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MONITOKE ZOOLOfilCO ITALIA!)

(Pubblicazioni italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia) ORGANO UFFICIALE BELLA UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA

DIRETTO

DAI DOTTOJil

GIULIO CHIARUGI EUGENIO FICALBI

Prof, (li Anatomia mnana Prof, di Anatomia comp.irata e di Zoologia

i.cl K, Istituto di Studj Superiori in Firenze nelJa R. Uiiiversita di Padova

Vol. XITI Anno XIII 1902

(JON STJPFLEMEN'JO (CON 19 FIGURE E 6 TAVOLE)

IN FIRENZE MDCCCCII

INDICE DEL VOL. XIII

{Anno XIIL 1902). CON SUPPLEMENTO

AWEKTENZA

In questo volume 6 contenuta la Bibliografia dell'annata 1902 e la continua- zione di quella delle annate precedenti.

I. Scritti general! di Zologia e di Ana-

tomia. Pag. 1, 97, 223. II. Evoiuzionismo bioiogico. Filogenia. Pag. 99, 224.

III. Ontogenia (Embriogenia Organo- genia). Pag. 2, 99, 224.

IV. Istoiogia. Pag. 3, 100, 225. V. Tecnica. Pag. 4, 10.3, 226.

VI. Protozoi. Pag. 25, 125, 251. VII. Spongiari o Poriferi. {Vacat). VIII. Celenterati {Vacat). IX. Vermi. Pag. 26, 125, 252.

1. Parte generale. {Vacat).

2. Platodi o Platielminti (Tur- bellari. Trematodi. Cestodi). Pag. 26, 125, 252.

8. Nematodi o Nematelminti. Pag. 26, 126, 252.

4. Acautocefali. {Vacat).

5. Chetognati. {Vacat).

6. Nemertini. {Vacat).

7. Rotiferi. {Vacat).

8. Briozoi. Pag. 26.

9. Brachiopodi. {Vacat).

10. Enteropneusti. {Vacat).

11. Gefirei. {Vacat).

12. Anellidi (Archianellidi, Oli- gocheti. Policheti. Irudinei), Pag. 26, 126, 252.

13. Incertae sedis. {Vacat).

X. Artropodi. Pag. 26, 126, 253.

1. Parte generale. {Vacat).

2. Pantopodi. {Vacat).

3. Tardigradi. {Vacat).

4. Crostacei. Pag. 26, 126, 253.

5. Aracnidi. Pag. 27, 126, 253.

6. Onicofori. {Vacat).

7. Miriapodi. Pag. 127, 253.

8. Insetti o Esapodi. Pag. 27, 127, 253.

a) Parte generale. Pag. 27, 253.

b) Tisanuri. Pag. 27, 253. c\ Ortotteri. Pag. 27.

d) Pseudoneurotteri. {Vacat).

e) Rincoti. Pag. 27.

/) Coleotterl Pag. 253.

g) Strepsitteri. {Vacat).

h) Neurotteri. {Vacat),

i) Lepidotteri. Pag. 27, 254.

k) Imenotteri. Pag. 254.

I) Ditteri e Afanitteri. Pag. 27, 127, 254.

XI. Echinodermi. Pag. 127, 256. XII. Molluschi. Pag. 28, 127, 256.

1. Parte generale. Pag. 28, 127 255.

2. Anfineuri. {Vacat).

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IV

3. Gasteropodi ( Prosobranchi. Eteropodi. Opistobranchi. Pte- ropodi. Polmonati). Pag. 127, 255.

4. Scafopodi. (Vacat).

5. Lamellibranchi, Acefali o Pe- lecipodi. Pag. 28.

6. Cefalopodi. Pag. 127.

XIII. Urocordati o Tunicati. Pag. 255.

XIV. Cefaiocordati o Anfiossidi. {Vacat). XV. Vertebrati. Pag. 49, 165, 279.

1. Parte gbnbrale. {Vacat). II. Parte anatomica. Pag. 49, 165, 279.

1. Parte generale. Pag. 49, 165, 279.

2. Tegumento e produzioni te- gumentarie. Pag. 50, 166, 279.

3. Sistema nervoso centrale e periterico. Pag. 50, 166, 280.

4. Oi gani di senso. Pag. 52, 167.

5. Scheletro e articolazioni. Pag. 52, 167, 280.

0. Apparecchio muscolare. Pag. 52, 167, 281.

7. Apparecchio cardiaco-vasco- lare. Milza. Pag. 53, 167, 281.

8. Tubo digestive e glandule an- nesse. Peritoneo. Pag. 53, 168, 281.

9. Apparecchio polmonare. Bran- chie. Timo. Tiroide. Pag. 53i 168, 282.

10. Apparecchio urogenitale. Cap- sule surrenali. Pag. 54, 168, 282.

11. Teratologia. Pag. 54, 169, 282.

III. Parte zoologica. Pag. 55, 169- 283.

1. Parte generale. Fauna. (Va- cat).

2. Pesci. Pag. 55, 169, 283.

3. Anfibii. (Vacat).

4. Rettili. Pag. 55.

5. Uccelli. Pag. 55, 169, 283.

6. Mammiferi. Pag. 169, 283.

7. Autropologia ed Etnologia. Pag. 56, 169, 283.

Appendice: Antropologia ap- plicata alio studio dei pazzi, dei criminali, ecc. Pag. 170, 284.

XVI. Zoologia applicata alia Medicina, all'Agricoltura, alle Industrie, ecc. Pag. 307.

SUNTI E RIVISTB

Di alcune recenti ricerche istologiche sulla secrezione interna nell'assorbi-

mento intestinale. Pag. 29.

Note di tecnica microscopica. Pag. 5, 103, 255.

Sugli innesti fra tessuti aniraali. Rivista dei lavori italiani dal 1896.

[G. Galeotti] Pag. 73. Ascoli C. II meccanesimo di fonnazione della mucosa gastrica umana.

Pag. 127. Delia Valle C. Ricerche sulle tenninazioni nervose della mucosa olfattiva

nei mammiferi adulti. Pag. 56. Della Valle C. Contribute alia conoscenza della circolazione sanguigna nella

mucosa nasale dei mammiferi adulti. Pag. 56. D'Evant T. Intorno alia ganesi del pigmento epidermico. Pag. 313.

Drago S. Contributo alia preparazioae dei globuli bianchi del sangue.

Pag. 5. Drago U. Cambiamenti di forma e di struttura dell'epitelio iatestinale

durante I'assorbiraento dei grassi. Pag- '^'d. Minervini R. Modificazioni del metodo di Weigert per la coloi-azione spe-

cifica del tessuto elastioo. Pag. 255. Mingazzini P. Cambiamenti morfologici dell'epitelio intestinale durante

I'assorbimento delle sostanze alimentari. Pag- 29. Mingazzini P. Cambiamenti morfologici dell'epitelio intestinale durante

I'assorbimento delle sostanze alimentari. Pag. 29. Mingazzini P. La secrezione interna nell' assorbimento intestinale.

Pag. 29. Monti R. e Monti A. Le gbiandole gastriche delle marmotte durante il

letargo invernale e I'attivita estiva. Pag. 314. Paladino R. Contribuzione alle conosceaze sulla struttura e funzione del la

vescicola ombelicale nell'uomo e nei mammiferi. Pag. 28. Patellani S. Modificazione ad un metodo di Mallory per la colorazione de)

tessuto connetfeivo. Pag. 6. Ruffini A. Un metodo di reazione al cloruro d'oro per le fibre e le espan-

sioni nervose periferiche. Pag- 103. ScafjUdi V. Sui rapporti del simpatico con il midollo spinale e con i gan-

gli intervertebrali. Pag. 285. Staderini R. Intorno alle cavita premandibolari del Gongylus ocellatus e al

loro rapporto con la tasca ipofisaria di Rathke. Pag. 4. Staderini R. Sopra la particolare disposizione della parete dorsale della

caviti faringea in embrioni di coniglio e di pecora. Pag. 5. Sterzi G. Ricerche intorno all'anatoraia comparata ed all'ontogenesi delle

meningi. Considerazioui sulla filogeuesi. Parte I. Meningi midollari.

Pag. 34

RIASSUNTI ORIGINALI.

Norsa Gurrieri E. Un caso di encefalocele congenito Corvinus (Ernia ce- rebrale Le Dran) in embrioni di Mus decumanuti v. albinus. Pag. 286.

COMITNICAZIONI ORIGINALI.

Beretta A. - La raoltiplicazione cel'ulare nel midollo delle ossa del riccio

durante 1' ibernazione. Pag. 212. Beretta A. Dell' influenza deH'accumulo dell'adipe sulla determinazione e

sul decorso del sonno invernale nei mammiferi ibernanti. Pag- 234, Bertelli D. L'arteria sottolinguale. Pag. 23. Bertelli D. L'arteria sottomentale. Pag. 89. B rtolotti C. Sviluppo e propagazione delle Opalinine parassite del lorn-

brico. Con 4 figure. Pag. 195.

VI

Ceccherelli G. Sulle piastre motrici e sulle fibrille ultraterminali nei mu-

scoli della lingua di Rana esculenta. Pag. 246. Chiarugi G. L' insegnamento deH'anatoraia dell'uomo secondo i nuovi Re-

golameati universitari. Pag. 270. Cutore G. Di un embrione di polio con amnios insufficientemente svilup-

pato ed estremo cefalico normale. Con 2 figure. Pag. 88. Dall'Acqua U. e Meneghetti A. Sulle arterie della faccia nell'uomo.

Pag. 243. Favaro G. Cenni anatomo-embriologici intorno al Mttsculus retractor ar-

cuum branchialium dorsalis nei Teleostei. Pag. 119. Ficalbi E. Doratopsis vermicularis larva di Chiroteuthis Veranyi. Pag. 37. Giacomini E. Contributo alia conoscenza delle capsule surrenali nei Ciclo-

stomi Sulle capsnle surrenali dei Petromizonti. Con tav. II-III.

Pag. 143. Giacomini E. Sulla esistenza della sostanza midollare nelle capsule sur- renali dei Teleostei. Pag. 183. Giannelli L. Ricerche istologiche sul pancreas degli uccelli : nota preven-

tiva. Con 3 figure. Pag. 171. Giglio-Tos E. Sugli orga^ni branchiali e laterali di seuso nell'uomo nei pri-

mordi del suo sviluppo. Con 4 figure. Pag. 105. Giuffrida-Ruggeri V. Un caso di atrofia deW'ala magna dello sfenoide e

altre particolarita nella norma laterale. Consilerazioni sul significato ge-

ravchico delle anomalie cranicbe. Con 2 figure. Pag. 7. Giuffrida-Ruggeri V. Qualcbe contestazione intorno alia piu vicina filoge-

nesi umana. Pag. 257. Giuflrida-Ruggeri V. Sul cosidetto infantilismo e sull'inferiorita somatica

della donna. Pag. 316. Lachi P. Un appareccbio per la rapida macerazione delle ossa. Con 1 ti-

gura. Pag. 66. Levi G. Dei corpi di Call ed Exner deH'ovajo. Con tav. VI. Pag. 298. Livini F. A proposito di una nuova classificazione delle gbiandole propo

posta dal prof. G. Paladino. Con 2 figure. Pag. 41. Livini F. A proposito di una classificazione delle gbiandole. Replica al

prof. G. Paladino. Pag. 129. Meneghetti A. e Dall'Acqua U. Discesa anomala del testicolo. Con tav. IV

Pag. 216. Mori A. Mancanza del muscolo grande pettorale: nota anatomica. Pag. 13. Orru E. Su di un muscolo sopranumerario e sulla disposizione delle apo-

nevrosi del dorso della mano nell'uomo. Con 1 figura. Pag. 84. Orru E. Sullo sviluppo della milza. Con tav. V. Pag. 227. Paladino G. In difesa della nuova classificazione delle glandole da me

proposta. Osservazioni alle considerazioni del dott. F. Livini. Pag. 79. Paladino G. A proposito di una classificazione delle gbiandole. Risposta

alia Replica del dott. Livini. Pag. 190. Rossi G. Di alcune propriety microcbimicbe delle isole del Langerbans.

Studio critico speriraentale. Pag. 205. Sfameni P. Sul modo di terminate dei nervi nei genitali esterni della

femmiua, con speciale riguardo al significato anatomico e funzionale dei

corpuscoli nervosi terminali. Nota preventiva. Pag. 288.

vu

Sterzi G. Intorno alia divisione della dura madre dall' endocranio.

Pag. 17. Tenchini L. Di un nuovo muscolo soprannumerario della regione poste-

riore dell'antibraccio uraano {M. extennor digiti indicis et medii) consociato

ad un fascicolo manidio. Con tav. I. Pag. 57. Vastarini-Cresi G. Comunicazioni dirette tra le arterie e le vene (anasto-

mosi artero-venose) nei Mammiferi. Nota preliminare. Pag. 136.

UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA

Ilia Assemblea ordinaria e Convegno Zoologico Nazionale iu Roma. [Pro-

gramma]. Pag. 195, 221, 247.

Varia. Pag. 24, 195, 221, 247, 305.

Rendiconto della terza Assemblea ordinaria e del Convegno

deir Unione Zoologica italiana in Roma

(31 ottobre-3 novembre 1902).

Seduta inaugurals. Suppl. Pag. 1.

Discorso del presidente del Comitato ordinatore prof. Todaro. Suppl. Pag. 2.

Discorso del presidente dell' Unione prof. Emery. Suppl. Pag, 8.

Discorso del prof. B. Grassi. Suppl. Pag. 13.

Seduta pomeridiana del 31 ottobre. Suppl. Pag. 13.

Seduta pomeridiana dell' 1 novembre. Suppl. Pag. 32.

Seduta antimeridiana del 3 novembre. Suppl. Pag. 54.

Seduta pomeridiana del 3 novembre. Suppl. Pag. 64.

Adesioni. Suppl. Pag. 66.

Elenco dalle Comunicazioni scientiflche e dalle Confarenze.

COMUNICAZIONI SCIENTIFIOHE

Addario C. Sull' apparente membrana limitante della retina ciliare.

Suppl. Pag. 16. Addario C. Sull' istogenesi del vitreo nell' occhio del Selaci. Suppl. Pa-

gina 18. Ariola V. Bono i Cestodi polizoici? Suppl. Pag. 15. Benetti V. Ricerche biologiche sui Bombi. Suppl. Pag. 38. Bentivoglio T. Sul valore sistematico delle varieta della specie Platycne-

mis pennipes Pall. Suppl. Pag. 22. Borsieri C. La forma giovanile del Centrolophus pompilus (Guv. Val.).

Suppl. Pag. 35. Chiappi T. Sopra una forma ibrida di Ciprinide esistente nei laghi di

Varano e Monate. Suppl. Pag. 28,

VIII

Ciuffi M. Ricerche sugli Sporozoi. Su;ip1. Pag. 42.

Enriques P. Adattamento degli infusori marini alia vita nell'acqua dolce.

Suppl. Pag. 49.

Enriques P. Note fisiologiche sul Sipunculus nudus. Suppl. Pag. 61.

Fano L. Sulle glandule cutanee degli Anfibii. Suppl. Pag. 61.

Foa A. Sui Citoryctes vaccinae. Suppl. Pag. 34.

Ghigi A. 11 nidamento del la Tiedemannia neapolitana Van Ben. Suppl.

Pag. 24. Giacomini E. Relazione tra il pancreas dieW Ammocoetes e del Petromyzon.

Suppl. Pag. 49.

Lepri G. Nota prelirainare sopra una forma cieca di Asellus. Suppl. Pa-

gina 37. Levi G. Osservazioni suUa difierenziazione delle uova degli Anfibi. Suppl.

Pag. 18. Livini F. La doccia ipobranchiale negli embrioni di Polio. Suppl. Pag. 60. Lmgioni P. Note ed osservazioni s\x\\' Anthypna Carcelii Laporte {romana

Duponchel). Suppl. Pag. 20. Marucci V. Nota preliminare sugli Idracnidi del lago di Castel Gandolfo.

Suppl. Pag. 35.

Mirabella R. Osservazioni sull'accrescimento degli oociti di Helix asper.sa.

Suppl. Pag. 58.

lilonticelli Fr. Sav. - Lo Bianco S. Sulla probabile larva di Aristeus anten-

natus Risso. Suppl. Pag. 30. Parona C. Cenno sulla corologia Italica delle varieta dell'i/t/Za arborea.

Suppl. Pag. 44. Parona C. - Monticelli Fr. Sav. Sui generi « Placunella e Trechopus »

Suppl. Pag. 46.

Pierantoni U. Sui Syllidi gestanti del Golfo di Napoli. Suppl. Pag. 40 Russo A. Sul significato delle idrospire e degli spiracoli dei Blastoidi.

Suppl. Pag. 22. Trinci G. Di una nuova medusa gemmante del Golfo di Napoli. Suppl

Pag. 52. Versari R. La morfogenesi dei vasi sanguigni nella retina umana (Comu

nicazione preventiva). Suppl. Pag. 43. Vinciguerra D. Sulla presenza del Salmo macrostigma A. Dum. nelle pa

ludi Pontine. Suppl. Pag. 27. Zanetti U. Sulla non prevalenza dei sali potassici nella bile dei pesci ma

rini. Suppl. Pag. 48.

GONFEBENZE.

Camerano L. Ricerche somatometriche in Zoologia. Suppl. Pag. 13. Pirotta R. La doppia fecondazione nelle Angiosperme (Metasperme).

Suppl. Pag. 32. Russo A. Gruppi di Echinodermi viventi e fossili e loro filiazione (Sunto).

Suppl. Pag. 54.

IX

Mozioni.

Vinciguerra D. Sulla pesca. Suppl. Pag. 63.

Ghigi A. fclulla caccia. Suppl. Pag. 63.

Raflfaele F. Suirinsegnamento della Biologia. Suppl. Pag. 63.

Monticelli Fr. Sav. Suirinsegnamento delle scienze natural! negli Istituti

secondarii. Suppl. Pag. 64. Grassi B. Per una sezione zoologica nei Laboratorii della Saniti del

Regno. Suppl. Pag. 64. Cuboui G. Proposte di studii per la biologia della fillossera della vite.

Suppl. Pag. 64.

NOTIZIE E VARIETA

Premi e Concorsi. Pag. 71, 96.

Nuove nomine. Pag. 24.

Necrologie: G-iovanni Inzani. Pag. 94 (G. Romiti).

Studio collettivo del peso dell'encefalo negli Italiani: Elenco delle Osserva-

zioni inviate. Pag. 71, 305. Note Bibliografiche. Pag. 47, 90, 163. i^aria. Pag. 197, 220, 322.

Fireuze, Tip. Luigi Niccolai, Via Kaeuza, 44,

Monito Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale deila Unione Zoologica Italiana

DIRETTO

PAi DOTTORI GIULIO CHIARUGI EUGENIO FICALBI

ProC. di Anatomia uniaiia Prof, di Anatomia conip. e Zooloyia

nel R. Istiiiro di Stiidi Snper in Kirenze nelhi K. Universita di J'adova

Ufficio di Direzione ed Acnministrazione: IsUtido An.atomico, Firenze. 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, GS-ennaio 190S N. l

SOMMARIO : Biblioguafia. Pag. 1-4.

SuNTi E RiviSTE : Stadcriiii R., Intorno alle cavita preinandibolari del Goii- gylus ocellatus e al loro rapporto con la tasca ipotisaria di Jiathke. Staderini R., Sopra la particolare disposizione deila parete dorsalo della cavita fai-ingea in embrioni di coniglio e di pecora. Pag. 4 5. Note di tecnica microscopica : Drago S., Contribute alia prepavazione dei globuli hianchi del saugue. Patellani S., Modificazione ad iiu metodo di Mai lory per la colorazione de! tessuto connettivo. Pag. 5-6.

COMUNiGAZiONi ORiGiNALi : Griuffrida-Ruggeri V., Un caso di atrofia del- Vala magna dello stenoide e altre particolarita nella norma laterals (Con 2 figure). Mori A., Mancanza del muscolo grande pettorale. Sterzi G., Intorno alia divisione della dura mad)-e dall'endocrauio. Berteili D., L'arteria sottolinguale. Pag. 7-23.

NoTiziE : Nuove nomine. Pag. 24.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

BIBLIOGRAFIA

Si da notizia soltanto dei lavori p^thhlicati in Italia.

I- Scritti general! di Zoologia e di Anatomia.

Drago U. Lo stato attuale della dottrina dell'a.ssorbimento intestinale, e il vitalismo moderno. Estr. di pp. 6 d. Eassegna internaz. Medicina inoderna, An. 2, N. 12. Catania, Up. Perrvtta, 1901.

Foa C. Suir innesto delle ovale (Sunto). Arch. ital. Ginecol., An. 4, N. 4, pp. 314-316. Napoli 1901.

- 2 -

Golgi C. Giulio Bizzozero : Necrologia (Con ritratto). Arch. Sc. med.,

Yol. 25, Fasc. 8, pp. 205-234. Torino 1901. Pavesi P. Un antico Piscicultore italiano dimenticato. Estr. di pp. 7

d. Acquicoltura Lombarda, 1901, JV. 6. Como, tip. Ostinelli 1901.

III. Ontogenia (Embriogenia. Organogenia).

Ascoli C. II meccanesimo di formazione della mucosa gastrica umana. Con

tav. XI-XIII. Arch. Sc. med., Vol. 25, Faac. 5, pp. 257-395. Torino 1901. Banchi A. Di un rudimento scheletrico (Parafibula) nell'arto inferiore di

alcani Marsupiali. Vedi M. Z., XII, 10, 282. Berlese A. Fenomeni che accompagnano la fecondazione in taluni insetti.

Memoria II. Vedi M. Z., XII, 10, 279. Bianchi S. Sulla divisione dell'osso parietale e sul suo sviluppo. Atti

Accad. Fisiocritici Siena (Proc. verb. Adunanze), S. 4, Yol. 13, An. Accad.

210 {1901), N. 7-8, p. 236. Siena 1901. D' Erchia F. Lo strato cellulare del Langhan3 ed il sincizio del villi co-

riali di un giovane novo umano (Sun to). Arch. ital. Ginecol., An. 4,

N. 5, pp. 402-403. Napoli 1901. Dorello P. Sopra lo sviluppo dei solchi e delle circonvoluzioni nel cer-

vello del maiale. Con tav. 15=*. E.'itr. d. Ricerche fatte nel Laborat. di

Anat. norm. Univ. Boma ed in altri Laborat. biol., Vol. 8, Fasc. 3-4,

pp. 211-247. Eoma 1901. Facciold L. Un po' di cronologia relativa agli studii su lo sviluppo dei

Murenoidi. Vedi M. Z., XII, 5, 116. Facciold L. Esame degli studii sullo sviluppo dei Murenoidi e I'organizza-

zione dei Leptocefali. Con 2 tav. Vedi M. Z., XII, 5, 116. Foa C. - - Sullo sviluppo extrauterino dell'uovo dei Maramiferi (Sunto).

Arch. ital. Ginecol, An. 4, N. 4, pp. 311-314. Napoli 1901. GianneUi L. Alcuni ricordi sullo sviluppo della milza nei Rettili. Vedi

M. Z., XII, 5, 113. Magini O. Sui cambiamenti micro -chimici degli spermatozoi nella fecon- dazione. — Montepulciano, tip. E. Fumi, pp. 20, 1901. Monticelli F. S. e Lo Bianco S. Sullo sviluppo dei Peneidi del Golfo di

Napoli (Note riassuntive). Vedi M. Z., XII, 4, 79. Marocco C. Ulteriori ricerche suUa formazione della portio e sul segmento

muscolare fornico-cervicale Dimostrazione embrio-anatomica. Con 10

tav. e 12 fig. intercal. Bull. Accad. med. Roma, A?i. 27, Fasc. 4-6,

pp. 414-472. Roma 1901. Paladino R. Contribuzioni alia conoscenza sulla struttura e funzione della

vescicola ombelicale nell'uomo e nei mammiferi. Ai-ch. ital. Ginecol-,

An. 4, N. 2, pp. 127134. Napoli 1901. Raineri G. II tessuto elastico cegli annessi fetali a varie epoclie della

gravidanza. Arch. ital. Ginecol., An. 4, N. 6, p. 507. Napoli 1901. Ricci O. Ricerche sulla raetamorfosi dei Murenoidi. Estr. di pp. 35 d.

Atti Soc. Naturalisti e Matem. Modena, S. 4, Vol. 4, An. 35. Mo Jena,

tip. Vincenzi 1901. Salvi G. Osservazioni sopra I'accoppiaraento dei 'Cliirotteri nostrani,

Estr. di pp. 3 d. Proc. Verb. Soc. toscana Sc. nat.. Adun. 7 luglio 1901. Pisa 1901.

Salvi G. Sopra la regione ipofisaria e le cavita premandibolari di aicuni Saurii. Con fig. Estr. di pp. 11 d. Studi Sassaresi, Afi. 1 , Ses. 2, Ea- se. 2. Sassari 1901.

Santi E. Di un caso di maacata involuzioue e di infiammazione del magma reticularis. Con tav. Arch. Ostetricia e Ginecol., An. 8, N. 9, j^P- 524-538. Napoli 1901.

Sfameni P. Sul peso delle s3Coadiue e del feto a termiue e sui rapporti recipi'oci. Arch. ital. Ginecol, An. 4, N. 6, pp. 501-503. Napoli 1901.

Spampani G. Sopra il modo di occlusioae della vescicola ombelicale e so- pra il presunto organo placentoide degli uccelli. Pisa, tip.] Simoncini, pp. 8, 1901.

Trovati G. Sulla placenta umana. Con figg. Arch. ital. Ginecol.. An. 4, N. 4, pp. 274-310. Napoli 1901.

IV. Istologia.

Boccardi G. Note ematologiche. Atti Accad. med.-chir. Napoli, An. 55,

N. JS., N. 2. Napoli 1901. Bombicci G. Risposta ad alcune osservazioni al mio lavoro « Sui caratteri

raorfologici della cellula nervosa durante lo sviluppo », Vedi M. Z.,

XII, I, 2. Bonome A. Sulla fine struttura ed istogenesi della nevroglia patologica.

Con tav. IV- VI. Arch. Sc. med.. Vol. 25, Ease. 2, pp. 101-160. Torino

1901. Buffa E. Resistenza dei globuli rossi del sangue. Un nuovo metodo di

determinarla. Con tav. VIII. Arch. Sc. med., Vol. 25, Ease. 2, pp. 187-

199. Torino 1901. Carucci V. Intorno alia struttura delle cellule nervosa. Camerino,

tip. Saviiii, pj). 8, 1901. Colucci C. e Piccinino E. Su aicuni stadii di sviluppo delle cellule del mi-

doUo spinale umano. Vedi M. Z., XII, 1, 3. Magini G. Sopra una nuova sostanza uucleare delle cellule nervose.

Montepulciano, tip. E. Eumi, pp. 16, 1901. Mingazzini P. La secrezione interna uell' assorbimento intestinale. Con

tav. e 2 fig. iiel testo. - Vedi M. Z., XII, 12, 353. Monti R. Nuove ricerche sul sistema nervoso delle Planarie (Sunto).

Vedi M. Z., XII, 4, 78. Mirto D. Sul valore del metodo biologico per la diagnosi specifica del

sangue nelle varie contingenze della pratica inelico-legale. Riforma

medica. An. 17, N. 222, pp. 855-858, e N. 223, pp. 866-870. Roma 1901. Picconi G. Sul rapporto dei corpuscoli di Pacini modificati cogli organi

muscolo-tendinei di Golgi e su di uno specials modo di aggruppamento

dei medesimi nel perimisio dell'uorao e dello scoiattolo. Atti Accad.

Eisiocritici Siena {Proc. verb. Adunanze), S. 4, Vol. 13, An. Accad. 210

{1901), N. 7-8, pp. 229-230. Siena 1901. Rottcoroni. L. Sui rapporti tra le cellule nervose e le fibre amieliniche. Con

_ 4 -

tav. Arch. Psich., Sc. pen. ed Antropol. crimin.. Vol. 22, Fasc. 6, pp. 559-572. Torino 1901.

Ruffini A. Uq caso di atrofia muscolare aeuropatica come prezioso contri- buto per la conosceaza dolla sfcruttura e dellu sostaiiza attiva nella con- trazione delle fibre muscolari striate. Attl Ancad. Fisiocj-ltici Siena, S. 4, Vol i:i, All. Accad. 210 {1901), N. 5, pp. 176178. Siena 1901.

Ruffini A e Picconi G. Sulla fine anatoinia dei fusi neuro-muscolari nel- I'uomo neonato. Atti Accad. Fisiocritici Siena {Proc. verb. Adunanze), S. 4, Vol. 13, An. Accad. 210 {1.901;, N. 7-8, pp. 227-229. Siena 1901.

Sfameni P. Contributo alio studio delle ternainazioni nervose nei vasi san- guigni dei genitali fomrainili esterni. Vedi M. Z., 12, 5, 115.

V. Tecnica.

Buffa E. Vedi in questo N. a : Istologia.

SUNTI E RIVISTE

Staderini R. Intorao alle cavita premandibolari del Goncfylus ocellatus e al loro rapporto con la tasca ipofisaria di Rathke. Con tav. AttidelVAc- cademia Gioenia di Scienze naturali in Catania, Vol. IS, S. 4. Catania 1900.

In embrioni di Gongylus, della lunghezza totale di m.m. 2 li2-3, I'A. ha potuto verificare che le cavita premandibolari con la loro parete inediale sono nei due lati intimamente fuse con la tasca di Rathke. Tale fusione e stata dimostrata dall'A. in sezioni longitudinal! della testa, mentre le sezioni tra- sversali, fatte per le prime, non avevano rivelato che un rapporto di vici- nanza.

La intima connessione tra cavita cefaliche e tasca di Rathke e certo degna d'attenzione, considerato che v. Kupffer interpetra le cavita stosse come tasche branchiali rudimentali ed e quindi ben naturale che in qualche gruppo di vertebrati esse possano assumere tale uno sviluppo da raettersi in diretto rapporto coll' ectoderma (tasca ipofisaria).

L'A. si ripromette di completare con ulteriori ricerche questa prima nota, la quale e venuta oggi acquistando un maggior interesse, pevche a breve intervallo di tempo una connessione tra caviti premandibolari e tasca di Rathke e stata riconosciuta anche in embrioni di anatra da Nicolas e Weber (1).

(1) Nicolas A. et Weber A. Observations relatives aux connexions tie la pochu de Rathke et ties cavitc^s premandibulaires chez les einbryons de Canard. (Communication priiliini- naire). Dihliographie aaatoinifjue, fasc. i, iOOl.

Staderini R. Sopra la particolare disposizione della parete dorsale della ca- vita faringea in embrioni di coniglio e di pecora. Con tav. AUi deWAc- cademia Gioenia di Scieuze naturali in Catania, Vol. 13, S. 4. Catania 1900.

In embrioni di pecora e di coniglio I'A. ha potato osservare la pertico- larita seguonto. L'epitelio della faringe, nella regione che corrisponde alia tasca di Seessel e al tratto che le fa seguito indietro, si ispessisce costan- teraente in una lamina cellulare la quale va via via ingrossando col progre- dire dello sviluppo e manda dei prolungamenti verso la corda dorsale. Di tali prolungameuti uno prende proporzioni maggiori e rimane anche in un pe- riodo embrionale abbastanza inoltrato (embrioni della lunghezza di 19 m.m.). Circa la iuterpetrazione del fatto, I'A. dopo avere esposto per quali ragioni non si debba riconoscere nei prolungamenti epiteliaii osservati la borsa fa- ringea di Luschka, o la tasca di Seessel, o la tasca palatina di Sel e nka, passa a considerare se la lamina faringea uel suo insieme possa paragonarsi a quell' ispessimento epiteliale che Prenant pure nella stessa regione ha illustrato nei rettili. Sebbene non raanchino dei punti di somiglianza, I'A. non creiie nei caso proprio, come ritiene Prenant per i rettili, possa par- larsi di un organo comparabile alia ipocorda degii Ittiossidi. Piuttosto atte- nendosi ad un reperto consimile ottenuto da Froriep in embrioni umani e air interpetrazione che questi ne da, I'A. e inclinato ad ammettere che la ragione d'essere dell' ispessimento epiteliale e dei suoi prolungamenti sia forse da ricercarsi in una tendenz,a reciproca che hanno la corda e la faringe a mettersi in certi punti a contatto fra loro. I casi descritti da Froriep sono di valido appoggio a una siffatta spiegazione.

Note di tecnica microscopica.

Drago S. Contributo alia preparazione dei globuli bianchi del sangue. Gazzetta degli Osj^edali, An?io XXf, N. 57, jmg. 598. Milano 1900.

Dai lavori di Ehrlich, Westphal, Schwarz che studiarono il modo di comportarsi delle granulazioni protoplasmatiche dei leucociti rispetto ai reattivi, la fisiologia e la diagnostica clinica hanno ricavato reali e conside revoli vantaggi. E su questa maniera di comportarsi delle granulazioni che Wirchow, Ischoltze, Bizzozero, Metchnikoif oltreche dalla di- versa grandezza dei leucociti, formarouo le loro classificazioni. Ma se in que- sti ultiini tempi si e venuta spianando la via per lo studio delle funzioni dei leucociti del sangue, la tecnica iuvece per la preparazione e conservazione di questi elementi non ha ricevuto un notevole impulse avuto rjguardo al fatto che bisogna ricercare quale quantita di leucociti si contenga in un san- gue prima ancora che si intraprenda lo studio dal punto di vista anatomo- lisiologico. Tutti i metodi consigliati presentano inconvenieuti. Per questa ra- gione I'A. fu tratto a esperimentare varii reattivi ; i migliori risultati li ha otte- nuti servendosi del liquido di Lugol (iodo metallico p. 1; ioduro di potassio p. 2 ; acqua distillata p. 300). Con tale menstruo vieue eliminato ogni inconxe- niente, perche prescindendo dalla facil preparazione e dalla piii o meno pro- lungata conservazione del liquido, questo conserva i leucociti e moditicando i globuli rossi, se si osservino le norme di estrazione del sangue stabilite

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dal Petrone, riesce utile, oltreche per fare apprez zare ogni particolarita strutturale dei globuli bianchi, anche perche vale meglio a far distinguere i siagoli elementi del sangue. Per i leucociti il liquido iodo-iodurato, afferma I'A., otfre incontrastati vantaggi ; la rapidita della ricevca, la facility, del me- todo, la certezza di an esito sempre positive e la possibilita di ottenere pre- parati che si prestaao ad una prolungata osservazione.

Patellani S. Modificazione ad un metodo di Mai lory per la colorazione del tessuto connettivo Gazzetta degli Ospedaii, Anno 22, N. 66, pag. 993- 995. Milano 1901.

Cosi precede I'A : Si sciolgono a freddo gr. 1,75 di ematossilina cristal- lizzata in cc. 200 di una soluzione di acido fosfomolibdico al V2 Vo agitando il liquido continuamente. Si aggiungono poi pochissimi cristalli di acido fenico. II matraccio nel quale si e fatta la soluzione di ematossilina deve essere della capacita di almeno mezzo litro. Si tappa con cotone idrofilo e si espone al sole per 5, 6 e piu settimane. Ogni giorno il liquido deve essere agitato. Meglio vale fare la preparazione in primavera o in estate. II liquido in tal modo matura colorandosi a poco a poco sempre piu inteusamente, fino ad assumere una bella tinta viola carico quasi metallico. I migliori risultati si otteugono dope 8 setti mane di maturazione della soluzione. Con I'andare degli anni il liquido non si altera; anzi da colorazioni migliori. I pezzi le cui sezioni dovranno essere co- lorate possono essere fissati tanto in alcool che in liquido di Mil Her, tanto in soluzione acquosa che in soluzione alcoolica di sublimate corrosive. La fissaziene migliere pero si ha con I'alceel assoluto. Servone bene le inclusioni cosi in paraffina come in celleidina ; si deve pero preferire la prima. Si ado- perino aghi di vetro, pinze e spatole di cerno e di osso. Le sezioni varine da 5 a IB a. II cepri-oggetto sul quale seno appiccicate le sezioni e pertate direttamente dall'alcoel a 90** in una soluzione fosfo-molibdica al 10 "/^ dove si lascia pochi secondi specialmente se il connettivo e abbondante. In seguito le sezioni si asciugano con carta da filtro e si passano nel liquido fosfo-molibdo- ematossilinico dove restano da 30 secondi a 2 minuti pi'imi. La durata di im- mersione varia a seconda della forza colorante del liquido, specialmente se ipermaturo, dello sviluppo del tessuto connettivo nelle sezioni, del fissatore usato e della durata del precedente bagno nella soluzione di acido fosfo-mo- libdico. Se con un liquido ipermaturo la colorazione riesce troppo intensa anche lasciando immerse le sezioni pochi secondi, si ripeta la colorazione di altre se- zioni messe direttamente, dall'alcool a 90", in una miscela a parti uguali di liquido colorante e di soluzione fosfo-molibdica al.lO "/o 6 lasciandovele pochis- simo tempo. Dalla soluzione colorante le sezioni sono portate in una abbon- dante quantita di alcool a 70" che deve essere cambiato almeno 3 volte e dove lasciano I'eccesso di sostanza colorante fino ad ottenere il voluto tono di co- lorazione. Dall'alcool a 70° si mettono nell'alcool a 90°, poi nell'assoluto dove possono rimanere a lungo senza danno. La disidratazione deve essere accu- rata. II rischiaramento si puo fare in olio di bergamotto, o di origano ; pre- feribilmente nello xilolo.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITUTO ANTROPOLOGICO DKLLA R. UNIVERSITA DI ROMA.

Un caso di atrofia dell' ala magna dello sfenoide e altre particoiarita nella norma laterale.

Gousiderazioni snl slgniflcato gerarchico delle anomalie «rauiche

DEL DoTT. V. GIUFFKIDA-RUGGERI, Assistente. (Con 2 figure).

Ricevuto il 5 Decerabre 1901.

L vietata ]a riproduzione.

Un cranio Melanesiano (N. 1102 del Cat.) che lascia incerti se sia femminile, oppiire appartenga a una razza di bassa statura, nel qual caso potrebbe essere mascliile, presenta la disposizione morfo- logica che illustro brevemente. La grande ala dello sfenoide, die nei Melanesiani e bene sviluppata, si presenta in questo caso come una listerella di pochi mm. di larghezza, e ridotta altresi nel senso del- I'altezza, come si puo vedere dalla figura (Fig. 1, meta della gran-

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Fig. 1.

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dezza naturale). L' atrofia e tale che il margine superiore dell' ala e di soli 6 mm. a sinistra, e di 8 mm. a destra : tale margine e

8

esclusivamente in contatto col frontale. AH'atrofia delle ali dello sfe- noide si accompagna un forte sviluppo della squama del temporale nel senso antero-posteriore. La squama stessa e poco sviluppata in altezza, cio che e carattere essenzialmente Melanesiano, come gia feci notare (M, e il suo margine superiore si presenta rettilineo {^): fatti entrainbi che si osservano negli antropoidi (^), Tutto cio da all'insieme delle suture della norma laterale un aspetto scimmiesco caratteristico. Un cranio di gorilla, che possediamo nel nostro Mu- seo, presenta in cio un'analogia sorprendente, e il fatto si puo ri- scontrare nolle diverse figure di crani di antropoidi che si trovano nolle memorie speciali. In altri crani umani non ho mai risconti'ato tale disposizione: ho osservato talora poco sviluppo delle ali, ad es. nel cr. 450, Umbro adolescente, ma mai un grade cosi lilevante, e accompagnato da una disposizione cosi tipica della squama del tem- porale. Aggiungo, a complemento, che il cranio illustrato presenta obliterate la sutura coronale e la sagittale.

In un altro cranio Melanesiano (N. 995 del Cat., di sesso ma-

C^>;^^^X...

- \

(Fig. 2).

schile) ho riscontrato un' anomalia che non e nuova, essendo stata gia descritta da altri (4), cioe la serie piu o mono completa deUe

(1) Giuffrida-Ruggeri. Ricerche morfologiche e (raniometriche nella norma laterale e nella norma facciale. Atli della Societa Komana di Anlropoloc/ia. Vol. VII, -Fosc. //, peuj. ISi,

i~) Giustamente il Topinanl (Eltimeats d' authropolo-ie g^titJrale. Paris 1885, pag. 803) incite tra i caratteri gerarchici : « rhorizzontalit(5 de la suture de IV^caille du temporal, dont Pexpres- sion 6\ev6e est representee au contraire par une belle courbe arrondie «.

(3) Cfr. Aigner. Ueber die ossa parietalia des Menschen. Ein Beitrage znr vergleichenden Anthro'>ologie. Mtinchen 1900.

(') Cfr. Mariiiio <^ Gambara. Contribiizione alio studio delle anonialie del pterion. Ar- chivio per VAnlropoloijia e VElnolojia 1899, Fasc. II, Fig. .5.

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ossa spiracolari, ma che acquista pero nuovo valore dalle recent! ricerche del Maggi su tali ossa C). II Maggi difatti assimila tale serie di ossicini alle ossa spiracolari del Polipterus. Ne do quindi la figura (Fig. 2), nella quale si puo vedere che il temporale e sepa- rate dal parietale e dal frontale da una serie completa (tranne in un punto) di ossa intercalari, che occupano cosi quasi tutto lo spa- zio suturale relative. Quasi la stessa disposizione si ha nell' altro lato. Chi avvicina la nostra figura a quella del cranio del Polipte- rus (-), notera senza dubl)io la grande rassomiglianza morfologica.

Non mi fermo su altre anornalie da me descritte. Solo faccio no tare che la divisione longitudinale dell'ala dello sfenoide, da me scoperta in altro cranio Melanesiano e gia illustrata (^), puo stare in qualche rapporto con 1' atrofia notata. Se ammettiamo che la meta posteriore di quell'ala divisa, da me chiamata osso pretempo- rale, sia equivalente a un osso opercolare, saldandosi poi questo con la squama del temporale, ne risulta che 1' ala magna originaria e eccessivamente piccola, e tale puo ritornare in casi eccezionali.

La presenza di cosi importanti anomalie nei crani Melanesiani sta a dimostrare che lo studio delle razze inferiori puo essere di grande aiuto alle discipline anatomiche, che vengono arricchite di nuove conquiste. Sinora tale studio si e fatto nel senso di trovare una ricca messe di anomalie banali; ma io credo che piii che la quantita complessiva delle anomalie sia importante studiare la lore qnalita gerarchica. Una vera gerarchia delle razze umane deve ba- dare al significato filogenetico di certe disposizioni morfologiche, an- che rare, piii che al trovare una quantita minore o maggiore di ano- malie. Gria altra volta scrissi: " in certi gruppi etnici certe anoma- lie si presentano piii frequenti, in altri certe altre, e un confronto puramente statistico non darebbe conclusioni serie dal punto di vi- sta gerarchico (^) „. Da cio si puo dedurre che le anomahe prese in blocco col metodo statistico e sommate non danno nessuna indica- zione. Piu importante e il metodo statistico quando si riferisce alle singolo anomalie: il risultato che si ottiene in questo case contri- buisce al significato da dare a ciascuna anomalia, contribuisce a sta-

(') Maggi. Altri risultati di riceri he morfologiche intorno ad ossa craniali, cranio-facciali e fontaiielle deiruomo e d'aliri iiiammiferi. Bullellino srienli/lco di Pavia 1897, IS. 3, png. 7 del- Veslralto.

(-) Cfr. ^^'i edersheim. Compendio di anatomia comparata dei vertebrati (traduzione italiana) pag. 67, Fig. 64.

(^) Giuffrida-Ruggeri. Divisione longitudinale dell' ala magna dello sfenoide (osso pre- temporale). Aiiatoiaischer Ameiger, N. 20-21. Of. anche Ricerche citate.

(*) Kicerche citate.

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bilire la qualita gerarchica cli essa. Cosi quando si e visto che, ad esempio, il metopismo, I'osso malare bipartite, sono molto piii fre- quent] negli Europei che nei Melanesiaiii, si pu5 trarre qualche conclusione siil significato gerarchico negative di tali anomalie. E inesatto quanto scrive il Topinard: " L' observation montre que dans les races les plus inferieures connues de nous, il se rencontrent souvent des caracteres qui, a ce point de vues, les placent audessus memo des races blanches ('), II torto e di aver considerate come caratteri d' inferierita alcune anomalie che, o sono delle semplici imperfezioni, come 1' osso zigomatico bipartite, e dipendeno da fat- tori diversi, come il metopismo, o le anomalie della squama deiroc-_ cipitale: in ogni caso non possono venire adibite come indici esatti di inferierita reale nel sense gerarchico. La contraddizione quindi netata dal Topinard si sarebbe potuta risparmiare: ad ogni- mo- de la statistica ha centribuito a svelare I'inesattezza cemmessa. Quando un carattere morfologico e I'ealmente inferiore, ad esempio la gouUiere simienne di Topinard, clivus naso-alveolaris di Sergi, la contraddizione non si veriflca, anzi la statistica ne cenferma il valore nel modo piia manifesto: che eccezionalmente la stessa ane- malia si possa trovare anche in individui appartenenti a razze su- pei'ieri ('), cio non le toghe nulla del suo significato.

Ma il metodo statistico, per quanto utile come centrello, non e sempre pessibile : vi sono del caratteri che per la lore rarita sfug- gono alia ricerca statistica. Ebbene, in questi casi si consulti seve- ramente il criterio morfologico : esse e sufficiente a stabilire il va- lore gerarchico.

Tale indirizzo potrebbe essere ferse piii fecende di quelle che si possa credere a prima vista. E a titole di esempio valga questo fatte, che rientra neH'argomente della presente neta. le non ho riscon- trato una serie cempleta di ossicini spiracelari, paragonabile a quella descritta, in nessun cranio Europeo del nostro Musee ; invece in un cranio Romano (n. 1161 del Cat.) ho trovate e descritto un osso unico che tiene luogo precisamente della serie spiracolare, e va dall'aste- rion al frontale, separando completamente il temporale e le sfeneide dal parietale, occupando cesi tutto le spazio suturale relative (^). Eb-

(•) Loc. cit.

(" « flans celles-ci on rencontre quel|uefois des caracteres iT inferiority on de in^diocrite

qui Jos rabaissent « dice il Topinard ; ma secondo noi 1' eccezione resta individuale e non [)ii6 ab- bassare la razza in cui si trovS.. di fronte ad un' altra raz7a in cui 1' eccezione stessa e invece la rogola.

(^) G i nffri d a -R n ggeri. Ossa fontanellari e sjiazi suturali nella norma laterale. Monilore Zoologico Jlaliauo iOOO. n. H, fig. 4.

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bene, rosteogonesi dimostra che runiflcazione del molteplice (Maggi) rappresenta un grado ulteriore di sviluppo, che alia sua volta pre- cede la fusione con le ossa principali. Quando quest' ultima fase non si verifica, siamo in presonza di un arresto di sviluppo, non nell'an- tico significato patologico, ma nel sense di imperfezione C). Nel mag- gior numero del casi poi, per un'abbreviazione dell'ontocraniogenesi, lo spazio suturale nel quale si dovrebbero sviluppare tali ossifica- zioni, ne resta privo. Una gerarchia dunque si puo forse stabilire in base alio studio minute di certe disposizioni morfologiche : quindi la conoscenza di tali fatti, che una volta erano giudicati semphci cu- riosita anatomiche, e diventata indispensabile ah' antropologo. La morfologia cosi intesa, diventa ausiliaria dalla craniometria, la quale oramai ha dato quanto poteva dare nel campo della gerarchia delle razze umane (").

Da un altro punto di vista ancora sono importanti le anomalie di ossificazione del cranio, dal punto di vista della filogenesi. Inquan- toche, sebbene sia certo che I'uomo e 1' ultimo venuto nella scala zoologica, non e ben certo ancora a quale punto della serie animale e incominciata I'evoluzione divergente, e rapidamente ascendente, che lo ha condotto sine alio state attuale ; e potrebbe essere che questo punto originario sia piii basso, che altri punti di divergenza di altri mammiferi. Diverse considerazioni fanno pensare che il cranio umano quanto alia sua costituzione morfologica sia molto vicino alio state primitivo ; come del resto e provato per le estremita degli a)ti, che in altri ordini di mammiferi hanno subito un'evoluzione piii divergente che non nei Primati.

Da molto a riflettere il fatto che il cranio " par I'heureux developpement et la conformation harmonique (^) e gia nei Cebidi cosi simile a quelle umano, a giudizio di Hovelacque e Herve, quale non e lo stesso cranio degli Antropoidi. E i Cebidi sono certamente molto vicini al tronco primitivo, perche non pare che debba ammettersi la lore derivazione dai Lemuridi (^). Non solo r aspetto generale, ma certe particolarita morfologiche si riscontrano nel cranio dei Cebidi, che poi si ritrovano nell' uomo, saltando i Pi-

(') Cfr. Giuflrida-Ruggeri. Sul significato delle ossa fontanellari e dei forarai parietali e sulla pretesa penuria ossea del cranio umano AtN della Sociela Romana di A nir apologia, Vol. VII, Fasc. III.

{-) fi bene ricordare che i faraosi iudici che hanno gettato tanto scompiglio nel campo degli an- tropologi per rapplicazione fattane da taluni in sense etnico, e sono cosi intidi e senza significato ge- rarchico, non costituiscono tutta la craniometria : il che sarebbe una reazione eccessiva e ingiusta.

(■*) Hovelacque et Herv(5. Precis d'Anthropologie. Paris 1887, pag. 53.

{*) Hovelacque et Herv4. Op. cit. p. 29 e p. 203.

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teci e gli Antropoidi : cosi le ossa nasali dei Cebidi non si saldano fra di loro, mentre quelle delle altre sciminie si saldano per tempo. Cosicche si potrebbe ammettere che 1' uomo e diventato un Primate per una via alquanto divergente, senza passare cioe dai Piteci, ma evolvendo per proprio conto da un livello che puo essere quelle stesso al quale appartengono i Cebidi C). Del resto neanche per gli Antropoidi e necessario ammettere che siano un' evoluzione dei Pi- teci: Vogt anzi ha sostenuto che non lo sono ('). Cio posto, il punto di divergenza dei Primati, compreso I'uomo, potrebbe essere piu basso di quelle che ordinariamente non si creda (^) ; e le rasso- miglianze che il Maggi, ogni di va scoprendo, e aUe quaJi io ho ag- giunto diversi contributi, non dovrebbero meravigiiare, ne essere re- putate troppo audaci, e tanto mono inutili per la scienza. Anche qui la moi"fologia da la mano alia craniometria. La craniometria ebbe gia ai suoi tempi classici, in comune con le altre misure sche- letriche, due scopi principali : 1^ determinare i rapporti che ha I'uomo cogii altri animali; stabihre una gerarchia dehe razze umane (*).

(1) Faccio notare clie la formula dentaria non sarebbe un ostacoio, perche anclie nell' uonio e state trovato, sebbene rarissimo, uu quarto molare (Bertillon et Fontan, Ilovelacijue et Her- ve, ecc).

(") Lecons sttr I'hoinme, p. 628.

(3) Da questo punto di vista e degno di profonda rifless one quanto scrive una persona cosi

competeiite qual'^ Gaudry : " les Singes antiiroponiorpiies diflferent moins pour la dentition

des quadrup6des de Taurore de I'^re tertiaire qu'ils ne different des autres animaux des temps actuels. (Sur !a siinilitude des dents de I'homme et de quelques animaux. L'Antliropologie, 1901, p. £25).

(') Cio si rivela da tutto il coraplesso delle ricerche, quasi a malincuore degli stessi ricercatori, die essendo poligenisti avevano cura di notare piti le diflerenzo e le contraddizioni, come abbiarao vi- sto che tenta il Topinard, anzicli6 la gerarchia delle razze umane. Ma I'esisteoza di tale gerar- chia non iraplica necessariamente il monogenisino, anzi le diflerenze fra le razze umane assumono un valore zoologico pid netto. Cio 6 tanto vei-o che molti caratteri sono riferiti da Hovelacque e Herv^, e in parte dallo stesso Topinard, come nettamente gerarchici (la parola " seriaires n non puo avere altro signiticato), ad eserapio, it prognatismo alveolare, Tangolo di i rofilo. Tangolo sfenoi- dale, I'indice pelvico e quello dello stretto superiore, I'iniice scapoiare. I'angolo di torsione deH'oine- ro, ecc, sebbene questi antropologi siano poligenisti. Forse gli attuali metodi somatometrici (We Id on, Camel ano, Andres) applicati aH'uoino darebbero altri caratteri gerarcliici. Giii un'anticipazione di essi si trova nella ricerca fatta da Dally (Art. " Main » Diet, encyc.lop. de sciences tnidicales), il quale lia detei'minato la lunghezza delhi iiiano, facendo uguale a 100 la lunghezza della colonna ver- tebrale, misurata questa dal tubercolo mediano deH'atlante all'estremita. del coccige. Egli ebbe i se- guenti risultati, che riferisco a titolo di esempio per altre utili ricerche analoghe :

Orango 45

Gorilla 33,3

8 Negri 32.4

8 Taitiani 29.8

8 Frances i 27

Che la statura non sia preferibile in tali ricerche come lunghezza h-tse, lo aveva gia intuito To- pinard quando scrisse: « D6s que le principc gtindral de TunitiS des mesures a, prendre, afin de pou- voir reconstruire en chiffres, puis dans un dessin la figure entidre de I'homme, est admis, il n'y a plus il tergiverser, il faut le pousser jusque dans les details : ainsi rapporter le diametre transverse du bassin, la longueur du pied au m6me <italon, a la tailie aujourd'hui, au tronc un jour peut-etre [Op, cit., p. 1115).,

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La morfologia con indirizzo comparativo puo riuscire utile all' uno e all'altro scopo, e quanto al primo quesibo e piu utile delle stesse misure. Difatti queste, opporbunamente scelte, ci danno i rapporti attuali cheha I'uoitio cogli altri aniraali; mentre le ricerche morfo- logiche ci possono svelare i rapporti filogenetici.

Adesso non resta che classiflcare le due anomalie che abbiamo illustrate (Fig. 1 e Fig. 2). Secondo un mio schema (') le variazioni morfologiche del cranio umano non patologiche si possono distin- guere nolle seguenti categorie: variazioni morfologiche etniche, ses- suali, per costituzione fisica, su fondo atavico (umano o preumano) su fondo infantile, individuali (funzionaU e autoctone). Evidentemente da quanto abbiamo detto, le nostre due anomalie rientrano nolle variazioni morfologiche su fondo atavico preumano. Questa catego- ria pareva dagli studi fatti in passato oramai esaurita : nuove e importanti ricerche, fatte specialmente in Italia, hanno rivelato un vasto campo, la cui presenza prima non si sospettava. Si tratta di preziosi residui di un' evoluzione anteriore, che la morfologia ha il dovere di raccogliere religiosamente, tutte le volte che I'ticume del- I'osservatore ne constata la presenza.

ancanza del muscolo grande pettorale

Nota AiiatouiiCfi

DEL DoTT. ANTONIO MOJtI.

Kicevuta il 6 cliceiubre 19ul.

E vietata la riprocluzione

II grande pettorale, come gli altri muscoli dell'economia ani- male puo presentare delle variazioni morfologiche ed anche delle vere anomalie. Esse sono assai numerose e furono dal Testut (^),- nel suo classico lavoro sulle anomalie muscolari dell' uomo riunite in otto gruppi. Tutti gli autori principali, quali il Meckel (^), ii Theile {\ i\ Macalister ('), il Sappey {% I'Hyrtl i!") fino ai pill recenti, fra cui il Debierre ('), ed il Romiti (^) ne fanno parola e quindi sarebbe superfluo ripetere meno bene quanto e gia state detto. Tra le anomalie di questo muscolo le piii singolari son quelle, che vengono descritte sotto la denominazione di man-

(') Cfr. tiiuffrida-Ruggeri. —Variations morphologiques du crane humain Archives d'an- Ihropologie criminelle. Lyon, iOOi, it. 01.

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canza o assenza del gran pettorale ; la quale piio esser totale od es- sere limitata ad una delle sue tre parti. Nel maggior numero del casiqueste varieta morfologiche furono riscontrate alia sezione cada- verica, eccezionalmente nel vivente, come nel case del De shays C-'), del Brieger ('°) e del Koenig (^'). Questo gruppo di anomalie non sono per vero dire molto frequenti: il Bertelli (i2), per esempio dice che " rarissimamente fu costatata la mancanza totale o par- ziale di questo muscolo e 1' Hyrtl nella sua lunga pratica anato- mica la riscontro soltanto due volte. Nondimeno 11 Testut ne ha raccolti 24 casi e se a questi si aggiungono quello delFroriep C^), del Brieger, del Koenig ed il mio si giunge appena a 30.

Si noti, pero, che non si tratta nella maggior parte del casi ci- tati di mancanza completa del muscolo, bensi di semplici deficienze di una dehe parti, in cui il muscolo si suol dividere, e talvolta di qualche fascio soltanto, quando non si scambi Vassenza con vere e proprie atrofie muscolari, ben diverse per il loro valore anatomico.

L'anomalia piii frequentemente colpisce la porzione sterno-co- stale ed e piii o mono accentuata. Cosi dal case del Testut, in cui si aveva la mancanza di pochi fasci muscolari, per la quale il muscolo sembrava come diviso da una fessura trasversale all' al- tezza della 3^^ e 4^ costola: da quelle del Turner (^^), nel quale si notava solo 1' assenza del fasci, che partono dalla 2^^ costola e dalla porzione corrispondente dello sterno, si passa al caso del G-io- vanardi ('^), in cui la porzione costale destra era ridotta ad un sol fascio, che partiva dalla 2^ e 3^ costola e si confondeva colla porzione clavicolare, ed a quelli del Calori {^^), deUo Iwedy (^~), del Berger C^), del Kolliker C^), del Quain (^O), del Macali- ster (2') e di altri.

Pill di rado l'anomalia si riscontra nella porzione clavicolare, ma anche di questa si hanno esempi del Cruveilhier C^^), del Nuhn (^^), del Quain C^^^), del Barkow (^^) e del Gruber C^^). L' assenza com- pleta di tutto un mascolo pettorale e eccezionale : si citano i casi del Burney- Yeo (^"), del Berger, del Forsyth (^^), del Deshays del Brieger. II Beaunis ed il Bouchard (^^) dicono nel loro Trattato che la mancanza sul vivo fu notata solo in due casi.

L'anomalia da me osservata riguarda un giovane di 23 anni, bracciante, che godette sempre buona salute. Di costruzione sche- letrica regolare, di costituzione fisica buona, con masse muscolari e pannicolo adipose bene sviluppato, presenta una deformazione tora- cica, che data fin dalla nascita. Se si fa porre il giovane nella po- sizione militare di " Attenti ! col tronco denudato, si nota subito

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una assimetria toracica caratterizzata da una deviazione dei rap- porti di forma e di dimensione della meta sinistra. In questo lato si osserva, infatti, il volume del costato piii piccolo, la mancanza del solco di Sibson e del rilievo che e proprio della regione mam- maria, lo sposbamento in alto del capezzolo. Le costole, invece, e gli spazi intercostali, come pure la porzione interna della clavicola son bene evidenti sotto la pelle. Anche la regione anteriore della spalla e tutto il braccio sono meno voluminose e non hanno la forma rotondeggiante, quale di solito si osserva : anzi il braccio e depresso, quasi fosse schiacciato ai lati. Inoltre fra la parte interna del to- race e I'arto, esteso lungo il tronco, rimane uno spazio, che non trova la sua corrispondenza a destra, onde il cavo ascellare sembra come spostato in alto e la linea compresa fra il l)raccio e la parte superiore ed interna del torace a destra forma un angolo aperto in fuori al livello della papilla mammaria, mentre a sinistra prende un andamento leggermente curvilineo a concavita interna. Questi fatti notati alia ispezione meglio che le mie parole saranno illustrati dalla fotografla del soggetto. Colla palpazione si certiflcava la mancanza assoluta dello strato nmscolare, talche lo scheletro si avvertiva in tutte le sue particolarita sotto la pelle. Anche del tendine del mu- scolo gran pettorale non si avvertivano traccie.

Qual' e il valore morfologico di questa anomalia? II Testut osserva giustamente che per poter con sano criterio precisarne il significato occorrerebbero delle notizie particolareggiate, che mancano nolle relazioni troppo som marie, che gli autori ci offrono. Tuttavia egli divide i casi di mancanza del muscoio in due classi : nella prima pone quelle mancanze totali o parziali che sono dipendenti o dal processo morboso, che e denominate in patologia atrofia muscolare progressiva^ come i casi di Berger, o da cause tratcmatiche, che colpiscono in precedenza il muscoio, come il caso di Kolliker: alia seconda classe riporta tutti quel casi, in cui non si possono invo- care cause patologiche e traumatiche.

Pero secondo il mio modesto parere le malformazioni del primo gruppo non possono esser considerate anomalie e rientrano vera- mente nel campo della Patologia. DcUe forme anomale congenite, alcune, per esempio quelle in cui il muscoio e ridotto alia sola porzione sterno-costale^ debbono considerarsi, secondo il Testut, come un ritorno atavico, la riproduzione, cioe, di una disposizione anato- mica, che e fatto normale in diversi animali, quali i 7ion clavicolati, fra cui il riccio (Meckel), il cercopiteco, il macaco e lo stesso orang (Bischoff), poiche in questi animah il gran pettorale manca

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dei fasci clavicolari. Senza dubbio e logico pensare ad una causa, che sfugge a noi, la quale debba avere agito sulla ontogenesi quando si ricordi che I'anomalia muscolare va talvolta congiunta ad anomalie di altre parti dell' economia. Cosi nel case descritto dal Froriep, in cui mancava la parte media del gran pettorale, si aveva pure la mancanza della mammella dello stesso lato e la 8^ e 4:-^ costola mancanti delle lore inserzioni sternali. Cos! il Brieger presento alia Societa Medica di Berlino un uomo man- can te a destra dei due pettorali. Ora in questo individuo si no- tava una membrana simile all' ala del pipistrello, distesa tra il tronco ed il braccio destro ed una sindactilia della mano destra. Koenig pure osservo in un giovanetto di 16 anni, mancante della porzione sternale, un considereyole appianamento del torace dal lato affetto dair anomalia ed una scoliosi dal lato opposto. A proposito della molteplicita delle ani)malie che si riscontrano in generale in uno stesso soggetto giustamente il Chiarugi(^°) fa osservare : " Ognuno che abbia pratica di dissezione egii scrive sa che non e punto raro che in uno stesso cadavere si riscontrino talora piii varieta tra lore connesse ed apparentemente indipendenti. Senibra, infatti, molto probabile che la deviazione dal tipo normale di un organo o di una sua parte debba influiry sullo sviluppo del rimanente o di altri or- gan! ad esse anatomicamente e funzionalmente congiunti. E non sembra nemmeno difficile che quella causa che ha determinato la varieta in un organo possa avere ugualmente agito su altre parti del corpo anche indipendentemente dalla prima. " Infatti, stando sempre all' anomalia del gran pettorale, di cui ci occupiamo, essa molte volte fu trovata unita ad altre varieta neha stessa regione, specialmente alia mancanza del piccolo oblique. Questo flitto fu notato nel case del Calori, dello Iwedy, del Forsyth: nel case di Berger si aveva inoltre I'atrofia di altri muscoli vicini al gran pettorale. Cosi nel case di Ko Hiker si noto pare la particola- rita che le fibre le piii interne della porzione clavicolare del pettorale prendevano origine dalla clavicola per mezzo di una lunga striscia tendinosa. In due casi, all'opposto, invece di un difetto si noto un eccesso di formazione, come nel caso di Iwedy, nel .quale la por- zione clavicolare leggermente ipertrofica, ed in queUo di Berger in cui la ipertrofia di questa stessa porzione era assai considerevole. Nel nostro caso, quantunque 1' individuo per il resto sembrasse ben conformato, non era possibile ammettere od escludere altre anoma- lie, che solo la sezione cadaverica potrebbe dimostrare. Aggiungero che la funzione fisiologica del gran pettorale era discretamente sur- rogata dal deltoide.

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Bibliografia

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ISTITDTO ANATOMICO DI TADOVA DUtKTTO D.M. PKOF. BERTELLI.

DOTT. MUSEPPE STEE,Z[

AlOTO

Intorno alia divisione della dura madre daU'endocranio.

Ricevuta il 5 gennaio 1902. E vietata la riproduzione.

Nel 1536 Mass a C) affermo per primo che la (Sura madre en- cefalica e formata da due foglietti, e ciuesto fotto fa confermato da

(') Massa Nicolai Liber introdnctorlus Anatomiae, sive dissectionis corporis bumani, nunc primum ab ipso auctore in lucem editus, tec. Venetiis, 1536, c. *ia e c, 83'^,

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quasi tutti gli Aiiatomici posteriori, tanto che anche nei trattati moclerni si trova essere la dura madre encefalica costitiiita di due foglietti, fusi in una sola membrana e riconoscibili I'uno dall'altro per spessezza, inaggiore nell' esterno, per colorito, giallastro nel foglietto esterno e bianco splendente nell' interno, per scarsa va- scolarizzazione nel foglietto interno, e per di versa direzione dei fasci che li costituiscono. In corrispondenza del ganglio del nervo tri- gemino, dell' estremita del condotto endolinfatico, ed a livedo del grande foro occipitale, essi si separano I'uno dall'altro per formare ri- spettivamente la cavita di Meckel, la cavita che accoghe I'estremo del condotto endolinfatico, e per costituire il peiiostio interno delle vertebre od endorachide e la dura madre midollare : taluno preten- derebbe poi che i due foglietti si dividessero anche in corrispondenza dei seni venosi ed a livello del foro ottico. Tuttavia gh Anatoniici sono concordi nell' ammettere che la differenza tra dura madre encefalica e midohare sia dovuta al fatto che I'encefahca conserva la forma di membrana unica, come e fino dai primi momenti dello sviluppo, mentre la seconda, in stadi avanzati di sviluppo, si divide in due lamine, separate per mezzo di uno spazio ripieno di adipe.

Talora i due foglietti della dura madre encefalica possono essere nettamente separati tra lore. Nella letteratura non ne trovo de- scritto che un case, dovuto al Trolard ('), il quale ha osservato tale divisione su tutta I'estensione della convessita cerebrale di un adulto ; dei due foglietti 1' interno era meno spesso e non era per- corso da grossi vasi, mentre questi si presentavano colla lore dispo- sizione normale nel foglietto esterno. Per Trolard tale disposizione, che egli descrive come " dura madre doppia „, rappresenta un fatto molto oscuro, tanto che ne termina la breve descrizione colle seguenti parole : " si J'ai signale le fait, c'est surtout a titre de curiosite „.

A questo case ne posso aggiungere un altro, nel quale la du- phcita della dura madre non e pero cosi estesa, come in quelle ora ricordato.

In un uomo dell'eta di 40 anni, morto di polmonite nel reclu- sorio di Padova, la dura madre della volta del cranio era netta- mente divisa in due' lamine, tranne che lungo la linea mediana, per un tratto largo 25 mm., posto in corrispondenza del seno sagit- tale superiore. La lamina esterna presentava scarse aderenze colle ossa parietali, tanto che I'apertura del cranio pote essere eseguita

(') Trolard Do (juclciues particularities de la dure-iii6re : IV. Un cas de double dure-ni6re. -^ Journal de VAnat. et de la Phi/siol. nnrmalcs el pat/inloi/iques, Annflo XXVI, iS90,pa<j. 117-418.

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con facilita, e I'osservazione della superficie esterna della dura ma- dre non lasciava supporre che essa fosse costituita di due lamiue : la superficie interna di questa lamina, liscia e viscida al tatto, ade- riva al foglietto interne per brevi trabecole fibrose. Le diramazioni dell'arteria meningea media scorrevano esternamente a questa la- mina, la quale an che ad un esame grossolano si mostrava formata di fasci fibrosi, diretti obliquamente dall'avanti all' indietro e dal- Testerno all' interne. II sue spessore era di mm. 0.45, ed il colorito roseo per numerosi vasellini sanguigni.

La lamina interna si distingue va dalla precedente per colore piia sbiadito, scarsa vascolarizzazione, minore spessezza, e maggiore con- sistenza. Sulla superficie esterna, in rapporto con quella interna del foglietto precedente, si inserivano con base allargata a cono le tra- becole sopra accennate, costituite da fasci di fibre connettive. I fasci, che costituivano questa seconda lamina, erano diretti obliquamente dall'avanti air indietro e dall' interne aU' esterno.

II passaggio tra la parte, nella quale la separazione dei due fo- glietti era cosi manifesta, e quella, dove mancava, avveniva in mode graduale, poiche da prima si facevano piii fitte le trabecole tra i due foglietti, e man mano che ci si avvicinava al punto della fu- sione completa, si trovavano delle aderenze sempre pii^i numerose ed estese. Tale fusione ventralmente avveniva nel terzo superiore delle fosse frontali, lateralmente nel terzo superiore delle fosse parietali, dorsalmente 3 cm. al di sopra della protuberanza occipitale in- terna, e medialmente a 1 cm. di distanza dal seno sagittale superiore.

Mentre ventralmente e dorsalmente la fusione avveniva a li- vello quasi eguale e secondo una linea uniforme a destra ed a si- nistra, lateralmente avveniva prima a destra che a sinistra e se- condo una linea irregolarmente sinuosa: medialmente poi, secondo una linea irregolare, distante in media 1 cm. dal seno sagittale, ma in vari punti distante anche cm. 1, 5.

L' esame microscopico delle sezioni fatte nel limite, in cui la fusione dei due foglietti era completa, mi ha permesso di osser- vare che ciascuna delle due lamine sopra descritte si continuava con uno dei due strati della dura madre normale: le sezioni fatte tra- sversalmente al seno sagittale superiore mostrano che la lamina interna si continua al di sotto di questo seno e va, insieme a queUa dell'altro late, a costituire la falce del cervello : non mi e state pos- sibile stabilire, a causa della intima unione tra le due lamine, se il seno sagittale si trovi tra esse, oppure nella spessezza della lamina esterna.

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II mostrarsi la dura madre encefalica formata di due lamine distinte e proprio una curiositd al di fuori di ogni spiegazione, come suppone Trolard? Ricerche da me fatte intorno alle meningi ence- faliche mi permettono di asserire trattarsi invece di una varieta fa- cilmeiite interpretabile, quando si conoscano I'anatomia comparata e lo sviluppo delie meningi encefaliche.

Riguardo all'anatomia comparata, gli Anatomic! ammettono con- cordemente che nei vertebrati piii bassi si abbiano due meningi, una che riveste il sistema nervoso centrale ientomeninge di alcuni Autori, 2oia madre di altri), e I'altra che aderiscj alle pareti della cavita cranica e del canale vertebrale [exomeninge o dura madre): salendo nei vertebrati, la prima si divide in due membrane, la j^za madre defmitiva e 1' aracnoide, e la seconda non si divide ulterioiinente nei cranio, mentre nei canale vertebrale si divide anch'essa in due mem- brane, la dura madre definitiva e Yendoracliide o periostio interno delle vertehre (che per cio molti chiamano anche foglietto esterno della dura rnadre). Ricerche, che ho fatto intorno alle meningi midollari (^), mi hanno permesso di stabilire come questo modo di descrivere le disposizioni delle meningi midollari nei vertebrati non risponda alia realta, e come invece negli ordini piii bassi (ciclostomi, pesci) si abbia una sola meninge primitiva, la quale si divide in se- guito (anfibi, rettili e uccelli) nella dura madre e nella meninge se- condaria^ e come quest' ultima piii tardi ancora (mammiferi) si di- vida a sua volta in due lamine, che sono la pia madre e V ara- cnoide. II periostio interno delle vertebre od endorachide non ha quindi nulla a che fare colle meningi midollari. Li m.odo poco dissimile, posso fin d'ora affermare, si comportano le meningi ence- faliche : la meninge primitiva^ che riveste 1' encefalo del ciclostomi e dei pesci, e separata per mezzo di uno spazio {spazio perime- nuigeo)^ spesso ripieno di adipe, dall'ewrfocranio, che riveste la ca- vita cranica e corrisponde all' endorachide; la meninge primitiva piii tairdi si divide, come nella midolla, nella meninge secondaria e nella dura madre, la quale si mantiene distinta dall'endocranio ; infine la meninge secondaria si divide a sua volta nella pia madre e nell'ara- cnoide, mentre la dura rnadre, forse per il rapido aumento della massa encefalica rispetto al volume del cranio, viene spinta contro Ven- docranio, e flnisce per fondersi con esso, costituendo una sola mem- brana, come si ha nei mammiferi.

(1) Sterzi G. Ricerclie intorno all' Anatom'a comparata ed ail'ontogonesi delle meningi. Parte prima : Meningi midollari. Atti del R. Istitulo Veneto d> scienze. lellere ed arti, T. LX. Parte seconda, i901,pa(/. ii0i-i372.

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Gli stadi, per i quali passano le meningi midoUari nello svi- luppo, corrispondono fondamentalinente alle disposizioni, clie ho tro- vato nelle singole classi dei vertebrati, mentre gli Autori, che si sono occupati di qiiesto argomento, ammettono che il mesenchima, situate tra il sistema nervoso centrale e gh abbozzi delle vertebre e del cranio negli embrioni molto giovani, si divida in seguito in due strati, sepaxati per mezzo di tessuto connettivo lasso, uno dei quali aderisce al sistema nervoso e 1' altro alia oapsula, che lo con- tietie ; ammettono poi che il primo pih tardi si suddivida nella pia madre e nQW'aracnoide, e che 1' altro non si differenzi nel cranio, formando la dura madre encefalica^ mentre si divida nel canale delle vertebre nella dura madre e nella emlorachide. Invece nel lavoro sopra citato dimostrai(') come le meningi midollari provengano tutte da una meninge primitiva, dalla quale si differenziano prima la dura madre e piu tardi la pia madre e V aracnoide : ricerche fatte intorno alle meningi encefahche mi permettono di affermare che esse si svilup- pano nei mammiferi in mode fondamentalmente eguale ahe midollari, e che solo nei piu tardi moment! della vita embrionale la dura madre si fonde coll' endocranio in una sola membrana ; quindi giustamente osserva Testut(^) che nel feto la dura madre si mostra formata da due foglietti facilmente separabih, i quah si possono isolare senza troppa difficolta anche nel neonate, come fa notare Charpy(^). Si comprende cosi perche il ganglio del trigemino (che in cio si com- porta come i gangli spinali), 1' estremita del condotto endolinfatico, r ipofisi, alcune porzioni dei nervi encefalici, ecc, che nell' embrione si trovano comprese tra la dura madre e 1' endocranio, nell' adulto si trovino invece nello spessore deha membrana formata dalla lore fusione.

Da tutto ci5 risulta che la meninge dell'uomo, impropriamente chiamata dura madre craniense^ e in realta costituita da due mem- brane fuse insieme, che sono V endocranio e la vera dura ma- dre encefalica : questa, come la dura madre midoUare, e bianca, fi- brosa e poco vascolarizzata, quello invece, come ogni altro periostio, e abbastanza ricco di vasi sanguigni, fra i quali spiccano per cali- bre quelle arterie, che quindi molto impropriamente vengono deno- minate arterie meningee.

Percio non e giusto 1' afi'ermare, come fanno tutti gli Anato-

(1) loc. cit., pay. 229 e segg.

(2) Testut L. Trait<5 d'Anatomie humaine Paris, iOOO, Vol. II, pag. 906.

(3) Charpy A. Systf^me uerveiix, in: Traits d'Anatomie humaine public sous la direction de Poirier, T. Ill, Fuse. 1. Pans (senza data), pag. 101.

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mici, che la dura madre dell' encefalo si divide a livello del grande foro occipitale in due foglietti, i quali sono la dura madre midollare e r endorachide, ma si dovra invece ritenere che la dura madre si fonda a livello del grande foro occipitale col periostio, che lo riveste e tale fusione si mantenga in quasi tutta 1' estensione del cranio. Cosi si comprende anche perche la cosiddetta dura madre encefa- Ilea abbia proprieta osteogenetiche, essendo queste dovute all' endo- cranio, che le ha a comune con qualunque altro periostio, e si po- trebbe cosi anche spiegare perche in essa siano frequenti i tumori di origine periostale (encondromi, osteomi). In tal modo si spiega pure perche a livello del foro ottico la dura madre encefalica si di- vida in due fogJietti, uno del quali si continua col periostio deU' or- bita e 1' altro va a costituire la guaina esterna del nervo ottico : cio avviene, perche in corrispondenza di questo foro 1' endocranio si continua col periostio deU' orbita, mentre la vera dura madre si proiunga attorno al nervo ottico, il quale e parte del sistema ner- voso centrale.

Le disposizioni, che si avevano nella varieta da me ossei'vata, e quelle trovate da Trolard, non mi permettono di affermare quale significato abbiano i cosiddetti seni della dura madre: molti Ana- tomici li riguardano dovuti ad uno sdoppiamento della dura madre stessa, ment.re le ricerche, che ho fatto in alcuni pesci, anfibi e rettili ed in embrioni di pecora, mi indurrebbero a considerarli, almeno nella maggior parte di essi, come seni dell' endocranio, simili a quelli che ho descritto nell' endorachide. Se poi 1' endocranio abbia o non abbia parte nella costituziono dehe piegatiire della dura madre, non posso per ora affermare : trattero tale questione nel lavoro, che sto preparando, sopra 1' anatomia comparata e lo sviluppo dehe me- ningi encefahche, e che confide di presto pubbUcare.

Stabihto per ora che la membrana, comunemente detta dura madre encefalica^ e formata daUa fusione di due foghetti primitiva- mente distinti, la vera dura madre e 1' endocranio^ se supponiamo che tale fusione non possa av venire m parti nolle quali normal- mente avviene, avremo prodotta la varieta sopra descritta, la quale per cio deve essere mono rara di (luanto si puo supporre, se non sempre cosi manifesta, come nel case descritto da Trolard cd in quelle osservato da me.

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istituto anatomico di pad ova. Prof. D. BERTELLI.

L'Arteria sottolinguale.

Ricevuta il 15 gennaio 1902. & vietata la riijroihizione.

E universalmente ammesso che I'arteria sottolinguale possa mancare e che venga sostituita del tutto od in grande parte dalla sottomentale.

Gli anatomici, senza tener conto delle disposizioni che le arte- rie sottolinguale e sottomentale presentano in altri mammiferi, hanno male interpetrato il rapporto che esiste tra queste due ar- terie, mentre 1' anatomia comparata lo chiarisce nettamente.

Nei perissodattili e nei carnivori la sottolinguale nasce dalla mascellare esterna e da la sottomentale.

Nei Trattati di anatomia degli animali domestici trovasi che daha carotido esterna prende origine la mascellare esterna, dalla quale nascono la hnguale, la faciale e la sottolinguale.

L' anatomia comparata ci conduce ad interpetrare la disposi- zione di queste arterie in mode diverse da queho che trovasi nei Trattati. Si dovrebbe denominare tronco Imguo-mascellare Y arteria che viene chiamata mascellare esterna ; dal tronco linguo-mascellare nascono, come nelle scimmie, la Hnguale e la mascellare esterna; dalla mascellare esterna prende origine la sottoUngiiale^ come nei perisso- dattili e nei carnivori. Dalla sottohnguale, ramo cospicuo, e data nei perissodattili e nei carnivori la sottomentale.

Quindi e erroneo affermare che nell' uomo la sottolinguale e sostituita dalla sottomentale. E invece la sottolinguale che nasce dalla mascellare esterna e fornisce la sottomentale ; si riproduce frequentemente nell' uomo una disposizione che e normale in altri mammiferi.

Tra breve pubblichero un lavoro sulle arterie sottolinguale e sottomentale dell' uomo. Saranno descritte ed illustrate con figure le disposizioni normali e variate. Di queste ultimo verra fatta la interpetrazione per mezzo della anatomia comparata.

24 -

NOTIZIE

NOOVE NOMINE

I sottonotati Professori di zoologia, anatomia e fisiolog;ia comparate souo stati trasferiti come segue : Eaflfaele clott. Federico dalla IJniversita di Mes- sina a quella di Palermo ; Mingazziui dott. Pio dalla University di Catania a quella di Messina ; Russo dott. Achille dalla Universita di Cagliarl a quella di Catania.

Carazzi dott. Davide e stato nominato Professore straordinario di zoolo- gia, anatomia e fisiologia comparate nella Universita di Sassari.

CosiMO Cherubini, Amministratore-responsabile.

UNME ZOOLOGICA ITALIANA.

Rivolgo calcla preghiera ai signori Socii che sono tuttora in de- bito della loro quota per I'anno 1901 di volerla inviai'e sollecitamente per permettermi di chiudere i conti deU'esercizio 1901.

Istituto Zoologico Prof. Fr. Sav. Monticelli

E.. Universita Segretario-Cassiere

Napoli.

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Monitope Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale deila Unione Zoologica Italianii

DIRETTO

DAI DOTTORI GIULIO GHIARUGI EU6ENI0 FIGALBI

Prof, di Anatomia umana Prof, di Anatomia conip. e Zoolo^

nel R. Istituto di Studi Super, in Kirenze nella R. Universita di Padova

Ufficio di Direzione ed Amministrazione : Istituto Anatomico, Firenze. 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 15.

!XIII Anno Firenze, Febbraio 1903 N. 3

SOMMARIO : Bibliografia. Pag. 25-28.

SuNTi E RiviSTE : F'aiad.ino R., Contribuzione alle conoscenze sulla strut- tiii'a e funzione della vescicola ombelicale nell'uomo e nei mammiferi. Pag. 28-29.

Di alcune recenti ricerche istologiche sulla secrezione interna nell'assorbi- mento intestinale: Mingazzini P., Cambiamenti naovfologici dell'epi- telio intestinale durante I'assorbimento delle sostanze alimentari. Id.., Id. Drago TJ., Cambiamenti di forma e di struttura deli' epitelio intestinale durante I'assorbimento dei grassi. Mingazzini 1?., La secrezione interna nell'assorbimento intestinale. Pag. 29-34. Sterzi G-., Kicerche intorno all'anatomia comparata ed all' ontogenesi delle meningi. Considerazioni sulla filogenesi. Parte I. Meningi midollari. Pag. 34-37.

COMUNiGAZiONi ORiGiNALi : Ficalbi E., Doratopsis vermicularis larva di Chiroteuthis Veranyi. Bertelli D., L'arteria sottomentale. Li- vini F., A proposito di una nuova classificazione delle ghiandole pro- posta dal Prof. G. Pal ad i no. (Con 2 figure). Pag. 37-47.

NOTA BIBLIOGRAFICA. Pag. 47-48.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali die si pubblicano nel Monitore Zoologieo Italiano e vietata la riproduzione.

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Si dct notizia soltanto dei lavori pubhlicati in Italia, VI. Protozoi.

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8. Insetti o Esapodi.

a) Parte generale.

Cannaviello E. Coatributo alia fauna entomologica della colonia Eritrea. Bull. Soc. Entomol. ital, An. 32, Trim. 3, pp. 289-308. Firenze 1900.

h) Tisanuri.

Calandruccio S. Sulla biologia di Yapyx soUfugus, Hal. e Campodea sta- phylinus, Westw. Catania, tip. Barbagallo e Scuderi, pp. 4, 1898.

c) Ortotteri.

Pierantoni U. Nuovo contributo alia conoscenza del sistema nervoso stomatogastrico degli Ortotteri. Con tav. 11^. Boll. Soc. Naturalisti Napoli, An. 15 {1901), S. 1, Vol. 15, pp. 54-60. Napoli 1902.

e) Rincoti.

De Carlini A. Rincoti ed Aracnidi dell' isola di Cefalonia. Vedi M. Z., XII 12,347.

i) Lepidotteri.

Cannaviello E. Le Tineinae delle provincie meridionali d' Italia. Riv. ital.

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Soc. Zool. ital, An. 10, S. 2, Vol 2, Fasc. 3-6. pp. 97-122. Roma 1901 {Con-

tiiiuaz). Stefanelli P. Nuovo catalogo illustrativo dei Lepidotteri ropaloceri della

Toscaaa. Bull Soc. Entomol. ital. An. 32, Trim. 3, pp. 325-374 e

Trim. 4, pp. 381-387. Firenze 1900. {Gontinuaz. e fine) Verson E. SuU'armatura delle zampe spurie nella larva del filugello. Con

tav. Atti Istit. veneto Sc, Lett, ed Arti, An. Accad. 1900-1901, Toino 60,

{Serie 8, Tomo 3), Disp. 9, pp. 719-738. Venezia 1901.

I) Ditteri e Afanitteri. Berlese A. Intorno alle modificazioni di alcuni tessuti durante la ninfosi

della Calliphora erythrocephala. Con figg. Boll. Soc. Entomol ital, An 32,

Trim. 3, pp. 253-288. Firenze 1900. Ficalbi E. Sopra la malaria e le zanzare malariche nella salina di Cervia

e nel territorio di Comacchio. Vedi M. Z., XII, 12, 357. Perroncito E. Sopra una speciale forma di micosi delle zanzare. Giorn.

Accad. Medicina Torino, An. 63, N. 5, pp. 387-388. Torino 1900.

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Porta A. ha. Viviana pacta (M.gn.) BjOad. parassita clello Zahrus tenebrioides Goeze {gibbus F.). Atti Soc. Natural, e Matern. Modena, S. 4, An. 33, Vol. 2, pp. 39-40. Modena 1901.

Supino F. Lettera aperta al prof. Antonio Berlese della Scuola Superiore di Agricoltura in Portici [A proposito di osservazioni critiche contenute nel lavoro di A. Berlese : « Intorno alle modiflcazioni di alcuni tessuti durante la ninfosi della Calliphora erythrocephala »]. Bull. Soc. ento- mol. ital., An. 32, Trim. 3, pp. 375-379. Firenze 1900.

XII. Molluschi.

I. Parte gbnerale.

Bellini R. Contribuzione alia conoscenza dolla fauna dei moUuschi ma- rini dell' isola di Capri. Boll. Soc. Naturalisti Napoli, An. 15 {1901), S. 1, Vol.. 15, pp. 85-121. Napoli 1902.

5. Lambllibuanchi, Acbfali o Pblecipodi.

Di Stefano G. Osservazioni suWAlectryonia syphax Coquand. Boll. Soc. zool. ital, A7i. 10, S. 2, Vol. 2, Fasc. 3-6, pp. 123-138. Roma 1901.

SUNTI E RIVISTE

Paladino Dott. Raffaele. Contribuzione alle conoscenze suUa struttura e fun- zione della vescicola ombelicale nell'uomo e nei mammiferi. L'Arte medica, 1901. {Istituto d' Istol. e Fisiol. gen. della R. U. di Napoli).

Negli animali ad uova oloblastiche, cioe nei mammiferi, la vescicola om- belicale per la esiguita del suo contenuto non puo avero il significato, che le si e dato sinora, di serbatoio di materiale nutritive e, d'altra parte, essa in detti animali raggiuuge pur un volume, che non e spiegabile con I'insignifi- cante suo valore.

La tenacia della forza ereditaria nello svolgimento filogenetico dai sau- ropsidi agli uccelli ed ai mammiferi puo solo in parte spiegarne la presenza e lo sviluppo ; alia ereditarieta bisogna forse associare la possibilita di scam- bii di funzione nei mammifei'i.

Oggetto di esame sono state le vescicole ombelicali di cane, gatto, coni- glio e di un embrione umano intorno al primo mese.

Con disegni lllustrativi viene studiata comparativamente la struttura del sacco vitelline in ciascuno di detti animali e sopratutto pel cane richiamano I'attenzione la costituzione e la disposizione dell'epitelio, che e di aspetto glandolare, floridissimo, disposto a rete e che ricorda il tessuto epatico. Tale rassomiglianza e anche meglio giustificata dalla presenza di granulazioni o di piccole sferule analoghe a quelle di glicogene delle cellule epatiche.

Premesso che queste osservazioni hanno il valore di dati preliminari e che continuano tuttavia le ricerche suH'argomento, I'A. anticipa le seguenti conclusioni :

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1.0 La vescicola ombolicale o sacco vitellino ha una striittura complessa risultante di tre strati chiaramente distinti : uno strato epiteliale interno, una lamina connettivale media riccamente vascolarizzata, uno strato endote- liale esterno. Lo strato epiteliale interno e molto sviluppato ed in certi punti per disposizione e costituzione ha piu I'aspetto di tessuto secernente, che di tessuto assorbente.

2." La vescicola ombelicale per la qualita e quantita del suo contenuto non e da considerarsi, nei mammiferi, quale un serbatoio di materiale nutri- tive inserviente nei primi tempi dello sviluppo embrionale.

In cambio, piu consentaneo alio stato deUa sua costituzione e da rite- nersi, che a difFerenza degli aniraali ad uova meroblastiche, in quelli ad uova oloblastiche, cioe uoino e mammiferi, la vescicola ombelicale rappresenti un or- gano, che oltre di essere espressione della tenacia della forza ereditaria, si differenzia iu una glandola in cui si accentua possibilmente la produzione di parti secernenti da ricordare qualcuno dei secreti interni della glandola epatica. L' A.

Di alcune recenti ricerche istologiche sulla secrezione interna nell'assorbiment j intestinale

1. Mingazzini P. Cambiamenti morfologici dell' epitelio intestinale durante

rassoi'biraento delle sostanze alimentari. Con figg. Atti Accad. Lincei (Rendiconti), CI. sc. fis. matem. e nat, S. 5, Vol. 9, Fa.'^c. 1. Sem. 1. Ro- ma 1900.

2. Mingazzini P. Cambiamenti morfologici dell'epitelio intestinale durante lo

assorbimento delle sostanze alimentari. Ricerche fatte nei Labor. Ana- tomia norm. Univ. Roma, Vol. 8, Fasc. 1. Roma 1901.

3. Drago U. Cambiamenti di forma e di struttura dell' epitelio intestinale

durante I'assorbimento dei gi-assi. Ibidem.

4. IVIingazzini P. La secrezione interna nell'assorbimento intestinale. Con tav. 9

e 2 fig. nei testo. Ibidem, Vol. 8, Fasc. 2. Roma 1902.

1. In seguito ai resultati da lui ottenuti nelle ventose delle Anoplocefaline durante 1' assorbimento delle sostanze alimentari, 1' A. ha portato la sua at- tenzione sui processi di assorbimento che si verificano nell' intestino tenue della gallina.

Dopo aver indicati i metodi di ricerca, egli afferma subito che 1' aspetto dei villi intestinali nelle diverse fasi della digestione si puo presentare in due maniere fondamentalmente distinte. Una e quella universalmente cono- sciuta e che corrisponde, secondo I'A., alio stadio di riposo del villo, quando cioe i suoi element! epiteliali non sono in attiviti di assorbimento. In que- sto stadio gli elementi ora ricordati hanno disposizione regolarissima, e sono uguali fra loro per forma, aitezza, costituzione ; i loro nuclei son tutti alio stesso livello, verso il terzo interno o alia met^ della cellula ; il protoplasma e uniformemente colorabile, oppure assume una tinta piu carica verso 1' e- stremo libero, piu sbiadita verso la base. L'altra maniera di presentarsi del villo e quella che corrisponde alio stadio funzionale del villo stesso. II villo

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assume una conCgurazione irregolare, dovuta alle modificazioni seguenti che subiscono le cellule epiteliali durante I'assorbimento :

1) In una fase primordiale 1' estrerao basale degli element! si mostra occupato da una sostanza ialina, leggerraente granulosa che si tinge legger- mente in giallo coU'acido picrico, zona interna, ben distinta dalla zona ester- na, granulosa, ben colorabilo, coi caratteri dello stadio di riposo.

2) Estendendosi la modificazione suddetta, tutta la porzione cellulare posta internamente al nucleo si trasforma nella zona interna o ialina; que- sta trasformazione, che la allungare la base dell'elemento pel maggior volu- me occupato dalla sostanza ialina rispetto al protoplasraa primitivo, puo an- che sospingere il nucleo verso il terzo esterno della cellula.

3) ]n una terza fase la porzione basilare trasformata degli elementi cilin- drici si decompone in una sostanza liquida che viene cosi a riempire lo spa- zio occupato dalla zona interna degli elementi epiteliali di essi rimanendo solo la zona esternacontenente il nucleo e ricoperta dall'orlo cuticolare.

Queste modificazioni possono avvenire uniformemente per tutto il con- torno del villo ; ovvero in tratti si, in tratti no, ed e in questo ultimo caso, che e il piu frequente, che il contorno del villo prende I'aspetto festonato, irregolare. Di prevalenza le modificazioni si osservano nella porzione apicale del villo.

Nello spazio intercedente tra epitelio e stroma connettivale stanno leu- cociti in numero vario, i quali, allorche le cellule assorbenti cominciano a segregare verso la loro parte interna, rimangono in sito ; quando si e for- mato il liquido di cui sopra, si trovano natanti nel liquido stesso, dando gi^ la composizione normale al chilo assorbito, cioe di plasma albuminoide e <li elementi cellulari figurati,

Anche lo stroma connettivale dei villi si puo trovare sotto due aspetti, e cioe: ora formato da tessuto compatto, ora da tessuto lasso; in quest' ul- timo caso si tratta forse di un rigonfiamento del tessuto per opera del chilo assorbito tra gli spazii linfatici dei suoi elementi, rigonfiamento che e poste- riore alia secrezione interna delle cellule assorbenti, ma che precede 1' in- gresso del chilo nei vasi chiliferi.

In conclusione, gli elementi assorbenti dell' intestino tenue hanno una inversione di funzionalita rispetto alle ordinarie cellule secernenti: queste segregano dalla superficie libera, quelli dalla superficie adereute al connet- tivo. I leucociti interposti fra le cellule dell'epitelio intestinale, che si rinven- gono principalmente verso la base delle cellule cilindriche, hanno il significato di elementi che entreranno in funzione dopo avvenuta la secrezione interna dell'epitelio assorbente.

2. La prima parte del lavoro di Mingazzini h dedicata alia dimostrazione dell'inesattezza di un'affermazione di Heidenhain, che lo strato di sostanza amoi'fa, granulosa il quale separa lo stroma connettivale di molti villi inte- stinali dall'epitelio del villo e un prodotto artificiale determinato da fuoru- scita di liquido dallo stroma del villo per opera della fissazione. Mingazzini cerca di dimostrare invece, come conferma all' idea da lui precedentemente espressa, che questo aspetto dej villo e da ritenersi come il substrate morfo- logico di una delle fasi del processo di assorbimento normale. Anche prescin- dendo dalla circostanza, che del resto neppure Heidenhain contesta, che quel-

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I'aspetto si osserva coi piu svariati fissatori, I'A. si persuase per mezzo di misu- razioni che le cellule epiteliali separate dallo stroma del villo per mezzo di liqui- do, non lianno il corpo dilatato in superficie come afferma Heidenhain.

Auche le apparenti sfrangiature e lacerazioni le quali si osservaao spesso alia base delle cellule sono dovute alia form.azione del secreto, tanto e vero che si dimostrano chiaramente anche coU'esame a fresco.

L'A. analizza con molta precisione le modificazioni che avvengono nelle cellule epiteliali del villo mentre esse si dispongono a segregare nella loro porzione basilare le sostauze assorbite (gallina, cane, topo); esse consistono in un mutamento fisico-chimico del citoplasma della porzione basilare ; ed un aumento di lunghezza della cellula stessa dovuto all' accrescimento della sua porzione basilare.

In una fase successiva la porzione basilare delle cellule cilindriche si se- para dall'elemento che 1' ha prodotta, si t'onde colle porzioni provenienti da collule adiacenti, e finisce col trasformarsi in sferule ialine con largo reti- colo, a torma poligonale per pressione reciproca.

Dal confronto fra le modificazioni che avvengono nelle varie parti del villo e nei singoli villi I'A. desume, che I'apice dei villi assorbe in quantita mag- giore delle parti laterali dei medesimi, e che il processo di assorbimento non ha luogo contemporaneamente nei diversi villi e nemmeno lungo la superficie di uno stesso villo. Queste osservazioni confermano la veduta esposta da Tie- demann e Gmelin che I'assorbimento intestinale sia ixiolto simile ad un processo di secrezione ; si tratterebbe di una vera funzione glandolare a di- rezione invertita.

Infine il Mingazzini riferisce i risultati di alcune sue ricerche suUe galline digiunanti.

Le cellule epiteliali dei villi sono, durante il digiuno, di quasi la met4 piu basse di quelle degli animali ben nutriti ; inoltre non presentano la distin- zione in zona scura esterua e zona chiara interna caratteristica delle cellule in assorbimento. In un primo periodo del digiuno ha luogo un lieve assorbi- mento all'apice dei villi e quiudi esiste del liquido subepiteliale ; dopo un di- giuno prolungato anche questo cessa nella porzione posteriore dell'intestino. Durante il digiuno possono passare nei lume intestinale elementi epiteliali della parete e leucociti i quali docomponendosi vengono a dare materiale nutritizio.

3. Drago studio le modificazioni dell'epitelio intestinale durante I'assorbi- mento dei grassi e si convinse che il processo non e nella sua essenza di- verse da quello osservato dal Mingazzini per le altre sostanze alimentari.

II grasso si trova dapprima nelle parti superiori, poi nelle inferiori della cellula in forma di piccole goccie confluenti ; in seguito la porzione basale della cellula si decompone in una sostanza amorfa contenente grasso la quale si separa dal corpo cellulare. Anche I'assorbimento del grasso non e adunque che un processo di secrezione interna delle cellule dei villi.

Vi e di notevole in questo caso un cambiamento di forma del nucleo da ovale in sterico ; quando I'assorbimento e massimo il nucleo appare schiac- ciato contro la porzione basale della cellula.

4. In questa memoria Mingazzini estende ad altri vertebrati le sue os- servazioni suUa secrezione interna neH'assorbimeuto intestinale.

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Nello Scyllium stellare, lia veduto che I'assorbimento si eflPettua nella val- vola spirale e pricipalmente sull'apice delle numerosissime pieghe della mucosa che la costituiscono ed e dimostrato tanto dai feiiomeni presentati dagli ele- menti epiteliali che ivi si trovano, quanto dal comportamento del respettivo stroma connettivale.

E' a notarsi che le cellule cilindriche ciliate provviste di lunghe ciglia che si trovano alia superficie delle pieghe della valvola si modificano in cor- rispondenza dell'apice delle pieghe; le ciglia si fanno ivi corte, rudiraentali o mancano affatto ; inoltre le cellule non hanno piu come nel rimanente un'al- tezza uniforme, ma si presentano di molto difierente altezza. Vi sono poi nelle cellule deU'apice e nei loro nuclei variazioni di forma, grandezza, posizione e struttura che sono in correlazione coi fenomeni di secrezione interna e di as- sorbimento.

Da questo punto di vista le cellule si possono presentare con due aspetti molto difierenti ; o hanno il corpo ristretto e il nucleo a bastoncino situato in vicinauza della base, o il corpo cilindrico assai largo e il nucleo ovale as- sai prossimo alia superficie libera della cellula. Data la diflferente posizione del nucleo, nelle cellule larghe abbiamo un segment© esterno lungo e un seg- mento interno corto : nelle cellule affilate e I'inverso. Le cellule piu larghe sono quelle che da poco hanno assorbito le sostanze alimentari e le conten- gono nel loro segmento esterno, le cellule affilate hanno trasferito la sostanza assorbita nel loro segmento interno e auche I'banno parzialmente trastbrmata ed eliminata dalla superfice basilare.

II segmento esterno nelle cellule larghe si com pone di protoplasma con aspetto vacuolare e puo presentarsi infiltrato della sostanza alimentare assor- bita non ancora trasformata dal protoplasma la quale e sotto forma di liquido a colorazione diffusa. II nucleo ha una membrana grossa e fortemente colo- rabile ; il reticolo nucleare molto colorabile risulta di grossi filamenti con ben distinti punti nodali, inline il succo nucleare e inteusamente colorito.

II segmento interno e formato da protoplasma denso, omogeneo.

Nelle cellule affilate, che sono frammiste irregolarmente alle prime o a gruppi, il corpo cellulare e molto ristretto; nel nucleo bastonciniforme, che trovasi presso I'estremo libero, la membrana nucleare non e piu intensamente colorabile, il reticolo cromatico e formato da filamenti sottili, uniformi senza punti nodali; il succo nucleare e anch'esso poco colorato. Nel corpo cellulare, nel segmento esterno, il protoplasma e denso, mentre nel segmento interno, che va gradatamente assottigliandosi verso la base, si mostra diradato.

Tra le due forme di cellule descritte vi sono tutti gli stadi di passaggio ; come si puo dedurre specialmente dalle modificazioni che avvengono nel nu- cleo. Infatti, in uno stadio successivo a quello delle cellule della prima qua- lita, i nuclei divengono piriformi colla parte piu ristretta volta verso la base della cellula ; questa forma si accentua sempre piu per allungamento della parte ristretta del nucleo, che frattanto si porta verso la superficie li- bera della cellula, mentre si compiono i mutamenti nella sua costituzione, niutamenti che si iniziano nella zona piu interna, piu ristretta del nucleo stesso.

Pervenuta la sostanza assorbita nel segmento interno della cellula, da questo, per un processo di semplice distacco della porzione estrema basilare deir elemento, sotto forma di sostanza granulosa separata da liquido, viene a formarsi quel prodotto di secrezione interna che deve peuetrare nel con-

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nettivo del villo, ed in parte viene assorbito in situ dai numerosi leucociti o g\k penetrati fra le cellule epiteliali pi-ima dello stadio finale del processo di assorbimento, ovvero eraigrati fra la sostanza sogregata per un fenomeno di cbemiotassi.

Allorcbe poi le cellule hanno espulso la sostanza assorbita, si riducono ad element! con corpo ristretto, in specie verso la base, il nucleo risiedendo verso I' estremo libero. Cominciando essi a riassorbii-e, il corpo si allarga verso quest' ultima, e la sostanza alimentare mentre accresce gradatamente il volume del protoplasma, modifica anche la forma, la posizione e la strut- tura del nucleo, finche la cellula riacquista i caratteri, gia indicati, delle cellule cilindriche largbe.

I mutamenti che avvengono in Scyllium stellare durante le varie fasi d'assorbiraento e della secrezione interna sono state constatate dall'A. nella loro parte sostanziale, ancbe in altri vertebrati [Mus decumanus).

Dal confront© dei fatti osservati nei varii animali si puo anzitutto de- durre che il processo di secrezione interna nei villi puo essere piu o meno perfetto nei diversi vertebrati, nei cui intestino tratti piu o meno estesi di cellule assorbenti posson trovarsi contemporaneamente nella stessa fase

(Uccelli, Mammiferi ), ovvero mantenere una certa indipendenza fra loro

{Scyllium stellare). In secondo luogo che la quantita e qualita della secrezione interna variano nei differenti animali e anche nella stessa specie ; esse sono in rapporto colla quantita e qualita degli alimenti ingeriti.

Modificazioni consimili a quelle riscontrate nelle cellule epiteliali du- rante le varie fasi dell'assorbimento, sono presentate anche dai leucociti in- terposti fra le cellule epiteliali dell' intestino tenue dei vertebrati, e da quelli cbe direttamente immigrano dallo stroma connettivale del villo nella massa della secrezione interna delle cellule epiteliali. Osservando in preparati colo- riti con ematossilina e carminio, ad esempio nei Mas decumanus, i leacociti sparsi in una massa abbondante di secrezione interna si vede come essi si presentino con caratteri assai differenti. 11 nucleo e in alcuni intensamente colorato, in altri meno, in altri molto pallido ; la sua forma e rotonda, o ovale. Vedonsi i leucociti immigrare od emigrare dai connettivo del villo nella se- crezione interna e viceversa. Nei connettivo del villo o nella tonaca propria predominano leucociti con nucleo plurilobato, a ciambella, a ferro di cavallo, e tutti intensamente colorabili. Quelli con nucleo rotondo e poco colorabile sarebbero, secondo Mingazzini, in uno stadio nei quale non e avvenuta la nutrizione o I'assorbimento della sostanza segregata dalle cellule epiteliali ; quelli con nucleo molto colorabile element! che banno assorbita questa so- stanza. Aumentando la nutrizione di questi ultimi, il loro nucleo acquista forma lobata, a ciambella ; essi hanno ancbe la proprieta di moltiplicarsi per frammentazione.

In conclusione, i leucociti entrano in funzione sopratutto dopo che la se- crezione interna e stata emessa dalle cellule epiteliali, e per effetto di essa si trovano immersi in tale sostanza nutritiva ; a spese di questa si nutri- scono, ed immigrano nello stroma connettivale, avendo allora mutato i ca- ratteri morfologici e chimici del nucleo e del protoplasma ; infine, in detto stroma si moltiplicano, frammentandosi, in due o tre element!. In tal modo la secrezione interna in parte viene assunta direttamente dai leucociti, men- tre in parte e riassorbita direttamente dai vasi e dalle lacune del villo.

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L'A. non puo escludere che abbia luogo anche un diretto assorbimento per parte deileucociti (cosi di quelli che emigrano nel lume del canale dige- rente e ritornano poi nello spessore della parete), senza il precedente pas- saggio nel corpo delle cellule cilindriche delle sostanze iugerite.

Terraina infiue con queste considerazioai. Che le modificazioai dei nuclei da lui osservate vanno attribuite in gran parte alio stato di nutrizione o di denutrizione delle cellule, ma non tdtte : una parte di esse deve dipendere anche dalla funzionalita propria del nucleo nel lavoro compiuto dalla cellula assorbente, sia nell' ingerire il materiale nutritivo, sia nel trasformarlo e nel farlo passare dal segmento esterno all' interno. II mutamento di posizione del nucleo nelle diverse fasi del processo indica che nella cellula assorbente esso limita due porzioni fisiologicamente distinte nel corpo di questo ele- mento, una assorbente (segmento esterno), una secernente (segmento inter- no). Queste due parti sono ben differenziate nelle cellule cilindriche dei villi. Siccome ogiii cellula secernente dell'organismo animale e anche un elemento assorbente, cosi si potra nella generality di questi elementi, distinguere nel loi'o corpo due parti a funzioni difierenti, che in alcuni casi hanno anche caratteri morlologici diversi ; il nucleo occupa la zona limite fra queste due regioni, e in molti casi puo spostarsi verso I'una o I'altra, a seconda del pre- valente funzionamento in ciascuna di esse.

Sterzi G. Ricerche intorno all' anatomia comparata ed all'ontogenesi delle

meningi. Considerazioni suUa filogenesi. Parte I , Meningi raidollari.

Con 5 tav. Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, Anno

accademico 1900-1901, Tomo LX, Parte II, pp. 1101 1812.

In questo notevole lavoro il dott. Sterzi, dell' Istituto Anatomico di Padova, espone il risultato di una lunga e completa serie di ricerche intese ad esporre la completa anatomia delle meningi midollari. E notevole il la- voro per lo spirito eminentemente scientifico con il quale esso e condotto, per la copia grande di osservazioni fatte col criterio piu largamente compa- rative che possa desiderarsi, per aver completate le indagini morf'ologiche con quelle embriologiche, per il sobrio rigore della conclusione, ed infine per la chiarezza e bonta della forma usata nello scrivere.

Dei resultati ottenuti, alcuni confermano e rischiarano il gi^ noto ; altri modificano errori continuamente tramandati ; altri conducono alia afierma- zione di fatti nuovi; tanto piu important! e per le difflcolta della ricerca, e per essere sfuggiti ad osservatori di gran nome. II riassunto del lavoro ne mostra il valore, e ne spingera alia lettura i cultori delle discipline nostre.

Dopo una breve introduzione generale, I'A. stabilisce il significato della voce meninge inlppocrate, Areteo, Aristotile e Galen o, la sua tra- duzione in arabo, la origine delle diciture dura madre e pia rnadre, e le de- nominazioni che furono ad esse sostituite nel 1500 e nel 1700.

La prima parte del lavoro e divisa in 7 capitoli, ciascuno dei quali ri- gaarda I'anatomia e lo sviluppo della meninge o delle meningi in ogni classe dei vertebrati : i vari capitoli sono divisi in tauti paragrafi quanti furono gli ordini esaminati. Ogni paragrafo e preceduto dalle notizie bibliografiche, ed ogni capitolo termina con considerazioni di indole morfologica e coUo sviluppo delle meningi midollari.

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Queste meningi compaioao contemporaneamtjnte alia colonna vertebrale: negli acrant la midolla e circondata da una guaina, che corrisponde alle me- ningi ed alio scheletro neurale degli altri vertebrati.

Nei cidostomi e nei pesci, nei quali vengono descritte due o tre meningi, simili a quelle dell' uomo, I'A. ne ha trovata una sola, che denomina meninge primitiva : essa e separata dal rivestimeuto del canale vertebrale od endora- chide per mezzo dello spazio penmeninc/eo (erroneamente descritto dai tratta- tisti come subdurale, o interdurale, o subaracnoidale ecc), pieno di adipe o di tessuto muccoso nei pesci, e di cellule speciali, credute a torto adipose, nei ci- dostomi. La meninge primitiva dei pesci presenta degli speciali nastri di rin- forzo, tra i quali sono costanti un legamento ventrale e due legamenti laterali o denticolati, poiche spesso presentano delle dentellature, che si inseriscono sul- I'endorachide. Questa membrana nei teleostei non e in rapporto cogli atri del seno impari di Weber, come viene ammesso.

Negli anflht urodeli, nei quali vengono descritte due meningi, interpre- tando come dura madre Vendorachide, Sterzi descrive una so\&. ineninge pri- mitiva, formata da due strati, separabili artificialmente, e percorsa lateral- mente da due robusti legamenti denticolati, muniti di dentellature. Negli anuri, invece di tre meningi, come per lo piu si ammette, I'A. ne ha trovate due sole, che chiama dura madre e m.eninge secondaria, separate per mezzo di nu- merosi piccoli spazi, costituenti nei lore insieme lo spazio intradurale. II pro- lungamento spinale dei condotti endolinfatici, invece che nello spazio intra- durale o subdurale o subaracnoidale, si trova nello spazio peridurale, come di- mostra anche il suo sviluppo, che I'A. ha studiato nella rana.

Nei rettili non si hanno tre meningi, simili a quelle dell' uomo, come da tutti gli Autori si ammette, ma solo due, la dura madre e la ineninge secon- daria : quest' ultima presenta lateralmente due legamenti denticolati, i quali, come negli anfibi, incominciano sull'occipitale laterale, sono robustissimi nei rettili con estesi movimenti della colonna vertebrale, e sono muniti di den- tellature, che si impiantano sulla endorachide.

Ad una rilevatezza ossea, posta tra lo sfenoide ed il basioccipitale, si im- pianta il legamento midollare ventrale, che scorre lungo la linea mediana ven- trale della midolla, ed assume nella sua porzione craniale stretti rapporti eo: legamenti denticolati. Lo sviluppo delle meningi midollari dei rettili concorda con quello degli anfibi.

Anche le meningi midollari degli uccelli vengono per le ricerche di Sterzi ad avere significato assai difFerente, da quello che e loro dato, poiche I'arac- noide degli Autori e invece la dura madre, la pia madre e la meninge secon- daria e la dura madre e Vendorachide. Ne risulta che i condotti aeriferi intra- vertebrali (che sono due, e non uno mediano, come si crede, poiche questo e un seno venoso ) non si trovano tra le meningi e non sostituiscono il liquido encefalo-midollare, come da taluno si ammette, ma sono invece situati nella spessezza della endorachide. Anche negli uccelli I'A. ha trovato un legamento ventrale e due legamenti denticolati. In corrispondenza del seno romboidale, le meningi si comportano in modo particolare, che e estesamente descritto. Lo sviluppo di queste mt^mbrane, studiato uel polio, dimostra che esso avviene partendo da un tessuto mesenchimale indifferenziato, che, dopo la comparsa degli abbozzi cartilaginei delle vertebre, si divide in uno strato rappresen- tante I'abbozzt' delle meningi corrispondente quindi alia meninge primitiva

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dei ciclostomi e dei pesci, ed in uno strato che diventa Vendor achide. L'abbozzo delle meningi si divide piu tardi nella dura madre e nella meninge secondaria, le quali vanno difierenziandosi a poco a poco, e passano per stadi, die ricor- dano molto da vicino le disposizioni caratteristiche degli anfibi e dei rettili.

Nel VII Capitolo, che e il piii lungo, I'A. tratta delle meningi midollari dei mammiferi, e le descrive minutamente nei marsupiali, perissodattili, ar- tiodattili, rosicanti insettivori, e carnivori ponendo in evidenza in ciascun ordine disposizioni nuove e importanti, che segnano una continua evoluzione in queste membrane: fra esse vanno specialmente ricordate la graduale scomparsa della porzione delle dentellature compresa tra la dura madre e i'en- dorachide, la quale porzione viene sostituita da legamenti che congiungono la dura madre all'endorachide (leg. meningo-vertebrali), e I'aumento progres- sivo nel calibro del tubo durale i-ispetto al volume della midolla.

Dopo aver dati brevi cenni delle meningi dei chirotteri, Sterzi passa a descrivere le meningi dei primati, e tra queste si ferma lungamente a trat- tare delle meningi midollari dell'uomo. Dapprima accenna alle cognizioni che si ebbero di queste membrane dai greci, dagli arabi e dagli arabisti, e dagli anatomici dei secoli XV e XVI: si occupa quindi a lungo della scoperta del- I'aracnoide e delle controversie che essa desto tra Bidloo e Euysch nella seconda meta del secolo XVII, dimostraudo che in questo tempo fu chiamata aracnoide, ma che Varolio la conosceva nel 1573, Casserio e Tulpio nella prima meta del 1600. Si occupa poi delle notizie, che si ebbero sulle meningi, nel 1700, della scoperta di Cotugno, ecc, per giungere alia teoria di Bichat sulla omologia tra aracnoide e pleura e peritoneo : enumera quindi le piu importanti ricerche fatte intorno alle meningi midollari nella prima meta del secolo XIX, riassume poi ampiamente I'opera di Key e Hetzius, pone in evidenza il poco, "che dopo questi due Autori fu fatto, ed infine esa- mina le ditferenze di descrizione e di interpretazione dei trattati moderni di Anatoraia, per dedurre la necessita di nuove ricerche in proposito.

Dopo brevi cenni sul canale vertebrale e la endorachide, comincia a de- scrivere la dura madre; ne deterraina la forma, servendosi di cadaveri congelati, la lunghezza, che varia se la dura madre e considerata in sito, o dopo averia tolta dal cadavere, e di cio da le ragioni : ne studia il calibro e le sue dif- ferenze nei varii segmeuti della colouna vertebrale, la spessezza, il peso, i rapporti : ne descrive i legamenti meningo-vertebrali, ohe la congiungono al- l'endorachide, e li divide in dorsali, laterali e ventrali, comprendendo fra que- sti ultimi anche la membraua meniugo-vertebrale sacro lombare : esamina mi- nutamente la disposizione ed i rapporti dei fori per il passaggio delle radici, descrive la struttura della dura madre, che trova differente da quella comu- nemente ammessa, e termina colla descrizione dei vasi e dei nervi di questa meninge.

Con uguale larghezza si occupa dell'aracnoide e della pia madre, ponen- done in evidenza particolariti sconosciute o non esattamente descritte, stu- dia quindi minutamente gli spazii meningei, e termina colla esposizione del mcdo di continuarsi delle meningi attorno al tilo terminale ed alle guaine delle radici dei nervi.

Paragona allora le meningi midollari umane con quelle degli altri mam- miferi, e dimostra come nolle prime si abbia un maggiore sviluppo dello spa- zio intraracnoidale.

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Nelle conclusioni del capitolo VII pone a confronto le meningi dei mam- iniferi con quelle degli altri vertebrati e ne deduce che la complicazione ana- tomica delle meningi midollari precede partendo da un solo strato, diviso fino dai vertebrati piu bassi dalla endorachide, dal quale si diflferenziano prima la dura madre, poi la pia madre e I'aracnoide : tale procedimento e molto dif- ferente da quello che viene ammesso dagli Autori. Come negli altri capitoli, a queste considerazioni fa seguire lo studio dello sviluppo delle meningi mi- dollari uei mammiferi (pecora, cavia, uomo) e trova, contrariamente a quanto si crede dagli Emnriologi, che tale sviluppo avviene partendo da una sola meninge primitiva, dalla quale si differenziano le meningi definitive.

II lavoro termina con alcune considerazioni sulla filogenesi delle meningi e sulle cause piu probabili, che possono averla prodotta.

Questo il riassunto del lavoro. Aggiungero che la Bibliografia e riportata nel modo il piu completo, e che le belle tavole che illustrano la esposizione sono assai ben fatte, con quel modo di spiegazione conciso e chiaro al tempo stesso, che istruisce il lettore senza stancarlo. Guglielmo Romiti.

COMUNI'CAZIONI ORIGINALI

FICALBI EUGENIC

Doratopsis vermicularis larva di Chiroteuthis Veranyi.

Ricevuta il 1 Di-cembre 1001.

E vietata la riiiroilu/ione.

In un mio lavoro dal titolo " Unicita di specie delle due forme di Cefalopodi pelagici chiamate Gliiroteutlds Veramji e Boratopsis vermicularis (Monitore zool. italiano, X, Firenze, 1899) asserii, in base a fatti, che addussi a dimostrazione, clie la forma di Cefalo- pode detta Boratopsis vermicularis altro non e che la larva di Chi- roteuthis Veramji.

II Prof. Gr. Pfeffer in un lavoro intitolato " Synopsis der oe- gopsiden Cephalopoden (Mitteilungen aus dem Naturhistorischen Museum, Hamburg, XVII, 1900) disse di non credere alle mie vedute.

Aspettavo, per rispondere, 1' occasione, in cui avrei pubbhcato un'altra nota sui Cefalopodi, ma poiche, per ragioni indipendenti daha mia volonta, quest' occasione ritarda, rispondo ora, ma avviso

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ad ogni buon fine che non ho affatto intenzione di aprire una pole- mica (il ritardo di un anno a rispondere, del resto, lo dimostra), la quale sarebbe la cosa la piii inutile di questo mondo.

Entrando, adunque, in materia, io non domando quale e quanto materiale abbia avuto Pf offer per opporre al mio e per concludere. Mi limito a dichiarare che la negazione di Pfeifer non scuote at- fatto la mia modesta, ma liuora ferma convinzione, e a dichiarare che le ragioni che 1' egregio Autore adduce non hanno per me alcun valore.

Quali ragioni adduce Pfeffer? Alle mie vedute egh oppone le seguenti considerazioni : l.o Che le piii grosse Doratopsis conosciute hanno una maggiore lunghezza di mantello che le gi^ formate Ghi- roteuthis; 2.o Che i globi oculari delle maggiori Doratopsis non hanno la meta diametro degli occhi di Ghiroteuthis con eguale lunghezza di mantello; Sy Che la denticolatura degh anelU delle ventose delle braccia e del tentacoh e presso i due generi del tutto differente ; 4.0 Che le cartilagini di chiusura di ambedue i generi differiscono I'una dall'altra in ciascun singolo carattere.

Dunque Pfeffer prima di tutto dice che le due forme differi- scono, poi da questa differenza induce che non puo essei'e i'una la larva dell'altra. Che le due forme differiscano non e, a dir vero, una grande scoperta : fu appunto per il fatto che esse differiscono che gli Zoologi le posero non solo in due specie, ma addirittura in due generi differenti! Colui pero che asserisse in generale che perche le due forme differiscono, non possono essere la larva Tuna dell'altra, dimostre- rebbe solo di ignorare molti altri fatti congeneri della Zoologia; e in base a un simile ragionamento il Leptocephalus brevirostris non sarebbe la larva della Anguilla vulgarisl

Che se poi si viene a un po' piii specificate ragionare, non si capisce come Pfeffer si meravigh di fatti, che sono cosa di tutti i momenti nolle metamorfosi: egli nota che la lunghezza del man- tello e in grosse Doratopsis maggiore che nella gia foi'mata (ma pero giovanissima, aggiungo io) Ghiroteuthis, mentre I'occhio e piu piccolo. Ma che significa cio? Sono cento gli esempi di dimensioni di parti, e perfino di tutto I'individuo, che diminuiscono nolle metamorfosi, e di parti, che restate stazionarie vario tempo, tutt' in un memento crescono. Tutto cio pare nuovo a Pfeffer?

E taccio del resto. Ma non posso non rimarcare che Pfeffer ha letto imperfettamente il mio lavoro, perche, tra altro, avrebbe veduto che io accenno al fatto che le piccohs^ime Doratopsis diffe- riscono esse stesse daUe i2;ran(ii e che certi ordini di modificazioni

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gia si iniziano in piccoli individui e si scorgono confrontandoli coi grandi, i quali via via sempre piii convergono verso i caratteri di ChiroteutJiis.

Ed ora viene il piii bello. lo non solo accennai come le piccolo Doratopsis si modifichino per divenire le grandi, ma descrissi poi un vero esemplare intermedio tra Doratojms e ChiroteutJiis, al quale e impossibile -negare importanza. Pfeffer stesso riconosce un intoppo al suo scetfcicismo in questo esemplare. Ma si industria di superare I'ostacolo con una meravigliosa trovata.

Per spiegare questo esemplare intermediario egli dice che manca ogni via, salvo die esso si dovesse riguardare come un bastardo di ambedue le specie, per lo che allora, ogni difficolta sarebbe imme- diatamente rimossa.

A me pare che questo tentative di insinuare la strana ipotesi di un meticcio tra Doratopsis e ChiroteutMs mi autorizzi a chiudere la discussione. E la chiudo, permettendomi di assicurare il Prof. Pfef- fer che di nessuna cosa fui mai e rimango finora cosi convinto come di questa: che Doratopsis vermicularis e larva di ChiroteutMs Veranyi.

Istituto zoologico di Padova, Dicembre 1901.

ISTITUTO ANATOMICO DI PADOVA

Prof. D. BERTELLI.

L'Arteria sottomentale.

Riceviita il 17 febbraio 1902. £! vietata la riproduzione.

Nel numero precedente di questo Periodico dimostrai che gli anatomici hanno erroneamente interpetrato il rapporto fra arteria sottolinguale e arteria sottomentale.

