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MONITORE ZOOLOGICO ITAIJANO

(Pubblicazioni italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia) ORGANO UFFICIALE DELLA UNIONE Z00L0GICA ITALIANA

D1KETTO

DAI DOTTOKI

GIULIO CHIARUGI EUGENIO FICALBI ,

Prof, di Auatouiia umana Prof, di Anatouiia comriarata e di Zoologia

ncl It. Istituto di Studj Superior! di Fireuze uella It. Universita di Pisa

(JON LA CULL ABO KAZIONE

BECCARI N. (Firenze) - UIACOMINI E. (Bologna) - LEVI G. (Torino) - LIVINI F. (Milano LOPEZ C. (Pisa) STADERINI R. (Siena)

Vol. XXXI Anno XXXI L920 (Con 30 figure e 5 tavole)

IN FIRENZlil MCMXX

INDIOE DEL VOL. XXXI.

(Anno XXXI, 1920).

BIBLIOGRAFIA

N.B. In questo volume e contenuta la Bibliograna dell'annata 1920 e la con- tinuazione di quella delle annate precedenti.

A. Parte generate. Pag. 141.

I. Bibliografia, Storia e Biografia zoologica e anatomica. Pag. 141. II. Scritti zoologici d' indole filosofica. Pag. 143.

III. Scritti comprensivi e van di Biologia, di Zoologia, di Anatomia e di Fisiologia.

Periodic!. Pag. 143.

IV. Gonologia, Ontogenia, Teratologia. Pag. 145. V. Citologia e Istologia. Pag. 146.

VI. Tecnica zoologica, anatomica e microscopica. Pag. 148. VII. Allevamenti, Giardini zoologici, Acquari, Collezioni, Musei ed altre Istituzioni.

B. Parte speciale. Pag. 161, 193.

1. Invertebrati in genere. Pag. 161. II. Protozoi. Pag. 162. HI. Diciemidi, Ortonettidi, Trichoplax e altri Invertebrati d'incerto tipo.

IV. Spongiari.

V. Celenterati (Cnidari e Ctenofori). Pag. 163.

VI. Vermi. Pag. 163.

1. Scritti generali o su piu che una delle divisioni del gruppo.

2. Platodi. Pag. 163.

3. Rotiferi e (iastrotrichi 163.

4. Neraertini.

5. Briozoi, Foronidi, Gephalodiscus, Rhabdopleura.

6. Brachiopodi 163.

7. Enteropneusti.

8. Sipunculidi.

9. Echiuridi.

10. Nematodi, Desraoscolecidi, Chetosomidi. Pag. 164.

11. Acantocefali.

12. Chetognati.

13. Echinodori.

14. Anellidi. Pag. 164.

VII. Artropodi. Pag. 164.

1. Scritti generali o su piu che una delle classi.

2. Tardigradi.

3. Pantopodi o Picnogonidi.

4. Merostorai o Limulidi.

5. Aracnidi. Pag. 164.

6. Grostacei. Pag. 165.

7. Proto trachea ti o Onicofori.

8. Miriapodi

9. Insetti o Esapodi. Pag. 105.

a) Scritti generali o su piu che uno degli ordini. Pag. 165.

b) Alter igoti o Tisanuri.

c) Architteri o Pseudonevrotteri e Mallofagi.

d) Ortotteri. Pag. 165.

e) Rincoti o Emitteri, e Fisapodi o Tisanotteri. Pag. 166.

f) Coleotteri e Strepsitteri. Pag. 166.

g) Nevrotteri. Pag. i67. h) Imenotteri. Pag. 167. i) Bitter i. Pag. 168.

k) Afaniiteri.

I) Lepidotteri. Pag. 168.

VIII. Echinodermi. 170. IX. Molluschi. Pag. 170.

1. Scritti generali o su piii che una delle classi. Pag. 170.

2. Antineuri.

3. Gasteropodi (Prosobranchi. Rteropodi. Opistobranchi. Pteropodi. Polrao

nati). Pag. 171.

4. Scafopodi.

5. Lamellibranchi, Acei'ali o Pelecipodi. Pag. 171.

6. Gefalopodi. I »;»■?. 171.

X. Tunicati. Pag. 171.

XI. Leptocardi o Anfiossidi.

XII. Vertebrati. Pag. 193.

I. Parte generale. II. Parte anatomica. Pag. 193.

1. Parte generate.

2. Struttura esteriore.

3. Apparecchio tegumentale. Pag. 193.

4. Vpparecchio scheletrico. Pag. 194.

5. Vpparecchio museolare. Pag. 194.

6. Apparecchio intestinale con le annesse glandole. Pag. 194.

7. Apparecchio respiratorio. Pag. 195.

8. Tiroide. Paratiroide. Timo. Corpuscoli timici. Pag. 195.

9. Apparecchio circolatorio. Milza e altri organi linfoidi. Pag. 195.

10. Cavita del corpo e membrane sierose.

11. Apparecchio urinario e genitale. Pag. 196.

12. Ghiandole surrenali. Organi cromafflni, etc.

13. Apparecchio nervoso centrale e periferico. Pag. 196.

14. Organi di senso. Pag. 197.

15. Organi produttori di luce, di elettricita.

16. Anatomia topograftca.

17. Teratologia. Pag. 198.

III. Parte zoologica. Pag. 198.

1. Scritti generali o su piu che una delle classi.

2. Giclostomi.

3. Pesci. Pag. 198.

4. Anfibi.

5. Rettili.

6. Uccelli. Pag. 198.

7. Mammiferi. Pag. 199.

8. Antropologia ed Etnologia. Pag. 200.

Apjjendice: Antropologia applicata alio studio dei pazzi, dei crimi- nal]', etc.

C. Zoologia applicata.

1. Zoologia medica.

2. Zoologia applicata alFagricoltura e alle industrie. Protezione, Caccia, etc.

COMUNICAZIONI ORIGINALI.

Arcangeli Alceste. Osservazioni sopra il rene cefalico dei pesci. (Nota prelimi- nare). Pag. 46-55.

Borri Celso. Sopra il uumero e la situazione degli stigmi toracici negli Aeri- didi. (Con rig.). - Pag. 22-29.

Brian Alessandro. Descrizione di una nuova specie di Copepode harpacti- coide del gen. Idya (I. ligustica n. sp. mihi) proveniente dai materiali del La- boratorio Marino di Quarto. (Con 6 figg.). Pag. 30-35.

Bruno Giovanni. Nodi trasvorsali e strie intercalnri del miocardio. (Con 4 tig.). Pag. 109-120.

Busacca Archimede. Sulle vie efferenti delle eminenze quadrigemelle del Ca- ne. Nota preliminare. (Con 2 fig.). Pag. 125-130.

Galzavara Domenico. Sul mnscolo subanconeo dell'uomo. Pag. 155-159.

Colosi Giuseppe. Liraacidi ed Arionidi couservati nel R. Museo Zoologico di Firenze. (Con 5 fig.). Pag. 61-7:!.

Colosi Giuseppe. Contributo alia conoscenza degli Rntoraostraclii libici. (Con 4 fig.). Pag. 120-124.

YI

Cognetti De Martiis Luigi. Nuovo contribute) alia conoscenza delle Gregarine

Monocistidee. (Con 2 tig. nel testo). Pag. 149-155. Crescenzi Giulio. Di una rara malformazione dot tenue. Nota riassuntiva. (Con

2 rig.). Pag. 201-205. Decisi A. La classiflcazione dei Lemuri dell'Elliot. Pag. 41-45. Fici Salvatore. Sulla presenza ed identificazione dello sostanze grasse nelle

cellule dei tessuti coltivati « in vitro ». Pag. 205-208. Galati Mosella R. Sulla Livoneca sinuata Koelbel parassita di Gepola rube-

scens e di Atherina mocho. (Con tav. 1). Pag. 1-10. Ghizzetti G. Intorno alia tossetta faringea del cranio umano. (Con figura).

Pag. 101-105. Levi Giuseppe. Sulla persistenza dei caratteri specifici nelle cellule coltivate

in vitro. Pag. 96-101. Livini F. Notizie prelirainari intorno alia presenza di glicogene in diversi or-

gani di erabrioni uraani. Pag. 56-60. Marco Fedele. Nuovo organo di senso nei Salpidae. (Con tav. II). Pag. 10-21 Martinotti Leonardo. Di un nuovo iraportante procedimento per lo studio di

vaii elementi della cute umana. (Con tav. IV). Pag. 74-92. Puntoni Lino. Intorno ad una variazione rnorfologica del muscolo scaleno nel-

l'uomo. (Con figura). Pag. 186-192. Rappini Matilde. Sulle espansioni nervose nei fusi neuro-muscolari e nei ten-

dini delle Lucertole. Pag. 131-133. Senna A. 11 Cavum cranii di Selache maxima (Gunn.). (Tav. HI). Pag. 35-40. Sera G. L. I movimenti etnici nel Caucaso. (Con tav. V o 2 fig. nel tesioj.

Pag. 172-185.

Spadolini I, A proposito di una nota del sig. M. Gorsy « Sur une particula- rity frequente, sinon constante, de la scissure superieure du poumon chez le foetus ». Pag. 93-96.

Vastarini-Cresi G. Ancora sulla colorazione del glicogeno nei tessuti (colora- zione in toto). Pag. 134-139.

NOTIZIE E VARIETA'

Favaro G. Sulle presenti condizioni delle tavole di G. Fabrici d'Acquapendente

Pag. 140.

Levi G. Notizie sulla sezione embriologiea della londazione Carnegie di Bal* timora. Pag. 105-108.

Necrologio: Marco Pitzorno. Pag. 92.

Per la crisi della stampa scientirtca. Pag. 40.

Ai Direttori degli (stituti Scientifici Universitarii Italiani. Pag. 160.

Istituto Internazionale d'Antropologia. Pag. 192.

Monitore Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

]> lit ETTO DA

GIULIO CHIARDGI EUGENIO FIGALBI

Prof. <li Anatomia nruana Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nel R. Istituto di Stndi Super, in Firenze nella R. Universita di Pisa

con la collabohazione

di

BECCARI N. (Firenze) - GIACOMINI E. (Bologna) LEVI G. (Torino) - LIVIN1 F. (Milano)

LOPEZ C. (Pisa) - STADERINI R. (Siena)

Ufficio di Direzione ed Amuiiiiistrazione: Istituto Auatomico, Firenze 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 30.

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 1-2.

SOMMARIO: Comunicazioni originali: Galati Mosella R., Sulla Livoneca si- nuata Koelbel parassita di Cepola rubescens e di Atherina mocho (Con tav. I). Fedele M., Nuovo organo di senso noi Salpidao. (Con tav. II). Borri C, Sopra il numero e la situazione dogli stigrai toracici nogli Acri- didi (Con ligura). Brian A., Descriziono di una nuova specie di Gopepode harpacticoide del gen. Idya (I. ligustica n. sp. mini) proveniente dai mate- riali del Laboratorio Marino di Quarto. (Con 6 tig.). Senna A., II Cavum crani di Selache maxima (Gunn.). (Con tav. II!). Pag. 1-40.

Notizie. Pag. 40.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

dall'istituto di anatomia comparata e zoologia della r. universita di palermo

Sulla Livoneca sinuata Koelbel parassita di Cepola rubescens e di Atherina mocho

per il Dott. ROSARIO GALATI MOSELLA (Aiuto)

(Con tav. I).

E vietata la riproduzione.

La Livoneca sinuata, isopodo appartenente al gruppo dei Clmo- toidi, e stata descritta per la prima volta da Carlo Koelbel nel 1878 (1); egli l'ha trovato nelle branchie della Cepola rubescens

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vivente nei mari di Sicilia. Niente di piu l'Aut. ci ha detto riguardo ai rapporti intercedenti fra il crostaceo e il pesce ospitante; egli proprio si limita a dire riguardo a questa specie di Livoneca; " Mare siculum; in branchiis Cepolae rubesc'entis.

Credo utile premettere una breve descrizione della Livoneca sinuata} descrizione che in parte corrisponde a quella data dal Koelbel.

La Livoneca, della quale ci occupiamo, presenta un corpo asim- metrico, leggermente convesso (fig. 3). La sua lunghezza supera di circa due volte la larghezza; il capo circa 73 piu largo che lungo si assottiglia verso l'estremita anteriore arrotondata; i suoi margini laterali sono incurvati in dentro in corrispondenza del terzo ante- riore circa degli occhi.

Inoltre il capo fra gli occhi si presenta assai convesso e verso l'estremita frontale ha una evidente impressione.

Due paia di antenne entrambe di 8 articoli; quelle interne sono piii brevi e piu grosse, quelle esterne piu lunghe e sottili. Gli occhi che visti di sopra si presentano a contorno ellittico, si estendono anche un po' nella regione ventrale del capo.

II margine destro del corpo appare diritto, quello sinistro con- vesso; questa differenza e piu accentuata nella regione toracica che in quella addominale. Dei 7 segmenti toracici, i primi tre hanno il margine posteriore convesso, il quasi diritto, quello degli ultimi tre appare concavo. I segmenti addominali, un po' meno larghi dei toracici, si presentano alquanto convessi lungo la loro linea mediana dorsale, concavi ai lati. La piastra addominale larga circa il doppio della sua lunghezza termina quasi a forma di semicerchio.

. Le zampette toraciche hanno la loro estremita provvista di un uncino bene sviluppato, incurvato e rivolto verso la regione ventrale dell'animale. L'ultimo paio di appendici addominali con i suoi rami terminali, ovali, appiattiti, quasi della stessa lunghezza, si spinge fino all'altezza della estremita arcuata della piastra addo- minale.

II Gerstaecker (2) parlando del genere Livoneca Leach (Ichthyoxenus Kerkl) dice che entrambe le antenne hanno la stessa lunghezza: " Beide Filhlerpaare von gleicher Lc'inge, dilnn, weit von einander entfernt eingelenkt „. Come si vede l'Autore non ha tenuto conto o sconosceva il lavoro del Koelbel giacche, stando alia de- scrizione fatta da quest' ultimo, nella Livoneca sinuata le antenne delle due paia hanno diversa lunghezza oltre ad avere diverso spessore.

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Piu recentemente il dotfc. Brian (3) ha descritto un caso di parassitismo presentato da due esemplari di Aterina (Atherina mocho Cuv); e cioe le due Aterine " porbavano ciascuna un iso- podo relativamente grosso (rispetto alle dimensioni del pesce) fissato alle branchie e nascosto sotto l'opercolo entro la cavita branchiale del lato sinistro „.

Tali parassiti sono stati riferiti dal Brian al genere Livoneca ed alia specie sinuata. Di essi egli ci dice che occupavano la sola cavita branchiale di sinistra, erano situati obliquamente rispetto all'asse longitudinale del pesce, avendo il capo rivolto in avanti e con la parete ventrale premuta alle branchie. Quasi per meta erano ricoperti dall'arco branchiale superiore, pero la raaggior parte del loro dorso rimaneva libera dalle branchie, sottoposta direttamente all'opercolo. La cavita branchiale deW'Atherina era deformata per rallargamento subito dalla presenza in esso del grosso crostaceo. D'altra parte la contorsione, l'irregolarita, la distorsione che presenta il corpo del parassita vengono riferite dali'Autore aH'adattamento del parassita stesso aH'ambiente angusto.

II Brian ha lasciato insoluta la qnestione del grado di paras- sitismo presentato dalla Livoneca rispetto aH'animale ospitante : egli pero ritiene che non si abbia da fare con veri parassiti, ma piuttosto con commensali molto importuni.

Nella presente nota mi propongo di esporre brevemente i rap- porti che intercedono fra la Livoneca sinuata e la Gepola rubescens, rapporti dei quali il Koelbel non ha fatto alcuna parola, essendosi egli limitato a dire che tali isopodi vivono nelle branchie di Gepola rubescens. Di piu mi sembra non privo d'interesse mettere in rela- zione le osservazioni da me eseguite sulla Livoneca sinuata paras- sita di Cepola con quelle fatte dal Brian sulla stessa specie ma parassita di Atherina mocho. E per fare tale confronto mi son ri- volto al chiarissimo dott. Alessandro Brian pregandolo d'inviar- mi l'esemplare di Livoneca da lui studiato nQlYAtherina mocho. Egli gentilmente mi ha accontentato: di cio sento il dovere di rendergli pubblico ringraziamento. Come pure ringrazio l'illustre prof. Par on a, Direttore dell'Istituto Zoologico di Genova, per il permesso accor- dato al Brian dell'invio del suddetto esemplare che fa parte della collezione dell'Istituto Zoologico di Genova.

Se confrontiamo il clisegno che il Koelbel ci ha lasciato della Livoneca sinuata, da lui per primo descritta, o i nostri esemplari con l'esemplare del Brian, ci sorprendono alcune differenze che del resto si possono ricavare dalla descrizione che ii Koelbel mede-

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simo da della specie da lui trovata per la prima volta nella Cepola. Anche astraendo dalla diversita del volume (i miei esemplari hanno un volume circa 5 volte maggiore di quello del Brian), mentre nel disegno del Koelbel e nei miei esemplari il capo della Livoneca si presenta anteriormente abbastanza assottigliato, cio non si vede nell'esemplare del Brian; la differenza di larghezza fra i segmenti addominali e quelli del torace nel disegno del Koelbel e nei miei esemplari appare molto meno accentuata di quanto non lo e nel- l'esemplare del Brian; la piastra caudale mentre nel disegno del Koelbel e nei miei esemplari ha una larghezza circa due volte della lunghezza, nell'esemplare del Brian e quasi altrettanto larga che lunga.

Queste differenze sono conseguenza del diverso modo di adat- tamento della Livoneca ai due pesci ospitanti, alia loro posizione dentro la cavita branchiale, differente, come vedremo nell' Atherina mocho e nella Cepola rubescens?

0 bisogna addirittura arrivare alia conclusione che la Livo- neca descritta dal Brian nelle Aterine non sia la Livoneca sinuata del Koelbel?

Le Cepole nelle quali ho studiato la Livoneca sinuata sono state pescate in parte nel mare di Sciacca (Mediterraneo), in parte nel mare di Palermo, in parte nel G-olfo di Napoli.

Per quanto si riferisce alia descrizione del crostaceo parassita e che giaho brevemente esposta al principio della presente nota, in linea generale posso dire che essa concorda con quella dataci dal Koelbel. Credo utile soltanto ritornare qui su quei particolari che o non sono stati rilevati dal Koelbel o non lo sono stati, a mio pa- rere, con sufficiente rispondenza alia realta.

Ed anzitutto fo notare che mentre gli occhi della Livoneca si- nuata nel disegno lasciatoci dal Koelbel presentano un contorno circolare o leggermente ellittico, negli animali da me esaminati si son mostrati, nella regione dorsale del capo, in ogni caso a contorno ellittico molto piji allungato in yenso antero-posteriore (fig. 1); inol- tre se osserviamo il capo della Livoneca dalla regione ventrale ve- diamo che una parte dell'occhio si estende anche in questa regione (fig. 2). II capo, assottigliato anteriormente, presenta, e vero, late- ralmente dello insenature, ma queste non sono comprese, come dice il Koelbel, fra 1'estremita del capo o gli occhi, ma sono al livello del terzo antoriore circa degli occhi medesimi. II corpo dell'animale (lig. 3) si presenta asimmetrico ; il margine destro appare piu di- ritto, mentre il sinistro piu convesso ; e questa differenza e piu pro-

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nunziata nel torace. E se osserviamo sufficientemente ingranditi i segmenti toracici (fig. 4) potremo risoontrare con maggiore precisione le differenze fra il loro margine di destra e quello di sinistra, diffe- renze che corrispondono poi al fatto dell'essere il lato destro del- l'animale raeno incurvato del sinistro. Cosi mentre il margine destro superiore del segmento toracico (fig. 1) e addossato al margine del capo, il margine superiore sinistro ne e mediocremente distante in modo da sporgere libero. I segmenti toracici seguenti (fig. 4) pre- sentano il loro margine di destra compresso, come si deduce facil- mente dall'osservazione delle sporgenze di cui sono provvisti i seg- menti medesimi, sporgenze che mentre sul fianco destro appaiono addossate al margine dei segmenti, sul fianco sinistro si protendono liberamente all' infuori. Tale differenza maggiormente risalta nei segmenti toracici e 6°. Avreino occasione di occuparci ancora brevemente di tale diversita fra il lato destro e il lato sinistro della Livoneca sinuata quando esamineremo la posizione del nostro pa- rassita dentro la cavita branchiale della Gepola rubescens. Aggiunge- remo ora che i cinque segmenti addominali sono un po' meno lar- ghi di quelli toracici, ma non presentano una differenza sufficiente- mente apprezzabile fra il loro margine di destra e quello di sinistra. II sesto segmento addominale (piastra addominale) ha una larghezza circa il doppio della sua lunghezza ed il margine posteriore arro- tondato.

Interessante e nella Livoneca sinuata la disposizione delle zam- pette toraciche provviste di un uncino terminale assai bene svilup- pato ed acutissimo (fig. 5). Le zampette del segmento toracico, molto robuste, sono rivolte alio innanzi in modo da spingersi oltre il margine anteriore del capo : gli. uncini terminali incurvati sono rivolti verso la regione ventrale del crostaceo (fig. 2).

La disposizione di queste zampette, come quella delle seguen- ti, si puo bene studiare esaminando, com' e chiaro, 1' animale dalla sua regione ventrale. Le altre sei paia di zampette toraciche pre- sentano anch' esse il loro uncino terminale rivolto all' indentro, verso cioe il ventre dell' animale. L' ultimo paio di zampe addominali pre- senta due rami quasi egualmente lunghi che oltrepassano un po' il margine della piastra addominale (fig. 6).

E passiamo adesso a considerare brevemente la posizione che la Livoneca sinuata prende dentro la cavita branchiale della Cepola

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rubescens e i rapporti che con essa contrae ; cerchiamo cioe di chia- rire, fin quanto ci e possibile, il grado di parassitismo del nostro isopodo.

II Brian dice che egli non si sarebbe accorto della Livoneca sinuata parassita di Atherina mocho se 1' isopodo non avesse la- sciato trasparire all' esterno, attraverso la fenditura branchiale, una parte del suo voluminoso sacco ovifero ventrale ripieno straordina- riamente di ova.

Ben altrimenti vanno le cose per la Livoneca sinuata parassita di Cepola rubescens. Basta esaminare esternamente il capo di una Cepola nella cui cavita branchiale si annidi una Livoneca per ac- corgersi subito della sua presenza. Ed invero l'opercolo branchiale sotto il quale, come vedremo subito, se ne sta il parassita, si pre- senta alquanto rigonfiato e questa convessita esterna appare poi assai evidente allorquando si esamina il capo dalla sua regione ven- trale. Cos! nella fig. 7 1' opercolo branchiale di destra e piu rigonfio di quello di sinistra.

Per quanto concerne la posizione della Livoneca sinuata nella cavita branchiale di Cepola, nulla ci ha lasciato scritto il Koelbel.

II Brian ha riscontrato ne\V Atherina mocho che i parassiti erano disposti nella cavita branchiale obliquamente rispetto all'asse longitudinale del pesce, con il capo rivolto in avanti, con la parete ventrale premuta sulle branchie alle quali stavano fissati mediante gli uncini dei piedi. Quindi il loro dorso era sottoposto all'opercolo.

Al contrario in tutti gl' individui di Cepola rubescens ho riscon- trato che la Livoneca sinuata si trova nella cavita branchiale con il dorso addossato alia regione respiratoria delle branchie ed attac- cata con gli uncini delle zampette alia superficie interna dell' oper- colo branchiale. La sua posizione e obliqua rispetto all'asse longi- tudinale del corpo del pesce e precisamente la testa dell' isopodo si trova in vicinanza del margine ventrale anteriore dell' opercolo, mentre la sua piastra addorninale sta vicino alia regione di origine dorso-laterale dell' opercolo medesimo. Nella fig. 8 1' area compresa fra il margine posteriore e ventrale dell' opercolo e la linea punteg- giata indica la regione sotto 1' opercolo dove si trova 1' animale. II rianco piu convesso e meno deformato della Livoneca corrisponde sempre all'apertura opercolare posteriore della Cepola. E I e percio che trovandosi la Livoneca sinuata parassita indifferentemente ora nella cavita branchiale di destra, ora in quella di sinistra della Cepola, ne viene di conseguenza che gl' individui che si trovano nella ca- vita branchiale di destra hanno il rianco destro piu deformato, piu

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schiacciato, mentre quando sono parassifci della cavita branchiale di sinistra hanno piu deformato il fianco di sinistra.

La presenza, intanto, della Livoneca nella cavita branchiale della Cepola ha dato origine ad una notevole deformazione dell'ap- parato branchiale del' pesce. II dorso convesso della Livoneca ha finito col formarsi una nicchia costituita in massima parte dalle lamelle branchiali compresse : soltanto le lamelle della regione su- periore dell'arco branchiale hanno conservato la loro naturale con- formazione essendo rimaste libere dalla compressione esercitata dal dorso dell' isopodo parassita. La nicchia formata dalle branchie com- presse dentro cui si alloggia il dorso della Livoneca sinuata ripete perfettamente la conformazione di quest' ultimo. Inoltre sul margine laterale esterno della nicchia, tolto l'animale parassita assieme al- l'opercolo cui sta attaccato, si possono osservare abbastanza distin- tamente le impronte prodotte dai suoi segmenti toracici. Cos! nella fig. 9, nella quale l'area compresa nella linea curva tratteggiata cor- risponde alia nicchia che ricopre il dorso deU'animale, si possono osservare le impronte lasciate dai segmenti toracici della Livoneca. Si vede inoltre come gli archi branchiali presentano le lamelle che stanno attaccate sul loro margine convesso esterno, compresse in modo da formare una massa abbastanza compatta destinata preci- samente alia costituzione di buona parte della volta della nicchia: rimangono libere soltanto, come s' e detto, le lamelle della regione superiore degli archi branchiali. Al contrario rimane inalterato nella sua forma e nella sua disposizione, in quanto non risente la com- pressione esercitata dalla Livoneca, l'apparato flltrante attaccato al margine concavo ed interno degli archi branchiali.

Quali sono ora i limiti del parassitismo attibuibili alia Livo- neca sinuata?

E' noto che la maggior parte degli isopodi parassiti dei pesci preferiscono attaccarsi alia loro pelle, mentre un minor numero di essi preferiscono introdursi nella cavita boccale o branchiale dei pesci med6simi. In quest'ultimo caso, nel quale rientra la Livoneca sinuata, quale danno puo risentire il pesce ospitante e quale van- taggio ricava il parassita?

II danno che prima d'ogni altro salta agli occhi dell'osservatore e quello causato dalla deformazione dell'apparato branchiale dovuto alia compressione dal parassita: deformazione pero che si estende non soltanto all'apparato branchiale, ma anche alia ghiandola epa- tica del pesce, come giustamente ha fatto osservare il Brian nel- YAtherina mocho, e come io stesso ho potuto constatare nella Ce-

pola rubescens. D'altra parte non bisogna dimenticare che nel nostro caso la forte compressione esercitata sulle lamelle branchiali, che rimangono percio cosi addossate e premute fra di loro da formare quasi una massa compatta, dovra riuseire certamente di nocumento per la funzione respiratoria dell'animale. Anzi possiamo proprio sup- porre che le lamelle branchiali fortemente cornpresse dal dorso della Livoneca e costituenti ad esso una nicchia, abbiano, almeno in buona parte, perduto la loro importanza per la funzione respirato- ria. D'altra parte siccome questi isopodi parassiti si trovano costan- temente attaccati alia superficie interna dell'opercolo branchiale della Cepola, potrebbe pensarsi che essi traggano il loro alimento dal sangue o dai tessuti del pesce. A proposito della Livoneca pa- rassita di Atherina morho il Brian si esprime cosi: " Quanto al grado di parassitismo che rispetto al loro ospite presentino le Livo- neca e una questione ancora da studiarsi. Non mi pare d'avere osservato nei tessuti della cavita branchiale, negli organi circostanti a questa delle Aterine, lesione alcuna causata dall'apparato masti- catore di questi parassiti; sicche reputo che si tratti di isopodi commensali molto importuni; ma non di veri parassiti: essi infatti non traggono l'alimento come certi copepodi dal sangue e dai tes- suti stessi del pesce „.

Io ho osservato nella Cepola minutamente sia le branchie, sia la faccia interna dell'opercolo verso cui e rivolta la bocca del paras- sita, ma, conformemente a quanto ha scritto il Brian per 1' Athe- rina, non ho potuto rilevare neppure delle traccie di lesioni causate dall'apparato masticatore della Livoneca. Del resto son convinto che il nostro isopodo una volta accomodatosi nella cavita branchiale, conservi sempre la medesima posizione, come si deduce, fra l'altro, dalle distinte impronte lasciate dai segmenti toracici del crostaceo nella parete della nicchia: ed allora sara impossibile che l'animale col suo apparato boccale rechi danno di sorta alle branchie, essendo la sua bocca rivolta verso l'opercolo branchiale. Cio posto anche a me sembra molto piu plausibile considerare la Livoneca sinuata piu come un commensale della Cepola albescens, anziche come un suo vero parassita, per quaato possa, con la pressione da essa esercitata, danneggiare l'apparato branchiale, e quind' anche la funzione respi- ratoria del pesce. La Livoneca stando annidata nella cavita bran- chiale della Cepola, con il capo rivolto alio innanzi e in basso, molto facilmente viene in possesso deH'alimento di cui deve nutrirsi. Ed invero vivendo la Cepola rubescens adulta nei fondi fangosi e detritici, dell'acqua carica di particelle organiche fluira dalla bocca nella cavita

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branchiale del pesce e cosi la Livoneca verra abbondantemente e rapidamente rifornita deiralimento che le bisogna. E non e poi da escludersi che la Livoneca possa prendere direttamente daU'esterno l'alimento: di fatto la sua testolina fa appena capolino dall'apertura ventrale della larga fenditura opercolare della Cepola.

Per quanto riguarda l'epoca in cui la Livoneca sinuata entra in commensalismo con la Cepola nulla posso dire di preoiso : soltanto mi sembra giusto far cenno della circostanza che delle Cepnle raccolte dal prof. Doderlein circa trenta anni fa a Messina e che trovansi conservati in alcool nella collezione dell'lsti- tuto Zoologico di Palermo, Cepole che misurano da 12 a 35 cm. di lunghezza, neppure una sola di quelle di lunghezza inferiore ai 16 cm. presenta la Livoneca sinuata. Invece ho potuto constatare che essa si trova piu frequentemente nelle Cepole che misurano oltre i 18 cm. rli lunghezza. Cos! pure credo utile far presente che in una Cepola della lunghezza di cm. 17,4 ospitante la Livoneca sinuata nella sua cavita branchiale di sinistra, ho constatato che le lamelle branchiali erano anoora poco deformate, poco compresse; il che starebbe ad indicare che V is'opodo da poco tempo era penetrate nella cavita branchiale del pesce. Ed infine accenno alia circostanza che non di rado capita di pescare delle Cepole la cui cavita branchiale, di de- stra o di sinistra, presenti le deformazioni notoriamente dovute alia Livoneca sinuata, senza che quest'ultima sia presente nella cavita medesima. Come spiegare questo fatto? Si tratta di un distacco fortuito, passivo, direi quasi, o piuttosto la Livoneca abbandona talora, per circostanze sconosciute, la cavita branchiale della Cepola dove aveva stabilita la sua dimora? Credo che sia molto difficile rispondere a queste domande, tanto piu che le abitudini della Cepola rubesceris sono attualmente in massima parte poco note.

Palermo, 3 novembre 1919.

Bibliografla

1. Koelbel, Curl. Ueber eiiiige ueiie Cymothoiden. Sitz. beriehte d. /,-. Akad. d. Wiss. Math.

Naturwiss. Clause Wien. LXXYUI, lid. IT. Heft. i87S.

2. Gerstacker, A. Crustacea Malacostraca in Klassen und Orduungeu ties Tier. Reichs.

{Bronn'i) Leipzig, 1901, pag. 231.

3. Brian, A. Di un isopodo paras.iita dei Pesci. (Livoneca sinuata Koelbel). Rioista mensile

di pesca e idrobiologia. Anno XIV, J'avia, 191S.

Spiegazione della Tav. I.

Fig. 1. Capo e segmiii to toracico della Livoneca sinuata visti dal dorso.

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Fig. 2. Capo e pnio di zampe toraeiche della Livoneca sinunta visti dal ventre.

Fig. 3. La Livoneca simiata ristn dal dorso.

Fig. 4. Segment] toracici 3 <> della /.. sinuata.

Pig. 5. Zarupetta toracica della //. sinuata.

Fig. 6. Ultima appendice addominale vista di sotto.

Fig. 7. Capo della Cepola rubescens visto ili sotto. Sotto 1' opercolo a sinistra della figura trovasi

amiidata la Livoneca sinuata. Fig. s. Capo della Cepola rubescens visto di lato. 1/ area corapresa fra il margine opercolare e

la linea curva puoteggiata indica il eontorno della nicchia snb- opercolare dove trovasi la Livo- neca sinuata. Fig. 9. Capo della Cepola rubescens visto di lato. E stato tolto 1' opercolo branchiale per far ve-

dere la nicchia (corapresa dalla linea curva tratteggiata) dentro eni allogasi il dorso della Livo-

nee l .sinuata.

Le figure 1, 2, 4, 5, 6 eorrispondono alle parti dell' isopodo ingrandite circa 24 volte : la fig. 3

rappresenta 1' isopodo ingrandito circa I volta e naezza. Le tig^. 7, 8, '.> eorrispondono alia gran-

dezza naturale.

Dott. FEDELE MARCO

Nuovo organo di senso nei Salpidae

E vietata la riproduzione.

Si'amo ben lungi dal possedere ancora un quadro soddisfacente della organizzazione ed attivita nervosa e sensitiva dei Salpidae e- ci accorgiamo facilmente, dall'esame dei lavori fino ad oggi noti, che, meno forse per quanto- riguarda strutturalmente 1' organo vi- sivo, molto vi e da rifare e moltissimo da creare.

Troviamo questo carapo, e particolarmente quello estesiologico, invaso da non poclie arbitrarie interpretazioni, ipotesi provvisorie basate su fatti scarsi o malnoti e, peggio ancora, su analogie o credute parentele filogenetiche; nessun lavoro organico per le Salpe, come per tutti i Tunicati, e so vogliamo fermarci a ricerche meglio costrutte dobbiamo nsalire a quelle dell'Ussow (l) (1876) anche esse, fra alcuni pregi, per molti rispetti incomplete e non prive di deficenze di osservazioni ed errori di interpretazioni.

Dopo quello dell'Ussow non abbiamo piu avuto uno studio sistematico e ben condotto sulla organizzazione e funzionalita ner-

l1) Ussow M. M. Contrlbuto alia conoscenza della organizzazione dei Tunicati (in rnsso). Edito ilalla Xocieta degli amatori di Scienze naturali, Mosca, Anno tslO.

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vosa dei Salpidei, mono per l'organo visivo, come ho accennato, sa cui possediamo alcune buone ricerche principalraente del Clop- pert ('), del Todaro (2j, del Metcalf (3) e del Redikorzew (4), che hanno raesso in luce molti particolari della sua struttura; nien- te possediamo per i sensi chimici, qualche sparso e coufuso accen- no per il seuso tattile e alcune contraddittorie ipotesi per quello obico. In poche parole: alle deflcienze ed agli errori deU'Ussow, che scambia cellule connettivali per apparati nervosi e da per le terminazioni nervose delle Salpe un quadro semplicista e in gran parte errato, ai vaghi e confusi accenni del Vogt (5), che non porta nessun positivo contributo alia questione, alia indetermina- tezza del Leuckart (6) e del Todaro (7) su cellule sensoriali pi- riformi delle labbra non potremmo aggiungere, fra i lavori recenti, che le poche e imprecise notizie del La hi lie (8) su disposizioni tattili originantisi dalle due paia di nervi anteriori che vanno verso il labbro superiore di Pegea cmfoeclerata Forsk. e l'accenno a ftbrille terminanti in organi rotondi che, secondo l'Apstein ('•'), dovreb- bero trovarsi nelle pareti del corpo delle forme aggregate di Salpa zonaria e Salpa confoederata e che in realta non sono altro che i dischi adesivi degli individui di queste forme catenate.

Ma la confusione diventa massima riguardo alle disposizioni riferentisi a funzioni utiche o statiche, perche si e creduto vedere vescicole uditive e statocisti da per tutto: nell' organo visivo (Huxley T. H. (10), Agassiz A. (u)), nelle cosidette glandule neu-

(l) Goppert E. Uatersuchungen uber das Sehorgau der Salpen. Morphol. Jahrb. Bd. 19, p. 250, 1S92.

(-) Toil a ro, F. Sull'orgauo visivo delle Salpe. Bend. It. Accad. Lineei, Vol. 2, Fuse. 12, p. 374, 1893.

(3) Mete a If, M. M. The eyes and subneural gland of salpa. Mem. from the Biol. Labor, of the Johns-Hopkins University, II, 1893.

Id. Salpa and Phytogeny of the Eyes of Vertebrates. Anat. Am. Bd. XXIX, N. 19, 20, p. 526, 1906.

(*) Redikorzew, W. TJeber das Sehorgan der Salpen. Morph. Jahrb. Bd. 34, p. 204, 1905.

(•'■) Vogt, C Recherches sur les aniraaux inferieurs de la Mediterranee. 2.e Memoire. lie moires Institut National Oenevois, Tome II, p. 1, 185 I.

C1) Leuckart. Zoologische Untersuchungen. 'Jiesseu, 1854, -'.■' Heft,.

(7) Todaro, F. Sopra lo sviluppo e l'anatomia delle Salpe. Atti Ii. Ace. Lineei. Tomo 2." Serie 2.*, is:;,.

(8) iahille, F. Recherches sur les Tuuiciers des cotes de France. Toulouse, 1890.

('•') Aps tein, C. Die Salpen der deutschen, siidpolar-Expedition 1901-1903. Deutsche siidpoUir- Expedition 1901-1903, IX Bd., Zool. 1 Bd., 3 Heft., p. 181-186, 1906.

(10) Huxley T. H. Observations upon the Anatomic and Physiology of salpa and pyrosoma. Philosoph. Trans. It. S. London A. lSr,2, parte 2-\ 1852.

(u) Agassiz A. Description of Salpa Cabotti, Desor. Proceed. Boston Soc. Nat. Hist., Vol. 11. 1866.

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rali (Miiller H. (£), Todaro F.(2), Ussow M. M. (:i)) e flno in dispo- sizioni cellulari poste nella eompagine del cent.ro nervoso (Del age et Herouard {*) ), dal Metcalf("J) interpretate come ocelli ; una vera sene, insomma, di pronunciazioni parte di preconcetti e all' infuori di ogni base obiettiva strutturale e sperimentale; tanto da far di- sperare il Met calf che la credenza nel mito della esistenza di tali funzioni in Salpa non abbia mai a cessare !

Notizie su organi di senso speciali, pur senza una precisata attribuzione fisiologica, troviamo in Ussow (''), che per primo in- dicava e figurava in Salpa democratica-mucronata Forsk. due tenta- coli sensitivi, posti lateralmente e simmetricamente all'altezza della fossa ciliata, da lui ritenuti tattili, ristudiati quindi dal Lee (7), che ne precisava meglio la struttura e dava ad essi significato di areo- metri sensori o, meglio, apparecchi idrometrici.

Piu I'ecentemente fu accennato dal Todaro (s) ad un partico- lare organo di senso in cui egli trova, seguendo le sue vecchie idee sui rapporti filogenetici con i Vertebrati, similitudini con organi di senso dei Pesci ossei e larv.e di Batraci. Nella breve nota pero non troviamo prove della presunta somiglianza ne l'A. ci fornisce par- ticolari sulla struttura, e innervazione dell' organo, che io ritengo, per cio che riguarda Helicosalpa virgola, simile a quelli che han visto Ussow e Lee in Salpa democratica-mucronata Forsk. soli - taria, malgrado alcune differenze, e per Salpa maxima africana V istessa cosa che ci descrive Fernandez (") per questa specie, dubitando, pur avendone visto qualche particolare della innervazio ne, di trovarsi in presenza di un organo di senso.

Mi limito a questo cenno molto sintetico, ma complete), di cib che e state fatto flnora sulle disposizioni sensoriali delle Salpe ri-

(') Miiller II. Verhandlungen d. phys. med. Gesellsch. in Wurzburg, />''/. •'>', p. 57. Riportate anche in Zeitsch. wiss. Zool. lid. 4. p. 329-332, 1852.

(-) Loc. cit.

('•) Loc. cit.

(4) D61age el II eroparil. Traite do zoologio coucrote. Tome 8, p. 194 e nota, 1898.

(■"■) Metcalf M, M. An ausuer to a suggestion bj Delage and Eerouard thai ihc Ac- cessorj Eyes in salpulae maj be Statocysts. Ann/, .in-. /,'(/. in. p. 301 ::<>:' 1899.

(•') Loc. cit.

(") Lee, A. 1'.. On a little-known Sense-organ in Salpa. Journal Micr. Sc. Vol. 32, ji. S9- 97, 1891.

(8) Todaro. F. Sopra nn particolare organo di sonao delle Salpidae. Rend. B. Ace Lincei Vol 16, I" Sem. p. 575, 1907.

(•') Fernandez, M. Ueber zwei Organe junger Kattensalpen. - Zool. Am. lid. 32, t>. 321- 328 1907.

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mandando, per necessity, ad altrove O lo svolgimenfco di cio cbe ho potuto qui seraplicemente accennare, la descrizione diffusa dei inoiti particolari della organizzazione nervosa che ho potuto stabi- lire o mettere meglio in luce in questi animali, la ricostruzione morfologica e sperimentale dell' entita nervosa e sensoriale delle forme del gruppo come dei rapporti nervosi fra individui della stes- sa catena nelle forme aggregate; mi occnpero in questa nota solo della descrizione e delle modalita per mettere in evidenza un or- gano di senso da me visto per la prima volta nelle due forme di Salpa democratica-mucronata Forsk. e posto topograficamente in una regione del oorpo che ha molto richiamato l'attenzione e gii enori di diversi ricercatori.

Osservando, anche sul vivo, una Salpa democr. mucronata Forsk., solitaria o aggregata, dalla parte dorsale e a conveniente ingrandimento, ci accorgiamo che, fra l'organo vibratile e la parete dorsale, esiste come un piccolo cerchietto in cui le cellule della parete epiteliale sono diventate piu spesse, piu piccole e niu adden- sate; questo addensamento cellulare segna la parete dell'organo sen- sitive cui ho dianzi accennato.

Per un esame approfondito, metodi semplici e adatti a dare immagini quanto piu si puo complete sono, per chi abbia a dispo- sizione materiale vivo, l'uso del cloruro d'oro e, meglio, delle solu- zioni debolissime di acido osmico.

Per il primo ho avuto i migliori risultati ponendo gli animali, in ottimo stato e freschissimi, per alcuni minuti in acido formico ad '/., e, dopo rapidiss'uno lavaggio in acqua distillata, passandoli in cloruro d' oro all' 1 %, dove restavano dalle 6 alle 12 ore, ed anche piu, alio scuro. La riduzione era fatta in acido formico ad l/i anche alio scuro e per 24 ore.

Questo procedimento mette in evidenza molti particolari e da una idea esatta della innervazione; il metodo pero che credo meglio adatto e che, dando uua visione complessiva dell'organo, ne mette in evidenza anche una soinma maggiore di particolari, e l'abbruni- mento degii animali (sempre presi vivi ed in ottime condizioni!)

(') Un mio lavoro sugli organi 'li senso delle Salpe, di cui uii<'*U nota e un parziale stralcio, e gia pronto fin dal 1914. Allora per la guewa, ora per altre difficolta non mi e riuscito ancora pubbli- carlo. Spero di poterlo far presto e di aver inodo di pubblicare anche il risulfcato dulle mie ricercbe sul sistuiua nei-voso dei Salpidei, gia negli anni precedenti alia guerra compiute Qella Staaione Zoo- logica di Napoli.

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fatto in una miscela in parti ugnali di acido osmico al 24 n/oo ed acidu acetico al 4-6 °/00.

Questa operazione va sorveglia'a e, quando la muscolatura del- I'animale prende una tinta marrone (dopo circa un'ora), si passano i pezzi, senza lavare, in alcool a 40-50 %, dove l'annerimento con- tin ua, e qui si lasciano da 5 a 6 od anche piu ore, fino a che ab- biano preso un'apparenza nerastra; si passano quindi in alcool piu forte o; meglio, in glicerina, dove si conservano inalterati, e sem- pre pronti all'analisi, per anni.

JNTon avendo a disposizione aniraali vivi si potranno ottenere risultati sufficienti anche su materiale flssato, ricorrendo ad una deile comuni colorazioni (per es. emallume Mayer, che ho trovato adattissimo) o anche immergendo gli animali, conservati in alcool o in formalina, nella miscela osmio-acetica avanti Judicata per alcuni giorni, flnche si sia raggiunto il grado di annerimento desiderato. In quest'ultimo caso pero, i risultati sono di moito inferiori a quelli che si ottengono operando su materiale vivo.

Per mettere poi in evidenza, nei pezzi trattati nei modi indi- cati, l'organo in parola bisognera asportare l'imbuto ciliato, che con la sua massa opaca lo nasconde; a tale uopo bastera staccare con tre colpi di forbici la. parte anteriore dorsale dell' animate (secondo i contorni laterali e inferiori della fig. 1) e, tenendo questa parte nei liqnido conservative con la superficie interna rivolta in su, aspor- tare delicatamente l'imbuto ciliato con un ago o, meglio, stringendo in una pinza sottile il cappuccio che, a guisa di linguetta, sporge da quest'organo verso la cavifa interna dello animate (fig. 1 e fig. 3 Cp).

Quando 1' operazione e ben condotta l'organo di senso, che era coliocato dorsalmente all' imbuto asportato, resta integro e gene- ralmente completo, e si pub, senz' altro, osservarlo al microscopio, trasportando in glicerina, fra due vetri, la parete antero-dorsale in esame, senza nessun' altra operazione; se le salpe erano state pre- viamento colorate in uno dei modi indicati.

01 tre questi semplici procedimenti si pub ricorrere anche ai tagii, via piu lunga ma utilissima per conoscere con esattezza al- cuni rapporti e particolari dell'organo che sfuggono nella osserva- zione in toto.

La parete sensitiva di quest' organo ha in Salpa democratica- mucronata la forma di una calotta sferica che si presenta alquanto schiacciata lungo l'asse dorso-ventrale e che, insieme con una con- cavita del mantello posta di fronte ad essa, forma una vescicola a

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guisa di una lente biconvessa in cui si notano una placca epitelio- sensoriale venti-ale ed un tetto dorsale anisto (fig. 2).

Le sue dimension! variano con quelle dell' animate e, su un individuo di medie dimensioni di Salpa dem. mucr. solibaria, p. es., presenta un diametro massimo antero-posteriore di circa 145150:* con un diametro dorso-ventrale di 70 75 «.. Qneste cifre sono state ricavate dalla media di misurazioni eseguite su sezioni di animali inclusi precedentemente in paraffina e quindi, date le inevitabili contrazioni dei tessuti per tale operazione, le misure sul vivo sa- ranno rispettivamente alquanto maggiori.

La placca sensoriale, a cui ho accennato, e posta fra lo strato dorsale della tunica e la faccia infero dorsale dell'imbuto ciliato, restando come addossata a quest' organo e divisa dalla superficie esterna del corpo da uno strato che varia col diverso sviluppo dello strato di tunicina.

Dando uno sguardo alle figg. 1 e 3 si scorgono subito i rap- porti dell' organo unico bisimmetrico e mediano, con le altre parti del corpo sia nella forma aggregata che nella forma solitaria di Salpa dem. mucr. Forsk. .

Esso si trova, insieme con V organo ciliato, nella parte centrale della superficie delimitata verso l'apertura ingestiva dal muscolo inferiore trasversale del labbro, verso la parte cloacale dal margine anteriore dei muscoli propri del corpo e lateralmente dai due mu- scoli elevatori del labbro.

Per la sua posizione addossata alia massa opaca dell' imbuto ciliato, che ne impedisce la vista, 1' organo, cosi netto, e potuto finora sfuggire ai diversi osservatori, malgrado alcuni si fossero af- faticati, usando pero metodi inadeguati, a ricercare la innervazione dell' imbuto vibratile, attribuendogliene anzi una assolutamente in- sussistente: come p. es., fra i piu recenti autori, il Me tea If, che confonde le formazioni connettivali poste nei pressi dell' organo con apparati nervosi destinati alia innervazione di esso (*).

In errori di tal natura, oltre il Met calf, son caduti ancora altri ed a proposito di questioni ben piu importanti per il significa- to e la forma del sistema nervoso dei Tumcati, come avro modo di esporre e dimostrare esaurientemente in altro luogo; ne faccio qui cenno solo per peter affermare esplicitamente che niente di comune vi e fra l' organo che vado descrivendo e cio che il Met- calf ha malamente descritro ed erroneamente interpretato.

I1) Loc. cit. 1893, e<l anclie : Metcalf M. M. Note on Tunicate Morphology. Anat. Anz. XI Bd., N. 11, p. 329, 1895.

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Bastera del restc un fuggevole esame della fig. 4 e la descri- zione che la illustra per eliminare anche l'ombra di un simile dubbio.

Per avere un' idea completa della struttura dell'organo da me messo in luce dobbiamo fermare 1'attenzione olfcre che alia pa- rete epiteliale, alia parte sensitiva di essa e alia caratteristica inner- vazione anche a cellule sensoriali estorne alia placca ma in rap- porto con essa.

Le cellule della parete, poligonali, generalmente sotto forma di esagoni cementati regolarniente per i lati con una linea sottilissima di sostanza intercellulare, rassomigliano alle comuni cellule epiLeliali dell'animale ; esse si mostrano, dalla periferia al centro, gradata- mente piu piccole e piu ispessibe e il nucleo, che nelle cellule epi- teliali ordinarie ha vistosa estensione in superficie, si va in esse sempre piu impiccolendo, acquisfcando un maggior potere di assor- bimento per i colori nucleari, e 1' insieme delle cellule va prendendo un aspetto piu giovanile, specie in una fascia cellulare che in Salpa dem. mucr. aggregata (fig. 4 Fc) e di una trentina di elementi posta sul fondo dell'organo, come un tappeto rettangolare, che corre fra due ordini di cellule sensoriali laterali formate a guisa di due cristae sensitive.

Queste ultime sono formate, negli individui sessuati, ciascuna tipicamente di cinque o, raramente, sei elementi addossati come nella fig. 4; negli individui della forma solitaria il numero degli elementi sensitivi e maggiore e le disposizioni sono essenzialmente identiche a quelle della forma aggregata : ciascuna crista, pero, data la mag- giore lunghezza e la forma dell'organo, prende un andamento semi- lunare con la concavita volta medial men te.

Le cellule sensoriali componenti le cristae, in entrambe le forme, differiscono dai comuni elementi tattili che si riscontrano alia su- perficie dell'animale e, pur avendo con essi gli stessi caratteri es- senziali, se ne differenziano morfologicamente nelle dimensioni del corpo cellulare e del ciglio sensitivo piu piccolo, quest'ultimo, e de- licato e di diverso comportamento; esse hanno forma come a fiasca, nucleo basilare, corpo protoplasmatico inomogeneo restringentesi, verso il polo da cui si origina il lungo ciglio o flagello, in un colla- rette compatto che, nei preparati fissati e anneriti con la miscela osmio-acetica, si distingue molto bene in scuro (fig. 4 Cs).

II lungo ciglio di ciascuna di queste cellule ha un andamento flessuoso e si dirige prima alquanto verso la linea mediana e poi, obliquamente, verso la parte dorsale e ingestiva dell'organo, avvi- cinandosi sempre piu alle ciglia delie altre cellule sensoriali e ter-

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minando in una specie di ciuffo n peunello i cui limiti estremi sono di difflcilissima osservazione.

Tali ciglia non posseggono la considerevole lunghezza di quelle delle comuni cellule tattili one descrivero altrove, tie la loro net- tezza di contorno che le fa comparire fortemente annerite, come una lunga frusta elicoidale, nei preparati trattabi con I'acido osmico; sono piu brevi, piu delicati, per quanto anche esse di considerevole lunghezza, superante piu di tre o quattro volte quella della cellula a cui appartengono.

Dal polo opposto a quello del ciglio, o flagello, parte, per ognuna di queste cellule, una fibra nervosa, che si puo seguire di- stintamente fino a che va ad unirsi al fascio fibrillare di uno dei nervi del prime paio anteriore (fig. 2 e fig. 4. Fn).

L'aspetto delle cellule sensorial! e quindi tipicamente bipolare ; esse poggiano con la base su elementi di sostegno (fig. 4 Cst) piu ispessiti di quelli della fascia che ho dianzi descritta e piu irrego- lari, e si ergono, con buona parte del loro corpo, sull' epitelio ba- silare.

Altri elementi sensitivi esterni alia placca, in numero di quat- tro (due per lato) nella Salpa clem. mucr. aggr. e in numero rnag- giore nella forma solitaria, prendono rapporti costanti con essa*

Essi si avvicinano di piu, per aspetto, agli elementi tattili or- dinari e se ne differenziano per la forma e'i rapporti del prolunga- mento cellulipeto che, invece di attraversare la tunica e pigliar contatto con l'esterno, si dirige verso 1' organo sensoriale, nel cui ambito solo puo ricevere stimoli. La forma di questo prolungamen- to, piu che un lungo ciglio, e quella di un comune fllamento ner- voso, ma presenta costantemente un caratteristico rigonflamento ve- scicolare, che in sezione ottica appare come un anello e che e piu pronunziato, piu regolare, piu costante delle granulazioni e varico- sita che, dopo l'uso sia dell'acido osmico o di diversi reagenti e fissativi, sia della colorazione vitale, si riscontrano nelle diverse fi- bre nervose delle Sal]>e.

Anche questi elementi sono legati al centro con fibre a per- corso ed origine costante nelle due forme ed anch' essi si presen- tano nettamente bipolari. Daro di essi maggiori particolari e la figurazione grafica, che qui, per ragione di spazio, ho clovuto eli- minare, quando trattero dell' insieme delle disposizioni sensitive dei Salpidei.

Cade acconcio qui notare, comparando gli elementi sensoriali descritti o accennati, e senza volerne derivare nessun legame gene-

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tico, un graduate passaegio, almeno di forma, da elementi tattili diffusi e nettamente epidermici a formazioni piu specializzate e dif- ferenziate ed appartenenti ad un ordine superiore di organizzazione e di funzionalita.

