ó 1\Z y. •^•Jr.j y t^ y^^^-V <--- yrj/:. Return this hook on or before the Latest Date stamped below. University of Illinois Library L161— H41 Dilli DEL 6IÌBDIN0 PDCCINI Vv V y^:^ ^ONUMElVTx — f _ '^' \ S' L * ^ 104;) e I MOI>LHIEI>TI SONO IN MARMO , IN PIETIVA , IN FERRO / E IN TERRA COTTA 90962 Gli Editori di questo Libro por tutti i (■omponiiiicnti clic in esso si trovano intendono valersi dei diritti accordatigli dalla Legge che san- zionò in Italia la proprietà letteraria . i^iL iliìì^d:iii JLja rinomanzo in che è <:enitto il GhivcIììio Puccini trac con frciiucnza orjni dì macjgiore na- zionali e stranieri a visitar fftel luogo d' un ca- rattere singolare. Il desiderio sovente esternato da moltissimi di possedere le Iscrizioni apposte agli edifizi che lo cdjbellano , ai monumenti e alle ima- gini degli illustri Italiani che V adornano a cixile sapienza ed imitazio)ie , destò nelV animo nostro il pensiero di raccogliere in uno , e di far divulgate quelle memorie parlanti all' intelletto e al cuore . Di poi considerando che ciò non avrebbe sodisfat- to il pieno contentamento di ciucili ai quali non avvenne di pigliarne conoscenza per gli occhi pro- pri , reputammo necessario iinirvi i disegni che ne dessero altrui idea vera; e cV uno in altro con- cetto trapassciìtdo , ci venne pur anco vaghezza che delle cose pii( degne e notevoli per cdcuno si ra- gionasse , 0 da quelle togliesse argomento alla si- gnificazione dei pensamenti che sorgono in cui ben risguarda e nella inerite discorre gli oggetti che ad ora ad ora se gli appresenfano ; e per tal modo con- seguir lo scopo nostro di dare non solamente una guida del luogo, ma pur anco un libro cV wmer- sale utilità, siccome quello che attesta della sapien- za de' nostri padri , e ricorda i fasti più veneran- di e gloriosi della Nazione . Appalesato il divisamento al Sig. Niccolò Puc- cini , quel cortese non pago cdle dimostranze del- l' aggradimento , si porse generoso di molti aiuti cdr opera nostra ; e a meglio giovarne, prese cura d' ottenerci dai suoi amici e benevoli queste prose e poesie che ci auguriamo dovere esser accolte con lieta fronte , risguardando ed nuovo e variato su- bietto , all' ingegno e alla celebrità degli Scrittori. Impotenti al ricambio condegno, ma pure de- siderosi di mostrarci grati alla gentile splendidez- za del nostro concittadino , abbiamo deliberato, ove V impresa riesca a felice effetto, offrire alcune doti alle bambine della scuola infantile ed Ponte Na- poleone , sapendo esser quelle tenere creature V og- getto più caro alle sollecitudini del Puccini il qua- le conferma e suggella le parole con le opere utili. GLI EDITORI LIBRARY UNIVERSIIY OF ILLINOIS PIANTA GEOMETRICA ])K,r, f.IARTÌI.VO PTCCINT \ ' m cu £e» ^tf So tSa tóa Hoa Q^O SSo J2a Só't? ,^^a /VA>/,.)_|_^ ^.^^ \ — --i y (__H H — ■ -?^-'-''"-'- t y wwz'>'OTA /.«:»>' Il ami: A5VKSKA H^HAirfA / //lt//V.rXf>f/rffl'//'"/'' ■1 ltt//f r/r ' /Yu/tif// ^ f!l.i///,i t/r//,' // 1 l/'tvir j ./ <>/i//V/^/7»' iM ^t>r/ i,n il/l/lf.'.rl nufntvifiit u//a dm/nf^a tS . . . ii//tì J!,f^t^f ' /7 . . , a^!//n{f/ x/f/ j^ . . . a. l'ùvf/i>J£ii-Aiapf//f ^ tp . . . a^a^iixuw Avrtu'jy 'j3 ^ut/nfvn 2^ J&n^^^f^^fylA' a// ^l/i/{ ■2f> ... ii/Az ifeyu^"^^ 2/ . . . lrfi/<> u 2/>nìiìì:BaZèx. lieo 33 ZìiZaA^xina^iZe'Zf'tm-n'^si, Jjru> fi- dò Afo/iuì/ievi^i) a// Znf/fi^tfi/i 38 /»/^^ \ 3o Zi^»?it/'arip ifP (a/ farti? i^i J&rut/fiffi/c> a óa^Uf Zio//a it2 Z)Mi-f'ttityi if'3 /ì>f//f f 7?tt/'(' ìrt/U'/cOftf \ ^^, Jfi//t//n/viAfu t iir/a Z^iUUieo ^i //'iti/rfì f/ l/fi /ènYt40 (^reco tffi Zorrf t^aZt/in/i | \ UNivERsnv OF lamois INTRODUZIONE I. Li padre della umana famiglia respirò le aure pri- me della vita Ira le amenità d' un giardino . Cacciatone in punizione del talento riottoso al comando mitissimo del Creatore, parve trasfondere nei suoi discendenti con la memoria del beato soggiorno un forte istinto a far- sene illusione nel vago aspetto della natura , nel sorriso del cielo, nel dilettoso mormorio d' una fonte le cui fre- sche e pure acque converse in rivo , perpetuano I' om- bra e i fiori. Questa vaghezza ingenita crebbe negli uo- mini a grado che le sollecitudini i fastidi le pene i di- singanni del vivere cittadinesco fecero ad essi ricordare e sospirare le tranquille dimore campestri degli avi loro; e poi che per la civiltà ad ora ad ora crescente , ven- 10 INTRODUZIONE nero in bisogni novelli e a desideri più larghi , posero cura a raccogliere e a riprodurre in un luogo le bellez- ze e le scene che natura sparse e compose più native e più care in climi diversi, usando studio che opera di lei apparisse il magistero dell' arte . In quelle creazioni i grandi mirarono a sfoggiar d' opulenza, a trovar pascolo alla vanità , e lusinga agli ozii orgogliosi; il guerriero vi cercò riposo dalle fatiche del campeggiare e pace dai trambusti delle battaglie ; il fdosofo , il poeta , 1' artista sito opportuno al meditare , all' ispirarsi . La fantasia de' Greci abbellì i giardini d' Al- cinoo e gli orti esperidi. Gli storici tramandarono sino a noi la singolarità dei Babilonesi ; la mollezza di quelli che smentirono 1' austero tuonare di Sallustio ; e le vo- luttà infami dei recessi , i quali non valsero a nascon- der Tiberio e Nerone dalla vista del mondo conculcato e muto , né a difendere quei mostri di politica e di fe- rità dalla pubblica esecrazione, e dal grido pauroso del- la conscienza . Poiché per opera degli Italiani surse in Europa la civiltà nuova , e il commercio le manifatture e le arti ebbero addutta la Penisola nostra a ricchezza maravigliosa, gli uomini si invogliarono di quei godimenti che alla cul- tura dello spirito, e alla felice condizione sembran richiesti e addicevoli. Di qui 1' origine, tra i moltissimi, del parco presso a Pavia, famoso per avvenimenti di guerra; degli orti Oricellai memorandi per gli scritti di Macchiavelli ; dei Medicei , da prima sacri alle arti , in appresso con- DI PJETnO COTRlCr.t 1 1 tiiininali da lussurio e da sangue ; dei parloiuìiìoi e dei liguri. Al principio del soi-olo che volgcsi alla mota del corso, surse in riva del Lanibro il vastissimo dei ricordati al cenno del Guerriero che abbatteva le vecchie monarchie, e restaurava la moda dei titolati. Ma tutte queste opere furon vinte in originalità per quella che i Sabaudi crearono presso a Torino. La tìnse clTolto di magia il divino Torquato. La descrizione nia- ravigliosa che egli ne fece nel canto decimoscslo di quel poema che tiene ancora il principato nell' epica moder- na , ispirò a Milton Y idea del suo Eden ; da esso gli Insrlesi tolsero l'esempio al porre e ordinare i giardini, ai quali dipoi , come a invenzione propria . imposero il nome loro . Gli Italiani obliata o repudiata V origine di quel ritrovamento , ne legittimarono 1' usurpazione ; quasi e' sieno sortiti , non che a sdimenticare le memorie pa- trie , a disconoscer sé stessi . I giardini non solamente portarono sempre Y impronta dei tempi in che sorsero : del clima onde il verde i fiori e le amenità loro creb- bero e sorrisero : dei costumi delle opinioni delle arti presso i diversi popoli che di quelli si deliziarono , ma espresser pur anco 1" indole e la mente dei loro autori . A chi da Pistoia muove per dilettosa via alla borga- ta di Capostrada, pressoché alla metà del cammino sap- presenla 1' ingresso a un viale di platani e rose che invita il passeggiero al ristoro dell' ombra, ed eccita in lui va- ghezza di conoscere il luogo che da quello prende forma 12 INTRODUZIONE di elcllo sopra i dintorni, benché per postura , per clima e per industria agraria ul)crtosi e fiorenti . Inoltrati in quello apresi al guardo ed al passo altro viale fian- cheggialo d' acacie . Il primo all' edificio che ne sta a fronte , ed emerge a misura che il piò s' avanza; il se- condo conduce al giardino Puccini, salito in fama Ira i più celebrati . A modo di preambulo ai componimenti che r ingegno, l'arte e il nome de' loro autori faranno cari a quanti hanno in pregio e in amore le lettere, le arti, la gloria e la vera civiltà nazionale, io discorrerò con sem- plici parole la topografia, il carattere e lo scopo di esso giardino . Nel Comuncllo di Scornio Niccolò Puccini eleg- geva al disegno suo ampia estensione di terreno là, ove due estreme diramazioni dei monti subappennini prenden- do varia figura, e con inclinazione dolcissima distenden- dosi in valli, terminano in superficie quasi pianeggiante. Gli soprastanno da presso e da lungi , a linee rette , oblique , serpeggianti le falde , o sproni dell' apennino , che a settentrione chiude 1' orizzonte , e con le sue cime nevose , coli' aridità delle rocce , col bruno degli abeti , fa più risentito 1' azzurro del cielo , variate le tinte onde a sera colorasi , e rende più mirabile il contrasto tra il silvestre e il sublime che lassù regna , con la pompa dilettosa che la natura educata dall' arte spiega nelle basse pendici . A levante scende paralello il colle Gelato : odoriferi cipressi ne ombrano il dorso ; i fianchi parte a vigneti e oliveti, parie boschivi dolce- DI PIETRO COINTRtCCI 13 monte discendono ; da alcuni sili del jjiardino appariscono bella e variata continuazione di quello. INella valle interpo- sta scorre tranipiilla e pura la Brana; porzione delle sue acque percorrendo lungo spazio del giardino , fa ivi ali" in- torno rinascenti e dilettose mille spezie di fiori. IScir estre- mo ponente vedi la islorica Serravalle con le sue toiri solcate dai fidmini, imagine del furore cittadino che per cause esecrande e a lei straniere, strisciò lunga stagione questa Italia ; quindi i monti che da quel lato formano la valle del Vincio; in prossimità (|uelli i quali serbano ancora il nome e le reliquie del fortilizio Vergiolesi , e bagnano lor piedi nella chiara corrente d"Ond)rone; prossi- raano il colle che dalla torre di Catilina decrescendo sem- bra tagliato dagli antichi bastioni di Bellosguardo e dalle opere incominciate a rimpiazzare la vetusta villetta , e quindi via via adeguasi al |)iano presso al principio del- la nuova strada bolognese, dall' auspice suo denominala Leopolda . Se lo svolger delle eleganti sue linee nelle valli e nei monti superiori allegra lo sguardo del vian- dante , al Puccini e agli altri autori di quella grande intrapresa compensa le sollecitudini penose con la si- curanza del bene che essa apporterà al commercio, con- giungondo per agevole , più breve e sicuro tragitto il Mediterraneo all' Adriatico. Al sud e al sud-est fanno di sé bella mostra il monte Albano, la pingue pianura sino a Firenze , Pistoia , e più da presso la villa Puccini. Benché a ponente posta in luogo meno elevato , emerge nella sua forma quadrilatera , eminente e mae- 14 INTRODUZIONE Stosa. Due viali e tre ingressi di archilellura rustica in pietra con cancelli di ferro , introducono al vasto prato di figura parallelogramma terminante in circolo, intorno al quale vedonsi molle statue di pietra, simboli d'arti e di scienze . Sorge nel centro la signorile magione quasi regina delle ville circostanti . Le sottostà a levante il giar- dino domestico ; vi si discende per duplice scala di pietra, e sotto a quella vedi capace grotta rinfrescala dal pe- renne zampillare dell' acqua , e destinata a Colombario, come indica 1' epigrafe - Immeritis mori - . Esso giar- dino è fiancheggiato a settentrione da un fabbricato de- stinato a varii usi nella inferior parte; la superiore lun- ga 208 braccia presta comodità al passeggiare nei tempi piovosi. La fragranza , la bellezza e la varietà dei fiori, i nomi scritti nelle pareti a ricordazionc di quelli che meglio meritarono dell' Italia , son largo compenso al sorriso che il cielo allor li dinega . Questo ambulatorio comunica per bello ingresso di macigno all' esterno, e per sotterranea via con la villa , dietro alla quale dopo un vago bosco di camelie e di altri eletti fiori incomincia il giardino italiano. Due grandi viali laterali si ricongiun- gono al medio presso alla eslrcmità settentrionale ; altri minori in tutte direzioni e in varia forma agevolano pur essi il modo a considerare le cose più notevoli, e a pi- gliar diletto delle scene che il giardino ad ora ad ora offre allo sguardo . Al primo giungere ti si appresenta opportuna la ferrea colonna ricordante 1' origine e i be- nefizi della stampa, la quale tolse per sempre alla igno- DI FILTRO CONTRICCI IK ranza, alla barbarie, alla supcrslizioiic tiilla speranza di cslcnilere nuovamenle il turpe e funesto impero sul niou- ilo . L' acpiila che su vi posa , spazia ncll' acre affissando il sieuro sguardo nel sole, come a indicare che Y umano inlelletto elevandosi dalla bassa atmosfera dei sensi e delle passioni, non può da altri che dalla divinità, dalla ragione e dalla natura ispirarsi con felice successo . Poco discosto in luogo alquanto declive miri so- pra colonne gemelle le immagini di Raffaello e di Ca- nova . Il primo ti ricorda la felicità , la gloria e l'im- maturo fine di quel genio singolare che nelle camere Valicane , nella Trasfigurazione e nello Spasimo dimo- strò a quale grandezza di idee , a quanta espressione di affetti , a quale impero suH' anima possa arrivar la pit- tura . 11 secondo degno veramente di ritrarre le sem- bianze dell" eroe americano, di Vittorio Alfieri, la mae- slà della religione e il fervore della preghiera in Rezo- nico , si porse mirabile esempio d' amor patrio , usando a benefizio d' Italia la benevolenza di Napoleone . I ro- mani ambirono a eternare la memoria dei loro trionfi inalzando archi e altri fastosi monumenti alla vittoria che avevano esperimentata propizia a danno e rovina di tanti popoli ; il principe della moderna scultura volle che un tempio saci'o al vero Dio attestasse ai posteri , come egli riconosceva da lui il pacifico trionfo dell' arte sua , e il dominio da esso esercitato sul mondo pel magistero dello scarpello animatore . I giovani che si incamminano nel- r ardua via segnata da quei valentissimi apprenderanno, ^ 6 INTRODUZIONE alle arti gentili non meno che alla poesia e alla eloquenza essere imposto l' ufizio di educatrici , non la missione va- nitosa di dilettare i sensi . Chiunque in un bel mattino o in una sera di pri- mavera siasi assiso sulle ombrose rive del bel lago po- trà dirne 1' incanto , e meglio che io a parole signifi- cando , sentire 1' impressione che ei desta , o giaccia senz' onda da rilletlere come in lucido cristallo gli og- getti vicini , i colli , le case , le borgate sovrastanti in lontananza , o venga dolcemente increspato dal zefiro , 0 da borea commosso come a tempesta . La vaga isola fa dolce invito a quanti amano le ombre amene, o han- no in pregio l'architettura antica che ammirasi nelle ro- vine d' un tempio sacro a Pitagora su quello stile che richiama a Pesto i cultori e gli amatori della eleganza artistica . Quasi a specchio del lago siede il castello . Male si apporrebbe chi riguardasselo quale rappresentazione o imitazione delle dimoranze signorili ai tempi feudali, terri- bili ai re , funesti ai comuni agli inermi, infandi alle spose alle vergini. Puccini volle per esso ricordare alla mente dei suoi contenjporanei e dei futuri 1' idea de' fortilizi che le repubbliche italiane inalzavano a salvare il terri- torio dalle invasioni nemiche , e custodivano come mu- nimenti ove ricovrarsi a ristorare i danni delle sconfitte, che sovente a loro venivano per tradigione o capriccio dei capitani di ventura, per defezione o mal talento delle masnade mercenarie , alle quali piuttosto che ai cittadini , DI PIETRO CONTHICCI 17 sconsigliatamente usavan allidarc la tlifosa e la gloria lo- ro . L' architeltura , il ponte levatoio , gli stemmi , le merlate cime ne esprimono veraeementc il carattere pri- mitivo, mentre alcune opere lo indicano convertito a uso civile . L' ordine interno , gli ornamenti delle stanze , le immagini degli uomini più famosi in guerra (piali fu- rono Uguccione , Caslruccio , Farinata , Carmagnola , Giovanni dalle Bande nere, i Capponi, i Boria; i ritratti di molti illustri nelle arti di pace, e per virtù cittadine degnissimi di ricordanza e di imitazione formano un (jua- dro caratteristico e isterico dal medio evo sino ai piimi lustri del secolo decimosesto . Innanzi al castello vedesi con savio consiglio rappresentalo rrancesco Ferrucci in atto di combattere la fatai battaglia , che il tradimento di Malatesta aveva già vinta a distruzione della repub- blica fiorentina . Air ombra d' annosa quercia sorge sopra svelta co- lonna il busto di Niccolò Macchiavelli , il (piale a gra- titudine dei servigi civili renduti alla patria , a premio dei lunghi studii onde primiero svolse le arti del reggi- mento politico ebbe dagli uomini straziala la persona , travagliata la vita , e dal fanatismo turbata la pace del sepolcro , maledetta la memoria . Indi appresso in un gruppo di soavi allori stassi romito il simulacro della Amicizia. Quel genio celeste sembra rimproverare i mor- tali che per seguire fallaci dottrine , ne abbiano abban- donati gli altari , abiurata la fede , sdegnati i iiuri e santi alTelli , le consolazioni., i conforti, gli aiuti, ond' essa al 3 18 INTRODIZIONE tempo de' nostri Ijuoni padri felicitò il consorzio delle genti , air età nostra ristrette nel freddo egoismo , mi- sere neir isolamento orgoglioso , irrequiete nella immo- deranza dei desiderii, furibonde nel dispello della impo- tenza ad appagarli. Il Panteon eretto a onore dei grandi Italiani desterà in chi ben sente un palpito più vivo del diletto che viene dal nobile edificio . Locata in parte artificiosamente disadorna presso una antica selva di castagni sta solitaria una fabbrica foggiata a modo di tempio gotico, come a significare, che la religione sprezza tutte umane delizie, e piacesi del silenzio, richiesto agli slanci della fede simboleggiati nelle proiezioni architet- toniche di quella scuola. I vasti prati paralelli alla Bra- na alternano i deliziosi recessi dei boschi , e sono rav- vivali dalla vecchia Potesferia , nella quale il pennello imitò con tanta verità 1' opera dell' architetto . Di qui miri la valle distendersi a tramontana in guisa d' am- pio cerchio crescente a misura che si accosta ai monti supremi, e nel vago giro e nel varialo suolo far mostra di castelli, di chiese , di ville , di sparsi abituri . Campeggia sopra una colonna il simulacro di Ma- ria , intitolala delle Plyne dalle bellissime che lussu- reggianti rivestono e rallegrano le piaggio vicine. I pa- gani raccomandarono i ricolti a una Dea . Qui vedonsi posti sotto il patrocinio di Colei , la quale in sua vergi- nità produsse Quello che alla natura diede la virtù di produrre ciò che fa d' uopo ai bisogni primi dell' uo- mo. Spettacolo commovente è vedere per le Rogazioni in- DI PIETRO COlSTRtCCI 19 gcnua schiera di viilaiiollc deporre Ira i divoli caiilici in omaggio a nostra Donna i fiori della primavera, simboli di verginal costume. Se mai avvenga che alcuno straniero conducasi alln piazza dello Belle Arti , leggendo i nomi , e ragionando nella mente le opere dei ricordati in una grave iscrizione , potrà conoscere e persuadersi , non essere questa Italia la terra dei morti; ma patria vigorosa di \ivi. i ([uali a smentire lo scherno codardo la sostengono tincora col genio loro nel principato delle arti, che in questo eletto suolo e propizio sorsero primiere, vi segnarono tre epo- che gloriose , e vi fioriranno malgrado la fortuna, 1" op- pressione e r invidia . Opportunamente TNiccolò locava (piivi appresso il monumento allo zio paterno cav. Tom- maso , mecenate degli artisti ; uomo di virtù antica , il cjuale in tempo d' universal prostrazione all' inimico in- vasore e lusingatore di sorti beate , con raro esempio di coraggio civile , e con pericolo pur anco della vita , salvò dalla prepotente rapacità la patte più preziosa del- la Galleria fiorentina connncssa al suo sapere artistico e alla sua rettitudine . Per sentieri ombrosi movendo ti trovi in presenza d' una chiesetta posta sulP eminenza del colle; ivi asceso senti nascere nel cuore gli alTctli pietosi e sublimi che il nome e la memoria del Calvario ridestano in cui me- ditando rimembra il prodigio d"amore ivi operalo a reden- zione del mondo . L' architellura , la forma, gli adorna- menti , le iscrizioni danno a questo bel tempietto un 20 INTRODUZIONE carallere originale . In esso celebransi i divini ufizi a comodità del contado , e più solenni per la Festa delle Spighe , la quale felicemente dimostrò che possa ottener- si da una ferma volontà . Nella Cappelletta a destra Nic- colò poneva il monumento a Maddalena sua madre . Non ripeterò le lodi di (piella donna la quale in un secolo egoi- sta e ipocrita seppe tanto sublimarsi beneficando 1' uma- nità . Qui la pietà generosa diede orrevole sepoltura a Giovanni Lotti maestro dell' istituto infantile al ponte Napoleone ; e qui pure 1' amicizia raccolse le spoglie mortali di Giuseppe Fondi e di Paolo Corsini che il pa- trocinio aveva fatto animosi a rendersi illustri nelle arti meccaniche . Se dal loggiato volgi attorno lo sguardo li si offriranno mirabili e variate prospettive campestri. Per placido sentiero discendendo miri d' incontro la villetta — i Promessi Sposi — argomento di affetto al Manzoni . Quelli che chiameranno antico questo tem- po correggendo le contrarie opinioni portate di lui dallo spirito di setta e dalla intemperanza dei contemporanei , potranno con retto giudizio pesare e determinare 1' in- fluenza della sua scuola sulla letteratura nazionale . Chi per vaghezza di conoscere il luogo ^ o a diporto vi si conduca , giunto ai prati del Commercio saluterà con pio affetto e riverenza 1' immagine di Galileo nei suo emiciclo in pietra , cui fanno ala e corteggio Torricelli e Viviani . A riparazione degli antichi oltraggi in Fi- renze e in Pisa gli furono testò inalzati tempio e simu- lacro per materia e per magistero d' arte ricchissimi e DI PIETRO CONTRI CCI 21 splendidissimi . Gode Y animo a ogni generoso vedendo in una bella campagna , in luogo destinato ai dilettosi convegni popolari , il delubro a quel sommo e infelice emancipatore della ragione cretto da un privato fattosi interpetrc del popolo , al quale il martire illustre delia civiltà svelando le leggi misteriose della natura , diede forza a vincere la fortuna, e prestò modo a elevarsi an- cora sopra i distinti dalle convenzioni sociali . Il nome di Galileo non può andar disgiunto da quello di Colom- bo, lo cui monumento posa vicino ove V ombre son più amene e variate. Questi ne fece dono d'un nuovo mon- do ; quegli ai)pianò le vie del firmamento agli uomini ; sinché essi avranno piedi , occhi , mente afl'elli e inte- ressi dovranno benedire alle fatiche, ai dolori, alla me- moria di quei magnanimi . Oltre procedendo li trovi condotto al ponte Napo- leone , vasto fabbricato destinato a passare in piano la valle di s. Anna , a riunire al giardino T antica villa di Bellosguardo , il poggio che lo costeggia a ponente , la Torre di Catilina che lo chiude a tramontana in un col tempio greco e col vasto uccellatoio i quali potrebbero considerarsi come continuazione del giardino, benché si- tuati fuori del recinto . Il ponte Napoleone rammenta i prodigi d'audacia, di strategia, di valore operati a Lodi, ad Arcolo, a Ma- rengo dal giovine capitano prima che ci passasse il Rubi- cone ; la grandezza e la gloria delle imprese poiché cesare novello strozzata la repubblica vestì la porpora. Se un"ani- 22 i?jTi\oni'zioNE ma italiana può salutare e ammirare le memorie e i segni ili quei trionfi , e provarne pur anco momentanea com- piacenza perchè riportati da un italiano , a (|ucl mo- to primo di orgoglio nazionale succederà tosto profon- do rattristamento leggendo una iscrizione ivi posta per amore del vero, e pensando alle tradite speranze, ai te- sori profusi , al sangue in quell' epoca d' eroismo spar- so indarno dagli italiani, defraudati non che del frut- to, sovente della dehita gloria, premio carissimo ai ge- nerosi . L' ingiustizia amarissima dura ancora sei lustri dopo lo scioglimento di quel dramma unico negli annali del mondo. L' età nostra vide un Balzac il quale falsando la storia, tentò sfrondare gli allori dai guerrieri italiani mietuti a prò di Francia ; e , che più è mostruoso e osceno, passeggiar con burbanza insolente le nostre con- trade , e quasi per grazia accogliere l'ovazione vilissima degli sciocchi che nel cuore orgoglioso dispregiava me- ritamente . Non crederanno i posteri che di tanti ontosi vilipendi portati contro chiunque ebbe un coscritto, ser- ba una memoria , sente la dignità umana e 1' oltraggio recato alla nazione che alla sua fu maestra e amica troppo, tra venticinque milioni d' uomini il solo Lissoni sorgesse campione e vindice delle calunnie e delle offese dallo sfac- ciato romanziere portate all' onor militare e civile degli italiani. Non più di costui ; torno a Napoleone. Lo sdegno che la mala volontà di lui verso 1' Italia desta in que' che sentono altamente, è vinto dalla pietà per la rimembran- za degli infortuni che incolsero il dominatore d'Europa, ni PIETRO CONTRICCI 25 più clic dalla stancata fortuna, dall' abbandono e dall'o- dio tratto a morire sopra uno scojilio del supplizio della memoria . La statua dell' Eroe eminente sul frontone dell' edilizio in faccia a quella del pacifico Linneo , mi ricbiama alla mente il sinmlacro del Ferruccio . Napo- leone pugnò , e trasse anco noi a guerreggiare per ulil suo . Ferruccio combattè e morì per la patria . Nel ponte Napoleone, Puccini suol dare ad ora ad ora rappresentanze drannnatiche per 1' opera dei dilet- tanti del teatro Gino . Gentil pensiero è questo . Ma ora che ha posto mano a edificarvi stabile e comodo tea- tro , se egli non vuole mentire a sé slesso, noi consen- ta mai, e quei lodevoli filodrammatici non accolgano in cuore il basso e umiliante pensiero, che drammi stranieri debbano usurpare la preminenza e il luogo ai nazionali. Non curino la moda, e il gridare di quelli che arrogandosi la dittatura del buon senso e del gusto , magnificano la ricchezza altrui e spregian la nostra . Quando pur la drammatica italiana fosse quale apparisce a costoro , i quali cosi opinando e giudicando mostrano povertà di dottrina pari al corto intelletto , e al disamore verso la comune patria , non per questo vuoisi ricorrere a fonti straniere ; non fanno per noi ; meglio orrevole la veste piopria sebben meno adorna , che la splendida tolta a imprestanza ; più atto maestro il fratello , che il venuto di fuori . L' invenzione, Y ordine, 1" amenità, gli edifici sono forse da reputare il pregio minore del giardino Puccini; 24 INTRODUZIONE perchè tali bellezze trovansi essere comuni e maggiori in altri luoghi di tal genere; i quali però se ingenerano maraviglia , o molcono i sensi , nulla dicono alla mente e al cuore . Niccolò Puccini sparse il suo giardino di monumenti, di imagini , di memorie, non ad ornamen- to , o a scena oziosa , ma con alto concetto che si par chiarissimo anco ai volgari. Qui non trovi simulacri di Venere o d' altre deità mitologiche ; non segni di culto a perversi fortunati, a lascive danzatrici, a cantanti vo- luttuosi, a buffoni, o ad altra gentaglia per politica, per mercede , o per mala natura usata a corrompere e a invilire 1' umana specie; ma quanto un cittadino può da- re d' onoranza e d' amore a quei benedetti che la Na- zione con r ingegno e con ogni maniera di gloriose fa- tiche educarono , nobilitarono , felicitarono . Se la ma- teria non è vinta dal lavoro in tutte quelle opere , chi d' alte idee si pasce , e })iù che al pregio materiale e artistico , rìsguarderà ai prototipi e all' intendimento di chi le pose quale espressione delle epoche più solenni dell' incivilimento , e opportunità a bevere col diletto degli ameni diporti quei veri che destan l'uomo dal fango, lo richiamano a rettitudine, lo incitano alla gloria, plau- dirà a quel pensiero , e piuttosto che ambizioso o pue- rile , lo dirà magnanimo . Mirando nelle imagini di Dante, di Macchiavello , di Michelangelo, di Colombo , di Galileo, del Tasso, del Vico, del Muratori, dell' Alfieri, del Bolzoni, del Botta, chi ardirà portar lamento delle offese degli uomini, sdc- DI PIETRO CO.ITRICCI 2o jrnarsi allo ingiustizie della patria ? Chi non sentirà in- vogliarsi alla imitazione . sublimarsi ove la fortuna ò impotente . e le basse passioni non giungono :' Quali esemplari potranno meglio eilucarti la mente alla vera eterna iilea del bello , alla rettitudine , all' amore ope- roso della patria , che nelle opere d' onesta cittadinanza ha suo fondamento ed effetti ? Chi potrà ispirarti sensi generosi d' annegazionc e di sacrifizio; da chi apprende- re più sicuramente Y arte e 1' uficio di scritlor cittadino i* Falsi 0 meschini argomenti possono addurre con- tro a queste solenni verità coloro i quali vanno predi- cando , non che inutile , dannosa la storia , e lutto il passalo vorrebbero cancellato per sostituirvi, senza porre slabili fondamenti un sognato avvenire, giacché nel pre- sente essi non han fede. Per fare un po' di rombazzo in- ventano sistemi strani , tutto calpestano, pongono ovun- que il dubbio , fanno spacciala 1" Italia se essa dal rogo delle sue memorie non risorge a vita novella per il solilo animatore per Y imposizione delle mani , o per il ma- gnetismo degli stranieri . Per incamminarla a uuon i de- stini, in tuono solenne dal tripode loro la fanno avvertila , l'arte e la sapienza di lei esser morte, errala fra noi la ragione; non bastare ai nuovi sapienti la lingua di Dante ; non doversi badare, ma compiangere alla naturale tena- cità del popolo che pur Tania e la vuole. Il simulacro della Industria si porge fecondo di alte idee , e muove a severe meditazioni non ^>lo co- me scienza spcculali\a , ma come esercizio pratico , a 4 26 INTRODllZIONE (jiialc ne conosce 1' importanza , la istoria , i successi che essa ebbe un tempo in Italia , per peccato nostro fatta tributaria e mancipio delle nazioni che a lei ricor- revano per denaro , per le manifatture del lanificio e della seta. L' ampia vallea circostante presenta un aspetto dilet- toso, un movimento animato variatissimo il giorno secondo della Festa delle Spighe, nel quale agricoltori , mercatanti e cittadini d' ogni grado da vicino e da lungi traggono alla fiera , la quale ornai sciolse il problema , se un uomo vincendo le ritrose consuetudini possa con successo dar vita ai mercati dell' industria agricola , precipuamente bovina , siccome quella che richiede il concorso di più voleri , e meglio che ai premi dall' istitutore largiti alla solerzia , guarda alle utili contrattazioni , delle quali si avvantaggian sue sorti . Anco all' Italia si volse tempo lungo e infando nel quale gli uomini estimaron ventura sottrar sé e i cari fi- gliuoli alla ferocia e brutalità dei feudali . Intorno a quelle loro , meglio che magioni bastite , regnava solitudine e spavento , come presso al covile della Jena . La rimem- branza dolorosa di quello squallore campestre, di quelle opere facinorose è confortata ai di nostri dalla vista dei frequenti abituri , dal biondeggiar delle messi , dalla copia dei frutti, dalla letizia della vendemmia , dalla sicurezza della vita e del pudore . Tanto prodigioso mutamento operarono i fattori della civiltà con parole ipocrite lo- data , accarezzata , ma nel fondo del cuore odiata a morte , e con volpine arti insidiata da una gen- DI l'ir.TRo co>TRia:i 27 te che mira a far so/tj popoli e re per la iqiio- ranza e per la superstizioìie . Molti goi\or()?i noslri contemporanei continuando 1' opera del progresso , usa- rono r ingegno a migliorare lo slato infelice dei cam- pagnoli , illuminandone 1' intelletto , educandone il cuo- re alle viitù religiose e sociali . Ma perchè le ditltrine sparse in dotti volumi penetrano a lento passo nella gente minuta , Niccolò Puccini reputando imposto pre- cipuamente ai ricchi il sacerdozio civile . destinava al- cune stanze del ponte Napoleone alle Scuole elementari che istituiva a benefizio dei fanciulli e fanciulle della vicina popolosa borgata e del contado . Il terzo giorno della Festa delle Spighe, vengono in distinta schiera ac- colti a dare degli studi e dei lavori femminili piibhiico esperimento e dimostrazione . e a ricevere conformi al progresso o alla diligenza usata premi, laudi e conforti. Non fa mestieri di larghe parole a chiarire la nobiltà del pensiero , la santità e 1' utile della istituzione . Io me ne rimarrò , non per tema di irritarmi contro quelli i quali ogni lode data altrui o che da essi non muova , hanno a fastidio , dicono venalità o prostituzione dello in- gegno la giustizia che l'ingenuo scrittore rende all' opere oneste, e chiamano indipendenza spregiare uomini e cose; ma perchè argomento incontrastabile vuole aver qui sua ragione. La statistica della morale pubblica dimostra, che i delitti di sangue, i furti, la crapula, l'imprevidenza, la roz- zezza, r ozio, la superstizione, raccattare per talento infin- gardo la vita stanno in rapporto alla ignoranza del popolo. 28 INTHODl'ZIONE Ma ninno può farsene con miglici' successo mae- stro , quanto i parochi, ov' eglino intendendo la missio- ne loro, pongan mano all'opera pia. Destinati a vivere nel mezzo del popolo specialmente campestre , ne co- noscono l'indole, i costumi, i bisogni; esercitano sopra quello una autorità quasi patriarcale , e una influenza più efficace che talora le leggi non fanno. Ad essi spet- tano non solamente le parti del ministero religioso , ma ancora le civili, perchè il sacerdote ha pur anco gli ob- blighi del cittadino godendone i diritti . Se eglino apren- do il cuore alla dolcezza che è premio della coscienza e della vita usala a publico bene, con retto intendimento, con saggi metodi imprendessero ad ammaestrare la gio- ventù a loro commessa nel leggere, nello scrivere, nel- r aritmetica, nelle regole più semplici e chiare della ra- zionale agricoltura , vedrebbero di presente rigenerati alla intelligenza , alla morale i borghesi , e per 1' indu- stria agricola fatta più agiata la loro condizione dome- stica . Eglino per natura portati alla gratitudine , e lon- tani dal credere d' onorare quelli ai quali ricorrono per essere addottrinati , benedirebbero al benefizio e al no- me del benefattore . Per le opere qui accennate il Puccini diede al suo giardino un carattere singolare, lo condusse a uno sco- po civile come sarà manifesto dalle pagine seguenti . PIETRO CONTRUCCI IL PANTEON AGLI UOMINI ILLUSTRI 3 e» < UNWERSnV OF ILLINOIS Neil' interno del Panteon MDCCCXXXVIII SE DIO TI UÀ FATTA LA GRAZIA DI NASCERE ITALIANO E CHE PASSANDO DINANZI IL TEMPIO DELLA Tl'A GRANDEZZA NON FREMI DI \ENDETTA E d' AMORE - TI' DAUl' ITALIA VERRAI MALADETTO NEL GIORNO DELLA GLORIA NON SARAI SACRO DELLA VESTE DEL CITTADINO . o MDCCCXXXVIII NON IMAGINI DI TIRANNI NON DI Cni BALLA NON DI CUI CANTA MA IL VOLTO E IL NOME DI QUELLI CHE SANTIFICANDO l' ITALIA COL GENIO LE CREARONO LA SPERANZA DI UNA VITA FUTURA . N. P i resso le floride sponde d' mi placido caiialello che porla le limpide a('(|ue ad arricchire un vaghissimo Iago , di fianco al [ìralo ove sorge il simulacro di Dan- te circondalo dai monunienli erctli alla memoria di Ga- lileo di Colombo e del Tasso , quasi di fronte alla sla- lua di Francesco Ferrucci , sta nel Giardino di Scòr- nio a compendio della grandezza del genio italiano il Panteon sacrato agli uomini illustri , cominciato sul di- segno di Alessandro Gherardesca nel primo quarto di (iuesto secolo . Il popolo di Jonia volendo edificare a Diana un magnifico tempio confacenle alla regina di Sti- ge , e insieme alla pura e malinconica Febe , innal- zava in Efeso la famosa fabbrica di queir ordine archi- tettonico che da lui prese 1' artistico nome (1) . Ond' ù che qui pure dovendosi erigere un tempio ove si racco- gliessero i simulacri degli eroi alla dolcezza delle let- tere , e alla grandezza delle scienze e delle arti più ve- nerali e più cari, sceglieva 1' architetto a sommo studio r ordine Jonico, come (|ucllo che ritenendo del solido e 5 S^ IL PANTEON insieme del delicato meglio si aftaceva al duplice iiilen- dimento (2) . Tirato a lucida scagliola all' interno lutto e all' esterno l' illude in guisa da crederlo un monumento di finissimi marmi anziché di cementati materiali com- posto . Ricco ed elegante con dovizia d' ornati a oro ab- bellito , ti porge r accesso per una magnifica gradinata di pietra sormontata da svelte colonne sorreggenti 1' acro- terio di fronte, ove sta scritta a grandi caratteri di me- tallo la sacra — agli uomini illustri — . Aperte terrazze ne formano la parte superiore dalla quale ovunque tu volga lo sguardo gradevoli e variale pitture ti si presentano intorno . Qua ricche colline , là fertili pianure, e popolose borgate, e castelli, e ville, e monti per boschi ed uliveti doviziosissimi . D' appresso vedi seder maestoso in mezzo alla valle il Ponte Napo- leone sporgente le vastissime ale a congiungere due op- poste prominenze ; imagine di quel grande dal quale s' in- titola che slese già le braccia poderose sopra due secoli ed arbitro in mezzo a loro si assise . Più oltre presso l'in- fausto campo di Vaioni la superba torre di Catilina quasi faro sublime alla novella via che ne guida alla grande e sventurata Fclsina . Dai boschelli , dai giardini, dalla vetta dei colli , di mezzo al verde dei prati , merlate torri spuntano intorno , e colonne e templi e statue e busti , e più lungi nel fertilissimo piano la ridente Pi- stoia (a) con la svelta torre di Giovanni Pisano, e l'ele- gante Baltistero di Cellino Senese . All' interno del Panteon una magnifica sala qua- ni STEFANO FIORETTI SS drilatera per due ricchi inlcrcolonii da chiudersi ali" uo- po , porge iiigi'esso dai hiti alle semicircolari iribuiic , ove stanno in beli' ordine disposti quallordici Irouclii di colonne sorreggenti ciascuno il busto di uno fra i più grandi italiani. Sono a sinistra i simulacri di Dante, Co- lombo , Ariosto , Muratori , Raffaello , Alfieri e Pietro Giannone; a destra quelli di Galileo, Volta, Napoleone, Petrarca , Leonardo da Vinci , Vittorino da Feltro , od uno vuoto ov' è scritto — al fltiro benefattore d' ITALIA . Un pensiero d' amore e di gratitudine die sovente l'impulso al nascere delle arti belle, e fu (juasi sempre il primo a suscitare negli animi il desiderio di erigere onorevoli monumenti. Dall' amore vogliono nascesse pri- mieramente il disegno ; dalla religione ( il i)iù gran be- ne che in ogni tempo abbiano avuto gli uomini ) la scul- tura (3) ; dai propri bisogni , e dall' amore e insieme dalla religione l' architettura . Così , come afferma Va- lerio Massimo , la prima statua in Italia fu da M. At- tilio Glabrio posta in onore di suo padre , e fu d' oro ; le prime statue furono erette dagli Ateniesi a celebrare il valore d' Ai'modio e di Arislogitone (6) (i); e i primi templi inalzati alla memoria degli uomini , sorsero con- sacrati al nome d' Esculapio e di Teseo autore della potenza dei Greci (a). Bene adunque il Puccini ad or- nare il suo delizioso giardino poneva prima d' ogni altro questo monumento destinato a racchiudere tante illustri uiemoi'ie, e quindi edificava il Tempio ove è il sepolcro 56 IL PANTEON conleneiile le ceneri di sua madre, e le tombe di alcu- ni benemeriti e virtuosi suoi amici . Praticava egli ancora in tredici dei summentovati tronchi un vano capace a contenere la narrazione della vita e le opere di que' sommi , formando in tal guisa di questo Panteon singolare da molti, non l'antico em- porio di bugiarde e viziose divinità (e) , ma una sacra biblioteca , e per dir così 1' italiano tesoro di quanto di più prezioso è stato pensato scritto e operato per la sa- lute e felicità dei popoli . — Per simil guisa il grande Alessandro serbava religiosamente un preziosissimo scri- gno composto d'oro e di gemme, trovato fra le spoglie lapite a Dario re dei Persiani (6) onde riporvi le opere del sonmio Omero ; e mentre prendeva riposo sotto i cuscini del proprio letto tenendolo , e seco recando fra r armi questo sacro deposito fu inteso sovente appellarlo : militiae viatiami , et bellicae \->irtutis institutio- nem (7). Ma r abbondanza degli uomini illustri che resero anche agli stranieri grande e venerato questo suolo del- la sapienza e delle arti , ha fatto sì che il nobile e ge- neroso Signore abbia dovuto tralasciare , per 1' angustia del luogo , di collocare nel suo Panteon il simulacro di molli benemeriti e grandi italiani. Nò quindi intendendo egli a rendersi giudice di lor preminenza in tanta gran- dezza , ha ora divisato supplire al difetto collocando in- torno intorno alle pareti di quello , gran numero di ta- vole in marmo ove saranno scolpiti i nomi e le princi- DI STEFANO FIORKTTI 57 pali o|)erc ili coloro , the a\crc non vi poierono con- giunta al busto onorata menzione . A quegli pertanto cui per avventura senibi-asse gret- to e meschino il tributo ili ammirazione e di lode che per tal guisa il Puccini con sublime pensiero ama ren- dere alla memoria di tante italiane celebrità, sia ora ri- cordato per sempre: come in Grecia nazione prima della nostra grandissima per glorie e sventure, rozzi macigni, più spesso che monumenti superbi , fossero posti a ri- chiamare alla mente la vita e le opere dei generosi ; e come un solo nome sculto su modeste colonne, e talvol- ta su rude sasso, valesse a ritrarre lunghe istorie avven- turate e pietose . In Atene infatti si vedeano ipia e là sculti soltanto i nomi dei valorosi morti nella battaglia di INIantinea , nella guerra d' Egina , in Cipro e nella spedizione della Sicilia (8) . A Lacedemone una sola co- lonna portava scritto i nomi dei trecento Spartani estimi col gran Leonida al passo delle Termopili (9); e nel borgo di Maratona delle piccole colonne recavano incisi (incili dei prodi che sotto la condotta di Milziade trionfarono dei Persiani (10) . Io vado perciò argomentando : i monumenti ispi- rare tanto più di venerazione , quanto meno sono ido- latramente fastosi ; perocché quivi 1' ammirazione si fer- mi più di sovente suU" arte anzi che sull' eroe , mentre un nome solo altrove serva a richiamartene alla memoria li onori i patimenti le virtù le vittorie. Molli credo non ricor- deranno nemmeno di qual materia vada composta T urna 58 IL PANTEON « di quel grande « Che temprando lo scellro a' regnatori « Gli allor ne sfronda , ed alle genti svela « Di che lacrime grondi e di che sangue (Irl) » ; e pure ne ho scorti moltissimi rimanersi estatici e cogi- tabondi alla semplice sublimissima epigrafe apposta a quel monumento ((/). Aristotile infatti nel suo libro della re- pubblica diceva : — ogni lavoro che svierà l' attenzione la quale si deve tutta intera e sola all' interessi della patria , sarà vietato al cittadino — (12) ; e 1' apostolo Paolo entrato ncU' Areopago gridava : — sappiale , o Ateniesi, che Iddio non abita in questi templi che sono tanta parte di fattura degli uomini ; e se noi siamo ora nazione di Dio, non dobbiamo stimare ciò che è dwino similemente ali" oro, all' argento , alle pietre e alle scul- ture dell'arte — (15) . Però ti basti se nel Panteon eretto presso la villa di Scornio , assai ti sarà dato per la mente e pel cuore, poco per 1' ornamento e per 1' oc- chio . Perchè la cupidigia dell' occhio del corpo è insa- ziabile dal hto della iniquità , nò si posa finché consu- mando non abbia inaridita 1' anima sua ; ma l'occhio della mente e del cuore si apre alla ricchezza di una eredità di gloria fra gli eletti , e sorvola al di là d' ogni nome non solo di questo secolo ma eziandio del futuro (e) . Scorgendo in alto da un lato sculti nella volta di quella sala, fra gli attributi di loro gloria, i busti di Lorenzo Coster cittadino di Arlem, e di Giovanni Gut- temberg nato a Magonza , sarai forse preso da meravi- DI STEFAIVO FIORETTI 59 glUi e stupore , perciocché (juesto tempio sia precipua- luenle «aeralo alla memoria dei grandi italiani . Ma la fratellanza degli uomini non è solamente di carne e di sangue , e Cristo benediceva all' Apostolo che lo aveva riconosciuto per la fraternità dello spirito (14) . Ercole ii»n avrebbe certamente ottenuto templi ed altari per aver solamente fatto cadere sotto i poderosi suoi colpi il leone Ncmeo, o il toro di Greta, o il cinghiale d"Eri- ift.mto , 0 r idra di Lerna (Io) ; ma egli fu grande e venerato perchè aprì le montagne ad avvicinar le na- zioni , e scavò canali onde congiungere i mari (16) . Alloraquando un uomo ha rigenerata per la sapienza la terra , egli è divenuto cittadino dell' universo; i figli d'a- dazione, siccome i figli di natura, son parto d'un gran- dissimo amore (17 ; e il solo amore ha salvata e re- daiita r umanità (18) . Dal garrulo sibilar degli augelli che svolazzano pei giardini e cantano dolcemente al comparir dell' aurora , fino al monotono strido delle upupe e dei gufi che pian- |^;ono sulle tombe , e lamentano nella notte la lontanan- s. a del sole ; dal mormorio delle acque che gemono infra le balze , fino all' imperversare dei venti che fremono agitando le chiome della foresta , tutto è armonia nel arcato . Gli antichi Romani introdusser la musica nella el)brezza delle mense , nella solennità delle nozze , nei saicrificii , nelle feste , e fino nei funerali . Gli abitanti di Taranto coniarono una medaglia in onore del musico Arione (19) , e coronarono nelle pubbliche feste Ter- 40 IL PANTEON panilro che primo adallò le note alla poesia d'Omero (20). Che più ? nel tempio di Delfo si conservava la scranna sulla quale Pindaro assiso aveva cantato inni in onore d' Apolline (21). Tuttociò piacemi riferire per consola- zione di coloro che piangono tanto sulle stranezze del nostro secolo , e a dimostrazione che se la musica può , come vediamo pur troppo non per colpa di sua natura ma per Iraviamcnto d' esercizio , snervare ed infiacchire li spi- riti , non è creata per questo : e deve anzi spronarli a nobili e magnanime imprese , quando siccome faceva Ales- sandro si preferisca alla molle lira di Paride, la robusta lira d' Achille che canta le gesta dei forti (22). L'arca dell' alleanza non muoveva infatti fra 1' armi ad atterrire i nemici circondata dall' armonia delle arpe , delle ce- lere, e dei timballi i* e il Palladio della italiana libertà, il Carroccio , non incedeva forse glorioso tra le file dei combattenti al suono delle trombe guerriere ? — Se dun- que tu miri in allo dall' altro lato della sala del Pan- teon , scolpito fra musicali trofei il busto del grande italiano Rossini , non s' induca la tua mente a credere sanzionale in tal guisa le aberrazioni del tempo nostro che il proprietario , al pari d' ogni altro, detesta ed aborre come ne fa fede 1' epigrafe ivi riposta , e che in alti sensi concepita puoi leggere fra queste pagine accolta (23) : ma pensa al detto del più gentile dei poeti viventi, che verrà un tempo in cui « Forse fia che qualche lampo « Sciolga r ombre al nostro campo , m STi.i.v?io rioniiTii 41 « Forse Ha che (|iuili.lie nula '< Sveli a noi lo Jon-a igiiola (2i). » Ranimcnlando il nome ilei sommi che unila al bii- slo ebbero nelle tribune di (lueslo tempio onorala men- zione, io nominava ancora Vittorino ila Feltre il primo e più celebre istitutore degli asili d' educazione e d' istru- zione infantile , di che poi come di tante altre istituzioni nostre han saputo menar tanto impudente vanto a suo prò gli stranieri . È questo nome certamente dei più cari e venerati che vantar possa 1' Italia nel secolo decimo- (juinto , vuoi per le scienze , vuoi per le lettere , vuoi per la vita privata e cittadina (2ì>) , Filosofo matema- tico dialettico sapiente di greco , cosa rara e maravigliosa insieme è V udire come tutti i di lui contemporanei si uni- scano a predicarlo grande non tanto nelle lettere quanto nella virtù. Ma egli salì in gran fama precipuamente per le opere di beneficenza, avvegnaché in ogni tempo o ta- citamente 0 apertamente sia stata giudicala fonte di mi- glior bene quella che scaturisce anziché dalla mente dal cuore . Figlio di poverissimi genitori, sovente privo del necessario, attese ciò non pertanto in Padova con som- ma alacrità agli studi , dai quali non appena ritrasse se non agiata comoda vita , istituì in Venezia una scuola per i fanciulli che fu accreditata in poco d' ora e fre- ([uentatissima . Chiamato quindi nel 1425 a Mantova eresse (juì pure un istituto per la istruzione dei figli del povero coi quali divise sovente la mensa frugale , e i poverissimi a proprie spese nutrì ed ammacslrò . Ogni G 42 IL PANTEON anno destinando i proprii beni a sollievo dell' infelici, a dotar fanciulle , a riscattare schiavi , non è meraviglia , se abondanlemente provvisto da Giovan Francesco Du- ca di 3Ianlova , quivi egli morisse non lasciando di che provvedere alle spese dei funerali — . Bene a ragione adunque nel secondo giorno della festa delle Spighe , in questo augusto e venerato asilo di gloria, vengono dalla città nostra a porgere omaggio a tanta virtù i fanciulli dell' orfanotrofio e dell' asilo d' in- fanzia uniti a quelli dei due istituti Puccini . Ed oh qual dolcezza in udire da que' vergini labbri, puro come l' inno degli angioli , emergere un cantico d' amore e di grati- tudine a Dio, ai benefattori della umanità, ai proteggi- lori dei figli del povero : e fra sembianze note ed ami- che levarsi una forte ed eloquente voce a confortare que' pargoli, a riaccendere della emulazione nella carità i facoltosi , ripetendo il sublime detto di Prodico di Geo , senza tema di un' amara condanna (f) ! Ed oh noi av- venturosi che udimmo già per quelle auguste volte , in quel bellissimo dei giorni , risuonare di anno in anno i nobili e generosi sentimenti dei primi fra i sacri oratori Barbieri , Amhrosoli , e Lorini : e speriamo in breve sentirvi a tuonare la villrice eloquenza del fervido ama- tore delle glorie italiane, il siciliano Giuseppe La-Fa- rina ! Avvi tale una voluttà nel vedere in un ginnasio , in un cimitero , in un tempio riunito un numero gran- de di popolo il quale manifesti starsi ricongiunto in un BI STEFANO FIORETTI 45 solo pensiero , unito nel vincolo di una carila non ter- rena ma grande e divina , che Dio Dio stesso }:;ii\rava dilettarsi di abitare in mezzo di quello . — Benedetti per tanto quelli augusti ricettacoli ove si dispensa allo spirito il cibo di una libera e sana parola ; benedetti que' devoli recessi ove 1' uomo lungi dalie pompe e dai tumulti del mondo si ricongiunge con doloroso sì ma su- blime pensiero a coloro che lo precederono nella gloria, lasciando qui in terra una indelebile traccia di luce, un seme fecondo di non vile speranza; e tre volte benedclli quei sacri asili, ove la umana famiglia par si stringa in un solo abbraccio , articolando una stessa preghiera : ove gli occhi ovunque si volgano incontrano belli esempi di virtù e di fermezza , ove alcuni buoni tornano siccome gli antichi a riporvi la effigie e il nome dei valorosi cit- tadini , e di quei grandi che a noi manlcngon viva la fede in una vita avvenire . ISò non temete , noi non guarderemo di qua alla toga spigolistra dei Flamini che senza olivo tentassero nuovamente invadere 1' aula ed il tempio . Le supersti- ziose dottrine degli Auguri non potranno più convertire ;il Milo (li palustri augelli li sguardi nostri già fitti solo iii^ir ;i(|iiila . pcrciii'! I' aquila intrepida può riguardare nel stile . riiichè (imìnI smiiiiiKi accolte le imagini di coloro clic ci saKaidiio dalla (4>picssioue e dalla miseria , noi ricorderemo ancora le nostre passate sventure siccome le combattute vittorie, e lo potremo lo spero; imporoc- l'hè i trionfi , le speranze , i compiuti voti di uno na- 44 li. PANTEON zionc tornano ad effigiarsi qua dentro , accordandosi ad ogni pensiero che sia generoso : e il vizio e la frode han da temere pur anco di trovarvi la vendetta il rimorso i sperarvi la virtù pace e consolazione. Qua il grande ar- tista, r integerrimo magistrato, 1' onesto cittadino ancor- ché poveri e spogliati d' ipocrita veste, senza méne, sen- za strani prodigii potranno sperare le loro imagini , i loro nomi si accolgano riveriti e venerati in un sacro inviolahile asilo . E il nipote degenere dalla virtù degli avi , macchiato di delitto o di tradimento dovrà trema- re, il suo volto sculto e appeso pei trivii, nelle piazze, fuori dell' atrio dei templi non torni a mostrarsi marca- lo d' una nota d' infamia ; che le sue insegne strappate d' in sulle porte dei palagi , trascinate nel fango , fatte ludibrio della plebe non lascino ai popoli memoria in- cancellabile di vergogna e misfatto . — Sì , le imagini dei grandi non posino più a sconforto degli umili presso r altare di Dio innanzi al quale si ricorda tutto giorno la eguaglianza degli uomini : ma siavi allora un asilo di pace per \ ingegno , come vi è per la superba polvere , e le arti belle che i prepotenti bandirono dal santuario, risplendano almeno nel Panteon presso i simulacri ed i nomi di quei che tanto le amarono , le illustrarono , le proleggerono ; sicché ridondi a gloria dei buoni , a vi- tupero e rimorso eterno degli empi . STEFANO nOUETTI (1) Pausania L. IV e. 31 p. 357 — (2) Lacombc Diz. delle belle Arti — (3) Erodoto L. II e. 4 — [k] Demostene nel Mid. p. G30 — (o) Paus. L. IV. e. 30 p. 353. Suida ed Esicliio alla parola Thest'us — (6) Plinio L. I. e. 29—^7) Plutarco in Alex. — (8) Paus. L. I e. 29 — (9) Idem L. Ili e. IV p. 2i0 — (10) Idem L. 1 e. 32 p. 79 — (11) Ugo Foscolo Carm. sui sepolcri — (12) Aristotele della repubblica L. VII e. 9 p. 435— (13) Actuum Ap. e. XVII v. 2V-29 — (14) Ev. S. Matha>i e. XVI V. 17 — (15) Apollodoro L. II pag. 109 etc. — (IG) Platone nel dialog. di Fed. T. I p. 109 — (17) Ep. B. Pauli ad Galat. e. IV v- 5. — (18) Ev. S. Joan. e. IH v. IG — (19) Aristo, app. Poi. L. 9 e. C § 80 — (20) Pluta. della Musica Ep. 1132 — (21Ì Paus. L. X e. 24 p- 858 — (22) yFlian. L. Ili e. 28— (23) Vedi al principio del prcs. Art. a p. 31 — (24) G. Prati Canti Lirici T. I p. 129 — (25) Tiraboschi Slor- della Lett. Ital. v. Vili p, lOitì-23. T 1 (a) « Vallis ad hanc urbem, qua Florentiam ilur, patet lata, amoc- « na , omni frucluum genere abundans ; oppida , pagos , villas , casus > « palatiaque in universum habens quadraginta quatuor milita , smui « Baiano non absimilis » . ( Geographiae lilavianae v. MII ) (6) Ateneo riporta un inno composto in onore di Armodio e di Aristogitone che de la Nauzc ha tradotto in italiano , e di cui trascri- viamo per saggio la prima strofa . — « Porterò la mia spada ricoperta « Colle foglie del mirto , come fero « Armodio un giorno ed .\ristogitonc « Ouando il tiranno uccisero , e in Atene « Di leggi ricondusser 1' eguaglianza » . ( Ateneo L. XV e. lo p. 505 ) ( Memoria dell' ac. delle belle ledere T.lXp.337] [e] Il culto di Diana era nel suo maggior lustro presso i primi imperatori Romani, quando avendo ancora altre divinità ottenuto un ingrandimento di potenza fu concepita l' idea delle figure Panlec Pan- theon , che si conservano ancora nei gabinetti , e che riuniscono gli attributi di tutti gli Dei. M. Agrippa fabbricò in Roma il primo Pan- teon io onore di tulli i Numi , così chiamandolo con accozzamento 46 IL PANTEON delle voci greche Pan che sigiiiCca tutto , e theos che si spiega Dio . ( Gio. Pictr. Bellor. simboli della stai, della Dea Siria ; e Monetr. simh. della slat. di Diana Efes. ) [d) 11 monumenlo a Niccolò Machiavelli eretto nel tempio di S. Croce in Firenze nel 1787 a spese d' Alberto Rimbotti , porta questa eloquente iscrizione : TANTO NOMINI NULLIIM PAR ELOGIUM NICOLAL'S MACHIAVELLI OBIIT AN. A. P. V. MDXXVIT. [e] « Insaliabilis oculus cupidi in parte iniquitatis , non satiabitur a donec consumat arefaciens animam suam » . (Ecclesiastici e. xiv v. 9) « Deus del vobis illuminatos oculos cordis veslri , ut scialis quac sit di- « vitiae hereditatis eius in sanctis » . ( Ep, B. Pauli Ap. ad Eph. e. 1 v. a 18-22. (/■) Prodico di Geo fu condannato a bere la cicuta per aver detto che : — gli uomini avevano divinizzati gli esseri dai quali ritraevano utilità — . ( Ciccr. della Nalu. degli Dei L. I e. 42 T. II p. 432. ) DEL MODO DI DIVORARE I GRANDI DEFUNTI /J l*> \'.'i/*'/if t/t'/ /'ft/i//t*'*'/t .> mio calare sia a petilti passi » (7) . 52 DEL MODO DI ONORARE I GRANDI DEFUNTI Labilissime ancora la potenza , la bellezza , e la forza ; la prima , per evento fortunoso ; la seconda e la terza per evento fortunoso e per necessità . Gli eventi fortunosi talora si partono dalle mani degli uomini co- me furono quelle di Giro, di Tamerlano, di Gengiskan, di Alarico , Attila , Genserico e simili ; tale altra da quelle del destino siccome accadde a Cambise di cui gli eserciti spense la sabbia infuocata del deserto etiopico , a Napoleone vinto dai diacci del settentrione , e a Fi- lippo II , la grande armala del quale le onde dell' Ocea- no infransero come il giovanetto in un momento di stizza rompe i suoi trastulli. Alla bellezza poi quando non so- pravvenga vicenda che prima della stagione la guasti giunge inevitabile il tempo , se non il giudizio , in cui ogni umana creatura dovrebbe appendere lo specchio al tempio di Venere col motto : « dacché contemplarmivì « qual' era non posso come sono non voglio » secondo è fama che Mnesareta facesse . Lo stesso dicasi della forza , e al vecchio immemore degli anni di rado la for- tuna arride come ad Eniello, e con maggiore frequenza ti viene fatto incontrare Miloni i quali presumendo trop- po , mentre si affaticano a fendere la querele vi riman- gono presi e diventano preda dei lupi . — Ma pel divino intelletto procede la bisogna altra- mente . Vitale , e splendida 1' aurora, sublime il merig- gio , magnifico il tramonto . Il mattino di Omero sarà la Iliade , il vespro la Odissea . Questa fiamma divina non teme furto di Prometeo . Simonidc gittato in mare DI F. D. GL'EUn.V/ZI 55 dallo iniciuo nocchiero non si lagnerà dello rapile dovi- zie se inai gli avvenga di potere allingerc la riva eon- ciossiaehè porli seco lulli i suoi beni , e lìianle sapien- lissimo esprimerà la semenza medesima peregrinando pri- vo di viatico traverso molteplici contrade . E quando il malignare degli uomini giungerà a inebriarti di amarez- za, e a turbarli il sereno dell' anima la intelligenza scin- tillerà come il sole luminoso e pacato sopra le onde di un mare in tempesta . I gridi stessi del dolore suoneranno sapienza e armonia . Anzi nella guerra disonesta mossa dal genere umano alla intelligenza mentre questa nella sublimità della via lo sfolgoreggia dei suoi fulmini co- testo fuoco non ridurrà mai in cenere , ma feconderà anche contro il volere di colui che lo spande , essendo- ché le alte intelligenze a modo di specchi tersissimi en- tro ai quali Dio si contempla non possano fare a meno di riflettere una luce divina .... — Però che tutte queste cose considerando io conce- do , che gli uomini di alto ingegno non abbiano diritto a godimenti terreni , come neppure ragione di lamentarsi dello squallore, e degli affanni, mentre all' opposto par- mi che i loro fratelli abbiano diritto e ragione di cru- ciarli quanto meglio sappiano , e possano . — Essendo ormai stabilito che delle due curve , di cui si compone la vita dell' uomo d' ingegno , corporea e spirituale , la seconda termini in ciclo , poco deve importare se la prima termina all' ospedale. Questo re del pensiero pre- sume non dovere pagare nulla il superbo diletto di pas- 54 DEL MODO DI ONOnARE I GRANDI DEFUNTI seggiare sopra la Icsla dei suoi compagni di creta ? — Nulla la facoltà celeste di sfogliare con un alito leg- gero le carte del libro del destino il quale agli altri tutti figliuoli di Adamo si presenta chiuso fatalmente cosi come di bronzo o di granito si fosse ? E mentre per lo universale la morte è oblio di esistenza innomi- nata non deve pagare nulla la facoltà di posarsi sopra le spalle del tempo e valersene come Dante e Virgilio di Gerione per traversare 1' oceano dei secoli ad attin- gere la Eternità ? — L' oblio , - la seconda morte , - la morte dell' a- nima che non può vincersi con monumenti marmorei , nò con gli obelischi , né eon le stesse piramidi , ( im- perciocché adesso sia ignoto se la più grande piramide di Egitto fosse inalzata per un re, o per un bue, il re Cheope, o il bove Api ) - con breve foglio mollo me- glio si può . — 0 sacri ingegni placatevi pensando come le fibre del vostro cuore e della vostra mente compongano una lira eolia traverso la quale scorre 1' alito infiammato di Dio . Gli anni dei Grandi non si misurano col sole , - essi lo precorrono di miriadi di secoli a illuminare tempi che non sono anche nati per lui . E voi uomini ferite questi Grandi , feriteli nella parte più sensibile , - feri- teli nel cuore conciossiachè dal sangue che sgorga voi ne ricaverete vitale nudrimento , che Dante appella : - pane degli angioli : - affrettatene la sera che a modo delle piante e dei fiori approssimandosi la notte emanano DI F. D. GLERRAZZI 55 j)iii fragranti e più intensi i profumi: - infrangeteli, co- me lo insetto fosforico che disfatto sopra la parete v' im- prime una traccia più lunga di splendore. - Vendicatevi 0 uomini quanto meglio atrocemente potete di essere a- mati , ammaestrati , e dilettati ! — Ma quando 1' anima ha distrutto la sua esistenza nel mondo sparpagliando le sue facoltà come le foglie di una rosa sopra un torrente che passa ; - quando a guisa di aquila che abbia mudato le penne ella libra lo immenso volo con gli occhi fissi nello eterno sole ; - quando scintilla luminosa s' immerge nel fonte di tutto splendore , - allora cessi la guerra , imperciocché due firmamenti concedesse Dio agli uomini , uno celeste , ornato di pianeti e di stelle, opera delle sue mani, 1' al- tro terrestre opera in parte di Dio stesso , in parte de- gli uomini composto di rinomanze di eroi , e di poeti , e di quanti altri vissero gloria , ed orgoglio della gente umana . Onorate almeno o genti i vostri grandi defunti se pur volete che altri subentrino nel doloroso ministero d' immolarsi per voi . — Affinchè la vittima non repugni dal sagrificio nuovi fiori e nuovi incensi si apprestino , astergasi con acqua lustrale 1' aliare , celinsi e bipenni e coltelli , - le sem- bianze , e le voci dolorose dei morenti con una nuvola di gloria , con un sonito di armonia nascondansi . E gli slessi sagrificati fatti ormai cittadini del cielo di leggieri perdoneranno conciossiachè appunto vi amino molto per le molte augoscie patite per voi; e 1' odio passi sopra la 56 DEL MODO DI ONORARE I GRANDI DEFUNTI loro anima innamorata come una nuvola spinta da vento procelloso traverso il disco della luna . 0 genti placate le ombre dei vostri Grandi defunti dacché riesca tanto lieve il conseguirlo ; poco desiderano ; di poco esse si contentano ; una preghiera , una laude , una pietra, una memoria , un fiore, un grano d' incenso basta per loro; e placate che sieno vi guarderanno dall' allo a modo di piissimo stelle , e come stelle vi additeranno la via per cui r uomo si eterna ; o visitando in ispirilo le Sntiche dimore le conforteranno con una traccia di gloria come appunto i libami cari agli Dei quantunque consumati dal fuoco si lasciano dietro un profumo durevole . Così o- perarono i Greci dedicando a Socrate un tempio espia- torio ; e a Fidia mastro supremo di bellezza eressero una cappella, e tutti i loro Grandi onorarono di simulacri e di monumenti nel Ceramico, o nei luoghi illustrati dalle gesta portentose di quelli ; - nò Roma sapientissima fu tarda a imitare i giovevoli esempj onde fra i suoi citta- dini nacque un desiderio irresistibile di fama , una cu- pidigia immensa di laude a costo pure di rimanere di- strutti dai baci infiammali della gloria in quella guisa medesima che vediamo la farfalla innamorata della luce, che la incenerisce , e udimmo di Semele consunta dal suo onnipotente amatore . E bene incolse finalmente alla Grecia conservare coleste memorie dacché per esse non venne mai meno r onta della viltà , il bisogno del riscatto , e la miseri- cordia del mondo . E così Dio la protegga come meri- DI r. I). GiEnnAzzi 57 lano la sua lunga sciagura, la grandezza antica, e l'o- nore reso agi' incliti trapassali . Il sangue di INIaralona non imporpora ancora le guance della Grecia ma inco- mincia a farne battere il cuore , non anche le cinge le tempie r olivo cecropio ma 1' albero caro a Minerva è piantato , la mano ardita e franca non anche tratta la lira dei suoi antichi poeti, ma già ne ha teso le corde, e meglio delle corde tese ella ha già apparecchialo ar- gomento ad altissimo canto, i suoi occhi scintillano co- me nel giorno in cui palpitante si aflacciò dai suoi pro- montorj a contemplare la battaglia di Salamina ; - il mi- racolo è operato , ella non siede più nelle tenebre , e nella ombra della morte. Salute, salute alla Grecia no- stra sorella maggiore negli affanni , e nella gloria ! Né certo il desiderio mi vela lo intelletto allorachè presagendo io dichiaro che grandezza perduta ricovrc- ranno , e ricuperata manterranno tulli quei popoli che per istituto pubblico della debita onoranza proseguiranno i loro gloriosi defunti . La Francia ebbe il Panteon pei suoi grandi passati . - Oggi la Baviera dedica un tem- pio a Odino, e v' inaugura i simulacri di Genserico, di Atalarico, di Attila e di altri tali pei quali Mnemosine genitrice delle INIuse abbrividiscc ricordandoli .... ! Veramenle fra colesti e i Temistocli , gli Scipioni , i Milziadi , e i Fabrizj troppo inmienso tratto vi corre; - ma giova considerare , che inline la contrada non può vantare migliori eroi di (pielli , - e che i Principi ben possono ordinare una statua non uno eroe; la fattura ili 8 58 DEL MODO DI ODORARE I GRANDI DEFUNTI questo è opera di tale che siede molto più in alto di loro ; né la immortalità si dispensa da mani mortali quan- tunque nate a stringere lo scettro. Noi Italiani abbiamo Santa Croce ; a noi principio , e che pure vale per qual- sivoglia splendidissimo fine straniero , conciossiachè gli stessi Brittanni non sappiano chi contrapporre a Miche- langiolo. Abbiamo ancora gli TJffizj opera lodata, e lo- dabilissima , ma Santa Croce e gli UfTizj sono cosa e- ventuale , non duratura , non ordinamento perenne di governo civile . Intanto che coi voti , e coi dcsiderj gli uomini ben- nati affrettano una provvisione che formerà tanta parte di sapienza civile privali personaggi come possono me- glio s' ingegnano di riparare al difetto , e Canova , ma- gnanimo cuore se altri fu mai, inaugurava immagini di marmo nel Panteon romano, che il tempo sembra con- sentirci eterno perchè ricetti rinomanze eterne ; Gian- Carlo di Negro, e Niccolò Puccini ne imitano lo esem- pio nelle loro ville consacrate : — « Al decoro , al gen- tile , al buono , e al bello » . — Ma forza è pur dirlo, il simulacro di cui si appa- gano le ardue anime dei grandi vuole essere innalzato dal popolo , - dal Briareo dalle cento bocche , e dalle cento mani - il dominato dominatore di tutti, del quale i re , i poeti , gli artisti , gli uomini insomma per ogni maniera famosi domandano supplici la laude , o le lar- ghezze , 0 la tutela , o la vendetta . — Nonostante assai più fatale dell' oblio nuoce 1' al- DI F. D. GUERRAZZI 59 Irò peccato , che consiste ncH' onorare gì' immeritevoli . Allora la virtù torce Io sguardo da noi , e sopra il mon- do si addensa una ecclissi dolorosa ; le lacrime amare , che le sgorgano dagli occhi si convertono in pioggia di desolazione quaggiù; ed invero il primo fatto nasce dalla oscitanza, il secondo dalla offesa premeditata; né difello del debito ossequio offende tanto quanto 1" oltraggio . Però io vorrei che non si ponessero immagini ai vivi , conciossiachè la esperienza ci ammaestri come trop- po spesso passioni non rette nò giuste possano persuadere oggi tale atto di cui ci penlu-emo forse domani . Kella Roma moderna è vietalo per legge inalzare statue ai Pontefici viventi però che il popolo talvolta insanendo fu visto a tempo di sede vacante precipitarle nel Tevere. Mentre 1' uomo vive non abbia statua , ma si ri- manga contento a imprendere opere che meritino statua dopo la morte. Ed io per me vorrei che chiuso il gior- no supremo da uno di coloro che sparse di se larga fa- ma nel mondo si dovesse proporre se meritasse o no r onore della statua , e dove il consenso universale lo concedesse un' anno dopo tornasse a proporsi di nuovo , e così Ano alla terza volta e vincendo sempre pel sì , gli ponessero il simulacro; dove poi venisse rigettato la prima volta , tornasse a proporsi non dopo un' anno, bensì dopo interposto spazio maggiore di tempo , forse dentro im secolo tre volle o quattro, imperciocché nel periodo di un secolo le passioni si acquietino , le opinioni mu- lino ; ed è sperabile allora che favelli il giudizio . 60 DEL MODO DI ONORARE I GRANDI DEFUNTI Come , (love , e avanii cui avesse a proporsi il parlilo io lo dirò un' altra voi la . Per ora basti così . Questo pensiero poi mi sorse doloroso nella mente con- siderando come gli uomini mossi dalle passioni vento contrario alla vita serena s' ingannino, e non dico quelli di grosso inlendimenlo , ma sibbene anche e molto più coloro che fanno professione di fdosofia , e furono dai cieli benedetti d' ingegno . Ed in conferma di questa mia sentenza valgami per tulli lo esempio del Byron il quale alla distanza di soli sei anni giudicò lanlo diversamente Napoleone . Nel 1815 egli cantava così. a Pesa Anniballe : quante libbre trovi «t Id cotesto supremo Capitano ? Giovenale . Satira X. « Lo Imperatore Nepotc venne accollo dal Sena- « lo , (lagU Italiani , e dalle Provincie della Gal- « lia . Le sue virlù morali , e la militare prcstan- « za furono lodale largamente , e quelli che ri- « traevano qualche privalo benefizio dal suo go- « verno annunziavano con voci profetiche la re- « staurazione della pubblica felicità Ma la « sua vituperosa renunzia , la sua vita per pochi « anni protraila in miserabilissima condizione tra « imperatore ed esule finché .... GiBBON . Decadenza — voi. 6. « Egli cadde ; - ma pure ieri fu re ! ed armalo a combaltcrc conlra ai re : ed ora tu sei una cosa sen- DI F. D. GUERnA/ZI 61 za nome , - abiclla - e non pciianlo viva ! E questi è r uomo dai mille Ironi ? Questi colui clic seminò la terra di ossa nemiche ? E può egli sopravvivere così i' Dopo lui che noi salutammo follemente stella matutina nò uo- mo mai nò demone precipitava in tanto immensa mise- ria . » « Uomo malvagio ! perchè la stirpe che ti abbrac- ciava le ginocchia flagellasti ! Contemplando sempre te slesso divenisti cieco , ed il fastidio di guardarti inse- gnasti .... Con tanto magnifica potenza, - potenza di salvare l' unico dono che ai tuoi adoratori largisti è sta- lo - il sepolcro . - No , prima della tua caduta gli uo- mini non potevano credere come tanta ambizione an- dasse congiunta a tanta bassezza 1 » « Gran mercè dello insegnamento - egli varrà ad ammaestrare i futuri guerrieri assai meglio che le sen- tenze della divina filosofia non facciano siccome invano hanno fatto fin qui . Il fascino che occupava la mente degli uomini si è rotto né tornerà più a prostrarli da- vanti questi idoli della spada dalla fronte di bronzo e dai piedi di creta . » « Il trionfo, r orgoglio, e la gioia della battaglia, e la voce della vittoria scuotilrice della terra erano 1' a- lito della tua vita . Il brando , lo scettro , e il dominio che gli uomini come se vinti da naturale necessità ob- bedivano , e co' quali si era oggimai addomesticala la fama lutto è spento . Spirito tenebroso 1 Oh quanto de- ve lacerarti amara la tua rimembranza . » 62 DEL MODO DI ONORARE I GRANDI DEFUNTI « Chi desolava è desolato ! Il vincitore è vinto ! Lo arbitro degli altrui destini supplica adesso pel suo proprio destino ! Gli rimane forse qualche speranza d'im- pero che valga a fargli sopportare cosiffatta vicenda , o teme soltanto la morte ? Morire da re - o vivere da schiavo- . Ah 1 la tua scelta fu coraggiosamente codai'da. » « Colui che vecchio intese fendere la querce non temè già che gli si potesse richiudere . Incatenato al tron- co che si provò indarno di rompere - quando si vide so- lo - quali furono gli suoi sguardi dintorno ? Te nella superba tua forza incolse una pari avventura, e ti per- cosse un destino più tenebroso del suo. Egli cadde pre- da delle belve della foresta , tu sei condannato a divo- rarti da le stesso il cuore . » « Il Romano , quando ebbe sfuocato il cuore ro- vente dentro il sangue di Roma gittò via il pugnale, e osò ridursi a casa nella sua salvatica grandezza . Egli osò partirsi per maggiore onta degli uomini , che ave- vano sopportato il suo giogo e lo lasciavano incolume . La ora della sua gloria fu quella in cui spontaneo ab- bandonava il potere . » « Lo Spagnuolo , quando 1' agonia del dominio eb- be perduto ogni splendido incanto per lui cambiò le co- rone in rosarj , lo impero con la cella , e la sua follia vaneggiò innocente quando si convertì in solenne nove- ratore di grani , e in sottile disputatore di credi : pure beato lui se non avesse conosciuto mai o le reliquie della superstizione o le tirannidi del trono ! ... » DI F. D. GUERRAZZI 65 « Tu poi - dalla mano ropujjnanle li ora strap- palo il fiiiniine - la poi Iroppo tardi lasciasti 1' arduo comando al quale ti teneva allaccato la tua debolezza . E comunque tu sii uno spirito maligno, davvero fu male al cuore considerare il tuo tanto avvilito , - e pensare che il bel mondo di Dio sia stato sgabello a creatura si abietta ! » « E la terra prodigava il suo sangue per costui che si mostra tanto avaro del proprio ! E i potenti tre- mando con tutte le membra gli si prostrarono davanti rendendogli mercè per un Irono ! 0 bella libertà noi dobbiamo tenerti ben cara dacché i tuoi più acerbi ne- mici palesarono con modi così disonesti la interna pau- ra. Oh 1 Non possa mai tiranno al mondo lasciare no- me migliore dietro di se per ingannare il genere uma- no . » « I tuoi iniqui fatti stanno scritti nel sangue , né così scritti invano . La fama non parla più dei tuoi trionfi, 0 ne rivela le infamie : se tu morivi come sa morire 1' o- nore forse qualche altro Napoleone sarebbe sorto a vi- tuperare il mondo di nuovo . - Ma chi vorrebbe ascen- dere all' altezza del sole per rovinare poi in una notte senza stelle i* » « Pesata la polvere di uno eroe è tanto vile quanto la creta del plebeo . Le lue bilance o Morte sono giu- ste per tutti (piclli che muoiono : pure io credeva che una (jualche più lucida scintilla capace ad abbagliare e a stupire animasse i grandi viventi , uè mi pareva pos- G4 DEL MODO DI ONORARE I GRANDI DEFLNTI sibile che il disprezzo giungesse a farsi ludibrio dei Con- quistatori del mondo . » « Ed ella , il vago fiore dell' Austria altera , la tua pur sempre sposa imperiale come sopporta col cuore r ora della tua sventura ? Sta ella sempre unita al tuo fianco ? Dovrà ella pure curvarsi , dovrà partecipare il tuo pentimento tardo , la disperazione lunga di te omi- cida rovesciato dal trono ? Ov' ella ti amasse sempre ab- bila cara sarebbe la gemma più preziosa del tuo perduto diadema . » « Affrettati alla squallida tua isola e guarda il ma- re ; cotesto elemento può sostenere il tuo sorriso percioc- ché egli non fosse mai dominato da te; - e con la ma- no neghittosa nelle tue torbide fantasie scrivi sopra la sabbia che la terra è libera come il mare adesso che può applicarsi alla tua fronte il motto del pedagogo di Corinto . « « Nuovo Timour nel carcere della tua gabbia qua- li pensieri saranno i tuoi mentre covi il cruccio impri- gionato ? Uno solo : — il mondo fu mio ! — A meno che somiglievole in lutto a colui di Babilonia tu non abbi perduto col tuo scettro ogni sentimento , e la vita non dovrebbe più a lungo rinchiudere uno spirito così largamente dimostrato - così lungamente obbedito - e così indegno d' impero . — » « 0 simile al rapitore del fuoco celeste vorrai re- sistere all' urto e dividere con lui la eterna condanna , r avvoltoio, e la rupe l Maladelto da Dio, esecrato da- DI r. U. GIJERRAZ/I (>ì> gli uomini i' ullinia azione comecchò non la più irisla eccita il riso ili Satana stesso . » >< Vi fu un giorno - vi fu un ora in cui la terra era della Gallia - e la Gallia era tua . - Allora non an- che sazio la rcnunzia dello immenso potere sarebbe stala allo di fama più {lura di quella che circonda il nome di Marengo e avrebbe dilTuso una luce di oro sopra il tuo tramonto traverso il crepuscolo dei secoli malgrado qualche nube passeggera di delitto . » « Ma tu eri nato al trono e a vestire la clamide di porpora come se cotesto manto di follia potesse sof- focare la rimembranza nel tuo petto . Dov' è adesso la clamide scolorata ? Dove le vanità di cui ti piacevi or- narti - la stella - i cordoni - la piuma ? Stizzoso fan- ciullo d' impero ! dimmi ti furono involati i tuoi trastul- li ? — Ma dove dunque potrà riposarsi l'occhio stanco che va in traccia di qualche cosa di grande , dov' è dun- que che splende una gloria incontaminata , una vita senza onta ? - Sì - uno - il primo - Y ultimo - il migliore , il Cincinnato dell' Occidente che non trova la invidia ove lo ammendi legava agli uomini il nome di Washington per farli vergognare eh' egli solo nacque tra loro . » Nel 1821 il potente poeta ricredendosi consolava la grande anima contristata con questo altro canto . 9 e 66 DEL MODO U! ODORARE I GRANDI DEFUNTI « Pace a le 0 isola dell' Oceano ! Salute alle lue acque e ai luci venticelli ! Dove la marea con molo per- petuo agita i suoi flutti soavemente così che paiono pen- nacchi di piume candidissime ! Magnifica sarà la ghir- landa della storia sopra la tua onda e ti fiorirà eterna- mente verde intorno alla fronte quando i popoli che a- desso ti abbandonano alla oscurità con vicenda alterna giaceranno al tocco dell' oblio . Immota nella tua gloria - incontaminala nella tua fama la laude dei secoli santifi- cherà il tuo nome ! » « Salute al Capitano che riposa dentro di te la mole della immensa sua rinomanza ! Quando egli avrà compito il suo tramite, quando sarà chiuso il libro della sua vita la storia consacrerà le sue gesta , le sue pro- dezze si annovereranno fra le prime di lutti i tempi , e i re della terra s' inchineranno dinanzi al tuo valore . I canti dei poeti , - gì' insegnamenti dei sapienti lo chia- meranno maraviglia e grazia del mondo . Le meteore della storia impallidiranno al tuo cospetto - ecclissate dal tuo splendore - fulgidissima meteora della Gallia . » « 0 isola luminosa di gloria te rinfreschino sem- pre salutifere le aure. Pellegrini di remote nazioni e tribù libere come le tue onde verranno a salutarli. - E il va- gante per lo mondo si fermerà sopra la tua sabbia cor- rusca da lontano per contemplare una terra cotanto fa- ni F. D. Gì ERRAZZI 67 mosa . Ogni gleba , ogni piolra . ogni dirupo sanlificalo dalla orma dell' esule lo tratterranno . Per lui tu acqui- stavi una luce divina , e il tramonto del suo sole fu la levata del tuo . » « Dove sono le mani ohe lo hanno incatenato ? Mani che invano si affaticarono a contendere con lui . I popoli qualche volta gli resisterono ma non lo supera- rono mai . I potenti che spesso s' inchinarono alla sua potenza ricuperarono le loro corone fra le sue spoglie di guerra I 11 vincitore è vinto; V aquila giace adesso con- tristata e tentano muovere guerra di tenebre al raggio della tua stella. - Ma la tua gloria apparisce scintillante di nuovo splendore e percorre sublime il suo ascendente come il pianeta degli anni . — » « Lieti sieno gli arbuscelli delle tue montagne , copiosa la verdura dei tuoi prati . Limpidi e perenni i rivi delle lue fontane, incolumi i tuoi annali da qualsi- voglia sventura . Tu sorgi in mezzo all' ampio Oceano come un magnifico altare di cui le reliquie saranno sa- lutate dalle preghiere del genere umano. Respingano le tue costiere la rabbia delle procelle, e le aperte sponde la contesa del mare e del vento. Superba riposi l'aqui- la sopra i tuoi bastioni por ornare le che sei V orgoglio del mondo . » « Il giglio adesso fiorente rimarrà appassito - do- v' è la mano che valga a nudrirlo ? I popoli che lo ri- levarono lo contempleranno cadere - infauste rugiade lo malediranno . Allora la violetta che cresce nella valle 68 1>EL MODO DI ONORARE I GRAÌXDI DEFUNTI confiderà ai venti il suo redivivo profumo, e quando fie che Io spirilo della libertà imprechi anatema sopra i se- polcri della tirannide la vasta Europa tremerà di paura che la tua stella prorompa ad ecclissare le funeste co- mete del Settentrione . « (8) Ora chi avrebbe mai presagito a Byron che la sta- tua di Napoleone sarebbe sorta di nuovo sopra la sua colonna quinci guardando le provincie di Francia che egli amò tanto , che amò troppo , - come il patriarca Giacobbe alTaccialo al balzo di un monte vedeva i suoi figliuoli padri delle tribù educare i greggi alla pianura , - e la sua benedizione scendeva salutifera e perenne so- pra di loro, - mentre la Statua di lui supremo cantore dell' Inghilterra prodigio d' intelletto , e cuore nobilissi- mo donata dal Thorwaldsen al capitolo di Westminster perchè fosse collocata fra le tombe degli illustri citta- dini defunti adesso è andata dispersa .... Gli esecutori testamentari del poeta hanno mosso azione contro i Doganieri per trentamila lire di sterlini. Perderanno essi o vinceranno ; poco importa . I Doga- nieri non possono vergognarsi di nulla ; quello che io so di certo si è questo che trentamila anni basteranno ap- pena al popolo inglese per lavarsi della morte di Napo- leone , della pazienza a sopportare che il vincitore for- tuito di Watterloo tenga nelle cantine del palazzo di DI F. D. Gl'ERHAZZI 69 Aspley-housc la slalua di ooteslo eroe opera del Cano- va , e dono di Luigi XVIII , e finalnieiile della eodar- dia a pcrnicUere che un collegio d'ipocriti mandi disperso r omaggio che un genio ha reso all' altro genio , dise- redi il più sublime dei suoi poeti del retaggio di onore, e contamini la fama di un popolo grande davanti a Dio , e davanti le generazioni degli uomini . - Cotesto colle- gio dava pur dianzi a Campbell tomba in Westminstcr e la negava al Byron ; e la luce del Campbell parago- nata a quella del Byron pare fiammella di lucciola di- rimpetto ai raggi del sole; ma le nottole non temono le lucciole e fuggono il sole . - E forse è meglio cosi . Bruto e Cassio furono ricordali più amorosamente e de- siderati quando le immagini loro non furono viste com- parire nei funerali di Tiberio . — r. U. GttllUAZZI 70 (1) Et quidem quae in nostra sunt potestale natura sunl libera, quae prohiberi et implediri nequeant at quae in nostra non sunt po- testale imbecilla , serva , quae impediri non possunt , aliena Epilt. Man. e. I. (2) Plutarco nelle vite di Pirro, e di Filippo Macedone. (3) Plutarco in Solone . (4.) Villani Giovanni — Storie. (5) MacchiavcUi , e Ammirato — Storie . (6) Plutarco V. di Filippo. (7) Villani G. — Storie . (8) Byron in certa lettera a Murray rifiuta questa Ode come sua ; ma gli altri continuano ad attribuirgliela ; d' altronde il suo maraviglioso cambiamento di opinione sul conto di Buonaparte si desume da altre composizioni di cotesta Musa superba . L » mi /\/£ft/^t t/^/ /ii/i//if*ffl //^t//r/f/f/ //t/// f 4'ffitfit i//tf ■*//'/ LIBRARY UNIVERSITY OF ILLINOIS URBANA VILLA PUCCINI © ss < k3 ri LIBRARY UNIVFRSITY or lU-INOIS / f f'////^f/W// ^//.v »}ì"\/r^/ff^ /jf/^^^e/y^r //:^^///e.<\ / // '*fr/f V '^•/,//^- r/r'//fr I f/Af //fttf*, LIBRARY UNIVERSITY OF lUlNOlS URSn."" ^ QUADRI ANTICHI A ra le lanlc e sì variale cose rare e degne di osservazione che rendono famosa per gV italiani e fin' an- che per gli sprezzanti stranieri la villa di Scornio , dal suo possessore Niccolò Puccini ridotta deliziosissima e tutta spirante amor patrio ed esletico , mi piace far breve cenno di alcuni oggetti d' arte , e tra questi io scelgo quei di maestri non viventi. Il tentare anche una sem- plice descrizione di dipinti o di sculture moderne sarebbe un voler chiamar sul mio capo 1' anatema , e non aver più pace. Pur troppo ho sentito quanto pericoloso riesca per la proinna tranciuillità il dire il suo parere , anche volendo solo considerare tali cose dal lato in cui piac- ciono ; il perchè volentieri a chi , fidato a nome già fa- moso e simpatico ed alla magica forza del dire , sa te- nere un poco lontano da sé l' importuno ronzìo d'insetti malnati , lascio il piacevole incarico di eslernare l' im- pressione provata dinanzi a Iole animate ed a spiranti 7G yiLLA PICCINI QUADRI ANTICHI marmi , lavoro di emuli artisti , i quali tra noi serbano ancora con decoro la gloria delle arti italiane. Pertanto tra i varii dipinti non modernissimi che ammirai , mi piaccio massimamente di far parola dei seguenti lavori . TOMMASO PUCCINI DI PIETRO DANDIM Alto B. 1. e 12. — Largo B. I. e 1. A questo insigne anatomico , effigiato da Pietro Dandini in una mezza figura piena di vita , devesi la villa di Scornio . Il celebre chirurgo ., sebbene patrizio pistoiese , non sdegnò di piegare il suo ingegno ad eser- citare una professione vantaggiosa a' suoi simili. E fruito de' suoi onorali sudori non già di censo avito , sono i vastissimi affreschi che decorano le volte dell' ampie sale che egli facea fabbricare . 