Anche a proposito della arteria sottomentale io credo che siano state fatte interpetrazioni sbagliate.

Hyrtl riferisce (Lehrbuch der Anatomie, 1889) di aver trovato spesse volte una arteria linguale che decorreva lungo il margine infe-

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riore del ventre anteriore del muscolo digastrico fine in vicinanza del men to, ove perforava il muscolo miloioideo e con rarteria dell'altro lato, die aveva lo stesso decorso, penetrava nel genioglosso tra i due genioioidei. In questa arteria fu riconosciuto il decorso della sot- tomentale, donde 1' idea die la linguale possa essere sostituita dalla sottomentale.

In 50 individui da me studiati non ho mai trovato questa va- rieta, mentre spesso mi capito di osservare die la sottolinguale, sorta dalla mascellare esterna, incrocia il margine esterno del ventre an- teriore del digastrico, penetra fra questo ed il miloioideo, perfora il miloioideo, alle volte in vicinanza del niento, e si comporta in se- guito come quando e data dalla linguale; presenta cioe rapporti in- timi con i muscoli genioioidei, concede rami a questi muscoli ed ai genioglossi.

Quando esiste tale disposizione, nianca naturalmente la sotto- linguale data dalla linguale, ma esiste sempre la linguale.

A questa varieta della sottolinguale devesi riportare la disposi- zione descritta da Hyrtl come varieta della linguale; cosi cjuesta disposizione diventa chiaramente comprensibile ed in tal modo si comprende anclie perclie Hyrtl abbia affermato di aver visto fre- quentemente (mehrmais) questa varieta.

Dalla linguale nascerebbe come varieta, la sottomentale. In 50 individui mai vidi questa disposizione. Dalla linguale nasce normal- mente nell' uomo la sottolinguale ; questa fu creduta sottomentale. Cio puo accadere se la sottolinguale invade con un grosso ramo il mento.

Questo ramo, omologo ai rami mentali degli artiodattili, al ramo mentale mediano dei roditori c di alcuni primati, esiste con grande frequenza nell' uomo ; lo trovai qualclie volta tanto svilup- pato die andava a costJtuire, come in altri primati, una delle coro- narie labiali inferiori, invadendo largamente il territorio della arteria sottomentale.

Tutte queste questioni die si riferiscono alle arterie sottolin- guale e sottomentale saranno ampliamente trattate in un lavoro di prossiraa pubblicazione.

- -il -

ISTITUrO ANATOMICO Dl B'IRENZE, DIRETTO DAL PROF. G. CHIARUQI.

DoTT. F, LIVINI.

A proposlto di una nuova classificazione delle ghiandole proposta dal Prof. G. Paladino (^)

(Con 2 figure)

fi vietata la riproduzione

In una nota pubblicata or sono pochi mesi, il prof. G. Paladino, ritenendo incompleta e difettosa la classificazione delle ghiandole oggi Liniversalraente accettata perche a fondamento della definizione di tali organi, egli dice, si pone il solo criterio morfologico e questo nep- pure applicato in tutta la sua estensione, ne propone una nuova nella quale egli cerca di accoppiare col criterio anatomico il fisiologico. Su tale proposta mi e sembrato opportune richiamare 1' attenzione per le ragioni che seguono : innanzi tutto perche, consistendo la maggiore importanza delle classificazioni in questo che esse rappre- sentano la sintesi del nostri convincimenti scientiflci, il grade piii 0 meno perfetto delle divisioni essendo come 1' indice del grade piu 0 meno elevato di sapere cui si e pervenuti, qualunque modificazione nolle classazioni medesime, ahorche muova da persona autorevole, ed e qui il case, merita di esser presa nella piu attenta considera- zione. In secondo luogo pel fatto che v' hanno, nella proposta del prof. Paladino, del punti nei quah io non potrei con esse convenire.

Cio premesso, ecco, in breve, le modificazioni essenziah che il Paladino vorrebbe apportare nella classazione delle ghiandole. Cosi egli aggruppa questi organi :

I. ghiandole a fondo archiblastico (tutte le ghiandole a base epitehale) ;

II. ghiandole a fondo parablastico (tutte le ghiandole linfati- che e le ematopoietiche) ;

III. ghiandole miste (ghiandole costituite dalla concorrenza deU'elemento archiblastico e parablastico time ).

Di questi tre gruppi fondamentali io mi volgo dapprima a con- siderare il 111^, quelle deUe ghiandole miste, sul quale puo farsi breve discussione fondata su reperti embriologici di recente acquisiti. Sa- sebbe solo esempio di questo gruppo il time. Ora, secondo au-

(') Pal a d i no G . Per vina migl lore classificazione delle glandole : nota. Estr.di pag. 5 d. Ifitiidic d. R. Arc. d. Sc. /Zs. e matem. di Najtoli, ndunanza del 0 luglio i90i, Fo.sc. 7. Napo/.t 1901.

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torevoli osservatori, gli element! linfoidi di quest' organo non im- migrerebbero in esso dal mesenchiraa, sibbene proverrebbero da di- retta trasformazione degli elementi epiteliali del quali il timo resulta primitivamente costituito. Ed anzi Beard (') ha soste- nuto' che il timo (Selaci), per la trasformazione dei suoi elementi epiteliali in- elementi linfoidi e per la consecutiva emigrazione di questi ultimi, e la fonte di tutte le cellule linfoidi del corpo. Se pertanto noi seguiamo il concetto di colore che ammettono la trasformazione degli elementi epitehah dell' organo in questione in cellule linfoidi, senza che abbia luogo in esse una immigra- zione di queste cellule dal mesenchima, il gruppo delle ghiandole costituite daUa concorrenza dell' elemento archiblastico e parabla- stico, di cui il timo e il solo rappresentante, verrebbe naturalraente a scomparire, rientrando quest' organo, posto che lo si voglia con - siderare come una ghiandola, nel gruppo delle ghiandole a fondo archiblastico.

Passo al IP gruppo, a (lueho delle ghiandole a fondo parabla- stico. lo credo die ognuno convenga in questo, che in morfologia il concetto anatomico deve essere il fondamentale, il concetto fisio- logico il complementare ; non questo avere il maggior peso e tanto mono servire di l^ase. Ora, qual' e il concetto morfologico di ghian- dola ?

Devesi innanzi tutto aver presente la distinzione ben netta che si fa tra cellule secernenti e ghiandole. Le prime sono elementi diffe- renziati in correlazione con particolari ufflci fisiologici, di assumere cioe dal plasma dei materiali che poi riversano al di fuori o inalte- rati 0 dopo aver fatto lore subire peculiari modificazioni; essi pos- son trovarsi in tessuti ed organi di differente origine embrionale, sia disseminati framezzo a comuni cellule (cosi le cellule mucipare,

le cellule giganti del midollo delle ossa, le cellule granulose ), sia

riunite in gruppi piu o meno cospicui (cosi nolle ghiandole). Le ghiandole sono organi pluricellulari differenziati a spese di un epitelio di rivestimento, con esse rimanendo inconnessione, odaesso renden- dosi indipendenti (cosi le ghiandole chiuse), organi nei quali si e localizzata la funzione di secrezione.

Cio posto, se noi volessimo considerare come ghiandole quelle che Paladino ascrive al 11" gruppo (midollo delle ossa, gangli lin-

(') B e a r il J. Tiie source of leucocytes and the true function of the thvums. Am.'iiner, Bd. tfi, X. i^-l^.-i-Si Jena iOOO.

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fatici ) si verrebbe a fare completamente astrazione dal concetto

morfologico ora espresso. Ma se esso manca, per le ragioni dette di sopra viene a mancare la base. D'altra parte non vedo la ragione perche, alio state attuale delle nostre conoscenze, questo concetto cosi netto, cosi precise debba venir modiflcato. L'effetto poi che si otterrebbe sovrapponendo ad esso altri criteri, credo sarebbe soltan- to quelle di ingenerar confusione : cosi se dovessimo attribuire il valore di una ghiandola a ogni organo nel quale, tra gli altri, sono contenuti elementi secernenti. E percio che come ghiandole parmi non si possario in alcun mode ritenere il midoUo delle ossa, i gangli linfatici, la milza.

Di conseguenza, anche il gruppo delle ghiandole a fondo parablasti- co, come queho delle ghiandole miste, non avrebbe ragion d'essere.

Rimane quindi soltanto il gruppo, quelle delle ghiandole a base epitehale, sul quale non puo cadere discussione. Di questo gruppo il Pal ad i no fa la suddivisione seguente :

1) ghiandole a tipo rientrante (gh. tubulari, gh. acinose e gh. fol- licolari chiuse, queste ultimo deiscenti (ovaia) o non deiscenti (tiroide) ;

2) gliiandole a tipo sporgente (gh. villose, come le membrane sinoviali delle grandi articolazioni coUe lore frange, come i villi in- testinali) ;

3) come grade di transizione fra i due sotto-gruppi precedenti le superfici liscie ghiandolari (le capsule sinoviali semplici, la mucosa dei seni masceUari e frontali ).

Premesso che, fissato nettamente il concetto morfologico delle ghiandole, e cosa di importanza secondaria che esse sieno sotto

forma di invaginazione, o sotto forma di rihevi , la suddivisione

proposta dal Paladino, che rende piii late senza snaturarlo il concetto delle ghiandole, e a parer mio giustificata, e puo, come tale, venire accettata. Non posso dire altrettanto di alcuni tra gli esempi che egh riporta come tipi dei varii sotto-gruppi di ghiandole.

Relativamente al 1^, mi hmito a questa semplice osservazione, che se 1' ovaja devesi ritenere come una ghiandola, lasciando in disparte le osservazioni che potrel)bero affacciarsi in contrario dal punto di vista morfologico, cio vorrebbe dire fare completamente astrazione dal concetto fibiologico, poiche sarebbe I'uovo che rap- presenterebbe il prodotto di secrezione di questa ghiandola, cio che io credo nessuno sia disposto ad ammettere.

Riguardo al 2^ sottogruppo, quelle delle ghiandole a tipo spor- yente, non e giusto ascrivervi le frange delle membrane sinoviali

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delle grandi articolazioni, dappoiche recenti ed accurate ricerche (Banchi(O) hanno confermato quanto altri avevano sostenuto (Hueter (^), Hagen-Torn (^), Hammar (*)) che alia superficie delle membrane sinoviali fa assolutamente difetto an rivestimento epite- liale (endoteliale), e non e quindi il caso di parlare di ghiandole.

Rimango incerto se possano considerarsi come ghiandole, e in caso affermativo come ghiandole a tipo sporgente, i vilh intestinal!. Certamente no se si vuol ritenerli come tali in quanto framezzo alle comuni cellule epiteliali che li tappezzano sono intercalate cel- lule mucipare : in questo concetto, qualunque superficie mucosa, nella quale tra le comuni cehule epiteliah sono sparse cellule secer- nenti, verrebbe ad acquis tare il valore di una ghiandola, cio che non corrisponde affatto al concetto morfologico di tali organi. Che se poi si vuol tener conto del reperto di Mingazzini (^) secondo il quale neh' epitelio assorbente dei villi intestinali di alcuni verte- brati ha luogo una funzione di secrezione interna, in quanto esso epitelio trasforma le sostanze alimentari assorbite che passeranno poi, con un particolare meccanismo, nel connettivo dei vilh, in tal caso si potrebbero questi considerare forse come ghiandole, sebbene la funzione di secrezione che essi compiono non sia paragonabile a quella delle altre ghiandole.

Se pero gli esempi che Paladino riporta come tipi di ghiandole sporgenti o non possono essere accettati ovvero son dubbi, qualche esempio, secondo me molto chiaro, esiste realmente e si osserva nella mucosa tracheale di alcuni Rettili [Lacerta muralis, Lacerta viridis). Richiamo, a questo proposito, alcuni particolari da me posti in luce qualche anno indietro (^). Neha trachea degli animali ora ri- cordati, nella quale gh anelli cartilaginei sono completi, mancano formaziom che possano rientrare nel gruppo delle ghiandole come oggi si intendono, cioe come invaginazioni epiteliali semplici o in grade vario comphcate ; si nota pero neha mucosa tracheale que- sta particolare disposizione. Esaminando sezioni longitudinali del-

(1) Banc hi A. Condiljuto al)a conoscenza dell' orig ne della siuovia. Lo ^ipe imen- tale {Arch, di Biologia norm, e patol.), An. 55, Fasc. 2. pag 273-295. Firenze 190 i.

(") Hueter. Zur Histologic der Gelenkflacben und Gelenkkapseln. Virchow's Arch., Bd. 36, iS6G.

(3) Hagen-Torn. Entwick. u. Ban der Synovialmembrani n. Arch. f. mihrosh. Anat., Bd. 8i, 1882.

(■') Hammar A. Ueber den f'eineren Bau der Gelenke. Arch, fur mikrosk. Anal., Bd. 43, 1894.

(^) M i n g a z z i n i P Canibiamenti morfologici dell' epitelio intestinale durante 1' assorbi- mento deile sostanze alimentari. Bet die. Accad. Lincei, Vol. 9, sem. 1. Id. Id. Nota II. Ricerche futte nel Laborat. anat. norm. Univ. Roma ed in allri Laboral. biol , Vol. 8, Fasc. i. Id. La secrezione interna neirassorbiniento intestinale. Ibidem, Vol. 8, Fasc. 2.

('!) L i V i n I K . Intorno alia struttura della trachea : ricerche di istologia comparata. Con tav. Pubblicaz. d. R. Istilnto di Siudi Svp. pralici e di perfezionam. in Firenze [Sez. di Medicina e Chirurcjia). Firenze, tip. Carnesecchi, 1897, pp. 48.

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r organo (Fig. I), 1' epitelio si mostra semplice e cubico, assai basso, in corrispondenza degli anelii ; negii spazii interanulari invece esso

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Fig. I. Fig. II.

Kig. I. Sezione longitudiuale rlella trachea ili Lacerta mttralis ac, anello cartilagineo ; e, epitelio di rivestimento; c' epitelio secernente ; v, vaso sanguifero Ingrand., 112 (1.

Fig. II. Sezione longitudinale della trachea di Anguis fragil.is Le indicazioni come nella Fig. I. Ingrand., 106 d.

e a due strati, gli elementi superficiali essendo molto sviluppati in altezza, col nucleo piii o meno ravvicinato alia loro base : dall' una air altra varieta di epitelio si passa per gradi. Ma non basta. L'epi- telio tracheale non si mantiene ovunque nello stesso piano ; nel tratto nel quale esso mostrasi differenziato nella maniera ora indi- cata, cioe negli spazii interanulari, si solleva ora piii ed ora meno, descrivendo una curva a convessita volta verso la cavita della tra- chea. Nel tratto corrispondente, i vasi del connettivo sono piii che altrove numerosi e cospicui.

Allorche pubblicai questo reperto, mi tenni in un certo riserbo sul signiflcato da attribuire a quelle estroflessioni della mucosa; supposi potessero essere considerate come ghiandole, ma non osai aftermarlo recisamente, specie perclie non vennero fatte allora ricerche istolo-

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giche molto minute, scope principale del lavoro essendo quelle di prendere idea della architettura generale della trachea. Nuove in- dagini praticate successivamente con metodi di tecnica piii perfetti mi autorizzano ad affermare che esse hanno realmente il valore di ghiandole e precisamente a tipo sporgente. Infatti 1' esame di sezioni di pezzi flssati nel liquido. di Flemming o di Hermann e colorite col metodo Galeotti mostra che in corrispondenza delie estroflessioni. e non altrove, le cellule epiteliali hanno i ca- ratteri di cellule secernenti. In alcune di esse il corpo cellulare si mostra piii o meno finamente granuloso, il nucleo risiedendo in pros- simita della loro base. In altre il nucleo e proprio ricacciato al- Festremo basale, e il corpo cellulare, che si slarga alquanto proce- dendo dalla superflcie d' impianto alia superficie libera, e occnpato in parte o in totaUta da una sostanza che assume una colorazione grigio-verdastra (dal verde motile). Queste ultimo cellule hanno tutto r aspetto di cellule Cciliciformi. Differiscono pero dalle cellule muci- pare dell' esofago (il quale organo era state asportato insieme alia trachea) specialmente per cio, che in queste ultimo il muce assume una bella colorazione verde smeraldo, mentre, come sopra dicevo, la sostanza centenuta nehe cehule del rilievi interanulari della mucosa tracheale si colera in grigio-verdastro. Se pertanto queste ultime sono cellule mucipare, il muce dove essere con particelari carat- teri, tanto e vere che non lo si pete mettere in evidenza coha tienina e col bleu di teluidina (metodo di Hoyer) che pur danne una metacromasia cosi spiccata, mentre a queste sostanze coleranti nettamente risposero le cellule mucipare dell' esofago. Ad egni mode, e queste e 1' essenziale, si tratta di estroflessioni della mucosa ben circoscritte, in corrispondenza delle quali si treva un epitelio sicu- ramente ghiandelare, e non c' e ragiene perche esse non debbane considerarsi come ghiandole, nehe stesso modo che come tali si con- siderano semplici intreflessioni della mucosa nolle quali 1' epitelio abbia i caratteri di un epitelio ghiandelare.

Ci rimane da prendere in consideraziene il sottogruppo delle ghiandole a superficie liscia. Diro, a queste riguardo, che per le stesse ragioni addotte a proposite deUe frange sineviali delle grandi arti- celazieni, non possono le membrane sineviali semplici esser consi- derate come ghiandole. E neppure si possono ritenere come tali la mucosa dei seni masceilari, frontali...., peiche, come ho gia ri- petuto, in queste concetto qualmique superflcie mucosa nella quale framezzo alio comuni cellule epiteliali si trevino intercalate cellule

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secernenti, verrebbe ad acquistare il valore di ghiandola, cio che, per le ragioni altrove addotte, non si puo ammettere.

Ghiandole di questo tipo esistono pero sicuramente, s' io non ra' inganno, e si osservano nella trachea di Angiiis fragilis. Per esser breve diro, che nella mucosa tracheale di questo Rettile si osservano le stesse difterenze nell' epitelio, a seconda che lo si considera in corrispondenza degli anelli o nei segmenti interanulari, che si notano in Lacerta; la diversita dei due casi consiste in cio, che in Anguis I'epitelio ghiandolare e a tre o quattro piani di cehQle, e, queho che sopratutto importa, non si solleva, ma. si mantiene presso a poco sullo stesso piano del rimanente (Fig. II). Ora, per le stesse ragioni espresso a proposito deUa trachea di Lacerta, a me sembra ragionevole consi- derare come ghiandole, e precisamente a superflcie liscia, questi tratti cosi ben circoscritti ove trovansi aggruppate cellule sicura- mente secernenti. Se questa maniera di vedere e giusta, ci trove- remmo di fronte ad un tipo primitive di ghiandole, sotto forma di zaffi epiteliali solidi. (i)

Per concludere :

Dei tre gruppi fondamentah proposti dal Paladin o, gh. a fondo archiblastico, gh. a fondo parablastico, gh. miste, soltanto il primo ha ragion d' essere. Di questo unico gruppo si puo accettare la sud- divisione che Paladino fa, e che rende piii lato, senza alterarlo, il concetto delle ghiandole, di gh. a tipo rieyitrante, gh. a tipo spor- gente^ gh. a superflcie liscia, poiche anche di questi due nuovi sot- togruppi esiste, secondo me, qualche chiaro esempio. In rapporto poi con questa suddivisione, la deflnizione che alcuni Trattatisti danno delle ghiandole, di introflessioni semplici o piii o meno com- plicate della mucosa, deve essere opportunamente modificata.

NOT A BIBLIOGEAFICA

A proposito di una Eece7isione sulle Istituzioni di Anatomia delV uomo di

G. Chiarugi

Nel fascicolo 12" dell'anno 1901 del Bullettino delle Scienze Mediche di Bo- logna il carissimo amico e collega prof. Valenti, con parole improntate a grande benevolenza, e delle quali lo ringi-azio, annunzia clie e incominciata la pubblicazione delle mie « Istituzioni di Anatomia dell'uomo ».

Egli pero non puo astenersi, in forma certo molto cortese, dal lamentare I'assoluta mancanza di citazioni bibliografiche.

Ma mi permetta I'egregio amico una domanda : conosce egli con preci- sione il piano dell'opera e puo escludere che sia nolle mie intenzioni di stam-

(*) Mi place a questo punto ricordare che da numerose ricerche da me praticate nella trachea di aniniali appartenenti alle tre classi pift elevate di vertebrati, resulto evidetite. a proposito delle ghiandole, questa legge generale : che gli spazii interanulari souo la sede di predilezione di questi organi. Ora noi vediamo ie forniazioni, che nella trachea di Lacerta e di Anguis abbiamo considerate come ghiandole, corrispondere precisamente agli spazii interanulari.

48

pai-e in fondo al libro, como altri trattatisti hanno usato, e come gia feci nelle mie « Lezioni di Anatomia generale », un elenco bibliografico, nel quale, in annonia coll' indole e coU'esteusione del libro, siano registrate le pubblicazioni di piu fondamentale importanza?

Quando ora gli avro detto (e avrei potuto privatamente dirglielo prima, se me lo avesse dimandato) cbe tale era ed e il mio proposito, non vorra egli convenire cbe la sua critica ha avuto il torto di essere intempestiva e che e ingiustificata ?

Seguendo il metodo che ho preferito, oraettendo nel teslo le lunghe filze di nomi e le ripetute citazioni bibliografiche, credo che si ottenga il vaiitag- gio, non trascurabile in un' opera elementare, di non distrarre I'attenzione del lettore, che potra poi a tutto suo comodo, quando ne senta il bisogno, ri- cercare la indicazione delle fonti.

Poiche infiue il prof. Valenti prende motivo dalla sua osservazione per incitare ad esser piu premurosi delle cose nostre e a tener conto di quanto di buono si e fatto e si va facendo in Italia nel campo della Morfologia, fac- cio plauso al nobile sentimento che lo auima, ma, in quanto a me, sento, mi si perdoni la immodesta dichiarazione, di non aver bisogno, a questo propo- sito, di stimoli o di raccomandazioni, perche sono ormai dodici anni che con- sacro una non piccola parte della mia attivita ad un giornale, che a una piu larga conoscenza della letteratura anatomica italiana ha contribuito in ma- niera non ispregevole.

Firenze^ 15 gennaio 1902. G. Chiarugi

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CosiMO Cherubini, Amministratore-responsabile.

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Monitope Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DAI DOTTORI

GIULIO CHIARUGI EU6ENI0 FICALBI

Prof, di Anatomia umaua Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nel R. Istiluto di Studi Super, in Kirenze nella R. Universita di Padova

XJfficio di Direzione ed Amministrazione : Istituto Auatomico, Firenze 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Marzo 1903 N. 3

SOMMARIO : Bibliografia. Pag. 49-56.

SuNTi E riviste: Delia Valle C, E,icerche sulle terminazioni nervose della mucosa olfattiva nei mammiferi adulti. Contributo alia conoscenza della circolazione sanguigna nella mucosa nasale dei mammiferi adulti. Pa- gina 56-57.

CoMUNiCAZiONi ORiGiNALi : Tenchini L,, Di uu nuovo muscolo soprannume- rario della regioue posteriore deU'aijtibiaccio umano {M. extensor digiti indicis et medii) consociato ad un fa.scicolo manidio (Con tavola I«). Laclii !P., Un apparecchio per la rapida macerazione delle ossa (Con I figura). Pag. 57-71.

Studio collettivo del peso dell'encefalo negli italiani Pag. 71.

NoTiziB. Pag. 71.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

BIBLIOGRAFIA

Si dd, notizia soltanto dei lavori pubblicati in Italia. XV. Vertetorati.

II. PARTE ANATOMICA.

1. Parte generale.

Bianchi S. Rare anomalie nei sistemi muscolare, vascolare ed osseo ri-

scontrate in un onesto bracciante. Atti Accad. Fisiocritici Siena (Proc.

verb. Adunanze), S. 4, Vol. 13, An. accad. 210 (1901), N. 7-8, pp. 235-286.

Siena 1901. Caradonna G. B. Co.stituzione anatomica e topografica delle regioni del piede

dei bovini. Con 13 tav. Torino, Unione tip.-editr., pp. 52, 1901. Chiarugi G. Istituzioni di anatomia, deU'uomo. Milano, Societd editrice

libraria, 1901. (In corso di pubblicaz.) D'Evant T. Manuale di anatomia uraana norraalo con speciale liguardo

alle pratiche applicazioni medico-chirurgiche. Roma, Soc. editrice Dante

Alighieri. (In corso di X)uhhlicazione).

- 50

2. TeGUMENTO E PRODUZIONI TEGUMENTAlllE.

Majocchi D. Intorno alle terminazioni dei nervi nei peli dell' uomo e

d' alcuui Mammiferi. liendic. Accad. So. Istit. Bologna, An. 12. S. 8,

Vol. 1, Fasc. 11, pp. 553 554. Bologna 1901. Ottolenghi D. Contributo all' istologia della ghiaudola mammalia funzionante

(Sunto). Arch. ital. Ginecol, An. 4, N. 5, pp. 391-402. Napoli, 1901. Sfameni P. Gli organi nervosi terrainali del liuffini ed i corpuscoli del

Pacini studiati nelle piante e nei polpastrelli del cane, del gatto e della

scimmia. Yedi M. Z., AT/, 9, 260. Sfameni P. Le terminazioni nervose delle papille cutanee e dello strato

subpapillare nella regione plantare e nei polpastrelli del cane, del gatto

e della scimmia. Con 3 tav. Estr. di pp. 42 d. Annali Freniatna e Sc.

afptii Manicomio Torino. Torino, tip. Spandre 1900. Treves M. Intorno iiUa frequenza ed al significato della striatura ungueale

trasversa nei normali, nei criminali e negli alienati. Con 1 tav. e 1 fig. nei

testo. Arch. Psich-, Sc. pen. ed Antropol. crimiii., Vol. 22, Fasc. 6,

pp. 549-551, Torino 1901 Tricomi-Allegra G. Studio sulla mammella. Con 3 tav. Entr. di pp. 51

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figg. E.str. di pp. 31 d. Giorn. ital. malattie veneree e pelle, 1901, Fasc. 5.

Milano, tip. d. operai 1901.

3. SiSTEMA NERVOSO GENTRALE B PERIFBRICO

Acquisto V. Intorno ad alcune particolarit^ di struttura dell' oliva bul- bare di uomo. Pisani, Vol. 22, Fa.sc. 2 {Maggio-Agosto 1901), pp. 130-145. Palermo 1901.

Amabilino R. Sui rapporti del ganglio genicolato colla corda del timpano e col facciale. Con 6 figg. Annali Climca Psich. e Neuropat. Palermo, Yol. 1, An. 1898-99, pp. 121-138. Palermo 1899.

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tij). Des.n, pp. 14, 1901. Pasini A. Ricerche sui nervi della dura naadre cerebrale. Clinica me-

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pp. 7, d. Atti Accad. Peloritana, An. 15. Messina, tip. D'Amico 1900. Pusateri E. Contributo alio studio della sclerosi cerebrale atrofica con

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Fiore 1901. Pusateri E. Contributo alio studio dell'origine del fascio peduncolare del

Tiirk e del fascio longitudiaale inferiore. Annali Clinica Psidi. e Neu- ropat. Palermo, Vol. 1, A7i. 1898-99, pp. 139-152. Palermo 1899. Riolo G. Sulla terrainazione del proluugamento nervoso dei granuli del

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pp. 53-64. Palermo 1901. Sterzi G. Ricerche intorno alia auatoinia comparata ed all'ontogenesi delle

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Con tav. X-XIV. Estr. di j.^j. x, 261, d. Atti Istii. Veneto sc, lett. ed

arti. An. Accad. 1900-901, Tomo 60. Parte 2^. Venezia 1901. Sterzi G. Sviluppo delle meningi midollari dei mammiferi e loro continua-

zionc! cob le guaine dei nervi. Con tav. XII. Arch. ital. Anat. ed Em-

brioi. Vol. 1, Fasc. 1, pp. 173-195. Firenze 1902. Sterzi G. Intorno alia divisione della dura madre dall'endocranio. Monit.

zool. ital, An. 13, N. 1, pp. 17-22. Firenze 1902. Tricomi-Allegra G. Due casi di duplicita del sidcus Rolandi. E.^tr. di

pp. 7 d. Atti Accad. Peloritana. Mesuna, tip. d'Amico 1901.

- 52 -

4. Organi di senso.

Corrado G. Circa 1' osservazione della membrana capsulo-pupillare {Tu

nica vnsculosa lentis). Con figg. Giorn. Associaz. Napoletana Medici e

Natu rails f,i, A7i. 11, Punt, o, pp. 318 339. Napoli 1901. Marenghi G. Contributo alia fina organizzazione della retina. Con 5 tav.

Estr. di pp. 33 d. Bull. Soc. Med.-chir. Pavia, Seduta 16 febbraio 1900.

Pavia. tip. Cooper. 1901. Ricci O. Sulle modificazioui della retina all'oscuro ed alia luce. Riv.

ital. Sc. nat., An. 21, N. 11-12, pp. 152-153. Siena 1901 {continuaz. e fine).

5. SCHELETRO E AkTICOLAZIONI.

Cabibbe C. II processo post-glenoideo nei crani di normali, di pazzi e di

criminali, in rapporto a quello di varii mammiferi. Atti Accad. Fisio-

critici Siena (Proc. verb, adunanze), S, 4, Vol. 13, An. accad. 210 (1901),

N. 6, pp. 183-184. Siena 1901. Cutore G. Lo scheletro di un feto umano acranico. Con. fig. Estr. di

pp. 28 d. Atti Accad. Gioenia sc. nat. Catania, S. 4, Vol. 15. Catania,

tip. Galatola. Drago TJ. Studio anatoino-comparativo su alcune ossa esumate in caso giu-

diziario. Estr. di pp. 13 d. Rassegna internaz. medicina moderna,

An. 12, N. 16. Catania, tip. Perrotta 1901. Ghillini e Canevazzi. Cousiderazioui sulle coudizioni statiche dello sche- letro umano (Sunto). Bull. Sz. med., An. 72, S. 8, Vol. 1, Ease. 11.

pp. 544-552. Bologna 1901. V. anche : Policlinico, An. 8, Vol. 8-C, Ease. 8,

pp. 393-400. Roma 1901. Maggi L. Note craniologiche. Pavia, tip. Bizzoni, pp. 28. Maggi L. Semiossicini fontanellari coronali e lambdoidei e andamento

di suture nel cranio di Mammiferi e dell'uomo. Con tav. Rendic. Istit.

lomb. Sc. e Lett., S. 2, Vol. 34, Ease. 18, pp. 1105-1111. Milano 1901. Supino F. Eicerche sul cranio dei Teleostei. I. Scopelus, Chauliodus, Ar-

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Univ. Roma ed hi altri Laborat. biol.. Vol. 8, Ease. 3-4, pp. 249-213. Roma,

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1901 (Continuaz. continita).

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SUNTI E RIVISTE

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llelativamente alia divisione delle fibrille olfattorie nella mucosa dell'odo- raLo, divisione ammessa da alcuni, da altri uegata, la quistione resta ancora sub judice; sara forse possibile risolverla, dice I'A., adoperando altri metodi di colorazione, giacche la reazione cromo-argentica, fin qui adottata da tutti, e poco adatta a mettere in rilievo quelle piu minute particolarita sulle quali si basa la risoluzione del quesito. Che, se neUa mucosa oltattiva di cane e di co- niglio si trovano fibrille* olfattive, il cui comportamento potrebbe fare ammet- tere una loro divisione in rami secondari, pure, ferraando 1' atteiizione sopra qualche altra modalita di comportamento, viene il dubbio, espresso da! Cay a 1 e dal Fusari, che debba trattarsi di semplice sovrapposizione o di accol- lamento di fibrille, alcune delle quali, dopo aver proceduto per un tratto piii o meno lungo insieme riunite, finirebbero poi per separarsi e simulare cosi una vera e propria divisione.

Terminazioni libere uniche, come descrive von Brunn, non osistono nella mucosa olfattoria dei mammiferi adulti, o almeno I'A. non ha potuto vederle con sicurezza ; e in cio le sue osservazioni si accordano con quelle di R. y Cay al .

Esistono invece, nella zona limite o zona di passaggio fra mucosa olfat- tiva e respiratoria, terminazioni ramificate le quali si espandono nella parte profonda e media dell'epitelio. Tali arborizzazioni, nelle quali non si pote mai vedere una diretta connessione con cellule bipolari, forse traggono la loro origine da fibre sensitive del trigemino.

Insieme con le cellule bipolari e di sostegno tipiche che costituiscono 1' epitblio olfattorio dei maniuiit'eri, esistono anche, negli auimali giovani, element! cellulati probabilmente embrionali destinati forse a completarsi man raano che I'organo dell' odorato si perfeziona.

Dalla Valle C. Contributo alia conoscenza della circolazione sanguigna nella mucosa nasale dei mammiferi adulti. Con tav. 7 e 8. Ricerche fatte Laboratorio anat. norm. Univ. Roma, Vol. 8, Fasc. 2, pp. 93-114. Roma 1901.

Conclusioni.

1. Nella mucosa nasale dei mammiferi e dell'uomo, i vasi sanguigni si

distribuiscono secondo una legge per la quale le arterie decorrono negli strati

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profondi, le vene negli strati superficiali : questa legge h piii facilmente rile- vabile nei mainmiferi ascheletro faciale nulto prorainente, in cui la pituita- ria e relativaraente scarsa di vene.

2. La tendenza che hanno le vene in tutta I'esLensione della pltuitaria, raa specialraeute nella regione respiratoria, a tarsi superficiali, e in rapporto con una delle funzioni della mucosa, di riscaldare cioe la colonna d'aria che passa a contatto di essa.

3. Inoltre in ciascuna delle dvie regioni olfattoria e respiratoria, le vene superficiali si dispongono a costituire reti caratteristitrhe, dalla forma delle quali, specie in certi mammiferi, e dato riconoscere facilmente 1' una regione dall'altra. Tali reti, per la regione olfattoria sono con probability in rapporto di forma non solo con la disposizione delle glandule, ma anche con la distri- buzione dei fasci del nervo olfattoric. Nella regione respiratoria invece la forma della rete venosa superficiale e, specialmente negli animali a scheletro faciale raolto prominente, in rapporto con la funzione del riscaldamento della colonna d'aria.

4. In ambedue k^ regioni anche i capillari sotto-epiteliali costituiscono reti di struttura e di comportamento diverso, la maggior density, delle quali, nella regione olfattoria, dipende forse dall'attivita specifica dell'epitelio.

5. L'epitelio olfattorio dell'uomo e vascolarizzato.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

Di un nuovo muscolo soprannumerario della regione posteriore del- rantibracclo umano /^M. e^ctensor digiti indicts et 9nediiJ consociato ad un fascicolo manidio.

Nota

DEL Prof. L. TENCHINI (Con tavola I").

Ricevuta il 1" Marzo 1902.

fi vietata la riproduzione.

Nella intitolazione di questa breve nota e dichiarata tutta la essenza di un caso teste occorsomi, e del quale non mi fu possi- bile trovare riscontro preciso fra le non poche anomalie muscolari, che la letteratura anatomica registra nella regione posteriore del- I'antibraccio e della mano (1). Per cio (non fosse che per affermare una nuova varieta morfologica) esso parvemi meritevole di ricordo, come, d'altronde, lo e ogni deviazione dal tipo normale di fronte massime all'anatomia comparata ed aU'antropologia.

L' osservazione si riferisce ad un contadino della provincia di Parma, in sulla settantina, muscolosissimo e ben costituito, il cui

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cadavere venne in parte messo a profitto delle comuni esercitazioni (li dissezione scolastica. Sventuratamente degli arti superiori quello solo di destra servi a questo scopo, ne, quando fui avvertito della presenza dell' anomalia, mi fu piia possibile avere I'altro arto per le opportune indagini di confronto.

Comunque sia, e pur non venendo meno, ad ogni modo, V im- portanza della modalita muscolare per se stessa, mi faccio a rife- rirne, senz'altro, i particolari descrittivi, tali quali mi riusci di rile- vare tosto che il preparato mi venne fra le mani, e quali potei far ritrarre nell'annessa figura.

Premetto che nessun' altra anomalia fu rinvenuta nell' arto di cui si tratta, ed in ispecie fra i muscoli, i quali furono ad uno ad uno metodicamente dissecati per lo studio, dalla spalla, al braccio, air antibraccio, alia mano.

Dal lato esterno della faccia dorsale dell' ulna (fig., 11) e piii precisamente a quattro centimetri e mezzo di distanza dalla punta del suo processo stiloideo, si stacca un tendinetto nastriforme sot- tilissimo (fig., 14), largo mm. 4, il quale si dirige obliquamente in basso fra il corpo muscolare del m. extenso?- indicis proprius (fig., 7) all'esterno, ed il m. extensor carpi uhicms (fig., 8), all' interne. Come tale si mantiene per il tratto di oltre sei centimetri (cent. 6,2) fine sulla faccia dorsale della prima fila delle ossa del carpo, dove giunto e passato sotto il legamento radiocarpico dorsale, si allarga alquanto (mm. 5), per continuarsi subito con due distinti ventri carnei, fusi- formi, divergenti fra loro a lettera V aperta in basso.

Di essi, uno {ventre radiale^ fig., 16) lungo sei centimetri e mezzo e largo al massimo, nella sua parte di mezzo piu ri- gonfia, millimetri 6, volge all' esterno, e si salda col suo tendino terminale, o distale, col tendine dell' extensor indicis proprius ; I'altro ventre {ventre ulnare^ fig., 15) lungo cent. 6.8 e largo come il precedente, piega all' interne e finisce sul tendine, che il m. exten- sor digitorum communis invia al dito medio. I due ventri musco- lari attraversano obliquamente d' alto in basso e dalF interne all' e- sterno la faccia dorsale del metacarpo, incrociando a lettera X i muscoli interossei dorsali del 2^ e del spazio intermetacarpico.

Non basta. E notevole che al ventre radiale si aggiunge un pic- colo fascicolo muscolare accessorio (fig., 17), il quale si distacca per mezzo di un tendinetto, largo mm. 3, dal tessuto fibrose che rive- ste la faccia dorsale deU'estremitA inferiore, o distale, del radio, in

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grande prossimita della fibro-cartilagine triangolare, che costituisce il discus atiimdaris, sotto il legamento dorsale del carpo. Questo fascicoletto muscolare accessorio, il cui tendinetto non e lungo che mm. 9, si mantiene indipendente solo per due centimetri e mezzo, per tutto quel tratto, cioe, che corrisponde al carpo, e poscia si con- tbnde col ventre radiale, dianzi descritto.

Tratbasi qui, adunque, sostanzialmente di un vero e proprio mu- scolo ostensore, d'origine antibracchiale, a due ventri, ulnare e ra- diale, i quah si confondono, per mezzo delle loro estremita distah, rispettivamente col tendine che dal ?w. extensor digltorum commu- nis va al dito medio e col tendine del m. extensor indicis proprius. La sua inserzione superiore si effettua all'ulna, la dove di solito si riscontra quella deH'anomalo lungo estensore proprio del dito me- dio (2), onde stimai opportuno dirlo : musculus extejisor digiti indicis et medii, ritenendo accessorio (rispetto a questa indicazione, che espri- me il fatto principale della vaiieta) il fascicoletto muscolare {manidlo) d'origine radio-carpica, aggiunto al Ventre radiale.

Una cosi fatta condizione di cose parmi, come gia dissi, del tutto nuova, poiche, se e vero che furono piu volte descritti isola- tamente e I'estensore proprio del dito medio, procedente sia dalle ossa dell'antibraccio, sia da quelle del carpo (3), e I'estensore breve deir indice, d'origine carpica, consociato, o non, al solito estensore proprio (4) ; e se e vero anche che furono illustrati non pochi esempi di estensori per 1' indice e per il medio insieme (5), non venne mai, per quanto ne so, registrata la possibihta di un solo muscolo bici- pite per queste due dita, il quale, inserito suhe ossa dell'antibrac- cio, presentasse i caratteri morfologici sopra descritti.

Ove poi si ponga mente alia circostanza notata deUa presenza di un fascicolo radio-carpico secondario, di rinforzo, il case mi sem- hra rivesta ancor piu i caratteri deha singolarita, giacche, coh'ag- giunta di quest'ultima inserzione supplementare, il muscolo, in quanto ad origine, verrebbe ad assumere, quasi direi, una forma mista, di- mostrando, oltre che le note di un estensore antibracchiale lungo (inserzione principale), anche quelle di un vero estensore breve, o di manidio (inserzione secondaria). E come semplice manidio potrebbe anche ritenersi tutto a prime aspetto, riguardando, nel loro com- ])lesso, i due ventri muscolari obliquamente disposti sul dorso della mano, se non fosse presente il tendine antibracchiale, inerente al- r inserzione principale. .

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II fatto della contemporanea doppia provenienza di muscoli ano- mali estensori delle dita della mano non e atfatto nuovo, poiche gia il Calori illustro (6) il caso di im estensore proprio anoinalo del dito medio consociato ad un estensore soprannuinerario del medesitno dito situato sul dorso della mano^ ed un altro |)ure di niuscolo esten- sore anomalo del dito medio unito ad un estensore dorsale, pertinente a questo dito ed all'unularc ; ma tali varieta differiscono molto da quella da me ora descritta, sia per la diversa distribuzione dei capi muscolari, e sia per il diverse mode di originarsi dall'ulna del mu- scolo anomalo.

Nei due esemj)! del Calori, infatti, il muscolo code sue por- zioni si distribuisce : in uno (a destra) esclusivamente al dito medio, nell'altro (a sinistra) raggiunge in parte anche Tanulare, ed in en- trambi poi Tinserzione all'ulna avviene per mezzo di un brevissimo tendine, a cui succede un fascicolo cameo, il quale, via via sempre pill attenuandosi, mette presto ad un sottile tendinetto terminale, attraversante il dorso della mano.

Le condizioni, pertanto, sono, anche per quest'ultimo rispetto, morfologicamente differentissime, perche, nel mio esemplare, I'inser- zione del muscolo all'ulna si mantiene tendinea per lungo tratto (cent. 6.2), e solo al dorso della mano (dove, nei casi del Calori, il fascio antibracchiale e gia fatto tendineo) api)aiono i due ventri mu- scolari relativamente cosincui.

Ed ora si affaccia spontanea la dimanda se la nuova varieta muscolare possa avere, essa pure, importanza e significato nel campo dell'anatomia comparata, come I'lianno, senza piii, tutte le nume- rose osservazioiii lin qui raccolte ed illustrate di muscoli estensori soprannumerari delle dita della mano, comunque originati. lo non lo dubito. Parmi molto facile riconoscere, anche nel mio caso, un rappresentante di quelle forme reversive, che, nel numero cresciuto dei muscoli estensori delle dita della mano, trovano il loro rigoroso riscontro in animah inferiori, ed in ispecie nolle scimie (7).

Ne qui occorre insistere di piii sopra questo concetto, gia dagli autori giustamente sostenuto e dimostrato i)er rispondente al vero, sia che si tratti di estensori brevi d'origine radio-carpica (veri o propri muscoli manidi ad uno o piia tendini), sia che si tratti, iii- vece, di estensori lunghi soprannumerari, d'origine antibracchiale.

DaW Istituto di Anatomia iimana della li. Universitd di Parma.

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POSTILLE.

(1) Per la bibliografia dell'argomento mi valsi priacipalmente delle opere del Testut e del Le Do ubl e suUe anomalie inuscolari,nelle quali opere, co- me e noto, alle copiose osservazioni fatte nel campo dell'anatomia umana sono sapientemente associate quelle fornite dall'anatomia coraparata.

L. Testut Les anomalies musrAilalres chez I'homme expliqueex par V a- natomie comparee. Paris, 1884.

A. F. Le Double Traite des variations du systeme musculaire de I'homme et de leur signification au point de vue de V anthropoloqie zoologiqiie. T. 2'"« Paris, 1897.

(2) Arao indicare il muscolo estensore proprio del dito medio, d' origine aatibracchiale, coll'appellativo di lungo, per contradistinguerlo da quello d'ori- rine carpica, che dicesi breve.

La prima di queste due modality venne, parmi, la prima volta illustrata dal Meckel, il quale la comprende fra le sotto-varietk del muscolo eston- sore proprio dell' indice. TJestensore proprio del dito medio (egli scrive) e sem- pre piu piccolo delV estensore proprio deW indice, e gli nasce al di sotto piu o meno in giu. Questa conformazione si allontana il meno possibile dallo stato normale, quando il nuovo muscolo proviene dal cubito, ma talvolta esso nasce

dal radio (G. F. Meckel. Manuale di Anatomia generate, descrittiva e pa-

tologica, Trad, italiana, Torao 2", a pag. 428. Napoli, 1827).

Per questo, giudicai I'iaserzione antibracchiale del muscolo da me de- scritto.siccome conforme alle condizioni piu usuali di inserzione superiore dell' estensore lungo del medio, non parendomi, invece, rispondente alia re- gola r inserzione di questo stesso estensore all' ulna, sopra I'estensore pro- prio deir indice, giusta quanto atiermo il M a ca lister (cit. dal Testut op. cit., pag. 568) e ripete il Le Double (op. e vol. cit., pag. 149).

La medesima inserzione all' ulna, sotto V indicator e, trovo poi il Calori in due casi da lui illustrati di muscolo estensore proprio del dito medio, tale quale si osserva nella sua forma piii semplice, cio6 di un muscolo semipcnnato, che ripete la forma delV indicatore, di cui e piu piccolo (L. Cal ori. Di al- cune varietd muscolari delV aoambraccio e dell' eminenza ipothenar. Nota letta all'Accad. delle Scienze dell'Istituto di Bologna nella sessione del 12 dicem- bre 1867. Vegg. Memorie dell'Accad. delle Scienze di Bologna, Ser. II, Tomo VII, 1867, a pag. 369).

Dopo le osservazioni del Meckel, e prescindendo da quelle del Calori, molte altre ne furono raccolte dagli anatomic! sul muscolo estensore proprio del dito medio, pur sempre pero considerate fondamentalmente per una di- pendenza del muscolo indicatore (Vegg., in proposito, la ricca bibliografia ri- cordata dal Testut e dal Le Double, il quale aggiunge I'osservazione rela- tivamente recente del Cuyer, pubblicata nel 1894 nel Bullet, de la Soc, d'anthrop. de Paris).

Oltre tutti questi, pero, vanno ricordati due altri casi descritti dal Giacomini di musculus extensor digiti medii proprius, rinvenuti : 1' uno nel- 1' antibraccio di destra di una giovine donna, prostituta, d'anni 25, di Buenos- Ayres, e I'altro in un bambino d'anni 4, del Cairo (C. Giacomini Anno- tazioni sopra V anatomia del negro Seconda Memoria, a pag. 45. To rino, 1882).

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(3) Trattasi del musculos extensor hrevis digiti medii (Albinus), exten- sor hrevis proprius vel lateralis medii digiti (Carver), od extensor anomalus hrevis des Mittdfingers (Otto), cosi menzionati dal Le Double, i! quale giu- stamente ne fa una variety dei muscoli, che egli denomino wa«2tZ< (ad un so!o tendine).

Sarebbe, anzi, una delle forme )-elativamente piu frequent! ad osservarsi, poiche, stando alia statistica che lo stesso autore ne di, la letteratura ana- tomica g\k ne registrerebbe ben 16 esempi (Le Double, Op. e Vol. citati, pagine 212, 213).

lo pure ne raccolsi, alcuni anni or sono, un caso riscontrato alia mano destra di una giovine donna, ed il preparato relativo conservasi nel Museo di anatomia umana della R. Universita di Parma (Serie C, num. 8 del Cata- logo generale) insieme con quello ora descritto.

Della raedesima specie parmi sia 1' esemplare illustrato nel 18H5 dal Baudoin; ma un po' piu coinplicato, cosi da rappresentare una foima di passaggio fra i manidi^ che coadiuvano I'estensione di un dito solo e quelli che contribuiscono, invece, ad estendere due dita.

L' osservazione concerne un uomo d'auui 50 circa, sulla cui mano destra (faccia dorsale) si trovo un muscolo appiattito, ste.so obliquarnente dalla rnetd interna della faccia dorsale del carpo alVestremitd posteriore e superiore della prima falange del dito medio. A questo fascicolo (che e completo) se ne aggiun- gerebbe un secondo, piii rorto e meno voluminoso, posto al lato interno, il quale, colV aspetto di una lamella muscolare applicata al 4" metacarpo, fini- rebbe verso il mezzo del 4" spazio interosseo per risolversi bruscamente in nna sottile lamina fibrosa^ che si continaa senza linea di dernarcazione ben netta col- l' aponeurosi che ricopre lo spazio interosseo ed il metacarpo.

M. Baudoin Le pedieux de la main (Bulletins de la See. d'anthropo- logie, tome huiti6me, III ser., 2" fasc, fevr. a mai 1885, a pag. 188).

(4) E il musculus extensor hrevis digiti indicis di Albinus, se si trova solo, oppure V estensore accessorio deU'indice, od il secondo capo dell' indicator e bicipite di Gantzer (Le Double) s' e consociato all'estensore proprio nor- malmente esisteiite.

Anche qviesta varieta ilLeDouble raggruppa fra ^;/ia/^^V/^a(;Z wn .soZo ^ew- dine, e sarebbe, senz'altro, quella che venne con maggior frequenza osservata dagli autori (18 casi, Le Double, op. e vol. cit., pag. 212j, poco variando fra loro le diverse modalita morfologiche registrate.

A sifFatti esempi posso aggiungerne un altro (inedito), la cui conoscenza devo alia cortesia doUo stesso Le Double, onde mi e caro porgergli qui vivi ringraziamenti.

La varieta fu da lui trovata recentomente solo a destra, in una donna, (V anni 45, niorta di tubercolosi, ed il inanidio ad un tendine per I' iiidice, in questo caso, si staccava dal legamento anulare del carpo (Tours, 24 dicem- bre 1901).

(5) Appartengono a questa categoria tanto i casi abbastanza frequenti di sdoppiatura, piu o meno completa, del muscolo estensore proprio dell' indice (si che una parte del suo tendine distale raggiunge il dito medio), quali gi^ il Meckel (op. cit., pag. 427) e molti altri illustrarono, quanto quelli di muscoli estensori brevi {mahidi a due tendini) destinati all'indice ed al medio.

Fra i primi piacemi ricordare (oltre i notati dal Le Double) un caso

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pubblicato dal Chudzinski fia dal 1885, e del quale fu argomento 1' avain- braccio sinistro di una douna negra. L'AuLore, dopo aver richiaraato I'impor- tanza ed il significato dei niuscoli estensori antibracchiali ed il loro modo di essere nelle condizioni normali, afterma che I'anomalia piu comune dello strato profondo della regione posteriore dell'avambraccio e la presenza di un esten- sore supplementare che termini sull' indice e sul medio insieme ; ma che pero non e altrettanto frequente I'ilevare che I'origine di questo fascicolo sopran- numerario risalga oltre le ossa del carpo od il legamento anulare.

Tale e, in riassunto, il concetto del Chudzinski, il quale, come e noto, si rese altamente benemerito degli studi anatomici, ed in ispecie di quanto si attiene alle variela mu-scolari, investigando fra numerosi individui di razze colorate.

Or bene, I'esemplare, di cui egli rende conto, si riferisce, appunto, ad un estensore anormale dell' indice e del medio, il quale nasce daWulna subito sotfo Vestensore propria deWindice, a 53 millimetri sopra la testa deU'ulna.

A prima giunta {\)rosegu6 V A..) lo si scambierebhe per un fascicolo muscolare staccato dal margine interno deW estensore proprio delVindice ; ma, guardando attentamente, si nota che e, in realtd, unrnusroloindipendente, del tutto isolate, e non avente alcuna connessione coi muscoli vicini. A livello della regione radio- carpica le fibre piii interne di questo muscolo si rendono ad un tendine gracile largo un millimetro, il quale costituisce il corto estensore del medio. Le fibre esterne terminano con un altro tendine fiUforme, che si confonde coi tendlni delVestensore comune e proprio dell'indice.

(Th. Chudzinski. Lt'extenseur accessoire de V index etpropre du medius ob- serve chez une negresse. Presentation a la Soc. d'anthrop. de Paris Bui latins de la Soc. d'anthrop. de Paris, Tome huitieme. III ser., 2. fasc, fevrier a Mai, 1885 a pag. 297).

Ho creduto conveniente riferire con qualche cura questa osservazioue, per- chi, per cio che riguarda I'inserzione prossimale del muscolo soprannumera- rio, parmi identica alia mia, mentre, per il resto, ed in ispecie per il modo di essere della porzione muscolare rispetto alia tendinea e per I'assoluta man- canza di fascicoli radio-carpici, ne e molto differente.

Cosi pure fra i manidi, od estensori brevi, a due tendini (sempre per 1' indice e per il medio) (;«. indicator anomalus brevis et extensor brevis ano- vialus m£dii digiti, Otto) mi preme ricordarne uno, pure illustrato dal Chu d- zinski nel 1882, e relative ad un'altra donna negra (la negra Radamela).

Tratterebbesi (dice I'Autore) di un piccolo muscolo accessorio degli esten- so?i profondi, il quale nasce sotto Vestensore proprio deW indice, dal margine po- steriore deWestremitd inferiore del radio e tutt'affatto alia fine della scanalaturn del tendine estensore proprio dell'indice. Questa inserzione si fa per mezzo di un tendine, lungo 19 mm. e largo 2 mm. A questo tendine succede un piccolo corpo carnoso, die discende lungo la faccia dorsale del metacarpo e finisce con un tendine appiattito. Quest'tdtimo si divide in due filam.enti tendiuei. La divisione interna di questo tendine e la plu forte, e si getta sul tendine estensore comune del medio. II tendine esterne si confonde col tendine delVestensore p}''oprio del- Vindice. Questo muscolo non esiste che alia mano destra.

(Th. Chudzinski. Contributions d V6tude dis variations musculaires dans les races humaines. Rev. d'anthrop., Paris, Onzieme Annee, deux. ser. Tome cinquieme, 1882, a pag. 280 e pag. 307).

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L'Autore a questa anoraalia non d& che pochissima importanza, ritenen- dola (sembra) molto coraune tVa gli esemplari di razze colorate da lui esami- nati, e cio anche in armonia a quanto dichiaro piu tardi, nel 1885, a proposito d&Wextenseur accessoire de I'index et propre du medius (vegg. sopra), che, cioe, la terminazione deWestennore .supplementare dello strata profondo delta regions posteriore delVmmmhracrAo all' indice ed al medio e Vanomalia piu comune di questa reyione.

Eppiire, iVa i manidi a due tendini, quali figurano nella statistica delLe Double \\x\ tutto 10 casi) solo tre esempi sarebbero di fascicoli per 1' indice e per il medio! Giova richiamarli :

Uno (oss. personale III del Le Double. Op. e vol. cit. a pag. 205), in cui il muscolo anomalo si presento bilateralmente, e fu trovato in una donna d'anni 25, morta di metrorragia ;

Un secondo (osserv. personale VI dello stesso Le Double, Op. e vol. cit. a pag. 205 e 20(3), nel quale I'anomalia fu pure riscontrata bilateralmente (uomo, d'anni 70, raorto per apoplessia cerebrale);

Un terzo dovuto al Pan as, che riferisce di un muscolo interosseo dorsale soprannumerario della mano con un tendine anteriore che si biforca e va ad inserirsi alVindice ed al medio. (In proposito aggiunge poi, e cio non si com- prende, che la sua azione (del muscolo) 7iulla per Vindice, parrebbe essere quella di un flessore (?) per la prima falange del medio). (Bullet, de la Soc. anatomi- que de Paris, XXXVIII annee, avril 1863, a pag. 165).

Ne, per la mia esperienza personale, sopra individui dei nostri paesi, io potrei afiermare la frequenza dell'anomalia, di cui qui si tratta, come risul- terebbe dalle osservazioni del Chudzinski, poiche non mi capito mai di vederne esempi, onde parrebbe, senz'altro, doversi attribuire a diversita di razza il relativo maggior numero di casi di muscoli anomali estensori del- 1' in.dice e del medio illustrati dal Chudzinski.

(6) L. Calori. Di alcune varietd muscolari delVavamhraccio ecc. (sopra eft.). Al paragralo 7." (pag. 370) di questa memoria I'A. tratta della mancanza del muscolo indicatore propria normale, compensata da tin muscolo anomalo del dorso della mano (fig. 2.^, tav. I).

Trattasi della mancanza bilaterale del muscolo indicatore in giovane con- tadino. In compenso si ha uu muscolo indicatore anomalo del dorso della mano, il quale nasceva dalla estremitd inferiore del radio e dal legamento romboideo con corte fibre tendinee, alle quali succedeva un ventre cameo pira)nidale esteso fi>iO alia metd circa del metararpo ove degeiierava nel tendine finale confluente alia faccia dorsale della prima falange dell' indice col tendine che questo dito riceve daWesten.sor comune. A sinistra, si aggiungeva all'indicatore anomalo un fascetto cameo che nasceva dal suddetto legamento romboideo e andava a rinforzare il muscolo interosseo dorsale del lato radiate del dito medio.

Al paragrato 8." di questa stessa memoria (pug. 372) I'autore poi tratta della Duplicitd delVanomalo muscolo estensor propria del dito media, e fascetto da lui ddto al quarto dito (fig. 3, 4, tav. II).

E qui e riferito di un muscolo estensore proprio del dito medio, riscon- trato nei due antibracci di un villico muscolosissimo, colla forma e coi rap- porti soliti che gli anotomici gli attribuiscono.

Ma (prosegue il Calori) a questo muscolo anomalo conosciutissimo se ne aggiunge un altro del quale non trovo fatto cenno, ed ^ situato nel dorso della

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mario, cost che per- singolarizzarlo dalVaUro potrebbesi chiamare muscolo estensor corto o dorsale del dito medio, mentre a quello potrebbesi applicare Vepiteto di lungo, od antibracchiale. A destra questo muscolo estensor dorsale o corto ano- malo del dito medio nasce dal leyamento dorsale o romboidale del carpo e dal- I'osso piramidale in corrispondenza deWarticolazione radio- ztibitale infer iore con brevi fibre tendinee, alle quali succedono le carnee, che compongonsi in uh ven- tre piramidale sopra il quale corre il tendine del muscolo estensor proprio sud- detto. Arrivato questo ventre alia metd circa del metacarpo si coiiverte net suo tendine finale, che alVarticolaziorie metacarpo-falangea del dito medio si riunisce con quello deW estensor lungo proprio del medio stesso proveniente dall'ulna (fig. 3, tav. II). A sinistra I'origine del muscolo 6 la medesima ; ma esso e al- quanto piit largo, e, giuiito podoltre la base del metacarpo, si divide in due, uno maggiore che appartiene al dito medio e si comporta presso a poco come net- I'altra mano, Valtro minore che si reca al dito amdare (fig. 4, tav. II), Non ^ d'uopo dire che questo muscolo ricorda il dorsale del piede, ed esso e gh altri suddivisati nel dorso delta mano sono notabilissimi, siccone quelli che rijietono certe disposizioni 7iormali dei muscoli delVavambraccio e delta mano in alcune scimie. Non si vuol lasciare che nei Cebus ha un muscolo estensor proprio del dito medio.

(7) Gia il Meckel (op. e vol. cit.^ pag. 428) ne aveva rilevata la perfetta corrispondenza, poiche non solo ammise doversi ritenere tutte queste anomalie siccome ripetizione delta conformazione normale degli arti inferiori rappresen- tando Vestensore breve comune delle dita dei piedi, e do tanto piii perfettamente quanto i muscoli soprannumerari nascono piii in basso ; ma ammise aache che esse trovano la lore analogia con gli animali, giacche in molte scimie il ten- dine delVestensore proprio dell' indice da una linguetta al dito medio.

Lo stesso concetto poi venne largamente sviluppato dal Test ut (op. cit.), che, in modo magistrale, espose e studio le corrispondenze cogli animali in tutti quoi casi nei quali nell'uorao si verifica per anomalia una qualsiasi esa- gerazioae numerica nei tendini estensori della mano, sia che essi dipeiidano da muscoli d'origiue antibracchiale, sia che, invece, dipendano da veri muscoli soprannumerari dell'antibraccio o della mano.

II Calori riconobbe nel Cebus un estensore proprio del dito medio, il qual fatto si trova ripetuto nell'oran^r, nel gibbone, nel cinocefalo ed in molti altri mammiferi (Testut).

Sono pure noti i casi di muscoli estensori co muni del pollice e delVindice {m. ex- tensor poinds et indicis del Wood,) illustrati dal Gruber prima (1.851), dal Wood (1867), dal Clason, dal Macalist e r, dal Testut in un negro (1883), dal Le Double etc., e pei quali fu dimostrato il rigoroso riscontro in molti mammiferi dal Macalister, ed in ispecie dal Gruber (cit. dal Testut. G ruber: « Ueber den constanten Muse. Extensor x>ollicis et indicis gewisser Saugethiere homologen supernumeraeren Muskel beim Menschen » Wirchow's Arch. Bd. LXXXVI, pag. 471)-

Nel caso mio particolare poi sarebbe, starei per dire, perfetta la corri- spondenza che esso avrebbe coUe condizioni normali, che si verificano nel formichiere, poiche, stando a quanto riferisce il Testut la dove tratta del corto estensore delle dita in alcuni .pertebrati, il formichiere d presenta due fasci- foli distinti: uno si inserisce sopra I'estremitd inferiore del cubito, passa sojjra il sccondo metacarpo e termina sulla falange ungueale del .secondo dito ; Valtro

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piii largo, si .stacca dal carpo a lato del legamento die ricopre Vestensore co- mmie e viene ad appli'iarni sopra I'lino e I'altro del due lati del tendine die Vestensore invia al terzo dito (Testiit, op. cit., a pag. 562, 563). II Le Double (op. 8 vol. cit., pag. 214) coufermerebbe I'osservazione, parlando AqW anatomia cornparata inerente alle varie specie di muscoli manidi, da esao prese in cou- siderazione.

Spiegazione della figura

1. M. extensor carpi radialis brevis (secondo radiale esterno).

2. Suo tendine inferiore o distale.

3. Tendine inferiore del ra. extensor carpi radialis longus (primo radiale esterno).

4. M. abductor pollicis lonnus.

5. M. extensor pollicis brevis. C. M. extensor pollicis longus. 7. M. e.Yteusor indicis proiirius.

S. M. extensor carpi ulnaris (cubitale posteriore, il cui tendine distale venne spostut ) e tolto dalla doccia che gli 6 propria per inettere in evidenza, in tutta la sua mterezza, il tendine supe- riore del muscolo aiioinalo soprannu merario segpato col n. 14).

9. Tendini recisi del in. extensor diyitoruin communis.

10. Tendine reciso del ni. extensor digiti quinti proprius.

11. Ulna.

12. Radius.

13 Articulatio radiocarpea aperta;

14. M. extensor digiti indicia et uiedii (soprannuiner.Trio).

15. Suo ventre ulnare (destinato al dito medio).

16. Suo ventre radiale (Hesiinato al dito indice).

17. Kascicolo muscolare accessorio, aggiunto al ventre precedente.

Un apparecchio per la rapida macerazione delle ossa

PER IL PROF. P. LACHI DIKETTORE DELL' ISTITUTO ANATOIHCO DI GENOVA.

(Con 1 figura)

Ricevuta il 5 rnarzo 1902. li vietata la riproduzione.

In tutti i laboratori di Anatomia una operazione taiito indi- spensabile quanto fastidiosa e certamente quella della macerazione delle ossa, e per quanto non manifestato e vivo certamente in tutti il desiderio di trovare un mode di sottrarsi ai tanti inconve- nienti che nella pratica di questa operazione si verificano.

In molti laboratori so die per ottenere ossa macerate si ri- corre ancora al vecchio processo della macerazione naturale come e indicata nei vecchi manuali di dissezione, e tutti certamente, come e avvenuto finora per me, hanno dovuto subire le conseguenze di tale procedimento, cioe o sacrificarsi a sentire anche a distanza le poco gradevoli e pericolost^ esalazioni die sfuggono dal recipienti a

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cio destinati, o trasportare in locali appartati e lontani le ossa da eottoporsi alia macerazione, e, quello che e anche peggiore, adat- tarsi ai pericoli e agli effluvi cosi penetrant! che si hanno quando, a macerazione compiuta, le ossa devono essere lavate ed esposte air aria libera. Inoitre poiche ad ottenere la macerazione delle ossa occorre aria e calore, cosi avviene che, ad esempio, nella stagione invernale questa non puo eflfettuarsi, o se la si effettua si ha asso- lutamente incompieta.

Questi ed altri inconvenienti suggerirono nuovi procedimenti fra i quali debbono ricordarsi quello di Zander C) e queho di Tei- chmann C).

II primo e una modificazione di quello di Partsch, e consiste in una rapida macerazione ottenuta con una soluzione di Potassa caustica al 5 % e alia temperatura di circa 45°, la quale in verita in tempo di pochi minuti porta alia completa distruzione delle parti molli. Ma questo procedimento presenta i suoi inconvenienti, primo fra i quali questo, che se e applicabile per piccoli ossi per i quah occorre poca quantita di soluzione, non lo e per molti ossi e volu- minosi, pei quali occorrono parecchi litri di liquido, e percio gran quantita di potassa, la quale, sebbene a buon mercato pure in forti dosi costituisce una spesa non indifferente. Altro inconveniente poi si e che la potassa vuole essere adoperata con molta attenzione, ed anche ad onta di cio intacca anche le ossa o toglie loro per lo meno la naturale levigatezza.

L' altro processo, quello di Teichmann, presenta in verita pregi indiscutibih. L'A. nel suo lavoro pubblicato su questo argo- rnento fornisce eccellenti indicazioni sul modo di appUcazione che debbo in poche parole accennare. Le ossa vengono, previa scarni- tura, messe in recipienti ad hoc^ riempiti di acqua e che vengono riscal- dati alia temperatura di 43° circa. Dopo 5 o 6 giorni, cosi egli dicOj le ossa sono macerate, le poche carni rimaste si distaccano e non resta che sottoporle per qualche mi onto all' azione di una soluzione di soda al 10 ^/q alia temperatura di 75^ per ottenere la saponiflca- zione dei grassi. Dopo di che con una ripetuta lavatura e strofina- tura in acqua il grasso saponificato si elimina e le ossa possono essere sottoposte ad imbiancamento.

II procedimento di Teichmann e rapido, ma quantunque egh accenni al modo con cui ha installato il meccanismo a cio destinato

(1) Zander . Die Knochenmaceration mittelst kalilauge. Analoraischer Anzeiger. Vol. I, 1886, pag. 25.

(*) Teichraann. Ueber Knochenmaceration. Anatomisehet Anzeiger, iS87, pag. 46 i.

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nel suo laboratorio di Cracovia pure non ci da ragguagli sufflcienti suUa maniera con cui potrebbe essere applicabile in altri laboratori.

Che ii processo di Teichmann sia conveniente lo dimostra anclie il Pfitzner (*) il quale lo ha appHcato su larga scala serven- dosi di una cassa metallica sostenuta da quattro piedi e sotto la quale sta un becco a gaz di Bum sen. Riempie questa cassa a meta di acqua e vi im merge poi tanti vasi cilindrici di vetro con le ossa da macerare, siano pure spettanti a vari animali o a varie parti di uno stesso animale in maniera percio che non si possano confondere gli uni con gli altri. Ogni vaso con le ossa e quasi completamente riempito di acqua distillata. La cassa e mantenuta alia temperatura di circa 35° a 40" che I'autore ritiene giustamente pii^i adatta che queha di 43° suggerita da Teichmann. Si comprende come un tale appa- recchio esponga ahe esalazioni dovute alia macerazione per quanto egli dica di avervi unite un tube fugatore del gaz da putrefazione.

Appare da quanto e detto che una precisa maniera di procedi- mento per 1' applicazione pratica del processo di Teichmann, in mode da evitare specialmente le disgustose e nocive esalazioni de- rivanti daha macerazione, non e stata ancora suggerita. Ecco per- che ho creduto opportune rendere note il mode col quale io pratico da qualche tempo questo processo evitando gli inconvenienti finora avuti e ottenendo buoni resultati.

Mi servo a tale oggetto di un recipiente in zinco di forma ci- lindrica (V. fig.) con fondo in rame, avente un' altezza di cent. 70 e un diametro di 35, sufficiente cioe per macerare un intero sche- letro umano. Al fondo di esse sta da un lato un robinetto B che a suo tempo dovra servire a vuotare il liquido contenuto nel reci- piente, dair altro un tube indicatore C che essendo in vetro nella sua maggior parte permette di vedere daU'esterno il livello interne deir acqua ; e poiche sulla superflcie del recipiente possono trac- ciarsi delle linee indicanti i vari livelli raggiunti ogni 5 o 10 litri, cosi puo stabilirsi dall' indice la quantita volumetrica del contenuto del recipiente a varia altezza. Al di sopra di queste due condutture, e sostenuta da un cerchio riportato all' interne o da tre o quattro mensolette in zinco, sta una rete di filo zincato M a maglie assai fitte, in maniera che attraverso di esse non possa passare nemmeno una falangetta del piede o un piccolo sesamoide. Del resto anche se piccoli ossetti attraversassero la rete andrebbero al fondo del cilin- dro e potrebbero essere sempre ricuperati.

(}) I'fitzner. Erfahrungeii Uber das Teichinannsche knochen mazerations-nerfaliren. Anatomischer Ameiger, Vol. IV, par;. CS7, 1889.

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In alto sta un coperchio ad orlo raolto alto (cent. 16) e piu ampio assai del recipiente, che si impegna in un intercapedine D larga cent. 5 e alta cent. 15 applicata in giro al recipiente. Da un lato del coperchio sta una tubulatura E destinata alia presa del- r acqua, un' altra F destinata ad un termometro, e in fine una terza G per un tubo fugatore dei gaz da putrefazione. Occorrendo, ma in pratica cio non e necessario, se ne potrebbe aggiungere un altro per un termoregolatore. Al centre del coperchio in if e una apertura di circa cent. 1 o 1,5 -di diametro che porta inferiormente una valvola, la quale mediante una molla a leggera pressione, ri- mane applicata di contro all' apertura iJ, in maniera che pub en- trarvi dell' aria, ma non puo uscirne,

Tutto il recipiente posa sopra un trepiede sotto al quale sta una lampada a gaz I. Conviene che il recipiente sia cohocato presso ad una conduttura di acqua e vicino ad un lavandino, e d' altra

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parte non lontano da una presa di gaz, condizioni che facilmente si verificano in un laboratorio.

Le ossa scarnite vengono messe nel recipient,e al disopra della rete. Per il tube E viene riempito il recipiente, in mode pero che r acqua non raggiunga I'orlo e non giunga che ad una diecina di centimetri al disotto, giacche se troppo pieno, V acqua stessa con 1' aumento di volume dovuto al calore passerebbe _ nell' intercape- dine 1). Questa e riempita d' acqua per 10 cent. II condotto fuga- tore G deve essere imnierso col suo estremo inferiore in un reci- piente L contenente una sostanza che valga a distruggere i gaz da putrefazione, fenico, (acido nitrico, od altre sostanze).

Si accende la lampada e con un poco di pratica si giunge a vedere anche senza termoregolatore la llamraa occorrente per man- tenere il I'ecipiente alia temperatura di circa SS^^O^, e cio per 10 giorni. L' esperienza mi ha mostrato che in 6 giorni, come vorrebbe il Teichmann, la macerazione completa non si ottiene. Tale appa- recchio puo stare in qualunque stanza e non fa sentire esala;Zione alcuna. Solo per maggiore precauzione conviene ogni giorno o ogni due giorni cambiare V acqua dall' intercapedine. D' altra parte il tubo G deve appena pescare nel liquido disinfettante perche se la immersione e troppo profonda allora j gaz trovano maggior facihta ad uscire daU' intercapedine D dando luogo cosi a sgradevoli ema- nazioni.

Al 0 10° giorno, compiutasi la macerazione non vi ha che da aprire il robinetto B messo in rapporto, per mezzo di un tubo, col condotto fugatore del lavandino in modo quasi ermetico, o, co- me talora, ho praticato in un recipiente dove si trovi del cloruro di calce in polvere. Quindi si stabihsce una corrente continua di acqua che entrata per il tubo E esce per il tubo 5, e cio si pratica per uno o due giorni. Allora le ossa vengono estratte e di parti carnose aderenti poco o nulla presentano. Si sottopon- gono per qualche tehipo all' azione della soda al 10 7o ^^^^ tem- peratura di 75° per ottenere la saponificazione del grassi, e quindi si lavano e si strofinano accuratamente. Si espongono airtiria e si ottengono ossa assai bianche e ben macerate. lo debbo pero avver- tire che la saponificazione sopra accennata non e quasi mai suffl- ciente ^1 digrassamento complete delle ossa e percio conviene dopo asciugamento sottoporle all'azione della benzina servendosi dell' ap- parecchio di Schwarz.

II descritto apparecchio presenta vantaggi non trascurabili e

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principalmente : 1" possibibilita di effettiiare la macerazione delie ossa in (lualunque tempo e in qualunque luogo ; 2- assoluta man- canza di effluvi ; economia, poiche basta una piccola fiammella a gaz per mantenere la temperatura di 38°-40'' e perclie il reci- piente per il suo costo non puo superare le lire 40; 4'^ rapidita di esecuzione della macerazione e completezza di distacco delle parti molli; 5" bianchezza delle ossa macerate con tale processo.

Ci e pervenuta una comunicazione del Prof. Paladin o, dal ti- tolo " In difesa della nuova classificazione delle glandole da me pro- posta. Osservazioni alle cofisiderazioni del Dott. F. Livini ,,. La pub- blicheremo nel prossimo numero.

Studio collettivo del peso dell'Encefalo negli Italiani.

Elenco delle Osservazioni inviate: 2* Serie.

Dall'Istituto Anatomico di Siena Osservazioni N. 53

» di Sassari » ^ 3

» di Ferrara > » 32

Dal R. Ispettorato di Sanita Militare » . » 28

Totale N. 116

l" Serie Osservazioni N. 193 2a . » .116

Totale N. 309

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Illustrare, con iin lavoi'o monografico, gli Artropcdi entoinot'agi italiani e investigare, con ricerche originali, se e fino a qua,! punto gli insetti ento- inofagi stessi sieno in grado di moderare la moltiplicazione degli insetti no- civi alle piante agrarie piu comunemente coltivate. Premio L. 1000. Scadenza 30 giugno 1906.

E stato conferito il premio Fossati di L. 2000 (Rigenerazione delle fibre nervose periferiche nei vertebrati) al prof. A. Stefani per i suoi lavori suUa proprieta delle fibre nervose di rnanteuere isolati i loro monconi centrali.

CosiMO Cherubini, Amministkatore-responsabile.

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Fu'enze, iy02. Tip. L. Niccolai, Via Faenia, 4-1.

IonitoF8 Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DAI DOTTORI

GIULIO GHIARUGI EUGENIO FIGALBI

Prof, di Anatomia uniana Prof, di Anatomia coni|i. e Zoologia

nel R. Istitnto di Sttidi Super, in Kirenze nella R. Universita di Padova

Ufficio di Direzione ed Amministrazione : Istituto Anatomico, Firenze. 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Aprile 190S N. 4

SOMMARIO : Sunt: e riviste: Galeotti G-., Sugli innesti fra tessuti ani- mali. Kivista dei lavori italiani dal 1896. Pag. 73.

CoMUNiCAZiONi ORiGiNALi : Faladino G-., In difesa della nuova classifica- zione delle glandole da me proposta. Orru E., Su di un rauscolo sopranumerario e sulla disposizione delle aponevrosi del dorso della mano nell'uomo. (Con 1 figura). Cutore Gr., Di un embrione di polio con amnios insafificientemente sviluppato ed estremo cefalico normale. (Con 2 figure). Pag. 79-90.

Note bibliografjche: Beccari O., Nelle forests di Borneo; viaggi e ricer- che di un Naturalista. Lustig A.., Patologia generale. Pag. 90-94.

Necrologio: Giovanni Inzani. (G. Romiti). Pag. 94-95.

Notizib: Premi e concorsi Pag. 95-96.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

SUNTI E RIVISTE

Sugli innesti fra tessuti animal!

Rivista dei layori italiaui dal 1S96

di G. GALEOTTI.

Lo studio del trapiantaraento di un tessuto organico in un altro tessuto dello stesso animale o di animale di verso ottre un interesse grandissimo per il chirurgo e per il biologo. Per il ])rimo giacch6 tale studio si riconnette alle

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question! praticlie della riparazioue di certe lesioni, o della sostituzione di un tessuto con uo altro per diff'erenti fini terapeutici ; per il biologo inquantoche tali problemi riguardano intimamente !a adattabiliti delle cellule a vivere in ambienti eterogenei, il grado della loro indipendenza biologica, le correlazioni che sussistono tra i vari tessuti di un organismo, le influenze che oorte spe- cie di cellule esercitano su altre, gli equilibri che si stabiliscono nei vari stadi dello sviluppo ontogenetico di un essere tra i diversi elementi di cui questo risulta composto.

Non e quindi sorprendente che la letteratura su questi argomenti sia di- vennta ricchissima, e a tale letteratura i ricercatori italiani hanno abbastanza largamente contribuito.

Nella presente esposizione bibliografica riunisco in vari gruppi i lavori che tra loro hanno una certa comunanza di fini e di metodi.

Innesti di vari tessuti in organi ghiandolari.

Alessandri (1) fece numerosi trapiantamenti tra animali della stessa specie (cani) usando tessuti gia a termine di sviluppo. Egli chiama omologhi gli innesti fatti tra eguali tessuti, eterologhi quelli fatti tra tessuti different!. Gli organi che servirono, sia come materiale d'innesto, sia come tessuto ospite furono : fegato, testicolo, pancreas, ghiandole salivari, milza, glii>iiuljic liulati- che, tessuto cellulare sottocutaneo.

Alcun! pochi di questi innesti attecchirono, ma la maggior parte ebbero un resultato negativo, cioe si verifico una rapida e totale scomparsa del pezzo innestato. Specialmente attecchirono e prosperarono gli innesti di milza nel fegato.

Mo r pur go e Martini (2) innestarono pezzetti di cistifellea nel fegato. Di 45 esperienze 29 dettero resultato positive, e 1' innesto ebbe per conse- guenza la formazione d'un tumoretto, costituito da connettivo a vari gradi di sviluppo contenente numerose cisti di grandezza variabile ; alcune cioe erano microscopiche, altre eran grosse come un pisello. La parete delle cisti era rivestita da un epitelio talvolta cilindrico, talvolta cubico o piatto ; sempre pero ad un solo strato. Gli AA. affermano che la produzione di tali cisti e dovuta all' accrescersi dell'epitelio in rigenerazione che si dispone in questo modo particolare.

Le cisti si riproducono per germinazione, raai si trasformanoin zaffi so- lidi, non presentano indizi di atipia, non invadono il tessuto circostante, ne oltrepassano certi limiti di accrescimento.

Queste interessanti ricerche coUiminano con quelle posteriori di Galeotti nel dimostrare che le cellule trapiantate conservano certe attitudiui architet- toniche (in questo caso di costruire cavit4) anche se al momento dell'innesto si potevano considerare come elementi perfettamente adulti.

Galeotti e Villa Santa (3) praticarono innesti di tessuti embrionali (intestino, ghiandole salivari, pancreas, capsule surrenali, ovaio, testicolo) fi namente dissociati in tessuti ad essi ontogeneticamente affini (fegato reni) appartenenti ad animali adulti e della stessa specie. Osservarono che gli ele- menti innestati si moltiplicano e si sviluppano assai, dando luogo spesso a considerevoli neoformazioni. Talvolta subiscono dapprima una sdifferenziazione e tornan poi a diiiereuziarsi nel tessuto ospite, riproducendo sia il tipo piu

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elevato normale dei tessuti da cui provennero, sia tipi, pure evoluti, ma per qualche carattere different! dalle cellule normali.

Nella maggior parte dei casi le cellule trapiantate conservano, nell' am- biente eterogeneo in cui sono venute a trovarsi, certe loro propriety fonda- mentali e specialmente quella della capacity secretoria e dell'attitudine a co- struire cavita ghiandolari, o cisti o anche tessuti piu cotnplessi, nei quali i vari elementi mostrano la tendenza a disporsi secondo il tipo normale del- I'organo a cui le cellule trapiantate appartenevano.

Questi resultati si ricollegano ai fenomeui di citotropismo e alle varie forme di citotaxi che da Roux furono osservati e descritti.

Traina (4) innesto tessuti di embrioni nelle ovaie di cavia, scegliendo specialmente il mascellare inferiore o superiore o le falangi dei diti nei pe- riod! precedent! all'ossificazione, o pezzetti di pelle. In molt! casi I'A. pote os- servare I'attecchimento e lo sviluppo del pezzo innestato, con grande aumento e poi ossificazione dei pezzi cartilaginei, lo sviluppo di un'unghia in due casi, la formazione di peli negli innesti con la pelle : ottenne insomma delle neo- formazioni somiglianti alle cisti semplici e ai dermoidi deil'ovaio.

La produzioae delle cisti semplici, cbe secondo I'autore sono un prodotto dei follicoli maturi, i quali non si son potuti rompere per 1' aumento di resi- stenza della loro parete in conseguenza dall'infiammazione reattiva, e in stret- to x'apporto con I'attecchimento e con lo sviluppo del pezzo innestato.

Da altra parte i resultati di queste ricerche possono in parte servire alia spiegazione della etiologia dei dermoidi, che e ancora ignota e soggetta a di- scussione.

L'A. su quest.5 rapporto osserva, come I'ovaio si presti assai bene per lo sviluppo degii elementi trapiantati, sia per la sua abbondante irrigazione sanguigna, sia per la grande attivita proliferativa del tessuto ovarico. I tra- pianti che I'A. esegui contemporaneamente nella tiroide, nella cavity addo- minale, nei testicolo, sotto la cute, ebbero resultato negativo e questo fatto ha una notevole importanza per la spiegazione della frequenza dei dermoidi e dei teratomi nell'ovaia.

Innesti tra tessuti ossei e cartilaginei.

Valan (5) trapanava il cranio di cani, di conigli, di cavie e poi riponeva in sito il dischetto di osso tolto dalla corona del trapano. Pote os^ervare che il l)ezzetto trapiantato cade in necrosi nelle parti centrali, meutre zone piu o meno estese di ciascun tavolato dell'osso impiantato si conservano viventi e veiigono incorporate da tessuto osseo di neoformazione, il quale finisce col sostituire le parti distrutte. La neoformazione ha luogo mediante un giovane tessuto di granulazione, proveniente dalla dura madre, dal periostio e dalle caviti diploiche della porzione limitrofa del cranio. In questo tessuto neofor- mato si esplicano poi attivita osteogenetiche, che son favorite dalla presenza di sali di calcio.

Zoppi (6) fece trapianti di cartilagine interepifisaria e di cartilagine d'incrostazione nella cartilagine interepifisai-ia della tibia di giovani coni- gliotti (1 o 2 mesi di eta) e trovo che questi innesti attecchiscono, allorche son fatti con raateriale tolto da altri conigli : il tessuto innestato da luogo allora a neotormazione ossea e si ha il normale allungamento dell'osso.

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La cartilagine d' incrDStazione non attecchisce se iion si innesta in un ambiente favorevole, cioe la dovo fu tolta tutta od in parte la cartilagine iuterepiflsaria. Gli innesti eteroplastici (da coniglio a cavia) eseguiti con le stesse raodaliti non attecchiscono, e i pezzi trapiantati vengono a poco a poco riassorbiti.

Innesti di ghiandole sesauali nella cavitd jjeritoneale.

Queste ricerche che furono iuiziate dal Kn a uer, dal G r iego rieff e dal I'Arendt hanno una importanza biologica generale, in quanto si riferiscono alle questioni che si agitauo intorno all'autonomia del plasma genninativo, o alle influenze che esso puo subiro venendosi a trovare in ambienti eterogenei. Uno dei primi ricercatori itaiiaiii che si siauo occupati di questo argomento e il Marchese (7), il quale, in base ad esperienze, per vero dire non troppo concludenti, afferma che I'ovaia, anche di animale adulto, e trapiantabiie da un punto all'altro dell'organismo o anche da un animale all'altro, purche si sta- biliscano condizioni necessarie alle vitalita di quest' organo. Egli creile che i trapianti delle ovaie possano utilmente servire nella pratica per evitare i disturbi general! che insorgono nella donna dopo la castrazioue.

Herlitzka (8) trapianti testicoli di tritone nella cavita peritonHale di altri tritoni maschi o femrnine, sia durante 1' inverno, sia durante il periodo della moltiplicazione. In ogni caso osservo che tutti gli elementi funzionali del testicolo trapiaiitato degenerano e anche il connettivo stesso va parzialraento in distruzione. I resti del tessuto subiscono un processo di organizzazione da parte dell'organismo ospitante, mediante la neoformazione di vasi e di ele- menti connettivali. L'A. crede che questo cattivo successo nel trapiantamento dei testicoli possa dipendere da mancanza di stimoli trofici.

Piu tardi questo stesso autore (9) trapianto ovaie di cavie adulte nella caviti peritoneale di altre cavie maschi e femrnine.

Trovo che 1 ovaia aJulta attecchisce, se trapiantata nello stesso iudividuo da cui fu tolta, inentre dopo Tiunesto in altro individuo (tanto raaschio die fem- laina) essa degenera in parte o totalmente. I vari elementi dell'ovaia dege- nerano con maggiore o minore rapiditfi. II tessuto che piu tardi vien distrutto e quello dello strato midollare, seguono il connettivo dell'albuginea o poi quello del resto dello strato corticale : alquauto meno adattabile e I'epitelio gerrai- nativo, meno ancora le cellule epitnliali rotonde dello stroma. Con maggiore facility degenerano le cellule follicolari. Ma I'elemento che piu di tutti facil- mente perisce e I'uovo.

Secondo I'autore questi resultati dimostrerebbero non ammissibile I'ipotesi weismanniana dell' indipendenza del plasma gerrainativo, perche questo, tra- sportato in qualsiasi ambiente, in cui gli fossero assicurati gli scambi nutri- tizi, dovrebbe continuare a vivere e a prosperare.

E' tuttavia dubbio il valore di questo argomento, che si basa sopra un resultato negative, poiche I'A. non tien conto delle influenze deleterie che certi tessuti esercitano su altri, di3lle interferenze biologiche e degli antagonismi che con tanta facility si stabiliscono, allorche organi diversi si portano a con- tatto tra loro. La morte degli elementi dell'ovaia trapiantata puo non di- pendere da incapacita di una vita indipendente, ma dal fatto die nel perito" neo sussistono condizioni sfavorevoli per lo sviluppo degli elementi trapian-

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tati. Anche un gerrae feoondo e capace di accrescimento pu6 morire se viene a trovarsi in un ambient e inadatto.

Riguardo alle uova, che secondo I'A.piu facilmente periscono, vi e da notare, che questo e appunto il reperto che si poteva prevedere, tenendo conto della legge che tanto minore e la probabilita di attecchimento, quanto mag- o-iore e il grado di differenziazione e di specificita raggiunto dagli elenaenti trapiantati. Le uova son cellule altamente differenziate e sebbene, secondo Weismann, contengano tutto il plasma germinativo per lo sviluppo ontoge- netico di tutto ua organismo, nondimeno negli animali superior! sono inca- paci di far cio finche non e avvenuta la fecondazione. In altre parole la lore indipendenza biologica comincia con la fecondazione ; se questa non avviene le uova sono, in ogni caso, indubbiamente destinate a perire.

Foa (10) innesto un testicolo di un cane di 3 giorni nella cavita peri- toneale di un altro cane (che poi uccise dopo 1 mese), e pezzetti di un testi- colo di un cane adulto nell'altro testicolo dello stesso animale o nei testicoli di un altro cane. In ogni caso osservo la scomparsa del tessuto innestato e la sua sostituzione con connettivo cicatriziale, talche I'A. conclude: « il te- sticolo sia embrionale che adulto non attecchisce negli innesti sia innestato complete nella cavity addominale sia a frammenti nella compagine di un altro testicolo e il resultato e egualmente negative negli innesti autoplastici e ne- gli omoplastici.

Innesto poi (11 e 12) ovaie embrionali nella cavita peritonale di cavie gio- vani ed adulte maschi e feramine ed ottenne, fra altro, questi resultati :

1." Che gli innesti con ovaie embrionali attecchiscono tanto nelle fem- mine giovani quanto nelle adulte : nel primo caso pero 1' ovaia conserva presso a poco la stessa struttura e lo stesso grado di sviluppo che aveva quando venne innestata, nel secondo caso essa raggiunge presto la struttura d' una ovaia adulta. Queste ovaie cosi accresciute in sedi anormali conservano la loro funzionalita, e posson fornire uova che poi possono emigrare nell'utero.

2." L'ovaia embrionale innestata in un organismo maschile conserva per un po'di tempo la sua struttura embrionale poi procede un po' nello svi- luppo, ma in un periodo di tempo che poi varia dai 90 ai 170 giorni regre- disce e si atroHzza progressivamente fino alia completa atrofia.

Queste belle e important! ricerche dimostrano quanto per I'attecchimento degli innesti valga la natura dell'ambiente che circonda immediatamente il tessuto innestato e come quest'ultimo sia sottoposto all'influenza delle azioni reciproche che si esercitano tra i vari tessuti ed organi e riiienta delle difie- renze che esistono tra gli organi e gli ambienti cellulari di animali di sesso diverse e della stessa specie.

Ricerche sulla vita propria delle cellule.

Le questioni degli innesti si riuniscono poi ad altre interessanti ricerche intorno alia cosi detta vita propria delle cellule^ ricerche che vennero iniziate da Vi re how 0 da K 6 Hiker in Germania e da Ma ntegazza e da Bizzoz- zero in Italia, e raggiunsero adesso una iraportanza particolarissiraa dopo gli studi piu recenti del Wentscher e del Grawitz.

Se infatti si conservano per vario tempo pezzetti di tessuti distaccati da uii organismo e poi si innestano convenientemente in un ambiente adatto, si

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pu6 dalla loro capacita di attecchire trarre argomento per determiaare la durata della vita di questi tessuti dopo il loro distacco,

Su questo proposito ricordiamo due note di Pozzolini (IB e 14), il quale trapianto lembi di pelle freschi o conservati sopra piaghe granuleggianti asettiche del dorse di cani e ne studio istologicamente I'attecchimeiito.

Interessanti sono i resultati positivi di innesti falti con lembi conservati in soluzione fisiologica di NaCl per un tempo variabile dalle 24 ore fino a 6 giorni. Anclie dopo una permanenza dei lembi nella soluzione fisiologica durante 10 giorni, secondo I'A., rimangono vive alcune cellule epiteliali e son capaci di dare mitosi.

Gli innesti di lembi conservati a lungo (11 giorni) attecchiscono meglio se questi lembi sono stati mantenuti alia temperatura di 0". AH' incontro al- cuni lembi conservati secchi per soli due giorni si mostrarono meio adatti per il trapianto di quelli conservati in un ambiente uraido per circa 6 giorni.

Si puo quindi coucludere che le cellule dell' epidermide di cane possono seguitare a vivere (probabilmente di una vita latente) anche 11 giorni dopo il loro distacco daH'org-anismo.

Bibliografia

(1) Alessandri Innosti di tessuti viventi adulti ed enibrionali in alcuoi orgi\ni del corpo. It

Potirlinico, i896, Vn!. 3, p. 253 e 1897, Fasc. 7, p. 3S'9.

(2) Morpurgo e Martini Innesti di pareti di cistifellea noUa sostanza del fegato. Atli d.

R. Ace. dei Fisiocritici in Siena, S. IV, Vol. XII, iOOO, p. 307.

(3) Galeotti e Villa Santa Sugli innesti di cellule embrionali, tra tassuti ontogenetica-

mente affini. Arch. f. Entwtckelungsmecha nil- der Organis ne>i, 1902, Vol. XIII, Fasc. 1 e 2.

(4) Traina Sugli inuesti di tessuti embrionali nell'ovaio e sulla produzione delle cisti ovariche.

Giornale della H. Ace. di med. di Torino, 1901. N. 4 e Arch. p. le Se. medicha, Vol. XXVI, 1902.

(5) Valan Sull' innesto dell' osso nel cranio. Arch. p. le Se. med., 1898, Vol. XXII,

pag. 341, (fi) Zoppi Del trapianto della cartilagine interepifisaria. Della sostituzione della cartilagine in- terepifisaria con cartilagine artroidale d' iacrostazione. Arch. p. le So. Med., Vol. XXIV, N. 21, 1900.

(7) Marchese —Sulla trapiantazione delle ovale Arch. Hal. di Ginecologia, A, I, 1898, p. 340.

(8) Herlitzka Sul trapiantamento dei testicoli. Arch. /'. Enlwickelungsmechanik der Orga-

niamen. Vol. IX, fasc. 1, 1899.

(9) Herlitzka Ricerche sul trapiantamento II trapiantamento delle ovale. Nel voluibe pub-

blicato per le teste giubilari del prof. Luciani. liOO.

(10) C. Foa, Sul trapiantamento dei testicoli Rivisla di biologia generale, N. 4-5, Vol. Ill,

1901.

(11) C. Foa L' innesto delle ovaie in rapporto con alcune question! di biologia generale. Ri-

vista di Se. Biologiche, N. 6-7, Vol. II, 1900.

(12) C. Foa Suir innesto delle ovaie. Rtvista di Biologia generale, N. 4-5, Vol. Ill, 1901.

(13) Pozzolini Sugli innesti cutanei. Gazzella degli Ospedali, N. 87, 1900,

(14) Pozzolini Sugli innesti cutanei. Lo Sperimentale, An. LIV, 1900, f. 5.

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COMUNICAZIONI ORIGINALI

Pkof. GIOVANNI PALADINO.

In difesa deila nuova classificazione deile glandole da me proposta

OSSEUVAZIOM AI.LK CONSIDEBAZIONI DEL DoTT. F. LIVINI.

Ricevuta ii 23 marzo 1902. fi vietata la riprodiizione.

II dott. Livini nelF ultimo numero di questo Giornale (') a pro- posito della nuova classiflcazione delle glandole da me proposta fa delle considerazioni secondo le quali non conviene in alcuni punti della stessa. Avrei potuto abbandonaiie all' apprezzamento critico degii studies! di ogni ordine nel campo della biologia, ma poiche r argomento e interessante e le cognizioni possono solo progredire dal cozzo delle varie opinioni, cosi mi affretto a sottomettere ai lettori del Monitore ^oologico le seguenti osservazioni in contraddit- torio di quanto ha scritto il dott. Livini.

E perche il lettore possa avere sott' occhio tutti i termini della questione comincio col ricordare il genuine mio pensiero, riportando due brani della mia Nota. (^)

" La classificazione che si fa oggigiorno delle glandole e molto incompleta e difettosa. Gran numero di tali organi resta escluso dal gmppo a causa che si mette a fondamento della loro deflni- zione il solo criterio morfologico, e questo neppure apphcato in tutta la sua estensione. Mentre, come per tant' altri argomenti della morfologia, al criterio anatomico bisogna accoppiare il fisio- logico alio scope di giungere a risultati piii esatti ed in ogni case meno incompleti.

Come corollario dei precedent! stud!! istologic!

ed embriologici la glandola e considerata quale un derivato epite- Hale le cui cellule sono in massima distese su di una membrana propria circondata di vasi sanguigni e linfatici e fomita di nervi,

(*) Livini Fr. A proposito di una nuova classificazione delle ghiandole proposta d;il prof. Pa 1 a din o. Monitore zoologico. Anno XIII, Nuni 2.

nPaladino G. Per una inigliore classificazione delle glandole. Hotm. Rendiconlo della R. Accad. delle Scienze fisiche e mat, di Napoli. Luglio 1901.

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e provengono dall' epitelio di rives timento mercu propaggini chc ,. si approfondano nel connettivo sottostante, ditalche la parte principale di una glandola e adunque rappresentata dall' epitelio, .. enchima glandolare, disteso in massima sulla membrana propria glandolare fornita di vasi e di nervi ed anche in alcune di miiscoli.

A norma di cio che precede le glandole sono state divise in tre gruppi, che sono : 1) glandole tubulari ; 2) glandole acinose e 3) glandole a follicoli chiusi deiscenti (ovaia) e uon deiscenti (ti- roide).

Intanto restando nei limiti del concetto istologico delle gian- dole e considerando die la costruzione glandolare ha per iscopo di moltiplicare significantemente la snperficie di socrezione, il che ,, non si ottiene soltanto invaginando e sottraendo una massa epi- tehale all' azione imraediata degh agenti esterni ne colla llessione, ravvolgimento, divisione e dilatazione terminale (acino) del tubi, cosi si deve dire che vi sono due tipi di glandole cioe : 1) a tipo rientrante ; 2) a tipo sporgente.

Appartengono al prime : a) le glandole tubulari ; b) le glan- dole acinose; c) le glandole folhcolari chiuse; mentre appartengono al secondo: d) le glandole villose, e, qual grade di transizione tra r uno e r altro, e) le superflcie giandolari hsce.

Benche cosi inteso il gruppo delle glandole e

gia moito piu esteso di quelle ammesso nelle scuole, pure non le abbraccia tutte. Le glandole linfatiche, le ematopojetiche non vi sono comprese, mentre pure lo dovrebbero essere a norma del concetto fisiologico degh organi giandolari. Di fatti fisiologica- mente la glandola e un organo, che produce un secrete non uti- lizzato dair organo secretore e differente per stati fisici e per composizione chimica e morfologica nonche con ufflzio sempre utile all'organismo.

D'altra parte non deve trascurarsi di considerare che V eii- chima o il parenchima glandolare ha diversa derivazione e da (jue- sto pun to di vista le glandole si dividono nel gruppo di quelle a fondo arclilblastico (tutte le predctte a base epitehale) e nel gruppo ,, di quelle a fondo pxtrahlastico (tutte le glandole hnfatiche c le ematopojetiche). Grlandola intermedia poi tra I'uno e 1' altro gruppo e il timo, il quale s' inizia con propaggini epiteliah degli archi branchial! e si svolge e si completa con I'aggiungersi in prevalentc misura dcH'olemento ])arab]astico o mesenchimatoso „.

Premesso cio, passiamo alle considerazioni del dott. Livini.

1. Questi comincia col non ammettere il 3^ gruppo di glandok;

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da me dette miste, il cui rappresentante sarebbe il timo, fatto come si sa dai corpuscoli di Has sail, residui dell'elemento archiblastico, e per tutto il resto della massa fatto daU'elemento linfoide o para- blastico.

Poggia questo suo modo di vedere sul lavoro di Beard che fa l)rovenire gli element! linfoidi del timo dalla trasformazione dei suoi elementi epiteliali, elementi linfoidi che poscia per consecutiva mi- grazione finirebbero per dare tutte le cellule linfoidi del corpo!

Ora dato e non concesso che sia da ammettersi questa sola origine degli elementi linfoidi o mesenchimatosi, non vedo la ragione per negare la base al gruppo delle glandole miste, cioe di quelle glandole costituite dalla concorrenza dell'elemento archiblastico e parablastico. Tanto varrebbe negare I'esistenza dei tessuti parabla- stici 0 mesenchimatosi solo perche questi sono tessuti secondarii provenienti dai tessuti epiteliali o primitivi. Ma poiche sarebbe un madornale errore negare 1' individualita dei "tessuti mesenchimatosi, nonostante la lore provenienza epitehale, cosi del pari sarebbe piii che errore negare la individualita dell' elemento parablastico o me- senchimatoso nella costituzione del timo.

Nel case in esame non si tratta dell' origine dei costituenti del timo, SI bene del loro carattere e deha concorrenza loro alia co- stituzione di esso, e negare questa individualita, mi pare confon- dere cose che vanno divise e non apprezzare al giusto valore que- stion! di ordine differente.

2. II dott. Livini non la fa buona neppure al 2^ gruppo da me stabihto, cioe quelle delle glandole a fondo parablastico, e cio per il pregiudizio scolastico che la glandola sia un organo pluricellu- lare differenziato a spese di un epiteho di rivestimento.

Ma e procisamente questo dogma tradizionale che io ho voluto combattere in omaggio al fatto che la glandola e un organo di la- voro, il cui prodotto morfologico o chimico viene ad essere versato 0 direttamente nelle cavita del corpo ecc. o direttamente nel san- gue, e la sua costituzione puo avere a base o I'epitelio o il tessuto linfogeno.

Nessuno puo negare che come vi sono glandole a fondo archi- blastico, il cui prodotto in toto si versi direttamente nel sangue (ti- roide) o soltanto in parte (fegato), cosi vi sono glandole a fondo pa- rablastico i cui prodotti arrivino direttamente nel sangue.

Nessuno puo con fondamento negare che il carattere di un or- gano sia dato non solo dalla sua morfologia ma altresi dalla sua funzione, e come gh organi elettrici ad es. non perdono il loro ca-

rattere non ostante che provengano inizialmente da muscoli, cosi le glandole sono organi secernenti, sono organi elaboratori a benefi- zio deir organismo non ostante chs talora non abbiano a tessuto fondamentale Tepitelio.

I rapporti genetici servono a stabilire legami originarii di pa- rentela tra gli organi, ma non devono e ne possono serviro a sta- bilire identita funzionale, e ne tampoco una ftimiglia cosi estesa e cotanto complessa come quella delle glandole la si deve conflnare, come fin oggi si e fatto, ad un gruppo di organi a base epiteliale. 1/ obbiezione del dott. Livini alia mia estensione del concetto glan- dolare e figlia di un vero pregiudizio scolastico.

3. II dott. Livini accetta poi il mio prime gruppo suddiviso in glandole a tipo rientrante^ in glandole a tipo sporgente ed in glandole a superficie liscia. Senonche qui trova da sostituire gli esempi da me addotti con quelli che egli ricava dai suoi studii sulla mucosa tracheale della Lacerta mnralis e d^WAnguis fragilis. E veramente io non voglio contraddirlo in quanto ritiene che quel punti della mucosa tracheale della prima possano rappresentare quelle che io chiamo glandole a tipo sporgente, e quel punti deha mucosa tra- cheale della seconda possano servire di esempio alle glandole da me dette a superficie liscia, od in altri termini glandole di transizione tra il tipo rientrante ed il tipo sporgente, sebbene le sue figure il- lustrative siano lontane dal rafflgurare un epiteho in attivitd g/iian- dolare come del resto Io descrive.

Mi preme solo di difendere gli esempi da me addotti, che se non sono i soli, ed io potrei moltiphcarh, mi paiono sempre molto appropriate

Ed invero i villi intestinal!, oltre di essere radicette assorbenti, sono organi secernenti tanto per queUo che versano suDa superficie intestinale quanto per le modificazioni che determinano nei peptoni pria che quest! passino nel sangue e nel chile come ordinarie so- stanze albuminose. Ed e da far le meravighe che il dott. Livini abbia atteso i pregevoh lavori del Mingazzini per apprendere que- sta parte del lavorio deU'epiteho intestinale, come altresi non e da meravigharsi meno che una tale sorpresa non gli abbia fatto scor- gere che questa parte della funzione deU'epitelio intestinale sia da paragonarsi alia secrezione interna di altre glandole e sopratutto del fegato.

Ne meno appropriate esempio e quelle delle capsule sinoviali colle loro sporgenze e colla lore superficie interna. II dott. Livini, poggiandosi sulle ricerche di Banchi, che hanno confermato quelle

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di Hiieter, Ha gen-Torn, Hammar, nega assolutamente iin ri- vestimento epiteliale od endoteliale alle membrane sinoviali e quindi per esse non si puo parlare, secondo lui, di glandole.

lo non conosco il lavoro del Banchi, che fu forse pubblicato contemporaneamente al mio, ma sapevo perfettamente tutta la let- teratm-a anteriore e sopratutto il lavoro di Hammar. Senonche le conclusioni di questo ricercatore intese a dimostrare nuda la faccia interna delle capsule sinoviali, non rivestita cioe ne di uno strato epiteliale e ne endoteliale, non mi parvero fondate, tanto piii che appena pubblicato il lavoro di Hammar nel 1894 fui indotto ad iniziare delle indagini di esplorazione e constatai subito che le cap- sule sinoviah e sopratutto le villosita di queUa del ginocchio, della scapolo-omerale ecc. sono rivestite di epitelio o di endoteho qua e la perfino a piii strati, e non pensai piii ad insistere su un tale studio, perche generale era il consenso della maggior parte degli scrittori d' Istologia e di Anatomia sulla presenza di un rives timento endotehale delle capsule o membrane sinoviah. Non ha pensato poi il Livini che appighandosi cosi vigorosamente a questo esempio gettava a mare tutta la sua contraria disposizione ad ammettere il lavorio glandolare ah'infuori dell'epitelio. Seguendo 1' Hammar la sinovia sarebbe un prodotto della membrana sinoviale che tanto in superflcie quanto negh strati profondi non risulta secondo lo stesso che da elementi connettivali.

Coir istessa inconseguenza dubita che I'ovaia sia una glandola e non ammette che I'uovo possa essere considerate come un pro- dotto di elaborazione morfologica della stessa.

Dopo cio che precede amo sperare che il dott. Livini, ritor- nando sull'argomento con piili equanimita e senza preoccupazioni di sorta, flnira per darmi interamente ragione, e si unira a me per di- VLilgare quehe che mi pajono le migliori idee sulla classificazione de- gh organi glandolari.

Napoh 21 marzo 1902.

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DoTT. EFISIO ORRU

SKTTORE NELLISTITOIO ANATOMICO DELLA R. UNIVliKSITA Dl CAGLIARI.

Su di un muscolo sopranumerario e sulla disposizione delle aponevrosi del dorso della mano nell'uomo

(Con 1 figura)

Kicevuto il 17 Marzo 1902.

fi vietata la riproduzioiie

Tra le namerose varieta muscolari, die piu fi'tuiiientemente, si incontrano nei miiscoli della mano, la mia attenzione e stata atti- rata da un muscoletto (ved. fig.), che con molta frequenza riscontrai

1.2. 3. Le prime falanyi iloiif prime tre dita; m. m\ Muscoli interossei; o, Muscolo auonialo; t, Suo tendine; d, Tendini dell' estensore delle dita; o, Ossa del carpo.

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nei cadaveri dissecati in quest' Istituto Anatomico. Nel 2^ spazio interosseo dorsale, piu superficialmente ai muscoli interossei, ho os- servato spesso un fascio muscolare, che si poteva dissecare comple- tamente dagii interossei, essendo qiiesti ultimi ricoperti dalla apo- nevrosi, e che per mezzo di un tendine sottilissimo, che talvolta potei seguire sino al margine radiale della 1^ falange, alia sua estre- mita prossimale, ed altre volte I'ho visto unirsi al tendine del mu- scolo interosseo dorsale. Nella sua parte prossimale poi questo mu- scoletto si inserisce ad un foglietto aponeurotico, che si puo dissecare lungo tutto il carpo.

Volendo avere un' idea della frequenza di questa varieta dissecai le mani degh ultimi nove cadaveri, che furono portati a questo Isti- tuto, e su quattro di essi trovai questo muscoletto ; in uno, in tutte due le mani, negli altri in una sola mano. In una mano trovai pure un piccolo muscoletto, che presentava i caratteri del precedente, nel 4*^ spazio interosseo dorsale, ma che pure inserendosi prossimalmente all'aponevrosi gia notata, distalmente s' inseriva al margine cuhitale del metacarpo, completamente separato nella sua superficie su- periore, dai muscoh interossei per I'aponevrosi, che ricuopre questi muscoli.

Sebbene io abbia consultato i migliori trattati di anatomia umana, pure non trovai menzionata questa varieta, che io ho osservato con tanta frequenza. Consultai pure alcuni trattati d'anatomia comparata per poter trovare un nesso tra questo muscolo e qualche forma cor- rispondente nella scala zoologica ; ma anche qui fui completamente deluso, non trovai niente, che mi facesse supporre un ricordo atavico di questo muscolo.

Ma esaminando la disposizione delle aponevrosi dorsah del piede e della mano ed i rapporti rispettivi di queste con il pedidio e col muscolo sopranumerario descritto, ed inoltre le varieta, che puo pre- sentare il pedidio, io venni alia conclusione, che si possa con molta probabihta ammettere questo muscolo, come traccia del corto esten- sore dehe dita, spesso descritto anche nella mano ed omologo quindi al pedidio.

Nel piede vengono descritte tre aponevrosi distinte, nella faccia dorsale : 1^ I'aponevrosi superflciale ; I'aponevrosi media o del pedi- dio; 3" I'aponevrosi profonda.

L'aponevrosi superflciale ricuopre tutta la faccia dorsale del piede e si continua in alto col legamento anulare anteriore.

L'aponevrosi del pedidio, lamina cellulosa estremamente sot- tile, ricuopre la faccia superflciale del muscolo, I'arteria pedidia ed il

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nervo tibiale anteriore, passa sotto il tendine dell'estensore proprio dell'alluce e si termina nell' aponevrosi superficiale, al di sotto di questo tendine.

30 L'aponevrosi profonda, aponevrosi interossea dorsale, sotto giacente al pedidio, ricuopre gli interossei e la faccia dorsale dei me- tatarsi.

Nel dorso della mano invece, vengono descritte due aponevrosi, una superficiale, che fa seguito, superiormente, al legamento anulare dorsale e inferiormente si continua nelle dita colle guaine fibrose dei tendini degli estensori.

L' altra profonda tappezza la faccia posteriore degli interossei dorsali ed e una lamina cellulosa di estrema sottigliezza, sovente difficile a separare dai muscoli sottostanti (Poirier).

Alcuni autori considerano come un' aponevrosi dorsale media (Morel e Math. Duval) il fogiietto cellulare, che unisce i tendini degli estensori tra loro.

Per cio che riguarda le varieta del pedidio, gli autori notano, che con frequenza si osservano dei fasci sopranumerarii e questi fasci possono essere tendinei e provengono allora dallo sdoppiamento di un tendine normale oppure fanno seguito ad un corpo carnoso.

L'apparizione di un corpo carnoso sovranumerario puo prodursi sopra, non importa qual punto, della regione tarso-metatarsea, ma e tra il prime fascio ed il secondo, che si sviluppa piii generalmente ; questa disposizione ed an che l'apparizione d'un fascio pel 5"^ dito costituiscono le due anomahe piti interessanti di questo gruppo.

Quanto alia terminazione di questi fasci sopranumerarii il Te- stut (1) dice " i tendini di qualche fascio normale 0 sopranume- rario del pedidio possono terminare sulle ossa del metatarso, in un punto generalmente poco distante dell' estremita anteriore e dorsale di quest' osso. Essi possono perdersi negh spazi interossei ed in questo case 0 il loro tendine si divide in fllamenti neh' aponevrosi interossea, oppure la loro estremita carnosa si confonde interamente con i muscoh interossei „.

Si possono trovare anche dei fasci cuneo 0 cuhoidi met-.itarsici, che il Ledouble inclina a considerare come lembi di pedidio male sviluppati.

Cio esposto io ritengo che, la descrizione che si fa delle apo- nevrosi dorsah della mano sia inesatta. Anzitutto non capisco come nella mano sia considerata aponevrosi dorsale media lo strato di con- nettivo, interposto tra i tendini estensori, montre invece non viene considerato come tale nel piede dove pure lo stesso fatto si verifica.

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lo mi sono persuaso in seguito a parecchie preparazioni, ese- guite specialmente nelle mani degli individui, che presentavano la suddescritta varieta, perche erano piu robuste, e le aponevrosi rese piu resistenti, perche tenute per alcuni giorni in im bagno di for- malina diliiita nell'acqua, che le aponevrosi del dorso della mano hanno una disposizione identica a quelle del dorso del piede e che si debbano considerare in essa tre distinte aponevrosi. La prima su- perficiale che e quella comunemente descritta nei trattati, la media si trova al di sopra del tendini dell' estensore comune, ricuopre il carpo ed il metacarpo ed i muscoli sopranumerarii che ho superior- mente descritto. La terza aponevrosi e la profonda e ricuopre i mu- scoh interossei.

I muscoletti descritti nel dorso della mano si trovano ricoperti dall'aponevrosi media, come il muscolo pedidio nel piede che viene pure ricoperto dall'aponevrosi media. Per questa topografl ca rela- zione io incline a ritenere i detti muscoli come probabile avanzo di fasci del corto estensore delle dita della mano, fasci che pure si possono trovare nel piede.

Bibliografia

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(2) Chauveau Traits d'aaatoinie conipart^e des animanx domesfiques.

(3) Testut Les anomalies musculaires chez I'homme.

(4) Vogt-Yung Traits d'Anatomie compares pratique. Paris 1888.

(5) Gegenbaur Manuel d'Anatomie compar^e.

(6) Gegenbaur Traits d'Anatomie humaine. Paris., 1889.

(7)Bardeleben Karl Ueber die Haad-und Fuss-muskeln der Saugethiere, besonders die des Fraepollex und Postminim'JS. Anal. Ameiger, V. B. 1890, p. 435.

(8) Romiti G. Trattato di Anatoniia dell' uomo.

(9) Debierre Trattato elementare d' anatomia dell' uoino.

(10) Testut Trattato di Anatomia umana.

(11) Poirier Traitt? d'anatoniie humaine. Paris.

(12) Quain I. Trattato coinpleto di anatomia umana.

ISTITUTO ANATOMICO Dl CATANIA (PROF. STADERINl).

DOTT. GAETANO OUTORE aiuto

Di un embrione di polio con amnios insufficientemente sviluppato ed estremo cefalico normale.

(Con 2 figure).

Hicevuta il 23 Marzo 1902.

E vietata la ri]iroiluzione.

Fra le tante clottrine escogitate riguardo all'etiologia delle mo- struosita cefaliche che si comprendono nel gmppo delle acranie, mi occorre ricordare quella sostenuta da teratologi insigni, quali il Pa- num, il Perls, il Dareste, ilMarchand ed altri, che ritengono le acranie doversi attribuire alia compressione esercitata suirembrione dair amnios insufficientemente sviluppato. Secondo tale modo di ve- dere, non e necessario ammettere la formazione di quelle aderenze 0 briglie amniotiche, i cui effetti di trazione suH'embrione avevano richiamato I'attenzione dello St. Ge offroy Saint-Hilaire sin dal 1822. Se I'amnios, dicono i sostenitori della compressione, si sviluppa molto lentamente, il cappuccio cefalico, che e il prime a formarsi, verra a contatto con I'estremo cefalico dell'embrione e poiche que- sto continuera a crescere e non potra estendersi in lunghezza diven- tera mostruoso, specialmente nella testa.

I casi in cui le flessioni del tronco, le deformita degii arti, la persistenza e le straordinarie dimensioni deH'ombehco amniotico si trovassero insieme con mostruosita della testa, consistenti special- mente in difetti del cranio, costituirebbero certamente la migliore conferma di tale dottrina, considerata in rapporto alle acranie.

A me intanto accadde di rinvenire fra alcuni embrioni di polio, ricavati da uova poste ad incubare nolle condizioni ritenute comu- nemente normah, un embrione dell'eta di 5 giorni e 7 ore, lungo 10 mm., vivente, il quale sin dal primo esame apparve mostruoso. Esso era affetto da un grade notevole di celosomia: nella sua fac- cia ventrale oltre I'allantoide, che si trovava spostato a sinistra, iii notavano verso destra piccolo rilevatezze globose date da visceri

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posti fuori della cavita toraco-addominale. Nelle sezioni istologiche che ho praticato di tutto rembriono, ho potato constatare che tah rilevatezze erano date dal cuore e dal fegato. Lo stomaco era poco sviluppato. L'embrione, tenuto in una vaschetta con hqiiido, ten- deva a poggiare con una certa stabihta sulla sua superficie dorsale. Quivi esisteva un largo ombehco amniotico, il cui margine, presso- che circolare e ripiegato aU'esterno, costituiva una comoda base ah' embrione. Di esso, in fondo all' ampia apertura dell' ombelico amniotico, rimaneva alio scopei'to la superficie dorsale, ripiegata su se stessa in forma di S capovolta ed inoltre gran parte dei due arti superiori contorti, appiattiti ed addossati in tutto il lore de- corso al cor])!) deireni])rione.

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Fig. I. Fig. II.

Faccia ventrale dell'embrione Faccia dorsale dell'erabrione

c. cuore; f, fegato; all. allautoide ; o. a., ombelico amniotico; s. d , superflce dorsale deU'embrione.

Tutti questi particolari ho cercato di rappresentare fedelmente, ina inolto ingranditi, nei due disegni qui riprodotti, i quali mostrano conic Tamnios si addossasse strettamente e da tntte le parti aU'em- l)rione.

L'arresto di sviluppo dell'amnios veniva altresi confermato e dava nel contempo ragione della mancata chiusura deUe pareti to- raco-addominali e della persistenza del largo ombelico amniotico.

(^Hiest'cmlniono pertanto dimostra come con un notevole arresto di sviluppo deH'amnios, tale da poter dare ragione di deformita in di-

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verse parti deH'organismo, si possa rin venire la testa perfettamente normale, quale a me parve doverla considerare tanto nella confor- mazione esterna, quanto nella struttura delle sue varie parti.

La constatazione di un sol case avrebbe certamente poco va- lore per poter confutare la teoria della compressione amniotica con- siderata quale causa di acrania, ma il case a me sembra degno di nota in quanto e capitato sotto la mia osservazione subito dope lo studio che avevo fatto di uno scheletro umano mostruoso (1), in cui con il piii alto grade di acrania, associata a rachischisi superiore, la colonna vertebrale, considerata nel suo insieme, non presentava alcun accenno di curvature anomale o piu del normale accentuate.

Queste due osservazioni tenderebbero dunque ad inflrmare da punti di vista differenti, per quel che si riferisce alie mostruosita cefaliche, una dottrina che per altro da lungo tempo ha moiitato delle obbiezioni di molto valore, sulle quah non credo di dovermi era intrattenere.

Non nego intanto che alcune volte i difetti di sviluppo della testa si possano mettere in relazione con difetti di sviluppo del- I'amnios, come non nego che altre volte quah momenti etiologici possano ritenersi o delle alterazioni vascolari, o un processo di idro- cefaha (Morgagni), o I'arresto di sviluppo dell'embrione per se stesso (Dareste), o I'azione di briglie amniotiche (St. Geoffroy Saint-Hi- laire).

NOTE BIBLIOGRAFICHE

Beccari 0. Nelle foreste di Borneo ; viaggi e ricerche di un Naturalista.

Firenze, Tip. Landi, 1902, 662 pag., con figure e tavole.

Oltre sette lustri sono passati da che I'Autore sbarcava all' isola di Bor- neo (1865), nella quale, facendo da par suo opera di Naturalista, trascorreva proficuamente un triennio. II libro, che nai ra il viaggio e le ricerche dello Autore nella grande isola equatoriale, vede soltanto ora la luce, ma e pieno di freschezza e di attualita, come se trattasse di cose di ieri.

Beccari e un botanico, e botanico il cui nome e ormfd onorevolmente e stabilmente segnato nella letteratura scientifica ; si capisce, quindi, che il libro poi'ta il carattere, che nel suo Autore piu eccelle. Ma il botanico uon si dimentica mai di essere un Naturalista in genere, un osservatore sagacu,

(') CvUore '' . Lo scheletro di nn feto umano acranico (cod due fitriire), Atti deU'Accad Gioenia, Serie IV, vol. KV, Memoria I.

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e un artista. Nel libro, per ci6, sono cose interessanti di Zoologia, di Mine- ralogia e Geologia, di Geografia, di Etnologia ; sono considerazioni acute ed argute di varia indole; sono vari i tocchi, nei quali si rivela 1' amante del bello ; la narrativa corre sempre interessante e piacevole.

Beccari percorse quella regione di Borneo, che va col nome di Regno o Stato di Sarawak, la quale davvero raigliore ill ustra tore non poteva aspet- tarsi.

Come seducono quelle descrizioni delle dense, inviolate foreste, con i loro alberi iramani, le loro liane, le loro umide ombre solenni e misteriose !

Mentre che narra e descrive ed accumula risultati di indaginl, 11 Boccari nel suo libi'o tocca ancbe questioni di filosofia uaturale.

E si comprende : quel rigoglioso mondo vivente non puo non far sorgere nella raente del Naturalista il vecchissimo e pur sempre nuovo e giovanetto probleraa della genesi degli organismi. Fu la, in quelle selve, che Wallace venne a quelle sue vedute sull'origine delle specie, che per poco non ebbero la priority sulla analoga concozioue del Darwin.

Beccari, si capisce, e un convinto sostenitore della origine naturale degli esseri organizzati. Ma i concetti, in base ai quali spiega questa origine, per quanto, per dire cosi, trasformistici, non sono in tutto i soliti generalmente ammessi.

Non e nuovo il fenomeno di botanici, che quando toccano di evoluzioni- smo, vi insinuano peculiari vedute ; cio 6 accaduto dai vecchi concetti del Nageli a quelli recenti e pieni di interesse del De Vries.

Circa ai concetti di Beccari, hanno anch'essi, come ho fatto capire, del lato originale, ma ad evitare le obiezioni, avrebbero almeno dovuto essere esposti con esplicazione piii ampia.

L'ambiente in largo senso, dice Beccari, ha formato gli organismi, le sue azioni agendo quali stimoli plasmatori, con effetto di ben maggiore portata che non la semplice selezione darwiniana. II che ha sapore di quel rinnovel- lato lamarckismo, oggi molto seguito, e cui e difficile fare opposizione.

Ma oggi, egli dice, e con cio entra nelle sue peculiari vedute, le specie si mostrano pochissimo o punto modificabili per dato e fatto dell'ambiente ; gli stimoli hanno oggi pochissima o anche nessuna potenza modificatrice.

Ed egli, per quanto si riferisce alle forme organiche presentemente esi- stenti, torna all' idea della fissiti quasi assoluta della specie.

Come conciliare allora questa cosa con la veduta sopra espressa che le forme organizzate sianb state plasmate daU'ainbiente ?