Qui, difatti, nello stesso individuo troviamo cellule sensoriali tattili isolate e diffuse nelle diverse parfci della superficie del corpo e poco differenti nei caratteri morfologici essenziali dalle cellule sensoriali riunite nell'organo descritto e, alle volte, come in Salpa clem, mucr., tipicamente raggruppate in cristae, e, fra queste due specie di elementi, il legame ancora piu netto posto dalle cellule sensoriali descritte a lato delle placche.

Questi elementi che, per sito e per forma, in niente differiscono dalle comuni cellule tattili se ne distaccano solo, ma nettamente, oltre che per i determinati e speciali rapporti col centro nervoso, per i caratteri morfologici del prolungamento cellulipeto e per i suoi rapporti: questo non attraversa, come nelle comuni cellule tattili, direttamente il mantello portandosi alia superficie esterna dell'ani- male, ma prende contatto, come ho gia detto, con l'organo senso- rial, sicche solo dagli stimoli partenti da esso puo essere impres- sionato.

Ecco dunque: cellule sensoriali tattili con speciali localizzazioni e disposte in modo da ricevere solo determinati stimoli; il passag- gio fra queste e le altre cellule e chiaro e graduale ed osservando una Salpa clemocr. mucr. dove si possono contemporaneamente avere sotto gli occhi le tre specie di elementi: tattili comuni, ele- menti annessi all'organo sensitivo, ed elementi propri di questo non si puo non essere colpiti dalla evidenza di esso.

L'innervazione propria delle cristae sensoriali e data, sia nella forma solitaria (fig. 3, Na) che in quella aggregata (fig. 1, Na) dal primo paio anteriore di nervi, paio esclusivamente sensitivo, che raccoglie ancora, e specialmente, le sensazioni elaborate nella ricca e varia compagine cellulare nervosa della apertura di ingestione. Nei pressi dell'organo ciascun nervo stacca per il suo lato un nu- mero determinato di fibre, di cui ciascuna va ad una cellula sensi- tiva nei modo che ho gia descritto e che e reso con chiarezza dalla fig. 4, Fn.

Dei corpuscoli discoidali anucleati, rifrangenti e a corpo granu- loso, che si trovano con sufficiente costanza dorsalmente alia placca sensoriale (fig. 4, Cd), farebbero pensare a rapporti fra essi e que- st'ultima, quasi come ad una funzione statolitica, che, in verita, non son riuscito a dimostrare. Debbo d'altra parte notare che simili

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corpuscoli si trovano anche in altri luoghi della tunica e che e il caso quindi, prima di aver sperimentalmente provato il loro vero significato e la loro funzione, di fare a loro riguardo tutte le riserve.

L'organo fin qui descritto, con la sua complessa placca senso- riale e con gli elementi annessi, non ha riscontro alcuno in cio che ci e finora conosciuto nella organizzazione sensoriale delle Salpe e dei Tunicati ; di una placca sensoriale dorsale parla Sal en sky (l),— in Fritillaria borealis, a proposito di due cellule ectodermiche poste nella parte dorsale e mediana di questa appendicularia e innervate da un cortissimo nervo che il ganglio genera restringendosi brusca- mente nella parte dorsale, ma, pur presentando qualche analogia per la topografla e per la innervazione, le due formazioni differiscono grandemente per la ben diversa struttura.

Sale n sky ritiene che la placca di Fritillaria borealis sia un organo tattile, pur confessando difficile precisarne la natura, non avendola riscontrata in nessun'altra specie di appendicularia. Io, per quanto non sia riuscito ancora a mettere in mostra l'organo da me descritto in Salpa democratica mucronata in tutte le altre specie di Salpa da me studiate (e per mancanza di materiale opportuno o per difflcolta di dimostrazione), ho potuto, nonpertanto, riscontrare formazioni corrispondenti in alcune altre specie e particolarmente in Salpa cordiforme zonaria Q. e G. Pall., forma aggregata, dove l'organo si presenta con modalita molto simili a quelle di SaljM de- mocratica-mucronata.

Non e facile pronunziarsi sul signiflcato funzionale delle dispo- sizioni descritte anche per la varieta e delicatezza degli organi che, specie in Salpa dem. vnucr., dove piu facile riesce abbracciare 1' insieme della organizzazione sensoriale, bisogna prendere sotto analisi per poter giungere a conclusioni inoppugnabili. Per quanto le esperienze da me iniziate presso la Stazione zoologica di Napoli, e dovute poi interrompere, non mi abbiano fornito tutti i dati per una conclusione definitiva, posso pero ritenere con ragione che l'or- gano descritto appartiene ad una delle specializzazioni del senso tattile e che, alia relativamente elevata organizzazione di esso, cor- risponde una attitudine a raccogliere' stimoli di ordine particolare,

0) Sal en sky, W. Ktudus anatoiuiques aur les Appeiidicttlairos. Mem. Ac. Sc. Petersburg, Vol. I.', X. y, p. 45, 1903.

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in rapporto con le ondulazioni ed altri fenorneni meccanici svolgen- tisi nell'ambiente in cui gli animali vivono.

Diro ancora che, pur avendo nelle fanzioni coordinatrici del- l'equilibrio l'organo visivo una importanza decisiva, e la distruzione di esso porti alia disorganizzazione della facolta di dirigersi nella traslazione, a tale facolta e alia possibility di sentire e rispondere alle variazioni di pressione e di moto dello ambiente contribuiscono, insieme con gli organi tentacolari visti prima dell' Ussow, le dispo- sizioni sensoriali da me descritte in questa nota.

Fra le diverse specie di Salpa, la democratica mucronata, che se non addirittura panteplanktonica e certo specie comunissima nelle zone phao-e knephoplaktoniche (*), possiede una note vole esten- sione di distribuzione verticale e, eorrelativamente, una varia pos- sibilita di adattamento a condizioni di ambiente notevolmente diverse.

Ed inoltre, queH'apparenza di moti pigri ed uguali, di meccani- smo cieco ed a larghi ritmi, che da a tutto l'animale una veste di indolenza e di automatismo da non potersi paragonare che a quella di alcune meduse, e nemmeno le piu vivaci, si attenua ad un esame piu accurato e, persistendo ad osservare, p. es., il vagare di una Salpa demozr. mucr., ci accorgiamo di leggieri che, se quasi sempre cieco ci appare il suo impeto nel movers!, quando pero il piccolo animale urta contro le pareti del recipiente o incontra un altro ostacolo, non insiste o ciecamente si accanisce a procedere nello istesso senso, ma indietreggia con rapidi scatti e la corrente propulsiva, che normalmente uscendo dall'apertura cloacale lo fa pro- cedere con l'oriflzio ingestivo in avanti, uscendo, nel nostro caso, da quest'ultimo, fa spostare l'animale, con replicate e rapide spinte, nella direzione del nucleo viscerale.

Tali scatti improvvisi possiamo notare ancora o dietro stimola- zioni sperimentali, generando fra l'altro onde o correnti improv- vise nell'acqua in cui nuotano gli animali, o per effetto di ignote cause dipendenti da fenomeni svolgentisi nel liquido ambiente o nel-

(!) Lo Bianco. 8. Notizie biologiche riguardanti specialmente il periodo di maturity )i snale degli animali del golfo di Napoli. Mittheil. Station zu Neapel, i'.i Bd., I Weft, p. 663, 1909.

Oso la nomenclatura del Lo Bianco per dare senjplicemente un riferiuiento batiuoetrico. Per quanto quest) parli della preseuza <li Salpa dem. mucr. solo in zone phao kncphoplanktoniche, uon e meno completamente provato dal Chun (v. Chun <'. Die pelagisuhe Tlnerwelt in grosaeren SkTee restiefen. in: Biblioteca Zoologiea. Heft. 1. 1888) per i luoghi da cui provengono lo Salpe da mi' studiato, e, in generate, da altri, fra cui recentemente il B.jerkan con le ricerche fatte Bulla 2Ii- chad Sara Del Nord-Atlantko, elm la Sui/m dem. mucr. t'urxk-. si incontra an che a profondita di oltre "'i"1 m. lino oltre i 2000 m.. (v. Murraj John and 11 j oil Johan. The Depths oi the Ocean- pag. lino, i,n mhi, i ±912).

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l'organismo sfcesso della Salpa, senza provocazione sperimentale; e anche qui vediamo percorrere, sia avanzando che retrocedendo, con uno o piu scatti energici e con moltiplicata velocita, uno spazio che, con gli ordinari movimenti, avrebbe richiesto molto piu tempo e contrazioni.

Tutto' questo, messo in rapporto con la presenza degli appa- rati sensorial] posti in luce da altri e da me, particolarmente in Salpa democratica-mucro7ia,ta, ci fa gia stabilire (indipendentemente dalle molte osservazioni e dati sperimentali con cui potro arric- chire questa tesi in una prossima piu ampia trattazione) uno svi- luppo e varieta di riflessi ben piu complesso di quello riscontrato in altri Tunicati e ci spiega in parte il sensibile grado di autono- mia nei movimenti rivelatici dall'analisi di questi animali creduti a torto completamente torpidi e passivi.

Dalla Stazione di biologia marina di Rovigno, li 30 dicembre 1919.

Spiegazione della Tav. II.

Fig. 1. Salpa democratica mucronata Forsk. Fornia aggregata. Parte antero-dorsale dell'anituale mostrante 1'organo di senso e i suoi rapporti. Ingr. circa 40 volte. L = labbro, Br = branchia, i tit 1 = muscolo trasversale orifizio ingestivo, ml = rnuscoletto longitudinale elevatore del. labbro, me = muscoli anterior] del corpo, Iiu = itubuto ciliato, Cp = cappacoio, Gri =r: ganglio nervoao cou organo visivo Na = paio nervi anterior!, Os = organo sensoriale.

Fig. 2. Salpa democratica mucrouata Forsk. solitaria Sezione trasveraa pasaante per Vimbuto ciliato e 1'organo sensorialo. Ingr. 105 diaiu. circa, Ps = placca sensoriale, T =z tunica esterna Fn = fibre nervose per le cellule sensitive Ca =: cellule sensitive. Le altre indicazioni come nella lig. 1.

Fig. 3. Salpa democratica mucrouata Forsk. Solitaria. Parte anteriore dell'animale, vista dal dorso, mostrante 1'organo di senso e i suoi rapporti. Ingrandita. Ed i= endostilo, T = Tunica ; le altre indicazioni come nella figura 1.

Fig. 4. Placca sensoriale di Salpa dem. mucr. Forsk. Forma aggregata vista di prospetto e dalla parte dorsale. Ingrandiuiento circa 300 diam. Po == parete epiteliare dell'organo, Fc = fa- scia cellulare, Cst =: cell, di aoategno, Ca = cell, sensitive formanti le crislac Cr, C corpn- sinli discoidali, Na = primo paio di nervi anteriori, Fn = fibre nervose delle cell, sensorials

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G E LSO B OR R I

Sopra il numero e la situazione degli stigmi toracici negli Acrididi

(Con figura).

6 vietata la riproduzioue

La presente nota trae origine dalla costatazione da me fatta che circa l'interpretazione degli stigmi toracici degli Acrididi, benche non manchino Autori, che hanno veduto giusto, si notano divergenze anche in libri di recente pubblicazione e che vanno comunemente nelle mani dei giovani.

II carattere modesto di questa nota non mi consentiva di svi- luppare la parte bibliografica come sarebbe state possibile e facile fare: percio mi sono limitato a raccogliere quel tanto che ba- stasse a mettere in luce il fatto che, sul tema, negli Autori si ri- scontrano deficienze, inesattezze e anche contradizioni.

In molt! trattati si vede riportata la fig. 8, tav. V di Fischer (3), figura semischematica, che Fischer ha tolto, moclificandola, da Dufour (2) e che mostra tre stigmi toracici e sette addominali, tome si rileva anche dalla spiegazione della figura stessa, che io qui riporto:

" Pagina lateralis Acridii tartarici L. {lineolae Fab.), elytris, alis pedibusque resectis, ad illustrandum stigmatum et tympani in abdominis segmento 1 situin. a tympanum; b stigma pothoracicam; c stigma mesothoracicum ; d stigma metathoracicum ; e stigmata abdominalia. {Leon Dufour Rech. 1.13; icon correcta) „.

Ma nel contesto, mentre 1'assegnazione del timpano al prime segmento dell'addome e piu volte confermata (vedi a pag. 18, 286, 288, 388, etc.), le vedute dell'A. circa gli stigmi appaiono ben diverse. A proposito degli Acridioidea, a pag. 284 egli dice che sotto i margini posteriori del pronoto, fra protorace e mesotarace, esiste un paio di stigmi: questa osservazione e importante, come in seguito vedremo, e fin qui l'A. concorda colla surriferita spigazione della figura. Ma

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poco dopo, a pag. 287 dice: " Ante hoc tympanum, ad angulum eius anticum et inferiorem (Tab. V, fig. 8, d) stigma segment! primi [dell'addorae] reperitur; reliqua (octo) segmenta, excepto ultimo, cui stigma deest, in raargine inferiore laminae dorsalis ad angulum anticum spiracula ferunt (ibid, e) „. Dunque gli stigmi dell'addome sarebbero 8 e non 7 come appare dalla figura, e quelli del torace due soli: a questo proposito l'A. aveva detto, per gli Ortotteri in genere: " Inter singula thoracis segmenta, nee non inter metatho- racem et abdominis segmentum primum utrinque stigma situm e rimandava alia solita figura 8, tav. V, che non dice precisamente la stessa cosa.

Qual'e dunque l'opinione di Fischer? Se, come credo, si deve dare maggior peso al contesto, perche egli, nel correggere la figura di Dufour e tanto piu nello spiegarla, non l'ba resa conforme alio proprie vedute?

La figura di Fischer fa, come ho detto, riportata da diversi Autori. Cosi, per esempio, la troviamo senza modiflcazione alcuna nelle tavole murali di Leuckart (Tav. XI, fig. 6); e nella spiega- zione delle tavole stesse (4) e detto : " 6, c, d, stigmi del protorace, mesotorace e metatorace; e stigmi addominali „.

Claus (5), che riporta la figura di Fischer nelle sue figure 553 e 707, contrassegna con St soltanto il secondo degli stigmi toracici ; ma si comprende che non considera esistente lo stigma, che sta sotto il pronoto, perche a pag, 857 dice : " Quando le due paia di stigmi

toracici e le otto addominali esistono ; e a pag. 866 : " Su

ciascun lato del metatorace, avanti al segmento addominale, sono situati gli organi dell'iidito „. Dunque lo stigma che e davanti al timpano dovrebbe, anche per questo Autore, essere considerato tora- cico, e percio non dovrebbe esistere quello del protorace, ammettendo egli due sole paia di stigmi toracici, come si rileva da cio che aveva detto a pag. 857.

Similmente Lang (6) nella sua figura 335 (d' apres Fischer) non segna il primo stigma, e nella spiegazione dice : " Si stigma del mesotorace, S2 stigma del metatorace (cioe quello che sta avanti al timpano).

Henneguy (9) ripete la stessa figura togliendola da Lang e percio con due stigmi, che considera rispettivamente mesotoracico e metatoracico : infatti nel testo sta scritto : " Le larve degli insetti a metamorfosi graduali, che menano vita aerea, hanno stigmi su tutti l segmenti, eccetto la testa e spesso il primo anello del to- race (Ortotteri, molti Emitted) „. Ma altrove l'A. dice : " Gli stigmi

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sono nelle pleure, generalmente piu ravvicinati alia parte ventrale nel fcorace, e piu alia dorsale nell'addome ; e cio dovrebbe subito mettere in guardia circa il terzo stigma de\Y Acridium ; e poi an- cora : " L'organo timpanico degli Acrididi sta sul primo anello del- l'addome ; ragione di piu per considerare addominale lo stigma, che e in immediata vicinanza del timpano.

Her twig (10) invece colia sua fig. 482 (aus Hatscheck nach Fischer) torna ai tre stigmi toracici, ma nella spiegazione si limita a dire: " St stigmi „, senza specificare se toracici o no ; e nel con- testo afferma che nel torace si trovano tutt' al piu due paia di stigmi.

Un'altra figura, che non di rado troviamo riprodotta nei trat- tati, e dovuta a Packard, ed e la fig. 89 del Trattato di ento- mologia di questo Autore (8). E una figura, semischematica anch'essa, di Melanoplus, nella quale la testa, il torace e l'addome sono dise- gnati separati e cosi pure i tre anelli toracici fra loro. II terzo stigma e il timpano sono assegnati al primo incompleto anello ad- dominale ; il metatorace non porta stigmi; il mesotorace sembra averne due, poiche, oltre lo stigma del secondo paio, e disegnato unito anteriormente a questo anello toracico un lembo della mem- brana articolare, che sta sotto il pronoto, col relativo stigma.

Nulla che interessi nel caso nostro si rileva dal contesto; ma un notevole passo avanti e fatto, poiche il terzo paio di stigmi e definitivamente e chiaramente assegnato all'addome.

Infatti Linville e Kelly (11), riprendendo questa figura di Packard, interpretano cos;: " Sui fianchi, precisamente sotto il margine posteriore del pronoto sul protorace, e un paio di aperture respiratorie o spiracoli (non si vedono nella figura (*)). Due spiracoli sono posti precisamente sopra 1' articolazione del secondo paio di zampe, e l'addome ne porta otto paia lungo i lati „. Nella spiegazione della figura e detto anche specificatamente: " 20, spiracolo del meso- torace (cioe quello fra mesotorace e metatorace), 21, spiracolo del pri- mo somite deH'addome (cioe quello che sta presso il timpano).

Dico subito che questa interpretazione e la giusta.

Un altro Autore, che riporta la figura di Packard e il nostro Berlese (13). Egli non dice nulla che si riferisca in particolare al

(*) La tig. 2 di Linville e Kelly (Melanoplus fermur-rubi'um) e < L i Packard, ma fcolta da Kingsley, <-il effetfcivamente In stigma che sta sulla membrana articolare davanti al mesotorace nun vi e disegnato. Cid mi i'a supporre clio Kingsley, che i" uon ho coasultato, abbia di duovo abolito il primo paio di stigmi toracici; oppure che Linville e Kelly abbiano essi tolto il primo stigma dal disegno di Pack'ard per evitare che ne figurassero due nel mesotorace.

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caso in questione, ma dalla sua importance opera si possono to- gliere diverse nozioni, che sono buona guida alia soluzione del pro- blem a.

Dice questo Autore che " si vedono nella Periplaneta due stigmi toracali (mesotorace e metatorace) ed otto addominali ; questi ultimi disposti sugli otto primi uriti. Cosi e pure in altri Ortotteri (fig. 160) „.

E poco dopo: " Quando gli stigmi toracali sono in numero di due paia essi possono appartenere al protorace e al mesotorace, oppure a ciascuno dei due somiti del pterotorace „. La fig. 160 di questo Autore e poi la fig. 89 di Packard, che peraltro, come si disse, non corrisponde esattamente a cio che dice Berlese. Avro ancora occasione di ricordare questo Autore.

E basti cosi degli scrittori che si sono sbizzarriti sulle figure di due autorita della materia in esame. Cerchiamo invece qualche altra indicazione in Autori, che direttamente o indirettamente pos- sono illuminarci con osservazioni o con figure originali.

E doveroso ricordare anzitutto Lacordaire (1). Questo vecchio Autore, pur non specificando a quale somite si debbano ascrivere i diversi stigmi, ha delle osservazioni giustissime: " La testa non

ha mai stigmate, il torace mai piu di due paia (*) Negli insetti

perfetti si hanno generalmente due paia di stigmate toraciche.... la prima e ordinariamente situata suila membrana ligamentosa che unisce il protorace al mesotorace, ma piu vicina al prime che al secondo.... il secondo paio e situato neH'articolazione del mesotorace col metatorace „.

Vogt e Yung (7) si esprimono piu specificatamente, ma, per noi, meno esattamente: " Salvo poche eccezioni (forme embrionarie di farfalle) gli stigmi mancano sulla testa e sul primo anello tora- cico: negli olopneusti si contano generalmente due paia di stigmi sugli anelli posteriori del torace e 8 sull'addome „.

In Silvestri (14) froviamo detto soitanto che negli Acrididi le rrachee sono unite per anastomosi e che si hanno due paia di stigmi toracici e otto addominali.

Deegener (15), pur non occupandosi del nostro tema, ci da un ottimo disegno della parte posteriore del torace e della anteriore deU'addome di un Acridide (Mecostethus grossus), nel quale troviamo segnato come stigma toracico quello, che si apre fra mesotorace

( ) Qnesta asserzione oggi e mai sostenibile, raa nel caso particolare, che ci rignanla, riiuane tut- tavia eiuata.

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e metatorace, come stigma del timpano (Tympanalstigma) il suc- cessive e come stigma addominale quello che segue. L'Autore ha dunque interpretato giustamente le cose: ma intanto faccio notare che nella pregevole opera pubblicata a cura di Chr. Schroder, della quale lo scritto di Deegener fa parte, in mezzo a tante nozioni precise e particolareggiate sulla morfologia degli insetti, invano si cercherebbero speciali esatte indicazioni sul numero e la disposizio- ne degli stigmi toracici.

Finalmente Kiinneth (17) si occupo, di recente, direttamente del nostro soggetto. Egli ci dice che nei primi quattro anelli del tronco si aprono tre paia di stigmi, dei quali due paia appartengono al torace e uno al primo anello dell'addome; che negli Ortotteri il pri- mo stigma e sempre fra il protorace e il mesotorace, ravvicinato al margine posteriore del pronoto e da esso ricoperto ; che il secondo giace un poco dietro e sopra la seconda gamba, e, se si stacca a forza il mesotorace dal metatorace, lo stigma rimane sempre attac- cato alia zona postsegmentale del mesotorace; che il piccolo stigma del quarto segmento, che negli Acrididi troviamo al margine ante- riore del timpano, ha la tipica posizione degli stigmi addominali. Come si vede, neppure questo modernissimo Autore dice aperta- mente a quali dei segmenti toracici devono assegnarsi gli stigmi, che nel torace si trovano; tuttavia nella flgura schematica, che egli ci da (fig. 22, tav. V), sembra indubbia 1' assegnazione del primo stigma al protorace e del secondo al mesotorace.

Io volli anc'he vedere se il confronto degli Acrididi con altri insetti similmente priinitivi. quali Periplaneta, Perla, Ephemera, po- tesse servire di guida nella ricerca; ma con poco profitto.

Ho gia accennato che in. Periplaneta, secondo Berlese (13), si hanno due paia di stigmi toracici e precisamente nel mesotorace e nel metatorace; ma l'A. rimanda alia sua figura 1036, tolta da Denny e Miall, nella quale tutti gli stigmi appaiono semplicemente inter- segmental!, e sembra anche che i principali rami di trachea affluenti agli stigmi del torace provengano piuttosto dall' anello anteriore a ciascuno stigma anziche dal posteriore.

Diirken (12), pur non occupandosi particolarmente dell'appa- recchio respiratorio, da parecchie figure di Ephemera (vedi special- mente le figg. 9 e 13 del testo e 1 e 2 della tav. XXV), nelle quali sono assegnati uno stigma al protorace e uno al mesotorace ; nes- suno al metatorace.

Invece Kiinneth (17) disegna uno stigma nel mesotorace e uno

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nel metatorace dell' Ephemera vulgaris, ambedue proprio al margine anteriore del rispettivo segmento.

Handlirsch (16) da tre figure originali di Perla sp., neile quali appaiono gli stigmi : due paia nel torace, che, pur aprendosi nelle membrane articolari intersegmental!, sembrano appartenere piutto- sto al mesotorace e al metatorace anziche ai primi due anelli del torace. E, se confrontiamo con Kunneth, troviamo che qaesto Autore nella fig. 25 (Perla maxima) disegna il primo stigma nella membrana fra protorace e mesotorace, il secondo nella membrana fra mesotorace e metatorace, il terzo nel corpo del primo anello addomi- nale ; e nel contesto dice che i due stigmi toracici, gia da Packard e Pal men assegnati al mesotorace e al metatorace, sono invece in- tersegmental!, benche avvicinati ciascuno al segmento seguente.

Come si vede non e facile formarsi un esatto concetto del nu- mero e della disposizione degli stigmi toracici negli Acrididi, con- sultando gli Autori, poiche, anche in quelli che videro giusto, diffi- cilmente si trovano indicazioni esplicite e chiare. Ho creduto percio che non fosse del tutto inutile riprendere il soggetto con osserva- zioni nuove, e riassumo in brevi parole i risultati, ai quali sono arrivato.

Anzitutto e fuori dubbio che gli stigmi degli Acrididi sono in numero di dieci paia: sotto questo aspetto e dunque giusta la figura di Fischer, ed erro chi ne tolse il primo paio di stigmi.

In riguardo poi agli stigmi del torace, che sono quelli che piu particolarmente ci interessano, dico senz'altro che sono due. E' da escludere che siano toracici (come da vecchi Autori fu ritenuto) quelli del terzo paio ; infatti e facile persuadersi che essi apparten- gono airaddome. G-ia la posizione di questi stigmi deve, come dissi, mettevci in guardia, poiche e un fatto pressoche generale negli in- setii che gli stigmi del primo paio addominale si aprono sui lati del corpo pm dorsalmente che non gli altri. Inoltre, per la confor- mazione loro gli stigmi del terzo paio sono uguali agli altri stigmi addominali degli Ortotteri, mentre dirTeriscono notevolmente dai toracici.

Si tenga poi conto che negli Acrididi l'acrotergite del primo segmento addominale (ossia il metafragma) e assai intimamente con- nesso al metatorace, ma tuttavia e posteriore al ligamento, che po- steriormente delimita l'ultimo tergite toracico : dunque il metafragma fa indubbiamente parte dell'addome, e a piu forte ragione dovremo considerare come addominale lo stigma, che sta presso il timpano e che e collocato piu indietro del metafragma.

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La situazione di questo stigma, piu dofsale degli altri, si puo spiegare col fatto che negii Acrididi il primo ante manca di ster- nite ed e ridotto a un pezzo puramente dorsale.

Venendo poi agli stigmi del secondo paio, circa ai quali mi pare che gli Autori siano concordi neH'assegnarli al mesotorace, li consi- dero anch'io come mesotoracici. Anatomicamente ci rendiarno conto di questa assegnazione, considerando che le pleure sono costituite, nello pterotorace, di episterni, che dipendono dagli sterniti, e di epi- meri, dipendenti dai tergiti ; e che, come dice Berlese, io stigma tipicamente e scolpito fra il noto e l'epimero ; ma " quando l'epi- mero si dispone obliquamente al piano del noto, lo stigma e ricac- ciato indietro, di guisa che viene a trovarsi dopo l'epimero stesso „. Questo e appunto il caso che si veriflca negli Acrididi, nonche in altri Ortotteri.

Final mente, per cio che riguarda gli stigmi del primo paio, si potrebbe ritenerli appartenenti al protorace, ragionando per assurdo: poiche sarebbe inammissibile assegnarli al mesotorace, al quale gia un paio di stigmi abbiamo assegnato. La flgura di Packard pecca appunto in questo che fa portare al mesotorace del Melanoplus due paia di stigmi.

Bisogna poi tener conto del fatto che qui non possiamo osser- vare lo stigma sopra o dietro l'epimero, poiche nel protorace degli Acrididi gli epimeri mancano, e il pronoto supplisce alia loro man- canza, distendendosi sui lati del corpo : ma non e da credere che gli epimeri siansi fusi nel pronoto, nel qual caso lo stigma dovrebbe aprirsi nel pronoto stesso ; invece lo stigma rimane sotto al pronoto, presso il suo margine posteriore, conserva cioe quella posizione in- tersegmentale, che avrebbe se l'epimero esistesse, come abbiamo visto verificarsi nel mesotorace.

In appoggio a questa interpretazione non e forse fuor di luogo dare uno sguardo ai grossi rami di trachea, che fanno capo agli stigmi toracici degli Acrididi. E, dissezionando materiale fresco, sara ben facile constatare che, facendo astrazione dai rami anasto- motici, i maggiori rami che affluiscono a ciasctmo stigma proven- gono dai seginento toracico precedente: e, piu precisamente, agli stigmi del primo paio fan capo tre grossi rami provenienti dai pro- torace; gli stigmi del secondo paio immettono principalmente in una grossa trachea, che corre luqgo la sutura meso-metatoracica, dapprima indivisa, poi biforcata: il suo ramo anteriore, che e il piu grosso, giunto presso il dorso piega decisamente iti avanti e si suddivide in parecchi rami secondari nel mesotorace. t

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Presento, come conclusione, l'annesso disegno, raf figurante il torace e i primi due segmenti addominali della Locusta aegyptia L. (vel Acridium tartaricum Olivier). I segmenti del torace figurano separati fra loro e da quelli dell'addome; si immaginano asportate le ali e cosi pure un lembo del margine posteriore del pronoto per far vedere lo stigma del primo paio.

Locusta aegyptia L. Pt, protorace ; Ms, raesotorace ; Mt, metatorace ; A, addoine ; Pr, pronoto ; T, tergiti; S. SI, sterniti; Eps, epistemi; Epm, epimeri; St1, St2, primo e secondo stigma toracico ; So1, Sa2, primo e secon- do stigma addominale ; Tp, timpano; F, femori.

Isiituto di Zoologia e di Anatomia comparata della R. Universitd . di Pisa, setlembre 1919.

Note bibliografiche.

1. Lacordaire M. Tli. -- Introduction a l'Entomologie. T. II. Paris, 1S38.

2. Dufonr L. Recherchea an atom, et physiol. sur les Orthopteres etc. Memoires present, par din. sav. Tom. VII. Paris, 1841.

3. Fischer L. H. Orthoptera europaea. Cum 18 tab. Lipsiae, 1854.

4. Erklarungen zu den Zool. Wandtaf. heratisgegeben von B. Leuckart u. II. Xih-che. Cassel, 1877.

5. Claus C. Traite di; Zoologie. Paris, 1884.

6. Lang. A. Traitr d' Anatomic compar6e et de Zoologie. Paris, 1891.

7. Vogt 0. et Yung E. Traite d'Anatomie compar6e pratique. T. II. Paris, 1894. x. Packard A. S. A Textbook of Entomology. New York 1898.

9. Henneguy L. F. Les Insectes. Morphologie, Reproduction, Embryogenie. Paris, 1904.

10. Her twig K. Lehrbuch der Zoologie. Jena, 1905. Id. Trad. ital. di C. Parona. Milano, 1906.

11. Linville H. R. and Kolly H. A. A text-book in general Zoology. Boston, 1906.

12. Diirken B. Die Tracheenkiemenmuskulatur der Ephemeriden, etc. Zeitschrift fur Wis- senschaftl. Zoologie. lid. S~ . Leipzig, 1907.

13. Berlese A. Gli Iusetti loro organizzazione. sviluppo, abitudini e rapporti coll' uouio. Vol. 1". Embriologia e Morfologia. Milano, 1909.

14. Silvestri F. Dispense di Entomologia agraria, raccolte dal dott. G. Grandi. For- tici, 1911.

15. Deegenor 1". Sinnesorgane. Handbuch der Entomologie, herausgegeben von Chr. Schroder, zveite Lieferung, lid. I. Jena, 1913.

in. Eandlirsch A. Terminologie der fur die Systematik wichtigsten Teils dea Hautskelet- tea. Handbuch der Entomologie, herausgeg. con, Clir. Schroder. Jena, 1913.

17. K ii n n c i li V. Dio Stigmenveraorgung dea Insokten thorax. Zeitschrift fur wissenschaftliche Zoologie Bd. 112, Reft 1. Leipzig, 1915,

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ALESSANDRO BRIAN

Descrizione di una nuova specie di Copepode harpacticoide del gen. Idya (I. ligustica n. sp. mini) proveniente dai material! del Laboratorio Marino di Quarto.

E vietata la riproduzioue.

Nel materiale di Copepodi benlonici, raccolto e couservato nel Laboratorio Marino di Quarto, che ho preso a studiare, ho notata la presenza di due specie del gen. Idya. L'una e riferibile alia ben nota forma di I. furcata Baird, sulla quale mi dispenso dal fornire notizie, perche fu gia oggetto di buone descrizioni da parte di vari autori ; l'altra mi sembra doversi ritenere come nuova sp., poiche si distingue dalle Idyae fin qui note, per alcune singolari particolarita di struttura (l) che descrivero qui sotto. Chiamero que- sta forma col nome di I. ligustica.

Descrizione.

Idya ligustica n. sp. mihi.

Fcmmina. Piu piccola deWIdya furcata non si discosta di molto

Fig. 1. Idya ligustica n. sp., Q , (oc. 2 ob. "J;

nella forma generale del corpo, da quella specie (fig. 1). La sua

(') Specialinonte caratteristica, come si vedrd dalla descrizione, e la struttura del primo e del quinto j>aio di piedi.

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parte anteriore o fcoracica, ampia, contrasta con quella posteriore o addominale, che e di piu esigae dimensioni.

II segmento anale e breve, e circa meta lunghezza della divi- sione anteriore e con diametro trasversale presso a poco nniforme in tutto il suo sviluppo. I rami caudali sono assai brevi, colle se- tole apicali interne superanti meta lunghezza del corpo. Entrambe le setole apicali, 1' interna e l'esterna, si mostrano spinulose, colle spinule distanziate.

Le antenne anteriori sono 9, articolate, pinttosto gracili e slan- ciate, col e articolo discretamente lunghi, ma il secorido e di poco piu lungo del terzo (fig. 2).

Fig.

Antenna anteriore, Q , (oc. 2 ob. 6)

Le antenne posteriori presentano la spina distale piu esterna posta aU'estremita del ramo principale, abbastanza vistosa e legger- mente spinulosa. L'endopodite o ramo accessorio non ha nulla di ben caratteristico, presenta 4 articoli, il primo e l'ultimo piu lun- ghi degli altri e porta in tutto 6 setole come in altre specie (fig. 3).

Fig. 3. Antenna posteriore, O , (oc. 2 ob. 6)

Lo parti boccali, anch' esse, non sono molto diverse da quelle deM'Iclya furcata : le manclibole cioe hanno un palpo vistoso rivolto verso l'esterno, formato da un breve articolo basale e da due al- langate e strette laminette fogliacee munite di setole e di peli. La mascella col suo breve palpo, guarnita aU'estremita di molte spine, non mostra niente.di singolare. Le due paia di piedi mascellari.

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come in altre specie, presentano ciascuno un artiglio che li rende adatti alia prensione : sopratutto nel secondo paio, questi uncini sono forti e assume-no l'ufficio di pinze.

II prima paio di arti natatori avenfce l'endopodite non molto piu lungo dell'esopodite ed entrambi questi rami larghi e tozzi, rap- presenta forse la parte piu caratteristica di tutto il corpo, e vale colla sua forma, per disiinguere, a prima vista, la specie (fig. 4). II secondo articolo dell'endopodite mostra il margine intemo alquanto convesso e nel suo mezzo, nel punto piu allargato di questo ramo, prende origine la solita setola piumata esterna, accanto ad una pic- cola salienza chitinica, quasi triangolare, posta piu al di sopra (') che parmi mancare in altre forme.

II terzo articolo di questo ramo assai piccolo, porta due uncini apicali bene sviluppati, ma disuguali in lunghezza, ambedue abbon- dantemente penicillati (2).

Fig. 4 Primo piano <li piedi natatori della femmina, (oc. 2 ob. fi). os = esopodite ; end = endopodite.

L'esopodite con spina esterna, grossa ma poco allungata sul primo articolo, con un'altra spina interna breve sul secondo arti- colo, si mostra, come abbiamo detto, assai largo. Non diversamente

(') Oltre a questa salienza chitinica, ve u'e un'altra posta nella parte distale dell'articolo basale, presso l'origine della setola interna, di questo stesso endopodite: entrambe ricordano quelle forma-

Eioni analogbe, dette pentose (Saugscheibe) da Claua, che sou zzi per agevolare I'aderenza sul-

I'ospite

(2) Provvisti cioe di pel) diaposti come in una spazzola,

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che in altre specie si vedono sul terzo ed ultimo articolo nella sua estremita, obliquamente troncata, 5 spine ricurvate all' infuori, gra- dualmente decrescenti in lunghezza verso l'esterno e ciascuna peni- cillata al suo termine; in piu sull'angolo interne si scorge una lunga setola gracile e ciliata.

Le altre tre pake seguenti di arti natatori non offrono nulla di particolare : hanno la medesima struttura e lo stesso numero di se- tole e di spine come nell' Idya furcata. Di piu come in quella, non mostrano nessun carattere dimorfico fra il maschio e la femmina.

II quinto paio di arti natatori ha l'espansione interna dell'arti- colo prossimale o basale attenuata e arrotondata all'estremita, al- quanto piu sporgente che nell' Idya furcata e munita di 2 setole, una assai piu lunga dell'altra. L'articolo distale subspatulato, poco allungato, quasi ovaliforme, e non tanto espanso verso l'estremita, si presenta spinoso sul margine esterno; e provveduto di 6 setole lunghe e disuguali, 4 delle quali nascono dall'apice e 2 dal margine esterno, e di queste ultimo una specialmente vicino alia parte ter- minale. Un'altra setola si diparte da una breve e stretta espansione dell'articolo basale dal lato esterno (fig. 5).

Pig. 5. (Juinto paio di piedi natatori della femmina. (oc. 2 ol». (I).

L'ooisacco b di forma sferica tendente alia discoide e racchiude uova piccole in numero generalmente poco piu di 30. II corpo e tinto di un bel colore violaceo chiaro, piu marcato specialmente nella parte ventrale. Lunghezza del corpo da 0,5 a 0,7 mm.

Maschio. E' un.po'piu piccolo della femmina e presenta evi-

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denti caratteri sessuali secondari consistent nella diversa struttura delle antenne anteriori prensili, e nella forma peculiare del quinto paio di piedi. Le antenne anteriori hanno 9 articoli come nella fem- mina. il secondo articolo e assai piu grosso dei seguenti e porta numerose setole all'esterno. Cosi pure vistoso e il articolo che porta un grosso fllamento sensorio, quest'ultimo di diametro mag- giore che nell'altro sesso; il 53, 6°, 7°, 8°, articolo sono grada- tamente piu sottili. Questi ultimi tre sono ripiegati e ribattuti sugli articoli antecedents e foggiano cosi l'antenna a guisa di uno stru- mento prensile.

Le parti boccali e tutti gli arti natatori, salvo che il quinto paio, si mostrano simili a quelli della femmina. Quest'ultimo paio consiste di due articoli basali stretti, terminati da una grossa vistosa setola spini forme, ma ottusa aU'estremita. Varie setoline, sottili e lunghe, le stanno ai lati inserite tanto sul primo come sul secondo articolo, (v. fig. 6 p5)! Anche il sesto paio di arti, rudi- mentale, e terminato da una spina vistosa, foggiata come la pre- cedente (fig. 6 p6).

Fig. G. Addoine e post-addoiue del maschio, (oc. 2 ob. C). p5 e p6 = quinto e sesto paio di piedi natatori.

La nostra n. specie ha dunque dimensioni minori dell'Idya fur- cata e potrebbe, nell'aspetto generale, somigliare sdYIdya minor Scott o a qualche altra specie piccola, di questo genere, se non che si allontana da esse, come ho gia detto, per la struttura affatto

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speciale del primo paio di piedi natafcori, piii allargati e massicci, che somigliano piuttosto a quelli della Psamathe longicauda.

I piedi natatori hanno spine esterne che non sembrano alia loro volta spinigere, ma bensi liscie (eccettuato il e il paio nel raaschio).

II quinfco paio di piedi della femmina e bensi alquanto somi- gliante a quello delVIdya minor, ma un po'piu breve e con setole assai lunghe.

Ho trovato questa specie abbasbanza freqnente nolle raccolte di bentos fatte in varie stazioni a Quarto dei Mille e a S. Marghe- rita Ligure in questi ultimi anni.

Laboratorio Marino di Quarto dei Mille.

R. ISTITUTO DI ZOOLOGIA E ANATOMIA GOMP. DEI VERTE1SRATI IN FIRENZE

II Cavum cranii di Selache maxima (Gunn.)

Nota di A. SENNA

(Tav. Ill)

E vie tutu la riproduzione.

Non sarebbe necessario che fosse ancora una volta ricordata la posizione sistematica alquanto dubbia che la Selache ha tra i Lam- nidi, nei quali e per lo piu inclusa, dipendente da diverse partico- larita di conformazione e di struttura che da quelli la differcnziano e che gia motivarono note ricerche sulle affmita di questo squalo con quelli di altre famiglie, ad es. i Carcharidi (G-egenbaur, Pavesi), come anche la separazione propugnata da taluno, (G-iinther) in una famiglia o gruppo apposito [Selachidae, Selachina) - se l'esame d'un particolare strettam.ente anatomico - il cavum cranii - al tutto

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negletto dai sistematici non mi si fosse rivelato mollo dimostrativo a conferma dei caratteri aberranti di questa specie, non solo rispetto ai Lamnidi ma anche agli altri squali.

Sulla conformazione della cavita cranica della Selache, nessuno ha finora clato alcun ragguaglio ed il Paves i, al quale dobbiamo una descrizione di tutto lo scheletro, non ha potuto fare osserva- zioni, come egli stesso ci avverte, e si limita a dire che la cavita 6 ampia ed ha il pavimento traversato dalla sella turcica.

NeU'esemplare che ebbi a mia disposizione, un g di m. 2.70 di lunghezza dall' apice del muso all'estremo superiore della pinna codale ed il cui cranio fu conservato in liquido, la cavita esaminata sia direttamente, sia mediante il getto ha una lunghezza di cm. 13, per una massima altezza dalla volta al fondo della fossa ipofisaria di cm. 5.2; essa e molto ampia, circa 8 volte il volume deil'ence- falo, le cui piccole dimensioni in esemplari di consimile lunghezza to tale, furono gia notate dal Pavesi e confermate dal Carazzi. La forma della cavita e notevolmente allungata, compressa ai lati di dietro, dilatata medialmente nella meta anteriore ; l'asse corrispon- derebbe ad una linea leggermente incurvata colla convessita in alto.

Nelle sue linee generaii, la cavita richiama piu quella dei Car- charidi {Cardial ias) e dei G-aleidi (Galeus, Mustelus) che non quella dei Lamnidi [Lamna, Oxyrhina) nei quali, come si e detto, la Selache 6 posta e che hanno la cavita schiacciata in senso laterale tanto posteriormente che sul davanti.

La notevole lunghezza dolla cavita nella nostra specie dipende dall'allungamento della porzione posteriore, il che e l'opposto di quan to si osserva in molti squali di diverse famiglie (HexancJtus, Heterodontus, Scyllium, Mustelus, Scymnus) e nei quali detto allun- gamento e dovuto alia porzione media e anteriore.

Le pareti cartilaginee che delimitano la cavita presentano uno spessore diverso secondo le regioni, il che e normale, ma quello della base del cranio e degno di menzione perche notevolissimo e maggiore di quan to si osserva negli altri squali. Nella stessa base del cranio, la fusione della prima vertebra perfettamente conformata e visibilissima (bd. bv. cv.), come pure il residuo della notocorda (n).

La cavita cerebrale anteriore {ca) 6 chiusa sul davanti e dor- salmentc, in corrispondenza del foro prefrontale da una robusta membrana fibrosa a decorso obliquo che la separa dal cavo precor- brale (A His); l'obliquita della membrana che e dall'alto al basso e dall'indietro all'innanzi e minore di quella dei Lamnidi e dei Car- ol™ rid i.

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Ai lati e un poco in basso, la parete presenta due larghi e profondi recessi olfattivi (r. o) a sezione ovalare, diretti verso i lati e alquanto in avanti, separati fra loro da un setto mediano lieve- mente couvesso e chiusi in fondo dalla lamina cribrosa.

La volta della porzione anteriore ha la parete che si abbassa e si continua senza demarcazione con quella della porzione media. Le parti laterali mostrano due depressioni, in una delle quali, la caudale, s'apre il foro per il trocleare (IV) che nella Selache, come nel gen. Scymnus tra gli Spinacidi viene quindi ad occupare una posizione anteriore a quella del foro ottico {fo. II) e percio a far parte di questa porzione anteriore della cavita contrariamente a quanto ha luogo nel maggior numero di squali. Nell'altra depres- sione della parete si apre il foro per la vena cerebrale anteriore (vc) che sbocca nel seno orbitale. La base infine di questa prima por- zione della cavita va rialzandosi in corrispondenza della sporgenza del presfenoide (Vorsprung di G-egenbaur) che ne segna il limite posteriore.

La cavita cerebrale media {cm) e quella che presenta altezza maggiore: la volta ha pareti sinuose che si continuano senza una netta demarcazione con quelle della porzione posteriore; i lati mo- strano una depressione regolare corrispondente alia fossa ottica {fo, II) e un poco al disopra, dove la parete si e rilevata, s'apre il foro deiroculomotore {III); nella base scorgesi una larga depressione trasversale, la sella, con una cavita a guisa di fossa, scavata pro- fondamente nel pavimento del cranio che e la fossa ipofisaria {fi).

La depressione della sella spingesi anteriormente fino alia spor- genza del presfenoide {pr.) che ne forma il margine anteriore, all'in- dietro e limitata dal dorso della sella (posterior clinoid wall di Par- ker e di A His) ; il primo e a dolce declivio, come nei Carcharidi, phi rapido e cou direzione obliqua all'innanzi e il declinare del secondo, inoltre l'angolo che determina il margine superiore di quest' ultimo e largamente arrotonclato: da tutto cio consegue che in Setache la fossa ipofisaria non si addentra nella base del dorso della sella, carattere che invece vediamo piu o meno cospicuo in molti squali, ad es. nei Notidanidi, nei Carcharidi, nei Spinacidi oltre che nei Lamnidi.

La parete che delirnita lateralmente la sella e la sottostante fossa ipofisaria e pure scavata e presenta due orifizi dei quali l'an- teriore e il foro del canale carotideo che da passaggio alia carotide interna; esso immette esternamente nella cavita orbitale. Diversa e la condizione che. si osserva in altri squali di differenti famiglie

come, ad es., in Hexanchus, in Mustelus, in Scymnus ecc. nei quali si ha un canale carotideo impari e mediano che perfora obliqua- mente dall'alto al basso e dall'avanti all'indietro la base del cranio. II secondo orifizio separato dal precedente da un pilastro cartilagi- neo e il canalis transversus di G-egenbaur o pituitary canal di A His, pel quale passa un vaso venoso(vena cerebralis ant. di Parke r, pituitary vein di Allis): an che a proposito di questo canale devesi ricordare che in molti squali esso attraversa invece la base del dorso della sella.

Non voglio tacere a proposito della fossa ipoflsaria, il com por- tamento del pericondrio che la tappezza (endocranio di Sterzi). Esso si divide in due lamine delle quali l'inferiore riveste la parete cartilaginea della fossa, l'altra, superiore, d'aspetto splendente passa a ponte sulla precedente, alia quale si ricongiunge sul vertice della parete anteriore della fossa. Or bene, mentre in diversi squali {Chlamidos'elachus, Hexanchus, Mustelus, Galeus, Acanthias, la lamina che passa a ponte descrive una forte curva in basso, nella Selache il suo decorso e orizzontale in modo da obliterare esternamente la quasi totalita del cavo della fossa. Nello spazio interposto fra le due lamine trovansi, come e di regola, del connettivo lasso, dei vasi (carotide e vena ipoflsaria) e superiormente una porzione del lobo ipoflsario posteriore.

La porzione posteriore della cavita cranica dal dorso della sella al foro occipitale e lunga quanto le due precedenti prese insieme ed ha la forma d'un imbuto schiacciato lateralmente. La volta va abbas- sandosi con decorso lievemente ondulato, la parete laterale mostra un forte incavo ovalare, a contorni ben deflniti, il quale per una meta della sua lunghezza sorpassa la linea del dorso della sella e viene percio a spingersi nella cavita media. L'incavo presenta quat- tro orifizi dei quali l'anteriore, situato un poco piu in alto dei se- guenti e il foro del trigemino (V), sul lato opposto e in direzione obliqua si apre il foro per l'acustico (VIII) dai due orifizi mediani, posti piu in basso dei precedenti, escono rispettivamente l'abducente e il facciale (VI- VII). L'incavo o fossa corrisponde quindi al trigemino- facialis-acusticus recessus di Allis, o piu semplicemente al Vagus- bucht di Gegenbaur. II confronto con altre specie ci permette di rilevare che la posizione della fossa anzidetta in Selache risulta piu anteriore che nella maggioranza degli squali, eccettuato Carcliarias, e difatti il foro del trigemino di solito e situato all'indietro e non davanti alia linea del dorso della sella che segna per convenzione il limite tra la porzione media e la posteriore della cavita cranica.

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La riunione degli oriflzi della fossa del trigemino in Selache richia- raa piu quella degli Spinacidi che non quella del Lamnidi; nei Carcha- ridi, il foro dell'abducente e al tutto separato dalla fossa del trige- mino; in altri squali inflne i fori del facciale, e l'acustico sono collo- cati in una fossetta distinta. La parete laterale, posteriormente alia fossa del trigemino, presenta due depressioni, la prima e la fossetta del glossofaringeo {fg. IX), l'altra piu ampia e quella del vago (fz. X) l'oriflzio del quale si continua in un canale con direzione obliqua dall'avanti all'indietro ed il cui lume va allargandosi dall'interno al- 1'esterno. Infine nell'ultima porzione della parete laterale si aprono due forellini per l'uscita dei nervi occipito-spinali (1-2). La base e pianeggiante e non presenta caratteri degni di nota.

Dall' insieme delle osservazioni fatte sulla cavita cranica di Selache e dai confronti all'uopo riportati appare evidente che la ca- vita si differenzia per moltepiici caratteri tanto da quella dei Lam- nidi che da quella di specie appartenti ad altre famiglie; alcuni par- ticolari potrebbero anzi ritenersi esclusivi, il che riprova ancora una volta che la Selache e forma aberrante. Non intendo dare a tutto cio un valore eccessivo, ne risollevare la questione della posizione sistematica di questo squalo in una famiglia apposita, poiche dal- l'esame di un altro carattere anatomico, lo scheletro viscerale del quale feci un breve cenno in un precedente articolo, mi e sembrata non al tutto necessaria; ma ho creduto opportuno con questa note- rella rilevare nn nuovo esempio del sussidio che puo aversi dall'e- same di particolari strettamente anatomici finora trascurati dai si- stematici nelle forme dubbie e critiche.

Spiegazione della Tavola III.

Fig. 1. Sezione sagittale mediana della cavita cranica di Selache maxima (Gunn.). Fig. 2-4. Gett,o della cavita cranica visto di profilo, di sotto e di sopra.

bd.1 Basidoisale della la vertebra, bv.1 basiventrale della la vertebra, ea, porzione anteriore della cavita cranica, cca. canale della carotide interna, cm. porzione media della cavita cranica, cp. porzione posteriore della stessa, ctr. canale traaverao, cv.1 corpo della la vertebra fuso col cranio, fg. fossetta del glossofaringeo, ft, fossa ipofisaria, Jo. fossetta ottica, ft, fossa del trigemino-facciale-acustico, fv. fossetta del vago, n. residuo della notocorda, nsv.1 foro del nervo spinale ventrale, pr. sporgenza dei presfenoide, ro. recessi olfattivi, vc. fossetta per la vena cerebrale anteriore. I-X. Fori dei nervi cranici, 1-2 Fori dai nervi occipito-spinali.

Bibliografla degli autori citati.

A His E. P. The Pituitary Fossa and Trigemino-facialis chamber in Selacbians. Anat. Am.

46, 1914. Carazzi I). Sulla Selache maxima Gunn. Zoul. Anz. n. 23, 1904.

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Gegenbaur C. Das Kopfskelet der Selacbier. 1870.

Id. Schultergiirtel der "Wirbelthiere. 1805.

Giinther A. Catalogue of the Fishes in the British Museum, VIII, 1870.

Pavesi P. Contribuz. iilla Storia uatur. del geu. Selache.

Id. Seconda contribuz. alia morfolog. e sisteiu. dei Selathi. Ann. Mus. civ. sior. nat. Oenova.

1874 e 1S7S. Parker W. K. On the Structure and Development of the skull iu Sharks and Skates. Trans.

Zool. Soc. X, 1879. Senna A. Una uuova cattura di Selache maxima (Gunn.) nel Mar Toacano. Monit. Zool. Ital.

XXIY, 1914: Sterzi G. II sistema nerv. centr. dei vertebr. 1. Selaci. 1909.

NOTIZIE

Per la crisi della stampa scientifiea.

11 15 giugno scorso si e riunita l'Assemblea della Sezione raedica dell'Asso- ciazione della Stampa scientifiea italiana, ed ha deliberato 1'aumento del prezzo di abbonamento di tutti i periodici di medicina, e inoltre di domandare al go- vernor

di fornire ai periodici di medicina i tipi di carta necessari a prezzo di favore; di concedere loro per le spedizioni a conto corrente la tariffa po- stale di cui godono i giornali politici e di amena lettura; il ripristino della cosi detta tariffa postale editoriale per tutti gli altri stampati spediti dalle loro amministrazioni ; di estendere loro la concessione emanata in t'avore della stampa politica e di amena lettura per la facolta di modificare i contratti e appalti di pubblicita.

Ci associamo a tali richieste, e ci auguriamo siano estese oltre che ai pe- riodici medici, anche a quelli scientifici in genere, per fronteggiare la presente crisi.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

Cosimo Gherubini, Amministratore-responsabile.

Firenze. 1920. Tip. L. Niecolai. Via Faenza, 52.

Monitore Zoologieo Itali(ino,Anno XXXI

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Monitore Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIEETTO DA

GIDLIO GHIARUGI EUGENIO FIGALBI

Prof, di Anatomia niuana Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nel It. Istituto di Stndi Super, in Firenze nella R. Universita di Pisa

CON LA COLLABORAZIONF. DI

BECCARI N. (FIrenze) - GIACOMINI E. (Bologna) LEVI G. (Torino) - LIVINI F. (Mllano) LOPEZ C. (Pisa) - STADERINI R. (Siena)

Ufficio di Direzione ed Amniinistrazione: Istituto Anatomico, Firenze. 12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L. 30.

XXXTlnno Firenze - 1920 N. 3.

SOMMARIO: Gomunicazioni originali: Decisi A., La classiflcazione dei Lemuri Ae\Y Elliot. Arcangeli A., Osservazioni sopra il rene cefalico dei pesci. Livini F., Notizie prelirainari intorno alia presenza di glicogene in diversi organi di embrioni uraani. Pag. 41-60.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

LABORATORIO DI ANTROPOLOG1A DELLA R. UNIVERSITA DI PAVIA

Dott. A. DECISI

La classificazione dei Lemuri dell1 Elliot

F, vietata la riproduzione.

