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Proprietà Letteraria AI Signor Cavalier GIOVANNI CAPELLINI PROFESSORE DI GEOLOGIA NELLA R. UNIVERSITÀ DI BOLOGNA Canrssemo Sgnor Lyofessore, Da. gran tempo mi proposi di trattar largamente la questione ntorno all'origine delle specie in uno scritto, di cui eccole il primitivo: disegno. - Passare in rivista la morfologia, la biologia, 1° embriologia, la teratologia, la tassonomia, l’ecologia: (studio dei costumi), la-corologia (geografia z0- ologica e botanica), la paleontologia, l’antropologia, la: paleo-antropologia, insomma tutta la Storia Naturale; di ciascuna scienza scegliere, ravvici- ‘nare, coordinare i fatti che danno appoggio all’ idea darwiniana, e dall’a- nalisi, critica, interpetrazione di quelli ricavar conclusioni favorevoli alla verità di questa. Ma nel venire incarnando così vasto pensiero, la mate- ria tanto mi*si moltiplicò tra mano che credei meglio di limitarmi per ora a discorrere di tre sole scienze, cioè morfologia, tassonomia, paleontologia. La singolare bontà con la quale Ella, signor Professore, ha incorag- giato ì miei studì, i consigli onde mi è stato largo, l’aiuto che mi ha con- tinuamente prestato mettendo a tutta mia disposizione la sua biblioteca e le sue private collezioni uniche piuttosto che rare, il profitto del quale a Lei son debitore per la lettura delle sue opere, per la frequenza delle lezioni e del gabinetto , il quale, in seguito al felice esito del mio concorso al posto governativo di perfezionamento all’interno non esitai a presce- gliere, creano per me altrettanti titoli di gratitudine. Al presente io non so come poter soddisfare a questi in altro modo che con l’offrirle la de- dica di questo mio primo e troppo tenue lavoro, nato e cresciuto sotto i suoi occhi. Mi tengo ben fortunato ch’ Ella si sia degnata di accettarla, ‘poichè non ardiva certo sperare migliori auspicì per il mio libro. Il chiaro nome di cui lo fregio possa, se non accattargli favore, almeno scusarlo. Il merito di una pretta compilazione, come la mia, è ben poco, ed io la pubblico senza nessuna pretesa, e senza dissimularmene i difetti. Anzi La prego a volermeli additare, poichè il sostituire la verità all’errore ( foss’ anche col sacrifizio delle mie opinioni) mi sarà sempre oltremodo grato. Simile preghiera dirigo pure ai lettori. Accolga, signor Professore, i sentimenti della più distinta stima, con cui me Le rassegno Bologna 30 Giugno 1869. Suo Aff.mo Discepolo ACHILLE QUADRI.. NOTE ALLA TEORIA DARWINIANA. caPITOLO I. I PRINCIPÌ DELLA TEORIA. La possibilità, secondo la teoria del Darwin, di tutti i fenomeni della natura organica ad un solo pen- siero legare, da un sol punto di vista trattare, da una sola causa derivare; la possibilità di un numero di fatti sinora isolati concatenare proprio il più intima- mente, e come necessario complemento della stessa mostrare ; la possibilità di spiegare perciò i più dei problemi, le imprimono lo stampo della pura verità, e ci fanno aspettare di vincer finalmente le grandi difficoltà che ancor presenta questa teoria. Bronn nell’ opuscolo di Haeckel, Ueber die Entwickelungstheorie Darwin” s. SOMMARIO ORIGINALITÀ -— UNIVERSALITÀ — SEMPLICITÀ —— CHIAREZZA -— REALTÀ — ELEZIONE NATURALE — LOTTA PER L'ESISTENZA — MUTUI RAPPORTI DEGLI ORGANISMI — LORO DEFINIZIONE — DIVISIONE -— AZIONE — OBJEZIONI. Originalità — La teoria del Darwin non ha nulla di comune con quelle che prima di lui furono immaginate, affine di spiegare la origine delle specie per discendenza modificata, eccetto che con quelle di Spencer e di Wallace, com’egli ha esposto nel suo primo libro !. Lamarck 2, per esempio, pone per principî della sua teoria il clima, le abitudini, certe forze innate della Natura ecc: Koelliker 3 le variazioni embriologiche, Ugo Miller £ accenna alla teratologia. Ora questi stessi principì furono adot- tati e sviluppati dal Darwin, è vero; egli seppe cavar da tutti un gran partito, mentre gli altri si riferirono esclusivamente a questo o a quello 1 Carlo Darwin. Sull’ Origine delle specie per elezione naturale, ovvero con- servazione delle razze perfezionate nella jotta per l’esistenza. Prima traduzione i- taliana col consenso dell’autore per cura di Gio. Canestrini e L, Salimbeni. Modena, Nicola Zanichelli ecc. 1865, un vol. di pag. 405 e una tav. 2 Philosophie zoologique ete. par I. B. P. A. Lamarck. Nouvelle Edition. Paris. I. B. Baillière etc. 1850 2 vol. 3 Uber die Darwin’sche Schòpfungstheorie ete. von S. Kéolliker, ete. Leipsigs, verlag von Wilhelm Engelmano 41864. p. 415. % 4 Palaeontology a systematic summary of extinet animals and their geological relations by Richard Owen, F. R. S. Edinburgh: Adam and Charles Black 4860. XV - 420. — p. 404 - 5. Un terzo teorico () rammenta gli esempi di subitaneo.al- lontanamento dal tipo specifico, manifestato dai parti malformati e mostruosi, e cita esempi, che tali anomalie vissero e propagarono la deviata struttura. Egli anche nota gli estremi gradi di mutazione e di complessa struttura sofferti dal germe e dall’embrione di elevati animali nel loro progresso alla maturità. Egli specula sul- l'influenza della nascita prematura, o sur una fetazione alquanto prolungata, nello stabilire il principio di una forma specifica diversa da quella del genitore. () Vestiges of the Natural History of Creation. 2 solo, ma non formano il cardine della sua teoria, poichè, secondo me, sono in essa subordinati ad altri, cui dà maggior peso. Questi sono tre: 4° Elezione naturale 2° Lotta per l’esistenza 3° Mutui rapporti degli or- ganismi; 0 più brevemente: 1° Selezione 2° Concorrenza 3° Dipendenza. Innanzi di esaminarli partitamente, cercherò quali sono i criterì per giu- dicare della verità di una dottrina scientifica, e dimostrerò che conven- gono perfettamente alla teoria. Universalità. — Poichè la Storia Naturale si divide in più scienze che hanno a fare con le specie (ed anche la Mineralogia ha le sue, che io lascio in disparte) non sarebbe un buon metodo lo spiegarne la ori- gine coi fatti che ci offre questa o quella scienza, ma bisogna che la teo- ria tenga conto di tutte, e non trovi contraddizione in nessuna. E in que- sto anche un altro vantaggio; cioè, i fatti sono in numero maggiore ; se taluno è oscuro, ve ne son tanti altri evidenti; se questo fallisce, farà buona prova quello, e poichè tutti i rami del sapere si danno la mano, ciò che è vero per l’uno, lo sarà per l’altro, dentro certi limiti, e sarà insomma facile far la riprova tanto dei fatti positivi, come dei negativi. Ora, una dottrina che trova in suo favore argomenti in parti della Storia Naturale tanto lontane, come nella zootecnica e nella distribuzione geo- grafica, nella embriologia e nella paleontologia, nello studio dei costumi e nella morfologia, nella tassonomia e nella teratologia; una dottrina che in coteste scienze coordina i fatti più sconnessi apparentemente, che promette di gettar viva luce sui più difficili problemi, di tutto unire, tutto spiegare; che finalmente fa concepire tali speranze, onde un giorno nemmeno si sarebbe potuta immaginare la possibilità; una tal dottrina, dico, non solo soddisfa alla condizione di universalità, che tutti i più grandi sistemi scientifici possiedono, ma si presenta con le sembianze, con tutti i caratteri della verità. Ben dice a tal proposito l’ Huxley !: « Io adotto la ipotesi del signor Darwin, ma però subordinata alla produzion della prova che la specie fisiologica può esser prodotta da allevamento elettivo; appunto come il fisico può accettare la teoria ondulatoria della luce, su- bordinatamente alla prova dell’ esistenza degli atomi; e precisamente per le stesse ragioni, cioè che a prima vista ha un’immensa somma di pro- babilità: che è il solo mezzo al presente di portare l’ ordine nel caos dei fatti osservati; e che è infine il più potente strumento d’ investigazione stato presentato ai naturalisti dopo l'invenzione del sistema naturale di classificazione, e il principio dello studio sistematico dell’ embriologia. » Tutto ciò pare fino incredibile al Faivre 2. Alla scienza degli esseri orga- nizzati mancava una teoria generale; la darwiniana è dessa. 1 Evidence as to man’ s place in nature, by Thomas Henry Huxley, fellow of the Royal Society. Williams and Norgate ete. London, Edinburgh 1865. p. 159. Luogo citato p. 108. ? C'est faire trop d’état des nos connaisances positives que de demander encore a la science la confirmation d’un système, qui prétend expliquer, par les seules ressources d’une sélection vraiment marveilleuse, les lois de la distribution géographique et géologique, le développement, les instinets, l’ uniformité de com- position, les affinités, les anomalies, l’origine première des ètres organités. La science est trop bornée et imparfaite pour se prèter è une semblable vérification; a défaut de demonstrations directes, l’ hypothèse demeure donc sans preuves suffi- santes et l’ingénieux inventeur d’une vue si féconde, placé entre le désir et |’ im- puissance de la contròler, est sans cette exposé aux interpétations systématiques. En derniére analyse, si la sélection naturelle peut ètre presentée comme une i 3 Semplicità. — « Quanto più ci discostiamo dalla semplicità nei nostri raziocini, tanto più ci allontaniamo dalla natura 1. » Oltre che un sistema artificioso, complicato e sforzato può apparir magnifico e anche sedurre, ma se riflettiamo che ie più grandi scoperte onde si onora l'ingegno u- mano sono tanto semplici che pare impossibile non fossero state fatte prima, e che ebbero la loro origine dalla osservazione di fatti comunis- simi, ci persuaderemo che il vero non istà punto nel difficile. Chi dirà che la nomenclatura binaria non sia la cosa più comune del mondo? eppure a nessuno è venuta in mente prima di Linneo, e ci è voluto del tempo avanti di farla accettare universalmente. Non tutti guardano, pochi osservano, pochissimi vedono, e sono anche in numero minore quelli che ragionano su quel che hanno veduto: ecco il segreto. La teoria darwiniana richiama la nostra attenzione su fatti che abbiamo sott’occhio tutti i giorni nel campo, nel bosco, nel giardino: allevamento delle razze, distruzione ed insidie degli animali, reciproca influenza dei viventi. Chiarezza. — Queste non son cose difficili a capirsi, e neanche su- blimi; son fatti, ripeto, non astrazioni; onde anche per questo verso mi par che possiamo contentarci: e se non si crede a quanto dicono gli altri, non solo il naturalista, ma chiunque può verificare tutte le volte che gli piace. Realtà. — Un edifizio scientifico, per quanto sia bene architettato, s'intende che non si reggerà se non ha fondamenti, e quindi le più belle qualità non gli accatteranno favore, se manca quell’ una che vale da sola tutte le restanti; voglio dire che le prove siano evidenti, e numerose. La nuova opera di Darwin ?, è, io credo, quel più che si può desiderare da questo lato; gl’ immensi materiali accumulati nell’ultimo secolo, e gli studî dell’ autore per trent anni gli hanno permesso di metter fuori una varietà ed una copia di fatti, piuttosto soverchie che difettive. Gli autori classici, le cronache del medio evo, e, si può dire tutta, la bibliografia moderna è stata messa a contribuzione ; la zootecnica, 1’ agricoltura, l’or- ticoltura, la floricoltura entrano per la parte principale nei due grossi volumi, che sono la prima parte delle tre onde si compone il grande la- voro. Ogni affermazione dell’ autore è corredata di tanti fatti, che vien dimostrata o probabilissima o certa. Fra quella folla di pubblicazioni onde sì arrichisce ogni giorno la letteratura darwiniana io debbo segnalare per prima, e sola comparabile alle opere del medesimo Darwin la « Mor- fologia generale degli organismi per Ernesto Haeckel 3 » che è il più vraisemblance , elle nes aurait ètre acceptée comme une verité demontrée, et surtout comme l’ expression de la loi générale, en confermité de la quelle agit la nature dans l’evolution des organismes. M. Darwin ne donne nullement la preuve de cette selection naturelle, il se borne è en faire ressortir la possibilità, en coordennant avec un rare savoir lés vérites acquises à la science. — La variabilitè des espèces et ses limites par Ernest Faivre Professeur a la Faculté des Sciences de Lyon. Paris, Germer Baillière etc. 1868. p. XV. — 185. — Introduction p. X-XI. 1 Breislak, Introduzione alla Geologia, Milano 1824, vol. A pag. 58. ? The variation of Animals and Plants under domestication. By Charles Darwin, M. S.F. R. S., etc. In two volumes. With illustrations. London; John Murray, Albemarle Street. 1868. 3 Generelle Morphologie der Organismen. — Allgemeine Grundzùge der or- ganischen Formen-Wissenschaft, mechanisch begrindet durch die von Charles Darwin reformirte Descendenz Theorie, von Ernst Haeckel. — Erster Band: allge- meine Anatomie der Organismen. Mit zwei promorphologischen tafeln. -— Zweiter 4 logico e metodico, il più dotto e compiuto interpetre della teoria. Io vi attingo largamente, tanto più che quest’ opera importantissima non è an- cor tradotta in italiano, nè, per quanto sappia, in francese. Parleremo prima dei singoli principî. e risolveremo poi le obiezioni che loro si son fatte. Ho detto che i fondamentali eran tre, ma non vi ho compreso né I’ Eredità, nè la Variabiltà, ovvero Atavismo e Adattamento, nè la Diver- genza, nè la Convergenza, ! nè tutti gli altri che pure hanno tanta parte nella teoria, e ciò perché io reputo la Selezione, la Concorrenza ed i Mutui rapporti formare la somma dei restanti, che altresì più diretta- mente si riferiscono alla fisiologia generale; come pure essere la parte più nuova della teoria, e quella con cui Darwin tenta spiegare la origine delle specie. Per tema di svisare i suoi concetti, come molti fanno, io mi atterrò più che posso alle sue parole medesime. Elezione naturale. L’autore ha detto nel primo libro, Origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate (favoured) nella lotta per V esistenza; ed altrove dice che ha inteso per elezione il so- pravvvere dei più adulti (survival of the fittest, espressione di Spencer): più estesamente ancora ?: « Ora questa legge di conservazione delle variazioni favorevoli e di eliminazione delle deviazioni nocive io la chia- mo Elezione Naturale ». La Elezione si distingue prima di tutto in artificiale e naturale, e ciascuna di queste si distingue alla sua volta in altre due. 8 « Il principio di selezione può esser convenientemente diviso in tre specie. La elezione metodica è quella che guida chi si sforza di modificare una razza secondo qualche modello predeterminato. La elezione inconscia è quella che avviene quando naturalmente conserviamo i più, e distruggiamo i meno apprezzati individui, senza alcuna intenzione di al- terare la razza; e senza dubbio tale processo induce lentamente grandi mutazioni. L'azione inconscia passa gradatamente alla metodica, e solo i casi estremi posson esser distintamente separati; poichè chi possiede un ‘animale utile o perfetto farà fargli razza con la speranza di ottenerla del medesimo carattere; ma siccome non ha un proposito fisso di migliorarla, può dirsi ch’ ei scelga inconsapevolmente *. Finalmente noi abbiamo la Elezione naturale, la quale implica chi gl’ individui meglio adatti alle com- plesse, e nel corso dei tempi variabili condizioni, cui sono esposti, ge- Band: allgemeine Entwickelungs geschichte der Organismen. Mit acht genealogischen tafeln. — Berlin. Druck und verlag von Georg Reimer. 1866. 1 Sotto il nome di Convergenza dei caratteri iutendo io le variazioni analoghe, che avvengono nelle specie congeneri, e le variazioni che imitano altre specie anche di genere diverso. 2 Origine delle specie ecc. pag. 45. 3 Darwin, The Variation ete. 4868 vol. II Chapter XX 4195-94. 4 Si è obiettato che il termine selezione inconscia è una contraddizione: ma vedi su ciò alcune eccellenti osservazioni del prof. Huxley « ( Nat. Hist. Review. » Oct. 1864 pag. 578), il quale osserva che quando il vento ammucchia Je dune separa e sceglie inconsapevolmente dalla ghiaia ch'è sulla costa granelli di sabbia di egual grandezza. Nota dell'autore. Altrove, in quest'opera stessa egli osserva che il gelo uccide le pian- ticine di un semenzaio, scegliendo le più deboli tanto esattamente quanto farebbe un giardiniere. | 5 neralmente sopravvivono e si propagano. Sulle produzioni domestiche, le sole che qui c’ interessano , la elezione naturale agisce , sino a un certo punto, indipendentemente, ed anche in opposizione alla volontà dell’ uo- mo. » La Elezione naturale si divide in funzionale e sessuale, e potrebbe dividersi anche in tre a seconda delle tre principali funzioni fisiologiche, nutrizione, generazione, relazione, cioè in nutritiva, generativa, e relativa. Per Elezione sessuale s'intende la scelta dei migliori nel contrasto che ha luogo tra i maschi pel possesso delle femmine all’epoca degli amori. La elezione artificiale forma la base sperimentale della teoria, e però vanno: errati coloro che obiettano la mancanza di esperimenti per dimo- strarla !: infatti che altro sono i miglioramenti delle razze, cui tutti i popoli, anche selvaggi, effettuano da secoli, se non una serie d' innume- revoli esperienze in favore della mutabilità delle specie? Sono ben poca cosa, in paragone, quelle di laboratorio che non presenterebbero né il lungo tempo necessario, nè operazioni su grande scala. A ragione dunque lo studio della domesticità nelle piante e negli animali è stata la prima cosa a trattarsi; a ragione una estrema diligenza si è impiegata nell’esa- me dei metodi e nelle regole degli allevatori, facendo vedere il talento, la perseveranza loro, e quante prove abbiano a farsi per ottenere in una razza le modificazioni volute, quanta abilità sia stata da loro conseguita nel discernere le più minute differenze individuali, trasmetterle ed accu- mularle. Io non credo di poter far ciò meglio dell’autore, cui mi rimetto per la magnifica storia delle produzioni fito-zootecniche. I classici lavori di Rùtimeyer e di Heer sulla fauna e flora delle abitazioni lacustri Sviz- zere, ed altrettali, ci hanno fatto spingere le indagini sino ai tempi pre- ‘istorici. I viaggiatori c’ informano delle cure poste nell’ allevamento in paesi lontani; i prodigî degli allevatori inglesi nulla più rendono impos- sibile di quel che si può tentare in siffatta materia. L’ estensione e la profondità delle variazioni operate da questa maniera di elezione, io il- lustrerò con un solo esempio: si contano in una sola specie, nella Columba livia non meno di 32 tra razze e sottorazze, distribuite in 4 gruppi; talchè quest’unica specie ne offre tutte quante le modificazioni della serie ornitologica: tutti i tessuti, organi, sistemi, apparati le subi- scono intimamente 2. Può dirsi lo stesso di tutte le piante coltivate ed animali domestici. Reco pure un solo esempio della capacità finissima raggiunta dagli allevatori. « Quegli autori i quali credono esser legge di natura, che ciascun individuo differisca in qualche debol grado da ogni altro, possono sostenere, apparentemente con verità, che è così, non solo per tutti gli animali domestici e piante coltivate, ma parimente per tutti gli esseri organici allo stato di natura. I Lapponi per lunga pratica conoscono e danno un nome a ciascuna renna, benchè, come nota Linneo, — distinguer luna dall’ altra fra quei branchi era al di sopra 1 L’idée d'une sclection naturelle est une supposition ingénieuse; aucun fait direct ne la prouve et ne la confirme; en vain on allègue que la nature a pu réaliser eù grand ce que lhomme a tenté avec succès dans des limifes restreintes; nous apprécions trop imparfaitement la réalité. la mesure, les limites du pouvoir que homme exerce, pour imaginer, en prenant pour point de départ cette puissance mal assurge, on ne sait quelle force aveugle capable d'éteindre, de transformer, de multiplier, de perfeetianner les ètres au gré des caprices de la concurrence vitale, — Faivre, la variabilité des espéces ete. Introduction, pag. X. 2 Darwin — The variation etc. pag. 156 e seguenti, 6 della mia intelligenza, poichè erano come le formiche sulla formichiera. — In Germania ì pastori han guadagnato scommesse riconoscendo ogni pe- cora in un gregge di cento, senz’averle mai vedute da quindici giorni fa. Eppure questo potere di discernimento è nulla in confronto di quello che acquistarono taluni fioristi. Verlot menziona un giardiniere che sapeva di- stinguere 150 qualità di camelie, quando non erano in fiore; e si è po- sitivamente asserito che il famoso antico fiorista olandese Voorhelm, che teneva intorno a 1200 varietà del giacinto, molto difficilmente ingannavasi nel riconoscere ciascuna dal bulbo solamente. Di qui dovrem conchiudere che i bulbi del giacinto e i rami e foglie della camelia, benchè appari- scano ad un occhio non pratico assolutamente indistinguibili, pur diffe- riscono realmente. » ! Differenze individuali altrettanto sottili esistono negli esseri allo stato di natura ?; ora gli allevatori non sanno scorgerle soltanto, ma, quel che è più, accumularle e renderle ereditarie, donde i loro successi. La parola scelta o elezione non è nuova; l’ usano in generale tutti gli allevatori, si trova in un libro che è a mano di tutti, la Zoologia e- lementare del Milne Edwardts, 3 e nell’ Enciclopedia del Todd. 4 Per ve- rificare l’idea che significa basterà paragonare le razze di venti o trent’an- ni fa con le odierne. « Avvi ancora un altro mezzo di osservare gli effetti accumulati dall’ elezione quanto alle piante; ed è nel confrontare nei giar- dini la diversità grande dei fiori delle differenti varietà d’ una medesima spe- cie e l’analogia del loro aspetto e delle loro fronde; negli orti la diver- sità delle foglie, dei fusti, dei tuberi o più generalmente di tutte le parti della pianta relativamente ai fiori delle stesse varietà; finalmente nei frut- teti, la diversità dei frutti della medesima specie in confronto alla uniformità delle foglie e dei fiori di questi alberi stessi. Come infatti sono diverse le foglie del cavolo mentre i fiori sono tanto similit Al contrario quanto non diversificano i fiori della viola del pensiero mentre le foglie sono rassomiglianti! Quanto diversi sono i frutti delle varie qualità di uva spi- na nella grossezza, nel colore, nella forma, nella villosità! frattanto i fiori non ne presentano che differenze insignificanti. Nè può dirsi che le varietà molto diverse in qualche punto non differiscano in alcun modo per altri rap- porti; al contrario ciò non avviene mai, come io posso asserire dietro minuziose osservazioni. Le leggi della correlazione di sviluppo, delle quali non è mai da dimenticare la importanza, produrranno sempre alcune dif- ferenze; ma in generale io sono certo che l’ elezione costante di piccole variazioni nelle foglie, nei fiori o nel frutto produce delle razze che dif- feriscono fra loro specialmente in questi organi 5. » La scelta inconsapevole va di pari passo con la volontaria, ed agisce in modo analogo. 1 Darwin, The variation etc. pag. 254. 2 Il y a longtemps qu'on Va dit: il n'y a pas deux fenilles identiques dans une forèt. — Auguste Laugel, Nouvelle theorie d’histoire naturelle ete. Revue des deux Mondes. Tome vingt-sixieme, premier Avril 1860. S Edizione francese di Bruxelles. i 4 Articolo Varieties of Mankind. (W. B. Carpenter) pag. 1508 (in nota) « Il prin- cipal modo nel quale l'influenza dell’uomo vien esercitata nel modificare i caratteri delle razze.in suo potere, consiste nello scegliere (selection ) per la propagazione quegl’individui soli, che dispiegano i desiderati attributi nella maggior perfezione. » 5 Origine delle specie ecc. Edizione citata pag. 20. — The variation etc. vol. II Chapter XX. Effects of Selection, as shown by the parts most valued ‘by man presenting the greatest amount of difference pag. 247-225. 7 Se la realtà della elezione artificiale esiste, esiste però anche quella della naturale? La prima e più grave questione che si presenta per rispon- dere a ciò è questa: Chi sostituisce la volontà intelligente dell’uomo? Darwin dice in più luoghi ! che non crede ad una legge di sviluppo ne- cessario, ma la ipotesi provvisoria, com’ei la chiama, della Pangenesi ?, che è quanto ci offre ora di nuovo (poichè il resto è solo la esposizione completa di quel che aveva prima pubblicato in compendio ), m’induce a pensare ch’ei supponga qualche cosa molto affine a quella legge: inoltre egli elimina il caso che è, dice, la nostra ignoranza delle cause 5. L° Haeckel afferma invece una legge meccanica e necessaria di sviluppo, e si sforza di provarla coi principî del Darwin. Questa però non ha nulla che fare con*la teleologia, che il Laugel trova compatibile con la selezione 4. Se si ammette, come fo io, una progressione palcontologica per esempio, per- chè non potremo ammettere una legge di sviluppo? Se il complesso del- l’organizzazione si perfezionò, non ci è nessun male a pensare che così doveva essere, e ad assegnarne le ragioni che caviamo in tal caso dei fatti, mettendo questi avanti a quelle. Così non è della teleologia, che I’ Haeckel giustamente rifiuta, perchè procede a priori, e non meccanica- mente o sperimentalmente, ma con argomenti metafisici e spesso meschini. Mentre una legge di sviluppo è altamente razionale, la teleologia è irra- zionale. La prima entra senza sforzo nella teoria, l’altra pertiene alle at- tenenze filosofiche della medesima, e delle quali non parlo qui, e checchè ne sia della sua verità intrinseca non appresta nè argomenti, nè obiezioni per la teoria darwiniana, al contrario di quel che ne pensa taluno °. 1 Origine ecc. X. pag. 277 e XI pag. 280. ? The variation ete. vol. II Ch. XXVII pag. 257. ; Origine ecc. V. Leggi delle variazioni pag. 106. La theorie de Darwin n'exclut point la finalité de la nature; bien plus, elle donne è cette finalità un sens beaucoup plus profond que certaines doctrines qui ne regardent qu’ aux apparences. Si l'on admet que toute forme organique ait eté crée directement, elle doit contenir en soi tout ce qui lui est nécessaire et rien que ce qui lui est nécessaire. Des lors comment expliquer par exemple que les mammifères du sexe masculin aient les rudimens des mamelles inutiles, que certains oiseaux aient des ailes sans pouvoir voler, que l’appareil floral chez certains végétaux soit construit de fagon à rendre la fècondation particulièrement difficile. Toutes ces singularités qui deroutent les partisans des causes finales, telles qu’autrefois les comprenait une philosophie trop ignorante, ne sont point faites pour embarasser les partisans de l’ évolutiou orgarique. Ces defectuosités qui sont l’héritage du passé, sont enveloppées dans une finalité plus haute que celle qui s’applique seulemeut aux individus. Toutes les anomalies ren- trent dans une loi générale. Ce qui aujourd’ hui ne sort plus a servi autrefoi: les caractères qui naguére profitaient è l’organisme ne sont point supprimés d’un coup, ils ne s’altèrent que par degrés et résistent longtemps aux influences qui les con- damnent a l’inertie. L’individu, l’espèce, le genre, la famille sont comme autant de cercles de plus en plus étendus: la doctrine des causes finales se heurte à d’in- surmontables difficultés quand elle s' épuise en quelque sorte sur 1’ espéce: elle ne trouve son sens véretable qu'en s’appliquant a l’oeuvre entière de la creation. _ Il ny a en verité aucun lien forcé entre la théorie de Darwin et un materia- lisme qui regarderait l’histoire du monde vivant comme une succession anarchique de causes el d’effets, sans choix, sans direction, sans but. On peut épouser les idées dn naturaliste anglais sans renoncer a reconnaître une fin dans la nature, un progres dans la creation. —. Darwin et ses critiques, par M. Auguste Laàgel. — Revue des deux Mondes. Tome soixante-quatorziéme. A.er Mars 1868 4 livraison pag: 150-156. 5 Un ingegnosissimo difensore delle cause finali è il mio egregio amico Fede- UO 8 La scelta per il rigetto delle varietà inferiori, e per la propagazione delle superiori viene effettuata per mezzo della Lolta per l’ esistenza, la quale in tal caso sostituisce e la volontà e Ja mano dell’uomo; ovvero si mette nel posto della volontà e quanto alle cause e quanto agli effetti. « La Elezione artificiale consiste in ciò, che la volontà dell’uomo , ope- rando con un piano, favorisce la propagazione di quegl’individui, che sì | distinguono per utili proprietà individuali, a profitto dell’uomo. La elezione naturale consiste in ciò che la Lotta per la esistenza, operando senza piano, favorisce la propagazione di quegl’ individui che si distinguono per utili proprietà individuali, a lor proprio vantaggio. » ' Questo è chiaro se ci rammentiamo gli esempi citati della sabbia e delle pianticelle. Io farò un altro paragone, fra un entomologo ed un insetto; sembrerà strano, ma mi basta che non faccia velo al mio pensiero. Un entomologo che caccia insetti apprende le loro stazioni ed abitazioni, 1 abbondanza o ra- rità comparativa, le condizioni di tempo, di luogo, temperatura, umidità ecc: più favorevoli per trovarli; ma conosce altrettanto l’insetto che pur si adatta scrupolosamente a tutte quelle condizioni precise? No, perchè lo fa materialmente, istintivamente come suol dirsi. Veniamo alla realtà dell’ elezione. « Ecco un esempio immaginario dei cangiamenti che sono in progresso in un'isola; — supponete che l’organizzazione di un animale canino, il quale si nutre principalmente di conigli, ma talora di lepri, addivenga leggermente plastica; che queste stesse mutazioni facciano molto lentamente diminuire il numero dei conigli, e crescer quello delle lepri; nè conseguirà che la volpe o cane sarà :co- stretto a sforzarsi di cacciar più lepri; la sua organizzazione, nondime- no, essendo plastica debolmente, quegl’individui con le forme più svelte, gambe più lunghe, e vista migliore, sia pur piccola la differenza, saranno lentamente favoriti, e tenderanno a viver di più, e a sopravvivere in quel ‘tempo dell’ anno, che l'alimento è più scarso; essi avranno maggior pro- le che tenderà ad ereditare queste leggiere particolarità. I meno veloci saranno rigidamente distrutti. Io non vedo maggior ragione per dubitare che queste cause producano in mille generazioni un effetto notevole, e adattino la forma della volpe e del cane a prender lepri anzichè conigli ; di quello che i levrieri possano esser migliorati per elezione ed accurato allevamento. ? » L’ Owen 3 ha objettato che questo ragionamento è un circolo vizioso, perché quando il numero dei conigli diminuisce, se gli a- nimali non si avvezzano a pigliar le lepri, scemerà pure il loro numero e tornerà proporzionato a quello della preda, onde nessun cangiamento: se poi si abituano alcuni alle lepri, i conigli aumenteranno, e tornerà l’ e- quilibrio da un’altra parte: ma ciò non è. Infatti, una volta variata l’ or- rico Delpino, assistente alla cattedra di botanica nel R. Museo di Storia Natprale a Firenze. Vedi — Pensieri sulla biologia, sulla tassonomia, sul valore tassonomico dei caratteri biologici, e proposta di un genere nuovo della famiglia delle Labiate, per Federico Delpino. Nuovo Cimento. Tomo XXV aprile 1869 e Tomo XXV mag- gio e giugno 1867 pag. 284-504 e 524-598. Pisa, Tip. Pieraccini. — Lavoro pub- blicato anche a parte che avrò occasione di citare in seguito. 1 Haeckel, Generelle morphologie ete. vol. II pag. 228. ? Proceedings of the Linnaean Society, August 1858, pag. 49. — Il principio è più pienamente illustrato nell’opera Origine delle specie ecc. — Citazione tolta da Owen, Palaeontology etc. 3 Nella seconda edizione, non in quella che cito, la quale è la prima. Tee near. '—_ — rear EE 9 ganizzazione dei carnivori, non tornerà come prima, presa un’abitudine non la lascieranno, quand’ anche si mettessero le cose come prima, se le va- riazioni saranno assodate dal tempo, e difficilmente anche in caso diverso : inoltre non si può in quest’ esempio spostare un termine senza spostarli tutti, e per rimetterli al posto bisogna percorrerli tutti a rovescio, e nel- l’ ordine, nella misura istessa; un punto solo che si sbagli tutto è mutato: e tanto più poi, qualora s’introducessero altri elementi nell'esempio, come emigrazione od immigrazione sì delle prede, sì dei carnivori concorrenti tra loro, forti mutazioni di clima ecc. Insomma tanto meno probabile sarà il ritorno alle primiere condizioni, quanto più è lunga la catena che i termini formano, e quanto più son tra loro diversi, fino a diventare pro- prio impossibile. Questa comparazione può anche servirci a mostrare il nesso fra i principî della teoria, poichè vi si riscontrano tutti e tre, e la loro azione comune. Possiamo supporre i mutui rapporti degli organismi senza la lotta per la esistenza; non ci è dato immaginare l’elezione senza gli altri due. Passiamo ora a considerare qual è la natura della Selezione; a di- stinguerla dalle altre leggi che operano le variazioni degli organismi; ve- dremo poi le condizioni vantaggiose all’ azione sua. La Scelta naturale ‘ha certi limiti che non si hanno a confondere con quelli delle variazioni, della sterilità degl’ ibridi ecc. come sovente acca- de, perchè la non produce variazioni, nè le trasmette: anche ha leggi proprie e diverse da quelle degli altri principî che enumeriamo. Per distin- guerli diremo che l adattamento produce, l'elezione sceglie, conserva, ed accumula, la concorrenza distrugge, l’eredità fissa, la divergenza separa, la convergenza unisce, la relazione rende utili o nocive le variazioni di un individuo, le varietà e le razze di una specie. Ciò vale anche in risposta a chi si figura che darwinismo e Selezione siano sinonimi, e che con la sola scelta si voglia spiegare l’ origine delle specie: ora importa tener sempre in mente che questa non produce nulla, e che, come dice il suo nome, ha per unico fine di far la cerna, e di accumulare od aggregare, non già di fissare, che è cosa ben diversa. Diciamo, è vero, che rigetta ed eli- mina, e ciò fa semplicemente perchè non isceglie questa o quella varia- zione, lasciandola in balia della Concorrenza vitale (felice espressione della traduttrice francese di Darwin) e la Concorrenza s’incarica di distruggere direttamente. Altri ha preteso che il grande Inglese parli sì del come le specie si modificano, ma non dica come si originano, e tale appunto può sembrar vero in quanto che quegli passa in rivista le modificazioni, mo- stra la loro scelta, cumulo, eredità, ma sembra scorrere sulle cause che le producono, onde in certo modo par che tratti la variabilità, non la formazione delle specie. Ma si rifletta che quelle cause son molto oscure, e illustrarle è il compito non del Darwin, nè dei presenti, ma degli av- venire; pure esse tengono un largo posto nell'opera sua, e ne ha detto davvero tutto quel che se ne può dire !. Accennerò di volo che la scoperta di tali cause non potrà farsi se non per l’esperienza, per la fisiologia sperimentale; le sono esterne e dirette come clima, nutrimento ecc. 0 n- terne e indirette come le cause istiologiche, embriologiche, teratologiche, morfologiche; che la loro trasmissione dipende dall’eredità, che le consolida, rd capitoli XXII, XXIII, XXIV, XXV e XXVI, della The variation ete. dei quali versano sulle cause i due primi, e sulle leggi delle variazioni gli altri. 10 le scolpisce, oppure le disforma e cancella; talora le fa riapparire dopo smar- rite (atavismo) e così di seguito. Si distingua dunque bene ciò che Darwin ha fatto, e il modo in cui lo ha fatto, da quello che non ha voluto, o non ha potuto, fare non dandogliene i mezzi la scienza attuale, per non muovergli accuse nient’affatto giustificate. Però la origine delle specie si spiega be- nissimo con le loro variazioni e con le leggi che queste governano, quan- d’ anche restino poco note le loro cause, conosciute le quali, nel posto della probabilità e dell’ipotesi entra la certezza e la verità. Condizione favorevole alla Scelta è il copioso numero degl’individui, perchè vi sono allora maggiori probabilità che si presentino variazioni, e va- riazioni favorevoli. Il fatto ci mostra che i generi più ricchi hanno più spe- cie variabili, le specie più comuni hanno più varietà ; lo stesso avviene non isolatamente ma in un paese; son più numerose le variazioni nei generi, nelle specie dominanti, che nelle altre. Lo spazio ed il tempo ci danno altre condizioni vantaggiose, non per sè stessi, ma perchè aumen- tano la probabilità delle modificazioni e della loro scelta. Nei grandi paesi sono più svariate le condizioni di vita fisiche ed organiche, onde maggior concorrenza, maggior facilità di elezione, e qui noterò, come in seguito, che l’attività di questi due principî, e anche di tutti e tre è reciproca- mente proporzionale. Crescono pur la concorrenza e la dipendenza col numero degl’individui , circostanza favorevole alla elezione, come ho detto poco sopra. L’ isolamento, le barriere, tutte le condizioni geografiche, in una parola, influiscono sui mutui rapporti degli organismi, indi sulla lotta per la esistenza, e da ultimo sulla selezione. Appresso il tempo agisce su questa, lasciando accumulare le piccole e lente variazioni, ovvero permet- tendo all’ eredità d’ incrostarle e petrificarle, per così dire, secondo le pit- toresche espressioni del Vogt, senza esercitare nessuna influenza diretta, come taluni si sono immaginati. Che gli esseri si mutino a poco a poco non ad un tratto, mi sembra la cosa più probabile, e più frequente di certo, ma non penso davvero che la elezione escluda le rapide mutazioni embriologiche o teratologiche, e non è una fantasia che certe modificazioni sì sieno prodotte benissimo in una sola generazione, anzi in un solo in- dividuo. Ci sono diversi fatti, come delle sports-planis ed altre citati dal Darwin; il più notevele però è quello dell’Aucuba juponica, pianta dioica nella sua patria, ma di cui la sola femmina era coltivata in Europa, e mai ha dato frutti: bene, fecondata col polline di una maschia recente- mente importata ha prodotto semi, ond’è venuta una pianta ermafrodita, e questo in tre luoghi diversi Gand , Londra, Parigi, e quasi allo stesso tempo. Eduardo Morren ne fa la storia con minute particolari, e se non si tratta di un caso di partenogeresi, se non ci sono errori di osserva- zione e la cosa è vera, merita di esser conosciuta, e rimando il lettore alla fonte da cui ho tolta la notizia '. Il Mantegazza scrive ? « Quel che è singolare è che molto razze delle migliori si trovano per caso nei bo- schi o nascono per seme: io stesso ho ammirato una delle pere più belle e più saporite, che fu trovata sopra un albero nato spontaneamente fra 1 L'origine des varictés sous l’influence du climat artificiel des jardins, fragments de philosophie horticole M. Edouard Morren. — Archives des Sciences phisyques et naturelles. Nouvelle periode. Tome vingt-neuviéme N. 114. 25 juin 1867. Geneve, Lausanne; Neufchatel 1867. pag. 4149. 2 Carlo Darwin e il suo ultimo libro. — Nnova Antologia, anno terzo, volume ottavo, fascicolo 5 maggio 41868 Firenze pag. 87. Il i cespugli di una siepe in Francia. Quella pera già riprodotta in Italia non esisteva ancora in alcun catalogo d’Europa. » ! Questa digressione non entra punto col mio soggetto che è la elezione, non l’ origine delle variazioni; bensì se è provato che questo si producono talora di repente, come i fatti ne fanno fede, non vi è più difficoltà ad ammettere che tali variazioni possano essere elette e perpetuarsi. Nè il tempo, né lo spazio ci fanno poi difetto ; la lunghezza immensa veramente dell’ età geologiche non è messa oggi in dobbio da nessuno, imperocchè oltrepassate le barriere dell’età storiche, mancano i termini di confronto, e siamo padroni di estendere il concetto di tempo quasi oltre ogni limite; nè alcuno muoverà rimprovero a noi darwiniani, se profittiamo di questo vantaggio. Il simile accade per lo spazio; mi spie- go : la superficie della terra si mutò ripetutamente, immaginiamo dunque tante mutazioni, quanti furono per esempio i periodi o piani geologici, immaginiamo poi che ognuna di coteste mutazioni equivalga ad uno spazio corrispondente a quello della superficie terrestre: avremo così una esten- sione comparabile non ad una, ma a vanti o trenta superfici della terra per esempio, a tante insomma quanti furono i più distinti periodi o piani geologici. Anche qui, rotta la barriera dell’ attualità, possiamo trascor- rere quanto ci pare. Ho detto che divido la Selezione in nutritiva, generativa e relativa, secondo che l’ una o l’altra delle tre principali funzioni assicura all’essere organico il vantaggio nella battaglia della vita, per es. la maggior robu- stezza o longevità nel primo caso, il vigore od il numero della prole nel secondo, la pieghevolezza agli adattamenti nel terzo: e chi fosse vago di sottigliezze potrebbe fare altre partizioni minori, ma per me basta così. iL’ Haeckel distingue la elezione sessuale anche in mascolina e femminina. Spero d’indurre agevolmente la persuasione che il principio di ele- zione, al pari degli altri, è generale, in quanto che si fa sentire su tutti gli organi e funzioni, in tutte le età della vita, su tutti i viventi, e tanto nell’individuo che nelle masse, ma inclino a eredere che giuochi preva- lentemente nello riproduzione, come la concorrenza nella nutrizione, e i reciproci rapporti nella relazione. Mi resta ad esaminare se in natura si riscontri o no un altro fatto, un fatto cardinale non solo per il principio di Scelta, ma per tutta la | teoria, voglio dire il fatto delle variazioni utili, contro il quale non si sono risparmiate le critiche. Il Darwin suppone che la utilità delle variazioni determini la loro scelta, e mette tanta importanza a ciò che dice : se ciò non è, non è vera la teoria. Ora noi osserveremo che parlandosi di lotta vitale sta benissimo quella espressione; potrebbe sostituirsene una di- versa? e in tal caso bisognerebbe levar di mezzo pur quest'altra. Ma e- sistono realmente variazioni vantaggiose o nocive alla specie? Mi pare impossibile a recare in dubbio le prime, quando tutta la struttura di un animale o di una pianta ci appare mirabilmente costrutta, e adatta alle circostanze in cui vivono. Ci sono dall’ altra parte certe organizzazioni 1 Può vedersi su tal proposito la questione dibattuta all'Accademia delle Scienze di Francia tra i signori Sanson e Dareste, sulla origine e la esistenza della razza di bue detta Niata (Comptes Rendus, mars, avril, mai 1867) e qui stesso. — Sur le developpement du Puceron brun de 1° Erable. Note de M. M. Balbiani et Signoret (17 juin 4867), Landois, Naudin (1867) e — Sur un cas de monoecie aecidentelle du Coelebogyne. Note di M. M. Baillon ete. (n. 18, 1868). 12 molto imperfette sì rispetto ad altre, sì rispetto alle loro condizioni di vita; che dice imperfezione dice svantaggio , e non mi par più facile ne- gare le variazioni favorevoli, che le deviazioni svantaggiose. Allorchè una forma di vita abbandona queste e prende quelle, riuscirà vincitrice nella battaglia per la esistenza, nel caso contrario soccomberà; questo discorso è chiaro; revocare in dubbio l’utilità non si può, chiamarla con altri nomi a che approda? Essa non piace al Duca d’Argyle !, nè al Mamia- ni 2; ma io penso che la perfezione organica conferisce realmente all’u- tile nella battaglia della vita; il che vale in genere, non mancando ec- cezioni a questa, come ad ogni altra regola. Una crittogama od un verme può affamare od uccidere forme di vita infinitamente superiori, è vero, ma le fanerogame o i vertebrati, presi complessivamente, godono im- mensi vantaggi su quelle forme bassissime, e può dirsi che la superiorità nella lotta va di pari passo con la superiorità organica. Finisco esaminando un’ altra obiezione del Duca d’Argyle, una obie- zione estetica. Ei si lamenta che lo sviluppo del bello non entra nella teoria 3, il che non è vero, rientrandone la trattazione nella scelta ses- suale; talchè anche da questo canto possiam dirla compiuta ; e concludo che l'utile, la perfezione, il bello fanno un medesimo nella idea darwi- niana, e concorrono a farla vera. Lotto per la esistenza. Il secondo principio, di cui ora comincio a parlare, si definisce come segue: « Qui io debbo premettere, dice Darwin ‘, che adopero il termine lotta per l’ esistenza in un senso largo e metaforico, comprendente le re- lazioni di mutua dipendenza degli esseri organizzati, e (ciò che più monta) non solo la vita dell’ individuo, ma le probabilità di lasciare una poste- rità. » La lotta per la vita si fonda sul fatto che gli esseri si moltipli- cano al di là dei poteri di sussistenza. « Anche la specie umana, che si riproduce con tanta lentezza, può raddoppiare di numero nell’ intervallo di venticinque anni; e secondo questa progressione, basterebbero poche migliaia di anni perchè non rimanesse più posto per la sua progenie. Linneo ha calcolato che se una pianta annna producesse soltanto due semi (nè si conosce pianta così poca feconda) e questi dessero altri due semi nell’anno seguente per ciascuno e così via via, in soli vent’ anni la specie possederebbe un milione d’individui. Sappiamo che l’ eiefante è il più lento a riprodursi fra tutti gli animali conosciuti; ed ho cercato di 1 Laugel, Darwin et ses critiques — Revue des deux Mendes, 4 mars 1868, pag. 150-156. Il duca d’Argyle ha pubblicato una critica della teoria darwiniana sotto il titolo bizzarro di Reign of Law. Vedi auche pag. 142. 2 Terenzio Mamiani. Nuove considerazioni intorno al sistema di Darwin. — Nuo- va Antologia. Volume ottavo, fase. 7 luglio 1868, Firenze pag. 485-84. 3 La théorie de Darwin considere ler espèces comme des armées toujours en guerre: elle ne regarde donc qu’a leurs armes, c’est-a-dire aux organes: elle oublie le beau, l’ornement, le style, elle est donc incomplète, au dire du duc d’Argyle. Sui- vant lui, on n’aurait qu’ une idée étroite et insuffisante de la puissance eréatrice en la montrant sans cesse asservie à l'action et en refusant de reconnaître dans ses oeuvres | expression d’ un ideal de beauté souvent incompréhensible à l'homme, mais quelquefois en harmonie visible avec nos istincts esthétiques. 4 Origiue delle specie ecc. pag. 45. 13 valutare al minimum la probabile progressione del suo accrescimento. Si rimane al di sotto della verità coll’ammettere ch’egli si propaga dall'età di trent'anni e continua fino all’ eta di novant'anni, dando in quest’in- tervallo alle tre coppie di figli. » « Ora in questa ipotesi dopo cinquecento anni vi sarebbero quindici milioni di elefanti; derivati tutti da una sola prima coppia '. » A questi esempiì potrebbero aggiungersene quanti fa piacere, chè certo abbondano; io mi limito ad alcuni. Un fungo, la Reticularia maxima, produce, secondo Fries 2, 10 milioni di spore minutissime, invisibili, impalpabili. « Reaumur ha. provato che in cinque generazioni un afide può essere il progenitore di 5,904,900,000 discendenti; e si suppone che in un anno possono es- servi venti generazioni 3. » « La tenia può esser composta di 1000 articoli con 1000 uova ciascuno e così offrire in breve tempo 1,000,000 di germi, e presso la Filaria, \° Ascaris e lo Strongylus il numero delle uova che si trovano contemporaneamente nelia doppia ovaia può essere altrettanto gran- de e più. --- Il numero delie uova che si trovano nelle due ovaie lunghe 16° dell’Ascaris lumbricoides fu portato indubbiamente a 64,000,000 4, » In generale la fecondità delle forme di vita è proporzionale alla loro im- perfezione; ma i medesimi vertebrati si riproducono in gran numero. « Leeuvenhoek contò 9.000,000 di uova in un merluzzo, mentre presso i più dei vertebrati terrestri il numero delle uova*si abbassa a 25,10,5—2 9, » Dall’altro lato gii animali che hanno prole meno numerosa trovano com- pensazione nella maggior durata delle attitudini generative, e nella mag- giore longevità. Gl’ insetti passano la maggior parte di lor vita allv stato di larva e di ninfa; per breve tempo si mostrano come immagini, se- condo la espressione di Linneo, si riproducono e muoiono: ma che dire degli alberi che vivon per secoli, e producono migliaia e migliaia di semi ogni anno, che dire delle femmine dei mammiferi che parioriscono per lo spazio di dieci, venti. trent’ anni e più? La statistica degli esseri viventi è stata troppo poco studiata; non- dimeno i dati ch’essa può fornirci bastano al mio scopo, ed avrò cura nel riportarli di attenermi sempre piuttosto al meno che al più. Il Bronn 6 dà per il regno animale una tabella numerica comparativa, che è molto al di sotto del vero, anche per il tempo in che fu pubblicata, portando il numero di tutte le specie viventi a 142,850 7. Egli annovera 2.200 mam- miferi, 9000 uccelli, 1,100 rettili, 8,000 pesci, e così 20,300 Spondilozoi; 70,000 Entomozoi, 19,250 Malacozoi; 1,850 Attinozoi, 1,550 Amorfozoi. Secondo Woodward 8 il totale delle specie di molluschi fossili ascende a 1 Origine delle specie ecc. pag. 44. 2 Lyell, Principies of Geology ete. Tenth and entirely revised edition, vol. Il London, Murray 1868 pag. 587. 3 Lyell, ibidem pag. 459. Ù 4 Morpologische Studien uber die Gestaltungs-Gesetze der Naturkérper ùberhaupt und der organischen insbesondere. — Gebildeten Freunden allgemeiner Einblicke in die Schopfungs-Plane der Natur gewidmet von Dr. H. G. Bronn. Mit 449 Holzschnitten. — Leipzig und Heidelberg. C. F. Winter” sche Verlagshandlung 1858 p. 455. , 5 Bronn, ibidem p. 454. 6 Morphologische Studien etc. p. 146. ire Mai 7 Egli non fa intendere se riferisca detto numero alle specie esistenti o alle co- nosciute, che è cosa ben diversa: ma io credo che alluda alle ultime. 8 A manual of the Mollusca ete. London 4854-56 p. 548. I4 44,591; delle recenti a 16,792 (Inglesi 4890); e aggiunge ‘!: « Il numero totale dei viventi animali vertebrati ascende a 16,000; il numero delle piante è stimato di 100,000, e si suppone che la classe degl’insetti non includa meno di 800,000 specie. » L’ ultima cifra vien confermata dal Maury ?. Un'altra statistica delle piante e degli animali reca il Lyell 8, il quale dall’immenso numero delle une o degli altri vuole inferire 4 la Dif- ficoltà di stabilire la prima apparizione di una nuova specie. A differenza del Bronn ei distingue molto bene il numero delle specie studiate, dal nu- mero di quelle che si può presumere esistano alla superficie della terra. Sì per l’accuratezza dell’ enumerazione, sì per l'argomento ch’ei ne ricava a risolvere una obiezione contro la nostra teoria, penso di riportare per intero lo squarcio di Lyell. 5 « C'è forse più di un milione di specie vegetali ed animali, che oggi abitano il globo terraqueo, esclusi gli animalucci microscopici ed in- fusorìi. Le piante terrestri possono ascendere, diceva De Candolle nel 1820, fra 110,000 e 120,000. 6 Lindley, in una lettera all’ autore nel 1836, espresse l’opinione che e’ sarebbe temerario a speculare sull’ csistenza di più che 80,000 fanerogame, e 10,000 crittogame. « Se prendiamo, egli dice, 37,000 come il numero delle specie fane- rogame pubblicate, e ve ne aggiungiamo per le specie ignote dell’ Asia e della Nuova Olanda, 15,000; 40,000 dell’ Africa e 18,000 di America noi abbiamo 80,000 specie; e posto che il numero delle crittogame pubblicate sia di 7,000, e ne mettiamo 3,000 per le specie non ancora scoperte (che fanno 10,000), ci sarebbero in conseguenza, nel totale, 90,000 specie ». « Il dott. J. Hooker, nel 1859, accennando alla variabilità delle spe- cie e alla natura indefinibile dei limiti onde son separate l’ una dall’altra, osservò che da taluni botanici il numero delle specie conosciute di fane- rogame è stimato al di sotto di 80.000, e da altri al di sopra di 150,000 7». « Linneo pensò che vi fossero quattro o cinque specie d’insetti nel mon- do per ciascuna pianta fanerogama; ma se possiam giudicare dalla relativa proporzione delle due classi nella Gran Bretagna, il numero degli insetti deve alquanto eccedere quel computo; poichè il numero totale degl’ in- setti DrItaDie), secondo un censimento fatto nel 1833, era di circa 12,500 8 ». « Le specie di mammiferi conosciute, allorchè Jemminck scrisse, ec- cedevano 800, e secondo Waterhouse più che 1,200 era accertato che n° e- sistessero nel 1850. 9 Il Barone Cuvier computa i pesci noti a suo tempo a 6,000. Ginther m’informò che esemplari di un numero a quello supe- riore già si conservavano nel 1865 nel Museo Britannico, e che circa 9,000 erano conosciuti dagl’ittiologi anche prima della visita di Agassiz nel 1866 i Ivi, in nota, 2 Geografia fisica ad uso della gioventù e degli uomini di mondo. Milano 1867 p. 124. Principles of Geology ete. vol. II 1868. Chapter XXXYV. Ibidem, p. 269. Ibidem, p. 270-75. Geog. des Plantes. Diet. des Sci. Nat. Flora of Tasraania, vol. i p. iii. 4859. Vedi Catalogue of Brit. Insects by John Curtis, Esq. G. Gray, nei suoi generi di uccelli (1854) enumera 8,000 specie; il principe Carlo Bonaparte, nel 1854, 8,300. > 09 o 041 nu 4ò all'America meridionale, dove si dice che abbia scoperto almeno 1,000 nuove specie. Noi abbiamo anche ad aggiungere i rettili, e tutti gli ani- mali invertebrati, tranne gl’ insetti. » « Resta solo materia di congettura la proporzione delle tribù acqua- tiche rispetto agli abitanti della terra; ma la superficie abitabile sotto le acque può diffieilmente esser valutata a meno che al doppio di quella dei continenti ed isole, poniamo pure che un’ area molto considerevole è pri- va di vita, in conseguenza della grande profondità, freddo, oscurità ed altre circostanze. L’ oceano è pregno di vita — la classe dei Polipi sol- tanto (Coelenterata) si congettura da Lamarck esser numerosa in individui al pari degli insetti. Ogni scogliera (reef) tropicale è descritta come cover- ta di coralli e di spugne, e formicola di crostacei, ricci di mare e mollu- schi; mentre quasi ogni roccia bagnata dalla marea nel mondo è tappez- zata di Fuci, e sostiene alcuni anemoni di mare (Actiniae), Coralline {Bryozoa), e Testacei. Vi sono ancora animali parasiti senza numero, tre o quattro dei quali sono talvolta ospitati da un genere, come dalla ba- lena (Balaena) a mò di esempio ». « Nelle spedizioni di esplorazione alle regioni artiche ed antartiche, animali marini, come crostacei, molluschi, serpule, stelle di mare, e spu- gne, insieme con piante della più semplice struttura (Diatomaceae ), fu- rono trovate a profondità variabili da 2,000 a 3,000 piedi, e abitavano talora il fondo, dove la temperatura dell’acqua è sotto il punto di con- gelazione. Pertanto ancorchè noi concediamo che la estensione geogra- fica delle specie marine, dev’ esser più larga in generale che quella delle terrestri (la temperatura del mare essendo più uniforme, e la terra im- pedendo meno le migrazioni delle specie marine, che l'oceano delle ter- restri), tuttavia sembra probabile che le tribù acquatiche soverchiano di molto il numero degli abitanti della terra ». « Senza insistere su questo punto , possiamo sicuramente ritenere, che esclusi gli esseri microscopici, vi sono da uno a due milioni di specie, le quali oggi abitano il globo terraqueo; così che se una soltanto di queste venisse ad estinguersi annualmente, ed una nuova sola fosse ogni anno chiamata all’esistenza, si richiederebbe assai più che un mi- lione di anni per produrre una completa rivoluzione nella vita organica ». « Giammai mi sono avventurato a rischiare una ipotesi precisa sul probabile grado di mutazione; ma nessuno negherà che quando la na- scita e la morte annuali di una specie sul globo fosse proposta come una mera speculazione, questo almeno non farebbe immaginare un debol grado d’instabilità nella creazione animata. Se noi dividiamo la superficie della terra in venti regioni di egual superficie, ognuna comprenderà uno spazio di terra ed acqua presso a poco eguale in dimensioni all’ Europa e conterrà una ventesima parte del milione di specie che può essere ri- tenuto esistente nel regno animale. In questa regione una specie sola- mente, secondo la proporzione già posta della mortalità, perirebbe in venti anni, e solamente cinque su cinquantamila nel corso di un secolo. Ma siccome una parte considerevole del totale apparterebbe alle classi acqua- tiche, che molto imperfettamente conosciamo, noi dovremmo escluderle dalla nostra considerazione; e se le costituissero metà dell’ intero nume- ro, allora una specie soltanto sarebbe perduta in quarant’ anni fra le ter- restri tribù. Ora i mammiferi, sì terrestri come acquatici, sono in tanto piccola proporzione rispetto alle altre classi di animali, formando meno 16 forse che un decimo del totale, che se la longevità delle specie nei varî ordini fosse uguale, un lungo periodo scorrerebbe prima che venisse la volta di perdere una specie a questa conspicua classe. Se una specie sola di tutto il regno animale si spegnesse in quarant’ anni, non più che un mammifero sparirebbe in 40,000 anni in una regione grande come l’Europa ». « Pertanto egli è facile a vedere che in una piccola. porzione di tale un’area, in paesi, ad esempio, grandi come l’ Inghilterra e la Francia, periodi assai più lunghi dovrebbero scorrere innanzi che fosse possibile di autenticare la prima apparizione di una delle più grandi piante ed ani- mali, ritenendo che la nascita e la morte annua di una specie, fosse il grado di vicissitudine nell’animata creazione sul mondo. Conseguirebbe dalle dette considerazioni che se Lamarck si fè lecito di allegare la scar- sezza del tempo allorchè fu sfidato a metter fuori un solo caso di tra- smutazione, gli avvocati della creazione speciale si fecero egualmente le- cito di dire che se l’introduzione di nuove specie avveniva così lenta- mente come l’estinzione delle antiche, non poteva aspettarsi ch’ essi fossero stati testimoni del primo balzare in vita di un nuovo animale o pianta ». Ma, finchè ci si tiene sulle generali, è difficile cavare dalla statistica argomenti alla lotta per la esistenza; meglio è dunque discendere ai casì particolari. Più convincente riuscirebbe. una statistica comparata degli esseri che abitano una data estensione di paese, e in cui fossero indicate le alterazioni di cifra che la concorrenza induce in questo o quel gruppo. Quali curiosi rapporti verrebbero a scoprirsi, e quanti, se pensiamo -che l’ ortica nutre una quarantina d’insetti, e che la quercia, il pino, il melo, il pero , la vite, l’olivo ne hanno ciascuno qualche centinaio! Sono stati contati un cinquanta insetti che stanno negli steli del rovo! ! Non si potrebbe abbastanza insistere sulla necessità della statistica per fondare questo e il successivo principio dei mutui rapporti trai vi- venti. Chi dice specie dice forza, ma queste forze non si misurano, non si calcolano che coi numeri. Nè soltanto la specie, ma persino l’ individuo è una forza, piccola quanto vogliamo, se presa da sola, ma considerevole se sommiamo gl’individui di una, di dieci, di cento, di mille generazioni; considerevole se li sommiamo in ispecie, generi, famiglie, ordini, classi. Cercare il numero proporzionale delle specie rispetto alle varie divisioni de’ due regni, e degl’ individui rispetto alle diverse specie condurrebbe a curiosi raffronti. Pertanto noi veggiamo quale infinito popolo di viventi occupa le ter- re, le acque e perfino l’aria; eppure anche questo è poco qualora con- sideriamo non il numero degli abitanti del globo in un dato momento soltanto, e nell’attualità, ma le popolazioni che si succedettero in un pe- riodo più o meno lungo, e nelle età geologiche. La nostra immaginazione si spaventa. Ma si dirà: esistono pure grandi estensioni di terra e di mare scarse o prive di abitanti; ora perchè animali e piante anzichè bat- tagliar tra loro non invadano coteste? Anzitutto rispondo, che la vita è diffusa proprio su tutta la terra, anche in luoghi dove non si stimerebbe che possa albergare, come nei mari gelati dei poli, sulle nevi perpetue, negli abissi dell’ oceano, nei deserti, ed anche nell’ atmosfera; eppoi che ci sono sì stazioni parziali affatto inospite, ma perchè la vita ci è impossibile, ? ___———_— 1 Annales de la Societé Entomologique de France, 1366. 