Ecco uno dei concetti di Beccari, il fondamentale : Quel che non accade oggi pu6 essere accaduto una volta ; oggi la specie non varia per I'ostacolo, che Irappone I'erediti conservativa ; ma una volta non fu cosi ; vi fu « un'epo- ca plasmativa morfologica o di autocreazione delle forme organiche », in cui il mondo organizzato era plastico e come vollero gli stimoli variamente in corrispondenza ad essi si ando modellando.

Beccari ammette azioni e stimoli svariatissimi, fino agli psichici ; am- mette « che vi debba essere stata un'epoca creativa, nella quale ad ogni es- sere era concesso di modificarsi secondo i propri bisogni, anzi anche secondo i suoi desideri, le sue vanity, i suoi stessi capricci ».

E fuori di discussione la importanza di molti dei concetti adottati o ammessi dal Beccari, come per es. il concetto neolaraarckistico (come ho

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accennato) dell' azione ambiente, come quelle, che si poti'ebbe dire della diminuzione progressiva della variabilita e che ha oggi vari sostenitori, come quello della tenacita dell'eredita antica, quelle della influenza diretta o indi- retta della psiche nella variazione, quello che le condizioni telluriche e bio- logiche di remoti tempi non fossero identiche alle attuali, quello della anti- ch'itk di formazione di un gran complesso di forme organiche, ecc. Ma altri concetti come non devono incontrare obiezioni, quello, p. es., della variazione a volonta, e perfino, in causa almeno della poca esplicazione da cui e accom- pagnato, lo stesso concetto-base dell'« epoca plasmativa »'?

Parrebbe (se non mi inganno), che questa fosse stata un' epoca sola per tutti. E alloi-a che epoca e, geologicamente parlando? Antichissima, dice I'Au- tore. Ma con questo linguaggio indeterniinato vorrebbe egli sostenere che gli organismi si sono formati proprio tutti in un'epoca? Egli conosce Iroppo di geologia e di paleontologia per ammettere questo concetto assoluto. L'illustre Naturalista pone anche correlativamente un'altra tesi, che 1' uomo, cioe, sia vetustissimo ed abbia, come egli dice, una antichita per lo meno uguale a quella che si attribuisce agli altri animali oggi esistenti. Asserto questo che oltre risollevare I'osservazione suddetta, se sia possibile ritenere che gli ani- mali si siano formati tutti insieme, solleva quest'altra. se sia lecito ammet- tere che I'uomo vivesse da quando ha cominciato ad aver vita, puta caso, il genere Pleurotomaria, che pur e animale oggi esistente, e la cui esistenza risale al Cambriano ?

Beccari discute anche la quistione se Borneo, terra che anche oggi ospita una scimmia antropoide, possa considerarsi luogo di antropogenesi. Egli nega cio in base a molto suggestive ragioni, ritenendo che « ne in Borneo, ne nelle regioni forestall circonvicine un antropoide possa essere andato perfezionan- dosi sino a trasformarsi in uomo ». A cio occorre paese non coperto di fore- ste, ma che invece costringa alia locomozione terragnola. L'Africa tropicale, dove ha preso sviluppo buon numero di mammiferi con rapidi mezzi di lo- comozione terrestre, egli dice, o forse piuttosto una regione con clima ana- logo interposta tra il continente africano e quello asiatico, puo essere stata la culla dell'uraanit^ eretta e bipede.

Si intrattiene I'Autore pure su alcune quistioni zoologiche riguardanti I'orang-utan, come quella delle different! specie o razze, che vivono in Bor- neo ; parlato delle differenze, che si trovano tra i vari esemplari, descritte le due forme, quella senza le adiposity alle guance e quella con le adiposita (le quali egli chiama steatoparesi), pur riconoscendo che la quistione e di risolu- zione difficile, conclude cosi scrivendo : « lo ammetto che esista una sola spe- cie di orang-utan, la Simia satyrus, di cui distinguerei due principal! varieta, alle quali conservere! i nomi indigen! d! tciapping (con adiposita alle gote e creste sporgenti ossee sul cranio), e di kassd (priva di espansioni facial! e con superficie craniense senza creste) ».

Ma faccio fine, e il mio giudizio complessivo riassumo dicendo : Legga I'amante della Natura e del biioni studi questo libro. Vedra quanto se ne di- lettera o se ne avvantaggeri la sua mente, vedra quante priorita ha i) nostro Beccari su viaggiatori e ricercator! venuti dopo. lo I'ho letto con diverti- mento, profitto e ammirazione graudissimi. E. F.

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Lustig prof. A. Patologia Generale (con 288 figure in nero ed a colori).

Milaiio, Societd Editrice Lihraria 19011902.

Questo trattato veraraente unico nella letteratura italiana riassume ed ospoue tutto il profondo rinQOvameato die gli studi moderni hanno portato nella Patologia Generale.

Nel primo volume, accanto ai capitoli suU' Eziologia in generale, suUa Pa- tologia generale del sistema sanguigno e del sistema linfatico e fatta larga parte alia trattazione della Patologia cellulare : la quale il Lustig ha oppor- tunamente introdotta nel suo testo, apprezzandone con ragione la crescente importanza che ogni giorno piu assume nonche per la Patologia anche per la Biologia generale ed affidando la redazione di questo capitolo al prof. Gino Galeotti clie era assai indicato a tale lavoro per la conoscenza, e il contri- bute personale ch' egli porta in questa materia.

Lo studioso vi trovera intatti esposte con chiarezza e con .semplicita, nei loro punti essenziali, le varie teorie sulla costituzione del protoplasma e le complicate leggi fisico chimiche che ne regolano il metabolismo : e tutti i le- uomeni che vi appartengono : la diftusione, 1' osmosi, la fagocitosi, la dige- stione intracelluLire che sono separatamente e brevemente descritte.

Maggiore ampiezza di svolgimento ha I'argoraento della fisiologia e pato- logia delle secrezioni, considerato dal lato morfologico-microscopico, in ragione del predominio che i fenomeni secretivi hanno nella vita cellulare, special- mente, lo si comprende, negli element! glandolari.

Assai originale e il capitolo degli « Stimoli » in cui sono raccolti e rav- vicinati sotto un panto di vis^a nuovo ed acutn molteplici fatti assai svariati tra loro : che pero tutti consistono in variazioni dell' intensita dei fenomeni che avvengono nell'ambiente esterno di una cellula, a partire da quel grado di intensita, in ciii la cellula stessa godeva di un perfetto equilibrio : si hanno cioe eccitamenti e paralisi dipendenti da azioni meccaniche, o da azioni mo- lecolari, per es. per variazioni della pressione osmotica nei liquidi circostanti 0 dipendenti da stimoli termici, da stimoli fotici, come 1' eliotropismo, da sti- moli elettrici, da stimoli chimici come sono gli effetti delle sostanze venefiche e i fatti di chemiotassi.

II Galeotti rappresenta graficamente il succedersi dei fenomeni fisiolo- gici e patologici determinati dal variate di intensita degli stimoli notando sull'ascissa appanto queste variazioni e assumendo per ordinate le variazioni della capacita funzionale preponderante dalle cellule : per es. della loro fun- zione specitica.

Dopo la esposizione dei fenomeni di accrescimento, di ipertrofia, di atrofia e di riproduzione hanno importanza, si pu6 dire, d' attualita il capitolo sul- 1' eredita cellulare, in cui sono riassunte le piu moderne teorie sul plasma oreditario e sono enumerati i principali fattori della dififerenziazione e della sdifferenziazione (Entdiflferenzierung) la quale ultima resulta dal ritorno di certi tessuti a stadi precedenti nel loro sviluppo ontogenetico ; e il capitolo sul trapiantamento e sugli innesti dei vari tessuti, particolarmente embrionali H cui anche lavoratori italiani han portato in questi ultimi tempi notevole contribute.

Ed e una utile novita di questa parte del libro e corrisponde anche ad un hi.soguo della pratica la esposizione larga e copiosa che in argomento delle varie sorti di degenerazione e d' infiltrazione, delle varie forme di morte

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delle cellule e delle loro alterazioni cadaveriche il Galeotti ha fatto delle variazioni chimiche che accadono nei varii eleraenti in seguito a questi pro- cess! morbosi ed alle reazioni microchimiche che 11 rjvelanoeli caratterizzano.

Nel secondo volume e iuteressante per ranatomico la jiarte che riguarda I'eziologia, I'istogenesi e i fenomeni cellular! nei tu/nori, le uuove vedute o i processi istologici della infiammazione, la patologia generale delle ghiandole a secrezione interna ecc.

L'A, si addentra in questi che sono i problemi piu ardui della biologia, riuscendo colla chiarezza dell'esposizione a renderli accessibili a tutti e far comprendere la grande importanza che essi hauno per le scienze niedicho in generale. M. Carrara.

aiOVA.N]Sri INZA.NI

In Sant'Ilario d'Enza, dove da un certo tempo si era tranquillameute ri- tirato dopo una vita operosissima, si spense, con generale rimpianto, il pro- fessor Giovanni Inzani. Egli fu dapprima Pubblico insegnante di Anato- mia Umana, ed a questa disciplina Ei diede la migliore attivita sua, come lo raostrano le di Lui scritture; donde il dovere di parlar dell'estinto in questo Periodico. Chi scrive fu ancora da Giovanni Inzani largamente beneflcato ed umanamente aiutato nei primordi del suo cammino anatomico; donde il sauto dovere di gratitudine esserne il commemoratore.

Giovanni Inzani nacque in Parma il 2 agosto 1827. Dcttore in Medi- cina nel 1848, ando alia guerra con i volontari parmensi, e fece il dover suo: nel 1885 fu licenziato in Chirurgia, si condusse allora a Parigi ad addestrarsi nel microscopio con E,obin; vi rimase due anni, e ritornato in Parma venne nominate Professore di Anatoraia e Fisiologia in quelia University. Nel 1859 torno alia guerra; e nel 1860 passo alia Cattedra di Anatomia Patologica, ove rimase fino al 1899. Anche nella guerra del 1866 diede I'opera sua; come I'aveva data in tutte le epidemie coleriche che travugliarono la sua citta.

Non e a dir qui di Giovanni Inzani, Chirargo valoroso, Patologo di vasta coltura, Reggitore di pubblici uffici illibato, Filantropo per impulso di cuore; ne ricordare il pubblico bene fatto, e nemmeno gli onori conferitigli ; che il dolore universale della sua Parma e di chi lo conobbe addentro nel- I'animo fu troppo manifesta dimostrazione. Altri potra farlo. Come Anatomico Egli fu espositore efticace e ricercatore felice ; e (relativamente ai suoi tempi) ugualmente padrone nel campo della Sistematica, come in quello della Isto- logia, che fu dei primi a divulgare da uoi. Dei suoi scritti, alcuni hauno me- ritato valore didattico; altri, risultato di i-icerche personali condotte a svelare con fortuna fatti nuovi, mantengono ancora notevole importanza. E con cio si vuol alludere in specie alle ricerche sulle terminazioni nervose sgraziata- mente per lungo tempo poco note ai Nostri : in gran parte poi coufermate; e fu bene che un amoroso discepolo ne curasse una ristampa, or son pocbi anni. Ne vogliono esser dimenticate indagini anatomiche e le ricerche sperimen- tali, fatte con un altro dotto parraense, il prof. Lemoigne, ed altre cou

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Filippo Lussana sopra talune parti ed alcune funzioni del sistema ner- voso, ricerche die i libri classici di Anatomia menzionano.

Ed ecoo la lista delle piu importanti pubblicazioni anatoraiche di Gio- vanni Inzani:

Sulle origin! e sull'andamento di vari fasci hervosi del cervello.

Ricerche anatomiche di G. Inzani e A. Lemoigne. Professori nella R, Universita Parmense. Parma, Tip. Ferrari 1861.

Inzani e Lussana. Observations et experiences sur les nerfs dugout. Gazette medicale de Paris, 1864.

Compendio di Anatomia Descrittiva. Con Atlante. Parma, Tip. Grazioli, 1865.

Sui nervi della cornea e dei denti. Riv. clinica di Bologna, 1868.

Ricerche anatomiche sulle terminazioni nervose. Parma, tip. Grazioli 1869.

Ricerche sulla terminazione dei nervi nella mucosa dei seni frontali e dei seni mascellari. Parma, Tip. Grazioli 1872,

Inzani e Lemoigne. Reclame per un diritto di priority di scoperta. Istituto lombardo, Rendiconti, fasc. XV, XVI, 1874.

Inzani e Lemoigne. Intorno alia scoperta del fascio uncinato del pe- duncolo cerebrale. Archivio italiano per le malattie nervose, fasc. 1", 1883.

Sulle ernie. Parma, Ateneo Parmense, 1887.

GUGLIELMO ROMITI.

NOTIZIE

PREMI E CONCORSI

La R. Accademia di Medicina di Torino conferira 1' XI Premio Riberi di Lire 20,000 alia migliore opera prodotta nel quinquennio 1902-1906 nel campo delle scienze raediche. A parity di merito sari data la preferenza a lavori che concorrano a migliorare le condizioni igieniche d' Italia.

Premio di fondazione Cagnola. Tema pel 1903:

Studio monografico intorno all' ipofisi : concetto anatomo-comparativo ed erabriologico dell'organo ; suo significato fisiologico ; dati di fatto ed ipotesi intorno alia parte spettante all' ipofisi nei riguardi della patologia. L' argo- mento, dopo opportuna trattazione storico-critica, dovra essere svolto preva- lenteraente in base a ricerche originali.

Scadenza aprile 1903.

Premio L. 2500 e una medaglia d'oro del valore di L. 500.

Premio di fondazione Fossati. Tema pel 1904 :

Premessa la storia della evoluzione dottrinale dell'argomento, localizzare, con ricerche ed esperienze proprie, un qualsiasi centro di azione cerebrale psichica, sensoria o motoria.

Scadenza 31 marzo 1904.

Premio L. 2,000.

- m

Presso la E. Accademia di Medicina del Belgio 6 aperto il seguente con- corso :

Etablir par de nouvelles recherches les rapports anatoraiques des neu- rones entre eux. Pr. 800. frs. Cloture du contours, 20 Janvier 1903.

Premio di Fondazione Fossati.

E stato conferito un premio d'incoraggiamento di L. 1000 al Prof. Carlo Martinotti (Torino) per la sua Memoria : Eicerche macro e microscopiche nel- I'encefalo degli animali superiori: contribute alio studio della sostauza grigia dei ventricoli laterali e sull'esistenza nella medesima di uno speciale nucleo di cellule nervose.

CosiMO Chbrubini, Amministratore-responsabile.

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FireDze, 1902. Tip. L. Niccoliu, Via Kaeuia, Ai.

MonitoFG Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale deila Unione Zoologica Italiana

DIUETTO

DAI DOTTORI GIULIO GHIARUGI EUGENIO FIGALBI

Prof, di Anatomia umana Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nel R. Istituto di Studi Super, in l''irenze nella R. Universita di Padova

Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Istituto Atiatomico, Firenze. 12 numeri all' anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Maggio 1903 JST. S

SOMMARIO : Bibliograpia. Pag. 97-10;l

SuNTi B Riviste: Nota di TECNiCA MICROSCOPICA : Ruffini A., Un metodo di reazione al cloruro d'oro per le fibre e le espansioni nervose pei'iferi- die. Pag. 103-105.

COMUNiCAZiONi ORiGiNALi : Giglio-Tos E., Sugli organi branchiali e late- ral! di senso nell'uomo nei primordi del suo sviluppo. (Con 4 figure). Favaro G-., Cenni anatorao-embriologici intorno al Musculus retractor arcuum branchialium dorsalis nei Teleostei. Pag. 105-124.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

BIBLIOGRAFIA

Si del notizia soltanto dei lavori puhblicati in Italia.

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rata di vita degli element! della cute staocata dall'organismo) : Nota prev.

Gazz. Ospedali, An. 21, N. 81, pp. 891-898. Milano 1900..

Pulle F. L Giaa Paolo Vlacovich : necrologia. Arch. Antropol. e Etnol..

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Efstr. di pp. 12 d. Atti Soc. ligust. Sc. nat. e geogr., An. 12, Fasc. 3. Genova, tip. Ciminago 1902.

Bidone E. A proposito del tessuto elastico nel cordone ombelicale [Let-

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Momt. zool. ital., An. 12, N. 12, pp. 373-381. Firenze 1901 {Continuaz. e fine). D'Erchia F. Di alcune ricerche chimico-fisiclie nello studio del ricambio ma-

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Arch. ital. Biologic, Tome 36, Fasc. 2, pp. 237-244. Turin 1901. Giglio-Tos E. Sugli organi branchiali e laterali di senso nell'uomo nei

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- 100 -

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sioni nervose periferiche. Estr. di pp. 4 d. Attl Accademia Fisiocritici

Siena, S. 4, Vol. 13, N. 1-2. Siena 1902.

« II metodo [del quale I'A. si serve da oltre dodici anni] riesce su pezzi di tessuto fresco, ai quali non siano stati fatti subire trattamenti di sorta ; anche un semplice lavaggio in acqua distillata potrebbe disturbare la buoaa riescita della reazione.

Noil importa cbe il volume dei pezzi sia molto piccolo ; che anzi sono da consigliare pezzi piuttosto voluminosi.

I passaggi da fare sono i seguenti :

lt> Immersione per 10 e fino a 30 minuti in una soluzione di acido formico puro al 20 o 25 "/,, in acqua distillata. II tempo d' immersione in que- sta soluzione varia secondo il volume dei pezzi e la qualita del tessuto dei medesimi. I muscoli ad es. sono compenetrati meglio ed in molto minor tempo che la cute.

Siccome i tessuti diventano trasparenti man mano che vengono penetrati dalla soluzione acida, cosi e indispensabile vedere quando gli stessi saranno diventati trasparenti in totalita. Per ben constatare questo fatto h necessario porre al disotto della vaschetta di vetro, contenente il tessuto in esame, un pezzo di carta nera. Durante racidificazione, i tt^ssuti devono essere agitati frequentemente.

Si noti che la riescita della reazione dipende in massima parte dal tempo di acidificazione. Quindi tutta la nostra attenzione deve essere rivolta a saper cogliere il momento giusto di questa prima parte del processo. E' consiglia- bile di fare le prime prove sui muscoli volontari, dove per solito si riesce ad ottenere buoni risultati con tutta facility..

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Quando i pezzi sono diventati trasparenti, si cavano dalla soluzione acida e si passano su carta bibula, o meglio su di un panno di bucato. Si com- primono leggermente tra una piega del panno o della carta, per liberarli dal- Teccesso della soluzione acida.

Iramersione per 20-30 ruinuti in una soluzione acquosa all' 1 "/o di cloruro d' oro cristallizzato purissimo (cloraro d' oro flavum). Con buon ri- sultato Hi possono anche adoperare i divei'si sali doppi (d' oro e potassio, e sodio, e palladio, e cadmio). Mentre i pezzi sono immersi nella soluzione del sale d' oro, vanno tenuti riparati dai raggi luminosi, coprendo la vasclietta con una piccola carnpaua di vetro rosso intense, Ogni 4 o 5 niinuti agitare. Bisogna anche scrupolosamente guardarsi dal non toccare i pezzi con istru- menti metallici.

40 Con pinzette a branche d'avorio, si cavano i pezzi e si trattano come al n. 2.

Passaggio in soluzione acquosa di acido forraico al 20-25 "/q, per 24 ore ed al buio completo. Pare che la quantita della soluzione acida influisca sulla perfetta riescita della reazione. Disposti i pezzi sul fondo di una va- schetta di vetro, si versa tanta soluzione acida che basti appena a coprirli. Si pongano quindi al buio e si lascino in assoluta tranquillita per 24 ore.

6'J Asciugare come ai n. 2 e 4 ; passaggio diretto in glicerina pura, la- sciando il vasetto sul tavolo da lavoro almeno per otto giorni, avanti d'inco- minciare a far le preparazioni. Questo periodo di riposo h necessario, perche la glicerina penetri compleiamente nei pezzi e perch^ la reazione acquisti quel grado di maturita che e necessaria per ottenere delle immagiui nitide. II titolo della soluzione acida del 20-25 "I^ va abbassato fino al 15, 12, 10 ecc. quando si vogliano studiare muscoli o cute nei primi giorni della vita extrauterina, oppure nei vertebrati inferiori, attenendosi in tutto il resto alle regole suesposte.

Si possono fare preparati per dilacerazione, oppure per sezioni. In que- st' ultimo caso, dalla glicerina i pezzi si passano per gli alcool a titolo cre- scente e si possono fare inclusioni tanto in celloidina che in paraffina. La finezza della reazione non soffre puuto dopo questi trattamenti.

In qualunque modo siano stati fatti, i preparati si conservano benissimo per lunghi anni. Anzi ho notato die nei primi anni vanno sempre migliorando. lo conservo preparati fatti fin dal 1888, i quali non hanno subito alcun dete- rioramento : sono chiari e nitidi come erano il gioriio in cui li osservai per la prima volta. Benche esposti lungamente alia luce non si alterino, tuttavia e prudenza conservarli al buio e riparati dalla polvere.

I pezzi in glicerina si conservano pure per lunghi anni senza che la rea- zione subisca alcun deterioramento. lo ho ancora vasetti contenenti pezzi di muscoli e di cute, reazionati 6 o 7 anni fa e nei quali la reazione si e con- servata in ottime condizioni.

Come tutte le reazioni del genere, riesce meglio d'estate che d' inverno. Harissime volte ho fatto uso del termostato, ma senza alcun vantaggio. Pero d' inverno potrebbe riescire utile, qualora non si porti la temperatura oltre i 20 centigradi.

Applicato alia cute, questo metodo mi ha dati ottimi resultati non solo per lo studio dei nervi, ma anche per mettere in evidenza la vascolarizza-

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zione dei diversi elementi ivi conteuuti e per ditnostrare in modo aflFatto sche- matico le ghiandole sudoripare.

Oitre a tutti i pregi suesposti, questo metodo ha pure dei difetti. Anzi- tuito non e, come dissi, di i-iescita sicura e, quello che e peggio, ce ne sfugge corapletamente la ragione. In secondo luogo, le fibre nervose si presentano spesse volte spezzettate ; cio pero nou accade raai per le fibre pallide della espansione nervosa. Tale spezzettamento va attribuito all'azione dell'acido tormico, che rigonfia fortemeute i tessuti. Per cui questi due gravi difetti rendono il metodo poco adatto ad essere applicato a ricerche di anatomia pa- tologica.

Accade anche spesso che la espansione nervosa venga sopracolorata e ci appaia iiniformemente tinta in nero. Potremo allora ricorrere con vantaggio alia decolorazione con soluzioni allungate (1 o 2 per °/g) di cianuro di po- tassio od anche di ferrocianuro potassioo (prussiato giallo). La decolorazione e una operazione sempre delicatissima e va fatta sorvegliando continuamente al microscopio. lo ho trovato molto utile il diluire la soluzione decolorante in glicerina e farla cosi agire per mezzo di questo veicolo. Dopo decolorata, la preparazione va lavata immediatamente e per molte ore in acqua distil- lata. Si puo quindi ripassarla in glicerina, oppure disidi-atarla, diafanizzarla e chiuderla in balsamo. Con la decolorazione io ho potuto avere dei prepa- rati eccellenti; forse piu diinostrativi di quelli che nou abbiano avuto biso- gno di questo processo. In questi casi pero e sempre necessario colorare il tessuto del fohdo con carmiuio ; a tale scopo non servono bene che le solu- zioni acide.

Mentre questo metodo ha dati tanti buoni risultati nella pelle, nelle mu- cose, nei muscoli, nel periostio ecc. si e mostrato seinpre ribelle per lo stu- dio dei nervi nei parenchirai. In molte prove fatte, no sempre avuti risultati completamente negativi » .

COMUNICAZIONI ORIGINALI

Sugli organ: branchial! e lateral! di senso nell'uomo nei primordi del suo sviluppo

PER IL DoTT. ERMANNO GIGLIO-TOS in Torino. (Con 1 figure)

fi vietata la riproduzione.

E cosa nota gia da parecchi aniii che il sistema nervoso peri- ferico dei vertebrati, fin dail' inizio del suo sviluppo, contrae intime relazioni con 1' epidermide, unendosi con essa in determinati punti con certi inspessimenti di essa, mentre le cellule epidermiche, dal

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canto loro, concorrono alia formazione di una parte del gangli primi- tivi.

Di cio fecero gia menzione GOtte (12) nel BomUnator igneus, Semper (18) nei Plagiostomi, Van Wijhe (20) nei Selaci, alle os- servazioni dei quali tennero dietro, per ordine cronologico, quelle di Beard (1, 2, 3) sui pesci, sui vertebrati ittiopsidi e sugli uccelli, di Spencer (19) suUa Rana temporaria^ di Froriep (7) sui niam- miferi, di Johnson Sheldon (13) sui tritone, di Kastschenko (14) e di Beraneck (4) sui polio, di Kupffer, (15, 16) sulla lampreda comune {Petromyzon Planeri), di Froriep (8) sulla torpedine {Tor- pedo ocellata), di Piatt sal Necturus, le-quah osservazioni tutte con- fermarono in massima i fatti gia menzionati.

Per quanto Van Wijhe avesse gia accennato alia relazione che corre tra queste connessioni di nervi con I'epiderraide e I'origine de- gli organi deUa linea laterale nei pesci, spetta tuttavia al Beard I'aver richiamato I'attenzione degh embriologi su queste speciali for- mazioni. Contribuirono poi grandemente a farle meglio conoscere ed a dar loro un'importanza piii generale i lavori degli altri embriologi, ma pill specialmente quelli di Kastschenko, di Beranek c di Froriep perche dimostrarono che tali formazioni, le quali nei ver- tebrati inferiori sono permanenti, conipaiono pure durante lo sviluppo nei vertebrati superiori ossia negli uccelli e nei mammiferi, sebbene non abbiano in essi che un'esistenza temporanea.

Quanto all'uomo si trova uji solo accenno di queste formazioni in una descrizione di un embrione umano giovane fatta dal Chia- rugi (5). " Dans le trait le plus dorsal des sillons (branchiaux) egli dice quand ceux-ci ne sent pas encore vis-a-vis des poches branchiales, 1' epithelium est tres epaissi (fig. 7), moins parce que les cellules sent disposees en plusieurs couches que parce qu'ellos sent tres developpees en hauteur; du fond des sillons, en remon- tant sur les arcs, I'epaisseur de Tectoderme decroit et, dans quel- ques sections, 11 apparait tres mince sur la ligne saillante des arcs. Cette disposition ne peat etre attribuee a une obliquitu do la section. Le nerf facial s'approche de I'epaississement ectodermique correspondant au l^r sihon sans qu'on puisse aflirmer qu'il se pro- duise une fusion de I'epaississement epitheliale avec le nerf. Lo ganglion plexiforme du vague contracte dorsalement d'intimes rap- ports avec I'epaississement ectodermique qui correspond a I'ebau- che du 46 arc branchial „. (p. 278). Come si vede, 11 Chiarugi non ha potuto constatare simih inspessimenti dell'epidermide e connessioni con i nervi ne nella re-

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gione del trigemino, ne in quella del glosso-faringeo, cosi che le nostre cognizioni su questo argomento, per quanto riguarda 1' uomo, sono ancora oggidi molto ' scarse. Ed e facile d'altronde darsene ragione quando si pensi che queste, di cui parliamo, essendo formazioni molto fugaci, non e sempre facile avere in esame embrioni umani proprio in quella fase in cui esse sono presenti.

E siccome io ebbi la fortuna di avere un embrione umano as- sai pill giovane di quelle descritto dal Chiarugi, in cui tali for- mazioni sono ben evidenti, credo opportune il descriverle, potendo queste mie osservazioni, quando sieno convenientemente collegate con altre relative a fasi piu o meno avanzate dello sviluppo del- ruomo, servire alia conoscenza perfetta di una questione morfolo- gica, che ha certamente grande importanza e per I'ontogenesi e per la filogenesi.

L' embrione umano che mi ha servito per questo studio (e che io ho distinto con A) proviene da un aborto, ma e perfettamente normale e ben conservato.' Esse e dell' eta di circa 17 giorni, hail tube midollare non ancora chiuso, ma alio stato di doccia e di placca airestremita posteriore; le vescicole ottiche primitive sono in formazione ; le fossette acustiche sono ancora largamente aperte all'esterno; i segmenti primitivi sono in numero di 15.

Vi si trovano gli abbozzi dei nervi trigemino, acustico-faciale e glosso-faringeo con qualche lieve traccia del vago, ma tutti sono esclusivarnente costituiti di cellule disposte a mucchi piii o meno distinti per i gangli, ed a cordoni per i nervi. Ora, siccome questi mucchi 0 cordoni cellulari non rappresentano in realta gli elementi dei gangli e dei nervi definitivi, ma segnano solamente le vie che questi seguiranno neha lore ulteriore formazione, ho stabihto in un lavoro precedente (9) di designarh coi nomi rispettivamente di pro- gangli e pronervi. Seguiro pertanto anche qui questa nomenclatura che mi pare legittimata dalle ragioni esposte in quel lavoro.

Nel descrivere queste formazioni io procedero dall' avanti al- I'indietro, esaminando successivamente le regioni innervate dagli abbozzi del trigemino, dell' acustico-faciale, del glosso-faringeo e del vago, avvertendo che in queste regioni le sezioni dell' embrione sono quasi perfettamente trasversah e di 15 a caduna.

Regione del trigemino.

Ho date in un mio precedente lavoro (9) una minuta descri- zione dell' abbozzo' del trigemino e spiegata la formazione primitiva

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del ganglio di Gasser. Ad esso rimando percio il lettore che desi- derasse migliori ragguagli suirargomento. Qui mi liniito per brevita a riassumore che neli'embrione esaminato I'abbnzzo del trigemino hsulta formato di uii grosso proganglio neurale adiacente al cer- vello e di tre progangli die chiamai mesocefalici, lontani dal cervello e posti: il primo al di dietro delle vescicole ottiche, il secondo nella regione del future prolungamento mascellare superiore, il terzo nella regione del prolungamento mascellare inferiore o mandibolare. II proganglio neurale e unito ai tre progangli mesocefalici mediante una lamina che ho detto lamina del trigemino. L' insieme del pro- gangho neurale, dei tre progangli mesocefalici e della lamina del trigemino rappresentano I'abbozzo del gangho di Gasser.

Or bene, mentre 1' epidermide che nelie regioni anteriori e late- rah deU'estremita cefalica e sottihssima, la dove incomincia il pri- mo progangho mesocefahco che per la sua posizione e per altre ragioni ho detto progangho mesocefahco oftalmico, ossia a liveho del margine posteriore delle vescicole ottiche e un po' al di sopra di esse, presenta un ispessimento visibile che va poi gradatamento accentuandosi a mano a mano che si precede verso la parte poste- riore e che si arresta precisamente al hmite posteriore dell'abbozzo del trigemino. Questo inspessimento epidermico corrisponde dunque esattamente a quasi tutta I'area occupata da quest'abbozzo.

Nella parte anteriore, cioe in corrispondenza del progangho me- socefahco oftalmico, tale inspessimento si vede limitato alle parti laterali del capo, cioe non si estende ne verso il dorso ne verso il lato ventrale, e rimane quindi hmitato pure alia sola area corri- spondente al proganglio. Ma, procedendo verso la regione posteriore, a mano a mano che I'ammasso cehulare rappresentante il progan- gho si estende verso il lato ventrale, dove for mora poi i due pro- gangli mesocefahci mascellai-i e mandibolari, anche 1' inspessimento si estende a questa regione e va pure accentuandosi sempre piu, mentre dal lato dorsale si estende anche, ma mono distinto, ed in ogni case si arresta in corrispondenza del proganglio neurale.

Cosi che I'area dell' inspessimento corrisponde piii esattamente a tutta quella regione del capo dove stanno allogate, immediata- mente sotto all' epidermide, la lamina del trigemino e quelle tre masse cellulari fuse insieme che sono i tre progangli mesocefalici, e r inspessimento e piil accentuate in corrispondenza del proganglio mesocefahco mandibolare.

In tutta I'area dell' inspessimento, ma specialmente nella sua parte posteriore, le cellule dell'abbozzo sottostante sono intimamente

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congiimte con quelle epidermiche, cosi che non e possibile vedere, salvo in qualche raro punto, una fessura che separi le due sorta di element!. Cio non ostante e sempre facile distingue re per la loro forma caratteristica epiteliale le cellule e})idermiclie da quelle loro sottostanti.

Fig. I. Einhrione umano.

Sezione quasi trasversale in corrispondenza del liiuite superiore della vestjicola cerebrale ante- riore. am. amnios; gmo, ganglio meso:efalico oftalmico ; gnt, ganglio neurale del trigemino ; rd, sua radice dorsale primitiva ; U, lamina del trigemino; gin. ganglio mesocefalico mascellare, te, iu- spessimento epidermico ; c, cervello (X circa 80 diam.)

Froriep (7) che fece special! osservazioni intorno a questo ar- gomento su embrioni di hue, non vide simih inspessimenti e con- nessioni nella regione del trigemino : " Speciel am Ganghon Gassed •" egli scrive ist keine Andeutung einer Verbindung mit der " Epidermis nachzuweisen (pag. 43). Solamente egli osservo un inspessimento epidermico al di dietro delle vescicole ottiche, inspes- simento che io giudico corrispondere per la sua posizione a quel tratto che sta al disopra del proganglio mesocefahco oftalmico.

An che C hi a rug i (5) non fa parola di inspessimenti ne di con- nessioni simili nella regione del trigemino nell'uomo, ma egh pero pote constatarh negli embrioni di mammiferi (6). Del resto, per quanto riguarda i vertebrati inferiori; gli embriologi sono in mas- sima d'accordo nel ritenere che tali formazioni compaiano anche nella regione del trigemino.

Molti di colore che si occuparono di questo argomento, special- mente noi vertebrati inferiori, parlano di inspessimenti, non dovuti

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solamente airaumentare dell'altezza delle cellule epidermiche, ma anche alia loro proliferazione e quindi al lore disporsi in vari strati, concorrendo cosi anche alia formazione del proganglio sottostante. Questo io non ho potato assolutamente constatare neU'embrione di ciii parlo. Sebbene gli inspessimenti non solo sieno ben distinti, ma, qualche volta, discnitamente notevoh, tuttavia, ne nella regione del trigemino, ne in quelle seguenti, io non ho potuto constatare che essi risultassero di piia strati, ma sempre unicamente di un solo strato di cellule epidermiche.

Cio che invece *mi ha colpito e di cui non trovo menzione al- cuna in tutti i lavori che conosco, si e la struttura speciale delle cellule costituenti questi inspessimenti, ben diversa da quella delle medesime cellule deh' epidermide la dove questa non e inspessita.

Fig. II Embrione umaoo.

Sezione trasversaie a i veho del limite posteriore dell'abbozzo del trifj^einiuo f, faringe eu, cuore ; gm, ganj^lio mesocefalico mandibolare. Le altre lettere come in fig. 1 (X 83 circa).

Mentre le comuni cellule epidermiche per la loro sottighezza sono piuttosto da ascriversi alia categoria di ceHulo cubiche e tal- volta quasi tabulari, quelle corrispondenti agh ispessimenti sono visibilmente piu o mono alte e quindi diventano cilindriche, for- mando cosi un epitelio prettamente cilindrico. II loro nucleo si al- lunga anche corrispondentemente e sta in prevalenza allogato nella parte interna della cellula, cioe dove questa e in diretto contatto con gh elementi del sottostante abbozzo.

Ma non basta. Mentre le cellule sohte, cioe non ispessite, mo- strano quasi sempre una struttura omogenea, quelle degh ispessi- menti presentano invece una struttura distintamente e fortemente

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vacuolare. Si vede cioe la parte esterna di esse occupata da un grosso vacuolo incoloro, talvolta cosi grande che sporge fuori della cellula stessa alia superficie dell' epidermide. Qiiesto vacuolo, nella celliila vivente, era naturalmente pieno di un liquido, prodotto di secrezione molto probabile della cellula stessa, e questo liquido, accumulandosi nella cellula, dovette spostare per forza il nucleo e cacciarlo cosi alia periferia della cellula, precisamente come vediamo avvenire nolle cellule grasse od in cellule ghiandolari, dove il con- tenuto cellulare va aumentando considerevolmente oltre il volume primitive della cellula. Per cui in moltissime di queste cellule epi- dermiche si vede il nucleo rimpicciolito, assottigliato, cacciato sui lati e prevalentemente al fondo della cellula, ed incur vato second© il contorno del vacuolo che gli sta d'accanto. Esse prendono in- somma una forma ed una strultura che ricordano moltissimo quelle deUe cellule caliciformi intestinali.

Reg^ione deiracustieo-faciale.

Subito dietro all' abljozzo del trigemino T epidermide ridiventa sottile, ma appena si arriva nella regione deh'acustico-faciale pre- sents un altro inspessimento, il quale offre press'a poco gli stessi caratteri di quelle precedente, vale a dire si manifesta in tutta la regione a cui si estende I'abbozzo, accentuandosi a mano a mano che dal dorso si precede verso la regione ventrale. Pero, un po' so- pra al livello della notocorda esiste un tratto di epidermide le cui cellule sono visibilmente piii alte delle altre circostanti e formano con il lore insieme una regione piu inspessita che si presenta a un dipresso come una lente biconvessa. Quest'area di maggior ispessi- mento rappresenta secondo me una di quelle formazioni che Kupffer chiamo placodi.

Ora al disotto di questo placode, cioe piu verso la regione ven- trale, le cellule epidermiche dell'arco joideo sono ancora inspessite ed entrano in connessione con le cellule del sottostante abbozzo.

In un recente lavoro che ho pubblicato sui primordi dello svi- luppo deh'acustico-faciale (10) (al quale rimando il lettore per quehe particolarita che vi si riferiscono) io ho dimostrato che in origine il faciale e I'acustico hanno due abbozzi nettamente distinti, di cui queUo del faciale e sovrapposto a quelle deR'acustico e scorre quindi a flor di pelle, mentre quelle dell'acustico, so1}tostante ad esse, si tro- va ahogato piu profondamente nel capo. Solo piu tardi per I'atrofla di una parte dell' abbozzo del faciale queho dell'acustico diventa un abbozzo misto acustico-faciale.

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Or bene, 1' abbozzo del faciale, mentre nella sua part,e ante- riore scorre sotto al placode menzionato per penetrare nell'arco ioi- deo sotfcostante fondendosi con le sue cellule epidermiche inspessite nella regione superiore dell'arco, nella sua parte posteriore si arre- sta al placode menzionato con le cui cellule intimamente si unisce. Cosi che possiamo dire clie il faciale si unisce in due regioni con repidermide: in una corrispondente al placode al disopra del livello della notocorda ed in un' altra a livello di questa o un po' al di- sotto.

Fig. III. Embrione umano.

Sc/idiic ijiiasi trasversale a livel'o dell'abbozzo ueil'acustico-faciale. va, fossetta acustica; ac, alibozzo (luli'acustico ; ah, abbozzo del faciale; pf, placode dorso-laterale del faciale; pt. placode epi- lirancliiale delTacustico faciale ; ge, ganglio epibraiichiale dell'acustico faciale. Le altre lettere come Ill-lie figure precedenti. (X 80 circa).

Quanta all'acustico presenta anch' esse una disposizione analo- ga poiche la sua estremita, penetrando nell' arco ioideo, si unisce l)ure con le sue cellule epidermiche nella regione superiore di esse c pill in alto si connette intimamente con le cellule originariamente epidermiche delle fossette acustiche, anch'esse notevolmente inspes- site, le quali rappresentano percio il placode corrispondente all' a- custico.

Anche qui, come nella regione del trigemino, le cellule costi- tuenti i' inspessimento presentano distintamente quella struttura vacuolaro che ho gia descritto.

Suha presenza di queste formazioni nella regione dell'acustico- taciale non v' ha discussione fra gU embriologi. Esse furono osser- vate fra altri da Semper, van Wijhe, Beard nei verte])rati infe-

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riori, da Kastschenko negli uccelli, da Froriep nei maramiferi, da Chiarugi nell'uomo. Solo Weigner (21) non pote constataiie con sicurezza, ma cio e forse dovuto alia fase uri po' troppo avanzata degli embrioni da lui esaminati.

Formazioni simili furono pure osservate da Goronowitsch (11) negli uccelli, ma egli sostiene che queste non hanno nulla a die fare con quelle descrifcte dal Froriep nei mammiferi, in fasi di sviluppo pill avanzate. Cio e forse probabile, ma non si potra asserire con sicurezza flnche non si faranno altre speciali ricerche in propo- sito.

Reg-ione del glosso-faring'eo e del vag-o.

Subito dietro alia fossetta acustica ricompare un altro inspes- simento epidermico il quale si protrae ininterrotto e sempre ben di- stinto per ben 15 sezioni di 15 u. caduna assumendo cosi una esten- sione di 225 [j- circa. Anche in questa regione esse presenta netta- raente spiccata un' area in cui le sue cellule sono piu inspessite e formano percio un placode, collocate come quelle del faciale un po' sopra al livello della notocorda. Le cellule sono come al solito disposte in un solo strato e mostrano la struttura vacuolare gia descritta.

Al disotto dell'epidermide per tutta la regione in cui si estende I'inspessimento si ha I'abbozzo di un nerve che, a giudicare dalla sua posizione, corrisponde al glosso-faringeo ed al vago. Questo abbozzo e pero complessivamente molto mono sviluppato del pre- cedents

lo ho detto nei mio precedente lavoro sull' acustico faciale (10) che I'abbozzo del faciale, passando nell'arco ioideo, si porta fine a contatto col mesoderma circondante il cuore, mesoderma che io col Goronowitsch chiamero assiale. Tale abbozzo risulta cosi formate da un cordone cellulare che, scorrendo a fior di pelle, si porta dal disopra del cervello fine al mesoderma assiale passando dentro al- I'arco ioideo. Esse fu chiamato dal Goronowitsch (11) il " prime cordone periassiale {erster ijeridxialer Strang) perche, secondo le sue interessanti ricerche sul polio, esse deriva in massima parte dalla proliferazione delle cellule del mesoderma assiale, le quali formano col lore insieme una massa cordoniforme che si dirige verso il tube midollare e si unisce con altre cellule prohferanti dalla cresta neu- rale secondaria {secunddre Leiste). Cos! che I'abbozzo del faciale risulta costituito, secondo Goronowitsch, di due parti: una pros-

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simale di origine esodermica, I'altra distale di origine mesoder- mica.

Se il Goronowitscli abbia ragione neH'attribuire al faciale una simile doppia origine e cio che io non posso dire, perche nell' em- l)rione di cui parlo Tabbozzo e gia completamente formato, e quindi non e piu possibile riconoscere con precisione 1' origine primitiva delle sue cellule. Ma e certo pero che la dove le cellule dell'abbozzo si uniscono a quelle del mesoderma assiale, la fusione e cosi com- pleta e la somiglianza degli elementi dell'abbozzo e del mesoderma e cosi perfetta, che si e indotti a dar ragione intera al Grorono- witsch.

Or bene, I'esame dell'abbozzo del glosso-faringeo e del vago quale si presenta nel mio embrione ci conferma ancora di piu la esattezza di una parte delle opinion! di Goronowitsch sull'origine primitiva di questo abbozzo che egli chiama il " secondo cordone periassiale (zweitei- periaxialer Strang

Fig. IV. Embrione umano.

Sezione quasi trasversale a livello dell'abbozzo del glosso-faringeo e vago. af, abbozzo ilel plosso-faringeo; pf, placoile dorso-laterale del glosso-faringeo; ijeg, ganglio epibrancliiale del glosso- faringeo ; peg, placode epibranchiale del glosso-faringeo ; pv, placode dorso-laterale del vago ; ce, ce- lonia. Le altre lettere come nelle figure precedent!. (X 80 circa).

Di fatto, se si esaminano tutte le sezioni comprendenti 1' inspes- simento epidermico di questa regione, si trova costantemente che il mesoderma assiale, in vicinanza dei lati del corpo, si continua insen- sibilmente con un cordone di cellule tondeggianti, compatte che so- migliano perfettamente a quelle formanti gli abbozzi precedents II passaggio dalle cellule mesodermiche a queste altre e cosigraduale

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che non si riesce a segnare un limite netto di separazione dei due tessuti e quindi ropinione che I'uno derivi dall'altro e perfettamente legittimata.

Ma un'altra prova, che sta pure tutta in favore di essa, si echo il cordone cellulare suddetto, sebbene si diriga, stando a fior di pelle, verso il tube midollare, non lo raggiunge tuttavia ma termina ad una certa distanza da esso; quindi il dubbio, che le cellule di tiuesto cordone possano aver avuto origine dalla cresta neurale, dubbio che avrebbe potuto sorgere per I'abbozzo dell' acustico-fticiale, non puo piia esistere in questo case.

Se si esamina quest' abbozzo proprio dietro alia seconda fessura branchiale, cioe al margine anteriore del terzo arco branchiale (com- putando per prime quelle mandibolare e per secondo 1' arco ioideo), si vede bensi che le sue cellule compatte e numerose formano un ammasso che puo essere considerato come un proganglio epibran- chiale analogo a quelh degli abbozzi precedenti, ma fra gli elementi dell'abbozzo e quelli deh'epidermide non esiste quella connessione epi- branchiale che si scorge invece negli allri abbozzi. Anzi una fessura ben distinta separa 1' un daU'albro nettamente i due tessuti. II che non deve gia portarci alia conclusioiie che tale connessione non si stabilisca' mai in questa regione, ma seraplicemente che essa non esiste ancora in tale fase di sviluppo e che la formazione del coi"- done periassiale rappresentante I'abbozzo e indipendente dalle cellule esodermiche almeno in questo stadio, e quindi che essa e dovuta da principle esclusivamente al mesoderma assiale.

Pero, giunto il cordone periassiale a hvello del placode di que- ^sta regione, le sue cellule si fanno piii rare e incominciano a presen- tare una notevole somiglianza con quelle del mesenchima. Qua e la intanto si nota la presenza di alcune cellule distintamente fusiformi, di cui talune sparse senza una orientazione determinata, mentre ta- lune altre riunite insieme e compatte formano una sottile striscia triangolare, la quale, con la sua base rivolta verso I'arco branchial(3 sottostante, si unisce alle altre cellule dell'abbozzo e si dirige, at- traversando obliquamente il capo, verso il tube midollare. La punta di questa striscia viene cosi a trovarsi allegata daccanto aha parte dorsale delle pareti del- tube midollare. lo ritengo che per la sua posizione e per la sua struttura questa striscia di cellule fusiformi rappresenti I'abbozzo del glosso-faringeo e, piii propriamente, quel tes- suto che Goronowitsch chiama " tessuto conduttore dei nervi (nervenfuhrendes Grewebe) destinato a segnare la via che seguiranno le fibre del future nervo definitivo (fig. 4).

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Goronowitsch credo che le cellule fusiformi di questo tessuto conduttore sieno derivate da quelle stesse del mesenchima e trae ra- gioni per questa credenza dall' aver osservato tutti i termini di pas- saggio dalle cellule del connefctivo a queste fusiformi. Per conto mio io non posso asserire che Goronowitsch sia nel vero, ma certo e che la presenza delle cellule fusiformi sparse qua e la nel connet- tivo Jegittima una simile supposizione.

Tra questa striscia di cellule fusiformi, di cui ho parlato e che ritengo rappresentare 1' abbozzo del glosso-faringeo, e 1' epidermide intercede uno spazio il quale e occupato da cellule facenti parte sempre del cordone cosidetto periassiale, cellule che, come dissi, sono pill rare e presentano una certa somiglianza con quelle del mesen- chima. Or bene mentre tutto il resto dell' abbozzo e nettamente di- staccato dall' epidermide, quelle cellule che si trovano in vicinanza del i)]acode dal lato dorsale di esse, vi si uniscono intimamente.

Questa connessione delle cellule dell' abbozzo con quehe del pla- code si conserva per quasi tutte le sezioni seguenti, ed il cordone periassiale si presenta nolle altre sezioni posteriori a quoUa conte- nente F abbozzo del glosso-faringeo press' a poco dello stesso aspetto gia descritto. Pero le cellule fusiformi che si trovano sul suo decorso vanno aumentando in vicinanza del tube midollare, ma sono sem- pre sparse irregolarmente e non formano mai una striscia distinta come quella del glosso-faringeo. Alcune di queste cellule fusiformi si trovano allogate nell'angolo comproso tra I'epidei-mide e le pareti del tubo midollare e talune si vedono diroltamente connesse colla vOlta del tubo midollare, ond' io suppongo che esse rappresontino la cresta neurale, quella che Goronov^itsch chiama " tertiare Lei- ste e che sarebtae anche qui, come nel polio, pochissimo sviluppata.

Finalmente all'ostremita posteriore di questo abbozzo (sezioni 569-570) si vede comparire sul decorso dello stesso cordone perias- siale, ai lati del tubo midollare, un gruppetbo di cellule con disposi- zione raggiata, il quale rappresenta senza dubbio un segmento pri- mitive, un somite rudimentale. Che questo somite sia destinato a scomparire e che le sue cellule si trasformino in elementi del me- senchima circostante, come Goronowitsch sostiene, e cio che io non posso qui ne affermare ne negare.

(^uali sono ora le conclusioni che si possono dedurre da (j^ueste osservazioni ?

Anzitutto questa : che gli ispessimenti epidermici riscontrati nei vertebrati inferiori in corrispondenza di certi nervi cefahci esistono

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pure neiruomo fin dal momento in cui compaiono gli abbozzi di questi nervi, e che anche in tutta la regione del trigemino I'epider- mide si mostra inspessita.

In secondo luogo che gli abbozzi nervosi primitivi contraggono adesione con 1' epidermide inspessita, lasciando per ora insoluta la questione se questa concorra anche nell'uomo alia formazione dei progangli corrispondenti.

Tanto nella regione dell'acustico-faciale, quanto in quella del glosso-faringeo e del vago I'epidermide presenta un inspessimento, distinto dal resto, che sta al disopra della regione epibranchiale e che rappresenta, a mio parere, un placode dorso-laterale nel senso di Kupffer, mentre puo ritenersi come un iMcode epibranchiale indistinto quell' inspessimento epidermico che sta nella regione epi- branchiale. Un placode dorso-laterale non si era flnora trovato nei mammiferi.

Ogni abbozzo di nervo presenta connessioni con I'epidermide in due punti, corrispondenti al placode dorso-laterale ed al placode epi- branchiale. II placode dorso-laterale dell'acustico e rappresentato dalla fossetta acustica. Fa eccezione I'abbozzo del gjosso-faringeo- vago che ancora non mostra connessioni con 1' epidermide nella regione epibranchiale, ma solo in corrispondenza del placode dorso- laterale.

Quanto al trigemino non e possibile distinguervi un placode dorso-laterale. Devesi forse ritenere che in questa regione ed in que- sta fase di sviluppo i placodi dorso-laterali ed epibranchiali sieno fusi insieme in un unico ispessimento '? Cio potrebbe essere probabile.

In ogni caso le cellule formanti gli ispessimenti descritti sono sempre disposte in un solo strato e mostrano tutte una speciale struttura vacuolare.

Se poi questi inspessimenti epidermici non corrispondano vera- mente a quelh descritti dal Froriep nei mammiferi e da Kast- schenko negh uccelh, come Goronowitsch asserisce, si potra solo stabilire con speciali ricerche in proposito.

Quanto al significato fisiologico di tali inspessimenti io credo che, visti i loro rapporti stretti coi nervi cefahci, e la loro posizione lungo i lati del corpo, sia difficile non riconoscere in essi i rappre- sentanti di organi lateral! di senso, i quali, ben sviluppati nelle forme ancestrali dei vertebrati e nei vertebrati viventi inferiori, fanno la loro apparizione effimera anche nei vertebrati superiori.

Cio almeno io credo che si possa concludere per quanto ri- guarda i placodi dorso-laterali di cui fin qui non si era fatta men-

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zione ne per i mammiferi ne tanto meno per I'liomo. Quanto ai placodi epibranchiali la questjone e ancora da risolversi. Froriep in un suo primo lavoro (7) era gia veiiuto alia conclusione che si- mili inspessimenti epidermici nella regione branchiale del mammi- feri rappresentassero organi di senso che egli chiamo " organi delle fessure branchial! (Organe der Kiemenspalten), ma piu tardi, avendo ripetuto le sue ricerche sulla Torpedine (8), ritenne che solamente gli ispessimenti epidermici laterali rappresentassero organi di senso, mentre quelli epibranchiah, almeno nella regione del vago, si tra- sformassero in una parte del timo.

lo non posseggo ne osservazioni ne prove per infirmare questa opinione del Froriep, ma, mentre da una parte ammetto che cio possa essere nella torpedine od anche in tutti i selaci, dall'altra mi pare strano che la stessa cosa avvenga nei vertebrati superiori. Del resto Kastschenko (14), che aveva gia studiato nel polio que- st! inspessimenti in relazione con la formazione del timo, viene pur egh alia conclusione che sieno da cun^iderai'si come abbozzi di or- gani rudimentali di senso.

Ad ogn! modo e da teners! sempre presente che i fatti esposti in questa nota si riferiscono ad una sola fase dello sviluppo del- I'uomo e quindi nuove ricerche adeguate si richieggono prima che una conclusione definitiva possa essere accolta in questa quistione altrettanto intricata quanto interessante.

NB. Le figure che accompagnano questa nota sono tolte da microtb- tografie eseguite dall' autore e sono tutte ingrandite circa 80 volte.

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DoTT. GIUSEPPE FAVAKO

ASSISTENTE ONORARIO NED.' ISTITUTO ANATOMICO DI PADOVA.

Cenni anatomo-embriologici

intorno al

Musculus retractor arciium branchialium dorsalh nei Teleostei.

Ricevuta 11 10 aprile 1902 fi vietata la riproduzione

Poche e brevi fiotizie trovo nella letteratura intorno al muscolo retrattore dorsale degli archi branchiali dei ganoidi e dei teleostei: credo quindi opportune qualche ceniio ulteriore relative alia sua morfologia, all' innervazione ed alio sviluppo nella seconda delle menzionate sottoclassi.

Secondo il Cuvier e il Valenciennes (^) il muscolo si reca (nella perca) dal terzo osso faringeo superiore alia spina dorsale.

II Meckel C) ammette che esse si estenda "dalle vertebre an- teriori alia faccia superiore delle ossa faringee.

(•) C uvier et Valenciennes Uistoire naturelle des poissons. Tome premier. - Paris, 1828 pag. 411.

(2) Meckel J. F. System der vergleichenden Anatomie. Vierler Theil. Halle. 1829, pa- ijina 209.

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Dal Olivier e dal Duvernoy (') il inuscolo viene denominato retrattore superiore (clelle placche faringee) o sottovertehro-faringeo.

Lo Stannius (") chiama il muscolo retractor ossium pharyn- georum superiorum e (^) lo ammette innervate nel diodonte dai rami faringei inferiori del vago.

II Vetter C^) ritiene che il inuscolo retractor arcuum branchia- lium dorsalis, che manca nel luccio, si estenda nella perca dalla terza vertebra all'estremo interno del quarto faringo-branchiale, rice- vendo un fascio aberrante dalla muscolatura longitudinale dell'eso- fago. Nei ciprinidi, secondo I'A., il muscolo si reca dal processo im- parl del basioccipitale alia porzione superiore del quinto arco bran- chiale. II Vetter ripete per 1' innervazione i dati dello Stannius ed ammette una possibile omologia del retrattore con il muscolo suhspinalis del selacei (il quale giace, come e note, cranialmente al- I'apparato branchiale ed e in rapporto con questo).

Secondo 1' Emery (^) il muscolo retrattore si reca nel Fierasfer dal margine interno del secondo faringeo ad una speciale fossetta della terza vertebra.

II Cunningham (^) descrive nella soghola un muscolo che va dalla superflcie inferiore delle vertebre anteriori alia faccia dorsale del faringei superiori.

II Jaquet (''') ammette che nella perca il retrattore si fissi ai lati della colonna vertebrale e, per mezzo di quattro fascetti, alle ossa sospensorie dei quattro archi branchiali.

Tra i ganoidi il muscolo venne descritto liQlYAmia calva. Cito per brevita I'ultimo e piu complete lavoro, quello di Phelps Al- 1 1 s (^). Questi considera il muscolo nel gruppo di quelli innervati dal glosso-faringeo e dal vago. II retrattore si reca, secondo I'A., dai

(*) Cuvier G. et Duvernoy G. L. Legons d'Aiiatomie cotTi[iar(ie. Seconde (Edition, Tome seiJti6me. Paris, 1840, paij. 282.

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(') Stannius H. Das iieripherisi-he Nervensysteiii der Kische, aiiatoiiiisch und physiologiscli untersucht. Jiostocli, 1849, pag. 90.

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(5) Emery C. Fierasfer. Studi iutorao alia Sisteiiiatica, I'Anatomia e la Biolpgia delle specie niediterranee di questo genere. Ji. Accademia dei Lined. Anno CCLXXVII, 1879-80, paij. 37 del- t'eslratto.

(8) Cunningham F. T. A Treatise on the Common Sole {solea vulgaris) considered both as an Organism and as a Commodity. P/i/moutfi, 1890. pag. 49.

O Vogt C. et Yung E. Traite d'Anatomie compar^e pratique. Tome deu.\i6me. Paris, 1894. Classe des Poissons par Jaquet M., ;>«(/. 508.

(') Phelps All is E. The Cranial Muscles and Cranial and First Spinal Nerves in Amia calva. Journ. of Morphology, vol. XII, 1897, pag. 671 e 681.

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lati della terza e quarta vertebra alia superflcie dorsale del terzo faringo-branchiale del lato proprio e dell'opposto. E ritenuto omo- logo al suhspinalis.

Altri Autori non fanno menzione del muscolo oppure accen- nano molto vagamente ad esse.

Passo ad esporre i caratteri generali die presenta il retrattore nell'iiitera sottoclasse del teleostei, ricordando pure i rapporti die gli organi vidni coiitraggono coii esse.

II muscolo retrattore del fariiigei uon seiiipre e un orgauo pari, giacente di lato al piano di simmetria del corpo ; qualdie volta e imparl ed occupa la linea mediana (es. generi Labrus e Crenilahrus).

E un muscolo lungo, disposto con I'asse maggiore piii o meno parallelo a quelle del corpo ed apparisce un po'schiacciato sagittal- mente. Esse presenta adunque due superflcie, Tuna ventrale, I'altra dorsale ; due margini, V uno Morale, Y altro mediale (se e muscolo imparl, il prime soltanto); due estremi, I'uno caudale, I'altro cefalico.

La superflcie ventrale e in rapporto con la parete posteriore dell'esofago con cui scambia talora fascetti muscolari (es. Crenila- hrus) ; in vicinanza all' estremo orale puo essere a contatto con la porzione posteriore della superflcie dorsale dell' ultimo faringeo (es. Uranoscopus scaber L.) ; caudalmente con 1' estremo prossiraale della vescica natatoria (es. Smaris vulgaris C. V.), alia quale puo aderire con qualclie fascetto (es. SerraMus cabrilla Cuv.) ; nella por- zione di mezzo puo essere flnalmente a contatto con un lembo ven- trale del rene (es. Perca fluviatilis L.).

La superflcie dorsale e in rapporto con lo sclieletro, ma talora, fatta astrazione dall'estremo anteriore, pure con il rene (es. Blen- nius ocellaris L.) ; in vicinanza ai faringei puo essere a contatto con le vene degli arclii branchiali e, piii vicino ancora all'inserzione, con il muscolo adduttore del faringei (es. Fierasfer acus Kp.).

II margine laterale e abbracciato, meno la porzione anteriore e per lunghezza differente, dal rene.

11 margine mediale e in rapporto profondamente con T aorta e talora con un lembo del rene (es. Seriola Bumerilii Risso) e con il margine corrispondente del muscolo dell'altro lato. I due retrattori possono fondersi per una certa estensione o cranialmente (es. Tri- gla corax Bp.) o caudalmente (es. Lophius parvipeymis Cuv.) oppure in totalita, avendosi allora, come vedemmo, un muscolo unico ed imparl. In tal case 1' aorta giace profondamente, scorrendo in un canale fibrose aderente ai corpi vertebrafl.

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Oltre a questa fiisione che si manifesta come carattere fisso nelle singole specie e non e dovuta ad un semplice addossamento reciproco delle fibre, ma ad un incrociamento di fascetti musc<^lari e aponevrotici in corrispondenza della linea mediana, ho spesso no- tato come varieta, nel caso di muscoli totalmente separati, dei fa- sci i quali, staccandosi dal margine mediale di un muscolo in vi- cinanza all' estremo distale, incrociano obliquamente la linea me- diana passando ventralmente all' aorta e si fondono con il muscolo del lato opposto in prossimita all'esfcremo orale di questo.

L'inserzione spinale o inserzione fissa puo spingersi caudal- mente sine alia sesta vertebra (es. Belone acus Risso ; Merluccius vulgaris Flem.) ; puo aver luogo in corrispondenza di uno o piii me- tameri e in ciascuno di questi in tre regioni distinte. Anzitutto alia superficie ventro-latorale del corpo della vertebra (es. Lophius) ; se- condariamente al margine ventrale della parapoflsi (es. MuUus bar- batus L.) ; oltre a cio al margine anteriore delle coste vicino al lore estremo mediale (es. Belone ac). L'inserzione ha spesso luogo, per ogni singola sede, con una digitazione distinta che si mantiene auto- noma per un tratto piir o meno lungo.

L'inserzione alle ossa faringee superior! corrisponde o al lab- bro dorsale del margine postero-interno o alia superficie dorsale di esse. Si verifica in via generale il fatto che, quando I'ultimo farin- geo e bene sviluppato, ahora il muscolo s'inserisce a questo o in corrispondenza del margine posteriore (es. Crenilabrus) o della fac- cia superiore (es. Uranoscojnis sc). Se 1' ultimo osso faringeo e pic- colo e spostato all'esterno, l'inserzione ha luogo al penultimo (es. Brama Raji Schn.). II muscolo puo finalmente inserirsi ad ambedue i detti faringei (es. Perca fluviatilis L., contrariamente alle osser- vazioni degli Aa.), non pero con digitazioni distinte. Non ho mai veduto l'inserzione estesa sine al prime faringeo superiore.

L'attacco vuoi spinale, vuoi branchiale, avviene per cortissime fibre tendinee, le quali si prolungano talora a rivestire per un certo tratto la superficie del muscolo : qualche volta pero ha luogo al- I'apparato bi-anchiale per mezzo di un robusto tendine (es. Coris julis Gthr. ; Uranoscopus sc).

II muscolo retrattore dei faringei in parecchie specie fa difetto. Tale mancanza ho trovato, ad esempio, nei murenoidi {Anguilla vul- garis Turt.; Conger vulgaris Cuv.) ove lo scheletro branchiale e molto sottile e le ossa faringee superiori poco sviluppate.

Per quanto conceme finalmente il muscolo descritto dal Votter nei ciprinidi, esse deve ritenersi (pare ne convenga in parte anche

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I'A. nelle conclusioni) come una formazione diversa dal sottoverte- bro-faringeo ed affirie piuttosto al sistema dei muscoli trasversi. II Cunningham (') infatti descrive nella sogliola, oltre al retrattore, un nmscolo branchiale in rapporto con il processo del basioccipitale.

Riguardo all'innervazione ho trovato che il retrattore, nelle spe- cie dove e un po' esteso caudalmente (es. Belone ac; Scorpaena), ri- ce ve ancora filamenti nervosi derivanti dah'anastomosi longitudinale formata dai primi nervi spinah e decorrente al di sopra del muscolo di flanco alle vertebre.

Lo sviluppo del retrattore, studiato nella specie Belone acus Risso, dimostra come il muscolo sia da principio confuso con la superficie mediale dei primi miotomi spinah in vicinanza al loro margine ventrale e a liveho deha superficie inferiore deha corda ; e molto probabile una compartecipazione di miotomi cefahci in corri- spondenza dell'estremo craniale dell'abbozzo.

II subspinous invece si sviluppa, secondo il Dohrn f), dai mio- tomi anteriori deU' ipoglosso, ma e dubbio 1' intervento dei poste- riori del vago.

A poco a poco le gemme muscolari del retrattore si recano latero-ventralmente alia corda, insinuandosi tra questa e il rene ce- fahco, lateralmente ah'aorta e dorsalmente aH'intestino. Tale mi- grazione e tanto piu accentuata quanto piii si precede cranialmente, sine in corrispondenza dell'abbozzo dell'apparato branchiale.

Yodiamo quindi come i muscoh retrattori non siano in origine che una porzione del segmento ipaxonico del grande muscolo late- rale e come solo in istadi piii avanzati e in rapporto con lo svi- luppo dell'apparato branchiale si rendano autonomi entrando in re- lazione con quest'ultimo.

II Fiirb ringer (^), che afferma non aver trovato nei teleostei del pari che nei ganoidi traccia di musculatura spinale epibranchiale, ritiene il suhspinalis dei selacei omologo al muscolo longus colli dei vertebrati superiori.

(') Loc. cit.

(*) Dohrn A. Studien zur Urgeschichte des Wirbelthierkorpers. Mittheil. a. d. zool. Station 2u Neapel, Sechster Band, iS86 Zur Phylogenese des Wirbelthierauges, pag. 445-6. Neunter Band iSS9-9i. Neue Grundlagen zur Beurtbeilung der Metamerie des Kopfes, pag. 355.

(') FUrbi'inger M. Ueber die spino-occipitalen Nerven der Selachier und Holocephalen und ^hre vergleichende Morphologie. Festschr. zum 70ten Geburtstag v. C. Gegenbattr. Driller Band. Leipzig, 1897, pag. 468 e 572.

124

Vedemmo d'altro lato la omologia proposta dal Vetter e sta- bilita dall'Allis tra retractor e subspinalis.

Ammesse esatte tali asserzioni, si ha come necessaria conclu- sione la omologia del muscolo retrattore dei faringei con il lungo- del collo.

In verita, se puo ammettersi die un muscolo in rapporto nei vertebrati inferior! con I'apparato branchiale possa adattarsi nei su- periori a muscolo esclusivamente dello scheletro assiale, osservo che la sede, I'innervazione e la primitiva disposizione embrionaria non costituirebbero argomenti confcrari alia supposta omologia.

ISTon intendo pero con questo di confermarla in alcun mode, ma di esporre semplicemente il mio giudizio su tale questione. Se da alcune ricerche, cui sto ora attendendo, intorno alio sviluppo dei muscoli cervicali e dorsali negli amnioti, potro trarre argomenti ulteriori per chiarire la questione, non manchero di riprenderla.

CosiMO Uhbkubini, AMMINISTKATORE-KEJsPONSABILE.

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Monitore Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DAI DOTTORI

GIULIO CHIARUGI EU6ENI0 FICALBI

Prof, di Anatomia umana Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nel R. Istituto di Studi Super, in Kirenze nella R. Uuivwsita di Padova

Ufficio di Direzione ed Amtninistrazioue : Istituto An.atomico, Firenze. 12 numeri all' anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, G-iugno 190S N. 6

SOMMARIO : Biblioguapia. Pag. 125-127.

SuNTi E Riviste: A-Scoli C, II meccanesirao di formazione della mucosa gastrica uraana. Pag. 127 128.

CoMUNiCAZiONi ORiGiNALi : Livini F., A proposito di una classificazione delle ghiandole. Replica al Prof. G. Paladino. Vastarini-Cresi Gr., Comunicazioni dii-ette tra le arterie e le vene (anastomosi artero-venose) nei inammiferi. G-iacomini E., Contributo alia conosceiiza delle capsule surrenali nei Ciclostomi Sulle capsule surrenali del Petrorai- zonti. ^Con tav. II-III). Pag. 129-162.

NOTA BIBLIOGRAFICA. Pag; 163.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

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- 127 -

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7. MiRIAPODI.

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Ugustica sc. nat, An. 12, Vol. 12. Genova, tip. Ciminago 1901.

8. Insetti o Esapodi.

I) Ditteri e Afanitteri.

Grassi B. Studi di uno Zoologo sulla malaria. Seconda ediz. notevolmente accresciuta, con 21 figg. e 8 tav. Vedi in questo N. a: Protozoi.

XI. Ediinodermi.

Bather F. A. Che cosa e un echinoderma? Con note di Achille Russo. Torino, G. B. Paravia edit., pp. 31, 1.902.

XII. Molluschi.

1. Parte genbrale. Bellardi L. I inolluschi dei terreni terziarii del Piemonte e della Liguria, descritti dal D."" Federico Sacco. Parte XXIX. Torino. C. Clausen edit., pp. 216, 1901. Con 29 tav.

3. Gasteropodi

(PrOSOBIIANCHI. EtBROPODI. QPISTOBRANCHI. PfEROPODI. POLMONATi).

Mazzarelli Gr. Note biologiche sugli Opistobranchi del Golfo di Napoli. J'arte I'' : Teotibranclii. Atti Soc. ital. Sc. ?tat. e Museo civ. St. nat. Milano, Vol. 40, Fasc. 4, pp. 291-314. Milano 1902.

6. Cefalopodi. Ficalbi E. Dovatop.His vermicularis larva di Chiroteuthis Veranyi. Monit. zool. ital. An. 13, N. 2, pp. 37-39. Firenze 1902.

SUNTI E RIVISTE

C. Ascoli. II meccanesimo di formazione della mucosa gastrica umana.

Arch. Scienze mediche. Vol. XXV, N. 12. Torino 1901.

II materiale scelto per questo studio fu limitato esclusivamente all'uomo; furono esaminati embrioni e feti da 2 mesi e mezzo fino alia nascita, inoltre iiumerosi bambini ed adulti di varie eta. L'A. divide il processo istogenetico della mucosa gastrica in 3 periodi a ciascuno dei quali egli dedica un capi- tolo.

Nel periodo egli comprende la comparsa degli abbozzi delle ghiandole, la quale piecede la differenziazione degli elementi ghiandolari e ne e indi- pendente. La mucosa del fondo al principio di questo periodo e costituita da un epitelio cilindrico stratificato, il quale ben presto si trasforma in cilin-

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drico semplice ; e questo e attribuito dall'A. alia scarsa sua proliferazione in confronto all'aumento del coanettivo, per cui le cellule degli strati superiori vanno gradatamente adagiaudosi sul raesenchima : per la nuova architettura deU'epitelio le sue condizioni di nutrizione divengouo migliori e la sua capa- city proliferativa aumenta ; ed in questa 2^ fase il suo accrescimento supera quelle del connettivo, per cui essendo i due tessuti intimamente aderenti, ha kiogo un' iuvaginazione deU'epitelio nel connettivo, tavorita in special modo dalla scarsa consistenza di quest'ultimo. L'asse della scissione delie cellule e parallelo alia superficie del connettivo, e le raitosi sono localizzate esclusiva- mente alia porzione piu profonda dei gerraogli epiteliali, rappresentanti gli abbozzi delle ghiandole.

II 2" periodo, o periodo del dififei-enziamento specifico, s' inizia soltanto dopoche lo schema della mucosa gastrica e delineato, ed e visibile, g\k in feti al 3" mese, negli elementi piu profondi di alcuui abbozzi ghiandolari, i quali aumentano alquanto di volume e si colorano piu intensamente delle cellule vicine con alcuni colori (cellule priucipali). In feti al mese, in al- cune cellule che costituiscoiio le rilevatezze della mucosa, delimitanti le fos- sette, s' inizia la differenziazione mucipara, caratterizzata non dalla reazione specifica della mucina, che non si puo ottenere anoora in questo stadio, ma da una zona a calice tinta piu delicataraente all'apice della cellula. Nel feto al 5" mese le cellule mucipare danno la reazione specifica.

Le cellule delomorfe od aggiunte si differenziano in feti di 5 mesi e mezzo sotto forma di elementi grandi, granulosi e tingibili soltanto nella zona perinucleare.

La mucosa pilorica e per un breve periodo arretrata nello sviluppo in confronto alia mucosa del tondo, ma ben presto la supera cosicche nel feto al 3f- mese lo spessore della mucosa e maggiore che nel fondo, le cellule diflfe- renziate in mucipare piu numerose ; queste ultime invadono a poco a poco col progredire dello sviluppo tutti gli elementi dei tubuli, cosicche nel feto a termine questi appaiono quasi esclusivamente costituiti da elementi mucipari ; molti Aa., scambiando i tubuli tappezzati da cellule mucipare per ghiandole, afPerraarono che la differenziazione di queste si compie precocemente nella regioue pilorica, ma questo e decisamente iuesatto, secondo I'Ascoli; le ghian- dole piloriche si differenziano solo dopo il 4" mese di vita intrauteriua, sotto forma di un cumulo di cellule tingibili coireosina, il quale appare al fondo di alcuni tubuli.

Le figure cariocinetiche hanno, com'e ben naturale, in tutte le ghiandole una sede determinata al limite fra cellule ditterenziate ed indifierenti (centro germiuativo).

Le cellule delomorfe si moltiplicano esse pure per mito.si ; e simultanea- mente alia loro comparsa si presenta uno speciale focolaio di proliferazione all'estremo inferiore dei tubuli. Alia nascita i vari centri germinativi di una ghiandola vengono a contatto fra loro.

Nel 3'J periodo o periodo successive alia differenziazione, il fatto che me- rita maggiore attenzione e la formazione dei tubuli composti, la quale av- viene secondo I'A, per estrofiessione dapprima del fondo cieco dei tubuli pri- mitivi, cioe per iuvaginazione del loro epitelio entro il connettivo ; in un pe- riodo successivo dello sviluppo i tubuli secondari si formano dal colletto delle ghiandole ; questo spostamento e dall'A. attribuito alia differenziazione ghian- dolare, col procedere della quale si sposta verso I'alto la sede della prolife- razione, da cui partono i nuovi germogli cellulari.

In un aliro capitolo sono trattate di sfuggita alcune quostioni relative alia specificita delle cellule, alle cellule di Nussbaum, alia rigenerazione della mucosa, sulle quali non aveiido esse che un rapporto molto iudiretto coU'isto- genesi, tralasciero di riferire.

La formazione di nuove fossette sarebbe sempre secondaria alia forma- zione dei tubuli, di cui essa rappresenta una conseguenza diretta.

G. Levi.

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COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITUTO ANATOMICO DI FIRENZE, DIEETTO DAL PKOF. a. CHIARUGI,

DOTT. F. LIVINI

A proposito di una classificazione delle ghiandole.

Replica al Prop. G. PALADINO

Ricevuta il 10 Maggio 1902.

£; vietata la riproduzione.

II prof. Paladino si e compiaciuto rispondere (') alle osserva- zioni ch' io affacciai C) intorno alia nuova classificazione delle ghian- dole da lui proposta (^), e ne sono veramente lusingato. Duolmi pero, anche dopo le sue piu ample dilucidazioni, di non poter con lui convenire, poiche queste non hanno menomamente scosso i miei convinciinenti. Keplichero colla maggior brevita possibile, prendendo in esame uno ad uno i punti oggebto di discussione.

1. A proposito delle ghiandole miste, delle quali sarebbe solo rapprosentante il timo, date e non concesso, dice Paladino, clie gli elementi linfoidi di quest'organo derivino da trasformazione del primitivi elemenfci epiteliali, non c' e ragione per negare la base al gruppo delle ghiandole enisle, poiche, nel case in esame, non si tratta deH'origine dei costituenti il timo, sibbene del lore carattere e della concorrenza lore alia costituzione di esse.

Ecco ora quanto a tale riguardo egii scriveva nella sua prima nota ed ha trascritto nella seconda : " D'altra parte non deve tra- scurarsi di considerare che I'enchima o il parenchima glandolare ha diversa derivazione e da questo punto di vista -le glandole si divi- dono nel gruppo di quelle a fondo archiblastico (tutte le predette a base epitehale) e nel gruppo di quelle a fondo parablastico (tutte le

(I) Paladino G. In difesa della nuova classiricazione delle glandole da me proposta. Os- servazioni alle considerazioni del dott. V. Livini. Monit. zool. ital.. An. 13, N. 4, pp. 19-83. Firenze 1902.

(^) Livini F. A proposito di una nuova classificazione delle ghiandole proposta dal prof. G. Paladino. Con 2 figure. Monit. zool. ital., An. 13, N. 2, pp. 41-47. Firenze 1902.

(^) Paladino G. Per una migliore classificazione delle glandole: nota. Estr. di pp. 5 d. Rendic. Accad. sc. fis. e uialeni. Napoli, adunanza 6 Luglio 1901, Fasc. 7. Napoli 1901.

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glandole linfatiehe e le ernatopoietiche). Glandola intermedia poi tra I'uno e I'altro gruppo e il timo, il quale s'inizia con propaggini epi- teliali degli archi brancJdali e si svolge e si compleia con Vaggiun- gersi in prevalente misura dell'elemento parahlastico o meseyichima- toso „.

Evidentemente qui Paladino si riferisce alia origine degli ele- menti del timo, e apparisce chiaro che egli accetta I'opinione di co- lore clie sostengono la immigrazione iieH'organo di olementi linfoidi provenienti dal mesenchima ; e quindi a proposito die io ho richia- mato le ricerche di Beard (') sulla diretta trasformazione delle cellule epiteliali primitive in cellule linfoidi, trasformazione ammessa, mi place notarlo, non da Beard unicamente, ma da altri autorevoli, quali Kolliker {% Prenant {\ 0. Schultze (% Maurer {% Nu- sbaum e Prymak {^).

Ma se noi vogiiamo seguire Paladino nella sua seconda ver- sione e non tener conto dell'origine degli elementi linfoidi del timo, dall'ammettere che quest'organo sia una ghiandola mista altre consi- (lerazioni ci trattengono. Per Paladino rappresenterebhero nel timo I'elemento archiblastico 0 i corpuscoh di Hassal. Ora questi non sono formazioni costanti : cosi mancano, secondo Beard (^), nel timo della Boja^ e Maurer (^) asserisce di non averh mai osservati negli Urodeli da lui presi in esame. Ma c'e di piii. Se v'ha chi am- mette che questi corpuscoli sieno il resto delle cellule epiteliali delle quah il timo resultava primitivamente costituito, altri vi sono che negano assolutamente ad essi la natura epiteliale. Gia A f anas- si ew {^'^) aveva sostenuto che negii Anfibi e nei Mammiferi i corpu- scoli concentrici si sviluppano ^ixW endotelio del caplllari sanguiferi. Recentissimamente I'origine di queste formazioni dalle pareti dei

(') Beard J. Tho source of leucocytes and the true function of the thynius. Anat. An- seiger, Bd. iS, N. 22-23-24. Jena 1900.

(2) Koelliker. Cit. da Beard.

(3) Prenant A. Contribution a I'tilude du d^veloppement organique et histologique dii thymus, de la glande tbyroide et de le,la glande carotidienne. La Ce/hite, T. iO, 1S94.

(■*) Schultze O. Cil. da Beard.

(5) Maurer "". Cit. daNusbaum e Ma>rho-wsM.

(") Nusbauni J. u. Priuiak T. Zur Entwicklung del* lymphoiden Elemente der Thymus der Knochenfische. Anal. Anzeiger, lid. I'J, N. 1. Jena l!>01.

(') Mi servo qui delle parole aicJiib'astico e parahlastico, ormai passate in disuso, perch6 ado- perate da Paladino.

(8) Beard. loc. cil.

(9) Maurer F. Sciiilddrllse, Thymus und Kiemenreste der Amphibien. Morpliol. Jahrhuch, Bd. i:i. Leipzig iSSS.

[}") Afanassiew B. Ueber die concentr. Korpor der Thymus —Arch. f. mihr. Analomie, Bd: 14, 1S77. —Id.— Weitere Uutersuch. ftber d. Bau und die Kutwick. d. Thymus etc. der i>au^«- thiere. Ibidem, Bd. 14,iS77. [( 'Halt da Nusbauni e Wachowski).

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capillari e dei piccoli vasi sanguiferi e stata riconosciuta da Pry- mak C) nei Teleostei, da Nusbaum e Machowski f) negli An- fibi. Se questo e vero, dato e non concesso che il timo sia da consi- derare come una ghiandola, esso non sarebbe una ghiandola mista; e poiche, secondo Paiadino, del grappo delle ghiandole miste e solo rappresentaute il timo, logicamente questo gruppo non ha ragione di sussistere,

2. Eccomi al 11° gruppo, quelle delle ghiandole a fondo parahla- stico.

Da quanto Paiadino scrive a tale riguardo, questo apparisce evidente, che egh pone a base della sua classificazione il concetto fisiologico, non facendo alcun conto del concetto anatomico. Egli dice infatti fra le altre cose: " La ghiandola e un organo di lavoro il cui prodotto morfologico o chimico viene ad essere versato o diretta- mente nolle cavitii del corpo ecc, o direttamente nel sangue, e la sua costituzione puo avere a base o I'epitelio o il tessuto linfogeno „.

Qui il Paiadino non si accorge di confondere tessuti o organi secretori con organi gJdandolari^ mentre gli uni debbono rimanere dagli altri nettamente distinti : il concetto della secrezione^ infatti, non e necessariamente legato al concetto di organo ghiandolare. Ecco, in riassunto, quanto a tale riguardo scrive Luciani (^) :

" Se per secrezioue si intendesse qualsiasi modiftcazione operata dagli elementi dei tessuti dell'ambiente in cui vivono, sia perche sot- traggono ad esso tutti i materiah di cui hanno bisogno per vivere, sia perche versano in esso tutti i prodotti del loro metabohsmo, e chiaro che a ciascun elemento vivente, come tale, bisognerebbe ri- conoscere un'attivita secre trice „.

Mi fermo un memento su questo primo punto per ricordare che il concetto di considerare come secernenti tutti gh elementi dei tes- suti e state espresso recentemente da Gomez Ocaila (^) nell'ultimo Congresso internazionale di Fisiologia di Torino, con queste parole : " Depuis qu'on admet Texistence de glandes sans canal excreteur

'') Pi-yniak T Cil. da Nnsljauiii c Maoliowski Id. Beitrage zur Kenntnis des feinereu Baues und del- Involution der Thyniusdruse bei den Teieostiern. Mit. 2 Abbild. Anal. Xnzeiger, Bd. 21, N. 6-7. Jena 1902.

(*) Nusbaum J. n. Machowski J. Die Bildung der concentrischen Kiirpei-chen und die pliagocytotisclien Vorgange bei der Involution der Aiuphjbienthym js nebst einige Beiiierkungeu iiber die Kienienreste und Epitl^elkorpcr der Ainphibieo. Mit 5 Abbildungen. Anal. A7xzeiger, Bd. 21, N. 3-4, pp. 110-127 Jena 1902.

(') Luciani L. Fisiologia deli'uorao. Milano, soc. editrice libra*-ia 1901-

i*) Gomez Ocana. Sur les secretions internes des glandes avec et sans canal excrt5teur et nieiiie des organes non glandulaires. C. H. du 5 Congrbs internal, de Physiologie : Arch, ilal, Biologie, Tome 36, Fasc. 1, pp. 43-44. Turin 1901.

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nniquemeut parce qu'elles modifient la composition du sang avec los produits de son metabolisme, on no pent plus refuser la fon- ction secretrice aux autres tissus, y compris le nerveux „. E se si convenisse nell' intendere in senso cosi largo questo concetto di secrezione, vede il Paladin o dove egli sarebbe condotto? Ad esten- dere tan to il concetto di ghiandola da dover considerare come tale ogni organo.

Ma questo concetto di secrezione va, secondo Luciani, assunto in un senso piii ristretto emeglio determinato; egli infatti, cosi continua: Noi non diciamo secretori gli elementi die compongono i tessuti ner- voso e muscolare, mentre chiamiamo secretori gli elementi istologici clie concorrono attivamente alia formazione e alia depurazione della linfa e del sangue, e specialmente gli epitelii clei tessuti ed organi glan- dolari. La differenza di attribute generalmente riconosciuta ai due or- dini di elementi sta in cio : nei primi lo scambio di material! coll'am- biente (rappresentato dalla linfa e dal sangue) e mezzo e condizione per lo svolgimento di altre energie ; nei secondi in voce, che si dicono secretori, detto scambio rappresenta e costituisce la loro propria funzione ed assume per conseguenza maggiore intensita e caratteri pill spiccati e speciali. Da questo punto di vista, il concetto fisiologico di secrezione e affazto indipendente dal concetto morfologico di glandola. I tessuti ed organi linfoidi o adenoidi .... possono dirsi e sono ve- ramente tessuti ed organi secretori . . . . ; mentre per glandola, nei senso piii lato, si intende un complesso di cellule epiteliali secretrici. . . .

II succo dei riferiti ragionamenti e questo, che il processo di se- crezione non e esclusivo delle ghiandole, ma puo avvenire in altri tes- suti ed organi non ghiandolari, e cio che ci permette di separare net- tamente gli organi secernenti ghiandolari dagli organi secernenti non ghiandolari e precisamente il concetto anatomico. Estendendo per- tanto, come vorrebbe Paladino, il nome di ghiandole agU organi lin- foidi, in quanto funzionalmente posson considerarsi come organi secre- tori, vorrebbe dire riadottare un sisiema ormai giustamente abbando- nato in anatomia, quelle della comparazione degli organi secondo la corrispondenza nei significato funzionale (analogia). E in base a questa che dai vecchi Zoologhi vennero introdottc denominazioni sinonimi- che tra organi che si corrispondono dal punto di vista funzionale, per nulla dal punto di vista morfologico {all di ima farfalla, ali di un uccello ; branchie di un pesce, branchie di un crostaceo). Ma questa corrispondenza funzionale, come giustamente fa osservare Ficalbi ('), nulla ci dice sul significato vero, fondamentale di un

(•) Ficalbi E. Zoologia generaJe, -^ Firenze. succesaori Le Mounter, 1SV5.

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organo considerato nella serie organizzaba, la stessa funzione potendo risiedere in parti affatto diverse, ed e invece la corrispondenza mor- fologica che ci addita il sigiiiflcato formale degli organi ; per questo la moderna scienza ha abbandonato il metodo analogico pex seguire quelle morfologico. G-li effetti dannosi poi che da un punto di vista pratico posson derivare daUa comparazione degli organi sulla sola base dell'analogia appaiono evidenti, se si riflette che gli inesperti possono essere condotti a credere che organi sinonimi che si corri- spondono funzionalmente si conispondano anche morfologicamente, cio che puo non essere, e questo e proprio il case degh organi se- cernent! ghiandolari (ghiandole) e degli organi secernenti non ghian- dolari (organi linfoidi).

In base a queste considerazioni, a ragione, mi sernbra, io scri- vevo, e ripeto ora, che devesi rigettare la nuova classificazione delle ghiandole del Paladin o, poiche essa ha per base il solo criterio fisiologico che e insufflciente ; e che, accettandola, altro resultato non si otterrebbe che portar confasione dove non c' e.

3. Nella ultima parte della sua risposta il prof. Paladin o, pur non contestando il valore di ghiandole a tipo sporgente e di superfi- cie hscie ghiandolari alle formazioni da me descritte in Lacerta re- spettivamente in Anguis fragilis ('), cerca di giustificare gli esempi da lui aho stesso riguardo riferiti.

a) Per quanto si riferisce ai villi intestinal!, esposi gia per quah ragioni non si possono considerare come ghiandole se si vuol rite- nerli come tah in quanto I'epiteho che h riveste contiene, fra le altre, cellule mucose, che in allora dovrebbesi attribuire lo stesso valore a tutte le superficie epiteliah nolle quah fra le comuni cel- lule sono intercalate cellule mucose, e dove cio condurrebbe ognuno intende.

11 rimprovero poi che Paladin o mi muove di aver io atteso i lavori di Mingazzini per apprendere la funzione di secrezione interna esercitata dai villi intestinal! non mi sembra giusta. Ho richiamato le ricerche del Mingazzini (■) perche esso ha contri-

(') Relativamente alle figure illustrative della niia prdcedente Nota, il prof. Paladino ha capito benissinio, data la ioi'o natura, che esse dovevano soltaoto servire a dare idea della archittet- tiira generale della trachea, non dimostrare la minuta struttura degli elementi, e non poteva quindi da esse apparire la natura ghiandolare rlelle cellule epiteliali corrispondenti ai segmenti interannlari.

(2) Mingazzini P. Cam^iamenti morfologici dell'epitelio intestinale durante rassorbimento delle sostanze alimentari. Rendic. Accad. Lincei, Vol. 9, sem. 1. —Id.— Id. Nota II. —Ricerche fatle nel Lahorat. anal. norm. Univ. Roma ed in altri Labor. b-oL, Vol. S, Fasc. I. Id. La secrezione interna nell'assorbimento intestinale. Ibidem, Vol. 8, Fasc. 2.

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buito nel miglior modo a chiarire, con la dimostrazione citologica, il lavorio secretive clie lia luogo negli element! epiteliali che tappez- zano i villi.

Perche poi questa funzione di secrezione interna dei villi sia da paragonare alia secrezione interna sopratutto del fegato, come si espri- me Paladino, davvero non si arriva ad intendere. Se i villi intestinali sono da considerare come ghiandole a secrezione interna, devesi riconoscere che funzionalmente essi differiscono da tutte le altre ghiandole per questo, che essi assumono i materiah da una superfi- cie libera e h riversano nel torrente sanguigno : ha luogo cioe una corrente in direzione opposta a quella che i materiali seguono nelle ghiandole a secrezione esterna; mentre in tutte le altre ghiandole a secrezione interna (tiroide, paratiroidi.,.) le cellule ghiandolari dal sangue assumono i materiali e nel sangue direttamente o indiret- tamente li riversano. Ora, ch'io mi sappia, la funzione del fegato, in quanto questo e ghiandola a secrezione interna, e perfettamente paragonabile a quella delle comuni ghiandole di tal gruppo (tiroide, paratiroidi...), non e paragonabile a quella dei villi intestinali.

h) Consideriamo le capsule sinoviah. Se il prof. Paladino vorra leggere il lavoro del Banchi C) (lavoro del quale egh dice di ignorare la data di pubblicazione, ma che gli sarebbe state agevole conoscere, fra Taltro perche io ho citato il lavoro nella mia precedente nota), acquistera la convinzione che le piii vecchie opinioni intorno alia struttura delle sinoviali, ed in particolare sul supposto loro ri- vestimento, erano, contrariamente a cio che egli afferma, tutt'altro che in accordo; che concordi invece sono le piii recenti, sostenute dal- I'Hueter C^), Hagen-Torn (^), Hammar ('), Banchi nel negare un rivestimento endoteliale o epitehale alia superficie di esse sinoviali.

Paladino pero porta un contribute personale nella questione. Egh ha constatato che queste sinoviali e sopratutto le villosita di quella del ginocchio, della articolazione scapolo-omerale ecc. sono rivestite di epitelio o endotelio qua e Id perflno a piic strati. Come si vede, il Paladino non sa decidersi se dare I'appellativo di en- dotelio 0 invece quelle di epitelio al rivestimento da lui veduto. Qual sia il sue pensiero in proposito ha pero manifestato chiaramente,

(*) Banchi A. Coatributo alia conoscenza dell'origine della sinovia. Lo Sperimentale {Arch, di Biologia norm, e patol J. An. .jj, Fuse. 2, pp. 27:i--?<>o. Firenze 1901.

(2) Hueter. Zur Histologie der Gelenkflachen uod Gelenkkapseln. Virchow's Arch., Bd. 36, 1S06.

(') Hagen-Torn. Entwick. u. Bau der Synovialmembranen. Are/t. f. rmhrosk. Anal., Bd. 21, 1882.

(') Hammar A. Debar den feineren Bau der Gelenke. Arch, fur mthrosli. Anat.^ Bd. 43, 1894.

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dal momento che ha posto le sinoviali nel gruppo delle ghiandole a base epiteliale. Ma egli sa benissimo che, data la origine delle sino- viah, non e il case di parlare di epitelio. D'altra parte daH'ammet- tere un rivestimento endoteliale sta contro il fatto che si e oggi- giorno concordi nel considerare I'endoteUo come un tessuto che per la forma, disposizione... degli elementi e in tutto simile ad un epi- telio pavimentoso semplice, diversiflcando i due tessuti uno dall'altro soltanto per la differente origine.

La particolare disposizione che Paladin o ha intraveduto dipende, come spiega il Banchi C), da cio: che gli elementi connettivah sono fittissimi alia superficie libera delle sinoviali, ed ora disposti in fila, uno accanto all'altro, ora invece accumulati in mode da simulare qua un epitelio semphce, la un epitelio composto.

Le ricerche del Paladino sulle capsule sinoviali non infirmano dunque affatto i dati di Hammar, Banchi....

Che poi io appigliandomi ai dati di questi ultimi, abbia, come dice Paladino, gettato a mare tutta la mia contraria disposizione ad ammettere il lavorio gliiandolare all' infuori delVepitelio e cosa che non si puo sostenere: Paladino aveva ascritto le capsule sinoviali al gruppo delle ghiandole a base epiteliale, ammettendo necessaria- mente alia superficie di quelle un rivestimento epitehale; I'avere io rilevato che un epiteho non puo assolutamente esistere portava, come conseguenza logica, alia esclusione delle sinoviali dal gruppo del- le ghiandole, ed era quindi perfettamente inutile insistere di piu sul- I'argomento.

c) Un ultimo punto mi rimane da prendere in esame. Pala- dino insiste nel voler considerare I'ovaia come una ghiandola, ed am- mette che I'uovo rappresenti " un prodotto di elahoi^azione morfologica della stessa son sue parole. Nel ripudiare ch' io faccio questa ma- niera di vedere, mi sembra superfluo 1' indugiarmi a riferire le gravi obiezioni che dal punto di vista morfologico si possono affacciare in contrario. Mi hmitero a indicarne una che ritengo decisiva, que- sta : r novo non puo esser considerate come il prodotto di elabora- zione della ovaia, dappoiche si e riconosciuto come esse, in alcune forme, si differenzi in periodi precocissimi deho sviluppo, quando non si puo davvero ancora parlare di ovaia. E ricordero all'uopo, fra le altre, le ricerche di Eigenmann ('), secondo le quah, in Cymatoga- ster, la differenziazione delle cellule sessuah e gia constatabile alio

(') Banchi A loc. cit.

(-) Eiyenmann C. H. Sex-D.tierentiation in the viviparous Teleost Cymatogaster. Arch. f. Entivickelwigsiaechanik d. Organism en, Bd. 4, H. I. Luipztg. 1S97.

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staclio cli 32 blastomeri. " The sex-cells are segregated very early, before any protovertebrae are forired. ludging from their size they are segmentation cells of the 5th generation or thereabout „.

Queste le mie osservazioni, fatte senza preoccupazione di sorta e non certaaiente per la smania di polemizzare, ma sulla scorta di dati di fatto attendibili e col solo obiettivo della ricerca del vero. E questa la concliisione : che nulla ho da modificare di quanto ebbi a scrivere neUa mia prece'dente nota a riguardo della classificazione delle ghiandole proposta dal Paladino, e che percio non solo non posso, com'esso ama sperare, farmi suo alleato nel divulgare quelle idee che egli ritiene le migliori sulla classificazione degli organi ghian- dolari, ma che anzi ad esse mi dichiaro recisamente avverso.

B. ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA NORMAl.E DI NAPOLI DIEBTTO DAL PROF. GIOVANNI ANTONELLI

Comunicazioni dirette tra le arterie e le vene (anastomosi artero-venose)

nei mammiferi.

Nota prelim inare

DKL DoTT. GIOVANNI VASTAllINI-CEESI, coadiutoke.

Kicevuto il 17 Maj:gio 1902.

ft vietata la riproduzione

Dope che il Malpighi, nel 1661, ebbe data, sul polmone tras- parente della rana viva, la dimostrazione del sistema capillare, si ritenne universalmente che questo sistema di esihssimi tubi fosse sempre 1' intermediario obbligatorio tra le arterie e le vene; ne, a scuotere il valore di questa legge generale, valsero i fatti da piii parti addotti di anomalie qua e la riscontrate o di peculiari dispo- sizioni vasah in taluni organi, come la milza, i corpi cavernosi, la placenta, nei quah il sangue dalle arteriole passa direttamente in spazi cavi o lacune di diametro notevolmente superiore a quelle dei comuni capillari. Ma, nel 1860, il Sucquet presentava all'Acca-

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demia Imperiale di Medicina di Parigi una memoria, nella quale an- nunziava di avere scoperto, in varie regioni superflciali del corpo umano, comunicazioni dirette tra le arterie e le vene. Queste comu- nicazioni, alle quali il Sue que t conserva la denominazione di ca- pillari soltanto per conformarsi all'uso, sono in realta piii grandi dei comuni capillari. Questi ultimi, secondo TA., presentano in me- dia un diametro di 7i2o ^i millimetro (=: 8 a circa) ; quelle invece misurano un diametro di V'lo <^i va'^Ti. (:= 100 ;-'•) e sono quindi visibili a debolissimi ingrandimenti. Le regioni del corpo, nelle quali, al dire del Sucquet, abbondano le dette comunicazioni sono: nell'arto superiore : il gomito, le eminenze tenare ed ipotenare, le dita; 2^ nel- l'arto inferiore: il ginocchio, la pianta del piede, le dita; S^ nel capo: le labbra, il naso, i pomelli, le palpebre, la fronte, le orecchie.

Dai risultati delle sue ricerche egii si crede poi autorizzato a trarre alcune conseguenze flsiologiche: negli arti e nel capo vi hanno, secondo lui, clue distinte circolazioni : una, profonda, costante, rego- lare, costituita da piccoli capillari, il lume dei quali lascia appena passare un globule rosso ; attraverso le lore pareti avvengono gli scambi fra gli elementi del sangue ed i tessuti : e questa la circo- lazione nutritiva ; I'altra superficiale, intermittente, irregolare, fatta in prevalenza dai canali artero-venosi e destinata a portar via I'ec- cesso del sangue arterioso che eventualmente possa affluire ad una delle suddette regioni, ed e la circolazione derivativa. Queste due specie di circolazione presentano, secondo lo stesso A., una certa analogia con quanto Claudio Bernard aveva ammesso per alcune giandole, nelle quali il sommo fisiologo francese distingueva una cir- colazione chimica ed una meccanica.

Le ardite conclusioni del Sucquet sollevarono gran rumore, ma la imperfezione del metodo di ricerca da lui adoperato le fecero ac- cogliere con molta diffidenza, Cosi I'Henle nel " Bericht iiber die Fortschritte der Anatomie und Physiologie im Jahre 1862 „, e piii tardi nel suo Manuale di Anatomia umana, crede non dimostrata la esistenza delle comunicazioni immediate artero-venose, ritenendo come indirette le prove che il Sucquet ne fornisce.

Intanto, quasi contemporaneamente al Sucquet, e probabilmente senza conoscerne il lavoro, I'Hyrtl pubblicava, insieme con altre osservazioni anatomiche, un fcdto molto curioso e non privo di in- teresse fisiologico, osservato nella espansione memhranosa deU'ala del pipistrello^ cioe a dire il passaggio immediato del sangue arterioso in un tronco venoso, senza interposizione di capillari. Un tal trovato, secondo I'anatomico tedesco, avrebbe potuto spiegare il fenomeno

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cla molti precedentemente osservato nell'ala stessa del pipistrello, cioe la pulsazione delle vene.

Ma, nello stesso anno 1862, H. Miiller si da a controllare le ri- cerche dell'Hyrtl e giunge a risultati corapletamente negativi. Se- condo lui le apparent! anastomosi fra le arterie e le vene, ad una esatta osservazione, si rivelano sempre come incrociamenti dei vasi stessi strettamente accollati. Per quanto poi riguarda la pulsazione delle vene, che ancli' egli ha potuto vedere, essa non e punto sin- cronica con la pulsazione delle arterie, e va quindi diversamente in- terpetrata. Tuttavia il Miiller esita a pronunziare un giudizio de- finitive suir importante quistione, che si augura di veder risoluta da altii ricercatori.

Poco dopo infatti (1867) G. Arnold pubblica il suo celebre la- voro sui glomeruli caudali dei mammiferi, e stabilisce la omologia tra queste formazioni vascolari e quelle simighanti deha glandola coccigea dell'uomo (glomeruli coccigei). Ora, esaminando al microsco- pio siffatti gomitoli, I'Arnold v'incontra frequentemente comunica- zioni dirette tra le arterie e le vene. Tuttavia non pare che ad un tale reperto egli attribuisca una grande iraportanza, e si direbbe cho a lui sieno ignote le ricerche e le dispute anteriori sull'argo- mento. Ad ogni mode le osservazioni di questo eminente anatomico, specialmente per quanto si riferisce alia struttura dei vasi in que- stione nei detti giomeruh, sono di un'esattezza veramente ammirevole.

Dopo deH'Arnold molti ancora furono quelli che riferirono os- servazioni di anastomosi dirette tra le arterie e le vene in varie regioni dei corpo ed in differenti animali.

Ma quegli che di proposito studio nuovamente la questione fu I'Hoyer (seniore) di Varsavia, con uni serie di accuratissime ricer- che, pubblicate tra il 1872 e il 1877. Servendosi di metodi perfezio- nati d'indagine, I'A., tanto per via indiretta, quanto mediante il mi- croscopio, pote dimostrare nel conigho, nel cane, nel gatto, nella cavia e nell' uomo comunicazioni immediate tra le arterie e le vene, senza interposizione di capillari. Siffatte comunicazioni egli vide prima di tutto e nel mode piii manifesto nell'orecchio del conigho, ma le ritrovo poi in parecchie parti del corpo deho stesso e degh altri animaU sopramenzionati.

I lavori deirHoyer segnano, rispetto ai precedenti, un note- vole progresso, in quanto egh pote dimostrare direttamente al mi- croscopio i canali anastomotici e, quel che e piii, studiarne anche la costituzione istologica, alia conoscenza della quale nulla aggiun- sero le ricerche degli anatomici posteriori. Questi infatti o si limi-

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tarono a confermare quanto gia I'Hoyer aveva osservato (F. Ber- linerblau, Bourceret, Mouret) o a segnalare la esistenza delle ripetute comunicazioni in nuovi organi, quali : la dura madre (M i- chel, Langer), la capsula propria del rene (G-eberg), il parenchima renale (Grolubew), la pia madre (Testut), ecc. I dati istologici del- THoyer sono oggi generalmente accettati da quelli che ammettono la reale esistenza delle anastomosi dirette fra le arterie e le vene. Poiche, bisogna pur dirlo, di fronte ai sostenitori di sitfatte anasto- mosi vi sono autorevoli scrittori i quali le negano recisamente (Sappey, Duval), o trascurano di parlarne (Ranvier, Renaut).

I vasi descritti dall'Hoyer coi caratteri istologici cti'egli ad essi attribuisce sarebbero formazioni cos tan ti e normali, che avrebbero la doppia funzione di ccmali derivativi^ secondo il concetto gia espres- so dal Sue que t, e di regolatori della temperattira nelle YSihe legioni deir organismo.

Ma accanto a questi canali costanti, e di diametro relativa- mente esiguo (mm. 0,010 0,060), altri ne furono descritti (Win slow, Tschaussow, Gerard, Debierre, ecc.) incostanti, molto piii volu- minosi (mm. 0,3 0,4) e visibili ad occhio nudo, sul significato del quali non vi ha ancora pieno accordo fra gh autori.

In un lavoro di revisione e di controllo quale e quelle che gia da piu di un anno ho intrapreso, sul tema, " Comunicazioni dirette fra le arterie e le vene „, ho creduto mio prime compito dover es- sere quelle di accertare la reale esistenza delle comunicazioni sud- dette, e di studiarne poi eventualmente la costituzione istologica. E quelle appunto che ho fatto e devo dire che le lunghe e pazienti indagini furono coronate da risultati abbastanza soddisfacenti.

Riserbandomi di esporre minutamente nel mio lavoro complete tutte le particolarita della tecnica da me seguita, ed i reperti otte- nuti nei varii organi dei differenti animah, come anche tutta la bi- bUografla dell'argomento, mi limito per era a riferire concisamente quanto ho potuto osservare nell' orecchio del coniglio^ che scelsi a prime oggetto dehe mie ricerche.

Se, con le norme opportune, dal padighone, iniettato e flssato m formalina, si disseca un lembo del connettivo che riunisce la cute della superficie convessa alia cartilagine, si colora con un colo- rante nucleare, si disidrata, diafanizza e monta in balsamo del

oc. 3\

Canada, anche a un debole ingrandimento (Koristka 00-^73) ®^ ^^'

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mane colpiti dalla nitidezza con la quale, sul fondo chiaro del pre- parato, si veggono i grossi e i piccoli vasi, che, per il lore decorso rettilineo o sinuoso, e per il lore vario volume, come pm'e per lo spessore della parete, gia rivelano la loro rispettiva natura arte- riosa o venosa.

Se ora si segue per un certo tratto il cammino di un'arteria principale, si vedono da questa distaccarsi qua e la ad angolo acuto rami collaterali (di 2^ ordine) e da questi ramoscelli (di ordine) che conservano ancora manifesfci i caratteri di vasi arteriosi. Que- sti ultimi frattanto o si risolvono senz' altro in capillari, ovvero, quel che e piii frequente, tornano a dividersi in due tronchicini di calibre per lo piu eguale, Tuno dei quali si risolve in capillari, mentre F altro, dope un decorso piii o mono tortuoso, va a sboccare direttamente in una vena, che, per direzione e per volume corri- sponde ordinariamente alia branca arteriosa generatrice del ramo- scello di ordine.

Accanto a questa disposizione, che e la piii comune, ve ne hanno altre svariatissime, che per ora tralascio di descrivere, pa- rendomi invece piii opportune il soffermarmi alquanto su le parti- colarita proprie dei ricordati tronchicini anastomotic!.

La hmghezza di questi, calcolata dal pun to di distacco dal ra- moscello generatore, e abbastanza variabile (da mm. 0,2 a mm. 0,8), ma raramente raggiunge il milhmetro.

Quanto al lume e anch' esso variabile non solo secondo i varii campi microscopici, ma, quel che e piu, secondo i varii tratti del vase, e dello state di dilatazione o di restringimento del mede- simo.

Secondo I'Hoyer il lume dei rami arteriosi anastomotici, che, a parer sue, si riempiono sempre piii facilmente dei capillari, dope iniezione di una soluzione acquosa pui'a di azzurro di Prussia (mo- dica dilatazione) misura mm. 0,01 a 0,02; ma, dope iniezione di ni- trate d' argento ammoniacale e forte riempimento con soluzione con- centrata di gelatina, raggiunge mm. 0,03 a 0,06.

Dalle mie osservazioni risulta invece che, le dette anastomosi non sempre si lasciano attraversare dalle iniezioni piii facilmente dei capillari, ma che, variando le condizioni loro, in seguito ai va- rii metodi tecnici adoperati (iniezione di sostanze vasodilatatrici o vasocostrittrici) si possono ottenere risultati diversi, e cioe :

a) riempimento delle arterie, dei vasi anastomotici c delle vene con vacuita dei capillari ;

b) riempimento completo di tutti i vasi;

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c) riempimento delle arterie, dei capillari e delle vene, con vacuita dei vasi anastomotici.

Nel lo e nel caso il lume dei canali si presenta ordinariamente molto ampio, fino a raggiungere la dimensione di 80 ,a ed anche piu.

Nel 30 caso invece il lume stesso si ridnce fino al punto da scomparire del tutto 0 da raggiungere appena i 3 0 4 .a.

Corrispondentemente ed inversamente al lume varia lo spessore delle pareti e la forma dei vasi anastomotici. Nel caso di forte di- latazione, le pareti appaiono piii assottigliate ed e specialmente in questo caso che verso lo sbocco nolle vene essi si dilatano ad im- biito (trichterformig), cio che I'Hoyer ritiene invece come costante. Tale aspetto infatti manca quando essi vasi sono poco 0 punto riem- piti dalla massa d' iniezione, e quando questa e stata spinta con mo- dica pressione.

Ma ancora in altri punti i risultati delle mie osservazioni si discostano da quelli dell' anatomico polacco, specialmente per quanto riguarda la struttura istologica dei canali in questione.

Secondo I'Hoyer le pareti di questi vasi non differiscono di molto per la lore costituzione da quelle delle comuni arteriole : ol- tre air intima e all' avventizia essi possiederebbero una media non molto differente da quella delle arteriole medesime, essendo costi- tuita da uno strato di fibrocellule muscolari disposte circolarmente. Tali caratteristiche essi serberebbero fino al loro sbocco nel tronco venoso.

lo invece, dall'esame attento dei miei preparati, son condotto a distinguere, nella lunghezza totale dei tronchicini anastomotici, tre diverse porzioni ; cioe : un segmento arterioso, un segmento venoso ed un segmento intermedio. Nel P segmento la struttura non dif- ferisce punto da quella del tronco arterioso generatore, poiche non si trova che uno strato di fibre circolari, circondato da rare fibrocellule longitudinalmente disposte. Nel segmento venoso manca un chiaro strato di fibre circolari, mentre e evidentissimo quelle delle fibre longitudinali, che si continua con lo strato longitudinale della vena vicina. A questa disposizione e dovuto certamente I'aspetto ad im- buto che nolle forti dilatazioni assume questo tratto del vaso.

Piu importante tra tutti e il segmento intermedio, che per la sua struttura differisce completamente dagh altri due e dai comuni vasi arteriosi 0 venosi, e la nota differenziale e data dallo enorme spessore della media. Questa risulta infatti di parecchi strati di fi- brocellule muscolari, il piu interne dei quah ha una disposizione nettamente circolare, mentre i piii esterni risultano di fibre che

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gradatamente, dallo interno verso lo esterno, van cambiando direzione fino a divenire longitiidinali. Quesfco tratto del vaso acquista per tal modo i caratteri di un vero bulbo contrattile o sfintere.

Formazioni circumvasali che arieggiano questi bull)i contrattili, ma sulla natura dei quali riserbo il mio giudizio al lavoro complete, ho rinvenuto nel polpastrello delle dita e nel letto imgneale dell'iiomo adulto C).

L'esame per quanto accurate dei varii segment! in rap- porto agli elementi elastici, non mi ha fornito finora dati tanto si- curi da poter venire ad una recisa conclusione ; tuttavia credo di poter affermare che I'elemento elastico, specialmente in corrispon- denza dello sfintere, difetti anziche abbondi.

Un altro fatto che mi sembra degno di rihevo e anch'esso sfuggito fin'ora a tutti gli altri osservatori si e che i tronchi anastomotici sono riccamente provvisti di sottili vasa-vasorum, i quah all' esterno della muscolare formano un' elegante rete a maghe rettangolari ed allungate nel sense dell'asse vasale.

Riguardo alia innervazione le mie indagini ancora incom- plete — non mi permettono pel momento affermazione di sorta.

Qui tralascio del pari ogni considerazione d' indole fisiologica.

(') Queste ultime formazioni sono pressoehti identiche a quelle descritte recentemente dal Gros- ser nelle estremitii flegli arti di alcuni mammiferi e deU'uonio sttjsso, in due iniportanti meniorie, che, grazie alia squisita cortesia doll'A. ho potuto leggere durante la correzione della presente nota (Anatomische Hefte, Bd. XVJJ (19(11); Archiv f. mi/tr. Anat. u. EnlwickL, Ed. 60 (I'JOS).

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GARINblTTO DI ZOOLOGIA ED ANATOMIA COMP\RATA DELLA LIHEUA UNIVEKSITA DI PERUGIA.

Pbof. E. GIACOMINI.

Contribute alia conoscenza delle capsule surrenali nei Ciclostomi

Le Tavole II-III relative al lavoro del Prof. Giacomini compariranno nel prossimo numero.

certo sul loro signiticato, ricniaiiiu i iiubeuAnjuc on <ac.v. w.^...-. ^ dulari dei Potromizonti, situati di contro al cuore, al principio della cavifca addominale, e addossati alle vene cave.

Da quel tempo, pero, flno a noi, malgrado il progressivo per- fezionarsi dei mezzi d' indagine, la presenza di capsule surrenali nei Ciclostomi non venne mai soddisfacentemente dimostrata, come puo facilmente desumersi dai seguenti brevi cenni bibliografici, relativi al nosbro argomento.

J. Miiller (1845) (26) credette di averle trovate per la Myxine in due glandule speciali, disposte ai iati del cuore, riguardate invece da Retzius come reni. In Ammocoetes organi omologtii credette di vedere sotto forma di quel zaffi bianchi, gia segnalati da Rathke, addossati ai tronchi delle vene cardinali, mentre organi consimili non riusci a scoprire in Fetromyzon. Successivamente J. Miiller cambio d' avviso, ritenendo quelle glandule come rappresentanti del timo.

Ecker (1846) (8), dopo aver ricordato che Retzius considera le due glandule ai Iati del cuore della Myxine come reni, stabilisce, accordandosi in cio con J. Miiller, 1' omologia tra quelle glandule e gli zaffi bianchi descritti da Rathke in Ammocoetes. L' esistenza pero di capsule suri'enah non e chiaramente provata nemmeno per

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gradatamente, dallo interno verso lo esterno, van cambiando direzione fino a divenire longitudinali. Quesfco tratto del vaso acquista per tal modo i caratteri di un vero hulho contrattile o sfintere.

Formazioni circumvasali che arieggiano quest! bulbi contrattili, ma sulla natura del quali riserbo il inio giudizio a] lavoro completo, ho rinvenubo nel polpastrello delle dita e nel letto imgueale dell'uomo

adulto C).

L'esame per quanbo accurabo del varii segmenti in rap- porto agli element! elastic!, non mi ha fornito finora dab! banbo si- curi da pober venire ad una recisa concliisione ; tubbavia credo di poter affermare che relemento pi-j«fi^^ ^.,..-:^i

(') Queste ultime formazioni sono pressocht! identiohe a quelle descritte recentemente dal Gros- ser nelle estreiriita degli arti di alcnni mammiferi e deU'uoino stesso, in due importanti memorie, che, grazie alia squisita cortesia dcll'A. ho potuto leggere durante la correzione della presente nota (AnaComische Uefie, lid. XVJl (i'JOl); Archiv f. rnihr. Anat. u. Entwichl., Bd. GO (li)O'J).

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GABINKTTO DI ZOOLOGIA ED ANA TOMIA COMPARATA DELLA LIBEItA UNIVERSITA Dl PERUGIA.

Peof. E. GIACOMINI.

Contributo alia conoscenza delle capsule surrenali nei Ciclostomi

Sulle. capsule surrenali dei Petromizonti.

(Con tav. II-III).

Kicevuta il 3 Ma!?gio 1902.

E vietata la riproduzione.

Le ricerche sulle capsule surrenali dei Ciclostomi incominciano dal 1827, da quando, cioe, Rathke(30), pur rimanendo del tutto in- certo sul loro significato, richiamo 1' attenzione su due organi glan- dulari dei Petromizonti, situati di contro al cuore, al principio della cavita addominale, e addossati alle vene cave.

Da quel tempo, pero, lino a noi, malgrado il progressivo per- fezionarsi dei mezzi d' indagine, la presenza di capsule surrenali nei Ciclostomi non venne mai soddisfacentemente dimostrata, come puo facilmente desumersi dai segueuti brevi cenni bibliografici, relativi al nostro argomento.

J. Miiller (1845) (26) credette di averle trovate per la Myxine in due glandule speciali, disposte ai lati del cuore, riguardate invece da Retzius come reni. In Animocoetes organi omologhi credette di vedere sotto forma di quel zaffi bianclii, gia segnalati da Rathke, addossati ai tronchi delle vene cardinali, mentre organi consimili non riusci a scoprire in Petromyzon. Successivamente J. Miiller cambio d' avviso, ritenendo quelle glandule come rappresentanti del timo.

Ecker (1846) (8), dopo aver ricordato che Retzius considera le due glandule ai lati del cuore della Myxine come reni, stabilisce, accordandosi in cio con J. Miiller, 1' omologia tra quelle glandule e gli zaffi bianchi descritti da Rat like in Ammocoetes. L' esistenza pero di capsule surrenali non e chiaramente provata nemmeno per

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Ecker. Egli in Petromijzon marinus trovo da ogni lato, tra le grosse vene del corpo e I'aorta, un organo giallognolo con macchie di pig- mento. I due organi cominciano dietro al pericardio cartilagineo e corrono poi fino all' estremita posteriore delia cav-ita addominale. Ecker fu dapprima inclinato a ritenere quest! organi per capsule surrenali, ma poi, accortosi che a tale opinione si opponeva la lore costituzione microscopica, dove lasciarne completamente in dubbio la natura.

W. Miiller (27), che nel 1875 studio il pronefro in giovani Myxine, in Ammocoetes, Fetromyzon fluviatilis e P. Planeri, non parla affatto di capsule surrenali.

Wei don (1884-85) (40), basandosi sopra alcune particolari condi- zioni di struttura del rene cefalico di Bdellostoma, formula I'ipotesi che una parte di esso si sia modiflcata in maniera da formare un organo funzionalmente analogo alle capsule surrenali.

Petti t (1896) (28), ritrova in Petromyzon marinus gli organi in- dicati da Ecker e conclude che " nei Ciclostomi, in addietro delle branchie, da una parte e dall' altra del cuore esistono peculiari glan- dule in intimo rapporto con 1' aorta e la vena cava ; ma non e pos- sibile decidere se trattasi di organi rassomigliabili alle capsule sur- renah del Mammiferi (*).

CoUinge e Vincent (1896) (4) in un apposite lavoro " On the so-called suprarenal bodies m Cyclostomata esaminarono esem- plari di Myxine glutinosa, Petromyzon marinus, P. Planeri e Ammo- coetes. In Petromyzon marinus videro i corpi triangolari descritti da Ecker, ma non vi riscontrarono nemmeno all'esame microscopico alcuna traccia di struttura glandulare, e ritennero quel corpi tes- suto connettivo embrionale, forse osteogene. Constatarono la presen- za degli zaffi bianchi, del corpi descritti da Rathke, i quaU all' e- same microscopico apparvero formati di tessuto connettivo. " E possibile, scrivono i due autori, che quel corpi fossero una volta glandulari, ma hanno degenerate. Noi non sappiamo dire se i me- desimi hanno nulla che fare con le capsule surrenali „.

In esemplari di ^mmocoefes trovaronoi corpi bianchi di Rathke, che, pure consistendo di tessuto connettivo, erano pero considere- volmente piii grandi di quelli trovati in adulti di Petromyzon ma- rinus. Un pronefro mancherebbe in Petromyzon e le capsule surre- nah sarebbero forse degenerate nei Ciclostomi.

Le conclusioni atfatto negative alle quali giunsero Collin ge e

(•) Dalla descrizione di Fettit non si capisce a quali glandule egli vojrlia precisaiiieate alludere.

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Vincent, dopo essersi occupati in modo cosi speciale dell'argo- mento, lasciayano supporre vano ogni altro tentative di ricerca delle capsule surrenali nei Ciclostomi, quantunque nulla valesse a persua- derci della mancanza in questi Vertebrati di organi, il cui alto valore morfologico e funzionale nei Gnatostomi si va ognor piu manife- stando ed affermando con i risultati delle nuove osservazioni.

Dubitando che nella ricerca delle capsule surrenali nei Ciclosto- mi non si fossero ancora adoperati mezzi sufficientemente adeguati alio scope e non si fosse sempre usufruito di un materiale di stu- dio in buono state di conservazione, e che da queste cause dipen- desse I'esito sfortunato di tutte le indagini precedenti, volli ripren- dere lo studio dell' argomento, istituendo un metodico esame in Pe- tromyzon marinus, Petromyzon Planeri e Ammocoetes a vario grade di sviluppo. II lavoro e state, in vero, lungo e paziente, ma in com- penso ha valso a mettere in evidenza organi di cosi particolare struttura e cosi particolarmente disposti, che, se io non m' inganno neir interpretazione del lore signiflcato morfologico, ci rappresente- rebbero una condizione assai primitiva delle capsule surrenah nei Petromizonti e ci spiegherebbero inoltre la presenza di nidi cellu- lari, di cellule cromaffine, ossia di quel tessuto simile alia sostanza midollare delle capsule surrenali, nei gangli del simpatico dei Gna- tostomi anche piii elevati ed in regioni del corpo che con le capsule sarrenali hanno apparentemente perduto ogni rapporto.

Riserbando ogni piii particolareggiata descrizione al lavoro che, accompagnato da piii ricche illustrazioni, verra pubblicato nell'Archi- vio Italiano di Anatomia e di Embriologia, mi limito a riassumere qui i principali risultati delle mie osservazioni.

Dico anzitutto delle disposizioni in esemplari adulti di

Petromyzon marinus.

Esistono le capsule surrenali con le lore due parti costitutive, la cosi detta sostanza corticale e la cosi detta sostanza midollare, e sono estese non solo a tutta la regione del tronco ma anche alia regione caudale ed alia cefalica.

Per maggiore chiarezza e alio scope di evitare ripetizioni, ac- cennero prima in succinto alle disposizioni notate nella regione me- dia del tronco e poi brevissiniamente a quelle che si incontrano nehe altre regioni.

Regione media o renale. Per prendere una prima ed esatta cognizione della disposizione delle capsule surrenali in Petromyzon

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marinus, assai bene si prestaiio le sezioni serial! trasverso-verticali, sagittaii e frontali, praticate in quella parte del tronco corrispon- dente ai reni, e che chiamero regione renale o media.

Dal coraplesso di osservazioni, fatte sopra serie di sezioni cosi condotte per varie direzioni, risulta quanto segue.

La sostanza corticale e cosfcituita da numerosi, piccoli lobuletti epiteJiali solidi, di varia forma (sferici, ovalari, ellissoidali, o, meno frequentemente pero, cilindrici a guisa di brevi cordoni) situati al- r intorno delle vene cave (vene cardinali posteriori), ma di pi-efe- renza, e percio piii abbondantemente, sulla parete ventrale e nie- diale delle vene, nel tessuto adipose interposto tra esse e 1' aorta (Fig. 1, s. c). La maggior parte di questi lobiili sporgono nel lume delle vene, dal quale rimangono quindi separati mediante il solo endotelio vasale. Sono tutti circondati da membrana propria e tutti contengono cellule epiteliali, cilindriche o svariatamente poliedriche oppure affusate, nel citoplasma delle quali, merce trattamento con acido osmico o con liquidi fissativi che ne contengano, si riesce a mettere in evidenza numerose goccioline d'una sostanza grassa, che, a mio avviso, non va confusa col comune adipe (Fig. 3 e 6, s. c).