Continuiamo e terminiamo, col presente, il confronto iniziato in due precedent! lavori gia pubblicati (1) della nuova classiflcazione deiPrimati dell'Elliot, con quella del Trouessarb, e ci occupiamo questa volta dei Lemuri.

Trouessart divide il suo Ordo IIP: Prosimiae in 4 famiglie viventi: Lemuridae, Chyromyidae, Nycticebidae, Tarsiidae. Egli di- vide la prima in due s. famiglie: Indrisinae coi generi Indris, Pro. pithecus, Avahis, e.Lemurinae coi generi Lemur, Hapalemur, Mixo-

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cebus, Lepidolemur, Ghirogale, Opolemur, Microcebus; la seconda fa- miglia ha il solo genere Chyromys ; la terza ha i generi: Perodic- ticus, Nycticebus, Loris, Galago ; la quarta il solo genere Tarsius.

L'Elliot invece divide il suo sottordine Lemuroidea in 3 fami- glie: Daubentonidae, che corrisponde a Chiromyidae, Tarsiidae che corrisponde aH'omonima, e Nyciicebidae. Questa famiglia si divide in 4 s. famiglie e cioe: Lorisinae, coi generi Loris, Nycticebus, Arctoce- bus, Perodicticus; Galaginae coi generi Galago, Hemigalago; Lemu- rinae coi generi, Chirogale, Microcebus, Mixocebus, Altililemur, Lepi- dolemur. Mioxicebus, Lemur; Indrisinae coi generi Lichanotus, Propi- thecus, Indris.

Procediamo ora al confronto particolare, avendo di gnida l'or- dine dato dal Trouessart.

* * «

Il gen. Indris di T. corrisponde al genere Indris di E. La sp. unica del gen. Brevicaudaius (295), e cambiata in Indris per ragioni di precedenza.

II gen. Propithecus di T. corrisponde al gen. Propithecus di E.

In T. ha 3 sp. Elliot ne considera ben 7, di cui 5 per eleva- zione a sp. di ssp. del T. Una sp. e posta da E. in sin. di un'altra. Coincidono:

Diadema (296) e Verrauxi (297).

La sp. posta da E. in sinonimia di Verrauxi e Majori (298). Le ssp. elevate da E. a sp. sono:

Sericeus ed edwardsi, ssp. di diadema; Dekeni, Coquereli e corona- tus, ssp. di Verrauxi.

II gen. Avahis di T. corrisponde al gen. Lichanotus di E.

La sp. unica nel gen. Laniger (299) coincide in entrambe le classificazioni.

II gen. Lemur di T. corrisponde al gen. Lemur di E.

In T. ha 8 sp. viventi, in E. ne ha 14, di cui 4 per elevazione a sp. di ssp. Dae sp. di T. sono poi da E. poste in sinonimia di alfcre, Coincidono :

Macaco (306); Mongoz (307); fulvus (308); nigerrimus (309); coro- iKitas (310); rubiventer (311); cata (312).

Le ssp. da T. elevate a sp. sono:

ruber (ssp. di varius); albifrons, rufus, rufifrons e cinereiceps (ssp. di fulvus, La sp. mayottensis, passa in E. in sin. di nigrifrons Guof), nome adottato per ragioni di precedenza.

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II gen. Hapalemur di T corrisponde al gen. Myoxicebus di E.

In T. ha due sp. In E. tre per elevazione a sp. di una ssp. del T.

Coincidono :

Griseus (313) e simus (314).

La ssp. da E. elevata a sp. e olivaceus (ssp. di griseus).

II gen. Mixocebus di 2*. corrisponde al gen. Mixocebus di E.

La sp., unica nel gen., caniceps (315) rimane tale e quale in entrambe le classificazioni.

II gen. Lepidolemur di T. corrisponde al gen. Lepidolemur di E.

Le sette sp. considerate da T. e cioe :

mustelinus (316) ; ruficaudat us (317); Edwardsi (318); microdon (319); globiceps (320); Grandidieri (321) ; leucopus (322) coincidono in entrambe le classificazioni.

II gen. Chirogale di T. corrisponde al gen. Chirogale di E.

In T. ha 5 sp. In E. pure 5.

Coincidono

melanotis (325) ; Grossley (325) ; trichotis (326) ; Sibreei (327) ;

MJw e cambiato da j£. in sin. di major, per ragioni di pre- cedenza.

II gen. Opolemur di T. corrisponde al gen. Altililemur di E. In T. ha due sp. e due pure in E.

Le sp. sono :

Samati (328) da E. pdsto in sinonimia di medius, per ragioni di precedenza, e Thomasi (329).

II gen. Microcebus di T. corrisponde al gen. Microcebus di E.

In I7, ha 5 sp., in E. quattro, perche una sp. di T. passa, in E. in sinonimia di un' altra.

Coincidono :

furcifer (330) ; Coquereli (331) ; murinus (333); myoxinus (334).

La sp. pusillus (332) e posta da E. in sinonimia di murinus.

II gen. Chyromys di T. corrisponde al gen. Baubentonia di .£.

La sola sp. appartenente al gen., madagascariensis (335), e ugnale in entrambe le classificazioni.

II gen Perodicticus di T. e scisso in due sgen. : Perodicticus ed Arctoctibus. II primo corrisponde al gen. Perodicticus di E. che ha 5 specie.

La sp. potto (336) rimane invariata. La sua ssp. Edwardsi e elevata a specie. La sp. Batesi (337) e abolita, e passa in sinoni- mia del precedente. .

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Le sp. nuove sono : ju-ju (Thomas 1910), ibeanus (Idem) faustus (idem).

II sgen. Arctocebus colla sp. unica, calabarensis (338), passa nel gen. omonimo di E.

II gen. Nycticebus di T. corrisponde al Nycticebus di E.

In T. ha due sp. di cui una sola rimane; in E. divengono ben 11, di cui 4 sp. nuove, una per elevazione a sp. di un sin., 5 per elevazione a sp. di ssp. E' abolita tardigradus (339).

Rimane menagensis (340), sp. peraltro messa in dubbio da T.

II sin. da E. elevato a sp. e coucang.

Le ssp. elevate a sp. sono:

cinereus, malajanus, javanicus, Hilleri, natunae (fcutte di tardi- gradus).

Le sp. nuove sono :

bomeanus (Lyon 1908) ; bankanus (Lyon 1906) ; pygmaeus (Bon- hotes (1907). Una varieta di tardigradus, tenasserimensis di Blan- ford (1891) e elevata a specie.

II gen. Loris di T. corrisponde al gen. Loris di E.

In T. ha una sola specie. In E. 2.

La sp. gracilis (341) di T. e scambiata da E. in sin. di tardi- gradus per ragioni di precedenza.

La sp. nuova e lydekkerianus (Cabrera 1913).

II gen. Galago di T. corrisponde al gen. Galago di E.

In T. ha 3 sg: Otolemur, Galago, Hemigalago.

In E. quattro e cioe: Otolicnus, Otolemur, Otogale, Hemigalago.

II sg. Otolemur di T. corrisponde al sg. Otolemur di E.

In T. ha 4 sp. E. ne considera ben 10 di cui due per eleva- zione a sp. di ssp. del T. e cinque sp. nuove. Una e abolita (344).

Coincidono :

crassicaudatus (342); Garnetti (343); Monteiri (345).

Agysimbanus (344) e portato in sinonimia del primo (342).

Le due ssp. (di crassicaudatus) elevate a sp. sono: lasiotis e Kircki.

Le sp. nuove sono:

ziduensis (Elliot 1907); panganiensis (Matschie 1906); Badius (Matschie 1905); Eindsi (Elliot 1907); Kikuyensis (Lonnberg 1912).

II sg. Galago di T. corrisponde ai sg. Otolicnus ed Otogale di E. In T. ha 5 sp. ; in E. 16 sp. sono nel primo, 4 nel secondo sotto- genere.

Coincidono in entrambe le classificazioni :

Alleni (347) ; gallarum (349).

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Le 4 ssp. elevate a sp. minori sono:

Oabonensis e cameronensis (entrambe ssp. di Alleni), zanzibaricus (ssp. di galago e teng (sotto il nome di sennaariensis).

I sin. elevati a sp. sono senegalensis (sin. di galago) e mossam- biius (sin. di moholi).

Le specie abolite da E. sono: galago (348) e moholi (310).

Le specie nuove (in parte minori, cioe quelle con doppio nome) sono: Alleni Batesi (Elliot 1907); Talboti (Dollman 1910); braccatus (Elliot 1907); braccatus albipes (Dollman 1909); Dunni (Dollman 1910); Nyassae (Elliot 1907); Granti Thomas e Wroughton 1907); pupulus (Elliot 1909).

La sp. elegantulus (Lecomte) con la ssp. da E. elevata a sp. minore elegantulus pallidus passa a formare neW'E, il nuovo sg. Oto- gale, colla specie minore nuova, tonsor (Dollmann 1910) e con un'al- tra specie minore costituita da una vecchia specie di Du Chaillu : apicalis (1860).

II sg. Hemigalago di T. con le due sp. Demidoffi (352) ed ano- murus (353) e da E. elevato a genere a se dlstinto, con l'aggiunta di due sp. muove: Thomasi (Elliot 1907) e la sp. minore Demidoffi poensis (Thomas 1904).

II gen. Tarsius di T. corrisponde al gen. Tarsius di E. In T. ha 4 sp. in E. 7 di cui tre sono specie nuove. Coincidono :

fuscus C354); sanghirensis (355); pMliypinensis (356). Le sp. nuove sono :

fraterculus (Miller 1910); saltator (Elliot 1910); Bomeanus (El- liot 1910).

E' riconosciuta una vecchia specie del 1821, bancanus (Horsfield). La sp. tarsius (353) di Erxleben e dichiarata indeterminabile.

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Prof. Dott. ALGESTE ARGANGELI

Osservazioni sopra il rene cefalico dei pesci

NOTA PRELIMINARE

6 vietata la liproduzione.

Se nel rene cefalico o pronefro dell'adulto di alcuni pesci ossei persistono i glomeruli del Malpighi e quindi il rene stesso con- serva una iunzione renale, per quanto limitata, cosi non e per molbi altri pesci ossei, nei quali i suddetti glomeruli funzionano solo nella gioventu, alio stadio di avannotto, per poi scomparire nel passare deH'animale alio stato adulto. Con la scomparsa dei glomeruli i tu- buli uriniferi possono mantenere i loro rapporti di continuita con il condotto di Wolff del rene addominale, come pure possono perderli e ridursi a tubuli chiusi e piu o meno circonvoluti. In alcuni casi anzi essi si dividono per strozzamento in piccoli frammenti tubulari o vescicolari che persistono anche nell'adulto. Ad ogni modo sia che i glomeruli persistano, sia che scompariscano, il rene cefalico e sem- pre caratterizzato dallo sviluppo di un tessuto linfoide, il quale rag- giunge il massimo grado quando di tessuto renale non rimangono altro che frammenti sparsi dei primitivi tubuli renali. Si pud dire che il rene cefalico, cambiando struttura dopo il periodo larvale, assume anche una funzione ematopoietica, alia quale si deve ag- giungere un'altra funzione compiuta dal sistema interrenale e dal siste- ma cromaffine, i quali prendendo uno sviluppo piu o meno grande, costituiscono, se non vere e proprie capsule surrenali bene delimi- tate, almeno (cosi si crede oggidi) l'equivalente delle stesse. Cio fu gia messo in evidenza da Giacomini sia per i Sahnonidi, sia per i Lofobranchi, sia per i Ciprinidi.

Riguardo ai caratteri struttura li che presentano i residui dei tubuli renali nel rene cefalico, i diversi AuLori danno pochi raggua- gli, ed in alcuni casi io credo che siano stati erroneamente inter-

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pretati quelli che essi chiamano residui dei tubuli renali. Infatti Haller (l) per Esox lucius dice: " Sowohl der erste, als auch der zweite Nierenabschnitt sind bei dem geschlechtsreifen Tiere vollig ru- dlmentdr (Fig. 39). Sie bestehen aus dicht beisammen gelagerten " pseudolymphoiden Zellen, mit Venendsten von der Kardinalvene und links von der betreffenden V. azygos aus. In diesem Gewebe finden sich keine Andeutungen von frilheren Querkandlchen, doch sind die Zellen, freilich in sehr dicht beisammenliegenden, stravgfdr- migen Gruppen geordnet wie ilberall. In diesem durchaus dichten Gewebe, das sich sehr stark fdrbt, fallen Inselti solider heller Zell- gruppen auf. Es sind dies die Ueberreste des Nierenganges (sng), denn das Rudiment des grossen Malpighischen Kdrperchens besteld aus " pseudolymphoidem Gewebe. Das Rudiment des Nierenganges, ein zusammenhdngender, sich windender Zellstrang, besteht, wie gesagt, axis hellen, fest zusammenliegenden, gut begrenzten Zellen mit chro- mophilen Kern. Um der Zellstrang erhdlt sich noch die zelldse Pro- pria. Wie bei Salmo stosst anch hier der rudimentdre vordere Teil des Nierenganges fest an den hinteren funktionierenden an den Grenze des zweiten und dritten Abschnittes uud scheint mit ihm sogar nicht verwachsen „. Ad illustrare quanto sopra l'Autore ofire una figura (39, molto schematica e ad ingrandimento ignoto) la quale rappre- senterebbe unasezione longitudinale orizzontale dei primi due segmenti deH'organo renale in Esox. In essa si vedono dei piccoli cumuli di cellule gialle che Haller interpreta come residui del condotto renale. Per conto mio io ritengo che si tratti o di cumuli di leucociti pig- mentiferi, quali facilmente si pos9ono rinvenire nel tessuto linfoide dei reni piu dlsparati, o forse anche di cellule del tessuto interre- nale e cromaffine, che, come ormai e noto, formano cordoni assai spessi in strato continuo intorno alle vene che percorrono il rene cefalico. Non si tratterebbe dunqUe di rudimenti di un'organo scorn- parso, ma di formazioni di ben diversa natura.

Por Cgprinus auratus lo stesso Autore dice: " Bei ihm ist der erste Nierenabschnitt gross toie etwa bei dem Zander, doch von etioas anderer Form. Er ist (Fig. 8, I) mehr der Ldnge nach entfaltet, doch immerhin mit einem Querstiick, an dessen medianen Rande das Rudiment des grosser Malpighischen Kdrperchens deutlich vorspringt. Trotz seiner Grosse ist der Abschnitt vollig rudimen/dr und besteht aus " pseudolymphoidem Gewebe, Venendsten und dem Rudiment

(') Haller B. Zur Phylogenese ilea Niereii organs (Holonepbros) der Knochenfisclie, in: Jena Zeit. Naturw. 43 Bd. p. 729r801, 8 Figg. Taf. 28-33, 1908.

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des Nierenganges „. E piu oltre: " Auch der zweite Abschtnitt ist vollig rudimentdr, dock in einer etwas anderen Weise, als bei den bisherigen For men. Er besteht ndmlich nur aus inter costalen Quer- rudimenten, die miteinander gar niclit zusammenhdngen. Die Rudi- mente, rechts 4, links S, liegen an der lateralen und medianen Seite der Kardinalvenen (Fig. 40 r'), ohne sie dorsal oder ventral zu bede- cken. In ihnen finden sich Venendste, und Lichtitngen ohne weitem Zusammenhang bestehen, obgleich nicht einmal ein Rest von Nieren- gange mehr erhalten ist, weshalb diese " pseudolymphoiden Knoten untereinander auch nicht zusammenhdngen „. E riguardo a Barbus Egli dice: " Bei diesem ist der erste Nierenabschnitt (Fig. 11, I) gleich wie bei der vorigen Form (Tinea) klein, zeigt noch das Rudiment des grossen Malpighischen Korperchen dusserlich, liegt aber dann der aktive Niere bloss an und wird nur durch die Kardinalvenen daran befestigt, denn jedes noch so geringe Rudiment des zweiten Niere- nabschnittes ist hier loie bei der ndchsten Gattung, Leuciscus ndmlich, vollig verschwunden „.

Dalle sovracitate parole di Haller possiamo ben dedurre che questo Autore non ha corredato il suo lavoro di ricerche micro- scopiche accurate : il considerare il rudimento dei grandi corpuscoli di Malpighi come costituito da tessuto pseudolinfoide basta per dimostrare che Egli non ha aftatto studiato la struttura fine del rene cefalico. II tessuto pseudolinfoide, che e poi vero tessuto lin- foide, non rappresenta nemmeno in parte residuo di corpuscoli mal- pighiani, ma una formazione al cui sviluppo invece e connessa la regressione, l'atrofia, la scomparsa dei corpuscoli stessi. Inoltre i residui dei canalicoli urinari sono rappresentati non da cordoni pieni, ma da frammenti degli stessi canalicoli ancora provvisti di cavita centrale, come diro meglio in seguito.

Audige, (') che giustamente assegno una parte non piccola alle ricerche microscopiche, riguardo a Barbus fluviatilis adulto trova che nella parte anteriore e media del rene cefalico non esiste piu alcuna traccia sia dei glomeruli, sia dei tubuli uriniferi, il che non sarebbe delia regione posteriore dello stesso rene, regione che si unisce al rene medio per Tintermediario di un peduncolo sottilis- simo rappresentato da alcune striscie di cellule accollate alia vena cardinale posteriore. Nei giovani le parti del rene che diventeranno piu tardi il peduncolo di unione sarebbero costituite da tessuto lin-

(') Audig6 J. Contribution a 1' iStude ilea reins des poissons teleosteens. in: Arch. Zool. Experim. et Oen. 5.e serie, Tome IT, 1910, p. 226-624, 104 fig., PI. XVII.

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foide racchiudente tubuli contorti del rene medio. In seguito alio strozzamento subito da tali parti sotto la spinta delle vene cardi- nali posteriori che prenderebbero ad un dato momento un grandis- simo sviluppo, il tessuto pseudolinfoide (l) ed i tubuli contorti che vi sono contenuti, rinserrati fra l'arco osseo nel quale passano e la parete distesa della vena che li accompagna, verrebbero ad essere dissociati. Mentre alcuni verrebbero respinti verso la parte poste- riore e farebbero quindi parte del rene medio, gli altri sarebbero rigettati verso il rene anteriore e occuperebbero percio la sua re- gione posteriore. Questi ultimi apparterrebbero dunque alia stessa formazione canalicolare del mesonefro: essi si troverebbero sempre in uno stato di degenerazione piu o meno accentuata secondo l'eta del pesce, degenerazione la quale consisterebbe nella fragmentazione di essi in un certo numero di segmenti operata dal tessuto linfoide circostante. Le cellule costituenti le pareti sarebbero accasciate sopra se stesse e avrebbero un protoplasma a contorno irregolare, mala- mente colorabile con i colori di anilina: in esse talvolta manche- rebbe il nucleo e quando esiste sarebbe chiaro, colorabile in modo uniforme e indifferente rispetto ai colori acidi o basici, talora rap- presentato da alcune granulazioni sparse nel citoplasma. Le piu di tali cellule sarebbero isolate, molte scomparse (qual fatto lo dimo- stra?). Esse rappresenterebbero insomma cellule piu o meno dege- nerate. Nelle cavita tubulari si troverebbe una sostanza omogenea, anista, nella quale talvolta si osserverebbe una disposizione concen- trica, la quale sarebbe costituita da un essudato flbrinoso e si esten- derebbe anche negli spazi intercellulari. Alcuni dei suddetti fram- menti tubulari e precisamente quelli situati piu all'innanzi si tro- verebbero in uno stato di decrepitezza piu accentuato e conterreb- bero, pur avendo lo stesso calibro, una minor quantita di essudato flbrinoso. " Cette diminution, dans V etendue de V exsudat, tient d V envaliissement progressif de sa substance par les cellules du tissu pseudolymphoi.de. Apres avoir dissocie et digere le plus grand nom- bre de cellules parie'tales, les mononucleates pe'netrent, dans la lu- miere du tube et creusent de ve'ritables galeries dans V exsudat fibri- neux dont elles prennent progressivement la place. Les quelques cel- lules persistantes de la paroi sont ainsi placees au sein meme des elements blancs qui achevent leur distruction „. In casi di degenera- zione piu avanzata i residui dei tubuli uriniferi sarebbero rappre- sentati da alcune cellule epiteliali degenerate ora isolate ora riunite

0) L'Autore adopra la qualifica di linfoide e quellu di pseudo-liufoido per lo stesso tessuto.

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in piccoli gruppi sparsi nel tessuto linfoide, nel quale " L'etat des vacuoles des mononuclears qui les entourent temoigne d' une dige- stion active de ces elements, aux depens, sans doute des debris des celhdes parie'tales „. L' ossudato fibrinoso allora sarebbe completa- mente scomparso sia sciolto nel plasma che bagna gli elementi del tessuto linfoide, sia piu probabilmente assorbito dagli elementi stessi.

" Les reliquats des tubes uriniferes sont tres epars dans la substance granuleuse; cette diminution intense, jointe d leur position relalivement anterieur dans le rein, montre indiscutablement le role pltagocytaire joue par le tissu lymphoide vis-avis de ces elements et aussi la marche, d'avant en arriere, suivie par la regression. Le glomemde geant, les ebauches tres pen differenciees des canalicules segmentates du pronephros et Vextremite anterieure de Vuretcre pri- maire disparaissent d'abord. Puis, les canalicides ayiterieures du me- sonephros disparaissent a leur tour, progressivement, d'avant en ar- riere, sous Vaction dissociatrice du tissu lymphoide dont le develop- pement, necessite par le fonctionnement partiadier du rein moyen, tend d augmenter d mesure que celui-ci se perfectionne. Toute la re- gion anterieure du rein moyen subit, aussi, avec plus ou moins d'in- tensite, cette retrogradation fonctionelle, a mesure que le rein s'accroit avec VOge „.

Io non posso assolutamente accogliere le interpretazioni surri- ferite di Audige, sia perche non sono suffragate da reperti fon- dati sopra osservazione del successivo svilupparsi del rene, sia per- che non corrispondono affatto a quanto io ho osservato nelle mie ricerche effettuate sopra Carassius atwatus L. e Barbus plebeius Vol., sia perche esse non reggono ad una critica elementare.

Per associarsi a quanto l'Autore scrive bisognerebbe che fosse dimostrato uno dei seguenti fatti, cioe che nei pesciolini giovanis- simi pronefro e mesonefro non sono nettamente separati ma costi- tuiscono un tutto continuo dall'avanti all'indietro; oppure che essi sono separati da un tratto piu o meno esteso nel quale mancano tubuli uriniferi. Nel primo caso con il progressivo sviluppo dell'ani- male in seguito ad una atrofia cui soggiacerebbero i glomeruli mal- pjghiani ed i corrispondenti tubuli uriniferi in una regione interme- dia della formazione renale e precisamente in corrispondenza del sepimento che separa la cavita pericardica dalla cavita addominale, si verrebbero a costituire separati un pronefro ed un mesonefro. Ma allora io domando : Con quale diritto noi possiamo dire che i residui di tubuli uriniferi che persistono nel rene anteriore appar-

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tengono al mesonefro ? Quanto al secondo caso (certo il piu fre- quente) faccio osservare che Audige non dice se nel Barbo primitiva- mente pronefro e mesonefro sono separati, e dal testo sembrerebbe che Egli non li ammetta come tali. Ad ogni raodo, qualora fossero amraessi come tali, cioe separati, l'Autore non ha fornito reperti che ci autorizzino a ritenere come valida la concezione che la por- zione anteriore del mesonefro si separi durante lo sviluppo da que- sto ultimo per andare..ad unirsi con il tessuto linfoide del pronefro e formare un tutto con esso. Ma poi per quale ragione lo strozza- mento (supposto e non provato) operato dallo sviluppo delle vene cardinali posteriori dovrebbe avvenire proprio nella regione anteriore del mesonefro? D'altro canto Audige non si accorge che con l'am- mettere che i residui dei tubuli uriniferi che Egli ha trovato nella parte posteriore del rene cefalico appartengono al mesonefro, non si pud conciliare 1'affermazione che avviene una graduale degenera- zione dei tubuli uriniferi dall'avanti all' indietro, perche anzi si atro- fizzerebbero prima quelli che si trovano dietro alia zona anteriore dello stesso mesonefro, e cio in contraddizione con quanto l'Autore asserisce.

In Squalius cephalus adulto lo stesso Audige dice che nel tes- suto piu o meno sviluppato della zona di unione del rene anteriore con il rene medio sono affondati dei canalicoli uriniferi dei quali il perfezionamento organico si accresce progressivamente a misura che essi occupano posizione posteriore. Tina degenerazione dovuta al- l'azione del tessuto linfoide condurrebbe ad una disparizione quasi completa dei primi elementi invecchiati e logori, mentre i posteriori sarebbero i meno colpiti dalla suddetta degenerazione. La transizione fra gli uni e gli altri sarebbe insensibile tanto che non si puo sta- bilire alcuna separazione fra gli stessi. Ed io voglio anche ammet- tere che cosi sia. Ma allora domando : Questa zona di unione com- prende tubuli che appartengono al pronefro ed al mesonefro, oppure solo al mesonefro ? E se appartengono essi solo al mesonefro, quelli del pronefro sono totalmente scomparsi? A me pare che Audige abbia trascurato di dare in proposito delle delucidazioni che sono di capitale importanza, specialmente per cio che riguarda i rapporti del pronefro e del mesonefro negli stadi giovanili dell'animale. Se Egli avesse potuto dimostrare che in tali stadi, e specialmente ne- gli abbozzi primitivi, le due formazioni non sono separate da pa- recchi metameri mancanti del tutto di tubuli uriniferi, avrebbe for- nito dei reperti molto interessanti per la storia dello sviluppo del vene nei Teleostei,

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Io non ho avuto a disposizione esemplari di Barbus fluviatilis Ag., bens: individui adulti di Barbus plebeius Val. Se non posso pero negare con sicurezza quanto Audige dice di avere visto nella prima specie, posso pero ben affermare di non avere trovato per la seconda fatti che mi permettano di accettare le conclusioni del suddetto Autore. Riguardo poi a Garassius auratus Lin., del quale ho potuto esaminare i rapporti fra pronefro e mesonefro dallo stadio di avannotto di 5 mm. di lunghezza fino alio stato adulto, posso ben affermare che il primo e sempre ben separato per un tratto considerevole dal secondo e che i residui dei tubuli uriniferi che si trovano nel rene cefalico dell'adulto appartengono ai primitivi tu- buli uriniferi del pronefro. Ora io sarei disposto a credere che cio debba essere an che per il genere Barbus, come quello che, appar- tenendo alia stessa famiglia dei Ciprinidi, non mostra alio stato adulto condizioni anatomiche cosi differenti da avvalorare il con- cetto che nello sviluppo del pesce pronefro e mesonefro tengano fra di loro tanto different! rapporti.

Concludendo diro dunque che cio che ha visto Haller per il pronefro non rappresenta residui di tubuli uriniferi e che quei resi- dui degli stessi tubuli che ha visto Audige appartengono ai tubuli uriniferi primitivi del pronefro stesso e non del mesonefro.

Ma io debbo insistere sopra alcune particolarita non prive di interesse sulle quali tornero in avvenire, quando avro raccolto mag- giore copia di materiale.

Non solo nella parte posteriore del rene cefalico, ma anche in quella che Audige chiama parte media si possono vedere, anche in esemplari vecchi di Garassius e Barbus, in mezzo al tessuto lin- foide sparsi, sotto forma di vescicole o tubuli molto corti e talora ricurvi, i residui dei canalicoli uriniferi (') primitivi. La fragmenta- zione di questi, che porta alia costituzione dei suddetti residui, io ho potuto seguire nei diversi stadi di sviluppo di Garassius. Essa e connessa con lo sviluppo progressivo del tessuto linfoide, ma non potrei affermare che elementi linfoidi operano una distruzione degli elementi epiteliali dei canalicoli, ne che questi elementi epiteliali mostrino le caratteristiche di una degenerazione. E anche quando noi trovassimo dei caratteri che ci facessero credere ad una dege- nerazione, noi dovremmo farci questa domanda : Se questa degene- razione si effettua, perche nello stato adulto, anzi di vecchiaia, sus-

f1) llo trovato che in Garassius auratus due sono i tubuli uriniferi con corrispondenti corpuscoli ili Malpiglii flu- costitniscoFQ il pronefro funzionante,

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sistono ancora e non meno evidenti, non meno grandi queste for- mazioni residuali ? Anzi si puo ben affermare che, confrontando le stesse nei diversi stadi di sviluppo, esse non diminuiscono con il crescere del restante tessuto del rene cefalico, ma crescono se non in numero, in grandezza certo.

Ma allora quale fatto puo auborizzare a riconoscere una dege- nerazione ? Si aggiunga poi che la struttura delle pareti delle stesse formazioni non mi ha mostrato cellule in stato di supponibile de- generazione. In ciascuna vescicola o tubulo si puo ben vedere che la parete e costituita da un semplice strato di cellule epiteliali, le quali sono sempre ben colorabili e con tutti i caratteri di una struttura normale, ed in buoni preparati non mostrano mai discon- tinuity. E nemmeno ho potuto rinvenire nelle cellule linfoidi circo- stanti un contegno che potesse giustificare 1' ipotesi di una distru- zione operata dalle stesse a scapito degli elementi epiteliali, quale afferma Audige. II contenuto delle suddette vescicole o tubuli e rappresentato da una sostanza omogonea, jalina, che talora pre- senta una stratificazione concentrica, la quale io credo sia dovuta alia coartazione operata dai liquidi usati nella tecnica del prepa- rato. Ai margiui di questo contenuto, cioe in contatto delle cel- lule epiteliali si osservano spesso delle vacuole vescicolose, nelle quali si osserva talora qualche cellula epiteliale o qualche leucocita. Ma non ho mai constatato quella invasione di leucociti di cui parla Audige e nemmeno escavazioni del contenuto che^si possano ascri- vere ad una attivita dei suddetti elementi. E nemmeno posso dire che le reazioni della sostanza omogenea corrispondano a quelle della fibrina ; anzi le stesse mi dimostrerebbero (ad eccezione delle va- cuole vescicolose) che si tratta piuttosto di colloide (l). Ma io non voglio affermare recisamente che di colloide si tratti, ben sapendo che noi non abbiamo una reazione specifica in modo assoluto per tale composto. Faccio pero osservare che la suddetta sostanza omo- genea corrisponde e nell' aspetto e nelle reazioni a quella che noi possiamo osservare nelle vescicole della tiroiue degli stessi pesci. Le cellule epiteliali costituenti la parete delle vescicole (o tubuli) nella maggioranza dei casi si presentano molto appiattite ed il nu- cleo ha preso parte a questo appiattimento, che sembra connesso alia pressione esercitata dal contenuto della vescicola. Ma questa forma delle stesse cellule io credo che rappresenti uno stadio della funzione secernente dell' elemento e cio sarebbe dimostrato dal fatto

(i) Adoprando il aietodo Trajna la sostanza premie un color rosso brillante.

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che in due esemplari (uno di Garassius ed uno di Barbas) (l) ho riscontrato che quasi tutte le vescicole avevano un ben diverso aspetto : in esse tutte le cellule parietali si presentavano molto piu alte, tanto da superare l'altezza la larghezza, rigonfie, provviste di un contenuto finemente granuloso e fortemente tingibile con i co- lon acidi di anilina, mentre il nucleo si presentava spostato sotto 1' estremita distale, avendo assunto un aspetto piu regolare ed un contorno ovale. A questo aumento in grandezza delle cellule epite- liali era collegata una forte riduzione del lume della vescicola, nella quale si mostrava una sostanza molto affine al contenuto delle cellule e che in verita non possedeva i caratteri della colloide. Deb- bo aggiungere che in questi casi ho osservato che nel tessuto lin- foide si presentavano qua e la sparsi alcuni "gruppi di poche cel- lule e talora qualche cellula isolata con tutti i caratteri corrispon- denti a quelli delle cellule epiteliali delle vescicole. Si potrebbero, come ha fatto Audige, interpretare come cellule epiteliali che rap- presentano gli ultimi residui della disorganizzazione delle vescicole.

Ma che cosa ce lo dimostra ? Non possono essersi tali elementi distaccati daU'epitelio delle vescicole senza che il loro distacco com- porti una distruzione delle stosse ? E perche no, dal momento che tale distruzione non avviene? Io credo che questo fatto meriti uno studio molto piu esteso e approfondito prima che si possa decidere riguardo al destino di tali elementi isolati, e che alio stato presente sia consigliabile un prudente riserbo. Io mi permetto solo, nonostante che io non disponga ancora di preparati i quali mi dimostrino il ciclo della funzione secretrice degli elementi epiteliali delle vescicole, di esprimere, in base ai due aspetti funzionali osservati ed alia per- sistenza, sotto forma di apparenti ghiandole a secrezione interna, dei tubuli uriniferi, l'ipotesi che questi coinpiano una funzione secreto- ria speciale, la quale pur essendo diversa da quella primitiva renale e di significato ignoto, non merita di essere trascurata.

Prendendo occasione dalla trattazione del rene cefalico, sento il dovere di correggere un errore di interpretazione nel quale incorsi parecchi anni or sono in un mio lavoro sulla muscolatura delle ossa faringee di Garassius (2). In tale errore io fui indotto dall'aspetto del contenuto delle cavita dei residui dei tubuli renali nella massa lin-

(') Questi due animali non si trovavano in condizioni normali perche il Carassio era marasraatico ed ittorico, il Barbo ;tveva ricevuto una iuiezione intraperitoneal di soluzione di carminio.

(-) Arcangeli A. La muscolatura dolle ossa faringee di Carassius auratus L. e la sua fun- zione. in : Rivista mensile di Pexca e Idrobiologia, An. VI (XIII), 19U, Jf. i012, pp. 231-248. 2 fig.

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foide del rene cefalico e dalla forma vescicolosa di tali residui, per lo che io credetti di avere a che fare in essi con un tessuto di tipo tiroideo, anche perche le- vescicole presentavano una somiglianza straordinaria con quelle della tiroide, la quale si trova in corrispon- denza del punfco dove l'arteria branchiale si ramifica nei vasi desti- nati alle branchie. E percio a proposito dei due muscoli che formano il musculus retractor arcus branchialis dorsalis dissi: " Haempel dice, che fra ciascuno di questi due muscoli e la potente muscola- tura laterale del pesce esiste da ogni lato uno spazio cavo che e riempito da massa renale. Io non ho esaminato esemplari di Carpa e quindi non posso recisamente contraddire tale affermazione, ma nonostante cio io mi permetto di dubitarne e di credere che si tratti piuttosto, come in Carassius, di tessuto tiroideo „. Io allora non pen- sai alia eventuale persistenza sotto forma frammentaria dei primiti- vi tubuli urinari del pronefro e non conoscevo ancora il lavoro del resto allora rnol to recente di Audige, che certo avrebbe evitato la mia interpretazione. Sono molto lieto oggi di riconoscere il mio er- rore. Ricerche ulteriori dimostreranno fino a qual punto la mia ipo- tesi di una funzione a secrezione interna dei residui dei tubuli del pronefro nell'adulho possa sussistere.

B. Istituto Tecnico " C. Cattaneo Milano.

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ISTITUTO ANATOMICO DI MILANO

Prop. F. LI V INI

Notizie preliminari intorno alia presenza di glicogene in diversi organi di embrioni umani

E vietata la riproduzioue

In una comunicazione fatta alia Societa italiana di Scienze na- turali, nella seduta del 15 febbraio del corrente anno, feci conoscere i primi risultati di uuo stadio intorno alia presenza e alia distri- buzione del glicogeno in diversi organi di embrioni e feti umani. Si riferivano essi ad un embrione della lunghezza di mill. 24 secondo la linea CR di Keibel e Mall, fissato in alcoolassoluto e successiva- mente trattato secondo i metodi proposti da Vastaiini-Cresi per la ricerca del glicogeno tanto colla kresofucsina quanto colla fuc- sina basica , preparati di controllo essendo stati fatti, per lostesso embrione, col metodo Langhans. In questo embrione fu riconosciuta la presenza di glicogeno negli organi che qui enumero ('):

funicolo ombelicale, tanto nella gelatina di Warthon quanto nelle pareti delle arterie e della vena ombelicale (in quantita discreta);

corda dorsale (abbondantissimo) ;

tegumento (abbondante nella epidermide, scarso nel derma) ;

abbozzi cartilaginei dello scheletro (abbondante) ;

muscoli volontari (abbondantissimo) ;

miocardio (abbondantissimo) e pareti di vasi sanguiferi (scarso);

epitelio della mucosa buccale, della lingua, della faringe, del-

(') Da tempo 6 stata riconosciuta la presenza di glicogeno in organi embrionali.

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l'esofago, dello stomaco e dell'intestino tenue e crasso (abbon- dante) ;

pancreas, tanto nell'epitelio degli abbozzi ghiandolari quanto in quello dei condotti escretori (scarso) ;

epitelio dei condotti escretori maggiori del fegato (in modica quantita) ;

tutto l'apparecchio polmonare, localizzato nell'epitelio e nelle cartilagini (abbondante) ;

rene, esclusivamente nell'epitelio dei tubuli collettori (scarso) ;

pelvi renale, uretere e vescica, esclusivamente nell'epitelio (in discreta quantita);

meningi (scarso) ;

tonaca fibrosa dell'occhio (scarso) (*) .

Non fu riconosciuta la presenza di glicogeno nelle cellule epati- che, nelle ghiandole surrenali, nella sostanza nervosa, nella milza, nei tubuli renali eccezion fatta per i tubuli collettori, come fu sopra indicato , nell'epitelio del labirinto membranoso, nelle mem- brane oculari ad eccezione della tonaca fibrosa .

Nulla potei dire di sicuro intorno alia tiroide, alia paratiroide e al timo, a cagione della imperfetta conservazione deU'embrione nella regione corrispondente a quelli organi.

Successivamente, all'Istituto lombardo di Scienze e Lettere, nella seduta dell'8 aprile, esposi i risultati ottenuti in un embrione piu giovane, precisamente della lunghezza di mill. 18 secondo la linea CR di Keibel e Mall, embrione preparato con gli stessi metodi per la ricerca del glicogeno. Dimostrai che contenevano glicogeno gli organi che ora enumero :

il funicolo ombelicale, tanto nella gelatina di Warthon quanto nelle pareti delle arterie e della vena ombelicale (in discreta quantita) ;

la corda dorsale (scarso) ;

il tegumento (scarso tanto nella epidermide quanto nel derma) ;

gli abbozzi cartilaginei dello scheletro (in alcuni appena traccie corpi vertebrali ,in altri in discreta quantita coste) ;

i muscoli volontari (abbondante);

il miocardio (abbondante) e le pareti di vasi sanguiferi (scarso) ;

l'epitelio della mucosa buccale, della lingua, della faringe e del-

(i) Una riprova che si fcratfcaase di glicogeno si ebbe nel fatto che in un altro embrione uniano dela stessa lunghezza, fisaato con un liquido acquoso (Zenker) e trattato coi metodi Vastarini- Cresi e Langhans, la reazione niancf* completaniente; e ci6 perche, come e noto, il glicogeno e solubile in acqua.

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l'esofago (in discreta quantita); quello dello stomaco e dell'intestino tenue e crasso (abbondante) ;

il pancreas (scarsissimo e localizzato nell'epitelio);

i condotti escretori maggiori del fegato (scarso), mentre le cel- lule epatiche ne erano completamente sprovviste ;

l'epitelio del la laringe, della trachea e dell'albero bronchiale (in discreta quantita);

la ghiandola tiroide ed il timo (scarso); la paratiroide (in discreta quantita);

il rene (scarsissimo e localizzato nell'epitelio dei tubuli collettori) ;

l'epitelio dell'uretere (scarso) e della vescica urinaria (in discreta quantita) ;

l'epitelio di alcuni tubuli del mesonefro (scarsissimo) e del canale di Wolff (scarso) ;

l'epitelio del canale di Muller (scarso) ;

le meningi (scarso);

qualche grosso leucocita, entro al lume vasale.

La sostanza nervosa dell'encefalo, del midollo spinale e dei gan- gli cerebrospinal! non conteneva generalmente glicogeno : soltanto traccie mi'nime osservai in qualche sezione di midollo spinale. Man- cava inoltre il glicogeno nelle cellule epatiche come fu detto , nei tubuli uriniferi, ad eccezione dei tubuli collettori, nel corpo ge- nitale (testicolo), nella milza

Un terzo embrione fu preso in esame che misurava in lun- ghezza mill. 38 secondo la linea CR di Keibel e Mall : venue preparato cogli stessi metodi per la ricerca del glicogeno. Intorno ai fatti in esso osservati si danno in questo scritto notizie sommarie.

II reperto piu interessante e stato la presenza di glicogeno nelle cellule epatiche ('). Accenno qui soltanto che sono in numero liraitatis- simo le cellule epatiche che contengono, in quantita maggiore o minore, glicogeno : generalmente esse si trovano in vicinanza dei vasi sanguiferi, in partioolare delle vene centrali del lobulo.

Per eftetto della fissazione, il glicogeno apparisce in forma di granuli o di zolle irregolari che ora occupano una parte del corpo cellulare, ora invece sono sparsi in tutto il citoplasma ; mai si tro-

0) A propositi) della compared del glicogeno nelle cellule epatiche degli emhrioni uniani, Keibol '' Mall (Manual of human Embryology, Vol. IT, pag. 418-419) scrivono. « In the liver of the rab- bit, glycogen appears in the 22 day of gestation, six days after the formation of fat, and it increases steadily and rapidly until birth (Chipmau). Apparently the time of its appareaueo in human em bryoe has not been determined ».

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vano nell' interno del nucleo. Una riprova che si tratti di glicogeno si ha nel fatto che in un embrione della stessa lunghezza, fissato in un liquido acquoso e trattato poi coi metodi Vas tarini-Cresi o Langhans, la reazione e mancata completamente tanto nelle cellule epatichequanto in altri organi che, neU'embrione oggetto della presente nota, contengono glicogeno.

E questo l'erabrione piu giovane nel quale, nno ad ora, ho po- tuto dimostrare glicogeno nelle cellule epatiche (1).

Oltre a cio, si notano, nello stesso embrione, altri fatti che diversificano da quelli osservati nei due embrioni piu giovani dei quali e stato di sopra discorso: li accenno.

Nella corda dorsale il glicogeno e in quantita molto esigua in confronto aU'embrione di 24 mill.

Anche negli abbozzi cartilaginei dello Scheie tro, soltanto un certo numero di cellule cartilaginee ne contiene, mentre molte altre ne sono sprovviste.

All'incontro, le ghiandole surrenali, che prima non contenevano glicogeno, ora lo contengono, se pure in piccola quantita : conviene precisare il fatto. NeU'embrione che ora consideriaino si assiste alia migrazione della sostanza di origine simpatica la futura sostanza midollare attra verso alia sostanza che deriva dall'epitelio celoma- tico la futura sostanza corticale ; e si constata che mentre que- st'ultima che negli embrioni piu giovani esaminati rappresentava da sola tutta la ghiandola surrenale non contiene glicogeno come non ne conteneva negli embrioni piu giovani , ne conten- gono gli isolotti di origine simpatica, che si vedono sparsi in mezzo alia sostanza corticale in atto di migrare verso la zona centrale dell'organo.

Traccie di glicogeno si trovano ora anche nel corpo genitale (testicolo).

La vescica urinaria, dove nei piu giovani stadi il glicogeno era limitato all' epitelio, ne contiene ora, in modica quantita, anche nella tonaca muscolare. Lo stesso si verifica per la muscolatura liscia dell'esofago, della trachea e di qualche tratto dell' intestino.

Glicogeno in grande quantita contengono ora la cresta dentaria e gli abbozzi dell'organo dello smalto.

(!) fe interessante rilevare che le prime traccie di secreto nella ghiandola tiroide si osservano in embrioni all' incirca alio stesso stadio di sviluppo, precisamente della lunghezza di mill. 35 secondo la linea CR di Keibel (cfr. Livini F., Presentazione ed illustrazione di preparati microscopici che dimostrano la presenza di sostanza colloide nella tiroide di giovani embrioni umani. Atti Hoc. ital. Sc, nat. Vol. 58, Milano, 1919.

- 60 -

Infine, nei nervi si trova glicogeno, ma soltanto nell'epinevro e nel perinevro.

Tali le piu importanti differenze in confronto agli embrioni piu giovani. Nell' embrione di 38 mill, contengono, poi, glicogeno gli organi che enumero:

il funicolo ombelicale, tanLo nella gelatina di Warthon quanto nelle pareti dei vasi ombelicali ;

il tegumento : abbondantissimo nell' epidermide, scarso nel derma ;

i muscoli volontari (abbondantissimo) ;

il miocardio (abbondantissimo) e le pareti dei vasi sanguiferi (scarso) ;

T epitelio della mucosa buccale, della lingua, della faringe, del- 1' esofago, dello stomaco e dell' intestino tenue e crasso , in tutti in notevole quantita ;

il pancreas, tanto nell' epitelio ghiandolare quanto in quello dei condotti escretori (scarso) ;

1' epitelio della cistifellea e dei condotti biliari maggiori (scarso);

1' epitelio della muccosa nasale (abbondante) ;

1' epitelio della laringe, della trachea e dell' albero bronchiale (abbondante) ;

la ghiandola tiroide (scarso) ;

il timo, localizzato nei corpuscoli di Hassal;

il mesonefro, localizzato in alcuni tubuli con epitelio alto (scar- so), mentre manca nei glomeruli e in tubuli con epitelio basso ;

T epitelio del canale di Wolff (scarso);

il rene, localizzato nell' epitelio dei tnbuli collettori (scarso), mentre manca nei glomeruli, nei tubuli contorti ;

1' epitelio della pelvi renale, dell' uretere e della vescica urina- ria (abbondante) ;

1' epitelio celomatico (scarso);

le meningi (scarso).

Manca, anche in questo embrione, nella milza, nella sostanza nervosa dell' encefalo, del midollo spinale e dei gangli cerebrospinal!.

Le ricerche proseguono in stadi piu giovani ed in stadi piu avanzati.

Gosimo Gherubini, Amministratore-responsabile.

Firence, 1920. Tip. L. Niecolai, Via Faenza, 52.

lonitore Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zooiogia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRE T T O DA

GIULIO OHIARU6I EDGENIO FICALBI

Prof, di Aiiatomia uiuana Prof, di Auatomia corap. o Zooiogia

nel R. Istituto <li Studi Super, in Firenze nella R. Oniversita di Pisa

CON LA COLLABORAZIONE DI

BECCARI N. (Firenze) - GIACOMINI E. (Bologna) LEVI G. (Torino) - LIVINI F. (Milano) LOPEZ C. (Pisa) STADERINI R. (Siena)

Ufficio di Direzione ed Ainniinistrazioue: Istitul Firenze.

12 nuineri all'anno - Abbuonamento annuo L- 30.

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 4-5.

SOMMARIO: Comunigazioni originali: Colosi G., Limacidi ed Arionidi conser- vati nel R. Museo Zoologieo di Firenze (Con 5 fig.). Martinotti L., Di un nuovo importante procedimento per lo studio di vari dementi della cute umana (Con tav. IV). Fag. 61-92.

Necrologio. Marco Pitzorno. Pag. 92.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITUTO DI Z00L0GIA DEGLI INVERTEBRATI DI FIRENZE.

G. COLOSI

Limacidi ed Arionidi

conservati nel R. Museo Zoologieo di Firenze

(Con 5 figure).

E vietata la riprodnzione.

Le seguenti pagine riassumono i risultati dell'esame dei Lima- cidi e degli Arionidi conservati in questo Museo. La raccolta e co- stituita quasi esclusivamente da forme italiane e consta di un nu- mero non troppo grande di esemplari, il cui stato di conservazione e in generale abbastanza buono e tale da permettere un esame suf-

- 62 -

ficientemente accurato degli orgnni interni. Nei pochissimi casi in cui quest' esame non e stato possibile, la determinazione e stata tralasciata.

Dopo la " Monografia dei Limacidi italiani di Lessona e Pol- lonera (') sono comparse sulla fauna della nostra regione, varie note di Pollonera (2) ed un' importante memoria di Simroth (3).

I criteri da me seguiti nell'esarne dei caratteri, nella classifica- zione e nel raggruppamento delle forme sono in massima quelli sta- biliti da Simroth nella sua memoria del 1885 : " Versuch einer Na- turgeschichte der deutschen Nacktschnecken und Hirer europdischen Yerwandten (4) e in quella del 1910 precedentemente citata.

Simroth ha dimostrato in modo esauriente che la variability dei Limacidi e grandissima, e che non si possono tenere in alcun conto i caratteri di grandezza e di colorazione, i qnali nel maggior numero dei casi sarebbero perflno insufficienti anche se si volessero stabilire delle sottospecie e delle varieta. Purtroppo e tendenza co- mune alia maggior parte dei malacologi il tenere in gran conto ca- ratteri del tutto trascurabili, si da pretendere che assurgano a di gnita di specie forme che non meriterebbero di essere ricordate nemmeno come varieta locali.

Caratteri buoni per la determinazione delle specie sono quelli tratti dalla conoscenza degli organi interni, segnatamente dell'appa- rato digerente e dell'apparato riproduttore, l'esame dei quali e in- dispensabile. I caratteri della Limacella hanno un valore relativo, quelli della radula valgono talvolta soltanto per la determinazione dei generi.

Delia forma esterna, delle dimensioni e del colore dei singoli individui e invece tenuto il massimo conto nelle Monografie di Les- sona e Pollonera, e pero di essa bisogna fare uso canto se non si vuole incorrere in una dannosa frammentazione delle specie.

Per analoga ragione e difettoso anche il recente manuale di Germain (5).

Le forme da me studiate appartengono alle seguenti specie :

1. Limax maximus.

2. cinereo-niger.

(i) Mem. lx\ Accad. Scienze, Torino, (2) XXXV; 1882.

(2) Boll. Musei Zool. e Anat. comp. Univ. Torino, I, II, III, IY, V, VI, XI; 1SS6-1S91, iS96. (:i) Nachtschneckenstudien in den Siidalpen. Abhandl. Senck. Naturforseh. Ges., XXIII; 1910. (♦) Zeitsehr. Wiss. Zol., XLII .- 1S85.

Insques de la France et des Regions voisines, II. Gasteropodos pulmone.s ot prosobranches. Ene. Scient., Paris, 1913.

- 63

3.

flavus.

4.

insularis.

5.

arborum.

8.

Amalia marginata

9.

Sowerbyi.

0.

carinata.

6. Agriolimax agrestis.

7. laevis. 11. Avion subfuscus.

Rimangono indeterminati specificamente i seguenti pampioni : M. 844. Limax sp. 3 eseraplari. Senza localita. 358. Coll. 210. Limax sp. 2 es. Dintorni di Firenze. 630. Limax sp. 11 es. Losanna. 724. Limax sp. 1 es. Malta.

Di questi quattro campioni i due primi sono in pessimo stato di conservazione e presentano gli organi interni disfatti ; l secondi due contengono individui troppo giovani, con organi sessuali non sviluppati.

Gen. Limax.

Sei specie sono accertate per 1' Italia, cioe : Limax maximus, L. cinereo-niger, L. tenellus, L. flavus, L. arborum e L. melitensis. Ad eccezione di L. tenellus e L. arborum sono rappresentate nella collezione del Museo.

Credo utile dare una chiave dicotoraica per la detenninazione dei Limax italiani.

1. Intestine terminale fornito di un diverticolo a fondo cieco diretto posteriormente. 2

1. Intestino terminale semplice, senza alcun diverticolo. 4

2. Pene semplice, cilindrico senza alcuna appendice. L. flavus.

2. Pene provvisto di appendice flagelliforme. 3

3. Kadula con dente centrale triaculeato. L. melitensis.

3. Radula con dente centrale monoaculeato. L. arborum.

4. Ghiandola ermafroditica chiara, allungata e volumi- nosa. Radula con dente centrale monoaculeato. 5

4. Ghiandola ermafroditica bruna, arrotondata e piccola. Radula con dente centrale triaculeato. L. tenellus.

5. Pene tozzo, non piu lungo del doppio dell'ovidotto. L. maximus.

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5. Pene molto piu lungo del doppio dell'ovidotto. L. ci- nereo-niger.

Nella Monografia di Lessona e Pollonera L. arborum si trova sotto al gen. Lehmannia, e L. tenellus e incluso nel gen. Agriolimax.

Come appare evidente Tunica differenza tra le mie denomina- zioni e quelle usate da Simroth sta in cio, che io, similmente a Taylor ('), considero L. maximus e L. cinereo-niger come due spe- cie ben distinte, mentre Simroth crede che siano due forme della medesima specie, e designa la prima col nome di L. maximus « cinereus, l'altra col nome di L. maximus fs cinereo-niger. Ma il fatto che queste due forme coesistano negli stessi luoghi, conservando la loro indipendenza nelle medesime condizioni di ambiente e presen- tando peculiari caratteri dell'apparato riproduttore estranei alio stato di maturita o immaturita sessuale ed esclusive a ciascuna di esse, da certamente valore all'opinione che le clue specie nominate abbiano valore reale. In Limax maximus il pene non supera mai il doppio dell'ovidotto e sta tozzamente aggrovigliato presso l'apice anteriore del corpo; in L. cinereo-niger invece e molto piu lungo del doppio dell' ovidotto, alio stato di maturita sessuale raggiunge o supera di gran lunga la iunghezza di tutto il condotto sessuale, si ripiega anche piu volte su se stesso in ampie anse e si estende flno alia meta posteriore della cavita viscerale, raggiungendone perflno l'apice.

Kunkel (2) crede anch'esso alia distinzione delle due specie ed assicura in proposito che fra individui sessualmente fnaturi e coe- tanei il L. cinereo-niger veniva regolarmente divorato dal L.. maxi- mus, mentre questo non aggrediva i suoi consimili.

Altri autori hanno preceduto Simroth nell'ammettere per le due specie in discorso un'unica specie; tali Muller,,Ferussac, Moquin- tandon. E pero i nomi L. cinereus Muller, L. antiquorum Ferussac, L. maximus (L.) Moquin-Tandon e L. maximus {L.) Simroth deb- bono ritenersi come comprensivi.

Ma la maggior parte degli autori ha esagerato molto piu in senso contrario, che al posto di una o di due specie ne ammettano parecchie e talvolta numerosissime; e siccome il punto di vista da cui partono non e sempre lo stesso, si e andata via via gene- rando una deplorevole confusione, contro la quale, del resto molto opportunamente, ha reagito Simroth.

