso quelle per le quali indico la materia e le misure, e segno l'asterisco: tutte cioè, tranne le smarrite. Ni, I. 0. M. P. CURTIVS. P. F. VICTOR P. CVRTIVS. P. F. PRIMVS VI. VIR. ITER. AVGVSTAE PRAETORIAE Cominciando , com’ è stile, dalle epigrafi dedicate a Giove, pongo questa che trovai presso il solo Muratori (1); il quale nota di averla tratta dalle proprie schede, ed esistere in Saluzzo nella chiesa della Madonna. La lapide non ha nessun carattere intrinseco di falsità: che se lo avesse, certo non sarebbe sfuggito all’occhio acutissimo di Bartolomeo Borghesi, il quale appunto di essa si valse per provare, anche colle iscrizioni, come Aosta vada tra le ventotto colonie italiane d'Augusto (2): nè fo caso del trovarsi due fratelli portanti lo stesso prenome, poichè egual cosa vedremo inferiormente al.N. 18. Mi riesce bensì difficile a comprendere come un’ iscrizione geografica, epperciò pregevolissima , un’ iscrizione posta da due Piemontesi e che si dice esistente od esistita nella cattedrale di Saluzzo, sia rimasta ai nostrì indagatori onninamente sconosciuta. Ho cercato gli scritti singolarmente dei tre Saluzzesi, che con diversa erudizione esposero le cose ed i fatti di loro patria, Francesco Agostino della Chiesa, il Muletti, il Casalis; nessuno vi accenna e tampoco ne sospetta. Nulla ne sa il Bagnolo, nobile Saluzzese, che tanto ricercù le lapidi de’ Curzii, sopratutto in Piemonte, e mando in luce il suo libro al tempo stesso del Nuovo Tesoro (3). Per altra parte si sa che in epi- grafia poca era la critica del Muratori: mi dà ancora fastidio il sapere (1) Nov. Thes. Y. p. 103. (2) Iscrizione Perugina e delle 28 colonie d' Augusto. in Italia (Archivio storico, XVI. 99). (3) Della gente Curzia e della età di Q. Curzio Pistorico, 1741. 28 LE ANTICHITÀ DI AOSTA che non pochi mal pratici geografi del cinquecento confusero i Salassi con Saluzzo. Il Sevirato coperto per la seconda volta dai due Curzii non era augustale, ma urbano. N° 2, I. M. V. S. ANTIOCHVS AVG. È in bardiglio d’Aimaville, sur un cippo largo 0,340 per 0,864 ; il Pingone lo vide nel 1550 nella casa di un canonico presso il duomo, e lo inseri nella sua citata collettanea ms.; di là passò nella casa Lyboz, di dove fu trasportata in Ivrea e collocata nel giardino del colonnello Giusiana. Espone un voto sciolto ad Iside Magna, o Madre, da un Antioco del collegio degli Augustali; i caratteri accusano il terzo secolo incipiente. Il nome e la qualità assunta dal dedicante lo manifestano li- berto probabilmente di condizione e greco di origine. Fu edita dal Muratori (1), che la disse in Torino, dove peraltro non fu mai, quindi dal cav. Gazzera che la illustrò (2). Minis IOVI . IVNONI . MINER ANTONIA . M . LYBo APHRODISIA . SCYPOS . H. VENEREM . SPECVLVM. DONVM . DEDIT. Stava in Aosta nella casa prevostale, ove. scavando fu rinvenuta nei primi decennii del decimosesto secolo: là fu veduta dal Pingone che la lesse correttamente , dicendola Scolpita in marmo elegantissimo, benché sia veramente in piccolo cippo di marmo bianco con cimasa e zoccolo alto e largo soltanto 0,234. Passò essa pure nel giardino Giusiana in Ivrea ove si conserva. Guichenon la vide in Aosta, e la stampò (3); fu data dai tre col- lettori di val d'Aosta, quindi dagli editori dei marmi Torinesi, i quali (1) Nov. Thesaurus. p. 73. (2) Del Ponderario c delle lapidi Eporediesi. p. 7. (3) Hist. générale de la Maison de Savoie. 1. p. 47. , 3 PER C. PROMIS 29 affermano di offrirla esatta, avendola letta sul luogo: ciò nonostante l'allineatura vi è sbagliata (1) ; fu anche stampata da altri con qualche varietà ed ultimamente dal cav. Gazzera che la illustrò (2). Stanno le varianti singolarmente nella seconda linea e nella parola LYB, la quale è scritta veramente con Y e susseguita da un piccolo O forse di fattura moderna, non essendovi presso il Pingone ed il Guichenon ; del resto il nome Lybo qui non fu derivato da Zibare, ma da libere, che scri- vevasi anche coll’ e coll’y. Con questo marmo Antonia Afrodisia liberta di un M. Antonio ricordò di aver donato alle tre massime divinità due bicchieri, probabilmente d'argento, in uno con uno specchio Venerem speculum , giusta l'illustrazione del cav. Gazzera, opinante essere qui Venerem per error di scalpello invece di "enereum ; mentre gli editori de’ marmi Torinesi credono vi sia in luogo di F’eneri, al qual modo il nome di questa divinità verrebbe dopo quello della persona dedicante, contro la pratica dell’antica epigrafia. Forse perd quelle parole sono due sostantivi , ed oltre lo specchio devesi intendere d'una statuetta di Venere da Antonia collocata nel tempio Augustano delle tre divinità maggiori. No 4. D. s. HERCVLI . ET IVNONI. B. P. CALVISIVS. ET CLODIA PRO L. RVFO V. S. L. M. Questa lapide eretta per voto da Calvisio e Clodia per un Lucio Rufo forse loro figlio, io non l'ho veduta, essendo da lungo tempo smarrita. Il Monterin (3), che fu primo a riferirla sin dal secolo decimo- sesto, la dice esistente in S. Lorenzo d'Aosta, ed il Mochet aggiunge che fu tolta dai ruderi di quell'antica chiesa per impiegarla nella nuova parrocchiale. Da un cattivo esemplare ne tolse copia il Ricolvi, che ora fa un secolo la forni allo Zaccaria (4). L'iscrizione si legge agevolmente Deo Sancto (oppure Deo Sacrum) Herculi et Junoni Beneficae Publius (1) Vol. IL p. 106; Grutero p. 5. (2) Del Ponderario p. 4. (3) Vallis Aug. compend. descriptio. (4) Excursus literarius. p. 52. 30 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Calvisius et Clodia pro Lucio Rufo Votum Solverunt Libentes Merito. Pensando però che tal lezione tutta si fonda sulla scheda d’uomo inesatto, che copiò da altro inesatto esso pure, mi rimane dubbio per la sigla B, epperciò anche pel suo significato. Il Muratori (1) la stampò come tuttora esistente. N° 5, P . SALVIVS . MYRO limilVIR . AVGVSTAL . DIANAE SACRVM. Questa iscrizione, che per la forma delle lettere spira l'età d'Augusto, occupa il campo anteriore d'un bellissimo piedestallo in bardiglio d'Ai- maville, alto 0,852 largo 0,548 : è fornito di zoccolo e cimasa di elegante sagomatura, e sopra questa s'erge un plinto sul quale piantava la statua sacra a Diana. Stava il piedestallo evidentemente addossato ad un muro dal quale sporgeva per 0,382; ragguagliandone l'aggetto alla larghezza frontale trovasi che la statua posta da P. Salvio Mirone Seviro Augustale era di grandezza naturale. Fu questo marmo adoperato come semplice materiale nel jubé della cattedrale, volgendo in fuori la parte posteriore; demolendosi il jubé esso venne in luce il giorno 30 giugno 1838. N° 6, WII CURIO UM .M. WWAT\LINS . cRISPVS . Fu scavata quest'epigrafe votiva, in bardiglio d'Aimaville, in Aosta son pochi anni e trasportata nel giardino dell'episcopio ; è alta 0,590, ma infranta in alto (dove però non manca nulla) ed a sinistra. L'epoca, giudicando dalla forma eccellente delle lettere , è del primo secolo del- l impero. Il guasto non è tale da impedirne la restituzione in Mercurio Votum Solvit Libens Merito ...... Petilius Crispus. Manca dunque il solo prenome del dedicante , il quale era di quella famiglia Petilia, di cui sono mentovati cinque individui in lapide della prossima Villeneuve, ma nessuno col cognome Crispo. (1) Novus Thesaurus. p. 65. PER C, PROMIS DI N.° 7, IMP. CAESARE . AVGVSTO . XIII . COS . DESIG . C. AVILLIVS . C. F. C. AIMVS . PATAVINVS : PRIVATVM Questa magnifica iscrizione scolpita in graudi e profondi massi di tufo calcare sta tuttora al posto suo, dal quale non sarà divelta che colla rovina dell’edificio stesso detto il Pondel. Io la riferisco geometricamente disegnata nella tav. XIV, dove si può vedere come sia intatta ; la sua lunghezza è di m. 4,470; la prima linea è alta 0,185, la seconda 0,170, l'infima 0,315. Consta di tre pietre sole: è perfettamente leggibile, ed una delle pochissime iscrizioni private che ancora rimangano a luogo. Primo a vederla fu il Pingone nell’anno 1550. Dico a vederla, non a leggerla: conviene infatti che bene fosse allora ingombra di rovi ed arbusti parietarii, trovandosi da lui notato, accanto al suo informe di- segno, che hic sunt literae antiquae quae legi nequeunt. Fu però letta in séguito dai collettori locali, poi dal Guichenon colla solita oscitanza. Malamente riferita poscia da altri, fu data con esattezza dal Durandi (1). Per chi si fa a considerare il fato delle antiche epigrafi riesce cer- tamente curioso il vedere come fra tante iscrizioni spurie, ammesse senza esame come legittime, non poche se ne incontrino delle ottime da critici od inetti o malconti recisamente respinte come fallaci. Tal destino incolse a questa del Pondel, della quale una più sincera non si potrebbe trovare. Vent’anni fa l’Amati (il quale è da credere non vi sia stato) accusò codesta iscrizione di essere ad un tempo ed illeggibile e smarrita: ciò non ostante la diede esatta, notando tuttavia che il XIII doveva succedere al DESIG., e che la voce PRIVATVM non ha senso (2). L'autorità di questo scrittore non è grande, ma grande è quella di Scipione Maffei, da cui l'Amati attinse senza citarlo. Toglie l'antiquario Veronese questa iscrizione dallo Spon (3), che avevala presa con ogni menda dal Guichenon e specialmente nel nome di C. AIMVS da quest'ultimo già travolto in CALVVS; poi rigettandola soggiunge: Inscriptio Imp. (1) Alpi Graie e Pennine, pag. 37. Fallacissima è pure quella stampata pochi anni sono dal Malzen a pag. 48. - Singolare è l’asserzione del De Tillet narrante che il Mochet ed il Monterin non vi trovarono che qualche frammento di lettere, e che meno ancora ne fu veduto nel 1739. A cagione del cognome Patavinus fu questa lapide collocata dallo Spon tra le Padovane, (2) Peregrinazioni al G. S. Bernardo. p. 24. (3) Miscell. ant. erud. Sectio V. 23 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Caesare Augusto Calvus Patavinus ‘quid sibi velit scire aveo quam mazime , et cur numerus ante Cos. ponatur (1). Eppure il Maffei co- nosceva le iscrizioni nostre meglio ch'uomo al mondo: ma lo sbaglio da ció provenne, che egli ignoró essere quell'epigrafe murata nella pri- mitiva fabbrica, come ignorò l'uso di questa. Ora, quanto è taciuto nella lapide vien detto chiaramente dall’edificio stesso; nuovo argomento per provare quanto sian necessarie le esatte ubicazioni delle iscrizioni , nonchè le dimensioni loro. Ora, lasciando a parte i falli degli eruditi, diremo, che allorquando domati i Salassi, fu dedotta la romana colonia, toccaronne i migliori terreni alle coorti veterane del Pretorio. Furono dessi senza dubbio nelle regioni piane litoranee alla Dora: restavano i terreni in monte e tra essi la valle scabrosissima di Cogne, la quale, laddove mette foce nella valle maggiore, verdeggia di pascoli e di folti castagneti. Un bel tratto di essa sulluno e l’altro versante toccò a C. Avillio ed a C. Aimo Patavino nè pretoriani, nè veterani, nè romani, nè liberti, ma semplici cittadini che dato avevano il nome tra i coloni. Che non fossero soldati argomentasi dall'assenza dei titoli militari, allora non scordati mai; che fossero Padovani lo dice per Aimo lepigrefe medesima , lo fa arguire per Avillio la frequenza delle lapidi Patavine portanti questo nome gen- tilizio, e vi conferisce probabilità il fatto stesso della loro associazione. Fors’anche possedettero la valle superiore di Cogne in uno colle sue ricche ed eccellenti ferrifodine e colle fucine abbasso. Correva l’anno nel quale Augusto fu designato console per la decima- terza volta (750 di Roma, secondo avanti l'éra volgare) quando i due coloni costrussero il bellissimo ponte destinato ad unire i loro poderi sulle due falde della valle, e ciò fecero con quell'arte che descriverd e rappresenterò nel capo XII, e nella tavola XIV. Ora, che il XII preceda, anzichè succedere; che ad Avillio manchi il cognome; che il Patavinus accenni la patria, sono cose che per nulla offendono la sin- cerità dell’iscrizione, avente per sè il fatto del trovarsi a posto in sito inaccessibile. Sincerissima è pure la parola Privatum, nè so come abbia dato fastidio al Maffei; essa esprime la formola legale colla quale i pos- sessori facevan noto al pubblico, che la fabbrica od il passo indicato (1) Ars critica lapidaria. p. 430. PER C. PROMIS 33 erano di spettanza e d'uso privati, della qual formola molti esempi riunì il Morcelli (1). Avevano codeste vie private un duplice carattere tecnico e legale. Quanto all'ultimo dirò, che, secondo Ulpiano, Viae privatae solum alienum est, ius autem eundi et agendi nobis competit (2); e più sotto Viae pri- vatae sunt quas Agrarias quidam. dicunt, attesoché il loro scopo stesso riducendole a poca larghezza, le assimilava ai viatri campestri, salvo il fatto del possesso privato. Qui i romani giureconsulti Paolo, Ulpiano e Modestino distinguono sottilmente i diversi gradi di diritto viario a be- neficio degli utenti, cioè via, iter, actus presi nel valor legale. Più esteso degli altri era il diritto dell'actus inchiudente quello di procedere con giumenti e carri: qui actum habet, et plaustrum ducere et iumenta agere potest, sed trahendi lapidem aut tignum neutri eorum jus est (3). Qual era poi il motivo inibente agli utenti di trascinare per le vie gravate soltanto dell'actus, oggetti troppo voluminosi e pesanti, come le pietre, o troppo lunghi, come le travi? nessun altro che la loro strettezza che non dava passo sufficiente. E siccome actus vehiculi dicevano il diritto ed il fatto della passata di un-carro, le strade strette ed ammettenti una sola passata furon dette anche tecnicamente actus ; quelle che ne am- mettevano almeno due, furono dette viae (4). A scanso poi degl’ incon- venienti emergibili dall'avverso incontro di due carri, praticavano di tanto in tanto delle sortite emicicliche e sulla strada stessa (Anfractus), ove l’un dessi entrava, l’altro passando ; della qual cosa stanno parecchi esempi nella Campagna di Roma. Qual si fosse la minima larghezza legale dell'actus tecnico è taciuto dai giureconsulti come dagli scrittori delle latine etimologie ; ma una misura superficiale assai adoperata dai: Romani; ci aiuta a trovarla : chiamavasi actus minimus, era lungo centoventi piedi, largo quattro (5): Codesta dimensione di quattro piedi (che io trovai in parecchi viatri antichi, privati o pubblici che si fossero) ammetteva a beneficio: degli utenti la possibilità della servitù. attiva dell’actus : attesoché gli assali de’ plaustri antichi erano assai men lunghi de’ nostri. Del resto poi, che (1) De stylo I. Pars. I. cap. IV. — Nardini Roma antica IV, 6. (3) Digest. lib. XLII (3) Paulus in Digest. lib. VIII. De servit. praed. rusticis (4) Isidoro. Originum. IV. 4. (3) Columella. De re rustica. V. 1. SERIE II. Tow. XXI. 34 LE ANTICHITÀ DI AOSTA la servitù fosse possibile, non vuol dire che fosse reale e costante: ed io penso che la parola PRIVATVM campeggiante sul Pondel fosse pei passeggeri una vera intimazione d’avviso per non abusarne. Inoltre i due socii non dovevano guari temer che altri mai se ne valesse per transi- tarvi con carri, essendo quelle roccie praticabili soltanto a bastagi ed a muli. La larghezza summentovata di quattro piedi fu da Aimo ed Avillio serbata in massima: solo da solerti massai, qualche cosa limandone, la ridussero a piedi tre e due terzi (m. 1,085). Aggiungo che il vocabolo Privatum preso in modo assoluto, quantunque adiettivo di Opus, od Ædificium, o Praedium manca tuttora nei lessici. Del resto parecchie iscrizioni si hanno mentovanti vie private cingenti una casa, un predio e via dicendo. Ness. IMP . CAESARIG AVGVSTO, PONTIFICI . MAZZA COS . XIII. TRIB. P0% XXIII. UA. PATR% Questo frammento, omesso dal Mochet, ma riferito prima dal Monterin e poscia dal De Tillet, fu trovato probabilmente sul principio del secolo decimosettimo, e stava infisso nel muro occidentale del con- vento suburbano dei Cappuccini d'Aosta. Era di: marmo bianco, e non molto mancante a destra, cosicché ne 6 facile la restituzione. Nella sua altezza nulla aveva perduto, formava un quadrato di cinquantadue centi- metri di lato, e fu adoperato come materiale in una nuova fabbrica, com'io riseppi dal capomastro istesso che edificolla or sono sette lustri. Fu stampata con esattezza dal Muratori, che ebbela (come tutte le altre lapidi d'Aosta) dal Presidente Conte Caissotti (1); quindi il Newdigate comunicolla al Piranesi (2), dal quale la tolsero il Rossini ed il Canina. Questi quattro architetti la credettero senz'altro quella stessa che già aveva fregiato l'arco onorario ; ma quantunque ne ignorassero le dimen- (1) Nov. Thesaurus. p. 221. (2) Archi trionfali de Romani, tav. 4.8 tte: ce rrr_ ‘sì PER C. PROMIS 30 sioni affatto minime, bastar doveva la lettura sua per chiarirli in quanto errore versassero, mancandovi, col nome e qualità dei dedicanti e colla indicazione del fine per cui fu posta , le principali condizioni delle epi- grafi poste sugli archi onorarii o trionfali. D’ iscrizione stava probabilmente impellicciata nel dado di un piede- stallo portante una statua pedestre di Ottaviano Augusto; nè sarebbe troppo ardita divinazione quella di chi dicesse essere stata alzata ad Augusto dai coloni quella statua, allorquando dal senato e popolo romano gli fu conferito il titolo di Padre della Patria. Da un frammento di antico salendario impariamo essere ciò accaduto nelle none di novembre dell’anno in cui egli numerava la vigesima prima potestà tribunicia, in uno col decimoterzo consolato (1); questa nota consolare non significa qui l’anno in cui Augusto ebbe il tredicesimo consolato (cioè il 752), ma bensì uno qualunque degli anni decorrenti tra il decimoterzo ed ultimo consolato e quello della sua morte (14 dell’èra volgare), come risulta da tante sue iscrizioni; la vigesimaterza potestà tribunicia risponde all'anno 754, allorquando già da due anni Augusto portava il titolo di Pater Patriae. E siccome a que’ tempi tutti i sudditi, e singolarmente i coloni, inge- gnavansi a far sorgere le occasioni per onorare Augusto, é difficile che la concordanza di queste tre note ad altro si riferisca che ad una statua eretta ad Augusto dai coloni due anni dopo che fu dichiarato Padre della Patria, cioè nell'anno della vigesimaterza potestà tribunicia, Quindi la restituzione della lapide si fa evidente nel seguente modo: Imperatori . Caesari . Divi . F . Augusto . Pontifici . Maximo . Consulatus XIII . Trib. Potest . XXIII. . Patri . Patriae. A torto sospetta lo Zaccaria (2), che la parola abbreviata Patr. possa indicare un villaggio o luogo 1 cui abitanti abbiano posto ad Augusto questa lapide , l'innalzamento della quale non poté essere che in Aosta. N° 0, WIACAESARI . AVGVSTZZZ YRINCIPI . IVVENTVTIZ /4ONTIFICI . COS . DESIG. D. D. Il parallelepipedo di tufo calcare, sul quale sta codesta iscrizione è erto 0,30: alto 1,27: largo 0,98; è dilabrato lievemente a destra e (1) Apud Noris Coenot. Pisana. Diss. IL. cap. 9. (2) Excursus literarius. p. 52. 36 LE ANTICHITÀ DI AOSTA sinistra per modo che vi fu perduta la sola prima ed ultima lettera d'ogni linea. Stava in un muro dell’antico convento urbano di S. Francesco " volgendo all'infuori la parte postica: tratto di là, or sono sei lustri, lasciò palese la faccia Antica e letterata. À cominciar dall’alto, i caratteri sono alti centimetri 8,7, 6,7, e sono di stupenda forma e veramente augustèa. La pietra è conservata per modo da dimostrare, che non vi manca linea alcuna, e che non era già impellicciata, ma infissa in co- struzione in qualche pubblico edificio. Il personaggio mentovatovi è senza dubbio uno de’ due figli di Agrippa e di Giulia sorella d'Augusto, nepoti di questo e poscia suoi figli adottivi; esaminando la lapide, si trova poi che non al minor fratello Lucio essa appartiene, ma al primogenito Caio Cesare. Nato questi nell’anno 732 di Roma , adottato con Lucio in infantile età dallo zio Augusto, entró nella gente Giulia , aspirando all'impero ; in lui vedendosi il futuro imperatore, a lui volgevasi di preferenza la: pubblica adulazione ; nell'anno decimo- quinto di sua età fu dal popolo romano designato console, con diritto di assumere questa magistratura dopo cinque anni, cioé nell'anno 752; l'ordine equestre lo acclamò Principe della gioventù. Ma siccome tutti questi onori ebbe Caio comuni con Lucio, e non comuni soltanto ma anche contemporanei, così non vi sarebbe modo di definire a quale dei due spetti la nostra iscrizione, se non fosse della speciale indicazione della carica di pontefice, ‘alla quale fu da Augusto assunto Caio, onde aprirgli la via alla suprema dignità di pontefice massimo , da esso già trasfusa nella persona dell’ imperatore. Lucio pure sacerdotò, ma gli scrittori, i marmi e le monete lo dicono augure soltanto, mentre queste triplici testimonianze stanno pel pontificato di Caio, al qual grado fu sollevato nell’anno 747. Entrato console ordinario nell’anno 752, quindi portatosi alla guerra Armenica, moriva a Limira di Licia nel febbraio del 756, quarto dell’èra volgare, diciotto mesi dopo del fratello Lucio Queste note cronologiche con isquisita critica ed erudizione stabilite dal Cardinale Noris (1), dimostrano che codesta iscrizione va attribuita + Caio Cesare, e che l'età sua ‘corre ne’ cinque anni volgenti tra il 747 nel quale fu designato console, ed il 752 quando entrò in carica. La restituzione n’ è dunque chiarissima: C. Caesari . August. F. Principi . fuventutis . Pontifici . Consuli . Designato . Decurionum . Decreto. Non (1) Caenot. Pisana C. et L, Caesarum. passim pra Lt PER C. PROMIS 37 lieve copia di iscrizioni simili abbonda ne’ tesori epigrafici; una mè eguale affatto (1): altra similissimma trovasi a Martigny nel prossimo Vallese, e leggesi presso tutti i raccoglitori di quella regione. Niro M. ANGWUUNS . M . L. VER. MAC. M.L. ANV. Nella regione di Veyne presso S. Cristoforo, circa due miglia a le- vante d'Aosta, dal monte, che è di granito rosso, spiccasi uno scheggione ridotto a scalpello in altezza di un metro, spianato di sopra, con tre faccie inclinate e la quarta addossata al monte, cosicchè il complesso presenta una piramide tronca. Sulla faccia anteriore e meridionale fu intagliata in tre linee um iscrizione , che il tempo corrose per modo da renderne disperata la lezione, meno che nell'ultima linea, la quale anche dal Mochet e dal De Tillet fu copiata quale io la vidi; oscitante è però la loro scrittura nelle due altre, nè veramente essa dà alcun senso. Nella prima dopo la M. (Marcus) vi sono traccie di AVG.... VS. come chi dicesse Augurinus: ma non essendo nome gentilizio, non si può ammettere. L'ultimo vocabolo ANV. è probabilmente abbreviazione di Anubio servo o sacerdote dell'egizio dio Anubi, ed anche cognome ro- mano (2). Ad altri più dotto e più fortunato di me, la cura d’interpretarla, assai ed invano essendomi io affaticato attorno. Lo spianamento superiore orizzontale ed il masso del monte che vi si atterga danno all’opera la forma non tanto di un piedestallo, quanto di un’ara; nè veramente vi si potrebbe attribuire altro scopo più opportuno e conveniente. In tal caso l'epigrafe andrebbe tra le sacre. (1) Ap. Gruterum. p. 234. (2) Novelle letter. di Firenze (1786), p. 295 38 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Ni Q. PETILIO EROTI . AVO PETILLIAE . Q. L. FAVSTAE . AVIAE Q. PETILLIO . CLEMENTI PATRI . VI. VIR. L. PETILLIO . MARTIALI FRATRI FIRMIAE . Q. F. TERTVLLAE MATRI SALVIAE . ASCYSAE . VXSORI Q. PETILLIVS . Q. F. SATVRNINVS MIL. LEG. \XII PRIMIGENIAE VIVIR. AVGVSTAL. AEDIL. liVIR. TESTAMENTO FIERI . ROGAVIT ARBITRATV Q. PETILLIO SVRE Questa magnifica iscrizione sepolcrale, nella quale si hanno i nomi di sei persone della famiglia Petillia e di due altre in essa ammesse , fu trovata presso Chátel-Argent circa la metà del secolo decimosettimo ; posta dapprima in quella cappella, fu quindi trasportata a Villeneuve ed infissa in un muro. I territori di questi due villaggi, situati allo sbocco di val di Cogne e ricchi di bellissimo bardiglio , ebber molta importanza sotto il Romano dominio, a giudicarne dalle lapidi che vi furono rinvenute, dalle monete e dagli antichi ruderi che tuttora vi si Scuoprono. La lastra in bardiglio d'Aimaville è larga m. 0,72: alta in tutto m. 2,24, e termina in timpano portante scolpita la Gorgone: sotto questo havvi un campo rettangolare con due leoni che procedono in riguardo; abbasso alla scritta è un bisellio fiancheggiato da due fasci di littori. Sola dubbia lezione è nella linea undecima, dove nel cognome della donna è una breve lacuna tale da contenere soltanto le lettere VS compienti il cognome ASCVSAE PER C. PROMIS 39 vezzeggiativo di Arescusa, che trovasi anche in altra lapide d'Aosta , inferiormente, al n° 27 ; nella linea decimaquarta la prima nota nume- rale della legione fu dal quadratario segnata solo per metà; un errore di ortografia sta nella prima, altro con uno di grammatica nelle due ultime linee. La forma dei caratteri ed il numero XXII della legione indicano non essere la lapide posteriore alla metà del secondo secolo, asserendo Dione che diciannove erano a quest'epoca le legioni. Ne impariamo che Q. Petillio Saturnino soldato della legione vigesima- seconda, Seviro Augustale, edile, duumviro lascid per testamento che fosse eretta questa lapide all'avo Erote, probabile stipite della famiglia venuta coi coloni nei Salassi, ed all'ava Fausta; al padre suo Clemente seviro urbano, colla moglie Firmia Tertulla e col fratello Marziale , nonché alla propria moglie Salvia Ascusa ; alle cariche coperte in patria da Saturnino alludono le sculture del marmo. L'arbitro (il quale nei casi privati istituiva la perizia del lavoro, come ne’ pubblici la facevano i censori, gli edili, i curatori dell'opera, ed alla cui: decisione dovevano attenersi le parti, il quadratario cioè ed i committenti) fu il consanguineo Q. Petillio Sura: la espressione Arbitratu ha molti esempi nelle antiche lapidi e segna- tamente nella celebre romana di C. Cestio, contemporanea alla fondazione d'Aosta. Fu messa in luce, primieramente per quanto io sappia, dal Gioffredo (1), il quale non vide sicuramente l'originale, non essendovi nella sua lezione cosa alcuna che sia rimasta sana; diró soltanto che le cariche di chi pose l'epigrafe Viir augustalis aedilis vir, dal Gioffredo vengono distesamente lette sextumvir augustalia edidit triumvir. Quindi fu edita dal Muratori (2), intromettendovi molti errori, che poi invano ingegnossi a spianare ; tali essendo le due stampe di questa iscrizione, potrebbesi essa considerare tuttora come inedita, se un esatto disegno non ne avesse dato il cav. Aubert (3). (1) Theatrum Pedemont. M. 39. (2) Novus Thesaurus. p. 729. (3) La vallée d Aoste. pag. 76. 40 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Neu. WWW ANST\S VIVIR . ET AVGVST, QVI . INTER . PRIMOS AVGVSTALES A. DECVRIONIBVS AVGVSTALIS . FACTVS . EST VIRIAE . MAXIMAE VXORI . CARISSIMAE ET . VRSO . LVPO . LEONI LIBERTIS . FVTVRIS. Fu rinvenuta questa iscrizione in Aosta presso la chiesa di S. Lorenzo: la riferisce il Monterin, dandone la ubicazione, ma tacendone il De Tillet fiorito circa settant’anni dopo, ho ragione di credere che a'suoi tempi già fosse smarrita. Il Gioffredo (1), che forse fu l'ultimo a vederla , la stampò guasta ed inesatta: il Durandi (2) la diede in assai miglior modo. La principal differenza tra quest'ultimo e quelli che videro l'originale , ma nol seppero leggere, sta nella penultima linea, nella quale il Durandi legge Vrso . Lupo . Poloni, laddove il collettor valdaostano nota /rso . Luppolioni; togliendo una P e scindendo la lezione, si fa più razionale. Il dirsi in essa che Fausto (di cui andarono perduti nome e cognome) dai decurioni fu fatto augustale nella prima istituzione del collegio, prova essere Pepoca dell’iscrizione dei primi anni di Tiberio, e tanto più che Fausto la pose in vita. Il Noris citolla dal Grutero (3) per provare che la particella ET nella seconda linea dev'essere ritenuta, standovi per dimostrare come Fausto fosse non solo augustale , ma anche seviro, ossia de’ sei primi; noto essendo che numerosi erano quei collegi, divisi anche in seniori e giuniori, e presieduti da sei personaggi nominati dai decu- rioni. Primo a stampare questa lapide fe.l'Apiano (4) nell’anno TO SUS, dicendola in Milano nella chiesa di S. Nazzaro ; Grutero che dall’Apiano la tolse e dalle schede di Andrea Alciati , ripeté la stessa ubicazione. Ma (1) Theatr. Pedemont. M. 37. (2) Alpi Graie e Pennine. p. 40. (3) Caenot. Pisana. Y. 6. Grutero. p. 409. Bagnolo. p. 94. Grutero nola, che dopo Futuris havvi nel codice del Redi la particella ET seguita da una lacuna (4) Inscriptiones sacrosanctae antiquit. p. 31 PER C. PROMIS Á1 quando io trovo specificato dal Gioffredo e dal Monterin di averla copiata essi stessi tra il 1600 ed il 1650 nella cattedrale d'Aosta, e trovo uno di essi commettere la stessa confusione di nomi (Luppolloni), che fu com- messa od accettata dall’Alciati, credo che questo operoso ricercatore di epigrafi se ne sia procacciata la scheda ed altri poi vi abbia iscritta quella fallace indicazione: fato non infrequente nelle nostre lapidi. L'inesattezza dell’Apiano apparisce da ciò solo, ch'egli registrò tra le Milanesi, sic- come esistente in S. Ambrogio quella posta da Adriano sul suo acquedotto e che tuttora conservasi come fa messa in opera in Atene. y | Nenad y L. ARRVNTIO i AVGVSTANO VIVIRO . AVG. "i y Stava questa lapide (sicuramente sepolcrale, come lo dimostra il timpano in alto, che n'é carattere quasi esclusivo) nel pavimento. del \ coro della parrocchiale di Gressan, d'onde fu tolta nell’anno 1851. È in bardiglio d'Aimaville, alta m. 1,87: larga m. 0,68; le lettere sono j del primo secolo dell’ impero , ed è inedita. Posta ab antico in costruzione, la calce tenacissima che. aderì alla sua faccia anteriore incorporossi colle tre ultime linee, annullando mezzo lo scritto. Suo pregio è di rammentare un Seviro Augustale nativo d'Aosta, ovvero d'una fra le tante colonie Auguste, delle quali l'Italia sola ne contava ventotto : che fosse però cittadino d'Aosta me lo fa credere l'essere ivi stato assunto all'onore di Seviro Augustale, onore che solitamente non conferivasi che ai cittadini (1): il nome gentilizio è quello della romana ed etrusca famiglia degli Arrunzi; non credo però che il nostro nulla avesse di comune con L. Arrunzio console dell’anno sesto dell’èra volgare, quantunque sia probabile che fosse figlio di un suo liberto, essendone l’età contemporanea attestata dalla bellissima forma delle lettere. Aggiungerò che, nella chiesa stessa osservasi la parte inferiore di un cippo di bardiglio, cinto di bella sagoma, (1) Che i cittadini d'Aosta si chiamassero Augustani risulta anche dalla celebre lettera di S. Eusebio À circa l’anno 356, diretta alle sue Pievi. Serie IL Tom. XXI. 6 M bu b fl 4 42 LE ANTICHITÀ DI AOSTA e nel quale furono abrase le lettere di una epigrafe mortuaria, solo leg- gendovisi l'ultima linea INCOMPARAPILIS , appellativo encomiastico dato . ad una moglie o ad un marito. Nite ay V. Es WUWUSILN\NA . SIBI . E% Vi. © . ilviR . ANG. UAPTIMO . ET WU Disegnai questo inedito frammento in bardiglio d'Aimaville (lungo m. 1,54: alto 0,90: grosso 0,10) come lo trovai in ufficio di mensa di altare nella parrocchiale di Chátillon, di dove fu poi tolto. L'iscrizione, che é sepolcrale, ne informa che una Silvina, essendo in vita, pose questa memoria a sé stessa ed al marito ornato della dignità di Seviro Augustale. Manca al marmo porzione a destra, quasi una metà a sinistra, ed abbasso manca una linea; apparteneva ad una lapide lunga almeno tre metri: le lettere vi sono di forma eccellente, alte millimetri 160 per la prima linea, poi 146, 130, 134: spirano i tempi di Nerone o di Tiberio, e le dimensioni del marmo indicano avere questo frammento appartenuto ad un magnifico monumento. N. 15. C. SALLVSTIO . CRISP. L. ERASTO . VIVIR. C. SALLVSTIO . CRISP. L. PAMPHILO SALLVSTIA . CRISPI . L. LOGE SIBI . ET . SVIS + V. F. Questa lapide trovata nel comune di Carema, ultimo villaggio di val d'Aosta, finitimo al Canavese, fu fatta conoscere dal Cav. Gazzera (1), il quale illustrandola con un passo classico di Plinio il Vecchio, provò che Sallustio Crispo, patrono di codesti liberti, era nipote del celebre storico omonimo e padrone delle miniere di rame dette Sallustiane nei (1) Del Ponderario ecc. p. 36. PER C. PROMIS 43 Cenironi, dalla qual provincia portato il minerale in val d'Aosta veniva posto in magazzino in quel vico. La nuda qualità di Seviro data ad Erasto significa che era dei Seviri urbani. N° 16, L . BAEBATIo L.F.SERG. FORTVNATO | AEDILI . PATRI ! PIENTISSIMo FORTVNATA | FILIA Prima fra le iscrizioni mortuarie minori pongo questa dell'edile 1 L. Bebazio , la quale è scolpita in tufo calcare desiniente in timpano, | alta 0,562: larga 0,280: le lettere ne sono alquanto scadenti. Sta nella chiesa di S. Cristoforo, parrocchia a levante e non lungi da Aosta, e nella quale si rinvennero altre antichità. Trovasi già nella raccolta ma- noscritta compilata dal Mochet, or sono piucchè due secoli; primo a H pubblicarla fu il Cav. Gazzera (1), il quale nota a ragione, che man- candoci iscrizioni militari d'Aosta mentovanti la tribù, fa d'uopo per ora contentarci di questa ed ascrivere la valle, sino ad ulteriori scoperte, alla tribù Sergia ; esatta è la lezione ch'ei dà di questa lapide, solo ag- giungerò che la prima sillaba del nome Baebatius è col dittongo, come vuol ragione , per essere col dittongo il gentilizio Baebius, dal quale esso deriva. Ad avvalorare lanzidetta congettura circa la tribù adduco la sola lapide del contermino Vallese, la quale di tribù faccia menzione, quella cioè di Sesto Vareno infissa nel campanile di Massonger a tre chilometri da S, Maurizio in Vallese; Vareno vi è detto della tribù Sergia (2), e siccome il paese de’ Salassi e de’ Veragri limitrofo e per- corso dalla stessa strada, dovette sotto i Romani soggiacere a sorti | identiche dopo simultanea conquista, vieppiù si fa credibile essere state le due regioni ascritte alla Sergia. (1) Del Ponderario p. 18. (2) Murith. n.? 45. Mommsen n." 27. 44 LE ANTICHITÀ DI AOSTA N° 17, D. M. P. VINESIO . FIR MI. Q. AED. ET IVIR. MVNERAr P. VINESIVS . FOR TVNATVS . ET . VI NESIA . FAVSTINA PATRI . KARISSIMO DVM . VIXIZZAESI CESSAVI . PERDERZZZ MORS . INTERGESSIT NVNC . AB . VTROQVE . VACO Trovasi in Aosta nella casa Cristiani ora Gerbore, scolpita in bar- diglio d'Aimaville, larga 0,685: alta 1,323; finisce in timpano, su' cui pioventi rampano due colombe. Rinvenuta nel 1728, dal Muratori fu stampata, colmandola d'errori e dandola al solito per Torinese (1). P. Vinesio Firmio o Firmidio fu questore in patria, edile e duumviro munerario ; ebbero questi duumviri da Augusto istituzione e nome (2): curavano nelle colonie e nei municipii i pubblici giuochi e specialmente i gladiatorii (3). Non è perd, che P. Vinesio vissuto abbia ai tempi di Augusto, ma bensì all’età degli ultimi Antonini, come argomento dall’in- taglio delle lettere ed anche meglio dal distico chiudente l'iscrizione. Trovasi questo infatti a que’ tempi e nei posteriori, come dimostrano la lapide Veronese di Q. Ottavio Primo (4), la Bresciana di Minicia Fortunata(5), la Torinese di L. Tettieno Vitale (6): in queste due ultime il distico è così : Quaerere cessavi numquam nec perdere desi. Mors intervenit nunc ab utroque vaco. (1) N. Thes. p. 759. Travide la vera lezione, quantunque non l’adottasse, (2) Quintiliano VIII. 3. 33 (3) I. Lipsii Saturn. Sermonum I. 7; UL 8. (4) Maffei. Museum Weronense. p. 172. (5) Bonada. Anthologia. Il. 412. (6) Marmora Taurinensia. II. 58 PER C. PROMIS 45 In quella d'Aosta invece le lacune non impediscono una sicura resti- tuzione a questo modo: Dum vixi quaesi, cessavi perdere tum quum Mors intercessit, nunc ab utroque vaco. Questo prorompere d'uomo che esclama: lucrai in vita, cessai di perdere quando morte mi colse, de'guadagni e de'danni or mi riposo : questo prorompere è d'uomo, che malgrado le cariche coperte in patria, attendeva altresi alle positive faccende della mercatura. Neb V. Es C . IVLIVS . MAM. FIL . SIBI . ET VALERIAE . PRIMAE VXORI C.IVLIO. C. F. PRIMO L.IVLIO. C. F. :VDINO P.IVLIO.C.F. TERTIO C.IVLIO. C. F. QVARTO FILIS Stava questa lapide (in bardiglio d'Aimaville, larga 0,468: alta 1,180) all'altar maggiore della chiesa di S. Vittorio in Roisan, villaggio ferace di romani avanzi, come quello che.é posto al confluente della strada e torrente di val Pellina colla strada e torrente del Gran S. Bernardo. Colà fu veduta dal Mochet e dal De Tillet: ma quando il Muratori (1), quindi il Durandi (2), e più tardi il Murith la stamparono (3) come tuttora in quel luogo, già da parecchi anmi stava in Aosta nella casa Cristiani, ora Gerbore. Il cognome del padre di C. Giulio è veramente MAM. (Mamercus ovvero Mamertinus), non MAN. come scrive il Durandi. Noto che nelle copie a mano ed a stampa tutti andarono a gara nel mettere in serie aritmetica i cognomi dei quattro figli, alla scrittura distesa sostituendo le note numerali; al terzo scambiarono in Caio il prenome Publio, anzi per far più compiuta la simmetria, vorrebbe il Muratori chiamar Caio (1) Pag. 1361. (2) Alpi Graie e Pennine. p. 57. (3) Inscriptions du Vallais. N.o 1 bis. y 46 LE ANTICHITÀ DI AOSTA anche il secondogenito Lucio. Fatto si è che il primo ed i due ultimi hanno cognomi procedenti coll'ordine di lor nascita, ma che il secondo 5 Į ) è cognominato Tudinus colla T frapposta dal quadratario che l’aveva scordata. Trae origine dall’antica voce Tudites o Tudes (martello), la uale valse il cognome aggiunto al console P. Sempronio Tuditano (1). q 5 I Mig y C . AVILLIVS . C.L. LVCRO SIBI . ET . TVLIAE PAVLLAE . L . FLORAE Trovasi nella casa comunale del villaggio di Lamet presso Gressan, scolpita in bardiglio d'Aimaville, lunga 0,90: alta 0,48. Codesto C. Avillio Lucrione che si dice liberto di Caio, lo è forse dell'autore del Pondel € lo rende probabile la forma delle lettere che à del primo secolo ; la liberta Tullia Flora, senza il titolo coniugale, ne è la probabile concu- bina. Della gente Tullia vedremo altro individuo in altra lapide; questa € inedita, N 20, Q. AVILIVS Q. L. QVARTIO SIBI ET IVLIAE . C. F. RVFILLAE VXORI FIRMINO . M. L. ET SECVNDINO . FIL. La lastra é in bardiglio d'Aimaville, larga m. 0,45: alta 1,37, é da due secoli almeno fa ufficio di gradino a Villeneuve nella scala di una casa privata, che a’ tempi de’ primi copiatori fu di un Antonio Vuiller. Fu sorte che la leggessero il Mochet ed il De Tillet quando era ancor sana, e che quindi la pubblicasse lo Zaccaria (2), e nella sua raccolta manoscritta la inserisse il Bartoli (3), attesochè in oggi, per lo stropiccìo (1) Tudites malleolos appellabant antiqui a tundendo. Inde Ateius Capito existimat Tuditano co- gnomen inditum. Festo in Tudes. Altro esempio di cognomi procedenti in serie aritmetica si ha nelle simbole del Gori ( VIII, 14). (2) Excursus literarius. I. 57. (3) Antichità del Piemonte. MS. p. 91. PER C. PROMIS 47 di chi passa, delle sessantasei lettere che la componevano, sono leggibili le sole ventitrè desinienti a destra; quanto rimane mi fornì parecchie emendazioni a quelle schede, specialmente nella sesta linea, che in esse è Firminomiea, E poichè Villeneuve non dista più di tre chilometri da Aimaville, è credibile che il nostro Quartione sia stato. emancipato da un discendente degli Avilli del Pondel. Nas Toit MARICCA . NAMIG FIL. SIBl . ET SATVRNINAE . F. T. TVLLIVS CASS! . FIL. SECVNDVS F. Y Le lettere ne sono intagliate in una bella lastra di tufo calcare, larga m. 0,57: alta 1,20; abbasso stanno due putti scherzanti attorno ad un canestro di fiori. È nella casa Cristiani in oggi dei Gerbore, e fu rin- venuta ha circa un secolo; la sua epoca non è posteriore a quella dei Flavii. È importantissima questa lapide pei due primi nomi designanti individui delle antiche razze locali, Maricca donna Galla (1) oppure Salassa, figlia di un Namico, che dal nome pare Gallo o Salasso esso pure: la qual cosa la distingue da tutte le altre iscrizioni Augustane non portanti altri nomi che romani. Maricca ingiunse per testamento che a sè ed alla figlia fosse alzato un monumento, e l'opera fu procurata (Faciundum curavit) da un Tito Tullio Secondo; la C. iniziale nell’ultima linea manca perché abrasa. Agginngeró che essendo la lapide del primo secolo (come argomentasi dalla forma dei caratteri), l'assenza dei prenomi per Maricca e per Namico vieppiù accusa l'origine loro gallica o salassa, non avendoli quelle genti assunti se non dopo essere state fazzonate alla romana. (1) Tacito. Histor. Il. 61. Mariccus quidam, e plebe Boiorum. . . . provocare arma romana. . . . ausus est. Descrivendo la guerra civile Vitelliana. — 4 j f I 48 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Nisoanes d M. Nuda. D. M. MALERI . IN PETILIAE . SEV /ANVINI.M.VA ERAE . VALERI. WNETTIANNS. VETTIANVS . M. /"A4TRI .KARISS. ATRI . KARISS. Riunisco queste due iscrizioni sepolcrali di persone che insieme vissero , insieme furono tumulate, e sì benigna ebber la sorte che anche le lor memorie tornarono in luce insieme. Stanno in due lastre del solito bar- diglio , lunghe m. 0,78: alte 0,43, scorniciate all' intorno e colla scritta entro cartelle ad orecchioni ; sono dell'anno ducento all’ incirca. Affatto sana è quella di Petilia, probabilmente della gente di cui riportammo la magnifica lapide al n.° XI; l'una e l'altra essendo stata posta dal figlio M.: Valerio Vettiano, la seconda ne dà il sicuro ristauro della prima, a questo modo: D. M. | M. Valeri . In | genuini . M. Fa | lerius. Vettianus | Patri . Karissimo |. Il nome Ingenuino mi è suggerito dalle misure della pietra, nonché da altra epigrafe che dard al n.° 40; laggiunto Vettianus di colui che pose le due lapidi fa credere che nato nella gente Vettia , fosse poi passato per adozione in questo ramo dei Valeri. Il titolo della madre stava da lunghi anni nel muro del cimitero di Chatillon ; nello stesso luogo fu trovato l’altro alla metà del corrente secolo. I2 más ba ost VALERIAE MANSVETAE VAER. SEVERS CONIVG. ET VAER. SEVERA MATRI . PIISSI MAE Alle anzidette epigrafi della gente Valeria aggiungo questa eretta a Valeria Mansueta dal marito e dalla figlia. Sta a S. Orso d'Aosta, ove già l'aveva veduta il Guichenon, or sono due secoli, è in tufo calcare, larga 0,288: alta 0,600, e desiniente in timpano. La forma delle lettere accenna il terzo secolo. | | — a ——— > PER C. PROMIS 49 N° 25, DIS. MANIBVS Q: LVCRETII . CARISSIMI FILI . PIENTISSIMI ANNORVM XXI Q. LVCRETIVS . SVCCESSOR PATER DOMITIA GRACCA MATER LVCRETIAE . Q. LIB. AVIAE Lapide in tufo calcare alta 0,80, larga 0,54, scorniciata e rotta nella parte inferiore. Sta in Donnaz, nella casa Chantel, e la lessi non senza fatica , tanto la trovai obliterata dalla calcina sovrappostavi; ne diedi copia al Cav. Gazzera (1), che primo la mandó in luce. La sua età é quella degli Antonini, e contiene i nomi di tre generazioni di una famiglia libertina stanziata in quel vico. N. 26, D. M. Wi PRISC AE TERENTIVS RESTVTVS ET T. TERENTIVS VIATOR ET TERENTIA PRISCILLA MATRI PIISSIMAE ET POMPONIVS BIITO COIVGI KARIS. Sta in Aosta nel chiostro di S. Orso, in tufo calcare, alta 0,64, larga 0,42, ed é priva soltanto del nome gentilizio della donna tumulata, che lo spazio abraso permette di restituire in Terentiae, come vediamo dalla lapide al n.° 24 non essere stato raro in quella colonia che donne (1) Del Ponderario, ecc. p. 35. SERIE II. Tom. XXI. "1 i p 1 | y 5o LE ANTICHITÀ DI AOSTA di una gente prendessero marito di egual nome. Essa fu posta a Prisca dai figli Restituto, Viatore e Priscilla, non che dal marito in seconde nozze Pomponio Bitone , il cui cognome è qui per isbaglio scritto con doppia I. Forse appartenne a questa famiglia Terenzia un fondo o massa in val d’Aosta, ne’ bassi tempi appellato Terentianum, come da docu- mento dell’anno 1196 (1); notisi eziandio che Terenzio fu il nome gen- tilizio del romano conquistatore della valle. Non fu ancora stampata. Nan D. M. L. POMPVLLI PRIMITIVI L. POMPVLLIVS IANVARIVS ET PVLLIA ARESCVSA PARENTES É in un cippo da essere infisso in terra, intagliato in pietra calcare, largo 0,290, alto 0,700 fuori terra e 0,115 entr'essa; lo riporta il De Tillet come trovantesi a'suoi tempi in casa Rebogliatti, ora vedesi in casa Gerbore. Il nome Pullia portato dalla madre è un semplice vezzeggiativo del gentilizio Pompullia, volentieri ritenuto dal quadratario per non uscire dagli allineamenti. Trovasi presso il Muratori (2) con esattezza, salvo lerrore del dirla a Torino e nella chiesa di S. Gervasio, che non vi ha mai esistito. INE ae D. M. S. EMILIO FORTV NATO FILI PATRI BEN MERENTI ET CLAVDIAE FIRMINAE MATRI BE NEMERENTI ETZZ// 0. FIRMINO WWW (1) Mon. Hist. Patr. Chart. I. n.° 703, È un villaggio oggi detto Torensan presso Allein, (2) Novus Thesaurus. p. 1203. | | | PER C. PROMIS 51 Cippo in bardiglio d'Aimaville desiniente in timpano , largo 0,420, alto 0,988 ; nel vestibolo della casa Gerbore, ove provenne dal villaggio di Roisan, giusta il Mochet che lo vide all’altar maggiore di quella parrocchiale. I figli pongono questa memoria al padre S. Emilio Fortunato, alla madre Claudia Firmina e ad un altro Firmino, del quale due lacune resero illegeibile il grado di parentela nonché il nome gentilizio : ma poichè il Mochet vi lesse Claudio, questi doveva essere padre di Firmina e le ultime linee si leggerebbero Matri Benemerenti et Claudio Firmino Avio. È inedita. NS mots D. M. IVL . SATVR IONIS IVL. SATVRIANVS PATRI KARISSIMO Stava in Aosta in casa Lyboz, quando la copiarono il Mochet ed il De Tillet ; dalle loro schede l'ebbe lo Zaccaria (1) per opera del Ricolvi; laveva perd già data correttamente il Guichenon, a’ cui tempi stava nelle case del, Vicebalio ; la riprodusse anche il Muratori (2), dicendola a Torino, chiamando Saturno il figlio e proponendo pel padre il nome di Saturnione. Ora è smarrita. N.2535b. D. M. T. IVSTINAE FILIVS. PIEN TISSIMVS ET NVRVZ PIENTISSIMZ POSVERVNT Veduta dal Mochet nella cappella del castello di Chátel-Argent, dalle sue schede fu stampata per cura del Vernazza (3). Le lacune della quinta (1) Excursus liter. p. 52. (2) Novus Thesaurus. p. 1261. (3) Notizie corografiche ecc. per Onor. Derossi (1781) II. 145. il I ti; WW 52 LE ANTICHITA DI AOSTA e sesta linea si suppliscono da sé; il figlio e la nuora non v'apposero i loro nomi. Pare smarrita da lungo tempo. Ne V. F. T. OFILIVS AMETHYSTVS SIBI ET OFILIAE APHRODITE CONIVGI KARISSIMAE Trovata nel 1728 scavando le fondamenta della parrocchiale suburbana di S. Stefano, dietro alla quale vedesi ancora in oggi. È in marmo di Aimaville. M d D. M. APPONII FE LICIS. APPO NIVS FELI CISSIMVS FILIO KARIS SIMO A’ tempi del Mochet stava presso avvocato Maillet, ben conservata : il De Tillet la riferisce frammentata, ambedue scorrettamente. Ora è perduta, ma facilmente correggibile; è inedita e la do emendata. N.^ 33. D. M. ANNIES EVRIDIS G. ANNIVS VALERIANVS CONIVGI Trascrivendo il Pingone, il Mochet, il Guichenon ed il De Tillet questa epigrafe, la dicono posta nella cattedrale contro un pilastro del coro; ora è perduta. Aggiunge il Pingone, che le lettere ne erano grandi ed eleganti e nera la pietra, cioè, a parer mio, di pietra ollare. ar © PER C. PROMIS N°34 ¿coge M. N°35, 4 M. OCTAVIAE ELPIDIAE WUN\ ELPI FLAMINIC % OCTAVI ZANNANNS UNS Di queste due epigrafi, venute in luce nel 1728 negli scavi per la chiesa di S. Stefano, il De Tillet ne fa una sola ; esistono peraltro ancora incastrate nella facciata di quella parrocchiale, intiera la prima, rotta pel mezzo la seconda, ambedue di bardiglio. È della seconda sicura la f restituzione: D. M | Octavi Elpi | dii. Octavi | F. Octavianus | Elpidius |; nella prima, all’abbreviatura FLAMINIC non manca nulla, essendo l’assenza del dittongo finale motivata dall'aver il quadratario trasposto di troppo la parola a destra. Questa qualità di Elpidia ci scuopre una sacra istituzione innominata nei marmi d’Aosta, quella cioè dei Flamini, fosser dessi Diali, Marziali o d’altra divinità: noto essendo che la voce Flaminica è speciale appellativo delle mogli dei Flamini. N.° 36. D. M. UMES . NALERIAN Uis NL PICIANVSZZZ VILMIALP .\\ . CONIVGZZZ WIDE. ET . INCOMPARAB | YWANA.ET .VALERIANVS TERENTII WINS. ET. SIBI. V. F Corrottissima è questa ch'io tolgo dal De Tillet e dal Mochet, il quale la dice presso la chiesa di S. Lorenzo. È così mal copiata, che quella sola restituzione vi riuscirebbe che fosse fatta con eccessivo arbitrio Neo” D. M. C. CASSIVS CAELIAE NVTRICI BENEMERENTI n me E 54 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Il Mochet, che circa l’anno 1650 inserivala nel suo manoscritto, la trovava nel castello d’Issogne sulla destra della Dora dirimpetto a Verrez. Un secolo dopo, il Maffei (avendola avuta dal conte Carlo Stortiglione, che parecchie altre glien’inviò di quella provincia) la stampava, chiamando CALLIA la donna (1). N° 38, bi cM C. IVL. CATIAN. Q. V. AN. INT. M. X. C. IVLIVS NICEPHORVS E riferita soltanto dal Mochet, ai cui tempi stava nel cimitero di S. Cristoforo presso..Aosta: non fu stampata. N° 39, MUL ANNOS . XVII MESES. Ill . D. XXV IVLIVS . EROS COIVGI INCOMPARABILI Frammento in pietra ollare largo 0,33, già veduto dal De Tillet, il quale o vi omise, o non vi trovò gli anni, ed ora in casa Gerbore. Vi manca il nome della moglie cui fu eretta la lapide, che non fu mai messa in luce. N° fo, 777777777, 777777777, CONDITO 7777 D. S. POSVIT CVRANTE . G. INGENVINO EVTYCHE Trovasi questo inedito frammento, in marmo bianco, largo 0,165, (1) Appendix ad Mus. Veron. p. 233. PER C. PROMIS 59 in casa Gerbore. Manca nella parte superiore laddove stavano i nomi dei sepolti: ma ve n’é abbastanza per sapere che un tale Conditorium . Le . Suo . Posuit . Curante . Gaio . Ingenuino . Eutyche. E poi noto che Conditorio appellavasi il piccolo edificio nel quale condebantur i cadaveri, oppure le loro ceneri, come ne fanno fede anche le iscrizioni. N° 41. IVLIAE WWW VAS E VITALIS MATRI . SVAE FECIT Questo inedito marmo, ora smarrito, è dato dal Mochet come esistente nel coro della parrocchiale di Gressan (Grazanum, Gratianum in carta del 1184 (1)). La terza linea evidentemente sbagliata, forse conteneva il nome Zulius del figlio che pose il monumento. E poichè nelle antiche lapidi, e nominatamente in quelle d’Aosta, i nomi della madre si ripetono di frequente ne’ figli, crederei che la seconda linea vada supplita col nome Vitalis. Ultima iscrizione pagana e sepolcrale pongo codesta inedita, la quale conservasi nella casa Gerbore; è in bardiglio di Aimaville, alta circa 0,55, larga 0,27; ha in alto una cartella, nella quale stava in quattro linee un'epigrafe ora abrasa e frusta per modo da rimanervi di sicura lezione le sole lettere INIV porzione del nome Licinius, Virginius od altro si- mile. Sott'essa stavano almeno due tabelle, cinte di goletta in giro ret- tilineo ed emiciclico, nelle due rimanenti leggesi chiaramente ed in caratteri di bella forma: Nan D AM ADI N N M Queste lettere o voci (senza lacune) contengono funebri conclamazioni allora notissime, ed ora troppo difficilmente divinabili. Forse quella a (4) Mon. Hist. Patriae Chart. I. 936. 56 LE ANTICHITÀ DI AOSTA sinistra deve leggersi Ditem ADI Nostras, come chi dicesse Fatti innanzi a Plutone o nostro consanguineo ; quella a destra può spiegarsi con AMatus Noster Mortalis. Ma queste conghietture io le propongo come semplici divinazioni ; imperciocché nè in altre lapidi, nè presso l'erudito Guthero (1) nulla ho trovato che a quelle lettere si adattasse. E intanto da osservarsi, che in ambe le cartelle la lettera N porta in alto la tra- versa, che è il modo col quale gli antichi significavano l'iniziale delle voci Nostras, Noster, Nostra come per molti marmi e singolarmente per quelli posti alle Giunoni ed ai Genii locali e domestici. N° 43, WUA\ESCIT IN PACE BM WANS QNIXIT IN SAE UIUIANPL. MI DP. SVBD. W 7 ZZZ Delle tre iscrizioni sepolcrali cristiane pongo prima questa dell’anno cinquecento all'incirca, intagliata in bardiglio d'Aimaville, di piccole di- mensioni e conservata in casa Gerbore ; la lezione mia è diversa da quella data dal Cav. Gazzera nella citata dissertazione del Ponderario. La mu- tilazione è a sinistra e poi inferiormente ove manca una linea intiera. Leggesi correntemente: (Hic. Req) iescit In Pace Bene Merens | (Virginius oppur Eugenius od altro) Qui Vixit In Sae(culo An)nos Plus III. N° 44, . HIC REQVIESCIT IN PACE SC MEMORI GALLVS EPS QVI VIXIT IN EPISCOPATV ANNOS XVII . MENSES Il . DIES XXII. DP. SVB . D. Ill. NONAS . OCTOBR. DVo DECIES . PC. PAVLINI . IVNIOR . V.C. INDICTIONE . DECIMA L'iscrizione del vescovo Gallo è ad Aosta in S. Orso, in bellissima lastra di marmo bianco delle cave locali, tolta senza dubbio da qualche monumento antico, larga 0,633, alta 1,927. È fregiata abbasso (1) De jure manium. PER C. PROMIS 55 7 di tre croci greche in altrettanti circoli , in alto di quattro archi su colonne, rozza si ma probabile effigie del portico precedente l'antichis- sima cattedrale prima che fosse ristaürata dal re Gontranno (1). La nota d cronica intagliatavi risponde all’anno 546 dell'éra volgare ed al giorno cinque di ottobre. Il Mochet cita dal mortuario della chiesa di S. Orso le seguenti parole: Gallus Epus hic iacet in confessione, cuius corpus in loco inopinato repertum fuit in coemeterio S. Laurentii in nobili mo- | numento idibus mai. 1300. Tale si è la geografica giacitura d'Aosta, che 4 la sua diocesi prima fe’ parte di quella di Vercelli, poi fu annessa alla provincia ecclesiastica di Francia, quindi a quella d’Italia; epperció gli scrittori della Gallia e dell'Italia sacra ne trattarono egualmente, avvegnachè in modo non guari compiuto né esatto, Ultimamente furono queste due ; lapidi date correttissime dal Cav. Gazzera (2). NOTO a HIC REQVIESCIT IN PACE SGM GRATVS. EPS. DP. SVD. VII. ID. SEPTEMB : La lapide del vescovo Grato é in gran lastra di marmo bianco nella i chiesa di S. Cristoforo, villaggio presso Aosta; l'età sua è dei primi anni del sesto secolo, come dalle sottoscrizioni del santo ai concilii di Milano. $ 2. Iscrizioni spurie di Donnaz. Toccando ora delle iscrizioni spurie della valle (che sono due sole, | ed ambe süpposte al taglio di Donnaz), comincierd dalla più famosa, che sarebbe quella dentro o sopra l'arco: TRANSITVS ANNIBALIS della quale non solo parlano parecchi scrittori, ma io stesso udii attestare da non pochi di averla letta. La sua origine devesi a quella tradizione in virtà della quale il Cartaginese passato sarebbe per Puna, per l'altra, infine per tutte le valli dell'alpi nostre. Ora indagando, quanto a val d'Aosta, la genesi di codesta tradizione, diró essere assai antica, perché primo (1) Martirologio della cattedrale d'Aosta per Bartolomeo De Francesia (cod. membranaceo del 1554 - V. kal. aprilis) 4pud Cabilonem civitatem Galliarum depositio ba Gondranni Regis Aurelianensi filii Clotharii primi Regis Francorum instauratoris huius ecclesiae. (2) Delle iscrizioni Cristiane del Piemonte. Serie IJ. Tow. XXI. S 58 LE ANTICHITÀ DI AOSTA ad asserire disceso Annibale lungo la Dora Baltea fu L. Celio Antipater scrivente circa ottant'anni prima di Cristo (1); quindi nell'éra nostra Cornelio Nepote (2), Plinio il Vecchio (3), Ammiano Marcellino (4). Nella decadenza ciò accenna Servio , adducendo però anche altre opinioni (5), lo seguono Isidoro Ispalense (6), Paolo Diacono (7), il Vescovo Liutprando (8), Goffredo da Viterbo (9), Filippo Villani (ro), pià tardi Giacomo Signot sul principio del decimosesto secolo (11) e colle parole che addurrd nel capo V. Vulgatissimo questo libro a quegli anni, come argomentasi dalle tante edizioni, io penso che da esso attinto abbia Paolo Giovio, laddove d'Annibale parlando, dice: apud Bardum eius itineris pagum , perpetuo tanti ducis gloriae monumento, literae ipsis cotibus inscriptae significant (12); le quali parole si fattamente piacquero a Giosia Simlero da farle sue (13). Ad ambe le iscrizioni accennava Domenico Maccanco scrivente in Torino sul principio del decimosesto secolo dicendo: Altero monumento a me in historia transitus Annibalis scripto extare vetus saxum. in quo exo- lescentes priscaeque literae vix lectitantur Justi ac Justinia. Aug. et in arce Bardi in angulo turris: YYYN:O. Quod interpretari potest hanni- balis opus (14). Anche il Monterin al principio del decimosettimo secolo riportava questa iscrizione, come pure il Génand, il Viot ed altri inediti storici o raccoglitori locali, Nel 1650 il peraltro corrivo Guichenon non la vedeva o non stimava di doverla riferire. Pochi lustri dopo Pietro Gioffredo portatosi sul luogo ne cercava indarno le traccie (15), la qual cosa non impedi il De-Tillet d'interpolare il testo di Liutprando per inserirvi il Transitus Annibalis, (1) Apud Livium. XXI. 38. (2) In Annibale. 3. (3) Hist. Natur. NI. 21. (4) Historiarum. XV. 10. (5) Ad Æneidem. X. 13. (6) Originum. XIV. 8. (7) Rerum Longobardicarum. 11. 18. (8) Hist. Y. 9. (9) Memoria Seculorum. XI. (10) Historie. XI. 81. (11) Les passages, lieux et détroits par lesquels on. peut passer des Gaules en Italie etc. Paris. 