Lobuletti sohdi consimih si possono incontrare, sebbene di rado, anche sul decorso delle arterie renaU o nelle trabecole circoscriventi gli spazi dei seni sanguigni posti dorsalmente ai reni.

Tutti i predetti cnrpicciuoli epiteliali mi sono apparsi assai si- mili ai cordoni o lobuli della sostanza corticale delle capsule surre- nali degli Anfibii non che a quelh del corpo interrenale dei Selaci.

La sostanza ynidollare (Fig. 1, c. m.) e costituita da un tessuto di aspetto epilehale, con le proprieta del tessuto cromaffine, che, situate ai lati dell' aorta, si estende poi lungo le arterie parietali che da questa si dipartono, ed inoltre lungo le lore diramazioni, dorsale e ventrale. Ad ogni lato dell' aorta, tra la sua parete ed 11 lume della corrispondente vena cardinale, trovasi uno strato di tes- suto i cui elementi, d' aspetto epiteliale, si colorano intensamente con ematossihna od emallume e danno pure la nota, caratteristica, reazione con bicromato di potassio. Lo strato di siffatto tessuto si ispessisce maggiormente all' intorno del luogo d'origine di ciascuna arteria parietale e si assottiglia invece nello spazio intercedente tra una arteria e I'altra; guarda il lume del vaso venoso e ne resta se- parate unicamente per mezzo del rivestimento endoteliale. Segue la- teralmente il decorso del tronco d'origine d'ogni arteria parietale, spor- gendo sempre nel lume della vena cardinale situata ventralmente, e quando I'arteria si biforca, per dare le sue due diramazioni dor-

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sale e ventrale, si dispone lungo queste diramazioni in maniera pero da continuare a guardare il lume delle vene parietali, dorsale e ven- trale, accompagnanti le rispettive arterie, e da essere, al solito, se- parate dal lume vasale venoso per mezzo del solo endotelio. S' in- sinua cosi nella parete del corpo, nella quale dorsalmente si spinge sine al disopra dei gangli spinali, sorpassando anche il livello rag- giunto dalla parete superiore del canale spinale e quelle del nervo laterale, ventralmente si estende molto in basso nella parete del- I'addome, seguendo il decorso deH'arteria parietale ventrale, nei cui dintorni e facile vederlo, sopratutto dal lato del lume della vena, satellite dell'arteria, verso il quale lume esse sporge, ricoperto dal- I'endotelio vasale (Fig. 4). Dati i rapporti di cui abbiamo era par- lato, s'intendera senz'altro come, nell'osservare tagli che colpiscano gangli spinali, accada talvolta di scorgere nidi di cellule vicino ai grossi element! ganglionari.

II sistema nervoso simpatico non mi si e mai presentato, ne in Fetromyzon, ne in Ammocoetes, con la costituzione descritta da Jul in, e devo subito dichiarare che le mie ricerche non conferma- rono affatto la esistenza di veri e propri gangli simpatici lungo i lati deH'aorta, come Julin (14 e 15) rafflguro per VAmmocoetes.

In ordine, poi, alio relazioni del simpatico con la sostanza mi- dollare dice che soltanto di rado ho veduto qualche cellula nervosa nel tessuto cromaffine che costeggia Faorta, mentre abbastanza di frequente ne ho osservate in quelle che segue le diramazioni delle arterie parietah (Fig. 4, c. g. s.).

Lo strato di sostanza midollare, dove e sottile, mostrasi costi- tuito da una seraphce serie di cellule d'aspetto epiteliale e per lo pill di figura cilindrico-prismatica o cubica, con limiti non sempre netti, specialmente se la fissazione non fu fatta in liquido di Flem- ming 0 di Hermann. Laddove, invece, possiede maggiore spessore, assume I'apparenza di ammassi cellulari suddivisi in piccoli lobuli, i cui elementi, pure di aspetto epiteliale, possono mostrarsi di assai svariata figura e talora con brevi prolungamenti del lore corpo (Fi- gura 6, c. m.). In tal case salta subito agli occhi la somiglianza, che gli elementi della sostanza midollare delle capsule surrenali di Petro- myzon off'rono con quelli che costituiscono la sostanza midollare delle capsule surrenali e i nidi di cellule nei gangli simpatici degli Anfibi, e la somiglianza, inoltre, con quegh altri elementi dei quali si corapone il parenchima dei corpi soprarenali dei Selaci.

Ai lati dell'aorta o nei punti d'origine delle arterie parietah, tra i lobuletti di sostanza midollare o vicino ad essi puo rinvenirsi

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qualche piccolo lobulo di sostanza corticale (Fig. 6, s. c, c. m.). Al- r incontro, non viene mai fatto di ritrovare sostanza corticale fuori del territorio dell'aorta e delle vene cardinal!, e percio mai se ne vede lungo il decorso delle diramazioni dorsali e ventrali delle arterie e vene parietali.

Regione caudale. Un paio di centinietri prima di giungere a livello dell'apertura anale si passa gia alia regione della vena cau- dale. Effettuatosi questo passaggio, accade die le due strisce di tes- suto cromafflne, che seguivano i lati dell'aorta, si congiungono tra di lore in maniera da andare a guarnire la volta della vena caudale di uno strato di sostanza midollare, che guarda il lume vasale ed e da questo lato rivestito dall'endotelio, mentre dal lato opposto si approfonda con delle gettate nel connettivo situate tra I'arteria (aorta) caudale e la vena. Tale strato di sostanza midollare dalla volta della vena si estende poi lateralmente sul decorso delle arterie parietali e delle loro diramazioni dorsali e ventrali, come faceva nella prece- dente regione (Fig. 2, c. m.).

La sostanza corticale, sotto forma dei soliti lobuletti, si distri- buisce pill specialmente sulle pareti laterali e ventrale della vena (Fig. 2, s. c).

Similmente si comportano le cose per buon tratto della regione caudale, quasi sin presso I'estremita posteriore della medesima.

Regione intermedia o prerenale. In quella regione del tronco che sta fra il pericardio e I'apice dei reni, e che per comodita d' in- dicazione chiamo regione prerenale o intermedia^ si constata pure una disposizione somigliante a quella descritta per la regione media (re- nale), con la differenza, pero, che mentre qui va diminuendo il nu- mero dei lobuletti di sostanza corticale, aumenta considerevolmente lo spessore della sostanza midollare, la quale, in alcune sezioni, a livello deh'origine delle arterie parietali, diviene assai vistosa.

Regione cardiaca. Dalla regione intermedia, portandoci cra- nialmente, passiamo alia regione cardiaca. Qui le due vene cardi- nali posteriori si aprono quasi alio stesso livello nel seno venoso, e la sostanza midollare, che seguiva gia i lati dell'aorta, va ora a disporsi anche sulla sua faccia ventrale, sporgendo nel lume del seno. Dal lato destro, a meta circa deUo spazio compreso dal seno venoso, si stacca dall'aorta I'arteiia celiaca, e la sostanza midollare circonda pure questa arteria, che attraversa il seno obliquamente in direzione caudo-laterale. Nella regione cardiaca la sostanza midol- lare si accumula in masse relativamente cospicue, suddivise in pic- coli lobuli, alcuni dei quali si approfondano nella parete dell'aorta.

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Soltanto in numero assai scarso s' intromettono cellule nervose fra gli elementi deila sostanza midollare.

Quando dal seno venoso si arriva a lie giugulari, la sostanza midollare torna a disporsi per breve tratto nelle faccie laterali del- I'aorta.

Regione cefalica o precardiaca. Questa regione per i rapporti della sostanza midollare potrebbe anche dirsi giugulare. Sorpassati i reni cefalici, non s'incontra piu sostanza corticale, ma solamente sostanza midollare, la quale segue il decorso delle arterie parietali della regione, guardando pero sempre il lume delle vene giugulari, alia cui parete le diramazioni di quelle arterie si addossano, di guisa che la sostanza midollare si mostra adesso come uno strato di cel- lule cromaffine, applicato alia faccia interna delle giugulari, nei tratti in cui esse trovansi a contatto con le diramazioni arteriose (Fig. 5). Una. circostanza che qui sembrami assai degna di nota, si e che gh elementi della sostanza midollare, seguendo il ramo arte- rioso parietale, sorpassano lateralmente la giugulare, fine ad avvi- cinarsi al pneumogastrico.

Quando stanno per aprirsi nel seno venoso, le giugulari costeg- giano I'aorta, mentre da essa si allontanano sempre piii coU'avan- zarci nella regione branchiale ed allora ai lati dell'aorta viene a mancare ogni traccia di sostanza midollare. D'altra parte, pero, la presenza di questa sostanza lungo le vene giugulari io ho potuto chiaramente osservare sine in corrispondenza del secondo paio di branchie.

Reni cefalici. Nella regione cardiaca esistono i rudimenti dei roni cefalici, sfuggiti alle osservazioni di Collinge e Vincent (4), che li dichiararono assenti.

Asportato il segmento ventrale del pericardio cartilagineo e di- staccato con cautela il cuore, si pone alio scoperto il fondo della cavita pericardica, nel quale apparisce, quasi sulla linea raediana, il seno venoso ed a sinistra un rilievo cihndrico, diretto ol)liqua- mente dall'avanti all'indietro, determinato dall'esofago, che in questo tratto del suo decorso si sposta verso sinistra. In due cripte, Tuna al margine anteriore del seno venoso, I'altra, piii profonda, al lato sinistro dell'esofago, stanno allogati i reni cefalici.

Dei due proreni, adunque, il destro e situate quasi trasversal- mente sul margine craniale del seno venoso, il sinistro, con direzione obhqua cranio-caudale, lateralmente aU'esofago che lo separa dal mar- gine laterale sinistro del seno. I due reni cefahci non sono in rap- porto con le vene cardinah posteriori; poiche ognuno di essi, come mi

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risulta da ripetute osservazioni, trovasi collocato ventralmente alia vena giugulare del proprio lato, a livello del suo sbocco nel seno venoso.

I pronefri nell' adulto sono due corpiciattoli di piccole dimen- sioni (mm. 3,5 per 1,5 circa), i quali alio stato fresco hanno un co- lorito grigio-pejia, quasi trasiucido, in quella loro parte costituita dai nefrostomi, e un colore bianco-porcellana nell'altra parte rappresen- tata dal glomeruio e posta medialmente alia prima. Spiccano cosi dal fondo sul quale riposano e che e abbondantemente cosparso di macchie di pigmento. La superficie del glomeruio e lobulata, men- tre quella corrispondente alia regione dei nefrostomi mostrasi varia- mente pieghettata, increspata, con ombellicature dovute alle aperture degl' imbuti nella cavita pericardica. Un epitelio flagellate, i cui lun- gtii flagelli si muovono assai energicamente, come ben si osserva nell'esame a fresco, limita il contorno dei nefrostomi e li riveste internamente nel mentre si approfondano in un tessuto connettivo assai ricco di spazi linfatici e di seni sanguigni, comunicanti, que- st' ultimi, con la vena giugulare. Gl' imbuti sembrano aprirsi pro- fondamente in seni linfatici. II glomeruio rimane ancora abbondan- temente vascolarizzato. La cavita pericardica contiene sempre una piccola quantita di un liquido incoloro e limpido. E supponibile che ai proreni rudimentali spetti ora la funzione di fornire questo li- quido e di regolarne al tempo istesso la quantitci.

Nolle masserellO; a cui si riducono nei loro resti i proreni, non si ravvisa piii alcun canalicolo orinario e nemmeno traccia alcuna del canale del pronefro.

Ma cio che sopratutto mi preme di ricordare si e che nella massa rappresentante il rudimento del prorene, oltre ad accumuh di cellule linfoidi, si rinvengono pure lobuletti di sostanza corticale, simili a quelli sparsi lungo la parete delle vene cardinah.

Petromyzon Planeri.

Dopo quanto ho esposto sulle capsule surrenali di Petromyzon marinus, mi basteranno pochissime parole per riassumere le di- sposizloni osservate a tale riguardo in Petromyzon Planeri. In questa specie, infatti, si realizzano condizioni assai simili a quelle che si veriflcano nell'altra, con la differenza, non certamente es- senziale, che i lobuletti di sostanza corticale sono mono abbon- danti e piia piccoli e la sostanza midollare si lascia scoprire meno facilmente, formando strati assai sottili, per lo piij di una sola se-

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rie di cellule, e quindi pochissimo appariscenti in tutta la regione post-cardiaca. Nella regione cardiaca invece, ove nella sua distribu- zione si comporta similmente a quanto gia accennai per il P. ma- rinus, la sostanza midollare diviene piii evidente, principalmente sulla faccia ventrale dell'aorta e all' intorno deH'arteria celiaca.

Solo con attenta osservaziono si arriva a scorgere cellule cro- mafflne in quel tratti delle giugulari addossati alle diramazioni delle artejie parietali della regione precardiaca.

liudimenti dei reni cefalici con nefrostomi e col glomerulo non mancano neppure in Petromyzon Planeri, e tanto nella lore strut- tura quanto nei loro rapporti ricordano perfettamente quelli gi^. dianzi descritti in P. marinus^ senonche i lobuli di sostanza corti- cale, che vi si contengono, raggiungono cospicue dimensioni di fronte agli altri sparsi lungo le vene cardinali.

Ammocoetes.

Gia in Ammocoetes di mm. 35 di lunghezza, le piu piccole che io abbia potuto esaminare, si accennano le disposizioni che poi si verificano nell'adulto. Le medesime si rendono sempre piii manife- sto coll'accrescersi della larva, finche st\idiando serie di sezioni tra- sversali di Ammocoetes vicine a trasformarsi, non riesce affatto dif- ficile vedere la sostanza corticale delle capsule surrenali in forma di piccoli lobuletti, sparsi nella parete delle vene cardinali oppure sulla faccia ventrale dell' aorta. Una piu attenta osservaziono ri- chiede la sostanza midollare, la quale per altro o discretamente evi- dente ai lati dell'aorta, in corrispondenza dell'origine delle arterie parietali. Qui la sostanza midollare e rappresentata per lo piu da una sempUce serie di cellule, relativamente grandi, di aspetto epi- teliale, sporgenti nel lume della vena cardinale, dal quale le separa soltanto una sottihssima lamina endotehale. Cellule consimili, ma mono alte, seguendo il decorso delle arterie parietali, si estendono anche sulla parete dorsale e per un certo tratto sulla parete late- rale delle vene cardinali.

Quando si passi alia regione caudale, si osserva assai bene, massimamente in larve piuttosto avanzate nel loro sviluppo, che la volta della vena caudale si riveste di uno strato di cellule midol- lari, simili a quelle rinvenute ai lati dell'aorta.

Disposizioni non meno caratteristiche si incontrano in corri- spondenza della regione cardiaca. Sulla faccia ventrale dell'aorta, particolarmente a livello della confluenza delle vene giugulari, si di-

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spone uno straterello di cellule midollari (cromaffine). Ugualmente air intorno deU'arteria celiaca, quando questa si e gia staccata dal lato dorsale deH'aorta, si dispongono delle cellule di sostanza mid(>l- lare, che I'accompagnano poi per buon tratto del suo tragitto. De- vesi inoltre notare che nella regione cardiaca si rinvengono lobu- letti di sostanza corticale, addossati alia faccia ventrale dell' aorta 0 all'arteria celiaca, e die talora questi appaiono interposti o sot- tostanti alle cellule cromaffine, sicche accade non di rado che alia parete dell'aorta o deU'arteria celiaca stiano insieme appesi lobu- letti di sostanza corticale ed elementi della sostanza midollare, e che gli uni si pongano in varia maniera in rapporto con gli altri, flno a mettersi a contatto tra lore. Ma per quanto possa essere intimo 11 rapporto degli uni cogli altri, non avverra mai di confon- derli, poiche i respettivi caratteri, assai peculiar!, permettono sem- pre di ben distinguerli, anche quando non si voglia tener conto della membrana propria, che circoscrive i lobuletti di sostanza cor- ticale. Ad ogni modo, escludo che gli uni derivino dagji altri, non avendo mai rilevato segni che mi facessero ritenere probabile una tale trasformazione, e cio valga anche per quanto concerne i rap- porti della sostanza midollare con la sostanza corticale delle capsule surrenah dell'adulto.

Lobuli, piuttosto grandi, di sostanza corticale si rinvengono an- che nei reni cefalici di Ammocoetes.

Nei reni cefalici delle larve piu giovani da me esaminate si scorgono gia, tra i canalicoli orinari, lobuli o cordoni epitehah so- lidi, circondati da una membrana propria e racchiudenti cellule di va- ria flgura, cihndrico-prismatiche, o in altra maniera poliedriche, op- pure affusate e stipate tra lore, le quali posseggono caratteri pro- pri, che le fanno differire dagli elementi dei canalicoli renali e rasso- migliare invece a quelle racchiuse nei lobuletti di sostanza corti- cale, distribuiti lungo le vene cardinali.

Di tali lobuh contenuti nei pronefri, ale uni sono situati super- ficialmente, altri piii o meno profondamente. Un esame dei tagli se- riali dimostra che essi mancano affatto di lume e che non hanno alcun rapporto genetico con i canalicoli orinari. D'altra parte lo stu- dio dei reni cefalici negli stadi larvali successivi sino alle Ammo- coetes in procinto di trasformazione, dimostra che i lobuh epiteliali solidi, dei quah teniamo parola, non vanno in verun modo a fornire canalicoli orinari, ma si conservano con i lore particolari ca}'atteri; e che, mentre i canahcoli dei proreni, negli stadi inoltrati scompaiono completamente o quasi, quel lobuli permangono e si ritrovano infine

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come lobuli di sostanza corfcicale nei reni cefalici rudimentali del' I'adulto.

Riassunte le disposizioni relative alle capsule surrenali di Afn- mocoetes, conviene che io ponga a confronto i dati delle mie osser- vazioni con alcuni reperti di Julin (14 e 15) sul sistema nervoso simpatico di Aiymiocoetes.

Nei brevi cenni bibliografici, posti a principio di questo mio scritto, non feci menzione alcuna delle belle ed accurate ricerche di Julin ^mW Ammocoetes^ per la semplice ragione che in esse non si parla affatto no dei corpi descritti da Rathke, ne di altri parago- nabili alle capsule surrenali; ma dovendo ora spendere qualche pa- rola sui rapporti delle capsule surrenali dei Petromizonti, segnata- mente della loro sostanza midollare, con il sistema nervoso simpa- tico, conviene che io qui accenni ai resultati cui Julin arrivo stu- diando questo sistema xiqW Ammocoetes.

E noto come nessuno, prima di Julin, avesse dimostrato nei Ciclostomi un sistema nervoso simpatico paragonabile a quello dei Vertebrati superiori.

Julin, rivolgendo il suo studio al sistema nervoso simpatico in Ammocoetes lunghe dai 15 ai 18 cm., constato a destra ed a sini- stra deir aorta, tra questa e le vene cardinali, la presenza di pic- coli organi, generalmente arrotonditi, ripetentisi di distanza in di- stanza, dall'origine del cuore flno un po'in avanti deU'orifizio della cloaca.

In tali organi egli riconobbe la struttura di gangh nervosi, e quindi i rappresentanti dei gangli nervosi simpatici, congiunti per mezzo di rami nervosi (rami viscerah) con i rami ventrali dei nervi spinah. Rilevo, per altro, 1' assoluta mancanza nelV Ammocoetes di un cordone simpatico riuniente tutti i gangh di un medesimo lato. Oltre a questi gangli simpatici " superflciali ne esistono, secondo Julin, altri, situati piii profondamente (" gangli simpatici profondi „), che presentano con i primi dei rapporti assai intimi, e che sono molto pii!i direttamente in relazione con gh organi viscerah.

Ora devo subito dire che daUe mie osservazioni, eseguite non soltanto su tagli serial! di Ammocoetes e Petromyzon Flaneri, ma an- che sopra numerose serie di sezioni trasversali delle varie regioni del tronco di Petromyzon mariims^ non risulta che questi Ciclostomi posseggano un sistema nervoso simpatico come quello descritto da Julin. Se i gangh simpatici veduti, descritti e disegnati da Julin

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in Ammocoetes, avessero potuto sfuggire alia mia osservazione nelle larve e in Petromyzon Planeri, non credo dovessero sottrarsi ai miei occhi nei grandi esemplari di Petromyzon marlnus da me esaminati. Fra le tante sezioni passate in rassegna, nemmeno una me ne ca- pito mai, che mi mostrasse i gangli simpatici descritti da Julin ai lati deir aorta. Siccome pero non e da mettersi in dubbio I'esattezza delle osservazioni di Julin, e necessario supporre che questi abbia interpetrato quali gangli simpatici i lobuletti di sostanza corticale delle capsule surrenali che, come dissi, possono trovarsi ai lati del- I'aorta e ventralmente ad essa; ed abbia del pari interpetrato quali gangh simpatici le cellule della sostanza midollare, rappresentata in Ammocoetes, ai lati dell'aorta in corrispondenza dell' origine delle ar- terie parietali, da gruppetti di cellule, disposte per lo piii in un sem- pUce strato, relativamente grandi, sporgenti nel lume delle vene cardinali, dal quale le separa sollanto una sottilissima lamina endo- teliale.

Confesso pero che una cosa io non arrive a spiegarmi ed e questa: come mai Julin ha veduto in tah gruppetti di cellule tutta la struttura di un vero e proprio ganglio nella maniera dall'A. di- segnata nella Fig. 6 della Tav. XXIII della sua memoria, struttura che io non vi ho in mode alcuno riconosciuta.

Nel negare pertanto una disposizione del simpatico quale venne descritta in Ammocoetes dal Julin, debbo ritenere che egli fu cer- tamente tratto in errore da apparenze, le quali ora ricevono tut- t'altra spiegazione dal confronto che delle medesime puo farsi con condizioni realizzate in adulti di Petromyzon marinus. Aggiungasi, inoltre, che se le mie osservazioni, confermando in questo punto quelle di Freud (9), constatarono I'esistenza di cellule gangliari lungo il decorso dei rami ventrah (ed anche, quantunque piii raramente, dei rami dorsah) dei nervi spinali, non mi assicurarono mai, nem- meno in P. marinus^ dove, nel case, per la lore grossezza avrebbe dovuto essere piii facile rilevarli, dell'esistenza di rami nervosi vi- scerali nel sense di Julin, nel sense, cioe, di rami nervosi ben vi- sibili che dai tronchicini ventrali dei nervi spinali si portassero a quel cumuli di cehule midohari distribuiti lungo i lati deh' aorta. Insisto quindi nell'affermare, basandomi principalmente suUe mie ri- cerche in P. marinus^ che per quanto almeno concerne il sistema nervoso simpatico di tutta la regione post-branchiale, ossia del tronco e della coda, esse non e rappresentato da gangh ai lati del- l'aorta e da rami viscerali (rami comunicanti) in mode da essere paragonato, fatta astrazione dalla mancanza di un cordone limi-

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trofo, a quelle del Vertebrati superiori. Ed a conforto della mia as- serzione potrei ricordare die anclie le ricerche di Ransom e Thomp- son (29), di poco antecedent! a quelle di Julin, non valsero a dimo- strare nella regione post-branchiale di Petromyzon ne gangli ne rami comunicanti del simpatico.

Pertanto, senza negarne Tesistenza, io penso che il sistema ner- voso simpatico dei Petromizonti sia rappresentato da cellule gan- gliari sparse o, meno frequentemente j)ero, riunite in piccoli gan- glietti, nella parete del corpo (^), cosi lungo i rami ventrali e dor- sali dei nervi spinali come lungo il decorso delle diramazioni delle arterie e vene parietali. Ai lati deH'aorta io trovo soltanto, e assai raramente, qualche singola cellula gangliare. Piii numerose, ma sem- pre sparse, le cellule gangliari sono in vicinanza dello sbocco delle vene parietali nelle cardinali, come pure presso la biforcazione delle arterie parietali e lungo il decorso dei rami ventrali di questi vasi. Cellule nervose simpatiche s' incontrano pure all' intorno delle vene cardinali. Parimente nella regione caudale ho veduto singole cellule ganghari all' intorno della vena caudale e piii specialmente dal lato dorsale, presso Io strato di sostanza midollare. Ma nella regione caudale si veggono, assai bene, frequenti cellule nervose, od anche gangliettini, lungo i rami nervosi ventrali e vicino ai vasi parietali ventrali.

E con questi miei reperti, io mi accorderei con il prof. Dohrn (7), il quale in Petromyzon trovo il simpatico aU'estremo posteriore del tronco sotto forma di cellule gangliari sparse, se non che invece di circoscrivere questo sistema soltanto all'estremo posteriore del tronco, io devo estenderlo non pure a tutto il tronco, sibbene an- che alia regione caudale. Per la qual cosa sarei indotto a ritenere quelle cellule gangliari simpatiche sparse, anziche un ultimo residue del sistema nervoso simpatico in questi Vertebrati, come vorrebbe Dohrn, una prima condizione di manifestarsi di tale sistema. Per la filogenesi del quale mi parrebbe infatti piii probabile che esso sia venuto dapprima comparendo sotto forma di singoli neuroni simpatici distaccatisi dal materiale dei gangh spinali, e che soltanto pill tardi si sia andato maggiormente concentrando e sviluppando lino ad assumere la forma definitiva.

Julin vedeva una disposizione primitiva in quelle serie di gan-

(*) S' intends che qui faccio astrazione dal simpatico dei visceri contenuti nella cavity addomi- nale, cosl dal simpatico dell' intestino. ecc... che, del resto, 6 pure rappresentato da cellule gangliarj sparse.

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gli, non congiunti tra loro mediante un corclone limitrofo, die cre- dette esistere ai lati dell'aorta ; ma essendo ora stabilito dalle mie ricerche che quel gruppi di cellule non sono gangli simpatici, io vorrei invece riguardare come disposizione primitiva quella del sim- patico non ancora raccolto in gangli ai lati dell'aorta. C)

Qualcuna delle cellule gangliari simpatiche cosi sparse lungo I'aorta, le vene cardinal! e caudale, o lungo le diramazioni delle vene parietali, si mette, come gia feci notare, in rapporto piii o mono stretto di contiguita con i gruppi di cellule della sostanza midol- lare delle capsule surrenali.

La conclusione principale alia quale portano i resultati delle mie ricerche si riassume essenzialmente in questo: che i Petromi- zonti posseggono due ben distinte serie di particolari organi secer- nenti (organi glanduliformi) a secrezione interna (endocrina), estesi a quasi tutto il corpo, paragonabiU nel loro insieme alle capsule surrenali dei Gnatostomi.

II paragone acquista maggior valore, allorquando si confrontino le disposizioni constatate in Petromyzon con quelle gia note nei Selaci e negii Anfibii. Delle dette due serie di organi, 1' una corri- sponde alia sostanza corticale o corteccia (cortex degli Stapediferi, corpo interrenale dei Selaci), I'altra alia sostanza midoUare (medulla degli Stapediferi, corpi soprarenali dei Selaci).

Questi organi non contraggono intimi rapporti con il sistema escretore, come ci viene provato dal loro estendersi in regioni del corpo (regione branchiale e caudale), alle quali il sistema escretore non giunge mai. Tale fatto, ammessa la giustezza delF interpetra- zione che ho data e del confronto sopra istituito, omologando Tuna serie dei peculiari organi dimostrati nei Petromizonti all' interrenale dei Selaci e alia sostanza corticale delle capsule surrenah dei Ver- tebrati superiori, I'altra serie ai corpi soprarenali dei Selaci e alia sostanza midollare delle capsule surrenali dei Vertebra ti superiori, tale

(1) fe ben vero che nei Ciclostomi e pel nostro case nei Petromizonti, Vertebrati ritenuti non ^.I'iniitivamente seinplici, ina in parte degenerati, il deterniinare se certe disposizioni, che vi si riscoQ- trano, siano o no da considerarsi come veraniente priiuitive, riiuane assai difficile, ma ad ogni mode non mi sembra doversi ad esse negare qualunque importanza mortologica, specialmente qiiaiido si tenga preseUe un giusto concetto espresso dal Grassi (13) sul valore delle forme animali semplificate o degenerate ; che, cio6, queste forme " da un lato conservano caratteri che almeno in parte nelle altre forme del gruppo sono andati perduti. D'altro lato, possono ripetere le condizioni che presen- tavano primitivamentu i loro progenitori ».

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fatto, dicevo, si oppone recisamente alle veduie di Aichel (1) che vuol far derivare enfcrambe le sostanze componenti le capsule sur- renali dal rene priraitivo. I risultati delle mie ricerche si oppongono inoltre alia nuova omologia che lo stesso Aichel, contrariamente a quanto fu dapprima intraveduto da Leydig e da Balfour, dipoi confermato e megho dimostrato da Diamare (6), Vincent (32, 33) e in parte anche da me (10, 12), vorrebbe stabilire da un lato tra I'interrenale dei Selaci e le capsule surrenali del Yertebrati supe- riori, dall'altro lato fra i corpi pari soprarenali dei Selaci e certi corpi (capsule surrenali accessorie o capsule surrenali di Marchand, come Aichel le chiama) che normalmente si troverebbero nei Mammiferi in rapporto con gli organi genitali, nel ligamentum latum nella femmina, in vicinanza del testicolo e del cordone spermatico nei maschi.

La particolare disposizione delle capsule surrenali nei Petromi- zonti condurrebbe a ritenere il sistema di questi organi affatto indi- pendente dal sistema escretore, col quale, forse, assume rapporti soltanto secondariamente.

Converrebbe percio abbandonare la denominazione di capsule surrenali e I'altra di sostanza corticale e sostanza midollare, il che si fara certamente, quando conoscenze piia sicure sulla loro rispet- tiva funzione ci offriranno anche il modo di sostituire I'antica ter- minologia con altra meno impropria.

La disposizione della sostanza midollare, nella maniera che si verifica nei Petromizonti, rappresenta probabilmente una condizione primitiva C), ma se anche come tale non volesse ritenersi, essa vale tuttavia a meglio spiegarci quella reahzzatasi negli Elasmobranchi ed a chiarirci piii soddisfacentemente la presenza di nidi di cellule (cellule cromaffine) nei gangh e tronchicini nervosi del simpatico ad- dominale degli Anfibii e dei Vertebrati superiori, nei gangli del sim- patico cervicale e nella glandula intercarotica dei Mammiferi e del- I'uomo. Potra inoltre illuminarci sulla formazione e sulla struttura della glandula coccigea, rispetto aha quale, dopo aver veduto che la sostanza midollare si estende anche alia regione caudale, non rechera alcuna meraviglia se, come gia intui Yincent (38 e 39), vi si avessero a ritrovare cellule cromaffine.

Un fatto da prendersi poi in particolare considerazione si e che nei Petromizonti il tessuto della sostanza midollare di gran lunga

(') Veggasi la nota alia pag. precedente.

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predomina su quelle del sistema . simpatico, col quale puo trovarsi in rapporto, sicche ai gruppi di cellule della sostanza midoUare, co- me ci si mostrano nei Petromizonti, male si applicherebbe la deno- minazione di paragangli (paraganglia) che Kohn, seguendo un suo proprio concetto, proporrebbe per indicare i corpi soprarenali dei .Selaci, i nidi di cellule cromaffine e la sostanza niidoUare delle capsule surrenali dei Vertebrati superiori (paraganglio delle capsule surrenali), riserbando il nome di capsula surrenale unicamente alia sostanza corticale.

Kohn (16, 17 e 19) nega alle cellule cromaffine, e quindi ai corpi soprarenali dei Selaci, la natura. glandulare lore attribuita da Vincent (82 e 33) e da me (10 e 12), nega inoltre die gli ele- menti parenchimali di questi corpi e quelli dei nidi cellulari nei gangli del simpatico siano elementi epiteliali e secernenti, come io li ho ritenuti dope aveiii studiati negh Anfibii, e li riguarda, invece, come speciali elementi nervosi. Alia stessa stregua sarebbero da considerarsi le ceUule componenti la sostanza midollare delle capsule surrenali di tutti gli Stapediferi. Ora le mie osservazioni intorno aha struttura ed aha disposizione della sostanza midollare nei Pe- tromizonti, anziche farmi abbandonare I'opinione gia antecedente- mente espressa, mi .confermano sempre piu nella medesima, poiche io non saprei davvero riconoscere i caratteri di un tessuto nervoso in quegli strati di cellule disposti lungo i lati deh' aorta, lungo le arterie parietali, rivolti costantemente verso il lume delle vene sa- telhti e da questo separati soltanto per mezzo deha sottilissima la- mella endotehale. Secondo h mio avviso, anche siffatti rapporti par- lano in favore della natura secernente del tessuto rappresentante la sostanza midohare, sicche dubito sempre fortemente che i nidi di cehule abbiano a riguardarsi con Kohn come complessi di speciali elementi nervosi.

E cio io dice basandomi unicamente suhe apparenze strattu- rah, che se poi non si vuol disco noscere il valore degh esperimenti fisiologici di Vincent e di altri, tendenti a dimostrare che gli ele- menti parenchimali dei corpi soprarenali e della midolla delle cap- sule surrenah contengono una sostanza attiva d' una potenza vera- mente straordinaria neh' elevare la pressione sanguigna, allora il dubbio non fa che aumentare.

II trovare sostanza midollare distribuita lungo il decorso dei rami dorsah delle arterie e vene parietali, sine al disopra dei gangli spinali, potrebbe ritenersi come un segno della via seguita dagh ele- menti di quella sostanza per andare a situarsi profondamente, e po-

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trebbe riguardarsi come una prova in favore clella sua derivazione dal sistema nervoso (dal simpatico) o, in ultima analisi, della sua origine ectodermica.

Quantunque nuovi fatti siano stati addotti da Kohn (17 e 19) e recentemente da Diamare (6) in appoggio della derivazione dei nidi di cellule e dei c. soprarenali dal simpatico, mettendo in rilievo forme intermedie di passaggio tra le cellule nervose e le cellule cromaffine, tuttavia io, riferendomi a quanto osservo nei Petromizonti non po- trei dire di avere riscontrato altrettanto. Tutto al piu dai fatti rile- vati in Petromyzon dovrebbe desumersi che se cellule gangliari sim- patiche e cellule cromaffine (cellule midoUari) prendono origine da un medesimo materiale primitivo, si diflferenziano poi per due vie diver- se, evolvendosi per proprio conto. Dal che trarrebbe allora confer- ma il pensiero espresso da Diamare (6) " che elementi provenienti dai gangli (in condizioni iniziali di sviluppo) non pervengono al grade di corpi gangliari „. Pensiero che mi sembra collima.re in parte con I'opinione da me espressa in precedent! note, sostenendo che, pur data la derivazione delle cellule midoUari dal simpatico, esse non mostrano i caratteri di cellule nervose ma di elementi epitehali e secernonti (10, 11 e 12).

Devo pero fare qualche riserva intorno all' idea suespressa che la distribuzione della sostanza midollare, nella parete latero-dorsale del corpo dei Petromizonti adulti, indichi la strada da essa percorsa in origine, poiche mentre, a sostegno di cotesta mia idea, mi aspet- tavo di vedere in giovani Ammocoetes piu distinta la sostanza mi- dollare in vicinanza dei gangli spinali o neha parete latero-dorsale del corpo che ai lati dell'aorta, mi accadde, al contrario, di scorge- re chiaramente nelle piu piccolo Ammocoetes (35 mm. di lunghezza) da me esaminate, cellule midoUari, tra la parete laterale dell'aorta e r endotelio delle vene cardinal!, in vicinanza deH'origine dell'arte- rie parietah, ma non ancora lungo il ramo dorsale di queste arterie 0 presso i gangli spinali. Occorrono quindi ulterior! ricerche su que- sto punto e 1' esame di stadi piu precoci,. prima di poter dare un giudizio definitive.

Ma se qualche dubbio mi rimane sull' origine della sostanza mi- dollare nei Petromizonti, senza poter per altro escludere a priori la sua derivazione dah' ecboderma (dal materiale ectodermico del si- stema nervoso), qualche altro me ne sorge pure suU' origine della sostanza corticale. E note come riguardo all' origine di questa so- stanza nei Vertebrati superior! regni non poca incertezza, essendosi posta in dipendenza ora del mesenchima ora dell'epitelio celomatico

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0 dell' epitelio della cresta genitale, ora dell' epitelio della capsula del glomeruli malpighiani, ora del nefrostomi e del canalicoli orinari del prorene o del rene primitivo.

Avverto subito che, non possedendo osservazioni dirette e pro- ve di fatto, procedo soltanto per induzione nel mio ragionamento. Tralasciando di trattare dell' origine dei lobuletti di sostanza corticale che s' incontrano nella regione dei reni cefalici e degli al- tri situati lungo 1' aorta e lungo le vene cardinal!, in ordine ai quali, del resto, ebbi gia sopra occasione di far rilevare come io sia incli- nato ad escliidere ogni loro rapporto genetico con I'apparato escretore e potrei aggiungere, a maggior ragione, con 1' epitelio della cresta genitale; desidero soffermarmi a discutere soltanto I'origine di quel lobuletti di sostanza corticale situati all' intorno della vena caudale nei Petromizonti. Senza alcun dubbio mi pare die per essi vada subito eliminata una qualsiasi origine dall' apparato escretore o dal- I'epitelio della cresta germinale, poiche sarebbe davvero vano ricer- care qui un tale rapporto. Si potrebbe pero supporre che ripetes- sero la loro origine, in un momento assai precoce di sviluppo, dal- r epitelio celomatico che riveste 1' estremo posteriore della cavita viscerale. Ma di contro a questa supposizione sta il fatto della loro tardiva comparsa. Ed, invero, dalle mie osservazioni sull 'J.mmocoefes risulta che essi appariscono relativamente tardi ed in punti coi quali la cavita celomatica non ha piii nulla che vedere.

JSTon sembrando quindi probabile una loro diretta origine dal- r epitelio celomatico, non rimarrebbe che ammetterne la derivazione dal mesenchima o da una differenziazione di cellule del connettivo perivasale.

Ora se, come io ritengo, i lobuletti di sostanza corticale situati air intorno della vena caudale e gli altri posti lungo le vene cardi- nali e nella regione del prorene sono tra di loro omologhi, a meno di non volere invocare per gli uni una derivazione diversa da quella degli altri, converrebbe di necessita giungere alia conclusione che tutti i lobuletti della sostanza corticale delle capsule surrenali dei Petromizonti prendano origine dal mesenchima o dal connettivo pe- rivasale dei vasi venosi, all' intorno dei quali si trovano. Ma non possedendo, come sopra avvertii, prove ed osservazioni dirette, non 030 affermare che cosi debba realmente accadere, tanto piii che cosi concludendo si andrebbe incontro ad un forte disaccordo tra la na- tura schiettamente epiteliale dei lobuletti di sostanza corticale e la loro origine da un germe (mesenchima), che non ha struttura epi- teliale (come invece I'ha il mesoderma o il mesoteho), e dal quale

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non siamo abituati veder derivare organi che in deflnitiva posseg- gaiio carattere epiteliale.

Ho soltanto esposto delle considerazioni ed espresso dei dubbi, poiche parmi che alio state attuale delle nostre conoscenze sull' o- rigine delle parti costitutive delle capsule surrenali (corteccia e mi- dolla) tanto nei Oiclostomi quanto nei Gnatostomi ci manchino an- cora dati sicuri per asserire.

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Spiegazione delle figure

contenute nella Tav. II-III. Tutte le figure furono disegnate con la camera lucida Abbe.

Fig. 1 Scheinatica e ricostruita sopra alcune delle sezioni trasverso-verticali della regione media del tronco {regione re nale). Ingrand. 11 diam. circa.

c. d., corda dorsale ; to. s., midoUo spiuale ; a. p., arco dorsale ; r., reni ; s. v. s.. seni venosi soprarenali ; ao., aorta ; v. c, vene cave (vene cardinali) ; a. p., arteria parietale ; a. p. d., arteria parietale dorsale (diramazione dorsale dell'art. jar.) ; a. p. v., arteria parietale ventrale (diramazione venirale dell'art. par.) ; v. p. d.. vena parietale dorsale (ramo dorsale della vena parietale) ; v. p. v., vena parietale ventrale (ramo ventrale della v. par.) ; c. m., strato di cellule midollai-i, sostanza niidoliare delle capsule surrenali ; s. c, lobuletti della sostanza corticale delle capsule surrenali.

Fig. 2 Scheraatica. Da una sezione trasverso-verticale della regione caudate, non molto al di dletro dell'apertura anale. Ingrand. 15 diam. circa.

a. ca., arteria (aorta) caudale ; v. ca., vena caudale. Tutte le altre indicazioni come nella figura precedente.

Fig. 3 Tre lobuletti di sostanza corticale, s. c, disegnati da una sezioue trasversa in cor- rispondenza della porzione posteriore della regione renale. I lobuletti disegnati si trovavano sulla parefe laterals di una delle vene cardinali. v. c, indica il lume della vena, verso il quale i lobuletti sporgono, ricoperti dall'endotelio. n. e., nuclei dell'endotelio vasale. Ingrand. 215 diam. circa.

Fig 4 Tolta da una sezione frontalo in corrispondenza della /•cgione media o renale. La fi- gura rappresenta un tratto di vena parietale ventrale (satellite della diramazione ventrale d' una art. par ), e v. p. v. ne indica il lato del lume. Nella parete della vena uno strato di cellule midol- lari, c. m., sporgente nel lume e da questo separate mediante la sola lamina endoteliale. n. e., nuclei deU'endotelio. Presso le cellule midollari, in c.g.s., una cellula gangliare simpatica. c, p., cellula pigmentata. p. a. p. v., parete dell'art. par. ventrale. Ingrand. 4J0 diam. circa.

Fig. 5 Tolta da una sezione trasversale della regione cefalica {precardiaca o gtugulare). Rap- presenta uno straterello di cellule midollari, c. m., separate dal lume della vena gingulare, v. g,, per mezzo deU'endotelio, di cu in n. e. si veggono i nuclei, c p , cellula pigmentata. Ingrand. 400 diam. circa.

Fig. 6 Tolta da una sezione trasversa nella regione medta o renale. Rappresenta un lobu- letto di sostanza corticale, s. c, e un gruppo di cellule midollari, c. m., a lato deH'aorta, tra questa ed il lume della vena cardinale. Nel caso disegnato le due sostanze, corticale e iriidoUare, sono conti- giie. Fissazione con liq. di Fie mining; colorazione con violeto di ^enziana secondo il metodo iodo- cromico di B i z z o z e r o . Le macchie ner j nel citoplasma delle cellule della sostanza corticale rap- presentano gocciolette della sostanza grassa che vi si contiene. lugrand. 560 diam. circa.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

Atti della Society per gli studi della Malaria. Volume III, Roma, 1902; 656

pp. con 20 tavole.

Poiche il tema della Malaria interessa, oltreche i Medici e gli [gienisti, anche i cultori della Zoologia, diamo qui 1' annunzio che e uscito in questi ultimi mesi il terzo volume degli Atti della benemerita Societa per gli Studii della Malaria, Societa che risiede in Roma, ma clie spande la sua attivita nelle varie parti d' Italia.

Nel volume sono compresi 32 lavori, che furono eseguiti, salvo uno che si riterisce all' Olanda, in varie regioni italiane. In questi lavori la Malaria e trattata da vai'ii punti di vista, ma sempre in base alle vedute nuove, e lar- gamente si parla dejle zanzare malarifere ; una delle questioni, che si toccano, e quella, che oggi ha richiamato i'attenzione di varii autori (tra cui lo stesso Grassi), cioe la quistione delle localita, che pur avendo stato palustre, pre- senza di anofeli, e altre delle condizioni favorevoli alia Malaria, non si pos- sono tuttavia dire veramente malariche, poiche il malanno vi attecchisce punto o poco ; varie altre quistioni sono toccate nei diversi lavori (che si debbono all'opera di piu che una quarantina di osservatori), i quali in largo senso puo dirsi che trattano la Malaria dal lato epidemiologico e da quello profilattico.

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(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiaie della Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DAI DOTTORI

GIULIO GHIARUGI EUGENIO FIGALBI

Prof, di Anatomia uniaua Prof, di Anatumia conip. e Zoologia

nel R. Istituto di Studi Supeiv in Firenze nella R. Universita di Padova

t

Ufficio di Direzione ed Amministrazione : Istituto Anatomico, Firenze. 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo Li. 15.

XIII Anno Firenze, Luglio 1903 N. *7

SOMMARIO : Bibliografia. Pag. 1(>5-171.

CoMUNiCAZiONi ORiGiNALi: G-iaiiiielli L., Ricerche istologiche sul pancreas degU uccelli. (Con 3 figg.). Giacomini E., Sulla esistenza della so- stanza midollare nelle capsule surrenali dei Teleostei. Paladino G-., A proposito di una classificazione delle ghiandole. Pag> 171-195.

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Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

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Si da notizia soltanto dei lavori puhblicati in Italia.

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Con tav. Ricerche di Fisiologia e Sc. affiiii dedicate al prof. Luigi Lu

ciani nel 25° anno del sua insec/namento, pp. 381-402. Milano, Soc. edit.

libraria, 1900. Chiarini P. e Gatti M. Ricerche sugli organi biofotogenetici dei pesci.

Parte I. Orgaui di tipo ghiandolare. Alti Accad. Lincei, Clasne Sc. fi.'i.,

matem. e nat. (Rendic), An. 296 (1899), S. 5, Vol. 8, P'asr. 11, p Semestre,

pp. 551-556. Roma 1899. Be Sanctis S. e Toscano P. Le impronte digitali dei fanciulli normal], fre-

nasteuici e sordomuti. Con figg. Atti Soc. romana antropol., Vol. 8

(1901), Fasc. 2, pp. 62-79. Roma 1902. Gatti M. Ricerche sugli organi biofotogenetici dei pesci. Parte II. Organi

di tipo elettrico. Parte III. Sviluppo degli organi dei due tipi. Atti

Accad. Lincei, CI. Sc. fis., matem. e nat., An. 296 (1899), S. 5 (Rendic),

Vol. 8, Fasc. 2, Semestre 2", pp. 81-87. Roma 1899. Kiesow F. e Fontana A. Sur la distribution des polls comme organes

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- 169 -

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DEI CRIMINALI ECC.

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penali ed Antropol crimin.. Vol. 22, Fasc. 3, p. 257. Torino. 1901. Frassetto F. La sutura metopica basale nei delinquenti. Estr. di pp. 2

d. Arch. Psich., Sc. pen. e Antropol crimin., Vol. 22, Fasc. 6. Torino 1901-

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italiani. Arch. Antropol. e EtnoL, Vol. 29 (189.9), Fasc. 3, pp. 243-280.

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romana Antropol, Vol. 8 (1901), Fasc. 2, pp. 121123. Roma 1902. Parnisetti C. Anomalie del poligono arterioso del Willis nei delinquenti

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pen. ed Antropol. crimin.. Vol. 23, Fasc. 1, pp. 65-66. Tori)io 1902. Treves M. Intorno alia frequenza ed al significato della striatura ungueale

trasversa nei normali, nei criminali e negli alienati. Con una tav. e 1 fig.

nei testo. Vedi M. Z., XIII, 3, 50.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITOrO ANATOMICO DI FEHRAKA.

Prof. LUIGI GIANNELLI

Ricerche istologiche sul pancreas degli uccelli.

Not a preyentira

(Con 3 figure)

fi vietata la riproduzione.

Solo il Pugnat {Recherches sur Vliistologie du pancreas des oi- seaux. Journal de I'Anat. et de la Physiol. 1887), per quanto ho po- tato rilevare dalla hibliografia assai estesa suH'istologia del pancreas nell'^ varie classi di vertebrati, si e dettaghatamente occupato della fine anatomia del pancreas degli uccelli, e fu a causa di certe parti- colarita strutturaU dal Pugnat riferite, e che non concordano con quanto si sa verifiearsi nei pancreas degli altri vertebrati, che io da vario tempo ho intrapreso delle ricerche su tale argomento, i di cui principah resultati affido a questa nota preventiva. Alia loro pub-

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blicazione mi sospinge il fatto di avere rinvenuto nel pancreas di un passero comime (Fringilla domestica) una disposizione anoraala, I'iguardante anche i suoi condotti escretori, meritevole, a parer mio, di essere portata a conoscenza degli studiosi.

Riguardo alia configm-azione del pancreas negli uccelli il Pugnat dice di non avere osservato alcuna difTerenza essenziale in individui di varii ordini da lui esaminati (Gallinacei, Colombi, Passeracei). In tutti egli descrive il pancreas costituito da 3 lobi, posti nell'ansa del duo- deno, di cui due molto piu grandi, ed il terzo piii gracile. Dei due lobi piu grandi I'uno e dorsale e I'altro ventrale, e sarebbero, sebbene addossati, separati I'uno daH'altro per il mesentere. II lobo ventrale si continua per un ponte di sostanza assai tenue con il terzo lobo, il piu piccolo dei tre, che arriva fino alio stomaco. Ciascuno dei tre lobi poi possiede, a quanto ci riferisce il Pugnat, an condotto escre- tore distinto, che viene a sboccare nel duodeno.

Tutto questo, stando ai resultati miei, non e conforme al vero, almeno per quanto concerne la famiglia delle Fringillidae apparte- nente all'ordine dei Passeracei, e della quale famiglia alcuni individui sono stati oggetto di studio anche del Pugnat. Nel passero doyne- stico io ho praticato delie sezioni in serie del pancreas insieme agli organi, con cui essa e in rapporto, come ho fatto anche per I'ad- dietro nello studio del pancreas di Rettili e di Anflbi, e con Tesame di queste sezioni seriali ho potuto rendermi esatto conto della con- ligurazione del pancreas e della disposizione dei suoi condotti escre- tori. Ho scelto per un simile studio il passero anzitutto perche solo in animah di piccola mole si rende possibile sezionare in serie un numero cosi considerevole di organi, ed in secondo luogo per pra- ticare le mie ricerche su qualche individuo appartenente ad uno de- gh ordini studiati dal Pugnat. Per lo studio minuto poi della so- stanza ghiandolare ho esaminato, oltre il pancreas di passero, anche fjuello di Gallus domesticus e di Columba livia.

Ho sezionato in serie il pancreas di 4 passeri, ed e in uno di questi che ho riscontrata una disposizione anomala mai fino ad ora descritta. Passo subito aUa descrizione di questo pancreas anormale, che nei tratti generali della sostanza ghiandolare e nella disposi- zione della maggior parte dei condotti escretori di poco si allontana da quanto osservasi nei casi ordinari.

II pancreas resulta costituito da due segmenti uniti, come ve- dremo, tra lore, uno dorsale e I'altro ventrale, e di piu si ha un tiltro piccolo segmento in rapporto con la milza, e che presentasi perfettamente separate dal resto deUa sostanza ghiandolare. II seg-

173

mento dorsale {d. fig. 1) di forma allungata e posto nella curva duodenale c, i, e si continua airinnanzi con una linguetta I, la quale

Fig. 1. Pancreas di passero veduto dal lato dorsale.

d, segiuento dorsale del pancreas, che continuasi con una linguetta gbiandolare /; c. i curva duo- denale ; b. d branca destra della ctirva duodenale; v.b vescicola biliare ; m niilza; f fegato.

segue la branca destra dell'ansa flno a che questa, ripiegandosi di basso in alto e dall'innanzi all'indietro, si continua col resto del tenue intestino. II segmento ventrale {v. fig. 2) occupa il lato ven-

E0.2:

Fig. 2. Pancreas di passero veduto dal lato ventrale.

V segmento ventrale del pancreas; v. b vescicola biliare; c. i curva duodenale ; /' fegato.

trale della curva duodenale c. i, e veduto in sito appare della forma di piramide triangolare, la di cui base e in rapporto col fondo della curva duodenale, ed il di cui apice si prolunga innanzi flno all'unio-

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ne dei Vg posteriori col anteriore di quella curva. Ma, seguendo dall'indietro all'innanzi qiiesto segmento ventrale nelle sezioni se- riali, si scorge quanto ho schematicamente rappresentato nella fig. 3.

Fig. 3.

Figura schematica del pancreas anomalo di passero con i suoi condotti

escretori.

d sei'inento dorsale del pancreas ; v segmento ventrale del pancreas che divides! all'innanzi in due segiiienti pifi piccoli, uno ventrale v*, ed uuo dorsale v" ; a segmento pancreatico giustaspleuico ; m iiiilza ; b. d branca destra dell'ansa duodenale : c. a condotto pancreatico anteriore ; c. m condotto pancreatico medio; c. r anastomosi tra questi due condotti; c. p condotto pancreatico posteriore; c. e. c punto di sbocco neli'intestino del condottf epato-cistico ; c. e punto di sbocco teH'intestino del con- dotto epatico ; c. g condotto del segmento pancreatico giustaspleuico ,• I. v lacuna vascolare.

Esso (?') ad un dato punto del suo decorso si scinde in due segmenti piii piccoli, di cui uno ventrale (y^), ed e quelle che si scorge esaminando il pancreas in site, e che si unisce per un ponto molto esile di sostanza ghiandolare col segmento pancreatico dor- sale, gia descritto, rappresentato in d nella fig. schematica 3'^, ed uno dorsale (v-), che portasi in avanti fine in vicinanza della milza, rappresentata con m neha fig. 1.

II segmento pancreatico distaccato perfettamente dal resto deha ghiandola, e conti'assegnato con a nella fig. schematica 3^, e in rap- porto di contiguita con la milza m, situate tra questa e vescicola biliare (organi distinti con w, v. b nella fig. 1=^ in cui pero non scor- gesi quel segmento di pancreas). Unico anteriormente presentasi bi- forcato posteriormente, e con le due branche di biforcazione abbrac- cia, senza unirvisi, I'estremita anteriore della branca dorsale {if fig. 3) di biforcazione del segmento i)ancreatico ventrale v. II descritto seg-

- 175 -

mento di pancreas puo per la sua posizione designarsi, onde distin- guerlo dagli altri due, col nome di segmento giustasplenico.

Negli altri tre passeri, in cui pure ho praticato la sezione in serie del pancreas insieme con gli organi vicini, il segmento di pan- creas giustasplenico non era indipendente dagli altri, raa invece a questi si univa nel seguente modo. In due di questi passeri una delle sue branche di biforcazione univasi col segmento dorsale, ed un altra con la branca dorsale di biforcazione del segmento ventrale. Nel terzo passero poi ho trovato che esisteva solo quest'ultima unione, mentre rimaneva indipendente I'altra branca di biforcazione del seg- mento giustasplenico.

Ed ora due parole sul modo di comportarsi dei condotti escre- tori, parlando dapprima dello speciaie lore comportamento nel pan- creas anomalo teste descritto. NeUa fig. schematica '^^ sono rap- presentati questi condotti escretori, che nehe sezioni seriali ho po- tuto seguire in tutto il lore decorso. Diro dei condotti del segmento dorsale, del segmento ventrale, ed infine dei condotti del segmento giustasplenico del tutto indipendente, nel passero che ci occupa, dai resto della sostanza ghiandolare.

Si noti anzitutto che nessuno dei condotti pancreatici si unisce ai condotti epatici. Questi ultimi fuoriescono dal fegato in numero di quattro^ che, unitisi poi a due a due, danno origine a due grossi condotti epatici, i quaU, laddove compare la vescica biliare, decorrono daH'innanzi all'indietro addossati al suo contorno. Uno di questi condotti riceve nel suo tragitto il condotto cistico dando origine cosi al condotto epato-dstico^ mentre 1' altro rimane indipendente sino al suo sbocco nell'intestino. Entrambi sono provvisti di una mu- cosa con phche longitudinali, rivestita da un epitelio cihndrico non molto alto, e sono accerchiati da una spessa capsula di flbrocellule muscolari a direzione circolare. Tatti e due poi sboccano sul con- torno sinistro deha branca destra {b. d, fig. 1) dell'ansa duodenale; il condotto epato-cistico in immediata vicinanza dello sbocco dei con- dotto pancreatico anteriore proveniente dal segmento dorsale (e tale sbocco e contrassegnato con c. e. c. nella fig. 3), ed il condotto epa- tico a circa 2 mm. al di dietro del precedente, tra gli sbocchi dei con- dotti pancreatici anteriore e medio provenienti entrambi dal segmento dorsale. L'immissione del condotto epatico nell'intestino e indicata con c. e nella fig. 3. Le capsule muscolari dei condotti epato-cistico ed epatico si continuano con la tonaca muscoiare dell' intestine.

Dei condotti pancreatici se ne osservano tre; uno anteriore, uno medio ed uno posteriore (c.a, c.m^ c.p, fig. 3^), ma disposti in

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modo molto diverso da quello descritto dal Pugnat. Due di essi, ranteriore ed il medio, appartengono al segmento dorsale, mentre il posteriore appartiene al segmento ventrale. Seguiamoli brevemento dair intestine nell' interne dei rispettivi segment! pancreatici.

II condotto anteriore c. a., che sbocca nella branca destra del- Tansa duodenale proprio al di dietro dello sbocco del condotto epa- to-cistico, si addentra nel segmento pancreatico dorsale, avendo per breve tratto una costituzione identica a quella dei condotti epato- cistico ed epatico, essendo cioe fornito di una mucosa piegbettata parallelamente al suo asse maggiore e rivestita di epitelio cilindrico, e di una capsula di flbro-cellule muscolari circolari. Dope aver dati pochi rami collateral! esse si biforca in due branche, di cui V una anteriore, piu voluminosa, che si porta verso I'estremita anteriore del segmento dorsale, emettendo nel suo decorso scarsi rami colla- terali, I'altra posteriore, che, forniti, portandosi indietro, rami an- cora pill scarsi della prima, imbocca poi a pieno canale nel condotto medio del pancreas cm. Le branche di biforcazione del condotto an- teriore non hanno traccia di capsula muscolare, ma resultano sem- plicemente costituite da un involucre connettivale tappezzato inter- namente da epiteho cubico.

II condotto pancreatico medio cm., che sbocca nella branca de- stra dell'ansa duodenale mm. 0,9 dietro lo sbocco del condotto epa- tico e mm. 2,7 dietro quello del condotto pancreatico anteriore, si addentra nel segmento dorsale del pancreas avendo la stessa costi- tuzione, che abbiamo descritta al condotto anteriore nel suo inizio. Ricevuta (od emessa, giacche senza dat! embriologici non s! puo dire se I'anastomosi tra i due condotti proviene dall' uno o dall'al- tro), I'anastomosi del condotto anteriore, si volge all' indietro per- dendo la sua primitiva costituzione ed apparendoci formate di una capsula connettivale rivestita da epitelio cubico, e fornisce pochi rami collateral! alia parte posteriore del segmento dorsale del pancreas.

II condotto pancreatico posteriore cp., che sbocca nella branca destra dell'ansa duodenale vicino al fondo di quest'ansa ed alia di- stanza di mm. 2,8 dal condotto precedente, penetra nel segmento ventrale del pancreas, comportandos! nella sua costituzione come ! due precedent! condotti, e fornisce scarsi rami collaterah a quel segmento ghiandolare.

Del tutto speciale poi e il modo di comportarsi dei condotti escretori del segmento pancreatico giustasplenico, che nel passero, d! cu! ora stiamo occupandoci, si e detto essere perfettamente diviso dal resto della ghiandola. I suo! condotti escretori non fuoriescono

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dalla sostanza ghiandolare per raggiungere 1' intestine, ma si aprono invece in una lacuna vascolare, dipendente da un ramo della vena porta. Descrivo questa speciale apparenza.

Esaminando nelle sezioni seriali il segmento giustasplenico del pancreas dall'innanzi all' indietro, si scorge che in mezzo ad esse si costituisce, per la confluenza di pochi condottini escretori, un con- dotto di calibre maggiore, tappezzato da epitelio cubico. Nel sue percorso antero-posteriore emette scarsi rami collaterali, e si assiste alia sua biforcazione in una branca ventrale ed in una dorsale prima die sia avvenuta la biforcazione del segmento pancreatico, cui il condotto appartiene, come ho rappresentato nella fig. schematica 3^, in cui il condotto c. g. del segmento giustasplenico a si biforca quando il segmento e sempre unico. Allorche questi si scinde, come ho gia detto, in due segmenti piii piccoli, dorsale e ventrale, ciascuna di quelle due branche di biforcazione del condotto pancreatico penetra nel segmento corrispondente. II condotto del segmento ventrale lo percorre flno alia sua estremita posteriore dando scarsi rami colla- terali, ed in quel segmento si esaurisce. Ma non fa altrettanto il condotto del segmento dorsale. Questi e lungo il sue decorso inter- rotto da una grossa lacuna vascolare, l.v. fig. 3^, incastrata in mezzo alia sostanza ghiandolare, e che si vede far capo ad un ramo della vena porta. Tale lacuna divide quel condotto in due porzioni, I'una anteriore e I'altra posteriore, che forniscono scarsi rami collaterali. Si noti il fatto, perche non sorga in alcuno il dubbio che si possa qui trattare di una lacerazione del condotto, che entrambe le sue porzioni, molto innanzi che si aprono nella lacuna vascolare, conten- gono entro di se del secrete ghiandolare in mezzo al quale si scor- gono del globuli sanguigni rossi, che vanno aumentando in numero mano a mano che le sezioni si avvicinano alia lacuna suddetta, che di quel globuli si presenta ripiena. Dopoche si e assistito alio sbocco nella lacuna della porzione anteriore di quel condotto, non si ha traccia alcuna di condotto per varie sezioni notandosi solo la pre- senza della lacuna, e poi si assiste alio sbocco in questa della por- zione posteriore del condotto stesso, che si esaurisce ne] resto del segmento pancreatico giustasplenico. Laddove i condotti si aprono nella suindicata lacuna le lore pareti contimiansi con la esihssima parete di questa.

Siamo dunque in questo case dinanzi ad un segmento di pan- creas, che, per causa a noi ignota, si e durante lo sviluppo distac- cato dal resto della sostanza ghiandolare, ma che non si e per tal fatto atroflzzato continuando invece a funzionare ed immettendo il

- 17<S -

prodotto della propria secrezione nel circolo sanguigno. La sostaiiza ghiandolare del segmento giustasplenico e per caratteri istologici perfettamente identica a quella del resto del pancreas, ed identico quindi deve essere il prodotto elaborate, dal clie se ne induce che il succo pancreatico, posto in circolo, e compatibile con la vita del- r individuo. Vedremo come nel segmento giustasplenico oltremodo numerosi vi sieno gli accumuli di Langerhans.

Negli altri 3 passeri, nei quali il segmento pancreatico giusta- splenico era unito al resto della ghiandola, si avevano i soliti tre condotti pancreatici, Yanteriore, il tnedio ed il posterhre, nei quali immettevano i condotti escretori di quel segmento.

Configurazione istologica del pancreas. Ciascun segmento di pancreas, tanto nel passero, come nel piccione e nel polio, non si presenta affatto lobulato, ma e invece compatto, ed esaminandone delle sezioni si rimane sorpresi della grande somiglianza (qualora si osservi a piccolo ingrandimento) che presenta il pancreas col tes- suto epatico. I tubi ghiandolari, anastomizzati gli uni co.i ^li alui, danno origine ad una rete fittissima canalicolata, nelle di cui maglie piu strette cii'colano i capillari sanguigni e nelle piu grandi decor- rono prevalentemente i vasi venosi.

Scarsissimi si ritrovano i condottini escretori intercalari.

I tubi secernenti sono molto stretti ed in sezione trasversa appaiono limitati da 3, 4 cellule ghiandolari. Le cellule poi, molto piccole, di forma cilindro-conica, presentano le due caratteristiche zone delle cellule pancreatiche, la distale, che e la piii estesa, provvista di granuli di zimogeno, che ci vengono con la massima nettezza rivelati dahe speciali colorazioni (Galeotti, Biondi, La- guesse), e la prossimale, o prezimogenica, nella quale e contenuto il nucleo. Questi non e molto ricco in cromatina, ed e per il suo volume proporzionale alia grossezza della cellula, cui appartiene.

" Les cordons cellulaires, dMQYmn. il Pugnat, sont constitiies par une settle espece de cellule : la cellule pancrealique, le pancreas des oiseaux ne possedant pas de cellule centro-acineuse „. Tale afferma- zione, che ha date origine alle mie ricerche, non e del tutto esatta stando ai resultati dei miei studi. Osservando diligentemente nei miei preparati, sopratutto in quelli tratti da frammenti di pancreas lissati in liquido di Zenker e colorati con ematossilina ed eosina, mi e state invece possibile rinvenire qua e la qualche cellula cen- tro-acinosa, segnatamente in tubi sezionati pel loro maggiore asse ; ed usando della piii grande pazienza sono state fortunate di ve- deme anche in qualche sezione trasversa di tubi secernenti, tanto

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da togliere a me qualsiasi dubbio sulla loro esistenza. II nucleo di tali cellule, il solo elemento cellulare visibile in preparati perma- nenti, e poverissimo in cromatina, pii^i povero assai di quello che non sia il nucleo della cellula pancreatica ordinaria, e per questa sua proprieta, che e causa non ultima della difflcolta di vederlo, si ravvicina molto al nucleo delle cellule degli accumuli di L anger bans.

10 debbo percio dire che non puo negarsi nel pancreas degli Uccelli I'esistenza di cellule centro-acinose ; non vi sono in cosi grande numero, come negh altri vertebrati, ma, sebbene scarse, pure vi sono. Ed anzi il cosi piccolo numero di tali cellule nel pan- creas degli Uccelli mi sembra che convalidi sempre piii i resultati di Laguesse sul loro sviluppo.

11 Laguesse infatti {Recherches sur V histogenie du 'pancrcas dies le mouton. Journal de TAnat. et de la Physiol. 1895) distingue due specie di cellule centro-acinose, tenuto conto del loro speciale mode di originarsi ; delle cellule centro-acinose primitive e seconda- rie. Le primitive sono rappresentate da quelle cellule delle cavita secernenti primordiali, le quali, anziche differenziarsi in cellule pan- creatiche ordinarie, presentano il nucleo, che invece di spostarsi, come nolle altre, verso la periferia, si sposta verso il lume della cavita, ed il corpo che non si carica di granuh, ma diviene invece pill chiaro, e viene poi sospinto dalla compressiono delle altre cel- lule zimogeniche piii voluminose verso la cavita apphcandosi percio suha loro estremita distale. Le cellule centro-acinose second'arie poi si originano per una notevole moltiphcazione dehe cellule piatto del condottino escretore intercalare nel punto dove questi s'innesta alia cavita secernente, per la quale attiva moltiphcazione le cellule di nuova formazione si addentrano nel lume dehe cavita secernenti stesse apphcandosi suhe estremita distah dehe cellule secretrici. Orbene ; io ho gia fatto notare la scarsita grandissima dei condot- tini intercalari nel pancreas degli Uccelh, dal che ne consegue che scarse pure debbano essere le cellule centro-acinose secondarie, che in tali condotti hanno origine. D'altro canto pensando che negli Uccelh molto viva deve mantenersi la combustione organica, atteso la loro temperatura piu elevata che nei Mammiferi, e che percio e necessario in questo gruppo zoologico, oltreche una ossigenazione perfetta, anche una ininterruzione degh atti digestivi, ne consegue che le ghiandole annesse ah'apparecchio digestive sono sottoposte ad un grande e continuo lavorio, cui, perche tale possa compiersi, debbono essei'e adibiti il maximum possibile di elementi. E quindi giusto il supporrc che a tal fine quasi tutte le cellule delle primi-

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tive cavita secernenti si differenzino in cellule pancreatiche ordina- rie, e che molto poche invece, rimanendo indifferenti, divengano cellule centro-acinose. Queste due cause percio ci rendono conto del- I'esiguo numero di cellule centro-acinose nel pancreas degli Uccelli.

Accumuli di Langerhans. Come da numerose ricerche e stato dimostrato in tutti gli altri vertebrati, anche negli Uccelli le cel- lule epiteliali, che costituiscono questi accumuli, sono in diretta continuita con le cellule secretrici ordinarie del pancreas, tantoche questi accumuli interrompono qua e la il decorso dei tubi secer- nenti. Non mi soffermo, giacche. cio non trova posto conveniente in una nota preventiva, sulle variabili apparenze di simili rapporti, apparenze che del resto non si discostano da quelle descritte negh altri vertebrati.

Gh accumuli di Langerhans sono di varia dimensione ; da quelli di poche cellulle disposte radialmente attorno ad un capillare si passa per gradi ad accumuli assai voluminosi, formati da molti cordoni cellulari pieni, anastomizzati fra lore a rete, nolle cui ma- glie stanno capillari sanguigni abbastanza ampi. Le cellule epiteliah costitutive sono alte, con nucleo molto povero in cromatina, e, (luello che mi preme far notare, prive afFatto di granuli di secre- zione.

Onde assicurarmi della presenza o no di tah granuli ho ricorso alle speciah colorazioni di Galeotti e di Biondi, gia note a tutti, ed a quehe di Laguesse esposte in alcuni dei suoi lavori suU'isto- logia del pancreas, e con nessuna di queste colorazioni ho potuto porre in evidenza granuh metaplasmatici nel protoplasma di quelle cellule, le quali percio, apparentemente almeno, sono indifierenti.

Questo reperto negli Uccelli coincide con quanto ebbi occasione di verificare, alcuni anni or sono, nei Mammiferi, in cui riscontrai che, trattando il pancreas con le stesse speciali colorazioni ora ac- cennate, le ceUule degh accumuh di Langerhans si presentavano prive affatto di granuli di secrezione. I preparati aUora ottenuti ebbi opportunita di mostrarli nell'adunanza della societa anatomica in Pavia nel 1900 (Verhandlungen der anatomischen Gesellschaft auf der vierzehnten Versammlung in Pavia von 18-21 april^ 1900).

Tutto questo insieme di fatti mi convince sempre di piu che gh accumuh di Langerhans, piii che importanza dal lato flsiolo- gico, la presentano dal lato morfologico.

Ed anzi sono ben lieto di poter constatare come la ipotesi da me emessa, dietro precedenti studii, alcuni anni or sono, che gli accumuh di Langerhans cioe rappresentinu una parte rudimeniak

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del pancreas, sia stata ora abbracciata anche da albri ricercatori, quali rOppel ed in parte anche il Laguesse. L'Oppel non solo crede accettabile la ipotesi anzidetfca, ma ne estende anche il concetto (Ergehnisse der Anatomie und Entwickelungsgeschichte, IX Band 1899), ed il Laguesse nei suoi brillanti studii suUa struttiira del pancreas negli ofidii (Sur la structure clii pancreas cJiez quelques Ophidiens et particidierement sur les Hots etidocrines. Archives d' Anatomie mi- croscopique. Tom. IV, fasc. e 3o, 1901), dopo avere confermato in embrioni di Vipera quanto io avevo precedentemente dimostrato in embrioni di Seps chalcides, la primitiva formazione cioe di accn- muli di Langerhans a spese dell'abbozzo dorsale, tende a vedere in questo fatto un richiamo di disposizioni ancestrali, confortando la sua tendenza con le ricerche di Diamare sul pancreas dei Selaci e di Giacomini sul pancreas dei Ciclostomi, ricerche, sulle quali appunto altra volta io mi fondai per discutere sul valore morfolo- gico di quegli accumuli (Sul valore morfologico degli accumidi di Langerhans. Atti della R. Accad. dei Fisiocritici di Siena. Serie IV, Vol. XII).

Come sono repartiti nel pancreas degli UccelU gli accumuli di Langerhans? Solo nel pancreas di passero, sezionato in serie, sono state in grade di poterlo verificare. Intanto subito diro ehe il seg- mento di pancreas giustasplenico si presenta ricchissimo di tali ac- cumuli, tantoche la ghiandola in alcuni punti e per buona parte da (juesti costituita. Richiama questo fatto quanto io e Giacomini (ed in seguito il Laguesse) dimostrammo esistere nei Rettih. Ac- cumuli di Langerhans poi sono sparsi tanto nel segmento ven- trale come nel dorsale, e soltanto se ne mostrano privi il ponte di sostanza ghiandolare, che unisce tra lore questi due segment!, e quella parte di sostanza ghiandolare, che sta all'intorno del con- dotto pancreatico anteriore fine alia sua biforcazione. Si puo quindi dire che, tranne in alcuni punti, si osservano accumuh di Langer- hans dappertutto, numerosi e voluminosi poi nel segmento di pan- creas, che avvicina la milza. Se anche nel passero si verificasse quanto ho dimostrato avvenire nella Seps chalcides (ed il Laguesse in seguito nella Vipera) e nel Trltone, che cioe gh accumuli di Lan- gerhans si costituiscono a spese dell'abbozzo dorsale, bisognerebbe dedurne che il pancreas del passero sarebbe prevalentemente for- mate alle dipendenze di quell'abbozzo; Le ricerche embriologiche sul sue sviluppo, che intendo ora imziare, porteranno luce su tale qui- stione, tanto piii che i pareri sono divisi, giacche di fronte al- r Ham mar (Ueber Duplicitdt des ocidralen Fankreas, Anat. Anz.

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1897) chc ha veduto uno solo dei due abbozzi pancreafcici ventrali fornire del tessuto pancreatico, nel qual caso esso in massima parte si formerebbe a spese dell'abbozzo dorsale, sta il Brouha (^iir les premieres phases du deoeloppement du foie et sur revolution des pan- creas ventraux chez les Oiseaux. Anat. Anz. 1898), che dalle sue ri- cerche nel polio conclude che entrambi gli abbozzi pancreatici ven- trali si sviluppano e forniscono del pancreas.

Concludendo quindi io diro che :

lo. II pancreas di Fringilla domestica (che, attesa la piccola mole deR'animale, ho potuto sezionare in serie con gli organi vicini) e formato da 3 segmenti, due piu grandi (ventrale e dorsale) rac- chiusi nell'ansa duodenale e riuniti a mezzo di un ponte di sostanza ghiandolare, ed il terzo piia piccolo, che, distaccatosi in generale dal segmento ventrale, portasi all' innanzi entrando in rapporto di con- tiguita con la milza, tanto da meritare il nome di segmento pan- creatico giustasplenico.

2^. Esistono tre condotti pancreatici, anteriore, medio e poste- riore, che sboccano, indipendenti tra loro e dai condotti epato-ci- stico ed epatico, nella branca destra dell'ansa duodenale ; e di essi Tanteriore .ed il medio, congiunti tra loro a mezzo di un condotto reuniente, appartengono al segmento dorsale, ed il posteriore al ven- trale. Non possiede il segmento pancreatico giustasplenico un con- dotto, che vada separatamente neU' intestine, ma invece i suoi con- dotti si scaricano nei precedents

3". In uno di quegli animali ho rinvenuto il segmento giu- stasplenico perfettamente separate dal resto della ghiandola, ed i suoi condotti escretori aprivansi in una lacuna vascolare, dipendenza della vena porta.

40. II pancreas di iringilla domestica^ di Callus doniesticus e di Golumba livia non e lobulato, ma invece compatto, e nolle se- zioni si veggono i suoi tubi secernenti anastomizzati gli uni con gli altri in modo da costituiro una rete ; ed in mezzo al tessuto se- cernente scarsissimi litrovansi i condottini escretori intercalari.

50. Le cellule secretrici hanno le stesse caratteristiche che negh altri vertebrati, e, contrariamonte a quanto sine ad ora si e aff'ermato, anche nel pancreas degU Uccehi osservansi, se])bene molto scarse, cellule centro-acinose. La loro scarsita negli Uccelli conva- hda sempre di piu i resultati di Laguesse sul loro sviluppo.

6". Gh accumuh di Langerhans, in rapporto di continuita con i tubi secomcnti, sono formati da cellule epiteliali, nolle quali

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con nessuna delle special! colorazioni (Galeotti, Biondi, La. giiesse) atte a porre in evidenza granuli di secrezione, mi e riu- scito poter rinvenire bimili granuli. Tranne in alcnni punti, si os- servano accumuli di Langerhans dappertutto, ma molto numerosi 0 voluminosi presentansi nel segmento pancreatico giustasplenico

GABlNhJTTO DI ZOOI.OGl A KD ANATOMIA COMPMtATA IIKI.T.A T.IIIEHA UNIVEHSITA Dt PEKUOIA.

Prof. E. GIACOMINI.

Sulla esistenza della sostanza midollare nelle capsule surrenali

dei Teleostei.

Ricevuta il 2C niaggio 1902. li vietata la riiiroiliizione.

jSTei Teleostei, come venne deflnitivamente stabilito con tutta esattezza dalle ricerche di Diamare (4 e 5) e di Vincent (20 e 21), i cosi detti corpuscoli di Stannius, situati per lo piii sulla faccia dorsale dei reni, talvolta sulla lore faccia ventrale oppure inclusi nella loro massa, corrispondono, avendone simile la struttura, al- r interrenale degii Elasmobranchi ed alia sostanza corticale delle cap- sule surrenali dei Vertebrati superiori.

La bibliografia sull'argomento si trova assai bene registrata e riassunta nelle memorie di Diamare e di Vincent.

A me basta soltanto di far qui rilevare che ne gli antichi au- tori [Stannius (17, IS e 19), Ecker (7 e 8), Hyrtl (15)], ne i mo- derni [Diamare (4 e 5), Vincent (20 e 21), Petti t (16), Huot (14)] riuscirono mai a dimostrare nei Teleostei I'esistenza d'una sostanza midollare o di un tessuto che a questa corrispondesse.

Stando all'opinione di Grosglik (12 e 13), i corpuscoli di Stannius sarebbero da omologarsi alia sostanza midollare degli Amnioti e ai corpi soprarenali dei Selaci, mentre la sostanza corticale delle capsule surrenali dei Teleostei dovrebbe ricercarsi nel tessuto linfoide inter- posto ai canalicoli renali e nella massa linfoide del rene cefalico. Ma tale opinione, apparsa gia infondata per i lavori di Balfour (1), di Emery (9 e 10) e di Bizzozero e Torre (2), si trovo in com- pleto disaccordo con i risultati ottenuti con successive investiga-

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zioni da Diamare (4 e 5), da Vincent (20 e 21) e da Huot (14), e si dovette assolutamente respingere.

Nemmeno Chevrel (3), che ebbe a studiare it simpatico dei Teleostei, riusci a dimostrare in quest'ordine la presenza della so- stanza midollare, ossia di quella sostanza corrispondente ai corpi soprarenali degli Elasmobranchi.

Dopo le nuove osservazioni, tendenti a dimostrare, nell'orga- nismo dei Vertebrati, la grande estensione del tessuto cromaffine (sostanza midollare), e la sua importanza fisiologica, diveniva ancor pill interessante Tistituire altre indagini, dirette a discoprire Tesi- stenza di tale tessuto in quel Vertebrati che, come i Teleostei, ne furono sinora ritenuti privi.

Messo suUa via dalle mie ricerche sulle capsule surrenali dei Petromizonti (11), e, sopratutto, dalla disposizione che la sostanza midollare (cellule cromaffine) assume in questi Ciclostomi, intrapresi un metodico esame sopra le seguenti specie di Teleostei : Anguilla vulgaris Flem., Esox lucius Lin., Cyprinus carpio Lin., Tinea vul- garis Cuv., Leuciscus albus Bp., Leuciscus aula Bp. (L. ty^asimenicus Bp.), Barhus plebejus VaL, i cui esemplari potei avere vivi a mia disposizione.

Per il mio studio mi servii, anzitutto, non dei reni distac- cati, ma di questi organi lasciati, insieme ai vasi (vene cardinah e aorta) e al sistema simpatico, attaccati alia colonna vertebrale. Aperta la cavita addominale ed asportati cautamente 1' intestine con i suoi annessi e la vescica natatoria, tolto quanto piii era pos- sibile dei muscoli parietali sen/a ledere gli organi da esaminare, ottenevo un preparato rappresentato dalla colonna vertebrale con i reni ad essa attaccati.

I vari pezzi, in cui suddividevo il preparato, posi a fissare in diversi liquidi (sublimate acetico, hq. di Miiller semphce o mescolato a formalina). I pezzi fissati vennero, dopo conveniente decalcifica- zione, inclusi in celloidina e sezionati trasversalmente in serie. Mi servii anche di pezzi di reni accuratamente distaccati e fissati in subhmato, in liq. di Zenker, in liq. di Flemming o di Hermann.

Quantunque poche le specie da me esarainate, pure, estendendo ai Teleostei in gcnere il fatto principale stabilito dal complesso delle mie osservazioni, mi ritengo autorizzato ad affermare, fin da ora, che le cellule deha sostanza midollare (cellule cromaffine) delle cap- sule surrenali, contrariamente a quanto sine ad oggi erasi a torto creduto, non mancano nei Teleostei.

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Con maggiore o minore evidenza io ho veduto cellule cromaf- tiiie (cellule midollari) in tutte le specie studiate. Si trovanoesse Situate nella parete delle vene cardinal! (vene cave), di preferenza, pero, e quindi piu abbondantemente, sulla parete della vena cardi- nale destra, che, come si sa, nei Teleostei e molto pivi ampia, molto piu voluminosa della sinistra. Esse non si rinvengono in tutta la estensione delle vene cardinali, ma sono, piu precisamente, distri- buite in corrispondenza della porzione craniale di questi vasi, in quel loro tratto, cioe, che decorre lungo la massa hnfoide del rene.

Con maggiore evidenza osservai la sostanza midoUare delle capsule surrenali neH'anguilla e nel luccio, e su queste due specie mi fermero un po' di piii, prendendole a base della mia descrizione.

Ang-uilla vulgaris Flem.

Le cellule midollari (cellule cromaffine) stanno situate nello spessore della parete di quel tratto craniale delle vene cardinali decorrente lungo la massa linfoide dei reni, massa che comprende circa i tre quarti anteriori di questi organi.

Le predette cellule appariscono meglio mauifeste ed in maggior copia nella vena cardinale destra. Nolle sezioni ottenute da pezzi tissati in sublimate e doppiamente colorite con ematossihna, od emallume, ed eosina, risaltano assai bene per il colore bleu piutto- sto intense che le medesime assumono. La parete della vena si vede cosparsa di nidi cellulari (nidi di cellule cromaffine), od anche nidi di nuclei, di varia grandezza e di forma irregolare svariatissima, piu 0 mono nettamente circoscritti. In certe sezioni trasverse tutta la parete della vena mostrasi disseminata di siffatti nidi. In alcuni l)unti osservasi che i nidi tendono a mettersi in rapporto con 1' en- dotelio. Inaltri punti le cellule midollari si dispongono a guisa di uno strato di elementi d'aspetto epiteliale al disotto dell'endotelio, che 11 separa dal lume vasale. Talvolta i nidi in rapporto con lo endotelio prendono I'aspetto di lobuletti nettamente delimitati anche dal lato opposto a questo rivestimento. Raramente si rinviene qual- che nido cellulare situate dorsalmente alia vena, al di fuori della sua parete oppure nella sua avventizia.

Le cellule midollari hanno forma assai varia: cubica, cilindrica, cihndrico-prismatica od irregolare per qualche corto prolungamento emanante dal loro corpo; talora si presentano anche di forma ro- tondeggiante. II loro citoplasma e finamente granuloso, in alcune piu scuro, in altre piu chiaro ; il loro nucleo, relativamente grande,

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e rotondeggiante, vescicolare. ISTel loro iusieme le cellule in discorso mi si sono manifestate simili a quelle da me poste in rilievo nelle vene cardinali dei Petromizonti. Cio die soprattutto le caratterizza; escludendo ogni dubbio sulla loro natura, si e il colorito giallo-bruno 0 bruno che assuraono nei pezzi fissati con liq. di Miiller o con liq. di M tiller mescolato a formalina, dando cosi la nota reazione delle cellule midollari.

Circa ai rapporti delle cellule della sostanza midollare con il sistema nervoso simpatico, devo far rilevare che non trovo mai nidi di cellule entro ai gangli simpatici, che solo assai raramente veggo qualche nido vicino a qualcuno dei gangli situati dorsalmente alia vena, e che soltanto lungo qualche filetto nervoso simpatico, che si porta alia vena, riesco a scorgere singole cellule midollari o piccohssimi nidi.

Le disposizionipiuinteressantisiriscontrano versol'estremo cra- niale. Allorche ci si avvicina a questa regione, i nidi di cellule nella pa- rete della vena aumentano di numero e di grandezza. Osservasi inoltre che nel segment© ventrale di essa comincia a comparire uno strato glandulare costituito da lobuletti od otricoli epitehali solidi, netta- mente circoscritti da membrana propria e bagnati da seni sangui- gni, il cui endotelio e strettarnente addossato ai lobuletti stessi. Le cellule epiteliali, piuttosto piccole, stivate negli otricoh, hanno forma poliedrica, cubica o cilindrico-prismatica, mostrano un nucleo rotondo con distinto nucleolo. Per il loro aspetto e per i loro caratteri strut- turah, considero i descritti otricoli simih a quelli, che costituiscono la sostanza corticale raccolta nei cosi detti corpuscoli di Stannius.

Portandoci ancora piii cranialmente, s'incontrano tratti nei quah tutta la vena e circondata dai predetti otricoh, situati nello spessore della sua parete.

Nella regione in parola la sostanza midollare e molto aumen- tata, particolarmente neha parte dorsale della vena.

Sui lati di questa ed anche sulla sua faccia ventrale si veggo- no, situati verso il lume vasale, nidi di cellule midollari od anche uno straterello di tali cellule, e al di sopra di essi, verso il con- torno esterno del vaso, otricoli di sostanza corticale. Qui gli ele- ment! della sostanza midollare possono anche interporsi tra i lobu- letti di sostanza corticale. Tanto fra i lobuletti di quest' ultima quanto fra i nidi cellulari s' intromettono pure cehule linfoidi. In tale regione s'incontrano gangliettini nervosi piii o meno addossati alia parete della vena, in modo da stare indifferentemente o vicini alia sostanza midollare o presso alia corticale.

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Solo assai di rado nello spessore della parete della vena si ve- de qualche singola cellula gangliare presso un nido cellulare o tra le cellule midollari.

Esox lucius Lin.

II luccio oflfre un materiale assai adatto per la dimostrazione della sostanza midoUare. In questa specie, infatti, nella porzione craniale linfoide dei reni le due vene cardinali, e particolarmente la destra, contengono, inclusi nello spessore della lore parete, abbon- danti nidi di cellule o strati di cellule midollari con aspetto epite- liale. Dal lume vasale gli strati rimangono separati per mezzo del solo endotelio. I nidi cellulari seguono le sinuosita delle vene, e si spargono inoltre lungo i primi tratti dei rami venosi {ve^iae reve- hentes) che affluiscono alle cardinali.

Procedendo caudalmente, allorche sta per cominciare la por- zione escretrice del rene, le cellule midollari nella parete delle vene cardinali divengono sempre piu rare, fine a scomparire completa- mente. In alcune delle sezioni, praticate a livello dell' inizio della porzione escretrice, vedesi nel lato sinistro un corpuscolo di S tan- nins incluso nel rene e medialmente ad esse la vena cardinale si- nistra con rari nidi di cellule.

II colore giallo-bruno o addirittura bruno scuro die le cellule midollari del luccio assumono nei pezzi fissati in liq. di Mil Her sem- plice 0 in liq. di MiiUer con formolo, e cosi intense, che serve be- nissimo a fade distinguere dai rimanenti elementi, anche quando giacciono isolate.

Una circostanza, poi, che molto importa di rilevare si e : che nel luccio anche piu raramente che nell'anguilla si riesce a scorgere qualche cellula gangliare vicino alle ceUule midollari, le quali percio si mostrano in questa specie aft'atto indipendenti dal simpatico.

Cyprinus carpio Lin.

Anche nella carpa esistono nidi di cellule midollari assai ben distinti nella porzione linfoide dei reni, all'intorno delle vene cardi- nali. Alcuni piccoli gruppi di cellule cromafflne s'internano pure nella massa hnfoide, seguendo i rami venosi che affluiscono alle car- dinali.

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Tinea vulgaris Guv.

Nella tinea s'incontra una disposizione consimile con nidi cel- lulari nella massa linfoide.

Leuciscus albus Bp.

In questa specie, sopra alcune sezioni della regione craniale dei reni, all'intorno del lume delle vene cardinal!, si osserva come un vero e proprio strato epiteliale, costituito da cellule cromaffine. II solo endotelio separa le cellule piu interne dal lume vasale.

Nei punti, in cui rami venosi affluiscono dal rene nolle vene cardinali, le cellule midollari si estendono pure lungo il prime tratto di (juesti rami venosi {venae revehentes).

Leuciscus aula Bp. e Barbus plebejus Val.

In queste due specie riesce piuttosto difficile scorgere le cel- lule cromaffine a causa delle loro piccole dimensioni. Tuttavia, os- servando attentamente lungo la faccia dorsale ed il lato mediale delle vene cardinali, particolarmente della vena cardinale destra, si veggono singole cellule midollari o piccoli gruppetti di queste cel- lule sporgenti nel lume vasale, e dal medesimo separate soltanto mediante la sottile lamina deU'endotelio.

Converra completare lo studio ed estendere la ricerca a molte altre specie, ma, ad ogni mode, da quanto ho sopra riferito, mi sembra ciie si possa sin da ora concludere, senza troppo allonta- narsi dal vero, che anche nei Teleostei in generale il sistema delle capsule surrenali e rappresentato da due distinte maniere di organi, vale a dire dalla cosi detta sostanza corticale (corpuscoli di S tan- nins) corrispondente all'interrenale degli- Elasmobranchi e dalla cosi detta sostanza midollare, corrispondente ai corpi soprarenali degii Elasmobranchi. Quest'ultima, negata sine ad oggi nei Teleostei, e posta ora in evidenza dalle mie ricerche, e in tale ordine di Pesci costituita da cellule cromaffine disposte airintorno delle vene cardi- nali e particolarmente della vena cardinale destra. Siffatta disposi- zione delle cellule midollari all'intorno delle vene cardinali richiama alia mente Y altra da me descritta nei Petromizonti (11).

La sostanza midollare nei Teleostei puo dirsi indipendente dal

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sistema nervoso simpatico, il che mi induce a rimanere sempre al- quanto diibbioso sulla sua derivazione da quel sistema.

Uno studio dolla istogenesi di questa sostanza nei Teleostei potrebbe forse fornire qualche dato molto interessante circa all'ori- gine delle cellule cromafflne nei Vertebrati in genere.

Veduta la disposizione della sostanza midollare nei Teleostei, e da supporsi che con molta probabilita nei Ganoidi e nei Dipnoi, nei quali sostanza midollare non fu ancora dimostrata, si abbia pure una disposizione consimile e che cellule cromafflne si trovino anche qui incluse neUe pareti delle vene caidinah.

Bibliografla.

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(3)Chevrel R.— Snr raaatomie du systeme narveux grand sympatique des Elasraobranches et des poissons osseu.K. Arch, de zool. exp4r. el gin. Se ,'•'. Tom, V (his). 1887.

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[b) Ricerche intorno all'organo surrenale degli Elasiiiobranchi ed ai corpuscoli di Staanius dei Te- leostei, Contributo alia ir.orfologia delle capsule surrenali. jMem. di mat. e di fis. della So- ciela Italiana delle scie"ze. S. 3. T. 10.

(6) E berth (J. J. Die Nebennieren. Strieker's Handbuch der Lehre von den Geweben des

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1897.

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(25) On the suprarenal bodies of Vertebrata. Ibid., N. S. Vol. XXV. London i88p.

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Pkof. GIOVANNI PALADINO.

A proposito di una classificazione delle ghiandole.

JilSl'OSTA ALLA KePLICA DEL DOTT, LIVINI (')

Ricevuto il 14 Luglio 1902.

fi vietata la riproduzione.

II dott. Livini nel precedente numero di questo G-iornale (^). replica al mio articolo In difesa della nuova classificazione da me proposta , e dichiara di non rinunziare alle sue idee, benche gli si fosse dimostrato che non ha I'appoggio di buone ragioni, e quindi bisogna dire che il solo spirito polemico lo assista in simile dibat- tito e non certamente Tamore pel trionfo del vero.

I. E, difatti, il timo^ che sarebbe per me una glandola mista, costituita cioe dal concorso deU'elemento archiblastico e parabla- stico, non puo esser considerate tale dal Livini, perche I'elemento parablastico o hnfoide, secondo le ricerche di Beard ecc. sui selacii, deve considerarsi come proveniente dalla trasformazione degli ele- menti epiteliali, dai quali il timo, anche per Livini, resuUa pri- mitivamente costituito.

FattogU osservare che I'origine deU'elemento parablastico non infirmava ne il carattere di questo, ne la costituzione del timo, non altrimenti che sarebbe puerile combattere nella lore individualita i tessuti parablastici o mesenchimatosi tutti quanti, solo perche vanno ritenuti quah tessuti secondarii, provenienti dagli epitehi o tessuti primitivi, egii crede di trovare una risorsa nel fatto che i corpuscoli di Hassall mancano nel timo della Raja (Beard), e Maurer non n ha rinvenuti in alcuni degh Urodeli esaminati.

Non contento, aggiunge che, secondo Afanassiew, i corpuscoH di Hassall, si svilupperebbero ddll'endotelio dei vasi sanguiferi, e quindi non sarebbero di natura epitehale, dalla cui trasformazione iniziale ha pure fatto il Livini provenire Telemento hnfoide del timo.

Ora e il case di dire al dott. Livini: ma la si decida. Che si- gniflca quest'altalena tra opinioni cotanto opposte e stridenti o que-

(1) CoUa pubblicazione di qiiesta Nota del Prof Paladino, la polemica, per ()uanto ci ri- guarda, s'intende esaurita. La Dikbzione.

(-) A proposito di una classificazione delle glandole. Replica al prof. G. P a 1 u d i n o. Moni- lote Zoologico, Ann. Xlll. Fircnze 1902.

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sto ricorrere ad armi cos] diverse e tutte spuntate ? Che valore puo mai avere il fatto che in alcuni urodeli e nella raja non si sono trovati i corpuscoli di Hassall? lo in questo argomento posso fon- darmi su studii proprii e su quelli di uno dei miei allievi, e non posso menomamente dubitare della presenza dei corpuscoli di Has- sall nel timo della massima parte dei vertebrati, e di ritenerli quali residui dell' elemento epiteliale iniziale, a cui si sono uniti alcuni elementi -linfoidi, ond' e da rifiutarsi con tutta sicurezza I'opinione di Afanassiew e di tutti quelli che vi si associano, dappoiche e conseguenza di un'erronea interpetrazione di trovati istologici, che presentano, del resto, abbastanza difficolta. Nel patrocinare simili nozioni sono in ottima compagnia, ma rinunzio ben volentieri al lusso di inutih citazioni e qmndi conclude che restando ai fatti bene accertati il timo puo benissimo rappresentare nella classificazione da me proposta il terzo gruppo di ghiandole, cioe delle glandole costi- tuite dalla concorrenza dell'elemento archihlastico e parahlastico.

In una nota della replica il Livini aggiunge che si serve delle parole archihlastico e parablastico, perche ie ho adoperate io, men- tre sono andate in disuso. In disuso e perche, se sono appena usate ? Se sono consacrate in una classificazione dei tessuti a fondo di embriologia ontogenica? Ha voluto forse dire il Livini che non hanno Toriginario signiflcato datole da His, dope che i fratelli Her twig hamio fondata la teoria del mesenchima, e quindi oggi si parla di tessuti mesenchimatosi o parablastici ; ma da cio al di- suso ci corre, e molto.

II, II dott. Livini ribatte il secondo gruppo di ghiandole, cioe quelio a fondo parablastico o di glandole non a fondo epiteliale, ed a tale proposito trova a distinguere tessuti o organi secretori ed or- gan! glandolari, ed illumina tale distinzione "con sottih considera- zioni del Luciani, e col ricordare che T idea di considerare come secernenti tutti gli elementi dei tessuti e stato espresso recentemente da Gomez Ocana nel Congresso di Fisiologia di Torino, considerando la funzione secretoria comune a tutt' i tessuti, compreso il tessuto nervoso. Mi mette sull'avviso di non intendere in un senso cosi largo questo concetto di secrezione, perche allora sarebbe da consi- derarsi come glandola ogni organo.

Ora mi consenta il dott. Livini di dirgli che poteva risparmiarsi una simile divagazione, e per parecchi motivi, di cui ecco i princi- pali : a) distinguere semplicemente cosi i tessuti od organi secretori dagli organi glandolari e un mezzo logogrifo, quando si sa che in un senso generale e comparative le glandole cominciano da forme

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semplicissime, le glandule unicellulari, per arrivare a forme com- plessissime quale il fegato. h) Se il dott. Livini avesse riflettuto alia deflnizione da me data in senso flsiologico, cioe : la glandola e un organo che produce un secreto non ittilizzato dall'organo secretore e differente per stati fisici e per composizlone . clmnica e morfolo- gica ecc, non avrebbe pensato che io avessi potato comprendere tra le glandole gli organ! ed i tessuti tutti quanti per i relativi fe- nomeni nutritivi e rigenerativi. c) Del pari, se il dott. Livini avesse tenuto presente lo svolgimento storico delle questioni della scienza die coltiviamo, avrebbe saputo che il concetto di considerare il pro- cesso di secrezione quale un fenomeno generale dell'organismo e vecchio di oltre un secolo, perche rimonta a Wolff, il quale si spinse a considerare ogni parte del corpo quale una secrezione del sangue, e ripetuto da T rev ir anus per cui " ciascuna parte, pei' la sua nutrizione, e relativamente al resto del corpo nelle condi- zioni di una sostanza escreta „.

Adunque, il dott. Livini ha fatto una divagazione inutile ed erronea, essendo state trascinato a dare brevetto di novita a cose vecchissirae.

d) Non meno erronea e superflua e I'altra divagazione sul- I'abbandono del metodo analogico in Anatomia, quando si sa che oggi nello studio della organizzazione, nell' esame dell' architettura degli organismi non si segue un metodo esclusivo, ma in cambio si fa lo studio degh organi e dei sistemi anatomici sotto varii punti di vista, e cosi per i rapporti di posizione degh organi, per i rap- porti anatomici e di sviluppo, ed, infine, per i rapporti funzionali. Di qui vi sono organi oinologhi e non analoghi^ viceversa organi analoghi e non omologhi^ ed inline organi omologhi ed analoghi.

L'Anatomia moderna o morfologia fa tanto lo studio delVana- logia 0 parentela fisiologica, quanto quelle della omologia e della derivazione loro, e talora il primo e cosi prevalente che solo con esso si puo intendere perche certi organi spariscano, mentre altri raggiungano uno sviluppo eccessivo ; e perche altri organi di origine comune si difterenziino per diverse funzioni.

Adunque, la funzione e sempre importante nella valutazione morfologica degli organi, ed in dati rincontri ha valore prevalente, come, ad esempio, nel caso presente, dappoiche la funzione speci- fica delle glandole a fondo parablastico corrisponde i)i mode carat- teristico al concetto di un organo glandolare. Volerle considerare diversamente significa non sapersi sottrarre alia tirannia di un vero pregiudizio scolastico.

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III. II dott. Livini, a proposito degli esempi da lui addotti in appoggio delle glandole da me dette a tipo sporgente ed a su- perficie liscia, fa bonne mine d mauvais jeu e giustifica la manche- volezza delle figure che accompagnano il sue articolo col dire die le figure dovevano dare idea dell'architettura della trachea, e non dimostrare la minuta struttura degli elementi, inentre che era precisamente per questa minuta struttura che quei punti potevano essere considerati come glandole a tipo sporgente ed a superficie liscia.

Ricordatogh che non da oggi si sa che I'epitelio dei vilh inte- stinah esercita un'azione modificatrice su quanto assorbe dall' inte- stine, risponde di riconoscere che i lavori del Mingazzini al ri- guardo sono una, contribuzione citologica suH'argomento, ma nel cor- reggersi cosi suUa intrinseca significazione dei lavori citati, incespica poi maledettamente suUo state delle cognizioni riflettenti la secre- zione interna del fegato.

II Livini non trova da paragonare la secrezione interna del fegato a quella deirepiteho intestinale, perche dove il parenchima epatico riceve materiale dal sangue, I'epiteho intestinale lo pigha dair intestine, e quindi la secrezione del fegato e per lui perfetta- mente paragonabile a quelle delle comuni glandole di tal gruppo (ti- roide, paratiroidi), e non paragonabile a quella dei viUi intestinah.

Se non che, dicendo cio, il Livini ignora o mostra d'ignorare che il maggior prodotto di secrezione interna del fegato e il ghco- gene, e la sorgente principale di questo e soprattutto rappresentata dalle zucchero, che il fegato riceve dall' intestine, onde da questo punto di vista il fegato e la sede di una vera riserva amilacea, un vero deposito dell'idrato carbonico che gh arriva dall' intestine e che cede al sangue gradatamente, a norma dei bisogni dell' organismo.

Stando cosi le cose, se la secrezione interna dell'epitelie inte- stinale puo paragonarsi a quella delle altre glandole per la sorgente dei materiah, senza dubbio non la si puo paragonare che sopratutto con quella del fegato.

Ed eccoci, inline, alle capsule sinoviah, per le quah si puo dire che veramente il dott. Livini ama gareggiare di equivoci.

Non riconobbe giusto annoverare le capsule sinoviali con le re- lative frange tra le glandole a tipo sporgente, perche, secondo i la- vori di Hueter, Hagen-Torn, Hammar e Banchi, fa assoluta- mente difetto un rivestimento epiteliale (endoteliale), e quindi non e il caso di parlare di glandole.

Intanto, nolle articolazioni havvi un secrete, e si avverti per-

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cio il Li villi che in questa guisa egli doveva ritenere la sinovia come un prodotto di secrezione degli elementi connettivali rivestenti il cavo arfcicolare. Fattagli osservare la contraddizione in cui era ca- duto, il Livini risponde a) col rilevare che io male adopero indif- ferentemente le parole epitelio ed endotelio, b) che oggiyiorno si i concordi nel considerare I'endotelio come un tessuto che per la forma e disposizione degli elementi e in ttitto simile ad un epitelio pavimen- toso semplice, diversiflcando i due tessuti 1' uno dall'altro soltanto per la differente origine, c) che le capsule sinoviali non hanno ri- vestimento ne epitehale, ne endoteliale, ed in camhio hanno in su- perficie gh elementi connettivaU fittissimi da simulare qua un epi- telio bemplice e la un epiteho composto (stratificato ?).

Comincio col dirgli che adoperando indifferentemente le parole epiteho ed endotelio ho seguito lui, e quindi tutt'al piii mi avrebbe dovuto rimproverare di averne imitate il cattivo esempio. Ma non voglio ripararmi dietro una si magra scusa. Io avevo, in cambio, creduto che il Livini considerasse per quehi che veramente sono gh epitehi e gh endotelii, cioe per una sola famiglia di tessuti, di- versi per grade e, piii che per origine, per il site, ove si trovano. Ma il dott. Livini ripete ancora I'errore di considerare gli uni per epitehi genuini e gh altri per pseudo-epiteln, e quindi ripete I'errore che I'endoteho non abbia se non la forma deh'epiteho pavimentoso semphce, mentre e notissimo che I'endoteho, oltre questa forma, puo presentare la cubica, la cilindrica e perftno la vibratile, come un esempio classico si ha nella cavita pleuroperitoneale dei batracii.

Inoltre, non e interamente esatto che I'epitelio si origina dai due foglietti blastodermici primitivi e I'endotelio dal mesenchima, dappoiche e orainai ovvio che I'endoteho del celoma negii animali a tipo enterocehco sia di genesi entodermica o del foglietto primi- tive interne.

Insomma, pare che il Livini stia ancora alia dottrina di His per quanto riguarda I'epitelio e I'endotelio, che non ostante pur ado- pera indifferentemente.

II dott. Livini termina con I'insistere nel non riconoscere iiel- I'ovario una glandola e nel rifiutare all' novo il valore di un prodotto di elaborazione morfologica della stessa, e cio pel fatto che le ri- cerche di Eigenmann hanno dimostrato nel Cymatogaster che la differenziazione delle cellule sessuali sia gia constatabile alio stadio di 32 blastomeri. Ora io qui potrei fare una lunga divagazione per li- levare che nehe parole del Livini e una fitta confusione di questioni disparatissime. Mi limito a richiamare solo Tattcnzione del lettore

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sulla circostanza che tutti i lavori nel senso di Weismann hanno voluto dimostrare questa differenziazione precoce degli elementi ses- suali nel materiale di segmentazione, ma die da questo a negare la individualita istologica e flsiologica deH'ovario mi pare addirittura un'assurdita, tanto piu che 1' uovo maturo, pur legandosi origina- riamente alle uova primordiali ed alle cellule germinali, ha subito tali e tanti cangiamenti, per i quah vi e assoluto bisogno di un lavorio complesso di elaborazione secernente da parte dell'ovario.

In conclusione, le osservazioni del dott. Livini quando non sono sorrette da pregiudizii scolastici rivelano difetto tanto nella storia quanto nello state presente delle questioni annodantisi all'ar- gomento, e quindi mi pare che esse non valgano a scuotere la so- hdita della nuova classificazione da me proposta.

UNIONE ZOOLOGICA ITALIANAW

A VVISO. ^"--^

Si pregano caldamente i siguori Socii che non hanno ancora versata la quota sociale del cori'ente anno 190i di volersi mettere subito in I'egola con l.i cassa (a norma dell'art. 4 dello Statute) inviandola {per cartolina vaglia) al Segretario-Cassiere

Napoli 27 marzo 1902

Prof. Fr. Sav. Monticelli I.stituto Zoologico, E,. Universita di Napoli.

Ill AsseiiiMea oriiiiaria e GouKpo Zoologico Nazionale in Roina.

Egrbgio Collega,

Come fu deliberato nella seconda assemblea dell'Unione Zoologica italiana tenutasi in Napoli nell'aprile del 1901, si terr^ quest'anno in Roma la terza assemblea ordinaria e Conveguo Zoologico nazionale nel prossimo autunno.

II Comitato ordinatore del Convegno, invita pertanto ad intervenire a questa assemblea e Convegno a nome della Presidenza dell'U. Z- I., non solo i soci, ma ancora le altre Societi italiane di Zoologia e di tutte le discipline affini e quanti in Italia si interessano agli studii di biologia. E saranno an-

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cora ospiti graclifci tutti quegli stranieri che volessero onorare della loro pre- senza queste aclunanze della nostra Unione (1).

II Comitato prega tutti coloro che intendono intervenire al Coavegno Zoologico di Koraa di inviare la loro adesione, non oltre il ottobre 1902.

I socii deirU. Z. I., che vorranno prender parte al Convegao dovranno far pervenire al Segretario del Comitato ordinatore, dott. Felice Supino {Isti- tuto di Anatomia comparata, Via Agontino Depretis, Roma), L. 2 mediante car- tolina vaglia. Essi riceveranno, nel prossimo ottobre, una tessera d'iscrizione e le carte di riconoscimento per usufruire dei ribassi sulle ferrovie e sui pi- roscafi.

Gli estranei all'Unione godranno degli stessi vantaggi dei Socii. La loro quota di adesione e fissata per6 in L. 5.

La tessera d'iscrizione dk diritto a tutti gli aderenti a ritirare dalla Se- greteria del Convegno in Roma la tessera-programma, il distintivo del Con- vegno e quanto altro a questo si riferisce onde poter godere dei vantaggi ferroviari (2).

L'iscrizione potra pure ottenersi direttamente nell'ufficio di Segreteria in Roma ; in tal caso non si ha diritto a riduzioni sul prezzo del viaggio.

II programma del convegno d stdbilito come segue:

GrioTedi 30 Ottobre Riunione dell'ufficio di Presidenza e del Comitato

ordinatore. Venerdi 31 Ottobre Ore ant. - Seduta inaugurale.

Ore pom. - Seduta scientifica. Sabato 1 Novembre Ore ant. - Seduta scientiiica; Domenica 2 Novembre Gita ai Castelli Romani.

Lunedi 3 Novembre Ore ant. - Seduta scientifica per le dimostrazioni.

» pom. - Seduta amministrativa (elezione delle

cariche sociali), e chiusura del Convegno. Alia .sera Banchetto sociale. Gli aderenti al convegno che intendono di fare delle comunicazioni scien- tifiche, dimostrazioni di preparati, ecc, sono vivamente pregati di darne no- tizia possibilmente, nella prima quindicina di Ottobre, con lettera, al Segre- tario deirUnione prof. Fr. Sav. Monticelli (Istituto Zoologico, R. UniversitA, Napoli).

IL COMITATO ORDINATORE F. Todaro Presidente, B. Grassi, L. Luciani, R. Pirotta, R. Versari, D. Vin- ciguerra, M. Cermenati, M. Lanzi, F. Supino Segretario.

(1) Perch6 al Convegno potessero prender parte tutti i Soci,il Comitato promotore, tenuto conto dell'epoca di questo, ha fatto pratiche presso il Ministero peixh^ conceda speciale permesso di inter- venirvi ai Professor! delle scuole secondai'ie.

(2) Agli aderenti al Convegno Zoologico, inuniti della tessera personale e delle carte di ricono- scimento rilasciate dal Comitato, le Societa delle ferrovie Adriatichc, Mediterranee, Sicule e Venete concedono per un periodo di tempo dal 25 ottobre al 10 novembre il ribasso consueto del 30 al 50 "(j se;ondo il percorso; la Society delle Ferrovie barde il 30 "[g; la Navigazione generale italiana il 50 0(9 Miiipre che il v'aggio si compia nel tempo indicato suUa carta di riconoscimento e secondo le norme stampate a tergo della medesima.

CosiMO Cherubini, Amministratore-responsabile.

Firenze, 1908. Tip. L. Niccolai , Via Faeuia , 44.

^i^osi-vio Z;OOIL.OC3-IOO

PUHLICATO SOTTO GLI AUSPICI BELLA

UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA

PER CURA

DEL CONSIGLIO DIEETTIVO

Lo studio delle scienze biologiche e della zoologia in particolare ha acqui- hlato in Italia, durante I'ultirao mezzo secolo, sempre piu numerosi cultori. Col numero di questi, e cresciuto sempre piu quello dei lavori scientifici.

Ma i mezzi per pubblicare in Italia quei lavori sono ancora insufficienti. Per quanto importanti pubblicazioni vengano fatte a cura di singoli istituti e musei, accogliendo anche lavori di estranei, e non ostante il prof. Todaro abbia generosamente aperto agli scienziati di tutte le scuole il periodico de- stinato in origine ai soli lavori del suo laboratorio di Anatoraia, buona parte dol!a produzione zoologica nazionale e tuttora costretta ad emigrare all'estero, dove i giornali scientifici, massime tedeschi, le concedono larga ospitalita.

JJUnicn'i Zoologica Italiana, costituitasi or sono due anni, ha vivamente sentito quella mancanza ed ha formulate il voto che un nuovo periodico possa presto vedere la luce ed essere I'espressione del lavoro Zoologico italiano.

Abbiamo raccolto quel voto : sotto gli auspici dell' Unione Zoologica ci proponiamo d' incominciare la pubblicazione di un Archivio Zoologho desti- nato ad accogliere lavori scritti in lingua italiana e latina e rif'erentisi a tutti i rami della zoologia intesa nel suo piu ampio significato, qualunque sia il loro indirizzo. Avremo cura che la forma tipografica e 1' esecuzione delle tavole siano tali da sostenere il confronto con le piu riputate pubbli- cazioni ejstere del genere.

h^ Archivio Zoologico si pubblicheri a fascicoli senza periodo determinato; questi fascicoli saranno messi in vendita ad un prozzo che verra fissato volta per volta, secondo il costo della stampa e delle tavole. Tre o quattro fascicoli formeranno un volume di circa 400 pagine con nuraerose tavole.

L'accoglienza che il primo fascicolo ricevera dal pubblico. se, come ci lusinghiamo, sar^ favorevole, varri ad assicurare la vita deW Archivio e c' in- coraggeri a continuare nella nostra impresa.

In tale caso apriremo associazioni a pagamento anticipato per 1' intiero volume, il cui prezzo sar^ inferiore a quello dei fascicoli acquistati separata- mente.

La casa libraria W. Junk di Berlino N. W. 5 assume 1' esclusiva rap- presentanza e comm'issione deW Archivio Zoologico per I'estero. Per 1' Italia la gestione e provvisoriamente afifidata al Segretario dell' Unione Zoologica Ita- liana (I).

II Gonsiglio dh'ettivo dell' Unione Zoologica Itahana.

(1) Attualmente Prof. Fr. Cav. M o nt ice. Hi (Istituto Zoologico della K. Uiiiversit£i di Napoli),

ARGHIVIO ITAliIfldO

DI

AHATOiyilfl BD, EJUBllIOLOGIft

PUBBLICATO DA

D. BALDI, Pisa D. BERTELLI, Fadova S. BIANCHI, Siena

Cx. CKIARUGI, Firenze E. GIACOMINI, Ferugia L. GIANNELLI, Ferrarn

P. LAGHI, Genooa G. ROMITI, Fisd, U. ROSSI, Perugia

R. STADERINI, Catania - G. VALENTI, Bologna

E DIRETTO DA

Qr. CHIARUG-I.

L'Archivio Italiano di Anatomia e di Embriologia si pubblica in tre f'asci- coli clio formeraimo ogni anno un volume di pagine 500 a GOO, con illustrazioni e con tavolo.

II pi'ezzo annuo di abbonamento e: Per ritalia L. 30. Per I'Estero Fr. 31,50 comprese le spese di spedizione.

II terzo f'ascicoio dell'Archivio vedra la luce nel prossimo Settembre 1902.

Per quanto riguarda la Direzione rivolgersi al prof. G. Chiarugi, Istituto Anatomico, Via AUani 33, Firenze.

Per quanto riguarda I'Ammiiiistrazione dirigersi alia Ditta LUIGI NICCO- LAI, Editore, Via Faenza 44, Firenze.

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MonitoFe Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DAI DOTTORI

GIULIO CHIARUGI EU6ENI0 FICALBI

Prof, di Anatomia nmana Prof, di Anatmnia comp. e Zoologia

uel R. Istiiuto di Studi Super, in Kirenze nella R. Universita di Fadova

XJfficio di Direzione ed Amministrazione: Istituto Auatomico, Firenze.

12 numeri all' anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Agosto 1903 N. 8

SOMMABIO : Comunioazioni originali: Bortolotti C, Sviluppo e propaga- zioiie delle Opalinine parassite del lombrico. (Con 4 figure). Rossi G-., Di alcune proprieta microchiraiche delle isole del Langerhans. Be- retta A.., La raoltiplicazione cellulare nel midollo delle ossa del Riccia durante I'ibernazioGe. Meneghetti A. e Dall'Acqua XJ., Discesa anomala del testicolo. (Con tav. IV). Pag. 195-220.

Unione Zoologica Italiana. Pag. 220.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITOTO ZOOLOGICO DKLLA. U. UNIVERSITA DI BOLOGNA.

Sviluppo e propagazione delle OpaIi?une parassite del lombrico.

DoTT. GIRO BORTOLOTTI. (Con 4 figure)

Ricevuta 11 29 aprile 1902

fi vietata la riproduzione

Esaminando al microscopio il contenuto digerente di un gran numero di Lomhricidi che volgarmente si distinguono col noma di Lombrici, ci troviamo dmnanzi ad una vera fauna parassitaria che Vive a spese del verme, senza pero, almeno apparentemente, arre- cargli alcun danno.

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lo mi propongo di trattare in particolare degli infusori appar- tonenti alia famiglia delle Opalinine e clie sono i piu comuni e nu- merosi ospiti dell' intestine del Lombrico. Le Opalinine sono infu- sori che appartengono all'ordine degli Olotrichi ed al sottordine de- gli Hymenostomidi. Esse si distinguono dalle Opaline^ notissimi in- fusori viventi parassiti nelF intestine degli Anfibi, per caratteri se- condari (vacuole pulsanti: organi adesivi unciniformi). Le Opalinine che riscontrai nel Lombrico sono dei due generi Anoplophrya ed Hoplitophrya e precisamente V Anoplophrya circulans St. e 1' Hopli- tophrya Lumbrici. La prima non e tan to frequente, la seconda la rinvenni in quasi tutti i vermi esaminati.

L\iu. circulans e lunga da O'l a 0'9 mm., ovoidale, come un poco ritorta sopra il sue asse, uniformemente ciliata, col corpo ri- gato longitudinalmente o debolmente spirale. A forte ingrandimento si possono distinguere una membrana esterna sottilissima, un ecto- plasma ialino ed un endoplasma granuloso. Si notano vacuole pul- yanti in numero diverso situate lungo uno dei suoi bordi laterali. E munita di un grosso macronucleo nastriforme ed assai lungo, rare volte ovale a stento visibile nell'animale vivo, ben distinto nell'ani- male flssato e colorato. Si osserva pure un piccolissimo micronu- cleo situate di fianco al macronucleo, invisibile a fresco e con una certa difflcolta anche nel preparato, soltanto in determinati periodi della vita dell' infusorio C). L' Anoplophrya non presenta alcuna trac- cia di bocca, di faringe, di ano,

L' Hoplitophrya Lumbrici St. e grossa quanto VAnoploprhya. II corpo e di forma irregolarmente ovale non ritorto, rigato longitudi- nalmente e con uniformita ricoperto di ciglia : si notano numerose vacuole pulsanti. II macronucleo e nastriforme, del micronucleo non potei in nessun case constatare la presenza ; non v'ha alcuna trac- cia di bocca, di faringe, di ano. II carattere principale dell' Hoplito- phrya e la presenza di un apparato adesivo sulla parte anteriore del corpo, formate di una sostanza dura che secondo Stein e cornea ed originata dalla membrana e dull'ectoplasma e secondo Btitschli e solida ma non cornea, formatasi per indurimento locale e di facile distruzione come I'anello adesivo delle Tricodine. Nelle diverse specie di Hop)litophrya I'apparato detto anche della " lista trasversale non e ugualmente costituito. Nella Lumbrici lo potei bene osser-

(') [ nseloJi che seguii nell^i ricerche sono: Fissazioue al calore e al s'ibliinato 1 */j. Colorazione con color! d'anilma e specialiiieiite cob la Vesuvina. Provai a lissare auche ai vapori di acido osmico, ma con niinore risuliato.

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vare. Esso e formato da un piccolo uncino diretto all' iiidietro e che sporge sopra la superflcie ventrale. L'uncino rappresenta Testremita di una breve linea obliqua (linea trasversale) che si scorge nell'ani- male. Secondo Stein sarebbero due le linee trasversali che terminano con l'uncino, una da una parte ed una dah'altra, come nelVHopU- tophrya falcifera. II ramo sinistro nella Lumbrici sarebbe ridotto in mode tale da non essere visibile, ma non del tutto scomparso p'er- che un avanzo esisterebbe nella cosi detta " piega dell'animale " Falte dei tedeschi. II mio parere e che questo apparato ade- sivo sia formato da una sostanza identica a quella delle ciglia e che appunto sia costituito dalla fusione di un gran numero di queste. Lo deduce dall' identico comportamento delle cigha e dell'apparato sotto I'azione dei fissatori. Fissati rapidamente al calore gh infusori alle volte si possono conservare in mode che tanto le ciglia, quanto I'apparato adesivo siano ben distinti; con un piccolissimo eccesso di calore o col subhmato queste formazioni scompaiono e non ho mai osservato il case dell'esistenza dell' una e della mancanza del- I'altra e reciprocamente. Quanto aR'aftermazione dello Stein che le linee trasversah terminanti con 1' uncino siano state primitivamente due e poi ridotte, io non la nego date che tale e la conformazione dell'apparato in specie affini e perche I'animale in tutte le parti del suo organism 0 ha subito una evoluzione regressiva, ma in quanto all'avanzo del ramo sinistro, neppure coi maggiori ingrandimenti r ho potato constatare e credo assolutamente che non ve ne sia alcuna traccia.

Data cosi la descrizione generale dei due infusori verro dicendo piu minutamente deUe singole parti.

Belle linee e delle ciglia. Come abbiamo veduto tutto il corpo delle Opalinine e rigato. II rigamento dipende dalla presenza di ft- briUe muscolari che seguono la direzione dei solchi delle ciglia ed e tanto pill evidente, quanto piii tende ad essere spirale. Secondo Stein vi e un rapporto fra ciglia e hnee ed anzi e improbabile che vi siano ciglia disposte sen'za linee. Le linee si distinguono tanto a fresco che nel preparato, pero a forte ingrandimento.

Delia mancanza della bocca e dell'ano. Quantunque senza dub- bio la bocca e I'ano debbano essere stati un acquisto dei primitivi ciliati, pure nelle Opalinine.^ come anche nolle Opcdine, tutti infusori endoparassiti, la lore mancanza non e certo primitiva, ma seconda- ria. Si puo aflfermare, come vedremo in seguito, che questi infusori derivano da parenti che vivevano aho state libero o nella terra umida o sulle erbe in decomposizione e che divenuti casuahiiente

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parassiti, si sono adattati al nuovo ambiente, perdendo aiiche gra- dualmente la bocca e I'ano ormai divenuti inutili. Infatti gii infu- sori trovano nel corpo dell'ospite degli alimenti liquid! del tutto preparati e direttamente assorbibili per dii!usione. Non sara inutile notare die i Lombrici si cibano appunto e di terriccio e di foglie fermentate onde e chiaro come I'infusorio abbia potuto penetrare ed adattarsi nel tube digerente del vernie. Voglio tuttavia accennare come diversi autori cerchino di dimostrare la mancanza delle parti in questione come primitiva, fondandosi sulla generale semplicita di questi animali.

Mi pare che si possa combattere questa osservazione, anclie tra- lasciando i numerosissimi esempi che nella scala animale ci mostrano I'azione riducente del parassitismo sopra tutte le parti dell'organi- smo, pensando come non sia possibile ammettere che i primi infu- sori, benche privi di bocca, ano ecc, siano stati parassiti. II Biit- schli poi dice che le condizioni di movimento delle OpaVme e delle Upalinine, sono in relazione con la presenza della bocca posta ge- neralmente innanzi e quindi scorn parsa.