(') Taylor I. W. Monograph of the Laud and Freschwater-Mollusca of the British Isles. 1896.

(-) Kunkel K. Vermelu-ung iind Lobonsdauer der Nacktschueoken. VerharuU. d. d. /.vol Gesell. 1908.

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Intricatissima risulta la sinonimia di L. maximus e L. cinereo- niger. Molti nomi sono sinonimi di entrambi, alt'ri e impossibile decidere con precisione di quale di due. Non solo: ma siccome il colore la forma e i caratteri della superficie servono di solito come base per le diagnosi delle specie (mentre Simroth ha dimostrato chiaramenfce che non hanno alcun valore) si ha tuttora che L. ma- ximus va passato in parte in sinonimia di cinereo-niger e vice versa. Lessona e Pollonera nella loro Monografia frazionano le due specie in discorso nella undici seguenti, di cui do la sinonimia. Limax punctulatus = L. cinereo-niger. psarus = L. maximus. cellaring = L. maximus. genei - L. maximus. unicolor = L. cinereo-niger. ater = L. cinereo-niger. cinereo-niger.

dacampi = L. maximus -f- L. cinereo niger. subalpinus = L. maximus. corsicus -~ L. maximus + L. cinereo-niger. perosinii = L. cinereo-niger. Credo opportuno indicare anche la sinonimia delle seguenti specie am m esse o stabilite da Pollonera.

{l) Limax millipunctatus = L. cinereo-niger. (2) polipunctatus = L. cinereo-niger. (-) millipunctatus = L. cinereo-niger. (2) canapicianus = L. cinereo-niger. Le forme indicate da Lessona e Pollonera coi nomi di L. eel- larius e L. cinereo-niger rientrano benissimo entro i limiti da noi attribuiti rispettivamente alle due specie L. maximus e cinereo- niger. Risulta infatti dal testo esplicativo che gli A. ponevano cura, in questo caso, di osservare l'apparato riproduttore; ma le loro diagnosi, in cui caratteri di tale apparato non sono riferiti, non sono utilizzabili per la identificazione delle forme.

Per L. maximus. infatti e detto " . . . . squamae corporis me- diocres, carinatae, undulato-flexuosae,.... Solea subtilis, semper omnino unicolor, carina medioviis (dimidium corporis non attingens) undu-

(') Aggiunte alia Malacologia terrestre del. 1'iciuouto. Boll. Mux. Zool Anal, comp., Torino, 7i 17, 1886.

(-) Appunti di Malacologia, IV, Ititonio ad uhuni Limax italianj. Bollett. Mus. Zool. Anat. comp. Torino, III, ~>1, 1888,

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lata. . . „. E per L. cinereoniger: " .... crasse rugosus; squamae oblongae, non carinatae.... ; carina saepius prominula et elongata;.... solea zonis lateralibus fuscatis „. Ora ohiunque abbia cura di os- servare un certo numero di eseraplari delle due specie si accorge subito che questi caratteri, dati come differenziali, non lo sono as- solutamente anche se presi insieme.

Recentemente Germain (') ha accenbuato il carattere arbitrario delle diagnosi del genere Limax, con I'aggravante che egli trascura del tutto l'esame anatomico.

Egli infatti per L. maximus dice: " Animal.... mediocrement rugueux; carene posterieure courte eb assez prononcee ;.... pied blanchatre avec bords grisatres bres ebroibs... e per L. cinereo- niger: " Animal... tres forte ment rugueux; carene forte, elevee, d'un blanc jaunabre, s'ebendant du bouclier a l'extremibe du corps;.... pied noir ou noiratre avec large bande median e blanchatre „.

Le due diagnosi di Germain non corredate da alcuna noba ana- tcmica sono prive di ogni valore sisbemabico. Io ho osservato esem- plari di L. cinereo-niger ; in quanto alia carena dorsale essa e ora un po' piu ora un po' meno pronunziata in entrambe le specie; pe- raltro io non ho riscontrato in nessun caso che la carena dorsale di L. cinereoniger si estende dall'estremita posberiore flno alio scudo dorsale. Circa la colorazione delle suola non ho veramente mai os- servato alcun L. maximus che presenti le due sbriscie laberali nere nettamente separate da una zona chiara; pero posso affermare che numerosissimi esemplari di L. cinereo-niger hanno la suola unico- lore. Ne e da pensare che negli animali conservati il colore sia scomparso, perche l'alcool non esercita su di esso che un' azione assai blanda.

Liniax maximus, Linneo, 1758.

Limax maximus -f- cinereus Simrotii, 1885, 1910.

cinereus Kunkel 1908.

maximus Taylor 1896.

cellarius (pars) -\- corsicus -f- nubigenus Germain, 1913. Per la completa sinonimia cfr. Simroth (1885 o 1910) e il mio precedente commento al gen. Limax.

Parecchi autori designano ancora (juesta specie col nome di

(') Mollusques di la France ol dea regions voisines, II, Ga8t6ropodes puluiouea et prosobranches terrestrea et fluviatiles. Paris, i913.

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L. cellar ius. Ma per la denominaziono del D'Argenville di Limax cellaria (Conchyologie, 1757) non vale la regola di priorita, in quanto questa si applica solo a partire dalla X ed. del Syst. nat. (1758). Ne puo farsi risalire a Lister il nome di L. cinereus, perche questi non usava la nomenclatura binoraiale.

Westerlund afferma che il nome linneano di L. maximus non e sinonimo di L. cellarius D'Angerville, bensi L. cinereo-niger. Ma data la confusione che e sempre regnata in proposito non e il caso ne vi e la possibilita di stabilire sicure sinonimie fra nomi tanto antichi ed indubbiamente comprensivi.

M. 358. Coll. 208. Fiesole; 1 es. (squamme del mantello molto grandi).

M. 434. Coll. 369. - Dintorni di Firenze; 3 es.

M. 509. Coll. 900. Versilia; 4 es.

M. 671. Coll. 906. Casal Monferrato ; 8 es.

M. 708. - ' - Belluno; 4 es.

M. 708 - - Belluno; 7 es.

M. 1372. Coll. 201. - Dintorni di Pirenze; 4 es. Limax cinereo-niger, Wolf, 1803.

Limax maximus P cinereo-niger Simroth, 1885, 1910. cinereo-niger Kunkel, 1908. cinereo-niger Taylor, 1896. cinereo-niger -f- ater -f- cellarius (partim) Germain, 1913.

Per la completa sinonimia cfr. Simroth (1885 e 1910) e il mio precedente commento al gen. Limax.

M. 509. Coll. 909. Versilia ; 2 es. (suola bianca, unicolore)

M. 509. Coll. 917. - Versilia; 2 es. ( )

M. 556. Coll. 820. Montesenario (Firenze); 1 es. (suola bianca, unicolore).

M. 565. Coll: 818. Bosco della Verna (Casentino, Toscana); 1 es. (suola bianca, unicolore).

M. 708. Belluno ; 5 es. (suola tipica con due fasce la- terali cinereo-scure, nettissime, separate da una fascia mediana bianca).

M. 758. Coll. 207. Fiesole ; 1 es. (suola bianca, unicolore).

M. 1373. Coll. 202. Italia ; es. (fasce laterali cinereo, fascia mediana bianco-cinerea ; le separazioni non sono nette).

M. 1373. Coll. 203. Italia; 1 es. (suola marginata di cinereo, il resto bianco-cenere).

M. 1573. Coll. 204. Italia; 1 es. (suola marginata di cinereo che si accentua ai due apici).

- 68 -

M. 1374. Coll. 205. Italia; 2 es. (suola bianco cenere, mar- ginata di cinereo piu intenso).

Limax flavus Linneo, 1758.

Corrisponde al L. variegatus Drapanaud, col quale nome e an- cora sovente designate Per la sinonimia cfr. Simroth (1885 e 1910) e Lessona e Pollonera (1882). L. enbalius Bourguig^at ammesso da Germain )1913) come specie distinta non e che una forma di L. flavus.

M. 311. Coll. 567. - Cagliari.; 2 es.

M. 338. Coll. 211. - Fiesole; 3 es.

M. 434. Coll. 571. Firenze; 3 es.

M. 671. Coll. 207. - Casal Monferrato; 1 es.

M. 678. Coll. 982. - Is. di Montecristo; 1 es.

M. 724. - Is. di Malta; 1 es.

M. 757. Torino; 4 es.

M. 773. - - Is. di Pianosa; 1 es.

M. 785. - - Palermo; 3 es.

M. 1373. Coll. 206. - Italia; 1 es. Firenze; 3 es.

Limax melitensis Pollonera. Malacolimax {melitolimax) melitensis Pollonera, 1891.

Nella loro Monografia Lessona e Pollonera collocavano fra le specie dubbie o d'incerta collocazione una forma di Limax raccolta da Issel presso la Valetta (Malta) e da questi lasciato indetermi- nato (1). I due autori lo chiamarono Limax melitensis limitandosi a trascrivere la breve diagnosi di Issel, senza poter procedere ad un ulteriore esame dei campioni che erano stati smarrifci. Riporto testualmente la diagnosi; " L. elongato-conicus. antice attenuatus, postice acuminatus, ecarinatus, pallide-cinereus unicolor ; clypeo mediocri, non gibboso, minute granulato, antice posticeque rotundato. Sub-clypeum conspici potest limancellam parvulam, ovali-elongatam. Longit. 20 mill, lat., 3 72 „. Nel commento alia diagnosi e aggiunto: ' La mancanza della carena insieme alia granulazione delcappuccio faranno distinguere questa specie da tutte le altre italiane ; anzi

(■) Issel A. Mollusulii terreatri e fluviatili di Malta. Bull. Ualac. Hal., I, 1868.

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questi caratteri la escludono finora da qualunque dei gruppi sopra descritti „. Come e evidente in base ai caratteri dati L. melitensis Lessona e Pollonera (zz: Limax sp. Issel) e irriconoscibile. II nome pero non presentando caratteri di caduoita per omoninia puo ancora venire adoperato.

Pollonera (l) credette di ravvisare in alcuni esemplari prove- nienti da Malta la specie molti anni prima riscontrata da Issel. Egli pero nota che il cappuccio e lineinente striato invece di essere grauuloso; ma dubitando che Issel " sia stato tratto in errore per avere osservato l'animale mentre era contratto, allorche per effetto di questa contrazione la striatura del cappuccio si raggrinza in modo che questo sembra granuloso si dichiara perfettamente convinto di trovarsi di fronte a Limax melitensis Lessona e Pollonera., ben- che venisse a cadere Tunico carattere di riconoscibilita della specie.

Pollonera pero sottrae il limacide maltese al gen. Limax e lo colloca nel gen. Malacolimax stabilendo per esso il sottogenere Me- litolimax " il quale, consorvando la radula degli altri Malacolimax (dente centrale triaculeato, campi mediani biaculeati), ha un appa- rato riproduttore simile a quello delle Lehmannia, cioe la verga bre- ve, con un flar/ellum latero-terminale. 11 cauale digerente e a sei circonvoluzioni, l'ultima delle quali e munita di un coecum meno lungo di quello da me osservato nel M. valentianns Ferussac ,..

Fig. 1. Limax metitensis ; alcuni denti della radula.

A dire il vero io ho esitato lungamente dinanzi al dilemma, se ammettere la forma maltese come specie distinta o se passarla in sinonimia di Limax arborum (= Lehmannia marginata). In verita l'apparato digerente e l'apparato riproduttore sono identici a quelli di quest'ultima; e soltanto i caratteri della radula, ai quali si an- nette, almeno finora, un valore indiscutibile mi hanno finalmente deciso a mantenere la specie. Non e pero necessario includerla in un genere diverso da Limax, e tanto meno creare per essa il sotto-

(l) Appunti di malacologia, VII, Iutoi-uo ai Lim toidi di Malta. Boll. Mws. Zool. Anat. comp. Torino, VI, 99. 1891.

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genere Melitolimax. Essa sta benissimo accanto a L. arborum; ne il fatto che il dente centrale della radula sia triaculeato al contrario della maggior parte delle specie di Limax in cui e monoaculeato, si oppone, poiche in L. tenellus abbiamo tin caso analogo molto nettamente risolto da Simroth.

I disegni tratti dall'imico esemplare da me possedato concor- dano perfettamente con quelli dati da Pollonera.

M. 724 Malta: 1 es. lung, in alcool mm. 29.

Fig. 2. Limax melitensis ; apparato sessuale.

Nota al genere Limax. In alcune pagine stampate lo scorso anno (Mon. Zool. Ital., XXVII) avevo segnalato nn notevole caso di parallelismo morfologico negli Eufausiacei, mostrando come in un gruppo naturale di organismi, considerando una serie di caratteri ed ordinandoli gerarchicamente, si verificano nei veri rappresentanti del grappo i caratteri rinniti nelle varie maniere prevedibili col cal- colo combinatorio e permesse dalla subordinazione dei caratteri stessi. Di tali parallelismi si possono dare un numero infinito di esempi, i quali, se non altro hanno questo d'interessanto, di mostrare la rela- liva scarsezza di motivi morfologici compatibili con la vita e la massima utilizzazione di essi, per cui la molteplicita delle forme

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organizzate e una conseguenza del vario aggruppamento delle pos- sibility morfologiche piu che di apparizione volta per volta di carat- teri nuovi.

L. arborum

L. flavus

i Ghiandola erraa- frodita arroton- ( data

( Ghiandola erma- ] frodita grappo- ( liforrae

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L. melitensis

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L. lenellus

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Ghiandola erraa- frodita grappo- liforrae

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Gen. Agriolimax.

Delle cinque specie ammesse per 1' Italia da Simroth, qualcuna delle quali richiederebbe un accurate esame per la confer ma della sua validity, due sono molto comuni in Italia : A. agrestis ed A. laevis. Entrambe sono rappresentate nolle collezioni del Museo. Le altre tre specie, create da Simtoth, sono : A. sarcitis, A. Scharffi, A. planar ioides.

Agriolimax agrestis, (Linneo)

M. 641. Coll. 908 - Dintorni di Firenze ; 13 es. 653. Monte Cimone ; 3 es.

708. - - Belluno ; 3 es.

Agriolimax laevis, (Muller)

M. 724. Coll. - Isola d' Elba ; 1 es.

Gen. Amalia.

Le seguenti specie del genere Amalia sono state finora riscon- trate nella regione italiana : Amalia marginata, A. carinata, A. gra- cilis, A. Sowerbyi, A. gagates, A. Robici, A. baldensis, A. Ehrmanni. Quattro di esse sono rappresentate nella collezione del Museo. Un esemplare di A. carinata proviene pai pressi di Tunisi.

Amalia marginata, (Draparnaud)

M. 724. - Is. d* Elba, 24 es.

Amalia carinata (Risso)

M. 724. Malta ; 21 es. Alcuni esemplari sessualmente im- maturi ; la diagnosi della specie pero non e dubbia. A. carinata era stata trovata a Malta gia da Pollonera, il quale vi faceva no tare un particolare sviluppo della ghiandola vestibolare, non presentato dai miei esemplari che, come ho detto, sono sessualmente immaturi.

M. 650. Coll. 981. - M. Nerli, Tunisi; 1 es. In questo esem- plare e da notare lo sviluppo straordinario della ghiandola vestibo- lare, a somiglianza dei casi citati da Pollonera per Messina e per Malta,

Amalia Sowerbyi (Ferussac)

Amalia insularis Lessona e Pollonera deve, secondo Simroth, passarsi in sinonimia di A. Sowerbyi. Per A. Doderleini ed A. sicida

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dei medesimi autori la sinonimia rimane dubbia essendo i caratteri dati insufficienti ad individuare la specie. Gli esemplari che ho sotto occhio corrispondono perfettamente alia forma tipica delle coste inglesi.

M. 358. Coll. 212. - Livorno ; 4 es.

Amalia gagates, Dbaparnaud.

Amalia Raymondiana, Bourgnignat.

Amalia gagates, Simroth.

M. 678. Coll. 912. - Ghisoni a Sartene ; 2 es.

Gen. Arion Ferussac.

Arion subfuscus, Draparnaud.

M. 653. Serra bassa Bascoh ; 4 es. M. 708. - Belluno ; 1 es.

3

Fig. 3. Amalia marginata ,• apparato sesauale.

Fig. i. Amalia carinata (eseraplaro di Tunisi) ; purzioiie basale dell' apparato seseiui!

Fig. 5. Amalia Sowerbyi; apparato sesauale,

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R. CLINICA DERMOSIFILOPATICA DI KOLOGNA. DIRETTA DAL PROF. D. MAJOCGHI

Di un nuovo importante procedimento per lo studio di vari dementi della cute umana (1).

Per il dott. LEONARDO MART1NOTTI, Aiuto e Docente

(Con tav. IV).

R vietata la riproduzione.

I. - GENERALITA.

Vari elementi dei tessuti in genere e in particolare della cute, che a tutta prima sembrano essere di struttura, di natura e di origine to- talmente diversa, possono dimostrarsi mediante un procedimento in cui il principio fondamentale e il medesimo, mentre i dettagli di tecnica non sono che varianti dello stesso metodo.

« Se le sezioni fatte al congelatore di pezzetti di cute (e di qual- siasi organo che contenga gli elementi dimostrabili con tale metodo) fissati in soluzione di formolo salificata con sali diversi, vengono cro- mizzate con una soluzione vecchia di un bicromato che abbia tendenza a liberare e a mantenere in soluzione dell' ossido di cromo, e poi colorate con 1' azocarmino, e (nel caso dei grassi) con I' azur si ottiene una elettiva dimostrazione dei nuclei, delle emazie, delle fibrille musco- lari Usee, dei grassi, e dei nervi, e di particolari minute librille col- lagene ».

II. PRINGIPI DEL METODO. METODICA GENERALE.

a) Sail flea zione. Scelta del sali. II concetto della Salifwazione e stato a me suggerito dalla duplice idea di una blanda azione dissociante che detti sali esercitano sugli ele-

(') I>i quests memoria e stata data eoniuuicaziono preventiva alia Societa medica di Bologna uella Soduta del 13 giugno 1919 con dimostrazione di preparati (Boll, delta Soe. med. di Ilologna, 1920, a. XCL p. 46).

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menti dei tessuti, unita a fatti di una saponificazione del loro costituente grassoso o lipoideo, fatto questo che si puo avere anche come feno- meno cadaverico. Fino a qual punto tale concetto del la saponificazione sia esatto non saprei veramente dire, data la diflieolla di controllo bio- chimico di simili ricerche; e certo pero che a rigor di logica 1' addi- zione di un alcali o di un carbonato alcalino in ogni caso non puo por- tare che a fatti, per lo mono parziali, di saponificazione dei grassi.

Devo ricordare poi che l'aggiunta di sali al formolo (particolar- mente di Sali di Carlsbad) era gia stata introdotta da altri autori (soluz. di formolo di Bonn e di Jo res (*) specialmente per la fissazione e la conservazione dei pezzi anatomici (Marshall, J. e G. Kellner (2) Klotz Maclachlan (3), Goburn (4) come pure per la dimostrazione degli ossidasi Strassmann (5), Fursenko (6), Winkler (7).

Nel numero non indifterente di composti da me adoprati, ricordero che i corpi che hanno piu importanza sono rAUuminio, il Galcio, il Ma- gnesio, il Litio, il Potassio, il Sodio, il Rame, 1' Uranio, lo Zinco, il Bario.

Dei vari Sali, gli acetati sono poco consigliabili: l'linico e l'acetato di rame, che puo dare buone immagini dei nervi; quelli di sodio e di piombo non hanno particolari pregi. Lo stesso dicasi dei benzoati, bo- rati, citrati, fosfati, salicilati, tartrati; molti anzi mostrano un' azione deleteria sui tessuti; alcuni poi in pivsenza della formaldeide e dell'ac. formico libero si scindono: p. es. il carbonato di NH4 libera NH3, che in parte si combina colla formaldeide dando luogo alia formazione di esametilentetramina. Gli ossalati, i nitrati, i fosfati, gli ipofosfiti, non posseggono proprieta superiori ai precedenti, percio non meritano par- ticolare menzione. Discreti risultati si hanno coi picrati (di NH,, Ga, Mg, Li).

Dei formiati merita menzione quello sodico che mostra una parti- colare afflnita verso i grassi del sottocutaneo contribuendo alia loro in- solubilizzazione. Macera pero 1' epidermide.

I carbonati sono ottimi: molti pero si scindono dando luogo anche a formiati della rispettiva base, per le tracce di ac. formico libero, con- tenuto nella soluzione di formalina. II Carbonato di soda da buone im- magini delle fibrille muscolari, dei vasi e una parziale insolubilizzazione dei grassi.

Importante e il Carbonato di Litio: usato in soluzione satura (for- molo sol. al 10 -(- Carb. Li acq. saturo 90) da luogo a bellissime imma-

0) J ore 3. Centralbl. f. Allg. Pathol. 1896, 134.

(2) Marshall J. e C. Kellner. Bull. Intern. Assoc, of. Med. 1913, IV, 42.

(3) Klotz e Maclachlan. Ibidem, p. 1915. T, 59. («) Klotz e Cohuriu. Ibidem. 1916, VI, 51.

(6) Strassmann. Centralbl. f. ally. Pathol. 1909, 577. («) Fursenko. Centralbl./. allg. Pathol. XXII, 97. t7) "Winkler P. in Folia haematol. XV, 1914, 48.

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o-ini della rete vasale capillare, per cui (specialmente quando sono pieni <li emazie) i vasi sembrano iniettati. Da anche discrete preparazioni dei nervi, dei grassi, di molte fibrille muscolari delle glandole sudoripare, come pure dell' eleidina, delle membrane e delle fibrille del corpo Mal- pighiano. Data la sua azione macerante coll' andar del tempo i tessuti si disgregano e le sezioni non sono piii utilizzabili; si osservano allora i grassi del sottocutaneo salire a galla dal liquido contenente i pezzi in forma di tante gocce bianche, d' aspetto semisolido, che rappresentano verosimilmente i rispettivi saponi di litio. Cid pero accade solo dopo mesi di permanenza nella soluzione formolo-litica.

Dei cloruri e notevole specialmente quello sodico, che adoprato in forma di soluzione fisiologica e anche a concentrazioni maggiori, da di- screte immagini dei grassi, dei nervi, delle fibrille e sopra tutto delle emazie. Per altro esso ha forse piii valore come costituente della mi- scela di sali di Carlsbad.

Merita appena di essere menzionato il cloruro di ammonio che da discreti preparati dei nervi, delle fibrille muscolari, dei nuclei, ma non ha pregi particolari e fatto agire prolungatamente deteriora i tessuti.

I composti cromici non posseggono peculiari proprieta e riflettono piuttosto quelle dei sali a cui appartengono cosi e dei cromati e rispet- tivi bicromati di K, Na, Li, Gu, Ca, Zu, Rb, Sb. E preferibile in ogni caso l'uso dei cromati a quello dei bicromati perche in presenza della formaldeide (riducente) troppo rapidamente liberano dell'ossido di cromo nascente; mentre coi cromati cio avviene molto piii lentamente, e in modo variabile a seconda dei vari composti. II cromato di ammonio si altera presto ma poi si forma una soluzione limpida, color giallo aran- ciato che si conserva per mesi. Particolare menzione merita il cromato neutro di magnesio, il quale da bellissime immagini dei nuclei, dei vasi, delle fibrille e particolari granulazioni delle glandole sudoripare.

Una importanza tutta particolare hanno i sol fati: con quelli di sodio e di potassio si hanno gia belle immagini delle emazie, dei nuclei, delle fibrille muscolari, dei nervi, di piii si ha una parziale insolubillizzazione dei grassi ; bellissimi preparati dei nuclei si ottengono con quello di Mg, e delle fibrille muscolari delle glandole sudoripare, con quello di rame.

Colle miscele di Sali di Carlsbad di cui alcuni di detti Sali costi- tuiscono i principi attivi (J), si hanno belle preparazioni dei nuclei, dei

(') I sali di Carlsbad contengono hi media (Ph. Germanica, Waldenburg, occ.) (A) : Clorurico sodico A. 10 B. 1.0

Solfato sodico 20 2.0

» potassico 1 0.1

Carbonato sodico 15 1.5

» litico 4 0.4

ossia so no usano 5 gr. °/° di soluz. di forraolo al 10 °/0 , lo cifro % indicate nella colonna B. Non in tutte si trova il carbonato di Litio, e in alcune il carbonato di Sodio 6 sostituito dal risp. bicar- bonate.

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vasi, delle emazie, delle fibrille, dei nervi, delle membrane del Malpi- ghiano, della cheratojalina e dell'eleidina, e una parziale insolubilizza- zione dei grassi. Altrettanto dicasi dei fissativo di Jo res il quale anzi sotto certi aspetti rappresenta sui Sali di Carlsbad degli indiscutibili vantaggi, anche per il contenuto ben precisato e la percentuale fissa dei sali (x).

Goi solfiti non si hanno risultati notevoli, invece importantissimi sono i sali doppi di allumina, i quali tutti portano piii o meno ad inso- lubilizzazione dei grassi. Ma mentre i'allume di cromo e l'allume fer- rico (2), non offrono vantaggi particolari e quello di ammoniaca non e consigliabile, l'allume comune (allume potassico) oltre ai pregi di tutti gli altri solfati in genere, presenta una tale afflnita verso i grassi del sottocutaneo che questi vongono completamente e quasi stabilmente insolubilizzati. Infatti sono riuscito a conservare per mesi ed anni (ho qualche preparato datante da qualche mese prima della guerra), sezioni di materiale fissa to in t'orniolo-allume, cromizzate con bicromato di Li o di Gu vecchio, colorata con azur, tuttora discretamente conservate.

L'ammoniaca non ha notevole importanza; colla formalina poi da luogo rapidamente alia formazione di esametilentetramina (urotropina) per cui non agisce cbe temporaneamente. Essa facilita notevolmente la dimostrazione dei nervi della cute. Per la sua azione macerante non va raai usala in quantitative superiore alia meta di quello usato di iorma- lina Tad es. adoprando il 10 % di formolo non si puo sorpassare il 5 °/0 di NH3, meglio il 2-3 %),

Se in luogo di aggiungere i sali al fissativo, si fanno agire sulle sezioni gia fissate in formolo, i risultati che si ottengono sono di gran lunga inferiori: gli unici che possano talora servire sono il clururo di sodio semisaturo, il solfato di Mg al 10 °/0 associato eventualmente al cromato di Mg (5 °l0), come pure l'ammoniaca. Si vedono allora parli- colarmente bene le fibrille muscolari delle glandole e dei vasi, oltre a immagini incomplete dei nervi.

L'associazione di alcuni acidi (che sono per la massima parte pre- cipitanti delle albumine e delle globuline), come l'ac. solfosalicilico, l'ac. fosfowolframico. l'ac. salicilico, ecc, ecc, facilita le dimostrazione dei uuclei ma non possiede pregi speciali.

b) Cromizzazione. Vari sad di cromo. Riguardo alle cromizzazione, ho detto che occorre usare un bicro- mato che contenga delfossidio di cromo in soluzione. A spiegazione di questo concetto debbo ricordare che in tintoria sono in uso da tempo

0) II fisa. di Jores (1. c.) e cosi costituito :

Cloruro sodico 1 ; solfato di sodio e di magnesio aa. 2 ; formolo 5-10 ; H2 0, ad 100.

(2) E noto che il cosi detto allnrue ferrico in nso nella teenica istologica e il solfato ferrico am- moniacale (Fe2 (S04)3 (NH4)-2 504 -\- 24 II 20) in cui il Fe nrendo il posto dell' Al, analogamente al Cr uell' allume di cromo.

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dei procediraenti in cui si adopera l'ossido di cromo nascente che si sviluppa da un sale cromico per azione di un riducente, ad es. FIdro- sollito, la Iraldite, la Rongalite, ecc. ; e negli stessi metodi istologici di fissazione, in cui si fa agire una soluzione di formolo e di ac. cromico o di bicromato (liq. di Orth. Helly. Maximow, metodi di Giaccio, ecc), l'azione predominante e dovuta all'ossido di cromo die si svilluppa per effetto dalla azione riducente della formalina sul sale cromico e che si appalesa anche dall'imbrunire della soluzione e dalla precipitazione pol- verulenta dell'ossido stesso. Si puo osservare in maniera molto sem- plice in vitro lo stesso fatto addizionando di una sostanza riducente come il formolo, l'alcool, l'idrossilamina, ecc, una soluzione acquosa di acido cromico al 10 %: si vede imbrunire rapidamente la soluzione e poi precipitare l'ossido. Pero queste soluzioni cosi ottenute sono insta- bili e non servono; invece esistono dei bicromati i quali in vitro libe- rano e mantengono in soluzione l'ossido con piii facilita, con molta mag- gior rapidita o in quantita piii notevole di altri: il massimo di questo fenomeno si ha con i bicromati di Litio, di Galcio, di Rame.

Questi stessi sali, mentre in soluzione concentrata sono quasi inal- terabili, lasciati invecchiare in sostanza per mesi e per anni, a seconda della temperatura, del modo come sono conservati al riparo dell'aria ecc, tondono a farsi deliquescenti, imbruniscono (cio e specialmente evidente con il bicromato di Litio), le soluzioni che se ne ottengono hanno un colorito molto piii scuro delle soluzioni dei sali di recente preparati, e agli effetti della loro azione sui tessuti, equivalgono alle soluzioni for- molo-cromiche che lasciano appunto sviluppare dell'ossido di cromo na- scente. Anzi, siccome questi sali sono ricchissimi di ossido di cromo che e mantenuto in soluzione e non precipita, ed e quindi molto piii attivo, occorre usare soluzioni diluite e farle agire per un poriodo di tempo piu breve, per non incorrere neH'inconveniente di rendere i pezzi e le sezioni rel'rattario a qualsiasi colorazione per eccessiva cromizzazione.

Non sono in grado di poter fare affermazioni precise sul modo di azione di questi bicromati ; sta di fatto (e questo si desume gia dalle ricerche fatte dal Giaccio e poi da me) che l'ossido di cromo nascente o libero in soluzione, ha un'azione insolubilizzante sui lipoidi (Giaccio) e sui grassi (Mar tinotti). Infatti, se si fa agire per settimane e mesi a freddo oppure per 12-14 ore a 37° (non di piii se no i tessuti si ma- cerano), i bicromati di Li o di Ga vecchi i grassi del sottocutaneo sono insolubilizzati; pero non sono quasi piii affatto colorabili.

Debbo da ultimo ricordare come dapprincipio, attribuii il potere tutto particolare di questi sali, alia presenza di impurita contenuto nel sale' di cromo commerciale, ma, avendo, con campioni di prodotti chimica- rnente puri, ottenuti gli stessi risultati, dovetti abbandonare quest'ipotesi.

c) Colorazione. Scelta del coloranle. Riguardo alia scelta dei colorant! che io ho fatto dopo aver provato

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un numero stragrande di sostanzo (piii di 200), essa e stata stabilita da me puramente in via sperimentale in soguito ai risultati delle numerose prove fatte con i suddetti colori, dalle quali ho potuto vedere come i migliori preparati si ottengano coirazocarmino, e (per i grassi) coll'Azur, mentre risultati discreti si possono avere colle azosafranine, col bleu di anilina e derivati, e con pochi altri colori.

L'azocarmino e una rosindulina (aposafranine), precisamente il sale sodico dell'acido fenilrosindulinsulfonico, colore azinico che e posto in commercio con inarche diverse (B, BX). E una polvere rosso bruna, solubile in acqua con color rosso carraino oppure rosso vinoso. Colore acido che ha trovato scarsissimo impiego nella tecnica istologica (cfr. Ho id en ha in, Zeitschr. f. wiss. Mihr., 1905, XXII); nel metodo che sto descrivendo da ottimi risultati; si usa in soluzione acquosa all'l % per 21-24 ore.

Per fissarne la elettivita si adopera un picrato alcalino, di N H4, di Na, di K, di Ga, ma piii specialmenle di Mg, o meglio di Li che e queilo che da le immagini piii elettive. Essendo pero quest'ultimo piii solubile degli altri picrati e piii attivo occorre farlo agire per piii breve tempo.

L'Azur e uno dei prodotti di scissione che si trova nolle soluzioni vocchie alcaline di bleu di metilene accanto al violetto di melilene. Si pud usa re il preparato posto in vendita da Griibler, come si possono adoperare le soluzioni di colori tiazinici che lo contengono; basta allora usare una soluzione bleu di toluidina, di bleu di metilene, di tionina, ecc, alcalinizzata con carbonate di litio ; anche lo stesso bleu policromo di Unna puo servire. Vario e il potere colorante delle diverse sostanzo neL procedimento usato; esso puo cosi essere rappresentato. Bleu di toluidina -j J | \~

Tionina +++

Bleu di etilene (') 4-++

» » metilene -\-

Gon tutte queste sostanze i grassi appaiono rosso violetti, con in- tensity colorante massima col bleu di toluidina, minima col bleu di me- tilene.

Dope si puo volendo far agire un colore acido, il quale serve anche come tinta di contrasto : cosi l'eosina, il Kristallponcoau, V Orange G, e, forse meglio di tutti, Teliantina. Anche l'acido acetico 0,5°, 1 %< l'acido cloridrico alcoolico 1 %, come pure il percloruro di Fe (4 %)' l^ fluor-, cromo acquoso saturo, o meglio Tacetato di uranio 5% possono servire egualmente bene.

Si puo, volendo, prepararsi un buon azur partendo sia dal bleu di toluidina che dal bleu di metilene : il primo (Tolazur) e nel caso parti-

(') Nou e che un blou di uietiloue gia di per ae ricco di prodotti di scissione (azur, violetto di m. ).

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colare forse preferibile, mcntre il secondo (Metilazur) servo meglio per la preparazione delle miscele del tipo Griemsa o affini, e anche queste miscele possono servire per la colorazione dei grassi cromizzati.

Per la preparazione del Toluazur, si prendono 100 cc. di soluzione acquosa satura filtrata di Garbonato di litio, e vi si scioglie 1 gr. di bleu di toluidina ; si agita fino a dissoluzione completa e immediatamente si vede formarsi il rosso caratteristico dell'azur^). Si tratta con 40-50 cc. di soluzione di ac. cromico al 10 % e immediatamente si vede precipi- tare una sostanza bruna poco solubile, che presenta i caratteri dell'azur.

Si puo sciogliere il tutto a caldo e poi togliere dal fuoco e aggiun- gere poi l'acido cromico, se invece si fa agire l'acido cromico a caldo (alia temperatura deU'ebullizione) per alcuni minuti, si ottiene una so- stanza che in soluzione acquosa appare, vista in trasparenza, di color rosso ciliegio. Essa corrisponde probabilmente alia base dell'azur.

In tutli i casi la sostanza precipitata coll'acido cromico e raccolta su di un filtro, lavata con acqua, disseccata in stufa, e poi sciolta in acqua.

In maniera analoga si prepara il Metilazur; e pero conveniente usare allora l'ammoniaca come alcali : 1 gr. di bleu di metilene ; sciolto in 130 cc. di H2 O con 20 cc. di N H4, e portato quasi a 100° (evitare l'ebul- lizione) e mantenuta a tale temperatura per quasi un'ora. Quando una provetta o una bacchetta di vetro, bagnata della soluzione, vista per trasparenza contro una lampada elettrica, mostra il colorito rosso ca- ratteristico, allora si estrae dal fuoco e si tratta con l'acido cromico come nel caso precedente. Anche qui se si fa agire quest'ultimo a caldo per qualche minuto, allora si ottiene una sostanza piii rossa che corri- sponde verosimilmente alia base del metilazur. In ogni caso si filtra, si lava il residuo e si fa essiccare in stufa.

Entrambi questi azur sono pochissimo solubili in acqua (1/500 circa) e in cio solo si differenziano dall'azur di Griibler. Usati in soluzione acquosa diluita (1/500-1/1000) per 12-24 colorano i grassi cromizzati in violetto o violetto rossiccio (azurbase I)

111. TEGNIGA. I. Nuclei.

I nuclei sono facili a dimostrarsi : appaiono gia col formolo puro, ma sono poi particolarmente evidenti coi metodi comuni alia dimostra- zione delle emazie e delle fibrille connettivali e muscolari.

1. Fissazione in formolo al 10% addizionato di sali di Carlsbad o di Tettuccio (5%), di cromato di Mg. (5%) di solfato di Mg (anche

('/ La soluzione litica del bleu di toluidina (die e un ottimo, bleu polieromo) pud anche ossere il quale per ht dimostrazione dei srassi.

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semisaturo), di carbonato di Na. (5 %) o di Li (saturo), di allumo (5 %), di ac. solfosalicilico, ccc.

2. Sezioni al congelatore.

3. Cromizzazione con bicromato di Li, o di Cu, o di Ca vecchi al 10-20 % per 12 24 ore,

4. Breve lavaggio.

5. Golorazione con soluzione acquosa all' 1 °/0 di Azocarmino 12- 24 ore.

6. Breve lavaggio.

7. Soluziontj acquosa satura di picrato di litio 30" al massitno.

8. Lavaggio.

9. Alcool assoluto; bonzolo; xilolo ; Damar. Nuclei rosso vivo, su fondo giallo.

Belle immagini si hanno ancora con soluzioni litiche semplici di bleu di toluidina, ricche di Azur.

II. Emazie.

Le emazie costituiscono 1'elemento piu facilmente dimostrabile col metodo preconizzato ; per esse basta anche il formolo puro al 10-20 %; pero la salificazione le rende molto piu belle ed eleganti.

1. Fissazione in formolo puro al 10-20 %, o meglio addizionato il carbonato di Litio semisaturo, di Ammoniaca (1-3 °/„), di solfato di rame, di Sali di Carlsbad (5 °/0), di cloruro sodico (1-5 %), di cromato di ma- gnesio (5 °/0), di allume di K (5 %)• di carbonato sodico (1-5 %) ecc, od inline anche col fiss. di Jores.

2. Sezioni al congelatore.

3. Lavaggio.

4. Cromizzazione con bicromato di Li, o di Gu, o di Ga vecchi al 10-20 °/0 per 12-24 ore.

5. Lavaggio, azocarmino ecc. Emazie rosso vivo su fondo giallo.

III. Gapillari sanguigni.

Tutti i sali che rendono piii evidenti le emazie servono egregia- monte anche per la dimostrazione dei vasi, dato che questo procedimen- to si basa oltreche sulla colorazione delle pareti vasali piii che altro sul contenuto in globuli rossi. Le prime si vedono specialmente coi sali che servono per la dimostrazione dei nuclei, delle emazie e di altri elementi.

Se si adopera poi un sale che sia lievemente macerante, le emazie che riempiono il vaso si agglomerano in una massa unica per cui tutto il vaso appare colorato intensamente in rosso. I preparati piu belli si ottengono col carb. di Litio,

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1. Fissazione in formolo al 10 °/0 addizionato di 90 cc. Carl), di Litio acquoso saturo o semisaturo. oppure in fissativo di Jores, che sono quelli che danno i migliori risultati, od anche in nno dei sali in- dicati per la dimostrazione delle emazie, principalmento del Gromato di Mg, del Solfato di Mg, del Garbonato di Na, dei sali di Carlsbad. Occorre che il fissativo agisca a lungo, un mese e piu.

2. Sezioni al congelatore. Lavaggio.

3. Cromizzazione con bicromato di Cu, o di Li, o di Mg vecchi al 10 °/o per 12-24 ore.

4. Lavaggio Azocarmino, ecc, Vasi rossi su fondo giallo.

IV. FlBRILLE CONNETTIVE

I Sali che meglio si prestano sono quelli di Carlsbad e il cromato neutro di Mg. Una precauzione da aversi e quella di decolorare poco col picrato per evitare di incorrere nel pericolo di scolorare le stesse fibrille.

1. Fissazione in formolo addizionato del 5 % di Sali Carlsbad, o del 5% di Cromato di Mg.

2. Sezioni al congelatore.

3. Lavaggio.

4. Cromizzazione in bicromato di Cu al 20 % Per 16-24 ore.

5. Lavaggio.

6. Colorazione con Azocarmino 1 '/0 24 ore.

7. Lavaggio.

8. Differenziamento incomplete (10,,-15,,) in picrato di Li acquoso concentrato.

9. Lavaggio ecc.

Si vedono nettissime le fibrille fondamentali del collageno e i gra nuli da cui sembrano originarsi.

V. Fibrille muscolari lisce.

Si osserva, fino a un certo punto, una lieve differenza nel modo di comportarsi fra le fibrille dei fasci muscolari lisci della cute, quelle dei vasi e quelle delle glandole sudoripare. Per queste ultime il sale che torso si presta meglio di tutti gli altri e il solfato di rame.

1. Fissazione in formalina al 10 °/0 con il 5 % di solfato di rame, di solfato di magnesio, o di sali di Carlsbad, o di cromato di Magnesio. Anche il carbonato di sodio (5 °/0) serve bene, come pure possono dare belle immagini il formiato sodico, il carbonato di litio, il bisolfito sodico, il solfato potassico. Ottima e la soluzione di Jores.

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2. Sezioni al congelatore. Lavaggio.

3. Cromizzazione per 12-24 ore con bicromalo di rame od anche di Litio vecchio al 20 °\0. II prime e pero preferibile.

4. Lavaggio.

5. Colorazione con azocannino, 24 ore, ecc. Fibrille muscolari ros- se : fondo giallo.

VI. Nervi.

Si pu6 dire che non vi sia altro elemento che mostri tanta inco- stanza e variability di risultati quanto i nervi della cute; colla stessa so- luzione pura di forniolo al 10 °i0 si hanno talora bellissime immagini, tal'altra pessimi preparati. Io ho voluto ricercare se per caso cio sia dovuto ad alterazioni post-mortali, ed ho usato il metodo con pezzi avuli ancora caldi da amputazioni chirurgiche e da biopsie, come pure la- sciandoli alia temperatura ambiente, in ghiacciaia, in tormostato a 37° e fino a 6-7 giorni senza arrivare ad alcuna conclusione. Per cui debbo dire che questo metodo per i nervi deve ancora essere porfeziona'.o.

Si vedono brillantemente colorate la mielina e gli imbuti di Golgi (il che si veriflca qualche volta col formolo puro o addizionato di clo-, ruro sodico, di solfato di rame, di carbonato di litio, ecc), ma si pud talvolta avere una nettissima dimostrazione del cilindrassile, e questo si osserva spesso coll' ammoniaca o col cloruro ammonico.

1. Fissazione con formolo al 10 % con sali di Carlsbad ovvero colla formola di Jores, od anche con ammoniaca, cloruro sodico, sol- fato di rame, carbonato di litio semisaturo. Talvolta si hanno discrete immagini anche col formiato sodico, col solfato di zinco, col cloruro ammonico.

2. Sezioni al congelatore. Lavaggio.

3. Cromizzazione con bicromato di Li o di Gu al 10 °[0 per 12-24 ore. Si hanno talora discrete immagini col cromato neutro di stagno.

4. Breve lavaggio.

5. Colorazione con azocarmino 24 ore ecc. Nervi rossi su fondo giallo.

Particolare menzione meritano le capsule del corpi di Pacini, e i relativi nuclei. Io quali nolle sezioni di pezzi fissati con formolo addi- zionato di solfato di magnesio, o cromato di magnesio, o formiato sodico (meno intensamonte con solfato sodico e con sali di Carlbsbad) appaiono coll' azocarmino colorate di rosso vivo con una intensita ed una eletti- vita veramente eccezionale.

VII. Grassi. Sono sopra tutlo i grassi del sottocutaneo, composti in massima

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parte, come e noto. di grassi neutri e di ac. grassi quelli che con mag- gior facilita e costanza sono dimostrabili col metodo in questione. In alcuni pezzi la reazione riesce positiva anche con materiale fissato so- lamente in formalina al 10%, ma I'incertezza e la grande variability dei risultati rende preferibile l'associarvi un sale, specialmente 1' allu- me che permette di avere quasi costantemente la reazione positiva. Que- sta incertezza di risultati e quella stessa che si ha per la mielina dei nervi e che io ho dovuto constatare col metodo alia crisoidina, .da me preconizzato e di cui non ho ancora potuto stabilire esattamente le ragioni.

Dopo tale trattamento numerosi colori acquistano una particolare afflnita verso i grassi; cosi, oltre all' azocarmino come nel metodo ante- cederite, il bleu di anilina air alcool, le azosafranine, (particolarmente il verde diazina, e il bleu d' indoina), il verde malachite, e qualche altro. Ma un' importanza tutta speciale hanno, come ho gia detto i prodotti di scissione del bleu di metilene (e risp. di toluidina, tionina, ecc), e so- pra tutto 1' azur.

1. Fissazione in formolo al 10% col 5% di allume di K: questo rappresenta il fissativo migliore ; pero si possono avere buoni risultati anche con il carbonato di Li, il cloruro di Na (semisaturi), il formiato sodico al 5%, e pochi altri sali. Come ho detto, dopo prolungala azione di alcuni di questi sali (ad es., il carbonato di Li per mesi) si vedono i grassi del sottocutaneo staccarsi ed apparire alia superficie del liquido contenente le sezioni in forma di gocce bianche, d'aspetto semisolido.

2. Sezioni al congelatore, Lavaggio.

3. Cromizzazione con bicromato di Li o di Cu o di Ga vecchi al 10-20%. Buoni risultati si hanno talora anche col bicromalo di magne- sio al 10 °/0, anche se non invecchiato come pure col cromato neutro di Stagno.

4. Lavaggio.

5. Colorazione col metodo solito all'azocarmino e picrato di litio ; (i grassi allora appaiono rosei) o meglio coH'azur, che si pud eseguire sia adoprando una soluzione preparata estemporaneamento di bleu di toluidina o tionina concent rat a in acqua satura di carbonato di Li, op- pure coll'azur puro.

a) 1. Nel primo caso si tingono le sezioni nella miscela bleu-litica (non piu vecchia di poche ore) per 5'-10\

2. Si lava brevemente in acqua.

3. Si controcolora eventualmente con eliantina acquosa all' 1 % per

r-2'.

4. Si lava.

5. Si difterenzia e disidrata in a-lcool assoluto. Si chiude in Damar. Si puo usare come diiferenzianto anche l'acido acetico 0,5%, d'acido

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cloridrico alcoolico 1 °/0, gli acetati di Galcio o di Uranio, il percloruro di Ferro acquoso al 4 %, il Pluorcromo acquoso saturo; fra tutti questi forse migliore e l'acetato di uranio.

I grassi appaiono tinti in rosso porpora o rosso violetti, su fondo giallo. Con tale metodo puo aversi talvolta anche una bella immagine delle guaine mieliniche dei nervi. Se si usa il cromato di stagno i grassi sono giallo aranciato.

b) 1. Coll'Azur puro. Si fa di questo una soluzione all' 1/500-1/1000 : si puo usare tanto un sale (per lo piii cloridrato) quanto la base, come pure si possono adoprare le miscele di Giemsa e afflni, diluite (1 goccia per ogni cc. di H2 0). La colorazione avviene in 12-24 ore.

2. Si lava in acqua.

3. Si disidrata in alcool assoluto. Si chiude in balsamo o in Damar. I grassi appaiono bleu violetti coH'azur; violetto rossiccio coll'azur-

base ; la colorazione e piu intensa col Toluazur che col Metilazur : col primo la colorazione tende anche di piu al rosso porpora, tanto che col toluazurbase i grassi appaiono tinti in rosso-porpora bellissimo.

Usando le miscele a tipo Giemsa il fondo appare colorato in roseo dall'eosina contenutavi.

VIII. Epidermide.

Nell'epidermide possono vedersi diversi elementi dei vari strati che lo compongono, senza pero che per essi il metodo assurga il valoro di un procedimento di elezione. In tutti i casi la colorazione da usarsi e quella aH'azocarmino-picrato di litio.

a) Nel malpighiano possono talora vedersi le fibrille specialmente col formolo semplice o coi carbonati alcalini, ma sopra tutto si hanno belle preparazioni delle membrane cellulari, principalmente coi sali di Garlsbad.

b) Mentre con alcuni sali (come ad es. coi solfati di Na, di Mg. di N H4, semisaturi, col cloruro di Na (5 %), col cloruro ammonico coll'ac. solfosalicilico) si ha una intensa colorazione rossa di tutto il corneo compreso il lucido, colla maggior parte degli altri sali si ha una elettiva colorazione dell'eleidina per lo piu associata a quella della che- ratojalina, particolarmente col formolo semplice, col carbonato di Li se- misaturo, coi sali di Carlsbad ecc. Con questi due ultimi sali si vedono bene anche le membrane del corneo.

Fra i sali Uranici, ricordero il cromato neutro di Uranio che deco- lora fortemente i tessuti ma da luogo a una immagine molto elettiva dell'eleidina. Ottimo e anche l'acetato di Uranio.

Particolari risultati rispetto alio strato eleidinico e ai limitanti si ottengono con formolo addizionato di 9 vol. di acqua madre di Salso- maggiore.

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IV. RISULTATI.

I. Nuclei.

Se si eccettnano i nuclei dell' epidermide, tutti gli altri appaiono intensamente ed elettivamente colorati, mostrando un elegantissimo reti- colo nucleare, con una nettezza di i)articolari quale raramente si ottiene con metodi speciali come ad es. (jiiello alia Safranina violetto gen- ziana orange di Flemming.

Nell' epidermide e facile qualche volta vedere apparire solamente colorati i nuclei acidi di Unna.

Particolari bellissime colorazioni si hanno dei nuclei delle fibrille collagene della cute, particolarmente di quelle avvolte a spira o foggiate a ricci nelle quali i nuclei stessi non sempre sono ben rilevabili.

II. Emazie.

Sono questi gli elementi cbe con maggiore costanza e colla massiraa evidenza sono dimostrabili coirazocarmino; usando i sali piu sopraindi- cati per la loro colorazione elettiva si possono vedere spiccare con una colorazione rossa intensa sul fondo giallo dei preparati, nettamente di- stinte le une dalle altre, o isolate, sparse per i tessuti.

III. Capillari sanguigni.

Siccome la dimostrazione dei vasi oltreche sulla colorazione delle pareti riposa sul contenuto in globuli rossi, ne consegue, che e neces- sario cbe i vasi stessi siano ripieni di emazie, e quindi tutti i pezzi di cute o di altri organi che o per processi patologici o per artefatti di varia natura (compressione, iniezioni ischemizzanti, ad es. quelle che si fanno nelle ablazioni di pezzetti di cute per anestesia nelle biopsie e negli interventi chirurgici) ne sono poveri od anche privi, non possono asso- lutamente servire. E pero da notare pure che anche con pochi globuli rossi il tragitto dei vasi si puo vedere bene, specialmente quando si adopri- no i sali piu adatti alio scopo, specialmente il carbonate di litio, che, lasciano diffondere nel lume del vaso 1' emoglobina e fanno come conglobare le diverse emazie cbe riempiono il vaso stessu, in maniera che ne consegue una colorazione diffusa dei capillari. Le preparazioni che cosi si otten- gono si equivalgono perfettamente per i risultati a quelle cbe si hanno colle iniezioni capillari del sistema artero-venoso. Hanno anzi su queste il vantaggio di una maggior sicurezza di riuscita.

Se il metodo e stato praticato su pezzi fissati in formalina e addi- zionato dei sali che sono piu acconci alia dimostrazione isolata delle emazie, si vedono queste nei piu piccoli capillari poste le une accanto

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le altre, in lunghe file moniliformi, deformate (per lo piu grossolana- mente quadrangolari), riempire da sole il lume vasale.

L'apparato artero-venoso delle papille o quello delle glandole sudo- ripare appaiono cosi con una nettezza ed una eleganza incomparabili ; altrettanto dicasi dei capillari che accompagnano i dotti sudoripari, di quelli del cellulare sottocutaneo, delle terminazioni nervose, di tutte insomnia le piu fini dlramazioni delle arterie e delle vene.

IV. FlBRILLE FOND AMEN TALI DEL COLLAGENO

Gome ho gia detto si vedono particolarmente bene coi sali di Carl- sbad e col cromato di Magnesio, specialmente in preparati in cui la decolorazione col picrato di Li sia stata un po'scarsa.

Le chiamo fibrille fondamentali del collageno non sapendo franca- mente quale altro nome piii esatto assegnarle. Sono specialmente evi- denti in quei fasci compatti di aspetto ondulato e foggiati a ricci che sono piii evidenti nell'ipoderma.

In questi esse si vedono in forma di filamenti esilissimi ondulati che sembrano in parte attaccarsi ai poli dei nuclei (pure allungati e ondulati), in parte non mostrano alcun rapporto con questi. Altre volte si direbbe che sono situate negli interstizi delle fibrille collagene. E fa- cile anche vedere il depositarsi di finissimi granuli, che poi attaccan- dosi Tun l'altro a monile danno luogo alia formazione dei filamenti.

La presenza di queste formazioni granulose e fibrillar! fa assumere ai fasci connettivali in questiono un aspetto molto simile, per non dire identico, a quello dei tendini, gia conosciuto da tempo, dove si vedono gli elementi cellulari (inoblasti, cellule di Ranvier) dal corpo protopla- smatico appiattito e allungato, provvisto di prolungamenti i quali sembrano molte volte congiungersi con i prolungamenti delle cellule limitrofe (*). Gome pure gli elementi fusiformi descritti da Loisel come Elastoblasti (Journ. de l'Anat. et de la Physiol, 1897) nel ligamento cervicale del cavallo, del vitello e di altri animali, ricordano molto le formazioni da me osservate.

Le produzioni granulari poi sono afflni a quelle osservate da Ran- vier nella cartilagine articolare, e da Loisel in certi legamenti elastici di diversi animali e interpretati come granuli elastogeni, inquantoche avvicinandosi e fondendosi darebbero luogo alia formazione di fibre ela- stiche.

Diirck (Virchow's Archiv. v. 189, L907, p. 62), mediante il metodo di Weigert alia lacca rameico-ematossilinica ha trovato nel connettivo e nello pareti vasali delle fibrille connettivali finissime che in quest'ultimo organo hanno disposizione raggiata. Si tratta pero di formazioni alquanto diverse da quelle da me riscontrate, assai piii afflni alle fibre elastiche.

(4) Cfr. Krause. Allgem. u. mikr. Anatomic, Hannover, 1876, p. 45 e 94.