1518, (12) Historiarum. XV. pag. 296 (1578). (13) De alpibus Comment. (Zurigo 1574). f.? 97. (14) Corographia Italiae Cispad et Transpadi Carolo Sab. Duci subiectarum. MS. dei Regi Archivi. Disdice però questa opinione nei commenti a Corn. Nepote stampati a Torino nel 1508. (15) Theatrum Pedemont. II. 53. Storia delle alpi marittime, I. 131, | | PER C. PROMIS 59 de laquelle inscription on ne peut plus à présent distinguer que quelques fragmens de lettres, tant elle a été effacée par les ruines des temps. Così ad argomento che Annibale fosse disceso per valle d'Aosta, fugli attribuito il taglio e l'arco di Donnaz, quindi trovata o creduta la men- zogna dell’ iscrizione, la quale e per la lingua e per la forma risulterebbe di moderna fattura e finalmente non ha esistito mai. Altra iscrizione spuria è quella di Giustino e Giustiniano che si disse tagliata nella rupe poc'oltre la pietra milliare di Donnaz. Primo a parlarne fu il Maccaneo colle parole succitate; quindi commentandole colla con- sueta sua ignoranza, notava che Giustiniano fu anche detto Alamannico e che di colà passando per combattere i Germani (sic) od in persona, o pe’ suoi generali, lasciovvi questa memoria. Un secolo dopo il P. Rolando Viot ed il P. Francesco Génand nelle loro brevi istorie del Ducato, dopo avvertito che appena più se ne distinguevano le tracce, la davano a questo modo : [VSTIN . ET IVSTINIAN . AVGVSTORVM QVI REGNABANT AN . XPI . CCCCCLXVIII Più tardi e colle medesime parole la ripeteva il Guichenon (1), di- cendola veduta da se stesso, ma estimarla egli di moderna fattura. Fatto è che su quella rupe così pulitamente tagliata non ve n'é traccia alcuna; Giustino e Giustiniano regnarono insieme soli quattro mesi dell'anno 527; Piemonte con ltalia tutta pativano nel 568 una prima invasione Longo- bardica; finalmente a que’ tempi non si contavano gli anni dall'éra cristiana. Tutto ciò dimostra falsa l'epigrafe , ma siccome in quel luogo una ve n'è, ottimamente conservata, e scritta a scalpello sulla roccia entro uno sfondo, io la darò, valendomi delle parole di Pietro Gioffredo , laddove disputando del passo di Annibale per le alpi e negando che abbia avuto luogo per val d'Aosta , conchiude : « Dico finalmente , che, essendomi io l'anno 1672 » portato in persona ne’ detti luoghi di Bard e Donnaz, per chiarirmi » ocularmente se pure vi fosse vestigio della supposta iscrizione (di (1) Hist. généalogique. Y. 41. Aggiungo uno squarcio del Catalogus Praesulum Augustae Praetoriae (MS. del 1609 posseduto dal Cav. Can. Gal), nel quale, dopo parlato delle tre surriferite iniziali che erano a Bard, si ha: «in sinistro latere montis summae rupis sunt haec verba sculpta Transitus » Annibalis; postmodum successu temporis Romani illam suo dominio manciparunt, unde in alio » loco eiusdem rupis haec verba sculpuntur Justi, et Iustiniani Augustorum qui regnabant anno » 528 vel circa ». Ometto parecchi altri autori tutti pretendenti di avervi letto ciò che non vi ha esistito mai. Go LE ANTICHITÀ. DI AOSTA » Annibale) altra non ne ho trovato, se non la seguente in vicinanza » di Donnaz molto pià moderna di quello supponeva chi voleva darmi » a credere farsi in essa menzione d'Annibale, cioè dell'anno 1474, leg- gendosi in quella in caratteri gotici non altro che queste parole (1) nobilis tomas de Grimaldis qom dm dominici ianuensis hic transivit die xv februarii wccccLxxmr » Poi più abbasso è ripetuta la stessa data; quindi è probabile che questa iscrizione (non letta sul luogo, ma tolta da una scheda alla quale l'epigrafe moderna fornì il pretesto di compilare la falsa antica), sia stata la sorgente della iscrizione di Giustino e Giustiniano nonchè argomento sussidiario per convalidare quella del passaggio di Annibale. Prima di chiudere codesto paragrafo delle iscrizioni spurie non posso omettere un mio dubbio, che tra esse debba pure annoverarsi quella riferita tra le legittime al n° 1 del presente capitolo. Già dissi dell’esser questo marmo onninamente sconosciuto ai collettori Piemontesi d’ogni età: crescono i sospetti dal trovarlo presso il solo Muratori così corrivo in fatto di epigrafia: si mulan quasi in certezza dal vedere, che potè benissimo venir composto colle parole di Cicerone citate al cap. IL pag. 16, e mentovanti un Q. Curtius Salassus con un P. Curtius fratello suo. Coloro i quali composero la scheda Muratoriana, sapendo come i Salassi rispondano agli odierni Valdaostani, non dubitarono punto, che siffatta corrispondenza abbia esistito in ogni età, e che la metropoli dei Salassi sempre fosse stata l'Augusta Pretoria. Ma come mai la lapide dicesi esistente in Saluzzo ? Rispondo esser notissimo come i malconti studiosi delle antichità nostre abbiano dal risorgimento delle lettere sino allo scorso secolo spesse volte confuso la città di Saluzzo colla tribà dei Salassi e fattane una cosa sola. 3 Le surriferite 45 lapidi sincere c' insegnano non poche cose: della città e valle d’Aosta sotto la romana dominazione. Ne impariamo che, quan- tunque non segnate negli itinerari, dovevano essere terre d’ importanza quelle che più tardi assunsero nome di Carema, Donnaz, Chatillon , S.' Cristophe, Gressan oltre Dora, Chátel-Argent, nonché Roisan allo sbocco di val Pellina ; è anzi probabile che que’ nomi di terre, che hanno (1) Storia delle alpi marittime (Torino, 1839), col. 131. PER C. PROMIS 61 formazione e carattere gallico ovvero salasso, siansi conservati solto i lomani, quindi venuti a noi con modificazioni di poca importanza. Un cimiterio stava ad Aosta presso S. Orso, un altro alla chiesa suburbana di S. Stefano dove trovaronsi parecchie lapidi e negli scavi apertivi negli anni 1688, 1738 vennero in luce quattro avelli in granito con molti altri minori in cotto. Rendevasi culto al divo Augusto, e così pure a Giove, Giunone; Minerva, Iside, Mercurio, Diana, Ercole: le quali divinità dovevano avervi se non dei templi, almeno delle edicole o delle statue. Ne impariamo che, come convenivasi ad una colonia, in città v'erano questori , edili, duumviri pei giuochi. e pei giudizi: che vi era un corpo decurionale presieduto dai seviri : che vi erano flamini d’ ignota divinità. E finalmente ne impariamo che le famiglie conosciute venutevi in maggior parte coi coloni, appartenevano , od ingenue o libertine che fossero , alle seguenti: Aima, Annia, Antonia, Apponia, Arruntia, Avillia , Bebatia , Calvisia, Cassia, Clodia, Curzia, Elpidia, Emilia, Giulia, Ingenuina, Lucrezia, Ofilia, Petillia, Pomponia, Pompullia, Salvia, Sallustia, Terenzia, Tertulla, Valeria, Vinesia, Viria. CAPO IV. $ A. Tabelle votive a Giove Pennino. Alle quarantacinque iscrizioni sincere d’Aosta e sua valle aggiungerò le trentuna sincere tavolette votive, che furono in vari tempi trovate al Gran S. Bernardo, tutte esprimenti lo scioglimento del voto che il viandante fatto aveva a Giove Pennino e poneva nel suo tempio sito tra l'ospizio presente ed il lago. Vero è che la sommità del monte apparteneva nei tempi antichissimi ai Veragri, come ricavasi dalle parole di Livio (1), e come in oggi spetta ai loro discendenti i Vallesani; ma oltrechè nel medio evo obbedì ai Duchi di Savoia, e che per natural geografia quel luogo è Piemonte, scendendo le sue acque in val d'Aosta, l'antico tempio di Giove Pennino costituiva il punto capitale al quale metteva capo la strada risalente il sommo giogo che divide l'Italia dalla Svizzera. Le tabelle sono tutte in lamine di bronzo e giallamina, eccettuato (1) XXI. 88 «. .. utique, quae ad Peninum ferunt, obsepta gentibus semigermanis fuissent: neque, » Hercule, montibus his (si quem forte id movet) ab transitu Paenorum ullo Veragri, incolae » iugi eius, norunt nomen inditum : sed ab eo, quem, in summo sacratum verlice, Peninum » montani appellant ». 62 LE ANTICHITÀ DI AOSTA un frammento che è in argento. Sono sempre rettangolari con due orec- chioni a destra e sinistra forati pei chiodi che le infiggevano alle pareti del tempio. Nella casa ospitale, posta a sommo il monte, dovevano abi- tare gli operai per litterare all'uopo le tabelle; quella più grande, più bella e fra le più antiche è incisa a bulino: più tardi le lettere vi seno incuse, e sul declinar dell’ impero vi si vedono balzate e finalmente punteggiate a traforo in lamine che si van facendo sempre più sottili. Ai quali modi di scrivere le tabelle (sinora inavvertiti) bisogna dare molta attenzione, da essi deducendosi le età diverse da Augusto sin circa all’anno quattrocento dell’èra volgare, imperciocchè nessuna è anteriore alla conquista fatta da Ottaviano dei due pioventi del Sommo Pennino, il Salasso cioè ed il Veragro. La maggior tabella è di 17 per 28 centi- metri , le altre sono tutte minori d’assai. Chi primo le raccolse nel secolo scorso ne distinse le epoche con metodo assai singolare, affermando che le parole Poenino ovvero Deo Poenino accennano ad età anteriore alla conquista romana , e che dopo questa l'antico sostantivo mutossi in epiteto aggiungendovi il Jovi. A norma di questo imaginario canone, parecchie tabelle dell’ impero inci- piente, inoltrato e scadente sarebbero anteriori alla conquista, mentre è certissimo che nessuna supera codesta età. La formola è Poenino oppure Jovi Poenino, ed è sempre scritto coll’oz, come se derivasse da Poenus (1); principalissimo argomento di chi propugna l’opinione avere i Cartaginesi dato nome al monte, e ciò malgrado le espresse parole di Livio e malgrado la ragione che deriva tal nome dall'antico e frequentissimo Penn, signi- ficante una elevata cima di monte presso tutti i popoli Celtici ed anche presso gl'Italioti che Apennino chiamarono la loro principale catena di montagne. Aggiungerd che col dittongo è pure scritto il nome dell'antico Vallese (Vallis Poenina) in tutte le iscrizioni, e per altra parte i codici di quasi tutti gli scrittori antichi omettono quasi sempre il dittongo quando occorre il monte Pennino, che scrivono poi anche con N doppia o semplice. Da forse due secoli invalse presso i Canonici del Gran S. Bernardo l'usanza di recarsi nella breve stagione estiva al tempio di Giove, e ri- volgerne la terra mista di carbone che lo ricopre; a questo modo vi (1) Sbaglia il Durandi (alpi Graie e Pennine, p. 46) dicendo che vi si legge sovente Jovi Peno e Peno, e così pure dell'esservi lamine di rame e di piombo. PER C. PROMIS 63 furono poco per volta rinvenute le tabelle, delle quali la maggior parte conservasi nell'ospizio unitamente ad alcune centinaia di medaglie ed a bronzi colà dissepolti. Da trent'anni in qua smosso quel po’ di terreno colmante le naturali cavità della viva roccia e rifrugato in tutti 1 sensi dai Canonici stessi, poi per opera della Contessa Sala di Villegarde , quindi da me stesso, più non diede reliquia alcuna di tabelle votive: indizio di compiuto esaurimento. Primo editore delle tavolette fu il dot- tore Cristiano de Loges da Montpellier, che nel 1789 ne riunì ventuna, ma con poco esatta lezione (1). Nel seguente anno un'altra non guari buona raccolta fu edita dal vodese Levade (2). Quindi il P. Murith, Canonico del Gran S. Bernardo morto nel 1816, avendole riordinate in uno con altre antichità locali, l'estratto suo della parte epigrafica, comprendente venticinque tabelle, venne mandato in luce alquanto dopo (3); e già dieci anni prima Francesco Lodovico Haller parecchie ne aveva stampate esso pure (4). I precitati raccoglitori io li conosco per prova siccome inesperti in siffatti studi: non vidi il libro dell’ Haller, ma da critici assennati odo rimproverarlo d'imperizia e negligenza. L'Orelli da Zurigo, venuto più tardi, ne diede ventuna, non sempre di egualmente buona lezione, ma quasi sempre utili (5). Il Consigliere Steiner stampando, or sono due lustri, le Romane iserizioni del Danubio e del Reno, v'inseri in distinto capitolo quelle del Vallese (Provincia Alpium Poeninarum) , fra le quali van notate le tavolette del Gran S. Bernardo in numero di ventisei e con buone lezioni (6). Ultimo e superiore a tutti Teodoro Mommsen raccolse e conferì con esemplari manoscritti e stampati ben ventotto tabelle, tralasciando io nel computo un frammento di quattro ed uno di due lettere sole; con questo erudito del pari che diligente epigrafista ho la sorte di trovarmi quasi sempre d’accordo, tolto che in pochissimi casi, pei quali giovommi l’aver potuto nel periodo di otto giorni, durante i quali fui al Gran S. Bernardo, leggerle tutte e rileggerle (1) Essais historiques sur le mont S. Bernard. 8.° (2) Recueil de quelques inscriptions Romaines trouvées dans le pays de Vaud et le Vallais (Société des sciences de Lausanne. Vol. III, 1790). (3) Société des antiquaires de France. I. 1821. (4) Esposizione storica e topografica dell Elvezia sotto i Romani. Berna. 1811 (tedesco). Anche nel Moniteur (30 dicembre 1813) il vallesano De Rivaz asseriva che ve n’erano ventuna sole. (5) Inscript. latinarum. ampliss. collectio. (6) Codex Inscriptionum Romanarum Danubii et Rheni von Hofrath D, Steiner. Seligenstadt, 1852. Dal n.° 2331 al n.° 9357. 64 LE ANTICHITÀ DI AOSTA più volte, acquistando così praticamente quella speciale perizia, che è necessaria per que'bronzi (1). Tra gli editori parziali annovero Saussure (2), De Rivaz succitato, Schiner (3), Larauza (4), Amati (5) ed altri: io vi potei aggiungere due tabelle che trovai inedite. Quelle per le quali segno l’asterisco si conservano nel museo del Gran S. Bernardo e furono lette da me stesso. Non IOVI . POENINO Incisa a bulino. I. PACCIVS . L. F. PAL. d NONIANVS FVNDIS 7. LEG. VI. VICTRICIS . P. F. EX . VOTO Questa elegantissima e massima fra tutte le tabelle ne informa come il voto sia stato sciolto a Giove Pennino da Giulio Paccio Noniano della tribù Palatina, nativo di Fondi nella Campania, centurione della legione sesta vittoriosa, pia, felice. La bellezza dei caratteri la manifesta scritta nella prima età dell’ impero; forse il viaggio di questo centrione ebbe luogo allorquando nell'anno 71, combattendosi la seconda guerra Vitelliana, la legione sesta (scrive Tacito (6) ) venendo di Spagna, scese in Italia pel monte Pennino, To vi lessi il prenome Julius dov'altri vide Lucius; sbagliò Orelli (7) scrivendo Monianus, e ne fu corretto da Henzen (8) ; peggio il Murith che vi trovò il nome Palnonianus, della qual cosa fu redarguito dal Labus (9), notante come per nascita appartenesse il cen- turione alla famiglia dei Nonii, e che adottato poscia da un Paccio, convertì in cognome derivato, giusta la consuetudine, l'antico nome gen- tilizio. Fu stampata, non che dai soliti collettori, anche dal Labus, dal Cardinali e dall'Amati. (1) Inscript. Confederationis Helveticae latinae, Turici. 1854. (2) Voyage dans les alpes (1786), AL. 42. (3) Description du département du. Simplon. Sion. 1812. (4) Hist. critique du passage des alpes par Annibal. 1896. (5) Peregrinazione al Gran S. Bernardo. Milano. 1838. (6) Hist. IV. 68, Legiones victrices VI et VIII, Vitellianarum XXI, e recens conscriptis secunda , Penninis Cottianisque alpibus, pars monte Graio, traducuntur ; XIV legio ex Britannia, VI ac X ex Hispania. (7) Inscript. II. n.o 5028. (8) Ad Orellium, vol. III. additum n.o 5642. (9) De la certitude de la science des antiquités. p. 56. PER C. PROMIS. 65 NIS dE. A Incusa. WATRICENSIMAE WUNNT ARIORVM MOSVIT EX VOTO Da questo frammento ricaviamo, che un ignoto graduato o milite della coorte trentesima dei volontari Jovi . Poenino . Posuit . ex voto questa tabella. Allorquando nel secondo secolo delPimpero già i cittadini Romani abborrivano dal militare servizio, Antonino Pio rinnovò nella guerra contro i Marcomanni l'esempio dato dal senato dopo la battaglia di Canne, formando coorti di servi spontaneamente arruolati, quali in repubblica furon detti Volones e nell'impero Voluntarii (1). La tabella spetta dunque all'anno 165 all'incirca. Menzione di un tribuno della coorte trigesima seconda degli stessi volontari si ha pure in marmo Mu- ratoriano (2). N°3, L. LICINIVS WMA Balzata. RVS . EQVES LE///% MI. MAC. PHOENI V.S.L. WW Questa lamina (malamente corrotta dallo Schiner (3)) non guari mutila si compie agevolmente in Z. Licinius Severus Eques Legionis WIT Ma- cedonicae Phoenino Votum Solvit Libens Merito: dov'è da notari la singolarità dell'aspirata PH forse per meglio ritrarre o la pronuncia locale o quella del dedicante, il quale era soldato in un'ala o turma di cavalli militante colla legione quarta Macedonica; veramente Dione (4) la chiama quinta, e così pure è numerata nella /Votitia ed in molte lapidi; ma a spianar la difficoltà abbiamo Tacito, il quale nella battaglia di Cremona assegna ai Vitelliani la legione quarta Macedonica (5). Essendo stata questa combattuta nell’anno 70, l'epoca concorda colla fattura delle lettere che sono balzate. (1) Capitolinus in Antonino Pio. 3. (2) Novus Thesaurus. p. 1101. (3) Description du Vallais. p. 149. (4) Histor. LV. p. 562. (5) Histor. MI. 99. Serie II. Tom. XXI. 9 66 LE ANTICHITÀ DI AOSTA N° 4. IOVI . OP . M. POENINO T. CL. SEVERVS FR. LEG. III ITALTO Mars: L.M Fu trovata nell’anno 1812, stampata nel 1823 per cura del Priore del Gran S. Bernardo Lamon (1) e quantunqne l'Orelli ed il Mommsen scrivano di averla veduta nel museo dell'ospizio prima e dopo il mio soggiorno colà, a me non fu dato rinvenirla, di modo che la riporto sulla loro fede. Il voto è sciolto da Tito Claudio Severo Frumentario della legione terza italica; la lettera L col pedale di già inflesso accusa un'epoca non anteriore a quella degli Antonini, e con questa osservazione concordano le parole di Dione narrante avere Marco Antonino posto a campo nel Norico la legione seconda e nella Rezia la terza, ambe da lui formate e cognominate italiche (2). Ne 5. PAYENT sei 10 ET . TERENA PRISCA. MIC.M EX. LEG, XIII. GEM. POENÍNO. V. S, L. M. Fatta conoscere dal d'Hancarville che nel 1766 ne diede inciso in rame il disegno grande al vero, avvertendo che n'era possessore il Duca di Brunswick , nella qual città ancora si trova. Nella seconda linea leggesi facilmente Terentia: nella terza le sigle MIG." del d'Hancarville e le MIC.M del Mommsen starebbero (giusta quest’ultimo) per MHM (Missus Honesta Missione) riferendole al soldato Felicione, se non desse fastidio una simile formola scritta in tabella votiva. La legione decimaquarta Gemina è mentovata in altre lapidi (3). (1) Société des antiquaires de France. V. Rapport pag. LX. (2) Histor. LV. p. 563. (3) Muratori p. 783 L à s- PER C. PROMIS 67 Miriy C. IVLIVS. AN Punteggiata TVLLVS. PRAE a traforo. FECTVS. COHOR \ IS. V. ASTVRVM POENINO. V. SOL. Caio Giulio Antullo Prefetto della quinta coorte degli Asturi sciolse il voto al Dio Pennino sul cadere del terzo secolo, a giudicare dalla forma delle lettere e dei pedali della L. Il Murith fabbrica arbitraria- mente su questa tabella un intiero sistema di difesa militare del monte verso il Vallese, nel luogo detto Barasson, e vi pone a guardia codesta coorte : tuttocid per opera di Augusto, il quale nella tabella non è tampoco mentovato. Non è credibile che quest’ imperatore il quale, quattro volte insorti gli Asturi nel breve periodo di cinque anni , quattro volte li aveva domi, ad un tratto posto abbia in essi tanta fede: infatti nè le lapidi, nè gli autori della buona età ci danno notizia di quelle coorti. Le tro- viamo bensì nel quinto secolo presidianti nell’isola di Brettagna il vallo separante il tenere de’ Romani da quello de’ Pitti; erano miste con altre milizie ed accampate così: Praefectus alae primae Asturum Condeco. Praefectus alae secundae Asturum Cilarno. Tribunus cohortis primae Asturum Æsica (1). Codeste prime coorti dovevano essere seguite da altre, ma non ne trovo menzione. E qui mi sia lecito notare un errore del Panciroli, il quale leggendo nel suo codice Astorum, disse cernite quelle truppe fra i nostri Astigiani, i quali latinamente vocavansi Astenses, non Asti. N° 74% SER © MMA Punteggiata MIL - LE a traforo. G E MIN A% V:S:L:# Cosi ho letto questa tabella della decadenza fortemente mutila a destra, mentre dal Murith, dallo Steiner, dal Mommsen e da altri la prima linea è scritta con SEX . ED.....Secondo la mia lezione il soldato, di (1) Notitia utriusque imperii (Venezia. 1602), p. 177. Di un prefetto dell’ala degli Asturi si ha menzione in lapide Gruteriana. 68 LE ANTICHITÀ DI AOSTA nome Sereno, militava in una delle legioni appellate Gemine, dallo aver ricevute i soldati di altre legioni disfatte; ma qual si fosse questa (tra la decima, la decimaterza e la decimaquarta) è reso incerto dalla rottura della lamina. N° 8 PAVLVS. VEWA Punteggiata RESTITV##4 nora TRIB. MIZ POEN% VA Trovata nel 1790, il Murith la diede all’ Haller, dal quale passò nel pubblico museo di Berna. Alla lezione dell'Orelli Paulus . /^e|teranus. Imperato|ris. Titi | Vespasiani . Augusti | etc.: ed a quella del Murith che la amplifica in P. Avilus . Veteranus . Quem. . Imperator . Titus . Et . Domitianus . Donis . Militaribus . Donarunt etc., antepongo quella assai più razionale del Mommsen. Un tribuno militare non assumeva con- temporaneamente la qualifica assai inferiore di veterano, nè la scriveva tra il nome ed il cognome. Così letta questa tabella, si compie corrente- mente cosi: Paulus Vettius . Restitutus . Tribunus . Militum Legionis F (?) Poenino Y. S. L. M. N°9, M . ATISIVS . AWA Balzata. PRAEF . 0% V.S. Il prefetto d'ignota coorte mentovato in questo frammento , mutilo della metà a destra, secondo gli altri editori è Apisio, mentre io vi ho letto Atisio: sì l'uno che l’altro nome, tra quelli di famiglie romane, mi sono sconosciuti. L'À colla quale termina la prima linea è iniziale del cognome. INS REO 1. 0. M. POENINO Incusa. C. CATVLLINVS CARINVS . VET, AVS. N. V. S. L. M. Di quale Augusto fosse veterano Caio Catullino Carino è impossibile il dirlo: che se la leziosaggine dei nomi vezzeggiativi fa sospettare di secolo alquanto inoltrato, la forma delle lettere, che sono buone ed + PER Co PROMIS 69 incuse, non appartiene ancora ad età scadente. Non so d'onde l’ Orelli tragga la notizia avere Catullino avuta dall'imperatore stesso l'onesta missione. INI II C. SE 7/2, Punteggiata CAD. ZM a traforo MIL. ZA DOCTORIZZZA COH. VIII. PR. V. S. L. M. Questa tabella sfuggita, non so come, ai raccoglitori Svizzeri ed allo stesso diligentissimo Mommsen , è tuttora inedita: la rinvenne la Contessa Sala nello scavo fattovi nel 1837. A differenza delle altre, il chiodo per infiggerla stava a mezza la terza linea, ed il nome di Giove Pennino vi fu sottinteso , essendoché il contorno vi è conservato per tre lati. Parmi si debba leggere: Caius Severus | Caditanus....| Miles....| Doctori (per Doctor).... Cohortis VIIT . Praetoriae | Votum . Solvit . Libens . Merito. L'ufficio dei Doctores nella milizia consisteva sin dai primi tempi della repubblica nello ammaestrare le reclute al maneggio delle armi, com’ è ufficio in oggi degli istruttori militari: quindi è che io proporrei di leggere Doctori . Arm. (Armorum) Coh. etc. Costituiva un grado distinto, retribuito con doppia razione e portava i nomi di Zrmorum Doctores, oppure di Campi Doctores dal presiedere che facevano agli esercizi di piazza o di campo (1). L'epoca della lamina é quasi accertata , vedendosi per una parte le lettere affatto imbarbarite, e per altra parte sapendosi che i Pretoriani furono sciolti da Costantino nell'anno 312; pud dunque ascriversi all'anno 300 all’ incirca. N° 12 WAGEN Incusa. WUUAX XA Questo breve frammento, da molti anni mancante al Museo del Gran S. Bernardo, venne riportato dal Mommsen giusta l Orelli e supplito Cen |turio cohortis | XXII | voluntariorum. Nulla però indica che vi (1) Vegezio. De re militari. I. 13. « Praeterea illo exercitii genere, quod armaturam vocant, et » a campi doctoribus traditur, imbuendus est tyro..... Ita aulem severe apud maiores exercitii » disciplina servata est, ut et doctores armorum duplicibns remunerarentur annonis, etc. ». 70 LE ANTICHITÀ DI AOSTA fosse scritta una coorte anzichè una legione, nè che constasse di volontari. Il Murith legge CET, forse reliquia del nome Cocceius. N° 13, Vie. XXXV. Incusa. A. M. Frammento ignoto anch'esso ai collettori e per conseguenza inedito: fu trovato negli scavi aperti nel 1837 dalla Contessa Sala. Componevasi di due linee sole ed assai lunghe, delle quali rimangono soltanto i termini a destra: unico fra tutti è in argento. Fu posto da un milite o graduato della legione trigesimaquinta, il qual numero fa scendere la tabella ad età assai inferiore ad Augusto ; imperciocché quantunque nelle guerre civili triumvirali le legioni sommassero a trentasei, pure la forma già ricurva della G significa che il dedicante visse in età pià a noi vicina, quando le legioni furono di nuovo assai numerose, mentre che circa il 23o erano ridotte a diciannove sole. N° 14, PHOEBVS . Fvscl Incusa. TI . CAESARIS POENINO. V.S.L . M. Dopo le tabelle militari pongo questa che tra tutte ha la data più antica, essendo stata posta da un Febo servo vicario di un Fusco ovvero Fuscio servo esso stesso di Tiberio Cesare. Questo figlio adottivo di Augusto ebbe titolo di Cesare nell'anno quarto dell'éra volgare e giunse all'impero nell’anno quattordicesimo; cosicchè Febo (la cui tabella fu trovata nell’estate del 1808) fu tra’ primi a passare il Sommo Pennino dopo soggiogati Salassi e Veragri, epperci il suo voto, che è dell'anno 10 all'incirca, è il più antico tra quanti se ne siano rinvenuti. N° 15, WOVE . PZ Incusa. Q. NM 77777 PROMO REI E Questa tabella, non ancora stata illustrata, manca della metà a destra. Il cognome, presso Mommsen, à ALT....; io però vi ho chiaramente letto ALP...., e così pure vi lesse l'Orelli: lo Steiner poi non solo vi PER C. PROMIS ; vi: legge ALPinus, ma vi premette ancora Q. IVL. (1); a tutti poi i rac- coglitori sfuggì come questa tabella venga rischiarata dalle parole del più grave fra i Romani storici. Son queste dunque le iniziali del cognome Alpinus assai frequente nelle antiche lapidi, mentre non sarebbe agevole il compiere le iniziali date dal Mommsen. Ad ogni modo la lezione re- stituita n'é sicura in: Jovi . Poenino | Q. Julius | Alpinus | Pro itu et | Reditu | F. S. L. M. Tace la tabella delle qualità di Giulio Alpino, ma poiché l'essere incusa e la bellezza dei caratteri accusano il primo secolo dell'impero, io non sarei alieno dal credere che il dedicante sia quel Giulio Alpino, il quale fu capo degli Elvezi insorti nominalmente a favore di Galba nell’anno 70, ma in realtà per riacquistare nelle guerre civili la propria indipendenza; anzi siccome egli contava, come vedremo, fra gli ottimati Elveti, è probabile che il nome da lui portato della gente Giulia lo debba all'amicizia od alla clientela se non del dittatore, almeno di Ottaviano Augusto. Il Vitelliano generale Cecina, il quale dalle Gallie dirigevasi all’ Italia pel monte Pennino, doveva attraversare il paese dei tumultuanti Elvezi , de’ quali primaria città era Avenzicum; aggredito e preso un loro castello, gl’insorti s'invilirono ed iti da Cecina chiesero pace e perdono. Questi, voglioso di sollecitar sua via, ogni cosa accordava (narra Tacito), dannando peraltro a morte Giulio Alpino, uomo principale tra’ suoi e promotore di quella guerra; in Iulium Aipinum, e principibus, ut con- ditorem belli, Caecina animadvertit; caeteros veniae vel sevitiae Vitellii reliquit (2). La regione ch’era patria di Giulio Alpino ha tale giacitura, che qual da essa voglia portarsi in Italia per la più diritta via, deve attraversare il Gran S. Bernardo. La città di Aventico (le cui reliquie, feconde di lapidi, esistono ancora ad Avenche) sorgeva di qua di Berna presso il lago di Morat, e tra Friburgo ed il lago di Neufchátel; di là guada- gnando l'estremità orientale del lago Lemano, quindi risalendo il Rodano sino ad Octodurum, ossia Martigny, poi la valle di Entremont, si giungeva, come si giunge tuttora, per la via romana al Sommo Pennino. Se questa tabella, come io credo, è documento del viaggio italico di Quinto Giulio Alpino (viaggio fatto a Roma, probabilmente, quando yv’ imperavano Claudio (1) Codex Inscriptt. Danubii et Rheni. N.° 2354. (2) Histor. Y. 68. A i iY aE 72 LE ANTICHITÀ DI AOSTA oppur Nerone), essa diventa la più insigne fra quante videro la luce dal tempio di Giove Pennino, e forse l'iscrizione storica principale fra tutte quelle della Svizzera. N° 16, IOVI . POE Incusa. NINO . Q. CASSIVS FAGVNDVS A. COM. COS V.S.L.L.M Se la quinta linea di questa lamina (rotta ‘in vari pezzi, ma non obliterata) sta per indicare un consolato, deve leggersi Aelio Comodo, o meglio Aurelio Comodo Consule , e riferirla all'anno 180 all’ incirca , alla qual epoca risponde eziandio la forma delle lettere. Che se fosse appunto di quest'anno, che è quello nel quale Comodo salì all’ impero , si potrebbe scusare l'assenza del prenome, sapendosi che lasciato allora quello nativo di Lucio, assunse il paterno di Marco. La mancanza poi della dignità augustale e quella del collega non farà maraviglia a chi conosce quanto sul declinar dell'impero si facessero inesatte in provincia le note consolari. Ma codesta linea fors'anche significa 4 Commentariis Consulis o Consulum , oppure 4 Commentariis Custodiarum , ed allora avrebbe indole militare (1). Le sigle votive sono le sole che al Zibens aggiungano il Zaetus. N°17, IOVI POENINO Incusa. Q. SILVIVS . PEREN NIS . TABELL. COLON. SEQVANOR. V. S. L. M. Sequani dicevansi gli abitanti del paese tra Bésancon e Basilea, aventi per capitale Vesuntio; il nome romano di Colonia Sequanorum non vi poté sradicar l'antico, il quale fu registrato da Tolomeo, e generó quello della moderna Bésancon. Quinto Silvio Perenne vi esercitava la penosa professione di pubblico tabellario (che noi diremo postino o portalettere), cosicchè più volte avrà dovuto valicare il monte Pennino per recarsi dalla sua città in Italia. (1) Donati. Zscriptt. 275. 4. PER C. PROMIS 73 7 ING cog NVMINIBVS . AVGG. Balzata. IOVI . POENINO SABINEIIVS . CENSOR AMBIANVS VT FASSA. Me Sabineio, della città degli Ambiani (Amiens in Piccardia), pose questa tabella non al solo Pennino, ma anche ai Numi Augusti; parmi che con siffatte parole vengano significati gl’ imperatori M. Aurelio e L. Vero, che furono i primi Augusti associati, e con quella età combina la forma delle lettere e la foggia di scrittura che è balzata. Opina il Mommsen, che il vocabolo Censor sia nulla più che un cognome; a me non pare, e ritengo ch'esso indichi l'ufficio non già di censore nel valor primitivo, ma di semplice censitore, come furon detti più tardi non più dal com- pilare i censi e notare il pubblico costume, ma dall’essere meri ufficiali amministrativi incaricati del riparto delle taglie. È poi noto per alcune lapidi dell’ impero avere taluni censitori amato appellarsi colla più nobile denominazione di censori (1). N° 19° POENINO Incusa. PRO ITV ET REDITV C. IVLIVS . PRIMVS Voc ema Mi Fu già avvertita dal De-Loges, dal Murith e da altri molti la con- cordanza di questi nomi con quelli della lapide di Roisan, ch’ io riportai al n.° 18 del capo III delle iscrizioni, e nella quale il figlio primogenito chiamasi, come in questa tabella C. Zulius Primus. Aggiungerò che tanto il marmo quanto la tavoletta hanno lettere simili e spiranti il principio del secondo secolo dell’ impero, e così pure che la formola Pro Itu Et Reditu si attaglia benissimo a chi partito da Roisan (villaggio sulla strada antica da Aosta al Sommo Pennino) dovesse recarsi fra gli Elvezi o nella Gallia Lionese, per rifare nel ritorno la strada stessa che riconducevalo alla patria o domicilio suo. (4) Schiassi, Guida del Museo Bolognese. 72. Serie II. Tom. XXI. 10 74 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Ny 30 POENINO SACRVM L . BLATTIVS . CRETICVS D'Hancarville che la diede incisa in rame in grandezza naturale (1), la dice trovata al Gran S, Bernardo, e fa intendere che a quegli anni fosse posseduta dal Cavaliere Hamilton ambasciatore inglese a Napoli. La formola votiva vi è affatto diversa dalle altre. IN SHS 1.0.M. POENINO NUS g T. Incusa T . MACRINIVS . DE Punteggiata ANNIVS MOSTRATVS pr CISSVS VO. Sat Mi La tabella di T. Macrinio Demostrato ha lettere di buona forma: di età scadente è quella di T. Annio Cisso, la quale al tempo del Murith (2) esisteva in doppio originale, forse a cagione di due distinti viaggi. In quella che più non si vede all'Ospizio dopo il cognome era segnata una C iniziale di non facile interpretazione, seppure non significa Centurio. IN. dO. M. PAPIRIVS EV Incusa. NVS EX VOTO L'Amaü (3) legge questa tabella M. Patinius . Lu|nus . ex voto. Il cognome Eunus (benevolo) non è raro nelle iscrizioni. Ne 734. I. 0. M. POENINO M. SVLPIC. MAR, GELLVS . ACNIP V. S. L. M. Codesta tabella, stampata l'ultima volta dall'originale per cura del Murith, non trovandosi più da qualche anno all'Ospizio, formò per quanti la studiarono un vero enimma a cagione delle lettere ACNIP. L'età sua credo che sia assai bassa, nello stampato del Murith gli M avendo forma di due Lambda accoppiati. Propone questi che vi si (1) Antiquités étrusques etc. de M. Hamilton, Y. p. XXIV e 175 (1766). (2) Ai numeri 17 e 19. (3) Peregrinazione ecc. p. 75. PER C. PROMIS 79 premetta una S, si punteggi in SAC. NI. P. , e si legga Sacerdos. Numini. Posuit, L'Haller vorrebbe Sacerdos Neptuni. Al Mommsen, che non può adottare simili spiegazioni, nasce dubbio, che vi si volesse scrivere ACOMPP cioè 4. Commentariis . Praesidis . Provinciae. A me pure sia lecito di porre innanzi una congettura ; osservo che nell’esemplare del De-Loges la prima sillaba è distaccata dalla seconda, e siccome nelle iscrizioni della decadenza, singolarmente poi in quelle in bronzo, il va- lore della E (come sovente quello eziandio della L e della T) fa d’uopo argomentarlo dalla sua posizione, mentre la forma n’è eguale alla I, accetterei la divisione e leggerei 4C NEPos, intendendo che M. Sulpicio Marcello abbia valicato il monte e sciolto il voto in compagnia di un figlio di suo figlio portante per necessità il nome gentilizio dellavo, e per frequente consuetudine anche il suo prenome e cognome; epperciò siasi riputato superfluo il designarlo nominativamente. La lezione distaccata AC. NIP. è adottata anche dallo Schiner (1). Ne aoe FELICITO E Incusa. CRISPINVS . FRA TRES . PVOENIN O. VOTVM . SO EVE RVNT LS UM. La tabella è della buona età, come tutte quelle con lettere incuse. 1 fratelli Felicione e Crispino privi di prenome e di nome gentilizio, e tuttavia non servi , non godevano probabilmente della romana cittadinanza , essendo forse di schiatta Gallica od Elvetica se non anche Salassa. L'es- sere qui introdotto un V nella prima sillaba del nome del Dio (come un’ H nella tabella al n.° 3) valeva probabilmente a renderne più liquida la pronuncia e più consentanea a quella locale o delle persone che posero questa memoria. N° 236 , i.. O. VI. POENI dore NO . PRO SALVE a traforo. HELI. ET SVORVM APRICLVS EIVS DEDIT DONVM VOT .S.L.M. (1) Description du Vallais. p. 150. mtm sen dii di $ 76 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Le lettere manifestano una età posteriore anziché anteriore all'anno 3oo; quindi fra le tante scorrezioni di quei tempi, io non saprei dire se il nome Helius indichi un viaggiatore Siro di nazione, oppure sia il genitivo di Ælius; il suo servo Apriclo sciogliendo il voto pe' suoi padroni, lasciò al tempio un dono. Le stampe che se n' hanno, eccetto quella del Mommsen, son piene d'errori. N^ a7 a C. IVL . RVFVS . POENINO . V . S.L. M. Š edo AT. TVA. TEMPLA LYBENS VOTA SVSCEPTA PEREGI ACCEPTA . VT . TIBI . SINT. NUMEN . ADORO . TVVM IMPENSIS . NON. MAGNA. QVIDEM . TE. LONGE . PRECAMVR MAIOREM . SACVLO . NOSTRVM . ANIMVM . ACCIPIAS La lamina é della decadenza e forse del principio del quarto secolo. Volgendosi a Giove Pennino il viaggiatore poeta gli dice: volentieri mi portai a sciogliere al tuo tempio i voti fatti; adoro il tuo Nume onde ti riescano accetti; caldamente ti prego, avvegnaché offrendoti cosa di non gran valore, tu gradisci il mio buon volere maggiore del sacchetto dell'offerta. Dalle quali parole a me pare che, sola fra tutte, questa ta- bella si riferisca a voto non espresso bensì, ma indipendente dal valico del monte. Se barbari riuscirono i due distici, non è già che il versificatore chinato abbia il capo alle pedanterie allora in voga, avendo egli anzi liberamente conculcate grammatica, ortografia e prosodia. Qui il Murith sempre prono a trovare in quelle scritte votive insigni nomi storici , questa attribuisce a C. Giulio Rufo console nell’anno 67 dell’èra volgare, mentre n'é più tarda di circa due secoli e mezzo; dopo ciò egli fa le meraviglie, come uomo di poco posteriore a Virgilio, abbia così rudemente versi- ficato. Il De-Loges vi annette strane interpretazioni , cominciando dal dire che la voce Lybens allude alle fattevi libazioni ; aveva però retta- mente letto Zonge precamur (come più tardi l'Orelli e come vi trovai io stesso), mentre il Mommsen vi legge sancte, ed il Murith vi pone l'enimma £esnce recam. Quanto alla lingua noterd che la voce impensis non è nel valor volgare di spesa, ma in quello significante il danaro offerto ai templi, e che propriamente appellavasi impensa oppure stipes impensa, come ne avverte Festo ; a questo modo il saculus è il recipiente dell'offerta largamente preso per l'offerta stessa. PER C. PROMIS SI 1 N° 28. ISO WINS UMUUUANSSEQ UMMUMUA\BON\S QI. N. SER Frammento che mancando da più anni al museo dell’ Ospizio, debbo togliere dal De-Loges e dal Murith colle mende ‘che non mancano mai nelle costoro lezioni. La prima linea contiene la dedica a Giove Pennino: la seconda i nomi del dedicante : la terza e quarta la sua qualità di pedissequo di un padrone cognominato Libone : l’ultima le sigle votive seguite da un SER che non significa servus, perché non si sarebbe scritto a quel modo dopo la formola votiva. Lo Steiner nella quarta linea omette PL ed arbitrariamente compisce le quattro lettere restanti con civitaS . SEQuanorum (1). N° 29. POENINO VOTVM LATINNIVS SE QVE . D. Non trovandosi più questa tabella da lungo tempo all'Ospizio ed es- sendo sconosciuta ai vari raccoglitori, la debbo desumere dalle pessime lezioni dello Schiner, che la riferisce al n.° 5; erroneamente copiata quale la trovo, essa non ha nè carattere d’iscrizione antica, nè senso alcuno. No 30, WWANO.VOTVMZA N°3, VIN A 875 007, Inewsa. YM SOLNIT .L.M Il frammento al n.° 30 è del buon secolo, e spetta ad una tabella in due linee sole. Nella seconda di esse Mommsen legge... sove. . . i... e Murith...r . id... ove . d...; De-Loges le dà in modo affatto ar- bitrario. Le lettere quali furono da me copiate contengono la solita for- mola Solvit . Libens, avvertendo però, che I’ incisore invece di punzonare la V dopo la L, la punzonò prima. Il n.° 31 contiene l’ultimo frammento degno di essere riferito. Ne tralascio due altri affatto inconcludenti , e che si possono vedere presso il Mommsen ai n.' 58 e 59. (1) Codex Inscr. Rom. n.° 2343. j j i on bm] LE ANTICHITÀ DÍ AOSTA $ 2. Tabelle spurie o sospette. Dirò ora di due tavolette od epigrafi a Giove Pennino, le quali dopo essere state per due secoli ciecamente accettate dagli eruditi, sono ora concordemente respinte come spurie ; a porre sott'occhio quanto in esse vi possa essere di vero o di falso gioverà esporne la storia. Tutti sanno come sullo scorcio del decimo secolo abbia S. Bernardo di Menthon rinnovata la casa ospitale sul monte di Giove; le paure ed i pericoli incorsi dai viaggiatori venivano dalla volgar credenza de’ tempi attribuiti a diretta opera diabolica , personificando Satana nel supremo Dio de’gentili che aveva dato nome e fama al monte, e tal fede era generale per modo che già trovasi circostanziata nel caloroso ed ingenuo ritmo composto in lode del santo poco oltre il mille, e più minutamente ancora da Riccardo d’Aosta suo amico, biografo e successore (1), Le cristiane at- tenzioni di quei canonici salvata avendo la vita a migliaia di viandanti, vieppiù rassodarono l’opinione della prostrata opera diabolica per opera di S. Bernardo; poi venne tempo nel quale l’erudizione voleva prove, senzachè la critica sapesse ancora vagliarle. Entrava il secolo decimosettimo quando Rolando Viot scrivendo la vita del santo e riferendone i prodigi, credessi in obbligo di addurne i documenti (2). Avevano i Romani, dic'egli, alzata sulla sommità del Pennino la statua di Giove, dopo ab- battuta quella posta dai Veragri al loro Dio; la verità del racconto egli la sorregge con due iscrizioni, delle quali discorrerò partitamente, co- minciando dalla seguente : LVCIVS LVGILIVS DEO PENINO OPTIMO MAXIMO DONVM DEDIT Dice il Viot, che questa iscrizione fregiava l’ara di Giove, ma non c'informa in qual modo siasi conservata dopo che S. Bernardo l’ebbe distrutta; Fu ricevuta come legittima e riprodotta. dal Guichenon, dallo Spon , da tutti i collettori del Vallese e di Val d'Aosta » dai successivi biografi del (1) Zita S. Bernardi de Monte Iovis. ap. Bolland. (2) Vie de S. Bernard. Lyon. 1627. | PER C. PROMIS 7 9 „Santo, da Gudio, da Grutero, da Muratori: anzi, cent'anni fa il Bagnolo affermò di ristamparla da copia presa sull’originale. Ma Scipione Maffei, il quale la conobbe dalle miscellanee dello Spon, la danna anzitutto come proveniente dal Guichenon di cui, dic'egli, an ulla inscriptio sit, quae i recipi tuto possit, vehementer dubito (1) ; quindi perché il falsario di suo 1 capo aggiunse a Giove'i titoli di Ottimo Massimo; ed infine perché ne desunse il concetto dalle note parole di Livio, narrante che i Veragri , abitatori del monte, adoravano sulla sua cima il patrio dio Pennino. Queste cose ripeteva poscia il Maffei in altro suo scritto (2) , affermando essere questo dio Pennino una cosa sola col Giove Apennino, cui è sacra una nota lapide di Gubbio. Tanto s'ignoravano allora le tabelle del Gran S. Bernardo. Bene aveva ragione il dotto uomo asserendo non aver mai quell'epi- grafe ornata l'ara di Giove Pennino; pure i suoi argomenti per dimostrarne la falsità non reggono alla prova. Ora che una ventina di tabelle since- rissime si conoscono dedicate a questo Giove, e che tre fra esse (quella cioè di T. Claudio Severo, di C. Catullino e di T. Macrinio) lo dicono altresì Ottimo Massimo; ora che si hanno le due di Apriclo e di Giulio Rufo mentovanti un dono fattogli, più non si può dire inventata. questa ? iscrizione , che prima di tante altre sincerissime presenta. egual dicitura e formole eguali. Essa dunque altro non era che una tabella votiva, la 1 quale trovata presso i tempi tanto facili e corrivi del Viot e da lui, probabilmente, conosciuta dalle pessime schede del Monterin (come dirò in séguito), lasciollo in libertà di foggiarne la grandezza e la materia in quella misura e qualità che meglio gli parvero, sino a mutare la povera tavoletta d'un privato in epigrafe dell'ara del Dio Massimo. La seconda linea doveva contenere Jovi Poenino anziché Deo Poenino, ma si sa con quanta incuria in allora si copiasse. Io ritengo dunque essere questa una tabella votiva legittima, avvegnaché mal copiata, e che il Viot lasciossi trasportare dalla fantasia, ma non falsò. Vengo alla seconda. IOVI 0. M. GENIO LOCI FORTVNAE REDVCI D. TERENTIVS VARRO DICAVIT Ve (1) Ars critica. YII, col. 425. ; (2) Osservazioni letterarie. V. (1739) p. 209. | i | 8o LE ANTICHITÀ DI AOSTA Ignota essa pure al Simler ed ai suoi coetanei , stampata primamente dal Viot nel 1627, quindi da tuta la schiera dei raccoglitori locali e degli epigrafisti, le va sempre annessa l'avvertenza che stava già sulla faccia anteriore del piedestallo portante la statua di Giove Pennino. Distrutta la statua di questo da Varrone, quella di Giove da S. Bernardo, si ebbe il Viot, non si sa come i disegni di esse e delle iscrizioni, e notò che questa era in tavola di marmo. A gran ragione la danna il Maffei, ed invano ingegnossi a difenderla il Bagnolo (1), il quale dall'innominato amico che dagli originali forni- vagli copia delle epigrafi non mai esistite, n'ebbe un esemplare tratto però senz'altro dal Viot o dal P. Francesco Bernard (2), o da chi li riprodusse. Precipuo argomento del Bagnolo si è il D. preteso prenome di Varrone ch’egli compisce in Decimus, mentre da Dione sappiamo , che prenominavasi 4ulus, e poi non pensa che di sé non avrebbe cosi nudamente parlato il domatore de'Salassi e de’ Veragri insignito delle più cospicue cariche di Roma. Sul principio dello scorso secolo il dotto Giorgio Grevio scriveva a Marquardo Gudio comunicandogli, quali ci- meli, l'iscrizione di Varrone e quella di L. Lucilio, di recente scoperta in Piemonte, dic'egli, e datagli da un amico suo (3); il Gudio poi le riprodusse ambedue coll’avvertenza : Lapis repertus in Pedemontano agro a Batavo ex Italia reduce (4); e credè prima del Maffei che il Peninus di L. Lucilio fosse un’aggraziata variante di Deus Apenninus. Se una critica imparziale deve accettare, emendandola, l’epigrafe di L. Lucilio, siccome guasta, ma non affatto fallace, deve però respingere questa di Terenzio Varrone. Assai più che lo scoprirne il falsario inte- ressa il conoscere come sia stata compilata e di quale antica. iscrizione siasi giovato chi la fabbricò ; noto essendo che i falsari d'antichi oggetti, quasi sempre tolgonsi a modello altro oggetto antico e congenere. Il tipo della supposta iscrizione di Terenzio Varrone io lo trovai in un marmo sincero di Payerne (Paterniacum), villaggio già Savoiardo , quindi nel 1549 incorporato dai Bernesi nel loro cantone. Trascritta in questo secolo dallo Stumpf, poi messa in istampa dal Grutero , dal Pocoke, dall'Orelli , (1) Della gente Curzia. p. 65, 69. (2) L'héros des Alpes. Aosta 1683. Stesse cose ripeteva poi il Montfaucon (Antig. expliquée. II Partie. lib. V), confondendo poi ancora il Giove Pennino colla colonna dell’ Alpe Graia. (3) Hessel Praefatio ad Gudium. p. IX. (4) Inscriptiones (1731) p. LIV e p. 3. PER C. PROMIS 81 dal Muratori, dal Mommsen e da altri, l'iscrizione tuttora esistente dice così : iovi o max genioloci | fortunae \ reducid ap pius aug tus dedica Ecco dunque l'origine della supposta iscrizione dell’altare di Giove Pennino : ecco l'origine della sigla D, alla quale tanto valore attribuisce il Bagnolo. Le due epigrafi sono esattamente le stesse: solo il falsario secentista, conoscendo le parole di Strabone o di Dione, mutò Appius Augustus od Augustanus, in Terentius Varro: ma poichè i due scrittori greci al nome del generale romano non avevano anteposto il prenome, il falsario lo ignoró, né sapendo rinvenirlo , lo chiamò Decimo, come trovava accennato nella lapide di Payerne: e siccome in questa era stata omessa la punteggiatura, egli pure la omise e scrisse Reducid. Debbo | però dire a difesa del Viot, incolpato di aver guasta l’una ed inveritata 5 l’altra iscrizione, che queste già leggonsi nel manoscritto del P. Daniele | Monterin, il cui originale, conservato nei Regii Archivi di Torino, accusa i | un'età non guari posteriore all'anno 1600 (1); Pietro Gioffredo che ne fu possessore vi notava circa sessant'anni dopo che esse non esistevano più. Per altra parte il Viot istesso nella sua manoscritta storia del Ducato | d’Aosta, anteriore alla vita di S. Bernardo, non faceva motto di quelle | due iscrizioni, nuovo indizio di averle esso tratte dal Monterin, e ch'egli fu credulo sì ed imperito, ma non merita l’accusa di falsario appostagli dal Mommsen, e che io pure, prima di aver trovato questo manoscritto, era in via d'apporgli. Usanza de'moderni raccoglitori d'epigrafi si è di far succedere a quelle marmoree o metalliche i bolli figulini. Di questi, parecchi io ne raccolsi in val d'Aosta, ma siccome nessuno di essi adornasi di note nó consolari, nè legionarie, null’altro avendo che lo schietto nome del figulo, cosi la loro importanza non à grande. I nomi son quelli de'soliti figuli Piemontesi : | A (1) Totius Vallis Augustae compendiaria descriptio. * | Serw IL Tow. XXI. 1 82 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Tmoli, Fortis, Seppi, Public., Atimeti , Luperc., Vibiani, Aprio, Gi Cassip C Dessus Dr Mroris. Adel. valuizaC. Bi A PAP HE Lodtabit Masc., P. Valer. Saturnin., L. R. M. N. P., R. P. A., Quadra., Lucius , F.R., Deppi, Hyla; sono sopra mattoni, tegole e lucerne. Altri bolli sono in nessi, altri in sigle od iniziali, altri a disteso, non mai però accennanti a nulla di cronologico, geografico, canonario o militare. CAPO V. Strada Romana da Ivrea ad Aosta e da questa città all 4lpe Graia ed al Sommo Pennino. $ 1. Da Ivrea ad Aosta. Tav. I, Il Allorquando i Romani dedussero la colonia d’Ivrea un secolo avanti l'èra volgare e vi edificarono, o meglio aggrandirono ed instaurarono la città, fu, come narra Strabone, per contenere i Salassi. Ma essendo dessa posta nel principale sbocco di cui potessero valersi que’montanari per predare la ubertosa pianura sottoposta , le loro aggressioni si volséro anzitutto contro la città stessa, la quale, a detta del citato scrittore, a stento potè essere difesa dagli abitanti, sinchè i Salassi non furono sterminati. Sorgeva e sorge l’antica Eporedia (1) in luogo naturalmente debole contro la moderna scienza degli attacchi, naturalmente forte contro un attacco all’antica, fortissimo contro l’urto di feroci sì ma ignari e rozzi montanari (cosicchè Tacito potè chiamarla municipium firmissimum (2)), (1) Oppidum Eporedia, Sybillinis a populo Romano conditum jussis........ Eporedias Galli bonos equorum domitores vocant (Plinio III. 21). Ne avverte Quintiliano (I. 5), che reda e rheda son voci Galliche : tale doveva pure essere la radice dalla quale trassero gli antichi la denominazione della dea Equeiade, cioè Epona, scritta altresì con Hippona, Hypona, Hypoma (Cattaneo, Equeiade. 1819) al modo che il nome di Ivrea nelle carte de’ tempi bassi fu mutato in quello di Yporedia, Vporegia, Iporeia e poi Ivrea. Dal nome della dea Epona doveva trarre il suo la Galla Eponina, della quale parlano Tacito, Plutarco e Dione, come dai componenti di quello d’Eporedia lo ebbe l'eduo Eporedo-rix ai tempi di Cesare. (2) Hist. I. 70. (all'anno 70); queste parole c'indicano anche avere allora Ivrea raggiunto il più alto grado al quale potesse innalzarsi una città romana. 24 PER C. PROMIS 83 e tanto più se era stata militarmente occupata la roccia, sulla quale fu poscia innalzata la cittadella distrutta dai Francesi nel 1705. Dovendo io descrivere i romani ruderi tuttora esistenti da lvrea alle sommità dei due monti o passi di S. Bernardo, dirò che saran da me tralasciate le epigrafi eporediesi già state in gran parte dottamente il- | lustrate dal nostro compianto collega Cav. Gazzera (1), solo riferendo nel capitolo delle iscrizioni quelle che vi furono portate da Aosta. Gl'il- ^ È lustratori de'marmi Torinesi avevano in animo di pubblicarne le antichità, com'essi scrivevano (2): ma forse, con questo vocabolo, di null’altro | intesero che de’ monumenti letterati. Nè essi infatti, nè nissuno ha sinora parlato di avanzi di romane fabbriche Eporediesi, ma poichè se ne offre l'occasione, io dirò di quelli d'un magnifico teatro stati successivamente scoperti allorquando, or sono sei lustri, fu edificata appiedi alla parte montuosa della città la fabbrica costituente il lato principale della moderna | piazza maggiore. Tardi n'ebbi notizia, pure fui ancora in tempo a vedervi il limite anteriore della scena, parecchi avanzi delle cuneazioni ed una gran quantità di scaglioni dello spectaculum in pietra scistosa presso uno scalpellino: erano questi stati tolti poc'anzi da sopra i cunei, sui quali molti di essi ancora stavano al posto loro; in questa piazza facevasi, à come tuttora fassi, il pubblico mercato ed i sedilia quatuor in mercato Yporediae che trovansi rammentati in documento del 1041 (3), appar- tennero probabilmente a questi scaglioni del teatro. | Edotto da queste scoperte percorsi le viuzze della sovrastante mon- tuosa regione urbana, e vidi come una di esse, girando circolarmente , | fosse cinta a mezzogiorno e contro il monte , nullameno che dal muro chiudente al di fuori l'ambulacro a sommo della precinzione superiore ; in quel muro che è laterizio, da secoli sotto gli occhi di tutti e gior- nalmente visto da moltissimi, quantunque da alcuno non mai notato, sta ancora il vano di una nicchia. La struttura palesa ovunque eviden- temente, che la fabbrica fu eretta nel secondo secolo dell’èra volgare , cioè in quella età degli Antonini, nella quale la passione de’ giuochi scenici e gladiatorii riempì di teatri e d'anfiteatri l’Italia e le provincie. (1) Delle antiche lapidi Eporediesi. Accad. di Torino. N. S. XIV. (2) Marmora Taurinensia. vol. Y. p. 92. Eporedia clarissima et antiqua urbs Salassorum caput (sic) ubi multa supersunt suo tempore in lucem nostra opera proditura anliquitatis vestigia. (3) Mon. Hist. Patriae. Y. 534. | | | | 84 LE ANTICHITÀ DI AOSTA E siccome è noto che a que’ tempi le città italiane erano stipate di fab- briche, per modo che i vasti edifici pei giuochi pubblici dovevansi in- nalzare fuori le mura, ne deduco; che la primitiva colonia Eporediese doveva star tutta sul monte che declina a levante, senza occupare quella poca pianura che a giorno si estende sino alla sinistra sponda della Dora. Gli edificatori del teatro d' Ivrea approfittaronsi del monte per addossarvi le cavee, con quell’avvertenza che in circostanze analoghe erasi avnta nei teatri di Taormina, Siracusa, Atene, negli anfiteatri di Cagliari, di Sutri ed in altri non pochi. La pianta de’ ruderi fu levata man mano che le escavazioni lo permettevano: io la verificai per quanto mi fu pos- sibile, la trovai esatta e la conservo presso di me. Aggiungansi pochi avanzi di uno speco or dentro or fuori terra, rivestiti di opera signina , e manifestanti l’andamento di un acquedotto che dai monti d’Andrate indirizzavasi ad Ivrea. La volgare tradizione reca, che in antichissima età la Dora Baltea gettandosi all'uscire dall'alpi verso giorno e ponente gisse allagando una vasta regione: ad ogni modo il taglio delle rupi a destra e sinistra pel quale passa la Dora ad Ivrea è. artefatto per cura senza dubbio dei Romani, ai quali maggiormente premeva di sistemarne l’alveo. Sovra il pelo delle acque medie (che l’angustia dell'alveo aperto a scalpello rende veloci e turbinose) si contano ancora i corsi inferiori de’ cunei dell'arco di ponte voltatovi dai Romani, e mentovato in carta del 1041 presso il Durandi (1), nella quale (se merita fede la lezione da lui seguita) vien detto Pons maximus; esisteva nel decimosesto secolo, e Leandro Alberti di esso scriveva nel 1550 (accomunando la città col borgo che é sulla destra della Dora): passa di sotto per il mezzo di detta (Ivrea) il fiume Doria, sopra lo quale si vede un altissimo Ponte di Pietra , che con- giunge insieme la città (2): e negli anni stessi descrivendo Ivrea Francesco Boyvin du Villars notava che: elle reçoit la rivière de la Doire-Baltée sortant de la val d'Aouste, dont elle ferme l'entrée, sur la quelle il y a un pont de pierre (3). Sopra que’ corsi imposta il nuovo ponte costrutto, giusta la moderna iscrizione, nell’anno 1716, invece del ponte romano stato distrutto nelle guerre combattute contro Luigi XIV al principio (1) Marca d'Ivrea. p. 123. (2) Descrittione d'Italia. {.