Delle vacuole contrattili. Quanto alle vacuole contrattili esse sono sempre chiaramente visibih negh individui adulti, negli mdivi- dui giovanissimi rnancano. Si formano poi secondo alcuni ex novo, secondo altri da piccolissime vacuole preesistenti. La loro funzione e secretoria.

Del macro e del micronucleo. Come dissi descrivendo i due infusori neWHoplitophrya non potei constatare la presenza del mi- cronucleo accanto al grosso macronucleo, micronucleo che potei in- vece qualche volta mettere in evidenza neWAnoploplinja. Questo e un fatto importantissimo e merita osservazioiie. La presenza del micronucleo neWAnoplojJhrya ed in altre specie di HopUtoplirtje affini alia lumbrici, condurrebbe, secondo Biitschli, alia conclu- sione che tutte le opalinine provviste all'apparenza del solo ma- cro tenessero anche il micronucleo difficile a vedersi stante la sua piccolezza. Secondo Engelmann invece nelle opahnine con solo macro si dovrebbe supporre un fenomeno di eta. Gli individui cioe, non arriveranoo al possesso di un distiuto micronucleo che con il processo della couiugazione. Egh ratfronta la sua teoria con altii fatti tolti dal canipo degli infusori parassiti, Secondo me, dalle os- servazioni fatte, mi pare che questa teoria dell'Engelmann possa sussistere per i'AnoplopJirya circulans del lomljrico, nella quale a punto si puo mettere in evidenza il micronucleo solamente in de- terminati periodi deha vita deU'animale, quando cioe questi, come

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vedremo in seguito, si prepara alia coniugazione ; ma per VHopli- tophrya lumbrici che assolutamente non si coniuga, non credo si possa parlare di fenomeiio di eta, bensi di assoluta mancanza.

E certo pero clie qui non siamo in presenza di una mancanza primitiva, ma dobbiamo dare al fenomeno il significato di una ridu- zione secondaria, come all'assenza della bocca, dell'ano ecc.

Sit'uazione dei parassiti e loro differenze nelle diverse posizionl del tiibo digerente. Sezionando qualche centinaio di vermi ho po- tuto stabilire che non vi e una regola cosfcante neiraffluenza dei parassiti in una parte o nell'altra del tube digerente. Alle volte e fra le grosse pareti del ventrigho che numerose si muovono le Ho- plUophri/e e le Anoplophrye^ alle volte nella parte superiore del- I'intestino o nell'intestino medio, assai di rado si trovano numerosi individui nella parte inferiore o rettale. Si puo pero lo stesso affer- mare che nel maggior numero dei casi e nella parte deU'intestino che segue immediatamente al ventriglio, che trovansi i parassiti in numero maggiore e nel loro maggiore sviluppo. Nell'esofago del verme ebbi occasione di osservare piii volte delle forme di passag- gio (di cui diro piii innanzi) dai piccoh individui appena usciti daUa cisti, aH'infasorio perfetto. Mai sia nell'esofago, sia nel ventrigho notai forme in divisione agama (Anoplo. ed Hoplit.) ed in coniu- gazione (Anopl.). Le forme in via di scissione si trovano numerose nella parte superiore e media, quehe iu coniugazione nella media deU'intestino. Col procedere verso la parte rettale gli individui di HopUtophrya vanno generalmente diminuendo di volume e restrin- gendosi sine all'incistidamento, le Anoplophrye subiscono la diminu- zione prima ancora di coniugarsi, discendono poi anch'esse verso la parte inferiore per rinchiudersi neha cisti.

MoUiplicazione e coniugazione. Le Opcdinine nel Lombrico si moltiphcano per scissione agama.

^q\V HopUtophrya ho osservato un particolare mode di scissione. L' infusorio si scinde senza subire notevole strozzamento, mante- nendo la sua forma generale, tanto che alle volte se si potessero riunire le due parti dell'animale appena diviso, si avrebbe 1' adulto primitive. NeU'animale si cominciano da prima a distinguere due linee oscure che partendo dalla periferia nella parte mediana del corpo, si avanzano direttamente verso il centro. Le hnee che non sono altro che fessure strettissime coi bordi rivestiti dal prolunga- mento della membrana esterna, sono corte da principio, poi vanno sempre piii avanzandosi I'una verso I'altra, finche giungono ad in- contrarsi. Le due parti dell' animale restano per alcun po' di tempo

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ancora aderenti, poi si staccano e la forma pressoche rettangolare che presentano va rapidamente modificandosi, finche I'animale ar- riva al completo punto di sviluppo. II macronucleo nelki scissione viene naturalmente diviso come la restante parte del corpo, dallo avanzarsi delle due fessure; e pare che una piccola parte di esse venga eliminata, quella cioe che si trova nel centre lungo la linea di divisione (Vedi Fig. 3). E importante anche notare come, prima che le due meta delF Hoplitophrya in scissione si stacchino, si veda tormarsi lentamente I'apparato adesivo in quella meta che ne e priva.

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Fig. 1.

Fig. 2.

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Fi^. I. Hoplitophrya con un principio ili scissione, Fig. 2. Hoplitophrya appena Fig. 3. Hoplitophrya in uno stadio avanzato ili scissione con eliiiiinazione di una parte nuclfo.

scissa. del macro

'^olV Anoplo2:)hrya la scissione avviene in un mode molto di- verse. L'animale va restringendosi nella sua parte mediana e va gi"adataniente prendendo la forma di otto sempre piii pronunciata sine alio scindersi in due parti per la rottura del sottilissimo pe- duncolo centrale. II macronucleo nastriforme segue le fasi del feno- meno e dividendosi in due, va a far parte degli iiidividui figli. II micron ucleo durante la scissione resta invisibile.

E noto che in quasi tutti gli infusori ad nn niiniero piu o meno grande di scissioni, segne una specie di degenerazione che conduce 0 alia lore scomparsa, o si arresta col fenonieno della coniugazione.

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Questo consiste In generale in uno scambio di parte del proprio mi- cronucleo fra i due infusori coniugati. Moltiautori si sono occupati della coniugazione degli infusori in genere e qualcuno anche in par- ticolare delle Opalinine. Quanto alV Hoplitophrya dalle raie osserva- zioni come non ho mai potuto mettere in evidenza il micronucleo, cosi non ho mai riscontrato il fenomeno della coniugazione. Alcuni protistologi invece, pur non avendolo mai osservato, suppongono debba succedere, dopo che gii individui hanno subito un certo nu- mero di suddivisioni per scissione, e la supposizione si basa sul fatto, che al presente e conosciuto il fenomeno in infusori affini come per esempio nelV Anoplophri/a del Lombrico. In questa infatti oltre alia temporanea presenza del micronucleo, osservai, (benche assai di rado), la coniugazione, Yidi degli individui coniugati ma di dimensioni molto ridotte con macro e micronucleo evidente. Notai durante la coniugazione, un sensibilissimo cambiamento di forma nel macronucleo, prima nastriforme poi ovoidale.

Fig. 4.

Fig. 4. Anoplojjlirya in principio di scissions.

Lo Schneider che delle Opalinine si puo dire siasi occupato solamente dal punto di vista della coniugazione, pure non asserisce che poca cosa con certezza, intorno ai fenomeni nucleari. II macro- nucleo, egh scrive, da prima nastriforme poi si frammenta in due parti arrotondate e sembra avvenga uno scambio della meta dei

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macronuclei. Fin qui le osservazioni, in seguito egli crede che en- trambi i frammenti del macronucleo di ciascun individuo vadano perduti o megiio vengano eliminati e che un nuovo macronucleo si formi come prodotto del micronucleo. Dalla parte attiva die prende il macronucleo nella coniugazione dell' Anoplophry a lo Schneider deduce che nei cihati primitivi, privi di micronucleo, la coniugazione abbia consistito aempliceraente in uno scambio di parti del macro- nucleo e che cosi appunto avvenga ora nelV Hoplitophrya Lumbrici che il micronucleo non presenta e che per tutti i suoi caratteri de- nota un ritorno a condizioni primitive. Con queste considerazioni I'autore vione a rafforzare I'ipotesi che V Hoplitophrya si coniughi. Ho voluto riportare il pensiero di Schneider non perche a mio pa- rere abbia un gran valore, giacche non si basa sopra osservazioni di fatto, ma perche egli e solo che si sia occupato un po' estesamente della questione. lo sono convinto che la coniugazione nell' Hoplito- phrya non avvenga assolutamente perche neppure cercando in tutti i modi di alterare le condizioni d'ambiente generalmentc ottime e che sono di ostacolo alia rapida degeuerazione dell'infusorio, I'ho po-, tuto osservare. Certo pero la mancanza del fenomeno non e primi- tiva e V Hoplitophrya senza dubbio discende da antenati provvisti di micronucleo deputato esclusivamante alia coniugazione e pas- sando per lo stadio che attualmente ci presenta VAnoplophrya con micronucleo temporaneo e macronucleo attivo, e per stadi ancor pill avanzati di riduzione, e giunta alio state attuale.

Delle cisti. Le Opalinine come la maggior parte degli infu- sori si incistidano. L' Hoplitophrya s' incistida, trovandosi special- mente nell' intestine medio e retto, quando ha subito un numero grande di suddivisioni per scissione e le dimensioni del sue corpo sono molto ridotte; s' incistida pure quando le condizioni ambiente divengono airimprovviso sia naturalmente, sia artificialmente cat- tive per la sua vita parassitaria.

L'infusorio da prima ritira le ciglia, poi comincia a secernere una membrana giallastra che va gradatamente ingrossandosi per I'aggiunta di nuovi strati dall'lnterno aU'esterno. Le vescicole pul- santi coiitinuano a pulsare per un certo tratto auche sotto la mem- brana poi scompaiono.

Tanto le cisti della prima specie che chiamero " normal! „, quanto quelle della seconda che diro " casual! si formano nelio stesso mode sopradetto, e nel lore aspetto esterno c' e da principio poca differenza. Sono entrambe di forma rotondeggiante, giallognole e di dimensioni molto minor! dell' animale adulto da cm derivano.

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Ma in seguito le cisti " normali numerosissime in tutti i lom- brici sani e nel terriccio dei loro escrementi, vanno evolvendosi. Se ne notano in diversi stadi, con la membrana piu o meno ingrossata non solo, ma anche col macronucleo o tiifcto intero o piii o meno diviso tanto da dare alle cisti il carattere di una vera sporulazione. Le altre cisti invece dope la loro rapida formazione non presentano alcun difFerenziamento, sia nella membrana, sia nel macronucleo. E importante notare clie le cisti di qiiesta seconda specie, o " ca- sual! „ si osservano assai di rado e questo e naturale, perche anor- mali sono le condizioni di loro formazione. lo appunto le osservai in lombrici sezionati ed abbandonati per qualche tempo a se stessi prima di esaminare il loro contenuto intestinale ed in lombrici morti naturalmente sotto la campana dove li tenevo in osservazione. Non le rinvenni mai negli escrementi. E certo che queste cisti casuali protettive haimo pochissima importanza, come vedremo in seguito, per la propagazione della specie, dato che raramente si formano e data la loro esilita.

Le cisti " normali seguendo la nomenclatura usata dagli au- tori in casi afflni, si possono chiamare anche cisti di " moltiphca- zione „. Infatti nel loro interne il macronucleo che si e scisso in pill parti prelude la scissione del protoplasma e quindi la forma- zione di altrettanti piccoli individui, quanti sono i frammenti del macronucleo, individui che in seguito usciranno dalla cisti quando essa si trovera nelle condizioni opportune.

Quanto dXV Anoplophrya pur non trovandola di frequente nel lombrico, tuttavia ho avuto campo di fare osservazioni abbastanza numerose sulle sue cisti. Posso dire dunque che esse sono di di- mensioni ancora minori delle cisti delV Hoplitophri/a^ specialmente le " normali o di " moltiphcazione „. La piccolezza delle cisti trova la sua spiegazione nel fatto che wqW Anoplophrya la coniuga- zione avviene fra individui di dimensioni ridottissime e sono ap- punto questi che di nuovo separati si incistidano. Le cisti sono giallognole, rotondeggianti e nel loro interne il macronucleo va fram- mentandosi. Del microuucleo non si puo constatarne le traccie nella piccola cisti. Esistono pure d.Q\V Anoplophrya le cisti che ho chia- mato " casuah e per i loro caratteri esterni non si distinguono da quelle deW Hoplilophrya.

Della moltiplicazione dentro la cisti. In entrambi gli infusoii la moltiphcazione nella cisti e evidentissima, per il successive fram- mentarsi del macronucleo e del protoplasma e la conseguente for- mazione di tanti piccoli individui. II fenomeno e spiegabile anche

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fisiologicamente per Y Anoplophrya, perche essa dopo un numero in- cleterminato di scission! ripara con la coniugazione alia vitalita per- duta e riacquista il potere di moltiplicarsi, non lo e, a mio parere, per Y Hoplitoxjhrya che va lentamente degenerando (cioe diminuen- do di volume e di vitalita) e ad un tratto si incistida e si molti- plica.

Propagazione. Le cisti di moltiplicazione delle due opalinine vengono aU'esterno coi prodotti di eliminazione per I'apertura anale del lombrico, e si mescolano al terriccio. Diluendo infatti degli cscrementi di lombrico con acqua e cloroformio le cisti leggerissime vengono a galla, per cui raccogiiendo una goccia del liquido super- flciale con una provetta ed esaminandolo al microscopic, potei sem- pre constatare la loro presenza. Si capisce come le cisti sparse per ii terreno possano essere ingoiate dai lombrici: in questo modo il parassita si propaga da un verme all'altro. Una prova indiscutibile di questo fatto 1' abbiamo nella presenza delle cisti e clei piccoli in- dividui che escono da esse nella parte superiore del tubo digerente (esofago-ventriglio). Le cisti pervenute cosi nell' interne del lombrico dopo poco tempo schiudono o per megiio dire si produce un foro nel loro integumento e da questo escono i piccoli individui prov- visti di nucleo che da prima rotondi vanno rapidamente crescendo e prendendo la forma ovale dell'adulto. 8i possono osservare anche numerosi gii involucri abbandonati delle cisti: sono leggerissimi, spesso attaccati a qualche corpo estraneo ; alle volte conservano la Ibrma priraitiva, altre volte causa il vuoto interne sono piegati e schiacciati.

Mi sernbra opportune inline accennare ad un fatto osservato dal Darwin che cioe: i lombrici sogliono qualche volta cibarsi del loro simili giovani: questa potrebbe essere un'altra via per la pro- pagazione delle opalinine.

Bibliografia

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187G.

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HBORA.TORIO Dl PATOLOGIA GENERALE DBLL'iSTITUTO DI STUDII SUFBRIORI DI FIRENZE DIRETTO DAL PROF. A. LUSTIG

DoTT. GILBERTO ROSSI

Di alcune proprieta microchimiche delle isole del Langerhans.

Stndio critlco speiimentale

Kicevuto il 29 Maggio 1902. E vietdta la riproduzione

II Mankowski nel 99 e 900 nel laboratorio di patologia gene- rale del prof. Podwyssotzki in Kiew aveva fatta una serie di ri- cerche di anatomia comparata, flsiologia, patologia sperimentale e anatomia patologica con lo scope principale di riconoscere la natura anatomica e il significato fisiologico delle [isole del Langerhans, giungendo alle seguenti conclusioni.

1. Le isole del Langerhans sono senza dubbio parti di ghian- dola pancreatica che hanno subita una trasformazione, esse sono strettamente legate alle parti restanti della ghiandola ed hanno in co- mune con esse i vasi sanguigni ed il dotto escretore. Manca per essi una speciale e caratteristica capsula connettivale. Tra le cellule delle isole e quelle dei lobuli pancreatici esiste una intiera serie di forme di passaggio.

2. II protoplasma delle cellule delle isole ha una struttura molto delicata e viene facilmente alterato dall' azione dei varii mezzi flssativi e conservativi. Nolle sezioni di pezzi fissati secondo tutte le regole neha soluzione di Flemming, il protoplasma delle cellule delle isole si comporta in maniera molto caratteristica con la saf- franina.

3. Verosimilmente questo comportamento del protoplasma flssato con la saftranina, e dovuto a speciali proprieta chimiche che possiede da vivo il protoplasma delle cellule delle isole.

4. II protoplasma vivente delle cellule delle isole agisce ri- ducendo energicamente una soluzione di nitrato d'argento, iniettata dal dotto escretore della ghiandola.

5. II numero delle isole del Langerhans si puo, come mo-

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strano gli esperimenti negli animali della stessa specie e anche nello stesso animale, ora aumentare e era diminuire, durante i vari pe- riod! dell'attivita digestiva del pancreas.

6. II numero delle isole aumenta durante Tattivita e dimi- nuisce durante il riposo.

7. Non c' e alcun dubbio che ie isole del Langerhans rap- presentano uno degli stadii morfologici dell'attivita della ghiandola pancreatica, che io propongo di chiamare stadio delle isole de Lan- gerhans.

Ciascuna porzione di ghiandola deve alia fine della sua attivita secretoria arrivare a questo stadio che rappresenta la manifesta- zione della piii energica attivita.

8. II passaggio da uno stadio morfologico negli altri non si presenta in tutti i lobuli della ghiandola, ma si vedono in una stessa sezione parti in diversi stadii di attivita ; tali forme di passaggio si osservano non solo tra i varii lobuli del pancreas, ma anche bra le singole cellule dello stesso lobulo.

Contemporaneamente al lavoro deh' A. ne apparve uno del Tschassownikow (2) il quale giunge alle stesse conclusioni, solo dissente in cio che I'A. crede che le isole tornino a trasformarsi in lobuli pancreatici, il Tschssownikow afferma che cio non av- viene.

Seguirono poi i lavori di Schulze (3) e Ssoblew (4) i quahgiun- gono ^a conclusioni diametralmente opposte ; che cioe le isole del Langerhans sono formazioni a se, che non appartengono al si- stema secretorio del pancreas ; che le isole considerate anatomica- mente sono ghiandole sanguigne del tipo della ipofisi e quanto alia funzione sono verosimiimente deputate a regolare il contenuto zuc- cherino del sangue.

II Mankowski prende occasione da questi lavori per tornare sulle sue esperienze ; siccome egli dalle esperienze nella legatura del dotto escretore del pancreas del conigho e di singole parti della stessa ghiandola nel cane era giunto riguardo alio isole, a conclu- sioni opposte a quelle dello Schulze penso che forse le differenze potessero dii)endere dai diversi animali adoperati e ripete le espe- rienze dello Schulze (5).

II Manhowski sperimento in porcelhni d' India ponendo due legature vicino alia coda del pancreas, e studiando poi, la parte tra le due legature e le parti vicine.

Da queste ricerche per quanto emergano dei fatti interessanti nulla apparisce che serva a risolvere la questione delle isole e I'A.

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crede piu conveniente a risolvere la questione uno studio delle isole norma li.

Le cellule delle isole flssate inFIemming e colorate con saf- franina o picroindigocarminio si mostrano piene di minutissimi gra- nuli colorati.

Iniettando nei vasi del pancreas di un coniglio appena morto una massa di gelatina, formalina e carminio, nelle sezioni della ghian- dola si vede, su un fondo non colorato, una fitta rete di vasi ripieni della sostanza iniettata; nei punti corrispondenti alle isole i vasi sono molto dilatati: inoltre i nuclei delle cellule delle isole sono coloriti. Se si inietta nei dotto pancreatico di un coniglio appena morto una soluzione di nitrate d' argento al 1 %, al momento dell' iniezione appaiono numerosi punti bianchi nei pancreas, in preparati non co- loriti, fatti con pezzi di ghiandola induriti in alcool metilico e inclusi in parafflna, si osserva aU'esame microscopico un fatto molto in- teressante :

Nelle fette non colorite di un colore grigio chiaro si vedono macchie nere o grigie-scure clie corrispondono alle isole del Lan- gerhans; se si osserva una di queste macchio a forte ingrandi- mento ci si puo persuadere che la colorazione nera e dovuta a una grande quantita di finissime particelle di argento metallico o di os- sido, particelle che si trovano esclusivamente nei protoplasma delle cellule delle isole. Le restanti parti della ghiandola non contengono questo precipitate d' argento.

Questo fatto dimostra secondo il Mankowski che le cellule del pancreas, quando sono nello stadio di isole del Langerhans, presentano non solo cambiamenti morfologici ma acquistano anche delle speciah proprieta chimiche che trovano la loro espressione iieha riduzione del nitrate d' argento.

La questione della natura delle isole del Langerhans e molto complessa ne io intesi con questo lavoro di trattarla, solo volli ri- pe tere alcune ricerche del Mankowski.

II M. afferma che nelle cellule dello stesso lobulo pancreatico si possono trovare cellule appartenenti alle isole e cellule pancreati- che comuni.

II Diamare, (6 e 7) il quale nei suoi lavori usciti poco prima di quelh del M. giunse sulle isole del Langerhans a conclusioni dia- metralmente opposte, combattendo il fatto asserito dal Giannelli (8) dell'esistenza di canali tra i cordoni delle isole, diceva che essi sono una semphce apparenza e che appartengono al tessuto zimogenico il quale puo in varia guisa addentellarsi col tessuto delle isole e

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compenetraiie, dal che derivano nel taglio le immagini piii illusorie della promiscLiita. Questo argomento che il Diamare, fondandosi suH'osservazione di molti preparati, opponeva al Giannelli per I'esi- stenza di canali escretori si puo egualmente opporre all'M. sia ri- guardo all'esistenza di canali escretori clie riguardo all'esistenza di acini, alcune cellule dei quali sarebbero trasformate in cellule delle isoie.

Quanto al comportamento del protoplasma delle cellule delle isole con la saffranina esso era gia noto dai lavori del Diamare il quale aveva anipiaraente discusso il fatto col Laguesse che cre- deva che questo fatto si trovasse solo nei rettili (9).

II fatto della maggior vascolarizzazione delle isole del Langer- hans e gia noto, e Diamare, Griannelli, Vassale ecc, ne avevano parlato e discusso; il fatto poi che con la mistura iniettata dall'A. i nuclei delle isole si colorino e gli altri no, si comprende benissimo poiche la diffusione della sostanza colorante dei vasi sara tanto maggiore, quanto piti fitto e il reticolo vascolare.

La riduzione del nitrate d'argento da parte delle cellule delle isole e certamente molto interessante e in queste esperienze volh portare le mie ricerche di controllo.

lo feci le mie esperienze nel cane e nel coniglio ; nel prime perche volli esperimentando in due animali mettei'mi in piii larghe condizioni di osservazioni ; nel secondo perche era quelle adoperato dall'M.

Contemporaneamente al pancreas sperimentai anche nella pa- rotide sperando di peter trarre qualche vantaggio dalla comparazio- ne dei risultati ottenuti nei due organi, come difatti riuscii ad ot- tenerne.

Feci iniezioni in 9 pancreas di cane e in 4 di conigho ed iniet- tai le parotidi in 4 cani. Gli animali ei'ano adoperati subito dope morti.

Per la iniezione mi servivo di una cannula di vetro che intro- ducevo nel dotto Wirsungiano o nel dotto di Stenone, la can- nula comunicava con un recipiente contenente la soluzione di ni- trate d'argento, recipiente che io sollevavo piii o meno secondo la pressione che volevo ottenere, e cosi potevo misurare la pressione con la quale facevo I'iniezione.

Le soluzioni usate erano al 1 ^{o e al 2 °[„ di nitrate d'argento. che io adoperavo erano freschissime e tenute fuori della luce ; i re- cipienti con i quali facevo I'iniezione erano neri in raodo da evitare la formazione di precipitati,

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In jilcune esperienze tenni lungamente la soliizione alia luce del solo, per provocare appositamente im fluissimo precipitate.

Gli organi iniettati erano esposti o no alia luce secondo le e- sperienze, fissati in alcool, inclusi in parafflna e le sezioni osser- vate in gran numero alcuno venivano colorite ed altre osservate incolore.

Esperimenti sui cani. Pancreas.

Osservazione prima. Iniezione di una soluzione di nitrate d'argento all'l o[o ad una altezza di 15 cm. lasciando agire I'appa- recchio per un minute. Nella superficie del pancreas durante Tinie- zione si vedono comparire delle piccolo macchie biancastre opache, grosse come un capo di spillo. Fissati i pezzi in alcool si vedono sulle sezioni non colorate, su un fondo cliiaro, delle macchie grigie di una grandezza variabile da \/^ a 1 mm. nelle quail a forte ingran- dimento si distinguono gli elementi ceilulari colorati quasi unifor- memente. Nelle sezioni colorate si vedono le isole del L an gerhans non colorite col nitrate d'argento.

Osservazione seconcla. Iniezione di una soluzione all' 1 °io ad una altezza di 50 cm. lasciando agire la pressione per 5 minuti. Durante 1' iniezione si vedono le piccolo macchie biancastre sopra descritte aumentare plan piano di grandezza, ed in alcuni punti confluire. Nelle sezioni non colorite si ha presso a poco I'aspetto che si aveva nella precedente osservazione, solo le macchie brune sono piii grandi. Le isole del Langerhans nelle sezioni colorite si vede che non hanno nulla che fare con queste macchie brune.

Da questi due primi esperimenti appare intanto che le piccolo macchie bianche che appaiono alia superficie del pancreas durante 1' iniezione, non sono isole dal Langerhans e che esse corrispon- dono ai punti dove arriva 1' iniezione, aumentando la pressione au- mentano infatti di grandezza sine a confluire e ad invadere tutto il pancreas. Queste macchie bianche si vedono nelle sezioni, quando il nitrate d'argento si e ridotto, come macchie scure le quali nulla hanno che fare con le isole.

Osservazione terza. Facendo 1' iniezione ad una altezza di 1 metro e facendo agire la pressione per 10 minuti, si vede che tutto il pancreas assume un colorite biancastro. Nelle sezioni non colorite, si vede che il pancreas ha assunto un colore grigio. Qua e la si vedono deUe zone dove il colore e un po' piu intense, nei cana- licoh qualche granule di precipitate. Interne alle sezioni un bordo oscuro dove il nitrato si e piii ridotto, a caus.a della Ivice diffusa,

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alia quale furono tenuti i pezzetti durante la flssazione. Nelle se- zioni colorate si vedono le isole, nelle quali non si vedono affatto i granuli descritti dal M.

Osservazione qiiarta. Iniezione di una soluzione all' 1 \ di nitrate d'argento, non purissimo, tenuto lungaraente alia luce, e che quande venne iniettata aveva acquistate un leggerissimo colore bruno. L' iniezione venne fatta ad una altezza di 1 m. 7^ e duro 15 minuti. Nelle sezioni non colorite si vedono qua e la delle zone biancastre tendenti un po' all'azzurro, esaminandole a forte ingrandi- mento si vede che questo colorito e dovuto a un numero grandissimo di finissirae granulazioni raccolte nei canalicoli e tra cellula e cellula.

In alcune di queste zone i granuli sono piii fitti in altre piii scarsi. Colorando in varie maniere le sezioni, ci si puo persuadere che queste zone nulla hanno che vedere con le isole del Langerhans, esse hanno aspetto identico a quello delle descritte dal M. come isole che hanno ridotto il nitrate d'argento, anche piij corrispondono alia figura che questi ne da. In questa si vede che le granulazioni sono raccolte nei canalicoli e tra cellula e cellula, malgrado che il M. nella descrizione non dica questo. Granulazioni di argento ridotto si trovano benche in minor quantita sparse per tutto il pancreas.

Un pezzetto di pancreas, cosi trattato, esposi lungamente alia luce solare, ma ottenni di differente solo la stria di contorno nera molto pill spessa, colorite le sezioni, apparve manifestamente che le zone con granuh fltti non hanno che fare con le isole del Langer- hans.

Esperimenti sui cani. Parotide.

Nella parotide feci iniezioni seguendo lo stesso metodo ed ot- tenni presso a poco gh stessi risultati.

Osservazione prima. Iniezioni a 25 cm. per 2 minuti. Fondo chiaro con macchie uniform!.

Osservazione seconda. Pressione di 50 cm. per 10 minuti. Fondo grigio con zone nere piii grandi.

Osservazione terza. Iniezione con tubi neri e tutte le precauzio- ni. Scarsi granuli sparsi qua e la per la sezione, no)i zone di granuli.

Osservazione quarta. Iniezione con argento ridotta. Numerose zone e granuh sparsi ovunque.

Esperimenti sui eonig-li.

Nei coniglio ripetei nei pancreas le stesse esperienze che avevo fatte nei cane ottenendo i medesimi risultati.

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Da questi esperimenti risulta dunque che le zone tinte in nero considerate dal M. come isole del Langerlians, non lo sono perclie nei preparati coloriti si vede che le due cose non hanno nulla che fare.

Che i granuli che I'A. dice esser di Ag. ridotto nolle cellule delle isole, sono invece granuli di precipitate, prendendo infatti tutte le precauzioni per evitare la riduzione del Nitrate d'Ag. le zone mancano, mettendosi invece in condizioni favorevoli per avere pre- cipitati le zone sono numerose e identiche a quelle dell'A.

La figura dell'A. mostra benissimo come tutti i granuli sono raccolti principalmente in canahcoli e solo in molto minor quantita sovrapposti al protoplasma cellulare.

I preparati infine fatti nolle parotidi mostrano delle zone iden- tiche a quelle del Pancreas e anche cio dimostra che queste zone non sono isole del Langerhans.

I numerosi punti bianchi che si vedono nel pancreas durante I'iniezione non sono isole d^l Langerhans, infatti questi punti ap- paiono solo al principio dell'iniezione, seguitando a far agire la pres- sione essi si allargano sempre piti, confluiscono tra lore e tutto il pancreas assume quel colore biancastro. Secondo me si tratta dei punti nei quali prima arriva ad agire la soluzione di nitrato d'argento.

Nella osservazione 1^ infatti, sulla quale 1' iniezione fu fatta a debole pressione e questa fu fatta agire poco tempo e fu cessata quando ancora esistevano i puntolini bianchi, si vide infatti alia se- zione che il nitrato d'argento aveva agito solo in piccolo zone dis- seminate qua e la, come le zone bianche che si vedono a occhio nudo.

Bibliografla

(1) A. Mankowski. Zur Mikro-Physiologie der Hankreasdriise Die Bedeutuny der Lanyer-

hans'chen Inseln. Kiew Nachrichten der Kaiserl. Universitdt IVOU.

(2) S. Tschasso wniko w. ^ Ueber die Struktur und die funktionellen Veriinderungen der Pan-

kreas-zellen. Varschau 1900.

(3) W. Schiilze. Die Bedeutung der Langerliaus' chen iLseln iiu Pankreas. Archiv. fiir mikrosk.

Anatoiiiie. Bd. 56, n. ^, I'JOO.

(4) L. Ssobolew. Zur Morphologie des Pankreas nach. Unterbindiing seines ^ usfuhrganges, bei

Diabetes und ein!gen anderen Btdiugungen. PetersbufQ. Dissert. 1901.

(5) A. Maiikowski. Ueber die mikrosko|iisclieu Verandeiungen des Pankreas noch Unterbindung

einzelner Theile und neber einige mikrocheraische Besonderheiten der Langerhans' chen Inseln. Archiv filr Mikrosliopische A)iatomie und EntwicklutKjsgesdtichtc. 1901. pog. 2SG.

(6) V. Diamarp. Studii comparafi sulle isole di Langerhans del pancreas. Memoria I (Internat.

Monatschr. f. Anal. u. thys. 1899. Bd. 16. n. 7-8). 0) V. Diamare. Sul valore anatomico e fisiologico delle isole di Langerhans. (Anat. Anzeiger, 1899. Bd. 16, n. 19)

(8) 1. Giannelli. Sullo sviluppo del Pancreas e delle ghiindole intraparietali del tubo digestive

de^'Ii anfili urodrli. Monitore Zoologico Italiano. Anno li, n. 7.

(9) E. Laguesse. Les tiots endocrines dans le pancreas de la v'pere. Association des Aiialomistes,

Session, 1899.

- 212

LABOK^TORIO DI ANiTOMIA PATOLOGICA DELLA B. UNIVERSITA DI BOLOGNA DIRETTO DAL PROF. G. MARTINOTTI.

La moltiplicazione cellulare nel midollo deile ossa del riccio durante I'ibernazione.

NoTA DEL DOTTOR ARTURO BERETTA.

Hicevuta il 13 Giujino 1902.

IS vietata la riprodu/ione.

II dott. Hansemann (1), due anni or sono, comunico allaSocieta fisiologica di Berlino i risultati di alcune ricerche intorno all' in- fluenza deir ibei-nazione sulla moltiplicazione cellulare.

L'autore e partito dalla supposizione che una rigenerazione fi- siologica si abbia soltanto in quelle cellule che vengono eccitate direfctamente da stimoli esfcerni, siano fisici, meccanici o termici; e'd ha concluso che se mancano questi stimoli anche la rigenerazione deve mancare completamente. Siccome non si puo artiflcialmente mettere un animale in condizioni tali da sottrarlo a qualunque sti- molo esterno, l'autore penso di ricorrere agli animali ibernanti nei quali la natura ha riprodotte le condizioni desiderate. Ha percio esaminati alcuni tessuti della marmotta e del riccio (epidermide, mucosa pituitaria, intestino, esofago, testicoli ecc.) nei quali si ha fisiologicamente una rigenerazione degli elementi, ed ha dimostrato come durante il sonno invernale non si trovi in questi organi al- cuna cellula in mitosi.

Quando pero egli produceva nel riccio in letargo una scalflttura superficiale, ad es. sul naso, poteva riscontrare figure cariocinetiche, le quali pero, invece che dopo 24 od al pii^i 48 ore, comparivano solo dopo 4 0 6 giorni.

Da queste esperienze egli ritiene confermata la propria asser- zione.

Le ricerche da me eseguite insieme al dottor Luigi Ba- roncini (2) intorno alle modificazioiii istologiche nei vari organi del mammiferi ibernanti (rene, cuore, capsule surrenali, sistema ner- voso ecc.) verrebbero a conferniare le conclusioni del prof. Hanse- mann, giacche in nessuno degh organi esaminati mai avemmo

- 213 ~

campo di riscontrare alcuna figura cariocinetica. A questo proposito pero giova ricordare che pur non trovando negli organi da noi esa- minati figure cariocinetiche, non ci sentiamo tuttavia autorizzati a concludere che non vi sia moltiplicazione cellulare, potendo questa avvenire per semplice divisione diretta ; ed anzi in questo senso potrebbero interpretarsi alcuni gruppi di nuclei riuniti a 2, 4, o piili. che si possono -riscontrare con particolari disposizioni nell' interno delle cellule dell'epitelio renale e che appunto offrono le apparenze di cellule con la divisione diretta in atto.

Questi fatti potrebbero ricordare cio che e stato trovato negli animali durante 1' inanizione dove, oltre a process! involutivi (quali degenerazione granulo-grassa, atrofia semplice ecc.) furono riscon- trati altresi processi attivi di cariocinesi (3), sebbene sia note a tutti gli osservatori, che gli animali digiunanti presentano un mi- nor numero di mitosi degli animali normalmente nutriti. Aggiungo pero subito che sarebbe errore il volere paragonare semplicemente il letargo del mammiferi ibernanti all' inanizione a cui furono sot- toposti gli animali delle esperienze ricordate, perche se e vero che neH'ibernazione abbiamo, come nel digiuno, I'astinenza quasi as- soluta del cibo e della bevanda, altri fenomeni I'accompagnano e la caratterizzano (come ad es. il riposo assoluto), condizioni particolari di ereditarieta proprie di questi animah entrano in campo, talche r ibernazione riveste i caratteri di funzionaUta fisiologica normale. Nonostante i reperti negativi avuti da me e da Baroncini, e le conclusioni dell' Hansemann, mi parve interessante esaminare un organo di particolare importanza funzionale ed anatomica, voglio dire il midollo osseo, nel quale prestamente ed in copia vanno pro- ducendosi gli elementi del sangue, come da molte osservazioni e risaputo. Aggiungo ancora che I'esame di questo organo nei mam- miferi ibernanti in torpore, per quel che io mi sappia, non e ancora stato fatto da alcuno ; esistono soltanto osservazioni su condizioni affini in lavori sopra argomenti analoghi.

Cosi Sanfelice(4) studiando gh effetti del digiuno sul midoUo delle ossa trovo, nei mammiferi, scomparsa deU'adipe, aumento di leucociti, molti dei quali in fasi cariocinetiche, e diminuzione del corpuscoh rossi giovani. Marquis (5) in un lavoro speciale suhe mo- dificazioni del midoUo osseo degli anfibi nolle varie stagioni trovo che neU' inverno il midollo osseo appare di costituzione grassa : egli non accenna affatto alia presenza di figure cariocinetiche. Bizzoz- zero e Torre (6) nelle rane tenute a digiuno hanno osservato au- mento nel numero dei leucociti,

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Come si vede si fatte osservazioni hanno soltanto una certa relazione col presente argomento.

Per le mie ricerche impiegai alcuni ricci (Erynaceus europaeus) animale che insieme alia marmotta servi pure alio studio dell' Ha n- semann.

Li avevo in cattivita dal settembre, e li sacrificai nel gennaio quando erano in letargo da un paio di mesi ed erano passati gia 7 giorni dall' ultimo risveglio.

A questo proposito giova ricordare che il sonno dei mammiferi ibernanti non e continuo, come quello di altri animali che cadono in letargo, ma interrotto da periodici risvegli durante i quali essi emettono V urina raccolta in vescica, evacuano I'alvo ed alcuni fra essi, non tutti pero, consumano i cibi accumulati durante la bella stagione. Percio e giustiflcata la precauzione di sorvegliare il me- mento di questi risvegli per non cadere nell'errore di esaminare or- gani di animali ibernanti si, ma uccisi in un periodo di veglia.

A questo fine posi sul fondo delle casse, che mi servivano come gabbie, un grosso strato di trucioU di legno e di paglia sotto il quale i ricci rimasero durante tutto il tempo delle mie osservazioni ; aggiunsi un recipiente per I'acqua ed uno pel cibo, giacche anche durante il sonno lasciavo accanto agli animali il cibo consueto, ij quale mi serviva come indice di un possibile risveglio dell'animale sia nel giorno come nella notte. Per questo trovo inutile il ripor- tare le singole temperature ambienti osservate e notate ; diro sol- tanto che non vennero varcati quel limiti naturali di temperatura nei quah I'lbernazione si compie (da -|- 10° a ■]- 5»), e che quindi sui tessuti non venne ad agire uno stimolo termico determinato da uno squilibrio di temperatura.

Come dissi erano gia passati 7 giorni dall' ultimo risveglio quando sacrificai gli animali.

Asportati i femori ed aperte rapidamente le cavita midollai'i con tanaghette ossivore, misi alcuni pezzetti di midollo in diversi liquid! fissatori, quali sublimato (metodo Denys), liquido di Carney, di F lemming (soluzione forte) ed alcool assoluto. Inclusi i pezzetti in paraffina, colorai le sezioni con allume ed eosina, saffranina, sat- franina ed acido cromico (metodo G. Martinotti), la quale ultima colorazione mi diede i migliori risultati.

I preparati vennero esaminati cogli obbiettivi E. Zeiss, coll'ob- biettivo ad immersione omogenea '/^a e cogli oculari 3 e 12 compen- sator! Zeiss.

Con questi mezzi e facile peter riscontrare nel midollo delle

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ossa alcune figure cariocinetiche (osservando con obbiettivo E (Zeiss) se ne scorge una circa in ogni campo microscopico), figure benissimo evidenti specialmente nelle sezioni colorate colla saffranina secondo il metodo Martinotti. A tutta prima non e facile poter dire a quali elementi le mitosi appartengano, tuttavia ripetuti e diligenti esami mostrano clie queste si trovano in maggior numero in elementi aventi i caratteri dei globuli sanguigni rossi e nei leucociti, alcune rare altresi nelle cellule cosidette midollari.

Adunque contrariamente a quanto ha affermato I'Hansemann in tesi generale, nel midollo osseo degli animali ibernanti si ha una moltiplicazione cellulare indipendentemente da qualsiasi stimolo.

Cio si verifica in misura abbastanza rilevante se si tiene conto che negh animali ibernanti il metabolismo generale e ridotto a pro- porzioni minime avendosi, come si sa, diminuzione enorme nel nu- mero dei battiti cardiaci e dei moti respiratori, ossidazione limitata ed astinenza pressoche assoluta di cibo e di bevande. Quindi anche il consumo dei corpuscoli sanguigni deve essere molto ridotto, ossia in altre parole, lo stimolo flsiologico deve farsi sentire corrispon- dentemente in misura molto hmitata.

Si osservi poi che il midollo osseo, nascosto entro la cavita mi- dollare e assolutamente al coperto da qualsiasi h-ritazione esterna, invocata dall'Hansemann quale momento causale necessario per la produzione delle mitosi.

Bibliog'pafia

(1) HansemanD Ueber den Einfluss des VX'jnterschlafes auf die Zellteilung. Verhandl. d. physiol.

Ges. in Berlin. Sitzung. vom 28 Januar 1898 Archiv. f. Anal. n. PInjsiol. Phi/s. Abllieilung 18 VS. S. ■262-3G3.

(2) Beretta e Baroncini Ricerche istolo^iche suUe modificazioni degli organi nei mammiferi

ibernanti Sistema nervoso centrale Reni Rifot ma Medica n. 93-94. Anno XVI Cuore Ibid. n. 163-163, Anno XVI. Capsule surrenali Ibid. n. 7. Anno XVII.

(3) Ochotin Congr^s dts la Socidtd des mddecines russes 1SS6.

(4) Sanfelice Genesi dei corpuscoli rossi nel midollo delle ossa dei vertebrati BoU. delta So-

cietd dei Natiiralisti in Napoli. Anno 3. fasc. 3. 1SS9.

(5) Marquis Das Knochenuiark der Amphibien in den verschiedenen Jahreszeiten Dorpat. 1S93.

pay. 38. e pag . 71 .

(6) Vedi in Sanfelice. Loc. cit. pag. 16.

(7) Dubois Physiologie compar^e de la Marinotte Paris 1896.

- 216 -

ISTITCTO ANATOMICO DI PADOVA DIKETTO DAL PKOF. D. BERTELLI.

DoTT. ANTONIO MENEGHETTl e Dott. UGO DALL'ACQUA

Discesa anomala del testicolo.

(Con tav. IV).

Kicevuta il 23 Giugno 1902.

fi vietata la ri|ii'oiluzione.

Fu osservato die il testicolo^ invece di percorrere il canale in- guinale, passu attraverso a quelle femorale ; Forster (') raccolse sei di questi casi, Englisch C^) due. II testicolo puo scendere al davanti del canale femorale anche essendo uscito normalmente dal canale inguinale; Chassaignac (^) riferisce due casi nei quali una difet- tosa applicazione di cinto erniario aveva prodotto una tale ectopia. Questo autore ricorda anche d'aver riscontrato una volta che il te- sticolo era venuto a situarsi nella regione inguino-femorale passando attraverso alia parete anteriore del canale inguinale.

Zuckerkandl (^) descrisse un testicolo atrofico contenuto in un processo vaginale del peritoneo ancora aperto e giacente fra il mu- scolo oblique interne e I'obliquo esterno deH'addome.

Gruber (^) in un individuo di diciotto anni trovo che 11 testi- colo per la ristrettezza dell'anello inguinale sottocutaneo non aveva potuto uscire dal canale ed era risalito al di sopra del legaraento inguinale, fra I'aponevrosi dell'obliquo esterno ed il muscolo oblique interne.

Norton {^) e Salzmann C) videro il testicolo situate nella superficie anteriore dell'aponevrosi deH'obliquo esterno.

(*) Cfr. Borgstede Karl. Veber tinen Fall von Lcislenltoden. Diss. Freiburg iu Baden 1S99.

(*) Englisch J. Veber abnorme Lagerung des Hodens atisserhalb der Bauchhvle, (Wiener Kli- nili. Heft XI, Wien, 1885).

(') Chassaignac. Bullettin de la Soei4te de chirurgie. T. Ill, Paris 1853, p. 166.

(*) Cfr. Kocher S. Die Kraiikheiten der mdnnlichen Geschlectsorgane. Stuttgart 1887 (Hand- buch der deutscheu Chirurgie).

(^) Gruber W. Bin Fall von rechtseitigen Cryplorchie mil Lagerung des Tcslihels und seiner Anhdnge zwischen d^n die vordere Wand des Canalis inguinalis bildenden Muschelschichten. (FiV- chow's Archiv Bd. 73. S. 332j.

(') Norton. Case of mal-descended Testis, going in front of the caual inguinal (The. Lanret. London 1870, vol. I, 4, p. :^iiO).

(J) V. Kocher S. loc. cit.

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Lenliossek (') e Jordan (") descrissero due casi nei quali en- train bi i testicoli occupavano la meta sinistra dello scroto ove s'era- no portati passando per il canale inguinale, sinistro.

Inoltre il testicolo, disceso nello scroto, puo per cause diverse ritornare neU'addome. Berchon (^) afferraa essersi cio verificato iiel salto, Gintrac {^) in altri esercizi ginnastici, Salmuthius (^) in seguito a coito troppo violento. Furono anche riferiti due casi, I'uno da Scarpa C"), I'altro da Eckardt C) nei quali il testicolo era dapprima disceso normalmente, ma poscia era rientrato nei ventre e ridisceso nei canale femorale.

Godard, Muller, Le Dentu, Stocks (^) videro . che il testi- colo uscito dall'anello inguinale sottocataneo s'era situate nella pie- ga compresa fra scroto e coscia (ectopia scroto-femoralis).

Di ectopie perineal! Kocher C^) annovera quaranta casi raccolti nella letteratura ; dopo la sua puljblicazione im altro caso fu comu- nicato da Pollard C^).

Neir individuo caduto sotto la nostra osservazione il viscere aveva prcso nella discesa un cammino del tutto nuovo.

Si ti'attava di un uomo di quarant'anni, di costituzione sche- letrica norniaie, di mediocre svihippo muscolare, dell'altezza di me- tri 1,70, venuto a morte in seguito a pneumonite.

L'aspetto esteriore della regione inguino-scrotale del due lati non mostrava alcuna differenza dalla norma. Tolta la cute e la fa- scia superficialo venne messa alio scoperto I'aponevrosi dell'obliquo esterno die in ambedue i lati presentava, come di consueto, una sottile aponevrosi d' invoglio.

A sinistra I'anello inguinale sottocutaneo si trovava nella sede normale e misurava due centimetri in altezza ed uno in larghezza.

La region(3 inguinale di destra attiro in modo particolare la no- stra attenzione, non soltanto perche nella solita sede non esisteva alcuna traccia d'anello inguinale sottocutaneo, ma anche perche si

('i Lenliossek M. Ectopia testis transversa {Analoiaischer Anzeiijer, ISsa).

(•) Jordan M. Ein Fall von einseiti;;en Descensus testiculorum (Ectopia, testis t ati->versa. {Deut- sche laedicinische, Woclienschrift, 13 August 18V5.

(•'j Berchon. Coinptes rendus de la Sec. bid ISTb.

(■*) Gintrac. Recue'l de mdd. miUt. 1866.

C*) V. Borgstede, loc. cit.

(^) Scarpa A. SuH'ernie, memorie anatomico-chirurgiohe. Ed. seconda Pavia 1819.

(') Cfr. Kocher loc. cit.

(*) Cfr. Kocher loc. cit.

(■') Cfr. Kocher loc. cit.

(•") Pollard Bilton. A case of perineal displacement of tiie Testicle 2 ^^, (The Lancet,, iS04, vol. 2, n. i' (3608} p. 70).

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allontanava dalla noi'ina la morfologia delle altro parti che costitui- scono la regione inguinale.

La continuita dell' oponevrosi dell' oblique esterno cola ove avrebbe dovuto trovarsi I'anello inguinale sottocutaneo, non appa- riva affatto interrotta.

In cornspondenza alia meta interna del solco 1' aponevrosi era ispessita in forma di tendine robusto, largo circa un centimetre, il quale veniva ad inserirsi sul tubercolo pubico. Di qui la maggior parte deile sue fibre si gettavano sul pettine del pube a formare il legamento lacunare (di Gimbernat). (Vedi Tav. IV).

II tendine presentava una superficie superiore concava, una in- feriore piuttosto plana, un margine anteriore col quale stava riu- nita la fascia femorale, uno posteriore col quale veniva a congiun- gersi la porzione d'aponevrosi dell'obliquo esterno situata nella meta interna della regione inguinale. Le fibre dell'aponevrosi non si potevano seguire piii in basso del margine posteriore del ten- dine ; esse non pj'endevano parte alia costituzione del legamento lacunare.

Le fibre del tendine, dope essersi inserite al tubercolo pubico, non si gettavano in totalita sul pettine a formare il legamento la- cunare ; alcune si espandevano sul corpo del pube riunendosi col tendine di origine del lungo adduttore ; altre ancoi'a, quelle che nor- malmente contribuiscono a formare il legamento riflesso (di Colles), si dirigevano bensi in alto ed in dentro come di consueto, ma assu- mevano diversi rapporti. E note infatti (') che a formare il legamento ritlesso prendono parte due ordini di fibre : le -une provengono dal- I'aponevrosi dell'obliquo esterno dell'altro lato ; queste dope essersi incrociate nella hnea mediana si cohocano dorsalmente al pilastro superiore dell' anello inguinale sottocutaneo e formano un lembo aponevrotico triangolare, la base del quale riposa sul pube, uno dei lati corrisponde alia linea mediana, ed il lato esterno attraversa il fondo deH'anello inguinale sottocutaneo. Le altre derivano da quelle fibre dell'aponevrosi del proprio lato che formano la meta interna del legamento inguinale ; esse dal tubercolo pubico si riflettono in dentro ed in alto e al di dietro del pilastro superiore dell' aneho inguinale sottocutaneo si congiungono colle fibre incrociate dell'al- tro lato rimanendo tuttavia in un piano ventrale.

Nel caso oggetto del nostro studio le fibre del tendine, al di

(') Dall'Acijiia U. Morfologia delle ajjonevrosi addoininali daWnomo. (Jl PofAcUnico, Vol. VIII C, I'JOl).

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dietro della porzione d'aponevrosi nella quale avrebbe dovuto essere il pilastro superiore dell' anello inguinale sottooutaneo, si riunivano strettamente a quelle incrociate dell'aponevrosi dell'altro lato, ma collocandosi dorsalmente anziche ventralmente ad esse.

Le fihrae intercolumnares (le quali a sinistra erano assai poco sviluppate^ formavano a destra un nastro flbroso abbastanza spesso il quale nasceva dalla spina iliaca anteriore superiore e, seguendo il solco dell'inguine, si gettava sull'aponevrosi dell' oblique esterno circa a meta di detto solco. Adunque il muscolo oblique esterno, privo com' era di un anello inguinale sottocutaneo, con un tendine die occupava la meta interna del solco inguinale e con un fascio di fihrae intercolumnares bene sviluppato ricordava assai da vicino la morfologia dell'obliquo esterno dei roditori C).

II funicolo spermatico perforava la parete addominale a cm. 5.3 dal tubercolo pubico, sagittalmente ; di conseguenza 1' anello sotto- cutaneo si trovava al davanti dell'anello addominale. (Vedi Tav. IV). II prime era I'appresentato da una stretta apertura deH'aponevrosi dell'obliquo esterno, situata in corrispondenza del solco inguinale e compresa nell'angolo die il fascio delle fihrae intercolumnares get- tandosi sull'aponevrosi dell'obliquo esterno formava col tendine di questo muscolo. La forma dell' apertura era rotondeggiante ; i suoi margini stavano ad immediato contatto del funicolo. Essendo essa situata profondamente, nel limite tra coscia ed addonie, per poterla bene osservare era necessario sospingere moderatamente la parete addominale dal solco inguinale verso I'alto.

II funicolo, uscito dalle pareti addominali, decorreva sulla fac- cia superiore del tendine dell'obliquo esterno accoltovi come in una doccia; passava al davanti del tubercolo pubico e scendeva nello scroto.

La fascia spermatica era molto sottile: la tonaca vaginale co- mune e la propria non presentavano nulla d'anorraale. II testicolo aveva dimensioni press'a poco uguali a quelle dell'altro lato.

Abbassando verso la coscia un lembo dell'aponevrosi dell' obli- que esterno si metteva in evidenza la porzione inguinale dell'obli- quo interne. Questa nella meta interna della regione possedeva un'a- ponevrosi caudale di mediocre spessezza che, come di norma, si tro- vava in rapporto verso I'alto col corpo muscolare, all' interne col- I'aponevrosi d' inserzione, all' esterno colla porzione tendinea del muscolo che s' inserisce alia spina iliaca anteriore superiore ; in

(') Cfr. DaH'Acqua U. loc. cU.

- 220 -

basso, dopo essere passata dorsalmente al margine posteriore del tendine deil'obliquo esterno, arrivava fino ai vasi femorali prenden- do parte alia costituzione della loro guaina, aH'interno di essi s'in- seriva sul pettine del pube intrecciando le proprie fibre con quelle pettinee del tendine deil'obliquo esterno. L'aponevrosi deil'obliquo interne offriva poi una particolarita molto rara ad incontrarsi, essa cioe era riunita piuttosto tenaceinente colla corrispondente porzione deiraponevrosi deil'obliquo esterno in modo die distaccare I'una dall'altra riusciva assai difficile. Le fibre muscolari piii basse dei- l'obliquo interne in vicinanza del confine fra corpo muscolare ed aponevrosi caudale venivano perforate dagli elementi del funicolo al quale mandavano un fascio cremasterico.

L'anello inguinale addominale, la fascia trasversale ed il mu- scolo trasverso furono studiati dall' interne, tolto il peritoneo.

L'anello aveva forma ovale, il diametro verticale era di 11 mm. il trasversale di 5 mm., 1' estremita superiore arrivava fino alle fi- bre muscolari piii basse del trasverso, le quail inviavano al funicolo un esile fascio cremasterico; 1' estremita inferiore riposava sul na- strino ileopubico (Thomson). Quest' ultima estremita giaceva 3 mm. al disopra del legamento inguinale, piu in basso quindi di quanto, secondo gli Autori, comunemente si trova.

L'aponevrosi caudale del trasverso era separabile cosi dall' apo- nevrosi caudale deil'obliquo interne come dalla fascia trasversale; il nastrino ileo-pubico (che come e noto fa parte dell' aponevrosi caudale del trasverso) terminava al tubercolo pubico.

II legamentum inter foveolare era chiararaente riconoscibile come dipendenza della linea semicircolare (Douglas).

L'Lilteriore decorso degli elementi del funicolo aeH'interao del- r addome appariva completamente normale.

NOTIZIE

Ai 7 del Luglio u. s. cessava di vivere in Bologna il Prof. Cesare Ta- HUKFi che tenne la cattedra di Anat. Patol. in queirAteneo fino all'anno 1894.

La opercsita scientifica di lui, testimoniata dalle molte ed importanti raemorie pubblicate, si svolse specialmente nel campo della Teraiolo(/ia, della quale disciplina dettava ultima una Storia cospicua per mole ed erudiziono.

09] _

UNIONS ZOOLOGICA ITALIANA

A VV I S 0 .

Si pregano caldamente i signori Saeii che non hanno ancora versata la quota sociale del corrente anno 1901 di volersi mettere subito in regola con la cassa (a norma dell'art. 4 dello Statuto) inviandola {per cartolina vaglia) al Segretario-Cassiere

Napoli 27 marzo 1902

Prof. Fr. Sav. Monticelli Istituto Zoologico, R. Universita di Napoli.

III. AssciiiWea orMnaria e Cohtceuo Zoologico Naziouale in Roiiia.

Egregio Collega,

Come fu deliberato nella seconda asserablea dell'Unione Zoologica italiana tenutasi in Napoli nell'aprile del 1901, si terr^ quest' anno in Roma la terza assemblea ordinaria e Convegno Zoologico nazionale nel prossimo aatunno.

II Comitato ordinatore del Convegno, invita pertanto ad intervenire a qaesta assemblea e Convegno a aome della Presidenza dell'U. Z. I., non solo i soci, ma ancora le altre Societa italiane di Zoologia e di tutte le discipline affini e quanti in Italia si interessano agli studii di biologia. E saranno an- cora ospiti graditi tutti quegli stranieri che volessero onorare della loro pre- senza queste adunanze della nostra Unione (1).

II Comitato prega tutti coloro che intendono intervenire al Convegno Zoologico di Roma di inviare la loro adesione, non oltre il I" ottobre 1902.

I socii dell'U. Z. I., che vorranno prender parte al Convegno dovranno far pervenire al Segretario del Comitato ordinatore, dott. Felice Supino {Isti- tiito di Anatomia comparata, Via Agostino Depretis, Roma), L. 2 mediants car- tolina vaglia. Essi riceveranuo, nel prossimo ottobre, una tessera d'iscrizione e le carte di riconoscimento per usufruire dei ribassi sulle ferrovie e sui pi- roscafi.

Gli estranei all'Unione godranno degli stessi vantaggi dei Socii. La loro quota di adesione e fissata pero in L. 5.

La tessera d'iscrizione da diritto a tutti gli aderenti a ritirare dalla Se- greteria del Convegno in Roma la tessera-programma, il distintivo del Con- vegno e quanto altro a questo si riferisce onde poter godere dei vantaggi ferroviari (2).

L'iscrizione potra pure ottenersi direttamente nell'uffif^io di Segreteria in Roma ; in tal caso non si ha diritto a riduzioni sul prezzo del viaggio.

II programma del convegno e stdbilito come segue:

Giovedi 30 Ottobre Riunione dell'uflScio di Presidenza e del Comitato

ordinatore. Venerdi 31 Ottobre Ore ant. - Seduta inaugurale.

Ore pom. - Seduta scientifica.

(1) Perch6 al Couvegno jiotessero prender parte tutti i Soci, il Comitato promotore, tenuto couto dell'epoca di questo. ha fatto praliche presso il Miuistero perch^ conceda speciale permesso di in'er- ■veoirvi ai rrot'essori delle scuole secondarie.

(2) Agli aderenti al Convegno Zoologico, niuaitl della tessera personale e delle carte di ricon<j- scimento rilasciate djl Comitato, le Societa delle ferrovie Adriatiche, Mediterranee, Sicule e Venete concedono per un periodo di tempo dal 25 ottobre al 10 novembre il ribasso consueto del 30 al 50 *[|j secondo il percorso; la Societal delle Ferrovie Sarde il 30*[Q;Ia Navigazione jrenerale italiana il 50 '[, sempre che il viaggio si compia nel tempo indicato sulla carta di riconoscimento e secondo le nornie stanipate a tergo della iiiedesinia.

_ ooo _

Sabato 1 Novembre Domenica 2 Novembre Lunedi 3 Novembre

Ore ant. - Seduta scientitica. Gita ai Castelli Romani.

Ore ant. - Seduta scieutifica per le dimostrazioni. » pom. - Seduta amministrativa (elezione delle

cariche sociali), e cliiusura del Convegno. Alia s?era Banchetto sociale.

Gli aderenti al convegno che intendono di fare delle comunicazioni scien- tifiche, dimostrazioni di preparati, ecc, sono vivamente pregati di darne no- tizia possibilm.ente, nella prima qtiindicina di Ottobre, con iettera, al Segre- tario dell'Unione prof. Fr. Sav. Monticelli (Istituto Zoologico, R. University Napoli).

IL COMITATO OEDINATOEE

F. Todarp Presidente, B. Grassi, L. Luciani, R. Pirotta, R. Versari, D. Vin- ciguerra, M. Cermenati, M. Lanzi, F. Supino Segretario.

CosiMO Chbrubini, Amministratore-responsabile.

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Organo ufficiale deila Unione Zoologica italiana

DIKKTTO

DAI DOTTORI GIULIO GHIARUGI EUGENIC nCALBI

Prof, di Anatomia iniiana Prof", di Anatomia comp. e Zoologia

Del R. Istituto di Studi Super, in Firenze nella R. Univei-sita di Padova

TJfficio di Direzione ed Amministrazione: Istituto Anatomico, Firenze^

12 numeri aH'auiio Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Settembre 190S N. &•

SOMMARIO: Biblikgrafja. Pag. 223-226.

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Unione Zoologica Italiana. Pag. 247-248.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nei Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

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Si dh notizia soltanto dei lavori jpubblicati in Italia.

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ISTITUTO ANATOMICO DELLA R. UNIVERSITA ol CAGLIARI DIRETTO DAL PROF. LKGGE FRANCESCO.

DOTT. OERU EPISIO

SETTORE

Sullo sviluppo della milza.

(Con tav. V.a)

Ricevuta il 17 maggio 1902.

fi vietata la riproduzione.

A complemento, quasi, del miei precedenti lavori, ho voluto m- traprendere lo studio sullo sviluppo della milza. Sebbene il mate- riale ch' io disponga sia limitato ad una sola specie, al Gongylus ocellahis, non essendomi state possibile procararmene altro, tutta- via, io non credo privo d' importanza il presente lavoro, in quanto puo permettermi numerose osservazioni, avendo arricchito la mia collezione con sezioni di nuovi embrioni, ed anche perche, nei ret- tili, lo sviluppo della milza venne meno studiato die in altre specie.

Numerosissimi autori si occuparono dello studio dello sviluppo della milza nelle diverse specie, ma ben disparate sono le conclu- sioni cui arrivarono.

Cosi Peremeschko, nei mammiferi, ritiene die si sviluppi dal mesogastrio, Pliisalix nei Selacei dal mesenterio duodenale, G-ray negli uccelli dal mesenterio duodenale, Arnold e Bisclioff da un blastema derivato dalla parete intestinale e comune al pancreas ed alia milza.

II Toldt osservo, che la milza si sviluppava dall'epitelio del celoma. II Laguesse, nei Teleostei e nei Selacei, die il tessuto splenico e in origine un ispessimento del inesencliima in connessione colla vena sotto-intestinale. Maurer invece ritiene, die la milza si sviluppi dall'entoderma e cosi pure Kupffer, per mezzo delle sue osservazioni fatte sullo Storione e sul Ammocoetes. Anche Retterer ritiene la milza d'origine entodermica.

II Laguesse in un lavoro posteriore, pure riconfermando le sue osservazioni fatte sui pesci, chiede se v' ha, tra I'opinione di Maurer, Kupffer e la sua, una si profonda differenza. La genesi mesodermica o mesenchimatosa d' un organo non e che un pro-

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cesso derivato dalla genesi entodermica, perche mesoderma e me- senchima non sono che dei prodotti deU'entoderraa. Egli conchiude percio volentieri appoggiandosi sul lavoro del prof. Kupffer, come sill suo, che nei pesci la milza deriva indirettamente deU'entoderma, sia per 1' intermediario dell' epitelio del celoma e del mef^enchima (il mesoderma degli autori essendo uii esempio di formazione ento- dermica secondaria e non avendo il valore di foglietto), sia, in as- senza d'una quantita notevole di mesenchima e nel caso di svi- luppo rapido, per 1' intermediario della gemma pancreatica.

Lo lanosik, in tutti gli animali da lui esaminati, contraria- mente a cio che osservo Kupffer, non trovo alcuna dipendenza della milza dalla gemma pancreatica, ma non e neanche d' accordo con Laguesse, perche, secondo lui, bisogna fare una differenza tra I'ori- gine del tessuto mesenchimatoso e quella del tessuto che nasce di- rettamente dall' epiteho mesodermico o mesoteUo, quantunque sia vero che il mesotelio dia origine alle cellule del mesenchima, solo, le cellule hanno cambiato di gia il loro carattere, perche alcuna d' esse non puo produrre, in suo luogo, una cellula mesoteliale, che ha conservato il suo carattere epiteliale. Se noi diciamo che una formazione ha preso la sua origine a spese del mesenchima, o del mesotelio, noi esprimiamo due cose differenti. Egli trovo, che il me- soteUo adiacente comincia a proliflcare, quando le prime traccie della milza incominciano a farsi vedere, vide questa proliferazione molto accentuata negli embrioni di Lacerta. Le cellule che provengono dal mesotelio si dispongono a gruppi, che costituiscono i centri di pro- liferazione di Flemming. E un mode di vedere questo, che s' ac- corda colle osservazioni di Toldt.

Negli embrioni di Lacerta, negh stadi piia avanzati, la prolifera- zione non e pii^i cosi manifesta e cessa del tutto piii tardi. Le gemme pancreatiche, che sono coUocate vicinissime all' abbozzo della milza, sono sempre nettamente dehmitate.

II Kratz studio la milza diOWAlite ohstetricans e nella Rana temporaria e ritiene, che si sviluppi dal mesenchima.

Woit studio la milza negli anflbi e negli uccelh, le sue osser- vazioni concordano con quelle di Kupffer.

B. Choronschitzki osservo in vari animali, che la milza si origina per 1' epitelio celomatico, per il mesenchima e per ceUule en- toderraali che provengono dall' epiteho intestinale

Tonkoff studio lo sviluppo della milza noi rettili, uccelh e mammiferi. Nei rettili osservo lo sviluppo della milza nella Lacerta agilis e nei Crocodrilus hiporcatus.

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111 tre embrioni di Lacerta osservo, che il limite caudale della milza siede colla sua base nella dorsale parete della V. onfalo-me- senterica. II mesenchimatoso abozzo della railza consiste di cellule con nucleo rotondo e protoplasma scarso, il corpo di esse si serra siret- tamente I'uno all'altro. L'epitelio del celoma, sul punto dello sviluppo della milza, apparisce ispessito : il tessuto della milza e del pancreas sono rigorosamente distinti I'uno dall'altro. In embrioni piii piccoli, nello abbozzo della milza, osservo, che tra le cellule mesenchimatoso a nucleo rotondo e a scarso protoplasma, in qualche tagho si trovano isolate o riunite in due o tre, speciah grosse cellule, con grosso nu- cleo e protoplasma trasparente. Anche in essi, il tessuto del pan- creas dorsale dall' abbozzo della milza e separate. L'epitelio del ce- loma, che corrisponde all' abbozzo della milza e molto ispessito, vi si osservano delle cellule in cariocinesi e non esiste un limite netto tra questo ed il mesenchima, gli elementi dell' uno vanno nell' altro. Nel Crocodrilus Uporcatus non pote avere degli individui giovanis- simi, e le sue osservazioni in essi fatte, corrispondono a quelle della Lacerta agilis ; nega qualunque partecipazione dell' entoderma alio sviluppo della milza ed ammette la partecipazione del celomepitelio, come dimostrano le sue figure.

lo studiai lo sviluppo della milza nel Gongylus ocellatus. Fissai gli embrioni, parte con sublimate acetico e parte con il hquido del Bouin.

Ho fatto di essi le sezioni trasversali in serie e di qualcuno anche longitudinah. Grli embrioni, che sottoposi alle mie osserva- zioni avevano una lunghezza, che variava da 3 Vg a 14 mm.

Nell'animale adulto, la milza ha una lunghezza media di 5 mm. ed una larghezza di un mm. e mezzo, si trova incastrata nel meso- gastrio, ha la forma di un piccolo fagiuolo e proprio nella sua con- cavita mediale, nel punto mediano, va ad unirsi quella porzione del pancreas che io chiamai in un mio precedente lavoro (') splenico ; nel punto d'unione questa porzione pancreatica diventa piii larga, men tre e molto piii stretta nel tratto piii mediale.

Prendendo per base questi intimi rapporti del pancreas coUa milza, io ricercai, nello studio dei diversi embrioni, quah modifica- zioni avvenissero nelle parti, che circoscrivevano I'estremita del pancreas dorsale.

Sapendosi che la milza comparisce dope lo sviluppo del pan-

(*) Sullo sviluppo del pancreas e del legato nel Gongylus ocell. Boll, della R. Accad Med. di Roma., An. XXV, Fate. 3.

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creas dorsale, io mi servii, potrei dire, del pancreas, come pmito di ritrovo per sorprendere i primi stadi di sviluppo della milza.

II prime embrione ch' io esaminai ha la lunghezza di 3 mm. e mezzo, in esse si osserva gia il diverticolo del pancreas dorsale, si iiota pm'e im maggiore spessore neU'epitelio celomatico di sinistra in paragone a quelle di destra ed una curva abbastanza sensibile in corrispondenza del diverticolo pancreatico, la quale forma una leggiera convessita nella cavita del celoma. Nessuna cellula in cario- cinesi osservai, in questo periodo, neU'epitelio, e questo e netta- mente limitato dalle poche cellule di mesenchina che vi si osservano.

Embrione 2^. E piij sviluppato del precedente, presenta una lun- ghezza di quattro mm. e mezzo. II diverticolo del pancreas dorsale e molto pill sviluppato. L'epitelio del celoma di sinistra e molto piia spesso che neU'embrione precedente ed inoitre vi si rileva una mag- giore attivita per la presenza di qualche cellala in cariocinesi, che vi si riscontra. Nel tratto dell'epiteho del celoma, che corrisponde al diverticolo del pancreas dorsale, si nota la maggior apessiBzza, che si continua, gradatamente diminuendo, anche nel tratto che corri- sponde all'intestino.

Questo tratto viene distinto anche, perche una piccola incava- tura Io separa lateralmente quasi dal resto, inoitre esse descrive una piccola curva, che ho gia notato nel prime embrione e che si nota in qualche sezione tanto cranialmente come caudalmente al pancreas dorsale.

Embrione 3°. Misura mm. 5 e mezzo di lunghezza. L'epiteho del celoma di sinistra, sebbene apparisca anche qui spesso, nel tratto corrispondente al pancreas ed in poche sezioni piii craniaU e piu cau- dali ad esse, si presenta piii spesso che nel resto. In alcani punti v' ha un limite chiaro tra le cellule mesenchimah e I'epiteho celo- matico, in altri punti in voce non v'ha alcun limite, ed alcuni gruppi cellular! del mesenchima formano una continuazione coll'epiteho del celoma. Un altro fatto piii importante qui si nota ; all' estremita <lel pancreas dorsale, un' attiva proliferazione viene determinata dal gran numero di cellule in cariocinesi che vi si riscontrano, e men- tre il resto del pancreas rimane limitato chiaramente dal mesenchi- ma circostante, in questo punto non e possibile riscontrare un limite precise, ma le cellule pare che invadano il mesenchima che Io circonda.

In qualche sezione di quest'embrione, io riscontrai, nel mesen- chima che circonda I'estremita dorsale del pancreas, qualche cellula, che si dijfferenzia dalle altre per la grossezza, con un nucleo rotondo e protoplasma abbondante e trasparente; queste cellule hanno tutta

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I'apparenza d'un grosso corpuscolo sanguigno (fig. 1). Non saprei se siano identiche a quelle risoonbrate dal Tonkoff, ma posso dire con certezza, che non riscontrai altre cellule, che per grossezza si differenziassero dalle altre.

Embrione 4o. Pure in quest'embrioue, della lunghezza di 7 mm., si nota il maggiore spessore dell'epitelio celomatico di sinistra in rapporto a quello di destra, nel tratto corrispondente al pancreas dorsale, ed in alcune sezioni caudali e craniali ad esso. E notevole in questo il gran numero di corpuscoli rossi, che si trovano disse- minati nel mesenchima sottostante all'epitelio notato, molti del quali sono in cariocinesi. Anche in questo embrione, io, in certe sezioni. non ho potuto assolutamente trovare una distinzione netta tra il pancreas dorsale ed il mesenchima che lo avvolge ; le sue cellule pare che si separino e vadano nel mesenchima.

In quest'embrione, lo strato del mesenchima interposto tra il pancreas e I'epitelio celomatico e piia ampio ed una sporgenza piu notevole si osserva, di questo tratto, nella cavita del celoma (fig. 2). II 50 Embrione, della lunghezza di 7 mm. e mezzo, oltre ai fatti precedentemente notati, dimostra piu chiaramente, come il pancreas, a misura che si sviluppa, invade il mesenchima circostante ed alcune sue cellule con esso si confondono. Infatti nella fig. 3 si vedono dei gruppi cellulari aderenti al pancreas, che invadono il me- senchima circostante e cosi pure nella fig. 4, che rappresenta un ingrandimento maggiore d'una sezione successiva.

Negh embrioni 6°, 7o, 80. deUe rispettive lunghezze di 8, 9, 10 mm. si continuano ad osservare i fatti notati negli embrioni precedenti ; I'epitelio del celoma, nel tratto corrispondente al pan- creas, si mostra sempre spesso ed e in continua proliferazione, il mesenchima corrispondente e piii stipato ed aho stesso tempo piu ampio, tanto, che aumenta la curva del corrispondente epiteho nella cavita del celoma. Si notano pure, in questo punto, molti vasi sangui- gni. II pancreas, che e molto piii sviluppato, anche in questi em- brioni non presenta in qualche sezione ed in qualche punto nes- suna divisione dal mesenchima circostante, mentre in altre e chia- ramente separate.

Embrione 9°. Quest'embrione della lunghezza di 12 mm. e molto pill sviluppato dei precedenti ; la milza si osserva chiara- mente in 64 sezioni dello spessore di 8 jj. ciascuna. Nolle prime se- zioni caudah, la milza e rappresentata da un semicerchio che si spinge nella cavita peritoneale, ed e hmitata lateralmente e ven- tralraente, in parte, dalla vena onfalo-mesenterica. In queste sezioni

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si osserva lo ispessimento deU'epitelio celomatico, ancora attiva in esso si presenta la proliferazione celliilare, il resto e costituito da cellule rotonde, 1' una all' altra addossate e da qualche corpuscolo sanguigno in cariocinesi ; a misura che si procede cranialmente il raggio di questo semicerchio aumenta fino alle sezioni in cui la milza si trova in rapporto col pancreas, esso appare allora schiac- ciato e circonda il pancreas dorsale. Alle sue due parti laterali la milza e piii spessa, mentre al centre e piu sottile, cosicche, in certe sezioni, il pancreas pare incuneato nella milza. Come pure in molte sezioni e impossibile dire dove finisca la milza ed incominci il pancreas : non esiste assolutamente una separazione ; il tessuto deir uno pare che passi in quelle dell'altro (V. fig. 5). Nolle sezioni dove la milza e' in rapporto col pancreas, molto piu compatto e il sue tessuto, Sempre piu cranialmente, la milza diminuisce di esten- sione, diventa piu stretta, a misura che perde i rapporti col pancreas.

Embrione 10'\ Quest' emhrione e il piii grosso della serie, della lunghezza di 14 mm. In esso la milza puo dirsi quasi completa- mente abbozzata. Nolle prime sezioni caudah, la milza si mostra di forma circolare, separata completamente dalla vena onfalo-mesente- rica, ma tosto riacquista questo rapporto, a misura che si procede cranialmente. In queste prime sezioni si osserva la ricchezza sem- pre maggiore dei vasi sanguigni, in paragone agli embrioni prece- denti ; I'epitelio del celoma non appare piii ispessito. Nolle sezioni, dove viene compreso anche il pancreas, la milza non si presenta piii rotondeggiante di forma, ma assume la forma di semicerchio. Anche in questo embrione non ho potuto vedere, in certi punti, una divisione chiara tra il pancreas e la milza (fig. 6).

Nelle sezioni pih craniali ancora, la milza diminuisce di spes- sore mentre aumenta in larghezza. Nelle ultime sezioni craniah, la milza riacquista la sua figura rotondeggiante, fino ad essere com- pletamente circolare.

Ho pure esaminato delle sezioni longitudinal! di embrioni di varia lunghezza; ma anche in questi, in certi tratti, non potei ve- dere una separazione netta tra pancreas e milza, mentre e chiaris- sima in altri punti.

Dalle esposte osservazioni io ne deduce, che la milza incomin- cia a svilupparsi poco dope I'apparizione del pancreas, che parte- cipa alia sua formazione: il mesenchima, I'epitelio del celoma, il pancreas dorsale ed i vasi sanguigni. Io ritengo che il pancreas ab- bia nello sviluppo della milza una grande importanza; tan to questa come quello progrediscono nello sviluppo quasi contemporaneamente

- 233 -

e sono cosi strettamente uniti, tanto negli stadi embrionali, come nello stadio adulto, die in molte sezioni io assolutamente, in qual- che tratto, non potei distinguere una separazione tra la milza ed il pancreas, e quasi in tutti gli embrioni da me osservati, e tanto nelle sezioni longitudinali come nolle trasversali.

Le mie osservazioni sono quindi in contradizione con quelle fatte da Janosik il quale, nella Lacerta trovo che il pancreas e esattamente delimitate dalla milza; con quelle del Choronschitzki, il quale ritiene che la milza oltre ad una proliferazione dell' epitelio del celoma, sia formata anche dal concorso di cellule entodermali provenienti daU'epitelio intestinale, ma nQW'Anguis fragilis pero, os- servo, che dal pancreas si separano delle cellule in complesso, e che s' isolano nel mesenchima, dove rimangono.

Cosi pure il Tonkoff non e del mio parere; nella Lacerta e nel Crocodrilus hiporcatus, che sono i due rettili studiati da lui, esclude assolutamente la partecipazione del pancreas neho sviluppo deha milza. E cio per quanto riguarda lo sviluppo deUa milza nei soli rettih.

Bibliografia

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H. 50. Volker. Beitrag zur Entw. des Paakreas bei deo Amnioten. Archiv f. mikr. Amt. und Entw.

Bd. 59. H. L

Spiega25ione delle figure

Fig. 1 Sezione trasversa di ua embrione di Gongylus ocell. della lunghezza di mm. 5 1'2 i. intestino, ni, milza p. d. pancreas dorsale.

Fig. 2 Sezioue trasversa di un embrione di G. o. della lunghezza di mm. 5 1/2 *'• intestine, m. milza, p. d. pancreas dorsale.

Fig. 3 Sezioue trasversa di un eiubrio'^.e di G. o. della lunghezza di mm. 7 ^ j. intestino, m. milza, p. d. pancreas dorsale.

- 284 -

F g. 4 Altra sezione trasversa del precedente einbrione osseivata ad uu iugraiuliniento uislh- giore m. milza, p. d. pancreas dorsale.

Fig. 5 Sezione trasversa di un enibrione di G. 0. della lunghezza di itim 12 i. iotestino, p. d. pancreas dorsale. w, milza.

Fig. 6 Sezione trasversa dell' enibrione pid lungo della serie /. intestino, ,*(. milza, p. d. pancreas dorsale.

ISTITUTO DI ANATOMIA PATOLOGICA DELLA R. UNIVERSITI DI BOLOONA DIRETTO DAL PROP. G. MAETINOTTl.

DeH'influenza dell'accumulo dell'adipe sulla determinazione e sul decorso del sonno invernale nei mammiferi ibernanti.

EicERCHE DEL DoTT. ARTURO BERETTA.

Ricevuta il 13 Gki-no 1902.

ii vietata la riproduzione.

I mammiferi ibernanti hanno un periodo preparatorio (fine del- I'estate ed autunno) dm'ante il (.juale dispongono I'organismo al sonno invernale. Oltre la presenza di un organo particolare a questi ani- mali, la cosidetta ghiandola ibernante, dove in modo speciale si ac- cumula il grasso, noi osserviamo in questo tempo un fortissimo de- posito di adipe in tutto I'organismo, tanto sotto forma di blocchi come sotto forma di piccolo goccie, regolari od irregolari a seconda dei tessuti.

Tale condizione trova facile spiegazione quando si pensi all'uf- ficio fisiologico dell'adipe, il quale, essendo un cattivo conduttore, si oppone alia dispersione del calore per irradiazione, e per mezzo delle ossidazioni e decomposizioni rappresenta una potente sorgente di energia viva.

II Valentin (1) oltre ad un aumento dell'adipe in tutto I'orga- nismo aveva trovato che neU'animale ibernante compaiono ammassi di grassi anclie in prossimita del cuore; I'ecentemente le ricerche mie e di Baroncini (2) hanno dimostrato come in quasi tutti i visceri osservali, persino nel miocardio, si abbia la presenza di gocciole adi- pose le quali vanno scomparendo col progredire del sonno.

Questo reperto potrebbe giustiflcare il dubbio che I'adipe, il quale si ritrova adunque costantemente negli animali in questa partico- lare condizione fisiologica, potesse avere qualche azione sulla detei--

- 235 -

minazione o sul decorso del letargo, concordando cosi in parte col- I'ideagia espressa dal Sacc (3), il quale esplicitamente afferma essere la fatica ed il grasso la causa dell' ibemazione. Da cio 1' utilita di uno studio che stabiiisca la parte che ha I'adipe nella produzione e nel decorso del sonno invernale. Questo io ho tentato di fare cer- cando se vi fossero differenze nella data dell' inizio o variazioni nel decorso del letargo fra due serie d'animali dei quali alcuni cibati normalmente, ed altri posti in condizioni tali da rendere meno fa- cile I'accumulo del grasso durante i periodi antecedenti all' ibema- zione.

A questo scopo presi sei ricci {Erinaceus europaeus) i quali, come e note, sono ibernanti; li divisi in due serie comprendenti due ma- schi ed una femmina ciascuna. Ai ricci della prima serie davo da mangiare in abbondanza cibi misti, prevalentemente ricchi di grassi e di idrati di carbonio, a quelli della seconda serie davo una alimen- tazione scarsa e rigorosamente carnea.

Se e vero che anche nei casi di magrezza estrema il grasso non scompare mai dai tessuti e non vi e astinenza cosi prolungata che basti a consumare tutto il grasso (Hoffmann (4) e recentemente Schulz(5)) tuttavia ogni qualvolta il numero di calorie introdotte e inferiore ai bisogni dell'organismo, si ha un consume delle comuni riserve di glicogene e grasso ed anche dell'albumina organica (6).

Esperimenti non recentissimi di Pfliiger (7) indurrebbero a cre- dere che gli animali superiori possano quasi esclusivamente venire nutriti e mantenuti con sostanze albuminose purche I'attivita dello stomaco sia tale da secernere in gran copia succhi che elaborino attivamente le albumine e si possano quindi digerire grandi quan- tita di carne ; tali condizioni si hanno negli animali carnivori (es. cani) i quah per la costituzione e la capacita funzionale dello sto- maco e del breve intestine, possono conservare I'equilibrio del loro ricambio cibandosi di sola carne magra, la quale pero contiene sem- pre una percentuale per quanto assai minima di grassi.

Ma gU omnivori (es. I'uomo ed anche il riccio) non potendo per la costituzione loro digerire ed assimilare I'enorme quantita di carne che sarebbe necessaria a sopperire alia mancanza dei grassi e degli idrati di carbonio, sarebbero costretti a consumare i componenti del proprio corpo prevalentemente i grassi. Cosicche non dando io che sostanze albuminose (perche non credo calcolabile la percentuale del 0,50 o{o che si trova di norma nella carne magra di cavallo che io somministravo ai ricci della seconda serie) e questa in quantita as- sai limitata, credo poter asserire che seppure non andaya perduto

- 236 -

una parte di grasso, certamente non se ne depositava nei tessuti. Le tavole 1 e 2 mi dimostrano che i ricci della 2^ serie perdevaiio assai maggiormente in peso in confronto di quelli della 1^ serie. E mai possibile supporre che questa perdita in peso si debba alle so- stanze albuminose piuttosto che ai grassi ? lo credo di no. L'orga- nismo a nutrizione deficiente sacrifica alcune sue parti per la con- servazione del tutto. L'energia necessaria pei movimenti muscolari e per la produzione del calore e fornita neH'organismo digiunante dalla distruzione del proprio glicogene e del proprio grasso e solo in piccola parte dall'ossidazione delle albumine.

Le belle osservazioni di Voit (8) circa la parte che ogni organo prende alia diminuzione del peso del corpo dimostrano evidente- raente come nel digiuno certi organi vivano a spese di altri (9).

L'adipe ed i muscoli sopportano la maggior parte della perdita in peso in confronto degli altri costituenti del corpo, poi seguono la pelle, il fegato, le ossa ; il cuore ed ii sistema nervoso centrale mantengono intatto il lore peso.

Le tavole di Lewis e Gilbert, di Pfeifter (10) dimostrano I'enorme differenza della percentuale in grasso degli animali pingui di fronte a quelli mantenuti a nutrizione deficiente.

Montone magro 18,7 °,o

Maiale magro

23,3%

molto grasso 45,8 '^Jq

grasso

^2,2 Oo

Cani magri 9,40 7o

Conigli magri

«,6 7o

grassi 18,7 a 22,6 Jq

grassi

15,7 7o

Polli magri

5,4 7o

grassi 27,50 a 28 o/o A dimostrazione poi della diversa nutrizione delle due serie degli aniraah credo utile riportare in calorie il valore del cibi som- ministrati (11).

Carne di cavallo Patate

Massimo

Sost. albuminose 23. 3 \ Grassi 15.64 \

Idrati di C

Esprimendo queste cifre in calorie avremo:

( Valore minimo: calorie 83 I Valore massimo: calorie 269 Patate Valore medio : calorie 132

Ogni animale era tenuto in una cassa separata, tutti pero nello stesso ambiente, del quale veniva volta a volta osservat% la tern-

Minimo

8.90 \

3.60 X

0.50 \

0.80 \

26.57 \

Carne di cavallo

- 237 -

peratura. Mi riusci impossibile, per la mancanza di un calorimetro adatto, di calcolare la termogenesi dell' animale, ne misurai la tem- peratura a cagione della nota proprieta del ricci, di raggomitolarsi a palla sotto I'azione d'ogni stimolo, cosa che rende difficile ogni tentativo di ricerca coi comuni termometri.

Posi sul fondo delle casse un grosso strato di trucioli di legno e di paglia, sotto al quale i ricci stettero in permanenza durante I'ibernazione; aggiunsi un recipiente per I'acqua ed uno pel cibo, giacche anche durante il sonno lasciavo accanto agli animali il cibo consueto, il quale mi serviva come indice di un possibile risveglio deir animale durante la notte.

Regolarmente ogni 10 giorni pesavo gli animali notando la tem- peratura dell'ambiente e lo state dell' animale al memento dell' e- same. Al termine delle esperienze, sacrificati gli animali, corredai le mie osservazioni coll' esame necroscopico grossolano e con ricer- che microscopiche.

Ed ecco il risultato delle mie ricerche. i.a Serie d'Esperienza. (Vedi tavola N. 1). Gli animali, vennero, come gia dissi, alimentati con cibo misto prevalentemente con grassi ed idrati di carbonio.

A questo scope somministrai loro abbondantemente carne di cavallo, cercando le parti pii^i grasse, mele e fecola di patate cotte. Riccio N. 1. Maschio. Mi fu portato il 30 settembre. Peso gr. 5-iO che ando crescendo fine al 30 novembre, per quindi dimi- nuire di alcuni grammi. II 6 dicembre comincio a dormire e tranne due risvegli, [il prime durato 24 ore (dal 30 al 31 dicembre), I'altro cinque giorni (dal 5 al 10 febbraio)], dormi sempre.

Dair inizio del sonno perdette in peso gr. 100 circa. Uccisi I'animale il giorno 12 febbraio. Alia necroscopia trovai gli organismi normali, la glandola ibernante grossa e di colorito giallognolo-rossastro, la vescichetta biliare plena di liquido verde smeraldo, ed in tutto il corpo abbondantissimi blocchi di grasso tendenti al fluido, la quale ultima particolarita dell'adipe fu gia no- tata anche dal Dubois (12) nel sue pregevole studio sulla marmotta ibernante.

Riccio N. 2. Femmina. Mi fu portata il 18 ottobre. Pesava gr. 510 e crebbe fine al 30 novembre, giorno in cui comincio a dormire.

Dair 8 gennaio al 27 gennaio rimase costantemente svegha tranne alcuni giorni di sopore. Dal principle alia fine del sonno per- dette in peso gr. 110 circa.

- 238 -

L'animale venne sacrificato il giorno 12 febbraio. Alia necro- scopia mi diede risultato identico a quelle della necroscopia del K 1.

Riccio N. 3. Maschio. L'ebbi il 10 ottobre, pesava gr. 600. II 20 novembre crebbe sine a 625 grammi.

Dal 22 novembre al terraine dell' ibernazione, tranne qualche giorno di risveglio verso la fine di dicembre, dormi costantemente perdendo in peso gr. 135 circa.

Ucciso l'animale il giorno 12 febbraio la necroscopia mostro i blocchi adiposi e la glandola ibernante un po' ridotti.

TAVOLA N. 1 la Serie di esperienze

Data

Temp.

1" riccio Peso

Stato

2o riccio Peso

Stato

3" riccio Peso

Stato

10 settemb.

17" C.

20

15o

30

19">

540

Sveg.

-

10 ottobre

654

>

600

Sveg.

20

14o

565

»

510

Sveg.

580(?)

30

14o

560

>

520

>

586

»

10 novemb.

10"

575

>

540

>

590

»

20

5^

600

»

560

>

625

»

30

7o

605

>

575

Dor.

600

Dor.

10 dicembre

70

560

Dor.

660

»

575

»

20 .

40

500

>

540

»

510

>

30

540

Sveg.

490

»

542

Sveg.

10 gennaio

530

Dor.

472

Sveg.

536

Dor.

21

_2o

490

»

480

>

617

»

30

Oo

440

»

490

>

600

»

10 febbraio

-30

520

Sveg.

470

Dor.

482

»

12

lo

492

Dor.

465

»

468

>

11

riccio

N.

1

comincio

a

dormire

il 6 dicembre

11

J?

»

2

V

»

il 30 novembre

11

»

n

3

»

»

il 22 novembre

- 239 -

TAVOLA N. 2 2a Serie di esperienze

Data

Temp.

riccio 1 Peso

Stato

riccio Peso

Stato

I riccio Peso

Stato

10 settemb.

17oC.

1

580

Sveg.

1

_

20

15o

540

»

1 ~

30

19o

555

10 ottobre

8o

560

594

Sveg.

20

14o

550

600

Sveg.

580

>

30

14o

555

580 1 »

570

>

10 noverab.

lOo

540

Dor.

565

»

570

Dor.

20

5o

540

*

550

>

560

Sveg.

30

7o

500

»

540

»

565

Dor.

10 dicembre

7o

485

»

535

Dor.

635

20

4o

479

490

>

507

30

2o

462

432

>

490

10 gennaio

Oo

440 1

405 Sveg.

470

21

-2"

428

400

Dor.

462

30 » i

0"

450

Sveg.

465

Sveg.

480

Sveg.

10 febbraio

-30 i

430

Dor. \

415

Dor.

438

Dor.

12

10

427

t 1

405

»

420

»

11 riccio I^

'. 1 CO

mincio a

dorm

ire 1'8 novembre

11 . ,

2

J?

?j

rs dicembi'e

11

3

)5

55

il 27

noven

fibre

2" Serie d' esperienze (Vedi Tavola N. 2).

Gli animali vennero cibati con alimenti il piii possibile privi di grassi, adoperando percio muscolo di cavallo private diligentemente del grasso. Come ho gia detto giova ricordare che tuttavia questa carne coritiene 0,59-0,65 7o ^i grassi e dal 0,37 all' 1,07 7o in gH" cogene piia della carne degli altri animali, ad es. del bove, la quale contiene solo il 0,20 % di glicogene, come risulta dagli studi di Brautingam e Edelmann (13) confermati da Humbert (14). Tut-

- 240 -

tavia e evidente che queste percentuali di sostanze termo-dinamo- gene perdono ogni valore quando si pensi alia esigua quantita di carne somministrata in confronto all'abbondante dieta degli animali della prima serie d'esperienze.

Riccio N. 1. Maschio. Mi fu portato il 7 settembre. Pesava gr. 580, peso che ando diminuendo progressivamente.

Comincio a dormire 1' 8 novembre e tranne alcimi giorni di ri- sveglio alia fine di gennaio, dormi quasi sempre.

Sacriflco I'animale il giorno 12 febbraio. Noto la differenza in peso d-.il principio del sonno uguale a gr. 130. x\lla necroscopia si trovarono gli organi tutti alio stato normale, un po' di liquido nel- r intestino e nello stomaco, la vescichetta biliare gonfia di bile verde scura e densa ; i blocchi adiposi ridottissimi e la glandola ibernante di volume un po' minore del normale.

Riccio N. 2. Maschio. L'ebbi alia meta del mese di ottobre. Pe- sava allora 600 grammi. Al principio del sonno (8 dicembre), pesava gr. 535 e soffri una perdita in peso di 140 gr. circa. Ebbe irrego- lari period! di sveglia e di letargo. II 12 febbraio V uccisi e alia ne- croscopia trovai gli stessi reperti che nel riccio N. 1.

Riccio N. 3. Femmina Mi fu portata alia meta d'ottobre. II peso da 594 gr. diminui flno a 575 come riscontrai al principio del sonno. Tranne due risvegli dormi sempre fine al 12 febbraio nel qual giorno venne ucciso. Perdette in peso circa 150 gr. Alia ne- croscopia la glandola ibernante era ridotta, ed il grasso quasi del tutto scomparso. All'esame microscopico non trovai differenza fra lo stato degU organi parenchimatosi negU animah delle due serie.

Tanto dai diari come dalle tavole una cosa si puo subito asse- rire, che cioe la qualita del cibo e I'accumulo del grasso nell'orga- nismo non hanno veruna importanza nella determinazione dell' ini- zio del sonno invernale. Ma se si sommano poi le perdite in peso sofferte dagh animali delle due serie dall' inizio alia fine dell' iber- nazione, e se ne trae la media, si riconosce chiaramente che gli animah tenuti esclusivamente a cibo hmitato perdono assai piii in peso di quelli della prima serie i quali hanno potuto immagazzinare copiosamente grassi ; infatti mentre in quelli della 1* serie si ha una media sulla perdita in peso, di 115 gr., in quelU della 2* serie si giunge alia perdita media di 140 gr. circa. II che probabilmente devesi al fatto che mentre gh animali grassi hanno provveduto al bisogno di calorie, durante il periodo ibernante, principalmente, e forse solo, con la combustione dei grassi, quelli magri hanno do- vuto usufruire in gran parte delle albumine organiche, le quah, come

- 241 -

e risapafco, hanno un minor valore di combustione. Se i grassi svi- luppano y.o calorie mentre le albumine no sviluppano soltanto 4.1, per avere un uguale effetto utile di combustione si dovra consu- mare in peso assai piu di albumine che di grassi.

Potrebbe far meraviglia il trovare, come si vede nelle tavole, ibernanti gli animali benche la temperatui'a fosse discesa sotto 0 (—8 ai 10 di febbraio) sap(!ndo che i mammiferi ibernanti si dillerenziano appunto dalla generalita degli altri ibernanti, pesci, anflbi, rettili, pel fatto che ogni volta la temperatura si abbassa verso 0 sotto 0^, si destano avendo maggiormente favorevole al torpore il limite 10^ e gradi centigradi; ma ho gia detto che sui fondo delle singole casse, che servivano da gabble per le mie espe- rienze, avevo posto an grosso sbrato di trucioli di legno e di pa- glia sotto il quale restarono sempre durante il sonno protetti quindi dal freddo ambiente.

Provata cosi la nessuna intluenza del grasso suUa provocazione dell'inizio dell' ibernazione, volli tentare se ne avesse alcuna sal decorso. E noto per gU stadi piii recenti delDiibois, Rina e Achille Monti (15) e d' altri, che 1' andamento del letargo e subordinate

air azione degh stimoli (calore, freddo, irritazione, dolori, ecc ) i

quali agendo sull' organismo ibernante, determinano i periodici risve- gli. Volli adunque assicurarmi, prima di sacriflcare i miei ricci, se la reazione agU stimoli fosse egaale per tutti gli animah delle due serie.

Li posi a questo scopo in un ambiente dove successivaraente feci variare la temperatura, e vidi che alia temperatura di + 2" centigradi dormivano tutti profondamente ; alia temperatura di -j- 14" (dove li lasciai per 24 ore) tutti dormivano tranne il riccio N. 1 della 1^ serie (di quelh cioe a cibo misto prevalentemente ricco di grassi e di idrati di carbonio) il quale si desto e si mantenne sve- glio per tutto il tempo dell' esperienza. Riposti alia temperatura di + anche quest' ultimo cadde in letargo. Adunque lo stimolo termico agiva irregolarmente su di essi.

Dope di cio provai a punzecchiarli con un lungo ago; soltanto il N. 1 della l^- serie ed il 3 della 2^ serie mostrarono un accele- ramento negh atti respiratorii ed una certa sensibilita, deducibile questa dal rinserrare maggiormente la palla che questi animah for- mano mediante il mantello spinoso quando dormono. ISTegli altri non fu evidente alcun sintomo reattivo.

Di fronte ai risultati delle mie esperienze credo essere giustq il concludere che :

- 242 -

1.^ La pinguedine non solo non e determinante del sonno invernale ma neppure ha azione notevole nella produzione del me- desimo.

2.° Gli animali magri perdono assai piu in peso di quelli che hanno nei period! aiitecedenti aH'ibernazione, depositato in copia grasso nei tessuti. Sofcto questo punto di vista il grasso negli ani- mali ibernanti rappresenta una sostanza di altissimo valore.

3.0 Non esiste veruna differenza per la reazione agli stimoli (termici e doloriflci) tra gli animali delle due serie, cioe fra quelli cibati nei periodo preibernale con dieta mista ricca di idrati di car- bonic e di grassi, e quelli mantenuti a dieta rigorosamente carnea.

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(13) BrautingdUi et Edelmann. (Che, a. Cenlralb. 189t abst. Anahjst XIX, 24) in Com-

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(14) Humbert. (Journal Pharm. el CMin. 1895.19.') abst Analys 1895), pag. 95 in Comm.

organic analysis. Vol. IV. Alfred H. Allen 1898.

(15) Rina ed Achille Monti. Osservazioni sulle Marmotte ibernanti. Rendiconto del R. Iftt-

tuto Loiabardo, Serie II, Vol. XXXIII, fasc. 7 e S.

- 24S -

ISTITUTO ANATOMICO DI PADOVA DIRETTO DAI. PKOF. D. II K R T K L L I .

DoTT. UGO DALL'ACQUA Dott. ANTONIO MENEGHETTI

Suite arterie deila faccia neiruomo.

Kicevuta il 12 Agosto J902. il vietata la riproduzioDe.

Di un lavoro che pubblicheremo fra breve sulle arterie della faccia comiuiichiamo colla presente nota alcuni risultati.

Fra i rami dell'arteria masceJlare esterna re sono alcuni che non vengono ricordati dai Trattatisti, eppure sia per costanza, ca- libre ed estensione, sia perche rappresentano nella nostra specie disposizioni esistenti in altri mammiferi, meritano di essere presi in considerazione.

Un rarao nasce dalla porzione della mascellare esterna che circonda il margine inferiore del corpo della mandibola. Esso a circa un centimetre dalla origine, si divide in tre diramazioni tutte sot- tocutanee. L'una, anteriore, viene a distribuirsi nella regione sopra- ioidea: la seconda, superiore, irrora la cute della regione massete- rina, la terza, inferiore, si dirige verticalmente in basso lungo il margine anteriore del muscolo sterno-cleido-mastoideo vascolariz- zando il platisma e la cute della meta superiore della regione ca- re tidea e della regione sottoioidea.

Un altro ramo si origina dalla mascellare esterna a circa un mezzo centimetre piu in alto del precedente; si colloca al davanti del massetere decorrendo prima sulla mandibola, poi sul buccinatore. Poco dope la sua origine si biforca, una diramazione si getta fra le due porzioni del massetere, I'altra risale situandosi sotto la zolla adiposa di Bichat e si reca al muscolo buccinatore anastomizzan- dosi colle diramazioni dell'arteria buccinatoria.

Un terzo ramo prende origine circa a meta altezza del corpo della mandibola. Si dirige trasversalmente in avanti coUocandosi fra lo strato muscolare del labbro inferiore ed il periostio, passa ad im- mediata vicinanza del forame mentale inviando un ramoscello ana- stomotico all'arteria mentale, prosegue verso la linea mediana del

- 2U -

mento, incontra la terminazione cleirarteria sottoraentale e si ana- stomizza con questa.

Un quarto ramo nasce all'altezza dell' angolo della bocca fra arteria labiale superiore ed arteria labiale inferiore. Si fa tosto sot- tocutaneo ed attraversando la regione zigomatica risale verso la parte di regione temporale che confina coll 'angolo esterno dell' oc- chio; irrora gli strati superflciali di queste regioni. Quattro volte abbiamo osservato che il ramo ora descritto mandava una grossa diramazione verso I'angolo interno dell' occhio costituendo 1' arteria angolare; in un case questa diramazione proseguiva verso la fronts e dava I'arteria frontale interna.

Fra i rami della mascellare esterna se ne osserva frequente- mente un altro destinato al labbro inferiore. Su 34 individui esa- minati, in 8 era rappresentato d'ambo i lati da un tronco che ori- ginava poco piii in basso del margine superiore del corpo della mandibola; procedendo trasversalmente in avanti irrorava il mu- scolo triangolare, il quadrate del labbro inferiore, nonche la cute che li ricopriva e terminava un po' aU'esterno della linea mediana. In 16 individui (nei quali I'arteria labiale inferiore era assai pic- cola) esisteva da un lato solo, ma era di calibre notevole, eguale qualche volta a quelle della stessa mascellare esterna; fra questi 16, in 10 (provenendo 7 volte da destra, 3 da sinistra) raggiungeva la linea mediana e dope essere risalito verticalmente verso il mar- gine orale del labbro si divideva in due di ramazioni pressoche eguali, I'una si anastomizzava colla labiale inferiore destra, I'altra colla si- nistra. In 6 individui si recava al margine orale della meta destra del labbro e qui si biforcava nel mode indicate. In tutti i casi nei quali si noto la presenza di questa arteria, la labiale inferiore nasceva molto in alto verso I'angolo orale, alle volte da un tronco comune colla labiale superiore, invece negli altri 10 individui dove mancava, la labiale inferiore originava piuttosto in basso.

Abbiamo anche trovato che la mascellare esterna il piii delle volte non termina coll'arteria angolare, ma coll' arteria dell'ala del naso e che le diramazioiii di quest' ultima hanno decorso determi- nate e costante.

Su 34 individui I'arteria angolare era costituita dalla termina- zione della mascellare esterna solo 11 volte; 52 dal ramo laterale deH'arteria nasale dell'oftalmica, 1 volta da un ramo terminale del- rinfraorbitale e 4 volte, come pii:: sopra fu affermato, dalla dira- mazione della mascellare esterna che nasce all' altezza dell' angolo della bocca per raggiungere la regione temporale.

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L'arteria cleH'ala del naso in corrisponclenza deirangolo esterno della cartilagine alare si divide in due rami terminali, di calibre pressoche eguale : Tunc decorre lungo il margine superiore, 1' altro lungo I'inferiore della cartilagine e si recano al lobulo ove si anasto- mizzano coirarteria dorsale del naso e coirarteria del setto nasale.

L'arteria dell'ala del naso invia anche un terzo ramo di cali- bre un po' minore a qaello dei rami ora descritti. Prende origine a mezzo centimetre circa all'infuori dell'angolo esterno della narice, decorre sottocutaneo lungo il contorno inferiore di questa ed in corrispondenza del lobulo del naso si anastomizza con la termina- zione deH'arteria labiale superiore. Avviene talora che l'arteria del- l'ala del naso si divida in tutti e tre i suddescritti rami in corri- spondenza dell'angolo esterno della narice.

Inoltre merita d'essere ricordata una diramazione dell'infraorbi- tale, che negli altri mammiferi e cospicua; nell'uomo benche ridotta di calibre e di lunghezza, si riscontra costantemente. Irrora alcuni organi contenuti nell'orbita ed in piccola parte la faccia.

Si separa dall' infraorbitale ad una distanza dall' origine di questa, variabile fra qualche millimetre ed un paio di centimetri. Quando il solco infraorbitale e piuttosto lungo, penetra nella cavita orbitaria traversando la periorbita; all'opposto, se il solco e breve ed e esteso il condotto, passa prima per un forame che si trova nella parete superiore di questo. Su 300 cranii esaminati il forame esisteva d'ambo i lati in 85, in 34 soltanto a destra, in 42 soltanto a sinistra; complessivaraente adunque su 600 condotti si riscontro 246 volte. Pervenuta nell'orbita la diramazione precede in avanti, situata fra periostio e grasso, qualche millimetre aU' indietro del margine inferiore della base deh'orbita ripiega all'interno ed in alto e si getta nella porzione iniziale dell' arteria palpebrale inferiore. Durante il sue decorso invia un ramoscello che raggiunge la pal- pebra inferiore, circa a meta della sua lunghezza ; esse puo sepa- rarsi talora prima che la diramazione entri nell'orbita, cosicche in questi casi, se il solco e lireve, esistono nella parete superiore del condotto infraorbitale due forami invece di uno. Manda ancora vari ramoscelli agli strati superficiali della regione zigomatica, uno al muscolo obliquo inferiore, ed infine uno piu grosso al sacco lagri- male ed al condotto naso-lagrimale, ramoscello che viene riguardato dalla maggior parte dei Trattatisti come proveniente dalla palpebrale inferiore mentrc una tale disposizione si osserva soltanto di rado,

- 246 -

ISTIIUTO DI ANATOMIA NORMALE DELLA R. UNIVERSITA DI SIENA (PROF. S. BlANCUl).

Sulle piastre motrici e sulle fibrille ultraterminali nei muscoli del la lingua di Rana esculenta.

PER GIULIO CECCHERELLI students in medicina.

Ricevuta il 25 Settembre 1902.

i^ vietata la riproduzione.

Avendo io gia da qualche tempo intrapreso uno studio sul modo di comportarsi dei nervi nei muscoli deila lingua della Bana esculenta, sono venuto alle seguenti interessanti conclusioni, che mi affretto a rendere di pubblica ragione.

I. Vi e una grande differenza fra le piastre motrici dei muscoli della punta e quelli della base, sia riguardo alia forma, che ai rap- porti colla flbra muscolare.

Sulla base esistono piastre motrici molto simili a quelle degli arti e completamente accollate alia libra muscolare striata ; verso il mezzo della lingua le piastre vanno assumendo una forma a grap- polo; sulla punta finalmente si ritrovano le schiette terminazioni a grappolo, le quali solo in parte si adagiano sulla libra muscolare striata.

II. Diffusa a tutto il perimisio dei muscoli della lingua ed al connettivo sottomucoso, piii evidente verso la punta che verso la base, esiste una vera e propria rete nervosa amielinica a larghe maglie e di una sottigliezza estrema, con nuclei intercalati tanto sul decorso delle fibrille quanto sui punti nodali.

III. II fatto pill interessante e capitale messo in evidenza da que- ste mie ricerche e di aver potuto osservare, come molte tra le fi- brihe ultratermioali che partono specialmente dalle terminazioni a grappolo della ])unta, si contiuuino direttamente e indubbiamente colla rete nervosa amielinica sopra ricordata.

IV. Esistono anche fibrille collaterali che sebbene abbiano ori- gine diversa, si comportano in tesi generale in modo assai simile a quelle ultraterminali.

V. Nei muscoli linguali della Rana non ho flnora mai osservati Fusi neuro-muscolari,

- 247 -

Nella prima parte del lavoro, che ho gia condotto a termine, daro una particolareggiata descrizione dei fatti qui sommariamente esposti, accompagnata da alcune figure che riproducono fedelmente i rapporti indicati.

Siena, 20 settembre 1902.

UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA

AV VISO.

Si pregano caldamente i signori Socii che non hanno ancora versata la quota sociale del corrente anno 1901 di volersi mettere subito in regola con la cassa (a norma dell'art. 4 dello Statuto) inviandola {per cartolina vaglia) al Segretario-Cassiere

Napoli 27 marzo 1902

Prof. Fr. Sav. Monticelli Lstituto Zoologico, E. Universita di Napoli.

III. AssefflMea oriiiiaria e Conycpo Zoologico Nazioiiale iu Roma.

Egregio Collega,

Come fu deliberato nella seconda assemblea dell'Unione Zoologica italiana tenutasi in Napoli nell'aprile del 1901, si terr4 quest' anno in Roma la terza assemblea ordinaria e Convegno Zoologico nazionale nel prossimo autunno.

II Comitato ordinatore del Convegno, invita pertanto ad intervenire a questa assemblea e Convegno a nome dolla Presidenza dell'U. Z. I., non solo i soci, ma ancora le altre Society italiane di Zoologia e di tutte le disciplino affini e quanti in Italia si interessano agli studii di biologia. E saranno an- cora ospiti graditi tutti quegli stranieri che volessero onorare della loro pre- senza queste adunanze della nostra Unione (1).

II Comitato prega tutti coloro che intendono intervenire al Convegno Zoologico di Roma di inviare la loro adesione, non oltre 11 I" ottobre 1902.

I socii dell'U. Z. I., che vorranno prender parte al Convegno dovranuo far pervenire al Segretario del Comitato ordinatore, dott. Felice Supino {Isti-

(1) Perch6 al Convegno potessero prender parte tutti i Soci,il Comitato promotore, tenuto conto dell'epoca di questo, ha fatto pratiche pvesso ii Miuistero perohd conceda spaciale pennesso di inter- venirvi ai Professori delle scuole secondarie.

- 248 -

tuto di Anatomia compai^ata, Via Agostlno Depretis, Roma), L. 2 mediante car- tolina vaglia. Essi riceveranno, nel prossimo ottobre, una tessera d'iscrizione e le carte di riconoscimento per usufruire dei ribassi sulle ferrovie e sui pi- roscafi.

Gli estranei all'Unione godranno degli stessi vantaggi dei Socii. La loro quota di adesione e fissata pero in L. 5.

La tessera d'iscrizione Ak diritto a tutti gli aderenti a ritirare dalla Se- greteria del Convegno in Roma la tessera-programma, il distintivo del Con- vegno e quanto altro a questo si riferisce onde poter godere dei vantaggi ferroviari (2).

L'iscrizione potri pure ottenersi direttamente nell'ufficio di Segreteria in Roma in tal caso non si ha diritto a riduzioni sul prezzo del viaggio.

II programma del convegno d, Htahilito come segue:

Giovedi 30 Ottobre Riunione dell'ufficio di Presidenza e del Comitato

ordinatore. Venerdi 31 Ottobre Ore ant. - Seduta inaugurale.

Ore pom. - Seduta scientifica.

Sabato 1 Novembre Ore ant, - Seduta scientifica.

Domenica 2 Novembre Gita ai Castelli Romani.

Lunedi 3 Novembre Ore ant. - Seduta scientifica per le dimostrazioni.

» pom. - Seduta amministrativa (elezione delle cariche sociali), e cliiusura del Convegno.

Alia sera Bancbetto sociale.

Gli aderenti al convegno che intendono di fare delle comunicazioni scien- tifiche, dimostrazioni di preparati, ecc, sono vivamente pregati di darne no- tizia possibilmente, nella prima quindicina di Ottobre, con lettera, al Segre- tario deirUnione prof. Fr. Sav. Monticelli (Istituto Zoologico, R. University Napoli).

IL COMITATO ORDINATORE

F. Todaro Presidente, B. Grassi, L. Luciani, R. Pirotta, R. Versari, D. Vin- ciguerra, M. Cermenati, M. Lanzi, F. Supino Segretario.

(2) Agli aderenti al Convegno Zoologico, muniti della tessera personale e delle carte di riconu* scimento rilasciate dal Comitato, le Societa delle ferrovie Adriatiche, Wediterranee, Sicule e Veuete concedono per un periodo di tempo dal 25 ottobre al 10 novembre il ribasso consueto del 30 'ul 50 "(q secondo il percorso; la Societii delle Ferrovie yarde il SCj^; la Navigazione generale italiana il 50 0|g sempre che il viaggio si compia nel tempo indicato sulla carta di riconoscimento e secondo le norme stampate a tergo della medesima.

CosiMO Chbrubint, Amministratorb-responsabile.

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II prezzo annuo di abbonamento e: Per I'ltulia L. 30. Per TEstero Fr. 31,50 coraprese le spese di spedizione.

Per quanto riguarda la Direzione rivolgersi al prof. G. Chiarugi, Istituto Anatomico, Via Alfani 33, Firenze.

Per quanto riguarda I'Araministrazione dirigersi alia Ditta LUIGI NICCO- LAI, Editore, Via Faenza 44, Firenze.

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lonitoFe Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale deila Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DAI DOTTORI

GIULIO GHIARUGI EUGENIO FICALBI

Prof, di Anatomia umaua i'rof. di Anatuiiiia coiiip. e Zoologia

nel R. Istimto di Studi Super, in Firenze nella R. Universita di Fadova

Ufflcio di Direzione ed Amministrazione : Istituto Anatomico, Firenze. 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Ottobre 1903 N. lO

SOMMARIO : BiBLiOGRAFJA. Pag. 251-255.

SuNTi B EiviSTE: NoTA DI TECNiCA MicuoscopiCA : Minervini R., Moclifi-

cazloni del metodo di Weigert per la colorazione specifica del tessuto ela-

stico. Pag. 255-266. COMUNICAZIONI ORiGiNALi: Giuffrida-Ruggeri V., Qualche contestazione

intorno alia piu vicina filogenesi umana. Chiarugi G., L'insegna-

mento dell'anatomia dell'uomo secondo i nuovi Regolamenti universitari. Pag. 257-277.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

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Si dh notizia soltanto dei Lavori pubblicati in Italia.

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I) Ditteri e Afanitteri

Celli A. La malaria in Italia durante il 1901: ricerche epidemiologiche e

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Maremraa Grossetana (1901) Giorn. med. Esercito, An. 50, N. 4, pp.

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- 255

XI. Ecliinoderini.

Ariola V. La natura della partenogenesi ueWArbacia pustolosa. Con tav. Vedi M. Z. XIII, 5, 99.

XII. Mollusclii.

1. Parte generalb

Enriques P. Le foie des Mollusques et ses fonctions. (Resume de I'A.). Arch. ital. Biologie, Vol. 37, Fasc. 2, pp. 177-199. Turin 1902.

3. Gasteropodi (Prosobranchi. Eteropodi. Opistobranchi. Ptbropodi. Polmonati).

Mazzarelli G. Ricerche intorno alia struttura delle larve libera dei Gaste- ropoili Opistobranchi. Con figg. Rendic. Istit. lomb. Sc. e Lett., S. 2, Vol. 85, Fam. 16, pp. 715-732. Milano 1902.

XIII. XJrocordati o Tunicati.

Todaro F. Sopra gii organi escretori delle Salpidi. Con figg. Atti Accad. Lincei (Rendic), CI. Sc fis., matem. e nat. An. 299, S. 5, Vol. 11, Fasc 10, Se?n., pp. 405-417. Roma 1902.

SUNTI E RIVISTE

Nota di tecnica microscopiea.

Minervini R. Modificazioni del metodo di Weigert per la colorazione spe- cifica del tessuto elastico Bollettiiio della R. Accad. medica di Geneva, An. XVI, 1901, N. 1, pay. 20-24.

L'A. occupato da lungo tempo nella ricerca delle fibre elastiche nei tes- suti di cicatrice, ha avuto agio di fare alcune osservazioni sul metodo di Weigert e di apportarvi delle varianti. Anzitutto lia potato osservare che la colorazione degli elementi elastici avviene anche assai bene nei pezzi (co- lorazione in maisa). In tal caso essi devono essere piuttosto piccoli (al mas- simo di 1 c.c.) ; restano nella soluzione colorante (Weigert) per 48 ore; si tengono poi per 24 ore nell'alcool ordinario acidulato con acido cloridrico (1 ''/o), quindi in alcool 90" per altre 24 ore ; si passano finalmente in alcool assoluto, trementina o xilolo e si includono in paraffina. Desiderando inoltre I'A. otte- nere una colorazione rossa degli elementi elastici che facesse contrasto con quella azzurra della ematossilina, ha cercato, seguendo la via indicata da Weigert, di ottenere colla safranina, che e il colore che presenta forse mag- giore atfinita elettiva per il tessuto elastico, un derivato che rispondesse alio scopo. Cosi procede I'A.: si prepara una soluzione acquosa al 2 "/„ a caldo di safranina (Merck), con 1' aggiunta dell' 1 ^/^ di resorcina. Dopo raftredda- mento si filtra ed al filtrate si aggiunge */« tlel volume di soluzione offici-

- 256 -

nale di cloruro ferrico (Liquor ferri sesquichlorati, densita 30 Beaunae) e si ottiene cosi un abbondante precipitate colore rosso raattone. Si riscalda fino all' ebollizione ; dopo raffreddamento si filtra ; si lava il residuo sul filtro, lo si, discioglie a caldo in 100 parti di alcool a 90", acidificato con acido cloridrico 1 su 100. Si ottiene cosx una soluzione di colore rosso-rubino che si adopera come la soluzione coloraute di Weigert. I tagli iramersi in questa soluzione per lo 2 ore assumono una tinta rosso-vivo diffusa, che perdono poi rapida- mente nell'alcool. I prepai-ati cosi fatti mostrano tutti gli altri tessuti com- pletamente decolorati, raentre il reticolo elastico, ancbe nelle sue piu fini raraificazioni presenta una bellissima colorazione rosso-scarlatto. Con questo colore si puo ottenere ancbe la colorazione in massa di piccoli pezzi di tes- suti ed organi ; meglio se fissati in formalina od alcool cbe in liquido di Miiller. II contrario invece succede col metodo genuino di Weigert, cbe riesce piu evidente nei pezzi induriti in soluzioni di bicromato potassico o di acido cromico.

Quest' ultima osservazione indusse nell'A. il sospetto cbe 1' acido cromico avesse potuto rendere piu cbiara la reazione di Weigert; infatti sottopo- nendo i tagli colorati secondo questo metodo all'azione di soluzioni cromiche a diversa diluizione (la piu adatta soluzione e quella al 0,5 "/q che agisca non meno di 1 ora) ha ottenuto una sensibile modificazione in meglio nella reazione nel senso che le fibre elastiche assumono una tinta piu oscura, mentre il fondo del preparato si decolora piu sicuramente.

Procedendo in questo ordine di idee e di tentativi I'A. convinto che in quest' ultimo caso la reazione colorante specifica fosse in rapporto, piu che col sale ferrico contenuto nel colore di Weigert, con I'azione dell' acido cro- mico succedente a quella della fucsina, ha pensato di fare reagire fra loro le due sostanze. Ha cosi ottenuto una nuova sostanza colorante derivata dalla fucsina che si potrebbe chiamare cromo- fucsina. Si prepara nel modo seguente. Si fa a caldo una soluzione acquosa di fucsina all'i **/„ con I'aggiunta dell'l °/o di resorcina. Dopo raffreddamento si filtra e si aggiunge ^/^ del volume di una soluzione di acido cromico al 2 "/o o di bicromato potassico al S^/o. Si ottiene la formazione di un precipitato uerastro. Si riscalda fino all' ebollizione agi- tando il miscuglio e dopo raffreddamento si filtra. Si lava il residuo sul filtro e si lascia disseccare nella stufa a 30". Indi si scioglie in alcool a 90° a caldo, immergendo tutto il filtro nell'alcool. Si aggiunge alcool fino a riportare il volume della soluzione al primitive (100 p.), indi si acidifica con acido clori- drico (1-2 su 100) e si filtra di nuovo. Si ottiene cosi una soluzione di colore rosso vinoso che colora elettivamente le fibre elastiche in bleu-viola assai scuro. I tagli si lasciano nella soluzione colorante per 1-2 ore, indi si passa- no in alcool a 90" fino a completa decolorazioue ossia circa 30 rainuti. Le piii sottili fibre elastiche sono assai nettamente colorate ; il rimanente del tessuto resta affatto decolorato.

Si puo anche con questo sistema ottener la colorazione in massa di pic- coli pezzi di organi e tessuti, lasciandoli nella soluzione colorante per 1 a 2 giorni e poi in alcool acidulato per un eguale periodo di tempo.

~ 257 - Qualche contestazione intorno alia piu vicina filogenesi umana.

DEL DoTT. V. GIUFFRIDA-KUGGEill

DOCENTE DI ANTROPOLOGIA NELL\ R. BNIVERSItX DI KOMA

Ricevuto il 25 Luglio 1902.

^ vietata la riproduzione.

In un breve studio precedentemente pubblicato C) facevo no- tare, incidentalmente, che le nuove scoperte riguardo alia identifl- cazione degli ossicini soprannumerari del cranio umano come vere persistenze morfologiche, e non come fatti casuali, facevano pensare che il cranio stesso fosse quanto alia sua costituzione morfologica molto vicino alio state primitive, donde la possibilita che i Primati, anche i piii alti, siano tuttora piii prossimi alio stipite, cioe all'ideale Promammale, che altri ordini di mammiferi. Questo concetto difatti dev'essere ammesso. II prof. Morselli, che e particolarmente com- petente su quanto riguarda 1' uomo secondo la teoria dell'evoluzione, scrive appunto : " linea lunga di devergenza non sarebbe certamente quella dei Primati la quale prende punto d'attacco nei Pachilemuri cotanto vicini alio stipite insettivoro dei Placentari, raggiunge quasi subito nel palilemuride Anaptomorphus e nel procebide Anthropops deU'eocene una struttm'a preumana (almeno nella a noi nota den- tiera), e poco dope nell' ilobatide PUopithecus del miocene ci mostra gia una struttura decisamente antropoidea. Linee ben piii allungate nel tempo e piCi distaccate dal centre, talune anzi in sense regres- sive, rappresenterebbero la specificazione degU Aganodonti (Roditori e Sdentati), dei Cetacei, dei Pinnipedi, degli Ungulati, degU stessi

Chirotteri C) ,, ; cosicche non si perita di aftermare che " certi

tipi che noi consideriamo superiori possono essersi originati prima di altri 'che diciamo inferiori l^) „. Se cio e avvenuto per 1' uomo, e naturale che questi realizzi tanto spesso nel cranio una costituzione morfologica di tipo inferiore : come dissi ahora, il fatto non deve piu meravigliare.

(') G iu if rid a-R u ggeri. Un caso lii atrofia AeWala maijna ecc. Considerazioni sul si- gnificato gerai-chico delle anomalie craniche Monitore Zooloyico Jtaliano. Anno XIII. N. I, i'J02.

OMonelli. Antropologia generale, p. 776.

(») Ibidem, p. 760.