V. FlBRILLE MUSCOLARI

Due categorie di fibrille muscolari sono particolarmente ben visibili col metodo indicato quelle della tunica vasale e quelle dolle glandole sudoripare. Le miofibrille della tunica vasale appaiono nettissime, ben evidenti tanto nello strato longitudinale che in quollo circolare, in forma di elementi allungati, fasati, regolarmente asseriati. Le fibre muscolari Usee nelle grand i glandole ascellari erano gia state vedute da Ko Hi- ker (x); da Heynold (2) poi da Sangster, (3). Ranvier (4) e Her- mann, (5) dimostrarono contrariamente all'opinione sino allora so- stenuta cbe esse erano contenute neH'interno della membrana, fra questa e l'epitelio; Krause (6) pero combatte recisamente questa opi- nione affermando che sulla sede di queste fibrille, al di fuori della mem brana non vi pud esser dubbio alcuno.

Riguardo al decorso, secondo Heynold (7), esse posseggono una direzione spirale, secondo Horschelmann (8) decorrono alquanto obli- quamente rtspetto all' asse longitudinale del canale glandolare.

Col metodo all' azocarmino queste fibrille appaiono nelle sezioni trasversali dei tubuli glomerulari come addossati alia parete limitante esterna, a cui prende parte anche un anello elastico, in forma di pic- cole formazioni grossolanamente triangolari o ovoidali. Nelle sezioni longitudinali e oblique si vedono queste fibrille di figura lanceolata, fu- sata, nettamente staccate le une dalle altre e disposte in senso obliquo, spirale che con eleganti e regolari giri a spira avvolgono il tubulo me- desimo. Qualcho volta sembra che esse abbiano una direzione longitu- dinale all' asse del tubulo stesso, e quando la sezione cade tangenzial- mente allora le fibrille muscolari appaiono ancora piii evidenti.

Ben colorato appare per lo piii anche il dotto escretore delle glan- dole sudoripare, che sovente e accompagnato da uno o due vasellini sanguigni.

Nel gomitolo delle glandole sudoripare possono manifestarsi talora particolari granulazioni e formazioni sferoidali piii grandi in forma di gocce, sulla cui natura non oserei pronunciarmi, ma che e probabile siano lipoidi (9), tanto piii che sono molto simili a formazioni analoghe che potei osservare usando il metodo Giaccio.

(!) Xolliker. Mikrosk. Anatomie, II, 1850, p. 159.

(*) Heynold. Arehiv. /. pathol. Anatom. 1874, LXI, p. 79.

(3) Sangster. Quarterly Journ. of microscop. Sciences, 1S77, XYII, 232.

(4) Ranvier. Academic des Sciences 1879, V. 89, p. 1120.

(6) EI ess wan n. 0. li. Hoc. Biolog. 1879.

(«) Krause. Hdbcuch. d. Menschl. Anatomie; Xaehtrag. Zum I. Bonde, 1881, p. 47.

(7) Heynold. I. c. p. 83.

(8) Horschelmann. Anatom. Untersuchungen titer di Schweissdriisen des Menschen. In. Diss. Dorpat. 187 5.

(°) Si confrontino anche lo formazioni di altra natura, come le granulazioni acidolili delle quali »i e occupato anche di rcc. ntr il Ki eibich (Arch. f. Bermat. 1917, CXXIV, p. 668).

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VI. Nervi.

Sono generalmente note le difflcolta che si hanno per la dimostra- zione dei nervi della cute, non rechera quindi meraviglia se anctie que- sto metodo possa talora riuscire incompletamente. Allorche pero riesce si possono avere bellissime immagini delle guaine mieliniche, dei cilin- drassili, degli imbuti di Golgi; piu intensamente ancora dei nervi del simpatico. Quando restano colorati gli imbuti di Golgi questi appaiono nettissimi, asseriati, rivolti verso lo stesso lato, tutti uno dentro l'altro fino al punto nodale in cui combaciano con altri rivolti in senso op- posto.

Bellissime sono pure le guaine midollari e i cilindrassili che pos- sono restare colorati anche contemporaneamente.

Nelle fibre terminali che vanno ai corpi di Meissner o ad altre termi- nazioni si vedono le fibre dall' aspetto varicoso nettamente e intensa- mente colorate.

Una colorazione molto elettiva ricevono anche le fibre dei nervi del simpatico ricchissimi di nuclei, dall' aspetto ondulato, arricciato.

VII. Grassi.

La colorazione e quanto mai elettiva e duratura. I grassi del sotto cutaneo appaiono per lo piu in forma quasi granulare. La reazione ha sopra tutto importanza dal punto di vista biochimico, per il fatto della insolubilizzazione dei grassi ottenuta colla addizione di allume alia soluzione di formolo e colla cromizzazione con particolari bicromati, specie con quello di litio vecchio (1). II metodo rappresenta cosi un perfezionamento e un completamento dei procedimenti inaugurati e per- fezionati dal Giaccio. Questi infatti e riuscito a insolubilizzare i lipoidi, col metodo da me preconizzato si ottiene anche una insolubilizzazione dei grassi del sottocutaneo, fatto questo che, del resto come ho detto, io avevo gia ottenuto con altri procedimenti.

VIII. Epidermide.

Sono particolarmente importanti a notare la reazione che puo aversi della eleidina, e la dimostrazione delle membrane del Malpighiano, la cui esistenza e stata anche ultimamente discussa (2).

(!) Ricorderd per incidenza che si ha una elegante immagine dei grassi colorando le sezioni for- nioliche al congelatore con Girofle acquoso all' 1 % per 10'-30' (le altre di metilsafranina come la Cle- niatina, la Fucsina, il Metile-violetto RRA servono ma non cosi bene), e poi trattando con Uranina (meno bene la crisolina) acquosa al 5 % per 30"-60" , lavando e cbiudendo in glicerina. I grassi del sottocutaneo e 1' eleidina sono colorati in rosso vivo. La reazione riesce anche se si e fatta una cromiz zazioue antecedente con bicromato di Litio.

(2) Per queste ultimo riesce ottimameute il procedimento seguente :

1, Sezioni al congelatore o previa inolusione in paraffina da pezzi flssati in liquidi cromici ; me-

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Le reazioni dello strato lucido nei suoi vari componenti hanno an- ch'essi notevole importanza, ma le immagini che si ottengono sono per me inferiori a quelle che si possono avere cogli altri metodi da me pubblicati in altri lavori.

V. CRITICA DEL METODO.

II metodo che ho dettagliatamente esposto nolle sue diverse va- rianti e senza dubbio difficile non tanto perche siano difficili le varie manualita quanto perche puo accadere che, senza ragione apprezzabile, il procedimento riesca solo incompletamente o fallisca del tutto. Io ho cercato a lungo di studiarne le ragioni senza pero riuscire a venir a capo di conclusioni plausibili.

Esiste secondo me un nesso tra questo metodo e quelli per il sist. venoso al nitrato di Ag (Golgi). al cloruro di oro, quello di Gajal per le fibrille, nonche alia reazione cromocrisoidinica da me preconizzata, in quanto le cause di insuccesso frequenti in questi metodi vanno forse ricercate in uno stesso ordine di fatti. Ed io ho pensato subito a feno- meni di alterazione post-mortale (macerazione, autolisi, saponificazione cadaverica dei grassi, scissione delle proteiue, ecc. ecc), ma mi e acca- duto di vedere talora che pezzi freschissimi davano reazioni inferiori a pezzi tolti dal cadavere 12 24 e piii ore dalla morte, per cui dovetti quasi pensare che le reazioni avvenissoro solo per effetto di fatti post- mortali. E infatti aggiungendo i carbonati alcalini alle soluzioni di for- molo (con che verosilmente si saponificano i costituenti grassosi dei tossuti) si facilita grandemente la dimostrazione di determinati elementi ma anche qui non sempre. Nemmeno estraendo sistematicamente la pelle dopo diversi periodi di tempo dalla morte si viene a capo di conclu- sioni decisive.

Se ne deve quindi dedurre che da questo lato non e possibile tro- vare una spiegazione plausibile.

Rimane solo un fatto molto importante ed e che se si tien conto che la reazione si verifica specialmente a carico dei grassi del sotto- cutaneo, della miolina dei nervi, delPeleidina, si deve dedurre che essa e quasi certamente in rapporto col costituente grassoso lipoideo dei tessuti. Infatti anche negli altri elementi pei quali la reazione riesce positiva, ontra a far parte un costituente lipoideo; cosi e ad es. delle emazie (*) nelle quali esiste colesterina e lecitina.

glio di tutti le roiscele di policromati. Sezioni liberu.

2. Azokarraino 12-24 ore.

3. Acqua brevemonto.

1. Picrato di >'U4 o di Mg o raeglio di Li per pocbi istanti, al massimo l'-2'. 5. Breve lavaggio. Alcool ass. Bouz. Xil. Uamar. Bellissime membrane del Malpigbiano in rosso (l) II metodo di Miller (Frankfurter ZeiUchr. f. Pathol. 1912, XI, 403) 6 in fondo una lacca cro- moematossilinica.

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La insolubilizzazione dei lipoidi colla cromizzazionee un fatto noto- riamente stabilito da Giaccio: successiyamento io sono riuscito a ren- dere insolubili i grassi del sotto cutaneo nella lacca cromo-ematossilinica usando come liquido cromico il bicromato di litio vecchio; la stessa reazione cromocrisoidinica da me preconizzata si basa sulla insolubiliz- zazione dei grassi per effetto di una soluzione cromica.

Nel fare queste ultimo ricerche ho potuto stabilire ancora che il bicromato di litio vecchio in soluz, al 10 °[0 per 12, 18, 24 ore (non di piu) a 37° insolubilizza, completamente i grassi del sottocutaneo. Se dopo si fa agire per 6-8 ore una soluzione di nitrato di Ag. 1 °[0 l'insolu- bilizzazione e ancora piu stabile. Altrettanto se si tratta con cloruro d'oro all' 1 V

Entrambe queste possono eventualmente essere sottoposte al viraggio con il metodo airidrochinone, e successivo lavaggio in iposolfito.

Anche l'acido fosfowolframico in soluzione al 5 °[0, fatto agire per 24 ore ha azione insolubilizzante piii o meno completa sui grassi del sottocutaneo; qui e difficile pero ammettere che si tratti dello stesso meccanismo d'azione del bicromato di Li, dato che l'ac, fosfomolibdenico agisce essenzialmente sulle proteine medianto un processo denaturante.

Ho gia riferito che il metodo e di difficile esecuzione e non e cer- tamente affidabile ad un principiante; la dimostrazione dei grassi e quella delle emazie, riescono con discreta regolarita; un po' piii malagevole e quella delle fibrille muscolari, e piu ancora quella delle fibrille del con- nettivo. I nervi rappresentano relemento piii incerto e piu incostante ad essere colorato.

Le difficolta stesse del procedimento sono di ostacolo a che si possa dare un metodo comune che serva per tutto. L'aggiunta di Sali di Carlsbad e la formola di Jo res rappresentano certamente i fissativi di uso piu gonerale; ma per i grassi rimane sempre sovrano l'allume mentre per gli altri elementi e molto piii opportuno ricorrere ai pro- cedimenti singolarmente indicati. Dei bicromati quelli invecchiati di litio e di rame sono parimente di uso piii comune; l'azocarmino serve come colorante generate mentre l'azur puro o nelle miscele e nelle soluzioni che lo contengono, rappresenta il colore di elezione dei grassi. Riguardo ai risullati mi limitero, nel chiudere questa memoria, a ricordare come il procedimento dia risultati che con gli altri metodi non sono stati os- servati, specialmente per le fibrille muscolari delle ghiandole e dei vasi, per quelle connettivali dei fasci del collageno, nonche per le emazie in rapporto alia topografia dei capillari.

Rispetto ai grassi esso ha sopra tutto importanza dal punto di vista istochimico.

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Spiegazione della Tavola IV.

Fig. 1. Rete vasale attoruo al tubulo di un glomerulo sudoriparo.

Fig. 2. Fibrille del collageno.

Fig. 3. Fibrille muscolari attorno ai t.ubuli glandolari sudoripari.

Fig. 4. Irabnti di Golgi (la figura vonde solo in parte esattamente le imiuagini che si ossservano

nei preparati). Fig. 5. Nerro simpatico.

MARCO PITZORNO

Annunziarao con rararaarico il decesso del prof. Marco Pitzorno libero do- ccnte di Anatomia umana nella R. Universita di Sassari avvenuta in quella citta il 18 luglio di quest'anno.

11 prof. Pitzorno era da raolti anni Aiuto alia Gattedra di Anatooia uraana e fu anche ad intervalli incaricato deH'insegnaraento della stessa disciplina. Fu un appassionato cultore deH'Anatomia. Fra le sue nuraerose pubblicazioni segnalercmo: Una ricerca sullo sviluppo delle cavita premandibolari in Gongylus ocellatus (1902), dalla quale emerge che questo si costituiscono per fusiono di cavita pri- raarie dappriraa indipendenti; uno studio sulla fine vascolarizzazione del midollo spinale (1903) dell'uomo e di vari aniraali; uno studio anatomo-comparativo sulle arterie succlavia ed ascellare (1903S1905); varie ricerche sulla struttura dei gan- gli sirapatici dei Pesci e dei Gheloni (1910-1915\ le quali portano un notevole ed originale contribute alia conoscenza del simpatico dei Vertebrati inferiori. Al prof. Pitzorno fu per questi suoi studi sul simpatico conferito dall'Istituto Lomb. di Sc. e Lett, un premio di incoraggimento sulla Fondazione Fossati.

Nel 1919 Pitzorno pubblico una ricerca statistica sulla morfologia delle ar- terie del pancreas.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monilore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

Gosimo Gherubini, Amministratore-responsabile.

Firenze, 1920. Tip. L. Niecolai, Via Faenza, 52.

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Monitore Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zooiogica Italiana

DIRE T T O DA

GIULIO CHIARUGI EUGENIO FICALBI

Prof, ili Anatomia muaua Prof, di Anatomia coiup. e Zoologia

nel K. Istituto di Stndi Super, in Firenze nella It. [Tniversita di Pisa

CON LA CO I.I.ABO II AZIONE

HI

CECCARI N. (Firenze) GIACOMINI E. (Bologna) LEVI G. (Torino) - LIVINI F. (Milano) LOPEZ C. (Pisa) - STADER1NI R. (Siena)

Ufticio di Direzione ed Ammmisuaziioue: Istituto Auatoinino, Firenze. 12 Humeri nll'anno Abbuonamento annuo L.. 30.

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 6.

SOMMARIO: Comunicazioni originali: Spadolini I., A proposito di una nota del sig. M. Corsy « Sur unc particularity frequente, sinon coustante, de la scissure superieure du poumon chez lo foetus*. Levi G., Sulla persistenza dei caratteri specifici nolle cellule coltivate in vitro. Ghizzetti C, Intorno alia fossotta faringea del cranio umano (Con tig.). Fag. 93-105.

Notizie sulla sezione embriologiea della fondaziono Carnegie di Baltimora. (G. Levi). Pag. 105-108.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

DAL L.VB0RAT0RI0 DI FISIOLOGIA DI FIRENZE DIRETTO DAL PROF. G. ROSSI

A proposito di una nota del sig. M. Corsy « Sur une par- ticularity frequente, sinon constante, de la scissure su- perieure du poumon chez le foetus » (*).

Dott. I. SPADOLINI, Aiuto e Libero Docente

ft vietata la riproduzione.

Nella seduta del 20 gennaio 1920 il Corsy ha comunieato alia riunione biologica di Marsiglia della " Societe de Biologie alcune sue osservazioni salla scissura superiore del polmone fetale. Egli, in dodici feti umani a different eta di sviluppo, ha riscontrato, che

(i) C. K. de la Sot-. de'Biol., vol. S3, pag. 103, 1920.

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la scissura, la quale separa a destra il lobo superiore dal medio, spesso si presentava interrotta da un ponte variamente esteso di parenchiraa polmonare.

In alcuni casi questo solco era reso disconLinuo semplicemente per la presenza di una membrana connettivale, in alfcri non si ap- profondiva a tutta sostanza come si veriflcherebbe normalmente secondo i trattati. Altri particolari su questa disposizione che ri- guarda la morfologia del polmone sono descritti dal Co ray, il quale sembra propenso a concludere che l'eta del feto non abbia impor- tanza sul processo stesso di saldamento fra i lobi. L'A. manifesta il proposito di continuare le ricerche su questo argornento che non gli risulta preso in considerazione finora da altri.

Non avrei richiamata l'attenzione su questa nota del Corsy, semplicemente per fare osservare che disposizioni identiche o simili, in assai maggior numero furono descritte damefino dal 1912. Credo invece opportuno rilevare alcune conclusion! alle quali giunge l'A. e che secondo il mio modo di vedere derivano dal metodo di inda- gine che egli ha seguito e che consiste nell'illustrare isolatamente soltanto alcune delle variazioni morfologiche presentate da un or- gano, metodo che porta a conclusioni completamente differenti da quelle a cui si deve giungere qualora ci si ispiri a concetti piu ge- nerali, adottando per esempio il metodo statistico, il quale gia da molti anni viene applicato con successo alio studio di problemi morfologici nel Laboratorio di Anatomia Umana Normale in Fi- renze; Con questi criteri, appunto nelPIstituto Anatomico di Fi- renze ebbi diversi anni or sono l'opportunita di compiere uno stu- dio abbastanza esteso sulla morfologia del polmone (I. Spadolini, Contributo alio studio della morfologia del polmone " Archivio Ita- liano di Anatomia e di Embriologia „, vol. 11, pag. 604, 1912-13), e interpretai il significato dei solchi polmonari e quindi della divi- sione del polmone in lobi, sottoponendo tutte le disposizioni riscoii' trate ad un esame critico basato sullo studio della distribuzione dei bronchi nei respettivi territori polmonari e sulla conoscenza dei processi che si svolgono nei primi stadi di sviluppo dell'apparecchio respiratorio. Come risultato di questa serie di ricerche fu possibile dare una espressione grafica della variability delle scissure e dei lobi polmonari e stabilire cosi la frequenza con cui le variazioni stesse compaiono. Nel lavoro, che corredai di numerose riproduzioni foto- grafiche dei casi che mi parvero piu interessanti, e quindi descritta fra le molte altre, anche la variazione citata recentemente dal Corsy e ne feci allora rilevare l'importanza e la necessita di ricor-

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darla nella descrizione dei solchi polmonari, perche risconbraba circa nei dae terzi dei casi osservati. Illusbrai anche le modaliba colle quali nei numerosi casi esaminabi si manifestava quesba incomple- tezza del solco secondario e dal confronto fra le disposizioai pre- sentate da feti e quelle risconbrate in soggebbi giovani e adulbi pobei sbabilire che quesba scissura, alia pari di albre, e compleba alquanbo piu frequenbemenbe nei febo. Per quesba ragione sosbenni 1' ipobesi che il processo di saldamenbo fra i lobi conbinui a verificarsi fino a periodi assai inolbrabi dello sviluppo, ed anche olbre la nasciba.

Quanbo all'ipobesi del Corsy secondo la quale l'A., condivi- dendo le idee di Alezais, farebbe dipendere le anomalie delle seis- sure polmonari da connessioni vascolari, ribengo che essa sia assolu- bamenbe inconciliabile con i fabbi' dimosbrabi dalle mie ricerche. Per ricordare il valore morfologico di quesbo gruppo di variazioni credo infabbi opporbuno riporbare dal mio sbudio alcune considerazioni :

" II polmone si pud considerare nell'insieme come un organo

che si abbozza per segmenbi cosbibuibi da due lobi, respebbivamenbe corrispondenbi alle coppie dei bronchi dorsale e venbrale che si svi- luppano lungo il bronco principale. Abbiamo quindi una serie di incisure intersegmenba.li (principali) e parallele le une alle albre, ed una serie di incisure inbrasegmenbali (fra lobi dorsali e venbrali, accessorie) che sono invece in prolungamenbo Tuna deil'albra. La permanenza e la cosbanza dell' incisura principale del polmone? tanbo a desbra quanbo a sinisbra, dimosbra che e persisbente e co- sbanbe la prima incisura inbersegmenbale; e quindi nor male l'indi- pendenza assoluba del primo segmenbo dai segmenbi successivi. Che io mi sappia, non vi hanno casi nei quali sia sbaba osservaba la scomparsa dell'incisura principale, cioe la fusione del primo segmenbo cogli albri.

Quesbo fabbo conferma in noi l'idea che le incisure inbersegmen- bali abbiano un valore morfologico prevalenbe sulle inbrasegmenbali, poiche oltre a comparire J5no dai primi sbadi, sono quelle che nei diversi bipi di varieba conservano una disposizione piu fissa. Infabbi alio sbesso modo che non si e mai osservaba la scomparsa della inbersegmenbale I, solo in casi rarissimi si e veduba comparire in- complebamenbe la inbersegmenbale II. D'albra parbe e relabivamenbe frequenbe la incomplebezza e qualche volba la mancanza dell' inci- sura secondaria o inbrasegmenbale. Egli e dunque, ripebo, quesbo delle inbersegmenbali un sisbema di scissure che ha brovabo uno sbabile assebbo morfologico e rappresenba una disposizione piu fon- damenbale che non quella delle inbrasegmentali. Nei processo evo-

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lntivo ontogenetico, i diversi segmenti del polmone si fondono fra di loro ed alio stesso modo si fondono anche i lobi delio stesso seg- mento. La fusione dei segmenti fra loro non com porta variazione altro che minima e rarissima, (al massimo pao coinparire un accenno della seconda incisnra intersegmentale) ed in ambedue i lati rag- giunge e si arresta sempre alio stesso stadio, mentre invece il pro- cesso di fasione tra i dae lobi del segmento non sembra che abbia trovato ancora il sao assetto definitive

Gia esso e a sinistra piu avanzato e si estende normalmente anche al segmento, piu cefalico; mentre a destra di norma non arriva a congiungere i dae lobi di qaesto segmento. Le varieta poi della lobazione polmonare, che nnmerosissime sono state osser- vate dagli altri e da me, sono tatte collegate col differente o irre- golare svolgersi di qaesto processo di fasione fra i lobi; cioe dal permanere o meno di qaelle scissare intrasegmentali da noi ricor- date. Ne pad sfaggire, che anche il processo di fasione dei lobi, nella nostra specie e gia molto vicino a trovare il sao assetto defi- nitivo, poiche, come dimostrano le tit belle, le variazioni si aggrap- pano intorno ad ana normale molto alta e l'ampiezza dell' oscilla- zione e limitata assai, cosi p. es. per il namero delle scissare anor- mali non va oltre la intrasegmentale del secondo segmento „.

GIUSEPPE LEVI

Sulla persistenza dei caratteri specifici nelle cellule coltivate in vitro

A proposito di una Goraunicazioue di Chr. GHAMPY (1).

E vietata la riproduziuue.

Chr. Champy si occapa ancora della differenziazione delle cel-

(') Champy ('h. Pertc do la staretidn jpecifique des cellules cnltiv6es in vitro. ('. /.'. de

13

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lule coltivate in vitro e piu precisamente della scomparsa o meno delle proprieta biologiche del tessuto coltivato contemporaneamente alia trasformazione dei caratteri citologici; un organ o che ben si presta ali'analisi di tale proprieta e la prostata, il di cui fermento determina, come G-ley e Camus hanno dimostrato, la coagulazione del secreto delle vesciehette seminali.

Frammenti anche minuti di prostata di Cavia portati nel li- qnido delle vescicole seminali determinano ua'area di coagulazione opaca caratteristica; ma i frammenti dello stesso organo dopo es- ser stati collocati in plasma colla tecnica consueta per le culture " in vitro danno una coagulazione del liquido suddetto sempre piu debole dal al giorno; al ed al giorno non la danno piu affatto.

II controllo istologico dimostra, che in queste condizioni l'epi- telio dei tubuli prostatici sopravvive, si moltiplica, ma perde i ca- ratteri particolari di epitelio secernente che aveva nella prostata normale; vi e dunque correlazione fra la perdita della differenzia- zione e la scomparsa della produzione del fermento.

Quest'osservazione interessante armonizza pienamente coi fatti antecedentemente illustrati. Infatti J' osservazione di Champy, (912-914) che le cellule secernenti coltivate in vitro si sdifferenziano perdendo i loro caratteri speciflci non e stata fino ad oggi conte- stata.

Ma in una nota aggiunta alia suddetta comunicazione Champy si occupa dei risultati delle mie ricerche (919) sulla differenziazione in vitro delle fibrille connettive e degli elementi muscolari; egli conte- sta che nelle mie colture vi sia stata differenziazione di fibrille con- nettive e muscolari e suppone, che io sia stato tratto in errore dal fatto, che nella zona di invasione gli elementi differenziati siano stati trascinati dalla migrazione delle cellule mobili; e mi muove l'appunto " di aver confuso i tenomeni di cultura con quelli di so- pravvivenza, e sopratutto con quelli di distensione e di ameboidi- smo, che sarebbero secondo l'A. assai piu generali ed importanti di quanto si creda „.

Di fronte alia difficolta di negare la persistenza dei caratteri speciflci negli elementi del cuore, che, come emerge dalle ricerche di Burrows, di Carrel, di Braus, di M. Lewis, continuano a pulsare per molti giorni nelle culture, Champy manifesta la con- vinzione che il caso del cuore sia affatto particolare; quando il cuoie continua a battere nel plasma le cellule muscolari non si sdifferen- ziano, soltanto perche in quel caso la conservazione della funzione

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crea precisamente la condizione che fa difetto per gli altri tessuti.

Ma secondo l'A. si tratterebbe non di coltura, ma di sopravvi- venza; ci troveremmo in tal caso di fronteadun espenenza analoga a quella eseguita da tanti anni da fisiologi, di mantenere la fanzione del cuore nell'organo isolate

Per affermare che vi e coltura bisognerebhe dimostrare che le cellule cardiache si moltiplicano.

Con rammarico debbo constatare che Champy nel trattare con tanta leggerezza una questione intricata, mostra di ignorare molti fatti che in questo capitolo della Biologia sperimentale sono stati illustrati.

Champy ritiene che le fibrille connettive da me osservate nella zona d'invasione siano dei frammenti provenienti dal tessuto esplantato, anziche dei prodotti dalla differenziazione di cellule mesen- chimal!. Ma egli dimentica che io ho seguito nella coltura vivente l'accrescimento per movimento ameboide di lunghissime propaggini di cellule emigrate nel coagulo, sulla natura delle quali mi man- tenni del resto assai riservato. Champy non fa poi cenno delle importanti ricerche di M. Lewis, la quale ha sorpreso l'evoluzione di fibrille connettivali nell'ectoplasma di elementi della zona d'inva- sione; e le immagini ottenute da Lewis sono cosi nitide e con- vincenti, che nessun istologo competence pud supporre che si tratti di frammenti di fibrille preesistenti trascinati nel coagulo.

Riguardo agli elementi muscolari striati del cuore e dei muscoli volontari, conviene distinguere fra la possibility di differenziazione nelle colture in vitro da parte di mioblasti che non hanno ancora i caratteri specifici e la persistenza nelle colture in vitro dei carat- teri che le cellule avevano gia acquistato nel tessuto prima del- l'esplantazione.

La possibilita di una differenziazione fu osservata da Harrison negli elementi dei muscoli scheletrici di larve di Rana.

Ma da nessun' alfcra delle ricerche successive di Burrows, di Congdon, di W. e di M. Lewis, ne dalle mie, risulta dimostrato in modo convincente che mioblasti esplantati prima della loro dif- ferenziazione possono evolversi ulteriormente nelle colture.

Anzi da quanto e stato finora visto e lecito arguire, che la tecnica attuale delle colture non permette tale differenziazione, al- meno in colture di tessuti di Amnioti. Percio e in errore Champy quando mi attribuisce la constatazione di " una differenziazione in vitro di fibrille muscolari che io non ho mai affermata.

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In quanto alia persistenza dei caratteri specific nei mioblasti io ho osservato (l), in pieno accordo con Congdon, W. e M.Lewis, che (pag. 558) : " Non e norma generale che gli elementi in vitro perdano i propri caratteri morfologici ; le cellule degli epiteli di ri- vestimento, quelle deila notocorda e soprattutto i mioblasti della muscolatura striata emigrafci nel coagulo, i quali ultimi possiedono delle caratteristiche specifiche piu spiccate, possono mantenerle a lungo in grado diverso a seconda dei casi „.

Io ho particolarmente insistito sulla seguente circostanza ; che la sdifferenziazione degli elementi muscolari nei quali si sono co- stituite le miofibrille striate e un'eventualita frequente nelle colture, ma non rappresenta la norma ; perche in molte colture di miocardio e di muscoli scheletrici noi vediamo emigrare nel coagulo delle fibre muscolari con miofibrille con o senza striatura.

Noi ignoriamo ancora quali siano le condizioni che permettono o meno l'evoluzione dei mioblasti ; condizioni che sono verisimil- mente connesse alle proprieta del mezzo colturale, a lievi variazioni nel modo di preparare il frammento esplantato, ecc. Di fronte ad incertezze non minori ci troviamo quando si tratta di determinare le cause della preponderanza dell'uno e dell'altro dei vari tessuti di un organo esplantato.

Perche Champy considera come eccezionale il caso del cuore, e non tiene alcun con to delle ricerche di W. e M. Lewis dalle quali emerge che fibre dei muscoli scheletrici molto inoltrate nella loro evoluzione (colture di embrioni di polio dal all'll0 giorno) in con- tinuity con le estremita tagliate delle vecchie fibre ed anche libere, possiedono una distinta striatura trasversale e pulsano ritmica- mente? Cosi Champy dimentica i reperti di M. Lewis sulle cel- lule muscolari liscie, pure pulsanti ritmicamente.

Egli pretende che gli elementi muscolari coltivati in vitro non si moltiplicano e per questo contesta alia massa di cellule emi- grate nel coagulo il valore di una coltura. Se queste esperienze fossero paragonabili, come erroneamente ritiene Champy alia so- pravvivenza del cuore isolato, non saprei dargli torto; ma neppure uno dei fatti che conosciamo giustifica tale paragone.

Burrows ha osservata una larga migrazione di mioblasti nel plasma e la loro riproduzione per mitosi e che il sincizio di mio- blasti isolati riprodottisi per divisione dopo qualche giorno incomin-

(') Levi G. Nuovi studi an cellule coltivate in vitro. Arch. ital. di Anat. e di Kmbr. Vol. XYT, f. 4, 19i9.

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ciano a pulsare. Inoltre le ricerche successive di W. e M. Lewis e mie hanno confermato che i mioblasti si riproducono per mitosi nella zona di invasione. Basterebbero questi fatti a dimostrare che le colture di miocardio non sono neppure lontanamente paragonabili agli organ i isolati mantenuti in vita nelle classiche esperienze fisio- logiche.

Ma anche prescindendo da questi fatti incontestabili per clii abbia una certa esperienza su quest'argomento, mi sembra che la distinzione sulla quale tanto insiste Champy fra sopravvivenza (survie) e coltura sia puraraente verbalistica e priva di interesse. Questa distinzione fn gia da me criticata a pag. 558 e seg. della mia pubblicazione citata. Non annoiero il lettore col ripetere ora gli argomenti gia detti.

Champy non si rende conto che la denominazione di " coltura ha un valore empirico; fu adoperata per il desiderio di stabilire un parallelo fra il com portamento degli organisrni unicellulari e quello delle cellule dei Metazoi nei mezzi nutritivi, e fu mantenuta come denominazione comoda per indicare succintamente questo procedi- mento tecnico; ma e evidente che la medesima e priva di conte- nuto scientifico.

Champy pretende di limitare la denominazione di coltura sol- tan to a quei casi nei quali le cellule si riproducono; ne verrebbero adunque ad essere escluse tutte le esplantazioni (secondo la deno- minazione di Op pel) di tessuto nervoso embrionale, in cui avviene una differenziazione di fibre nervose; come pure quelle esplantazioni di tessuto muscolare nelle quali non si ha una moltiplicazione di cellule; cosi pure quelle di epiteli e di altri tessuti, in cui la molti- plicazione cellulare e limitata e del tutto assente.

La mirabile scoperta di Harrison ha dato alia scienza un metodo che permette di modificare artificialmente 1' ambiente nei quale le cellule dei tessuti vivono, e questa modificazione si riper- cuote sulla loro forma e sull'architettura del tessuto; in molti casi la capacita riproduttiva che esse possedevano si esalta; ma in ge- nere le cellule gia differenziate, quali i neuroblast! e talora i miobla- sti, non si riproducono.

Cos! pure le differenze nei mantenersi o meno dei caratteri spe- ciiici originari non sono sostanziali ma variano moltissimo anche per uno stesso te3suto per tanri fattori, non ultimo cerfco la proprieta del mezzo di coltura, come Uhlenhut ha dimostrato.

Ma questi non sono cho particolari, certamente non trascura-

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bili, ma di importanza accessoria e che non giustificano per nulla la distinzione su cui insiste Champy.

Una sola distinzione ci e concessa alio stato attuale delle no- stre conoscenze, distinzione alia quale le ricerche antecedenti di Champy hanno validatnente contribnito : fra organo colla sua struttura tipica ed immutabile, finche le correlazioni che si stabili- scono mediante gli ormoni circolanfci negli organi dello stesso indi- viduo si mantengono integre, ed esplantato o coltura che dir si vo- glia, nella quale l'architettura tipica deH'organo originario tende a modificarsi in grado piu o meno elevato a seconda delle condizioni, anche se, come non di rado accade, le cellule del tessuto manten- gono i loro caratteri specifici o perflno si differenziano ulteriormente, come nel caso dei neuroblast!.

ISTITUTO ANATOMICO DELLA R. UNIVERSITA DI GENOVA DIRETTO DAL PROF. P. LACHI

Intorno alia fossetta faringea del cranio umano

G. GHIZZETTI. Studeiite

(Con flgura).

it vietata la riproduzione

L' argomento della fossetta faringea specialmente in rapporto colle cause che la determinano ha interessato gli anatomici sin dal 1846, anno in cui Tortual per il primo la osservo in un cranio di Cafro e in uno di Boschimano e le diede il nome di fovea bursae.

Come giustamente noto Poelchen 0) non va confusa colla fossetta navicolare, depressione leggera, superficiale, delineata da due leggeri rilievi ossei, tanto piu quando si pensi che questa, sempre secondo Poelchen, si presenta nel 62,3% di crani esaminati,

(') Poelchen. Zur Anatouiie des Naaenraclienniauiues. Virehoxv' s Arehiv., 1S90.

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mentre la fossetta faringea invece e molto rara, 1,4 % secondo Le Double.

Tourneanx (l) che ha trovato la percentuale piu alta, 1' ha osservata il 3,89 %. Puo anche notarsi la coesistenza di una fossetta navicolare e di una fossetta faringea. Sul modo di forma- zione della fossetta faringea sono state emesse paiecchie teorie. Infatti si e voluta trovare la sua ragione d' essere in un arresto di sviluppo del basioccipitale, in una saldatura incompleta del basioc- cipitale col basiotico, in una persistenza del condoUo ipofisario (che invece e piu anteriore), in un semplice canale vascolare (G- ruber) o nella pressione prodotta dalla tasca di Seessel (Rorniti (2)), o an- cora come depressione prodotta dalla borsa faringea in rapporto col canale cordale inferiore (Pern a (3)).

Quest' ultima teoria incontro il favore di J. P. Tourneaux, come conciliante i reperti anatomici con i dati embriologici, e anzi accomuno 1' origine della fossa navicolare a quella della fossetta fa- ringea, dicendo questa una fossa navicolare piu profonda, corrispon- dendo al fondo della borsa racchiusa dai depositi di sostanza ossea. Nessuna di queste teorie ha incontrato il favore universale, anzi la questione e sempre dibattuta.

Per quanto io sappia nessuno ha cercato di fare osservazioni dirette a constatare quale parte di faringe corrisponda alia fossetta faringea; ed e percio che ho intrapreso una serie di ricerche su ca- daveri umani per stabilire quale parte di faringe prenda eventual- mente parte alia formazione della fossetta faringea.

Le mie osservazioni sono state eseguite su 62 cadaveri di tutte le eta, da feti non a termine a vecchi. Per 1' osservazione ho pro- ceduto nel seguente modo : Con un taglio trasversale rasentante il pavimento delle cavita nasali lino alle coane e con un altro perpen- dicolare a questo e frontale diretto in basso al di dietro della man- dibola, abbattevo la meta inferiore della faccia in basso, mettendo cosi alio scoperto la paret6 posteriore del faringe, dominandone per- cio anche la volta.

Nella 1 1 nasi totalita dei casi ho trovato la presenza della ton-

(i) Tourneaux -I. 1'. Hours, pharyngienne et recessus median du pharynx ehez 1' homme et ohez le chevaL fossette pharyngienne el naviculaire chez l'homme. Journal de I'AntUomie et Physiologie, 1912.

(2) Romiti. I.i icssrtia faringea nell' osso occipitale dfll' uomo. Atti della Societd toscana di Scienze Naturali, 1890.

P) Pern a. Sul canale basilare raediano e sul significato della fossetta faringea dell' ossn oc- cipitale, Anatoinixchcr Anzeiger, /;./. XXVIII. X. l.r>-l<>. 1906.

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silla faringea o dei suoi resti con una insolcatura sagitbale piu o meno ben definita : recesso raediano se appariva come solco me- diano della tonsilla o dei suoi residui, borsa faringea se invece me- glio definita a forma sferica cava. Staccando poi con precauzione la faringe, ho osservato al di dietro di questa la presenza di due fasci fibrosi compatti, che partendo dal tubercolo faringeo si dirigono in avanti verso l'apertura posteriore dolle fosse nasali. Questi due fasci non possono in nessun modo essere confusi coll' afctacco della fascia faringea, perche sono piu profondamente situati e sono piuttosto in rapporto con il legamento vertebrale comune anteriore. AH' esame istologico essi sono risultati composti di tessuto fibroso denso.

Figura seiniscbematica. /. /i fasci librosi iu coutiuuazioiie del liganiento vertebrale eomune an- teriore : r. f. infossatnra ovo si insiuua il recesso faringeo ; t. f. tubercolo faringeo ; I. v. a. liga- niento vertebrale comune anteriore.

Quesfci due fasci aderenti al tubercolo faringeo tendono a diva- ricarsi in avanti per terminare sfumando ai lati del basioccipitale in vicinanza della sincondrosi sfenoccipitale, come mostra la figura.

Inoltre i detti fasci fibrosi, mentre aderiscono al tubercolo fa- ringeo, si continuano in basso in quella parte di ligamento che dal detto tubercolo va a quello dell'atlante e successivamente sulla

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faccia ventrale delle altre vertebre sottostanti, in modo che il liga- raento vertebrate comune anteriore piuttosto che dal tubercolo fa- ringeo apparisce originato sul basioccipitale sotto forma di due fasci lateral i al davanti del tubercolo stesso, continuantesi poi su questo e successivam ente sulle altre vertebre. Non mi sembra strano il pensare che gli indicati fasci fibrosi profondamente in corrispondenza del processo basilare possano andare incontro ad una ossificazione che circoscriva nella linea mediana una depressione quale e la fos- setta navicolare, anche tenendo conto della sede, forma e dimensioni.

Pochi millimetri al davanti del tubercolo faringeo, fra i due fasci anzidetti, costantemente s' incunea una piccola porzione di fa- ringe, corrispondente all' estremo postero-inferiore del recesso farin- geo, che riesce impossibile distaccare e che nasconde la borsa farin- gea quando esiste (v. fig. r. f.).

Nei tre casi di fossetta faringea che ho potuto studiare sul cadavere nelle 62 ricerche, la borsa faringea costantemente dopo essere passata attraverso ai due anzidetti fasci fibrosi, andava ad occupare colla sua parte piu 'profonda la fossetta stessa. II passag- gio della borsa faringea attraverso i fasci 1' ho potuta anche osser- vare microscopicamente in preparati, che permettono di rilevare il rivestimento epiteliale (con qualche elemento adenoideo all' intorno) chiuso da una parte e dall' altra dal tessuto fibroso denso dei due fasci e prolungantesi nella fossetta.

I tre casi di fossetta da me osservati sono: uno di uomo del- 1' eta di 80 anni, morto per bronco-polmonite, uno di donna di 45 anni, morta per ascesso freddo lombare e un altro in uomo di 72 anni, morto" per tabe dorsale. La fossetta della donna non era molto profonda e presentava nel fondo delle anfrattuosita, forse dovuie a compressione, ricordanti quelle prodotte dalle granulazioni del Pac- chioni e la fossetta del tubercolo pterigoideo studiata da Lachi (1).

Le osservazioni da me fatte mi conducono alle seguenti con- clusioni :

1.° Sulla faccia ventrale del processo basilare, dal tubercolo faringeo (ipocordale) si dipartono due fasci fibrosi che irradiandosi in avanti si sperdono sui lati fin presso la sincondrosi sfeno-occipi- tale e costituiscono I' inizio del ligamento vertebrale comune an- teriore.

2.° I due fasci fibrosi, pochi millimetri al davanti del tuber-

(') Laclii. T)i una « fossetta <lcl tubercolo pterigoideo >• nel cranio umano. Archwio Ha- itomia e di Embriologia. Vol. XIIi Fasc. :'.. 1914.

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colo faringeo, lasciano sulla linea mediana una depressions in cui si insinua costantemenfee il recesso faringeo col suo estremo poste- riore, e la borsa faringea se esiste.

3.9 Fossetta navicolare e fossetta faringea hanno differente va- lore morfologico : la prima dipende dalla formazione ligamentosa descritta: la seconda dipende da una evaginazione della faringe.

4.° Se esiste una fossetta faringea, questa coesiste con una borsa faringea, pure ammettendo che la borsa faringea possa non dare luogo ad una fossetta faringea.

Notizie sulla sezione embriologica della fondazione Carnegie

di Baltimore.

E vietata la riproduziolie.

La sezione embriologiea della Fondazione Carnegie di Washington e accolta in un Istituto della John Hopkins University di Baltimora ed era sino al 1917 diretta da Franklin P. Mall; dopo la morte prema- tura di questo grande embriologo avvenuta nel Novembre di queH'anno, della direzione dell' Istituto fu incaricato e poi definitivamente nominato George L. Streeter allievo di Mall. Esso e destinato alio studio del- l'embriologia umana, ma intesa in un senso largo ; vi e compresa, oltre che l'Anatomia sistematica deU'embrione a vari stadi, usufruendo di tutti i mezzi di cui dispone la tecnica embriologica, la struttura dei tessuti e delle cellule deU'embrione, come pure lo studio del corpo deU'embrione complessivamente.

Gosi pure non sono trascurati gli studi su embrioni anomali, nel quale campo Mall seguendo le orme di Carlo Giacomini ha lasciato un solco profondo, nelle ricerche sperimentali su embrioni di quegli ani- mali che sono accessibili all'esperimento.

Finora 1' Istituto embriologico si era ihstallalo nel Hunterian Labo- ratory della Johns Hopkins University, ma attualmente essendo gli am- bienti inadeguati ai nuovi bisogni, e progettata la costruzione di un grande edificio a 4 piani.

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Recentemente fu invitato a fame parte Warron H. Lewis Pi*r>- fessore di anatomia fisiologica nella Johns Hopkins University, tanto fa- vorevolmente conosciuto nel mondo scientifico per le sue ricerche di Embriologia sperimentale e soprattutto per i suoi recenti studi com- piuti in collaborazione con M. Lewis sulla coltivazione dei tessuti in mezzi di coltura artificiali.

Vari ricercatori (Arthur Meyer, Adolf Schultz, Abram Kerr, E. Cowdry, G. W. Barthelmez, B. F. Kingsbury, II. D. Senior, P. Reagan, R. Chambers, ed altri ancora) hanno temporaneamente rinunziato all' insognamento che tenevano in altre universita per poter dedicare tutta la loro attivita alia ricerca nella sezione erabriologica dell' Istiluto Carnegie, e torna ad esso a grande onore, di aver ospitato durante la guerra, offrendo loro una posizione decorosa e larsxhi mezzi di lavoro, due valenti studiosi Belgi, Oraer van Der Stricht e Jules Duesberg, i quali in seguito all' invasiono del Belgio erano stati co- stretti ad abbandonare la loro patria.

In grazia ad una sapiente organizzazione vi sono inviati embrioni umani da tutte le parti dell* America.

Nel 1917 ne possedeva 2000 esemplari, dei quali 860 patologici, 11 40 normali; e negli anni successivi la collezione si e considerevolmente arricchita.

Degli embrioni normali 24 appartenevano al mese, 314 al 2°, 309 al 3°, 226 al 4°, 141 al 5°. Moltissimi degli embrioni raccolti veil- nero sezionati in serie e furono dei medesimi e di determinati organi eseguite ricostruzioni plasticbe, altri furono iniettati per lo studio dell'ap- parato vascolare. Molte figure del notissimo trattato di Keibel e Mall sono riproduzioni di embrioni iniettati e di modelli appartenenti all'Isti- tuto Carnegie.

Fra le ricerche piu recenti compiute in quel centro di studio e rese di pubblica ragione in parte nei piii noti periodici americani, in parte nelle « Publications of Carnegie Institution of Washington » periodico con veste tipografica lussuosa e splendide tavole litografiche, segnalero come particolarmente notevoli le seguenti:

Gli studi di Mall pubblicati dopo la sua morte su embrioni umani ciclopici e sul magma reticolato in nova umane anomale.

Un'altra pubblicazione postuma di Mall porta un importante con- tribute statistico, fondato sul materiale della collezione di embrioni, sulla tanto dibattuta questione del rapporto fra mestruazione e feconda- zione, arrivando alia conclusione che il periodo in cui con maggior fre- quenza la fecondazione avviene e dal al 13° giorno dopo Finizio della mestruazione.

L'osservazione di Streeter di un uovo contenente due embrioni gemelli, l'uno alquanlo piu inoltrato di quelle di von Spee del 1896 (v. II.) L'altro arreslato nello sviluppo e costituito da 2 vescicole sepa-

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rate, l'una delle quali rappresenta evidentemente la vescicola amniotica, l'altra la vescicola ombelicale.

Sarebbe stato desiderabile che l'A. ricordasse a questo proposito l'osservazione di Ghiarugi del 1909 (Arch. it. di An. e Embr. Vol. 8) di un uovo umano al mese in cui due embrioni indipendenti, ciascuno dei quali era provvisto di un funicolo, di un sacco vitelline e di un amiios proprio, erano contenuti in un unico corion.

A W. Meyer illustra 4 casi di gravidanze gemellari con doppio uovo nelle quali i due embrioni presentano spiccate dilferenze di gran- dezza e nei gradi di sviluppo: e evidente che in questi casi uno dei ge- melli era morto ed era stato trattenuto sino alia nascila deH'altro (vedi a questo proposito 51 caso descritto da Lachi nel 1895).

Meyer ha dedicato inoltre la sua attenzione alia frequenza deH'an tolisi e del riassorbimento intrauterine del contenuto dell' uovo nell'uo- mo; sui 2000 casi della Collezione Carnegie questa fu risconlrata nel 12.8 «/0 dei casi.

Omer van der Stricht ha studiato l'istogenesi dell'organo del Gorti e piu particolarmente dei pilastri, del tunnel e dello spazio di Nuel.

Duesberg ha proseguito le sue antecedenti indagini nel dominio della citologia (spermatogenesi in Fundulus, cellule interstiziali in Didel- phis).

Notevolissime sono le ricerche di Florence R. Sab in sull'embrio- logia deH'apparato vascolare, le quali si ricollegano a quelle antecedenti di H. Evans sui vasi sanguigni, eseguite nell'Istituto anatomico della Johns Hopkins Univ. di Baltimora.

Non esitiamo affermare che in seguito a questo gruppo di ricerche, nonche a quelle antecedenti di R. Sab in suH'embriologia dei lintatici, tutte eseguite con metodi di iniezioni vascolari assai delicato e perfetti e di gran lunga preferibili al metodo delle ricostruzioni seguite dalla scuola Viennese, un progresso immenso e stato compiuto in questo ca- pitolo dell'embriologia negli ultimi 15 anni. Ormai non e piu concesso di dubitare che i primi vasi sanguigni deU'euibrione si abbozzano in forma di una rete.

Le piu recenti ricerche della Sab in si rivolsero alio studio delle prime fasi dello sviluppo dell' angioblasto nell'area vascolare dell'em- brione di polio vivente, nonche alio studio di embrioni precoci di polio, di maiale, e di uomo iniettati.

W. ed M. Lewis hanno attivamente proseguito le interessanti in- dagini alle quali si so.no dedicati da vari anni sulla struttura e sulle manifestazioni biologiche di cellule coltivate in mezzi artificiali, che credo inutile di riferire, perche di una parte di esse ebbi gia opportu- nity di occuparmi in questo stesso periodico.

Le pubblicazioni piu recenti di W. Lewis riguardano la comparsa di granuli di degenerazione e di vacuoli nelle cellule in vitro; la comparsa

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di centrioli e di una centrosfera in fibroblasti in degenerazione nelle cellule in vitro. Quelle di M. Lewis la formazione di goccioline di grasso nelle cellule delle culture, lo sviluppo della stria tura trasver- sale nel miocardio di embrione di polio studiato in blastodermi viventi e fissati, la contrazione di cellule muscolari liscie in colture.

Queste ricerche ad indirizzo biologico speritnentale costituiscono il maggior vanto della Morfologia americana e della scuola di Baltimora in ispecie. Fu infatti in questa scuola che Harrison ha iniziato le sue indagini sperimentali sullo sviluppo dei nervi nolle larve di Anfibi e successivamente ha scoperto il metodo della coltivazione dei tessuti in vitro. E in grazia a questi ordini di studi proseguiti poi da Burrows, da Carrel, da W. e M. Lewis, da Chumbers, da Macklin e quelle compiute in altri campi, ma sempre in indirizzo sperimentale da Mor- gan, da Jacques Loeb, da Goncklin, da Lillie, da Child, da Sto- ckard e da tanti altri, che la Morfologia Nord-Americana ha conqui- stato un posto preminente nella scienza internazionale.

Certamente a questo magnifico risultato contribuisce la larghezza di mezzi di cui dispongono gli Istituti Nord-Americani, ma sarebbe ingiu- sto il disconoscere che i ricercatori di quel paese sono dotati di raro spirito di iniziativa e di un'intelligente capacita di organizzazione.

(t. Levi.

Avvertenza

Delle Conmnicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoulogico Italiano e vietata la riproduzione.

GOSIMO CHERUBINI, AMMINISTRATORE-RESrONSABILE.

Firenze, 1920. Tip. L. Niecolai. Via Faenza, 52.

lonitore Zoolopo Italiano

(Pubblicazioni Italiane ili Zoologia, Anatomia, Etnbriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DA

GIULIO OHIARUGI EDGENIO FIGALBI

Prof, di Auatonria uiuatia Prof, tli Anatomia comp. e Zoologia

nel R. Istituto di Stndi Super, in Firenze nella It. Universita di Pisa

COX I. A COT, L A KOlt A ZIONE

III

BECCARI N. (Firenze) - GIACOMINI E. (Bologna) - LEVI G. (Torino) - LIVINI P. (Mllano)

LOPEZ C. (Pisa) - STADERINI R. (Siena)

Ufficio di Direzione ed AmmiiUfiarazione: Istil.ni.o Anatomino, Fiiftnzr.. 12 nuineri all'auuo Abbuonainento annuo L 30.

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 7.

SOMMARIO: Comunicazioni originali: Bruno G., Nodi trasversali e strie in- tercalari del raiocardio (Con 4 tig.). Colosi G., Contributo alia conoscen- za degli Entomostrachi libici (Con 4 figure). Pag. 109-124.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA DI PALERMO. (DIRETTORE INC. PROF. E. LUNA).

Dott. GIOVANNI BRUNO

(Assistentc)

Nodi trasversali e strie intercalari del miocardio

(Con 4 figure).

ft vietata la liprodnzione.

Studiando le strie intercalari del miocardio, ho avuta piu volte 1' opportunity di osservare, attraverso le travate del sincizio mu- scolare, alcune formazioni incostanti, simili a nodi trasversali, in- tensamente colorati dall' ematossilina, che ricordano le onde di con-

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trazione descritte dai varii A. A. (Schaffer '93, Engelmann 73, '78, '81, '93 etc.) nei muscoli volontarii, e da altri (Koe Hiker '49, '88, '89; Leydig, Heiderich '01; Soli '06; Mac Gill '08) nei muscoli lisci di un gran nutnero di animali, e che sono identifica- bili con quelle fortnazioni descritte da Schmidt 1910 nei miocar- dio di un individuo colpito da corrente elettrica ad alta tensione.

Sebbene la maggioranza degli A. A. ammebtano che le strie in- tercalari hanno una struttura assai complicata, fibrillare, non dissi- mile dalla sostanza contrattile con cui sono intimamonte connesse, non mancano alcuni, anche tra i piu recenti A. A., i quali hanno voluto identificare le strie con queste formazioni incostanti del tes- suto contrattile che si rinvengono anche nei muscoli volontari. Di questa opinione sono Schmidt 1910 ed Aime 1911; il primo ri- scontro nei muscoli volontarii umaui il reperto gia osservato nei cuore ; il secondo descrisse nei muscoli omojoidei della testugine nodi trasversali di vario aspetto ed estensione.

Onde studiare gli eventuali rapporti tra strie intercalari e nodi trasversali, ho esaminato un buon numero di miocardii umani ap- partenenti ad individui di varia eta, morti per malattie diverse, e prelevati poche ore dopo la morte, e miocardii di alcuni animali (co- niglio, cavia, cane, riccio) uccisi per dissanguamento o per puntura del bulbo e prelevati sia prima che durante la rigidita cadaverica. Ho voluto inoltre fissare alcuni cuori ancora pulsanti e non retratti per ricercare se in queste condizioui di flssazione le strie e le onde fossero presenti e se queste favorevoli condizioni di flssazione del materiale avessero qualche influenza sull' aspetto ordinario della sLriatura trasversale e sulla frequenza e distribuzione delle strie e dei nodi.

II fissatore di preferenza adoperato fu il liquido di Maximo w Ia formula, che per lunga esperienza mi ha dati ottimi risultati nei trattamento del tessuto contrattile. Altro materiale venne fissato con la formalina alcalina al 10 %• Le sezioni furono trattate con la ematossilina feirica, col metodo di Bremer, con l'ematossilina fosfo- molibdica, col metodo di Achucarro modificato da Del RioHortega. Vennero eseguite inoltre osservazioni a fresco con materiale prele- vato da animali viventi (bufo, cane) e mantenuto in liquido di Rin- ger a 38°; in tale materiale fu possibile osservare al microscopio le fibre in contrazione.

Poiche il compito che mi son proposto e stato quello di stu- diare comparativamente le strie intercalari ed i nodi trasversali, ho

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scelto nella descrizione dei reperti specialmente quei easi nei quali si osservavano contemporanearaente le due formazioni.

RlASSUNTO DELLE OSSERVAZIONI.