2 Vedi, — Somerville, Gcografia fisica, traduzione di Elisabetta Pepoli ece. vol. 2 Firenze, Barbera 1861. 47 Un'altra critica al principio di concorrenza è questa: Una pianta, la cui disseminazione vien fatta dal vento, manda i semi ben lungi e da sè, e l'un dall’ altro; dov è dunque la battaglia quì? Questo è un caso affatto particolare, ma nemmeno prova in contrario, perehè le pianticelle, anche disperse, avranno sempre a lottare con le circostanti, o con animali, ed in luogo remoto pugneranno col suolo e col clima, se non coi viventi. Gli animali di rapina vivono solitari, ma non è men vero che competano tra loro e con la preda (per procurarsi la quale debbono esporsi a migra- . zioni), che se la veggano disputare da nuovi arrivati e così di seguito. -La lotta per la esistenza fu presentita da altri prima del Darwin, ma i fatti più comuni bastano a provarla. Il gran numero di mammiferi e di uccelli, o esclusivamente frugivori o insettivori, o 1’ uno e l’altro insieme, le devastazioni degli erbivori e degli insetti, le stragi dei carnivori, tutti i fatti del parassitismo, le invasioni dei vegetabili sono i più grandi esempì: mi estendo su qualcuno. « Ogni naturalista è familiare col fatto, che seb- bene in un paese particolare, come la Gran Brettagna, vi possan essere più che 3,000 specie di piante, 12,000 insetti, ed una grande varietà in ciascuna delle altre classi; pur non ve ne saranno più di 4100, forse non la metà di quel numero, che abitano una data località. Può non esservi mancanza di spazio nella supposta area limitata: può essere una grande montagna, una estesa palude, una vasta pianura alluviale, che contengano spazio abbastanza per individui di ogni specie nella nostra isola; eppure il luogo sarà occupato da pochi ad esclusione di molti, e questi pochi saranno capaci, per lunghi periodi, a tenere fortunatamente il terreno contro ogni intruso, nonostante le facilità che le specie godono, in virtù dei loro poteri di diffusione, d’ invadere gli adjacenti territori. » ! Se non che ciò dimostra la lotta degli organismi con le condizioni fisiche piuttosto che tra loro. Anche vi sono dei casi, in cui le specie anzichè combattersi si proteggono; una pianta che ami l’ ombra prospererà sotto gli alberi, una che è debole e inerme presso arbusti spinosi. ? La Columba migratoria di America spoglia i boschi dove passa. 3 Le devastazioni delle locuste (Acridium migratorium) a chi sono ignote? ‘ Il Milne Edwards porta il numero dei coleotteri, fra gl’ipsetti, a trentamila; ® il Payen 6 lo fa sa- . lire a centomila, 7 e parla dei danni che produce una sola specie, la Me- lolontha vulgaris, anzi la sua larva, detta in Francia ver blanc. Sono essi enormi, incredibili, tanto che è stato necessario organizzare una caccia su vastissime proporzioni, e in tutta la Francia, per la distruzione del bruco micidiale, 8 di cui l’autore precisa la quantità raccolta giornalmen- 1 Lyell, Principles of Geology ete. vol. II 4868. Chapter XLII p. 455-54. 2 Lyell, ibidem, pag. 455. 3 Milne Edwards, Elements de Zoologie, Bruxelles, 41852. 4 Lyell, ibidem, pag. 442. 5 Opera citata. 6 Revue des deux Mondes. Tome soixante-seizième A.er Aout 1868. Paris. Le famille des Scarabéides — La Chasse aux Hannetons. 7 Ibidem, pag. 655. — L’ordre des coléoptères contient vingt familles, qui se subdivisent elles-mèmes en un très grand nombre des especès: on en comple a l’heure qu'il est plus de cent mille etiquetées dans les collections. 8 Ibidem, pag. (652-5). — Quant è l’importance que présente la question du hannetonnage au point de vue des intérèts généraux du pays, il suffira pour en don- ner un idée, de dire que les pertes infligges a l’agriculture frangaise par les han- netons ont été evaluées en cerlaines années, d’ après des moyennes bien constalées, à la somme énorme d'un milliard. 18 te, ' e per metro quadrato: 2 precisa le perdite pecuniarie nei diparti- menti della Senna inferiore, * dell’ Oise, ‘ e nella bassa Piccardia. > Le cifre appariscono favolose, onde ho pensato di citarle colle stesse pa- role di Payen. Tutto il segreto del potere distruttivo, onde un bruco, un animale son forniti, sta nel numero e nella rapidità di lor propagazione; la grandezza, la voracità, la lunghezza della vita ci entrano come secon- dari elementi: è facile calcolarli tutti con precisione, qualora si possie- dano numerosi e completi dati statistici. La Musca carnaria produce 20,000 piccini, che mangiano tanto da crescere 200 volte il loro peso in venti- quattr’ ore; per cui dice benissimo Linneo che tre mosche (M. vomitoria) divorano un cavallo morto presto come un leone; e Wilke, che, per i poteri di propagazione, il più picolo insetto è distruttivo al pari di un elefante. 6 Molti sono i mezzi con che una specie combatte l’altra; la diffe- renza del suolo, del clima, dell’ alimento può essere a questa favorevole, a quela contraria, in tanti modi che non vi è bisogno di specificare. Gl’' inconvenienti della lotta vengono remossi dalla coltivazione e dal- la domesticità; molte piante selvatiche portate nei giardini subito va- 1 Ibidem, pag. 659 — La quantité des vers recueillie est trés variable, elle est parfois descendue de 25 à 5 Kilogrammes d’un jour a V’autre. La moyenne a été par jour, dans la campagne de 1866-67, de 10 kilogrammes, représentantani moins 5,000 insectes. 2 Ibidem, pag. 659-60. — Certaines pièces de terre contenaient en moyenne 25 larves par metre carrè, soit 250,000 par hectare. Comme sur cette élendue on peut cultiver environ 100,000 betteraves cu 80,000 pieds de colza, chaque racine aurait donc été attaquèe par deux ou trois larves. Cela suffit pour compromettre definitivement une recolte. Si l'on suppose que les autres terres arables de la Seine- Inférieure contiennent la mème proportion de larves, on ne doit pas évaluer a moins de 25 millions de franes l’importanee du dommage dans tout le département. Encore cette proportion etail quelquefois depassée chez. M. Reiset. Il y avait des champs qui etaint littéralement infestés; aussi lhabile agriculteur n° a-t-il pas reculé devant la necessité d'y faire jusqu' a trois labours successifs. Les époques et la pro- fondeur de ce labours furent détermindes d’apres les indicalions fournies par une fouille spéciale où l'on pouvait étudier le nombre et le degré d’enfoncement des larves dans le sol. Ces trois labours furent faits au moi d’octobre, avant les plan- tations de colza. Ils donnèrent le premier 170, le second 444, le troisime 65 kilo- grammes de vers blanes, en summe 544 kilogrammes, c’est-à-dire que | on fit di- sparaître par ce moyen 472,000 insecles. 3 Ibidem, pag. 660-641. — On regle en ce moment mème ies comptes. de la caisse départementale de la Seine-Inférieure, et d’après M. Reiset les primes pour le hannelonnage s’elévent à 80,000 francs. Elles ont amené la destruction de 1 mil- liard 449 millions d’insectes, qui n’ eussent pas produit moins de 25 milliards de larves l’année suivant, 4 Ibidem, pag. 661 — Dans une saison, 530,000 kilogrammes d’insectes pas sèrent dans ce bain d’èau bouillante (d’une sucrerie dans le departement de I’ Oise), e esta-dire qu environ 28 millions de hannetons furent debruits. () Ils auraient produit 560 millions de larves qui eussent vécu aux depens de deux recoltes succes- sives de beltevares. () Le poids des hannetons varie naturellement suivant l’epoque. M. Lamoureux a constaté qu'en moyenne 1,000 de ces insectes adultes pésent 4 kilogramme 40 grammes, 9 Ibidem, pag. 663. — Secondo Hecquet d’Orval, le larve, i vers gris, e i bruchi danneggiarono del 40 per 0j0 le raccolte della bassa Piccardia. 6 Lyell, Principles ece. pag. 458-9. tecno 19 riano, e gli animali domestici mostrano gli effetti del miglior nutrimen- to; ma l’azione dell’uomo entra nel posto di quella. La concorrenza vitale, al pari della selezione, opera universalmente ; tutti i viventi, in tutte le età ne soffrono i rigori, ed in tutte le funzioni loro; onde si può distinguere nei varì modi, che abbiam veduto della selezione. Difatti ha luogo nella generazione,’ allorchè i maschi si conten- dono il possesso delle femmine, assumendo anche armi o difese speciali (come il ciuffo di penne, che fa ufficio di scudo sul petto del gambetto, Tringa pugnax); si trova poi prevalentemente nella nutrizione, «dovendo gli animali procacciarsi il cibo a ferza di grandi fatiche, nè pur trovan- dolo sempre: non manca nemmeno in tutte le relazioni che le forme di vita hanno tra loro e col resto del creato; imperocchè, si avverta bene, i viventi combattono la battaglia della vita e contro altri, e contro gli agenti fisici, onde la generalità del principio per questo verso eziandio. Ma come si potrà stabilire il peso con cui le diverse specie gravitano nella bilancia della concorrenza? Per risolvere questo quesito occorrereb- bero elementi statistici che io non possiedo; il perchè ricorrerò ad altri argomenti, che riusciranno, spero, altrettanto efficaci. Per misurare la Gapacità di vita, che un essere organico possiede, o, più brevemente, la potenza di una forma di vita, possiamo paragonare le varie divisioni della scala zoologica e botanica, e investirne gli esseri proporzionalmente alla loro elevazione. Ho accennato di sopra che questo accade in generale, ma non sempre, e adesso vedremo più estesamente perchè ; non dimen- tichiamo frattanto, che nelle ricerche statistiche questo e quel dato può esser variabile, ma solamente fra certi limiti, e ciò fa sì che possano be- nissimo aversi medie costanti, del cui valore può tenersi calcolo ; e le ot- terremo nel nostro caso più facilmente dalia comparazione tra classe e classe, che tra ordine e ordine, indi famiglia e famiglia, poi genere e genere, finalmente specie e specie: più facilmente insomma quanto più sono estesi i gruppi paragonati; talechè terremo maggiori le probabilità di vittoria per le forme alte che per le basse. Arroge che quelle avendo - struttura più complicata e però più delicata e sensibile hanno rispetto a queste altri svantaggi, e risentiranno infinitamente più le mutazioni di clima, la scarsità o mancanza di cibo e di bevanda, tutti gli effetti di con- correnza; poichè le seconde sono più cosmopolite, più parche, di vita più ‘tenace che le prime, cui però abbondano i mezzi di compensazione, come le migrazioni ed altri; onde s’inferisce che sta bene assegnare la supe- riorità nella lotta alla superiorità organica. Spesso entrano in concorrenza forme tassonomicamente lontane fra loro, sia perchè abitano lo stesso elemento, o prediligono le stazioni medesime, sia perchè si alimentano allo stesso modo, o perchè una delle due fa da preda o da ospite, l’altra da predatore o da parassito: viceversa, quando tali condizioni non si verificano, forme anche affini non si tro- vano a competere insieme. Non baitagliano co’ pesci i mammiferi , tranne gli acquatici o amfibj; nè quelli nè questi hanno che fare coi pipistrelli e le scimmie, e via dicendo. Allorchè però forme strettamente affini s° in- contrano nelle stesse stessissime condizioni fisiche, abitazione, suolo, cli- ma ece., od organiche, cibo, abitudini ecc. la concorrenza salirà al colmo: questo è chiaro: di qui la verità di quanto afferma il Darwin !. « Come STI ! Origine delle specie ecc. pag. 55. 20 le specie del medesimo genere hanno abitualmente ma non invariabilmente, alcune rassomiglianze nelle loro abitudini e nella loro costituzione e sem- pre nella loro struttura, la lotta è in generale più accanita fra queste specie prossime, quando entrano in concorrenza, di quello che fra le spe- cie di generi diversi. Noi vediamo un esempio di questa legge nella re- cente estensione, in alcune provincie degli Stati Uniti, d° una specie di rondini, che ha cagionato la decadenza di un’altra specie. Il recente au- mento del tordo maggiore in certe parti della Scozia produsse la crescente rarità del tordo bottaccio. Avviene assai spesso che una specie di ratti prende il posto di un’altra in climi diversissimi. In Russia la piccola blatta d’Asia ha cacciato davanti a lei dappertutto la sua grande congenere. Una specie di senape ne soppianta un’altra e così in altri casi. » i; Questa lotta incessante nello spazio e nel tempo tende ad eliminare gli esseri che non ebbero variazioni favorevoli, mentre ai favoriti sgom- bra il campo; il rigore onde accade fa sì che ogni essere si cerchi la nicchia che gli conviene, entro la cui cerchia può muoversi a suo piacere, ma non uscirne, sotto pena di perire. La lotta serve potentemente alla divergenza dei caratteri, conciossiachè, per quel che dicevamo, quanto più son differenti gli esseri che convivono in un dato luogo, tanto minori sono le probabilità di nuocersi reciprocamente. Darwin ha dato anche parecchi esempì di ciò. La divergenza poi è legge interessantissima, perchè da essa dipende la perfezione e progressione degli organismi, alle quali perciò conferisce in sommo grado la lotta. La selezione sceglie, la concorrenza rigetta e distrugge ', nè si hanno punto a confondere insieme, come a suo luogo accennai. Non avviene la prima senza la seconda ?; son due cose distinte in natura, ma nell’ ele- zione artificiale l’uomo sceglie e distrugge allo stesso tempo, e sta qui la differenza tra questa e la naturale, che hanno dall’altra parte tante ana- logie, da potersi riguardare come una sola. Il termine, elezione artificiale e improprio, perchè l’uomo in essa non fa che mettere in giuoco le me- desime. cause naturali. I rigori della concorrenza producono un effetto, che merita di essere studiato, vuoi per intenderla a dovere, vuoi perchè ci rivela che le mini- me particolarità di struttura, le condizioni di vita più insignificanti, hanno per gli esseri organici un ufficio, tutte quante, ed un valore che eravamo lontani dall’ attenderci. Quando un piatto della bilancia è colmo basta un granello di sabbia per farlo andar giù; quando il vaso è pieno basta una goccia per farlo traboccare; cose sfuggevolissime alle nostra vista turbano l'equilibrio in natura, e decidono della vita e della morte degli esseri. Ecco alcuni esempì 3: il colore che dai sistematici si stima senza importanza, 1 La concurrence des espéces, la bataille de la vie, sont un puissant moyen d’ elimination plutòt qu’un instrument createur. — Laugel, Revue des deux Mondes, A Mars 41868, pag. 144. ? Mais comment, dira-t-on, agit celle prétendue sélcction? quels moyens em- ploie-t’-elle? quelle puissance, remplagant dans le monde animé la main de l homme, a si souvent renouvele la face de la terre? C° est la souveraine puissance de la mort. Corrigeant pour ainsi dire la vie, elle arrète les écarts, les monstruosités; elle jette les faibles en sacrifice aux forts, elle fait gràce a certaines races, elle condamne les autres, — Laugel, Revue des deux Mondes, A.er Avril 1860, pag. 654. 3 The Variation ecc. vol 41. Chapter XXI. — Characters which appear of tri- fliug value often of real importance. — pag. 227-255. 21 rende gli organismi soggetti o no ai veleni, alle malattie, ai parassiti e- sterni od interni, alle punture degl’insetti, all’azione del sole e del gelo, del caldo e del freddo, agli attacchi degli animali rapaci; altre minute modificazioni, come la sottigliezza del guscio, e la lanugine nei frutti; la esistenza di glandule sulle foglie; la diversità nel sapore delle gemme, delle radici, dei semi, nella grandezza delle foglie, dei petali fanno al- trettanto; la lunghezza ineguale della paglia nel grano rende la raccolta più abbondante, perchè la fecondazione si fa meglio. Io mi son preso la briga di contare i fatti di questo genere allegati dal Darwin: son 551 Ap- pariscono tutti nuovi e curiosi, ma si spiegano agevolmente con la correla- zione delle forme, la quale non è sempre evidente, ma di certo esiste non solo per piccole strutture, ma anche per il colore. Tutte le varietà di Pelar- gonium zonale a foglie screziate hanno i fiori semplici, e viceversa in quelle a fior doppio la foglia è unicolore: l’Orchis maculata ha le foglie brizzolate di rosso-bruno e i fiori porporini; a misura che questi si co- lorano, svanisce il color di quelle, e si perde '. Se dunque bastano sot- tilì differenze alla prevalenza di questo o quell’ organismo, inferiremo a buon dritto che le maggiori, anatomiche, fisiologiche, embriologiche, tas- sonomiche hanno maggior peso; e se la cosa va sempre così, ne sarà lecito dire non solamente che la prevalenza è in favore della superiorità organica, ma che è in ragione di cotesta superiorità. Se non che, badia- mo bene, siffatta superiorità non si misura con la grandezza e la forza di un essere, ma con la perfezione morfologica e tassonomica, nella quale, come noto in seguito, entrano le dimensioni ed ogni maniera di attività dei corpi viventi. Ho provato che il numero degli organismi è immenso, e che real- mente combattono per le sussistenze, ho indagato le leggi che regolano l’azione della concorrenza; mi resta ad aggiungere un’ ultima parola in- torno ai rapporti che collegano questo principio agli altri due. Non si può dir che la competenza vitale produca le variazioni utili, e nemmeno che tali sono per dato e fatto di lei, ma bensì a cagione degli adattamenti che portano all’essere il quale le possiede, e cui servono nella lotta; in questa si palesa la loro utilità. Il principio di cui discorro dipende e fa parte di quello che per ultimo vedremo , ta mutua relazione degli orga- nismi: anzi e la scelta e la concorrenza si può dire che ne faccian parte; che altro sono entrambe se non una relazione dei più.ai meno perfetti, che operano, la prima nelle generazione, la seconda nella nutrizione pre- cipuamente, come fa il terzo principio nel resto? Luna e l’altra si fanno risentire sino all’individuo, ma la loro azione è più spiccata sulle masse; indi la necessità di portare le osservazioni sur uno spazio, un tempo, e un numero considerevoli per la seconda, come vedemmo per la prima. La superficie della terra, la profondità dei mari, e le altezze dell’ atmosfera formano i campi della battaglia vitale, in che pugna ogni vivente della nascita alla morte; se questo ci sembra poco portiamo il pensiero con la geologia negli spazì di cui esistono appena le traccie, e nei lunghissimi tempi trascorsi, e sarà in nostra facoltà di aggrandire gli uni e gli altri quasi quanto ci pare, mettendo a confronto lo spazio col tempo, come _—_—_—___ ETT nd 1 L'origine des varictes sous l’influence du elimat artificiel des jardins ece. par M. Edouard Morren. — Archives des sciences phisyques et naturelles ece. 25 Juin 1867. Geneve ecc. pag. 145. 10) ho detto altrove. Nè lo spazio, nè il tempo, nè il numero influiscono di- rettamente sulla concorrenza, ma soltanto l’avvantaggiano, il primo offrendo svariate condizioni fisiche, l’ultimo dando strette relazioni organiche, e così rendendola -più viva: il tempo fornendo ai competitori la vittoria e met- tendo in vista i grandi effetti della lotta, che comincia col primo e finirà coll’ ultimo dei viventi. Mutui rapporti degli organismi. Passo finalmente al terzo ed ultimo principio fondamentale della teo- ria. Ecco in che consiste: « La struttura di ogni essere organizzato tro- vasi in una necessaria dipendenza, spesso assai difficile a scoprirsi, da quella di altri esseri organizzati che gli fanno concorrenza pel nutrimento o per l’abitazione, che sono Ja sua preda oppure dai quali deve difendersi !. » il principio di dipendenza è più generale della elezione e della lotta: la sua importanza non è certo inferiore a quella degli altri due; il Darwin dice 2; « I mutui rapporti degli organismi sono i più importanti » e vuol intendere più dei rapporti fisici che aveva sopra nominati. Una delle parti più originali della sua teoria è appunto questa, e non so se a niuno prima Gi lui sia venuto in mente di cavare argomenti per la trasformazione delle specie dalle mutue relazioni loro; a Lamarck, no di certo: ma che il Darwin ne faccia veramente uno de’ più forti è chiaro; egli v’insiste ad ogni pagina del primo suo libro. Laugel è uno dei pochi che hanno capito questo principio, e ne spiega molto bene la grandezza e la profondità, in un bell’ articolo che ho avuto occasione di citare anche altrove *. « Lo monde organique n’est pas seulement livré a ces forces exter- nes, il porte dans son propre sein des causes de changement. Si l’on re- garde toute la nature animée comme un seul étre dont la vie est décom- posée et morcelée en des millions de vies éphéméres, toutes ces existen- ces partielles réagissent sans relàche les unes sur les autres. De méme que dans un systéme stellaire on se saurait altérer le mouvement ou la masse d’un astre quelconque sans modifier l’ equilibre di tous les autres, de méme Gn ne peut imaginer aucun changement dans Je monde organi- que qui n’exerce un contre-coup sur tout ce qui en fait partie. L’animal, la plante, ne sont pas seulement soumis à la tyrannie des agens inorga- niques, ils subissent aussi celle de la flore et de la faune contemporaines. Lamarck s'est occupé da milieu physique, Darwin du milieu organique £. » « Les adversaires mémes de cette thèorie ne sauraient nier qu’ elle ait une semplicité, une ampleur saisissantes. La faune terrestre y apparaît comme une sorte de grand corps vivant qui rejette des molecules usèes pour se rajeunir perpètuellement. Sans cesse modelé par la main invisible de la nature, il est toujours ancien et toujours nouveau. » Giustissimi tutti e due i paragoni. Il nostro sistema solare può distin- guersi in tre gruppi; l’interno o tellurico, composto di Mercurio, Venere, la Terra e Marte; il medio o degli asteroidi, perchè ne fanno parte Giu- none, Cerere, Vesta e molti altri piccoli corpi; l'esterno o gruppo di Giove formato da Giove, Saturno, Urano e Nettuno: gruppi minori son 1 Darwin, Origine delle specie ece. 55-4. ? Ibidem, Capo III. Sommario pag. 42. Darwin et ses critiques. — Revué des deux Mondes. 4.er Mars 1868. 3 4 Ibidem, pag. 152. formati dai satelliti attorno ai pianeti. Ognuno di questi gruppi ha rap- porto col sole, centro comune, e con gli altri; le perturbazioni che av- vengono in uno si fanno risentire a tutti non solamente, ma lo stesso avviene in grado minore fra pianeta e pianeta, fra un pianeta e i suoi sa- telliti. È noto che le perturbazioni di Urano fecero strada alla scoperta di Nettuno. D'altra parte il sistema planetario è legato ad un maggior sistema, quello della via lattea forse, come lo indica il dirigersi che fa il sole verso la costellazione d’ Ercole; la via lattea potrebbe a sua volta dipendere da altre parti del gran tutto che si chiama universo. La vita dell’ organismo è mutazione, scambio continuo di materia, mentre persi- ste la forma; onde le minime particelle di ogni organo, di ogni tessuto ‘in capo ad un certo tempo si rinnovellano , e tale rinnovazione di tuito il corpo umano hanno alcuni fissata ad un periodo di sette anni, altri di due o meno: questo fatto fu appellato benissimo le tourbillon vital. Ne parlano Cuvier, Milne Edwards, e prima di loro Borelli. Appresso per ri- cordare che i membri del corpo non posson vivere isolati basta l’apologo di Menenio Agrippa. Il mondo organico è quasi una vasta, ingegnosissima macchina, con rote e rotelle, rocchetti, perni, cilindri, leve e molle, rap- presentate ognuna da masse di forme organiche, le quali la fanno andare compiendo ciascuna un determinato ufficio, e cospirando nel loro assieme a produrre un grande lavoro e fino. Mi perdonino i lettori questi para- goni levati dall’astronomia, dalla fisiologia e dalla meccanica, perchè danno idea molto bene del valore del principio che esaminiamo , e della cura che avremmo a porre nello studiarlo. Torva leaena lupum sequitur; lupus ipse capellam; Florentem cytisum sequitur lasciva capella !. Il poeta ha benissimo indicato in questi due versi le reciproche re- lazioni dei viventi, togliendo l'esempio da una sola, la ricerca del cibo che d’altro canto vien trattata nel principio di concorrenza: ora qui dob- biamo tanto la nutrizione che la riproduzione esplicar più largamente sino alle lor secondarie ed infime particolarità; restano poi tutte le altre re- lazioni propriamente dette, e non solo le organiche, ma le inorganiche altresi che fanno seguito a questo terzo principio. Appartengono alle ul- time l’ abitazione e stazione, l’epoca di apparizione degli animali e di fio- ritura delle piante, le migrazioni, l’ influenza del suolo e dei climi ecc. |, alle prime la stazione dei viventi sui viventi e il parassitismo ; le caccie, le pesche, le insidie, e le difese, le costruzioni, società, amori , filogenitura, istinto, tutti i costumi degli animali, in una parola ; la disseminazione e fecondazione delle piante operata per mezzo degl’ insetti e via dicendo. La trattazione dei rapporti fisici è stata fatta in gran parte, perchè rientrano e confinano con la geografia zoologica e botanica, ma i rapporti organivi sventuratamente furono sin qui trascurati. Si usa, è vero, nelle flore e nelle faune mettere sotto ogni specie un cenno delle sue abitudini ed istinti, ma trattati generali su questi, opere che dall’immenso numere dei fatti bene osservati e descritti cavino una dottrina (non dico buona e vera, ma passabile) ne cavino anché un sistema qualunque non esistono. C'è sì qualche trattato generale ma puramente descrittivo senza tentativi nella parte razionale, e posso indicare come i migliori di tal genere l'/n- troduzione all’ Entomologia di Kirby e Spence , la Storia degli Animali di ! Virgilio, Ecloga Hl verso 65, 64. 24 Gené ; la prima si estende a tutti gli articolati, la seconda ai vertebrati; esiste poi una folla di pubblicazioni così detto popolari, delle quali non occorre parlare, perchè al difetto accennato altri ne aggiungono e sono per la massima parte superficiali, talvolta cattive. Saggi sperimentali hanno dato Flourens, Gratiolet ecc. ; saggi razionali Leroy ecc. gli uni e gli altri versano però sur un soggetto parziale, l'intelligenza degli animali. Ma io conosco un bel libro, un libro veramente filosofico, dove non solo Ja parte delle relazioni fisiche, ma delle organiche è presentata con vedute nuove e grandiose; questo libro è la Geografia fisica del signor Marsh !, mini- stro per gli Stati Uniti a Firenze. Essa potrebbe servir di modello a chi imprendesse a colmare questa grande lacuna della Storia Naturale; im- presa utile non solo per la scienza pura, ma e per la pratica, come fa fede l’opera che ricordo. Nè è a dire che manchino i materiali per ciò fare; benchè la scienza, come un tale ha detto, abbia più guadagnato in estensione che in profon- dità, pur non mancano i grandi osservatori; basta ricordare Reaumur fra gli antichi, il colonnello Goureau fra i moderni; e per questa parte ab- biamo da noi Paolo Savi: miniera inesauribile di osservazioni son poi gli annali di tutte le società entomologiche. Io non dubito punto che la ne- cessità dello studio dei costumi sarà tra breve universalmente riconosciuta; e che la etologia, zooetica, 0 biologia, come taluni anche lo dicono, debba assorgere a dignità di vera scienza, avere suoi criterî e suoi metodi, sua classazione, sue leggi, e così portare i frutti che se ne attendono. Ciò è più facile oggi che i mezzi di osservazione son tanto aumentati, grazie ai giardini zoologici e di acclimazione, e agli acquari. Il nome di ecologia, che Haeckel a tale scienza assegna ?, è preferibile agli altri, sì perchè non include verun equivoco, sì perchè applicabile tante alle pianto come agli animali, sì perchè derivato dalla stessa radice greca di economia : e difatti la ecologia si prefigge di studiare la economia della natura.. Che i rapporti reciproci fra i viventi conferiscano mirabilmente al benessere loro non è di certo chi dubiti; che il loro studio sia utilissimo e per questo è perchè ci dà spiegazione di certe forme altrimenti strane e inesplicabili, molti ne converranno: ma non tutti saranno persuasi che essa appoggi validamente la teoria della discendenza modificata. Eppure è così! Sentite quel che ne dice il medesimo Darwin #. « I naturalisti si riportano continuamente alle condizioni esterne come il clima , il nutri- mento ecc., e da esse traggono la sola causa possibile dì variazione. Come vedremo, i medesimi non hanno ragione che in un senso molto ristretto. Per esempio; è un errore l’attribuire alle sole condizioni esterne, la strut- tura del picchio, la formazione dei suoi piedi, della coda, del becco e della sua lingua, organi conformati tanto meravigliosamente per cogliere gl’ insetti sotto la scorza degli alberi. Così dicasi del vischio che trae il suo alimento da certi alberi, il seme dei quali deve essere sparso da determi- nati uccelli mentre i loro fiori dioici esigono l’intervento di certi insetti per recare il polline dall’ uno all’altro. » « Evidentemente non potrebbe attribuirsi la natura di questa pianta parassita e i suoi rapporti tanto complicati con parecchi esseri organizzati 1 Man and Nature, or physical Geography as modified by human action, by George P. Marsh. — London, Sampson Low 41864. ? Generelle Morphologie etc. vol. Il p. 286. 3 Origine delle specie ecc, — Introduzione p. XIII. T_T 25 distinti, all'influenza delle condizioni esterne, delle abitudini o della vo- lontà della pianta stessa. » 1 « In qual modo ciascuna nuova specie si adattò alle circostanti con- dizioni fisiche, e alle altre forme di vita onde in certa guisa dipende ? Dappertutto intorno a noi veggiamo innumerevoli adattamenti e disposi- zioni, che giustamente eccitarono nella mente di ogni osservatore la più alta ammirazione. Vi è, per esempio, una mosca (Cecidomya) ? che fa le uova fra gli stami di una Scrofularia, e secrete un veleno che produce una galla, di cui la Jarva si nutre; ma vi è un altro insetto (Misocampus) che depone le uova nel corpo della larva entro alla galla, ed è così nutrito dalla sua preda viva; talehè un insetto imenottero qui dipende da un dit- tero, e questo dal suo potere di produrre una mostruosità in un organo particolare di una pianta particolare. Così accade, in maniera più o meno evidente, in migliaia e centinaia di migliaia di casi, tanto nelle più basse che nelle più elevate produzioni di natura. » Esempî analoghi a quelli del grande naturalista inglese potrebbero trovarsi senza fine; Lyell # cita da Wilcke uno proprio simile all’ultimo; la Phalaena strobilella fa le uova nei coni del pino, l'Ichneumon strobilellae nelle larve di quelia: ma il più curioso, il più complicato, il più splendido esempio di questi adattamenti ce lo danno i vermi intestinali , neile mol- teplici loro migrazioni da uno ad altro ospite e nelle trasformazioni che accompagnano il mutar d’ambiente: altri begli esempî abbiamo nel mutar di stagione di certi insetti, sottoposti a ipermetamorfosi, come la Stitaris humeralis, fra i coleotteri #. Qui è chiaro il nesso tra la forma e il mezzo dove vive; istruttivo il parallelismo tra l’adattamento e la variazione em- brionale; non simulato ma vero quello tra la variazione embrionale e spe- cifica, tantochè si tenevano come specie differenti tutte le fasi del ciclo genetico, prima che fossero per tali riconosciute! Ma non debbo io par- lare di ciò; bensì accennare che come vi è un ambiente fisico , che con le influenze del suolo, del clima, della temperatura, dell’umidità, della luce, dell'elettricità modifica le specie; così vi è un ambiente organico che ap- porta loro ben più grandi modificazioni. I mezzi co’ quali agisce sono gli infiniti rapporti che gli organismi hanno tra loro in ordine alia nutrizio- ne, alla propagazione, alla relazione. Il mondc esterno inorganico od or- ganico forma così, come chi dicesse uno stampo, entro a cui sì model- lano le forme di questa o quella specie. L'elezione naturale presceglie le variazioni che meglio si prestano di rapporti tra questo e quell’ organi- smo; la lotta per la vita elimina le meno utili ; la dipendenza alla sua volta stabilisce quei rapporti pel maggior benessere di questo, per il minor male di quello, assicurando a ciascuno la soddisfazione dei propri bisogni. ‘ Qualcuno dirà; capisco come agiscano nella lotta della vita, e per conse- suenza nella scelta: ma non so che azione possano avere nel modificare direttamente una specie. Rispondo: i mutui rapporti non producono va- riazioni, come non ne producono, nè la scelta, nè la lotta : io son costretto a ripetere ogni momento che le cause delle variazioni, qualunque sia lor natura e valore sono affatto distinte dai tre principî fondamentali della Darwin, The variation ete. 4869 vol. A — Introduction p. 5. Léon Dufour cele. Principles of Geology ete. vol, II 4868 p. 457. P Les métamorphoses des inseetes par Maurice Gérard, ete. Paris, ‘Hachette 1867, p. 1418-24, > 10 29 26 nostra teoria, come pure dalle leggi che le regolano; la trattazione nè di quelle nè di queste non fa parte del mio lavoro. I principî che in questo capitolo esamino non fanno altro che impadronirsi delle variazioni pro- dotte, ed esercitarvi sopra loro azione ciascuno; fanno altrettanto la ere- dità, la divergenza, la correlazione di sviluppo ecc. è conseguenza di quei primi essenzialmente la trasformazione delle specie. Generali, diretti e immediati sono in tale opera i primi; parziali, indiretti e mediati i se- condi. Concludo: a favore dell’idea che le specie si sieno prodotte deri- vando l’una dall’ altra per la via ordinaria della generazione, non dovrà ‘ dunque più dirsi, come da molti, che s’ invoca la sola legge dell’elezione naturale, e per conseguenza i soli fatti che la costituiscono, o tutt’al più anche il principio ed i fatti della lotta per la esistenza: ce n’è anche un terzo, c'è una terza serie di fatti, la cui evidenza non resta punto indietro ai precedenti. Le corte vedute della vecchia teleologia hanno impedito a quasi tutti i naturalisti di ravvisare l’importanza sperimentale e scientifica degli a- dattamenti, nei quali hanno saputo scorgere la sapienza del Creatore, sì, ma nient'altro. Paghi di ammirare non si son dati la pena di osservare, molto meno di ragionare e di cercarne il significato, concludendo sempre che tutto andava, o doveva andar per lo meglio nel miglior dei mondi possibile. Ma le speculazioni della teleologia si rompevano contro lo sco- glio degli organi rudimentali, delle mostruosità, delle omologie; e potè quella ritardare e imbarazzare lo studio della teratologia e della morfolo- gia, ma venne il giorno, che queste naturalmente reagirono e s° imposero ai teleologi, i quali non seppero che rispondere! Una delle ragioni che fecero prendere in uggia la teleologia è l’ abuso strano e puerile che se n’è fatto e se ne fa di continuo: si disse 0 si dice per esempio che le stelle furono create per fare nella notte da moccoli, l’ape per raccogliere il miele, la formica per dare una lezione di morale all’uomo; e simili ga- lanterie '! A ciò anche contribuirono nen poco i poeti facendo accettare per moneta corrente certe immagini e certe idee. Io non credo quindi che possa risuscitarsi quella teleologia od ottimismo, di cui Voltaire fece nel Candido la satira più arguta e mordace, ma tollererò una teleologia, nel senso di alcuni filosofi moderni, che si studiano di conciliare certe antinomie, sempre che la non pretenda di opporsi alla nostra teoria, poco premendomi il resto. Una ecologia, come mi par che debba intendersi oggi, era impossiblle con quella vecchia teleologia. Talvolta mi son divertito a pensare se un solo, immenso vivente potesse occupare la superficie di un pianeta, poniamo del nostro, e tenervi luogo di quella svariata, e nume- rosa moltitudine di viventi che lo copre: ma tosto soggiungeva; a che pro? starebbe 1 uno forse meglio dei molti? e son forse questi separati? vi- vono ciascuno per conto proprio? Nient’affatto! Un corpo formato di ma- teria organica, e troppo vasto, si terrebbe male insieme, quando pur le sue parti non si disciogliessero ; sarebbe inerte come sono i grandi corpi 1 Franck — Dictionnaire des sciences philosophiques. Paris Hachette. Tome quatrieme. Art. Maupertuis p. 195. — Ces reproches étaient fondés a une époque ou l’on pretendail serieusement que Dieu avait donné des plis à la peau du rhino- ceros pour que celte peau si dure ne l’empéchait pas de se remuer: qu'il avait eréé le liege pour que les hommes eussent des buchons à mettre sur les bouteilles; qu'il avait donné au nez la conformation qui le distinque pour que les myopes pussent porter des lunettes. 27 inorganici, e i pianeti, e in ogni caso non potrebbe sviluppare quella somma di forza, cui compongono le parziali energie delle forme di vita, tutte legate da molteplici rapporti, che s’ intrecciano in una fitta rete !, nella quale, per modo di dire, i nodi rappresentano quelle, le fila queste. La figura e la grandezza delle maglie, per continuare la similitudine, va- riano, ma non un solo vivente manca di essere invilnppato da cotesta rete, che movendosi da questo o da quel lato tutti trascina; allargandosi, in- debolendosi, strappandosi, ovvero rianrodandosi e restringendosi per un organismo le fa più o meno per tutti. La vita sulla terra è una grande fiamma, alimentata da minime, infinite fiammelle: è una immensa arpa di cui le corde son formate dai viventi. Quindi nell’ indagare le relazioni che le forme di vita mantengono l’ una con l’altra, non dobbiamo perder mai di vista l’assieme di una divisione tassonomica qualunque, dal regno al- l'individuo, e anche l’insieme di tutti i viventi; e cercar con la statistica e con numerose comparazioni i dati costanti. Troppo lunga opera sarebbe il divisare quali e quanti siano i feno- meni della relazione, e già ho toccato i principali. Per classificarli biso- gna distinguerli prima di tutto in Rapporti del mondo organico all’inorganico, ed in Rapporti del mondo organico all’ organico. Vi sarebbero pure i Rapporti del mondo inorganico ali’ morganico, dei quali non parlo, perchè del tutto estranei al mio scopo, e perchè son parte vuoi della chimica, vuoi della geografia fisica, o della geologia, nella quale son conosciuti col nome più comune di cause attuali, con cui realmente sono una cosa sola. 2 I Rap- porti del mondo organico all’ inorganico , ripetiamo che son trattati dalla geografia zoologica e botanica, le quali fanno parte della geografia fisica; talchè alla ecologia propriamente detta restano i Rapporti del mondo orga- nico all’ organico. Questi possono dividersi in Rapporti del regno anima- le al vegetabile; poi del regno vegetabile al vegetabile, del regno animale all’ animale, e così di seguito. Il quadro, come si vede, è abbastanza largo per poterci tratteggiare un gran numero di fatti, i quali nessuno potrà dir che scarseggino; i materiali abbondano anzi strabocchevolmente, ma è forza scegliergli, disporli, cementarli, e tutto ciò al lume della razio- | nalità. Bisogna trovar classificazioni naturali per i singoli soggetti, come la fitofagia e zoofagia, il parassitismo, le costruzioni, la nidificazione ecc: e il difficile sta nel classificare tanti fatti svariati in modo razionale, non empirico; chè a questo tutti son buoni. I sistemi empirici si hanno ad usar solamente allorchè non possiamo fare i razionali, vuoi per la scar- sità delle nostre cognizioni, vuoi per assoluta impossibilità, e nelle prati- che applicazioni, per Je quali bastano i primi. Objetteranno molti che è impossibile portar la classazione in siffatte cose; dico male, perchè non si tratta già di elassificar cose ma fatti: nè io trovo più malagevole clas- sar queste che quelle; oltre di che la varietà non impedisce una buona classazione, quando il numero dei fatti è tale da fornir punti di contatto frai più disperati. cet Nel rapporto, poniamo che sia il più semplice, cioè fra due termini, possiamo vedere causa nell’uno ed effetto nell’ altro; oppure azione e ———__—__—__—_- 1 Des rapporis plus intimes, plus resserrés que les mailles du fissu le plus fin rellient entre elles foutes les parties de la creation. — Laugel, Nouvelle theorie etc. Revue des deux Mondes t.er April 1860. 2 Anche sulle cause attuali è molto istruttivo il libro del signor Marsh. 28 reazione, attività e passività, cambio e concambio , posizione e contrap- posizione, influenza e dipendenza, e via dicendo. I rapporti composti pos- sono considerarsi come l’unione di più rapporti semplici, e non presen- tano maggior difficoltà che questi. Il numero dei termini può formare anche una lunga catena. Che relazioni si trovino fra molti esseri e molto lontani per posizione tassonomica o per abitudini, è cosa certa per i fatti allegati dal grande Inglese, e per quello, tra gli altri, intorno al numero relativo dei pecchioni, toporagni e gatti nella fecondazione del trifoglio. ! Altrettanto è accertato da quest’ altro narrato dal Lioy. ? « In una campagna che da molti anni esploro per indagini entomo- logiche, la primavera dell’ anno 1865 bo notato una straordinaria rarità di insetti tipularidi e culicidi. L’anno prima in una comunicazione fatta alla Società italiana di scienze naturali io aveva preveduto questo avvenimen- to. E come? Perchè nella primavera del 1864 io era stato testimonio di una sperticata invasione di ditteri Empiti, le di cui femmine carnivore gozzo- vigliavano divorando a fusone i piccoli tipularidi e culicidi. » « Ma d’onde può esser derivata la maravigliosa apparizione di tanti Empiti? Io ho fondato motivo per credere di avere scoperto l’ arcano. Nello stadio larvale quegl’insetti soggiornano nell’acqua o lungo le rive fangose dei fossi, ove certi grossi scarafaggi acquatici, i ditisci e gli idro- fili, voracissimi carnivori un tempo assai comuni in quei dintorni, nel 1863 divennero sì rari che a grande stento potei imberciarne qualcuno, ed era mogio mogio, intorpidito, evidentemente colto da una malattia la cui indole non mi fu possibile studiare perchè negli anni successivi quei coleotteri scomparvero affatto di là. Non dubito che la loro rarità sia stata causa della insolita propagazione degli Empiti, che fu poi a sua volta causa di rarità in altri ditteri. » «< Per disvelare adunque la recondita cagione di un fatto nuovo nella vita di insetti volanti per l'aria, convenne questa volta ricorrere a cer-- carne la spiegazione in altri insetti nuotanti nell’ acqua. » « 5 Il mio amico Arturo Issel ha potuto persuadersi che le chioc- ciole male fanno prova nel Genovesato, tanto sterminio vi recano i sorci; solo l’ Helix cespitum è abbastanza comune, nè esita a credere che formi una eccezione per la sua dimora tra le pungenti foglie dei cardi, che gli offrono schermo contro i rapaci assalitori. » « Una epidemia che colpisse codeste pianticelle avrebbe adunque per una delle sue conseguenze la distruzione anche delle chiocciole dei cespugli! » Fatti di tal natura vengono tutto di sott’ occhio ai naturalisti, onde non mi ci fermo di più. Per mezzo della ecologia, quanto adattamenti singolari vorremo a conoscere, di quarte forme bizzarre e strane ci ren- deremo ragione! Io non posso passar sotto silenzio un ramo di studi, che cì fa inattese rivelazioni, e che, rinnovato dal Darwin, conta numerosi cul- tori; è lo studio della fecondazione operata nelle piante dagl’ insetti e dal vento ancora, 0 più brevemente della dicogamia; chè autogamia vien detta quella fatta col polline della pianta medesima. ' i Origine delle specie ecc. p. 51-32. 2 I miasmi e le epidemie contagiose per P. Lioy, lettura fatta in Vicenza. Firenze 1867 p. 29-50. SVI pdl. 4 F. Delpino, sugli apparecchi della fecondazione nelle Antocarpee, Firenze 1867. Lo stesso. Sull’opera, La distribuzione dei sessi pelle piante e la legge che osta alla perennità della fecondazione consanguinea del prof. Federico Hildebrand. Milano 1867. 29 Parlando della selezione e della concorrenza mì studiai di far vedere la correlazione tra questi fatti e la superiorità organica: faccio altrettanto per il principio dei reciproci rapporti. Crescono di numero, di varietà e per conseguenza d’importanza dagli esseri inferiori ai superiori, dagli acquatici ed amfibj, agli aerei e terrestri; e ciò sia per la generazione, sia per la nutrizione, sia per la relazione. Per la generazione; in quanto che le forme di vita inferiori sono più prolifiche, ma le uova o i piccini sono poco protetti e se ne fa amplissima distruzione. Il Faivre esprime l’idea che e gli animali, e le piante inferiori subiscono maggiori meta- morfosi, ! ed io ne convengo: convengo ancora che la evoluzione e la per- fezione delle forme di vita stanno in ragione inversa l’ una dell’ altra; cioè che in generale quanto più è lungo il ciclo evolutivo di una forma, tanto più dovremo reputarla imperfetta; e mi dispiace di non potere ora portare i fatti necessarî alla prova di questa mia asserzione, e confutare le contrarie, come quelle di Carus e di Jussieu, per esempio. Riteniamo danque che le forme basse attraversano più lunghe e complicate meta- morfosi; ma non si dirà per questo che più larghe e complesse abbiano lor relazioni, conciossiachè le intervengono in condizioni di vita più sem- plici, tra forme tutte più semplici anch’ esse, e con semplicissimi adatta- menti. Circa la nutrizione osservo che si alimentano di sostanze, primo, per la qualità meno complesse e perciò meno nutritive; secondo, per la qualità e quantità relativa meno svariate, in quanto che si ristringono a poche, ad una sola specie di organismi, e talora ad un organo, ad un tes- suto, ad un elemento istiologico solo; terzo, per la quantità assoluta di minor volume e peso. Quanto alla relazione non vi è dubbio, che gli ani- mali i quali abitano, si muovono, e respirano nell’ acqua sono in condi- zioni più uniformi e richiedenti strutture di grado più basso, che per quelli, i quali abitano e si muovono sulla terra, respirano aria. 2 Mi resta a discorrere dell’ interdipendenza organica in ordine allo spazio al tempo, e al numero; dirò che nessuno ha influenza diretta, e che tutti ne favoriscono |’ azione, e ne mostrano gli effetti, come per gli altri due principî. Conciossiachè quanto più si estende lo spazio, tanto sarà maggiore il numero degli organismi che l’ abitano, e più varie lor condi- * zioni di vita; allungando il tempo le piccole azioni si aggiungono l’ una all'altra e formano una grande somma; quanto più son numerosi i gruppi sottoposti alla relazione, tanto più cresce il numero, la strettezza dei rap- porti che l’un organismo rendono dipendente dall’ altro. La nostra inve- stigazione non si è ancora portata sufficientemente su questo grande prin- cipio, e i nostri mezzi per compierla bene sono pur troppo scarsi; ma, se metteremo sempre in conto i tre dati che ora ricordo, sia presi da soli, sia, ed anche meglio, uniti, rimarremo convinti che ne questo nè i precedenti sono immaginarî; e che l’ interdipendenza degli esseri viventi è divisa in tre parti, vero, sotto nome di Selezione, Concorrenza e Rela- zione, ma forma una cosa sola, ed è la verità. Objezioni. — Ho finito l'esame sui fondamenti del darwinisimo e sti- mo di averli dimostrati facendo appello al maggior numero di fatti che per me si potesse; pur non mi lusingo che basti questo per tutti. Koel- __—_——_— _——_———_ TA TATZ 1 La variabilité de especès etc. p. 2. ? Vedi più avanti, Capo Il. 30 liker ‘ e Penzeln hanno formulato rigidamente le objezioni capitali che possono muoversi contro: Canestrini 2 le ripete è si riducono ad otto 1.° Non si conoscono nell’ attuale periodo geologico i passaggi tra le diverse specie richiesti dalla teoria del Darwin. 2.° Non esistono tali passaggi nemmeno tra le specie fossili. 3.° La lotta per l’ esistenza non esiste nel modc presunto da Darwin. 4.° Non è dimostrata la tendenza degli organismi di formare varietà utili e cade con ciò l’ elezione naturale. ò. Se fosse vero che gli esseri più elevati provengono dai meno per- fetti, questi non potrebbero oggi esistere. 6. Non conosciamo varietà tra loro infeconde. 7. L’idea teleologica generale del Darwin è falsa. 8.° Anche senza la teoria del Darwin si può spiegare il progresse degli organismi. Queste objezioni sono veramente formidabili, ed una sola, se vera, ‘sarebbe fatale alla teoria; nè l’autore inglese se lo dissimula punto. Dirò ‘ora del modo che voglio tenere a combatterle. Io non ho intenzione di fare una polemica, ma di passare in rivista tre delle scienze componenti la Storia Naturale e di cavare da ognuna argomenti a favore della mia tesi. Ognuna di queste critiche s’ indirizza a fatti eh’ entrano nel dominio di più scienze; per risolverla è forza smentire o interpretare diversamente que” fatti, o contrapporne altri di maggior valore od uguale: e forza quin- di ch'io parli non solo di questa scienza o di quella, ma di tutte; il che non posso fare nel presente lavoro. Di mano in mano che vo innanzi nella mia trattazione, che tocco questo o quell’ ordine di idee, procederò allo svolgimento delle objezioni e a contrappesarle con ragioni contrarie; già ho cominciato, confutando quelle che via via mi si presentavano, e così seguiterò, perocchè nessuna voglio dissimulare, nessuna lasciarne senza risposta. Do un esempio di quel che dico: le objezioni prima e seconda si riferiscono all’ anatomia e alla fisiologia, alla morfologia, alla tassonomia, e alla paleontologia, insomma a tutte le scienze. Bene: per mostrarne la insussistenza sarò necessitato a mettere innanzi lo. sviluppo graduale degli organi e delle funzioni nella serie organica; la ripetizione, la graduazione, e la progressione (cose che in sostanza ne fanno una) come leggi generalissime delle forme di vita; a scoprire gli anelli di con- giunzione inavvertiti, e a trovare i mancanti nelle nostre classazioni; a ‘riempire le lacune che separano le forme recenti, coll’intercalare le e- stinte transizionali, e via dicendo. Spero che in tal modo la risoluzione. delle objezioni riuscirà completa e vittoriosa; spero che ciascuna verrà debitamente allogata, e sarà più difficile il caso che anche una sola possa passarmi di vista. Intanto toccherò certo questioni che altrove ho larga- mente trattate. Il lettore avrà con sua maraviglia veduto che fra le principali obje- zioni non figura la infecondità degl’ibridi, cui non si manca mai di eitare dai partigiani della immutabilità, contro l’opiniore opposta: ecco le ra- gioni. Linneo, ed anche Buffon e Pallas hanno creduto che gl’ ibridi di due specie potesser essere indefinitamente fecondi tra loro, e venissero così a fare una terza specie nuova: ma nulla di simile ha mai pensato . ! Uber die Darwin’ sche Sehopfungstheorie ete. von Kélliker p. 4-7. ? Origine dell’uomo ecc. Milano 1866 p. 42, in nota. 21 Darwin. Io sfidò chiunque a trovarmi nel primo o nel secondo suo libro anche l’ombra di un’allusione in propesito. Ho già detto con quali prin- cipî, sia primari, sia secondari, si spiega l’ origine delle specie ; questi dunque e non altri bisogna trovar falsi a voler confutare il darwinismo. Ma, ammessa l’ infecondità degl’ ibridi, cade forse I° elezione naturale, la lotta e la dipendenza; svanisce la correlazione di sviluppo, l'eredità, le leggi delle variazioni? Nè si creda già che io dica questo per uscirmene alla leggiera, no; '! dico solo perchè è la verità. Sempre così! non si capisce un autore o si falsa; poi si pretende di confutarlo. e vittoriosa- mente! Il Sig. Flourens dopo aver parlato contro la fecondità continua dei meticci conclude. ? « Je lé répete: Jamaîis le croisement des especes n° a donné d’ espéce in- termédiaire. » Dio vi riposi in pace, Sig. Flourens! potreste aver mille ragioni, ma non una varrebbe nulla contro il sublime concetto, della cui scoperta il solo genio di Darwin ha tutta la gloria! Ho detto altrove 3 che il cre- dere le specie derivate 1’ una dall’ altra è una vecchia idea, ma che la di- mostrazione data dal Darwin è affatto diversa da quella che ne han data i suoi predecessori. L’ Haeckel distingue benissimo una Teoria della Di- scendenza e una Teoria della Selezione. * Io mi riferisco sempre all’ ultima, poichè ammetto la dimostrazione di Darwin tale e quale. Kòolliker dice: ® « Relativamente ai suoi concetti fondamentali egli è prima a notare, che Darwin è un Teleologo nel più vero senso della pa- rola. Tutto indica, egli dice, che ogni particolarità nella. struttura di un animale sia creata per il meglio del medesimo, ed ei guarda tutta la se- rie degli animali solo da questo punto di vista. In secondo luogo Darwin non crede a leggi di natura generali, che in tutte le indipendenti creazio- ni si fanno anche note allo stesso modo, e così viene alla espressione, che la unità nella serie di forme di tutte le creature (unità di tipo), le loro naturali affinità e molti passaggi, solo per la sua teoria di un gra- duale sviluppo delle stesse l’ una dall’altra, di una genetica connessione delle medesime, spiegar si possono. Se ciascuna specie fosse creata indi- pendentemente non si potrebbe comprendere questa mirabile armonia. » Se la teleologia di Darwin consiste nell’ammettere una perfezione ed una progressione organica, si può benissimo esser teleologi, in questo senso; sì può esserlo ancora ammettendo una legge necessaria e mecca- nica di sviluppo come fa Haeckel, e come io credo che potrebbe farsi piuttosto in vantaggio che in danno della teoria di elezione; in sostanza eliminiamo gli elementi metafisici e irrazionali, limitiamoci agli sperimen- tali e razionali, e allora la questione della teleologia si riduce di parole solamente, poichè invece di cercare il fine, cercheremo l’ utilità di un or- gane, di una funzione, di una varietà. Il quadro tratteggiato da Darwin è tanto vasto, che ci entra ogni ulteriore sviluppo della teoria dielezio- ! Vedi Capitolo III. 2 Ontologie naturelle ete: par P. Flourens etc. Troisieme édition ete: Paris, Garnier Freres etc: 1864 — pag. 54. 