- 258 -

Cio non toglie pero che il fatto stesso riesca ai piu alquanto impreveduto e si presti a diverse riflessioni. Ne esce specialmente diminuita la dottrina Haecl^eliana, mentre viene rafforzata la se- guente riflessione del Morselli : " e propriamente necessario, si do- manda il chiaro antropologo, costrurre la genealogia dei Primafci con indirizzo monofiletico, disponendola sistematicamente come iin albero a diramazioni dicotomiche? 0 non vi e la possibilita di ideaiia an- che in sense poliflletico, cioe con origine distinta dei principali gruppi da stipiti indipendenti, arieggianti per cio, in sense allegorico, arbo- scelli a radici separate, quantunque impiantati sul medesimo terre- ne C) „. Che la possibilita vi sia non pno mettersi in dubbio, poi- che e stata piii volte ventilata da scienziati di valore (Oscar Sch- midt, Carlo Vogt, Clementina Royer, ecc). Accenno, per la grande autorita del nome, all'ipotesi ardita di Cope. L' illustre pa- leontologo sostiene C) la discendenza diretta degii Antropomorfi (cioe r uomo e gli antropoidi) dai Lemnri, saltando le scimmie inferiori, per due ragioni : per la frequenza del tipo tricuspidale nei molari umani, tipo che non si trova ne nelle scimmie ne negli antropoidi, ma soltanto nei lemuri ; per la dentatura delle Anaptomorphidae, lemuri fossih dell'eocene Americano con formula dentaria umana. Non e chi non veda quanto con cio resterebbe abbassato il livello di origine e di divergenza degli Antropomorfi, compreso 1' uomo. E chiaro difatti che non potendosi far derivare i diversi antropomorfi r uno dall'altro, bisogna ammettere delle linee di divergenza precoci e autonome ; il che vale a dire per 1' uomo una linea di divergenza speciale, che parte dai Lemuri. Precisamente tra V Anaptomorphus homunculus dell'eocene e gli Hominidae del pleistocene Cope inter- calava un genere distinto, con caratteri tra Simia e Hylobates, che conduce direttamente all' uomo.

II Morselli osserva che il passaggio da un qualsiasi lemuroide piu 0 mono imparentato con Anaptomoiylms ad un presunto Proto- simia conducente all' uomo implica I'esistenza di fasi intermedie che il Cope si dimentica di accennare. Si potrebbe diminuire la distaiiza tra il punto di partenza e il punto di arrive dell'evoluzione auto- noma, facendo partire le linee divergent! degli Antropomorfi e dei Piteci a hvelio dei Cebidi. E nota la grande rassomiglianza che ha la scatola cranica di certe Platirrine con quella dell' uomo. Gia Gra-

(') Jbidem, p. 760. I'er lo sIlsso coiutUo voJ;isi .'uiclu! : Kcaiie Ethnology Cnmbridye iS'JG, 2. ed. paiisiia.

{-) Ct'r, Uope. The priiruiry Factors ol' otjj'ailic Kvohition (.'hicuyo, Iti'Jd, pp. lot, lo7.

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tiolet scriveva : " II est evident que, abstraction faite de la diffe- rence des dents, I'aspect general du crane d' un sajou, d' un ouistiti et de quelques autres especes voisines ressemble en miniature beau- coup plus au crane humain que celui d' un gorille, d'un orang ou d'un chimpanze adultes „. Hovelacque e Herve dicono la stessa cosa. Topinard ugualmente : " Par la forme general du crane, par une certaine adaptation a I'attitude droite de la tete, par le deve- loppement des hemispheres au-dessus du cervelet et par d'autres caracteres encore, certains Cebiens sont plus avances a la fois que les Pitheciens et les Anthropoides C) „. Cio nonostante Cope li esclude dall'albero genealogico dell' uomo, preferendo i Lemuri, che, ad ac- cennare soltanto qualche differenza principale, hanno aperta comu- nicazione fra la cavita orbitaria e la fossa temporale, 1' utero ordi- nariamente bicorne come i Marsupiah, la placenta diffusa e senza decidua, in una parola sono di cosi bassa organizzazione che si du- bita se possano entrare nell'albero genealogico dei Cebidi e degli altri Primati. Ma anche Topinard esclude i Cebi dall'albero genealogico deir uomo per il fatto, troppo insignificante invero, che le cuspidi dei loro molari sono ordinariamente appuntite ('), Ammette che i Lemuri stiano alia base deh'evoluzione, ma non entra nelle vedute del Cope ; si pronunzia invece in favore di una discendenza indi- retta dai Piteci e dagli Antropoidi. Cos! provvede alia continuita della formula dentaria, e quanto all'altro argomento del Cope, cioe la frequenza del tipo tricuspidale, conviene che il tipo quadricuspide deriva dal tricuspide, ma la presenza di quest' ultimo e, secondo lui, troppo abbondante nell' uomo attuale per potersi ammettere che si tratti di un'anomaha reversiva, come crede il Cope. Egh crede piut- tosto che si tratti di acquisizione di un nuovo tipo, tanto piu che gli Europe! stanno all'avanguardia.

Del resto, aggiungo io, anche ammesso che si tratti di una reversione lemurinica non e legittimo dedurne la discendenza di- retta dai Lemuri ; aho stesso modo che non la proverebbe la pre- senza nell'uomo della varieta lemurinica del processus rami man- cUhidaris^ se anche fosse piu frequente di quelle che e (^). E se si volesse concedere che tali reversioni hanno un significato cosi stra- namente imprescindibile da escludere assolutamente altri anelli in- termedi, I'argomento varrebbe soltanto per 1' uomo in cui queste

C) Topinard . L' homiue dans la nature. Paris IS'Jl, p :i8S.

(-) Topinard. De I'evolntion des molaires et pr^molaires chez les primates et en parti- culior chez rhomnie. L'Anl/tropologie, 189'-^. p. 70'J.

(') G. Mingazzini Sul sigaiftcato morl'ologico de\ processus rami maitdibularis neiruomo Archivio prr I'Antropoloijia e VEtnologia, 18'J:^, p. 145.

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reversioni si osservano e non per gli alfcri antropomorfl, i quali, a detta dello stesso Cope, non presentano il tipo tricuspidale. Quindi egli logicamente dovrebbe parlare soltanfco della discendenza diretta dell'uomo dai Lemuri, e non degli antropomorfl.

Mentre rafforziamo gli argomenti del Topinard in favore dei Primati in genere, non ci sembra pero die I'esclusione clie questi fa dei Cebidi dall'albero genealogico deH'uomo sia giustificata. L' im- portantissima mandibola ^elVAnthropops perfectus note vole per J a forma parabolica dell'arcata, I'altezza e la larghezza della sinfisi, la continuita della serie dentale, la piccolezza del canino, tutti carat- teri mnani, dice il Morselli('), presentava la formula dentaria dei Cebidi attuali, cioe nella dentizione permanente un premolare di pill che I'uomo. Cio dimostra la possibilita clie i Cebidi potessero evolvere per proprio conto a un tipo morfologico superiore. II che e confermato dal Nesopithecus del Madagascar, un simiade di alta sta- tura, che (-) Forsyth-Major, suo scopritore, ritiene un Antropoide, almeno pel cranio, quantunque gli trovi poi una dentatura di Le- muride, e che Gaudry pel numero dei denti mette fra i Cebidi di America. Dunque non e azzardato pensare che dal tronco dei Ce- bidi potessero provenire direttamente e precocemente primati di alto grade gerarchico, per quanto cio sconvolga i nostri schemi a somiglianza burocratica, schemi del resto molto arbitrari. Sarebbe difatti assai imbarazzato chi volesse cercare quali evidenti caratteri d' inferiorita, a parte la formula dentaria, presentano realmente i Cebidi di fronte ai Piteci : non presentano certo I'angolo sfenoidale piu aperto i^), nepiu piccolo I'angolo della fossa olfattiva (Topinard), ne il prognatismo maggiore, ne Y indice toracico piii alto. L' indice pelvico, lo scapolare e il sottospinoso sono piii favorevoh ai Cebi che ai Piteci, i quali si avvantaggiano un po' nell'angolo di torsione dell'omero ; la formula sacrale e la stessa. Di positive non resta che la formula dentaria, la quale e siifflcientemente controbilanciata dai caratteri di superiorita che lo stesso Topinard, e altri, ab- biamo visto concedere ai Cebidi. In verita, noi che assistiamo alia perdita che va facendo I'uomo del suo 3" molare, troveremmo tanta difficolta ad ammettere una simile perdita per il 3^ premolare dei Cebidi ? Certo non si puo trovare in questo un ostacolo alia lore evoluzione ulteriore : la formula dentaria e troppo soggetta a va-

(1) Op. cit., pag. 751. Cfr. Ibidem, la fig. 403. (') Riferisco ancora rial Morse Hi.

(^) Per questo e per gli altri caratteri si veda : Hovelacque et llerv^. Precis d'Antiiro- pologie. Paris 1887, p. 5 1 e seyy. Ctr. anche : MorseUi. Op. cit. p. i-iVfi.

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riare. L'uomo stesso presenta talora un molare, raggiungendo cosi il numero complessivo, sommando molari e premolari, dei Ce- bidi. Forse che i Piteci sono meglio conformati per divenire dei bi- pedi? A questo riguardo, afferma Mahoudeau: " rien ne permet de reconnaitre chez eux un degre de trasformation plus avance que Chez les Cebiens C). Non e il case dunque di meravigliarsi che lo SchloMser (2) abbia messo le scimmie platirrine piu avanti che i Piteci neiralbero genealogico dei Primati : e curioso pero che Tab- bia fatto in base alle modificazioni deha dentatura, che a prima vista farebbe sorgere delle difficolta in sense contrario, come gia abbiaino esposto.

A noi del resto non importa che i Cebidi siano piii avanti o piii indietro dei Piteci ; ammettiamo anzi volentieri che siano piu indie tro per ragioni paleontologiche. Quelle che ci interessa di con- statare e la possibihta che dal loro livello si siano svolti dei rami divorgenti, dei quali uno puo essere benissimo costituito appunto dai Piteci, un altro invece dagli Antropomorfi. Mentre il prime non reahzzo alcun progresso, in sense gerarchico, I'altro invece avrebbe raggiunto le maggiori altezze.

A somiglianza del ragionamento fatto da noi, si potrebbe dire che non vi e alcuna ragione per non includere anche i Piteci nel- I'albero genealogico degli Antropomorfi; pero non ve ne e alcuna per includerli. Difatti perche includerli se non hanno realizzato alcun progresso sensibile ? Per la dentatura ? Ma come e stata acquistata dai Piteci, sara stata acquistata ugualmente dagli Antropomorfi. Un intermediario che non rende alcun servizio, e superfluo (^). Vero e che questa divergenza da noi ammessa, potrebbe urtare centre i criteri di quel sistematici che riuniscono i Piteci agii Antropoidi fa- cendone un gruppo a parte: pero siccome gh stessi sistematici non sono tutti unanimi in questo, e tra i discordi mi basti citare il Flower, cosi noi possiamo trascurare quest' argomento, tanto piii che ci occupiamo soltanto del punto di vista filogenetico.

Abbiarao detto che i diversi antropomorfi non si possono far derivare I'uno dall' altro, e cio e ovvio per il principio di Cope, che dice: quando un tipo si e staccato dal tronco principale e ha acquistato caratteri proprii, non puo divenire lo stipite di altre for-

Mahoudeau. La locomotion bip6de et la caracWristique des Hominiens. Revue mens, de I'Ecole d'Anthropologie de Paris, 1896, p. 235.

(2) Schlosser. Die Affen, Lemuren, ecc, des Europaischien Tertiars. Beitrdge zur Paldontologie Osterreicii-Ungarns. 3a parte, t. VI-VIII. 1887-1890.

C) Per equivoco attribuii altra volto un'opinione analoga a Carlo Vogt.

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me specifiche, le qiiali invece derivano da tipi non specializzati (tlie law of the unspecialized). Tuttavia lo stesso Cope ammette che un Protosimia, oltre il Pithecanthropus erectus^ che egii ritiene gia uma- 110 ('), abbia preceduto Tuomo. Questo Protosimia non dovrebbe es- sere per la legge accennata un antropomorfo cosi bene differenziato come i viventi. Pero dandogli, come egli fa, del caratteri in termed! tra Simia e Hylohates, dubitiamo che possa essere meno differen- ziato dei viventi: quindi non risponderebbe alle quahta ricliieste. Ugualmente colore che ritengono 11 Pithecanthropus erectus una spe- cie affine all' Hylohates, lo allontanano, senza volere, dalla diretta genealogia umana. Molto acutamente disse Mahoudeau, che 11 Pithecanthropus entrera o no nella nostra genealogia 11 giorno che si scopriranQO i suoi arti superiori f). Se questi si troveranno molto lunghi, restera confermata I'ipotesi che si tratti di un Hylohates, ma, ipso facto, 11 P. e. verra escluso dalla nostra genealogia. Tutto concorre a far credere che lo straordinario sviluppo delle braccia e un fatto divergente esclusivo degh Antropoidi, al quale gh antenati deU' uomo, per quanto si rimonti indietro, non hanno mai parteci- pato, sebbene sia da ammettere che essi siano stati arboricoh e abbiano avuto in un certo grade, 11 piede prensile, come ammetteva Darwin. Per la vita arboricola non e aftatto necessario che gli arti anteriori siano pm lunghi dei posteriori, come ne fanno fede i Piteci, i Lemuri, ecc. Lo stesso P. e. se entra realmente neha ge- nealogia umana, non solo non puo essere un Hylohates, ma nem- meno e da credere che sia derivato da un Hylohates. II Manouvrier ha fatto questa ipotesi, e per realizzarla ha dovuto supporre che r Hylohates sarebbe diventato il P. e., forse, dice lui, per essersi incendiate le foreste deU'isola in cui esse viveva cosicchc non potendo piu fare un grande use dehe lunghe braccia, queste si sa- rebbero poco a poco atroflzzate, e 1' animale si sarebbe appoggiato inline unicamente sui piedi. Un sorriso di scetticismo non e invero azzardato : niolte geiierazioni di foreste avranno rinverdita queh' 1- sola nel frattempo che all' Hylohates si accorciavano gli arti supe- riori.

E curioso che tutti convengono ohe un antropoide e gia troppo diff"erenziato per poter dare origine all' uomo ; tuttavia non si cessa percio (con inavvertita contradizioue), tiitte le volte che si parla di un prccursore del)' uomo, di mettere avanti un qiialche antropoide.

(I) Coj,.; - Op. fit. pug. iOO.

(-) Mutioudeau. Loc. cU. jj. 24'i

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Fortunatameiite il Plthecantropus ha maggiori titoli ad essere preso in considerazione. Gia V essere erectus affida che non si tratfci di un antropoide, a meno che non sia eretto con 1' aiuto degh arti supe- riori: e questa 1' incognita alia quale alludeva Mahoudeau. Inoltre e importante il fatto osservato dallo Schwalbe, che il cranio del P. e. non ha quelle affinita con Y Hylobates, che erano apparse a Manouvrier e ad altri, ne niolte affinita con gli altri antropoidi; mentre non mancano somighanze con scimmie inferior! : diguisache lo Schwalbe ritiene che si tratti di una forma ancora indifferen- ziata, 0, come egli dice, generahzzata C). Questa condizione e vera- mente necessaria e sufficiente per 1' evoluzione ulteriore, e 1' averla riscontrata e per la teoria di discendenza molto piii prezioso che tutti gh alberi genealogici monofiletici deUa scienza popolare. Una forma generahzzata, mentre non puo derivare da una forma specia- lizzata (antropoide), puo originarla. E in questo case, essendo il li- vello gerarchico deil'animale gia piu elevate che quelle dell' antro- poide, non poteva originare che forme piii o meno umane.

Del resto anche ammessa la somiglianza del P. e. con VHylo- bateSj non si puo inferirne altro che una vicinanza genealogica, non una derivazione dell'uno dall'altro; alio stesso modo che Floren- tine Ameghino ammise la vicinanza genealogica den'i??//o6ate<s con r uomo, ma nello stesso tempo ammise che il suo ipotetico Gollen- stermcm, che avrebbe date origine ai due generi Homo e Hylobates^ aveva le braccia corte quasi come le nostre (^). L'allungamento sa- rebbe avvenuto soltanto in uno del due generi, cioe sarebbe stato acquisito dal Protliylobates e aumentato neW Hylobates , che nel con- cetto dell'Ameghino non hanno piii alcuna relazione diretta con I'uorao ; e cio e piii verosimile che ammettere un ipotetico accor- ciamento deUe braccia gia allungate, come vorrebbe il Manouvrier. La veduta dell'Ameghino sempliflca ed e accettabile, mentre I'al- tra complica inutilmente.

In conclusione ci sembra essenziale di ammettere quanto dice in proposito I'egregio professore di antropologia zoologica delYJEcole di Parigi, il Mahoudeau citato. Gh antenati comuni dell' uomo e degli antropoidi non presentavano ne la preponderanza dei membri inferiori propria oggi dell'uomo, ne la preponderanza dei membri su- periori caratteristica degli antropoidi, ma erano cosi conformati da poter prendere I'uno o I'altro adattamento, cioe o quelle che raffor-

(') Schwalbe. Studien tlber Pilhecantropus erectus Dul)ois. Zeilschr. ftir Morphologie u. Anthropologie. B. I , H /, iSS9, p. S-JO.

(") Fl. Ameghino. Kilogenia. Princ. fie Clasific. transformista. 1SS4, Cap. XIV

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zando i membri inferiori conduceva alia locomozioiie bipede, o Tal- tro che rafforzando i superiori perfezionava la vita arboricola. Av- venuta la scelta per condizioni di ambiente, ciascuna branca pro- cede per la sua via, ne occorrono adattamenti regressivi, che agi- scano in senso contrario agli adattamenti anterior! C). Non occorre pill fare allungare gli arti superiori per poi farli accorciare ; ne che il precursore dell'uomo poggiasse il suo piede al suolo prima con la parte esterna della pianta, poi di nuovo con tutta la pianta ; men- tre si puo ammettere che questa particolarita non sia stata mai perduta, anche nella vita arboricola. In tal modo non solo I'inter- pretazione morfologica viene in molti casi semplificata, ma corte apparent! contraddizioni scompaiono. II Mors ell i, ad esempio, nota con meraviglia che " alcuni muscoli di bassa organizzazione, ad esempio il flessore speciale del mignolo, sono nell'uomo meno atri)- flci che nel Chimpanze e nell'Orang, conservando anzi lo svilup]>o che hanno nel Cinocefalo e nel Colobo, vale a dire che per tale ri- guardo noi siamo piii pitecoidi deUe scimie superiori C) „. E non solo per tale riguardo ; anche lo sviluppo delle ossa nasali e la distanza inteorbitale ci avvicina piii alle scimmie inferiori che agli antro- poidi ; il terzo trocantere del Lemuri e dei Cebidi e neh'uomo assai frequente, mentre manca nelle scimmie superiori. Che significano tutte queste contraddizioni ? Che I'uomo e una scimmia inferiore, come sosteneva Albrecht? No, per certo. Significano pero che il punto di partenza della sua evoluzione autonoma si trova a livello delle scimmie inferiori. A partire da questo punto antropoidi e uo- mo si differenziano, come abbiamo detto, rispettivamente per conto proprio. Contraddizioni non ne esistono altro che nella nostra fan- tasia ; le risurrezioni di organi mi lasciano molto scettico (') : sem- plicemente, e cio non puo fare meraviglia, I'uomo ha conservato qualche particolarita delle scimmie inferiori a preferenza che gli an- tropoidi, come questi alia loro volta ne hanno conservata qualche altra che I'uomo ha perduto.

La divergenza precoce che abbiamo ammesso, mentre spiega

(') Mahoudeau. Loc. cit., p. 245.

(') Morselli, Op. cit. p. 234. Per altri fatti anaLighi vedi anche pag. 860 e altrove.

(1) u Per gli attacchi dei muscoli della natica, dice il Morselli {p. S07), si risvilupp6 un ter- zo trocantere che le scimie superiori avevano perduto n. Questo contrasterebbe con la legge, cl >! « un organo il quale nel corso della tilogenesi sia scomparso, 6 scomparso per sempre n, stabilil.i dalTHaacke e da altri, e alia quale il Rosa non trova una sola eccezione. Cfr. Daniele Rosn, La riduzione progressiva della variabilila e i suoi rapporti coWestinzioiie e coU'oriijine delle <pt'cj«. Torino 18"9, p. 44, e il corol'ario a p 48, che dice: « In generale nessun sisteuiatico trovandoiii un gruppo di or^anisiui una data strnttura fari discendere queste gruppo da organism! in cui upii struttura strettamente oraologa fosse divenuta rudinientale (peggio poi fosse sconiparsa) n.

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evidentemente molti fatti, potrebbe sembrare in contraddizione con le molte coincidenze morfologiche che si osservano fra uomo e an- tropoidi. Quest'obbiezione pero e piu apparente che reale, se si pensa che buon numero di tali coincidenze sono da imputare al fondo co- mune, e il resto aH'innalzamento morfologico su due hnee che pure essendo divergenti si mantengono sempre abbastanza vicine. L'in- cesso che nell'uomo diviene eretto e negh antropoidi semieretto, sebbene con un meccanismo diverse, cioe con I'aiuto delle braccia lunghissime, produce conseguenze meccaniche analoghe, sia quanto alie disposizioni per trattenere i visceri che cadrebbero in basso, sia quanto a modificare la colonna vertebrale, il bacino, ecc. Certo que- sti fatti sono perfezionati neH'uomo, ma e una gerarchia apparente, inquantoche possono essere avvenuti indipendentemente gh uni dagh altri ; I'uomo per un adattamonto unico avendo rinforzato i suoi arti inferiori invece del superiori, con questo meccanismo diverse si e procurato dei risultati analoghi e superiori a quelli ottenuti dagli antropoidi rinforzando e allungando le braccia ('). Si puo anche di- scutere, quanto agli antropoidi, se questi caratteri nuovi in dipen- denza del raddrizzamento del tronco, si devono imputare tutti come acquisiti in seguito alia stazioae semieretta, la quale e piuttosto eccezionale, oppure si debba prendere in considerazione anche il rad- drizzamento del tronco nella stessa vita arboricola, raddrizzamento che non si fonda sulla verticalita molto precaria degh arti inferiori, anzi si avvera megho stando I'animale seduto. Tanto piu che e la posizione seduta soltanto che puo realmente liberare gU arti supe- riori dell'antropoide, e fargli acquistare quel caratteri di superiorita che dimostra nella posizione della scapola, nell'angolo di torsione del- I'omero, ecc. Anche qui i risultati sono analoghi, ma il meccanismo per conseguirli puo essere state differente: ah'uomo non essendo necessaria la posizione seduta per liberare gli arti superiori.

La gerarchia dunque dei risultati morfologici puo essere appa- rente, e il lore disporsi in serie non dimostra che siamo realmente in presenza di un philum che passando dagli antropoidi tormina al- I'uomo. Alio stesso mode la somiglianza dei feti umani e dei feti di antropoidi non indica altro senonche le due hnee divergenti si fanno, com'e naturale, sempre piii vicine risalendo indietro ; ma non dimostra, come vorrebbe qualcuno, la provenienza comune da un antropoide gerarchicamente elevate. L'ihusione e aumentata dal fatto che nel feto o nel neonate dell'antropoide mancano per necessita i

(') Cfr. Morselli. Op. di. p. 854.

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caratteri bestiali deU'adulto : puro adattamento embrionale che ri- spannia lo sviluppo dell'apparato masticatorio in uii'epoca in cui non potrebbe servire. riservandolo a piii tardi, e non avrebbe dovuto dare origine a tante fantasticherie sul preteso regresso che sul)i- scono gli antropoidi. La stessa osservazione si puo fare per le raera- l»i-a inferior] del feto umano o del neonate che sono piii corte o uguali delle superior! (le proporzioni rispetfcive degli art! peraltro sono ben lontane da quelle che hanno neW Hylobates), senza che cio rappresenti necessariamente un fatto atavico. Che una disposizione morfologica possa essere infantile senza essere atavica e stato gia provato a esuberanza (^), fra gli altri dal Tanzi, 11 quale ha dimostrato che la fessura orbitale inferiore o sfeno-niascellare di tipo infantile e I'opposto della fessura orbitale inferiore di tipo pitecoide f ). Vero e che questo potrebbe essere un argoniento per sostenere la nostra tesi, che Fuomo non Sia passato dai Piteci ; ma qui " pitecoide e inteso in sense lato, poiche lo stesso tipo va esteso ai Cebidi. Quindi I'opposizione fra la fessura sfeno-mascellare infantile e la atavica rimane pienamente, ed e una conferma, sia detto di passaggio, della classificazione delle variazioni morfologiche del cranio umano da me fatta recentemente (^) : in essa difatti io ho distinto, fra le altre variazioni, quelle su fondo infantile e quehe su fondo atavico.

Riassumiamo : a nostro mode di vedere, I'evoluzione umana va semplicizzata e ridotta al puro necessario, sopprimendo i " tempi di arresto inutili e i " cambiamenti di rotta „. Invero simih com- phcazioni gratuite rappresentano per lo mono una perdita di tempo, che non ci sembra molto conciliabile con I'evoluzione rapidamente ascendente che dobbiamo ammettere, perche la branca umana si sollevi di tanto al disopra delle coeve antropomorfe. Perche cio sia avvenuto e da credere che I'uomo abbia seguito la linea piii breve, che e la piii diritta, a meno che non vi sia una <iiflicolta insormon- tabile implicita in tale ipotesi. Ma noi non la vediamo : se scorgiamo una difficolta, e in quel tale cambiamento di rotta, che implica tante complicazioni morfologiche. Abbiamo gia insistito su certi ritorni al punto di partenza, che non bisognerebbe ammettere altro che per

(') Tanzi. La fessura orbitalo inferiore. Arch, per I'nntropolmjia e retnolocjia, lS!):^,p. 25 i.

\^) G j u If r i da-Rii ggei- i. Variations morfologiques du crdne humaiu. Archives d'nnthropo- loijie criminelle, n. 94, Lyon, iOOi.

(') ii Doto che la donna presenta dei caratteri infantili, che in parte sono seinplici coincidenze, in jiarte sono persistenze, conservate neiror^anismo adulto perch6 utili, ad esenipio il maggior sviluppo della porziune addoniinale d»!l tronco ; ma niente [iresentu di pid atavico che I'uonao. i'A'r. Giiitrrida- Ruggeri. Sulla pretesa inleriorita somatica delJa donna. Archivio di Psichiatriu e Anlropoloyia cri- minate Vol. XXI Fasc. IV-V.

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estrema necessita. E siccome la serie monofiletica iion e una ne- cessita, cosi la tenerezza che lianno taluni per essa non ci sembra una ragioue sufflciente. La serie poliflletica risponde megiio al com- plesso del fatti che abbiamo esaminato, e sopprimendo qualche tappa nel cammino percorso dall'uomo, ravvicina di piu quest! al tronco primitivo, conforme le indicazioni suggerite dalle recenti scoperte morfologiche sul cranio umano.

Ne soltanto le scoperte minute fatte dal Maggi, da me e da altri sono eloquent!, perche dimostrano che le parentele prossime deiruomo sono piii in basso di quanto si possa credere comune- mente ; ma anche le stesse variazioni morfologiche in toto, in cu! il cranio umano esaurisce quasi tutte le possibilita di forma, dimo- strano, secondo me, che in origine I'uomo, gia costituito come tale, portava con se ancora una enorme variabilita per lo mono nel cra- nio. Ora una variabilita eccessiva e anch' essa indizio che il tronco primitivo non e lontano C). In seguito dovette avvenire il differen- ziamento, per cui taluni gruppi furono dotati di forme craniche piu 0 mono allungate, altri al contrario di forme craniche piu o meno corte, e cosi la variabilita venne limitata, inquantoche i primi per- dettero la possibilita di avere le forme craniche dei second! e vice- versa. I due tip! sono diventat! irriducibili come quell! di due specie : si sa che le specie diventano, ma non nascono tali. Onde il Bauer- t/jpus di Kollmann (^), la " persistenza delle forme di Sergi. Alio stesso modo si puo spiegare come le proporzion! rispettive degl! art! fra di loro e ne! loro component! sono svariate e tutta- via stabili nolle grandi division! del genere umano (^). E 1' essenziale e che queste proporzion!, come fu avvertito da Topinard (^), non si dispongono in guisa da potersi riferire a una graduazione gerar- chica (^), ma si mostrano affatto indipendenti da essa : il che secondo no! significa che si sono originate per semphce effetto di variabihta, quando I'uomo era gia costituito come tale, ma non ancora fissato

(1) Rosa, Op. cit., p. 59.

(") Anche Kollmann ha ammesso ultimamente che iin periodo di grande variabilita della spe- cie umana precedette raltro della fissita relativa. Cfr. Kollmann: Die angebliche Entstehung neuer Rassentypeu Correspondenz-Blatt der deut. Aiitrop. GeseUs.. t. XX.XI. n. 1. I'JOO.

(3) Cfr. Hovelaque et Herv(5. Op. cit. p. 298.

(') Topinai'd. Elements d' Anthropologie g^ntirale. Paris lSS5.p. 104:^.

(^) Avvertiamo che il nm trovare alcutja gerarchia in certi caratteri non vuol dire che non esista ;.iia gerarchia delle razze umane : anzi per rispetto ad altri caratteri le razze uinane si ditferen^ia- rouo in tal guisa che una gerarchia 6 inuegabile. Basti accennare alia grande capacita cranica delle popolazioni neolitiche Europee e paragonaria alia piccolissima dei Tasmaniani e degli Australian^ senza dire che anche piccoli iadizi morfologici nei cranl di razze inferiori sono bastevoli a stabilire che la loro evolnzione soMiatica 6 realmente rimasta a un livello piCi basso. Di cio mi sono giaoccu- pato ne i miei stndi siii cranl Melanesiani.

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nelle proporzioni scheletriche. Qiiesto differenziamento e flssamento ulteriore spiega le cosiddette " formazioni parallele che i polige- nisti, Topinard ad eserapio, oppongono ai monogenisti ; e la spie- gazione e tale che non ha bisogno di alcun poligenismo, e tanto meno degli sforzi per conciliare questo col monogenismo C), ma 8i basa unicamente sulle vedute piu recenti relative alia grande varia- bilita della specie al siio inizio, seguita dal differenziamento e dal flssamento delle diverse unita somatiche (Deniker), alle quali essa ha date origine.

Ritornando al cranio, ripeto dunque che I'essere anche adesso le forme craniche cosi numerose C), per qiianto quasi stereotipate, dimostra, come ho detto, che in origine si formarono per una varia- bilita eccessiva, deha quale sono rimaste come documento. Difatti non si potrebbe ammettere il contrario, cioe che le svariate forme craniche siano recenti, poiche in questo case si avrebbe ana varia- bilita in aumento, un risveglio tardive della variabilita, un para- dosso ; giacche e note che la variabilita si ha in alto grade aH'ori- rigine della specie, e fatalmente si perde mano mano che la specie invecchia (^). E I'uomo non e piii al sue inizio : questo e indiscutibile ; mentre la parentela dell'uomo cogli altri primati e, per dire le pa- role del Mingazzini, " tutt'altro che chiaramente stabihta (^) „. II che ci sara di scusa, se abbiamo fatto un piccolo tentative per chiarire tali ]-a,pporti dal punto di vista filogenetico.

ANNOTAZIONE

Avevo corretto e licenziate le bozze del precedente lavoro, quando e stato pubblicato (^) il resoconto del congresso degh antro- pologi tedeschi tenuto a Metz neU'agosto del 1901. Trovando che il Klaatsch di Heidelberg ha fatto una comunicazione dal titolo: Ueber die Ausprcigung der specifisch menschlichen Me?'kmale in unserer Vorfahrenreihe, mi pare interessante riferirne le idee fondamentali.

L'A. comincia occupandosi deU'opponibihta del pollice : egli trova che i precursori terziari degli attuali Carnivori e Solipedi si avvici- navano gia per lo scheletro della mano alle attuali Proscimmie e ai Primati : tra questi Tuomo prosegui il perfezionamento, negii al- tri Primati invece si ha una certa riduzione del polhce. Quanto al raddrizzamento del tronco, egli crede che il progenitore comune dei

(1) Vedasi ad esempio: Keane. The Man past and present. Caiuhridije. IS'Ji). p. 2. nota i.

(2) Cfr. Sergi. Specie e varieta umane. Torino i900.

(3) Rosa. Op. cit., p. 29, 74.

{*) G. Mingazzini, loc. cit., p. 145.

('') Correspondenz-Blatl der detcl. Anthrop. Gesells. XXXII, Nr. 10.

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mamraiferi dovesse essere semieretto, e che la posizione quadru- pede fu acquistata in seguito da tutti quel mammiferi in cui si ef- fettuo la riduzione della mano. A questo punto I'A. si dichiara par- tigiano della vocchia ipotesi che i progenitori degli antropoidi sa- rebbero stati piu simili alFuomo che gli attuaU antropoidi, mentre ruomo alia sua volta (e questo e certamente incontroverso) sarebbe state piu scimmiesco : aggiunge di avere Huxley dalla sua; ma a noi sembra che le opinioni scientifiche si debbano sostenere per se stesse, cosa molto piii difficile che quella di trovare un'altra per- sona la quale 20 o 30 anni fa abbia avuto le stesse idee. II che e lungi dal provare che siano giuste ; anzi proverebbe, se mai, che si tratta di un anacronismo. Ad ogni mode I'A. vuole con cio dimo- strare di essere state mal compreso, quando si e detio a sue pro- posito che egh avrebbe sostenuto (in precedenti congressi) un'indi- pendenza assoluta della Knea stipite dell'uorao da quella degh an- tropoidi sino dai piu antichi tempi terziari : il che scaverebbe poco meno che un abisso nel seno stesso degli antropomorfi. L'A. dice di non aver mai negate la stretta parentela degh antropomorfi ; con tutto cio vediamo che egh sostiene a proposito dei tubercoli den- tari, che partendo dal progenitore comune dei Primati le scimmie si sono ahontanate da queha linea di svhuppo che conduce all'uomo. In verita a noi sembra che se I'A. in passato e state mal compreso non deve incolpare altri che se stesso : difatti un punto di partenza cosi lontano di due sviluppi autonomi non puo condurre che a un'indipendenza assoluta. Si occupa indi del piede, che gia nei pro- genitori dei Carnivori e dei Solipedi aveva caratteri primatoidi: que- sti caratteri dovevano appartenere, egh dice, al progenitore comune dei mammiferi, il quale aveva altresi I'alluce uguale alle altre dita, 0 forse superiore di volume. Aggiunge che questo dito subisce nei Primati una tendenza aha riduzione, anche neh'embrione umano il prime dito e piii corto del secondo, e cosi pure in molte razze in- feriori. Conclude che in ogni case I'attuale aumento di volume del- I'alluce e " eine direct aus clem Urzustande sich ergehende Erschei- nung „. Confessiamo di non comprendere questo nesso, che TA. chiama " directe (!) Ankniipfung an den altesten Saugethierzustand „. L'A. si preoccupa in seguito di spiegare come s'e originata la forma speciale del piede umano : essa dipenderebbe principalmente dall'ar- rampicarsi sui tronchi degli alberi : questo meccanismo gh serve al- tresi a spiegare lo sviluppo che prendono nell'uomo certi muscoli degli arti e del torace. Crede infine che Tarrampicamento favori la formazione delle incurvature del rachide umano : la deambulazione

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eretta noii fece che rinforzare e corapletare cio che altre abitudini precedenti avevano incominciato. Come si vede non mancano le vedute original!, 8ebl)ene alcuni punti siano da criticare come poco cliiai'i, 0 contradittorii, o troppo ipotetici.

L'insegnamento deH'anatomia delTuomo secondo i nuovi Regolamenti universitarii.

K vietata la riiiroduzione.

Sta per incominciare il nuovo anno scolastico, nel quale saranno per la prima volta applicati i nuovi Ptegolamenti universitarii. A chi li esamini senza preconcetti, apparisce evidente la bonta di al- cune disposizioni, che riusciranno vantaggiose agli studii ed alia di- sciplina universitaria. Accanto a queste, altre se ne trovano, suUe quali il giudizio rimane incerto e attende il resultato della esperienza. Inline alcune innovazioni rappresentano, a nostro avviso, un regresso, piuttostoche un progresso, e preparano un danno al quale e da au- gurare che venga posto sollecito riparo.

Tra queste ultime crediamo che siano da comprendere quelle che riguardano l'insegnamento deH'anatomia dell' uomo nelle scuole di niedicina.

L' insegnamento anatomico dovra d'ora innanzi essere impartito nei primi due anni del corso medico-chirurgico. Lo studente dovra presentarsi alia prova di esame al termine del prime biennio ; po- tra pej'o, anche se non I'avra superata, essere ammesso al terzo anno ; un ulteriore ritardo non e consentito e la iscrizione al quarto anno e negata a chi non e in regola coll'anatomia. Oltre agli esami nelle materie obbhgatorie, lo studente, per potersi presentare all'e- same di laurea, dovra superare I'esame in due materie complemen- tari a sua scelta: tra queste sono comprese I'embriologia e I'ana- tomia topografica.

Non esitiamo a riconoscere che I'avere stabihto, per la nostra, come per le altre materie fondamentali, un determinate ordine ne- gU studii e negli esami, rappresenti un reale progresso di fronte alia liberta consentita dai vecchi regolamenti, che era troppo spesso usata- senza nessun riguardo alia naturale connessione fra le varie discipline ; merita ampia lode il Ministro che in questo ha secondato

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il voto piu volte manifestato dalle Facolta universitarie. Ma, pure ammettendo il benefizio di questa innovazione, ci sembra, per altri riguardi, che non si sia provveduto airanatomia dell' uomo secondo i veri bisogni dell' insegnamento medico.

L'avere ridotfco a soli due anni il corso di anatomia e, a nostro avviso, un errore. Ammesso pure che Professore e studenti gareg- gino di zelo e di assiduita, che I'insegnamento sia sfrondato di tutto cio che puo avere di superfluo e venga impartito in forma elem en- tare, che vi concorra I'opera di qualche ajuto abilitato alia libera docenza, credo tuttavia che in due anni non sia possibile svolgere in maniera completa un corso di anatomia dell' uomo.

Se in qualche altra materia puo essere sufflciente la esposizione cattedratica di alcuni capitoli, lasciando che lo studente possa di sua iniziativa, appreso il metodo, completare in quel ramo di sci- bile la sua cultura, cio non puo essere ammesso che in proporzioni limitate per I'anatomia dell' uomo, che e materia fra tutte fonda- mentale, dalla quale le altre discipline biologiche e cliniche traggono i materiali indispensabili per un efflcace svolgimento. Tnsegnamento essenzialmente dimostrativo, esso deve consistere nella esposizione teorica, accompagnata da una dimostrazione obiettiva al piii possi- bile completa, e in esercitazioni pratiche, che mettano lo studente in grade di potere direttamente procedere all'esame della conforma- zione e della struttura dehe innumerevoli parti che compongono il nostro corpo.

In un corso bene ordinate, ogni anno una prima serie di lezioni dovra essere impiegata nella illustrazione di quelli argomenti, la cui conoscenza e indispensabile per procedere nello studio della anato- mia. Si richiede, come preparazione alio studio microscopico degli organi, lo studio della cellula e dei tessuti (anatomia generale). Sa- rebbe ugualmente necessaria la illustrazione dello scheletro. Ammet- tiamo che il Professore possa fare assegnamento sulla diligenza deho studeute per lo studio dehe ossa di piu semplice conformazione, ma non potra dispensarsi dall'insegnare, a colore che sono nuovi alio stu- dio della anatomia, il metodo col quale si deve procedere neh'esame di questi organi, e nemmeno potra dispensarsi dalF illustrare le ossa che hanno una conformazione piu complicata.

Sottraendo dah'anno scolastico la parte destinata alio svolgi- mento dei capitoli sopra ricordati, cio che rimane non potra essere sufflciente per esporre, in una rotazione biennale, gli altri capitoli deh'anatomia sistematica con quel corredo di dimostrazioni pratiche che solo puo rendere efflcace 1' insegnamento. Si calcoli, ad esempio,

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da chi abbia competenza, il tempo occorrente per illustrare, in con- formita dello stato attuale della scienza ed in vista dei futuri bi- sogni del medico, Tapparecchio nervoso centrale e periferico, e da questo calcolo si desuma il tempo che rimarra disponibile per le altre parti dell'anatomia sistematica. Si consider! anche se davvero riuscirebbe proflcuo im corso, nel quale si facessero passare con ra- pidita vertiginosa dinanzi alio studente gli argomenti piu disparati senza dargli il tempo di bene orientarsi e di assimilare il nutrimento intellettuale che noi gli apprestiamo.

Ne va dimenticato che nell'anatomia 1' insegnamento teorico e in molti casi subordinate al materiale cadaverico disponibile, e che in un tempo limitato puo mancare il mode di averlo a sufflcienza per una dimostrazione completa.

Ma un'altra considerazione deve essere fatta, che ha forse mag- giore importanza di quelle svolte fin'ora. Lo studente non puo im- parare I'anatomia soltanto dalla parola dell' insegnante e per I'esame dei preparati presentati a corredo delle lezioni. Egli deve anche esercitarsi nella microscopia e nell'arte della dissezione. Se in quanto alia prima potremo contentarci che si eserciti nella lettura e nel riconoscimento dei preparati, e nella tecnica generale e piii elemen- tare, e nostro dovere imprescindibile di esigere molto di piii nella pratica della dissezione. Non si impara anatomia se non si lavora molto sul cadavere. Chi la studia sui hbri o sugli atlanti, chi si contenta di un'occhiata fugace ai preparati da altri eseguiti, fa opera vana. Inoltre e colla dissezione che si educa la mano del fu- ture chirurgo, che si formano o si perfezionano le attitudini a quelle manualita che hanno nella pratica chirurgica una grandissima parte. Ma per raggiungere questi resultati, la dissezione deve essere eser- citata abbastanza a lungo. Al lavoro sul cadavere Tallievo deve ap- phcarsi quando, dalla parola dell' insegnante e daha lettura dei libri, ha presa una prima idea delle parti che vuol dissecare. Gli stu- denti del prime anno nei primi mesi del corso lavorano alia cieca, senza alcun profitto apprezzabile. Si sottragga dal tempo comples- sivo che nel biennio sara riserbato agli esercizii di dissezione que- sto periodo di tirocinio preliminare, necessario a vincere le prime inevitabih ripugnanze e ad addestrare aUe manualita piia elemen- tari ; si sottraggano i periodi durante i quah, anche negli istituti meglio provvisti, il materiale cadaverico divonta scarso e quelle nel quale il caldo che comincia rende impossibile un lavoro proflcuo ; si consider! inoltre che lo studente deve pure attendere nel prime biennio, oltreche all'anatomia dell' uomo, ad altri studii, e prepararsi

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ad esami in materie importanti e difflcili ; e si vedra che ben poco tempo rimarra aU'allievo per ricavare dalla dissezione il necessario profitto.

Queste ed altre considerazioni non debbono essere sfuggite a chi compilo il Regolamento per la Facolta di Medicina, se, a diffe- renza di quanto questo prescrive a riguardo delle altre materie, consente per I'anatomia il ritardo di un anno neU'epoca deU'esame, senza pero obbligare lo studente a iscriversi di nuovo al corso. Ed allora, se si riconobbe che due anni di corso in anatomia possono riuscire insufficienti, perche non portarli a tre, perche si e prefe- lito che nel Regolamento fossero insieme la regola e I'eccezione ? perche -ci si e ostinati in un artiflciale aggruppamento delle mate- rie in bienni, anche quando, come nel case deH'anatomia e di qual- che altra materia, la lore estensione e la lore importanza e il lore concatenamento logico non lo consentivano ?

E, secondo me, errore di principio includere in un Regolamento disposizioni che possono non essere rigorosamente apphcate. Nulla varrebbe ad abituare i giovani alia stretta osservanza del lore do- vere, quanto il fare che le disposizioni di un regolamento fossero improntate ad una ragionevole severita, fossero facilmente appli- cabili, esigendo pero che per nessun motive si potesse derogare dalle medesime.

Nonostante tutte le considerazioni teste svelte e la convinzione che in un biennio non sia possibile svolgere in maniera completa ed efflcace 1' insegnamento dell'anatomia dell'uomo, sarei disposto a considerare come tollerabili le disposizioni del nuovo Regolamento in quanto riguardano 1' insegnamento anatomico, se un grave e fon- damentale errore non si fosse aggiunto col togliere I'anatomia to- pograflca dal quadro delle materie obbhgatorie.

Non tutti coloro che forse leggeranno queste pagine sono obbli- gati a conoscere con precisione quale sia I'obiettivo che I'anatomia topografica si propone, in confronto ad altre parti dell'anatomia. Cliovera percio ricordarlo.

Nello studio anatomico del corpo umano la parte principale e riservata all'esame dei varii apparecchi che entrano a comporlo e degU organi che costituiscono gh apparecchi, che si considerano nella lore forma e nella loro struttura. Si procede nello studio del corpo umano con metodo analitico, e si passano successivamente in rivista tutti i diversi sistemi di organi : cosi, ad esempio, si prende

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a studiare il cuore e successivamente si seguono dal centre della circolazione verso la periferia tutte le arterie, accompagnandole fine alle lore piu sottili divisioni ; mentre d'altra parte si scoprono le sottili vene e si seguono nel cammino che fanno per raccogliersi in pochi tronchi e sboccare in ultimo nel cuore. Cosi si fa per i mu- scoli; cosi per i nervi e via dicendo. Ma compiuto questo lungo e faticoso lavoro di analisi, viene un lavoro di sintesi, che si fa special- mente in riguardo alle possibili applicazioni della anatomia alle di- scipline medico-chirurgiche. Si tracciano alia superficie del corpo delle linee per distinguervi delle regioni, e si prendono a studiare le regioni, una per una : se ne considerano le forme esterne e si de- scrivono tutti gli strati sovrapposti che entrano a formarle, dal piii superflciale al piia profondo, dalla peUe alle ossa : si segnalano tutti gh organi che le attraversano e si indicano colla maggiore preci- sione i rapporti che tutti questi strati ed organi hanno fra loro. Nel corso di questa descrizione si mettono in evidenza tutte quelle particolarita che possono specialmente interessare il medico od il chirurgo. In cio consiste 1' insegnamento della anatomia topografica, che per la grande importanza apphcativa fu detta anche medico- chirurgica.

Non e chi non vegga come due siano le condizioni indispensa- bili perche un insegnamento di anatomia topografica possa riuscire efflcace : che gli studenti abbiano gia una sufflciente conoscenza deir anatomia sistematica e che comincino ad avere qualche cogni- zione di ordine medico. I rapporti fra gli organi e tutti i fatti sui quali in anatomia topografica particolarmente ci si intrattiene, si fissano facihnente nella mente deU'allievo e acquistano per lui tutta la loro importanza, se egh ne vede o ne intravede subito la possi- bile applicazione alia spiegazione di fatti fisiologici o patologici, o la guida a provvedimenti terapeutici. E egh possibile che uno stu- dente di secondo anno, che nulla sa ancora di fisiologia, di patolo- gia, di anatomia patologica, di patologie speciali, si interessi alio studio dell'anatomia topografica, anche se avesse gia sufficienti co- gnizioni di anatomia sistematica per comprenderla, e ci fosse tempo per insegnargliela ?

Chi abbia sufficiente esperienza sa bene quanto facilmente i giovani dimentichino I'anatomia. Piu volte ho sentito lamentare dai clinici deflcienza di cognizioni anatomiche anche in giovani, che ave- vano compiuto il loro tirocinio anatomico con onore. Che avverra ora se gli studenti cessano di occuparsi di anatomia al termine del secondo anno, se in questo periodo non possono avere imparato

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anatomia topograflca, e se non hanno I'obbligo di seguire piu tardi un corso speciale di questa materia e di sostenervi im esame ?

Vi e un'altra considerazione, che credo di dover fare per insi- stere sulla necessita di un corso obbligatorio di anatomia topogra- flca, da impartirsi, non a degli esordienti, ma a studenti maturi; considerazione che desumo dali' indirizzo scientifico nel quale si e felicemente avviata I'anatomia dell' uomo. L'anatomia ha cessato di essere un'arida descrizione di parti, quando alio studio degli organi arrivati a perfetta forniazione si e aggiunta 1' indagine della ma- niera del loro sviluppo e il raffronto con disposizioni proprie di specie animali inferiori. II concetto evolutivo che guida oggi nella ricerca anatomica ha necessariamente la sua ripercussione neh' in- segnamento scolastico ; ed e bene che cosi avvenga, se vogliamo contribuire a formare nei giovani una soda cultura biologica e non semplicemente prepararH ah'esercizio di ana professione. Ma, poiche non dobbiamo mai dimenticare che anche quest' ultimo e un nostro dovere, cosi dobbiamo in anatomia completare le cognizioni scienti- flche con quelle che hanno una apphcazione pratica piii diretta; in altri termini far seguire al corso di anatomia sistematica, fatto con indirizzo moderno, un corso complete di anatomia medico-chirurgica 0 topograflca.

Potranno forse a qualcuno sembrare eccessive le mie preoccu- pazioni, per il fatto che 1' anatomia topograflca e compresa fra le materie complementari, su due delle quali, a sua scelta, lo studente deve sostenere un esame. Poiche egli, mi si dira, non potra non rimanere persuaso della importanza deh'anatomia topograflca, la preferira ad altre materie e la considerera come materia obbliga- toria.

Non posso condividere questa fiducia. Mi duole il dirlo : fra i nostri studenti ve ne sono certo alcuni che muove un'alta idealita e un vero desiderio di apprendere ; e in grazia loro se, pur col volgere degli anni, il docente puo considerare ancora la sua come una nobile missione e compierla con entusiasmo. Ma accanto a que- sta minoranza di studenti, che e esigua, sta la gran maggioranza, che un solo obiettivo si propone : conquistare un diploma colla mi- nore spesa e colla minore fatica possibili, preoccupati soltanto di cio che stimano di piii sicura utilita nella lotta per la vita.

A questa maggioranza si devono le vacanze abusive che in al- cuni Istituti raggiungono delle proporzioni scandalose ; sono questi studenti che spesso migrano da una a an'altra Universita in eerca, non dei mighori insegnanti o dei laboratori e delle cliniche meglio

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fornite, ma degli esami piu facili ; sono questi student! che coi vec- chi Regolamenti anticipavano gli esami che logicamente dovevano venire per ultimi, se erano sicuri di una grande indulgenza, o ritar- davano fino all'estremo limite possibile quelli di materie prepara- torie 0 fondamentali, se qui si aspettavano di trovare una giusta severita. Quante volte mi sono capitati dei giovani, che a terzo anno avevano superato I'esame in qualche chnica speciale e a sesto anno non avevano date esame di anatomia!

Pur troppo i nuovi Regolamenti non porteranno rimedio a tutti questi mah, dipendenti da cause troppo complesse e specialmente non riusciranno in cio molto efficaci, perche lasciano sussistere quella concorrenza fra le varie Universita, che si esercita, a danno , degU Istituti megho organizzati, col rendere molto elementari i corsi, col facilitare gh esami, col concedere larghe votazioni nella prova finale della laurea. Ma di cio in altra occasione.

Ritornando, dopo questa lunga parentesi, al nostro punto di partenza, diro che non possiamo, per la conoscenza che abbiamo della maggioranza dei nostri giovani, fare alcun assegnamento sul loro criterio per la buona scelta dei corsi complementari : preferi- ranno le materie che si studiano con minor fatica, neUe quah si su- pera piu facilmente I'esame e specialmente quehe che, per i futuri successi nella concorrenza professionale, stimeranno utile di veder figurare nei loro. diplomi. L'anatomia topografica sara dai piu scar- tata : non e forse di piii sicuro effetto presso il buon pubblico un certiflcato di esame in Pediatria o in Otorinolaringojatria o in Batteriologia?

Concludendo : senza attendere i resultati della esperienza, che in questo sembra superflua, si provveda a modiflcare in maniera adeguata le disposizioni dei nuovi Regolamenti relative all' insegna- mento anatomico. Vario potrebbe essere il mode. L'ordinamento, che io, non da ora, vagheggio, sarebbe tale da assicurare una piii per- fetta educazione anatomica dei giovani, senza un sensibile aggravio, in confronto a quelle che portavano i vecchi Regolamenti.

Io vorrei che gU studenti del prime anno fossero dispensati dal seguire il corso principale di anatomia : non hanno ancora la prepa- razione sufficiente per profittarne, talche diviene in gran parte per loro una perdita inutile di tempo. Basterebbe che questi studenti, in un corso speciale di un pajo di lezioni per settimana, imparas- sero r anatomia generale e acquistassero una prima idea molto

- 277 -

elementare dei vari apparecchi organic!. Dovrebbero esercitarsi neir esame di preparati relativi alia cellula ed ai tessuti e fre- quentare la sala di dissezione per veder lavorare, per assistere i piu provetti, per eseguire in fin d'anno qualche preparazione fra le pill facili. Dopo questa istruzione preliminare, corroborata dal- r insegnamento contemporaneo deH'anatoraia comparata, gli studenti sarebbero ammessi al corso di anatomia sistematica, che frequente- rebbero durante il secondo e il terzo anno. II professore che potra dirigersi a giovani gia in grade di seguirlo nella descrizione piu com- pleta e piii minuta degli organi, dei quali conoscerebbero il noma, la sede e la costituzione fondamentale, procedera molto piu spedito, e petendo anche dispensarsi, per le ragioni che appariranno in se- guito, da estese indicazioni topograflche, riuscira in una rotazione biennale, con un numero di lezioni minore di quanto attualmente si usa, ad esaurire il suo programma. Principalmente in questo biennio gli studenti dovrebbero attendere alle esercitazioni pratiche, e al ter- mine di questo dovrebbero aver superato I'esame in anatomia gene- rale e sistematica. II corso di anatomia topografica dovrebbe essere riservato agii studenti di quinto anno ; potr^ essere ridotto anche a una sola lezione per settimana, ma sara inestimabile il beneflzio di ravvivare, a questo periodo degli studi, le nozioni anatomiche prin- cipali e piij direttamente applicabili alia pratica. II relative esame dovrebbe essere obbligatorio.

Nel caldeggiare una razionale riforma dell' insegnamento anato- mico, parte dal principio che nel corso universitario non sia neces- sario ne possibile dar fondo a tutto lo scibile medico. E la cultura biologica e clinica fondamentale che occorre formare: il resto verra dopo ; ma se quella non si acquista durante il periodo scolastico, dif- ficilmente e con troppa fatica si acquista in seguito, e senza di essa nessun profitto, nessun successo e possibile nolle discipline speciali.

Che se qualcuno vorra poi osservare che io farei nel quadro degh insegnamenti una parte troppo grande alia materia che pro- fesso, chiamero in mio ajuto, piuttosto che qualche autorevole ana- tomico, un celebre chirurgo, il Billroth, e ripetero con lui: Ana- tomia, miei Signori, e di nuovo anatomia, e poi ancora anatomia.

GiuLio Chiarugi

Deputato al Parlamento

Firenze, Ottobre 1902.

CosiMO Cherubini, Amministratore-responsabile.

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Firenze, 1908. Tip. L. Niccolai, Via Faenza, 44.

Monitore Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale deila Unione Zooiogica Italiana

DIRETTO DAI DOTTORI

6IULI0 CHIARUGI EUGENIO FICALBI

Prof, (li Aiiatuiiiia iiinaua I'rof. di Anatomia comp. e Zoologia

nel R. Istituto di Siudi Super, in I'ireiize nella R. Univei'sita di Padova

Ufficio di Direzione ed Amministrazioue : Istituto Anatomico, Firenze. 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Novembre 1903 N. 11

SOMMARIO : Bibliografja. Pag. 279-284.

SuNTi E rivistb: Scaffidi -V., Sui rapporti del simpatico con il mid olio spi- nale e con i gangli intex'vertebrali. Pag. 285.

RiASSUNii ORiGiNALi: Norsa GurrieriE., Un caso di Encefalocele conge- nito Corvinus (Ernia cerebrale Le Dran) in embrioni di Mus decuma- nus V. albinus. Pag. 286-287.

CoMUNiCAZiONi ORIGINALI : Sfameni P., Sul modo di terminare dei nervi nei genitali esterni della femmina, con speciale riguardo al significato anatomico e funzionale dei corpuscoli uervosi terminal!. Levi G-., Dei corpi di Call ed Exner dell'ovaio. Con tav. VI.^ Pag. 288-304.

StDDIO COLLETTIVO del peso DELL'eNCEFALO BEGLI ITALIANI. Pag. 306.

Unione zoologica italiana. Pag. 305.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

BIBLIOGRAFIA

Si da notizia soltanto dei lavori pubblicati in Italia.

XV. Vertebrati.

II. PARTE ANATOMICA. 1. Parte Genbralb. Corrado G-. Rapporti tra le varie parti del corpo fetale ed altre conside- razioni in ordine all' identita (studio medico legale ed antropologicoj. Giorn. Assoc. Napoletana medici e naturalistic An. 12, Punt. 2, pp. 67-82. Napoli 1902.

2. TeGUMP^NTO E PRODirZlO.NI tegumentakib.

Ligorio E. L' infundibolo paracoccigeo. Clinica viodema, An. 8, N. 19, pp. 218-220. Pisa 1902.

- 280

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Bottazzi F. L' innervazione viscerale nei Crostacei e negli Elas mobranchi

Vedi M. Z., XIII, 6, 126.

Bottazzi P. L' innervazione viscerale nei Crostacei e negli Elasmobranchi

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1902.

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- 28i -

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7. ApPARECCHIO CARDIACO-VASCOLARB. MlLZA.

Barpi U. Intorno ai rami rainori dell'aorta addorainale ed all' irrigazione

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XXXV. Arch. ital. Anat. ed Emhriol., Vol. 1, Fasc. 3, pp. 491-522.

Firenze 1902. Dall'Acqua XJ. e Meneghetti A. Sulle arterie della faccia nell' uomo.

Monit. zool. ital, An. 13, N. 9, pp. 243-245. Firenze 1902. Fnriques P. La milza come organo d'escrezione ed i leucociti pigmentati

del duodeno. Con tav. XX. Arch. ital. Anat. e Emhriol., Vol. 1, Fasc. 2,

pp. 347-361. Firenze 1902. Levi G. Morfologia delle arterie iliache. Con tav. XIX e 77 figg. nei

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pp. 473-486. Firenze 1902. Orru E. Sullo sviluppo della milza. Con tav. V.* Monit. zool. ital.. An. 13,

N. 9, pp. 227-234. Firenze 1902. Vastarini-Cresi G. Comunicazioni dirette tra le arterie e le vene (ana-

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ital Anat. ed Emhriol, Vol 1, Fasc. 3, pp. 393-441. Firenze 1902.

- 282 -

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Kossi Gr. Di alcune propriety microchimiche delle isole del Langherhans.

Rendic. accad. med.-fis. fiorentina, .-ieduta 20 niaggio 1902, in : Speri- mentale (Arch. Biol. norm, e patol.), An. 56, Fasc. 4, pp. 570-573. Firenze 1902.

Rossi G. Di alcune proprieta microchimiche delle isole del Langeihans : studio critico sperimentale. Monit. zool. ital.. An. 13, N. 8, pp. 205-211 Firenze 1902.

9. Apparecchio polmonare. Branchie. Timo. Tiroide.

Crispino M. Contribute all'istologia delle tormazioni annesse alia glandola

tiroide. Con tav. Policlinico, An. 9, Vol. 9-M., Fasc. 7, pp. 294-316. Roma

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di cinque casi occorsi in Clinica [Napoli] nel bienuio 19001901. Con tav.

Arch. ital. Laringologia, A7i. 22, Fasc. 3, pp. 97-119. Naj)oli 1902. Pensa A. Osservazioni a proposito di una particolarita di struttura del

timo. Nota prev. Con tav. - Rendic. Istit. lomb. Sc. e Lett., S. 2, Vol. 35,

Fasc. 16, pp. 799-810. Milano 1902. Tamassia A. La docimasia della glottide in rapporto colla respirazione.

Atti Istit. Veneto Sc, Lett, ed Arti. Tomo 60 (S. 8, Tomo 3), An. accad.

1900-1901, Parte 2, Disp. IQ, pp. 925 927. Venezia 1901.

10. Apparecchio uro-genitalb. Capscle surrenali.

Fieri P. Istologia delle trombe falloppiane durante la gestazioue dell'utero.

Arch. Ital. Ginecol., An. 5, N. 2, pp. 128-129. Napoli 1902. Giacomini E. Contribute alia conoscenza delle capsule surrenali nei Ciclo-

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Giacomini E. Sulla esistenza della sostanza midollare nelle capsule surre- nali dei Teleostei. Monit. zool. ital, An. 13, N. 7, pp. 183-189. Firenze 1902.

Levi G. Sui corpi di Call ed Exner deU'ovajo. Rendic. Accad. med.-fis. fiorentina, seduta 6 maggio 1902, in : Sperimentale (Arch. Biol. norm, e patol). An. 56, Fasc. 3, pp. 471-472. Firenze 1902.

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- 283 -

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Ill PARTE ZOOLOGICA

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N. 47-48, pp. 163166; An. 6, N. 51-.52,p. 60. Siena 1901-1902. (Continuaz.

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- 284 -

Bertini T. II contorno facciale e sue anomalie negli epilettici, nei para- noid e negli idioti. Con tav. Arch. Psich., sc. pen. ed Antropol. crim., Vol. 23, Fasc. 4-5, pp. 456-461. Torino 1902.

Cabibbe G. II peso dell'encefalo nei Senesi. Vedi M. Z., XllF, 7, 166.

Del Campana D. Notizie intorno ai Ciriguani. Con tav. I-XI. Arch. An- tropol. ed Etnol., Vol. 32, Fasc. 1, pp. 11-144. Firenze 1902.

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Giuffrida-Ruggtri V. Materiale paletnologico di una caverna naturale di Isnello presso Cefalu in Sicilia. Con 2 tav. Atti Soc. romana Antropol., Vol. 8 {1901), Fasc. 3, pp. 337-363. Roma 1902.

Giuffrida-Ruggeri V. Appunti di etnografia comparata della Sicilia. Atti Soc. romana Antropol, Vol 8 {1901), Fasc. 3, pp. 241-263. Roma 1902.

Mochi A. L'Antropometria nelle scuole. Rendic. adunanze soc. ital. An- tropol, Etnol. e Psicol. comp., seduta 3 febbraio 1901, in: Arch. Antropol. ed Etnol, Vol 32, Fasc. 1, pp. 223-224. Firenze 1902.

Mochi A. Su alcune fotografie di indigeni delle regioni etiopiche. Rendic. Adun. soc. ital. Antropol^ Etnol e Psicol compar., seduta 24 febbraio 1901, in: Arch. Antropol ed Etnol, Vol 32, Fasc. 1, pp. 227-230. Firenze 1902.

Nistico V. Ija plagiocefalia : ricerche aiitropologiche. Riforma med., A7i. 18, N. 195, pp. 530-534 e N. 196, pp. 542 547. Roma 1902.

Pulle F. Carlo Cattaneo come antropologo e come etnologo. Arch. An- tropol ed Etnol, Vol 32, Fasc. 1, pp. 166-170. Firenze 1902.

Sperino G. L'encefalo delTAnatomico Carlo Giacoraiui. Vedi M. Z., XIII, 7, 167.

Tedeschi E. E. Crani romani moderni. Saggio di una craniologia senza numeri. Con fig, Atti Soc. romana Antropol, Vol 8 {1901), Fasc. 3, pp. 297-336. Roma 1902.

Vitali V. Gli Abruzzesi. Studi antropologici in servizio della pedagogia. Atti soc. romana Antropol, Vol 8 {1901), Fasc. 3, pp. 214-240. Roma 1902.

Vram TJ. G. Crani .svizzeri. Atti soc. romana Antropol, Vol. 8 {1901), Fasc. 3, pp. 198-213. Roma 1902.

Appendice: Antropologia applicata allo studio dbi pazzi,

DEI CRIMINALI eCC.

De-Blaslo A. Anomalie multiple in un cranio di prostituta. Arch. Psich., Sc. pen. ed Antropol crimin., Vol. 23, Fasc. 2-3, pp. 249-251. Torino 1902.

De Sanctis S. e To.scano P. Le impronte digitali dei fanciulli normali, fre nastenici e sordomuti. Con fig. Vedi M. Z. XIII, 7, 166.

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SUNTI E RIVISTE

Scaffidi V. Sui rapporti del simpatico con il midollo spinale e con i gangli i liter vertebrali. Con tav. e fig. nel testo. Estr. cU pp. 58 d. Bull. Accad. med. Roma, An. 28, Fasc. 7-8. Roma, tip. Centenari, 1902. Considerando clie le conoscenze che si hanno sulle connessioni del sim- patico col midollo spinale e coi gangli intervertebrali sono assai incomplete, I'A. si e proposto di chiarire sperimentalmente alcune questioni che a questo argomento si riferiscono, e cioe :

1.0 Da quali cellule del midolk» spinale originano le fibre efferent!, de- stinate al simpatico.

2." Per quali radici passano queste fibre.

3.0 Se esistono fibre afferenti che abbiano le cellule d'origine nei gan- gli intervertebrali e siano in rapporto con il simpatico alia periferia e cen- tralmente con il midollo.

4." Se esistono fibre simpatiche afferenti e, in caso affermativo, quali sono i rapporti che prendono con i gangli intervertebrali e con il midollo spinale.

Le esperienze per risolvere questi quesiti sono state dall'A. praticate su conigli.

Conclusioni :

1." Le fibre efferent!, che dal midollo spinale si portano al simpatico, sono sottili fibre midollate, le quali originano da cellule sparse lungo il mar- gine mediale e la base delle corna anteriori e i processi laterali.

2.° Queste fibre passano tutte per le radici anteriori.

8.0 Le fibre grosse midollate del simpatico provengono da cellule poste nei gangli intervertebrali e sono sensitive.

4.0 I prolungamenti centrali di queste cellule, o le collaterali, si met- tono in rapporto con alcune cellule poste alia base delle corna posterioi'i e, probabilmente, auche con le cellule dalle quali originano le fibre efferenti spi- nalisimpatiche.

5.0 Non esistono fibre midollate, provenienti dai gangli simpatici, e as- sumenti rapporti con gli elementi cellulari del midollo spinale.

6.° Le fibre amidollate, che si riscontrano nelle radici anteriori e poste- riori, provengono dai gangli simpatici e sono destinate all' innervazione dei vasi spinali.

7.° Esistono probabilmente fibre afferenti amidollate, le quali originano dai gangli simpatici e si portano attorno a determinate cellule dei gangli in- tervertebrali (cellule del tipo di Dogiel), costituendo le cosidette arboriz- zazioni terminali simpatiche di Ehrlich.

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RIASSUNTI ORIGINALI

Norsa Gurrieri Dott. Elisa Un caso di Encetalocele congenito Corvinus

(Ernia cerebrale Le Dran) in embrioni di Mus decumanus v.alhinus.

Anatomischer Anzeiger, Bd. XXL, N. 12-13, pp. 321-341, 1902.

lo ho studiato un caso interessante di Encefalocele congenito in embrioni di Mus decumanus v. albinus, estratti da una femmina nata e fccondata in domesticita. Questi furono fissati in liquido di Kleinenberg.

Premessa una breve rassegna cronologica dei casi di ernia cerebrale ne- gli animali ricordati dagli autori e affermato che tale anomalia non fu ancora desci'itta nei Rosicanti, passo alia minuta descrizione macroscopica e micro- scopica dei due individui, corredandola con opportune figure. La prima di queste dimostra I'aspetto generale dei due mostri, le altre la configurazione e la struttura dell'ernia e dei tessuti adiacenti nel capo di uno dei due indi- vidui (erano pressoche aguali), che fu a tal uopo sezionato in serie, previa inclusione in paraffina, con tagli frontali di 20-25 u., diretti dall'alto in basso.

In base alle mie ricerche anatomiche io ho concluso : 1) che il cervello ectopico da me esaminato costituisce una vera ernia cerebrale, senza idrope, ma non ^ completamente anomalo, ne topograficamente, ne istologicamente ; 2) che vi ha, invece, riduzione notevole di alcune ossa craniche da me enumerate {pssa di origine cartilaginea), atrofia di altre {ossa di origins memhranosa) ; 3) che si riscontra altresi un accenno di spina bifida, ma non coesiste alcun' altra ano- malia nel resto del corpo, salco un esagerato sviluppo delta li?igua, la quale sporge all' infuori fra le labbra fortemente divaricate.

Dopo aver discusso le opinioni di varii autori suUa sede e sulle cause deU'ernia, io aggiungo : doversi ritenere che tale caso teratoloyico sia dovuto ad un disticrbo funzionale prodottosi verosimilme.nte in uno stadio embrionale pri- mitivo e infiuenzante direttamente lo .sviluppo delta parte scheletrica, indiretta- mente lo sviluppo del cervello, onde Vatrofia delle ossa d fatto primitivo, I'ectopia del cervello fatto secondario.

La dimostrazione di un tale fatto e di una certa importanza perche porta un nuovo contributo alia controversa questione deWarresto di sviluppo |]come causa dell'ernia cerebrale.

Dichiaro poscia che le cause dell'ernia valutato dagli autori non sono per me che modalitd del fenomeno, onde si impone la ricerca della vera e prima causa. La determinazione di questa e possibile solo quando si cerchi di riannodare i fatti di pura osservazione coi risultati sperimentali.

I moderni cultori della teratologia sperimentale intendono appunto alia ricerca delle cause prime, cioe a determinare il rapporto di causality che in- tercede fra quegli stati e mutamenti d'ambiente che regolano la nutrizione della cellula germinale tanto prima quanto dopo la fecondazione e ne favori- scono o ue intralciano il determinismo morfologico e istologico che si fonda sull'eredita, e le varie anomalie.

Con una rapidissima corsa a traverse le fasi storiche della teratologia razionale io ho cercato di dimostrare gli ammirevoli progress! compiuti in

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questi ultimi tempi sul terreno sperimentale e come sia logico fondarsi sui risultati ottenuti piuttosto che suUa pura induzione, per la spiegazione delle auomalie.

E appunto sulla base di taluni fatti sperimentali genialmente ideati da Schultze (0. Schultze Ueber die Einwirkung niederer Temperatur auf die Entwickelung des Frosches. Anat. Anz., Bd. 10, pp. 291-294, 1894), mi e possibile, per esempio, di ritenere che, anche nel caso in questione, il di- sturho fumionale {qualunque esao sia stato), fattoi-e di alterazioni strutturali, sia sorto nei primi stadii di sviluppo emhrioiiale, e sia venuto a cessare piu tardi, permettendo Vulteriore sviluppo normale dei due individui.

Infatti, per esempio, i membri, di comparsa ben posteriore ai centri ner- vosi, si svilupparono normalmente.

La mostruosita da me studiata non dipende da atavismo, ma e una vera variazione patologica, una degenerazione.

Ho creduto abbastanza logico attribuire a pieghe o deformazioni del- I'amnios, comparsa e poi forse scomparse nel decorso dell'ontogenesi, i parti- colari dell' irregolare modalita di sviluppo dei miei individui, sebbene di tali pieghe io non abbia trovato traccia. A questa opinioue mi condussero anche gli studii di Guibert (Guibert Contribution k I'etude anatomo-patolo- gique de I'encephalocele congenitale. Lille 1894) e di Tornier (Tornier Ueber experimentell erzeugte dreischwanzige Eidechsen und Doppelgliedmas- sen aus Molchen. Zool. Anz., Bd. 20, pjy. 356-361, 6 fig. Ueber Operations- methoden, welche sicher Hyperdactylie erzeugen, mit Bemerkungen iiber Hyperdactylie und Hyperpedie. Vorldufige Mittheilung. Zool. Anz., Bd. 20, pp. 362-365. 3 fig.).

Sulla causa prima della mostruosita studiata non mi sono pero potuta pronunciare definitivamente, non essendo state fatte ancora esperienze deci- sive suU' influenza dei mutamenti fisici e chimici doll'ambiente su femmine vivipare fecondate.

Emetto pero I'ipotesi di un iniprovviso e note vole abbassamento di tem- peratura deU'ambiente a cui puo, eventualmente, data la stagione invernale in cui il fatto si produsse, essere stata sottoposta la madre, abbassamento capace di occasionare anche nell'ambiente uterino alterazioni tali nella circo- lazione e nel ricambio materlale per cui anche la nutrizione e Io sviluppo dell'amnios divenissero irregolari.

Non escludo pertanto assolutamente che si tratti di una variazione bla- stogena, anziche di una somatogena.

Esprimo infine la fiducia che I'ingeguosa e feconda inventivita dei cui- tori della teratologia sperimentale non cessera di esplorare tutti i campi perche sia possibile, fra non molto, data un' anomalia, stabilire di leggeri il lattore o i fattori di essa.

A tale iraportante risultato teorico si aggiungerebbe un' utilila pratica inestimabile quaudo si riuscisse a tener lontani daH'uomo e dagli animali utili ad esso tutti i coefBcienti di degenerazione dell'embrione e del feto.

L'AUTRICB.

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COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITUTO OSTETKICO-GINECOLOGICO DELLA R. UNIVKRSIXA DI PISA DIRETTO DAL PROF. E. PINZANI.

Sul modo di terminare dei nervi nei genitali esterni della femmina,

con speciale riguardo al significato anatomico e funzionale

dei corpuscoli nervosi terminali.

NOTA PREVENTIVA DEL DOTT. PASQUALE SFAMENI

AIUTO E LIBERO DOCENTE

Ricevuta il 13 Settemhre 1902.

fi vietata la riproduzione.

Primi ad occuparsi delle estremita periferiche dei nervi nei ge- nitali esterni furono Krause, Polle, Finger e Bense; poi Retzius, Key, Icquzierdo, Merkel, Aronson, Schwalbe. Tutti questi osservatori hanno descritto, chi piu chi meno dettagliatamente, dei corpuscoli globosi che, per la lore sede, vennero chiamati corpuscoli genitali.

Pero il lavoro piu complete in proposito e quelle del Dogiel, il quale, oltre ai corpuscoli genitali, descrisse anche altre forme di terminazioni nervose (clave di Krause e corpuscoli di Meissner).

Degne di menzione sono pure le ricerche di Timofeew, il quale trovo, negli organi genitali maschiii dei mammiferi, una spe- ciale terminazione incapsulata, analoga ai corpuscoli di Pacini, ma con duplice apparato nervoso terminale.

Mi attengo per era alia descrizione che, dei nervi dei genitali, ci da il Dogiel, riservandomi di citare piii tardi, in un lavoro complete, altri osservatori che di questo argomento si sono inte- ressati.

Se non che, mentre i suddetti autori hanno fatto in genere oggetto del lore studio principalmente gli organi genitali maschiii, io invece ho rivolto la mia indagine esclusivamente sui genitali esterni della femmina (donna, cavalla, asina, vacca, pecora, cagna).

Ora per quelle che riguarda i genitali esterni femminili, come ho gia fatto notare in altra mia nota (Mon. Zool. ItaL, anno XII, n. i, 1901) io riscontrai non solo quelle forme di terminazioni ner-

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vose menzionate dal Dogiel, ma altre ancora die cerchero d'illu- strare brevemente.

Difatti il Dogiel ha trovato soltanto tre forme principali di terminazioni nervose, cioe i corpuscoli genitali, le clave di Krause ed i corpuscoli di Meissner; alle quali aggiunge una rete nervosa intraepiteliale e un plessicino di fibre pallide die s' incontra nello strato profondo lasso della cute e in tutto il derma.

lo posso confermare, per i genitali femminili, i risultati otte- nuti dal Dogiel, fatta eccezione per le terminazioni intraepiteliali, poiche I'epitelio, col metodo al cloruro d'oro da me usato, si distacca dal derma e cade ; quindi nulla posso dire per osservazione propria.

Prima di passare alia descrizione delle singole forme nervose terminali e opportune notare die le terminazioni nervose, fatta ec- cezione di quelle tipiche, presentano molti caratteri di somiglianza, come del resto altri autori ammettono.

Stando alia sede topografica delle varie terminazioni si possono distinguere: 1.^ Le terminazioni nervose intrapapillari; 2.° Le ter- minazioni nervose dello strato reticolare del derma ; 3.° Le termi- nazioni del connettivo lasso subdermale.

Quanto poi alia localita in cui si trovano, distinguiamo le ter- minazioni nervose esistenti nel clitoride e quelle esistenti nolle pic- cole labbra.

Terminazioni nervose intrapapillari. In quelle localita (pre- puzio del clitoride e piccolo labbra) in cui le papille sono alte, si vede penetrare dalla base della papilla un doppio sistema di fibre, cioe fibre mieliniche o prive di mielina, per averla perduta un po' prima di entrare nella papilla, e fibre originariamente pallide, le quali hanno i caratteri delle fibre simpatiche. Le prime possono finire in vario mode ; alle volte terminano in corpuscoli die somi- gliano a quelli di Meissner, ma molto semplificati: essi stanno di mezzo fra questi corpuscoli ed i cosi detti fiocdietti nervosi tro- vati da Ruffini e da me nolle papille cutanee ; altre volte invece somigliano alle clave di Krause; talora infine si espandono for- mando una serie irregolare di fill varicosi a grossi rigonfiamenti di forma variabile, die non assumono una disposizione ben definita, corpuscolare. Nella donna tutta la papilla puo essere coperta da siffatti fill granulosi, a rosario, con rigonfiamenti piii piccoli di quelli die si trovano, ad es., nell'asina e nella cavalla. In queste ultimo infatti le fibre mieliniche, gia prive o no di midolla, entrano nella papilla riunite in fasci di 2-3 o pii:i e formano neirinterno di essa una serie fitta di grossi rigonfiamenti assih, che si dispongono o in

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senso longitucliimle oppure a spirale, come accade piu di frequente. Prima di entrare nella papilla la fibra midollata descrive talvolta un certo numero di avvolgimenti ad anella spiral! attorno al suo asse, ovvero essa perde per tempo la mielina, si ramifica, costi- tuendo una prima terminazione a guisa di piastra alia base della papilla, e poi manda rami flno all'apice libero della medesima, dove pare anzi che le varicosita del cilindrasse si addensino.

Ma oltre alle fibre midollate giungono nelle papille filamenti pallidi sottilissimi. Questi hanno i caratteri delle fibre simpatiche, in quanto che sono estremamente esili, continui e ad intervalli pre- sentano ingrossamenti nucleiformi allungati, rifrangenti. Con ripe- tute ramificazioni ed anastomosi tali filuzzi formano una reticella a maglie non tanto strette, che contorna le espansioni assili delle fibre midollate e i capillari delle papille. Non e difficile scorgere anche nelle papille certe formazioni cellulari, tinte fortemente in scuro, con appendici e margini frastagliati, provviste di un nucleo piu chiaro: sono cellule che stanno in diretto rapporto, come ap- pare non senza difficolta, coi rami delle reti od espansioni granu- lari provenienti dalle fibre mieliniche. Anche attorno a queste cel- lule speciali decorrono filamenti della reticella simpatica.

Terminazioni dello strata reticolare del derma. Questo e lo strato piu ricco di terminazioni nervose. In esso notasi in primo luogo la presenza di clave di Krause, le quali staimo di preferenza verso la superficie. Di esse alcune sono molto piccole e di struttura assai semplice essendo ridotte a corpuscoli aventi due o tre serie di sottih capsule ed un intreccio nervoso risultante di pochi avvol- gimenti del cihndrasse, immersi in una sostanza granulosa, piii o meno appariscente, che riempie la clava interna del corpuscolo. Da questa forma si passa grado grade a quella dei veri corpuscoli ge- nitali, che si trovano nel derma un po' piii profondamente.

Com' e noto, i corpuscoli genitali non sono che clave di Krause grosse e complesse. Pero essi possono essere distintl in due cate- gorie, cioe : corpuscoli genitali semplici, nei quali I'espansione cilin- drassile forma un solo intreccio ; e corpuscoli genitali composti, nei quali si hanno piu intrecci terminal! distinti. Questi ultimi risultano per cosi dire, di un numero variabile di clave di Krause comprese in un involucre connettivale comune.

In questo medesimo strato del derma, ma sempre verso la sua porzione subepitcliale, principalmente nel glande del clitoride dove non esiste un vero strato papillare, si nota la presenza di speciali corpuscoli in forma di piastra nervosa, che furono compresi dal Do-

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giel nel numero dei corpuscoli genitali (vedi fig. 8 del suo lavoro). Essi sono associati ai corpuscoli di Krause ed ai corpuscoli geni- tali per la loro topografla e somigliano pure ad essi per la strut- tura della loro espansione cilindrassile ; ma non hanno, come i veri corpuscoli genitali, una forma corpuscolare, tondeggiante, ben deli- mitata, ne sono provvisti di capsule connettivali: essi si estendono di preferenza in superficie e la loro espansione assile e talmente estesa che copre da sola piccoli tratti del derma. II cilindrasse di queete piastre assume una disposizione a matassa aggrovigliata e descrive numerosi avvolgimenti, dopo essersi piu volte ramificato: i SLioi rami conservano un calibro pressoche uniforme e cio si deve al fatto che gl'ingrossamenti o varicosita non sono molto pronun- ziati. E per questo, come dissi, che si avvicinano, in quanto alia struttura, ai corpuscoli genitali e si differenziano invece da certe altre terminazioni nervose assai megho dehmitate, le quah hanno sede pure nel derma, ma un po' piii profondamente. Queste ultime io le considero come forme di passaggio fra i corpuscoli precedenti e gh organi nervosi terminah di Ruffini. Esse difatti sono prov- viste ordinariamente di un tessuto connettivo di sostegno, alia su- perficie interna del quale esistono grossi nuclei ovali, simili a quelli dei corpuscoh genitah globosi. L'intreccio finale del cilindrasse e costituito da un certo numero di ramificazioni, che si anastomiz- zano e presentano a brevi intervalh grosse varicosita, di forma va- riabile, come nei corpuscoli di Ruftini. A questo carattere bisogna aggiungere la presenza di una sostanza granulosa, che si tinge piu 0 mono intensamente, dentro la quale si annida la piastra terminale che ha quasi sempre forma rotonda e si estende di preferenza in superficie. Tali corpuscoli sono formati da robuste fibre midollate e si trovano numerosi principalmente nel derma delle piccolo labbra. Verso il hmite profondo del derma reticolare s'incontrano pero ter- minazioni nervose perfettamente simih ai corpuscoh di Ruffini.

Bisogna d'altionde confessare che spesso riesce assai imbaraz- zante distinguere i veri corpuscoh di Ruffini da quelli or ora de- scj'itti, perche esistono molte forme intermedie, come molte forme intermedie esistono fra la classica clava di Krause ed i veri cor- puscoli genitah.

Anche per i corpuscoli di Pacini, che qui sono abbondanti, in certi casi riesce malagevole la distinzione dai loro affini (corpuscoli di Golgi-Mazzoni) e perfino dalle stesse clave di Krause. Difatti nel derma del clitoride si trova tale una varieta di corpuscoli ter- minah bulboidi, che spesso non si sa come classificarh : dal corpu-

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scolo di Pacini tipico possiamo arrivare gradatamente a certe for- me gigantesche piu o meno lunghe, piu o meno complesse di cor- puscoli, che hanno pero con quello qualche analogia di struttura.

Nel clitoride prevale la forma allungata, nastriforme dei corpu- scoli paciniani; nelle piccolo labbra s' incontra invece la forma clas- sica con maggiore frequenza.

Ho detto che certe volte riesce malagevole decidere se si tratta di im corpuscolo di Pacini e di mia clava di Krause : a.bbiamo ad es. certe varieta di corpuscoli privi affatto di guaine connettivali, ri- sultanti di una espansione assile a rami uniformemente varicosi, tanto da somigliare molto bene ad un grappolo d' uva. Sede preferita di tale terminazione e il glande del clitoride, dove si trovano pure molte forme analoglie, diffuse, ad arboscello, le quali derivano da fibre mi- dollate discretamente grosse. Si deve alia presenza di tutte codeste espansioni assili granulari I'aspetto caratteristico del derma subepi- teliale nel glande ; esse, la dove la reazione e avvenuta bene, si presenta come un tessuto eminentemente nervoso perche zeppo ad- dirittura di ramificazioni cilindrassili.

Cio si deve anche al fatto, gia da altri notato, che dalle ter- minazioni descritte in antecedenza e precisamente daha loro piastra nervosa finale, partono rami varicosi che si rendono via via piii su- perficiali e anastomizzandosi con ramificazioni cilindrassili simili, de- rivanti da fibre midollate che non hanno formate alcun corpuscolo, costituiscono una fltta rete a granuli piuttosto grossi, qua e la staccati: detta rete nel glande del chtoride segue i dolci avvalla- menti del derma e si rende piu appariscente verso gli strati che stanno immediatamente al disotto della merabrana basale dell' epi- teho.

Merita qui la massima attenzione un fatto importantissimo, da nessuno prima d'ora osservato. In rapporto diretto di continuita coi rami della fitta rete, di cui teste ho fatto cenno, stanno alcuni elementi cellulari, speciah, provvisti di un numero variabile di prolungamenti ; il contorno di queste cellule ed i prolungamenti medesimi sono come sbrandellati e tutto il corpo cellulare mostra i segni di una profonda disorganizzazione subita probabilmente per effetto delle sostanze acide adoperate. Da cio dipende la difficolta con cui e date scorgere queste cellule nei miei preparati. Per la stessa ragione con mag- giore difficolta si osserva la continuazione diretta di un prolunga- mento delle cellule con i rami della rete sopra descritta, ma in al- cuni preparati cio appai'e di una evidenza indiscutibile. II protopla- sma di tali cellule si tinge fortemente quasi (iuanto il ciUndrasse

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de]le fibre nervose ed assume percio una tinta scura, su cui risalta uu nucleo grosso, assai piu sbiadito e discretamente rifrangente.

Eleiiienti simili ho gia descritti nello strato papillare del derma: essi non devono essere confusi con altri elementi c«llulari piu pic- coli, di forma aracnoide, che si riscontrano pure nel derma ed in grande abbondanza.

Tutte le grosse fibre midoliate, formanti corpuscoli ed anche quelle che non ne forniano, sono costantemente accompagnate da una 0 piii fibre sottili, prive di midoUa, le quali seguono come sa- telliti le fibre mieliniche e sono soventi rivestite dallo stesso nevri- lemma. Alcune di esse pero sono provviste di una tenue guaina miehnica e raggiungono il corpuscolo dallo stesso lato, in cui pene- tra la grossa fibra principale (come ho potuto verificare in certe forme complesse di corpuscoh di Pacini esistenti nel clitoride di pecora).

La destinazione di tah fibre satelliti, siano esse prive o no di miehna, e quella di formare attorno alia espansione assile primaria, che deriva dalla grossa fibra midollata, un dehcatissimo intreccio di filamenti cihndrassili, indipendenti dai rami della espansione prima- ria. Siffatto plessicino non e altro che il " Fadenapparat descritto da Tinofeew in alcuni speciah corpuscoh di Pacini dell' uretra pro- statica.

lo pero ho constatato cho le fibre del plessicino non si arre^tano al corpuscolo, raa, arrivate al polo opposto a queho d' ingresso, man- dano un certo numero di filamenti sottihssimi, che proseguono verso la superflcie libera del derma e fin dentro le papille.

Nel corpuscolo si vedono i singoh rami del plessicino aggirarsi attorno ad elementi cellulari simih a quelh che stanno in rapporto con la fitta rete a rosario gia descritta; pare anzi che in qualche punto detti fih tocchino il margine di esse cellule.

Nel derma reticolare esiste inoltre una seconda reticella ditte- rente da quella descritta in precedenza, almeno per i suoi caratteri morfologici e forse anche per natura : essa viene formata da fibre originariamente palhde che attraversano il derma riunite in fascetti, dahe fibrille uscenti, come dissi, dall'estremo distale dei corpuscoli, dopo avervi costituito una specie di Fadenapparat e dalle fibre pal- lide che accompagnano le fibre midoliate non formanti alcun corpu- scolo, ma che contribuiscono alia formazione della rete nervosa a gross! granuli.

Si tratta dunque di una reticella piu dehcata della precedente, a maglie piu larghe, costituita da fill anastomizzantisi, a decorso

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irregolare, di calibro pressoche uniforme, raramente interrotti. Lungo quest! lilamenti, e principalmente dove due o tre di essi si uniscono, si vede un nucleo rifrangente aliungato o triangolare. Questi carat- teri corrispondono a quelli delle fibre del gran simpatico. Alcuni di tali filamenti contornano di sottili plessicini i vasi di minor calibro, altri decorrono in vicinanza delle grosse cellule nere, gia descritte, e in certi punti pare cha le tocchino. E ben difficile stabilire se fra i rami della rete granulare e quelli di quest'ultima esistano ana- stomosi, poiche e facile scambiarle con la intersezione ottica di due 0 pill fill.

Terminazioni nervose del connettivo lasso subdermale. Qui le terminazioni nervose sono relativamente molto piu rare. Si riscon- trano forme tipiche degli organi nervosi terminali descritti da Ruf- fini e corpuscoli di Pacini piu o mono modiflcati : fra questi pero e piii facile incontrare la forma classica.

Concludendo, oltre alle terminazioni nervose descritte dal Do- giel risulta dai miei preparati la presenza di: a) corpuscoli del Ruf- fini, con relative forme di passaggio tra essi ed i corpuscoli a pia- stra, compresi dall'autore suddetto fra i corpuscoli genitali ; b) cor- puscoli di Pacini, con tutte le molteplici loro varieta; c) una fitta rete a granuli discretamente grossi, subepiteliale, d' origino duplice; d) cellule grosse, con nucleo rifrangente, in rapporto di continuita coi fili della rete precedente.

Riguardo ai nervi dello strato epiteliale, per osservazione pro- pria nulla posso asserire, ma in base alle ricerche del Dogiel esi- ste in esse una doppia rete nervosa, quale a me risulta nel derma, dove egli non trovo che la sola reticella esile, proveniente da fibre amieliniche.

Dalla descrizione superiormente fatta risulta in primo luogo questo date importantissimo, che cioe i corpuscoli terminali non rappresentano la vera terminazione della fibra nervea. La termina- zione si trova al di la del corpuscolo ed e rappresentata da cellule, le quali, sia per Tafflnita al cloruro d'oro, sia per la connessione diretta coi rami della rete nervosa granulare, possono ritenersi di natura nervosa, e come tali devono esserc ritenutc lo cellule costi- tuenti la sostanza granulosa dei corpuscoli.

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In un lavoro comparativo sugli organi nervosi terminali sco- perti dal Ruffini neH'uomo, ho fatto notare che rarborizzazione terminale del cilindrasse non costituisce, a mio credere, 1' apparato nervoso periferico sensibile, partendo dal concetto che il cilindrasse non possiede 1' attribute funzionale di elemento sensiente, bensi quelle di eleraento conducente. Ritenni percio' come vero termine della libra, non la piastra nervosa finale, ma quella speciale sostanza scura, granulosa, provvista di speciali nuclei (nuclei fondamentali), che rap- presenta un vero cumulo di cellule periferiche. Quindi non i fila- menti cilindrassih liberi percepirebbero le impressioni del mondo esterno, ma elementi differenziati, vere cellule, le quali si mettono in rapporto piu o mono immediate colla espansione cilindrassile. Nello stesso tempo emisi I'ipotesi che un simile mode di funzionare esistesse probabilmente in tutte le terminazioni nervose sensibili, dove r osservazione anatomica, gia da tempo e assai bene, aveva rivelato la presenza di cellule colle quali il cilindrasse sta in rapporto ; cosi nolle clave diKrause, nei corpuscoli di Meissner, nei corpuscoU di Grandry, di Herbst, di Pacini e via dicendo.

Quella ipotesi dai miei recenti risultati non viene scossa, ma semplicemente spostata. La cellula sensiente, che prima ammettevo nei corpuscolo, oggi la trovo piii verso la periferia, ma e sempre una cellula, che, secondo la mia descrizione, sarebbe quella esistente nei derma in connessione diretta coi rami della reto a grosse va- ricosita.

Ed allora quale sara il signiflcato di quel moltephci corpuscoli ritenuti finora come terminazioni nervose periferiche? Vediamo in prime luogo quali sono i rapporti della fibra nervosa (parlo della libra principale o primaria) con le cellule del corpuscoli stessi. Que- sti rapporti sono stati di recente studiati e descritti in mode chia- rissinio dal Dogiel nei corpuscoh di Grandry (Dogiel und Willa- nem. Die Beziehungen der Nerven zu den Grandry' schen Korper- chen. Zeitsch. fiir wissenschaftihche Zoologie, B. LXVII, H. 3, 1900) : la fibra dope aver formate il disco sottile, si espande in tante fi- brille a ventaglio come gli zampilli di una fontana e s' immerge nei protoplasma delle cellule tattili.

Lo -stesso verosimilmente accade, come ammette il Dogiel, in tutti i corpuscoh tattih e quindi nolle cellule tattih di Merkel, nei (.orpuscoli di Meissner, di Pacini, di Herbst ecc. lo vado un po' piu oltre, dicendo che simile disposizione deve esistere in tutte le varie terminazioni nervose, comprendendo le piastre motoric, seb- bene in queste ultimo la funzione dehe cellule nervose periferiche

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si ritenga differente. Basta difatti avere una carta familiarita coi process! di colorazione, per convincersi che la dove questa intima connessione non appare, cio dipende da una deficiente colorazione.

Ma un' altra questione bisogna dilucidare, cioe se le cellule tro- vate dagli autori nei diversi corpuscoli, siano cellule nervose. lo ri- sponderei affermativamente. Difatti il modo di comportarsi di esse rispetto alle sosbanze coloranti, le fa considorare come tali: queste cellule non solo si colorano (sebbene con grande difficolta) col clo- ruro d'oro, ma specialmente col metodo di Erlichpiii o meno mo- dificato. Trattando i pezzi col bleu di metilene, si differenzia in queste cellule (come osservo Dogiel nelle cellule tattili dei corpuscoli di Gran dry) una porzione cromatica che si raccoglie in granulini e grumoli tigroidi, in fibrille ecc, precisamente come accade per le cellule nervose dei gangli spinali, trattate col metodo di Nissl e di Lehnossek.

Finalmente come argomento capitale e indiscutibile si ha la continuazione diretta della fibra col protoplasma della cellula, come dimostro Dogiel con grande evidenza nei corpuscoli di Gran dry.

Se si tratta dunque di cellule nervose, colle quali il cilindrasse assume cosi intimi rapporti e se (come in alcuni corpuscoli e state visto) questo file nervoso prosegue il suo cammino al di la del cor- puscolo, per unirsi ad altre cellule piii periferiche, che ho pure con- siderate come cellule nervose, la illazione piii naturale- e piii vero- simile e che tutte le formazioni nervose^ considerate Rno ad oggi co- me corpuscoli terminally sono invece omologhi ai gangli nervosi e jnu specialmente (per ragioni che diro nei lavoro definitive) ai gangli spinali.

In quanto poi alia cosl detta terminazione secondaria, che e rappresentata dal Fadenapparat di Timofeew, dal plessicino de- scritto da Sala e da Crevatin (corpuscoli di Pacini e di Golgi- Mazzoni), dalla reticella amielinica menzionata da Dogiel e da me (corpuscoli di Grandry) ecc, io ritengo che sia costituita da fibre simpatiche di associazione, sia che derivi da fibre midollate, le quah del resto perdono assai per tempo la tenuissima guaina mielinica (Dogiel), sia che derivi da fibre pallide ab origine, perche si sa che il gran simpatico e costituito non solo da fibre pallide, ma anche da fibre mieliniche.

Questa particolarita rappresenta ancora un nuovo argomento per sostenere la natura nervosa delle cellule intracorpuscolari, per- che ricorda (come ritiene pure Dogiel) i glomeruli nervosi delle cel- lule dei centri.

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Quindi dai centri nervosi ai tessuti piu superficiali, cioe al- Tepitelio, relemento nervoso conserva i medesimi caratteri fonda- mentali di struttura.

lo ammetto anche nell'epitelio la presenza di cellule simili a quelle da me trovate nel derma subepiteliale, per le seguenti ra- gioni. Dogiel vide i rami (alcuni per lo meno) della rete granulare terminarsi in mezzo alle cellule epiteliali, formando un rigonfiamento a bottone. Ora questo rigonfiamento, a mio avviso, altro non sa- rebbe se non una forma semplificata di menisco tattile, con cui molto probabilmente sta in connessione una cellula epiteliale diffe- renziata e questa e precisamente una cellula tattile. Cio torna assai pill agevole a comprendersi, quando si pensi che Merkel molto prima degli altri aveva dimostrata la presenza di cellule tattili in mezzo all'epitelio del grugno di porco ; anzi egli fu il solo che ri- tenne queste cellule di natura nervosa, contro I'opinione generale.

Quindi, come per gli organi sensoriali, cosi anche per la cute e per le mucose sensibili le cellule sensitive stanno alia periferia. Esse, pel- la loro sede molto superflciale, sono in grade di ricevere le impression! del mondo esterno e di trasmetterle alle pretese ter- minazioni nervose (secondo me ganglietti periferici) : qui vengono elaborate dalle cellule intracorpuscolari e final men te arrivano ai gan- glii spinali, che rappresentano non la prima, ma una delle ultimo tappe delle onde nervose centripete.

Data questa serie di element! nervosi alia periferia della cute e delle mucose sensibili, ritengo, come gia diss! in altro lavoro, " che lo strato papillare e subpapillare (possiamo aggiungere anche lo strato epitehale) colla loro ricca, estesa e complessa innervazione, costituiscono un insieme organico, come un vero organo di sense spec! fi CO „.

Risulta infatti anche da certi dat! speriraentah che di vero or- gano di sense specifico e fondamentale non ci sia che il tatto, quelle stesso che generalmente si ritiene come il piii ignobile e il piu spre- gevole di tutti i sensi, mentre esse solo e capace di sostitun-e la man- canza di ogni altro sense specifico.

In rapporto con questa complessa sensazione, conosciuta col nome di sensibihta generale, sta la fanzione d'innumerevoli element! cellulari, ben diflferenziati, come in gran parte risulta dalle mie os- servazioni.

lo Settembre 1902.

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I8TITUTO ANATOMICO DI FIRENZE DIRETTO DAL PROF. G. CHIARUGl.

Dei corpi di Call ed Exner dell'ovajo.

DEL DOTT. GIUSEPPE LEVI, AIUTO.

(Con tav, VI).

Ricevuta il 6 ottobre 1902

fi vietata la riproduzioue.

Le formazioni di cui intendo occuparmi in questa nota furono descritte, per la prima volta in maniera chiara ed esauriente da Call ed Exner (1), e da essi presero il nome; e molto probabile che le medesime fossero state osservate in precedenza da altri au- tori (Wagner (2), Bischoff (3) e Waldeyer (4)), ma la descrizione che essi ne danno e molto incompleta ; i due ultimi le ritennero cel- lule in disfacimento.

Call e Exner le rafflgurano come cellule rotonde situate tra gli elementi follicolari nello strato piu periferico dell' epitelio, e le ritengono uova formate a spese dell' epitelio follicolare, le quali non raggiungono uno sviluppo cosi completo come le uova formate a spese deir epitelio germinativo.

Flemming(5), il quale li denomino vacuoli epiteliali, ritiene la loro presenza costante nei follicoli in cui s' e iniziata la formazione del liquor follicoli) essi avrebbero I'aspetto di corpi pallidi, sferici od ovali del diam. di 20-60 ;^, sarebbero poco colorabili, meno re- frangenti dell' epitelio circostante ed avrebbero una struttura retico- lata ; il reticolo da cui sono costituti sarebbe il prodotto di una coagu- lazione determinata dal liquido fissatore; F lemming crede derivino da trasformazione di una o piu cellule follicolari, le quali si sareb- bero rigonfiate dapprima, fluidificate poi, partecipando alia fine alia formazione del liquor folliculi.

Per Janosik (6), essi non sono che vacuoh riempiti da hquido follicolare ordinario. Schottlander (7) manifesta la medesima ve- duta ; soltanto quelle cavita oltre che Uquido follicolare, conterreb- bero resti di cellule epiteliaU degenerate.

Paladino (8) crede rappresentino spazi da cui sparirono le eel-

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lule epiteliali per metamorfosi piu o meno complefca delle medesime; a seconda del loro grado di sviluppo vi si trova una rete rappre- sentante il residue del reticolo intercellulare oppure anche questa e scomparsa e non resta nel loro interno che il liquor follicoli.

Crety (9) accetta senz'altro riguardo la loro genesi la veduta di Paladino ; nell'ovajo dei Chirotteri sono piccolissimi e non retico- lati ; e cio concorda colla circostanza che in quegli animali le cel- lule follicolari sono prive di prolungamenti ramificati.

Nagel (10) le fa provenire da trasformazione di grosse cellule che si trovano nei piccoli e medi follicoli (Nahrzellen) ; questa me- tamorfosi avrebbe luogo contemporaneamente alia comparsa del deu- toplasma nell'uovo ed alia maggior differenziazione del foUicolo.

Le " Nahrzellen avrebbero una funzione analoga a quella delle " Nahrzellen degl'insetti, di fornire cioe il deutoplasma all' novo ; soltanto pill tardi, trasformatesi in vacuoli epiteliali, partecipereb- bero alia formazione del liquor folliculi.

H. Rabl (11) osservo, che i vacuoh epiteliali si trovano sopratutto nei follicoli atresici, solo eccezionalmente nei follicoli normali ; essi proverrebbero, secondo quell'A., da cellule granulose degenerate ed il reticolo da cui sono format! non sarebbe che il residue della cro- matina nucleare.

Infine Honore (12) avanza una veduta la quale in qualche punto si accosta a quella di Paladino; essi deriverebbero da trasforma- zione di una sostanza intercellulare omogenea e compatta formatasi per I'attivita delle cellule follicolari ; contemporaneamente alia com- parsa del liquor folliculi questa sostanza si vacuolizzerebbe per im- bibizione, diverrebbe reticolata ed assumerebbe a poco a poco I'a- spetto descritto.

In quanto alia loro sede quell'A. osservo che essi si trovano in maggior numero nei punti in cui i cordoni cellular! del disco proli- gero raggiungono la periferia della granulosa ; e proprio in quel punto si avrebbe la rottura della parete del follicolo ; per quale cagione la presenza dei vacuoh faciUti questa rottura, I'A. non e in grado di decidere.

Oltre a queste notizie piii complete troviamo, qua e la nella letteratura qualche altro cenno sui corpi di Call ed Exner. Alcuni AA. h ritennero senz'altro uova; in un lavoro di CI ere (13) per es., troviamo descritte come ovul! primordial! delle formazioni le qual! erano certamente corpi di Call ed Exner (ved! fig. 5 e 6 nella ta- vola di quel lavoro). Ed H. Rabl rileva un errore analogo in cui cadde

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Fran que descrivendo come follicolo a 3 uova un follicolo conte- nente un solo novo e 2 corpi di Call ed Exner (').

Da quanto dissi finora risulta adunque clie le interpretazioni date a quelle formazioni sono molto discordanti.

La via da seguirsi per gettare un po' di luce su tale questio- ne era nettamente tracciata. Sono dimostrabili stadi di passaggio dalle cellule follicolari normali ai corpi di C. ed E. ? Traggono ori- gine veramente i corpi di C. ed E., dalle cellule che Nagel chiama " Nahrzellen e che non troviamo mai ricordate da altri AA., op- pure, come vuoleHonore, da piccolo zone di sostanza intercellu- lare vacuolizzata ?

Le mie osservazioni furono eseguite su ovaja di coniglia, di cavia e di donna ; le figure piu tipiche furono da me ottenute nella prima specie.

Era i liquidi flssatori quelli che piii si prestano alio studio dei corpi di C. ed E. sono quelli contenenti liquidi osmici ; il sublimate h raggrinza fortemente.

Nella. loro forma pivi tipica, quail si presentano cioe in folhcoh voluminosi (di 0,7 0,9 mill.) (fig. 1 e 2) sono sempre circondati da una corona di cellule follicolari disposte radialmente ; non mi sem- bra affatto che essi abbiano una sede di predilezione, come vuole Hon ore, alia base delle trabecole epiteliah, le quah riuniscono il cumulo proligero all'epiteho folUcolare piu periferico ; accade non di rado di trovarli fra le cellule del cumulo medesimo. II loro numero e grandissimo : in una sola sezione di un folhcolo di 0,8 mill, se ne contano da 6 ad 8 e piu. Con cio non escludo che il loro numero possa essere minore e che in alcuni follicoli manchino completa- mente. II loro diametro oscilla fra i 20 ed i 40 a. Le cellule folh- colari che circondano un corpo di C. ed E., hanno una forma cilin- drica molto allungata ed il loro nucleo si trova per lo piii all'estremo distale della c^lluia (fig. 1); talvolta pero le cellule folHcolari sono mono allungate ed il loro nucleo e centrale (fig. 2).

Di solito le cellule sono intimamente accoUate Tuna all'altra,

(1) Follicoli plui'iuvulari di un certo volume, per mia esperienza, non sono di solito frequenti n ;irovaio di coniglio, mentre sono frequentissimi i follicoli priniordiali a pifi uova; ed anche negli al- in animal! i primi debbono rappresentare un reperto abbastanza raro, poich6 soltanto i follicoli plu- riovulari descritti da van Beneden nel pipistrello, da B o u in ml cane, da Honors nel coniglio erano motto progrediti nello sviluppo ; in tutti gli altri casi descritti (da Stoeckel, Kabl etc.) si trat- tava di foil icoli molto giovani.

lo ebbi occasione di riscontrare in una serie di ovaja di Coniglia un reperto analogo a quelle di Honors ; vi erano cio6 ben 50 follicoli quasi tutti d' un volume ragguardevole (0,4-0,8 mill, ed anche pib) contenenti 2 o 3 uova di volume eguale, a ciascuna delle quali corrispondeva un cumulo proligero distinto.

L' interpretazione di que.sto fatto non antra per ora nell'ambito delle m'e ricerche.

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ma talvolta sono separate da ampi spazi chiari (come nella fig. 10 del lavoro di Honor e). Alia periferia del corpo di C. ed E. vi e sempre una membranella aderente alle cellule follicolari circostanti ; si potrebbe dubitare che essa non fosse che un ispessimento ecto- plasmatico della faccia delle cellule che e rivolta verso il corpo di C. ed E.; pero essa puo raggrinzarsi e staccarsi dalle cellule circostanti, il che fa credere che ne sia morfologicamente indipendente. Al di sotto della membrana troviamo un reticolo molto regolare a maglie larghe costituito da trabecole liscie, un po' piu spesse ai punti nodah, le quah fissano i colori nucleari ; all'infuori del reticolo non vi e nel corpo di C. ed E. alcun contenuto.

Ma questi corpi presentano di sovente delle varianti da questo tipo fondamentale ; ed e appunto a queste varianti che io dedichero la mia attenzione, poiche io credo che esse rappresentino stadi di- versi della loro evoluzione.

In folhcoli primordiah, oppure in follicoh di diam. inferiore a 0,15 min. non solo non troviamo corpi di C. ed E. ma non vi e neppure alcun elemento la di cui struttura si discosti da quella delle cellule follicolari; io non ho potuto adunque persuadermi del- I'esistenza nei follicoh primordiah delle " Nahrzellen diNagel; e con cio, cade naturalmente 1' ipotesi di queU'Autore.

In follicoh di 0,15-0,2 mill., in cui non si e iniziata ancora la formazione del liquor folliculi, e 1' novo e tappezzato da 3-4 file di cellule folhcolari, non vi sono ancora corpi di C. ed E ; pero vi tro- viamo delle formazioni che forse sono in qualche rapporto con quehi ; spetta ad Honore il merito di averle descritte per il prime ; si tratta di piccoli spazi intercellulari a forma stellata, i quali sono in diretta continuita con sottih hsterelle interposte fra quasi tutte le cellule fohicolari, e sono costituiti da una sostanza la quale si tinge in mode molto caratteristico in preparati fissati con liquid! osmici (fig. 3) : in bruno scuro coUa safranina, in nero intense coll'ematos- sihna ferrica; intorno a questi spazi le cellule fohicolari sono disposte radialmente. In fohicoli alquanto piu diflferenziati in queste aree omogenee incominciano ad apparire dei vacuoli (fig. 4), ed in seguito finiscono col trasformarsi in vescicole del diam. di 10 [j. con mem- brana ben distinta, contenente un reticolo dehcatissimo, non colora- bile, a maghe strettissime (fig. 5).

Per quale meccanismo avviene questa trasformazione? Io credo che la sostanza omogenea dei giovani folhcoli si rigonfi per imbibi- zione, sospingendo le cehule fohicolari circostanti, e che in tal mode quehe aree da stellate si facciano sferiche, per aumentata tensione

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interna ; quando quest' imbibizione e al suo inizio, quella sostanza appare vacuolizzata in preparati fissati ; quando essa e piu progre- dita, il liquido fissatore precipita questa sostanza fluidificata sotto forma di un delicate reticolo ; della primitiva sostanza non reste- rebbe inalterato che un sottile strato periferico, il quale conserva anche nei preparati fissati le proprieta microchimiche della sostanza intercellulare (la membranella del future corpo di C. ed E.). Che la cosa sia veramente cosi e anche confermato dalla circostanza che negli stessi preparati, ed anzi nello stesso follicolo, il liquor folliculi si presenta sotto 1' identico aspetto reticolato ; ed inoltre che variando il fissatore varia I'aspetto di quella formazione : col subhmato ha un aspetto talora granulare, talora reticolato. Ed, argomento piii decisive, in preparati a fresco il corpo di C. ed E. appare quale una vescicola sferica, perfettamente omogenea intorno alia quale le cel- lule follicolari hanno una disposizione radiale.

II corpo di C. ed E. a questo stadio delio sviluppo e adunque rappresentato da una vescicola contenente un liquido album inoideo analogo, se non identico al liquor follicoU.

Honore attribuisce egli pure i cambiamenti strutturali era de- scritti ad un processo d'imbibizione, ma non vede nel reticolo un pro- dotto di coagulazione, bensi un costituente morfologico preesistente.

Ma il corpo di C. ed E. quale 1' abbiamo descritto al principle di questo lavoro (fig. 1 e 2) ha una costituzione ben diversa dal liquor folUciili coagulate ; bisogna adunque ammettere che in esse avvengano ulteriori modificazioni.

lo ho osservato con grande frequenza un disfacimento delle cellule follicolari che circondano questi corpi; e probabile che il ci- toplasma disfatto di quelle vada ad accrescere la sostanza hquida raccolta nell' interne del corpo di C. ed E, e la loro cromatina nu- cleare sia pure riversata nell' interne del corpo di C. ed E. e ne modifichi le proprieta tintoriah. Anche Honore riconosce che quando il volume di quest' ultimo aumenta, il reticolo si tinge col colore nucleare, pero egli esclude che questa tingibihta sia dovuta alia presenza di cromatina (•).

Gli argomenti che m' inducono ad interpretare in tal mode I'ac- crescimento del corpo di C. ed E. sono i seguenti:

(^) La maggior parte dei ricercatori ammette che anclie alia formazione deH'ordinario liquor fnllicuH coitribuisca un disfacimento delle cellule follicolari; Honors invece 1' esclude e vuole che quel liquido si formi solo per un processo di seci'ezione da parte delle cellule follicolari.

Sebhene io non mi sia occupato di tale questione, mi venne fatto di domandarmi come possa spie- gare Honors i numerosissinii nuclei in cariolisi che con grande frequenza si riscontrano in foUicoli indubLiiamente nonnali, quando egli artVrma che la membr. ua granulosa (: senijire intatta.

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1.° Intorno a quasi tutti i corpi di C. ed E. in un certo stadio dello sviluppo troviamo qualche cellula follicolare con citoplasma vacuolizzato e nucleo in cariolisi (fig. 5);

2.0 I corpi di C. ed E, hanno talora una forma lobata ; io credo che il contorno d'un lobo corrisponda al contorno d' una cellula fol- licolare ed il suo contenuto rappresenti i materiali risultanti dal di- sfacimento di quella cellula ; infatti il reticolo incoloro del lobo pre- senta nei punti nodali dei granuli di cromatina.

Pero la forma lobare del corpo di C. ed E. e certamente tran- sitoria ; in seguito i materiali contenuti nel lobo si distribuiscono uniformemente in tutta la vescicola e questa riprende una forma sferica. Spesso poi il corpo di C. ed E. s'accresce senza passare per la forma lobata, sempre a spese delle cellule follicolari circostanti che si disfanno; un corpo di C. ed E. in tale fase della sua evolu- zione e rappresentato nolle fig. 6 e 7.

Di pari passo al suo aumento di volume, le magiie del reticolo si fanno piu larghe e le trabecole che lo costituiscono grossolane; in- oltre esse non sono pii^i rivestite da granuli di cromatina ma si tin- gono uniformemente col colore nucleare.

Questa trasformazione del reticolo avviene gradatamente, co- sicche non di rado ci accade di riscontrare nello stesso corpo di C. ed E. aha periferia un reticolo incoloro, nel centre un reticolo piii grossolano tingibile.

Pero i grandi corpi di C. ed E. di 35-40 y. di diam. sono in to- tahta costituiti da un trabecolato grossolano (fig. 1 e 2).

Ma questo trabecolato, rappresenta esso pure il prodotto di coa- gulazione d' un liquido ? Se consideriamo come tale il prime reticolo, logicamente siamo indotti a rispondere aflfermativamente ed a spie- gare il cambiamento di costituzione del reticolo colla comparsa di nuovi materiah provenienti da disfacimento delle cellule follicolari e sopratutto della cromatina, la quale per un certo periodo ha con- servato la sua forma granulare, in seguito s' e disfatta. In am- bedue i casi abbiamo dinanzi a noi il risultato d' una precipitazione ; il cambiamento neha costituzione morfologica e nolle proprieta tin- toriali del precipitate deve essere attribuito ad una modificazione del contenuto del corpo di C. ed E.

Resta pero alquanto oscuro come la cromatina si dissolva e conferisca al trabecolato un' afflnita per i colori basici.

Su questo punto non mi resta che far dehe supposizioni ; mi sembra probabile che nel disfacimento della ci'omatina si liberi da questa I'acido nucleinico, il quale si lega agli albuminoidi del corpo

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di C. ed E. e conferisce loro un' affinity, per i colori basici, come quando e combinato cogli albuminoidi della cromatina la rende ba- sofila.

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Spiegazione della tavola VI

Kig. 1. Corpo di Call ed Exner tipico circondato da cellule follicolari cilindriche molto allungate

in cui il nucleo si trova all'estremo distale della cellula. Fig. 2. Corpo di C. ed E. tipico piCi grande del precedente circondato da cellule follicolari pid

basse. Fig 3. Cellule follicolari di un follicolo di 0,15 mill, separate da una zona steliata di sostanza

intercellulare. Fig. 4. Cellule follicolari di un follicolo di 0,2i? mill, separate da sostanza intercellulare vacuo-

lizzata. Fig. 5. Corpo di C. ed E. in un precoce stadio della sua evoluzione; cariocin»si e cariolisi nelle

cellule follicolari che lo circondano. Fig. 6. Corpo di C. ed E. alquauto pid difieren^iato; 6 tuttora formato da un delicate reticolo,

ma le maglie del reticolato solo rivestite da granuli di cromatina. Fig. 7. Corpo di C. ed E. formato da un reticolo delicato e contenente una grossa zolla di cro- matina.

305 -

Studio collettivo del peso deU'Encefaio negii Italiani.

Elenco delle Osservazioni inviate: 3a Sbrib.

Dairistituto Anatomico di Firenze Osservazioni N.

Dall'Istituto Anatomico di Pisa » »

Dal Prof. D'Evant (Napoli)

Dal R. Ispettorato di Sanita Militare » »

Totale N.

54 31 20 49

154

UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA

AVVISO.

Si pregano caldamente i signori Socii che non hanao ancora versata la quota sociale del coi-rente anno 1902 di volersi mettere subito in regola con la cassa (a norma dell'art. 4 dello Statute) inviandola {per cartolina vaglia) al Segretario-Cassiere

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MonitoFe Zoologico Italiano

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DIUKTTO

DAI DOTTORI GIULIO CHIARUGI EUGENIO FIGALBI

Prof, di Anatomia umaua Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nel R. Istituto di Studi Super, in Firenze nella R. Universita di Padova

Ufficio di Direzione ed Amministrazione: Istituto Ayiatomico^ Firenze. 12 numeri all'auno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Decembre 1903 N. IS *

SOMMARIO : BiBLiOGRAFJA. Pag. 307-322.

SiiNTi E Rivistb: D'Evant T., Tntorno alia genesi del pigmento epider- mico. - Monti R. e Monti A.., Le ghiandole gastriche delle mar- motte durante il letargo invernale e I'attivita estiva. Pag. 813-315.

CoMUNiCAZiONi ORiGiNALi: Grluffrida-Ruggieri V., Sul cosidetto infanti- lismo e sull'inferiorita somatica della donna. Pag. 316-321.

NOTIZIE: Pag. 322.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

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Si del notizia soltanto dei lavoi^i pubhlicati in Italia.

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* E in corso di stampa, e quanto prima ne verra fatto l' invio, il SUPPLE- MENTO al N. 12, contenente il RENDICONTO DELL\ TERZ\ ASSEMBLED OR- DIN\RIA E DEL CONVEGNO DELL'UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA IN ROMA.

(31 ottobre-3 novembre 1902).

- 308 -

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In passato si ammetteva generalmente che tutto il pigmento epidermico fosse d'origine esogena, derivasse cioe dal derma ; ma le ricerche posteriori dimostrai-ono che alme)io una parte (secondo Aeby tutto) del pigmento si puo formare per attivita delle cellule epidermiche.

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L'A. per studiare quesfc'argomento si servi di larve di Anfibi e Pesci, di embrioni di Mammiferi, e di alcuni Gasteropodi.

Diro subito che I'A, conclude che la pigmentazione dell' epidermide e in totalita priraitiva ed autoctona, specialmente per la circo.stanza che in alcuni animali (Aplysia) in tutti i period! delia vita non appare pigmento che nel- i'epitelio, e che negli embrioni di raoltissimi animali si osserva pigmento in via di formazione nell'epidermide, senza che il resto del corpo mostri pigmen- tazione alcuna ; die inoltre il pigmento appare dapprima nella porzione cen- trale, anziche nella periferica del citoplasma, come dovrebbe essere se il pig- mento venisse dal difuori.

L'A. mette inoltre in rilievo, senza discuterlo, il tatto che il pigmento oltre che nell'epidermide si trova in corrispondenza dei neuroni periferici sensitivi (retina, organi della linea laterale ecc).

Conchiudendo che il pigmento epidermico si forma in sito, I'A. non vuol negare che esso possa essere talora trasmesso da un ordine d'elementi ad uu altro, e che i leucociti abbiano parte in tale trasmissione.

Monti Rina e Monti Achllle Le ghiandole gastriche delle marmotte durante il letiirgo invernale e I'attivita estiva. Con tavole 8 e 9. Rkerche fatte nel Laborat di Anat. normale della R. Univ. di Roma, Vol 9, Fasc. 2, pp. 149- 173. Roma 1902.

Le ricerche furono praticate in sedici marmotte che vennero uccise, col metodo della puntura del midollo allungato, in period! divers! di ietargo in- vernale e di attivita estiva. I raetodi di tecnica applicati furono svariatissi- mi : II metodo rapido di Golg! ; il metodo Golgi Zimmermann; il metodo Ga- leotti ; fissazione in sublimato di Heidenhain e colorazione iloppia con emal- lume Mayer e rosso Congo, o con la miscela triacida del Biondi ecc.

Conclusion! :

I. « Nella mucosa gastrica delia marmotta nianca la regione detta delle ghiandole del cardias : in corrispondenza di questo si nota solo un sottilis- simo anello ghiandolare, i cu! pochi tuboli sono privi di cellule delomorfe. Nello stomaco si hanno soltanto due territori principal! : la regione delle ghian- dole peptiche o glandiilae gastricae propriae molto estesa, e la regione molto piu liraitata delle ghiandole piloriche.

Nel primo territorio pero si possono distinguere due zone : una prossima al cardias, dove le ghiandole sono larghe con cellule principal! molto alte, a protoplasma chiaro e nucleo schiacciato sul fondo, e con cellule interca'ari poco numerose, non mai a contatto col lume ghiandolare, ma spintea ridosso della membrana propria. L'altra zona, o zona del fondo p. d., presenta ghiandole piu lunghe e piu strette con cellule delomorfe molto numerose, e cellule prin- cipal! pill basse, talora granulose.

II. Nella regione del fondo si trovano anche ghiandole ramificate, con tub! secondari anastomizzati fra loro; fatto analogo a quello descritto finora soltanto nel cavallo (Zimmermann)-

III. Le ghiandole gastriche proprie, delia marmotta in Ietargo, sono molto piu ristrette di quelle della marmotta sveglia, le differenze d! diametro delle ghiandole varia da 18 30 microroill. (nel Ietargo) a 44-50 micromill. (nel I'attiviti). Durante il Ietargo tutti i nuclei sono iu riposo ; maucano le cario-

r- 315 -

cinesi in corrispondenza dei colletti ghiandolari, frequentissime nelle mar- motte sveglie.

IV. Le cellule delomorfe non diminuiscono di numero nel letargo, ma SOMO molto pill piccole che nell'attivita, e si trovano sulla stessa linea delle cellule principali. Durante I'attiviti le cellule delomorfe diventauo molto piu voluminose e sporgono con tutto 11 loro corpo sotto la membrana propria della ghiandola, mentre spingono il loro coUetto o peduncolo tra le cellule principali, verso il lume ghiandolare.

V. I canalicoli di secrezione o citosoleuuli delle cellule delomorfe nella marmotta in attivita formano elegantissimi canestri canalicolari, riuniti al lume ghiandolare per un peduncolo. Nella marmotta in letargo invece i cito- solenuli sono molto ridotti e formano delle clave o degli anelli talora sem- plici, piu raramente multipli in cori-ispondenza di ciascuua cellula delomorfa. In ogni modo i citosolenuli non scorapaiono totalmente nel letargo, ma si ri- ducono soltanto : debbono quindi considerarsi come una formazione stabile della cellula delomorfa.