I. Materiale umano.

Neonato di quattordici giorni morto per malattia acuta. II cuore fu raccolto dieci ore dope la raorte ed era iu rigidita cadaverica. Nelle sezioni dei pezzi fissati in liquido di Maximow e colorati con ematossilina ferrica si osservarono intere travate in cui i nodi tra- sversali, omogenei e colorati in nero, si susseguivano come le perle di una collana. Essi apparivano di vario spessore, si estendevano per tutta la larghezza della ft bra ed oluepassavano i margini di essa. Al- cuni pero erano estesi a poche mioflbrille soltanto.

In vicinanza dei nodi la libra appariva profondatnente modifi- cata, nel senso che il regolare alternarsi dei Q e dei teloframmi era completamente sconiparso per tratti piu o meno estesi, e la libra appariva oniogenea. Nelle travate dove i nodi erano assai ravvici- nati non si distinguevano ne i, teloframmi ne i Q. Nelle rimanenti zone del preparato le strie intercalari erano nettamente visibili sotto forma di bastoncini trasversali sottili, intensamente colorati, com- presi tra segmenti contrattili completi e normali. La distanz;i tra una stria e 1' altra era quella dei miocardii normali, e cioe fra esse erano interposti da 20 a 30 segmenti contrattili.

Bambino di due anni morto per meningite tubercolare.

Dodici ore dopo la morte il cuore era in rigidita cadaverica, e nelle sezioni della parete ventricolare e dei muscoli papillari intere travate erano occupate da nodi voluminosi che conferivano ad esse l'aspetto di collane di perle. Generalmente nelle sezioni osservate non si distingueva la striatuxa trasversale ; poco distinta appariva la striatura longitudinale. Soltanto in zone assai ristrette era pos- sible distinguere il periodico alternarsi del Q e dei teloframmi. In queste zone le strie intercalari apparivano come bastoncini trasver- sali intensamente colorati comprosi tra segmenti contrattili normali distanti 1' una dall' altra come nei miocardii normali.

Uoino di venticinque anni morto per influenza. Nelle sezioni della parete e dei muscoli papillari del ventricolo sinistro di questo individuo i nodi erano in scarso numero e di va-

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rio spessore ; da un lato e dall' altro di questi, per tratti piu o meno estesi, era scomparsa la striatura trasversale. Le strie inter- calari erano distribute nelle varie travate come nel miocardio nor- male, ma apparivano ampie e scolorate come si osservano talvolta in miocardi di individui di questa eta.

In tntto il resto dell' abbondatite umano raccolto non ho po- tuto trovare, nel contesto delle travate muscolari, altre formazioni all' infuori delle strie intercalari.

II. Materials proveniente da altri animali.

Alio scopo di ricercare se lo stato di distensione o non del miocardio avesse qualche rapporto con le strie e con i nodi, ho lis- sato i cu'ori di alcuni animali (cane, coniglio) in distensione, operan-

* t 21

i'ig. 1. Sezioue lonjiitudiuale delle travate miocardielie del caore del coniglio delta dgura 4. In mezzo ai aegraenti contiattili di aspetto nonuale si notauo le strie intercalari eaili e nodose. Kiss, in liq. di Maximow e col. con ematoss. t'errica. Ingr. 1900 X-

do nel seguente modo. Messo alio scoperto il cuore dell' animale, ho legati singolarmente i vasi afferenti e I' arteria polmonare, ed at- traverso 1' aorta ho fatto passare 1' ago di ana siringa di Pravatz, su cui ho legato poi il vaso. Mediante una siringa con liquido di Ringer a 38° circa, ho riempito saccessivamente le cavita cardiache spingendo a volta a volta 1' ago nel loro ambito. Ottenuta la di- stensione, ho fatto passare un ago assai sottile attra verso la pa- rete del ventricolo sinistro, in modo die il liquido di Ringer potesse

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lentamente defluire ; contemporaneamente ho sostituito al Ringer il liquido fissatore (Maximow), e spingendo 1' iniezione con una certa pressione, ho mantenuta la distensione delle parefci curdiache. Quan- do il Ringer fu completamente scacciato dalle oavita, vennero riti- rati gli aghi, stretto il nodo sull' aorta ed innnerso 1' organo intero nel fissatore. Ventiquattro ore dopo esso era gia indurito, ed allora venne diviso in due parti, lasciandolo ancora per ventiqaattro ore nel fissatore ; poi venne trattato col solito inetodo. II cuore si con- trasse quasi regolarmente sino a quando la prima iniezione di fis- satore era penetrata nelle sue cavita, e rispose alio stimolo mecca- nico con contrazioni lente sino a quando fu riempito quasi comple-

%

il

Fig. J. - Sezione longitudinals delle travate miocardiche del euore dul coniglio della figuia 1 in corri- apoudeuza della zoua dei nodi. Fias. con 1. di Maximow e color, con ematoss. ferrica. Ingr. 1900 X-

tatnente. Percio possiamo ritenere che la fibra fu sorpresa dal fis- satore in piena attivita, e venne abolito, od almeno ridotto al mi- nimo, il cosi detto periodo agonico, a cui alcuni ricercatori (Ta- wara, Sapegno) hanno voluta attribuire non poca importanza per la genesi delle strie intercalari.

Nel coniglio e nella cavia l'esame delle sezioni ha dimostrato : che nel miocardio la disposizione della sostanza contrattile e iden- tica a quella delle fibre volontarie fissate in distensione, e che lo

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spessore dei segmenti contrattili e maggiore di quello one si ha nelle sezioni di miocardio non disteso.

Per questa condizione riesce agevole vedere le strie intercalari in forma di bastoncini nodosi, di modico spessore, interposti tra due segmenti contrattili (Fig. 1). In alcune travate pero, senza alcun ordine, si trovano nodi intensarnente colorati, di forma e gran- dezza varia, talora biforcati, ed in queste zone il regolare alternarsi dei granuli Q e dei teloframmi e in gran parte scomparso (Fig. 2). Alcuni nodi pero risultano da linee trasversali simili a teloframmi intensarnente colorati e ravvicinati gli uni con gli altri (Fig. 3).

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: « : m

Fig. :>. Sezione longitudinale tlella travata raiocardica di cavia. Si uota ail uua estreiuita l'aspetto norm ale del tessuto contrattile ; uel resto dolla sezione si ve&e tin uoilo di modico spessore, co- atitnito da linee ravvicinate, in mezzo alle quali e raccolta una sostanza omogenea colorata in nero dall' ematossilina. Fiss. con 1. di Maximow e col. con ematoss. ferrica. Ingr. 1900 X. Le figure 1, 2 e 3 sono state disegnate con la camera lucida di Abbe-Zeiss, e con luce artiflciale.

Questo fatto era stato notato da Schmidt 1910 nel miocardio del- l'individuo colpito dalla corrente elettrica e da Aime 1911 nei mu- .-scoli omojoidei della testuggine. Nelle sezioni dei muscoli papillari iii coniglio ho notato inoltre che i nodi occupavano una ristretta zona del preparato, interessando un certo numero di travate, mentr.e in tutte le rimanenti l'aspetto della struttura del miocardio era per- fettamento normale (Fig. 4).

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Cane giovane. (^uedco anirnale fu ucciso per dissanguamonto ed il cuore fu flssato subifco in formalina alcalina al 10 %■ Le sezioni furono ottenute col micro to mo congelatore e vennero trattate col metodo di Achucarro modif. da Del Rio-Hortega.

Nelle sezioni della parete ventricolare si nofcarono alcuni nodi raccolti in zone assai ristrette. Questi nodi apparivano come ispes- simenti delle fibre ed erano attraversati da fini linee intensamente colorate in nero estese sino ai margini del nodo. In altri casi il nodo risultava di una serie di piccoli nodi intimamente connessi con le varie miofibrille della travata. Ciascun piccolo ispessimento

Fig. 4. Sezione lougitudinale del mascolo papillate <le ventricolo sinistro del cnore di un coniglio flssato in distensione col liqnido di Maximow. In mezzo alle travate di aspetto nonnale si nota una ristrelta zona in cui sono contenuti i nodi in numero assai rilevante. Figura seniischemati- ca, ingrandimento 25 X- Col. con eraat. ferrica.

era separato dagli altri per un intervallo assai ristretto : spesso due erano fusi fra di loro. Le strie intercalari in questi preparati ap- parivano costa'ntemente come spazi scolorati, limitati dai granuli Q. In altri animali (cavia, rana, riccio, coniglio, etc.) non si rin- vennero mai nodi trasversali, mentre si riconoscevano distintamente le strie intercalari.

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3. Osservazioni a fresco.

Miocardio di Bufo vulgaris. Alcuni pezzi e3cissi dalla parete del ventricolo sinistro del cuore pulsante vennero dilacerati con gli aghi in liquido di Ringer a 38° circa. In tali conclizioni molte fibre erano percorse per tutta la lore esfcensione da nodi, simili ad onde, che si susseguivano ritmicamente da ua estreino all'altro della fibra e che scomparivano col raffreddamento. In esse era sempre visibile la striatura trasversale: pero i telofranimi erano ravvicinati in cor- rispondenza dell' onda. Le strie intercalari apparivano come linee trasversali spesse e refrangenti.

I nodi percorrevano talvolba 1' intera travata oltrepassando dette strie, altre volte si arrestavano dileguandosi in prossimita di queste, che apparivano come striscie trasversali assai refrangenti, striate trasversalmente da fini linee parallele assai ravvicinate, estese da un estremo all'altro. In ogni caso la striatura trasversale della fibra non appariva modificata oltre 1'ambito del nodo.

Muscoli volontarii. Bafo vulgaris e Cane. Anche in questo materiale venne osservato che le fibre dissociate con gli aghi veni- vano ritmicamente percorse per tutta la loro lunghezza da ispessi- menti nodulari simili a piccole onde, striate da fini linee trasversali oscure assai ravvicinate, estese da un estremo all'altro. La striatura trasversale tornava normale dope il loro passaggio. Arrestatosi il fenomeno, dopo alcuni minuti esso poteva essere ripreso aggiun- gendo nuovo Ringer tiepido o facendo pervenire sotto il vetrino co- prioggetti qualche goccia di una soluzione di acido picrico.

RlASSUNTO E OONCLUSTONI.

Da quanto sopra ho riferito e dalla osservazione delle figure annesse risultano in modo evidente principalmente due fatti : che le formazioni in forma di nodi irregolari, intensamente colorati, rap- presentano un reperto iucostante del tessuto contrattile striato, e che esse sono profondamente dissimili dalle strie intercalari. Di- fatti nell'abbondante e vario materiale di cui mi sono valso per lo studio dolle strie, solo nei pochi casi sopra riferiti mi fu dato riscontrare le formazioni anzidette. Invece ho ritrovate le strie in ogni caso, sicche, per questo riguardo, non posso confermare l'osser- vazione di Sapegno 1908 il quale affermava che dette strie fanno difetto nei miocardi cosi detti flaccidi.

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I caratteri morfologici che distinguono i nodi trasversali dalle strie intercalari possono cosi riassumersi : i nodi oltrepassano gene- ralmante in estensione i margini della travata nella quale si tro- vano, per cui appaiono come ispessimenti della travata stessa ; il loro spessore non e unifonne ed i loro margini sono percio irrego- lari. La loro posizione rispetto alia striatum trasversale e assai irregolare: alcune volte sono disposti trasversalmente, occupando un numero variabile di segmenti contrattili; tal'altra sono situati obli- quamente rispetto ai teloframmi. Spesso sono biforcati alle estre- mita; qualche volta non raggiungono un margine della travata, ma interessano poche miofibrille della travata stessa. Esse inoltre appa- iono senza struttura visibile nel maggior numero dei casi ; qualche volta invece, nei preparati trattati con l'ematossilina ferrica e con- veuientemente differonziati, appaiono striati trasversalmente da linee parallele ravvicinate. La striatura trasversale della fibra muscolare e quasi sempre modificata ai loro limiti: si osserva piu frequente la scolorazione dei granuli Q, che diventano sempre mono evidenti man mano che ci si avvicina al nodo, piu raramente si scolorano e si rendono invisibili i teloframmi.

All'incontro le strie intercalari sono di eguale spessore in tutta la travata, e solo nei miocardi assai giovani appaiono nodose per lievi ispessimenti a rosario. La loro intima costituzione fibrillare e manifesta costantemente nei preparati trattati con l'ematossilina ferrica. I segmenti contrattili limitrofi non presentano alcuna modi- ficazione nel regolare alternarsi delle strie chiare e delle strie scure. Le strie intercalari sono situate tra i segmenti contrattili in corri- spondenza di un teloframma, non invadono mai i segmenti stessi, ma sono contenute e limitate da essi. Le strie inoltre, a differenza dei nodi che sono sparsi senza ordine alcuno, presentano una distri- buzione speciale in rapporto al territorio del miocardio dove sono situate, fatto che era stato notato anche da Palaczewska 1910 e da v. Ebner 1914.

La incostanza della presenza dei nodi ed i caratteri da me rile- vati non lasciano alcun dubbio che essi siano delle formazioni diffe- renti dalle strie. Riguardo ai reperti ottenuti da Aime 1911 nei mu- scoli omojoidei della testuggine mi pare assai lecito il dubbio che le cosi dette strie intercalari tiovate da questo A. non siano altro che dei nodi di piccole dimensioni. In appoggio alia mia opinione stanno questi fatti: nessuno fra gli AA. che si sono occupati dello studio delle strie intercalari ha dubitato che esse appartengano al miocardio soltanto, e siano anzi uno dei caratteri fondamentali

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che distinguono il tessuto contnifctile del cuore dai muscoli volon- tari (Tandler 1913); I pretesi bastoncini che costituiscono queste strie secondo Aime non possono esser paragonati a quelli descritti da Hoche 1897 nel niiocardio umano, ne a quelli osservati da Bro- wicz 1897 nello stesso materiale, appunto perche quest' ultimi sono assai piii fini e regolari.

Riser vandomi di tornare sull' argomento con ricerche in corso, dalle quah ho ricavati dei fafcti che credo di un certo interesse, mi limito qui ad accennare ad alcune particolarifca riscontrabili nei nodi ed al loro probabile signifies to.

Da quanto si osserva nei preparati ben differenziati, i nodi ri- sultano da un numero piu o meno rile van te di linee trasversaii, parallele, ravvicinate, che si estendono da un margine all' altro della travata (fig. 3), e da una sosfcanza omogenea, fluida, intensa- inente colorabile, raccolfca fra le linee che costituiscono il nodo. Per la presenza ai margini dei nodi delle zone scolorate, si ha l'impres- sione che la sostanza colorabile (granuli Q e granuli interflbrillari) di una vnsta zona della travata, perduta la sua normale distribu- zione, si sia raccolta, come un'onda liquida, nella parte media del tratto di travata modificata.

In altri casi pero il nodo risulta suddiviso in una serie di ba- stoncini o granuli allungati legati alle singole mioflbrille della tra- vata, situati alio stessc livello e separati da spazi assai ristretti cornspondenti agli spazi interflbrillari. In questo caso non riesce possibile deflnire se il granule o i bastoncini rappresentino un gra- nulo Q enormemente ingrossato od un nodo elementare. E assai probabile che da questo tipo di nodi, in cui cioe le alterazioni sono limitate alle singole mioflbrille, si arrivi alia formazione dei nodi orhogenei intensamente colorati per la presenza dei granuli interfl- brillari che si ammassano nella zona alterata della travata mio- cardica.

Da quanto siamo venuti esponendo io credo sia molto verosimile ammettere che queste formazioni nodulari riscontrabili nei muscoli lissati e colorati siano identificabili con le onde di contrazione visi- bili a fresco, perche in ambedue i casi queste formazioni hanno le medesiine dimensioni e presentano le medesime linee caratteristi- che, fini, parallele ed estese da un estremo air altro. Queste linee ricordano le strie delle contrazioni muscolari localizzate. Q.uindi noi dobbiamo considerare i nodi come 1' espressione microscopica di con- trazioni muscolari localizzate (Engelmann, Heidenhain). La que- stione poi se questi nodi debbano considerarsi come il'reperto mi-

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croscopico del processo della contrazione fisiologica, o debbano con- siderarsi come il risultato di contrazioni anormali che ai determi- naiio n^l tessuto contrattile nelle condizioni sopra esposte di osser- vazione e di esperimento, rimane seinpre dubbio. A me basta aver dimostrato che i nodi delle travate del miocardio sono, per costitu- zione ed origine, delle formazioni profondamente dissimili dalle strie intercalari.

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30 T a w a r a S. ved . Aachotf.

31. Tawaia S. Das Reizleitungssystem des Saugetierherzeus. G Fischer, Join. 1906.

GIUSEPPE COLOSI

Contributo alia conoscenza degli Entomostrachi libici

(Con 4 figure).

E vietata la riproduzione.

J,e conoscenze intornu agli Entomostrachi libici sono assai scarse. La bibliografia dell'argomento, per quanto mi risulta, si ri- duce a un solo lavoro di V. Brehm ('), che illustro gli esemplari raccolti da Klaptocz, riscontrandovi le seguenti specie, nessuna delle quali nuova:

Branchiopodi

Daphnia pulex. De Geer, In una cisterna presso Derna. Moina brachiata. Jurine. In una fontana dell'Oasi di Tripoli. Ghydorus sphaericus. Auct. Derna.

Copepodi

Cyclops prasinus. Fischer. Derna.

Cyclops oithonoides var. hyalina. Rehb. In una cisterna, presso Derna.

Woltersforffia confluens. Schmeil. Acque salmastre presso Ben- gasi.

(l) V. Brelim, Entomoattakeii aus Tripolis und Barka. Ergobuisee eiuor Keise nacb Nord- Ifrica von Dr. K. Klaptocz. Zool. Jahrb., %««., XXVI, 1908.

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Ostiacodi

Gyprinotus incongruens (Ramdohr). In una fontana dell' oasi di Tripoli.

Cypris reptans. Baird. Mimuna nel Garian.

Delle quattro specie da me studiate nessuna e compresa nel precedente eienco; una di esse e stata raccolta dal colonn. medico Al- fredo Andre ini e tre dal Padre Vito Zanon, entrambi noti per le loro beneinerenze come raccoglitori.

Specie studiate:

Branchiopodi

Apus Zanoni, n. sp. Leptestheria lybica, n. sp. Branchipus pisciforrnis. Schaeffer.

Copepodi

Diaptomus salinus. Daday.

Apus Zanoni n. sp. (')

Femmina:

Scudo dorsale debolmente carenato, cume in A. numidicus, in contatto per tutto il suo decorso coi sottostanti tergiti, poco piu lungo che largo; margine posteriore rientrante a semicerchio, senza angolo, ornato da -1244 brevi denticoli. Parte nuda del corpo un

Fig. 1. Apus Zanoni. Ultiiui aeginenti addomiuali e base tlei cercopodi, visti dal di sopra.

po' maggiore dello scudo, gracile, lievemente attenuata aU'estremita. Segment! 34; 10 coperti dallo scudo, 24 scoperti; 23 muniti di zampe, 11 apodi. Segmenti nudi provvisti superiormente da circa 8 spinule subeguali regolarmente disposte. Ultimo segmento superior-

i-') Specie dedicata al Padre V ito Zanon, che la raccolse.

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mente con una serie mediana di poche spine (3-5) disuguali, raargine distale con 4-5 denticoli lontani l'uno dall'altro, varie spine sui mar- gini laterali, piu grosse distalmente presso la base dei cercopodi, due placche di spinnle fttte disposte lateralmente a meta del segmento; inferiormente pochi denticoli mediani, alcuni in prossimita del mar- gine distale ma non sporgenti da esso; spine piu pronunziate ai due margini laterali e specialmente presso la base esterna dei cercopodi. Cercopodi lunghi circa quanto la parte nuda del corpo, costituiti da articoli brevi, senza denticoli, ma con setole cospicue (Fig. 1).

Tre femmine ovigere lunghe rispettivamente mm. 24-22,5-20, raccolte in un piccolo stagno formato dalle acque piovane e che dura solo 3 o 4 mesi ; alle Due Palme presso Bengasi. Febbraio 1916. leg. P. Yito Zanon.

Leptestheria lybica, n. sp.

Maschio :

Guscio pellucido, mediocremente compresso, cicladiforme, lun- ghezza doppia o poco piu che doppia dell' altezza ; margine supe- riore quasi retto appena sporgente a livello dell'umbone e all'estre-

Fig. U. Leptestheria lybica. a, guscio ; b, rapo del inascliio.

Fig. 3. Leptestheria lybica. Estreiuita delle zaiupe del 1" paio del maschio,

Fig. 4. Leptestehria lybica. Estreiuita dell' addonie. vista di jirofllo.

mita posteriore, margine anteriore bitroncato, margine inferiore re- golarmente arcuato, margine posteriore allungato; 17-19 costole di cui 4 distali ravvicinatissime; anteriormente tutte le costole si rav- vicinano e passano sopra 1'umbone ove terminano, posteriormente le •■> costole distali sono evanescenti; umbone piccolo, prossimo al margine anteriore. Antenne superion con ambo i rami di 16 arti- coli; antenne inferiuri con 18-19 tubeicoli sonsori. Angolo occipitale del capo sporgente ad angolo acuto; profilo post-occipitale con con- cavita a semicerchio. Estremita del rostru annate di una spinula.

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Fornici distinte, lievemente curve, attingenti l'estremita del rosfcro. Tronco col solo telson scoperto dal guscio ; nessun segmento e dor- salmente tubercolato ; soltanto qualche breve setola al margine dor- sale. Zampe 27 paja, le sette posteriori ridotte, l'ultima di esse ru- dimentale. L'ultimo segmento distinto del tronco e apodo. Un altro segmento coalescente col telson e distinto da esso solo nella parte ventrale. Carene posteriori cigliate e munite di aculei un poco ar- cuati; due flagelli al margine dorsale anteriore. Appendici poste- riori ricurve e lunghe quasi il doppio degli aculei delle carene po- steriori.

Cinque esemplari con guscio lungo mm. 8-9, raccolti in un pic- colo stagno formato dalle acque piovane e che dura solo 3 o 4 mesi; alle Due Palme presso Bengasi. Febbraio 1916. Leg. P. Vito Z.anon.

Branchipus pisciformis, Schaeffek.

Branchipus stagnalis, Auct.

Numerosissimi campioni raccolti in una pozzanghera da scolo di acque piovane presso Misurata. Dicembre 1912. leg. Col. med. A. Andre ini.

Diaptomus salinus, Daday.

1885. Diaptomus salinus Daday (Mathem. es termesz. kozlem. vomatk. a kazai viszon., XIX ; 1883).

1888. Diaptomus Blanchardi De Guerne e Richard (Bull. Soc. Zool. France, XIII: 1888).

1889. Diaptomus salinus De Guerne e Richard (Mem. Soc. Zool. France, II; 1889), ecc.

Parecchi esemplari con maschi e femmine ovigere provenienti da un piccolo stagno formato dalle acque piovane e che dura solo 3 o 4 mesi, alle Due Palme presso Bengasi. Febbraio 1916. Leg. P. Vito Zanon.

11 Diaptomus salinus, oltre che in gran parte dell'Europa, e dif- fuse abborida::temente in Algeria, ma e stato riscontrato di solito in acque un po' salate, mentre nel nostro caso pare che viva in acque perfettamente dolci. Nondimeno gli esemplari da me esaminati of- frono i caratteri tipici. D. galebi, D. alluaudi, D. aegyptiacus, spe- cie afflni a D. salinus, sono state rinvenute in Egitto.

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APPENDICE

Apus cancriformis nell'Eritrea.

Le cospicue raccolte zoologiche fatte dal Colonn. Medico A. And rein i nell'Eritrea hanno fornito gran copia di inateriale in- teressante che e stal.o in parte illustrate- nel Bollettino della Soc. Entomologica italiana dal 1902 in poi. Ma per qnanto riguarda i Crostacei la raceolta si limita a 5 esemplari di Apus cancriformis catturati entro una pozza d' acqua ad Adi Caie, nel setfcembre del 1902. Sono esemplari di graudi dimensioni e non differiscono altro che per la mole un po' maggiore dai rappresentanti europei. Uno di essi e lungo mm. 34, esclusi i Cercopodi. Le maggiori dimensioni che la specie raggiunge in Africa erano state gia notate da S imo n (').

(') E. Simon. Etude sur les Crustacea terreslres et fl'uviatilea recneillia en Tunisia en 18*3. 1884 et 1885. Exploration sdentifique de la Tunisie, Paris, 1885.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiauo e vietata la riproduzione.

Gosimo Gherubini, Amministratore-responsabile.

Fireime. 1921. Tip. L. Niecolai. Via Faenza. 52.

. Honitore Zoologico ItaUano,Anno XXXI

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Giampieri ili.s.

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IX

Monitore Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Ortjano ufficiale della Unione Zoologica Italiana

GIOLIO UHIARUGI EUGENIO PICALBI

Prof, di Anatomia muaua Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nei R. I.stituto di Stndi Super, in Firen/.e nella It. University di Pisa

con la <:o i. r. \ no i: a z ion k

BECCARI N. (Firenze) - GIACOMINI E. (Bologna) LEVI G. (Torino) - LIVINi F. (Milano) LOPEZ C. (Pisa) - STADERINI R. (Siena)

Ufficio (ii Direzioue ed AuiuinuaUa/;iuue; l.slilul.o Auiif.omi<:o, b'iieiize. 13 iimneri all'anno Abbuouamento annuo L. 30.

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 8.

SOMMARIO: Gomunicazioni originali: Busacca A., Sulle vie efferenti delle emi- nenzo quadrigemelle del cane (Con 2 flg.). Rappini M.f Sidle espansioni nervose nei fusi neuro-muscolari e nei lendini delle Lueertolo. Vastarini- Cresi G., Aneora sulla colorazione del glicogeno dei tessuti (colorazione in toto). Pag. 125-139.

Sulle present] condizioni delle Tavole di G. Fabrici d'Acquapondente. (G. Fa- varo). Pag. 140.

COMUNICAZIONI ORIGINALI

ISTITUTO ANATOMICO DELLA R. UNIVERSITA DI PALERMO. (DIRETTORE INC. PROP. E. LUNA)

Sulle vie efferenti delle eminenze quadrigemelle del cane

Dott. ARGHhMEDE BUSAGGA, Assistente.

Not a preliminare

(Con 2 figure).

K vietata la riproduzione

Nonostante le numerose ricerche, in massima parte sperimen- tali, sulle vie efferenti della lamina quadrigemina, aneora oggi non si e d' accordo sulla esistenza di alcune vie di projezione di essa,

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ne si hanno notizie precise sulla origine e sulla lerminazione di tali vie.

Ho creduto utile di intraprendere una serie di ricerche, sull'ar- gomento, nei mammiferi, e riferiaco in questa nota i risultati otte- nuti producendo delle lesioni nella lamina quadrigemina del cane, e trattando poi il nevrasse con il metodo di Marchi.

La ricerca ha presentato delle difficolta tecniche, ed ha richie- sto 1' esame di una gran quantita di matenale, per poter scegliere tra esso quello che non si prestasse ad erronee interpretazioni. Di ventotto esperienze eseguite, solo nove poterono essere utilizzate, e dallo studio di esse ho potuto stabilire i seguenti fatti.

Le eminenze quadrigemelle sono collegate con i segmenti del nevrasse ad esse sottostanti, da due vie lunghe che si estendono sino al midollo, e percio credo debba loro conservarsi il nome di vie tetto-spinali. Di esse una e diretta 1' altra crociata.

La via tetto-spinale crociata e rappresentata da un unico fascio che degenera tutte le volte che si produce una lesione non super- ficiale delle eminenze anteriori. Io ne ho riscontrato la degenera- zione in otto su nove delle esperienze da me prese in considera- zione ; mancava in uno in cui la lesione era limitata alio strato delle fibre tangenziali, e solo in qualche punto raggiungeva lo strato delle cellule orizzontali. Negli altri casi ho potuto no tare che il fa- scio era tanto piu cospicuo e piu esteso in direzione caudale, quanto piu estesa era la lesione del la eminenza anteriore. Infatti, in una esperienza in cui essa era minima, le fibre degenerate erano scarse, e la degenerazione si arrestava nella parte piu alta della protube- ranza. In altri casi ho potuto seguire la degenerazione del fascio sino a livello del rigonfiamento cervicale del midollo.

Le fibre, che si sono originate dai varii strati della eminenza quadrigemella anteriore, decorrono radialmente verso la faccia dorso- lateral della sostanza grigia centrale dell' acquedotto di Silvio, co- steggiano detta faccia della sostanza grigia, passano nella formazione reticolata del mesencefalo e, descrivendo una curva a concavita dorso- mediale, si portano verso la linea mediana, passando tra fascicolo longitudinale mediale e nucleo rosso. Sulla linea mediana si incro- ciano con le fibre del fascio omologo proveniente-dall' altro lato, e vanno a situarsi postero-medialmente al nucleo rosso, dal lato op- posto a quello di origine.

L'incrocio si inizia a livello della emergenza delle prime radi-

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cole del nervo oculomobore comune, e termina a livello della estre- mita caudale del nucleo rosso.

II fascio appena incrociatosi assume decorso longitudinale, e di- scende nel ponbe, nel bulbo e nel midollo.

Nella parte media del ponte esso subisce uno spostamento in direzione ventro-laterale, allontanandosi dal fascicolo longitudinale mediale e dalla linea mediana; poi torna ad avvicinarsi alia linea mediana ed al lascicolo longitudinale.

Nella parte piu bassa del bulbo esso torna a spostarsi ventral- mente, avvicinandosi al margine postero-laterale del nucleo olivare inferiore.

Nel midollo decorre nella parte antero-mediale del cordone an- teriore.

f-Tl.C.

Fig. I. Schema delle vie affereuti ed effereuti delle eminenze quadrigeiuelle anteriori. F. O. fibre ottiche. F. L. fibre del leiunisco iuediale. F. T. S. C. fascio tetto-spinale crociato.

Le terminazioni delle fibre costituenti tale fascio non ci ap- paiono chiare, dato il metodo di cui mi sonservito; sicche, in base ai miei reperti, si possono solamente ammettere, in via ipotetica, le connessioni con i centri motori del rombencefalo e del midollo.

I varii ricercatori hanno generalmente ammesso che il fascio tetto-spinale crociato tragga origine dalle eminenze anteriori e dalle posteriori, e lo hanno quindi considerato come una via ottico-acu- stica riflessa discendente. In base ai miei reperti, che concludono per la nessuna compartecipazione della eminenza posteriore alia sua costituzione, si deve ammettere che esso sia aenqjlicemcnte una via ottica riflessa discendente (vedi schema 1), destinata a collegare uno

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dei centri ottici primarii con le formazioni sottostanti del romben- cefalo e del midollo.

La via tetto-spinale diretta e anch' essa rappresentata da un unico fascio che degenera tutte le volte che si produce una lesione nelle eminenze posteriori. Io ho riscontrato la degenerazione di tale fascio in sei sulle nove esperienze da me prese in considerazio- ne ; mancava in due nelle quali si aveva una vasta lesione delle eminenze anteriori, ed in una in cui la lesione della eminenza an- teriore era molto superficiale.

Nei casi in cui si aveva la degenerazione, il fascio era tan to piu cospicuo, e si estendeva tanto piu in direzione caudale, quanto piu vasta era la lesione della eminenza posteriore.

Per una lesione minima, ho visto la degenerazione arrestarsi a livello della parte piu alta del nucleo olivare superiore; in altri casi invece ho potuto seguirla sino in corrispondenza della emergenza delle radici del secondo pajo dei nervi cervicali.

Le fibre che si originano dalle cellule del nucleo della eminen- za posteriore, e forse anche dalla corteccia di essa, si portano in massima parte lateralmente, e, passando tra il nucleo deU'eininenza posteriore ed il braccio quadrigemello inferiore, si vanno a confon- dere con le fibre del lemnisco laterale. Solo qualche libra raggiunge il lemnisco passando medialmente al nucleo dell' eminenza poste- riore.

Decorrendo nel lemnisco laterale, le fibre raggiungono il corpo trapezoide, dove sono situate ventrahnente al nucleo olivare infe- riore. Nel midollo, occupano la parte antero-laterale del cordone anteriore, nella posizione del fascio olivo-niidollare (Helweg).

Non ho potuto stabilire le connessioni del fascio; iio visto che esso subisce una notevole riduzione del numero delle sue fibre, a livello dei nuclei del ponte situati postero-lateralmente al fascio piramidale; un'altra riduzione nell'attraversare il corpo trapezoide, ed un'altra ancora a livello del nucleo olivare inferiore. Questo fatto ci pud far supporre connessioni con i nuclei del ponte, con quelli del corpo trapezoide, e con il nucleo olivare inferiore; ma il fatto me- rita migliore dimostrazione.

II fascio tetto-spinale diretto, traendo origini dalle eminenze qua- drigemelle posteriori, deve considerarsi come una via acustica ri- flessa discendente, (vedi schema 2), destinata a collegare uno dei piu

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cospicui ammassi di sostanza grigia, scaglionati lango il decorso della via acustica centrale, con le formazioni grigie sottostanti del rombencefalo e del midollo.

Da alcuni Aa. e stata ammessa l'esistenza di un fascio tetto- reticolare, che collega la lamina quadrigemina con la forraazione re- ticolata del mesencefalo.

Dalle mie esperienze non risulta che si possa parlare di un vero e proprio fascio.

x r^>

Fig. 2. Schema delle vie atfereuti oil efferenti delle eminenze quadrigemelle posteriori. L. L. lemnisco laterale. F. T. S. D. fascio tetto-spinale diretto.

Ho visto, quasi costantemente, degenerare delle fibre che, dalle eminenze quadrigemelle, si portano nella formazione reticolata; ma si tratta di fibre disseminate, delle quali, alcune tenninano verosi- milmente al nucleo rosso, ed altre alle cellule della formazione reti- colata. Quindi ritengo che, almeno per il cane, non si possa dato il valore che comunemente si da alia parola fascio parlare di un fascio tetto-reticolato, ma semplicemente di fibre tetto-reticolari.

Le due eminenze quadrigemelle sono collegate fra loro da due fasci di fibre a direzione trasversale e tra loro completamente in- dipen'denti che, passando dorsalmente alia sostanza grigia centrale deiracquedotto, riuniscono le due eminenze omotipe.

II fascio che collega le eminenze anteriori e limitato ai due terzi anteriori delle eminenze, e le sue fibre si confondono cranialmente con la commessura bianca posteriore; anzi alcune fibre, provenienti dalle eminenze anteriori, entrano in' tale commessura.

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II fascia che collega h due eminenze posteriori e costituito da numerose fibre, ma e poco esteso in senso cranio-caudale.

Non mi e riuscito potere stabilire con esaUezza se, dalle emi- nenze posteriori, parbano fibre che entrano nel braccio quadrigemello inferiore. Su sei casi di lesione delle eminenze posteriori, ho avuta la degeneraziono del braccio quadrigemello soltanto in tre, ed in esai la lesione era molto estesa ed interessava in qualcuna il brac- cio quadrigemello stesso, interrompendolo al suo distacco dall' emi- nenza.

Mancava invece in tre casi in cui la lesione era limitataenon interessava il suddetto braccio.

Quindi si rimane in dubbio se, le fibre che si trovano degene- rate nel braccio quadrigemello, provengano dalla eminenza poste- riore, o se piuttosto esse non siano altro che quelle fibre del lemni- sco laterale che si portano al corpo genicolato mediale, le quali sono state interrotte all'altezza delle eminenze posteriori.

Per quanto riguarda l'esistenza di probabili vie di connessione a decorso ascendente (tetto corticali, tetto-talamiche, tetto-retini- che, etc.) ammesse da alcuni autori, diro che nei miei esperimenti non ho mai avuto degenerazione di fibre che si portano ai nuclei del talamo, od alia corteccia. In tre casi ho notatb la degenerazione della benderella ottica, ma, da un esame accurato, ho dovuto con- cludere che tale degenerazione non era in rapporto diretto con la lesione da me prodotta nella lamina quadrigemina, ma con lesioni delle cellule retiniche che, come e noto, si possono avverare in se- guito a distruzioni della lamina stessa. Infatti in un caso ho ri- scontrato la degenerazione di poche fibre nella benderella ottica dal lato della lesione; in un caso degenerazione di poche fibre nella benderella ottica e nel nervo ottico del lato opposto a quello della lesione; in un altro, degenerazione delle due benderelle e dei due nervi ottici. Quindi debbo concludere che dalle eminenze quadrige- melle anteriori non partono fibre di projezione a direzione craniale.

Palermo, settembie 1920.

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ISTITUTO DI ANATOMIA COMPARATA DELLA R. UNIVKRS1TA DI MODENA

DoTT.sa MATILDE RAPPINI

Sulle espansioni nervose nei fusi neuro-muscolari e nei tendini delle Lucertole.

E vietata la riproduzione.

In una monografia teste pubblicata {Rivista di Biologia, Vol II, Fasc. IV, 1920) ho esposto i risultati delle mie ricerche sulle espan- sioni nervose sensitive intramuscolari di alcuni Mainmiferi. Furono presi in esame i fusi neuro-muscolari e gli organi muscolo-tendinei alio scope di portare un nuovo contributo alia soluzione di alcune vecchie questioni, come quella della natura delle espansioni placoidi dei fusi e del signiftcato di quei plessicini di fibre nervose sottilis- sime che stanno attorno ai medesimi organi di senso (Ruffini, Perron cito).

Dopo queste ricerche pensai di ristudiare le espansioni nervose dei fusi neuromuscolari delle Lucertole, intorno a cui s' agitarono nuove questioni in seguito agli studi di Perroncito (1901-02); di tali questioni due soltanto mi premeva riprendere in esame con altre indagini: la forma e la disposizione che assumono le raraifl- cazioni cilindrassili per dare l'espansione principale; la derivazione delle espansioni placoidi. Circa la prima questione avanti le ricer- che di Perroncito si era stabilito specialmente da G-iacomini (1898) che l'espansione principale o primaria si comportasse pres- s' a poco come quella secondaria o a fiorami dei fusi dei Mammi- feri, cioe che essa fosse data da ramiftoazioni frequenti |e brevi, molte delle quali conformate a C o ad S con la sola tendenza quindi a circondare la libra muscolare. Perroncito invece la descrive e rappresenta come 1' espansione primaria dei fusi dei Mammiferi, fatta cioe di nastri larghi e piatti, che a guisa dl eliche o di anelli, talvolta molto lunghi, circondano completamente le fibre muscolari.

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Intorno a questo soggetto i miei gia numerosi preparati sono di una ohiarezza decisiva; essi dimostrano che I'espansione princi- pale o primaria dei fusi neuromuscolari delle Lucertole si comporta esattamente secondo la descrizione datane da Giacomini.

Osservando ad un medio ingrandimento qualcuno dei miei pre- parati si puo ricevere 1' impressione che in alcuni brevi tratti del- l'arborizzazione primaria esistano realmente avvolgimenti spirali- formi, ma quando questi stessi punti vengano esaminati a forte ingrandimento ci accorgiamo dell' inganno : tale aspetto e dato da configurazioni a C od a S, molto ravvicinate e succedentisi con re- golarita.

Ne sono la prima a correggere quest' errore d' osservazione, giacche, oltre Giacomini, se ne avvidero anche Regaud e Favre (1905), che scrissero: " Nous n'avons jamais observe les formes rubannees annulo-spirales figurees par Perroncito chez les Lezards „.

Non e questa una minuzia morfologica da non meritare la pena di soffermarvisi sopra; che anzi e di grande importanza per lo stu- dio comparativo dei fusi neuro-muscolari nelle diverse classi dei Vertebrati. Come Ruffini ha piu volte fatto rilevare, i fusi neuro- muscolari presentano caratteri profondamente diversi dagli Anfibi anuri, dove per la prima volta compaiono (Giaco mini), all'Uomo, in cui la ricchezza e la complessita delle espansioni nervose rag- giungono ll massimo grado: tali espansioni nervose hanno configu- razione e fisonomia diversa da classe a classe.

La configurazione che Perroncito attribui aU'espansione pri- maria dei Sauri e invece propria dei piccoli Mammiferi, dei quali particolarmente mi occupai. Tali cognizioni duuque sono di fonda- mentale importanza per la morfologia e fors' anche per la fisiologia comparata.

Bremer, Trinchese e Cipollone avevano ritenute come disposiziom normali le dentellature che si osservano sulla superflcie dei fusi neuro-muscolari dei Sauri, dentellature che sono piu accen- tuate in corrispondenza dell'espansione nervosa primaria. Cip olio no diede loro una grande importanza considerandole come destinate ad aumentare la snperflcie di contatto tra le fibre muscolari circostanti e I'espansione nervosa del fuso. Ebbene Regaud e Favre dimo- strarono sicuramente che esse rappresentano delle vere e proprie alterazioni, prodotte dall'acido formico usato in concentrazioni troppo elevate. Io convengo pienamente in questa spiegazione, giacche nei

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raiei preparati si osserva che i fusi delle Lucertole hanno la super- ficie costantemente liscia.

Intorno al secondo problema, cioe sulla derivazione e natura delle espansioni placoidi, non posso per ora dare alcun giudizio; diro solo che su circa, 100 esemplari di fusi che finora possiedo mai una volta mi e capitato di vedere le disposizioni descritte da Per- roncito, no quelle quasi simili vedute da Regaud e Favre.

Questa parte del problema e di grande importanza h'siologica e per la sua soiuzione portai gia nei Mammiferi nuovi contributi, che mi sembrano decisivi contro l'ipotesi che le placoidi siano di natura motrice.

Poche parole infine voglio aggiungere sulle espansioni nervose nei tendini delle stesse Lucertole. A tale proposito non posso che pienamente confermare quanto fu osservato da Ciaccio e Maz- zoni (1888-1890). Nelle Lucertole non esistono ancora organi ran- scolo-tendinei, come nei Mammiferi. L'espansione nervosa si fa sul tendine, piu o meno lontanamente dall'estremita muscolare. Osser- vai anche diversi casi in cui l'espansione nervosa si trovava nelle immediate vicinanze del punto d'inserzione dei tendini sull'osso.

Tutti i predetti punti della mia analisi verranno ampiamente trattati e documentati nei lavoro deflnitivo.

Modena, 30 ottobre 1920.

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ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA NORM ALE LtELLA R. I'MVERSITA DI NAPOLI DIRETTO DAL PROF. G. SAL VI

Ancora sulla colorazione del glicogeno nei tessuti (colorazione in to to)

Nota del dott. U. VASTARlNl-CRESl A iu to o Professore incaricato

E vietata la riproduzioue.

La lusinghiera accoglienza, che il mio metodo del cloridraio di romnilina per la colorazione del glicogeno nei tessuti {19 e 20) ha ge- neraline.nle iiiconlrato presso cultori italiani e slranieri d' istologia (nor- male e patologica) e d' erabriologia ('), non e valsa a I'armi credere che

( ) Dei tiuilfi ricercatori che sporinientarono con succesao il mio metodo ricordero i seguenti : Addari, Contino, Corti e Fussi, <1 1- Crecchio, Fiessinger, Livini, Luna, P.Mayer, Pentagna, Rollo, Scalia, Tomiselli, Varriale (v. Bibliografia). Ecco ora alcuni giudizi :

a) P. Mayer, 1' illnstre istologo tedesco che « si vasta onna ha atampato » nei campo della nticrotecnica, in an lavoro che ha per titolo « Znr Farbung dea Glykogena » {i2), dnpo aver fedel- niente riferito il metodo del cloridrato di rosanilina e rieouoaciute ginate le mie critiche agii altri metodi, dichiara di aver largainente aperimentata la nuova colorazione non soltanto sni vertebrati, ma anche angl' in vertebrati, e riasaume il sno giudizio in queste parole : « Yastarini's Methode farbt « zweit'ellos das Glykogeu acbarf und stark, die roten Grannla oder Schollen heben 8ich von dem « fast ungefarbten Grunde sebr deutlich ab. Die Priiparate sind jedenfalls viele Monate lang, wahr- « seheinlich jahrelang halt bar ». Espone in seguito alcuni propri metodi di colorazione aemplice e relativamente rapida del glicogeno, soffermaudosi principalmente sopra qnello che egli chiama « me- todo dell' inehiostro » (Tinte zur Glikogentarbung) j ma flniace per riconoaeere la superiority del mio metodo au tiitti gli altri, come pud rilevarsi dai seguenti period] : « Und nun zu den Reaultaten ! •< Bei sorgfaltigem Vergleiche gnter Priiparate die nach Vastarini' s Methode tingiert sind, und ana- « logen nach der meinigen gebe. ieh jenen den Vorzug, da in ihnen das Glykogen deutlicher hervor- •> tritt : die roten Kbrnchen aind, audi wenn sie iibereinander liegen, leichter unteracheidbar als die .< schwarzen. So weil ich aua eigener Anschaunng urteilen dart', hat Vastarini recht, wenn er seine « Methode der von Best vorzieht, <ienu diese liefert keine *o aatten Farbungen ».

b) II Fieasinger, Del auo l>el volume sulla cellula epatica (y. p. 516), dopo aver eapoato il mio metodo. parlando del suo valore, ha queste parole : « Cette methode plus fidele que la methode « a l'iode ».

c) A. Corti e T. Fussi, nei loro « Stud! sul glicogeno >■ (T), in rignardo alia tecnica usata tielle ricerche (p. 395), dichiarano quanto segue: « Noi ci attenemmo per queste ricerche al metodo .< proposto pochi auui or souo dal Vaatar ini-Cr eai. Uno di noi in antecedeuza a queate ricerche «< ne aveva fatte altre.di controllo t'ra il metodo del carminio di Beat e quello delle fucsiue di Va- « a tar in i -C re si, otteneudo riaultati tali da far ritenere il aecondo certamente superiore al prirao <• per aiourezza di applicazioue. elettivita specifica. e almeno pari per finezza di riaultati ».

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il melodo stesso fosse perfetto; che anzi mi ha spronato a perfezionarlo e sopra I ul to a renderlo piii semplice e spedito.

In vero il prihcipale difetto del mio come di iutti gli altri rae- todi che si prefiggono il medesimo scopo sta appunto nella conside- revole lentezza.

E noto che, fino ad ora, la dimostrazione istologica del glicogeno non si e mai potuta ottenere se non snlle sezioni microtomiche d'i og- getti gia inclusi in celloidina o in paratflna. Inoltre, pet* le ragioni da me altrove {19) ampiamente esposte, le sezioni medesime debbono essere colorate senza previo incollamento sui vetrini, cioe a dire debbono essere trasportate libere o volanti dalTuno all'altro liqaido mediante una spatola od alfcro adatto istrumento. I numerosi tentativi latti da me e da altri per potere eseguire la colorazione del glicogeno sopra sezioni previamente attaccate sulle lastre (portoggetti) o sui vetrini (coproggetti) hanno fallito quasi completamente alio scopo. Infine, quando si abbia da Tare con oggetti molto fragili o delicali, e necessario ricorrere al cosi detto collodioaage delle sezioni medesime. Si comprende agevolmente come, in tal case, le ricerche si rendano ancor piii lunghe e penose, specie se debbansi esaminare sezioni seriali di organi o d'interi embrioni.

Per rimediare a cosi grave inconveniente nessun mezzo fu da me risparmiato, e, gia nella mia seconda comunicazione f'atta suU'argomento aH'Accademia medico-chirurgica di Napoli nel giugno del 1909 (:>^>), annunziavo, in via preliminare, di aver tentata « la colorazione del gli- « cogeno net pezzi in tolo; ma aggiungevo i risultati finora otte- « nuti, per quanto incoraggianli, non furono del tutto soddisfacenti ». Oggi pero, dopo parecchi anni da quei primi tentativi, posso senza esita- zione aflermare d'aveiMinalmente risolulo rimportanle problema tecnico.

Se volessi qui riferire gl' innumerevoli saggi da me fatti per giun- gere a precisare le condizioni necessarie alia sicura riuscita del me- todo, potroi riempire parecchie pagine. Preferisco di esporre il piii bre- vemente che mi sara possibile il mio nuovo modus agendi.

1. Fissazione. Organi od embrioni, freschissimi, si fissa'no, secondo le normo consuete, in uno dei seguenti liquidi alcoolici:

a) alcool etilico pure a 90°-99°;

b) t'ormalina alcoolica con o senza aggiunta di acido acetico (al- cool a 94° cm3 90 -f t'ormalina del commercio cm3 10 -f- acido acetico glaciale cm3 5).

<■) sublimate alcoolico (sublimate- corrosive gr. 5 -f alcool a 75° cm3 100 -f- acido acetico glaciale cm3 5) :

d) alcool acetico del Camay, meglio conosciuto sotto il nome di liquido di Carnoy-van Gchuchten (alcool assoluto cm3 60 -f- clorotbr- mio cm3 30 -J- acido acetico glaciale cm3 10) (').

(*) Xuu ho esperienzH peraonale dei fissatoti «lol Neukirch (solnzionL ucquoae di furiuulinu o di

subliuiatu. saturate cou daatrosio) ue di quello del Beibliugei' (auetoue -\- alcool asaoluto Va).

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II tempo d' immersione dei pezzi nel liquido fissatore varia, natu- ralmente, a seconda dei casi; ma, in generate, e consigliabile di non pro lungaiio senza un' assoluta necessita e cio per evitare un eccessivo in- durimento dei tessuti.

2. [)ecalcipicazione (eventuale). hopo gli opportuni lavacri in alcool puro, alcool iodato ecc, si procedera, se del caso, alia decalcifi cazione. che dovra esser fatta anch' essa con liquido alcoolico. Tra ie varie soluzioni io do la preferenza alia seguente :

Alcool a 90° cm.3 100

Acido cloridrico puro » 5 La decalcificazione e assolutamente necessaria per gli embrioni, an- che se in essi il processo di ossificaziono sia appena agl'inizii; ne sa- rebbe opportuno aftidarla al tenue potere decalcificante dell' acido clori- drico contenuto nella miscela colorante, poiche 1' acidita di questa ne sarebbe nolevolmente diminuita, se non del tutto annullata, a scapito della elettivita e della nitidezza della colorazione. Sembra infatti accer- tato che la pres^nza dell' acido cloridrico nella soluzione colorante sia destinata precipuamente ad evitare che, oltre al glicogeno, si colorino in rosso i nuclei e le altre formazioni plasmatiche o metaplasmatiche.

Debbo anzi aggiungere che un bagno di qualche ora nell' alcool clo- ridrico riesce vantaggioso anche pei pezzi che sicuramente non conten- gono tessuto osseo, forse perche in tal modo viene preventivamente e completamente neutralizzata 1' alcalinila dei tessuti.

3. Colorazione. Dall' alcool cloridrico i pezzi o le felte, di qua- lunque larghezza, ma non piu spessi di 1 centimetre saranno immersi direttamente nella sostanza colorante, che potra prepararsi, anche molto tempo prima dell'uso, secondo Tuna o l'altra delle seguenti l'ormule :

Formula I.

Kresofucsina del Griibler gr. 0.50 Alcool a 94° cm.:i 100.00

HG1 puro e concentrato » 2.00 Si sciolga a freddo la kresofucsina nell' alcool e si aggiunga. poi, goccia a goccia, I' acido cloridrico.

Formula 11. Soluzione A : liquido del Weigert (fucsilina) per la colorazione delle

fibre elastiche cm.3 50. Soluzione B: Resorcina gr. 2 I- fucsina basica gr. 1 4~ alcool a 94° cm.3 50 -f- HG1 puro e concentrato cm.3 2. Si prepari dapprima la soluzione A secondo le prescrizioni del Weigert; si allestisca quindi la soluzione B sciogliendo. a t'reddo nel- T alcool la resorcina e la fucsina ed aggiungendo poi goccia a goccia T acido cloridrico. Si mescolino in ultimo le due soluzioni.

Circa la durata della colorazione varranno le seguenti norme: Du- rante le prime ore (6-24, a seconda dei casi) i jic/./.i resteranno nella

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miscela colorante in recipiente chiuso : ma, trascorso questo tempo, sara necessario che il recipiente (preferibilmente una vaschetta di ve- tro a pareti basse ed a larga apertura) resti scoperto ed al riparo dalla polvere fine a che il liquido, per evaporazione di una buona meta dell' alcool, abbia acquistata una consistenza leggermente sciropposa. Un riscaldamento nel termostato a -j- 28°-32° o. meglio ancora, la espo- sizione in ambiente bene aerato potranno abbreviare notevolmente la durata della immersione. Quando si sia ben cei'ti dell'avvenuta eolora- zione (*) i pezzi saranno lavati nell' alcool a -i- 90"-94\ che sara piii volte ricambiato fino a che i pezzi stessi non gli cedano piii sensibili quantita della sostanza colorante. E in questo momento che. il piii delle volte, e possibile verificare, anche ad ovchio nudo, la riuscita del me- todo, poiche le parti riccamente provviste di glicogeno appariranno co- lorate in rosso vivo e spiccheranno sulle altre che si mostreranno di un colorito violetto piii o meno intense. E cosi che, a mo d"esempio, in embrioni di mammiferi della 2a meta della gestazione (divisi in seg- menti dello spessore di 1 cm.), la superficie cutanea si presenta di un bel colore rosso-amaranto, mentre i plessi coroidei, la mucosa orale, il cuore, le diramazioni bronchiali si mostrano tint i in un rosso-carmi- nio che risalta nettamente in mezzo al colorito violaceo pallido delle parti circostanti e fa vivo contrasto col violetto carico, quasi nero, delle cartilagini.

4. Inclusione. Dopo una rapida disidratazione in alcool assOluto, i pezzi saranno inclusi in celloidina o meglio ancora in paraffina. II sog- giorno dei pezzi nell'alcool assoluto, che dev' essere anch' esso piii volte rinnovato, sara, per quanto e possibile, breve, non dovendo in genere, sorpassare le 3 o 4 ore complessivamente. Dei liquidi intermedii o deal- coolizzanti lo xylolo e quello che, specialmente riguardo alia conser- vazione del colore, da i migliori risultati. L'olio di legno di cedro e l'essenza di trementina, che, per certi rispetti, sarebbero preferibili, esercitano una notevole azione decolorante. II cloroformio e il benzolo conservano bene il colon?, ma rendono i pezzi troppo friabili, cosicche male si lasciano tagliare al microtoino.