3 In principio al capitolo. 4 Generelle Morfologie etc: Zweiter Band. Neunzehntes Capitel: Die Descendez- Theo"ie und die Selections-Theorie pag. 148. 5 Uber die Darwin ‘sche Schopfungstluorie ete: 1864 — pag. 4. 32 % he; tutto sta, a sapere se debbano allogarsi fuori e in contrasto con fe altre parti e coll’ assieme, o dentro e in armonia, come io penso. ! Il medesimo Kéòlliker dice rispetto alla quarta obiezione 2: « Le va- rietà ‘che si formano hanno origine in conseguenza delle molteplici esterne influenze, e non si capisce, perchè tutte o la più gran parte delle mede- sime debbano essere direttamente utili in modo speciale. Ciascun animale basta al suo fine, è nella sua specie perfetto, e non abbisognò di nessun ulteriore perfezionamento. Ma fosse anche utile una varietà e tale anche si mantenesse, pure è affatto senza fondamento a capire, come la mede- sima però debba mutarsi anche in seguito. — Tutta l’idea dell’ imperfe- zione degli organismi e la necessità del loro perfezionamento, è manife- stamente il lato più debole della teoria darwiniana, ed un espediente, mentre a Darwin verun altro principio riuscì d’ immaginare, per ispiegare la trasformazione, che, come io credo, ebbe luogo. » Replico: è falso che la maggior parte delle variazioni derivino da esterne influenze; derivano da cause embriologiche, fisiologiche, morfologiche : i mutui rapporti che ho detto formare una specie di clima organico, se non producono diret- tamente le variazioni (il che però non è certo) hanno ben maggiore a- zione del calore, della luce, del suolo, e di qualunque condizione fisica, nel conservarle ed accumularle: non vi è difficoltà ad intendere come gli adattamenti sieno utili o nocivi; lo sono prevalentemente e quasi esclu- sivamente rispetto alle condizioni organiche, non alle fisiche. Che ogni essere basti al suo fine, che sia perfetto nella sua specie e riguardo alle condizioni in cui vive, che però non abhia bisogno di perfezionarsi, sono massime della vecchia teleologia che non posson sostenersi nè co” fatti, né con le ragioni. Se la prima fosse vera, come va che le specie si estin- guono? Esse non potevan dunque più adempiere verun ufficio nel mondo. Chi vorrà credere che il pigro, l’ornitorinco, l’apterice, la lucignola (An- guis fragilis), il proteo auguino, il Pimelodus gulio * e simili, sieno perfetti, anche nella loro specie soltanto? Specie pure affini, pur costrutte sullo stesso piano, sono più elevate: non diciamo dunque che le prime son perfette, ma che la loro imperfezione non è tanta da averle lasciate spengere, come sarebbe avvenuto se specialissimi rapporti ad altri orga- nismi, specialissime abitazioni e stazioni non avessero protetti contro Ja concorrenza «di forme più attive, più forti, dotate di maggior capacità di vita, questi disgraziatissimi tra i viventi: tanto è vero questo che i citati son tutti affini a forme perdute. Se gli esseri non hanno bisogno di per- fettibilità, perchè dunque la serie tassonomica, la paleontologica ci mo- strano una progressione? perchè vi è un parallelismo tra coteste due pro- gressioni? sarà un caso! Una variazione utile si mantiene o si muta allo stesso modo che una specie dura o si estingue. Una varietà, una specie durano finchè le condizioni in che vivono sono le stesse; se queste mutano, debbono o mutarsi o perire: ma le ragioni di ciò non sono niente affatto trascendentali ; la interdipendenza e la lotta ci fanno capire come e per- chè quelle varietà, quelle specie non possono mantenersi di fronte a mu- 1 La sélection qui fait toutes ces choses n'est pas, à coup sùr, l’aveugle instru- ‘© ment du hasard. — Faivre, La variabilità ete: — pag. 14. 2 Ibidem'— pag. 6. 3 Pesce del Gange, coperto di un armatura il petto, nudo il resto; onde se ne sta mezzo appiattato nel fango, aspettando a coglier la preda quando passa. Vedi Owen, Palaeontology etc. 33 tate condizioni (e organiche e fisiche); come e perchè cessano i lore uf- ficè, o in linguaggio darwiniano, la loro utilità; come e perchè possono perfezionarsi ; vale a dire ripigliare in modo migliore o semplicemente diverso, altri ufficì, altra utilità. Dire che gli organismi sono tutti egual- mente perfetti ( per quante restrizioni a ciò si facciano) è altrettanto as- surdo che affermare tutti gli uomini eguali di fatto fisicamente o moral- mente. Alla obiezione quinta risponde Darwin ': « Io infatti non credo in una legge fissa ci sviluppo, che obblighi tutti gli abitanti di una regione a trasformarsi subitaneamente e simultaneamente ad un grado uniforme. Il processo di modificazione dev'essere sommamente lento. La variabilità di ogni specie è indipendente affatto da quelle di tutte le altre. » E al- trove ?: « Io non credo che esista una legge di sviluppo necessario, come notai nell’ultimo capo. » Ammessa pur questa legge, non ne viene che su tutti gli esseri debba agire con la stessa forza; non ne viene che su tutti gli esseri debba produrre uguali effetti: ne riparlerò, sotto il capo della paleontologia, dove indico le leggi che regolano la durata delle spe- cie, e il loro aumento o decadenza 3. Alla obiezione sesta rispondo in seguito. Settima 4. « Le varietà si originano senza influenza del concetto di fine, o di un principio di utilità, secondo leggi di natura generali, e sono utili o nocive o indifferenti. L’opinione che un organismo esista soltanto perciò a causa di un determinato fine, ma non presenti la incarnazione di un pensiero o legge generale, suppone un concetto unilaterale di tutte le esistenze. Davvero che ha ciascun organo, adempie ciascun organismo il suo fine. ma non riposa su questo il fondamento della sua esistenza. Ciascun organismo è anche sufficientemente perfetto per il fine cui serve, e il fondamento della sua perfettibilità non è punto a cercarsi in lui. » Qui, come sopra, vi è una strana confusione d’idee. Kòlliker sembra sup- porre che Darwin accetti non solo una teleologia, ma una teleologia fab- »icata per proprio comodo. La teleologia è estranea al darwinismo, men- tre non sarebbe così di una legge generale di sviluppo. Kòlliker muove a Darwin un rimprovero opposto a quello di taluni, che l’accusano di ri- fiutare le cause finali. Kòlliker confessa che le varietà sono utili, nocive, indifferenti: finalmente! Ora mi par che sia una questione molto secon- ‘daria il cercare sè ciò avvenga per effetto delle cause finali, o di leggi naturali generali. Pertanto Kòlliker vorrebbe che si ammettessero coteste: vorrebbe una legge, un piano universale di sviluppo per tutti gli esseri : tale almeno è il senso che ricavo in ultima analisi dalle sue parole. Egli segue a dire: non basta la finalità per ispiegare la esistenza degli orga- nismi; e in appoggio a cotesto suo pensiero ripete la falsa e vecchia mas- sima che ogni essere in sè -sia perfetto, e che la ragione di tale perfet- tibilità non potrebbe trovarsi nell’ essere stesso. Ma l'assoluta perfezione della specie in sè non è ammissibile, per la semplice ragione che questa o quella specie possono immaginarsi sotto migliori condizioni, le quali possono modificarla, e quindi perfezionaria: perchè non potrò figurarmi 1 Origine delle specie ecc: Capo X. pag: 277. 2 Ivi, Capo XI. pag. 280. Vedi avanti. Kélliker, opuscolo citato, pag. 7. 34 un pesce, un uccello più perfetto di tale o tale altro; cioè meglio adatto alle usate condizioni di esistenza dei pesci o degli uccelli? chi mi vieterà di coordinare tali e tali strutture organiche in.modo da ottenere una spe- cie più perfetta di tale o tale altra? Se questi tipi sono meramente ideali, a me basta che sieno possibili, per esser tanto veri. quanto se esistes- sero, se fossero reali. Ma poniamo che ogai specie in sè sia perfetta ; ciò non toglie che cotesta perfezione è relativa, può esser cioè maggiore 0 minore in organismi analoghi ed anche affini: donde la possibilità di mo- dificazioni, di perfezionamenti che possono all’una far pigliare il posto dell’altra. La teoria delle specie rappresentative in geografia botanica e z00- logica, o in paleontologia, ci mostra non solo che ciò può accadere, ma che accade: ci mostra, dico, ìl significato darwiniano delle modificazioni. Allorché una specie per leggieri cangiamenti diviene atta a occupare il posto di un’ altra, non è segnG che adempie un ufficio meglio della pri- ma, che ha maggiore utilità di questa? Allorchè una specie si sostituisce all’altra senza variazioni, è segno che 1’ ufficio adempiuto è lo stesso, che è medesima l’ utilità. Alludo in questi due casi non solo alla teoria della rappresentanza, ma al fatto reale della sostituzione di specie a specie in un paese, in una formazione: come degli esseri europei in Australia e in America; come nella successione di fossile a fossile. Posto che ogni per- fezione è relativa, io non so vedere perchè la elezione, la lotta, la dipen- denza non possano crescerla da una parte, scemarla dall’altra. Ottava obiezione. * « L’esistenza di leggi generali della natura spiega questa armonia, ancorchè si segua l’ opinione, che tutti gli esseri siansi originati l’ uno indipendentemente e separatamente dall’altro. Darwin di- mentica che la natura inorganica, nella quale non può discorrersi di ve- run legame di forme per generazione, mostra lo stesso piano regolare, la medesima armonia che le forme organiche, e che, per notare una cosa sola, si dà egualmente bene un sistema naturale dei minerali, come uno simile di piante ed animali. » Benissimo! ma quali sono quelle leggi ge- nerali? le morfologiche, le biologiche, le tassonomiche? Nessune, pare, in quanto che è rimasta con esse inesplicata quell’armonia. Questa legge non consiste nelle parziali, che ogni scienza ci somministra: bensì nel parallelismo di tutte queste leggi parziali, il quale si spiega solamente con la genealogia organica. Mi dispiace che non posso trattenermici quì più a lungo, ma non mancherò di farlo notare via via. C'è qualcosa di simile nella natura in- organica? Sì: la correlazione delle forze fisiche, l’analogia delle forze fi- sico-chimiche; ora la prima implica riduzione delle forze fisiehe ad un ordine solo di fenomeni, il moto, di cui le non sono che modificazioni, aspetti diversi; la seconda indica pure riduzione dalle une alle altre: an- che in questi casi la connessione non è simulata ma intima e genetica. L’esempio invocato da Kélliker prova dunque il contrario, di quel ch’ ei voleva! I minerali non formano un sistema naturale, nel senso in che viene adoperata botanicamente e zoologicamente la parola; ma se a quello si appressano, se hanno analogie tra loro, accade pure per la comunanza di origine. Anche i minerali e i corpi chimici simili o affini son tali per- chè si produssero in circostanze simili o analoghe: chi negherà che sia così? Spinger oltre la comparazione non si può, trattandosi di cose di- versissime, ma la è piuttosto favorevole a noi, che a Kòlliker. ! Kélliker, opuscolo citato, pag. 7. dò Non mi dilungherò più oltre nella confutazione delle critiche : so bene che il lasciare insolute tante questioni forma per me un grande svantaggio togliendo forza a quello che son per dire in seguito, ma ho avuto in a- nimo nel presente scritto di porre le dottrine dell’ illustre Britanno al ci- mento dei fatti di tre sole scienze per ora. Il punto di vista in cui mi metto è ben limitato, ma se le saranno trovate vere da questo, s° inferirà una grande prevenzione in loro favore, essendo ben difficile che si abbiano dagli altri punti di vista deduzioni opposte, per quanto diverso sia il compito assegnato ai varì rami della Storia Naturale. RNA an CAPITOLO El. MORFOLOGIA. Questa (la Morfologia) è la parte più interessante della storia naturale, e potrebbe dirsi che ne è 1’ anima, DARWIN, Origine delle specie ecc. C. XII. pas. 344 n SOMMARIO I. IDEALITÀ DELLE FORME — REGOLARITÀ — SIMMETRIA —— ANALOGIA — OMOLOGIA — RI- PETIZIONE — GRADUAZIONE — SERIE — TIPO. Il. PROGRESSO -— PERFEZIONE — REGRESSO. I. Idealità delle forme. — Intendo per Morfologia la dottrina ideale delle forme organiche. Questo nome è impiegato da molti botanici (Jussieu ed altri) ed anche da qualche zoologo, come Huxley, nel senso di anato- mia od organografia ; io invece come l’ Haeckel , il Bronn ed altri lo faccio sinonimo di anatomia filosofica o trascendente, titoli pomposi con cui ven- ne appellata quella oscura, difficile ed ancor poco avanzata scienza che stu- dia le forme, la costruzione, i rapporti, il significato loro negli organi ed or- ganismi particolari e reali, e li riduce a forme generali e ideali. Nell’uno e nell’altro senso sembra che prenda la parola morfologia Vittore Carus. L’altissimo scopo che la Morfologia sì propone non può venir raggiunto se non per la estesa cognizione dei fatti anatomici, fisiologici, istiologici, em- briogenici e teratologici, che unifica in leggi più comprensive, e che spiega in modo più razionale ancora, che non facciano quelle scienze parziali. Di tutta la Storia Naturale è la Morfologia il ramo sovranamente razionale e ideale. Che se ne senta il bisogno è ben dimostrato dalla scarsezza e man- canza assoluta delle nostre cognizioni su certi soggetti, importantissimi non solo per la scienza positiva, ma per la generale filosofia. Come per magico Vetro all’ oscuro. Folletti e diavoli Passar sul muro, Maravigliandosi, Vede il villano Che corre al cembalo Del ciarlatano ; ! così le apparizioni di questa lanterna magica, che è la natura, ci lasciano come suol dirsi a bocca aperta per lo stupore e muti alla spiegazione. Qual è la ragione di tante, d’ innumerevoli forme belle o brutte, curiose 0 strane, ridicole od orride? perchè questa è frequente, quella è rara? perchè l’una predomina in un gruppo di organismi, e in un altro l’altra? perchè la prima ha grandi e la seconda piccole dimensioni? perchè il numero di alcuna ha rapporti costanti ed armonici, quello dell’ opposta incostanti ed irregolari? la tale è semplice? la tal altra è composta? e perchè ? Simili dimande che potrei moltiplicare all’ infinito, restano per lo più senza risposta, ma chi ci dice che ciò avvenga per impossibilità 1 Giusti — Il bello. 38 dj trovarla, o per imperizia? Vediamo affaticarsi alla soluzione razionale dei problemi morfologici, ingegni della fatta di Oken, Goethe, i Carus, Bojanus, Meckel, i Geoffroy-Saint-Hilaire, Bronn. Owen, Haeckel, e mille altri; ce n° è una schiera! Nè vale il dive che hanno fallito alla prova , imperocchè, fosse anche vero, l’errore serve pure a qualche cosa, dice Oken, perchè mostra agli altri le strade che non si debbon tenere: onde non se ne inferisce la impossibilità 0 irragionevolezza dell’ìmpresa; ma non è poi vero, perchè non tutto è scoria in quelli, ci son anzi splendidi saggi. Faccio allusione alle opere di Vittore Carus ! e di Bronn, 2 ma sopra- tutto a quella dell’Haeckel; è la sua Morfologia generale, già ripetutamente da me citata, può stimarsi il più bel lavoro sinora pubblicato su tal ma- teria. La novità, la profondità, la razionalità e la grandezza delle vedute di Haeckel lo mettono già già a capo di una scuola, cui non mancherà di certo buon numero di discepoli. È necessario che la Storia Naturale arrivi a livello degli altri rami dell'umano sapere nella parte razionale, coma li arriva e li supera eziandio, nella copia e nella precisione dei fatti registrati; chiuder le porte in faccia alle odierne dottrine è lo stesso che condannarla alla inferiorità ed alla immobilità ; nè a questo si rasse- gneranno i più dei naturalisti. Si credette e da taluni si crede che l’em- pirismo potrà schiarire i problemi morfologici; ma la questione non istà nel numero dei fatti, ma bensì nella loro interpretazione. Cento o mille male interpetratì ci terranno egualmente al buio; Ja vera interpetrazione, in uno 0 due soli, serve per allontanare ogni dubbio ; vero è che mentre il tal fatto si presta naturalmente a farsi intendere nel senso razionale, tale altro, benchè dell'ordine stesso, si rifiuta; onde anche nei meri fatti ha luogo la scelta. La prima questione morfologica circa le forme organiche è questa: è possibile studiarle matematicamente? Una osservazione incredibilmente superficiale, spalleggiata dai preconcetti del vitalismo, necessitata dal volere ad ogni costo tener disunite le forme organiche dalle inorganiche, acca- rezzata dall’ abitudine, trascurata dalla negligenza, impaurita dalla inno- vazione, favorita dal pregiudizio di ogni maniera, ha risposto di no. Si trova qua e là qualche parola sulla regolarità, sulla simmetria, sui rapporti numerici di certi organi, ma si considerano come cose poco importanti, e si trattano, per conseguenza, secondariamente ed arbitrariamente. Lo studio geometrico degli organismi, non include già, che possano ridursi alle stesse forme semplici della cristallografia; chi lo penserebbe ? Se non che ridurli a forme geometriche, o geometricamente misurabili e compa- rabili; studiarne i rapporti di numero matematicamente, io stimo punto impossibile. 1 tentativi di Carus ‘ e di Fermond © non sono riusciti, è 1 System der thierischen Morphologie von D. J. Victor Carus, Professor der vergleichenden Anatomie in Leipzig. Mit 97 Holzschnitteo. — Leipzig verlag von Whithelm Engelmann. 1855. pag. XIII. — 566. 2 Morphologische Studien uber die Gestaltungs-Gesetze der Naturkòrper ùber- baupt und der organischen insbesondere etc: von Dr. H.G. Broun. ete: Leipzig und Heidelberg 1858. pag. IX — 481. 3 Generelle Morphologie der Organismen. — Allgemeine Grundzuge der or- ganischen Formen-Wissenschafl, mecanisch begrindet durch die von Charles Darwin reformirte Descendenz-Theorie von Ernst Hacckel. ete: Berlin. verlag von Georg Reimer 1866 — pag. 2. 4 Trailé élémentaire d’anatomie comparée ete: par C. G. Carus ete: traduit par Jourdan etc: vol. INI. avec atlas. Paris 1855. i 5 Essai de phytomorphie ou études des causes qui déterminent les principales 39 vero; ma l’uno e l’altro li hanno estesi troppo (come ìl primo a tutto il regno animale, il secondo a tutto il vegetabile), si partono da un piano fondamentalmente erroneo, e non rivelano alcuna perizia matematica : bi- sognerebbe, a voler riuscire, limitarsi a gruppi non troppo grandi, come una classe, o tutt’al più un sotto-regno, esser molto periti di matematiche, ma sopratutto saper trovare il vero bandolo della intricata matassa , che sono siffatte ricerche. Molto più al vero si è appressato 1° Haeckel, ! che consacra il quarto libro della sua grande opera alla stereometria degli or- ganismi, o Promorfologia, com’ei la chiama, pigliando per punto di partenza i rapporti degli assi, in una data forma geometrica ed organica, e tendendo con questo o ravvicinarle, se non identificarle. Ei distingue quaranta cate- gorie promorfologiche, divise e suddivise in sezioni, secondo i rapporti di simmetria, o secondo il numero, la posizione. l'inclinazione e la lun- ghezza degli assi: ogni categoria contiene una forma stereometrica, ch'egli cerca di applicare ad un organo od organismo reale. Il sistema ha il me- rito, se non altro, di essere non immaginario, ma pensato e condotto con regola e precisione matematica; è poi completo, in quanto che l° autore riesce a trovare perfino le forme emiedriche, le leggi della simmetria e ‘simili, che si riscontrano nella cristallografia, onde la sua conformità con questa non potrebbe desiderarsi maggiore, come anche la semplicità: ma il difetto sta nall’applicazione, essendo ben lontana talora, nè quasi mai perfetta la corrispondenza tra la forma tipica o la reale che le serve di esempio, da cui viene oscurità e incertezza. Altro difetto è poi, il togliere gli esempî principalmente dai Radiolarî, che, sebbene abbiano spesso forme incontestabilmente geometriche, non provano perchè forniti di guscio siliceo; onde le avranno per dato e fatto della sostanza organica, o della minerale ? Nondimeno lo scopo dell’autore, che era quello di dimostrare suscettibili le forme organiche di definizioni geometriche al pari delle minerali, è stato vittoriosamente raggiunto. I granuli di pollinee molte cellule hanno forme geometriche simili a quelle dei cristalli, e ci fosse pure un sol fatto di tal natura bene accer- tato, verun dubbio sarebbe più possibile a questo riguardo. Ma oltre quelli che cita Haeckel, tanti altri ce ne sono: le sostanze organiche non cri- ‘stallizzano forse? e anche in seno alle piante? Figure geometriche piane, esagonali od altre ci son presentate dai dermatoscheletri delle testuggini e di certi pesci, dalle reticolature nello stomaco dei ruminanti ecc. Agassiz crede che gli Echinodermi presentino figure stereometriche dirette ad ot- tenere una forma più adatta con minor dispendio di materiale. 2? Owen * ascrive ai denti dei pesci forme coniche, cilindriche, emisferiche, depresse, a contorno circolare, ellittico, ovale, semilunare, sigmoide, oblungo, qua- drato, esagonale, pentagonale, triangolare; a cuneo, lamelliformi: 4 e nota in precedenza: 5 « Rispetto alla forma, osserverò dapprima, che gli formes végétales par Ch. Fermond ete. Tome premier. Paris Germer-Baillière 1864. pag. XXXVI. — 644, 1 Generelle Morpfologie ete: Erster Band. Viertes Buch. pag. 575-574. 2 S. Tzaut. La structure et Vantiquité de la vie animale d’ aprés le professeur Agassiz etc: — Bibliotheque universelle et Revue Suisse 1866. Tome 25-26. 3 Lectures on the comparative Anatomy and Physiology of the vertebrate ayi- mals etc: by Richard Owen cte: Part. 4. Fisches ete: London, Longman 1846. pag. XI — 504. 4 Pag. 220-221. ° Pag. 249. \ 40 esseri organizzati, quanto più si sottraggono, uel loro ascendere la scala” di vita, all’influenza dei comuni agenti fisici, tanto più le loro parti pro- gressivamente deviano dalle figure geometriche: pertanto solo nella più bassa classe vertebrata troviamo denti in forma di cubi perfetti, e di pri- smi 0 piastre con tre (Myfletes), quattro (Scarus) cinque o sei lati, (Myliobates). Il cono è la forma più comune nei pesci. » Anche qui si obietterà la pre- senza di sostanza minerale, ma esistono organi ed organismi interamente composti di sostanza organica, che hanno pur forme stereometriche. La maggiore differenza fra le forme inorgarniche e le organiche con- siste nell’esser quelle poche, semplici, rettilinee, tanto che ben s°’ av- visa il Carus ! che constino da contrazione della sfera, o meglio si di- rebbe che non arrivino alla formazione della sfera; queste invece sono molte, svariatissime, complicate, Curvilinee, come se si componessero per aggregazione di sfere o di forme sferoidali. S° intende bene quanto il loro studio voglia riuscire più difficile che nelle prime, quanto più grandi e vari vogliono essere i sistemi che le raccolgano in gruppi, de- signati dai loro caratteri; ma io persisto a credere che la matematica debba e possa farci lume a questo compito, benchè sappia che i più sa- rannno di parere contrario. Ancor più malagevole che per le forme si è ciò pei rapporti di nu- mero; mi limito ad accennare che alcuni veramente curiosi furono rin- venuti da Unger e Fermond ? nell’ accrescimento dei meritalli, e che altri molti ne esistono tanto in botanica, come in zoologia. La idealità delle forme non consiste tutta nella loro determinazione stereometrica, su cui non mi dilungo di più, per esporre altre leggi mor- fologiche, circa le quali è minore la controversia; ma non è men vero che anche queste versino su di argomenti, nei quali mai bisogna scompa- gnare l’ osservazione dal raziocinio, e che anche questi sieno altrettanto importanti a causa della loro generalità , perocchè si riferiscono non tanto alla botanica che alla zoologia; comprendono i fatti della embriogenia, teratologia, tassonomia, ecc. Regolerità -- Schleiden dice ": « Regolari si chiamano nelle piante quelle forme, che sono suscettibili di più divisioni in due parti eguali, attraverso un asse determinato; simmetriche al contrario quelle, che son suscettibili di una sola divisione in due parti eguali, di cui perciò 1’ una ri- mane a destra, l’altra a sinistra. » Lo stesso ripete De Jussieu, e questa definizione vale a far vedere la differenza tra la regolarità e la simmetria, le quali, a dire il vero, si ravvicinano e passano l’una nell’ altra, come ora vedremo. Però la regolarità, presa non in senso geometrico, ma in quello più ristretto che gli assegnano i botanici, non è altro che una forma particolare di sim- metria (simmetria rispetto ad una linea); il perchè non mi ci dilungo più oltre. Simmetria — Gli autori che hanno fatto della simmetria uno studio accurato, completo e veramente geometrico sono Fermond, Haeckel, e Pittard. La giustezza delle loro vedute m’induce ad attingere largamente dalle loro opere, nè me ne asterrò, anchè perchè credo che non a tutti saranno note. 1 Traité élémentaire etc: vol. III, pag. 18. (in nota). 2 Essai de phytogénie ete: Paris 1867. pag. 184-189. 3 Haeckel — Op: cit: vol. A. pag. 382. 4A Comincio dal primo. Ei la definisce nel modo seguente; ‘ « Par symétrie nous entendons la disposition particuliére des parties similaires placées perpendiculairement è égales distances de chaque colé d’ un point, d’ une ligne ou d’un plan et dont un des còlés, quoique en sens con- traîre représente assez eractement le coté opposé. » « Partant de cette définition, dans toute symétrie il faut commencer par considèrer deux choses, savoir: les parties constituantes de la sy- métrie et le centre par rapport auquel ces parties sont ordonnées. Ce centre peut étre un point, une ligne ou un plan, et nous dirons de suite que la symétrie ordonnée par rapport à un point est celle qui appartient aux minéraux; la symétrie ordonnée par rapport à une ligne, celle qui appartient aux végetaux; et Ja symétrie par rapport à un plan, celle qui appartient aux animaux. » « Cerchons donc à établir ce que, géométriquement, on doit appeler symétrie par rapport à un point, une ligne ou un plan, pour en deduire que la première est celle des minéraux, la seconde, celle des végétaux; et la troisiéme, celle des animaux. » « Dans toute symeétrie exacte et reguliére, toute droite perpendiculatre au centre symétrique, point, ligne ou plan, doit nécessairement rencontrer à égale distance et de chaque coté de lun de ces centres des parties homologues ou similaîres. Mais une droite, quelque soi sa direction, est toujours, par rapport au point, dans une position que l’on ne peut pas dire n° étre pas perpendiculaire à ce point, ou, ce qui revient au méme, toutes lignes droites menées sur un point ont toutes, par rapport à ce point, une position semblable; par consequent, dans quelque direction que l'on place une droite passant par le centre de figure d’un solide géométri- que, on est certain que cette droite peut tourner autour du point dans tous les sens possibles sans changer de rapports relatifs, il en résulte que cette symétrie pourrait étre regardée come sphérique ; elle ne serait que circulaire si la droite ne tournait que dans un plan, comme c’ est le cas pour les figures planes. » « Dans la symétrie par rapport à une ligne, la droite ne peut étre perpendiculaire que tout autour de la longueur de la ligne. Enfin, dans le cas où la symétrie a un plan pour centre, la droite ne peut lui étre perpendiculaire que d’ un seule fagons. Voici comment on peut, d’ une maniére plus simple, distinguer ces idées générales : » « 41. La droite qui conduit aux parties homologues, en passsant par le centre de symétrie, peut étre dirigée suivant les trois dimensions de l’ étendue pour la symétrie par rapport à un point. » « 2. Elle ne peut étre dirigée que suivant deux dimensions de 1° é- tendue pour symétrie par rapport à une ligne. » « 3. Enfin, pour celle qui à un plan pour centre, elle ne peut étre que selon une seule dimension. » Indi Fermond fa tre distinzioni: ? __ I Simmetria rapporto ad un punto. (Simmetria minerale), della quale assegna le caratteristiche e la suddivide come appresso: * 1 Essai de phytomorphie ele. par Ch: Fermond ete; pag. 50, 2 Op: cit: pag. DI. 3 Op: cit: pag, 57, 42 ( Regolare : cubo , ottaedro regolare, qua- $ DI drato, poligoni regolari. A. Pari=Simmetria Irregolare : prismi, ottaedri, piramidi, | prismi obliqui, parallelogrammi. ‘ Regolare: tetraedro regolare, triangolo \ equilatero, poligoni impari regolari. Irregolare : tetraedro irregolare, certe | piramidi, triangolo isoscele, poligoni \_ impari irregolari. C. Asimmetria | Triangolo scaleno ecc., materie amorfe. Da questo specchietto appare che due ordini di simmetria si posso- no distinguere, e questo in ragione del numero degli elementi che com- pongono le figure e i solidi ; cioé simmetria pari e impari. La determi- nazione degli elementi solidi è subordinata alla sezione piana passante pel centro simmetrico: nelle figure piane da linee passanti pure per questo centro. Come d’ogni corpo, o figura piana o solida, si ha il regolare e l’irregolare, così dei due ordini di simmetria deve aversi la distinzione in regolare e irregolare, perché considera gli stessi corpi. La regolarità consiste nella eguaglianza reciproca di tutti gli elementi distribuiti in una figura piana o solida. II Simmetria rapporto ad wna linea. (Simmetria vegeta- le). ! Questo é stata confusa da parecchi botanici, vuoi con la regolari- tà, vuoi con la legge di alternanza ecc.: ma essa cerrisponde realmente alla regolarità di Schleiden e di Jussieu ?. Merita a buon dritto il nome di simmetria vegetale, perocchè si riscontra nelle foglie ® e nella mag- B. Impari-Simmetria gior parte dei fiori,“ eccettuando quelli delle Orchidacee, Personate, . Papilionacee, Labiate, Ombrellifere, Ranunculacee irregolari e Gramina- cee, insomma tutti i così detti fiori irregolari, che veramente son sim- metrici rispetto ad un piano; ma l’autore dimostra che pur questi sono simmetrici rispetto ad una linea, se si considera la loro posizione rela- tivamente all’ asse. Si trova finalmente siffatta simmetria negli assi.5 In moltissimi altrì casi esiste pure, ma è dissimulata ,% e le cause che la oscurano sono lo spostamento, lo sdoppiamento, l’ aborto , il difetto di esastosi, come dice il Sig. Fermond, ossia la saldatura, come altri bo- tanici dicono; lo sviluppo ineguale, e la degenerazione o trasformazione. Sn ognuno di questi casi reca in mezzo gli esempì. 7 HI. Simmetria rapporto ad un piamo. (Simmetria ani- male), 8 è la terza ed ultima specie. Queste distinzioni sono vere, ma l’ errore del Sig. Fermond consiste nel credere che ogni specie apparten- ga esclusivamente ad un regno; mentre bisognerebbe dire invece che nei cristalli apparisce solamente quella di prim’ ordine, nelle piante e quella di primo e quella di secondo, che è la prevalente, e quella di terza an- cora; negli animali infine prevale l’ultima. ma non vi fanno difetto le 1 Op: cit: pag. 57. 2 Op: cit: pag. 58. 3 Op: cit: pag. 62. Op: cit: pag. 66. 4 Op: cit: pag. 70. Op: cit: pag. 72. Op: cit: pag. 75, 75, 76, 78, 80 e 82, Op: cit: pag. 86. nin idiota ia 43 altre due. Egli stesso ne conviene. ! Termina col metterle a confronto , col cercarne l'origine ed il valore, notando che la simmetria rispetto ad un punto avviene nel senso delle tre dimensioni dello spazio , quella rispetto ad una linea in due sole, e la simmetria rispetto ad un piano in una: e da queste medesime particolarità ricava lo sviluppo numerico di cia- scheduna. ? Il grande sistema dell’ Haeckel richiederebbe una lunghissima espo- sizione, che poi non riuscirebbe chiara per chi non ha contezza di tutta l’opera. Si aggiunga la difficoltà di una nomenclatura affatto nuova. Io mi limito alle cose principali, che basteranno , spero, per dare ai lettori un'idea della giustezza delle vedute di Haeckel, che sebbene si parta da un concetto diverso, spesso concorda con Fermond: segno che siffatte ricerche non son vane, segno che è nel vero. Egli divide le forme or- ganiche fondamentali come segue: * «< Amaxomia. (Acentra. Forme organiche senza un centro costante pi Tipo reale: Spongilla. — Le universe forme individuali degli organismi ri- spetto alla loro stereometrica forma fondamentale, si dividono primiera- mente in due grandi gruppi principali: Anassili (Amaxomia ) ed Assili (Axomia). Gli Anassili non lasciano punto riconoscere alcuna costante forma fondamentale determinabile, mentre gli Assili sempre lasciano de- terminarne una distinta, precisa, stereometrica. Esiste negli Assili un determinato centro ideale del corpo, uno spazio esteso centrale, a cui le altre parti del corpo mostrano certa relazione. Questo centro (Cen= trum) può essere un punto (presso gli ‘!massili e Poliassili) o una linea (presso i Protassili eccettuati gli allopoli Eterostauri). Negli Anassili man- ca completamente questo centro. Però gli Assili possono anche indicarsi come Centromerpha, come forme con un centro determinato, e gli Anassili come Acemtra , come forme, nelle quali non è determinabile tal centro. Questa fondaméntale distinzione dei due primari e più generali gruppi di forme della materia organizzata, è la stessa di quella che ca- ratterizza ancora le due più distinte e più importanti grandi divisioni di forme della materia non organizzata; anche quest’ ultima, tanto più ap- parisce od amorfa o in una forma determinata, quanto più è diverso lo Stato di aggregazione. L’ Abione od Anorgano liquido nello stato di per- fetto equilibrio prende la forma di goccia sferica, di sfera; ma passando per la cristallizzazione dallo stato di liquido ad aggregato solido, prende la forma regolare, stereometricamente determinabile di cristallo. Gli As- sili o Centromorfi dell’impero organico dunque rispondono alle sfere, forme sferoidali, cristalloidi e cristalli dell’ impero inorganico, come gli Anassili od Acentri del primo son comparabili agli Amorfi dell’ ultimo. Perciò gli organismi anassili, che son molto diffusi nei più bassi gradi della organizzazione, specialmente fra i Protisti ( Protozoi ), bene anche si designarono come « informi » 0 Amorfozoi. Pure questo nome in sè giusto è male applicabile per questo, che per lo più si compresero con esso non soltanto organismi realmente senza forma, come gli Amebi ed Alisarci, ma anche una quantità di specie a forma distinta. L'espressione Amorfozoi è comunemente usata come sinonimo di Protozoi e abbraccia _—--— TT TI TIT 1 Op: cit: pag. 69, 70, 90 e 91. 2 Op: cit: pag. 91-92, 3 Op: cif, vol. 1. pag. 400-401, 4h come tali le Spugne, Rizopodi, Infusorì e Protoplasti. Eppure queste classi di animali contengono davvero maggior numero e varietà di forme fondamentali geometricamente determinabili, che tutte le altre divisioni del regno animale prese insieme. (Vedi p. 395). » Qui l’autore riferisce molti esempî e continua: ! « Se si volesse una concreta espressione per la forma acentra od anassile dei corpi, po- trebbero indicarsi come massa (Beolus ). Una divisione della stessa in parti corrispondenti, che abbiano un determinato rapporto ad un centro comune, non é mai possibile, poichè manca questo stesso, e nè un punto centrale, nè una linea centrale (Axe), nè un piano centrale può mai riconoscervisi. Tuttavia una misurazione strettamente geometrica an- che di queste forme amorfe, caso che sia necessaria, si può facilmente ottenere così; un dato punto centrale arbitrario nell’ interno dei corpi anassili sì leghi con linee rette a tutti i punti della superficie, che per caso corrispondono agli angoli delle superfici esterne poligonali. In tal modo tutto il corpo si divide in un numero di piramidi irregolari, che sì possono geometricamente studiare. » « 2 Axonia, (Centromorpha. Forme organiche stereometricamente de- terminabili con un centro costante). — Tutte le forme organiche, le quali non sono assolutamente irregolari, fanno sempre riconoscere un centro costante (Centrum), nel quale certi assi s’ incontrano, o per il quale passa un asse determinato. Perciò le chiamiamo generalmente Assili o Centromorfe. Tutte le parti del corpo tengono una determinata posizione rispetto a questo centro, a questo asse, così che tutta la forma mai è assolutamente irregolare, ma sempre o regolare (uniasse, Jàger), o sim- metrica (biasse, Jiger) nel più largo senso della parola. Il centro a cui tutte le parti del corpo si riferiscono può essere o un punto (Stigma) 0 una linea (Axon), o una superficie (Epiphania); l ultima è comunemente un piano (Epipedum). Secondo questi rapporti possiamo riunire tutte le forme assili in tre diversi grandi gruppi primari: I. Centrostigma; il centro è un punto ; tutti gli assi passano per questo punto cen= trale (Stigma centrale ); questo è il caso presso tutti gli Omo- assili e presso tutti i Poliassili. II Centraxonia ; il centro è una linea, e veramente per lo più una linea retta; questa linea è l' Asse principale (Axon principalis ); tutti gli altri assi debbono pas- sare per questo; ciò avviene in tutti i Protassili, tranne gli Zeugiti o allopoli Eterostauri; quì vengono pure tutti i Monassili , tutti gli omopoli Staurassili e degli eteropoli Staurassili tutti gli Omostauri e gli auto- poli Eterostauri. III. Centrepipeda ; il centro è una superficie e ve - ramente per lo più una superficie piana, o un piano. Questo piano è il piano mediano (Superficies sagîttalis) e nello stesso si trova l’asse principale ed uno dei due grandi assi perpendicolari a questo, mentre l’altro è ugualmente perpendicolare al piano mediano. Questo è il caso presso tutti quanti gli Zeugiti o allopoli Eterostauri, che perciò sì possono anche chiamare Centrepipedi; a questi appartengono tutte le forme amfipleure e zigopleure (simmetriche-bilaterali nel senso della mag- gior parte degli autori ). » « Se quei piani condotti attraverso il corpo, che lo dividono in due Idem, ibidem, 402. Lo stesso, ivi pag. 402-404. 4ò metà congruenti o simmetricamente uguali o simmetricamente simili, noi li chiamiamo piami di divisione, nei Centrepipedi ne avremo uno solo e questo è identico col piano mediano. Il corpo consta così di due parti simmetricamente uguali o simili, ma giammai congruenti. Nei Centrassili esistono più, almeno due piani di divisione, che però tutti quanti debbono attraversare 1’ asse principale, e che hanno comune questa linea mediana. In tal guisa il corpo sempre si compone o di due, o di più che due elementi, che son congruenti per lo meno due a due. Finalmente presso i Cemtrostimmi esistono più, almeno tre piani di divisione , che tutti hanno comune solo un punto, il punto mediano, ma che del resto si posson trovare in tutte le possibili direzioni dello spa- zio. Allora il corpo si compone sempre di più elementi, almeno di quat- tro congruenti, o quasi, più di rado semplicemente simili. » « Secondo queste fondamentali e molto importanti distinzioni nel rapporto di tutte le parti del corpo ad un centro comune, si dividono per conseguenza gli juniversi Centromorfi od Assili nei tre principali gruppi di forme Centrostimmi, Centrassili e Centrepipedi (Zeugiti ). Se noi ora vogliamo esattamente riconoscere e valutare le ulteriori distinzioni delle numerose forme fondamentali, che qui vengono, determineremo prima le proprietà degli Assi del corpo e poi dei Poli di questi assi. In tal rapporto tutti gli Assili o Centromorfi sì dividono in due gruppi principali. Equiassi (Homaxonia) e Enequiassi (Heteraxo= mia). Nei primi tutti gli assi, che possono condursi attraverso il centro del corpo, sono assolutamente uguali, negli ultimi al contrario ineguali. Il numero degli assi uguali che possono esser condotti attraverso il cen- tro, è ancora infinitamente grande nei primi, limitato negli ultimi. La forma Omassile si riduce ad una sola, la Sfera, mentre le Eterassili sono estremamente differenziate. Gli Omassili e gli Eterassili, come le due specie di forme più primordiali e generali della materia organizzata cen- tromorfa , corrispondono pure alle due più primordiali e generali, in cui la inorganica si manifesta nello stato liquido e solido, la Sfera e il Cri- stallo. La forma di sfera, che 1’ Anorgano allo stato fluido e in perfetto equilibrio, come goccia, dimostra, è la stessa, di quella che prende tanto spesso l° Organismo omassile nei primi gradi di formazione, come Pla- stide liquido. Le forme eterassili degli organismi posson sempre ricon- dursi a certe semplici forme fondamentali geometriche, corrispondenti e ancora identiche in parte alle forme cristalline dei minerali solidi. » Troppo lungo sarebbe seguire l’autore per tutte le sue categorie promorfologiche , e mi arresto ad una sola, per la sua importanza nel sistema. ! « Erotaxonia. Forme organiche con un asse principale costante — Al piccolo gruppo dei Poliassili fa contrapposto, come un’altra, disugual- mente svariata ed importante divisione primaria degli Eterassili , il gran- de, ricco gruppo dei Protassili s che per il differenziamento di un solo asse principale determinato, in una od altra direzione , si distin- guono dai Poliassili. Questi tutti quanti, diversificando per il numero e forma delle superfici dei poliedri, concordano nell’ esser questi endosfe- rici, anche nell’esser tutti gli angoli delle superfici sempre tangenti ad una superficie sferica, e nel coincindere il centro della sfera con quello -____t=e—tes=. wu” EEE 1 Idem Ibidem, 416-419, 46 del poliedro. Perciò anche tutti gli assi principali, di cui debbono esi- stere almeno tre, sono eguali. Per questo e per la proprietà che il loro centro è um punte i Poliassili si congiungono immediatamente agli Omassili. Al contrario nei HPretassili la forma fondamentale non è mai un poliedro endosferico, e nemmeno una sfera. Se la forma fondamen- tale loro è un poliedro regolare o irregolare, gli angoli di questo non toccano mai una superficie sferica; se la è composta di superfici curve, queste non formano mai una sfera completa, ma solo una parte (seg- mento di sfera, mezza sfera), o uno sferoide (ellissoide, lente) od un ovoide e via dicendo. In tutti i Protassili il centro del corpo non è più um punto, ma wma limea o (presso gli allopoli Eterostauri ) un piawo. Questa linea o piano è totalmentoe diverso da tutte le al- tre linee o piani, che facciamo passare per il corpo; tutte le parti del corpo prendono rispetto a questa linea o piano mediano una certa ca- ratteristica posizione, e tutti i pianì di divisione del corpo debbono at- traversare questa linea o piano mediano. Nei Protassili con linea cen= trale ( Centraxoenia ) esistono più, almeno due piani di divisione ; nei Protassili con piano centrale (Centrepipeda o Heterostaura allopola) cè un sol piano di divisione e questo coincide col piano me- diano. » < l’asse principale (Axon principalis) che caratterizza i Protassili come tali e li divide da tutte le altre forme fondameutali sinora trattate, è identico con la linea mediana nei Centrassili e si trova sul piano mediano nei Centrepipedi. Benché difficile a caratterizzare più esat- tamente l’asse principale in tutti i Protassili in generale, perchè mostra ben diverse proprietà nelle singole divisioni di tal classe di forme, è pur sempre possibile nei singoli casi, e per lo più molto facile, determinarlo. Soprattutto dove c'è un solo asse del corpo, come nei Monassili, è na- turalmente il principale. Dove il corpo si compone di più che due Anti- merì congruenti, come in tutti gli omopoli Staurassili e negli omostauri Eteropoli, l’asse principale è sempre quella linea comune a tutti gli An- timeri, e nella quale vengono a toccarsi. Dove posson tirarsi attraverso al corpo tre diversi ideali assi incrociati, l’ uno all’altro perpendicolari, come negli Eterostauri, 1’ asse principale sarà uno dei tre, che corrispon- dono alle tre dimensioni dello spazio. In quest’ultimo caso sempre la dimensione longitudimale vien determinata dall’ asse principale, epperò lo chiameremo anche asse longitudinale (Axon longitu- dimalis). Questo per lo più è il più lungo, ma non di rado è anche molto più corto, così che non ci attentiamo a caratterizzarlo per più lungo di tutti. » « Anche la natura dei suoi due EP@li non concede alcuna determi- nazione dell'Asse prineipale. Nella grande maggioranza di tutti i Pro- tassili fra gli animali c’è una testa o anche un vertice della testa separato dal corpo e in questo però si trova un polo dell’ asse primario. Nella grande maggioranza degli altri, nei Protassili acefali, ad un termine del corpo o vicino esiste una bocca, epperò un polo dell’ asse princìpale si trova neila bocca (negli Omostaurì nel punto mediano di essa) o presso. Anche in molti Protassili senza bocca, per esempio i più dei Radiolari protassili, esiste nondimeno un’apertura del guscio, che in più modi mo- stra la posizione della bocca. Questo polo corrisponde negli assi fioriferi delle piante all’ apertura dei fiori, e generalmente negl’ immobili indivi- SI RITI 47 dui-piante protassili alla parte libera, non fissa. Niun altro organo è così costante come la bocca in tutta la serie dei Protassili, epperò è meglio chiamare il primo polo dell’asse primario, Pelo buceale (Polus peristomius so polus oralis) e la parte del corpo in cui si trova, Lato buccale (Peristomium, Superficies oralis). È meno facile trovare una generale, adatta, positiva indicazione per l’ altro polo opposto. Nella grande generalità degli animali protassili, lano si trova nel medesimo oppur vicino, epperò lo nomineremo polo anale. Nondime- no, siccome in moltissimi l’ano manca affatto. o è molto lontano dal se- condo polo dell’asse spesso più vicino al polo buccale, siccome inoltre negl’ immobili individui-piante protassili, il lato fisso, opposto al polo buccale, è basale (nel caule è la radice), ci sarà permesso indicare 1 al- tro polo dell’asse primario come Eelo antibuecale ( EPelus anti- stemius s. polus aberalîs) e il lato del corpo, in cui si trova, come Late antibuecale ( Autistomium, Superficies abo- rali). « Le molte numerose e diversificate forme fondamentali, che sì tro- vano riunite nel ricco gruppo dei Protassili, sì possono tutte quante clas- sare in due grandi divisioni, in forme ad un asse, e forme ad assi incro- ciati, MIomassili ce Staurassili. Indicando come Eiami trasver- sali (Plana tramsversalia) i piani perpendicolari all’asse primario, che possiamo condurre attraverso il corpo di tutti i Protassili, e come Assi trasversali (Axomes tramsversales), tutte le linee rette, che posson esser condotte in questo piano attraverso l’asse principale; tutti quanti gli assi trasversali che si trovano in uno e medesimo piano, sono eguali nei REomassili, mentre negli Staurassili (0 in alcuni o in tutti i piani trasversali) una parte degli assi trasversali è diversa dai re- stanti che si trovano con essi in uno e medesimo piano. Di questi assi trasversali differenziati, chiamiamo Assi imerociati (Stauri) quelli che sono caratteristici, e rispetto ai quali i prossimi assi trasversali in- eguali prendono una data posizione simmetrica. Nei Protassili uniassi tutti quanti i piani trasversali sono circoli, mentre nei cruciassi una parte al- meno dei piani trasversali non fanno alcun circolo, ma ellissi e forme a molti angoli anche più complicate. Quei piani che posson condursi attra- verso l’asse primario, chiamando in generale Piani mediani (Plana meridiama), li troviamo tutti eguali nei Monassili, al contrario negli Staurassili una parte dei piani mediani è diversa dai rimanenti. Quei piani mediani degli Staurassili, che passano per gli assi incrociati e sono in- dicati come particolarmente corrispondenti a questi, li appelliamo Piani incrociati (Plama starrota ). « Negli Staurassili il corpo è sempre composto di un certo numero di Antimeri o Parameri, che vanno a toccarsi nell’asse principale, mentre nei Monassili il loro numero è indefinito. Il numero degli assì incrociati determina quello degli Antimeri, mentre noi designeremo come assi in- crociati tanto quegli assi trasversali che sì trovano nel piano mediano dei singoli Antimeri, quanto quelli che stanno nei piani di limite fra due An- timeri prossimi. ‘ » e 1 « in tutli gli Staurassili nominiamo MRBaggio, Radius, quella metà di un asse incrociato, che si (rova nel piano mediano di un Antimero: Interaggio, Interradius, quella metà di un asse incrociato, che trovasi nel piano di limite 48 : ! Allopola. Centrepipeda , Zeugita. — Forma organica fondamen- tale con piano centrale. ( Forme simmetriche bilaterali degli autori nel doppio (lontano ) significato del concetto). (Semicono, o semisfenoide, Bronn) — Forma fondamentale stereometrica: mezza piramide amfitetta. — Il gruppo di forme degli Zeugiti o Eterostauri allopoli, è I’ ultimo e il più differenziato, e anche il più importante e ricco di tutti i primari gruppi di forme, che abbiamo determinato con la ricerca degli assi delle forme organiche e de’ loro poli. Nel regno animale qui entra la maggior parte dei così detti animali simmetrici-bilaterali nel terzo senso di questa espres- sione, cioè tutti quanti i vertebrati, articolati, molluschi e i più dei vermi, oltre un grandissimo numero di Echinodermi (i così detti irregolari ), molti Celenterati ( per esempio gli Zafrentidi e molti Sifonofori) ed una quan- tità di Rizopodi. Altrettanto frequente è questa forma fondamentale nel Regno vegetabile, dove i più dei così detti « fiori irregolari » per esem- pio delle Graminacee, Orchidee, Leguminose, Ombrellifere, Composte, Labiate e molti altri sono da ascriversi a questa. Quì segnatamente la forma Eterostaura allopola raggiunge la maggior importanza come forma fonda- mentale generale delle più altamente organizzate Persone e Metameri. Ma anche la forma degli Antimeri ed Organi prende quella per fondamentale; più di rado la forma dei Plastidi e Cormi. Così noi ben designeremo que- sta forma fondamentale come la più importante e capace del maggiore «Sviluppo. » fra due Antimeri. Quei piani meridiani, ne’ quali cadono 2 raggi, e che per conse- guenza son parimeole piani meridiani di due Antimeri, sono ben designati (p. e. nell’anatomia dei Celenterati ecc.) come Piani radiali (Plana radialia); al contrario que’ piani meridiani, in cui cadono due interraggi, e che in conseguenza sono le superfici di limite di due paia di Antimeri, come Piani interradiali (Plana interradialia. Una terza specie di piani meridiapi son quelli, ne’ quali si trova un raggio e un raggio intermedio, e che appellar si possono Piani se- miradiali (Plana semiradialia). Gli assi incrociati, che si trovano ne’ piani semiradiali, non sono nè radiali nè interradiali, ma semiradiali, poichè una metà dell'asse incrociato forma un raggio, l’altra un raggio intermedio. » « Il numero degli Antimeri sarà dunque presso gli Staurassili sempre eguale a quello degli assi inerociati o dei piani incrociati. Questa legge vale per tutti gli Staurassili; per quanto uno sia il resultato di diversi fattori, pure il numero omo- tipico fondamentale è pari o impari. Quando il numero degli Antimeri è pari, (4,6,8 e in generale — 2 n) come p. e. nei celenterati, ciascun asse inerociato sarà for» mato © da due raggi o da due raggi intermedi, epperò esisteranno sempre 2 specie di piani incrociati, che regolarmente alterneranno |’ uno coll’ altro, così che si trova un piano interradiale fra 2 radiali. Così abbiamo p. e. nei fiori di dicotiledoni a quattro parti e similmente nelle comuni meduse, 2 piani radiali reciprocamente per- pendicolari, che nelle ultime sono nel senso delle linee mediane di due prossimi canali radiali, e di 2 piani interradiali parimente inerociati ad angolo retto, i quali son distinti nel mezzo fra ciascuna linea interradiale che vi si trova, e che incrocia i primi ad angoli di 45.