° 406. (3) Mém. sur les guerres de Piedmont en 1550-59. lib. V. 554. PER C. PROMIS 85 dello scorso secolo, e non é pià di massi quadrati , come la costruzione antica, ma di scheggioni. Due strade, una da Piacenza, l'altra da Milano, facevan capo ad Ivrea secondo gl’ itinerari: di quelle che da questa città indirizzavansi alla volta della Gallia e dell’Elvezia discorre Strabone colle seguenti pa- role: uno dei passaggi dall'Italia nella Celtica Transalpina e settentrio- nale è la strada che attraversando i Salassi conduce a Lugduno. Questa strada è duplice: luna può praticarsi con carri, ma si allunga pas- sando pei Centroni; l’altra aspra ed angusta, ma breve, attraversa le alpi Pennine. Il greco geografo non ne informa del come e quando siano state aperte codeste strade: converrà dunque indagarlo- con ricerche affatto nuove, poichè nessun scrittore moderno, fra i tanti che descrissero i passaggi alpini, ne ha ancora fatto parola. Esaminerò adunque i passi relativi degli autori antichi, d'uno in altro risalendo al più vetusto; con essi paragonerò le vive testimonianze delle reliquie stradali , poichè solo dalla concordanza e dalla reciproca luce sparsa da quelli su quesie ed a vicenda, nelle più ardue questioni architettoniche-archeologiche riesce possibile che scaturisca la verità corroborata da ogni argomento di cer- tezza. Nè io trovo che codesto canone sia stato sancito prima de’ giorni nostri, nè più rettamente esposto che dal dotto sig. Beulè colle parole: L’archéologie et l'architecture ne perdent rien à se contrôler mutuelle- ment: elles s'éclairent par leurs dissidences mémes (1). Cesare, Varrone, Polibio sono scrittori coevi de’ fatti e delle cose che narrano e concordi nello affermare , foss' anche implicitamente, essere stata aperta questa strada da lvrea all'alpe Graia in remota eià, cioé circa centoventi in centoquarant'anni prima dell’èra volgare. Cesare iniziò la guerra Gallica nell'anno di Roma 695, e la compiè in dieci anni (57 in 47 avanti lèra volgare): quando vi si recò la prima volta tenne la strada andante da Ivrea all'alpe Graia ed alla Gallia Transalpina, e giunse a Ginevra colla maggior sollecitudine, la qual fu tanta che, al dir di Plutarco , in otto giorni soli recossi da Roma al Rodano (2); per la stessa ritornò pochi giorni dopo, viaggiando, come dice, sempre magnis itineribus, e raccolte in Italia cinque legioni qua proximum iter in ulteriorem Gallium per alpes erat, cum his quinque legionibus ire (1) L’Acropole d Athènes. VI. 45. (2) In Caesare. H. 1 3 86 LE ANTICHITÀ DI AOSTA contendit. Che poi veramente debbasi intendere della via pel piccolo San Bernardo, lo afferma Cesare stesso, soggiungendo che alle legioni sfor- zavansi d'impedire il passo i nativi d'oltralpe, cioè i Graioceli, i Caturigi e nominatamente i Centroni, abitatori questi dell’odierna Tarantasia, nella quale scende dapprima quella strada (1). To do pure somma importanza alle Cesariane espressioni magnis itineribus, quam maximis itineribus , significanti le marcie de'suoi soldati forzate àd un tempo e sieure: chiaro essendo, che tra siffatti dirupi e frane e torrenti non erano queste. ef- fettuabili se non mediante l’esistenza di un'ottima via militare munita di tutte le numerose opere necessarie (che i Romani non facevano mai a modo provvisorio), e mediante la tranquillità della regione percorsa e lo stanziamento lungh'essa degli occorrenti magazzini e depositi. Infatti Cesare , il quale in tutti i dieci anni (2) della guerra Gallica la percorse incipiente l’ inverno e di nuovo ancora questo cessante (cioé circa venti volte e sempre nei pessimi mesi antecedenti e susseguenti la stagione campale) non ne fa mai cenno alcuno, tanto tornavagli spedita , facile e sicura, ed in sè stessa e per parte degl’ indigeni (3). E che in questi viaggi la comodità non la cedesse punto alla celerità, cioè che la strada dovesse essere ottimamente sistemata e compiuta, lo ricavo eziandio da ciò, che ritornando Cesare dalle Gallie ebbe campo a stendere i due libri, ora perduti, De Analogia, poi, di nuovo recandosi iu soli venti- quattro giorni da Roma in Ispagna, scrisse agiatamente in viaggio il poema avente appunto il titolo /ter (4). Del quale bene è sventura che nessun codice, nessun frammento, nessuna memoria ne sia rimasta , poichè, in quel poema necessariamente descrittivo, doveva essere fatta menzione delle alpi in genere, specialmente poi di gran parte del Pie- monte e della valle della Dora Baltea: e tutte queste cose vi eran dette da un Cesare, cioè dal più diligente, esatto ed efficace scrittore che mai sia stato. (1) Comm. I. 10. Ibi Centrones et Graioceli et Caturiges locis superioribus occupatis, itinere exer- citum prohibere conantur. (2) Discedens ab hibernis Caesar in Italiam, ut quotannis facere consuerat. De bello Gallico VI - passim, (3) Comment. passim. (4) De Analogia in transitu alpium, quum ex citeriore Gallia, conventibus peractis, ad exercitum rediret. Svetonio 56 e di nuovo Poema, quod inscribitur Iter ..... dum ab urbe in Hispaniam ulte- riorem quarto et vicesimo die pervenit. La strada del piccolo S. Bernardo era altresì quella che na- turalmente s'indirizzava attraverso alle tribù Galliche domate ed agli Edui amici da lungo tempo. | PER C. PROMIS 87 Abbiamo altresì da Cesare che al termine del second'anno della guerra Gallica fu da lui mandato a Martigny nel Vallese con una legione Sergio Galba a tutelare la strada del gran S. Bernardo nel tener de’ Veragri, e che causa mittendi fuit, quod iter per alpes; quo magno cum periculo, magnisque cum portoriis mercatores ire consuerant , patefieri volebat (1). Ora, da tutte codeste parole di Cesare risultando, come per chi tra- gittasse l'alpe Graia e la Pennina venissero allora i pericoli là dai Centroni f e loro affini, quà dai Veragri e dai Seduni, è logico il dedurre che nel paese dei Salassi franco ed agevole fosse il cammino, vogliasi per la bontà della strada , vogliasi per la sua sicurezza. Il silenzio da Cesare serbato sul contegno de'Salassi ed il parlare oppur tacere di que’ suoi viaggi come di cosa ovvia e consueta, costituiscono un perentorio argo- mento che già antica fosse quella via, già antichi per essa i transiti dei Romani, da assai tempo resi domi e quieti i Salassi. Anche Petronio Arbitro ne avverte, che l'ultima discesa di Cesare dalle Gallie, prima d'iniziare la guerra civile, fu per l’alpe Graia (2). Il dotto poligrafo M. Terenzio Varrone, consanguineo e coevo dello sterminator de'Salassi, nato nell’anno di Roma 638, vissuto circa novant'anni, cosicchè il suo fiorire si può collocare a quattordici lustri > prima dell’èra volgare, in una delle tante sue opere (che io dubito possa esser quella intitolata Belli Punici secundi e rammentata dal gramatico Prisciano) enumerò le cinque strade che a’ suoi tempi dalla Liguria e dal Piemonte , attraversando le alpi, portavano nella Gallia Transalpina. Perduto è il libro, ma il brano che occorre fu conservato da Servio nelle seguenti parole: Sane omnes altitudines montium , licet a Gallis Alpes vocentur, proprie tamen montium Gallicorum sunt, quas quinque viis Varro dicit transiri posse : una quae est juxta mare per Ligures (Monaco (1) Comment. VI. 1. (2) Satyricon. Utrecht. 1654. pag. 178. | « Alpibus aereis, ubi Graio nomine, vulsae » Descendunt rupes , nec se patiuntur adiri , » Est locus Herculeis aris sacer , hunc nive dura | » Claudit hiems , canoque ad sidera vertice tollit, » Coelum illinc cecidisse putes ....... T glacie concreta rigens, hiemisque pruinis » Haec ubi calcavit Caesar juga .......» E dellultima volta che egli passò l'Alpi canta Lucano I. 183. « Jam gelidas Caesar cursu superaverat alpes ». 88 LE ANTICHITÀ DI AOSTA, e Nizza); altera qua Hannibal transiit (Monginevra) ; tertia qua Pompeius ad Hispaniense bellum profectus. est (1) (Val di Stara ()); quarta qua Asdrubal de Gallia in [taliam venit (val di Chiusone o di Pellice ()); quinta, quae quondam. a Graecis possessa. est, quae exinde Alpes Graecae appellantur (2). Nella quale esattissima classificazione Varroniana delle cinque strade alpine Piemontesi da mezzogiorno a tramontana è da notare che l'autore, come già Polibio , sicuramente intende di vere vie aperte e sistemate non già di semplici valichi pei gioghi delle alpi, i quali, allora come adesso, dovevano essere e tuttora sono assai più numerosi. Ecco adunque prima di Cesare, cioè settant'anni all incirca avanti Péra volgare, aperta la strada di val di Dora pel piccolo S. Bernardo. Veniamo ora a Polibio; scriveva questi le sue istorie in Roma circa l’anno centocinquanta avanti Cristo (essendo nato circa il 205 e morto il 122), e vi notava che ¿n quattro luoghi soltanto si possono superare le alpi: l'uno attraverso i Liguri vicinissimo al mare Tirreno : poi quello pei Taurini, pel quale passò anche Annibale: il terzo attraverso i Salassi e il quarto pei Reti: strade tutte precipitose (3). Qui senza dubbio Polibio parla non già di semplici valichi pe’ monti, ma bensì di vere strade re- golari, come le tre altre sulla sponda del Mediterraneo, pel Monginevra, pei Reti; ora l’epoca nella quale potè essere aperta per val d'Aosta la strada rammentata da Polibio coincide, secondo ogni probabilità storica, coll'anno di Roma 611 (141 avanti l'éra volgare), nel quale il console Appio Claudio Pulcro sconfisse per la prima volta i Salassi uccidendone ben cinque, mila. Di queste cose ho già parlato nella istoria : qui basti notare, che i Romani non avendo allora ragione alcuna per muovere guerra a quel popolo, convien dire che a ciò fossero spinti da un motivo occulto, il quale non doveva risieder tanto nella cupidigia di spogliar i Salassi delle miniere dell’oro e di assicurar l’acqua ai conduttori di esse (1) Questa strada è mentovata dagli scrittori antichi, però con parole tali, che la sua giacitura rimane troppo incerta. Appiano (Civil. I. 419) Ja dice aperta, emulando Annibale, tra mezzo alle sorgenti del Po e del Rodano; nel quale immenso spazio moltissimi sono i valichi Pompeo poi scrivendo al Senato, in occasione della guerra Sertoriana ( Sallustii , così si esprime: diebus quadraginta. exercitum parayi, delle alpi. Fragmenta MI), hostesque in cervicibus jam Italiae agentes ab Alpibus in Hispaniam summovi ; per eas iter aliud, atque Annibal, nobis opportunius patefeci. Ale quali parole nota il De Brosses, che in Appiano pel nome Padus deve intendersi il Ticino, dimodochè l'alpe da Pompeo valicata sarebbe il S. Gottardo, Però la marcia di Pompeo combinata colla condizione delle Gallie di que’ giorni fa presumere un passo dell'alpi verso mezzogiorno. (2) Ad Eneidem. X. 13. (3) Presso Strabone. Lib. IV PER C. PROMIS 8g ed agli agricoltori della sottoposta pianura, come narra il preallegato Strabone, ma si il sommo interesse di aprirsi per quella valle opportu- nissima una via che da Ivrea portando nelle Gallie attraverso al paese degli Allobrogi, toccasse la regione de’ Voconzi e de’ Salluvii in un col vasto territorio de’ Massalioti, apparecchiandosi, secondo lor perenne po- litica, a guerreggiar gli uni, a soccorrer gli altri, ed infine a dominar tutti quanti. Con queste, non so s' io mi dica asserzioni od indizi o cenni degli scrittori concorrono pienamente i ruderi della via stessa, i quali ne’ ponti, ne’ tagli , nelle sostruzioni in lor muto ma efficacissimo linguaggio accusano il pensiero e la struttura delle opere, quali facevansi un secolo e mezzo avanti Cristo: della qual cosa addurrò gli argomenti a misura che si presenteranno procedendo lungo la via stessa. Qui aggiungerò solamente che, appena fatta la strada, si presentò la predisposta occasione di valersene, poichè soli vent'anni dopo (121, 120 avanti Cristo) furono domati i Voconzi, soccorsi i Massalioti , sconfitti gli Allobrogi. Tacciono gli storici sulla via tenuta dai consoli per combattere queste guerre, ma Cn. Domizio Enobarbo e Q. Fabio Massimo Allobrogico duci successivi non poterono percorrerne altra per scendere, giusta gli eterni principit di guerra, nelle valli Allobrogiche (1). Cade appunto in questi anni il celebre tribunato di Caio Gracco , del quale scrive Plutarco importanti cose, che convien riferire sì per meglio significare il modo che i Romani tenevano nel fare le loro strade, sì perchè dalle sue parole si traggono novelle prove a confermare il mio asserto. Dic’egli adunque , che il tribuno attese particolarmente con sommo studio a fare e ad acconciar le strade, avendo la mira all utilità e nel tempo medesimo anche alla grazia ed alla bellezza: imperciocchè tirate erano per diritta linea a traverso de terreni; ed erano dove lastricate di pietra scalpellata, e doye rassodate con sabbia portatavi: ed essendo riempiute le cavità che formavano i torrenti o le valli, o raggiunte essendone con ponti le sponde, le quali ridotte erano ad un'altezza eguale dall'una e dall'altra parte, avvenne che il lavoro aveva una piena e bella apparenza per tutto (2). Prosegue Plutarco ad esporre come Caio fosse (1) Non senza intima soddisfazione trovai che le mie supposizioni circa la strada romana per Palpe Graia, l'epoca in cui fu aperta ed i pretesti dai Romani messi in campo onde assicurarsi codesta comunicazione da val d'Aosta alla Provincia attraverso il paese degli Allobrogi sono per- fettamente d'accordo coll'esposto dal sig. Amedeo Thierry nella sua importantissima Histoire des Gaulois, specialmente al cap. 2 della parte 2.* (2) In Tib. e C. Gracchi. Traduz. del Pompei. Serie II. Tow. XXI. 12 90 LE ANTICHITÀ DI AOSTA stato il primo a segnare le distanze stradali colle pietre milliari : otre ciò fatto avendo misurar tutte quelle strade, vi piantò ad ogni miglio colonne di pietra che segnavano una tale misura. Queste poche parole combinate con quanto dell'antica via ne rimane in val d'Aosta, danno origine a gravi e moltiplici deduzioni istoriche; ed anzitutto dirò , che nel luogo dove poi sorse Aosta (in regione larga due chilometri, per- corsa dal fiume, avente egual comando sulla strada veniente da Ivrea e su quelle procedenti all'alpe Graia ed al Sommo Pennino, e siccome posta nella sola spaziosa pianura della valle così naturalmente difesa contro quel genere d’attacchi, al quale, secondo Strabone, avevano ricorso i Salassi col ruzzolare sugl’invisi accampamenti nemici sassi e frane dai monti sovrapposti: regione però attissima a stabilirvi sì un campo, sì i necessari depositi d'uomini, vettovaglie e magazzini ) dovettero i Romani, come nella più opportuna stazione lungo quella via, farvi un accampa- mento militare, quasi preludio della futura città: un vero castrum stativum, come quelli sin dalla guerra Annibalica fatti sul monte Albano ed altrove, di che mille esempi ne danno gli storici ed i monumenti. Al taglio della rupe di Donnaz (tav. I, fig. E) vedesi una pietra milliare intagliata nella viva roccia e portante nulPaltro che il numero XXXVI: tal milliario, che non potè sicuramente essere spostato mai , è coevo alle opere della via e probabilmente fatto in un con essa d’ordine di C. Gracco, al quale il greco biografo fa risalir l'onore di simil tro- vato : il carattere del lavoro maravigliosamente conviene con quella eta: le trentasei miglia romane vi hanno principio da Aosta (le quali misure stradali da questa città a Vienna in Delfinato duravan ancora nel quarto secolo, come dagl'itinerari) e consentono colle tavole itinerarie attribuenti venticinque miglia da Aosta a Verrez e ventuno da Verrez ad Ivrea : ora, Donnaz distando da Ivrea circa dieci miglia antiche, ne rimangono ad un dipresso undici, le quali sommate colle venticinque fanno le trentasei segnate sulla pietra. Nuova induzione che il taglio di Donnaz con tutta la via da Ivrea ad Aosta ed oltre sia opera dei Gracchi e fatta dal 140 al 120 avanti lèra volgare, mi porge il sapersi da Plutarco stesso come Tiberio , il maggiore di essi, fosse suocero del console Appio Claudio Pulcro stato nell’anno 141 vincitore e trionfatore primo dei Salassi, come Caio fosse amico strettissimo del console dell’anno 123 M. Fulvio Flacco gran settatore della legge agraria, primo a passar le alpi contro i Galli, guer- I í PER C. PROMÍS Ot reggiare i Salluvii, soccorrere i Massalioti e perire finalmente con Caio stesso: sicché alla ragione pubblica d'interesse politico e militare ag- giungevasi nell'animo dei tribuni la ragione privata d’ innalzare sè ed i suoi coll'aprire e ridurre a termine una via di tanta importanza attraverso a popoli, il cui nome solo rammentava od avrebbe rammentato una gloria gentilizia dei Sempronii, dei Claudii e dei Fulvii ; sappiamo inoltre dallo stesso autore aver Caio proposto con nuove leggi che fossero fatte strade e fabbricati granai , soprantendendo egli stesso a tutte queste cose e dirigendole . . . . . traendole tutte a fine con mirabile prestezza ed assiduità. La stessa pietra milliare avente le sole cifre numerali concorre a stabilire l'età dell'opera circa i tempi del tribunato de’ Gracchi: anteriore infatti non può essere, stato essendo Caio primo a collocarle lungo le vie: neppur posteriore sino ad essere coeva ai primordii dell’impero, essendochè i milliari degli Augusti portano tutti la lunga enumerazione de’ loro titoli significanti essere fatte le vie per cura degli imperatori, non più del popolo e de’ suoi magistrati ; della qual cosa troppo abbondano gli esempi , perché io abbia da addurne in questo luogo. Le prove poi che potrei desumere dai modi e. dal carattere delle co- struzioni diverse sì ma uniformi, che ne rimangono lungo la via stessa, sarebbero affatto concludenti e terminative se le parole e la rappresen- tazione dei ruderi ed anche lo stesso esame locale potessero bastare a confermare quanto mi pare di aver provato, essere cioó quelle opere costrutte da cenventi.a cenquarant'anni prima dell’èra volgare. Ne tratterò a lungo discorrendo in questo capo delle reliquie che avanzano, qui dirò solo, che la poca larghezza degli aggeri e susseguentemente de’ ponti, i contrafforti non rastremati ma risegati, la curva intradossale degli archi concentrica colla estradossale, le sostruzioni poligonie di Bard son tutte cose che trovansi lungo questa via come nelle antichissime e singolar- mente nei numerosi avanzi che negli Abbruzzi tuttora si vedono delle vie Valeria e Salaria, costrutte tre secoli e mezzo avanti l'éra volgare, e come quella di val d’Aosta con iscopo essenzialmente militare. L'arte di rettamente giudicare della età di un monumento dalla sua ispezione è moderna affatto, instradata ma non sempre raggiunta da Winkelmann , procedente su basi certissime, sempre somministrante risultati concor- danti colle parole degli antichi scrittori e nel loro silenzio essa supplendoli : ma il cercato giudizio non si può istituire se non da chi abbia una lunga pratica oculare di siffatte cose e proceda prudentemente dal noto all'ignoto. P > 92 LE ANTICHITÀ DI AOSTA À Uscendo da Ivrea la strada antica andava in ripida discesa; la mo- j derna, buonificata pochi anni sono (e che si sta tuttora buonificando in tutta la sua lunghezza sino al Piccolo S. Bernardo), è molto più agevole. Passando sotto al bel castello di Montalto, quindi per Borgofranco e Montestrutto si giunge a Settimo Vittone (Septimum Widonis) rispondente ad un qualche vico antico detto ad Septimum, cioè a sette miglia romane da Ivrea che sono circa 10400 metri; la strada non ha più nessun ve- I stigio antico, avvegnachè il tracciamento della via romana non possa i gran fatto discordare da quello della moderna, per essere ristretto lo 4 spazio e limitato a sinistra dall’alveo della Dora che Baltea appelliamo , bu | e Bautica dicevasi circa il mille (1) dal nome del principale influente Bautegium oggi Buthier; Valveo certamente non mutò luogo, coartato | com'è a destra dalle falde de'monti, dalle quali vanno sempre dirupando enormi roccie. A Carema comincia propriamente il val d’Aosta, e ben dice Viberto circa l’anno 1050 (2) ad extremos Italiae fines , locumque qui dicitur ad Cameram. Sta a 38 in 39 miglia romane da Aosta; una lapide sepolcrale di tre liberti di C. Sallustio Crispo fu data in luce dal fin > ci ae Cav. Gazzera (3), e gli valse a dimostrare, come in quel vico stesse già un riposto di rame delle celebri miniere Sallustiane de’ Centroni, pro- q babile origine del moderno villaggio, il quale da Camera nel senso fiscale P oppure in quel di deposito o magazzino fu poi scambiato in Carema, | ovvero giusta il locale dialetto Caréma- Dopo Carema si giunge all'operoso villaggio di Ponte S. Martino , dove l'impetuoso torrente Hellex (4), dopo percorsa la Vallesa ossia valle | dell Esa, va a metter foce nella Dora pochissimo discosta. Non so d'onde il dotto e diligente Durandi abbia ricavato, che a Ponte S. Martino vi fosse già un'iscrizione mentovante ad Pontem colla parola Heliae, signi- ficante Pantico nome del torrente: la dice raccapezzata tra poche sconnesse parole nel 1652; io perd non conosco nessun topografo od istorico della valle, il quale l'abbia riportata o datone qualche frammento (5), e poi fa d'uopo convenire, che quel padre della nostra topografia comparata (1) Mon. Hist. Patriae. Chart. I. n.° 249, Bautia diciamo tuttora in vernacolo. | (2) In vita Leonis IX. ap. R. I. S. HI. 1. p. 287. (3) Atti dell Accad. di Torino. XIV. Di questa miniera ora esausta parla il Durandi (Alpi Graie Pennine. p. 25). (4) Flumen quod dicitur Hellix, carta del 1299 ap. Durandi Marca d'lerea. p. 115. (5) Marca d'Ivrea. p. 71. Egual favola è raccontata dal De Tillet e da altri. ^ PER C. PROMIS 93 4 in fatto di lapidi fu assai corrivo: fatto è che in nessuna parete del ponte vi è il menomo vestigio che vi sia stata mai una lapide. Alcuni scrittori dell’età del rinascimento posero i limiti d’Italia a ponte S. Martino, benchè ciò non fosse che per tradizione del possesso di val d’Aosta tenuto già j dai Franchi, per figura il Signot scrivente circa l'anno 1500 : et environ ^ | demie lieüe de là du dit passage (di Bard) commence le dit pays d'Italie en un pont quon dit, que Octavien fit faire pour la vraye limite d'Italie, lequel pont est Jait et construit de merveilleuses grosses pierres. Et maintenant on l'appelle le pont S. Martin (1). | Per gettare il ponte scelsero i Romani un luogo elevato onde evitare i i paduli che infestavano la poca pianura, e tra due scogli che natural- } mente ristringono il letto del torrente piantarono l’arco, che ha di corda | m. 35,64 (Tav. II, fig. A, B, C, D, E), misura superante tutte quelle praticate nei secoli della repubblica, delle quali si abbia contezza: basti notare, che lo stesso famoso ponte di Traiano sul Danubio aveva archi di m. 50, 00 di diametro, cioè per soli */,, maggiori di questo. Un'oriz- zontale condotta laddove lo scoglio spianato dà nascimento all'arco produce | una saetta di m. 12,00, vale a dire di '/; della corda ; la larghezza del V ponte in fabbrica è di m. 5,825: quella della strada è soltanto di 4,625 (dimodoché ciascuno dei due parapetti era grosso o, 600 ossia pochissimo più di due piedi romani): la molta inclinazione dei cordoni e del selciato è del 12 '/, per cento. Le pietre dei primi cunei a partire dal nascimento o sono orizzontali o minimamente inclinate ; questo caso assai raro di costruzione (non avendolo io altrove veduto che al ponte i S. Giorgio sulla Valeria, presso Carsoli, di tre secoli anteriore all'éra i volgare), è un primo tentativo per andare dai cunei concentrici delle costruzioni repubblicane a quelli scaglionati delle imperiali: ivi sono in tutto novantun cunei, ma inegualmente distribuiti : la grossezza alla chiave | è di m. 1,350: sovr'essa procede in due piani simmetricamente inclinati | un cordone grosso 0, 25 sul quale posa il parapetto in pietra, la cui parte a superiore è cimata ed infranta. La pietra ond’è costrutto il ponte è un | gneiss micaceo del luogo, ridotto ora a cunei, ora a massi parallelepipedi, ora a scaglie pei rinfianchi dell'arco, ora finalmente a grossi poliedri o piramidi pel pavimento della via, del quale rimane a posto un tratto a due pioventi, costituente il vertice del ponte ed esposto alla fig. C. {| P > P P 5 " (1) Totale et vraye description etc. Paris. 1518 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Imperciocchè è noto come gli antichi rifuggissero dagli archi depressi, e questo è forse il solo esempio della età repubblicana, nel quale vedasi la saetta dell’arco essere soltanto di */, della corda; gli amavano semi- circolari e tali s’ingegnavano ovunque di averli, come per mille esempi: ma qui non volendo deprimere troppo l’arco dovettero necessariamente fare il selciato superiore a due inclinazioni. La curva dell’intradosso è concentrica con quella dell'estradosso : certo ed indubitabile carattere delle. costruzioni romane nel periodo repubblicano, carattere che trovasi sotto Augusto nel ponte di Rimini, ma non pià nel teatro di Marcello, e che vedremo serbato in tutti i ponti di val d'Aosta (1). Singolar cosa osservai nella fronte de'cunei, ed è che quasi tutti sono collegati a due a due nelle fronti aderenti da arpioni di ferro : ossidatisi questi, caddero pressoché tutti, ed invero che pochissimo giovamento potevano prestare. Poco sopra il nascimento dell'arco vedonsi per ogni banda cinque robusti massi sporgenti a guisa di modiglioni , ad ognuno de’ quali sovrasta un ampio intacco, espresso il tutto nelle fig. B, D, E della Tav. II; questa usanza, la quale scompare affatto col finire del primo secolo dell'impero (ed infatti non la trovai più richiamata se non negli archi dell'acquedotto Alessandrino e nei ristauri di Traiano a quello della Claudia ed Aniene Nuovo), fa universale durante la repubblica, come per mille esempi e sopratutto pei ponti della via Valeria nella Comarca e nell'Abbruzzo. Lo scopo n' evidente, imperciocchè un tirante collocato orizzontalmente entro gl intacchi e sui modiglioni era come «corda dell’ intiera armatura del ponte: dai suoi capi potevano partirsi le op- portune saette in numero e distribuzione convenienti: e finalmente si otteneva di potere ad ogni bisogno e senza ingombrar l’alveo della cor- rente rimettere in opera l'armatura per gli eventuali ristauri ; tuttociò senzachè nelle piene venisse alterata la sezione dell'alveo. Una pratica strana assai vedesi in questo ponte, come in quello rovinato di Chatillon, ed è che in tutta la lunghezza della direttrice (pari, come fu detto, a m. 5,825) l'arco si divide in cinque zone verticali di cunei alternati con quattro zone pur verücali di emplecton. Quanto i Romani facevano con tanta saviezza negli archi laterizi, dividendone la periferia in parecchi settori, che venissero a rappresentare altrettanti cunei tutti collegati , (1) Devesi però avvertire, che questa pratica, quanto ai ponti, fu protratta sino a tutto il primo secolo, come vedesi in quello celebre d’Alcantara. PER C. PROMIS 95 tanto si fece qui, ma in senso inverso e normale all'asse; grazie alla eccellenza del cemento duró il ponte di S. Martino, ma si sfascid e cadde quello di Chátillon, e cosi doveva accadere di questo se l'as- soluta assenza di legamenti non fosse compensata dalla diligentissima struttura (tav. IT, fig. B); ma già ne'rinfianchi e nel sottarco vedonsi i segni di prossima caduta. Attraversato sopra un ponte moderno in legno il torrente , e lasciato a monte il ponte romano, prosegue la strada, la quale anticamente si atteneva alquanto più alle falde de'monti, scansando la pianura in preda allora agli straripamenti della Dora. E a destra il villaggio di Perloz, poi sulla via il borgo di Donnaz (Donat, Donayz nellundecimo e duo- decimo secolo), oltrepassato il quale han principio le orride strette di Bard, dove il monte scendente dirupato e scosceso sulla sinistra della Dora, dovette dar luogo ad un lungo taglio comprendente la via nella sua larghezza di m. 4,760 (piedi romani 16), ed un parapetto ricavato nella rupe, alto un metro e di larghezza orizzontale variante da piccola misura sino a m. 1,75 come richiedeva la natural grossezza dello scoglio; la via è fiancheggiata coniro il monte da un taglio a picco fatto a scalpello, alto sin dodici metri e più, e che doveva di molto eccedere tal misura, prima che dalle rupi imminenti le continue frane sconnesse e poi spinte dalle acque e dai geli non rovinassero annualmente cimando e dilabrando ognor più il vertice supremo del taglio. Consta la roccia nella quale fu condotta quest'opera non singolare ma rarissima, di un gneiss micaceo e talvolta porfiroideo, stratificato ad inclinazioni varianti all'orizzonte di 30.° in 40.°; abbondavano in un tratto di essa le sfaldature per modo che fu creduto cosa conveniente non solo, ma necessaria, di lasciarvi un contrafforte naturale lungo m. 4,74 (piedi romani 16), alto quanto la falda del monte richiedeva, e traforandolo pel passo della via, qui ridotta a larghezza di soli m. 2,98 (piedi romani 10) ed in altezza di piedi antichi 16: dalle quali cose vedesi che solo un veicolo poteva pas- sare per quello che chiamano Arco o Porta di Donnaz. Per amor di abbellimento sulle pareti anteriore e posteriore di esso fu graffito un girare di quindici cunei tra due curve concentriche tra sè, distanti m. 0,76; sopra l’arco la roccia fu tagliata a scaglioni, de’ quali uno solo rimane, alto 0,60, essendo tutti gli altri diruti. Non fu quest’arco un capriccio d'architetto fatto a costo d’ ingombrare la strada ,.ma un indispensabile contrafforte, ed io mi ascrivo a pregio di averne nel 1837 impedita la 96 i LE ANTICHITÀ DI AOSTA demolizione , la quale avrebbe tratto seco la rovina del monte e di tutto il mirabile taglio di Donnaz (1). A breve distanza dall’arco s'incontra una colonnetta, intagliata essa pure nella roccia a foggia di pietra mil- liare, intatta, col numero XXXVI principiante in Aosta, già esattamente lettovi dal Gioffredo (2), malgrado che da molti si sia voluto trovarvi una quantità maggiore o minore di miglia: approfittandomi io delle ore mattutine, nelle quali il sole vi percuote obbliquamente , potei ritrarla con sicurezza (Tav. I, fig. E). Trentasei miglia e qualche cosa misurano la distanza di qua ad Aosta, seguendo i flessi, le salite della via antica e la maggior lunghezza della moderna. Conviene ora dire di quanto si riferisce all’arte dell’ingegnere ri- guardo al tagliar le rupi e dei modi tenuti per venirne a capo secondo le pratiche romane qui rimaste visibili, e delle quali soli due altri esempi mi fu dato di rintracciare, ma ambedue d'assai inferiori a questo nostro. Calcolata la pendenza che lungo il taglio doveva aver la via in un tratto di m. 221, e stabilitala di 0,014 per mille (rispondente ad x per 72, ossia ad un'oncia per sei piedi romani), dalla linea di sommità si andò scalpellando colla subbia sinchè si fosse giunto poco sopra il voluto pa- vimento: quindi sulla parete verticale fu altresì a punta di subbia solcata un'orizzontale a disteso, la quale vedesi tuttora chiarissimamente. Quindi lungo le piombature, suggerite come più opportune dalla comodità del luogo e dallo incontrarsi ad angoli ottusi delle pareti verticali, furono tracciate parecchie colonne verticali di cerchietti distanti da centro a centro due piedi romani e sempre riferentisi alla suddetta linea di livello ; di queste colonne due ne segnai nel saggio D: servivan di rapporto per avere lo spianamento verticale, appunto come in oggi si pratica dagli sboz- zatori per avere il piano ultimo nei bassirilievi. Avvertasi perd che alcuni tratti del taglio sono piani ed incontrantisi ad angoli ottusissimi , altri sono a base curvilinea , e che le anzidette colonne di punti segnavano anzitutto il trapasso d'una in altra superficie. Quest'andamento tortuoso si deve a quello della sponda sinistra della Dora che gli è parallelo, come la variante larghezza del parapetto fu richiesta dal bisogno di allontanarsi il meno possibile in pianta dalla direzione rettilinea. Tratto tratto si (1) I naturali interstizi tra le falde della viva roccia si vanno lentamente allargando per opera delle pioggie , dei geli e del calor solare, cosicchè già dal sottoyolto goccia l’acqua , ed ove non venga tutelato da ulteriori danni, una prossima rovina minaccia l’arco di Donnaz. (2) Theatrum Pedemont. II. p. 53. PER Ce- PROMIS 97 vedono altri segni tracciati ora con quadretti, ora con croci a tre ed a quattro bracci, nuovi punti di rapporto dei quali è ora impossibile il divinare a quale scopo speciale abbiano potuto servire, quantunque certo sia che tutti collimavano alla maggiore esattezza della operazione finale. Il piano inclinato della strada, formato dalla viva roccia e senza selciato aleuno, trovasi essere ristretto a destra dal taglio della rupe, limitato a sinistra ed all’ infuori dal parapetto scalpellato nella roccia esso pure. Questa sarebbe la rupe genericamente citata a testimonianza da pa- recchi scrittori antichi per essere stata dai Cartaginesi spianata coll'aceto gettatovi sul fuoco ardente: ‘ciò dicono T. Livio, Silvio Italico, Giovenale, Ammiano Marcellino , avvegnachè mon ne diano una più circostanziata ubicazione topografica. Ora è fatto, che quel taglio (opera romana, coeva a tutta la via e di r20 in 140 anni prima dell'éra volgare, come parmi d’aver dimostrato) non già col fuoco fu aperto, ma sì col paziente lavoro di scalpellini; che le citate scale di piedi danno esattamente la misura romana, come romano n’é il milliario, e finalmente che Annibale dalla cima delle alpi sceso in pochissimi giorni ne’ Taurini non potè passar di là, e gli sarebbe mancato tempo per un lavoro simile, che non volle meno d'intieri anni. La fama però del capitano Cartaginese tale e tanta durava nel medio evo, che a lui, siccome opera che appariva prodigiosa, fu ascritto il taglio di Donnaz; già glielo attribuiva Liutprando in sullo scorcio del secolo nono ed Arnolfo Milanese narrando di re Corrado di là passante poc'oltre il mille, mentova i praecisa saxa dell’ inespugnabile Bard (1). Passò questa credenza d'uno in altro scrittore sino al risorgi- mento, allorquando il Signot scriveva: par Aouste on dit qu Hannibal entra au dit pays d'Italie.......et dure la dite vallée environ quinze lieies , et jusqu'au lieu de Bard, là où il y ha un merueilleux passage , qu'on dit que le dit Hannibal fit faire , en rompant la montagne à force d'engins, de feu et de vinaigre, ainsi comme il est escrit et insculpé contre le Roch d'iceluy passage et l'appellent-on communément le pas @ Hannibal. Ma già v'era chi contraddiceva, ed agli anni stessi Domenico Maccanéo (dopo ripetute le iscrizioni spurie del taglio di Donnaz) siam- pava poi ne’ suoi commenti a Cornelio Nepote le seguenti parole: desinant igitur garrire amnusoteri de cavata via atque manufacta ad saltum Augustae (1) Rerum sui temporis. 1. 8. Serie II. Tom. XXI. 13 wie circeo | 98 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Caesareae nam quomodo oppidum Taurinum (Hannibal) expugnasset ? (1); cosi egli seguendo la pià sana opinione conservatasi nei bassi tempi, e tenuta, per figura, da Dante (2) e da Donato Acciaiuoli (3), che Annibale passato fosse pel Monginevra. To non so se gl’ incolti scrittori de’ bassi secoli, e con essi Paolo Giovio e chi lo seguì, conoscessero il libro di Appiano Alessandrino sulla guerra Annibalica, fatto è che dalle parole mal lette o mal intese di questo istorico (4), meglio che da altra fonte, potè dedursi che Annibale abbia fatto spianare la rupe di Donnaz col fuoco e coi martelli, e ciò in quattro giorni soli, come ne avverte Orosio (5) ; asserto favoloso affatto per chi abbia veduto quel taglio. Ma di tutte queste erronee asserzioni, nonchè delle pregiudicate opinioni di scrittori d’ogni secolo non aventi nè critica, nè erudizione, ho già discorso abbastanza nelle iscrizioni spurie: soggiungerò soltanto, che il dotto Létronne eonfutò a lungo l’autenticità di questa epigrafe sostenuta dal Deluc come argomento perentorio per provare essere Annibale passato pel Piccolo S. Bernardo. Il fatto della calcinazione di una roccia alpina per opera del capitano Cartaginese è attestato da una folla di scrittori coevi o posteriori di poco; esso fu già ciecamente creduto, poi ciecamente deriso nello scorso secolo, gran negatore che era di ogni buona o rea opinione antica. Fu recen- temente stampato a Parigi un libro per provare che siccome i gneiss, i quartz e simili pietre non si sciolgono coll’aceto, favolosa è perciò la narrazione di tanti istorici (6). Mi sia però dato di osservare , che il fuoco qui non interviene quale agente di calcinazione, ma di dilatazione e sfendimento ; Giorgio Thomson vide or son quarant'anni aprire un canale presso il capo di Buona Speranza per mezzo di grandi fuochi smorzati a tempo coll’acqua (7): sul cadere del secolo scorso una strada larga 4 metri, lunga 200 fu con egual metodo aperta nella roccia a Foix in Guascogna (8), ed essa tuttora esiste: potrei citare altri esempi , ma (1) F.o Dii. Taurini 1515. Il Maccanéo crede tutt’uno Augusta Cesarea (Saragozza di Spagna) ed Augusta Pretoria. (8) Paradiso. Vl. 50. (3) Vita Hannibalis, sovente in calce a Plutarco. (4) Si apri la via che anche in oggi è battuta e vien detta il passo di Annibale. Certo che da queste parole è ben probabile che fosse originata la pretesa iscrizione di Transitus Hannibalis. (5) Histor. IV. 4. (6) Rey. Sur l'emploi du vinaigre à la guerre comme agent de destruction. Paris. 1829. (7) Voyage dans le sud de P Afrique. 1825. (8) Dutens. Mémoires. IN. 47 PER C. PROMIS 99 bastino le parole dell'insigne fisico di questo secolo sir Giovanni Herschel (1) : nelle cave di granito presso Seringapatam i pezzi più enormi sono se- parati dalla solida roccia con questo semplice e bel metodo. L'operaio avendo trovato una parte di roccia sufficientemente estesa e posta presso all'orlo di quella già scavata, ne scuopre la superficie e vi segna una linea nella direzione della voluta separazione, lungo la quale si taglia con lo scalpello una scanalatura di un paio d’once di profondità. Sopra di questa si accende quindi una striscia di fuoco, mantenendola finchè la roccia di sotto è ben bene riscaldata; e immediatamente dopo, una fila d'uomini e di donne, tutti provveduti di un orcio pieno d'acqua fredda, spazzando prestamente via le ceneri, versano l’acqua nella calda scanalatura, e la roccia a un tratto si spacca con un bellissimo taglio. Aggiunge che se ne staccano massi pesanti da 16 a 20 mila quintali. Posto adunque che l’aceto vi sia stato impiegato come agente fisico anzichè chimico, lo spianamento degli scogli così ottenuto non ha nulla dell incredibile e del favoloso; ma di ciò basti. A detta del Marchese di Pesay ancora nello scorso secolo i paesani chiamavano il taglio di Donnaz col nome di Escalier d'Hannibal, come nell’alpi quanto abbia dello straordinario tutto debb'essere opera di Annibale. Accennai di sopra delle colonne verticali di cerchietti, punti e linee di rapporto segnati dagli scalpellini ed appaltatori per misurarne la quantità di lavoro e di cubatura estolta, e che sono collocati a distanza di due piedi romani da centro a centro; primo a parlarne fu Filiberto Pingone a f^ 154 della ms. miscellanea epigrafica compilata nel 1550 (2); dic’egli adunque che: in Donas ad Vallem Augustam ubi innumera an- tiquitatis vestigia extant. Imprimis hic longe lateque excisa rupis mi- randa equalitate , arcusque in ea patens ac parieti columna haerens uno omnia saxo iter cunctis pervium subiectae Duriae gurgite exhibent. Sunt o o passim transversae quaedam lineae cum hisce notis ° °. Il taglio v'è con- dotto con tanta finitezza e, malgrado l'avversa natura della roccia, cosi pulita n'à la superficie da pareggiare quella de'marmi che meglio si prestano alla levigatura: dopo venti secoli, la parete cosi spianata non ha perduto il suo antico pulimento, quando non fosse che i macigni (1) Discorso sullo studio della filosofia naturale. Cap. 3. 39. (2) Autografo dei RR. Archivi di Torino. A f.° 138 si legge: Partiti siamo di Roma a dì 4 di giulio 1550. Sua strada fu per Bologna, Piacenza, Milano, Ivrea, Aosta, Piccolo S. Bernardo, quindi alla nativa Ciamberì. i elitr ee pae -ia N ZA 100 LE ANTICHITÀ DI AOSTA dirupanti dall'alto ne sgretolarono qua e là la compatta nitidezza. A ragione menan vanto. i moderni delle mine, colle quali, celeremente e con poca spesa fendono i fianchi de’ monti: ma, valga il vero, sta a breve distanza da Donnaz la salita del, Mont-Jouvet , aperta nella rupe. soltanto nel 177 t colle mine e con tutti i mezzi che il secolo prestava; sebbene, mentre intatto è il taglio di Donnaz,; non passa invece inverno che là non si stacchino , operante il gelo » enormi. saldezze di. gneiss , ingombrino la via, mettano in forse la vita dei passeggeri, astringano i viandanti a lasciar la nuova: strada per ricalcar Pantica abbandonata ed angusta, ma dove il taglio levigato non. sgretola, mai. Quanto alla serie di. cerchietti , «dirò che di simili ne vidi pur anche alla rupe detta Pesco Montano sull’Appia appena oltrepassata Terracina, dove i Romani in tarda età repubblicana tagliarono pel passo della via la roccia in lunghezza di m. (8. ed in altezza. di m. 38 ; di quest'opera fu data notizia solamente nel. 1813, notandovi. l’esistenza: di parecchie scale altimetriche , distinte per ogni dieci piedi romani dai numeri X, XX, XXX e via seguendo sino a CXX , le quali distanze essendo state con diligentissima operazione ragguagliate al metro, se n'ottenne finalmente il rapporto di 0,293 191 (1). Esempio analogo è pure a Petra in Arabia nel monumento intagliato nel granito, noto! sotto il nome di Khasnè (tesoro): im esso accanto ai limiti esterni della facciata. sono. scolpite due colonne verticali di cerchietti, le quali, giusta il disegno, in diciotto spazi comprenderebbero dieci metri, riuscendone la distanza da centro a centro di soli 0,555, la qual misura. non fornisce, alcun rapporto di cubiti, piedi, palmi od oncie. antiche (2):.ho tuttavia gran dubbio sulla esattezza del. disegno, non mostrando mai. l'autore. dell'opera. di aver compreso il significato e l'importanza di quelle. scale o datovi alcun valore. Nelle colonne di punti; ‘come in tutte le. misure. del taglio, di Donnaz, si hanno eziandio importanti. campioni, del piede romano antico. Non dico già la sua esatta corrispondenza! coi piedi, adoperati in.tutti i. romani monumenti. (nota. essendo per, essi, la infinita varietà. che si ha da una ad altra opera, e la mutabilità del (piede col quale. furono condotte), ma quella. propriamente del piede; cubito. o decempeda colà ‘adoperati. Alla strada si volle dare larghezza di 16 piedi, all'arco un diametro di una (1). Hist. et Mém. de l'Institut, VIII..79; (2) L. De Laborde. Voyage dans l Arabie Pétree. 1830 PER C. PROMIS 101 decempeda:-con lunghezza di 16 ed altezza. pure di 16, due piedi da centro.a centro nei cerchietti ; ricavasi dalla prima misura m. 0,297 pel valore di.un piede romano: 0,298 per la seconda : 0,296 per la terza: 0,295 per la quarta e quinta. Conservansi nel museo di Napoli ‘cinque campioni di piede antico con altro di mezzo» piede, il loro valore varia da 0,291 45 a 0,296 3o (1): a 0,296 si ragguagliano il piede Ebuziano ed il Capponiano: a 0,295 ed a 0,295,9 quello Cossuziano e lo Stati- liano; tralascio tanti altri piedi datici dai metrologi in uno con quello illustrato da Jomard e Walkenaer eguale 0,292 5, con due da me veduti in Luni di 0,294 5, e convengo coi due citati illustri metrologi di ritenere il rapporto di 0,296 14 medio fra i tanti conosciuti, molto ap- prossimantesi a quello adoperato in val d'Aosta, il quale deducesi essere stato in media di 0,297, cioè di poco superiore a quello dopo lunghe indagini fissato da Gosselin in 0,296 294 Da Donnaz a Bard non corre più di un chilometro e mezzo, ma in sì breve spazio. moltiplici sono le vestigia romane e quelle pure degli antichi Salassi. Appressandosi a Bard l'orridezza del luogo, che è una gola tutta irta di roccie; percorsa soltanto dal torrente fragoroso e spu- mante, più volte deve aver fatto sostare i conquistatori, sempre colmaiili di paurosa maraviglia; tra la strada antica (riattala a questi anni per farla più comoda) e la Dora s'erge il forte moderno, sostituito nel 1825 a quello: famoso per molte difese; cche nel 1800 parve dovesse arrestare la fortuna: di Buonaparte (2). Oltrepassato il: villaggio , risalendo la si- nistra sponda della Dora, trovasivala strada essere sorretta parallela- mente; all'alveo del fiume, poi in vuna’svoltata ad angolo molto ottuso avere a: sostegno magnifiche sostruzioni romane; furono edificate laddove la roccia lasciava un vasto intervallo , su-di cui fianchi alzansi due muri (1) Cagnazzi. Valori delle misure e dei piedi romani. Napoli 1895. (2) Anziche fortezza era una casa forte, ed i suoi disegni si hanno nella inedita raccolta del cap. Morello. Bene è da stupire come i Francesi stati per parecchi mesi, signori del Piemonte e de’ suoi archivi militari, ignorassero che a Bard vi fosse un fortilizio debole in se, ma fortissimo pel sito, ed ignorassero pure che il monte detto l'Z/bard si percorresse assai comodamente grazie ad opere eretlevi negli ultimi secoli. Le bonificazioni fatte alla strada a questi ultimi anni stanno singolarmente in ciò, che mentre il suo andamento antico era tra il forte ed il monte detto |’ 4/bard od il Débard, il moderno invece passa tra il forte e la sponda sinistra della Dora, indirizzandosi a manca, dopo il borgo di Donnaz, per costeggiarne l’alveo. Così mentre l’antica strada era battuta dalle artiglierie del forte durante il suo tragitto nel villaggio (nel quale intento stat'erano edificate prima la casa forte mantenutasi sino a questo secolo, quindi la presente fortezza), ora la strada novellamente aperlavi si trova contr'esse affatto coperta. é { 102 LE ANTICHITÀ DI AOSTA portanti un bellissimo e grande arco a tutto sesto, con cunei di curve concentriche : il suo vano sfonda sino a che arriva a toccare la falda del monte, al quale si aderge l’opera. Il diametro dell’arco è di m. 4,65 e la lunghezza de’ cunei di 0,93: la struttura è tutta di sasso quadrato e fiancheggiata dalle due bande da contrafforti verticali ed a riseghe. Poco più oltre è un’altra sostruzione sul piccolo torrente o fosso Gnorotta ca- valcato da un arco di 7,22 di diametro, nel quale si ha un primo saggio di cuneazione consistente nel cuneo di nascimento che tende al centro, quindi svolge orizzontalmente. I cunei e gli spalloni sono tutti di tufo delle alpi, la porzione parallelepipeda dello spallone a destra è decorata di bugne sagomate. Dopo questo viene un altro scoglio, poi un altro vano, il quale troppo spazioso essendo per essere voltato a fornice, fu intieramente colmato rivestendolo al di fuori e sopra il fiume di quella struttura che, non avendo nome speciale, fu dagli antichi poeticamente detta Ciclopica e Pelasgica (1), dai moderni con vocabolo geometrico costruzione poligonia , dal suo offrire in pareti verticali uno svariato intreccio di triangoli , quadrilateri, pentagoni, esagoni e sino eptagoni rettilinei e mistilinei, di grandi dimensioni e maravigliosamente aderenti. Non potei accertarmi se quei poliedri siano stati mai cementati, cum’ è possibile ed è conosciuto che simil pratica già messa in opera in una città greca, passò poi talvolta in sistema presso i Romani, e singolarmente nelle mura poligonie ag- giunte o ristaurate ad Alba Fucense (2). Stanno queste sostruzioni tra il villaggio di Bard e la dipendente frazione di Jacquemet. Non dirò altro della prima sostruzione, quantunque di bella mostra sia ed ottimamente conservata, ma non posso passare sotto silenzio quella poligonia, notando qui, che avendo io nel 1840 diligentemente misurate e disegnate quelle sostruzioni coll’aiuto di scale e di ponti con fatica messi in opera attesa la grandissima difficoltà del sito a picco della cor- rente, finiti i disegni mi recai oltre Dora affinchè da luogo più comodo e discretamente lontano vi potessi ultimare que’ tocchi, che rendono più caratteristica la rappresentanza dell'oggetto : quando un soffio di vento (1) Placido Lattanzio nei commenti ai versi 252, 628 della Tebaide di Stazio asserisce, che quicquid magnitudine sua nobile est, Cyclopum manu dicitur fabricatum. Quindi aggiunge: idonee enim omnia constructa aedificia Cyclopaea dixit antiquitas ; le quali parole si riferiscono al molo di Pozzuoli, che era laterizio. (2) Antich. di Alba Fucense. p. 109. | | PER C. PROMIS 103 travolse i disegni nel torrente, sicchè ora mi conviene supplirvi con semplici parole e coll’aiuto di qualche abbozzo rimastomi; la qual cosa tanto più mi dolse, in quanto che le sostruzioni quadrate e poligonie di Bard, riattandosi novellamente la strada, vennero barbaramente cimate per raggiungere il nuovo inferior livello. Checchè ne sia, novella prova si ha in queste mura poligonie dell'essersi i Romani serviti all'uopo di simil maniera di fabbricare allorquando il luogo, lo scopo dell’opera, i materiali locali vi si adattavano, ovvero non permettevano di fare altri- menti; per vero dire, a ciò provare bastavano le arginature e sostruzioni poligonie delle vie Salaria e Valeria, opere ben certe dei Romani. Dell'età repubblicana è la prima, avvegnaché non si conosca per l'appunto l’anno in cui fu aperta, ed ha grandi vestigia poligonie nel tratto oltre Rieti ; la seconda si ha da Livio essere stata iniziata più di tre secoli avanti léra volgare, e serba tuttora magnifici avanzi di muraglie e sostruzioni poligonie frammiste ad arginature e ponti di opera quadrata nella Sabina e negli Equi; della qual cosa potei io stesso accertarmene percorrendole e studiandole ambedue nel 1835. Opera indubitatamente romana sono pure le mura poligonie di Circei e Segni erette da Tarquinio il Superbo, di Norba cinque secoli prima dell èra volgare; questi fatti opponevano architetti ed archeologi a coloro che discutendo nel presente secolo que- st'argomento predicavano quelle mura siccome fatte esclusivamente dai Greci, anzi dai Pelasgi: a vero dire, agli esempi da essi citati già si potevano opporre la porta di Toledo opera dei Saraceni, il ponte dell'i- sola di Lù-Chù nel mare del Giappone, le mura presso Kercht in Crimea, gli argini e Teocalli del Messico, i quali con tutte le mura poligonie dei Romani fornivano argomento validissimo a dimostrare essere stata quella costruzione naturalmente pensata ed effettuata in quasi tutti i tempi da quasi tutti i popoli, purchè i materiali vi sì prestassero. Le strutture poligonie di val d'Aosta , le quali han lor riscontro nelle mura e sostruzioni de’ tempi di Roma regia e repubblicana antica (senza che negli storici se ne trovi un cenno particolare) o ne’ ruderi spettanti agli ultimi secoli della repubblica, mi dimostrano aver esse appartenuto alla strada apertavi dai Romani ventiquattro o ventisei lustri prima di Cristo. Ancora è da notare che mentre tutte le mura poligonie di Grecia e d' Italia sono di pietra calcare di monte, queste d'Aosta sono di gneiss, vale a dire che per farle si valsero i Romani della pietra locale. Quindi osserveró essere queste le più settentrionali fra tutte le opere poligonie antiche (non avendole È 104 LE ANTICHITÀ DI AOSTA adoprate mai i Galli), e nei catalogi che in Italia di tali mura distesero Petit-Radel e Gerhardt, neppure un esempio se ne cita che non sia della inferiore Etruria, della dizione pontificia o delle provincie napoletane. Un'altra. ragione, che agli occhi di chi siasi applicato presenzialmente allo studio delle vie antiche , riesce affatto definitiva si è che la larghezza aggerale tenuta nelle antichissime vie Salaria, Valeria ; Appia (tralasciando di questa quei tanti tratti che furon rifatti da Traiano ) concorda esatta- mente con quella della via di val d'Aosta. Questo modo: di dedurre l'epoca di una via dal paragone dell'età conosciuta di altra via eguale-in misura x e nei modi di costruzione è certamente il più logico e positivo, ma essendo tuttora intentato , malgrado gli scritti meramente istorici di Bergier, di Pratilli, di Nibby, mi trarrebbe a mutare una semplice nota esplicativa in una lunga dissertazione. Soggiungo una tavola. delle varie larghezze di carreggiate e di ponti che ancora sì vedono sulla via antica da Ivrea ad Aosta. Larghezza stradale Coi parapetti | Carreggrata Ponte S: Martino. . 2.000) 5,825 | 4,625 BONO MW OUUAZ eet A 4, 750 Salita del Mont-Jouvet ... | ......| 3,200 Ponte di S. Vincent(1)... | 5,630 | 4,640 Ponte di Châtillon |. 5,800 | 4,620 Ponte di Aosta D: 5,9501 ‘45 #70 La sola misura che sensibilmente differisca dalle altre è quella della salita del Mont-Jouvet; dove convien notare che nelle strade fatte nel secondo e terzo secolo prima dell’èra volgare (senza dubbio per evitare la eccessiva spesa che ne sarebbe conseguita). usavano i Romani di dare alle salite in montagna tal misura che la loro larghezza eguagliasse ad un dipresso due terzi della larghezza in pianura: ad ovviare poi il danno proveniente (1) Al Ponte S. Vincent i parapetti sono grossi ciascuno m. 0,435 più 0,060 di risega inferiore , cioè 0,495: presa due volte questa misura si ha 0,990: quindi 4,640 per la carreggiata. (2) Ai ponti di Châtillon e di Aosta attribuendo parapetti grossi due piedi romani (0,590) come al ponte S. Martino, le carreggiate sarebbero di 4,620 e di 4,770. PER C. PROMIS 105 dalla soverchia angustia praticavano nelle svoltate e ne'luoghi più scabrosi de’ semicircoli in sortita che agevolassero lo scambio de’ veicoli, della qual cosa vidi bellissimi esempi presso l'Appia e lungo la via Sublacense. Tralasciando adunque questa larghezza in salita, ed attenendoci alle altre cinque, le quali tra sè minimamente differiscono, si ha per l’aggere un valor medio di m. 4, 681; la qual misura combina con quella di alcuni tratti dell’Appia, Flaminia, Tiburtina, Valeria e Latina che trovai larghi da 4,50 a 5,00: risultando questa maggior larghezza da ristauri fattivi nel primo e nel secondo secolo anteriormente all'éra volgare quando cioè correvano i tempi di C. Gracco e fu aperta la strada di val d'Aosta; essendoché nelle vie antichissime stava la larghezza tra 2,00 soli e 2, 5o supplendo poi alla eccessiva strettezza con degli emicicli nelle svoltate , come ne informa un frammento delle dodici tavole colle parole Via in porrecto VIII P. in amfracto XVI P. lata esto. Ora egli è chiaro che, somentando dal certo all’incerto, se le romane vie fatte nel sesto se- 5 colo di Roma, hanno larghezza e carattere architettonico di una certa ar, misura e specie, a tal epoca apparterranno pure le vie aventi specie e mi- sure eguali ; raziocinio corroborante l’asserto da me superiormente emesso, essere stata aperta questa via ai tempi del tribunato di C. Gracco. Av- valorano questa induzione tutti i fatti architettonici , imperciocchè i muri non vi sono mai rastremati, ma sì verticali e con riseghe, pratica dell'età repubblicana, la quale circa i giorni d'Augusto andò fuori d’uso, le curve estradossali ed intradossali degli archi di ponti o di sostruzioni, e persino in quello graffito di Donnaz, sono sempre concentriche, usanza che con Augusto già cessava talvolta pei ponti, e che nel primo mezzo secolo dell’èra volgare scomparve affatto per dar luogo ai cunei di base pentagona ; al nascimento della curva nel ponte S. Martino vedonsi mo- diglioni sporgenti cui sovrastanno forti intacchi (1), e simili predisposizioni, procaccianti grandi agevolezze nella costruzione e nei ristauri, cessano con Augusto, ma si trovano quasi sempre nelle opere consolari ; finalmente le sostruzioni poligonie, dove i materiali lo consentano, delle opere regie e repubblicane primitive (ma assolutamente cessate un secolo prima che la repubblica venisse meno), tuttociò costituisce validissimi argomenti convalidanti l'opinione da me sostenuta, che la strada percorrente val (1) Nel ponte d'Aosta non è possibile scernere se i modiglioni vi siano o no, trovandosi pei tre quarti della saetta ostrutto. da ghiaia e terra (Tav, II, fig. F). Serw Il. Tom. XXI. 14 106 LE ANTICHITÀ DI AOSTA d'Aosta non sia opera d'Augusto né di Cesare, ma sì della repubblica, e tra un secolo ed un secolo e mezzo prima del suo cadere. A Donnaz, oltre la via romana e le opere che ne dipendono, note nel paese sotto il nome di Roche-taillée, si trovano altre vestigia, le quali sono da attribuirsi non già ai Romani, ma ai primi conosciuti abi- tatori della valle, cioè ai Salassi. A notte di Bard, sopra una collina detta Mabec vedonsi intagliati nella roccia viva due grandi recipienti di sezione orizzontale circolare, gonfi nel mezzo, simili agli antichi dolia, ma assai maggiori come quelli che sono capaci di tre o quattro mila litri, se non anche di più; altri se ne vedono nella regione d’A/bard detta il Créton, ma non di tanta capacità; un altro di questi vasi, di diametro m. 4,60 e della profondità enorme di 7,00, avvegnachè scemato e dilabrato, ha tuttavia sua parete perfettamente liscia ed una contenenza di cento metri cubi (litri 100,000): vien detto 7Olle des Sarrazins, è a sud-est della fortezza, regione della Sghià, dov'è da avvertire, che col nome di Sa- raceni i contadini ricordano perpetuamente i Salassi, come Olle è Y Olla dei Latini, della quale veramente quel vaso ha la forma. Dalla situazione entro la roccia e dalla sagoma del cavo, pare a me che null’altro siano que’ vasi che recipienti per riporvi e conservarvi i grani predati. nella sottoposta pianura del Canavese, ed i quali ora con voce antica, serbata o rinnovata dai Francesi, si chiamano Silos, già frequenti nelle provincie africane, usati anche in Ispagna e nel regno di Napoli, dai Romani propagati in Francia, dove uno in muratura, di sezione verticale semiovale, si trova in Amboise (1). Dei Silos o Siros parla Plinio affermando che i grani utilissime servantur in scrobibus, quos siros vocant, ut in Cap- padocia et in Thracia (2): la qual cosa già era stata notata da Varrone (3) grecamente scrivendo quel nome, e da A. Irzio (4) dicente che est in Africa consuetudo incolarum, ut in agris et in omnibus fere villis sub terra specus condendi frumenti gratia clam habeant atque id propter bella mazime hostiumque subitum adventum praeparent ; quindi da Columella notante che in certe provincie oltramarine puteorum in modum , quos appellant siros, exhausta humus, editos a se fructus (1) Cahier d'instructions par le comité des monumens. p. 21. (3) Hist. Nat, XVIII. 73. (3) De Re Rustica, 1. 57. (4) De bello Africano. 65. PER C. PROMIS 107 recipit (1). Codesti Siros o Silos non hanno. intonaco, ma in quella roccia viva e compaltissima non può trapelare alcuna umidità; li pure si vedono, lungi dall'acqua, avanzi di grandi mole che i paesani credono aver già servito a frangere il minerale dell’oro. Oltrepassato Bard, la via lasciando a sinistra, di là del torrente, Hône e la valle di Champorcher quasi: parallela alla Dora, a destra Arnad od Arnaz, prosegue a Verrez, l’antica F’ütricium, detta Verecium sin dal mille e Verrez dal 1124 (2), mentovata nell’itinevario d'Antonino e nella Tavola Peutingeriana come stante a ventun miglia romane sopra Ivrea. Qualche antico avanzo si è ritrovato in questo bello ed importante borgo, ma gli dà fama sopratutto l’antica prepositura di S. Eligio e l’ im- ponente castello quadrato erettovi nel 1380 da Ibletto di Challant, ricco di immensi cammini e di una magnifica scala circuente il cortile, ma che pure in uno coi tanti e tanti castelli di val d'Aosta fra pochi lustri forse non sarà più. Sulla destra della Dora sta il castello d'Issogne con pitture del XV secolo ed un albero di ferro cesellato che una volta gettava acqua. Sortendo da Verrez si passa il torrente che scende dalla valle detta di Ayasse, di Challant e di Graine (3), e passando per la borgata di S. Jean si arriva appiedi del Mont-Jouvet. Questo ‘monte variamente detto ne’secoli bassi e sin dal mille Mons Jovetus, Mons Juvinus, Mons Joviculus, da Liutprando all'anno 896 è ancora chiamato coll'antica appellazione di Mons Jovis (4), frequente in val d'Aosta e singolarmente per le maggiori eminenze che s'incontrano lungo la strada. Invece della odierna salita apertavi dal Re Carlo Emanuele III nel 1771, avevanla praticata i Romani sul rovescio del monte, dove se ne vedono ancora alcuni tratti, non già del selciato, ma sì della roccia tagliatavi pel passo della via e per le sue sostruzioni; essa è stretta ed assai ripida, tantochè in un luogo, ove si ha a destra un bel tratto di sostruzione, la sua lar- ghezza arriva appena a m. 3,20 (secondo l’antichissima usanza di fare più strette le strade in salita, onde attenuarne l’enorme spesa), cioè (1) De Re Rustica, Y. 6. 