11 pittore che nella gran sala rappresentò le fatiche d'Ercole (1) , con franco pennello, con sugoso colorito volle in questa tela tramandare ai posteri le sembianze del degnissimo personaggio che cresce lustro alla fami- glia Puccini . E tu lo vedi fisarli con occhi vivaci , e pare che li pai'li con gesti animatissimi e li dica : un nome illustre cangiasi in vitupero, se chi ereditavalo non procura di renderlo glorioso con azioni veramente degne dell' uomo. DEL P. TA>ZI?iI 77 Per mostrare in che fu specialmente celebre Tom- maso Puccini, il pittore 1' atteggiò con una carta ove è segnata una figura di anatomia , alla quale importantis- sima scienza ei fece fare dei progressi . Di questo benemerito personaggio puoi ammirare altro bel ritratto in età più matura , scolpito da Gio. Battista FcHjfjitn nell' anno 1718. Pieno di vita, car- noso, modellato con molta verità, lavorato con fina arte nella stoffa della veste è questo marmo , e par quasi che abbia perduta la sua naturale durezza sotto lo scarpello dell" induslre artefice ; talché nella nostra epoca che pur vanta scultori valentissimi, si merita ammirazioni ed en- comii sinceri da alcuni tra loro che più famoso portano il nome . (2) U?! GIO VAINE SIGNORE ( intera figura ] m gusto scstebmans Allo B. 3. e 13. — Largo B. 2. e 2. L'animata e giusta movenza, la fisonomia simpa- tica di questo ignoto giovane cattivasi tosto V attenzione dello spettatore . La ricchezza degli abili, eseguiti divi- namente , e che danno un' idea decisa del vestir signo- rile di queir epoca , la vivacità , verità ed armonia del colorilo , e tanti pregi d' arte comuni ai famigerati ri- tratti del Sustermans , fanno bramar vivamente di co- noscer chi fosse questo personaggio . Certamente, se deb- besi prestar fede all' aria del volto . ei non poteva esser 80 \1LLA PUCCIINI QUADRI ANTICHI Sto signore . Aspetti che li parli , e 1' acceso labbro per una specie di magica illusione del dipinto , se miri fiso questo vivo ritratto , par che si schiuda alla parola . Del celeberrimo pittor di Siviglia , sì caro alla corte di Spagna , son tra noi rarissimi i dipinti, sebbene due volte egli fosse in Italia a perfezionarsi sulle opere im- mortali de" nostri sommi : quindi anche più stimabile di- viene questo mirabilissimo prodotto del suo energico e sugoso pennello . ANDREA VANTSrCCOI DETTO ANDREA DEL SARTO DIPINTO DA SE STESSO Alto B. I. e 7. — Largo B. 1. e 2. Questo celeberrimo e sommo artista e isolatamente e in quadri di composizione più volte effigiò se mede- simo . Paragonando i tanti ritratti che si dicon di lui , fatti in varie età , certo che non troverai sempre una somiglianza la quale escluda ogni dubbio che alcuno di questi sia tuli' altro che l' imagine del Tibullo della pit- tura. So bene esser difficile riconoscer i ritratti di una stessa persona , quando son vòlti ed effigiali in diverse posizioni e in tempi diversi, massimamente se strane vicen- de della vita molto cambiarono i lineamenti del ritrattalo ; ma pure certi tratti caratteristici debbon riscontrarsi. Ed io li riscontro infatti in varii ritratti che la Storia pittorica chiaramente ci fa noto esser di Andrea , che in questa tela io ravviso sì vivo e parlante , che niun dubbio mi 1)1-1. I'. rv>zmi 81 sorse in nicnle appcMia la vidi essere ivi cflìiiiiaU) il som- mo che dipinse a buon fresco il piccolo Chioslro del- l' Annunziata in l'ircnze e il Cenacolo di San Salvi . È una mezza figura assisa sopra un sedile a brac- cioli , di strana forma . Presentasi ahjuanto di schiena , e quasi tu lo chiamassi ti volge un poco la lesta. Tie- ne fra le mani un libro , intorno al quale pareva occu- pato quando sollevò il capo da quella lettura . Malinconico e indefinito è lo sguardo che li dà : le tinte fredde delle vesti, il pallor delle carni, la luce radente che pone 1' occhio infossalo in un vasto sbal- tiìuento , imprime all' adusto volto di questo giovane un'aria misteriosa e solenne da incutere un senso ineflabile nello spettatore . Ignori pure che è del Vannucchi , chi la guarda non resterà mai indilTerente dinanzi a questa imaginc . Sulla fronte in parte celata da un nero ber- retto della forma sì comune a quell' epoca , pare scritto (jenio e sventìtra ; unione che pur troppo si riscontra sovente negli uomini grandi , e che questo luminare della fiorentina scuola pittorica ebbe a soffrire in se stesso . Cicco amore per donna indegna degli affetti suoi , che poi divenne sua moglie , lo traviò, gli chiuse il cammi- no della gloria , lo trasse a morire ancor giovane mise- ramente abbandonato . Forse quando con risoluta mano (jui si effigiava il nostro Vannucchi, gli balenò in mente un lampo che gli svelò la trista sorte futura ( che il ge- nio è talor profeta ) . e 1' espressione riuscì sì profonda- mente mesta che dopo |)iù di Ire secoli questa imaginc li 82 VILLA PUCCINI QUADRI ANTICHI sua li si para dinanzi quasi arcana visione evocala dal sepolcro e par li dica -. Compiangimi : fui grande , ma infelice ! La lesla è modellata divinamente; la movenza a- nimalissima nulla sente dell' accomodalo ; le ammaccature delle pieghe nelle ampie maniche son benissimo intese ; grande è la franchezza del tocco; e le estremità sebbe- ne accennale con pochi colpi di pennello , ad una certa disianza scmbran finite e vere . ISel campo è la solila cifra del pittore un A ed un V intrecciali , cifra che solca porre ne' suoi lavori più prediletti . LUOGO ROMITO DI GASPERO PUSSINO Alto B. — 12. — Largo B. — IC. Oirida di massi , tra le cui frane si slagna dell' ae- qua , vedi una solitudine adatta allo ispirazioni di una mente robusta che ami slanciarsi al di là del nostro basso mondo . AH' ombra di annose piante un pescatore insi- dia i pesci coir amo , quasi a rammentare che ovunque alberga la distruzione. Un chiaro orizzonte apparisce in lontano , e manda (lualchc raggio a rischiarare il tetro recesso , pcnnelleggialo con gran maestria dal sommo artista , il cui nome solo suona un elogio . DEL P. TANZIIVI 83 IL LAGO DI I>'F.Ml nEL noif.iKT Alto B. 1. e 14. — Largo D. 2. e 10. Questa veduta spira dolcezza e |)arc inviti un cuore agitato dalle sociali tempeste a cercar soave calma sotto i:i. V. T.vtsziNi 8 o iiu'osUiosi iimoii ci»l padie vien IrasloiniiUa in albero e (là vita al vailo Adone , è un modo poclico . strano se si vuole . per esprimer T azione del sole (padre di oj>;ni vcgelazione ) elie la slillare dall' arabica pianta il soave unguento dello mina : e Adone appunto sinnilica soave . Comuiupie sia , due bei quadrelli possiede il cav. Puccini , che appunto esprimono i due miti della mcla- morfosi di Ancone , e di Mirra (5) . Tu vedi nel primo Diana che spruzzando 1' accpia contro r indiscreto cacciatore , il quale cupidi volge gli sguardi nell' ascoso bagno ove nuda ella sia colle sue ninfe , gli cangiò la lesla umana in quella di pauroso cervo . Delle sue pudibonde compagne alcune si strin- gono intorno alla vergine Diva , e tentano farle velo alle membra con una bianca vesta ; altre procurano di sot- trarsi agli sguardi profani dell' audace. jNel fondo vgdesi lo sciagurato che insegnilo dai proprii veltri si dà alla fuga , e più indietro è effigiato già prosteso al suolo e sbranato da essi . In oro sono segnali al di sopra del capo di alcune ninfe i loro nomi (6) , come pure al di sopra di Alleone e di Diana . Nel secondo è rappresentata la iìglia di Ciniro , già in parte trasformata in albero; e dalla spaccata corteccia di esso alcune ninfe tolgono un vispo fanciullino , men- tre due di esse paion deplorare la dura sorte di Mirra . Nel campo scorgesi la medesima figura dell' incestuosa che colle ramose braccia alzate al cielo lenta darsi alla fuga per celare il suo vituperio . 86 \ILLA PICCINI QL'ADni ANTICHT Robusto , sugoso è il colorito di questi due qua- dretti, geniali le fisonomie. Massimamente le seguaci di Diana e questa irata diva son bene atteggiale , e molto vivace e caratteristica ò 1' espressione dello sdegno nel- r una misto al pudore offeso, e della confusione e dello scompiglio neir altre . l' annuisziazione di maria DI FfiA FILIPPO LIPPI Allo B. ~ M. — Largo B. — 16. 8. Mirabile è questa tavoletta del carnielilano dipin- tore , e tutta bella di quelle ingenue grazie dell' arie cristiana che tanto si ammirano negli antichi lavori d'arte. Seduta è la Vergine presso una specie di banco , lutto copeito di libri , e par come in Irono . Dinanzi a lei si prostra 1' Angiolo riverente , tenendo in mano il mistico giglio , mentre dalla dischiusa porta il Santo Spirito in forma di colomba diffonde i divini suoi raggi suU' im- macolata . Colle mani conserte sui femori , in allo di sor- presa alle parole del celeste Messaggiero , mira all' alto la Nazzarena donzella , dicendo ; sia fatta la volontà dell' Eterno , e incontra col guardo lo splendore del Pa- racielo che in lei scende a compire 1' ineffabile mistero. Presso i libri che sono vicini alla Vergine sia una lu- cerna di forma antica per indicare che la futura Madre DEL I>. T.V.>iZl?(I 87 del \ oilut-unuuialo vegliava inedilando od orando , e coi suoi foiN idi voli alTicUava la venula del promesso llipa- ralore . Gran forza e vaghezza di eolorilo , grande amore di esecuzione si osserva in questo prezioso quadrellino in la\ola : e la religiosa espressione delle ben collocale ligure, e la venustà dei sembianti rendono carissima (pie- tà devola rappresentanza del sommo Artista . s DUE STORIE DI 8. ANT0!>1>0 ARCIVESCOVO DI FIRE1>ZE DI A>DREA UGL SAUTO Ciascuna alta B. — Ki. 8. — I.arrja lì. — 0. In queste piccole lavolelle , che il benemerito di- reltore della Galleria di Firenze, zio dell' attuai posses- sore di esse , dicea di aver tratte da un gradino da al- iare , dipinto dal sonuno Yannucchi , ravvisi nel prota- gonista le ben note sembianze del grand' Arcivescovo di Firenze sani' Antonino . In una lo vedi in allo di fare elemosina a poveri ed a pellegrini , nell" altra apparisce in allo a far risorgere un morto fanciullino. Meglio non polca presentarsi il liorenlino pontefice che nel momenlo in cui , obliando quasi lo splendore della tiara , colle pro- prie mani solleva 1' indigenza . L' elemosina ò più gra- dita e più fruttuosa quanto più è caritatevole la mano che la porge , quanto più op|)ortuni e amorosi sono i consigli, e compassionevoli le parole del benefattore. E certamente , anche senza le altre grandiose azioni del- 88 VILLA rtCClISI QLADRI ArNTICIU I' eroica sua vita , merila un palpito del cuore di tutti ; Egli che istituì la pia congregazione de' Buononiini , la quale segretamente soccorresse gì' infelici che da una vita agiata precipitò fortuna nella miseria, più insopportabile perchè provala da non avvezzi : che il rossore di chie- dere al ricco orgoglioso e spietato espone a durissime prove . Quanto al prodigio della resurrezione del fanciullo, sappiamo che un tale della nobil famiglia da Filicaia , a cui era morto un bambino, corse a s. Marco, e si gettò ai piedi di Antonino con tante lacrime e singulti che appena potea sciogliere la lingua per esprimere la cagione di così gran pianto . Pur fuialmcnte raccomandandosi con tutto r afTctlo disse che gli era morto un tigliuolo , lia (|ual cosa udita che ebbe il Santo, forte rincrescendogli dell' amico, slette alquanto in orazione ; « E va' (gli disse) non dubitare ; il tuo figliuolo vive. » E così fu : che gli venne incontro risorto , appena il padre pieno di fede ritornò alle sue case ( Razzi Vite de' Sanli e Beati Fior. ) . Nella nostra tavoletta vedesi il Santo come in visione apparire ove è il cadavere del fanciullelto , il quale sebbene poco prima giacesse esanime colla testa insanguinata , lo vedi con gli stessi abiti , con gli sles- si lineamenti , ma non più lividi di morte , slanciarsi pieno di vita ad abbracciare affettuosamente la madre . Questa bizzarra fantasia di mostrare morto e vivo insie- me, quasi fossero due , il liambino che resuscita, la se- gui Andrea anche nel mirabile affresco del Chiostrino DEL P. TA>ZINI 89 ilell" Annunziala di Firenze, ove espresse la resurrezione di un fanciullo . Anche nella lavolella, ove S. Anlonino fa limosina osserverai varie figure che molto rannneutano quelle dell' altro maraviglioso atTresco del medesimo , iu cui espresse il bacio di una Reliquia. L' evidenza poi e la verità con cui ò rappresentato ciascun fatto , da [)arerc un lucido della natura, la composizione mirabile nella sua semplicità, i bei partili delle pieghe, la varietà del gruppi , r armonia del colorito, e tanti pregj che non si possono esprimere precisamente con parole, rendono que- ste rare tavolette due veri gioielli . Sottostanno ad esse tre altre piccole tavole ognuna alta soldi nove , e larga soldi 6 e denari 4 : in quel- la di mezzo è la Vergine , nelle laterali è in ciascuna un Angiolo. Il primo rappresenta -. Gabbriello che viene ad annunziare l' Incarnazione del Verbo ; e il celeste mes- saggiero ù espresso nel momento in cui è per cader ge- nuflesso dinanzi a Maria. Ila il mistico giglio in mano, e sembra come estatico dinanzi alla sovrana umiltà del- l' ancella del Signore . Campeggia in un ciel puro , so- pra amena campagna tutta ridente , quasi simbolo della pace , che il Redentore porrà fra la terra ed il cielo . Umile in allo è la puiissima fanciulla Jcssea , e genu- flessa colle mani conserte al seno nella romita sua cella, mostrasi inlenta a celesti contemplazioni. L'angiolo che sta dall' altra parte e simmetricamente corrisponde a Gab- briello , nella disposizion data a questi quadretti , è in ginocchio in alto di soslencre un candelabro acceso, em- 12 90 VILLA PLOCIINI QUADRI ANTICHI blema della luce che presto diffonderà sulla terra il Van- gelo. Saranno anche queste tavolette avanzi di qualche predella che nelle barbariche devastazioni andò spersa : un velo stendesi sulle loro vicende ; ma grandi sono i pregi d' arte che in esse risplendono , da farle attribuire ad Andrea del Sarto . LA DISPUTA DI GESU' FANCIULLO DI GIOVANNI MANSIETI Alto B. 2. e 10. — Largo B. 3. e 15. Di questo discepolo di Gentile Bellini poco o nulla conosciamo tra noi , e (jualche cenno appena ne danno i biografi . È fama che morisse giovane , e assassinato forse per invidia. Con lode ne parla il Vasari nella vita dello Scarpaccia , ove descrive alcune opere del Man- sueti , le quali sembrano mollo somiglianti pel genio della composizione a questa bellissima e rara che ha la for- tuna di possedere il cav. Puccini . Il veneto artista ha imaginato un grandioso tem- pio, sul cui frontone leggi scritto templum salomonis, e tra una selva di colonne e di archi con gradinate ma- gnifiche ( il tutto combinato con un magistero di pro- spettiva da fare stupire ) ha dato luogo ad una gran quan- tità di gente di tutte le nazioni con abiti stravaganti e bizzarri . Sul davanti la Madonna con S. Giuseppe af- flitti per la perdita del figlio di cui vanno in traccia , non avendolo ancora veduto tra tante e si varie turbe , DEL P. TA>iZl.>I 91 son per salire I' ampia scala che porla ai luogo in cui fra gli altonili savi d' Isracllo è Gesù a disputare . Tulli quei superbi dollori pendono dal labbro del divino gio- vanello ; alcuni cercano ne' libri che han dinanzi e obie- zioni e risposte a' sovrumani accenti dell' increata Sapien- za che parla verità sconosciute a coloro ; altri frenion d' invidia ; altri mostran sorpresa ; altri colpiti da quella celeste dottrina rimangon pensosi . Sui terrazzi in alto della grandiosa fabbrica è un andare , un venire di gen- te ; lo stesso accade fra gì" intercoloni : molli però nella prima linea del quadro o non udirono , o se ne vanno sorpresi e cogitabondi . Il pittore con tanta gente si diversa di età, di con- dizione , sì svariata nella foggia delle vesti ha voluto dare un" idea del concorso di parecchie nazioni a Gerusalem- me, specialmente in qucH' epoca nella quale tutti aspet- tavano , come dice anche Svetonio e Tacilo , che 1' 0- rienle dovesse prevalere , e che secondo le profezie de' sa- cri libri comparisse lo Schilo, cioè V aspettato dalle genti. Ila forse voluto anche mostrare la sovrumana eloquenza del Verbo-umanalo . Le lince tutte , la disposizione delle figure invitan lo spettatore , dopo che ha dato un' occhiata a questa vasta composizione , a fisar lo sguardo sul protagonista, egregia figura . Vi ammirerai poi a parte a parte gran varietà , gran naturalezza nelle teste , che sembran tulli ritratti, e nelle movenze ispirate dal vero, e non da un freddo modello . 92 VILLA PUCCINI — QUADRI ANTICHI È un errore il confondere col tempio di Salomone il tempio ove disputò Cristo . Quello fu distrutto ai tempi della babilonica schiavitù sotto Sedecia 588 anni prima dell' era nostra . È un doppio errore inoltre il mostrar r arca presso al fanciullo Gesù, e perchè a quel tempo più non esisteva, essendo scomparsa nella distruzione di Gerusalemme sotto Nabucodònosor, e perchè nel Santo de' Santi , ove stava 1' arca non penetrava che raramente il sommo Sacerdote . La parte ove Gesù fu trovato da Maria e Giuseppe a udire e ad interrogare i dottori era un atrio o sinagoga alla porta orientale del tempio. Ma gli antichi maestri badavano poco a tali cose , intorno alle quali mena tanto rumore , e forse non a torto , la critica moderna . Essi colla beata semplicità di quei tempi badavano a risvegliare idee religiose , a far colpo negli spettatori , la maggior parte dei quali cercava dinanzi alle opere d' arte più di commuoversi che di erudirsi: tradi- zioni , leggende anche strane tutto serviva ; e il senti- mento suppliva al raziocinio . Sul colorito di questa pregiabilissima tela riporterò quanto il Lanzi dice in proposilo di chi 1' eseguiva e de' varii suoi coetanei . Dicesi duro e languido , pa- ragonato a' sommi coloritori della veneta scuola, ma in certe altre si terrebbe per que' tempi morbido e vi- vo abbastanza . In un gradino dell' ampia scala per cui si ascende alla tribuna leggesi : joannes de mansuetis faciebat . DEL P. TANZI.tl 93 TRITTICO DI L r C A II' O L A N II A Alto B. 1. e 18. — Largo li. 2. e 10. E conosciuto per bella fama , come valentissimo incisore ed emulo del celebre Alberto Durerò, un Luca figlio di Ugo Jaoobsz , nato in Leida nel li9i , e morto di consunzione nel 1533. Ma che Luca d' Olanda e Luca di Leida sicno lo stesso artista dubitano alcuni di quelle regioni ; e pretendono cbe Luca d' Olanda abbia dijìinlo pochissimo , mentre dell" altro mostrano molti quadri, lo non mi occuperò di tal dubbio , mu piuttosto esaminerò minutamente questo prezioso e rarissimo lavoro posseduto dal cav. Puccini . È una specie di tabernacolo in legno , e i due spor- telli che lo chiudono son dipinti e di dentro e di fuori , talché quando stanno chiusi rappresentano in uno degli scompartimenti 1' angelo che annunzia Maria , nell' altro la Vergine futura madre immacolata del Verbo . Aperti che sieno , apparisce in mezzo seduta su ricco trono la Regina del cielo , tenendo in grembo il divino infante , a cui fan festa gli angioli suonando mistici strumenti. E neir interno degli sportelli aperti, che restano a formare ala al di qua e al di là di questa sacra composizione , vedesi in ambedue effigiato un gruppo di devoti che ge- nuflessi adorano il santo Bambino . Mollo poetico è il concetto generale di mostrare a 94 VILLA PUCCINI — QUADRI ANTICHI primo aspetto il mistero dell' Incarnazione del Verbo ; e poi , aperto il tabernacolo, esporre in vista 1' adempimento della promessa dell' Angiolo a Maria, col presentare alla venerazione del devoto spettatore il figlio dell' Altissi- mo, che rivestito della nostra carne pargoleggia in brac- cio alla vergine Davidica , ed è festeggiato dagli ange- lici cori . Oh ! quegli antichi maestri sentivano altamente la religione , e dalle loro opere immortali rifulge un celeste splendore che invano si cerca nelle opere moderne. Essi avean vivissima fede , e spira da ogni linea , da ogni pennellata ; il perchè dinanzi a' lavori di essi quasi tu di- mentichi la terra per pensare ad una vita futura , agli alti destini dell' uomo . Ma consideriamo questo squisito lavoro a parte a parte . L' Arcangelo Gabbriello e Maria annunziata sono due figure dipinte a chiaro-sauro ; e solo ne' volti e nelle estremità è una leggiera tinta che rammenta il color di carni gentili e delicate . Il celeste messaggiero reca in mano, quasi ambasciatore, una specie di scettro, intorno al quale scherzosamente svolgesi un nastro su cui è scrit- to : AVE GRATIA PLENA : DOMINUS TECUM . La purissi- ma fra le donne tiene ancora pudibonda gli occhi sopra un libro, e umilmente risponde le parole che fecero di- scendere in terra 1' Unigenito dell' Eterno a vestire le mortali spoglie . E in un cartello graziosamente variato ne' suoi giri , leggesi : ecce ancilla domini fiat mihi SECUNDUM VERBUM TuuM . Grandiosi sono i panneggia- DEL P. TANZir^I 95 memi, espressiva 1' aria dei vollo, specialmente in Ma- ria ; accuratissima Y esecuzione . Ed ecco all' aprirsi di questo ri[)aro apparisce la Madre di Cristo, che amorosa in alto sostiene il pargo- letto, al quale, mentre sorridente la mira, porge alcune viole . Con graziosa movenza infantile il pultino , (juasi obliando di prendere il cibo da un recipiente che ha in mano, vezzeggia la sposa del Paradeto, il quale in alto vedesi in forma di bianca colomba insieme coli' Eterno- Padre scender tra vaghi angioletti volanti a spandere i suoi raggi sulla Nazzarena Verginella . Sembra butirro ciò che serve di cibo al santo Bambino ; e forse il pit- tore ebbe in mente il passo del profeta ; Buhjrum et mei comedet , ut sciat reprobare ììialum et eligere bonum (7) . Ai lati del trono , su cui siede Maria stanno in piedi due Angioli , un de' quali suona 1' arpa, 1' altro un liuto per festeggiare il re della gloria , mentre un cielo ridente e un'amenissima campagna si stende all'intorno, quasi a rendere omaggio a Quegli per cui lutto fu fat- to (8) . Nello sportello aperto, a sinistra dello spettatore è un personaggio che agli abili , ai ricchi anelli che gli fregiano le dita , e alla fisonomia dignitosa pare un grande della terra: ma qui lo vedi umile in atto star genuflesso e a mani giunte pregare rivolto alla Vergine-Madre e al Redentore . Un fanciuUello pure a mani giunte sta presso di lui in posizione di un che prega; ed entrambi sembrano come presentati a Maria e al divin Figlio da 96 \ILLA PUCCINI QUADRI ANTICHI un uomo che in piedi sia dietro ad essi. Al coltello che egli tiene in una mano e più al venerando aspetto il di- resti r apostolo san Bartolommeo — Nello sportello di faccia è una signora con una graziosa bambina a lato , ed ambedue son genuflesse ed orano devote. La fanciul- lella a mani giunte recita il rosario , mentre la madre , avendo deposto il suo suH' inginocchiatoio, tien gli occhi sopra un libro di preghiere . Santa Caterina vergine e martire colla spada in una mano e colla ruota a' piedi , emblema del suo martirio , è in atto di assistere queste due supplici . È facile il credere che san Bartolommeo e santa Caterina sieno i protettori della pia famiglia qui effigiata : seppure il primo non è il santo di cui portava il nome quesl' ignoto Signore , forse committente dell" egregio di- pinto , e la seconda non è la santa di cui aveva il nome la sua moglie . Le vedute sulle quali campeggiano que- sti due gruppi sono stupende . Quella dalla parte di santa Caterina presenta un molino colla gran ruota in azione. Sugli ornati dell' elegantissimo trono ove siede la Nostra Donna sono osservabili nella spalliera due angiolini gra- ziosissimi che sembrano sculti in oro , uno de' quali è in atto di suonare il flauto , 1' altro un tamburino . Nel genuflessorio su cui sta il Signore vedesi un'ar- me nella quale è un pino fra una stella e la luna fal- cata; al di sotto dello scudo in cui stanno tali oggetti è un ovale ed in questo sono due lettere un 6 e una spe- cie di e 0 di s . Forse è 1' arme del committente , e le DEL P. TA?IZ1>I 97 lellerc indicale son le iniziali del suo nome e cognome: forse è V arme o la cifra del pittore . I molli forestieri ollrnniontani che visitano e am- mirano la villa di Scornio e le tante sue rarità, sovente han preso memoria esatta di quesl' arme o cifra , dopo avere ammirato questo capo-lavoro dell' olandese artefice , le cui opere son rarissime Ira noi , e che è tale da fermare e dotti e antiquari ed artisti. Questi ultimi specialmente rimangono sorpresi dalla squisitezza maravigliosa , dal modo con cui è scrupolosamente copiata la natura sen- za pedanteria o secchezza ; i fregi , i ricami che sem- brano effettivamente lumeggiali con oro , sebbene noi sieno , non tritano le masse grandiose ; il coloiito robu- sto , finissimo , vero , spicca massimamente nelle carni , e la lesta del devolo Signore pare dipinta da Tiziano . La giustezza delle movenze , 1' espressione devota , ed altri meriti insigni di esecuzione fan perdonar facilmente qualche difetto di prospettiva aerea da attribuirsi all' epoca piuttosto che air artista . E se le fattezze degli angeli e massimamente di Maria e del santo Bambino non sono di quel sublime ed etereo che esige il soggetto, la verità e il sentimento religioso non li lascia quasi accorgere di tali nei, e torni volentieri a conlcmphu-e questo maraviglioso lavoro , anche dopo aver vedute tante e sì diverse pro- duzioni mirabili dell'arte antica e moderna, onde va ador- na la straordinaria e lutla originale villa di Scornio . P. TA?rZINI DELLE SCUOLE PIE 13 98 VILLA PtfCCmi QUADRI ANTICHI (1) Dipinsero a buon fresco le varie volte delle sale , oltre il Dandini, il Ferretti ed il Lapi . Questi vastissimi lavori , rappre- sentanti cose allegoriche e mitologiche , si risenton dell' epoca in cui furon fatti , ma vi lampeggia una ricca fantasia , la bravura dei soUo in su , la maestria del colorito trasparente e leggiero. (2) Forse dello stesso scarpello del Foggini è il bel Gesù bam- bino, che sopito nel dolce sonno dell' infanzia , ma sulla croce é iu atto di tenere in mano una corona di spine; come pure due altre piccole sculture sembrano della medesima scuola , e sono un Cri- sto ( mezza Ggura ) che benedice il pane , guardando al cielo , ed un Salvatore in età infantile in atto di sostenere una croce colla sinistra , mentre coli' altra benedice gli spettatori . (3) Prima che fosse riportato sulla tela questo studio , dietro era scritto sulla carta di mano di Guido Reni un conto del colora- lo — Bello è pure un ritratto di giovane , ( alto soldi IC. e 4., largo soldi 11. e 8. ) elle sombra abbozzato dalla stessa maestra mano, o colorito con gran trasparenza di tinte. Ignorasi chi sia : è di belle forme , ma fredda e sprezzante ne è la flsonomia in cui sta scol- pita aristocratica boria . (4) Ecl. X. v. 42 e 43. (5) Vedi Ovidio Mei. Lib. Ili e Lib. X. (fi) Sono : Phiale , Rhanis , Hijale , Cyocale , Psecas . [7] Isaia cap. VII. (8) S. Giovanni cap. I. LIRRAJ?Y UNIVERSITY Of lUINOIS ODADRI nODERNI a jni epoca ha una forma arlislioa; missione de- gli uomini che operano è quclh» di seguirla; missione di quelH che giudicano è quella di esaminarla. Ogni epoca è il prodotto di un' idea , la quale anima e domina quanto vive neir umana società : tutto riceve Y impronta di quel- l'idea, lutto diviene mezzo atto alla sua manifestazione. Io non credo che Y umanità debba sempre aggirarsi in quei cerchi fatali che la renderebbero simile a un pia- neta volgentesi nella sua orbita; io credo fermamente al progresso : è però indubitato che Y umanità ritorni in fasi simili alle passale , simili non uguali . E quando 1" idea che .domina un secolo è simile a quella che dominava un secolo trascorso, simili si mostreranno le sue manifesta- zioni. È vano celarlo, 1' Europa è oggi dominala da un idea simile a quella che dominava i tempi di mezzo ; qual maraviglia adun(iue se la storia , gli usi , le arti si rivolgano allo studio di quei tempi ? Questo ritorno alle arti del trecento e del quattrocento è un fallo , 100 VILLA PUCCINI QUADRI MODERNI il quale tuttora manca di una completa spiegazione. Gli uni non videro in esso che il rinascimento della barba- rie del medio evo ; gli altri un' ingiuria a Raffaello e a lyiichelangelo ; e chi lo disse ritorno di fede, e chi pre- ludio di Santo-OfTizio : nessuno , eh' io sappia, ha finora profondamente esaminato le cagioni ond' esce , e la re- lazione in che sta co' tempi e colle arti future . Lo studio prediletto della maggior parte dei gio- vani sono Giotto, r Angelico, il Ghirlandaio, il Perugino ed altri di quei secoli puristici ; ma sventuratamente molti d' essi, volendo servilmente imitare , non produssero che delle caricature , così che tra' quadri religiosi dei nostri tempi e quelli dei secoli XIV e XV , v' è la stessa differenza che tra un ipocrita e un santo , tra un fariseo e G. Cristo . Salvo le onorevoli eccezioni , la più parte delle Madonne dipinte da coloro che han seguito la ri- forma , non sono più sfacciate cortigiane ; ma sono in- vece melense monachelle: i loro santi non sono più mar- rani corpulenti ; ma sono invece tisici imbecilliti , ma- cerati più dalla fame che da un profondo dolore . Io non scendo ad esempj che getterebbero una viva luce su quanto ho detto, perchè vorrei essere utile senza af- fliggere alcuno ; ma per altro è certo la speranza del- l' arte non essere riposta nella servile contraffazione di una forma. Il male è che anche in arte - come in lut- to - i più guastano le teorie buone con esempj non buoni. Quando si parla di speranze non si può guardare che all' avvenire : speranza nel passato è una manifesta DI GIUSEPPE LA-F.\IVI>.V 101 contradizioiie . Il passato non è che una promessa , la conseguenza non dee cercarsi che nel futuro; prendere una anche delle più splendide fasi del passalo per scopo è i-e- Irocedere, - ed ecco 1' errore dell' Owerhok, che forse, senza di questo, sarebbe stalo il più grande artista del secolo XIX. Egli prese a rifare il quallrocento , ed ha r anima alla a sentirlo ; ma rinnegò il progresso mate- riale dell' arte , rinnegò la sua nuova fase. Owerbek ac- cresce il patrimonio della scuola puristica , ci dà opere degne del secolo XV ; ma egli non formula 1' arie del secolo XIX: - poteva essere iniziatore dell' avvenire, e si contenta di rimanere specchio del passalo. Il secolo si volge tutto alla ricerca dei fatti : la storia è divenula il pernio della gran ruota enciclopedi- ca , lo spirito animatore delle arti del tempo e dello spa- zio . La storia della pittura cristiana si divide in tre gran- di epoche -. epoca sacerdotale , epoca religiosa, epoca mi- tologica ; una nuova epoca ora s' inizia , l' epoca storica. E questo il nuovo sole al quale debbono essere rivolti gli sguardi di tulli coloro i quali pensano ed operano : noi non abbiamo più i tipi tradizionali e immutabili del- l' epoca sacerdotale ; noi abbiam perduto la chiave dei simboli , delle figure , delle allegorie ; noi non abbiamo più il sentimento profondo dell'epoca religiosa; noi, gra- zie al Cielo , ci siamo stancati della pittura mitologica , corruttrice, o per lo meno muta al cuore e alla mente, e solo parlante a' sensi; - che ci rimane adunque se non rivolgerci alla storia ? Ì02 VILLA PUCCINI QUADRI MODERNI Ad essenza nuova forma nuova . Non ripeto ciò che altri ha detto prima e meglio di me sulla forma orga- nica e meccanica : oramai credo i critici tutti sicno d' ac- cordo a riconoscere una sola forma artistica, 1' organica, quella che è innata nel soggetto, che passa dal di den- tro al di fuori , che n' è il prodotto naturale ; ma quali sono le caratteristiche della forma propria a' soggetti sto- rici ? Il problema pare di dilTicile soluzione, eppure non lo è , quando si considera che prima condizione della storia è il vero , e che quindi il vero debb' essere l' ispi- ratore d' ogni opera che tenda a manifestarla. Non nrinol- Iro in questo esame ; e mi contento solo di accennare che le noiose ed inconcludenti questioni di forme son de- rivate dal non voler distinguere essenza da essenza, e dal- l' aver creduto che vi possa essere un unica forma adat- tabile a' soggetti ideali mitologici , come a' reali istorici . Osservando la galleria moderna del cav. Niccolò Puccini , non si può fare a meno di non riconoscere lo spirito istorie© dell' epoca che sorge . Anche la scelta de' soggetti è un omaggio reso al secolo , il quale si volge tutto a' sentimenti generosi, ed alzando altari su' sepolcri de' martiri del vero e del bene , si avvia alla conquista di un migliore avvenire. 1)1 GllSErPE LA-FARINA IO.' IL VESl'RO SICILIANO DI CllLIO PIATTI Allo /?. 5 — Largo B. ij e l. E il inonienlo solenne che decide della vila e delln morie di un popolo — T^a pubblica festa è turbala dal- l' apparizione de' satelliti del tiranno: all' allegro schiamaz- zo succede un cupo fremito ; i giovani brontolano sde- gnosi , i più arditi alzan le voci . « Armati sono questi Palarini ribaldi che osan rispondere « , dicevano i Fran- cesi ; e qui incominciano a percuoterli, a frugarli, a in- giuriarli : alti fieri cogli uomini , atti disonesti colle don- ne . Il francese Droetto caccia le mani in seno a una sposa , per cercarvi , ei dice, delle armi. La pudica ca- de svenuta in braccio allo sposo , il quale « Oh muoia- no , muoiano i francesi 1 « urla nell' ira sua. Un giovine si slancia dalla folla , all'erra il Droetto , lo stramazza a lerra , alza il pugnale per ferirlo . Vn grido sorge da ogni parte: Morie a' Francesi ! Le campane suonano a stor- mo , il popolo insorge , i baroni accorrono in armi, Pre- cida si mostra . È questo il momento rappresentalo dal sig. Giulio Pialli . Se Precida fosse il motore di quella grande insurrezione , se veramente vi avesse quella parte che la tradizione gli dà , son questioni tutte all'alio estra- nee air arie , che , come la poesia , accetta il personag- gio quale lo trova nella credenza popolare, curandosi po- co di diplomi e di cronisti . 104 VILLA PUCCINI QUADRI MODERNI Chi ha veduto il Pietro Micca del Piatti conosce quanta forza ed espressione questo giovine artista sappia dare a' suoi dipinti : peccato che quella forza degeneri qualche volta in un ombrare troppo alla Schedoni. Bello ed ardito ci pare il gruppo del Droetto e del giovine si- ciliano suo assalitore . Le teste de' Siciliani mostrano be- ne il tipo nazionale , sì che a prima vista tu puoi rico- noscere in essi gli abitatori dell' isola del fuoco , per dirla coir Alighieri. Ci piace il concetto di quella figura che posta sulla soglia del tempio par che gridi a coloro che quivi si adunano : « Lasciate , lasciale di pregare , è tempo di combattere ! >> Che dire del Precida ? Ho veduto un buon numero di dipinti e di disegni rappresentanti la famosa insurre- zione ; ma in nessuno di essi la figura del Precida ha appagato la mia aspettativa. I grandi nomi popolari col correre dei secoli escono dal dominio della storia ed en- trano in quello della poesia . La fantasia de' popoli li circonda dell' aureola del maraviglioso , e muta la cro- naca in epopea . Così avvenne di Carlomagno ; cosi da qui a qualche secolo avverrà di Napoleone; quantunque la stampa, fissando e divulgando i fatti, difficulti il ro- manzo. Or di codesti esseri metamorfosizzati noi ne ac- quistiamo un' opinione così altamente poetica, che la real- tà ci par sempre al di sotto di loro; ond'è che l'artista, non potendo co' mezzi limitati dell' arte sua rivelare quella idea che gli uomini vagheggiano nella loro mente, esa- gera i tratti materiali, in compenso della grandezza mo- DI GIUSEPPE I.\-KARI?CA lO.'i rale . È questo forse 1' errore nel quale ò cadulo il Pialli ; errore ben compalibilc , perchè comune co' più grandi arlisli ; diremmo quasi inevilabile . LA cojrcn'RA de' pazzi DELLO STESSO Al TORE Alto Z?. 3. e 10. — Largo B. '*. Anche al Pialli deesi questo Quadro ispirato dalla tragedia dell' Astigiano. La Bianca travede nell' animo del marito un terribile mistero ; ella cade a' suoi piedi e piange e prega perchè le sveli la cagione del suo tur- bamento . PVancesco Pazzi già è combattuto dalla lede dovuta a'congiurali e dall' affetto dovuto alla moglie, quan- do sopraggiunge il vecchio Salviali a toglierlo dalla terri- bile incertezza , accennandogli la torre del Duomo che col tocco della campana appella i congiurati all' opera loro di sangue . Francesco porta la mano convulsa al pu- gnale . e queir allo serve ad accrescere lo spavento della donna . — Quadro è questo di effetto e di sentimento ; ma uno di quei quadri che vanno esaminati nel loro com- plesso , senza anatomizzarli con critica gretta e minuta . Poco lungi dalla Bianca l' artista ha collocato sopra una colonna tronca il busto di Bruto, e al di sotto lo stem- ma di casa Pazzi . Felice idea che riunisce due nomi tremendi a due de più illustri tiranni eh" abbia avuto r Italia , due sforzi inutili e generosi di eslingucntisi li- bertà . li 106 TILLA PICCINI — QUADRI MODERNI MORTE DEL FERRUCCIO DI ANTONIO BERTOLI Alto B. 3. e 12. — Largo B. 4. Quando la crilica si occupa di un giovine arlisla , che per la prima volta si mostra al pubblico con un qua- dro di composizione , non dovrebbe avere che parole d' in- coraggimenlo . La morte del prode Ferruccio, di questo martire della libertà fiorentina, il di cui sangue fu l'ul- limo a bagnare il fiore repubblicano, cjià -per division fatto Kermirjlio , fu condotta da Antonio Ccrtoli , gio- vine che in questo suo dipinto ha dato meglio che una speranza , una certezza di possedere il talento artistico , senza del quale non sarà mai possibile di ottenere una gloria duratura . Il Ferruccio , il Maramaldo d' infame memoria e il Colonna son figure bellissime . Il fondo è chiaro, e la composizione slacca, senza bisogno di quel bruito lenocinio dell' arte nera . MORTE DI FILIPPO STROZZI DEL PROF. GICSEPPE BEZZUOLI Alto B. 3. e 8. — Largo B. i. e 12. La composizione di questo quadro è semplicissima . Filippo è già caduto supino per terra obliquamente agli spettatori : egli ha già espiato col suo sangue il delitto di aver contribuito in qualche modo alla schiavitù della DI GltSEPPF. LA-FAIVI?iA i07 patria. Due soklali accorsi, liilii \osliii il' armi , lojijjo- no niai-avigliati un foglio , sul quale è scrino il famoso verso: Fxoriare aìiquis ex nostris ossibiis ultor. A lalo dell' cslinto si vede in lorra un libro apcrlo ed in- triso di sangue : è il Polibio, eh' egli forse studiava per valersene contro il dominatore della Patria . A chi mai dicesse il vestito di ferro mal confarsi alle arti , risponderci mostrando negli antichi Tiziano , ne' moderni il Bezzuoli. Gli stranieri ci accusano di sacri- ficare la convenienza, la ragione e il costume all' amore del nudo : eppure, se togli le scuole Alemanne, nessuna scuola ha eccesso meno nel nudo dell" Italiana; e nessu- no eh' io mi sap})ia ha fatto tra noi quell' abuso del nudo che han fatto in Francia David , Gros e Girodet fm ne' soggetti contemporanei . Dal lalo dell' clTetto questo (juadro sorpassa molte e molle opere de' più grandi elTetlisli italiani e stranieri: il Bezzuoli ha quivi spiegato Uilto il magistero del suo pennello . lutto il fascino del suo splendido colorito . Io lo confesso , r arte del trecento e del quattro- cento ha sul mio animo una potenza maravigliosa, e co- desto glande artista è su di una via ben diversa ; ma se seguire ciecamente una scuola passata è un errore in chi opera , è poi un delitto in chi giudica . L' ammira- zione per un genere non dee sforzare ad aver 1' altio in disprezzo ; ed il vero critico è quello che spazia al di sopra di tutte le scuole e di tutti i sistemi . Gran danno che questo (juadro non possa dirsi in- 108 tILLA PUCCINI QUADRI MODERIVI colpabile dalla parie del disegno e della prospettiva li- neare ! UCCISIOINE DEL DUCA ALESSANDRO DE MEDICI DI ENRICO POLLASTRINI Allo B. k. — Largo B. 3. e 15. La Storia non ha ancora sparso lume che basti sul- r uccisione del duca Alessandro d' infame ricordanza : e tuttavia la figura di quel tiranno gitta un ombra neris- sima sul nome di Lorcnzino de' Medici . Se questi, no- vello Bruto, sacrificava il parente alla patria, il fallo è degno d' essere tramandalo a posteri col ministero delle arti ; ma se il pugnale di lui era guidato dall' ambizione, la morie del Duca rientra nel numero di quei tanti de- litti che bisognerebbe obliare , per 1" onore dell' umana dignità . Ciò sulla scella del soggetto . Il Pollastrini ha dato un' effetto mirabile al suo quadro : esso è a lume di notte : la lesta del Duca è rischiarala da una lucerna e dai raggi della luna che passano da una vicina fine- stra. Essa è vera, così vera che mette ribrezzo a guar- darla: cagione di ciò parie il soggetto, parte il modo di trattarlo. E scelto il momento in cui Alessandro adden- ta il dito di Lorenzo ; e quel pasto di umana carne , e quel sangue sgocciolante giù dalla bocca del Duca su- scita più orrore che pietà . Belle ci son parse le teste di Lorenzo e di Sco- ronconcolo : questa per fredda ferocia , quella per ira con- DI GIUSEPPE LA-FAninA lOi) citala. Grami' è la forza del colorito, naturali le pieghe, bene inteso il giuoco della luco . MOBTE DI L(>RE>'ZI>0 DE SIEDICI DEL PROF. CU SEPPE BEZZI OLI AUo lì. '». — Largo B. 5. e l. Anche in questo quadro il prof. Bezzuoli ha sapu- to trovare quel mirabile ciTetto e quel vaghissimo colo- rito nel quale egli , per generale consentimento , è più che grande, sommo. Pure il (juadro lascia qualche cosa a desiderare , forse per 1' altitudine alquanto accademica del ferito , forse per un non so che di confusione che regna nelP insieme. Belle sono le figure delle donne; piena di espressione quella dell" amico Sederini. LA RITOLTA DI GENOVA DEL SIC. EMILIO BUSI , E DEL SIC. ASIOI.I Aito B. o. — Largo B. 6. e 3. La rivolta di Genova ò un gran quadro cominciato da Emilio Busi e condotto a termine dall' Asioli di Mo- dena . Io non so fino a qual punto la paternità di que- sto dipinto si debba ali" uno , e fino a (piai punto si debba air altro degli artisti; ma due difelli mi colpirono a pri- ma vista . Primo , il modo di disporre la composizione rammenta quello di Girodet, che non mi par bello, per- chè non vero ; secondo , la figura di queir animoso barn- 110 YILLA PUCCINI QUADRI MODERNI bino che primo gridò la rompo , che primo scagliò il sasso contra i Tedeschi, è quella di un piccolo indemo- niato . I bambini ritengono sempre in quei momenti una certa gaiezza propria alla loro età ; essi combattono co- me per trastullarsi , e il loro indomabile coraggio viene appunto dalla poca conoscenza del pericolo . Il quadro ha poi molti pregi che sarebbe ingiusti- zia il Irasandare: vi sono gruppi bene ideati e ben con- dotti; ed il tipo tedesco è così bene studiato da indicare,, senza necessità di alcuna conoscenza storica, a qual na- zione appartengano gli uomini contro ai quali il popolo msorge DUE VEDUTE DEL TENENTE MORGHEN Ognuna alta B. 2. e 5. — Larga B. 3. e 5. Chi non conosce il talento del Morghen nella di- pintura del paese ? L' immenso numero di paesi da lui dipinti gli han fatto acquistare una facilità tale che qual- che volta degenera in maniera . Il Morghen cerca 1' ef- fetto neir insieme , e nell' arte di ottenerlo con pochi mezzi a noi ci par sommo : i ghiacci , le nevi , le neb- bie sono da lui rappresentati per mezzo di certi metodi abbreviativi , i quali producono negli spettatori tutto \ ef- fetto voluto. I due quadri posseduti dalla Galleria Puc- cini rappresentano una calata di sole e la veduta del Lago Puccini agghiacciato . In tutti e due T artista ha DI G1LSE1'1>E LA-FARINA IH fallo nioslra della sua consiiola valonzìa e doll;i fraudo facililà del suo pennello . DUE QUADRETTI DI GIUSEPPE SABA TEI. LI Prima di nielter lermine a queste poche parole sui quadri moderni ad olio posseduti dal eav. Puccini , ac- cennerò due lavori di Giuseppe Sabalelli : Y uno è una copia di un quadro del eav. Luigi Sabalelli, rappresen- tante Eliodoro caccialo dal tempio : V altro è la testa di un' anacoreta ; (piello pregevole per la espressione de' vari aflclli ; questo per una forza di senlinionlo e di colorilo da degradarne i più Liei quadri (ìamininglii . Ci duole di non potere (pii parlare della gran com- posizione del Farinata di Giuseppe Sabalelli , da noi am- mirala nello studio dell' artista , e dal eav. Puccini pro- prietario cessa alla Galleria Palatina, dietro le inchieste del Principe. Tra non mollo però la Galleria Puccini si arricchirà ili una copia di ipiel magnifico quadro con- dotta dal sig. Enrico Pollastrini . Come ci duole di non poter |)iu-lare di un quadro rappiesentanle il Savonarola che niega V assoluzione a Lorenzo de' Medici non anco- ra condono a lermine dal sig. Luciano Fiorucci . Non taceremo pefò di un ritrailo del proprietario condotto in cinque ore e mezzo dal prof. Bezzuoli , perchè lavoro che ci sorprese per lo spirilo , la verità , la vita che vi ha sapulo trasfondere 1' artista con tocchi franchi e risoluti. 112 VILLA PUCCINI QUADRI MODERNI In un pian terreno della Villa, altra volta destinalo a scuderie , il cav. Puccini ha voluto consecrare una sala a Pvaffaello , Michelangelo, Benvenuto Cellini e Andrea del Sarto. Le due grandi pareti sono ornate da quattro affreschi condotti dai signori Cav. Sabalelli , prof. Bez- zuoli , Cianfanelli e Marlcllini . La volta è dipinta a bassi- rilievi con fregi allusivi a quattro grandi uomini qui ono- rati , opera di Guido Bono genovese : tra que' fregi so- no quattro medaglioni co' ritratti de' quattro pittori dei quattro affreschi , lavoro di Pietro TJlivi da Pistoia. Al- lude air antico uso di questo pianterreno e all' attuale , r epigrafe che vi si legge : olim mulis — hodie musis. BENVENUTO CELLINI DEL PROF. NICCOLA CrANFANELLl Allo B. 3. e iO. — Largo B. 4. e 4. L' affresco affidato al Cianfanelli rappresenta Ben- venuto Cellini neir atto di presentare il bozzetto del Per- seo a Cosimo de' Medici . Egli è nel momento di rispon- dere alle sceltiche parole del Duca , dicendo : « Io giuro di farlo tre volte meglio ! » La scena è in wwi sala del pa- lazzo vecchio ; e sul capo del tiranno sta scritta la parola LiBERTAs, antico molto della Bepubblica che qui ha la forza di un epigramma . Il Cianfanelli ha una grande vi- m GIt'SEPPE I.A-FARI>A 115 gori;i di chiaroscuro, ed è uno dei migliori coloritori eh' io mi conosca . Quei rasi son tali da potere sostenere il con- fronto de' più reputati dipinti della scuola veneziana. ISè con ciò intendo dire essere riposto negli accessori il me- rito deir aflresco : belle sono le teste maschili : piena di irrazia quella di Eleonora ; stupenda la prospettiva aerea, bene inlesa la lineare . I\Ia perchè il bra>o artista ha dato al Cellini una figura più grave e più rdosoHca di quanto convenivasi a quella testa balzana? Se quell" an- dar platonico polca convenirsi' al Vinci che il Cianfanelli dipinse in una delle lunette della Tribuna di Galileo , non polcasi certo convenire all' uomo per il quale le risse e le follie erano pane cotidiano . E per altro vero che la testa di Benvenuto, almeno come ci è slata tra- smessa dai suoi ritratti , era più la testa, di un filosofo , che di un artista ; ma o i ritratti non son fedeli , o è questa una delle tante bizzarrie della natura a dispello del sistema di Lavater . RAFFAELLO d" LUU1?((» DEL PROF. CAV. LUCI S.ABATELLI Allo B. 3. e ÌO. — Largo B. 5. e IO. Il cav. Luigi Sabatelli dipinse Raffaello che inlro- dolto da Bramante presenta il bozzetto della dispula a papa Giulio II. Sono presenti Giovanni de' Medici poi Leon \ e Giannollo Pandolfini vescovo di Troia, ami- ro di Raffaello , e uno de' quattro prelati che |)ortarono 114 VILLA PLCCINC QUADRI MODERNI ili processione la Madonna dell' Imprunela nel tempo del- l' assedio di Firenze . Per il Pandolfini fece Raffaello il disegno del palazzo che si ammira sempre in Firenze , Via S. Gallo. Alla gloria del Sabalelli basta il quadro del Pier Capponi, basta l'essere stato padre e maestro de'diie giovani Sabatelli , splendido ornamento delle arti tosca- ne , rapili , ahi troppo presto ! al padre ed all' Italia . L' affresco del quale è parola , non è certo de' più stupendi lavori del Sabatelli , ma il grande artista vi si rivela sempre, e le teste del papa e di Giovanni de' Me- dici, e la figura del vescovo Pandolfini son tali da ono- rare il (piadro d' ogni più bravo pittore . MICHELANGELO BUONARROTI , DEL PROF. GIL'SEPPE DEZZL'OLI AUo B. 3. e tO. — Largo B. 5. e 14. Il Bczzuoli ha dipinto Michelangelo in atto di di- segnare col carbone una figura sul muro della sua villa di Settignano (1) : son presenti il Vasari ed Ascanio Bu- giardini suoi commensali , non che una fantesca , che scodellata la minestra viene a portarla in tavola . Se volessi notare le cose che men mi piacciono di- rei che la figura del Bonarrolo mi par mollo lanciala e teatrale; ma se il Bezzuoli non avesse fatto altro che le figure del giovine Ascanio e della fantesca, basterebbe- ro a mostrarlo un grande artista . La lesta della donna è dipinla con tal franchezza e con tanta forza che più non DI Girsr.PPE LA-FAni>.\ ììli polrol)l)C desiderarsi in un (nuulro ad oli»: ne suoi occhi è una espressione mirabile , e ben vi si Icg:gc la sor- presa mista alla compiacenza . La franchezza del pen- nello del Bezzuoli è ben nota , e quanto (nu'st;i IVan- chezza sia prej^evole in un affresco lutti lo sanno : e}j;li sa dare a (piesto genere di pittura una forza che pochi possono sperare di uguagliare. AMìHEA DEL SARTO PEL PROF. CAV. GASPERO MARTEl.LIM Alto B. 3. f 10. — Largo li. 't. Al cav. Martellini fu alliil.ito il quarto alTresco , il (juale rappresenta Andrea del Sarto nel momento di riceve- re una lettera del re Francesco I, che lo rimprovera di non essere andato a Parigi secondo la promessa. Andrea sia lavorando sullo spolvero del Cenacolo di San Salvi , ed il pennello gli è caduto di mano ncU' ascoltare i meri- tati rimproveri . Lo conforta la sua donna : il giovine S(piazzella, che quindi andava in sua vece a Parigi , è intento alla lettura della lettera. Forse polevasi scegliere un soggetto più onorevole per Andrea, - e ne ofl're tanti la vita di quel sommo ed infelice arlisla ! La scena rap- presenta una sala di quel Liceo, che il generoso cittadi- no Kiccolò da Uzzano cominciava ad edificare a proprie spese nel secolo XIV per Y educazione gratuita-scicnti- lìca di un determinato nuniero di giovani fiorentini , e che rimase incompito |)er la morte dell' illustre fondalo- 116 VILLA PUCCINI QUADRI MODERNI re , le cui armi gcnlilizie veggonsi quivi scolpile . Io non conosco altri lavori di questo artista , e mal si può giudicare di un pittore da un solo quadro , e meno da un affresco. Sarebbe per altro ingiustizia non dar le do- vute lodi alla lesta dell' Andrea , la quale è piena di spi- rilo e di vita . Dirò per ultimo che la sala è poco alla a far ben gustare i pregi de' quattro affreschi -. gli affreschi son falli per vedersi da lontano e in alto , e non da vicino e a livello , e perchè la rudezza della superficie distrugge in parte 1' effetto , e perchè il punto di vista variando se- condo r altezza dell' uomo difficilmente risponde a quello fissalo dall' artista . Sarebbe ingiustizia il negarlo : la pittura in To- scana corre ogni dì più sulla via della rigenerazione ; il convenzionale , 1' accademico , il manierato sono caduti in discredito , forse più che in ogni altra parte d' Italia: lo studio del vero riprende il suo onore . Uno spirilo d' indipendenza freme nel petto d' ogni artista : noi non abbiamo ancora la formula nuova ; ma gli antichi ceppi sono infranti , ma un gran passo è già fatto, ma il gri- do generoso della libertà del genio ha trovalo un eco neir animo di tanti giovani nati alla speranza di un mi- gliore avvenire. La società progredisce per forza e virtù propria , e nella via del progresso trova le nuove forme e le idee nuove. Che manca ? Una forte comune credenza che affratelli gì' ingegni che operano neli' unità dell' ispi- razione e dell' amore, e li persuada a rompere fin l' ul- DI GIUSEPPE lA lAUi:tA 117 timo laccio delle convenzioni . I pcJunli e i relori sono i nomici di ogni scienza e di ogni arie, perdio sono i ne- mici di ogni ragione . Allorché Atene fu dominala dai retori Inlti i filosofi furono cacciali in esigilo ; ed Italia pure ebbe a patire cotanta infamia quando Domiziano dava i fasci consolari al retore Quintiliano . Coraggio a- dunque ed innanzi. « 0 Ateniesi, gridava Socrate, mas- sima impostura e pubblica calamità si è accostarsi a un arte senza avere il coraggio conveniente ad esercitorb I » TO' La villa del cav. Puccini è ricca ancora di due belle collezioni , Y una d' incisioni di Marco Antonio Rai- mondi, e l'altra di tocchi a penna del cav. Luigi Saba- telli . Conoscono gli amatori delle arti il pregio , in ri- guardo al tempo , delle incisioni di Marco Antonio , di questo illustre italiano , cui si deve gran parte de' pro- gressi dell' incisione nel secolo XVL Egli riprodusse le opere di Raffaello , e le sue incisioni parvero mirabili a" contemporanei . Ora sono rarità ricercate dagli ama- tori; e rarità sospette, da quando la contran'azionc si ri- volse ad imitarle . Marco Antonio aveva conlrallatto la Passione di G. Cristo di Alberto Durerò , s'i che questi dovette dolersene col pontefice : ora le sue opere dovellero patire Y ingiuria eh' egli ha fatto alle altrui ; e solo un 118 VILLA PUCCINI QUADRI MODERNI occhio esperto può salvare i compratori da un inganno . La collezione de' tocchi a penna del Sabatelli è cosa di altissimo pregio , ed attissima a rivelarci la potenza artistica dell' Autore . Tra' più belli noterò la Crocifis- sione di Cleomene re di Sparta , la battaglia di Sala- mina , quella delle Termopili , quella di Platea e la morte di Macanida tiranno di Sparta. Il fuoco dell' immagina- zione è qui congiunto all'immensa facilità dell'esecuzio- ne ; non esagererò dicendo che il Sabatelli mi pare più grande artista ne' tocchi a penna che nei dipinti . Noterò infine una raccolta d' incisioni moderne, nel- la quale ammiransi i più pregevoli lavori del Morghen, del Garavaglia , del Toschi , del Longhi , del Volpato , del Jesi , dell' Anderloni e di altri che formano 1' onore della scuola italiana . La parie meccanica della litografia, della incisione in acciaio e dell' incisione ad acqua-tinla è molto più progredita all' estero che tra noi : il negarlo sarebbe follia ; ma l' incisione in rame è ancora proprietà nostra esclusiva. Non ci facciamo illudere dalla esagera- zione delle ombre e dei lumi delle stampe straniere , non ci facciamo illudere da quella nebbia che appanna l' in- sieme e che dagl' inesperti è detta armonia (2) , e non rinneghiamo da noi stessi una gloria che le sventure non ci han potuto ancor togliere. Bando a pregiudizi municipali; ma , in nome di Dio , bando ancora a questa smania di foresteria che ci abbassa anche agli occhi degli stranieri . GIUSEPPE LA-FARINA DI CIISEPPE L.V-FAUINA 1 1 1> (1) La \illa è oggi posseduta dal Consiglier Cosimo Duonarroli , il quale ha avuta 1' ottima idea di far C'osare alla parole con mezzi chimici il disegno eseguito col carbone dal suo illustre antenato. Esso disegno rappresenta un satiro, o l'orse anche un dia>olo da serure alla gran composizione delia Cappella Sistina . [■2] Da qualche tempo in qua i calcograli di Germania e di Fran- cia sono stati invalsi dalla smania di dare accordo , coni' essi dicono, alle stampe. Il metodo è facilissimo: dopo di avere ripulito il rame, con un po'di bambagia o con un cencio Unissimo incominciano a sfu- marlo leggermente , lasciando solo quella parte che vogliono tenere in lume. Che ne nasce? La iieltozza del taglio è perduta, il tutto pa- re dietro a un fumo, i lumi sono insudiciati e la stampa dopo qualche tempo ingiallisce , perchè la bambagia tira con se I' olio e lo sparge sul netto del rame . Eppure quel contrasto anliragionevole , quella nebbia trova ammiratori ; eppure spesso i nostri incisori son costretti a servirsi de' calcograD stranieri contro la loro voglia . Si disse il To- schi , a cui tanto deve l' arte della incisione , sia disceso dal suo me- rito ordinario nella Deposizione della Croce del Vandik ; ma non si osservò che quel rame è stato stampato in Germania . Chi conosce le prove tirate in Italia da valente calcografo fiurcntino sa bene che al Toschi non si debbono attribuire i difetti di quella stampa, e sa bene che r illustre autore dello Spasimo di Sicilia , non è andato indietro , ma innanzi . "% r ì J ( ^ //if//r'.i >t> t/Z/if /tttf/r .\//J ti'/ fl'/W l/t/f //•tt/f4l-/(/ UNIVERSITY OF lUlNOJS GLI ORFANI SU LA RUPE DA LUIGI P.UIPiVLONI San Gerbone 21 Marzo 1845. E il Venerdì Santo. — Nel lumullo delle cillà, fra le cure che opprimono lo spirito , fra i piaceri che lo distraggono e lo inviliscono , può questo giorno pas- sare non avvertilo , come passano tutti i giorni dell' an- no . Ma nel silenzio della campagna , fra le maraviglie della creazione , il pensiero sale più facilmente a Dio ; e non può un' anima cristiana non rammentarsi chi patì in questo giorno, chi mori: e (piai patibolo divenne oggi il segnale delle vittorie di Dio, e delle speranze dell" uomo. 16 122 VILLA PUCCINI GLI ORFANI SU LA RUPE Apro i Vangeli , e leggo quelle ammirabili parole che lulli gli amii son recitate e meditate , e tutti gli anni scendono nel cuore come parola nuova, e lo percuotono e lo spezzano . — Era V ora terza quando lo cro- cifissero . . . , E Gesù diceva: Padre perdona lo- ro, perchè non satino ciuello che fanno .... Ed i rettori insieme col popolo lo schernivano . . . . E all' ora nona Gesù gridò coti gran voce : Dio mio , Dio mio , perchè mi hai tu ahbatidonato P . . . . E matidalo un grati grido , rendè lo spirito . (1) Mille affetti m' inteneriscono e mi straziano -. il mio pensiero erra vagabondo in contemplazioni, che abbrac- ciano il passato il presente 1' avvenire ; il mondo dei corpi e il mondo degli spiriti , il chaos e la bellezza , r odio e r amore , la colpa ed il perdono ; il dolore senza fede che dispera e bestemmia , e il dolore rassegnato che piange sperando ed amando . Mesto e svogliato d'ogni cosa terrena, volgo l'oc- chio a un disegno che da lungo tempo è qui tra' miei fogli , ove primeggia in alto la Croce . Oh ! lo ricono- sco : è il gruppo del Pampaloni eh' io vidi , sono ora otto mesi , in una sala della Villa Puccini presso Pistoia. Qui si può fermare il mio sguardo senza eh' io mi distolga dalle luttuose e care memorie di questo giorno : qui posso considerare le umane sciagure senza sgomento e senza ira . 0 scultore , la sapienza del cuore , più che la mae- stria dell' arte , li condusse la mano in quel giorno, che M RAFFAELLO LAMHM SCIII>I 12.' tu scolpisti su questo masso scoiniuosso, qucMuc ignudi fanciulli supplichevoli a pie della Croce . Eli ! non oc- corre leggere l' iscrizione incisa nel sasso (2) : sono or- fani, si vede; son derelitti; non hanno speranza in cosa del mondo ; ma resta loro Iddio . L' atteggiamento, V a- spetto , ogni membro , ogni muscolo dicono lutto ciò , meglio che non potrebbe la parola . Son fratello e sorella — Egli battuto dai mali , come arboscello dalla tempesta , è addolorato , ma non affranto : ha vigor d' uomo in tenere membra; e piegalo il ginocchio , raccolto in se slesso , con le mani giunte e strette , colla fronte alta, con Y occhio fiso alla croce, óra ed aspetta : par quasi che si lamenti con libero amore di figlio ; pare che dica — Padre , perchè mi hai tu ab- bandonato !* — Ella è stanca , desolata , assorta : ha lascialo cadere il delicato corpo sopra le gambe piegate ; ma si posa , non si abbandona : non ha più forza né di reggersi , nò di piangere, nò di pregare; ma prega con l'occhio pie- no d' amore . E 1" amore è pace e speranza per (piell" a- nima che quasi più non pensa, ma riposa nel Salvatore. Dirò io le bellezze dell' arte che spiccano cpiì ? Eh , sapessi io pure discernerle , non le cercherei oggi. Grande è certo e potente quell' arte che ha sapulo dare forma di vita a quel marmo ; sicché io riguardo quo' due af- (litti come se fossero vivi , e gli intendo come se par- lassero , e parlo a loro come se m' intendessero . Oh ! figliuoli senza padre e senza madre, ^\n\ siete 124 VILLA PUCCINI GLI ORFANI SU LA RUPE (lue : e nel mondo sono milioni . Che non è sola la morte a farli orfani : la morte strappa i genitori dalle loro brac- cia ; la miseria l' ignoranza il vizio lasciano loro Y uomo e la donna che dieder loro la carne, e tolgono il padre e la madre che possa e sappia e voglia alimentare la vita dello spirito . — Sono milioni ; è una generazione in- tiera che pullula sopra la terra , come 1' erba del cam- po : e come la mala erba è recisa dal vomere dell' ara- tro ; così i figliuoli del povero sono distrutti dai patimenti e dalle malattie che uccidono il corpo , dall' ozio dagli errori dalle passioni che uccidono 1' anima . E chi piange sopra di loro ? — Chi conosce i loro mali ? — Non li conoscono e non li piangono essi me- desimi . — La loro anima istupidisce all' immiserire del corpo: sono greggia che pascola 1' erba delle vie, e non sa che s" incammina al macello . Eh ! noi niego: v' è la carità che sfama, la carità che cuopre le nude carni, che adagia in un letto i cor- pi cadenti : ma la carità che insegna a sovvenire da sé medesimo alle proprie necessità , e ne porge i modi ; la carità che edifica la famiglia, che rivolge i cuori de' ge- nitori verso i figliuoli e i cuori de' figliuoli verso de' ge- nitori , dov' è ? So che meniamo vanto di ammaestrare, di educare i bambini del popolo . Ma 1' educazione uni- versale che provveda a tutti ; 1' educazione sapiente che formi i padri e le madri , perchè eglin formino i figli ; r educazione cristiana che parli all' anima de'piccini, co- me G. C. parlava, quest' educazione dov' è ? — Oh gli M ILIFFAELLO LAMBULSCni^il 12ì> orfani del povero sono milioni ; e sono derclilli come voi, 0 fanoiullclli che siete qui raflìi^nrali . Voi sielc abbandonali dagli uomini ; ma non siete infelici , perchè sentite in cuor vostro che non vi ha al)- bandonato Iddio . Un tesoro che non ha j)ari , vi arric- chisce : la speranza e la fede . — V è egli debolezza che la fedo non fortifichi ? V è egli angoscia che la spe- ranza non sollievi ? No , non siete infelici : voi pregale. Ma le lumie dei vostri fratelli che errano per le vie , che son chiusi già nelle carceri o languono negli ospe- dali, non pregano. Oh! no, non pregano. La vista della Croce non li consola , perchò i misteri della Croce son loro ignoti : e il pensiero di Dio o non è mai spuntalo nella loro anima ; o è luce fioca che non illumina e non riscalda . — Nessuno forse ha mai dello loro : v' ò Id- dio ; 0 forse vi fu chi disse loro : Iddio non v' è ; o cerio chi parla a loro di Dio , non parla del Dio del Vange- lo. E i loro cuori non sperano , non amano : sono assi- derali per desolazione stupida, o sono corrosi dal veleno dell' odio : non conoscono padre e madre , non conosco- no fralelli e sorelle , perchè non conoscono il Dio della carila : sono più che orfani ; sono infelici . Oh ! uomini che negale il Signore ; voi che rapiste al popolo le speranze della Croce , vedete che male avete fallo. Oh ! uomini che vi chiamale del nome del Signo- re , voi che non dite la parola dell' amore e della libertà di Dio, ma dite la parola della paura e della schiavitù, vedete che male avele fatto . Ecco ipiel che son dive- 126 TILLA PUCCINI GLI ORFANI SU LA RUPE nuli i figliuoli del povero : la miseria e 1' ozio li consu- mano ; r abjczione li degrada , il vizio li corrompe . Deh ! leviamoci una volta e pensiamo a loro : strin- giamoci una volta insieme per riscattarli . — Oggi è stato scannato per loro , come per noi , 1' Agnello che non ha macchia . Di qui a due giorni risorgerà . Oh ! risorgessimo noi pure a vita nuova di forza di sapienza di carità ! risorgerebbe con noi a vita nuova il popolo tutto ; a vigore di membra pasciute di pane sudato ; a dignità d' animo indocilito consolato alzato al Cielo dalla Religione del Calvario . (1) Marc. XV, 23. 3i. — Lue. XXIII. 34. 35. (2) furon figli .... adesso non riman loro che la speranza in Dio. RAFFAELLO LAMBRUSCIIINI LIBRARY UNIVERSITY Of ILLINOIS URBANA CANZONE \/uaii(lo alla dolce clade Di loUzia s' irradia la sembianza , E nel guardo negli alti e nel sorriso La vita esulta e brilla la speranza , Perchè mesta e scorata si abbandona , 0 Vergine , la tua bella persona , E sì mesto e soletto Perchè preghi , non scherzi o fanciulletlo ;' Quando nel vostro aprile Volar dovreste fra 1" erbe e fra i fiori , Perchè coppia gentile Su quella orrida rupe Cercasti asilo , come il cerca e brama Il naufrago che già vinto dall' onda Rimira invano a più gradita sponda ? — 128 TILLA PUCCINI GLI ORFANI SU LA RUPE Se da nemico gelo Offeso è al nascer suo , languisce il fiore , Né più r avviva la dolce rugiada 0 liepid' aura di benigno cielo . Ed ahi ! la vostra cuna Trista di povertà nube ravvolse , E ben presaghi della rea fortuna Invan pregare i miseri parenti Perchè spuntasse contro la procella Raggio di amica stella ; Invano tra le veglie e le fatiche Vincer tentare la maligna sorte ; Che alfm prostrali caddero , e felici Rendendo loro almen, voi fé la morte Nel deserto del mondo orfani e soli . — Oh ! di qual forza il delicato petto Armar dovesti , o dolce creatura Chiamata un tratto alla materna cura Del fratel pargoletto ! Da quanto affanno attrita Non potendo a' suoi mal porger ristoro 1 Qual travagliosa vita Nel povero abituro , Che non rallegra il mattutino raggio , Che la tacita notte non acqueta , Perchè della miseria il reo governo Incessante e crudel strazia gli umani , DI LUIGI I.r.OM l'i".) K (luaiiilo ofini aiiiiiml si allegra o |>oOSA DEL SANGUE FRATERNO HA CHIESTO VN ASILO IN QtESTA MI.LA CHE CONSERVA TANTI MONUMENTI m GLORIA ITALIANA SPERANDO CHE LN GIORNO IDDIO I LA FARA IMPEGNARE DA UN VALOROSO MA A SALUTE DI TUTTA ITALIA COME CINQUE SECOLI SONO BALENÒ VITTORIOSA A FARLA PARTITA E INTELICE . N. P. Ferro crudel , che sul fralci-no campo Strage recasti a far la patria serva , E qui più truce roteasti il lampo A tradire il bel suol che li conserva; Dormi or sonno di morte , e sia tuo scampo Posare in segno d' un' età proterva : Che se ti svegli di nuov' arme il suono, Salva la patria , ed otterrai perdono . LOUISA GRACi; 13 O^ L Senio couforle\ole pensiero ogni qualvolta mi a\ vicino a questa tuagniOca Villa, dal Uotl. Tommaso Puccini Pistoiese, unodolli scuo- lari più cari al famoso Lorenzo Ucllini , cdilìcatu con danari non u- surpati , frodati , o casualmente ereditati , ma acquistali nell'eserci- zio d' un arte che 1' uomo assomiglia alla provvidenza divina , chia- mandolo a sollevare il prossimo nell'ora della infermità e del dolore, a mitigarne le angosce del corpo da tanti malori martorialo ed af- flitto . Ma un doloroso pensiero insieme mi assale — nientrechè il danno e la vergogna dura — in ricordare come egli fosse costretto ad abitare lungi dalla patria, onde procurare degno compenso ai propri! talenti, quantunque, per non allontanarsene troppo, preferisse ad un pingue assegno di duemila scudi annui alla corte di Savoia , quello modico che riscuoteva dalla corte di Toscana in Firenze . La Villa adunque di che intendo quivi trattare , chiamata Scornio dal nome del Comunello e per la magniOcenza quasi reale volgarmente appel- lata il Villone, fu costruita sul principio del secolo scorso con disegno del Buousignori, ridotta com'è attualmente allo stile dorico-egiziauo per opera del Cav. Cosimo Rossi-Melocchi nell' anno 1800 . Posta nel luogo più pianeggiante, quadrata, e da ogni parie isolata ha di fronte un vasto prato circuito da un muro ove sorgono moltiplici statue di pietra allegoriche quiw inalzale a crescerne ornamento e vaghezza. Nella parte posteriore difesa da venustissimi alberi che spandono in- torno la loro ombra malinconica e misteriosa , sta in un recinto di ferrati cancelli un bosco di camelie e di altri elettissimi fiori , i quali colla loro fragranza tramandano un sì delicato profumo che non li sembra emanazione terrena. Destinata fino dalla sua origine dal Doti. Tommaso ad essere ornala delle più belle opere pittoriche è stata ora per le cure del vivente Cav. Niccolò ridotta a tempio delle belle arti. L' atrio terreno destinalo un tempo alle scuderie , ed ora , come facean scrivere il proprietario ( Olim tnulis — Hodie musis) consa- crato alle muse gentili, è una sala magnifica a volta sorretta da qua- drati pilastri coperti in alcune faccie da lucidissimi specchi , ornali in altre da antiche armature di ferro disposte in trofei, sospesi qua e lii per simil guisa attorno le mura. In due scomparti delle volle stan- no elfigiali otto ritraiti d' uomini illustri per sapienza, per arte e co- raggio , dipinti da giovani Pittori moderni : e sono nel primo — .Mi- chelangiolo Huonarroli di Ciulio Piatii — Niccolò Macchiavelli di Antonio Uerloli — Lodovico Macchiavelli di Emilio Busi — Dante da 156 VILLA PIJCCIIM Castiglione di Luciano Fiorucci — Nel secondo — Fra Benedetto da Poiane di Pietro Ulivi — Luigi Alamanni d' Ascanio Ciabatti — Za- nobi Buondelmonti di Bartolomeo Valiani — e Francesco Ferrucci d' Aurelio Machol . — Alcuni padiglioni piegati maestrevolmente orna- no gli archi e parte dei pilastri, vestono le mura li stemmi e i gonfa- loni di Firenze del 1500 , il tutto così dipinto dal Prof. Bartolomeo Valiani pistoiese, che ti senti trasportato coli' animo a quella epoca di vita sventurata in vero , ma energica , attiva , e gloriosa. Gli ornati a stucco , quelli a chiaroscuro , le dorature , i fregi è qui tutto di un gusto finissimo . Nel fondo della sala sono i famosi affreschi di Saba- lelli, Bezzuoli, Cianfanelli e Martellini, di cui è stata fatta altrove da più eloquente penna più bella parola. Alcuni piccoli quadretti appesi alle mura ritraggono le pittoriche vedute del giardino, il Tempio goti- co, il lago, le rovine di un monumento greco e quant' altro ivi si pre- senta gradevole alla vista, sublime al pensiero. Sopra una tavola a sini- stra ferma l'attenzione perchè opera dello esimio Scultore-Architetto Cav. Lorenzo Bernini Fiorentino, un bellissimo modelletto in plastica di una statua da erigersi a Roma in piazza Navoua rappresentante un fiume, ove la parte della imaginaliva, contrasta del bello con la ana- tomica e la filosofica . Nuova e celere la mossa, i muscoli convenien- temente pronunziati e naturalmente disposti, i capelli fradici, la fac- cia insieme serena e minacciosa. Sopra altra tavola un Cristo d'avo- rio di sorprendente lavoro , sia per la esattezza dell' intaglio che in piccolissima dimensione lascia visibile il pelo della barba , l'onda del crine , i denti e le unghie , sia per la espressione dell' anima spirante l' ultimo anelilo . Di consimile fattura è un altro Crocifisso d' avorio in una camera della medesima Villa ; ed è ammirabile per i detti ti- toli un quadretto dell' istessa materia rappresentante la Visitazione di Maria Vergine a S. Elisabetta . Quivi il giubilo di madre , misto al ti- mor verginale , la effusione di affetto , e la confidenza del coniugio ; ultima e non meno mirabile 1' opera meccanica , le pieghe dei manti i profili del volto, la schietta e naturale composizione delle figure. — Salita esteriormente la scala egizia la quale conduce , per due branche alla magnifica sala del primo piano , siamo arrestati per meraviglia nell' atrio di questa, ricco dei più vasti dipinti di Luigi Catani . La esagerazione dei muscoli , le positure sforzate , e come diconsi in arte manierate , non impediscono di ammirare il bel chia- roscuro con cui ha egli quivi condotte quattro figure colossali rap- presentanti Venere , Diana , Apollo e Mercurio . Ai quattro angoli di detto atrio sono con finissimo gusto dipinti alcuni candelabri a bron- AOi.v 137 zo , di lai bellezza d' ornati , e di (aula veril.i di colorilo , cui male oggi potrebbe giungere la nostra potenza nell' arte ornativa . Belli sono ancora li cnibleiui dorali nella volta , se non ilie , troppo smi- nuzzati e forati , rendono ciò ciie d' appresso fornierebbe ammirazio- ne e vaghezza , in quella distanza confusione e incertezza . Passando dall" atrio nella sala per tappezzerie , per strali , per cuscini e per leggiadria d' intagli alle porte piuttosto magica che »)i- rabilc, Siam tosto colpiti dalla bellezza del grandissimo fregio a chia- ro-scuro rappresentante le quattro stagioni, nelle rilevate figure del quale ti sembra vedere movimento e vita , e pel magistero del colo- rito , quasi la polvere rossastra sopra alcune parti depositatavi come suole naluralmonlc accadere dal tempo, siedici busti in marmo, rap- presentanti (ii\iiiilà milologiclie , ligure allegoriche , e imperatori ro- mani, alcuni dei quali di gran pregio artistico , collocati sopra tron- chi di colonne terminano 1' austero e in un delicato addobbo di que- sta piuttosto aula che privala dimora , aperta alla visita d' illustri stranieri i quali non una volta partirono Inusitatamente ammirali . Concorsero colle opere loro ad abbellire di allegoriche e la>olosc pillurc le volte delle stanze di questa Villa, i migliori Artisti che fio- rissero al |)rincipio dello scorso secolo , tra i quali primeggiano <ìio- vanni Ferretti fiorentino, detto abusivamente da Imola, seguace della scuola di tìiovan-GioselTo del Sole, gran frescante del suo tempo , e- mulo anzi superiore al maestro nella fantasia e nello spirito pitto- rico ; — ( Lanzi T. I. e. 237 ) Niccolò Lapi scuoiare di darlo iV\- gnani , e imitatore del Giordano ; — Niccolò Nannetti allievo d' A- lessandro Ghcrardi ; — Rinaldo Botti ornatista energico e delicato; — il l'insani ; — e finalmente Pietro Dandini della scuola C^ortonese , e il migliore di sua famiglia . Tutti questi lavori , risentono delP e- poca in cui furoii fatti ; non è finito se non ciò che dee fare più vi- stosa comparsa , le figure sono simmetricamente disposte , son schi- vate le ombre forti, ma bellissima e la inczzatinla, i campi son quieti le nubi trasparenti , il colorito senza affettazione, mirabile il sotto in su. Il povero Lanzi si dispera perchè per lavorar tro|)po eglino tra- scurassero tanto ; ed io compiango que' poveri artisti che inferiori ai nostri braccianti , tolte le spese dei colori , vendevano la pittura a sci soldi il braccio come il traliccio . (Jucsto affermo perchè io slesso ho veduto nell'Archivio Puccini i contratti fatti coi mentovati Arti- sti ; e questo altamente ripeto perché credo riuscire a grande vantag- gio dei pittori nostri , a sommo incremento dell'arte loro , a decoro e ornamento delle chiese e delle case moderne , ( sciapidite tanto dai ri- 18 158 TILLA PICCINI quadralori e dai luanifaltori di stucchi ) non il discendere fino a quel- la miseria , ma dimcltere alquanto dalla esorbitanza dei prezzi nella pittura, siccome ora sembra essere avvenuto nella scultura : dalla quale, se altrimenti (osse, non avremmo uu Panteon nei Tortici degli UGzii , e nel Tempio di S. Croce a Firenze. Il soprammentovato Luigi Caiani dipingeva ancora nella volta di una stanza la Vigilanza a colori , opera , a mio credere , la più finita e bella che egli abbia fatta . 11 colorito è vivace come se testé fosse finita ; T atteggiamento è dignitoso non inerte , la face che tiene in una mano è veramente luminosa , le carni risentite insieme e deli- cate , il panneggio grandioso e leggero . A farne un opera compiuta- mente bella , mi sembra manchi solo un poca di quiete nel ciclo , troppo vivace e splendido per esser di notte . Tanto nelle stanze contigue all' atrio terreno , fra le quali è va- ga per la vista , nuova per il pensiero una foggiata a modo di Album ornata di 1400 stampe , quanto in quelle che circondano la sala del primo piano stanno ovunque appesi quadri di niirabil lavoro , fra i quali sono da noverarsi alcuni ritratti di famiglia, dal Prof. Giuseppe Valiani dipinti a olio e rappresentanti Francesco, Antonio ed Elisa- betta Krunozzi, Domenico Puccini, e Isabella Passerini sua consorte ; e uno di Teodoro Malteini pistoiese Direttore delTAccademia di Belle Arti a Venezia, rappresentante il Cav. Commendatore Giuseppe Puc- cini ; e finalmente uno di lavoro mirabilissimo da valente pittor fio- rentino vivente , estratto da un piccolo ritratto in miniatura del Ca- stelli, imagine di Maddalena moglie del rammentato Giuseppe Puccini. Oltre il maraviglioso gruppo in marmo di Pampaloni esprimen- te gli Orfani sulla rupe, in apposita stanza son quivi raccolte alcune altre belle sculture, come la statua di Catone in atto di strapparsi le viscere, uscita dallo scalpello del Prof. Giuseppe Spedolo Veneziano condiscepolo di Canova, e T Ego dormio, sei cor meiim vigilai, che è un bel Gesù bambino sopito nel dolce sonno d' infanzia, ma sulla croce e in atto di tenere in mano una corona di spine, graziosa e poetica sta- tuetta di Giovan Battista Foggini. Della stessa scuola, se non del me- desimo autore qua si trovano accolte due altre piccole sculture , in una delle quali è rappresentalo un Cristo ( mezza figura ) che bene- dice il pane, guardando al cielo; nell'altra il Salvatore in età infan- tile in atto di sostenere una croce nella sinistra , mentre coli' altra benedice gli spettatori — . Un voto mi sia concesso prima di por fine a questa annotazione cui per la moltiplicità e varietà degli oggetti mi sono invano slu- NOTA ì 59 dialo dare unità di conccUo e di stile . Alia invidia che tanto alta- mente grida dintorno, subentri una »olta la emulazione: e mirando a tanto trionfo dell'arte italiana dimostralo per sola opera di un pri- valo sentano i nostri ricchi lìn do\e può giungere ancora la grandez- za di questa nazione ingiustamente >ilipesa e schernita ; e poiché lo spirito di associazione con tanta forza sembra risorgere , si rivolga da' fatui si>giii di vani spettacoli, all' iiicreiuenlo dell' arte che è pa- trimonio dei popoli , ouore delle città , seme fccoudo d' incivilimca- lo , e di gloria . Dopo che era già slato stampalo il pregiabilissimo Articolo del eh. Prof. 1". Taiuini , il Sig. Mccolù Puccini faceva acquisto del boz- zello modellalo in creta da Andrea del Varrocchio per il monumen- to del Cardinal Forteguerri, il quale con liberalità piuttosto singola- re che rara , nel l'»73 a\cva legata al Comune ili Pistoia sua patria un'annua rendila di ^ 32,000 a istituire Io studio publico della Sa- pienza che risorto dopo varie vicende floriscc nella nostra città col nome di Liceo Forteguerri . La morte avendo impedito 1' arleflce di condurre queir egregio disegno, fu prescelto all' opera Lorenzcllo Gorentino. Ma come usa- no alcuni chiamali a porre le mani ne' la\ori altrui , e come si fece inlelicemcnte lecito il Vasari nella cupola del Vitoni nel tempio di nostra Monna dell'Umilia , Lorenzetto variando il disegno del suo predecessore, ne guastò la principal bellezza , come lamenta chi nel Duomo pistoiese esamina qucll" opera di scultura . A onore del Varrocchio, e a confronto del suo disegno con l'opera di Lorenzetto, credo coinenitnle impiegare brevi parole a dare cono- scenza di queir originale dagli artisti più rinomali reputalo mirabile. Andrea a significare filosoficamente e veracemente esprimere nel monumento le qualità del Forteguerri poneva sulP urna ceneraria di esso la Carità come autrice d'ogni allo altamente magnanimo e benefico ; la Fede a destra , la Speranza nel lato opposto . Nella par- ie supcriore del .Monuracnlo ideava V Eterno padre circondalo dagli Angeli nel suo trono di gloria. Concetto grandioso, nobilitato dal ma- gistero del modellare, dalla espressione, verità e varietà delle figure. Lorenzetto pose sulP urna ceneraria il busto del Cardinale, Va- riò la parie superiore della gloria , riusci se non infelicissimamente , mediocremente ncll' opera . La discoperU Icslé falla nella Villa Puccini d' alcuni bei pezzi d' antica scultura che altri giudica greca , altri romana del buon se- colo delF arte , richiede un cenno intorno ad essi . 140 NOTA 1. Un torso mirabile di forme , che lo qualiOcano d' un Pari- de pastorello . 2. Un Faunelto tenente un picciol vaso . 3. Due figure mulilale delle braccia e dei piedi , di sorpren- dente bellezza , principalmente per 1' espressione del volto . 4. Un ritratto di donna co' capelli annodati dietro la testa . Inoltre due ovali ; uno rappresentante le sembianze d' un An- gelo, r altro di Maria Vergine; crcdonsi opera del Carradori . A questi debbesi aggiungere un bozzello a olio rappresentan- te due volli di donna ed uno di uomo, mirabili e \ari di bellezza, da diversi Professori giudicato lavoro della scuola di Guido Reni . Non sia disgradevole al lettore più diffuso cenno d' un quadrello circa un braccio alto e due terzi largo , di forma a sesto acuto , di- viso in due campi o scompartimenti, opera di Barnaba da Modena, (a) Questo dipinto porta il nome dell' Autore e la data del 1370. Nel primo scompartimento è rappresentata la Vergine Maria col figlio in braccio ; tutta dignità e materno affetto la prima ; vezzoso e spirante divinità il secondo. Da un lato vedi S. Giovanni, dall' altro S. Caterina co' loro emblemi; nei fisciù formali dall'arco gotico e dal- la sbarra che divide i due campi , l'artefice rappresentò Maria an- nunziala dall' Angelo Gabriele. Nello scompartimento superiore am- mirasi Gesù Crocifisso in mezzo alla madre, a S. Giovanni e alla Mad- dalena. Ammirasi in quella scena la vera espressione dogli affetti nei personaggi . Sopra la croce il pittore effigiò un pellicano , simbolo dell'amore. Come che le estremità delle mani conservino il carallere dell' arte in quesl' epoca , osservasi in quesl' opera un fare largo, di- sinvolto , movenze espressive , positure vere , nobili , colorilo vivace, naturai volger di pieghe , e sopra lutto 1' anima che in\ano cerchi in molle opere del tempo nostro , siccome quello il quale al difello di fede , tenta sopperire coli' artificio convenzionale . [a] Obliato dal Vasari, lodalo dal Lanzi, da altri anteposto a Giot- to , e dal Piemonte riconosciuto come autore al progresso della buona pittura in quella provincia d' Italia . DEGLI ASILI D' INFANZIA AL CAV. NICCOLO PICCIM LJ ! libi dÌKÌlias iledt'ìuiit , (irlemque fruouli . e (Illesi' arie non vi sarà invidiata , caro Puci'ini , da nessuno o da ben pochi de' ricchi . né jjiustamenle si po- trà dai meno forlunali invidiarvi la ricchezza ; poiché non siete di quelli che 1' uso e il godimento di essa pongono in cavalli, donne, giuoco, mobili, desinari, livree, eoc- chi , insolenza di fasto , o di vizi : Voi spendete in cose che facciano utilità al popolo, o crescano ornamento alla città . La niolliplice magnilicenza del vostro suburbano r ho veduta ammirare da persone che in molti paesi co- nobbero moltissime e mirabili cose: e io loderò sempre, e lutti vorranno lodare , il cortese animo che ne fa go- dere nei di festivi il |>opolo pistoiese . Neil' avere nobi- litalo il palazzo e 1' amplissimo giardino con laute opere di pittori e di scultori viventi , io slimo che sopra tulio sia da lodare 1' occasione data agli artisti di esercitare r ingegno colla riprcsciitanza d' imagini e d' azioni illu- 144 DEGLI ASILI d' INFANZIA Stri . Più loderò che di premii e di carezze siete liberale alla virtù e alla induslria di artigiani e di agricoltori; così onorando quelli che non si possono disprezzare se non da superbia disumana e stolida. Ma Ira lutti i beni che fate come dovizioso e intelligente e buono , io vo- glio ringraziarvi specialmente per Y amorevol cura che date all' infanzia de' poveretti. Né vi sarei molto ricono- scente se ciò si riducesse a denaro speso perchè 1' arte di Luigi Pampaloni figurasse in marmo due orfanetti ab- bandonati ; cui lo strazio di fortuna gittò in estremo bi- sogno della umana pietà , e all' unico sperare nella di- vina provvidenza : di che esigete con ripetute istanze ine- sorabili che io scriva. Ma né all' ingegno dello Scultore, giù noto e lodato , è mestieri delle mie parole : né io voglio lodare in voi 1' uso elegante della ricchezza, quan- do è più giusto esaltarvi per opere di sapiente bontà . Già da molti anni in cotesta sovrana villa di Scornio apriste a bambini e bambine del popolo una scuola u- mana e amabile : ed ora favorite e soccorrete gli asili della più povera infanzia . La degnissima delle lodi che io possa darvene é il raccomandarvi ( ciò suppone fidu- cia di non parlare invano) e pregarvi che vogliate assi- duamente invigilare ed ammonire cui spetta , affinchè r Asilo nella vostra patria non si torca punto dai fini di così santa istituzione; e il men possibile si dilunghi dal- l' esempio della vicina Pisa , che odo sopra tutte lodarsi dall' egregio Aporti . Sapete benissimo che 1' intendimento de" pii i quali DI PIETRO GIOnDA^d liti SÌ liiiigameiile dcsideraroiio 1' Asilo , e dopo laiilc resi- stenze Io conseguiioiio ; fu non solanieiile di sollraric i bambini dei poverissimi dai tunli cori)orali pericoli del- l'abbandono, 0 nel ligurio o sulla strada; e preservarli 0 liberarli dal morboso sucidume e dalle malattie, onde sogliono esser guasti per ignoranza o incuria de' miseri genitori : ma intesero massimamente a sanarli e mon- darli dalla corruzione morale , e ad istillare quanto in tenerissimi animi si può elementi di umana e di socia- bile virtù ; abito di nettezza , abito di ordine , sentimento di benvoglienza ai prossimi , di conoscenza ai benefattori, desiderio di farsi abili a qualclie cosa ausandosi a leggieri lavorietti , acquisto delle più semplici e più diritte no- zioni delle quali sia capevole quella età ; uso cbc possa poi divenire intelligenza di morale. Questo salutifero in- tendimento può solamente eflettuarsi da persone che a molto senno aggiungano molto amore; il quale dà molta pazienza ; e fruttifica oltre i buoni insegnamenti i buoni esempi. Questo intendimento fu pertinacemente e fiera- mente combattuto da genti ( non è più necessario dir quali ) clic temettero ed abborrirono il bene possibile a provenirne. S' intenerivano ( vedete Carità ! ) s' infervo- ra\ano , strepitavano , congregavano danari per i bam- lioli de' loro prossimi Cinesi ; i (luali sono abbandonati (jìianclo la ricolla del ìiso è scarsa . Maledicevano chi voleva salvare corpo e anima de' tenerelli mendici nelle terre italiane . E la città madre di sì santo zelo iimauilario si tiene anche oggidì preservata dall' empietà 19 146 DEGLI ASILI d' INFANZIA de' ricoveri per 1' infanzia misera de' cristiani . 