VI. I citosolenuli tanto nella attivita come nel letargo sono sempre to- talmente endocellulari, essi per altro non presentano una membrana propria: sono vie scavate nel protoplasma cellulare. II peduncolo, che unisce la cellula al lume e forma le pareti del dotto escretore della cellula, e una continua- zione della membrana cellulare.

VII. Le cellule delomorfe hanno una ben distinta membrana cellulare che le delimita, e pu6 ottenersi colorata in modo diverso rispetto al proto- plasma cellulare; presentano uno o due nuclei quasi sempre in riposo nell'ani- male adulto, ed un protoplasma costituito di granuli ben colorabili col rosso Congo nei pezzi fissati con sublimato, e con la rubina nei pezzi fissati con li- quidiosmici. Le principali difierenze che presentano tra il letargo e I'attivita consistono essenzialmente nell'ingrandimento loro e nella dilatazione delle vie intracellulari di secrezione. Non presentano variazioni sensibili nella costitu- zione del loro protoplasma. Da cio risulta ancora una volta confermato il concetto che la cellula delomorfa non e una trasformazioue della cellula prin- cipale, ma un elemento autonomo e specifico.

VIII. Le cellule principali presentano notevoli variazioni passando dal riposo all'attivita, variazioni che dimostrano la loro compartecipazione alia secrezione gastrica. Durante la digestione prolungata le cellule principali si presentano chiare con protoplasma reticolare ; nel riposo invece si riempiono di granuli che appaiono ben dimostrabili con speciali reagenti.

IX. Dal complesso delle osservazioni e delle esperienze risulta per noi assodato il concetto che le cellule delomorfe elaborano I'acido cloridrico in soluzione diluitissima, e che lo eliminano di mano in mano che lo producono. Questa funzione si sospende completamente nel letargo. Le cellule principali elaborano invece dei granuli pepsinogeni, che si accumulano lentamente nel riposo e vengono invece eliminati al principio della digestione ».

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DoTT. V. GIUFFKIDA-RUGGERI

DOCENl'B DI ANTROl'OLOGU NELLA R. UNIVKRSITA DI KOMA

Sul cosidetto infantilismo e suH'inferiorita somatica delia donna.

Ricevuta il 23 Decembre 1902.

E vietata la nproduzione.

Fra caratteri infantili e caratteri adulti vi sono delle coinci- denze, che non possono essere considerate come persistenze di ca- ratteri infantili. Direramo noi che una faccia corta e una persistenza di carattere infantile, perche il bambino ha una faccia somighante? (Si andrebbe contro all' assurdo, cioe bisognerebbe ammettere intiere popolazioni infantili: invece e evidente che si tratta di un carattere etnico che coincide con un carattere infantile. Cosi diremmo noi che una mano larga e un carattere infantile ? Tutt' altro : sono le mani piii robuste! La mano femminile al contrario sarebbe I'oppo- sto della mano infantile ; il che certo non appoggerebbe le vedute dei sostenitori dell' infantihta della donna. A questo proposito bi- sogna fare un identico ragionamento; cioe che tra caratteri infantih e caratteri femminili vi sono delle coincidenze, senza che percio sia lecito di ritenere normalmente infantile un organismo adulto; il che e altrettanto assurdo C) quanto 1' ammettere, conforme I'esem- pio sopra citato, intiere popolazioni infantili. Si tratti pure di per- sistenze di caratteri infantili : ad esempio, si consideri come tale, il maggiore sviluppo della porzione addominale del tronco nella donna, segnatamente della porzione lombare, nessuno potra negare che un tale carattere non sia conservato per le funzioni di maternita, cioe per necessita fisiologiche che non solo non hanno niente da vedere con r infanzia, ma sono 1' espressione della piij completa maturita (^). Che in ogni case si tratti o di semplici coincidenze, o di persistenze di caratteri utili all'organismo adulto, oppure tali che non trovano alcuna ragione fisiologica di ulteriore sviluppo, ad esempio ^il poco

(') A cjuelli che sostengono che la dunna 6 un uomo incoinpleto, si puo domandare : Di grazia, e perch6 dovrebbe essere un uomo '. Ma contro tale paradosso scrissi gia : cfr. Gi u ff rid a-Ru}^ge ri. Sulla pretesa inf'eriorita somatica della donna. Archivio di Psichiatria e Anlrop. criminaJe, Vol. XXI, Fasc. IV-V.

(-) Tutt'altro 6 il significato del medesinio carattere (juando s' incontra ueiruorao: allora 6 il caso di parlare di infantilismo.

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sviluppo delle apofisi mastoidi C), lo prova il fatto che per altri caratteri la donna e il fanciullo si oppongono perfettamente : la tor- sione dell' omero e maggiore nella donna che nell' uomo, e minore nel bambino che nell' adulto ('), Basta quest' argomento a dimo- strare con quanta leggerezza, per non dire ignoranza, hanno pro- ceduto i sostenitori dell' infantilismo.

Con uguale, se non maggiore, leggerezza si e proceduto a ri- guardo della pretesa inferiorita somatica della donna di fronte al- I'uomo adulto: che sotto altro aspetto esprime il medesimo pre- concetto, radicato sin dal tempo in cui la superiorita della forza fisica parve 1' esponente di tutte le superiorita. L'esempio del peso encefalico e oramai classico. Esse e da molto tempo il caposaldo dei sostenitori dell' inferiorita della donna, sebbene da molto tempo pure tale argomento sia state combattuto. Sin dal 1882 si trova nei " Bullettini della Societd d'Antropologia di Parigi un resoconto in cui 11 Manouvrier combatte 1' errore di Le Bon che aveva as- segnato al sesso femminile un peso encefahco relativamente infe- riore a quelle del sesso maschile (^). II Manouvrier gia pensava di poter dimostrare, come in seguito fece in modo esauriente, che r essere il peso encefalico inferiore nella donna a parita di statura non significa niente, perche la statura non e la massa attiva del corpo intiero {*); al contrario a parita di statura o a parita di peso totale del corpo, dovendosi in questo case por mente al tessuto adipose, si puo presumere che la massa attiva e minore nella donna. Dunque e da aspettarsi che anche 1' encefalo sia nella donna piii piccolo, anche a parita di statura (^). Giacche, come il Pozzi giu-

(}l Anche questo fatto trovato nell'uDmo puo avere tutt' altro significato, potendo iodicare un carattere scimmiesco. Cfiv Giuff rid a-Ru ggeri. Simmetrie endocraniche e altre particolaritk inorfologiche nella base del cranio. Eivista spbrim. di Frenialria 1S99, Fuse. II.

('-) Diclionnaire des sciencis anthropologiques p. 583.

(3) Le Bon. Recherches anatomiques et mathematiques sur les variations de vol ime du cer- veau et sur leurs relations avec 1' intelligence, 1879.

(') Manouvrier. Sur ia valeur de la taille et du poids du corps comme terme de compa- raison entre la masse de I'encephale et la masse du corps. Bull, de la Soc. d'Anthrop. de Paris 1882, p. 85 e segg. Difatti se, invece della statura, si prende come termine di confronto il peso del lemore, o quello del fepato, si trova che il cervello della donna 6 tutt' altro che meno sviluppato di quello dell'uonio : mentre il peso dell' encefalo della donna 6 a quelle deH'uomo come 89 a 100, sotto il rapporto della massa oi-ganica attiva la donna 6 all'uomo come 60 o 65 a 100.

(.") Malgrado che questo ragionamen'o sia cosi semj^lice e ovvio da sembrare alia portata di tutte le intelligenze, il Manouvrier stesso ebbe posieriormente a notare 1' ostinazione, veramente infan- tile, della folia scientifica nel ripetera I'errore del Le Bon. « II est frequent, neamiuoins, scrisse egli piti tardi, de reneontrer des auteurs qui proclament dun air triomphan' ou qui avonent, d' un ton desol6, la superioritt; du poids c^r^bral masculin, comme s'ils trouvaient dans ce fait la preuve d'une inferiority intellectueile chez la femme n. E ci6 6 stupefacente dopo la pubblicazione della sua me- moria : Sur Tinterpr^tation de la quantite dans I'encephale et sur le poids du cerveau en particulier. Me,noires de la Soc. d'Anthrop. de Paris i^serie, lom. 111. Per Manouvrier che ha studiato a fondo I'argomento i due sessi si equivalgono quanto al peso encefalico ; per molti altri che non hanno fatto tali sludii ha piti valore il preconcetto, e con invidiabile disinvoltura continuano a soslenerlo !

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stamente osservava nella stessa discussione ('), il cervello e nello stesso tempo 1" organo del pensiero e di piu 1' orgaoo ordinatore e regolatore dei movimenti, per cui e legittimo supporre che il suo peso debba essere influenzato dall' importanza della sua funzione muscolo-motrice. II Le Bon nella btessa seduta cerco di giustificare le sue grossolane deduzioni; ma il Manouvrier rispose dimo- strando che mancavano della critica piii elenientare. L'esempio ad- dotto e tipico, e merita di essere riferito. Una tesi di Budin con- sistente in 52 osservazioni relative alia circonferenza della testa e al peso del corpo in neonati, era stata utilizzata da Le Bon. Con sottrazioni arbitrarie questi casi furono dal Le Bon ridotti a 49 (24 maschi e 25 femmine) e raggruppati come segue :

Circonferenza della testa di tutti (sic) i neonati.

Peso del Deonato Maschi Femmine

da 2500 a 3000 grammi circonf. 38,0 36,7 da 3000 a 3500 38,8 38,2

da 3500 a 4000 ,. 40,1 38,7

11 lettore puo credere realmente che si tratti di iDdividui ma- schi e femmine dello stesso peso e dedurne, come fa il Le Bon, che a peso uguale i maschi hanno la circonferenza cranica piii grande delle femmine, quindi anche I'encefalo piii pesante. Ma I'acume non e mai troppo, ed esso suggerisce al Manouvrier un'osservazione giustissima. Siccome e noto che n peso medio delle neonate e in- feriore a queUo dei neonati, c' e da sospettare che in ciascun gruppo un numero maggiore di neonate si avvicini al peso iuferiore, e vi- ceversa un numero maggiore di neonati si avvicini al peso supe- riore, giacche due individui possono ben trovarsi compresi fra due pesi estremi e tuttavia aver uri peso molto differente. In tal caso la pretesa statistica non sarebbe piu a peso uguale. Difaiti e cio che si verifica. II peso medio dei 24 maschi si eleva a 3481 grammi, e il peso medio delle 25 femmine a 3127 grammi; se si paragonauo rispettivamente aUe medio delle circonferenze maschih e femminih si ha che la circonferenza della testa e al peso del corpo

nei maschi : : 11,2 : 100

nolle femmine : : 12.0 : 100 II Le Bon era arrivato a un risultato contrario alia verita. Quest'errore puo essere avvenuto in buona fede, ma non e da esclu-

(') Bulletlini ciluti p. iOl.

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dere il preconcetto, essendo ben radicato il convincimento sfavore- vole alia donna. Difatti lo stesso errore si e veriflcato per ricerche analoghe ; si e ripetuto piii d' una volta il fatto che Tosservatore abbia concluso a un' inferiorita somatica, che poi un esame migliore ba dimostrato insussistente.

Ho gia altre volte detto come TArdii-Onnis si fosse ingannat-o credendo che il suo indice baro-cubico desse un risultato sfavore- Yole alia donna. Lo stesso Manouvrier spiego il fatto. facendo no- tare che 1' indice cranio-cerebrale(il bai^o-cubico dell'Ardii-Onnis) deve dare per necessita tale risultato per una considerazione di geome- tria, cioe che la superficie del cranio non cresce proporzionalmente al volume ; quindi e naturale che il cranio femminile, essendo piii piccolo del maschile, pesi di piii relativamente alia capacita, senza che cio dipenda da uno spessore osseo maggiore. In realta invec^ il cranio femminile contiene un cervello proporzionalmente piii vo- luminoso che il cranio maschile (.') ; questo e altri caratteri di su- periorita del cranio femminile devono la loro interpretazione al fatto della statura piii piccola (*). Grli stessi caratteri si trovano negh uomini di bassa statura di fronte agli uomini di alta statura, per il fatto notissimo che I'encefalo aumenta in proporzione minore che la statura. Si tratta di correlazioni che non impUcano ne superio- rita ne inferiorita effettive.

La conclusione e che attualmente nella scienza (non neUa folia scientifica), per quanto qualche ritardatario continui a ripetere I'er- rore di Le Bon, qualunque antropologo che sia al correute ha ac- cettato le vedute del Manouvrier intorno alia nessuna inferiorita dell'encefalo femminile quanto al suo peso. Basti citareilDeniker i^). e il Topinard, le cui parole riporto come suggello definitivo. " La femme a done moins de cerveau que I'homme, soit environ 7 pour 100 dans la periode de 20 a 60 ans. Mais eUe est plus petite et pour ce motif doit, toutes choses egales, en avoir 3 pour 100 de moins. Si Ton defalque cette proportion de la premiere, il reste 4: pour 100 impu- table a elle-meme, au role qu'elle joue dans la societe, a ses ele- ments nerveux en rapport avec ses fonctions plus particuMerement de sentiment et non d'action. Cela est d'accord avec le fait etabh par M. Manouvrier que la femme a les parties frontales du crane

{}) Cfr. Pelletier. Sur un uouveau procede pour obwnir 1 ' indice c-bique. Buil. et MAn, de !a Soc. d'Anthrop. de Paris. 190 i, Fasc. i*.

(r) Manonvrier in BuH. de la Soc d'Antrop. de Paris. 1S95, p. 626. (*) Deniker. Le races et les peuples de la terre. Paris 1900, p. iiS.

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plus developpees que les parties parieto-occipitales (') „. Le recenti ricerche del Matiegka anch'esse indirettamente confermano 11 punto di vista fisiologico adottato dal Manouvrier. II Matiegka ha stu- diato r influenza della muscolatura e del sistema scheletrico, indi- pendentemente dal sesso, e ha trovato un peso encefalico minore nel case di muscolatura debole, maggiore iiel caso contrario ; ugual- mente per il sistema scheletrico gracile o forte. Questa differenza e dal Matiegka attribuita a un corrispondente maggiore sviluppo di quelle parti deU'encefalo preposte al funzionamento e al trofismo dell'apparato motorio (^). Trasportando queste conclusioni al sesso femminile, si potrebbe spiegare 11 minore sviluppo in altezza carat- teristico del cranio femminile, e la platicefalia piu frequente nel cranio femminile che nel maschile (^). Quanto al rapporto ponderale fra il cervello e il cervelletto, da cui risulta che la donna ha rela- tivamente un cerveUetto piu pesante che 1' uomo, si puo rispondere che assolutamente e sempre mono sviluppato ; quindi ci possiamo trovare in presenza di un limite fnnzionale, che non consenta una riduzione ulteriore di volume.

In fondo i due sessi si comportano ciascuno in un modo che gli e proprio, e non si puo giudicarh alia stessa stregua. A volersi ostinare nel paragone reciproco si va incontro alle piii evidenti con- traddizioni. E note lo studio di Ferraz de Macedo su mille crani Portoghesi, dal quale risulto che il grade di comphcazione deha sutura sagittale e in generale piu alto nel sesso maschile; e che la sinostosi della sutura sagittale e mono frequente e mono avanzata, in generale, nei diversi period! di eta, nel sesso femminile. " Ecco, dice il Ma- nouvrier (non mi stanchero mai di citare questo iUustre antropo- logo, i cui autorevoli e documentati giudizi in Itaha, non si sa per- che, si finge di ignorare), che secondo le idee correnti ciascun sesso presenterebbe cosi un carattere di superiorita e un carattere d'infe- riorita ; ma io considero come beaucoup trop simpUste cette forme de conclusion (^). Egli crede che il prime fatto potrebbe essere in rap- porto alia maggiore grandezza assoluta del cranio maschile; forse

(') Topinard. L'homme dans la nature. Paris iSOi, p. 214. Anche questa preva- lenza frontale, che si riflette ed 6 constatabile, nel cranio, non 6 certo favorevolo ai sostenitori del- r jnferiorita.

(2) Matiegka. Ueber das Hirngewicht, die Schadelkapacitat und die Kopfforin, sowie deren BezichuDgen zur ps3chisciiea Thatigkeit des Menschen I Ueber das Hirngewicht des Menschen. Silzungsbericht. do- Konigl. bulun, Gesellsch. der Wissensch. in Pra<j. iV02.

(*) Cfr. Gi uflfrida-Ru gger i. Signiflcato cliaico della forma cranica platicefalica e del metopismo. Rivisla sj^crim. d> Frenialria iSi)8, Fasc IlI-lV, p 815.

C) Dictionnaire c!tato, p. 1032.

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specialmente (questa e una mia opinione) in rapporto al maggiore sviluppo in altezza. Quanto al secondo fatto egli lo considera come dipendente dal maggiore sviluppo relative dell'encefalo femminile. Yero e die i simplistes non si sono scoraggiati per cosi poco, e hanno accettato naturalmente il pi'imo fatto favorevole all' uomo, e quanto aH'altro favorevole alia donna hanno messo fuori 1' idea die si trat- tava di uno dei tanti segni d'infantilismo ('). Abbiamo detto inprin- dpio die pensiamo di questo preteso infantilismo, die in realta si riduce a semplid coinddenze o a persistenze utili. Eccezionalmente si osservano (a parte I'infantilismo generale patologico, del quale non d occupiamo), delle persistenze autentidie di caratteri infantili nel- I'adulto, doe veri parziali arresti di sviluppo : cosi la forma penta- gonoide del cranio umano infantile qualclie volta si trova nell'adulto, ma do tanto neli' uomo die nella donna ; lo stesso dicasi della forma infantile dell'apertura nasale (Mingazzini) : sono quelle die io ho chiamato variazioni morfologiche su fondo infantile (^). I wormiani fontanellari, che nello state adulto riproducono spazi fontanellari in- fantili, e rappresentano in un certo sense I'equivalente e la conti- nuazione di uno state infantile (^), sono tutt'altro che caratteristici del cranio femminile. Le imperfezioni imputabih a un circoscritto infantilismo sono dunque ugualmente distribuite fra i due sessi. Tutt'altro e il case concernente la sinostosi delle suture, in cui si ha una differenza di com portamento nei due sessi, per cui tutt'altra dev'essere la spiegazione ; oltre a do tale differenza e normale, e anche per questo non e il case di parlare di un circoscritto arresto di sviluppo, che, secondo me, non bisogna mai far intervenire nei fatti normali ; piuttosto, e do e ben differente, si puo pensare a una persistenza utile. Appunto la spiegazione data dal Manouvrier conforta il nostro mode di vedere, oltre che si accorda con tiitte le altre superiorita relative che dobbiamo riconoscere al cranio fem- minile.

Ne infantilismo, dunque, ne inferiorita somatica, e che il pre- concetto sia una buona volta handito daha scienza.

(1) P i c o z z o. Le suture della volta cranica in rapporto al sesso. Attidella Sociela Rom. di Antropologm. Vol. HI, p. 147. Le conclusioni di questo A. sono state gia da me altra volta criticate. Cfr. Archivio per I'Antrop. e VEtnol. 1H97. Fasc. II, p. 232.

(2) G iu ff rid a-Ruggeri. Variations morphologiques du crane humain. Arclaves d'an- Ihrop. criminelle, n. 94, Lyon 1901.

(3) G iu ffri da-Rugger i. Sul significato delle ossa fontanellari e dei forami parietali e sulla pretesa penuria ossca del cranio umano. Atti della Sociela Rom. di Antropologia. Vol. VII, Fasc. III. In questo la mia opinione 6 opposta a quella di Manouvrier. Cfr. Dictionnaire citato p 1108.

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NOTIZIE

VII'' Congresso Internazionale d'Agricoltura.

Dal 19 al 23 aprile p. v. si terra iu Roma il VII° Congresso Internazionale d'Agricoltura; esso si riailaccia ai precedenti congressi tenuti a Parigi (1889), all'Aja (1891), Bruxelles (1895), Budapest (1896), Losanna (1898), Parigi (1900).

II Congresso si divide in dieci sezioni, tra le quail la 4^ riguarda la Eco- nomia del bestiame (apicultura, avicultura, bachicultura ecc.) e la 7^^ riguarda la Lotta contro iparaHsiti, \a, Patologia vegetale, la Protezione degli animali ut.ili.

Fra i temi e le comunicazioni ne abbiamo notate molte ed interessanti per la Zoologia applicata.

Oltre che a svolgere I'opera loro nelle sedute in Roma, i sigg. Congres- sisti saranno invitati ad escursioni al Fucino, a Cerignola, alle Bonifiche del Ferrarese ed in varie regioni agricole del Mezzogiorno e delle Isole, della Toscana e della Lombardia.

L'iscrizione al Congresso (Tassa lire 20; ed ogni corrispondenza relativa al Congresso stesso, sara diretta all' On. Deputato Edoardo Ottavi, Roma, Camera dei Deputati.

Le Ferrovie e le Societa di Navigazione concedono le facilitazioni e ri- duzioni d'uso.

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MonitoFe Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embrioiogia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRKTTO DAI DOTTORI

GIULIO GHIARUGI EUGENIO FIGALBI

Prof, (li Anatomia umaua Prof, di Anatomia conip. e Zoologia

nel R. Istituto di Studi Super, in Kirenze nella R. Universitii di Fadova

Ufficio di Direzione ed Amministrazione : Istituto Anatomico^ Firenze. 12 numeri all' anno Abbuonamento annuo L. 15.

XIII Anno Firenze, Deeembre 1902 Supplemento

RENDICONTO

DEI.LA

TERZA ASSEMBLEA ORDINARIA E DEL CONVEGNO DELL'UNIONE ZOOLOGICA ITALIANA

IN ROMA (31 Ottobre-3 Novembre 1902)

Ufficio di Presidenza:

Presidente : Emery prof. Carlo - Vice-Preside7iti : Pavesi prof. Ple- tro, Parona prof. Corrado - Segretario-Cassicre: Monticelli prof. Francesco Saverio - Vice-Segretario : Ghigi dott, Ales- sandro.

Comitato ordinatore:

Todaro Senatore prof. Francesco Presidente - Grassi prof. Batti- sta, Luciani prof. Luigi - Pirotta prof. Romualdo - Ver- sari prof. Riccardo - Vinciguerra prof. Decio - Cermenati prof. Mario - Lanzi prof. Matteo - Supino prof. Fe- lice, Segretario.

Venerdi 31 ottobre.

Seduta inaugurale (antimeridiana).

(neH'Aula Magna della R. Universita).

Sono presenti il Prefetto della Provincia di Roma, Cotnm. Colmayer ; I'avv. Trompeo, rappresentante il Municipio di Roma ; il Prof. Blaserna per la R, Accademia dei Lincei ; il Prof. Carruccio, Presidente della Societa Zoo- logica Italiana.

Intervengono all'adunanza gli aderenti al Convegno nuraerosi invitati e molte Signore.

M. Z. Supplemento. I

_ 2 -

II Senatore Todaro, Presidente del Comitato ordinatore, comunica un te- legramma di S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione, impedito d' intervenire alia seduta, e porge il suo saluto ai Soci dell' Unione radunati in Roma, colle seguenti parole :

A nome del Comitate, che mi onoro di presiedere, ed a nome vostro, ehe mi avete eletto, incoraincio dal ringraziare il Capo della Proviacia, il E.ap- presentante del Municipio e il Presidente della Classe delle scienze fisiche e naturali della R. Accademia dei Lincei, venuti ad accrescere con la loro pre- senza la solennita con la quale inauguriamo il uostro Congress©. Do pertanto il benvenuto a voi, i quali, oltre che dalla scienza foste attratti dal nome di questa citta, nella quale siaino riuniti ; poiche Roma, dominatrice del mondo, come signoi-eggio su tutte le manifestazioni del pensiero umano, cosi si pose a capo anche delle scienze naturali.

Senza risalire a Plinio, che, emulando Aristotile, scrisse sopra i tre regni della natura, basta richiamare alia vostra memoria il fatto che i due indirizzi, I'indirizzo sperimentale e 1' indirizzo sistematico, in oggi seguiti dalla nostra scienza, furono per la prima volta stabiliti da' Lincei, i quali ini^iarono la grande rivoluzione scieutifica del secolo XVII, d'oiide e derivato tutto il progresso mo- derno, scientifico e sociale. Furono i Lincei i primi che all'alba del 1600 istitui- rono le esperieuze sopra i fenomeni naturali e che, nel 1651, pubblicarono la Storia degli animali, delle piante e dei minerali del Messico, la quale fa la prima opera di sistematica comparsa nei primordi del rinascimento scienti- fico.

In quest'opera, nella quale i Lincei posero una grandissima cura, e soprat- tutto ammirevole il trattato delle piante, studiate dal celebre botanico Fabio- Colonna ed illustrate dalle tavole fitografiche del principe Federico Cesi. Questi, d' ingegno eletto e di studi universali, aveva pubblicato, fin dal 1625, il libro sopra le Api fApiarium), sul frontespizio del quale sono riprodotte le figure de'vari organi dell'Ape mellifica, che il linceo Francesco Stelluti aveva ritratto dal microscopio. Tale frontespizio rappresenta una tavola, stampata per la prima volta con figure microscopiche ; e pero il vostro Comitato ha voluto ripro- durla nella tessera, quale prezioso ricordo del Cingresso zoologico di Roma.

Ora, qualunque sia 1' indirizzo o la via che si batte nella scienza, raerito principale dei Lincei si fu quello di stabilire che la cognizione umana si acquista, non sillogizzando astrattamente, ma inducendo le cause reali dei fenomeni naturali e provandole con I'esperienza.

I Lincei proclamarono la liberta del pensiero, I'amore del vero, la con- fessione della ignoranza, e per questo furono perseguitati quali innovatori temerari e pericolosi. Ma Federico Cesi, nel suo discorso inaugurale prouun- ciato il 24 dicembio 1603, sprezzando gli ignoranti ed i raaligni, esclamava :

« Che importa che dicano male di noi coloro dai quali sarebbe vergogna I'esser lodati ? Siano pure nostri nemici, poiche noi sdegneremmo di annove- rarli nella nostra amicizia. AU'incontro la purita delle nostre intenzioni, la vita irreprensibile che noi meniamo, I'utiliti degli studi, ai quali non cessia- mo di applicarci indefessamente, debbono assicurarci la stima di tutti i buoni e la riconoscenza dell'etade avvenire ».

E veramente noi dobbiamo riconoscere nei Lincei i nostri progenitori intel- lettuali, i precur.soii della nostra scienza, perciocche il metodo da essi intx-odotto nella ricerca del vero ha servito all' incremento del progresso scientifico non

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interrotto per ben tre secoli. Galileo in il primo che, ricercando le cause reali dei feiioraeni naturali, pose la Fisica nella via speriraentale aperta dai Lincei, nella quale di poi Alfonso Borelli e Marcello Malpighi incamminarono la Medicina e la Biologia.

II Borelli sostenne che le cause dei fenomeni vitali sono jatromeccaniche o fisiche. Second© lui, i fenomeni della nutrizione, e quindi la forma e la na- tura degli esseri viventi ad essa collegate, sarebbero I'eflfetto dell'azione dei vasi sopra i succhi nutrivi. A. prova invoca I'esperimento ordinario dell'inne- sto delle piante, nelle quali, egli dice, i succhi della parte selvatica, passando nei vasi della parte domestica, acquistano altra configurazione e nuova in- dole, similmente alle particelle nutritive sciolte nell'acqua, le quali, passando per le cosiddette fistole delle radici, assumerebbero la forma e I'indole pro- pria della pianta.

Mancava intanto al Borelli un esempio negli animali, e quindi, allorche nel 1661 il Malpighi gli comunicava la scoperta della struttura vescicolare dei polmoni, nei quali insieme all'entrata e all'uscita dell'aria dalle vescicole ha luogo 11 movimento, il Borelli rispondeva subito: « La cosa e di tanta im- portanza che merita di comparire in pubblico ancho se fosse mezzo foglio »; poiche avvisava nella scoperta del Malpighi la conferma negli animali della sua teoria jatromeccanica. Ma mentre per Borelli le cause dei fenomeni vitali sarebbero fisiche soltanto, il Malpighi scopriva ch'esse sono fisiche e chimiche nello stesso tempo; quindi spetta al Malpighi il merito di aver stabilito il principio della meccanica biologica o della biomeccanica, come gii ho avuto occasione di mettere in rilievo. II principio stabilito dal Malpighi fu confer- mato da Lazzaro Spallanzani, il quale, dimostro che le cause fisico-chimiche operano nell'intima trama dei tessuti degli esseri viventi.

Nei nostri tempi Luigi Pasteur, con una lunga serie di esperienze, di- mostro che iu molti processi di trasformazione chiraica interviene 1' azione vitale di esseri inOnitamente piccoli, i microbi. Dopo avere scoperto la dissim- metria molecolare per I'azione dei fermenti organic!, egli trovo che tale azione e dovuta ai microbi, i quali, nel tempo stesso che fissano I'azoto dell' atmo- sfera come e stato dimostrato ultimamente da vari ric^rcatori, disgregano le sostanze organiche degli esseri morti iu modo che esse possono venire uti- lizzate dagli esseri che vivono, assicurando cosi la circolazione della vita. II Pasteur ha provato inoltre che alcuni microbi possono esercitare direttamente sopra gli organismi vivi la loro azione fisico-chimica, per la quale alcuni di essi riescono letali ; ed ha dimostrato poi che alcuni di questi microrganismi raorbigeni, modificandosi spontaneamente col tempo, o artificialmente atte- nuati, possono dare 1' immunita, formulando cosi il principio dell'azione vac- cinante dei virus attenuati.

Esperienze consimili a quelle, che hanno condotto il grande sperimenta- tore francese alia scoperta dell'importanza biologica dei microbi, furono per la prima volta istituite da' Lincei, onde risolvere il problema della genera- zione degli esseri viventi nella putrefazione delle sostanze organiche, espe- rienze che vennero riprese dallo Spallanzani per confutare la teoria della ge- nerazione spontanea, la quale fu definitivamente abbandonata in seguito al metodo rigoroso con cui tali esperienze sono state condotte dal Pasteur.

L'applicazione del metodo sperimentale ha portato, in questi ultimi tempi

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il suo benefice influsso anche alia Sistematica, trasformandola da empirica in scientifica.

II concetto della specie era stato fondato da Linneo sopra i caratteri esterni degli esseri viventi, quando Giorgio Cuvier sostenne che a cio era necessaria I'analisi completa della loro struttura e C. Ernesto von Baer ne rilevo la importanza nello studio dello sviluppo individuate, od ontogenetico come oggi si dice. Intanto Geoffroy Saint-Hilaire, Lamarck e Carlo Darwin dimostrarono che una classificazione naturale degli esseri viventi implica lo sviluppo filogenetico o della specie; avvegnache, como non esistouo individui preformati, cosi non vi sono neppure specie fisse. In natura tutto e divenire, e quindi lo sviluppo della specie e detto anche evoluzione o discendenza.

Tuttavia, dovendosi stabilire le parentele fra gli esseri viventi, bisogna risalire dai discendenti agli ascendenti per ricercare, con procedimento sin- tetico, il valore ed il significato degli organi ; poiche, checche se ne pensi da taluni, i caratteri fondamentali della tassonomia risiedono nella morfologia, la quale e cominciata con lo studio della coraposizione e del significato della testa dei vertebrati.

Nel 1790 Wolfango Goethe scriveva da Venezia alia signora Heider : « Per un singolare ma felice caso. mentre passeggiavo nel cimitero de- gli ebrei, il mio domestico raccoglie il cranio di un animale e me lo porge scherzevolmente, credendo di presentarmi la testa di un ebreo : e senza dub- bio ei mi fa fare un passo di piu nella spiegazione delle forme auimali. Ec- comi posto iniianzi ad una nuova porta, aspettando che la fortuna me ne of- fra la chiave ».

II primo che tento aprire questa porta fu Lorenzo Oken nel 1807 merce la sua celebre teoria vertebrale, secondo la quale il cranio e composto di vertebre raoditicate. Questa teoria domiao per piu di cinquant' anni nella scienza ; ma gli osservatori non furono d' accordo sul numero delle vertebre craniche ; molti ammisero con Oken che esse lossero quattro, alcuni sosten- nero che non erano piu di tre, ed altri portarono a sette il numero loro.

Questa differenza nel modo di contare le vertebre del cranio, dipende dal fatto che i termini di contronto fra le ossa del cranio e quelle della colonna vertebrale non sono corrispondenti : quests derivano tutte dalle vertebre car- tilaginee; quelle, soltanto nella base del cranio provengono da cartilagine, laddove nella volta derivano dal tessuto congiuntivo come ossa di ricuopri mento o dello scheletro esterno. D'altro canto, mentre, alio stadio cartilagineo, la colonna vertebrale continua ad essere divisa in segmenti, essendo la sua una segmentazione primitiva, il cranio, in questo stadio, e tutto di un pezzo (cranio primordiale), e la sua ripartizione in ossa distinte accade secondaria- mente col processo di ossificazione. Per quosti motivi, la teoria vertebrale venne combattuta nel 1864 da E. Tommaso Huxley e nel 1872 Carlo Gegenbaur vi sostitui la teoria segmentale. Con tale teoria il Gegenbaur ha cercato di risolvere per via indiretta o per induzione, servendosi della coraparazione anatomica, il problema posto dal genio di Goethe, ragionando press'a poco nel modo seguente :

Poich6 il corpo dei vertebrati 6 metamerico, tutti i sistemi organici ri- sultano composti di un egual numero di segmenti equivalenti od omodinami detti anche metamere. Nel tronco ogni segmento compx-ende una vertebra avente uu paio di costole, alle quali 6 aunesso un paio di segmenti musco-

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lari, e corrisponde un paio di nervi spinali. II cranio, di data antichissima, si trova invece, nello stadio cartilagineo, fuso tutto in un pezzo, come dianzi si e detto, e non lascia vedere, secondo Gegenbaur, in nessun momento della sua esistenza, i segmenti che lo compongono. Ma siccome, in questo stadio, si possono con tare nella testa gli archi branchiali o viscerali, che, secondo lui, corrisponderebbero alle costole, i segmenti muscolari ed i nervi spi- naliformi, cosi dal numero concorde de' segmenti o metamere di questi si- stemi organici, si potrebbero inierire il numero dei segmenti dello scheletro cranico, che sarebbero nove.

Ma dopo la scoperta delle cavit^ cefalichp fatta dal Balfour, nel 1876, la ricerca dal campo anatomico si e estesa in quello embriologico.

II Balfour scopri negli embrioni dei pescecani che la cavita generale del r-orpo, od il celoma si prolunga nei lati della testa fiuo alia vescicola ocu- lare, e separa il mesoderma in due laraine, somatica e viscerale, come nel tronco. Questa importantissima scoperta prova che la testa b parte integrante del tronco, e conferma quindi 1' idea geniale di Goethe ed Oken. Parve che egli confermasse anche la teoria segmentale del Gegenbaur ; poiche trovo che, in seguito alia formazione delle fessure branchiali, questa parte del celoma si suddivide in caviti secondarie, che chiamo « cavita cefaliche ». Secondo Balfour le caviti cefaliche rappresenterebbero il celoma originario tutto intero, il quale nel tronco si presenta diviso nel celoma secondario, o cavita pleuro-pe- ritoneale interposta fra le lamine latei-ali, e nei loculi dei segmenti meso- dermici della lamina dorsale ; quindi i segmenti, prodotti nel mesoderma della testa dalla branchiomeria, conterrebbero le due parti, ventrale e dorsale, del sacco celomatico e, benche posti ventralmente, corrisponderebbero a' seg- menti della lamina dorsale del tronco. Cosi il Balfour ha tentato di risol- vere embriologicamente nei pescecani il problema della composizione della testa nel senso della teoria del Gegenbaur, secondo la quale, come si e detto dianzi, tutto il corpo e diviso in metamere o segmenti, e quindi gli organi contenuti in ogni segmento, sarebbero rispettivamente equipoUenti.

L'osservazione piu ovvia ci insegna invece che, nel tronco del corpo degli embrioni, e segmentata soltanto la lamina dorsale, e tale segraenta- zione, o mesomeria, e propriety inerente al mesoderma, nel quale e primi- tiva ed attiva. La branchiomeria, che accade ventralmente nel mesoderma della testa, e secondaria e passiva, e non puo essere quindi omodinama alia mesomeria della lamina dorsale del tronco, come ha fatto rilevare F. Ahlborn, il quale ha sostenuto che gli archi viscerali che si formano dai branchiomeri, non possono essere equivalenti alle costole, che derivano dagli sclerotomi e rispettivamente dai segmenti mesodermici.

Adunque la segmentazione propria del mesoderma, anche nella testa, dovr^ essere attiva e spontanea come nel tronco; quindi la branchiomeria, e rispet- tivamente la formazione degli archi, concorre certaraente a farci conoscere la composizione della testa, ma non spiega la sua originaria derivazione ; es- sendo carattere acquisito per adattamento secondario. Lo stesso dicasi dei nervi segmental), che divengono tali per la loro distribuzione negli organi segmen- tali del mesoderma. II midoUo spinale, come tutto il sislema nervoso centrale, non presenta mai carattere metamerico in alcun momento della sua esistenza, come taluni hanno sostenuto.

La scoperta delle cavita cefaliche del Balfour e stata confermata da Milne

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Marshall e dal Van Wijhe. Ma questi duo osservatori dimostrarono che tali cavita corrispondoiio a! celoma secondai'io, posto fra ie due lamine lateral! del tronco ; poiche essi scoprirono le mesomere od i veri segment! mesodermici nella parte dorsale della testa. Avendo Van Wijhe trovato nella testa del- I'embrione del pescecani, vale a dire in quel gruppo di vertebrati che secondo Gegenbaur sarebbe prinaitivo, che i segmenti mesodermici sono in numero di nove, eguali percio al numero dei segmenti cranici stabiliti anatomicamente dal Gegenbaur, e che ciascuno di questi segmenti si divide, come i segmenti mesodermici del tronco, in un segmento muscolare (raiotomo) ed in un seg- mento scheletrico (sclerotomo), sebbene questo assai fugace, parve a tutti che il Van Wijhe avesse dato il fondamento embriologico alia teoria segmentale della testa dei vertebrati.

Questa favorevole opinione venne scossa dalla scoperta fatta da Anton Dohrn di un numero assai maggiore di segmenti mesodermici nella testa degli embrioni degli stessi pescecani, in uno stadio piu precocedisviluppo.il Dohrn ha dimostrato, che dei nove segmenti mesodermici che si trovano nello stadio descritto da Van Wijhe, i cinque anterior! risultano format! da un nu- mero variabile dei segmenti primitivi dello stadio anteriore ; quindi soltanto ! quattro segmenti posteriori della testa sono omodinami ai segmenti meso- dermici del tronco. Questo modo di vedere e stato accolto dallo stesso Gegen- baur, il quale riteneudo che la parte anteriore della testa fosse la piu antica, 1' ha chiamata primaria, ed ha ritenuta come secondaria la regione occipitale.

Ultimamente Max Furbi'inger, a conferma della teoria segmontale, ha pub- blicato un lungo studio anatomocomparativo sopra ! nervi spino-occipitali de' selach! e degli olocefali, e loro morfologia comparata. A suo modo di ve- dere, mentre la regione anteriore della testa, paleocranium, non sarebbe stata ma! segmentata, la regi(me occipitale, neocranium, e composta di metaraere, provenienti dall'estremita anteriore del tronco, che si sono assimilate alia te- sta in due epoche successive, trascinando inuanz! parte del midollo spinale. Percio distingue le vertebre del neocranium in protometamere e auximetamere, e corrispondentemente divide i nervi della regione occipitale in nervi occi- pital! e nervi occipito-spinali.

La teoria segmentale ha servito a far progredire la scienza non meno della teoria vertebrale. Molti lavor! important! sono stati pubblicati, non solo sugl! embrioni dei pescecani, ma di tutti gli altri vertebrati, lavori che hanno messo in campo nuove idee, che la brevity del tempo non mi perraette di svi- luppare ; per cui mi sono ristretto ad esporre la teoria segmentale nei suo! ti-atti fondamentali quale 1' ha tracciata il suo autore e 1' hanno intesa i suo! seguaci. Voglio soltanto aggiungere che le due cavit^ premandibolari, omolo- ghe secondo Baltour, van Wijhe, Hofiman, Kastschenko, Eduardo van Bene den, Oppei, Corning e Dorello alle vescicole celomatiche precordial! delle ascidie e AQWAmphioxus^ sarebbero per Dohrn, Kupflfer, Staderini, e Salvi, tasche branchial! formate da due estroflessioni anteriori dell'intestino ce- falico, cui restano legate da un nordone cellulare. D'altronde ho esposte le due teorie che si riferiscono alia composizione della testa nell'intento di notare che questo problema ha dato origine ad una nuova scienza, la morfologia, che forma la gloria del secolo ora decorso e costituisce il ra- mo piu importante della zoologia scientifica, o almeno quelle che k dato piu frutti. Difatti ! caratteri morfologici, come ho gia detto sopra, sono gli

e'ementi tassonoraici essenziali in una classificazione naturals ; potendosi per essi non solo trovare le parentele fra gli esseri viventi, ma giungere alia ricostruzione di forme originarie scomparse. Come lo stesso Goethe sosten- ne, le differenze di struttura, che si trovano nelle varie specie, si possono ri- condcirre ad una forma tipica, della quale e possibile ricercare le cause che agiscono per differenziarla all' infinito. II Goethe sviluppo questo suo pen- siero nel 1795 in « un disegno di Anatomia comparata partendo dall'osteo- logia »•

Dominato dallo stesso pensiero, nel 1874 Ernesto Haeckel, sul fondamento dei fatti, che vennero a mano a mano discoprendosi nel secolo passato in tutto il campo dell'Embriologia, alia teoria dei « tipi » di Cuvier e Baer sostituiva la < Gastraea- Teoria » innalzata sopra le basi delia filogenia; della quale teo- ria il principle dominante e « la omologia dei foglietti germinativi e dell'in- testino primitivo, ed il successivo differenziameuto dell'asse crociato e del ce- loma ». E. Haeckel spiega le rassomiglianze morfologiche e le differenze tipiche della struttura degli animali, stabilendo il nesso causale fra lo sviluppo degli individui e quelle della specie, ossia fra I'ontogenia e la filogenia, come egli chiama le due parti della storia dello sviluppo. Secondo lui, I'ontogenia es- sendo una breve e fugace ripetizione della filogenia, non avrebbe potuto esi- stere senza di questa, la quale sarebbe la vera causa meccanica dello sviluppo degli individui, dipendente da due grandi funzioni: I'eredit^ Cpropagazione), e I'adattamento (nutrizione).

E pur vero che lo sviluppo della specie e condizione necessaria per lo sviluppo degli individui, ripetendosi in questi, in modo allargato e netto palingenetico ») ovvero abbreviato e falsificato coenogenetico ») i carat- teri degli antenati ; ma in alcuni casi, nello sviluppo individuale, si soppri- mono addirittura i primi stati dello sviluppo filogenetico. Nelle Molgulidi e nelle Salpidi, gli stati gastrulare, celomatico e cordato, non si ripetono nella ontogenia come nelle ascidie; ma la forma del tunicate segue direttamente la segmentazione dell'uovo, sebbene, a causa dell' intervento delle cellule fol- licolari nella formai'.ione del prime abbozzo embrionale, avvengano in questo dei mutamenti, che variano da una specie all'altra.

Nel 1880 ho scoperto nelle salpe che, contemporaneamente alia segmen- tazione dell'uovo la quale accade nel follicolo, proliferano le cellule follico- lari, che si mescolano con le sfere di segmentazione e forraano insieme il primo abbozzo embrionale; pero dimostrai che le cellule follicolari portano il vitello nutritive e spariscono a mano a mano ch'esso si impiega a nutrire le sfere di segmentazione dell'ovo, delle quali derivano gli elementi che com- pongono la labbrica della forma solitaria e della forma aggregata. Adunque si puo affermare che I'ontogenia non ricapitola sempre tutta la filogenia e quindi questa non puo essere la causa efficiente di quella. Trattandosi di mu- tamenti e trasformazioni che avvengono lungo il decorso della filogenia per I'adattamento, vale a dire per cause esterne che agiscono durevolmente e pro- fondamente neU'eccmomia animale in correlazione del ricambio molecolare cu e legata I'esistenza degli organisrai, queste cause sono giusta il principio del Malpighi, fisico-chimiche, e possono, secondo la nuova via battuta da Gu- glielmoRoux e da' suoi seguaci, ricercarsi anche sperimentalmente, non solo nella rigenerazione degli organi, ma pure nello sviluppo ontogenetico e filo genetico degli organism!.

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I caratteri morfologici degli organi e le cause fisico-chimiche che ne de- terminano il variare, donde la continua trasformazione della specie, devono sopralutto interessare le riostre ricerche, con le quali miriamo a scoprire la costituzione, o il raeccanismo raorfologico ed il determinismo biologico degli organismi, vale a dire, il come ed il perche della forma clie presentano gli esseri viventi. Con la morfologia, applicando il processo induttivo fondato sopra I'osservazione dei fenomeni vitali, veniamo a stabilire i principii o le teorie : con la verificazione della esperienza, merce la embriologia sperimen- tale, o la meccanica dello sviluppo degli organismi, ne scopriamo le cause fi- sico-chimiche che ci danno la certezza obbiettiva.

In tal caso credo che si possa aflfermare con Galileo < che la cognizione umana agguaglia la divina nella certezza obbiettiva, poiche arriva a com- prendere la necessita, sopra la quale non par che possa essere sicurezza mag- giore ».

II Presidente dell'Unione prof. Carlo Emery dichiara aperta la terza As- semblea ed il Convegno della Unione Zoologica col discorso che segue :

Signori^

Per la terza volta, I'Unione Zoologica si raduna in assemblea ordinaria. Dopo la turrita e severa Bologna, dopo Napoli ridente, ricca di sole e delle dovizie del suo mare, ora sceglie a sede del suo convegno la Capitals d'lta- lia, Poma immortale.

Percio la nostra adunanza riesce piu solenne delle precedenti, e piu grave per me la preoccupazione della mia pochezza, chiamato alia raia volta a pre- siederla. Vorrete, lo spero, essere indulgenti alle mie parole disadorne.

Gl'illustri Colleghi, i quali mi hanno preceduto nella presidenza della Unione Zoologica hanno svolto con forma leggiadra argomenti tratti dalla storia della zoologia in Italia.

Nel discorso che ora vi ha letto il chiaro senatore Todaro egli vi ha rammentato la benemerenza di naturalisti italiani i quali furono tra i primi pionieri della riforma scientifica moderna. Egli vi ha narrato con parole co- lorite episodi della vita scientifica di quei grandi, vi ha detto della influenza che essi ed altri, italiani e stranieri, ebbero sul progresso delle scienze zoo- logiche.

Non avro dunque bisogno di ripigliare la storia della nostra scienza dai suoi primordi. L'indirizzo della classazione sistematica e quelle dello studio delle manifestazioni attive della vita e del loro fondamento anatomico si ma- nifestarono gi^ fin dai primi tempi, ma il contrasto di questi due indirizzi, il dualismo che separa oggi nelle nostre scuole la zoologia dall'anatomia e dalla fisiologia, e che il nuovo regolamento universitario pur troppo non po- tra far cessare, incomincia con Linneo, non per colpa di questo grande natu- ralista, ma dei suoi seguaci, i quali, piu che lo spirito dei suoi scritti, non privi di pensiero filosofico, ne imitarono la forma arida e monotona, le frasi diagnostiche, spesso oscure nel loro laconismo artiticioso.

Pochi, e fra questi il sommo Spallanzani, continuarono a studiare la vita in tutte le sue manifestazioni morfologiche e fisiologiche, mentre la fabbrica delle nuove specie e dei nuovi generi minacciava d'inaridire la zoologia e la botanica.

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Dal campo degli anatomici e fisiologi, sorse allora una nuova tendenza : quella della filosofia della natura che, mediante ]o studio comparative delle strutture e delle funzioni, cercava il piano recondito della creazioiie, I'ai-che- tipo ideale. Sterile analisi negli uni, fantasticherie sintetiche negli altri. Ne la f usione della sistematica con I'anatoraia per opera del Cuvier usci dal campo dell'alta scienza.

Dal Cuvier, non alieno egli stesso dal fabbricare vaste teorie, ma severis simo critico del pensiero altrui, procede una scuola di semplici ricercatori di nuovi fatti, scuola analitica e sterile, quasi quanto quella dei classatori linneani, prodotto di una reazione delle menti contro le esagerazioni della filosofia della natura. Ma la ragione d'essere di quest'ultima non era cessata: essa rispon- deva ad un bisogno della mente umana che vuole, al dila dei fatti, trovare il nesso che li congiunge insieme.

Gli analisti Cuvieriani raccolsero i materiali per la grande fabbrica, ten- tata innanzi tempo da Lamarck e dai Geoffroy St. Hilaire, e della quale Carlo Darwin doveva essere I'architetto. A questi e ad altri meno illustri precursori dobbiamo il concetto fondamentale dell'evoluzione che informa la biologia moderna.

Con I'avvento dell'evoluzionismo, non e cessato nella scienza il contrasto delle due opposte tendenze. Abbiamo dall'una parte i teorici sognatori, pro- clivi a fioordinare in un quadro disegnato dalla loro imraaginazione i fatti, anche meno certi; dall'altra gli scettici per natura o per proponimento, ai quali pare sicuro soltanto quello che puo essere veduto e toccato, e che, per paura di sbagliare, rinunziano volentieri a conoscere. Sintetici e analisti, intuitivi e critici eccessivi, tra i quali infinite gradazioni intermedie.

Quale tra queste tendenze e la buona ? quale e da preferirsi? Tutte, e nessuna. Tutte, finche sono sincere, finche corrispondano all'indole, alle attitudini natural! e all'educazione del ricercatore. Nessuna, perche tutte sono condannate ad errare, niuno essendo mai sicuro dell'esattezza del suo ragio- naraento, non solo, ma neppure della testimonianza dei propri sensi, soggetti ancora essi ad illusioni.

Ciascuna di esse puo condurre a riconoscere un aspetto del vero, nessuna lo scoprira tutto. Gli analisti troveranno nuovi fatti, sveleranno errori, spia- neranno la via ad una sintesi piu corretta ed efficace ; ma, senza di questa, la correlazioni dei fatti rimarrebbero ignote e mani;herebbe I'ordine, nella congerie delle cose osservate. II valore di ciascuna tendenza, di ciascuna scaola sta nella potenza degl'ingegni che la dirigono o ne seguono la bandiera. Ancorche diretta al falso, ogni ricerca potra servire al progresso della scienza. Non facciamoci dunque proclumatori di ortodossie scientifiche ! Quaranta anni addietro era ortodosso chi credeva alia fissita delle specie, eresiarchi Darwin, Huxley e Wallace. Oggi il darvinismo haeckeliano scomunica "Wei- smann e la sua scuola, e tutti gridano la croce addosso a qualche rinnegato dell'evoluzionismo. Questa e I'intolleranza della folia che non pensa, ma se- gue cieca I'impulso dominante, pronta a jnutare, senza saperno il perche, quando il vento cangi ! Chi, non piu giovane, ha tenuto dietro al cammino della scienza deve riconoscere che I'eresia d'oggi puo essere domani opinione di molti e forse dominante, che percio, fin da ora, merita di esseio rispettata. Ancora da un altro lato sorgono e si mantengono determinati indirizzi nella scienza; voglio dire per infl'ienza di persone e di cose.

M. Z. i>upple,uenlo. Z

-lo- ll metodo descrittivo linneano ebbe tanta fortuna, perche rispondeva al bjsogno di registrare con ordine le innumerevoli forme accumulate nei Musei, e quelle che ricerche piu accurate e lontani viaggi andavano ogni giorno sco- prendo. Lavoro divenuto facile e rimunerativo, non per i boli scienziati, ma ancora, pur troppo, pel dilettanti piu ignari e sciocchi. Questo bisogno dura ancora oggi, anzi, aumenta di giorno in giorno, e la bibliografia puramente sistematica cresce con una velociti che mette spavento.

Cresce piu lentamente la conoscenza della struttura anatomica e della fisiologia degli animali, perche piu difficile, e soprattuto perche non accessi- bile al maggior numero dei dilettanti. Percio stesso, il lavoro 6 piu serio, piu pensato, genei-almente diretto da criteri scieutifici, e non schiettamente e automaticamente empirico e descrittivo.

Da questa superiorita dei lavori anatomic! e fisiologici su molte indige- ste elucubrazioni dei descrittori di nuove specie, il discredito immeritato della zoologia sistematica e dei suoi cultori, I'abbandono, per parte di molti, fra i migliori, di questo ramo importante della zoologia.

Ma in ciascuno dei due rami, e particolarmente in quello anatomo-fisio- logicc quante successive spinte,quanti cangiamenti d'indirizzo, e vorrei dire di moda, allorche nuovi e piu fecondi campi andavano schiudendosi alia ricer- ca, e quando, esauriti questi, pel lavoro facile e prontamente rimunerativo, I'attiviti degli investigator! si portava altrove !

Cosi al perfezionamento del microscopio e all'avvento della dottrina cel- lulare e seguito un periodo in cui chi voleva scoprire cose nuove non aveva che a schiacciare o disgregare tessuti, isolare cellule e fibre, per poi descri- vere quello che vedeva, con fatica certo non maggiore di quella occorrente per illustrare una nuova farfalla o una nuova conchiglia. Si ebbe un periodo istologico, in cui chi aveva qualche dimestichezza col microscopio si credette in dovere di guardare con disprezzo chi si ostinava in ricerche meno sot- tili.

Air influenza dei libri di Haeckel e di Gegenbaur si deve un periodo di pura morfologia filogenetica, in cui si studiarono le forme e strutture degli animali e delle loro parti, senza riguardo al loro funzionamento, per leggervi la storia geneologica di essi, snlla norma della famosa legge biogenetica fonda- mentale. In quel periodo, diverse mode si sono succedute: abbiamo avuto la moda dei primi stadi embrionali, in cui tutti descrivevano segmentazione di uova (specialmente di animali inferiori) e formazione di foglietti; la moda micro- tomica, dovuta ai perfezionamenti del microtomo e all' invenzione dell'inclu- sione a paraffina, e altre minori; come similmente, nel campo degli istologi, avevano regnato successivamente la moda delle iniezioni capillar!, quelle del cloruro d'oro e dell'acido osmico, quella della cariocinesi ecc.

Ciascuno ha incontestabilmente il diritto di cercare il lavoro piu promet- tente di risultati, ma non e giusto che disprezzi chi rimane a spigolare nel campo mietuto, o vaga fuori delle vie battute in cerca di terre vergini.

E percio non ho nulla a rimproverare a quel ritardatar! del periodo isto- logico, i quali scordano spesso che le cellule e le terminazion! nervose, de- scritte da essi, hanno fatto parte di un animale intero; ne ai pur! morfologi, i qua)!, dimentichi delle necessity fisiologiche, o pure prendendo a base delle loro ricerche uno o poch! organ!, immaginano trasformazion! filetiche invero- simili e alberi genealogic! piu o meno fantastic!. La cernita naturale, che

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opera nel campo del pensiero, come in quelle della vita materiale, scernera tra i pi-odotti del lavoro di ciascuno il vero e I'utile dal falso e dal superfluo.

« Biologia » e la parola raagica del giorno ; parola di senso indetermiaato, ma che simboleggia il bisogno di sintesi che quasi tutti sentiamo.

La pura morfologia ci lascia oggi freddi, come cosa morta. Piu che alia semplice successione seriale delle forme, il nostro pensiero si volge al nesso causale che le congiunge tra loro, nell'ontogenesi e nella filogenesi. Quelle forme sono sorte dalla vita, e noi vorreramo intendere come la vita, le abbia prodotte ; vorremmo penetrare il segreto della vita, il mistero della morfo- genesi, nell'individuo e nella specie. Percio, forma e attivita funzionale ci ap- pariscono, ora piu che mai, indissolubilmente collegate tra loro, e noi chiedia- mo all'esperimento quello che ne la dissezione, ne I'analisi microscopica pos- sono rivelarci. E questo il nuovo carapo aurifero, sul quale sono convenuti i pionieri della scienza nuovissima, armati ii tutti i mezzi che i periodi prece- dent! avevano preparati. La vita delle cellule in relazione con le loro strut- ture, le funzioni del tessuli e degli organi elementari, lo sviluppo individuale normale e alterato sperimentalmente sono argoniento preferito della ricerca, la quale, piu d'ogni altra, vuole essere diretta dal ragionamento. Essa ha d'uopo di una base teorica, ispiratrice dell'esperimento, il quale, a sua volta, dovra servire ad appoggiare, e forae a far modificare, o ancora a rovesciare la teoria dalla quale fu suggerito.

Connesso intimamente con questo nuovissimo indirizzo, risorge il vecchio ed attraentissimo ramo della osservazione dei costumi e del modo d'esisteuza degli animali, trascurato dai puri morfologi, e di cui il Reaumur, il Roesel e altri nestori della scienza ci hanno lasciato modelli ammirevoli.

Piu che sezionare cadaveri, noi vogliamo veder vivere e palpitare I'ani- male intero, come i suoi visceri, le sue cellule, le ultime particelle elementari viventi di cui le cellule stesse sono composte. Vogliamo ragionare di queste cose, indagare con la mente I'invisibile, oggetto della^ teoria scientifica che opera la sintesi dei fatti osservati.

Ma perche questa e la tendenza nuova della zoologia, dovremo percio ripudiare e disprezzare ogni altro indirizzo di studt ?

Non I'argomento della ricerca ne fa il valore, bensi il modo in cui essa venne condotta. Qui si rivela la mano del maestro, o meglio la mente che guida quella mano. Ogni scolare di mezzana intelligenza, che abbia pazienza e assiduita, puo compiere una ricerca materiale, ch'essa sia macroscopica o microscopica, istologica, o sistematica o fisiologica, e la fortuna potra arrider- gli con la scoperta di fatti nuovi. A questo punto si fermera I'opera sua, quando non sia diretta dai consigli di un maestro, e quando egli stesso non sia di quelli che la natura ha destinati a divenire a loro volta maestri.

Percio io non conosco indirizzi buoni e cattivi nella zoologia. Tutti gl'in- dirizzi sono buoni, tutti possono condurre al progresso della scienza, purche diretti da una intelligenza che non si fermi al puro e semplice riconoscimento dei fatti, ma sappia interpretarli e valersene, come base di ulteriori indagini. Onoriamo dunque tutte le scuole, tutte le tendenze, anche contrarie alia no- stra, finche in esse troviamo ingegni validi a sostenerle, individualita potenti e originali, spirit! colti e che, d'innanz! alia minuzia della ricerca speciale.

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non diraentichino Tinsieme delle scienze della vita, la relazione che I'argo- raento trattato da essi lia con i grandi problerai.

Pero, se non esiste una scuola buona e una scuola cattiva, esistono lavori buoni e cattivi, lavori interessanti e noiosi, fecondi e sterili. Non basta avere lavorato, bisogna aver saputo lavorare ; essersi accinti all'indagine, preparati da studi preliminari scientifici, che diano al ricercatore 1' intelligenza del problema impreso a sciogliere, da studi tecnici che gli forniscano le risorse ma- teriali necessarie per riuscire. Bisogna che il pensiero abbia preceduto la mano, perche questa possa, a sua volta, soraministrare nuovo alimento al pensiero.

In questo senso, e non in altro, si puo parlare, con ragione, di buona o cattiva scuola, di buono o cattivo indirizzo, nella zoologia, come nelle altre scienze sperimentali e d'osservazione.

Ora, se dalla ricerca scientifica noi passiamo al lavoro scritto o alia co- municazione verbale fatta in una adunanza di cultori della scienza, si affac- ciano alia mente altre considerazioni.

Perche un lavoro riesce interessante, un altro noioso? Perche una let- tura richiama I'attenzione del pubblico e un'altra no? La differenza si deve piu che ad altro, all'avere oppur no I'autore tenuto conto dei riguardi dovuti al lettore o all'ascoltatore della sua prosa.

Si hanno p. es. lavori prolissi, nei quali ogni particolare di un preparato o di un esperienza e minutamente descritto, senza che alcuna indicazione venga a segnalare i punti di maggiore importanza ; lavori che lasciano al lettore la cura e la fatica di fare per conto suo un'aualisi critica, che sarebbe stata compito dell'autore, e di scoprire il nesso logico dei fatti che questi non ha voluto pigliarsi la briga di districare.

Siamo oggi costretti a leggere tanto che non possiamo sprecare il nostro tempo in cose superfine. Se lo ricordino gli scrittori, e siano brevi piu che possano, pure non trascurando le cose essenziali, e scrivano in tale forma che chi non vuole leggere tutto possa facilmente acquistarsi un concetto del- I'insieme o trovare quelle cose che piu lo interessano. Rammentino pure che ai giornaii scientifici non manca materia da pubblicare, e che piu presto e piu volentieri saranno stampati quei lavori che occupino poche pagine, ab- biano poche tavole, e percio costino meno.

Ora, mentre lo scrittore, rivolgendosi al pubblico universale, puo far conto di trovare almeno qualche lettore che lo capisca e s'interessi delle sue ri- cerche, la voce di chi parla non oltrepassa le pareti di una sala, e si rivolge al pubblico piu o meno numeroso che vi sta raccolto. Bisogna percio che I'ora tore si renda conto esattamente della qualita di questo pubblico, del suo grado di cultura generale e speciale, dell'iuteresse che possa provare per la cosa che deve essere esposta, della possibility di far nascere questo interesse, me- diante opportune dilucidazioni preliminari, tavole, projezioni, preparati. Biso- gna pure che I'oratore non abusi della pazienza del pubblico e ragguagli la forma e la durata del suo dire alia quality e all' importanza dell'argomeuto.

Le nostre sedute scientifiche aon saranno molte ne lunghissime; il tempo che potremo dedicare ai nostri lavori e quiudi limitato, e scorrera presto, in quosta Capitalti d'ltalia, per se stessa tanto bella ed interessante. Quanti

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siamo qui, ancorche non venuti a Roma per la prima volta, desideriamo vi- sitare o rivedere qualcosa del monumenti che dicono la grandezza di Roma antica, dei tesori d'arte raccolti in questo centro di due successive civilta, vogliarao osservare i progressi fatti nel riordinamento civile della Roma odierna.

Intendo dire che non ci trasse qui soltante il Convegno zoologico ; siamo venuti ancora, quasi in pellegrinaggio civile, a salutare con riverente amrai- razione, nel foro, nelle basiliche, nei musei, le vestigia di venticinque secoli di storia, a rallegrarci della redenzione di Roma che glorifica in Campo de' Fiori il raartire del libero pensiero, sul Pincio e sul Gianicolo gli eroi della sua liberty, e accogliendo nel Panteon le tombe dei primi Re d' Italia, suggella il patto che la lega per sempre alia patria libera ed unita.

A Roma italiana e moderna, a Roma libera e ospitale porgo il saluto dei cultori delle scienze zoologiche, e dichiaro aperta la terza Assemblea ordi- naria ed ii Convegno della Unione zoologica italiana.

II Presidente Emery, per le benemerenze del Senatore Todaro verso 1' Unione zoologica, propone all'Assemblea di acclamarlo Presidente onorario dell'attuale convegno.

L'assemblea applaude, ma il Prof. Todaro, ringraziando, declina 1' offerta non volendo ancora accettare un posto di ritiro.

II Prof. Grass! tiene poscia una conferenza sulla importanza della Zoologia medica applicata alia igiene ('). Parla dei rapporti fra la medicina e la zoolo- gia, riporta vari esempi e conclude : * Non sappiamo quali sorprese I'av- venire ci riserbi, ma la storia della nostra scienza, insegnandoci come umili cognizioni zoologiche possano aprire la via a scoperte grandiose nel campo medico, impone alia medicina di rendere sempre piu saldi i suoi vincoli con la zoologia ».

Seduta pomendiana

(neH'Anfiteatro dell' Istituto Anatomico).

II Presidente comunica che il Vice-Presidente Prof. Pavesi, e impedito di intervenire all'adunanza, e che si e pure scusato il Segretario Prof. Monti- celli, per un grave lutto di famiglia. Chiede all'Assemblea di essere autoriz- zato ad esprimere al Prof. Monticelii le coudoglianze dell' Unione ; la propo sta e approvata all' unanimita.

II presidente comunica una deliberazione del Consiglio direttivo, concer- nente i sunti delle discussioni, che debbono essere presentati seduta stante, diversamente non verranno inseriti nel Rendiconto.

Da quindi la parola al Prof. Lorenzo Camerano per la conferenza :

Ricerche somatometriche in Zoologia (^j. L'A. dopo aver accennato all' iraportanza grande che ha oggi per tutti i rami delle scienze biologiche la delimitazione piu precisa possibile dei gruppi

(*) II discorso per intiero col titoio " Medici e Zoologin e stato ^nhhWcSiXo ueAla. Rivistad' Italia Fasc. 11, 1902, p. 758-768.

(^) Questa lettura e stata pubblicata per intero uei Bo/'ellino dei Musei di Zool. e Anal. Comp. di Torino, Vol. 17, n. 131, l'J02.

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tassouomici, specie, varietli e all' indeterminatezza che spesso si lamenta nelle diagnosi specifiche dovuta in raassima parte ad uno studio poco precise dei caratteri dogli iudividui die entrano a costituire le specie stesse, passa a parlare dell'importanza dello studio delle misure delle varie parti degli iudi- vidui, del modo migliore di raccogliere questo ordine di dati e di presentarli nei lavori speciografici. Egli ritiene che il metodo migliore sia quelle che concede di esprimere con numeri i risultainenti dell'osservazion e diretta dei caratteri e della loro comparazione.

Espone in seguito le linee principali del cosi detto metodo del coefficente somatico e tratta della sua applicazione in ordine alle diagnosi specifiche e nei suoi rapporti colle ricerche intorno ai fenomeni generali della variability degli animali.

Parla percio dell'applicazione dei metodi matematici agli studi biologici, delle obbiezioni che ci6 solleva e dei vantaggi che la cosa presenta; espone i principii fondamentali del procedimento quantitative statistic© e conchiude il suo dire colle parole seguenti :

« La matematica ha messo nelle mani del biologo un istrumento di ricerca non meno delicate del micrescepio; ma che richiede, come quest' ultimo, mate- riali opportunamente preparati perche pessa dare risultamenti buoni; in altre parole e necessario una tecnica speciale per la elaboraziene del materiale di dati numeric! da sottoporre al calcelo matematico.

« La ricerca di questa tecnica e cempito del bieloge il quale deve mirare a preparare un materiale di dati omogenei. Qui &ta la difficolta piu grande ; a vincerla deve anzitutte essere rivolto le sferzo dei ricercateri.

« L'esservaziene diretta delle variazioni dei caratteri, fatta col sussidio dei metodi quantitativi statistici, condurr^, e lecito sperarle, alia determina- zione delle cause prebabili della variazione stessa : ma sara sempre asso- lutamente necessario verificare mediante ricerche sperimentali dirette, se vi e realmente relazione di causa ed effetto fra esse e le variazioni degli organi e precisare la natura di queste rela- zioni.

« Insisto sepra questo punto, poiche I'intonazione di vari scritti della scuola quantitativo-statistica americana-inglese potrebbe ingenerare in talune I'illusiene che basti applicare il metodo matematico ai fenomeni biologici per averne senz'altre la chiave.

« Ma e tempo eramai che io penga fine al mie dire.

« II tentative mederno di applicare i procedimenti della matematica alio studio delle questieni bielegiche non tende, come da qualcuno venne detto, a trasfermare il biologo in un matematico; ne il matematico in un biologo. Al biologo fornisce un mezzo efficacissimo per esprimere in una maniera precisa i risultamenti delle sue esservazieni, e per spingere piu innanzi 1' analisi dei fatti biologici ; al matematico d^ campo di applicare tutte le delicatezze del calcelo ad una serie nueva di fatti naturali.

< Quando circa un secolo e mezzo fa Lin nee applic6 la sua noraencla- tura binomia e i suoi principii tassenomici alio studio dei viventi diventato confuse per la grande quantita di forme conosciute, la scienza trevo in esse un potente struraento di progresse.

Nei campo della teeria generale dell' evoluzione dei viventi si fa sentire era la necessity di un analoge rinnovamento di metodi di studio.

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« Pii di mezzo secolo di lavoro intense ha accumulato un materiale enorme di osservazioni e di teorie che, cosi come si trova, appare, in vero, confuso di- sordinato e frammentario.

La matematica ci offre coi suoi procedimenti un mezzo per portare in questo materiale un' azione ordinatrice analoga a quella di Linneo: un mezzo, voglii> dire, per eliminare cio che non e utilizzabile, e per elaborare un materiale nuovo che serva realmente al suo scopo ».

Andres aggiunge alcune considerazioni. Accenna che coi metodi quanti- tativi di ricerca si studiano tre categorie di variazioni : le variazioni che si riferiscono alia variabilita delle specie ; le variazioni degli individui durante la cresciuta ; 3o le diversita sessuali secondarie. Premette che egli ha applicato il nietodo quantitativo alio studio di queste ultime e che per queste ha dovuto riconoscere due fatti. L' uno e clie per le differenze ses- suali, i risultati vengono meglio espressi con la curva sigmoidea di Galton anziche colla curva poligonale di Pearson ; che con la curva sigmoidea si possono rendere evident! le diversita sovrapponendo in una sola figura tre curve : una neutra, una maschile ed una femminile. L'altro fatto e che certe modaliti nelle diversita sessuali appaiono evidenti dalla semplice ispezione delle cifre ottenute col metodo somatometrico dei millisomi, senza ricorrere al complicato e lungo trattamento matematico della scuola inglese. Ed a sufiEragio di cio adduce I'esempio di un referto del Dottor Porta nelle sue ricerche sul Carabus auratus e si diffonde ad illustrarlo.

Come conclusicne dice che egli ha acquistato la persuasione che il me- todo somatometrico dei millisomi puo da solo bastare per lo studio delle dif- ferenze sessuali secondarie. E che, persuaso di cio, si e occupato di trovar maniera di agevolare 1' uso del metodo stesso. In tale ordine di idee ha gii suggerito in altre occasion! qualche processo pratico ed ora ne presenta un altro. Esso e un istrumento misuratore (somatometro) (*) col quale le misure degli animali vengono direttamente lette in millisomi.

Andres mostra il suo « Somatometro » ai convenuti.

Emery insiste perche nei lavori di somatoraetria non si trascuri di notare sempre le misure concrete e si cerchi di tenere la rappresentazione mate- matica dei tatti nella forma piu semplice possibile, tale da lasciar chiai-a- mente trasparire la sua base di fatto.

T.I Presidente da quindi la parola ai soci per le

Comunicazioni scientificlie.

Ariola. So7io i cestoidi polizoici '^

L'A. sostiene con argomenti tratti dalla filogenia 6 dalla struttura di questi animali, non potere, come dalla maggioranza dei naturalist! si usa, essere la catena del cestode considerala quale riunioae di individui plurimi in colonia, ma quale animale unico, omologo ad una planaria, e ridotto alia condizione attuale, sotto I'azione del parasitismo.

Grass! osserva quanto sia difficile spiegare il fatto del botriocefalo.

Ariola risponde.

Brunelli fa alcune osservazioni, cui di nuovo replica Ariola.

(•) Descritto nei Bend 1st. Lomb. 1902.

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Addario. SuU'apparente merrhrana limitante della retina ciliare (*).

In un mio lavoro sulla struttura e matrice del vitreo e sull'origine della zonula, apparso di recente sugli Annali italiani d'Oftalmologia (1902), ho di- mostrato che I'epitelio ciliare cosi AqW orhicuhifi come de' process! ciliari non ha la forma cilindrica e rispettivamente poliedrica, finora conosciuta nella scienza, ma possiede invece una forma fasata. In ciascuna cellula epiteliale si puo distinguere una parte piu massiccia diretta verticalmente al tappeto ad una parte piu sottile piegata ad angolo piu o meno ottuso sulla prima o fittamente embricata con quella congenere delle cellule adiacenti. Ho dimo- strato inoltre che la parte embricata di ciascuna cellula in corrispondenza della zona posteriore A&Worhiculus termina in un vero filament© che si scio- glie in fibrille del vitreo; mentre in corrispondenza dei process! ciliari e zona anteriore diQlVorhiculus I'estremita dei singoli elementi cellulari termina in fibrille primitive, che riunendosi in piu costituiscono le fibre zonulari. Ho di mostrato finalmente che la raembrana limitante interna della retina (da altri detta anche jaloide) termina all'o/'a serrata e non si estende in verun modo sulla pars ciliaris retinae,

Questi rapporti di continuita fra epitelio ciliare e fibre del vitreo, fra epi- telio ciliare e zonula, ammessi per la prima volta da C. Rabl (-) ed accennati parzialmente da A. Fischel (^) sono stati da me per il primo largamente dimo- strati per I'occhio erabrionale ed adulto nei vari vertebrati. Ora a questi rap- porti di continuity, che vengono a stabilire un fatto nuovo, cioe la natura ectodermale del vitreo e della zonula, contr&ddice apertamente un reperto anatomico, che si osserva frequentissimamente, voglio dire I'apparente esistenza di una membranella di separazione interposta tra epitelio ciliare e fibre del vitreo e rispettivamente della zonula. Tale reperto, che coincide serapre colla forma (artificiale come vedremo) cilindrica e rispettivamente poliedrica del- I'epitelio ciliare, e conosciutissimo; ed ha tali parvenze di reale struttura da imporsi a prima giunta anche a un osservatore spregiudicato. Ma la forma fusata e strettamente embricata dell'epitelio ciliare spiega, come vedremo, le apparenze, e svela I'errore ritenuto per tanti anni quale verita.

In corrispondenza dell'epitelio ciliare deWorliculus ci 6 dato spesso d'os- servare una membranella fornita di doppio contorno, piu o meno scostata dall'epitelio e decorrente parallelamente alia sua superficie. Nella zona ciliare e specialmente nella parte pieghettata dei processi ciliari detta membranella si presenta disposta a festoni piu o meno serrati e ricovrenti colla loro con. caviti la superficie delle sottostanti cellule. In un materiale non ben fissato, ovvero alquanto bruscamante indurito, detta membranella diviene piu appari- scente, e la sua disposizione ad arcate ed a festoni spicca dipiu, in quanto che essa trovasi piu discostata dall'epitelio. A colui che non si da la pena dj studiare piu da vicino la cosa, tale reperto s' impone come una membrana di separazione, e gli fa sembrare erroneo il mio studio sulla matrice del vitreo e della zonula. Ad evitare cio vale la pena presentarvi queste osservuzioni.

Esamiuiamo I'occhio d'un mammifero o d'un uccello in ottime condizioni di freschezza e ben fissato al sublimate, incluso in celloidina, e le sezioni co-

(') Nota compleine"tare al lavoro dello stesso autore: Sulla struttura e matrice del vitreo ecc. (*) Ueber den Bau und die Eutwicklung der Linse. Zeil. f. Wiss. Zool. 1899. (') Ueber die Regeneration der Linse: Anatom Hefte. H. 44, i90i.

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lorate intensamente colla fucsina aci>la acidalata. Se 1' indurimento e proce- duto con lenta graduazione noi non rinveniamo la inambranella disposta ad arcate ricovrenti I'epitelio. Li dove la sezione e caduta lungo la linea d'orientameuto della parte embricata e filiforme dell'epitelio, si notano i rap- porti di continuita di tali filamanti coUe fibre del vitreo e rispettivamente della zonula da me in altro lavoro descritte. Li dove il taglio e caduto fuori di tale direzione, I'epitelio sembra cilindrico (rispettivamente poliedrico) rico- perto ora da filaraenti lunghissimi ad esso paralleli, ed ora invece sembra bordato da una membranella cha a debole ingrandimento appare omogenea e fornita di doppio contorno. A forte ingrandimento invece detta membra- nella se vista di coltello si presenta costituita da singoli tratti piccolissimi, quasi altrettanti punti disposti in linea ; vista obliquamente a cagione del- I'obliquita del taglio essa apparisce invece rigata, cioe costituita da un grande numero di filamenti, giusta posti e paralleli da costituire una vera lamina fibrillare ricovrente I'epitelio.

Questa disposizione e piu netta 11 dove I'apparente membrana puo ve- dersi in piano dal lato rivolto verso il vitreo, Fra questa disposizione di la- mina fibrillare e quelia menzionata di filamenti lunghissimi paralleli ed adia- centi all'epitelio ciliare si rinvengono le disposizioni piu varie: ora la lamina fibrillare puo apparire costituita da varii tratti embricati piu o meno lungJii, ora da tratti ad arcate. Quest' ultima disposizioue e la piu frequente a rin- venirsi specialmente in corrispondenza de' processi ciliari ed in occhi indu- riti alquanto bruscamente ; essa infatti e servita di base a quasi tutti i ri- cercatori che si sono occupati della struttura della zonula dello Zinn, i quali generalmente hanno ammesso una membrana hmitante sulla retina ciliare. Questa disposizione ad arcate e molto caratteristica, in quanto che queste ora sono lunghe da abbracciare piu cellule, ed ora corte da covrire un solo elemento epiteliale. Le estremiti di ciascuna si possono spesso accompagnare insino al corpo della sottostante cellula di cui fanno parte. E molto istruttivo osservare la grande varieta che puo assumere tale disposizione : spesso le estremiti di varie arcate successive ed equidistanti costituiscono altrettanti prolungamenti cellulari eguali a quelli osservati nella disposizione embricata dell'epitelio. Vi sono de' tratti in cui si notano successivamente tutte le forme di passaggio : dall'epitelio terminante in filamenti sottili, piegati ad angolo ottuso, fittamente embricati e continuantisi colle fibrille del vitreo si passa insensibilmente alia disposizione di filamenti disposti ad arcate ricovrenti un epitelio di forma cilindrica (rispettivamente poliedrica).

Per colui che.tiene innanzi alia mente la disposizione reale di questi ele- menti riesce facile rendersi conto di tutti questi varii aspetti sotto cui si presenta I'apparente membrana limitante dell' epitelio ciliare. L' epitelio, col- pito piu o meno traversalmente alia linea di orientamento della sua parte embricata, deve naturalmente apparire cilindrico (rispettivamente poliedrico) e ricoperto da una lamina fibrillare la quale vien data dai filamenti cellulari sovrastanti colpiti di traverso. L' epitelio che non e stato colpito nella linea d'orientamento de' filamenti cellulari embricati e nemmeno perpendicolarmente a tale direzione, ma in senso piu o meno obliquo a detta linea, ci dari una disposizione mista, cioe filamenti paralleli all' epitelio, interrotti di tanto in tanto da filamenti embricati.

Se a tali condizioni coincide un cerlo raggrinzimento del vitreo (cio che

M. Z, Supplemento. 3

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avviene spessissimo) questo rapporto puo essere alquanto modificato, e si ha )a disposizione ad arcate ccsi ben descritta da Czermak nel suo lavoro della zonula, dove egli ammette la membrana limitante suU'epitelio ciliare.

In un materiale proveniente dalla paraffina le fibbrile zonular! primitive non sono piu a vedere isolate ed e quasi impossibile scovrire I'errore. Che dire poi della continuity, del protoplasma cellulare colle fibrille del vitreo : qaesto rapporto diviene quasi irriconoscibile a f.agione della coagulazione di quest'ultima sostanza.

Adunque quello che nou e se non refietto della direzione della sezione e I'effetto di un certo gi-ado di raggrinzamento del vitreo e della zonula e stato finora ritenuto quale reale rapporto di struttura. Forse se si fosse prima d'oggi conosciuto la reale forma dell' epitelio ciliare, tale errore non sarebbe perdu- rato cosi a lungo.

Addario. Sulla istogenesi del vitreo iielVocchio dei selaci.

In conferma delle mie )"icerche riguardanti la genesi del vitreo nell'oc- chio adulto dei vertebrati (v. lavoro sulla struttura e matrice del vitreo ap- parso negli Annali italiani di Oftalmologia, Pavia, 1902), ho voluto studiare I'istogenesi del vitreo nell'occhio embrionale de' selaci, dove il mesoblasto en- tra tardivamente nella vescicola oculare secundaria. II foglietto distale di tale vescicola verso il suo margine rovesciato si assottiglia per tutta una zona marginale, la quale ventralmente ha una estensione minima cioe e larga quanto tutta la lunghezza della fessura ottica, mentre dorsalmente diviene sempre piu larga. Tale zona marginale, che in un embrione di /S'cJ/ZZzMm lungo 15 mm. e gia costituita da parecchi strati cellulari, nell' ulteriore sviluppo apparisce costituita d'un solo strato cellulare e rappresenta la pars ciliaris retinae, mentre la rimanente parte del foglietto va a costituire la pars optica retinae.

In embrioni piu giovani (9 mm.) la differenza di spessore fra queste due regioni del foglietto distale della v, o. s. non piii si rileva; ma verso il suo margine arrovesciato, e specialmente in corrispondenza della insenatura a cui da luogo il foglietto distale della v. o. s. per piegarsi ad abbracciare il cri- stallino, si nota che il range cellulare piu interno (quello cioe delimitante la cavita del vitreo) presenta una larga zona protoplasmatica sgombra di nuclei. Da tale zona protoplasmatica si partono numerose barbe fibrillari che occu- pano lo spazio esistente dietro la lente cristallina. Queste sono fibrille del vitreo. II mesoblasto intanto e ancora ben lontano dalla fessura ottica ed e ugualmente lontano dal margine arrovesciato della v. o. s.

Le mie osservazioni riguardano embrioni di Scyllium e di Pristiwus. Esse confermano quanto io dimostrai in altro lavoro (sopracitato) riguardante I'oc- chio adulto, cioe che la fibrillatura del vitreo e un prodotto ectodermale e precisamente dell'epitelio non pigmentato della pars ciliaris retinae.

Levi G. Osservazioni sulla differehziazione delle uova degli Anfibi.

Nella differeuziazione delle grandi uova ricche di deutoplasma avvengono, come e noto, complicate modificazioni morfologiche della vescicola germina- tiva, le quali furono ben descritte da Riickert e Giacomini nei Selaci, da Born e Carnoy negli Anflbi, da Holl negli Uccelli. Ma mentre Hiickert e

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Born giusero a risulti perfettamente concordanti, Carnoy e Lebrun in un lungo lavoro combattono le conclusion! di quegli Autori. Essi sostengono che i cordoni di cromatina delle vescicola germinativa, anzicbe mantenersi come entity morfologiche durante tutta la differenziazione dell'uovo, come vuole Born, pur andando incontro a complesse modificazioni, si dissolvereb- bero in una fase precoce dello sviluppo dell'uovo e la loro cromatina si ricom- porrebbe in nucleoli, i quali si disfanno alia lor volta dando origine a figure filamentose svariatissime; queste si dissolvono alia lor volta e la loro croma- tina si ricompone di nuovo in nucleoli, ed il processo si ripete successiva- mente per un gran numero di volte.

II grande interesse che questi fenomeni destano, anche per i problemi d'indole generale che sono loro collegati e la discordauza fra i resultati di due ricercatori deH'autoriti di Born e Carnoy mi spinsero alio studio di tale argomento.

Adoperai metodi di fissazione svariati e ne ebbi il confortante risultato che preparati trattati con liquidi fissatori different! mi diedero figure con cordanti. II processo di maturazione fu da me studiato completamente nella Salamandrina perspicillata, parzialraente nel Geotriton fuscus e iiel Triton tae- niatus. Le cellule sessuali indifferent! (in larve d! Salamandrina di 20-25 mill.) hanno un nucleo povero di cromatina, una membrana nucleare acromatica ed 1-2 gross! nucleoli nucleinici. Al loro primo apparire le cellule sessuali rac- chiudono sfere di deutoplasma, delle quali pero ben presto non si trova piu traccia. Esse si moltiplicano per divisione diretta. Appena avvenuta la differenziazione sessuale, sui caratteri della quale non insistero, perche cio mi porterebbe fuori dal mio argomento, gli ovociti primordial! si moltiplicano per cariocines! ed il nucleo cambia caralteri: il grosso nucleolo delle cellule indif- ferent! e scomparso ed e stato sostituito da piccole masse di cromatina al- lungate o sferiche sparse in mezzo ad un carioplasma scuro. In un periodo successivo si producono nel nucleo fenomeni simili a quelli della profase della cariocines! ; il reticolo carioplasmatico scompare ed il nucleo e invece occu- pato da un gomitolo di filament! cromatici, lisci, fittameute addossati 1' uno all'altro. Da questo momento s' inizia un rapido accrescimento dell'ovocita, i filament! cromatici s'allontanano I'uno dall'altro, s'ispessiscono, si fanno rugosi dapprima e spinosi poi ; contemporaneamente appaiono alia periferia della ve- scicola germinativa piccol! nucleoli, ! quali derivano probabilmente, come af- ferma Carnoy, da frammentazione de! cordoni cromatici. Tali fenomeni si fanno sempre piu spiccati coU'accrescimento dell'ovoota; in uova di 80-100 [j. di diam. ! filament! cromatici sono letteralmente rivestiti da spine le quali hanno la stessa reazione microchimica del cromosoma; in uova di 100150 u. le spine s! risolvono in granuli, i quali circondano come una nube il cromo- soma, mentre la cromatina di quest'ultimo diminuisce. Da questo punto i fe- nomeni che si svolgono nella vescicola germinativa presentano le piu spic- cate diversity ed il loro studio riesce molto difficile. La trasfbrmazione dei cordoni cromatici in una massa di granuli minuti, la quale a piccolo ingran- dimento appare come una nube, quale fu descritta da Born, non e la piu fre- quente nella Salamnndrina] il piu spesso i cordoni cromatici emettono esili filamenti, i quali si diffondono per la vescicola germinativa, cosicche in uova di 450-600 \i. non troviamo che a gran fatica dei resti dei cordoni suddetti ; in seguito i filamenti si fanno sempre piu distinti e si raccolgono nei Ghro-

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matinfadenstrdnge di Born ; sulla trasforraazione dei suddetti in cromosorai i miei risultati non si discostano notevolmente da quelli di CLuell'Autore.

In nessuna fase ho trovato traccia delle figure di risoluzione nucleolare descritte da Carnoy e Lebrun. I nucleoli s'accrescono di pari passo all'ac- crescimento dell'uovo e si colorano intensamente coi colori nucleari; ho osser- vato talora negli scarsi nucleoli emigrati nelle parti centrali della vescicola germinativa una delicata struttura quale la descrive Carnoy.

Luigioni P. Note ed osservazioni sulVAnthypna Carcelii Laporte {romana Duponchel).

Appassionato cultore degli studi entomologici, dedico, da oltre un deceu- nio, le poche ore chn mi i-imangono libere dalle diurne occupazioni d' im- piegato dello Stato, alia ricerca ed alio studio dei coleotteri della mia pro- vincia.

Di parecchie ed interessanti specie raccolte nelle mie numerose escur- sioni, ho fatto oggetto di appunti ed osservazioni che faro note via via nella pubblicazione del mio « Elenco sistematico, » intrapresa nel « Bollettino della Society Entomologica Italiana » (*).

Scopo della mia comunicazione e di far viemmeglio conoscere i costumi e V habitat di uno dei piu caratteristici lambllicorni della provincia romana, cioe deir Anthypna Carcelii.

L' insetto rinvenuto in unico esemplare a Tivoli e nei dintorni del lago di Albano verso il principio dello scorso secolo, fu descritto contempoi-anea- mente dal De Laporte e dal Duponchel, negli Annali della Societa Entomolo- gica di Francia (^).

Fino a pochi anni or sono se ne conobbero i-ari esemplari presi da ento- mologi strauieri e dal dott. Odoardo Pirazzoli che venne piu volte nel Lazio, per raccogliere VAnthypna.

II desiderio vivissimo di rinvenire anch' io tanto rara specie, m'indusse a recarmi in varie epoche nelle localita citate dagli autori sunnorainati ed in altre; desunte da pubblicazioni. Forse perche sceglievo saltuariamente gior- nate poco propizie in epoche precoci o troppo tardive, la fortuna non mi ar- rise, se non dopo varii anni di assidue ricerche.

Finalmente, la localita ove fu da me trovata VAnthypna in discreto nu- mero, e nei Colli Albani, a Marino, e appunto nella selva Ferentina posta al disopra della stazione ferroviaria, selva attraversata dalla via carrozzabile che conduce a Castelgandolfo.

E nelle belle, limpide e calde giornate della fine del maggio e nei primi del giugno, fra le dieci e le dodici antimeridiane, che V Anthypna vola nei luoghi sforniti di alberi o negli spazi piu o meno erbosi dove penetra il sole, e nelle zolle soleggiate ai margini della strada e dei sentieri del bosco.

Nelle giornate nuvolose VAnthypna^ a guisa delle Cicindele, sembra si dilegui ; mentre nelle splendide giornate vola veloce poco alta da terra, e con volo simile a quello delle Apt e dei Bombi, ma soffermaudosi rarameute.

(*) Anno XXX, Triiiiestre III-IV, Firenze, 1898.

(=) Anno 1832, Tomo I, pag. 411; Anno 1833, Toiiio 2, pay. 251.

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Quando ci6 avvieae, osservai che V Anthypiia ha una speciale predilezione per VOrobus vernus, sulle foglie del quale la trovai quasi sempre posata, tanto da far nascere in me la convinzione che tale fosse la sua pianta nutrice.

Questo insetto, come ho accennato altrove, e estremamente vivace ed ha un volo che e quasi un continuo ronzio. La Q, che e rarissima, e molto dif- ferente dal ^ ; benche provvista di ali, non vola, ma sta nascosta in fori che si aprono a livello del terreno. Nel momento della copula, esce dal suo nascondiglio, ed allora solo e dato rinvenirla accoppiata al ^ , mentre corre e si ruzzola con quello fra le foglie secche e le erbe.

E mia convinzione che le larve deWAnthypna vivano nei tronchi in decom- posizione e nei detriti della Castanea vesca; poiche riscontrai che esclusiva- mente nei boschi composti di albero di tale specie, 1' insetto si sviliippa e vola in abbondanza.

La prima Q di Anthypna che rinvenni, fu presso al piede di un vecchio tronco di castagno, in una galleria obliqua, profonda ua venti centiraetri e del diametro poco piu grande del corpo dell' insetto. Nella galleria, come dissi, aprentesi a fior di terra, rinvenni 4 o 5 ^^, intenti a disputarsi la Q^ che si era cacciata nel fondo del foro che trovai ripieno di spoglie di ninte 8 detriti di legno di castagno.

Nelle epoche precitate, variabili piu o meno secondo I'incostanza delle stagioni, le Anthyp7ia appaiono normalmente verso la fine del mese di maggio. In alcune annate pero, e specialmente in quelle nelle quali anche i mesi di aprile e maggio sono freddi e tempestosi, quest' insetti ritardano la loro ap- parizione fin oltre la seconda meta del mese di giugno. E solo allora che si sviluppano in numero stragrande e nei boschi di castagni volano a sciami ; come potei constatare in una fortunata gita fatta quest'anno, il 22 giugno, nei castagneti che si stendono alle falde del monte Calvario (541 m. s. m.), presso Manziana.

Le localita della provincia flomana ove V Anthypna e stata rinvenuta, oltre che a Marino, sono tutti siti boscosi dei monti Laziali (Frascati, Monte Cavo, Ariccia, Nerai ecc.) i dintorni di Bracciano, il Monte Calvario ed i boschi vi- cino al mare a Nettuno.

Fu pure rinvenuta nei dintorni immediati della Capitale, a Monte Mario, nelle macchie di Acquatraversa ed a Villa Corsini sul Grianicolo.

Benche nei cataloghi stranieri V Anthypna Carcelii sia indicata come specie deir Italia meridionale, perche se ne conobbero rari esemplari presi nelle provincie tinitime alia Romana, e benche io sappia che altri ne furono rac- colti nel E,. Parco di Caserta, negli Abruzzi e fin nell'estremo Teramano, tattavia oso ritenere V Anthypiia specie veramente comune e caratteristica della fauna laziale.

Tanto nella descrizione data dal De Laporte, quanto in quella del Du- ponchel, diagnosi fatte sopra unici esemplari, il colorito generale dellMn- thypna e detto essere di un verde metallico a rifiessi di color rame. Dal con- fronto fatto con una serie di centiuaia di esemplari, raccolti in svariate lo- calita, ho potuto invece accertare che il colore predominante e il hronzeo piu o meno scuro con riflessi metallici, che dal verde giunge con sensibili gradazioni fino ad un bel color di rame. Anche il colore per le lamelle delle auteune che e detto essere ferruginoso, non e costante, perche ho trovato vari individui- nei quaii e interamente nerastro.

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JRaramente, fra)nmisti al tipo, ho rivenuto esemplari in cui la tinta pre- dominante e al di sopra totalmente di un bel verde raetallico senza riflessi color di rame, e di un verde piu oscuro al disotto. Oltraccio la granulazione e la pubescenza del torace e delle elitri e sensibilmente piii rimarcata.

Trattandosi di una variazione assai notevole che risalta a prima vista fra gli esemplari tipici, per la differente e speciale colorazione, mi pembra giustificata la istituzione per essa di una varieta, che propongo nominare var. Duponchelii, in ricordo dell'entomologo Duponchel, il quale in oraaggio a Roma voile chiamare romana una delle piu graziose specie di Glafirini, da lui raccolta nel Lazio.

Bentivoglio. Sul valore sistematico delle varieta della specie Platycnemis pefinipes Pall. (Sunto).

Gli entomologi che hanno studiato i pseudoneurotteri hanno creduto ne- cessario distinguere due varieta nella specie Platycnemis pennipes, una detta var. lactea, I'altra var. hilineata.

Gli individui appartenenti alia prima sono caratterizzati dall'avere il ma- schio con addome di colore biancastro con due punti neri alia base del 2", 3*, 4°, e 6" segmento e due linee negli altri, quelli della seconda diversificano dai precedenti per avere I'addome bleu ornato da due linee nere longitudinali in tutti i segmenti.

Sul valore sistematico di queste due var. gli autori pero non sono d' ac- cordo: giacche da alcuno fu (piu o meno vagamente) accennato alia possibi- lita cho i diversi colori dell'adome e la varia forma degli ornamenti dipen- dano dall'eta dei singoli individui, mentre altri invece avrebbe voluto elevare le due var. alia dignity di specie.

Da vari anni mi occupo di raccogliere pseudoneurotteri, ed ho osservato che spesso si trovano individui che non presentano i caratteri tipici di una delle var., ma hanno caratteri intermedi fra le due. Nel 1897 presentai alia Societa dei Naturalisti di Modena una nota, illustrando undici di detti insetti e conclusi < che, piu che a variety, le diverse forme si dovevano considerare come conseguenza del dimorf ismo di stagione che in questi insetti si pre- senterebbe in modo molto spiccato » .

Da allora, per risolvere in raodo certo la questione, cercai di conservare in vita individui che presentassero i caratteri della var. lactea per vedere se col tempo subissero delle modificazioni e quali. Dopo parecchi tentativi in- fruttuosi, perche gli insetti catturati morivano dopo due o tre giorni, nella estate del 1900 potei constatare che in 10 giorni due esemplari avevano su- bite modificazioni tali che dal tipo della var. lactea erano passati quasi per- fettamente a quello della bilineata.

Continuate le osservazioni anche quest'anno, ho accertato che la var. lactea non e altro che lo stadio giovanile, mentre quella detta hilineata corrisponde all'eti adulta ; bisogna quindi cassarle dal numero delle varieta-

Bentivoglio mostra i disegni che si riferiscono alia sua comunicazione.

Russo- A. Sul significato delle idrospire e degli spiracoli dei Blastoidi.

Le idrospire dei Bla.stoidea sono solchi piu meno profondi, situati ai due

lati di ciascun'area interambulacrale, i quali possono essere in numero diverso

secondo le specie: il piu delle volte pero si aprono aU'esteruo con una sola

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apertura piu o meno allungata, come in Orophocrinus o Troostocrinus ovvero piccola e tondeggiante, come in Cryptoschisma o Nucleocrinus. Le aperture del solohi o del tubi in cui i solchi convergono sono chiamate spiracoli.

a- i

Fig. 1. Fig. 1 a r: aperture anale, !e = ]acuna periesofagea, ::: lacune intestinali, i = intestino, p := canale petroso primario, s =: canali secocdarii di orig'ne ectodermica posti in corrispondeuza dei primi e del cordone gen'tale periesofageo sottostante. Fig. 2 Pentremites (Blastoide). i zz spirali posti alia sommita degli interradii, 3 = radio.

La funzione di tali fortnazioni, come il loro valore morfologico, non e stato finoggi ben definite : Billings (1) le credette organi di respirazione e percio ad esse dette il nome di idrospire; Ludwig (2) molti anni or sono osservava che fra le incertezze che si hanno sulla struttura dei Blastoidi poteva dire anche la sua opinione e percio credette che le idrospire e gli spiracoli per la loro posizione fossero omologlii alle borse delle Ophiura. A tale supposizione di Ludwig si associarono Etheridge e Carpenter (3).

Avendo io in questi ultimi anni portato le mie indagini sullo sviluppo

(1) Notes on the structure of the Crinoidea, Cystoidea and Blastoidea: American Journ. of Sc. and Arts. 1870.

(2) Beitrage zur ADatomie der Ophiuren: Zeit. f. -wis. Zoologie, 1878.

(3) Catalogue of the Blastoidea in the Geological Departement of the British Museum, London, 18?6.

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dei Crinoidi, ho potuto osservare alcuni fatti i quali rischiarano molto la tanto dibattuta quistioue. Nella larva di Antedon da poco fissata in un primo raomento si osserva che il poro madreporico primario del canale petroso in- cluso nel tegumento, si oblitera, cosicche in questo stadio I'apparato acquifero forma un sistema perfettaraente chiuso. Nell'ulteriore sviluppo pero la comu- nicazione di questo apparato con resterno si ristabilisce, mediante un tubo che per un'invaginazione ectodermica si forma nel medesimo posto del canale madreporico primitjvo obliterato. Seguendo ancora lo sviluppo della larva, si osserva che, quando incominciano ad apparire le braccia, il cerchio acquifero forma in ciascun tratto interradiale un canale petroso interno il quale si apre nella cavita generale del corpo. In rapporto a tali nuove formazioni ma- dreporiche nella parete corrispondente dell' integumento, sempre per invagi- nazioni dell'ectoderma si formano nuovi tubi che mettono in comunicazione la caviti generale del corpo con I'esterno. In questo stadio nella parete di ciascun interradio e un tubo, di cui 4 sono disposti simmetricamente fra loro, mentre quello dell' interradio anale, come si osserva anche nei Blastodi, e asimmetrico, perche spostato dal passaggio dell'apertura anale sulla superfi- cie orale della larva.

In seguito i canali idroporici ectodermici aumentano di numero, di guisa che la superficie orale del disco di Antedon adulto si mostra quasi tutta cri- vellata.

Avendo accennato alle fasi evolutive dell'apparato madreporico di Antedon, fo subito osservare che senza alcun dubbio le idrospire del Blastoidi sono anche di origine ectodermica, sviluppandosi come approfondamenti della pa- rete del corpo e precisamente di quelle porzioni che sono negli interradii, come nelle larve dei Crinoidi.

Per convincersi di ci6 basti confrontare le figure di Rose, di Etherige e Carpenter, le quali rappresentano sezioni di Blastoidi.

D'altra parte io fo considerare che mentre nelle larve di Antedon, in un primo stadio (stadio di Cistide) si sviluppa una gonade che poi si atrofizza, in uno stadio successivo attorno I'esofago della larva si forma un cordone ge- nitale ; cosicche per alcuni caratteri, come tubi ectodermici, cordone genitale periesofageo, puo dirsi che esso passa alio stadio di Blastoide. In base a tali constatazioni io credo si possa afifermare che in origine le idrospire e gli spiracoli corrispondenti dovevano essere una dipondenza del sistema acqui- fero, mentre in seguito si sono adattati ad altre funzioni, fra cui quella di servire come via di uscita dei prodotti sessuali. Nei Blastoidi, infatti, man- cando le braccia con le pinnule corrispondenti dove, come nei Crinoidi, ma- turano le cellule sessuali dei cordoni genital) che, come si sa, penetrano in quelle, e necessario ammettere che i prodotti sessuali venivano a maturita neU'interno del calice e propriamente nei cordoui genitali periesofogei.

Tali constatazioni rendono anche evidenti le affinity tra i Blastoidi, i Crinoidi e gli Ofiuroidi, i quali sono anche forniti di invaginazioni ectoder- miche interradiali, denominate le borse, nella cui corrispondenza vengono a maturita le cellule sessuali del cordone genitale.

Ghigi A. II nidamento della Tiedemannia neapolitana Van. Ben. II nidamento fu deposto il giorno 10 ottobre, nelle prime ore del pome- riggio, da un esemplare pescato nel golfo di Napoli e favoritomi dal dottor

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Salvatore Lo Bianco per osservarne I'organizzazione : essendo ancora scono- sciuto, ho pensato fame oggetto di una comunicazione all'attuale adunanza dell'Unione Zoologica.

Ha forma di un cordone gelatinoso, piu volte ripiegato su se stesso, a guisa di matassa aggrovigliata in tal raodo da dover rinunziare a qualunque idea di distrigarla, per procedere ad una misurazione diretta della sua lun- ghezza. Tale misurazione e resa difiBcile anclie dal fatto che la massa gelati- nosa ha la propriety di appiccicarsi agli oggetti coi quali venga a contatto, in maniera da rompersi o deformarsi se si voglia cei-care di staccarnela. E dunque difficile dire se il nidamento sia attaccato ad un oggetto in tondo al mare a mezzo di un peduncolo gelatinoso, come accade per altri pteropodi, o se si appiccichi ad un galleggiante qualunque. Quest'ultima ipotesi mi sem- bra piu probabile.

Dai calcoli approssimativi che ho potato fare, risulterebbe una lunghezza totale che pud variare da un metro ad un metro e mezzo.

II colore generale 6 giallo ambraceo, trasparente, ben diverso da quello che si osserva per certi opistobranchi, come Aplysia e Philine, nei quali la colorazione e decisamente opaca. II colore e tuttavia dovuto al solo vitello delle uova, mentre il nidamento e ialino, intensamente colorabile col carmi- nio boracico, coll' emallurae e coll'emacalcio.

E' eccessivamente contrattile : il percorso del cordone gelatinoso conte- nente in serie le uova, compie una doppia spirale allungata. La prima, nel cui passo sono contenute 4 o 5 uova, ha le spire strettamente avvicinate, I'al- tra e a spire piu ample, chiaramente distinte ad occhio nudo, nel cui passo si contano dalle venti alle ventisei uova. La lunghezza del passo della spirale piu ampia misura circa 30 millimetri.

Le uova sono sferiche ; misurano mm. 0,08 a mm. 0,11 di diametro; sono colorate, come ho detto, in giallognolo e sono contenute in una capsula, pure sferica e trasparente del diametro di mm. 0,14 a mm. 0,16.

La capsula aderisce quasi sempre all'uovo in un sol punto : essa e poco resistente ed il contorno chiaramente visibile soltanto a fresco, oppure trat- tando con acqua un pezzo di nidamento gii fissato. I vari fissativi da me adoperati, come alcool, sublimato e subliraato acetico, contraendo in parte la capsula ed in parte la gelatina del nidamento fino al reciproco contatto delle uova, ne confondono il contorno con quello del vitello.

Sopra sezioni trattate col carminio boracico, la capsula si confonde col nidamento ; il suo contorno si avverte in quanto costituisce il limite di una zona incolora intorno al vitello.

Nella Tiedemannia e negli altri pteropodi, dei quali fino ad ora son noti i nidamenti, mancano i bozzoli frequenti invece negli opistobranchi. Ai boz- zoli di questi ritengo corrisponda esattamente la capsula involgente ogni singolo uovo di pteropode : ho potuto almeno constatarne I'assoluta identita di forma e di struttura con quella della Philine aperta, ove trovasi in gene- rale un sol uovo, ma spesso due e qualche volta piu.

Non e il caso di descrivere qui la struttura intima del vitello, di cui gii si occup6 il Fol (*), struttura identica a quella del vitello di parecchie famiglie

(') Sur le d^veloppement des Pteropodes : Coraptes Renaus des stances de TAcadi'mie des Sciences 1875.

M. Z. Suppletnento. 4

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di gasteropodi (Trlnchese) (*). Le mie osservazioni hanno avuto luogo circa due ore dopo la deposizione delle uova: non ho potuto mettere in evidenza nucleo ne raembrana vitellina, anclie adoperando sostanze coloranti decisamente nucleari come I'emallurae. Cio coinciderebbe coiraffermazione del Fol, il quale scrisse che il vitello dei pteropodi, dopo la fecondazioue, e sprovvisto di membrana e di nucleo, il quale apparisce soltanto dopo I'emissione della vescicola diret- trice.

II numero delle uova contenute nel nidaraento ascende a circa 20,000.

Passero adesso in rassegna i pochi nidamenti di pteropodi conosciuti per trarne alcune considerazioni generali.

Kig. 1 . Tratto di nidameuto di Tiedemannia. II contorno delle uova non 6 uniforme per indicare che esse nou sono tutte sullo stesso piano. Le linee punteggiate indicano 11 percorso del cordone mucoso.

Innanzi tutto accennero che gli autori sono concordi nell'ammettere che i pteropodi depongono le loro uova sul far della notte, la qual cosa e con- fermata per la Hyalea tridentata dalla lunga esperienza del cav. Lo Bianco. La Tiedemannia invece depose sul mezzogiorno o poco dopo. E,imarrebbe a stabilire se cio accada normalmente o se la deposizione sia stata affrettata dalle condizioni anorraali dell'ambiente. Forse e piu facile sia stato cosi, per- ch6 I'animale dopo la deposizione mori e le uova che io conservai nel loro eleraento, nou si svilupparono.

Fig. 2. Uovo di T. neapohtana.

Fra i Gimnosomi, il Carazzi (-) descrisse il nidamento del Pneumodermon mediterraneum Van Ben., a forma di sfera mucosa di circa U cm. di diametro,

(^) I prinii niotnenti deU'evoluzione nei mollusohi : Atti della H. Accadeinia dei Liocei, 18S0. O Anat. Anz., XVII Bd., 1900.

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perfettamente trasparente e nella quale sono immerse le uova, ognuna delle quali e circondata da una capsula trasparente. Anclie il vitello e trasparente ed incoloro.

II Knipowitsch nel suo lavoro suUo sviluppo della Clione Umacina (*) dice che questo animale depone le uova in un grosso aramasso gelatinosodi almeno 4 cm. di diametro. Anche qui le uova che misurano un diametro di 0,12 mm., sono circondate da una capsula resistente di forma ovale, il cui asse lungo misura 0,21 mm. ed il corto 0,16.

Fra i Tecosomi, il Lo Bianco nelie sue « Notizie riguardanti specialmente il periodo di maturita sessuale degli animali del golfo di Napoli » (^), descrive il nidamento di Hyalea tridentata Lam. formato da 3 o 4 mucchietti gelatinosi, contenenti uova, riuniti fra loro da un cordoncino della stessa massa, nella quale pure sono contenute uova.

Considerando che il numero dei generi di pteropodi conosciuti e piuttosto ristretto, non posso essere accusato di mania di generalizzare se affermo che si debba considerare come tipico pei Gimnosomi il nidamento sferico e come tipico pei Tecosomi il nidamento allungato o cordiforme.

Fra questi ultimi tuttavia il nidamento dei Cavoliniidae rappresenterebbe uno stadio di passaggio fra quello dei Gimnosomi e quelle dei Cymbulidae.

Vinciguerra. Sulla presenza del Salmo macrostigma, A. Dum. nelle paludi Pontine.

Nelle acque del piccolo laghetto posto presso le rovine della medioevale citta di Ninta, ai piedi dei monti Lepini, e in quelle del fiume Sisto che vl si origina e che dopo avere attraversato le paludi Pontine va a gettarsi in mare a poca distanza da Terracina, vive, piuttosto abbondante, una trota. Gia pel solo fatto della sua esistenza in acque che scorrono ad altitudine cosi poco considerevole, questa trota si distingue da tutte le altre del continente ita- liano e si avvicina a quella di Sardegua che, come ho potuto constatare, %'ive anche a livello del mare.

Questa trota di Sardegna, benche indicata in varii elenchi di animali di quest'isola coi nome di Salmo fario, si distingue bene da questo ed e invece riferibile al ^. macrostigma descritto da A. Dumeril nel 1858 sopra esem- plari del torrente Ned el Abaich, dei monti della Cabilia. La identita di questa trota algerina con quella sarda, ed anche con quella che si trova nei fiumi della regione orientale della Sicilia, fu gia da me affermata nella mia E,ela- zione intorno alia pesca di acqua dolce e di mare in Sicilia (■') e la vidi con piacere recentemente confermata dal Boulanger (''). Di questa forma e sopra- tucto caratteristica la colorazione a grandi macchie nere, delle quali una quasi costante mentesulla regione opercolare.

Altro carattere assegnato dagli autori e quello del piu ristretto numero di appendici piloriche cho nel macrostigma non supererebbero quello di 31.

Questa stessa colorazione si riscontra negli esemplari di Ninfa, nei quali pero il numero delle appendici piloriche puo superare quello assegnato al

0) Biologisches Cenlralblalt, 11 Bd. 1S91.

(=) Milth. Zool. Slat Neapel, 13 Bd., 1899.

(') Boll. Noliz. Agrar., Agosto 1896.

[*) On the occurrence of Halmo macrostigma in Sardinia; Ann. Mag. N. 4. (7) Vol. S, 1901.

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macrostigma avendovene io constatato sino a 37, ma restando per sempre in- feriore a quelle di 38-47 indicate da Giiiither come minimo del suo Salmo fario auso7iii, cui si dovrebbero riferire le trote italiane. Inoltre in tutti gli esemplari di macrontiyma da me esaminati maucano le traccie dei punti rossi che sono sempre piu o meno visibili nei fario, specialmente in quelli provenienti da acque correnti.

Io non oso atfermare che il macrostigma debba effettivamente conside- rarsi come specie distinta del fario, tanto piu sapendo che alcuni ittiologi, come per esempio Io Smitt, non vorrebbero neppure ammettere la differenza specifica fra trota e salmone. Ho ritenuto pero iion scevro di interesse il se- gnalare la presenza di una forma cosi notevole come il *S^. macrostigma in una loealita che sembrerebbe cosi poco atta alia vita delle trote come le pa- bidi Pontine. Questo fatto viene inoltre a costituire una analogia faunistica tra la zona marittima del Lazio e la Sardegna, come la presenza, per esempio, dei Ghamaerops sul monte Circeo ne costituisce una floristica.

Aggiungero da ultimo che Io studio delle forme di trote italiane, pel quale vado da lungo tempo radunando materiale, e reso quasi necessario dal diffon- dersi delle operazioni di ripopolamento dei nostri corsi d'acque con trote, ge- neralmente importate da regioni alpine, talche fra qualche temijo sarebbe im- possibile riconoscere le forme realmente indigene.

Emery osserva che tra le formiche italiane, una forma iieW Aphaetiog aster testaceo-pilosa sottosp. spinosa Emery della Sardegna trovasi a Pisa ed altra affine nel Lazio e nell' Umbria.

Chiappi. Sopra una forma ibrida di Ciprinide esistente nei laghi di Va- rano e Monate.

Nei piccoli laghi di Varano e Monate, appartenenti al bacino del Verbano esiste una forma di Ciprinide, chiamata volgarmente Leppe, forma che presenta alcuni caratteri dello Scardinius erythrophthalmus (L.) ed altri del Leuciscus aula Bp., ma senza che io I'abbia potuta riferire ad alcuna di queste due specie ne ad altre descritte, di cui non ho trovato cenno in alcun lavoro ittiologico e che ritengo ibrida fra le suddette due specie.

Debbo alia cortesia del signer Ing. Besana di Cernobbio il possedere un buon materiale di Ciprinidi di quei due laghi e di altri vicini, che si com- piacque inviare alia R. Stazione di Piscicoltura di Roma.

I Leppe osservati presentano una lunghezza massima (misurata dall'apice del muso al margine dell'ultima squama della linea laterale) compresa tra quella dello Scardinius erythrophthalmus e quella del Leuciscus aula.

L'altezza massima espressa in 360 ""^ e compresa fra gli ^'^/gg^ e '""/ggo della lunghzza massima.

Questo valore e notevolmente minore <li quello che presenta Io S. ery- throphthalmus che varia da ^"^/ggo e "^/seo e quasi eguale a quello del L. aula della stessa loealita che varia da ^^/jgo © ^^/seo

La mandibola sorpassa un pochino in avanti gli intermascellari, ma non quanto nello S. erythrophthalmus.

Lo squarcio della bocca e obliquo ma non quanto in quest'ultimo, pur differendo dal L. aula nel quale esso e quasi diritto.

Si hanno tre serie di squame tra le pinne ventrali e la linea laterale e otto fra questa e la serie impari di squame sul dorso (8-1-3).

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Anche nelle specie originarie al di sopra della linea laterale se ne hanno da 7 a 8 serie e al di sotto da 3 a 4. Tn esse la linea laterale presenta uu numero di squame minore che nei Leppe, nei quali se ne hanno da 43 a 45, (ossia da 5 a 7 in piu).

Le squame per forma e grandezza sono piu somiglianti a quelle del L. aula., avendo i due diametri (longitudinale e trasversale) pressoche eguali, mentre nello S. erythrophthalmus esse sono piu lunghe clie alte.

L'origine della pinna dorsale e un poco indietro alia inserzione delle ven- trali, nello S. erytraphthalmus, invece e molto piu indietro e nei L. aula precisa- mente al di sopra del primo raggio di queste.

L'anale ha origine dietro la perpendicolare abbassata dall'ultimo raggio dorsale non molto diversamente dal L. aula, meutre nello S. erytrophthalmus molto piu indietro.

Essi presentano il ventre dietro le pinne ventrali leggerraente compresso all'orlo, come avvieue nello S. erythrophthalmus ma assai meno spiccatamente.

11 colore dei Leppe e bianco argentioo a riflessi azzurrognoli sul dorso.

I denti faringei sono distintamente seghettati ed uncinati e disposti in due serie in un lato 5 e 3, nell'altro 2 a 3 e 4 a 6, come nello S. erylhrophthalmus, il quale pero presenta costantemente in ambo i lati 5 denti nella serie esterna e 3 nell'interna. Nei L. aula invece sono 5 per lato e in una sola serie.

II numero dei raggi delle pinne e rappresentato nei seguente schema :

Dorsale Pettorali Ventrali Anale

Leppe 'U^% V,5-Vn Vo l''~'j''

S. erythrophthalmus Vg Vie Vit Vs "/lo ^/u

L. aula */g a ^/j^ Vis Vie V9 Vio ^U ^/lo

Eiepilogando : nei Leppe, I'altezza del corpo, la forma e posizione della bocca, la posizione della pinna dorsale, il numero dei raggi delle pinne pari e della dorsale, e direi quasi la fisionomia dell'animale si presentano come ca- ratteri intermedii fra S. erythrophthalmus. e L. aula.

Al contrario i denti faringei e la forma del ventre somigliano piu a quello, mentre il profilo del dorso e la posizione della pinna anale e assolutamente come nei L. aula.

Questa fusione dei caratteri di S. erythrophthalm.us (L.) e L. aula Bp. mi ha convinto trattarsi di un ibrido fra questi due, piuttosto che di una specie particolare. Ne e da stupire che di questo ibrido non sia stato ancora accer- tato la presenza nei laghi Maggiore e di Como, poiche la vastita di questi bacini deve necessai-iamente diminuire la facilita di incontro dello S. ery- throphthalmus con il L. aula.

Prima di decidermi pero a ritenere i Leppe come forma ibrida tra le sud- dette specie mi venne il dub bio che in luogo del L. aula, come una delle spe- cie originarie dei Leppe vi fosse lo Squalius cavedanus Bp., ma esclusi ben presto questa supposizione, perche questo manca nei Lago di Moaate (come mi e stato assicurato dal sig. ing. Besana, persona competente e pratica del luogo) ed anche per differenze troppo notevoli che vi riscontrai.

I Leppe da me studiati presentano organi sessuali normali e prodotti sessuali in via di maturazione, pero non e accertato che essi si riproducano benche cio, pur effettuandosi, non basterebbe ad escludere I'ipotesi che essi siano una forma ibrida, poiche I'ibridismo nei pesci non esclude la possibilitu della riproduzioue per qualche generazione, come e stato gia uotato da alcuni

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ittiologi. L' ibridismo nei Ciprinidi e comunissiino: molte di queste forme fu- rono infatti descritte come specie distinte come il Leuciscus affinis (Cuv. VaL), L. huggenhagii Cuv. Val., L. dolabratus Holdr. Ho creduto di prendere in con- siderazione questa forma perche e raro se non unico il caso di un ibrido di pesci, cosi abbondante in una locacalita da avere avuto anche un norae volgare.

Monticelli e Lo Bianco Su la probabile larva di Aristeus antennatus

Risso. [Legge Ghigi per gli Autori assenti].

II « Puritan » nave con la quale nolla scorsa primavera il sig. F. A. Krupp lia proseguite le pesche pelagiche abissali nel goifo di Napoli, ini- ziate nella primavera del 1901 con il « Maja* (*) pescando col grande « ber- tovellos nelle vicinanze di Capri, raccolse nella rotata 31 (per la quale si fi- larono m. 1300 di cavo) una caratteristica larva misidiforrae di Peneide. Que- sta difierisce da tutte le altre da noi finora studiate nel golfo di Napoli e non puo neppure rifersi ad alcuna delle serie larvali di quelle specie di peneidi, che non ci e riuscito ancora di completare, come le altre {Sicyo?iia, Amalo- penaeus, Solenocera, Penaeus memhranaceus ecc.) delle quali abbiamo data co- municazione nei precedenti convegni di Bologna e di Napoli. (^)

Questa nuova larva misura 10 mm. in lunghezza, e moltoallungataeslanciata e si lascia subito riconoscere per il grande sviluppo del ventaglio codale, che e molto largo ed assai vivamente colorato. Nella fades generale essa, come nel colorito, ricorda molto le larve di P. rnembranaceus ; ma da queste facil- mente si distingue, oltreche per la grandezza e la forma del ventaglio codale, ancbe per molte altre caratteristiche differenziali dai corrispondeiiti stadii misidiformi di P. membra aaceus : fra le quali subito colpisce la eguaglianza delle spine dorsali dei segmenti addominali, che si trovano dal 2-5, e per la piccolezza di quella del 6 segmento, lunghissiraa e forte, invece, in P. mem- branaceus. (^) Lo scudo dorsale e relativamente breve, rispetto alia lunghezza totale del corpo e ricorda, visto dal dorso, nel suo insieme grossolanamente j'aspetto di una tiara : esso ha un rostro, molto largo alia sua origine dallo scudo dorsale, i-obusto e dritto, appena ricurvo in sotto all' apice e molto lungo, che sorpassa il terzo articolo delle antennule raggiungendo la meta circa della lunghezza dei flagelli di queste. Nella sua larga base presenta, dorsalmente, due forti e brevi spine rostrali, e da ciascun lato del rostro si origina, dal margine anteriore dello scudo, una spina che presto si divide in due rami come due cornetti (spina orbitale) : distinta e la spina antennu- lare e bene sviluppata la spina laterale. L' addome presenta, inoltre, molto evident! in tutti i segmenti, e descrescenti in lunghezza dal 1 al 5, le spine ventrali : lunghissima e quella del primo, ricurva, falciforme con punta in sotto ; piu breve della meta circa, e la secouda a cornetto e con punta in alto ; della stessa forma e la terza, ma della seconda assai piii breve; a punta ricurva in sotto, come piccoli artigli, sono la quarta e la quinta. II sesto seg- mento addominale e molto lungo e relativamente esile ; posteriormente al-

(1) Lo Bianco S. Le pesche pelagiche abissali eseguite dal « Maja n nelle vicinanze <\\ Capri: 3IiUh. Z. St. Neapel, 1 :> Brl. I'JOJ.

(2) M 0 n t i c e 11 i F r . S a v . e L o B i a n c o S . Su i peneidi del Golio di Napoli : [Kend. Convegni della U. Z. I. di Bologna (1000) e di Napoli (l^Ol)] : Monil. Zool. Ikil. Anno ,'^ Supp. ed Anno. 12, N. 7-8.

(*J Rend. Con v. Napoli. p :^6.

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qnanto allargato si termina, dorsalmente, in una forie e breve spina adunca, gia ricordata, ed in due robuste e tozze spine laterali e due altre ventrali alquanto piu lungbe : lungo la sua faccia ventrale presenta delle piccole spine, II telson, ristretto alia sua origine dal sesto segmento e della larghezza di questo, si slarga presto gradatamente a ventaglio: il margine posteriore presenta una larga insenatura a V molto aperto, come una forca, e si termina, ai due estremi, in due forti e robuste spine accompagnate esternamente ed internamente da piccole spinuzze cbe rivestono pure tutta I'insenatura sudde- scritta: due acute spine si osservano lungo i suoi margini laterali, nel terzo posteriore. Brevi ed esili rispetto al telson sono gli uropodi molto divaricati fra loro e dal telson; essi nel loro insieme come sono disposti ed inseriti ricordano alia grossa I'aspetto delle ali di un nevrottero.

II corpo della larva 6 semitrasparente : il tubo digerente nei segmenti ad- dorainali traspare di color rosso intenso misto di verde cupo; colorito che si accentua nella regione gastro-epatica, mentre anteriormente ricompare piu viva la colorazione rosso carico della massa del corpo. Di color rosso vivo sono tinti gli articoli terminali delle antennule ed i flagelli di queste, come I'estremo delle squame delle antenne : dello stesso colore si mostrano mac- chiati i peduncoli oculari e le estreraiti delle appendici toraciche (pereiopodi). Altra gradazione di rosso e quella che mista di giallo colora in maniera vi- vace e brillante la base e la forca terminale del telson come Testremit^ degli uropodi.