15. (2) Mon. Hist. Patriae. Chartarum. II. 210, (3) Il Pingone nel suo ms. ha queste parole: Apud Augustam vallem iuxta Chalancum in pago qui Turritum dicitur iuxta Verresium anno 1564, quidam rusticus arando invenit vas aeneum hac forma... plenum numismatis argenteis. 11 vaso aveva forma di un doglio, le monete erano tutte consolari. (4) Histor. Y. 9. q | j 1 108 LE ANTICHITÀ DI AOSTA pareggia la misura di quelle andanti da Aosta all'Alpe Graia ed al Sommo Pennino. La deficiente larghezza in uno colla eccessiva inclinazione furono i motivi pe quali venne abbandonata, ma non si però che qualche volta ancora non venga percorsa allorquando le frane ed i dirupi ingombrano la via moderna: disastro assai frequente, essendochè in questa la parete di fianco , intronata dalle mine adopratevi per ispianarla , è tutta di roccie irte e pendenti, le quali poi, occorrendo le gelate, dirupano sulla via e la fanno impraticabile. Sur uno scheggione spiccantesi dal monte ergesi il castello di Mont-Jouvet, quindi la strada antica volge a manca unendosi alla moderna: dal Mont-Jouvet a S. Vincent corre distanza di un'ora, prima di arrivarvi si valica il torrente Syllan. Sovr'esso già stava un bel ponte antico (detto perciò nel paese le pont des Romains), da me misurato nel 1838: costrutto di scheggioni, scalcinato e non instau- rato mai, non potè reggere alle scosse di terremoto propagatesi dalla Morienna, cosicchè addì 8 giugno dell’anno seguente rovinò, sfasciandosi e cadendo il terzo di mezzo; lo descriverd come era e come lo rappre- sentai nelle figure G, H, K della tav. I. Laddove corre. il torrente Syllan, la strada, prima e dopo, si svolge in due tratti incontrantisi ad angolo di circa 105°: l’opera è distinta in tre andamenti rettilinei; quello di mezzo comprende l’arco sul torrente , il quale ha 9,71 di apertura, ed è fiancheggiato da due robusti contrafforti in piani verticali e ritirantisi a riseghe, come in tutte le sostruzioni dell’età repubblicana : i due andamenti laterali all'arco e ripiegantisi ad angolo su quel di mezzo, presentano dapprima presso all’arco maggiore due archetti fatti nello scopo di alleggerire ed abbellir l'opera e di con- trastare alla spinta dell’arco grande: quindi un piccolo contrafforte all'infuori, poi un muro liscio e di molta lunghezza; sommate le parti, l’opera si estende in sviluppo di m. 49,37. Dird ora di una pratica , della quale non conosco altro esempio, ma che tuttora si vede e già si vedeva assai piü per esteso in questo ponte; circa la metà, e sopra l'arco maggiore e gli archetti, trovansi entro il parapetto tre aperte, avendo il tempo fatto scomparire le altre che per ragione di simmetria vi dovettero esistere: hanno queste aperte una larghezza di circa 0,80, ma ciò che riesce più singolare si è, che presso il ciglio esterno dell’aperta due scanalature semicircolari, aventi un diametro di 0,105, discendono verticalmente al modo che è rappresentato nella figura K ; colla risega di 0,200 collimava la giacitura del pavimento stradale, dimodoché l’altezza del parapetto PER C. PROMIS 109 delle aperte si riduceva soltanto a m. 0,71. Per venir in chiaro di queste curiose avvertenze bisogna badare alla località ; la valletta percorsa dal torrente Syllan è infilata da una brezza che talvolta imperversa sino a dar molestia e rischio ai passeggeri: contr'essa giovava il parapetto che vi era a modo di merli, ed il quale in oggi si estolle ancora a m. 1,115, avvegnaché cimato di molto, e doveva in principio raggiungere un'altezza di quasi due metri: quando soffiava il vento, allora pei canali verticali od incastri delle saracinesche disegnati alla fig. K si abbassavano le chiu- sure, le quali poi-alzavansi in tempo quieto e per goder la vaghezza dei prospetti: imperciocchè ci avverte Plutarco, che nel fare le strade avevano gli antichi la mira all'utilità e nel tempo medesimo alla grazia ed alla bellezza (1). Un vivo esempio di questa pratica, dello abbassare lastre a modo di cataratte scorrenti per due canaletti, l'architetto del ponte lo potè vedere negli edifici dorico-greci, ne’ quali le metope sono appunto allogate scendendo per iscorsoie solcate verticalmente dentro i triglifi la: terali, sopratutto se quelle siano scolpite e di marmo, di pietra poi queste. Questo. ingegnoso trovato rispondeva esattamente alle Fenestrae Punicanae mentovate da Varrone (2), e che tutti i commentatori intendono per Saracinesche ; aggiungo non esser questa una divinazione, ma la sola maniera colla quale si possano spiegare le parti esposte alla citata fig. K, nonché l'uso di esse. La struttura del ponte è di scheggioni di tufo calcare, i contrafforti, i cunei, il cordone ed i legamenti sono di massi quadrati della stessa materia. La larghezza del ponte in fabbrica è di m. 5,63, dalla quale togliendo m. 0,990 pei due parapetti e la risega più alta, rimane per la larghezza dell'aggere m. 4,64, misura eguale a quelle che già incontrammo e che vedremo poi. Qui pure il corrivo De Tillet narra di una iscrizione romana, per la quale, secondo il solito, la pierre de marbre en est tellement rongée , quil n'est plus possible d'en distinguer une seule lettre: fatto è, che una lapide qualunque non vi ha mai esistito. In S. Vincent é da notarsi l'antichissima confes- sione della chiesa parrocchiale con un capitello ionico greco, in pietra ollare, e sulla strada un sarcofago in marmo di Aimaville ora inserviente a vasca di. fontana. In alto alla valle bagnata dal Syllan vi è un magnifico (1) In C. Gracco. (2) De Re Rustica. III. 7. - Codeste saracinesche richiamano le Ventiere adoperate a scopo mi- litare ne’ tempi bassi, e le quali erano bilicate e ruolavano sopra un asse orizzontale. ^ sitit e 110 LE ANTICHITÀ DI AOSTA bosco di castagni, dal nume cui era consecrato conservante la denomi- nazione di Bois de Joux; imperciocchè nei dialetti francesi e singolar- mente negli alpini conservossi l’antichissima voce radicale Jus (Zovis), volta in Joux grazie alla pronuncia locale, ma perduta nella lingua scritta. Da S. Vincent a Châtillon la via moderna deve accomunarsi coll'antica attese le condizioni del suolo e de'monti , ma presso il borgo di questo nome l'antica torceva a sinistra indirizzandosi al ponte romano , il quale trovasi a circa ducento metri a manca sul torrente Marmore o Tournant (cosi detto dai marmi verdognoli che ne vestono le sponde e dal per- correre che fa la Val Tournanche), ed è da quindici a venti metri più basso del ponte moderno. Più a valle di questo un ponticello, pel quale si va alla cappella di N. S. delle Grazie o della Maddalena, ha la data del 1754: fu esso piantato sugli spalloni del ponte romano, dei quali la bella struttura di opera quadrata di tufo delle alpi fiancheggia a grande elevatezza il torrente, poi svoltando ne’ fianchi va con rivestimento di schegge e di opera incerta ad addossarsi alla rupe. Scendendo tra gli scogli alla riva del Marmore se ne gode una veduta stupenda, e si può notare che il ponte antico era largo m. 5,80 (come quelli di S. Martino e S. Vincent): che nelle faccie esterne di tutti i cunei e di tutti i massi stanno i buchi fattivi per l’entrata dei forbicioni o delle ulivelle: che gli spalloni vi sono di diseguale altezza, assai maggiore essendo quello di destra numerante ben diciassette corsi di massi, mentre quello di sinistra non ne conta che otto: che il diametro della luce è di circa quindici metri : che le curve vi sono concentriche : e finalmente che l’arco è ridotto ad una sola zona verticale di cunei. Della rovina del ponte danno gli scrit- tori locali mala voce agli eserciti francese e piemontese guerreggianti in val d’Aosta nel 1691 (1), i quali lo avrebbero minato: ma, a vero dire, la ragione del suo sfasciamento sta nella sua struttura istessa, la quale distinta verticalmente in nove zone (cinque di cunei e quattro di emplecton, come al ponte S. Martino) senza legamenti che le congiungessero ed in- catenassero , si sconnesse ed aprì in modo tale che una sola zona di cunei vedesi tuttora a luogo : ora egli è certo, che l’effetto della mina non avrebbe giammai lasciata intatta codesta zona, abbattendo le altre otto che la stringevano, e le erano contermini, e poi gli spalloni nulla hanno sofferto : sicchè vedesi che la rovina fu motivata da una causa intrinseca, (1) De Tillet, Hist, ms. PER C. PROMIS 111 di mal intesa costruzione, non già da scoppio o da cagione o forza este- riore. Châtillon, dove questi avanzi son noti sotto il vocabolo di Pont des Sarrazins, doveva essere al tempo dei Romani un vico di molta im- portanza (avvegnachè non si trovi mentovato nelle carte de’ tempi bassi), essendovisi scoperti bellissimi frammenti epigrafici, come quello posto da Silvina, e riferito nel capitolo delle Iscrizioni al n.° 10 con quelli ai Hingi Uscendo da Chatillon la strada, dopo il ponte romano, prendeva un indirizzo accostantesi alla moderna, essendo ristretta a manca dalla Dora, a destra dai monti (1); dopo Chambave (Cambava in carta del 1100), dove ho ragioni per credere che i Romani, lasciata a sinistrà Valtura sulla quale incumbe il villaggio e tragitta la strada attuale (2), passassero - più in alto, trovasi più a destra e tra i monti la borgata che chiamano di Diemoz , la quale e per la distanza che la separa da Aosta e per le tracce rimaste nell'odierno suo nome, risponde ad un vico o mansione lungo la via antica appellato già ad Decimum (sottintendasi ab Augusta lapidem). Non mancano a Diemoz le romane vestigia, la vasca della pubblica fontana è la ‘parte inferiore di un magnifico carcofago in granito d'Aosta colà trovato , vedonsi pure nel villaggio delle grandi lastre marmoree patentemente accusanti lor romana origine. Poco oltre Diemoz vedesi il villaggio di Nuz, con nome meglio servato dall’antico in carta del 1191 (3) detto JVuns, vocabolo più prossimo all'originario ad Nonum lapidem ; qui pure le molte monete trovatevi, i bolli di parecchie figuline (nessuno però consolare) in un con non pochi lastroni quadrilateri attestano dover il villaggio i suoi principii ad un vico o mansione romana. Oltre- passato Nuz si trova una regione con qualche abituro sotto vocabolo di Sciettoz : crede il Durandi che risponda alla mansione ad Septimum, ma io non trovando documenti che mentovino Settimo , amo meglio crederlo corrotto da Sextum, come si legge in carta del duodecimo. secolo (4). Frequentissimi sono i documenti del medio evo mentovanti la chiesa, (1) Uscendo da Châtillon e risalendo la val Tournanche lungo la riva sinistra del torrente che la percorre, si vedono a destra grandiosi avanzi di un acquedotto detto le Ru (Rio) de Pain Perdu ed andante nella direzione di Châtillon e di S. Vincent in lunghezza di più chilometri. Quantunque 1 viaggiatori lo scambino per un monumento romano, esso però è opera del XIII o XIV secolo. (2) A questi anni fu rialtata la strada dimodochè passasse abbasso evitando la difficile e superflua salita di Chambave. (3) Mon. Hist. Patriae. Chart. 1. 979. (4) L. cit. carta del 1191. 112 LE ANTICHITÀ DI AOSTA il villaggio, i signori di Quart, dove in oggi più non vedesi che il ma- gnifico castello abbandonato, che comanda la strada ed il luogo ad Quartum lapidem; li presso è Villafranca (1), villaggio moderno, dove. la strada antica, la quale sino lì (per iscansare le improvvise irruzioni de'montanari ed i vasti paduli della Dora) era tracciata più in alto sulle ultime fimbrie de’ monti , scende poscia alla pianura, e se ne vedono gli ultimi vestigi a più riprese in certi scogli tagliati pel passo della via. Da questi tagli procedendo ad Aosta non v'è più alcun vestigio della strada romana: una carta del 1014 riferita dal Guichenon fu citata dal Durandi (2), siccome indicante il villaggio o casolare serbante l'appellativo di Tertium, ma il dotto uomo prese abbaglio, nè è rammentato in quel documento borgo o regione di quel nome. A destra si lascia in alto la parrocchia di S. Cristophe, ove si trovarono lapidi antiche come quella al n.° 16: l’epigrafe riferita al n° 10 è intagliata in un petrone sporgente dal monte e del granito stesso formante il nucleo della montagna a notte di Aosta, del qual granito rosso sono pure i bellissimi sarcofagi che vedonsi in città, e de’ quali uno ne offro disegnato alla fig. F della tavola TIL. Da questo punto ed a distanza di circa quattro chilometri da Aosta la strada moderna si appressa sempre più all'antica ; sinchè è forzata a torcere onde scansare il piccolo borgo traente nome dal ponte fattovi dai Romani, il quale tuttora esiste, e dicesi le Pont de pierre. Godesto ponte, Parco onorario e la porta Pretoriana (e per conseguenza anche la via antica, che tutti li riuniva in un solo andamento rettilineo) hanno il loro asse sopra una retta sola normale al lato orientale delle mura urbane, come dimostra la fig. K della tav. IV. In essa sono riferiti ad un piano orizzontale di paragone i punti capitali del profilo della via antica, cioè il colmo del ponte di pietra, le faccie occidentale ed orientale dell’arco , e finalmente l’edificio della porta Pretoria; codesti punti si riferiscono al profilo del summum. dorsum. della via romana, dove trovasi che dal colmo del ponte si discendeva in un solo tratto colla facilissima inclina- zione di 0,008 per 1000, mentre il tronco dall’arco alla città è pressochè orizzontale. Lo stesso profilo inchiude pure la sezione a due inclinazioni (1) In Villafranca furono recentemente trovati alcuni ruderi romani : un mattone portava stampata una corona di spiche di grano. (2) Alpi Graie e Pennine. p.58. Nella carta (presso Guichenon, Preuves) si ha de duobus lateribus terra de comitatu, de tertio Rio (Rivus), de quarto terra Sancti Martini; sono dunque i soliti quattro limiti del tenere donato fronteggiati dal terzo lato da un rivo. | | | 2 PER C. PROMIS LIJ. del ponte moderno sul Buihier coll andamento della strada sino alla città; la giacitura in piano verticale del profilo moderno è-segnata con linea doppia e si possono vedere sul disegno le sue continue pendenze e contro- pendenze; essere all'arco più depressa del pavimento antico, e finalmente alla porta Pretoria trovarsene più rialzata di m. 1,657. Distinguo il profilo della via antica con linea orlata di pietre, e contro la quale ha termine la mezza tinta. Siccome la larghezza del ponte di pietra, spogliato com'è dei para- petti; è perfettamente eguale a quella di tutti gli altri lungo la via antica, ed il sistema dell'arco a curve concentriche è anch'esso eguale (quantunque le sua fabbricazione di grandi massi quadrati di puddingo, tolto dalle vicine cave, spiri maggior magnificenza), ben possiamo inferirne che sia questo ponte contemporaneo alla strada, cioè di cenventi in cenquarant'anni prima dell’èra volgare. La città, secondo Strabone, fu edificata laddove era sorto l'accampamento di Terenzio Varrone, ma vediamo dal fatto che la sua giacitura fu reltificata in modo, che dalla porta Pretoria all'arco e da questo a mezzo il ponte corressero intiere centinaia di piedi antichi, che furono cinquecento dal ponte all'arco (m. 147, 130) e milleducento dall’arco alla porta (m. 354,155). Dalle quali due misure si può ancora ricavare il rapporto del piede romano col metro, il quale sarebbe nel primo caso di 0,294 260 e nel secondo di 0,295 129: dove la differenza di 869 millionesimi di metro è quasi dieci volte minore di quella che dai loro calcoli ricavarono Cassini e Prony. Nel decimosecondo secolo, se non prima, il Buthier improvvisamente grossato da una piena sopraggiunta in val Pellina, si apri a destra nel 5 greto costituente il fondo della valle un nuovo alveo che è l’attuale, co- in perto in allora con ponte in legno, surrogato poscia da altro in mura- tura, di ripida ed incomodissima salita. Questo nuovo alveo è a destra (fig. K, tav. IV): lo spazio compreso tra i due dicevasi inter duos Butyez (1): Valveo antico non contiene più in oggi che un piccolo canale derivato dal torrente: la piena anzidetta lo ingombrò per modo da ostrurne quasi tre quarti della sua saetta, e le povere case del presente Bourg du Pont de pierre lo nascondono, coprono ed investono sì che una piccola por- zione dell’arco collo scarso avanzo d'uno spallone sono appena visibili: la sodezza di queste parti indica però che l'arco esiste illeso, avvegnaché q P , S (1) Carta del 1304 nell'archivio di S. Orso di Aosta, E SERIE IL Tom. XXI. 15 (S 114 LE ANTICHITÀ DI AOSTA ostrutto in uno coi rinfianchi: esso è effigiato alle fig. F, G, H della tav. II. L'apparire poi codesto ponte più magnifico che non gli altri antichi di val d’Aosta nasce dal puddingo adoperatovi, il quale non si presta a massi sottili, come il tufo delle alpi, ma vuole essere tagliato in grandi saldezze. Il cataclisma che aprì un nuovo alveo al Buthier non potè essere posteriore al duodecimo secolo, imperciocchè già sullo scorcio di esso tro- vansi distintamente mentovati il ponte antico ed il nuovo : il primo, quello romano cioè, sin dal 1188 dicevasi Pons lapideus Bauthegii (1), mentre, dalla sua giacitura presso all’arco onorario, il secondo (che era di legno) è detto Pons arcus in carta del 1193 (2). La larghezza in fabbrica del Pons lapideus è di m. 5,95, e da essa togliendo quattro piedi antichi per le grossezze cumulate de’ due parapetti, rimangono m. 4,75 per la misura dell’aggere. I cunei ed i massi vi sono pulitamente profilati a taglio di squadra: la costruzione è di puddingo delle cave littoranee alla Dora, stanteché il tufo non si trova localmente, eppercid il magnifico aspetto che offre questo ponte a differenza degli altri si deve all'essere la regione ricca di una anzichè di altra specie di pietra. Il semicircolo intiero com- prendeva quarantasei cunei oltre la serraglia, piucchè doppia delle loro singole corde; la semicorda essendo di m. 4,340, la saetta di 1,182, il raggio dell'emiciclo ne risulta. di 8,560, ed il diametro di m. 17,120 ossia cinquantotto piedi antichi; dietro il bello ed ampio rivestimento degli spalloni sta una muraglia di scaglie ad emplecton. Dopo il ponte convien dire che la carreggiata si allargasse, stantechè la luce dell’arco onorario presa fra gli zoccoli degli stilobati giunge a m. 8,292, dimodochè è credibile che questa fosse la compiuta larghezza dell’aggere in uno colle crepidini. Giunta alla porta Pretoria la via pren- deva egual misura della luce di questa, cioè m. 6,990 (circa 24 piedi), restando esternamente le crepidini, colle lor passate, sotto gli archetti laterali. In città allargavasi novellamente la via, il pavimento della quale scoperto nel 1842 presso la rue Cité, misurava un’ampiezza di m. 9,460 ed era percid maggiore delle tre vie principali di Roma stessa. (1) Doc. Mon. e Sigilli. p. 82. (2) Mon. Hist. Patriae. Chart. I, 998. Il ponte moderno sul Bulhier si sta ora ricostruendo per farlo più comodo. PER C. PROMIS 1193 § 2. Da Aosta all’ Alpe Graia ( Piccolo S. Bernardo). Uscendo dalla porta Decumana, ora detta di Savoia, e risalendo in pianura la sinistra della Dora , si lascia appena fuori le mura ed a manca la regione detta Ze Plot, dove nel 1857 venne in luce un sepolereto, il quale in breve escavazione fornì alcune casse parallelepipede in muratura coperte a capanna con tegole quadre; oltre il fiume è il villaggio di Aymaville , più in alto il Pondel ed a destra S. Pierre e Châtel-Argent, nei quali si rinvennero parecchie lapidi, che io riferisco a luogo. A Villeneuve si tragitta la Dora sopra un ponte moderno, e qui pure non poche lapidi indicano l'esistenza di un vico: procedendo si arriva ad Arvier (4ruer in carta del 1184) vedendosi tra i monti l’aereo villaggio di S. Nicolas: li presso ed un po’ più in alto della strada presente stanno alcuni avanzi di sostruzioni della via antica, i quali sparsamente sì ri- petono sino a Liverogne, dove sul torrente che scende da Valgrisanche sta un ponte di costruzione romana, nel quale l'arco è grosso 0,80, il diametro è di circa dodici metri e la larghezza della via di m. 3,47 ; da ambe le parti la strada è fiancheggiata da identiche sostruzioni e spe- cialmente dal lato che guarda la corrente; la struttura n'é di grosse schegge di pietra schisto-micaceo-ferruginosa, mista di muri, di contrafforti, e di archi maggiori e minori laddove una discontinuità nella roccia od una «difficile fondazione consigliava di voltare piuttosto gli uni che gli altri. Di siffatte strutture offro due saggi nelle figure O, M della tav. II, colle relative sezioni in P, N: è da notarsi per la importanza storica che nessuno di questi contrafforti non fu mai nè rastremato, nè in un solo piano inclinato o verticale, ma tutti con riseghe: che le curve degli archi sono sempre concentriche, e che fra quelle sostruzioni ve n'è una con contrafforti, spalloni ed arco, ogni cosa di pietra quadrata. Da Liverogne al casolare di Rhunaz o Ruinaz vi è nel gneiss un taglio romano per dar passo alla strada, ma in breve lunghezza; dopo Rhunaz la via antica trovandosi sempre più alta della moderna ne accadde, che alcuni muri ed archi che la sostenevano dalla parte del torrente, ora invece proteg- gono la nuova strada contro le frane rovinanti dal monte. Proseguendo la salita si arriva al luogo detto Pierre-taillée o Pierre-piquée, che è il punto più elevato della strada prima di discendere alla Dora: il taglio vi si conserva intatto, fatto a scalpello come quello di Donnaz, ma il transito t16 LE ANTICHITÀ DI AOSTA che vi ha luogo da venti secoli ne logord la roccia formante il suolo k cosicchè esso si abbassd inegualmente di oltre un metro sotto il pavi- mento antico; lo riferisco alla fig. I, tav. IT, nella quale vedesi che, dalla larghezza assoluta della via (di m. 4,50) , togliendo il parapetto supposto di 0,50, più lo scaglione a sinistra colla sua proiezione di 0,60, si ricava la larghezza dell'aggere antico in m. 3,40. lvi si vedono gli avanzi di una cannoniera e di un ponte levatoio fattivi nelle guerre di- fensive di due secoli fa. Poco pià oltre s'incontra il ponte detto. de TÉculivaz ossia de l'Équilibre in pietra schistosa e ferruginosa del luogo: per quasi un terzo dell'arco la curva è antica, con cunei a vicenda sor- tenti e rientranti, il complemento ne apparisce ristaurato a’ tempi della decadenza ; la sua larghezza in fabbrica è di m. 3,38. Riferisce il De Tillet che i ponti di Chaon, di Liverogne e della Roche-taillée furono disfatti dalle. truppe francesi nella guerra del 1691. Dopo Derby, villagsio che ritiene il luogo ed un qualche vestigio del nome dell’antico Arebrigium , che gl itinerari collocano a venticinque miglia sopra Aosta, e dopo la Salle e Morgez (villaggi tutti mentovati sin dall'undecimo, anzi sin dal sesto secolo coi nomi di Delbia e di Morga , in uno con Liverogne o Léverogne detto Levira (1)), la strada passa il ramo della Dora proveniente dal piccolo S. Bernardo, e tale doveva pure essere l’andamento della via antica, ristretto com’ è lo Spazio tra il torrente ed.i monti, avvegnachè le rovine che vi si avvicendarono per opera della natura e degli uomini ne abbiano cancellato ogni avanzo. A. S. Didier la ripidissima e poi agevole via antica ebbe di necessità un solo tracciamento colla moderna, come dal villaggio di questo nome tramezzo al torrente , alle frane, ai dirupi la moderna dovette bensì, grazie alle continue smottature del suolo, abbassarsi Palquanto, ma ‘non mai deviare, dell’ indirizzo. dell'antica. Lasciando ‘a destra Courmayeur (le di cui acque minerali, in uno con quelle di S. Didier, furono pro- babilmente note agli antichi grandi ricercatori di siffatti bagni), e sempre salendo per un piano dolcemente inclinato si giunge alla Thuile, villaggio che le distanze date dagl’ itinerari e più di tutto la natura , aspetto € formazione del suolo. dimostrano essere succeduto all’antica Ariolica , (1) ln valle Augustana, quae est a finibus Italiae .....,. Levira, Morga. Carta di fondazione di S. Maurizio d'Agauno del 516, nella Gallia Christiana. Delbia in carta del 1040. Mon. Hist. Patr Chart. T. 530. PER C. PROMIS 117 della quale sin dal mille già aveva preso ił posto col nome di Thuilia (1). Si giunge quindi fra praterie e rupi presso il confluente di due rami della Dora , proveniente l'uno dal Piccolo S. Bernardo, l’altro dal lago del Rutor, e poc'oltre si traghetta un profondo e cupo abisso sopra il Pont-Serran, così detto dalla gola serrata, sulla quale passa la via. Questo ponte moderno è di legno, sovrapposto all’antico, tiene il luogo del ponte romano, del quale avanzano da un lato cinque cunei del na- scimento dell'arco e dall'altro tre cunei soltanto : il diametro dell'arco semicircolare è di m. 16,70, la larghezza in fabbrica di m. 4,20, cosicchè la strada che vi passava sopra poteva di poco eccedere i tre metri. In questo ponte non fu seguito il vizioso sistema di quelli di S. Martino e di Chatillon, ma ristrettolo fra due zone esterne di cunei larghi 0,90, la porzione cilindrica centrale fu murata di scaglie: le pareti sono di scaglia e di massi quadrati, tolti da una cava di tufo calcare, che trovasi poco più oltre, e che il De-Luc sostenente il passo di Annibale per que'monti interpretò pel Zeuco petron di Polibio : dove bene avverte il Letronne (2), qui denotare quel vocabolo una roccia nuda ed a picco, le quali, di tufo appunto, sono frequentissime nelle alpi. Riassumendo ora i diversi dati, che si hanno per stabilire la larghezza della via romana da Aosta all'alpe Graia, trovasi che alle sostruzioni presso Liverogne e Rhunaz lo scoglio del monte nel giro di quasi venti secoli si sfaldó per modo da dare all'aggere, che gli sta a lato, maggior larghezza di oltre un metro che non avesse in origine, e che la sua misura primitiva sarebbe di circa m. 3,10. Al ponte di Liverogne la larghezza assoluta di m. 3,47 (menomata di due parapetti supposti grossi due terzi di piede antico), si riduce per l'aggere a m. 3,07. À Pierre- taillée si ha invece di 3,30. Al ponte dell Éeulivaz la misura della car- reggiata si riduceva a 3,00 ed anche a 2,90: e così pure al Pont-Serran. Le quali misure dimostrano, che la larghezza dell'aggere nella via andante dalla città all’alpe Graia batteva sui dieci piedi romani, cioè da 2,90 a 3,00: e che le vie in montagna avevano larghezza di circa due terzi di quelle in pianura o nel fondo delle valli, cioè della strada da Aosta ad Ivrea. (1) Mon. Hist. Patriae. Chart. 530. - Prese probabilmente il nome da una fabbrica o fornace di tegole. 2) Journal des Savans. 1819. p. 22. 2) Jt l des Sı 819. 1 = |! À à 118 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Oltrepassato il Pont-Serran, la strada tende alla sommità del Piccolo S. Bernardo: prima si passano le acque sgorganti dalla rupe, tinte dall'ossido di ferro epperciò dette les Eaux rouges, e per una comoda salita, cui fanno sponda non interrotti pascoli, si arriva ad un laghetto (1), poi si vedono a destra alcune macerie in un cavo entro terra. Quando io vi fui nel 1838, degli scavi operativi un anno prima da viaggiatori inglesi avevano scoperto intiero un edificio quale, dilatando un po’ lo scavo, misurai e ritrassi alla fig. Q della tav. II: la pianta n’ è un qua- drilungo di m. 64,78 per 15,97, contenente ad un estremo quattro camerette e diviso transversalmente da un muro normale alla lunghezza: i muri perimetrali sono grossi 0,90, gl'interni 6,35: quelli suddividenti l'area sono scomparsi; la struttura n° è romana e laterizia, ma rivela il prin- cipio della decadenza ed appartiene al terzo secolo. Questo edificio posto presso la sommità del valico era la casa ospitale o di rifugio pei vian- danti che attraversavano l’alpe Graia (2). Lì presso e sulla cima del monte sta in piedi, posata sulla roccia, la celebre colonna di gneiss porfiroideo (non di cipollino, come la disse Saussure seguito da Brokedon e da altri, nè di granito come la vollero Cramer e Vikam), alta m. 4,035, cioè poco più di sei diametri e mezzo, non nove diametri come altri la pretese. Questa colonna, avvegnachè si trovi a sito, e non porti nulla, neppure il capitello , fu oggetto di mille infondati racconti per parte dei moderni agiografi di S. Bernardo di Mentone (3), di Francesco Bernard (4) e del Guichenon (5) che ne diede un disegno , sovraponendovi il carbonchio detto occhio di Giove; la tradizione n’ è però antica, già essendo riferita prima del mille da Riccardo d'Aosta compagno e biografo di S. Bernardo, parlante della Columna carbunculi statuae Jovis. La colonna chiamasi ancor in oggi colonne de Joux , e siccome è manifestamente di lavoro romano (6), ne segue che non potè aver portato l'effigie o la rappresen- tanza di un Dio Gallico o Salasso. La casa ospitale dicevasi ancora nel (1) Questo laghetto, od a dir meglio, padule è temporario e non dura tutto l'anno. (2) Di un’altra mansione romana, trovatavi a questi ultimi anni, stanno gli scarsi ruderi tra il Kromlech e la moderna casa di rifugio ; lì presso vi sono avanzi di terrapieno con indizi di fosso, che si potrebbero dire un accampamento romano, se la tenuità delle dimensioni non vi si op- ponesse. Ne riparlo alla pagina seguente, (3) Acta Sanctorum , 15 giugno. (4) Vie de S. Bernard. Aoste 1683. (5) Hist. de la Maison de Savoie. 1. 48. (6) Che nei bassi tempi sia stata eretta la colonna laddove esiste in oggi, lo ricavo dal non wr PER C. PRONIS 119 1197 domus pauperum montis Jovis , ma già quattr'anni dopo è chiamata domus S. Bernardi montis Jovis, quindi di nuovo Hospitale montis Jovis in carta del 1193 (1): peraltro la pià comune denominazione ne' secoli mezzani ed inferiori era quella di Hospitale oppure Mons Columnae Jovis per distinguerlo dal Mons Jovis, ossia dal Gran S. Bernardo. Ancora nel mille cinquecento il Piccolo S. Bernardo chiamavasi Mont-Jouvet per opposto al Mont-Joux ossia Gran S. Bernardo. L'ospizio però o riattato da S. Bernardo o da lui denominato, non sorse sicuramente sopra la casa ospitale romana, e siccome la regione quantunque assai elevata ed irta di monti e di ghiacciai non raggiunge però l’elevatezza, la mole ed i pericoli del Gran S. Bernardo (Summus Peninus), così pare che giammai siansi qui lasciate tavolette votive al Giove costì venerato, almeno non si sa che mai se ne siano trovate. Tralascio la città colassù collocata dall'anonimo Ravennate scrivente circa il nono secolo, che juxta alpes est civitas quae dicitur Graia (2), im- perciocchè egli confuse la città imaginaria col monte che Mons Graius dicevasi e Saltus Graius ed Alpes Graiae, come dagli scrittori antichi e dalla tavola Peutingeriana, la quale chiama questo passo alpino in Alpe Graia, non già dai Grai o Greci colà passati con Ercole, come la pen- savano i Greci e Romani poeti, ma bensì dal celtico vocabolo Grau, denotante il color grigio predominante nelle alpi, oppure dalla voce Craig, colla quale i Celti appellavano le roccie, che oggi ancora in dialetto savoiardo si dicono Crau. Ultimo edificio è la moderna casa di rifugio , innanzi alla quale sta la caserma frammezzata dalla strada. Non lungi dal moderno ospizio stanno le vestigia di un vallo quadrato in terra, con indizi di fosso che lo circuiva; le sue dimensioni, che non eccedono 60 metri nel poligono esterno , indicano non essere stato mai un Castrum hibernum e tanto meno uno stativum, ma un semplice posto militare stanziatovi, cred' io, allorquando già essendo il paese dei Centroni e di tutti gli Allobrogi ridotto a provincia romana, dovevano i nuovi signori tutelarlo contro le correrie dei tuttora indipendenti Salassi; la qual cosa ne fisserebbe l'epoca a circa mezzo secolo avanti l'èra volgare, essere affrancata allo scoglio col solito arpione, quantunque nel posamento inferiore conservi Y intacco apposito, della qual cosa polei assicurarmene passandovi la mano. È probabile che abbia dessa appartenuto al pronao del tempio ivi eretto a Giove. (1) Mon. Hist. Patriae, Chart. I. 885, 905, 998 passim. (2) Geographia. IV. p. 30. i si i 150 LE ANTICHITÀ DI AOSTA cioè al breve periodo trascorso dalla conquista de’ Centroni fatta da Cesare a quella de’ Salassi accaduta sotto Augusto (1). Si fu, cred'io, sopra il colle del Piccolo S. Bernardo (Cremonis iugus) che il pazzo Caligola aveva divisato di edificare una città; lo dice Svetonio : destinaverat ct... in iugo Alpium urbem condere : che poi a questo anzichè ad altro giogo avesse Caligola posto mente, lo argomento dalle sue gite al Reno, all'Oceano ed a Lione, dove per portarsi la strada dell'alpe Graia era la più ovvia di tutte. Sull'altopiano coronante il valico del Piccolo S. Bernardo osservasi ancora un monumento , il quale poco sollevandosi dal suolo e constando di soli massi isolati, fu risparmiato dagli uomini e dal tempo : dico dell'area sacra al culto Druidico, cinta di scogli informi , voluminosi all’ incirca quanto un mezzo metro cubo o poco più, distanti gli uni dagli altri di quasi tre metri , distribuiti in piano sovr'una periferia , che poco si discosta dalla circolare avente settantadue metri di diametro; i pastori che abitano quelle vette, e dai quali tutte le opere Spiranti una remota e misteriosa origine vengono attribuite al capitano Cartaginese, lo chia- mano le Cercle e corrottamente le Conseil, oppure le Concert o le Camp d Annibal. È un Kromleck, come tanti altri ve n'hanno nelle due Brettagne, opera sicuramente de’ Celti, la sola però che esista nell’ Italia mo- derna, giacchè ai tempi antichissimi ne’ quali fu piantato il Kromleck del Piccolo S. Bernardo forse il nome d’Italia non s'era dilatato ancora oltre i limiti inferiori della meridionale penisola. Lo riporto alla fig. K della tav. IL. Per l'alpe Graia fece tragitto nell'anno 70 la le- gione decimaquarta la quale d'Italia, così comandando Vitellio , recavasi in Inghilterra (2). $ 3. Da Aosta al Sommo Pennino (Gran S. Bernardo). Notava Strabone che uno dei passi dall'Italia nella Celtica transalpina e settentrionale era la strada che attraversando i Salassi conduceva a Lugduno: questa strada, dic'egli, è duplice: l'una puó praticarsi con (1) Primo a notare e far conoscere l'esistenza di codesto vallo si fu, in ms. relazione, l'abate Pietro Chanoux rettore dell'ospizio del Piccolo S. Bernardo. (2) Tacito. Histor. II. 66, Di questo Kromleck parla il Roche nella Histoire des Centrons , ed un inesaltissimo disegno ne è dato dal Chambry nei suoi Monumenti Celtici. PER C. PROMIS 121 carri, ma si allunga passando pei Centroni ; l'altra aspra ed angusta, ma breve; attraversa le alpi Pennine (1). Della prima avendo trattato dianzi, vengo ora alla seconda; di questa ben poteva parlare Strabone scrivente all'età di Augusto, imperciocché già Servio Galba l'aveva percorsa colla duodecima legione e la cavalleria da Aosta a Martigny ed al lago di Ginevra, mandatovi da Cesare sullo scorcio del second’ anno della | guerra Gallica (55 anni prima dell'éra volgare). Ciò narrando usa Cesare | le espressioni quod iter per alpes, quo magno cum periculo magnisque cum. portoriis mercatores ire consuerant, patefieri volebat (2): dov è evidente, che il verbo patefieri, sinonimo qui di patefacere, non si- gnifica aprir una nuova strada, ma bensi affrancarla dalle molestie dei predatori Veragri o Salassi che fossero. Sappiamo poi quanto valesse in bocca di un generale romano quella parola : significava aprire una strada pel Sommo Pennino ed il paese Elvetico : quindi, gravando i Veragri, (a modo barbaro riprodotto nel medio evo), di dazi eccessivi i mercanti della Gallia Cisalpina, allora i Romani, protettori di questi, mandavano lor legioni a tutelarli: ben presto la tutela si mutava in oppressione, ed i nativi insorgendo, il lor paese era occupato, ed essi fatti servi o ster- minati. Arte di governo antica e nuova, ma che pei Romani avvezzi ad uscirne vittoriosi, erasi mutata in massima di Stato. Certo che un sen- | tiero alpestre vi esistè anche prima, ma toccò ai Romani farvi sostruzioni e ponti, tagliar la roccia, sistemar in somma la strada onde poterla al l'uopo percorrere cogli eserciti. Molte cose diceva Cesare con quel patefieri, egli primo a portar guerra in lor paese agli Elveti, e che volendo operar militarmente su tutto il Rodano abbisognava de’ due passi del Piccolo e | del Gran S. Bernardo e delle due vie che sen dipartono, cingenti quasi | lati di un settore, la regione ove si sarebbe guerreggiato. | Pub essere che questa strada sia posteriore a quella per l'alpe Graia; | però già doveva esistere nell'anno 647 di Roma (105 avanti Cristo), allorquando il console L. Cassio Longino andato a combattere gli Elveti Tisurini che minacciavano gli Allobrogi, ne fu sconfitto ed ucciso (3). 9 $ 8; Vedesi ad ogni modo che già essendosi adoprata l'anno avanti Cristo 105, | coincide coll'età della via per l'alpe Graia, che dimostrai essere 120 in 140 anni prima dell’èra volgare. (1) Geografia. IV. (2) De bello Gallico, YM. 1. | (3) Cesare, Bell. Gall. Y. 7. - Livii Epit LXV. | Serie IL Tow. XXI. 16 | f | | 122 LE ANTICHITÀ DI AOSTA È difficile in oggi di poter asserire lungo quale sponda del torrente Buthier stesse la via romana allo uscire d'Aosta: se sulla diritta, la via guarda bensì a levante, ma è ingombrata dalle frane dei monti sovrapposti éd in continue salite e discese : se sulla sinistra, è dessa naturalmente assai più piana ed agevole, ma sottoposta alle inondazioni del Buthier e rivolta a ponente. Poi v'é la questione se il distacco della via andante al Sommo Pennino da quella principale avesse luogo prima di varcare il Buthier, oppure dopo e probabilmente nelle vicinanze dell’arco ono- rario (1). Lungo ambedue le sponde non v è rudere alcuno di opere stradali , tuttavia i romani avanzi che rimangono a breve distanza dalla riva sinistra a Porossan e Veynes, e le lapidi trovate a Roysan villaggio sulla manca del Buthier laddove esso riceve il torrente di val Pellina , il bisogno assoluto di traghettar di nuovo il Büthier quando se ne fosse risalita la sponda destra, son tutte ragioni che nella incertezza mi con- fortano a credere che la via antica si attenesse piuttosto alla riva sinistra del torrente da essa fiancheggiato, e tanto pià che in nessun luogo vi ha né avanzo nè vestigio di ponte. Questa via, la quale quantunque sia in oggi meno frequentata di quella sulla destra del Buthier, staccandosi dalla principale poco prima del Pont de pierre, andava al villaggio di Allein, poi a quello di Roysan: qui fu trovata e collocata (con altre, dice il Durandi (2) ) nella chiesa di S. Vittore la lapide ch'io do al n.° 18. Roysan, posta dirimpetto a Gignod, è il punto di concorso di due valli; quella a diritta, una delle più erme, selvaggie ed alpestri, mettente capo al monte Cervino, è ricca di miniere di ferro e rame, e con nome tratto, non però conservato, dall'antico dicesi Z7a/pelline e nell'età di mezzo Vallis Penigna, Pelina in varii documenti, e singo- larmente Vallis Pennina in uno del 1190 (3), segno che l’antica deno- minazione durava ancora in quelle regioni. Non è perd che questa fosse la famosa Vallis Pennina ricordata in lapide presso il Maffei (4) , in altra presso il Morcelli (5), in una che credo inedita e fu Scoperta pochi anni (1) La strada moderna pel Gran S. Bernardo sorte d'Aosta alla porta S. Stefano, ma fu già notato, che ai tempi Romani qui non v'era porta alcuna. Un'altra strada, parallela a quella della riva deswa, risale la sinistra del Buthier. (2) Alpi Graie e Pennine. p. 57. (3) Mon. Hist. Patriae. Chart. 1. 968. (4) Mus. Veronense. 113. 2. (5) De Stylo. II. pars I. 2. —— è { | PER C. PROMIS 123 sono in Tarantasia ed in una quarta edita correttamente dal Mommsen (1), mentovante quatuor civitates in quella valle, la quale perciò ed avendo un procuratore, doveva rispondere al moderno Vallese, anzichè alla piccola ed inospita Valpellina. A Roysan egualmente che a Gignod si entra a sinistra nella gran convalle percorsa dallo scaricatore del lago del Gran S. Bernardo. Ad Étroubles la strada proveniente da Gignod passa il detto scaricatore , l’altra (ch'io credo essere sulle traccie della romana) non abbisogna di valico.. Viene quindi il villaggio di S. Oyen, quindi (lasciato a sinistra Bosses) succede S. Rémy, che è in una gola entro due monti di roccie nude e verticali non danti che uno strettissimo passo. Quantunque non vi sia a S. Rémy alcun rudere, pure tale e così indicata è la posizione che nessuno dubiterà mai di porvi l'antica stazione Eudracinum data dagl itinerari : di qui comincia lerta del Sommo Pennino, la quale in ogni tempo non potè variare gran fatto dallo stato presente, avvegnachè le frane che in inverno e primavera si succedono senza posa, abbiano da lunga pezza schiantata e travolta la via antica. Presso al termine della salita si trova un tratto lungo circa 60 metri dell'antica strada scavata nella roccia: la larghezza della carreggiata (senza pavimento, che forse non ebbe mai attesa la viva rupe) è di m. 3,66, e le due sponde inclinate per modo che in altezza di m. 1,55 l’allarga- mento in sezione riesce di m. 4,11; lo disegnai alla fig. L della tav. II, e qui soggiungo che il suo avvallamento fu motivato affinchè il viandante potesse da ogni banda essere coperto nel turbinoso imperversare di quelle farenti bufere. Compiuta la salita si arriva all'incastro del lago d'onde scende il canale scaricatore anzidetto, sotto la volgare denominazione di Doire du Grand S. Bernard, nel quale appellativo sono i caprai delle vicinanze consenzienti senza saperlo col geografo Tolomeo (2), dicente che da quel lago sorte la Dora: avvegnaché quel torrente non ne sia che uno de tanti influenti; lago Pennino lo chiama questo Scrittore , lacus Penus è nella tavola Peutingeriana (3). Vestigia della strada ro- mana non si vedono più tra quel continuo sfaldarsi e rovinare di roccie schistose, ma dopo il lago, gelato per otto mesi dell'anno, trovasi una (1) Inscript. Confed. Helvet. V. 17. (3) Geographia. M. 1. (3) Il Lacus Nenus che vi si legge fu ottimamente corretto dal Durandi (Alpi Graie e Pennine, p. 47) in Lacus Penus. L 124 LE ANTICHITÀ DI AOSTA breve pianura detta le Plan de Joux, nella quale da qualche secolo i Canonici dellospizio , rimovendo e frugando la terra, rinvennero quelle celebri tabelle votive che si conservano nel loro museo. Codesto piano (già nel tener de’ Veragri, come in oggi appartiene al cantone del Vallese) è il Summus Penninus, sul quale gli antichissimi indigeni ve- neravano il Giove delle sommità de’monti, come in Italia i Sabini rendevano un culto simile al loro Giove Cacuno, gli Umbri al Giove Alto Summano ed al Giove Apennino, i Latini al Giove Laziale, i Greci al Giove Olimpico € Ceneo. In uno col nome anzidetto , designante il vertice di quel pas- saggio ed una traccia del vetusto culto locale, quell'alpe portava anche la denominazione di Mons Jovis, antica senza dubbio e propagata dai Romani, colla quale si appellava il monte ancora nel nono secolo (1), nel decimo (2), nel duodecimo (3) ed assai più in qua, cosicchè volga- rizzato in Mont Joux dura ancora in oggi. { Tra il lago e l’attuale ospizio del Gran S. Bernardo si hanno scar- 1 sissimi avanzi dell'antica casa ospitale, o ricovero, o mansione che voglia | dirsi e dell’annesso tempio di Giove : nella breve pianura v'è un piccolo avvallamento colmato dai detriti di antichi ruderi e di carboni. Fu quel terreno infinite volte rimosso e svolto in cerca di tavolette votive, delle | quali, prima che si cominciasse a far collezione nell'ospizio, cioè prima À di un secolo e mezzo o due secoli fa, chi mai può dire quante se ne | siano trovate, disperse, perdute per la scienza? Lì furono rinvenute tutte | le tabelle, una bellissima mano pantea, ferri di lancia ed altre poche | cose in uno con poche monete romane e qualcheduna con leggenda cufica , viva testimonianza delle incursioni de' Saraceni nel decimo secolo (4). In questo luogo nell'agosto del 1838 scavai per otto giorni coll'opera di dodici uomini, e vi scoprii quattro scalini discendenti, intagliati nella viva 2. roccia, gli avanzi di alcune muraglie grosse 0,45 denotanti due stanzette, di costruzione mista romana della prima decadenza, e che non do nelle tavole per essere di pochissima importanza: una porzione angolare di i cimasa di piedestallo scolpita in quella pietra gessosa che colà abbonda, adorna di tre listelli e di gola diritta in altezza assoluta di 0,195, e | (1) Annales Bertiniani ad a. 859. (2) Liutprando, Mist. I. 9. tI (3) Gotefridus Viterbiensis. XI. (4) Ad Fraxenetum saltum . .....Italiam sedulis praedabantur incursibus, Alpibus etiam superatis, a Fredegario ad a. 931. PER C. PROMIS 125 col merco P. A. V. del provveditore del masso (1); la casa ospitale ed il tempio di Giove dovevano essere coperti non già di pietre, come si usa sull’alpi, ma bensì di tegole, avendone io rinvenuta una bellissima larga 0,44, lunga 0,69, e di quella specie che dai risvolti chiamavano tegulae hamatae (2): nessuna tavoletta poi, essendo quel terreno esausto dalle tante ripetute indagini. La statua di Giove da vecchi manoscritti riportata dal Guichenon, in uno colla iscrizione attribuita a Terenzio Varrone, son cose che non hanno alcun fondamento ; nel secolo scorso vi fu trovata un'aquila legionaria (3). Nella romana casa ospitale, oltre una mansione o ricovero pei viandanti implicitamente attestata da tante tavolette, dovevano eziandio soggiornare gli artefici che all'uopo le ammanissero, intagliassero a bulino, incudessero, balzassero, punteggiassero a traforo, che ve n'ha di tutte queste specie. Le offerte al nume dovettero essere fatte sin da’ più remoti tempi, e tanto più quando non vi era strada: ma i doni de’ rozzi Salassi e Veragri non dovevano nè potevan essere quali furon poi quelli de’ sudditi di Roma; quindi stranissima è l’opinione di De Loges (4) e di alcuni moderni , che le tavolette rammentanti solamente Paenino siano anteriori ai Romani , i quali poi vi aggiunsero il Zovi, come se i barbari abitatori di que monti scrivessero a que’ tempi e scrivessero latino. La più antica è quella di L. Paccio Noniano spirante l’età di Augusto, con quella di un Febo servo d’un servo di Tiberio: procedono poi sino al quarto secolo principiante, quando la propagata religione di Cristo e la prescritta chiusura de' tempi vi pose fine; è noto tuttavia con quanta pertinacia perdurassero que’ valligiani nel loro culto , essendochè sappiamo, per figura, come circa l'anno 585 si portasse S. Colombano a Zurigo per istaccare que montanari dal culto di Vodino (5). Non però cessò il passaggio e la casa ospitale, di tutta (1) Il De Loges nell'Essai historique sur le mont S. Bernard, riferisce a pag. 32, che a’ suoi tempi vi fu trovalo un altro masso colle sigle A. V. P., ch'egli stranamente s'ingegna di spiegare: sono identiche con quelle da me qui riportate. Forse la colonna che Guichenon dà come esistente ai suoi giorni el Gran S. Bernardo, e sulla quale aggiunge la novella della sovrapostavi statua del Dio Pennino, mulata poi da Terenzio Varrone in un Giove fulminante e barbato; forse, dico, appartenne al pronao del tempio di Giove Pennino. (3) Vitruvio VII. 4. Narra il De Loges a pag. 9 come a’ suoi tempi fossero state trovate di queste tegole col bollo Hylae, nome del tegolario, ch'egli interpreta colla mitologia. (3) D'Hancarville, Antiquités. Y. 175. pl. 8, 9. (4) Essai etc. (1789) , p. 50. (5) Mabillon. Ann. Benedictini. Y. 296. ———— —— 126 LE ANTICHITÀ DI AOSTA necessità in quegli orrendi luoghi, e di un Hartmano suo elemosiniere fatto vescovo di Losanna nell'anno 851, vide fatta memoria il Simler (1). Già dall'anno 825 aveva l imperatore Lottario, a vantaggio speciale dei pellegrini , fondato in Montecinisio quoddam. Hospitale , e fornitolo di poderi affinché ne potesse essere confortato il diurnus pauperum Christi concursus (2). L'abbandono della casa ospitale del Sommo Pennino diserta dai Saraceni, il gran numero de’ passeggeri, i loro patimenti e bisogni, non che il vivo esempio di Lottario, e più di tutto la propria carità, spinsero S. Bernardo di Mentone sullo scorcio del decimo secolo ad ac- correre in quell’algida e stridente solitudine instaurandovi la mansione, e fondandovi una perpetua assistenza d'uomini che, ignoti al mondo, tra frane, smottature, bufere, nevi e ghiacci, conscii che lor vita non du- rerà su per quei gioghi oltre dieci o dodici anni, aventi a solo premio le benedizioni de’ passeggeri e la speranza in Dio, tra rischi mortali e d’ogni istante fatto avrebbero continuo sacrificio di sè a preservazione altrui. Bene ed a ragione il Sommo Pennino e l’Alpe Graia tolser nome dal Santo, imperciocchè su per quelle vette egli salvò e sostenne i vian- danti d’ogni età e d’ogni patria. Bene ed a ragione l’ignoto ed affettuoso poeta cantava circa il mille, in versi splendenti di verità e candore, quel miracolo di ogni giorno e di nove secoli (3). Domum fecit caritatis Ubi data dantur gratis Nec quaeruntur praemia. Ubi panis, vinum , ligna Numquam crescunt, sed maligna Sunt ibi contraria. Nix et algor, via dura, Fumus, nubes et obscura Sunt ibi perennia. A Bernardo facta domo Illam adit quisquis homo Habet necessaria. (1) Vallesia. 1574. 