0 sanctas gentes ! Ma troppo fu palesata 1' iniqua ipocrisia delle stolte e insincere obiezioni : le travolse e sprofondò il tor- rente della volontà universale ; per cui divenne impossi- bile impedire che da ogni parte si aprissero pietosi rifugi a questi sfortunati . Non perciò crediate si acquietino gli ostinatissimi avversari d' ogni bene . Oh non perderanno mai la spe- ranza del male . Sempre si agitano ; quando possono a- perlaraente ; più spesso in occulto , a pervertire quello che invano si sforzarono di proibire . Sono spaventali e sdegnati che se tale opera sia condotta con ragione ed amore possa uscirne generazione di poveri non più in- fingarda, crapulosa, invidiosa, furace, brutale, rabbiosa, crudele, sanguinaria o stupida; ma sensata, ragionevole, industriosa , pietosa , decente . E a coloro cui par bello e buono avere di cavalli e di vacche e di cani razze mi- gliorate ; pare gran danno e gran peccato una razza di umani non bestiale , non viziosa , non abbietta; che po- trebbe voler esser trattata da uomini, e forse non si la- scerebbe trattare da bestie . Costoro si lamentano d'una plebe avversa alla fatica , desiderosa di crapula , a furti a rapine pronta ; facile a incrudelire; strumento disposto alle sedizioni: e poi declamano che si dee tenerla affon- data in tenebrosa ignoranza d' ogni suo vero bene : si confidano di supplire a tutto col proporle i beni di altro mondo; e non vogliono intendere quanto le sia necessa- rio conoscere quei pochi beni del mondo in cui vive ; DI PIETRO GIOI\DAISI 147 clic le sono dovali , se dee ne' disagi pacifioaniciite e bc- nignamenlc comportare le allrui sovrabbondanli forlunc. ISoii manca la svergognala bestemmia di alcuni a pro- nunciai'c come decreto divino ncll' arcana distribuzione delle umane sorti , che ai privi d' ogni eredità debba an- che essere inlcrdello Y acquisto e V uso della ragione ; quasiché dei soli abbienti, e non di tutti i mortali fosse gridala (piella santa parola : Sirinatum est super nos lumen vuUùs lui domine. Llme della faccia di Dio, a lutti dato , è la ragione ; che più spesso ai meno for- tunati risplcndc più fulgido; ed è scellerata 1' educazione che lenta di oscurarlo . E si affrettano di volerlo oscu- rare nel suo primo albore quelli che fecero contrasto al nascere degli Asili : e ora brigano di levarli di mano a chi verso il primitivo fine li conduce ; e vogliono tirarli a sé , e recarli a fine tutto contrario di quello per cui furono proposti . Volevano privata di educazione la po- vera plebe : adesso vogliono che sia educala non alla so- cietà ma alla schiavitù . Perciò è necessario stare vigi- lanti, essere accorii; perchè la superba ignoranza di co- sloro non è sprovveduta di astuzie . INon risparmiano goffe calunnie contro i sinceri ; mascherano di santità le tri- stizie : Introrsum turpes , speciosi pelle clecord . Avrete notato forse , amico Puccini , che non fu udita mai parola mia (benché eccitato da molti) quan- do parlavano tanti dappcitutlo e gridavano acciocché fosse conceduto alla civile e cristiana pietà il soccorrere cogli Asili alia indegna miseria della plebe . Tacqui ; e con 148 DEGLI ASILI d' INF AINZIA buone ragioni di tacere. Allora per me era non perico- loso il parlare ; quindi non disonesto il silenzio: che poi era non solamente onesto , ma debito e amorevole ; av- visandomi gli amici che la mia voce a coloro cui piace di farmi Empio potesse dare pretesto di calunniare e rendere più sospetta una istituzione che io lodassi . E credereste che , non ostante il mio silenzio , fu qui in questa Parma taluno di tanta impudenza che per iscre- ditare la cosa ne andasse fingendo me non fautor sola- mente ma autore ? Tacqui dunque volentieri, e utilmen- te. Ma ora che i sinceri o non si accorgono o non ar- discono, posso e debbo alzare la voce io; sempre impa- vido e inesorabile slracciatore di maschere ; dopo gli esilii e il carcere ( di che debbo gloriarmi ) non ignaro ma non curante di quello che vogliano o possano di più fa- re a chi è già suU' uscio per andarsene . IVIinacciano ? Come quel piacentino Spurinna de' secoli romani a chi voleva spaurirlo dicendo - guarda che ho molti soldati - rispondo : E io molti anni . Già da un pezzo è in me desiderio e diritto d' uscire di questo pantano : poi mi giova il pensare che non andranno lieti del mio fine co- loro cui la mia vita rincresce. INon vi stupite dunque di questo mio parlare sì poco timido , quasi dovesse esser r ultimo ; comunque sapp.ia a quali e quanto debba ve- nire odioso . Esorta a vigilanza , esorta a fermezza: co- minciano con frode , compiranno con audacia : avremo convertito in veleno il farmaco . Volevano abbandonata a sé slessa la plebe ( ed era insolente disprezzo ) : No- DI PIETRO GIORDANI 1 Ì'J friiono rimpastarla a modo loro ; malijiiia provvideii/a di |)aiua slolla . lìiso^'iia poi anche guardarsi da una speciosa ap- parenza , che riesce peslifero veleno ; dalla (piale ho ve- dute ingannarsi anche persone di liuon volere. Bisogna persuadersi che il santo Une di questi Asili è di morale , non di vanità : è di educare, cioè fare per tenjpo buoni i bambini poverelli; non di farli dottori, o piuttosto pa- pagalli ; caricando e opprimendo (pielle intelligenze an- cora chiuse e quelle memorie liquide , con vanissimc e inutilissime ciancie. ÌSon si dica loro ( come non si do- vrelibc mai a nessun fanciullo o garzone dire ) se non (]uollo che possono intendere ; ed è ben poco in quel pri- mo cominciare della vita. E se usciranno dell' Asilo sa- pendo leggere e scrivere , con un poco di abaco e un poco di canto , sapranno abbastanza : né di più possono veramente imparare : checché o presunzione o impostura vogliano credere o far credere diversamenlc . Ma cura principale e massima dcv' essere di for- mare a bontà i tenerelli e duttili cuori : e questo si fa con grande amore e molta pazienza ; insegnando coli' e- sempio , non superbia ed iracondia, ma carila e dolcez- za , e muluo soccorso , e reciproca loleranza , e rispello d' altrui e di sé slesso. Questo non si fa con modi aspri e duri , coli' incuter timore e spavento: come raccoman- dano e vogliono e usano certi odiosissimi farisei ; non mai abbastanza detestati. Vogliono ( e non si vergogna- no di slampare , e sono lasciati liberamente praticare (lue- ISO DI PIETRO GIOnOAlM sti bei documenli ) che i fanciulli e i garzonelli sieno spinti e sforzali a farsi spia 1' un dell' allro : vogliono che sieno trattali acerbamente : vogliono assuefare dai prin- cipii r uomo a bestiale pazienza , e a ricevere Y ingiuria come cosa naturale. Non si ascoltino questi disumani fi- losofanti , reloricanli . Non si comportino a usurpare la direzione dell' opera di carità quelli e quelle che battono i propri figliuoli . Che farebbero o lascerebbero fare sulla prole del povero? Non sieno protette né tolerate (come pur troppo in qualche luogo ) ma sieno senza remissione scacciate le indegne maestre che bistrattano que' poveri- ni, 0 colle mani empie, o colle parole dispettose, o an- che solo coi visi arcigni . E qui bisogna tenere gli oc- chi ben aperti : perchè dove non giunga la sfacciataggi- ne a sostenere lo scellerato dogma che si dee fare così; pur si fa , e con altra impudenza si nega quello che pur da molli è saputo . Educatrici dure e altiere non deb- bono darsi neppure a bamboli di marchesi e duchi : non dev' esser maestra a poverelli colei che da naturai buo- no, e da buona creanza confermato, non ha cuore e volto e parole di madre amorosissima . E vero che non è fa- cile trovarla già educata al pio ministero: in qualche luogo si prendono rozzissime , scostumate , rissose , crudeli : e alla gente che se ne sdegna e grida , o si negano sfac- ciatamente i vizi enormi , o si scusano col non avere alle mani roba migliore . E perchè si rifiuta e s' impedisce r opera di chi vorrebbe con assiduità di fervorosa e pa- ziente cura formare tolerabili maestre ? Non è enorme DEGLI ASILI U INFANZIA 151 iiiilcgnilà adunare (iiiesti poverelli innocenti per soltoporli ad esempi non inijjiiori , e a condizioni poco meno in- felici di (pici che nella miseria delle loro lane patiscono !' Io so (jnel che dico: non parlo a caso; non sogno né esagero gli abusi vergognosi che in alcuni luoghi non mancano , in alcuni abbondano ; e pur si vogliono con prave simulazioni manlenerc da chi avrebbe maggior obli- go d' impedirli o levarli . Voi nella vostra città non vi sdegnate d" investigare se vi sicno : se mai ve ne fosse , non desistete di parlare e gridare che si tolgano . So- pra tutto insistete sulla scella e sulla educazione delle mae- stre : cosa per vero non facile ; tanto trascurata , che trovo si rare non j)ur le lodevoli , ma le non biasime- voli : e pur sono la cosa principalissima negli Asili. Spero non griderete in vano (se mai bisognasse) -, poiché sem- pre e dappertutto è slimato consiglialor buono ed è cre- dulo chi può spendere e spende . Forse mi domaiulerelc che faccia io in questi pae- si ? Amico , vi rispondo che non fo e (/evo non far nul- la . Se avessi rendite di centomila franchi sarei autore- vole ; se avessi credito di ben pensante potrei osare qual- che parola . Ma io non sono azio)ùsta nel gran traffi- co odierno delle opinioni : e guai al mio capo se ardissi mostrare qualche mio pensiero; che non possono passare la dogana . Del resto non credo che abusi (almeno gravi) sieno in Parma : dove tra le persone che hanno in cura gli Asili, conosco alcuni di sana mente e di sincera vo- lontà. Che si faccia in Piacenza non voglio sapere. Ma 152 DI PIETRO GIORDANI ivi può tulio r Avvocalo Gioia : e s' egli vuol vedere in effello ciò che sì degnamente con tanta eloquenza ha slam- pato , dovranno i tre asili piacentini essere vero modello di perfezione . Che se in Pistoia fosse mai bisogno di riforma ( che non so e non credo ) ; se non fosse efficace 1' esempio de' migliori ; se le vostre istanze riuscissero a nulla ; a- vete buon compenso nella ricchezza vostra , e nel gene- roso animo di civilmente e pietosamente usarla . Già colla scuola magnificamente fondata e amorevolmente condotta provvedete ( da molti anni ) a trenta bambini e trenta bambine del popolo ; che per voi apprendono cose utili a tutta la vita . Potete con eguale saviezza e carità far quello che mi ricordo avere proposto a un duca roma- no ( ed è spesa leggiera ad un signore ) a[)rire un asilo tutto vostro ad altrettanto di bambini e bambine : nu- mero non soverchiante ad un' affettuosa diligenza ; me- glio e più efficacemente guidala da un solo buono , che da un concorso di molli , raro concordi nel pensare e nel volere . Voi non avrete impedimenti né contrasti a condurre la cosa come ragione e pietà domandano; sce- gliendo e dirigendo , movendo e frenando voi stesso gli esecutori e ministri delle vostre intenzioni ; e sopratutto vigilando incessantemente perchè le sieno da ogni parte adempiute . Così il vostro Asilo sarebbe norma ai buo- ni , correzione pratica de' non buoni . Oh si moltiplicas- sero questi Asili dalla carità di facoltosi e savi privati : e si otterrebbe il fine loro , non impedito nò turbato dalle I>I l'IETUO GIORDANI io3 prave inlenzioni o dallo iiniiriulonli discordie che porvor- tono e corrompono assai di Asili soslenuli da puhliia be- neficenza . E voi , buon cavaliere , sielc degno di meri- tare le benedizioni e accompairnarvi all' esempio che dà in Torino Y egrejrio e lodalo Marchese Uoberlo d' Aze- glio: il quale già cospicuo jicr nobiltà , e per inlellelio nelle arti del disegno , nicrila ed olliene venerazione od amore per V Asilo da lui istiluilo nel sobborgo sulla de- stra del Po: dov'egli è cotidiano prolettore de" bambini, educatore delle maestre . Ed ò tanto il bene che vi fa , tanto il pregio che se ne accresce al suo nome, che do- vette risentirsene la sempre vegliante invidia , e desliire la sua buona sorella calunnia. Alla quale per altro cad- de brevemente la trita maschera di zelo: e della confu- sione di (piella sozza restò più glorioso Y onorovol signore. E io debbo desiderare che si moltiplichino (juanto mai è possibile questi asili domestici, non solo dalla u- manità de' più facoltosi , ma in proi)orzione dalla carità de' mediocri ; quando vedo le intrinseche diflìcoltà e gli esterni pericoli degli asili; dove soverchia e fa confusio- ne la calca degli accolti : dove è o debole intelligenza , 0 scarsa alTezione , o non concorde volere dei direttori ; dove molla malizia di estranei sia in aguato, o a calun- niare 0 a corrompere . D' altra parte considero sempre più crescente e il numero e la miseria e Y immoralità della plebe ; e la necessità di sollevarla da tanta do|)lo- rabile bassezza. Più che mai è ora tempo di far veliere a costoro (i (piali pur sono uomini e nostri fratelli) che 20 lf>4 BEGLI ASILI d' infanzia penuria non è necessità di abl)iezione ; ma dev' essere sli- molo a industria : che la naturale dignità d' uomo si può conservare nella povertà e fatica , tanto e meglio che nel- r oziosa abbondanza : che 1' uomo per suo proprio bene dev'esser docile e obbediente alla ragione, e alla legge ( che è ragion publica ) e non servo ad altro uomo . Questa necessità di educare pietosamente la miserabil plebe ( la quale nò con supplizi né con terrori si fa u- mana, ma più feroce) mi apparisce più manifesta e più forte quando contemplo il putridume delle classi che vi- vono senza fatica di mano o di lesta ; e il prosuntuoso disordine di quelli cui dovrcbb' essere patrimonio 1' in- gegno . Quando fu mai tanta stupidità di ozio sonnolento ne' Signori ? tanta ignoranza e temerità di sogni in co- loro che aspirano ai salarii delle professioni liberali ? Miro la presente rovina di tutti gli studi , precipitata sempre più dair insolenza degl' ignorantissimi , che vogliono soli insegnar tutto a lutti . Che mondo avremo da qui a dieci anni? vuoto d'ogni sapere, d'ogni virtù; nel buio che va addensandosi di boreali metafisiche perduto ogni giu- dizio di bello e brullo, di vero e falso, di bene e ma- le ; dal prosperare de' tristi spento il colore dell' onesto , sbandila la vergogna delle turpezze : la ragione muta , non come adesso per paura , ma per depravazione . Man- cala affano la vita intellettuale, ci rimanesse almeno u- na plebe sana di mente , mansueta di cuore , paziente senza viltà , conservando il fondamento del viver sociale, cpiando ne saranno dispersi gli ornamenti e caduto Tedi- DI PIETRO GIOUDA!NI 155 fizio . Non sa quaiilo male prepara chi si sUuiia a im- pedire (|uesto poco avanzo di bene . Ma sjìcriamo clic desideriioìi, imiìioruin perihit . Parma ìli Sollembre 1844. PIETRO GIORDAM LA TORRE DI CATILINA VKD^JTA HY.lAiX TORRI-; CATILIXA . V ;7„ . LIBRARY UNIVERSITY OF laiNOIS riLMl.^ATt) UALL i;i,OgLE>ZA Ul CltKKO.fNt SOVERCHIATO dall' ARMI DI AIHTO.^IO SOWO VENTI SECOLI CUE FR.\ QLESTI MO?iTI PERIVA COME LE03IE CATILIISA co:v l' esercito MA DAL SIO CADAVERE SORGEVA LA DITTATURA DI CESARE E POCO l'oi l' impero PREPARAVA IL FtlNERALE DELLA REPtBRLICA. N. P. NELL ESTATE DEL MDCCCXXXX IL CA VALTER LUIGI SABATELLI VENIVA A BELLA POSTA DA MILANO PER CONDURRE A TLTTO FRESCO RAFAELE PRESENTATO DA BRAMANTE A PAPA GIL'LIO NELLA VILLA DI SCORNIO DOVE LO AVEVA DESIDERATO NICCOLÒ PUCCINI PERCHÈ FRA I MOLTI MONUMENTI AI SOMMI ITALIANI IL GRANDE ARTISTA VIVENTE CREASSE IL SUO DA SE STESSO E QUANDO PER SERALE DIPORTO RECAVASI SUL CAMPO DI CATILINA E PREGATO GETTAVA LE FONDAMENTA DELLA NUOVA TORRE GLI OPERAI LIETI DI TANTO ONORE LO PRESENTAVANO DI FIORI E RACCOMANDAVANO AI POSTERI QUESTO RARO SEGNO DI BENEVOLENZA E D AMORE . U. M. Nicvolò min vaìissiiìK) l\ d I85i f'tujycndo le Iristc fantasie del Cholera io mi aggirala pei gioghi del nostro Ap- pennino ; quando mi a-venni in un casolare del- l'Alpe, non lontano dall' antica ahhazzia di s. Bene- detto doKe fu Dante ospitato, sccondochè ne corre la tradizione , ed intesi con meraviglia una voce can- tare in solenni cadenze — La gente nuova e i subiti guadagni Orgoglio e dismisura han generata Fiorenza in te , si che tu già ten piagni — con quel che segue del XVI canto . Riconobbi .VI\1 Ifi."» Ioli , e h'ssi il IV. XX\P^ in luiujo lU-l A A A7/ ultimo dei Canti notati nei Testi fin qui conosciuti. Mi diedi ansiosamente a ra^azzonare le pafjino , <> dopo molti andirivieni sbarazzai da quel groppo idi principio di Capitolo ignoto, e continuando nell' in- dagine mi accorsi come in quel MS. era frapposto mi Canto inedito fra il XXXIII e il XXXIl ' del Testo origincde . Chiesi al mio ospite di estrarne copia ed egli mi fu liberale di tanto ; se non che nr increbbe di abbandonare il mio Julografo allo strapazzo di una mano idiota, e all' indegno oltrag- gio che fa deplorare alle lettere i distrutti Codici del Certaldese. Scrissi UKidamente e ritornai il mio palimpsesto all' inesorabile Alpigiano ; e nel deci- frarlo mi proposi di fartene un dono, UKcndo rac- colto dalle tue lettere, come maturaci il pensiero di edifcare una Torre alla memoria di Catilina sul piano che ne viV/e la rotta , e che s' include tra le rarità della tua amenissima T illa. Io non pretendo di soperchiare cdtrui , e sono imece rimesso nell' accordarìni coi critici me- no caritatevoli, a riprovare queste false gemme del- la suppellettile letteraria, queste apocrife galanterie, di cui si è fatto più volte abuso ed oltraggio alla ìnemoria dei grandi . Protesto come non ho inteso che di satisfare ad un debito verso me stesso, con- tando un Istoria , senza occuparmi del tenore del- l'altrui congetture : e lascio , a chiunque la voglia, 162 LA TORRE DI CATILINA tali ; che egli cantava ciò che aveva appreso dalla memoria e dalla voce dei suoi vecchiardi, e che te- neva da loro , come quelle canzoni stavano scritte a caratteri iìiintelligibili in un fascio di pergamene ereditate da un vecchio monaco della Badia, morto molte generazioni innanzi. Iddio sa poi a guai' an- no questa data sia a referire. Mi feci ansiosamente a pregarlo di mostrarmi quelle cartapecore , ed e- gli mi fu cortese , e recommi innanzi un viluppo di carte sdrucite e scommesse come le foglie fatali della Sibilla. Vi posi gli occhi per entro , e trovai vari Canti dell' Inferno di Dante , in un carattere sulla maniera dei Codici del XIV secolo , ma rosi dall' inchiostro e dcd tempo , e mutili per V incu- ria di chi dovea custodirli . M' invaghì non ostante il desiderio di farne acquisto , ma il giovine mon- tanino risolutamente si rifiutò , e parve che quel se- colare involucro avesse nella sua mente la religione di un amuleto , e vi rappresentasse quasi il Palla- dio della famiglia . I brani contenevano in molta parte gli ultimi dieci Capitoli della prima Canzone del Divino Dante Allighieri , che cosi quel MS. di- ceva . La lezione era senza menda e concordava coi testi più semplici , ad eccezione di cdcune squi- site varianti le quali da me raccolte vedranno la luce a suo luogo e tempo ; e già manco mi cuoceva della repugnanza dell' ospite e risegnava le carte , quando mi occorse la cifra indice di uno dei Capi- DI GIISEPPF. TASSl>Ani 16."» Ioli , e lessi il N. X\.\f in luoyo ilvl WXJf^' ultimo (lei Canti notati nei y\sti fin (pd conoscinti. Mi iliedi aìisiosumente a rafl'azzonare le paffino , e dopo molti andiìiKieni sbarazzai da quel [poppo un principio di Capitolo itjnoto, e continuando nelV in- dayine mi accorsi come in quel MS. era frapposto un Canto inedito fra il XXXIII e il XXXIV del Testo originale . Chiesi al mio ospite di estrarne copia ed egli mi fu liberale di tanto ; se non che VI increbbe di abbandonare il mio Julografo allo strapazzo di una mano idiota, e alV indegno oltrag- gio che fa deplorare alle lettere i distrutti Codici del Certaldese. Scrissi a^ridamente e ritornai il mio palimpsesto all' inesorabile yllpigiano ; e nel deci- frarlo mi proposi di fartene un dono, avendo rac- colto dalle tue lettere, come maturaKi il pensiero di edificare una Torre alla memoria di Catilina sul piano che ne vjV/e la rotta , e che s' include tra le rarità della tua amenissima lilla. Io non pretendo di .'coperchiare altrui , e sono invece rimesso nelV accordarmi coi critici me- no caritatevoli, a riprovare queste false gemme del- la suppellettile letteraria, queste apocrife galanterie, di cui si è fatto più volte abuso ed oltraggio alla memoria dei grandi . Protesto come 7ion ho inteso che di satisfare ad un debito verso me stesso, con- tando un Istoria , senza orcuparmi del tenore del- l' altrui congellìire ; e lascio , a chiunque la voglia , 164 LA TORRE DI CATILINA la briga di resuscitare il vecchio Monaco di S. Be- nedetto, per dimandargli ragione del torto fatto al- la maestà del Sovrano Poeta coli' intrusione di que- ste rime. Protesto, come questi versi si sarebbero ri- masi perpetuamente nelV oblio, senza la opportunità del loro tema che ini ha invogliato a fartene dono, nelV idea di confermarti nel generoso proposto di erigere un Monumento sid campo che fu V avena di una cjrande sventura ; Monumento che non avrà pari per la sua terribilità ; Monumento misterioso e incompreso , come queste immense masse Druidi- che su cui pende paurosa la posterità , incerta an- cora nel sentenziare, se esse s' inalzino dcdla terra segno miserabile o scellerato. Sta sano. Dalla Cipressaia GIUSEPPE TASSINARI A CHI LX G Gì: A A \Juulunquc sia ti valore di questa Cantica , che io concederò se cosi si vuole air oscuro Monaco di S. Benedetto , stimo opportuno nella qualità di editore di non trascurare un' osservazione, ed e, che per po- co che uno si sia addentrato nei segreti dello spirito di Dante , proverà in sé una certa repugnanza nelC acquetarsi pacificamente alt idea , che un Poeta cui parve ispirata dall' esiglio la fantasia e la missione di ag- girarsi ovunque per la natura e per i tristi annali dell' umanità, a fine di raccogliere quanto è in amcndue questi Regni della vita , di grande , di terribile , di patetico, di sublime , abbia potuto dimenticare un perso- naggio sì tremendo e si misterioso come Catilina , figura cosi colossale , che tisi rappresenta come il Capaneo deW Istoria di Roma . I Cronisti del 1300 , questi fantastici raccontatori , che come t poe- ti primitivi deir infanzia delle Nazioni s' inspirarono del maraviglioso , nel tramandarci le origini della nostra gente non trascurarono lo gran Congiurato, e noi vediamo per essi i nostri principi maculati di sangue, crescere nelle di lui smisurate ruine. N illaui ^ol. 1) Virgilio stesso mae- 16tì LA TORRE DI CATILINA Siro e autore di Dante sentì la potenza di questa idea e f accennò nel suo poema tanto quanto bastava per non tradire l' ispirazione ; avvegnaché il tema fosse troppo invidioso per lui, mentre il suo Divo Augusto non valeva meglio del parricida , e raccoglieva onorato e felice il frutto del delitto concepito dal tristo reietto dalla fortuna. (Eneid. lib. 8) Questa idea non sarà forse sfuggita al Monaco dell' Alpe abitatore romito della cella nella quale albergò V esule poeta, e avrà quindi dettato questo car- me, sotto la impressione di uno dei tanti subbugli della Democrazia fio- rentina . Io l' ho raccolto come i canti delP Omero Scozzese neW ombra dei malinconici abeti , nei silenzi di un erma solitudine : la sua ispirazione è fiera e selvaggia come il cielo che la suscitò : ella è lo sfogo di un' ani- ma deserta , ignara dell' uomo e delle sue virtù ; né a lei si è rivelato del mondo, che lo spirito della natura materiale coi suoi periodi fatali, colle sue valanghe e coi suoi subissi . Ciò sia detto per correttivo , onde impetrare allo sdegnoso eremila pace, grazia e perdono da qualche schifiltoso lettore; ma egli è pur trop- po vero altresì , che a questo genio libralo sulla natura convulsa , come lo spirito creatore sopra gli abissi dell' acque sprigionate dal Caos, an- diamo debitori delle più sublimi creazioni della poesia ; ed è da queste torture dell' anima, dallo spettacolo di questi tormenti della natura, che emersero nel fermento di Ire diverse rigenerazioni sociali, questi Titani dell' intelligenza, Omero, Ossian, e Dante. — e ATILIN A VERSI DEL SECOLO XIV. Rulì Torliina agilalricc in alto Le gelili o le deponga , ancora i lochi . I meiiiorandi lochi ove s' urlaro L' armi e giacquero i corpi .... Sarai! cercati come sacre tombe , Saiutati saran con meraviglia, Che rianuova la speme e sforza all' opre LinicnE DI A. p. JLio Spillo Genovese avea da sezzo Lascialo , e m' intronava ancor 1" ot-ecchio Il fremer delle noie e del riprezzo ; Quando affacciarsi sul gelalo specchio r vidi un lai sì fiero in suo lorniento . Che non ebbe P inferno unqua parecchio . In vista di colui che fiula il vento , Drizzava 1' arco delle ciglia leso, Cui fea la brina averna impedimento ; Ma appena un vel sottile il lume olTeso Parea gli avesse , che sui morti vetri Kon il duol ma il dispetto era rappreso . 168 LA TORRE DI CATILINA Ond' io volto al mio duca: fa' che impetri Il nome di colui che sì ci affisa , Qual se lo viso sua notte penetri . E il mio Maestro : lo dimanda in guisa Ch' ei non s' aonti , e n' udirai novelle Che mala voce ti faran conquisa . Ed i' : 0 sdegnoso cui sì rie le stelle Fur nel viaggio della vita grama , Che or qui t'adiri del rigor di quelle; Se li punge disio , che di te fama Da quest' ombre risurga , a me rivela Come il tuo nome colassù si chiama . Ed ei : la bruma che il veder ne cela , Qui all' intelletto la luce assottiglia Si , eh' odo ciò che nega tua loquela . 0 Tosco , questa ghiaccia oggi m' impiglia , Perchè volle tua terra un rio destino Sempre matrigna ai nati eh' ella figlia . (1) Anch' io fui Tosco , e gli avi ho da Tarquino; E di me suso mala fama dura , (2) Per la fortuna del villan d' Arpino . (5) Che tiranna del mondo è la ventura, E il bene e il mal sustanza han dall' evento , La laude e il biasmo dell' età futura . Ma se , come tu di' , dal secol spento Tornar t' è dato a rivedere il sole , Vuo' che rechi di me nuovo argomento ; UI GILSEITL TASSl.l.Vni IGl) Viio' il ver soverchi le faconde fole Che il ilollor d" Aniilonio in storia volse, (i) Barallier di coslunii e di parole. Calilina son io — Non tosto assolse 11 fiero nome , 1' aere de' sospiri D' un fremilo tremò eh' indi si sciolse . E la piscina di quc lippi spiri Parve commossa , e saettar costretti Nel groppo delle ciglia i lor desiri . Mille dal brago levar sviso i petti Fantasmi ignoti . e ti dicea di quali , La forma che parvenza ha dagli alToiii . Vidi ammirato Y ombre di cotali Che di lauro e di benda ornar la chioma , E per falsa virtù vanno immortali ; E quanti Y obliosa età non noma Spirili procellosi ; e molti furo Per baldanza infelici innanzi Roma . L' alto giudicio , che il quaderno oscuro Dei cor penetra , sua sentenza indice , Che tale è mondo in terra e quici impuro ; Che dal ceppo diversa han la radice Non rado i nostri alTetti , e son le fruita Un accidente del verno felice . — L' ombra nomossi e taccpie , ed in se tutta Parve ristretta , in guisa d' uom cui gravi Un amara meiiibranza al cor ridulta . 22 170 LA TORRE DI CATILINA Poi ripigliò ferocemenlc — In pravi Tempi fui visso , e fu il mio ardir delillo -, L' ardir , virlude ignota in tempi ignavi . Se sì in odio alle genti era il proscritto , Perchè in lui non gravò la man severa L' Arpinate e patì 1' empio conflitto i' (5) Come il Pretore per noi stette , ed era (6) Nosco il Tribuno , e quanto di gentile Ebbe Roma , si fu di nostra schiera ? Se fummo oscena setta e ciurma vile , (7) Come 1' aita non per noi solTerta Fu , della concitata oste servile i' (8) Nostre lascivie narri la diserta Falda Appennina , e il dolce saturnale Cui Roma convitammo , e 1' orgia olTcrta ; Narrin le sue coorti il gemale Dei drudi amplesso ., e X insepolto ossame Risponda alla bugiarda onta rivale ; Dica qual femmo disperato strame Di noi medesmi ; nò però la pianta Rinverdì , monda dello suo carcame . (9) A che Tullio di se sì alto vanta ? (10) Vanti del Gallo 1' amistade infida ; Non una fiata ella sarà compianta ! (Il) L'odio satolli e la gioia omicida (12) Nel mozzo capo mio , salsi Gaeta S' altri per me raccolto ha l' empia sfida ; m GII SEPPE TASSi> vni 1 7 I (lo) Sannoisi i roslri d'eloquenza inquieta JMuli ; salsi ci , se molle è V oiij5lioro Gh' io gli legava , e se la vista ò lieta . Fuggiasco ci cadde ed io caddi guerriero; (14) A me libere esc(iuie , a lui furtiva Pietà di pochi servi e il ministero . Vedi , ohe non per me fu se cattiva Roma soggiacque ; ella seguì sua stella : Perù m'odi, e il mio scrmo in te si scriva. Incontro a chi levammo orda ruhella ? Non era più la donna delle genti , Ma del Senato la derisa ancella, (la) Roma dov'era ? i suoi costumi spenti, Per le provincie il ferro e le rapine , E nei comizi gli ambiti cruenti ; Gli odi fraterni e V ire cittadine Sui campi scellerati , e miserando Ogni trofeo dell" aquile latine . Al suo stremo declino è un popol , quando Dei Retori la perfida ragione L' alme virtù del cuore ha posto in bando . L" anima e l' oro la venal conclone Allor libra in Senato , e guai se Brenno Sulla bilancia il suo ferro non pone . Di questo vero esperimento fenno E Mario e Siila ; ed io volli la forza Levar , sull' orma di cotanto senno . 172 LA TORI\r DI CATILINA La irisla rolla e non la Irisla scorza Fu il mio delilto , ed allro fora il prezzo Se non piegava la mia nave a orza . Quando un popol marcilo è nello lezzo , L' Idolo chere del suo immondo luto , E r onesto e lo retto è vano mezzo . (16) Quindi cinedo Eroe volse a suo nuto Cesare il mondo , e il Magno spense e Cato ; (17) Quindi il supremo maledir di Bruto . Se alla mia audacia non falliva il Fato , (18) Roma era salva, che nuovo elemento Dal plebèo limo saria, forse nato . Delle genti nell' orrido tormento Vuoisi passion fremente , e la tapina Virtù fra le tempeste è molle vento . Allora un noni fatai colla mina Crea , nò monta se il suo nome suona 0 Mario , 0 Siila , o Giulo , o Catilina . Quale ei sia mal si danna o si corona ; Nemesi sola a lui segnò la meta, E l'evento incarnato è sua persona. Molti saran , se il moto pria non queta , E Catilina e Giulj e Marj e Siila , Che breve è 1' orbe dell' uman pianeta . Ma tu se unquanco traggi all' erma villa In che fu piena la sanguigna ammenda E ancora è calda della mia favilla , DI GIUSEPPE TASSI>AIU il 7» Poni una pielra sulla balza orrcMula , Onde fui;sa la mola nialoilclla , Se mai campion di libcrlà v' asconda ; (IO) Che nei deslini la pcnnina velia E infausta, e a luUa liherlà falalc — Disse , e s' immerse : e mi die il cor tal slrclta Come a chi ode un imprecato male. M ® f 3i (1) Anch' io fui Tosco e gli Avi ho da Tarqidno. Clio. Villani assegna a Catilina questa genealogia, la quale non risponde a quella ricordata dagli Storici contemporanei. Forse un sen- timento di vanità nazionale avrà consigliato il Cronista Gorentino ad adottare un nome famoso, cosi collegato colle origini della sua città e così benemerito della emancipazione dei Municipi e delle colonie Ita- liane ; e l' Autore della Cantica Alpina , vissuto iu un secolo a lui vi- cino, partecipando del buono spirito di un età parziale di lutto ciò cbc sembri riportare una gloria alla patria , avrà corrivamente accet- tata questa sentenza , ad esempio e ammaestramento di noi si dege- neri , e così immemori di questo nobile affetto — ( Villani lib. 1 ) (2) Per la fortuna del villan d' Arpino. Cosi neir arringa posta da Sallustio nella bocca di Catilina — Ne aestumarent sibi patricio homini cuius ipsius atque majorum plu- rima beneficia in plebem Romanam cssent , perdita republica opus esse , quum cam servare! M. Tullius inquilinus civis urbis Uomae — ( Sali. C. XXXI. ) (3) Così Sallustio nella Catilinaria C. Vili. Fortuna in omni re dominatur ; ca res cunctas ex lubidinc ma- gis quam ex vero celebrat obscuratque : e Dante nel C. VII. dell' In- ferno. Vostro saver non ha contrasto a lei, Ella provvede giudica e persegue Suo regno , come il loro gli altri Dei. [k] Baratlier di costumi e di parole. Vedasi 1' Orazione contro Sallustio falsamente attribuita a Ci- cerone: ivi : Quaesturam ita gessit ut nihil non venale in ea habuerit cuius aliquis emptor fuerit : e la sugosa introduzione all'opere Sallu- stiane dell' Ab. Vannucci : (5) Come il Pretore per noi slette ( Vedi Sallustio C. XVII. ] (6) e quanto di gentile Ebbe Roma si fu di nostra schiera. Così Cicerone prò Coelio § 4. Multi boni adolescentes illi ho- mini nequam atque improbo studucrunt . (7) Come V aita non per noi sofferta Fu , della concitata oste servile. DI GIUSEPPE TASSINARI 175 Cosi Sallustio ( LVI. ) — Servilia repudiabat , cuius initio nia- gnae copiac concurrcbant alicnum suis raliouibus cxislimaiis vidcri caussaQi civium cura servis fugitivis coraiuunicausse. (8) Nostre lascicic narri la diserta Falda Appennino. Vedi Sallustio ( XLl 1 e la nota istorica in fine. (9) .4 che Tullio di se si alto vaula. Onesto eccesso di vanità rimproverato a Cicerone, fece dire a M. Bruto in una delle sue lettere ad Attico, come M. Tullio avea sem- pre in bocca le none di Decenibre, ciò tornasse o non tornasse a pro- posito. (10) Vanti del Gallo F amislade infida. Allude alla defezione dei legati Allobrogi , i quali rivelarono a Fabio Sanga la occulta trama e l' ordine dell' impresa : e all' arte per- fida con che s" infingendo partigiani di quella novità, porsero il destro al Console di rendersi padrone dei principali della Congiura. Vedi Sali. { \L. XLIV. XLV. ] — I popoli Allobrogi appartenevano alla Gallia Narboncse, ed abitavano in quello spazio che è circoscritto duU' Isera, dal lago Leraano e dal fiume Rodano : Vedi Burnovf. in Sali. , e il Clu- terio hb. JI. C. JX. (11) i' odio satolli e la gioja omicida Nel mozzo capo mio. Abbiamo questo fatto da Dione Cassio nel trentasettesimo delle sue istorie, ove racconta, come il capo reciso di Catiliua fu inviato da Antonio a Homa, onde rassicurare il Senato sul conto della dì lui oc- cisione. (12) Salsi Gaeta S' altri per me raccolta ha r empia sfida. È noto come i.iceronc fu raggiunto dai sicari di Antonio vici- no a Gaeta e tolto crudelmente di vita, mentre si rifuggiva in una let- tiga sostenuta dalle spalle dei servi. (13) Sannoisi i Rostri Come la testa di Catilina , quella di Cicerone congiunta alla di lui destra mano fu esposta a ludibrio sui rostri, dopo aver pasciuto la ferocia della barbara moglie di Antonio, che volle per inumano gio- co trapunta quella lingua di\ina dalla forcella delle sue treccie : Ve- di Plutarco e tutti gli Storici della vita di Cicerone. ({'*] A me libere esequie , a lui furtiva Pietà di pochi servi e il ministero. Cosi Cicerone stesso prò Fiacco p. 2. Damnatus est is ( Flac- 176 LA TORRE DI CATILINA cus ) qui Catilinam signa Patriae iuferentem intercniit .... oppressus est C. ÀDtonius cuius daiunatione Sepu]crum L. Calilinae floribus ornatura , liominum audacissimorum ac domcsticorum lioslium con- ventu epulisque celebratum est : justa Catiliua; lacta sunt « Ivi § 38. 11 cadavere di Cicerone fu arso dalla pietà dei servi, e nel ti- more della proscrizione le ceneri di lui furono navigate a Zante, dove come ne pare fu loro eretto un sepolcro; imperocché nel 1544 nel ca- varsi le fondamenta di un nuovo convento lungo la spiaggia del mare, si rinvennero le reliquie di un Monumento portante in una lapide questa memoria « M. Tulli Cicero Have » e furono inoltre rinvenute due ampolle di cristallo che una cineraria e l' altra lacrimale, e nella prima era scritto : Ave Mar. Tuli, per cui si tenne per certo quello essere il sepolcro di Cicerone . A noi basta il primo fatto del Hogo inalzato dai servi, di che vedi il Fabricio nella vita di questo Autore. (15) Roma dov' era ? ( Vedi Sallustio C. X. e seguenti ] (16) Quindi cinedo Eroe volse a suo nulo Cesare il mondo. È nota r effeminatezza di Cesare e gli valse fama non bella nella Corte di Nicomede. Egli dovè a questa la vita nelle proscrizio- ni , e ingannò coli' abito della mollezza 1' animo sospettoso degli e- muli, i quali non seppero diffidare del libertino, né presentirono nelle lascivie di una chioma profumata l'apparecchio ad una corona. Vedi Bindi introduz. ai Commentari di Cesare. (17) Quindi il superbo maledir di Bruto. Ecco le parole riportate da Dione Cassio nel Lib. XLVFII — 0 infelix virtus itane quum nihil quara nomen esses ego te tamquam rem aliquam exercui cum in fortuna servieris. — 0 sciagurata virtù io t' ho servito come se tu fossi una realtà, ma tu non eri che un vano nome, un fantasma schiavo della fortuna. — Filippi Anno 711. Ultime parole di Bruto. (18) Vedi la nota istorica nella quale abbiamo raccolto quanto ci è occorso a confermare la sentenza dell' Autore di questi versi , cir- ca le misteriose cagioni e il carattere di questo memorabile avveni- mento. (19) Che nei destini la pennina vetta E infausta , e a tutta libertà fatale, — Dalla rotta di Catilina avvenuta alla falda dell' .Appennino data la decadenza , e quindi la estinzione della Romana repubblica : e la moderna rotta di Cavinana potrebbe offrire un allusione al vaticinio DI GlL'SEI'l'E r.vssi.>.vui 177 conlcuuto io questi ultimi «ersi , qualora l'età del poema non esclu- desse questo concetto . — E qui torna in acconcio di ragionare alcun clic circa alla voracità della Iradizioius la (juale fra i \arii luoghi su- bappennini , ha più particolarmente accettato il campo di Vaioiii sicco- me il proprio dello scontro di Catilina . Quando pure non sembrasse abbastanza si!;nilìcati>a la narrazione Sallustiaua , per la quale sap- piamo indubitatamente come l^atilina si condusse nell' Ayru Pistoiese e si accampò in un piano angusto, addossato alle radici dei monti, do- vrebbe venir meno ogni argomento di controversia per un fatto , po- nendo attenzione alle medaglie ed all' armi Romane in questo luogo in ogni tempo scavate, non che ai nomi caratteristici di Campo scelle- rato, di Forra sanguinaria , che anche di presente ritengono i luoghi circostanti , come le adiacenze dell' accampamento di Annibale sul Trasimeno si distinguono per i nomi egualmente espressivi, di Ossaja e di Sanguinetto. Ma la narrazione citala 6 altresì incontrovertibilmente eviden- te e si minutamente descrittiva , che non lascia dubbio nella designa- zione della località ; ed è poi tale che esclude assolutamente la opi- nione tenuta da alcuno, che il disputato conflitto sia avvenuto nei monti di S. Marcello piuttostochè nel campo da noi ricordato. Catilina si mosse da lìoma per la Via Aurelia, e dopo un breve alto nella Campagna Aretina ; Sali. XXXVI ] si ridusse in Fiesole agli alloggiamenti di Manlio suo collegato, ( XLIII. XXXII ) e quindi col- r animo di sfuggire alle forze di Antonio, con false marcie pei monti, ora accennava alle Gallie ora alla volta di Roma. ( XXXVI ] In que- sti ondeggiamenti pervenne nell' Agro Pistoiese, dove avuta contezza della rovina delle sue cose in Roma , si stava sul torre il partilo dj guadagnar letìallic per coperti cammini attraverso all'asprezza delle montagne, ( XLVII ) quando dai profughi ebbe sentore dello avan- zarsi di Metello Celere con tre legioni per quel medesimo Appen- nino ; laonde deliberò si apposterebbe alla radice de' monti ond' era da attendere la discesa del nemico ; ( Ibid. ] e frattanto , a tentar la fortuna, misurerebbesi con Antonio, il quale gli cavalcava già addosso con numerosa oste per la via spedita della pianura. ( LVII, ) Ora su ciò argomentando : se Catilina spostava a talento le marcie ora alla volta delle Gallie ed ora di Roma ( e questo faceva perchè si confidava sarebbe richiamalo indietro dalle buone no>elle dei suoi partigiani , non potè mai gran fatto , e risolutamente adden- trarsi nelle gole dell' .\ppennino; se si addossò alle radici de' monti col fine d' inquietar la discesa di Metello Celere che valicava quel giogo; 25 178 LA TORRE DI CATILIIXA se voltò deliberatamente faccia a tentar la fortuna col Console che Io incalzava per la via del piano ; se questi preferì un tal cammino per meglio distendere le sue milizie e circuire più speditamente i fuggia- schi , ( Sali LVII. ) l'azione non potè, certo, aver luogo in una Valle Appcnnina. A ciò aggiungi che il signiGcato grammaticale della \oce Agrum mal si saprebbe applicare a un ripiano qualunque della mon- tagna , abbastanza remoto dalla Città , per non meritare altrimenti l'adietlivo caratteristico usato dallo Storico quando ci dice « Reliquos Catilina per montes asperos magnis iiineribus in Agrum Pistoriensem abducit. (LVII) E questa considerazione tanto più vale, essendoché si tratti della inlerpetrazione di uno Scrittore principalmente lodato per Ja eccellenza in fatto di proprietà. Ciò basti avere accennato a modo di pregustazione del tema, onde risparmiare al lettore indifferente in queste brighe locali un più lungo e fastidioso commento. T ' -Lia conguira di Catilina non fu , come molti storici si danno l'aria di credere, una fazione di gente perduta; ma sibbene un movi- mento democratico; una nuova guerra civile, nell' interesse della li- bertà . Questo vero traspare da tutta la narrazione che ce n' ha tra- mandata Sallustio, ad onta del colore impresso dalla fortuna a questo misterioso avvenimento. I primi sospetti del Senato avvisarono a que- sto segno; come a questa cagione appellarono le lettere divulgate da L.Senio in assemblea, e nelle quali era scritto « esser Cajo Manlio già in oste con esercito iuOnito, e irromper Capua e la Puglia in una se- conda insurrezione servile ( § XXX ) . Onesto slesso spirito della co- spirazione appalesarono le lettere familiarmente indirilte a Cn. Ca- tulo, e da esso parimente pubblicate iu Senato, e nelle quali Catilina senza ragioni di mentire in segreto di se favellava « Non esser mosso da fini venali , mentre pei debiti in proprio nome contratti stavano i suoi poderi, e rispondere per ogni resto colle sue ricchezze la libera- lità di Oreslilia e della figliuola di lei ; ma concitato dalle ingiurie e dalle contumelie aver egli sposato la pubblica causa degli infelici , perchè fraudalo del frutto delle sue liitiche , e perchè vide in dignità preferii uomini indignissimi, e sé falsamente in sospetto. (§ XXXV.) E tanta fu la potenza dell'Idea che dominava questi cospiratori, e tale la religione dei loro terribili giuramenti , che alle insidiose blan- DI GIl'SEPPE TASSIN.VUI l'i> dizicnun che alle laglic del Senato non uno fra tanla molliludinc \iu- lò il sacranieulo : dimostrazione non equivoca dell' odio clie sa conci- tare l'arroganza patrizia , e della necessità che incalzava a un gran mula mento sociale. Dissi mutamento sociale , pcrciiè già il mondo sentiva crudel- mente lo spasmo della brutal servitù ; di iiuesto elemento cancrenoso che dimorò la ci>iUà antica, (iià le guerre ser\ili di Euno, di .Vtenionc, di Spartaco , erano state il primo ruggito del Leone ; il primo ris\c- glio di un mondo stanco delle sue catene: e già una nuova Idea spun- tava suir orizzonte , come 1' aurora mcssaggicra dell' avvenimento di un Dio che dovea manifestarla alle genti. (juesta condizione degli animi si risela evidentemente per le stesse parole di Cicerone nella orazione IV detta in questa circostan- za in Senato : gravi , solenni parole e memorande , dalle quali il vero traspare , e dimenticato l' individuo subentra 1' Idea , di cui egli non fu nella sostanza che il corpo. — Quale e quanto delitto vi sia denun- ziato il vedete : se pochi reputale partigiani a costui, siete, per Iddio, veementemente in errore . Questo guajo è latamente disseminato per gli animi ; né solo per la Italia si ditTuse. ma l' Alpi travalicò, e nella oscurità serpeggiando assai già invase delle provincie. A nessun patto e dato di farsene padroni col pazicularc temporeggiando : Qualunque consiglio vi piaccia, egli e d'uopo agir prontamente. (Cic. Calil. IV § 3.) Quindi la sorda agitazione che si rivelò negli animi dopo la re- staurazione del Tribunato ^ Sali. § XXXVIII ) e 1' antagonismo e la lotta fra i due principi , il Senato ed il popolo, che datano da questa Era incompresa, ; Cic. de kg. Uh. 3 § Il in fin. de lege Agi: 2 § G. ) non furono che altrettante manifestazioni del principio di un secol nuo- vo ; il fermento precursore della resurrezione dell' Umanità attiva dal nulla abietto della materia , cui la dannò per tanti anni la scellerata Gnzione di una verità convenuta. Lo spirilo universale condusse a pe- rire la Romana repubblica, meglio che non tulle le sue gare intesti- ne ; imperocché era omai tempo che sorgesse la libertà del mondo sulle mine della tirannica licenza di un popolo liberticida. Il peccato di Calilina fu quello di non farsi il campione di que- sta Idea universale. L' orgoglio del patrizio di Roma potè piegarsi nel bollore dell' ingiuria fino all'alleanza del pop(do He , ma repugnò di discendere a parteggiar collo schiavo. Egli ripudiò fino allo stremo la lega offerta dai servi ; ( Satl.^ I.VI ) orgoglio che rivela e trionfal- mente giustifica la onestà della causa , imperocchù allo scellerato e buono ogni mezzo utile al fine, ed il i)iù tristo, il migliore. Egli cad- 180 LA TOnUE DI CATILINA de per una susceUibililà di Cìtladino Rouiaiio, quando couveniva esser uomo e cilladino del mondo: e a tale non si sarebbe condotto, qualora avesscaggiratonell'animo le infamie di che fu bruttala la di lui memoria dai Relori astuti, che a loro talento soperchiano ed agitano questogran- de e vecchio bambolo, che eternamente pargoleggia e chiamasi popolo. Prima che l' eloquenza invidiosa di Cicerone avesse vomitato il suo veleno dai rostri, e corrotto l'aura popolare che circondava il gran congiurato, la plebe era grossa d' odio ed incerta per chi parteggiare : ( Sali. ^ XXII ) quindi non ostante la divulgata cospirazione il Con- sole non si attentò d' impadronirsi di lui, e tollerò invece la scellerata pugna come una crudele necessità . Le lettere , le allocuzioni dei Ca- pitani di Catilina, sono la espressione del più caldo amore di libertà. Il Messaggio di Manlio a Q. Marcio Re e quello di un Gracco : sen- tenze piene di libertà e di carità per la plebe — Assai volle i vo- stri maggiori impietositi della plebe Romana soccorsero alle di lei miserie : assai volte la plebe istcssa concitata dallo stimolo del domi- nare e dall' arroganza dei magislrati si appartò in un convegno ar- malo : ma noi non chiediamo ne ricchezze né imperio, cagioni di tut- te risse e di tutte guerre mortali , ma libertà che da chiunque gentile non vuoisi perdere che colla vita. { Sali. § XXXIII ) (Jual sentimento di generosa eguaglianza in questa conclone di Catilina ai suoi collegati — Abbiatemi duce o soldato la mia anima e la mia mano saranno egualmente con voi — Come dubitare dei suoi fini segreti dopo le supreme parole del disperalo procinto? — Ovun- que andar si voglia o soldati è forza aprir la strada col ferro : v' esor- to quindi a esser pronti e gagliardi ; e nel mescolarvi in battaglia ri- cordivi che portate nelle vostre destre le ricchezze , 1' onore , la glo- ria , e soprattutto la patria e la libertà. Se la vittoria è per noi, ogni cosa è fatta sicura : abbondanti le vettovaglie , dischiuse le colonie ed i Municipi : se cediamo allo sgomento tutto ci torna a danno , impe- rocché non asilo ne amico alcuno protegge lui che none protetto dal- l'armi. 0 soldati una ineguale necessità governa noi ed i nostri ne- mici. Noi per la vita, per la patria, per la libertà, comballiamo : ad essi è straniera briga il combattere per la tirannide e per la possanza di po- chi ; laonde memori della prisca virtù con maggiore audacia affron- tale il cimento ; e se la fortuna fia invisa al vostro valore guar- divi dal morire senza vendetta ; ne lìa vero che altri vi trascini come pecore incapestrate al macello, piuttostoché disperatamente, come si conviene ad uomini, combattendo, abbandonare al nemico vittoria la- crimevole e sanguinosa. ( Salì. § I.VIII ) m GIUSEPPE TASSINARI 181 La Istoria cosi ingiusta con Calilina, col conservarci l;i memoria di un simbolo, lej,'aNa alla posteiilà il mezzo di penetrare nei mi- steri (li questo terribile a\>eiiimento ; ed è per un segno infelice, che noi possiamo rappresentarci la grande Idea, che concitò quella dispe- rata fazione. L' Aquila lìomana che raccoglieva intorno a se le congiurate le- gioni, era 1' ultimo religioso simbolo dell' imperio del popolo ; era qucll'istessa che (]. Mario, il figlio e l'eletto della plebe, inalberò trion- fale nella gloriosa giornata dei Cimbri. .\ pie di questa consistè il gran Capitano: essa vide gli ultimi miracoli di valore, 1' ultimo convegno arniato della plebe romana, che questa volta disertò il suo Monte-Sa- cro per le rupi maledette dalla libertà . Qui 1' Aquila popolana vera- mente cadile con l^atilina , e la colsero i tremendi augurj della .Ma- riana fortuna; e le roccie perniine [a] col loro nome fatale, ravvici- narono il massimo dei congiurati al proscritto seduto sulle ceneri di Cartagine. ( Sali. § LXX tic. Cali!. I. e. 9. ) Noi non abbiamo di Catilina che quel poco che i suoi emuli ci tramandarono ; quindi ci fu forza di rintracciare il vero qua e là spi- golando dei l'alti , onde sostituire il loro criterio a delle faconde con- tumelie. Così se noi vorremo rappresentarci il vero ritratto di quesl' ultimo dei Tribuni è d'uopo ricomporlo, spoglianPE TASSI!>.VI\I 18.' ranle 1' ulliiuo anelilo ncU' agonia del valor disperalo. Quella deserta campagna era l'islcssa, colle sue rupi, colle sue sterili erbe, colle sue ossa sepollc ; ma frallanlo Roma non ora più , . . Ella ora stnmparsa , uou oslanlc la sua \iltoria , né per il mislallo di Calilitia ; ma |)er la suprema ncccssilà onde nasce il mondo moderno : tanto ò vero che il fato di un uomo nulla muta dei Totali destini di un popolo. Oggi una Torre s" inalza a luonumento della superba sventura, per la carità del gentile che la memorabile terra ereditò da fortuna : e qui solente le discorse cose fra noi ragionando , ci avvenne di con- fermarci nel dubbio, clic una grande ingiustizia contaminasse l'epoca la più solenne dell' istoria di Itoma. Fu ella opera giusta e dovuta questa mole che sorge , e come la bruna vedetta del villaggio segna ai lontani nel ciclo l'atmosfera di un campo di morte ? A noi non si conviene il giudicio ; a noi cui piacque di scrivere su questa tomba una sentenza generosa : ma qua- lunque sia lo spirito che n' emerga , fu per abito antico un simbolo della pietà, l'adunare un mucchio di selci sui luoghi contristati dalla strage dell' uomo, quasi per impedimento che 1' erba inetta radice nel sangue. Cosi l'esercito vittorioso di Carlo , nonostante i terribili sa- cramenti, non negò la pace di un sasso sul cadavere del maledetto. ( Datile Purg. 3. ) Fu lodevole e generoso consiglio l' imprimere in un Monumen- to il simulacro di una passione si valorosamente combattuta , e che agitò si tremendamente tanta parte di umanità , e in un epoca clas- sica per gli storici studi , offrire all' istoria un commento nei prezio- si estrinseci della terra e del cielo , in queste concomitanze , carat- teri palpitanti di verità, meglio che lutti i pallidi segni dell'idea reflessa nella mente dello scrittore . Chi non ha sentito 1" eloquenza del silenzio e della solitudine , in mezzo ad una campagna testimone di una grande sventura? Chi nel passare alterno dell'ombre delle nu- vole vagolanti , non ha creduto di vedere il bujo degli spessi mani- poli , e il loro azzuffarsi , e il moto redivivo di una v ita morta ? Chi nei rubicondi tufi , nella rosala tinta delle sparse foglie d' autunno , Bon si è immaginato di vedere il vermiglio , la cicatrice viva del san- gue? Non v' ha artifizio di parola che ti dica , quello che ti dicono i muti piani di Vaioni, del Trasimeno, di Monteaperti, di Campaldino ; non vi ha frase più evidente di quella che tu raccogli dalle labbra del popolo , i nomi miserabili di Sanr/uinello , di Ossaja , di Campo scclle- ralo , di Forra sanguinaria ; un libro immenso è aperto sotto il cielo agli occhi della tua fantasia , e tu puoi leggervi o scrivervi a tuo la- 184 LA TORRE DI CATILIKA lento un Idea immensa come il Destino, o spalancarvi una tomba im- mensa quanto la generazione che v' è sepolta. Eppure r età incurante distrugge ogni dì le venerande reliquie del passato; il martello sacrilego abbatte senza pietà le sacre vestigia di una gloria che tu , questi baluardi sparsi , che quantunque impo- tenti , son pure gli estremi ripari destinati a rifugiare la nostra mae- stà decaduta. Cosi fu per poco, o aerea balza di Scrravalle, che tu non andasti sfregiata della tua Torre , che ti siede sì maestosa , quasi una corona murale, in sulla fronte sublime : né la reverenza del tuo nome, o Ca- slruccio , era da tanto d' imporre ai barbari di rispettare il caro nido della tua fortuna . E quante volte da questa vedetta non misurasti le tue speranze, non ti slanciasti suU' ale dell' orgoglio ai fatali invidiati confini , e rimembrando l'allegorico Veltro, pensasti a te , allo Scali- gero, al La Faggiuola, e in questa triade umana ti parve il Redentore d' Italia. Quante volte questa colonna della tua vittoria non ti sembrò su- blimarsi sotto il tuo piede , mentre natavi nell' aura dei tuoi smisu- rati disegni ; ma ratto uno spirito disconsolato ti ricondusse alla sua gemella , in cui maestro a Colombo volesti infitti , trofeo di sventura , i ferrei ceppi della tua prigionia; ed allora ti cadde l'animo, e t'av- volse la nebbia della trista palude, che dovea inghiottire il tuo sole. Colto da fato immaturo, non ci resta del tuo pensiero , che la eredità di queste mine , su cui par che ondeggi nel pallor del tramonto uno straccio della tua porpora senatoriale , e l'occhio ispirato vi legge in un palpito la tua immutabile impresa. — Sarà quello che Dio vorrà. — ( Vedi Macchiavelli Vila di Caslruccio ] Rimembranze di dolore e di gloria indarno il pellegrino vi cer- cherebbe, se un sentimento di patrio amore non avesse incitalo il no- bile amico del cui nome si fregia quest' albo , a riscattarvi dall' inde- gno mercato : e grazie sieno al cortese in tanta parsimonia di giusta laude , neir atto che una fastidiosa e querula ipocrisia umanitaria fa così immodesto sciupo di enconij per lo vulgo delle beneficenze; e ben ci auguriamo , che il nostro affetto non punga alcuna coperta invi- dia , sì che ce ne venga brutta ed ingiusta rampogna di adulazione ; imperocché a noi veracemente sembra che 1' opera trascenda questo povero merito, e sia nell'estreme miserie sublime e splendida carità, il fare non men che all' uomo tapino, alla Patria, l'elemosina di una Memoria. DANTE 2i LIBRARY UNIVERSITY Of ILUNOiS MDCCCWI. ACQIETA IL TIO MAGINANIMO DOLOnn o DAPs^TE PADun ?i0STUo I ALLA Tl'A ITALIA SERVA NON PIÙ VOLONTARIA I E GIÀ DOLENTE DI SUA LUNGA PIGRIZIA OR SONO IN COSPETTO I TEMPI CHE TU DESIDERASTI . Pietro Giordani Pel rilrocamento della vera immagine dt DANTE effigiata da (ìlOTTO nella Cappella del Potestà di Firenze in una pittura a fresco la quale, pei su})erbi fastidj delle cose antiche ai quali precipitò il se- colo scorso, tenne con grate danno delF arti intonacata. — Questa poe- sia è imitata dalF originale inglese della illustre giotinella Sig. Teo- dosio Garroir . V ;iiine 0 Sol niaesloso Al tuo breve riposo Kcl scii del monte che si fa vermiglio ; Comanda ali" impazicnli Stelle , di cui la gloria empie il temuto Spazio dei cieli , eh' esse ad una ad una Vengano a rimirar col guardo acuto L' insolito diletto Che in questa notte sente Italia tua dentro il suo petto ardente . E voi spirti veloci Dall' ignei cocchi alla Città che dorme Le coronate fronti Volgete si , che la sua mobil gente 190 DANTE Deponga il faticoso Ozio dei suoi diletti , e provi un lieto Senso di vita e di pensier virili , E del servaggio antico Cessino gli anni dolorosi e vili . — 0 Figli dell'Italia il giorno è giunto Che la polve dei secoli disgombra Da glorioso capo , alfin ritorna Quest' adorato estinto al bel paese Ch' egli pianse ed amò ; dai muli abissi D' età lontana vision sorgea : Amor trattiene della patria antica Le grandi ali distese a voi più largo; E sta , Firenze , sopra il tuo letargo. — Scorse gran tempo : ella un Poeta avea ; Pur sempre Italia , siccome or , giacesti Dai balsami serbato Cadaver bello e quasi a pompa ornato In tenebroso feretro ; le chiavi Concesse a Pietro , e d' Aquila Alemanna V eran le piume largamente nere Perpetuo segno nelle tue bandiere . Ma di gemme regali Dentro il talamo oscuro Cinte le chiome avea misera ancella ; E dicea lo straniero : estinta , e bella . — DI GIO. BATTISTA MICCOLIM 191 Sì v' era im Vale , che a sgoniljrai- valca Quella nebbia che crea Un ignorar servile , e poi ne fascia Dei secoli l' infanzia : inno tremendo Dal labbro risonò di qnell' austero Suir Inferno , e sul Cielo ; I Rè del mondo fé' (remanti e nudi Alle lor colpe lacerando il velo ; E alle parole seguitò 1' ardore , Che quei veri cantò per cui si muore . — In palpili veloci Ed in lacrime scrisse i suoi pensieri A svegliar 1' alme scabre ancora, e rudi ; E coir accolta argilla Di quei barbari tempi , il prezioso Oro della favella ancor non lina Sì ben foggiò , die dal suo spirto ardente Purificata si facea divina ; Allor suonò dalle percosse corde Un'armonia nella Città discorde. — Qui degli ulivi all' ombra Nelle marmoree sale La voce del Poeta abita ancora ; E dell' amor tremante Suonan gli accenti ; e l' aura che sospira Nella treccia fragrante 192 DA3ÌTE Delle vigne fiorite . e la parola Che il faociulliu cMisola E la madre trastulla A stadio della culla ; E come nn rio da lievi sassi iufraulo Mormora la soave onda del canto. — Fu presenza non \ista Nel viver vostro e la sua voce ognora ]yiista a quella de' suoi : ma di sue forme Perchè dall' uom s" adori Più non reslava somiglianza alcuna In quella terra ov' ei sortì la cuna ; La sacra immago che portalo avea (1) Santa Croce nel cor , sotti del tempo La guerra tenebrosa Sicché la sua partenza era nascosa . — Or ^ fra voi con quel sembiante istesso , Che in eladi agitale Da sì lunghe contese , Tenne 1' Esule Vale J^ella memoria del natio paese : In una man tu vedi, (2) Segno del suo poter , frutto onde ^iene Refrigerio alla sete , e V hai concetto 0 Sol che scaldi al tuo poeta il pello . £ i' altra man travata DI GIO. BATTISTA INICCOM?(I 195 Da volume severo ; Vi 5tà come in tesoro accumulala Lunga ricchezza dell' uman pensiero . — Maestro , ambo son tuoi ; chi segnar osa Limili a quello che sapesti , e moslra Che languida , impcrfella E tenebrosa , e vana Fu la scienza d' un' età lontana i* V ha mortai che presuma Di saper più profondo Porsi la larva temeraria al viso — E sul sepolcro del Sovran Poeta Alla pietà comporsi , ed al sorriso ? — Laddove il senso , che sì corte ha 1' ali , Pochi di noi conduce In un trono di luce Separalo dal mondo , abita il vero Signor de' suoi destini , E per limpido cielo S' alzano a vita che non ha confini L' aure , che il core del Poela esala , E uno splendor nativo In più nobili forme le colora , Sicché r ostro è men vivo E la ijemma che in fronte ai rè s' adora . — 25 194 DANTE Al cenno del Poeta , Siccome piogge onde la terra è lieta , Qui discendon le dolci Lacrime di pietade , oppur si desta D' ogni mortale in petto , Con ali di tempesta L' impeto dell' affetto ; E a discoprire il vero Sì balena il pensiero In un veloce ingegno , Che prorompe e saetta a certo segno , E si veslon le cose D' un purpureo colore Vario , soave , qual del dì che muore . — Or bene a te s' addice Ponderoso volume , in cui si stringe Ciò che r uom seppe , o a lui saper qui lice E il fior che si dipinge Di vivida bellezza , e si rintegra Neil" aer dolce che il tuo Sol rallegra; E te pure circonda una benigna Aura piena di vita : hai nel sembiante Grcìziosa dolcezza ; il tempo ha fatto Sacra parte di te , quella severa Scniplicilà d' una sembianza austera . — ni r.H). BATTISTA MCCOI.IM lJ)i» 1/ altissimo Poeta FiorLMilini , onorale , e non vi sia E strepilo e rimbombo Di lìellica armonia , Onde nna Irnce vision qui sorga Contaminala di fraterno sangue; Semina il tradimento E miete il pentimento Belle guerre eivili il loglio amaro ; Intorno al grande , eh' è fra voi risorto Alzate un inno che sia lieto e santo F, d" un vedovo affanno eslingua il pianto . Le languide , soavi Parole di Colui che benedice Sul vostro labbro 1' Alighieri ascolli Nel gentile idioma , onde si crea La musica europea ; Sia misto alla melode Che trabocca dai petti La piena degli alleili ; Come d" augelli il canto , Alla stagion novella , Che van significando in dolci noie La possente virtù che li pcrcote . Senta la meraviglia Che t' inarca le ciglia Il barbaro straniero , e una dolcezza 196 DANTE Di riverenti affctU Cosi r alme di voi rapisca e pieghi , Che a quel risorto ognun s' atterri , e preghi Qui Dante è ancora , ove il pensiero avesse Come r aura ne' monti Fra i vostri aridi spirti Libero volo : se dei tempi antichi La ricordanza vi tormenta il core Con sublime dolore Mostratelo coli' opre : alfin si renda All' Italia giustizia , e chi vi nacque Lasci si molle vita , Né più sia dell' Europa il Sibarita . — Voi , che la tenebrosa Coltre del tempo , che all' Italia aggrava La sua fronte immortai levare osale , Or colla mano ardita , Le molliplici fascie lacerate , Onde gelida in lei corre la vita : Perchè di tanti più non sia mancipio Ritorni alla beltà del suo principio : Generoso disegno , Da si lungo servaggio alzarla a regno . — E si otterrà , se del valor nativo In voi riman scintilla , 1)1 r.IO. BATTISTA MCC.OI.IM 1J*7 E se quel fonte dell' eterno rivo Che vi dornic nel cor si dissigilla , Ove concorde , ed una Non sia r Italia , del Divin Poeta Sulle rive dell' Arno Or s' è la faccia rivelata indarno . — <;iO. ItATTlSTA ISICCOLIM (1) Iti Santa Croce w era pure il rilraUo di Dante, ma per colpa degli uomini, o ingiuria del tempo la pittura a poco a poco svanì. (2) Dante tiene in mano uu ramo di melagrano con tre frutti di questo albero. DANTE 0, V/uanto più grande è 1' oggetto che la mente con- sidera , e quanto la mente è più piccola , tanl' ella più lo disforma sforzandosi d' adattarlo alla sua poca capacità : ond' è sovente che noi con la stessa ammirazione offen- diamo , vituperiamo lodando . Questo avviene segnata- monte degli uomini e do' tempi antichi, i quali ciascuna generazione giudica secondo le esperienze e le affezioni proprie, e cerca in quelli o consolazione ai propri difetti o scusa agli eccessi, ossivvero alle nuove idee e a' fatti nuovi puntello d' esempi. Di quant' io dico son prova le opinioni che corrono intorno agli animi e agi' intendimenti di Dante : il quale a taluni del tempo nostro parve uo- mo che non prendesse allegrezza se non dall' ira feroce e superba , e le sue imagini tingesse tutte di fosco co- lore, ed ogni religiosa autorità rigettasse. Ma a chi hen 200 DANTE legga la parola di Dante , appai- chiaro coin' egli alta- mente sentisse ad ora ad ora e 1' umiltà generosa e la letizia quieta ed il mite affetto , e la divozione pensata- mente sommessa . Ma noi per ora di sola una cosa vo- gliam fornire le prove, dell' affetto che quesl' anima al- tera ebbe alla virtù creatrice della vera grandezza, Y u- miltà . Lascio stare lo strazio che agli orgogliosi iracondi egli destina in inferno (1) : lascio stare i tre canti del Purgatorio , serbati tutti all' espiazion del peccato della superbia , del quale egli confessa sé reo (2) , ma pur esce in un lungo quasi sermone contr' esso , abbandonando r usala via della narrazione e del dialogo, abbandonando quella parsimonia di sentenze che tanto gii è cara . Ma rammento con quanta dolcezza risuoni nella Vita Nuova il titol d' umile , dato alla donna delle meditazioni sue intense ed ardenti , come se in quel titolo, come frutto nel fiore, tutte le lodi fossero contenute; quasi per farla più prossima alla luce di quella che fu - Umile ed alta più che creatura (5). Ed egli , 1' anima sdegnosa, si diletta di riguardare le imagini che gli parlano al cuore umiltà, e si discosta un po' da Virgilio, la scienza pro- fana, per meglio contemplarle (4). Uscito appena d' in- ferno, come ghirlanda di speranza, gli si cinge alla fronte r umile pianta del pieghevole giunco, della quale si cin- gono tutte r anime che vanno a farsi degne di salire alle stelle (5). Virgilio con parole e con mani e con cenni - Reverenti gli fé' le gambe e il ciglio dinanzi a Cato- ne ; e vuol dire che . come a fanciullo si fa , lo mette DI >1C(;01.Ò TUMMASLO 201 ginocchioni e gli china h» testa . E Dante, 1" austero priore della repubblica fiorentina . per tutto il ragionare che fanno Catone e Virgilio , se ne sta ginocchioni a capo chino : e , sparilo il vecchio , senza parlare si leva , e come fanciullo jwrge il viso al maestro, che gliene terga con la recente rugiada. Similmente Sordello. anima al- tera e disdegnosa , s" inchina con aflettuosa ammirazione a Virgilio : Ed abhraiciollo oce j7 vìinor s' appi- glia (6) ; e non gli domanda del suo venire , che pri- ma non dica : 5' io son d' udir le tue parole derjno. Virgilio slesso , lullochè turbato da un doloroso pensie- ro , dà rella all' avviso di Dante, e lo guarda ma senza adontarne , e con libero piijUo risponde che va per chie- dere di quel eh" egli ignora (7) . Il poeta che pure si gloria della nobiltà del suo sangue (8) , vuol che si pensi alla terra , comune ma- dre . e riprende i palrizj arrocjanli (9) , ed insegna : Bade volte risurye per li rami V umana probita- te (IO) . Il poeta che risponde umilmente a re Man- fredi, ancorché reo di peccati orribili (11); rammenta con amore la bontà di Trajano che ascollò le (luerele della vedovella accorata , e le rispose : contiene eli io solva il mio dovere (12). E il lamento risoluto della donna , e la risposta dimessa del principe si fanno in mez- zo alla calca di cavalieri e sotto le insegne dell" aquile mosse dal vento , come per dimostrare che l'ubbidienza degl" imperanti prostata ai sudditi non deturpa, anzi fre- gia , la maestà iMP impero . Perchè siccome 1" uinillà , 202 DANTE al dir di Danle, Jd aprir V allo amor volse la clda- v^e, e fu mezzo a recar sulla terra La verità che tanto ci sublima (15); così quelli de' superbi egli chiama re- trosi passi (14) , e che senza 1' alimento del cielo J retro va, chi più di (jir s' affanna (15). Le due sen- tenze , una accosto all' altra , dimostrano chiaro , come al fiorentino tremendo 1' umiltà fosse motore unico di quel eh' ora noi chiamiamo progresso . Il che , (juanlo s' accordi con le opinioni e col sentire di certi politici d' oggidì , lascio al secolo giudicare . NICCOLO TOMMASEO (1) Quanti si tengou or lassù gran regi Clic qui staranno come porci in brago Di sé lasciando orribili dispregi . — /«/. Vili. (2) Purg. XIV. (3) l^arad. XXXIII. (i) Purg. X. (5) Purg. I. (G) Purg. VII. (7) Purg. III. (8) Parad. XVI. (9) Purg. XI. (10) Purg. VII. (il) Purg. III. (1-2) Purg. X. (13) Parad. XXI. (l'f) Purg. X. in (ine . (15) Purg. XI. al principio. LA FEDE DI DANTE I 0 dair abisso dell' elenio pianto , Io dal monte u' lo spirilo si monda , 10 dal Irono del Santo - Santo - Santo , L' arco drizzai dell" anima iraconda Conlro la jjulla , che usurpò la vesta Della Sposa di Cristo vereconda . Ma non colpì , solo all' error molesta , 11 corpo dell' immola egual dollrina La sacra punta della mia protesta . Non domma a statuir , uè disciplina , Ma ogni nato dal Cristo è sacerdote A rammentar la verità divina . E il carro della fede ha ben le ruote A eterno corso , ma talor 1' auriga Assonna . e ruggin le guadagna immote . 20 i DANTE Allor chi |)cr lo ver non teme briga , Arditamente la cagion palese Faccia , che implica l' immortai (juadriga . 0 sventurato mio natal paese , Quanto mal rispondesti al primo Amore Che te sua maggior lampa all' alme accese ! Se la virtù che illumina , e al dolore Soccorre , in bando dalla Chiesa già , Annidarsi dovea dei Vali in core . Ma di stupro pagan la poesia Vergin si piacque , e contro al reo levita La fé non ebbe che distrugge , e cria . Oual di beltade a cui 1' alma è fuggila Fu tua parvenza , e sol dentro al pensiero Di pochi eletti s' agitò la vita . Serva di brandi e di follie straniere , Se campar vuoi della ruina estrema , Ritempra , o Italia , il tuo fiacco volere Nella fé che t' armò del mio poema . OirSEPPE MOINTANELLI MICHELANGIOLO AMICIZIA INDUSTRIA _t^. -À .?\ A. T /// //,,/u.i//M . ///(//<'/""■/■>•//' . ///i ////'!■/ t/,r LIBRARY UNIVERSITY OF ILLINOIS URBANA Qll DOVE i;iSPO>"DO>0 TRE Vii: MIRA l' immagine DI INIICllELAISGIOLO BL'O^sAUUOTI CHE IL TRIPLICE CAMJIIAO DELL* ARTI d" ORME PROPRIE SEG:>Ò SINGOLARE DA TITTI SECONDO A ?iESSL7«0 RICORDATI CHE AMMOSO CITTADINO LSÒ LE StE DISCIPLINE A DIFENDERE l' ASSEDIATA FIRENZE E SIA MERCÈ QUESTE CUE DAN TITOLO DI BELLE CHIAMERAI LIBER.\.LI . Gio. Battista Niccolini se L AMICIZIA NON È DA RICERCARE PER SPERANZA DI PREZZO . O DI AMBIZIONE , MA PERCnÈ IL SLO FRUTTO SIA TUTTO d' AMORE E DI I TIRTU . Cicerone de Jmic. A TE o IISDUSTRIA DOMINATUICE DELLE FORZE DELLA NATURA EDUCATRICE DEGLI UOMINI I VINCOLO E FORZA DELLE SOCIETÀ A TE IN QUESTI PRATI CONSECRATI AL COMMERCIO DEL QUALE SEI MADRE DEDICHIAMO RICONOSCENTI . DOVE È PACE E LIBERTA DOVE LA RICCHEZZA VIENE DAL LAVORO DOVE GLI UOMINI SI AMANO COME FRATELLI LA REGNA l' I?sDUSTRIA IMAGINE E MINISTRA DELLA PROVIDENZA DI DIO. JiafJ'aello Lamb rusch ini A MCCOIO PI celisi S/f7i€co c (2^i/a{no ca^'ùdimo 7' i oichv avete voluto che i miei versi a Michelangiolo fossero pubblicali anch' essi nel Florilegio di Componimenti sacri alla gloria dei Grandi ai quali Voi, Signore a un tempo splendido e saggio, avete nel vostro magnifico giardino innalzato immagini o memorie , mi sento in debito di premetterci alcune parole che ne dichiarino V intendimento e il perchè . — Quando è scritto di Michelangiolo , e' pare che si ab- bia a leggere intorno alle arti di cui Egli tenne lo scettro : ed io scri- vendo sul Buonarroti ne ho celebrato , e solamente celebralo , le civili virtù . Sono due le cause le quali giustificheranno , spero , le angustie in cui ho voluto ristringere il mio concetto . La prima è che io com- poneva quei versi per esser letti in occorrenza solenne di onori da ren- dere a quel Famoso e nella quale altri componimenti dovevano pure udirsi dove della sua potenza nelle arti sarebbe stato degnamente ce- lebrato . Sicché stimai bene di avvisare a quella parte delle sue lodi che non avrebbe formato materia dell' altrui messe. La seconda causa, e la più efficace sopra di me , fu che la gloria delle virtù civili non mi parve meno splendida di quella che vien daW ingegno ; sommamente poi la giudicai più utile e più degna che se ne rinnovi la ricordanza e f esempio . Quando in Personaggi eminenti per fede ed ossequio a Dio 0 per religione verso la patria si congiunge il pregio dell' eccel- lenza neW ingenue discipline , allora queste seconde appariscono dav- vero proficue e reverite. Il principio vivificatore è là, nella conscienza dignitosa e netta : senza la quale travolgono di leggeri a dovmtar mi- 27 nislre di servitù o di turpi delizie . Ecco perché mi compiacqui am- mirare di preferenza nel Buonarroti V animo e le virtù cittadine ; ed alU animoso difendilore della Patria piuttosto che all' artefice del 7ni- racol dell' arte volli sacro il mio canto . Inoltre il culto solo della virtù è eterno ; mentrechè le reputazioni di poeti e di artisti , per quanto profondamente radicale , non possono giammai redimersi affatto dalle conseguenze del mutabile gusto dei tempi e degli uomini . Che s' in- gannano coloro che tengono avere il Bello una impronta cosi certa e indelebile come l' Onesto . Il massimo dei Poeti giudicò non essere la fama dei cultori del primo che un fato Di vento che or vien quinci e or vien quindi , E muta nome perchè muta lato . A coloro poi i quali vivendosene estatici nella nostra incontrastata glo- ria delle arti fossero per riprendere queste dottrine di selvatichezza io non opporrò altro fuorché : se tra i nostri maggiori invece di tanta moltitudine di Scienziati e di Artisti ci fosse concesso di potere anno- verare maggior copia di Cittadini virtuosi ed al comun bene potenti forse che noi adesso saremmo meno ammirati , ma più felici . Di Firenze 2 Gennajo 1845. Vostro Cugino e Amico P. ODALDI A MICHELANGIOLO PRUPL'GXATORE DELLA PATRLA BELL'ASSEDIO 01 FIREWE DEL m. DIDl iLaiaii^ ^llle rive dell' Arno Me trac la Musa ; od un sospii- profondo S|)rigionando dal sen , ni' accenna il tempio Sacro al Segno iininorlal del grande scempio Che fu riscatto al mondo . Veggo r opra d' Arnolfo , e 1' arche eccelse Di quei che a far di sé testimonianza Più manifesta in terra Iddio prescelse . — Oh ! salve , o monumenti Dell' italico onor ! Per ispirarsi Vengon la vostra polve A interrogar le genti ; E la polve risponde ai voli ardenti. 212 MlCnEL ANGIOLO Tra i famosi sepolcri al tuo m' inchino , 0 re dell' arti belle Michel più che merlale Angiol divino . — Ma perchè le gementi arti sorelle Slan sole espresse del tuo marmo al lato ? INon fu nel petto tuo virtù maggiore Della virtù che ti venia da quelle? 0 fedel cittadino , o santo ingegno , Caldo di patrio amore, Che al primo invito della patria offesa Le arrecavi dal Tebro il tuo consiglio , Nò dubitavi addurre L' onorata cervice al rio periglio , Ben Fiorenza dovea Più generosa idea Sind)oleggiar sulla grand' urna ; e accanto Alle tre Dive in pianto , Dolente in atto e co' capelli sparsi Doveva il Genio della Patria alzarsi . Forse tremante del poter novello Il Mediceo sospetto Contrastava al magnanimo concetto: Ma però chi la sacra urna saluta Rimembra il fatto egregio , e invan lo tace La cauta servitù dello scalpello . E mentre dura il grido Dell' invitta tua fede al natio lido DI riExno ODALDi sia E dei solTerli por la patria alTanni , Tuli' intera morì Y altera stirpe De' JModicei Signor vinta dagli anni ; 0 è poca polve oscura Dentro la pompa di superbe mura . Altri t" ammiri armalo Dello scarpel possente Del fero C, ini io l' ispirala mente E dell'Italia il fato Figurar nell' Ebrèo Legislatore , 0 invitto Archilettorc Levar superbo oltre ogni uman costume Il miracol dell' arte Sul maggior tempio eh' abbia in terra il Nume ; Io meglio mi compiaccio a contemplarle Alla difesa delle patrie mura , Vederti suU' altura Del munito bastion di San Minialo Regger 1' opre guerriere E far pentir de' suoi decreti il Fato . Ivi è la sede di tua gloria vera , Ivi chi ben s' ispira Ama la patria , e spera : Che r opulenza altera Di stranie genti i rari Dell' alto ingegno tuo lavori egregi 214 MICHEL ANGIOLO Ben può trarre al di là di monti e mari , Ma questo colle dove Tu pugnasti , Ma questa sacra polve Che Tu dell' immortale orma stampasti , Non temon giro di fortuna alterno ; Son patrimonio de' tuoi figli eterno. Tempo fu già che nell' Ellenia terra Le pugne trionfate Nel Pecìle eflìgiate Air animosa gioventù Ateniese Facean le notti insonni , Concitando le menti all' alte imprese : Di Temistocle i sonni Dalle dipinte gesta eran turbati , E gli spirli agitati Neil' incendio d' un emula virtute , Del naviglio Persian colla mina Preparavano il di di Salamina . Al par della dipinta Gloria dei forti sulle Greche mura , Queste pendici di che Flora è cinta Avran linguaggio per 1' età futura . Che se una molle schiatta or le passeggia Del passato incurante e di sé stessa , E calca il suol che dagli eroi fu tocco E di calcarlo par che non s' avveggia, 1)1 l'IKTRO ODALDI 2 I T» Tempo però s" appressa la cui nova progenie , eia piìi forte A queste di valor sacre memorie Verrà con menle amica Per eccitarsi alla virtude antica . I tuoi nipoti allora , o Buonarroto . Di San Miniato il monte saliranno Con animo devoto ; E dai cheti recessi L' ombra tua protettrice evocheranno . Allor per Y erta dove stasli in campo Suonerà la tua voce ; ed essi udranno Dir — che pel patrio ostello Pugnar , morire è bello : E che il verace onor di un popol grande KoD son le tele e i marmi , Son le virtudi e 1" armi . PIETRO ODALUI L' AMICIZIA AL CAV. NICCOLO PUCCIM Di Parma a' 51 Masi- io 1844. \Jolla lua aniorevolissinia Icllera del ili 20 del (juarto mese tu mi venivi cccilaiido a mandarli al(|uan- ic parole o intorno agli officii della Sapienza , o in- torno ai doveri dell' Amicizia ; quelle due divinità al culto delle quali tu ti facesti da tanti anni così grande e generoso devolo , che fama ne suona per tutta Auso- nia non solo , ma oserei quasi dire per 1' orbe intero . Non terrò il tuo invilo per rispello alla Sapienza , il parlar degnamente della quale io , profano , non credo lecito che a consumalo Sacerdote di Lei . Ben li verrò raccozzando alcune delle cose che sguardano X essenza e i doveri del santissimo degli affetti , le quali o mi stanno soli' occhio , 0 sono rimaste nella ormai svanita mia re- miniscenza in leggendo gli antichi e i moderni lìlosofanli . *2S 218 AMICIZIA L' amicizia , dicono colestoro , altro non è che una perfetta consonanza de' cuori generata dal merito e dalla virtù , e confermala dalla somiglianza de' costumi. Qua- kuKjue altro legame non è che una società mercenaria e indegna del santo nome d' amicizia . E grossolano er- rore , e pur comune , il confondere 1' amicizia con quella specie di umano consorzio che da altre fonti non deriva fuor che da parentele , da somiglianze d' impieghi , dal trattare insieme di negozj , da convenienze od oflicii di società. Non bisogna confondere gli alti cortesi, le belle creanze colla tenera amistà . Non è amicizia quell' ac- correre che si fa dai più alle case di persone che non si slimano , forse si spregiano , o almeno non si amano , per condolersi della morte, spesso desiderala di un con- giunto sconosciuto all' accorso . Non è amicizia il con- gratularsi a tale cui improvvisa fortuna sollevò dal fango a grandi ricchezze, o a grandi onori che per avventura noi gì' invidiamo mollo sinceramente. E forse amicizia lo stringere fra le proprie braccia ed accarezzare colui al quale maledicesti poc' anzi , o che sei per mordere r istante dopo eh' egli si sarà allontanalo da te i' Se queste dimostrazioni appellar si vogliono officii di società , o di convenienza, bene con Dio -, ma se ta- luno presuma che significhino ciò che sembrano dimo- strare , per tulli gli dei questa non è che falsità . Prin- cipalissimi fondamenti dell' amicizia sono la reciproca c- stimazionc , e la \ irlù : ond' è che sono così rari i veri amici . DI AGGELO rEZZ.\>.\ 219 Vi ha ile' filosofi che prelomiono non potersi iro- varc verace amislà che fra sole due persone ; un mag- gior numero recarne con sé il germe di sfacimenlo ; V es- senza dell' amicizia starsi in una unione tanto perfetta dei due amici ch'essi si confondono in solo un individuo; i due corpi non essere animati che da solo uno sjìirilo . E conchiudono che . se natura ha già accunmlali osta- coli quasi insuperabili a questa santa unione di soli due, è un trascorrere ne' campi della favola e dell' impossibile lo immaginare che dar si possa verace amistà tra mag- gior numero d' uomini . Altri sapienti non islimano impossibile questo sacro legame infra più di due persone , comechè riconoscano in quello di sole due maggior solidità, e minore suscel- lività agli accidenti che la prepolente umana condizione può accumulare sopra un numero più grande . Ma è d'uo- po , dicon essi , trovare un centro comune , a cui tutti i movimenti delle volontà di più amici mirino con uguale potenza . ed in cui queste volontà possano incontrarsi e confondersi . E questo centro comune quale essere può mai se non la virtù ? Al quale gli amici arrivano per- correndo strade diverse . E siccome niun altro consigliere addila loro questi divariali cammini fuorché la virtù sles- sa ; e siccome essi risolutamente nulla vogliono che non sia da lei prescritto , da nuli' altro sono commossi , agi- tati , sospinti che da lei non proceda , ne consegue eh' e- glino non abbiano che sola una volontà . sola un" a- nima principio unico delle loro alTezioni. do' loro desiderii. 220 AMICIZIA E supervacuo il dirli che qui si parla di quella amicizia cui gli uomini onesti decantarono ognora co- me il più prezioso tesoro che posseder si possa in questa misera terra . E chi osalo avrebhc profanare tanto splen- dido elogio per un legame formato o unicamente dall'istin- to , 0 da un sordido interesse ? Non si opponga che può darsi amicizia senza vir- tù , e che frequenti volte accade di vedere strettissimi vincoli di tal natura ira grandi scclerati. Oh vergogna 1 e chi oserà chiamar legami di amicizia quelli cui nul- • r altro stringe fuor solamente 1' interesse di mantenersi fede per comune sicurezza e difesa , e che tanto spesso infranti sono dall' esca di una taglia , o dalla certezza dell' impunità ? Questa non è che una congiura, una in- fame società che desta orrore ! La vera essenza dell' «- micizia , ciò che la fa singolare da tutti gli altri vin- coli che si possono formare dagli uomini, sta nella cono- scenza piena della persona a cui ci annodiamo, nella ge- nerosità , nel disinteresse del motivo per cui ad essa ci leghiamo . A meritare il nome d' amico bisogna amare con discernimento e senza mira veruna di utilità . Se amate in qualsivoglia modo diverso da questo, voi amate senza essere amico. Io non intendo dire con ciò che il nodo dell' amicizia , quantunque sia il purissimo di tutti, non abbia per iscopo come gli altri legami dell' umano consorzio una mutua scambievolezza di piaceri e di of- ficii . Gli uomini non si raunarono in corpi di nazioni , di stali, di città, di famiglie che dopo avere conosciuti m A??GEI.O PEZZATA 221 i reci|H(KÌ bisogni , e la loro propria dcholozza . Ma quc- slo scambianionlo di |)iaccri e il' officii non rende mer- cenaria r amivlzla . Ouoslo nobile commercio , in cui chi più dà più dee ancora , respignc per sino l'idea che possa andar confuso con qualsivoglia altra società che con- traccano sii uomini . Di due falle doveri ha 1' amicizia . sccondochè po- ne un lilosofanle del passato secolo , di cui li do (|ui , sotto brevità , i principali concelti . Que' della prima la fanno più dolce ; più utile que' della seconda . Uno degli obblighi primarii dell' amico è quello di spargere su tutto ciò che accade di bene o di male nella vita dell' altro un certo balsamo segreto che rattempera il sentimento del male, e fa più squisito quello del be- ne. Con che otliensi che sopportabile all'amico divenga qualsivoglia afflizione , niun piacere vada perduto . Al- l' adempimento intero di questo dovere non è che un mo- do ; vale a dire una comunicazione tanto leale de' pen- sieri nostri all' amico , eh' egli sappia quanto noi mede- simi tutto ciò che accade in noi, tutto ciò che sappiamo noi stessi , tranne quello che l' interesse del terzo coman- da di tenere occulto . La gioia che prova l' amico a que- sto versamento d" ogni nostro più riposto arcano nel suo seno è forse la più grande di tutte le gioie . Ed il pri- mo frutto che se ne ritrae è una viva attenzione , uno studio perenne di tutto ciò che è di comune utilità , e di onesto diletto . Tacile grandi occorrenze la doria e la generosità 222 AMICIZIA hanno la loro parte infra gli offìcii dell' amistà ; ma nelle picciole sola campeggia 1' amicizia , e ne ha tutto 1' o- nore . Chi taccia di hagatelle le minute cure, ed un as- sidua premura verso gli amici , e pretende confinarle fra gli amanti e le donne , va errato . Si tengano in ispre- gio le deholezze dell' amore , ma si imiti la vivacità di questo neir amare 1' amico . Contribuisci agi' innocenti piaceri di lui ; ricrealo anche nelle sue più lievi pene ; previeni i suoi desiderii, sien pur minimi ; sii dolente o gioioso a' suoi più piccioli mali o diletti . Questo è sa- pere spargere le dolcezze dell' amicizia su tutte le parti della vita . Il vero amico opera fortemente in tutte le grandi occorrenze ; con tenerezza nelle altre . Compatite a' difetti del vostro amico , e lungi dal trarne cagion di scemamento di affetto , traetene di ac- crescimento per la considerazione che probabilmente ei ne sopporta di maggiori in voi stesso . Il pretendere a- raici senza difetti è lo stesso che non voler amare ve- runo . Molto per avventura rimarrebbe a dire intorno a'do- veri che fanno più dolce 1' amicizia , ma non è questo un trattato per essi ; né io vo' infastidirli , o amico di- lettissimo , con maggiori particolarità . Ond' è che tra- passo ai doveri utili, che sono di maggiore momento. Non vi ha chi non sappia come sia principal de- bito dell' amicizia il procacciare il vantaggio degli amici in lutti i modi consentiti dall' onore e dalla giustizia. Que- sto vantaggio sguarda o la gloria , o 1' avere ; ma il con- DI AGGELO PEZZA?