° Esistono anche ad un tempo 4 piani incrociati, ai quali corrispondono pure 4 Antimeri. All opposto quando il numero degli Antimeri è im- pari (5, 5 e in generale — 2 n — Il), p. e. negli echinodermi, nei fiori di dico- liledoni a quattro parti, ciascun asse incrociato è formato per metà da un raggio, per metà da un interraggio, epperò tutti i piani inerociali sono identici, semiradia- li: ciascuno da solo è mezzo radiale, mezzo interradiale. Così anche negli echino- dermi coincidono in numero di cinque i piani incrociati, di cui ognuno è per metà radiale, per metà interradiale, col numero cinque degli Antimeri, di cui è compo- sto il corpo. Anche più strettamente esamineremo questi rapporti sotto, nella gene- rale trattazione degli Staurassili, » 1 Lo stesso, ivi 495-499, OVE TOTO a Ea 49 « Il distinto carattere, che tutte le forme appartenenti agli allopoli Eterostauri lasciano riconoscere a prima vista, consiste in questo, che il corpo può esser diviso con wi sole piano mediano di divisione (Piano centrale) e soltanto con questo! in due metà simmetricamente uguali, di cui l’una è quasi l’ immagine dello specchio dell’altra. Son di- versi il lato buccale e il lato antibuccale (che comunemente rispondono al davanti e al di dietro), come pure il lato dorsale e ventrale (che per lo più corrispondono al sopra ed al sotto); le due parti laterali al contrario, destra e sinistra, sono simmetricamente uguali o simili, ma non congruenti. Mentré noi perciò negli autopoli Eterostauri potevamo dividere il corpo in due parti congruenti anche per due piani reciprocamente perpendicolari, nominatamente per ciascuno dei due piani diritti, il corpo degli allopoli non è punto divisibile in due segmenti congruenti. Tale proprietà consiste in questo, che i due piani diritti, i quali come due ineguali piani meridiani distinguono tutti gli Eterostauri come tali (vedi sopra p. 477), presso gli autopoli si dimezzano Vl un Valtro mentre negli allopoli mimo solo oppure messune è dimezzato dall’ altro. Noi esprimiamo brevemente questa antitesi dicendo : « Negli Eterostauri auto- poli o Tossomorfi (Sagittali) i due poli (superficie polare o parti polari ) sono eguali ciascuno ai due assi diritti; negli allopoli al contrario i due poli sono eguali soltanto ad wm asse diritto (asse laterale), oppure a nessuno. > < Il piano centrale, che è il solo piano di divisione de= gli allopoli Eterostauri, coincide con tutto il comune piano mediano Eterostauro, che è condotto nel senso dell’ asse principale e di un asse diritto (Asse dorsocentrale). Negli Autopeli (Tossomorfi) il piano mediano divide coì laterali la loro capacità a dimezzare il corpo, e vi esistono costantemente due piani centrali, Il vero centro del corpo in conseguenza consiste in una limea, cioè nella linea di divisione dei due piani centrali che s’ intersecano ad angolo retto, o asse primario. Negli allopoli Eterostauri generalmente il centro del corpo è un piano. Esprimeremo tali caratteristiche proprietà ‘ degli Eterostauri allopoli con la nomenclatura, e daremo loro il nome, che a tutti conviene, di Centrepipedi, in opposizione alle forme sin qui trattate, nelle quali il centro cadeva in una linea retta (Centraxonia) o in un punto (Centrostigma). Per questo spiccato carattere dei Cen- trepipedi (la loro divisibilità in una sola direzione) tanto fa che il corpo di questi animali si componga di due, o di più che due Antimeri. Pertanto già resta provato l’ errore del sistema di Buwr-meister, che benissimo comprese questo primo carattere degli animali bilaterali (i suoi animali simmetrici ), ma benchè riponesse i bilaterali Echinodermi tra i Raggiati regolari, in fatto fece valere per primo principio di divisione ill numero degli Antimeri, e non la simmetria. Però l’espressioni « Cenr trepipedi » o < allopoli Eterostauri , » tuttochè indichino per- fettamente il carattere delle forme che loro appartengono, sono un po” lun- ghe, e l’espressione « Simmetrici=bilaterali » è affatto senza si- gnificato preciso; così che ben pare il più conveniente designare tutte coteste forme brevemente come Zeuwgiti. ! » « Le generali proprietà morfologiche degli Zeugiti o Centrepipedi ===} 1 Yevyireg, appaiali. O 50 sono ben determinate, talchè caduti sott'occhio una volta sola, molto chiaramente appare la diversità loro dagli autopoli Eterostauri o Tossomorfi, co’quali spesso si scambiarono. In tutti gli Zeugiti le due metà del corpo che restano divise dal piano mediano, sono simmetricamente uguali 0 simili, ma congruenti mai. Una metà somiglia l’altra, come l’immagine dello specchio, ma giammai può coprirla o sostituirla. Presso la grande maggioranza di tutti i Centrepipedi queste due metà, che distinguiamo abitualmente come destra e sinistra, sono simmetriche=uguali; tutte quante le particelle di ciascuna metà del corpo si ripetono in egual nu- mero e grandezza e in pesizione relativamente uguale, assolutamente op- posta, come nella contraria metà; è solo essenziale la distinzione, che le particelle sono nelle due metà egualmente lontane dal comune - piano me- diano, ma in contraria direzione. Invece presso un’altra parte dei Cen- trepipedi, come nei Pleuronettidi, Paguridi, Gasteropodi avvolti a spira ecc. le due metà del corpo son solo simmetriche=simili; in quanto che per lo sviluppo alquanto più forte da un lato che dall’ altro una metà predominò sull’ altra, e la sorpassa in numero o grandezza delle parti- celle, mentre però gli stessi organi essenziali di ambedue si trovano nello stesso numero e connessione; quindi la simistra è non solo opposta alla destra, ma anche disuguale, se non che si mantiene più 0 meno perfettamente simile. Secondo tale importante divisione distingue- remo fra gli allopoli Eterostauri due gruppi, chiamando Hiomopleura le forme simmetriche=uguali; Heteropleura le simmetri- che-simili, ma disuguali. » « La differenza ultimamente immaginata si può di nuovo molto sem- plicemente ridurre a questo, che in una divisione, negli Omopleuri , i due poli di um asse dritto (dorsoventrale) sono evidentemente disuguali, mentre quelli dell’ altro asse dritto (laterale) si conservano eguali; al contrario negli Etereplewri i due poli dei due assi dritti sono disuguali, sovente in così alto grado, che il Centrepipedo ne diventa forte pertur- bato, come nei Pleuronettidi, nei Gasteropodi avvolti a spira, in molti Sifonofori, Cirtidi e via dicendo. Gli Zeugiti omopleuri o gli « ani- mali evidentemente bilaterali-simmetrici » sì distinguono da tutti gli altri Eterostauri, perchè di tre Eutini l'uno all’ altro perpendicolari, ineguali, uno (l’asse laterale ) è equipolare , i due altri (dorsoventrale e asse primario) sono inequipolari, mentre negli Zeugiti etero- plewri, nei quali anche destra e sinistra si differenziano, sono tutti i tre assi dritti equipolari. > « Ladistinzione degli Zeugiti omopleuri ed eteropleuri sembrerebbe dap- prima molto importante, ma lo è ben poco, e si mostra senza grave significazio- ne per la natura della forma fondamentale nella morfologia pratica. poichè il differenziamento della metà destra e sinistra del corpo o dei due poli dell’ asse laterale mai ottenne quell’importanza per la forma, che il dif- ferenziamento dei due poli dell’ asse dorsoventrale e del primario possiede in generale. La Eteropleuria, a rigor di parola, è assai diffusa tra gli Zeu- giti, poichè solo di rado le metà destra e sinistra, strettamente concor- dano nelle più minute singolarità di forma e grandezza. Contuttociò que- ste più sottili differenze sono a ragione trascurate nella trattazione delle forme generali comuni e solamente si tratta di quelle forme, come i veri Eteropleuri, nei quali la ineguaglianza delle metà laterali destre e sinistre simmetriche-simili si manifesta a prima vista, come nei Pleuronettidi, nei . ; I i 5A Gasteropodi avvolti a spira, nei Pleuroconchi fra gli Acefali, negli Abilidi frai Sifonofori e via dicendo. » « Il numero degli Antimeri, nella trattazione degli Zeugiti, non trovò sinora niuna considerazione, poichè si comprendevano tutti come forme bilaterali-simmetriche, eppure è della massima importanza per la classa- zione delle varie forme zeugiti, sapere se constino di due Antimeri, come i Vertebrati, Molluschi o Articolati, o di quattro come i più dei Vermi ; Ù di tre come le Orchidee, o di cinque, come gli Echinodermi irregola- , le Leguminose e molti altri. Sul fondamento di tali diversità distin- dio il gruppo di forme degli allopoli Eterostauri in due divisioni, che corrispondono alle due degli autopoli. Gli Autopoli ortostauri con due o quattro Antimeri, corrispondono agli Zeugiti zigopleuri con due o quattro Antimeri, in cui esiste soltanto uno o due piani in- crociati radiali e altrettanti interradiali; gli Autopoli ossistauri con sei Antimeri o più corrispondono agli Zeugiti amfipleuri con tre, cinque Antimeri o più, nei quali tre piani intersecantisi radiali o semi- radiali sono pronunziati le più volte. In ciascuna di queste divisioni pos- sono occorrere forme omopleure ed eteropleure. Nonostante gli Eteropleuri sono molto rari fra gli Amfipleuri. » « La forma geometrica fondamantale degli Zeugiti o Eterostauri allopoli, e la mezza piramide amfitetta ; noi gli ot- teniamo altresì dimezzando la forma fondamentale degli Eterostauri auto- poli con una divisione, che passa per uno dei due piani retti. Lo stesso . vale anche per le due corrispondenti divisioni di ambedue i gruppi di forme; la generale forma fondamentale degli Zigoplewri è dunque la metà di una piramide amfitetta con quattro lati o la mezza piramide rom- ba. La forma fondamentale degli Amfipleuri è la metà di una pira- mide amfitetta con lati 4---2 n. Queste leggi, che si congiungono a quelle di emiedria promorfologiche, sopra toccate, valgono a rigor di termine anche per gli Omopleuri delle due divisioni: la ineguaglianza poi delle due metà laterali, che si manifesta negli Eteropleuri, rende molto difficile la precisa determinazione di una generale figura geometrica fondamentale. Appresso, queste altamente differenziate forme fondamentali sembrano ri- congiungersi immediatamente per la irregolarità così manifestata, alle più basse, gli Amorfi o Anassili. Esse ancora, come gli ultimi, furono in parte ravvisate come perfettamente « irregolari » 0 « asimmetriche ». Tuttavia non è a dimenticare, che nonostante il’ forte differenziamento degli Antimeri ineguali, epperò anche delle metà laterali, pure la forma piramidale per il numero degli Antimeri e il rapporto dell’ asse principale inequipolare agli assi incrociati, si conservano determinati. La generale forma fonda- mentale degli Eteropleuri è dunque la piramide irregolare. » Le deviazioni di simmetria negli animali segnatamente sono espo- ste dall’ Haeckel a lungo. È questa la più bella dimostrazione della ge- neralità ed importanza della simmetria nei regni organici ; imperocchè tali apparenti eccezioni rientrano nella regola, se meglio studiate. 1 « Disdipleura. — (Dipleura Heteropleura). — (« Forme asim- metriche » dei più degli autori). Forma stereometrica fondamentale: pira- mide a tre lati disuguali. — (Piramide semplice a costole uguali con due metà laterali simmetriche-simili). — Tipo reale : Pleuronectes — I Disdi- __— so) ! Lo stesso, ivi Vol, A pag. 324-527 52 pleuri o forme doppie a metà ineguali possono dapprima valere per le più perfette di tutte le forme ogariche, poichè in esse evidentemente il differenziamento degli assi e dei poli è il più avanzato. Dopo i Diaritmi e gli Eudipleuri sono i Disdipleuri le sole forme, che si com- pongono solo di due Antimeri. Queste tre forme fondamentali hanno co- mune, oltre il doppio numero omotipico, anche l’ ineguaglianza dei tre assi ideali (il primario e i due retti) e l’ineguaglianza dei due poli dell’ asse principale. Ora mentre gli Eudipleuri si elevano assai sui Diaritmi, peroc- chè in essi anche i due poli di un asse retto (dorsoventrale) son diffe- renziati, i Disdipleuri vanno anche un passo più lungi, poichè in essi pure i due poli degl’altri assì retti (laterali) si differenziano. I Disdipleuri sono le sole forme a due numeri, che son distinte per due ‘assi ideali 1° un l’altro perpendicolari, ineguali, ed inequipolari. 1l polo orale dell’ asse longitudinale è diverso dall’ aborals ; il polo dorsale dell’asse orizzontale é diverso dal ventrale; il polo sinistro dell’ asse laterale è diverso dal polo destro. » « Tuttavia, mentre astrattamente presi, i Disdipleuri posson passare per le più perfette di tutte le forme organiche, vediamo tosto d’altra parte, che con la indicata disuguaglianza delle due metà laterali, è neces- sariamente connessa la perdita del grande vantaggio (nominatamente uti- lissimo alla libera e precisa locomozione) che fa apparire la forma eudi- pleura come la più perfetta di tutte praticamente. Pertanto s’ incarna solo in tali individui (Persone) nelle quali una metà del corpo, destra o sini- stra, serve ad una determinata funzione a cui 1’ altra giammai è utile; o nelle quali lo sviluppo eteropleuro dei due Antimeri per adattamento spe- ciale è accordato e connesso a un naturale pregiudizio della capacità di muoversi con prontezza. » « Che la precisa forma fondamentale stereometrica della piramide a costole eguali, che è il tipo degli Eudipleuri, non possa venir dimostrata in istretto senso matematico nei Disdipleuri, lo abbiamo già sopra accen- nato, e per conseguenza sembrar potrebbe che non si trovi affatto una forma stereometrica fondamentale in questo differenziatisimo gruppo di forme. Perciò appunto pare che si riattacchi d’ appresso al primo e più imperfetto termine di tutta la serie delle forme organiche, agli Anassili 0 corpi del tutto irregolari. Tuttavia è anche da notare che tutti i Di- sdipleuri erano originariamente eudipleuri, e poi diven- nero prima eteropleuri: e che però la forma fondamentale della mezza piramide romba o della piramide a costole eguali mostrano chiaramente espressa in un certo tempo (più lungo o più corto) di lor vita. La figu- va asimmetrica o disdipleura vien fuori secondariamente, appena comincia la ineguaglianza nell’ accrescimento dei due Antimeri. Ondechè ci è lecito ritenere la piramide a costole eguali per comune forma fondamentale di tatti i Bipliewrî, e dei Disdipleuri altresì, ed esprimere lor differenza dalle forme eudipleure perfettamente simmetriche, indicando le due metà laterali, destra e sinistra, non come simmetriche—wgualî,y ma sol- tanto simmetriche—siimili, Chi desiderasse pei Disdipleuri una Pro- morfa stereometrica nello stretto senso matematico, indicherebbe solo la piramide a tre lati completamente irregolare, o il tetraedro assolu» tamente irregolare, come quella semplicissima forma geometrica, in cui si pronunziano tre assi ineguali e inequipolari reciprocamente nor- mali. Né con questo esprimeremo la composizione del corpo di due An- 53 timeri simili, per cui i Disdipleuri essenzialmente distinguonsi dagli Anas- sili. « Abbiamo già rilevato, che in rigoroso senso matematico la grande maggioranza dei Dipleuri qui cadrebbe propriamente, perocchè ben di rado i due Antimeri del corpo de’ Dipleuri sono del tutto simmetrica- mente uguali. Basta rammentarci per esempio la ineguaglianza delle due metà della testa dell’uomo, che, come nelle altre parti del corpo, salta agli occhi. Nondimeno queste piccole deviazioni, che si manifestano no- minatameute nella ineguaglianza delle due metà del cranio (molto più pronunziata p. e. in molti delfini e scimmie), e alle volte nella posizione laterale dell’ ano (nel Lepidosiren, Amphiorus), e nell’ orifizio laterale degli. organi dell’ odorato, non hanno influenza notevole sulla universa forma fondamentale. Onde tratteremo come disdipleure solo quelle forme dipleure, in cui esternamente la disuguaglianza delle metà del corpo destro e sinistro si pronunzia in tal modo, che la forma gemerale ne appari sce « asimmetrica ». Diciamo a bellà posta « esternamento », .poi- chè nell’interna struttura troviamo tali differenze (e spesso tanto consi- derevoli!) fra le metà destre e sinistre in quasi tutti gli Eudipleuri. In particolare nei più elevati animali, e nominatamente nei vertebrati, sono i « visceri » inclusi nelle cavità interne, i quali per lo più mostrano nelle lor parti impari una disposizione e divisione estremamente asimmetrica nelle due metà, così specialmente il cuore, stomaco, fegato, milza e pan- creas nei vertebrati, le branchie, cuore, reni e organi sessuali nelle chioc- ciole e via discorrendo. Non di rado anche di parti originariamente pari una non si sviluppa affatto, come p. e. l’ovaia destra degli uccelli e del- I Ornithorynchus, uno dei due polmoni dei serpenti ecc. Nonostante, sic- come questa interna asimmetria non esercita influenza di sorta sull’ a- spetto esterno della universa forma dipleura del corpo, possiamo intera- ramente prescindere dalla medesima. » « Adunque se consideriamo come Disdipleure nello stretto senso sol- tanto quelle forme organiche dipleure, in cui la ineguaglianza delle due metà del corpo si spiega esternamente in così più forte guisa, che la forma generale ne diventa asimmetrica, le troviamo quasi da per tutto appena come singole eccezioni in quei gruppi di organismi, la cui gene- rica forma fondamentale è eudipleura. Degl’individui (Persone) animali sono qui.da menzionarsi fra tutti nei vertebrati la notevole famiglia pi- scina dei Bleuronettidi, ne’ quali il tronco è davvero affatto eudi- pleuro, la testa poi così distortamente sviluppata, che ambi gli occhi stanno sur un lato, ora destro, ora sinistro; inoltre frai mammiferi il delfino nar- valo (Monodon monoceros), in cui soltanto il sinistro dente è sviluppato im una forte punta; il destro al contrario del tutto rudimentale. Fra gli ar- ticolati sono particolarmente disdipleuri molti crostacei, forme parassiti- che in ispecie, oltre il granchio eremita (Pagurus) il cui addome molle si è sviluppato asimmetricamente, perché si avvezzò a nasconderlo in una conchiglia spirale: per simil guisa anche le due chele sono molto disu- gualmente sviluppate (tuttavia si trova sempre ben disuguale la grandezza delle chele anche in altri decapodi, moltissimo nel Gelasimus). Alla divi- sione dei molluschi tra tutti i gruppi animali appartiene per la maggior parte lo sviluppo disdipleuro ; fra gli elevati Cefalopodi esso si pronunzia in modo, che sempre solo un tentacolo da un lato diventa ettocotile. Fra le chiocciole vi appartengono tutte quelle, che formano una conchiglia 54 dt spirale; nelle più la metà sinistra del corpo si accresce prevalentemente, e per conseguenza la conchiglia si avvolge a sinistra; più di rado al ro- vescio a destra (Clausilia, Physa). Fra i Lammellibranchi la disdipleuria si mostra evidentissima nei più dei testacei, che crescono con una valva aderente (Pleuroconchae); la conchiglia adulta è quasi sempre più grossa e più concava, nell’ Ostrea la sinistra quasi sempre, nello Spondylus la de- stra; Je rudiste sono le più distinte per forma affatto diversa delle due metà; un minor grado di differenza ancora si spiega in quasi tutti i molluschi nella distinzione delle metà destre e sinistre della conchiglia. » « Frale piante sono specialmente gli Orgami eudipleuri che in ben molti casi fanno passaggio alla forma disdipleura più o meno spiccata- mente. Così troviamo in ispecie tra le foglie (florali, carpellari, o foglie propriamente dette ecc.) la cui generale forma fondamentale è eudipleura , molto di frequente più o meno svolta la disdipleura; così p. e. la foglia dell’ Ulmus e sopra tutte quella di Begonia (« foglia storta »), oltre le fo- glie florali ravvolte a spira di molte orchidee, i carpelli asimmetrici di molti frutti ecc. Per la generale tendenza all’ accrescimento spirale nel regno vegetabile le forme disdipleure avranno principalmente luogo nella | trattazione delle parti disposte eudipleuricamente. » <« In tutti questi casi la successione dello sviluppo embriologico 0 paleontologico ci mostra che le ineguali metà dei corpi disdipleuri erano originariamente eudipleuriche, e che in conseguenza la disdipleuria si formò dipoi dalla pura eudipleuria. Ora è il lato destro, ora il sinistro, che (da principio equivalente all’altra metà) prevalse nell’ accrescimento , e con questo si svolse a danno dell’altro più debole. Onde anche in tutte le specie, in cui regolarmente la metà destra è la maggiore, occorrono casi eccezionali, che la sinistra predomina, e viceversa. Si conoscono fra le chiocciole spirali p. e. più di cinquanta specie, che comunemente avvolte a sinistra , lo sono a destra talora (Helix, Pupa, Bulimus, Fu- sus ecc.). Che ciò dipenda affatto dal caso, cioè da cause meccaniche di sviluppo (condizioni di adattamento) relativamente insignificanti, lo mo- strano in modo chiarissimo i Pleuronettidi disdipleuri , nei quali la stessa specie, che ha gli occhi abitualmente a destra, li porta eziandio a sini- stra talora, e in rari casi occorre interamente simmetrica, p. e. Pleuro- nectes MATIMUS. > S. R. Pittard in uno stupendo articolo che si trova nella Enciclope- dia di Todd! fa una estesa trattazione della simmetria; la cerca negli organi interni dell’uomo; poi passando in rivista le divisioni del regno animale, i vegetali, i minerali dappertutto la trova, risolvendo le diffi- coltà degli organi od organismi asimmetrici, che tali non erano in ori- gine. ma lo divennero in seguito pei rapporti che hanno ad altri organi o per adattamenti al mondo esterno. Sebbene molte cose siano state e- gualmente dette dal Fermond, e dall’ Haeckel, riporto tutto l'articolo, poichè servirà a indicare eziandio le analogie e le differenze che corrono tra le opinioni del Sig. Pittard, e quelle dei succitati autori. « Simmetria (07v-ue:00v) — Nella sua generale accettazione questa parola significa una giusta ed armonica proporzione di parti tra 1 The Cyclopedia of Anatomy and Physiology edited by Robert B. Todd ete. — Vol. IV, -— Part II. Sta-Wri 1849-1852. London, Longman, Broun ete. pag. 845- 852. d5 loro e rispetto al tutto; nonostante in anatomia ha un differente e più stretto significato. Io mi occuperò soltanto del significato anatomico , che può definirsi così: » « Simmetria è parola usata ad esprimere un'idea, la quale sarebbe più correttamente rappresentata da un verbo che da un nome, essendo l’idea non di una cosa ma di un fatto — il fatto cioè che la metà di un animale è comunemente una esatta copia rovescia dell’altra — Il lato destro è una copia rovesciata. o ripetizione, del sinistro. Ci sono ecce- zioni numerose, anche nell’ uomo; ne diremo appresso. » « Quella copia o ripetizione seriale non rovescia, che si osserva p. e. fra le membra scapolari e pelviche si enuncia con |’ analoga espressione di omologia seriale. Il punto su cui può basarsi una distinzione fra sim- metria e omologia consiste nel rovesciamento della copia o ripetizione, così caratteristico dell’ ultima. Sembra che questo carattere ci dimostri le due metà esser parti di un tutto, mentre la successione seriale non ro- vesciata di parti simili ci spinge ad accordare una specie d’ individualità separata a ciascuna ripetizione. Dobbiamo senza dubbio fermamente im- primere e tenere in mente una netta distinzione fra cotesti due modi di ripetizione. Contuttociò, mancando una conveniente inflessione della pa- rola in discorso, mi sono da tempo abituato, a rischio di qualche con- fusione, ad usare l’ espressione omologia laterale —. e 1° ho adoperata in questo senso nel presente articolo. » « Se la parola simmetria possa applicarsi a quella ripetizione antero- posteriore che s’ incontra nelle vertebre caudali dei pesci, per esempio , non è ancora stabilito dall'uso, e qui mi basterà semplicemente notarne l’esistenza apparente. Così adoprerò l’ espressione di omologia antero-po- steriore in un senso precisamente parallelo a quello di omologia laterale. » « Ripetizione laterale. — Che la destra mano e il destro piede, e il destro lato della testa e del tronco , facciano esattamente contrapposto al sinistro, è fatto così ovvio, che il solo asserirlo pare una superflua volgarità. Nondimeno ciò non deve riguardarsi come materia vana. Po- teva essere altrimenti. » _ «Lo scheletro umano allo stato normale è perfettamente simmetrico in tutti i suoi particolari, e l'eccezione dei Pleuronettidi, o pesci piatti, sarà trattata in seguito. L’Archetipo , o figura ideale astratta, di un seg- mento vertebrale osseo, come quello del Prof. Owen (al vol. i ii p.824), è una forma simmetrica. Ma è dubbio che un solo osso possa nello sche- letro esser riguardato primordialmente mediano e simmetrico — che un solo centro di ossificazione si trovi in origine sulla linea mediana. L°ar- chetipo ideale di quell’ illustre autore contiene tre elementi mediani azi- gi, cioè la spina emale e neurale ed il centro; ma sempre mi parve che ciascuno di questi elementi dovrebb’ essere idealmente rappresentato, da due, poichè ciascuno viene occasionalmente rappresentato in natura da un paio di ossa: il Prof. Owen, p. e., riguarda i due parietali come la spina neu- rale di una vertebra. Benchè non ci sia difficoltà ad immaginare la coa- lescenza di più pezzi in uno, e benchè sia facile ad immaginare che tale fusione potè avvenire prima che cominciasse l’ossificazione; talchè due o più dei punti destinati a divenire i centri ossificativi poterono ravvi- cinarsi tanto, al manifestarsi del deposito ferroso , da comparire uno s0- lo, pur non è possibile concepire che due pezzi si sviluppassero da un sol punto ossifico. La singola condizione aziga può procedere dalla dop- 56 pia, ma non al contrario; onde la condizione doppia si terrà per pri- mordiale, ed avrà luogo nel tipo astratto. Occasionalmente s’ incontrano certe mostruosità che sembrano dimostrare in modo notevole, la verte- bra esser composta di due metà laterali, da principio separate. Così nei mostri a doppia testa, in cui esistono due colonne vertebrali superior- mente, che si riuniscono in una sola al di sotto, la metà di ciascuna delle due adiacente all’ altra, par che si perda al punto di coalescenza, e che la colonna unica sotto questo si componga della metà destra di una, e della sinistra dell’ altra delle due. Nello scheletro del Boa Con- strictor, conservato nel Museo Hunteriano, vi sono due vertebre doppie nel destro lato, e scempie nel sinistro ; 0 piuttosto ci sono due esem- plari di metà vertebrali destre, che esistono indipendenti, e sono anchi- losate, una alla vertebra precedente, 1° altra alla successiva. Questa an- chilosi sola giustifica l’espressione di « vertebre doppie nel lato destro ; » ma in niuno esempio è tanto completa da mascherare affatto la naturà reale di mezza vertebra indipendente Fatti consimili, specialmente 1° esi- stenza di una metà vertebrale senza l’altra, sembrano anche in contra- dizione con quanto fu stabilito sopra, di dare a ciascuna metà di seg- mento vertebrale l’importanza di una separata individualità, come si, ac- corda ad ogni segmento vertebrale stesso. Sembrano dimostrare che la vertebra è un composto di due parti laterali, ripetute 1 un’l’altra sim- metricamente, come la colonna spinale umana è un composto di trenta- tre ripetizioni seriali di vertebre. Il fatto che le metà laterali son copie rovesciate l'una dell’ altra, son disposto ad aver per prova, che unica- mente siano parti di un tutto, e loro tolgano una individualità; come quella che siam soliti assegnare alle ripetizioni seriali non rovesciate; nonostante ciò non si terrà per prova sufficiente. Il valore da darsi a tali fatti dipende, qui come altrove, dalla peculiar tendenza delle diverse menti, e dalle associazioni che le preoccupano. Non è necessario nel: pre- sente stato delle nostre cognizioni, nè utile, fermarsi a quel punto di vista dei fatti, che primo si presenta. » « Dobbiamo notare di passaggio che gli organi corrispondenti e parti di organi dei due lati sono non pure simili in forma e struttura, ma normalmente della stessa età precisa. I corrispondenti punti ossifici di ciascun lato appariscono precisamente nello stesso tempo, e sotto ogni rispetto lo sviluppo originario e successiva evoluzione e maturazione del- l'embrione procede esattamente di pari passo. Le sole eccezioni a que- sta regola di simmetria occuperanno in modo speciale la nostra consi- derazione. » « Nell’Uomo, eccetto forse i primissimi stadi della sua esistenza, ci offrono eccezioni il cuore, i grandi vasi sanguigni, i linfatici del tronco, i polmoni, gli intestini, il fegato, milza e pancreas, con le loro appen- dici. Tutte queste parti, secondo ogni probabilità , erano simmetriche nei primissimi stadi dell’ embrione; delle più fu provato per osservazioni di fatto, com'è ìl caso degli altri esempi successivi di deviazione dalla sim- metria. » « Tutte le decussazioni sulla linea mediana sono asimmetriche. Di- fatti se una fibra attraversa questa in qualunque modo, anche ad angoli retti, vi è deviazione dalla simmetria. Per conseguenza la decussazione dei nervi ottici, delle fibre nella midolla allungata, delle fibre bianche nella linea alba, sono esempî di eccezioni alla ripetizione simmetrica. imicrcnie. 97 Siamo tentati a credere, nell’ultimo esempio specialmente, che queste decussazioni non esistono nell’originario modello o piano embrionale; ma lo svilupparsi che fanno in seguito, obbedendo a successive circostanze, ésterne od interne, esistenti in qualche periodo della vita dell’animale, ch’ebbero a modificare le direzioni delle fibre del tessuto areolare, e in altro modo influenzarle, ci conferma in tale credenza. » « Il più autorevole dei suddetti esempî, e quello in cui è più larga la deviazione dalla primordiale simmetria, è quel del cwore e dei grandi vasi sanguigni che gli sono immediatamente connessi. Il cuore apparisce dapprima come una massa di cellule poste sulla linea mediana, che to- sto addiviene vuota e divisa in tre compartimenti, dei quali 1’ inferiore riceve le vene embrionali, ed è perciò l’orecchietta, mentre il superiore è il principio dell’aorta o bulbo arterioso. La cavità media (il ventricolo) si piega in forma di ferro di cavallo, in modo da portare l’auricola e il bulbo in opposizione. Dall’ ultima procede un’arteria mediana diramata in sei archi su ciascun lato, i quali circondano lo spazio occupato dal ca- nale digestivo e convengono verso la spina, dove sono continuati da due aorte simmetriche. La vena che sbocca nell’auricola è un canale o seno, che comunica tra due tronchi venosi posti simmetricamente da ciascun lato della spina, detti ductus Cuvieri, la continuazione posteriore dei quali sono le vene cardinali (futura azygos ed hemi-azygos); e l' ante- riore, la giugulare. Uno di tali dutti resta permanente come cava su- periore. La vena omfalo-mesenterica, che sbocca nell’ auricola, è si- tuata al presente sulla linea mediana in mezzo ed anteriormente alle ve- ne cardinali, e ad essa mette capo la vena cava discendente unica me- diana. Il preciso periodo in cui tali parti sono dapprima discernibili, e quelle in che hanno luogo i cangiamenti che ora descriveremo , sarà in- dicato all’articolo ©vum. Il modo di lor metamorfosi soltanto ha che fare con la presente ricerca. Fin quì la disposizione è simmetrica; ora cominciano quei cangiamenti da’ quali l’ impari adulta viene eventualmente prodotta. Il quarto e quinto paio (dal cuore) di archi aortici (le due paia anteriori), e un arco destro del secondo paio, tosto spariscono. L’arco st- nistro del secondo paio è permanente siccome arco dell’ aorta, e il terzo paio persiste siccome arterie subelavicolari. Il primo paio diramasi ai polmoni nascenti. Frattanto le parti inferiori (addominali) delle aorte si sono riunite. e quelle loro parti che intercedono fra il primo arco del lato destro (ar- teria polmonare destra) e il terzo (subelavicolare destra), spariscono. Ora abbiamo, a sinistra, i primi due archi umti posteriormente per formare l’aorta sinistra. Il primo manda un ramo ai polmoni, e la sua porzione che è dietro questo ramo polmonare , resta pervia come dutto ar- terioso, fino alla nascita; mentre quella porzione che è più vicina al cuore, resta, in connessione col ramo polmonare, permanente a vita, siccome arteria polmonare sinistra. A destra il primo arco solamente, il secondo essendo già sparito, forma l’aorta destra, che tosto raggiunge la sua com- pagna con cui si fonde inferiormente. La parte prossima di questo arco è permanente, e rimane in connessione col suo ramo polmonare, siccome arteria polmonare destra, mentre la parte sotto il ramo polmonale, insieme con la sua continuazione, 1’ aorta destra, sotto il punto di congiunzione con la sua compagna, ben tosto spariscono. Frattanto un setto sì è svi- luppato nel ventricolo del cuore, dividendolo in ventricolo destro e sinistro; ed uno imperfetto nell’orecchietta. Il bulbo arterioso eziandio fu diviso da 58 un setto in tal guisa, che il primo paio di archi rimane connesso con una di- visione di esso, la quale comunica con uno dei ventricoli, mentre l’arco sini- stro permanente del secondo paio comunica con l’altra divisione, e per essa con l’altro ventricolo. È probabilissimo che questi setti appena sviluppati si estendessero da un lato all’altro, che in conseguenza il ventricolo sistemico e l’aorta fossero da principio al davanti del ventricolo e arteria polmonari, e che il cuore in seguito subisse una torsione a destra, facendo girare il ven- tricolo sistemico indietro sino alla sua posizione permanente a sinistra. Nei rettili, in cui moltissimi altri dei caratteri mammalini fetali persistono, la radice dell’arteria sistemica si trova dinanzi a quella della polmonale, e i grandi tronchi arteriosi non si attorcono l’uno sull’altro come accade nell'uomo. Così dunque queste parti le più asimmetriche di tutto il corpo, può provarsi per osservazione di fatto ch’erano in origine perfettamente simmetriche , e il modo in che raggiungono lor forma asimmetrica defi- nitiva, può accuratamente tracciarsi. » « L’asimmetria dei polmoni è poco più che una insignificante diffe- renza di grandezza, dipendente dalla pressione del cuore a motivo del suo spostamento a sinistra. E l’asimmetria dei grandi visceri addominali sopra enumerati, e delle loro appendici, dipende interamente da spostamento laterale ed eccesso di accrescimento di un lato sopra l’altro, riferibili ad una conveniente disposizione entro uno spazio ristretto. Tale asimmetria, maggiore nei mammiferi che nei rettili e pesci, a cagione della presenza del diaframma, che, per così dire, spinge i visceri addominali all’ ingiù, ne- cessitando uno spostamento laterale, è al colmo nell'uomo, per causa della grande misura laterale. in comparazione della distanza antero-poste- riore, la quale è così conspicua nella sua figura, paragonata a quella di altri animali. Gli attacchi epatici del ligamento falciforme e dell’ omento gastro-splenico segnano la originaria linea mediana del fegato ; e quella parte maggiore di esso che é alla destra del ligamento e dietro all’omento, è la destra omologa laterale della minore che si trova alla sinistra del ligamento e davanti all’omento. La cistifellea apparisce un organo asim- metrico, situato a destra della linea mediana. Non mi è dato di stabilire se una sinistra vescica biliare sia una volta esistita e soppressa, 0 no; 0 almeno se era mediana in origine e successivamente spostata. La parete anteriore dello stomaco è omologa al sinistro lato della posteriore. La milza è un organo originariamente mediano situato nel meso-gastro in origine mediano. Il grande omento è una sacca che fa il meso-gastro a sinistra, conseguentemente la esterna superficie è la sinistra laterale omologa del- l'interno. Il pancreas è in principio un organo mediano, un termine del quale è stato spostato col piloro a destra, talchè il suo aspetto anteriore è il sinistro laterale omologo del posteriore. Il canale intestinale può scorgersi nell’embrione come un tubo diritto, uniforme, mediano, e sim- metrico, finchè la sua lunghezza essendo diventata più grande che quella della regione cui è destinato a occupare, viene costretto a disporsi in giri e matasse. Le pareti anteriore e posteriore dello stomaco ‘erano dapprima, come sopra indicammo, le sue metà destra e sinistra ; e riguardo alle al- tre parti del tubo alimentare, qualunque sia la difficoltà in riconoscere il modo di loro spostamento nell’uomo, svanisce alla bella prima esaminando lor condizione negli animali inferiori. Non' s’ incontra difficoltà di sorta rispetto ai piccoli intestini, perocchè il loro mesenterio si attacca vicino alla linea mediana; gl’ intestini stessi però variano di continuo lor posi- 59 zione, relativa e positiva, secondo il modo più conveniente di aggrupparsi, a cagione di lor contenuto variabile. Non così facile a capire è il genere di spostamento ch’ebbe luogo nei grossi intestini. Il color è piegato in- dietro e passa sull’intestino tenue da destra a sinistra raggruppandosi. Nell’uomo il vero rapporto di queste parti è inoltre mascherato dalla sin- golare circostanza dell’attraversarsi che fanno giusto al punto dove il me- so-gastro, dopo esser disceso alla grande sacca dell’omento, sì volge verso la spina. e il colon trovandolo qui, per così dire, se ne serve, e I’ usa come un mesenterio; ‘gli anatomici chiamarono meso-colon trasverso sif- | fatta appendice del meso-gastro. Nei ruminanti il colon, essendo eccessi- vamente lungo, sì vale anche del mesenterio degli intestini tenui, nei quali una massa di quello è spinta giù e giù finchè fa tre giri; cosicchè nel seguire il colon all’ingiù col dito, fate tre giri a spira nel mesenterio, eppoi tornate indietro con tre giri spirali posti frai primi. Dall’altra parte nei carnivori, ne’ quali il colon è molto corto, esso passa sopra il capo inferiore dell’ileo tanto presso al suo termine, ch’è evidente il prossimo grado di accorciamanto dover resultare in continuazione degl’ intestini tenue e crasso in linea retta. Questo realmente ha luogo nei rettili, ep- però non ci è più difficoltà di sorta a riconoscere la originaria posizione mediana e simmetrica del tubo intestinale e delle sue appendici, tanto spostati neil’uomo da renderne il riconoscimento così estremamente difficile. » « Non è punto raro d’incontrare esempî, ne’quali tutti gli organi asimmetrici del corpo umano si trovano completamente all’opposto di lor situazione ordinaria; il cuore vòlto a destra; i suoi vasi polmonali a sinistra, e la milza nell’ipocondrio destro; e il cieco nella fossa iliaca sinistra. Quasi ogni museo anatomico contiene esempî di questo genere, e in tutti quelli ne’ quali la storia del caso si conobbe prima della morte, la sanità relativa e lo stato d’ordinario bene sviluppato del soggetto atte- starono la insignificanza di siffatta trasposizione rispetto al benessere del- l'individuo. Tali casi sono interessantissimi per questa considerazione , — che tuti gli organi asimmetrici sono trasposti. Non c’è, io credo, esem- pio o ricordo di uno, o due, o men' che tutti gli organi asimmetrici, i quali occupassero il lato, che ordinariamente non è il loro. Ciò rafferma la credenza che il lato respettivamente occupato da questi organi vien determinato da un solo impulso dato in principio ad uno di essi. » ‘« Anormali deviazioni dalla simmetria occorrono estremamente fre- quenti. I vasi sanguigni del corpo sono ben di rado perfettamente sim- metrici. Nell’ adulto i due lati del corpo di rado hanno forma esterna esattamente uguale. La mano destra è comunemente più grande della si- nistra. Accidentali circostanze frequentemente disturbano la simmetria, ma non è punto insolito d’incontrar la prova della trasmissione ereditaria di aberrazioni dalla simmetria. Alcune mostruosità, come le dita soprannu- merarie alle mani ed ai piedi, son talvolta simmetriche, ma appunto al- trettanto spesso. e forse più, esistono da una parte sola. » < Anatomia comparata. Ora passo a menzionare in fretta quelle deviazioni dalla simmetria che s'incontrano nelle condizioni normali degli animali inferiori appartenenti al sotto-regno dei vertebrati, e ad esaminare la questione della simmetria negli altri sotto-regni. » « In tutti i mammiferi esistono tante deviazioni dalla simmetria, quante se ne trovano nell’uomo; ma in nessun altro mammifero la trasposizione 60 laterale è così grande come nell’ uomo, poichè in tutti gli altri vi è in proporzione un più grande spessore antero-posteriore del petto e del ven- tre. I soli altri esempì notabili di asimmetria conosciuti nella classe mam- malina sono i seguenti: — nel narvalo maschio od unicorno di mare il dente incisivo frontale sinistro raggiunge l’ enorme lunghezza di otto 0 dieci piedi, mentre il diritto si rinviene come rudimento che mai fora la gengiva. Le spirali sulla linea mediana son deviazioni dalla simmetria; per conseguenza il pene spirale del porco, ecc. ha da riguardarsi come esempio di asimmetria; un debole eccesso in lunghezza di una metà è sufficiente per produrre questa forma spirale. La narice sinistra della mag- gior parte de’ cetacci è sempre molto più grande della destra. » « Negli uccelli esistono le stesse mancanze di simmetria neì visceri del tronco, che nei mammiferi. Per altro il destro solamente del secondo paio degli archi aortici embrionali è conservato in luogo del sinistro co- sicchè l’aorta adulta fa un arco sul bronco diritto. Ma cionnonostante, il ventricolo sinistro è il sistemico, e supera il diritto nello spessore delle pareti, siccome nei mammiferi. Tutti e due i ductus Cuvieri sono conservati e formano due vene cave superiori. Il fegato è situato nel mezzo, vale a dire, la sua grande fessura e il ligamento falciforme sono sulla linea me- diana; ma il lobo sinistro è ordinariamente il piu grande e nel comune gallo presenta una fessura che non si ripete nel diritto. L’esofago diverge debolmente verso destra, ma l’orificio cardiaco dello stomaco è alla sinistra del pilorico. Il lungo viluppo fatto dal duodeno, e il pancreas che n’è cir- condato, si trovano estesi diagonalmente attraverso l’addome dinanzi alle altre intestina, riposando la loro estremità nella fossa iliaca sinistra, ma non sono fissi in tal posizione. La cistifellea è situata come nei mammi- feri. Non essendovi un grande omento, la milza occupa sua posizione ti- pica dietro lo stomaco. Vi è comunemente disparità nella lunghezza del paio di ciechi. i quali s’ incontrano in questa classe. » « Ma la più notevole eccezione alla simmetria nella classe avina é quella che esiste negli organi generatori feminei. Soltanto l’ovaia ed ovi- dutto sinistri sono evoluti funzionalmente, mentre i destri, atrofizzandosi ben presto, appena si rinvengono nell’animale adulto. Si ricordano pochi esempî, ne’ quali questi omologhi laterali destri dell’ovaia ed ovidutto si trovarono svolti in grandezza funzionale, al pari di un testicolo e un vaso deferente, formando così un ermafrodismo laterale. » « Gli organi generatori maschili degli uccelli son tutti simmetrici ec- cetto il pene, quando esiste, che è spirale. » « Altro esempio di mancanza di simmetria vien presentato dal becco di taluni uccelli, come il becco-in-croce ecc. » « Rettili. — Il cuore dei rettili è situato sulla linea mediana, ma non ha forma simmetrica, nè i grandi vasi sanguigni vi entrano e ne escono in guisa perfettamente simmetrica ; ‘essi pure si avvicinano alla simmetria molto più in questa classe, che in alcuna di quelle precedentemente con siderate. In tutti i rettili si trovano in principio due aorte, simmetrica- mente disposte, che fanno arco sui bronchi diritto e sinistro rispettiva- mente , e si uniscono l’una all’ altra per formare il tronco unico sulla spina. Nondimeno i vasi che se ne diramano sono il più spesso non sim- metrici, la testa e i membri anteriori ricevono l’arco destro solamente, e i visceri chilopoietici solo il sinistro. Le arterie polmonali si dipartono dietro l'origine delle aorte. I polmoni dei rettili sono per solito due or- 3 SP? i 64 gani simmetrici, ma negli Ofidî il sinistro, quando esiste, è molto più corto del destro, e in alcuni, come nel Coluber thiringicus, manca del tutto, il suo solo vestigio essendo una depressione cecale a sinistra del termine inferiore della trachea; tale assenza del sinistro polmone produce in con- seguenza la perdita dei vasi polmonali sinistri. » « Lo stomaco e viscere dei Chelonî, a cagione della forma piatta degli animali, sono spostati lateralmente quasi altrettanto che nell'uomo. Negli altri rettili non sono tanto fuori di simmetria, pure in nessuno si trovano. esattamente simmetrici. Il termine cardiaco dello stomaco tende, benchè spesso poco, a sinistra; il pilorico è libero, e può esser portato senza sforzo sulla linea mediana, ma si trova sempre inclinato a diritta. Ciò rende la milza più conspicua a sinistra. Il fegato dei rettili si estende da parte a parte, ma il lobo destro è il maggiore. » « Nei girini dei rospi e rane ho osservato che non vi è apertura delle branchie a destra. Nel Zepidosiren Vano è situato a destra della sporgenza ‘mediana della coda. » « Pesci. — Il cuore dei pesci è posto simmetricamente. ma la posi- zione relativa dell’orecchietta e del ventricolo è comunemente asimmetrica, la prima essendo dietro e a sinistra dell’ultimo. L'unico tronco arterioso co’ suoi archi branchiali e le aorte riunite sono pertanto simili precisamente da ambi i lati. Il canale intestinale essendo generalmente assai più lungo che l’ addome de! pesce, è obbligato a ripiegarsi in masse e circonvolu- zioni asimmetriche. » a Vi è una notevole deviazione dalla simmetria in tutti i membri del gruppo di pesci detti Pleuronectidae, o pesci piatti, come le sogliole, rombo, halibut, e fiounder. Questi pesci stanno al fondo e nuotano sur un lato; e il lato superiore è scuro come il dorso degli altri pesci, mentre quello che tengon sotto è bianco come il ventre degli stessi. Il lato scuro è an- che un po’ convesso, mentre il bianco è quasi piano. La pinna dorsale impari si continua sulla testa, oltre gli occhi, quasi fino alla bocca; e quel ch'è più rimarchevole di tutto, ambi gli occhi appariscono sul lato scuro, e son realmente situati ambedue lateralmente alla pinna dorsale impari. Eccettuando il diverso colore della cute, la differente convessità dei due lati, e una debole distorsione della bocca, tutti questi pesci son simme- trici nelle universe parti loro, eccetto gli occhi, e le prossime strutture. Le ossa immediatamente contigue agli occhi soffrono il seguente notevole storcimento: — l’occipitale è quasi perfettamente simmetrico, e la sua cresta mediana si continua molto in avanti come una cresta sagittale fra i parietali, sulla linea mediana reale del pari che apparente, sostenendo le ossa stiliformi a cui si articolano i raggi della pinna dorsale impari. C'è una debole differenza nella grandezza dei parietali, quello della parte destra o bianca essendo il maggiore: ma sono le ossa frontali e pre-frontali che subiscono il distorcimento più grande. Arrivando ai frontali la linea mediana reale o primordiale si piega di repente verso la parte sinistra 0 | scura, mentre la cresta sagittale, che ancor sostiene la pinna impari, si continua diritta sul frontale destro soltanto. Il frontale sinistro è meno largo, ma più grosso del destro, e si estende al davanti in una forma curva tra gli occhi, presentando una concavità a destra. A questa curva concava è unito per sutura un processo falciforme formato dall’ angolo sinistro anteriore del frontale destro, che è quadrato. Questa sutura sta ad indicare la linea mediana reale. Gli occhi son situati su ciascun lato 62 del setto così formato. L’orlo di questo setto composto riposa sulla sutura fra i due pre-frontali, e tale sutura, che indica sempre la linea mediana reale, tosto riguadagna il mezzo apparente. Il pre-frontale destro è molto più grande del sinistro. e viene di nuovo in contatto col destro frontale esternamente all'occhio destro, che perciò occupa un'orbita con un margine completamente osseo, mentre la stessa cosa non accadendo a sinistra, l'occhio di questa parte non ha orbita, ma par che si trovi nelle parti molli della guancia. La simmetria della base delia testa è disturbata ben poco, il lungo sfenoide e vomere, formando quasi una linea retta, e par- tecipando ben poco alla brusca piega della linea mediana, che ha luogo sopra. Non è la meno curiosa parte di questa storia il non partecipar che fa la pinna dorsale impari alla piegatura della linea mediana: ciò fornisce una prova addizionale che i suoi raggi non fanno parte dell’ endo-sche- letro. Gli occhi dei pleunronettidi sono di diversa grandezza ; il più lontano dalla pinna dorsale (il sinistro, quello che non ha orbita) essendo il più piccolo; e il nervo ottico, e i lobi ottici del cervello, che gli apparten- gono son più piccoli dei loro congeneri. » « Nell’ adoprare i termini destro e sinistro nelle descrizioni superiori ho costantemente avuto in vista il rombo che è colorato, e mostra gli occhi a sinistra; ma la sogliola, il dab e flounder son colorati a destra, epperò quei termini debbono invertirsi rispetto a questi. E frequentissimo di avvenirsi in esemplari individuali di Pleuronectidae colorati, per così dire, dalla parte storta, cioè non da quella che lo è comunemente, ed in regola per la specie. Rombi colorati, e coloro occhi a destra, si tro- vano spesse volte, e i flounders portati al mercato di Londra son quasi altrettanto spesso coloriti e mostrano gli occhi, ora a destra ora sinistra. Gl’ intestini asimmetricamente disposti di questi pesci non partecipano a tale trasposizione, ma occupano rispettivamente gli stessi lati negli indi- vidui normali o mostruosi. La frequenza di tali mostruosità ci tenta a con- getturare, che circostanze esterne forse determinino su questo o quel lato la presenza degli occhi o la colorazione. » « Articolati. — Gli animali componenti questo sotto-regno son bila- terali e simmetrici. Il modello astratto o tipo di un animale articolato, è una figura simmetrica, come quello dei vertebrati. Ci son poche deviazioni da questa primordiale simmetria, ed eccessivamente insignificanti nel totale. » « Fra gli Entozoi, la tenia inglese (Taenia solium), prendendo i lati piatti per dorsale e ventrale, presenta esempio di asimmetria nella posi- zione degli orificì genitali, che son disposti sull’orlo di ciascun articolo, talora dall’ una, talora dall’altra parte, indifferentemente. » « Nella serie di Storia Naturale del museo del Collegio dei Chirur- ghi (N. 205), vi è una porzione di taenia lata, che mostra una mostruo- sità molto interessante riguardo alla questione della individualità di un mez- zo segmento. Da un lato, che per distinzione chiameremo destro, ci sono tre mezzi segmenti, il medio dei quali si unisce con due mezzi segmenti del lato sinistro, lasciando la superiore ed inferiore delle tre destre metà, isolate e indipendenti. » « Molluschi. — In questo sotto-regno l’assenza di simmetria sembra la regola — la sua presenza l'eccezione. Ci sono grandi difficoltà pratiche per trovare una nozione astratta o tipo di mollusco formato da ripetizione seriale di parti — nulla di simile alla omologia seriale’, eccetto nei chitoni, la cui conchiglia consiste in un numero di parti trasversali, simili, sim- + 63 metriche. La più elevata classe di molluschi, i cefalopodi, sono sim- metrici, e quando abitano conchiglie, come l’argonauta e il nautilo , le hanno simmetriche. Ma l'enorme numero di specie comprese nelle classi dei gasteropodi e degli acefali son quasi tutte asimmetriche. Le lumache sono i più simmetrici dei gasteropodi nella forma esterna, ma in essi l’orifizio aereo per esempio è da un lato. » « Raggiati. — Per comodo d'’ illustrazione scelgo fra gli animali compo- nenti questo sotto-regno la comune stella di mare. Questo animale ci presenta alla visfa una forma piatta con cinque braccia o faggi esattamente simili, che irradiano dal centro, in cui è posta la bocca. Attorno alla bocca tro- vasi un circolo nervoso, che consiste in un numero di gangli corrispon- dente alle braccia, connessi l’ uno all’ altro per mezzo dei cordoni inter- medî. Ogni braccio è simmetrico in sè stesso. Ora questa figura può di- vidersi in due metà simmetriche con una linea condotta nella direzione di uno dei cinque diametri. Come decidere quale di quelle debba riguar- darsi come linea mediana? Fortunatamente sul lato opposto a quello in cui si .trova l’apertura buccale c'è una macchia peculiare, avanzo di una struttura embrionale; essa non è nel centro, epperò servirà per un dato. Ma anche una linea condotta attraverso l’ uno dei bracci, che non sono in numero pari, lo dividerà nel mezzo da una parte, e passerà nell’ in- tervallo fra due dall’ altra. Siccome le braccia esattameute si ripetono a vicenda, ciò sembra un processo innaturale e arbitrario. Eppure, benchè la stella di mare non possieda una linea mediana naturale, e per conse- guenza non sia bilaterale, è un animale simmetrico , imperocchè l’idea della bilateralità non é punto inclusa nella nostra definizione della sim- metria. » « Ogni qualvolta un numero di parti esattamente simili, simmetriche in sè stesse, sono disposte intorno ad un centro, 0 siano due, come nelle forme bilaterali, o cinque, come nella stella di mare, tutta la figura è simmetrica. Abbandonando dunque l’idea di bilateralità, possiamo ravvisare la stella di mare come composta di cinque parti ripetute e disposte in- torno ad un centro. Considerandola in tal maniera, ci sarà dato d’ istituire un paragone fra la forma della stella di mare e quella dei vertebrati ed articolati segmentati. La stella di mare ha da riguardarsi come analoga ad un segmento di vertebrato o di articolato — un animale con una sola vertebra. » .« Uso il termine « analogo » e non « omologo, » perchè la relazione detta omologia speciale non può dimostrarsi in niun esempio tra animali appartenenti a sotto-regni diversi. La testa, le gambe, il cervello di un articolato sono soltanto funzionalmente testa, gambe, cervello. Compiono la stessa funzione, ma non può dimostrarsi che siano identici alla testa, gambe, e cervello di un vertebrato. In verità stimai sempre che i sotto- regni fossero limitati relativamente alla omologia speciale: tutti gli animali fra cui le omologie posson seguirsi —- tutti conformati sullo stesso tipo — potrebbero insieme aggrupparsi per formare un sotto-regno. è « L'ipotesi dell’analogia di un raggiato ad un vertebrato o articolato pur ora esposta, è considerevolmente rafforzata dal modo di sviluppo della comune medusa. La larva della medusa è un essere polipiforme, fisso da un capo e tentacolato dall’altro. In questo dopo un podi tempo si distin- guono numerosi stringimenti, come in un animale segmentato, i quali diventano sempre più profondi, finchè completamente dividono l’ essere 64 già polipiforme in tanti pezzi, ognuno dei quali diviene una perfetta me- dusa. Qui è un animale segmentato, ogni articolo del quale diventa un individuo raggiato indipendente; dunque ogni individuo è analogo a un segmento di vertebrato o di articolato. » « A differenti vedute conduce il fatto, che sebbene il nnmero cinque, o un suo multiplo, sia comunemente quello dei raggi della stella di mare, pure vi sono alcuni membri dello stesso gruppo, il numero delle cui brac- cia non corrisponde nè all'uno nè all’altro; per esempio, ci sono asterie a undici e a dodici bracci. Ora tal perfetta costanza sì trova nel numero delle parti dei segmenti vertebrati ed articolati, che la sembra un elemento integrale dell’ idea di un archetipo. Nulladimeno il numero dei segmenti vertebrati o articolati che costituiscono un animale, non è costante, ep- però taluni posson riguardare ogni braccio dell’ asteria come analogo a una vertebra; — la stella di mare comune come composta di cinque ar- chetipi analoghi ai vertebrali, disposti in circolo, — come un animale segmentato ripiegato sopra sè stesso, con l’estremità anteriori e posteriori aderenti l’una all’altra. Quale di queste due vedute sia esatta — seppure una lo é — sarà deciso soltanto allorchè la vera importanza della omo- logia seriale e della simmetria verrà definitivamente accertata; allorchè verrà determinato ciò che si deve alla divisioue, alla irradiazione, o ad ambedue, a una sola, o a nessuna, come causa efficiente. » « Lo scheletro della Velella dà esempio di deviazione dalla simmetria, principalmente nella serie obliqua delle sue placche verticali. La medusa comune ha un contorno circolare, e mostra quattro quarti, che si ripe- tono a vicenda esattamente, così che par distinta da una croce ad angoli retti. La placca orizzontale dello scheletro della Velella è distorta in forma quasi romboide, e marcata da due rilievi diagonali che s’ incrociano obli- quamente. La più lunga di siffatte diagonali è rialzata in modo da formare la lamina verticale obliqua che sostiene la vela, e anche presenta un ri- lievo che si alza dal punto d’incerociamento delle diagonali, indicando che si compone di due parti unite in questo punto centrale. Tale raggiamento asimmetrico in fatto è però facilmente riducibile in idea alla sua primor- diale simmetria. » « Infusori. — Nell’ampio numero di svariate forme che s’ incontrano in questi animalucci, la maggior parte son simmetriche. Tale simmetria è ordinariamente non bilaterale, ma quella della stella di mare. Nonostante vi son certe forme affatto inconciliabili con la simmetria, che nessuna linea può dividere in due metà simili, che son uniche, e non presentano ripe- tizione di parti; eccetto però allorchè subiscono generazione fissipara. » «< Simmetria antero=posteriore. — Relativamente al diagram- ma, pag. 824, Vol. III Fig. 433, che rappresenta la nozione astratta o tipo di un segmento vertebrale, si vedrà che la metà superiore 0 posteriore è il rovescio della inferiore o anteriore. Rispetto a quanto esiste real- mente in natura, troviamo nelle vertebre caudali dei pesci, che le metà dorsali e ventrali son contrapposti tollerabilmente esatti, eppure siffatta esattezza non si avvicina a quella che esiste fra le laterali. Se si ammette una simmetria antero-posteriore , al pari di una laterale, avremo allora quattro ripetizioni disposte attorno ad un centro. In ogni caso trovasi nei vertebrati qualche prova di raggiamento o divergenza da un asse centrale comparabile in qualche grado a quel che vediamo nei raggiati. Le parti anteriore e posteriore dei segmenti vertebrali, come si trovano in natura, 65 sono d’ ordinario estremamente dissimili. 