1.9 29. (2) Muratori, Ántig. medii aevi. AIT 577. (3) Sequeniia in actis Sanctorum, 15 giugno. PER C. PROMIS 127 CAPO VI. Pianta della Città d Aosta come si trovava nell'anno 1838, coi ruderi di romani edifizi e colle mura, torri e chiaviche stradali. Tav. III, IV. Notava Strabone come la città d'Aosta fosse fondata nel luogo stesso ove Terenzio Varrone aveva posto il campo nelPultima guerra contro i Salassi. Le topografiche condizioni di quell'accampamento , che doveva poi mutarsi in città, erano, che da esso colla maggior prontezza e colla minor forza potessero venir tutelati gl’ interessi militari, agricoli e com- merciali de'conquistatori: epperció fu piantato laddove la strada che scende di Svizzera s'interseca con quella che sale alle Gallie, ed infe- riormente s’ indirizza alle pianure Traspadane ed al Piemonte. Il generale romano, seguendo con molto senno le pratiche de’ suoi concittadini, maestri sommi nell’arte di ben collocare i castri, che dovevan poscia trasformarsi in città, posossi laddove la valle maggiormente s'allarga , in pianura di circa due chilometri, volta a mezzogiorno, discretamente declive contro giorno e matlino, e sollevata a segno da rimanere immune dalle piene del Buthier e della Dora Baltea. Narrano gli scrittori locali di una città antichissima detta Cordela e Civitas Fusmana, la quale sorgeva là appunto dove poi fu edificata Aosta: aggiungono che fosse munita di sotterranei sboccanti verso la Dora ed il Buthier, dai quali erompevano improvvisi i Salassi; tutte cose però non sorrette nè da documenti, né da ruderi, chè si sa avere quelle antiche tribù vissuto vita quasi selvaggia, nè altro monumento rimanerne fuorchè un Kromlech di rozze pietre ; la città Salassa non esistè mai, e gli addotti sotterranei altro non sono che le romane chiaviche. Non è peraltro che l’accampamento si fosse senz'altro trasformato in città, com'è parere di alcuni moderni scrittori, troppo essendo diverse le condizioni di una dimora prettamente militare e tran- sitoria da quelle di una città regolare, stabile, fatta per cittadini soldati che, deposte larmi, mutavansi in coloni, vi stanziavano colle famiglie , abbisognavano di vie urbane, di case, foro, teatro, anfiteatro, di templi, di tutta la congerie di fabbriche che potesse rendere sicuro, grato, civile il nuovo soggiorno. Dovette quindi la città estendersi in assai maggior — 128 LE ANTICHITÀ DI AOSTA ampiezza che non il castro, ed esser fatta non pel tempo, ma per l’eternità, cui sempre indirizzavasi la romana idea propagante sue leggi, sua lingua, sua milizia, suoi edificii in regioni che non doveva lasciar mai più. Ho già detto dianzi, che in circa trenta lustri dacchè i Romani, prima della finale conquista, dominarono le rive della Dora Baltea, e vi fecero frequenti tragitti oltr’alpi, una strada vi dovette esistere e vi esistè, e che questa per le naturali necessità de’ luoghi non potè differire da quella percorsa poscia da Cesare, immegliata qua e là ai tempi nostri, capace tuttora di novelle migliorie, ma non di essenziali traslocamenti quanto al tracciamento suo. La natural giacitura della metropoli della valle è così indicata nel luogo ov’ essa poi sorse, che un emporio com- merciale vi si dovette stabilire ben presto, e con esso un importante posto militare indispensabile per assicurare la via alle legioni, per am- massar vettovaglie, tenervi le riserve, i malati e quella mole di cose necessarie e fastidiose, dai Romani così ben chiamate impedimenta; da quel luogo soltanto l’azione militare sopra la maggior valle e le minori è rapida e pronta come da centro a periferia. La nuova città, adunque, sorta da un accampamento, popolata di Pretoriani avvezzi in guerra alla vita dei castri, destinata a tener in freno le non ben dome popolazioni alpine, ed a servire all’uopo di primo antemurale contro le eventuali incursioni o sommosse di Galli montani e di Elvezi, ebbe aspetto affatto militare, ma non però alle sue mura furon aggiunte quelle opere, le quali servendo appositamente a difesa , tornavano qui inopportune contro nemici capaci di subitanei attacchi, non mai di regolari e metodici assedi : epperció le mura e le torri non ebbero mai fosso (della qual cosa mi acceriai cogli scavi), le loro faccie non furono munite mai di feritoie laterali par la difesa di fianco, nè adopratevi altre avvertenze di guerra nolissime a que’ tempi, perchè di un attacco regolare non v'era timore. Un'altra cosa ancora distingue il recinto d'Aosta da quello dei castri stativi, ed è che mentre questi avevano lor quattro angoli o formati dalla semplice prosecuzione dei lati, come se n’ hanno assaissime prove ne tanti d’ Ungheria, oppure con angoli tondeggiati (ossiano circinati, come li chiamavano con vocabolo proprio), quali vedonsi tuttora nel castro del monte Albano, in quello Tiberiano di Roma, in quello di Saalburg (1) creduto dei tempi d'Adriano; qui invece (1) Otto Geschichte der Deutschen. Baukunst. p. 13. PER C. PROMIS 129 gli angoli sono turriti come in tutte le fortificazioni urbane cioè per- manenti. La città fu tracciata in un rettangolo, i di cui lati stanno tra sè all incirca come quattro a cinque, figura similissima a quella de’ castri romani data da Polibio quasi centosessant’anni prima dell'éra volgare (1), nonchè all'accampamento solidamente edificato contro Annibale l’anno 213 avanti Cristo sul monte Albano (2), ed a quello che circa l'età di Adriano veniva descritto da Igino il Gromatico (3): quadrati invece o quasi quadrati erano il castro Pretorio eretto in Roma da Tiberio (4) ed i molti che ancora vedonsi sul Danubio (5); la superficie di questi poi è tale che tra essi il più vasto non raggiunge la metà dell’area di Aosta. Con ciò non dico, con parecchi scrittori moderni, che siansi i Romani ingegnati di ripetere nella nuova città le dimensioni dei loro castri, imperciocchè la regione sola può e deve essere stata quella oc- cupata dall'accampamento di Varrone (6). Aosta fu città prestabilita, edificata, compiuia di getto, imperante Augusto, durante i sette lustri che corsero dall'anno 729 di Roma al decimoquarto delléra cristiana, nel quale egli cessò di vivere , seppure nol fu nei pochi anni del suo impero pria di quest’éra. Ora, qual figura più comoda ed opportuna per una città della rettangolare? Nessuna al certo, e tanto più quando libera n'è l’area, come nel caso nostro, e non impedita da nessun ostacolo naturale od artefatto. Quadrata fu la Roma di Romolo, quadrata la Torino di Augusto, quadrata la Pavia Romana. Adunque le peculiari condizioni del suolo e della colonia d'Aosta volevano un rettangolo, e questo capace di almeno tre mila famiglie, che tanti furono i coloni, con tutto il cor- redo di magistrati, di servi, di persone addette alle arti ed al minuto (1) Historiarum. lib. VI. (2) Livio. lib. XXVI. 9. Ne esistono ancora molti avanzi. (3) De Castrametatione liber. (4) Tacito. Annales. IV. 2. (5) Marsigli. Danubius Pannonico Mysicus. Passim. (6) Dicendo qui ed altrove opera di Varrone ossia di Augusto la città tutta, non voglio tullavia con ciò affermare, che nella sua edificazione nulla sia rimasto dell’antico Castrum Statioum, che già da circa 130 anni doveva esistere in quel luogo. Se mai qualcuno tra i vetusti edifici, che in Aosta tuttora rimangono, puossi ascrivere a quella remota età, quest’? senza dubbio il ma- gazzino militare, il quale pei bisogni di guerra vi dovè esistere, e la di cui costruzione si po- trebbe anche far risalire a circa un secolo e mezzo prima d’Augusto. Cid non ostante, per isfuggire una discussione per la quale mancherebbero prove assolute e convincenti, ritengo il magazzino quale opera coeva alla colonia dedotta. Tom. XXL Serie Il. 17 130 LE ANTICHITÀ DI AOSTA x commercio, con tutto lo spazio per edifici privati, pubblici e sacri e via dicendo. Imperocchè io non so di altra città, di pianta edificata da Augusto, la quale ancora esista in gran parte, e più efficacemente ci dimostri le condizioni di città veracemente romana a que’ classici tempi. Pompei ed Ercolano per mille pregi vincono la nostra Aosta, ma son città greche, opera di molti secoli, e già antiche allorquando il Vesuvio le seppellì. Stabilito adunque il perimetro urbano in un rettangolo di m. 724 per m. 572 (cioè all incirca piédi romani 2450 per 1940), l’asse est- ovest ne fu posto parallelo alla Dora, avente al suo capo orientale la porta già Pretoria ed ora della Trinità, al capo occidentale quella già Decumana , poi di S. Génis ed ora di Savoia. Della prima, come di cosa importantissima , parlerò in apposito capitolo, dell’altra dirò qui, che la sua distruzione è oramai remota, sicchè già al principio dello scorso secolo, scrivendone il De Tillet nella sua ms. storia d'Aosta, notava che: la porte qui étoit au couchant de la ville en droiture de celle-tà (del- l’orientale) étoit aussi à trois entrées flanquées de deux tours, mais non pas d'une architecture si relevée, ainsi qu'on la découvre par les vestiges qui nous en restent, où lon ne découvre aucun ornement particulier, Quindi nel 1745 Ricolvi e Rivautella esponevano come ignorata ancora si rimanesse la valle d'Aosta, sperar essi perd di poter dare la pianta della città, di vari suoi edifizi e di due insigni porte (1), le quali sono senza dubbio la Pretoria e la Decumana. Durarono questi avanzi, malconci si ma pur tali da lasciar argomentare l'antica forma, sino all'anno 1810, nel quale per opera della francese sotto-prefettura furono demoliti per far più libera la via e come cosa vile non portante il pregio di serbarne memoria disegnata o scritta. Un saggio di sua struitura, men nobile di quella della porta Pretoria, ma pulita e sodissima , è superstite in una gran fascia laterizia sopra un muro rivestito di parallelepipedi di tufo : esso forma il lato meridionale interno del cortile d'armi retrostante alla porta, nè ve ne sono altri ruderi. (1) Dell’antica città d'Industria (1745). p. 36. « Niun antiquario ancora ha illustrata bene la valle del ducato d'Aosta, ricchissima d’ iscrizioni e di vestigia d’antichità romane, le quali me- ritano maggior attenzione e più sollecita ricerca di quello, che sinora abbiam potato fare. Speriamo pure col tempo di dar la pianta di essa città tale, come da’ Romani fu fondata, e P icnografia di vari edifici dall’osservazione di alcuni sotterranei ricavate; oltre un arco e due insigni porte della città ed il resto d’un teatro e vari tratti di strada, con superbi ponti fatti fare dai Romani, o sia pel passaggio delle legioni d'Halia in Francia, ed in Germania, o sia per la estrazione dei metalli, che dalle doviziose miniere traevano ». Ho però già notato a p. 7 del cap. 1, che questo pensiero dei due bibliotecarii Torinesi non fu mai effettuato PER C. PROMIS 131 Da quanti scrissero delle antichità d'Aosta vennero nelle sue mura notate sei porte, alle due che realmente furono e sono nei lati minori, quattro altre aggiungendone nei maggiori, le quali sarebbero: a tramontana la porta Pertuise o dei Cappuccini e la porta S. Stefano , a mezzogiorno quella detta di Pailleron con quella Beatrix o di Bramafam. Codeste quattro sono però tutte dei bassi tempi ed aperte in breccia nelle mura antiche per comodo degli abitanti, come vidi mediante uno scandaglio anzichè scavo, che mi mostrò intatta la muraglia sotto le soglie moderne. Singolarmente alla porta de Cappuccini, nelle spalle e nell'arco, essendo state, ed assai bene, adoprate le pietre concie dell'antico rivestimento, ne nacque per tutte l'errore di crederle antiche. Due sole eran dunque le porte, cioè la Pretoria e la Decumana : nuova dissomiglianza co'castri, nei quali, secondo Polibio, non mancavano mai le due porte laterali dette Principalis Dextra e Principalis Sinistra, e che ancor si ravvisano nel castro di Roma ed in quello di Saalburg. La scienza della difesa stata essendo dai belligeri Romani ridotta a regole generali più stabili che non fossero tra i Greci, ne segue che per illustrare romane opere difensive non fanno troppo al caso le parole degli scrittori Elleni, avvegnachè grandi siano, e tra essi, come tra gli antichi tutti, primeggi per ingegno e per sapere Filone il militare. Tra i latini, il mediocre Vitruvio, che pure era architetto militare anzichè civile, si ristrinse a ripetere i vaghi e generali precetti che trovati aveva ne’ greci autori a lui noti; forse perchè troppo vulgate a’ tempi suoi, d’assai cose tace Vegezio e tace pure Enea il Tattico, scrittori generici troppo; solo per incidenza parlano di cose militari gli storici, dico singolarmente Polibio, Cesare, Livio, Tacito, per tacer de’ minori, ai quali non mancarono o positive notizie , o pratica di guerra, o perspicacia d'ingegno; ultimi per età vengono i Gromatici, i quali, grazie alla lor professione, sempre vivendo cogli eserciti e ne’ campi assai cose ci tramandarono, che senz'essi non avremmo conosciuto mai: tra questi, per siffatti studi, va principale Igino; più di tutto però valgono i numerosi monumenti difensivi lata- mente sparsi per l'orbe romano, ogniqualvolta rettamente si studino i precetti e le descrizioni degli antichi secondo l’età in cui vissero. Ne segue che coloro i quali cercarono soltanto negli autori credono che essi illustrino tutto, e che i monumenti. debbano od alterarsi o cedere per piegarli alla loro autorità ; coloro invece che agli scrittori ed ai monumenti egual- mente attesero, facilmente persuadonsi, che le opere di difesa obbedivano ——————— = z 132 LE ANTICHITÀ DI AOSTA sì a precetti ed a pratiche generali, ma individualmente variavano all’ in- finito, come in oggi all'infinito varia la fortificazione passeggera : che per questa ragione, di rado i testi antichi sono suscettibili di una diretta 4 applicazione: che di molte cose gli scrittori tacquero, e finalmente che non devesi giammai nè modificare gli autori, sicchè spieghino i monu- menti, nè alterar questi per adattarli ai primi. Le mura d'Aosta sono esteriormente rivestite di opera quadrata in massi non grandi del bel tufo calcare delle alpi, le cave del quale sono a assai frequenti: ne do un saggio alle figure A, B, C, D, E, F, H, I della tavola IV. Il nucleo delle muraglie è di emplecton, composto di | ciottoli della Dora e di scheggie in bagno di eccellente calcina ; dal lato | interno le mura presentano l'opus incertum , l’uso del quale ebbe termine } regnante Augusto. Cosa da notarsi è pure, che le pareti si interne che esterne non sono rastremate,, come usò dopo Augusto e come usa tuttora in oggi, ma verticali e diminuenti per riseghe giusta la pratica delle grandi mura militari e sostruttorie de’ tempi della repubblica, quali ve- donsi, per figura, nelle romane di Tarquinio e Servio, in quelle di Nepi dell’anno 373 di Roma, nelle antichissime di Ardea, Aricia, Frosinone e generalmente in tutte quelle che fatte di pietra squadrabile andavano spiga «ce ; : => per corsi orizzontali: a risega sono pure gli avanzi delle mura etrusche di Perugia, e così pure gli antichissimi muri di opera quadrata della Grecia (1). La pratica primitiva di ritirarsi per riseghe vedesi eziandio nelle reliquie delle mura laterizie di Torino contemporanee a quelle di Aosta. L’interno è combinato per la difesa in modo assai ragionevole. Le cortine vi son suddivise in altrettanti spazi di circa 4o piedi romani per mezzo di muri ortogonali grossi alla sommità 4 piedi romani e circa 6 Pos all'imo. Di questi muri due sono gli uffici : uno, di contrafforti in aumento | di resistenza della cortina; l’altro ha per iscopo di poter allargare la | Strada di ronda. La larghezza totale, compreso il parapetto, essendo alla | sommità di 6 piedi romani, togliendone 2 per questo, vi rimaneva la | strada di ronda alla insufficiente misura di 4 piedi; ma i contrafforti | p Li | À sporgendo in alto ancora di ro piedi (m. 2,990), vi si venne ad ottenere (| una strada di ronda larga in tutto 14 piedi (m. 4,170), e ciò per mezzo | di un tavolato (pons, pegma, machina) suffalto da travi in colmeccio e | | da saettoni, dei quali stava ii natural posamento sulla risega inferiore lj (1) Beulé. L’Acropole d'Athènes (1853). I. 119. | i | PER C. PROMIS 133 del contrafforte portata alla misura di un piede romano. À meglio spiegare codeste impalcature aggiunsi il disegno della fig. I, tav. IV, dove può vedersi con quanta sollecitudine e comodità si potesse all'uopo allogare oppure togliere affatto il legname occorrente ; per salire sul tavolato si passava dalle torri, oppure vi si andava direttamente con scale di legno ovvero scale a piuoli. Codesti contrafforti cangiati in pilastri ed il tavolato cangiato in arcuazioni sorrette dai pilastri stessi, avevano già munito in- teriormente il recinto di Cartagine (1), come sotto Onorio munirono quello di Roma, ed alla età di Augusto le mura della nostra Torino, disfatte poscia dal vescovo Ammulo circa l'anno 900 (2). Stampando il cav. Canina nel 1842 la sua storia della Romana architettura antica volle inserirvi eziandio la pianta d'Aosta, quale, a sua richiesta , gli feci tenere esattamente disegnata, come nella qui unita tavola III (3). Mandandola in luce credette egli di dovervi introdurre parecchie essenzialissime mutazioni , le quali sventuratamente non hanno fondamento alcuno. Le torri, che realmente vi furono in numero di diciotto, comprese quelle fiancheggianti le due porte, nella sua pianta vennero da lui liberamente portate a quarantadue: alle due porte vere altre quattro ne aggiunse, che in antico non vi furono : il muro che vi è semplice e munito di contrafforti quasi intatti, egli, sedotto dalle parole di Vitruvio e da un esempio di Pompei, mutando i contrafforti in opere di collegamento, lo fa doppio, sollevando it muro esterno a metri 18, l'interno a metri 31 (facendoli con ciò più alti di quelli altissimi di Babilonia), mentre infatti la massima sua elevazione non oltrepassa mai metri 8,572, che con 1,800 di parapetto e merli fa m. 10,372, cioè il terzo di quanto fu ad esso attribuito dal Canina (4). Nei lati maggiori le lunghezze medie degl'interturri sono di m. 169 all'incirca , pari a piedi romani 575. Vitruvio ed altri antichi vogliono le torri tra sè distanti non più di un trar d'arco, misura razionale, ma per la natura stessa di quell'arma estremamente instabile. Ad ogni modo siccome nelle antiche mura turrite di Roma, Falleri, Alba Fucense ed altre città si hanno sovente anche maggiori interturri, ne segue che la 88 cortina stava in Aosta entro i termini prefissi dall'arte. La fronte delle (1) Appianus. De bellis Punicis. (8) Chronicon Novaliciense, in Rerum Ital. Script., tom. I. pars H. pag. 763. (3) Tav. V. B. Parte II. cap. I. Parle III. cap. I. (4) La loro altezza massima è segnata alle fig. F, G della tay. IV. — M = 134 LE ANTICHITA DI AOSTA torri à in media di 32 piedi romani la sporgenza contro la campagna di piedi 14; la grossezza del muro, durando eguale nelle cortine come nelle torri, dimostra che queste dovevano star a paro con quelle, ec- cettuando per altro le torri fiancheggianti le porte; e finalmente il pro- seguito cordone lo prova abbondantemente. Stando le torri a cavallo alla cortina, da essa internamente sporgevan tanto che bastasse per ricavarvi una porta da ogni banda, come vedesi in pianta alle fig. A, B della tav. IV; entro la torre una scaletta fissa ed in legno (non essendovi traccia alcuna di scale in muratura) portava al tavolato superiore, d’onde a destra e sinistra accedevasi alla strada di ronda. La torre, ch'io misurai e do come saggio, è quella meridionale detta di Pailleron, fra tutte la meglio conservata (1). Ai quattro angoli della cinta stavano quattro torri pari in altezza alle altre (2): esibisco alla fig. B quella all'angolo sud-ovest, con nucleo conservatissimo; le torri a paro alla strada di ronda dicevansi dagli antichi Turres aequae oppure Turres aequae cum muro (3). M suolo naturale discendendo di 0,0216 per metro, le mura vi dovevano procedere non già ad esso parallele, ma scaglionate: quindi il cordone covonante le cortine e le torri doveva esso pure scendere per gradi oriz- zontali ; uno di questi scaglioni è rappresentato alle fig. F, G della tav. IV, e vedesi nel lato orientale delle mura. Qualche tratto del recinto d'Aosta trovasi ancora in buono stato, specialmente nei lati meridionale ed orientale; lungo quest'ultimo sovente vedesi il cordone ripiegarsi a dente, onde per iscaglioni orizzontali vadano le mura secondando linclinazione del pavi- mento urbano. L'altezza del parapetto, di tre piedi romani, è serbata in qualche luogo ed in ispecie alla torre di Pailleron, ma le pinne mancano ovunque. I guasti patiti dalle mura d'Aosta originarono anzitutto dal sorgere dell’antico borgo di S. Orso contro il lato orientale, e dai tanti fortilizi e privati abituri innalzati contro le pareti interna ed esterna del recinto durante il medio evo. Circa l’anno millecinquecento Domenico Maccaneo, (1) La pratica di lasciar aperte le torri dal lato verso la città, pratica piuttosto rara nei recinti romani, era frequentissima nel sistema difensivo dei Greci, presso i quali cosi aperte si fecero le torri dell’Acropoli di Atene, ed aperte erano pure quelle antichissime di Messene. Ciò per la stessa ragione per la quale nella fortificazione moderna si fecero e si fanno i bastioni aperti alla gola. (2) Altissima è quella all’angolo nord-ovest, detta delle carceri o Cornière, segnata al n° 9 , ma fu edificata ne” tempi bassi. della pia (3) Ise one antichissima di Eclano presso Orelli. N.° 566 PER C. PROMIS 185 portaiosi in Aosta, notava che: visuntur etiam ruinae a Carolo Magno ut asserunt factae, et in angulo septemtrionali muri antiquissimi , qui for- titudinem antiguae civitatis ostendunt (1). Nel 1549 alli dieci giugno giunse in Aosta D. Ferrante Gonzaga governator di Milano per Carlo V, quindi nel successivo settembre mandovvi un commissario pro reparandis moeniis civitatis, sumptibus tamen suae sacrae maiestatis, in parte non tamen sine gravi iactura ....tam nobilium quam. civium ob diruptionem domuum, praediorum. et fundorum ad exitium redactorum (2). Queste opere a null’altro però si ridussero che alla demolizione di qualche casa, trovandosi che nell'anno 1560 scriveva ad Emanuele Filiberto il Presidente Nicolò Balbo essere le mura d'Aosta fatte di pietra tagliata et forte per quelli tempi (de' Romani) come anchor si può vedere, quantanche per poca cura havuta si siano lasciati romper li fossi con mezzo delle pos- sessioni fatte dove era il cavamento : si anchor li cittadini et populi vicini hanno tolto delle pietre tagliate et convertite in lor edifici (3). Prosegue il Balbo ad esporrre come volesse Carlo V fortificare la città a sue spese , e già vi fosse ammanita la calcina, lasciata poi |’ impresa a cagione di chi contraddisse: epperciò si restringe egli a proporre che fossero almeno le mura fuor di scala et riffate dove sono rovinate , il che non richiederebbe gran spesa, con ciò sia che la maggior parte di esse mura ancho sono in essere. Il Duca però, che in così alto grado possedeva la sicura intuizione militare, ben vide come non si possa fare di Aosta un'utile fortezza moderna, troppo essendovi contrarie le ragioni topografiche. Così, per indiretto, quelle romane mura furono salve , ed essendovisi a quegli anni stessi recato l'ambasciatore veneziano Andrea Boldù, poteva riferire al Senato qualmente /a città d Augusta non è forte, ma è circondata dalla più bella antichità di muraglia che habbia veduto in nessun altro luogo; le quali mura furon fatte da Cesare Augusto quando la fece edificare e mettergli il suo proprio nome (4). Ma intanto (1) Corographia brevis. ms. citato. (2) Cronachetta attribuita a Bonifacio di Vaudan, comunicatami dal Cav. Canonico Gal. (3) Parere ad Em. Filiberto: ms. nella biblioteca del Re in Torino. Veramente il castello di Bramafam, la torre del Leproso, la bellissima torre d'Empereur barbaramente demolita nel 1839, il gentile chiostro della cattedrale edificato nel 1442, mutilato a questi anni senza molivo nè pretesto alcuno, con moltissime case urbane, furono costrutti colle pietre delle mura. Ho già notato che il fosso non vi fu mai; pure il Balbo, vedendo come nel decimosesto secolo non vi fosse fortezza senza fosso, credè che simil pratica fosse anche stata ritenuta in ogni età. (4) M Vernazza assegna questa relazione all'anno 1566, l’Albèri al 1561. 136 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Pallettativa mostra che quelle mura facevano di lor pietre concie, in uno col tramezzarsi di parecchi privati poderi, erano cagione che con- tinuamente ed a man salva se ne involasse l'incamiciatura, oppure si aprissero in breccia; volle porvi rimedio la reggente Maria Cristina, demaniale essendo la cinta e di servizio doganale, onde al Consiglio dei Commessi scriveva nel 1645, come c'est avec beaucoup de ressentiment que Nous avons entendu, que plusieurs particuliers de votre Citté se sont emancipes de prendre des pierres des murailles d'icelle pour s'en servir à leur propre, ce que ne croyant pas raisonable de devoir tol- lérer etc.; conferisce autorità ai Commessi di procedere e punir ad arbitrio i colpevoli, parceque Nous voulons que semblables délinquants servent d'exemple aux autres pour n'étre point imités en ces abus et témérités (1). Fosse poco zelo, fosse privato interesse di qualcuno fra i Commessi, il male non ebbe termine, cosicchè trentaquattr’anni più tardi la nuova reggente Maria Giovanna Battista scriveva allo stesso Consiglio, che informata di parecchi i quali appuyent leurs maisons sur les murailles de la ville.... et s'attribuent l'autorité d'y faire des portes, fenétres et autres ouvertures, ce qui est fort contraire à Vornement et à la suretté de la ditte ville et à nos intentions ; et comme les murailles des villes, pour se servir de l'expression des loix , doivent étre saintes, perciò essa vieta codesti guasti, e cosi pure de detacher ny enlever des pierres des dittes murailles à peine de cinqcents deus d'or, e con ordine di murarvi le fattevi aperture (2). Le quali minaccie produssero frutto, e se il male non fu riparato, almeno fu poscia impedito: durò infatti l'antico vivestimento in pietra quadrata lungo il lato meridionale della città sino al principio del corrente secolo, allorquando il sotto-prefetto francese , avendo a farsi non so qual villetta fuori la porta Savoia, spogliò quel muro di quante pietre gli tornasse conto. Negli anni posteriori proseguì lo spoglio anche nel muro settentrionale, dove una volta fu impedito dal ministro degl’ interni Conte di Pralormo. Dopo le mura essenzialissima cosa nella pianta d'Aosta è l'ordinamento € distribuzione delle chiaviche. È noto come fossero parte integrante e capitale del sistema urbano presso i Romani, i quali dovunque inralzarono (4) Lettera delli 15 maggio 1645 presso il De Tillet, Régistre du noble Conseil des Commis. me. pag. 542. 2) Leitera delli 20 aprile 1679; ivi pag. 657 PER C. PROMIS 137 edifici si privati che pubblici, dapertutto li munirono di chiaviche, onde per esse e per le vie venivano dal greco Strabone predicati incomparabili. In Aosta hanno esse di più questo pregio, che la città essendo stata edificata di getto, non solo vi furono chiaviche , ma la loro costruzione precedè quella di tutte le fabbriche urbane, e furono fatte e distribuite in pianta per tal modo, che sottostessero agli assi stradali e ricevessero a luogo i canaletti d'immissione secondaria a destra-e sinistra, aventi poi capo eventualmente nei rispettivi edifici urbani che si sarebbero co- strutti in seguito; ciò tanto è vero, che ai ni 23, 24 della tav. III segnai in pianta, come rinvenni, le bocche d’ immissione di due chiavi- chette, le quali protratte d’aleun poco all’ infuori della chiavica maestra, non ebbero per altro mai ultimato il loro corso: evidente argomento che l'edifizio al quale dovevano servire, o non ebbe mai bisogno di spurghi privati, oppure non fu mai effettuato. Le figure A, B, G, D, E della tav. III dimostrano in maggior scala con quanta diligenza procedessero in siffatte cose i Romani, le ampie sezioni degli spechi, l'ottimo loro profilo stretto abbasso ed allargato in alto, la vastità de’ bottini per trattenervi le materie ingombranti, i chiusini ergentisi sui volti delle chiaviche sinchè raggiungessero i pavimenti delle sovrapposte strade; quelli efligiati nelle figure C, D, E, vedesi non essere stati prolungati mai e per conseguenza non aver mai adempiuto il loro ufficio, pel motivo che le circostanti fabbriche o non vi si prestavano o non vi furono neppure. Sono queste chiaviche tutte dell’eta di Augusto, e tali le prova la robusta costruzione ad emplecton, la pietra quadrata impiegatavi a luogo, e meglio di tutto la finitezza egregia che vi si ammira, pregi questi che sotto i Cesari susseguenti o diminuiscono o scompaiono affatto. Amo notare singolarmente la sezione trapezia degli spechi tanto opportuna al pronto e facile efflusso, sezione che i sagaci e pratici Romani predilessero sì nelle cloaché, sì negli acquedotti. Delle due inclinazioni naturali del suolo giovaronsi i Romani della più utile, di quella cioè dall’alpi alla Dora ossia da notte a giorno, ed in questo senso dovettero andare le chiaviche maestre, le quali sono tre di numero, e di tutte tre ne trovai conservatissimi tratti, che distinsi con linea piena in prosecuzione delle linee punteggiate segnanti in pianta l'andamento di tutte le cloache urbane che mi fu dato di rintracciare. Ognuna di queste segnando l’asse di una strada, la primaria via d’Aosta comune nel tratto in città colla consolare andante da Ivrea all'alpe Graia P , Senre IT. Tom, XXI. 18 € È e E ——— ———À Ws We i] A a | { È | | Ì 138 LE ANTICHITÀ DI AOSTA acclive dalla porta Pretoria alla Decumana, era quella che ne’ castri ro- mani dicevasi Zia Praetoria, e che, giusta ogni probabilità, tal nome ebbe pure in Aosta, dove la distribuzione castrense fu ampliata sì, ma imitata assai d'appresso. Un bellissimo avanzo della chiavica ne vidi sotto la casa già doganale e nelle vicinanze non lungi dalla porta Pretoria ; altro rudere di chiavica fu pure trovato nel 1842 presso il mezzo della città, simile nel profilo e quasi eguale nelle dimensioni a quello esposto nella fig. E della tav. III; aveva questo tronco due immissioni private, a destra cioè ed a sinistra, ma ció che più monta, vi soprastava a m. 1,33 il pavimento della via romana fatto di poliedri di varie gran- dezze, avente nell'aggere una larghezza di m. 9,46 (un po maggiore dei grandi archi della porta Pretoria) oltre le crepidini che lo fiancheggiavano costrutte di tufo delle alpi, e delle quali rimanevano indizi certi, ma non tali da fornirne la misura (1). Segnata in pianta la via Pretoria, l’esplorazione del suolo sotto il pa- vimento antico mi fece rinvenire gli avanzi di tre chiaviche , le quali mi diedero gli andamenti di tre distinte vie urbane normali alla Pretoria, scendenti da notte a giorno; e dividenti l'area della città in otto grandi rettangoli ad un dipresso eguali; i capi australe e boreale di ognuna di queste tre vie hanno termine presso le tre torri intermedie lungo i lati maggiori della cinta: non mi fu però dato di poter trovare come e dove terminassero in città le chiaviche, nè in qual modo ed in qual punto sboccassero attraverso alle mura. La più orientale di queste tre vie (quella cioè andante dalla torre di Pailleron alla porta dei Cappuccini) è da Igino appellata col nome di Via Principalis, e così probabilmente fu detta anche qui: vestigi di un bel tratto di chiaviche ne trovai vicino al Seminario e presso la porta dei Cappuccini, dov’ è il n.° 23 sulla pianta. La chiavica, che in molti tratti costituisce ad occidente un andamento simmetrico di via andante tra le porte moderne di Bramafam e di S. Stefano, significa una strada, la quale negli accampamenti romani non si trova indicata con sufficiente esattezza, ma che vi è pur mentovata siccome una delle quattro primarie insieme alla Praetoria, alla Principalis ed alla Quintana: ne tacciono gli scrittori nonchè i lessicografi, solo rammen- tandola Igino col nome di Via Sagularis o Sagularia, e lasciando in- tendere che stava alle spalle delle coorti legionarie: commentando la (1) Notizia di questa scoperta fu stampata in detto anno dal Canonico G. Carel. PER C. PROMIS 139 quale appellazione il dotto Ermanno Schelio (1) la crede così detta per similitudine del SaguZum, il quale copriva le spalle ai soldati Romani ; era in città indispensabile codesta strada per la comodità e la partizione: oltracciò, che una via realmente vi fosse in quella direzione altamente lo attestano i più belli e numerosi avanzi di cloache , d’immissioni e di bottini. Non vorrei che ad altri paresse che io troppo liberamente adattassi alla pianta d’Aosta ed alle sue strade urbane le denominazioni castrensi singolarmente serbateci da Polibio e da Igino; una rara coincidenza dei documenti antichi con quelli del medio evo e coi ruderi tuttora esistenti darà al mio asserto la più valida testimonianza; è questa nella strada che rimane ad illustrarsi , la quale è fornita essa pure di un bel tratto di chiavica presso il capo meridionale, andante, come le altre sue parallele, da notte a giorno e dividente l’area urbana in due metà. Questa via, che negli accampamenti era una delle primarie, dicevasi Quintana, ed era larga a segno , che in essa facevasi mercato delle cose utensili (2): at- tribuendo questa denominazione alla mediana tra le vie nord-sud d'Aosta io corroboro la mia opinione con due documenti, in uno de’ quali (che è dell’anno 1053) un Costanzo vende fundamentum unum intus civitate Auguste et in loco qui uocatur quintana (3) : nell’altro (che è dell’anno 1192) un Gunterio vende all'ospedale di Monte Giove medietatem. unius casamenti infra muros civitatis in rua quintana (4); e questa sarebbe la RUE QUINTANE, la quale andava tra le prime ne’ castri, che in Aosta vera, e che con ogni probabilità dava nome a quella biparziente da giorno a notte l’area urbana. Le chiaviche anzidette in uno colle sovrapposte vie dividevano la città in otto grandi rettangoli: taluno di essi era tutto od in parte oc- cupato da edifici di lor natura assai spaziosi, come il Magazzino militare, il Foro, il Teatro, l'Anfiteatro, i quali (toltone il Foro, pel quale ab- bondo di conghietture anzichè di ruderi e di argomenti positivi) disegnati a luogo invadono gran parte di due rettangoli. I sei rimanenti ho argo- mento per credere che fossero suddivisi in quattro minori figure rettangolari oblunghe per mezzo di vie minori ossiano angiporti. Trovai infatto , (1) Nelle emendazioni alle piante de’ castri di G. Lipsio. (2) Giusto Lipsio. De militia Romanorum. Dialogo III. (3) Mon. Hist. Patriae. Chart. Y. n.° 337. (4) Ivi. Chart, IL n.o 1656. 140 LE ANTICHITÀ DI AOSTA presso al lato meridionale della cinta, un avanzo di chiavica andante in senso est-ovest, nel quale immette obbliquamente altra chiavichetta mi- nore e che sottostava certamente all’asse di uno di questi angiporti o vicoli. Impariamo da Igino, che queste dicevansi Viae Vicinariae, e che ad esse davasi siffatta appellazione, non già perchè avessero alcunchè di comune colle vicinali mentovate da Ulpiano e dal mensore Siculo Flacco, ma perchè erano percurrentes proximam Sagularem, ut ad eruptionem exercitus expedite progredi possint. Codeste Vie Vicinarie dovevano senza dubbio percorrere la città in sei sole rette, composte ognuna di quattro tronchi e parallele alla via Pretoria; in tal modo i sei grandi rettangoli, non occupati dalli edifici maggiori, fornivano ventiquattro isolati quadri- lunghi di circa 65 metri per 160, figura ed area opportunissime a col- locarvi le abitazioni de'coloni, fornendo ciascuna di esse ancora un giardinetto , il quale, in un collacqua corrente o saliente, formava il desideratum. di qualsiasi colono romano. Dirò ora dei ruderi sparsi per la superficie urbana, avvertendo che molti di essi sono parzialmente illustrati in rispettivi capitoli: che di altri già ho dato un cenno nell indice esplicativo della tav. III, ed ora vi aggiungerò le opportune elucidazioni. Al n.° 16 fu trovato nel 1846 un avanzo di muro con frammenti di un incile in pietra e qualche rocchio di colonna in puddingo; al n.° 17 gli avanzi di un muro che dovette appartenere a qualche fabbrica d’ importanza, essendo tutto d’opera qua- drata, avvegnaché di piccole saldezze; aderente al muro anzidetto e nell'angolo tra le due vie stava il pavimento d'una piscina fatto coll'opus signinum , del quale ne’ serbatoi d'acqua sempre valevansi gli antichi ; mentre la pratica non ne fu perduta in Aosta, avendo io veduto dei terrazzi e battuti fatti ancora a modo antico in fabbriche degli ultimi secoli. Reliquie di un’altra piscina sono pure quelle segnate al n.° 18, di costruzione affatto simile all'antecedente. Più importanti erano al n.° 19 i ruderi che, scoperti appena, tosto demoliti, scomparvero : constavano di quattro fondazioni parallelepipede di altrettante colonne poste agli angoli di un quadrato, le quali sostenevano il compluvium ed inchiudevano l'implueium di un atrio toscano. Al n.° 20 stanno i residui di un pavi- mento — ben noto in città, quantunque di poco pregio vogliasi per la materia o pel lavoro. Altri ruderi di pavimenti tessellati a semplici liste bianche e nere furono trovati al n° 21, presso il quale fu rinve- nuta nello scavo una bellissima ralla di bronzo, quadrata , avente 0,11 PER C. PROMIS thr di lato e tenente concentricamente un disco cavo di 0,072 di diametro ; riceveva questa ralla il cardine inferiore di una imposta bivalva, e dalle sue misure argomentasi che spettasse ad una grande e magnifica porta (1). Il n.° 22 rappresenta il bottino di chiavica disegnato poi in scala maggiore nelle figure A, B. Fabbricandosi nel 1839 il palazzo comunale furono scoperte molte fondazioni di emp/ecton (segnate al n.° 25), essendovi intieramente disfatto ogni muro superiore; nel nucleo di queste fonda- zioni non senza maraviglia notai la presenza di parecchie anfore con cemento e scaglie di ciottoli della Dora: l’opera tutta rendeva la più efficace testimonianza di appartenere all’età di Augusto. Notissimo è l’uso dei vasi di creta impiegati come massi solidi ad alleggerire. i rinfianchi delle volte e le volte stesse in Ravenna e più in Roma, ma altri esempi non se ne conoscevano fuorchè da Massenzio e da Costantino in poi. Due saggi ne aveva io addotti, i quali si hanno in Roma alla porta Tiburtina ed al Ninfeo d'Egeria, in costruzione non più di volte ma di muri: ciò tuttavia non ne faceva più altamente risalire l'usanza, allorquando l'esempio d’Aosta mi accertò che l’uso de’ vasi nelle muraglie ad alleggerimento delle grandi masse (fosser dessi anfore, olle o càccabi) era cosa nota sin dai primi anni dell'impero (2). Presso queste anfore murate in sostruzioni della migliore età, altre ne trovai di forma, qualità e cottura assai inferiori: erano anch'esse murate e spettavano al terzo secolo. Nello scavo pel palazzo comunale trovossi pure un grande mosaico bianco e nero a stelle con altro minore e simile, oltre muri e chiavichette in buon dato. Vi si rinvennero altresì parecchi rocchi di puddingo, ne’ quali stava intagliata in fronte una colonna di circa 0,55 di diametro, striata e sporgente per due terzi: al maggior fusto addossavasi per ogni fianco una colonnetta liscia, di due terzi essa pure: stava posteriormente un quarto fusto, che l'estremo disfacimento di tutti quei massi non mi permise di accertare se avesse in origine appartenuto ad una colonna ovvero ad un pilastro; impor- tantissimi riuscirono nondimeno codesti frammenti, tutti de’ primi lustri dell’ impero (sotto ‘i quali estendevasi una vasta fondazione ad emplecton), evidente riuscendo dalla lor sezione orizzontale, che spettavano a ruderi (1) Di queste ralle o bronzine discorron benissimo Winkelman e Fea nelle Ossereazioni sullar- chitettura degli antichi. $ 65. (2 Vedi il n.° 162 delle Leggi Longobardiche edite dal Cav. Vesme, appendice XI, e pag. 23, 25 de’ miei commentarii alle Regum Langobardorum leges de structoribus. n 142 LE ANTICHITÀ DI AOSTA della basilica, fronteggiando la colonna maggiore la gran nave, le minori e la posteriore portando l’impalcatura che divideva a mezz'altezza i portici laterali. In simil modo disposte vedonsi le colonne della basilica di Pompei, nè altrimenti praticato aveva Vitruvio in quella di Fano. La rozza pietra doveva essere rivestita di stucco. CAPO VII. $ A. Porta Pretoria nello stato presente. Tav. V, VE Fra i migliori monumenti della romana architettura militare va senza dubbio la Porta Pretoria d'Aosta, detta ne’ tempi bassi Porta S. Urs: dalla vicinanza della chiesa antichissima di questo nome, e più tardi Porta della Trinità da una cappelletta edificatavi in alto negli ultimi secoli. Perd la viva tradizione d'una in altra età le diede, almeno dal risorgimento delle lettere in poi, e le dà tuttora nome di Porta Pretoria con esattis- sima appellazione. Vedonsi in Italia ed in Francia porte di città colla fronte meglio con- servata che questa non sia; ad ogni modo perd, malgrado la sofferta rovina per demolizioni e per incendii, nessuna le può essere messa a paro, se non fosse la Porta di Marte o Porta Nera di Treveri nella Prussia -Renana, opera della decadenza allorquando questa città diventata era sede di un Cesare governante contro gl'imminenti Germani quella suddivisione dell'impero occidentale. Constano infatti quelle porte di un semplice muro fiancheggiato da due torri, ed aperto ad una, due, tre e sino quattro passate. La nostra invece, oltre tuttocid, inchiude un magnifico cortile d'armi : né altre porte hanno questo, fuori la Ercolanense di Pompei e l'anzidetta Porta Nera di Treveri, la quale se vince in altezza quella d'Aosta (avendo tre ordini nelle torri), le cede perd nell'ampiezza del cortile d'armi non arrivante alla metà del nostro; la Pompeiana poi ha con quella d'Aosta una certa analogia nella pianta e nulla più : imperciocchè le sue meschine dimensioni e la povera struttura accusano una fabbrica di mera decorazione, mentre l'inüera sua pianta non arriva neppur essa a mezza la superficie di quella d'Aosta. Il muro a levante, costituente la facciata, ha l'enorme grossezza di PER C. PROMIS 143 m. 4,53: quello a ponente, formante la fronte interna, è di m. 3,45: ambi di grandi massi di puddingo (tav. V. fig. À, Dv. VISAS B, C, D). In ognuno di essi apronsi tre porte, pei pedoni le due estreme larghe m. 2,64: pei legni la centrale, di m. 6,99 in decorazione, e di m. 8,24 in fabbrica, pari a 28 piedi romani; misura quasi doppia di quella corrispondente a Treveri ed a Pompei: piucché doppia di quelle di Roma, di Torino e dell’altre tutte. E siccome questa misura eguaglia in Aosta quella dell'arco onorario presa sugli zoccoli degli stilobati, ne consegue che di circa egual larghezza godeva il tronco di strada, escluse le crepidini, dall'arco alla porta nella sua rettilinea distesa di m. 354,155 che sono piedi romani 1200 (1). L'edificio intiero trovasi interrato a meglio che due metri di profondità : ogni parte però ho veduta e misurata mercè gli scavi e le perlustrazioni nelle cantine moderne verso nord: visitando le quali trovai non senza maraviglia che hanno per copertura la superficie inferiore del fondamento, fatto alla romana, in discesa di quindici a venti centimetri ed in uno strato unico di solidissimo ed alquanto elastico em- plecton : la qual cosa facendo sì che una metà del lato anteriore della fabbrica stia sospesa in aria sarà cagione forse non remota della rovina dell’edificio intiero. 1 fianchi del cortile d'armi compongonsi di due corpi larghi in fronte m. 10,20, profondi m. 23,52. La porzione di essi verso la campagna comprende a terreno i due torrioni fiancheggianti la porta ed aventi ingresso dall’ interno; la porzione posteriore, verso la città , rinchiudeva anzitutto le gabbie di due scale ascendenti al primo ed al secondo ordine delle difese, e poichè vi rimaneva un eccesso d’area , questa doveva essere divisa dalle gabbie per mezzo di un muro con passate, e costituente un andito presso il cortile d’armi. Di questo muro non ri- mane però alcun vestigio, ma lo trovo segnato nella pianta datane da P. Gioffredo colle misure ora esatte, ora inesatte a segno da quotar cose che giammai non vi furono (2): aggiunge egli che il Duca Vittorio Amedeo I, quando fu in Aosta, aveva ordinato di abbattere le catapecchie che ingombrano la Porta Pretoria, la qual sovrana provvisione dovette essere del 1632: però non fu mai mandata ad effetto. Quel cortile d’armi aveva per iscopo di potervi riunire, come nella piazza d'armi d'un ba- stione; una truppa di riserva per sussidiare la difesa superiore ed inferiore: (1) Infatti il tronco di strada scoperto in città nel 1842 aveva larghezza di m. 9,46. (2) Theatr. Pedemont. (1682) I. 47. 144 LE ANTICHITÀ DI AOSTA quindi ancora, affinchè l’inimico che vi fosse penetrato, vi si trovasse rinchiuso e sotto i proietti maneschi lanciati dalla galleria superiore. L'ufficio suo è talmente richiesto dalla difesa, che già gli antichissimi Greci li usarono di pianta rettangolare nell'Acarnania (1) e di pianta circolare a Messene (2), dove il diametro di m. 19,71 è quasi esattamente eguale alla larghezza di quello d'Aosta. Smarrito nell’infima decadenza il retto senso della difesa, i cortili d'armi furono disusati, ma rinacquero dopo il mille, e sovente sono mentovati dagli storici delle crociate ; furon detti in Italia Chiusi o Chiostri, in Francia Basses-Cours (3). Tutte tre le porte chiudevansi contro la campagna con altrettante saracinesche, che i Romani, con vocabolo tolto dai Greci, chiamavauo cataractae. Non è però che dai Greci avessero tolta denominazione e cosa, imperciocchè (per tacere della porta Ercolanense di Pompei e di quella di Torino, che ne conservan le scorsoie) notansi le scanalature della sa- racinesca nelle porte della Etrusca Falleri, in una della Latina Tibur, in altra della Equa Alba Fucense ed in parecchie altre tutte anteriori ai Romani. Livio fa menzione di quella di Salapia (4), e quantunque di esse taccia Vitruvio, le mentova Vegezio, dicendole pendenti da anelli e funi, rivestite di ferro e cuoio, e disposte in modo da poterle bagnare contro il fuoco appiccatovi dal nemico (5): e finalmente Enea il Tattico (scrittore già creduto antichissimo ed a’ giorni nostri posto dai critici fra quelli della decadenza) aggiunge che stavano le scorritoie, per abbas- sarle, a mezzo l'ingresso (6). Ed appunto a mezzo l'ingresso stanno quelle d'Aosta, non senza rischio che molti nemici vi potessero stare coperti ad incendiarle o sforzarle. Ad ovviare quest'ultimo danno ed a salvar le porte adopravano i Romani certe opere esterne chiamate Claviculae , Procestria, e con nome generico Promuralia ed Antimuralia (7); ma le mura d'Aosta stando piuttosto contro un impeto d’insorgenti, che non a guerra regolare, queste difese non vi dovevano essere, e tanto più che vi mancava persino il fosso. (1) Henzey. Le mont Olympien et V Acarnanie (1860), p. ‘431 (2) Blouet. Expédition de Morée (1831). I, p. 42, (3) Arch. di Fr. di G. Martini. Il. Memoria HI. cap. 7. (4) XXVII. 26. 28. anno av. Cristo 208. (5) IV. 4. (6) Poliorceticon. 39. (7) Hyginus Gromaticus. Festus. Isidorus. PER C. PROMIS rate) Considerando ora la pianta superiore della porta (tav. V, fig. B) vedesi che pochissimi ne sono gli avanzi, ma pure fortunatamente tanti da far sì che la sua restituzione proceda dalle più sicure premesse e nulla abbia di arbitrario. La galleria che si vede in fronte a tutte le porte antiche (od almeno alle porte de’ quattro primi secoli dell'età imperiale (1)) era desunta da quelle che adornavano le più magnifiche porte delle città d Etruria, come se ne hanno bellissimi avanzi. nelle due etrusche di Perugia dette l’arco della Via Vecchia e la Porta Marzia, con frammenti infissi in un bastione della cittadella, ed aveva un doppio scopo cioè decorativo e militare. In Aosta, come a Treveri, la galleria ripetevasi in giro al cortile d’armi, cosicchè i lati minori di questa contavano per ciascuno cinque intercolonni architravati, tre de’ quali con finestre arcuate; nove intercolonni per ciascuno contavano i maggiori e cinque di essi finestrati ; per tal modo era quel piano od ordine ricinto da ventotto intércolonni , de’ quali eran murati dodici, finestrati sedici. Quanto alla posizione, figura e misure delle finestre non può cader dubbio, rima- nendone la centrale in un lato maggiore ed una presso un angolo in un lato minore; quest’ultima:ancor munita dell'arco e del parapetto. Com- ponevansi le colonne di dischi di tufo: di ventotto che erano, tutte, eccetto una sola, furono demolite, di cinque rimanendo le traccie ossia i letti verticali degli scapi; quella che ancora esiste ed è segnata in pianta, fu già barbaramente intonacata, poi da me scalcinata e scoperta , la rin- venni in tutta la sua integrità. La sveltezza delle colonne, alte nove in dieci diametri, significa che eran corintie; ne constava la base di un semplice parallelepipedo di tufo; i capitelli, tutti mancanti, di tufo dovevan essere essi pure. In alto ricorreva una trabeazione portante, una corona merlata (tav. VII. fig. A), delle quali cose tutte si ha, da chi conosce l’arte antica di murare a scopo di difesa le porte di città, positiva cer- tezza, avvegnachè ruderi di merli e di trabeazioni colà più non ne rimangano. Triplice a questo modo era l’ordine delle difese ; prima a pian terreno per ripulsione difensiva: poi dal primo ordine e dalla cresta pinnata per la difesa con pietre lanciate e giavellotti gettati a mano o colle minori macchine. Avvertendo ancora, che la galleria verso la campagna aveva (1) Le porte di Roma tutte dell’epoca Onoriana o posteriore hanno, almeno in finta, la galleria, ma non decorata di colonnette o parastate, e senza trabeazione. Serie II. Tow. XXI. 19 — À———S ien 146 LE ANTICHITÀ DI AOSTA in pianta profondità pressochè doppia delle laterali e di quella verso la città; ciò per la ragione che le saracinesche nei loro movimenti verticali ne scemavano la superficie utile, e sopratutto poi perchè da essa, anzichè dalle altre, doveva aver luogo il maggiore sforzo della difesa. Sul pavi- mento del primo piano di questa galleria vedonsi ancora i fessi delle sottoposte scorritoie delle cataratte, le quali, alzate cogli argani oriz- zontali, si ergevano sino alla contignazione della galleria stessa. Dal pavimento medesimo scendevasi verso giorno e verso notte sulle attigue laterali strade di ronda per mezzo di due porte sboccanti dalle rispettive torri. Una di queste porte conservasi intatta dalla parte di tramontana ; tutta costrutta in bei massi di tufo sodissimo: la sua larghezza 6 di m. 0,736 (piedi romani 2 7), Valtezza di m. 2,055 (piedi romani 7), ed io la offro alla fig. E della tav. V, con un’ impronta di stipite rude- mente ma artatamente sbozzato in maschio e bellissimo aspetto. Accanto all'architrave della porta, sullo spigolo nord-est della torre sta a pesto una magnifica grondaia, la quale raccoglieva e versava le acque pioventi sul terrazzo supremo e scoperto della torre istessa; offro questa grondaia alla fig. E, e poi distintamente ed in tre aspetti alla fig. F della tav. V, essendo veramente bellissima cosa, perfettamente consona coll'edificio e d'assai superiore a quelle delle mura di Pompei (1); essa pure è di tufo. La strada di ronda trovandosi più bassa che non il suolo delle gallerie (come me ne accertai collimando questo cogli avanzi del cordone della cortina verso mezzogiorno), vi si discendeva per la porta anzidetta e per una scala che doveva essere di legno, attesochè la struttura d'opera quadrata, la quale è in quel luogo conservatissima, non dà traccia degli orlicci che vi avrebbe lasciati una scala in muratura. $ 2. Facciata nello stato presente. Tav. VI, fig. A. Avendo io rappresentato nelle unite tavole la riunione di quanto conservasi d'antico nella porta Pretoria, ne accade che chi la considera la rinverrà alla prima di assai diverso aspetto da quello offerto ‘dalle stampe che vanno attorno, nonché del monumento istesso. Trovasi infatti (1) Vedansi queste in Mazois. Parle I. lav. 12 PER C. PROMIS 147 questo interrato per più di due metri, imbarazzato, coperto, confuso da una cappelletia, da parecchie case che lo opprimono , da intonachi, da imbiancature, e poi qua e là consunto da incendii o disfatto da barbarie antica e nuova ; io invece restituii , mediante escavazioni, il livello pristino, posi in vista quanto è sepolto, nudai quelle romane mura di tutta la infezione che le inquina e deturpa. Quest’è la ragione della differenza. Venendo ora alla fronte principale volta a levante, dirò che le torri erano sino ad una certa altezza di grandi massi di puddingo, come trovai in quella a giorno, che ne conserva gli strati inferiori: che poi, sopra la strada di ronda, il puddingo dava luogo a corsi di tufo di molto minor altezza. Il metapirgio od interturrio contenente le tre luci di passata e costituente la parte principale dell’edificio era a terreno rivestito per intiero del bellissimo bardiglio verdognolo di Aimaville, del quale ri- mangono a posto, tra il pavimento e la trabeazione, di molte lastre: anzi, sotto le imposte e nei tre archi della fronte, il bardiglio vi è in costruzione ed in profondità di m. 1,030 (tav. VI Bra): In facciata i due archi minori presentano le imposte (in marmo bianco) solo in profilo, e non hanno archivolti. L'arco maggiore non ha imposta affatto; ma sibbene un largo archivolto, intagliato a foglie, in marmo bianco (tav. VI, fig. A; tav. V, fig. G) e colle tre fascie rastremate in altrettante zone coniche, pratica questa non ignota ai Greci, che fu usata a Tivoli nel tempio di Vesta, a Roma nel teatro di Marcello e nel Colosseo, e la quale aveva sua ragione nel bisogno di sfuggir Vaggetto , appunto per l’assenza d’imposta. Nei due maschi apronsi due nicchie larghe m. 1,83 in fabbrica, alte 3,66, profonde un metro e di forma parallelepipeda ; un cappello, pro- filato soltanto in fronte, le copre in tutta la loro larghezza. Erano senza dubbio rivestite di lastre marmoree per velare il rozzo puddingo, che ora ne forma il campo: epperciò la loro cubatura si doveva ristringere tutt’all intorno, riducendone la luce a quella proporzione di circa uno a 2 4, la quale è voluta dalle nicchie. Forse le statue vi effigiavano due divinità maggiori, come nella porta di Rimini vi sono teste di Giove e di Minerva, e già gli Etruschi ne avevano scolpite a Volterra ed a Falleri: forse vi erano quelle di Augusto e del padre suo il divo Cesare. Ad altezza di 35 piedi romani dal suolo (m. 10,296) corre una fascia di bardiglio alta un piede: sovr'essa posa in quindici grandi lastre di marmo bianco un fregio lungo quanto l’interturrio , alto piedi romani 2% f 148 LE ANTICHITÀ DI AOSTA (m. 0,732). Era quello il luogo per l'iscrizione, luogo appositamente lasciato in tutte le antiche porte di città, quasi sempre ottimamente con- | | | servato, ma pure quasi sempre senza epigrafe alcuna. Esiste l'iscrizione | nelle porte di Fano e di Verona, esiste nelle barbariche porte Onoriane | di Roma, ma il più delle volte, qualunque ne sia stata la causa, essa | | non vi fu posta mai: al modo stesso che manca nella porta d'Aosta, AT manca pure in quelle di Torino, di Nimes, di Autun, di Treveri. Errava quindi il Cav. Canina quando scriveva che esisteva ad Aosta su quella \ fascia l'iscrizione dimostrante avere Augusto fatte le porte e le mura della città (1). Porta codesta fascia una ricchissima cornice corintia di | | marmo bianco ornata nelle sue sagome di foglie, ovoli, intacchi e poi 11 foglie d'acanto frammiste a foglie d’acqua, e poi ancora dentelli e mo- | à diglioni rivestiti di campanelle, sicché pià lodevole sarebbe se meno ornata | fosse e meno sfarzosa e minuta : è alta un piede e cinque digiti, sporge | un piede e due digiti (tav. VI, fig. E, F). Singolarissima poi ed affatto i nuova nella romana architettura, per quanto io conosca, si è l'enorme \ ag corona in bardiglio impostata sulla cornice corintia e con essa rappre- | sentata nelle tavole. Desiniente in listello e goletta, affatto liscio presentasi iL il suo profilo a modo di una grandissima S di poca curvatura (2), com- Un posto essendo di quattro piani passanti d’uno in altro per tratti curvi. To non saprei trovarvi altra maggior analogia che nei Becchi di civetta coprenti i sepolcri etruschi di Castel d’Asso nella maremma Viterbese e nei modiglioni del ponte d'Augusto a Rimini, qualora fossero a disteso z senza soluzione di continuità. Il masso nel quale è scolpito il Sigma o a alto 0,567, e sporge dal muro sottostante 0,631 : come di bardiglio è assai faldoso e si ruppe a strati, cosicchè un solo masso ora se ne conserva intiero alla destra. Di un coronamento così inusato duplice era lo scopo; militare l’uno, per riporvi sassi ed altre materie da essere gittate abbasso ed instarvi come da piombatoia perpetua: estetico l’altro, affinchè la mole sua ed il vivo aggetto degnamente coronasse la fabbrica inferiore, sanando quanto di troppo esile vi fosse nella cornice corintia. Quanto alla pianta delle gallerie dird, che sulla fronte principale tutto è distrutto salvo i muri che fiancheggiano la finestra centrale , dove (1) Archit. antica. Sez. III. Parte II. pag. 46 (2) Appunto dell'analogia della forma i moderni scalpellini greci dell’Arcipelago chiamano Sigma una sagoma come questa, che noi diciamo Gola rovescia. PER C. PROMIS 149 non appariscono letti di scapi, perché vi erano addossati e di marmo; al muro antico e finestrato fu sostituita ne’ tempi bassi una muraglia con informi feritoie, la quale da architetti e prospettici è perpetuamente scambiata per antica. All'angolo nord-est della torre meridionale si hanno al piano della galleria avanzi di una finestra (tav. V, fig. B), praticatavi non tanto per dar luce alla prima contignazione della torre, quanto per ferire di fianco gli aggressori già entrati nel cortile d'armi. Della torre meridionale segnai in fronte i pochi corsi inferiori di puddingo, che mi fu dato mettere a scoperto nello scavo: quella settentrionale è tutta del medio evo, e ciò malgrado I’ ho disegnata intiera , avendola trovata sorgere esattamente sulle antiche fondazioni; essa è costrutta di massi paral- lelepipedi disegualmente alti e di scarsa cubatura, siccome quelli che vennero così ridotti dai massi vetusti, che grave danno patito avevano in un qualche incendio, com’ è facilmente visibile. Livellando congiunsi il piano della galleria colla strada di ronda dell’attiguo muro urbano, del quale avanza in quel luogo il cordone necessario a stabilirne l'altezza. $ 3. Cortile d'armi. Tav. V, VI, VIL Il corüle d'armi (che non ha fuorché pochi saggi o tentativi nell'an- tichissima Grecia, poi nell’età de’ Cesari due analoghi esempi, ma d'assai inferiori, in Pompei ed in Treveri) e cinto in Aosta pei quattro lati da muri, le orientazioni de quali sono necessariamente inverse delle esterne. Nelle unite tavole di elevazioni ho rappresentato i lati orientale ed oc- cidentale, come quelli che contengono le tre passate, nonché, nel secondo, un avanzo della galleria superiore fornito di un intercolonnio avente la finestra sull'asse del sottoposto arcone, di due altri murati e di quattro letti verticali di colonnette impostate già sopra quattro fascie laterizie e tufacee ; rappresentai altresì il lato volto contro settentrione, sì pei pochi massi che ancora abbasso conservansi di sua primitiva struttura, sì pei cospicui avanzi che in alto vi si notano della galleria ; tralasciai la faccia contro giorno, posando bensì sulle antiche fondamenta, ma essendo per intiero ricostrutta nel medio evo e cogli antichi puddinghi ridotti a piccoli massi e fazzonati alla nuova opera in seguito all incendio che ne’ tempi bassi distrusse già l’unita torre a notte € del quale accennai dianzi. 150 LE ANTICHITÀ DI AOSTA Notasi nelle due fronti pervie una struttura d'opera quadrata con giunti e posamenti diligentissimi, ma con anomalie affatto singolari. nei tagli, anomalie delle quali qualche vestigio si osserva ancora nella fab- brica del Colosseo costrutta circa l'anno 80 dell éra volgare, e che hanno origine dalla vetustissima consuetudine d' inserire faccie rettangolari a quadrilateri d’ogni specie nell’opera che dicesi quadrata. Un arcone che pei tre cunei inferiori a destra ha la linea estradossale non sul semicircolo esterno, ma sulla tangente; cunei congiunti a guisa di T coi corsì oriz- zontali , come assai più tardi fu fatto per sistema nel sepolero di Teodorico a Ravenna ; filari di diversissime altezze e talvolta due di essi ricorrenti con un solo; i giunti orizzontali sovente discontinui ed entranti per breve intacco nel corso superiore od inferiore; una porta minore con curva estradossale di due raggi diversi. Fra tante singolarità di costru- zione merita cenno speciale l'uso repubblicano ed ancor allora vigente d'inchiudere i cunei fra due cilindri concentrici e la bizzarria di aver fatti grezzi i fianchi de’ pilastri delle porte minori sotto le imposte, mentre furono spianate tutte le faccie che per la loro situazione non potevano dar fastidio ai passanti. La costruzione nel cortile d'armi era tutta di puddingo, in altezza di m. 10,080 a partire dal substrato di emplecton, e di m. 9,410 dal suolo del pavimento antico che perfettamente si rin- traccia nelle soglie delle porte minori ‘ancora tutte esistenti. Sopra il puddingo ricorre tutt'allingiro una fascia laterizia alta m. 0,569 di grandi e sottili mattoni ottimamente cementati: sovr'essa un'altra fascia alta 0,573, distinta in tre corsi di parallelepipedi di tufo calcare: quindi altra fascia laterizia di 0,392 : e finalmente una quarta fascia di paral- lelepipedi di tufo in due filari soli ed alta 0,452 (1). Questi avanzi sono visibilissimi nella faccia occidentale del cortile d’armi sopra l’arco maggiore: altri ne esistono sopra la faccia contro notte, ma coperti d’ intonaco. La superiore galleria di difesa ha i suot ruderi sui muri occidentale e settentrionale del cortile d'armi in bellissima struttura di emplecton, rivestito di piccoli parallelepipedi di tufo. Nella detta faccia occidentale rimane la luce mediana larga 0,995 (piedi romani 3; digiti 6), pero senza volto ; a destra e sinistra ha due intercolonni murati in costruzione, (1) Una serie affatto eguale di fascie, peró sopra muro non di puddingo ma di tufo, vedesi nella porta Decumana ora di Savoia, e n° è l'unico avanzo. PER C. PROMIS 151 locché significa che quegľ intercolonni alternavansi in pieni e finestrati ; sopravanzano altresì le traccie o letti verticali lasciativi dalle quattro colonne, le quali furono ad arte demolite per involarne i materiali. Presso l'angolo nord-ovest del muro a notte rimane altro avanzo pregevolissimo , ed al quale debbo di aver potuto restituire con certezza I’ intiera galleria; consta di una finestra arcuata e col volto esistente, larga 0,890 (piedi romani 3), alta 2,112 (piedi romani 7 e digiti 2), con parapetto alto 0,762 (piedi romani 2, digiti 7). Qui pure all’intercolonnio finestrato succede quello pieno , e si ha la traccia di un letto verticale di scapo demolito : avendo perd osservato un cilindro saliente intonacato ed imbiancato, lo nudai ed ebbi la ventura di trovarvi a posto e perfettamente conservato il solo fusto che ancor ne rimanga fra i ventotto che decoravano im giro la galleria verso il cortile d'armi, cioè ventiquattro sporgenti per due terzi e quattro posti negli angoli, come dimostra la fig. B della tav. V. Posavano queste colonne sopra dadi di tufo, che tenevano luogo di basi, appunto come negli avanzi dell'ordine superiore nella porta piü antica di Verona ; eran costrutte di piccoli parallelepipedi di tufo ricor- renti colle identiche strutture laterali e piane : il loro diametro all'imoscapo è di 0,400 (piedi romani 1, digiti 5 ‘/.). Al dado in funzione di base, alto 0,240, aggiungendo il fusto di m. 3,104 ed il capitello che ‘arriva a 0,400, si ha Valtezza assoluta della colonna in m. 3,744, cioè piedi romani 12 */; In rapporto modulare la colonna numerava diametri 9 ‘/; : e siccome nei piccoli ordini delle gallerie delle porte i Romani prediligevano il corintio (quantunque non rifiutassero le altre maniere come la dorica a Torino e la ionica ad Autun), e corintie sono qui tanto nel cortile d’armi quanto in facciata le proporzioni degli scapi, ne deduco che corintia era pure in Aosta, avvegnachè con capitelli di appena un diametro ed */,. Della trabeazione sopracorrente e del parapetto merlato non rimangono traccie, ma per la prima io ne tolsi le proporzioni da quelle di Torino, di Autun, di Verona: per il parapetto ed i merli se n° hanno bellissimi esempi a Pompei. Rimane eziandio conservatissima la porta che dalla torre a giorno metteva alla galleria in facciata ; è arcuata , alta piedi romani 9, digiti 8 , larga piedi romani 3, digiti 9: è spalleggiata da un muro di parallele- pipedi di tufo connettentisi con altro muro di quell'opus incertum , il quale già frequentissimo nella etd repubblicana , appunto in quella di Augusto cessó per dar luogo all'elegante opus reticulatum ; gli avanzi 8 8 5 38 152 LE ANTICHITÀ DI AOSTA dell'opera incerta fuori di Roma e dell’Italia inferiore sono oltremodo rari. È ancor da notare come questa porta, anzichè esser locata sull’asse della galleria, sia trasportata verso levante: la causa però di quest'ap- parente anomalia si fa chiara a chi consideri che ciò fu fatto onde lasciar libero il tragitto ai presidiarii, che per la via retta sarebbero capitati nei fessi delle saracinesche aprentisi a fiore di quel pavimento (tav. V, B; tav. VI, B). Finalmente lo stesso muro contiene uno spigolo della fine- strella aperta nel fianco settentrionale della gran torre a giorno collo scopo di prendere di fianco il nemico, che aggredisse la porta ; e poichè con- serva ancora due cunei del volto e l'altezza del davanzale all imposta si è di m. 1,628 come in quella del cortile d'armi, ne argomento che era arcuata e delle misure stesse di quest'ultime. $ 4. Restituzione della Porta Pretoria. Tav. VII. La mole grandissima nonché la maschia bellezza della porta d'Aosta, m indussero a darne non solo i ristauri delle piante, ma a restituirne eziandio nella apposita tav. VII la fronte e la sezione, colle reliquie copiose. a terreno , scarse al primo ordine ma strettamente sufficienti , ricomponendo qua e là quanto vi manca: null’altro imaginando fuorchè la trabeazione e la merlata suprema, l'una e laltra non certe in loro altezze , indubitate però in loro andamento orizzontale. E tanto più vo- lentieri intrapresi la restituzione di codesto edificio, che trattavasi di una porta, cioè di quella specie di romani monumenti pressochè nulla studiati neppure al giorno d’oggi (come lo provano le poche ed infelicis- sime loro restituzioni), ma dagli antichi tenuti in gran conto perchè congiungenti la civile colla militare architettura , dotati di carattere distinto e specialissimo, ed apprezzati a segno, che molte porte furono da essi perpetuate in medaglie. Sin dalla seconda metà del secolo decimo- settimo ne aveva Pietro Gioffredo tentato un ristauro (1): ma oltre che quel dotto uomo non aveva notizia alcuna di antiche fabbriche, la critica architettonica, che sola procede infallibile, non era a que tempi nata ancora; quindi quel suo disegno riuscì così informe, così lontano (1) Theatrum Pedemont. Amsterdam. 