Alia stessa serie della larva ora descritta, deve riferirsi pure un'altra larva di peneide, assai piu giovane, anche raccolta dal « Puritan* nelle adia- cenze di Capri, pescando col grande bertovello (retata 27; 1200 m. di cavo fi- lato). Questa larva e uno stadio di Zoea nella quale il ventaglio codale non ha raggiunto il suo completo sviluppo. Anche essa molto ricorda stati corri- spondenti della serie di P. membranaceus, ma se ne distingue per la forma dello scudo dorsale e del margine anteriore di questo, nonche per la forma e lunghezza della spina anteriore (rostro) che raggiunge e sorpassa in lunghezza le antennule. Le spine dorsali dei segmenti addominali dal 1-5 sono tutte uguali in lunghezza: manca quella dorsale del 6 segmento gi4 cosi sviluppata nelle corrispondenti zoea di P. membranaceus.

Per esclusione, tenuto conto della lunghezza e dell'aspetto generale del rostro e di altre caratteristiche generale dello stadio misiforme ci sembra di poter concludere che questa nuova serie larvale, ora studiata, sia, con molta probabilita, da riferirsi aAVAristeus antennatus Risso, specie che vive a grandi profondita nel mediterraneo e fa da noi identificata in altra nostra comuni- cazione {Penacus foliaceus = Aristeus antennatus) (*).

Se le ulteriori ricerche ci permetteranno, completando la serie larvale, di ottenere la trasformazione della forma di Mysis in quella adulta potremo, confermando la nostra ipotesi odierna, stabilire cosi anche la serie di sviluppo di un'altra specie di Peneide del Golfo di Napoli, la quinta delle sette forme di questo gruppo finora conosciute del Golfo di Napoli.

(') MoDticelli e Lo Bianco. Rend. Conv. Napoli, loc. cit. p. 36.

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La sera i congressisti si recarono in Campidoglio ad un ricevimento of- ferto dal Municipio di Roma.

Sabato l" Novembre.

Nelle ore antimeridiane i Congressisti si recano a visitare i Monumenti e le Gallerie.

Seduta pomeridiana.

(Anfiteatro dell'Istituto Anatomico)

II Presidente invita il prof. Romualdo Pirotta a fare I'annunziata sua con- ferenza sul tema :

La doppia fecondazione nelle Angiosperme (Metasperme). (').

II Prof. Pirotta comincia col ricordare quale fosse, fino a pochi anni or sono, lo stato delle conoscenze intorno alio studio morfologico del processo della fecondazione nelle Angiosperme o Metasperme, cioe nelle p.ante attual- mente piu evolute. Si ammetteva che il tubo pollinico penetrasse nell'ovulo e arrivasse al sacco embrionale per la strada segnata dal micropilo e dal ca- nale micropilare ; che a raaturanza conteneva due cellule sessuali maschili che venivano versate nel sacco embrionale ; che la costituzione di questo pro- veniva dalla segmentazione di un nucleo primario in modo che a matura- zione il sacco embrionale contiene una triade polare colla oosfera o cellula ovo, una triade antipoda e due nuclei polari che unendosi danno il nucleo secondario del sacco embrionale; che mentre uno degli elementi sessuali ma- schili si unisce alia oosfera fecondandola e dando origine quindi all'embrione, il nucleo secondario del sacco embrionale si segmenta e da origine di regola ^ad un tessuto oraogeneo, I'albume, ricco di materiali nutritizi, il quale presto o tardi pero scorapare, perche riassorbito in seguito a utilizzazione da parte dell'embrione.

Le cose sono alquanto mutate oggidi e per riguardo alia penetrazione del tubo pollinico, e per riguardo alia sorte del secondo elemento sessuale maschile.

Si e infatti trovato che diverso puo essere il percorso del tubo pollinico e che la sua penetrazione puo aver luogo o per I'apice morfologico dell'ovulo (acrogamia) sia esso pervio, cioe fornito di micropilo (porogamia) o impervio cioe senza micropilo (aporogamia), ovvero per la base morfologica dell'ovulo (basigamia) o ancora per un tratto dell'ovulo che stia tra I'apice e la base (mesogamia).

Quasi contemporaneamente poi Nawaschin (1898) e Guignard (1899) sco- privano che il secondo degli elementi sessuali maschili versati dal tubo pol- linico nel sacco embrionale copula e si fonde piu o meno rapidamente coi nu- clei polari, quindi col nucleo secondario del sacco embrionale. Dalla prima unione si ha come prodotto I'embrione, dalla seconda I'albume.

Queste scoperte permetterebbero di fare molte e importanti considera- zioni specialmente mortologiche e filogenetiche ; ma il Prof. Pirotta si limita a trattare un solo punto, che k pero essenziale, il significato cioe dei due processi di unione dei nuclei sessuali maschili.

(*) Riassunto dell'A.

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La teoria esposta da Lemonnier prima della scoperta di Nawaschin e di Guignard, die cioe I'unione dei due nuclei polari fosse da considerarsi un atto sessuale o che quindi I'albume fosse da ritenersi un secondo embrione bench6 modificato, cadde perche insostenibile. Dopo pero la scoperta dell'uf- ficio del secondo elemento sessuale maschile, I'idea di un secondo process© di fecondazione nel sacco embrionale delle Angiosperme torno a presentarsi, appoggiata anche dalle omologie fra gli elementi che copulano e si fondono. Si sostenne dunque che nolle Angiosperme ha luogo una doppia fecondazione con produzione di due embrioni, I'uno normale, I'altro diverso dal normale.

Si e pero obbiottato che nel caso della fecondazione della cellula ovo che dara per efPetto lo sviluppo deU'embrione, due cellule sessuali si uniscono, due nuclei si fondono, il maschile ed il femminile ; mentre, nel caso della fecondazione del nucleo secondario, I'unione si compie fra tre cellule, la fu- sione fra tre nuclei, perche il secondo nucleo maschile o si unisce prima col nucleo polare superiore e poi entrambi si uniscono col nucleo polare inferiore, o si unisce ai due nuclei polari dopo che hanno formato il nucleo seconda- rio del sacco embrionale. Si e quindi chiesto se la doppia e la tripla unione siano da ritenersi entrambi veri atti fecondativi.

II processo della fecondazione, che nella sua essenza e lo stesso nelle piante e negli animali, presenta due momenti essenziali e successivi, cioe unione materiale di elementi organizzati appartenenti alle due cellule geni- trici con conseguente combinazione dei caratteri dei due parenti (fecondazione generativa di alcuni) e 1' insorgere di uno stimolo di accrescimento, venga esso dai centrosomi o dal citoplasma, che da impulso ad uno ulteriore svi- luppo del prodotto dell'unione sessuale.

Ora questi due momenti sono manifesti anche nel caso dell' unione del secondo elemento sessuale maschile col nucleo secondario del sacco embrio- nale, e i due atti essenziali si compiono anche in essa. E' certo che e accom- pagnata da uno stimolo di accrescimento, perche, avvenuta I'unione, il pro- dotto si segmenta molto rapidamente. Ed ha anche luogo la combinazione dei caratteri dei parenti, come ce lo dimostrano le esperienze di De Vries, Cor- rens ed altri, suUe Xenia ad es. iel Mais, ottenendosi incroci e prodotti ibridi con caratteri comuni o misti, tra due forme o varieta che differiscono per i caratteri dell'albume (colore, natura del contenuto), cioe di parti non appar- tenenti all'embrione.

I due processi sembrerebbero dunque corrispondenti. Siccome pero lo svi- luppo del corpo sorto dalla unione dei tre nuclei non d^ luogo alia forma- zione di un embrione normale, che presenti gli stadii dello sviluppo ontoge- netico, bensi ad un albume, che presto o tai-di e consumato dall'embrione che si sviluppa, sorge spontanea la questione del significato che puo avere il terzo nucleo nel processo della seconda fecondazioile. II prof. Pirotta, rias- sunte le diverse opinioni, accenna a questo riguardo ad una possibile analo- gia tra questo fatto e il processo di polispermia osservato in alcuni animali, ed alia possibility che I'albume rappresenti un caso di degenerazione deter- minate appunto dall' intervento del terzo nucleo, il quale forse entrerebbe nel secondo embrione per arrestarne lo sviluppo e per assicurare lo svolgimento del primo.

Conclude che questi problemi importanti per la biologia attendono la loro soluzione non soltanto dall'opera dei botanici, ma anche da quella dei zoologi,

M. Z. Suppleinento. 4

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Grassi lamenta I'assenza di Berlese e domanda alcuni schiarimenti.

Enriques chiede se negli incroci di variety, nei quali mancano i fenoraeni di ibridismo nell'endospernia, manchi anche la pseudofecondazione della se- conda cellula germinale maschile.

Pirotta deplorando egli pure I'assenza di Berlese risponde a Grassi che finora non si e potuto che in pochissimi casi, nelle fanerogarae, fare osserva- zioni ed esperienze di fecondazione entro I'ovulo e nel canale erabrionale. Ad Enriques risponde che finora lo studio accennato fu fatto nel raais e che e stato iniziato pero per altri casi analoghi.

II Presidente da la parola ai socii per la continuazione delle

Comunicazioni scientificlie.

Foa. Std Citoryctes vaccinae.

Espone i risultati di lunghe ricerche eseguite nel lab oratorio del profes- sor Grassi, sotto la sua direzione, intorno alia natura dei Citoryctes vaccinae. Conchiude che tali corpuscoli, per le loro proprieta non possono ritenersi es- sere vivi.

Monti osserva che la comunicazioue della signorina Foa ha fatto conoscere dei fatti nuovi molto interessanti in se stessi per la spiegazione delle altera- zioni prodotte dal vaccino. Bileva tutta la portata di queste ricerche, ma non crede che dalle medesime si possa concludere negando la natura parassitaria dei corpuscoli del Guarnieri. Ha avuto occasione dieci anni fa di studiare dette formazioni specialmente nel vaiuolo umano e nella cornea di coniglio iniettata con quello. Nei corpuscoli endocellulari si puo ravvisare un nucleo centrale colorabile in verde (liq. Biondi) ed un alone periferico colorato in rosso: con I'ematossilina ferrica e la f'ucsina acida si puo avere nucleo az- zurro e alone rosso.

Inoltre in taluni elementi si possono trovare delle forme a rosetta, che non si possono altrimenti spiegare che come forme in via di segraentazione. Sono forme assai piccole, ma estremamente regolari, suUe quali richiama la attenzione della signorina Foa. II fatto dimostrato dalla signorina Foa della resistenza del « virus » nel materiale profondamente alterato con I'essicamen- to ecc. ecc, e molto interessante ma non basta ad accertare che i Citoryctes non danno forme cistiche e percio non sieno parassiti. Forse le forme dure- voli dei Citoryctes sono rare e non dimostrabili cogli attuali metodi di ricei'ca, come non lo sono quelle dei bacilli tubercolari nei tubercoli anatomici.

La questione pertanto ha fatto un passo innanzi, ma non e per I'oratore definitivamente risolta.

Grassi, o con esso la Foa, ritengono che se certe figure fanno pensare ad un essere risultante di nucleo e protoplasma, molte altre dimostrano che que- sta ipotesi non e accettabile. Essi escludono la formazione di spore durature, avendo seguito passo per passo il destino dei Citoryctes nei materiali in cui sopravvivono. Essi hanno cercato molte volte le figure regolari a rosetta de- scritte dal Monti nel 1892, ma non le hanno ritrovate. Vedranno molto vo- lentieri il preparato del Monti in proposito per meglio intendersi.

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Marucci. Nota preliminare sugli Idracoidi del lago di Gnstel Gandolfo.

Nelle ricerche fatte per la conoscenza degli Acari italiani le forme piu trascurate sono state quelle appartenenti alia famiglia degli Idracnidi. Infatti nell'opera del Berlese e nella monogralia del Canestrini sono indicati pochi generi con poche specie. II progredire delle ricerche limnologiche nou ha por- tato sinora aumento alia conoscenza di questa famiglia, poiche le specie che vi appartengono non sono pelagiche e solo il ben conosciuto Atax crassipes,, Miiller si ritrova nei laghi a qualche distanza dalla sponda, ma deve essere ascritto a quelle forme che Pave si ha chiamato tico pelagic he. D'altro canto le specie d'Idracnidi conosciute di altri paesi sono numerosissime ed anche dopo la pubblicazione della classica monografia del Piersig sugli Idracnidi della Germania se ne descrivono ogni giorno nuove specie per opera dello stesso Piersig, del Kramer, del Koenike e di altri acarologi tedeschi.

In tanta abbondanza di forme mi sembrava impossibile che solo in Italia esse avessero ad essere in numero cosi limitato e pero dietro il consiglio del prof. Vinciguerra mi sono deciso a ricercarle nei laghi della provincia ro- mana, dove sinora non era indicato che il solito Atax crassipes Miiller per il lago di Castel G-andolfo da Pavesi, per quello di Nemi da Rizzardi e per quello di Bracciano da Losito. Le mie indagini non riuscirono infruttuose perche malgrado esse siano incominciate da pochi mesi ho gik potuto costa- tare la presenza di parecchie specie riferibiii ai generi Atax Bruzelius, Co- cleophorus Piersig, Gurvipes Koenike e Limnesia C. L. Koch.

Le specie che ho potuto determinare sono:

Atax crassipes Miiller, conosciuto per tutto il continente europeo :

Cocleophorus deltoides Piersig, caratterizzato dall'avere numerose piccolo ventose nelle piastre genitali (35-45J con due piu grandi ai bordi esterni; co- nosciuto solo per la Germania e a mio avviso non ancora rinvenutq in Italia *

Gurvipes controversus Piersig, caratterizzato dall'avere i palpi piu spessi del primo paio di zampe : I'articolo a falce dell'ultimo paio di piedi con 5 lun- ghe setole all'estremita curva distale allungata: ciascuna piastra genitale con 10 o 15 ventose ; noto per la Germania :

Gurvipes rotundus Kramer, di cui trovai solo una femmina, caratterizzata questa dall'avere il seno della piastra genitale rivolto internamente con 3 ventose liberamente incluse nella pelle. Distribuzione geografica : Germania (Kramer e Koenike) Svezia (Neumann), Francia (Barrois e Moniez), Finlandia (Nordquist') e Svizzera (Steck):

Limnesia histrionica Hermann, caratterizzata dall'avere i palpi piii robu- sti del primo paio di zampe e i zaffi del lato curvo del secondo articolo di palpi con punta chitinosa i-ivolta obbliquamente avanti. Essa e stata dagli o.s- servatori rinvenuta in Francia, Germania, Svezia, Svizzera, Russia meridio- nale. Di questo genere sarebbe stata trovata in Italia dal Berlese la spe- cie fulgida nell'agro padovano e insieme con essa parecchie forme di Arre- nurus e qualche Nesaea.

Borsieri. La forma giovanile del Centrolophus pompilus (Cuv. Val,).

Fra il ricco materiale ittiologico pervenuto alia Stazione di Piscicoltura di Eoma, vi sono numerose forme giovanili di alcune delle quali ho intra- preso lo studio.

Per ora pero mi pare opportune fare menzione di due giovanissimi indi-

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vidui evidentemente riferibili al gruppo degli Scomberoidi, i quali a prima vista presentavano una grande affinita con i Nmiderus, che come e noto per gli studii di Grill e di Liitken sono le forme giovanili del Naucrates.

Ho passato in rivista le diverse famiglie in cui viene attualmente sud- diviso il gruppo degli Scomberoidi e mi sono convinta che questi individui sieno le forme giovanili di uno Stromateide che ho cercato di determinare servendomi specialmente della recentissiraa revisione dei pesci di questa fa- miglia pubblicata nel settembre di quest' anno dal sig. Tate Regan negli « Annals and Magazine of Natural History ».

II maggiore degli individui da me esaminati misura mm. 27 ^/g (con la codale) e 20 ^jz senza. L'altro piu piccolo misura mm. 21 '/^ con la codale e 15 */., senza. In entrambi I'altezza del corpo corrisponde alia lunghezza della testa, la quale e compresa nella lunghezza totale 3 volte e '/j.

II muso e ottuso ed e lungo presso a poco come 1' occhio, il cui diame- tro e compreso 3 volte nella lunghezza della testa.

La dorsale presenta 40 raggi tutti molli, senza alcuna traccia di spinette anteriori, i primi sono piccolissimi e van)io aumentando in lunghezza fino al 15°, donde proseguono quasi uguali fino all'estremita della pinna.

L' anale consta di 25 raggi analoghi a quelli della dorsale, le pettorali sono alquanto piu lunghe delle ventrali.

Non esiste traccia di squame. La linea laterale e appena accennata, ma un po' piu nella regione posteriore, ove si scorge che essa corre diritta in cor- rispondenza della meta del corpo.

II corpo presenta quattro fascie trasversali scure, la prima in corrispon- denza della regione opercolare, la seconda (assai ravvicinata a questa e nel- I'esemplare piu piccolo, quasi completamente fusa insieme) in corrispondenza della pettorale, la terza in corrispondenza della meta posteriore della dorsale e dell' anale e finalmente la quarta trovasi alia radice della codale.

Questi esemplari non potrebbero riferirsi che ai generi Centrolophus e Lirus, come e dimostrato anche dalTandamento per quanto poco accen- nato della linea laterale.

Secondo il lavoro gii ricordato di Tate Regan il geuere Centrolophus non comprenderebbe che una sola specie mediterranea, il Centrolophus pom- pilus C. V. (che secondo Jordan ed Evermann dovrebbe chiamarsi piii correttamente Centrolophus niger Gmelin), poiche le altre specie del nostro mare riferite a questo genere e ridotte ora a tre {ovalii C. V. Valenciennesi Moreau rotundicauda Costa) devono esserne separate, formando insieme con lo Schedophilus medusophagiis, il genere Lirus.

I caratteri dififerenziali tra questi 2 generi consistono :

I. nella forma del corpo che nel Centrolophus e molto piu allungata che nel Lirus.

II. nell' essere il raascellare quasi nascosto sotto il preorbitale nel Centrolophus e piu o meno scoperto nel Lirus.

III. nella presenza di alcune piccole spinette anteriormente alia dor- sale nel Lirus, assenti nel Centrolophus.

Notasi inoltre una differenza aache nel nuraero dei raggi molli della dorsale e della anale tra i Lirwi nostrani ed il Centrolophus pompilus.

II Lirus medusophagus ha :

D. IV 4146 A. III. 24-27.

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Lirus ovalis :

D. Vl-VII 29-33 A. III. 21-'24.

Lirus Valenciennesi :

D. VIII 21 A. III. 16.

Lirus rotundicauda :

D. VIII 28 A. III. 18,

mentre nel Centrolophus j^ompiius si ha:

D. 40 e A. 25

come appunto e stato da me osservato in questi esemplari.

Anche nelle pettorali notasi una difFerenza, poiche nei giovani esemplari di Lirus medusophagns (che potrebbe e.ssere la specie cui piu facilmente si sarebbero pobuto riferire gli esemplari da me esaminati) descritti da Tate Regan, lunghi 35 mm., esse sono piu brevi delle ventrali, mentre negli esem- plari da me studiati avviene precisamente il contrario.

Concludo quindi che, raalgrado la diversa colorazione e qualche piccola dif- ferenza nelle proporzioni (dipendenti evidentemente dall'eta) questi individui debbano ritenersi come la forma giovanile del Centrolophus pompilus, finora non ancora mai stata descritta.

Lepri. Nota preliminare sopra una forma cieca di Asellus.

Occupandomi, nel laboratorio della R. Stazione di piscicoltura in Roma, dello studio dei crostacei edrioftalmi della nostra regione, in mezzo a molti Asellus aquaticus L. pescati nella palude di Fiumicino, alle foci del Tevere, no- tai taluni individui che per varii caratteri ricordavano i crostacei viventi nelle acque profonde o sotterranee. Manca in tali individui il pigmento colorante e si presentano di color bianco paglierino, di una lucentezza quasi argentea nel mezzo del corpo, semitrasparenti ai margini, alle zampe, alle antenne ; il ca- nale digerente, quando contiene materiale nutritizio spicca in bruno. Gl'inte- gumenti presentano minor resistenza che non negli individui normali.

Ma cio che avvicina piu di tutto questi Asellus alle forme sotteranee o cavernicole e la mancanza di organi visivi.

Gli occhi che ubW Asellus aquaticus L. norraale sono ben evidenti pel pig- mento nero da cui sono avvolti, qui mancano del tutto.

Non ne ho trovato traccia trattando la testa di parecchi esemplari, pre- via abrasione di tutti i pezzi boccali, con una soluzione diluita di potassa ; mentre con il medesimo processo che toglie tutto il pigmento nero, negli in- dividui normali, risultano evidentissimi i singoli ocelli ; e neanche ne ho tro- vato traccia, alraeno rudimentale, con un accurato esame microscopico : credo quindi poter affermare che siano completamente ciechi.

Per gli altri caratteri poco si discostano dal tipo normale : mi sembrano che presentino dimensioni un poco minori, ma non ho avuto a mia disposi- zione un numero sufficiente di individui per dare dati nuraerici precisi, in proposito.

Ho creduto riferirli alia specie Asellus acquaticus L.

Infatti non era il caso di ascriverlo all'^. cavaticus Schn. perche questi oltre presentare dimensioni molto minori ^BWaquaticus e antenne molto piu brevi, ha i margini del corpo paralleli ed il telson quasi discoidale non gros- solanamente tricuspidato ; e nemmeno all'affine Asellus Forelii Blanc rinve nuto dal Blanc nel Lago di Ginevra a grandi profonditi, perche questa spe-

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cie pochissimo si discosta dal cavaticus. Lo Schneider, nei pozzi profondi di Freiberg trovo un Asellus di colorito chiarissimo, con apparato visivo ridotto, del rimanente molto simile all'^. aquaticus di cui ne fece una variety chia- mando A, aquaticus var. Fribergensis Schn.

Gli individui che ho trovato a Fiumicino mentre per ie forme generali e per le dimensioni sembrerebbero intermedii tra 1'^. aquaticus tipico e la va- rieta Fribergensis Schn., per la mancanza totale di occhi si avvicinerebbero piuttosto al cavaticus ed al Forelii. Noto ancora che piu di una volta ho pe- scato individui accoppiati di cui uno apparteneva alia forma normale, I'altro alia cieca.

Ma su questo fatto intendo proseguire le mie indagiui.

Tanto il Dolfus che il Sars hanno rinvenuto Asellus privi di pigmento colorante, ma nessuno dei due ha mai osservato mancanza o riduzione nel- I'apparato visivo.

II fenomeno della presenza di crostacei con caratteri inerenti alia vita in acque profonde o sotterranee, in acque superficiali non e nuovo. II Garbini nei suoi « Appunti di carcinologia Veronese » dice di aver trovato in acque superficiali gamm.arini ciechi e individui intermedii tra la forma cieca e la oculata.

Higuardo alio spiegare questo fenomeno secondo me si puo pensare cho questi individui siano stati trasportati dalle acque sotterranee in acque su- perficiali : nei caso di cui mi sono occupato cio potrebbe essere avvenuto per opera del Tevere che nelle sue alluvioni si espande per tutta la palude di Fiumiciuo, ed e facile, benche a me personalmente non consti, che in qualche punto del suo percorso le sue acque comunichino con quelle di qualche ca- verna.

Emery rileva I'importanza del fatto dell'accoppiamento di individui ocu- lati e ciechi e I'interesse che ofirirebbe I'esame della prole che potesse na- scere da tali coppie.

Benetti. Bicerche hiologiclie sui Bombi.

Le mie ricerche furono fatte nei gabinetto del prof. Grassi, dal quale mi sono state suggerite.

Mancava un' esperienza decisiva per dimostrare se nei bombi si verificasse il fenomeno della pai'tenogenesi come nelle api, bisognava cioe accertare in modo assoluto se femmiue non fecondate deponessero uova dalle quali uscis- sero solo maschi.

A questo scopo nei mese di agosto io condussi delle esperienze sa tre nidi di Bombus silvarum.

Due di questi nidi furono da me trasportati dalla campagna in un giar- dino, ove trovarono un ambiente cosi favorevole, che le colonie non si di- spersero.

Lasciai il terzo nido in campagna, approfittando della circostanza, cho affiorava il terreno.

Tolsi da ciascun nido la regina, tolsi pure colla raassima diligenza tutti i cumuli di larve e di uova ; lasciai solo i vecchi bozzoli aperti e qualcuno ancora cbiuso, alio scopo di affezionare le operaie al nido.

Dopo venti giorni esaminai i due primi nidi, in entrambi riscontrai lo Stesso fatto: la vecr.hia costruzione del nido era stata abbandonata, sopra

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questa ne sorgeva una nuova, costituita di cumuli di larve e di uova e di un certo numero di bozzoli, i quali colla loro nitiia tinta giallo-cremes, evi- dentemente mostravano di essere stati di recente intessuti.

Presi uno di questi due nidi in cattiviti, cosi ])otei vedere che dai nume- rosi bozzoli uscivano individui che, esamiuati, riconobbi tutti per maschi.

Ci-edendo oppoi-tuno seguire non solo I'esito della prima deposizione di uova, ma anche delle successive, posi il secondo dei due suddetti nidi in campagna (1), perche la colonia continuasse ad aliraentare le larve.

Scelsi un campo ricco di labiate ; tenenio conto dell'esperienza gi& fatta, secondo la quale, perche le colonie di questa specie di Bombi non si disper- dano, e necessaria vicino ai nidi la presenza dei fiori, di cui si nutrono.

Dopo quindici giorni constatai che le larve, che io avevo trovato nel nido al primo esanie, avevano gia intessuti i loro bozzoli.

Cinque dei bozzoli derivati dalla prima deposizione di uova, erano aperti, d'altra parte la colonia si era arricchita di cinque maschi, i quali colla loro peluria ancora grigiastra, mostravano di essere da poco visciti dai rispettivi bozzoli.

Avendo trasportato questo nido in casa osservai clie da ciascun bozzolo usciva sempre un maschio.

Dopo circa un mese dai giorno in cui avevo tolta la regina, scoprii il terzo nido lasciato in campagna e anche in questo osservai numerosi bozzoli freschi, cumuli di larve e di uova.

Non v' era dubbio che i bozzoli, le larve e le uova non provenissero dalle operaie.

Dai bozzoli vidi costantemente uscire maschi.

Tentai un allevamento artificiale delle larve trovate nel nido, nutrendole di miele e farina di granturco.

Ottenni solo che le larve, intessuto il loro bozzolo, si trasformassero in ninfe, ch' io riconobbi essere di maschi.

Conservai le operaie di ciascun nido alio scopo di osservare se la sper- mateca di ciascuna fosse priva o no di spermatozoi.

Esaminai a fresco la sperraateca di tutte le operaie di una delle tre co- lonie, e sempre la trovai priva di ogni traccia di spermatozoi.

Conservai le operaie di una delle altre due colonie alio scopo di esaminarle per mezzo delle sezioni.

Nel settembre e nell'ottobre io prosegui le mie ricerche su sei nidi di Bombus sUvarum, e trovai questi fatti intoressanti

Cinque di questi nidi erano senza regina e presentavano ciascuno nume- rosi bozzoli, dai quali non uscivano che maschi.

Nel sesto nido trovai in grande maggioranza ninte femmine; ma questo fatto in opposizione con gli altri, mi veniva spiegato dalla sopravvivenza della regina, eccezionale, dato il tempo in cui fu preso il nido (20 ottobre).

I nidi del settembre, contenenti numerosi bozzoli con ninfe di maschi, quando furono da me presi, o non avevano affatto maschi alio stato d'ima- gine o in scarsissimo numero.

Difatti i maschi da me visti uscire dai bozzoli nel luglio e sempre piu

(1) Avendo in questo tempo cambiato dimora, non potevo pid usufruire del suddetto giardino.

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raramente nelle prime settiraane d'agosto, a settembre si potevano conside- rare quasi interamente scomparsi, data la brevita della loro esistenza. che Hoffer crede si prolunghi solo da una fino a tre settimane.

Per quanto io non abbia osservato nei suddetti sei nidi presi nel settem- bre e nell'ottobre, da chi fossero state deposte le uova, da cui poi si schiu- sero i maschi, tuttavia i t'atti osservati durante I'intera stagione (coi quali essenzialmente concordano le notizie dei varl autori) m'inducono a ritenere che questa produzione esclusiva di maschi, verificatasi nei nidi nei mesi di settembre e ottobre, sia dovuta all'attivit^ generatrice delle operaie.

Le conclusioni adunque delle mie ricerche cosi possono venir formulate: ho potuto constatare che nel tempo rn cui vengono fuori le gio- vani regine (settembre, ottobre) sopravviene di regola nei nidi uno straordinario rinforzo di maschi partenogeneticainente generati dalle operaie.

Quand'io comunicai al Prof. Grassi i risultati di queste ricerche, egli mi partecip6 lo scopo, per cui mi aveva proposto tale lavoro, quello cioe di ve- dere se i fatti, ch'io avrei riscontrato nelle societa dei Bombi, venivano o no in appoggio della sua ipotesi sulla trasmissione dei caratteri delle caste sterili.

E noto come il Prof. Grassi, partendo dal fatto che nelle Api operaie derivate da larve nutrite con cibo speciale divengono capaci di generare partenogeneticamente maschi, credette di poter spiegare I'eredita delle quali- fiche delle operaie per mezzo delle operaie ovificatrici, pensando che i ma- schi, generati partenogeneticamente da queste ultime possano trasmettere alia prole della regina, da essi fecondata, i caratteri delle madri operaie.

II Prof. Grassi allargo lo studio alle caste dei Termitidi Calotermes fiavi- collis e Termes lucifugus), trovando in una ninfa-soldato di Termes lucifugus con tubi ovarici ben sviluppati un appoggio al suo supposto.

II Dott. Silvestri trovo poi in un nido di Termes strunchii n\xva.evosQ o'^e- raie feconde.

Non solo la presenza di operaie ovificatrici nelle Api, di soldati e ope- raie feconde nei Termitidi viene a corroborare I'ipotesi del Grassi, ma anche, come e noto, i fatti riscontrati nelle vespe e nelle formiche.

Kiguardo al tipo relativamente primitivo delle society dei Bombi, per quanto a me consta, i maschi generati partenogeneticamente da operaie, sia per il numero straordinario, sia per la stagione in cui vengono fuori, appa- iono assai piu evidentemente il tramite, per mezzo del quale vengono tra- smessi alia prole della regina i caratteri della casta delle operaie, e quindi assicurata la perpetuazione d'una casta, che si e resa di assoluta necessita per la sopravvivenza della specie.

Emery chiede alcuni schiarimenti cui risponde Grassi.

Pierantoni. Sui Syllidi gestanti del golfo di Napoli.

Una parte molto interessante della biologia dei policheti, e senza dubbio quella che riguarda la riproduzione epigamica dei Syllidi, la quale si accom- pagna a tenomeni caratteristici, il cui complesso va sotto il nome di gesta- zione esterna. Tali fenomeni sono quelli per cui le uova mature, emesse dalla madre, non sono da essa abbandonate, ma le restano attaccate sul dorso 0 sotto il ventre, ed ivi compiono I'intero loro sviluppo embrionale e larvale.

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In varii Syllidi gestanti, dei generi Sphaerosyllis e PionosylUfi, (per la maggior parte specie nuove), da me rinvenuti nel GoHo di Napoli, mi fu dato studiare in un materials relativamente abbondante il curioso fenomeno in tutti i suoi particolari, risultato cui non poterono giiingere I'Oersted. il Viguier e il Saint-Joseph, i soli ai quali fu dato osservare qualche esem- plare maturo e gestante.

Riassumero in questa comunicazione le osservazioni che pubblichero iu un prossimo lavoro accompagnato da tavole.

Nella Sphaerosyllis hystrix ed in una specie nuova del genere Pionoayllis, le uova che giungono a maturity sono due per ciascun segmento, per una serie di undici o dodici segraenti, a partire dal nono setigero. Eraesse lateralmente, esse si dispongono sotto il ventre, ognuna alia base del cirro ventrale di cia- scun parapodio, ed ivi restano attaccate per un punto della loro membrana. Non ho rinvenuto fin'ora oltre le glandole cutanee, normali in questi poli- cheti, altre glandole speciali a cui possa essere attribuita la secrezione di una sostanza che serva a teuere le uova attaccate alia madre. La segraenta- zione che avviene in queste uova e totale ed ineguale. L'abbondantissirao vi- tello nutritivo opaco e per lo piu colorato intensamente rendc diflScile di- scernere la disposizione dei blastomeri ; tuttavia mediante un attento esame son riuscito a distinguere che i due primi sono 1' uno poco piu grande del- I'altro ; di questi il piu piccolo si divide rapidaraente, dando luogo ad un gran niimero di raicromeri per successive divisioni, mentre il piu gracde, dividendosi assai lentamente, d4 luogo a macroraeri che restano sempre as- sai grandi ed in numero scarso. Questi ultimi finiscono per restare inglobati in un fitto strato dei primi, per produrre una forma larvale ad ectoderma completamente trasparente e ad endoderma rappresentato dalle poche cellule grandi, rimaste all'interno, opache e colorate intensamente. Di questa massa protoendodermica solo le cellule piu esterne formano I'endoderma definitivo, mentre le centrali fondono il loro contenuto in una massa unica, la quale resta come riserva nutritiva, che si esaurisce grado a grado nello sviluppo della larva. Questa, dalla forma quasi sferica che aveva in principio, diviene piu allungata. Verso il limite fra il primo ed il second© terzo del corpo una invaginazione ectodermica forma la bocca e subito dopo appaiono i primi ac- cenni delle antenne, dei cirri tentacolari e dei palpi, e tre solchi dividono la larva in quattro segmenti primitivi. Appare in questo momento I'accenno di due macchiette oculari. Dalla invaginazione boccale si forma il proventricolo, e solo piu tardi, all'estremo opposto della larva, I'ano ^quando e g\k comparso I'accenno dei parapodii nei tre segmenti posteriori), la piccola acicola, ed i cirri dorsali del e nel Af> segmento. II carattere dell'assenza del secondo cirro dorsale e gia accennato nella larva. Ne in questo momento ne nel successivo sviluppo della larva appaiono corone di ciglia vibratili, cio che si spiega facilmente considerando che esse larve fino al loro completo sviluppo restano attaccate alia madre, per staccarsene solo quando sono in grado di servirsi dei parapodii gia bene sviluppati, con le relative setole. E tale di- stacco avviene quando le larve hanno cinque paia di piedi, tutti gli organi definitivamente formati, e la massa nuti'itiva di riserva completamente esau- rita.

E notevole il fatto che non puo distinguersi nello sviluppo il momento in cui la larva esce dall'uovo, poiche la membrana di questo si stira dap-

ii, Z. StippleiiienCo. Tj

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prima sulla larva, e poi a poco a poco scompare, per lasciarla in contatto immediato dell'acqua.

Nel genere Pionosyllis lo sviluppo larvale avviene quasi nello stesso modo ; solo in qualche fatto accessorio il fenoraeno della gestazione appare diflferente dal genere Sphaerosyllis.

II numero delle uova che in ciascun aegmento viene a maturity, e quindi delle larve che si rinvengono attaccate sotto il ventre della madre, e spesso in quest'altro genere di uno per segraento. Ma anche qui I'inserzione ha luogo presso il cirro ventrale or di destra or di sinistra. Le larve, sempre aderenti alia madre, raggiungono qui, prima di staccarsi, uno sviluppo ancora maggiore. Ne ho rinvenute ancora attaccate persino con sette paia di piedi. L'enorme sviluppo di esse e la loro posizione ventrale rende in questo caso assai difB- cili i raovimenti della madre, che e costretta a procedere assai lentamente, poggiando sopra un §ol lato.

Anche in questo genere rinvoglio dell'uovo si oblitera gradual- mente ed in sensibilmente, ma in questo, come nel genere precedente, a me non pare si possa dire, come afiermano il Barrois, il Viguier ed anche il Saint-Joseph, che I'invoglio dell'uovo diviene la cuticola della larva, dal momento che il significato morfologico e I'origine dei due organi (invoglio ovulare e cuticola), sono cosi diversi, da non potersi ammettere una trasiorniazione dell'uno nell'altro.

II Saint-Joseph ha osservato nella iSphaerofiyUis Jiystrix degU embrioni, i quali, raggiunto il numero di tre segmenti, escono dall'uovo ed abban- donano la madre, ma nella stessa Sphaerosyllis ha osservato pure larve raggiungenti I'eta adulta ancora attaccate; quest'ultimo modo in un solo esem- plare incompleto. Avendo studiato il fenomeno in assai numerosi individui di questa stessa specie, osservai sempre il secondo, ma non mi accadde mai di assistere al primo modo di passaggio della larva a vita libera. Quest'ultimo, del resto, si spiega facilmente come un distacco piu precoce dei piccoli, quando cioe la merabrana vitellina non si e ancora gradualmente obliterata, per ul- teriore distenzione, non avendo dovuto adattarsi all'accrescimento della larva.

Credo pero che le due osservazioni del Saint-Joseph debbano riferirsi a due specie diverse, malgrado la poca differenza che intercede Ira i due modi di distacco della larva, i quali pero in nessun caso possono ritenersi, come vuole il Saint-Joseph, due diversi modi di sviluppo.

Ciuffi. Ricerche sugli Sporozoi.

Dopo la scoperta del ciclo del Proteosoma Grassii e dei parassiti della malaria umana, le ricerche sul ciclo evolutivo deWHalteridiuni Danilewskyi (Grassi e Feletti, 1890) hanno acquistato una grande importanza. Questo parassita e stato oggetto di moltissimi studi ed esperimenti, sempre per ri- cercare fra le zanzare il suo ospitatore definitivo. E come Koch e Ross non esitarono ad affermare che tutti gli emosporidi dovevano avero un ciclo di sviluppo uguale a quello del Proteosoma Grasisii, cosi tutti coloro che stu- diarono suW Halteridium non si allontanarono mai da quel campo di ricerche. Anch' io ho seguito lo stesso indirizzo.

Ho fatto i miei esperimenti su passeri e piccioni. Ho fatto pungere da zanzare individui infetti e poi dalle stesse zanzare ho fatto pungere individui sicuramente non infetti, ed ho periodicamente osservato se questi second! si

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infefctavano. Mi assicuravo dell' infezione dei primi con I'esame ripetuto del sangue, e per aver la certezza che i second! fossero sani, li ho presi dai nidi appena nati e li ho allevati in laboratorio. Questi esperimenti sono durati piu d: un mese ; il numero complessivo delle zanzare che hanno punto gli individui sani e stato immenso.

Inoltre ho fatto pungere individui sani da moltissime zanzare prese in campagna con traccie di sangue nell'addome, ed ho tentato di infettare dei canerini. Tutti questi esperimenti furono fatti col Culex pipiens ed in parte anche col Culex annulatus, penicillaris e malariae e con V Anopheles claviger e hifurcatus. In tutte queste assidue e rigorose ricerche, che sono dui-ate circa sei raesi non sono mai riuscita ad infettare degli individui sani, posso dunque afFermare che il ciclo A.q\V Halteridium Danilewskyi deve esser quindi del tutto diverso da quello del Proteosoma Grassii e dei parassiti della malaria umana ; ed auguro che ora nuovi studi, tolti da errati pregiudizi di analogic, possano in poco tempo arrivare alia soluzipne di un problema cosi studiato.

Mentre completavo queste ricerche sul ciclo deWHalteridium Danilewskyi, riscontrai che i passeri che mi servivano in questi esperimenti erano infetti di Diplospora Lacazei (Labbe, 1893). Dedicatami alio studio di questo cocci- dio, ho avuto la fortuna di scoprirne tutto il ciclo evolutive e proseguendo in queste ricerche, ho pure trovato tutto il ciclo del Coccidium avium, (Sil- vestrini e Rivolta, 1873).

La Diplosjoora Lacazei e un coccidio disporico ed invade le cellule epite- liali cilindriche dei villi intestinali e 1' ho riscontrato nel Passer montanus e P. Italiae

11 Coccidium avium e un coccidio tetrasporico e invade le cellule dell'epi- telio cilindrico dei villi intestinali del Colombo domestico. Intorno a questi due coccidi non avevamo che delle incerte ed inesatte descrizioni della spo- rulazione dell'amfionte, ed in quanto agli stadi di sviluppo dentro le cellule in- testinali dell'ospitatore, tanto Legor che Doflein, si limitavano a richiamare I'attenzione su di un coccidio poliplastide monogenico scoperto da Labbe, la Pfeifferella avium, come possibili stadi di sviluppo tanto della Diplospora La- cazei che del Coccidium avium. Cio dimostra I'iuesattezza delle conosceuze che avevamo intorno ad essi. lo ho potuto dimostrare che i loro cicli nelle linee generali sono uguali a quelli degli altri coccidi, pero, nei singoli pro- cessi, essi si differenziano, specialmente nelia formazione dei microgameti, della quale ho osservato nella Diplospora Lacazei perfiuo tre modalita diverse.

Riguardo alia Diplospora Lacazei ho fatto anche un esperimento. Ho te- nuto alcuni passeri, che presentavano copiosissimi amfionti nelle feci, con una accurata ed estrema pulizia in modo da rendere loro impossibile una nuova infezione.

Dopo circa due mesi questi passeri erano ancora infetti. L' infezione dun- que dura per molto tempo, contrariamente a quanto credevasi.

La monogonia deve ripetersi molte volte per potersi mantenere 1' infe zione cosi a lungo; si ripete percio nei coccidi quanto verificasi negli emo- sporidi.

Versari. La morfogenesi dei vasi sanguigni nella retina umana (Comuni- cazione preventiva).

L'A. espone dapprima quanto si conosce sullo sviluppo dei vasi reti-

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nici uell'occhio dei mammiferi, e dice, in accordo con quanto ass«riscono O. Schultze e Nussbaum, che dello sviluppo dei vasi retinici nell' em- brione uruano noa si coaoscoao finora coa certezza ohe stadi del e mese, due stadi nel primo dei quali mancano i vasi, o nel secondo souo gia estesi fino all'ora serrata e comuaicanti coU'arteria ceatrale della retina. Dopo avere accennato ai quesiti che si e proposto di risolvere, enumera le conclusioui alle quali egli e pervenuto, e mostra le figure che saranuo annesse al lavoro.

Levi domanda al Versari se le sue ricerche lo conducono a confermare la teoria di Euge ed Hochstetter, alle quali egli stesso ha portato una mo- desta conferma, sulla genesi dei vasi, che questi sviluppano per ramificazione di un unico vaso che penetra nei tessuti dal centre alia periferia ; oppure seg^ua le vedute diBaader e Krause, confermate recentemente dalla si- gnorina De Vriese di una genesi dei vasi da una rete vascolare indiflferente.

Versari risponde che effettivavnente egli non si e occupato di risolvere la questione della genesi dei vasi sanguigni in generale, questione dibattuta an- che oggi ira gli istologi, poiche questo lo avrebbe allontanato dal tema che si era proposto, ma che pero egli dall'esame dei suoi preparati, e tratto a con- fermare la teoria di Ruge ed Hochstetter.

Parona. Cenno sulla corologia italica delle varietd dell' Hyla arborea.

Nello scorso estate esaminando una raganella, raccolta nei dintorni di Genova, perche portava sul dorso un tumore prodotto da un verme cistico, tosto mi accorsi che essa non presentava quella fascia bruna, limitante la colorazione verde-erba del dorso da quella bianca del ventre, tanto caratteri- stica della forma comune, o tipica, a tutti nota.

Ricercando aliora a quale sottospecie o varieta potesse apparteiiere, trovai che perfettamente corrispondeva alia sottospecie meridionalis, non ancor bene precisata per 1' Italia.

Infatti il Camerano, nella sua Monografia sugli Anfibi anuri, descritta questa sottospecie, aggiunge che non I'aveva riscontrata in Italia e che sol- tanto il Boulenger (Catal. Brit. Mus.) ne citava un esemplare di Bologna. Lo stesso nostro coUega, poco dopo, scriveva che « secondo le ultime ricer- che, pare che in Liguria si trovi anche la subspecie meridionalis, mancante quasi interamente della fascia oscura laterale » (Compend. fauna ital.).

Or bene da mie esatte indagini recenti risulterebbe che a Genova e din- torni, a Finalmariua e Finalborgo, a Savona e Varazze uon esiste che la forma ■meridionalis, siccome constatai dall'esame di moltissimi individui che ricevotti dalle indicate localita liguri.

Invogliato da questo fatto importante, estesi le mie ricerche ad altre re- gioni italiane, e potei rilevare, gia fin d'ora, che in Piemonte (Torino, Acqui, Novara, Lago d' Orta), in Lombardia (Milano, Pavia), a Parma, a E,oma, a Viterbo, nel Veneto (Treviso) ed a Caserta vive invece sol tanto la forma ti- pica ; sicche parmi poter gia conchiudere che queste due varieti di raganelle hanno una area geografica propria, e si esoludono I'una I'altra.

Inoltre ebbi ad esaminare una ciuquantina di esemplari di Hyla, inviatemi da Cagliari dall'ottimo Prof. F. Mazza e constatai che tutte, per quanto di dimensioni molto variabili, presentavano la fascia bnma laterale, ma non quella che dall'inguine va verso il dorso, linea che chiamerei inguino-dor- sale.

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Per questo essa corrisponde alia varieta Savignyi (= sarda Bonelli = fttsco-maculata Cam.).

Dal copioso materiale da rae raccolto posso accertare i seguenti fatti (os- servati sopra individui tutti viventi) certamente importanti, sia per la coro- logia italiana delle variety di raganelle, non ancora stabilita, sia per la con- feriua di dette varieti o sottospecie.

A) La forma tipica, a colorazione del dorso variabile dal color verde erba al celeste e fino al bruno uniforme, o cou macchiettature brune piu intense, e diffusa nelle locality sopramenzionate, alle quali devesi aggiuu- gere la Toscana (Gamer a no).

Non pochi esemplari offrono una colorazione gialliccia, o verde, o bruna alia regione golare, sicche e da escludere, come fece il Camerano, la sot- specie intermedia^ stata indicata da Boulenger (loc. cit.) in base a questo carattere.

Non ritengo che la fascia laterale e 1' inguinodorsale stiano in rapporto coU'eta, perche ebbi sott'occhio esemplari di piccole dimeiisioni cJie le ave- vano complete e viceversa. Per ultimo constatai un fatto importantissimo, per quanto diro in seguito, e cioe che tutti i maschi, piu o meno sviluppati, di questa variety, senza eccezione, presentavano i testicoli di color bianco.

B) La sottospecie meridionalis, mancante della fascia bruna laterale e della inguino-dorsale, o al piu con lineotta bruna, che parte dalle narici, giun- ge all'occhio ed al timpano, e si perde subito dopo, raccolsi esclusivamente in Liguria. Noto che tutti gli esemplari di Finalborgo colpiscono per le rilevanti loro dimensioni, tanto da avvicinarsi alia mole della rana mangereccia.

Tutti i maschi, che diligentemente voUi esaminare, presentavano i testi- coli a tinta nera, talora intensa.

HerouRoyer (Bullet. Soc. Zool., France 1884), descrisse come nuova forma (H. haritonus) una che certamente devesi riferire all'iZ^. mei'idionaUft , varieta che, sebbene da lui menzionata, non fu da lui paragonata colia sua nuova forma.

Nel lavoro piu completo, che intendo presentare allorquando potro avere maggior materiale, dimo.strero quanto ora asserisco.

C) La sottospecie Savignyi^ che presenterebbe soltanto la fascia la- terale continua, o a macchie interrotte parallele, ma mancante sempre dell'al- tra inguino-dorsale, sarebbe propria delle isole nostre, avendole il Boulenger citato un esempio per I'Elba ed il Camerano diversi per la Sardegna (cui aggiungo i miei) ed uno per la Corsica.

E' noto come il Bonelli avesse inviato a varii musei, col nome di H. sarda, degli esemplari a tinta del dorso bruno-castagna intensa, o grigia con numerose macchie brune contornate da linea chiara, che il Camerano ritenne quale variety distinta sotto il nome di fusco-maculata ; ma sono d'accordo con lui nel considerarla una semplice varieta di colorazione poco costante. Anzi io ritengo siffatta tinta affatto transitoria, giacche nel buon numero di esem- plari avuti da Cagliari, e tutti vivi, ho presenziato in parecchi il passaggio, nel period© di pochi giorni, dalla tinta verde al bruno, con macchie piu in tense, e ritorno alia colorazione primitiva.

Le dimensioni della varieta sarda sarebbero eguali, se non minori di

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quelle della forma tipica, ma di sicuro minori della var. meridionalis. la tutti i maschi ho constatato i testicoli aventi una tinta grigio-ardesiaca (*).

])a quanto ho esposto parmi pofcer escludere la var. intermedia Boul. e la sarda Bon. (= fusco-maculata Cam.) amrnettendo soltanto le tre sottospe- cie seguenti : typica, Savigtiyi e meridionalis (= barytonus H. R.) il cui ultimo nome mantengo, sebbene poco appropi-iato.

Una sottospecie escluderebbe I'altra nella loro distribuzione geografica (^) ; sicche si puo stabilire che la variety typica e propria della regione italiana continentale ; la var. Savignyi come insulare, mentre la meridionalis sarebbe esclusiva al litorale ligure. Ulteriori indagini, che istituiro a stagione oppor- tuna, dimostreranno se questa ultima varieta si estende sugli altri litorali marittimi d' Italia.

Quests tre sottospecie sarebbero inoltre ben distinte, oltreche per la pre- senza, o mancanza, o variazioni della fascia bruna limitante la tinta verde dorsale, dalla chiara del ventre, anche per le difierenti relative dimension!, ed ancor piu per la tinta speciale per ciascuno dei testicoli. Studiero in se- guito se esistono altri caratteri anatomici e biologici.

Nessun stabile fatto troverei nella colorazione principalmente del dorso; ed infatti tutte le dette varieta sarebbero a tinta verde-erba, ma per condi- zioni note od ignote, in ogni individuo la fcinta puo passare al violetto, al grigio, al verde oliva fino al bruno castagno ed al bronzo bellissimo. Eisulte- rebbe ancora, per6 non in modo rigoroso, che i maschi presentano una colo- razione della gola gialla, o verdastra, o brumastra.

Parona e Monticelli Sui generi Placunella e Trechopus. [Parla Parona].

11 genere Placunella e stato fondato dall' Hesse e VanBeneden nel 1863 per due forme trovate sul corpo della Trigla 2n7ii I'una {Placiaiella 2>ini), su quello del Rhombus maximus I'altra {PI. rJwmbi) (^). Dopo il Van Beneden ed Hesse non e stato piu fatto da alcuno uno studio particolareggiato di questo genere che valesse a completare le prime descrizioni date del genere e delle specie; gli AA. posteriori si isono limitati a riferire a questa od a quella specie gli esemplari raccolti su Trigla e Bhombus, senza fornire ulteriori notizie in proposito. Parona e Perugia hanno trovato una nuova specie del genere suUe branchie di Serranus gigas che hanno chiamata PI. hexacantha, della quale hanno data una sommaria descrizione con una figura degli uncini della ventosa posteriore (*). Riesaminando insieme questa specie abbiamo potuto convincei'ci, studiandola comparativamente con un esemplare tipico di Tre- chopus tubiporiis [che uno di noi (^) aveva potuto ottenere dal Museo di

(') Un fatto notevole per relinintologia 6 stato quello d'aver raccolto in individui di Finalborgo (3 su 10) ed in alti-o di Cagliari, quale parassita della vescica orinaria, il PolyslOiaura integcrrtinum Rud. che in mai indicato nelVHyla, ma soltanto nelle rane ( nei rospi.

(^) Probabilniente queste latto si veritica anche nelle altre locality estere, come iu I'rancia, in Spagna, ecc.

(*) Van Beneden. P. J. et Hesse C. E. RecLerclies sur las Bdellodes ou Hirudinees et les Treniatodes marins. Bruxelles 1863, pat;. 71-74, Pi. 5 e 6.

C) Parona C. e Perugia A. Kes Ligusticae VIII. Di alcuni Trematodi ectoparassiti dei pesci marini. Ann. Mas. Civ. Geneva {i) Vol. 8, p. 740-41, lig. 1.

(S) Monticelli Fr. Sav. Di alcuni organi di tatto nei Tristomidi. Boll. Soc. Nat. Napoli, Vol. 5, 1891, p. 123-125, Nota V, tav. 6, fig. 12-16. In questa nota si tratta appunto del Trochopus lubiporus. Fatta la critica delle precedenti osservazioni del Diesing, Van Beneden ed Hesse

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Vienna ed ha gik altrove illustrate ] che, sia per 1' organizzazione interna, sia per 1' abito, che per le ventose anteriori, come per la posteriore e special- mente per la disposizione dei raggi in questa, la Placunella hexacantha rienti-a nel genere Trochopus. Questa couclusione ci indusse ad un esame particolareggiato delle altre specie di Placunella descritte dal Van Beneden ed Hesse, raccolte dagli ospiti tipici esistenti nella collezione Paro- na, nonche di esemplari riferiti dallo Scott, con dubbio, alia Placunella pirn, e da lui raccolti sulle branchie di Trigla hirundo (^) [concessi cortese- mente in esame ad uno di noi (Men tic elli) ], per vedere di stabilir meglio le caratteristiche differeuziali fra Placunella e Trochopus. Ma da questo esame, come da uno studio analitico della diagnosi generica e delle descri- zioni del Van Beneden ed Hesse, abbiamo potuto convincerci che non e possibile distinguere i due generi, perche essi sono la stessa cosa, ricadendo per conseguenza il genere Placunella fra i sinonimi del genere Trochopus, che e piu antico. Difatti la caratteristica principale che distingue il genere Pla- cunella, secondo il Van Beneden e I'Hesse, e la grande ventosa posteriore « a rayons fugaces, a bords franges et armes de deux paires de crochets » (pag. 71). Ora considerando, appunto, quanto i citati autori scrivono in gene- rale a proposito della ventosa posteriore (<des rayons surgissent puis dispa- raissent, et la nageoire elJe meme s'etend ou se retrecit, de maniere que I'aspect general de I'animal change d'un moment a I'autre »), risulta come essi non abbiano potuto rendersi esatto conto ne della vera forma della ventosa posteriore, ne del numero e disposizione dei raggi o sepimenti muscolari di questa. Cio che e confermato dall'esame delle descrizioni delle due specie del genere (P. pint e P. Rhombi) e piu ancora da quello delle figure, che sono, per altro, assai imperfette e rivelano 1' incertezza del disegnatore nel rendere I'aspetto, od i diversi aspetti, che le specie presentavano (basta p, e. por mente alle fig. 2, 3 della tav. 6 [Placunella Rhombi] per convincersene). Evidentemente le caratteristiche di Placunella avevano maggior valore, quando ancora non era ben conosciuta la disposizione ed architettura della ventosa posteriore del Trochopus, anch' essa fraintesa dal Van Beneden ed Hesse (PI. 6 fig. 8-14, op. cit.). Ed appunto la miglior conoscenza che di questa oggi abbia- mo ci ha perraesso di riconoscere nel genere Placunella di Van Ben-Hesse la stessa struttura fondamentale della ventosa posteriore che in Trochopus, e di giungere alia conclusione della identiciti dei due generi; conclusione che 6 avvalorata dalla corrispondenza di disposizione organica fra Placunella e Trochopus. Cosicche dalle specie del genere Placunella, eliminando la PI. Vallei che, come abbiamo dimostrato in altra nota (^), costituisce il tipo del n. g. Ancyrocotyle le tre altre specie rientrano tutte nel genere Trochopus: il quale, oltre la specie tipica (T. tubiporurti), quella del Son si no {T. differens) {^ )

e Sonsino 1 1890] sulla ventosa posteriore, 6 data una descrizione e figura conipleta di questa ventosa come essa 6 nell'esemplare tipico della collezione di Vienna che I'A. ebbe in esame. Come conclu- sione della no'a si mette in rilievo quanto anatomicaraente i generi Placunella e Trochopus sieno affi- nissimi tr;i lore.

(1) Scott Andrew. Some additions to the fauna of Liverpool bay. Trans. Liv. Biolog. Soc, Vol. 15, 1901, p. 344-407, con figure.

(2) Parona C. e Monticelli Fr. Sav. Sul genere Ancyrocotyle (n. g.). Archives de Pa- rr.sitologie. Vol. 7., 1903, p. 117-121. PI. 3.

\3) Sonsino P. Parassit' animali del Mugil cephalns e di altri pesci della collezione del Museo di Pisa (Proc. verb. Soc. Tosc. S. N. 1891, 10 maggio, p. 260), In questa nota il Sonsino distingue col noiue di Trocliopxis dijferens, gli esemplari del (Jantharus linealus, che in una sua pre-

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e quella recentemente descritta dallo Scott {Tr. lineatus) (*), conterra ancora il Trochopus pint, T. Rhombi e Tr. hexacanthus . Ad una revjsione della specie del genere, cosi inteso, attende ora il sig. Massa, laureando in Scienze natu- ral!, che attualmente si occupa di uno studio generals del genere Trochopuft, del quale illustrera ancora qualche nuova specie. Questo lavoro convalideri, col sussidio delle figure di tutte le specie finora note, le conclusioni da noi ora esposte suUa identicita dei generi Placunella e di Trochopus.

Zanetti. SuUa non prevalenza dei salt potassici nella bile dei pesci marini. (Legge Emery per I'autore assente).

In molti trattati ed enciclopedie di chimica organica, di chiraica fisio- logica e fisiologia, da tempo assai Inngo, oltre mezzo secolo, si trova scritto che : « Gli acidi biliari si trovano combinati in generate al sodio nella bile degli animali terrestri, mentre nei pesci marini questi acidi sono combinati quasi esclusivamente al potassio ».

In una nota preliminare presentata in questi giorni alia R. Accademia dei Lincei, e non ancora pubblicata, il prof. C. U. Zanetti, mette in rilievo che se cio fosse vero, bisogoava invocare una specie di elettivita nell'appa- rato biliare dei pesci per il potassio, stante il fatto che essi vivono in un mezzo prevalentemente sodico, elettivita che gli sembrava strano non fosse stata finora presa in considerazione, ma che egli riteneva anche poco proba- bile per il fatto gia stabilito, per esperienze fisiologiche sulla bile di altri animali, che, mentre la quantita di sodio rimane presso che costante, quella del potassio puo variare con lu maggiore o minore quautita che se ne intro- troduce con gli alimenti.

Per conseguenza, visto che in nessuna delle piu accreditate opere di Chi- mica fisiologica come quelle di Hammarsten, Hoppe-Seyler, Hoffmei- ster, Neumeister e quella recentissima del Bottazzi, pur mettendo in ri- lievo il fatto si davano dati numerici sulle quantita di sodio e potassio conte- nute nella bile dei pesci, I'autore credette opportuno fare delle analisi quantita- tive le quali, od avrebbero confermato il fatto, ed allora meritava studiarne il perche, oppure se i risultati anahtici non corrispondevano, avrebbero corretto un errore che per tanto tempo da tutti veniva riportato e quindi ammesso.

Lo Zanetti analizzo per ora la bile contenuta nella cistifellea di 4 dif- renti pesci, operand© sul residue fisso della bile in toto ; ed a maggiore ga- ranzia analizzo anche il residuo fisso proveniente dalla cosi detta bile cri- stallizzata di Plainer, ottenuta con opportuni trattamenti, dalla bile del Pesce spada e del Tonno, in quanto che, come si sa, la bile cristalizzata di Platner e costituita quasi interameute dai sali alcalini degli acidi biliari.

cedente nota (Proc. verb. Soc. Tosc. 1890, 4 maggio. Studi e notizie elmintologiche) aveva riferiti al True, tubiporus Dies, da lui pure ritrovato sulla Trigla hirundn. L'A. coglie occasione, in questa sua rota per indicare un nuovo habitat del Tr. tubiporus, cioe la Trigla cuculus, e di completare la descrizione insutiicientemente data della specie particolarmente della ventosa posteriore nella precedenle sua nota (1890). Pertauto se questa descrizione collima in genere con quella data da uno di noi (Monticelli, v. nota a pag. prec. 47), dal numero degli uncini indicati dal Sonsiuo (tre paia) vi 6 da supporre che la specie di Trochopus della Trigla cuculus da lui illustrata possa non essere il Tr. tubiporns, che ha solo due paia di uncini alia ventosa posteriore, ma uua speeie da qtiesto diti'erente.

(') Scott Andr. Notes a some parasites of fishes. Ninenteeuth. Annual Report, of fish. Scotlad. Part. Ill, p. 143-144, Pit. H, fig. 18.

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I risultati analitrici dimostiarono cte dalle prove fatte, anche nella bile dei pesci prevale il sodio e non il potassio : come chiaramente si vede dalla seguente tabella.

lu 100 parti di cenere oltre ai sali di altri eleraenti sono contenuti :

Nome del Pesce

,XipMas gladius (Pesce spada) . . Orcynus thynnus (Tonno) . . . . Polyprion cernium (Addotto) . .

Cerna gigas (Cirenga)

Bile cristallizzata

di Pesce spada , di Tonno . . ,

Ossido di Sodio

Ossido di Potassio

Na^ 0

K, 0

47,52

4,56

48,64

3,22

45,14

6,60

40,19

4,48

49,29

13,42

42,78

12, 63

I nomi fra parentesi sono quelli usati sul inercato di Catania.

Giacomini Relazione tra il pancreas rfeZZ'Ammocoetes e del Petromyzon.

Dalle osservazioni sullo sviluppo, rapporti e forma dell' organo di Lan- gerhans o pancreas dieW Ammocoetes e da quelle comparative fra tale organo e il pancreas di Petromyzon Planeri e marimis, risulta che 1' organo di Lan- gerhans, alia cui costituzione partecipa soltanto in minima parte il dotto coledoco per qualche foUicoIo ghiandolare, sorto dal suo epitelio, diviene, in seguito a successive modificazioni di forma e di rapporti, il pancreas di Pe- tromyzon.

Grass! chiede alcuni schiarimenti cui risponde Giacornini.

Enriques Adattamento degli infusori marini alia vita neU'acqiia dolre.

I Protisti presentano caratteri particolari, diversi da quelli degli altri organism!, quanto al numero delle specie che possono vivere tanto in acqua dolce che in acqua di mare. Limitando per il momento le mie considerazioni agli Infusori, devo osservare che e veramente curioso il fatto, frequentissinio, che in uno stesso genere, vale a dire tra specie molto affiiii, si veritichino queste differenze: una specie e, p. es., marina; un'altra d'acqua dolce; altre vivono tanto nel mare quanto iiell' acqua dolce. La teoria dell' evoluzione, puo anche trovare la ragione di questo fatto : puo essere che specie viventi inuifferentemente nei due ambienti abbiano dato luogo, in ciascuno di essi, ad altre forme perfettamente adattate al proprio ambiente, t lion piu atte a vivere in un altro. Ma tale congettura ha un valore molto limitato, e quand'an- che non sia falsa, ha poco significato. E la ricerca di risolvere coll'esperienza due problem! che dalle osservazioni sorgouo subito spontanei, si impone.

1." E proprio vero che una specie descritta come marina e d' acqua dolce, sia proprio la stessa specie? E che una specie descritta solo come marina non puo trovarsi mai, in nessun luogo, nell' acqua dolce perche non vi puo vivere ?

M. Z. Supplemento. 6

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2,0 Dato che le risposte a tali doraande siano aiFevraative, in che cosa consiste la difierenza intima delle due specie, di cui una puo essere tanto marina che d'acqua dolce, I'altra non vive fuori del mare i'

Con questa comunicazione rispondo per alcune specie al primo problema, accenno soltanto al secondo.

Ho fatto infusi di Idroidi e di Alghe in acqua di mare per ottenere in- fusori; ho preparato dei grandi vasi, contenenti una piccola quantity di tali infusi ed in cui, per mezzo di sifoni, si versava con grande lentezza acqua potabile (acqua del Serine, a Napoli). Quando un vaso era quasi pieno, to- glievo gran parte del liquido, in modo che potesse di nuovo riempirsi con acqua potabile e quindi diluirsi sempre piu, fino a che doUa primitiva acqua' di mare non rimanesse praticamente nessuna traccia. Tutto il passaggio puo avvenire, per le specie da me studiate, in 1015 giorni, senza inconvenienti. Avverto che ho studiato per ora solo poche specie, ma che i risultati sono ben netti.

Ho trasportato in acqua dolce, dal mare, il Chilodon cucullulus e 1' En- plotes charon, specie che vivono, secondo gli AA., nei due ambienti.

Sono raorti, oltre a vari altri Infusori, anche V Euplotes harpo, specie molto affine aW Euplotes chai'on, ma che, secondo gli AA., vive solo nell' ac- qua di mare. Essa muore ad una concentrazione molecolare pari a quella di una soluziono di ClNa circa al 0,5 <»[„. Dunque non e per caso che 1' Euplotes harpa manca nell'acqua dolce ; e rispondiamo cosi alle domande del l" pro- blema: V E. charon di mare e d'acqua dolce e veramente una stessa specie, e V E. harpa non puo essere portata in acqua dolce.

Ed eccoci al secondo problema, alia ricerca della causa di questa impos- sibilita. Essa non risiede in una proprieta della parete esterna dell' organi- smo. Mi spiego. Gli Infusori hanno in generale una parete esterna osmotica- mente semi-permeabile. Se si trasportano repentinamente in un ambiente piu diluito, si rigonfiano, assumendo acqua : i sali interni non possono uscire a un tratto, I'acqua invece puo entrare, ed essa entra, diluendo i succhi interni fino alia concentrazione del liquido esterno. Questo rigonfiamento e certa- mente dannoso all'Infusorio; e potrebbe essere che 1' E. charon (quello tra- sportabile). vi andasse meno soggetto dioW E. harpa per proprieta divesse della parete; onde la non trasportabilita delV E. harpa. Ma tale spiegazione non e possibile. Tutti gli Infusori sperimentati, sia che vivano, sia die muoiano durante la diluizione del loro ambiente, non presentano mai fenomeni di ri- gonfiamento; e cio dipende evidentemente dal fatto che la diluizione e gra- duale e lenta; li presentano invece quando si cambia il loro ambiente ad un tratto. Vuol dire insomma che la lentezza delle mie esperieuze e tale da per- mettere I'intervento utile dei fenomeni fisiologici di compenso alle condizioni variate, dei quali ho parlato gia, in un recente lavoro.

Esclusa la spiegazione osmotica, si deve concludere che e proprio il pro- toplasma dei due organismi che ha proprieta different! ; 1' uno puo vivere, non I'altro, senza i sali del mare.

Grass! osserva che sarebbe opportune seguire i singoli individui nel pas- saggio da un ambiente all'altro. Issel ricorda come il Florentini abbia citato casi di un adattamento a soluzione quasi salina di cloruro di sodio nelle saline della Lorena, anche in specie indicate come esclusive alle abque dolci e nota come un siffatto adattamento sia stato ottenuto sperimentalmente.

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Enriques Note fisiologiche sul Sipunculus nudus.

Nella cavit^ generale del Sipunculus nudus, come in quella di molte Olo- turie si trovano delle masse di colore marrone molto caratteristiche. Una fauna assai ricca vive in esse, e si possono trovare dei dati in proposito nei lavori del Monticelli e del Cuenot (a proposito delle Oloturie). lo le ho studiate nel Sipunculus nudus da un altro punto di vista, avendo osservato che esse contengono spesso organism! animali e vegetali, ma non sempre. Come, dunque, si producono, e quale significato esse hanno?

Un esame attento diraostra che esse contengono quasi sempre, se non, sempre, qualche granello di sabbia nel lorp interno. Tale osservazione mi face subito pensare giacche i granelli di sabbia non sono certamente un prodotto del metabolismo del sangue -- che 1' intestino si potesse facilmente rompere, e un poco di sabbia uscirne. A conferraa di tale supposizione, ci- tero un'altra osservazione, che si puo facilmente ripetere, mettendosi nelle opportune condizioni di esperienza. Si lasci un Sipunculus in una vaschetta senza rena, per qualche giorno, si che 1' intestino si vuoti ; poi si porti in una vasca colla rena, e preferibilmente con rena un po' grossa ; dopo qualche tempo, vario secondo i casi, e molto facile die 1' animale presenti un feno- raeno curiosissimo. Una quantity di granelli di sabbia si trova nella pelle, in quel canali longitudinali che percorrono tutto il corpo ; e si accumulano in file, perfettamente visibili per trasparenza, nella parte anteriore del corpo. Tale posizione si deve evidentemente al fatto che il sangue circola in quel canali in direzione antero-posteriore. Questo ho potuto osservare sul vivo, al microscopio con un debole ingrandimento, servendomi di piccolissimi Sipun- culi, che avevano il canale digerente privo di sabbia in conseguenza del di- giuno. Essi sono abbastanza trasparenti per lo scopo ; ed e veramente bella la circolazione dei globuli sanguigni in quei canali, cosi osservata, non meno che la circolazione nella raembrana interdigitale della rana.

Come e noto dalle osservazioni istologichg del Metalnikoff, questi ca- nali comunicano in piu punti colla cavita del corpo, per mezzo di corti ca- nali trasversali ; questi sono evidentemente la via d' ingresso per i granelli di sabbia.

Dunque, 1' intestino facilmente si rompe, e ne escono granelli di sabbia; ma come si formano le masse intorno a questi ? Come spesso, anche qui I'esperienza ha risolto il problema assai piu presto dell' osservazione, ed iu modo piu sicuro. Ho scelto dei granelli di sabbia i quali fossero facilmente riconoscibili, per la forma o per il colore. Ne ho preso uno con le punte di una pinza sottile, e lo ho iniettato uella caviti generale di un Sipunculus, bucando la pelle ; la ferita si richiude subito e non ha conseguenze. Gli ani- mali cosi trattati vengono uccisi dopo vario tempo. Gia dopo 2 o 3 giorni, attorno ai granelli iniettati assai facili a ritrovarsi nel sangue die esce per una larga ferita della pelle si osserva uno strato di gocce pigmen- tate in giallo-marroue, miste con amebociti e nuclei di cui e impossibile ri- conoscere quali siano le cellule ed i loi'o limiti. II fenomeno si produce iu maniera molto piu accentuata in un tempo piu lungo, pur non arrivando, nelle mie esperienze, fino alia formazione di quelle grandi masse, le quali superano talvolta la luughezza di 1 cm. Ma basta aver veduto, coU'esperienza, I'inizio del "fenomrtno, per intenderne il determinismo ; tanto piu che tra le varie masse non prodotte sperimentalmente, se ne trovano anche di quelle

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cou un gruppetto di granelli di sabbia, circondati da una quantita scarsa di gocce pigmentate ecc. ; tali cioe, da assomigliare molto a quelle prodotte iu seguito all'iniezione sperimentale della sabbia; altre masse invece sono piu riccbe di sostanza circondante la sabbia, fino ad arrivare per gradi alle masse piu grandi e piu completamente foi'mate.

Un esame piu minuto della costituzione delle masse ben formate, dimo- stra che esse, indipendentemente dai parassiti, sono cosi costituite: una zona con numerosissimi nuclei e pochi granuli pigmentati, esternamente; inter- namente invece, granuli pigmentati e scarsi nuclei; piu qualche granello di sabbia, od uno solo. Sono insomraa queste masse quasi certamente dei sin- cizi, o riunioni di siacizi. Mi rincresce di non averne ancora terminata, a questo proposito, la minuta indagine istologica. Esse hanuo su per giu nella k»ro struttura fondameutale, gli stessi caratteri istologici di quel siucizi pig- mentati die si trovano dovunque in questi auimali, come in moltissimi Vermi, Echinodermi ecc; sincizi cbe molto probabilmente, hanno spesso apparenze istologicbe tra loro simili, pur avendo significato e proprieta chimiche diver- sissirae. Per questo fatto, e perche le masse si formano nel sangue, e per I'esame diretto delle masse in formazione, senza dubbio gli elementi cellulari presenti nelle masse (indipendentemente dai parassiti), sono amebociti. Quanto ai granuli pigmentati, essi si trovano nel sangue, contenuti in pi ccoli sincizi, ma la loro prima origine non e sicurissima, ed oscviro completamente il loro significato fisiologico.

Abbiamo dunque, concludendo, un curioso fenomeno di incapsulamento di corpi estranei, per mezzo degli amebociti. Fenomeno, il cui maggiore in- teresse resulta dai confronto di cio cbe accade nei vertebrati superiori e nell'uomo; poicbe mette in luce ancbe per questo lato I'esisteaza di pro- prieta fondamentali possedute dagli amebociti, in questi bassi animali come nell'uomo.

Trinci Di una niiova medusa gemmante del Golfo di Napoli.

Riassumo in questa nota le osservazioni da me fatte su di una piccola Antomedusa del genere Cytaeis, cbe si rinviene comune nel plankton del Golfo di Napoli nei mesi di agosto e settembre.

La campana di questa Cytaeis e piriforme e, in proiezione trasversa, qua- drangolare : ha un' altezza varia dai mm. 0,27 ai 0,33 ed una largbezza dai mm. 0,20 ai 0,24. II numero dei canali radiali e di quattro ; come pure di quat- tro quello dei tentMColi, chei si dipartono perradialraente da bulbi conici privi di ocelli e colorati in turcbino. La lungbezza dei tentacoli e estromamento variabile nei diversi individui. II manubrio, sostenuto da un breve peduucolo gelatinoso nel cui interuo ripiegansi ad ansa i canali radiali per sboccai'e nella cavita gastrica, ha forma tronco-conica e varia iu lungbezza dai mm. 0, IG ai 0,23. All'estremita libera e munito di quattro stili boccali, perradiali, ar- mati di cnidoblasti e racchiudenti nell'interno dei diverticoli della caviti ga- strica.

L'ectoderma del manubrio e di color giallognolo, I'eudoderma turcbino- L'apertura del cavo sottombrellare e limitata da un velum ben distinto.

Questa Cytaeis presenta delle gemme disposte interradialmente alia su- perficie del manubrio. Le piu auziane e volumiuose occupauo la regione pro.s- tiima al punto di inserzione del medesimo alia sottombrella ; le piu giovani

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la regione distale. Come il Chun (1894) ha provato per altre Margelide {Ra- tkea octopunctata e Lizzia ClaparMei), anche in questa le gemme si sviluppano, nella loro successiva coraparsa, in punti determiuati del manubrio raateiMio e probabilraente la legge che regola la loro disposizioie e la stessa di quella enunciata dal Chun. Non posso per6 convenire con questi suUa interpreta- zione, basata su criterl di statica, che egli fornisce per spiegare la regolare distribuzione delle gemme, poiche propeado a credere che tale regolarita di- penda piuttosto da uu adattamento inteso ad utilizzare lo spazio disponibile alia superficie dei manubri nel miglior mode possibile, per la nutriziono del- le gemme, ed il piu conveniente all'economia deU'auimale.

Le gemme, come nella Ratkea octopuntata e Luzia ClaparMei, traggono ori- gine dal solo ectoderma materno : I'endoderma rimane completamente estraneo alia loro costituzione. E' soltanto nelle fasi piu avanzate di sviluppo, che gli endodermi, filiale e materno, contraggono fra loro dei rapporti e che le due caviti gastriche si mettono in comunicazione. La constatazione di tale ori- gine delle gemme anche per una Gytaeis mi conduce a ritenere, non solo che un simile procedimento sia comune a tutte le specie di questo genere, ma anche a tutte le forme del'a famiglia Margelidae.

Le diverse fasi evolutive dello sviluppo di una gemma corrispondono, in linea generale, a quanto e gii stato descritto per lo sviluppo delle gemme medusigene di molti Idrozoi. Prima del loro complete differenziamento, le gemme figlie mostrano di gia attaccata al manubrio una generazione di gemme nepoti, come e stato pure osservato nella Ratkea octopunctata e Lizzia Ctaparedei. CoU'esaurirsi del process© di gemraazione, sul finire del settem- bre, tanto le gonadi maschili che le femminili, a seconda dei divex\si iudividui, fanno la loro comparsa, interradialmente, in quella porzione del manubrio la- sciata libera^dalle gemme prossimali piu anziane gia distaccatesi, esse, gradata- mente si estendono in direzione distale fino a formare quattro prominenze che occupano due terzi circa della lunghezza del manubrio. Aumentando di volume, invadono anche i perradi e, a completa maturita, circondano il manubrio a guisa di manicotto. Una simile disposizione delle gonadi, dapprima interra- diale e definitivamente anulare, non trova riscontro in nessuna altra specie di Cytaeis gia descritta : aggiungasi a cio, che quella in esame si difFerenzia da tutte le altre per le dimension!, la forma dell'ombrella ed il colore dei bulbi e dell'eadoderma gastrico.

Per queste ragioni io sono condotto a ritenere che essa rappresenti una nuova specie. Essendo la piu piccola per dimeiisioni fra tutte le specie del ge- nere conosciute, propongo di distingueria col nome di: Cytaeis viinima n. sp.

II fatto che nelle Margelide le gonadi tanno la loro comparsa solamente dope esaurito il processo moltiplicativo per gemme, sembra a me che avva- lori queila interpretazione sul valore biologico della medusa, secoado la quale essa viene considerata non altrimenti che per un individuo differenziato per provvedere alia disseminazione dei prodotti sessuali. E, da questo punto di vista, la gemmazione potrebbe riguardarsi come adattamento provvisorio con- seguito a favorire I'economia della specie. La forina idroide della Cytaeis mi- nima rimane finora sconosciuta.

II Presidente annunzia che le dimostrazioni dei preparati al microscopio e dei disegni si farauno lunedi mattina alio 9 nell'Istituto di anatoraia comp.

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IDomenica 3 Novembre.

I congressisti si riuniscono a colazione a Tivoli dopo aver visitato Bagni e Villa Adriana. Nel ritorno visitaiio Villa Gregoriana e Cascate.

Lunedi 3 Novembre.

Nell'Istituto di anatomia comparata prima della seduta liauuo fatto le di- mostrazioni dei preparati e disegni presentati nelle sedute: Addario, Levi, Lui- gioni, Bentivoglio, Russo, Vinciguerra, Marucci, Borsieri, Chiappi, Foa, Benetti, Ciuffi, Versari, Parona, Giacomini.

Seduta antimeridiana

(Anfiteatro dell'Istitnto Analomico).

II Presidente da la parola al prof. Achille Russo, per la sua couferenza sul teraa:

Gruppi di Echinodermi viventi e fossil/ e loro filiazione. (Sunto).

Dopo avere esposto sommariamente i caratteri delle varie classi di Echi- nodermi viventi e fossili, 1' A. dice clie gli organi di questi animali, durante il loro sviluppo, subiscono delle deibrmazioni clie sono in rapporto alle abi- tudini di vita. Alcuni in tutta la serie sono deformati ugualniente e la sim- metria radiata e cosi fortemente impressa che e sempre facile a riconoscersi, nonostante la couformazione esterna del corpo sia molto diversa dall'origi- naria. Altri organi, invece, subiscono meno tali deformazioni; cosicche essi con- servano meglio i caratteri primitivi del tipo. Se si seguono le diverse fasi embrionali di tali apparati si osserva che nientre i primi non ofirono muta- iToeuti raolto rimarchevoli e seguono iin piano di struttura comune per tutte le classi, i secondi invece presentano caratteri peculiari, per cui da quelli sono molto diversi.

Dallo studio comparativo dello sviluppo embrionale e post-embrionale di tutti gli oi-gani si e condotti a stabilire quel caratteri che meglio possano ad- dimostrare le affinity che esistono fra le varie classi di Echinodermi, cosi diversi nella loro esterna couformazione.

L'A. dice che alia prima categoria appartengono il sistema nervoso e I'acquifero, dandone una breve descrizione e discutendo alcuni caratteri, as- sunti da alcuni come criterio di classifica. Accenna alia controversia circa il significato morfologico del sistema acquifero e ritiene che sia un Nefridio e che gli Echimodermi per tale riguardo debbono includersi nel gruppo degli Ani- mali nefridiani con i Vermi ed i Cordati. Uirca alia vescicola enterocelica che accompagna il cauale della sabbia, dice che, secondo alcuni, essa darebbe origine, sia direttamente sia indirettamente, per proliferazione di un organo che si sviluppa nel suo interno (glandola ovoide od assia le), agli elementi sessuali ; onde una parte del celoma negli Echinodermi precocemente si sarebbe diflferenziata in una porzione anteriore (idrocele) che funzionerebbe da Nefri- dio, ed una posteriore che funzionerebbe da G on ad e. Tale supposizione pero non ha alcun fondamento, sia perche le prime cellule germinali si sviluppano a spese di altre vescioole enteroceliche, sia perche la vescicola in questione

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si oblitera (Oloturie) o si riduce di molto (sacco parietale dei Crinoidi). Solo nelle Asterie ed Ofiure e negli Echni assume un grande svlluppo, formando attorno al canale della sabbia il seno assiale, nel cui interne si sviluppa la glandola oraonima.

Descrive il sistema delle lacune, distinguondo le formazioni emali, perie- mali, pseudoemali e schizoceliche e dice che queste ultime specialraente non hanno alcuna importanza per la classifica, essendo irregolarmente distri^ buifce nel connettivo, come quelle vie che si formano dove e necessavio dell'ali- mento. Circa alle vere formazioni emali, specialmente per le lacune intestinali, distingue in due grandi gruppi gli Echinodermi: uno (Oloturie e Crinoidi) in cui esse si formano direttamente per sollevamenti della lamina peritoneale deir intestine, I'altro (Asterie, Ofiure ed Echini) in cui si formano per proli- fei'azione della glandola ovoide od assiale. Oltre tale sistema di lacune intestinali, ve ne e un altro, che descrive a parte, perche e in relazione da un lato con gli organi genitali e dall'altro con I'intestino e con le lacune che lo percorrono. Tali lacune si sviluppano in prossimita dei primi elementi ses- suali, nell'interno di una cavita peritoneale, denominata seno aborale. Esse prendono il nome di lacune aborali e da una parte dinno origine alia la- cuna genitale che va alia gonade corrispondente, dall' altra a gli assor- benti intestinali. La conformazione di tali lacune e in rapporto alio svi- luppo che assumono gli organi genitali, cosicche lo studio di quelle non pu6 da questi prescindersi. Dice che lo studio di tali formazioni sono interessanti per stabilire la filiazione dei varii gruppi; perche, durante lo sviluppo, si mo- strano alcuni dati di fatto, che danno il file di Arianna nel labirinto di organismi cosi variamente conformuti nella loro apparente uniformity !

Descrive tali formazioni nelle Oloturie, in cui sono meno differenziate, e dice che esse si ripresentano in una fase larvale dei Crinoidi, per poi atro- fizzarsi ed essere sostituite da altri organi analoghi (cordone genitale peri- esofageo), che permangono negli adulti. Da cio trae come conseguenza che i Crinoidi, sebbene alio stato adulto siano cosi altamente differenziati, abbiano una reale afiSnita con le ('loturie. Considerando poi la speciale conformazione dei Cystoidea, sostiene che essi presentano la medesima disposizione degli or- gani delle Oloturie e delle larve dei Crinoidi (stadio di Cistoide). In seguito a tali confront! e tenendo presente che i Cistoidi sono i primi Echinodermi che si rinvengono nei terreni fos.siliferi dell'era primaria, conclude che essi rappresnntano un gruppo primitivo o il capostipite del tipo Echinoderma : da essi derivarono le Oloturie e i Ci-inoidi.

Nello studio delle fasi piuttosto avanzate dello sviluppo dei Crinoidi, si riscontrano nelle larve alcuni caratteri, che fanuo giudicare in quali rapporti si trovano questi Echinodermi con un altro gruppo estinto, cioe con i Blastoi- <Zca. Difatti, gli spiracoli di questi fossili corrispondono alle modreporiti secondarie che si sviluppano negli interradii dei Crinoidi, come approfonda- menti ectodermici. A tali formazioni corrisponde un cordone genitale perieso- fageo, che sostituisce la gonade che si e obliterata. Mettendo in rapporto questi fatti, con la data in cui apparvero i Blastoidi, cioe nel Devoniano, quando gia i Crinoidi erano nel loro pieno vigore, si puo dire che essi rappresentino dei Crinoidi non specializzati, o pure delle forme neoteniche dei'ivate da Cri- noidi che potevano riprodursi alio stato larvale.

Circa le altre classi (Asterie, Ofiure ed Echini) dice che nell' insieme co-

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stituiscono una sezione in cui si possono rifionoscere caratteri comuni, onde si distinguono dalla sezione sopra coiisiderata (Cistoidi, Oloturie, Crinoidi e Blastoidi). In essi la simmetria radiata si estende anche a quegli organi che nella sezione sopra studiata non la seguono affatto. Nelle Asterie ed Ofiure, difatti, I'organo genitale, e costituito da un cor done genitale circolare, posto attorno la periferia del disco. ]n rapporto alio svilnppo assunto dall'organo genitale, il seno e la lacuna aborale negli adulti sono anche conformant! in ordine radiale, costituendo lo spazio periemale e le lacune dorso-ven- t rail. 'Da queste lacune si originano gli assorbenti intestinali, posti negli interradii. Tali formazioni in origins si sviluppano coine nelle Oloturie e per- cio sono omologhe fra di loro. Negli Echini, in un primo stadio di sviluppo, si trovano anche le formazioni genitale, emale e periemale, come nelle Asterie ed Ofiure; il cordone genitale circolare pero ben presto si atrofizza nei tratti radiali, mentre negli interradiali si sviluppano le glandole genitali. Le porzioni atrofiche del cordone genitale si trasformano in lacune, le quali funzionano da lacune genitali. Per efFetto di tali trasformazioni la lacuna ed il seno aborale, conosciute col nome di appendice glandulare, si arre- stano nel loro sviluppo. In rapporto a tali mutamenti anche gli assorbenti intestinali, subiscono una notevole riduzione. In conclusione, si puo aflfer- mare die gli Echini, mentre per la primitiva presenza di un cordone genitale circolare, dimostrano essere affini alle Asterie ed Ofiure, mostrano anche che ben- jjresto se ne sono allontanati, per evolversi secondo u)ia speciale direzione^

L'A. cosi prosegue :

« Cerchiamo ora d'investigare in quali rapporti si trovano le due grandi sezioni, avanti delimitate in base all'anatomia ed alio sviluppo degli organi. Su tale ai-gomento per ora non si possono fare che delle congetture; un dato che potrebbe rendere possibile I'avvicinamento sarebbe il fatto che le larve di Asterina gihhosa si fissano con il lobo preorale, come le larve di Antedon. Pero, tale constatazione, cioe le affinita che potrebbero esistere tra le Asterie ed i Crinoidi, se viene avvalorata dai dati paleontologici, non lo e ugualraente da quelli embriologici, dappoiche si e constatato che il lobo preorale di Aste- rina non corrisponde morfologicamente al lobo adesivo di Antedon. Cio non ostante, si sa dalla Paleontologia che gli Asteroidi comparvero molto preco- cemente e che essi si svolsero quasi contemporaneamente ai Cistoidei e Cri- noidei fin dal periodo Siluriano. Fra essi si rinvengono alcune forme, la cui posizione nel sistema degli Echinodermi e alquanto dubbia e che costituisco- no il gruppo degli Edrioasteroidi.

Essi pero per taluni caratteri pare debbano essere ascritti ai Blastoidi, mentre per altri sono prossimi agli Asteroidi. Tali forme, erano fisse nel fondo del mare, pero cosi debolmente che talora potevano con facility essere distac- cate dalle onde. Si suppone, difatti, che alcune di esse furono distaccate e ro- vesciate; cosicche, mettendo in contatto con il fondo marino i loro solchi ciliati, orlati di tentacoli, furono costrette a trasformare i tentacoli stessi in pedicelli con ventose all'estremita, atte alia locomozione. Tale sarebbe, secondo alcuni, I'origine delle forme mobili (Heleutherosoa) dalle forme fisse {Pelmatozoa); pero tale derivazione non esce per ora dal campo delle ipotesi, sebbene alcuni dati anatomici la convalidiuo in parte, come la presenza di piastre speciali che ne- gli Edrioasteroidi, come in molti Asteroidi, coprono i solchi ambulacrali.

« Quantunque su tale soggetto sia prudente attendere nuove ricerche,

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pure il fatto che nelle Ofiure esistono attorno alia bocca, negli interradii, delle aperture che conducono in speciali caviti : le horse., derivate da invagi- nazioni ectodermiclie, similmente a quanto si osserva nelle larve di Crinoide, e nei Blastoidi in genere, che, come si e detto, sono anche provveduti di tali invaginazioni (idrospire e spiracoli), tutto cio, dico, potrebbe essere un dato molto valevole per avvicinare fra loro le due grandi sezioni di Echino- dermi.

Tocchero infine brevemente due questioni, cioe in quali rapporti si tro- vano gli Echinodermi con gli altri tipi animali ed a che e dovuta la simmetria radi.ita: Se si considerano le larve essi hanno evidentemente rapporti diretti con gli Anellidi, con i Briozoi e con gli Enteropneusti ed in generale con tutti i gruppi in cui si fornaa un vero celoma. Possiamo dire percio che gli Echinodermi non ostante la via speciale di evoluzione in cui si sono messi, per cui apparentemente sembrerebbero forme affini a tipi molto bassi, come i Celenterati, sono invece animali molto difterenziati le cui parentele non sono dubbie, sia che si consider! il celoma stesso, sia che si considerino gli organi che da esso derivano, come i nefridi o gli elementi sessuali,

« A tale proposito, io credo di richiamare I'attenzione di questi illustri soci su di un fatto, che potrebbe essere di molto interesse, ma che, per essere interamente accettato, attende uno studio piu approtondito, cioe sui possibili rudimenti di una metameria. Non intendo parlare della disposizione lineare di alcuni organi o parte di essi che si trovano lungo i radii dell'animale, co- me le piastre calcaree od i pedicelli, ma intendo invece parlare di una dispo- sizione particolare del celoma che si osserva in tutte le classi di Echinoder- mi. II celoma, infatti, lo troviamo sempre diviso in 2 o 3 scompartimenti, di cui uno, molto piccolo occupa la porzione anteriore od orale del corpo, I'altro molto grande, contenente i visceri, la porzione media, il 3°, piu piccolo, quella posteriore. Tale divisione, che ricorda quella di alcuni animali meta- merici, potrebbe essere, come dicevo, un rudimento di una disposizione, che in qualunque modo si consideri, segna indubbiamente un progresso nell' ar- chitettura del corpo e che potrebbe spiegare meglio i rapporti degli Echino- dermi con gli altri tipi di animali.

< Circa all'origine della simmetria radiata, fra le varie teorie quella che va acquistando maggior credito si e la teoria pelmatozoica, secondo la quale la simmetria radiata e una conseguenza della vita fissa a cui vi sono adattati i primi Echinodermi. Svolgere partitamente tale teoria sarebbe molto lungo e perci6 mi limito a dire che, secondo la piu probabile ipotesi, confortata oggi da molti fatti, la larva degli Echinodermi, avente una simmetria bilaterale e detta peroio Dipleurula, si e fissata con I'estremo anteriore in cui era la bocca (lobo preorale). Tale adattamento alia vita sedentanea fu la prima cagione della comparsa di un nuovo philum, che oggi noi chiamiamo Echinodermi. Per effetto della vita fissa, difatti, la bocca della Dipleurula si sposto verso 1' estremita posteriore, ora superiore, ed in questo passaggio 1' intestine si ravvolse, portando molti spostamenti nelle vescicole enteroceliche, che prima erauo regolarmente disposte ai due lati del tubo digerente, pressoch^ rettili- neo. La nuova disposizione assunta da questi organi si osserva durante lo sviluppo del Crinoidi e nei Cistoidi, che, come fu detto, sono il capostipite di tutti gli Echinodermi, ed in generale in una forma ipotetica, che chiamiamo Pelmatozoo primitivo.

M. Z. Supplemento. 'i

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TJn'altra conseguenza della vita fissa si fu che 1' animale, per provve- dersi di alimento, ha dovuto sviluppare alcuni organi adatti a raccoglierlo nel- I'acqua circostante per portarlo alia bocca.

Originariamente ci6 e avvenuto perche, partendo dalla bocca, si svilup- parono, disposte radial raente, 3 e poi 5 strie ciliate, fatte da un epitelio vibra- tile. Tali strie, nell' ulteriore evoluzione, si trasformarono in un sistema ner- V090 superficiale e poi, per invaginazione, in un sisteraa nervoso profondo. In rapporto alia forraazione di tali organi, aventi in origine una tunzione nutriti- zia, ben presto assunsero un eguale sviluppo moiti altri organi interni, come ad es. il sisteraa acquifero, il quale, in corrispondenza delle strie ciliate, emise delle propaggini, vasi radiali, da cni venivano fuori delle appendici per agevo- lare la raccolta degli alimenti. Come avanti si e detto, solo I'organo genitale e le lacune che lo irrigano, non furono cosi pronte a seguire la nuova via di evoluzione.

« Giunto alia fine di questa lettura, ringrazio gl'illustri coUeghi della benevola attenzione e nello stesso tempo esprimo un voto, che e anche un augurio a me stesso, cioe, che altri si voglia occupare di questi animali, af- finche io non rimanga di piu un solitario fra i zoologi italiani »

Enriques osserva che alcune condizioni anatomiche del Sipunculus nudus accennano ad un resto di simmetria raggiata, simile a quella dell© oloturio adulte, e che il sistema circolatorio del Sipunculus presenta caratteri isto- logici perfettamente simili a quelli del sistema acquifero delle oloturie e con- dizioni anatomiche come se fosse un sistema acquifero ridotto. Di piu per quel che riguarda lo sviluppo dei Sipunculidi e degli Echino<iermi, molti ca- ratteri di dissomiglianza sono in relazione colla presenza nell' embrione del Sipinculus, di speciali involucri (amniotici ?), che invece mancano in altri Sipunculidi {Phymosoma) onde non possono avere valore sistematico. Per que- sti fatti crede che nello stato attuale delle nostre cognizioni, nel quale lo sviluppo dei Sipunculidi e ben poco conosciuto, si debba tener conto delle affinita che esistono tra i due gruppi di animali, nello stato adulto.

Russo risponde che 1' ipotesi avanzata dal Enriques era gia stata fatta raolti anni or sono dal Semper, ma che poi e stata abbandonata, essendosi coDstatato che si tratta di strutture analoghe, ma non omologhe.

II Presidente da quindi la parola ai soci per la continuazione delle

Comunicazioni scientificlie.

Mirabella Osservazioni sulV accrescimento degli oociti di Helix aspersa. [Legge Ghigi per I'autrice assente].

E noto come, or non e molto. Paul Obst abbia sostenuto I'esistenza di processi di fagocitosi nell'ovogenesi dell' Helix pomatia, e come, piu special- mente, abbia asserito che I'oocite si nutrisce direttamente di cellule foUicolari.

Per consiglio del prof. Raffaele ho intrapreso una verifica dei resultati dell'Obst e nel tempo stesso ho fatto altre osservazioni, servendomi pero di oociti di Helix aspersa.

Da queste osservazioni risulta principalmente : P che le figure date dall'Obst e riprodotte dai trattati, in cui si ve- dono le cellule follicolari gia immigrate o in via d' immigrare, neH'iuterno

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dell'uovo, rappresentano probabilmente uova in incipieate degenerazione, op- pure sezioni tangenziali di oociti normali uei quali le cellule follicolari sa- rebbero situate nelle insenature che presenta la superficie irregolare del- I'oocite, e facilmente percio possono dare 1' impressione, in certi casi, di essere cellule gii immigrate nell' uovo. Anche a sezioni tangenziali possono essere attribuite le imagini, descritte dall'Obst, di vescicole germinative prive parzialmente di membraua ; e a tutti noto infatti come una sottile membrana possa, quaudo e vista di fronte anziche di profile, passare facilmente inos- servata.

Anche in molte uova patologiche si puo riscontrare una dissoluzione par- ziale o totale della membrana.

S.** In oociti di media grandezza si osserrano dei corpicciuoli molto co- lorabili, di aspetto omogeneo e di forma e grandezza variabili, assai simili a quelli, in gran numero, descritti come nuclei vitellini. Credo anzi che per V Helix siano stati gia descritti come tali dal Balbiani : io pero uon credo di poterli giustificatamente paragonare ai nuclei vitellini classici. E quantunque uon vorrei pronunziare un giudizio definitivo, dico che per varie ragioni in- clino a considerare come uova patologiche quelle in cui essi corpi si tro- vano.

3.0 In oociti giovani s' incontra un differenziamento del protoplasma il quale sembra un differenziamento normale. II protoplasma e diviso in due zone concentriche, la piu interna delle quali circouda il uucleo. Si distinguono per minuta differenza di struttura, ma specialmente per 1' esistenza di un limite netto fra le due zone, il quale pero col progredire dello sviluppo scom- pare e cosi scompare parimeute la distinzione in due zone. Evidentemente si tratta qui della zona palleale del Leydig. Nessuna relazione ne di posizione ne genetica sembra eslstere fra la zona palleale e i corpi vitellini cui ho dianzi accennato.

La vescicola germinativa naturalmente e del tutto sierica, ma nei preparati si presenta spesso lobata e irregolare, il che e dovuto all' azione raggrizzante dei reattivi.

5.° Frequenti e di varie sorta sono le degenerazioni cui puo sottostare I'oocite durante I'accrescimento. Una di tali forme di degenerazione offre questo di caratteristico: che mentre il citoplasma ovulare si dissolve com- pletamente, mescolandosi col contenuto del lobo genitale, la vescicola germi- nativa rimane intatta ; e che poi, in una fase pid inoltrata, dissolvendosi an- che la membrana nucleare, il solo nucleolo, che, com' e noto e neW Helix assai grosso e tutto ripieno di vacuole, rimane a indicare la passata esistenza di un oocite distrutto.

Giacomini mette in contronto con quanto ha osservato la signorina Mira- bella neWHelix, cio che accade uell'accrescimento dell'ovocite dei Mammileri, uegando contro il recente lavoro di Kolbrugge, ogni penetrazione di cel- lule follicolari neU'ovocellula normale ed ogni fagocitosi da parte dell'uovo che si accresce.

Raffaele crede necessario indagare se in tutti quel casi in cui e stata ed e ancora sostenuta una penetrazione di cellule entro le uova normali in via di sviluppo, non si tratti di errori di osservazioni o di fatti patologici.

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Livini. La doccia ipobraiichiale negli embrioni di polio.

Esiste negli embrioni di Polio, in stadi precocissimi dello sviluppo, una doccia longitudiaale, situata sulla linea di mezzo della parete ventrale della faringe, che dal liraite posteriore della membrana faringea si estende fin verso il limite posteriore della regione brancliiale. La doccia, uotevolmente prolonda e ristretta nel tratto medio, si slarga e si fa piii superficiale ai due estremi, craniale e caudale. Essa e tappezzata da un epitelio differenziato nel senso che ha uno spessore maggiore del rimanente epitelio fariageo (ad eccezione di quello che corrisponde alle tasche entodermiche branchiali ed alio stomo- deo); cio e dovuto ia parte al numero maggiore di strati dei quali 1' epitelio e composto, in parte al fatto che le cellule superticiali sono, in corrispondenza della doccia, notevolmente sviluppate in altezza.

Questo differenziamento epiteliale precede la formazione della doccia.

La doccia permane per un tempo brevissimo. Molto presto essa si fa piu larga, meno profonda ed infine sparisce. Questo processo di involuzione iuco- mincia agli estremi, craniale e caudale, della doccia, per propagarsi poi al tratto intermedio.

Contemporaneamente o prima o dopo la scomparsa della doccia, I'epitelio che la tappezza perde i suoi peculiari caratteri.

La scomparsa della doccia non avviene sempre alio stesso periodo, ma ora piu presto ed ora piu tardi. Ugualmente per un tempo assai variabile si conserva il differenziamento dell' epitelio che la tappezza, differenziamento del quale possono osservarsi traccie anche in periodi relativamente avanzati nello sviluppo.

Si puo, con fondamento, ritenere che la doccia di cui e questione rappre- senti, in forma rudimentale, la doccia ipobranchiale dei Tunica ti e dell' Am- 2)Moxus. Se, come non mi par dubbio, tale interpretazione e giusta, viene dimostrata, in un alto Vertebrate, la comparsa transitoria di un organo, il quale esiste permanentemente e ben sviluppato nei Tunicati, e viene cosi messo in luce un altro importante carattere nel quale i Vertebrati coucor- dano coi Tunicati.

Quando gia nella doccia sono apprezzabili segni di involuzione, nella por- zione intermedia di essa un piccolo tratto dell' epitelio, per una attiva proli- ferazione cellulare, acquista uno spessore alquanto maggiore del rimanente. Questo ispessimento corrisponde precisamente a livello della 2>'- tasca ento- dermica branchiale, e rappresenta I'abbozzo della tiroide. Considerate le cose in questo momento, e tenuto couto del fatto che questo ispessimento, questa piccola gemma epiteliale, diverra una vera e propria ghiandola, la tiroide, si potrebbe dire che questa rappresenta la ghiandola della doccia ipobranchiale.

In seguito, mentre la doccia sparisce, la gemma tiroidea aumenta di vo- lume, spingendosi caudalmente. Si mantiene per un certo tempo come forma- zione solida ; poi vi compare, dovuta almeno in parte a disfacimento cellulare, una cavitA, raolto piccola che comunica colla caviti faringea, sicche, allorquando la tiroide si separa dalla faringe, ha forma di una grossa vescicola con pa- rete molto spessa e cavita miuuscola, nella quale cavita trovansi detriti cel- lulari, resti del disfacimento di cui si e teste fatto menzione.

Questi reperti conducono, almeno per quanto riguarda il Polio, a farci ripudiare la opinione che oggi si ha del significato morfologico della tiroide.

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Non e infatti, come f^eneralmente si ammette, la tiroide I'equivalente morfo- logico della doccia ipobrancliiale dei Tunicati ; esiste invece una formazione transitoria a quest'ultima verameate omologa, ed e soltanto un piccolo tratto di essa che si svolge ulteriormente per divenire tiroide, mentre tutto il ri- manente scompare.

Fano L. Sulle glandole cutanee degli Anfibi.

La dott. Phisalix-Picot, in un suo recente lavoro embriologico ed isto- logico sulle ghiandole cutanee della Salamandra terrestre, affermava tra I'al- tro, senza riserve, che queste ghiandole hanno origine mesoderm ica e precisamente si forraano a spese delle cellule dello strato piu superficiale del derma. La cosa, oltreche contrastare con I'opinione di tutti gli autori occu- patisi in precedenza dell'argomento, appariva anche molto poco verosimile : percio ho voluto fare alcune ricerche in proposito, per vedere quanto valore si dovesse attribuire all' asser/Jone della Phisalix ; e i risultati di queste ricerche, per le quali mi sono servita particolarmente di larve di Triton cri- status e di Axolotl, sono stati quali sin da principio avevo preveduto.

L'argomento principale che la Phisalix porta a sostegno della sua affer- mazione e questo: che fra I'abbozzo ghiandolare, in qualunque stadio del suo sviluppo, e I'epidermide, esiste costantemente uno strato dermico continuo. Al contrario io ho veduto chiaramente e credo di poter qaindi affermare con sicu- rezza che i primitivi abbozzi ghiundolari sono completamente in- traepidermici e non hanno col derma alcun rapporto. Ciascun abbozzo si origina per divisione cariocinetica di una cellula dello strato di Malpighi e successiva proliferazione delle cellule figlie. Soltanto in seguito questo abbozzo, aumentando contemporaneamente in volume, comincia a scendere lentamente verso il derma, fino a restarvi quasi completamente incluso. Dico quasi perche, almeno nel Triton cristatus, la ghiandola, in qualunque stadio di sviluppo la si osservi, mostra sempre un tratto, sia pur piccolissimo, della sua superficie in contatto diretto con I'epidermide che I'ha generata : il che non esclude che nella salamandra possa essere altrimenti. Ora per ispiegare I'errore della Phisalix si possono fare due ipotesi : o quegli aggruppamenti di cellule da lei osservati nel derma e interpretati come abbozzi ghiandolari, noa hanno in- vece niente a che fare con le ghiandole, oppure si tratta realmente di ab- bozzi ghiandolari, raa in uno stadio di sviluppo gia relativamente avanzato, quando cioe, staccatisi dall' epidermide, sono gii penetrati nel derma ; nel qual caso essa avrebbe incominciato le sue ricerche su larve non abbastanza giovani per cogliere i primi principii del processo di formazione delle ghiandole. Comunque sia, resta fissata I'origine ectodermica delle ghiandole.

Quando la ghiandola ha raggiunto un determinato grado di sviluppo in corripondenza del suo polo superiore, si apre il condotto escretore. E opi- nione generale degli autori che esso si formi dall'inte rno verso I'esterno, in causa della pressione esercitata dal secreto che vuole uscire: sicche risul- terebbe costituito. semplicemente da una serie di lacune intercellulari allar- gate. Le mie osservazioni mi hanno condotto a risultati discordanti da tale opinione : il condotto, almeno nel Tr. cristatus, si forma invece dall' ester no verso I'interno, per introflessione di quel tratto dell'epidermide che sta sopra I'abbozzo. E una riprova della verita di questo asserto mi

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pare la ofFra il fatto che nella muta anche i condotti escretori se ne vanno, mostrando cosi chiaramente la loro iatima connessione con I'epidermide.

Dunque il condotto si forma dall'esterno verso 1' interno : ed insisto su questo, perche appunto il false conviucimento che il condotto si formasse in- vece meccanicamente dall' interno all'esterno, insieme con la supposta origine mesodermica delle ghiandole, ha servito di appoggio alia Phisalix per una ardita ipotesi sul significato funzionale delle ghiandole stesse. Per spiegare r immunitvi che la salamandra (come altri anfibi) presenta contx-o il proprio veleno, la Phisalix ammette una secreziune interna delle glandole velenose, tl'accordo in questo con altri autori. Ma non si ferma qui: essa arriva fino a supporre che primitivamente le ghiandole cutanee fossero organi adibiti esclu- sivamente alia nutrizione e che soltanto in seguito per lo sviluppo esagerato di questa funzione, il secreto, divenuto esuberante, si sia aperto meccanica- mente una via per uscire all'esterno, sicche la funzione difensiva non sarebbe che secondaria. Come dati positivi a sosteguo di questa ipotesi, la Phisalix non cita che i due fatti suaccennati : ora, dinanzi alia negazione di questi due fatti, 1' ipotesi cade. Inoltro si potrebbero citare altri fatti che la fauno apparire poco probabile: per eserapio si sa che nel proteo non esistono ghian- dole velenose, ma ghiandole mucose ; ora, se si considerano le ghiandole come organi difensivi, non parra strauo che nel proteo, il quale, per la uatura del- I'ambiente in cui vive, e molto meno esposto alle persecuzioni dei nemici che gli altri anfibi, le ghiandole velenose manchino, laddove con 1' ipotesi della Phisalix, questo fatto non si spiegherebbe.

Studiando le ghiandole velenose deH'axolotl ho trovato di molto notevole questo : che anche in individui abbastanza avanzati in etk (6 o 7 anni) tali ghiandole (sebbene siano gia molto sviluppate sotto ogni altro rapporto e le cellule secernent! siano gia entrate nella loro attivita funzionale) son o sem- pre privedi condotto esc reto re. Cio poteva a tutta prima suggerire I'idea che in questi anfibi le gh. fossero organi andati in disuso e quindi in via di raetamorfosi regressiva: ma questa supposizione non ha piu ragione di essere davanti al fatto che nell'animale trasformato, neW Ambly stoma, il condotto escretore esiste. E si deve piu logicamente ammettere che la formazione del condotto sia un fenomeno connesso unicaraente con la metamorfosi e quindi la mancanza di condotto nell'axolotl debba attribuirsi ad un arresto nello sviluppo dovuto al prolungarsi della vita larvale.

Kesta un quesito: dal momento che i condotti escretori maucano nell'axo- lotl, come puo il secreto uscire alia superficie della pelle? Couviene pensare che esso passi attraverso gli spazi intercellulari dell'epidermide, tanto piu che I'osservazione microscopica conforta questa ipotesi. Infatti, quando la ghiaudola ha raggiunto un conveniente grado di sviluppo, in corrispondenza del suo polo superiore, la membrana muscolare appare come squarciata, lo strato dermico pigmentato limitante la.ghiandola dall'epidermide e iuterrotto, ma I'epidermide e intatta.

Tutte le quistioni cui ho fin qui accennato in breve ed altre suU'argo- mento sono trattate piu ampiamente in un lavoro che uscira fra breve e che ho iuteuzioue di ampliare.

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Esaurita la serie delle cumunicazioni scientifiche, il presidente invita i proponent! a svolgere le varie Mozioni.

Vinciguerra presenta il seguente ordine del giorno, che viene approvato ad unanimity.

< II terzo Convegno Zoologico fa voti che le disposizioni dei regolamonti « di pesca riguardanti i divieti e le raisure minime dei pesci sieno modificate « in modo da tener conto delle variazioni che si verificano nello diverse i*e- « gioni d' Italia » .

Ghigi, a proposito della mozione Vinciguerra, osserva, che le Comraissioni provincial! per la pesca fluviale e lacuale potrebbero dare un contribute notevole alia scienza ed alia pratica, quando disponessero di qualche mezzo finanziario. Vorrebbe che il Convegno desse facolta al Presidente di trasmettere al Mini- stero di Agricoltura analoga raccomandazione. La proposta e approvata.

Ghigi, auche a noma di Andres, Giglioli, Arrigoni Degli Odd!, Magrntti e Mar- torelli, presenta la mo-iione seguente :

« L' Unione Zoologica Italiana nella sua terza Assemblea ordinaria in Roma, richiama I'attenzione del Governo sulla n^cessit^ di unificare la le- gislazione sulla caccia nell' interesse ecouomico della nazione ed esprim« < il parere che, nelle disposizioni di legge, trovino posto i seguenti voti :

« 1.° Nomina di una commissione consultiva per la caccia, formata da persone di nota competenza in materia, la quale abbia facolta di proporre « particolari limitazioni di tempo e di luogo ove le condizioni di certe specie « lo esigano ;

2." Concessione a scopo puramente scie)itifico e sotto strette garanzie, « del permesso di caccia col fucile e della raccolta dei nidi in epoca di di- vieto, seguendo in cio lo spirito liberale della nostra legislazione ».

Ghigi richiaraandosi a quanto egli stesso ed altri colleghi hanno detto nei precedent! congress!, vista la scarsita del tempo, rinunzia a svolgere la mo- zione, riservandosi di rispondere a quegli oratori che soUevassero obbiezioni.

Mannini crede che non si possa fare una legge sulla caccia eguale per tutte le provincie d' Italia.

Ghigi risponde che il concetto di uuificazione risponde piuttosto alia ne- cessity di sostituire una sola legge alle molte attualmente in vigore nelle provincie che facevano parte degli antichi Stati italiani. Del resto alia Com- missione pi-oposta spetteri di formulare quelle diSerenze di trattameuto che le varie region! faunistiche d' Italia e.sigessero.

Posta a partito la mozione Ghigi e approvata all'unanimiti.

Raffaeie parla sull'insegnamento della Biologia. Vorrebbe che I'insegnante di Zoologia all'Universita svolgesse piu arapiamente di quanto si suol fare, la parte generale*, lasciando a! giovani la cura di apprendere sui libri e nelle collezion! la parte sistematica.

Vinciguerra e d'accordo col Raffaeie uel desiderio che la Biologia generale abbia un piu ampio svolgimento uelle Universita, ma come insegnamento se- parato e non a scapito della Zoologia sistematica. In quest' ultimo caso egli non potrebbe dar voto favorevole.

Monli A. presenta il seguente ordine del giorno :

« II Congresso, ritenuto utile e fecondo 1' insegnamento della Biologia * generale quale e stato dettato nell' University d! Roma sotto il titolo di

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< Istologia e Fisiologia generale, fa voti perche in tutte le University sia « create un simile insegnamento di Biologia generale e sia ulteriormente « sviluppato a fondamento della coltura generale naturalistica ».

L'ordine del giorno Monti dk luogo ad una animata discussions cui pren- dono parte Emery, Raffaele, Vinciguerra, Grassi, Brunelli e Pirotta.

Posto a partito l'ordine del giorno Monti e approvato a maggioranza.

Vinciguerra a noma di Monticelli da letcura del memorials sull'insegnamen- to delle Scienze Naturali negli Istituti secondari redatto dai laureati e lau- reandi in scienze naturali delle universita italiane.

Ricci propone e I'asseniblea approva, la sospensione sul paragrafo ottavo. II memoriale e approvato alia unanimita.

Grass! richiamandosi alle condizioni esposte nel discorso tenuto il giorno dell'inaugurazione del Convegno, presenta il seguente ordine del giorno:

L'Unione Zoologica, tenendo presente I'importanza della zoologia per « molti problemi igienici, fa voti al Ministro dell'Interno aflSnche ai laboratori « di Sanit^ del Regno venga annessa una sezione zoologica, come si sta « facendo in Germania ; e che 1' insegnamento della zoologia medica sia com- « preso nel programma d' insegnamento per gli ufficiali sanitaria.

L'ordine del giorno Grassi e approvato all'unanimita.

Cuboni svolge il seguente ordine del giorno :

« L'Unione Zoologica Italiana riconosce I'opportunita che nuove ricerche « ed esperienze siano istituite in Italia alio scopo di meglio conoscere I'in- « fluenza che le varie condizioni del clima, del suolo, dell'ambiente esercitano « sulla biologia della fillossera della vite e fa voti affinche il Minister© di Agri- « coltura faccia eseguire questi studi che potranno rendere servigi grandis- « simi nella lotta contro I'insetto ».

L'ordine del giorno Cuboni e approvato all'unanimita.

Dopo la seduta contiuuano nell'Istituto di Anatomia comparata le dimo- strazioni dei preparati e disegni inerenti alle comunicazioni fatte nelle se- dute scientifiche.

Seduta pomeridiana

(Anfiteatro dell'Istituto anatomico)

II Presidents nomina scrutatori per I'elezione delle cariche sociali, Fras- setto e Rosa ed indice la votazione per appello nominale, rimandando lo scru- tinio al termine della seduta.

Grassi e LeprI, revisori dei conti, presentano la loro relazione [legge Le- pri] sul Rendiconto esposto dal Segretario; ed accettando il bilanciocome esso e stato impiantato dalla presidenza, ne propongono all'ass^mblea I'approva- zione che e votata all'unanimiti.

Ghlgl in base al bilancio consuntivo approvato, presenta a nome di Mon- ticelli quelle preventivo per Tanno corrente 1902, che viene approvato ad una- nimity, senza discussions.

Emery (I'elatore) anche a nome degli altri membri (Camerano, Cattaneo, Mon- ticelli, Romiti,) della Commissione nominata daH'asserablea di Bologna per trat- tare con gli editor! esteri (a termini della facolta concessale dall'Assemblea di Napoli) la questions dsUa pubblicazione dsll' < Archivio Zoologico Ita-

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liano », legge la propria relazione negativa riguardo alle pratiche fatte di- chiarando che la Commissione stessa aveva da tempo rassegnato il proprio maiidato al Presidente deiPUnione.

II Presidente dichiara come il Consiglio Direttivo dell'Unioue abbia vo- luto che l'«Archivio Zoologico » sorgesse ad ogni costo. Percio mediants fondi offerti da alcuni volenterosi ha proceduto alia stampa del fascicolo che presenta all'assemblea.

A norae del Consiglio Direttivo sottomette all' approvazione della mede- sima un protocollo concernente 1' istituzione di una Society per azioni onde assicurare la vitalita deli'Archivio stesso.

Grassi ha calde parole di elogio per I'operato del Consiglio Direttivo. pel fascicolo e pel suo conteauto, ma teme che in Italia il giornale nou possa vivere per I'iusufficienza dei mezzi finanziari e per il numero del giornali di tal genere. Ritiene che un solo giornale sarebbe sufficiente, mentre oltre al nuovo ve ue hanno altri due: quello pubblicato dal senators Todaro e I'tAr- chivio di Anatomia ».

Crede che per la vita del periodico sia utile ricorrere alls Accademie ottenendo di riprodurre nell'« Archi vio Zoologico » i lavori pubblicati nei loro Annali e propone di tentare una fusions coll'« Archivio anatomico » ovvero col giornale del Senatore Todaro.

Romiti osserva che la produziene scientifica italiana e oggi tale da assi- curare vitalita a due periodici. Dalle floride condizioni dell' « Archivio di Anatomia > e tratto a bene sperare anche per quello di Zoologia.

Emery non pu6 convsniro nelle idee espresse dal Grass!- Pubblicare i la- vori gik comparsi negli atti delle Accademie, equivarrebbe a screditars il giornals. Eicorda poi al prof, Grassi che egli stesso fu pregato da lui ad ini- ziare trattative di accordi col Senatore Todaro, trattative fallite psrchs questo ultimo fece intsnders di non potere modificare il titolo, il formato s la rsda- zione del suo giornale.

Grassi replica per fatto personale, dopo di che le proposte della Presi- denza circa la pubblicazione deli' « Archi vio Zoologico » vengono approvate alia unanimita.

II Presidente a nome dell'intero Consiglio Direttivo propone che I'Unione Zoologica divenga azionista devolvendo a favors deli'Archivio i residui at- tivi del proprio bilancio.

La proposta e approvata all' unanimita.

II Presidente apre la discuscione per la designazione dell'epoca e del luogo della quarta adunanza annuals dell'Unione.

Parona propone Himini e spiega le ragioni della scelta. Giiigi dichiara che se I'Assemblea approvera la proposta di Parona, egli sara lieto di porsi inte- ramente a disposizione dell'Unione per organizzare il Convegno.

Ad unanimita si acclama Rimini sede della quarta asseniblea annuale dell'Unione e dsl prossimo Convegno.

Quanto all'epoca, viene di comune accordo stabilito che il convegno abbia luogo nella prima quindicina di settembre del 1903.

Esauriti gli oggstti posti all'ordiue del gioruo il Presidente jnega gii scrutatori a procedere alio spoglio delle schede.

M. Z. Supj)leiAe>ito. 8

- m -

II risultato della votazione e il seguente:

Votanti 98; dei quali 75 per scheda inviata a! Segretario e 23 di per- sona.

II Presidente, visto il risultato della votazione proclama eletti per il triennio 1903-1906:

Presidente il prof. Guglielmo Romiti, Vice-Presidente il prof. Lorenzo Camerano, VicePresidente il prof. Battista Grassi, Segretario il prof. Fr. Sav. Monticelli, Vice-Segretario il prof. Alessandro Ghlgl, Economo-Cassiere il dott. Umberto Pierantoni.

A termini della deliberazione presa neU'Asserablea di Napoli il prof. Ro- miti uscir^ dal Consiglio compiuto I'anno di carica ed il prof. Camerano al fi- nire dell'anno 1905.

Su proposta Grassi, approvata dall'Assemblea la Presidenza assume inca- rico delle pratiche relative perche S. M. il Re e S. A. R. il Duca degli A- bruzzi vogliano assumere il patronato della Unione.

II Presidente ringrazia il Comitato ordinatore del Convegno, rivolge cor- tesi parole di ringraziamento alia citt4 di Roma ed alle Autorita cittadine, noncbe al Rettore dell'Universita. Riassume, infiue, il lavoro compiuto dal- l'Assemblea e, con un saluto ai socii presenti ed agli assenti, dichiara chiuso il terzo Congresso Zoologico Nazionale, bene augurando all' avvenire del- I'Unione Zoologica Italiana.

Aderirono al Convegno i seguenti signori:

a) SocAi delV Unione. Altobello dott. G., Andres prof. A. *, Ariola dott. V. *, Arrigoui Degli Oddi Conte E. *, Bentivoglio prof. T. *, Bortolotti dott. C, Camerano prof. L. *, Capobianco prof. F., Caruana-Gatto conte A., Cattaneo prof. G., Coggi prof. A. *, Cognetti dott. L. *, Damiani prof. G., Della Valle prof. A., Diamare dott, V., D'Evant prof. E., Dohrn prof. A., Eisig prof. H., Emei-y prof. C. *, Enriques dott. P. *, Fiocchini dott. C, Frassetto dott. F., Gay dott. M., Ghigi prof. A., Giacomini prof. E. *, Giardina dott. A., Giglioli prof. E , Grassi prof. B. *, Issel dott. R. *, Lepri dott. G. *, Levi dott. G. *, Livini prof. F. *, Magretti dott. P. *, Martorelli prof. G. *, Mazza prof. F., Mazzarelli prof. G., Mirabella R., Monti prof. A. *, Monti prof. R. *, Monticelli prof. Fr. Sav., Neviani prof. A. *, Nobili dott. G. *, Orlando dott. S., Paladino prof. G., Paravicini dott. G., Parona prof. C, Patroni dott. C, Per- roncito prof. E., Pierantoni dott. U. *, Ratfaele prof. F. *, Ricci dott. O. *, Romiti prof. G. *, Rosa prof. D. *, Russo prof. A. *, Sacchi prof. M., Sandias prof. A., Senna prof. A., Sergi prof. G. *, Setti dott. E., Sordelli prof. F., Su- pine dott. F. *, Valenti prof. G., Vinciguerra prof. D. *.

b) Non Socii. Addario dott. C. *, Angelini prof. G. *, Benetti V. *, Boraieri dott. C. *, Brunelli G. *, Cermenati prof. M. *, Chiappi T. *, Ciuffi M. *,

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Cuboni prof. G. *, Dorello prof. P. * Fano dott. L. *, Fatta prof. G. *, Fok dott. A. *, Lanzi prof. M. *, Luciani prof. L. *, Luigioni P. *, Magini prof. G. *, Mannini dott. G. *, Manzone prof. V., Marucci V. *, Meli prof. R., Moschen prof. L. *, Munaron dott. L. *, Picco L. *, Pigorini L., Pirotta prof. R. *, Pochettino prof. G., Rossi prof. G. *, Ruffini prof. A. *, Todaro prof. F. *, Trinci dott. G. *, Versari prof. R. *, Zaaetti prof. G.

N. B. I nomi degli intervenuti sono contraddistinti da un *.

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