(A 223 seguire 0 r una, o Y altro sia riposto nel partito che pi- glia il tuo amico nelle congiunture che gli si presentano. Nulla ^i ha quiniii di tanto suprema importanza (pianlo il prender hene (juesto partilo. E raro avvien che bene si pigli senza ì" aiuto di buon consiglio . L' amor proprio che ci accompagna in ogni azione , una segreta vanità che ci abbaglia , 1' ambizione impazicnle d' ogni indugio ci fanno agire avanti di deliberare , e là ci conducono ove non era nostro intendimento di portarci . Al solo consiglio di un amico prudente ed accorto ò dato di stene- brare le vie in cui sogliono trarci queste false guide . Ma tale consiglio sia dato avanti d' esserne richiesto, o, domandalo , non si faccia aspettare . Lasci 1' amico che gli altri temano rimbrotto di curiosità se; parlano avanti d' essere consultali . Egli non dee conoscere quella pru- denza cui r umana debolezza ha introdotta fra le genti . L' attenzione da lui posta a tutte le azioni dell' amico gP insegna il quando ed il come egli debba parlare . Non cerchi di j)iacere ; sì bene di servire all' amico . Non versi balsamo sur una piaga che richiede fuoco; e proporzioni i rimedi! alla qualità de inali . Sia tenero e dolce ove miri a consolare un afflitto ; fermo e severo (luando gli è d' uopo infrenare un impetuoso . Abbia il coraggio di biasimarli, quando gli adulatori, peste dell'umano con- sorzio , t' incensano di laudi non meritale ; e li encomii egli stesso quando laudabilmente adoperi. Se è vero che la lode sia alimento alla virtù , l" adulazione la distrug- ge , e fa che il vizio niella più profonde le radici . Dà 224 AMICIZIA lode air amico anche in pubblico , se il mcrilò ; ma se è degno di biasimo , riprendilo in segreto , e falli suo difensore in mezzo agli altri . L' evitar di parlare cogli altri dei difetti dell' amico ò principalissimo dovere di squisita amicizia . I servigi che il vero amico fa all' amico si distin- gueranno da quelli di tutti gli altri. L' attenzione, l'ar- dore eh' egli pone nel farli , e la gioia che apparisce in lui dopo che fatti li ha pigliano un carattere lutto spe- ciale . Gli altri aspetteranno a farli che 1' occasione se ne presenti ; egli precederà 1' occasione , la susciterà, la troverà ove non si sarebbe pensalo che fosse . L' ami- cizia non perdona a sé slessa di non avere indovinali i bisogni dell' amico, e slima delitto il non averli antive- nuti , il concedere ciò che si doveva offerire . Socrate era povero; aveva molti e degni amici; ciò nulla meno egli si trovò senza mantello in rigorosissimo verno. Essi non pensarono ad offerirgliene uno . Socrate non ne die lagno , contento al dir loro : Jvrei comperato un man- tello , se avessi avuto denaro . Queste parole tanto moderate fecero negli animi loro impressione maggiore di un rimprovero. Ei si ebbe tosto più di un mantello : eglino rimasero colla vergogna di non averglielo proffe- rito prima . Negli altri umani commercii colui che riceve un piacere non dovutogli contrae un debito. '^eW amicizia colui che il fa nuli' altro fa che pagare un debito . Ma non si creda per ciò che sbandeggiare si debba la rico- m AXGELO PEZZATA 22.'» nosccnza dall" amivizid . Abbiala clii dee averla ; ma non ne provi che le dolccz/e ; non la sonla clic come Icslimonianza doli' essere teneramente amalo . non mai come ricordo d' un debito il pagamento del quale gli sia cagione d' inqnieludine . In sonana la riconoscenza non sia per Itti che un piacere . ed un peso per colui che ù obbligalo a sopportarla . Tutte le volle che il bene , o il minor male del- l' amico il richieggono non bisogna correre , ma volare in suo aiuto . O Àìììk-izia . 0 sovrano afletto ! o maggiore d'ogni altro . se giugni per insino a dominare T animo de' più grandi e famosi im[)cranli quando , a malgrado delle ge- losie del cortigiano clic con cento occhi veglia per isban- dirtene , ti ò dalo di penetrare nelle loro regie , ed in- signorirti de' loro cuori . Alessandro , alla trascendente ambizione del quale parve angusta la terra , amò Efe- stionc con tenerezza insolita a' conquistatori ; ed in lui (anta e così leale fidanza ripose che , lungi dall' esserne geloso ne' privilegi della sovranità, pigliava diletto al di- viderne con esso lui gli orrori . lìisfatto Dario , e con- dotte al campo del Macedone in iscliiavitù la madre e la consorte di quel misero con(piiso , parve al vincitore d" essere indegno della vittoria ove non raddolcisse il loro infortunio con ogni maniera di cortesie. Portossi in per- sona con tulio il scrinilo suo nella tenda ove custodivansi le illustri captive ; le quali , noi conoscendo, scambiarono 2n 226 AMICIZIA Etcstione , che stava al suo fianco , per lui , e proslra- ronsi a' piedi di quello . La maraviglia ed il gesto di Efe- stione al loro inginocchiarsi fecerle ben presto accorte del loro inganno . Scusossi ad Alessandro Sisigambi; ma r eroe assai più pago che stimato si fosse il suo amico un Re , che offeso dell' essersi })iglialo lui per un sem- plice cortigiano , le rispose affabile e a tutta bontà at- teggiato : Regina , non t' ingannasti , questi è anch' esso Alessandro . E ,, passando a' nostri tempi, è nolo come gli avve- nimenti che più commossero il cuore del più grande fra' moderni Imperanti , se pur non fu di tutte le età , fos- sero le morti di due de' suoi più leali amici spenti sui campi dell' onore quasi al fianco di lui. Avvi chi pensa essere d' uopo di minor forza per salire a gloria ed a sommità di possanza pel cammin de' perigli, che per di- scendere da tanta altezza onde rifarsi uguale anche solo un momento a coloro che la fortuna ci ha sottomessi . L' amicizia fu tenuta sempre in gran venerazione non solo da' popoli meglio inciviliti ; ma persino dai più barbari . Gli Scili le aveano innalzali altari. Questi me- desimi feroci popoli appo i quali la maggiore divinità era la scimitarra invocavano 1' amicizia , e ninna cosa era fra loro più sacra dei diritti suoi. Insegnavano alla prole : Amicizia sopperire a qualunque manco di ricchezze ; in sé racchiudere ogni virtù. Onde procedeva che faces- sero immortale la memoria degli amici illustri . L' odio implacabile che portavano al nemico ed allo straniero non DI AGGELO PF.Z/.V>\ 227 fu por essi impedimonlo nll" innalzar loniitli ad Oioslc od a Piladc , ed a noverarli infra gì' Iddìi . Qnesle cose io qui racoozzai alla rinfusa , conio il oonscntironnn i troppi anni e Io faccende, per darli alcun pegno , 0 dolcissimo amico , del quanto mi sien cari i tuoi desiderii che chiamerei più volentieri comandi, im- perocché, stando alle cose terrene, io stimo ninno avere tanto sacro dritto al comandare , dopo i genitori e la pa- tria , quanto 1' amico ali" amico . E tanto più a grado , quali eh" elle sieno , a te le mando ed intitolo , quanto che col lue carissimo invilo mi hai levalo a considerare che non è poi al lutto vero come gridano tanti , e la- mentai io stesso più fiate , che ne' guastissimi tempi in cui viviamo V imperatrice delle umane affezioni sia shan- deggiala affatlo dalla terra . Essa ricoverò ne' tuoi tran- quilli e meravigliosi giardini non già in simulacro sol- tanto, ma viva, palpitante, splondicnte di tutta la natia hellczza infra le lue braccia ospitali , all' amplesso di cui bramoso accorrerei io medesimo ove le infermità, or più, or men gravi , e la soma degli anni non mi tenessero da gran tempo, come lo schiavo in aulico, attaccalo alla patria gleba . Pale , didvissima leìiim . Il tuo icrrhio amico \NGEI.O PEZZAK;! L' INDUSTRIA NE' SUOI RISPETTI COL CIUSTIAISESIMO \Jessalc le guerre Ira le (inali nacque il iioslro secolo, r allivilà pacifica delle nazioni si volgeva all' in- dustria , e mirabili erano le speranze riposte nel nuovo movimento economico ; talché V economia politica oc- cupava nella gerarchia dello scibile quel primato che il medio evo aveva concesso alla teologia , e diveniva la scienza di moda. ]Sè mancò chi tanto esagerasse Y im- portanza delle i)rospcrità materiali , da considerare per- duto ogni uso d" ingegno che non mirasse al loro accre- scimento; e ai coltivatori delle dottrine speculative si di- ceva il tempo dei sogni essere passalo , e ai poeti non più alla nuova età convenirsi il linguaggio dell' entusia- smo, e dei simboli. INIa coli' aumento delle ricchezze sce- mavano le comuni sventure i' Non solo pochi s' assidevano al banchetto dell' opidenza , ma anche nel cerchio degli eletti restavano le malattie , restava la morte, restavano 232 INDUSTRIA quello che dipende dalle condizioni d' una dala epoca — e pretendono che 1' umanilà attuale ripudi tre secoli , nei quali certo non fu tutto delirio, per cedere alle loro esi- genze retrograde . L' altro è il conato della formula pan- tcislìca che aspetta la nuova fede dell' umanità da un concetto razionale in cui tutti i sistemi più opposti del passato sinteticamente armonizzino , Né è possibile che il Jjuon senso dei popoli immoli la fede evangelica alla va- na speranza d' un Messia racionalisia il quale riesca a conciliare 1' affermazione, e la necja-ione - la fede di s. Paolo , e il dubbio di Voltaire . Queste formule incomplete si dilegueranno in gran parte quando la sapienza dimostri che il cristianesimo è ancora ai primordi della sua applicazione sociale - che esso soddisfa a tutte le esigenze economiche - e che niun' altro sistema avrebbe mai osato contrastargli il governo delle cose umane , se quelli che s' intitolarono cristiani lo fossero sempre stati realmente - e se quelli che si cre- derono i più lontani dal Cristo non ne fossero stati tal- volta spesso senza saperlo gli interpetri — Volesse il cielo che a coltivare le scienze sociali con questo alto divisa- mento si volgessero gli ingegni italiani ! — GIUSEPPE MONTANELLI GIOVANNI BELZONI C0L03IB0 50 252 iNnusTuiA «luello che dipcnclc dalle condizioni d' una data epoca — e pretendono che 1' umanità attuale ripudi tre secoli , nei quali certo non fu tutto delirio, per cedere alle loro esi- genze retrograde . L' altro è il conato della formula pan- teistica che aspetta la nuova fede dell' umanità da un concetto razionale in cui tulli i sistemi più opposti del passato sinteticamente armonizzino . Né è possibile che il buon senso dei popoli immoli la fede evangelica alla va- na speranza d' un Messia razionai isla il quale riesca a conciliare 1' affermazione^ e la necjazione - la fede di s. Paolo , e il dubbio di Voltaire . Queste formule incomplete si dilegueranno in gran parie quando la sapienza dimostri che il cristianesimo è ancora ai primordi della sua applicazione sociale - che esso soddisfa a tulle le esigenze economiche - e che niun' altro sistema avrebbe mai osato contrastargli il governo delle cose umane , se quelli che s' intitolarono cristiani lo fossero sempre stati realmente - e se quelli che si cre- derono i più lontani dal Cristo non ne fossero stati tal- volta spesso senza saperlo gli inlerpelri — Volesse il cielo che a coltivare le scienze sociali con questo alto divisa- mento si volgessero gli ingegni italiani ! — GIUSEPPE MONTANELLI GIOVANM BELZOM C0L()3IB0 r>o 0 w /?:\ L I -/ ('<> />•//! />l> J/ Jif/\o„i LIBRARY UNIVERSITY OF lUlNOIS OGNI LATO D ITALIA Pl-H OGNI SKCOLO o GIOVAISISI BELZOISI padovano I GLOniLRA IL Tt'O ANIMO ARDITO E SAGACE CHE FU AMMIRATO IN EGITTO E IN INGDILTERRA E dall' europa DEPLORATO POICHÉ l' AFFRICA INTERIORE INFERMANDOTI LE VISCERE DISFECE ANZI TEMPO LA PERSONA CHE RARA FORZA E MAESTOSA BELLEZZA NOBILITARONO . Pieiio Cionlaiii A Meszotjiorno III AGOSTO MCCCCLXXXXIl PALOS S. MARIA ( L' àncora ) CRISTOFORO COLOMBO QUANTO FACESTI QUANTO PATISTI QUANTO AMASTI QUANTO DOVESTI DISPP.EZZAKE GLI UOMINI . XX MAGGIO MDCCCXXIX J Levante XI OTTOBRE MCCCCLXXXXIl LA PINTA GUANAHANI ( Stendardo della Croce e Corona di Spagna ) XX MAGGIO MCCCCVI. VAGLIADOLID J Ponente XXX AGOSTO MCCCCC BOVADIGLIA S. DOMINGO ( / Ceppi ) ITALIA MCCCCXXXVI. Pietro Giordani GIOVANNI BELZONI Ijeva , 0 cetra , il Ino suon , che forte scuota Dall' Alpi air Etna il neghittoso , il molle , Sì che 1' Afra ne svegli eco rimota. Fia dolce l' inno a chi la grama e folle Plebe calcando de' codardi , il volo Libero a' venti oltre le nubi estolle . Ve' come Ausonia si rallegra al solo Nome famoso di Bolzoni, e gode Mirarne 1' Ombra balenar sul polo . IMagnanima Ombra , cui non ira o frode Barbara toglie di grandezza il vanto , E grata ascende d' ogni cor la lode . Or fulge lieta , e de' Celesti al canto Spiana la fronte in placido sorriso , Largo versando de' suoi rai 1' ammanto ; Ed or composta umilemente in viso , Di Colombo , di Marco e d' Americo Va stretta al fianco ncir eterno Eliso . 238 GIOVANNI BELZONI Qual sorge d' astri in orizzonte aprico Lucido gruppo a saettar la nera Notte larvala dell' orrore antico ; Tale appar di que' Sommi in alla spera Luminoso il sembiante , e tutto intorno S' abbella al raggio della santa schiera . Né tace il labbro di Giovanni . — Io torno , Gravemente dicca , Spirti immortali , Dal suol che diede a noi comune il giorno Là del genio niedesmo le grandi ali Scossero il sonno della mente mia , Che pargoletta non pungean gli strali Di quella gloria , che gli umani india : Ersi allora le ciglia , e di cammino Chiuso a' volgari mi s' aprì la via . Vidi Roma , i suoi colli , e di Quirino Poderose le moli , monumento D' eccelso orgoglio e di fatai destino . Qui dell' arte pelasga ogni portento Vid' io raccolto , e dalla egizia sponda Rapile opre di senno e d' ardimento . Par che un' aura vital frema e risponda Da que' ruderi immensi , e dell' edace Tempo disfidi la volubil' onda . Nuovi sensi ridesta , e chiara face Fra le tenèbre d' un passato alluma , Che fu gigante , ed ora in polve giace . DI F. ANGELICO DA PISTOIA 231) Halle passan 1' dadi : (juale spuma , Che dal fluito rimbalza e si dilegua , Se sbuffa in mar la Icmpeslosa bruma ; Tal ne' vasti ipogei |)armi che insegua Un seeol 1' altro , finche lutto alfine Nel cieco sen d' clci-nilà si adegua . Preso di caldo amore alle ruinc D' estinte nazion , l'icco monile Volea rifarne dell' Italia al crine . Che nudata era Italia dalla vile Rabbia straniera , e dislendca la mano A velar del suo crin 1' onla servile ; Disdegnosa mostrando all' inumano , Che le piaghe schernia della meschina , L' indomito Lion del Vaticano . Arsi d' ira a mirar nella rapina Della Madre gli oltraggi , e la nefanda Gioia che i figli alle vergogne inchina . Scintillarmi le luci , e a memoranda Plaga ricorsi , ove d' età vetusta Erba o sabbia coprìo razza ammiranda . Saldo e pronto volere , alma robusta , Forza di membra infaticate e snelle , Dièr coraggio a lasciar della venusta Patria le grazie , a disprezzar procelle , A bravar mostri e ghiacci e sol cocente, Dell' Arabo gli assalti e le quadrclle . 240 GIOVANNI BELZONI Volsi al Tebro le spalle , e alla ridente Euganea piaggia , che mi feo la cuna Di cari vezzi e di gioie fiorente. Vale , dissi dalle Alpi alla Laguna Di te , 0 Marco , superba ; e '1 chiaro nome M' affidò più securo alla fortuna . Non piansi no , ma vacillai , siccome Kave battuta in mar , quando sul monte Mi sparve Italia , e s' arricciar le chiome . Corsi r Elvezie rupi , e sulla fronte Del Gallo m' apparian perle e corone , Brutte di fango e di sanguigne impronte. Bevvi a fiumi d' Iberia , e la canzone Udii del prode Lusilan sul Tago ; La vela rimembrai , che in regione Sconosciuta vi trasse , o gran Propago Di Liguria e dell' Arno , a far tesoro Di nuovi mondi con saver presago. Voracissima fiamma il vostro alloro Nelle fibre mi accende , e dolce in seno Dell' amica Albion trovo ristoro . Che su navi britanne il duro freno Sciolgo a' lunghi desiri , e in oriente Dell' abbietto Alfrican bacio il terreno , Abbietto sì , ma di sovrana mente Sublime allor che al glorioso scettro La temuta piegava emula gente. DI F. AIHGELICO DA PISTOIA 241 Ahi di tanto splendor muto lo spettro Rimane all' occhio indagator del saggio , Né corda ei sente delP antico plettro ! Salve , 0 Patria d" eroi , che un primo raggio Difl'ondcsti di vita, e fatta or doma Di squallido ladron porti 1" oltraggio . Chi fu , chi fu che la brillante chioma T' arruffò sulla faccia i' e nell' arena Ti fé" pasto al crudel che ti dischioma i' Dove il soglio n' andò ? dove la lena , Onde alzasti delubri . archi e trofei , Ed i [ircnci traesti alla catena i' . . . Tace il lido compianto , e sol d' augei Odo un cupo aliar , che più rattrista La disfatta magion de' Tolomei . Slancio il piede animoso , e giunto in vista Del fatidico Nilo , ove di tante Meraviglie il pensier li ricontrista , Veggio , 0 parmi veder la vagolante Schiera dei Re , de' Savi e de" Campioni, Che sull' orbe calcar grandi le piante . Ed accennarmi il suol , che i Faraoni Di colossi illustraro , e sulle glebe Scabri avanzi di reggie ; i padiglioni Del selvaggio brutal dove di Tebe Cento porte s' aprirò al pellegrino , E su Menfi vagar cammelli e zebe . 51 2i2 GIOVANNI BELZOJM Pianto amaro ne verso , e 1' arie affino , Onde a luce miglior trar di Meninone L' immoto busto , che giacea supino Fra le sabbie tenaci , e d' Albione La terra ornar , che nella Donna mia Caldo petto mi die' , conforto e sprone . Stendo Y audace man dove non già Piede 0 sguardo finor , dove di Numi Orma scorgo , o segnai di tomba pia . Nulla pavé 1' ardir ; non infra i dumi Sibilante la biscia , o '1 coccodrillo , 0 la belva che rugge e vibra i lumi . Entro e frugo dovunque il fero squillo Suonò di Marte , e ribollir le vene Del potente guerricr che lungo udillo . Templi ed urne discuopro , né mi tiene Scimitarra cruenta o fame infesta , E la mole disserro di Cefrene . Moli enormi elle son , che con la cresta Frenar tu vedi la bufera estiva , E per entro serbar polve funesta . Palpita il cor , quando un pensier s' avviva Del forte Capitan , che le francesi Armi guidava a fulminar la riva Del Nilo sanguinoso . Alti , ed accesi Di foco marzial , suonami ancora 1 detti e 'i luon de' militari arnesi . DI F. ANGELICO DA l'ISTOlA "J Egli semina slragi , e rincalora Di pugne il campo ; inorriililo il sole Si fa velo alla faccia e si scolora . Io , ili pace cullor , godo alle sole Opre (li vita , e che di moilo regno Bella di nuovo suon fama rivole. Nò qui si arresta il desioso ingegno , Che mi sospinge ad esplorar sollerra Di sepolte cilladi alilo o segno . Ed i gioghi sormonto , onde si sferra Di cocenti sabbioni 1' oragano , Che r arso pellegrin ravvolge e serra . Poso stanco all' oasi , e giro invano A cercar note cose il guardo intento , Quasi errante nocchier nell' oceano . Sol m' arride sul capo il fnmamcnlo , Che d' immenso splendor , d' astri e pianeti Manda lampi e faville a cento a cento . Rendo a Kubi Isamboul , e gli assueti Passi rivolgo a balze discoscese , Memori ancor d' Ebrei fuggenti e lieti . E quel mar mi si para , che le tese Armi d' Egitto divorò , sommerse , Wioto di sangue e senza Duce il rese. Là 've tanta miseria ricoperse De' vecchi abitator dovizia e gesto , Scorgo r alma città , che grande emerse 244 GIOVANNI BELZONI D' arabici commerci : E pur son queste Della sede rogai di Berenice , Grido , le mura ! . . . Alle canore feste Dell' applauso fedcl che il ver ne dice , Veggio a mille inarcar torve le ciglia , E me folle appellar , vago infelice . Acre sdegno mi assai . - Ma non imbriglia Belzoni il cor , che tuttavia la guancia Irta non mostri e di furor vermiglia. Taciturno si sta , quasi in bilancia Voglia r onta librar della contesa : Poi , serenato il duol , segue : - La Francia , Che di vento si gonfia , e geme incesa Di pungente livor , s' altri s' impenna Co' vanni di virtute ad ardua impresa , Iraconda mi guata . Dalla Senna Muove r acuto strai che il sen mi fere , E giù nel fango di gittarmi accenna (*) . Giusta pena del Ciel , che forse intere Per Italia volea cure e prodigi Dell' ausono valore e del sapere . Ed io per altri m' arricchia ! Parigi N" ebbe il grembo fregiato , e 1' Anglo adorno D' ogni sparto sudor n' ebbe il Tamigi . Dinne pure , o Colombo : il fausto giorno , In che t' apparve l' invocato lido , Perchè nefasto si converse ? e scorno DI F. AISGELICO DA PISTOIA 245 Ti recò di rampogne ? Il suolo infido , Che d' oro satollasti e di possanza , PtM'chè di ferri li die premio ? Ah , il nido Tu ancor lasciasti e la materna stanza , Che alte menti produco e le nutrica , E straniera inchinasti empia baldanza . Fuggo r invida piaggia , e V aura amica Torno a sjiirar della natia magione , Che a me le braccia protendea pudica . Ma non tace 1" ardor , che di Bidone Mi richiama alla reggia, e nell" oscuro Africo centro ad esplorar d" Ammonc Le contrade inaccesse . Il freddo Arturo Vidi già , né mi calse: ho fermo in petto Coglier suir Afro suol frutto maturo . Ciò che feci, divulgo: il piede affretto Fra' tùmidi feroci al magno Atlante . Né ripulsa mi vai , che circospetto Drizzo r arduo cammin dove anelante Volar m' é dato a rintracciar del Psigro Fiume le rive , ad espiar cotante Dovizie ascose fra le man del pigro Cafro 0 immondo Gelido , e sul piropo Sdraialo il pardo , 1' elefante , il tigro . Per savanne e foreste ali" Eliopo Passar contendo , ed afferrar la mela Di Siene alle tombe e di Canopo . 24G GIOVANNI BELZONI Vano disegno ! il trionfai pianeta , Che vita infondo e 1' universo irraggia , A me le vene divampando asseta : E languente in fatai landa selvaggia Indarno io chiamo nel morir la Sposa , E la dolce ricordo Itala piaggia . Rompo i lacci pesanti , e ad amorosa Sfera m' innalzo senza vel mortale , Bealo spirto in forma luminosa. Mi abhracciava colà Donna regale, Di gemme coronala in Paradiso , Che innanzi scritto avea : Gloria immortale. Ed a voi mi recava , nel sorriso Che i Celesti rapisce ed innamora , Dove ardilo fanciul sovente assiso Spuntar già vidi la rosata Aurora; Colle ameno di arbusti e di mortelle , E che r Euganeo ciel bagna ed irrora . Io qui , diceva , t' inspirai le belle Brame di nome non caduco , e '1 guardo Sollevaiti di qui sino alle stelle. Quinci or mira la Patria , che il gagliardo Tuo genio cole , ed esultante all' ara Ti sacra con 1' allor l' inno del bardo . E quindi or come la solenne e chiara Luce d' Empirò il crine li circonde , Ed io r accolga nel mio seno , impara . DI F. ANGELICO DA PISTOIA 247 Così la Diva : e dalle patrie sponde Ratto mi leva in la superna chiostra , Le tempie ornalo di vittrici fronde . — Piegar que Sommi in generosa mostra Ai casti detti dell' Eroe la fronte , Che r aureo serto vagamente innoslra . E rimbombar s' intese 1* orizzonte , Ove r astro maggior meglio brillava , Di suon che , nato d' ogni bello al fonte , Lo illustre Nome a Eternità fidava . F. ANGELICO DA PISTOIA (*) Non vuoisi per ciò fare ingiuria alla Francia, ma soltanto far eco alle sapienti parole del Profes. Giuseppe Barbieri , il quale su tal proposito cosi parla nella sua Orazione in lode del Bolzoni : Alcuni Francesi [ eh' io non mi sento di oltraggiare per essi la intera Nazione ) orgogliosi a trombare i meriti propri ,e ingiusti non meno ad arrogarsi gli altrui , gli suscitarono contro avversità , distrette , pericoli , sicché il Magnanimo prese consiglio di lasciar quella terra che pur gli era cam- po di tanta gloria. CRISTOFORO COLOMBO I n gi-embo all' Oceano , Onde il nostro pianeta s' inghirlanda Il Sol già volge le infiammale rote . Ritto sul lido Ispano Un uom sospira alle marine ignote Laddove Y alba vien eh' ora si spanda ; Ed il confin di quest' azzurra landa Già con la mente abbraccia; Vede r opposta faccia Di questa terra , come volle amore , Primo risvesliatore , Ed anela a quel ver che in mille guise L' armonia del crealo a lui promise . 5ti 250 cnisTOFORO colombo Allor pe' vasti mari L' agilissima speme s' avvolgea Lieta d' oro e d' onor promettitrice , Ma i desideri avari Che pingeano al nocchier nuova pendice Sovente 1' omicida onda spegnea . Tu di fraterne gare avida e rea Sposa d' Adria iracondo , Ove il sole apre il mondo Portavi , navigando , i chiari fasti , Eppur costui spregiasti ! Genova , e tu che a lei turbavi il regno , Negasti al tuo Colombo un picciol legno ! Ed ei scuro e mendico , Lunghi anni travagliò di terra in terra , E sempre irriso un nuovo mondo olTria , Finché il Leone antico Che r orbata Castiglia ancor desia Il sospirato varco gli disserra ; Siccome duce a cui rida la guerra , E ad onoralo squillo Spieghi il patrio vessillo , Così l' ardea , Colombo , entro al pensiero L' incognito emisfero , Ed ormeggiasti in mezzo ad onde nuove Un sentier senza quando e senza dove . DI M. u. (ìi;acci-ivukii.k 251 Ecco vcrs' Occidenlc Già si diluuifa V iiilinilo i-allc Ed ogni lido fugge alla vedala ! La tua speme poiciiie , Già da contrari venti combattuta , Ad ogni amata cosa or dà le spalle ; Ecco tra il cielo e tra 1' c(|uorea valle Trovi condegno loco , Che t' era angusto e poco Il vecchio mondo ; ecco sul mar levalo , Dalor di regni , il Falò , Che di due mondi , ambo a fiorir condulli Ti commette le sorli , e spiana i fluiti . Or tu diva compagna , Che seco affronli Y orride procelle , Dell' intatto sentier movi parole ! Lasciava addietro Ispagna La navicella , e discorrea col sole Che incoronato uscia di nuove stelle ; E parca vagheggiar nuove fiammelle Il vivo ago amoroso (I) , E stuolo armonioso Di salutanti augelli apria le penne Su le aspcllate antenne , E il puro ciel noli' alternalo giro Si dipingoa d' orientai /.adiro . 252 CRISTOFORO COLOMBO Ma la turba iremanle Che suir ampio Oceano era sospesa , Da' perenni Euri s' attendea la morte (2) , E la paura errante Contra cagion fatta rubella e forte Maladicea la disperata impresa ; Sì che a mezzo la via t' era contesa , Ligure mio , ma sorto Come face nel porto, Air empia gente d' intelletto priva Promettesti la riva E quella apparve ; allora ogni restio S' atterrava al tuo più siccome a Dio . Ahi quando ., anima eletta , Baciasti alfin la presagita piaggia , L' Ispana insegna dispiegata al vento , Quest' Italia diletta , Sempre a' suoi figli inospite e selvaggia , Ti lampeggiò nel glorioso intento . Che s' ella al tuo magnanimo ardimento Porgea la man materna , La sua possanza eterna Stesa fra il sole e fra 1' opposta Luna , Vinta avria la fortuna , E leverebbe ancor P armata destra Domatrice di popoli e maestra ! DI M. G. GUACCI-KOBIl-E Appiù «li verdi caiiipi Colorali tli vaga primavera Sostò la temeraria navicella ; Sotto i dim-iii lampi Qui saltellava allegra fera e snella , Là concordi augclleili ivano a schiera , Quindi un-, bruna quercia ed un' altera Palma porgeano i rami , E con dolci richiami Un fresco rio dal colle ove pria nac(pu' Spandea le limpide accpic , E guerrier nudi e vergini gioconde llagionavan d' amore in su le sponde . Che rechi , Italo ardilo A quella stirpe semplice e iramiuilla Che non s' aspetta alla stagione acerba ? Sul pacitìco lite Tra sasso e sasso Y oro disfavilla .... Ahi quanto sangue tingerà ([uesl erba ! Ispagna formidabile e superba Cinge doppio diadema , Pensa l' Europa e trema ; A' trionfi non suoi spiega le vele Ambizion crudele , Fuman le Antille in tulle le marino Ricoperte di stragi e di mine ! 255 254 CRiSToroRO colomiio E tu , se manifesta Suona ancora fra noi 1' antica voce , Riedevi su le Ispane ingrate arene Con la fronte funesta , E i polsi stretti pur d' aspre catene , Che ti die' in premio il Castiglian feroce (5) ; Sapevi tu che non fu mai la Croce Di schiavitude insegna , E ad ogni voglia indegna Che il selvaggio inseguia di schermo ignudo , Sorgesti unico scudo ! Oh la pietà che ti commosse il petto Brilla più che 1' altissimo concetto 1 Con ansiosa gara L' Europa tutta omai drizza il cammino Alla terra ad acquisto d' oro usata ; Ma luce non rischiara La tua stanca vecchiezza sconsolata 0 primo generoso pellegrino ! Obblialo sei tu , mira destino ! Fino il nome ti vieta Fortuna immansueta ! Sotto umil tetto dalle inferme spoglie L' a^pia schiva si scioglie , Né detto è pur : Costui che spento cade Tra gli estremi del mondo aprì le strade ! 1>I M. G. GLACCI-^IOBILE 255 Oiicsla perpeliKi tianiiiia Clic laulo amore e lanla luce versa , Fors' è di luminoso aer vestila (4) , Ma in se non serba dramma Della bellezza che alla terra è vila , Anzi è terra di tenebre cospersa ; Così fuor di sé stessa si rinversa Qualche rara viriate , E vivace salute Diffonde intorno e schiude i mari e i cieli , Ma in sé tenebre e geli E pianti accoglie , e i mortali occhi offende , Come il fulgido sol quando più splende . Ogni cosa si volve Entro r abisso del Primo Consiglio Che r Universo al suo perfetto mena ; A'itlima sia la polve , Ma spunti vita libera e serena All' intelletto che del cielo è figlio ! Or levati , o Colombo , e gira il ciglio Su per P acque d" Haiti ; I popoli fioriti , Ivi sotto la Croce trionfale Levan inno immortale , E la vergine America disciolla . Scuole r Europa ancor nel sonno avvolta . 256 crasTorouo colombo (1) Si allude alla scoperta della variazione della declinazione magnetica , fatta da Colombo . (2) Colombo fu primo scopritore ed osservatore de' venti orien- tali detti alisei , i quali faccano temere non facile ritorno alla ciur- ma governala dal nocchiero genovese. (3) Francesco Bovadilla che inviò Colombo incatenato dall' A- mcrica in Ispagna . (4) Si allude ali' opinione più probabile degli astronomi , che il Sole sia un corpo opaco vestilo di un' atmosfera luminosa dalla quale ci verrebbe la luce . M. O. GUACCI-INOBILE FESTA DELLE SPIGHE ANNO II 1842. UNlVERSnV OF ILLINOIS r L u dolio a rimprovero dcir olà nostra , dà sin- golare che ciascuno può definire a suo modo ed ogni definizione esser giusta tanto e' varia d' aspetto secondo il lato da cui si considera , che le pompe e le feste si eran chiuse nei palazzi e nei teatri, lasciale le piazze e le vie quasi ad escluderne il popolo minuto e non facol- toso , al quale le gioie del rallegrarsi eran negate ora- mai , da che un duro lavoro , quasi di macchina , gli scemava Y intelligenza e non gli concedea sicurezza d' un tozzo di pane che gli bastasse alla vita . Forse 1' accusa era ben fondata laddove si proferiva , e convien gemere a calde lacrime su tanta misera condizione di luoghi e di tempi . Ma insiem ne consola il riflettere che noi , privilegiata famiglia del genere umano , se vantar non possiamo quelle che a molli sembrali grandezze del sc- col nostro , ben possiamo con giubbilo mostrar che non 260 FESTA DELLE SPIGHE ne abbiamo le brutture e le colpe , e noi felici se con- lenti della nostra mediocrità di fortune, amanti degli usi nostri, e a questa terra affezionati e devoti, diremo allo straniero die ci bancbelta e ci corrompe, ci abbaglia e ci insulta , ci ama e ci opprime , vostre sieno le feste nelle sale dorate e nei circbi, nostre sien quelle che il- lumina il sole , ombreggiano i boschi fioriti , allegrano i prati e le acque limpide e mormoranti . Queste cose io pensava mentre m' incamminava so- lingo da una mia Villa per luoghi silvestri e disabitati verso il popoloso e fertile Pistoiese , voglioso di vedere il bel giardino Puccini ove una festa popolare , la Dio mercè , sapevasi preparata . Pistoia era vuota , ma la traversavano in fretta Fio- rentini e Pratesi e abitatori di quello stradale, che tutti diretti al Villone me ne insegnavano la via. Dicevano; andiamo alla fiera ; andiamo alla predica ; andiamo al de- lizioso giardino ; e chi da una cosa parca richiamato più specialmente e chi da un altra, ma lutti lieti e contenti come per la certezza di godere uno spasso innocente , affrettavano il passo per prolungarsene il godimento col- r anticiparne il principio , e già gustavano quell' ansietà che spesso , pur troppo , col possesso della cosa deside- rala riman delusa . E già una fila interminabile di ca- lessi e di carrozze d' ogni maniera andava e veniva tra la Città e il desiderato giardino , ed una folla immensa faceva angusta la via . Nò tanta moltitudine d' uomini e di cavalli movevasi a stento , urtandosi disordinata , nò DI COSIMO RIDOLri '2G 1 insolenli eran le ruolo come nelle pompe cillaclineschc , che nessuno qui soprastava colle oziose livree , uè si a- busava d' un titolo o di un privilegio , ma tulli uguali rendea lo spirilo della festa , e le dilìorenze degli abili nascondeva la polvere democratica della pubblica \ia . Entrai nei cancelli , e la vastità del giardino , le allettative dei monumenti , V amenità dei prati, il fresco dei boschi , il trcmulare del lago , il pittoresco del silo mi tennero per qualche tempo solo coi miei pensieri , collo spettacolo della natura abbellita dall'arte, coli' am- mirazione del Patrizio che facea di tulli (pici che in al- tri tempi avrebbe tenuto esclusivo . Frattanto fissava il mio sguardo sopra ogni cosa un Castello , il (|uale custodito e protetto dal gran Ferruc- cio parca ricordare quei tempi nei quali la libcrlà con- culcala e spirante tentava ancora di prolungare la pro- pria agonìa fra le mura turrite d' una privala fortezza . Qui Filippo Strozzi , Pier Capponi , Andrea Doria ma il suono d'una campana tulli chiamava al sermone. Io pure vi accorsi e giunto in faccia ad un sacro Tem- pio vidi un immensa turba aspellar devola dalle labbra d' un Oratore la parola di verità, e cuoprir tutta una pen- dice, e far silenzio profondo, incredibile , quasi fosse (pici luogo deserto . Ed ecco dall' allo del monlicello pietroso , che d' una Croce venerata si abbella, un sacro Ministro dir conccUi d' amore e di pace , confortar l' infelice esor- tando a suo vantaggio chi prospera , a tutti mostrar be- nigno il Signore , voler che tulli 1' adorino e gli piac- 262 rESTA DELLE SPIGHE ciano ringraziandolo dei doni misericordiosamenlc largiti, e facendo di quei doni buon uso. 0 fosse la verità con zelo così apostolico bandita in quel punto dall' Ambrosoli ; o fosse il prestigio di scena così commovente e sublime , io mi credei portalo in quei luoghi , a quei tempi nei quali i discepoli del gran Mae- stro chiamavano i popoli a quella fede consolatrice, che nella carità facendo consistere tutto il precetto muoveva i monti non che le menti ed i cuori , e dilatava una Re- ligione Divina che dovca civilizzare la terra facendo gli uomini degni del Cielo . Ma il sole già tramontava , ed io non potea divi- dermi da quel luogo, che già tutti avevano abbandona- to . Avea r anima piacevolmente scossa dalle cose udite e vedute , e godevo nel prolrarmene col pensiero la sen- sazione . Nò mi partii se non quando la sera inoltrandosi, sparitomi il gran quadro dagli occhi , e ogni illusione con esso , sentii necessità di riposo dalle fisiche e morali pia- cevoli fatiche della giornata . Sorgeva 1' alba ed io percorreva di nuovo il giar- dino Puccini ridestando in me le care rimembranze del di trascorso colla contemplazione dei medesimi oggetti e delli stessi luoghi , che mi avevano interessato sì forte. Ai primi raggi del sole il tintinnar delle squille , il muggito dei bovi, il bisbigliar dei mandriani chiama- vami ai Prati del Commercio , dove si apparecchiava la festa del giorno , il trionfo dell' industria rurale . 1)1 cusiMd niDoi.Fi 2(>5 Sollccili i ciimpngiuioli già popolaviino il luogo , passavano in rivista i Lesliaini , giudicavano delle loro bellezze , stimavano il peso dei capi meglio conformali e più grassi , tentavano d' indovinare quel che più tardi i giudici e la stadera avrebber sentenzialo sicuri, e frat- tanto neir esaminare per gioco e nel discuter scherzando, il prurito del vendere e del comprare cccitavasi poco a poco , e quasi fosse una vera fiera quella mostra di ani- mali scelti e magnifici , molti affari si concludevano . Ma già la Città vicina piena in quella notte d' ogni popolo di Toscana e d' ogni prossimo Slato erasi desta , e la moltitudine che ne usciva a torrenti invadeva il Giar- dino , il quale presentò in quel punto una scena singo- larissima e talmente variata che inutilmente mi attente- rei di descrivere. Piene riboccanti le botteghe elegante- mente disposte a saziar quel fino appetito che la brezza mattutina risveglia nei petti poco usi a quel solilo. Pie- ni i iSegozj dove i sottigliumi e le pannine vendevansi , quasi fosse quello un mercato , e dovunque gruppi d"a- raici 0 di oneste famiglie che lietamente godevano quello spettacolo disusalo, quel purissimo giorno, che nel sereno dell' aria e nella fiorila verdura del suolo parca destinato agli amori della terra col cielo . Ma una tenda si apriva e con essa 1' esame dogli animali condotti a disputarsi le corone offerte dal |)adro- ne del luogo, il quale solamente premiando e beneficando faceva sentire al })0[>olo la sua presenza , al popolo che in quel giorno era il \ero re della festa. Quindi ad uno 264 FESTA DELLE SPIGHE ad uno i bovi più robusti e per le forme pregiali, i muc- chi al più fine ingrasso ridotti , le giovenche più elette e speranza di crescente migliorìa nelle razze, passavano ^ successiva rassegna , per cui del peso o del pregio per vigore 0 per bellezza i varj gradi si stabilivano. Ma in- tanto che gli elementi del giudizio pel numeroso concorso si raccoglievano , io mi volgeva al vicino Ponte Napo- leone singolare edifizio del quale non è mio scopo discor- rere qual monumento . Ma poiché presi a raccontare ciò che più fece battere U mio cuore in quei giorni , dirò del giubbilo eh' io provai mirando colà schierati i frutti che una pietosa istruzione ricava dai poveri giovanetti della contrada, ivi chiamati alla Scuola, ed ivi difesi da ogni viziosa abitudine e guidati invece all' esercizio della virtù . E quella Scuola posta quasi nelle fondamenta della gran mole mi parve sapiente allegoria predisposta a mo- strare come la popolare istruzione e la pubblica moralità siano le pietre angolari sulle quali soltanto può sorger solidamente e durare la gloria vera d' una nazione , e singolarmente lo splendore d' Italia , di cui quell' edificio è una solenne figura . Fisso in questo concetto e più nel futuro che nel presente affaticando 1' ardito pensiero, ve- dea la pittura rilrar col magistero di squisiti pennelli fatti sublimi che ci racconta la storia , ma che i colori fa- cean presenti, e , come visione che vi apparisca nel so- gno , pareami reale ed attualmente vero ciò che non e- ra se non se una memoria . E la scultura avea scelto a soggetto la fiducia in Dio, fiducia eh' io sempre m' eh- DI COSIMO niDot.Fi 26 r; ])i , e che in quel punto io sentiva al suo colmo. Frattanto le sacre note di un cantico venerando che al Sommo Dalor d' ogni bone scioglievasi divotamente dal |)opolo radunato . richianiavannii al prato ove si erano già distribuiti i premj promessi, e d'onde come ad olo- causto i bestiami più eletti ed i frutti più pingui delle recenti raccolte conducevansi al tempio, onde fosse così manifesta la gratitudine degli agricoltori beneficati verso il Benefattore celeste, ed a Lui d' onde ogni bene pro- venne e per cui fu produttivo il lavoro e fortunata lin- dustria, di (juesta profonda e sincera persuasione si ren- desse testimonianza . Stanco e vinto dal sonno io mi svegliava in ora per quei giorni un po' tarda e correndo impaziente al Pan- teon dove temeva che già fosse incominciata la festa , maledicevo quasi li spassi, i giuochi dell' antecedente se- rata, che io volli pur gustar tutti per ammirare un po- polo al quale si aprono i luoghi più riservati senza che vi cagioni il minimo danno , si ofTron fontane di vino e non si ubriaca , si lascia in piena balia di se slesso e non dimentica le convenienze . Cosi le corse , gli spet- tacoli , i giuochi mi eran sembrali altrettanti apparecchi metrici disposti opportunamente a mostrare i gradi di ci- viltà dei Toscani. Entravo frattanto nel Panteon, e già vi erano raccolti i giovanetti che ricevono la loro istru- zione nelle Scuole del Ponle Napoleone , v' erano i loro più stretti parenti e non avean mancato al convegno le 5i 266 FESTA DELLE SPIGHE autorilà del Paese, onde attestare colla loro presenza l'alio interesse che loro ispira questa nobile ed utilissima isti- tuzione . Udivasi intanto con affettuoso discorso mostrare al popolo il pregio e 1" importanza dell' istruzione e dalla ge- neralità dei principj scendendo alla specialità delle osser- vazioni e dei fatti additar luminosamente i servigj che va qui rendendo la carità educatrice . Poi si distribuivano i premj dovuti alla diligenza , al profitto , alla buona con- dotta , e questi premj eran semi di buone virtù perchè per loro slessi preordinali a disporre gli animi giovanili alla liconosccnza , alla temperanza , al risparmio . E le utili invenzioni , e la morigerala condotta , e le belle azioni , tanto più grandi quanto meno boriose , qui erano ricercale e con lino discernimento e con deli- calo modo onorate . Quindi all' inventore (1) di Torchi potentissimi e di nuova forma che si annniravano tra le più singolari produzioni dell' industria meccanica da un lato , e dall' altro al coràggio sprezzator della morte che salva più vittime d' una vorace fiumana, alla pietosa che accorre a sollevar nel silenzio 1' umanità languente per improvvisa sventura , largivansi medaglie d' oro (2) e parole che più dell' oro valevano in si solenne occasione. Cosi sembrommi chiudersi a poco a poco ben de- gnamente una festa che preconcetta nell'interesse del po- polo effettivamente serviva allo scopo con mezzi d' ogni maniera . Uscivano intanto i giovanetti dal Panteon mo- dulando con facil metro e tenera melodia 1' inno della ni COSIMO Kinoi.Fi 207 riconosociua e ilol liiiiìraziainonlo , e si avviavano alla iiioiisa ove coi loro parenti assiilovansi, e ilovo il gonc- roso Puccini nioslravasi a tulli padre aftelluoso ed illu- minato perchè del vero loro bene sollecito , e conipari- vano i maestri come zelanti tutori di quella età general- nienle così negletta e pur così interessante . Questo quadro di famiglia , quella inattesa sce- na , parve agli spettatori , che poco numerosi ma scelti ne godevano inteneriti , il \m caro, il più delizioso mo- mento che la filantropia dell' uomo singolare , il quale da tre giorni avea potuto trattenere in modo sempre variato ed eletto un immenso concorso , avesse sapulo immagi- nare e disporre . Qui la misura fu colma per me ; e vo- lendo pur dare libero sfogo agli alletti e restar solo coi miei pensieri , ma non dipartirmi ancora da luoghi si cari , lasciai la Festa delle Spighe , questa patriotti- ca ed utile perchè annual ricorrenza , col vivo deside- rio di goderne altra volta ; e salendo un erto sentiero onde guadagnare una vetta da cui dominare il ridente giardino e godere ad un punto della vista incantevole della sottoposta Città e delle adiacenti campagne , mi trovai sotto 1' ombra d' un altissima Torre sacra alla me- moria dell' ultima giornata combattuta da Catilina . (1) Paolo Corsini meccanico pistoiese valentissimo e modesto artcticc che poco fa moriva lasciando gran desiderio di sé . (2) Vedi la Medaglia impressa in principio . COSIMO «IDOI.II MACCHIAVELLI LA STAMPA LE ROGAZIONI *'. 1 I É ^ / Jff/r///f/ /if//(> ■ / O/zUi-f/i/'r-rry /,ii.l/ii)/t>/i//t/f/r'//i-li//rif LIBRARY UNIVERSITY OF ILLINOIS URB^^iA NICCOLO MACCllIAVKLLI MAESTRO DI I.IIIERT.v' DI UEOO DI GlEURA l'ITTOR DI COSTIMI ESEMPIO DI FACOIMDIA C.RA^i PECCATO DI FORTI^IA O^iOKE IMMORTALE d" ITALIA RICEVI QIESTO MO>lMEÌ>TO DA ISICCOLÒ riCCIM CCLXWWIII A>K1 DOPO LA TLA PARTITA. Pietro Giordditt ytESTA COLO!>>A Di FERRO LA FECE FODERE >EL MDCCC\X\X MCCOLÒ PICCI.M PER RICORDARE AGLI lOMIM IL COMPIMENTO DEL <^)LARTO SECOLO dall' I>VE>ZI03iE DELLA STAMPA . N. P iVi sono quelle medesime che ti dissi la nml- tina del lo agosto anno passato, quando ne parla- vamo insieme, passeggiando pel tuo delizioso Giar- dino in compagnia di Lenire , e prccisainente nella piazza a Niccolò dedicata . Se nel leggerle non ti sembrassero di quella persuasione come ti apparvero sentendomele pronunziare , incolpane allora te sles- so per aver loro dato in quel giorno più peso di quel- lo che si meritassero , e non per questo volere amar meno chi si può ripetere con tutta sincerità Di Firenze 13 Jprilo I8i5. Tuo AITiìio i>i>oci;>zio »;i viii'U.iu NICCOLÒ MACHIAVELLI niARIETTA CORSINI E. i(l a che pio far rivivere insieme due personag- gi , la di cui domestica istoria non altro suona che di- spute e querimonie ? Pietà voleva che si rispettassero nel tranquillo e religioso silenzio , anzi che rinvigorir con un soffio di vita le sopite discordie . — Se qualche fasli- diosetto Lettore , dalla sola intitolazione de' nomi , mi credesse verso di quelli , o sconsigliato, o scortese, il pre- gherei per la fama colossale del Primo, a sospender le ma- raviglie, e se gli reggerà V animo di star fermo alla mia leggenda, verrebbe in chiaro delle mie contrarie intenzioni, disposte più che a rinfiammare antichi lamenti, a render più viva una maritale alTczione . — Il malumore che senza posa vuoisi avere esercitato Marietta Corsini, con- tro il marito Kiccolù Machiavelli , è divenuto di cre- denza così popolare , che il i»resumer di sradicarla, par- 27(> MACHIAVELLI rebbe piultosto orgogliosa che protìUevol fatica . . Non per questo mi scoraggirò per tentarlo ; fondamento prin- cipale dell" insidioso grido fu qnel famoso arcidiavolo Belfagor , nella di cui spiritosa novella , i nemici di Nic- colò , immaginarono riconoscervi , come in lucido spec- chio, la sua riflessa figura, quasi simbolo della fastidiosa vita che conduceva come marito . Calunnia fu questa che s ingenerò in quella secreta malevolenza , che suscita quasi sempre un sovrumano intelletto ; e le umane per- fidie mal potendosi sostenere venendo a viso scoperto alle prese con la mente di Machiavelli , gli calunniarono il cuore di Mariella , nella vile speranza che 1' acuta offesa facesse piaga in (piello di Niccolò . Ma il tempo che si ride d' ogni iniqua , o favolosa macchinazione , e che d"un fiato spegne il più vituperevole incendio , ha scoperto alla luce degli occhi mici non impugnabili scritti , perchè ser- van di leva onde atterrare e distruggere un tradizional monumento inglorioso alla lor tenerezza. Nella ferma in- tenzione , prima che termini la mia vita , di riaccostar- mi, al cuore di Machiavelli per considerarlo acceso di patriottico e domestico amore , fino a che non gli si spense per 1' eccessività dell' affetto che portava alla Pa- tria , scendo alla dichiarazione del mio concetto . Se r ordine e la chiarezza entrano per qualche cosa onde stabilire il principio vitale del vero, credo utilissi- mo mettere a parte i miei pochi Lettori del dove io trassi le buone ragioni a sostegno del piacevole assunto. E per- chè non s' attenda a cose maggiori di quello che sono in DI I?i>OCEISZIO GIAMPIERI 277 sostanza , mi farò a dire clic la iiieclita ronispondcnza tcniUa da Biagio Buonaccorsi (1) con ISiccolò Madiia- voili mi ha servilo di cocente stimolo , e guida per im- pegnarmi in più rilevanti ricerche. Se al desiderio cor- rispondesser ^\ì effetti , lo vedremo in appresso . Ogniqualvolta 1' interesse e la politica della fu no- stra Ropuhhlica comandava il Segretario della seconda Cancelleria presso alcun Potentato italiano o straniero , Biagio Buonaccorsi era il designalo a rappresentarlo in Firenze nella mente e nel cuore ; onorificenza a cui a- vrebbero ambito ed ambirebbero i più chiari intelletti ileir universo , per vedere così consacrala la loro ammi- razione ed amicizia per il più sublime ingegno d' Italia. Quando nel burrascoso Consiglio de' Dieci occorreva so- stenere , e spingere innanzi la opinione ed il parere di Niccolò , il Buonaccorsi era il primo a dichiararsene il caldissimo partigiano , perchè il partito ne trionfasse ; e se neir interno della famiglia dcsideravansi utili e pronti provvedimenti , Biagio era in diritto di consigliare e di provvedere . Le molte lettere che di Lui ci rimangono , e che tuttora inedite con religiosa custodia si conservano nella Imp. e R. Biblioteca Palatina , chiaramente dimo- strano a (piai punto di fiducia e di reciproca confidenza era giunta la loro amicizia . Dalle più serie ed impor- tanti comunicazioni , relative ad affari di stato, e che si •rovano espresse dal conveniente e sostenuto frasario, si fa passaggio , e non tanto di rado , a queir abbandono di parole , e di forme da far distinguere non solo la (pia- 278 MACniAVELLI lità del varialo argomento , quanto la fusione e la fra- tellanza de' lor sentimenti. E framezzo a queste amiche- voli dicerie , bene spesso vi figura il prediletto nome di Mariella , e mai per appicco di rimprovero e di rimbrotti, ma di benevolenza e d' affetto. Di questa autentica cor- rispondenza io mi varrò per stabilire 1' anno in cui Nic- colò si prese in moglie la Mariella Corsini , epoca i- gnorala da tulli i biografi di Machiavelli , non escluso Pompeo Lilla , ed Arlaud di' Parigi (2) , il quale ulti- mo con poca esattezza la fissa circa il 1505, senza ga- rantirla di alcun documento . Dopo tali necessarie premesse , parrebbemi tem- po perduto , se mi dessi a ritesser la vita di Machia- velli , del quale, anche i meno benevoli alla lettura, ne sanno tulle le vicissitudini e l' importanza : perciò senza trattenermi più a lungo in oziosi preliminari , vengo al- l' anno , in cui la nostra Repubblica , giovandosi per la sesia volta della sua politica come uomo di Stato , e della sua facondia come Oratore , lo inviava nell' ottobre del 1502 in commissione al Duca Valentino in Romagna . Dall' ottobre suddetto fino al successivo gennaio 1505 tenne sua stanza in Imola per sodisfare all' incarico ri- cevuto , ed era là dove la Repubblica, i familiari, e gii amici gì' inviavano tulio dì lettere amichevoli ed officiali. Intanto 1' operosità di Biagio Buonaccorsi non si stanca- va , messa anche a confronto con quella del Segretario Marcello Adriani che non rifinava a spedir lettere e ca- vallari . Nello scorcio di quella che gì' inviava nel 18 ni iNisocLNzio GiAìificni 279 ollobrc ci U'ovo scrino « Le vostre lettore di (lucstu inal- » lina ho niaiuiale tutte ad posta et fidalanicnte . Kx- >> pedo il velluto da Lorenzo, et da Madoinia Maiietla » il farsetto , et subito havuto vi manderò omnicosa, el » se altro vi accade , scrivete . Scrivendo , Lorenzo mi » ha mandalo il velluto , et così per il presente latore, » che sarà Baccino , ve lo mando , et con epso il far- » setto , che pure siate uno gaglioffo , poichò ad posta » di un braccio di Damasco , voi volete portare una cosa » tutta unta et stracciata : andate ad recere , che voi ci >> farete uno bello honore . Mona Mariella mi ha man- » dato per il suo fratello ad domandare (juando torne- » rete , el dice che la non vuole scrivere ., et fa mille » pazzie , et duolsi che voi li promettesti di stare otto » di et non più : sicché tornale in nome del diavolo , » che la matrice non si risentissi, che saremo spacciati » con frate Lanciolino » . E nella successiva del 2L » E' mi duole non vi bavere servito in tutto , perchè » Mona Mariella vostra ha sapulo di questo Lucchet- >> tone , (5) e fa mille pazzie , et se voi non havessi » allogato la pulta sua sì bene , come havete, starebbe » di mala voglia , ma desidererebbe intendere le cir- » cumstantie della dota : il donamenlo et altre cose e » ad ordine , el tutte le cornacchie di sardigna verran- » no ad honorarla et accom|)agnarla honorevolmcnle. » Ed in (jnelle del 1 , 5 , 13 e 15 novembre , si i-am- nienta sempre la Mariella nel miglior modo possibile di buona armonia . « Io mando ad Madonna Mariella (|UC- *i80 MACUIAVELLI » Sto cavallaro , ad sapere se la vuole nulla . — La » lettera alla Marietta mandai subito , et così manderò « r altra ad Andrea . — A Lionardo ho dato la poliza, » che riscuota quelli due fiorini che vi toccano ora del- » Y accatto, et havendoli, li manderò ad Madonna Ma- » rietta ec. » Con queste sei splendide citazioni , resta fuor d'ogni dubbio trovata 1' epoca approssimativa del matrimonio di Niccolò con la Corsini , accaduto possibilmente sui pri- mi del 1502, e mai 150S, come presume lo scrittore francese. Se dal contesto di tali lettere pretendessi rile- vare la buona e durevole intelligenza dei due congiunti, avvolti sempre nella poetica atmosfera nuziale , mi po- treste in appresso pigliare in falso, non potendosi imma- ginare neanche dal più miscredente di pace matrimonia- le , che si possa venire così presto alle brutte , a meno che non si rincontri in alcuno de' due un irresistibile or- gano del litigio . Mi compiaccio per altro della fattami concessione , considerandola come il buon augurio per proseguire con favorevol successo 1' intrapreso canmiino. Tornalo il Machiavelli in Firenze non appena vi si fu riposato per soli due mesi , che una sollecita riso- luzione del Consiglio de' Dieci, del 26 aprile 1503 lo rimetteva in corso per Siena presso il magnifico Pan- dolfo Petrucci ; e Kiccolò sacrificando al dover della pa- tria r amore della famiglia , dispose tosto della sua per- sona e capacità a profitto dell' affezionata Repubblica . La durata e le resultanze di questa missione ci restano 1)1 I>">'OCE!VZtO CI.VMPir.RI *2SI ignote per la mancanza di scrilluro in proposìlo. A que- sta di Siena tenne subito dietro V altra per lionia , de- liberata dalla medesima Autorità nel 2i ottobre , anno suddetto . neir unico scopo die Niccolò cooperasse a te- nerci in ])uona armonia col Papa cbe dovevi\ succedere a Pio III , e che fu il Cardinal Giulio della Rovere, co- nosciuto nella gerarchia papale per Giulio II . Obbligalo dalle Decenìvirali disposizioni, dovè il nostro Segretario abbandonar di nuovo la sua famiglia per ol)bedire al vo- ler della patria . Ignoro se la nostra Republdica, avesse per qualche suo segreto e particolare Statuto vietato ai suoi Rappresentanti di portar seco la moglie quando andavano comandati ; ma se a ciò non provvide con legge speciale , le riesciva ottenere il medesimo elTetlo con al- tro mezzo , meno violento , ma non meno efficace . La meschinità di lire dieci per giorno , cioè il doppio della provvisione assegnatagli stando in Firenze, era un osta- colo forse della legge più concludente per condur seco moglie e famiglia, e tal parsimonia di jjagamento cagio- nava spesso dcgl' interminabili e giusti lamenti . Ma sia come vuoisi , Machiavelli partiva solo , ed un' attiva corrispondenza con le persone a Lui care , gli faceva sentir meno il dolor della separazione , e gli addolciva la molta amarezza di starne così spesso lontano . La legazione presente finì nel 16 dicembre, e cosi diede uno spazio larghissimo per fare un secondo espe- l'imenlo della instancabile attività di Biagio Buonaccorsi , e \^er andar noi persuasi di come andavano a ristringersi 5G 282 MACHIAVELLI ctl a farsi più graditi i legami di MaiicUa o di Niccolò, legami che per me non si allentarono , né si ruppero mai , che che ne dia falsamente a supporre la mala gri- da del popolo non ispiralo , ma divenuto malizioso, per- chè avvelenato dal pestifero fiato dell' arcidiavolo Bell'a- gor. Biagio , r amico d' ogni fortuna di Machiavelli , restò , come sempre reslava in Firenze 1' uomo della il- limitata e santa fiducia , e questa volta occorreva più dell' usato la sua sperimi-nlala amicizia per avere in più calda raccomandazione la Marictta , sul punto di parto- rire . Il Segretario partitosi per la sua missione sulla fine di ottobre, fu raggiunto da una lettera dell' amico, con data del 2 novembre , nella (piale leggevasi « La Ma- » rietta per ora non ha partorito, et se non che il mio » fanciullo è stato malissimo, et ancora non licva capo » del primaccio , vi harei mandato la Donna ; andravvi » subilo potrà , et di tutto sarete advisato » . Questo desiderato parto ebbe luogo nel dì 8 novembre, ed ecco come Batista Machiavelli ne comunicò la notizia al suo parente nel giorno 9 successivo . « Compare mio hono- » rando — Voi havcte auto uno bello et vispo figlio- » lo, il quale questo dì s' è baptezzato honorevolmenle, » come richieggono le qualità vostre : che Dio ce lo » preservi di buona mente e di corpo valido » . La bela novella gli fu confermata nel 15 dall' invariabile amico Buonaccorsi nel modo seguente : « Il vostro figliolo et » la Marictta sta bene , et così tutti gli altri vostri, et DI niSOCENZlO Gì VMPIERI 283 ■« qua vi dosidcnino » . Meglio però, e più (lilTiisomenle in quella del 17. « A oi doverrcsli esser chiaro , che uellc » cose che v' imporlano , io non le ho allriineuli mai » havutc a cuore , che le mie proprie , et \)cvò se vi » scripsi del fanciullo mastio , vi scripsi la verità , et » di più vi dico , che la Mariclta 1" ha dato a halia qui » in Firenze , et lui et lei sta bene , grafia di Dio , » A' ero è che la vive con grandissima passione di que- » sta vostra absenlia , nò vi è rimedio , et quando la » Lessandra (i) potrà andarvi non ne mancherà , che » pure Domenica vi fu , et lei et io pensiamo sempre » ad farvi piacere : così pensassi voi ad me . Erami scor- n dato rispondere alla domanda vostra degli altri com- » pari che furono — Messer Battista Machiavelli , Mes- » ser Marcello , (5) Lodovico , (6) il Capitan Dome- » nico et Io ; di bella brigata e dennovi tutti grossi nuo- » vi. Bene valete. » Ed in quella del i dicembre. « » La Marielta non ha potuto fin qui scrivere per essere » stala in parlo , credo lo farà per lo avvenire , eppure » hieri v' andò la Lessandra , et perdio non è possibile » farla acqucscerc che stia in pace » . La puntualità del tcslo mi leva 1' obbligo d' ogni commento . Dal 1504 air agosto 1512 Machiavelli fu senza riposo adopralo dal nostro Governo nel disbrigo di 24 commissioni diverse , fra le quali furonvenc delle lonta- ne , come quelle eseguite in Francia ed in Alemagna , e per lutto riportò quel trionfo , che anche la politica accorda alla superiorità delT ingegno . Potrei a^soriio. che 28 i MACHIAVELLI anche in qneslo lungo periodo di nove anni, vi saranno stale , e chi sa ([uanlc mai leslimonianze scrille della continuila della loro affezione , ma non trovandole nella citata corrispondenza del Buonaccorsi , non saprei dove eflìcacemente cercarle. Il silenzio però dell' amico osser- vato in quelle da me riscontrale , mi tien luogo di fa- vorevol conferma , non potendo figurarmi , che la di lui franchezza si dovesse smentire messa alla prova del ca- so contrario . Credo poi che tre anni circa di esperimento matrimoniale siano anche di troppo , per sviluppare, am- messane la preesistenza , que' germi di malumore , che si covano nella varietà delle inclinazioni e de' sentimenti , e che maturati dal tempo diventano la mala semenza della division degli affelli . Ora se neppur 1' ombra di tali dis- sidi i venne a perturbarne la pace , come ne siamo assi- curati dalle lettere riprodotte , convien credere , o alla deficienza dei discordi elementi, o che le basi della loro concordia avesser fallo tal presa, da reggere all' urto di quaUuKiue scossa. Ma perchè spremerci tanto la fantasia per farne escir fuori lambiccate ragioni, quando Mariella e Niccolò ce ne danno delle incontrovertibili ? La procrea- zione dei figli ò la testimonianza irrecusabile e viva del più alTettuoso amor coniugale, e nei cinque che deriva- rono da quella unione nel corso di 21 anno ed in 25 di matrimonio , fa d' uopo riconoscervi allrcttanti argo- menti della loro concordia . E se ciò non quadrasse agli insipidi parlilanli dell' Epigramma , consultiamo allora il cuore e la fede di Niccolò , e le sue parole formin sug- DI i:\?iOCE!NZIO GIAMPIEKI 285 gcllo alle nostre dubitazioni . Machiavelli fu e sì man- tenne povero, ma la sua povertà non fu mai sottomessa alla vergoiina di un vituperevole incauto , e Y animo suo resse incontaminato fino all' ultimo lìato dalle sozzure della viltà. Egli era tale da schivar sempre la dura necessità di mentire in l'accia a se slesso ; e quando volle con Y atto più solenne della vita dell' uomo , testimoniare alla mo- glie la contentezza d'averla avuta a compagna, santificò la giustizia che le era dovuta , e le parole scritte non erano che la genuina traduzione dei sentimenti del cuo- re. Nel d'i 11 novembre lìill fece Niccolò il primo suo testamento, non spinto a quella sollecitudine da nessuna nccesàilà , non cpntando che appena 42 anni, ed in tutta la potenza delle sue forze, ma unicamente per contesta- re , in caso di fatale accidente , alla sua Marietla le prove della affettuosa benevolenza e fiducia . Per chi gradisce farne lettura , non conoscendolo, gli sarà facil cosa, tro- vandosi unito alla ristauìpa di tutte le opere . Il ritorno della dinastìa Medicea al timone della Repubblica , allontanò il Segretario da ogni pubblico of- fizio , in vendetta di aver sostenuto la esclusione di quella famiglia ; ed Egli rientrando nella vita privata di sem- plice cittadino , si dedicò ai prediletti suoi studi . Alla corona che erasi meritata come uomo politico , volle u- nire la seconda non meno onorevole di celebrato scrit- tore . La miglior parte delle opere maggiori fu compo- sta dal la 12 al l'>21, nei quali nove anni accarezzò le muse e la storia. I discorsi sulle Deche di Tito Livio, 286 MACHIAVELLI r Arie della guerra , e le Istorie apparlengono a qucslo periodo ; e se vogliamo dar fede al signor Arlaud di Pa- rigi , anche 1' arcidiavolo Belfagor riconosce 1" epoca sles- sa. Siipposlo per un niomenlo che il Protagonisla di quella novella rappresenti le non invidiabili condizioni di Nic- colò Machiavelli rinipetto alla sua Mariella , bisogne- rebbe tener per certo che le controversie maritali fossero salite sì alto , da non poterne reggere il carico ; e che Egli pieno fino alla sazietà del miserevole stalo , si sia raffigurato nell' arcidiavolo Belfagor, perchè ne derivasse vergogna alla moglie . Di chi parliamo , o Letlori , di Pietro Aretino , o di Niccolò Machiavelli ? Se il primo era così infangato nelle schifezze da non vergognarsi di metterle al sole , come cose degne di luce , il secondo sentiva tanto il proprio decoro da nasconder perfino un impercellibii difetto . Egli , Niccolò Machiavelli , farsi argomento di una consimil novella ? Esporre al chiaro di mezzogiorno le sue private sciagure, perchè i nemici lo malmenassero come ridicolo? Per darsi a questa opi- nione , bisognerebbe non aver mai letti gli scritti di Nic- colò , 0 se letti , non aver penetrata V avvedutezza del suo carattere , né la circospezione delle parole . Crede- rci piuttosto , che trovandosi nell' identico caso, egli fosse capace di scrivere in modo da far credere il suo con- trario , che autenticarlo con 1' esplicita confessione . La- sciando che altri opini come più e meglio gli aggrada , per me dirò sempre 1' ai-gomcnto di quella novella un' ap- plicazion favolosa . E che bisogno e' era per uno scrittore DI IIMNOCENZIO GIAMPIF.UI 287 di sì fervida faiilasia di mendicare la leggerezza del fallo nella vcrilà della storia ? E quando ne avesse ricevuto da questa il primitivo concetto , perchè stabilirne la sce- na, e gli allori sotto il domestico letto i* La città nostra, ed in questo rapporto ogni cillà ò 1' universo , non po- teva sentir penuria di sì falli accidenti . Per quanto mi sia dato portarvi un plausibil criterio , dico che Machia- velli dojio aver faticalo Io spirilo in soggetti di lunga lena , lo volle riposare in quella piacevol novella , come si adagia il corpo su fiorita collina per ristorarsi d' un penoso viaggio . E se pretendcsi che il primo eccitamento gli venisse da un altrui domestico esempio,, allora vi ri- conoscerò la penetrazione del sottile ingegno di Niccolò, il quale con la vista dell' intelletto più acuta di tutti , avrà voluto con quel racconto porre in rilievo il preci- pizio che si forma da un lieve principio di disaccordo sociale . Senza che più m' inoltri nella facil confutazione di simile assurdità , ritorni per la seconda volta in giu- dizio r inallerabil cuore di Niccolò e lui stesso riveli quali erano i suoi scnlimenti nel 1522 verso Mariella Corsi- ni . Un nuovo testamento compilalo nel 27 novembre ■Io22 a conferma del primo, dirada le nebbie di quella macchinazione immaginala dalla vile malevolenza do' ne- mici di Niccolò. Questo pure è stampalo ed alla portata di tulli i curiosi . Che più si vuole per rimaner convinti dell' ange- lica pace de' due congiunti ? — Restano ancora a Nic- colò cinque anni di convivenza con Mariella , e questi 288 MACHIAVELLI potrel)bero esser principio di doinesliche disseuzioni. — A me piace divider con voi l' ingiurioso sospetto , pur- ché a me diate il diritto di combatterlo con arme sì po- derosa, da fare inutile ogni difesa. — Se dubitate de'miei argomenti , se giudicate artifizi di raffinata politica le te- stimonianze di Machiavelli , rompa le leggi della natu- ra , e del tempo Y offesa compagna di Niccolò, e venga in persona a vendicarsi deli' oltraggio fatto alle sue virtù matrimoniali . Siamo al 1524, e per aver ripreso da qualche anno il maneggio de' pubblici aiTari , il Machia- velli era in Roma, forse a far riverenza al Cardinal Giulio de' Medici suo protettore , che fino dal 19 novembre del precedente anno era Papa Clemente VII . Marietta Io raggiunse in quella città con una sua affetluosissima , che slimo una gran fortuna poter pubblicare avanti di tutti • « Spectabili viro INicholao Bernardi Machiavelli-in Ro- » ma. — A nome di Dio , a dì ... . ir>24 — Ca- '> rissimo INicholò mio . Voi mi dileggiate , ma non ne » havele ragione , che più rigoglio arci se voi fussi qui : )> voi che sapete bene , come io sto lieta , quando voi )> non siete quaggiù , e tanto più ora che m' è stato detto « che costassù è gran morbo . Pensale come io sto con- >> tenia, che non trovo riposo né dì né notte. Questa è « la letizia che ho del bambino ! Però vi priego mi » mandiate lettere un poco più spesso che voi non fate, )' che non ho haute se non tre. Kon vi maravigliate se « io non vi ho scritto , perchè non ho potuto , e* ho aula » la febbre . Insino ad ora non sono adirata . Por ora DI i:s?iocE>zio oiAMi>iKni 289 » il bambino sta bene : somiglia voi. è ijiauco come la » neve, ma gli ha il capo che pare vellulo nero, ed è » peloso come voi, e (la che somiglia voi, parmi bello; » ed è vispo che pare che sia sialo un anno al mondo, » e aperse gli occhi che non era nalo , e messe a ro- » more lulla la casa . La bambina si sente male . Ki- » cordovi di tornare . non altro . Iddio sia con \oi , e » guardi\ i . Mando\ i un farsetto, due camicie, due faz- » zolelti , e uno sciugatoio — Vostra Marictta in Fi- » reuzc . (7) Qui finirebbe la mia missione destinata a discol- pai-e la Marictta Corsini di poco amorevole verso il ma- rito ; ma perchè troppo bene si aggiusta con quella let- tera un brano di altra lettera diretta da ISiccolò a Guido suo figlio , mi si perdonerà che io lo riporti , sebbene trovisi fra quelle stampate . — Scrive da Imola nel 2 aprile 1527 — « Saluta Mona Mariella , e dille che » io sono stalo quasi per partirmi di dì in di, e cosi sto , » e non ebbi mai tanta voglia essere a Firenze quanto » ora : ma io non posso altrimenti . Solo dirai che per » cosa che la senta , stia di buona voglia , che io sarò » costi prima che venga travaglio alcuno. Bacia la Bac- » Cina , Piero e Tolto , il (|uale urei avuto caro inteu- » dere se gli è guarito degli occhi. Vivete lieti, e spen- » dete meno che voi potete , e ricorda a Bernardo che ■> attenda a far bene, al quale da 15 giorni in qua ho » scritto dna lettere , et non ne ho risposta . disio \i '> guardi lutti o/ 290 MACHIAVELLI La grand' anima di Machiavelli spirava nel 22 giu- gno 1527 , e Mariella ne raccolse 1' ullimo anelilo, con quel medesimo affetto che gli aveva dimostralo vivendo. (1) Biagio Buonaccorsi autore del Diario dei successi più impor- tanti seguiti in Italia , e particolarmente in Firenze dall' anno 1498 al 1512 . Fiorenza , Giunti , 1568. in 4. (2) Machiavel , son genie , et ses crreurs . Paris , Didot , 1833 T. 2. in 8. (3) Accrescitivo di Lucco, cioè Lucco magniGco: voce che in que- sto signiQcato manca nel Dizionario degli Accademici della Crusca. {'*) Moglie di B. Buonaccorsi . (5) Marcello Adriani . (6) Lodovico Corsini , padre della Mariella . (7) L' autografo di questa lettera trovasi nella privala Biblioteca del Sig. Marchese Tempi . LA STAMPA È questo il loco ov' io sì cara parlr; Passai di desiosa giovinezza ;* Ove più vissi ? Ove Naliira ed Arie Più mi slillaro in sen di lor dolcezza , E intera sorse dalle forme sparte , E r invocata vagheggiai bellezza ? Son queste Y ombre a cui fidai del canto L' audace speme e della vita il pianto :' A me incontro si faimo amiche e pronte Le sembianze del loco , ovunque io miro Qua salda torre di merlata fronte , Là d' agili colonne ordine e giro ; Ecco r ampio palagio , il nobii ponte , E , più soavi al memore desiro , Il verde laberinto , e lieto e vago Dell" isoletla o delle sponde , il lago . •21)2 lA STAMPA Oh quanto poi che fei di qua parlila , Sostenni del furor d' avversa sorte ! E sanguinante ancora è la ferita Del fiero colpo che patii da morte . Pur non so qual dolcezza qui m' invila Cui dell' alma non so chiuder le porte ; Qui per la prima volta il suo dolore Sente alleggiar senza rimorso il core . Sei tu spirto del mio tempo primiero Che fai liberamente a me ritorno , E vieni avvivator del mio pensiero Or eh' io ritrovo 1" antico soggiorno ? Sei tu spirto salito al sommo Vero , Sei tu , padre , che aleggi a me d' intorno , E mosso dall' amor che in Ciel non tace , Infondi forza in me dalla tua pace i' Di suhito m' investe e m' avvalora Un ardimento che non è terreno ; Sento la diva Poesia che ancora Movesi dentro al concitalo seno ; Tale ferve il j)ensier che parte fuora Abbonderà del carme ond' io son pieno : M" aggiro e cerco e m' inginocchio a' sacri Fra le piante cosjtnili simulacri . DI ALESSANDRO POr.KK» 293 Pria saluto il Cantor del trino regno , Supremo vanto della patria ingrata ; Veggo la fronte splendida d" ingegno Profondanienlo dal dolor soleata . Altra , io selamo , non giunse a tanto segno Anima nel mortai corpo legata ; Se te tornalo in Ciel 1" Italia obblia , Vile ed eterno il suo servaggio sia . Poscia onoro colui che nuovo mondo A Genova natia prolTerse invano , Ed implorò mendico e vagabondo Un naviglio a varcar 1" ampio Oceano . L" ebbe ; e gli die delle catene il pondo Premio d' aggiunti resni il rege Ispano , C.be con tarda pietà quelle disciolsc , Ma seco il Grande ncll" avel le tolse . Altro esemplo di gloria e di sventura , Il Colombo m' appar del firmamento , Che divinando interrogò ^Natura E senti della terra il movimento . Poi gli occhi si coprir di notte oscura ; L" inquisitore 1 intelletto spento Voleva : ei vinto alle crudeli prove Ripeteva sommesso-. Eppur si muove . '-ii)| I,A STAMPA Ma Ira le sculle immagini severe Agli erraiili miei passi un dì sì noie , E che m' è giovinezza il rivedere , Qual nova cosa 1' occhio mi percuote ? Veggio ferrea colonna sostenere L' augel eh' unico il Sole affisar puole ; Neil' oro al volo 1' alleggiò 1' Arlisla Sì che diresti che dell' aere acquista . INel bellissimo loco a far memoria Di che r eccelso monumento sorse ? A qual Eroe fu posto ? A qual vittoria ? 0 con vivida imago espressa è forse Tutta delle romane armi la gloria Neir aquila che vinto il mondo corse ? No , ma r ardito simbolo figura Vittoria d' inlellello alla e secura . 0 dolce amico , o mio fralel d' amore , Che sei signor di sì cortese ostello, E benché da Fortuna abbi favore , Ardi del Vero , palpiti del Bello , No , da te non polea debito onore Fallir d' opra di gello o di scarpello All' arte onde più ratta e più lontana Va col pensiero la parola umana . DI ALl:SSA>UKO fOLRlO Da chi . se non da Dio , vien la loquela , Primitivo miracolo per cui E mente a mente e core a cor si svela , E r uom , di sé maggior, vive in altrui:' Ma fuggitiva nell' aere si cela La parola che usci de' labbri sui . L' uomo , aspirando all' avvenir , di fisso Note alla vista incalenolla , e scrisse . Così fu del pensier custode armala, Ma r intera sua possa in lei sol venne Quando sé riprodur , quasi specchiala Luce , il segno poteo che la ritenne ; Allor levossi , e vincitrice alata Dello spazio e del tempo allor divenne . Ecco apparir l' infaticala Slampa ; Oh quant' orma di Dio quivi s' accampa ! Forse non senza provveder divino Fu che donde scoppiò la rea tempesta , Che il vecchio sonmiergea mondo Ialino , Dopo secoli molti uscisse questa. Che della nuova età porta il destino , Ammenda gloriosa e manifesta . Dalla terra , o Germania . abbi perdono : St' fu lunga l'ingiuria, derno è il dono. 290 LA STAMl'A Ed a significar misticamente Che tra loro gì' ignoti allVatelIavii E che assidua saria forza crescente Liberatrice d' ogni gente schiava , Non fu concetto d' una sola nienlc , Ma fu trino il pensicr che la creava , Come da tre grand' alme in una idea La Libertade elvetica nascea . Piacemi qui tra i forti e generosi Scriltor d' Italia in mm-mo effigiati ( La cui Tania non fia che mai riposi , E le fien lena i secoli varcati ) Piacemi all' agii arte onde i famosi Lor volumi saran moltiplicati , Veder posto un pacifico trofeo Poi che il quarto centesmo si compieo . E da quella colonna e da que' volti Ineffabile senso al cor jni giunge , Ch' io non so dir , benché me stesso ascolti , E patria tenerezza mi compunge . Itene , versi , a quei che son raccolti In un linguaggio , e cui crudel disgiunge Sventura , ile a spirar fede ed amore ; III lor potrò perchè in me puote il core . ALESSANDRO TOERIO e; s ^ LIBRARY UNIVERSITY OF iaiNOlS IL3S IivDXJiiÌ^:i^J>JiHl ALIA MADONNA DELLE VIGNE i Luglio 18 ì5. ÌOorgeva" llmitido if soli? del pì-iiflo Mitggio 71- gio- ghi dell' A|)i>eiiniiio e lo soUoposIc pendici ne riflcllcvan la luce . i bronzi del tempio salulavano il di festivo al- l' Ascension del Signore ; ed io m' aggiiava pe' verdeg- gianti sentieri di Sconiio. D' ogni lato compariva genie, che di sincera gioia e di vivaci collo(piii ne rallegrava : cittadini e campagnoli , di sem|)lice 0 di galante costu- me , soli 0 in dni|)pelli , tutti vagavano fra (juclle dilet- tose ombre , ed i più s' avviavano a ca|)0 d'un viale ma- gnitico , che muovendo d' oltre il chiuso dogli aranci e dei cedri si estende per lunga e dritta linea sino ad una piazza fregiata di monumenti , e d' un [ilatano alle Arti belle intitolalo . E ciascuno intendo\a il guardo verso r opposto contine, perchè di là s' aspellava la divota schie- ra dello Rogazioni . La qual funzione , cosi toccante di per so stessa , piglia assai del sublime (piando venga de- corala dalle lussureggianti ricchezze d' una amena cam- pagna . La parola vien meno a significare la grandiosità 38 298 LE p.oGAZiorM dello spellacolo , allorché per la inlcrccssion della Ver- gine e de' Beali si prega il Dio delle messi a sparger le sue benedizioni sulle rinascenti Iclizie, mentre la stagio- ne de' fiori prepara all' occhio ed ai passi del Pastore e delle supplici pecorelle un amniannimento di festoni e di tappeti , cui non varrebbe certo a formare la ingegnosa mano dell'uomo . La voce del Sacerdote, che volgendo il Crocifisso alle quattro parti del mondo scongiura le tempeste e le folgori , i più tremendi flagelli della divi- na ira , ti riempion 1' anima di fiducia , che dal cuore profondamente commosso Irabocca dolcissima sovra i sen- si : la serena ilarità del popolo , il muovere delfe pupil- le , r alternato coro delle preci , tutto forma un incanto ineffabile , che quasi ti rapisce a seguire le pie turbe . Gli affetti ridesti dalla campestre solennità e' sono alleili di paradiso , non disordinati , non inquieti, non cupi. A siffatte scene 1' anima si ritempra , prova le potenti at- trattive della virtù , e meglio abborrisce dalle miserie e dalle bruttezze d' un fango incamuffato di artificiali gra- zie e di vezzi ingannevoli . La mente spazia con libero volo per la immensità delle sfere , e di lassù torna più vigorosa sulle fervide ali dell' entusiasmo . Il Signore del luogo n' avea fatto spalancare i can- celli , di maniera che il viale si aprisse all' occhio sin là dove una fonte sagliente ricade sparpagliata e mormo- rante nella peschiera , ed accrescca vaghezza alla magi- ca prospettiva . L' azzurrina tinta del cielo s' imperlava davanti all' astro, che a torrenti spandeva la luce tepida ni F. ANGELICO I)A PISTOIA *>i)9 ili primavera : se ne miravano i balenami sprazzi a Ira- verso i bosclii , brillava sulle gocce della rngiaila, e pi- gliava sopra r erbe ed i fiori, visitali dalle ronzami api, lulli i colori del prisma . Gli augelli scberzavano per le fratte , e parca che nei gorgheggi innalzassero 1" inno eucaristico al Reggitore dell' universo. Ovuncpie una soave fragranza , ovunque 1' amoroso palpilo della novella fe- condila : natura tutta ringiovaniva . Quand' ecco svento- lar di lontano lo stendardo della tribù incedente , cui si aggiunge il doppio stuolo delle bambine e dei bambini provvidamente raccolti nella Scuola del Ponle-Kapolco- nc . Alla nostra volta difdano quo" lunghi ordini , che sparlonsi nel primo recinto a destra ed a sinistra della trasparente onda , lunghesso le piante degli aranci e dei cedri : al di qua si rannodano in marcia sotto le insegne d' un Dio prolcggilore. La Banda musicale ne annunzia r arrivo con clcllissime sinfonie : tulio all' intorno profu- malo e armonizzalo , anco da lungi si fa sentire il rim- bombo della religiosa esultanza . Fra sì molliplici emozioni diiatansi i cuori all' e- stasi della fede , dolci lagrime irrigano le dilicale od ab- l)ronzite guance dei cittadini e dei villici . E ciò in spe- cial modo quando le schiere s' arrestano intorno ad una svelta colonna , spiralmente circondata da imo a sommo d" una florida ghirlanda , e sormontala da un taberna- colo , sul disegno del valente prof. Bezzuoli , ov' è locato un simulacro della Vergine lenente fra le braccia il Fi- glio , dalla mano del ([uale pende il grappolo delle uve. 300 LE ROGAZIOIVI Sulla base della colonna sta scrino a caralleri di metal- lo : Madonna delle Vujne . Codesto titolo torna qui oppoiiunissinio a significare , conio lo adiacenti vigne sicno fidate alla materna cura della gran Donna. L'area cinta suir orlo estremo di acconci pietrami , ed i gradini del piedistallo in un àttimo coperti si vedono dall' aflbl- lato popolo di serti e di verdura : i teneri alunni della Scuola vi depongono e gigli e rose , candido simbolo delle innocenti loro anime. Il Pastore, levato lo sguardo e la persona, canta la prece solenne, cui fanno eco le genu- flesse turbe . In quel momento sembra che il sole tutto si riversi dalla dorala immagine sulla commossa molti- tudine , quasi per attestare sensibilmente delle copiose grazie , che da Maria si compartono a' suoi figlioli. Rin- nuovansi intanto le sinfonie con trionfai movimento : la Processione ripiglia il cammino verso il muro più vici- nevole ; il muro si abbatte , e passato il pio corteggio tosto rialzasi : lo che ogni anno si pratica ad istanza del Parroco e dei parrocchiani, nel rispettabile intendimento, credo , di manifestare col fallo , come lutto dee cedere e prostrarsi al passaggio del Signore . Cosi finisce la cerimonia: ma ne durano indelebili le sante impressioni , avvegnaché non siavi un bello squi- sitamente e profondamente sentilo al par di quello , in cui r elemento naturale si nobilita e si aggrandisce dal religioso . Il primo non oltrepassa il confino dei sensi , e s' aggira per entro a un misuralo àmbito , ove non trovi di che spingere 1' irrequieto pensiero ad uno slancio I DI F. ANGELICO DA PISTOIA 301 sublimo vcr?o 1' iiifmilo : ma se l" altro lo avviva , li si apre allora im orizzonle vastissimo , ove spaziare a talento , Irasceiulere ogni limito, e dovunque raccoglie- re quanto avvi di più perl'olto . Quale inondamento di |)uri all'etti alla vista d' un popolo prostralo appiè del- la Vergine , e sotto 1' arco de' cieli pregante al fre- mito delle armonie , che toccano alle stelle tra* maesto- si profumi della natura 1 Qui senti ])roprio , non esser r uomo destinato al fango , ed esser tempio all' Altissi- mo r universo , che abbraccia tanli e sì smisurali glo- bi , da' quali , siccome da are sfavillanti , s' innalzano al trono di lui per la immensità degli spazii le adorazioni ed i voli di lullequantc le creature ; e la Vergine star- sene là raedialrice per rendergli accette le nostre preci, lenire le amarezze nostre , scorgerne i passi fra le in- cessanti procelle di questa sfortunata valle . A siffatte scene Teocrito e Virgilio avrebbono cerio temprato a più nobile poesia le loro avene , benché d' altronde gentili ed eleganti ci riescano i loro carmi . Il genio pagano poggiava sul materiale , e quantunque il culto dei miti offrisse alle muse graziose immagini e tipi delicatissimi, non le muniva di ali ad elevarsi oltre ciò che si vede , imperciocché non v" ha bello nò buono fuori del vero ; ed il vero lungi era dalle profane gemi, sebbene o più o meno lo sospettassero fra le mille stupidezze che ne sfi- guravan la idea . Ed è questo appunto il motivo per che gli antichi eterodossi , ammirabili nelle forme esteriori che davano alle lor produzioni , sì poco riuscirono ad il- 502 LE ROGAZIONI lustrare le memi , ad avvalorare il cuore , a soddisfarne i bisogni : e lai è pure il motivo , per che quanti poeti vantar possa la civiltà pagana , se trovati si fossero spet- tatori delle nostre sole Rogazioni , sollevato avrebbono il loro canto ad un più puro etere , lasciato da parte il fascino delle terrene seduzioni . Celebravano anch' essi le Cereali feste : ma chi non vede la illusoria inutilità di que' riti ? e la sfiduciala abominazione d' un popolo , che trae dietro alla dea, cui sinceramente non crede nò buona, nò potente, né viva ? Il sentimento religioso , dè- stosi in petto del più rozzo credente , e' sarà certo in- comparabilmente più poetico del più alto loro concepi- mento . La empietà e lo scetticismo tronca i nervi del- l' intelletto , tarpa le penne della fantasia ; sicché quel- lo non valga a spezzare i ceppi dell' errore , e questa vada sempre radendo il suolo senza che mai s'innalzi col volo dell' aquila al fonte dei lumi, e ne ritragga fuoco e luce immortale . Pertanto fa maraviglia , che alcuni abbiano avuto a prosastico il Cristianesimo , ed inferiore da questo lato alla religion dei pagani . E che ! non levarono essi mai la fronte ad ammirare i predigli , che dal soffio a- nimatore del genio cattolico sursero a far sì grande e famosa la potenza dell' uomo ? Non sentirono essi mai nella propria coscienza , che senza fede non v' ha modo di unire in amica alleanza la eternità col tempo, la terra col cielo , e che però ella ò affatto necessaria in chiun- que aspiri alla eccellenza nelle discipline del bello;' Fuori DI F. ANGELICO DA PISTOIA 305 del suo giro non mai sarà dato scorgere un ingegno e- niincnlcmcnle compositore, poiché le condizioni gli man- cano a formare le vaste sintesi, onde risultano le creazioni estetiche : quella fiamma che leva la mente all' invisibi- le, che la fa comprensiva, che dà vita ed azione a tutte le opere sue , e' vien meno e si perde fra le ami)agi a- nalilichc dell' errore e del dubbio. Il politeismo si è stu- pendamente |)restato a popolar di numi ogni luogo, ogni silo, ogni atomo, d" onde le ardenti fantasie trassero di leggieri argomento a moltiplicarne e dipingerne le ridenti immagini , di che tutto seminarono e illeggiadrirono il poetico arringo : ma , lavorando su' miti , quantunque va- rie e brillanti ne spiccasser le opere , le furon prive non- dimeno di quella generosa ispirazione , che rapisce Y a- nima in un mondo ideale , ed amorosamente la fissa nella contemplazione del sommo Vero . Codesta ispirazione non è concessa alle fatue divinazioni , tantoché tra il beilo pagano e 1' ortodosso corre quasi la dilTerenza di una bella statua ad un bel corpo vivo e parlante. Quindi è che i famosi cantori della mitologia esitar si vedono o posar continuo sul sensibile , plasticamente foggiarlo di care for- me , e nulla più ; laddove ogni sorta di bello si)iriluale e sensibile luminosamente campeggia in tutte le opere del genio cristiano. Tu vedi in quelli un' ammirabile va- rietà di stelle , ma che punto non ti accennano ad un principio, da cui vengano spinte nell' armonia delle sfere e coordinate ad un fine ; qui poi rifulgono ad attestare una gloria superiore, la fjloria di Colui che tulio muoK'e . 