1682. Val. I. p. 47. PER C. PROMIS 153 dal vero da non potersene ricavare altre idee che fallacissime ; parla di due torri, ne disegna una sola: mette qua e là paraste che non vi furon mai e con capitelli compositi che non vi sono, nè alla prima età d'Augusto usavano ancora ; trova l’antico pavimento meglio che due metri sotto la vera sua giacitura ; scambia per antiche le balestriere e le inferriate del medio evo, e tuttociò conferma collo scriver quote che non vi furon mai. Dal Gioffredo trasse il ristauro della porta d'Aosta il moderno storico della vetusta architettura, ai di lui errori molti altri aggiungendone di nuovi. Nell'antica fortificazione difensiva erano principal cosa le opere delle porte, e poichè le armi ed i metodi d’attacco duravano gli stessi, il sistema fu dai Romani migliorato, ma cangiato non lo potè essere. Il tipo delle porte urbane militari romane è adunque quello stesso che rude si presenta nelle porte antichissime greche ed italiche: volge quindi a maggior regolarità e bellezza nelle etrusche, fra le quali in quelle di Perugia comincia a notarsi una superiore galleria difensiva con aperture tra paraste striate, che i moderni scambiarono per metope e triglifi. Questulümo tipo adottato dai Romani, ne fu poscia portato a tutta quella perfezione della quale esso fosse capace; le gallerie tal fiata le fecero semplici, tal altra le duplicarono e persino triplicarono , sempre con corona merlata. La porta d'Aosta fatta di getto in spazio libero e sgombro ai tempi della maggior potenza romana, vinse ogni altra per bontà di combinazione e di struttura, per mole, per carattere. La facciata ristaurata non ha a pian terreno nulla che non sia pro- seguito dai ben conservati avanzi: della fronte delle torri è certa la pianta e la struttura ; l'iscrizione, come notammo, non vi fu mai. In alto non v'è più altro che poche reliquie della trabeazione inferiore, con due muri fiancheggianti una finestra, ma il muro eguale, parallelo ed interno dà una serie di nove intercolonni fra dieci fusti (due dei quali angolari ) e contenenti cinque finestre; ora, gli assi icnografici degl’intercolonni pro- seguiti in pianta producono in fronte esattamente altrettanti assi di finestre ossiano di archetti compresi fra dieci colonne : la luce delle finestre in pianta è nota da quella retrostante : l'altezza la conobbi dalla fortunata scoperta di uno stipite in marmo bianco, largo 0,375, alto 2,286, il quale stava, allorquando lo misurai, presso al fosso della strada pro- vinciale, nè cercatone altre volte più lo rividi; alla quale altezza aggiun- gendo un raggio di luce cresciuto del giro dell’archivolto, ne risultava 55 Ser II. Tom. XXI. 20 ar 154 LE ANTICHITÀ DI AOSTA un tutto di circa m. 3,100. Cid malgrado io non aveva ancora certezza che quello stipite fosse veramente uno de’cardinali delle finestre in fac- ciata, e stava dubbioso allorquando portatomi a disegnare le anticaglie tornate in luce dalla demolizione fatta nel 1837 del jubé della cattedrale, vi trovai una tavola di bardiglio (tav. V, fig. H), dalla quale staccasi per due terzi una colonnetta alta in suo fusto m. 2,953 e lasciante abbasso un vuoto di 0,146 per ricevere un dado in ufficio di base: i diametri suoi all'imo ed al sommo scapo sono di 0,361 e 0,312: larga la lastra 0,640, grossa 0,100 appunto come lo stipite anzidetto. Questa scoperta mi tolse ogni dubbio, avendovi tosto ravvisato una delle colonnette addossate in fronte alla galleria della porta. E poichè dai ruderi io ne conosceva le mezzerie di m. 2,360, deducendone la lastra più due stipiti (0,640 + 0,375X 2 = 1,390) rimase 0,970 per la luce in pianta. È vero che codesta luce sottosta di 25 millimetri alla retrostante ed esistente, ma ciò è nuova conferma del sovr esposto , avanzando così le necessarie battute del marmo sopra il muro in millimetri 12 Y da ogni banda. Questo fusto essendo alto in uno colla base (mancante ma di sicura altezza) diametri 8 $/ è nella ragione corintia, e richiede un capitello alto circa diametri 1 ‘lo, riuscendo il tutto a dieci diametri. Codesta galleria nelle romane porte era coperta in finestre per la difesa piombante e di tratto, frammezzata da colonne o da paraste tal fiata doriche (come a Torino), più sovente corintie (come a Fano, ad Autun, a Verona ed anche a Treveri, avvegnachè i capitelli non vi siano intagliati ): in ciò consistendo il suo tipo perpetuo, e nell’essere le fi- nestre sempre arcuate, le mezzerie, se non eguali, sempre almeno simili. In somma il principio difensivo essendo costante , traducevasi in fabbrica in modo immutato e perenne, e la decorazione ne rim pure. aneva stabile essa E poichè il ristauro da me esibito della porta d’Aosta è dedotto dai tanti suoi ruderi rischiarati e confermati da quelli delle porte tutte erette a modo militare nelle città d’ Italia, Francia e Germania durante l’epoca imperiale (tralasciando quella di Rimini foggiata a modo d'arco di trionfo (1), quella di Spello nell’ Umbria a tre passate , ed affatto mancante del piano superiore (2), quella magnifica detta Au rea a Ravenna a due passate (1) Nardi. Descrizione dell'arco ecc. di Rimini. 1813. tav. 1 a 6. (2) Serlio, I} terzo libro delle antiquità, 1551. f.o 71, $ | PER C. PROMIS 155 senza gallerie, distrutta nell’anno 1583 (1)), siccome questa parte della romana architettura civile e militare è pochissimo studiata, dirò che i documenti confortanti la mia restituzione io li trassi dalla porta che avanza in Torino dell’età di Augusto con due passate pei pedoni e due pei legni (2), e doppio ordine di gallerie: da quella di Fano (avente piucchè altra grandissima analogia nella fronte colla nostra di Aosta) con una gal- leria, una passata maggiore, due minori, ed opera essa pure d'Augusto (3): da quella di Nimes con due passate pe’ carri ed altrettante pei pedoni ed una galleria, edificato il tutto nel primo secolo (4): da quelle di Arroux e di S. André a Autun con due passate maggiori e centrali fian- cheggiate da due minori e ‘con galleria in alto corintia nella prima, ionica nella seconda, ambedue del primo secolo (5): da quella di Pompei con tre passate e la centrale pei legni, e di più il cortile d’armi, però di meschinissima struttura (6): dalle due veronesi detta Puna de’ Borsari con due passate pe’ carri e due gallerie (tutti e tre i piani essendo de- corati di colonne e di paraste corintie), opera della prima metà del terzo secolo: e quella chiamata dei Leoni, geminata anch'essa, ma colla sin- golarità di contare due edifici simili, ma distinti, addossati e quasi com- penetrantisi ; quello coperto è di età più antica, fatto con iscopo militare a due ordini di gallerie doriche ; l'anteriore è un misto di varie maniere e cose imilate da più edifici, ma essendo stato fabbricato solamente ad usi civili, ritiene bensì un qualche carattere militare nell'aspetto , ma nulla che ne rende possibile la difesa armata (7); e finalmente da quella di Treveri, la quale conta due grandi passate sole, due ordini corintii per le due gallerie sovrappostevi con un terzo ordine simile e sovreminente (1) Pirro Ligorio. XIX libri delle antichità. Vol. R. ms. degli Arehivi di Torino. Non era porta mili- lare, ma si (atteso il sito della città) di mera decorazione, epperciò la galleria superiore non vi fu mai. (2) Si può dire inedita, tanto sono inesalti i disegni che ne vanno attorno si geometrici che prospettici, sino ad omettervi sempre le due laterali porte minori. (3) Mancini. Arco di Augusto in Fano. 1826. tav. 7. — Poletti. Ragionamento id. 1897, con tavola. — Colucci. Antichità Picene. Tom. IX. (4) Laborde. Monumens de la France. Partie I. — Anche Legrand, quindi Leonzio Reynaud nel suo recente e bel Corso d’architettura, danno la porta di Nîmes; essa peraltro non può stare a paro con quelle che rimangono in Francia. (5) Laborde, 1. cit. , tav. 39, 33, 68. — Montfaucon. Antiquité expliquée. Tom. INI. parte L cap. 3.2 (6) Mazois. Ruines de Pompei (1824). Vol. I. tav. 3, 11554192; (7) Maffei. Verona illustrata. Cap. 9. — Museum Veronense. 193. — Serlio. 135, 141. — Zagata. Cronica di Verona. p. 199. — Da Persico. Descrizione di Verona. Tav. 5 e 13. — Malgrado il tanto che se n'e scritto le porte veronesi si possono dire inedite e non illustrate. 156 LE ANTICHITÀ DI AOSTA nelle torri: dallo stile si palesa fatta circa i tempi di Diocleziano (1). Le porte di Roma erette secondo le iscrizioni da Arcadio ed Onorio nell’anno 402 sono pochissima cosa: esistono la Salaria, la Chiusa, la Tiburtina, la Prenestina, Latina, Appia, Ostiense con una sola apertura ed una meschina galleria con fenestrelle: la porta Asinaria, men povera delle altre, ha due ordini di gallerie. A que’ tempi di rapidissima decadenza già era spenta la stessa architettura militare, di tutte la più necessaria e duratura, e che non muta se non dopo mutata l'offensiva. CAPO VIII. Magazzino militare, Templi in esso contenuti e lato meridionale del Foro. Tav. VIII, IX. Di grande importanza 6 l'edificio rettangolare a ponente della cat- tedrale, lungo da mattino a sera m. 86,81, e da giorno a notte m. 89,80: dalle quali misure vedesi come fosse intenzione di farlo quadrato e di 300 piedi romani di lato. Codesto edificio è cinto per tre lati (ponente, tramontana e levante) da doppia corsia fra robusti muri trammezzati da una serie di pilastri di grandi saldezze di tufo calcare, portanti archi scemi, essi pure in tufo, sui quali posano due volte cilindriche di getto. Gli archi sono ventitre per ciascuno de'due lati maggiori, e ventuno lungo il lato minore: le corsie sono larghe m. 3,569 (piedi romani 12): la luce degli archi in pianta à di m. 2,350 (piedi romani 8). Le popolari tradizioni, fallaci quando furono tardamente originate, ma che hanno molto di vero quando provengono dalla prima fonte, non si allontanarono guari dall’antica denominazione, chiamando codesta fabbrica /e Marché des Romains, con appellazione non esattissima, ma che pure non troppo si scosta dalla realtà (2). Qui mi sia lecito di porre di nuovo sott'occhio come essenzialmente militare stata fosse la fondazione di questa città: epperciò vi doveva ri- siedere un numeroso presidio di coloni fra popolazioni mal sicure e col (1) Laborde. I. Partie, in fine. — Otto. Geschichte der Deutschen Baukunst etc. 1861. p. 20. (2) Vedasi la nota 6 a pag. 199 del capo VI. PER C. PROMIS 15” presidio sl'indispensabili magazzini d'armi e singolarmente di vettovaglie in regione che, non pingue al giorno d'oggi, era allora imboschita e sterile. L'edificio nostro non era peró un mercato ma sì un magazzino di viveri e specialmente di biade, un Zorreum come parecchi ve n'erano in Roma per le pubbliche largizioni, parecchi nelle provincie di frontiera , duno de quali a Treveri se ne ha la memoria, e fors anche qualche ru- dere (1). Che fosse un Horreum me ne persuade non tanto la sua pianta quanto il fatto espresso nella livellazione rappresentata alla tav. IX, per la quale trovai come il suo pavimento sottostasse di m. 2,043 (piedi ro- mani 7) al piantato, sul quale sollevavasi il tempio centrale, di cui diró in séguito, ed a tutta l'altezza perimetrale interna. E siccome l'uomo , grazie alla sua altezza, troppo difficilmente può riporre o togliere oggetti oltre ad un'altezza di due metri, ne segue che le cose accumulatevi trovavansi affatto sotto al suolo esterno, epperciò sotto le finestrelle , delle quali, o frontali fossero od angolari, se ne ha un compiuto studio nelle figure E, F, G della tav. VIII. Simili, nella loro partizione , ai magazzini, erano gli Ergastoli, i Criptiportici, gli Eliocamini: cosi nel Criptoportico di Tivoli (costrutto coll'opus incertum, epperciò degli ultimi anni della repubblica), dove son feritoie o finestrelle a due metri dal pavimento interno, pilastri architravati in piano e due corsie: esso però non è lungo che m. 86,88, mentre nel magazzino d'Aosta la linea svi- luppata dei pilastri arriva a m. 240,35; anche gli Eliocamini avevano pianta a questa similissima , come può vedersi nella villa Adriana: ana- loga era pure la pianta degli Ergastoli; nei frammenti Capitolini dell’antica pianta di Roma sono segnati gli Zorrea Lolliana e Candelaria , disposti come il magazzino d'Aosta, e parecchi ne mentovano i regionari. Si entrava nelle corsie per due grandi porte simmetricamente collocate nei lati interni: le loro spalle, come pure Parco, dovevano essere di massi quadrati, e tale effigiai la porta che presentasi nella tav. IX, nella quale vedesi che tutti i massi che già ne costituivano il perimetro , ne furono con molta fatica divelti nei tempi bassi, esistendo peró ancora la mu- ratura a scaglia circondante l'opera quadrata. Riunendo in uno gli ergastoli ed i granai, Columella dà precetti applicabili anche all’edificio nostro (2): granaria. . . . modicis fenestellis, aquilonibus inspirentur. . . . Ergastulum, (1) Hadriani Valesii, Notitia Galliae antiquae (1675). Stava nel monastero di S. Maria‘ad Horreum. (2) De Re Rustica. I. 6. Le avvertenze suggerite da Plinio (XVIII. 73) riflettono il modo di conservare i grani anzichè la costruzione de’ granai. 158 LE ANTICHITÀ DI AOSTA plurimis idque angustis illustratum fenestris, atque a terra sic editis, ne manu contingi possint ; lasciando l'orientazione boreale, impossibile nel caso nostro senza scompigliare tutta la distribuzione urbana, gli altri precetti vi furono diligentemente seguiti. Il pavimento delle corsie era orizzontale, ma più basso di m. 2,043 di quello del cortile: orizzontale era pure la platea sulla quale si ergeva il tempio maggiore con quella dei due templi minori: tutti questi piani orizzontali esistendo in parte ancora a diverse altezze, ho potuto coordinarli e ricavarne il rapporto tra essi per mezzo di piani inclinati scendenti dall’area centrale con lieve pendio e con facile scolo delle ‘acque piovane. Queste posizioni dei vari piani rispondono con tutta esattezza alla livellazione urbana stabilita sul prin- cipio che minima fosse I’ inclinazione da sera a mattino, assai maggiore quélla da notte a giorno, come vuole la falda naturalmente declive dal monte alla Dora, e dall'alta valle al Buthier. Da questa livellazione ri- sulta adunque, che la via Superiore ovest-est e ra più alta dell’ inferiore, o meglio del lastrico esterno, di m. 2,043: la distanza tra esse due essendo di m. 93,347 si aveva la comoda salita di 0,0216 per 1,0000 nel senso sud-nord. Che poi lateralmente fosse il magazzino cinto da due vie si fa chiaro dall’esservi il muro che lo fiancheggia affatto pieno, mentre le finestrelle sono tutte interne, Anteriormente, cioè lungo il lato volto a mezzogiorno, il magazzino era cinto soltanto da un muro ; del quale offro ur figura D in uno colla sua sezione in E a destra: saldezze di tufo calcare bianco delle alpi, € sopra da due lastre a mo' di cordoni. cantina è di eccellente conserva che sovr’ esso s n bellissimo saggio alla era composto di grandi e cinto orizzontalmente sotto Questo tratto visibile in una zione, essendo solamente cimato del muro 'innalzava e che doveva essere laterizio o di scaglie : lo supposi instaurato nella maggior sezione in A della tav. IX, ed era muro comune ad un tempo dell'Zorreum e del portico che lo e precedeva, e del quale dirò in seguito. Anteriormente al magazzino, ossia lungo la fr muro si vedono nelle cantine perfettamente a lastre marmoree (delle quali la pianta offr pavimento il quale va a par fiancheggiava onte meridionale di questo posto e ben conservate parecchie e due tratti) formanti un antico o col pavimento perimetrale interno del ma- gazzino. Popolarmente lo chiamano luogo di ragione. À sinistra trovasi |’ inferiore del lastrico anzide bagni, ma senza causa nè avanzo di una fondazione desiniente sulla faccia a tto : la sua distanza dal muro cingente |’ Horreum PER C. PROMIS 159 è di m. 3,39, è di scaglie, e la sua larghezza è di circa 0,80. L'andamento di questa fondazione parallelo alla via Pretoria (vedi tav. III), la sua distanza dal muro cingente il magazzino, eguale ad una consueta larghezza di portico antico, mi suggerì il pensiero che fosse la sostruzione delle colonne cingenti il Foro. Fui confermato in questo parere dal fatto che i Fori occupavano sempre il centro delle città ogniqualvolta non fossero marittime (1). Non è più possibile di conoscere la proporzione degl'in- tercolonni, dei quali nulla più esiste, ma le ragioni per le quali Vitruvio consigliava (2) di farli spaziosi e di mettervi in alto delle logge (perchè in Italia per antica costumanza davansi al popolo nel Foro i giuochi gladiatorii), queste ragioni non han qui luogo, perché la città fondata e compiuta in tempi di grandissima civiltà , ebbe ad un tratto distribuiti gli spazi per tutti gli edifici pubblici e privati, e proverò a luogo che i gladiatori combatterono sin da principio nell’anfiteatro coevo alla colonia dedotta. Debbo alla gentilezza del Cav. Canonico Gal la notizia di una carta dell’anno 1043 (3), colla quale due coniugi cedono un fondo cum aedificio desuper quod est infra civitatem.....fines totius de I. parte..... . de duabus vie in foro andientes etc. La carta m'indicava che in Aosta a mezzo il secolo XI od esisteva il Foro od almeno se ne conservava il nome; che fosse addossato al lato meridionale del magazzino militare lo rende probabile l'avanzo anzidetto di fondazione del portico circondante il Foro. Vi si aggiunga la gran quantità di rocchi di colonne ivi rinve- nute, benché malconcie all'eccesso : si aggiungano i residui del lastrico, segnali in pianta in ben due luoghi, e si vedrà come la collocazione del Foro in quella regione acquisti un grado di probabilità che si avvicina a certezza. Non è però che al portico del Foro abbia appartenuto la co- lonna in H spettante ad un fusto sporgente per due terzi e parte della decorazione di un tempio pseudoperittero , del quale non ho altra notizia: essa fu trovata presso la cattedrale nel 1846. Forse però a quel portico spetta la colonna in K di 0,80 di diametro, cioè eguale alla larghezza della fondazione più volte accennata. Nè mancano altri argomenti desunti dagli scrittori. Vuole Vitruvio (1) Vitruvio, I. 7. (2) V. 1. (3) Archivio della cattedrale d'Aosta. | 160 LE ANTICHITÀ DI AOSTA che, giusta l’usanza italiana, il Foro stia verso il centro della città ; la pianta di questa, restituita (tav. IIT) nelle sue vie e ne’ suoi monumenti ancora esistenti, dà appunto al Foro una ubicazione quasi centrale , ogniqualvolta venga collocato tra il magazzino militare e la via Pretoria. Inoltre vuole l’antico scrittore, che fatte tre parti della lunghezza del Foro, due se ne diano alla larghezza (1): ora, nella pianta della città , esposta alla tav. III, vedesi che dividendo in questa proporzione i metri 130 andanti dal magazzino alla via Pretoria, si hanno m. 86 all'incirca per la larghezza del Foro, e che la misura latitudinale del magazzino , che è di m. 86,81 risponde quasi con perfetta esattezza alla prescrizione Vitruviana, Gli altri edifici che Vitruvio vuole sul Foro (basilica, carcere, erario, curia), nei Fori di Pompei e di Velleia non vi furon mai, toltane la basilica; né qui, per mancanza di spazio, vi potevan essere. Le corsie del magazzino non sono tutte sgombre per modo che se ne possa levar la pianta: ridotte da più secoli ad uso di cantine, in tre luoghi sono colme di terra gettatavi ad arte o formatavisi dai detriti e dalle rovine; portati in pianta questi tratti inaccessibili, trovai che esattamente con- tenevano una serie di pilastri ed archi e feritoie spaziate come le altre, dimodoché il ristauro nulla vi ha d' imaginario. L'area libera, che era come cortile del magazzino, forma un qua- drilatero di m. 67,67 per m. 79,20, vale a dire che è di metri quadrati 5360. Questa vasta superficie fu scompartita in modo che, collocati contro il muro separante il magazzino dal Foro, i due tempietti , fu tirata una parallela al muro anzidetto passante per l'infimo gradino di questi: l'area fu così ridotta quasi ad un quadrato, avente nel mezzo un'altra superficie simile, concentrica , orizzontale , lunga m. 25,13, eguale cioè alla lun- ghezza assoluta del tempio centrale. Di queste varie orizzontalità ed inclinazioni del suolo del cortile ho compiuta certezza , avendovi potuto fare le opportune livellazioni. Dirimpetto alla cattedrale trovasi la casa detta dell'Arcidiaconato , al cui angolo nord-est io notava a fior di terra un informe sagliente roz- zamente rinzaffato, ma che pure colla sua esistenza mi destava dubbio che spettasse probabilmente al nucleo di qualche anticaglia. Avutane gentilmente facoltà dal Canonico utente la casa , cominciai uno scavo che (1) V. 1. Latitudo autem ita faciatur, uti longitudo in tres partes cum divisa fuerit, ex his duae partes ei dentur. | | | PER C. PROMIS 161 mise subito in mostra una bellissima base corintia; di fina pietra calcare, ma così malconcia, incalcinata e pesta; che a fatica potei distinguerne le sagome; scesi tosto più basso allargando lo scavo, è vi trovai lo stilobate, mancante però a tratti; la più leggera conoscenza dantichita era dopo cid sufficiente a dimostrare che base € piedestallo avevano ap- partenuto ad un tempio. Sono queste parti disegnate in complesso nella tav. VIII, e nei particolari alle figure A, B, C della tav. IX. La base, come ho detto, è corintia ed elegantissima , ma guasta per modo che mi fu impossibile di ricavarne le sporgenze dei due tori ed il diametro della parasta , il quale doveva però appressarsi d’assai a m. 0,82: il distacco: suo dalla parete è di 0,34: la base, escluso il listello del- Pimoscapo, è alta 0,464, cioè poco oltre mezzo diametro secondo la costante usanza romana. Parecchi esempi abbiamo di romani templi con stilobate andante per ambo i lati e pel postico , ma siccome io non debbo guari allontanarmi dall'età di Augusto, limiterommi a paragonare questo coi templi dell’evo Augustèo , nella maggior parte de’ quali si nota ché l'altezza dello stilobate sta a quella delle colonne come tre a dieci o poco più; per la qual cosa nel tempio nostro lo stilobate coll'ipobase giungendo a m. 2,803 la colonna doveva essere alta m. 8,20 ad un dipresso, misura rispondente ad un rapporto modulare di venti raggi. Le originali sagome dello stilobate diversificano dalle analoghe nei monumenti antichi d'ogni età: la cimasa (alla quale manca soltanto la goletta suprema) e lo zoccolo entrano, come veramente dovrebbero entrar sempre, in costruzione , mentre il dado è di emplecton foderato di un grosso rivestimento distinto orizzontalmente in sei filari di pietre, de'quali il primo e l'ultimo sono maggiori, minori gli intermedi. La faccia della parasta piomba ad un dipresso sul dado, lasciando che il plinto e l'ipobase apparentemente strapiombino , come si vede nella sezione in B. Le pareti esterne della cella erano rivestite di lastre della stessa fina pietra calcare ; il nucleo dello stilobate è tutto di scaglie ed incamiciato di opera incerta fatta ` con ciottoli della Dora spaccati in due. Il pavimento esterno si sollevava sino a coprire quella fascia che si presenta in C, con opera reticolata composta non già di parallelepipedi a base quadrata, ma con esempio che non vidi mai altrove, di prismi a base triangolare. Un tratto di muro in fondazione, spianato al di fuori, grezzo al di dentro trovasi ancora parallelo alla fronte del tempio ed-a tal distanza da farmi conghietturare con ogni probabilità che avesse già sostenuto il Serie IL Tom. XXI. 21 4 i 162 LE ANTICHITÀ. DI AOSTA volto del sottoscala , nonché l'ultimo gradino della scala. stessa ; difatti essendo lo stilobate alto m. 2,803, supponendovi all'antica le alzate. di 0,165, vi si hanno diciasette alzate con sedici pedate: le quali misure, adattate alla figura A della tav. VIII, diedero, come si può vedere, il risultato. più soddisfacente. Quantunque io non abbia potuto prendere la larghezza della cella e quella del muro ché la ricinge, tuttavia mi vi appressai tanto da indurre che essa fosse di m. 13,20: la qual misura mi dava una fronte esastila, epperció un intercolonnio di due diametri (sedici diametri in fronte, ossia m. 13,12 misura rispondente quasi a capello coi suddetti m. 13,20): l'apertura di due diametri dicevami essere quell’intercolonnio della specie alquanto ristretta, alla quale i Greci applicarono il nome. di sistole, come appellarono diastole quella modicamente larga. I quali vocaboli interpretati da Vitruvio come eufonicamente suonavano alle sue orecchie, furono da lui volti in Systylos e Diastylos per denotare due specie d'in- tercolonni, il primo di due diametri, il secondo di tre (1), mentre realmente non contengono que’ nomi nessun rapporto, né i Greci li udiron mai. Sistole e diastole valevano e valgono stringimento e dilata- zione , ed in tal senso li adoprarono sempre poeti, grammatici ed anatomici assai prima che Vitruvio o guastasse queste voci o già guaste non più le intendesse. Contando in fronte sei fusti, due di paraste; quattro di colonne, il tempio, quanto ad ornamento, era esastilo: i due fusti quadri chiudenti d'ambe le parti il pronao assegnano il tempio, quanto a partizione, alla specie che i Greci dicevano im parastasin ed i Romani in antis, gli uni e gli altri dal nome de fusti rinserranti il pronao; che però questo tempio fosse affatto alla romana ed opera di architetto di tal nazione, lo provan le sagome, lo prova lo stilobate che continuo ricorre per tre lati, cessando solo nell'antico per causa della gradinata. Compii l’area centrale sollevata in modo che riuscisse equidistante dal muro del magazzino ; se contenesse altre, cose oltre il tempio, e quali fossero, non si può dire; io vi posi il piedestallo d’una statua equestre d’Augusto fondatore della colonia. Lungo la faccia settentrionale interna trovansi nelle cantine della casa teologale i ruderi di un piccolo tempietto, li cui, avanzi sono segnati nella tav; IX colle lettere D, E, F; qui evidentemente la aedes. aveva (1) Archit. IL 2, PER C. PROMIS 163 il lato postico comune col muro del magazzino , staccandosene normalmente co’ fianchi ; si hanno solo i ruderi di quello a destra: del sinistro (che pure vi doveva essere) o nulla rimane o non ebbi la sorte di trovarne traccia. Nello spigolo rientrante del pavimento trovai un tratto di canale di sezione semicircolare ed in tufo calcare, il quale manifestamente rac- coglieva le acque del piano inclinato in A e degli spazi fra i due tempietti: i quali spazi deduco che fossero minimamente inclinati al modo rappre- sentato nella tav. IX ; del canale do la sezione e la proiezione orizzontale in C, avvertendo che molti altri tronchi se ne trovarono sparsamente e persino sulla piazza Carlo Alberto. Qui sta un bell’avanzo dello stilobate del tempietto, avente zoccolo e cimasa in costruzione e soltanto il dado impellicciato , secondo la pratica antichissima di volgere in veri legamenti le cornici orizzontali : questo pure, come il tempio di mezzo e come l'Arco, ha lipobase; agli angoli posteriori terminava l'aedes senza paraste, ab- bastanza esistendone onde poterlo asserire (1). Raro sì, ma non singolare è il profilo dello zoccolo e della cimasa, di null'altro formati che di un listellone e di una gran gola rovescia : simili ne sono nello stilobate del tempio creduto di Ercole Saxano a Tivoli (2), “opera degli ultimi anni della repubblica. Nulla più esiste sopra l'ipobase, essendosi pero: trovata in quelle vicinanze e fra quelle macerie una base di puddingo , come tutto lo stilobate e dorico-romana (che i moderni seguendo i cinquecentisti chiamano toscana), la quale perfettamente si addice al piedestallo, io la collocai sovr'esso: vi rinvenni pure parecchi tronchi di colonne eguali in diametro alla base anzidetta. Parlando delle indagini fatte sui monumenti d'Aosta , ho detto che qualcuno tra essi dovette essere stato disegnato sin dal 1494 da Giuliano da S. Gallo e che i suoi studi lasciati in famiglia giovarono poi ad Antonio dello stesso casato : oltre i sovraddotti esempi adduco ancor questo che nel romano portone di S. Spirito Antonio praticò nell'imoscapo la proiezione orizzontale dell'apofice di */,, del diametro, cosa inusata agli antichi, ma che trovo peraltro nel tempietto d'Aosta di circa */,, la quale insolita ampiezza mi dimostra un’ imitazione nata da ispezione oculare. Che questo stilobate fiancheggiasse la cella di un tempietto è cosa indubitata: di esso perció ne ideai un ristauro (esposto mella fig. A della tav. IX), (1) Narra il De Tillet che questi avanzi furono scoperti nel 1735. (2) Presso Serlio. II. pag. 35. | | ana e» 164 LE ANTICHITÀ DI AOSTA accoppiandolo ad altro eguale e richiesto dalla simmetria. La poca altezza dello stilobate dimostra luminosamente che il tempio era piccolo e solo con quattro fusti frontali, vogliasi in'antis, vogliasi prostilo ; la sezione indica come dagli avanzi dello stilobate maggiore e del minore siasi potuto indagarne le celle e determinare la s pecie architettonica dei templi rinchiusi nel cortile deil Horreum. CAPO IX. Teatro. Tav. X. Il teatro d'Aosta sta entro l’area urbana presso il lato orientale delle mura ed a metà tra la via Pretoria e l'anfiteatro: il suo asse capitale va da occidente ad oriente, cosicchè la scena guardava a sera e gli spettatori erano volti a mattino. La sua figura, che è un rettangolo col lato minore, ed occidentale, curvilineo, fu motivata dalle circostanti linee stradali; come tutti gli edifizi vastissimi, destinati però a pubblici giuochi e divertimenti, esso in uno coll’anfiteatro (come fatti ambedue ad un tempo colla città) fu locato nell’angolo nord-est delle mura urbane. Vien detto volgarmente le Palais du Préteur , denominazione sorta dalla vi- cinanza della porta Pretoria, e da remota epoca, attesoché una famiglia de Palatio à ricordata sin dall'anno 1184 (1): che poi veramente la fa- miglia du Palais pigliasse nome da questo edificio lo prova una inedita carta di donazione del 1215, nella quale vengono espressi i confini di una vigna giacente in loco qui dicitur Palatium : Jines pecie terre sunt de prima parte, secunda et tertia via pubblica, de quarta terra de porta Sancti. Ursi (2). E questi sono appunto i confini del teatro, il quale es- sendo di vasta figura quadrilatera poteva e quasi doveva venir circondato dalle vie pubbliche, anzi ne avevano queste delimitata l'area, sicché ne riuscì quel perimetro così singolare. Imperciocchè non giova paragonare la pianta del teatro d’Aosta eretto (1) Mon. Hist, Patriae. Chart. I. 929, (2) Cartario di S. Orso comunicatomi dal Canonico Cav. Gal; e di nuovo alPanño 1267 i» loco qui dicitur Palays. PER C. PROMIS 165 in affatto speciali condizioni di figura con quelle dei teatri greci e romani , pei quali fu scelta un’area libera ove si potesse comodamente impiantare la zona della gran cavea: qui invece le necessità locali astrinsero ad una superficie dante. poco più che una buona distesa di scena, essendovi l N diametralmente compiuti i soli tre primi emicicli, rimanendo a foggia di segmenti i due maggiori. Quindi è che pel complesso della distribu- zione e per esserne la figura non semicircolare come al solito, ma di rettangolo desiniente in segmento, a nessun altro puossi meglio paragonare che ai due teatri greci, l'uno ad Anemurium di Cilicia, l’altro a Pompei (1), ambi di pianta quadrata; tra i Romani poi una speciale corrispondenza di figura tiene questo di Aosta col teatro della nostra Industria, la di cui pianta rettangolare fu data dal Vernazza (2), senza tampoco sospettare 1 cosa rappresentasse. L'anzidetto teatro, minore di Pompei, ristretto in | .figura simile alla nostra, potè avere soltanto la metà inferiore della cavea in emicicli compiuti, e la superiore in segmenti, tanto più scemanti quanto più si approssimano a quello più esteso ed elevato, appunto come, per eguali cagioni, accadde in Aosta. Le gradinate è da credere. che si estendessero dal minor arco sino al penultimo presso il segmento superiore, appunto come vedesi praticato nei due teatri di Pompei, in quello di Ercolano (3), di Tusculo (4), di Boville (5), e generalmente di tutti i consueti teatri antichi delle città di provincia, proporzionati alla locale popolazione e di essa capaci. Lo scavo da me aperto sotto la cavea, nel proscenio e nel postscenio mise in luce parecchi muri (tav. X, fig. A) spettanti a pilastri, deambu- lazioni, cuneazioni e ad un andito presso all’orchestra, i quali sono tinteggiati in nero, mentre la tinta chiara indica le parti di restituzione certa, come quelle che dovevano simmetrizare colle esistenti: le muraglie e colonne in bianco significan le cose delle quali l’esistenza è probabile a tenore degli antichi esempi e delle attestazioni di vetusti scrittori. Di queste adunqne parlerò soltanto , avvertendo che le gradinate si esten- devano probabilmente dal muro semicircolare di minor raggio sino al i (1) Mazois. Ruines de Pompei. IV partie, pl. 28. (2) Accad. delle Scienze di Torino. Vol. XXIII. p. 224. (3) Mazois, l. cit., pl. 31, 35. (4) Canina. Tuscolo antico. tav. 11, 12, 13. (5) Lo misurai io stesso in un coi ruderi di quest’antica città a nove miglia da Roma sulla via Appia. US 166 LE ANTICHITÀ DI AOSTA penultimo, conservante quattro pilastri arcuati, aventi per ambe le parti gli orlicci delle cadute volte anulari a botte; tra il muro verticalmente ergentesi sopra questi pilastri e quello esterno stava la precinzione su- prema a modo di loggia, la quale. poteva essere colonnata. Il proscenio, ossia la scena, poteva essere rettilineo, ma siccome poco spazio vi sarebbe rimasto tra esso ed il muro o podio dell'orchestra, così amai meglio (imitando la scena magnifica del teatro Ercolanense e di quello di Pola) ricavarvi un grande emiciclo adornandolo, come usava, di paraste e nicchie. La platea, dagli antichi detta orchestra, aveva gli accessi simmetrici e per fianco. Usavano i Romani dietro la scena aver portici ed alberate per godere di passaggi coperti e scoperti e per potervi allestire gli ap- parati scenici: post scenam , dice Vitruvio (1), porticus sunt constituendae, uti cum imbres repentini ludos interpellaverint , habeat populus, quo se recipiat in theatro , choragiaque laxamentum habeant ad comparandum. Rade volte era possibile di fare queste due cose nei teatri minori e di città di provincia, ma nei romani di Pompeo (che poté essere veduto da Vitruvio) e di Marcello vi erano, siccome apparisce dai frammenti della pianta Capitolina e Marziale accenna (2). Prolungati tangenzialmente due muri dalla seconda periferia, e ripetutone un parallelo al lato oc- cidentale, ebbi uno spazio inchiuso largo m. 7,200, la qual misura (se- ggi in questo caso un'altezza di colonna e che queste siano alte quindici mo- guendo il precetto Vitruviano che un vano d'intercolonnio pare duli) fornirebbe un modulo di 0,225 con colonne alte m. 3,375 ed altrettanto per ogni deambulazione. Della elevazione esterna, avvegnaché altro non ne rimanga che il lato meridionale (cioè una quarta parte di tutto lo sviluppo), dirò che è ma- ravigliosa ed unica in suo modo, né altro monumento io saprei addurre che cosi vivamente ritragga la maniera maschia, severa, rudemente caratteristica dell'architettura romana allo spirare della. repubblica. Sola può esserle comparata la mole del teatro d'Orange, quantunque. non raggiunga quella d'Aosta per Y imponente grandezza e semplicità colla quale questa accusa l'ufficio d'ogni singola parte; il fianco espresso nella fig. BB, il saggio esterno in E, quello interno in F colla sezione in G, meglio rivelano e pingono ció che le parole mie non giungerebbero ad (1). Lib. V. 9. (2) Epigramm. II. 14. PER C. PROMIS 165 esporre. Il greco e più l'asiatico elemento che largamente introducevansi in Roma imperante Augusto vi arrecarono un non so che di lezioso, ac- cusante una gente ed una ‘età più molle che non quella per cui ed in cui alzavansi le magnifiche sostruzioni stradali : il teatro d'Aosta queste vivamente richiama palesandosi opera di quegli architetti militari romani che dalla Grecia attinto avevano più esteso criterio, ma non posposta la propria all'arte aliena. Furono questi architetti gli Ennii ed i Lucrezi della arte loro. In questo fianco alto quasi ventidue metri (oltre due metri essendosene scoperto per raggiungere il suolo antico), non si nota ancora nessuna influenza dell’arte greca, ma ogni cosa strettamente sottoposta agli usi diversi di accessi o di luci; ampi arconi a terreno con rudi imposte (fig. H): poi finestrelle rettangolari coronate da sagome un po” più ag- graziate (fig. K): poi altre finestrelle oblunghe ed arcuate : quindi una vasta finestra in arco: distinto il muro perimetrale in trentadue spazi, divisi ed afforzati da trentaquattro contrafforti saldissimi di pietra qua- drata, alti quanto l’intiera fabbrica ed adempienti lo stesso ufficio che ne’ romani teatri ed anfiteatri adempirono più tardi le colonne addossate ; ancora è da notarsi la lievissima rastremazione de’ contrafforti, ehe ad essi dà un garbo di colonna, e nelle fronti de’ massi i fori a servigio delle ulivelle. La struttura interna e quella sotterranea sono di scaglie di tufo: quella d'opera quadrata è in puddingo : l incerta, quale usò a Roma sino ad Augusto , qui era fatta con ciottoli spaccati della Dora: vi è finalmente la struttura di piccoli parallelepipedi di tufo calcare, struttura adoprata a Roma sopratutto ne’ tempi bassi sotto nome di opera saracinesca (1), ma che già frequente incontrasi negli edifici degli Antonini. Da quella struttura, grandiosa e pur sempre accuratissima , naturalmente scaturisce il precipuo elemento estetico nudo, severo, veramente romano del teatro d'Aosta. Teatri ed anfiteatri con ordini esterni e senz'essi ab- bondano, ma nessuno, eccetto questo, nel quale sia piaciuto all’architetto di supplire ad essi con questi enormi contrafforti che ne fanno le veci in aspetto, e ne sono tanto più utili in realtà; rendendovi superflue le prosecuzioni orizzontali e perimetrali delle cimase e delle trabeazioni, e con quegli speroni elevati quanto l’edificio preludendo agli ordini che (1) Alcuni ristauri furon fatti a questi anni ai lastroni coprenti il muro perimetrale, e mon- datone il piede dalle brutture che lo deturpavano. Pia T 4 i 4 È \ 168 LE ANTICHITÀ DI AOSTA sovrapposti e ripetuti fasciano in giro teatri ed anfiteatri romani. L’eta sua, dallo stile e dalla struttura è potentemente enunciata siccome coeva a quella della colonia dedotta cioè dei più begli anni dell'impero d'Augusto, cosicchè fra tutti i teatri di epoca conosciuta, il nostro d'Aosta risale agli anni dei romani teatri di Marcello e di Balbo, cede il primato di tempo a quello soltanto di Pompeo, e va innanzi agli altri tutti sotto i Cesari eretti in Europa, Asia ed Africa CAPO X. Anfiteatro. Tav. XI. Dell anfiteatro dirò brevemente, spettando esso a quella specie di romani edifici che sono più frequenti e più conosciuti e caratteristici. I suoi ruderi si veggono nell’angolo nord-est delle mura urbane nel giardino delle suore di S. Catterina (1): l'alzamento del suolo esterno fece sì che vieppiù si avvallasse la superficie dell’arena, della quale più non appare alcun vestigio, rimanendo ruderi non oltre l'ordine terreno, e questi spettanti alla bassa cuneazione della somma cavea, con nove cunei ed otto pilastri: dopo ciò si hanno avanzi dei due muri cingenti l'ambulacro che sosteneva la prima precinzione in uno coll’ invito di alquanti cunei portanti l’infima cavea. Non essendovi alcun rudere del podio , ve lo supposi in contorno semplice, come la tinta chiara segna i ristauri certi e la nera le parti che esistono ancora. Disposi in pianta le scale andanti dal pavimento esterno alla prima precinzione posta sulla volta a botte nella fig. B ; siccome queste scale non dovevan salire che un'altezza pari al raggio della botte aumentato della sua grossezza (cioè m. 1,616 più 0,500, come dimostra la linea punteg- giata di livellazione radente il lastrico tra i pilastri), così bastava ch’esse noverassero tredici alzate di 0,163 , sapendosi che altissimi erano i gradini nelle fabbriche antiche (2); dovevano queste scale essere dodici di (1) Non so come il Canina nella Storia dell’architettura abbia potuto affermare che gli avanzi dell’ anfiteatro sono ora ricoperti dal moderno fabbricato ivi eretto: fatto è che l’area sua intiera è ridotta a cultura per quanto lo permettessero le vetuste muraglie che tuttora vi rimangono, ma fabbricati moderni non vi esistono punto. (2) Nel Colosseo oltrepassano 0,25. PER C. PROMIS 169 numéro, tre per ogni quarto di pianta: cot loro vomitorii sboccare sulla prima précinzioné, di dove gli spettatori raggiungevano facilmente i gra- dini guidanti ai diversi cunei della somma cavea, nonché alla precinzione suprema. Sessanta érano gli archi esterni, necessariamente eguali al numero delle euneazioni; i due assi della curva erano altresì assi di altrettante passate’ (in due discese distinte da un pavimento orizzontale) dall'esterno all'arena; perd allestremità degli assi maggiori stavano speciali ingressi per le pompe de’ giuochi, pareggiando ognuno la somma di tre archi, come ne venni in cliaro da un vasto scavo aperto appunto laddove io ne vedeva la probabilissima esistenza, scavo figurato nella tav. ITI, e che altro non fruttò che la scoperta di un pilastro, il quale mi diede lume a restituire quanto mancava, e singolarmente i maschi isolati ed intermedi portanti le volte de’ due ingressi principali, com'era praticato in tutti gli anfiteatri. Questa zona, ossia ambulacro, quasi tutta prati- cabile ed in piano orizzontale, sito a m. 2,164 sotto la soglia degli archi esterni, aveva luce anzitutto dalle otto passate esistenti nella sua periferia, quindi da dodici porticine che fiancheggiavano tre a tre le passate lungo l’asse maggiore, e finalmente da venti finestre, cinque per ogni quarto di pianta, arcuate, assai ben alte, ed accampanate in modo da presentare al di fuori l'apertura maggiore, e la minore dentro l'ambulacro. Attesa la loro poca area, l'infelice figura ed il nessun uso possibile, i cunei sottoposti all'infima cavea, nonchè il sottopodio , erano oscuri ed inac- cessibili. Lo scavo mi ammaestrò ancora che l'arena poteva forse venir ricolma d’acqua, ma che in essa non vi erano quegli stanzini e quelle buche dalle quali si facevano erompere le fiere, come nei maggiori an- fiteatri dell’epoca de’ Flavii, quali il Colosseo e quello di Capua; per altra parte quest'uso non risale che all'età degli Antonini, ed i combat- timenti navali non erano possibili fuorché entro un'arena tripla o quadrupla di quella d'Aosta. La semplice ispezione della pianta dice chiaramente, che sopra l'ordine terreno altro non vi poteva essere che un muro pieno decorato di paraste, a quel modo appunto che vedesi negli ordini su- periori: degli» anfiteatri.:. il qual muro: dal: lato interño cingeva un am- bulacro coperto, il cui soffitto posava sopra un andare di sessanta colonne architravate in. piano, dovendo risponderne una per ogni fusto addossato in facciata; GT illustratori de’ monumenti antichi ripetono a gara le piante degli x anfiteatri essere sempre. ellittiche : vero è. invece. che. nol. furon: mai, alle Serie Il. Tom. XXI. 22 — a fi { 1,7 LE ANTICHITÀ DI AOSTA ellissi, per ragioni che è inutile di qui riferire, anteponendo sempre gli antichi la curva policentrica, ed io stesso trovai che nel Colosseo gli archi di circolo vi sono otto con. otto centri ed otto punti di concorso collocati a varia distanza de’ centri. Nelle grandissime curve rientranti , come in quella anzidetta, era indispensabile codesta moltiplicità di centri: ma negli anfiteatri di minori dimensioni, come in questo di Aosta, fu trovato che bastavano quattro centri, che fossero ad un tempo altrettanti punti di concorso (1). Non è questanfiteatro né per area, nó per mole guari superiore a quelli che poi si edificarono in quasi tutte le città dell impero eguali o poco inferiori di popolazione: minori d’alquanto erano quelli di Luni, di Tuscolo, di Libarna, di Velleia: maggiori invece di poco o d'assai quasi tutti gli altri sparsi per la romana dizione, cosicchè non vy’ era’ municipio o colonia che non avesse il suo, quantunque ‘al Maffei , per dare maggior grido a quello di sua patria, piacesse ridurre quei d'Italia a tre soli, il Colosseo cioè e quelli di Verona e di Capua (2). Ad ogni modo poi l'anfiteatro d'Aosta se non fu primo per età fra quelli costrutti in muro ed innalzati in epoca certa (imperciocché, ventisette anni prima dell'éra volgare, da Statilio Tauro che fu console con G. Cesare, uno, che è il più antico di tutti, fu edificato in Roma), è ciò non ostante anteriore a quanti esistono, o de quali gli antichi scrittori, od i marmi, o la costruzione ne forniscono qualche lume circa l'età; dico in ispecial modo la costruzione, come quella che per chi rettamente la indaga dice, quanto all’epoca, più e meglio di qualsivoglia marmo litterato. Spiacemi che le induzioni e le prove cronologiche tratte dalla struttura di un edificio, avvegnachè parlino con inarrivabile chiarezza a chi vi sa leggere, tuttavia e per la loro istessa natura, sian tali da non potersi guari comunicare al lettore: gli è come disputare dell’età di una medaglia , di un dipinto, (1) Gli assi essendo di m. 73,86 e m. 86,14 cercando i raggi fu trovato che gli archi cosi de- scritti passavano pei punti rilevati collo squadro. Nel Colosseo l’asse minore ascende a m. 156,40 ed il maggiore a m. 189,98 : il che significa che la superficie icnografica dell'anfiteatro Flavio è di quasi cinque volle maggiore di quello d’Aosta. i (2) Io diedi già a pag. 65 delle Memorie dellantica città di Luni l'elenco di ben cinquantasette anfiteatri, i quali esistono od hanno esistito nella sola penisola Italica, oltre cinque che sono di tutta certezza per analogia, ma non abbastanza accertati da ruderi o da iscrizioni o da antichi scrittori, ai quali ne aggiungo ora due, che sono il piccolo del Tuscolo e quello di Bevagna nell’ Umbria. Son dunque nella sola Italia cinquantanove anfiteatri (e probabilmente sessantaquattro) a me noti: mentre i cataloghi che vanno attorno non ne numerano che sedici. x N PER C. PROMIS 171 di un vetusto documento, per ognuno de’ quali abbondano prove assolute e finali, ma essendo tratte dall intimo del soggetto non possono formolarsi al paro di un assioma scientifico e storico : la costruZione antica insomma è arte e non scienza; il che significa che i suoi canoni impreteribili si sentono anzichè poterli svolgere ed enumerare. Dico adunque che quanto esiste dell’anfiteatro d'Aosta tutto spira l'epoca Augustèa, vogliasi la struttura, la quale vedesi ancora nelle fon- dazioni ed esternamente nell'opus incertum, che con quell'imperatore scomparisce affatto: vogliasi nelle sagome che hanno appunto il carattere e la lavorazione di quelle che i romani architetti militari e viarii, non ancora ammaestrati a scuola greca, misero in opera all’Acqua Vergine ed agli archi delle vie Tiburtina e Prenestina, e delle quali un alito spira ancora nel Colosseo ed in tutti gli anfiteatri che nulla han di greco sì nel complesso sì nelle parti: vogliasi col bugnare scabramente ad arte, vestigio dell’antica fierezza, e che pur vedesi nelle opere pubbliche erette dai Giulii e dai Claudii: vogliasi nella suprema perfezione delle com- messure, quale non fu mai più raggiunta: vogliasi infine nel contorno del- l'estradosso artatamente irregolare onde avesse a riuscire più maschio , ma che in fatto costò assai più fatica e diligenza, e che simile vedesi a Pola ed alla porta Maggiore di Roma; riuscendo in Aosta a costituire un poligono tangente alla curva d'estradosso , concentrica questa alla intradossale, Egual maniera scabra ad arte notavasi pure nei ruderi del romano teatro di Pompeo, ora distrutto, ma che fu circa il 1460 di- segnato da Francesco di Giorgio Martini (e se ne conserva un abbozzo nel codice della biblioteca del Duca di Genova in Torino), dorico e con base, essendone l'ordine inferiore ad intercolonni architravati con co- lonne e pilastri robustamente bugnati ambedue, e notatovi che è tutto di pietre conce parte pulite et parte bozzate. Il teatro di Pompeo risale a circa 55 anni avanti l’èra volgare. 'Si sa che le città del romano impero erano originariamente. assai piccole quasi tutte, sicchè quando più tardi vi si edificarono degli an- fiteatri (i quali per la loro grand’area relativa ingombravano sempre molto spazio) convenne innalzarli nel suburbio; ciò non accadde per Aosta, dove, quando fu dedotta la colonia, tracciate le mura e scompartita l’area urbana, parte di essa limitata a levante e^tramontana dalle mura stesse fu lasciata vacua per l'anfiteatro, come altre aree per altri edifici, della ‘qual cosa la pianta della città alla tay. ITI dà ampia dimostrazione. Questo ar | 1 172 LE ANTICHITÀ DI AOSTA fatto e la costruzione tutta quanta dell'età di Augusto, come per tutti gli edifici d’Aosta, è novella prova che l'anfiteatro risale all'anno 729 di Roma in cui fu dedotta la colonia od a pochi anni dopo, ed è per con- seguenza il più antico fra quanti esistono ovver si sappia che. abbiano esistito, dico di quelli murati, ad eccezione di quello di Statilio Tauro in Roma che al nostro è contemporaneo; quello di Pompei, che il P. Garrucci con ottimi argomenti fa risalire all'anno 747 (1), a questo si potrebbe dire coevo. Nè mi si opponga che Augusto non avrebbe giammai eretto in una colonia alpestre un tanto edificio, il quale ancor mancava alla metropoli. eome ad ogni altra città; imperciocchè, oltre lanfiteatro di Statilio Tauro, primo ad essere murato, sappiamo che il Golosseo stesso fu fatto da Vespasiano laddove trovò aver già Augusto determinato d'innalzarvelo (2): di alcuni di legno e sontuosissimi ne in- formano gli antichi scrittori, come quello di C. Curione (3) eretto circa l’anno 700 di Roma, ed il teatro cinegetico ossia anfiteatro eretto in Roma nel 709 da G. Cesare (4), dai quali fu poi dedotto. con studio e perfe- zionamenti il tipo notissimo degli anfiteatri di fabbrica che più non cangiò. Durava il nostro ancora circa l’anno 1200, ed apparentemente in istato di sufficiente conservazione, perocchè nel citato cartario di S. Orso d’Aosta (5) si ha una donazione di un Pietro dante alcune parti di casa posta iuxta palatium rotundum e se ne delimita l'ubicazione appunto in quella regione : la carta è dell’anno 1235. Il nome allora corrente in Aosta di Palazzo Rotondo rispondeva ad altre ma simili denominazioni. colle quali in altre città chiamavansi gli anfiteatri: in carta di Luni del 1185 leggesi aedificium. quod . circulum. vocatur aut arena (6): in altra dell 850 11 circo di Romolo fuori la porta Appia di Roma è detto locum qui wo- catur girulum (7), ed il Manni dimostrò come in Toscana gli anfiteatri si chiamassero ne’ tempi bassi col nome di Parlagia o Parlascio, perciocchè la loro forma bene si prestava a tenervi parlamento (8). (1) Minervini. Bulleltina archeologico italiano. Anno I. n.° 6. (2) Svetonius in Vespasiano. 9. (3) Plinio XXXVI. 24. 10. " (4) Dione. lib. XLIIL.* (5) Ne devo notizia alla corlesia del Can. Cav. Gal. (6) Dell’antica città di Luni. cap. 4. (7) Galletti. Del Primicerio ecc. p. 186. (8) Notizie istoriche intorno al Parlagio, ovvero Anfiteatro di Firenze. 