1 raggi delle pinne impari dei pesci, dorsale e addominale (anale), son ripetizioni antero-posteriori, ma la pinna caudale a ventaglio, che nei più dei pesci sembra notevolmente simmetrica nel senso antero-posteriore, appartenendo in apparenza per una metà alla metà dorsale, e per l’altra all’addominale del pesce, appartiene d’ordinario, come osservai nei pesci tipici, ciprinoidi ecc. in realtà alla metà addominale o inferiore interamente. L’ embrione di tali pesci ha in principig una coda come quella dell’anguilla, in cui la colonna spinale si prolunga quasi fino alla cima. Poco lungi dalla estremità, nella parte ad- dominale, si osserva un gruppo di raggi della pinna venir fuori ad un tratto, mentre la cima della colonna vertebrale si piega e svolge all’ insù. Il gruppo dei raggi della pinna cresce, e la colonna vertebrale si piega, talchè col tempo il primo si conforma nella estremità a ventaglio dell'animale; ma anche allora si scopre che il termine atrofizzato dalla colonna vertebrale occupa la parte superiore del ventaglio. Eziandio nel pesce adulto può scoprirsi qualche traccia di questa originaria relazione della pinna caudale. Se la coda di un pesce adulto omocerco venga macerata o bollita, e tutti i pezzi che non sono ad essa anchilosati vengano remossi, ciò che resta non sarà simmetrico, e dove la colonna spinale sembra terminarsi in un pezzo piano triangolare, si troverà che la metà inferiore di questo può facilmente removersi, mentre la metà superiore forma un pezzo solo col corpo dell’ultima vertebra, con cui difatti forma un coccige composto di numerose vertebre degenerate e consolidate. » < Simmetria delle malattie. — Questo soggetto fu abilissi-. mamente trattato dal dottor W. Budd ', di Bristol. Quelle malattie lo- cali, la cui causa è nel sangue, d’ordinario influenzano i solidi del corpo simmetricamente. Ciò può bene osservarsi nella lebbra, psoriasi, sifilide secondaria, gotta e reumatismo, e nella eruzione causata dall’uso dell’ joduro di potassio. Senza dubbio questo accade per la simmetrica disposizione di quei tessuti, per i quali i veleni morbifici hanno peculiare affinità. Ciò prova, inoltre che la peculiarità in certe parti di organi è maggiore, di quel che appare all’occhio, la qual peculiarità è simmetrica, Pertanto, seb- bene i tessuti di tutte le parti di un osso, per esempio, sieno esattamente identici, si ammakeranno in un luogo soltanto, e la malattia si ripeterà esattamante nello stesso luogo dell’osso corrispondente dall’opposto lato. Connessa con questa è l’osservazione fatta sopra, che i punti corrispon- denti di ambi i lati del corpo sono esattamente della stessa età — hanno raggiunto un certo stadio di sviluppo esattamente nel medesimo tempo. Ma la forza di tale osservazione nello spiegare la simmetria delle malattie è considerevolmente indebolita da un altro fatto indicato dal dott. W. Budd, cioè, che le malattie sovrannominate son capaci di localizzarsi da per sè stesse in parte serialmente omologhe, o corrispondenti nei membri supe- rioriori o inferiori, come il ginocchio ed il gomito, il carpo ed il tarso; imperocchè queste parti, sebbene omologhe, non sono della stessa età. È ben noto che lo sviluppo dei membri superiori ed inferiori non procede di pari passo. Vi è almeno qualche azione determinata più misteriosa che la maggiore età. Anche più curioso e misterioso è il rapporto della eru- zione detta fuoco salvatico alla bilateralità del corpo. Essa si estende spesso _—_——: nTOTOSTT 1 Medico-chirurgical Transactions for 1842. (1 66 a guisa di zona intorno ad una meta, arrestandosi esattamente alla linea mediana dinanzi e didietro, e così dà prova verosimilmente. di quella in- dividualità di una metà del corpo, onde parlammo sopra come di opinione probabile. » « Piante. — La foglia delle piante più elevate, che è l’ unità 0 individuo di certi botanici, è bilaterale e simmetrica — sempre in idea, generalmente in fatto. Queste foglio sono associate insieme a guisa di rosette, per formar gemme, rami, fiori, 0 frutti. Figure simmetriche sono spesso prodotte da tali associazioni, ma pure il modello è spirale. Spiando lo sviluppo delle spore di conferva, si vedono, mentre son tuttora appena cellule, venir fuori in varie maniere, la maggior parte delle quali sono affatto inconciliabili con la simmetria, vuoi bilaterale o raggiata. Qualun- que sia la sua importanza, è certissimo, per la vera natura della simme- tria, che le cause ne debbono essere interne, vale a dire, dentro il corpo in cuì si manifesta. Se non che fu determinato fermamente da esperienze, che influenze esterne, le quali agiscono sopra esse in certe direzioni sol- tanto, come luce, calore e gravitazione, esercitano considerabil potere nel determinare le forme delle produzioni vegetabili. Gli animali senza dubbio vengono ancora grandemente influenzati da tali azioni, pure, godendo la facoltà di locomozione, per cui tutte lor parti sono successivamente ri- volte nelle direzioni, onde queste forze emanano, la forma impressa a questi da cause interne, ne resta poco 0 punto perturbata ;- ma le piante, essendo prive di locomozione, continuamente ricevono queste influenze in modo parziale, e per conseguenza dobbiamo aspettarci di trovare in esse minor simmetria. Comunque lor forze interne tendano a farle sim- metriche, l’azione parziale degli agenti esterni è capace di perturbare lor simmetria. E questo, probabilmente, che rende asimmetriche le cellule di conferva germinante. » « E Cristalli della materia inorganica vengon detti tutti simme- trici. Pure la simmetria che presentano non è bilaterale. Consiste nella ripetizione degli stessi angoli e faccette ai poli di un’ asse, ma le ripeti- zioni non sono rovesciate. Il lettore illustrerà la mia asserzione taglian- do in carta un romboide ; allora osserverà che ognuno dei suoi angoli e lati è ripetuto due volte, ma troverà impossibile di ripiegarlo in modo che una metà coincida con l’alfra. » « La precisa importanza della simmetria de’ corpi organizzati, come ripetutamente indicammo sopra, è ancora involta nel mistero. D” altra parte un fatto si evidente, sì ovvio ai nostri sensi costantemente, tanto frequente, quanto la gravitazione, per passare inosservato, è un fatto grande ed importante, — è un fatto dell’ordine istesso di quelli che già condussero allo stabilimento e dimostrazione di grandi, comprensive, e inattaccabili teorie — splendidi trionfi dell’umano intelletto, che hanno ridotto a ordine, semplicità, e connessione, quanto prima era tutto con- fuso, complicato, e disunito, — un fatto perciò che c’ ispira belle spe- ranze per la nostra scienza dell’ anatomia, ancora imperfetta. Sembra dirci che forze raggianti, che certe definite, matematiche leggi operino nella produzione degli animali. Prendiamo l’ altro importante fatto — la omologia seriale; par che si suggerisca per lo sviluppo dei vertebrati ed articolati la moltiplicazione di centri in una linea seriale — di centri ella forza raggiante, che in conseguenza induce le circostanti particelle 67 a disporsi in figura simmetrica. In verità , allorchè la mente si fa a con- templare questo fatto, varie teorie le passano dinanzi, ma nebulose, cangianti, e indistinte come una fantasmagoria. Un giorno, forse, taluna di queste incontrerà una definita enunciazione e chiara dimostrazione; al presente bisogna contentarci di metter bene in evidenza il fatto della sim- metria, e di presentarlo in vari punti di vista, dichiarandolo importan- te, e cosa non trascurabile. » Analogia. — La conformità di struttura degli organi ed organismi, relativamente alle loro condizioni di esistenza si dice analogia ; o meglio e più brevemente; conformità di funzione è analogia. I mammiferi ac- quatici (Pinnigradi e Cetacei) sono analoghi ai pesci: cioè benchè la co- struzione tipica della prima classe sia ben diversa da quella della secon- da, pure nella prima i due ordini nominati hanno molta somiglianza colla seconda, principalmente all’ esterno: gli arti somiglianti a pinne, la coda adattata al nuoto, la cute sul dorso conformata pure a pinna, e nel re- sto liscia e senza pelo, tutto il corpo pisciforme, simulano il più noto tipo piscino ; e s'intende leggiermente il perchè di queste sembianze che non alterano fondamentalmente la costruzione mammalina. Le derivano, sì per i mammiferi come per i pesci, da condizioni di vita particolari e comuni, dalla abitazione acquatica, in una parola. Altro esempio di analogia forniscono i Chirotteri, nei quali le dita allungate con la pelle tesa in mezzo formano le ali: e correlative a que- sta struttura sono la carena sternale, e le grandi masse muscolari che sì fissano al torace per muovere le ali. Somigliano così agli Uccelli, in cui l'ala è però formata ben diversamente, cioè da produzioni epidermi- che (le penne), impiantate sull’arto anteriore, le cui ossa sono a ciò particolarmente adattate, e talune rudimentali. Se cerchiamo nelle cinque classi dei Vertebrati la funzione del volo, la troviamo in quattro, ma eseguita da organi ben diversi in ciascuna: infatti nei pesci volanti (Da- ciyloptera mediterranea, Exocetus exiliens ) le pinne fanno ufficio di ali: tra i rettili il drago dell’isola di Giava ( Lacerta draco, sin: Draco viri- dis) le ha formate dalle coste sporgenti in fuori, e rivestite dalla pelle, e pur tra gli stessi, antiche forme di vita ora estinte (Pterodaciylus com- munîis, longirostris ecc.) le avevano fatte, come gli attuali pipistrelli, dal prolungamento delle falangi, e da una membrana distesavi su: fra gli stessi mammiferi poi, negli scoiattoli volanti la pelle si estende fra le quattro estremità lungo il corpo e fa da paracadute; talchè non meno che sei tipi di ala possiamo distinguere, o per meglio dire, non meno di sei organi compiono la stessa funzione del volo. Qualunque altro or- gano 0 funzione ci suggerirebbe considerazioni eguali , se dell’uno o del- l’altra ci facessimo a seguitare l’ origine, e l’incremento, ovvero la de- cadenza e la fine nella serie organica, onde ci sarà lecito ritenere che nessun organo serve sempre alla stessa funzione, nessuna funzione è sem- pre compiuta dai medesimi organi, per quanto la costruzione fondamen- tale di questi, la natura essenziale di quelle rimangano identiche: e, se questo è così, cencluderemo che l'organo e la funzione sono indipendenti l'uno dall’altro in modo da poter divergere tra loro sino a certi limiti, € da non dover l’uno esser legato all’altra per necessità. D’ altra parte una azione e reazione continua ha luogo fra essi, e ci mette sulla via d’ indovinare e supporre l’una cosa per l’altra. Diretto da 68 siffatto principio Cuvier scopri le leggi della correlazione di forme, e delle condizioni di esistenza, leggi di cui si valse a ricostruire le forme di a- nimali estinti. ' Circa alla prima di queste egli osserva che certe strut- ture coesistono e si richiamano, altre mai coesistono e si escludono ; la causa di tali rapporti costanti risiede nelle condizioni di esistenza cui son sottoposti gli esseri. Darò alcuni esempiî: se prendiamo un carnivoro ed un erbivoro, troviamo nell’uno e nell’ altro la coesistenza di certe conformazioni e la esclusione di altre; il primo avrà un dente ferino, un artiglio per lace- rar la preda, una mascella disposta in modo da fare la maggior forza possibile; un tubo intestinale corto, stomaco semplice, e dovrà avere sensi squisiti; l’altro avrà denti appianati e non taglienti, uno o più zoc- coli, mascelle atte alla triturazione , tubo intestinale lungo , stomaco com- posto, e sarà veloce al corso. Alcune di tali particolarità di struttura, per esempio il dente ferino e lo zoccolo non coesistono mai, e s’ inten- de leggermente il perchè. Per conseguenza, data la falange ungueale di un animale, se ne potrà immaginare la conformazione della gamba, poi del femore, e così via via sino alla mascella e ai denti: dato uno di questi o la mascella, potremo rifar la scala a rovescio, discendendo sino agli artigli. Queste due leggi son semplici e certe quanto quelle della matematica, nella quale, l’ equazione di una curva evolve tutte le sue proprietà ecc. Molte volte non intendiamo la coesistenza di certe forme; un zoccolo od un piede bifido è accompagnato da uno o due trocanteri al femore ecc. Esempi numerosi de’ primi e de’ secondi casi son citati anche dal Darwin.? Negli ultimi vi deve pur essere una ignota correla- zione, imperocchè la compage organica è in ogni sua parte così bene asse- stata, che non una può mutar di posto od altrimenti variare , senza che le alterazioni siano risentite da tutte le altre. La dimanda se l'organo preesiste alla funzione, o questo a quello, mi sembra oziosa : poichè nessun dei due preesiste senza l’altro. Nem- meno può dirsi che la funzione venga creata dall’ organo, nè che l’ or- gano sia conseguenza e prodotto della funzione: ma dobbiamo tenere in mente che ogni funzione è modificazione di forma, com’ è alterazione di materia: ed al contrario nè si altera la materia, nè si modifica la forma di un organo o di un organismo senza che abbia luogo funzione. L’ analogia ha sua causa negli adattamenti, che in lui possono ri- scontrarsi costantemente: quali siano le sue differenze dall’ omologia , ora vedremo. Omelogia. — S° intende sotto questo nome la conformità degli or- gani ed organismi nella loro costruzione fondamentale; o, in generale, conformità organica è omologia. I ‘verticilli florali che sebbene tanto di- versi tra loro e dalle foglie, si ritengono, secondo la teoria di Goethe, modificazioni di queste, sono omologhi tra loro e colle foglie. * Gli arti 1 Rimando il lettore agli scritti dello stesso Cuvier, come alla Introduzione delle lezioni di analomia comparata, e specialmente alle Recherches sur les ossemens fossiles, Tome premier, Paris A824, Discours preéliminaire, pag. XLIV-LII. 2 The Variation ete, Ch. XXV. Ch. XXVI. Vol. II. pag. 319 e 559. 3 Da taluni si ritiene che l’asse prenda parte (almeno in certe specie) alla com- posizione dell’androceo e del gineceo, benchè non è stato ancor precisato quale e quanta sia questa parte. In ogni modo non è da mettersi in dubbio |’ omologia dai verticilli florali con le foglie. 69 dei mammiferi che tanto diversificano nei vari loro ordini, per gli adat- tamenti alle condizioni di esistenza, son pur costrutti in un piano unico fondamentale ; quindi la mano dell’uomo e dei quadrumani, la zampa del cavallo e del bue, le granfie dei carnivori, le natatoie delle foche, dei delfini, delle balene ci danno altro bellissimo esempio di omologia. Il dermato-scheletro degli artropodi è omologo in tutte le classi e ordini. Per vie meglio illustrare siffatta legge morfologica ho pensato di sce- gliere una particolare omologia e divisarne partitamente le modificazioni; mi fermerò ad una che si riscontri in un gran numero di esseri, che diversifichi estesamente in essi, che abbia insomma molta importanza, la omologia che la colonna vertebrale presenta in tutte le classi dei ver- tebrati e col cranio. Mi valgo principalmente degli studîì di Maclise e di Owen. Il primo così parla di quel che si è proposto: ! « Lo scopo che ho avuto in vista nel costruire le mie comparazio- ni, è di mostrare la figura dell’ unità, e interpretare le figure della va- rietà che ne derivano. A tal fine proverò: » « 4. Che tutte le forme ossee scheletriche sono quantità ineguali. » « 2. Che sono quantità ineguali di una forma maggiore od archeti- pa, unità che subi una metamorfosi infinitamente graduata delle sue parti, talchè produsse queste ineguali forme scheletriche. » « 3. Che la legge di formazione è una degradazione da un primitivo archetipo uniforme. » « 4. Che tali forme scheletriche ineguali costituiscono le specie 0 varietà dell’ archetipa unità. » « 5. Che il tutto o forma archetipa, di cui queste ineguali figure scheletriche son le parti, è l’ unica serie scheletrica assolutamente uni- forme. >» « 6. Che la nomenclatura e tutti i modi di classazione, secondo di- stinzioni specifiche, non hanno reale importanza di sorta, fuori della con- siderazione di questa legge di un primigenio modello archetipo, unifor- me, sottoposto a graduali metamorfosi delle sue parti. Che in tale più elevata legge di serie graduale si contengono tutte le minori leggi di classi, ordini, generi, specie , e individui , le quali, qualunque sia la som- ma di lor caratteri distintivi, fanno una cosa sola e tutte più o meno convergono alla unità di tipo. » Giuseppe Maclise ha formulato le sue vedute omologiche in quaran- tasei proposizioni, delle quali da una esattissima dimostrazione. Jo cito per intero le prime, omettendo 1’ ultima. ? « Proposizione I. Le vertebre sono quantità ineguali. » « Prop. II. Nemmeno una vertebra è una quantità eguale in tutti gli individui della stessa specie. » « Prop. III. Tutte le vertebre contengono un maggior o minor nu- mero di certi pezzi elementari. » « Prop. IV. La vertebra dorsale dell’ anatomia umana è una figura artificiale. » « Prop. V. La vertebra cervicale sviluppa anche le appendici costali. » 1 Todd, The Cyelopaedia of Anatomy and Physiology ete. — Vol, IV. — Part, 4. 1848-49. London, Longman ete. — Art. Skeleton, pag. 625. 2 Idem, ibidem. 70 « Prop. VI. Tutte le vertebre cervicali sviluppano appendici costali. » « Prop. VII. La vertebra lombare sviluppa appendici costali. » « Prop. VII. Tutte le vertebre lombari sviluppano appendici costali. » « Prop IX. Le vertebre sacrali sviluppano appendici costali. » « Prop. X. Le vertebre coccigee sono prive di appendici costali. » « Prop. XI. Le prime sette figure costo-vertebrali toraciche sono totalità o quantità multiple. » È « Prop. XII. Le cinque forme costo-vertebrali asternali sono quanti- tà proporzionali metamorfosate da cinque quantità multiple costo-verte- brali sternali. » « Prop. XIII. Le cinque vertebre lombari sono metamorfosate pro- porzionalmente da cinque archetipi costo-vertebrali sternali. » Marie « Prop. XIV. La serie vertebrale sacro-coccigea è degradata in pro- porzione dai circoli costo-vertebrali sternali. » « Prop. XV. Le sette vertebre cervicali sono degradate in propor- zione da sette quantità totali sterno-costo-vertebrali. di i i « Prop. XVI. L’asse spinale dei mammiferi consiste in una serie di quantità segmentali, la cui sola varietà o distinzione specifica dipende dalla loro proporzione rispetto a quantità toraciche complete. » « Prop. XVII. La uniformità di struttura è una condizione propria alle originarie totalità toraciche dell’asse spinale del corpo mammalino. » « Prop. XVIII. Ogni segmento spinale, che è minore, ha rapporto ad un altro che è maggiore; e i minimi hanno rapporto ai massimi. » <« Prop. XIX. Uniformità di struttura non può caratterizzare quei seg- menti spinali, che sono proporzionalmente 0 quantitativamente diversi. » « Prop. XX. Varietà specifica non è altro che varietà proporzionale. » « Prop. XXI. La cognizione della quantità differenziale fra tutti i seg- menti spinali li rende esattamente uniformi in idea. » NES it; « Prop. XXII. Senza conoscere le complete dimensioni di totalità o quantità}'uniformi, non possiamo ben comprendere il carattere reale delle formi minori e speciali, epperò altrimenti intender mai la legge di for- mazione. » | « Prop. XXIII. La cervice dei mammiferi non si limita al numero fisso di sette vertebre cervicali. » « Prop. XXIV. Il numero delle vertebre cervicali nel collo de’ mam- miferi dipende dal numero delle figure costo-verticali archetipe che subiro- no metamorfosi. » « Prop. XXV. La presenza di coste cervicali sottrae al numero delle vertebre cervicali, e aggiunge al numero degli archetipi toracici. o < Prop. XXVI. La lunghezza del torace dipende dal numero di arche- tip costo-vertebrali persistenti. » « Prop. XXVII. La lunghezza numerica della regione spinale lombare dipende dal numero di archetipi sottoposti a metamorfosi. » « Prop. XXVIII. La lunghezza numerica della serie sacrale e coccigea non è fissa, e ciò a cagione dello stesso fatto, la metamorfosi degli archetipi. » 0 ADE « Prop. XXIX. Una comparazione della stessa vertebra numerica in tutti gli assi spinali umani proverà la verità della presente interpretazione della legge che governa lo sviluppo di tutte le forme vertebrali , non sola- mente nella stessa spina, ma in tutte le altre, » 7A « Prop. XXX. L’anomalia è un anello nella catena delle forme. » « Prop. XXXI. Tutti i segmenti spinali di tutte le classi e specie di animali vertebrati sono soltanto variabili proporzioni degli archetipi sterno- costo-vertebrali. » « Prop. XXXII. L'apparato joideo si trova in opposizione alla regione cervicale spinale, in cui sappiamo la quantità costale esser perduta. L’ap- parato joideo ha rapporto alle vertebre cervicali e consiste delle lor co- ste metamorfosate. » « Prop. XXXIII. L'apparato ventrale si trova in opposizione alla re- gione spinale lombare, dove intendiamo che la quantità costale è perduta. » « Prop. XXXIV. Le clavicole, le ossa coracoidee, e le coste sono parti identiche delle quantità complete o archetipi costo-vertebrali. » « Prop. XXXV. Le ossa marsupiali, pubiche, e ischiatiche, e le co- ste son parti identiche delle complete quantità costo-vertebrali, o arche- tipi. » « Prop. XXXVI. Le ossa chevrons delle balene e le coste sono parti identiche delle quantità totali o archetipi costo-vertebrali. » « Prop. XXXVII. La linea mediana sternale si estende dalla mascella alle ossa pubiche dell’astratta archetipa costruzione scheletrica. » « Prop. XXXVIII. Ogni specie scheletrica fossile di animali estinti , al pari di ogni specie di scheletro oggi esistente, sono forme create sullo scheletro archetipo. » « Prop. XXXIX. L’apparato cranio-facciale consiste, siccome il tora- cico, in proporzioni variabili delle quantità sterno-costo-ventrali. » « Prop. XL. I membri scapolari o anteriori di tutti i vertebrati sono reciprocamente omologhi. La varietà in questi organi accade per meta- morfosi od omissione di elementi. » « Prop. XLI. I membri scapolari e pelviani sono omologhi. » « Prop. XLII. La quantità sterno-costo-vertebrale è proporzionale alla quantità dorsale. » « Prop. XLIII. Le paia dei membri scapolari e pelviani son quantità proporzionali metamorfosate dagli archetipi dorso-vertebrali. » « Prop. XLIV. I segmenti dell’apparato cranio-facciale son propor- zionali agli archetipi dorso-ventrali. » « Prop. XLV. L’apparato cranio-facciale è l'origine della serie arche- tipa dorso-ventrale, e l’apparato caudale la sua terminazione. » « Prop. XLVI. La uniforme serie archetipa subisce una graduale SN delle sue quantità per produrre ogni varietà di specie sche- etrica. » Circa il merito intrinseco di queste proposizioni (che non intendo già di accettare come tutte ed in tutto vere), noterò che la legge di for- mazione scheletrica non deve considerarsi come una degradazione da un originale uniforme e archetipo, secondo che dice in più luoghi l’ autore, sì bene come una composizione od aggregazione, in un archetipo, che ne è l’astratta espressione. Così noi procediamo dal semplice al composto, e dall’ uniforme al vario, ed accettiamo uno sviluppo progressivo dai tipi inferiori ai superiori, il che è più conforme tanto al raziocinio che al fatto, più vero rispetto alla natura, che in tutto ha seguito cotesta legge. L’ap- parato joideo cui si riferisce la Prop. XXXII è spiegato da Owen in modo differente, come sotto dirò; differentemente ancora lo spiegò Geoflroy- Saint-Hilaire, ed è uno dei punti più controversi. 72 Ma le maggiori difficoltà si presentano nella interpretazione delle ossa che compongono la testa. ! « Presso che tutti gli anatomici delle scuole francese e germanica son di varia opinione riguardo al numero delle ver- tebre modificate che compongono la testa, poichè mentre alcuni ne limi- tano il numero a tre, cioè a quelle che includono l’encefalo, altri ne con- tano sette; e costoro ne crebbero il numero assurdamente assomigliando le strutture facciali ancora a forme vertebrali. Goethe ne conta sei, tre comprendenti il cranio, le altre tre la faccia. Oken ne enumera quattro; Spiz, tre; Cuvier, tre; Geoffroy, sette; Carus, tre; Meckel, tre; Bojanus ne ammette quattro, e Burdach solamente tre. Il prof. Owen ne enumera quattro nei pesci, rettili, uccelli, e mammiferi. » ? « Oken * a dit avec » raison: C'est une chose bien remarquable que ce qu'il en coute de » peine pour tirer à clair an seul fait d’anatomie philosophique... On » ne saurait s° en former une idée a moins de s’étre livré soi-méme à ce » genre de rechetches. On peut passer, non pas des heures, ni de jours, » mais des semaines entières, devant une téte de Poisson, ei contempler » avec surprise atte carrière de stalactiles calcaires, sans arriver à savoir » Ri quoi, ni où, ni comment. » Ciò nonostante la omologia del cranio con le vertebre è ammessa generalmente ‘. L’opera di Owen *, nonostante il suo titolo, si riferisce esclusiva- mente ai pesci, ma se la omologia scheletrica resta dimostrata per que- sta classe, che differisce dalle altre forse più che queste non facciano tra loro, sarà lo stesso, s'intende bene, che dimostrarla per tutte. Mi limito anche qui alle citazioni più importanti. Comincia egli col definire la omo- logia e distinguerla in generale, seriale, speciale, come appresso £. « Intendo per omologia generale il rapporto in cui un osso sta al segmento primario dello scheletro, onde fa parte; così, allorchè dicesi che l’osso basi-occipitale ( processo basilare dell’osso occipitale in antro- potomia) si riferisce al centro o corpo della vertebra craniale cccipitale o posteriore, si enuncia la sua omologia generale. Allorchè dicesi ripetere nella sua vertebra, o corrispondere al basi-sfenoide nella vertebra parie- tale, o al corpo o centro nell’atlante, dentata, o alcun altro dei segmenti vertebrali dello scheletro, viene indicata la sua omologia seriale: allorchè si dimostra la essenziale corrispondenza del processo basilare dell’ osso occipitale nell’ uomo coll’ osso distinto detto « basi-occipitale » nel coc- codrillo o nel pesce, vien determinata la sua omologia speciale. » Nell’ articolo di S. R. Pittard sopra la simmetria, che ho citato, occorrono le espressioni di omologia laterale e di ripetizione laterale, come sinonimi di simmetria o meglio di bilateralità. Ma il medesimo Pittard ac- cenna la differenza tra simmetria e omologia, che non si debbono, e dif- 1 Maclise, ibidem, pag. 656 (in nota). 2 Carus Traité élémentaire d’Anatomie comparée ete. Paris 1855. Vol. IM. pag. 7. 3 Lehrbuch der Naturphilosophie, Jena, ton. III. pag. GI. 4 Vedi pore, Sul eranio del Tapir, osservazione che serve di sehiarimento alla dottrina intorno l’incurvamento delle vertebre della testa di C. G. Carus (dall’Isis 1829) Annali di Storia Naturale, Tomo quarto, Bologna 4850, pag. 590-96. 5 Lectures on the comparative Anatomy and Physiology of the vertebrate ani- mals etc. by Richard Owen ete. London, Logman, ete. 41853. pag. VIII-689. 6 Idem, ibidem, pag. 40-44. 73 ficilmente si possono confondere insieme. Nemmeno le distinzioni di Owen presentano difficoltà. ! Il Bronn ? ha usato la parola omonimia, nel senso di omologia, e se gli organi che hanno comune omologia generale, seriale, e speciale, sono molte volte anche omonimi, non è già vero che lo sieno sempre, onde rigetteremo tale espressione, in molti casi almeno. Ecco la vertebra ideale tipica, secondo Owen; * « Io definisco la vertebra, come uno di quei segmenti dell’endo-scheletro che costituiscono l’asse del corpo, e î canali protettori dei tronchi nervoso e vascolare: tale segmento può anche sostenere appendici divergenti. Oltre a ciò, consiste nel suo tipo completo delle seguenti parti o elementi: — un corpo o centro — due neurapofisi — due parapofisi — due pleurapofisi — due emapofisi — una spina neurale — una spina emale. — Questi, sviluppandosi ordinariamente da centri distinti e indipendenti, li ho chiamatì elementi « autogeni ». Altre parti più propriamente dette processi, che vengon fuori come con- tinuazioni da taluni dei precedenti elementi, son dette « esogene »: per esempio le diapofisi, e « processi trasversali » superieri dell’ anatomia umana. » « | processi autogeni generalmente circoscrivono cavità attorno al centro, che, nell’unione delle vertebre, formano canali. Il canale più co- stante ed esteso è quello formato attorno al centro, per incassare il tronco del sistema nervoso (asse neurale), dalle parti perciò chiamate « neurapo- fisi. » Il secondo canale, sotto il centro, è in tutta la sua estensione più irregolare e interrotto; esso include l’organo centrale e grandi tronchi del sistema vascolare (asse emale), ed è ordinariamente formato dalle lamine, perciò appellate « emapofisi ». Ai lati del centro, più comunemente nella regione cervicale, resta circoscritto dalla pleurapofisi v processo costale e dalla diapofisi o processo trasversale superiore, un canale, il quale in- clude un vaso e spesso anche un nervo. ‘ » Dalle modificazioni di coteste parti si ricavano le forme di ogni vertebra reale o possibile. Tutta la terza iettura è spesa nella omologia delle vertebre, nella di- stinzione fra le ossa appartenenti alle tre specie di scheletri, neuro- splacno-dermato-scheletro. Le letture quarta e quinta contengono la dimostrazione delle omolo- gie delle ossa craniali, di cui l’autore fa quattro distinzioni, relativamente alla loro posizione: quattro dunque son le vertebre ch’egli ammette nel cranio dei pesci e dei vertebrati in generale, fondandosi sui loro rapporti al sistema nervoso. © « Ciascuna vertebra craniaie o segmento naturale della testa, si di- vide in un arco neurale, con cui il centro e la parapofisi sono sempre più immediatamente connessi, ed un arco emale con le sue appendici. » « Gli archi neurali sono: >» « I. Arco epencefalico. » « Ii. Arco mesencefalico. ». « III. Arco prosencefalico. » « IV. Arco rinencefalico. » Vedi pure su di esse Haeckel, op. cit. I. 3515-14. Morphologische Studien ete. pag. 409, e altrove, ed Haeckel, op. cit. I. 5414-45. Op. cit. — Lecture III. The vertebra and vertebral column in fishes — pag. 42. Si noti che in questa citazione viene omessa la, figura. Idem, ibidem V. pag. 89. ur N 9 n9 74 « ! Le vertebre craniali, benchè soggette a vari gradi di anchilosi, sempre concordano in numero co’ primari gangli o divisioni dell’encefalo nei pesci. Per meglio intendere questa importante relazione, premetterò che il cervello dei pesci consiste in quattro primarie divisioni, che si succedono l’ una all’ altra in una serie lineare orizzontalmente; guardate dall’ indietro all’ avanti sono: » « 41. La midolla allungata, col cervelletto sovrapposto, o )° « epen- cefalo. » « 2. Il terzo ventricolo co’suoi prolungamenti superiore (pineale) e inferiore (ipofisiale), e i lobi ottici sovrapposti, o il « mesencefalo. » « 3. Il cervello propriameote detto, 0 « rinencefalo. » Gran parte delle difficoltà che s’ incontrano nella interpretazione delle omologie, nel cranio segnatamente, dipendono da quest,, che le ossa di tre qualità di scheletri si uniscono, in modo spesso oscuro, confuso, a formarlo. Il numero di tutte le ossa, prese complessivamente nei tre sche- letri, ascende nel cranio dei pesci, secondo il nostro autore, a settanta- quattro 21 La esagerata importanza che diamo alle parti ossee 3 ha fatto sì che le omologie dell’endo-scheletro furono più studiate che quelle del me- so- e dell’ eso-scheletro, nei quali altresì ponno ritrovarsi con egual precisione. Ciò è facile ad intendersi pensando che le diverse sorta di scheletro non differiscono essenzialmente ‘', e non sono altro che solidi- ficazioni prodotte dalla deposizione di sostanze che posson dare rigidità e resistenza ad organi, che ne abbisognano per partìcolari adattamenti. 1 Pag. 89. 2 Pag. 158-160. 3 Revue des Deux Mondes, tome trente-neuviéme 15 juin 1862. — M. Char- les Martins = De l’unité organique dans les animaux et les vegetaux, pag. 868-892 — Etudes diverses d’anatomie comparge (1849-62). — I. The Homologies of the hunian Skeleton, by Holmes-Coote — II. Prineipes d’osteologie de Richard Owen — II. Le squelette des Vertébrés, par M. Charles Rouget — IV. Traité d’ anatomie deseri- ptive, t: A.er par M, M. Cruveilhier et Fée — V. De la conformalion osseuse de la tète ete. thése soutenue a Montpellier par M. C. Bertrand ete. — pag. 891. Ces os, ces parties dures uniquement éludiéges jusqu'ici ont-elles toute | im- portance qu'on leur a donnée? Leur dureté, luer inalterabilité, la netteté de leur formes faciles à decrire et è reproduire par le dessin n’ ont-elles pas amené les anvalomistes è leur attribuer une valeur exagerée? Sont-elles aussi constantes qu’ on l'a dit, et le depòt des sels calcaires qui les durcissent n’est-il pas souvent un fait accidentel, une circostance secondaire ? Les eyelostomes (lamproie, sucet, myxine) ne sont-ils pas entiérement dépourvus de squelette, tandis que chez les tortues ia peau mème s’endurcit? Ne voyons-nous pas la clavicule nulle ou ossifiée à tous les degrés chez certains rongeurs (porcs-épies, lièvres, lapins, cochous d’Inde)? Les os marsupiaux sont-ils autre chose que les tendons des muscles abdominaux pépétrés de phosphate de chaux? On trouve un es dans le diaphragme du chameau, du lama, du herisson. Ces exemples, donnés avec beaucoup d’ autres par le professeur Charles Rouget, améneraient è concevoir un tipe animal uniquement composé de la trame élémentaire dont les tissus cellulaire, musculaire et osseux ne sont que les transfor- mations. 4 Owen ibidem, 25-24. — IL’ endo-scheletro può presentarsi alla nostra osser- vazione solto tre condizioni istologiche, fibrosa, cartilaginosa e ossea: gli eso- e- splacno-scheletri possono anche offrire un altra condizione, una quarta, cioè V° albumi- nosa 0 epidermica. 75 Rispetto alle parti molli Owen dice: ! « La modificazione dei muscoli od organi attivi di movimento, e lor deviazione dal tipo fondamentale vertebrato, procede di pari passo con la metamorfosi degli organi di moto passivi, di mano in mano che i Mielence- fali s' innalzano nella scala e guadagnano più perfette e svariate strutture: ondechè, quando i segmenti dello scheletro conservano la maggior somma di uniformità nella classe inferiore, allora il principio della ripetizione vege- tativa maggiormente prevale neì segmenti corrispondenti del sistema mu- scolare. » « Le principali masse di questo sistema negli ordinari pesci ossei son disposte da ciascun lato del tronco, in una serie di strati 0 segmenti verti- cali corrispondenti in numero con le vertebre. Ogni strato laterale (Myocom- ma) è attaccato per l’orlo interno alle parti ossee ed aponevrotiche del cor- rispondente segmento verticalmente esteso dell’endo-scheletro, per l’orlo esterno alla pelle, e per le superfici anteriore e posteriore ad un setto co- mune al primo ed al miocommi contigui. Il tessuto gelatinoso di tali setti si discioglie con la bollitura. e i segmenti muscolari o strati si separano al- lora facilmente, come troviamo nello scalcare un merluzzo, od un salmone a tavola. La somiglianza vegetativa dei miocommi del tronco li ha fatti descri- vere, per un abuso di sintesi, come parti di un unico individuale « grande muscolo laterale », esteso dall’occipite e dall’arco scapolare fino alla base dei raggi della pinna caudale. Le modificazioni delle vertebre craniee impri- mono corrispondenti mutazioni ai loro segmenti muscolari, e l'essenziale individualità di tali segmenti dall’altro canto sfuggì di vista, per causa del- l’opposto eccesso di separazione analitica: però nomi speciali vennero convenientemente applicati ai lor fascetti costituenti, e in fatto spesso separati e indipendenti nell’ azione. » Martins si riporta a certe disposizioni elicoidali, simili a quelle che si rinvengono in alcune parti dei vegetabili, scoperte da Rouget nei mu- scoli. ed in certe ossa; son doppiamente notevoli riguardo alla omologia e alla simmetria. ? Qualche tentativo è pure stato fatto da Baudelot per ispiegare la unione dei fasci muscolari. Il grande anatomico inglese ha seguito passo a passo le omologie della vescica natatoria e del polmone, e le conclusioni cui è giunto sono quel che si può desiderare di meglio per mettere in evidenza il valore e 1 Ibidem, 65-164. 2 Arficolo citato, pag. 875. — Chez les animaux supérieurs nous refrouvons en- core l’hélice. M. Charles Rouget a moutré quela disposition en spirales entre-croisées domine dans le systéme musculaire des animaux: on le recconnaît dans les muscles abdominaux de l'homme, dans la structure du coeur, des arteres, de |’ vesophage, de la vessie, etc. et sur les corps cylindriques des poisson cartilagineux, tels que les cyelostomes (lamproie, sucet, myxine). Dans tout le sequelette des verlebreés, un seul os est tordu, c'est celui du bras; or il est turdu en hélice de 180 degrés ou d'une demi-circonférence dans les mammiféres lerrestres ou aquatiques, comme homme, le lion, le boeuf, le phoque, le dauphin; de 90 degrés on d'un angle droit dans les chauves-souris, les viseaux et les reptiles, tels que les tortues, les lézards et les grenouilles. Le narval, grand cétacé des mers aretiques, porte une dent longue souvent de 2 mètres; elle est contournge en helice, et a servi de mo- déle à la corne frontale de l'animal fabuleux appellé licorne qui figure dans les armoiries de la Grande-Bretagne. 76 la verità delle ricerche omologiche. Le branchie dei pesci e dei batraci non sono omologhe ai polmoni degli animali a respirazione aerea; bran- chia e polmone ponno dirsi analoghi, e nemmeno strettamente, per le ben diverse condizioni in che servono alla ossigenazione del sangue. Si sa quante indagini sì son fatte per mettere in chiaro l’ufficio della vescica natatoria; questo è multiplo, e consiste nel coadiuvare in differenti pesci ora il nuoto, ora la respirazione, ora il senso dell’ udito. Le questioni avute su tal pro- posito non furono nè potevano essere sciolte dagli esperimenti, che va- riavano secondo che cadevano su questo o quel pesce: e ciò deve met- terci in guardia dal tener per generale in tuito un gruppo di organismi, quello che è solamente parziale; ciò deve ribadirci in mente che le mu- tazioni di organo e di funzione non sono costantemente e necessariamente parallele, come ho notato intorno l’Analogia. Nella undecima lettura Owen dice della vescica natatoria, come segue :! « La sua cavità è comunemente semplice; nel pesce sheat è divisa da un setto verticale longitudinale nei tre quarti della sua parte posteriore. I compartimenti laterali vengon sud- divisi da setti trasversali in molti altri Siluroidi (per es. nel genere Bragus): la grande vescica aerea di alcune specie di Eryihrinus (per es. E. salvus, E. taeniatus) è parzialmente suddivisa in più piccole celle. La suddivisione cellulare è tale nella vescica aerea dell’Amia, che Cuvier la paragonò al polmone di un rettile; e la transizione da vescica aerea o natatoria al polmone è completa nel Protopierus o Lepidosiren annectens, in cui la sud- divisione cellulare e la moltiplicazione della superficie vascolare son com- binate con una completa partizione bilaterale della vescica in due sacchi allungati, forniti di sangue venoso da una vera arteria polmonare, e con la comunicazione del dutto pneumatico, come nel Polypterus, con la su- perficie ventrale dell’esofago. » « Alla prima introduzione nel regno animale di un vero polmone. od organo per la respirazione aerea, comunicante con la faringe od esofago, molta varietà di forma e struttura, anche un’ esistenza molto incostante , possiamo aspettarci, specialmente in quella classe, in cui la funzione nor- male del nuovo organo raramente sarà esercitata in qualche grado, e in cui perciò differenti uffici accessori o subordinati predominano in questo rappresentante rudimentale dell’organo polmonare. » « ? Nel Gadus Navavaga le produzioni laterali (della vescica aerea) si espandono, e tappezzano espansioni corrispondenti o escavazioni delle pa- rapofisi addominali, che così preadombrano le ossa pneumatiche degli uccelli. » « 3 Il dutto, che dal suo luogo di comunicazione col principio dell’eso- fago, e dalla laringe rudimentaria, nel Polypterus e nel Lepidosiren, è dimo» strato essere l’omologo della trachea de’ vertebrati a respirazione aerea, è un semplice e delicato tubo membranoso; ma presenta considerevoli va- riazioni nella sua lunghezza, diametro, e punto di comunicazione col tratto alimentare. » « 4 La principal sede delle ramificazioni vascolari nella vescica aerea, —_—y ——_— — Ibidem, X, pag. 275. Ibidem, 275. Ibidem, 274. Ibidem, 274-753. MS 3 00 77 siccome in un vero polmone, è la membrana muccosa tappezzante ; ma i modi di ramificazione nella primitiva forma piscina dell’organo a respira- zione aerea. sono tanto variabili quanto le altre sue proprietà. Le arterie della vescica aerea, derivano talora direttamente dall’aorta addominale, talora dall’arteria iliaca, talora dall’ultima vena branchiale; e nel Lepidosiren son continuate dalla terminazione aortica delle due arterie branchiali non ramificate, epperò conducono sangue venoso alla doppia vescica acrea cel- lulare, simile a polmone. » « ‘* N dutto aereo può lasciare sfuggire il gasse in certe circostanze; e la piccolezza ed obliquità del suo orifizio in molti pesci ossei (carpione, anguilla) par che solamente lo adatti ad agire come valvula di sicurezza, contro l’elevata pressione, allorchè il pesce si abbassa a grandi profondità, o contro la subitanea espansione del gasse, allorchè si alza alla superficie ; ma nelle succitate specie di elevata organizzazione, con dutti aerei corti e larghi, questi possono eziandio portare aria alla vescica. » » Il contenuto della vescica aerea consiste, nella maggior parte dei pesci di acqua dolce, di nitrogeno, e di un’ assai piccola quantità di os- sigeno, con traccie di acido carbonico; ma nella vescica aerea dei pesci marini, e specialmente di quelli che frequentano le grandi profondità, pre- domina l’ossigeno. ? » « 3 In pochi generi (Trigla, Pogonias) la vescica aerea e il suo dutto servono alla produzione dei suopì. » « Sotto tutte diversità di struttura e funzione può chiaramente se- guirsi la omologia della vescica natatoria co’ polmoni; e alla fine in quegli ordini di pesci che conduconc più direttamente ai rettili, come per esem- pio i salamandroidi Ganoidei e Protopteri, ia diviene anche analoga in fun- zione ai polmoni degli amfibî respiranti aria. » « 4 Geoffroi-Saint-Hilaire non lascia dubbio (come Cuvier) intorno al significato degli archi branchiali de’ pesci, che argomenta essere anelli tracheali modificati delle classi a respirazione aerea; noi scorgiamo ch’e- gli enuncia una relazione di omologia. La verità della sua proposizione sa- rebbe meglio attestata dal considerare in prima le omologie della vescica aerea de’ pesci. » « 5 È estremamente interessante di trovare il sanoide Polypterus, che di tutti i pesci ossei più strettamente somiglia il Lepidosiren nella sua valvula spirale intestinale, nella bipartizione della lunga vescica aerea, nella origine delle arterie di quella parte, e nel punto e modo laringeo di co- municazione del corto e largo dutto aereo, o trachea, presentare anche la più stretta concordanza col Lepidosiren nel carattere particolare della forma del cervello. La comune obiezione alla tesi che la vescica aerea dei pesci sia l’omologo rudimentale dei polmoni de’ vertebrati respiranti aria, è - stata questa; che l’arteria della vescica porta sangue arterioso , quella 1 Ibidem, 276-77. ? Humboldt trovò che il gasse della vessica aerea del gimnoto elettrico si com- poneva di 96.0 di nitrogeno e 4.0 di ossigeno. Biot trovò 87.0 di ossigeno in alcuni pesci delle profondità mediterranee, il resto nitrogeno con traccie di acido carbo- nico. Non si scoprì ancora idrogeno nella vessica aerea de’ pesci. 3 Ibidem, 278. 4 Ibidem, 279. 5 Ibidem, 2804. 78 dei polmoni venoso. Mi sia lecito comparare le vesciche aeree del Polypterus e Lepidosiren rapporto a questo carattere. Le arterie di ambedue derivano dalle porzioni dorsali ricorrenti degli archi vascolari branchiali, prima che si uniscano a formare l’ aorta. Nel Polittero, secondo Miiller, l’arteria di ciascun sacco aereo è formata dalla unione dei vasi efferenti dell’ ultima branchia : il sangue è quindi fatto arterioso avanti di entrare nell’arteria del sacco acreo. Nella Lepidosirena, non isviluppandosi le branchie su due degli archi branchiali, il sangue trasmesso al sacco aereo è venoso. Ma questa differenza si riferisce soltanto alla presenza o assenza di un par- ticolare sviluppo degli archi branchiali vascolari, da cui le vesciche aerce delle due specie ricevono il sangue: è una differenza che modifica la fun- zione senza cangiare al postutto la natura essenziale delle vesciche aeree istesse: la relativa posizione di tali sacchi vascolari, lor forma e gran- dezza, lor modo di comunicazione con l’esofago, — in breve, ogni carat- tere che determina relazioni di omologia — resta lo stesso tanto nel Polittero che nella Lepidosirena. Dunque i polmoni della Lepidosirena sono senza equivoco omologhi alle vesciche aeree di altri pesci, qualun- que sieno le modificazioni di forma o funzione di queste. Fra la vescica aerea completamente divisa del Polittero e la indivisa del Lepidosteus ci sono numerosi gradi di biforcazione nella serie piscina: è allo stato in- diviso delia vescica aerea nel Lepidosteus, che son dovute la sua posizione più strettamente dorsale, e la sua comunicazione con quella parte dell’e- sofago; con tuttociò queste modificazioni non toccano la sua relazione omologica con la vescica divisa del genere ganoide affine Polypterus, più che con quelle pur divise del Cobitis barbatula o dell’Arius gagora, in cui le divisioni sì limitano alla parte anteriore dell’ addome, e sono incluse in cavità ossee sviluppate da vertebre corrispondenti alla seconda o terza cer- vicale. » « In tal modo la serie delle transizioni tracciate in organi upiversal- mente conosciuti, come le vesciche aeree de’pesci, prova quelle della Lepidosirena. Pertanto ne segue che la vescica aerea del pesce è omolo- gia ai polmoni del batracide, e di tutti gli altri vertebrati a respirazione aerea; sebbene la vescica del pesce non adempia, in regola generale, le funzioni di polmone. Ma la vescica nella maggior parte dei pesci è ana- logia alle camere aeree della conchiglia dei cefalopodi politalami, e in alcuni pesci è analoga al timpano dei più alti vertebrati. ! » « Nel seguitare lo sviluppo della trachea e laringe, dalle forme più simili a polmone della vescica aerea ne’pesci, fino ai batraci perenni- branchi e più su, guadagnamo prove incontrovertibili che il così detto « dutto pneumatico » nei pesci è omologo alla trachea. Onde ne segue, che i sostegni ossei e cartilaginei delle branchie, non sono omologhi ai polmoni. Troveremo archi branchiali e branchie sviluppate nelle larve dei batràci, e che spariscono dopo formata la vera trachea e polmoni, senza in essi convertirsi. Le sole parti dei vertebrati a respirazione aerea, con cui le branchie dei pesci sieno omologhe, son le branchie persistenti o decidue dei batraci. I rapporti degli archi branchiali e branchie dei pe- sci con la trachea e polmoni dei più alti vertebrati respiranti aria, sono cea e 1 Nel Cobitis tutto il canale alimentare è analogo ad un polmone, in quanto che assorbe aria ed emette acido carbonico, come il pesce, 79 quelli di analogia solamente. L'apparato branchiale, relativamente al com- pleto schema o tipo vertebrato, debbe riguardarsi, come un temporaneo innesto su di esso, introdotto per servire ai bisogni delle più basse forme embrionali, e per far la via ad un’altra e più elevata e più persistente struttura di organo respiratorio: sotto tale aspetto l’organizzazione bran- chiale sta alla serie vertebrata, come la placenta all'individuo mammalino. » Il lettore mi perdonerà di certo le troppo lunghe citazioni del gran- de anatomico Inglese, perocchè amo meglio che resti persuaso ad esube- ranza, anzichè d'biti delle mie asserzioni; ed io non so dove avrei po- tuto trovare un esempio altrettanto istruttivo tutt’insieme del passaggio fia uno ad altro organo cotanto diverso; della igentità sorprendente, ma vera, di lor natura; delle gradazioni dirette ad ottenere una maggior som- ma e perfezione di lavoro, con che ha luogo; dell’ascensione progressiva da una forma di vita inferiore ad una superiore; di quello, in una pa- rola, che è altrettanto caratteristico, quanto stupendo nella addotta omo- logia. Le omologie dei Rettili Chelonìî nei loro neuro-dermato-scheletri furono districate con la solita maestria dal sommo Britanno !. Io mi li- mito a notare che le due specie di scheletri intervenendo contemporanea- mente, lasciavano dubbio se certe ossa appartenessero all’uno o all’altro, o se le parti loro componenti avevano a riferirsi a questo, o a quello, o ad ambedue, ma la dimostrazione dei loro rapporti fu resa piena dal confronto delle omologie con gli scheletri di animali appartenenti ad al- tre classi, e dall’aver tenuto conto, con ottimo accorgimento, di quel che avveniva negli embrioni. In ogni parte del regno animale, del regno vegetabile troviamo fatti di omologia, come in ogni sistema, apparato, tessuto , organo ; il loro studio riduce le differenze particolari, a formula generale, le forme reali a forme tipiche che le comprendono tutte, e rende un gran servizio alla scienza semplificandola, e così rendendola più facile, fine a cui dovreb- bero tendere tutti i nostri sforzi : ma per ben riuscire in esso fa d’uopo avere intera e profonda cognizione della forma di cui cerchiamo 1’ omo- logia, e di tutte le sue modificazioni nella serie organica. Fa d’uopo non lasciarsi ingannare dalle apparenze di queste ultime che oscurano e lar- vano la vera natura ed affinità delle omologie; fa d’uopo sapere sceve- rare ciò che venne in seguito agli adattamenti, da quello che è origina- rio; ciò che forma l’accessorio, ed è perciò variabile, da quel che è essenziale, e non si può togliere senza distruggere il tipo. É mestieri non perder mai di vista gli organi rudimentali, né confondere loro impor- tanza funzionale ed analogica, dispiegata a vantaggio dell’attuale posses- sore, col valore tipico ed omologico; chè se oggi non hanno utilità, ac- cennano di averla avuta in passato, nei progenitori, e l’ ebbero spesso di fatto: onde a non volere. che la omologia sia una pura astrazione, ma a darle quell’ impronta sperimentale che la rende certa e irrecusabile per tutti e pone fine alle controversie, è mestieri, dico, a ciò fare, che non sì scompagni un momento dalla teratologia, dall’embriogenia, dalla pa- ! On the development and homologies of the carapace and plastron of the Cheloniau Reptiles, by Richard Owen, Esg, F. R. S. ete. — From the Philosophical Transactions. -— Part. 4 for, 1849. London: J. E Taylor 4849, — 154-474. 80 leontologia. Prescindendo anche da ciò, quanto maggiore è il numero degli esseri posti a confronto, tanto più è facile incontrar fatti pro 0 con- tra: ci guaderemo però dal voler trovare le omologie tra forme di vita lontanissime, come taluni hanno fatto, come Carus, Macdonald, ! ed altri, che ne trovano fra vertebrati, articolati e raggiati. I diversi sotto-regni poco o nulla hanno di comune tra loro, onde non allargheremo lo studio positivo dei fatti omologici, oltre il limite di questi, come non dobbiamo circoscriverlo ad una famiglia, ad un ordi- ne, opposto eccesso : cercheremo , a dir breve, di provare ciò che si può senza sforzo , e senza artificio. Le giuste cautele che ne mettono in guar- dia contro deduzioni precipitate, o indagini senza stabilità, non debbono però tenerci dal bandire il principio della unità di composizione per cia- scun regno organico, anzi per tutto l’impero organico, perocchè se i fatti omologici non ci menano tant’oltre, noi ci arriviamo per tutti gli altri fatti che e la morfologia medesima, la biologia, l’istiologia, e per- fino la fisico-chimica ci rivelano circa le proprietà dei viventi, e la loro distinzione degli esseri inorganici, e questi fatti sono , la generalità delle leggi morfologiche, la composizione cellulare degli organismi , il loro modo di comportarsi rispetto agli agenti fisico-chimci, e la somiglianza degli elementi, albuminoidi ecc. che concorrono a formarli. I rapporti che formano il soggetto delle ricerche omologiche sono l’uso, la forma, la posizione. Del primo nulla dirò oltre quel che ne ho detto intorno all’analogia, nella quale rientra; la forma può essere sva- riatissima e più nelle dimensioni che nella figura, la quale conserverà un tipo proprio più facile a vedere e a capire, che a descrivere e dimostra- re; la posizione rispettiva delle parti è la più immanente, e per conse- guenza la più importante. ? Su di essa era fondato il principio delle con- nessioni di Geoffroi-Saint-Hilaire. # Un organo sparisce anzichè mutar di posto. ; Le differenze tra l° Analogia e l’Omologia son molte, tanto che ben difficile sarà il confondere l'ordine di fatti che ciascuna rappresenta. La pri- ma si riferisce alle funzioni, la seconda agli organi, quella per lo più all’ esterno , questa all’interno degli organismi, l’ una rappresenta le pro- prietà acquisite, l’ altrì le erediterie ; la analogia è posteriore, 1’ 0- mologia anteriore, l’ analogia è recente, l’omologia antica, 1° analogia è 1 On the vertebroid Homlogies of the Cranium in Vertebralia or Osteozoa, and the analogous Homologies of the Annulozoa or Articulata, with table, by William Macdonald, ete. From the Proceedings of the Royal Phisical Society of Edinburgh, Vol. II. Edinburgh; Neill et Company 1864. — pag. 45. 2 Silus partium constantissimus est. Les rapporis de parties ne changent jamais, avait dit Linné dans sa Philosophie botanique; c’ est la loi de la constance des con- nexions appliquée aux végétaux. Quelles qne soient ses mélamorphoses un organe occupe toujours la mème place, et sa situation nous indique sa nature. Quand un filet sans anthére se trouve a la place d'une étamine, nous savons que ce filet est la trace d’une étamine avoriée. Cette fixité des rapporis se rattache à la symétrie, qui sans elles ne saurait subsister. Ainsi comme nous l’avons dit au début de cet étude, les mèmes lois traversent pour ainsi dire les deux règnes et méritent le nom de lois générales du monde organisé. — Charles Martins, Revue des deux Mondes, 15 juin 4862. — pag. 886. 3 Eneyclopedie moderne ete. Paris 1852. Art. Anatomie. IV Anatomie philoso- phique, transcendante, speculative. — H. de Castelnau. ne. 81 secondaria, l’omologia primordiale, 1° analogia è innovatrice , l' omologia conservatrice, |’ analogia variabile, l’omologia costante, | analogia è li- bera, contingente, adattativa, l’omologia è fatale, necessaria, trasmissi- va, e via dicendo. Qualunque regola si assegnasse per la scoperta delle omologie, non ‘ sarebbe buona a nulla, senza l’opera razionale della mente, e senza il lampo divino del genio ; uomini di genio eran coloro che gettarono i fon- damenti della Morfologia, uomini di genio i loro continuatori: onde a buon dritto si può dire che questo ramo di scienza ne vanti ne’ suoi an- nali a preferenza degli altri. Ripetizione. — Questa legge che Owen chiama ripetizione irrelativa ! o vegetativa non ha nulla di comune colla ripetizione laterale di Pittard: che si riferisce alla simmetria, come ho detto: essa esprime la plurali- tà, la moltiplicità di un organo o delle sue parti. Sono ripetuti gli stami e i pistilli nei fiori che ne hanno più d’ uno, i petali e i sepali nei fiori dialipetali e dialisepali. Si ripetono le vertebre nella spina dei vertebra- ti, gli zooniti negli articolati ecc. Il significato di questi fatti è la man- canza di differenziamento, nè ci spenderemo quì più parole. Vi è anche un’altra specie di ripetizione che maggiormente richiama la nostra atten- zione, e che ha un ben diverso significato nello sviluppo della serie or- ganica. Si accosta all’ analogia, e che altro è 1° analogia se non ripetizione di certe strutture? L’ omologia ben anche tiene qualche somiglianza con la ripetizione, se nor che si associa al differenziamento, il che non fa questa: e analogia, omologia , ripetizione possiamo riguardare come espli- cazione di uno stesso concetto, al quale si riferiscono, come in fondo vedremo, tutte le leggi morfologiche. Bastami per l’attuale mio propo- sito di considerarle singolarmente. Il tipo pisciforme è ripetuto più o meno bene nei mammiferi acquatici per uniforme adattamento , che ciò spiega, come eziandio la ripetizione del tipo nei vertebrati volatori: ma esistono altre ripetizioni, nelle quali nulla ha che fare 1° adattamento , nè io esclu- do che possa un tempo esservi stato ed aver prodotto uniformi effetti in organismi differenti; certo è che oggi non vi è più, ed è questa la sola ragione che m’induce a parlarne separatamente dall’ analogia. Gli Ofidi ripetono le forme dell’ anguilla , Missinoidi e Lamprede, frai pesci, i Sauri ripeton quelle dei Batraci Urodeli (salamandre; tritoni ecc.), i Chelonî le forme dei Batraci Anuri (rane , rospi); talchè i tre ordini in che si divide la classe dei Retlili sono esemplificati parte su quella dei Pesci, parte su quella dei -Batraci, sono insomma tre tipi ripetuti ad una potenza supe- riore. Altro esempio di cotesto fatto ci danno gli Uccelli, nei quali l’or- dine assai naturale dei Passeracei ripete tutti gli altri, e la intera classe ripete poi tutti gli ordini dei mammiferi, gli Psittacidi rappresentando i Quadrumani, i Rapaci i Carnivori, i Passeracei medesimi i Frugivori e gli Erbivori: e ci sono anche tra gli Uccelli gli acquatici, gli amfibî, tutte le condizioni di esistenza insomma. Qui mi accorgo di esser tornato al- l'analogia, perchè in realtà gli adattamenti sono la cagione di tali ripe- tizioni, ma poichè il soggetto che tratto ne fa uno solo coll’analogia , ti- rerò innanzi. Il più bell’ esempio di ripetizione è quello dei Mammiferi, ———————_ie=>@ 1 Forse perchè non ha nessuna relazioue al modo in cui vive | essere che la presenta. 82 i quali, ordine per ordine, si ripetono nelle due sotto-classi dei Placen- tati e Non-Placentati, con tale precisione da dirsi che la prima fu model- lata proprio sulla seconda. La somiglianza di tipo implica sempre somi- glianza delle condizioni di vita, e ciò fa pensare che queste ne siano la cagione. Riferisco la testimonianza dell’ Haeckel. ' « I Marsupiali furono comunemente trattati come un solo ordine: eppure le singole lor famiglie per l'adattamento alle più svariate condi- zioni di vita non sono meno differenziate nei denti e nelle altre strutture del corpo , che i diversi ordini dei Monodelfi, e per questo è meglio trat- tarle come equivalenti ad ordini, in quanto che in molti rapporti offrono sorprendenti paralleli con questi. ‘Tale parallelismo si vedrà nella seguente tabella; degli otto ordini di Didelfi ivi enumerati; ì primi quattro posson riunirsi in una Legione dei Miarsupiali carnivori (Zoophaga), gli ultimi quattro nella Legione de Miarsupiali erbivori (Botanophaga). » Parallelo degli Ordini dei Mammiferi didelfi e monodelfi | EE Tipo SO FARE : : 5 li a Ordini 3 È Ordini dei Didelfi | Tipo dell'Ordine dei Didelfi : dell’ Ordine dei Monodelfi . dei Monodelfi i. Creophaga Thylacinus, Dasyurus 1. Carnivora |Canis 2 Cantharophaga|Perameles, Myrmecobius |2. Insettivora |Erinaceus 3. Edentula Tarsipes 3 Edentata Dasypus 4. Pedimana Didelphis, Chironectes 4.Prosimiae |Lemur 5. Carpophaga |Petaurus, Phalangista 5. Simiae Hapale 6. Rhizophaga |Phascolomys 6. Rodentia Castor 7. Barypoda Diprotodon, Nototherium |7. Pycnoderma|Hippopotamus 8. Macropoda Halmaturus, Hypsiprymnus|8. Ruminantia |Cervus « Questo parallelismo già più volte e a ragione fatto risaltare è di gran- de interesse, in modo speciale poichè dimostra sino a qual grado 1’ adat- tamento a uguali condizioni di esistenza (in particolare a eguale nutri- mento) può originare uguali forme, (specialmente anche nella struttura dentaria). Però queste somiglianze sono evidentamente soltanto analogie, non omologie. I singoli ordini dei Monodelfi non derivano dai corrispon- denti dei Didelfi (per il semplice acquisto di una placenta), ma son piut- tosto il prodotto del differenziamento di un solo ramo di Placentati, che verosimilmente uscì da una sola forma di Didelfi. » ? . Tra i medesimi Mammiferi placentati Darwin cita la somiglianza tra il cavallo e il levriere, ed io aggiungo quelia tra il cavallo e tutte le così dette Fiere corritrici, volpe, faina, donnola, in una certa forma allungata del corpo, nelle gambe lunghe e sottili ecc. Il riccio (Erinaceus europoeus), che è un Insettivoro imita in piccolo l’ istrice (Hystrix cristata) che è un Roditore: il sorcio o toporagno (Sorex etruscus, Savi, ed altre specie), anche questo Insettivoro, imita i veri topi (Mus musculus ed altri), anche ‘questi Roditori: e fra gl’ Insettivori si può anche ricordare la talpa (Talpa __— 1 Generelle Morphelogie ete. Vol. II. pag. CXLMI. ? Anche |’ Owen riconosce questo parallelismo. — Palaentology or a systemalic summary ete. Edinburg. Adam and Charles Black 1860. XV. — 420 — pag. 595. 