504 LE ROGAZIOIM Se non allro , bastar dovrebbe al proposilo un solo sguardo sulle bibliche poesie . Le sovrane scriUure de- gli Agiografi contengono lultociò che di grande e di su- blime siasi giammai cantato dalle profane muse : inoltre vi si ravvisa da per lutto uno slancio di fatidico estro a vestire di forme non periture il soprannaturale ed il san- to , cosicché non siavi lavoro di caduco ingegno che ne valga al paragone. Chi non v' ammira infatti quel bello eterno che trascende ogni segno, e vibra una luce d" on- nipotenza, che or folgora e tuona, or li arride e ti con- sola , e sempre li fa scorgere in fondo la verità , che immola e raggiante si dà tante forme e in tante imma- gini si ravvolge , quante bastano ad acquietar l' inlcllelto, ad innamorartene il cuore i' E là pure si accesero tulli que' Sommi , che da' primordii del Cristianesimo ci die- dero esempio di eccelse opere , le quali certamente , benché in eleganza e finitezza estrinseca spesso inferiori , non furon mai raggiunte da' cultori d' una estetica gen- tilesca. Che se anco 1' Alighieri non si fosse libralo sulle robuste ali della cristiana fede, non avria potuto abbrac- ciare nel suo Poema 1" intero universo, rivelare i misle- rii dell'infinito, scuoter gli abissi, squarciare il velame d' ogni più recondita maraviglia . Lo stesso Alfieri non si levò giammai così grande e formidabile, come quando s' ispirava sulle venerate pagine della Bibbia . Se talvolta anche i principi della cultura greca e romana par che quasi toccassero all' apice di perfezione nello studio delle arti , ciò fu 0 perchè la tradizione recava sino ad essi DI F. ANGELICO DA PISTOIA SOr» qualche barlume del dogma ortodosso , o perchè vi si av- vicinavano per una filosolia meno tenebrosa ed incerta . Chi duncjue sospira dietro alle iicntilezzc d' un bello pla- stico , vada pure a cercarne fra le mobili ispirazioni della mitologia , che ivi le troverà espresse sotto le più l'or- bite e seducenti immagini : se poi desidera bear l'anima anco d* un bello s[iirituale, fecondato da un raggio eter- no di verità , sia certo di non poterlo trovare fuori delle opere ispirate dal genio cristiano . Cotal senlimenlo si rese così vivo ai tempi nostri, che alcuni sorpassarono i giusti termini , poesia non rin- vennero fuori del Santuario , e trascorrendo all' impaz- zata ogni mezzo entusiasticamente proclamarono, che Dio è poesia e che la poesia è Essoiza di\'ina . E talmente si accese il secolo di queste massime , che molti gilta- ronsi suir andazzo della giornata , ed innumerevoli poe- sie sacre comparvero al mondo . In tanta voga se ne tro- varono delle divole e sublimi , perchè proprio dettate nel movimento dolcissimo della carità : la maggior parte suo- narono di rombanti frasi , e della religione fecero non subielto ma occasione di verseggiare alla moda , perchè non era forse la sincera carità che ne ispirasse i con- cetti , si bene il prurito di cantare , e di cantar sulla lira di costume e di fortuna . Laonde fra si diverse poesie re- ligiose raro il cuore s' infiamma di virtuosi affetti, avve- gnaché rare prorompano da calda vena , e di parecchie non sappiasi se da sacro o da profano fonte dimanino e solo ritengan quel fare agiografo , che sovente anche 51» 306 LE ROGAZIONI si abusa a render solenne la empietà ed applaudile le aberrazioni . Gli è strano, che in una età d' indifferenza 0 di freddo razionalismo , 1' Apollo delle chiese e de'ci- miterii siasi usurpato il campo della poesia : ma non è strano , che in tanta precipitanza di foghe un immagi- noso idealista proclamasse , Dio esser poesia e la poe- sia essere divina Essenza . Certamente le lodi di Dio son anco da celebrare con la eloquenza de' poetici numeri. Gli esseri di quag- giù ponno essere scala , onde ascendere agli arcani su- premi dell" infinito ; offre anzi il creato i più acconci mezzi a penetrare la inaccessa caligine che gli avvolge, a nudarne ed avvicinarne il raggio intangibile , dappoiché 1' uni- verso medesimo non è che un poema , una epopea ma- gnifica alla Divinità creatrice . Adunque , comechè Dio non abbiasi a dir poesia , ne può esser nondimeno il più nobile oggetto : la più alla poesia sarà sempre quella , che a lui si consacra suU' aitar della fede. E la religio- ne , queir aureo vincolo che lega la terra al cielo , il fine al principio , abbracciando dal primo istante sino al- l' estrema consumazione fatti eroici e magnificenze di cullo , in cui il morale domina costantemente sufi' ele- mento sensibile , fornirà per ciò materia inesausta ad ogni genere di arti, tantoché ivi alla estetica si apre un immensurabile palestra , ove esercitarsi a talento e co- glier palme immortali. Essa inoltre ha pronta una corona a chiunque combatte , un fiore a chi è desolato , ad ogni sospiro un sospiro , ad ogni lampo di gioia un' allegrezza. u DI F. AINGELICO DA PISTOIA 307 un tripudio : sparge gli eroici allori su' palinicnli , sulle infermità , sulla morte : nel silenzio della tomha nutre r albero della speranza, v'entra colle chiavi della eter- nità , e ne riscuote le ceneri col cantico della resurrezio- ne . Là dove il pagano finisce , più largo e luminoso spiegasi al cristiano 1' orizzonte poetico : il suo campo non ha confino . La sola sua religione chiude nel proprio se- no quella forza immanchevole , che spinge innanzi la u- nianità senza tema o jìcrigiio , fidente ne' proprii mezzi, intesa al fine , sicura del trionfo. Per essa ammira quc- gl' innumcrabili genii , che dalla immensa profondità del- le sfere volando agli astri , quasi ne reggono i moli, ne raltemprano le faville , e solleciti muovono alla cura de- gl' infelici mortali ; ammira quelle faci brillanti , che il sentiero ci segnano d" una patria , in cui già esultano tanti cari ; e Y uomo contempla seduto sul divin trono , senza eh' ei cessi d' esser uomo e che Dio nulla perda in lui di maestà e di gloria , la quale viepiù s' abbella fra le schiere degli eletti , che le catene ed i ceppi del- l' antico servaggio volgono colassù a trofeo di beatissima libertà . I valorosi artisti vi si travagliarono già col for- tunato successo che tutti sanno , e tengo per fermo , non aver essi punto a lamentare la caduta dell' omerico Olimpo con tutte le sue teogonie. Le quali sfumano, quasi ombre al sole , dinanzi a tanta dovizia, che adombra il vero ordine delle cose intelligibili e sovrintelligibili, «lucila economia vastissima dell' universo , che dnll' Uno proce- dendo, a lui finalmonte ritorna per una catena di presso- 308 LE ROGAZIOIM thè iiifiiiile anella , su ciascuna delle quali può il genio poetico innalzare i suoi gloriosi monumenti , e attingere alla più alla cima di perfezione . Il solo Dante basti a sgannare ogni spirito che diversamente la pensi . Or giova tornare alla mossa , cioè alle dolci rimem- branze della Vergine , dappoiché non avvi al mondo un tipo di tenerezza e di beltà poetica da compararsi a quella Donna privilegiata . La quale racchiude in sé tali fregi e tali splendori , che fornir possono alle arti estetiche ar- gomento di opere scgnalalissime . Alla dignità di madre ella accoppia il candore immacolato d' una verginità sen- za macchia , perchè creatura divenne genitrice del Crea- tore ; e così ti è dato contemplare sul capo di lei una duplice aureola , che piglia immediatamente la luce dal sommo Sole. Il felice Eden della primitiva innocenza si adombra per avventura nella favolosa età dell' oro , di cui sì bene cantarono gli antichi , ed è a quello incom- parabilmente inferiore : i protagonisti , Adamo ed Eva , ne perdettero il possesso e tutta ne dannarono la futura progenie , la quale non fu ristorata che per Y Uomo-Dio e per la divina sua Madre , quasi novello Adamo ed Eva novella . Siccome codesti misterii furono ignoti alla pagana antichità, così le furono egualmente ignoti i per- sonaggi dell' Eden , e que' divini Restauratori del caduto mondo : laonde mancò loro affatto la sublime idea d' un bello morale e sensibile ultimamente perfezionato , qual si trova pel dogma ortodosso nel sorriso innocente de' no- stri progenitori , e maggiormente rifulge dalla umanità DI F. AÌSGELICO DA l'ISTOl.V 309 divinizzala nel Verbo e dalla verrinila fecondata in Ma- ria . (Questa miracolosa nialernilà , noli' allo che nobilila e salva la specie dal naufragio , non si limila al solo Unigenilo, ma per favore si eslende eziandio a luUi gli umani , dimodoché gli siringe al proprio seno , ed essi in lei ravvisano a cui ricorrere senza tema , con piena fiducia , con amore liliale . ìSella prediletta Creatura ve- di quasi incarnala una carila celestiale, che ti fa sentire al primo sguardo tutta intera la dolcezza delle divine Diisericordie ; e cento e mille immagini soavissime con- corrono ad inghirlandare il suo bel crine . Sembra che i santi Scrittori, contemplatala da lungi, talmente se ne Invaghissero che mai non avrebbon finito di proclamar- ne le maraviglie ; e tante e cosi vive ne lasciarono le dipinture , che invano tenteremmo rilrarne od emularne una linea . I cristiani genii vi colsero i più splendidi al- lori , e lanlo s" ispirarono nell' ideale di questo tipo, che più di sovente lo prescelsero a tramandare col magistero delle arti il proprio nome nei posteri . Alle schiette e gen- tili forme dei greci vi aggiunsero queir aria siderea, quel- la purezza raggiante di paradiso , che solo può esser fi- glia 0 rivelazion della fede. Giotto, beato Angelico, Raf- faello vi si distinsero : Dante , Petrarca e quanti poeti emersero dalla folla sollevarono il suono della cetra ogni qual volta ne toccò le corde V amato nome di Maria . A irgilio slesso dà fiato più largo alla sampogna , allor- quando , senza saperlo, par che vi alluda nella maggiore delle sue egloghe . La erotica Idea di Platone ebbe la 310 LE nOGAZIONI realtà individua nella Vergine de' cristiani ; ma ve 1' ebbe in un modo inflnitamcntc più soave e più bello di quanto e Platone e tutti i filosofi e poeti del mondo potessero immaginare . Fu dunque lodevol consiglio d' innalzare nei giar- dini di Scornio il simulacro della Vergine, che quantun- que s' intitoli dalle Vifjne , e delle vigne sembri là in- vocata proteggitrice , diffonde nondimeno tanto più oltre la influenza de' suoi benigni riguardi. In un luogo, do- ve Ira le più squisite amenità e gentilezze della natura e dell' arte t' incontri ad ogni passo co' monumenti della italica sapienza , era dicevol cosa che vi sorgesse pure la immagine di colei , la quale ne vien salutata siccome sede , e da cui meglio che da altri ne ricevettero il senno i nostri maggiori a decorare la patria : in un luogo do- ve spesso ci cade sotl' occhio la imitata fierezza dei tempi barbari , e freme 1' anima sulle reminiscenze di secoli sanguinosi , non doveasi tralasciare quel volto , davanti a cui s' infranse la spada parricida , si atlutaron le fra- terne ire , lo stendardo della pace sventolò sulle pugnanti città , ed un nuovo alito di santo amore rese mite il fu- ribondo , spense la face delle discordie , Colà presso un tempietto di gotica struttura , che ti fa provare il palpilo della tomba, quella sembianza suffusa di luce purissima e spirante 1' aura di carità , ristora lo spirito affaticato , e di sicura fidanza ne riconforta. Non ò però da stupire, se a Maria lutti concorrono dall' oriente all' occaso i cri- stiani popoli , e se in lei si riforbiscon persino le gentili DI F. ANGELICO DA l'ISTOIA 311 arli. TraKoìto lìalle innane siccmlc ( s( rive\;i un illusire coni|iaUiola ) pei vlimi più fiorenti d' Ilalia, pei di- rersi e più roworo^i di Frauda, rilroKai fnìnunie Marta : uei tempietli e nei fabernacoli della sicilia- na marina, per entro ai retasti delubri c/te videro le profanazioni dei Greci , dei Jiontani , degli A- rabi , rallecjraronsi nella consacrazione cattolica ; sugli altari d' oro e di porfido sollevati dalla pie- tà de' A'ormanni , stille torri d' Agrigento e di Si- racttsa , sitile cime paurose dell' Etna : mi ricom- parse sìd lìodaìto e sulla Mosa, stilla Senna e std Reno , risorte le basiliche dei Luigi, ritornato Dio nel suo trono . Per tutto la ritrovai . E noi dovun- que la rilroviaino ; nei tugurii e nei palagii. lungo le vie, nelle piazze , in ogni angolo . Le vediamo davanti il bam- bolo ed il canuto, 1" appassionata donzella, la mesta ve- dova , la trepida gcnilrite . Allo spuntare dell' alba , al mezzodì , al tramonto , non è cuore che a lei non indrizzi un volo, un sospiro: è dcssa l'ora che suona pace. TScl seno di tanta INIadre si raccolgono le campestri famiglio- le , prima che al riposo pieghino le slanche membra ; e con sì puro accento ne imploran Taiulo, ed i profumi gli porgono di ringraziamento e di laude , che su que" tetti par che il tuono si taccia , s' acquetino le procelle, e di più limpido argento risplendan gli aslri e la luna. In lei trova medicina l' infermo , fortezza il fiacco . Y infelice un sorriso , Y esule non è più solo : qui sente il licco il freno delle passioni . il mendico e 1' ojipresso la speme 312 LE ROGAZIONl della virtù. Con quel nome sulle labbra scioglie dal li- do il nocchiero , lo inneggia sul dorso dei cavalloni , sfida sicuro la furia degli elementi . Ovunque la ritroviamo ! ed il poeta cristiano potria dovunque raccoglierne tanta messe di dolci alYelti da compornc Y idillio dei secoli ; imperciocché il suo culto non ha scena , non simbolo , cui non risponda appieno il sentimento della pietà e del- l' amore , o che non vibri nella nostra anima la corda d' una gloriosa immortalità . Però i nostri avi dovunque la posero , ed è ben giusto che ne seguiamo 1' esempio. Ma qui fra le delizie incantevoli dei giardini , meglio forse che altrove , sta quella elTigie a ricordarci la Ma- dre del bello amore . Le giovinette e i giovanetti , a- lunni della scuola del Ponte-Napoleone, verranno spesso alla cara ombra di Maria, e nella precoce pietà rinver- ranno armi contro la corruttela , sensi di gentilezza , a- limenlo di virtù religiosa e cittadina . Ognuno infatti che vi giunga, posa l'animo lieto su quel sembiante, e se gli avviene d' incontrarvisi nel mattino dell' Ascensione, to- sto alle labbra gli corrono i solenni versi dell' Alighieri : Donna , se' tanto (jrande . e tanto vali , Che qual kuoI grazia , ed a te non ricorre , Sua disianza vuol volar senz' ali . F. ANGELICO DA PISTOIA IL ROMITOIUO ÌO LIBRARY UNIVERSITY OF laiNOlS URBANA RIFLESSIONI SOPRA CERTI CliSTI DE' NOSTRI TEMPI Le sue pormulazion non hanno tregue ( DANTK ) yjh'i potesse seguire lullc le piccole modificazioni onde le idee e le inclinazioni di un popolo vanno d' un età air altra rinnovandosi e cangiando natura ; molta ma- teria troveremmo certo e d' istruzione e di dilello . Ma tali rinnovamenti solo gli avvertiamo quando sono com- pinti : e se , sorpresi di trovarci altri da quelli di pri- ma , volgiamo addietro la considerazione aftine di ren- dercene conto ; si possono, al più , rintracciare certe cause univcrsalissime ; ma la serie dei piccoli e molliplici cl- IVtli insino all' ullinio elio ci lia colpito , non |)uù per 316 IL ROMITORIO ninna investigazione trovarsi. Così, senza poterne recare pion;i ragione , veggiamo ninn secolo somigliarsi all' al- tro; e, percorrendo la loro istoria , proviamo lo stupore istesso del viandante , il quale, ogni regione eh' egli tra- versa , si avviene a nuovi costumi e a nuova favella. E in generale ciò che accade nel succedersi delle età nella vita delP individuo, ritrovasi ( sebbene con altre propor- zioni ) anco nella vita dei popoli . Perocché , e nell' una e neir altra , inavvertitamente operasi il lento variar delle inclinazioni : e solo ci ha questa dilTcrenza ; che dove queste sono quasi fisse e determinate per ogni età del- r individuo , e suppergiù può indovinarsi quali dovranno essere nel giovane, quali nel vecchio; nella vita dei po- poli non è così. Perciocché in essa queste mutazioni se- guono sempre Oltre r antiveder de' senni umani . Ed anzi quando il mondo accenna voler piegare da nn lato , dal vedere al non vedere , tu tei trovi rivolto dalla opposta banda , né sai come ciò sia avvenuto. — ]Nè pensi alcuno che questa sia opera dei filosofi, i quali colle loro sottili investigazioni e co' loro trovati ingegno- sissimi facciano cangiar le idee. Eh ! non son le teorie, né i sistemi che governano il mondo. Qualche volta quan- to maggiore è la cura e la brama di tener ferme certe idee , 0 di rispignerne addietro certe altre, tanto più gran- de è la foga onde quelle dileguansi e queste invadono ni E!>nico DINDI 517 propoti'ntemcnle . E ciò appunto è quello che fa la di- sperazione dei filosofi , i (piali vorrebbono che il mondo andasse a loro modo e si esse a loro devozione : ed esso invece vuole andare a talento , e (piando si accori:!' che altri lo vuol guidare . allora ù che più imbizzarrisce , e scuote il freno e toiilie la mano . E peint vero che , in fondo , tali mulamenli non sej^'uono senza cagione , e il capriccio e la bizzarria è solo apparente. Ma (piesla ca- f,'ionc risulla appunto da (pielle lievi modificazioni che s(MTroiio lo idee da falli , in prima, piccoli e inavvertiti, traenti forza dalla loro molliplicilà e dalla loro azione continua , la (piale volge il mondo , e /' nom non se n' oKK-ede . Io mi penso sia errore di credere che una muta- zione avvenir possa per un fatto solo, o per Y opera di un sol uomo , sia pur grande e polente . Queste cause pos- sono accelerarla, se sieno però volte a (piella direzione o piega che il mondo ha preso , ma non mai produrla esse sole. Se poi sieno contrarie, egli è certo che rimangonsi senza eflctto veruno, o affai lo precario. Cosi se la mac- china del corpo nostro inchini da molto tem|)o a (pialchc morbo , e ad un tratto sopravvenga una forte cagione che la preci[»ili a (pici termine infelice , si suole per la comune degli uomini a (piella sola tribuire tale elTelto , e delle altre cagioni innumerevoli che f han preceduta non se ne sa tener conio perchì; passarono inconsidcralc. Or io voleva dire, che se potessimo conoscere e via via seguire tutte (luelle causucce che vengono a modili- '>i^ IL ROMITORIO ciM'o il pensare , il vivere e 1' operare degli uomini , ci sarebbe da trovare , al parer mio , cose assai curiose e piacevoli . Credo che troverebbesi , per mo' d' esempio , che una poesia , una pittura , un romanzo , una fabbri- ca , un figurino , un articolo di giornale o cose simili diedero il primo lievissimo impulso ; mentre altri levando il pensiero a cose alte e strepitose, cercava in una rivo- luzione , in una guerra , in un Alessandro , in un Na- poleone, in un in-folio. I grandi fdosofi e i grandi Ge- nii hanno troppo sdegno e schifdlà dei mediocri , e non pensano che la costoro piccola, ma moltiplice , ma con- tinua azione , vai più , in un ceito senso , che le loro terribili scosse ; perchè queste trovano sempre pari con- trasto e reazione, e quella si insinua non sentita, e per- viene senza ostacolo al suo fine . Chcchè sia di ciò, io non ci vuo' far sopra molto spendio di parole e di tempo . Il fatto è che i gusti e le idee degli uomini (qualunciue ne sia la cagione pros- sima 0 limota ) mutano impensatamente e stranamente ; e da poco in qua di tali uìulazioni se ne sono vedute di così grandi , così spesse e cosi bizzarre , che niuna sto- ria può darcene esempio in così breve tempo. Chi vive oggi od è nato di là dall' ottocento , può credere di a- ver vissuto quattro secoli . Io vuo' provarmi a discorrere alcuni dei gusti di questo tempo, che sono tulio il rovescio dei gusti duu tempo fa. E ciò tanto più volentieri, quanto che il pas- segiiiaro questo ridente Giardino , el trovarmi dinanzi DI EMRico Kiym 319 a questa mesta Chiesuola che gli fa contrasto , me ne porge assai buona occasione . Lascio le mutazioni più gravi a chi sa più gravemente ragionare . I nostri buoni vecchi, che Dio gli abbia in pace, erano molto materiali e pagani , e di quello che oggi dicesi spirito e sentiìnento non se ne conoscevano punto . Però se ti fossi recato a diporto ne' loro Giardi- ni , non altro sarebbeli corso al guardo curioso se non simboli di gentilità. Avresti veduto le fiorite aiuole qua guardate da un Ercole , là protette da una Venere , in un luogo carezzate da un Amorino , in un altro minac- ciate da un Vulcano . Kè lo sconcio Priapo , nel luogo più eminente, mancato avrebbe di richiamare la tua at- tenzione , porgendotisi in vista come per dire : ffunc ego , Juvenes, lociim villtilamque pnlitstrem JVutrio : magis et tnagis ut beata quotannis . Quare hinc , o pueri , malas abstinete rapinas . Tritoni sgorganti copiose acque ; grotticelle popolate di Fauni e di Silvani ; boschetti e laghi brulicanti di tutta la generazione delle ISinfe , alberine , prataiolo , fonta- niere , montanine , oceanine e più altre se ve ne aveva. E se tempio vi era , tutto doveva essere di greche for- me elegantissimo , né altro titolare avrebbe avuto se non 520 IL ROMITORIO Diana od Apollo , o qualcuno insomma de' più nobili Dei di Omero e di Esiodo . Ma oggi lo spirilo si è vantaggiato mollo sopra la materia , e i nepoti sono genie assai più cristiana dei loro padri . Prima di tutto di quelle fiabe della gentilità non se ne sente più parlare , e tal sia di loro . Il culto della bellezza si è recalo tutto dalle forme allo spirito , e dove gli antichi si studiavano di dar corpo anco agli esseri più inlellelluali, e in ciò facevano consistere un gran segreto del magistero dell' arte; i nostri al contrario va- porizzano tulio , infine ai bronzi e ai marmi . Quindi quel grido sdegnoso contro la forma che ripelesi quasi uni- versalmente , quindi quella noncuranza dell' arte antica come di cosa non più da noi , quindi finalmente quella compassione , per non dire , dispregio, onde ricopronsi i pochi che tuttavia serbano affetto alla vecchia estetica ^ E poiché ogni nuova e grande creazione debbo avere sua ragione nei tempi che 1' hanno prodotta , noi abbia- mo lutto il diritto di giudicare quelli da questa , e con- chiudcre che di tulli i secoli della storia niuno fu così spirituale , così disinteressalo , così dislaccato dalle cose del mondo , così etereo , così celestiale quanto il nostro. E saremo fino coslrelli di rinunziare al modo usalo da- gli antichi di qualificare i secoli dai metalli ; perocché niun metallo così puro potrebbe trovarsi che sempre non fosse materia , e però sempre non disconvenisse al no- stro secolo: se pure non si volesse appellare dal mercu- rio , che per la sua irrequietezza ha qualche cosa di me- 1)1 E>RICO Bl.'^iUI 521 lafisico. Se poi allri non trovasse quesUt induzione trop- |)o rispondente al fatto, e \olesse anzi sostenere clic oj^gi siamo affogati nella materia insino agli occhi ; noi non vorremmo attaccar briga con Ini, perchè siamo di buo- na pasta , e facilmente consentiamo che ciascuno abbondi nella propria opinione . Piuttosto noteremo siccom' effetto di questo spiri- tualismo certo preteso ritorno delle arti ai primi secoli cristiani , e la divota compunzione che si è messa negli animi degli artefici sì di poesie , che di pitture , che di statue , che di edifizii . Chi mai avrebbe pensato questo un sessanta o settant' anni fa, quando il illosotismo fran- cese trovava qua pure le sue simpatie e fin qua sca- gliava quelle sue pazze bestemmie che tuttavia ci ron- zano negli orecchi! Eppure così è: il mondo è divenuto un Camaleonte , per non dire un Proteo ; variae ìllu- (liiìit spc'cies . Oggi è un monaco penitente : chi sa che dimani non voglia essere un ateo , coni' era ierlaltro ;' Ma su quello che sarà è inutile confondersi : ninno il può prevedere quando pur fosse un (jrande Apollo , o a me- glio dire , un grande Isaia . Stiamo al fatto : oggi, grazie a Dio , siamo ottima gente e divota : però rallegriamoci nel Signore , e spe- riamo continui a tenerci le sue sante mani in capo . A buon conto la nostra pietà non ò defraudata nella sua sete , e da per tutto trova soave alimento . Vedete ! io che mi era recato in questo ameno Giardino non senza u- na qualche apprenzionc di coscienza, non forse il mio spirilo il 522 IL ROMITORIO si dissipasse in profanila voluUuose ; ecco che di Irallo io vi trovo un divolo Romitorio, dove lutto, anche nel primo aspetto , m' invita a lacrime pie , dà uno slancio fervoroso allo spirito , ed annienta la mia carne rihelle. — Bontà del secolo ! alzo gli occhi compunti , e un saluto di carità scendemi al cuore : pace \ tutti . Gli abbasso appena , ed oh ! qual documento ! possa io profittarne , né rendermi indegno de' miei tempi ! come la folgore PENETRA IL MACIGNO , COSÌ DIO IL SEGRETO DEI CUO- RI . SVENTURATO QUEGLI , CHE , ENTRANDO QUESt' ERE- MO , OVE SI ADORA IL CRISTO PREGANTE PER I CRO- CIFISSORI , NON PERDONA l' OFFESA AL VICINO E NEGA AL POVERELLO IL QUATTRINO DOMANDATO PER l' AMO- RE DI DIO . Ecco la fedele espressione de tempi felici che ci corrono ! pace e carità ! carità che non ristrigncsi solo alle cure corporali dei fratelli , ma sì ne penetra i se- greti dell' anima e con voce autorevole gli contiene dal peccare ; pace, che al mondano affaticato dalle cupidigie e dalle lascivie (se pure di tali ci ha oggi più il seme) dona riposo con additargli un fido rifugio. Ne dubitale ? Non io certamente : perocché ecco (juà dov' io trovo que- ste due medicine dell' anima apparecchiate dalla bontà dei tempi , e qui e da per tulio . Leggi a destra : ri- fletti O FRATELLO CHE HAI LA MORTE VICINA : CHE DIO TI CHIEDE CONTO DELl' ANIMA : PERÒ QUANDO VUOI PECCARE RIPENSA ALl' ACQUA DEL TUO DATTESIMO . Leggi a sinistra : o voi che siete affaticati dalla Iti E>Kico imi»! 5*25 GLOUI A E DALLA l'OMl'A DLL MO^UO, TOR:>ATE AL SE- NO DI DIO , CHE COL SORRISO DEI SV^TI E IL UACIO CELESTIALE DEGLI AGGELI COSOLER v' IL VOSTRO IN- FORTITO E DOLORE . Sconta qiii'i tempi di tenebre nei quali l' affacciarsi con tali sermoni tra la gente sarebbe slato come un vo- lersi vituperare ! Oh era pur cattivo allora il mondo ! Questi santi documenti appena sarebbonsi potuti trovare in qualche angolo solingo di una Chiesa , o udire dalla voce sommessa di qualche umile missionario o mona- cello ! Ma ora , vedete mo' qual felice mutazione ! ora noi possiamo applaudire a noi slessi e dii'ci 0 sanclas (jcnles quibus hoec nasciodiir in hoilis ! Oh quanto mutati da quelli noi siamo ! Non so se mo- naci risolutamente, ma missionarii siamo dicerto, e tutti. Sarebbe davvero oggi un povero toso chi non avesse una missione da compiere . Taluni hanno 1' Jposlolalo ; ma questa non è cosa da ogni omiciatto . La missione ! la missione ! oh questa è lai giornèa che lutti ci possia- mo affibbiare . Che importa che niuno ci abbia dello : Ite et docete ? Basta dire : Udite Genti io ho una mis- sione; perchè tutti vi porgano tosto le docili orecchie ad ascollarvi. Senza il mantello del missionario sarebbe un cantare a sordi . — Ma non parliamo si alto delle glo- rie nostre , che 1' umiltà del secolo se ne polrobbo ri- sentire. Ti'ii IL ROMITOKIO E qui siamo in mezzo al nostro niente . Scheletri che si affacciano alle brune vetricre ! teschii che si ap- poggiano qua e là sulle ossa incrocicchiale ! Nulla vi ha che qui non inviti a basso sentire di sé , ed a sublime povertà di spirito . — Vedete là ? Chi sa quanto si è trascinalo il lasso Fraticello chiedendo per Dio 1 Se non fosse eh' egli è impassibile , quanla pena non ci farebbe ! Venne su su per la / m del dolore ad ogni Stazione palernostrando , lieto di portare il raccolto obolo della carità al Solitario . Oh quel Solitario ! quanto odore di Tebaide non mescola tra' fiori di questo Giardino ! Ve- stito di stuoia , inginocchiato ad enorme Croce, si con- geda dall' ultimo raggio del sole colla preghiera vesper- tina ; e lungo la notte alternerà la lenta e fioca salmo- dìa colla meditazione del suo Leggendario . Oh ! poicss' io raccorrò da quella santa bocca qualche documento di salute ! poless' io , almeno colla coda dell' occhio, rubare qualche parola di vita da quel suo Leggendario I — Ma zitti : » Jltro esemplo dell' ira del Signore » Se al Confessor si taccia alcun peccato . » Renzo Brancaleon da san Vittore >> Sendo del mal di morte travaglialo, » Mandava fuori per .... Oh ! il buon Romitello si trastulla di poesia ! Padre san- to , mi esilarate l'anima ! mortificale , vi prego, questa DI Etnico iti:>ui .Vi 5 ifioia profana e inìperliiieiile con qualche solenne sermo- ne . A NOME DEL SA>GLE DI CRISTO FERMATI O PASSEGGIERO E ADORA RIVERENTE LA CROCE : E SE HAI pietà" per COLLI CH' EDIFICÒ IL SAATO LIOGO CHE VE- DI PREGA RIPOSO E PACE ALl" A>IMA De" SUOI MORTI E GODIMEÌNTO SEMPITERAO I> PARADISO. Amen. — Ma, sul serio, che è questa vampa di religiosità , che vuol convertire oggi il mondo in un asce- terio ? Alcune pie anime lo dicono un felice ritorno : altri più avventali e più maliziosi , una furbizia una ipo- crisia ; altri finalmente , un vezzo , una moda , portati con irriverenza dove la moda è profanazione , è sacrile- gio . Dicono eh" è un metter 1' Arca nel tempio di Da- gon , un toccare il Tabernacolo colla mano di Oza , un gettare 1" incenso nel fuoco profano di ìSadab e di Abiu : che la religione vuol" essere venerata e custodita nel san- tuario del cuore , non poeteggiala nella fantasia con fan- faluche da romanzo : che se il secolo fosse, qual si vanta, religioso . prima il mostrerebbe nel costume : che se a- vesse la fede che ostenta , ci sarebbon principii e con- vinzioni e coscienza ; e lutto alla fine non ridurrebbesi, anco le cose più reverende , al \"angelo di Didimo Che- rico: opiMOM. — Questo dicono coloro che non si la- sciano pigliare a certe speciosità tanto allraenli in vista, quanto ingannevoli in fondo . ìNè io sono mollo lungi dalla loro sentenza, sebbene poi non mi sento punto ac- comodalo a bnllare ogni cosa al peggio , come taluni fan- no . Perciocché io non credo , ad esempio ., che in lulli 52G II, ROMITORIO che si lasciano Irasporlarc a questa voga ci sia mala in- tenzione ; che molli conosco in cui è vero amore del bene e schietta fede nell' avvenire e religione vera (1) . Ed anzi non vorrei mai pigliarmi la indiscreta briga di an- dare indagando in chichesia i secondi fini ; stantechè non ci ha più tristo uomo di colui che commenta le inten- zioni , solo note a chi opera e a Dio . E neanche discredo a cerio progresso verso il bene nella età nostra, che non sono di coloro che mettonsi le mani in su gli occhi a dispello di chi fa lume . Ma certe speciosità, certe esa- gerazioni , certi gerghi indefiniti e indefinibili , che in fondo non hanno nulla di sostanza, e che possono avere pessime conseguenze sì nei costumi che nelle arti ; mi spiacciono troppo ; e in questi non ho fede veruna , se non di male . E non posso celare certo dispetto quando sento esplodere certe frasi suonanti , e vedo buttar per aria queste crepundie , che si fan correr dietro anche quei buoni , nei quali 1' amore del retto è così acceso , che geltansi con brama anche colà dove non ce ne ha che r apparenza . Ottimo è allargare 1' intento dell' arte e restaurarla colla religione : ottimo il non concedere tanto alla forma da renderla tiranna ; ma abbia ogni cosa il luogo suo ; ne sieno rispettati gli uflicii ed il fine, senza tradurli fuora de" termini naturali ad un intento non pro- prio ; serva finalmente 1' arte alla religione, non già (che qui è dove sta 1' errore pernicioso ) non già la religione air arte . Ed anche persuadiamoci che questa ristorazio- ne , perchè non sia menzogna , è mestieri che nasca da I DI ENRICO BlISDI 327 un altra , dalla (jualo siamo tultavia molto lontani. Quanto erano grandi i popoli quando le arti servivano alla pa- tria ed alla religione ! Arriviamo là , e il resto verrà da sé : e sarà parto legittimo e tempestivo ., non aborto. Al- lora certamente si ciancerà meno e si farà più ; ci saranno meno educatori e più educati ; meno moralisti e più uo- mini generosi ed onesti ; meno poeti sacri , meno estelici pii, e più cittadini religiosi . Ma fintantocht'' si vorrà pre- correre ai tempi, e mostrarci altri da quello che siamo, co- prendo di uno sfoggiato mantello le nostre miserie ; ci ac- caderà come a chi avendo pochi quattrinelli in saccoccia , si crede già ricco sfondato e si mette su' piedi del Conte e del Marchese : ci faremo deridere. Non ci illudiamo: per ora di religione ce ne ha poca , di fede meno , se non iti sommo della bocca . La cosa è chiara per molti ar- gomenti . Prima di tutto questa religiosità non ha ancora prodotto nulla che vaglia ne nelle arti, né nelle lettere, né nelle civili e sociali istituzioni: segno manifesto della sua vanità . Nelle lettere, dei romanzi e delle romanze, e fermatevi là : nelle arti dei ninnoli alla gotica ; tanto più ridicoli quantochè colla loro meschinità , vogliono scimmiottare le grandi ed immortali opere di una età , tuibolenla e ferrea se volete , ma di gran forza , di grande azione e di gran fede . Nelle istituzioni civili e sociali , i sogni umanilarii , e nulla più . Perciocché ciò che vi ha di reale e di sostanziale in questa parte , in verità si deve a tutt' altra cagione che a questo strano misticismo . E se pur qualcosa gli si vorrà dare , non 530 IL ROMITORIO senza tema di cakiDiiiure il secolo , oggi non ci son ri- maslc che le mezze tinte , e il color cangiante . OwÌ'hIì seguila che non ci ha forti convincimenti, non ci ha fe- de . Dnnquc a che si riduce , finalmente , tutto questo misticismo ? a pura forma : a quella forma convenzio- nale contro cui tanfo se la pigliano , e tanto si sbrac- ciano i mistici della nuova estetica . Ho detto che non discredo a certi progressi mo- rali della età nostra ( non parlo dei materiali che invero hanno toccato il sommo ) ; ma questi non posso accomo- darmi a riconoscerli dal njislicismo artistico, infecondo, e solo atto a intorbare le più pure sorgenti del vero , come quello il cui intento è solo di travasare la religio- ne dal cuore e dall' intelletto nella fantasia , dove , va- porando , è costretta a servire a tutti i capricci di que- sta folle da loyis , come spiritosamente chiamoUa uno scrittore francese (2). Sì bene questi progressi morali e religiosi io gli riconosco in quello spirito di cosccnziosa ricerca del vero , che da poco in qua si è messo in al- cuni intelletti potenti . I quali mercè di un cuore retto , di studii lunghissimi e di profonda meditazione, sonosi le- vati sopra i pregiudizii e le esagerazioni del loro tempo ; e facendo trionfare il pensiero cattolico in tutta la sua purità e schiettezza senza deviamenti e basse mire; han- no porto bella speranza che, non rimanendo essi isolati, ma trovando vigorosa coopcrazione anco nei minori (ne- cessarii come i militi gregarii al capitano ) ; possa ride- siarsi la generosità del sentire , la potenza dell' operare, ni E>Rir.() iii!>ni r».'l così noli' ordine civile e relisiioso , come in lutlo (|iiolle arti nobilissime , onde il £;enio italiano un tempo, si erse giganle sopra tulle le nazioni . Ma io mi sono soverchio dilungalo dal mio istiiulo non ricordandomi eh' io era sul proposito di questo Jio- mitorio . Entro il quale è pur tempo di por piede. Ma prima , dal rilevalo suo porticale . volgiamoci un tratto a pigliare un occhiala di questa prospettiva vaghissima e svariata ; perchè le gramaglie di dentro troppo ci a- vranno a contristare 1' anima. Siamo qui sopra un colli- cello dolcemente rilevato . Vedi a manca quella valle che si spiega come grembo pieno di fiori e di verzura ? Co- me ben ci campeggia la gotica Potesleria ! Qui poco sotto vedrai luccicare sopra svelta colonna qualcosa, che di qua non ben si discerne : or bene , egli è un vago tabcrnacolelto che chiude una dorala immagine della Ver- gine santissima delle f'ifjne . Se per avventura quii li abbattessi alla stagione che si fa dalla Chiesa quel si commovente e solenne rito ( non affatto ignoto nemmeno agli antichi (3)) di pregare, processionando col popolo, sulle adolescenti biade e su lutti i prodotti del campo il beniiino riguardo del ciclo ; vedresti , dalla Parrocchia che in umile vista siede a capo della valle , stilarsi lunga riga di popolo e di sacerdoti : arrivare al ricinlo del Giar- dino : cadere a un trailo il muro : spiegarsi dentro la processione: rigirarsi intorno il simulacro della Vergine, e numerosa schiero di fresche e liioviali contiuliiiclle. de- 532 IL ROMITÒRIO porre a pie di esso una molliliuliiie di fiori e di ghir- lande odorose . — Ecco là il Castello fjotico colla sua ghibellina merlatura , col suo ponte levatoio e colle armi dei Comuni italici, dalle quali 1' ultimo raggio del sole fa balzare come scintille di fuoco . Se tu potessi get- tare un'occhiata sul piazzale e sulla facciala del Castello semidiruto , forse ti penseresti ravvisare in esso il sim- bolo della potenza dei Callani o lirannelli del contado , fiaccala dal giovanil vigore delle italiche repubbliche per- sonificate nel Ferruccio, il cui simulacro giganteggia là dinanzi, in atto di brandire ferocemente la spada , e di sventolare una bandiera trionfale . Ridi di questa mia sot- tigliezza mitica! Eh via! non è oggi la stagione dei mili ? Mal colga a' nostri vecchi che non sapevano campare che alla k'Ilera . Viva lo spirito dei nostri ! — Porgi Y o- recchio : l'oriolo che ora balle è sul frontone del Panteon^ che vedi qua . — Quei ruderi che appena inlravedonsi fra i salici piagnenti, sono il Tempio ili PittaDi 355 bella sorillura . noli' arilnicliea. nella jjcoiiielria , nel di- segno e nelle altre discipline buone al |)0|)olo, e In col- locò a maestro nella scuola infantile del Ponte Napo- leone . Ma più che nell' ingegno fidava il Signore nel cuore del giovane . primo requisito a buon maestro. I\Ii ricorda averlo veduto più volle attendere all' uHìcio suo con amore , che ben si dipingeva sulla dolce (ìsonomia e nelle maniere semplici e modeste. I saggi annuali dei Bambini dati in presenza de" loro padri (gente del con- tado ) e di riguardevoli persone della Città , riuscivano a maraviglia : sostanziosi e senza fasto . Ora sono più so- lenni , ma io amavo più quella schietta semplicità . Il buon maestro pareva il fratello maggiore di quei fan- ciulletti : ed essi veramente lo amavano come loro com- pagno e fratello : e quando lo perderono, piansero : ed ebbero caro che questa memoria fosse posta a loro no- me (4) . E qui vengono ogni anno V anniversario della sua morte . Vedresti una funzione commoventissima : quei buoni fanciullctti accompagnano la preghiera al de- funto e assistono a" divini oflicii non senza esserne toc- chi profondamente : si vede a' loro occhi raccolti e com- posti . Dipoi un Sacerdote in semplici e brevissime pa- ròle ricorda ai Bambini le virtù del perduto maestro: gli conforta ad essere onesti , a temere Dio , ad amar la fatica , e ad affrettarsi di fare il bene , perchè la vita ò breve. E questa è, tulla insieme, lezione utilissima che va non meno al cuore che all' intelletto de' giovanetti. l quali imparano a riconoscer qualcosa di religioso nel- 536 IL ROMITORIO r uficio dell' insegnare , e pigliano buon concello de' loro maestri : nel che un allro celebralissimo maestro del- l' antichità poneva una gran parte di profitto (5) . Ma passiamo avanti . Questi , vedi , che qui giace è un falegname . E perchè anche un falegname non a- >rebl)e potuto avere onorata sepoltura ? Fu bravo nel suo mestiero e fu dabbene : tanto basta perch' egli debba es- sere stimato più di un Conte. Forse sarà più meritevole di monumento Y iuello titolalo che nulla fece e nulla seppe fare di buono ? Non così la pensò il nobile Signo- re : perciò egli vuoile che con molla e proporzionata o- noranza fossero qui raccolte le sue ossa , come testimo- nio che la virtù vuole essere onorata sotto qualunque abito la si trovi (G) . Di un altro buon popolano e nell'arte sua valoro- sissimo fa memoria quesl' altra pietra . — Nato e cre- sciuto nei monti modanesi in povera fortuna, senza pre- celli e con pochi e meschini esempii , Paolo Corsini tanto potè aiutarsi colla bontà dell' ingegno suo , che riuscì meccanico a pochi inferiore . Repugnante il padre , cui rubò di soppiatto qualche rudimenlo dell' arte , ancor giovinetto operava d' armaiolo con pulitezza e maestrìa . Un bel fucilello da lui lavorato nascosamente, gli valse la buona grazia del padre , e la libertà di secondare il proprio talento. — Conforme è uso de' montagnoli, re- catosi a esercitar la professione nelle maremme, vi trovò slima e amore singolare e onesti guadagni. Ma la mal- 1)1 Etnico iu?SDi Ó57 Nagilà di quel cielo gli )nisc addosso i geriui di un morbo che poi lo condusse iuinialuro al sepolcro. Mentre là si Iratlenne piegò il facile ingegno anche a più ardue opere di meccanica, e massimamcnlc a costruire Orioli a pen- dulo, dove riuscì così ccccllenle che non fu secondo ad alcuno. Ridottosi dipoi a Pistoia, dove il padre da qual- che lenipo erasi trasferito , trovò slima ed affetto nel cav. Francesco Banchieri a cui servigj fu impiegalo con ono- revole stipendio nella Villa di Castel Martini . Questo ricco Signore, molto vago della caccia , aprì a Paolo la sua ben fornita armerìa . e gli porse agio di emulare le più stupende opere delle fabbriche francesi ed inglesi. E r ottimo artefice non pure in breve raggiunse quella squisitezza di mandopra, ma trasse ancora dal fondo del |)roprio ingegno molti utili miglioramenti pel meccanismo. Mortogli il padre fermò stabile dimora in Pistoia , e vi aprì officina : dove presto conosciutosi il valentuomo ch'egli era , i lavori d' ogni parte gli affluirono . In assai nome fu sempre la città nostra nella manifattura di armi bian- che e da fuoco ; e forse di qua , come taluno crede, tras- sero origine e appellazione il pistoiese e la pistola (7) : pregio che , in verità , poco ci fa superbi , perchè forse lo ripeliamo da antiche sciagure da cui la memoria ri- fugge troppo . Il Corsini ( non in tempi certamente di sangue) mantenne ed accrebbe a Pistoia questa riputa- zione (8) . Ma il nome acquistalo in opere meccaniche di maggior Ièna , poco più gli permelleva d' occuparsi in tale manifattura . Avendo fino dall' età sua di '20 anni jas IL ROMITORIO fatto buona prova nella costruzione di un' orologio pel comune di Fanano sua patria, che gli valse, a premio, r esenzione dalla milizia (1807) ; non gli mancarono più da indi in poi di simili commissioni . Lasciando stare ciò che in questo genere fece di ottimo in più luoghi della Toscana , noterò solo coni' egli in Pistoia ristaurasse e quasi d' intero ricostruisse 1' Orologio del Comune ; di nuovo facesse quello della Chiesa parrocchiale dello Spi- rito Santo , e quello pure del regio Ospedale. Nelle quali opere gli esperti (oltre la somma finezza della materiale esecuzione ) lodarono molto 1' industria del meccanismo, attinta non da cieca pratica solo, ma dai progressi della scienza . Ed è mirabile veramente com' egli affatto illit- terato potesse giovarsi anco de' libri di scienza nella costruzione delle sue macchine. Leggendo, molto da sé intendeva , parte quasi indovinava per un sol cenno di spiegazione eh' altri li desse . Tanto è vero che I' inge- gno è fiaccola che fa lume per propria virtù , con poco e alcuna volta nissuno bisogno di altrui alimento . Spe- rimentossi ( e sempre coli' istessa lode ) anco in altri mec- canismi . Imperocché e fece pel Cav. Puccini una bel- lissima bilancia a bascule , ed altra del genere istesso ne costruì per l'Istituto Agrario dell'Università di Pisa, senz' altro modello che d"una semplice descrizione avutane a voce : e come prima ebbe veduto alcuni bei torchi da stampa e nostrali e forestieri, gli bastò l' ingegno non pure a ricopiarli coli' istessa perfezione , ma a mettervi anco non poco di propria invenzione affine di renderli migliori. In- DI ENRICO BliXDI 339 venlò pure slrelloj di più maniere, ed uno, in ispecie, di ferro per cui con assaissimo risparmio di tempo e di opera polevaosi frangere le olive con ricavo maggiore di olio. E di ciò conseguì doppio premio non cercalo : schiette parole di lode dal Marchese PiidoUì , e medaglia d' oro da ]Siccolò Puccini . Certamente di onori non fu mai de- sideroso ; ma offerii con istanza grande , non seppe con superbo fastidio ricusarli . Perocché dilTicile sarebbe a tro- vare altr' uomo in cui più abilità e ingegno fosse , e ad un tempo più patriarcale modestia e semplicità . Egli ren- deva per questo lato vera immagine di que' nostri ottimi antichi che in apparenza più di artigiani che di artisti , stupivano il mondo con opere ammirande . Ed anco in questo bisogna pur dire i gusti de' nostri tempi essere assai diversi da quelli d" allora . Perocché quella brava gente , poco mostrando , faceva molto ; laddove oggi, con mostra grande , si fa nulla o poco. Sulle quali ottime e rare qualità morali del Corsini volentieri ci stenderemmo di più, se già non avesse ottimamente adempiuto a questo sacro officio un amicissimo e concittadino nostro con ele- ganti parole scritte nella Jìkista fiorentina (9). — Quel morbo che (siccome accennammo) si ebbe il nostro Paolo contralto nelle maremme, e che fino da queir ora gli aveva sempre fatto , più o meno , maliscenle la vita ; scoppiò ad un trailo minaccioso e formidabile . Disperato dai me- dici attese la morte con calma cristiana , consolando gli amici , beneficando ai poveri , che sempre amò . Delle tenui sue fortune , le più erano in fogli di credilo: poco 5i0 IL ROMITORIO innanzi di morire fecesi recare quelle scritture , e , cer- catovi dentro, quelle dei debitori più poveri lacerò. Chiun- que gli ebbe prestalo un poco di servigio rimunerò lar- gamente : ai lavoranti della sua officina compartì i molti e bellissimi suoi stromenli secondo i talenti di ciasche- duno : al benemerito istituto della Misericordia legò una somma, pe'suoi averi, ingente. INè per queste largizioni nocque al fratello suo sacerdote cui ebbe tenero affetto. Con tali belle opere d' ingegno e di cuore chiuse la sua vita onorata questo buon popolano. Niccolò Puccini che amollo sempre con venerazione , vuoile che qui fossero tiadolle le sue spoglie e vi avessero degno monumento(lO). Volentieri mi sono intrattenuto a dire di queste virtù modeste, perchè è gran conforto trovare un po' di schietta bontà in mezzo a tanta illusoria ostentazione che ci annebbia . Però non leverò prima le mani da questo povero scritto, se non avrò fatto almeno un cenno anco di Maddalena Puccini , sul cui monumento la preghiera di gratitudine dell' Orfanello e della Convalescente non sono , come spesso , una splendida menzogna dell' ar- te (1 1) . Nata di gente patrizia, ella mostrò non saperlo se non pel dovere di farsi migliore : unico lato ( disse un antico ) per cui la nobiltà del sangue può ricevere in sé qualcosa di pregio . Coltivò l' ingegno, che sorti per- spicace , solo in quanto poteva essergli utile al savio reg- gimento della famiglia , ed ebbe in odio la donnesca sac- DI ENRICO BI>'DI 5H cenlerìa . Della quale non die mai pur sentore ( prova assai ai'ilua in donna ) nemmeno nelle erudite conver- sazioni che mollo amò e sempre tenne in sua casa, rac- cogliendo intorno a sé le persone che più avevano nome di probità e di sapere. Per ordinario la lettura di qual- che buon libro di recente uscito a luce formava il trat- tenimento della serata . Ella udiva le discussioni e lo osservazioni , e solo alcuna volta vi pigliava parte per domandare e per istruirsi; perocché più le piaceva il sa- vio interrogare . che il sentenziar licenzioso . Tollerante delle varie opinioni degli uomini , solo era accorta di sviare i discorsi da quelle cose sopra le quali opinare non è onesto. Perocché troppo bene sapeva quanto noc- oia alla rettitudine del cuore e della monte Y assuefare r orecchio al cicalio o frivolo od avventato , piaga ordi- naria delle consuete conversazioni , dove il più a pian- gere sarebbe la perdita del tempo, quando non vi si fa- cesse strazio del senso comune. — Questi rari pregi di Maddalena Puccini io afl'ermo sopra Y unanime testimo- nianza di quanti da vicino la conobbero. Ma chi avrebbe più a dire di lei sono i poveri : non quelli che tozzolando per le vie , offrono tristo spettacolo di sé , della loro scio- peratezza e de* loro vizii , e campellando alla giornata de' non scarsi proventi della privata carità , fanno della mendicità un mestiero e se la passano meno male che d" apparenza : ma si quelli la cui desolata miseria é trat- tenuta da certa erubescenza entro le domestiche pareti ; dove si consuma in segreto il cuore di lanli poveri i»a- 542 IL ROMITORIO dri , di lanle povere vedove e di tanti orfanelli abban- donali. Oh ! questi non saputi nidi della miseria ella co- nosceva lutti , e fu veduta sovente recarvisi come angelo consolatore . E , quello che più è da pregiare , le molte beneficenze copriva d' un velo modesto, né voleva la sua mercede dalla opinione degli uomini . Pur troppo vi sono non pochi che non fanno la carità , ma la vendono: ogni meschino quattrinello che buttano nella mano del pove- ro , vuole esser veduto scender d' alto, perchè tutti ab- biano agio d' aprir gli occhi storditi su quello sproprio terribile : ogni poco d' aiuto che diano a un bisognoso te lo strombazzano pe' trivii e pe' quatrivii , e poco sta che non ne facciano cantare le cantonate e i giornali . Per costoro il bene non è bene, come non è fatto in piaz- za : un opera buona non veduta da cento , è opera per- duta , è un rimorso . Costoro ebbe in isdegno Maddale- na , fedele al precetto evangelico , che la sinistra debba cuoprire ciò che fa la destra, e persuasa la carità avere la sua virtù in sé non nella estimazione degli uomini . La vita bene usata consumò con nuove e più splendide beneficenze , e i suoi funerali furono accompagnati dal pianto e dalle benedizioni dei poveri , e dalla stima e dal desiderio degli ottimi . Ebbe degne parole di lode da Pietro Contrucci (12) , e dalla pietà del figlio Nic- colò , r iscrizione e il monumento . Ul LMVICU BIADI .'45 Le ossa di questi buoni compensano d' assai ciò che di strano può aver messo in questo Romitorio il gu- sto non retto dei tempi . Sopra i quali se ninna coscienza può assicurarmi d' aver parlalo adeguatamente ; mi è conforto almeno d' avere, così come rai era dato, aperto r animo mio con franchezza e lealtà . KNRicn iii:\Di T X (1) Se il Cav. Niccolò Puccini per certa vivezza di fantasia ha in ciò secondalo il vezzo dei tempi, si è però rcndiilo benemerito con molle opere di vera uliliuì e bellezza morale , che onorano la sua mente e il suo cuore. Coloro che cercando in tutto la perfezione , maledicono a tutto , sono i più lontani dall' esser perfetti : Opli- inus ille est qui minimis urr/clur . (2) Lud. Guyot Univ. Calli. T. VII. Avril 1839. (3) Quisquis ades , faveas : frugcs luslramus et agros , Rilus ut a prisco Iradilus extat avo . [ Tibullo Uh. II Eleg. 1. ) (4] ylESTO MARMO RACCHIUDE LE CENERI DEL NOSTRO CARO MAESTRO (.lOVANNI LOTTI CHIAMATO IN CIELO GIOVANISSIMO DACCHÉ LA SUA RARA VIRTC' GLI GUADAGNÒ LA GLORIA DI DIO — EGLI FU TANTO BUONO I ME NOI NON LO MERITAVAMO , PERÒ DIO CE LO TOLSE MA RICORDEVOLI DEL SUO ESEMPIO GIURIAMO D' attendere AGLI STUDII ALLA VlRTU' E FARCI DEGNI DI NOI , DI DIO , DEGLI UOMINI . il- P. Gli Scuulari del Panie Xapokone l'i. Giugno 18'M. (5) Quint. Inst. Or. Lib. I. e. 1. Vix autcm dici polest, quanto libentius imiteraur eos , quibus favemus . — [6; Eccone l' iscrizione che , più semplice , sarebbe forse più solcane . 44 3i(> IL ROMITOUIO GLORIA ED ONORE ALLE VIRTU' DEL POPOLO. IL VENTINOVESIMO GIORNO DEL MDCCCXLI MORIVA GIUSEPPE FONDI d' anni quarantanove VIAGGIÒ LONTANISSIME REGIONI PER AMORE DELL' ARTE SUA CHE FU DI FALEGNAME E TORNATO IN PATRIA NON L' ORGOGLIO , MA LA SAPIENZA RIPORTAVA — L' amarono TUTTI MENO I PIU' BENEFICATI MA EGLI SPERAVA IN DIO , POCO NEGLI UOMINI — QUESTO MARMO NON COMPRATO DALL' ORO DELL' EREDE A CONFUSIONE DEI GRANDI DELLA TERRA LO SANTIFICAVA IL PIANTO DEL POPOLO ED all' amico comune LO PONEVA NICCOLÒ PUCCINI QUANDO CINQUANTA LEGNAIOLI ACCOMPAGNANDONE IL CORPO DALLA CITTA' LO TUMULAVANO A PIE DEL CALVARIO DEL REDENTORE . M- IF- (7) II Grassi nel suo Dizionario Militare nulla tocca dell' origine ed invenzione di queste due armi ; comecché egli sospettasse dover- si tribuire a Pistoia . Ma nelle ricerche eh' e' ne fece e qua ed al- trove , per mezzo di suoi amici e corrispondenti , non avendone po- tuto trovare documento certo , elesse non far cenno nemmeno della questione. Sebbene , quanto al pistoiese , apparisce chiaro da un luo- go della Vita di Benvenuto Cellini , il nome di quell' arme esser ve- nuto da Pistoia , ed in prima essersi detto pugnale pistoiese , e dipoi pistoiese semplicemente. Quando infatti quel cervel bizzarro si vuoile levar dinanzi , al suo modo , quell' Archibusieri che gli dava tanta passione , racconta che « girogli un manrovescio con un gran pugnai pistoiese , pensando levargli il collo di netto » . — Quanto alla Pistoia , il Nòel ( Nouveau diction. des orig. inv. ec. Bruxelles 1828 ) dice asso- lutamente : « Cotte arme est ainsi nommce parcequ' elle a èté inven- « tèe a Pistoia, en 1545. » E venendo al pistoiese, soggiunge coli' au- torità di Enrico Stefano : ot A Pisloye .... se soulaient faire, dil Henri " Estieuue dans la preface de son traile de la conformitc du langage « francais avec le grec , de pctits poignards , les quels estans par nou- « veauté apportez en France, furent appellcz du nom du lieu , pre- DI E!\niCO III!M)I 5i7 n mìcremciìi pisloyers , dcpxiis , pistoliers , et cnfin pislokis . Quclquc « loinps apres cstaiil \onuo l' iineulion dcs pctitcs arqucbuscs , on CI Icur trausporla le noni de ccs pclits poigiiards » . — Queste armi trovate iu prima a sfogo di odii e di ^ciidcllc farebbero certamente vergognare la mia patria , se dessa, quasi a compenso, non potesse vantarsi della intenzione d' un arme chi- rurgica di tanto momento uell' arte salutare , che non ve n' ha per av\entura altra che la pareggi: e che, per sentenza di alcuni, po- trebbe facilmente scusare , nelle operazioni, 1" uso di tutti gli stro- menti dell" istesso genere , tranne pochi. Ognuno intende ch'io vo- glio parlare del Bislouri che da prima dovette certamente chiamarsi Pislurino e che dipoi la moda del forestierume infrancesò. E noi, a ricordare alla patria questa lode , rechiamo volentieri , come cosa rara , la testimonianza d' un francese . Cosi Icggesi infatti nel Di- ctionair de medie, et de chirurg. tom. 4 pag. 30 Parts 1830 « Bistouri « mot derive, selon IIucl, du nom de Pislori [Pisloria], ville dans » laqucUe il existait une frabrique Ires-rennomée d' instrument de » ce genre ec. » Né questo vanto è venuto meno per anco ; ne verrà certamente Onchè ci saranno istrumenli chirurgici del nostro va- lentissimo Eucherio Palmerini . (8) Vedi il Rapporto della prima esposizione degli aggeli i di belle arti e manifatture patrie letto dall' Accademico Dolt. Ferdinando Gam- berai nell' adunanza dell' Accad. Pist. del di 2G Ag. 1838 Pistoia tip. Cino 1838 pag. 10-11. (9) N. 36.— 11. Marzo 18io. (10) MDCCCXLIV. yll IL SEPOLTO PAOLO CORSINI . Giovò ALLE ARTI FAURILI E ALL' INDUSTRIA AGRICOLA . NEI MECCANISMI I)' OGNI MANIERA SOSTITIENDO AL LEGNO IL FERRO ACCREBDE LA POTENZA MOTRICE E L' OPERA DELL* UOMO CI I REDENSE DALLA FATICA DEL BRUTO . LA MEDAGLIA D' ORO RICEVUTA NELLA SECONDA FESTA DELLE SPIGHE PREMIO ALL' UTILE INGEGNO 548 IL ROMITORIO ESPRESSE L' opinion PUBLICA AI, POPOLANO INDICI LUSTUl OPEROSO INTEMERATO MODESTO . (11) Questo Monumento (che tosto con eccellenza pari al modello si vedrà condotto in marmo ) e la Benemerita di cui fa memoria am- bivano essere onorati dalla parola ( cenliim potiore signis ) di quel sommo Italiano che ha restituito alla filosoGa , non più povera e nu- da, la magniloquenza di Tlatone e di Tullio. Ed avrebbe il grand' Uo- mo condisceso volentieri alla preghiera di Niccolò Puccini , se giuste cagioni non ne lo avessero impedito . Se non che la elegante lettera che ci è conceduto di riferire qui appresso , mentre con bello e gen- tile modo si tira fuori dell' incarico , non lascia del tutto inappagato il desiderio . — Chiarissimo Signor Cavaliere Ilo ricevuto quest' oggi la pregiatissima sua dei 20 di maggio, e leggendola , mi vergognai più volte di me medesimo ; non per- chè io sia colpevole, ma perchè debbo esserle paruto tale . Ciò non ostante , io mi affido talmente del suo perdono, che prima di pro- varmi non indegno di ottenerlo , oso pregarla di un favore; il quale si è di accettare un mio scrilterello , che Le ho spedito pel pro- caccio di ieri . Se Ella avrà pazienza di darci un' occhiata , vedrà in che spiacevole occupazione io abbia dovuto , dopo una lunga in- disposizione, sciupare le primizie della mia convalescenza. Fui in- fermo , posso dir quasi del continuo, dal principio dell' anno sino allo scorso mese ; e nei brevi intervalli che mi furono lasciati da' miei dolori , non seppi indurmi a sdcbitarraele con poche righe del- l'onorevolissimo carico eh' Ella mi aveva imposto, perchè non a- vevo dismesso il pensiero almen di tentar qualche modo per mo- strarle la mia ubbidienza . Aiolte ragioni concorrevano a nutrire questo mio desiderio; perchè oltre all' autorità di un suo cenno , alla gentilezza del suo invito e allo speciale onore che io ne ri- traevo , mi era caro di poter offrire qualche piccolo tributo a una virtù singolare , abbellita dai privilegi di natura e di fortuna , e degna di riscuotere per la sua grandezza 1' ammirazione e ricono- scenza dell' universale . Pertanto io indugiai a riscriverle , senza prevedere che 1' ostinazione del male , e uno sconcerto quasi ero- ui F.>iRiC(i unni 3i9 nico di tutto il sistema nervoso mi avrebbero impedito auchc più tardi di soddisfare alle mie brame . I>el resto è forse bene che il caso abbia rimediato alla mia temerità; che temerità era il voler- mi addossare un peso superiore alle mie forze , gareggiando con quei prodi ingegni . che onoreranno debitamente una memoria de- gna di omaggi squisiti e pellegrini . Certo egli è conveniente che la penna non si mostri alTalto inetta in un concorso , dove le gen- tili arti fanno si bella pro>a di sé, come quella che si vede nella scoltura , di cui Ella mi ha gralilìcato il disogno . (Juaiito è cara e graziosa questa scoltura ! Che tenera leggiadria in quei volti ! Che naturalezza in quelle forme soavemente alleggiale I Che ele- ganza ed armonia in tutto il componimento I E quanto pia e filo- soGca è l'idea dell' artista , che seppe esprimere ed intrecciare così mirabilmente l' infortunio , la speranza e l' amore I La ringrazio cordialmente di avermi fallo conoscere un' opera, che certo non è la meno eccellente di cotesto suo inagniGco giar- dino , che sento celebrare come special delizia di una provincia , in cui tutto pure è vago e delizioso . E mi alTido che la mia man- canza non essendo proceduta da elezione , ma da calliva fortuna , Ella mi vorrà benignamente compatire, e non lascicrà per questo di considerarmi come un suo servitore , premuroso di servirla ogni qualvolta le sue tenui forze non contrastino al desiderio. Con que- sta dolce Gducia mi reco a onore di essere con singolare osser- vanza Di VS. Illustrissima Di Brusselle , ai 3 di Giugno 18'iV, Inslilut Gaggia. Dei: Obblig. Servitore VINCENZO GIOBERTI (12^ Necrologia di Maddalena Puccini — Vedi Contrucci Opere Tom. Ili pag. 113. — L'iscrizione è la seguente . MADDALENA PFCCINI molti a>m prima di morire iasciò OTTAMAQIATTROMILA LIRE AGLI ORFANI DELLA CITTA' , ED AI CONVA- LESCENTI dell' ospedale , E VOLLE CHE OLESTE TORNASSERO ALLA CA- SA , QIANDO I GOVERNI DEL MONDO NE CAMBIASSERO LA DESTINAZIONE . IL POPOLO SCRITTORE NON MERCENARIO NE DISTESE L'ELOGIO COL MANTO, 550 IL ROMITORIO ED IO FIGLIO VÒ BEN ALTERO DI Ql'EL PIANTO , CHE VALE IL TESORO DI TITTI I RE DELLA TERRA . 0 gesù' MANSUETO ALLA PREGHIERA DELLA CONVALESCENTE E DELL' ORFANO ACCORDA IL BACIO DEL PERDONO ALLA DONNA CHE TI' CI DESTI A SOLLIEVO DELLE NOSTRE MISERIE . f= wtt^r*m • MONOJKrTTO DI MADDALK^TA Pri:CI1>E UK' 1»ITT(HII i; Min.vcoLO » i.>gegah i:N\E>rORE 1)1 nELLl.ZZK lAEirVItll.I FELICE l'EU I.V (.I.ORIV lA CHE VIISSK PIl' FELICE PER l" AMORE F<)RTL>VT(> l> «MIE ARSE FELICISSIMO l'ER LA MORTE OTTEMT.V !\EL FIORE BEGLI \!H3iI MCCOLÒ rVCCIM QIESTI LAtRI QUESTI FIORI sospira:si)o per la memoria di taata felicita . MDCCCWXII. Giacomo Lcopuriìi AÌSTOMO CANOVA sclltore «ACQUE I> POSSAG^iO IL PRIMO NOVEMBRE I7ÌÌ7 IMCCOLÒ PtCCIM TOLLE PORRE DLREVOL MEMORIA DI QtEL GIORNO CHE tutti I SECOLI VORRA?i!^0 SAPERE . MUCCCXXMI. Pietro Cioìdnni 45 RAFFAELLO SANZIO A, cici Maiale e del palenio letto Alla soave protettrice cura Qual brama li rapisce o gioviiiello ? E qual forte voler si li assccura Che bagnata di lagrime materne La tua fronte si volge ad altre mura ? — Vanne pur , che una luce qual non scerne Occhio profano |)ercht'' in cielo ascosa , T' è fida scorta alle bellezze eterne - Che or miri come in ombra misteriosa Ondeggiarli dinanzi , e che svelate Saranno un giorno ali" alma desiosa . E tu a quel pellegrin le sconsolate Luci rivolgi , Italia , e se ai tornionti Delle fraterne pugne abominate , Air onta del servaggio e ai patimenti , Alle virtù magnanime del cuore Che tacciono nei figli sonnolenti , Se compenso e conforto è a tal dolore , Da quel fanciul 1' avrai , da quel chiamalo A mostrar che su le sguardo d' amore 7*l'>i> RAFFAELLO SANZIO Scende dal ciel pur sempre e che V odialo Pronielco fuoco nel tuo seno ha vita , E tu sola il comparii al mondo ingrato . Ma con quai forze dinne e quale aita , Deir anima o Pittore e della Fede , Poggiasti sì neir ardua salita :* Siccome quei che con devoto piede Cerca ogni santa e venerata sponda Per farsi di virtù più degno erede , Cosi umilmente Y alma vereconda Andò cercando 1' altrui magistero Che per più rivi l' ingegno feconda . Primo r accolse il Perugino Piero ; Ma breve Y opra sua ; che non appena Additato , già corso era il sentiero .• ]Nè più bastando a quella ricca vena TI primo letto , splendida trascorre Ad altre rive , ed in te , dolce Siena Il lieto corso amando di raccorre , Di tal gemma l' ornò , eh' altra più bella Nel tuo bel Tempio non sapresti accorre. Ma già lo trae la luce d' altra stella Che ncir italo ciel prima s' accese Dopoché la barbarica procella Ciq)a suir universo si dislese ; La tua luce , o Firenze , o nobil madre Delle gentili e delle ardile imprese , DI Lilia LEO>I 557 In clic lo ;irli cìnìIì c le leggiiulre K l;i favella surse e 1 di\ in canto Che della nuova eivillà fu padre . Scrivi ancor qucslo non atteso vanto , E vai superba clic la tua bellezza Splendesse al Sanzio di sì dolce incanto . Qual chi r imago che in pensier carezza Mirando alfine in vergine terrena , Tutta del primo amor sente V ebbrezza , 0 come esulta il saggio a cui balena T.a luce d' un gran >'er . clic perseguiva Per varie vie con rinascente lena ; A cotai sensi il giovine si apriva Quando dell' alma la sublime idea Gli ajiparve innanzi qual persona viva , Dispogliata del vel che 1' ascondea Per la mano del Vinci e Buonarroti E dell' altro , che umile in Dio vivea Del suo chiostro fra i cantici devoli , E che alzalo sulP ali della Fede Rivelava del ciel sembianti ignoti . Oh ! come il Sanzio ad emularli incede ; Oli ! con qnai penne alla sublime sfera Lieve la giovinetta acpiila accede . Ed or qual voce potria dire intera Quanta folla di alTclti al core abonda Nel contemplar dell" opre sue la schiera ? — 358 nAFFAELI.O SAINZIO Narrar potresti quel che in cor si effonila Allorché il sol ti' un ultimo splendore Il creato saluta , e i campi e 1' onda Commossi nell' addio del lor Signore , Esalano un sospiro in voci arcane Armoniose di affetto e di dolore ? — Potresti dir di quali sovrumane Gioje si abbellì il fior di giovinezza , Quando all' inlime si apre e non profane Voluttà della vergine bellezza , E della patria e di ogni generosa Santa virtù l' imagine accarezza ? — Ogni più arcana e più celeste cosa Ebbe dal suo pennel forma e colore ; E la Vergin che a Dio fu madre , e sposa Per lui si rivelò nel suo candore , E beati ci fé del santo viso Nelle caste sue gioje e nel dolore . Una luce e armonia di paradiso Le sue circonda belle creature , Perchè non anche il dubbio aveva ucciso Col gelido suo sofììo le più pure E sublimi credenze , e '1 cor spirava Alla mente le nobili fatture , Se Quei che più solTrì perchè più amava, 0 il martire che al cielo anela e torna Nelle animate tele appresentava . Ili i.i i(;i i.i:o.M Tiliiì 1j Allo clic ìit seno della Fé sojigioiiia Tu sol traosli in lorra , o Ralìacle Del suo più vago e casto aminaulo adorna. Ed ora spiega le candide vele Al porlo che Ijraniasli , ove la gloria Siede custode splendida e fedele , 0\e d'ogni grandezza è la memoria K ne' templi , negli archi e le mine Leggi r antica e la moderna istoria . Ivi aggiungi alle pagine divine 0 RatTacl , la tua ; pagina eterna Con r eterna cillà solo avrà fnie . — Queir Angiolo che 1 suo viver governa Al suo corso colà segna la mela , E fra r opre e i trionfi ognora alterna La sua serena giovinezza lieta , Fino a che , la Cristiana Arte perfetta , La sublime non sia mission com|)lela . Ed ecco del Taborre sulla vetta Appena rivelato il Salvatore , Di ritornare al ciel V alma si affretta , E come cade e illanguidisce il fiore Sul seno ove pur dianzi dispiegava Dei profumi la pompa e del colore , Cosi del grande Artefice posava La morta salma accanto al monumento , Che il genio delle Sauté Ani donava 3G0 RAFFAELLO SANZIO Air allonito mondo ; iillimo accento Di un divino poema , ultima nota D' ineffabile angelico concento . Oh ! ([ual scena di duol finora ignota ! L' Opra animata di miral)il vita , La mano che creò fredda ed immola ! Coir occhio mesto e la faccia smarrita Accorre ognuno all' ultimo saluto , E di altro Grande mai la dipartila Di lagrime colante ebbe tributo : Solo fra tanto duolo sconsolato Un volto si mirò severo e muto Non dai comuni affetti esagitato ; Del Buonarroti il volto disdegnoso A quei funebri onor non aspettalo . Intento il fiero sguardo al lagrimoso E solenne spettacolo , volgeva Colali sensi entro il pensiero ascoso ; Tanta voce di pianto a che si leva Quando il Padre del ciel benignamente Dal nostro fango al suo seno il solleva Pria che fortuna li suoi strali aliente E della vita 1' olezzante fiore Languisca sullo slel miseramente ? Sventura , ognun qui grida in suo dolore ; E fu dei dì felici il compimento , Perchè alla sua tornò luce d' amore IM ILICI I.EOM 361 Pria che de' son^i il poiulo iiiipoiiiiueulo Facesse al volo dell' angclich' ale , E rimanesse '1 divin raggio spento . Oh ! me bealo , se in lenor cotale Fosse scorsa mia vita , e la sdegnosa Alma movesse una virludc uguale ! Ma grave ognor me preme aura affannosa , E diverso è il senlicr , se uguale è il segno , Cui ne spinge potenza misteriosa , Che a le mostrò tutto ridente il regno Dell" universo , come a chi M primiero INlaltin creato salutar fu degno ; A me sconvolto , tormentoso e fiero Il suo aspetto si oIlVì , quale dovca Kel di apparir che gli Angeli cadere . Quindi ogni grazia e ogni gentile idea E quanto di più caro amore ispira Il tuo pennello riprodur sapea ; A me la forza ed il dolore e l'ira; I cor che tu commuovi , io li spavento , E quei che r ama , me tremando arìuniia . La dolce Arte seguisi! a tuo talento , ]Nè la tiranna ambizion l' impose Delle sue stolte fantasie il lormenlo ; Io volea le civili Arti gloriose , Ergendo T invocalo monumento Al ^^an Cantnr delle celesti cose . iti 562 RAFFAELLO SANZIO E al Ponlefice Augusto , che sgonienlo Fra i nemici giltò coir alto grido Che di gioja ancor empie e di spavento : Ed a mie brame ognor fu il mondo infido , E spender pur dovrò 1' opra e lo zelo Per colali che aborro o che derido . Tu patria non avesti altra che '1 cielo ; Una io ne adoro e grande ed insidiala , Che del futuro nel torbido velo Dal brando e dalla scure insanguinala Veggio , tremando che al giorno falalc Sia la misera vita riserbala . Cosi in opposte via la diseguale Natura ci sospinse , e al non veggente Il diverso apparì genio rivale . Ma impura invida fiamma a nostra mente Giammai si apprese , e qui su questo altare Ove accanto alla morie sta sorgente L' Eternità , qui a voi m' inchino o care Reliquie , e tale omaggio a voi liibulo Che non porsi agli scettri e alle tiare . E quando a me fia pur quest' aer mulo , Pago sarò se alla nostra memoiia Egual la patria porgerà tributo , Eguale donerà serto di gloria . — LUIGI LEGM ANTONIO CANOVA E lu spontanea Poesia , tu luce Che si ratio quaggiù mandano i Cieli , Tu deir arti sorelle Si caramente belle , La secreta armonia tutta riveli . Chi tcco meni desiata duce , Come ha gioja più pura ISel contemplar jSalura , Il mar , le selve , i monti Che in eterno ver 1' etra crgon le fronti , Così più lieta maraviglia prende Dell" ardue moli dove 1' uom grandeggia D' ardir che in allo mira E dalla terra aspira . E se di forme in cui pensier s' atteggia , Tela 0 parete si colora e splende , E se il riaido imita 564 ANTONIO CANOVA Sasso la molle vila , Palpilo più possente Scuolcgli il cor nella serena nienle , E chi fia eh' entro serhi immacolata Sola una stilla della tua dolcezza , E ne' marmi ove intera Canova e così vera Incarnò la concetta alma Bellezza , Ahbia r avida vista inebhriala , E non senta un desire , Un duhitoso ardire , Poi sovra sé cotanto Ratto non sia , che s' abbandoni al canto i* Allor che pria distese il giovinetto Alla pietra la mano animatrice , Orfeo balzonne fuore ( Disperato dolore ) E la ritolta a lui cara Euridice . Orgoglio ed ansia di paterno affetto Esprimea nel fatale Artefice dell' ale Che al volator secondo Le cinse indarno, e 1 pianse in cieco fondo; Ma poi che Roma 1' ebbe , e 1' aura antica Nella fiamma spii'ò del sacro ingegno , DI ALESS.V>DI\0 POERIO 365 Teseo armalo venia Neir alta fantasia , E , di Creta terror , (|nel parlo indegno Che pugnante con 1' uoin la belva implica . Ei r Eroe figurava Che la già sazia clava Riposa , neir orrendo Riverso mostro il guardo ancor pascendo . Quale sarà che pria sul labbro suoni Deir opre in cui la sua virtù saliva ;' La fanciullella Psiche ? Le vereconde amiche Di Venere gioconda ? Od essa Diva ? Vaga innocente , al cor lu mi ragioni Soavemente assai ; Né voi tanto mirai , Grazie , che a voi non torni II cujiido pensiero e in voi s" adorni . E '1 dolce marmo Cilerca spirante In parte consolò Y acerbo esigilo Dell' immagine greca , Ove mise la bieca Straniera invidia il violento artiglio. Ma rugiadosa apparve e radiante D' amabile splendore , Più che la Dea d' amore , 566 ANTONIO CANOVA La coppiera superna Che mesce a' Numi giovinezza eterna . Delle cose pensando il primo riso Perdalo , e il tedio che la terra ingombra . Quasi ognor più sull' egra Mortai famiglia negra De' secoli che fur s' addensi Y ombra , Se quel raggio ritrovo , e lo ravviso Dove oprò suo scarpello , Sclamando io vo : del Bello Come sì schietta idea A chi nacque sì lardi ancor ridea :' Nelle reliquie del palladio tempio Di Fidia al magistero alzò le ciglia La gente in sul Tamigi ; E dagli alti vestigi Fulse allora Canova ( oh nìaraviglia ! ) Emulator di non vedalo esemplo . Ma più mirabil forse A proprio segno ei sorse Quando 1' arcana vista Di Fé guidollo , cristiano artista . Qua due fieri leoni a guardia stanno ; A destra è quella in piò donna divina Che gli spirli infutura , 1»! ALKSSA!NUIU> POEUIO .'GT Che i sepolcri assicura ; Siede un (Ionio a sinistra , e si reclina Da jionlilezza d' iininorlale all'anno , Quasi con gioja , vinto : K r uoni eh' ei piange cslinlo , ^ ivo ù ncir allo espresso , Ponlellce pregante e genullesso . Ve' r imniagin colà della pentita Peccatrice di Maddalo formosa ! Xé" come la persona Umilmente abbandona , La Croce contemplando alVottuosa ! ^'edi il dolor che a Dio la rimarita 1 \e la colpa da sacro Di lagrime lavacro Purificata in ella Sì che Innocenza è al paragon meii bella I Ma che fu (]uando ( oh fantasia sovrana I ) Sul morto corpo del Divin Figliuolo Fé" la materna pietà Pai[)ilar nella creta :' Torcete altrove , audaci carmi , il volo ! ÌNon è possanza di parola umana , Non è , non è che dica Quesl' ultima fatica . L' addolorala faccia 3G8 ANTONIO CANOVA Miri r uom che s' appressa , tremi e taccia Salve 0 Canova , o tu che allìn rallegri A Boiiarroti il solitario vanto In un de' cari sludi ! E le schiette virtudi Che dentro li vcstian d' un lume santo , Chi le dirà così che il Ver s' integri ? Schiera liela cran elle ; E preccdean sorelle Gratiludine pia , Beneficenza che donando ohblia . Un Veneto gentil di stirpe altera , Te divinando in poverlate umile , D' amor li circonfuse , E inconli'o a lui si schiuse Il verecondo dell' ingegno Aprile . INè il dolce alTetto tuo mai venni a sera ; E sta lo sculto avello Che tu sacrasti a quello ; E le sembianze amale Spiran ivi nel marmo , e tua pietate . ISè quando larga a le fu donatrice Fortuna , avara allor sete nascea Nel casto petto ; e T oro Sol ti parca tesoro DI .\LESS.V>DUO l'OtUKt .'(ÌO Perchè (la te su' uiiócri scoiidca , Come tacila pioggia aNvivaliice . La liberal lua mano Quanl' ingegni a lontano Voi sospingeva ! E sola Questa ti piactjue aver libera scola . E non amasti tu ? Virgineo volto Kon ti discese mai nel cor treni mie .' Si ; neir età fanciulla Che ride e si trastulla , Già guaiavi pensoso e fosti amante . Ad Alighicr cui dalla terra sciolto Forse or favelli in Cielo , ^Mentre il corporeo velo , Spirto gentil , portasti , Kel mistero del cor t assomigliasti . Kel mio pensier tua vita , ecco s' accam|)a , E li miro e t' ascolto . A fronte sei Dell" uom , d' Italia orgoglio , Dell" uom che scese al soglio. Di nostre arti captive alzar trofei Vedi, e 'I sen generosa ira l'a\ vampa. "Sci superbo Parigi , E mentre il Grande elligi Cui r Eiu-opa s inchina , A lui rinfacci la crudel rapina . -i7 570 ANTONIO CANOVA A!ii perchè sempre nel suo pello crebbe Sete d' imperio con furor di guerra :' Ahi perchè non compose Le membra dolorose , Verace lìglio , alla materna terra ? Ahi perchè indarno preceduto 1' ebbe Il giusto , il forte , il pio Che tua mano scolpìo , Segno in cui si sublima Del Campidoglio american la cima i* E tu poscia che in fuga si rivolse La sua Fortuna , e il tartaro corsiero lievve di Senna 1' onda , Tornasti a quella sponda , E in congrega di re fervido e liero Di patria amore il labbro tuo disciolse . Ecco , hai vinto , e radduci Tele e marmi , e riluci Di nuova gloria , e Roma D' eterni esempli servatoi' ti noma . Pur neir uniìl Possagno , ove nascesti Di faticosa plebe , alle slanche ossa , Con allctto tenace , Desideravi pace , INè disdegnasti la paterna fossa . Ivi a Dio tempio ., a te sepolcro crgcsli m ALESSA>nRo porr. IO r»?! E vi Irioufa il sacro Della Fc. simulacro , Della Fede iinmorlale Cui si leva quest' inno , e chiudo Y ale . ALESSANDRO POF.RTO LIBRARY UNIVERSITY OF ILLINOIS URBANA QUANDO SOTTO LO STENDARDO DI LIBERTA CALAVANO I FRANCESI DALLE ALPI A NUOVE DEPREDAZIONI ED OLTRAGGI TOMMASO PLCGIM dall' ESEMPIO DI PIER CAPPONI ISPIRANDOSI S' OPPONEVA COME DIRETTORE V ALLA RAPINA DELLA GALLERIA FIORENTINA E LA TRAFUGAVA IN SICILIA »' ONDE LA RICONDUSSE SALVA IN FIRENZE MA DOPO ALCUNI ANNI NAPOLEONE LA VOLLE A PARIGI ED EGLI AFFRANTO DALLA DOPPIA INGIURIA MORÌ DI DOLORE CUÈ LA REGINA DEL MONDO NON AVESSE ARMI PROPRIE A VENDICARSI DI QUELLI CHE UN GIORNO TREMAVANO AL SOLO NOME DI ROMA . MDCCCXLIV. N. P. TOMMASO PUCCINI TRADUSSE I]> VERSI ITALIANI IL CATtLLO ILLUSTRÒ I CAMMEI DEL MLSEO FIOREINTIPUO SCRISSE d' ANTONELLO DA MESSINA PRIMO A DIPINGERE AD OLIO IN ITALIA DETTÒ COMMENTARI DELLA STORIA DELl' ARTI MORI NEL MDCCCXI. N. P asai^sÈi:!^ DEL GAV. TOMKIASO PUCCINI ik^c gli Eloiij servono il più delle volle a palliai-e con pompe relloriche i delilli di coloro che deijbono essere giudicati dair Istoria , o a lusingare lino nel sepolcro (luei fortunali imbecilli, che il |)ubblico non ode mai ram- mentare , se non quando nascono , o quando muoiono , sono pure talvolta uu obbligo di riconoscenza alla me- moria di Coloro che vissero più pel comodo altrui , che pel pro|)rio , e a questo desiderio di giovare immolarono la più generosa delle passioni, che è l'amore della fama. Tale fu r illustre Segretario di questa Accademia Tom- maso Puccini, che gran parte della sua vita consacrando air utilità degli amici, e al decoro degl' Istituti ai quali presedelle, lasciò nonostante nei suoi scritti chiare prove 48 378 ELOGIO DEL C\\. TOMMASO PUCCIIVI della sua dollrina , ma non tali , che dal suo ingegno sperare non se ne potessero maggiori . Infatti a coloro , che elezione o necessità involge nei pubblici impieghi , il dovere , lo zelo , e la compiacenza tolgono la più cara, e la sola proprietà dell' uomo , il tempo . Beato quindi , e d' invidia degno, io reputo colui che ha almeno libero r uso dell' ingegno , ed in cose inette e noiose non co- slrello a consumarne le forze , esercita 1' arte a cui è chiamato dalla natura più di quello che la professa. Ogni legame alle menti libere è morte, e coloro i quali fan- no pompa di questa schiavitù riguardali vanno con quella compassione che si rimirerebbe uno schiavo il quale si gloriasse delle catene . Ma ritornando là dove V amore della libertà ci ha allontanati , Tommaso Puccini di cui dobbiamo tessere l' elogio nacque in Pistoia nel 5 aprile del 1749. Educato nel Collegio della sua patria diede di sé belle speranze avverate dal tempo. In Pisa studiò legge sotto Giuseppe Paribeni : e questi per ventura del nostro Accademico non era un insipido Giureconsulto , che non sapesse conciliare collo studio della legge 1' a- menità delle buone lettere . Il Puccini dunque si diede sotto il Professore suo concittadino alla giurisprudenza per obbligo , e per genio ai classici , dei quali imparò a conoscere le più raflinate e nascose bellezze. Fin d' al- lora , per quello che narrato mi viene da' suoi coetanei, mostrava inclinazione per lo studio teorico della pittura , e per vedere qualche dipinto brevi viaggi intraprendeva. Potè contentare questa passione in quella Città, che al- DI «;iO. «ATISTA MCCtU.IAI 370 Ioni racchiudeva i porlciili dolio arli aniiclio o niodonie , e che come patria riguardala verrà sempre da ogni Ita- liano, in cui viva ancora qualche spirito generoso. (Con- teneva allora lloma nel suo seno i più illustri artisti che d' ogni parte d' Europa accorrevano a studiarvi le sta- tue de' Greci , le pitture degl' Italiani , e i monumenti tulli che attestano 1' antica grandezza della regina del mondo . Mitigava col commercio di questi uomini insigni la severità della Giurisprudenza , in cui essendo assai perito fu scello per Segretario degli Auditori di Uola . Ma la Provvidenza volendo porre d' accordo la sua in- dole col suo impiego , operò in guisa che Ferdinando III , cui erano note le cognizioni del Puccini sulle belle arli lo richiamasse in Firenze perchè alla Galleria |)rese- desse . Dispose con miglior ordine la preziosa suppellet- tile di Quadri, e di Statue ond" è ricco questo Museo , che tanto onora la nostra Patria , e ne illustrò le Me- daglie , e le Gemme con dolla brevità in un catalogo lutto manoscritto . Non si prevalse della confidenza di cui ronorava queir ottimo Principe che a vantaggio della Galleria , e degli Artisti , e potò essere amico senza a- dularlo di un Sovrano avvezzo dall' immortale Pietro Leopoldo a riguardare i sudditi come figli , e lo Slato come una famiglia. Con quanto zelo sostenesse ai tempi più diflicili r ufficio affidatogli , a chi di voi non è nolo ? Narrare io vorrei come non fu atterrito dalle minacce degli spogliatori d" Italia , in qual guisa deluse , per quanto gli fu permesso , la loro avidità ; ma il mio a- 580 ELOGIO DEL CAV. TOMMASO PUCCINI niino rifugge dalla memoria di quelle sciagure , e la- sciare voglio all' istoria ( a cui non vi ha oro , né forza ohe possa imporre silenzio ) la cura di raccontare gli al- trui delitti , e le nostre vergogne . Certo si è, che se il coraggio della virtù non destasse nei più malvagi, o spa- vento , 0 lispetto , potca (picst' uomo generoso rimanere sulle soglie di quel Tempio, di cui era Sacerdote, vit- tima di coloro cui la spada lenea luogo di Dio . Non pago il Puccini di avere esposto al più gran cimento i suoi giorni per conservare i capi lavori della Galleria sofferse ancora (tanto potè in lui 1' amore della Patria ) di sacrificare per un islanle quello che i magnanimi sti- mano più della vita , la reputazione. In fatti quante ca- lunnie non sparse 1' ignoranza o V invidia allorché i Qua- dri , e le Statue più celehri nascose , e trasportò a Pa- lermo , senza curare i disagi di un viaggio che preparò la sua morte ? Potea in appresso , non che giustificarsi, ottenere lode e gratitudine da tutti i huoni : ma non è lieve impresa particolarmente ad un animo ardente chiu- der r orecchie a maligni rumori , e mentre tu sei la- ceralo in puhblico , consolarti in segreto col testimonio della tua coscienza . Ritornato finalmente alla patria , allora governata da Carlo Lodovico , ripigliò gli usati nllici di Direttore, e dopo tante tempeste , godendo di tranquillità , diede nuovo saggio delle sue estese cogni- zioni in fatto di belle arti con due egregie operette . E- samina con la prima il celebre libro di Danielle Weebb sulla pittura , e colla seconda va esprimendo con deli- ni OIO. BATISTA ÌMCCOLIMI 581 cala imparzialità lo sialo delle belle ani in Toscana . Questi due opuscoli pieni di dottrina , e di eleganza gli accrebbero quella fama , cbe già si era acquistata colle sue belle orazioni pubblicale nella occasione dei con- corsi triennali . jSclle sue memorie sopra Antonello de- gli Antonelli discusse con lutto Y acume della critica le opinioni diverse sull' invenzione della pittura ad olio, né da alcun pregiudizio si lasciò vincere in una questione tanto agitala dagli Scrittori . Compose versi con pari c- leganza nell' antica e moderna lingua d' Italia. Il Pub- blico avendo ammirato alcuni saggi della sua versione di Catullo la desidera per 1" intiero tuttora . Da molti fu rim- proveralo al Puccini di parlare delle belle arti con sover- chio entusiasmo , e di arrogarsi nel giudicarne più au- torità che non convenga a un dilettante . Ma senza esa- minare tino a (|ual punto sia permesso di parlare d' una professione a chi non 1' esercita, io pensando a ciò eh' egli ha fatto a promoverc le liberali discipline, gli perdonerò volentieri questo peccato che gli Artisti considerano co- me mortale. ISon potrà d' altronde negarsi senza ingiu- stizia al Puccini una profonda notizia dell' Istoria delle Arti, e se nella cognizione della Pittura fu vinto da qual- cheduno, ninno cred' io che in quella delle slampe lo su- perasse . Giustizia, e fermezza ne suoi proponimenti ebbe somma : e se qualche volta trasportato dalla sua indole ardente dispiacque a taluno col vero , niuno potrà mai rimproverargli, o malvagità di cuore, o poca rcllitudinc nella nienle . SofTerso una malattia molesta e violenlis- 382 ELOGIO DEL CAV. TOMMASO PUCCIIM sima, con coraggio rommentantlo come visse , e confor- tato dalle eterne promesse della religione ; e la sua morte, avvenuta nei 15 marzo del corrente anno 18 li fu ac- compagnata dalle lacrime degli amici , e da quelle di tutti i buoni . GIO. BATISTA NICCOLINI KQTA ©BSM EMf ©IRE i^rcdiamo opportuno corredare d'alcune notizie questo nobilis- simo elogio scritto nel 1811; osiamo sperare clic il nostro pensiero non sia per dispiacere all'inclito inlcnicralo scrittore, al qu;ilc per i tem- pi che allora correvano non sarebbe forse stato permesso di enunciare tutti i fatti e le particolarità biografiche del Cav. Tommaso Puccini . Egli si volse lino da gio\ inetto allo studio di Dante che più d'ogni altro scrittore gli educò l' intelletto e il cuore alla grandezza del pen- sare e alla rettitudine cìnìIc clic tanto poi lo distinsero . Meritamente Fabre lo rilraltu\a assorto nella lettura del divino poema per modo da non accorgersi essergli stato gettalo lungi il cappello dal vento che furiosamente agita la foresta che forma il cam[)o del quadro . Chiamalo a dirigere la galleria di Firenze , diede novello e mi- rabil ordine a quel ricchissimo emporio delle arti; prima sua cura fu d'attirarvi gli amicissimi Canova e .Murghen ; questi gli confortò il dispiacere provato dal rifiuto dell' altro; tutti sanno ({uanto il sommo incisore giovasse all'arte , non a tutti è noto doversene il benefizio a Tommaso l'uccini . Esso fu il mecenate e sostegno più valido degli artisti , e in special modo di !