5. Sezioni. Le sezioni, che, in generale, si ottengono senza diffi- colta, saranno attaccate sulla lastra portoggetti col ben noto liquido dello Sclwllibaum (1 parte di collodion su 4 parti di olio di garofani) che si distendera su quella in sottilissimo strato con una bacchetta di vetro o con un pennellino. La lastra sara quindi portata per breve tempo nel termostato a -j-37°-40°, dopo di che le sezioni saranno libe- rate della paraffina mediante xylolo ed, ove non vogliasi procedere ad

(*) Chi speiimenta il metodo pur la prima volta potra assicurarsene Lmmergeado, insierae con i pez/,i, nel liquido colorante, un certo aumero ili sezioni microtoniiche liberc di un organo ricca- aeute prowisto ili glicogeno (co;ne, mi es., il legato di un aniiuale adulto, ben nu trito) e ritraendo- ni! di tempo in tempo qualcuna clie laveia in alcool a 94" ed osserverfi al microscopio.

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una colorazione di contrasto, saranno montate direttamente in balsamo xilolico neutro.

6. Colorazione di contrasto. Se lo si credera opportuno di solito non e necessario si potra anche eseguire una colorazione di contrasto, con una solazione alcoolica di verde-luce o d'indaco-carminio, sia sulle sezioni volanti, sia sulle sezioni attaccate alia lastra. In que- st'ultimo caso, ad impedire che le sezioni, liberate della paraffina, pos- sano, durante varii passaggi, distaccarsi dalla lastra, sara necessario evitare Valcool assolulo puro (che, com' e noto, discioglie il collodion) e sostituirlo, ogni volta che se ne presentera il bisogno, con una rniscela a parti eguali di alcool assoluto e cloroformio.

1 risultali che si ottengono con la colorazione dei pezzi in toto, secondo il descritto procedimento, sono perfettamente simili a quelli che le due rniscele coloranli A e B danno sulle sezioni libere. In I'atti le zolle ed i granuli di glicogeno si colorano intensamente in rosso; le fibre elastiche, le granulazioni delle m,astzellen e la sostanza t'onda- mentale della cartilagine ialina si tingono in violetto piii o ineno carico. fin quasi al nero; le fibre collagene, i plasmi in gene re ed i nuclei re- stano quasi incolori od assumono una tinta violacea pallidissima (").

Non mi pare dubbio che il mio metodo, con la uuova modificazione introdottavi (modificazione della quale non credo suscettibili gli altri metodi fino ad oggi escogitati), sia destinato a prestare i piii utili ser- vigi ai cultori d'istologia e d' embriologia. Esso iul'atti, oltre all' esser divenuto assai piii semplice ed incomparabilmente piii rapido, non esclude la possibility di altre svariate colorazioni nucleari o plasmatiche. da eseguirsi ad libitum su alcune delle sezioni ; le quali, a tal fine, potranno essere attaccate sulle lastre o sui vetrini anche col metodo

(*) Delia eletticild del mio metodo che di speeificiti non si puo parlare a proposito di nessun raetodo di colorazione istologica dopo i giudizii favorevoli di ricercatori quail il Mayer e il Fiessinger, potrei non )»iii occuparrai; ma, poiche qualcuno (Rollo in /.">, p. 149) ha affermato che col mio metodo si colora non soltanto il glicogeno, ma anche « la soatauza mucosa dei tessuti patologici -, ' i<> che non si veriflcherebbe col metodo del Best, faro psservare: che il Best, nel- l'eaporre il euo metodo (5, p. 531) credeva di dovet dichiarare, tra l'altro, che la sua solazione di carmiaio colora anche, sebbene incostantemente, la mxicina delle cellule caliciformj; che, a tale riguardo, 1' Arnold (.V) notava : « se col carminio ilel Best si colorauo anche sostanze mueinoidi o .. fibrinoids, cio vuol dire che le medesime contengono appunto glicogeno, ne per questo scema il « valore del metodo >>: 't° <-hc eseguendo il mio metodo con le norme precise che io stesso ho date lin dal 1907, non ho mai vista colorata in rosso la nrncina delle cellule caliciformi ne' di altri ele- iiienti cellulari -. t" Hie. se per caso, col metodo stesso, si vedessero assumere la colorazione rossa elementi che di solito contengono mucina, non per questo si sarebbe autorizzati a uegaix che in quel dato caso si tratti di glicogeno, I.i mucina tion e torse mi glico-proteide '( Quale maravigliu dun" que se, in condizioni speciali, possa al suo posto trovarsi glicogeno?

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. . . T _

dell'attrazione capillare (*'). Ma v'ha di piu: il metodo cosi modificato e assai meno dispendioso che non fosse in origine, cio che, ai tempi vol- genti, non mi sembra trascurabile pregio.

Napoli, settembre 1920.

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20. Id. Ulteriori ricerclie sopra un nuovo metodo di colorazione del glicogeno nei tessuti. Ibid.

Anno hXIll, 1909.

(**) Non e forse superflno l'avvertire die in tali sezioni la colorazione rossa del glicogeno, per la solubilita di questo nell'acqua distillata, va completamente perduta, mentre persiste la colorazione violetta delle fibre elasticbe e della cartilagine.

140 -

Suite present! condizioni delle Tavole di G. Fabrici d' Acquapendente.

Recatomi alia Biblioteca Marciana per rivedere le Tavole Anatomi che del Fabrici dopo il loro ritorno dal forzato osilio durante la guer- ra, ho dovuto con dolorosa sorpresa rilevare il notevole deterioramenio da esse subito.

Partite da Venezia nel febbraio del 1017, nelle casse n. 18(3 e 187 insieme con altro raro e prezioso raateriale, per Firenze, vennero quivi riposte in San Lorenzo nei sotterranei della Cappella dei Principi. ove rimasero a qnanto pare, sempre richiuse nelle casse, per tre anni con- secutivi, essendo ritornate a Venezia solo alia fine del marzo ultimo scorso.

Non dobbiamo dimenticare che queste tavole ad olio, eseguite da piii di tre secoli, gia prima che gli eventi della guerra ne consiglias- sero il trasporto, presentavano alterazioni, in seguito alle quali molli dei piii fini particolari appai'ivano in varie figure meno distinti o erano scomparsi affatto, ma alcune soltanto di queste, come segnalava anche lo Sterzi, si mostravano gnaste dalle muffe o dall' umido.

Queste muffe si sono ora moltiplicate e diffuse a gran parte delle tavole, non solo rendendo niolte figure indecit'rabili. ma lasciando te- mere assai per la loro integrita anche dopo opportuni trattamenti e restauri.

Sulla necessita, anzi sull' urgenza dei quali, dopo la verificazione da me t'atta, crederei superfine insistjre : lo t'accio tuttavia, tanto piii che le difficolta burocratiche, che si oppongono ad un sollecito rimedio, sono ora accresciute dalla persistente mancanza di un Prefetto della Biblio- teca.

Venezia, Settembre 1020.

Giuseppe Favaro.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Original! che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

Cosimo Gheiiubini. Am.ministratore-responsabile.

Firenze. 1921. Tip. L. Niecolai. Via Faenza, 52.

Monitore Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRE T T O DA

GIULIO (JHIARUGI EUGENIO FICALBI

Prof. di Auatomia muaua " Prof, di Anatomia comp. e Zoologia

nel K. Istituto di Stndi Super, in Firenze nella R. (Iniversita di Piaa

CON LA COLLABORAZIONE DI

BECCARI N. (Firenze) - GIACOMINI E. (Bologna) LEVI G. (Torino) - LIVINI P. (Milano) LOPEZ C. (Pisa) - STADERINI R. (Siena)

Ufficio di Direzione ed Aunnnusuazione: lutituto Anatomico , Firenze.

12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L 30.

Per l'est<»ro Fr. 30 (in oro).

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 9.

SOMMARIO: Bibliografia. Pag. 141-148.

Comunicazioni originali : Cognetti De Martiis L., Nnovo contribute) alia cono-

pcenza delle Gregarine Monocistidee (Con 2 fig. nel testo). - Calzavara D.,

Sul muscolo subanconeo dell'uomo Pag. 149-159. Notizie. Pa?. 160.

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Si da notizia soltanto dei lavori pubblicati in Italia.

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COMUNICAZIONI ORIGINALI

iSTITUTO DI ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATE DELL UNIVERSITA UI TORINO

Dott. LUIGI COGNKTTI DE MARTIIS

Nuovo contributo alia conoscenza delle Gregarine Monocistidee.

(Con 2 figure nol testo).

E vii'.t.iit.:i la riprod union

Gii studi comparativi che da alcuni anni ho intrapreso sulle Monocistidee mi vennero singolarmente favoriti dalla scelta di Oli- gocheti esotici per la ricerca di quelle interessanti forme parassite.

Pure ricorrendo a materiale compreso in collezioni fissate e conservate in alcool da qualche mese mi e riuscito di ottenere ben spesso ottimi preparati microscopici, e mi torno van taggioso, nei con- fronts di talune particolarita citologiche in forme e in stadi talora molto disparati, disporre di esemplari fissabi alio stesso modo.

II confronto fra i miei preparati e le figure che i vari autori hanno ricavato da materiale appositamente trattato con fissativi citologici (fra cui anche 1' alcool) mi hanno convinto che le difFe- renze di perfezione e di nettezza delle iinmagini sono non di rado trascurabili.

Le due specie qui sotto descritte vennero trovate in Oligocheti conservati in alcool forte per circa quattro mesi. Le sezioni dei pezzi infestati, spesse 10-15 micr. sono state colorate con emallu- me Mayer acido seguito da lavaggio in acqua di fonte e da un co- lorante di contrasto (eosina) (').

I1) Per o<sservazioni e ilisegni oltre i 500 diaiuetri lio usato 1' obbiettivo semi-apocraraatico ili Koristka l/\-, a iiumersioue omogenea.

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Dirhynchocystis brasiliensis n. gen. n. sp.

Rinvenni questa interessante Monocistidea nelle capsule e hei sacchi seminali d' un esemplare tipo di Fimoscolex inurus Cogn., Glossoscolecino brasiliano raccolto nei prati umidi di Sao Paulo nel- 1' ottobre 1912 e cortesemente affidatomi in studio dal Prof. K. Grobben dell' Universita di Vienna (J). Essa e rappresentata da buon numero di trofozoiti affatto liberi frani mezzo ai prodotti ses- suali, dotati di forma ben definita : uno stadio intracitoforico, quale spesso si osserva nel periodo di accrescimento delle Monocistidee genitali degli Oligocheti (*-), sembra mancare nella specie in discorso o quanto meno esso non pare coincida con la stagioue in cui venue raccolto il Glossoscolecino ospitatore, ne trovai trofozoiti avvolti da linfociti, pure essendo questi ultimi abbondanti negli organ i sopra citati.

Fig. 1. Dirhynchocystis brasiliensis n. g. n. sp. A trofozoite, X 360; B estreraita <li un app-ndice, >^ 800; G gamete, \ 2250; D sporozuiti in tre stiiili successivi. X 2250.

La forma dei trofozoiti e caratteristica (fig. 1 A): da una por- zione principale o corpo ovoide sporgono due appendici subcilin- driche fra loro uguali, dirette in senso quasi opposto. Gli assi prin- cipal! delle due appendici formano incrociandosi un angolo che si aggira sui 130 gradi. II corpo appare spesso un po' detormato per 1' azione dell' alcool ; misura 45-55 micr. secondo 1' asse minore, 55-80 micr. secondo 1' asse maggiore. Le due appendici misurano cia- scuna circa 25 micr. in lunghezza, la loro base e larga 8-10 micr.,

(') Per i caratteri dell' Oligoohete ospitatore si consulti : Cognetti 1913, Michaelaen 1917. (*) Cfr. Hesse 1909, Cognetti 1918.

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1' apice e spesso 6-8 micr. e appare arrotondafco. La sezione tra- sversa delle appendici e circolare. Pure essendo dotate verosimil- mente di mobilita, come prova fra altro la disposizione arcuata o sinuosa ch'esse mostrano in vari esemplari, dette appendici non pare siano retrafctili durante il periodo di accrescimento del trofo- zoite : esse ne caratterizzano la forma. Suppongo che siano desti- nate a scomparire quando il trofozoite diveuta sizigice, ma non ho potuto controllare questa mia supposizione. Non ho trovato esem- plari attaccati alia superfice di qualche organo dell' ospitatore me- diante una delle appendici, sicche mi mancano dati per ascrivere con certezza alle appendici il significato di organiti d' adesione com'e il caso invece per 1' unica appendice (troraba) di Rhynchocystis Hes- sei Cogn. ('). Le appendici di Dirk. bras, rassomigliano alia tromba di quest' ultima specie, ma non mostrano una interruzione apicale dell' epicito e del sarcocito, ne sono provviste di creste epicitarie (fig. 1 B). Queste ultime mancano su tutta la superflcie del trofo- zoite il cui epicito e estremamente sottile e confuso col sarcocito sottostante, il quale, sulle appendici, ha uno spessore apprezzabile, come pure alia loro base, mentre sul resto del corpo e indistinto. Le appendici lasciano pure distinguere uno strato miocitico parallelo alia superficie e interposto fra sarco- ed entocito (fig. 1, in A pun- teggiato). 11 miocito e cianofilo al pari di quello di Rhynch. Hessei, ma non vi potei riconoscere dei mionemi : esso appare organ izzato a formare un tubo largo circa 7 micr., chiuso all' estremo distale, espanso alia base di ogni appendice a raggiungere la regione super- ficiale del corpo per confondersi col sottile strato sarco-epicitico. Alia regione apicale delle appendici il miocito si fa piu sottile, cosi dicasi del sarcocito, entrambi ancora riconoscibili (fig. 1 B).

h' entocito ha aspetto alveolare, gli alveoli sono occupati da grani di paramylon rifrangenti e fra loro molto serrati : detti gra- nuli non trattengono ne 1' emallume ne 1' eosina. Per riconoscerne il contorno e necessario chiudere molto il diaframma del microsco- pio; essi nei trofozoiti minori appaiono bacillari, nei piu grossi ovoi- di, lunghi o micr. spessi 3. Nell' entocito sono sparsi senza ordine degli addensamenti, piii o meno cianofili, simili a piccoli coaguli di forma assai irregolare, sublaminare : essi ricordano un po' il mate- rial cianofilo gia da me indicato per Monocystis Beaufortii Cogn. (2).

(•) Cfr. Cogn et'ti 1913.

('-') Cfr. Cognetti 1918. Recenteinente Tregoaboff (1918) lia riuordato la presenza nell' ento- cito di una Monociatidea, Gonospum tesficuli Tr6g., <li particolaii inclusion! die trattenendo i colo- rauti dauuo al trot'ozoite « une appareuce trachet^e •> ; aecondo dettu autoi-u esse rappresentauo i re- .■iidtii di uiateiie uuttilizie aauorbite dal piuassila.

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In quest' ultima specie il materiale cianofilo scompare al termine del- 1' accrescimento del trofozoite, in Dirhynch. br. esso appare piu scarso e piu frammentato nei trofozoiti piu grossi.

II nucleo e tondeggiante, non ha posizione flssa, misura circa 12 micr. in diametro e contiene un cariosoma sferico spesso 4-5 micr.

Nei sacchi e nelle capsule seminali dell'esemplare di Fimosco- lex sopra ricordato non trovai trofozoiti di altre specie oltre a quelli sopra descritti; nei sacchi seminali rinvenni alcune cisti rac- chiudenti fra altro delle masse di grani di paramylon uguali a quelli dei grossi trofozoiti di Dirhynch. bras, sicche non esito a conside- rare quelle cisti come appartenenti a detta specie. Hanno forma tondeggiante e misurano 150-180 micr. in diametro: parte di esse contengono sporocisti. In una trovansi molti gameti irregolarmente ammassati attorno ad un residuo citoplasmatico, in due altre inflne detto residuo, come il precedente ricchissimo di grani di paramylon, contiene gran numero di piccoli nuclei, piu numerosi alia periferia, indizio di gamatogenesi quasi ultimata (*) In tutte le cisti uno spa- zio piu o meno ampio appare vuoto a,d indicare la probabile esi- stenza di un liquido cistico e al tempo stesso 1' avvenuta coarta- zione del residuo plasmatico.

II gamete figurato (fig. 1 C) riproduce una forma ehe ripetuta- mente potei osservare nella cisti sopra ricordata, e che gia per altre Gregarine e stata descritta. Non posso tuttavia dire con certezza se ai gameti piriform!, lunghi 5 micr., spessi 4 micr., con nucleo apicale, altri se ne accompagnino nella medesima cisti, o se fra gameti della stessa forma vi siano differenze nei volume del nucleo; rimane quindi incerto se Dirhynch. brasil. abbia coniugazione ani- sogama. Le sporo cisti sono biconiche a poli uguali, misurano circa 23 micr. in lunghezza e circa 6 micr. in spessore. Esaminandone il contenuto in differenti cisti potei seguire la formazione degli spo- rozoiti attorno al residuo sporale (fig. ID).

Ciascuno degli otto nuclei tondeggianti derivati dal nucleo della spora appare dapprima associato ad una breve appendice protopla- smatica fortemente eosinofila; questa in seguito si allunga aumen- tando in dimensioni ma conservando l'eosinofilia.

II nucleo pure si allunga rimanendo ad una estremita. Lo spo- rozoite maturo misura 6-7 micr. in lunghezza di cui un terzo oc-

(') Non ('• riconoscibile il contorao dei dne sizigiti forse a causa della loro dispoaiziorie nei i>iv- parato 1 i sozioni in aerie <> in segtiito a deformazioue per eit'etto dell'alcool.

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cupato dal nucleo, e poco piu di 1 raicr. in spessore; le due estre- mita sono acuminate. All'inizio della loro formazione gli sporozoiti sono disposti senza ordine sul residue- sporale, alia fine appaiono quasi sempre direfcti nel senso dell'asse maggiore della sporocisti : escono attraverso gli apici di questa.

II nuovo genere istituito per la specie sopra descritta e carat- terizzato dalia forma del trofozoite: l'esisbenza in questo di due appendici situate a poli quasi opposti, e provviste di miocito, non trova riscontro nei caratteri di altri generi di monocistidee a spo- rocisti omopolari. La forma simile che possono assumere i trofo- zoiti di qualche specie di Monocystis s. s. e transitoria e dipende dalla mobilita e deformabilita piu o meno grande dei trofozoiti me- desimi. In nessuno degli esemplari di Dirh. esaminati trovai varia- zioni importanti nella forma sopra descritta e figurata.

Nematocystis almae nov. sp.

Questa specie pud annoverarsi fra le Monocistidee " celomi- che (l): trovai diversi trofozoiti nella cavita generate d'un esem- plare adulto di Alma emini Mich. var. aloysii-sabaudiae Cogn. rac- colto sulla catena del M. Ruwenzori nel giugno 1906 durante la spedizione di S. A. R. Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruz- zi (2). I trofozoiti sono di solito avvolti ognuno da piu linfociti e contenuti nei segmenti che seguono al 14°; nei sacchi seminali non ne trovai.

Fig. '.'. Nematocjistis almae n. sp., A B due trofozoiti, \ 8<)u ; (I spora ottouncleata, X 2250.

La forma del trofozoite e piu o meno allungata con tendenza a curvarsi fortemente ad arco (fig. 2 A, B) ; la sezione trasversa e circolare, le due estremita sono fra loro uguali, arrotondate o piu o meno protese in punta conica. Gli esemplari piu piccoli hanno di-

(!) Cfr. Hesse 1909 p. 10, 282.

(2) Per la bill iografia relativa a questo Oligochete si cousulti Miuhaelseu 1917, pa<i. 309.

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mensioni che si aggirano attorno alle seguenti: Innghezza 4-5 micr. spessore, a meta, 8 micr., l'esemplare piu grosso e lungo 75 micr. spesso 12 micr.

Nella regione periferica e irriconoscibile una successione di strati. II citoplasma e alveolare, dotato di notevole cianofilia, negli esemplari maggiori mostra molte granulazioni cianofile, talvolta in parte addensate presso le estremita. Quest'ultime, quando sono protese in punta conica, appaiono costituite da un plasma a strut- tura omogenea e debolmente colorato daU'emailume. Non sono ri- conoscibili grani di paramylon nel citoplasma.

II nucleo e sempre situato a meta del trofozoite, ha forma sferica o ovoide e misura da 6 a 10 micr. in diametro: contiene (? sempre) due cariosomi tondeggianti di mole disuguale (2-4 micr.) allineati sull'asse maggiore del trofozoite.

Pure nel celoma dell'esemplare di Alma sopra nominate trovai una cisti tondeggiante, del diametro di circa 60 micr., avvolta da uno spesso strato di linfociti. La cisti appartiene probabilmente alia medesima specie di cui ho descritto i trofozoiti. II suo lume manca di grani di paramylon, ma e occupato quasi per intero da un ammasso tondeggiante di spore 8-nucleate, lunghe 9 micr. spesse 5-6 micr. Attorno alle singole spore non potei distinguere un invo- lucre La forma della spora e ovale, a punte ottuse: i nuclei, al- lungati (2-3 micr.), sono raggruppati presso i due poli (fig. 2 C). Ai due poli di ogni spora il citoplasma e un po' eosinofilo: forse rap- presenta l'inizio della formazione della parte citoplasmatica dei sin- goli sporozoiti.

Ho annoverato la nuova specie qui sopra descritta nel genere Nematocystis, istituito da Hesse (1909 pag. 45), per la forma dei trofozoiti, senza tener confco deH'.indicazione " corps de grande taille riferita nella diagnosi di detto genere. Rispondono invero a questa indicazione le quattro specie descritte nella monografia di Hesse (1909 p. 145161) {% i cui trofozoiti sono lunghi 1 o 2 mm. e persino {N. magna Schmidt) 5 mm., ma credo che accanto a forme giganti possano, in un medesimo genere, annoverarsi forme nane. In N. almae si ripete il carattere offerto quasi sempre dai trofo- zoiti di Ar. anguillula Hesse, cioe il 'nucleo provvisto di due cario- somi allineati sull'asse principale deU'aniinale: in N. anguillula il nucleo e ganeralmente situato verso la meta del corpo. Torino, Palazzo Carignano.

(') Di una quiii tii specie, X. donyata. lion e riierito che il uouie (p. 203).

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ISTITUTO ANATOMIGO DI PADOVA

Dott. DOMEN1GO GALZAVARA, Assistente

Sul muscolo subanconeo dell'uomo

E vietata la riprodnzione.

II Roubieu, nel 1816, descrisse per il primo un piccolo mu- scolo " situe a la region superieure de la cavite olecranienne „, ri- coperto dal muscolo tricipite, ma sempre separato da questo " par une couche de tissu cellulaire „; vide che il muscoletto, sorto " dans le petit enfoncement qui superieurement commence la cavite ole- cranienne...., par son bord inferieur il se perd sur la capsule en epanouissant ses fibres „, e gli diede il nome di " cubiti-humero- capsulaire „.

II Velpeau ed il Cruveilhier, senza ricordare il Roubieu, accennarono all'esistenza di fasci muscolari inseriti alia parele po- sterior della capsula fibrosa dell'articolazione del gomito, ritenendoli pero come una semplice dipendenza del muscolo tricipite. Nel 1839, il Theile asseri di aver trovato molto spesso alcuni fascetti del vasto mediale del tricipite, distinti dagli altri, che si perdevano sulla capsula fibrosa del gomito. Piu tardi (1841), modificando le sue idee, riconobbe in quei fascetti una formazione autonoma, alia

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quale spettava il compito di tendere la capsula articolare del gomito, e descrisse il muscolo col nome di Subanconeo (Unter-Knorrenmuskel).

Secondo il Theile, questo muscolo si metteva in evidenza ta- gliando il tricipite trasversalmente poco al di sopra deH'articolazione del gomito £ ribattendone la porzione inferiore in basso ; esso con- stava di due fasci muscolari, l'uno esterno e l'altro interno " die oberhalb der interen Oberarmgrube neben dem ausseren und inneren Winkel des Knochens entstehen, gerade abwarts gehen, und sich, ganz vom Vorderarmstrecker getrennt, an die Kapsel des Ellenbo- gengelenkes heften „.

Non avendo il Theile fatto accenno agli autori precedent!, quelli che accolsero i risultati delle sue ricerche attribuirono a lui la scoperta del muscolo e soltanto il Martin (1874) aggiudico la priori ta al C r u v e i 1 h i e r.

Ben pochi pero comfermarono i dati del Theile, descrivendo il subanconeo come un muscolo autonomo e costante.

Alcuni (AV. Era use, Testut, Le Double) lo considerarono come una rara variazione. Molti ne ammisero la costanza, ma non l'autonomia, considerandolo come una semplice dipendenza del mu- scolo tricipite; altri considerarono come disposizione costante l'in- serzione alia capsula di semplici fascetti del tricipite, senza desi- gnarli con una speciale denominazione; altri, infine, negarono reci- samente tale disposizione, ammettendo una semplice aderenza fra tricipite e capsula.

Fra coloro che eseguirono rieerche speciali intorno al muscolo, il Kulaewsky (1869) per primo nego ogni individuality anatoinica al subanconeo, atfermando ch'esso rappresentava soltanto fasci atro- fizzati del muscolo tricipite.

11 Martin, piii tardi, e quindi il Hultkrantz (1897) e R. Fick (1904) negarono l'esistenza del muscolo.

11 Hultkrantz ed il Fick ammisero che ad evitare l'inclu- sione della capsula articolare del gomito tra becco olecranico e fossa omonima, nell'estensione del gomito, provveda l'intima aderenza fra questa ed il muscolo tricipite. Tale adeienza, secondo il Fick, basterebbe anche a spiegare la mancata inclusione nei casi di pa- ralisi del tricipite, sui quali il Duchenne aveva gia richiamato l'attenzione, esprimendo (in base ad essa e dal punto di vista pu- ramente fisiologico) forti dubbi sull'utilita dei muscoli articolari in generale.

Siccome molti trattatisti seguitano a ricordare il muscolo suban-

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coneo del Theile, credei opportuno fare ricerche alio scopo di ri- solvere in modo definitivo la questione.

A tal fine ho dissecato 100 arti apparbenenti a cadaveri d'ambo i sessi e di svariate eta. Nella dissezione ho preceduto sia col rae- todo indicato dal Theile, sia dissecando il muscolo tricipite dai lati, cioe a partire dai setti intermuscolari interne ed esterno del braccio e procedendo verso la linea mediana. Ho invano cercato, in tutti gli arci dissecati, fasci muscolari che potessero in qualche modo avvicinarsi alia descrizione del Theile, che fossero, cioe, si- tuati anteriormente al tricipite e da questo distinti e che, sorgendo dalla faccia posteriore dell'omero, d'ambo i lati della fossa olecra- nica, andassero ad inserirsi alia capsula. Non ho nemmeno inai ri- scontrato fasci del tricipite che a questa prendessero inserzione. Trovai invece costantemente che alcnni dei fascetti piu profondi del tricipite, sorti daH'estreino inferiors della faccia posteriore dell'omero lungo una linea arcuata, concava verso la fossa olecranica, si com- portano distalmente in qnesto modo: quelli situati presso alia linea mediana dell'omero, passando a ponte sopraalla detta fossa, aderisco- no lassamente alia massa adiposa che la riempie, quelli posti ai lati aderiscono strettamente alia capsula fibrosa dell'articolazione del gomito, ma tutti infine, convergendo verso l'olecrano, si riuni- scono con quelli sorti piu in alto per terminare insieme nel tendine comune.

Fra il tendine del tricipite e la parete della capsula articolare esistono quindi rapporti di semplice aderenza, che si mostra co- stantemente piu stretta sul margine radiale della troclea omerale.

Nella porzione inferiore, in vicinanza della superficie craniale dell'olecrano, tendine e capsula sono separati dalla borsa muccosa sottotendinea dell'olecrano, che trovai pressoche costante nel vecchio, frequente nell'adulto e sempre mancante nel bambino. Complessi- vamente esisteva in una media di poco inferiore ai 3/5 dei cadaveri presi in esame. I miei dati su questo punto concordano quindi press'a poco con quelli del Gruber, che asseri di aver trovata la borsa nei 3/5 dei cadaveri di varie eta.

Non esistendo, adunque, fasci muscolari ne autonomi, ne dipen- denti dal tricipite, inseriti alia capsula fibrosa od al fondo cieco sinoviale sottotricipitale, si potrebbe pensare, d'accordo con gli autori sopra citati, che l'inclusione della capsula, nell'estensione del gomito, venga impedita dall'aderenza tra quella ed il tricipite, mentre io ho sempre trovato come, anche dopo rimossa completamente, mediante la dissezione, tale aderenza, quando si facciano eseguire all'artico-

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lazione movimenbi di estensione, la capsula non rimane mai inclusa, ma si raccoglie costantemente in pieghe trasversali al di sopra del- l'olecrano. Cio avviene perche questo, quando si avvicina alia fossa olecranica, scorrendo strettamente addossato alia troclea omerale, passa col suo becco sotto alia porzione superiore della capsula che quivi, rinforzaba dai fasci trasversi, gli forma come un ponte fibro- so, e cosi in nessun modo pub venir trascinata ed inclusa fra il becco e la fossa.

Quanto alle porzioni media ed inferiore della capsula, che sono portate in alto insieme all' olecrano, esse vengono ad urtare, nella loro ascesa, contro lo stesso ponte fibroso e sono cosi costrette a for mare le predette pieghe temporanee.

II meccanismo di formazione di queste non e quindi legato, come ammisero il Henle ed il Gerlach, ai rapporti della capsula col muscolo tricipite, ma si spiega invece in base alia conforma- zione della parete posteriore della capsula.

Quando poi si apra 1' articolazione del gomito si vede frequen- temente, sulla faccia interna della sinoviale, poco al di sopra del becco olecranico, una piccola piega fissa, arcuata, a direzione tra- sversa, la quale incappuccia il margine anteriore di quel processo. II Hulk ran tz e R. Fick (i soli che fecero chiaro accenno a tale piega) la ritennero frequente. In base alle mie ricerche debbo con- fermare i risultati di questi autori ed aggiungere che, quando la piega manca, trovansi al suo posto pieghe minori. Per quanto ri- guarda il suo significato, essa e un organo di riempimento desti- nato a colmare lo spazio angolare normalmente esistente, a gomito flesso, fra 1' estremo del becco olecranico e la troclea omerale, e ad interporsi, a gomito esteso, tra il becco olecranico ed il fondo della fossa omonima.

Grli autori che hanno ritenuta necessaria la presenza del mu- scolo subanconeo alio scopo di tendere il fondo cieco sinoviale po- steriore e di impedirgli di introflettersi e rimanere quindi incluso tra olecrano e fossa olecranica, non hanno avvertito che lo spazio, dove tale introflessione con la consecutiva inclusione dovrebbe veriflcarsi, non e libero, ma occupato dalla piega sinoviale sopra descritta o, quando essa manchi, dalle pieghe minori che la sostituiscono.

CONCLUSIONI

E erroneo attribuire al Theile la priorita nella descrizione del muscolo subanconeo perche esso era stato descritto, per quanto in modo un po' diverse, dal Roubieu, ed erano stati descritti dal

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Velpeau e dal Cruv ei In ier fasci del muscolo fcricipite inseriti alia capsula articolare del gomito.

Non ho mai riscontrato la presenza di fascetti muscolari, ne autonorai, ne uniti col vasfco mediale del tricipite, inseriti alia parete posteriore della capsula fibrosa dell' articolazione del gomito, ne al fondo cieco sinoviale sottotricipitale. Tra la capsula ed i fasci mu- scolari e tendinei piu bassi del tricipite esistono soltanto rapporti di aderenza piu o meno stretta.

A questa aderenza non si pud attribuire esclusivamente, come fecero alcuni autori, 1' ufficio di impedire V introflossione e 1' inclu- sione, a gcmito esteso, della capsula fibrosa e del fondo cieco po- steriore della sinoviale.

A tale scopo concorrono e la conformazione stessa della capsula fibrosa, che obbliga la capsula, durante l'estensione, in parte a ri- maner tesa ed in parte a raccogliersi in pieghe temporanee al di sopra dell' olecrano, e la presenza della piega sinoviale fissa, che incappuccia il becco dell' olecrano, o, quando essa manchi, delle pie- ghe minori che la sostituiscono.

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NOTIZIE

Leggiamo nella Rassegna delle Scienze Biologiche, n. 1, anno 111, 1921.

Ai Direttori degli Istituti Scientitici Universitari Italiani

Una gentildonna italiana, la signorina Irene De Robilant, ci scrive, e noi siarao ben lieti di pubblicare :

« Vorrei che Lei facesse sapere alle Universita che la fondazione Rochfel- lev per la diffusione della istruzione (opera grandiosa) e disposta di dare alle Universita d' Italia i periodici ed i giornali scientitici e letterari americani, da esse richiesti a scopo d' insegnaraento, al prezzo di guerra. Cioe la detta Istitu- zione rimettera la differenza del carabio, onde 1' Italia non sia privata di quei periodici pubblicati in America che possono riuscire di utilita alio sviluppo della scienza, e contribuire alio scarabio di idee fra i due paesi. Nello stesso tempo le Universita sono pregate di inviare una lista delle pubblicazioni dello stesso genere in tutti i rami di cultura, arte, scienza, lettere, che vengono pubblicate nella loro citta; il nome del periodico per intiero, la redazione c l'editore de- vono figurare nell' elenco ».

Italy American Society 23 West, 43rd. Street; New- York City

Irene De Rorilant, associate Manager ».

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico [taliano e vietata la riproduzione.

Gosimo Cherubini, Amministratore-responsabile.

Kirenxe. 1021. Tip. L. Niecolai, Via Faenza. 52.

Monitore Zoologieo Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale delta Unione Zoologica Italiana

DIRETT O DA

GIULIO UHlAKUGl EU6ENIO FICALBI

Prof, di Anatoniia muana Prof, tli Anatoiuia uonip. e Zoologia

nel 1£. Istituto di Studi Super, in Firenze nella R. Universita di Piaa

CON LA COI.I.ABOlt AZIONK DI

BECCARI N. (Firenze) GIACOMINI E. (Bologna) LEVI G. (Torino) - LJV1NI F. (Milano) LOPEZ C. (Pisa) STADERINI R. (Siena)

Ufficio di Direzione ed Amministiazione: Istituto Anatouiivo, Firenze..

12 numeri all'anno Abbnonamento annuo L.. 30.

Per l'estero Fr. 30 (in oro^.

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 10-11.

SOMMARIO: Bibliografia. Pag. 161-171.

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Vedi anche a Invertebrati, pag. 161.

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- 171 -

3. Gasteropodi, (Prosobranchi, Eteropodi, Opistobranchi, Pteropodi, Pol-

MONATl).

Coen G. Monodonta (Trochocoeldea) crassa Pultenoy (= lineata, Da Costa) n.

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Rivera Yiueenzo. Osservazioni c rilievi sopra alcuni xilofagi maiiui rinvenufci nell" interno dei cavi telegratici [Teredo noivegicaj. Boll. R. Com. Ta- lassogr., Vol. 5, N. 1-3 (N. 33-35) pp. 34-16, con tav. Venezia, i915.

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sulla Carybditeuthis maculata Vir. Con 2 tav. R. ('omit. Talass. Ital.,

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Napoli, 19 Hi

- 172

COMUNICAZIONI ORIGINALI

Pr ok. G. L. SERA

I movimenti etnici nel Caucaso

(Con tav. V o 2 figure nel tcsto).

E vietata la riproduziorie.

Da lungo tempo avevo divisato di compiere uno studio sulla distribuzione dell'altezza del cranio nel Caucaso, alio scopo di esten- dere sempre piu la dimostrazione del la validita della mia teoria sni rapporti fra platicefalia e zone di glaciazione. E infatti noto che il Caucaso e uno dei piu importanti centri europei di glaciazione.

Ma difficolta estrinseche, risultanti dallo state di guerra e dalle condizioni attualj della Russia, me lo hanno impedito sinora.

II lettore si pud fare una idea di tali difncolta pensando die 6 presentemente difflcilissimo avere in Italia una carta geografica ad una scala sufficiente, per potervi riscontrare delle localita che non si trovino negli atlanti in uso (Andree, Stieler ecc.)

Grandi difncolta si incontrano anche ad avere lavori degli an- tropologi russi.

Tuttavia un riscontro, per quanto approssimativo e sommario, della letteratura antropologica sul Caucaso (1), mi ha fatto vedere che per lo meno in grande parte dei lavori russi, certamente o con grande probability, non era considerata la altezza della testa. Ne risultava piu forte la opportunity di restringere il mio campo alia utilizzazione e discussione dei materiali raccolti dal v. Erckert (2)

(!) Una assai estesa Lndicazione con numerose o buone recensioni di lavori russi sino al 1899, sulla autropologia dei fcerritori russi e fornita da L. Stieda in Arch. ./'. Antrop. XXVI. Vi e una parte speciale per il Caucaso. A.uelie uelle annate precedents perd si trovauo inilicazioni e recensioni <li lavori russi. Lo Stieda continuo fiuo al Vol. XXXIV" (1906) la sua utilissima opera di intermediario. Nel vol. XXVII (1901) si trovera un altro uotevole insieme di notizie e recensioni. I KuttetHns bi aphiques del Deniker aella •■ inthropologie » possono soltanto in piccola parte sostituire dette notizie dopo il 1907. La bibliografia del Ripley arriva sino al L900 o continue i titoli soltanto.

r-) It. v. Erekert. Ivopfnn-.s^nngoii kaukasUoher Volker. -— A^ch. f. Anthrop., XVIII, (S89, . -. 55 XIX, S. S. 55-84 211 249 it. 331-356.

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che costituiscono senza dubbio ancora una delle piu riGche fonti antropometriche, (per quanto limitata alle sole misurazioni cefaliche) e a qualche altra fonte accessible che vedremo oltre; tanto piu che i soli dati del v. E. gia permettono di arrivare a risultati impor- tantissimi, non soltanto per la dimostrazione della validifca dei rapporti sopra accennati, ma per gravi question i della antropologia europea. Infatti i dati del v. Erckert si estendono a tutti i principali gruppi del Caucaso, per quanto siano assai disugualmente rappresentati e per quanto vi prevalgano popolazioni del Daghestan.

Si tratta di 828 misurazioni individuali, rese anche piu utili da succinte note descrittive riguardanti la forma della testa e com- prendenti anche il colore degli occhi, dei capelli. Non tutti pero questi 828 casi si riferiscono a popoli veramente caucasiani. Abbiamo parecchi casi di popolazioni finitime o etnograficamente eterogenee, pur abitando nel Caucaso, che vanno separati piu o meno netta- mente dai primi. Vedremo cio meglio oltre.

Ecco maggiori dettagli sul numero dei casi: Nel primo gruppo, distinto dal v. E., dei Lesghi, abbiamo: 70 Avari, 35 Lachi o Ca- sicumicchi; 69 Audi, 53 Dido; 130 Dargua, 170 Curini in senso lato.

Nel secondo gruppo, dei Cecceni, sono: 43 Cecceni orientali, 35 medii, 7 occidentali.

Nel terzo gruppo, dei Circassi, abbiamo 22 Adighe e 8 Ca- bardini.

Nel quarto gruppo, o dei Georgiani, abbiamo: 21 Grusii; 6 Ime- reti ; 2 Giuii; 48 Adsciari ; 10 Mingreli.

II quinto gruppo, degli Armeni, ha 21 casi.

II sesto, degli Osseti (che il v. Erckert a separate dai primi quattro, propriamente caucasiani, a ragione forse del loro linguaggio, che, in un dialetto soprattutto, e iraniano) ha 14 casi.

II settimo, degli Aissori, 5 casi.

L'ottavo, degli Ebrei montanari, 10 casi.

II nono, dei Tat, 4 casi.

II decimo, o dei Tartari, e divide in: 34 Adcrbegiani, 24 Cu- micchi, 16 Nogai e 5 Caracciai.

L'undicesimo gruppo e dato dai Calmucchi con 10 casi.

Gli ultimi sette gruppi abbracciano percib soli 139 casi, donde ai desume che i primi quattro gruppi, dei veri Caucasiani, sono rappresentati da ben 689 individui.

Di questi, 527 sono Lesghi, abitatori del Daghestan, cioe i piu tipici Caucasiani.

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E' questa una assai fortunata evenienzn, che ci ha permease di arrivare ai risultati che passiamo ad esporre.

L'altezza usata dal v. E. e dall' " Ohiioch bis zum Scheitel essendo le misure in genere prese " nach der Methode Virchow' s „.

Cio e del resto di importanza secondaria, essendo nostra con- suetudine di trarre innanzi tutto inferenze autore per autore, cioe dalla oscillazione della variazione delle misure prese per ogm auto- re (1), per poi passare a riferire i dati dell'uno a quelli dell'altro autore. Cio e sopratutto necessario per la altezza nelvivente, date le grandi differenze di tecnica.

Nel trattare dell'altezza del cranio nel Caucaso e necessaria una certa cautela, a ragioue delle deformazioni del capo, assai diffuse. Non vi sono neU'ERCKERT esplicite indicazioni di deforma- zione, tuttavia la frase che ricorre abbastanza spesso : " Kopf am hochsten hinten; steil zum Hinterkopf abfallend indica bene tal- volta la deformazione, che ci fa ritenere la posizione aberrante del caso. Del resto soltanto per la provenienza curinica di Artschi, abbiamo trovata abbastanza frequente la deformazione.

Non crediamo necessario riportare qua la discussione com pleta e minuta dei dati del v. E. per le diverse provenienze. 1 numerosi esempi che del nostro modo di procedere abbiamo dati noi stessi e i nostri allievi, se da una parte cominciano a persuadere qualche studioso della grande importanza discriminativa del carat- tere, importanza assai maggiore di quella dell'indice orizzontale, che pur a dato il tono per si lungo tempo a tanti lavori antropo- logici, dall'altro hanno sufflcentemente dimostrato il nostro me- todo di minuta analisi geografica, in base al nostro sistema di di- scriminazione dei diversi tipi di altezza (2).

(4) G. L. Sera. L'altezza del cranio in America. Arch. p. Vantrop. eec. Vol. 4'J e 43, 1913.

(2) II Giuf frida-Rngg eri recentemente Un probleraa anfcropologico a proposito dei Dal- iuati » Arch, per Vantrop.. Vol, 19) si e occupato, per incidenza, dell'altezza del cranio. Egli parla, nclla sua esposizione, sempre dell'indice )' del Giardina, ma in realta fa uso delle mie linee. Che esse siano state rettificate nelle parabole del Giardina, cio non toglie die quests siano un perfezio- namento del mio sistema, conn- riconosce il Giardina stesso a p. 56 del suo lavoro. II G. K. cade poi m pareccliie inesattezze ed errori di raetodo e >li appruzzamento. Per es. laddove giudica dell'altezza sul vivente con le stesse divisioni che per il cranio. laddove ricava 1' indice V dei Serbi dalle medic degll indiei, invece che fare la media degli indici \' iudividuali, ma sopratutto laddove propone una anova divisione dei tijii di altezza. Per comprendere la inconsistenza della sua pro- posta di porre I'ortoccfalia fra T._> e 80 di indice 5T, basta pensarc che i Tirolesi, tipici platicefali tino ad ora. divt-rrebbero per una mcta ortoci fall e peisinn ipsit el'ali per l'altra. Vorrei auclie ebie- dere al prof. G. U. che mi indichi una serie etnica yerameute platicefalica secondo il suo sistema. che sara assai imbarazzato a trovarla. L'argomento che con la mia divisione non si lianuo in Europa degli ipsicefali non lia alcana portata. In |>rinio luogo 1'affermazione non e esatta e quando anche lo fosse, non proverebbe altro che.... in Europa non vi sono ipsicefali.

1'na divisione in categoric non pn6 tondarsi sulle variazioni numericlic pi cseiitate da una stugola

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Sara percio sufficiente fermarci piu a lungo sulle regioni piu im- portant! ed esporre invece i risultati flnali della nostra analisi per le altre.

I 70 Avari presentano pochi br : pi. e una maggioranza di br: o:, contenuta fra 83 e 88 di indice orizzontale.

I 7 casi di Chunsach, localita sita molto a valle dell'A- varskoe Koisn, sono dei veri ipsicefali contenuti fra 86 e 90 di in- dice orizzontale.

Mentre percio il solo indice orizzontale ci farebbe concludere per la unita del tipo, la considerazione dell'altezza ci fa scoprire tre tipi distinti che sono reali. perche le diverse localita li presentano alio stato piu o meno puro. I br: pi: infatti predominano a Igali, i br : o : ad Arguani. Purtroppo non abbiamo potuto identificaie questa come la maggior parte delle localita Avare. Gia pero possiamo dire che l'elemento piu alto e un elemento periferico, pianigiano.

Nei 35 Laclii di varie localita del Kasikumicker-Koisu riscon- triamo veriftcarsi la regola, cui i lettori che conoscono i lavori miei e dei miei allievi sono abituati.

La localita Kul, situata piu a monte, presenta il maggior nu- mero di br: pi:, a Tchaimy, situata piu a valle, abbiamo 10 su 10 br: o:.

II terzo elemento, br: ips:, in corrispondenza della situazione piu elevata del complesso delle localita Lachi e assente.

La suddetta regola si vede ancora piu chiaramente veriftcata pei 69 Andi e pei successivi Dido.

Gli Andi dimorano nella valle media dell'Andiskoe-Koisu; ma le tre provenienze Andi piii basse e cioe Andi, Botlich e Godoberi sono caratterizzate da un predominio di forme br. ips., site fra 85 e 90 di indice orizz. I 10 casi di Carata, sita in una valle laterale, si distribuiscono cosi: 3 pi. br.; 4 br. or.; 3 br. ips.. A Hihatl, sito molto piu in alto nella valle prmcipale, su 10 casi, 6 sono br. p], 3 br. i., 1 br. o. (Vedi fig. 1).

Tuttavia a Chlibischi, sito a quanto sembra, nelle vicinanze di Schaitl (che vedremo presto per la provenienza etnica del Dido) in

regione, 8ia pure l:Enropa. Io iudicai a surhcieuza che le serie Poliueaiaue ci danno vere tonne ipsi- cefaliche. Si pud obbiettare che le deuorninazioui sono convenzioni. Ma ci6 e vero flno ad uu certo limite, che in qnesto caso e rappresentato dalla reale variazione del carattere in tutta Vumanita. La divisione da me proposta fit la conseguenza di un saggiaraeuto e di un con Iron to di numei'osissime sorie etniche delle piii diverse regioni della terra e non credo possa essero spostata uotevolineute. Inoltre il raio me tod o ha il vautaggio di teuer conto della oscillazione di valore fisiologico della al- tezza, oscillazione che qnello di fr. R. non permette piii di apprezzare.

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grande prossimita della dorsal e principale del Cancaso, abb i a mo una condizione di cose sorprendente. Su 10 casi, 5 appartengono ad una forma ips. che e affatto diversa da quella riscontrata a Andi, Botlich e Godoberi, in quauto che e molto piu allungata ed e percio simile a quelle forme che devono riscontrarsi sal versante sud del Cau- caso, a giudicarne dall'indice orizzontale (giacche non abbiamo dati dell'altezza) nei Cevsuri, Tusci, Sciavi ecc. e che noi effettivamente risconbreremo negli Osseti, prossimi a quelli, sebbene leggermente piu allungata ancora. Gli altri casi di Chlibischi sono 3 br. o., 1 br: pi., 1 br. i.

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I Dido abitano la valle alta dell'Andiskoe-Koisu. In conform ita di cio i 53 casi hanno una maggiore percentuale di br. pi.. I br. i., imianzi menzionati, sono praticamente assenti, mentre gli ipsicefali sono piuttosto allungati, piu persino che a Chlibischi. Ma piu im- portant sono le conseguenze dell'analisi per localita. A Kideri ab- biamo prevalenza di forme basse e larghe. Due casi di questa pro- venienza appartengono ad una zona di platicefali relativamonte lun- ghi, raramente frequentata da crani nel Caucaso e che vedremo ben

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presto. A Schaitl abbiamo 4 br. pi., 8 br. o., I br. i., 1 ips. piutto- sto lungo e 1 platic. piuttosto lungo. (Vedi fig. 2).

Ad ALlilko presto a Ghwarsehi Rull'Andischor-Koisu sono invece ben 7 br. o. su 10 casi. Schaitl e un;i local ita altissima, ma non in immediate vicinanza dei passi e quindi appare p >«o alterata dal- l'accesso di forme pianigiane, sia del Nord, sia del Sudi Ma a Begita e a Tladal che, pur essendo etnicamente Dido, sono gia nella alta valle dell'Avarskoe-Koisu le cose vanno assai diversamente.

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(Fig. 2).

A Begita abbiamo su 10 casi : 6 appartenenti ad una zona di plati rehitivamente lunghi che per lo innanzi non abbiamo mai visto che alio stato sporadico; 3 ips. lunghi come a Chlibischi e 1 br. pi. A Tladal 4 su 10 casi sono degli ips. relativamente lunghi; 3 dei plati relativamente lunghi. Quesfee due localita hanno percib una composizione etnica affatto diversa da quella che nui abbiamo visto sinora; e dato che esse indicano chiaramente nel loro insieme la indipendenza deU'elemento plat, piuttosto lungo, dall'elemento br. pi., di cui quello non pub dirsi la oscillazione verso uu estremo, sorge il problema della provenienza di questo elemento. Ora esso, non riscontrandosi nelle basse e medie valli dell'Andiskoe e dell'Avarskoe- Koisu, dobbiamo dire che proviene dal sud, come quello ipsicefalo relativamente lungo che abbiamo visto.

Ma che cosa rappresenta, etnologicamente parlando, questo ele-

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mento ? Un componente etnico enropeo di grande importanza e ca- ratterizzato da relativa dolicocefalia a platicefalia: l'elemento biondo, dolicocefalo, ad alta statura, dettogermanico (1); orbene e un fatto assai significativo che appunto fra i Dido, e fra gli Osseti e stata osser- vata una niaggiore abbondanza di tratti del tipo chiaro per il colore dei capelli, della pelle e degli occhi in confronto degli altri Cauca- siani. Per cio che riguarda gli individui misurati dal v. E. pero, non abbiamo potuto riscontraie una niaggiore frequenza di questi tratti nella provenienza di Tladal (per Begita mancano le indicazioni re- lative). Cio pero non puo sorprendere, quando si pensi che, mendeliana- mente parlando, i carafteri di un tipo si ereditano indipendentemente l'uno dall'altro.

Nelle stirpi Dargua che abitano il Nord-Est del Daghestan dob- biamo distingnere quelle del Nord da quelle del Sud, per la presen- za o assenza di un elemento etnico che abbiamo visto.

Cosi fra i 33 Caitaghi vediamo (oltreche confermata la solita regola di distribuzione, con il contrasto fra Madjahs, sito a piu forte altezza, ove predominano i br: pi:, e i br: o:, e Kara-Kureischa, sito a un livello piu basso, dove predominano i br: ips:) esser presonte l'elemento relativamente do: pi: cosiddetto germanico: ed assente l'altro dnl: ips:.

I 72 Dargua-Acuscia presentano gli stessi fatti. II loro grarico generale, confrontato sopratutto con quello dei Dido, rivela fatti assai interessanti. Innanzi tutto esso differenzia bene tre dei diversi tipi da noi distinti: e bene evidente il distacco di quello che vo- gliamo indicare convenzionalmente col nome di dol : pi: dal br: pi: e dal br: o:.

L'elemento br: o: qui predomina, con accesso non frequente di forme br: i:. Nei Dido invece e evidente l'oiientamento generale verso forme piu basse. Cio e in armonia col carattere generale del- l'abitato degli Acuscia, sulle pendici nord-orientali del Caucaso, no- tevolmente piu basse.

Cio che pero e piu notevole e la assenza assoluta di quell'ele- mento che vedemmo nei Dido e che possiamo chiamare convenz. do: ips:.

Esistono forti differenze locali, ma purtroppo non abbiamo po- tuto identificare molte delle localita in questione. Intanto si puo

(') A dir vero, esso, secondo noi, non ei prasenta una vera e propria platicefalia. Le gerie relativa- mente pure degli Ali'inanni dello Schwciz e ili Ebraeh del Rauke <i anno data una posjzione in- terraediaria IVa la platicefalia >■ la ortocefalia. I>i cio, perche assai iiuportanTe. discon-eieiuo altrove.

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dire pero cho i dol: pi: sono piu frequent! a Obarbueb e a, Tsu- dachur, specie in quest'ultimo, dove sono 7 su 12. 11 riscontro dei caratteri cromatici da una molto piu forte frequenza di occhi grigi (7 su 10) appunto a T&udachur, che in altre localita, come la dava per Madjalis e Utsari fra i Caitaghi.

Qua percio abbiamo ancor piu chiare indicazioni per la identi- ficazione dei dol: pi: nell'elemento germanico.

Ma Tsudachur e sito, sul Kasikumicki-Koisu, assai piu in basso delle diverse provenienze Lacbi, che abbiamo gia visto e siccome queste non ci avevano dato la apprezzabile presenza di un elemento dol: pi:, dobbiamo concludere che assai probabihnente i dol: pi: di questa regione non vi vennero attraverso i passi montuosi, ma seguendo la via delle coste del Caspio. Del iesto la to- pografia speciale del la regione con dorsali secondarie distanti dalle principali, conforta tale opinione.

Come abbiamo accennato, piu al sud, le cose cambiano.

Fra i 10 Dargua Warkun di Ashti sono, oltre 4 o 5 dol: pi:, 3 dol: ips:.

Anche qui i dati descrittivi ci danno forte frequenza di occhi chiari e grigi.

Fra i 34 Tabassarani, con i quali gia entriamo nella cerchia delle stirpi curiniche, la provenienza di Chiv, sul medio corso del Chirak-chai, ha 3 do: ips: sopra 10; altri 3 casi br: pi: e 1 br: o:.

Nei Tabassarani del Nord ritorniamo a quella eguale proporzione di br: pi: e br: o: che deve essere la condizione primitiva, essendo beninteso i br: pi: localizzati nelle zone piu alte.

Da tutto cio si deduce, che, se e vero che l'elemento do: pi: e venuto dal sud, esso deve essere anche cronologicamente piu antico sul luogo di quelle do: ip:. Cio gia si poteva sospettare per i fatti presentati dai Dido, ma qua diviene assai piu chiaro, e di- verra ancor piu chiaro, quando vedremo i dati della Ossezia.

Fra i 43 Curini, riscontriamo una molto maggior frequenza di elementi br: ip:, di quella che abbiamo riscontrato in tutte le popolazioni finora esaminate. Una frequenza simile si riscontra soltanto fra i Cumicchi. Vedremo che cosa cio significhi.

Come i Curini occupano una fascia semilunare di territorio sito in genere a minor altitudine di quella dei Tabassarani e volta verso il Caspio nella sua prima parte, e sul corso inferiore del Samur per la seconda e conforme a cio presentano altezza del cranio maggiore di quella dei Tabassarani, cos'i pure fra le stesse provenienze curiniche

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sono appunto quelle, come Clmsry, site a poca distauza dal mare, che presentano predominio di br: ip:.