83 coeca ed europoca) le cui forme sono cosi bene imitate da un Insetto, o1- tottero, la Gryllotalpa vulgaris. Fra gli Articolati il tipo allungato sérpen- tiforme è rappresentato dai vermi, dai miriapodi, e sino ad un certo punto dalle larve degl’ insetti: il ragno imita la forma accentrata del granchio, e lo scorpione quella allungata del gambero, e sebbene questi differiscano tra loro per le chele ed altro, pure il tipo generale è lo stesso, nè tale imi- tazione può spiegarsi negli ultimi esempî con gli adattamenti, poichè si tratta di animali terrestri in un caso, acquatici nell’ altro. Facile sarebbe molti- plicare gli esempì, ma bastino questi pochi a far vedere quando si esten- da la imitazione, vuoi analogica, vuoi non riducibile ad analogia, nel quale ultimo caso conserva il nome di Ripetizione. Qualche cosa di simile presen- tano le così dette forme rappresentative della geografia botanica e zoolo- gica. Secondo la teoria della discendenza modificata |’ eredità può aver conservate forme che si son potute adattare a nuove condizioni di vita, ma che non hanno relazione diretta con queste, sì bene I’ avevano con le antiche, nelle quali vivevano i loro progenitori, e così la differenza tra ripetizione e analogia consiste nell’ esser questa relativa al presente, quella al passato. Io credo che sia realmente così: e siccome anche la omologia dee un tempo aver avuto più relazione alle condizioni dei viventi, di quel che non fa ora, parmi che la Ripetizione o Imitazione si avvicini anche a questa, e sia intermedia fra le due: parmi che volendole anche semplificare di più possano ridursi ad una cosa sola, alla trasmissione dei caratteri acquisiti o ereditari, alla eredità conservativa o progressiva se- condo il detto di Haeckel; la prima è 1° Omologia, la seconda l’Analogia. Ma il carattere più saliente che distingue la Ripetizione è 1° assoluta man- canza di differenziamento, che invece si ritrova più o meno nell’ analogia, nell’ omologia, e in tutti gli altr) fatti che vedremo. Graduazione. Dappertutto noi troviamo anelli di congiunzione tra le forme, e la Morfologia c’insegna a scoprirli dove par che manchino. For- mano una serie graduale le diverse specie di simmetria, di analogia, di omologia, di ripetizione: transizioni numerose si osservano nella serie or- ganica, dalla specie all’ individuo, o dalla specie al regno. Che se ai vi-. venti sì uniscono gli estinti, si cancellano molte distinzioni di specie, di genere, di famiglia, di ordine e perfino di classe. Un esempio di gradua- zione ho già dato, riportando da Owen le omologie della vescica natato- ria. Per queste, come per qualche altra particolarità, il Lepidosiren an- nectens fu ascritto ora tra i rettili, ora tra i pesci, fra i quali a giusta ragione deve riporsi. ' Esso è intermedio fra le due classi, come 1° Ornithorhryn- 1 Lo scheletro del Lepidosiren dà la vera chiave delle complicazioni scheletriche dei pesci tipici e meglio ossificati. Sembrami evidente, nella totalità, il più elevato grado che la classe dei pesci raggiunge nel diretto progresso verso la perfezione, o in quello che può chiamarsi il più alto tipo vertebrato. I veri o tipici pesci ossei deviano da una comune strada per sentieri propri, e assumono innumerevoli complicazioni, talchè cercheremmo invano parti omologhe nei rettili, uccelli, e mammiferi. Perciò lo scheletro del Lepidosiren presenta, nel totale, la più stretta somiglianza con gli scheletri della inferior classe dei rettili; benchè ne differisca per un po’ più o un po meno di sviluppo: i centri vertebral del tronco, p. e. non oltrepassano lo stato embrionale di molle confluenza: ma spi? ne secondarie si aggiungono alle neurali ed emali: un post-frontale si estende, come una scaglia ossea, sopra la volta del cranio, e sopra i forli muscoli temporali che 84 chus paradorus, Owen, fra gli uccelli e i mammiferi, come 1° Amphiowus lanceolatus (sin: Branchiostoma) * frai vertebrati e gl’ invertebrati, per la mancanza di cranio, di cervello, di un cuore compatto, e per altri carat- teri, anche embrionali. Si dirà: ma questi esseri appartengono o al- luna o all’altra classe, dunque non sono intermedi. Rispondo che meri- tano questo nome, perchè la maggior parte dei loro caratteri saranro di una sola classe, è vero, ma sono uniti ad alcuni di altra. Altro bell’ e- sempio di graduazione è quello esposto da Darwin sull’ occhio. Vediamo la graduazione negli organismi, negli organi, e nelle funzioni: ho accen- nato i passaggi in quella del volo, ma leggiermente li troveremo anche in altre: così la nutrizione ci mostra una estesissima scala; onnivori, poi da una parte carnivori, necrofagi, piscivori, insettivori, parassiti, e dall’al- tra erbivori, frugivori, carpofagi, lignivori, rizofagi, giù giù sino ai minuti organismi che si alimentano di molecole organiche. Anche nella quantità del cibo può trovarsi graduazione, quando si pensa a quel che consuma un leone, od un mollusco: anche nel numero di specie, di cui un ani- male si alimenta, le larve d’insetii p. e. cibardosi delle foglie di molte, di poche, o di una sola pianta. Le varie maniere di generazione si risol- vono l’una nell’ altra gradatamente, come benissimo ha mostrato 1° Hae- ckel in una delle più notevoli parti della sua grande opera. 2 Altrettanto può dirsi di tutte le funzioni di relazione, e per dire di una, la locomo- zione ha numerosi gradi, quali per esempio il camminare, correre, arram- picare, strisciare, nuotare e volare, e gli esseri non possiedono uno solo ma due ed anche tre di questi gradi; fra l’uno e l’altro poi che a pri- ma giunta son così distinti tra loro ne intercedono altri minori. Ancora l'intensità con che una funzione si compie ha diversi gradi, ad esempio il calore animale, la velocità della locomozione, e simili. Tutto quello che accade nelle funzioni, ripeto, accade pure negli organi, e ci è facile ri- scontrarlo esaminandone lo sviluppo nella serie organica: i tessuti, gli si attaccano alla superficie interna di quell’osso come ad un exo-scheletro; ed uno o due ossa opercolari sono aggiunte posteriormente al semplice pedicello della ma- scella. Ma la unica superficie concava presentata dal basi-occipitale alle vertebre del tronco, i processi trasversali inferiori (parapofisi) delle vertebre addominali, e l’ ar- ticolazione dell'arco scapulo-coracoide alla sua propria vertebra craniale, danno prova inequivoca che il Lepidosiren è un vero pesce. — Owen, pag. 85. Può presumersi che la sua corda dorsale gelatinosa, i suoi processi vertebrali trasversali inferiori (parapofisi), l'attacco normale delle scapole all’ occipite, la ‘co- vertura branchiostega delle branchie permanenti, le ossa opercolari, V assenza di pancreas, la presenza di una valvula spirale intestinale, la posizione relativa del- lano, 1 sacchi nasali extra-orali, gl’integumenti scagliosi, i tubi muccosi e pori sulla testa, la « linea laterale » e a dir breve, la totalità della organizzazione della Lepidosirena, sarà stimata piena prova della sua vera natura piscina. — Lectures on the comp: comparative Anatomy ete. by Richard Owen ete. London, Logman 1846, XI. — 504 — pag. 279-80. 1 A. Kovaleosky. Le développement de 1° Amphiorus lanceolatus. — Archives des Sciences physiques et naturelles. Tome vingt-septiéme. Geneve, Lausanne, Neufchatel 1866. — pag. 195. Panceri, Sulla fecondazione del branchiostoma ecc. — Nuovo Cimento, 1865, pag. 257-538. ? Op: citata vol. II. — Libro quinto — Capitolo sedicesimo, diciasellesimo, diciottesimo — pag. 1-147 — e precisamente le tavole pag. 70-74. 85 organi, gli apparati, i sistemi si graduano lun nell'altro. Si objetterà che tali transizioni non meritano questo nome, imperocchè son repentine, brusche, e meglio sì chiamerebbero salti, ma io replico che ciò non è, perchè le interruzioni in molti casi, come in alcuni dei citati non. pre- sentano difficoltà, e se non sono attualmente, per lo meno furono un tempo riempite. Che se dei casi facili, appunto perché siffatti, non vuol tenersi verun conto, i difficili son quelli invece, sui quali s’ insiste dagli avversari della teoria di discendenza modificata; vedremo a suo luogo con quanta ragione. Possiamo ritenere che la Natura fa tutto gradatamente, e lentamente; ora lasciandoci dirigere da siffatto assioma riusciremo a scoprire i fatti transizionali laddove nemmeno sospettavamo che potessero esistere, e troveremo ingiuste le nostre lagnanze sulla loro mancanza, che proviene da limitata conoscenza di fatti, o dalla loro interpretazione pre- giudicata. Guardiamoci però dal tenere le semplici apparenze per vere transizioni, poichè di quelle non è difetto in verun luogo, ma non in- tendo io di parlar delle prime, sì bene proprio delle seconde. Le transizioni sono lo scoglio delle classificazioni: nè ciò sempre per la scarsezza delle nostre cognizioni, incontrandosi questo scoglio an- che nel classificare esseri notissimi. Venendo poi più specialmente alla teoria della discendenza, contro la quale milita fra le capitali la ohjezione della mancanza di anelli intermedi, dirò dapprima che non abbiamo tanto a maravigliarci di codesta apparente mancanza, allorchè pensiamo che, si può dir tutte le opere di Storia Naturale scritte da Linneo a Darwin am- mettono implicitamente la immutabilità delle specie, come molte venute alla luce dopo il Darwin medesimo; che meraviglia dunque se non si è trovato quel che non si cercava? Non andrà così d’ ora innanzi; nè più si potrà dire, che non c'è peggior cieco di quello che non vuol vedere. Esporrò largamente, parlando della Tassonomia e della Paleontologia i fatti che rendono poco fondata l’ objezione, rispetto a codesti rami: ora ho bisogno di tornare indietro per rifarmi di una dimenticanza. Nel precedente articolo sulla Ripetizione, ho lasciato quella che av- viene nello sviluppo embriogerico, come p. e. nei Batracidi, in cui lo stato larvale, transitorio di girino, ripete lo stato adulto, permanente dei Perennibranchi (Proteus anguinus). La larva vermiforme degl’ Insetti imita il verme, e via discorrendo. Esempî consimili son numerosi, anzi comuni, segnatamente nelle forme di vita inferiori, onde non v'insisterò più lun- gamente. L’ embriologia ci fornisce dunque il mezzo di trovare la ripeti- zione non solamente, ma e la gradazione tra forme anche molto lontane allo stato adulto: il numero dei fatti che provano in favor loro è così grandemente accresciuto; assai diminuita vien pure in tal modo la vali- dità dell’ objezione, di cui tengo parola. La ripetizione e la graduazione - differiscono in questo, che la prima è uniforme, la seconda comincia a differenziarsi; ma nei casi particolari è ben difficile separarle nettamente luna dall’ altra, riducendosi ad un numero ben ristretto quelli, ne’ quali si trovano senza mischiarsi insieme. È una prova di più della loro ge- neralità. Serie. — Intendo sotto questo nome una moltiplicità , un complesso differenziato: differisce dalla ripetizione, che è una complessità uniforme, e, se potesse dirsi, una serie uniforme, poichè il nome non conviene se non a ciò che è differenziato. I verticilli florali formano una bella serie, le fo- 86 glie radicali, cauline, e florai (brattee) fanno anche una serie; quelle di un ramo si ripetono solamente, nè può trovarcisi la serie se non in qua- lità secondarie, come la grandezza, e simili. Le vertebre, per quanto siano trasformate e poco riconoscibili, fanno una serie, prese insieme nelle re- gioni cefalica, cervicale, dorsale, Jombare, sacrale, e coccigea; fanno una ripetizione in ciascuna delle regioni presa da sè. Questi pochi esempi ba- stano a darci l’idea della serie in un soio individuo, ma posson darcela eziandio in più individui, come quando confrontiamo i singoli verticilli in un gruppo di fiori, le singole regioni vertebrali e vertebre in un gruppo di animali; nè questo diverso modo di considerare la serie implica punto diversità in essa: la è sempre la stessa idea. ! Nei vari termini che com- pongono una serie possiamo rinvenire la semplice ripetizione, o la pura gradazione, come nei due esempì delle foglie. La gradazione diversifica dalla serie nella quantità del differenziamento, che è sempre pictola, e nella qualità, che ha sempre poco valore nella prima; anche quì mi rife- risco alle foglie. La serie dunque è sempre molto differenziata, ma, oltre questo, ha un altro carattere che le è specialmente proprio, ed è la re- golarità. I termini della ripetizione son vicinissimi ed eguali, quelli della graduazione vicini e simili, ma i termini della serie possono esser lontani e differenti al maggior grado possibile, senza alterarla; occorre però che siano regolari, cioè commisurati tra loro talmente da riuscire Droporzio- nali e progressivi. La progressioue geometrica, ad esempio, può dirsi una vera serie, al contrario la progressione aritmetica sarebbe piuttosto una graduazione, come la semplice serie numerica è una ripetizione, perchè sebbene i termini siano differenti. son formati allo stesso modo, cioè per aggregazione uniforme. Due operazioni aritmetiche ci forniscono altra com- parazione : la somma è una gradazione, perchè il suo prodotto non ha rapporti regolari e commisurati coi termini da cui fu ottenuto: la molti- plicazione corrisponde alla serie perchè ci dà questi rapporti. Si di- manderà: ma è poi vero che in natura esistano codeste serie tanto ben caratterizzate? E tanto facile il provar di sì, quanto lo è il trovare nei verticilli florali, ascendendo dall’ uno all’ altro, un complesso di termiai differenziati, regolari o equidistanti 0 commisurati, cioè non troppo, nè troppo poco differenti tra loro, e progressivi. Il calice, la corolla, gli stami, e i pistilli ci presentano ciascuno certi caratteri di forma, di co- lore, numero, saldatura, alternanza, ed altro, che li differenziano eminen- temente e rendono impossibile il confonderli insieme, ma vi è più somi- glianza tra il calice e la corolla, oppure tra l’ androceo e il gineceo, che tra uno dei due primi, e uno dei due secondi; a questa somiglianza mag- giore, a questa maggior differenza é difficile assegnare un nome conve- niente, ma son facili a capirsi. Altro carattere della serie è la progressio- ne, cioè i termini meno differenziati, meno elevati, precederanno i più differenziati, i più elevati. Nell’ esempio succitato vi è una progressione, perchè ciascuno dei verticilli ha maggior complicazione e valore del pre- cedente. tanto morfologicamente, che biologicamente, nell’ ordine che se- gue: calice, corolla, androceo, gineceo. Nel caso pure della serie vertebrale noi troviamo la progressione, se non che qui avviene nou in un senso solo, ma in due, cioè in alto e in basso, salendo il differenziamento al 1 Vedi indietro le diverse specie di omologia. 87 suo massimo nella regione cefalica e sacrale; ma questo caso è assai poco adatto per dimostrarla, perocchè ogni regione forma piuttosto una piccola serie. Non è progressiva la ripetizione , e lo è ben poco la graduazione, che realmente in questa come in altre proprietà fa passaggio alla serie. Per misurare la regolarità della serie, cioè quella specie di proporzione, e la sua progressione, ci serviremo dei metodi che comunemente servono a determinare la perfezione e progressione, come ora dirò. Se esistano o no serie regressive, cioè serie nelle quali i rapporti tra ì termini loro siano invertiti, vedremo all’ articolo regresso. Si mostra la serie così negli organi, come nelle funzioni (onde non differisce neanche in questo dalla ripetizione e graduazione); se mi son fermato di più nei primi, è stato perchè la vi è più agevole a ravvisare, ma se la nutrizione, la genera- zione, e la relazione possono dividersi in molte funzioni minori, come la prima p. e. in masticazione, deglutizione, digestione stomatica e po nale ecc; e se talune funzioni passano alle altre per minuti gradi, s° in- tende bene che potremo trovare la serie prendendo a LsidAiÀ un numero considerevole di questi atti funzionali, ovvero studiando una fun- zione molto estesamente in un gruppo, od anche in un individuo. Non mi trattengo più a lungo sulle altre fanzioni generative o di relazione rimettendomi per le prime a MEDE ne ha detto Haeckel nella completa e razionale trattazione che ne fa; ! per le altre poi mi dispiace di non potere nel presente lavoro discorrerne, come vorrei, in quanto che sono tutte del dominio della ecologia, la quale non ne fa parte. La ripetizione, graduazione, e serie soventi volte si uniscono, ed uno stupendo esempio abbiamo di ciò nelle omologie tutte vertebrali , ma siffatte associazioni non oppongono difficoltà di sorta, nè a ciascuno di questi tre singoli con- cetti, nè a intenderli e districarli quando son mescolati. Un’ altra ‘dimanda si farà: la serie tassonomica e una vera serie? cioè tale e tale altra di- visione tassonomica forma un complesso differenziato, proporzionale, pro- gressivo ? Intendiamoci: può darsi che tale o tale altre non lo formi, € sia così un’ eccezione che non prova nulla contro la regola, la quale sì è, che la serie tassonomica, presa nei due regni, in uno, 0 in qualunque gruppo non troppo piccolo, è una vera serie, alla quale sempre si asso- ciano e ripetizione e graduazione. Troveremo che così è, qualora le no- stre ricerche non si circoscrivano o allarghino troppo, qualora riescano a districare le complicazioni, qualora inoltre ci ricordiamo, che i termini oggi mancanti poterono esistere, o esistettero di fatto tra le forme estin- te, avvertenza che non mi stanco di ripetere, imperocchè troppo sovente accade che si considerano gli attuali viventi, come staccati e indipendenti dai loro predecessori, onde ne vengono molti danni, e si trovano incom- pleti, privi di sufficiente dimostrazione, i fatti i più completi, e meglio dimostrati del mondo. La utilità nello Hi della serie consiste segna- tamente nel renderci ragione che facciamo per essa, come per tutte le precedente leggi morfologiche, delle diversità o somiglianze, adattamenti o eredità dei tipi, e nel potere per suo mezzo indagare il modo di loro sviluppo o decadenza, embriologicamente, tassonomicamente, e paleonto- logicamente, e cercare la loro origine. È generale l’uso di questa, come ‘dalle altre leggi. 1 Op. cit. vol. HI. pag. 41-147, 88 Tipo. — Lo studio della Morfologia richiede di continuo che si ri- ducano le forme reali e particolari, a forme ideali e generali, a tipî, che tal è il significato di questa parola. La tassonomia dando una formula, una definizione generale a certi gruppi di organismi, fa pure i suoi tipi, onde diciamo tipo mammalino, tipo vertebrato, articolato ecc. Se non che la frase o descrizione tassonomica ha piuttosto un uso e scopo pratico che filosofico, e di rado è fatta bene, cioè ricavata dalla totalità della or- ganizzazione del gruppo che definisce; di rado include la sua embrioge- nia, come veramente dovrebbe, e lo vedremo appresso. I tipi morfologici non differiscono dai tassonomici se non per gli oggetti che considerano, mentre questi si riferiscono ad un complesso di organismi, e quelli an- che ad un organo solo. Per fare il tipo di un organo p. e., cioè per tro- vare quel che è in lui essenziale e fondamentale, quello che non può to- gliersi senza variarne la natura, bisogna tener conto della costanza dei rapporti delle sue parti, subordinando le meno permanenti alle più; dico più o meno permanenti in generale, cioè e nei vari stadî della vita embrio- nale di un individuo, o in un gruppo di più; ma per distinguere questi due casi, chiamerò caratteri permanenti, quelli che nello sviluppo, 0 si manifestano presto, o pur manifestandosi dopo i primi, durano; chiamerò e- stesi i caratteri che si riscontrano su molti organismi, cioè su molte specie, generi, famiglie, è così di seguito. I caratteri sono più o meno perma- nenti rispetto allo sviluppo di un solo organismo, più o meno estesi ri- spetto al numero di molti organismi, nei quali si trovano. Bisogna dun- que distinguere tali caratteri permanenti ed estesi, dalie particolarità ed accessori, che sovente celano la vera ed intima natura di una forma. Al- trettanto dicemmo circa le omologie, nelle quali, come nelle analogie ed in tutto, può ricavarsi il tipo; si ricava altresì tanto nell’ organo che nella funzione. Si riduce a tipo la nutrizione, la generazione, le relazione, quando ne consideriamo le parti meno mutabili, e scartiamo quelle che lo sono in grado maggiore, tenendo insomma lo stesso metodo che per gli organi. Prendiamo un esempio , a noi già noto, di tipo. Carlo Gustavo Ca- rus, ! ed altri prima di lui, Riccardo Owen,? I. Rymer Jones, Joseph Maclise £ poi, hanno immaginato una vertebra ideale, dalle cui modifica- zioni ricavano tutte le vertebre esistenti, e non solo 1’ hanno immagina- ta, ma figurata per maggior chiarezza, imperocchè le disposizioni grafi- che fanno vedere più presto e meglio della descrizione ciò che si vuol dimostrare, e non potrebbe mai abbastanza raccomandarsene l’uso in ogni ramo della Storia Naturale. Della vertebra di Carus poco dirò, im- perocchè i saggi morfologici di quest’autore peccano per più conti, cioè, perchè considerano tutto il regno animale, e son perciò troppo vaghi, perchè sono troppo sistematici volendo trovare analogia tra forme che non ne hanno néssuna, e perché infine procedono con regole non de- dotte a posteriori dai fatti, ma immaginate a priori sopra induzioni mi- 1 Traité éleméntaire d’Anatomie Comparée ete. Paris 4855. vol. INI. avec atlas. 2 Lectures on the comparative Anatomy ele. pag. 42. 3 The Cyelopaedia of Anatomy and Phys!ology edited by Robert Todd ete. Vol. 3. Ins-Pla. 1859-47. London, Longman etc. -— Osseous System, pag. 820-847. 4 The Cyclopaedia ete. by Todd etc. — Skeleton. 89 stiche, onde il fantastico vi tiene il posto e del positivo e del razionale. Chi può neanche pensare che le stelle di mare sieno composte di verte- bre esterne? o assegnare a certi numeri un’ influenza cabalistica? 0 pre- tendere di costruire con ragionamenti a priorì, non dirò le forme di un organismo, ma nanche quelle di un ciottolo di fiume? Fatto male in sif- fatte ricerche il primo passo, son falsi anche tutti gli altri. Si sa che i ragionamenti a priori vanno affatto eliminati dalla Storia Naturale, per quanto, speciosi appariscano, il che non vieta però di dedurre 0 indurre sui fatti bene osservati, e di regolare sulla certezza, probabilità, o mera possibilità che ne abbiamo, i gradi della deduzione e della induzione. 0- wen e Rymer Jones hanno tenuto altra strada, e sono riusciti a darci una vertebra, una colonna vertebrale ideali e generali, da cui senza sforzo si deducono le reali e particolari, come ho detto a suo luogo, ad onta della difficoltà che presenta la costruzione ideale del cranio. Possiamo ritenere che molto si appressino al vero lor figure, le quali si applicano a tutti i vertebrati; ma nella costruzione di questo od altri tipi mi sem- brerebbe miglior metodo fare la figura prima per ciascuna classe, poi farne un’altra per tutte, onde e si vedrebbero meglio i gradi di appros- simazione delle figure ideali alle reali, quelli di transizione nelle une e nelle altre, e quei di una deduzione rigorosa e precisa per ottenere il tipo, e per generalizzarlo ad una estesa divisione del regno animale; tanti allora non sarebbero gli schifiltosi, cui sembrano senza fondamento € senza utilità gli studî astratti della Morfologia. Altri passi importanti re- stano a farsi in questa strada: trovare p. e. la figura ideale di un seg- mento muscolare o nervoso, intestinale ecc. o la figura ideale di un vi- scere : allora soltanto avremo la completa cognizione delle omologie, € saremo giunti nelle costruzioni tipiche ad un grado che non ci permetta di dubitare circa la verità delle fatte, e ce ne lasci sperare altrettanta per le da farsi. La possibilità di arrivarci è dimostrata dal vedere che ogni tessu- to, organo, apparato, sistema ha un fondo comune, così di forma, co- me di posizione; ogni glandula p. cs. è una più o meno complicata ri- piegatura della pelle, tutte le glandule che circondano l’apparato dige- rente vi versano umori che servono alla digestione, e così di seguito : le difficoltà dell'impresa consistono nello scoprire questo piano comune, € sceverarlo dalle complicazioni con che fu alterato e che hanno per fine di ottenere la maggior divisione del lavoro, e con essa minore spesa di materiali, quantità maggiore e miglior qualità di prodotti. Tentativi di forme tipiche furono anche fatti dal medesimo Carus per le conchiglie , le quali più di recente furono studiate anche matematicamente, e sì l’una cosa che l’altra non presentano grandi difficoltà; perchè oggetti solidi e quindi a forma meno mutabile. Al contrario le parti molli, siccome vVa- riano più facilmente, si prestano meno alla deduzione di forme tipiche, difficoltà di cui vuolsi tener conto per ispiegare il minor numero, 0 la mancanza loro nelle parti molli. Restami ora a discutere la possibilità di un ultimo e più difficile caso, la formazione tipica, non di organi, 0 di altre parti di organismi, ma di organismi interi e di loro gruppi altresi. La fu tentata, come ho già detto, dalla Tassonomia, e solo descrittivamente: ma è possibile completare quei saggi, e anche graficamente? Quale sarebbe p. es. la figura del tipo Uccello o Vertebrato ? con 90 che mezzi potrebbe ottenersi? Alia prima questione rispondo in senso affermativo, e lo mostrerò ampiamente nel capitolo prossimo, e quanto alla espressione grafica, la si può ricavare dalla descrittiva, onde tutto stà che questa sia completa ed esatta, dacchè dei mezzi materiali per renderla graficamente non sarà difetto davvero. Non posso rispondere in verun modo alla seconda , troppe essendo ancora le difficoltà per espri- mere un completo tipo di una classe, o di una categoria maggiore, ed esprimerlo poi graficamente. Rispondo alla terza (la quale non si riferi- sce già ai mezzi materiali, ma razionali, non ai grafici soltanto, ma e- ziandio ai descrittivi), che s'ha ad ottenere il tipo scegliendo un ordine, una classe, od un sotto-regno al più per non cadere nel vago e indeter- minato, e studiando il gruppo scelto completamente, cioè per la parte anatomica , istiologica, fisiologica, embriologica, teratologica, tassonomi- ca, ed anche paleontologica, e studiandolo bene in ognuna; indi ricavan- done ad una ad una tutte le generalità, poi associandole in una descri- zione che verrebbe lunga e complicata, ma che bisognerebbe rendere unita evitando di mettere insieme correlazioni di forme che si escludono e condizioni di esistenza impossibili, e qui stà il difficile; imperocché le incompatibilità bisognerebbe accennare non troppo, in modo che non fossero più talì, nè troppo poco. in modo che non rendessero impossi- bile levare da quei cenni le estreme condizioni: bisognerebbe insomma che vi fossero in potenza e non vi mancassero in atto. Oltre che biso- gnerebbe tutto unificare veramente in un solo sistema organico, in un organismo proprio unico, e non già accozzare, come ha fatto Turpin in una figura tipica del vegetabile.' perenè a quel modo si mettono insieme tanti frammenti di piante, né si può dire di fare una unica pianta idea- le: ma io dubito che a questo, almen per ora, si possa riuscire, dubi- to, dico, in quanto alla figura, che sarà l’ultima cosa a farsi, quando pur si riuscisse nella descrizione. Farò un’altra avvertenza, che i tipi vuoi parziali, vuoi generali non hanno a dare le forme reali per mezzo di degradazione, come dice Maclise, cioè per una riduzione di numero e di dimensione, per una riduzione dal completo all’incompleto , dal com- posto al semplice, dal superiore e perfetto, all’ inferiore e imperfetto; bensi debbono darle per una evoluzione progressiva, nella quale tutti questi termini si trovino posti al contrario, cioè nell’ordine loro natura- le, senza che ciò pregiudichi alla unità, semplicità, facilità del tipo, ed all’ alta sua potenzialità e significazione. Lo stesso Maclise poi ha fatto ciò, contrariamente a quella sua espressione. II. Progresso — La successione nel tempo di più termini, l'uno più perfetto dell’altro precedente, si noma progresso, e non differisce dalla serie, se non perchè questa si fa nell’individuo, o in più, ma non già nel tempo, talchè il progresso può anche valere per una serie nel teim- po senz'altro; adunque il concetto di tempo si è il carattere proprio e distintivo suo. Avrei fatto forse meglio se avessi posta la trattazione di tale articolo dopo anzichè innanzi, come faccio, a quella del seguente, che s'intitola dalla Perfezione: se non che siffatta disposizione mi viene impo- sta dalla necessità in che mi trovo di dividere il secondo paragrafo di 1 Oeuvres d’ Histoire Naturelle de Goethe ete. traduits et annotés par Martins etc. avec. un atlas ete. par Turpin. Paris 4857. pag. VIII-468. 91 ogni capitolo in articoli tendenti a dimostrare una certa legge d° incre- mento, sviluppo, e decadenza, legge generale e parallela in ogni scienza su cui versano i singoli capitoli. Ognuno di questi ultimi paragrafi è an- che diviso in tre articoli, ma non si dia veruna importanza nè a quel- l'ordine sistematico, nè a questa coincidenza di numero, e nemmeno io gliela do, appagandomi solo che non sia franteso il mio pensiero. Ne riparleremo. Intanto non è difficile a intendere che cosa si comprenda sotto il nome di perfezione, perocchè, senza ora definirla, accennerò che diciamo un vertebrato più perfetto di un mollusco od articolato , un mam- mifero più di un batracide, un uccello più di un rettile; diciamo la larva più imperfetta dell’adulto, e così via via. La successione dei diversi stadi embrionali di en organismo, la comparsa successiva di più organismi alla superficie della terra è ugualmente una progressione, dato che quegli stadî, che questi organismi si succedessero in ordine ascendente, cioé dagl’ inferiori ai superiori. La progressione si riscontra tanto negli organi che nelle funzioni, crescendo quelli di complicazione, queste d’ intensità a mano a mano che si succedono nello svolgimento della serie organica in ordine al tempo. Gli organi semplicissimi dell’ embrione si perdono, e sono sostituiti da altri meglio costru'ti; la funzione dei primi era più tarda e uniforme, quella dei secondi è più varia ed attiva. Gli antichi viventi si hanno a ritenere come meno elevati morfologicamente degli at- tuali, e certo la capacità di vita che oggi si trova alla superficie della terra, è maggiore di quella dei tempi andati. Il progresso dunque può ravvisarsi anatomicamente, fisiologicamente, tassonomicamente , embrio- logicamente, paleontologicamente, e altrettanto poteva dirsi della analo- gia, omologia, ripetizione, graduazione e serie, poichè in ordine al pa- rellelismo che sopra diceva, la progressione occorre in ogni scienza, € meglio si dimostra in più, che in-una sola, posto che non manchi in quella data scienza o in quell’ ordine di fatti la successione nel tempo, che è la proprietà essenziale del progresso. Tale successione non s'incontra nelle altre leggi morfologiche. La legge di progresso è legata in modo speciale a quelle di perfettibilità organica, senza suppor le quali si può dire che non possa parlarsi di progressione. I mezzi con che opera la Progressione sono i medesimi di queili onde si serve la Perfezione; comune è il fine loro, comune ed eguale la importanza ed utilità. Non osta all’ esistenza nè dell’una nè dell'altra il regresso , conciossiachè è parziale e limitato , e perchè è la inversione del progresso, che ha luogo in circostanze spe- ciali, onde non è altro se non una eccezione che non infirma la regola; sono due modi, due esplicazioni di un solo concetio. « Im grande e nel totale il movimento di sviluppo dell’ universo mondo organico è continuo e soprattutto progressivo, contuttochè gli attivissimi processi di differenziamento concedano inevitabilmente , fra i prevalenti casi di progresso, anche nu- merosi e spesso importanti regressi nell’organizzazione, in piccolo e sin- golarmente........ Il progresso ai più elevati gradi di perfezione è in tutta quanta la natura organica più generale ed universale della regres- sione, processo speciale e locale, che contemporaneamente ha luogo nei gradi inferiori Tanto il progresso che prevale nel perfe» zionamento totale, quanto il regresso, che arresta la organizzazione parziale sono processi naturali mecca» 92 nici, che avvengono necessariamente per la elezione naturale nella lotta per la esistenza , e che dalla teoria di elezione (e soltanto da essa) sone complettamente spiegati ! » Ognun vede come la teoria darwiniana grandemente si avvantaggi dell’ ammettere. uno sviluppo progressivo, e come lo spieghi in modo soddisfacente: qualora però si ammetta, non può essere altro che uno sviluppo necessario, meccanico e affatto opposto ai sogni della teleolo- gia, i quali debbono affatto ripudiarsi. Finirò avvertendo che non bisogna punto confondere la progres- sione con la perfezione, imperocchè il concetto di tempo non è mai con- tenuto nella seconda, e lo è sempre nella prima, differenza giusta che serve a distinguerle senza equivoci di sorta: ben è vero per altro che la progressione è legata costantemente al perfezionamento, non altro essen- do che un perfezionamento successivo, ma così non è per questa stessa idea di perfezionamento che non dipende da successione nel tempo. L’una e l’altra legge possono benissimo considerarsi a parte, per quanto spesso vadano accoppiate. Perfezione. ( Teleosis, Haeckel) — Fra gli autori che hanno trattato questo soggetto ? merita i primi onori Bronn, i cui Studî Morfologici, * altro non sono che una stupenda dimostrazione delle leggi di perfettibi- lità organica. Ecco le definizione ch’ ei ne da. * « Le leggi di progressione riposano sul fatto, che nelle piante 0 negli animali nessun organo si manifesta ad un tratto in tutta la sua per- fezione, ma ciascuno apparisce ai nostri occhi, per modo di dire, dal non isviluppato, come il più impercetti= bile rudimento, come oscuro indizio, e dapprima gra= dualmente, per leggi fisse e per cangiamenti, che sono gli stessi in ogni caso, si eleva alla sua perfezione, che riscontriamo nelle divisioni superiori dei due regni. > Tale definizione non conviene alla progressione, ma piuttosto alla perfezione, che l’autore sempre confonde con la prima, nella quale sem- pre s’ inchiude il concetto di tempo, come dimostro. Se si paragona la larva coll’insetto adulto, potremo dire che questo è più perfetto non solo, ma più progredito della prima, perchè qui vi è successione, ma se confrontiamo separatamente le larve con le larve, le immagini con le immagini, potremo ravvisare in esse maggiore e minor perfezione, ma giammai progressione, perchè questo confronto non ha verun rapporto al tempo. Similmente considerando la relativa superiorità delle classi dei vertebrati attuali, possiamo dire «di scogerne la sola perfezione; aggiun- giamo a questa la progressione, allorchè pensiamo che, secondo la pa- leontologia, i rettili succedono ai pesci, gli uccelli ai rettili, i mammi- 1 Haeckel Generelle Morphologie ete. II, 262-65. ; Vedi Haeckel, Op. cit. II. pag. 249-66. Morphologische Studien ùber die Gestaltungs-Gesetz der Naturkòper iaberhaupt und der vrganischen insbesondere. — Gebildeten Freunden allgemeiner Einblicke in die Schopfungs-Plane der Natur gewidmet. Von. Dr. H. G. Bronn. Mit. 449, Holzschnitten. Leipzig und Heidelberg 41858. — IX-484. 4 albidem, 409-112. È ; 4 À 93 feri agli uccelli, e fra i mammiferi stessi vennero gli ordini più bassi pri- ma, i più elevati poi. A detta di Milne Edwards ed altri nella massima divisione del la- voro fisiologico consiste la perfezione, che così per altro vien definita incompletamente, poichè bisognerebbe, trattandosi di maggior lavoro, accennare con quali strumenti si possa ottenere, accennare insomma la complicazione degli organi, e specificar così le altre leggi di perfettibili- tà, delle quali questa definita da Milne Edwards è la maggiore, ma una soltanto. L'una cosa e l’altra viene indicata, se diciamo che maggiore differenziamento (degli organi e delle funzioni) è perfezione : dico maggiore non massimo, perchè la stessa parola perfezione non si prende in senso assoluto, ma relativo, ammettendosene diversi gradi. Le varie leggi della perfezione benissimo furono illustrate, ed estesamente particolareggiate dal Bronn; il perchè non posso far di meglio che riferirmi alle sue stesse parole, con le quali continuo la citazione antecedente. ! « Queste leggi di sistematico sviluppo si riferiscono dunque tanto a quello dell’intero regno vegetabile o animale, quanto all’ individuale sviluppo di un organismo, e questi sono spesso così analoghi, che do- mina la maggior concordanza nel loro corso bilaterale. Piante ed animali dei più bassi gruppi di un sotto-regno, classe, o famiglia, si distinguono dai più elevati spesse volte per gli stessi affatto, o anche per molto a- naloghi caratteri, siccome l’ embrione dall’ adulto di una specie animale, onde Agassiz indicò quelle forme imperfette di fronte alle più alte, come « tipi embrionali. » — Ma mentre le leggi di progressione si ap- plicano egualmente al piano fondamentale e ai materiali delle varie divi- sioni organiche, effettuano spesso forme di organizzazione e di adattamento in gruppi animali e vegetabili reciprocamente analoghi, e gradazioni in gruppi al tutto diversi. In verità il più notevole fenomeno consiste in questo , che i singoli caratteri degli organi, indipendentemente dalle leggi progressive, negli esseri più imperfetti di una divisione superiore, son quasi sempre più imperfetti, che negli esseri più perfetti dello divisioni prossime inferiori; lo stato embrionale dei più alti sta sotto allo stato adulto dei più bassi. Per tali rapporti si spiega molto semplicemente , perché il sistema non può formare nè una serie ascendente unica, nè una scala graduata semplice, diritta, quand’anche si prescindesse affatto dalle Analogie dei diversi gradi di gruppi che stanno l’uno sull’altro. Così p. es. i Ragni nella classe degli Aracnidi sono più elevati degli altri Ar- tropodi, i Granchi nella classe dei Crostacei, più degli Anellidi; ma am- bedue le classi si abbassano co’ loro più imperfetti rappresentanti , quella con gli Acari fin sotto gli Esapodi e i Miriapodi, questa coi Rotiferi e le Lernee tanto sotto i Vermi più perfetti, che ogni composizione di serie diventa impossibile, e solo per il tipo fondamentale preso nella totalità può ancora farsi. » « Siffatte leggi di progressivo sviluppo degli organi nel sistema me- ritano la più grande considerazione in parte per l’ intelligenza del piano della natura in sè, in parte ancora per il loro uso nella classazione ; for- s’anche i singoli principî delle medesime, come li esponiamo adesso , sa- rebbero suscettibili di venire ulteriormente limitati, e più strettamente formulati. » ! Thidem, pag. 109. 94 « Queste leggi sono: » « 4. Il progressivo differenziamento delle due principali funzioni nelle pianie, delle quattro primarie funzioni vitali negli animali, e parimente degli organi che Je compiono, prima in sè e poi per decomposizione delle medesime in una serie di atti e organi subordinati; come per es. la nutri- zione degli animali da principio consiste soltanto in un superficiale assorbi- mento di materia organica, ma quindi nei più elevati gradi del regno animale a poco a poco consiste in manducazione, masticazione, salivazione, deglu- tizione, digestione, assorbimento, circolazione, respirazione e secrezione, ed escrezione delle parti non assimilabili, e ciascuno di questi atti anche se- paratamente corrisponde a sott’ organi spesso molto composti. » « 2.° Riduzione del numero degli organi omonimi. » « 3. Concentramento delle funzioni e loro organi in determinate parti del corpo. » « 4. Accentramento di un totale o parziale sistema di organi, talchè tutta la sua attività dipenda da un organo centrale. » « 5.° Internamento degli organi più nobili speciaimente, finchè però non debbano necessariamente venir fuori alla superficie, per mantenere le relazioni degli animali col mondo esterno. » « 6.° Maggiore estensione parziale e totale nello spazio. » « La prima di coteste leggi è ben la più importante e prevalente di tutte; essa indica quasi di per sè la via che Natura scelse nello stabilire il suo sistema, ed è anche suscettibile di più estesa dimostrazione. Le tre seguenti si connettono alla prima e tanto strettamente, che comprender si possono con la prima come conseguenza di un comune principio, poichè l’ allogamento ( Localisirang) delle funzioni e loro organi come un inci- piente, l’accentramento come un completo differenziamento trattar si può, e la riduzione dei numeri, allorehè condurrà a perfezione, dev'essere u- nita a un differenziamento degli organi riducibili. Pertanto è maggiore la importanza e la continua ripetizione dei fenomeni dipendenti da queste tre leggi subordinate e l’interesse della chiara disposizione, che loro in- dipendenza reciproca, la quale ci spinge sempre a dar loro un pesto se- condario. La 3. fino alla 5. di tali leggi si avanzano fino all’estremo grado Gi loro espressione, mentre la 2. e la 6. hanno spesso pur limiti, che particolarmente la seconda non può oltrepassare, senza un contrario effetto, in modo speciale senza effettuare un arresto regressivo degli organi e lor funzioni ai più bassi gradi. » « Del rimanente queste leggi sono indipendenti |’ una dall’ altra, in quanto che una può operare senza l’altra, e portar un sistema di organi più alto che l’altra o anche perfezionare lo stesso sistema in un solo aspetto soltanto, senza che sotto altri venga elevato. Appresso può una classe, ordine o genere star più alto in un rapporto, senza esser supe- riore nel totale dei restanti, per cui le più molteplici gradazioni si pro- ducono. Se ora tutte coteste leggi, mentre sempre più lungi progredisco- no, non solo più svariati, ma formano più perfetti organismi , deve l’ a- zione loro in pari tempo esser distintissima sui più elevati sistemi di or- gani in ciascun regno di organismi, come pure su quei sistemi di organi, il cui modo di formazione il meno indipendente dall’esterne influenze, appari- sce anche come la più pura espressione di queste leggi di sviluppo. Tali sono nelle piante in grado non tanto eminente gli organi di generazione, 9 negli animali quelli di generazione, e soprattutto di locomozione. Onde nelle piante su quelli anche si fonda il sistema ELimmeanmo ; negli ani- mali il sistema nervoso forma il principal fondamento dei cinque tipi pri- mari, mentre il sistema generativo si divide nelle sue parti essenziali presso le classi più elevate e perfette, in cui le cure aile uova ed ai pic- cini stanno per fondamento della vita di famiglia, per divisione del lavoro fra gli individui di una stessa famiglia, e in intima connessione con lo sviluppo delle più importanti funzioni nervose. Pertanto ne segue anche per i principì più oltre stabiliti sulla subordinazione dei caratteri, che nella formazione dei sistemi animali non osiamo affatto senza riguardo dimostrare un più alto spirituale sviluppo degli animali, finchè non ci sarà possibile di dimostrare una determinata espressione corporea dello stesso nel sistema nervoso. » Secondo il Bronn le leggi di perfezione sono uno dei fattori delle forme organiche in generale, come appresso. Dopo aver parlato della mol- tiplicità di forme, e della ineguaglianza di sviluppo nelle divisioni dei due regni, segue !: i « Apparisce che tutti gli elementi di questa diversità si posson ri- condurre a tre o quattro motivi di formazione, come ad altrettante sor- genti, e infatti a » «< a) una fondamentale nel diverso piano di lor forma corporea e posizione degli organi; » « b) certe leggi generali di sviluppo, che si riferiscono a ognuno dei due regni organici, come le individuali leggi di sviluppo ai singoli organismi, e che in ogni nuova diversità del piano dei vegetabili od ani- mali (a) debbono agire sui materiali in altro modo apprestati; » « c) l'adattamento delle organizzazioni da tali due sorgenti prodotte alle diverse condizioni esterne di esistenza, sotto cui gli organismi son destinati a vivere; » « d) la tendenza delia Natura alla diversità, varia spesse volte, come altrettanti temi, le forme necessariamente effettuate da queste tre cause fondamentali. » Il primo di tali principî si riferisce interamente alla Omologia, epperò non ce ne occupiamo ; il secondo può riferirsi tanto alla Perfezione che alla Progressione; il terzo ai modi onde avvengono l’una e l’altra; il quarto infine accenna ad una legge di sviluppo meccanico, analoga a quella di Haeckel. Ora tornando alle leggi di perfettibilità organica, dirò che sono im- portantissime tanto dal lato della Morfologia in generale, come in parti- colare per la teoria di Selezione. Esse possono studiarsi rispetto a tutte e tre le primarie funzioni e loro organi, cioè nutrizione, relazione, ge- nerazione. Questa si può trattare sotto il capo delle leggi che 1° autore chiama di progressivo sviluppo, per quel che riguarda la complicazione della fanzione in sè, e degli organi che la eseguiscono, cioè per la parte puramente anatomica e fisiologica; si può poi unire alle esterne condi- zioni di esistenza, per Ja trattazione delle condizioni esterne, se così possono chiamarsi della generazione, come sarebbero l’epoca in che ha luogo, il numero della prole, la durata comparativa delle facoltà genera- 1 Idem, ibidem, 81-82. 96 tive, e la comparativa longevità delle specie, gl’ istinti che accompagnano la generazione, la filogenitura ecc. Cotali soggetti sono di competenza della ecologia, che ne tratta poi più specialmente nella parte statistica, e a me basta accennarli soltanto per la relazione che hanno alla perfettibilità or- ganica. Il Bronn parla degli organi generativi sotto il capo del differen- ziamento delle funzioni e degli organi '; parla della maniera di riprodu- zione sotto il capo delle condizioni esterne, ? estendendosi anche sulla fecondità comparativa, sotto il capo della riduzione ci numero degli or- gani; # e ciò per la embriologia e per la ecologia, per la generazione e per la relazione tutt'insieme; parla della locomozione ', del sistema ner- voso 5, e degli organi dei sensi 6 sotto il capo del differenziamento dello funzioni e degli organi; parla dell’alimento, abitazione, luce e calore sotto il capo delle condizioni esterne, e ciò per la fis;ologia e per la ecologia, per la nutrizione e relazione, in rapporto a qulle condizioni. Gli adattamenti della organizzazione alle esterne condizioni di esi- stenza possono comprendersi sotto quattro capi: abitazione, alimento, luce e calore. 7 Mostra l’autore di quanto sia minore la perfezione nei viventi che abitano il mare di fronte a quelli che abitano la terra, $ o come gli abitatori delle acque dolci sono intermedi frai primi e i secondi, desi- gnando minutamente in queste divisioni le differenze nella vivacità della funzione respiratoria, da cui dipende pure la intensità di tutte le altre; conciossiachè come ha pur detto Cuvier la potenza vitale si potrebbe de-, durre con rigorose proporzioni matematiche dajla quantità dell’ ossigeno assorbito. Mostra poscia 9 che gli organi del moto vannosi perfezionando a mano a mano che decresce la densità del mezzo, onde si fa necessaria una migliore struttura negli strumenti che debbono vincerne la resistenza: nota che gli animali privi di locomozione si riscontrano solo tra i più imperfetti, e appoggia tutte le sue asserzioni a dati statistici. 19° Circa le diverse specie di alimento, !' i carnivori hanno più complicati strumenti per procurarselo, come per digerirlo, che gli erbivori ; ed ha qualità molto più nutritive quello dei primi, che dei secondi, com'è facile a intendere, ed anche la quantità è maggiore; onde da tutto ciò ne viene che la fun- zione si fa molto meglio, e che i carnivori per questa parte son più ele- vati degli erbivori. Sebbene i viventi siano diffusi in tutte le zone, pure veggiamo che la luce e il calore hanno molta influenza sulla lor perfe- zione: in quanto alla prima ‘* si nota la inferiorità degli abitatori di ca- verne e luoghi oscuri e valga per tutti il classico esempio del Proteus. Riguardo a questo mi piace di citare certe esperienze di Antonino Greco, — —— — —— « Idem, ibidem, 279. Ibidem, 141. Ibidem 429. Ibidem, 524. Ibidem, 582. Ibidem, 596. Ibidem, 415, 1514, 157. Ibidem, 114-115. Ibidem, 117-149. 10 Ibidem, 122. 11 Ibidem, 451. 12 Ibidem, 4157-8. see C- Cu DI 709 (fe; 97 diretto a mostrare la infuenza della luce sullo sviluppo dei girini di ranà, dalle quali resulta che mancando quella fallisce questo, onde 1° autore s'induce a opinare che il Proteo non sia se non un girino, cui falli lo sviluppo ulteriore per difetto di luce ‘. Per altro è difficile poter distin- guerè la pura influenza della luce da quella del calore, che quasi sempré se le associa. Rispetto alla temperatura, ? nei paesi dov’ è al suo massi- mo (nella zona torrida) abitano i più perfetti organismi, come scimmie è leoni fra i mammali, ì pappagalli © i colibrì fra gli uccelli, i coccodrilli fra i rettili, le palme fra le piante, e via dicendo. Nelle estreme terre polari non si trovano se non crittogame e invertebrati. Siffatte leggi hanno a interpretarsi in generale , sulle grandi masse, e non pedantescamente, 0 limitandoci a questo o quell’organismo, perchè quanto sarà maggiore il numero degli esseri che piglieremo a considerare, tanto ci apparirà maggiore la verità e l’evidenza dl tali leggi. Per bene interpetrarle ci varremo semere dei dati statistici, e ci piglieremo anche la briga di andarli a cercare non avendoli noi sempre alla mano. Riuniti che li avremo bisogna saperli sceverare dai dati apparentemente contradit- torî, e per fare tutto ciò non può insistersi abbastanza sulla necessità che dei tanti cataloghi e faune, che ogni giorno veggono la luce, si ricavi una completa ed esatta statistica, dove si possano attingere facilmente quei docu- menti che occorrono per tante ricerche di Storia Naturale, e dei quali si sente un gran difetto. Altrettanto vale per la geografia botanica e zoologica, delle quali non meno importante è la statistica, ed alle quali dovrebbe andare unita. Circa le funzioni di relazione il Bronn dimostra il solito differenzia- mento nella locomozione 3, e nel sistema nervoso 4; cito una delle due tabelle 5 sulla proporzione del cervello alla midolla spinale = 1. Pesenti =: Rettili . =='9 Uccelli . 3 Mammiferi 4 Uomo . —=,,23 Gli orgahi dei sensi “ subiscono altrettanto differenziamento che tutti gli altri, salendo dai gradi inferiori ai superiori della gerarchia organica. Le funzioni di generazione si riferiscono in più modi alla perfettibilità, secondochè consideriamo per esempio le diverse specie di generazione, e la complessità degli strumenti che ad essi servono, oppure i rapporti è- cologici. Chi brama una completa e razionale esposizione di tali funzioni ricorra non solo allo stesso Bronn. 7, ma ad Haeckel, il quale néi capì- toli 46, 17, 18 del quinto libro della sua grande opera, $ 1° ha fatta in — 1 Sullo sviluppo dei girini di rana c sulla influenza che la lucè solite eser- cita in tale sviluppo, esperienze fisiologiche di Antonino Greco, dottore in' Medicina ecc. Palermo, Lao e Roberti, 156 pag. 15. Bronn, ibidem 158-141. Ibidem, 524, 4 Ibidem, 582. 5 Ibidem, 475 e 156. 6 Ibidem, 596. 7 Ibidem, 4144 e 279. © Generelle Morphologie ete. Il. 4-147. 98 modo da non lasciar desiderare proprio di meglic, classandole secondo i loro caratteri, seguitando e dimostrando il progressivo sviluppo di cia- scuna e di tutte, e recandovi quella novità e profondità in lui consuete, ma sempre ammirabili: troppo in lungo andrei anche a darne uno scarso cenno. Il primo poi studiando le riduzioni di numero in generale, e quelle degli organi generalivi in particolare si diffonde moito bene sulla fecon- dità comparativa degli animali, concludendo ehe è maggiore per gl’ infe- riori: ma qualora sì rifletta che i superiori hanno maggiori mezzi di pro- ‘tezione per le uova e per la prole, istinti più perfetti, ed altri vantaggi, si capirà come la bilancia penda in loro favore; e ciò vale anche a farci vedere che da ogni cosa si hanno argomenti per provare la organica per- fezione. Ora verremo dicendo di ciascuna delle sei leggi di sviluppo, già men- zionate, e prima del Differenziamenio. Il Bronn tratta più a lungo di que- sta che delle altre, e tanto accuratamente la svolge, da occuparci bene un terzo del suo libro. ' Tanto il regno vegetabile che l° animale son ‘compresi nella esposizione sì di questa, come delle altre leggi. La Ridu- zione del numero è studiata negli organi di nutrizione, di generazione, di locomozione, di relazione, prima negli animali, indi nelle piante ?, e re- sta dimostrata con pienissima evidenza. L’Allogamento * (Concentrirung 0 localisation) è trattato con pari diligenza. L’Accentramento * (Zentralisirung) è provato con gli esempì di un organo centrale nella circolazione, respi- razione, sistema nervoso, riproduttivo. L’Internamento © è di manifesta uti- lità, e mi limito a citare, come l’autore, l'esempio del dermato- e del neuro-scheletro. L’Aumento di grandezza 6 è la ultima legge di perfezione, che si trova vera per tutte le divisioni di animali, anche piccole, come ha provato Dara 7; misurando la lunghezza media dei Crostacei, Decapo- da, Teiradecapoda, Entomostroca, Cirripedes, Rotatoria, e confrontandola rispettivamente, la trovò maggiore nelle superiori, che nelle inferiori di- visioni. Non ci sembri di poco momento questa ultima legge, anzi c° in- segni, che nello studio dei corpi naturali, nulla va trascurato, nulla sti- mato di poca importanza, imperocchè utili insegnamenti possono derivarsi dallo studio di rapporti apparentemente insignificanti, nei quali ancorchè non troviamo nulla di nuovo, non sarà soverchio di trovar la conferma di ciò che già in altro modo abbiamo appreso. «Ma dacchè ho rammentato il Dana, meglio qui che altrove mi verrà bene di esporre e disaminare i suoi principì di classificazione 8. A uno 1 Ibidem, 161-409. ? Ibidem, 412, 429, 255, 450. Ibid, 459. Ibid, 474. Ibid, 475. Ibid, 479. Ibid, 480. (in nota). 