^abatelli . fili stupendi tocchi a penna che coiiservansi nella Calleria l'uccini , attestano il generoso patro- cinio di Tommaso , la gratitudine e T amore dell' immortale Artista . Né a questo si rislclte il suo amore per le arti : illustrò di note gra- ziosissime il X'asari : il testo conservasi nella Biblioteca Puccini. Tas- sigli con molla saviezza se ne giovò nella edizione che pubblicava del biografo Aretino . Tommaso scrisse varie orazioni d' argomento arti- stico per i concorsi ai premi di belle arti ; queste bastano sole a dare alta e vera idea della sua mente, del suo animo e del suo saliere. Al- tro pregievolc lavoro condusse a illustrazione delle arti, e specialmen- te de' Cammei antichi ; rimase inedito per la morte dell' Autore; for- se avrà la sorte di altri lavori originali italiani, usurpati e presentati poi sotto forme e nomi stranieri . l'iù avventurosa di quello scritto fu la traduzione di Catullo publilicala nel 1817 con splendidezza ti- pografica , e dedicala a Ferdinando 111 dal fratello superstite Com- mendatore Cav. Ciiuseppe uomo d' alti sensi e di vasta dottrina . L' onorevole ufficio di Direttore della Galleria Fiorentina gli portò molti travagli . Non gli fu poca pena il vedere , contro le forti 384 ELOGIO DEL CAV. TOMMASO PUCCINI sue opposizioni , venduto dal governo francese per scllemila scudi ii mirabil rilralto di Bindo Alloviti , prodigio del pennello di Raffaele Urbinate . Ma ove il coraggio gli valse non fu codardo . Alquanti uGciali stranieri lo richiesero un giorno d'essere ammessi a vedere le stanze ove custodivansi gli oggetti più preziosi della galleria . Uno di essi tolse destramente un cammeo rarissimo; non sfuggi il furto all' oculato Tommaso . Chiude di presente la porta , e con parole ed atti dignitosi e severi ne intima la restituzione. Ho da- to , disse , senza lagnarmi quanto mi avete chiesto del mio : dell' altrui non dispongo , né consento che altri si pigli ciò che fa affidalo alla mia fede ; non temo i cipigli , le minacce , le spade vostre ; chiunque sia il rapitore riponga al suo luogo la gemma, o vedrete se io so morire al mio posto. Per questa energia salvò quel tesoro . Poiché il Governo Francese ebbe dispogliata la Galleria Fioren- tina , oltre agli altri capi d' arte, della famosa Venere nota col nome di Medicea, Puccini volle che ne restasse sempre vuoto il piedistallo; dicendo a quanti lo richiedevano del perchè: La Venere è andata a fa- re un viaggio a Parigi , ma presto farà qui ritorno , perchè V aria del- la Senna non le si confà . Altra volta lamentando quella rapina, gri- dò : / Francesi hanno voluto maritare la Venere Toscana con l' Apollo di Roma ; ma perdio non faranno figliuoli . Quando la Regina d' Etruria voleva donare un preziosissimo ca- po d' arte a Napoleone , Tommaso Puccini con belle e forti ragioni consigliavala e dcterminavala a ordinare che fosse o])erato uno squi- sito lavoro in pietre dure, il quale attestasse la munilicenza della do- natrice, e facesse fede agli estranci della floridezza di questo magiste- ro. Non è meraviglia se in tempi corrotti egli cosi leale , franco e magnanimo cittadino , e diremmo entusiasta delle arti avesse degli emuli e oppositori ; la sola miseria della mente , del cuore e della fortuna non ebbe mai nemici né invidiosi . Lo compensò ampiamente di quelle molestie la fama più che i- lalica , la slima di tutti gli onesti , 1' amicizia di moltissimi illustri , tra i quali oltre i nominati, voglionsi notare l'emulo di Morghen Bar- lolozzi, Pagnini , Soldati suoi concittadini , Alfieri , Monti , Labindo, Foscolo e Nelson finché non si fu macchiato del sangue dell' ammi- raglio Caracciolo , di Cirillo e di Mario Pagano . Zannoui scrisse 1' e- logio latino per il tubo con quella verità cui non fa velo 1' amicizia. L'Accademia pistoiese che egli aveva illustrata, e nel 1807 presen- tata deWaareo scrilio- Sullo stato attuale delle artiin Toscana- celebrò solennemente gli onori funebri alla memoria d' un tanto cittadino . NOTA DEGLI EDITORI 58ì> Ne piace riportare la seguente iscrizione di Pietro Coatrucci per le varianti che non si trovano nelle altre edizioni . TOMMASO PUCCINI PER ALTEZZA D' AMMO Pll' AGLI AMICHI CUE AI MODERM SI ASSOMIGLIÒ ; DIKETTORE DEL MISEO FIORENTINO IL DIFESE A VISO APERTO DA STRANIERA MILITARE RAPACITÀ' ; CON ARDITA FIGA IN SICILIA NE riSTOI!! IL ME(;LI0 ALLA PATRIA ; RESE ITALIANI I NIMERI DI CATL'LLO ; DEGLI ARTISTI E DELLE ARTI SCRISSE SAPIENTEMENTE . AMMIRATO DAGLI STRANIERI FU PIANTO DAI NAZIONALI IL XIV. MARZO MDCCCXI. ILTIMO DE' SCOI LXXII ANNI . S< 40 DEL CAV. TOmilIASO PUCCINI A iicor di gioventù fioriaci il viso, Tommaso , ed io nendea dal luo consiglio D' eleganze maestro , e lutto un riso D' Arte e Natura eraci intorno al ciglio . Conobbi il pianto allor che le diviso Fece da me di morte il fero artiglio , E dissi: Ahi ! lo sperare, è folle avviso, Stabil la sorte in questo basso esigilo. Ma dove Amor l' Iniagin tua m' addila Rinasce il Ben , né va stagion perdendo : Tal' opra un Genio di lua stirpe ha ordita . Scarso tributo a sì gran Core io rendo , Se dal mio crin la fronda inaridita Ai suo nobil Giardino in voto appendo . PTETHO BAGISOLI FRANCESCO FERRUCCI À CANZONE B ella , di (lonsc mil)i iii!j,liirl;uKlala . D' Etruria inalzi sul genlil paese , Grande Appennin, la fronte Ina superba, Qual gigante che vegli alle difese Di vergine soave abbandonala , In un sogno d' amor , ira" fiori e 1' erba . Se freme il nembo , e con mina acerba Y)e tuoi torrenti si Iravolgon 1" onde , Il pauroso armento Rapilo , e il bosco al furiar del vento Svelto , lerror sublime a' pelli infonde . Se i dì lornan sereni . e lento lento Zefiro infiora e selve e piagge amene , Le tue valli profonde Suonan di canti e pastorali avene . 50 30i FRANCESCO lEUniCCI Ma non sempre d' amor sonaron liete , Che in lor svegliò novo fragor di guerra Un Grande , della patria ultima speme . Co[)ria la notte ancor d' ombre la terra , E le schiere de' forti avvinte e quote Teneano il sonno e la fatica insieme . Ma veglia il Duce , e maggior cura il preme . L' orme di fresco morbo ancor non spente Son su r ardita faccia : Vede la patria a lui tender le braccia , E a quella sovrastar Carlo e Clemente , Qual due predoni , un di cui pose in caccia , E spogliò r altro con feroci inganni ; Or d' un cor , d' una mente Muovon del primo peregrino a' danni . Bella ei'i un dì ! Sulla serena fronte Tremolando splendea candida stella , E di rose immortali era il tuo serto . ÌNolte or ti cinse ed orrida procella , E chi più amasti vuol con slrazii ed onte Vederli il sen per mille piaghe aperto . Qual di morente in muto , ampio deserto Sonò tua voce per aita invano . Presso a morte or ti vedi , A infamia no : la fiamma arda e depredi Ciò eh' è indegna toccar barbara mano . Lei non vedran le braccia avvinta e i piedi m riwwcEsco fivatsciiim 3M"i Kel fango Irasciiiar la roiiia veste : Mora; e i futuri vano Sentan desio della beltà celeste . Ma pallide dal ciel fufijion le stelle , E delle trombe il suon \ ilice il concento Degli augelleiti e il mormorar del llnmc . Qual mar commosso da piacevo! vento Frcmon le scbicre , e alVreltansi di belle Opre inliammale oltre il mortai costume . — Benigno , o sol , manda il nascente lume Soli' armi sante . e ne rifulga un raggio Che degli empi avversari Gli occhi contristi e il core . Itene , o cari . Che portar non volete altrui servaggio , Kon tòr le donne agli abbracciati altari , ?son acquistar con sangue e pianti un regno ; Ma dair estremo oltraggio Salvar di libertà T asil più degno . — Ma occulto il serpe entrò nel dolce nido . Da tergo feriran : pria che la s|)ada Tragga il guerrier , sue mani un laccio avvinse. Già d" armi risonò 1" erma contrada , Kè son le nostre . » Ahi IMalalesta infido ! » Grida il Duce » ampia rete or ne ricinse . Ma può scioglierla il ferro : ancor non vinse Chi a" liberi vien contro . Avrete . o amici , 596 FRANCESCO FERRUCCI Oggi gloria immortale , E vincendo o cadendo , onore uguale . Vincendo , Italia è salva : né infelici Quei cui la tomba è schermo a pcggior male . Cader può il giusto : ma il suo sangue affretta Al mondo i di felici , Ed è la sua memoria una vendetta » . Fiamma è quel dii'c a petti : armi e bandiere Alzano e grida , ed al castello umile Muovon , che Pia d' eccelse prove il campo . Giungevi a un tempo maggior turba ostile : Entrano ,, e 1' un V altro inimico fiere Sì , che uè pur virtude a morte è scampo . Dell' aste e delle spade abbaglia il lampo ; Il grido assorda , e più crescon gli sdegni . Qua sfrenali destrieri ; Là pedoni atterrali e cavalieri . Ne' fuggenti ferir non fia che degni Francesco , e « Innanzi « esclama « ardir, guerrieri 5 Fanno il corpo de' prodi onesto e bello Delle ferite i segni , Non quei della catena o del flagello » . Come al puro spirar di vento amico Fuggon le nubi oscure , e torna il sole , E la terra ed il ciel par che sorrida , Sì la schiera che morte o vincer vuole J DI Fn.v:vcEsco francuiim aO" Fugalo Ila dalla lorra ogni noiuico , E di villoria ognor s alzan le grida . — Cadevi tu ohe a' rei ti festi guida Per dar calcne a liberi . Tua spoglia Sol vedrà 1' ansia madre , Che rilrarli volea dall' empie squadre , E acquetar nel tuo cor V audace voglia . — Chi a' suoi fa guerra , e a tutti esser dee padre Pallido udrà della vittoria il suono , E tremar come foglia Sentirà sotto a piedi il santo trono . Dopo r aspra tenzone il pio guerriero Ove alla pianta fa la terra oscura Il corpo lasso sull' asta abbandona . E a quella parte ove le patrie mura Sorgono invia lo stanco occhio e il pensiero . » Per me non chieggio trionfai corona » Sospirando dicea « tanto mi dona Di vita , 0 ciel , eh' io le riveda , e spiri . Della vittoria i canti Sieno esequie al gucrrier , non vani pianti : Libere fronti il guardo ultimo miri . . . > Ma rompe allo fragore i pensier santi -, Lo stuol barbaro (oh duol ! ) non |)crì tulio , Ma vien con novi giri , Per nove vie recando estremo luiio . >08 FRANCESCO FERKUCCI Terribil vista ! Qua virlù suprema , Là forza ognor crescente , ira e vergogna Spingon le genti a disperata prova . Sangue il suol corre : e più vittoria agogna , Quanto più vede rimanersi scema L' eletta schiera , e il furor suo rinnova . Non sia chi al capitan parole mova Di darsi , o scudo alla morte vicina Farglisi tenti al petto . Pure alla fuga anco è il nemico astretto : Ma vana è ogni arie , e la virlù divina , Che più folto ritorna in se ristretto . — Città famosa , or degli affanni in fondo , Piangi la tua ruina , Piangan lue madri il sen troppo fecondo . Il tradito guerrier , pallido , esangue , Cinto da turba a vii vendetta intesa Leva la fiontc , e impavido rimira . Ma perchè la virtù più bella e accesa Sfavilli nella faccia che già langue , Negl' indomiti cor non spegne l' ira ; Che il sole invan V etereo lume gira Per le pupille in cieca notte involte . Il capitan crudele Dell' invitta virtù , del cor fedele Muove rampogna : V empie voci e stolte Confonde il giusto . Ahi ! tronca le querele Ne trarrà per magnaniaà ardimenti Cadde Italia con lei . Straniere centi 1)1 FRANCESCO FR.\?iCUl>I 399 Col ferro quei che onor , pietà calpesta. — INè dal monte travolte Cadeste , o rupi , sull" iniipia testa ? Vinta dal tradimento e da fortuna , Ecco , al suol giacque alfin la donna altera , ìSè difendersi puole , o far lamenti . Più non vedrà la sua luce sincera Percosso il mondo , nò favilla alcuna gnaniiù i lei . Stfaiwv,. <. afilli , Sul sacro suol vitlrici eccovi alfine : Con voi più non contende Chi tulli \inse, chi dell' alle , orrende Ombre della barbarie addusse il fine . Il mondo è vostro : chi a guidarlo imprende Con la spada . le leggi e la parola ? Chi con 1' arti divine L' abbella , e 1' uoni nel suo dolor consola :' Vano ogni sforzo : son barbaro gioco Vostre guerre , e di sangue inutil gara ; La vostra libertà , colpa o follia . Falsa luce che abbaglia e non rischiara L' arte ; che più non arde in dolce foco L' astro che dì più lieti al mondo apria . Italia cadde : né poleasi pria Della ruina scorgerne 1' altezza . 400 FRANCESCO FERRUCCI Si velò suo splendore A più nudo mostrar 1' alimi squallore . E se ad un raggio d' amor , di bellezza Correte , empievi il sen sacro terrore Mirando Lei sulle mine assisa , Che con mesta dolcezza L' urne de' forti e gli archi e i templi affisa FRANCESCO FRANCUINI Conoscendo il merito della Sig. Caterina Ferrucci , non man- cammo di chiedere a Lei pure un componimento , onde la gloria del- V Avo suo si celebrasse anche da penna di famiglia . Essa rie diede speranza con lettere dirette al Sig. Niccolò Puccini ; ma ora ci tro- viamo obbligali a chiudere il libro nel desiderio non sodisfatto dell'im- plorato favore . GLI EDITORI n 0 T z Pag. 39i v. 20 — Francesco I di Francia , al quale la Repub- blica tìorentina fu sempre aflezionalissiuia , alimentò fino all' ulli- mo in que' cittadini la speranza di polente soccorso , e cosi li di_ stolse dall' accordarsi con Carlo V : e ciò perchè l' imperatore im- pedito in altre {luerre , a lui concedesse migliori condizioni : poi concluse la pace abbandonando vilmente i generosi collegati che si eraau esposti alto sdegno di Cesare per non mancare alla lega colla Francia . a r. 25 — Carlo Capello ambasciatore della repubblica di Venezia presso la Signoria di Firenze , dopo a>ere in una sua lettera al Doge descritto i danni che Ncnivano all' inTelice città dalla fame e dalla peste , aggiunge le seguenti parole a J'ultavia tanta è la costanza « degli animi di ciascheduno , tanto indurata la ostinazione di vo- a ler liberarsi , che hanno deliberato pubblicamente di patire ogni « estremità ; e subito che il Ferrucci si scuopra , il quale ha or- « dine di congiungere le forze sue con quelle che si ritrovano in « Pisa (che saranno da fanti cinquemila e cavalli cinquecento) e « di venire alla volta di questi eserciti, uscire dalla città con tutta « la gente da guerra e con quelli della milizia cittadina , e com- a battere, e così vincere ovvero insieme colla vita perdere il tul- « lo ; avendo determinalo che quelli che resteranno alla custodia « delle porle e dei ripari, se per caso avverso la gente della citta « fosse rotta, abbiano con le mani loro subito ad uccidere le don- 0 ne e i figliuoli , e por fuoco alle case , e poi uscire all' istessa « fortuna degli altri , acciocché , distrulta la città, non vi resti se (I non la memoria della grandezza degli animi di quella , e che sie- « no d'immortale esempio a coloro che sono nati e desiderano ti- 0 vere liberamente » . Le arti di .Malatesta Baglioni resero vano an- che il terribile e magnanimo proponimento . Pag. 397 u. 5 — . . . . « e dice Itaccio ( Marucelli ) che la ma- dre del Principe gli scriveva che gli dicesse che si levasse da quella impresa perchè era ingiusta , e vi capiterebbe male . » — liusini Lettere al Inarchi — Leti. 12. a «.8 — a Giunse la fama a Malatesta e dipoi alla Signoria del- la vittoria del Ferruccio e della morte del principe: né fermò quiu, che ella andò con queir in. pelo inlino al jiapa, che disperatosi pu- re della sua mala sorlo s" era messo in gran malinconia » . Segni Storie fiorentine L. k. 51 GALILEO •■^. r- -5- 1 ^ x s * + n: «■ V^ ^ 1 ^ -<*^-5^ -^ \ !C?*5^- UNIVERSITY OF ILLINOIS URBANA MUCCCXXX. GALILEO CHE Pili' d' OGiyi ALTRO DOTASTI IL MONDO DI .NOBILISSIMI E FECONDI VERI E più' d' og>i altro per amor del vero dall' IG?iORA>ZA E DALl' I?iVIDIA PATISTI riISIRA LA TLA GLORIA QlA!\DO IL GENERE UMANO CESSI DI VEDERE IL SOLE ED ABITARE LA TERRA . Pietro Giordani Sotto il busto dì Gcdileo Questi è il diviii Linceo ; che le reniolc Inlatte vie della celeste mole Passeggiando da Dorade a Boote , Rise agi' inganni delle Greche Scuole ; E squarciò il vel , che nascondea le ruote , Onde movonsi gli astri intorno al sole . Qual premio n' ebbe ? all' atterrito ciglio L'ondeggiar della fune, e il tristo esigilo. GIOVANNI nOSINI 0, iial peculiare comlizione diflcrenzia ed eleva r uomo sopra tutte le creature ? quale suo proprio ed esclusivo carattere , sopra tutte , lo ravvicina al creato- re ? La Ragione . Qual . dunque , più nobile ministero di quello che si adopera nel cullo di una facoltà , per la quale Iddio disse: Hù fatto V uomo a simditxdine mia ? Qual maggior gloria che la difesa , la rivendica- zione di questo sacro privilegio dell' umana natura ? E qual più forte , più ardilo , più magnanimo trion- fatore di questa causa , che Galileo , del quale contem- pliamo r effigie ? Per ciò stesso , qual più grand" uomo di lui fu sol lo il sole ? anzi qual più grand' uomo di lui può ripromet- tersi la umana progenie ? avvegnaché la libertà dello spi- rito . il più ci'an bene che adi umani sia dato ranatiun- gere , fosse , dal dì che Galileo la pronunciava , assicu- rala, sicno quai si voglia gli ostacoli che tuttavia ne at- traversano il pieno ed infallibile conseguimento . Ecco la vera gloria di Galileo : 1' aver redenta la più nobii parte dell" uomo : quella che lo fa libero e forte in mezzo alle sciagure e alle catene . 1' avergli detto , quando ancor stava fra timoroso ed incerto del più bel dono del ciclo — Usa della ragione : conosci e confessa le slesso e il tuo Creatore — . 408 GALILEO L' avere spesa la vita , 1' aver sofferlo il niarlirio dello spirito per la rivendicazione dello spirilo , ecco la grandezza immortale di Galileo : ecco ciò che lo fa sen- za misura più grande di Colombo che raddoppiava i con- fini della terra; di Cesare, di Alessandro, di Napoleone, che la dominarono ; di Aristotile , di Platone , che vi- dero parte sola di un vero, che tutto si aprì alla mente di Galileo ; vero , del quale non ebbero quelli la ven- tura di essere martiri siccome egli , e di assicurarne co- sì per doppia guisa il trionfo . Ecco r opera per lui creata nei settantotto anni che corsero dal 15 febbraio 1564 , epoca della sua nascila , al dì 8 gennaio 1642 , epoca della sua morte. Considerata da questo punto di vista, la comparsa di Galileo è il più gran fallo dei tempi moderni : uno di quei fatti provvidenziali , la cui importanza sfugge ; Ilo sguardo della comune degli uomini , che pur ne provano gì' irresistibili elTelti . E Galileo è Italiano : è della terra delle grandi cose : della lerra che due volte redense il mondo dalla barbarie : terra, di dove solo verrà la luce rivelatrice che compia 1' opera mal tentala , anzi appena da altri intraveduta , di una terza civiltà, nella (juale si riposi per secoli l'umana famiglia . I grandi fatti uma- nilarj son patrimonio nostro : della confermazione di que- sta sentenza , mi appello confidente alla posterità . ELOENIO ALKKUI TORQUATO TASSO 52 i ■fk m' a . f /rrf//ìff/f' /t/.rr. -/ OtdK A\t//.»/4f h, LIBRARY UNIVERSITY OF laiNOlS URBANA 0 TOUQUATO ITALIA TL'TTA SODISFACCIA IL TUO GEIXIO COI MO>L'MEÌNTI QtESTI POVERI LAL'UI CUE LA KOUTL.>A DESTINAVA ALLA TLA AGONIA ?iICCOLÒ PL'CCIMI CONSACRA ALLE TL'E SVE?iT€RE PERCUÈ gl' Infelici -■>o> disperilo d' esser grandi , MDCCCXXXII. Giuseppe 7\issinari Dcr Genius .... molir Wurzcl als Dliilc tier Zcil sliisst inclir die fiegciiwart zuriick und ziolil die Ziikunri aii , da cr niir siili selber, niclit die jeUo (iebildelcn darslclll . Ji;AN I'AIL IlKllTKIi Kkine Bikherschau . . . . For ouglil llial cver I coiild read , Could cvcr licar l)y tale or history , The coursc of Iruc love ncvcr did run sniootli . SlIAKESPEAll A Midsummer-Night 's Dream. Ad. I Scene II. Sfolgoravano gli estremi raggi d' una bella sera d' estate , quando scelta mano di giovani , venuti a go- dersi le amenità del giardino Puccini presso Pistoia , a respirarne le fresche e profumate aure, vagava cantando per que* viali e salutando i Sommi , di cui là s' incon- trano i monumenti. Il ciclo stellato parca sorridere a tanta pietà , e ne rendea più sublime e commovente la scena: la luna , che sorgendo a poco a poco suH' orizzonte inar- gentava di malinconica luce que' praticelli e que' boschi, facea più sentite al cuore le canore voci , mentre uno stuolo di campagnuoli seguiva in silenzio la comitiva . 414- TORQUATO TASSO Giungevano dinanzi al l)uslo di Torquato Tasso : al ri- petersi delle forti parole inscritte sul monumento più e più s' accendevano di sacro estro, ne ricantavano a coro gì' immortali versi , i villici slessi quasi per eco rispon- devano . Voltavasi in questo chi preso di caldo entusia- smo proferiva caldissimi accenti sul grande e sventurato poeta ; e lutti si prostravano riverenti , uè fuvvi chi non bagnato il volto di lagrime si rialzasse. Forse la magna ombra di lui , circondata de' raggi della sua stella, aleg- giava per queir aei'c armonizzato , compiacendosi dell' a- moroso culto, che 1' uomo rendeva a chi tanto avea no- bilitato la sua natura . E fors' anco sovvenivale in quel momento altro somiglicvolc trionfo , che a lui vivo ed infelice toccava in Sorrento , dove, profugo dal cenobio ferrarese , dopo un viaggio per sentieri asprissimi aspris- simo presenlavasi alla germana, bramoso di riversarle in seno la. immensa piena delle amaritudini che travaglia- vanlo a morte . Né a prima giunta noi ravvisava ì' af- fettuosa, tanta rovina di forme operato avea su quel di- vino sembiante 1' infortunio , il disagio ! E la sorpresa solamente cessava tra le dolcezze de' fraterni amplessi , quando il cuore del miserando Torquato si dilatava ad una gioia vivissima, soavissima . Meglio poi allora che, divulgatasi la fama dell' arrivo di tanto ospite , ne fu in festa la città lulta , e subito che la notte comparve co- ronata di modesti splendori , le più care armonie a' suoi più eletti carmi conserte, forse a qualche bello episodio della Gerusalemme, salutavano il grande. Il combattuto in LOIISA GRACE 415 SUO pcllo dovè cerio inebriarsi di quella melodiosa onda; quella beala uollc gli sarà stala una delle pochissime fra le lianquille . e lanla dolcezza gli avrà fallo per poco dimenlicare Eleonora e la ingrata corte d' Alfonso . Scrivendo alcuna cosa del Tasso giovava rinicm- brai*e codesti successi , i quali mirabilmente appalesano il vasto impero , che i genii privilegiati esercitano sulle genti , anche malgrado la ostinata guerra d' una perversa fortuna . Fra i molti che si affaticano all' acquisto di sì bel vanto , sono i soli genii della umanità che lo ag- giungono , perchè soli padroneggiano la natura e ne trag- gono queir elemento dinamico . onde i magnifici conce- pimenti e le maravigliose produzioni germogliano ; ei soli, che ne cavano quella vital forza , che basta a scuotere gli addormentati, ad ingagliardire gli alTranti, a soggio- gare gP inlellelli ed i cuori ; ci soli , che addrizzano a loro voglia il mondo sociale , ne fissano le epoche più luminose , lo slanciano sulle vie del progresso, e per un istinto inesplicabile le future vicende ne preconizzano; ei soli insomma, che danno il nome ai secoli. L' uomo di genio , se impugna le armi , non v' ha esercito che non rompa , capitano che non vinca , regno e potenza che non domi : gli si pone dallato la vittoria , né mai Y abban- dona , finché non ne abusi per IlagcUarc i fratelli, o per costringerne la libertà fra le catene ed i ceppi . Se egli si studia di sorprendere la natura fisica ne' suoi segreti, n di scuoprire i più reconditi arcani della natura spiri- tuale , spinge tanl' oltre le sue indagini , che ti sbalor- 416 TORQUATO TASSO disce colla varietà ed evidenza delle sue rivelazioni : dalla sublime intuizione del primo vero , dall' amorosa contem- plazione dell' Ente scende allo svolgimento de' profondi misterii della immortalità e del tempo , e sul dritto fdo de' fenomeni afferra dei veri altissimi, ritornando il guardo animoso sulla eterna luce dell' Assoluto . Di là spazia colla immaginosa fantasia , dovunque discorrendo a rac- cogliere il buono ed il bello che va dilTuso nell' universo, onde presentarne i tipi all' occhio , alla mente , al cuor dei mortali ; sicché ora t' infiamma di zelo per la virtù e d' aborrimento pel vizio, ora ti esalta co' prodigii dello scalpello , dei colori e delle ombre , ora l' empie 1' ani- ma di maraviglie poetiche , o ti bea di peregrine ed i- nenarrabili armonie . I quali portenti dipendono meno dall' arte che da quell' intuito sovrano , per cui 1' uomo talvolta, irraggiato (piasi d" una clarilà superna, apprende nelle sue origini e traduce sotto forme sensibili il vero, idealmente vagheggia il buono ed il bello , ne dilegua le nebbie e lo avvicina , e per mille brillanti immagini ne riconforta il mondo maravigliato . L' arte ordina le create cose , non crea ; al genio solo s' appartengono le crea- zioni . E sono queste appunto che sorprendono le molti- tudini e le rapiscono , perchè parlano a lutti un linguaggio intimo e sentito , il linguaggio della natura , linguaggio d' una madre di cui lutti siam figli . L' arte è conosciuta ed ammirala freddamente da chi se ne intende; il genio è gustato ed ammirato con entusiasmo dalla intera fa- miglia umana: l'arte procede a stento sulle già calcale o DI I-OtlSA GRACE 117 disegnate orme, nò produce nulla di originale; il genio prorompe franco e sicuro , vola sulle proprie ali dov' al- tri non giunse nò pensò mai di giungere , ed alla visione ci guida di nuovi cieli e di terre nuove. Di qui la dif- ferenza di plauso a quella ed a questo : oltien la prima l'approvazione del piccol numero degl' intelligenti, ed il secoiìdo forma sempre la delizia e lo stupore delle na- zioni . Se t' avvenga d' assistere alle vantate opere mu- sicali . vedrai , che dove Y arte prevale e vien meno la ispirazione del genio , là si ode 1' elogio calcolato de' po- chi giudici di artistiche finezze ; ma silenzioso e stanco ne torna il popolo senza emozione di affetti , senza me- moria di melodie . Che se la ispirazione prevalga o ce- lisi r arte tra gli splendori del genio, allora è che l'ap- plauso generale trabocca , e scoppia sincero da una mol- titudine vivamente commossa e stupefatta . Iv l* avverrà d' udirne 1' encomio sulle labbra degli addottrinati cgual- njente che degl' idioti . d' incontrarti per le vie , per le case e pe' campi in chi si piace a ripelornc i più toccanti passi , i numeri più soavi . ÌSò silì'alte produzioni mai non languiscono e non invecchiano , ma sempre vivono d" una gioventù fresca e robusta, avvegnaché da natura, non da esemplari fattizii o da ingegnose illusioni, trasser r origine della vita : le altre poi , che lalor anco abba- gliano d' edimero lampo . ricadono tosto languenti sul proprio stelo nel momento slesso dello sbocciare , e nel buio s' innabissano dell' obblio . Quanti cultori non ebbe in ogni stagione la poesia , codesta nobilissima delle no- 5o ■i 1 8 TOR<^)UATO TASSO bili cìiscipline ? Eppure pochi di loro emersero dalla folla, pochissimi celebrità popolare si procacciarono : la popo- lare celebrila si è la gloria prima de' genii creatori , ed i genii creatori son rari . I divini carmi di Omero si can- tavano in ogni angolo della Grecia, e sopravvivono alla caduta persino de' loro numi sulle rovine delle repubbliche e degf imperii ; ed intanto Italia tutta , in ogni o bassa od alta posizione di stalo , si bea di leggere e rileggere, cantare e ricantare le solenni stanze del Tasso . La sua Gerusalemme va per le mani e sulle labbra del bifolco egualmente che del cattedratico ; nelle capanne e nei bo- schi si canta il Tasso ; si legge nei palagli e per istru- zione e per diletto e per moda ; nelle scuole si comenta, e si porge all' ammirazione ed imitazione dei giovani ; nei privali gabinetti si medita , onde ritemprare i sensi e gli s\nvìl\ alle elevazioni dell' eroismo. Non è però da stupire , se il sommo vate, comcchè perseguitalo da in- grate corti , avvelenato dagf invidiosi e dai tristi , esule e conlraffiìllo da enorme soma di guai , vien salutato qual messo del cielo da interi popoli ; e se financo le imma- gini di lui , dopo il corso di secoli, ne rinfuocano 1' en- tusiasmo , e dalle divote moltitudini le ovazioni riscuo- tono d' un culto vivo e profondo . Ciò solo basta a far- mi sicura della sovranità di Torquato . Fora inutile rian- dar le sue gesto che tulli sanno, né io mi son da tanto che valga a misurarne od a lodarne mer-ilamenle il va- lore per r esame delle sue opere . Quando lo veggo a- mato e venerato dalle genti e dai secoli , mi fo a ere- m I.OIISV GRACE i\U dere senza fallo , esser egli , sicconu' Omero della (irc- ela , il genio popolare d" li alia . Perlanlo onorare la memoria de' più illustri uomini non fia debile solo di graliuuline, ma ulHcio puraneo di patria carità : imperocché se ciò torna a decoro de" ve- nerandi avi, egli è anco di lustro e di vantaggio al na- tio loco ed ai conoscenti nipoti , i quali sentono |)iù a- cuto lo stimolo nella santa carriera della virtù. La vista di (piellc imponenti forme , sotto le (piali il genio ebbe albergo transitorio , e da cui spiegò il gran volo o per le famose creazioni o per le magnanime imprese o per girsene infine oltre le sfere . d' ondj era quaggiù venuto a ristorare le umane forze colla fiaccola della vita , ri- sveglia ne' buoni Y entusiasmo delle belle azioni , attuta nei ribaldi la codarda sete dello scioperalo ozio e delle miserande infamie . Gli è il genio siccome fiamma , che ritrae dall' allo una luce manifestatricc di quanto possa r uomo fatto ad immagin di Dio ; ed ogni traccia che se ne vegga serve di fanale a non ismarrirsi fra le pro- cellose tenebre ili questo mare , serve di aiuto a muo- vere od a proseguire il cammin dell" onore. Sulla fronte dei sommi brilla codesta luce, che nò per furia di con- trarli venti né di fortunose vicende mai non si estingue, ed infonde anzi riverenza ed affetto anco nell' animo de' perversi : abbiam visto incurvarsi disarmati ed umili da- vanti a loro persino i pubblici grassatori , e Tonpiato medesimo per inospitale e paurosa contrada ebbe a fe- del guida un condottiero di ladri , che lunghesso la via 420 TORQUATO TASSO a qualunque opra nefanda parati erano . Clic più ? il suo nome fé' gentili persino le francesi armi per opera del commissario Abrial , allorché ridottane la patria a' casi estremi, si conservò salva ed intatta la casa dei discen- denti della sorella del poeta . Scrive Botta , che fra le uccisioni , gì' incenclii e le mine dell' infelice Sor- rento, provarono i discendenti del Cantor di Gof- fredo , quanto potessero la memoria ed il rispetto verso quel principal lume della italiana poesia . S' innalzino dunque statue , monumenti , ed ono- ranze d' ogni maniera a ricordazione de' grandi uomini ; che ciò pure , dopo che morte gli ha rapiti alla terra , basta a ravvivare la rimembranza delle lor gesle , e fia quindi origine e fomento di bel coraggio e di prodezza cittadina . ISemmeno la religione di Cristo non ha mai condannalo il costume di tali omaggi ; anzi lo ha con- fermato col proprio esempio , ed al cospetto universale presenta continuo ad esser venerate le immagini de' suoi campioni : ne ha soltanto perfezionalo lo spirilo , depu- rando (|ueir uso di tulio che sapesse di terreno vizio e di vapor contennendo. Il genio ortodosso ha dannalo ed escluso ciò solo che partecipava d' errore , era fucina di bassi affetti , e corrompeva le umane generazioni ; ma ritenne e valido maggiormente ciò che mezzo era di be- ne , ed eccitamento a fatti laudabili : laonde serbando per sé il dritto di decretare le apoteòsi ai santi, rilasciò al- l' altrui sentenza libero il dritto di porre le civili corone suir onoralo capo degli eroi della patria . Possono ambe ni l.OtlSA GRACF. 421 cumularsi iu uno , e \i si cumulano di sovente , avve- gnaché le virtù reliiziose sieno anco virtù patriottiche , né v'abbia bene vero e virtù vera, cui non sia religio- ne e fondamento e radice. ISon so il perchè le grette e schizzinose riforme eterodosse , largamente ammettendo codesto uso nel profano aringo, lo debbano poi disprez- zare nel tempio, quasiché la religione non possa ornarsi la fronte dello splendore de' suoi . frodando altrui d" una sensibile provocazione ad inutargli , e muove lo sdegno il vedere, come i loro scrittori miseramente paralogizzi- 410 a giustificiu'e il bieco proposito , pretessendo fmanco motivi di politeismo , e sinmlando di non intendere la differenza che passa tra culto e culto . Psé soltanto a' guer- rieri ed ai legislatori è da manifestar grato animo colla gloria de' pubblici monumenti , ma sì bene a chiunque singolarmente della patria meritato abbia . afforzatala di senno e di severe abitudini, inijenlilitala colle srazie delle arti belle . Anzi meglio a' poeti , e prima che ad altri , sonsi in ogni tempo rivolle le riconoscenti nazioni , sic- come a quelli che primi dalla barbarie le trassero , la ci\iltà ne avanzarono o la compirono. 1 carmi infatti fu- rono i parlari della sociale infanzia , ed i poeti ne furo- no i messi a comporne i moli . a ripulirne il costume . Il qual mandato vollero adombrare i pagani nelle favo- lose lire . onde gli Orfei e gli Anfioni tanto poterono ad animare perfino le insensate cose , ad incantare 1' infer- no , a far sorgere città novelle . Il primo popolo della terra temprò irli affetti al suono della poesia biblica . la 422 TORQUATO TASSO Grecia cominciò a dirozzarsi al canto de' poemi omerici, la epopea virgiliana die' risalto alla nascila del romano imperio, la moderna Italia si levò dalle ombre d'una in- certa esistenza pel divino Alighieri : e tali erano codesti canti , che nella loro impareggiabile sublimità finanche al cuore degl' ignoranti , delle femmine e de' fanciulli più 0 meno efficacemente passavano . Shakespeare segnò il primo punto luminoso nella storia letteraria d' Inghilter- ra , e mi è dolce il ricordare coni' io tuli' or bambina delle sue immortali tragedie mi dilettava . Qui poi sur- sero potenti di sonore trombe Ludovico e Torquato , e fra le comuni maraviglie la più alta linea segnarono della italiana cultura . Nel far cenno della profonda impressione prodotta dalla presenza ed anche da un busto del generoso can- tor di Goffredo , non ho potuto non applaudire al pen- siero di spesso richiamare all' occhio ed alla mente del pubblico le sembianze e la memoria dei prodi , quale opportuno mezzo di ridesiar gì' infingardi , di troncare il corso alle servili fiacchezze , di accrescer gloria alla patria. Ma guai, se tali onori si rendessero ugualmente agli stolti che a' sapienti , a' vili che a" forti , a' viziosi che a' probi : si glorificherebbe la infamia , si affogherebbe ogni merito , si spegnerebbe a poco a poco la vita mo- rale dei popoli . A^uoi tu sapere quanto un popolo val- ga ? guarda agli uomini che onora . Poiché fu sempre nei sociali corpi segno di salute e di vigore Y omaggio pubblico Iribulalo ai grandi; segno d' infermila e di vi- ni I.OUS.V GRACE Ì2% cimi morte, uno (luello si ò reso agi' iiniiK'riiovoli ed ai (risii . La Grecia e Roma fresca manlemicro la fronda delie lor glorie lincile delle gagliarde e valorose anime si fecer vanlo , e solo ad esse eressero statue e monu- menti : ma (piando s" incominciò ad onorare egualmente gli ambiziosi ed i pigri , i perfidi adulatori , i tiranni , ed anco le venali bellezze di femmine svergognate, ina- ridirono allora le trionfali corone, 1' obbrobrio offuscò lo splendore delle fortune, le vittorie stesse ne addivennero esecrande , e ninna potenza potè frenare il torrente d" una generale depravazione , che irruppe torbida ed impetuosa ad atterrare nel fango le eccelse opere d' interi secoli . Gr individui piegano al pondo delle loro inclinazioni , le società ne pigliano il verso e perdutamente lo seguono , perchè infine le società non constano che d' individui . Che se con pari criterio dalle antiche passar dovessi- mo alle presenti generazioni del bel paese, non so qual vaticinio e qual giudizio verremmo a farne . Da un lato potremmo assai bene argomentare dello zelo di alcuni cittadini e dei pubblici magistrali per lo innalzamento di solenni memorie agli eroi ed ai preclari gcnii, a' più in- signi amici della umanità , a' più celebri patrioti; chiaro segno , sentirsi ancor vivo , almeno in parte , nei pelli italici il fuoco animatore de' magnanimi inifirendimenti , ed aversi coscienza della vera virtù e della vera gran- dezza . D" altro lato ci contristeremmo nelf animo , non potendo che male augurare di quella gara incredibile , onde , nella noncuranza dei generosi e dei prodi , lolle- 424 TORQUATO TASSO mente s' infiammano co' distinti ordini le popolari masse e la plebe ne' teatrali trionfi di canore gole e di gambe saltanti , cui si arriva a dar vanto di sociale avanzamento, si sprecan fiori e ghirlande , si profondono plausi e te- sori , mentre che ne volano d' intorno e da per tutto le immagini per ogni modo di squisita arte condotte; chiaro segno , essere tuttavia prostrata assai la Italia , troppo fiacca di molli fatuità per risorger d' un tratto donna alta e potente di quel prisco valore , che a capo la pose delle nazioni . Io , forestiera, amo forte la bella e famosa pa- tria degli Alighieri , dei Colombi , de' Michelangioli e dei Torquati , patria di raggi fecondissimi sfavillante , che co' suoi gentili uffici! e col mitissimo e puro aere mi ha quasi ritornata una salute , perduta già sotto la rigida influenza del natio cielo ; e bramo di vederla ri- prendere r antico seggio , ricingersi di novelli allori, ri- farsi maestra e modello al mondo di virtù intemerata , di luminoso eroismo . Ma veggo , o parmi vedere , nel seno di lei due genii che si combattono, e che per op- poste indoli la provocano e la sosj)ingono ad opere fra loro opposte : uno che , adulandola di vuole inezie , ne liscia il crine , la inebria di suoni voluttuosi , la fa ca- scante di vezzi non suoi , e la invita finalmente a posare il viril fianco sul florido letto delle lussmie ; 1' altro che a quando a quando la rincalora nelle rimembranze de' suoi campioni , la riscuote con una fama da età lunghissime non rintuzzata , stende la mano a dispogliarla d' ogni fiore straniero, e tenta ogni prova onde riporlo sul capo tur- DI I.OLISA GnAflF, i2;> rito una corona di quercia , in |)uyno il j;lubo , il com- passo , la spada , Y arpa e la tromba . Oh valga questo genio celeste a combattere , a trionfare dell' avversario , e solo rimanga sul disputato campo a confortatore ed a guida dogi' intelletti e delle braccia italiane ! Altro voto non potrebbe cerio ispirarsi dalla ricor- dazione di Torquato Tasso , che (iuantun(iuc alieno dai politici affari della i)atria , dappoiché nemmeno i tempi gli porsero il destro d' applicarvi la mano , ebbe nondi- meno cuore amplissimo e mente divina, onde amarla ed arricchirla di magne opere , alle a provare , quanto va- lesse un genio solo a fecondarla colla eloquenza di Pia- Ione , ed a levare il suo nome nel paragone di Omero e di Virgilio . Se la Inghdtcrra si pregia del suo Mil- ton , la Francia del suo Fénélon , la Germania del suo Klopstock , Italia , siccome di mezzo ai trionfi del Cam- pidoglio avea gareggiato nella epopea colla Grecia, e si era falla maestra di civil coltura alle vinte nazioni, così anche nella nuova èra non dovea per nulla sottostare alle moderne -. produsse Torquato , e fu principe. Se non che lo inesorabile fato , percuotitoi-e delle più alte fronti , per- cosse pure il grand' epico . La felicità non si par falla per que' magnanimi spirili , che talvolta quasi meteo- re scintillanti compariscono a diradare le mondane om- bre : ei son figli di un' ammirabile provvidenza , che , preparatigli nel proprio seno , quaggiù gli manda a sol- levare ed incoraggirc la umanità ; e però questa, spesso non avvisando la loro origine , gli misconosce , e sotto òi 426 TORQUATO TASSO ai colpi dell' avversa fortuna gli lascia ire . I popoli che gli vedono , troppo piccoli appetto a loro, di subito non gli comprendono , non gli curano , o gli disprezzano quai novatori o quai folli: beati, se di pari altezza co'proprii eroi la virtù ne imparassero e 1 magistero 1 Ma o si tro- vano per lo più ne' barlumi d' un primo e rigoglioso svi- luppo della vita , e vilipendono le straordinarie anime che la missione adempiono di spingergli sulla vera via del civil progresso , cui necessariamente agognano senza che ne sappiano il dritto sentiero, e ne rifiutano dispet- tosamente r impulso , oppur si trovano per anticipala o larda vecchiezza flosci ed assonnali, e si sdegnano allora contro chi scende sollecito di risvegliargli a generose o- pere , troppo attaccati alle indegne piume su cui giac- ciono . Cosi le frequenti sventure dei sommi agevolmente si spicgherebbono. Eglino, meglio che del presente, son dell' antico e del futuro tempo , dall' antico attingendo quella sapienza che riforbiscono de' nuovi lumi , onde preparare al futuro una civiltà prosperosa e perfetta : di che , poco fidando ne' coetanei , tuonano contro i perni- ciosi usi ed abusi a cessar de' nipoti le calamità e le mine, ne presentono le più lontane vicende ed ai biso- gni loro polenlemcnle sovvengono , aprono un aringo di gloria a più eielle generazioni , e vi gettan que'semi che a malgrado dei contrarli sforzi dovranno un giorno di larga messe frullare . E' sono a modo che gli apostoli ed i profeti della umanità, guerreggiali spesso dal presente, che 0 non ne cape il linguaggio o troppo forte gli duole DI i.oiis.v r.nACE 427 di rinunziare alle illecchre delie proprie illusioni ; e la- scia intanto alle vegnenti età V orrevole uflìcio di vene- rargli e salutargli (piai rigeneratori dei popoli . Dai giorni di Gino , di Dante e di Petrarca, i (piali trovala la pa- tria di vitali forze ridondante , ma ferrigna sempre ed aspra di sanguinose armi , la chiamavano ad ordini più gentili e pili fermi, riempiendola di armonie sapientissi- me , le italiche lettere , sul modello d' una filosofia ma- gra e dilombata , presero strette forme , s' incepparono fra le miserabili scede d' una scuola pedantesca, nel vuoto caos di parole senz'anima, in un barbarico peripato. Il perch(i air udirsi la maestosa tromba del Tasso tutta si scosse la beata j)cnisola. i celesti numeri avidamente ne bevve , e quasi le si parò davanti un più esteso e più sereno orizzonte ; perciocch(ì (juel canto animato dall' c- terno soffio di religione toccava profondamente i cuori , rapiva ed esaltava le menti , dava agli umani fatti co- spiranti ad eroico fine una unità, una grandezza ed una gloria da riempirne il giro dell' universo , e da non es- ser mai scema per volger d' anni o di sorti . INIa (juella fu come la tromba del final giudizio , al di cui sijuillo risorgerà plaudente la schiera degli eletti , e piena d' i- nutile rabbia la grama turba dei reprobi, che sulla terra visser di terra senza levare al cielo uno sguardo : così pure al suono dell' altissimo canto svegliaronsi ed inar- caron le ciglia le moltitudini, perchè v' inlesero una fa- vella e quasi un autorevole mollo di resurrezione; n'eb- ber conforto i sani spiriti , che noiali d' una scuola ini- 4*28 TORQUATO TASSO miserila dalle servililà dei pedanti si augurarono redivivo il secolo d' Augusto , ed al sommo cantore concordemente plaudirono ; altri all' opposto che , alTogali nella polvere di tarlati codici , e pieni d' amore per ciò che dava ap- parenza alle fuggevoli orme loro , agramente se ne in- dispettirono , si ascosero ai raggi del magnifico astro , ed una impolente ira contro di lui per ogni più codarda maniera esercitarono . Non vedevano i maligni censori , che mal si lolla dagli augelli di corte penne con quella fortissima aquila , la quale oltre le nubi si slancia colla rapidità della folgore , o ritta sulla punta dell' alpino sco- glio immerge il guardo sicuro nel sole , sprezzando le nebbiose regioni che le si avvallan d' intorno . Ed anco Toiqualo rimaner si dovea sublime abitatore di quel puro etere per cui spaziava il suo genio, né punto non curare gì' insetti ronzanti giù basso ; che cotesloro , abbacinati di torba invidia , indarno avriano scosso 1' accademico vaglio a sceverar le mondiglie del suo dettalo, od usalo r avaro compasso della scuola a segnare il centro ed a misurare le linee d' immensa sfera . Ma egli non disde- gnò di avvicinarsi a tenzone co' suoi contraddittori, e di pugnare corpo a corpo con essi : lo si vide abbassarsi ad una palestra , cui troppo lustro rcndeano le sole orme di (juel campione . Persuaso d' aver degnamenle risposto alla sua missione , d' avere ben meritato della patria , d' a- verle posto in fronte un alloro di che mancava , cruda- mente gli dolse la ingiustizia e la ingratitudine dell' of- fesa-, la robusta sua destra impugnò perfino le sottili ar- DI I.01IS.V CRACK 429 mi d' una dialeltiea arlili/io;^;» , e , polonilo con un sol colpo di sprezzo umiliare e spegnere gli avversarli , ne irrilò con quelle 1' orgoglio e ne rinfiammò la liaUlanza. Ed eccogli aperta una larga fonie di amaritudini , co- mechè gli aristarchi dovesser tosto ammutolir nell' ob- blio , e vivere il Tasso d" eterna fama nei posteri. Per- ciocché i (fenudi sailtori , direbbe Richler , )iH'()lio rispli'ìtdono e colpiscono nel loro (jiorno uatcìlizio : i fjenii poi pia nel loro giorno di morie , e V olio santo di\enta il loro balleaimo. La (jloria di cpielli dovea neW ondare del tempo rislrinyersi ed appas- sire , perchè appunto erano i fori d' un primo e colto mondo , il quale essi copiato accano, non pre- formato. Ma (ptesto moìido crebbe con freschi fori sopra /' antico . // genio invece, più radice che fo- re del tempo , respinge da se il presente e attrae V a*:Kenire , mentre egli rappresenta solo se slesso , non le idee presenti. Financo nelle future, che egli si tira dietro , vive d' una proprietà tutta sua , la (piale , non passando nella generale cultura, lo gua- rentisce nuoKO in tutti i tempi. Gli scrittori d'ele- ganza dopo la lor morte rendono al tempo le in- segne distintive dell' ordine , di che gli aveva fre- giali ; ed i genti sono simili allo zibetto ed al mu- schio , il di cui odor tnjjìpo forte solo col tempo si raddolcisce ad esser profumo . No dunque , le o- pere di siffatti uomini non dal presente giudicar si vo- gliono , ma da questo al tribunale dei popoli e dei se- 450 TORQUATO TASSO coli se ne debbono appellar le sentenze . All' animo di Torquato tanto più acerba e sangui- nosa giugner dovea 1' onta degli aristarchi , in quanto che allora appunto iravagliavasi sotto la sferza d'una ge- losa ed irritala potenza . Vero è , che malgrado i cla- mori d' una censura villana , Italia faceasi bella de' carmi suoi, sebbene non anco segnali d'estremo vale, e se ne arricchivano ampiamente editori e mercanti ; ma intanto glaceasi egli dimenticato nell' abbiezione , ed avea 1' a- nima immersa in un abisso di tristezze. Il cuore dei gran- di genii , ricchi di bollente fantasia , facilmente accen- desi di profondi affetti , e spesso palpitar si vede di quel- r amor che al cor gentil ratto s' apprende ; né tace la storia sugli amori degli antichi e dei moderni , ove pure eglino stessi nel malinconico suono di sparse rime non ce gli hanno manifestati . A conoscere , che di tal tempra doveva essere anco il cuor di Torquato , basta un' occhiata sulle sue pagine , le quali ben ne rivelano la vasta immaginazione e la squisitissima gentilezza: non deesi però stupire , se 1' alta sua mente trovò da con- templare in creatura umana delle incantevoli bellezze , che il petto gli arsero d' una fiamma da non si poter na- scondere affatto né all' amata donna nò a quella razza di schifosi adulatori , i quali sotto splendide vesti celano ferro e veleno . Il corso d' un vero amore non fu mai lieto , scriveva Shakespcar ; né lieto fu certo quello del Tasso, e fu anzi oltre ogni altro procelloso e fatale. Il cuore di lui , già tanto ampio ed acceso pe' suoi amici , DI 1.01 ISA GRACE 451 ai quali sovcnlc consociò i famosi incliioslri (*) , non è da pensare qiianlo gagliardaiucnle sentisse il fuoco ecci- tato da un bello femminile, purificalo d" ogni sozzura e, come a dire, sovrannaturalizzalo da queir occhio porten- toso , che in qualunque terrena cosa annnirava un raggio della Divinità; e quindi come sgorgassero dalla sua vena poetica le numerose melodie , i versi ispirati dall' entu- siasmo, e quello vive scintille, che dall'anima agli atti, alle parole , agli sguardi trapassavano folgoranti . E de- gno era codesto amore d' ogni più alto oggetto , o che qualunque più alto oggetto era di codesto amore men degno , perchè proprio di quelle anime immense , le quali innamorate del bello increato , nò valendo a fissarlo in sé stesso , abbisognano quaggiù d' un tipo speciale, che quasi lo rappresenti o serva ad esso di scala , onde pa- scerle , fecondarle e comunicar loro il molo poderoso a porre in luce cpic' mirabili parti che tengono dell' infi- nito . Kd è appunto siffatto amore che , come scrivea Dante nella Vita Nuova e altrove , forma una cosa col gentil core , o che muove la sua virtù dal cielo ; avve- gnaché r armonia stessa del cosmo non è infine che un amore , derivante dal seno di Dio la propria origine a mantenere invulnerata la universalità de' suoi ordini . A s'i nobile ed eccelso segno non arrivano le volgari ani- me , e però Torquato ebbe a giudicarsi di bassi alTctti contaminato verso la illustre Eleonora ; nò gì' invidiosi ed i perfidi, colta la malaugurata occasione, non saran- no forse rimasti dal muoverne il principe a più acre sde- 452 TORQUATO TASSO gno e d' infatuarne maggiormente Y animo , comcchè la Estense casa meglio che dalla spada, dagli ostri e dalle cortigianesche festività , glorie che via passano siccome omhra , dalle Tassiane e Ariostesche rime ricevesse fa- ma non peritura . Comunque , se ignobile compenso n'eb- be r arditissimo Ludovico , le sventure di Torquato su- perarono ogni confino , dappoiché la gratitudine di chi ebbesi da lui le apoteosi d' Augusto segnalossi nell' av- vilimento e nelle carceri del lodatore : e' fu obbligato a godersi il miserando guiderdone della umiliante pietà che suole usarsi ai dementi , suo premio le catene e la in- famia . I posteri lo ammireranno , e gli presteranno un culto che a' sovrani genii è dovuto -. e noi pure lo ve- neriamo , e ne sentiamo la com[)assione che onora gli eroi . Quei che di lungi venivano a contemplarne la di- vina fronte . ed obbligali erano a cercarlo o nella romita cella d' un chiostro o fra le mura destinate a ricovero d' insensati e di folli , quasi ci farebbono vergognare della sua patria , se or quella patria non gli erigesse dovun- que monumenti e statue ; se stupefatta di tanta virtù non ne riandasse i lagni amorosi ed i sospiri dietro la pudica immagine di chi sempre gli stava in petto e per sempre gli s' involava ; se con ira generosa i morsi degl' invi- di e la oppression dei potenti non ricordasse ; se in at- to ossequioso noi seguisse ramingo di terra in terra , quasi mendico che chiede pane ed esule che chiede stanza, e non baciasse divota le vagabonde orme sue , che tanto più e tanto meglio valgono delle traccie temute di regii DI LOL'ISA GRACE i53 coccliii . I suoi persecutori dormono un sonno di morte, 0 sol vivono al disprezzo ed alla universale eseciazione, mentre si volirono all' infelice epico le succedenlisi {ge- nerazioni col profumo dei secoli . Così il genio , come- chè negletto e sfortunato fra suoi contemporanei , brilla poscia d' un' aureola eterna , e passa in trionfo tra le na- zioni. La sola Eleonora fra' nomi oscuri della chiara sua stirpe fia memoranda , perchè sola si ebbe 1' amor del poeta e ne temprò la cetra ; né lo splendore d' Alfonso avrebbe giammai ottenuto la rinomanza, che si acquistò pe' versi, per gli amori e per le sventure del Tasso. In tal modo quella magnifica epopea , da cui egli aspeltavasi trionfo e riposo fra le care affezioni de' suoi connazionali , gli fu invece d' infausto preludio ad anni pieni di veleno , acerbissimi di travaglio. Ma quella re- ligione che consola gli afflitti , la religion dell' amore , nel grand' uopo gli soccorse e mirabilmente lo confortò; distese le materne ali sopra di lui , e strettolo al seno quasi lo nutrì d'un latte che ne calmò le procelle, sol- levando il suo spirito a contemplare nel cielo , che più riceve della divina luce , cose che ridire né sa né può qual di lassù discende . Fin da principio ei prese nerbo e valore da essa , che nel suo petto avea sede , e ne scaldava e drizzava la mente alle più salde e gloriose opere : quindi la novità e castigatezza d' immagini nel suo Rinaldo . la fresca ed incomparabile vena dranunatica ne' pastorali amori , la nobile alterezza della sua lira, ed il sovrumano ardimento onde impugnala la tromba prese 45 i TORyiATO TASSO a caiilai'e le pietose armi e 1 capitano . che 7 fjran se- polcro liberò di Cristo -. e poicliò gli uomini lo ricam- jjiarono d' ingratitudine , trovò in grembo alla primoge- nita di Dio quella pace, che indarno sperò e cercò lun- gamente fra loro . Torquato fu grande nella buona for- tuna , più grande nell' avversa , grandissimo in braccio alla religione : 1' altissimo carme a celebrare i prodigii del Creatore e'fu siccome il supremo sfogo della sua a- nima , 1' inno eucaristico a Colui che tutto muove . Il sentimento religioso che in esso predominava , gli fu di scorta fedele nel cammin della vita , d' asilo e di porto nelle tempeste, di verdeggiante oàse fra le cocenti sab- bie del suo deserto , di dolce ristoro nel suo tramonto . Educalo neir antica sapienza , che da Pillagora e da Pla- tone si trasfondeva di tanti beni feracissima , s' istruiva nelle dottrine ortodosse a purificarla d' ogni nebbia d'er- rore : vedeala trapassata a' Padri , riprodotta da' principi dell' italiano parnaso,, e da essi di leggiadre forme rive- stita 0 sotto l <:elame ih>(jli ^■•ersi strani adombrala . Di tal maniera giva alto e sicuro a saturarsi di catloli- che idee , spezzava i ceppi d' un filosofismo tiranno e baltagliero , astraeva grandiosamente dai sensi , abbrac- ciava colla mente vastissima le arcane leggi dell' uni- verso , tutto vedea muovere da un Amore . Da ciò, ol- tre la purezza e sublimità de' suoi canti, la forza e Tal- liludine comprensiva , le focose estasi , la eloquenza larga e melliflua delle sue prose, la energia e squisitezza de'suoi alTelli , r amor suo , 1' erotico filosofare , ed un ritorno DI I.OtlSA GRACE i.'.'» più \ivo v più suloiino al priiiK» Amore, ilatclir |)iù dure iili si faccvan le sorli, ed il nionienlo della eslreina sua diparlila si approssimava. Forse a telri eolori gli sovve- nivano le palile ingiurie , le cadute speranze , le ango- sciose reminiscenze d' una bella infausta , una gioventù fidente e baldanzosa spenta fra le agonie , Y essersi av- venuto nella cillà de' cesari senza tetto, raccolto per ca- rità in luogo fondato a' poveri da' suoi maggiori, coslrelto in ultimo a languirvi fra le mura d'un chiostro, la co- rona decretatagli in Campidoglio .... il non poterla af- ferrare ! In tanta piena d" affanni non avvilito era , non affranto , che anzi munito pareasi di maggior lena , e soli accenti ne uscivano pieni di fragranza malinconica , di tranquilla rassegnazione . Dal cenobio di s. Onofrio scriveva agli amici di sentirsi ben collocato , poiché su quel colle meglio slaccavasi per avventura dalle ter- rene cose , scorgevasi più vicino alle stelle , ed i can- tici monacali sovente lo trasportavano a gustare coli' a- gile fantasia le ineffabili melodie degli angioli. Spettacolo veramente degno , veder Torquato unir la sua voce a quella dei cenobiti , e fra le poesie davidiche rivolarsi all' empirio , d' onde scese , raggio purissimo , a conso- lare di miti costumi, di amorose dottrine e d'immortali versi la umanità . L' Eterno ne coronò la beli' anima in cielo : agli uomini restò V ufficio lagrimcvole di recarne in trionfo per le vie di Roma , ornato di caduco lauro, il freddo cadavere . Un sasso accenna la tomba di Tor- quato Tasso , la di cui fama sarà grande e durevole quan- 436 TORQUATO TASSO lo grande e durevole fia la vita del mondo. Genio beatissimo , accogli ora almeno 1' ossequio, la venerazione , Y amore de' posteri : in tanta gloria ab- biti pure a grado i pochi accenti , che da te meglio che da altri apprendeva straniera donzella , ed appiè d' una tua immagine gode consacrargli al tuo gran nome . LOUISA GRACE (') Tra' \crsi ilircUi ila Torquato a' suoi amici ivvi un Sonelto lutlora incililo . clic io mi fo pregio di qui riporlaro , aftincliò il mondo IcUorario non rcsli privo d' alcuna cosa , bcnclii- menoma, di lui , e ser\a così a dar luce alla oscura mia pagina . (ili è un prezioso dono ofTerlomi dal eh. e gentilissimo sig. Giuseppe Aiazzi, che lo cavava da un autografo esistente nella biblioteca llinucci- niaiia . Né posso tralasciare una saggia riflessione di lui , che cosi modestamente la esprime : // Sonetto è indirizzalo per certo a un Della Torre ; e tra le rime a slampa ve n' r un altro forse allo slesso individuo con allusione a torre : Ella veda se in' inganni ec. Così mai folgor non iiifiamnii o fenda Siil)linic antica Torre , in cui si poggia Sol per gradi d' onore , e "n cui s' appoggia Virlule , onde secura al ciclo ascenda ; Ma con raggi sereni il sol vi splenda , E la sorella , e 'n disusala foggia Vi stilli preziosa ed aurea pioggia Lo ciel , mentre si squarcia ombrosa benda. Come stile e color d' un novo Apelle , E di Fidia e Miron metalli e marmi , Mcn pregiarci del tuo cortese dono . Dogliomi sol che fra le trombe e Y armi De' tuoi merli (*) non s' oda il chiaro suono ; E chi più degno è di passar le stelle ? (*) Nome : variante che si trova ncU' originale . LIBRARY UNIVERSITY QF IHINOIS ISOLETTA DEL LAGO JL ra lo ilelizic che fanno giocondi e inaravigliosi i Giardini Pucciniani non è fra le seconde 1' anicnilà di un Lago , che ninno a prima giunta von'ebl)c giudicare essere stato per industria e per arte raccoho, ma da na- tura piuttosto a ricreare la scena di sì bel luogo, espres- samente creato . — Boschetti di lauri odorati , verdeg- giano ivi air intorno , piante e arboscelli di diverso cli- ma confondono insieme le ombre , i lìori ed il frutto . Ajole spaziose , vialetti obliqui e siepi da gran vaghezza di rose allegrate , ricingono quelle acque , nelle quali a lor bcir agio notano bianchissimi cigni . Che se poi av- viene che uno o più venti spirino o che ricolmo dalle pioggie il Lago da un lato trabocchi, ove fa arco di sé un ponticello , tutta 1' acqua che cade in rovinoso tor- rente cambiandosi, fra certi scoglietti si frange , e dopo breve corso in altro laghetto si ricompone. Dal capo op- posto allacciasi magnifico un ponte che prende nome dal Magno , cui Europa andò un tempo tributaria o soggetta, poi ludibrio crudele di fortuna. A destra traveggonsi fra le ombre di molle piante i merli d' antico castello , in- nanzi al quale mostrasi in piedi armato e minaccioso in alto il simulacro di un guerriero, di Francesco Ferrucci, che come Bruto e Cassio furono gli ultimi de' Romani . così In r ultimo de' Fiorentini . Contrasta alla ruvida maestà 442 l' isoletta dkl lago del castello la gentilezza di un tempio di Greche forme, cui si volle imporre il nome di Panteon, in quanto egli è consacrato agli Dei della Patria , a (pie' sommi vo' dire , che per virtù nobilissima e per ingegno la fecero illustre . Ver mezzodì tra un boschetto di rose , quasi simbolo dell' Eliso , ergonsi due colonne di pietra co' busti in vetta di RalTaele Sanzio e di Antonio Canova , il quale fu nella scultura per la grazia quello che il Sanzio nella pittura erasi dimostrato . Quindi a varie distanze in fogge gravi i monumenti di Dante , di Colombo , di INiccolò Machiavelli ; di Dante che solo rappresentò la sapienza di un secolo ; di Colombo che per aver dato agli uomini un mondo novello in dono , n' ebbe in mercè le cate- ne; di Machiavelli che primo del reggimento degli Stali fé' scienza : stimato in vita , dopo la morte calunniato , ma in ogni tempo non senza seguitatori . A tanti vaghi e nobili oggetti di squisitezza e d' arte accompagnansi fe- stanti colline con ville amenissime , chiuse nell' estremo orizzonte da boschi e montagne; e queste montagne sparse qua e là di popolose borgate . Siede poi in mezzo al Lago vaga e ridente isoletta co' maestosi avanzi di un tempio dedicato a Pittagora . Edere serpeggianti e vilucchi a colossali colonne doriche avvinghiandosi , salgono fino al frontespizio e veslonlo in parte , e da quello in forma assai pittoresca pendono giuso : e neir architrave o cornicione leggesi «>«7re;y /.ai iuspysxùv ^ precetto che fu da Pittagora nella sua vita e nella sua scuola per costante disciplina osservato . m MICI CIAMPOLIM iiÓ Aprcsi alle radici dolla deliziosissima Taranlo li- na antica caverna , ove ù fama adunasse sua scuola il lìlosofo ; e i Tarenlini ancor oggi con gran riverenza I' additano . Ed io , ogni luogo della Magna Grecia per antiche memorie veneralo git"» più anni sono visitando , timido e chino , quasi che compreso da quel!' antica re- ligione , h salutava. Non dagli stessi affetti d' allora re- candomi alla spelonca che è in riva all'isolelta io mi scnlia scosso; né questo poteva per fermo avvenire, in quanto che essendo per magistero d' arte la spelonca condotta , non è in essa prestigio alcuno che la sostenga. Però vorrei che ad ispirarvi dentro qualche devozione e certo orror sacro , la si vestisse nel suo interno di scheggioni o massi di tufo , su' quali scolpilo fosse alcun simbolo di quelli che dalla bocca dello slesso Pitlagora , come oracoli di sapienza uscivano . INel resto all' antica mollo sonìiglia . Imperocché se dalla Tarenlina specolasi il mare Siculo, e il sol cadente di gran magìa di colori la tinge , e ri- suonavi r eco , e v' odi perfino gemebondo il sibilo lon- tano delle tibie e i canti dei pastori , anche in questa del Giardino una qualche immagine del mare li si ap- presenta , conciossiachè le belle onde del Lago vengono per cosi dire volontarie a lambirla , e mosse talora dal vento con qualche apparenza di tempesta pcrcuotonla, e dalla bocca dell' antro scorgonsi i colli vicini e le cam- pagne lietissime di pascoli , e il sole prima di coricarsi la tocca di un raggio e vi opera lutti quelli scherzi di lumi e d" ombre che fanno siirli occhi . ( rcMnddvi strani 4i4 1/ ISOI.ETTA DEI. LAGO e bizzarri fantasmi , piacevolissimo inganno . — Ora i simboli che io dicea ci ha conservali il Laerzio . Non calpestare le bilance; cioè non trasgredire a giustizia, mantieni 1' equità; non ismovere il fuoco colla spada; che vale non provocare la collera del polente, che li può nuocere , e simili . E ben fu savio consiglio di Pietro Giordani di ridesiare nelF animo del culto e gentil Cavaliere il buon desiderio d' inalzare al sapientissimo fra gì' Italiani que- sto monumento , con che l' Italia nostra nella sua mag- gior gloria d'aver recalo estranei popoli a civiltà s'ono- rasse , conciossiachè riconosciuto ornai per favoloso che Piltagora venisse dall' Isola di Samo che è nella Jonia , vuoisi lui reputare Tirreno, e come tale il tengono Plu- tarco (1) , Giamblico , Porfirio , e Snida (2) . Ed Eu- sebio (3), con più chiara testimonianza nato in Toscana chiaramente lo afferma . ]Nè meno falsa è la vecchia o- pinione , senza alcun fondamento dalla greca vanità di- vulgata , e per gran tempo universalmente da tutti cre- dula , che r Italia in principio di Greci si popolasse, quan- do al contrario emerge evidentissimo da tante autorità di scrittori , e principalmente per quella di Erodoto , di Tucidide e di Dionisio d' Alicarnasso , storici non so- spetti, che da'Pelasghi Tirreni fosse la Grecia, ne' più remoti tempi e di gente e di scienza arricchita, essendo usanza delle città pelasghe per torre di mezzo le sedi- zioni e i tumulti di sgravarsi dell' eccesso del popolo, e mandarlo in colonie in più terre e isole, particolarmente M LLir.I OIAMIMU.IM 4.4;i di Grecia ad abitare , sapendosi per cerio che dodici città a imitazione delle Lucunionic Elrusche nel Peloponneso si edificarono , sebbene non si voglia negare che in tempi più bassi le scienze e le arti , e forse con maggior per- fezionamento , furono in Italia ricondotte dai Greci; on- de accennando all' origine di essi, Ux'lat Il£).a7^o(', AotvxtSai òiiBspev : prima Pelasghi, e dappoi Danaidi , cantò pubblicamente in Teatro Euripide . E Pittagora che fu principalissimo fra tulli i filosofi delle parti occidentali , dopo averne sparsi lautamente i semi in Italia , recava in Grecia le sue dottrine, dalle quali come da fonte co- piosissimo, attinsero tutti i fondatori delle scuole che in processo di tempo fiorirono, non escluso Platone, il quale istruito dai Pittagorici , non disdegnò chiamarsi Pittago- rico. Ma qual dottrina fu da esso predicata e insegnata ? Non altra in vero che quella primitiva e universale che gran parte d' ogni umano scibile in sé contiene ; quella che Tetrica, o Sabina , o Elrusca fu detta , e poi dal nome suo prese denominazione di Piltagorica , nella quale furono maestri e Bardano e Kuma, e Tarquinio e Por- senna (i). Or divisando Pittagora rappresentai'si al mondo come riformatore , e come filosofo , come Jcrofanle e maestro di bel costume, ebbe due diverse parti da com- piere : vuo' dir quella di ammaestrare e correggere il volgo , e quella di erudire e perfezionare i dotti ; a che fare fu d' uopo eh' ci parlasse alla ragione degli uni , e alla fantasia degli altri . Sia in dominio del filosofo lo spazio immensurabile del tempo: per che e' gli avvien di 446 l' isoletta del lago dare agiatamente opera all'insegnare rimontando aprin- eipj delle cose , la qual facoltà resta interdetta al rifor- matore , cui il tempo è a misura prescritto : conciossia- clìè vuoisi ne' pubblici mali senza indugio operare, e in tal caso non vengono acconce le dimostrazioni e le di- spute , ma necessarj gli aforismi , onde ne sorge quella fdosoiìa breve , precettiva , efficace . E come il popolo è una gran belva , la quale , sebbene di mole smisurata ed immane , in tanto vigor di membra sortì uno stomaco frigido e fievole, nel qual molo lente e imperfette le fun- zioni digestive si compiono , così il cibo che tu gli ap- presti vuol esser facile e bene elaborato , acciò noi fa- tichi troppo , e tosto se ne passi in succo e si assimili . E in ciò Pittagora imitava Parmenide, il quale e- spose le sue dottrine in due diverse foggio ; con gran- de acutezza di pensiero a prò de' sapienti ; seguendo opi- nioni ovvie e triviali , per lo più pronto ammaestramento del volgo. E ben s" intenda che nò 1' uno nò 1' altro volle servire all'errore, ma dell' errore giovarsi all'acquisto del bene. I saggi i quali per via del ragionare acuto e sottile intendevano che ninna ricompensa può conferirsi dopo mor- te , fuori di quella della cognizione perfetta del sommo Vero, né patirsi altra pena che andarne esclusi, non da- vano fede di certo a Pittagora, quando raccontava che visitando le sotterranee regioni rinvenne 1' anima di E- siodo legata a una colonna di bronzo, dibaltcntesi e di- grignante i denti , e quella d' Omero sospesa ad un al- l)ero , e aspreggiala e morsa da serpi per castigo di DI LLIGl CIAMPOhlNI 447 que' tanti vizj e turpezze da esso atlrihuile agli Dei ne' suoi poemi ; e ridevano forse eh' ei dimostrasse a pun- tino i gaslighi e i marlirj sostenuti da que' mariti, e da que' padri che i doveri della famiglia posto aveano in non cale. Mix da quella favolosa rappresentazione, restando le nienti grossolane percosse, ammaeslravansi, obbediva- no , e obbedivano perchè speravano , perchè temevano , e intanto ne usciva quel salutare precetto dclP antica sa- pienza che passò poi nei misteri : Discitc jiistitiam monili, et non temnere Dixos . Spacciava pur anco Pillagora esser egli da prima slato Elalide , poi passalo in Euforbo , in Ermolimo , e in Pirro pescatore , onde per tali cose n' andò berteggialo, ma con quanta ragione non saprei conoscere , perchè la dottrina della trasmigrazione delle anime fu solamente istituita a temperare la ferocia degli uomini e a indiriz- zarli a giustizia e a rettitudine . Per le quali cose chia- ramente si vede che la sapienza di questo sommo filosofo non era tutta speculativa e contemplativa come quella di altri antichi savi , ma morale e civile: ed ecco il valore di quel motto scolpilo sul tempio del Giardino amare E BE>EFicARE . S' aumiansivauo , e si dirozzavano i po- poli con r ajulo degli insegnamenti di Piltagora. Per sua cura le città di Crotone e le altre della Magna Grecia assicuravano con buone leggi la pace , di buone disci- pline armavano la guerra : persuase Piltagora ai tiranni di rassegnare perfino 1' usurpalo comando; onde se altre prove mancassero per crederlo Italico , questa sarebbe 448 1 ' ISOLETTA DEL LAGO una e grandisàima eh' ei non curò mai sludj infecondi . Da Talcte filosofo fino agli arroganti teologi delle scuo- le di Bizanzio, non intese il Greco ingegno che a va- ne speculazioni , ed evaporò in sottili e sterili dispu- te : mentre quello degl' Italici seppe mai sempre alla potenza dell' efficace operare accoppiarsi . Da questo no- stro Tirreno Pitlagora , scrive il Gioherli (5) , fino a Francesco d' Assisi e a Benedetto da Norcia , non si dettero gì' Italiani mai tanto a contemplare , che un in- gente e civile scopo non aggiungessero e nobilitassero . Dall' uomo e dalla famiglia risale Pittagora al governo delle città , a quello delle nazioni , e di tutta 1' univer- salità degli uomini : da questa al primo e sovrano ente, nel quale e' si posa , modellando le opere, i pensieri de- gli uomini sul tipo armonico del Teocosmo . Che se privo della luce del Cristianesimo gli fu interdetto di dileguare affatto ogni nebbia di Panteismo , se[)pe però temperar- lo , mettendo in opera gli avanzi sparsi delle tradizioni primigenie , tanto che con esse il simbolo religioso de" pri- mi uomini ricomponevasi . LUIGI CIAMPOLini (1) Questioni (Conviviali . Vedi Romagnosi Dollrina dell' Uma- nità p. 2V0 in nota . (2) Alla voce Zamolxis . (3) Preparazioni Evangcl. Lib. X cap. 2. (i) fiiiarnacci T. Ili p. 272. (5) Del Buono , p. 1V7. riTAGORA K7 I^pazioso e nobilissimo tema, ragionar di Pitago- ra . Ma le favole crebbero così folte e rigogliose accanto alla verità , cbc difficile opera fu sempre farne almen giu- sto se non pieno discernimento: e le moltissime cose che rigetta la severa ragione della Storia, e quelle che tra- sceglie e conserva dopo lungo e laborioso esame , io debbo narrare con parca sobrietà di discorso. — Comin- ciamo dalla esposizione del mito . BIOGRAFIA MITICA DI PITAGORA Pitagora è Tirreno, Greco, Sirio, Fenicio: nasce nella Olimpiade i3^ , nella 48' , nella 55' ec. : la madre sua che dicevasi Partenide , poi è delta Pitaide : il pa- dre ora è Mnesarco , ora Mnestore , ora Marmaco, ora Dcmarato , ora Apollo : e questo figlio maraviglioso, la cui schiatta è mortale insieme e divina , fino dalla pri- ma età mostra la eccellenza della sua indole demonica ; 452 PITAOORA alieno dai IrasUilli puerili, pieno di dignità niodesla, ca- pace di costanza quasi virile , disposto ai grandi e reli- giosi pensieri , e con una luce soprannaturale in volto , argomento di anima profondamente quieta e già beala in se stessa . E ammaestrato da Ermodamante, e da Fcrecidc : ascolta Biantc , Talele ed Anassimandro: viaggia e con- versa coi Sacerdoti Egiziani , coi seguaci d' Elia , con (pielli di Mosco , coi Magi , coi Ginnosofisti, coi Drui- di . E chi lo fa discepolo di Zoroastro , chi di Daniele e di Ezechiele , o anche in Ezechiele lo trasforma . A Libelra di Tracia è iniziato ai misteri Orfici da Aglao- famo , e comprende la natura eterna del numero, e l'es- senza della divinità . Per tutte le terre greche cerca o- racoli e dottrine, e studia instituzioni e costumi. A Delo prende luogo in quel Collegio Sacerdotale , e sacrifica al padre Apollo sull' altare incruento. Temisloclèa lo riceve a Delfo esponendogli molti dogmi morali: i ministri di Mor- go lo purificano con una pietra ccraunia : Epimenide lo in- troduce neir antro Ideo a compiervi per 27 giorni la disci- plina sacra , ec. Ricco di tutta la sapienza barbarica, i- niziato a tutti i misteri ellenici , comparisce ai giuochi solenni in Olimpia: e là festeggiato, ammirato, interro- gato dalla concorsa Grecia , spiega la natura e I' ufficio del filosofo, e comincia l'uso di questo nome agli amici della sapienza (I). Apre a Samo la sua scuola ed è l'o- racolo della città , congiungendo la speculazione alla pra- tica . Ma 0 troppo occupato nelle politiche bisogne , o poco sodisfatto de' suoi concittadini, o non potendovi tol- DI SILVESTRO CE>TOFA'STI 4-5I> lerare la lirannide di Policrale o di Silosonlc , lascia queir isola e viene in Italia ; in Italia, teatro delle vere sue glorie, e sede del suo instituto celebratissinio. Non prima giunge a Crotone , che tosto vi opera un muta- mento grande cosi negli animi, come nella cosa pubbli- ca. Vecchi, giovani, donne gli si adunano intorno mossi dalla l'ama dell' uomo , e vinti dall' autorità del sembiante, dalla soavità dell' eloquenza, dalla forza delle ragioni vit- toriose . Ed egli vi ordina la sua società , che presto cre- sce a grande eccellenza . Per tutto penetra il fuoco di- vino che per lui si diffonde : a Sibari , a Taranto , a Reggio , a Catania , a Imera , ad Agrigento e più in- nanzi . E le discordie cessano e il costume ha riforma , e la tirannide fa luogo a ordini liberali e giusti . ÌNon soli i Lucani , i Peucezi , i Messapi, ma i Romani ven- gono a lui ; e Zaleuco , e Caronda, e ìSuma escono le- gislatori dalla sua scuola . In un medesimo giorno è a Metaponto e a Taormina : gli animali 1' obbediscono : i fiumi lo salutano-, le procelle e le pesti alla sua voce si calmano . Taccio il servo Zamolkii, la coscia d' oro , il telo d' Abari, il mistico viaggio all' inferno. I Crotoniati lo riveggono stupefatti e lo accolgono come un Dio: ma questo Iddio finalmente è vittima dell' invidia e malva- gità umane , e chiude una gloriosissima vita con una miserabil morte . Quando e come si formò questo mito ? Non tutto in un tempo , nò con un intendimento solo, ma per va- rie cause 0 per luniro processo di secoli fino al nuovo 454 PITAGORA Pilagorisnio, o per dir meglio fino ai tempi della moderna critica , L' uomo , come naturalmente desidera di sapere , così è facilmente pronto a parlare anche delle cose che me- no intende. Anzi quanto 1' oscurità loro è maggiore, con libertà tanto più sicura si move ad escogitarne 1' essen- za e le condizioni. Però 1' ingegno straordinario e la sa- pienza di Pitagora, 1' arcano della Società da lui instituita, e il simbolico linguaggio adoperalo fra' suoi seguaci diedero occasioni e larga materia alle congetture, alle ipotesi, ai fan- tasticamenli del volgo: e le passioni e gl'interessi politici ac- crebbero la selva di queste varie finzioni . Quando sursero gli Storici , era già tardi : e il maraviglioso piacque sempre alle anime umane, e specialmente alle greche; e non senza gran difficoltà potevasi oggimai separare il vero dal falso con pienezza di critica . Poi vennero le imposture dei libri apocrifi , il sincretismo delle idee filosofiche , il furore di quelle superstiziose . Onde se il mito primamente nac- que , ultimamente fu fatto , e con intendimento scienti- fico : e la verità rimase più che mai ricoperta di densi veli alla posterità che fosse curiosa d' investigarla . Non dirò delle altrui arti per trarla in luce, nò delle cautele per non cadere in errore. Basti aver mostrato la natura e le origini di questo mito , senza il cui accompagnamento mancherebbe alla Storia di Pitagora una sua nota carat- teristica . — Diciamo ora dell' instituto . di silvestro ce>itofa?iti 451» società' pitagorica La sociolà pitagorica fu ordinala a perfezionamento e a nioiiollo di vita. Non vi entravano solamente gli uo- mini, ma potevano anche le donne -. la speculazione scien- tifica non impediva 1" azione, e la morale couduceva al- la scienza : e ragione ed autorità erano cosi bene con- temperate negli ordini della disciplina , che avesse a re- sultarne il più felice elTetto agli ammaestrali. Tulio poi conchiudevasi in una idea religiosa , principio organico di vita comune , e cima di perfezione a quella filosofica famiglia . Condizione prima ad entrarvi era l' ottima o buo- na disposizione dell' animo . Pitagora , come scrive Gcl- lio £5J7[5yvi);j.5 v££ era gronde fisonomista , osservando la conformazione ed espressione del volto , e da ogni e- slerna dimostrazione argomentando V indole dell' uomo interiore . Ai quali argomenti aggiungeva le fedeli in- formazioni avute : Se i giovinetti presto imparassero ? verso quali cose avessero propensione , se modesti , se veementi , se ambiziosi , se liberali ec. E ricevuti , co- minciavano le loro prove ; vero noviziato di questo Col- legio Italo-greco . Voluttà , superbia , avarizia bisognava imparare a vincere con magnanimità austera e perseveranza forte . Il piacer sensuale ti fa aborrente dalle dure fatiche, freddo ai sacrifici generosi , chiuso alle morali dolcezze , o li 456 PITAGORA renile impuro a goderle . Imperocché il voluUuoso è un egoista codardo , un ignobile schiavo di se slesso . — Esercizi laboriosi confortassero il corpo e lo spirilo: bre- ve il riposo : semplice il villo ; o laute mense imban- dite indarno , ad esercitar 1' astinenza : e corporali ga- slighi reprimessero dalle trasgressioni future le anime ri- tornanti a mollezza. Un altro egoismo è quello che pro- cede dall' opinione , quando sei arrogante nella slima di te , sicché gli altri ne restino indegnamente soperchiali : e questa è superbia. Domande cavillose , questioni dif- ficili, obiezioni forti sbaldanzìvano presto gP ingegni gio- venilmenle prosunluosi , e a modestia prudente e vigo- rosa li conformavano : il disprezzo giusto era slimolo a meritare 1' estimazione alimi ; accortamente ingiusto , a cercare sicuro contentamento nella coscienza propria : e le squallide vesti domavano le puerili compiacenze negli ornamenti vani. (2) Chi recalcitrasse ostinato, accusavasi inetto a generosa perfezione. Finalmente un terzo egoi- smo è alimentalo dall' indiviso possesso delle cose este- riori immoderatamenle desiderale . La qual cupidità, mol- to spesso contraria alla fralellevole espansione dell' uma- na socievolezza , vincevasi con la comunione dei beni ordinata a felicità più certa dell' instilulo. (5) Così i punti centrali, donde si diramano le molte- plici correlazioni tra 1' ordine morale e 1' inlellettualc , erano stati con profondo senno determinali e valutati , sicché r educazione e formazione di tutto 1' uomo proce- desse al provveduto fine con leggi e arti di peifetlissi- mo magistero . DI SILVESXnO CEKT<>FA>TI Ì57 Ma suprema logge in (piosla l'oiulanionlal discipli- na era T aulorilà . KelP età odierna . dissoluta e pelle- gola , s' ignorano le arti vere dell' oblìodionza e dell' im- pero, perchè la nostra libcrlà è una scrvililà licenziosa ; fanciulli che presumono di essere uomini, ed uomini che si lasciano dominare a fanciulli . ìSeH' Italia pitagorica voleasi dar forma ad uomini veri, e la presunzione non occupava il luogo della scienza , e la solidità della co- gnizione radicavasi nella temperala costumatezza. Il gio- vinetto , che muta i passi per le vie del sapere, ha no- zioni sempre scarse delle verità che impara , finché non ne abbia compreso 1' ordine necessario ed intero : e le nozioni imparale non bastano, chi non v'aggiunga l'uso e la varia esperienza delle cose , perpetue e sapienlissi- me testimonie della verità infinita . Poi non tutte le verità possono essere da tutti intese , e possono dover essere praticate . Onde l" autorità di coloro che le inse- gnano , 0 che presiedono alla loro debita esecuzione. Gli alunni, non per anche iniziati al gran mistero della sa- pienza , ricevevano le dottrine dalla voce del mae- stro senza discuterle : i precelli erano giusti , semplici , brevi : la forma del linguaggio , simbolica: e la ragione assoluta di lutti questi documcnli e massime , il nome di Pitagora che così ebbe dello e insefjnalo (ivro? ì-pv., ipse dixit) (4) . Applicassero (pici precetti alla vita , e dai buoni effetti ne argomentassero il pregio . Ma a piena- mente cogliere il frullo sperato da questo severo tiroci- nio, moltissimo dovea conferire il silenzio. Però la lem- 58 4Ì)8 PITAGORA pcraiiza dalla parola ( iyi,iu'^iu ) per ilue , Ire o cinque anni era proporzionalamenlc prcscrillo. Imperocché nel- la vanità del trascorrente eloquio si dissipa il troppo fa- cile pensiero, e la baldanza delle voci spesso argomenta impotenza all' operazione . Non diffusa nell' esterno di- scorso r anima , nata all' attività , si raccoglie tutta e si ripcrcote dentro se slessa , e prende altissimo vigore , e genera il verbo suo proprio col quale debba poi ragionare ed intendere il vero , il bello, il buono, il giusto ed il san- to . Oltredichè le necessità del viver civile richiedono non di rado questa difficile virtù del tacere, fedelissima compagna della prudenza e del senno pratico . Perseveravano gli alunni nelle loro prove fino al termine stabilito ? Allora passavano alla classe superio- re e divenivano iìc' genuini discepoli, o familiari (yvjj'o-fsf, c;j.'.h-7.t) • Facevano mala prova , o senlivansi impotenti a continuarla ;' Ed erano rigettati o potevano andarsene, riprendendosi i loro beni . Durava 1' esperimento quanto fosse bisogno alle diverse nature dei candidati : ed agli usciti od espulsi inalzavasi , siccome a morti uomini , il monumento. (5) Ma i degni di rimanere, e che passavano alla classe supcriore , cominciavano e seguitavano una disciplina al tutto scientifica . Kon più simboli , né silenzio austero , nò fede senza libertà di discussione e d' esame . Alzata la misteriosa cortina , i discepoli condizionati a non più giurare sulla parola del maestro , potevano francamente ragionare rispondendo , proponendo , impugnando, e con DI SILVESTRO ce:stofa>ti 459 ogni icrniine convenevole cercando e coiuliiudendo l;i verità . Le scienze matematiche apparecchiavano e inal- zavano le menti alle più alte idee del mondo intelliirihi- le . Interprelavasi la natura , spcculavasi intorno ai ne- cessarj attributi dell' ente , trovavasi nelle ragioni del nu- mero r essenza delle cose divine. E chi giungeva all'ar- dua cima della contemplazione lìlosofica otteneva il tito- lo dovuto a questa iniziazione epoptica, il titolo di per- fetto e di venerabile ( Teista; xaj ai[yj.^-iy.i: ) , ovvero chiamavasi per eccellenza uomo . Compiuti gli sludj , ciascuno secondava al suo genio coltivando quel genere di dottrine , o professando quella facoltà , a che meglio fosse inclinato : i più alti intelletti alle teorie scientifiche ; gli altri, a governar le città e a dar leggi ai popoli. (0) A questa perfezione conveniente all' umana natura credevasi , come già notammo, che potesse anche la don- na partecipare con certe sue proporzioni . La quale pe- rò era chiamata nell" instiluto a dare all' ottima forma della vita un atto di gentilezza pura, a spirarvi un alilo di sentimento nuovo , che quasi la rallegrasse col sorri- so delle Grazie , e ne rendesse la bellezza più afl'oltuosa e più cai-a . E molte illustri pitagoriche potè conlaro la Storia . Vivevasi a social vita , e la casa eletta al cenobio dicevasi Uditorio comune ( 5'y.jr/j'i;v ). Prima che sor- gesse il sole ogni pitagorico doveva esser desto , e seco medesimo discorrere col memore pensiero le cose fatte , parlate , osservate , omesse nel giorno o ne' due giorni 460 PITAGORA prossimamcnlc decorsi, seguilando nel rimembrarle quel medesimo ordine con che prima 1' una all' altra si suc- cedettero . Poi scossi dal sorgente astro a metter voce armoniosa come la statua di Meninone , adoravano e sa- lutavano la luce animatrice della natura, cantando o an- che danzando . La qual musica li disponesse a confor- marsi al concento della vita cosmica, e fosse eccitamento air operazione . Passeggiavano soletti a divisar bene nella mente le cose da fare : poi applicavano alle dottrine e te- neano i loro congressi nei templi . I maestri insegnava- no , gli alunni imparavano, lutti pigliavano argomenti a divenir migliori . E coltivato lo spirito , esercitavano il corpo : al corso , alla lotta , ad altri ludi ginnastici. Do- po i quali esercizi , con pane , miele ed acqua si risto- ravano : e preso il parco e salubre cibo , davano opera ai civili negozi . Verso il mancar del giorno , non più solinghi come sul mattino , ma a due , ovvero a tre , davansi a compagnevoi passaggio ragionando insieme delle cose imparate e fatte . Indi si recavano al ba- gno . Così veniva 1' ora del comun pasto, al quale sede- vano non più di dieci per mensa . Con libazioni e sa- crificii lo aprivano : di vegetabili , ma anche di scelte carni di animali lo ind)andivano : con libazioni e lezioni opportune religiosamente lo chiudevano. E prima di co- ricarsi cantavano al cadente sole , e Y anima già occu- pata e vagante fra molteplici cure e diversi oggetti, ri- componevano con gli accordi musicali alla beala unità della sua vita interiore. Il più anziano rammentava agli DI SILVESTRO CEMOFAISTI 461 allri i generali preeelli e le regole fisse dell" iiiìliUUo ; e queir eloilo soiializio . rendulusi all' intimo senso del- l' acquistala perfezione , riandava nel jiensiero le ore vi- vute, e nella certezza di altre sempre uguali o migliori amorosamente si addormentava . (7) Questi erano gli ordini , questo il vivere della so- cietà pitagorica secondo il tipo ideale che via via for- niossi alla storia . Tutte le facoltà dell" uomo vi erano educale ed abituate ad operare nobili efl'elti : la salute del corpo conduceva a (juella dello spirito : e lo spirilo forte e contento nclla^esplicazione piena e nella feconda disposizione delle sue potenze . armonizzava di alti e di letizia col mondo , e trovava in Dio il principio eterno d'ogni armonia e contentezza. Così il pitagorico era mo- dello a coloro che lo riguardassero , mostrandosi anche alle vesti di candido lino diviso dalla volgare schiera e singolare dagli altri . CniTlCA DEI. MITO La breve narrazione delle cose che fin qui fu fal- la , era necessaria a conservare alla Storia di Pitagora la sua indole niaravigliosa, e quindi una sua propria nota ed anche una nativa bellezza . Dobbiamo ora cercare e determinare un criterio, onde la verità possa essere sepa- rata dalle favole quanto lo comportino l' antichità tene- brosa e la qualità «logli oggetti, che son materia a (|ue- slo nostro ragionamento. 