1746. Vedasi pure Guazzesi Dissertazione intorno agli Anfiteatri degli antichi Toscani, e supplemento a questa nel tomo XX degli opuscoli Calogeriani. Parlagio dicevasi eziandio l'antico teatro di Gubbio nell’Umbria. PER C, PROMIS 178 Due arcuazioni esterne sono rappresentate nella fig. G in uno co’ pilastri e lor colonne addossate: fra i pochi archi rimanenti e che possonsi ve- dere segnati in pianta ho scelto quelli che meglio esprimono il carattere dell’edificio, cioè i più conservati. La fronte è tutta del bel bardiglio verdognolo di Aimaville, lustrato, coi massi ridotti ad arte in grandi e scabre bozze, essendovi peraltro i posamenti e le commessure condotti con suprema esattezza ; vedonsi sparsamente ne massi de’ buchi quadrilateri, ne’ quali cacciavansi le punte de’ forbicioni per sollevarli e collocarli. Qui si presenta una questione da lungo tempo discussa circa la porta Mag- giore di Roma, il creduto vivario di Domiziano , l'anfiteatro di Pola ed altri monumenti, ne’ quali i massi presentano in fronte delle bozze scol- pitevi colla mazza , credendo gli uni esser ciò fatto ad arte, gli altri provenire tal cosa dal non essere state quelle pietre ridotte all'ultimo finimento che la ragione vera stia coi primi lo dimostra ad evidenza codesto anfiteatro nella fig. C. Altro singolare esempio di: costruzione ancor vi si nota, ‘ed è che volendovisi schivare pei singoli massi l'eccessiva spesa dello intagliarvi unita la zona cilindrica appartenente alla colonna, fu per ogni fusto distinta la stessa colonna in cinque pezzi, de’ quali la base, il capitello ed un masso intermedio furono messi in opera ed in tutta struttura, mentre le due rimanenti porzioni del fusto in varia lunghezza vi furono soltanto intromesse, quindi fortemente saldate con due arpioni per ognuna delle loro faccie orizzontali dopo di avere prima perfettamente levigata la superficie di adesione. Le figure C, D dimostrano in qual modo abbia avuto luogo questo collocamento; ma quegli antichi costruttori non avevano divihata o temuta l’opera degli spogliatori , accaduto essendo ne secoli bassi che con leve cacciate dietro i tronchi de’ fusti, si schian- tarono via questi per involarli : e veramente una sola di queste porzioni aderenti è rimasta tra il maschio di mezzo ed il capitello , e vedesi segnata a destra in C. Simile pratica struttoria, unica per quanto io sappia, è espressa nelle sezioni B, D condotte sugli assi di due arcuazioni diverse, dove si vede pure; ché le basi già sporgenti à mo’ di maschio furono anch'esse infrante per modo da non rimanerne più vestigio. Le parti scorniciate le unii a destra colla proiezione orizzontale del capitello , la sua elevazione ed il fianco: dal quale scorgesi eziandio come per non mandare architravi lunghi m. 3,36 sul vuoto tra colonna e co- Jonna con isbalzo di 0,48 abbia pensato il prudente architetto di risaltarli AIR e db 174 LE ANTICHITÀ DI AOSTA per ciascuna colonna, la qual cosa trae seco susseguentemente che risaltata fosse anche la ‘trabeazione, come nel creduto vivario di Domiziano e nell'anfiteatro di Nîmes; l’architrave è spoglio del listello che ne formava il ciglio, ma tanto ne rimane da capire che non vi erano nè goccie nè triglifi, cioè che l'ordine era al solito un dorico romano, ossia ripeteva la maniera Tuscanica, dalla quale fu generata quella che i Romani pre- dilessero in lor fabbriche, come si può vedere nel sepolero di C. Poblicio Bibulo, quindi giù scendendo a tanti edifici ed a tutti gli anfiteatri e teatri edificati sotto l' impero, non perduta ne’ secoli bassi, risorta coi quattrocentisti, e che i moderni appellarono toscana e dorico-romana. Il perfetto taglio del capitello. in uno colle rozze sagomature lo rendono assai simile a quelli degli anfiteatri, delle passate stradali attraverso acquedotti , dei vivarii di fiere e di altrettali romani edifici, nei corni- ciamenti dei quali non entrava nessun elemento greco; le modanature non vi sono affastellate come alla romana porta Tiburtina, opera di Augusto, assai più appressandosi ai capitelli dorico-romani del Colosseo e di tutti gli altri anfiteatri (1). L'imposta formata da un solo listello e da un piano inclinato (fig. H) è quale vedesi al teatro di Aosta. CAPO XI. Arco onorario. Tav. XII, XIII. Onorario, non già trionfale, è il vero appellativo di quest'arco, trionfali essendo quelli soltanto di Roma, perciocché solo nella metropoli menavasi trionfo. Questo monumento, il più noto fra quelli d'Aosta, trovasi sulla strada anüca e moderna, a destra del Buthier, a metri 354,095 (piedi romani 1200) a levante della porta Pretoria. Malgrado gl’interrimenti causati dal torrente Buthier ed il generale rialzamento del suolo ch’ ebbe luogo in questa come in tutte le antiche città, l'arco onorario non solo non è interrato , ma si estolle sopra terra di circa 0,84 sull’odierno pavimento: in altri termini, dei tre corsi di pietra concia posanti sull'emplecton (1) Specialmente di quel di Pola. V. Stuart et Revett. IV. pl, 6. PER C. PROMIS 155 delle fondazioni e portanti gli stilobati che costituiscono la soprafondazione, ne emergono dal suolo ben uno e mezzo. Il lungo studio de’ monumenti y antichi rendevami chiaro codesto fatto, gli scavi me ne accertarono; trovò j non ostante da qualche scrittore gravemente esposto, come pet quasi una quaria parte di sua altezza sia l'arco sepolto (1). } | Saldissima n'é la struttura e (per quanto lasci comprendere un gran À foro sprolungato ad arte in una delle nicchie) la costruzione n° è tutta di pietra quadrata senza vani nè emplecton, eccettochè nelle sottofonda- | zioni (2). Fra i descrittori suoi non pochi ne esagerarono la mole e la splendidezza, e tra essi il Molinaris scrivente, che Ottaviano; dopo fab- bricata Aosta, ibidem arcum extruxit triumphalem ex durissimis et magnitudinis admirandae lapidibus (3): quindi il Gioffredo che lo dice praegrandibus saxis, diversicoloribus , longeque petitis insana moles (4); | grandi ne sono le pietre, perd la loro altezza media è solo di 60 centi- metri: un non so che di variegato si offre nel loro aspetto, ma proveniente ===: dalle brecciuole di vario colore che vi sono conglutinate, nè perciò si | posson dire policrome: finalmente, non da lungi vennero que’ massi; ma | | dalle prossime rive della Dora a distanza non maggiore di un miglio. Ñ La pietra adopratavi è quella concrezione fluviale or di ghiaia or d'arena, che i Toscani chiamano tiglio ed i pratici con voce straniera appellan puddingo. Le sponde della Dora ne abbondano, specialmente la i destra rimpetto alla città. I ciottoli inegualmente grossi e colorati che cementaronsi in quel puddingo danno di. sè diversa mostra, e fecero (1) Durandi. Alpi Graie e Pennine. pag. 41. (2) Sprolungasi questo foro per m. 2,50 nel maschio meridionale ; la vana popolar tradizione lo dice aperto per raggiungere un sotterraneo condotto che di là spiccandosi e passando sotto la Dora y riusciva a Gressan. Nei bassi tempi ridotto l’arco a fortilizio (come per siffatti monumenti accadde quasi universalmente) si dovè credere che vuoti fossero i nuclei delle: due spalle è contenenti una > scala come in molti altri archi onorari e trionfali, e che le quattro nicchie rettangolari praticate nelle due fronti non accusassero soltanto i vani di altrettante porte, ma realmente fosser tali. Quindi fu proseguita la rottura sinchè si toccò con mano che non eravi vuoto alcuno dietro niuna di ‘quelle nicchie in aspetto di porte. (3) Descriptio Italiae ad a. 1540. Apud Ludewig. Reliquiae manuscriptorum (1739). vol 8. Il rac- 4 coglitore perd. non vide come quella descrizione fosse più antica e compendiata da quella più volte citata del Signot o Sigault (leggendosi ambi i nomi nelle edizioni). Primache, come inedito, slampasse quest’itinerario il Ludewig, avevalo esso pure, come inedito, stampato il Camusat (Meslanges historiques depuis 1390 jusqu’à 1580. Troyes 1619. 8.0). Fatto è che esso fu scritto nel 1495, e parecchie edizioni se n’hanno, tutte parigine, tra il 1500 ed il 1520. (4) Theatrum Pedemontanum. II. 45. 176 LE ANTICHITÀ DT AOSTA nascere in molti la strana credenza che quei massi fossero artificiali. Naturalmente le concrezioni più grosse furono adoprate nei massi a faccie lifcie, le minute nelle cornici e nei capitelli. L'arco è senza dubbio coevo alla fondazione della città, cioè di circa cinque lustri anteriore all’èra volgare; così volendo dai novelli coloni la | riconoscenza verso Augusto , la consuetudine di onorare in modi simili il fondatore d'una nuova città e l'adulazione stessa. Ciò altresì palesa la costruzione evidentemente di quella età: ciò palesa pure la rarissima anomalia della sua maniera corintio -dorica , anomalia che non incontrasi ne’ monumenti romani schietti e non misti nè di greco antico ovvero sca- dente, nè di greco asiatico», e della quale parlerò in sèguito a disteso come merita la cosa. Nel vano dell'arco: vedesi ora un crocifisso succeduto ad un'imagine del Salvatore che vi stava ne’ tempi bassi, e dalla quale Parco ebbe nome di Saint-Vout dal Santo Volto espostovi alla pubblica venerazione: nome vulgato in Francia, Inghilterra ed Italia sin dal- l’undecimo secolo, e dal quale Parco fu popolarmente detto Ze Saint- Vout, denominazione che i notai tradussero in lor latino non già con Sanctus Vultus, ma eufonicamente in Sanctum Votum. La mole dell'arco ed il suo isolamento fuori della città furono per esso due sorgenti di rovina, venendo considerato dai potenti e dagli avari come cava di pietre opportune a nuove fabbriche (1). La parte prima a demolirsi fu senza dubbio l'attico non gravato da alcuna pressione su- periore, cosicchè non dovette tardar molto ad essere disfatto. Sapendosi (come fu notato di sopra) che l’arco è intieramente costrutto di pietra quadrata, l’attico (nella sua base orizzontale di m. q. 168 ed in altezza di circa due quinti dell'ordine, cioè ad: un: dipresso di m. 5,50). costi- tuisce un volume di pietre concie di oltre 909 metri cubi; troppo gagliardo incentivo per gli spogliatori in quell’età povera e sgovernata. A. quel. tempo: stesso: dovettero. perire le due grandi iscrizioni. mar- moree (essendochè sul puddingo non si possono intagliar lettere, nè tanto meno salvarle contro. le ingiurie del tempo) ,, certamente eguali e fregianti lattico a ponente e levante. Che in questa parte: dell’àrco fosse locata la celebre iscrizione del trofeo delle alpi riferita da Plinio al libro III, (1) Infatti una famiglia d'Aosta era signora di questo monumento od'almeno da esso traeva il nome : un Petrus de Arcu trovo sottoscritto ad una convenzione fatta circa il 1147 ed' un Leonardus de Arche in transazione del 1183. Hist. Patriae Monum. II. Num. 225, 1608. | | PER C. PROMIS "ird fa è opinione vanissima quantunque seguita da Leandro Alberti (1), dal Guichenon (2) e da altri, attesochè lo serittor latino ne indica chiara- mente il sito alla Turbia presso Monaco, dove i ruderi del maschio e pochi avanzi litterati del marmo lo accertano ; che esistesse sì alla Turbia, ma fosse anche ripetuta nell'arco di Aosta fu scritto dal Gioffredo e dal De Tillet però senza prova alcuna, e per altra parte avrebbe dessa dovuto patire non lievi mutazioni, essendo il monumento della Turbia destinato a significare le vittorie su tutti i popoli alpini, l'arco d'Aosta invece a perpetuare in special modo quelle riportate nell'anno 729 e la distrazione de’ Salassi. Lo squarcio del Pingone riferito al cap. 1, manifesta sparita a’ suoi tempi l'iscrizione dell'arco, cosa confermata dalle parole ch’ ei ne scrisse circa l'anno 1550 dicendolo abbastanza conservato (satis integer (3) ) , con espressione alludente ad un guasto non gravissimo, ma già inoltrato. Paolo Merula, il quale mezzo secolo dopo mandava alla luce la sua Cosmografia, dopo accennato di coloro che volevano collocarvi l'iscrizione Pliniana , dice: videre ibi est arcum triumphalem: sed imaginibus suis nudatum. et inscriptione (4). Del resto, tale era a que' tempi negli ar- cheologi la smania di trovare quanto gli antichi ci avesser lasciato in iscritto , che fuvvi persino chi credè leggere l'epigrafe del trofeo delle alpi in quella dell'arco di Susa, che tuttora esiste, e n° è diversissima ; ma di quest'errore non à qui luogo di parlare. Un argomento positivo dell’essere l'iscrizione e l’attico già scomparsi nel XVI secolo, io lo ricavo da un disegno originale di un celebre pittor cremonese chiamato in corte di Torino da Carlo Emanuele I. E un (1) Descrittione d'Italia (1550). £9 407. (2) Hist. de la Maison de Savoie (1660). I. 4. Peggio poi il Bergier, che nella sua Histoire des grands chemins de l'empire pone Varco a mezzo tra il grande ed il piccolo S. Bernardo. Anche Gaudenzio Merula nella inedita 7ranspadanae Galliae topographia (ms. degli Archivi di Stato), qui pone l’iscrizioue di Susa. (3) Circa mezzo secolo prima lo aveva vedulo il Maccaneo, il quale nella sua ms. Chorographia non fa che accennarlo. (4) Cosmographia. Pars. II lib. IV. 35. Erasi trovato in Plinio la misura della lunghezza d’Italia ab alpino fine Augustae Praetoriae e chiamati col nome di porte dell'alpi i passi del piccolo e del grande S. Bernardo, Augusta Praetoria iuxta geminos Alpium fores, Graias atque Poeninas (III, 6, 21), e tanto bastò perchè sul principio del millecinquecento Pietro Signot scrivesse che in Aosta v'era ung arc triomphal de grand et merveilleux artifice, .....et l'opinion des historiens est que le dit César fit faire ledit arc triomphal pour denoter et montrer que c'estoit la porte, commencement et limite du pays d'Italie (De la division du monde). Paris. 1518. Ser II. Tom. XXI. 23 — ee T ~ 4 178 LE ANTICHITA DI AOSTA abbozzo di composizione allegorica figurante sul mezzo una donna armata pel ducato d'Aosta , fiancheggiata dalle figure della Dora Baltea e del Buthier, nel campo uno stambecco; in alto leggesi fatto da Camillo Procaccino li 20 genaro 1608, ed in fondo v’ è il meno inesatto disegno che ancora si fosse veduto dell’arco, disegno tolto senza dubbio dal vero, ma nel quale manca assolutamente l'attico ; sta sulla trabeazione un piccolo ed informe avanzo di pietre quadrate tra virgulti e sterpi. Così pure il P. Daniele Monterin nella sua ms. storia d'Aosta (della quale parlai nella introduzione), compilata circa gli stessi anni, notava che in arcu nullae de praesenti leguntur inscriptiones, quas puto temporum edacitate et iniuria fuisse deletas. Ciò però non tolse che gli editori del Theatrum Pedemontanum , non contenti di dare dell'arco una inesattissima veduta, l'abbiano viepeggio falsata col sovrapporvi un grande atiico rovinoso sì ma in tutta sua altezza e sparso sovr'esso qualche frammento di lapide in undici lettere; tuttoció, malgrado che il Guichenon, il quale avevalo Visitato poco prima del 1660, già asserito avesse la mancanza del- lattico (1). Negli anni 1605, 1711; 1716 il Consiglio dei Commessi d’Aosta, il quale amministrava in nome del Re città e ducato, prese partito di ristaurar Parco, che per le pioggie ed i geli sfaldavasi e sconnettevasi, mentre i puddinghi di glutine più debole sgretolavano (2); una delle dieci colonne fu rifatta in muratura, stuccata intiera la trabeazione , coperto l’edificio con tetto a padiglione. Il ristauro si può dire ben condotto per que’ tempi e per la poca spesa fattavi , mentre il gentil pensiero di con- servare un monumento antico fu a quella età cosa piuttosto. singolare che rara; le superiori sagome rivestite di tre centimetri d’ intonaco ri- masero snaturate. To accennai nella premessa esposizione di quanto fu sinora fatto per illustrare codeste antichità, come l'arco fosse il primo monumento d’Aosta ad essere misurato, e come esso fosse stato con discreta esattezza pub- blicato colle stampe. Ciò fu per opera dell’ inglese Roggero Newdigate morto nel 1806, il quale circa il 1745 due volte percorse le alpi, scrisse (1) Hist. 1. 24. De tout ce superbe monument historique le temps wa gåté que larchitrave (leggasi attique) sur lequel dtait cette belle inscription etc. Anche nel Theatrum Pedemonianum se ne diede una cattiva veduta, la quale però dal Maffei (Rime e prose) è detta, delineata con esattezza. (2) Extrait des registres du Conseil des Commis des États d? Aoste. ms. | | | | | PERC. PROMIS 179 sul passaggio d'Annibale, propugnandone il transito pel gran S. Bernardo (1), e dei disegni dell'arco fece copia a G. B. Piranesi che li stampò in Roma (2). Quanto a diligenza molto lasciano essi a desiderare, vedendovisi assai poca pratica di disegnar l’antico, alterate eziandio le sagome parte per inesperienza , parte per aver scambiato per vivo ed originale l'anzidetto intonaco moderno , sbagliate inoltre parecchie misure. Dal Piranesi tolsero le loro stampe il Rossini ed il Canina: nelle opere sovracitate (3). Gh errori che il Piranesi ripeté dal Newdigate furono nelle tavole di questi architetti ancora ingrossati , com’ è solito, spogliando l’arco del suo vero carattere, aggiungendovi imaginari ristauri, ed errando sopratutto quanto all’ iscrizione. Che un'iscrizione vi fosse (o due, a dir meglio, cioè una per ciascuna fronte) è cosa indubitata, scopo principale degli archi trionfali ed onorari essendo appunto di collocare sovr'essi una epigrafe di straordinarie mi- sure: ma quella postavi dall'inglese e dai tre italiani non è ammissibile, avvegnachè sia antica. To la riferii nel capitolo delle iscrizioni al n° 8 come stava ancora in questo secolo nel convento suburbano de’ Cappuccini d'Aosta, e fu poi murata. qual materiale di costruzione: qui mi giova ripeterla per dimostrare con quanta leggerezza si sia voluto scambiarla con quella dell’arco. IMP . CAESARI . d. f. AVGVSTO. PONTIFICI . MA ximo COS . XIII . TRIB. PO£ Ilt. patrl . PATRiae Due argomenti gagliardissimi si oppongono a che questa iscrizione abbia mai appartenuto all'arco; uno materiale ed assoluto sta in ciò che il marmo (come mi fu asserito dal capomastro che in moderna fabbrica impiegollo or sono sei lustri) era largo e lungo soltanto un mezzo metro. Ora, avendo io composto il ristauro dell’arco, secondo le norme che ab- bondano pel gran numero di simili edificii che a noi pervennero, e data (1) Apud Fortia d'Urban. Dissertation sur le passage d’ Annibal (1821). Préface. pag. 16. (2) Vedute di archi trionfali eco. 1748. (3) Vedi sopra cap. I. pag. 7, 9. i 180 LE ANTICHITÀ DI AOSTA all'attico la non grande altezza di due quinti della parte sottostante; cioè metri 5,50, trovai che Valtezza della lapide riusciva all'incirca di metri 2,50 e la lunghezza se ne appressava a m. 9,60. Quest'ultima misura poi è, si può dire, affatto certa, dipendendo dalla larghezza del sottostante intercolonnio arcuato. Ne segue che l'area di ciascheduna iscrizione dell'arco di Aosta raggiungeva da 24 a 25 metri quadrati (1): e ne segue altresì che l’area della lapide surriferita essendo di un solo quarto di metro quadrato (cioè di una centesima parte soltanto di quanto avrebbe dovuto essere) non potè mai appartenere all'arco. Il secondo argomento è una ragione epigrafica non meno valida della prima. Il Newdigate (copiando, a quanto pare, l'iscrizione da una delle tante schede, che allora andavano in giro) la trasmise al Piranesi senza misure , come consta dalla succitata incisione, ma ognun vede che scri- vendola a modo antico, cioè con interlinei assai ristretti, per una parte avrebbero quelle lettere assunto una straordinaria altezza, e per altra parte la più estesa tra le linee non avrebbe occupato mai la lunghezza debita, quasi eguale a quella del marmo , come in tutte le iscrizioni dell'età migliore (2). Aggiungerd che nelle grandi epigrafi dedicatorie , come quelle degli archi onorarii e trionfali; due cose sono necessarie: i nomi e le qualità delle persone per tal modo onorate e delle onoranti , quindi le ragioni della dedica. Epperd nell’attico, dopo i nomi e la com- piuta enumerazione de’ gradi che insignivano Augusto , dovevasi leggere: Quod Eius Auspiciis Salassi Sub Imperium Populi Romani Sunt Redacti , poi nella chiusa, probabilmente Colonia Augusta Praetoria Ab Eo De- ducta, oppure e più facilmente come appare dal contesto dello storico Dione Senatus Populus Que Romanus. Sapendosi poi come i marmi epigrafici di quel tempo fossero sempre colmi di scrittura e senza lacune, io penso che non vi. sia mancato. un cenno delle mura ; porte e torri erettevi da Augusto con altro, forse, sui principali edifici urbani ivi da lui innalzati: vi potè essere ancora una menzione dei contermini popoli alpini allora soggiogati, come a dire i Centroni, i Veragri e via dicendo. (1) Affinchè non faccia maraviglia l'ampiezza di quest’ iscrizione, noterd che le nude lastre di quella dell'arco di Settimio Severo in Roma spaziano in metri quadrati 44,36, come quelle che sono alte m. 2,27, lunghe m. 19,50, e che l'epigrafe dell'arco di Costantino nella stessa città è quasi di 30 metri quadrati. (2) Il Canina (sezione III. tav. 182) fa le leltere Imp. Cacsari alte 0,60, cioè doppie delle mag- giori lettere antiche che si conoscano. PER C. PROMIS 181 Della qual cosa, oltre la classica testimonianza del trofeo della Turbia innalzato appunto a questo fine, abbiamo un apposito argomento nel- l'iscrizione dell'arco di Susa dove, mediante l'enumerazione di tanti popoli alpini si riuscì a non lasciar vuota parte alcuna della lapide. Im- perciocchè , presso i Romani, perfetti maestri d’epigrafia, il modo di distribuire un'iscrizione, sagomarne i finimenti a destra e sinistra, spaziarne gl’interlinei (sempre assai ristretti), graduare le lettere a norma dell’ im- portanza della cosa espressa, disegnarle, inciderle con diverso taglio e via dicendo, era altamente artistico: cosicchè, anche pel solo aspetto visivo, una romana iscrizione è sempre parte integrante del rispettivo monumento. Posa Parco, del quale scriveva or sono tre secoli Nicolò Balbo che non ne è in Italia un pari (1), sopra un substrato di emplecton, sul quale si ergono tre corsi di pietre concie, de’ quali due e porzion del terzo dovevano rimanere sotto il selciato della via e tutti tre sotto le crepidini laterali (tav. XII, fig. A); e siccome la luce dell'arco presa tra i due zoccoli eguaglia con lievissima differenza quella della prossima porta Pretoria, ne segue che le crepidini vi erano interrotte, e Varco dava passo soltanto a ció che i Romani chiamavano Agger e noi diciamo la carreggiata. Ma siccome l’arco era isolato, è da credere che le cre- pidini lo circuissero esteriormente, per fiancheggiar di nuovo la carreggiata appena oltrepassatolo. L'arco di Aosta è il più antico di quanti nell'orbe romano siano stati eretti ai Cesari, risalendo esso ai primi anni dell’ impero. Viene secondo il nostro di Susa edificato nella XV podestà tribunicia d'Augusto, che sono nove anni avanti l’èra volgare. Scrivendo Plinio, circa l'anno 75, delle statue poste ad uomini illustri, nota che Columnarum ratio erat , attolli supra caeteros mortales : quod et arcus significant novitio invento (2): colle quali parole alludeva egli non già agli archi trionfali stati innalzati sin dal penultimo secolo della repubblica, ma bensì a quelli onorarii a fine di eternar la memoria di una persona, come quello de’ Sergii a Pola, de' Gavii a Verona, del Campano in Savoia e de' tanti di Francia e Spagna: epperciò poteva egli chiamar cosa nuova i monumenti funerarii a foggia d'arco (3). Mancandovi l'iscrizione non si può conoscere in qual consolato (1) Parere ad Emanuele Filiberto. Ms. della bibliotéca del Re in Torino. (2) Hist. Natur. XXXIV. 19. (3) Essersi innalzati archi in Roma due secoli prima di Cristo lo prova Livio all'anno 558, oltre altri esempi. 182 LE ANTICHITÀ DI AOSTA sia stato eretto quello d’Aosta, ma dall’epoca ben nota della colonia dedotta risulta essere desso stato innalzato ventitre in venticinque anni avanti Péra volgare. Quello che erroneamente appellasi arco di Rimini, non è arco, ma porta di città, nella quale per onorare Augusto, per amor di decorazione e per nessun sospetto di guerra (atteso la geografica giacitura della città) fa smessa la forma militare ed introdotte colonne e frontispizio , assumendo un tipo comune con quello del romano acquedotto delle acque Marcia, Tepula e Giulia, sotto il quale passa la via Tiburtina e che altra differenza non ha colla porta di Rimini fuorchè dell'esservi le colonne cangiate in parastate e la maniera corintia mutatavi in dorica- romana, L'arco di Susa rude nelle parti, ha una maravigliosa eleganza di forma (1); men rozzo negli scorniciamenti, ma severissimo nel suo ca- 'attere è quello d'Aosta, vera opera di coloni militari, come quell'altro fu di re che cercava aggraduirsi Augusto. Questi due archi nei tipi loro così originali e diversi, nello avere senza dubbio imitato un prototipo che non altrove si poteva avere che in Roma (dove sin da due secoli prima di Cristo esistevano i fornici di Stertinio, di Fabio Massimo, di Scipione Africano), svelano un concetto che fu più tardi obbliato e riescono importantissimi , mentre gli archi posteriormente innalzati in Roma stessa , in Italia, Francia, Spagna, Oriente assunsero un tipo comune foggiato su quelli edificati dopo Augusto nella metropoli, cosicché loro sola dif- ferenza è di numerare una, oppure due o tre od anche quattro passate maggiori o minori: elegantissimi quasi tutti nelle parti, ma prodotto di spossate ed isterilite fantasie. Non m'arresteró ad esprimere le pro- porzioni modulari dell’arco, com’ à stile degli architetti editori. d'antichi edifici: queste cose i scienti le traggono da sé, gl'ignari le tralasciano; dirò solo delle cose essenziali. Lo stilobate fu imitato e quasi ripetuto da Antonio da S. Gallo nel portone di S. Spirito in Roma (2), segno evidente che ne aveva sott’occhio il disegno. Le colonne, dieci di numero e sporgenti per un solo modulo, (1) L'iscrizione della porta di Rimini segna COS. SEPT. DESIGNAT. OCTAVOM. , vale a dire che & dell'anno 727 (27 avanti l'éra volgare): precede dunque di due anni soli la deduzione della colonia d'Aosta. L'arco romano delle tre acque è dell'anno stesso dal quale comincia Pera volgare. L'arco di Druso ancora esistente in Roma, mentovato al libro LV di Dione (anno di Roma 745) era come i due sopradetti ed aveva i frontispizi nelle due fronti, come attesta Pirro Ligorio che lo disegnò circa il 1550 ne’ suoi mss. negli archivi di Stato in Torino. (2) Vedi sopra cap. 1, pag. 3, 4. PER C. PROMIS 183 s'alzano per dieci diametri; il loro capitello è corintio, stringatissimo sopra il primo ordine di foglie, in modo da sfigurare in disegno, mentre in fatto, da esse coperto, si accampana con molto garbo. Le sei parastelle reggenti la trabeazione in funzione d'imposta e con capitelli greci; si appressano , in lor proporzione di soli diametri 3 ?/,, alle paraste della porta etrusca di Perugia, sottostando di molto in rapporto modulare a quanto di più tozzo trovasi nella Grecia propria, in' Sicilia, a Pesto. La piccola trabeazione sovrappostavi richiama in suo stile quello de’ monu- menti della Gallia meridionale; le modanature vi sono fortemente e, sto per dire, rudemente sagomate: i capitelli d’ indole ionica anzichè corintia , vi sono evidentemente imitati da quelli di alcuni templi della Grecia, in ispecie da quelli di Apollo Didimeo a Mileto, dagli altri scoperti ad Alicarnasso e nell'Asia minore (1), e da quelli intagliati nella rupe a Tera isola del mare Egeo (2). Il valente architetto dell'arco d'Aosta aveva ingegno fecondo e nimi- cissimo d'ogni pedanteria : le servili regole egli trascurd per modo che non sarà facile trovare altrove quanto nelle scuole chiamasi perpetua violazione di precetti coronata ad un tempo da più felice esito ; vero è bensì che scarseggiavano ancora in que’ secoli le arbitrarie leggi opposte al libero volo dell’arte , nè gli esempi degli antichi edifici convertivansi ancora in canoni inalterabili. A colonne di dieci diametri egli accoppiò paraste di poco più che tre diametri; data la luce dell'arco (eguale alla larghezza della strada) egli non s'affannó a duplicarla in altezza , visto che i maschi ne sarebbero risultati enormi, ma contentossi di una lar- ghezza ed un terzo per l'altezza. Un tenue archivolto a modo de’ tempi immediatamente posteriori avrebbe nocciuto stante la proporzionale bas- sezza dell'arco, ed egli (ritenendo un’antichissima pratica e già disusata a’ suoi tempi (3)) osò girarne uno largo ben moduli 3 */,, misura ri- spondente ad '/, della luce orizzontale; fece anche nell’archivolto una innovazione, la quale sta in ciò , che volendo in esso quella molta (4) Canina. Architett. Greca. Tav. 89. (2) Istit. di corrispond. Archeologica. Tav. 25, 26. (3) Le più antiche arcuazioni furono fatte con cunei di grande estensione, quindi la prima cornice applicatavi riuscì larghissima. Questo enorme archivolto (il solo fra i Romani a noi per- venuto in queste condizioni) opportunamente ripetuto in tante fabbriche de’ tempi bassi, ha qui il suo tipo sì nel complesso, sì nella doppia sagoma. Fu imitato ai tempi di Carlo Magno nella porta della cattedrale di Avignone, e simile è pur l’archivolto del ponte romano di Alcantara. Se ne riporleranno più sotto altri esempi. 184 LE ANTICHITÀ DI AOSTA larghezza, ma abborrendo dal pesante che ne sarebbe nato qualora lo avesse sagomato in una sola fascia, ei lo divise in due zone, ottenendone ad un tempo vastità, leggerezza e cunei lunghissimi: cosa affatto capitale negli archi. Nella ricaduta avrebbe siffatto archivolto generata un'aletta enorme: vi fu ovviato facendo ricadere soltanto la zona interna e rom- pendo l'esteriore colla sua gola lesbia contro i fusti, cosa non regolare né classica, ma che non poteva avere altra soluzione. Del resto a chi cerca nei monumenti dell'età di Ottaviano Augusto non sarà difficile di ritrovare esempi analoghi: non già nelle opere di architetti formati alla scadente scuola greca, ma si in quelle degli architetti viarii e militari seguenti le pure pratiche romane aventi a prototipo l'arte etrusca. Nell'arco di Aosta la differenza tra il raggio dell'intradosso e quello del- l’estradosso è di m. 1,438: l'archivolto interno e proprio essendo largo 0,665 la zona che esternamente lo fascia riesce eguale 0,773, dimodochè la loro proporzione è ::6: 7. Nella porta di Rimini di due anni soli an- teriore a quella di Aosta, vi ha parimente tra i due raggi una differenza eguale ad */, della luce: l'archivolto avendovi una larghezza di m. 0,695 la zona che esternamente lo fascia raggiunge m. 0,811, le quali due misure stanno fra sé, appunto come in Aosta, nel ragguaglio di 6: 7. In Aosta però l’architetto seguì l'ottimo avviso di far girare intiero l’archivolto per la porzione che va da colonna a colonna e di cingerlo con una bellissima sagoma esterna, la qual cosa fu impossibile all’architetto di Rimini, il quale , per aver tenuto bassa l’ imposta dell’arco e basse per conseguenza le colonne, dovette poi andare colla linea inferiore dell’architrave a tagliare barbaramente la curva dell'estradosso. Similissimi in loro smisurata lar- ghezza all'archivolto dell'arco d'Aosta sono quelli deile due precitate porte etrusche di Perugia cinte ambedue sulla curva estradossale da sagoma richiamante quelle delle porte di Falleri. Ma questa sagoma cingente i lunghi cunei dell’arco di Aosta, sulla periferia estradossale, non è che un principio d’arte e di costruzione che i romani architetti viari e militari ripeterono dai loro maestri etruschi. Infatti nelle tirreniche mura di Falleri (1) hanvi due porte, dette di Giove e del Bove, ambe arcuate in semicircolo , delle quali la prima ha la lun- ghezza assoluta della cuneatura di ?/,, del diametro della luce: l’altra P ha (1) Le disegnai nel 1834 Vedansi pure presso Gailhabaud Monumens anciens et moilernes. Livraison 85. PER C. PROMIS 185 nel ragguaglio di ben ?/;. Venendo ora agli esempi romani, di queste spa- ziosissime cuneature (delle quali si ha un primo esempio , avvegnachè non sagomato, nella cloaca massima di Tarquinio Superbo, opera etrusca essa pure, dicendo Livio che fu fatta fabris ex Etruria accitis, e di oltre cinque secoli avanti l’ èra volgare) troviamo un ottimo saggio nei ruderi dell'edi- ficio misto di travertini e di mattoni, detto portico di Filippo, in Roma (1), e nel quale la lunghezza assoluta dei cunei ossiano archivolti laterizi sta al diametro delle luci :: 1:5. Aggiungerd che in questi bellissimi avanzi il corso di mattoni piatti coprenti la superficie d'estradosso (corrispondente alle pietre piatte esse pure delle citate porte etrusche) va a frangersi , come in Aosta , contro i fusti delle colonne, rimanendo scoperta la cornice pei */, medii della semiperiferia e nascosta, od, a meglio dire , non esi- stente per '/, da ogni banda; in Aosta la parte visibile di detta cornice estradossale è poco più di “/ del semicircolo intiero, quindi i due archi nascosti di qua e di là dietro le colonne sono per conseguenza poco meno di '/, dell'emiciclo. Nella celebre porta Volterrana delle tre teste la lun- ghezza della cuneatura è di */; della luce. Ecco dunque provato coi mo- numenti come questo fatto degli enormi cunei dell'arco di Aosta altro non sia che una tradizione architettonica vigente un giorno, ma a que’ tempi già vicina a spegnersi; infatti , dopo Augusto, fu l'archivolto ridotto ad un modulo o poco più (2). Non singolare, ma rarissima (stante i pochi monumenti pervenutici de’ secoli tra l’ impero macedone ed il romano ) è la trabeazione dorica sovrapposta in quest'arco alle colonne corintie. Il fatto fu peraltro conforme alle pratiche vigenti in quella età, pratiche enunciate da Vitruvio colle seguenti parole laddove scrive della maniera corintia: cetera membra quae supra columnas imponuntur, aut e Doricis symmetriis aut Jonicis moribus in Corinthiis columnis collocentur; quod ipsum Corinthium genus propriam columnarum. reliquorumque ornamentorum non habuerat institutionem , sed aut e triglyphorum rationibus mutuli in coronis et in epistyliis guttae Dorico more disponuntur , aut ex: Jonicis institutis Zophori scalpturis ornati (1) L. Marcio Filippo fu console nell'anno 698 di Roma ; la costruzione del portico, avvalorata dalla storia, si riferisce infatti a mezzo secolo prima dell'éra volgare. Dopo il Serlio (HL p. 59) si può dire che nou fu più stampato, ad ogni modo il disegno ch'ei ne dà è importantissimo. (2) Gli ovoli che adornavano la cimasa lesbia dell’archivolto possono vedersi presso Piranesi ; sono essi in oggi talmente consumati e disfatti, che mi fu impossibile disegnarli anche approssi- malivamente. Serie II. Tom. XXI. 24 186 LE ANTICHITÀ DI AOSTA cum denticulis et coronis distribuuntur. Ita, e generibus duobus , capitulo interposito , tertium genus in operibus est procreatum (x). Vale a dire che la maniera corintia, non avendo modi suoi proprii, coronavasi secondo libertà guidata dalla convenienza, colla trabeazione ionica , oppure colla dorica ornata di gocce e di triglifi, a norma del carattere degli edifici. L'architetto dell'arco di Susa, seguendo la massima più generalmente ricevuta nelle fabbriche corintie della sua etd, adattò il coronamento ionico all'elegante suo edificio ; imperciocchè il corintio altro non fu dapprima che un’aggraziata variante del ionico, trovata per meglio adattare in angolo i capitelli, comé vedesi nei monumenti greci da uno a quattro secoli avanti P èra volgare. L’architetto dell'arco d'Aosta, autore di 'opera seve- rissima , si attenne all'uso men frequente , ma al caso suo più conveniente € caratteristico, e scelse la trabeazione dorica. Le Vitruviane parole avevano sgomentato per modo i commentatori maravigliati di non trovare nel testo le massime correnti in iscuola, che fra tanti solo il Rusconi (2) osò porre nelle sue tavole sopra capitello corintio un coronamento dorico. L’ultimo ed il migliore de’ commentatori di Vitruvio, Luigi Marini, esitava esso pure allorquando venne a sapere avere di fresco il francese architetto Labrouste trovato tra le rovine di Pesto gli avanzi di un edificio con capitelli corintii e trabeazione dorica (3). Ma, a dir vero, un simil fatto già conoscevasi dai monumenti; im- perciocchè non solo l’arco d’Aosta era già noto grazie al Piranesi ed al Rossini, ma nel viaggio di Saint-Non (4) ed in quello di Houel (5) era comparso il sepolcro detto di Terone ad Agrigento ionico e con cornice dorica: conoscevasi pel viaggio di Leone de Laborde un sepolcro. presso la metropoli dell'Arabia Petrea corintio e con triglifi (6): conoscevansene altri corintii e dorici riuniti nella Palestina e nella Cirenaica dati dallo stesso Laborde e dal Pacho (7). Ancora dirò come sin dall'anno 1637 il (1) Architectura. IV. 1. (2). Dell’architettura secondo i precetti di Vitruvio (Venezia. 1590), pag. 78. (3) Ad lib. IV. 1 (Roma 1836 ). (4) Voyage à Naples et en Sicile. Parigi 1785. IV. p. 214. Dato assai meglio dal Serradifalco nelle Antichità della Sicilia. IN. p. 72. tav. 30, 31: egli non lo crede guari antico. Non badò che nell’ottima epoca. (5) Voyage pittoresque des îles de Sicile etc. Parigi 1787. IV. p. 286. L'Houel ne trova I’ licenzioso e relativamente moderno appunto perchè non fece come fatto avrebbero i mo (6) Voyage daus l'Arabie Pétrée. Parigi 1830. (7) Voyage en Orient. Voyage dans la Cyrénaique. per questo fatto appunto e'per le volute angolari quel misto di maniere e quelle volute già trovansi architetto derni. PER C. PROMIS 187 pittore Andrea Sacchi e lo scultore Francesco Quesnoy avessero osservato le rovine importantissime ed in parte tuttora conservate del tempio di Diana sul lago Nemorense presso Roma , mentovato già da Vitruvio, e notatavi la mescolanza del Corinthium non sine Dorico, come da informazione avutane c'insegna il Tomasini (1); finalmente, nullameno che dall'anno 1520 all incirca, Raffaello da Urbino indirizzando a Leone X la pregevolissima sua relazione sugli edifici di Roma antica e sul modo di levarne il piano, la chiude dicendo che: £roverannosi anchora molti edificii composti di più maniere, come di Tonicha et Corinthia , Doricha et Corinthia, Toschano et Doricho secondo, che più parse meglio all'ar- thefice per concordar gli edificii appropriati alla loro intentione et maxime nelli templi (2). Finalmente comparve in luce nel secol nostro una bellissima pittura Pompeiana (3), rappresentante una magnifica tra- beazione dorica alta una metà delle sottoposte paraste corintie: e si sa che in simili dipinti usavano gli artefici Pompeiani ritrarre quanto già fosse in opera negli edificii. Vedesi dunque non essere questo esempio d’Aosta nè solo fra gli antichi della buona età, nè portato di mente strana e barbarica violante le più assentite convenienze dell’arte, e ‘che se gli architetti ed archeologi non ne seppero trovar esempi , fu perchè rifuggirono dalle opportune indagini ; infatti la relazione di Raffaello era già stata posta in luce dai fratelli Volpi sin dall'anno 1733. Singolare poi è il vedere come questa miscela di parti caratteristiche tratte dalla maniera dorica e dalla corintia, miscela propria della miglior epoca an- teriore e coeva alla istituzione del romano impero, abbia appunto fornito argomenti per credere quest’arco di tempi posteriori , od almeno in gran parte edificato dopo l'epoca d' Augusto (4). Ed ecco con qual critica si scrive dell'architettura antica. A differenza da tutte le altre parti dell’arco le sagome della trabea- zione sono greche prette e tali da poter reggere al paragone di quelle de' migliori monumenti dorici della Grecia, Magna Grecia e Sicilia ; il soffitto ha tutta la severità di quelli dorico-greci, giuntovi un girar di palmette, di steli e di campanelle che in quelli non s'incontra e che (1) De Donariis. cap. 2. In Grevii Thesauro. vol. XII. (2) Passavant. Vie de Raphaël (1860). 1,:521. (3) Mazois. Ruines de Pompei. II. pl. 39. (4) Canina. Architett. romana. Parte III. cap. 12. tav. 185. 188 LE ANTICHITÀ DI AOSTA di molto ne cresce l'eleganza (1). I triglifi, proporzionalmente bassissimi, ritraggono della maniera greca più arcaica, come sarebbe quella anteriore all’ invasione di Serse (2); ma i loro solchi sono già affatto alla romana, cioè quali nel teatro di Marcello d’epoca contemporanea; la loro distri- buzione, non che singolare, è affatto unica: cagione di siffatta novità fu lo avervi risaltata la trabeazione sulle colonne angolari, cosa sfuggita dai Greci, ma che già si vede nella Augustèa porta di Rimini, e che doveva essere tradizionale in tutti gli antichissimi archi trionfali ed onorari, poichè la vediamo costantemente seguita sempre ed ovunque sino all’arco di Costantino, che è l'ultimo fra quelli rimastici. Che poi il romano architetto dell'arco d'Aosta (per la trabeazione soltanto) abbia attinto ai monumenti dorici della Grecia ed, a così dire, abbia travasato da un greco edificio intiera la colonna ed il coronamento nell'arco. d'Aosta, lo provano le misure che in esso riscontransi e che a capello si adattano al piede greco = »/,, del piede romano = 0,308 mentre che poco o nulla coincidono colla scala di piedi romani. À maggior schiarimento soggiungo una tavola di misure dell'arco ragguagliate al piede greco. Colonna (con base e capitello) = m. 8,930 - = p. greci 29. 0.0 ; Fusto solo’. . ALL me 768% i polgreciva "00 Gapitello .....,...,..=m.1,055 - == p. gr. 3 digiti 7 ; Trabeazione air à = m. 1,655 - = p. gr. 5 digiti 6 . Nella corona i modiglioni sono tenui ed indicati appena sotto il goc- ciolatoio , soltanto sopra i triglifi, colla faccia inferiore spartita in diciotto gocce in piano orizzontale : il tutto come nel bel tempio dorico-greco di Cora, alla trabeazione del quale si appressa forse meglio che ad altra questa nostra d'Aosta, che se ne può dire contemporanea (3) (tav. XIIT. fig. I, H, L, M). Lo scomparto delle gocce sotto i mutuli (od a meglio dire, nei campi che spetterebbero ai mutuli) è fatto giusta la pratica greca esposta da Vitruvio colle seguenti parole: guttae sex in longitu- dinem , tres in latitudinem pateant: reliqua spatia, quod latiores sunt (1) Le palmette si vedono, o meglio si vedevano, nel tempio tetrastilo di Cora, e furono di- segnate dal Piranesi; io però non le vidi più, (2) Beulé. L’Acropole d'Athènes. Y. 102. pl. IV. (3) Antolini. Tempio di Cora. Roma 1785. Winkelmann nelle Osservazioni sul? archit. degli antichi dalla iscrizione che si legge sulla porta lo crede de’ tempi di Tiberio. Il latino arcaico di essa, perd, in uno collo stile e la costruzione lo manifestano degli ultimi anni della repubblica. PER C. PROMIS 189 metopae quam trigliphi, pura relinquantur , aut fulmina scalpantur (1). Il romano scrittorè generalizzò qui, al suo solito, un caso particolare ; ma l'architetto d'Aosta, lasciati i fulmini che per nulla entravano nel- Parco, ornò quegli spazi con rombi ed entrovi un fiore d’acqua. Prosegue Vitruvio : ad ipsumque mentum coronae incidatur linea quae scotia di- citur; è la scozia che veste forma di canaletto presso il ciglio del gocciolatoio. Neg! intercolonnii minori delle due fronti (tav. XII. A, tay. XIIL A) vedonsi lasciate in costruzione quaitro nicchie di pianta e di elevazione rettangolari; la loro profondità è di m. 0,320: la larghezza di m. 1,245: Paltezza di 4,080. Il Piranesi e chi lo seguì vi pongono statue o vi addossano piedestalli che non vi furon mai, troppo essendo diverse le proporzioni delle nicchie statuarie ; vi stavano invece dei trofei (al modo che notarono in genere gli antichi scrittori ed arcus trophaea ferentes sono detti dagli storici greco-romani); la qual cosa risulta dalla poca profondità di quegl’ incavi quadrilateri , nonchè dai fori degli arpioni posti nelle giunture dei massi e destinati a sostenere que’ bronzi. Nella sezione (tav. XII. B, C) supposi intieri i cunei dell'arco, av- vegnaché in oggi siano in parte di mattoni murati in ristauro principiante lo scorso secolo, come ho già notato. Per l'armonia delle masse, vantag- giata dal grave colore della pietra e dalla severità della trabeazione , presentasi il fianco dell’arco ricco di squisita bellezza e più soddisfacente che non la fronte medesima, come quello che contando soli intercolonnii architravati potò essere più puro e più greco ; il coronamento senza risalti vi campeggia elegantissimamente. Questo fianco, meridionale, per la maestà, la sveltezza , l'ottima proporzione, nonché per la eccellente conservazione è veramente incantevole e non dà luogo a critica alcuna. Degli archi trionfali ed onorari Vitruvio non parlò: uomo di mente né alta, nè libera tacque di ciò che ignoto essendo agli architetti greci era stato da questi necessariamente taciuto , ma che però , di uso vulga- tissimo a’ suoi tempi, era debito di parlarne in un libro come il suo scritto pei Romani. Invano cercherebbersi in Vitruvio ricordi o precetti per anfiteatri, circhi , porte di città, archi, per l immenso apparato di strade e di chiaviche, per tutte quelle cose insomma nelle quali primeg- giavano i Romani come facitori od inventori, delle quali non avevano (1) Architectura, IV. 3. a y . 190 LE ANTICHITÀ DI AOSTA potuto trattare gli architetti greci, ma che i greci scrittori della età di Augusto (e basti il rammentare Strabone) avevano ammirato e lodato a cielo. L'arco di Aosta è documento unico della saggia libertà colla quale i valenti architetti romani coevi d'Augusto adattarono l'arte greca ad esprimere le condizioni de’ nuovi edifici senz'ombra di pedanteria , nà di servilità: in età diversa e fra diverse civiltà e consuetudini quei romani uomini studiaronsi di riprodurre la mente d’Ictino, di Callicrate , di Metagene, di Filone, di altri infiniti, come negli anni stessi Cicerone studiato aveva in Demostene , Virgilio in Omero, come i grandi sanno studiare ne’ grandi che visser prima: Conchiudo con qualche nota filologica e cronologica sopra l'arco d'Aosta e sopra l'anno in cui venne edificato, studiandomi di seguir da lungi la mente del Borghesi nelle sue dotte quanto acute investigazioni antiquarie. Narrano adunque gli storici come ad Augusto (dopo avere in persona domati i Cantabri e gli Asturi, coll'opera di Terenzio Varrone i Salassi, pe’ suoi legati l'Affrica , la Gallo- Grecia ed alcune tribù germaniche ) fosse dal Senato decretato il trionfo , il quale venendo da lui rifiutato , nell'anno di Roma 729, fornix trophacum ferens in alpibus ei positus est (1); le quali parole da tutti i moderni ricercatori d’antichità furono sinora, senza dubitazione come senza ragione alcuna, interpretate nel senso che un monumento gli fosse eretto alla Turbia nell'Alpi marittime e: postavi la iscrizione famosa data da Plinio al libro terzo. Però, avendo io diligente- mente. esaminato il surriferito passo di Dione , sono venüto in un parere affatto diverso, vale a dire che quelle sue parole significhino che nell'anno di Roma 729 abbia il Senato innalzato ad Augusto un arco onorario nel luogo ove era stata fondata Aosta per rammemorare con esso tutte le vittorie da lui riportate per sè e pei legati suoi entro quell’anno. Or ecco le. prove del mio assunto. Pria di tutto, Dione scrisse che nelle alpi fu. edificato ad Augusto «pis vpomatogópos, e questadiettivo è esatto assai, imperciocché mancando i Greci di archi trionfali alla romana (che non avendo la cosa, non potevano tampoco averne la denominazione), dovettero in lor lingua appellarli dai due caratteri in essi più evidenti, cioè dell’essere voltati ad arco ed insigniti di trofei. Quanto al sostantivo avis (da dnro annetto , riunisco) ha , oltre il valore diretto , due significati architettonici, esprimendo tanto un emiciclo in piano orizzontale rispondente (1) Dione Cassio. Lib. LIII. 514. PER C. PROMIS IQI ad un semicilindro ad asse verticale (1), quanto un emiciclo in piano verticale proiettantesi in un semicilindro ad asse orizzontale (2) oppure in un quarto di sfera. Ora l’espressione apis tpomatozópos significa costantemente presso gli antichi scrittori, e segnatamente presso Dione, fornix triumphalis , arcus triumphalis: infati, parlando egli al libro LIII degli archi eretti ad Augusto sul. ponte Milvio ed a Rimini, cosi li appella; il primo di questi è da lungo tempo distrutto, l'altro ad uso di porta di città, ma con partizione ed ornamenti di arco trionfale, esiste tuttora ed è stampato ; al libro LV dà lo stesso nome all'arco di Druso che ancora s' innalza sulla via Appia entro Roma, effigiato in medaglia e da Svetonio (con parole latine che si direbbero voltate dal greco) detto arcus cum trophaeis (3); narrando al libro LVIII degli archi di Domiziano, ab- battuti dopo la sua morte, così pure li chiama, fosser dessi onorari o trionfali; ma quando al libro LXVIII descrive il ponte di Traiano sul Danubio, ne dice gli archi semplicemente fornices. Da tutto ciò risulta, che allorquando Dione avesse dovuto indicare il monumento della Turbia, lo avrebbe distinto con appellativo proprio (vaux, urpis»), e non mai con quello di cic significante una specie distintissima della cosa e che mai non sarebbe valso ad esprimere un monumento come quello della Turbia, che è tutto sodo e quindi senza absis. Dione infatti non parla mai di monumento propriamente detto, nè delle Alpi marittime, ma quest'arco ei lo pone subito dopo narrato lo sterminio de’ Salassi. Esiste Parco. d'Aosta, come esiste ne’ suoi ruderi il monumento della Turbia in mita masso cilindrico sorretto da altro masso parallelepipedo (4), ma che fu sempre tutto sodo e non ebbe mai archi; e già Plinio, per eli- 9 minare ogni idea di fornice, lo chiama Zróphaeum alpium, come (1) Tali sono le apsidi di tutte le basiliche giudiziarie romane, quindi delle cristiane: tale quella della sua villa descritta da Plinio il giovane (II. 17): adnectitur angulo cubiculum in abside cureatum , quod ambitum solis fenestris omnibus sequitur. (2) Vale allora la nostra volta a botte, che è la camera dei Latini: chiamavano poi fornix, ciò che noi un arco nel senso di superficie : arcus era la proiezione in piano verticale di una volta semicilindrica, (3) In Claudio, I. (4) La Turbia fu descritta nel 1564 da Pietro Boyer, il di cui testo fu inserito dal Gioffredo nel libro primo della Storia delle Alpi marittime. Il disegno preziosissimo di una delle quattro faccie bugnate del basamento si ha in Torino nella biblioteca di S. M. nel ms. libro delle fortezze del Piemonte del capitano Carlo Morello ; orribil guasto fu recato al nucleo del monumento nel 1705 dai Francesi quando assediarono la Turbia e la. presero, 4 [ 192 LE ANTICHITÀ DI AOSTA rammentando quello posto a Pompeo ne” Pirenei, adoperando in egual caso eguali parole, dice . . . . excitatis in Pyrenaco trophacis (1) ; epperciò Dione colla espressione arcus trophaeum ferens , allude ad edificio di specie affatto diversa da quello della Turbia. Le note cronologiche sono esse pure in favore del mio assunto. Se- condo le migliori edizioni di Plinio la sola nota espressa nella iscrizione della Turbia è quella dell'anno XIV dell'impero, ma Ottaviano avendo assunto, secondo Borghesi , il titolo d'imperatore nell'anno 725 di Roma, ne segue che l'iscrizione de' trofei risponde all'anno 739, ossia decimo- quinto avanti l'éra volgare giusta le tavole cronologiche dedotte dalle medaglie (2). I Salassi invece furono domati essendo Augusto console per la nona volta con M. Giunio Silano, cioè nell'anno di Roma 729; narra Dione che allora fu posto all’ imperatore nelle alpi (non dice marittime, nè presso il mare) fornicem trophaeum ferentem: dunque quest'arco, il quale altro non può essere che quello d'Aosta, è di dieci anni anteriore al monumento della Turbia, nella iscrizione del quale sta benissimo che siano stati posti i Salassi già da due lustri vinti e sterminati. L' arco d'Aosta destinato ad eternare la distruzione de’ Salassi, e probabilmente anche di altri popoli alpini di schiatta Gallica a Roma in- fensissima, appare dal contesto di Dione essere stato eretto ad Augusto dal Senato e popolo Romano, anzichè dalla colonia. CAPO XII. Ponte a doppia via detto il Pondel. Tav. XIV. Di questo singolar monumento , eretto imperante Augusto, ho già detto al n.° 7 del capo III discorrendo della magnifica epigrafe muratavi in opera, dei due coloni che lo fecero edificare, dell’uso privato al quale serviva: è dell'anno di Roma 749, terzo avanti l’èra volgare. Ora parlerò de suoi pregi come fabbrica. Circa otto chilometri a ponente d’Aosta volgendo a sinistra si valica (1) Plinio. Hist. nat. VIL. 27. (2) Arneth. Synopsis numorum. Romanorum in musoco Vindobonensi. (1843). p. 42. PER C. PROMIS 193 la Dora Baltea e si giunge ad un villaggio che ebbe suoi principii dalle vaste riposte di carbone per le fucine lavoranti il minerale di val di Cogne ; vi torreggia un magnifico castello edificatovi nel 1354 dai conti di Challant; il nome stesso della terra, dai paesani detta les Aymavilles, ne significa la sua romana origine. Imperciocchè l'iscrizione che leggesi sopra il Pondel ricorda esser questo opera di Caio Avillio figlio di Caio e di Caio Aimo Patavino: accoppiando questi due nomi, se w ha quello di Aimo-Avillio, d'onde nacque l'appellazione del villaggio. E questa non è moderna, trovandosi di già in carta del 1225 mentovato un Wuillelmus miles de Amavilla, nome che i saputi notai volsero talvolta in Villa Amatae — villae (1). Da Aimavilles prendendo a sinistra si giunge dopo due chilometri a riva del torrente di Cogne ed in vista al bellissimo ponte che lo valica andando dall'una all'altra falda fra sponde scogliose e rovinosamente di- rupate. Laddove gli scheggioni sporgendo a destra del torrente stringon la gola dell'alveo nella minima larghezza di circa dodici metri , rima- nendo quasi verticale la sponda opposta, furono spianate le rupi, eretti gli spalloni (de? quali il letto posa a m. 38 sopra il pelo delle acque medie) e sovr' essi voltato l'arco. Sollevansi gli spalloni non già verticali né rastremati, bensi a grandi riseghe, secondo la pratica romana della età repubblicana non ancora smessa sotto Augusto, cosicché il sottospallone a destra è alto m. 2,205, ed il superiore m. 1,925 su questo cominciando l'arco a curvarsi; il diametro ne è di m. 14,24: la saetta diam 00995 come quello che é circolare si ma scemo. Il volto consta di trentatre cunei a destra e di trentadue a sinistra, essendoché un cuneo da manca ha larghezza quasi doppia degli altri; sul colmo sta la chiave alta m. 1,225 mentre il raggio d’estradosso differisce da quello d' intradosso di 0,925, pari all'altezza frontale dei cunei. Sopra la chiave è collocata l'iserizione, che è lunga metri 4,47, ed apparisce sorretta da quattro modiglioni parallelepipedi. La strada che guida al Pondel procede risalendo la destra del torrente; in capo ad essa sta un villaggio, il quale dal ponte togliendo il nome dicesi esso pure il Pondel e fu variamente appellato le Pont d'El, le Pondet, Pontely come trovasi in carte del secolo decimoterzo (2) : gli (1) Hist. Patriae Mon. Chartarnm I. 866, 799. (2) Hist. Patriae Mon. Chartarum I. passim. Ponticelli chiamasi pure presso Tivoli un piccolo ponte dell’età repubblicana, già sopra l'Aniene e dante passo alla via Valeria. Seme IL Tow. XXI. 25 EEE 194 LE ANTICHITÀ DI AOSTA rimase però vocabolo di Pondel significante nel dialetto locale un piccolo ponte con voce frequentemente menzionata nell’antica costuma d’Aosta (1). Filiberto Pingone, il quale vi fu nel 1550, ne diede una veduta a null'altro buona fuorchè a provare non esser egli stato disegnatore (2): porta per titolo Aquaeducius Augustae Salassorum hodie le Pondel, ed a luogo dell'iscrizione è notato hic sunt literae antiquae quae legi nequeunt, e veramente nel suo disegno una folta di virgulti investe e copre l’epi- grafe. Dal villaggio costeggiando l'abisso dove mugge il torrente si accede alla via inferiore del ponte varcando una porta imboccante un corridoio largo piedi romani 3 */,, lungo piedi romani 170, che sono metri 50,33: per altra porta sbocca il corridoio all’estremo occidentale d'onde per un sentiero prosegue a risalire la valle. Onde metter in chiaro le singolari avvertenze degli antichi nelle opere loro e segnatamente in quelle stradali, alla quale specie si riduce codesto edificio, darò del Pondel una rapida descrizione. Esso è un ponte a due vie o pavimenti : l’inferiore, in oggi di difficile accesso, ha rivolte a valle, oltre le due porte anzidette per chi andasse e venisse, ben quindici fenestrelle o feritoie ; il muro contro monte ne conta dodici, tutte con interasse di dieci piedi romani antichi; a paro al suolo sta una finestrella per agevolare la discesa ai mastri negli eventuali ristauri della fabbrica e dalla quale io stesso discesi per levarne le misure. Chi bada alla pianta tosto si avvede che gli assi icnografici delle feritoie ribattono a mezzo i singoli maschi opposti: ponendo mente alla sezione si trova esser desse collocate lungo un lato a m. 1,020 dal suolo, lungo il lato opposto starne invece a m. 1,865: la copertura n'è orizzontale, ma il davanzale n’ è inclinato all'indentro ed i fianchi fortemente sguanciati; gli è di queste squisite attenzioni ch'io intendo parlare. Il ponte, opera di due semplici coloni, dovendo ragguagliarsi ad un transito privato, non poteva nè doveva avere grande larghezza : fu dunque tenuto di soli m. 2,260 (piedi romani 7 ‘/;), de’ quali furon dati m. 1,085 a ciascuno dei due passi inferiore e superiore, lasciando il rimanente ai due muri grossi due piedi romani, Il pedone che imboccando una delle due porte percorresse il corridoio , si trovava , grazie alla diversa altezza delle feritoie, sempre (1) Les ponts et ponteilles publies ...... Réparation des ponts, ponteilles et chemins publics. Cous- fumes du Duché d'Aoste (1588). III. tit, 3. $ 1, 3. (2) Miscellanea epigrafica. Ms. ne’ RR. Archivi di Torino. PER C. PROMIS 195 assicurato dalla molestia e dall’impeto del vento, che non poteva mai colpire d’infilata ; perd, per la compiuta comodità ciò non bastava ancora: infatti, essendo l'altezza media dell'uomo di m. 1,70 e di circa 1,50 dal mento in giù, le finestrelle dovevano esser locate nei muri verticali per modo che riuscendo l'una sopra la statura media dell'uomo, e l'altra sott’essa, il viandante vi potesse avere incolume il capo dalla violenza de' venti, i quali, allorquando colà imperversano di quanti disastri sian causa, conviene udirlo da quei montanari. Parra forse a taluno che si sarebbe ad ogni cosa provvisto aprendo le finestrelle in un muro solo: ma convien notare che i venti ivi soffiano variamente in sensi contrari, ora la tramontana risalendo la valle, ora l'ostro scendendola; la larghezza, assai tenue in vero, era però sufficiente al ¿arriba potendovi due pedoni avvicendarsi nel corridoio senza ingombro nè fastidio. Ciò però non bastava : ipéitigéohà dalle ferrifodine dell’alta valle di Cogne (1) scendendo i muli onusti di minerale e prendendo assai spazio è chiaro che per tali some il passo non vi era più possibile: a ciò fu provvisto coprendo in piano e con grandi lastre il corridoio, cosicchè il pavimento superiore venne a trovarsi di m. 4,120 sopra I inferiore. I parapetti ne sono ora cimati e dopo quasi diciannove secoli gli è ben giusto che lo siano, cosicchè la loro altezza vi raggiunge appena m. o 340, locchè significa che dovevano essere più alti di circa il doppio, ma non a segno g impedire sovr'essi il libero transito delle ceste del minerale che i muli portavano allora , come in oggi, alle fucine poste ad Aimaville, ad Aosta e più sotto. Il suolo tutto roccia, irto di massi enormi, aspri e ferrigni ; il fremito delle cupe acque sottoposte, le’ quali nelle nevi sciolte vi si precipitan furenti, la prodigiosa altezza alla quale sta locato il ponte, la saldissima struttura di esso cosi arditamente lanciato tra quelle balze, formano uno spettacolo unico ; basti il dire che tra il pa- vimento superiore ed il pelo medio ed inaccessibile sempre delle acque correnti vaneggia un’altezza di metri 56,2 Per dare congrua idea del di ne aggiunsi in F una veduta , come per le finestrelle disegnai moltiplici figure. In D furono rappre- sentate unite le parti più importanti del colmo dell’arco e della iscrizione. (1) Questo villaggio dicevasi Curia ne’ tempi bassi, nè so d'onde abbia il Durandi (Sopra la carta del Piemonte antico) ricavato che si appellasse anticamente Vicus Cuniae: cita egli una iscri- zione siccome riferita nell’Iter Italicum dello Zaccaria, ma in nessun'opera di quest’autore non ne ho mai trovato neppure un cenno. \ i 196 LE ANTICHITÀ DI AOSTA La porta a destra nella fronte a valle in E la diedi pure in tutta la sua struttura e copertura ad arco scemo. La costruzione è tutta di scheggie cementate con tenacissima calcina , rappresentando assai d’appresso l'opus incertum che usava ancora sotto Augusto. I massi cuneati o parallelepipedi furon riservati per l'arco, gli spigoli, gli spalloni e le due coperture di lastroni che sono ad un tempo in ufficio di legamenti ; nelle fronti dei cunei vedonsi de’ piccoli fori quadrati, i quali vi stanno affinchè le punte dei forbicioni o delle ulivelle vi si potessero impigliare : meccanismo frequentissimo presso gli antichi e più raramente usato dai moderni. L'architetto privato del Pondel si mostrò più sagace che non quelli adoprati dall'amministrazione romana lungo la strada percorrente la valle; egli infatti non volle dividere (per mezzo di piani verticali normali all'asse) Parcata in zone di cunei frapposte a zone di emplecion, ma la cuneo per intiero. La sua avvertenza fu sorgente di conservazione per l'edificio, giacchè se debbono sconnettersi gli archi così murati, se rovinò quello di Chatillon, in tanto più pronto sfasciamento sarebbe incorso questo la cui larghezza di soli m. 2,260 è un'ottava parte dell’altezza. Tale è la solidità di questa fabbrica che essendo assai sottile, abbandonata a sè stessa, flagellata dall’intemperie, percossa da venti gagliardissimi, spoglia del pavimento supremo che la copriva ad un tempo e premuniva, pure si regge intatta, compie il suo scopo ed appena una volta, or sono cinque lustri, fu instaurata in piccola parte della sua superficie esterna (1). Disegnando il Pingone sua informe veduta, vi scrisse che super erat alius pons ubi erat aquaeductus. Aqua manabat ab occidente et ibat ad orientem et erant tubi plumbei. E quest è la più antica memoria ch'io mi conosca della opinione invalsa poi e viva tuttora, che il Pondel fosse edificato ad uso di acquedotto. Ma, domando io, dove passava l’acqua? Nel corridoio no, per la sola ragione che la finestrella che vi sta a mezzo, non che le due porte, tutte aventi lor soglie a fior del pavimento, l’avrebber lasciata sfuggire e precipitare all ingiù; nell'andito superiore neppure, nessun vestigio essendovi di opera signina (colla quale gli antichi stuc- cavano gli spechi); le commessure delle lastre sulle quali sarebbe fluita l'acqua, vedesi che non furono mai incalcinate : e poi, supposto, come ragion vuole, un notevole volume d’acqua, i muri sottostanti, grossi appena un settimo di loro altezza (cioè m. 0,590), coi parapetti di egual (1) La faccia meridionale fu rimboccata nel 1838 per cura dell’intendente della provincia sig. Sage. PER C. PROMIS 197 misura, sarebbero stati insufficienti a resistere alla pressione ed alla spinta dell’acqua fluente. Abbondano quelle regioni di scaturigini, e l’acqua (la quale sarebbe stata condotta in Aosta) abbisognava di un acquedotto varcante la Dora: ora, di questo non v è alcuna traccia, nè potè esister mai in quel fiume grosso ed impetuoso ; l’acqua in Aosta per natura e per necessità doveva venire da’ monti formanti il piovente sinistro di val di Dora opposto a quello di val di Cogne e separatone dal fiume. Sem- plici tubi, per una piccola condotta privata d'acqua nei terreni di Aimo e d'Avillio è probabile che vi fossero, non già una deviazione d'acqua potabile per Aosta. Ma bastarono que’ tubi per volgere l’edificio di ponte in acquedotto. Di ponti siffatti, che meglio si direbbero cavalcavalli, e con doppio transito , due ne conosco, uno in Isvizzera, l’altro nell’ Umbria, moderni ambedue , di minor pregio e mole ed assai meno alti di questo pel quale la scelta del sito fu determinata da circostanze affatto locali di un ci- glione sporgente che avvicina la destra sponda alla sinistra; per collocarlo alla prodigiosa altezza di m. 56,20 l’architetto ne avrà dedotta la ragione dalle nevi che vi cadono altissime a segno, che sopra un dirupo verticale, che dalla strada si solleva a tale ed anche a maggior altezza, leggesi scolpito Auc usque nix cecidit; cid accadde alla metà del secolo decimosettimo. | CLERO PER C. PROMIS 199 INDICE DELLE XIV TAVOLE DELLE ANTICHITA ROMANE D'AOSTA Bb. MISURATE, DISEGNATE, ILLUSTRATE DA CARLO PROMIS INCISE DA CAMILLO RIGHINI, Tav. I. - STRADA ROMANA. . Profilo orizzontale del taglio della rupe a Donnaz, detto /a Pierre piquée , pel passo della via romana tra il monte e la sponda sinistra della Dora, in lunghezza di metri 220,950. Gran parte del para- petto è intagliata nella roccia, mancando quella che era in muratura. Scala di ‘Jun. Elevazione verticale del taglio esprimente la sezione longitudinale dell'Arco di Donnaz, la pietra milliare e tre colonne di punti di rapporto. La massima altezza presente è minore di quella antica, atteso lo sfranamento della roccia superiore. Scala di '/,,. . Pianta dell'Arco di Donnaz. Scala di ‘/. . Fronte dell’Arco di Donnaz volta a monte della Dora, coi cunei graffiti. Scala di '/,,,. . Fronte e fianco della colonna milliaria con una serie di punti di rapporto e col solco della linea di livello. Scala di '/;,. . Saggio esponente il solco della linea di livello e cinque diversi modi di segnare i punti di rapporto. Scala di '/,,. . Pianta del ponte di S. Vincent, detto le pont des Romains sul tor- rente Syllan, misurato prima che ne rovinasse l'arco maggiore. Scala di '/,,,. . Elevazione meridionale del ponte di S. Vincent cogli argini laterali. Scala di '/,,,, 1 4 Al A 2 te —" i 200 LE ANTICHITA DI AOSTA K. Sezione sopra una delle tre aperte che rimangono nel parapetto , esponente la scorsoia per l'occorrente saliscendere della piccola ca- taratta o ventiera verticale. Scala di '/,,. Tav. IT. - STRADA ROMANA. A. Elevazione del ponte di S. Martino a valle al torrente Esa. Scala di '/,,,. B. Sezione verticale del ponte S. Martino. Scala di '/,,,. C. Proiezione orizzontale di un tratto de’ parapetti e del selciato antico al vertice del ponte. Scala di '/,,,. D. Saggio comprendente due modiglioni coi sovrastanti intacchi per l'ar- matura dell'arco e per gli eventuali ristauri. Scala di */;, . E. Sezione verticale sopra un intacco ed un modiglione. Scala di '/;,, F. Elevazione del ponte sul torrente Buthier ad Aosta, detto Ze Pont de pierre, nel sobborgo di questo nome; ora copre soltanto un canale derivato dal Buthier, il di cui alveo s'indirizzó più a destra. La porzione tratteggiata è interrata : il raggio ne fu calcolato dalla corda e saetta quotate. Scala di '/,,,. G. Sezione del Pont de pierre. Scala di '/,oo. H. Profilo dei massi e cunei del Pont de pierre. Scala di}, K. Pianta del Kromlech del Piccolo S. Bernardo, detto le Cercle, le Conseil, le Concert d Annibal. Scala di 0,0015 per metro. I. Sezione della via romana per l'alpe Graia, nel luogo detto Pierre- taillée. Scala di '/,,5. L. Sezione della via romana per l'alpe Pennina, presso lo scaricatore del lago del Gran S. Bernardo. Scala di '/,,. M. Sostruzione a destra della Dora per la via romana all’alpe Graia, presso il villaggio di Rhunaz. Scala di '/ N. Sezione della sostruzione anzidetta. Scala di '/,,s. O. Sostruzione a destra della Dora per la via romana all'alpe Graia, 125. presso il villaggio di Léverogne. Scala di '/ P. Sezione della detta sostruzione. Scala di */,,;. Q. Pianta degli avanzi della casa ospitale all’alpe Graia. Scala di 0,0015 125 « per metro. R. Colonna detta la Colonne de Joux al sommo dell'alpe Graia e presso i detti avanzi. Scala di '/so. PER C. PROMIS 201 Tav. III. - PIANTA DEI RUDERI D'AOSTA, CHIAVICHE. Pianta dei muri formanti il perimetro urbano e dei ruderi in esso contenuti. Scala di '/,. 