8 Archives des Sciences phisiques et naturelles. Nouvelle periode. Tome ving- tiéme. Geneve 1864. — Les principes de classification animale de M. Dana, pag. 41- 57, Ed. C. — Ibidem, Tome vingtunieme , 1864. — Prof. J. D. Dana, On the Higher ete. Sur les principales subdivisionos dans la classification des' mammiferes (Ameri- can Journal of Sciences and Arts vol. XXXV. 1865.) — Nuovo Cimento, tomo, XX, Luglio 4864. — Classificazione degli animali basata sul principio della cefalizzazio- Ma 3 sJTtoua 99 di questi dà egli il brutto nome di cefalizzazione, che corrisponderebbe all’accentramento del Bronn, studiato precipuamente rispetto al sistema nervoso, anzi al cervello. Altro principio è quello di considerare la gran- dezza media dei gruppi tassonomici, che quando è maggiore indica per- fezione, e valersene per la classazione. Le serie tipiche ed emi-tipiche del Dana consistono in questo, ch’egli ha osservato ogni grande divisione po- tersi suddividere in due minori, la prima delle quali ci dà il tipo com- plero e vero, onde il nome di serie tipica, la seconda invece lo presenta scompleto e quasi dimezzato, onde il nome di serie emi-tipica. Esempio della prima ei cita, tra i Mammiferi, i Placentati, della seconda i Non-Pla- centati; molti altri potremmo rinvenirne, conciossiachè l’idea è buona e vera. Serie tipica per esempio saranno tra i Vertebrati quelli a sangue caldo, serie emi-tipica quelli a sangue freddo; tra gli Amfibîì, presi in generale, i Rettili rappresenteranno la prima, i Batraci la seconda, e tra questi di nuovo gli Anuri son tipici, gli Urodeli emi-tipici: piacemi que- st'ultimo esempio, perocchè lo riferii anche all’articolo ripetizione, e per- chè ci mostra anche la legge dell’accentramento, che è minore nelle di- visioni inferiori, maggiore nelle superiori, onde si vede il fondo comune di tutti cotesti criterìî e si ha la riprova della giustezza loro. Altro prin- cipio del Dana è quello delle serie macro-steniche e micro-steniche, e con- sistono nel fatto che in un gruppo, quello dei Mammiferi ad esempio, se ne trovano altri minori, che alternativamente formano ora una serie, se- condo la sua etimologia a forza grande, ora un’altra a forza piccola, come, nel nostro caso, fra i Primati, i Quadrumani e i Chirotteri, fra i Carni- vori, le Fiere e gl’ Insettivori, e così via via. Per tal modo le serie ma- cro-steniche, come nel nostro esempio, Quadrumani e Fiere, rappresen- tano energia, vivezza, attività, le serie micro-steniche, Chirotteri e Inset- tivori nel nostro caso, esemplificano debolezza, tardità, inerzia. Fu ben pensato di prendere come criterio tassonomico non solo la forma, non solo la grandezza, ma anche la forza, la potenza degli crganismi e dei loro gruppi, cioè la intensità delle loro funzioni e l’energia totale della vita in ciascuno, e rispetto alla lotta per la esistenza questo criterio meriterebbe di venire maggiormente esteso e studiato; oltrechè alla bella prima cì dà una magnifica idea della perfezione organica, qualora ripensiamo che si stenta a metter questa d’ accordo con idee più diffuse, e accettate dalla comune degli uomini. Come mettere in testa ad un profano della Storia Naturale che una talpa è perfetta al pari di un leone, anzi più, e che dopo la scimmia si abbia ì primi onori il pipistrello? Eppure è così nel- l’ipotesi di una serie organica progressiva, ma unica. Anche ie serie mi- cro-steniche e macro-steniche ci danno altro esempio di ripetizione, ed al pari delle tipiche ed emi-tipiche possono avere i caratteri che abbiamo assegnati alla vera serie, tanto in sè stesse, quanto comparando quelle dell’ordine medesimo, o di ordine diverso. Le applicazioni di cotesti prin- cipî conducono il Dana a talune innovazioni, nella classazione, come a porre gl’ imenotteri anzichè i coleotteri alla testa degl’insetti, e nel resto TEC ne; T. D. Dana (Amer. Journ. of sciences and arts. Vol. XXXVI. Nov. 1865), Nuovo Cimento, XVIII, 1865. Correlazione di paralellismo fra le classi dei vertebrati; me- moria del prof. Dana ( Amer Journ, Sc. and Arts: Nov. 1865) trad. dal prof. Me- neghini. 100 confermano la più usata; il che significa che è vera o molto vicina al vero, se partendo anche da premesse diverse si giunge alle stesse con- clusioni. «Alla stregua di al*ri principî Carlo Gustavo Carus misura la perfe- zione, e costruisce, per conseguenza, la classificazione, facendo negli ani- mali divisioni corrispondenti al predominio che vi esercita questo o quel sistema organico '. Egli ch ama 0ozoa gl’ Infusori, Zoofiti e Raggiati, sup- ponendo che rappresentino l’uovo primordiale; o che ne ricordino in qual- che modo la forma, e Corpozoa (parola ibrida) gli altri animali, che per- derono affatto ogni traccia di forma comune coll’uovo, ed hanno un vero corpo, a questi si dividono in Gasterozoa o Molluschi, Thoracozoa 0 Ar- ticolato, Cephalozoa o Vertebrati, prevalendo nei primi l'apparato digerente e le facoltà digestive, nei secondi l’apparato toracico e respiratorio, negli ultimi il sistema nervoso, le facoltà sensitive e intellettuali. Questi si sud- dividono in Cephalo-edoiozoa o Pesci, nei quali prevale l'apparato e la fa- coltà riproduttiva, e così di seguito, Cephalo-gasterozoa o Rettili, Cepha- lo-thoracozoa 0 Uccelli, e Cephalo-cephalozoa o Mammiferi. 1} principio di prevalenza generale o parziale degli organi e funzioni di nutrizione, di generazione, e di relazione credo io giustissimo, e credo ancora che me- glio applicato possa render servigio: somiglia molto alla ripetizione e non é affatto estraneo alla serie. Un altro principio del Carus è la ripetizione del tutto nella parte, ma ignoro se la sua applicazione abbia mai prodotti buoni resultati. 2 Il Fermond tratta pure di diverse specie di ripetizioni, Bronn che ha adottato un ordine diverso dal nostro, e non sempre ab- bastanza chiaro, ha mostrato benissimo il nesso tra la Omologia, la Per- fezione, e l’Analogia. Ecco le sue parole 5. « Mentre la legge dei Tipi fondamentali divide i re= gni organici in gruppi mettamente separati, senza poi suberdinarli secondo uno stabile principio , le leggi di progressione legano l'uno all’altro, li dispongono gra- dualmente l’ uno sull’altro , e condacono a umo svilup- po regolarmente progressivo dal meno al più perfetto della organizzazione , che in ciascun sotte-regno è solo modificata in quanto è sempre diverso il piano fonda» mentale, cui ie nominate leggi si applicano. La legge dell’ adattamento alle esterne condizioni di esistenza infine tende a connettere l’uno all’altro i vari Tipi fondamentali, prossimi o lontani, non per affinità, ma per Analogie” e paralleli; può tuttavia produrre “una gradazione, secondochè 1 elemento abitato, a cui gli esseri orgamici debbono adattarsi, è più propizio al culminante sviluppo della scala animale. » ra == 1 Traité élémantaire d’Anatomie comparée ete. Paris, 4855. Vol. L Introdu- ction pag. 17-25, — 2 50-58. 2 La partie d’un tout organique est incontestablemet donée d’une organisation d’ autani plus élevée qu elle repete plus parfaitement en elle l’idée du tout, et le tout lui-mème est d’autant plus parfait qu "il correspond d’avantage à l’idée de la nature entière dont nous devons reconnaître que | essence est |’ unité des lois éter- nelles révélées dans l’infinie diversité de la manifestation. — Ibidem, C. XI. p. 26. 3 Ibidem, p. 144. 104 Io concludo che il concetto di perfezione è reale quant’ altro mai, non fantastico, tanto ne soprabbondano le prove! Ma innanzi di finire sento il dovere di rispondere a certe obiezioni. La massima parte delle leggi di perfezione son ricavate dal regno animale, e trattandosi di leggi morfologiche si crederà che siano comuni al vegetale eziandio : se non che mi sento opporre che la cosa non va così, che le piante offrono fatti i quali menano a contrarie conclusioni. Ammetto anch’io che 1° organizza- zione xegetabile non si presta alla prova di quelle leggi, quanto l’anima- le, fornita di sensibilità, d’ intelligenza, ed anche di un differenziamen- to, di una determinazione, per così dire. più grandi, ma se le conclu- sioni tratte dalla prima sono più incerte, nego che sieno opposte. Le leggi morfologiche in generale, e le leggi di progressivo sviluppo, come le chiama il Bronn, non offrono veruna eccezione per le piante, e le quattro leggi di adattamento o di sviluppo ecologico, che unite alle pri- me abbracciano la universa ecologia, ne offrono ben poche. Vero è che le opinioni dei botanici rispetto alla perfezione delle piante sono lungi dall’ essere stabilite e concordi. Alcuni botanici moderni ritengono, contro la maggior parte, che le monocotiledoni sieno più perfette delle dicotile- doni, e le divergenze crescono vie più nei minori gruppi: il Bronn tiene e cerca di mostrare la più antica e comune opinione. Ma vediamo un po’ che valore hanno quelle divisioni di monocotiledoni e dicotiledoni (dacchè delle acotiledoni non è ora questione): le son vere? fondate? e quante? Mirbel che si è incaricato di verificarle ' ha trovato che i coti- ledoni sono omologhi alle foglie, 2 che queste e quelli variano paralle- lamente da famiglia a famiglia, nei caratteri secondari, che non è punto certo le Gimnosperme o Lepidocarpee avere due soli cotiledoni, anzichè più. * che infine le due divisioni son realmente distinte, per l’organizza- zione interna, la struttura essenziale delle foglie, il modo di germinazio- ne. # Arroge a cotali incertezze che si seguita a credere la pianta un in- dividuo , e non un aggregato d’individui, com’ è provato essere realmente —————_—_ n 1 Mirbel, Precis d’une mémoire ayant pour tire Nouvelles Recherches sur les caractéres anatomiques et physiologiques qui distinguent les plantes monocoylédones des plantes dicotyledones. — Annales du Muséum d’ histoire naturelle ete. Tome Treiziéme. A Paris, Dufour, 41809. — pag. 54-86. avec planches. 2 Jai cerché inutilement dans la forme et le développement des cotylédons des vegetaux à couches concentriques quelques caractéres de familles plus prononeés que cenx que présentent les feuilles; mais, comme il arrive souvent, j ai découvert ce que je ne cherchuis pas. Jai reconnu, par la comparaison des feuilles et des cotylédons, que les uns et les autres sont un mème organe, qui change de forme, et d’aspect suivant la situation. Les cotyledons sont les feuilles dans la graine. — p. 62. 5 Je seroi tenté de croire que l’on se trompe, quand on borne à deux le nom- bre des cotylédons dans tous les végétaux a ecouches concentriques. J'ai examiné la plantule de plusieurs pius et sapins, soit avant, soit aprés la germination et je ne saurois guére la considerer comme ayant seulement deux cotyledons palmés. Je vois dans chaque petite feuille qui la couronne , un cotylédon distinet; et le nom- bre des cotylédons verticillés n’ ont rien d’ étrange è nos yeux, puisque les feuilles primordiales de ces mèmes arbres verts, sont verticillées de. mème que les cotylé- dops; et que j'y trouve, par conséquent, une nouvelle analogie, ceutre les feuilles et les lobes séminaux. — pag. 65. 4 Il résulte de tout ce que nous venons de dire, que trois caractéres bien frap- pans, séparent les deux grandes classes de végétaur parfaits, et que ce fraits distin- 102 la maggior parte delle piante, e come a suo luogo diremo: ora dimando io. com'è possibile con idee tanto inesatte risolver la questione? Faccio voto che i botanici la studino un po’ meglio e senza preconcetti; spero allora che i resultati loro concorderanno con quelle degli zoologi, i quali gli hanno stabiliti ormai in modo da lasciar pochi dubbi. Le grandi applicazioni del concetto di perfezione vedremo in se- guito, precipuamente alla tassonomia e alla paleontologia; con esso po- tremo costruire nella prima classiflcazioni naturali e razionali; per esso associato alla progressione nella seconda ne sarà dato mostrare lo svi- luppo progressivo degli organismi nelle formazioni geologiche. La perfe- zione ha relazione e con la simmetria, e con l’ analogia, omologia, serie, tipo, ripetizione, graduazione, come ne ha con la progressione, e con la regressione. Nel terminare questo vasto e belissimo tema mi resta ad av- vertire che il polimorfismo di evoluzione è generalmente in ragione in- versa della perfezione , ! in quanto che si riscontra maggiore negli, esseri inferiori , che ne’ superiori; maggiore negl’invertebrati tutti ? che ne’ ver- tebrati, dove appare solo ne’ Batraci e ne’ Pesci, * cioè nelle due classi inferiori, non già perchè realmente i viventi più elevati subiscano meta- morfosi minori, ma perchè sono in loro, come a dir più compendiose e stillate. Regresso — Trattando della progressione ho detto che dovevamo ritenerla per vera e generale, nonostante il regresso che in molti orga- nismi sì appalesa evidentemente, e che è il rovescio di quella, cioè una successione nel tempo di due termini fra’ quali il posteriore è sempre più imperfetto dell’anteriore; può insomma definirsi una degradazione succes- siva nel tempo, una progressione, una serie invertita; tutte definizioni di egual valore e chiare ugualmente. I più begli esempî di regressione ci son ctifs, placés dans l’ordre de leur importance relative, doivent éètre rangés ainsi qu'il suit: + L’organisation interne; La structure essentielle des feuilles; 5. Le mode de germination. — pag. 70. 1 Le polymorphisme d’évolution est rare chez les organismes supérieurs, il s’ ac- cuse davanlage à mesure que les èspeces sont plus dégradées: chez les plus humbles représentants des deux régnes il devient lu régle et la loi. Dans ces suites d’ètres imparfaits, les liens d’affinité se relàchent, l’unitè semble se déiruire, les individus tendent plutòt à se perpétuer qu’à maintenir leur similitude: on dirait que leur durée éphémère s’ écoule dans une suite de métamorphoses, qu’ ils vivent pour se succéder en se transformant. — Faivre, La variabilité des especés et ses limites pag. 2. ? Il n'est pas esagéré de dire que le polymorphisme d° évolution doit étre tenu pour constant chez toutes les familles des plantes à noces cachées ete. — Ibidem pag. 4. — Les Vers marins, les Mollusques, les Crustacés, ont egalement leur poly- morphisme; il doit ètre signalé comme un trait caraetéristique dans | histoire de ces organismes; les observateurs ajoutent chaque jour à nos connaissances à cel égard ete. — Ivi, pag. 5. 3 Il était encore inconnu en 1856 dans cette derniére classe, lorsque Auguste Muller apprit aux naturalistes que les Ammocétés et les Lamproies sout les deux états d’un méme étre, les deux phases d’une mème eévolution; l'illustre naturaliste des Etats Unis, Agassiz, a étendu depuis cette donnée prémiére, en prouvant que deux poissons, la Dorée et le Cocco, dont on avait fait, en raison des caractéres différentiels, les types de deux familles, sont simplement les formes d'une mème espé- ce. — Ibidem, pag. 6. Vedi pure le note. 103 dati dai parassiti, la cui struttura quasi sempre degenera; così gl’ insetti parassiti di cui facevasi prima un ordine a parte col nome di Apteri non sono altro che emitteri o ditteri che si semplificarono e perdettero le ali; i Crostacei parassiti (Lerneidi, Sacculinidi ecc.) ci mostrano con tutta chia- rezza le loro metamorfosi regressive, che s'incontrano per altro anche nei Cirripedi non parassiti, il che significa che prevalentemente ma non sem- pre sono associati parassitismo e regressione. Si noti che il parassitismo S' incontra nei gruppi maggiori o minori, ma sempre relativamente più bassi; abbonda a dismisura negl’ invertebrati; fra i vertebrati ve ne è qual- che esempio nei Pesci ciclostomi (Missinoidi e Petromizonidi).! Altro caso di regressione sono gli animali ciechi. « Dei numerosi esempî ricordiamo solamente: fra i Vertebrati : più talpe (Talpa caeca, Chrysochloris) e topi ciechi (Spalax typhlus, Cte- nomys etc.); fra i Egettili: molte lucertole e serpi che vivon sotterra (Typhline, Dibamus, Acontias caecus, Amphisboena, Typhlops ete.); fra gli Amfibî: Coccilia, Proteus anguineus ed altri Proteidi; fra i Pesci: gli Eteropigi (Ambliopsis spelacus e Tiphlichihys subterraneus), un siluro (Silu- rus caecutiens), un’ anguilla (Apterichthys caecus), e i Missinoidi parassiti (segnatamente Gastrobranchus caecus). Ben più numerosi che fra î Verte- brati si trovano gli esempî di occhi rudimentari in tutte le divisioni de- gl’ Invertebrati. particolarmente nei parassiti, abitatori di caverne, e in quei che vivono nel buio fondo dell'alto mare; menzioneremo puramente i molti Insetti ciechi (in particolare Imenotteri e Coleotteri), Aracnidi , Crostacei, Chiocciole, Vermi ete.? » Le leggi del progresso e del regresso non differiscono essenzial- mente da quelle della perfezione, con le quali possiam verificare tanto il primo, come a suo luogo ho detto, quanto il secondo, aggiungendovi soltanto l’idea di successione di tempo, che espressa o sottintesa sempre si unisce ad ambidue, sebbene in modo contrario, e che invece non fa mai parte essenziale dell’altra. Necessariamente le leggi di differenziamen- to, allogamento (localisation) , accentramento , internamento, diminuzione di numero, e aumento di grandezza, come pure quelle altre di abita- zione, alimentazione , luce e calore, generazione, si troveranno avere nel regresso direzione ed effetto contrari a quelli che hanno nella perfezione e progressione. Il Bronn ha trattato di tutto ciò a’ suoi luoghi, partico- lareggiando che meno complessa è, e dev'essere la struttura de’ parassi- ti, come molto più semplici sono lor condizioni di esistenza. Abitando sopra o dentro corpi animali o su piante, vivendo anche impiantati sugli ospiti loro, hanno organi di locomozione ridotti o nulli; alimentandosi di succhi belli e formati, non hanno bisogno se non di aspirarli, e per conseguenza la circolazione e anche la respirazione son semplificate e mancano talora; semplici pure sono i modi di generazione, e comune l’ermafroditismo ; dicasi altrettanto delle funzioni di relazione. I casi di regressione non associata al parassitismo non presentano maggiori diffi- coltà, allorchè si ha riguardo alle condizioni esterne di vita, conseguenza delle quali è la struttura degli esseri, o dalle quali almeno sempre più 0 meno dipende. L’analogia, omologia, ripetizione, graduazione , serie, han- no rispetto al regresso rapporti opposti a quelli che portano di fronte alla perfezione e progressione. ! Haeckel, II. CXXI. 2 Haeckel, II. 275. i v PURE CIMA FAI & Wu Capiroco Ill. TASSONOMIA. Ogni classificazione esatta è genealogica. — DARWIN, Sull’ Origine delle Specie ecc. traduzione italiana ecc. C. XII, pag. 333-4. SOMMARIO Ì. CARATTERI — LORO NUMERO E VALORE — SUBOBDINAZIONE E DIPENDENZA — CATEGORIE — SISTEMI — METODI — METODO NATURALE — METODO RAZIONALE E GENEALOGI- CO — ESPRESSIONI GRAFICHE. ; H. EPITASSI — METATASSI — CATATASSI, Caratteri. — Nello esporre ciò che concerne la classificazione io mi attengo precipuamente alle regole del grande legislatore della Natura, che fu e sarà sempre il Linneo, regole in cui brilla precisione, brevità , e chiarezza. ! Carattere è condizione delle parti di un organismo, che serve alla tas- sonomia, 0 più brevemente, è condizione tassonomica di parti. Il carattere si usa come segno per distinguere questi o quegli organismi da altri, onde a ciò fare è mestieri che sia desunto dalle loro parti. Nel carattere è in- clusa l'idea di parte, e di una proprietà, una condizione particolare che contrassegna e rende riconoscibile fra molte questa parte, e con essa essere, il tutto cui appartiene. Loro numero e valore. — Nei caratteri si fanno parecchie distinzioni e divisioni che si applicano tanto agli animali quanto alle piante. Diremo prima che ogni parte di organismo può dare i caratteri, ma che le sin- gole parti presentano quattro proprietà donde questi si ricavano, cioè numero, figura, proporzione, posizione. 2 Jl numero delle parti da cui si deduce il carattere, o più brevemente, il numero dei caratteri stessi (usandosi questa espressione nello stesso senso) può esser considerevole, ed è desiderabile che lo sia, che cioè i caratteri sien ricavati dalla tota- lità dell’ organizzazione : ma il più spesso ci limitiamo a prenderli dalla struttura esterna, dicendo che bastano alla classazione, il che non è, € bastassero pure alla conoscenza pratica delle specie, sarebbero sempre insufficienti per il fine filosofico e speculativo del metodo naturale: ma tornerò su questo. Ora come una parte di organismo od anche un orga- nismo intero posson mostrare un numero più o meno grande di pro- prietà atte a distinguerli, così fra tutte queste proprietà ve ne sono di 1 Caroli Linvaei botanicorum principis Systema Plantarum Europae, etc. Curante Joan. Emman. Gilibert ete. — Coloniae Allobrogum sumptibus Piestre et Delamol- liere 1785. i 2 Caroli Linnaei Fundamenta botanica etc:, 167. A Numero, Figura, Proportione et Situ, omnium partium fructificationis differentium omnis nota generum characteristica erui debet. 468. Facies occulte consuli potest, ne genus artificiale, levi de causa fingatur. 169. Quae in uno genere ad genus stabilendum valent, non idem necessario praestant in altero. i 106 quelle più o meno atte a ciò delle rimanenti. ' Bisogna dunque, non solo contare ì caratteri, ma pesarli, ? sceglier cioè quelli che si presume abbiano maggior valore degli altri; ma qual sarà la norma di questa scel ta? La proprietà delle parti, o i caratteri, hanno diverso valore in due modi cioè assolutamente o relativamente. Assolutamente, come quando si dice che la posizione ha maggiore valore della proporzione , e questa della figura, che vale più del numero; conciossiachè sempre e dapper- tutto, in un organo come in un organismo, o in un gruppo, nelle lar- ve o negli adulti, rimane inalterato quest'ordine. Relativamente poi, per- chè il numero, figura, porzione e posizione hanno ciascuno maggior va- lore, per quanto più prevalgono in un organo, od organismo, o in un gruppo, nelle larve o negli adulti, talchè la importanza di un carattere, rispetto a tutti gli altri, è in ragione diretta della sua prevalenza in un organo od organismo, o gruppo, nelle larve o negli adulti. Se non che vi hanno due maniere di prevalenza; l’ una accade allorchè il carat- tere si ripete in più parti dello stesso organismo, in più organismi di un gruppo , in più gruppi delle maggiori divisioni, in più organismi, gruppi o divisioni che abitano una più estesa parte della superficie terrestre in paragone di altri; si ripete insomma dirò così nello spazio, non trovando più esatta espressione: avviene l’altra quando il carattere si ripete in più, o in più lunghe fasi di evoluzione di uno stesso organo od orga- nismo , in più organismi, gruppi o divisioni che successivamente com- , parvero sulla terra, e che più a lungo di altre l’ abitarono ; si ripete, a dir corto, nel tempo. La prima specie di prevalenza chiamo io estensione, e la seconda costanza 0 durata dei caratteri, e siffatta distinzione , che anche altrove accennai non è futile, benché altri non la faccia, confondendo ad ogni passo due specie di prevalenza, ma come appresso vedremo , ha sue buone ragioni. 1 Idem, ibidem. 478. Numerus facilius aberrat quam figura, proportione numeri tamen optime explicatur. Proportio saepe ludit. Situs constautissimus est. ? Sono, nel metodo di Jussieu, come egli si esprime, pesati e non cuntali. Sono essi considerati, come aventi valori affatto ineguali: dimodochè un carattere di primo ordine, cquivale a molti del secondo, uno di questi a molti del terzo e così di se- guito. ‘Questo valore è determinato dall’ osservazione e dall’ esperienza, ed a misura che si abbassa è sempre di meno in meno fisso. Per servirmi di un confronto fa- migliare più sopra adoperato, quello delle monete di metallo differente coi diversi caratteri che devono colla loro riunione comporre una eerta somma di relazioni tra le (piante d’una stessa famiglia, le monete d’oro avrebbero un valore invariabile, più di quelle d’argento, e quelle di rame varrebbeco di più in un luogo, meno in un altro, destinate in qualche modo a somministrare il resto di questa somma ove la moneta di un metallo più prezioso forma il principale ed è la sola rigorosamente controllata. — Così Adriano de Jussieu a proposito di Antonio Lorenzo nella sua Botanica, traduz. italiana di G. Balsamo Crivelli. Milano 1856., pag. 458-59. Di Adanson aveva detto prima: (pag. 456) — Ma se egli aveva avuto ragione di adoperare tulli insieme i caralteri delle piante per classificarle, aveva a torto attribuito a tutti questi caratteri lo stesso valore, c spesso trovavasi che la somma dei rapporti a questo modo calcolati era falsa, come lo sa- rebbe una somma di denaro che si pretendesse di valutare considerando solo il vo- lume-e non la natura del metallo di cui constano le monete. 107 Oltre la natura e la prevalenza dei caratteri abbiamo a considerare, nel fissarne il valore, altresì la importanza fisiologica, e in cotali tre cri- terì consiste la norma della determinazione cercata di ogni lor valore : chiamo il primo morfologico (di forma, di struttura, che si fa secondo le leggi morfologiche): il secondo genealogico (di estensione, di durata, che si fa nello spazio e nel tempo, embriologicamente, paleontologicamente , ed anche geograficamente, statisticamente): il terzo fisiologico (di funzio- ne, di vita, che si fa secondo le leggi fisiologiche, biologiche): dirò in seguito il perchè di tali distinzioni e denominazioni che ora sembrano sottili e strane. Il valore fisiologico o biologico di un carattere, in un organo, organismo, gruppo 0 divisione, è generalmente, ma non sempre proporzionale al suo valore tassonomico : mi spiego. I caratteri prevalenti son quelli che sì prestono meglio alle distinzioni della classificazione , che hanno, in una parola, maggior valore tassonomico dei non prevalenti : ora la maggior prevalenza (estensione e costanza) delle parti che formano ca- rattere per numero , figura, proporzione, e posizione, cade in generale, ma non sempre e per necessità, in quelle parti che in un dato organo, organismo, gruppo o divisione, rendono in ciascuno di questi o in tutti il maggior servizio funzionale, in ispecie, o vitale, in genere. Così tanto nelle piante che negli animali i principali organi di nutrizione, circola- zione, respirazione, relazione e generazione offrono anche i primari ca- ratteri delle divisioni primarie, mentre quelli delle secondarie son tratti da organi pur secondarî. Però non bisogna disconoscere le numerose ec- cezioni di questa regola. Forme di vita che assaissimo differiscon fra loro hanno comuni i caratteri dei primissimi stadì di loro esistenza, i carat- teri embrionali, il che induce a reputarli di grandissimo valore, e pre- ferirli anzi per certe divisioni larghissime , come p. es. i sotto-regni. Tali caratteri non solo son estesi a molte forme, ma ancora costanti per mol- te, conciossiachè ce li mostrano le antichissime ed estinte, come a suo luogo dirò, e a buon diritto nominarli possiamo caratteri genealogici. Se maggiore sia poi la prevalenza e però la importanza di questi o dei morfologici e biologici non occorre indagare, essendo che forse in cia- scuna di tali divisioni se ne trovano al modo medesimo e di massima, e di mezzana, e di minima: in ciascuna eziandio lor prevalenza si misura dalla estensione e dalla costanza, onde non e’ è diversità nemmeno da questo verso. La disamina che son venuto facendo mi ha condotto, riassumendola ora, a ravvisare parti e proprietà (caratteri ), a distinguer questi secondo lor natura e prevalenza, per assegnarne il valore, a dividerli poi nuova- mente in morfologici, genealogici e biologici, secondochè a questo 0 a quel criterio , e ardisco dire a questa o quella scienza son pertinenti. Riman- gono tre altre suddivisioni dei caratteri, e le farò secondo Linneo. ! 1 Ivi, 186. Character idem est definitio generica qui triplex datur: Factictius, essen- lialis, et naturalis. 187. Essentialis Character notam generi, cui applicatur proprissimam et singula- rem subministrat. 188. Factictius Character genus ab aliis sui ordinis in metbodo facta, tantum distinguit. 189. Naturalis Character notas omnes generi possibiles allegat, adeoque Essentia- lem et Factictium includit. 108 Carattere essenziale è il proprissimo e singolare; fattizio, ed è il di- stintivo ed artificiale; naturale, ed è lo universale al possibile, che in- clude i precedenti: per valore, provvisorio se non erroneo il secondo, buono ed ottimo, ma non sempre possibile il primo, difficilissimo il ter- zo, ma ognora vero. Linneo raccomanda grandemente il carattere natu- rale, ma per altro nessun carattere è infallibile. Subordinazione e dipendenza — Non si confonda il valore de’ caratteri con la loro subordinazione, essendo che il primo consiste nella più o meno grande attitudine distintiva loro, la seconda invece significa lor disposi- zione in ordine alle attitudini distintive, per quanto altri facciano sinoni- me le due espressioni. Allorchè nel definire un gruppo di organismi, nel- l’assegnargli ì caratteri, descriviamo questi nell’ ordine successivo di lor valore, noi li subordiniamo. Subordinazione e dipendenza neanche fanno un medesimo, dacchè con questa significhiamo la reciproca associazione od esclusione dei caratteri. Le leggi della subordinazione e dipendenza dei caratteri stanno alla Tassonomia, come quelle di correlazione delle forme e di condizioni di esistenza stanno alla Morfologia: è una specie di cor- relazione, una specie di condizione, anche in questo caso, fra cose delle quali l’una richiama o elimina l’altra. Allorchè distinguiamo le piante per il numero dei cotiledoni, non vogliamo seccamente indicare che le grandi sezioni differiscono per questo solo carattere, essendo che altri a questo sì associano, quali l'accrescimento endogeno od esogeno del legno, le foglie parallelinervie od angulinervie , la composizione del fiore, del frut- to, e del seme, il modo di germinazione, ed altro. Similmente con la sem- plice enunciazione di fanerogame, escludiamo tutti i caratteri delle crit- togame. Allorchè facciamo la distinzione di Vertebrati a sangue caldo 0 freddo, enunciamo contemporaneamente e tacitamente la specie di circo- lazione, il grado di complessità del sistema nervoso e dell’ apparato ri- produttore, la struttura dermica, le maniere di abitazione e di alimenta- zione, la energia vitale, e basta dire uccelli e pesci perchè sottintendia- mo becco e penne, volo ed aria, ovvero scaglie e pinne, nuoto ed ac- qua. Questi facilissimi esempî ci fanno altresì vedere che la subordina- zione e dipendenza dei caratteri portano nelle definizioni e anche deno- minazioni tassonomiche una precisione e profondità che non va misurata coll’aridità delle prime o colla stranezza delle seconde, essendo che le elevano, quando sieno ben fatte, al grado di vere formule razionali: ma per riuscire a ciò è mestieri che i caratteri quanto al numero sieno co- piosi, quanto al valore naturali, rispetto alla subordinazione messi tutti al loro posto, rispetto alla dipendenza tutti collegati; è necessario, in una parola che la classificazione sia naturale. I rapporti tra la prima e la seconda legge, di cui trattiamo, consistono in questo, che quella stabi- 190. Character Factictius erroneus est; Essentialis bonus sed vix possibilis; Na- turalis difficillimus est copstructu, constitutus autem basis est omnium Systematum, generum infallibilis custos, omnique Systemati possibili et vero applicabilis. 494. Naturalis Character ab omni Botanico teneatur oportet. , 192. Character Naturalis ompes fructificationis notas, per singulas suas species convenientes recensebit, dissentieutes vero sibat. ; 195. Nullus Character infallibilis est, ante quam secundem omnes suas species directus. Vedi anche lo sviluppo di queste proposizioni nella Philosophia botanica. i | 409 lisca il valore dei caratteri e li assesti per modo, che l’altra possa asso- ciarli e disunirli a pochi, a molti, o tutti insieme, talchè dato o tolto l'uno ne venga la presenza o l’ assenza dei .pochi, dei molti, di tutti. Gome la correlazione di sviluppo significa unità intima e sostanziale della compage organica, così la correlazione dei caratteri dà evidenza di una intima, sostanziale unità nella compage dei gruppi organici, e di un va- lido, necessario legame ne’ loro membri; nè mi perito di affermare che prova altrettale unità e comunanza nelle astratte entità tassonomiche, e nelle formule che le rendono. Tenga il lettore bene a mente queste im- portanti proposizioni, dacchè avrò a tornarci su per cavarne altre più importanti ancora. La legge delle condizioni di esistenza prova le incom* patibilità o le concomitanze morfologiche, la legge di dipendenza le in- compatibilità o concomitanze tassonomiche ; là e’ è esistenza 0 impossi> bilità di un organismo, quà c° è naturalezza e verità di un gruppo, e della formula che lo rappresenta o al contrario. Circa la subordinazione dirò, che come le coincidenze morfologiche empiricamente segnalano, o razio= nalmente spiegano quelle leggi di correlazione e di condizioni, così fa questa in due simili maniere rispetto alle leggi di dipendenza. Vedremo anche più avanti altri parallelismi tra Ja Morfologia e la Tassonomia. Categorie. — Le categorie tassonomiche sono tutte qnelle maggiori 0 minori divisioni che salgono dalla specie al regno, o scendono dalla mede- sima all’ individuo. Si formano per mezzo dei caratteri che ciascuna con- traddistinguonò nello stesso modo che servono di contrassegno a questo o quell’ organismo; ed anche a questo o quell’organo isolato. L’Agassiz, estesamente citato da Haeckel ‘', ha riconosciuto ° la identità di natura, la realtà e idealità in pari tempo di tutte le categorie. Io comincio dalla specie che è la prima e più essenziale delle categorie; cercherò la sua realtà e idealità, ambedue innegabili, benchè sì spesso confuse o messe in forse, mi studierò di provare che l’una e l’altra si ritrovano, e con e- gual misura, nelle altre categorie, donde s’ inferisce la identica natura di tutte. Esaminare partitamente le definizioni che furono date della specie, sarebbe opera infinita e vana, perchè ogni autore mette fuori la sua, e perchè poco su poco giù si somiglian tutte; confutarle è inutile perchè informate, tranne poche, al domma della immutabilità specifica, e perchè, se ne togli alcune, manchevoli per più conti, ma segnatamente perchè. non comprendono le metamorfosi embriogeniche o le forme di vita estinte, come se potessero escludersi in cotesta definizione tali due importanti elementi! Dico inutile confutarle, perchè la grande questione vertendo appunto sulla specie, non si può darne una definizione razionale senza ammettere implicitamente il concetto della immutabilità, variabilità limi- tata, o illimitata, onde per confutarne una bisognerebbe confutare il modo con che è risoluta la questione medesima della specie, e farne così della parziale, la generale. Chi fosse vago di veder tali definizioni in buon dato ricorra a Isidoro Geoffroi-Saint-Hilaire che non so quante ne riporta 3. Due nè conosco e posso dirle darwiniane, perchè nel senso della trasfor- __—__—___— —-— TA: 1 IT. pag. 580 e seguenti, come ‘indietro, pag. 535. 2 An Essai on classification. Contributions to the natural history of the United States. 1 Histoire Naturelle générale des regnes organiques, vol. II. Paris 1854. 1410 mazione, complete perchè abbracciano e spazio e tempo, e che insomma con qualche modificazione potrebbero anche passare; l’una è del Lioy /, l’altra del Delpino 2; io rinunzio per ora a darne una migliore e razionale, conciossiachè il darla implica per me accettazione della metamorfosi spe- ciflca, e mi costringe a fare un circolo vizioso, ammettendo per dimostrata alla bella prima la teoria, in cui soccorso metterei così la definizione, mentre io voglio valermi invece di una qualunque per quella dimostrare. Mi contenterò quindi di una empirica, che non iscioglie, è vero, questo nodo gordiano, ma lo tronca. Secondo me la specie è la unità iassonomica, cioè la primissima, fondamentale, naturalissima categoria, sulla quale tutte le altre si appoggiano, e dalla quale derivano *. Tale è presso a poco la definizione che Adriano de Jussieu ne ha data in quella succosa ed eccellente trattazione della classificazione e fa- miglie, che si trova nella sua Botanica elementare. Egli difatti chiama unità le specie, unità superiore il genere ‘; e che altro sono i generi se non la somma delle specie, o per parlare più propriamente, che altro sono le definizioni, i caratteri generici, se non la somma delle definizioni, dei caratteri specifici? parimente le famiglie, lor definizioni e caratteri, sono la somma dei generi. ovvero delle definizioni e caratteri generici, e così via via. Che altro sono la razza, varietà e individuo se non una frazione della specie, o per meglio dire della sua definizione, dei suoi caratteri? Nè si dirà per questo che la specie è un concetto meramente artificiale, che la specie non esiste, conciossiachè concetti artificiali sarebbero in questo caso non pure il genere e la famiglia, ma e la razza e la varietà e l'individuo stesso; non solo la specie, ma niuna delle altre categorie esisterebbe ?. Quando si dice comunemente che in natura esistono gl’in- dividui soltanto, neanche allora si dice cosa vera; primo, perchè la no- 1 I ditteri distribuiti secondo un nuovo metodo di classificazione ece. 2 Pensieri sulla biologia vegetabile ecc. 3 Y-a-il dans histoire naturelle, comme dans les autres sciences, quelque chose de fixe. une base sur la quelle puisse s’appuyer l’ édifice, un cléement qui serve tantòt à composer, tantòt a décomposer l'ensemble? Dans l’arithmétique, cette unité fondamentale est le nombre; dans la chimie e’ est l’atome; dans la mecanique la force. Laugel, Revue des deux mondes, t.er Avril 1860, pag. 645. Il Prof. Targioni chiama la specie, primo termine dello edifizio delle scienze naturali. Nuova Antologia, 7 Luglio 1866, pag. 476. 4 Da molte di queste unità chiamate specie, si composero delle unità di un rango più elevato, che vennero denominate genere (genus) pag. 425. Ediz. citata. 5 Laugel ha ragione solo in parte quando scrive: La classification est le fil qui nous guide dans le dédale de la nature; mais il faut bien se garder de croire qu'elle ait une valeur propre, ou, pour employer un langage philosophique, objective. Nos divisions ne sont que des formes que l’ esprit faconne è son gré pour y disposer les lambeaux de vérité qu'il est capable de saisir. Nous procedons comme le peintre, qui, en commengan un tableaux trace d’ abord des contours sur la toile, bien que dans ce que il veut représenter il n’ ait pas des lignes sans épaisseur, mais seulement des corps étendus, des formes et des couleurs variables; l'oeuvre de l’ artiste achevée, le contour géométrique a disparu. Nos clas- ses, nos familles, nos genres, sont en quelque sort des contours qui nous permettent de garder dans notre memoire la trace d'innombrables observations. Ibidem, pag. 644-45. Ill zione d’ individuo è altrettanto incerta quanto quella di specie; secon- do perchè varia da gruppo a gruppo di viventi, c se la è chiara nei ver- tebrati per esempio, non la è altrettanto per una pianta o per molti animali inferiori; terzo, perchè dobbiamo realmente annoverare più ordini d’ indi- vidui, e l’ Haeckel ne ammette sei, come vedremo. Non per questo il concetto di specie. o delle altre categorie ascendenti e discendenti, è falso, artificiale, soggettivo; mi studierò anzi di provare che è vero, reale, 0g- gettivo, per quanto non abbia tutto il rigore che pedantescamente gli fu attribuito, ma sia ideale ; ora a nessuno verrà davvero in mente di tenere idealità per sinonimo di artifizio e falsità. Pertanto s’ inferiscono da tutto ciò due cose; primo, che secondo la mia definizione una e medesima è la natura della specie e delle altre categorie, cui quella definizione può applicarsi con leggiera variazione, e dirò sotto più a lungo di tale iden- tità; secondo, che ben poco fondate sono le paure di coloro a’ cui occhi apparisce il darwinismo come la sovversione non solamente dell’ idea di specie, ma e del metodo naturale, e di tutta la Storia Naturale altresì , essendo che resta la verità della specie. delle categorie, della tassonomia, e la teoria anzichè minare le fondamenta al mirabile edifizio del metodo naturale, che l’opera comune di tanti illustri ha elevato da un secolo a questa parte, le rafferma, perchè anzi è la conseguenza, il frutto. e il più bel complemento del metodo naturale : quanto se ne vantaggi poi la Sto- ria Naturale in genere ho detto sin da principio. Secondo 1’ Haeckel nel concetto di specie se ne contengono e possono distinguer tre, cioè il morfologico !, il fisiologlco *, e il genealogico 3, ovvero il criterio di forma esterna o interna, che è il primo, di funzione e generazione, che è il secondo, di origine durata e discendenza, che è il terzo. Quasi altrettanto ha detto benissimo il Prof. Targioni, asserendo per la definizioue della specie la necessità di un criterio di forma (mor- fologico) e di uno di origine (fisiologico o genealogico) '. Questi tre cri- terî includono eziandio ogni rapporto della specie allo spazio e al tempo, il quale ultimo, dice Lyell (nel suo libro intorno l’antichità dell’uomo), fu in essa introdotto per la prima volta da Lamarck, ma egli avrà forse voluto Il criterio per la definizione della specie è sempre alcuna qualità apparcute delle cose, nella quale più cose convengono, o sono diverse dalle altre che hanno convenienze lor proprie, e pel naturalista criterio massimo a creare la specie è la forma esteriore e certe sue particolarità, non tanto perchè si voglia nella definizione della specie comprendere queste soltanto, ma perchè si presente o si sa che esse compendiano le altre con certa misura. Oltre uno o l’altro attributo della forma però entra nella definizione della specie, espresso o sottinteso, il criterio di origine, repugnando, quando sopratutto si parla di organismi, di considerare come di specie diversa due cose, che abbiano una origine sola, o identiche due altre, la cui origine sia differente; talchè in ul- timo per avere ragione dell’una o dell’altra opinione sulla specie, è da vedere co- me reggano alla prova e come concordino fra loro il criterio della forma o quello della origine delle cose, che si chiamano simultaneamente, o in luoghi e tempi suc- cessivi a comporre la specie stessa. Adolfo Targioni-Tozzetti, Le scienze naturali e le loro più recenti questioni. — Nuova Antologia, Vol. II. Fase. 7. — Luglio 1866. Firenze 1866. —. pag. 475. 412 dire con ciò che Lamarck indicò la durata temporanea della specie che si muta o si spegne pel sopravvenire di nuove circostanze, e considerò le specie fossili e perdute, che tanto frequentemente sono escluse dalle de- finizioni, imperocchè l’esprimere l’idea di spazio e tempo accenna diligenza e nient’altro, senza implicare nè mutabilità nè immutabilità, che son be- nissimo compatibili con quelle idee medesime. Si noti la grande somiglianza di questi criterì per fissare la natura dei caratteri, che ho rilevato a suo luogo: coincidenza non fortuita essendo che ci faccia accorti della strettà attinenza tra la determinazione dei caratteri, e quella delle categorie, onde ne viene, quando i primi son reali, importanti, naturali, ben fatti insomma, la realtà, importanza, naturalezza, verità delle seconde, che da quelli sì deducono, e ne viene ancora un argomento per la esistenza delle specie e delle categorie ìn natura, per la loro obiettività. Ora disaminiamo que’ criterì della specie partitamente ed in sè, pre- scindendo cioè dalle cause di errore, che o ci fanno considerare come due specie, due forme che appartengono ad una specie sola, o al contrario, perché non è giusto che dagli errori commessi nella determinazioue di un concetto, debba concludersi la erroneità del medesimo. Si sa che i limiti della specie ondeggiano largamente rispetto alla forma, la quale può es- ser soggetta a ben molte variazioni senza che il concetto specifico rimanga il meno del mondo infirmato. Queste variazioni diversificano per natura, per grado, per numero, nello spazio e nel tempo: cioè posson essere pura- mente morfologiche come quando si tratta di variazioni in qualunque organo o sìstema, dal nervoso al dermico, o fisiologiche, come quando in certe specie i due sessi sono rappresentati da forme ben differenti che pure generano tra loro, o embriologiche, come quando certe forme differiscono dai progenitori nelle fasi del Ioro ciclo genetico, o finalmente genealogiche (differentemente da embriologiche) come quando di certe forme più o meno differenti sappiamo ed abbiamo constatato la comune derivazione, o per osservazione diretta, come nelle viventi, o 1’ abbiamo indotta con fonda- mento per la presenza di minute transizioni, come nelle viventi pure, e nelle fossili: e Lutto ciò è detto delle variazioni di pura forma, rispetto lor natura. Rispetto al loro grado queste variaziuni di forma (poichè noi esaminiamo sempre e per il primo il concetto morfologico di specie) pos- son essere morfologicamente di una grandezza che non eccederà ceîti li- miti non fissi egualmente per tutti gli organismi , gruppi e divisioni, ma determinati diversamente; non arbitrariamente però, sì bene secondo la diversa complessità di questi organismi, gruppi e: divisioni, talchè posson esser grandi in uno rispetto all’altro; Se non che fisiologicamente o ém- briologicamente queste diversità di forma posson essere anche grandissime, alterando caratteri di grande importanza, non pur morfologica 0 biologica ma tassonomica, come quando nel primo caso i due sessi son rappresen- tati da forme così dissomiglianti di grado, quanto possono esserlo reci- procamente altre specie, generi e anche famiglie, mentre il secondo caso sì verifica, quando il ciclo genetico di una stessa specie presenta forme tanto differenti di grado, quanto quelle che presentano tra loro certe spe- cie, generi e persino famiglie; onde le differenze tra forme che pure ap- partengono ad una stessa specie, si elevano al grado di differenze specifiche, generiche e di famiglia. Genealogicamente poi le diverse forme di una stessa specie non posson esser molto lontane, perchè l’osservazione nelle viventi, 113 la induzione nelle fossili le collegano scoprendo anelli intermedi, ma se questi non esistono o non furono presentiti con buone ragioni, sì nelle viventi si nelle fossili, di forme anche non molto lontane si fanno due specie diverse. Molte piccole o piccolissime diversità tra due forme non bastano morfologicamente a farle considerare come specie distinte, fisio- logicamente non bastano le piccole e molte differenze dei due sessi, nè le gravi e molteplici, embriologicamente non bastano nè le molte e pic- cole, nè le molte e gravi: genealogicameute le molte e piccole, osservate nei viventi, indotte ne’ fossili non bastano: le poche e gravi bastano tra i viventi, se sono isolate, bastano sempre tra’ fossili, perchè necessaria- mente isolate, non potendosi supporre, o supponendosi ben più difficilmente ne’ fossili le molte intermedie. Riguardo allo spazio e al tempo poi le dif- ferenze di due forme, se poco forti, se collegate da altre intermedie, non le fecero mai ascrivere a due specie nè morfologicamente, nè fisiologica- mente, nè embriologicamente e genealogicamente, e sono eccezioni od errori il considerare che taluni fecero, come differenti specie, forme affini, solo perchè trovate in paesi lontani tra loro, o in lontane formazioni geo- logiche, o perchè s’ignoravano gli stadì di evoluzione della forma madre: ma ogni qual volta forme molto differenti , e molto isolate per mancanza delle intermedie s’ incontrano in lontani paesi o terreni, ogni qual volta nesso evolutivo non esiste, o non si conosce con certezza, da tutti e sempre se ne fecero altrettante specie. Il lettore troverà soverchie le minute distinzioni che venni facendo nel criterio morfologico della specie, troverà strano che io intrecci di continuo quel che appartiene alla forma, con quel che spetta alla generazione, allo sviluppo, e perfino ai fossili, ma io sento il-bisogno di legare strettamente i tre criterì morfologico, biologico, e genealogico, per quanto possa deri- vare dalle mie parole oscurità e ambiguità, che starebbero a carico della argomentazione e delle conclusioni mie; ma badi bene il lettore che non sono uscito un momento dalla trattazione della pura forma, che a questa sola ho fatto allusione parlando di sviluppo, di fossili, a questa sempre mi son riferito riguardo alla natura, grado, numero, spazio e tempo. Già già si vede quanto il criterio morfologico sia insufficiente a definire il concetto di specie razionalmente, sebbene e basti da solo, e a diritto 0 a torto sia il più spesso adoperato ; si vede quanto l’errore più facilmente s’ insinui per esso che per il fisiologico e genealogico; si vede la sua im- portanza minore rispetto agli altri due: s'intende che per sè stesso non appoggia, nè contraddice la mutabilità, nè la immutabilità specifica; ma si presente che alla seconda è più favorevole il criterio fisiologico, alla prima il genealogico. Dileguare le obiezioni tratte da quello, raffermare le assi- curazioni che ci offre quest’altro mi studierò meglio che posso. Il criterio fisiologico della specie va pur esaminato rispetto sua natura grado, numero, e sì nello spazio, sì nel tempo. Consiste quanto alla prima nelle funzioni, delle quali però se volessimo parlare, non potremmo fare altro che ripetere quel che si è detto degli organi, cioè della forma, forma e funzione, ma più quella che questa, fornendo caratteri , ed entrando per conseguenza nel concetto specifico, come quella, anzi con quella. Ora è tempo che parli di una speciale funzione, e importante per sè, e importantissima pel concetto di specie, voglio dire la generazione, in- torno alla quale debbo trattare la questione della fecondità degl’ ibridi, 8 114 ‘ È ed esporre e ribattere le objezioni che in tal soggetto si fanno contro tutta la teoria darwiniana. Si unisce a questa l’ altra questione della per- fetta fecondità tra le razze domestiche per quanto lontane, e del non co- noscersi varietà tra loro infeconde. Comincierò dalla prima, che è real- mente la più fondata tra le objezioni che si muovono alla teoria, ma mi corre obbligo di dichiarare (e l’ ho fatto anche altrove ') che, fosse pur provata vera, non abbatte la teoria nè sembri strana siffatta asserzione, imperocchè non abbatterebbe nè la selezione, nè la concorrenza, nè la mutua dipendenza, che sono i fatti integrali di quella: è chiaro, chiaris- simo. Difatti nei cinque capitoli (15, 16, 17, 18, 19, vol. II.) dell’ ultima opera di Darwin, 2 che versano tutti sopra tal questione, e sull’ altra delle variétà infeconde, come pure nell’ Origine delle Specie, invano ho io cer- cato se Darwin dica mai che nuove specie possano essersi originate per ibridità fra due altre: onde la ibridità non ha nulla che fare con la teoria, o per meglio dire co’ fatti che Darwin ha scoperti per ispiegare l'origine delle specie. Anche 1° Haeckel ha inteso il pensiero di Darwin così, benchè poi creda originarsi nuove specie dall’ibridità. © Onde che si par manifestamente quanta ragione abbiano gli avversari di cantar vittoria, allorchè una logica stringente li ha costretti a fortifi- carsi in cotesta loro maggior cittadella, che, oso dire, è perduta senz’es- sere assalita! Ma si dirà: il Darwin e i darwiniani pugnano in sostanza per la ibridità feconda; com’ è ciò se la non presta argomenti in lor fa- vore? Darwin si è proposto di dimostrar falsa la infecondità degl’ibridi , prima perchè così è, poi perchè questa infecondità sarebbe un argomen- to non solo contro la derivazione delle specie per ibridismo, ma contro la derivazione delle specie da altre in generale; dirò meglio sarebbe un argomento per provare che la specie è qualche cosa di fisso, d’ inébran- lable, come dicono i francesi, che resiste non pure alla elezione, ma a qualunque forte causa di atterazione, e fortissima e diretta si è questa della fusione, per cosi dire, di due specie, mercè la generazione, e dello — scorrere che fa un sangue straniero nelle vene di un ibrido. L’argomen- | to proverebbe ancora in favore dell’ eredità e dell’ atavismo, per conse- guenza contro la variabilità e 1° adattamento, concludendosi, che tutte le variazioni, anche le più forti, ottenute dall’ ibridità, o tornano all’ antico tipo, o si dileguano, e che le specie debbono in sostanza o non allonta- tanarsi troppo da questo, e sono al caso di ritornarvi, o, qualora abbiano oltrepassato certi limiti, necessariamente si estinguono: onde che veggia- mo tale questione avere importanza reale, ma indiretta. Altrettanto può dirsi dell’asserita fecondità continua tra le razze, quand’ anche lor diffe- renze si elevino al grado morfologico di differenze specifiche, generi- che, ecc. L’ equivoco nel quale taluni caddero deriva da questo. Crede il volgo — LE DRS 07 Va h; 1 Vedi Capitolo I. 2 The Variation ete. London 1868. h 3 « Pertanto sebbene i fenomeni dell’ibridismo sieno affatto senza valore per determinare il concetto teorico della specie, pur meritano da un’altra parte il più — accurate studio, poichè formano probabilmente una causa (dalla Elezione naturale totalmente diversa) dell’ origine di nuove specie, » HI, 549, (in nota). 145 che le razze degli animali domestici derivino da incrociamento di al- trettante specie esistenti in natura, e credettero molti dotti che tale fosse il caso sì per le razze domestiche, sì per le specie in generale. Così pen- sava Linneo, e siccome, per farsi forti di un tanto nome, ogni giorno si citano le sue affermazioni sulla immutabilità specifica, non sarà male che riporti un passo, dove in quel suo stile aforistico afferma chiaramente la discendenza modificata, e per tutte le categorie tassonomiche. « 4. Creator 'T. ©. in primordio vestiit Vegetabile Medullare principiis constitutivis diversi Corzicalis, unde tot difformia individua, quot Ordines Naturales, prognata. » « 2. Classicas has (1) plantas Omnipotens miscuit inter se, unde tot Genera ordinum, quot inde plantae. » « 3. Genericas, has (2) miscuit Natura, unde tot Species congeneres, quot hodie existunt. » « 4. Species has (3) miscuit Casus, unde totidem, quot passim occur- runt, Varzetates. » « 5. Suadent haec (4-4) creatoris leges a simplicibus ad Composita. » Naturae leges generationis in hybridis. » Hominis leges ex observatis a posteriori. ! » Ecco un altro passo consimile. « T. O. Creator in ipso primordio unicum tantum vegetabile ex quo- vis ordine naturali condiderit, postea vero arte, sibi soli reservata, species has adeo diversas se invicem foecundare jusserit, donec tot procreata es- sent Genera, quot jam sunt distincta. ? » Il Faivre 3 riferisce un motto del Flourens che è doppiamente no- tevole : « Si l’espèce changeait, écrit un illustre physiologiste, 1’ hybridation serait assurément le moyen le plus efficace d’ opérer ce changement; 1’ hy- bridation est au contraire, le moyen qui met le plus complétement en son jour la fixité de l’espice. 4 » Disgraziatamente ambedue le ragioni del Flourens son poco buone; la prima perchè nulla osta che possano le specie trasformarsi senza bi- sogno d’ibridazione; la seconda, perchè non ha quel peso che le danno e il Flourens, e il Faivre , ed altri, come vedremo. Se non che bisogna prima avvertire, come il Darwin, che si eviti quel circolo vizioso solito a farsi in tale materia, conciossiachè se due forme di vita che per tutti al- tri caratteri si considerano come specie, son trovate feconde tra loro, passano per varietà, di due forme invece che si stimavano varietà, se in- feconde reciprocamente, se ne fanno due specie, e a questo modo la que- tione non si risolve davvero. Anche si osservi, che prima fu assolutamente negata la fecondità degli ibridi, oggi è limitatamente ammessa, come fu prima propugnata la invariabilità delle specie, oggi la variabilità limitata. rom 1 Edizione citata, Ordines Naturales in fine dei Genera Plantarum. Edizione citata, Fundamentum Fructificationis. Potrebbero anche moltiplicarsi le citazioni: due ne riporta Lyell, Principles of Geology, decima edizione, 1868, II, pag. 324 (in nota): e un’altra Haeckel, II, 346-7 (in nota). Tutte e tre dicono lo stesso. b 3 La variabilité des especés et ses limites etc. Paris 1868. — pag. 427. 4 Flourens, Journal des savants, mai 4865, pag. 272. 116 Non sarà inutile ricordare che Vogt ' ammette pure la fecondità degl’ ibri- di, ma non già come conseguenza deila selezione, bensì come causa indi- pendente, al pari di Haeckel. lo non ho in animo di esaurire in questo luogo la questione, non ne dirò tutto quello che può dirsene, imperocché. ciò non entra nello scopo e nei limiti del presente lavoro ; solo toccherò quello che è necessario al concetto fisiologico della specie. La infecondità del mulo è la eccezione, non la regola, come un tem- po si credeva; 2 ed un caso di fecondità trovo narrato di recente. 