402 PITAGORA E prima si consitlci'i che il milo , popolarmente nato , 0 scienlifìcamcnte fabbricalo, quanluiKiuc assurdo e strano possa parere in alcune sue parli, pur dee ave- re una cerla allinenza o necessaria conformila col vero. Imperocché una prima cosa vi è sempre la (piale dia o- riginc alle varie opinioni che altri ne abbia ; e quando le tradizioni rimangono , hanno un fondamento nel vero primitivo dal quale derivano, o nella costituzione morale e nella civiltà del popolo a cui quel vero storicamente appartenga . Che se nella molta diversità delle loro ap- parenze mostrino certi punti fissi e costanti a che ridu- casi quella varia moltiplicilà loro , questo è il termine ove il mito probabilmente riscontrasi con la storia . Or chi intimamente pensa e ragiona la biografia di Pitago- ra , vede conchiudersi tutto il valore delle cose che la costituiscono in due idee principali : 1.' in quella di un essere che sovrasta alla comune condizione degli uomini per singolarissima partecipazione alla virtù divina ; 2." in quella di una sapienza cosmopolitica raccolta da quest'es- sere straordinario e da esso rappresentata . Chi poi ris- guarda alla Società pitagorica , trova il di lei fondatore così confuso con gli ordini e con la durata sua , che sem- bri impossibile il separamelo. Dalle quali conclusioni ul- timamente risulta , Pitagora essere slato o poter essere un personaggio vero , ed essere certissimamente un'idea slorica e scientifica . L' Italia poi , senz' ombra pure di dubbio , è il paese dove quesl' idea pitagorica doventa una magnifica insliluzione , ha incremento e fortune , si DI SILVESTRO CF.!>TOFA>TI ìiió congiungc con la civiltà e m niello una luco niaravi- gliosa . Pcrtanlo le prime due nostre conclusioni risultando dalla general sostanza del mito, e riducendonc la diver- sità molteplice a una certa unità primitiva , sembrano essere il necessario elTotto della riducibilità logica di esso alla verità che implicitamente vi sia contenuta. E dedu- cendosi la terza dalle altre due che precedono , già per un ordine continuo di ragioni possiamo presupporre che Pitagora sia insieme un personaggio e un idea. Nel che volentieri si adagia quel forte e temperato senno, che , non lasciandosi andare agli estremi , ne concilia e ne modera il contrario valore in una mediocrità costante . Ma porre lìn da principio che Pitagora è solamente un uomo , e alla norma di questo concello giudicare tutte le cose favoleggiale intorno alla patria , alla nascita , ai viaggi , alla sapienza, alle azioni miracolose di colui che ancora non si conosce appieno, e assolutamente rigettarle perchè non si possono diro di un uomo, è un rinunzia- re anticipatamente quello che potrebbe esser vero per rispello air idea . Lo che venne fatto a molti . D' altra parie se la esclusione della persona vera fosse assoluta- menle necessaria alla spiegazione del mito , e alla ricu- pera della Storia , sarebbe timidezza soverchia il non farlo , 0 ritrosia irrazionalo : potendosi conservare Pila- gora alla Storia, e separar questa dalle favole, pecche- rebbe di scetticismo vano chi non sapesse contenersi den- tro quesli termini ragionevoli. Vediamo ora se a queste 464 PITAGORA nostre deduzioni logiche aggiungessero forza isterica le autorità positive di autori rispettabili, e primamente par- liamo della sapienza universale del nostro filosofo . Erodoto , il quale congiunge le orgie e le inslitu- zioni Pitagoriche, con quelle Orfiche, Dionisiache , E- gizie e con le Gotiche di Zamolki, attribuisce implicita- mente al figliuolo di Mnesarco una erudizione che si sten- de alle cose greche e alle barbariche (8) ; ed Eraclito , allegato da Laerzio , parla di lui come di uomo diligentissi- nio più che altri mai a cercar storicamente le umane cogni- zioni e a farne tesoro e scelta per costituire la sua enciclope- dica disciplina (9) . Parole sommamente notabili, le quali, confermate dalla concorde asserzione di Empedocle, ren- dono bella e opportuna testimonianza a quella nostra con- clusione , onde Pitagora, secondo il mito, è raccoglitore e maestro d'una filosofia cosmopolitica (10). A dar fondamento isterico alla conclusione secon- da , non ci dispiaccia di ascoltare Arislippo , il quale scrisse che Pitagora fu con questo nome appellato perchè nel dire la verità non fosse inferiore ad Apollo Pi- tia (11). E noi qui alleghiamo Arislippo , non per ac- cettare la convenienza preposlera del valore etimologico del nome con quello scientifico dell'uomo, ma per mo- strare che prima degli Alessandrini il nome di Pitagora era anche nell' uso dei filosofi quello di un essere umano e di una piucchè umana virtù , e che nella sua straordinaria partecipazione alla divinità fondavasi 1' opinione intorno alla di lui stupenda eccellenza (12). Ma ciò non basta. 1)1 Sll.VESTnO CE^NTOFANTI 4(»ìi Uno scrillore , innanzi alla cui autorità volentieri s' in- chinano i moderni critici, ci fa sapere che principalissi- nio fra gli arcani della setta pitagorica era questo -. Ire essere le forme o specie della vita razionale, Dio, l'uomo e Pitagora (15). Kel che vcggiamo la razio- nalitìi recata a un solo principio, distinta per tre condi- zioni di vita , e Pitagora essere il segno di quella che media tra la condizione puramente divina e 1" umana. Ond' egli è nesso fra 1' una e 1" altra, e tipo di quella più alta e perfetta ragione di ci)c la nostra natura possa esser ca- pace . Ora la filosofia anche nelle orgio pitagoriche era una dottrina ed un' arte di purgazione e di perfeziona- mento, sicché 1" uomo ritrovasse dentro di se il dio pri- mitivo e r avverasse nella forma del vivere . E in Pila- gora chiarissimamente scopriamo Y idea di questa divina perfezione, assunta a principio organico della sua società religiosa e filosofica, e coordinata col magistero che nel di lui nome vi fosse esercitalo. Onde ottimamente inten- diamo perchè la memoria del fondatore fosse immedesi- mala con quella dell' inslitulo , e possiamo far distinzio- ne da quello a questo , conservando al primo quello che si convenga con le condizioni storiche di un uomo , e allrihuendo al secondo quello che storicamente puòssi e dessi atlrihuire a un principio . Quindi non più ci sem- brano strane , anzi rivelano il loro chiuso valore, e mi- rabilmente confermano il nostro ragionamento quelle sen- tenze e simboli de' Pitagorici : T uomo esser bipede, uc- cello , ed una terza cosa , cioè Pitagora . Pitagora esser 4GG PITAGORA simile ai Numi , o 1' uomo per eccellenza, o quell'istes- so che dice la verità : e i suoi delti esser voci di Dio che da tutte parli risuonano : e lui aver fatto tradizione alla loro anima della misteriosa tetrattì o quadernario , fonte 0 radice della natura sempiterna (14): e simili. Le quali cose non vogliono essere applicale a Pitagora-uo- mo , ma a Pitagora , idea o virtù divina ncU' uomo , e negli ordini delle sue insliluzioni . (15) Il criterio adunque a potere interpretare il mito, e rifare quanto meglio si possa la storia parmi che sia tro- valo e determinalo . Pitagora , nel duplice aspetto in che r al)biamo consideralo , è sempre uomo ed idea: un pe- lasgo-tirreno , che dotalo di un animo e di un ingegno altissimi , acceso nel divino desiderio di migliorai-e le sorti degli uomini , capace di straordinarj divisamenli , e co- stante neir eseguirli viaggia per le greche e per alcune terre barbariche studiando ordini pubblici e costumi, fa- cendo raccolta di dottrine , apparecchiandosi insomma a compiere una grand' opera ; e il tipo mitico di una sa- pienza isterica universale . Un uomo , che le acquisiate cognizioni avendo ordinalo a sistema scientifico con un principio suo proprio o con certi suoi intendimenti , ne fa la pratica applicazione e insliluisce una società reli- giosa e filosofica che opera stupendi effetti ; e il tipo della razionalità e di una divina filosofia nella vita umana e nella costituzione della sua scuola. Fra le quali due idee storica e scientifica dee correre una inevitabile recipro- cità di ragioni, quando la persona sulla cui esistenza ve- DI SILVESTRO CE.'STOFANTI Ìfi7 ra risplende , a guisa di corona , questo lume ideale, si rimane nell' uno e nell' altro caso la slessa . Però se A- rislippo agguagliando Pitagora ad Apollo Pilio rende te- stimonianza air opinione mitica della più che umana ec- cellenza di lui , non solo ci fa argomentare quel ch'egli fosse iu se e nella sapienza ordinatrice del suo instilutot ma insieme quello che fosse per rispetto alle origini sto- riche di quella sapienza e al valore di essa nella vita ellenica , o per meglio dire italo-greca . Imperocché il pitagorismo ehhe intime congiunzioni con la civiltà do- rica; e proprie massimamente di questa civiltà furono le dottrine e le religioni apollinee. Quando poi avremo co- nosciuto più addentro la filosofia di Pitagora, troveremo forse un altro vincolo necessario fra le due idee storica e scientifica , delle quali abbiamo parlato . Posti i principj , che valgano non a distruggere con senno volgare il mito (16), ma con legittimo criterio a spiegarlo , discorriamo rapidamente la storia, seco!ido la partizione che già ne abbiam fatto . PRELIMOARI STORICI DELLA SCLOLA PITAGORICA Pitagora comparisce sul teatro storico (juando frai popoli greci generalmente incomincia 1' esplicamento del- la ragione filosofica , e un più chiaro lume indi sorge a rischiarare le cose loro e le nostre . Ch' egli nasces- se in Samo , città già occupata dai Tirreni , che a- vcsse Mnesarco a padre , a maestro Fcrecide , visitas- 468 PITAGORA se la Grecia e in Egillo viaggiasse : questo è ciò che i moderni critici più severi reputano similissimo al ve- ro , e elle noi , senza qui muover dul)bi , reputere- mo . Ma non perciò diremo esser prette menzogne tutti gli altri viaggi mitici di quest' uomo raaraviglioso ; i quali per lo meno accennano a somiglianze o correla- zioni fra le dottrine ed instituzioni di lui e le fenicie , le ebraiche, le persiche, le indiche, le druidichc. Con- tro queste corrispondenze o viaggi ideali non fanno le ra- gioni cronologiche computate sulla vita di una certa per- sona : e come Pitagora-idea potè essere contemporaneo di Filolao , di Eurito , di Liside , di Archita ec. alla cessazione della sua vecchia scuola , così Caronda , Za- leuco , ISuma ed altri poterono essere pitagorici prima che Pitagora-uomo raccogliesse gli elementi storici della sua cosmopolitica sapienza (17). Or noi riserheremo ad altra occasione il pieno discorso di queste cose , e limi- teremo le presenti nostre considerazioni alle contrade gre- che e italiane . Dove troviamo noi questi clementi del pitagorismo prima che sorgesse Pitagora ? Creta non solamente è Dorica , ma antichissimo e venerando esempio di civiltà a cui perpetuamente ris- guardano i sapienti greci -. e Creta , come fu osservato dall' Heeren , è il primo anello alla catena delle colonie fenicie che mantengono esercitati i commercii fra l' Asia e r Europa ; fatto di molta eloquenza al curioso cerca- tore della diffusione slorica delle idee appartenenti all'in- civilimento . In quesl' isola dalle cento città se ciascun DI SILVESTRO CEINTOFAINTI itìO popolo ha libertà sua propria, lutti sono amicamente u- niti coi vincoli di una società federativa (IS): del comu- ne, i possedimenti : lo mense, pubbliche : punite Y ingra- titudine e r avarizia , e V ordin morale saldamente con- nesso con (piello politico : e tutte le leggi recate al prin- cipio eterno dell' ordine cosmico . Minòs , degnato alla fornii iarilà di Giove, vede questa eterna ragione del- l'ordine, e pone in essa il fondamento a tutta la civiltà cretese , come i familiari di Pitagora intuivano nella faccia simbolica di lui T ideale principio della loro so- cietà e della loro sacra fdosofia . (19) Passiamo alla severa Sparta : dorica anch' ella, an- ch' ella studiata dai Sapienti , ed esempio di quella unio- ne vigorosissima che di tutte le volontà private fa ma- gnanimo sacrifizio suH' altare della patria e lo presuppo- ne. La scienza è negli ordini della città : tutta la vita, una disciplina ; la quale prende forma tra la musica e la ginnastica : e secondo le varie età gli uffici ben distri- buiti si compiono . Predomina 1' aristocrazia, ma fondata anche sul valor personale e sui meriti civili . La vene- randa vecchiezza in onore: le nature de" giovanetti, stu- diate : proporzionati i premi e i gastigbi, e in certi tem- pi pubblico il sindacato ; esame che la parte più razio- nale della Società eseguisce sulla più irriflessiva . E qui ancora il comune è il gran proprietario vero e son co- muni i banchetti : e la donna ( cosa notabilissima ) , non casereccia schiava , ma franca cittadina a compiere la formazione della fiera umanità Spartana. A chi attribuiva 470 PITAGORA Licurgo i suoi ordini legislativi ? Ad Apollo Pitio. Co- me appunto Pitagora , 1' uomo -idea che diceva la verità a modo di oracolo , era figliuolo di questo medesimo A- pollo . Non osserviamo più innanzi le repubbliche greche. Fu già provato dal Gilles e ripetuto anche dal Micali , che le leggi di Sparta ebbero preparazione ed esempi nelle costumanze de' tempi eroici ; onde in queste società parziali già vedemmo gli essenziali elementi dell'univer- sale civiltà ellenica per rispetto all' idea pitagorica . Che diremo delle instituzioni jeratiche? Una storia delle scuole sacerdotali della Grecia sarebbe importantis- simo lavoro , ma non richiesto al nostro bisogno . Con- tentiamoci alle cose che seguono : Le società e dottrine jeratiche volentieri si ascon- dono nelle solenni tenebre del mistero : ed Orfeo nella comune opinione dei Greci era il general maestro dei misteri , il teologo per eccellenza , come Bacco il nume della Telestica o delle sacre iniziazioni . Lo che ci mo- stra fin da principio un legame inlimo fra le religioni Dio- nisiache e le scuole Orfiche . Non seguiremo il Creuzer ncir indagine e determinazione storica di queste scuole ; il quale pone prima quella Apollinea , fondala sul culto della pura luce e sull' uso della lira e della cetra , sim- bolo della equabile armonia delle cose ; poi quella Dio- nisiaca , piena di passioni e di movimento , e nemica del- l' Apollinea; finalmente, dopo molle lolle, la concordia lo- ro: ed altre cose che possono leggersi nella sua Simbo- 1>I SILVESTRO CENTOFANTI Ì71 lica . Queste selle religiose potrebbero essere le contra- rie parli di una comune dottrina jeratica , cbe in vVpollo onorasse il principio dell' ordine e dell' unità cosmica, in Bacco quello delle perpetue trasformazioni della materia e delle misteriose migrazioni dell' anima -. e quella con- cordia loro potrebbe significare un vincolo primitivo di necessità reciproche fra questi due principi , fondamento alla costituzione e alla vita del mondo (20). Ma lasciando questo , certa cosa è nella storia , e Platone ce lo atte- sta , che gli antichi Orfici (|uasi viveano una vita pita- gorica . Dal cibo degli animali si astenevano: non sacri- ficavano vittime sugli altari degli Iddii , ma faceano li- bazioni col miele; perocché contaminarsi di sangue ripu- tavano empietà abominevole: con la lira e col canto di- sponevano r animo a temperala costanza, a serena quie- te , a lucida contemplazione della verità, e in questa di- sposizione trovavano la felicità suprema . Mirabili clTotli della lira Orfica furono le mansuefatte belve , gli ascol- tanti alberi, i dimoranti fiumi, e le città edificale, che ci ricordano i miracoli di Pitagora . iNIa quando egli surse la sapienza sacerdotale ce- deva il luogo a quella filosofica , e i legislatori divini ai legislatori umani . Neil' età di Solone e degli altri Sa- pienti , la Grecia , eccitata da quella luce intellettuale che si diffondeva per tulle le sue contrade , recavasi a rico- noscer meglio se slessa antica , e rinnuovavasi nel pen- siero letterario della sua storia. Quindi nei miti e tradi- zioni nazionali ccrcavasi un valore che avesse proporzio- 472 PITAGORA ne con le nuove idee , e nelle vecchie doUrine orfiche non potea non penetrare questo spirilo di fervida gioven- tù , e non disporlc opportunamente a tornar feconde • Ond' io non crederò col Lobcck che ad Ononiacrito debba ascriversi 1' invenzione dei misteri Dionisiaci , o quelli almeno di Bacco-Zagreo ; ma attribuirò ad esso una ri- generazione di dogmi e poemi antichi : e nel vecchio e nel nuovo orficismo troverò un modello e un impulso all'or- dinamento della scuola pitagorica . Veniamo ora ali" Italia ; alla terra che Dionigi d'Ali- carnasso giudicava essere T otlima ( y^ztarcj ) di tulle le altre; alla sede di un' antichissima civiltà, fiorente per armi , per dottrine , per arti , per moli gigantesche , ed altre opere egregie , che gli sludi recentemente falli di- mostrano anteriore alla greca . Comunione di beni e so- dalizi convivali cominciarono nel!' Enotria coi primordi della civiltà che vi prese forma per le leggi delf antico Italo: ed Aristotele, che testimonia questi fatti (21), ci fa sapere che alcune di quelle leggi e quelle sissitie ita- liche , anteriori a tutte le altre , perseveravano tuttavia nel suo secolo; forse per la congiunzione loro coi poste- riori insliluli pitagorici . Quesl' Italo che dalla pastorizia volge gli erranti Enolri all' agricoltura , e con le slabili dimore e coi civili consorzi comincia la vera umanità di que" popoli , ci riduce a mente Cerere che dalla Sicilia passa neh' Auica , i misteri d' Eleusi , nei quali conser- vavasi la sacra tradizione, e per simboliche rappresenta- zioni si celebrava il passaggio dallo stalo ferino ed eslege DI SILVESTRO ce:mtofa>ti i"3 ni maiisuclo viver civile , le somiglianze tra (|uesli mi- sieri e le orgie pilagoriclie , e la casa di Pitagora iti ISIelaponlo appellata tempio tli Cerere (22) . Chi poi col Mazzocchi vedesse in Cono il nome di Saturno, po- trebbe con altre memorie illustrare (piesla prima for- ma dell' antichissima civiltà italica. Le cui origini Salur- niche dallo Storico Alicarnassèo sembrano essere attri- buite alla virtù nativa di (piesta terra privilegiala , ond' essa , prima di moltissimo altri' . dovesse agevolare a prosperità di compagncvol vita i suoi abitatori (23). La- scio Pico e Fauno esperti nella medicina e nelle arti magiche, operatori di prodigi e simili ai Dattili Idei , il culto di Apollo in Crotone , la congettura del ?siebuhr essere gP Iperborei un popolo pelasgico dell' Italia , il mito che fa Pitagora figlio anche di questo Apollo Iper- boreo , e le connessioni storiche che queste cose hanno con r orficismo. L' Etruria e Roma ci bastino . La sapienza etrusca era un sistema arcano di teo- logia politica , di cui gli occhi del popolo non vedessero se non le apparenze, e i Sacerdoti soli conoscessero l'in- terna sostanza . E in questa teologia esoterica ed essote- rica astronomia ed aritmetica slavansi connesse con la morale e con la politica . Imperocché gli ordini della città terrena avevano il loro tipo nell' ordinamento delle forze uraniche , cioè nella costituzione della città celeste : il Dio ottimo massimo era lunilà primitiva, dalla (piale di- pendeva la distribuzione di queste forze divine ; e il suo verace nome , un aroano : con seimila anni di cvoluzio- 00 474 PITAGORA ne cosmica era giunto sino alla formazione dell' uomo ; e la vita umana per altri seimila anni si sarebbe conti- nuata. Dodici erano gl'Iddìi consenti e dodici i popoli del- l' Etruria . Pei quali congiungimenti della terra col cie- lo, la civiltà divenne una religione; 1' aruspicina fu l'arte politica per dominare e governare il vulgo ignorante , e le matematiche una scienza principalissima e un linguag- gio simbolico . Se Placido Lutazio vide analogie tra le dottrine Tagetiche e le pitagoriche, 1' etrusco Lucio, in- trodotto a parlare da Plutarco ne'suoi Simposiaci, diceva i simboli di Pitagora essere volgarmente noti e praticati nella Toscana. E chi potesse far piena comparazione fra i collegi dei nostri Auguri antichi o quelli dei Pitagori- ci , scoprirebbe analogie più intime e più copiose (24). La tradizione, che recava a pitagorismo le inslilu- zioni di Numa, par così confermata dalle cose, eh' io debbo temperarmi dal noverarle tutte : la nozione pura della di- vinità; i sacrifizi incruenti, il tempio rotondo di Vesta, la sapienza arcana, le leggi, i precetti, i libri sepolti, i pro- verbi stessi del popolo . Onde niun altra idea è tanto cittadina dell' antica Róma quanto la pitagorica (25) : e quasi a significare questa degna cittadinanza, ben si do- veva a Pitagora il monumento di una romana statua . Chi poi avesse agio a profondamente discorrere tutto il sistema primitivo della romana civiltà, dalle cose divine ed umane comunicale nel matrimonio così all' uomo , come alla donna , dalla vita sobria e frugale di tutta quella cittadinanza, dal patronato e dalla clientela, dal- 1)1 SILTESTRO CE>TOFA?iTI 47f> r esercizio dogli ulTìcii secondo la dignilà personale, dalb suprema indipendenza del ponlificato, sindinjo ildla idc;) divina che a tulle le fdlre sovrasta , dagli ordini condu- centi a comune concordia , dalla religione del Dio Con- so , dall' Asilo , dal gius feciale , da un concetto di ge- neralità politica che intende fin da principio a consocia- re ed unire popoli e istituzioni , etc. potrebbe trarre nuo- vi lumi a illustrazione storica di questo nostro argomento. Trova Vincenzo Cuoco la filosofia pitagorica nella stessa lingua del Lazio , e ne argomenta nazionalità necessaria. E il Maciucca , veggendo nella ferula di Prometeo uno specchio calottico , e- congiungendo questo con Tartc attri- buita alle Vestali di riaccendere il fuoco sacro, ove fosse spento, col mezzo di concavi arnesi esposti ai raggi del sole, ci aprirebbe la via a trovare scientifiche relazioni tra gl'in- stituti di ìSuma , e la scuola orfica Apollinea , che an- che è detta Caucasea . Le quali cose volentieri abban- doniamo agli amici delle facili congetture (26). Il perchè , senza più olire distenderci in questi cenni istorici , concluderemo , che nelle terre greche e nelle italiche gli elementi del pitagorismo preesistevano alla fondazione della scuola pitagorica , e che nelle italiche sembrano essere più esotericamente ordinali in sistemi interi di civiltà che sono anche religioni , e più essote- ricamente divulgali e praticati nelle popolari costuman- ze; indizio forse di origini native, o di antichità più re- mote . 476 PITACIORA IDEA STORICA FONDAMENTALE dell' INSTITUTO E DELLA FILOSOFIA DI PITAGORA Che fece adunque Pitagora ? Raccolse questi sparsi elcmcnli e gli ordinò nella costituzione della sua società ? 0 fu inventore di un' idea sistematica tutta sua propria, per la cui virtù organica tutti quegli elementi antichi qua- si ringiovenissero , e divenissero altra cosa in quella sua instiluzionc ? Certamente coi preliminari fin qui discorsi ahhiam fatto uno storico comenlario ali" idea della sapien- za cosmopolitica di Pitagora. E se ci slam contenuti en- tro i termini delle terre elleniche e italiche , abbiam sem- pre presupposto le possibili derivazioni o connessioni di quella con le asiatiche ed egiziane opinioni e religioni (27). Ma il grand' uomo , del quale ora dobbiam valutare la instituzione famosa , non contentossi a fare una scelta e un ordinamento d' idee , alla cui applicazione pratica man- casse il nativo fondamento nella vita de" popoli che aves- sero a trarne vantaggio. Questi elementi pitagorici ante- riori a Pitagora gli abbiam trovati nella civiltà , nelle scuole jeratiche , nelle consuetudini volgari della Grecia e dell' Italia : epperù 1' opera di colui che se ne fa il si- stematico ordinatore è quella di un Sapiente, che di tutte [e parti buone che può vedere nel passato vuol far base a un ordine migliore di cose presenti e future (28) . Questa è la conclusione grande che ci risulla dai preli- minari di che loccair.mo , e nella quale abbiamo la mi- DI SILVESTRO Cr,?iTOKA>TI 477 sura giusla a detoriniiiarc sloricaincnlo il valore ilolla pri- ma parie del mito . Non cercheremo le causo che indussero Pilagora a fermare la sua stanza nella Magna C.recia , e ad csorci- tai-vi il suo nobile magistero . Ma 1" opportunità del luo- go non poteva esser nìaggiore , chi volesse eseguire un disegno preparato a migliorare la umanità italo-greca. E forse anco Y appartenere a schiatta tirrena lo mosse. Tro- vò genti calcidiche, doriche, achcc, e i nativi misti coi greci 0 fieri della loro iiulipondenza , e nelle terre Opi- che i tirreni . Trovò costumi corrotti per voluttà disso- lute , repubbliche in guerra , governi abusati ; ma e ne- cessità di rimedi, e ingegni pronti, e volontà non riiro- se , e ammirazione ed enlusiasmo . Quanta agitazione di alti divisamenti , quante fatiche tollerate, e Ionia prepa- razione di mezzi , e lunga moderazione di dosiderj ar- denti 1 Ed ora finalmente potrà trarre fuori tutto se stesso dalla profonda anima , e dar forma a suoi pensieri in una insliluziono degna del rispetto dei secoli jNIal giudiche- rebbe la sua grand' opera chi guardasse alle parli, non sa- pesse comiìrcnderne l'inlegrità. L' idea orfica primitiva, in- dirizzata a mansuefare i selvaggi uomini e a ridurli a vi- ver civile , è qui divenuta una sapienza ricca dei portati di molle genti ed età , e conveniente alle condizioni di un incivilimento da rinnovellarsi ed estendersi . Pitagora non chiama solamente Y uomo nella società che ordina , ma con 1' uomo la donna : non vuole educale ed eserci- tate alcune facoltà spiritali e corporee , ma tulle , e se- 478 PITAGORA condo i gradi della loro dignità nativa: non esaurisce la sua idea filosofica nell' organizzazione dell' instiluto e nella disciplina che vi si dee conservare , ma comincia una grande scuola ed apre una larghissima via all' umana spe- culazione : congiunge 1' azione con la scienza e all' una e all' altra chiama sempre i più degni, e dai confini del collegio le fa passare nel foro , nella curia , nelle guer- re , fra tutti gì' interessi nazionali , e addita loro a co- stante scopo il miglioramento della cosa pubblica : non ferma le sue instituzioni a Crotone , a Metaponto, nella Magna Grecia e nella Sicilia , ma volge gli occhi lar- gamente all' intorno , e fa invito a lutti i magnanimi, e per mezzo de" suoi seguaci ne estende gli effetti nel con- tinente greco , neir Asia Minore , a Cartagine , a Cire- ne , e vuol che diventino concittadino del mondo. E que- sta grande idea cosmopolitica bene era dovuta all' Italia, destinata ad esser la patria della civiltà universale . Non vorrei che queste istoriche verità sembrassero artifici retorici a coloro che presumono di esser sapienti e sono necessariamente retori . L' idea organica dell'isti- tuto pitagorico potè avere una esplicazione progressiva , i cui tempi sarebbero impossibili a determinare ; ma que- sti suoi svolgimento e processo erano già contenuti in lei , quasi in fecondo seme : tanto è profonda , e neces- saria , e continua la connessione fra tulli gli elementi che la costituiscono ! Cominciate, osservando, dall' edu- cazione fisica delle individue persone ; dalle prescrizioni dieletiche e dalle ginnastiche. La sana e forte disposizio- 1)1 SILVESTRO CEIVTOFAISTI 479 ne di lutto il corpo non è fine, ma è mezzo, e dee pre- parare , secondare e servire all' ottima educazione e for- ma delle facoltà mentali . E la musica , onde tulle le parli del corpo son composte a costante unità di vigore, è an- che un metodo d' igiene intellettuale e morale, e compie i suoi effetti nell' anima perfettamente disciplinata di cia- scun pitagorico . Lo che operavasi così nell' uomo come nella donna individui : forma primitiva dell" umanità tutta quanta . La disciplina adunque era universale per rispetto alle educabili potenze , e procedeva secondo quella pro- gressione che natura segue nell* esplicarle , e secondo i gradi della superiorità loro nell" ordinata conformazione dell" umana persona . La quale , interamente abituata a virtù, ed a scienza, era un unità parziale, che rendeva immagine dell'Unità assoluta, come quella che la fecon- dità sua propria e radicale avesse armoniosamente recala in essere , e con pienezza di elTelti occupato il luogo , che nella cosmica economia delle vite le fosse sortito per leggi eterne , e che senza sua gran colpa non potesse mai abbandonare (29). Laonde si raccoglie che 1" idea religiosa è r ultima che ne risulti da questa piena evoluzione del dinamismo umano ; e che alla parte principale o divina dell" anima dovea corrispondere la parte più eccelsa della istituzione morale e scientifica . E si comincia a cono- scere qual si dovesse essere la religione di Pitagora . Con questa universalità o pienezza di educazione individuale collegavasi necessariamente quell" altra, onde alla società pitagorica potessero appartenere uomini d' ogni 480 PITAGORA nazione e paese . Un legislatore può dommalicamente fondarsi in una dottrina di civiltà , al cui esemplare vo- glia con arti poderose conformare la vita di un popolo: ma deve anche storicamente accettare questo popolo co- m' egli è ; 0 se pone nella sua città alcune schiatte o classi privilegiate ed esclude le altre dall' equabile par- tecipazione dei diritti e dei doveri sociali, offende a quelle leggi più antiche , delle quali dovrebb' essere interprete giusto e r opportuno promulgatore . Così Licurgo , per meglio formare Y uomo Spartano , dimenticò talvolta e non conobbe bene 1' uomo vero ; e dovendo accettare quelle genti coni' elle erano , mise in guerra le sue idee con le cose , e preparò la futura ipocrisia di Sparta , e le degenerazioni e le impotenti ristorazioni de' suoi or- dini . Pitagora diede leggi ad un popolo di tutta sua scel- ta : e potendolo scegliere da ogni luogo , \enia facendo una società veramente cosmopolitica ed universale. Que- sta società sparsa e da stendersi per tutte le parli del mondo civile , o di quello almeno italo-greco , era, non può negarsi , una specie di stato nello stalo : ma essen- do composta di elettissimi uomini , e con larghi metodi indirizzata a generale perfezionamento di cose umane , esercitava in ogni terra , o avrebbe dovuto esercitare , con la presenza e con la virtù dei suoi membri un' a- zione miglioratrice , e avviava a poco a poco le civiltà parziali verso 1' ottima forma d' una civiltà comune. Im- perocché Pitagora, conglutinandola col fuoco divino del- l' amore , onde meritossi il nome di legislatore dell' a- DI SILVESTRO CEINTOF A>TI 481 mitìzia , applicava alla vita del corpo sociale il principio slcsso che aveva applicalo alla vila de' singoli uomini, e queir unità, con la quale sapca ridurre a costante armo- nia tutte le facolti\ personali , desiderava che fosse re- cata ad effetto nella società del genere umano . Adun- que chi non gli attribuisse questo sublime intendimento mostrerebbe di non avere inteso la ragione di tutta la di lui discij)lina : negherebbe implicitamente molti fatti storici 0 non saprebbe spiegarli bene ; e direbbe stolta la sapienza d' un grand' uomo , il quale fra la pienezza dell' educazione individuale e T universalità degli effelti che ne risulterebbero a tulle le patrie de' suoi seguaci , non avesse veduto i vincoli necessari . Ma queste due universalità ne presuppongono sem- pre un' altra , nella quale sia anche il fondamentale prin- cipio di lutto il pitagorico sistema . Parlammo di Pila- gora , raccoglitore storico della sapienza altrui : ora lo consideriamo per rispetto alla sua propria fdosofia. E di- ciamo , che se nella sua scuola tutte le scienze allora note si professavano , e la speculazione era libera, tutte queste dottrine doveano dipendere da un supremo prin- cipio , che fosse quello proprio e caratteristico della li- losofia pitagorica. jNarrare quel che egli fece nella geo- metria, neir aritmetica , nella musica , nell'astronomia, nella fisica , nella psicologia , nella morale , nella poli- tica , ce. , non si potrebbe se non a frammenti , e per supposizioni e argomentazioni sloriche : né ciò è richie- sto al presente lavoro . Se Pitagora scrisse , niun suo GÌ 482 piTAGonA libro 0 genuino scritto giunse fino a noi ; e la sua sa- pienza mal potrebbe separarsi da quella de' suoi succes- sori . Dal fondatore di una scuola filosofica vuoisi doman- dare il principio da cui lutto il suo sistema dipende. E Pitagora levandosi col pensiero alla fonte dell' or- dine universale , alla Monade teocosmica , come a su- prema e necessaria radice di ogni esistenza e di lutto lo scibile , non polca non vedere la convertibilità dell'Uno coir Ente. Che se 1' uno è presupposto sempre dal mol- teplice, v'ha una prima unità da cui tulle le altre pro- cedono : e se questa unità prima e sempiterna è insieme r ente assoluto , indi conseguita che il numero e il mon- do abbiano un comune principio ed una comune essen- za , e che le intrinseche ragioni e possibili combinazio- ni del numero effettualmente si adempiano nello svolgi- mento e costituzione del mondo, e di questo svolgimen- to e cosliluzione siano forme ideali quelle ragioni e com- binazioni . Perchè la Monade esplicandosi con queste leg- gi per lutti gli ordini genesiaci della natura e insieme rimanendo eterna nel sistema mondiale , non solamente fa sì che le cose abbiano nascimento ed essenza e luogo e tempo secondo ragioni numeriche , ma che ciascuno sia effettivamente un numero , e quanto alle sue proprietà individue , e quanto al processo universale della vita co- smica. Così una necessità organica avvince e governa e rinnova tutte le cose ; e il libero arbitrio dell' uomo , anziché esser distrutto , ha preparazione, e coordinazio- ne , e convenienti fini in ([uesto fato armonioso dell' u- DI SILVESTRO CE?ITOFA?CTI 483 Diverso . Ma la ragione del numero dovendo scorrere nella materia , nelle cui configurazioni si determina , e si divide , e si somma . e si moltiplica, e si congiunge con quella geometrica , e misura tutte le cose tra loro e con se , e se con se stessa , questa eterna ragione ci fa comprendere , che se i principii asomalici precedono e governano tutto il mondo corporeo, sono ancora que' medesimi , onde gli ordini della scienza intrinsecamente concordano con quelli della natura. Però il numero va- le nella musica , nella ginnastica , nella medicina , nella morale, nella politica, in tutta quanta la scienza: e V a- ritmctica pitagorica ò il vincolo e la logica universale dello scibile ; un' apparenza simbolica ai profani , e una teologia sublime e la dottrina sostanziale per eccellenza agr iniziati . Questo io credo essere il sincero valore del prin- cipio, nel quale Pitagora fece fondamento a tutta la sua filosofia : nò le condizioni sincrone della generale sapien- za ellenica fanno contro a questa mia opinione . Questa filosofia , fino dalla sua origine , fu un emanalismo teo- cosmico che si deduce secondo le leggi eterne del nu- mero . E perocché questo emanalismo è vita, indi con- seguita r indole della psicologia pitagorica , ontologica- mente profonda (30) . Or se tutto il mondo scientifico è un sistema d'ar- monie razionali, che consuonano coi concenti cosmici pro- cedenti dal fecondo seno della Monade sempiterna , an- che r uomo dee esercitare tutte le potenze del numero 484 ' PITAGORA contenulo in lui , e mcllcr suono che si accordi con In musica dell' universo . E tulle le anime umane essendo sorelle, o raggi di una comune sostanza eterea, debbono nei consorzi del vivere riunirsi coi vincoli dell' amicizia antica ; ed eseguire una musica sociale sul modello di quella cosmica. Però come la disciplina di tutto l'uomo pitagorico necessariamente conduce a una società cosmo- politica , così ogni vita individuale e lutto il vivere con- sociato hanno il regolatore principio in una idea fdoso- fica , che ordina tutte le scienze alla ragione dell' Uni- tà , che è r ordinatrice di tulle le cose . Da quel che abbiam detto agevolmente si deduce qual si dovesse essere la dottrina religiosa di Pitagora . Molte superstizioni e virtù taumaturgiche gli furono mi- ticamente attribuite , le quali hanno la ragione e spie- gazione loro nelle qualità straordinarie dell' Uomo , ne' suoi viaggi , nelle sue iniziazioni e linguaggio arcano e nelle fantasie ed intendimenti altrui . Ch' egli usasse le maravigliose apparenze ad accrescere autorità ed onore alla sua istituzione , non ci renderemo difficili a dire : che le grandi imposture amasse, non lo crederemo (51). La scuola jonica, contenta nelle speculazioni, anziché pro- muovere la pratica delle idee religiose surse contraria al politeismo volgare, del quale facea sentire la stoltezza ; ma la pitagorica, che era anche una società perfeziona- trice , dovea rispettare le religioni popolari , e disporle a opportuni miglioramenti . Qui 1' educazione del cuore corroborava e perfezionava quella dello spirito , e 1' af- DI SILVESTRO CE>TOrA.>TI 485 fello concordandosi coli' idea richiedeva che il principio e il lerminc della scienza fosse insieme un oggello di cullo . La posizione cosmica dell' uomo j;li facea preoello di raggiungere un line , cioè una per fella forma di vila, alla quale non polesse venire se non per mezzo della niosolìa . E (|uesla era la vera e profonda leligione del pilagorico ; un dovere di miglioramenlo continuo , un sacramento di conformarsi al princijìio eterno delle ar- monie universali, un" esecuzione dell" idea divina nel mon- do lellurico . Quindi arte della vita , filosofia , religione suonavano a lui quasi una medesima cosa , I vivi e i languidi raggi del nascente e delf occidente sole , il maestoso silenzio delle notti stellate , il giro delle sta- gioni , la prodigiosa diversità dei fenomeni, le leggi im- mutabili dell' ordine, Y altezza della virtù , V abisso del- la sapienza , lullo alf anima del pitagorico era un alito di divinila presente, un concento dinamico, un conscn- limcnto di simpatie , un desiderio , un documento , una commemorazione , una religione d' amore . Il quale con benevolo affetto risguardava anche agf irragionevoli ani- mali , e volea rispettato in loro il padre universale della vita. Pertanto l'idea religiosa era cima e corona, come già notammo , a lullo il pitagorico sistema ; e di qui ve- niva 0 polca venire al politeismo italo-greco una inler- prelazione razionale ed una purificazione segreta e con- tinua (32). Ma questa dottrina sacra, chi V avesse così ri\ elata al popolo coiu' ella era in se slessa, sarebbe sem- brata cosa empia ., e fatta a sovvertire le antiche basi 486 PITAGOUA della morale e dell' ordine pubblico . Il perchè non mi maraviglio che se veramente nella tomba di Numa, o in altro luogo furono trovali libri pitagorici di questo genere, fossero creduti più presto eflìcaci a dissolvere le religioni popolari che a edificarle , e dal romano senno politica- mente giudicati degni del fuoco . Né trovo difficoltà in ciò che dicea Cicerone de' misteri di Samotracia , di Len- no e di Eleusi , ove le volgari opinioni teologiche inter- pretale secondo la fisica ragione Irasmulavansi in iscien- za della natura (55) . Un solo principio adunque informava la disciplina, la società , la religione, la filosofia di Pitagora: e la ne- cessaria e indissolubile connessione che indi viene a tulle queste cose , che sostanzialmente abbiamo considerato , è una prova certa della verità isterica delle nostre con- clusioni . Ma a questa sintesi luminosa non posero men- te gli studiosi, e duolmi che anche dall' egregio Riiter sia stala negletta . Egli non vede nel collegio se non una semplice società privala , e pur dee confessare i pubblici cfi"etti che ne derivarono alle città della Magna Grecia. Trova nella religione il punto centrale di tutta quella comunità , ma non la segue per tutti gli ordini delle cose , mostrando , quanto fosse possibile , la proporzio- nata dipendenza di queste e la proporzionata signoria di quella . La fa vicina o non contraria al politeismo vol- gare e distinta assai o non soslanzialmenle unita con 1* i- dea filosofica , e la copre di misteriose ombre e sola- mente ad essa reca la necessità o Y opporluniià del mi- DI SILVESTRO CE?iTOFA!>TI 187 Siero . Insoniina , giiarilu sparsamente le cose , che cosi disgregale , ili lanla disianza di tempo , rimpiccoliscono. Che se ne avesse cercato il sistema, le avrebbe trovate più grandi , e tosto avrebbe saputo interrogare i tempi a storicamente comprovare questa loro grandezza (5i). Pitagora , venuto dopo i primi legislatori divini e non per ordinare una civiltà parziale , ma dal concetto di una piena educazione dell' uomo essendosi inalzato a quella dell' umanità che per opra sua cominciasse , si vide poslo , per la natura de' suoi intendimenti , in tali condizioni , da dover procedere con arti molto segrete e con prudente circospezione . Imperocché dappertutto egli era il cominciatore di un nuovo e speciale ordine di vita in mezzo alla comune ed antica . Onde 1' ar- cano e r uso di un linguaggio simbolico , che general- mente gli bisognavano a sicurezza esterna dell' istituto, dovea anche combinarli con profonde ragioni organiche neir ordinamento intcriore . Acusmatici e matematici , essoterici ed esoterici , pitagorici e pitagorèi , son di- versi nomi che potevano non essere adoperati in prin- cipio , ma che accennano sempre a due ordini di per- sone, nei quali, per costante necessità di cause, dovesse esser partita la Società , e che ce ne chiariranno la co- stituzione e la forma essenziale. Erano cause intrinseche, e sono e saranno sempre , la maggiore o minore capa- cità delle menti , alcune delle quali possono attingere le più ardue sommità della sapienza , altre si rimangono nei gradi inferiori . Ma queste prime ragioni , fondate 488 PITAGORA nella natura delle cose , Pitagora felicemente congiunse con altre di non minore importanza . Perchè lo speri- mento degl' ingegni gli provava anche i cuori e le vo- lontà : e mentre durava la disciplina inferiore , che in- troducesse i migliori nel santuario delle recondite dot- trine , queir autorità imperiosa a cui tutti servivano, quel silenzio , quelle pratiche religiose , tutte quelle regole di un vivere ordinato eh' essi aveano saputo tollerare e vin- cere , gli formava al degno uso della libertà , che , se non è imparata dentro i termini della legge , è licenza di schiavi e dissoluzione di forze . Così coloro , ai quali potesse essere confidato tutto il tesoro della sapienza pi- tagorica, aveano meritato di possederla , e ne sentivano tutto il prezzo , e come cosa propria 1' accrescevano . E dopo avere acquistato 1' abito di quella virtù morale che costituiva r eccellenza dell' uomo pitagorico , potevi es- sere ammesso al segreto dei fini , dei mezzi, e di tutto r organismo e procedimenti della Società . La forma a- dunque , che questa dovesse prendere , inevitabilmente risultava da quella partizione di persone , di discipline , di uffici , della quale abbiam trovato il fondamento in ragioni desunte dall' ordine scientifico e in altre proce- denti dall' ordine pratico , le une colle altre mirabilmente conlemperate : e 1' arcano che mantenevasi colle classi inferiori e con tulli i profani non aveva la sua necessità 0 convenienza nell' idea religiosa o in alcuna altra cosa particolare , ma in tulle . La cui sostanza era il depo- sito sacro della scienza , dei rili , della politica, del ma- DI SILVESTRO CENTOI- .VINTI 489 gistero , delle tradizioni , di miti i comuni interessi fatto nelle mani dei meglio capaci di conseivarlo ed ammini- strarlo. Tanto in (jncsta società la religione era tilosofia; la lllosolìa , disciplina a perfezionamento dell' uomo ; e la perfezione dell" uomo individuo , indirizzata a jniglio- ramenlo generale della vita; vale a dire, tulle le parti ol- timamente unite in bellissimo e costantissimo corpo (35) ! Questa forma dell' istituto pitagorico fu opera di un profondo senno per la moltiplicilà degli elementi e de' fini che domandavano ordine e direzioni ; ma a co- siffatte norme si governavano anche le altre Scuole filo- sofiche dell* antichità, e massimamente i collegi jeralici , frai quali ricorderò quello d' Eleusi. Là i piccoli misteri introducevano ai grandi , e i gi-andi avevano il vero com- pimento loro neir epoptèa o intuizione suprema. I primi con severe astinenze , con lustrazioni sacre, con la giu- rala religione del segreto , ec. , celebravansi di prima- vera , quando un aura avvivalrice ricircola per tulli i germi della natura. I secondi d" autunno ; quando la na- tura, mesta di melanconici colori, linvita a meditare l'ar- cano dell' esistenza, e 1" arte dell' agricoltore, confidando i semi alla terra, ti fa pensare le origini della provvi- denza civile . E il sesto giorno era il più solenne . ISon più silenzio come nel precedente ; ma le festose e ripe- tute grida ad Jacco , figlio e demone di Cerere . E giunta la notte saìita , la notte mif^teriosa ed aufjusla, quello era il tempo della grande e seconda iniziazione, il tempo dell' epoptea . Ma se tutti vedevano i simboli sacri ed d'I 490 PITAGORA erano appellali felici , non credo però che a luUi fosse rivelalo il segrelo delle riposle delirine , e veramente comparlila la felicità che proviene dal possesso del su- premo vero (56) . Abbiam toccato di queste cose, acciocché per que- sto esempio storico fosse meglio compreso il valore del famoso ipse dixit pitagorico , e sapulo che cosa vera- mente importasse vedere in volto Pitagora. Quello era la parola dell' autorità razionale verso la classe non con- dizionala alla visione delle verità più alle , né parteci- pante al sacramento della Società; questo valeva la me- ritata iniziazione all' arcano della Società e della scien- za . Di guisachè dalla profonda considerazione di questi ordini interni ci risulla la necessaria spiegazione di quella parte del mito , secondo la quale Pitagora è inmiedesi- mato coir organismo dell' istituto : e determinando 1' in- dole della sua disciplina e della sua religiosa filosofia ab- biam trovato la misura dell' idea demonica dell' eccellenza umana , che fu in esso simboleggiala . Che era l'ultimo scopo di queste nostre ricerche (37). Ma se anche all' altra parte del mito , la quale concerne gli studiosi viaggi e r erudizione enciclopedica di quell' uomo divino , indi non venisse lume logicamente necessario , non potrebbe in una conclusione piena quietare il nostro intelletto. Con- ciossiachè queste due parli non potendo essere separa- bili , ciò che é spiegazione slorica dell' una debba esserlo comunemente dell' altra . Or lutti sentono che ad una Società . i cui membri potevano essere d' ogni nazione, 1)1 SILVESTRO CE>TOFA>TI 491 e che fu organizzala a civillà cosniopoliika , boii si con- veniva una sapienza slorica raccolta da luUi i paesi. Ma ciò non basla . Già vedcnirno , la dottrina psicologica di Pitagora concordarsi molto o anche avere niedosinìczza con r ontologica : sicché torni impossibile intender bene il domma della metempsicosi, chi non conosca come Pi- lauora spiegasse le sorli delle anime coi periodi della vita cosmica , e quali proporzioni e leggi trovasse tra cpiesta vita universale e le particolari . Ma s' egli per r indole di cosiffatte dottrine vedeva in tulli gli uomini quasi le sparse membra di un corpo solo, che la fdosofia dovesse arliiìciosamente unire con vincoli di fraternità e d" amicizia, doveva anche amare e studiosamente racco- gliere le cognizioni, quante per ogni luogo ne ritrovasse, quasi patrimonio comune di tulli i seguilalori della sa- pienza. E forse in questi monumenti dello spirilo uma- no cercava leslimonianze sloriche, che comprovassero o dessero lume ai suoi dommi psicologici; forse quello che fu favoleggiato intorno alle sue migrazioni anteriori nel corpo di Etalide, slimato figlio di INIercurio, e nei corpi di Euforbo , di Ermolimo e di Pirro pescatore Delio , ha la sua probabile spiegazione in questi nostri concet- ti (38). Finalmente , a meglio intendere 1' esistenza di que- ste adunate dollrine , giovi il considerare , che se Del- l' uomo sono i germi nativi della civiltà, essi domanda- no circostanze propizie a fiorire e fruttificare, e passano poi di terra in terra per propaggini industri o trapian- 492 PITAGORA lamenti opportuni . Laonde se la tradizione è grandissi- ma cosa nella storia dell' incivilimento , i sacerdoti an- tichi ne furono principalissimi organi : e molte comuni- cazioni segi'cle dovettero naturalmente correre tra que- ste corporazioni jeratiche. 0 (piclli, che separavansi dal ceppo nativo, non ne perdevano al tutto le memorie tra- dizionali . Questo deposito poi si accresceva con la sto- ria particolare dell' ordine, che ne fosse il proprietario , e pei lavori inlelletluali de' più cospicui suoi membri . La gloria privata di ciascun uomo ecclissavasi nello splen- dore della Società, a cui tutti comunemente appartene- vano; ed ella compensava largamente 1' uomo, che le fa- cea dono di tutto se stesso, esercitando col di lui mini- stero molla parte de' suoi poteri , e mostrando in esso la sua dignità . Anco per queste cagioni nella Società pitagorica doveva essere il deposito di molte memorie e dottrine anteriori alla sua istituzione , cumulato con tutte (pielle che fossero le sue proprie : e fino all' età di Fi- lolao , (juando il donmia della scuola non fu più un ar- cano ai non iniziali, lutto fu recato sempre al fondatore di essa, e nel nome di Pitagora conservato, aumentalo, e iegillimamente comunicato (39).. COKiCLUSIONE Questo nostro lavoro non è certamente, né poteva essere , una intera storia di Pitagora , ma uno strada- mento , una preparazione critica a rifarla , e una fonda- DI SILVESTRO CE>TOFA!STI 405 nienlale nozione di essa . Slringenimo nella narrazione noslra le anlichissimc tradizioni miliche e anche le opi- nioni moderne tino ai tempi d' Jacopo Bruckero , quan- do la critica avea già molle falsità laboriosamente dile- guato , e molle cose illnstralo , e dopo il quale con ar- gomenti sempre migliori ella vien servendo alla verità slorica fino a' giorni nostri ; ordine di lavori da potersi considerare da se . Però quello era il termine , a che do- vessimo riguardare siccome a certo segno , che finalmente una nuova ragione fosse sorta a giudicare le cose e le ragioni antiche con piena indipendenza e con autorità sua propria . E allora anche uell' Italia valorosi uomini aveano già dato opera e davano a un nuovo studio del- l' antichità , quanto si convenisse con le profonde e va- rie condizioni della coltura e civiltà nazionali. Contro il Bruckero dis})utù dottamente il Gerdil e mostrò non im- possibile a fare un accettevole storia di Pilagora , quasi temperando con la gravità del senno cattolico la sciol- tezza di quello protestante, ^è il Buonafede illustrò con indagini originali questo argomento , inleso coni' egli era piuttosto a rifare il Bruckero, che a fare davvero una sua storia della filosofia ; uomo al quale abbondava V in- gegno , né mancava consuetudine con le dottrine filoso- fiche , nò eloquenza a discorrerle : ma leggero sotto le apparenze di una superiorità affettata , e troppo facile risolutore anche delle difficili questioni con le arguzie della parola. Separò il romanzo dalla storia di Pilagora con pronto spirito senza pur sospettare nel mito uno sto- 494 piTAGonA rico valore , e nawò la storia senza profondamente co- noscerla . Né il Del Mare seppe farla con piiì felice suc- cesso , quantunque volesse mostrare ingegno a investi- gar le dottrine . In lutti questi lavori è da considerarsi un processo d' italico pensiero signoreggialo dall' idea caltolica , 0 con essa dommalicamente e storicamente congiunto . Con più indipendenza entrò il Sacchi in que- sto arringo , ma uguale agf intendimenti dell' ingegnoso giovine non fu la maturità degli sludi . Col Tiraboschi, scrittore di Storia letteraria , e col Micali , scrittore di una Storia generale dell' Italia antica , le nostre cogni- zioni intorno a Pitagora si mantengono non inferiori a quelle degli altri popoli civili fino al Meiners , ma con servilità o con poca originalità di ricerche . Una nuo- va via liberamente si volle aprire Vincenzo Cuoco , le cui fatiche non sono da lasciare senza speciale riguar- do , e che , se la salute non gli fosse fallita all' intel- letto , avrebbe anche fallo più fruttuose . Discorre con criterio suo proprio le antichità della sapienza italica : combatte il classico pregiudizio di quelle greche : non accelta tutte le conclusioni del Meiners : aspira a una ricomposizione di storia , non dirò se scevro del tulio neppur' egli di pregiudizi , o con quanta preparazione di sludj , ma certo con divisamenlo generoso, e con dimo- strazione di napoletani spiriti . Finirò lodando i bei la- vori storici dello Scinà sulla coltura italo-greca, e il bel discorso sul vitto pittagorico , che è 1' ottavo di quelli toscani di Antonio Cocchi , scritto con elegante erudi- DI SILVESTRO CE.'^TOFAINTI 495 zione , e con quella sobria e pacata sapienza , che lanlo piace nei nobili iiivesligalori del vero (40) . Keir Italia adunque alla illustrazione dell' argomen- to che abbiamo trattato non mancarono storie generali , né speciali . nò dotte monografie: ma per la maestà su- perstite del mondo antico , per la conservatrice virtù della religione . per la mirabile diversità degl* ingegni, per la spezzatura degli stali , per le rivoluzioni e il pestifero regno delle idee forestiere la critica nella storia della fi- losofia . e conseguentemente in quella di Pitagora , non ha avuto costante procedimento, uè intero carattere na- zionale , nò pienezza di liberi lavori . Ma non per que- sto abbiamo dormito: e frai viventi coltivatori di queste discipline il solo Gioberti basta a mantenere Y onore del- l'Italia nella cognizione delle cose pitagoriche (41). Invitato dall' egregio ISiccolò Puccini a dettare sul- r antico fondatore dell' italiana filosofia una sufliciente notizia . né io voleva sterilmente ripetere le cose scritte da altri , né poteva esporre in pochi tratti tutto Y ordi- ne delle mie investigazioni ed idee. Io faceva un lavoro non pei soli sapienti , ma per ogni qualità di leggitori , i quali non hanno tulli il vero senso storico di questi oggetti lontanissimi , e troppo spesso , quanto meno lo posseggono , tanto più son pronti ai giudizi parziali e di- fettivi. Pensai di scriver cosa, che stesse quasi in mezzo alle volgari cognizioni sopra Pitagora e a quella più in- tima che se ne vorrebbe avere ; che fosse una presup- posizione degli sludj fatti, e un cominciamento di quelli 496 PITAGORA da potersi o doversi fare Ira noi . E perocché tutti, che mi avevano preceduto nella nostra Italia , erano rimasti contenti alla storica negazione del mito , io cominciai dalla razionale necessità di spiegarlo , e poste alcune fon- damenta salde di qui mossi a rifare la Storia . Per quanto io naturalmente rifugga dalla distru- zione di nessuna , e però degnamente ami la creazione delle nuove cose, non voglio dissimulare che dopo aver provalo , potersi interpretare il mito e conservare Pita- gora-uomo alla Storia, riman sempre alcun dubbio, via via rampollante nell' anima dalla profonda considerazio- ne di queste cose antiche . Ma laddove non è dato ve- dere , senz' ombra nò lacune , la verità , ivi la modera- zione è sapienza necessaria , e la probabilità dee potere stare in luogo della certezza . Di che ragionerò meglio in altra occasione . E desiderabile che alcun diligente cercatore delle antichità italiche consacri le sue fatiche a raccogliere tutti gli elementi semitici che possono tro- varsi nella primitiva formazione della nostra umanità , non separandoli dai pelasgici , e che faccia un lavor pie- no , quanto possa , intorno a questo argomento . Forse alcune tradizioni che poi divennero greche erano prima fenicie -. forse nei primordi di Roma , anche pelasgica , quegli clementi sono i)iù numerosi o meno infrequenti , che altri non creda : forse alla Storia di Pitagora po- trebbe venir nuovo lume da questa via di ricerche (42). Ma è osservazione da non potersi pretermettere , che la fdosofia non prima ha stabilimento nelle terre DI SILVESTRO CE?JTOFA.1TI 497 italiane, che non si conlcnla alle speculazioni sole , ma quasi inspirata dal clima , par confornuusi alia natura di questi nostri uomini , e volge le sue arti alla prati- ca . Per altro non sia chi dimentichi che i primi ordi- natori delle civiltà furono anch' essi sapienti : Io furono i fondatori delle aristocrazie jeratiche, e la sapienza loro adoperarono a disciplina sociale e a stromenlo d' impero. L' idea , di qualunque natura ella siasi , tende sempre per impelo suo proprio a estrinsecarsi in un fatto ; la quale non solo è divina figliuola della Mente, ma è pie- na del valore di tutte le esterne cose, che la fanno na- scere, e alle quali spontaneamente ritorna . Ma quando la sapienza , posta nella organizzazione delle città , o professata nei recessi sacerdotali, non basta più ai biso- gni del secolo , e il secolo produce alcuni privilegiati in- gegni che debbano darle gagliardo molo ed accrescimento, allora questi nuovi pensatori la fanno unico scopo a lutti i loro studi , e così compiono il grande ullicio a che nac- quero destinati . Le cose pubbliche sono oggimai ordi- nate, e r amministrazione loro è nelle mani di tali che troppo spesso sarebbero i più indegni di esercitarla; e i popoli , i cui mali aspettano pronti e forti rimedi, in quelli pazzamente si compiacciono ed imperversano , da questi ciecamente aborriscono . E la crescente copia delle cose umane domanda convenevole partizione di lavori. Onde al magnanimo amico della verità e del bene non altro resta se non 1' asilo della mente profonda , 1' immensità luminosa , la libertà . la pace del mondo ideale : e là egli 03 498 PITAGORA cerca la verace patria , là eseguisce i suoi civili ufTlei ; e a riformare il mondo , dal quale sembra aver preso un volontario esiglio , manda 1' onnipotente verità , e ci o- pcra il bene e ci ottiene il regno con la virtù dell'idea. Però a storicamente giudicare gì' intendimenti pratici della filosofia pitagorica , vuoisi considerarla per rispetto alla direzione al lutto speculativa della scuola jonica , e alle condizioni generali della vita , onde questa scuola non fu rivolta all' operazione. Lo che facendo , un' altra volta si scopre e sempre meglio s' intende che le instiluzioni di Pitagora non hanno una semplice conformità col pre- sente stato del loro secolo, ma profonde basi nel passa- to , dalle quali tendono a infuturarsi in un epoca migliore con quel principio di universalità storica , scientifica e sociale , che abbiamo , quanto bastasse , dichiarato . Se poi vogliamo perfezionare i nostri concetti in- torno all' opportunità di questo italico istituto, guardia- mo anche ai tempi moderni, nei quali tutto è pubblici- tà , diffusione e comunicazione di cose ; onde il sapere e r istruzione dalle sommità sociali discorrono scenden- do fino alle estremità più umili , e col far dono di se cercano fruttificazione nuova dalle vive radici e robusto ceppo del grand' albero sociale . Non credo né che tutti gì' ingegni si ridurranno mai a una misura comune , nò che r altezza né la pienezza dello scibile potrà mai es- sere accessibile e godevole parimente a ciascuno . L' e- ducazione dell' umanità in questa mirabile era che per lei incomincia , sarà universale per questo , che ciascu- DI SILVESTRO CE?iTOFA!STI il)0 no secondo lo sue facoltà , polrà e dovrà dar loro la for- ma coiiveuevolc e sapere (jaello che gli sia bisogno , e fare <|aello che gli si conipela e che meglio il sodisfac- cia . Ma (|uanlo 1" umanilà sarà grande, tanto gli uomini saranno , non dico indi> idualmonte piccoli , i quali an/i parteciperanno in comune a tanta grandezza , ma a pro- porzionate distanze diseguali verso di essa . Nel secolo di Pitagora il genere umano non aveva né i prodigiosi slromenli che ora possieile , nò la coscienza delle sue for- ze consociate : lo che vuol dire che umanilà verace e grande non vi era , o non sapeva di essere, e bisogna- va formarla. Il perchè una società, che introducesse fra- tellanza fra greci e barbari , unioni intime fra molti slati talvolta microscopici , commerci fra genti lontane, gran- dezza fra idee limitale e passioni anguste , lume di di- scorso fra consuetudini cieche e forti, 1' umanilà insom- ma neir uomo e nel cittadino delle civiltà divise , era opportunissima ai tempi. L'na disciplina comunicantcsi a lutti avevano quelle piccole cittadinanze greche ed itali- che ( e |)crò le antiche repubbliche furono anche siste- mi di educazione ) ma misurata dalle leggi fondamentali, non avviata con norme regolari a sempre nuovo perfe- zionamento , dominata dagP interessi, esposta a mille a- busi e corruzioni, e sempre circoscritta ad un luogo. A superare tulli questi limiti bisognava, lasciando le mol- liludiiii . intender Y occhio ai migliori di lutti i paesi, e consociarli a consorterie, che avessero la loro esistenza propria , e formassero uomini nuovi a bone delle anli- ^00 PITAGOft4 che palric . Così Architn seppe essere nobilissimo Pila- gorico , e governare Taranto con senno pratico, e con- durre selle volle i suoi concittadini a bella villoria coni- ballendo contro i Mcssapi. E il Pitagorico Epaminonda fu il più grande o uno dei più grandi uomini della Gre- cia . Prima che le cose umane cospirassero tulle a cal- lolicilà per impelo necessario, doveano passare molli se- coli, e molle arti essere variamente sperimentate dall'uo- po . Roma pagana facea servir le colonie a più concor- de universalità d' impero , e Roma cristiana gli ordini monastici . Ma queste arti ed istituti sono buoni finché hanno convenienza coi lempi. Quando 1' umanità si muo- ve a scienza , a educazione , a generale congiunzione di forze e d'interessi, le comunità parziali o debbono con- formarsi a (piesta legge universale o riconoscersi cada- veri e lasciarsi seppellire ai vivi. L' indole e gli spiriti aristocratici, che per le con- dizioni di quella età dovè assumere e mantenere il pi- tagorico istituto , furono ( e parrà contradizione a chi poco pensa ) principalissima causa della sua mina . Che se nelle repubbliche della Magna Grecia il reggimento degli ottimati prevaleva degenerando spesso ad oligar- chia , tanto peggio . Perchè un' aristocrazia graduala sui meriti personali , e forte in un sistema di consorterie fi- losofiche e per superiorità di scienza e di virtù , stava a fronte di un' altra fondala sui privilegi ereditarli delle famiglie e sulle ricchezze , e forte negli ordini della vita comune : quella , disposta ad usare i dritti della natura DI SILVESTRO CENTOFANTI SOI signoreggiando col valore e col senno ; questa, intesa a conservare i drilli civili con gelosia dispettosa e rilul- tanle . La patria comune , le ragioni del sangue, il van- taggio pubblico , gli effetti della buona educazione , la prudenza , la bontà , la moltiplicità dei pitagorici pote- vano impedire il male o temperarlo . Ma i giustamente esclusi dall' ordine , cordialmente V odiavano: grande era la depravazione de* costumi : freciuenli le mutazioni po- litiche : e popolani ed aristocratici facilmente si trovava- no d' accordo a perseguitare nei collegi la virtù contra- ria a quelle loro depravazioni o interessi. Ma principal- mente il furore democratico e quello tirannico stoltamente irruppero a distruggerli (i5). Altre cause di male procedevano da quel fato an- tico onde tulle le cose mortali dall' ottima o buona con- dizione loro rivolgonsi a degenerazione e scadimento. Kè solo per vizio intrinseco ; ma ancora perchè la società corrotta corrompe poi coloro che voleano migliorarla, e depravati sii disprezza o rifiuta . I nuovi Orfici , dege- neri dalla primitiva disciplina , professavano solenni ipo- crisie , e con imposture invereconde pigliavano a gabbo il credulo volgo . Coronati di finoccliio e di pioppo e con serpentelli in mano correvano per le vie nelle feste Sa- bazie , gridando come uomini inspirati . e danzando : chi divoto fosse purificavano : insegnavano ogni spirituale ri- medio, e preparavano a felicità sicura . E intanto sedu- cevano le mogli altrui , e con pie frodi insidiavano alle tasche de' semplici : testimoni Storici , Euripide, Demo- 502 PITAGORA Siene e Teofraslo . A queste disorbitanze non vennero mai , né il potevano , i pitagorici antichi . Ma la seve- rità filosofica 0 anche il loro fasto schifiltoso trasmutossi in cinismo squallido , la religione in superstizione, la virtù in apparenze vane ; sicché furono bersaglio ai motti dei comici . Le quali corruzioni sono massimamente da re- care alla malvagità dei tempi, e all' impotenza della re- gola nelle avversità e varie fortune dell' istituto , cioè non veramente ad esso ma sì ai falsi esecutori di quella regola (44) . Al capo di questa nobile istituzione e filosofia non viene per fermo diminuzione di gloria per turpezze o follie di seguaci indegni , o per infelicità di tempi . Fu illustre il pitagorismo per eccellenza di virtù rare , per altezza e copia di dottrine, per molliplicità di beni ope- rati air umana generazione , per grandezza di sventure , per lunga e varia esistenza . Prima che un pelasgo-tir- reno gli desse ordini e forma nella Magna Grecia , già sparsamente slava nell' Egitto e nell' Asia, e nei miglio- ri elementi della civiltà ellenica e dell' italica . Intima- mente unito con quella dorica penetrò per tutta la vita degl' italioti e si diffuse per tulli i procedimenti della lo- ro sapienza : fu ispiratore e maestro di Socrate e di Pla- tone , e con essi diede la sua filosofia al continente gre- co : e se stava nelle prime istituzioni di Roma, poi ri- lornovvi coi trionfi del popolo conquistatore, e nella ro- mana consociazione delle genti quasi lo trovate in quegli effetti cosmopolitici a che miravano i concetti primi del suo DI SILVESTRO CEI^TOFANTI 303 fondatore. Dal seno della unilrice e legislalrice Roma usciva più tardi, come da fonte inesausta, qucll' incivilimento che or fa la forza e il nobile orgoij;lio della nostra vita. Che s' io a tutte le nazioni, che più risplendono nella moderna Europa, tolgo col pensiero (juesla prima face di civiltà che ricevettero dalle imperiose mani di Roma così pa- gana come cristiana , poco più altro veggo restare ad esse che la notte della nativa barbarie . Le basi di tutto il mondo moderno sono e rimarranno sempre latine , per- chè in Roma si conchiuse lutto 1' antico ; e il pitagori- smo , che noi con tutta la classica sapienza ridonammo ai moderni , lo troviamo congiunto con le più belle glorie della nostra scienza comune , e quasi preludere , vaticinando , alle dottrine di Copernico , di Galileo , di Keplero , del Leibnitz e del Newton . Bello adunque di sapienza e di carità civile fa il consiglio di Psiccolò Puccini , il quale , tra le pitture , le statue ed altri ornamenti , che della sua villa di Scor- nio fanno un santuario aperto alla religione del pensiero, volle che sorgesse un tempio al tirreno fondatore dell' an- tichissima lìlosofia italica . Chò dove i nomi di Dante , di Michelangiolo , di Macchiavelli, di Galileo., di Vico, del Ferruccio , di Napoleone concordano con diversa nota nel concento delle nazionali glorie, e insegnano riverenza e grandezza alle nienti degne di pensarli, questa musica monumentale della nostra vita non sarebbe stata intera senza il nome di Pitagora . E se Pitagora nel concetto organico della sua stupenda istituzione comprese il pas- 504 PlTAGOR/l salo e l'avvenire , la poesia , la civiltà e la scienza , Y u- manilà ed ogni cosa ; e se ad esecuzione del suo allis- simo disegno chiamò principalmente, come la più degna di tutti i paesi , l' Italia ; qui 1' Italia comparisce crea- trice e maestra di arti , di dottrine , di popoli ; e dopo avere dall' incivilimento antico tratto il moderno , con Napoleone Bonaparte grida a tutte le nazioni , grida ai suoi magnanimi figliuoli, che al più grande svolgimento degli umani fati ella massimamente sa inaugurare le vie e vorrà con generose geste celebrarle. E qui una filan- tropia istitutrice educando nelle anime dei fanciulli po- veri i semi naturali del sapere e della virtù , mostra la differenza frai tempi , opportuni al magistero pitagorico, e i nostri : mostra le moltitudini chiamate a rinnovare la vita dalle fondamenta , e 1' aristocrazia non più im- mota in ordini artificiali a privilegiare 1' infeconda iner- zia, ma sorgente da natura ed eslimata secondo i meriti dell' attività personale : e accenna alla forma nuova degli ordini pubblici , destinati a rappresentare , tutelare, pro- movere questa forte e ricca e armoniosa evoluzione di umanità . — Quando 1' ora vespertina vien serena e ma- linconica a invogliarti 1' anima nelle solenni meditazioni, e tu movi verso il tempio a Pitagora inalzato in mezzo del lago . L' architettura è dorica antica , come la ra- gione delle cose domandava : le esterne parti, superiore e. inferiore , sono coperte : quella che guarda a mezzo- giorno , distrutta : e per lutto 1' edera abbarbicata ser- peggiando il ricopre , e varie e frondose piante gli fan- DI SILVESTRO ce>tofa:^ti 505 no ombra misteriosa alP intorno. Al contitnio succedersi delle solcate e lente acque avrai immaginalo la fuga dei tempi già nell' eternità consumati , i quali dee ritentare il pensiero a raccoglierne la Storia ; e in (|uolla ruina , in queir edera , in quelle folte ombre avrai veduto i se- gui della forza che tutte cose mortali agita e distrugge, e che della spenta vita non lascia ai pietosi insostigalori se non dissipali avanzi e vastità deserta . Ma sul!' ocea- no delle età vola immortale la parola narratrice dei corsi e de* naufragi umani, e conserva in bre\i indizi lunghe memorie . E se tu levi gli occhi a quel frontone del lem- pio , leggerai in due sole voci tutta la sapienza dell" I- talia pitagorica: A}r,2rivttv y.ui ivspye-ùv: dir sempre il vero , e operar ciò che è bene . Hai mente che in questo silenzio arcano intenda Y eloquenza di quelle vo- ci ? Congiungi questo documento con gli altri, che alta- mente suonano dalle statue , dalle pitture , dalle Scuo- le , da tutto le opere della natura e dell' arte in questa Villa, sacra ai fasti e alle speranze della patria, e ren- diti degno di avverarle e di accrescerli. A tanta dignità volea suscitarti ISiccolò Puccini alzando questo tempio a Pitagora . SILVESTRO CE!>TOFA?(Tl 64 T 1 (1) Sul primo uso, che Pitagora pubblicamente facesse di questo nome , variano le tradizioni . Noi abbiamo scelto la più poetica , co- me quella che meglio corrisponde alla natura del mito . Cicerone e Giamblico narrarono la cosa prendendola da Eraclide Pontico ( Cic. Tusc. Quaesl. F. , 3. — Giambi. V. P. XJI. — Laerzio ne parla se- condo la narrazione di Sosicrate , Vili. 6. ec. ) : e forse Eraclide , co- me fu dubitato dal Meiners , tolse la comparazione della vita umana ai ludi celebrati nella Grecia dai Tarentini , commedia di Alesside , per attribuirla a Pitagora . ( Ateneo , Dipn. XI. , 1. ) Ma rigettare la sostanza di questa tradizione , concordemente accettata dagli antichi, per ciò solo che si discorda da una troppo scarsa opinione che si ab- bia della filosofla di Pitagora, parmi troppa licenza. E forse quello che Socrate dice nel Fedro mostrando la convenienza di applicare a Dio solo il nome di Sapiente , è idea pitagorica . — Intorno all' età in cui visse il grand' uomo , dopo il Bentley , il Dodwell , il Lloyd , il Bruckero, il de la Nauze , il Freret, ha discorso saviamente il mede- simo Meiners , che ne pone la nascita verso la cinquantesima olim- piade , e alla cui Storia ddV origine , de" progressi , e della decadenza delle scienze nella Grecia , rimetto volentieri i miei leggitori ( lib. Ili, e. 2.) I quali , a conoscere le verità contenute in questa biografia mi- tica , saranno condizionati dal processo e dall' ordine di tutto questo lavoro . E così mi saranno compagni a rifare la Storia di Pitagora. (2) Questo accrescimento del mito è opera del Bruckero . Hist. crii. phil. Par. II. lib. II. e. X sect. I. p. 1028. Lips. 1742. (3) Quel che apparteneva ad un Pitagorico , era a disposizione de' suoi consorti : Ecco la verità istorica ; il resto , esagerazione favo- losa. Ma la favola ha conformità col principio fondamentale dell'isti- tuto pitagorico, cioè è fabbricata secondo la verità dell'idea; cosa mol- lo notabile. Pythagorici , dice Diodoro Siculo , si quis sodalium facul- tatibus exciderat , bona sua vclut cum fratre dividebant etc. ( Excerpt. Val. Wess.p. SS'». ) La massima e precetto ; 'ìJiov te pr,ti'èv jjyeìa^at proprium nihil arbitrandum , riferito da Laerzio [VIII , 21) consuona col principio ideale della scuola: e tutti conoscono il detto attribuito a Pitagora da Timeo ,fra gli amici dover esser comuni le cose, zoivà tì twv yOwv . — Anche le domande cavillose , le vesti squallide , i corporali gastighi abbiansi per cose mitiche : ma i tre punti cardi- nali della vera e primitiva disciplina rimangono sempre alla storia . DI SILVESXnO CE>TOrA>TI t>07 E però ne abbiamo fatto materia di considerazioni opportune, a mag- gior rivacilà e utilità del discorso . (.t) Di questo famoso ipse dixit credo di aver determinato il vero valore {pag. i90 ] Alcuni . secondoché scrive Oiogenc Laerzio, lo al- trìbuivano a un Pitagora di Zacinlo. Cicerone , Quintiliano, Clemen- te Alessandrino , Ermia , Origene , Teodoreto eie. , ai discepoli del nostro Pilasora . E Cicerone se ne offende, come di grave disorbilan- xa : tantum opinio praejudicala poterat , ut edam sine ralione vaterct auctorilas ! ^ De Xat. D. I ,ò.\ Secondo Snida , 1' avrebbe detto Pita- gora stesso, riferendolo a Dio , solo sapiente vero, e dal quale avesse ricevuto i suoi dommi : ojx tao;, òù'i.k toO ©eoj /o'yo; ETTiv: come, se- condo altri, ^Clem. Aless. St. IV. , 3 etc. ) avea riGutato il titolo di sa- piente, perché la sapienza vera, che è quella assoluta, a Dio solo ap- partiene . — Il Meiners erra incerto fra varie congetture , accostan- dosi anche alla verità , ma senza distinguerla . (5) Che questo monumento fosse inalzato, non lo nega neppure il Meiners. — All' abito del silenzio, necessario al più forte uso della mente , e al buon governo dell' istituto , bisognava formare i disce- poli ; ma qui ancora il mito dà nel soverchio . Di che parleremo più innanzi. — L' impero dell' autorità doveva essere religioso e grande. (61 Delle classi de' pitagorici sarà detto a suo luogo quello che ci sembri più simile al vero : lascisi il venerabile ec. : intendasi la sim- bolica cortina, come poi mostreremo doversi intendere : e quanto ai gradi dell' insegnamento, notisi una certa confusione d'idee ncoplato- niche con gli antichi ordini pitagorici , probabilmente più semplici . ( Y. Porfirio , V. P. i6 seg. etc. — Giamblico , XVJII etc. ] (7) Questa parte del mito, chi generalmente guardi, è anche sto- ria. Suir Uditorio comune piacemi di addurre queste parole di Clemen» te Alessandrino: =<« t^-.v EzzÀr.itav, t^v vOv ÓjT'j; za/ojasvr.v, -zi -xi 'xj--7> 'OiLOLMiloi itviTTSTat : H com, quoc nunc cocalur, Ecclesiam significai id quodapud ipsum (Pythagoram] est Oli:;zoÙo. [Slr. T, 15^— Che le don- ne trovassero luogo nell' istituto, lo attesta Dicearco, il quale, a sen- tenza del Meiners, ha voluto solamente dire : a que les femmes , et Us filles des Pythagoriciens obsertaient les principes et lex maocimes de leurs maris et de leurs pères , dans leurs vétemens, leur nourriture, leur con- duite et T èducation de leurs enfans . Du reste , on toit par V ordre éta- lli dans toute la Société , Ielle qu' Aristoxène t a décrite, que les femmes ne partageaient et ne pouvaient parlager ni F instruction du matin , ni les exercices du corps, ni les délibérations du soir . S'il n était pas dé- fendu de confier aux femmes Ics mystères de C ordre ; on ne trouve pas 508 PITAGORA non plus dans aucun historien dipne de foi, que cela fùtpertnis ou usile. » (8) Erodoto , II, 81. IV , 93. — Isocrate reca a Pitagora la pri- ma introduzione nella Grecia della OlosoCa egiziana . oi/oaoyia/ (s'zsi'vMv) rpÙTo; th TOJ; 'E/),/;'jì; Èzcficr-: ( In lìusir. 11.) (9] Laerzio , YIII , 5. — la cui allegazione delle parole di Era- clito é confermata da Clemente Alessandrino ( Strom.1 ,21 ) — Era- clito reputava a mala arte ( z^zote^^vi/ìv ) la molteplice erudizione (li Pitagora ; perchè , a suo parere , tutte le verità sono nella mente, )a quale dee saper trovare la scienza dentro di se, e bastare a se stessa. (10) Vir eral inter eos quidam praestantia doctus Plurima , mentis opes amplas sub pectore servans : Cunctaque vestigans sapientum docta reperta , Nani quotiens animi vires intenderai omnes Pcrspexil facile is cunctarum singula rerum l'sque decem tei viginli ad mortalia seda . Empedocle presso Giamblico nella Vita di Pitagora, XV. e presso Porfi- rio , id. 30. (11) Diog. Laerzio, Vili, 21. (12) Aristotele, allegato da Eliano [Var. Uist. II) conferma Ari- stippo, testimoniando che i Crotoniati lo appellavano Apollo iperbo- reo . Lascio Diodoro Siculo [Exccr. Val. p. 535) e tutti gli altri scrit- tori meno antichi , i quali peraltro ripetevano una tradizione primi- li\a , o molto antica . (13) Giamblico nella Vita di Pitagora, VI. ed Kust. Amstel.1707— Ver. Ulr. Obr. — Tradii ctiam Arislotcles in libris de Pijlhagorica di- sciplina ( Èk 'OÌ; TTipi -f,; ri'jSayopizvò; ifù.OTrifiaq ) quod huiuSVlodì divisio a viris illis inter praecipua arcana ( h toT; ttìvu à-opp^.iot; ) servata sit : animalium ralionalium aliud est Deus , aliud homo , aliud quale Pglhagoras. L'originale non dice animalium, ma animantis, ióio-y, che e gran differenza : perchè, laddove le tre vile razionali nella tra- duzione latina sono divise, nel greco son distinte e insieme recate ad un comune principio. 11 lìitter , seguitando altra via da quella da me tenuta , non vide 1' idea (ilosofìca che pure è contenuta in queste pa- role , né la ragione dell' arcano ( Hist. de la phil. anc. liv. IV eh. 1. ) A ciò che dice Aristotele parrebbe far contro Diccarco , il quale in un luogo conservatoci da PorDrio ( Vii. Pil. 19 ) ci lasciò scritto, che fra le cose pitagoriche conosciute da tutti (yvtiotpa napà ttìuiv] era an- che questa : zxi ti-i t.-x-j-v. -.ù. yt^/c'^i.-va tiJ.-^-jyy. óuoyi'jr, ou vo[i't?£iv, va- le a dire , che tutte le nature animate debbonsi reputare omogenee. Ma la cosa arcana , di che parla Aristotele , è principalmente Pitagora , la DI SILVESTRO CEMTOFAMTI 509 natura media tra quella puramente umana e quella divina , l' idea demonica , probabilmente congiunta cou dottrine orientali , e fonda- mento organico dell" In^lituto . l'oi , 1" uno parla di corpi semplice- mente animati : l' altro dell' ordine delle vite razionali ; che è cosa mollo più alla . Sicciiè la prima sentenza poteva essere divulgatissi- ma , come quella che risguardava oggctli sensali ; e la seconda , ap- partenere alla dottrina segreta, perciò che risguardava agli oggetti iulelleltuali . Non ch'ella non potesse esser nota nella forma, in che la le-^i^iamo in liiamblico ; ma coloro che non sapevano che si fosse veramente Pitagora , non penetravano appieno nel concetto riposto dei Pitagorici . Oui si vede come il simbolo facesse velo alle idee , e con qual proporzione quelle esolorithe fossero tenute occulte , e co- municate quelle essoleriche , quasi a suscitar desiderio delle altre . Dicearco adunque non fa contro ad Aristotele ; ed Aristotele ci è sto- rico testimonio , che le ombre dell' arcano pitagorico si stendevano anche alla lìlosoGca dottrina . Di ciò si ricordi il lettore alla noia 3a. (li, Parlare di questa Teiralti tnhteriosa , sarebbe troppo lungo discorso. Alcuni videro in essa il tetragramma biblico, il nome sacro ed essenziale di Dio; altri , a grado loro, altre cose . Ecco i due versi ripetutamente e cou alcuna varietà allegali daGiamblico^ T. P. XYJII, XIX] e da PorGrio [id. 20), ai quali riguardavamo toccando della Te- iralti , e che sono la formola del giuramento pitagorico : Oj ^à Tov àuizé^jx yy/^ -a^i/:vàoj }Ù3:u; fiZùii'x t' è;^ovTXv Aon per eum , qui animae noslrae tradidil Tetraclym , Fonlcm pcrcnnis naturae radiccmque habenlem [Porph. r.P. 20.) 11 Moshemio suU' autorità di Giamblico [in Theoi Arith.) attribuisce questa forma del giuramento pitagorico ad Empedocle , e lo spiega secondo la dottrina empedoclèa sulla duplicità dell' anima . Poco fe- licemente I ,Ad Cudic. Sysl. intell. cap. 7r§ 20 p. 581.) Noi dovevamo governarci con altre norme . (lo) E non imporla che appartengano a tempi anche molto poste- riori a Pitagora . Anzi mostrano la perseveranza dell' idea primitiva . (16) Procedendo con altri melodi , non si muo>e mai da un con- cetto pienamente sintetico, il quale abbia in se lulla la verità che si vuol ritrovare; non si ha un criterio, che ci ponga al di sopra di tut- te le cose che son materia de' nostri studi e considerazioni . .Ma si va per ipolesi più o meno arbitrarie, più o meno fondale, e sempre di- fettive, e però ineflicaci . 11 mito , non cosi tosto nasce o è fabbricalo 510 PITAGORA e famigerato , che ha carattere e natura sua propria , alla quale in alcuna guisa debbano conformarsi tulle le addizioni posteriori . E quando esse vi si discordino , pur danno opportunità ed argomenti a comparazioni fruttuose. Poi quella sua indole primitiva non potendo non confrontare per alcuni rispetti con la natura delle cose vere , o talvolta essendola forma simbolica di queste, indi incontra che il mi- to e la storia abbiano sostanzialmente una verità comune, quantun- que ella sia nell' uno e nell'altro diversamente concepita e significa- ta. Però ho creduto di dovere accettare il mito pitagorico siccome un fatto storico anch' esso , che dalle sue origini fino alla sua total pie- nezza importi la varia evoluzione di un' idea fondamentale; fatto, il quale prima si debba comprendere e valutare in se , poi giudicare e dichiarare per la storia che vuol rifarsi . Ma raccontarlo secondo il suo processo evolutivo , e con le sue varietà cronologicamente deter- minate e riferite ai loro diversi autori, non era cosa che potesse ese- guirsi in questo opuscolo. Basti averlo sinteticamente proposto alla comprensione de' sagaci e diligenti leggitori, e avere indicato le cau- se della sua progressiva formazione . Peraltro io qui debbo far con- siderare che le origini di esso non si vogliono così assolutamente at- tribuire alle supposizioni e varii discorsi degli uomini non apparte- nenti alla Società pitagorica , che a questa tolgasi ogni intendimento suo proprio a generarlo . Anzi , come apparirà sempre meglio dal nostro racconto, l'idea divina personificata in Pitagora, era organica in quella società . E di qui procede quella ragione primordiale , onde il mito e la storia necessariamente in molte parti si riscontrano, e in diversa forma attestano una verità identica : e qui è il criterio giusto ai ragionamenti, che suU' uno e sull'altra sanamente si facciano. Che il fondatore di una setta , e il principio organico della sua istituzio- ne, e tutta la sua dottrina siano ridotti ad una comune idea e in que- sta immedesimali , è cosa naturalissima a intervenire , e della quale ci offre r antichità molli esempi . Così 1' uomo facilmente spariva ; r idea rimaneva: e alla forma di questa idea si proporzionavano tutte le susseguenti opinioni. Pitagora-uomo non forzò davvero con giura- mento r orsa daunia , né indusse il bove tarentino , di che parlano Giamblico e Porfirio ( F. P. — § A7// — P. 23 seq. ) , a non più of- fender gli uomini , a non più devastare le campagne : ma questo suo impero mitico sugli animali accenna all' indole della sua dottrina psi- cologica ( Giamblico, A'X/K, 108 ) . Riferite i suoi miracoli , tutte le cose apparentemente incredibili , che furono di lui raccontate, all' i- dea , e ne avrete quasi sempre la necessaria spiegazione , e renderete il mito alla storia . DI SILVESTRO CENTOFANTI 511 Ne qui omcllcrù uu' alira cosa . Eroiloto, che ci iia conservalo la Iradizioue ellcsponliaca intorno a Zamolki, ovvero Zaniolsi.nume e Ic- gisialore dei Geli, ci ha dato anche un gran lume (non so se altri il ve- desse) a scoprire le origini antiche di questo mito pitagorico. Zamolki, prima 6 servo di Pitagora: poi acquista libertà e sostanze, e ritorna in patria, e vede i costumi rozzi, il mal governo, la >ila informe de'tìeti iu balia de' più stolti ( Jn-" àyoov.'ST/iuv ] . Onde , valendosi della sua erudizione greca , dà opera ad ammaestrarli a civiltà ed umana co- stumatezza . E che fa egli ? Apre una scuola pubblica , una specie d'istituto pitagorico ( àvo/s-iiva ) : chiama e vi accoglie tutti i prin- cipali cittadini ( ="; fiv , ravoozijovra twv àaroiv Toù; rptÒTOu; ) ; idea aristocratica notabilissima : e gli forma a viver comune. Inalza le lo- ro anime col pensiero dell' immortalità e di una felicità futura al di- sprezzo dei piaceri , alla tolleranza delle fatiche , alla costanza della virtù . Sparisce da' loro occhi iu una abitazione sotterranea ( yx-x^i^ ài xi-u è; TÒ /.aTayaiov óixr,(iz) , a Confermare la sua dottrina col mira- colo, ed è creduto morto, e compianto. Dopo Ire anni improvvisamen- te apparisce : è riconto qual nume: e con autorità divina e religiosa lascia le sue istituzioni a quel popolo. Chi non vede nel mito di Za- molki quello di Pitagora? Erodoto reputa anteriore il sapiente uomo, O demone tracio [ ìiTi oi iyé-jnò ti; '/.iu.óiEt; a-jicomo; , h-.'