Si desume da cio come l'elemento bipico della stirpe curiniea sia il br: ip:, pianigiano, e come i Tabassarani siano in realta dei montanari curinizzati.

Piu o meno la stessa cosa vale per gli alfcri Curinici. Cosi i 14 Aguli dell'alta valle del Chirak-chai sono <lei br: o: in maggioranza e br: pi: in minoranza.

Cos! risalendo il Samur, i 20 Rutuli sono quasi assolutamente dei br: o:. Lo stesso si dica dei 7 Tsacuri deR'alta valle del Samur.

Nei Curini del Sud, Chinalughi, Buduchi, Dscbek, invece, ritro- viamo relemento do. pi. abbastanza frequente, e accompagnato da qualche dOi ip..

Ecco le cifre relative: Clnnalug(10 casi) 3 do. pi., 2 do. ip., 3 br. pi., 2 br. ip.

Dschek (10 casi) 3 do. p., 1 do. i., 1 br. p., 1 br., o. 3 br. i.; Buduch (10 casi) 2 do. pi., 3 do. i., 3 br. o., 1 br. i.

La distribuzione delle forme trova an perfetto riscontro colla posizione geograflea di queste 3 localita e colla successione crono- logica delle correnti etniche, che sino a questo punto abbiamo dovuto ammettere.

Chinalug e sita nell'alta valle del Biskchai ad oriente del mas- siccio del Bazar Dyuzi, che si eleva a quasi 5000 metri, onde la presenza dei br. pi., che scompaiono quasi a Dschek, si to piu in basso Delia stessa valle, ove aumentano i br. i.. Buduch e situata in una valle parallela ed alquanto appartata, e piu in basso. Da qua la scoinparsa dei br. p. 1'accrescersi dei br. o., la scarsa pre- senza dei br. i..

Riguardo alia presenza dei do. pi. e ip. non abbiamo elementi per decidere se essi vi siano arrivati per i passi della dorsale prin- cipale o risalendo i fiumi della costa del Caspio.

Infine ad Archi situato nella altissima valle di un affluente del Kasikumicki-Koisu, territorio etnograhcamente curinico, ma geogra- licamento appartenente al bacino del Sulak, abbiamo i 22 casi ripar- titi quasi ugualmente fia br. p. e br. o.. (A questa provenienza ap- [lartengono paiecchi casi certamente deformati).

La rete dei punti di repere che abbiamo potuto cosi tracciare sul territorio Dargua e Curinico ci permette di ricostruire la crono- logia degli avventi delle diverse forme. Da to cio che abbiamo detto sui riguardi della precedenza dei do. pi. sui do. i., lo stato di cose che riscontriamo a Chiv (con una frequenza a parti uguali di do. i.

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br. o. e br. pi.) indica chiaramente che l'accesso dei br. i. e il piu tardivo di tutti, cioe si e verificato dopo quello dei do. L

Nei Cecceni constatiamo un fatto, a primo aspetto anormale, ma che invece si dimostrera fra poco completamente giastiflcato.

I Cecceni orientali, vale a dire proprio quelli che abitano zone a minor elevazione e piu prossitne alia foce del Sulak, presentano il maggior numero di br. pi. ed e da notare che cio non e dovuto affatto a mescolanze coll'elemento basso dei Tarbari Nogai o dei Calmncchi, come risulta anche dalle note descrittive del v. E..

E' da rilevare ancora che sempre negli orientali e il maggior numero di do. pi. presentati dai Cecceni; ed infine che sul graflco generale, mentre e presente un sensibile gruppo di do. i., i br. i. sono scarsamente rappresentati.

Negli Abadsechi e Cabardini ci sembra fuofi di dubbio la pre- senza di un elemento relativamente allungato e alto di identica posizione di quello che abbiamo visto in precedenza ; tuttavia noi non ne asseriamo la pratica uguaglianza; giudicando che troppo spes- so gli antropologi trascurano il fatfcore della distanza geografica e ritenendo che tale elemento per le provenienze che abbiamo esami- nato in precedenza assai piu probabilmente debba esser afflne con i Causasiani del Slid o Georgian i.

I Grusii dimostrano la predominanza di un elemento ipsic, sito per l'ind. orizz. fra il br. ip. e il do. ip. dei grafici precedenti.

Anche qua, come per i Circassi, considerando le relazioni geo- grafichre e somatiche dei Grusii non crediamo di potere asserir la coincidenza di questo elemento con quello dei Curini, berisi pro- prio con quello che si e detto convenzionalmente do. ip. di Chlibisci e aitrove.

Esiste poi un elemento ortocefalico piu allungato e oscillante in torn ci 80-82 di indice orizz. che e per noi un elemento montanaro.

E' in minoranza (4 su 21 casi).

I due Gurii sono entrambi del tipo do: pi: ed un dol: pi: e fra i 4 Lasi.

Anche 4 do: p: su 10 casi si hanno fra i Mingrelii. Questa frequenza di forme do: p: fra i Georgian i occidentali e assai inte- ressante, messa in rapporto con quanto asserisce ilGiavacoff, se- condo lo Zanolli. Riproduciamo il breve passo della recensione di questo ultimo (.'), del lavoro del G.

" La base fondamentale della stretta affinita fra Mingrelii ,

(!) lu : Atti Soc. mi, i. di tuitiop. XJX, p. Ti'i'.

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G-urii ed Imereti si da a conoscere in alcune orientazioni che non sempre si affaceiano parallelamente cosi decise nelle dette tre pro vincie. In siftatta tendenza e palese nel tipo fisico grnzino occiden- tal, l'influsso di uno specials elemento che per le sue caratfceristiehe si da a conoscere quale lipo a capelli chiari ed iride grigia „.

Aggiungiamo che nelle figure dei Lazi dello Chan tre a me pare di riconoscere bene un tipo facciale schiettamente germanico.

Tralasciando qua gli Armeni, come tralasceremo gli Aissori, gli Ebrei Montanari, i Ta*\ due gruppi dei Tartari e i Calmucchi, do- vremmo parlar degli Osseti : ma preferiamo farlo per ultimo. Fra i Tartari a me sembra debbano esser trattati come veri Caucasiani, antropologicamente parlando, i Cumicchi e i Caracciai. Secondo noi abbiamo qua dei casi in cui la linguistica, la storia e l'etnografia ci conducono fuori di strada.

I caratteri facciah dei Cumicchi sono affatto caucasiani. Le loro forme cefaliche e la loro localizzazione geograflca ci fanno pensare che essi accolgono in se element] presi dai Cecceni, soprattucto bassi, e un elemento br: ip: che e perfettamente identico al curi- nico. Nei Cumicchi il v. E. da un caso di capelli biondi e un caso di rossi, molti casi di occhi grigi. Parte dei platicefali sono percio germanici. Anche i 5 Caracciai br: o: hanno un tipo facciale affatto caucasiano.

Ci siamo riservati di paiiare per ultimo della Ossezia, giacche i fatti dimostrati da questa regione hanno un' importanza esplica- tiva massima, e perche di essa abbiamo documenti antichi e recenti. E note infatti che sono state scoperte ivi molte necropoli, fra cui famosa quella di Koban; e che da esse sono stati raccolii cranii.

Abbiamo cercato di riunirne un certo numero dalla letteratura.

Virchow nel 1883 nel suo lavoro sulla necropoli di Koban C) da i valori di due cranii, piu o meno ben conservati, l'uno dei quali per l'altezza soprauricolare e un do: o:, 1'altro un br: pi: dichiarato.

Egli illustra anche i due pezzi in diverse norms. Osserviamo subito tutta la importanza della presenza di quest'ultimo elemento.

In un lavoro successivo (2) dava altri due cranii, l'uno do: p:, l'alfro do: i:.

In un terzo lavoro (3) porgeva i dati di altri 5 pezzi di Tschmy, presso Koban, 3 dei quali sono dei do : p :, 1 br : o :, ma ad indice

0) It. Virchow. O.i.^ Griiberfold \. Coban \m Lande d. Oaseten, Kaukasus. Berlin, i8S3 (-) Id. Einc Fibula aua < i i Tschetschua und zwei Schadel von Koban. Zeit. j. F.thn. AT, 1883.

[d. Nonlk.nik.isi.-M -In' AUriiiiiinnr. ZeU. f. Ellmol., XXII, IS91.

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orizzontale minore di 80 e un br; p:. Abbinmo con cid un altro caso di questo'elemento cosi importante.

Lo Chantre (') ha i dati e le figure di 5 pezzi, due dei quali sono do: p :, tre piu o meno orto-ipsicefali.

Infine lo Ivanovskiy (2) illustro 31 cranii di varii luogbi so- polcrali dell'Ossezia, ma solo di 22 di essi sono utilizzabili le iifisnre.

Vi abbiamo 3 do: pi:; 7 o 8 do: o: ed il restante do: i :. Questi ulLiiui hanno indice orizz. un po' piu basso degli ortoe:, i quali sono sempre al disotto di 80.

E' evidente da questi dati la presenza di frequenti do: p: mentre il restante si divide presso a poco in parti uguali fra br: o: e do: o..

Per quanto i 14 casi di v. Erckert siano pochi, e degno di nota che la loro proiezione presenta due gruppi che, tenuto conto degli spostamenti degli indici per il vivente, hanno presso a poco la stessa posizione dei due gruppi do: o: e do: i:, che abbiamo constatato nei cranii antichi.

I do : p : sono pero praticamente scomparsi e gli altri casi sono dispersi.

Ma alcuni casi di cranii recenti che ci da lo Chantre ci illu- minano grandemente sul significato della distribuzione delle forme negli antichi.

Si tratta di 10 cranii di Tagauri del XYII e XVIII secolo, Lrovati appunto nelle grotte di Koban; 5 soltanto sono misurabili. Orbene essi sono tutti e 5 dei br: pi: con una media di indice oriz- zontale di 86,59.

Un altro cranio di Kasbek, luogo, si noti, a grandissima altitu- dine, permette di desumere dalle figure che lo illustrano gli indici di 86 e 65, (soprauric), che collocano questo cranio fra i br : pi: dichiarati, cosa che del resto e ben visibile alia ispezione semplice.

Lo Chantre dice che altri cranii della stessa localita ma in cattive condizioni, appartengono piu o meno alio stesso tipo.

Come sono spiegabili questi fatti? Come si spiega la cosi di- versa composizione etnica di Koban anticamente ed ora? Al let- tore che abbia conoscenza del nostro lavoro sull'America, questi fatti costituiscono una perfetta analogia con quelli che abbiamo visto sulle Ande. Cola i platicefali respinti dagli ipsic. sull'altipiano

(!) E. Chantre. Kecherches anthropolojiiques dans le (Jaucaso. Vol. -i0 Paris, 1S85-S7. (-) Ivanovskiy. Cranii rti luoghi sepoh'iali <leH'< )ssezia. Izvie.stia delta Sez. Arutr op. della Socletu degli amatorl ece. di Mosea IT. t891, recensito da stiedrt ;„ .\. /. .1. XXIV, S. 057.

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andino erano stati in parte respinti sulle zone di piii alto abitato ed in parte rigettati sul versante atlantico.

Qua i br: pi: respinti dagli invasori del Sad si ritirarono in parte sulle zone di piu alto abitato, in parte furono rigettati verso il Nord-Est e costituiscono gli attuali Cecceni orientali.

Al tempo della Necropoli di Koban, cioe della prima eta del ferro, i br: pi: costituirono sul Caucaso forse una classe sottoposta e respinta sui luoghi di peggior abitato, ma a mano a mano die la pressione degli invasori dirninui, i br: pi: limitati ad isclotti sul piu alto altipiano si espansero nuovamente, ed ora devono costi- tuire zone abbastanza larghe.

Cos! si spiegano le difterenze dell'indice orizz. trovate dallo Chant re fra gli Osseti del Koban e quelli del Terek; i primi es- sendo assai piu brachioidi.

Chi fossero gli invasori dell' altipiano, ormai possiamo dedurre con piena evidenza dai fatti esposti. In primo tempo essi dovettero esser i dol. pi. di tipo germanico, ma essi non si fermarono sul luogo e procedettero verso le pianure del Sud russo, lasciando piu o meno forti traccie del lore sangue. Cio secondo noi e provato dalla rarita dei tipo do. p. attualmente nell'Ossezia, che pur presenta un tipo predominante allogeno, per i suoi caratteri facciali .afline al nostro quarto tipo (').

In una collezione di cranii di Osseti moderni che noi abbiamo potuto vedere al Museum di Parigi, 18 pezzi conservano la faccia in buone condizioni.

3 pezzi sopra questi 18 hanno un tipo facciale che si pub ri- ferire al tipo cosidetto germanico (e quindi al nostro terzo tipo).

E evidente, e questa e una conseguenza di grande importanza per l'antropologia ouropea, che i biondi hanno scalato il Caucaso dal Sud al Nord e non viceversa.

Anzi la grande strada di comunicazione caucasiaua per il passo di Dariel deve avere costituito la loro porta di entrata principale in Europa. La distribuzione delle forme in questa regione, neU'Os- sezia cioe, resta documento di questo passaggio.

Soltanto dopo di loro seguirono i meridionali do. ips. che costi- tuiscono l'attuale fondo della popolazione ossetica.

Noi non vediamo ragione per cui rifiutare fede alia testimo- nianza di Am.niano Marcellino, vissutb nella seconda meta del

i1) «',. I.. Sera. 1 caratteri della faccia e il poliftletismo dei Priraati. Qiorn. per hi Morfolo- leU'tJ&mo >■ dei Primati \<>l. II, 19i8.

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quarto secolo, per il quale gli Alani, antenati degli Osseti, erano biondi ed aitanti della persona.

Evidentemente in quel tempo sopravviveva una piu forte quan- tity di sangue blondo che e andato poi scorn parso, fenomeno che si e riprodotto in Europa in tantissimi luoghi, ovvero piu sempli- cemente ancora gli Alani defluirono verso il Nord.

Se la distribuzione tipica dei br. pi. e br. o., nel Caucaso, con- forme la regola da noi e dai nostri allievi tante volte illustrata e rotta per il Caucaso centrale, nella Ossezia, da una parte restano prove sufficienti della identica distribuzione primitiva dei br. pi. anche per questa regione, e dall'altra abbiamo prova e indicazioni che la invasione dell'Ossezia e stato un fatto relativamente tardivo o per lo meno posteriore alia distribuzione caratteristica dei br. pi. e br. o..

Ma a parte tale questione cronologica a noi pare che resulti dal presente lavoro dimostrato che il Causaso rivela come gli altri massicci europei una distribuzione delle forme che e perfettamente consona alia mia teoria sui rapporti tra zone di glaciazione e zone di platicefalia. L'esame della distribuzione della altezza del cranio nel Caucaso mi ha rafforzato, anzi, in una mia idea che fino a qui non avevo espressa a sufficienza e che e che la ortocefalia e so- prattutto la brachiortocefalia e in qualche maniera associata nella sua genesi alia brachi platicefalia. Ma di cio meglio ad altrove.

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ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA NORMALE DELLA R. UMVERSITA DI BOLOGNA D1RETTO DAL PROF. G. VALENTI

Dott. LINO PUNTONI, Assistente

Intorno ad una variazione morfologica del muscolo scaleno nell'uomo.

(Con figura)

E vietata la ripioiln/.ione."

Quella formazione complessa costituita dalla massa scalenica, che nell' uomo e suddivisa in un numero maggiore o minore di fasci muscolari, presenta talora delle variazioni morfologiche sia riguardo alle sue inserzioni, sia riguardo alia disposizione delle singole digi- tazioni.

Le anomalie muscolari in generale comprendono la mancanza di muscoli normali, i muscoli soprannumerari e le varie disposizioni morfologiche di muscoli normalmente esistenti.

I muscoli soprannumerari stanno ad indicare delle forme esi- stenti normalmente in alcune specie animali, che appaiono di tanto in tanto presso di noi, sotto le forme piu varie corrispondenti a dei giadi successivi della loro sparizione nella serie zoologica.

Le seconde, e cioe le variazioni morfologiche di muscoli nor- malmente esistenti, sogliono riprodurre un tipo normale in qualche specie della serie zoologica. Fra le variazioni morfologiche presen- tate dalla parte posteriore del muscolo scaleno nell' uomo, un grup- po degno di nota e coslituito dai. fasci soprannumerari, i quali, mentre talvolta rappresentano delle vere inserzioni accessorie (fasci muscolari accessor! del m. scaleno o scaleni soprannumerari), tal'al- tra la collegano piu o meno a muscoli o ad organi vicini. Molti di questi fasci anomali anno semplicemente il valore di fasci errativi, altri invece anno un certo interesse morfologico, trovando riscontro nell' anatomia comparata, poiche riproducono forme normali in ani- mali inferiori.

Pertanto mi sembra utile descrivere ed illustrare la disposizio-

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ne che la parte posteriore del muscolo scaleno prcsentava da umbo i lati in un individuo sezionato durante le esercitazioni in sala del taglio; disposizione che, secondo le mie ricerche, non risulta sia stata descritoa da alcuno, ed il cui preparato si conserva nel rauseo di anatomia umana di questa R. Universita, segnato col n. 95, esem- plare a della serie nuova. Si trattava di un uomo di 60 anni, con

Fascio anomalo della parte posteriore del tit. scaleno. VI, clavicola ; Co. d., fascio cervicooiuo-dentato ; D. a., dentato anteriore ; E. sc, ele- vatore della scapula ; G. P. gran pettorale ; 1'. P. piccolo pettorale ; »Vc, scapola ; Sc. I, Sc U, Sc III, scaleno auteriore, medio, posteriore ; S. cl. /«., sterno-cleido mastoideo ; S. sc, sot- toscapolare.

masse muscolari non molto sviluppate. Essendo stata dissecata com- plotamente la regione laterale del collo, sul preparato anatomico di questa si rileva come dalla massa comune dello scaleno medio e posteriore (parte posteriore del m. scaleno), e precisamente dal terzo medio delia loro faccia esterna, si stacchi un fascio muscola- re, ben distuito, della lunghezza di 85 mm., largo da 8 a 15 mm.,

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nastriforme, il quale si porta in basso, decorrendo parallelo ai fasci della parte posteriore del m. scaleno. Arrivato all' altezza del mar- gine superiore del m. dentato anteriore, si allonbana dallo scaleno posteriore sulla faccia ascellare del m. dentato anteriore stesso. Mantenutosi fino a questo punto di natura esclusivamente musco- lare, si continua ad un tratto con un tendinetto nastriforme, largo 12 mm., le cui fibre espandendosi a ventaglio, si comportano molto diversamente. Le superiori, piu grosse e piu stipate, abbracciano a mo' di ansa la faccia interna ed inferiore della la digita- zione del m. dentato anteriore e vanno ad inserirsi alia parte su- periore del margine spinale della scapola, confondendosi in parte colle fibre del dentato anteriore stesso. Le altre fibre si espandono sull' aponeurosi del m. dentato anteriore, foimandovi una sottile lamina ben differenziabile dall' aponeurosi d' involucro del muscolo. Qua e la poi, fra le fibre tendinee di questa lamina si notano dei sottili fascetti muscolari.

Questa lamina posteriormente si inserisce al margine spinale della scapola, mentre che in basso ed in avanti si perde per gradi sull' aponeurosi predetta. Una tale disposizione, che identica si os- serva da ambo i lati del collo, non e accompagnata da altre ano- malie dei muscoli vicini.

Tuttavia e degno di nota l'evidente sviluppo della parte supe- riore del m. dentato anteriore, le cui fibre si inseriscono anche sul margine superiore dell' omoplata, spingendosi fino ad un dito tra- sverso dall' incisura soprascapolare. Invece le digitazioni medie si presontano molto sottili.

Riassumendo, si tratta di un fascio muscolare anomalo che la parte posteriore del m. scaleno invia alia scapola e che prende nel- 1' ultimo tratto delle connessioni colla parte superiore e media del muscolo dentato anteriore; fascio che io chiamero cervico-omoden- tato. Per illustraro questo fascio anomalo e bene vedere quali re- lazioni passino fra il m. scaleno ed i muscoli vicini, avuto riguardo specialmente alia porzione posteriore del m. ycaleno, al muscolo dentato anteriore, al m. elevatoro della scapola, ed ai muscoli so- pracostali.

II muscolo scaleno nell' uomo oggi si suole considerare come una formazione complessa, costituita di elementi omok)ghi agli in- tercostali ed agli elevatori delle coste, a seconda che i fasci pro- vengono dai tubercoli ventrali oppure da quelli dorsali delle verte- bre cervicali. Di fatto i fasci nei quali e diviso il m. scaleno non anno il valore di muscoli singoli, data la grande varieta numerica

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e morfologica di essi. Percio anziche di uno scaleno anteriore, medio e posteriore e preferibile parlare di una parte anteriore e di una parte posteriore del m. scaleno. La prima (m. scaleno anteriore) raggiunge i tubercoli ventrali; la seconda cioe la parte posteriore scalenica offre delle variazioni e cioe la parte anteriore di qnesta (m. scaleno medio) puo raggiungere tanto i tubercoli ventrali quanto i dorsali (Albino, Col son); mentre la parte posteriore (m. scaleno poste- riore) si inserisce di preferenza ai tubercoli dorsali, quantunque di- rettamente o per anastomosi possa raggiungere i tubercoli ventrali delle vertebre cervicali (Livini).

I fasci costali della massa scalenica possono essere lino a sette, e possono ridursi a due. Non e fuori di luogo ora, esaminando la parte posteriore del m. scaleno, ricordare i cosidetti scale ni sopran- numerari, i quali van no col nome di m. scaleno laterale, m. sca- leno intermediario, m. scaleno aocessorio. II m. scaleno laterale de- scritto da Albino, osservato poscia da Soemmering e da Me- ckel, e un fascio piu o meno distinto della parte posteriore del m. scaleno, sulla cui faccia esterna trovasi situato. Nasce dai pro- cessi trasversi delle vertebre cervicali inferiori e prende inserzione alia 2a costola. Si riscontra come normale nel gatto. II m. scaleno intermediario va dai tubercoli anteriori della 6a e 7a vertebra cervi- cale alia la costa e nella sua inserzione inferiore si trova davanti alia parte posteriore scalenica, dividendo i fasci nervosi del plesso brachiale dall' arteria succlavia. E comune a tutte le scimmie an- tropoidi (M. Alix); fu descritto in un boscimano da Test Lit e di quando in quando ricompare nell' uomo, colmando cosi d' un tratto le distanze normali della serie zoologica. Lo scaleno accessorio di Macalister e una parte distaccata della parte anteriore della parte posteriore del m. scaleno, che va dai tubercoli posteriori dei pro- cessi trasversi della 4a, 5a, 6a vertebra, cervicale lino alia la costola. Viene separato dalla massa scalenica posteriore per mezzo di tron- chi del plesso brachiale. Morfologicamente ci riconduce a casi omo- ioghi osservati in scimmie (Testut).

Avuto riguardo all' anatomia comparata, Testut ci dice che nella maggior parte dei mammiferi, la parte posteriore del m. sca- leno prende sul torace delle inserzioni piu estese assai di quelle che noi troviamo nella specie umaua; infatti nel maggior numero dei roditori raggiunge la 5a costola e perfino la 6a costola.

Strauss-Durckeim descrive nella massa posteriore scalenica del gatto sette divisioni distinte, che egli designa col nome di l°-7°

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scaleno e fra le quali egli trova il rappresentanto dello scaleno la- terale del Soemmering.

M. Chudzinski ha osservato che la parte posteriore del m. scaleno discende ordinariamenfce piu in basso nelle razze di colore. Henle dice di avere osservato in an cadavere, da ambo i lati del collo, un sottilo muscoletto che, distaccatosi dai processi trasversi deila 3a e 4a vertebra cervicale, fra la massa scalenica, s'inseriva sulla la digitazione del muscolo dentato anteriore ad un arco ten- dineo teso fra la la e la 2a costola e colle libre posteriori alia 3* costola. Questo caso presenta una certa analogia con qnello da me descritto.

Venendo ora a considerare cio che si riferisce al m. dentato anteriore ed ai m. elevatore deila scapola, quest'ultimo si puo rite- nere come un fascio divergente o cervicale del primo Di fatto essi sono separati da uno spazio triangolare, normal mente riempito da una lamina aponeurotica. Ora non e raro constatare come l'eleva- tore mandi una o due digitazioni soprannumerarie sui processi tra- sversi deila 5a e 6a v. cervicale, ed anche flno alia 7* v. cervicale, nel quale caso scompare lo spazio triangolare suaccennato. Questa fusione del dentato anteriore con l'elevatore e stata segnalata da Henle, da Sabaticr e da altri autori. Inoltre e un fatto normale in alcuni niammiferi ed in alcune scimmie, mentre nei vertebrati inferior! non vi e discontinuity fra m. elevatore e m. dentato an- teriore.

Riguardo alle relazioni fra questi due muscoli ed il m. scaleno, oltre il caso citato piu sopra e qnello mio, di una unione cioe fra lo scaleno ed il dentato anteriore, diro come Testut abbia con- statato l'unione dell'eievatore alia massa scalenica mediante qual- che fascio, fatto questo confermato anche da L e D o u b 1 e, il quale rilevo come la parte posteriore del m. scaleno si potesse talora confondere col m. elevatore. Altri fatti degni di nota sono la con- nessione del in. dentato anteriore col in. sopracostale (Le Double); e la connessione del m. scaleno (parte posteriore) col m. sopra- costale o coi 2 primi intercostali (Le Double), fatto questo che si riscontra anche nel gatto (Strauss-Dnrchei m), e che sta a suf- fragare come fra i muscoli ventrali i muscoli propri del tronco pos- sano essere rifenti a diversi sistemi, corrispondenti ciascuno ad uno speciale strato muscolare, che nelle diverse regioni, conformemente a quanto dimostra 1'anatomia comparata, si e variamente modifi- cato. II m. scaleno posteriore (collo) ed i muscoli sopra costali (torace) costituiscono un sistema (Gegenbaur).

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Co nsi derail do ora che il m. elevators della scapola, quantunque comunemente descritto fra i muscoli dorsali del tronco per ragioni topograftche, si deve ritenere come facente parte primitivarnente della muscolatura ventrale, perche innervato da rami ventrali dei nervi spinali, alia stessa stregua del m. dentato anteriore, ci si rende conto delle relazioni che avvengono e che sopra ho citato fra questi due muscoli. Abbiamo poi d'altro canto notato come talora il m. scaleno si possa rinire tanto all'elevatore quanto al dentato ante- riore, ma poiche tinora ho fatto risaltare l'eventuale connessione dell'elevatore col dentato anteriore, rimane soltanto da studiare la relazione che passa fra la parte posteriore scalenica ed il m. den- tato anteriore, come avviene nel caso di Henle e nel mio per mezzo del fascio cervico-omo-dentato.

II m. dentato anteriore appartiene ad un gruppo di muscoli, i quali hanno raggiunto un notevole sviluppo modificandosi e diffe- renziamlosi progressivamente daila prima disposizione, durante il corso della filogenesi, in conseguenza dello sviluppo degli arti.

II m. scaleno in toto appartiene invece ad un gruppo dl mu- scoli, i quali si sono modificati in conseguenza della scomparsa delle costole nella regione cervicale della colonna vertebrate. Questo di- mostra come i due muscoli si siano andati difterenziando filogene- ticamente per lo sviluppo o la regressione dello scheletro. Se ora si considftia l'azione flsiologica dei due muscoli, si sa che essi epli- cano, e specialmente il m. dentato anteriore, una potente azione inspiratoria. Abbiamo percio comunanza di funzione.

E logico pertanto ritenere che primitivarnente il muscolo sca- leno e il muscolo dentato anteriore fossero fra loro connessi, come sta a testimoniare l'esistenza del fascio cervico-omo-dentato da me descritto, poiche, se finora non abbiamo in nostro aiuto che del- le incomplete cognizioni riguardo alle omologie del sistema muscolare nelle diverse specie dei vertebrati, si pud tuttavia afTermare in linea generale che le variazioni presentate da un muscolo tendono a ri- condurlo al suo stato primitivo, vale a dire a riprodurre la dispo- sizione caratteristica di certe specie situate piu in basso nella serie zoologica.

II fascio cervico-omo-dentato del m. scaleno ci porta a consi- derare traverso il corso filogenetico le possibili relazioni del m. sca- leno col m. dentato anteriore, ed a considerare come il muscolo sia un organo essenzialmente variabile nella sua forma, nel suo volume,

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nelle sue inserzioni, e non flssabile percio, come nelle classiche de- scrizioni, con una disposizione costante.

Bologna, 2\ ottobre 1920.

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Arch. Ital. di Anat. e di Embriol. Vol. 7, Fuse. 1, P. 117.

NOTIZIE

Nel Settembre scorso fu tenuta a Parigi una riunione preparatoria per la fondazione di un Istituto internaz. di antropologia, riunione di cui e apparso re- centcraonte il rendiconto.

Lo scopo della fondazione di detto Istituto e in sostanza quello di proeu- I'ai'e un sempre miglior procedimento collettivo di lavoro, col promuovero co- municazioni piu rapide e fi'equenti fra studiosi dellc stesse branche della scicn- za antropologica, organizzazione di incliieste, diffusione di risultati importanti o scoperte, compilazioni collettive di Trattati, ecc.

La riunione suddetta stabili un ufficio ccntrale a Parigi e degli Uffifi na- zionali.

Della organizzazione dell' ufficio nazionale italiano e incaricato il prof. G. L. Sera (V. Mazzini 12, Pavia) al quale quanti si interessano alia cosa possono rivolgersi per ulteriori schiaiimcnti.

Avvertenza

Delle Comunicazioni Originali che si pubblicano nel Monitore Zoologico Italiano e vietata la riproduzione.

Gosimo Cherubim, Amministratore-responsabile.

Firenze, 1921. Tip. L. Niecolai. Via Faenza, 52.

Monitor e Zoologico Italiano. Anno XXXI.

Tar. V.

3. 4 - Ct-x &&■

2 9 - tftu<&+cf

5 s> - /w«t

Monitore Zoologico Italiano

(Pubblicazioni Italiane di Zoologia, Anatomia, Embriologia)

Organo ufficiale della Unione Zoologica Italiana

DIRETTO DA

GIULIO UHIARUGI EUGENIO FICALBI

Prof, di Auacomia umana Prof. <li Anatomia oomp. e Zoologia

nel R. Istituto rti Stndi Super, in Firenze nella R. CTnivorsifa di Pisa

CON LA COLLABOUAZIONE DI

BECCARI N. (Firenze) GIACOM1NI E. (Bologna) LEVI 0. (Torino) LIVINI F. (Mllano) LOPEZ C. (Pisa) STADERINI R. (Siena)

Ufficio di Direzione ed Auiuimistraziuue: lst.il.uto Anatomico, Firenze.

12 numeri all'anno Abbuonamento annuo L.. 30.

Per l'estero Fr 30 (in oroV

XXXI Anno Firenze - 1920 N. 12.

SOMMARIO: Bibliografia. Pag. 193-200.

Comunicazioni originali: Crescenzi G., Di una rara raalforraazione del tenue. (Con 2 fig. nel testo). Fici S., Sulla presenza ed identificazione delle so- stanze grasse nelie cellule dei tessuti coltivati « in vitro ». Pag. 201-208.

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Si da notizia soltanto dei lavori pnbblicati in Italia.

B. -PARTE SPECIALE (Continuazione)

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Flamtna Silvio. Per l'etiologia dell' Hydrops foetus universalis. Annali Ostetricia e Ginecoloyia, An. 42, N. 6, pp. 385-394. Milano, 1920.

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di Omit., Anno 5 (1919), pp. 4-6. Bologna, 1920. Vallon Graziano. Quale influenza pud aver avuto la guerra sulla nidificazione

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7. Mammiferi.

Aviaghi G. Osservazioni su alcune corna fossili di Cervus elaphus L. del Mu- seo civico di Milano. Natura, Vol. 11, Fasc. giugno-agosto 1920, pp.99 - 103, con figure, Milano, 1920.

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Beaux (De) Oscar. Un feto di Potamochoerus dell' Uganda. Forme esterne, studiate colPaiuto della dissezione, e Situs. Atti d. Soc. Ligustica diSc. Nat. e Geogr., Vol. 30, N. 3, pp. 138-172, con 2 tav. Genova, 1919.

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Camerano Lorenzo. Ricerche intorno alle sottospecie della Gapra sibirica Meyer. Parte 1. Boll. d. Musei di Zool. ed Anat. comp. d. R. Univ. di Torino, N. 722, Vol. 32, pp. 1-41. Parte II. Ibidem, pp. 1-19. To- rino, 1917.

Martelli Giovanni. Contributo alia conoscenza della vita e dei costumi delle Arvicole in Puglia. Boll. d. Labor, di Zool. gen. e ayr. d. R. Scuola Sup. d'Agric. in Portici, Vol 13, pp. 193-316, con 32 figure. Portici, 1919.

200

8. Antuopologia ed Etnologia

Alfieri E. II bacino rotondeggiante fra le donne del Cagliaritano: riassunto. Bull. Soc. med.-chir. Pavia, An. 33, Fasc. 1-2, pp. 46-53. Pavia, 1920.

Gioia A. L'altezza del cranio nel Cantone Ticino. Rendic. Istit. lomb. Sc. e Lett., Ser. 2, Vol. 53, Fasc. 12-15, pp. 483-492, con figure. Milano, 1920.

Giuffrida-Ruggeri Vincenzo. Un problema antropologico a proposito dei Dal- raati. Arch, per VAntr. e la Etn., Vol. 48, 1919. Estr. pp. 20. Firenze, 1920.

Giuffrida-Ruggeri V. Preteso ibridismo dogli Australiani. Rend, della R. Ace. delle Sc. Fis. e Mat. di Napoli, Ser. 3a, Vol. 25, 1919. Estr. pp. 6. Napoli, 1919.

Giuffrida-Ruggeri V. L'indice trocantorico e 1' indice pubico. Nuovo contri- bute* alio studio delle proporzioni somatiche dei gruppi etnici. Riv. di Antr., Vol. 22. Estr. pp. 30. Roma, 1917-1918.

Hoernes M. Die altesten Forraen dor menschlichen Behausung und ihr Zusam- raenhang rait dor allgeraeinen Kulturentwicklung. (Les plus anciennes for- mes de l'habitation huraaine et leur relation avec le developperaent gene- ral de la civilisation). « Scientia » (Rivista di Scienza), An. 5, Vol. 10, Fasc. 19 (3), pp. 132-142 e 94-104 del Suppl. Bologna, 1911.

Hoernes K. Die Bedeutung der Palaontologie fur die Erdgeschichte. (La si- gnification de la paleontologie pour l'histoire de la Terre). « Scientia » (Rivista di scienza), An. 5, Vol. 10, Fasc. 20 (4), pp. 307-325 e 147-164 del Suppl. Bologna, 1911.

Maunder A. S. D. Irenian migrations before hystory (Migrations lraniennes avant 1' histoire). « Scientia * (Rivista di scienza), An. 10, Vol. 19, Fasc. 46 (2), pp. 115-124 e 62-71 del Suppl. Bologna, 1916.

Sera G. L. Morfologia uraana e antropologia. Natura (Riv. di Sc. nat.), Vol. 11, Fasc. aprile-maggio, pp. 37-64. Milano, 1920.

Sera G. L. I carattcri della faccia e il polifiletisrao dei Priraati. Giorn. per la Morf. dell'uomo e dei Primati, An. 2, Fasc. 1-3, 1918. Pavia. Estr. di pp. 296, con tav. 1-8 e figure.

- 201 -

C0MUNICAZI0NI ORIGINALI

R. CLINICA CHIRURGICA DI FIRENZE DIRETTA DAL PROF. ENRICO BURGI

Di una rara malformazione del tenue

per il

Dott. r.IUUO CRESGENZI

Aiuto e Libero Docente

NOTA RIASSUNTIVA

(Con 2 figure).

E vietata la riproduzione.

Illustro una rara anomalia del tenue che, riscontrata in una bambina di 13 anni nel corso di una laparatomia esplorativa, ebbi possibility di esaminare successivamente in modo piu completo al tavolo anatomico.

II cadavere di soggetto profondamente denutrito, della lunghezza di cm. 135, senza alcuna malformazione o alterazione di sviluppo negli altri organi od apparati, presenta all'esame del tenue, i cui vasi sono iniettati colla miscela del Gerota i seguenti reperti:

Normale disposizione della matassa del tenue che ha una lun- ghezza di m. 2,51 ; a 43 centimetri dalla valvola ileo-cecale si trova un diverticolo a dito di guanto con impianto sul tenue- in vicinanza della sua inserzione mesenterial ; l'apice provvisto di un breve me- sentere e libero in cavita peritoneale; il diverticolo ha colorito, spes- sore, consistenza della parete identici a quelli della parete del te- nue; mancano speciali pieghe mucose o disposizioni valvolari al suo imbocco nell'ileo; la mucosa ha caratteri in tutto simili a quel- la dell' ileo con disposizione uniforme e regolare di pieghe perpen- dicolari all'asse maggiore del diverticolo, pieghe che riproducono in modo esatto le valvole conniventi ; il ramo principale della mesen- terica superiore scende nel meso fino al punto da cui si stacca il diverticolo.

A 63 centimetri dalla valvola ileo-cecale, ad un attento esa- me fra le due pagine del mesentere si intravede un cilindro di

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dimensioni simili a quelle del tenue cui si accompagna a canna di fucile quasi senza solco di demarcazione ; il cilindro patologico di consistenza un po' superiore a quello dell' ileo, per lo spessore mag- giore della parete, segue il tenue nelle sue curve normali per la lunghezza di 37 centimetri ; a questo punto si scosta dal cilindro intestinale normale per incurvarsi verso la radice del mesentere ter- minando dopo un tratto di circa 14 cm. con un rigonfiamento cla- viforme che fa rilievo sulle pagine anteriore e posteriore del mesen- tere a sinistra della linea mediana, quasi a livello del tronco della arteria mesenterica superiore: in questo punto il rigonfiamento si riavvicina alia porzione distale della prima ansa del tenue.

Fig. 1. 1. Lntestino 2. Diverticolo 3. Punto di origiiie del diverticolo i. Apice del diverticolo.

La fotografia del pezzo anatomico e presa dalla taccia destra del uieseutere e dimostra il com- Hi" 'hi vasi mesenteric] sni due eilindri intestinali.

Gli stessi rami della arteria mesenterica superiore si distribui- scono alia formazione patologica e al corrispondente segmento inte- stinale e con le stesse modalita di suddivisione e di penetrazione nella parete; il rivestimento sieroso passa da un cilindro all'altro senza

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affondarsi fra di essi per il tratto in cui si accompagnano a canna di fucile; dove il tratto patologico si scosta dal tubo intestinale, il meso incontrato il margine di quello, si divide a rivestirne le due faccie per ricoraporsi in corrispondenza dell'altro suo margine con caratteri perfettamente identic! al res to del mesentere e por tarsi fino al margine concavo del tratto di tenue che gli corrisponde.

II lume del cilindro anomalo, che e di ampiezza uniforme per la maggior parte della sua estensione, se si eccettua il lieve rigon- fiamento a clava nella sua porzione piu alta, dove si mette in co- municazione col tenue va restringendosi a tronco di cono per l'esten- sione di circa due centimetri, cosicche all' imbocco nel tenue ha poco piu di un centimetro di diametro; il punto di passaggio della mucosa di questo cilindro nella mucosa del tenue e stabilito da una netta linea di demarcazione; il lume del tenue dal punto di sbocco del diverticolo fino al cieco appare di dimensioni un po' superiori al tratto rimanente del tenue, anzi in tutta vicinanza e a valle dello sbocco del diverticolo per la lunghezza di circa 10 cm., il tenue presenta una dilatazione ampollare il cui diametro si avvicina a quello dei due cilindri (diverticolo tenue normale) insieme riu- niti.

II diverticolo non contiene feci o materiali ingeriti e la sua mucosa e rivestita da un induito di colorito chiaro, vischioso, d'a- spetto mucoide.

La mucosa dei due segmenti presenta notevoli difierenze macro e microscopiche; quella del tenue e sottile, di colorito roseo, legger- mente vellutata con pieghe trasversali regolarmente disposte, men- tre la mucosa del cilindro patologico e di colorito grigio roseo, di spessore piii che doppio della mucosa del tenue, con superfice ine- guale per rilievi di altezza variabile, irregolarmente disposti, che le conferiscono un aspetto papillare e villoso, che ricorda il cuore a lingua di gatto di alcune pericardii fibrinose.

Microscopicamente la mucosa del tenue e le altre tuniche si pre - sentano con caratteri perfettamente normali; nel diverticolo, al- l'esame microscopico si nota una spiccatissima festonatura della mucosa che assume un aspetto papillomatoso; il chorion e tenue e molto ricco di vasi sanguigni dei quali alcuni arrivano sino quasi sotto all'epitelio di rivestimento ; vi si vedono linfociti irregolar- mente disposti, scarsi in alcuni punti, addensati in altri, talvolta regolarmente distribuiti a costituire un vero e proprio follicolo lin- fatico. L'epitelio di rivestimento e cilindrico semplice e ricopre tutte

- 204 -

le festonature della mucosa; alcune cellule hanno coutenuto unifor- memente granuloso, altre sono in via di trasformazione mucosa.

Le ghiandole che costituiscono in massima parte lo strato mu- coso, sono formate da un canale escretore il cui epitelio e cilindrico a tipo mucoso, ma piu basso dell'epitelio di rivestimento gastrico; il canale escretore in profondita talvolta si ramiflca e termina a cul di sacco; le cellule' delle ghiandole presentano due tipi ben di- versi morfologicamente e per reazioni microchimiche : alcune corri- spondono alle cellule delomorfo, altre alle cellule adelomorfe della normale mucosa gastrica.

Fig. 2. Parete del diverticolo a piccolo ingrandiinuuto.

Fra le formazioni ghiandolari sopradescritte e in tutta vicinanza della muscularis mucosae, si notano alcuni gruppi di acini ben dif- ferenziati dalle ghiandole sopradescritte: il loro lume e piu ampio, nelle sezioni appare rotondeggiante ed ovalare, mai con forma di tubulo; le cellule che rivestono l'acino sono cilindriche o prismati-

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che con protoplasma chiaro e con nuclei ovoidali appiattiti con loro maggiore diametro parallelo alia circonferenza dell'acino dove sono disposti in modo regolare.

La muscularis mucosae non costituisce un nastro sottile e regolare, ma e rappresentata in qnalche punto da scarsi fasci mu- scolari irregolarmente disseminata fra fibre connettivali molto piu spesse e piu numerose di quelle che si trovano normalmente nulla muscularis mucosae.

La tunica muscolare e formata da uno sfcrato di fibre circolari e da uno di fibre longitudinali, entrambi di spessore considerevole.

La sierosa e costituita dal normale rivestimento peritoneale ; dove i due cilindri intestinali sono a contatto essa passa a ponte da un cilindro sull'altro ; fra di essi e interposto del cellulare lasso nei punti di maggiore accollamento e del tessuto cellnlo adiposo nell'angolo diedro formato dallo svolgersi dalla loro curvatura.

Interpreto la malformazione situata a 43 cm. dal cieco come un vero e proprio diverticolo di Meckel in rapporto a residui del dutto onfalo mesenterico; considero invece l'altra malformazione come una duplicita segmentaria dell'intestino; ne spiego la genesi con un'anomalia nello sviluppo dell'intestino che lo interessi in quel periodo embrionario in cui col la vacuolizzazione della massa d'epi- telio che occlude temporaneamente il lurtie intestinale, si associa la formazione per parte del mesenchima delle pieghe longitudinali.

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ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA NORMALE DELLA R. UN1VERS1TA DI PALERMO (DIRETTORE INC. PROF. E. LUNA)

Sulla presenza ed identificazione delle sostanze grasse nelle cellule dei tessuti coltivati « in vitro »

Dott. SALVATORE F1CI, Assistente.

E vietata la riproduzione

Alia presenza di sostanze grasse e similgrasse nelle cellule dei tessuti coltivati " in vitro hanno accennato alcuni degli Autori, che si sono in quest' ultimo decennio occupati di questo campo di ricerche (Burrows, Maximow, Lewis, G. Levi, Lambert,

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Harrison, Kronto'wsky, etc.). Le loro affermazioni pero, dal lato istochimico, non vanno al di la del riconoscimento generico dei grassi neutri, la presenza dei quali i piu ammettono; quanto alle sostanze lipoidi, qualcuno le ha riscontrate soltanto in condizioni speciali di esperiraento, e sempre come prodotti di autolisi o di metamorfosi.

Piu ampie e piu conclusive sono state le ricerche degli stu- diosi sul significato delle inclusioni grassose nelle cellule delle cul- ture, ed in proposito bisogna ricordare quelle di W. e M. Lewi s e di G. Levi, i quali hanno portato nuovi ed interessanti contribute sulla questione dei rapporti che intercedono fra i condriosomi e le inclusioni grassose.

E certo che lo studio del metabclismo del grassi neile culture di tessuti puo essere fecondo di grandi risultati, e forse, battendo questa via nuova, si potranno risolvere alcuni dei problemi piu oscuri della fisiopatologia cellulare.

La possibility infatti di modificare, sebbene entro certi limiti, le condizioni di vita degli elementi cellulari, la facilita di osservar- ne direttamente le modificazioni, che abbiamo ragione di ritenere siano raolto affini a quelle dell' organismo vivente, ci permetteranno forse di apprezzare quali siano le condizioni d' ordine biologico, che determinano 1' accuraulo di grassi negli elementi cellulari, quali quelle che lo favoriscono o lo ritardano, quali quelle che lo modifi- cano qualitativamente e quantitativamente.

II campo di studio e quindi molto vasto, e merita che venga attentamente e largamente utilizzato.

Nelle ricerche, che formano I' oggetto di questa Nota, ho cer- cato, basandomi sulle conoscenze istochimiche piu moderne, di iden- tificare le sostanze grasse e similgrasse, che si trovano nelle cellule dei tessuti coltivati " in vitro „, paragonando fra di loro i risultati ottenuti e vagliandoli secondo le diverse condizioni di esperiraento e secondo i tessuti coltivati.

Per questo studio, mi sono avvalso di tessuti embrionali di- versi di polio, dal al 13° giorno d' incubazione, che coltivavo in plasma omogeneo, diluito in proporzioni variabili in liquido di Rin- ger-Locke, secondo la tecnica consigliata da G. Levi.

II trattamento coi vari metodi, che qui sotto elenco, si eft'et- tuava per uno stesso tessuto in epoca diversa di sviluppo.

1) Colorazione col Sudan III

2) Colorazione col solfato di Bleu-Niio

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3) Metodo Herxheimer

4) Metodo Ciaccio pei lipoidi

5) Metodo col tetrossido di osmio

6) Metodo Marchi

7) Osservazione con la luce polarizzata.

Riservandomi di esporre per esteso in un lavoro di prossima pubblicazione i risultati ottenuti con 1' impiego dei vari me tod i, mi limito per ora a riassumere le conclusioni generali, alle quali son pervenuto, tenendo presente, per la identiflcazione delle sostan- ze grasse e similgrasse, quanto risulta dalla combinazione dei vari metodi, in relazione ai reperti che essi hanno in comune.

Le inclusioni di grasso nelle cellule delle culture cominciano a vedersi tra la 4a ora e la 13a ora. La loro quantita aumenta man mano col crescere dell' eta della cultura, e, quando questa e vec- chia, esse infarciscono tutte le cellule. Non credo che ci siano no- tevoli differenze quantitative dei grassi in rapporto alia specie di tessuti coltivati ; forse ne sono piu fornite, a parita di condizioni, le cellule mesenchimali ed epiteliali, che i mioblasti ed i neuroblasts

Nelle cellule coltivate, i grassi appartengono alia categoria dei grassi neutri e delle sostanze lipoidi. Si mettono in evidenza col Sudan III: i primi sotto forma di numerose goccioline e di granuli di colorito giallo arancione uni forme, le seconde sotto forma di scarse goccioline di tinta giallo arancione debole e non uniforme.

La presenza di tali sostanze e confermata col metodo Herxhei- mer, che colora i primi in rosso arancione assai vivo ed i secondi in rosa pallido. Trova anche conferma in parte, col trattamento al solfato di Bleu-Nilo, che mette in evidenza i lipoidi sotto forma di scarse goccioline di tinta violacea, a sfuraatnre tendenti piu o meno al rosso o al turchino, ma non rivela in modo decisivo i grassi neutri, giacche non si riscontrano inclusioni di tinta rosso fluorescente, cio che fa pensare che essi non esiscano alio state puro. La pre- senza dei lipoidi e inoltre confermata col metodo Ciaccio.

Di piu, il metodo Marchi rivela l'esistenza di grassi neutri in- saturi, sotto forma di sferule e granuli intensamente anneriti, e di sostanze lipoidi, sotto forma di rare goccioline di tinta grigio ver- dastra. Inline, 1' osservazione con la luce polarizzata mette in evi- denza scarse e minute sferule birilrangenti, costituite da lipoidi (fo- sfadidi e cerebrosidi) e presumibilmente da eteri di colesterina,.non escludendo i miscugli di acidi grassi con colesterina.

Oltre questi tipi di grassi, si riscontrano nelle cellule delle cul-

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ture acidi grassi saturi ed insaturi, sia puri, sia sotto forma di mi- scele, che si mettono in evidenza, i primi col metodo Herxheimer, come inclusioni colorate in rosso arancione vivo, mentre i secondi restano scolorati; inoltre col solfato di Bleu-Nilo, sotto forma di sferule e granuli di tinta turchina piu o meno intensa ; di piu col tetrossido di osmio e col metodo Marchi, che rivelano i cornposti insaturi sotto forma di inclusioni intensamente annerite, mentre quelli saturi, riducendo poco o punto il reattivo, assumono rispetti- vamente una tinta grigio cenere o grigio olivastra.

Le sostanze grasse anzidette il piu delle volte esistono sotto forma di miscele, nella cui composizione entrano in quantita piu o meno grande altri grassi ; esse danno percio una reazione colorante incerta e poco decisiva, ed e per questa ragione che i vari reperti, ottenuti coi metodi adoperati, acquistano un valore probativo, sol- tanto se si paragonano fra di loro e si considerano nel loro assie- me, restando immutate le condizioni di esperimento. E poco pru- dente affermare 1' identiflcazione di una data sostanza grassa, ba- sandosi su di un solo metodo istochimico od anche su vari metodi isolatamente considerati, anche perche questi metodi, come tali, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, non danno sempre ed in ogni caso affldamento scientifico sicuro.

Tenuti presenti i risultati ottenuti, si puo concludere :

1) Nelle cellule dei tessuti coltivati " in vitro esistono so- stanze lipoidi e grassi, costituiti in prevalenza da grassi nentri; si riscontrano inoltre acidi grassi saturi ed insaturi. Tali sostanze si trovano nelle cellule sia alio stato puro, che sotto forma di mi- scugli.

2) Le inclusioni di grasso nelle cellule delle culture comin- ciano a comparire dalla 4a alia 13a ora ed aumentano man mano con 1' accrescimento della cultura.

3) La loro quantita nei vari tessuti pare sia approssimativa- mente la stessa ; forse, a parita di condizioni, le cellule epiteliali e mesenchirnali sono piu fornite di inclusioni grassose di quel che non siano i neuroblast ed i mioblasti.

Palermo, novembre 1920.

Gosimo Gherubini, Amministratore-responsabile.

Firenze, 1921. Tip. L. Niecolai, Via Faenza, 52.

Herxheimer,

composti

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ANATOMIA m m EMBRIOLOGIA

Sommario del Fasc. - Vol. XVIII.

Pitzorno M. Morfolegia delle arterie del Pancreas. (Con tav. I e 37 fig. nel testo). Pag. 1-48.

Perna G. Sullo sviluppo e sulla costituzione della « Vescicula semina- lis » dell'« Ampulla ductus deferentis » e del « Ductus ejaculatorius » nell'uomo. (Con tav. II-XVII e 4 figure nel testo). Pag. 49-155.

Luna E. Studio sulle cellule pigmentate della coroide coltivate « in vi- tro ». (Con tav. XVIII). Pag. 146-155.

Fascicolo

Beccari N. Studi sulla prima origine delle cellule genitali nei Verte-

brati. I. Storia delle indagini e stato attuale della questione. (Con

34 figure nel lesto). Pag. 157-226. Favaro G. Nervo terminate e regione etmoidale mediana neiruomo.

Ricercho embriologiohe ed anatomiche. (Con 23 figure nel testo).

Pag. 227-269. Natali G. Note comparative sulla forma del corpo striate e sopra i suoi

segmenti nel cane e nella pecora. (Con 5 flgg. nel testo). Pag. 270-278.

//Archivio Itallano di Anatomia e di Embriologia si pubbliea in quattro fasvicoli eke formeranno ogni anno un volume di pagine 800 eirca eon illustrazioni e eon tavole. II prezzo annuo di abbonamento e : Per 1' Italia L. 60 ; per I'Estero Fr. 65 eomprese le spexe di ttpedizione.

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ANATOMIA e di EMBRIOLOGIA

Sommario del Fasc. - Vol. XVIII.

Pitzorno M. Morfologia delle arterie del Pancreas. (Con tav. I e 37 fig. nel testo). Pag. 1-48.

Perna G. Sullo sviluppo e sulla costituzione della « Vescicula semina- lis > delT« Ampulla ductus deferentis » e del « Ductus ejaculatorius » nell'uomo. (Con tav. II-XVII e 4 figure nel testo). Pag. 49-155.

Luna E. Studio sulle cellule pigmentate della coroide collivate « in vi- tro ». (Con lav. XVIII). Pag. 146-155.

Fascicolo

Beccari N. Studi sulla prima origine delle cellule genilali nei Verte-

brati. I. Storia delle indagini e stato attuale della questione. (Con

34 figure nel lesto). Pag. 157-226. Favaro G. Nervo terminate e regione etmoidale mediana neH'uomo.

Ricerche embriologiche ed anatomiche. (Con 23 figure nel testo).

Pag. 227-269. Natali G. Note comparative sulla forma del corpo striato e sopra i suoi

segmenti nel cane e nella pecora. (Con 5 figg. nel testo). Pag. 270-278.

2/Archivio Italiano di Anatomia e di Embriologia *i pubblka in quattro fatscicoli eke formeranno ogni anno un volume di pagine 800 circa con illufitrazioni c con tavole. II prezzo annuo di abbonamento e : Per V Italia L. 60; per I'Estero Fr. 65 comprese le spese di spedizione.

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