1. Porta Pretoria detta della Trinità. 2. Porta Decumana detta di Savoia. 3. Porta moderna Béatrix o Bramafam. 4. Porta moderna di S. Stefano. 5. Porta moderna di Pailleron. 6. Porta moderna Pertuise o dei Cappuccini. 7. Torre del Leproso, detta de Frayeur (ossia della casa de Friour). 8. Torre rotonda dei bassi tempi detta Nuova. g. Gran torre quadrata dei bassi tempi detta Cornière o delle Carceri. 10. Torre antica, detta di Pailleron. 11. Teatro, 12. Anfiteatro. 13. Magazzino militare detto Ze Marché des Romains. 14. Ruderi d’un Tempio minore sotto l’Arcidiaconato. 15. Ruderi d'un Tempio maggiore sotto la casa Teologale. 16. Muro e canali sotto la Cattedrale: sotto questa trovaronsi pure nel 1837 alcune fistole di piombo di sezione ogivale, epperciò della miglior epoca antica; poi due canali laterizi di sezione quadrata di 0,50 di lato: più abbasso un pavimento in marmo di Aimaville con avanzi di tavole di tufo, sepolture cristiane, sangue coagulato , ossa calcinate ecc. 17. Muro d’opera quadrata ed avanzi d'una piscina. 18. Avanzo d’opera signina. 19. Compluvio ora distrutto. 20. Pavimento tessellato. 21. Ruderi di pavimenti tessellati. 22. Bottino di chiavica disegnato a parte in 4, B. 23. Chiaviche maestre. 24. Chiaviche minori. 25. Fondamenta costrutte ad emplecton e con anfore. Serre IL Tom. XXI. 26 202 LE ANTICHITÀ DI AOSTA 26. Torre de’ tempi bassi costrutta sulle antiche fondazioni di un torrione * della porta Pretoria detta le Palais du Préteur. | A. Pianta d'una chiavica maestra con bottino e due bocche d'immissione | non mai state proseguite. Scala di */.,. À B. Sezione longitudinale della stessa. Scala di '/,,,. C. Pianta d'un tronco della stessa chiavica più a sud. Scala di '/,,,. | D. Sezione longitudinale dello stesso tronco col chiusino non mai stato o. | aperto. Scala di '/; E. Sezione trasversale dello stesso. Scala di '/so. F. Sarcofago in granito rosso della montagna d'Aosta. Due se ne con- | servano in città alti in tutto m, 1,423: coi coperchi larghi m. 1,226, J lunghi m. 2,328. Scala di '/,,, 4 il Tav. IV. - MURA E TORRI. s A. Pianta della torre di Pailleron nel lato meridionale del recinto in uno coi contrafforti interni delle mura. Scala di 3 bia B. Pianta della torre nell'angolo sud-ovest. Scala di '/,,,. ) C. Elevazione esterna della torre di Pailleron. Scala di b. Li D. Elevazione interna di un contrafforte e cortine laterali. Scala di LU ds i E. Sezione delle mura colle sporgenze delle torri e dei contrafforti. Scala | di '/,. | F, G. Profilo del muro lungo il lato occidentale dov’ esso è pià alto ed y il suo cordone sale a scaglioni. Scala di HAS H. Ristauro della fronte esterna di una torre (vale a dire di quella di Pailleron). Scala di '/,;. I. Ristauro interno di una cortina ed uso de’ contrafforti per allargare con un tavolato la strada di ronda. Scala di '/ 125 . N L. Restituzione del profilo delle cortine. Scala di daté À M. Livellazione rettilinea e lungo la via antica dal Pont de pierre alla porta Pretoria, La linea selciata indica il profilo dell'antica via ro- i mana: la strada presente vi è significata con linea semplice or sottostante, or sovrastante al profilo longitudinale della via antica, if la quale scendeva quasi in una sola livelletta di 0,00175 per 10000 \ dal Pont de pierre alla porta Pretoria. Scala di PS ly 1 . Tav. V. - PORTA PRETORIA. A. Pianta terrena della porta Pretoria detta. porte de la Trinité; le SI 1 1 Q H. B. PER C. PROMIS 203 parti esistenti essendo indicate con tinta nera e le ristaurate con il tratteggio. Scala di '/so. . Pianta della porta Pretoria al piano delle gallerie. Scala dit io. . Elevazione interna della fronte volta in facciata a sera, ossia faccia occidentale del cortile d'armi. Scala di ‘/. . Faccia orientale del cortile d'armi. Scala di figo | Porticina a destra della torre destra nella pianta B ed andante dalla detta torre alla strada di ronda. Scala di "/,. . Fronte, fianco e sezione della gronda esistente a posto a destra della porticina E. Scala di '/,,. . Saggio frontale e profilo dell’archivolto fasciante Parco maggiore della fronte esterna. Scala di '/,;. Fronte, fianco e pianta d'una colonna in bardiglio d'Aimaville , in un sol pezzo colle alette, addossata e già decorante i maschi della galleria nella fronte orientale esterna. Scala di "/5,. . Elevazione di uno dei cardinali ossiano stipiti. rettilinei delle finestre della galleria nella fronte orientale esterna. Scala di ‘/,;. Suo profilo. Scala ‘di */,,. Profilo delle imposte portanti gli archi minori nel pian terreno della fronte orientale esterna. Scala di '/;. . Profilo delle imposte portanti gli archi minori nel pian terreno del cortile d'armi nella elevazione disegnata alla fig. D. Scala di ‘/,;. Tav. VI. - PORTA PRETORIA. . Fronte orientale esterna della porta Pretoria nel suo stato presente, spogliata delle fabbriche moderne che la ingombrano ; la torre a sinistra conserva i corsi inferiori in puddingo; quella a destra fu rifatta nel medio evo ; ambedue conservano le primitive dimensioni. Scala di */.s. Sezione sopra i due archi maggiori della porta Pretoria esponente il lato settentrionale del cortile d'armi. Scala di */,,5. . Sezione sopra un arco minore della fronte anteriore. Scala di '/,,;. D. Sezione sopra un arco minore della fronte posteriore. Scala di '/,. Saggio ortografico esponente la fascia, il fregio (riservato per la iscri- zione ; la quale però non vi fu posta mai), la cornice riccamente LE ANTICHITÀ DI AOSTA intagliata e la gola di coronamento sopra il pian terreno della facciata orientale esterna. Scala di '/,,. . Profilo verticale della fascia, fregio e cornice anzidetta e della sua struttura. Scala di '/ 10. Tav. VII. - PORTA PRETORIA. . Restituzione della fronte principale della porta Pretoria a norma delle rimanenti parti antiche e degli edifici simili e contemporanei. Scala di '/4,, ossia di 0,006 */; per 1000. . Restituzione della sezione capitale del cortile d’armi giusta 1 ruderi esistenti. Scala di '/,5,. Tav. VII. MAGAZZINO MILITARE E TEMPLI. . Pianta generale del Magazzino militare, dei ruderi dei due Templi che vi sono compresi, di quelli del muro al quale si addossavano, del lastrico e della fondazione sulla quale probabilmente posavano le colonne del portico lungo il lato meridionale del Foro. Gli incontri dei diversi piani inclinati costituenti il pavimento del Magazzino mi- litare vi sono segnati a norma della livellazione espressa nella tav. IX. La posizione eccentrica del Tempio isolato (forse dedicato a Roma ed Augusto, come a Pola) lascia a destra uno spazio nel quale supposi il piedestallo d’una statua equestre di questo imperatore. Scala di '/,,,, - Sezione longitudinale rappresentante una serie di archi pervii e di- videnti l'una dall'altra corsia. Scala di Y, 100 . . Sezione trasversale sul braccio destro del Magazzino , esponente le 100. differenze di livello dei pavimenti. Scala di E . Pianta di una finestrella angolare, e sua fronte accoppiata colla se- zione. Scala di '/,,. . Elevazioni interne di due finestrelle angolari. Scala di '/,,. . Fronte interna e sezione di una finestrella intermedia. Scala di JL 5o. Tay. IX, - MAGAZZINO MILITARE. E TEMPLI. . Sezione longitudinale da nord a sud del Magazzino militare esponente B. D. E. H. K. PER C, PROMIS 205 l interno della doppia corsia a notte, lo stilobate del fianco occi- dentale del tempio maggiore im antis, con restituzione di tutta l'elevazione laterale, l'arco e gli stipiti ristaurati di una delle due porte interne del Magazzino, lo stilobate del fianco occidentale del tempio minore prostilo con restituzione di tutta l'elevazione laterale, ed infine la sezione del muro dividente l'area del Magazzino da quella che probabilmente appartenne al Foro. Il profilo del pavi- mento vi è dedotto dalle rispettive giaciture orizzontali esistenti e conosciute del Magazzino e dei due Templi. Le parti in tratteggio con quelle toccate a mezza macchia esistono ; quelle indicate con contorno semplice sono rappresentate in ristauro. Scala di '/,,. Profilo verticale esponente il sottozoccolo, lo zoccolo e la cimasa dello stilobate, l'ipobase e la base ancora esistente del Tempio in antis, nonché la loro struttura, ogni cosa misurata sul tratto meglio conservato. Scala di '/,;. . Saggio dello stilobate e della base: loro costruzione in emplecton , opera quadrata e triangolare ossia prismatica, Scala di '/;,. Saggio del muro in grandi massi quadrati di tufo, formante il lato postico del Tempio prostilo e separante il Magazzino militare dal Foro. Scala di */;,. Stato presente dello stilobate del Tempio prostilo come esiste nel lato occidentale. Scala di '/;,. Stilobate, base e rocchio di colonna del Tempio minore prostilo, in uno colla sua struttura. Scala di '/,;. . Fuga e taglio di un canale in tufo bianco per raccogliere le acque piovane nelle cunette del pavimento del Magazzino militare. Scala di ‘a. Rocchio di colonna addossata per due terzi, trovata fuori d'opera. Scala di "ho, Rocchio di colonna scanalata, forse addossata anch'essa e trovata fuori d'opera. Scala di '/;,. Tav. X. - TEATRO. . Pianta del Teatro ristaurata a norma dei ruderi visibili oppure sco- pertivi negli scavi fattivi nel 1838. La tinta. nera indica le parti fuori terra o scavate; quella media significa le parti distrutte, ma Gi y D. G. i D. Sezione del saggio anzidetto dimostrante lo stato presente della base, rs H. K. EC p. 206 LE ANTICHITÀ DI AOSTA simmetriche alle altre, epperció di esistenza certa; le parti instau- rate , come dovevano stare probabilmente, sono indicate in contorno semplice. Scala di '/,,,. Stato presente del lato meridionale. Scala di '/,;,. Elevazione interna delle muraglie sostenenti le gradinate dello Spe- ctaculum , secondo un piano verticale secante condotto per Parco F. Scala di '/,,, . Elevazione interna del muro rettilineo posteriore alla scena ed alle deambulazioni, secondo un piano verticale ad esso parallelo. Scala di "is A . Elevazione esterna delle scomparto segnato F in pianta, scoperto sino al pavimento della via che circuiva il Teatro. Scala di */,,s, . Elevazione interna dello stesso scomparto. I modiglioni collocati sopra il terzo ordine di luci sostenevano le travi di una impalcatura in legno. Scala di '/,;, Profilo sull'asse verticale di una qualunque delle tre luci centrali ed esprimente eziandio il contrafforte interno e l'esterno. Scala dae. Imposta degli archi inferiori nelle figure E, F, G. Scala di */,,. Cornice sulle tre luci rettangolari nelle stesse figure. Scala di '/,,. Tav. XI. - ANFITEATRO. . Pianta dell'Anfiteatro. Il nero significa le parti fuori terra in uno con quelle state scoperte nello scavo che vi aprii nell’anno 1838 (Vampiezza del quale si può vedere nella tav. 1H), estendendolo simo al centro dell'edificio per venir in chiaro se l'arena avesse contenuto delle cavee per le belve e per l'acqua, come nel Colosseo e nell’ Anfiteatro di Capua: ma lo scavo non fruttò altro che un pilastro , segnato in nero, posto sulla seconda periferia dei muri. Il tratteggio significa le parti ristaurate a norma della simmetria: le parti lasciate in bianco hanno la certezza che nasce dalla indu- zione e dal paragone di edificii simili. Scala di.0,003 per 1000. Sezione sopra un cuneo dell'Anfiteatro. L’ambulacro sostenuto dalla volta a botte separava l'ima dalla somma cavea, Scala di ' hos . Saggio di elevazione esterna. Scala di 1,015 per 1000. il maschio intermedio del fusto, l’ imposta, il capitello e Parchitrave. Scala di 0,015 per 1000. cup £ A. oO m PER C. PROMIS 207 Elevazione del capitello di miglior sagomatura fra gli otto esistenti. Scala di '/;s. Fianco dello stesso. Scala di '/,;. Proiezione orizzontale dello stesso. Scala di '/4. . Imposta. Scala di */,5, Tav. XII. - ARCO ONORARIO. Fronte occidentale dell'Arco onorario nello stato presente. A sinistra è segnata l'altezza alla quale giungeva il pavimento antico, imme- diatamente sotto gli stilobati. 11 tratteggio indica il pavimento mo- derno; a destra è rappresentato lo scavo che lasciò scoperte le sottofondazioni. Scala di '/,. . Lato meridionale dell'Arco onorario. Scala di '/s.. . Sezione dell'Arco, supposti conservati tutti i cunei del volto, i quali sono in parte ristaurati con mattoni intonacati. L'edificio invece di essere interrato, come tutti gli altri, è in parte scalzato. Scala di '/,, Tav. XIII. - ARCO ONORARIO. . Pianta dell'Arco onorario secondo un piano orizzontale passante per glimi scapi delle colonne e parastate. Vi è segnata la struttura in massi di puddingo. Scala dui oss Zoccolo, dado, cimasa e piovente dello stilobate. Scala di '/,;. Ipobase e base delle parastate. Scala di '/,;. . Capitello delle parastate e loro trabeazione formante l'imposta dell'arco. Scala di '/,. . Saggio frontale e profilo del doppio archivolto. La sua gola diritta estrema era intagliata d'ovoli, de' quali ora appena si riconoscono le traccie. Scala di */,;. . Base ed imoscapo delle colonne. Scala di */,; , Sommoscapo e capftello delle stesse. Scala di '/,;. Gran saggio frontale della trabeazione, per la quale fu da me ab- battuto a martello l'intonaco moderno, che investe tutte le cornici, per iscoprirne la forma primitiva. Scala di '/;. Profilo verticale della trabeazione, unitovi uno de’ suoi otto aggetti. Scala di '/;s. 208 LE ANTICHITÀ DI AOSTA K. L. M. Sezione verticale del capitello condotta per una diagonale dell'abaco. Scala di '/,;, Proiezione orizzontale del cornicione sopra un piano passante pel fregio all'angolo nord-ovest. Scala di '/;,. Saggio frontale della trabeazione esponente la porzione coprente uno de’ quattro intercolonni minori. Scala di 0,033 '/, ossia di '/,, Tav. XIV. - IL PONDEL. Pianta del passaggio coperto del ponte a doppia via detto il Pondel, prodotto da due piani orizzontali passanti per le feritoie. Non fu posta la pianta al nascimento dell'arco essendo di per sè evidente. Scala di 0,006 per 1000. . Elevazione settentrionale, ossia a valle del torrente, del quale il pelo delle acque estive trovasi a m. 56,20 dal pavimento supremo. Scala di 0,006 per 1000. . Sezione verticale passante pell'asse dell'arco e prospiciente a sera. Scala di 0,006 per 1000. . Colmo dell’arco, modiglioni, iscrizione, fascia accusante il pavimento inferiore e finestrella a fior di essa per gli eventuali servizi di ri- stauro. Scala di */;,. . Porta della galleria a destra nelle figure 4, B. Scala di '/,,. . Veduta prospettica interna della galleria. Sezione verticale della finestrella segnata in D pel servigio della fabbrica. Scala di '/5,. . Sezione orizzontale di una feritoia, Scala di */;,. Elevazione interna della medesima. Scala di '/;. Sezione verticale della medesima. Scala di '/,,. FF PER C. PROMIS 209 INDICE DE CAPITOLI Car. T. Esposizione delle ricerche sinora fatte circa la storia J : ed i monumenti dell'antica Aosta..... hope pee ag. 1 » LI SO QUU COD UL MOSES IO ME ere » LI » TIL S 1. Zscrizioni della Città e Valle d'Aosta ........ » 26 S 2. Iscrizioni spurie di Donnaz...... VIT I ad: 3. «37 » IV." 1. Labelle votive a GO) "PORNO es na ve » 61 Sra: Tabelle SDUrie OSOS pele E EE RER UR Ed » 78 » V. Strada romana da Ivrea ad Aosta e da questa città all'alpe Graia ed al Sommo Pennino: S Du doren du sos ais sva os on SON AN E pL qum | S 2. Da Aosta all'alpe Graia (Piccolo S. Bernardo) » 115 S 3. Da Aosta al Sommo Pennino (Gran S. Bernardo) » 120 » VI. Pianta della città d' Aosta come si trovava nell’anno 1838, coi ruderi di romani edifici e colle mura , TOTI i OCCHI WE Adal CR IR DS MEL) ane Der tu, » Vil. S 1. Porta Pretoria nello stato presenie....,...... y 142 S3: Facciata nello stato presente. sos... » 146 S S » VII. Magazzino militare, Templi in esso contenuti e lato IS j J I 5 F OOUE Qd IPIE S De III IRAN O) 4. Restituzione della porta Pretoria .............» 152 AA DOO ROIO e ees à de Iud 29 ATO: D'ART Ores eee MORE URL PIG da SOP et ee ene EMIT » 164 » CAIRO I TIBOO ICONE n CIA IS » + 168 VE ROUE ON O PATIO SRO REDINI PRIMES » 194 » XII Ponte a doppia via detto il Pondel...............» 192 | Indice delle XIV tavole............ Vou dac. T MO TD Serie IL Tom. XXI. 27 SE RADA ROMANA . F Ji vs iE Pe atts pak Ceri Tua) Tix GE ra BN n 3 Y. g ~ lb, à Il SS vs d n aM LE OA T i *c A TT | = SINE AT i 4 UU po aN | | | = But lit Ji NN Si << \ SS B N SS Da à D STRADA ROMANA. | | Le a W 7 Be — E TEIL "es" NO oo ~ i | iN yy | Lul * B i ho i i T. Il PIANTA D'AOSTA. Nord PRESO p ms "ee — TL o ri y 8 A RL DE ESE LL USE uec suo, Lig: [ume T ra Ra LAP ING Dua aie SOC Gru dea mela SUIS REI E SN agn Uca DG ES : 33 l N NN i i i ' EFTE = i Neal A h 4 | L i | SOR t | " s 1 ' 1 i | ROSI | i d cata E E E M ELT LE sa es eiiam s e a=. Ba Se Me b cr === ss DM ai SES - - - = B = == r | Ep | | ms] 7 $ i i T m À n 7 Lee A 4 i 1 | | » x = LAI da TA "ide ii " i HOTELS E DE RII C - m i i 1 | i ZAR zl te algo rta rase TESTE Á = | e L| H | Liste df ase lane e Luci E 3 È | 3 Le SS — —— nn (7 EL a ae A STESO b sp Bie Wd ODA FRS RES TERE 5 aaa or ne a hae i are p 176.39 ia UDA sn MN RE LARA e RETE LORS LT LES 7 MURA E TORRI. K ny | TRE NON S s PP TTVTERTTTS 7; TuL. SS SS N S NOOO N I m hM — T : LE è H 4 [ | j | Í is a H me PORTA PRETORIA. | PEE à Le I z HS s "p == “x : | | a I | - \ VP x | ^ ar VETE SY [| M = NW EE = i a T n m iY E GG A ge i pt 19800 ne Le RY rape eater. VIII > 2 BU DE PORTA PRETORIA. Ce yy SOLE rd NN A X SN NS SS 2538 1 4 DEN -. fo ade + 7 13338 AMAA GERE Tc PI ERR i È c == p — ES M Rose = {| ge s LR EE E E 2° | a ANG Se i I "ZR EN EN A ti I E | | TE I 7 WWI | BRI BE | | il i dra | 3 j i TE TREE EET E = E TM A E : I EHI | TI HATTE HI I Pe | = 4 I ] 2 x 2-1 SE { | i | : | | | ill || i Il | | || ; E p = = Tn ERE 7 i 7 a = ] E | RAE DEN | 1 1 4 ; y T | | [ [ I nee VOTE SINNI IAS V T EM ps Es à e i zuo LS I e Ep D. eS = a F es a n RENE | i SRI EI RR DE | Lesa | EL | L | — 7r |-. SL Eco p I Eee 4 [e LES —— Y | | | Fred ! | du AA | — a i } pot T T E [ups | rf == I I I CRE AA A : ri Le em I D o Em ad i if x I 1 L | i I TN T f de vi] EFE HIC = i Lacs 1 - rt = T I Ir I F -l L H [oup ER E. 2 L mpi I-A TX PE i I ] 3 CEI RDS Lori " E ra BN E ni d €———— a - I | ETA EDY SERERE bri gu SITI Ee SU mnt. - ——— M: " f xr Sim | | | cara a ag LOI Re T rH | | | ll Es E354 | | TIR c | i T | crie = | l d x x | i È | 1 i | E iii | EI ii ou I I T 1 1 I M AA | € = | A Lal | = i = = I > “= = Eos DER EE el GEB [s [RCA ESO ATA c DE E 1 ped 4 TER ERE FS EX | E I I rq UE US; indici Pia SIRIA [pct ER 1 I beat i ER REDI ES ELO EE NEI US [dee pan: I TEA T n n I I 1 N di o NI ESS GG ES prp. LI retti td po EPS CAL: (BR rato Cito [osi = La E a === "VIdOLWdd VIMOd d Vi 89300 GRANAIO MILITARE E TEMPLI. : H LS HB (EB © EB M UU ES a2 m LL SSSSSSSSSSSSSSSSS | S i i SS SS i j b N MW A i! o M a 5 i ; | | | T NS | | | T. IX. P e GRANAJO MILITARE E TEMPLI. i pa | H — 6 — —— 4 E du i ail uds jm "e; i È | =a | Seger ) | ; T [ | 8d | | i: i p E D es | È sint br pes Yi Y i | TOM 0s nam ENT à È | > PA a n i - : | ROT W ni i TRE | 3 fr NL | | e my "III | | a Vu p iJ), | | : MM muet 27 E Us NH E i BEST TE ok : | 3331322 $ ; ; SERRA 323 3 | usd | | 5 LT 1 | ii Unos - EA i Js D i 9 io tad j AR B FC pe — i— : Aux Fi ST LOT : iagat SIPS ES i doo | | | | i ` | ði + 4 y 3 i TS = On A ae) ra | RPM SAT ne e i ' | IE" D T A TIT ) da ! D D II y er Le) ] i , Jl È ig -— : i 3 uu mu ime à 2" qu^ wem Puppe ABUS: | | > AL veh ud NA F IAS TANI WAN ; NZ Da Ne 4 Sir biais ci € TRE TENER ITI AP SECUS z PTE — T W MERE S N NS SS X NE Nat Ws IN O = LS SS K à - N a D | \ vi, BASES ES (o) = \ è | ` ÑOS [o umen es | È À (C) cum LO O OO O O OS O CELO OLO) _ n im — 986 016 p6g — o66 —— 066 —og6 — go6 — xp — ogg —ole-—olo —aig + opí—elx SER, — A RE = SR ll all PA CEA | H j 1 i | 4 À EZ I p: SIN : qas EREE Wy Tr TTT 7 D VERE Tey fe t HET Twp Wn nn mm ] degré et dE u Cw tei ee "ili E UCI EU LUTTE El FF mr DUTY, EXT A qa TL Tor [^ quem D i EXIT ul la PT at evel Il 4 E BE ERES AE EE BAT I EE 1! iV J ) ¡EN Mis! NE mn ETE PU \ “JE Non ARCO ONORARIO. U^ TT ER li I JU wg "in "lH PIT Y 4 HI I "Eu "TH TA er IL NET TT I To Il "m rmi" $i I 3 Pavimento antico UTENTE Wu Í LE I "T a MINE UT =A E A A = À - " È = - N N 7 XUL d SUD L LG | Si Ji T I È | a'ayaymyayaye 000000 0000008 (AFRZATAYAI] | ARCO ONORARIO. A 2598 al O © : 000000 AN || | 0008 77 8000000 Y 9» eli prete sg — 4 1 RCE ANA ECS JC À ICOS DESIG! CAVILLIVSC RCAIMVSPATAVINVS: NAT VAN + - 3880 p A PERDU 9 pur PONDEL. n SN I emt per y M f y ^ "o rii yr sal Ai y L / 1 H (n | / Wr AA HRA LAY. | SEA A A DÉ A 211 ILLUSTRAZIONE UNA GRECA ISCRIZIONE TROVATA IN TAORMINA AMEDEO PEYRON + Approvata nelPadunanza del 29 gennaio 1863 8902 e AI Lessa nello scorso anno in Taormina della Sicilia scoperta una la- pide contenente un greco epigramma, gli ellenisti dell’isola accorsero solleciti a trarne copia, che ciascuno pubblicò con qualche illustrazione. Parecchi di questi opuscoli mi furono cortesemente inviati dai loro autori, ma, perchè le copie qua e là variavano, e contenevano eziandio vocaboli contrari all’indole della lingua greca, io aveva sospeso il mio qualunque siasi giudizio. Ultimamente dal sig. Nicolò Camarda, Professore in Palermo, ricevei pubblicata ed a me diretta una Lettera, che offriva il fac-simile dell'epigramma Taorminese colle sue osservazioni (1). Sia lode al dili- gentissimo Professore, che; recatosi a Taormina, ricavò con giusto metodo il sincero testo dell’epigramma, e lo fece di pubblica ragione. L'epigramma è il seguente : Appt mapactdor taisde, Sapamdos toria, dryvév Bapòv Bapxratos Kapveddns Seto, Eúxpirov vios Eetveo, vemudpos, à Y Gpiodentpos TluSiag d nebou, xal Suydrnp ’Epdon, "AVI dv © xpulvovoa Ards peyauhuvyeas olxovs. Ovpdenv ors Gov eyorev del. (1) Su Pepigramma Taorminese. Lettera al sig. A. Peyron per Nicolò Camarda Prof. Liccale. Palermo 1862. Pr 212 ILLUSTRAZIONE DI UNA GRECA ISCRIZIONE TROVATA IN TAORMINA Lasciando a ciascuno dei precedenti illustratori le proprie opinioni , io proporrò la mia. Nel primo distico l'epigramma ci significa che Carneade aveva posto un'ara dut napaotior taîode. Trattandosi di un tempio non è lecito di pensare a stipiti, a pilastri volgari, e tanto meno ad una porta. Impe- rocchè Vitruvio, prendendo a divisare i vari generi di templi, stabilisce come primo quello in antis, qui graece dicitur èv mapaoraot (1). Parastadi egli chiamava quei solenni pilastri, i quali ai due angoli della fronte d'un tempio sorgono incassati nelle due mura longitudinali dell’edificio , e danno l'ingresso nel pronao. Quindi, io soggiungo, avvenne, che la parte principale dando il nome al tutto, al napacrades ed anche 6 mepaotzc fu nello stile nobile denominato l'intero pronao. Infatti Euripide narra, che Pirro stava sacrificando nella cella del tempio di Delfo , quando assalito dai Delfiesi, e vedendosi inerme, ne uscì, venne nella napactas, dove tolse armi votive che vi stavano appese, si armó, rientrò nella cella, e si difese (2). Dunque la mapaczag si di- stingueva dalla cella, e.là stavano armi ed altre offerte votive. Ma una più particolareggiata descrizione. delle rapaorddes ci sommi- nistra il magnifico padiglione di Tolomeo Filadelfo descritto da Callisseno Rodio (3). Il padiglione nel suo interno era vasto così da potervi disporre intorno 130 letti, esternamente poi gli girava attorno da tre lati una nepiotv)os ovprjé galleria peristila. Venendo quindi Callisseno a parlare del quarto lato esterno, che dava l’entrata al padiglione, lo chiama «i rapacrddes vis cxnvis le parastadi del padiglione. E narra che in queste sorgevano cento statue marmoree, poi £v taig ava pígow yopas nivanes negli spazi intermedi stavano appesi quadri. Dunque le parastadi stavano al padiglione per lo stesso uflizio e fine del pronao alla cella d’un tempio. Che se nella loro lunghezza si era osservata la proporzione che Vitruvio stabilisce tra il pronao e la cella d’un tempio (4), le parastadi dovevano é E in RU ghezza siare al padiglione come 3 al 5. $ 8 Parimente Sesto Empirico chiama napactas la gran sala, che in uno stabilimento di bagni precede ai bagni medesimi; quando vi entri, egli £ f 1) Vitruvio. III. 2. (2) Euripide. Androm. 1191. (3) Presso Ateneo. V. 25. (4) Vitruvio, IV. 4, PER AMEDEO PEYRON quid dice, tu senti caldo, ma quando uscito dal bagno vi rientri tu senti | fresco (1). i Anche nei grandi palagi noi incontriamo la parastade. Infatti Vitruvio, venendo a parlare de aedificiorum. urbanorum partibus graeco more, e cominciando dall'entrata scrive: ab ianua introéuntibus....... ex una parte equilia , ex altera ostiariis cellae , statimque ianuae interiores fi- niuntur; hic autem locus inter duas ianuas graece Supopeioy appellatur. | Deinde est introitus in peristylium ; id peristylium in tribus partibus habet porticus , inque. parte quae spectat ad meridiem duas antas habet inter se spatio amplo distantes ..... et quantum inter antas distat , ex eo tertia dempta , spatium. datur introrsus; hic locus apud nonnullos pocta , apud alios napastàs nominatur (2). Seguendo l'autorità de'classici d dico che Phic locus nelle case volgari si appellava rpooràs, ma nei pa- i, le cui parti si volevano nobilitare, si denominava napactas; ed laz infatti Euripide, parlando del palazzo di Adrasto, adopera il vocabolo nupuotades (3). Adunque anche nei palazzi la mopactas era quella sala, ] che immediatamente precedeva la parte interna nella quale abitava la famiglia. Dalle cose sin qui discorse risulta, che ai mopactades sono i pilastri, ma specialmente quei due, che negli angoli della fronte d'un tempio si innalzavano per sostenere l'architrave. E siccome davano l'entrata nel pronao, e probabilmente altri pilastri quinci e quindi conseguitavano incassati nelle mura del pronao, perd avvenne che il pronao intero fu d denominato gi ropacrades ; la parte diede il nome al tutto. Inoltre, invece | i 2 a x n i del plurale, si adoperò pure il singolare % napaotds, che tradurrei Ja l ! pilastrata. © » \ Posto il valore del vocabolo napactas e del suo plurale napactades , | niuno dubiterá che nell'epigramma Taorminese le parole ¿v mapastaiot rairde equivalg ano a dire in questo pronao, ed annunzino che quel tempio di Giove aveva un pronao, nel quale di. i devoti ergevano are ed appen- devano offerte votive. pi Prosegue lepigramma a dire, che quelle parastadi erano Zapaniðos soria la sede di Serapide. Niuno che abbia letto poche pagine di Pausania (2) Vitruvio. VI. 7. i È d (1) Sesto Empirico Pyrrh. I. 110. II. 6. T i | (3) Euripide Phoen. 418, | e — 214 ILLUSTRAZIONE DI UNA GRECA ISCRIZIONE TROVATA IN TAORMINA farà le meraviglie in sentendo, che la cella era sacra a un dio, ed il pronao ad un altro. Imperocchè gli antichi ergevano un tempio ad un dio loro patrono, poi col progresso degli anni ossia perché questo piü non capiva le sacre offerte, ossia perché si volevano soddisfare altri culti, si ingrandiva costruendo altri edifizi sacri ad altri dei od eroi. Se non che nel caso nostro la consociazione di Serapide con Giove nello stesso tempio era consigliata da ragioni mitologiche. Io le esporrò, e, prescin- dendo affatto dal Serapide egiziano (seppure esistè un Serapide Faraonico), toccherò brevemente dell’origine del Serapide greco e romano, e così mi lastricherò la via a dir poi dell’antichità della lapide Taorminese. Il primo de’ re Tolomei, siccome narra Tacito (1), fu quegli che dal Ponto introdusse in Egitto il dio Serapide, e gli innalzò un tempio in Alessandria. D'allora in poi sui monumenti Tolemaici Serapide comparve associato ad Iside, ma più sovente a Giove, sinchè Epifane , volendolo nobilitare vieppiù, lo qualificò Giove Sole grande Serapide (2). Collo stesso zelo proseguirono i Tolomei successori a promuovere e diffondere il culto del nuovo dio, cosicchè nel secondo secolo dell'éra cristiana si contavano 42 templi in Egitto dedicati a Serapide (3). Nè a ciò contenti introdussero pure nella Grecia la nuova divinità ; infatti Pausania attesta che Atene ricevette Serapide da uno de’ Tolomei, ed a Sparta era pure un tempio yewratos recentissimo sacro a Serapide-Giove (4). Bensi gli uni paragonavano, anzi confondevano, il dio con Esculapio, ed altri con Dite, ma, al dir di Tacito, plerique Jovem, ut rerum omnium potentem , coniectant (5). Seguendo tal opinione il retore Aristide cosi celebrava le lodi di Serapide: Egli impera sovrano in cielo, in terra, mel mare e nell'orco, perchè tutto è opera di lui. Egli in sè solo riunisce la potenza di tutti gli dei; il suo tempio cuvéyet xol xocpist comprende ed adorna i templi tutti dell'orbe; epperò gli uomini lui solo adorano siccome quello che in sé compendia tutte le divinità (6). Adunque il Serapide greco e romano, di origine straniera all'Egitto ed alla Grecia (7), fu un dio creato e messo al mondo dai primi Tolomei, (1) Tacito Histor. V. 83. (2) Letronné. Inscript. de l'Égypte. I. pag. 155 seg. (3) Aristide. Orat. in Serapim. (4) Pausania, I. 18. 4. 111. 14. 5. (5) Tacito. cit. |. (6) Aristide. cit. Orat. (7) Tal era pure Popinione di Plutarco, di Macrobio, di Clemente Alessandrino e di altri ; vedine le citazioni presso Jablonski, Pantheon Aegypt. Y. cap. 5. PER AMEDEO PEYRON 315 patrocinato e diffuso dai loro successori non solamente in Egitto, ma ancora nella Grecia. Primieramente associato a Giove si levó a fama ed ottenne adorazione e culto, poi si sostituì in sua vece, ed usurpò gli attributi e gli onori dell’Olimpo intero. à Come Roma estese sull'Egitto il suo dominio, Serapide venne pure a Roma, donde il suo culto si estese nell'orbe romano. Dalla celebrità del nuovo nume eccitati i Taorminesi, vollero anche essi possedere Giove Serapide. Che fecero? Nell'antica sua cella lasciarono Giove, e nelle parastadi, come in sua sede, collocarono Serapide; cosi che l'intero edifizio, anche materialmente, diventava sacro a Giove Se- rapide. Le parastadi allora saranno state ristorate ed abbellite; imperocché fra i nuovi abbellimenti, onde si ornavano le antiche città, Senofonte annovera i templi e le parastadi (1). In queste Carneade collocò la sua ara. Egli si professa Bapxaios. I Barcei, popolo della Libia, così detti da Barce città della Cirenaica , ebbero da antico relazioni coi Greci, delle quali parla Erodoto (2). Fra i dieci competitori nella corsa dei carri nei certami Olimpici Sofocle annovera dio Aifves due Libii, che poco stante chiama Barcei (3). Pindaro consacra la sua ode nona Pitica a celebrare Telesicrate Cireneo, che aveva vinto il premio nell’Olimpiade 75, e dallo Scoliaste sappiamo che il medesimo riportò una seconda vittoria nell'Olimpiade 77. Carneade si dice Edxpitov vios Eetveo figlio di Eucrito straniero ; il padre adunque era rimasto a Barce, ed il figlio colla famiglia si era domiciliato in Taormina. Inoltre Carneade si qualifica veoxópos. Al dire di Firmico Materno, Serapidis simulacrum Neocororum turba custodit (4). A Carneade nella sacra offerta si unirono la moglie e la figliuola. La moglie era IuSds d xelvov Pitia di lui, cioè di Serapide. So che nel Serapeo di Memfi erano due gemelle addette al servizio del dio per com- piere le grandi liturgie (5), ma che il Serapide greco e romano avesse una Pitia mi giunge nuovo ; ciò tuttavia è coerente colle altre usurpazioni (1) Senofonte. Hieron. XI. 2. (2) Erodoto. IV. 160 seg. (3) Sofocle. Electr. 703. 729. (4) Firmico. II. 7. IV. 7. (5) Papiri greci del Museo Britannico illustrati da B. Peyron nel vol. III, serie II delle Memorie della R. Accad, di Torino. 216 ILLUSTRAZIONE DI UNA GRECA ISCRIZIONE TROVATA IN TAORMINA del dio. Imperocchè da Tacito poc'anzi citato sappiamo, che alcuni confondevano Serapide con Esculapio, ed-infatti Cicerone ed Aristide (1) parlano dei sogni di Serapide; egli aveva adunque invaso gli attributi d'Esculapio chiaro per li sogni che mandava. Ma che egli rendesse pure oracoli a chi vegliando lo consultava, io lo ricavo da due iscrizioni (2), nelle quali fralla gerarchia de’ suoi ministri si annovera un tepogaves. toi weydhou Zoporidos. Il tepópovos esser doveva quegli che bandiva La sacra voce del gran Serapide. Che se egli aveva pur usurpato il privilegio del fatidico Apollo Delfico nel rendere oracoli , perché avrebbe mai ricu- sato di possedere fra’ suoi ministri una Pitia? Le parole dell’epigramma non ammettono dubbio. La figliuola poi di Carneade sta cosi descritta nell'epigramma: Suyarng Epoo, dv? av © xpatvovex Arcs peyadadbysas otros. So che l’av36v, letto come una sola parola, fu spiegato florum. Ma da che mai sia retto questo genitivo io sintatticamente non lo vedo. Inoltre l’uffizio di governare i fiori nelle inclite case di Giove suppone un giardino a fiori, una serra, e tal femminina concupiscenza dei nervi olfattorii di Giove, che è inudita in tutta l’antichità. Laddove, se separiamo dS’ dy, il verso viene a dire che la figlia Eraso sosteneva le veci dei genitori nel governare le ma- gnifiche case di Giove. La sintassi del verbo xpatvety presso Omero è quella dell’accusativo della cosa, e del dativo della persona ; il dativo poi nota pure in onore di qualcheduno (3). Il terzo verso, nel quale le quattro parole Edxptrov vies Éelveo vewxcpos sono altrettanti piedi, non consolati da cesura alcuna, cammina arran- candosi colle grucce. i Quanto al Svpdpuy dell'ultimo verso osservo, che in Omero, oltre a Supiipüc, abbiamo Sop.opás di pari significato, ma con diverso accento in grazia della sua derivazione (4). Questo nel suo accusativo singolare dà ionicamente e doricamente Svpapéa, ma l’autore per far il verso ricorse alla forma eolica e beota in x», epperd il Suuapnv esser dee baritono (5). Così in questi pochi versi abbiamo dovizia di dialetti. Dalle osservazioni premesse deriva la traduzione seguente : Intorno (1) Aristide, cit. Oratio. Cicerone, de Divin. IL 59. (2) Boeckh. Corp. Inscrip. n.° 4684. 6000. (3) Matthia, Gram. Grec. $ 387. 2. (4) Etymolog. M. 458. 25. (5) Ahrens, de Graecae ling. dialectis, Y. p. 15. 113. 905. pu - - TT csc eis 0 PER AMEDEO PEYRON 217 a queste parastadi, sede di Serapide, pose una sacra ara Carneade Barceo 5 Jigliuolo dello straniero Euerito, Neocoro, unitamente alla moglie Pitia di lui, ed alla figlia Eraso, che invece dei genitori governa ad onore di lui le magnifiche case di Giove. Godano essi sempre una soddisfacente felicità di vita! Da ultimo venendo all’antichità dell’ iscrizione dico, che il solo nome di Serapide venerato in Taormina mi basta, perchè il pensiero si porti alPultimo secolo della repubblica romana. Avevano alcuni privati aperto in Roma sacri edifizi a Serapide, ma il senato, che poco stimava quel dio, li fece demolire nell’anno yor. Altri ne sorsero in loro vece, ma nuovamente furono distrutti per ordine degli aruspici (1). I triumviri dipoi avevano decretato bensì un tempio a Serapide e ad Iside; ma guari non andò che Agrippa allontanò tal culto da Roma (2), e Tiberio, non contento di aver proibito i riti egiziani, ne perseguitò i divoti (3). Mentre il culto di Serapide era contrastato, e talora perseguitato in Roma, quale sarà stata la sua sorte nelle provincie ? Ciò dipendeva dai proconsoli , ma certamente un culto pubblico, solenne ed aggregato a quello di Giove in un antico suo tempio, non si radicó così presto ; giacché consimili culti talora si eliminavano anche da tutta l'Italia (4). Siccome poi i caratteri dell’ iscrizione , tutti bellissimi e regolari , ap- partengono ai primi secoli dell'éra cristiana, diremo che in uno di questi secoli Carneade, venuto da Barce e rendutosi Neocoro nel tempio di Giove Serapide in Taormina, sciolse colla moglie e colla figliuola il voto. (1) Dione Cassio, XL. 47. XLII. 46. A questo tempo si riferisce il fatto di Paolo Emilio narrato da Valerio Massimo 1. 3. 8. (2) Dione. XLVII. 15. LIV. 6. (3) Svetonio Tiberius, 36. Tacito, Annal., II 85. Giuseppe Ebreo, XVIII. 3, vedi anche Tertulliano, Apolog. cap. 6. (4) Tertulliano, cit. 1. PROG Serie II. Tom. XXI. 28 eroe MEC mmu, E entes i TENIS q | | | i | | Mj ! | — —__— oh ps — n i 219 1 DELLA VITA E DE’ LAVORI SCIENTIFICI DEL Conte ALBERTO FERRERO DELLA MARMORA | | DISCORSO | pronunziato \ DAL Contre FEDERIGO SCLOPIS VICE-PRESIDENTE DELL’ ACCADEMIA iL 25 DICEMBRE 4863 Letto ed approvato nell'adunanza del 23 dicembre 1863. | Pic mercè del favore de’ vostri suffragi io mi trovo collocato in | | questo seggio , al quale per nessun titolo se non per quello della vostra benevola indulgenza io poteva aspirare, voi riconoscerete con me che in i nessun miglior modo potrei inaugurare l’esercizio dell’onorevolissimo oficio a me commesso, che col ricordare i pregi di quel preclaro e compianto nostro Collega che in tale oficio mi ha preceduto. Così rammentando que’ pregi io ne trarrò ammaestramenti e consigli, e rientrando per così dire in quell'amorevole consorzio da cui la morte ci ha divelti, noi ritroveremo un'ombra quasi della perduta dolcezza, un nuovo argomento di apprezzare quell’uomo che tanto abbiamo riverito ed amato. | Io non mi attenterd certamente di scrivere la vita, o di dettare l'elogio | del Generale Conte Alberto Ferrero della Marmora; né la ragione de’ , miei studi mi consentirebbe di esaminare la svariata serie de' suoi lavori, né la misura del tempo che ora vi posso impiegare vi si accomoderebbe. ) i Di alcuni tratti prominenti della qualità dell'animo e dell’ ingegno di | | lui io intendo soltanto parlarvi, i quali credo a voi parranno , come a i kien mir rió | 220 DELLA VITA E DE LAVORI SCIENTIFICI DEL CONTE A. F. DELLA MARMORA me. sembrarono, degni d'essere particolarmente considerati. LL’ indole complessiva dell'uomo trasparirà forse meglio da essi di quello, che si mostrerebbe esponendo replicate induzioni e moltiplici citazioni. Schiettezza d'animo , solerzia di mente, perseveranza di lavoro erano le caratteristiche, se così è lecito il dire, di Alberto Ferrero Della Marmora. Non istituito specialmente nella gioventù per la coltura delle scienze e delle lettere, egli afferra la prima occasione che gli sì presenta per imparare diremo quasi ed insegnare ad un tempo. Viaggiava egli nell’ isola di Sardegna col vago disegno di ricerche ornitologiche, e vi diventa archeologo e scopre ed illustra preziosa antichità e sopratutto i Norachi, vasto soggetto di profonde investigazioni, e gli avanzi dell’antica Solci nella penisola di Sant'Antioco. Allo spontaneo desiderio che lo aveva spinto in Sardegna succedeva la sventura che cold doveva fermarlo; a questa tennero dietro replicate missioni amministrative, onde la destinazione ad esilio si trasformò per lui in incumbenza di governo. L'adagio greco Snaprav îNayes tadrav xcoper, per lui si avverò ap- puntino. Egli rinvenne nell’ isola di Sardegna la sua Sparta, ed impiegò la miglior parte della sua vita nell'adornarla. Egli non risparmiò disagi, spese, fatiche, pericoli per far conoscere al mondo sotto il migliore aspetto quella nobile, ma fino allora poco esplorata, regione. S'addentró nelle indagini geologiche , non trascurò lo studio de’ costumi del popolo, e svolto per ogni verso il suo tema, pub- blico, oltre le estese descrizioni, che comparvero sotto i titoli di viaggi e di itinerari, la sua gran carta geografica dell’isola, e la speciale carta geologica di essa, che gli costò ardue fatiche e non lieve dispendio. D'animo veramente signorile Alberto Della Marmora non mai ricercava di ritrarre lucro dalla sue produzioni , ché anzi egli di censo meno che mediocre largheggiava nello spendere, affinchè nitide fossero le sue stampe, correttissime le sue incisioni, e così amendue corrispondenti a. quella estrema esattezza a cui bramava sempre di giungere nelle osservazioni dei fenomeni naturali, nell'applicazione dei calcoli , e nella critica dei fatti storici. Cotesta illustrazione. dell’ isola di Sardegna fu l’occupazione non mai dimessa di quarant'anni della sua vita (1820-1860); egli, per valermi delle sue proprie parole, abitò, visitò, scorse ed anche governò quel paese dal 1819 al 1855, talvolta ricoverato in una capanna di pastore, DISCORSO DEL CONTE SCLOPIS 221 o di pescatore, talvolta nascosto de’ giorni intieri sotto una rocca o sotto un albero sulla vetta d’un monte dove aveva collocato la sua stazione trigonometrica , talvolta infine ricevendo la ospitalità nelle dorate sale d’un palagio dove a sua volta egli venne poi chiamato ad esercitarla in altrui favore come rappresentante del Governo nell’ Isola (1). Il nome di Alberto della Marmora resterà indelebilmente scolpito ne’ fasti della Sardegna, il cui popolo, notiamolo a significazione d'onore, non volle, come spesso accade, trasmettere intatto il debito della rico- noscenza ai posteri, ma decretò al nostro Collega vivente quegli onori, che dimostrano non meno la intelligenza che la giustizia di que’ che li rendono al merito incontestato. Non altrimenti che per effetto di alcuni casi impreveduti la Sardegna divenne l'occasione, la causa, lo scopo di perseveranti lavori di Alberto della Marmora , l’archivio delle carte della di lui famiglia fornì a lui il soggetto di accurati ed interessanti studi storici negli ultimi anni della sua vita. Scorrendo quelle carte, che molte ed assai rilevanti erano , poichè la Casa dei Ferrero è tanto antica quanto illustre per i servigi resi allo Stato, gli avvenne di scoprire un carteggio diplomatico tenuto da un suo antenato , ambasciatore di Savoia a Parigi nella seconda metà del secolo XVII, dove molto si discorreva delle vicende veramente cu- riose di Carlo di Simiane marchese di Pianezza. Invaghitosi di tale soggetto sì pose egli tosto sul ricercare tutto che potesse riferirvisi, e giunse a capo di compilare curiosissime relazioni d'uomini e di affari di cui troppo scarsa notizia s'aveva in Piemonte, dove per lungo spazio di tempo molto si operava e pochissimo si scriveva. Le wicende di Carlo di Simiane narrate con scrupolosa attenzione da Alberto della Marmora racchiudono memorie recondite delle Corti di Carlo Emanuele II di Savoia e di Luigi XIV di Francia, degne di essere ricercate dagli storici, e che ci richiamano in certa guisa a costumare con quegli uomini e con quei tempi. Per concatenazione di fatti e per affinità di caratteri fu mosso quindi il nostro Collega a raccogliere le notizie della vita e delle geste militari di Carlo Emilio San Martino di Parella, e la pubblicava col titolo di Cronaca militare anedottica delle guerre succedute in: Piemonte dal 1692 al 1706. E provava il La Marmora una singolare delizia come vecchio (1) Itinéraire de Vile de Sardaigne pour faire suite au voyage en cette contrée, par le comte Albert De La Marmora. Turin, 1860, tom I, p. XII. | | À 222 DELLA VITA E DEI LAVORI SCIENTIFICI DEL CONTE A. F. DELLA MARMORA soldato nel riandare quella tempra di ferro, quella bravura arrischiata , quella devozione costante, sebbene talvolta un po” spavalda, dei vecchi Piemontesi che, guidati dai Principi della Casa di Savoia, giunsero a preparare i destini della gran Potenza italiana. Nel porre in luce que- stopera il nostro. Collega con veridico presentimento prendeva commiato dagli studi e dalla vita volgendo e dedicando alla studiosa gioventù mi- litare italiana quel forse ultimo frutto de’ suoi ozi senili e delle studiose sue ricerche (1). Antico militare e veramente prode, Alberto della Marmora, per le abitudini della milizia, era fazionato a quel procedere fermo e tranquillo che sa misurare come affrontare i pericoli, e che non si lascia smuovere da pensati propositi, nè sedurre da lusinghiere apparenze. Grande era l’amore ch’egli portava all’ Italia, amore che gli scaldava il petto anche prima che una speranza di risorgimento rifulgesse agli Italiani ; grande fu in lui il desiderio di cooperare alla rivendicazione dei diritti dell’ Italia oppressa, desiderio adempiuto nelle varie missioni militari che gli furono affidate. Ce n'est pas, Sire, le désir d'avancement et d'honneur , scriveva egli al Re Carlo Alberto il 31 marzo 1848, qui me fasse faire cette démarche ; jose me flatter que Votre Majesté me connaít assez pour ne pas sy méprendre; ce n'est pas à un commandement que j'aspire, mais à l'honneur de combattre, et pour épargner à ma vieillesse un cuisant et éternel regret, celui de ne pas avoir dié appelé sous les drapeaux de Votre Majesté dans la sainte et généreuse croisade qu'elle conduit en ce moment. Aderì il Magnanimo Principe alle preghiere del vecchio soldato, ed Alberto della Marmora fu mandato nel Veneto, dove se l’ indipendenza italiana avesse potuto pure allora per forza di braccio italiano estendersi e stabilirsi, certo si sarebbe colà estesa e stabilita per quello del nostro Collega. Ridottosi poi per l'età grave ad onoratissimo riposo dalle fatiche delle armi, ed entrato a far parte del Senato egli compié l'oficio di Senatore colla stessa diligenza, colla. stessa franchezza di’ sentimenti che aveva mostrato nel militare servizio. Intento sempre a promuovere ed a rassodare la gran causa italiana, (1) Questo libro uscì alla luce sul principio del corrente anno 1863, e pochi mesi dopo l'autore moriva. 1 DISCORSO DEL CONTE SCLOPIS 223 egli svelava i pericoli, condannava gli errori che potévano renderne dubbioso od almeno tardo il trionfo. Non si abbandonava a que' facili entusiasmi, che per lo più riescono ad essere rovinosi o ridicoli , ma sapeva che per condurre a termine l'alta impresa è d'uopo volere forte- mente , oprar giustamente e perseverare lungamente. E la voce di lui in Senato era ascoltata con rispetto; la bontà dell'uomo aggiungeva autorità | alle parole dell’oratore. | Tutti coloro che ebbero la sorte di trattare frequentemente col Ge- ) nerale. Alberto Della Marmora hanno dovuto Scorgere in esso la unione tanto più felice quanto meno frequente di-un giudizio austero con un | sentire delicato. ! Come sul suo viso, atteggiato non che di serietà di mestizia, spuntava Spesso, quasi furtivo, un sorriso per lo più affettuoso, talvolta tinto di un colore di festiva ironia, così dal suo labbro e dalla sua penna usci- vano frizzi ed arguzie, che se talvolta parevano contrastare colla gravità di soggetti di cui egli si occupava, aggiungevano però spesso efficacia al suo dire. { L'animo di Alberto Della Marmora avvezzo fin dalla gioventù a di- \ sprezzare ogni maniera di pericoli, a sopportare ogni specie di disagi , À si piegava pur facilmente alle tenere impressioni di puri ed affettuosi i sentimenti. E qui vi addurrd a tal jeté ns un particolare che ora mi ij torna ac erbo e soave. À mezzo ottobre dell'anno scorso Alberto Della Marmora rinveniva i» fra le sue carte un suo scritto di antica data; il guerriero di Wagram, 25 anni affidava a quei fogli l’espressione di un affetto che dominava il suo cuore. di Lutzen e di Bautzen, di Egli mi faceva dono di quella rivelazione di un intimo pensiero, ed (3 io la riceveva come pegno prezioso di una carissima amicizia. Ora credo che il farvene cenno, chiarissimi Colleghi, possa anche conferire all'elogio dell'animo e del cuore che la dettava. Quello scritto I s'intitola la /Vuit des morts de l'an 1814 ; ed è un lamento per la per- À dita di persona cara, scritto ad imitazione delle notti di Young, che in que tempi erano ancora alla moda, esposte con un candor d'anima ed | una verità di sentimento che non si possono dimenticare. | Nella nostra storia letteraria Alberto Della Marmora sarà adunque considerato come il Pausania della Sardegna, ma tanto superiore al Greco ì | nella varietà e nella profondità delle dottrine, e nella severità della critica, | | | | | | nn 224 DELLA VITA E DEI LAVORI SCIENTIFICI DEL CONTE A. F. DELLA MARMORA que quanto oggi più esteso è il campo delle scienze naturali e delle dottrine storiche da quel che era diciassette secoli: addietro. Ad esso è pur dovuta particolarissima lode per essere stato primo ad arricchire la Storia Piemontese del secolo XVII di accurate ed in- teressanti memorie anedottiche, prendendo appunto il vocabolo nel pretto senso- della sua greca origine, vale a dire di cose non divolgate. Tale lo avranno i posteri. Ma a noi rimangono ben altre rimembranze di lui. Noi ricorderemo quel suo vivissimo amore del sapere, quella cura di promuovere a tutto potere ogni vero progresso scientifico, quella sua assiduità nel compiere i dover accademici; noi non dimenticheremo neppure come alla gran dottrina avesse aggiunto la vera bontà, e alla bontà e facilità di costumi una urbanità ed una modestia sì grande che lo rendeva non meno caro che pregiato. Chiuderò il mio dire con una avvertenza, nella quale certamente voi mi avrete preceduto, ed intendo di quella felice alleanza dell’uomo di guerra coll’uomo di lettere, così cospicua nel generale Alberto Della Marmora, che ammiriamo anche oggi in più d'uno dei nostri Colleghi , e che tanto s'accorda coll'indole del nostro popolo. Così avvenga pel bene del nostro paese e per l'onore de’ nostri studi che frequenti si ripetano gli esempi delle virtà e della dottrina del Collega che abbiamo perduto. MES SN AA INDICE —— CLASSE DELLE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Raae della Giunta incaricata di esaminare il merito delle Me- morie presentate al concorso aperto dalla Classe per l’anno 1861 pag. v mun ce) (o pe Le antichità di Aosta; per Carlo Promis . . . . . . . . . . » I Illustrazione di una greca iscrizione trovata in Taormina; per Amedeo PERNO: RR AN eect er eme) CUBE í Della vita e dei lavori scientifici del Conte Alberto Ferrero DELLA Marmora, discorso pronunziato dal Conte Federigo Sccoris , Vice-Presidente dell’Accademia, il 23 dicembre 1863 . . . » 219 |] | | | Ve Si stampi: FEDERIGO SCLOPIS Presente. Eugenio Sismonpa | Segretarn Gaspare Gonntsio | M - ssa A —— _ SES ——— CI MM ni A A