ìn-i àxi^u-j Tt? n-zr.ai ouTos £r-i;^c;fto; ) al divino uomo pelasgo-tirreno ; ma la tradizione ellenica facca derivale le istituzioni gctiche dalle pitagori- che: e a noi qui basti cedere questa ragione e connessione di miti fi- no dai primi tempi della storia greca. Aggiungasi la testimonianza di Platone; il quale nel Cannidc parla dei medici incantamenti, e gene- ralmente della sapienza medica di Zamolki , che , a curar bene le parti, incominciava dal tutto (sicché la dottrina della diatesi pare mollo antica" e la salute del corpo Iacea dipendere massimamente da quella dell' anima; conformemente alla terapeutica musicale e morale di Pi- tagora . A ciò dovea porre attenzione il Meiners ragionando degl' in- cantamenti mistici , e della medicina pitagorica ; e ricordarsi di Ero- doto nel rifiutare l'autorità di Ermippo, favoloso narratore della casa sotterranea di Pitagora e della sua discesa all' inferno ( Laerzio YIII, 21.) Da tultociò si raccoglie non solo che il mito pitagorico ha origi- ni antichissime, ma anche qual si fosse la sua forma primitiva: e con criterio sempre più intero siamo condizionati a scoprire la verità isto- rica che si vuol recuperare , e ad esaminare le autorità delle quali si possa legittimamente fare uso a ricomporre questa istoria di Pitago- 512 PITAGOUA ra . Il Meiners , che fece questa critica , accetta solamente Aristosse- 110 e Diccarco. Ma dalle cose scritte in questo nostro opuscolo risulta la necessità di un nuovo lavoro critico , che faremo , Dio concedente, a suo tempo . (17) Io qui non debbo entrare in computi cronologici . Di Numa sarà parlato più innanzi ; e all' opinione di Polibio, di Cicerone , di Varronc , di Dionigi di Alicarnasso , di Tito Livio fu già opposta dal Niebulir quella di alcuni orientali , che faceano viver Pitagora sotto il regno di Assarhaddon, contemporaneo di Numa [Abideno, nella Cro- naca d' Eusebio, ed. Yen. I. p. 53. — Niebuhr , Hist. rom. I p. 220 ed. Bruxel. 1830.) Di Caronda e Zaleuco basti il dire, tanta essere la so- miglianza fra i loro ordini legislativi e le istituzioni pitagoriche che il Bentley indi trasse argomento a rifiutare i superstiti frammenti del- le leggi di Locri . Alle cui non valide istanze ben risposero l'ilcyne e il Sainte-Croix , e ultimamente anche il nostro illustre Gioberti . Qui si scopre la nazionalità italica delle idee pitagoriche anteriormen- te all' apparizione del filosofo di Samo, e la loro general congiunzio- ne con la vita e la civiltà del paese. Quindi nelle parole di Laerzio eh' egli desse leggi agi' italioti ( .-of/.ov; BiU roìq u^AU-'.i-y.n Vili , 3. ) io veggo una tradizionale ed eloquente testimonianza di quella na- zionalità : e quando leggo in Aristosseno (allegato da Laerzio, ivi, 13) eh' egli primamente introdusse fra i Greci e pesi e misure ( [j.éro-y. vai rjTxSuù iìnyr,'jy.72x: ),congiungo qucsta notizia con r altro fatto scoperto dal Mazzocchi nelle Tavole di Eraclea, cioè che i Greci ita- lioti prendessero dai popoli indigeni il sistema dei pesi e delle misu- re, e quello della confinazione agraria, e trovo un'altra volta la ci- viltà italica confusa col pitagorismo . ( V. Giamblico, V. P. VII, XXX e Porfirio, id. 21 dov' è allegato Aristosseno , che fa andare anche i Ro- mani ad ascoltare Pitagora. ) (18) Altra fu V opinione del Sainte-Croix , il quale prima della lega Achea non vide confederazioni fra i popoli greci . Dcs anc. gouv. fédér. et de la Ivgislalion de CrHe , (19) Omero, Odiss., XIX, 179. Aio; [nyùlo^ c'optar/,;. Plat.inMin.ee. (20) A queste nostre considerazioni non solo rende opportuna te- stimonianza Plutarco ( Della parola Et sul tempio di Delfo ) ; ma alla testimonianza di Plutarco forse potrebbero aggiunger forza ragioni di cose più antiche . (21) Polit. V, 10. Si maraviglia il Niebuhr di questa perseveran- za ; ma se avesse pensato alle istituzioni pitagoriche , forse avrebbe potuto sospettarne la causa probabile . DI siLVEsxno ce:itofaìiti J»13 (22) Laerzio . TV//. 15 , Giambìico V. P. . A'.YA. — Valerio Mas- simo pone quella casa e tempio in Crotone : « civilas . . . venerali posi mortem domum, Cereris sacrariutn ferii: quanlumque illa urhs vigiiit, et dea in hominis memoria, ci homo in deae reliyione culliis fuil » Vili, IC. (23) Dionisio (f Alicar. J. — Le cose contenute nel seguente pe- riodo del testo son cenni fatti a utile rav>icinamento d' idee , e clic però non ofTcoderanuo alla severa maestà della storia. E volli accen- nare ^ Plut. in \um. 1 anche a l'ico ed a Fauno . perchè questi nomi mitici si congiungono con quello di Saturno; mito principalissimo del- la nostra civiltà primitiva . Res arca Lalinus ci urbes Jain senior longa plactdas in pace regebai . Ilunc Fauno et yympha genitum Laurenle Marica Accipimus . Fauno , Picus pater ; isque parcnlcm Te , Salurne , refert ; tu sanguinis ullimus auctor . [JEn. VII. 45 seq.) È poi piacevole a trovare in queste favole antiche congiunto nell' I- talia rOrOcismo col Pitagorismo per mezzo d' Ippolito , disciplinato, secondochè ce lo rappresenta Euripide , alla vita OrQca . Al Trivio Ilippolilum secrelis alma recondii Sedibus , et yimphae Egcriae nemorique relegai ; Solus ubi in sitvis Ilalis ignobilis aevum Exigeret , tersoque ubi nomine Virbius esse! . ^n. VII, T7k seqq. Ippolito . morto e risuscitato , e col nome derivatogli da questa du- plicità di vita posto a solinga stanza nel misterioso bosco di Egeria e del pitagorico Numa I Ma Virgilio. giudicando romanamente il milo, lo altera dalla sua purità nativa . Quella vita solitaria e contenta ne' pensieri contcmplali\i, dovea parere ignobile ai signori del mondo . (2i) Faccio questa specie di divinazione pensando al nesso stori- co fra le cose Etruschc e le Homane, e comprendendo nel mio con- cetto tutto ciò che possa avere analogia col pitagorismo . Altri , più di me amico delle congetture, potrebbe, se non recare il nome dell'au- gurato, e quello di Pitagora a una radice comune , almeno quello di Pitagora a radici semitiche , e suonerebbe : la bocca , o il sermone di colui che raccoglie , che fa raccolta di ragionamenti e di cognizioni . Veggano gli Ebraizanti il capitolo XX\ dei Proverbi. (25) Plutarco , in Num. — Aggiungete la Dea Tacita, e la digni- tà fastosa di Numa ; il Flamine Diale , a cui è vietato cibarsi di la\e ; il vino proibito alle donne ce. ec: pensate agli elementi dorici the al- 314 PITAGORA Ili nolo nei primordi della tivillà romana ec. ec. (20) L' opera del AJaciucca, / Fenici primi abitatori di Napoli, die non trovo citala mai dal Mazzoldi ( il quale avrebbe dovuto citarla parlando della navigazione di Ulisse ce. Delle Origini italiche etc. cap. XI.) è scritta male, è piena di congetture e d'ipotesi fabbricate sul fon- damento vano di arbitrarie etimologie, ribocca di boria con semplicità veramente nativa ; ma è anche piena d' ingegno e di erudizione . (27) Delle egiziane già toccammo , e mollo si potrebbe dire del- le asiatiche. Quanto alle idee ed istituzioni druidiche, la loro analo- gia con le pitagoriche è chiarissima : e questo è il valore istorico del niilo che fa viaggiare Pitagora nelle Gallie . V. Cesare, De Bell. Gali. IV, li. — Diodoro Siculo, Vili, 29. — Valerio Massimo , //.,10. — Aìn- miano Marcellino , XV, 10. — Pomponio Mela cosi parla de' Druidi : Hi terrae , mundique magniludinem et formam , molus coeli et side- ram , ac quid Dii velint , scire proftlentur , Doccut multa nohilissimos gentis cium et diu, viccnis annis in specu, aul in abditis sallibus. Unum ex iis , quae praccipiunt , in vulgus effluii , videlicet ut forent ad bella meliores , aelernas esse animus, vilamque alteram ad Manes , ///, 1. — Appiano cbiamolli Z-X'^i-oj xx-'j.fr,rrjr,z-/.; o\" è'/.7TÌrjx i.-juìiói'jiui. Genie , la morte a disprezzare ardita Per isperanza di seconda vita . Dicerem slultos , scrive Valerio Massimo nel luogo sopra citalo , nisi idem bracati sensissent , quod palliatus Pythagoras credidit , (28) Pitagora dovca più particolarmente aver V occhio alla Ma- gna Grecia ; ma anche generalmente allo terre greche e italiane : e congiungere la sua idea istorica con ciò che meglio si convenisse con la natura umana ; che era 1' idea scientifica . Procedimento pieno di sapienza , e che già ci annunzia negli ordini dell' lustituto una pro- porzionala grandezza . (29) Credo di potere storicamente recare a Pitagora anche questa idea , non per la sola autorità di Cicerone ( Vetat Pythagoras ec, De Sencct. XX. Tuscul. I, 30. ) ma e per le necessarie ragioni delle cose . Ouanto alla miglior formazione dell' uomo, i providi ordinamenti co- minciavano dalla generazione, siccome a Sparla, e continuavano con sapiente magistero educando e governando la vita Onoalla impolenle >ecchie2za. Aristosseno ap. Stobeo, Semi. XCIX. — Dicearco, ap. Giam- blico, V. P. XXX seq.) — Era ordine pitagorico, dice Aristosseno pres- so Stobeo ( Serm. XLI. ] « doversi attendere con appropriata cura a tutte le eia della vita : ai fanciulli , che fossero disciplmali nelle lettere ; ai giovani, che si formassero alle leggi e costumanze patrie; agli uomini DI siLvr.STRO crrTi ."ilN maturi , che sapessero dare opera alla cosa pubblica; ai vecchi, che ares- sero mente e criterio nelle consultazioni . Imperocchr bamhulnifiiarc i fanciulli , fanciulteggiare i giovani , gli uomini giovenilmcnle vivere , e i vecchi non aver senno , reputavano cosa da doversi impedire con ogni argomento di scienza . L' ordine , esser pieno di bellezza , r di ulililà; di vanità e di bruttezza , la dismisura e il disordine . » — l'aria Arislos- seno in genere dell' educTI SI7 ceva anch' esso discender Pilagora miticamente all' inferno , dove ve- desse puniti Omero ed Esiodo per le cose sconvcnc\olmcnte dette in- torno agi' iddii . (Diog. I.aer. Vili, 19.^ Ma noi abbiara già notato , e anche ripeteremo, che fra le idee religiose e le altre parti della sapien- za pitagorica dovca correre una necessaria proporzione : e questa sa- pienza , che recava tutto all' L'nità , alla monade leocosmica, non po- teva non applicare colai suo principio al politeismo volgare . Impe- rocché gì' intendimenti de'pitagorici erano di educatori, e di riforma- tori magnanimi . Fugandum oinni conalu , et igni alquc ferro , el qui- buscumque denique machinis praecidcndum a carpare quidcm morbum > ab anima ignorantiam [ iaa^tav ), a ventre luxuriam, a civilalc seditio- nem . a fainilia discordiam ( ot>;o-jooTvvr,v ) , a cunclis denique rebus ex- cessum { i-j-irUxi ) : Queste parole forti , dice Arislosseno, allegato da PorOrio ( Y. P. 22 \ suonavano spesso in bocca a Pitagora; cioè, que- sto era il grande scopo della sua istituzione . Ed egli , come ci atte- sta forse lo slesso Arislosseno , tirannie distrusse, riordinò repubbliche sconvolte , htendicó in libertà popoli schiavi , alle illegalità pose fine , le soverchianze , e i prepotenti spense , e facile e benigno duce si diede agli uomini giusti e mansueti . [ Giamb. V. P. XXXII. ) — Or chi dirà che questi intendimenti riformativi non dovessero aver vigore per rispet- to alle religioni ? . . . — Ma il savio leggitore congiunga storicamcnle questi propositi e uflìci pitagorici con le azioni dei Dori , distruttori delle tirannidi. (33) .... quibus explicatis ad rationemque revocatis , rerum magis natura cognoscitur , quam deorum . De I\'at. Deor. I , i2. — La teolo- gia Dsica era altra cosa da quella politica ; di che non occorre qui ra- gionare . — Quanto ai libri pitagorici trovati nel sepolcro di Numa , la cosa con alcuna varietà è concordemente attestala da Cassio Emina, da Pisoue, da N'alerio Anziate, da Sempronio Tudilano, da Varrone, da Tito Livio, da Plinio il vecchio.al quale rimando i miei leggitori, A7//, 13. Sicché difDcilmente si possa impugnar 1' esistenza del fallo . Se poi il fallo fosse genuino in se, chi potrebbe dimostrarlo ? Conlenlia- moci a tassare di severità soverchia il senno romano . (3i' Come il Meiners pose nell' idea politica il principio e il flnc dell' istituzione pitagorica , cosi il Hitler massimamenle nell' idea re- ligiosa . Ma il criterio giusto di tutta questa istoria è nell' idea sinte- tica nella quale abbiamo trovalo il principio organico del pitagorico sistema , e alla quale desideriamo che risguardino sempre gli studiosi di queste cose . (3o) Con questa idea sintetica parmi , che molle difficoltà si vin- 518 PITAGORA cano , 0 che ciascuna cosa nel suo verace lume rendasi manifesta. Ma due son quelle, alle quali vuoisi principalmcnle applicar 1' altenzio- ne : 1. il sistema della società pitagorica : 2. e la sua posizione in mezzo alla società generale . — L' istituto pitagorico era l'orse ordi- nato a mero adempimento di ufDci politici ? No , per fermo I ma u- na società indirizzata alla più intera educazione ed uso di tutto l'uo- mo vero ; una società-modello, la quale certamente intendeva a mi- gliorare le condizioni della civiltà comune e aspirava ad occupare una parte nobilissima e meritata nel governo della cosa pubblica ; ma che coltivava le scienze, aveva uno scopo morale e religioso, am- maestrava discepoli , promoveva ogni buona arte a perfezionamento proprio e comune , e secondo una idea tanto larga , quante sono le potenze della umana natura. Or tutti questi clementi erano in essa ordinati a sistema : erano lei medesima formatasi organicamente a corpo morale. E quantunque a ciascuno si possa e si debba attribui- re un valore distinto e suo proprio, pur tutti insieme vogliono es- ser compresi in quella loro sintesi organica . La vita adunque della società non si effettuava soltanto nell' amministrazione degli affari politici; ma nelle ricerche Glosoficlie, e in tutti gli altri usi delle facol- tà personali, che fossero domandati a pienamente esercitarla. Certo è poi che la massima forza dovea provenirle dalla sapienza e dalla vir- tù de'suoi membri, e che tutto il vantaggio eh' ella potesse avere sul- la società generale consisteva appunto in questa superiorità di cogni- zioni , di capacità, di bontà morale e politica , che in lei si trovasse. Questo era l' istituto pitagorico. — Che se ora il consideriamo in mez- zo alle città e popoli , fra i quali ebbe esistenza , non sentiamo noi che le prudenti arti , e la politica che potesse adoperare a suo mag- giore incremento e prosperità , doveano avere una conformità oppor- tuna , non con una parte sola de' suoi ordini organici , ma con tut- to il sistema loro , ma con l' integrità del suo corpo morale , e con tutte le operazioni richieste a raggiungere i fini della sua vita? Se i pitagorici avessero senza riserva fatto copia a tutti della scienza che possedevano , a che starsi uniti in quella loro consorteria ? qual dif- ferenza fra essi , e gli altri uomini esterni ? 0 come avrebbero con- servato quella superiorità , senza la quale mancava ogni legittimo fondamento ai loro intendimenti, alla politica , alla loro consociazio- ne? Sarebbe stato un rinunziare se stesso . — Se la loro religione mostravasi non discordante da quella popolare , diremo noi che fra le loro dottrine filosofiche, che fra tutta la loro scienza e le loro idee religiose non corresse una proporzione necessaria ? Che non miras- 1)1 SILVESTRO CEIMOFANTI 519 sero a purificare anche le idee volgari , quando aprivano le porte della loro scuola a tulli che fosscr degni di entrarle ? — Indi la ne- cessità di estendere l'arcano a tutta la sostanza della loro interna vi- ta , e perù anclic alle più allo e più pure dottrine lilosolitlic , e reli- giose . S' inganna il Hitler quando limila il segreto alla religione : ma ingaunossi anche il .Meincrs che a que».la lo credette inutile allat- to, e necessarissimo alla politica ; a quella j)oIilica , di cui egli eb- be un concello difettivo non comprendendovi tulli gì' interessi dell'i- stituto . Nò r esempio di Senofane eh' egli adduce a provare la libertà allora concessa intorno alle opinioni religiose , ha valore. Imperoc- ché troppo è lontana la condizione di questo filosofo da quella della società pitagorica .E che poteva temere il popolo per le patrie islilu- zioni dalla voce solitaria di un uomo ? da pochi motti satirici ? da u- na poesia filosofica ? L' idea semplicemente proposta all'apprensione degl' intelletti è approvala , rigettata , inlernamenle usala , e ciascu- no r intende a suo grado, e presto passa dimenticala dal maggior nu- mero. Ma Pitagora aveva ordinato una società ad effettuare le idee , ad avverarle in opere pubbliche , in isliluzioni buone esercitando un azione continua e miglioratrice sulla società generale . Quindi , an- corché non potessero tornargli cagione di danno , non si sarebbe li- cenziato a divulgarle . Questa era una cara proprietà della sua fami- glia filosofica ;la quale dovea con circospetta e diligente cura custo- dirla: aspellare i tempi opportuni, e prepararli : parteciparla ed u- sarla con gran discernimento e prudenza . l'crcbè non voleva restar- si una pura idea ; ma divenire un l'alto. L' arcano adunque , giova ripeterlo, dovea coprire delle sue om- bre tulli i vitali procedimenti, tulio il patrimonio migliore, tutto l'in- terior sistema della società pitagorica. E per queste ragioni politiche, accomodale alla sintetica pienezza della istituzione , la necessità del silenzio era cosi forte, che se ne volesse far materia di severa disci- plina . Non dico V esilio assoluto della voce, come chiamollo Apuleio , per cinque anni ; esagerazione favolosa : parlo di quel silenzio , che secondo le varie occorrenze individuali, fruttasse abito a saper man- tenere il segreto ( t^t yào ÒjÒ f, -zj/'/jI-j. Ij -ne,' ìjtoi; r, ciar./. ), diCC Di- cearco in Porfirio F. P. 19. — Magnum enim et accuratum inter eos servabatur silenlium ) . E dopo averlo conceduto a questa necessità politica , non lo negherò prescritto anche per altre ragioni più alle . Che se Pitagora non ebbe gì' inleudimcnti de' neo-pilagorici, forscchc non volle il perfezionamento dell'uomo intcriore ? E se al .Meincrs par- ve essere utilissima arie mnemonica quel raccoglimento pensieroso, 520 PITAGORA quel ripetere mentalmente le passate cose che ogni giorno facevano i pitagorici , e non gli dispiacquero que'loro passeggi solitarii nei sacri bosclii e in vicinanza de' templi che pur somigliano tanto a vita con- templativa , come potè esser nemico di quel silenzio che fosse ordi- nalo a questa più intima vita del pensiero? Quasiché Pitagora avesse escluso la DlosoQa dalla sua scuola , e non vedesse gli effetti che do- vessero uscire da quel tacito conversare delle profonde anime con se- co stesse. .Ma tutta la sua regola e un solenne testimonio contro que- ste difettive e false opinioni , le quali ho voluto forse un po' lunga- mente combattere a più fondato stabilimento di quella vera . I ragionamenti più belli e più giusti all' apparenza , talvolta ca- dono alla prova di un fallo solo , che ne scopre la falsità nascosta . Ma tutte le autorità del mondo non hanno forza , quando non si con- vengono con le leggi della ragione: e la storia che non abbraccia l'or- dine dei falli , e non sa spiegarli con le loro necessità razionali , ne frantcndc il valore e siringe vane ombre credendo di fondarsi in ve- rità reali . Noi italiani dobbiamo formarci di nuovo alle arti trascu- rate della storia ideale dell' umanità ; ma gli scrittori tedeschi quan- to abbondano di sapere e di studi, tanto difettano spesse volte di sen- no pratico: ottimi giudici delle dottrine, non sempre buoni delle cose. (36) Qui il lettore non vegga se non un semplice esempio islori- 00 . Parlerò altrove de' Misteri eleusini . (37) Il Gioberti vede in Pitagora quasi un avatara mitigalo e ve- stito alla greca . — Del Buono, IV , f. Ibi. — Noi principalmente ab- biamo risguardalo all' idea italo-greca, ma presupponendo sempre le possibili derivazioni orientali . (38) Questo mito, che altri narrano con alcune varietà, da Era- clide pontico è riferito suU' autorità dello stesso Pitagora ( Laerzio, Vili, k] ; che , secondo la storia materiale , è menzogna . Ma nella storia ideale e verità miticamente significata; perchè qui Pitagora non è 1' uomo, ma l' idea, cioè la sua slessa DlosoGa che parla in persona di lui. — La psicologia pitagorica essendo anche una scienza cosmi- ca, nella dottrina segreta della metempsicosi doveano essere determi- nate le leggi della migrazione delle anime coordinandole a quelle della vita del mondo, -owtoj ts yast scrive Diogene Laerzio, toOtov iroQ/^vai, T>-,v -iuzv.v, v.'jvlti'/ à'ji.yi-K àuEtSTI 525 (arsi anche da queste nostre indicazioni, quantunque mollo impcrfelto. (43) Pilan:ora , come Ercole , le isliluzioiii pilagorichc , come le doriche per tutto sono avversi alle tirannidi mouarcliiclie e popolari , e le distruggono ; concordanza notabilissima . Indi le tirannidi popo- lari e monarciiiche dovc\ano essere naturalmcnlc avverse al pitagori- smo, che dalle prime fu miscramenle distrutto . — (il' italiani pos- sono veder narrata la sua caduta dal Micali , e da altri ; ond' io , non potendo qui entrare in discussioni critiche, mi rimango dal ragionarne. Proporrò invece una osservazione opportuna sopra un luogo che leg- gesi in Diogene Laerzio , e che fin qui passò trascuralo perchè man- cava il criterio a lare uso storicamente del mito: i^'/à -/«ì ìjtó; ì-j tti ipse quoque [ Pylhagoras ) scribens ait, per ducentos et scpicm annos ex inferis apud homines adfuisse [Vili, la) — Che vuol dir ciò ? È egli u- na assurdità contennenda ? Io non lo credo. Quando ci parla Pitago- ra stesso , e milicamenle , ciò le più volte è argomento, non dell' uo- mo, ma dell' idea . Or chi cercasse in queste parole un valore fisiolo- gico secondi) r antica sentenza , che poneva nell' inferno, in Aide, nei seni occulti della gran madre i germi della vita, che poi ne uscissero in luce , in luminis aitras , qui troverebbe indicato il nascimento e il troppo lungo vivere di Pitagora-uomo ; favola inaccettcvolc . .Ma ra- gionandosi qui deir idea nell' uomo personificata , quella espressione è- ii'j:'.) ,ex inferis, non vale una provenienza, che, recata ad effet- to una volta , indi sia assolutamente consumata ; ma una provenien- za , che si continua finché duri la presenza della miliea persona , di che si parla, fr.f gli uomini. Onde, finciiè Pitagora per dugenlo sett'an- ni è così presente, lo è in forma accomodata alle sue coudizioni aidi. che, cioè recondite e misteriose: ex inferis , o più conformeraenic al greco, è Icnebris inferorum adest. Le quali condizioni convenevolmen- te s' intenderanno , se ci ridurremo a memoria , che la discesa all' in- ferno , r occultamento nelle sotterranee dimore è parte csscnzialissi- ma cosi nel mito di Orfeo e di Zamolki , come in quello di Pitagora , che hanno medesimezza fra loro. Ed ella significa ola mente che pe- netra nelle cose sensibili per solloporle al suo impero, ovvero, come nel caso nostro , quasi la incarnazione dell' idea puramente scien- tifica nella sensibilità del simbolo , dal quale si offre poi anche ai profani in forma proporzionala alla loro capacità , o passa invisi- bile fra loro come Minerva , che abliia in testa l'elmo di Plutone , o di Aide . Ma acciocché con pieno effetto possa esser presenle , è me- stieri che altri sappia trarla fuori dell' invoglia simbolica, e? ii'J/w. — o 24 PITAGORA Adunque , se queste nostre dichiarazioni non fossero senza alcun fondamento nel vero , noi avremmo ricuperalo alla storia un docu- mento cronologico, da valutarsi criticamente con gli altri risguar- danti alla durala dell' instituto pitagorico. Imperocché, secondo que- sta testimonianza mitica, dalla fondazione di esso alla età di Filolao, e degli altri che pubblicarono le prime opere intorno alla loro GlosoQa, correrebbe lo spazio poco più di due secoli . E per tutto questo tem- po Pitagora sarebbe stalo presente agli uomini dall'inferno, d' infra le ombre di Aide; cioè la sapienza da lui , e nel suo nome insegnala, a- vrcbbc sempre parlato, come realmente fece, in un arcano lin- guaggio . A rimover poi altre difficoltà procedenti da preoccupa- zioni istoriche , distinguasi la general coltura degli antichissimi uo- mini dalla scienza contemporaneamente posseduta dai collegi sa- cerdotali . Quello che sarebbe anacronismo intellettuale , chi ne fa- cesse riferimento ai molti , talvolta è fatto istorico che vuoisi attri- buire ai pochi, cioè all'aristocrazia dei pensanti. Nò io qui parlo del- la scienza della natura esterna ; ma dell' uso filosoGco dell' umano pensiero . (44) Degenerazioni ed abusi son notati anchenel vecchio pitago- rismo : Riller , l. e. Lobeck , de pylhagorcorum sententiis mysticis, diss. Il ce. — Poi vennero le contraffazioni affettate; e Timeo nel libro no- no delle sue istorie , e Sosicrate nel terzo della Successione de' filosofi recavano a Diodoro d' Aspendo il cangiamento primo nell' abito , e nel culto esterno del corpo . Timaeus .... scriptum reliquit .... Dio- doro . . . diversum introducente ornalum , Pythagoricisque rebus adhae- rere simulante ... — Sosicrales .... magnam barbam*habuissc Diodo- rum narrai , palliumque gestasse , et tulisse comam, atque studium ipso- rum Pythagoricorum , qui eum antecesserunl , forma quadam revocas- se , qui vestibus splendidis , lavacris , unguentis , tonsuraque solita ute- banlur — Ateneo, Dipnos. IV, 19, ove si posson leggere anche i mot- li de' comici — Diog. Lacrt. Vili, 20. UNIVERSITY QF ILLINOIS URBANA SISIIONDI AL LAGO DI SCORNIO Chaquc pcuple a fon sit'cle et chaque hommc a son jour Lamautine L5 aurora è la più bella e la più serena ora del giorno : La giovinezza è il lempo più lieto e più fe- lice della vita . Simile al nuUlino del giorno (picllo della vita risplende per seducenti colori, è pieno di fre- sche e pure immagini , di lusinghiere armonie . Allora i generosi alleiti sorgono dall' anima vividi e puri , co- me i raggi del sole quando comparisce da oriente : al- lora nello sguardo infiammato d' amore brilla una lacri- ma , quasi perla mattutina che si posa sul calice olez- zante dei fiori : allora non le memorie ma le speranze alimentano il core ; e la divina Poesia è angiolo che ve- glia custode dei non contannnati pensieri . Io era giovinetto, quando fortuna e cortese bene- volenza mi concessero la sorte di conoscere l' illustre Si- smondi , in (|ucl dì in cui , ospite di Niccolò Puccini , 526 SISMOISDI AL LAGO DI SCORNIO si trasse a visitare la magnifica sua Villa di Scornio ; ove molti egregi italiani lo attendevano , ed il popolo pistoiese preparava al sommo Istorico delle italiano Re- pubbliche lina ovazione , un trionfo . Nove anni da quel giorno sono oggi trascorsi li tempo ha fatto un breve passo , ma innanzi a me la faccia della terra si è rinnuovata . Sismondi più non esiste ! . . molti cuori generosi che in quel giorno palpi- tarono di santi e caldissimi affetti , ora chiude il gelido marmo della tomba I . . il fiore della mia giovinezza s' è inaridito ; e spuntò da quel fiore il disinganno , ahi amaro frutto ! . . . che matura nelle anime esulcerate il secolo codardo e venale . Che resta a me di quel giorno ? la memoria : Memoria , salve dono celeste ! pura emanazione di un mondo incomprensibile , eterno , ove ha regno lo spirito ; paradiso e inferno dell' anima ; premio e ga- stigo dell' uomo, In sei la più preziosa facoltà a chi vi- ve di pensiero nella vita mortale del tempo . Finché la vita trascorre indifferente o serena nell' ozio di materiali godimenti , o nella gioja tranquilla di più pura felicità , tutta non si puote conoscere la influenza di certi pensieri, i quali formarono un' epoca interessante nella storia delle nostre impressioni giovanili. Ma (piando, a rimuovere da noi quella mano di ghiaccio colla quale ci afferra il do- lore , 0 a preservarci da un' arida tristezza , 1' anima sente il bisogno di concentrarsi nei suoi misteri, è allora che della memoria si appalesano le virtù , i benefizj. Oh ! DELL AVV. LORENZO GIIDI-R0:NTA>I S27 certo è allora che il cuore , come nave ballula dalla tcnipcsla , Uova jiace. conforto , entusiasmo nella memo- ria conservatrice di generosi pensieri, di cari e soavi sen- timenti . E i generosi pensieri , i caldi allotti stavano nel- r anima e nel cuore di tutti coloro i (piali . nel giorno di cui narro , ebbero una parte nelle oneste e gentili accoglienze, nella splendida ospitalità concessa a Sismondi da ?liccolò Puccini, nella sua magnifica Villa di Scor- nio . Era il 2 a di Giugno : Una singolare coinci- denza conduceva il Sismondi nella Villa Puccini a ricor- dare il giorno, in cui per la pace di Costanza la Lega Lombarda coronava il suo trionfo contro 1' Imperadorc Federigo . Il giorno che formava epoca gloriosa nel ri- nascimento delle italiane libertà, era cpiell' istesso in cui una parte del popolo italiano tributava plauso ed onore air Islorico delle italiane Repubbliche ! La bella e felice Toscana , che in altri tempi a- veva ospitale accolto Sismondi perseguitato e ramin- go : che lo aveva ispirato di un sublime concetto , facendogli udire quella voce che indarno nel cuore d' al- tri italiani avea risuonato — scrivi, io ti manderò la mia voce dalle rovine e ti detterò la mia istoria ; il pianto dei popoli si verserà sulla mia caduta, e le genti saran- no ammaestrale dai miei delitti e dalle mie sventure — La bella e felice Toscana di nuovo accoglieva il Si- smondi , vecchio d' anni e di gloria ; e Y uomo illustre riceveva un lauro dai figli di quella terra, per cui ave- 528 SISMONDI AL LAGO DI SCORIXIO va sudalo preparando loro utile ammaestramento di virtù e di sapienza . In mezzo ai plausi e ai trionfi di quel giorno , il cuore di Sismondi dcbbe avere palpitato dell' istessa gioja nobile e generosa , che lo accese allorché mirò il suo sublime concetto non più remoto e chiuso nella mente , ma di già comparso suH' orizzonte dell' istoria, come stella nel cielo , splendido di bellezza , brillante di fama e di gloria immortale. E la gioja del suo cuore forse era al- lora più tenera, più commovente, perchè animata dai plausi d' amore e di gratitudine , con che i figli dell' Italia o- noravano la sua virtù , il suo ingegno , le sue lunghe fatiche . Lo scopo e i limiti del mio racconto mi vietano di parlare qui di un Opera , che fece in Italia venerato e popolare il nome di Sismondi. Non posso però aste- nermi di riflettere sopra un objetto che dalla critica le fu opposto ; osservando che partiva al certo da cuore non italiano e da troppo freddo criterio quella sentenza che disse : la storia delle Repubbliche scritta sotto la ispira- zione di un soverchio sentimento democratico, produrre monotonia , e tradire la verità anche senza la intenzio- ne dell' Autore . (*) Io per me non credo universale il suffragio ad una tale sentenza ; credo anzi per lo con- trario, che dove la storia di un popolo si manifesta piena (*) Vedi r Articolo pubblicato intorno a Sismondi dal Sig. Alfre- do Reumont . dell' AVV, LORENZO tiLIIJI-KU>TA:^I 529 ili passioni , di \ila , di inovinierilo , ed oltre uomini e falli singolari e proniinentissimi : rimproverare allo sto- rico il sentimento che lo ha ispirato, sia come il preten- dere dagli ahilanti del mezzogiorno quella fredda tempe- ratura di anima e di corpo che domina i popoli del set- tentrione . I tempi , i costumi , i governi che Sismondi tolse a descrivere se furono prodighi di sventure e di colpe , cbhero altresì uomini grandi e magnanimi . e così po- lenti di virtù e d' ingegno , che dal loro pensiero uscì tutta intiera la nuova civiltà nelle scienze, nella lettera- tura e nelle arti . Bene ò vero che dopo i trionfi della Lega Lom- barda, r Italia si divise tra servitù versoirnosa e licenza furibonda : che ovunque sorsero, fomenlale dall'orgoglio dei grandi e dall' arroganza della plebe , fazioni le quali crudeli nell' odio quanto feroci nelle stragi , insanguina- rono le città ed i campi dell' Italia : che in questa lotta funeslissima, dalli stranieri accesa, mantenuta, agognata, divennero necessità i delitti , e gì' infausti e brevi trionfi ebbero premio di morte o d' esilio ; quindi potenza e fortuna incerte , e nei buoni e nei malvagi crudele vi- cenda di vittime e di oppressori . Se tale però è il carattere generale dei tempi che Sismondi descrisse , quella età non ebbe — tranne in pochi , e solo nei più doviziosi — schifosa mollezza di vizi e corruttela codarda ; che anzi a generose virtù , a magnanimi fatti , che oggi sembrerebbero singolari , o (>7 S30 SISMONDI AL LAGO DI SCOR?«IO forse non acquisterebbero fede, occasione fornivano i tem- pi e davano i costumi la forza . Ma gli uomini che al- lora popolavano le italiane città erano vergini nell'amo- re e lìeir odio , e perciò traboccavano nelle passioni im- petuosi e violenti — Erano vergini nella fede, nel ge- nio, neir entusiasmo, ed ebbero grandezza, libertà, com- mercio , arti , letteratura . Meditando le cagioni e gli effetti di tanta gran- dezza e di tante sventure , ove sarà il cuore così ge- lido, che voglia rimproverare a Sismondi il sentimento che lo ispirava scrivendo la storia delle Italiane Repub- bliche ? Ma gelido non fu il cuore di quanti Italiani onorarono Sismondi nella Villa Puccini il 25 Giugno 1836 ; che 1' aura di libertà e 1' ardore impa- ziente che spirano dalla sua storia , ei dal nostro sole e dalla nostra terra le attinse ; imperocché se questa per elTetto di antichi rivolgimenti appartiene ad una straniera letteratura , circolava però nelle vene di Sismondi il vec- chio sangue italiano . Ci narrano infatti gl'intimi amici di Sismondi, co- me non solo ei conosceva a fondo 1' Italia , ma che ne prediligeva gli abitatori come fratelli ; e vi trovò sem- pre tante affettuose accoglienze e cortesie e ricambi di amore , che i segni di amicizia e di reverenza ricevuti in Italia , soleva pregiare più altamente di quelli che in egual misura gli erano fatti altrove . Io provo una dolce compiacenza nell" offerire a so- stegno di ciò anco la mia testimonianza; poiché non ere- dell' A\V. LORE>ZO GLIDI-UOMTAM "iÓ l do tradire il vero alTerinando , che il giorno passalo da Sismondi nella Villa di Scornio fu di sua vita giorno memorabile e felicissimo ; sì perchè la conlenlezza e la gioja da esso manifestala fu piena ed intiera , e gli traboccava dal cuore con seiini evidenti e comnioven- tissimi ; e perchè poi tanto V egregio Niccolò Puccini, come quella parie del popolo pistoiese che accorse ad onorarlo , meglio non potevano rappresentare il genio , r afletto e la poesia di quella nazione , che il cuore di Sismondi cotanto prediligeva . Ison è singolare né raro di scorgere il popolo pre- cipitarsi ebbro e plaudente dietro ai passi del potere e dell" opulenza: che ovunque e sempre la compassionevole scena si rinnovella, a dimostrare 1" antica cecità degli op- pressi, r indomabile orgoglio degli oppressori. È privi- legio però dell' Italia , quel sorgere rapido e spontaneo per tributare onoranza alla virtù ed all' ingegno , quan- tunque privi di fasto, e spogliali dell' abbagliante splen- dore della ricchezza; che qua il genio, la poesia e T af- fetto, meglio esaltano e commuovono il cuore del popolo, che non altrove gli scaltrimenli e le astuzie della po- tenza e della fortuna . Troppo in lungo volgerebbe il mio racconto, se qui volessi minutamente descrivere come trascorsero tutte le ore di quel giorno bellissimo . Molli di voi , o Lettori , conoscono il Giardino Puccini ; quindi facile vi resta il comprendere, come desso sia tale un teatro sorprendente e magnilico , allo a rendere ogni festa incantevole, ogni o52 srsMo:>iDi al lago di scorbio diletto maggiore , ogni gioia più dolce , più serena , più pura . Immaginate adesso tra quei luoghi deliziosi , tra quelle scene campestri , singolari di romantica bellezza , Sismondi e INiccolini — Lo Storico delle Italiane Re- pubbliche e r Autore del Nabucco , del Foscarini , del Giovanni da Precida — che favellano insieme presso i simulacri di Dante , di Macchiavello , di Michelangiolo, al cospetto di molli egregi che gli fanno corona , di un popolo in festa che gli segue , tra musicali concenti che s' odono echeggiare all' intorno , e il vostro cuore e la immaginazione vostra , meglio delle mie parole, sapran- no raggiungere 1' affetto e le delicate emozioni che si diffusero sulle gioje di quel giorno Il sole è vicino al tramonto e la sera si avanza serena distendendo gli azzurri suoi veli sulle lontane mon- tagne e nel fondo delle valli , mentre la terra verdeg- giante, scossa dai freschi venticelli, pare che sospiri di voluttà, e con le miti rugiade si diffondono i dolci pen- sieri , le melanconiche gioie , si care all' anima pensie- rosa , Il sole cogli ultimi raggi saluta il cielo e la ter- ra; ed essi, congiunti da un vapore trepido e vermiglio, simile al rossore che succede al bacio di due amanti , imprimono ali" universa natura un aspetto di placida me- stizia, di quiete solenne, che invita al riposo , alla pre- ghiera , air amore. — Sismondi e 1" eletta schiera che 1' accompagna so- no giunti in riva del Lago . Un battello li accoglie , e leggero leggero si allontana salpando per le onde tran- dell" ATV. LOnEAZO Glini-RO^TAM liTìZ quille. Diipprinia costeggia la sponda e si pcitle tra i ca- denti rami dei salici e degli ontani . poi allontanandosi e preso il largo del Lago si accosta alla graziosa Isolelta che nel mezzo vi sorge. Colà tra i ruderi di un antico Tempio , che crederesti rapito alle maestose ruine del Partenone, la bella comitiva si asside tra le rose ed il musco, e toglie ristoro di riposo e di fresche bevande , che sembra abbiano quivi preparate amabili Tsinfe, cu- stodi invisibili di quel poetico soggiorno. Le rive del La- go, ove il follo delle piante non ne toglie la vista, sono sparse di popolo che festivo e lieto si aggira tra i lauri ed i fiori . L' aere risuona di marziali sinfonie , e tutto presenta Y aspetto di una trionfale ovazione ; e perchè la parola essa pure non manchi di prendere parte al ge- neroso entusiasmo di quella festa nazionale , si odono delle voci ripetere questo grido — A iva Sismondi ! . . . . Onore all' Isterico delle nostre Italiane Repubbliche I . , ... E gli echi del Lago ripetono col popolo : Evviva ! Evviva ! In queir istante i miei sguardi cercarono con avi- dità sul volto dell' uomo, di cui tante voci ripetevano il nome , la divina emozione che gli sublimava tutte le po- tenze dell' anima ; ed io vidi spuntare una lacrima dal suo ciglio . Quella lacrima di gioia e di amore , versata sul plauso tributato ad una gloria, che in quel momento lo circondava di un luminoso splendore , mi cadde sul- r anima , e vi accese una fiamma , come di lava che scorra da un vulcano . Ciò che io provava nel cuore S54 SISMONDI AL LAGO DI SCOR^ilO la memoria non può degnamente dettarlo al pensiero : esso è più debole del mio sentimento . La virtù, il ge- nio , la gloria mi favellarono un linguaggio poetico, mi- sterioso , solenne, che la parola non ha forza di ridire. Ahi ! E qui , che un gemito di profon- do dolore mi costringe ad esclamare con angoscioso la- mento : Amore , genio , poesia , fiori caduchi del tem- po che siete voi ? ... . Che fu di Sismondi, che io vidi raggiante di vita , di esultanza , di gloria nel 2o Giu- gno 1836 ? Se r angiolo della morte avesse allora sollevato il manto che nasconde ai mortali l'oscuro avvenire , noi avremmo letta una fatale sentenza : Si- smondi ! . . . . Questo giorno, per te di esultanza e di gloria, sarà col tempo pei tuoi amici giorno nefasto di lutto e di sventura : questo giorno sarà 1' anniversario della tua morte 1 . . . — Sismondo de Sismondi moriva a Chéne , presso Ginevra , il 2o Giugno 1842. Firenze 5 Luglio 1845. AVV. LORENZO GUIW-UO?iTANI ^ -rfr I ■^ e* ^v LIBRARY UNIVERSITY OF laiNOlS — Nel Piazzale delle Jrli hellc — NELLA PniMAVER.V DEL MDCCCXXX MCCOLÒ PICCIM MATTAVA QUESTO PLATANO AD OXIUAUE IL TEnZO DECE>>10 DEL SECOLO XIX CHE Ff FAMOSO ALLA PITTURA PER I DIPINTI DEI DIE SABATELLI DI CAMICC1>I BE>VE>ITI BEZZtOLI IIAVEZ PALAGI NE>CI MIGLIARA , ALLA SCULTURA PER I MARMI DEL CA?(OVA T1I0R>VALDSE> BARTOLIM PIRELLI PAMPALOM COSTOLI TE>"ERA>I MARCHESI , ALLA ARCHITETTURA PER l' opere e I DISEGM DI CACIALLI POCClA>TI CAG?(OLA TORELLI >ICCOLI>I ROSSI GUERARDESCA DIG>Ì. ITALIATSI SE GLI STRANIERI PIANGONO ALLE VOSTRE MISERIE NON CREDIATE QUEL PIANTO APPROVATORE DI TOSTRA "VILTA' MA INCHINATE LE SORELLE IMMORTALI CHE COPRENDOVI COL MANTO DI GLORIA \I FECERO CITTADINI DELl' UNIVERSO CHE VOI UN GIORNO OCCUPASTE COLl' ARMI E COLLA POTENZA DEL VOSTRO NOME . N. P. LIBRARY UNIVERSITY OF lUlNOIS — \vl Piazzale lUlle Arti Inllc — !>"ELL.V PRIMAVEnA DEL MDCCCXXX MCCOLÒ PICCIM l'I.V>T.VVA Ql ESTO PLATANO AD ODORARE IL TERZO UECEAMO DEL SECOLO XIX CUE FU FAMOSO ALLA PITTURA PER I DIPINTI DEI DIE SABATELLI DI CASICCCIM BE?iVE>lTI BEZZLOLI IIAYEZ PALAGI NE>"CI MIGLIARA , ALLA SCULTURA PER I MARMI DEL CA^IOVA TIIOR>VALDSE> BARTOLIM PI>ELLI PAMPALOM COSTOLI TE>ERAM MARCUESI , ALLA ARCHITETTURA PER l' opere e I DISEOI DI CACIALLI VOCCIAATI CAOOLA TOELLI >ICC0L1>I ROSSI GUERARDESCA DIG>Ì. ITALIAINI SE GLI STRAMERI PIA>"GO>0 ALLE VOSTRE MISERIE >0> CREDIATE QIEL PIA>TO APPROVATORE DI VOSTRA YILTA' MA I>CUI>ATE LE SORELLE IMMORTALI CUE COPRENDOVI COL MANTO DI GLORIA VI FECERO CITTADINI DELL* LÌSIVERSO CUE VOI l'?( GIORNO OCCUPASTE COLL' ARMI E COLLA POTENZA DEL VOSTRO NOME . N. P. CARLO BOTTA CLEOPATRA 68 w m ^ "¥ ^ . / r',l,-A> AW/r, / /'/<-iO GLI UOMINI AVRAI DA SAPIENZA . P. Giordani — Jlla Legyc — ATTUATA KEL MONDO DELLE N.VZIONl QLALE STO SCRITTA ISELLA MENTE E NEL VOLERE DI DIO FARÒ I POPOLI VIRTUOSI LIBERI E FELICI E LA GIUSTIZIA E LA PACE REGNERANNO ANCO IN TERRA . C. MarzKcc/ii — Jlla Commedia — ITALIA 1 TUOI FIGLI DOPO AVER COPIATO I VIZI DEGLI STRANIERI SI VERGOGNANO DEL PROPRIO COSTUME E VILMENTE ACCATTANO DRAMMI E COMMEDIE FRANCESI «QUESTA STATUA CHE ORA S INALZA ALLA COMMEDIA ARRESTI TANTA PROFANAZIONE E RESTITUISCA AGLI AUTORI ITALIANI LO SCETTRO USURPATO . N. P. ESTRATTO DAL ROMANZO STORICO INTITOLATO li DISCESA 1^ ITiLU D' ARRIGO DI l TUTTORA INEDITO DI GIUSEPPE AIAZZI A DANTE ALLIGHIERI F10I\r.>TI>0 PER NASCITA , !N01S PER CUORE , ANTOMO VESCOVO DI FIRENZE SALUTE IN CRISTO . (*■) JZiCCO finalmente reso pngo il desiderio che li ar- deva r animo esacerbato ; ecco che assordalo dai clamori e slimolato dagl' iracondi delti tuoi e de' nostri avversi , Arrigo di Lussemburgo , dopo vinte e poste a ruba le NoQ poiran queste pagine, lo so, fuggir la taccia d' ardite ed an- che peggio , da coloro che sono usi nell' uomo a confondere la vita civile e morale coli' intellettuale ; ma sarà questo un giudicar retta- mente ? lo non lo credo . Anzi ho per fermo , e la storia ne porge e- sempi irrefragabili , che troppo raramente la natura ha prodotto uo- mini, nei quali la somma eccellenza d'ingegno siasi trovata congiunta alle dolci virtù del cuore . La greca sapienza sotto il velame dei doni che lutti li animali tributarono all' uomo destinato a signoreggiarli , mostrò di quali elementi eterogenei componevasi quest' ente miste- rioso. Forse tal nesso felice e singolare di perfezioni non è che un'a- nomalia neir organismo umano ; e se la Provvidenza ne fosse gene- rosa dispensatrice ai mortali, farebbe loro pregustare i godimenti d'u- na miglior patria , che solo ai degni e ben meritevoli sou riserbati. Dante , ove si raffrontino le opere sue alla povertà dei mezzi per addottrinarsi all' età in cui visse, ed al tempo speso negli uGzi onori- fici a servigio della patria , apparisce un vero miracolo d' ingegno e 5S0 EPISTOLA DEL VESCOVO DI FIUENZE castella ed il contado nostro del Valdarno , si è come lupo rapace accovacciato colle sue masnade qui sotto le nostre mura per divorarvi la tolta preda , e con appa- recchio guerresco ne intima raumiliarsi a lui, e ne mi- di sapere, nò ad altri meglio che a lui si addice il nome di divino . Omero e Virgilio fiorirono in eladi in cui la Grecia e Roma toccavano un allo punto di civiltà , e trovarono le lingue nelle quali scrissero non solo formate ma dirozzate , coltivate , abbellite da altri prima di loro . Dante fu un sole che eruppe fra le tenebre dell' ignoranza e della barbarie , e la potenza del suo genio le dissipava : quasi creò la lingua con che espresse, anzi colorò al vivo le sue vaste idee , 1' ar- ricchì , la nobilitò , 1' atteggiò al grande , al terribile , alla soavità dell' amore . Ma Dante poeta e banditore della rettitudine era uomo, né la filosofia potè in quello spirito ardente vincere la foga con che un partito spingevasi rabbiosamente contro l'altro, reputando lecito ogni mezzo che valesse a deprimerlo , a distruggerlo ; e duole alta- mente che un' anima sì grande non si salvasse dagli aculei di vendei» ta ingenerosa . Non si abbia , di grazia , questo mio dire per irriverente verso tanto nome che sinceramente venero colle ginocchia della mente inchi- ne ; ma si soffra come soffriva Cesare i liberi motti delle sue legioni nel giorno del trionfo ; giacché i biografi ed i panegiristi più caldi o si tacquero su tal proposito , o confessarono che quel divino ingegno oltrepassò, come buon cittadino, i limiti del diritto e del dovere nella lettera ad Arrigo di Lussemburgo , alla quale specialmente qui si al- lude . In fine mi sia concesso concludere in questa sentenza . — Fio- renza agì iniquamente colla prima condanna d' esilio contro Dante ; ma il contegno da esso tenuto dappoi movendo a' di lei danni con gente nemica e tanto da lui diversa , non ne giustificò la conferma ? Se egli, al certo innocente, avesse sostenuta la sua mala fortuna con magnanima rassegnazione , forse ravveduta dell' errore, la repubbli- ca ne avrebbe fatta ammenda , richiamando questo figlio onorevolis- simo al suo seno , e riponendolo in quella dignità che gli si compe- teva: ma egli coi clamori, coi maneggi e coi vani conati di rimpatria- re colla forza , se ne bandì per sempre . Né è da credere che , colpa dell' asprezza di quel secolo , se egli col suo partito fosse bastato a A DA>TE ALLIUUIERI 551 naccia di slermiuio. E perchè ciò? perchè noi liberi fi- gli di quegli anllehi e valorosi Romani , da' ijuali tu pure discendi e tieni in gran pregio , giustamente rifuggiamo di riceverlo a signore e tiranno a bacchetta. Questa città fu sempremai amica ed in buona lega , non soggetta a signoria d' imperio ; e se ben ti rimembra fu Toscana tutta nobilissimo municipio romano , sempre fedele alla madre , ed insiem con essa trionfò del mondo , guidata alla vittoria dalle aquile latine, che stesero dall' un polo all' altro 1' ale formidate. Or bene, i magni e gloriosi im- peradori che ne ressero dal nascere di questa città sino a che stette 1' imperio d' Occidente , erano quasi tutti nati sotto questo benigno cielo d' Ausonia ; e dal con- corso libero ilellc legioni, o dal favore de' popoli e delle città furono eletti al reggimento, sì che questi de biso- gni nostri e delle nostre costumanze consapevoli , col freno di savie leggi come padri ne governarono. Quan- do poi spento r aulico impero , dopo lunga lotta frangem- vincere la crudeltà che fuori lo serrata daìV ovile onde uscì agnello , a- vrebbe usala maggior moderazione coatto i vinti di quella che avca egli espcrimeulala verso se stesso; ed iu età matura calmato il bollo- re delle passioni e disingannato pur troppo dalla realtà, dovè conviu- cersi che Sedinone , dvlis , scelere alque libidine et ira , Jliacos intra tnuros peccatur et extra . Riguardo ai punti storici si antichi che dell' età dell' AUighieri , che si toccano nella Lettera , sono troppo noli da meritare the vi si spendano parole a comento, che quantunque parche, parnii ricscireb- bero sempre soverchie , ancora per coloro che hanno salutalo appena i primi limitari degli 5criltori delle cose nostre . 5o2 EPISTOLA DEL VESCOVO DI FIRENZE mo il barbaro giogo , che popoli ferini n* avcano impo- sto , e col sangue nostro e col valore ricomprammo la dolce libertà , noi non giurammo soggezione , ma pro- mettemmo fede ed amislanza ai vicini nostri e agli estrani potentati che ce ne ricambiassero. Qual maraviglia dun- que se abbiam uiegato oLbedienza al comando burban- zoso d" Arrigo , non signor nostro, che ne vietava muo- vere contro gli Aretini da noi rubellati? Koi esercitam- mo un nostro diritto contro di essi : Arrigo cercando pre- testi ad opprimerci , commette iniquità , che Dio non lascerà consumai'C . Tu vai vociferando che egli è disceso in Italia por la di lei salute , e come la colomba di ?ioè a portar pace tra questi popoli . Male hai vaticinalo . ?yon si reca sa- lute ai popoli , spogliandoli degli averi e della libertà , martoriandoli crudelmente in mille guise ; né le micidiali armi delle schiere fameliche e brulle che lo circondano, pronte a sparger sangue innocente a suo talento , sono il pacifero ulivo della colomba : e Brescia , Cremona , Vicenza, Padova, e tutta Lombardia sanno quai viscere paterne ci s abbia ; e provarono se fu loro colomba o sparviero grifagno. Noi dunque ammaestrati dalle altrui sventure , ai fatti , non alle dolciate parole diamo cre- denza ; ed ove ciò non bastasse , noi stessi esperimcn- tammo, e non n abbiamo perduta la ricordanza, i danni paliti dal primo Federigo e dal di lui nepote, dai vicari di Rodolfo , dai ministri e capitani d' Alberto, e innanzi tutti dal terzo Arrigo , che tutti, in maltrattarci e farci A D.OTE ALLIGHIERI 553 il peggio possibile , gareggiarono . E questi uou è egli lor successore ? non è egli mosso dalle cause stesse con- tro di noi , col farsi giuoco della giustizia e del diritto, onde impinguarsi delle nostre sostanze , del sangue no- stro ? E Genova e Venezia , potentissime repubbliche , e Pisa infedele , che lo provarono amico , non doverono caricarlo d' oro e ricuoprirlo di preziosi adornamenti, on- de reitalmente, e non qual paltoniere comparisse a Ro- ma per coronarvisi ? E non fu egli d' uopo che con ric- chi doni placassero i bramosi e smilzi cerberi che lo se- guono . empiendo loro le vuole borse di pecunia ? E questi saranno gli amici , i redentori nostri . e questi ci arrecheranno salute e pace ? Sì, ma quella dei sepolcri. Quando Lamagna fu dalla virtù di Cesare soggio- gata, essa cambiò il vivere ferino ed agreste col vivere umano e temperato da leggi savie e potenti. Fu dunque per essa il perdere un acquistare vita civile ed una ri- generazione d' umanità ; e noi vincendo la beneficammo d" incivilimento . Ora se mercè nostra per lei i tempi si volsero in meglio , per noi rimasero gli stessi , che r antico genio non ne abbandonò: né noi già suoi mae- stri e signori potremmo altro apprender da lei che la strada onde ripiombare ncU" onlica liarliarie. Laonde non fia mai , non tla , che la città nostra accoglia in seno gente sì diversa, che non al nostro ma al proprio utile, vorrebbe , ingannandoci , provvedere. E se pure Arrigo è deliberalo strapparci colla forza e coli' armi inique le sostanze ed i nostri miglioramenti . e spegnere questo 70 554 EPISTOLA DEL VESCOVO 1)1 FIRENZE santo reggimento popolare , lasci la campagna , insorga contro la terra, e saprà che sia assalire il lionc coi lion- celli nel covile ; spinga contro le case nostre , i nostri templi , ove noi possediamo quanto di caro e di prezioso ha il cielo e la terra , le sue torme per farvi bottino, e satollare quella smodata cupidigia che già ne divora col pensiero ; egli lo vede: Fiorenza non è cinta da inespu- gnabili mura , da ben munite torri , ma sì dalli armati petti di magnanimi e valenti cittadini e di cari amici, i quali tutti guidali da me ministro di Dio vivente e di- fensore degl' innocenti , insieme ad eletta mano di pie- tosi sacerdoti e di leviti giurammo sugli altari di vincere gloriosamente , o non sopravvivere ali" eccidio finale della dolce patria . E come tu , allora buon guelfo, vedesti il vescovo Guglielmino cader trafitto in Campaldino a di- fesa de' ghibellini , ora che cambiasti parte , o riderai udendo spento Antonio d' Orso , e la comune patria ri- dotta in cenere, o ti rattristerai al lieto inno per la no- stra vittoria al Dio degli eserciti . Ma dinne , in nome del Cielo , tu che cercando i volumi dell' antica sapienza , col lungo studio penetrasti le ragioni delle genti ; tu che or tristo or lieto peregri- no scorresti le stranie terre e le italiche contrade ; tu che hai vedute e giudicate le varie costumanze di esse, non è stata 1' anima tua ovunque contristata all' aspetto di atroci delitti? non hai tu veduto ovunque armata di lancia e spada la destra del fratello aspersa di sangue fraterno ? Non si piangono in tutte le ville dai pochi su- A DAME ALLIGIIILni liUti porstili le morii di tanti innocenti':* Non ti straziarono il cuore le grida delle vedove , dei pargoli e dei cadenti vecchi , che insudicienti a procacciarsi pane , mancano sulle vie e sulle piazze , e rintronando il cielo co' lagni imprecano la maledizione divina sulle leste degli scelle- rati ? E scellerati e maledetti siam tutti, perchò forsen- nati : essendo scritto , che cui Dio vuol male , tolle lo senno. Or dinne, per piet;\, non siamo noi lutti nati e nudriti sotto questo beato e sereno cielo, in questo suo- lo si ridente , e feracissimo di ogni delizia, che bene al terrestre paradiso puossi agguagliare ? Ah sì , pur trop- po ! che per agguagliarvisi a|)punlo, non vi manca pure r infernale serpente della discordia, che coli' acuto sibilo ne ha svegliati all' iniquiti\ , e coli' alito mortifero ha at- tossicati i cuori nostri , ed acciecale sì le menti da non più discernere le vie della vera giustizia , che pur son quelle doir utile e della salute nostra . La perversità e r invidia de" nimici scagliò fra noi il maledetto animale, e noi stolti lo carezzammo e lo nutricammo delle nostre carni e del sangue nostro . Quasi trascorse un secolo che tulle le italiche cit- tà , le terre, le castella, le borgora sono fra loro divise a morte; nò spuntò sole che prima del tramonto non si turbasse allo spettacolo di scene più spietate delle leba- ne; anzi in Tebe non furono che due i fratricidi, e (pii sono quanti impugnai) armi , e quanti caddero Iralìili sul natio terreno . È vano il contendere tra noi qual parte sia r innocente , quale la colpevole ; la giustizia non al- 556 EPISTOLA DEL VESCOVO DI FIRENZE berga né co' Ghibellini nò co' Guelfi: siamo iniqui tulli; né tornerà ad abitar tra noi questa figlia del Cielo, che quando vinte le insensate punghc che ci martellano , e fatto senno , gittate da noi le armi altrui correremo ad abbracciarci fratelli. Si spenga quell' odio tenace che ci ha inebriati , e ci asconde il retto giudizio . Rivestiamo la prisca dignità , e vedremo che per nostra vergogna noi tutti non siamo che vili stromenli in mano di quei che si fan giuoco delle vite nostre per godere in fine essi soli della vittoria. Giovi rammentarsi la favoletla del bo- rioso destriero , che libero gioiva scorrere a suo talento per i prati e per le selve; ma che non potendo superare nel corso il velocissimo cervo, chiese incauto aita all' uo- mo a tal uopo , assoggettandosi ad ogni sua legge ; sì che divenuto paziente ricevè il freno , lasciò sedersi in dorso r amico , e lacerarsi i fianchi dagli acuti sproni . Fu vinto il cervo , ma 1' uomo se lo divorò ; uè il de- striero potè mai più torsi di bocca il freno nò di dosso il cavaliere . Or via , se non la carità , come Dio vor- rebbe , può riunire gli animi nostri , e tenerli concordi, si li renda almeno 1' interesse nostro ; ben sapendo che la concordia le picciolo cose augumenta e conserva , e la discordia anche le grandi consuma e dissolve. Ritor- niamo in noi stessi , ricordiamo Y alla origine nostra , raccogliamci tutti come figli d' una sola famiglia , ed o- periamo sì che il comune nimico trovi la tomba ove sperò baldanzoso il trionfo . Sì , la salute nostra è in nostra mano , né altronde può avvenirci che male . Schiaccia- A DA>TE ALLICniEUI 5?>7 mo unanimi la lesta dell" astuto serpente ; facciamo olo- causto a Dio dei rancori e degli odj nostri , pregandolo a mondarci e rinnovarci i cuori ; Egli che si glorifica nel perdono , ci sarà propizio , e già n ha dato segnale d' esser per noi . In mal punto lasciò Arrigo gli orridi monti , i gelati fiumi e le brune foreste di Laniagna per piombar su di noi , e pascersi delle sostanze nostre; Id- dio forse impietosito de nostri lunghi patiri , lo ha ri- provato . Già lo vedovò della moglie e d' un figlio al primo apparire in armi contro di noi ; e chi sa non sia scritto nel libro ove non legge occhio mortale , che co- tanta grandezza e cotanto orgoglio , non debbano esser coperti da poche italiche zolle ! Exurijul Deus et dis- aipeutur inimici ejus : confundanlur qui opcrantur iììiquitatem adversus popnlum ejus et oves pascuae ejus . Ora che 1' amore per questo dolcissimo popolo mi ha costretto a svolgerti la lunga e dolorosa catena delle miserie a te ben conte , le quali ne flagellano a morte ; ora che t' ho aperto 1' animo fermo e deliberato di que- sto inclito popolar governo, e d" ogni ordine di cittadini, di volere contrastare alla forza colla forza sino allo stre- mo dell' ultimo di noi, a te mi volgo, a te , Dante Al- lighieri fiorentino, cui la rabbia ed il livore contro Fio- renza, che ti fu pur cuna , e dove riposano le ossa de" tuoi padri , acciecarono sì 1" animo esercitato nelle santissime discipline ed in ogni ragione di scienza da soprastare a quanti onorano le arti del trivio e del quadrivio , da usare 558 EPISTOLA DEL VESCOYO DI EIIIE>ZE le forze del luo mirabile ingegno a danno e perdizione di chi un giorno li fu compagno ed amico ; a le che , in luogo di blandire e richiamare a pace ed a fratellanza i cuori dei polenli, che non reggono ma straziano le pro- vince delia misera Italia, aizzando le une contro le altre a dilaniarsi per ridurle più agevol pasto della straniera ingordigia , hai colla voce e colla penna eccitato e spinto Arrigo alla nostra ruina , e 1' hai acremente garrito del- l' indugio ad opprimerci con tutto il peso della sua po- tenza , tardandoti non ne seguisse 1' effetto . Ma per la ragione che le fiere stesse amano le natie spelonche , li restò tanto di verecondia da non voler co' propri occhi vedere questo terreno rosseggiante del sangue nostro, e le fiamme che potrebbero ridurre in cenere questi sacri templi ed i nostri invidiati abituri . Tu sì avvampi di vendetta ed aneli alla nostra dispersione , perchè alcuni potenti ed i più malvagi della parte a le nimica ti con- dannarono innocente ed immeritevole a viver esule dalla dolce patria , e sì non vuoi che altri si goda quel bene di cui lu sei privo. E lu maestro di color che sanno , questo apprendevi dalle divine carte, da Seneca morale, da Severino , da Tommaso e dagli antichi sapienti , sui dotti volumi dei quali lunghe vigilie spendesti , e dive- nisti macro ? Ti era ben nota la instabilità della fortuna nelle cose umane, e come il savio debba esser tetrago- no ai colpi suoi ; non troppo ridendo, se favorevole , né di soverchio piangendo, se contraria. L' equanimitade e la moderazione negli estremi sono le stelle che guidano A DA>TE AI.LIGIIICRI ÌJÌ>9 sicnramcnle Y uomo nel mar della Nila al porlo della traiKiuillilà. Grave cosa è palirc il bando, le catene, la morie senza colpa: ma ciò non ò pena, è marlirio; pena è acerba , insolìVibile , infernale per qnei che la lorda coscienza e T offesa lejige ne grida meritevole: questo è anatema che la giustizia imprime indelebilmente in fronte al reprobo. Tu potentissimo d" ingegno da non temer ri- vali nelle scorse etadi e fors' anche nelle future , non ti governasti verso Fiorenza , che chiami ingrata e matri- gna, come quei grandi pe' quali tanl' alto salì il grido e la potenza di Grecia e di Roma, e come 1' eccellenza e r alterezza tua richiedeva. Aristide, Socrate , Focione, Temistocle , anime intemerate , furono indegni dell' in- gratitudine di che fu rimeritata la virtù loro, e l'amore per la patria; pure si rassegnarono al fato loro, pregan- do gli Dei d' accrescerne lo splendore e dilatarne l' im- pero. I servigi renduti a Roma da Nasica, da Lentulo, da Ala Servilio fruttaron loro 1' esilio ; a Scipione 1' A- siatico , al minore Affricano , la morte ; ed il maggiore fu sì tenero di quella terra che difese, che morto esule non ne trasse altra vendetta , che negarle le sue ossa . INIa a che rammento i prodi uomini , gloria di Atene e di Roma ? Il magnanimo Farinata , cacciato da Fioren- za , dopo che la parte di lui n' ebbe trionfato , non le fu scudo , e non la salvò dalla mina ? E Giano della Bella propugnatore acerrimo di questo popolo e di sua libertà, non antepose il bando all' esser seme, col rima- ner tra' suoi , di dissidio e di sanguinosa divisione .' Il 560 EPISTOLA DEL VESCOVO DI FIRENZE savio maestro tuo ser Brunetto ; 1' amico tuo Guido di Cavalcante, non incontrarono la tua stessa sorte ? Que- sti erano gli alti esempli, che tu , il quale difendesti la patria armato a Caprona e a Campaldino , ed in suo prò volgesti il senno nel consiglio e nei parlamenti , dovevi imitare , tollerando con animo nobile ed invitto i rigori dell' avversa fortuna . Così alla sacra fronda , che come a gran poeta ti cinge la fronte , avresti aggiunta pur 1' al- tra non meno illustre, colla quale i nostri antichi padri gli ottimi e benemeriti cittadini solevano guiderdonare . IL PONTE NAPOLEONE •■r. V. S < » § LIBRARY UNIVERSI?.' OF IU.INOIS ursàha De lumitTC et d' obscurilé , De néant et de gioire étonnant asscmblagc , Dicu mortcl , sous tes picds Ics ruonts courbanl Icurs lólcs T' ouvraient un chcniin trìomphal , Lcs clcmens soumis allcndaicnt ton signal : [DcUtvignc Messènicnnc XI a Napoléon.] u, I n lauro n Tor(|ualo, un busto a Michclangiolo, un tempio a Galileo , un trofeo di catene a Colombo , un nome a Machiavello, e un tappeto di verdura all' c- sule e divino Poeta , bastano per richiamare alla mente una storia feconda di glorie e sventure: per riconfortare i buoni , e mettere lo sgomento nel cuore di coloro che 504 IL rO?ÌTE NAPOLEONE a collii di Irusla tciUano piegare e domare I' ingegno , (|uasi che queslo fuoco divino sia mai stato, o possa di- venire mai schiavo . Ma per tenere ancor viva la rae- nìoria del fortunato Conquistatore che addormentato al- l'omhra di mille vittorie si svegliava in mezzo all'ocea- no al suono delle catene, oh vi vuole ben altro che una scultura , un lauro , un nome , un emblema , una tom- ba ! è d' uopo di un simbolo di subita grandezza e di smisurata potenza , d' immensa luce e di misteriosa re- pentina oscurità , di gloria e del milla. — Vorreste voi forse inalzare un palagio alla memoria del Grande che ha piantalo le tende sull'arena dcgl' infuocati deserti, e sulla gelata cresta dell' alpi ? Vorreste forse erigere un tempio alla memoria del guerriero che vivente si fece per due volle adorar sugli altari ? Intesserele voi un lauro intorno alle tempia di lui che sent'i spezzarsi sul capo le aurate corone dei re ? Qual piedistallo porrete al colosso che si posò sullo scoglio di S. Elcna ? Alla memoria di ^Napoleone certo altro consacrare non si poteva che quest' ammasso di pietre e di colon- ne , questa fuga di gallerie alternate da grandiose sale , (piesto braccio di ferro, questi scuri trofei, queste inse- gne , queslo misterioso ponte che stende le vastissime ale sopra due opposte colline , (luesto Ponte a molti e utili e dilettevoli e vari uflìci serbato . Né altro suolo voleavi che questo irrigato dal sangue degl' intrepidi cospiratori Romani , caduti sul prossimo campo di Vaioni nella bat- taglia misteriosa e fatale ; questo suolo guardato dalla 1)1 STIJFANU FIOttETTI 56K sovraManlc Torre di Calilina , di (|uol Catilina clic al pari dell' Eroe del nostro secolo cadeva dal proprio or- jioglio schiaccialo . Se non che , (piclla torre sta come il candehibro sul monte lume ai guerrieri che vogliono e dohbono morire da prodi -. in basso slù questo Ponte a ricordare che il Conquistatore del mondo , il prode sol- dato d'Arcolo e di INIarengo non doveva morire da schiavo, A richiamare queste idee, funeste in vero, ma di ammaestramento feconde , si legge sulla faccia del Ponte che guarda a levante in una lastra di ferro questa sem- plice indicazione : PASSATO IL P01>'TE NAPOLEO^CE I>COMI>CIA LA VIA DELLE VEDUTE CHE CO'DICE ALLA TOnUE DI CATILINA ERETTA T>EL 1840 DOv' EGLI FU SCONFITTO VE>TI SECOLI SOO DA C. PETREIO COME RACCOLTA SALLUSTIO . Niccolò Puccini erigeva questa fabbrica negli annessi alla sua Villa , e la chiamava Ponte , sì perchè accavalcia un rio ed una via comunale , sì ancora perchè serve alla riunione di due opposte vallate d' onde si comunica a- gevolmcnte al magnifico e delizioso Giardino , il quale d' altronde porge V adito per dieci grandi ingressi chiusi da cancelli di ferro che hanno lo sbocco sopra altrettante strade maestre o comunali , sicché se ne rende facile e spedito r egresso precipuamente in occasione di gran fre- 566 IL PONTE NAPOLEOIVE quenza di popolo . — Né per amplificazione dissi questo Giardino magnifico , perocché tacendo e delle nioltiplici fabbriche , e degl' innumeri monumenti , e della rarità delle piante e dei fiori , ha per sei miglia di viali alle carrozze comodamente accessibili . Nella parete interna della summentovata facciata del Ponte vòlta a levante si legge questa eloquente iscri- zione : l' ITALIA COLLA SPADA, LA CROCE, IL COMMERCIO E LE BELLE ARTI HA TRIONFATO TRE VOLTE DELl' UNIVERSO ; E PER MOSTRARE AI SUOI OPPRESSORI CHE IVON ERA DOMA DALLA SUA VIRTu' MA CHE VIVEVA E PENSAVA PARTORÌ l' ANIMA DI NAPOLEONE E LA GETTÒ SPERANZA INFELICE FRA GLI UOMINI . Se tratto a diporto per il giardino di Scornio , e cer- cando refrigerio alla sete nel Caffè degli Jnimali par- lanti , 0 delizie al gusto nella freschezza del latte e del butirro di queste cascine , ti avvenga alcuna volta sen- tire un fragore come di tuono che passeggi sopra il tuo capo , non darti a credere che il Sultano Kehir ( co- me lo chiamavano gli Arabi ) sia tornato ad animare la polvere , e a far quivi rivivere i suoi prodi guerrieri , che egli chiamava fratelli pel battesimo di fuoco : ma pensa come pacifici cocchi , per una galleria di 108 brac- UI SXr.F.VAO FIORETTI TiC? eia trapassino sicuranicnlc veloci fra i liofci dello più memorabili baltajilie vinte dal gran Coiupiislalorc, e fra i nomi delle italiane legioni che seco lui divi.^cro i pe- rigli e le glorie . — A metà di questa galleria, ferman- do il corso dei veloci destrieri , jìuò il dovizioso scen- dere dalla sua carrozza nella sala destinata all' uso di Teatro capace a contenere sopra cinquecento spettatori ; ed ivi alcuna volta assistere alle rappresentanze che il generoso Signore fa a proprie spese eseguire dai bravi dilettanti Pistoiesi, a vantaggio di qualche istituto di pub- blica beneficenza . La prima volta pertanto che io mi trovai siccome sospeso suir ampia terrazza che sta di fronte al palco scenico di questo piuttosto unico che raro Teatro , pro- vai tali sensazioni in un punto che male si potrebbero per artifizio di parole descrivere . Io contemplava a me dinanzi le mirabili scene del Gianni, del Leonardi e del Badiali , e le sale e le gallerie per mille e mille lumi splendenti , e la eletta schiera di centinaia di spettato- ri che ora tacevano ed ammiravano intenti, ora al suo- no di liete armonie si aggiravano e si rimescolavano fra le colonne vispi e loquaci ; e quando io mi volge- va da tergo , rischiarate dal malinconico astro della not- te e parte sepolte nell' ombre , io vedeva le ampie val- late del Commercio mule e deserte : e le colline e le casette le colonne e le torri fra gli alberi mezzo na- scose cosi , che pareva la natura e V arte poste di fronte tentassero V una dell' altra invadere il regno . nò poten- 568 IL PONTE NAPOLEONE dolo coiKiuislarc , abbracciarsi e confondorsi in un am- plesso , e inandare entrambe un diverso sì , ma vaghis- simo e caro sorriso ; tanto pittorica è colà la natura , e tanto naturale è la espressione delle scene teatrali, a di- pinger le quali , con s[)lcndidezza negata agli interessali impresari , chiamava il Puccini quasi a concorso quei famosi prospettici i quali mirabilmente adornano le Fio- rentine , le Liguri , e le Felsinee scene . All' estremità dell' altra galleria del Ponte che guar- da a ponente , nell' interno potrai leggere altra iscrizio- ne così concepita : NEL LUGLIO DEL MDCCCXXXVIH NICCOLÒ PUCCINI DEDICAVA QUESTO PONTE A INAPOLEOISE DIO LO FERMÒ FRA I GniACCI DELLA RUSSIA QUANDO NON GIOVÒ COME DOVEVA ALl' ITALIA . Dal medesimo lato , all' esterno , adorna questo fianco una recente facciata d' ordine dorico rustico bene ar- chitettata dal giovane nostro Angiolo Camberai, il qua- le dovendo le belle proporzioni di quella faccia acco- modare ai membri del già costrutto edifizio , ha poten- temente dimostralo, come il genio e 1' arte anche chiusi in breve circolo , e frenati in certi confini sappiano e- mergere splendidi e vittoriosi . Ai lati e dinanzi al Ponte Napoleone un grande DI STEFV?SO nOUETTI tiiVJ ammas.so di fabbriche , ili coloniie , di busli e di slaluc inoz/.o nascoso fra i boschelli ed i fiori circonda (iiiesto edilizio , nel iiiano inferiore del quab; moUiplici sale , e stanze sono dcslinatc all'uso di catTè , telai, cascine, a- bilazioni e scuole pubbliche . — Per non sembrare c- saltato , 0 al proprietario troppo benevolo amico, io lac- cio le sensazioni che mi vincono ogni qualvolta riguardo (piesta fabbrica , la più interessante che sorga nel giar- dino di Scornio . Bensì riporterò una semplice ma bel- lissima Epigrafe a dimostrare quali affetti risvegliasse ueir animo dell' illustre Pietro Giordani V idea di un isti- tuto d' istruzione gratuita d;d Puccini quivi cretto per sessanta Fanciulli e Fanciulle ; istituto che tutti i buoni desiderano a ragione permanente , e che non esiterei rac- comandare al generoso Fondatore; se io non sapessi già come egli abbia pensalo a dotarlo , e renderlo per quanto gli ò dato durevole. — Sul limitare pertanto delle Scuole gratuite dettava più che l' ingegno 1' altissimo cuore del Giordani questa affettuosa sentenza : ESTUATE LIETAMEINTE O FANCItLLI QUÌ S' l?rSEG>iA TiOy SI TORMENTA NON FATICHERETE PER BL'GIE O VANITA' AI'I'RE> DERETE COSE UTILI PER TUTTA EA VITA. A ragione pertanto io diceva questa fabbrica la più interessante fra quante sorgono nel giardino di Scor- nio . perocché qui\i non si pasce la sola memoria inna- 72 570 IL PONTE NAPOLEONE morata dei tempi e delle opere che più non sono , né solo quivi intorno si spande il rombazzo delle vinte bat- taglie che giammai potranno pagare il sangue di che han debito colla umanità , ma una vita di dolci e miti af- fetti nei giovani cuori qui si nutre e sviluppa, fondando in essi non vane speranze d' un tempo migliore . — E a tanta dolcezza d' affetti mi giova immaginare pensasse in cuor suo anche il Puccini alloraquando non pago dei pensieri che si risvegliano alla vista dei trofei e delle armi le quali incoronano il nome del temuto guerriero , po- neva quivi le scuole dei Fanciulli e il Teatro , scuola esso pure di buoni costumi, e palestra di studio alla e- ducala gioventù . E tanto più mi confermo in tale opi- nione in quanto che rileggendo le parole che egli qui presso dettava nel consacrare la casa dei Promessi Sposi air immortale Manzoni , veggo non il genio vergine di servo encomio e di codardo ollracjfjio essergli ri- corso alla mente , ma sì bene 1' affettuoso narratore di domestiche passioni e d' alti fatti italiani, cui però de- dicava questa semplice epigrafe : AD ALESSANDRO MAISZOISI AUTORE DEL MIGLIOUE ROMANZO CUE MAI AVESSERO Gl' ITALIANI QUESTA CASA DI LIETE E GIOCOSE «RIGATE NICCOLÒ PUCCINI CONSACRA . DI STP-FANO fkhvkth 571 E fu bone COSI: iH'irhò i poi'lii versi ilei laiiimno Poe- la forse avrebbero vinto il rimbombo dello conio balla- glie tlcir eroe celebralo . Sì , lo ripelerò ancora una volta , il Ponte Napo- leone ò ora la fabbrica |)iù inlorossante clic adorni il giardino di Scornio, vuoi por le opere, vuoi por le me- morie . Infatti pochi anni or sono (piì dappresso benedi- ceva il Presule nostro alla nuova via Bolognese, e i sa- cerdoti v' inluonavano il cantico di Mosè non perchè si fosse diviso un altro maro , ma perchè due opposti e lon- tani a maggior libertà e felicità dei popoli venivano por tal guisa a ravvicinarsi e legarsi ; E le vallato che cir- condano questo grandioso edilizio nel 18 il erano piene di agricoltori che venivano in folla a ricevere un pre- mio alla loro industria ; e lo volle del Ponte risuonava- no del canto di molti fanciulli che alzavano un inno alla Provvidenza per aver fatto sorgere a compenso di tante iatture il benefico fondatore delle loro scuole gratuito ; e padri e madri piangevano di gioia insieme e di tono- rezza accanto ai loro figli, fra i trofei di quello battaglie medesime che ai nostri padri e alle nostre madri fecero versare un giorno tante lacrime di dolore ; e liete marcie trionfali spandevano quivi le pacifiche loro armonie ; e al volgere d' ogni anno questo Ponte ha preso novella e più splendida vita , perchè ha raccolto i dipinti di Giu- seppe Sabatclli , di Cczzuoli, del Busi, d' Asioli, di Mor- ghen , e di Pollastrini ; e gli Orfani di Pampaloni, e le macchine del nostro Corsini; perchè i giuochi e le tea- 572 "^ l'ONTE NAPOLEONE Irali i-apprcsenlanzc che (|uivi si danno sono a vantaggio dei figli del povero ; perchè quivi finalmente si raccol- gono le più care e hello memorie delle Ire giornate della Festa delle Spighe la quale ehbe in queir anno il suo splendido incominciamenlo . STEFANO FIORETTI 1 A t /.. t 'cr :> K T" ^ -^=0 "T\ V I /'/•t'.Wf///' /r//i/;//f (/)•/ /i'/f/l- .ì il/>t'/f ('//!■ //iw.-ri /'i/lf/i/f LIBRARY UNIVERSiTY OF lUINOiS URgANA n > i \ i ì i ì i p— / L'i!'- il $x TI > i ) i u ^ \ ^ N LIBRARY UNIVERSITY 9F imNOIS Ui^BANA GIOVAISINI-UATTIS lA VICO SOLE DI SAPIEIN/A i:n secolo di te^ìehre e di SEUVAGGIO CREÒ vyx SCIENZA cue disse e fu ISIJOVA ^ISSE povero IISFELICE CALUNNIATO MORÌ NON COMPRESO. AL SOMMO PENSATORE NICCOLÒ PUCCINI POSE QUESTA MEMORIA ASPETTANDO CHE ITALIA DESTA DA SONNO NEGHITTOSO INALZI Più' SUBLIME MONUMENTO NELLO STUDIO DEI FECONDI VERI DAL GRANDE SCOPERTI E PROFETATI. MDCCCXLV. G. La-Fcirina E doir ammirabile Giambatisla Vico , dirà taluno , non è chi parli? In questo volume, che racchiude tanta lode di tanti sommi Italiani , non avrcm dunque il conforto di odorare nemmeno un fiore consacrato alla memoria di quel IJrande. che nella patria Italia ed in Europa seppe levare al più alto sogno di gloriale più severe discipli- ne per una Scienza veramente nuova ì ... Si bene che anche alla sua nobile fronte doveasi un serto tra queste pagine ; e n' era già affidata la cura ad un' illustre Napolitano, avv. Antonio Ranieri, il quale cod lieto animo ne assumeva V opera , che certo non sarebbe riuscita in- feriore al merito sublimissimo del soggetto. Il tempo gli manco a com- pirla , ed amaramente se ne dolse , come si può raccogliere da varie lettere indirizzate al sig. Niccolò Puccini . In una de' 23 Marzo così egli esprimcvasi: Che dirai nel vederli venir innanzi un' allegazione ? ... Un' allegazione forense nella solitudine di Scornio ! E guai sarà se non è gueslo l' anticristo e f annunzio che f universo si discioglie insino da' suoi primi clementi ? ... Nondimeno guest' allegazione è il grido della mia coscienza che implora il tuo perdono s' io ho fallo e fa il ritroso , quando dovrei anzi cogliere con riconoscenza P occasione che tu mi som- minislri di vendicare , almeno con un sospiro doloroso , il sonno ignobi- lissimo onde r Italia ha coperta la tomba di Giambatisla Vico. Abbili la meno rea delle fatiche dov io sono condannalo a consumare quella qua- lunque particella d" aura divina che mi fu dato di rapire, nascendo, alla forza increala onde si muove il tulio ! Dico meno rea, perchè meno lon- tana da quel punto ove il dritto non è più foro, tna storia, filosofia, scien- za universale . Stretto dal termine fatale che mi avevi prescritto , e non avendo potuto ancora prendere la penna , non osavo farli mollo ; ed a- spettavo ( solito premio dcgl' infelici ) il tuo sdegno . Ora che mi concedi /' aprile , avrei gran torlo di non aprire il mio cuore alla speranza. Bello sarebbe di venire io stesso a recarli le brevi parole, e ad abbracciarti per qualche ora nei primi di del Maggio , di quel mese che ubbriaca t più disperali di speranze che poi muoiono assai prima de' suoi fiori . Tu in- tendi che per iscrivere di Giambatisla , non basterebbe la vita. Io dunque penso (f indirigerti , forse in forma di lettera . un desiderio di poter una volla scrivere : né altro credo che si converrebbe a un vade-mecum d'u- na villa che tu hai sapulo consacrare alla sapienza . Le parole deon es- sere brevissime ; tna dcono destare un non breve ordine di gravi e taci- turni pensieri neW animo del passeggere solitario . Or dimmi a rigor di posta se mi consenti il concetto e la forma . — In altra del 23 Maggio soggiungeva : — Io sono tanto e sì profondamente afflino di non averti potuto radere il piccolissimo servigio che Cu degnasti chiedermi, che non so proprio con quali parole poter cominciare a scusarmene teco. Per una sventura nuova dopo 24 anni, un allo tribunale presso il quale io difen- do una gravissima causa , non ha prese le ferie se non ieri V altro . Co- me trovare un momento da raccogliermi ? Io non so scrivere come gli altri; né posso comandare al mio disubbidientissimo cervello di concepire alla tal' ora d' un tal giorno . Per poter cominciare a toglier la penna , io ho bisogno di un momento d' una quasi frenesia , la quale dee in me necessariamente precedere la comprensione totale d' un soggetto , e /' or- dinamento e la naturale disposizione di tutte le parti che lo compongono. Per questa monomania sui generis , senza la precessione della quale io non posso scrivere sopportabilmente né ( quel che ti parrà forse strano ) ordinatamente , io ho bisogno o della solitudine o almeno d' un momento di totale riposo dalla vita pratica . Aggiungi che si trattava di parlar di Vico: e certo troverai nella nobiltà stessa ed altezza del tuo ingegno quan- to basti per perdonarmi . Slampa dunque il tuo bel libro , dove io sarei stato troppo onorato che fosse letto il nome mio ; e fa' che il forestiere trovi ormai alla porta del tuo castello un bel volume fatato che gliene risolva /' incanto. Ma non credere eh' io voglia tenermi sciolto dalla pro- messa che tu tanto graziosamente desiderasti . Io scriverò sopra Vico ; e consacrerò a te lo scritto ; e troverò io dove stamparlo . Tu , dove non lo troverai cosa al tutto vana o sofistica, potrai apporre un corollario al tuo volume . — Finalmeule ai 20 ScUembre , dopo aver dato licenza di citare codeste lettere familiari , e di pubblicarne anco que' brani che meglio fosse piaciuto, poiché la slampa del libro giungeva al suo termine, ripeteva : — E non dubitare eh' io voglia sottrarmi al vivo desiderio di dirti un modesto inolio sul gran Vico , appena mi daranno sosia le allegazioni , di cui ti manderò un piccolo antipasto che ti guari- sca dallo svoglialo . Ciò basti a cessare la odiosa accusa di trascuranza, ed a mostra- re quanto anzi ci stasse a cuore 1' onor di quel Sommo , il quale, co- munque abbandonalo ed avvilito , perchè forse non inleso , da' suoi coetanei, fu poscia salutato siccome il restauratore della vera sapienza. GLI EDITORI LETTERE INEDITE DI MICHELANGIOLO 73 Ogni molto od ogni linea di Micliclangiolo|Buonarroti dovrebbe aver luce pubblica: troppo ingrate sarebbon le tenebre, le quali rav- volgessero alcun che di quel terribile Cicnio . Però slimiamo di sod- disfare ad un debito di civiltà e di patrio amore, dandone qui due let- tere inedite, offerte graziosamente al sig. Niccolò Puccini dall' Illu- strissimo Sig. Consiglier Buonarroti , chiaro nipote di tanto Avo . GLI EDITORI i.ETTF.n.v rnniA Girolamo . Toniamlo a questi ij;ionii tla Koma (ro- vai una vostra Icltcra a Firenze scrina da' Salviali in Pisa , della quale non avete avuto risposta da me per non essere io stato in luogo che io 1' abbia avuta . Ora avendo inteso 1' animo vostro per la detta lettera cioè come avreste fatto Y impresa del condurre i miei mar- mi dalla Vezza e da Pietrasanta in Pisa , mi è parso , scudo io qua a Pietrasanta , scrivervi questi pochi versi per intendere se siate pur d' animo di pigliare la detta condotta , e quando abbiate animo di farlo , io sono in Seravezza , piacciavi avvisarmi dove ho a essere , acciò ci troviamo insieme perchè stimo resteremo d' accordo . Prcgovi mi rispondiate presto e risoluto . A dì 6 Agosto Vostro Michelangiolo Scultore in Seravezza . Direziona — A Girolamo del Bardella in Porlo Venere . 580 LETTERA SEC01NDA Maestro Domenico mio carissimo . L' Apporlalore di questa sarà Bernardino di Pier Basso che vien costà per certi pezzi di Marmo che ha di bisogno; pregovi Io indirizziate dove e' sia servito bene e presto , io ve lo raccomando quanto so e posso -. altro non mi accade in- torno a questo . Avrete inteso come Medici è fatto Pa- pa , di che mi pare si sia rallegrato lutto il mondo: on- de io slimo che qua , circa 1' Arte , si farà molte cose ; però servile bene e con fede acciocché e' si abbia ono- re . A dì venticinque Novembre Vostro Michelangiolo Scultore in Firenze Direzione — Al mio caro Amico Maestro Do- menico detto Topolino Scarpellino in Carrara . X I LIBRARY UNIVERSITY OF laiNOIS URBANA nOTJk D3GLX IDlTOai Il IcUorc di questo libro avrebbe polulo maravigliarsi, e ancho dolersi uou trovando ìq esso ne una parola , nò un immagine clic gli ricordassero Kafiaello Moriìukn . Né ciò poteva attribuirsi ad incu- ria 0 dimenticanza del possessore del bel giardino , del quale noi of- feriamo come una immagine in queste carte . avendo egli già divisa- to d- inalzare un monumento che rammenti quale e quanto artista fu il Morghen ; monumento il quale non avrà altra iscrizione , che i ti- toli delle opere più pregiate del celebralo incisore. Ma se al Sig.Tuc- ciui , impedito Iju qui da altri lavori , sarà facile di supplire in bre- ve a ciò che egli stima come un difetto in tanta abbondanza di bu- sti , di memorie . d' iscrizioni , a noi che più non possiamo ritardare la pubblicazione di quest'opera non era concesso di adornare queste carte con qualclie lavoro che rammentasse 1' artista famoso . Ma la cortesia del Sig. Puccini , superando anche i nostri desiderii , ci ha dato il modo di presentare ai nostri lettori il Morghen effigiato da sé stesso in una incisione Un qui sconosciuta al pubblico , ma che non sarà mai abbastanza pregiata da chi voglia considerare come con pochi, ma sicuri tratti il grande artefice ottenne ciò che altri con più lunga cura avrebbe invano cercato . Fu quel rame da lui inciso e donato al Cav Tommaso l'uccini come segno di vera amicizia al cal- do amatore dell' arti belle , e come monumento di grato animo a co- lui che di tanto uomo aveva adornalo la fiorentina accademia. ì5iamo adunque lieti di potere offrire questa stampa ai nostri lettori, i quali non solo ( crediamo ] si compiaceranno considerandone il singolare artificio, ma forse anche non senza ammirazione ripenseranno di qua- le stretto vincolo fosser congiunti gli animi di colui che donava, e di colui che riceveva il nobilissimo dono ; e quale onorato luogo ten- gano rrabedue nella storia dell' arie . Che 1' uno fu il principe degli incisori dell' età sua ; l' altro in ogni maniera di nobili discipline e- sercitato , amò 1' arti del bello di fervcntissimo amore , e mostrò che alla cultura dell' ingegno non ebbe inferiore la forza dell'animo quan- do in tempi tristissimi, spregiando le minacce e la forza, pose in non cale anche la vita , per sahare dalla straniera rapacità gì' inestima- bili tesori dell' arte alla sua fede commessi . A. / (ìtr/o Zi/tneo LIBRARY UNIVERSITY OF lUlNOIS URBANA A CARLO LIISISEO PRINCIPE DELLA UOTTAJNICA CDE IL KEGIN'O TEGETABILE DELLA NATIIRA IN VENTIQUATTRO CLASSI ORDINÒ E DISTINSE CONSACRA IL GIARDINO DI SCORNIO NICCOLÒ PICCINI 5IDCCCXXXXIV. N. P. DELLE PROSE E POESIE 1. Lettera degli Editori Pag. 5 2. Introduzione — Pietro Contrucci « 7 3. // Panteon — Stefano Fiorelli « 29 k. Del modo di onorare i grandi defunti — F. D. Guerrazzi « 47 5. ¥SL2.& f^semi " "^^ 6. 0 Quadri antichi — V. Tanzini « 75 7. « Quadri moderni — Giuseppe La-Farina a 99 8. a Gli Orfani su la rupe — Itaffacllo Lambruschini . . a 121 9. a Gli Orfani su la rupe — Luigi Leoni « 127 10. a La Spada di Castruccio — Louisa Gracc .... « 134 11. Dfj/tiii/i (Tin/anii'a — Pietro Giordani «141 12. La Torre di Catilina — Giuseppe Tassinari .... a 157 13. Dante — Gio. Balista Niccoliui « 189 14. Dante — Niccolò Tommaseo « 199 lo. La fede di Dante — Giuseppe Montanelli « 203 16. Michelangelo Buonarroti — Pietro Odaldi « 209 17. L Amicizia — Angelo Pezzana « 217 18. r /ndu^rna— Giuseppe Montanelli «229 19. Giovanni Betoni — P. Angelico da Pistoia « 237 20. Cristoforo Colombo — Maria Giuseppina Guacci-Nobile . « 249 21. La Festa delle Spighe — Cosimo lUdolQ « 257 22. Niccolò Machiavelli — Innocenzio Giampieri .... « 275 23. La Stampa — Alessandro Poerio « 291 24. Le Rogazioni alla Madonna delle Vigne — P. Angelico da Pistoia « 297 2o. // Romitorio — Enrico Biodi « 313 26. Lettera di Vincenzo Gioberti « 348 27. Raffaello Sanzio — Luigi Leoni o 355 28. Antonio Canova — Alessandro Poerio « 363 29. Elogio del Cav. Tommaso Puccini — Gio. Batista Niccolini « 377 30. Tommaso Puccini — Pietro Bagnoli « 387 584 INDICE DELLE PROSE E POESIE 31. Francesco Ferrucci — Francesco Franchini . . . Pag. 393 32. Galileo — Giovanni Resini « 406 33. Galileo — Eugenio Alberi « 407 34. Torquato Tasso — Louisa Grace « '••13 35. Sonetto inedito di Torquato Tasso « 437 3G. L' Isoletla del Lago — Luigi Ciaiupolini « 441 37. Pitagora — Silvestro Centofanti « 449 38. Sismondi al Lago di Scornio— Avv. Lorenzo Guidi-Ron- tani « S23 39. Carlo Botta — Louisa Grace « 541 40. Dante — Giuseppe Aiazzi « 547 41. Il Ponte Napoleone — StcdmoViorclti a 561 42. Lettere dell' Avv. Antonio Ranieri « 575 43. Lettere inedite di Michelangelo Buonarroti « 377 DELLE EPIGRAFI 1. Neir interno del Panteon — N. P Pag. 31 ■2. Idem — N. P « •*• 3. Al Doli. Tommaso Puccini — N. P « 73 4. Alla Spada di Caslniccio — N. P « 133 5. Alla Torre di Catilim — N. P