3 Casì d’ ibridi fecondi se ne conoscono in buon dato: Vogt narra che Buffon ottenne più generazioni d’ibridi fra il lupo e il cane, riferisce altri casi fra il cammello e il dromedario, fra il lama e l’ alpaca, fra la pecora e la capra al Perù, fra la. lepre e il coniglio in Francia, per fare I° alleva- mento industriale dei leporidi. La fecondità di questi fu posta in dubbio da Brown-Sequard e dalio stesso Darwin; oggi però la trovo nuovamente affermata. Ma questo è ben poco di fronte alla copia straordinaria di fatti che son recati in mezzo dallo stesso Darwin, e discussi con impareggia- bile critica. Ne risulta che la infecondità degl’ ibridi non è costante. né inesplicabile. Le grandi mutazioni nelle condizioni di vita sono sfavorevoli alla fecondità in genere, e le piccole favorevoli; il danno dei matrimoni consanguinei è ampiamente provato per le piante, per gli animali: gra chi non vede quanto questi due soli motivi influiscano nella questione, e. come v introducano dati che posson trarci in errore? Arroge che la reclusione contraria grandemente la fecondità degli animali, la quale è promossa sì dalla domesticità, che per altro è cosa ben diversa dalla prima. E facile tener vivi gli animali in reclusione, ma non si dirà per questo che sieno addomesticati; nemmeno è difficile addomesticarli, ma difficilissimo indurli a riprodursi nello stato di reclusione, difficile talora d’ indurveli anche in domesticità. Crescono è vero gl’ibridi di grandezza e di vigore in con- fronto delle specie originarie, ma diminuiscono sempre di fecondità. Per- tanto emerge da tutto ciò, a volere che gli esperimenti sull’ ibridazione riescano concludenti, doversi eliminare tutte queste cause di errore; ma si è sempre fatto cosi? Non basta ancora. Le leggi della fecondità, e quelle della generazione in generale, son tanto oscure fin quì, ci presentano tanti fatti strani e aberranti, che nulla più. Ricorderò, per esempio, una sola classe di fatti e di studì, la dicogamia e gli studì dicogamici, che rinno- vati dal Darwin e proseguiti da altri minacciano di portare in botanica una rivoluzione eguale a quella che vi portò la scoperta dei sessi nelle piante, pari a quella che portò in zoologia la scoperta della ovulazione spontanea. Quando non si sono ancor posti in sodo i fatti della fecondità normale, e le leggi che li regolano, si può sperare di mettere in chiaro i fatti anormali e le leggi della ibridazione? La generazione è la parte più oscura, difficile, complessa, contradittoria di tutta la fisiologia; per illuminare coteste tenebre, levare le difficoltà, districare le complicazioni risolvere e unificare le antinomie, ce ne vorrà! Unico mezzo per arrivarci si è, che la fisiologia porti la fiaccola del metodo sperimentale sulle fun- ! Legons sur l' Homme, traduction francaise par J. Moulimié. Paris 4865. 2 Vedi Vogt. 3 Sur uue mule mere. observée a Mont-de-Marsan. Note de %. Ramon de la Sagra — Comptes rendus, N. 18, pag. 858-509, 1868, te] 117 zioni generative, molto più di quel che ha fatto sinora, perchè solo da un gran numero di fatti positivi si potranno dedurre le medie intorno alle quali ondeggiano i contradittorì, e sceverare così il certo dal proba- bile, il probabile dal possibile. Come si spiega, per esempio, che di due specie accoppiate, la femmina di una riesca feconda, e dell’ altra no? che gl'ibridi di un certo grado si fecondino mutuamente, e gli altri no? ! Riguardo all’ altra questione sulla fecondità delle razze, troviamo cu- riosi fatti: varietà leggiermente diverse di grano, di granturco, verbasco, altea, melloni, e tabacco son tra loro infeconde, o almeno molto men fe- conde che con altre; si noti che si tratta talora di varietà insignificanti, come del colore, per esempio, nel verbasco. Le diligentissime esperienze di Gàrtner non ci lasciano verun dubbio su ciò, come quelle di Kolreuter nel rimanente. Inoltre esistono casi di assoluta impossibilità per I° ibrida- zione di certe specie, e razze ancora, come la sproporzione di grandezza, la mostruosità; le cause della sterilità sono poi veramente infinite, ad e- sempio le malattie. A nessuno può cadere in pensiero di ascrivere a di- versa specie gli uomini e le donne sterili fra di loro, facetamente osserva I’ Haeckel. Se non che menando pur buone tutte le loro ragioni agl’ im- mutabilisti, dato pure che il criterio della ibridazione fosse infallibile per distinguere le specie, in quanti casi può applicarsi, e si applica? Quante specie, tenute buone da tutti, son fondate unicamente sulla forma, sul cri- terio morfologico! nè di ciò ha colpa nessuno. perchè se più incerto, è più facile ancora degli altri due, come il più difficile è il fisiologico. Ecco le conclusioni del grande Maestro. ? « Primo, le leggi che governano la produzione degl’ ibridi sono iden- tiche, o quasi, nei regni animale e vegetale. » « Secondo, la sterilità di specie distinte per la prima volta accoppia- te, e quella di lor prole ibrida, si gradua, con un numero quasi infinito di passaggi, da zero, allorchè 1 ovulo non è mai fecondato, sino alla com- pleta fertilità. Possiamo sfuggire alla conclusione che talune specie inero- ciate son pienamente fertili, solo inducendoci a designar come varietà tutte le forme del tutto feconde tra loro. Ciò nondimeno piante che furono .e- sposte a condizioni artificiali, si modificano talora in modo sì peculiare, che son molto più fertili se incrociate, con una specie distinta, anziché fecondate col proprio polline. Nell’operare una prima unione tra due spe- cie, il successo, e la fertilità dei loro ibridi dipende principalmente da con- dizioni di vita favorevoli. La innata sterilità degl’ibridi di un medesimo progenitore, e derivanti dalla stessa cassula di semi, differisce di grado sovente. » . - f Auguste Laugel, Revue des deux Mondes, f.er April 1860, — Nouy elle theorie d’ histoire naturelle. L'origine des especés — pag. 655. Que devons nous conclure de tods ces faits? C'est que la fécondité et la storilité variables des hybrides et des méltis tienment a une multitude de circostances encore obscures, dont l'étude réclame le zèle des plus patiens et des plus habiles observateurs On peut meme, sans trop s'aventurer, affirmer que la connaissance en restera toujours incompléte, parce qu’ il n'est aucun phénoméne qui échappe aussi bien è l'analyse que celuì de la generation. . Pag. 669. Les objections, comme on le voit, qu'on peut élever contre la doc- trine de la transformation progressive du règne animal et végétal sont tirées sour- (oul de notre igporance meme. Le temps et le progrés de la science contribueront sans dotte a en alténiér de plùs cn plus la portée. The Variation of Avimals and Plants etc. 1868, Vol. IT, 178-180. 118 i « Terzo, il grado di sterilità di un primo‘incrociamento fra due spe- cie, non sempre è strettamente parallelo a quello della prole ibrida. Molti casi si conoscono di specie, che s’incrociano» facilmente, ma danno ibridi estremamente sterili; e viceversa di talune che con gran difficoltà si posson incrociare, ma producono ibridi fecondissimi. Questo è un fatto inespli- cabile, nell’ ipotesi che le specie furono specialmente dotate di mutua ste- rilità per tenerle distinte. » « Quarto, il grado di sterilità ‘spesso assai differisce in due specie reciprocamente incrociate; poichè la prima tosto feconderà la seconda; ma l’ultima è incapace, dopo centinaia di esperienze, di fecondar la pri- ma. Gl’ibridi prodotti da incrociamenti reciproci fra le stesse due specie, differiscon parimente tra loro nel grado di sterilità. Anche questi casì sono affatto inesplicabili nell’ipotesi che la sterilità sia una proprietà par- ticolare. » « Quinto, il grado di sterilità dei primi incrociamenti e degl’ ibri- di, corre, fino a un certo punto, parallelo con 1° affinità generale o si- stematica delle forme che si uniscono. Infatti specie appartenenti a di- versi generi possono di rado unirsi, e quelle di famiglie distinte mai. Nonostante il parallelismo non è già completo: poichè una quantità di specie strettamente affini non si uniranno, o con estrema difficoltà, men- tre altre specie, differentissime l’una dall’altra, possono incrociarsi con perfetta facilità. Nè la difficoltà dipende da ordinarie differenze costitu- zionali, perchè piante annue e perenni, alberi decidui e sempre verdi, piante che fioriscono in differenti stagioni, che abitano stazioni diverse, e vivono spontaneamente sotto i più opposti climi, possono spesse volte facilmente incrociarsi. In apparenza la difficoltà o facilità dipende esclu- sivamente dalla costituzione sessuale delle specie incrociate ; o dalla loro sessuale affinità elettiva, è. e. Wahlverwandischaft di Gartner. Siccome le specie raramente o mai si modificano in un carattere, senza modificarsi allo stesso tempo in molti, e siccome l’ affinità sistematica include tutte visibili somiglianze e dissomiglianze, ogni differenza nella costituzione sessuale tra due specie starà naturalmente in più o meno stretto rapporto con la posizione sistematica. « Sesto, la sterilità delle specie dapprima incrociate, e quelle de- gl’ ibridi, probabilmente dipenderà in certa misura da cause distinte. Nelle specie pure gli organi riproduttivi sono in condizione perfetta, mentre ne- gl’ ibridi si trovano spesse volte manifestamente deteriorati. Un embrione ibrido che divide la costituzione di suo padre e madre si trova esposto a condizioni innaturali , finchè vien nutrito nell’utero, uovo, o seme della forma-madre; e siccome sappiamo che condizioni innaturali inducono sterilità, gli organi riproduttivi dell’ ibrido possono in questa prima età restarne affetti per sempre. Ma tal causa non influisce sulla infertilità delle prime unioni. La diminuzione di numero nella prole, dopo le prime u- nioni, può sovente resultare, come di certo è talora il caso, da morte prematura della maggior parte degli embrioni. Ma bentosto vedremo che esiste apparentemente una legge di natura sconosciuta, la quale è causa che la prole di unioni infeconde sia essa stessa infeconda ; e ciò al pre- sente è tutto quel che può dirsi. » « Settimo , ibridi e meticci presentano , con la grande eccezione della fecondità, la più evidente concordanza sotto tutti altri aspetti ; cioè nelle 119 leggi di somiglianza ai lor progenitori, nella tendenza alla reversione, nella variabilità, o nel venire assorbiti. con ripetuti incrociamenti da lor forme madri. » Il terzo criterio , o genealogico, della specie consiste nel tener die- tro al suo sviluppo per non andare a rischio di prendere per diverse spe- cie le forme che altro non rappresentano se non vari stadî di quello; e ciò per la embriologia, non per Ja genealogia propriamente detta, che ne distinguiamo , essendo che con tal nome s'intende non pure lo svi- luppo di un organismo, ma di un intero gruppo o divisione , s’ intende anche lo sviluppo paleontologico. Tali due sviluppi hanno le relazioni che ho accennate nei precedenti criterî e più specialmente nel morfologico, cioè di grado, numero, e di spazio e di tempo; ma io mi fermerò su due soli, la natura ed il tempo. Il parallelismo che corre tra le fasi em- briologiche, e tra la rappresentanza che fauno di queste i fossili, sarà di- scusso e provato co’ fatti nel seguente capitolo: or mi basta ricordarlo , e accennarne le applicazioni al concetto specifico , il suo nesso con que- sto, ritenendo che siffatto parallelismo non è apparente, ma intimo e genetico, essendo che lo sviluppo embriologico ci mostra in compendio e microscopicamente, per dir così, nelle forme successive di un solo or- ganismo, la successione dei moltissimi alla superficie della terra, e lo sviluppo paleontologico ci fa vedere una progressione su forme numerose , e su grande scala nel tempo, nè più nè meno di quel che accade nel breve sviluppo di un organismo che abbiamo sott’ occhio. Per illustrare con esempî l’applicazione dei criterì specifici penso di riferire alcune pagine di W. B. Carpenter. ! « Supponiamo che lo zoologo abbia davanti due nuovi esemplari di conchiglie o d’ insetti, o che il botanico debba esaminare due nuovi esem- plari di piante. Se la conformità tra i due è estremamente stretta , talchè le differenze non eccedano i limiti della variazione che si vedono ordina- riamente prevalere nella prole di comuni genitori, egli li riporrà nella stessa specie; poichè considera che ciascuno può produrre una forma somigliante all’altra, o può esserne stato prodotto, così che non vi è ra- gione sufficiente per assegnare ai due un distinto progenitore. Ma sup- ponendo che le differenze fossero più fortemente marcate, e il naturali- sta sarà tentato ad assegnare differenti nomi specifici alle due conchiglie o insetti, o piante: in che modo ha fatto la diagnosi di lor similarità 0 diversità di origine? Egli forma il suo giudizio, in primo luogo, per la natura della differenza caratteristica ; poichè questa può essere di tal ge- nere, da non sospettarsene ragionevolmente la sua variabilità. Eppure non è questo un punto da insisterei molto , se isolato ; benché in molti gruppi ci son certi caratteri tanto costanti, che ben può presumersi diversità specifica, quando esibiscono ben marcate differenze in età e grado di svi- luppo, differenze nella condizione in cui gl’individui esistettero, e ten- denza alla spontanea variazione inerente alla razza. È necessario perciò di escludere ognuna di tali possibili cause di errore, prima che possa stabilirsi la diversità specifica dei nostri due oggetti. » 1 The Cyelopaedia of Anatomy and Physiology edited by Todd ete. Vol. IV. Part. II. London 1849-1852. -— Art. Varieties of Mankind. pag. 1294-1567. — Delle Specie e Varieta zoologicamente considerate, 1502-5. 120 " « 4. E ora universalmente ammesso che sono estremamente nume- rosi i casi, in cui differenze di età fecero stabilire specie che non esistono in natura; le forme così distinte essendo quelle della stessa specie in dif- ferenti gradi di sviluppo. Più si accrescono le nostre cognizioni sulla storia delle inferiori tribù animali, e più si trova che la metamorfosi è in esse la regola, non già l’ eccezione; così che sembrano comparativamente rari i casi di un animale invertebrato che sbucciando dall’uovo possieda i ca- ratteri, i quali servono a distinguerlo adulto. E appunto come gli stati di larva, pupa, ed immagine di ogni insetto, son tutti compresi nella com- pleta idea di specie, così la straordinaria diversità di forme presentate dalle Meduse o dai Halani, nel primo periodo di loro esistenza, dobbia- mo comprenderla nei limiti di lor distinzione specifica. E chiaro che tale sorgente di errore può solo del tutto evitarsi, quando avremo conosciuta tutta la storia della vita di un individuo, dalla nascita alla morte, e così saremo capaci di dire positivamente quali sono e quali non sono, le alte- razioni prodotte dall’ età. Allorchè tal cognizione non può acquistarsi, la sola salda base su cui può appoggiarsi il naturalista, è quella che deriva dalla cognizione dei fenomeni che presentano le forme più strettamente affini; eppure anche questa fa spesso difetto, come nel caso dell’ Astacus fiuviatilis (gambero di fiume), e del Gecarcinus ( granchio terrestre), che non subiscono alcun cangiamento da potersi chiamar metamorfosi, ben- ché in tutti gli altri Decapodi Macruri e Brachiuri finora osservati abbia luogo una vera metamorfosi. Anche neì caso di specie estinte, la storia della cui vita non ci è cognita se non per la conservazione di loro avanzi in diversi stadì di accrescimento, l’ accurata comparazione di una serie sufficiente di tali avanzi, stabilirà talvolta una forte probabilità, se non una positiva certezza, intorno ai lor mutui rapporti: così Barande di Praga è riuscito a mostrare, che è quasi certo non meno di diciotto forme di Trilobiti , i quali erano stati descritti come specie distinte, e riposti in die- ci differenti generi, essere in realtà le forme successive di una e medesima specie; le differenze che essi presentano tanto in grandezza che in confor- mazione essendo analoghe a quelle che vediamo nelle tribù esistenti ad essi prossime, e tutta la serie costituendo una successione continua. E- sempì di nuove specie create nelle alte classi degli animali , segnatamente fra gli uccelli, per allogarvi individui le cui differenze erano solo di li- vrea, di stagione, furono tanto spesso ricordati, che basta accennarli. E chiaro che tali errori possono correggersi solamente con la cognizione delle mute, cui le specie son soggette. Di questa causa di difficoltà nella determinazione delle specie, non ci bisogna altra idea nelle nostre future ricerche ; poiché , sebbene nell’Urango e nel Chimpanzè l'alterazione nella conformazion del cranio che ha luogo nel periodo della seconda dentizio- ne, sia così pronunziata, che originò dapprima molta confusione, la quale spari soltanto per una più completa cognizione della storia di questi ani- mali, pure nessun cambiamento tanto grande occorre nell’ Uomo; e del grado di mntazione che accade in parecchie razze umane, fra 1’ infanzia e la vecchiezza , vi è di rado molta difficoltà per prenderne informazione. » «! Tornando dunque all’ « idea » di specie, che include discendenza da un comune, o almeno da un simile progenitore , in tutti gl’ individui 1 Idem, ibidem, 1506-7, 121 che la compongono, abbiamo occasione di accertarcene nel caso di due o più esseri la cui specifica identità o distinzione è dubbia per noi, sia o no che lor caratteri ci sono offerti così fissi e determinati in tutti gli individui della stessa o di successive generazioni, da indurci a credere che tali sì conservarono in tutti i tempi e sotto tutti i cangiamenii delle con- dizioni esterne. La validità delle nostre distinzioni specifiche starà in pro- porzione della quantità e correttezza delle nostre informazioni su tal que- stione; dall’ altro canto, il pericolo che la sia distrutta da successive ri- cerche , starà in proporzione della fretta e della crudità di nostre deci- sioni. Del resto, allorchè la progenie di uno stipite conosciuto può se- guirsi per un lungo periodo di tempo, e sotto grandi varietà di condi- zioni esterne, e quando si notarono sue successive variazioni, questa prova può rovesciare ogni argomento fondato sulla supposta importanza dei caratteri che si trovarono soggetti a modificazione. Ma tali opportu- nità troppo di frequente mancano; e il naturalista è obbligato a ricorrere a mezzi di determinazione meno certi, ma che soventi volte lo condur- ranno a soddisfacente conclusione, purchè le sue ricerche sieno state abbastanza estese. Il gran punto a cui deve mirare, è la riunione di ogni forma possibile di ciascun tipo; e avendola fatta, accuratamente le para- gonerà insieme, per vedere di determinare se i supposti caratteri speci- fici son costanti e ben marcati sempre, o se tendono a passare l’ uno nek l’atro per gradazioni intermedie. Se accada il primo di questi casi, può mettersi gran confidenza nella loro legittimità ; se il secondo possiamo quasi sentir la certezza della loro invalidità. ..... Si portarono insieme da diverse parti del grande Oceano australe due 7erebratule, delle quali l’una ha negli orli delle valve della conchiglia profonde ripiegature , mentre l’altra gli ha affatto lisci. Ora nella maggior parte degli altri Mollusehi bivalvi, giustamente si ammetterebbe tal differenza presentare un valido carattere specifico, e il conchiologista che avesse davanti solamente que- ste due conchiglie, sarebbe giustificato dalle comuni regole della scienza, se le designasse ciascuna come un distinto tipo specifico. Ma con I’ esten- dersi della sua collezione, viene a possedere forme intermedie; e final: mente trova che può fare una serie continua, passando, con le più gra- duali transizioni, dalla forma più liscia alla più profondamente piegata. In tal modo adunque la supposta validità di questa distinzione è intera- mente distrutta; ed è evidente che la più ripiegata e la più liscia di queste Terebratule debbono riguardarsi come appartenenti ad una e me- desima specie, nonostante la diversità di lor forme esterne. » « Onde che, mentre nuovi tipi vengono di continuo scoperti, il progresso delle ricerche tende a diminuire il numero delle specie prece- dentemente enumerate ; difatti ci sono molti gruppi , ne’ quali un’ immensa riduzione di forme é stata effettuata, riunendo tutte quelle che trovansi non esser altro se non successivi stadî dello stesso individuo, e col mettere sotto ùna sola indicazione tutte quelle che si conosce o fortemente si sospetta . esser mere varietà, risultanti dalla diretta influenza delle condizioni esterne su di esse o sopra i loro antenati, o prodotte per più oscura operazione di queste influenze nell’ atto della generazione. Spesse volte si trova che forme, le quali erano state credute genericamente distinte, sono in realtà specificamente identiche. Così fu dimostrato dal Professor Henslow, che la « ruggine del grano » (Uredo rubigo) non è altro che la primitiva for- 122 ma della « manna » (Puccinia graminis); l'una essendo capace di svilup- parsi nell’ altra; e la fruttificazione caratteristica dei due supposti generi essendo stata prodotta dallo stesso individuo. Viene asserito da Fries, che di una sola specie di Thelephora si fecero da vari autori più che otto generi di funghi. Così fra le piante più elevate, la invalidità delle di- stinzioni generiche, nelle quali d’ordinario si ripone confidenza, fu mo- strata, rispetto alla tribù delle Orchidee, dal fatto che lo stesso individuo produsse i fiori e gli pseudo-bulbi, comunemente stimati caratteristici, di tre distinti generi, e che un altro individuo presentò il carattere di un quarto.! Così nel regno animale fu dimostrato dal Professor Milne Edwards, che il polipaio della Tubulipora verrucosa , secondo le circostanze in cui cre- sce, può presentare i caratteri di tre altri pretesi generi. Se sì attacca ad una superficie piana, come una lamina espansa di pianta marina, re- sta circolare e cresce con gran regolarità, costituendo la Madrepora ver- rucosa di Fabricio. Se si aggruppa attorno allo stelo cilindrico e ramoso di un fuco, cresce irregolarmente, e prende la forma della Millepora tubulosa di Ellis. Se il suo sviluppo è impedito in una direzione da un ostacolo meccanico, la forma della massa di nuovo cangerà, e i suoi tubi sì curve- ranno indietro: carattere su cui Lamouroux fondò il suo genere Obelta. Talvolta sullo stessissimo polipaio, troviamo una parte la cui disposizio- ne corrisponde a quella della Millepora tubulosa, e un’altra che, distac- cata, sarebbe tenuta per un esemplare di Obelia tubulifera. 2 Molti simili casi potrebbero citarsi; tutti. per dimostrare non che vi è una reale confusione fra specie e generi, ma che i naturalisti troppo spesso hanno preso caratteri variabili e non essenziali per base di lor distinzioni siste- matiche, ignorando i fissi e determinati. Così, nel caso in questione, è alla struttura dell'animale, non alla forma del pelipaio, che il moderno zoofitologo attribuisce la maggior importanza; e la conoscenza di ciò avrebbe impedito che si assegnassero a tre differenti generi le varietà di corallo, formate da una e medesima specie di animale. Così fra i Mollu- schi fu dimostrato da Mr. Gray 3 che gran numero di specie sono state formate in conseguenza delle variazioni presentate dalle conchiglie della stessa specie in diversi periodi della vita, o sviluppate sotto differenti circostanze. ll cangiamento da acqua salsa o dolce a salmastra , o da sal- mastra a salsa o dolce, che molte specie sopportano, sembra aver con- siderevole influenza sulla forma delle conchiglie ; così il Professor E. For- bes ha dimostrato che certe Paludinae e Naticae, le quali si rinvengono in successivi strati terziari nell'isola di Coo, associate in alcuni casì a testacei decisamente di acqua dolce, e in altri a decisamente marini, do- vevano probabilmente riguardarsi come varietà della stessa specie, ben- ché dai concologisti fossero stimate distinte; potendo seguirsi le grada- 1 « Per il primo di questi casi vedi lo Transazioni Linneane, vol XVII. Il secondo cadde sotto l'osservazione dello serittore nella Durham Down Nur- sery, vicino a Bristol; quì ancora tre differenti forme, generalmente considerate come generi distinti, venivano presentate; e due di queste erano le stesse che nel caso precedente, ma la terza era una non offerta mai da quella pianta. » _ 2 « Mémoire sur les Tubulipores, in Ann. des. Sci. Nat. 2 éme serie Zool. tom. VIII. » 3 « On the Structure of the Shells of the Mollusca, Philosophical Transactions, 4855. » 123 zioni tra una forma e l’ altra, e i cangiamenti essendo della sorta di quelli che sappiamo accadere nei molluschi di acqua dolce. ! » In tutto ciò che precede Carpenter ha egregiamente toccati gli errori che occorrono nelle classificazioni; le ignorate differenze di sviluppo, di età, di sesso, le variazioni geografiche o in altro modo prodotte dalle con- dizioni esterne, le mute degli animali nelle varie stagioni, hanno dato o- rigine a tante e tante di quelle specie che inutilmente ingombrano i ca- taloghi, è accrescono la grave soma delle sinonimie. Darò su ciò anche altri esempî notevoli. Il signor Marseul ? richiamò l’attenzione degli ento- mologi sulle specie puramente nominali che si moltiplicano a danno delle vere, a perdita di pazienza e di tempo per doverle in seguito rigettare, enumerandone poi assaissime fondate su differenze individuali , sulle acci- dentalità più insignificanti che immaginar si possano, e quel che è più, alle spese di specie certissime e nient’affatto rare. Il signor Sichel, altro ento- mologo, nei suoi lavori sugl’ Imenotteri * ha insistito intorno alla neces- sità di stabilire le specie sur un gran numero d’ individui, facendo vedere quanto spesso le minime loro diversità servano a fabbricare le false spe- cie, e racconta, a proposito della comunicazione di Marseul ‘', che posse- dendo un 6000 Imenotteri da lui considerati come appartenenti ad una sola specie, li donò ad un amico, che ve ne trovò non meno di 150 tutte nuove! Ma riguardo alle variazioni accidentali sono proprio curiosi gli effetti del dimagramento che il Prof. Canestrini osservò nol Gobius fluviatilis, Bon: tanto che, egli dice, se l'avessi trovato in un fosso ne avrei fatto una nuova specie 5. L’ incertezza che regna nel numero delle specie di una flora o di una fauna richiama pure la nostra attenzione sull’ incertezza dei criterì spe- cifici. Il numero delle specie inglesi di Rubus, ascende secondo Bentham a tre, secondo Babington a trentasette! © Haeckel parla come appresso ”. « Nell’Avi-fauna benissimo conosciuta di Germania Bechstein di- stingue 367 specie diverse, IL. Reichenbach 379, Mayer e Wolf 406, e Rrehm più di 900. Al contrario l’Avi-fauna di Europa è divisa da Blasius in 490, da Schinz in 520, e da Bonaparte in 530 spe- cie ! Le diverse forme di Hieracium in Germania si dividono da taluni bo- tanici in più di trecento specie. EFries ne enumera soltanto 106, EKoch 52, e altri ancora appena venti! » Se l’osservazione degli esseri ancor viventi non basta a liberarci da quegli errori che ci fanno fare tante cattive specie, che dovrem dire dei fossili, ne’ quali tante specie e generi ancora son fatti sur un solo esempla- re, spesso sur un solo frammento? o inverterdo l'argomento si potrebbe dimandare : quante sono le specie fossili stabilite su esemplari completi e numerosi, ne’ quali le condizioni individuali di sesso, di età, di località, di 1 « Travels in Lycia, vol. II. pag. 199. » 2 Annales de la Societé Entomologique de France, année 1866. 3 Considérations sur la fixation des limites entre lespéce et la varieté, fondées sur Ì’ étude des espéces européennes et méditerranéennes du genre Polistes (Latreille); - par M. Sichel. — Comptes Rendus, 15, Juillet 1868. 4 Annales de la Societé Entomologique de France, année 4866. ° Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Anno II. Modena, Ferrari 1867. — Effetti del dimagramento osservati nel Gobius fluviatilis Bon. pag. 12-43. 6 Lyell, Aotiquity of Man, London 18653. — pag. 425. 7 IT, 358. 124 È mute, o infine le accidentalità sieno ben conosciute e possano escludere gli errori che nell’opposto caso ne derivano? Tutti consimili esempi, di cui potrebbe farsi una lunghissima lista, non provano nulla contro la realtà della specie, come gli errori di calcolo in fisica e in astronomia, nulla provano nè. contro coteste scienze, nè contro la efficacia e la sicurezza del calcolo in generale. Comunque valutiamo l'assoluto valore dei criterì su cui si fonda il concetto della specie, la specie esiste, come si dice comunemente, cioè il suo concetto rappresenta una realtà, una cosa che si trova nella natura, e che possiamo scoprire più o meno bene. Male dissero però e Lamarck e 1’ Haeckel che la spe- cie è artificiale, è un prodotto dell’arte, se intesero dire che è arbitraria, o immaginaria, ma vollero alludere probabilmente all’uso più comune di fabbricare tante specie con dati incompleti, o alla gran quantità di spe- cie che non passano poi per buone al vaglio della critica. Il concetto di specie è nello stesso tempo reale ed oggettivo, ideale e soggettivo. « Allontanandosi dalla maggior parte degli altri naturalisti, Agassiz intende la specie come una entità ideale (« ideal entity ») al pari dei su- bordinati concetti di genere, famiglia, ordine, classe, e tipo. Tutte queste unità ideali sono realizzate in natura, sono incarnazioni del pensiero crea- tore. ! » Benissimo detto entità, perchè risponde ad una realtà, ideale, perchè la rappresenta astrattamente. La soggettività che si mette nella determi- nazione di tali entità non ne distrugge la natura, imperocché l’arbitrio non può allontanarsi dalla realtà, e dirò anche materialità delle cose, oltre certi limiti, sia pur grande la parte che all’arbitrio voglia farsi. Che poi per mera astrazione da oggetti sensibili si ricavi il concetto di specie, e delle categorie in generale, che siano queste vere idealità per quanto più o men perfettamente si modellino sul mondo materiale, pochi davvero dubite- ranno. Ora dovendo finire con l’ adottare una definizione razionale della spe- cie, preferirò qualle dell’ Haeckel per più ragioni; primo perchè completa, in quanto include i tre criterì morfologico, fisiologico, genealogico, come le condizioni di esistenza; secondo perchè implica l'identità di natura delle categorie, come la mia empirica; terzo perchè non pecca di sover- chia astrattezza o materialità ; quarto perchè breve e precisa; quinto per- chè darwiniana. « La Specie, 0 Specie organica, è la universalità di tutti i cicli genetici (Zeugungskreise), che possiedono forme uguali sotto uguali condizioni di esistenza. > » La identità di natura di tutte le calegorie è evidente; prendiamo le ascendenti, chi non converrà che il genere sia molto più ideale «della spe- cie? chi non sa quanto più incerta e difficile sia la formazione delle fa- miglie e degli ordini, almeno naturali, che quella delle specie e dei generi, e come rimanga incertissima la distinzione dei due regni organici in basso, al cominciamento loro? 3 Ma siceome ben difficilmente si revocherà in dub- 1 Haeckel II, 555, 2 JI, o55. 3 204. Quod valet de Charactere generico, valet etiam de classico, licet in hoé latius sumantur omnia. 205. Classis genere magis arbitraria est, utrisque magis ordo, Linnaei, Fundamenta botanica. 425 bio la realtà di certi ordini, come le Labiate, le Composte, le Ombrelli- fere, e cento altri fra le piante, o quelli degl’ Insetti, e mille più tra gli animali, non sarò troppo corrivo se concludo, che le categorie superiori alla specie, hanno in generale realità e idealità pari a questa. In ordine discendente la razza, varietà, e individuo, ci mostrano tanta realtà, che Yultimo è la categoria reale per eccellenza, ma quando si riflette che an- che in queste infime categorie appariscono molte incertezze, e che più suddivisioni posson farsi in tutte e tre, cioe sotto-razze, sotto-varietà, e dirò così, sotto-individui, troviamo che in esse pure realtà e idealità si bilanciano con quelle della specie. Circa la diversa misura con che realtà o idealità l’una all’altra prevale nelle varie categorie, mi par difficile pre- cisarla, ma inclino a credere che o alternino, o cresca la prima discendendo, la seconda ascendendo dalla specie, nella quale si equilibrano. Congetture che tale sia la ragione perchè la specie si scelse e rimarrà per unità tas- sonomica; nulla osta che possa farsi una classazione, scegliendone anche un’altra, ma in questo caso se la categoria preferita fosse superiore, l’a- nalisi delle forme non verrebbe spinta quanto é mestieri, e quanto si può, se inferiore, sarebbe eccessivamente spinta, con danno di più utili ricerche, come fanno alcuni moderni; in quel modo la soverchia jdealità condurrebbe al vago e all’astratto, come a questo modo una esagerata realtà ci farebbe cadere nel minuzioso e nel trito. Il numero delle categorie è a piacere; Haeckel per esempio ne conta 24 comprese le sotto-categorie, nelle quali sempre si divide ciascuna. $°in- tende bene che quanto più è grande il numero loro, tanto più riusciranno graduali i passaggi dall’una all’altra: i sistematici poi soglion fare, oltre le categorie, molte più suddivisioni senza assegnar loro un nome, con- trassegnandole semplicemente con una lettera ecc. Più son numerose e graduali le categorie, le sotto-categorie o altre suddivisioni, più ancora saranno conformi a natura. Le denominazioni loro importa che sieno brevi, chiare, ed armoniche: le migliori son quelle delle famiglie, ad esempio, tolte dal nome dei generi principali, piegandolo ad una certa desinenza; quelle invece esprimenti particolarità di organizzazione o di costumi rie- scono sovente oscure, ambigue, false. Poche parole su “due sole, estreme categorie, l’ individuo e il regno. L’ Haeckel ha fatto del primo uno studio approfondito, che occupa il terzo libro, ed è la parte più originale della sua originalissima opera ’. Ei .co- mincia dal distinguere l’individuo morfologico (Morfonte) e il fisiologico (Bionte). Il primo si divide in sei ordini come segue 2: « E, Plastidi (Citodi e cellule) ossia organismi elementari. » « HH. @rgani (Aggregati o unioni di cellule, organi semplici od omoplasti, organi composti o eteroplasti, sistemi, apparati organici). « HER. Antimeri (Parti opposte od omotipiche). « Raggi » degli animali Raggiati, « metà » degli eudipleuri (simmetrici bilaterali) ecc. » < IV. Metameri ( Parti sovrapposte od omodinamiche). « Articoli del caule » delle fanerogame, « segmenti » anelli o. zooniti degli artico- lati e vertebrati ecc. » « We Persone (Prosopi). Gemme delle piante, dei celenterati ecc. « Individui » nel più stretto senso presso gli animali più elevati » _rr—__—_————_—___ _—esese, 1I, 244-574. 2 I, 266. 126 x « WH, Cormi (Aggregazioni o colonie). Alberi, frutici ecc. (Piante composte). Catene di salpe, aggregazioni di polipi ecc. » Ognuno di cotesti sei ordini si suddivide in molti secondari , che trop- po lungo sarebbe riferire. Ognuno poi di cotesti individui morfologici può diventare e diventa in tutto od in parte individuo fisiologico, secondo che ha, © può avere, almeno in parte una vita indipendente, onde gl’ individui fisiologici sì distinguono in attuali, virtuali e parziali. La Tectologia (nome che l’autore assegna allo studio della individualità) ha molte attenenze con la embriogenia, tassonomia, studio delle forme organiche fondamentali, e in generale con tutta la Morfologia e Biologia, limitandomi a dire riguardo alla embriogenia che aiuta potentemente a raggruppare in poche, o in una, volendo, tutte le svariate maniere di generazione , riguardo alla morfolo- gia che ci dà chiara idea di certe forme incomprese, o riguardo alla bio- logia ci mostra che la vita generale di un organismo è l’ insieme di tante vite parziali. Dopo tutto ciò non occorre far menzione delle opinioni che altri ha esposto intorno alla individualità. Il Fermond * p. es. anni- chila l’ individuo vegetabile, riducendolo ad un ammasso di cellule. Defi- nizione non meno stravaganti s'incontrano qua e là; quasi tutti conven- gono che la parola individuo non può esser presa in senso assoluto, ma non sanno distinguere l'individuo morfologico dal fisiologico, non hanno una idea chiara né del primo nè del secondo. Nella distinzione tra i due regni, in che l’organico impero si parte, Haeckel adopra quella consueta perspicacia e valentia, così eminenti, e la stabilisce sul carattere chimico, morfologico, e fisiologico ?. Fissa poi nel primo il carattere del substrato indi del processo chimico; nel se- condo il carattere della individualità, e della forma fondamentale; nel ter- zo il carattere dei generali fenomeni di vita, poscia quello degli speciali. Sciolta con tanta ampiezza e solidità di vedute la questione sui caratteri differenziali di due regni (questione generale, e perciò importante, che tanto e tanto a torto si trascurò sinora, al pari di molte altre, quasi che le generalità fossero a lasciarsi da parte), fa l’autore la proposta, non nuo- va, di ua terzo regno intermedio fra l’animale e il vegetabile, da collo- carvi quel gran numero di viventi che tra l’uno e l’altro ondeggia *. Que- sto regno ch’egli chiama dei Protisti vien pure stabilito sui caratteri chi- mici, morfologici, fisiologici. Comprende, fra gli esseri più affini agli ani- mali, cui si ascrissero finora, le Spugne, le Nottiluche, i Rizopodi, gli Amebidi e Gregarine, i Protamebi e Vibrioni; tra gli affini ed ascritti ai vegetabili, le Flagellate, le Diatomee, i Missomiceti. Ma dacchè mi è venuto fatto di ricordare un terzo regno, rammen- terò la bella trattazione che Isidoro Geoffroi-Saint-Hilaire ha fatto # di un simile soggetto, (gli organici regni), e la proposta di un quarto, il regno umano. A tali due proposte risponderà il tempo; a me basta con- cludere che per quante barriere si vogliano elevare tra le forme di vita, tante sono le transizioni che si manifestano, da indebolire o rovesciare anche le maggiori, quali son quelle dei regni. 1 Essai de Phytomorphie, Tome premier, Paris 4864, Ch. II, 35-47. 2 I, capitolo settimo, 194-258. 3 I, 245-220. 4 Histoire Naturelle générale des regnes organiques Vol. II. Paris 1854. TOT 127 Sistemi. — Dedurre dai caratteri ! le categorie , ordinare poi le catego- rie, si dice classificarè, e classificazione sì chiama poi cotesta formazione e disposizione. Ma due specie di classificazione distingue il Linneo e tutti i na- turalisti dietro a lui: l’una è detta artificiale, l’altra naturale. Parliamo della prima. Quella classificazinne che si fonda sopra un carattere unico o su pochi, sopra caratteri desunti da un solo o da pochi organi, si chiama sistema arti- ficiale, o sistema senz’ altro: quanto poi all’uso ed utilità sua esso è tutto pratico, servendo a distinguere, a denominare gli esseri naturali, e nulla più 2. N’è un esempio il sistema sessuale delle piante di Linneo stesso. La chiave, la tavola sinottica non sono altro che abbreviazioni o partico- lari disposizioni del sistema: ciò che si dice di questo vale per quelle. I pregi del sistema sono la facilità, la prontezza; il suo difetto consiste nella incompleta cognizione che ci dà degli esseri. Difatti s'intende bene che adoperando pochi caratteri, caratteri di una sola specie si avrà una im- magine degli oggetti che si vogliono raffigurare ben più difettiva che u- sandone molti, e di più generi 3. Il sistema, questo filo che deve guidarci nel dedalo infinito delle forme organi che, raggiunge il suo fine? E lecito dubitarne, e per quanto sieno ben fatte le classificazioni fondate, per esempio, sui soli caratteri esterni, nessuno oserà affermarlo, quando si pensi che questi son più variabili —_ _—_—__ ne} | 1 202. Caracter in omnibus, licet diversissimis Systematibus immutabilis servelur. 204. Quod valet de charactere generico, valet etiam de classico, ticet in hoc latius sumantur omnia. Generum Genus est Ordo, ordinum autem Genus Classis est. Linnaei, Philosophia botanica, ediz. citata. 2 4154. Symopsis tradit Divisiones arbitrarias, longiores aut breviores, plures aut ‘pauciores; a Botanicis in genere non agnoscenda. Synopsis est dichotomia arbitraria, quae instar viae ad Botanica ducit, Limites autem non determinat. ” Clavis classium Synoptica est ex artis lege, ne confundanentur distinguenda. 155. Systema Classes per 5 appropriata membra resolvit: Classes, Ordines Ge- nera, Species, Varietates. Exempla haec illustrant in aliis scientiis. Geogr. Regnum, Provincia, Territorium, Paraecia, Pagus. Milit. Legio, Cohors, Manipulus, Contubernium, Miles. Phil. Gen. Summum, Intermedium, Prozimum, Species, Indiv. Botan. Classis, Ordo, Genus, Species, Variet. Tournefortio debet Botanice hos fami- liarum limites. Differentia inter Synopsin et Systema haec est: Synopsi: a 2; b 4; ec 8; d 416; e 52. Systemati: a 410; b 400; c 1000: d 10000; e 10000; itaque praestat Systema Sinopsi. 156. Filum ariadneum Botanices est Sytema, sino quo Chaos est Res herbaria. Exemplo sit plauta incognita indica: evolvat Botanophilus desceriptiones, figuras, indices omnes, nec reperiet nomen nisi casu; sed Systematicus sive antiquum, sive novum genus mox determinabit. Systematicis, qui filum hoc duxere, omni aevo honos permanebit, quum eo de- stituti Maeandros Botanices errantes entrarent omnes, Linnaei, Philosophia botanica. 3 Ma questo carattere (essenziale) risulta, come abbians detto, dalla combinazione di molti e non d'un solo. Non bisogna dunque accontentarsi d'un solo tra loro, fosse anche affatto esclusivo di quella famiglia; ceme, per esempio, gli strami tetradinami delle Crucifere. Sarebhe questo come il voler fare un ritratto rappresentando una sola parte della faccia. De Jussieu, Botanica, tradotta per cura di G. Balsamo Crivelli, pag. 452. 128 degli interni, e se servono alle minori categorie non sono adatte alle maggiori, quando si pensi che gli organi più importanti fisiologicamente e spesso tassonomicamente sono riposti all’ interno, quando si pensi in- fine che i caratteri di massimo valore sono gli embrionali. Se i caratteri esterni e di poco valore riescon buoni si è, perchè son dipendenti da altri. Metodi. — Il metodo è quella classificazione che si fonda su molti caratteri, e su caratteri levati da molte parti, o dalla totalità della orga- nizzazione !. Esso si propone due fini, uno pratico, come il sistema, uno razionale e teorico. Mentre raggiunge il primo ben più completamente che il sistema, cerca col secondo di scoprire, come dicono il piano di crea- zione, cioè di assegnare a ciascun vivente il posto che gli compete nella infinita gerarchia degli esseri Raggiungere questo altissimo e nobilissimo scopo sarebbe lo stesso che ottenere la piena conoscenza delle forme di vita, onde bene ha scritto il Linneo che il metodo naturale è l’ultimo fine della Botanica ?. Metodo naturale. -- Ben conviene al metodo il nome di naturale, poi- chè i caratteri che impiega il sistema sono fattizì , o essenziali al più, quelli che impiega il metodo son naturali. Di più mentre il primo è tutto sog- gettivo, questo è essenzialmente oggettivo. Esso è una copia, vorrei dire una fotografia della natura: nella Storia Naturale esso è la chiave di ogni cosa. Per esempio le piante appartenenti allo stesso ordine naturale con- cordano nelle proprietà chimiche e mediche. Benissimo ha detto il Lioy: « il metodo naturale è la scienza. 3 » Appresso *#. « La voga dei sistemi artifiziali di classificazione da al- tro non trasse origine che dal falsissimo principio di credere che scopo della classificazione in istoria naturale sia di guidare alla pratica cono- scenza del nome di questo o di quell'oggetto. Ma, dopo ehe, per esem- pio, si avranno con Klein distribuiti i mammiferi secondo il numero delle loro. unghie, o gl’ insetti con Fabricio, secondo la conformazione delle loro 1 Metodi e sistemi anche si confondono: vedi De Jussien (pag. 425) e a pro- posito del sistema linneano (pag. 428-209). 2 Linnaei, Ordines Naturales. Systema indigitabit absque praeceptore plautam. Ordines naturales non constituunt methodum absque clave. Methodus artificialis itaque sola valet in diagnosi, cum clavis M. Naturalis vix ac ne vix possibilis sil. 10. Ordines naturales valent de Natura plantarum. Artificiales in diagnosi plantarum. 44. Genera qui condit naturalia, Naturales ordines ibi, ubi licet, perspectos reddat. Qui loco Methodi naturalis disponunt planias secundum ejus fragmenta respuupt que Artificialem, videntur mihi iis similes, qui commodam et fornicatam domun evertunt, inque c]jus locum reaedificant aliam, sed tectum fornicis conficere non valent. Linnaci, Philosophia botanica, 66. Classes quo magis naturales, eo, coeteris paribus, praestantiores sunt. Affines conveniunt babitu, nascendi modo, proprietatibus, viribus, usu. Summorum Botanicorum hodiermus labor in his sudat, et desudare decet. Mothodus Naturalis hine ultimus finis Botanices est et erit. 3 Atti dell’Istituto Veneto. Tomo nono, serie terza. Dispensa seconda. Venezia 1863-64. — I Ditteri distribuiti secondo un nuovo metodo di classificazione nata- rale da Paolo Lioy, pag. 487. (Vita dell’ Universo, C. XIII, 586). Idem, ibidem, pag. 197-98. 429 mandibole o con Jurine secondo la disposizione delle nervature delle ali, qual miracolo d’ inutilità non dovrà risultarne? Adanson, il valente bo- tanico, che, non meno di Tournefort, deplorava cotesta mania di sistemi, per farsene beffe, fece vedere ch’egli era capace di formarne una settan- tina. Quella elevatissima quercia che regina de’ monti confonde colle nu- vole la sua vetta gigantesca, palazzo di verzura fra cui l’usignolo fa udire la sua canzone, asilo di mille e mille esseri che da essa succhiano la vita come da una grande madre, per un sistematico non è quella quercia ‘che una pianta della monecia poliandria, che differisce un nonnulla dall’umile ortica pe’ suoi stami e pe’suoi pistilli. Se un naturalista viaggiatore ci dice di aver ritrovato nelle lontane regioni che percorse, una pianta, che ha tanti stami e tanti pistilli, o un insetto le cui mandibole sono formate ‘nel tale o tale altro modo, ben poca idea possiamo noi formarci di que- sti esseri, e nessun vantaggio ne ricava la scienza registrandone il nome ‘ne’ suoi cataloghi. Ma se quel viaggiatore sapendo apprezzare il metodo naturale ne dice che la pianta ritrovata è per esempio una graminacea, 0 una composita, o una conifera, avremo già da questa sola indicazione una stretta conoscenza colla pianta stessa, potendola confrontare coll’ immagi- nazione a quelle altre indigene che legato ad essa dai vincoli di una affi- nità naturale, ne partecipano probabilmente le relazioni coll’universo. » Il metodo (mi sia permesso valermi di una comparazione volgare ma chiara) il metodo è il metro e la bilancia con cui si misurano e pesano le somiglianze e le differenze che passano da uno ad altro organismo; ì diversi spazì in che si divide e suddivide la riga del metro, .il braccio 0 giogo della bilancia rispondono alle maggiori e minori categorie del me- todo. Ora seguitando 1’ esempio del sistema metrico, nessuno potrà dire che il metro e il grammo sieno quantità arbitrarie ed artificiali, cioè non esistenti in natura, ma si dirà soltanto che sono ideali, ricavandosi il primo dalla diecimilionesima parte di un quarto del meridiano terrestre, e il secondo dal peso di un centimetro cubo di acqua distillata a 4° di temperatura, cioè da cose che hanno una realtà in natura. Altrettanto vale della specie e delle categorie. Come poi il metro ed il grammo servono per unità di misura e di peso sulla quale si stabiliscono le superiori 0 inferiori misure e pesi, o l’intero sistema decimale, così ancora la spe- cie, levata dai caratteri, serve per unità tassonomica, su cui si stabiliscono le altre categorie ascendenti e discendenti, e tutto quanto il metodo ; la specie, ripeto, è la pietra fondamentale dell’ edifizio. Il metodo naturale è urico (a differenza dei sistemi !) è universale (al contrario di quelli ); vale a dire dev'essere il compendio e lo specchio di tutte le nostre cognizioni, ed è mestieri per questo che tutte quante ‘le scienze, embriologia, anatomia , fisiologia ecc., nessuna eccettuata, gli forniscano gli elementi per una grande sintesi. Se non che la incomple- tezza e la irrazionalità di tutte le nostre classazioni, sono evidenti. Esa- “miniamo la prima: dipende e dalla scarsità delle nostre cognizioni, e dal 1 Di questi se ne può inventare fin che si vuole, giacchè dalla considerazione di ciascun organo, e sotto qualunque punto di vista lo sì consideri, se ne può ca- vare altrettanti sistemi. Ma non può esservi che un solo metodo naturale, il quale non dipende dai botenaci, che non possono creare, ma solo scoprire. De Jussieu, Botanica, 455. 9 130 a non essersi tenuto conto di tutti i caratteri di cui si poteva. Il primo inconveniente viene ogni giorno più remosso dal progresso della scienza, ma il maggior male sta nel secondo. I materiali che abbiamo, sarebbero, io credo, sufficienti per una tassonomia razionale: tutto sta a saperli usu- fruire, adoperando non solo i caratteri esterni, ma e gli embrionali sopra tutti, e gl’interni, anatomici. Non si può dubitare della efficacia e bontà di questi, adoperati anche da soli, dopo che Léon Dufour ha provato che una classazione strettamente anatomica è possibile, anche facile, ed utile sempre !. Dirò più, non solo i caratteri anatomici, ma anche i fisiologici, anche quelli levati dalla distribuzione geografica e dai costumi, potrebbero adoprarsi, e parecchi esempî ne abbiamo; nessun carattere in sostanza, purchè possibile, dovrebbe trascurarsi, ne sia pur poco il valore. Più che il metodo si avvicina a questa grande sintesi, più è perfetto, nè importa che cresca in tal modo di estensione e di difficoltà per intendersi o per costruirsi; primo, perchè potrà sempre nell’ uso comune :venir sostituito da metodi o da sistemi abbreviati, secondo poi, perchè più è ben fatto, più è l’arte con che venne elaborato, più giuste idee ci darà della dignità gerarchica delle forme di vita, onde cerchiamo il posto, e con più preci- sione ci additerà questo; oltre che la maggiore ampiezza del metodo ri- chiederà nell’impiegarlo un maggior tempo, è vero, ma che sarà compen- sato da cognizioni più numerose e più razionali: nè poi è sempre vero che le cose più lunghe sieno più difficili, ma il contrario, quando cresca con la lunghezza anche la semplicità e la razionalità. Riguardo a questa se i sistemi son tutti empirici, il metodo naturale, che pur non dovreb- be, lo è quasi altrettanto. L'applicazione della teoria di Darwin alla tas- sonomia la rende razionale, completa, e rende razionale quel metodo che, presentito da Linneo, iniziato da Bernardo De Jussieu e da Adanson, forma la gloria di Antonio Lorenzo De Jussieu, nipote del primo. Metodo razionale e genealogico. — Come per determinare la specie, oltre il criterio morfologico e fisiologico ve n’è un terzc, 0 genealogico (che rammentiamo consistere nell'embriogenia e nella discendenza in ge- nerale, più strettamente ancora nella discendenza darwiniana), così in un metodo ch’esser volesse razionale, parimente adoprar si dovrebbero questi tre criterì, forma, funzione, e discendenza (presa in tutti i sensi): que- st’ultimo sovra tutti. Una classazione che escluda il secondo criterio ed il terzo, si condanna alla irrazionalità e alla incompletezza ad un tempo, essendo che la pura forma non ispiega sempre la funzione e la discen- denza, anzi neppur tutte le forme possono spiegarsi morfologicamente. Tale è il caso di quelle forme che non.hanno un uso necessariamente a | loro legato (omologie), nè originariamente (omologie ancora), e che si | spiegano coll’adattamento, o, in una parola, con la funzione e con la di- scendenza; mentre le analogie (forme legate ad una funzione, e da que- sta determinate, o, se si vuole, originate) si spiegano benissimo con la funzione stessa. Altri casi si presentano, ne’quali certe forme non si spie- _ gano fisiologicamente, non trovandovisi veruna specie di analogie; tali 1 Recherches anatomiques et physiologiques sur les Hémiptères, accompagnées de considérations relatives a l’histoire naturelle et a la classification de.ces insectes; par M. Léon Dufour ete. Paris, 1855, pag. 555, XIX planches. — Vedi da pag. 276 | a 290, Essai d’une classificalion anatomique des Heémiptéres. È 134 sono le forme che altra volta servirono, ma oggi non servon più, gli or- gani rudimentali ecc. Possono bensi tali forme spiegarsi morfologicamente riducendole ad omologie, ma la discendenza, in ultima analisi, sarà quella che spiegherà sempre tutto, purchè, s’ intende bene, convenientemente ap- plicata, cioè in modo da mostrarci i diversi gradi di modificazione, che le forme subirono a poco a poco. L'affermazione del Darwin ‘'.che la comune discendenza, è il segreto le- game tra Îe forme invano cercato da tutti i naturalisti, tende a risolvere la questione che il metodo naturale pone: quale sarà il piano di creazione? Essa la porta sopra un terreno più positivo, formulandola così: quale sarà la di- scendenza? da qual forma sarà questa venuta? quali saranno i suoi progeni- tori? ma non basta: con quali mezzi si sarà modificata, allontanandosi così sempre più da quelli? Quì non si tratta d’ immaginare una risposta, ma di trovarla, cioè d’interpretare o scoprire que’ fatti che ce la diano soddisfa- cente, onde qualunque sieno Je difficoltà, abbiamo sempre un modo pra- tico di vincerle, i fatti. Dovendo invece trovare un piano di creazione, non avevamo nessuna base per le nostre ricerche, non conoscevamo nes- suna strada che ci menasse con sicurezza allo scopo, dovevamo andare, per così dire, a caso. Ammessa la discendenza comune, ritenendola con Darwin la sola causa conosciuta della somiglianza degl’esseri, l’analisi delle forme ci potrà fare indurre fondatamente la loro discendenza e le mo- dificazioni successivamente provate; scoperta la discendenza é raggiunto lo scopo del metodo naturale. Che l’ induzione possa pigliar posto nelle ri- cerche di Storia Naturale, e che fondandosi sopra una razionale interpre- trazione delle forme, possa farci scoprire la reale discendenza, e con essa la ideale gerarchia degli esseri, è stato provato da un esempio tanto splen- dido, che si può dir non ci lascia più dubbio nessuno a tal riguardo. L'esempio cui faccio allusione, questa grande vittoria e della teoria di Darwin e della tassonomia, consiste nelle ricerche di Fritz Miller sui Crostacei: 2 esse saranno sempre memorabili, imperocchè mercè 1’ indu- zione, mercè la supposta discendenza comune, mercè la teoria darwinia- na, egli spiegò le loro affinità, del tutto inesplicabili in altro modo. Ora se così bene risponde la pratica alla teoria, chi sarà che dubiti della sua verità ed utilità? L’ esperienza, cui tante volte si fa appello dagli avver- sarî, dev’ esser quella che convaliderà le nuove vedute, la cui applicazione se vera ed utile in ogni ramo di scienza, verissima ed utilissima sì parrà nella tassonomia. Le imperfezioni che si trovano nelle nostre classazioni scompariranno 0 diminuiranno, cesserà quel perpetuo loro ondeggiamento, quando si abbandonino i falsi criterî che ci servono a costruirle ora, quan- do le si basino sui nuovi e più veri. Il criterio da ritenersi è la ricerca 1 Origine delle spiecie ecc. XIl, 529. — Credo che in fatti sì sottintende qual- che altra cosa e che la prossimità (hi discendenza, — la sola causa conosciuta della ‘ somiglianza degli esseri organizzati, è il legame che in parte è manifestato dalle nostre classificazioni, e che ci è nascosto dai diversi gradi di modificazione. Ivi, 5553-54. — La discendenza comune è il segreto legame che i naturalisti vanno cercando inavvertitamente e non già qualche ignoto piano di creazione, ov- vero l’enunciato di proposizioni generali, o il solo scopo di riunire insieme e di separare oggetti più o meno simili. 2 Fir Darwin. Von Fritz Muller. Mit 67, figuren in holzschoitt. Leipzig, verlag von Wilhelm Engelmann. 1864. pag. 1-94. 132 della discendenza, la scoperta da farsi è la comune discendenza ‘’modifi- cata. Il metodo naturale vaga troppo spesso nell’ indeterminato ,' ‘allorchè deve interpetrare i caratteri, ‘co’ quali si forma oggi la classificazione, ‘e li accozza sénz’ altro; ma ora come potrebb’essere altrimenti? Se sì ri- tiene invece la discendenza modificata, la classificazione non riuscirà un accozzo di caratteri, un aggregato di forme ‘di vita, ma un ragionato or- dinamento di forme, che chiamerò ‘gerarchia organica. La conoscenza della filiazione dei viventi allontana tutte Quante le cause di quegli errori tassonomici, che abbiamo sopra enumerati, essa ‘è la massima riprova ‘della bontà, della sicurezza di una classazione. Lo ve- diamo in quelli di cui si conoscono le fasi evolutive, in quelli di cui sap- piamo la provenienza, nelle razze domestiche o coltivate ad esempio. Adun- que la genealogia sarà l’idea madre della tassonomia darwiniana, e ‘1’ ul- timo suo fine. Avendo dimostrata, nel capitolo sulla Morfologia, la realtà dei con- cetti di progressione, perfezione , regresso, bisogna naturalmente farne l'applicazione alla tassonomia. Così pure se l’ embriologia ci mostra ‘ufia evoluzione delle forme, e la ‘paleontologia una successione delle medesime nel tempo, se queste due scienze sotto tanti aspetti corrono parallele ‘e tra loro, e con la tassonomia, è mestieri che si mostri tale parallelismo “dove è più opportuno, dove pùò maggiormente avvantaggiare ‘tutte e ‘tre, come nei tre concetti summenzionati. Questi dunque debbono entrare e molto nella classazione, subordinando prima i caratteri, poi le categorie diverse, e trovando, molte volte, motivi di subordinazione anche tra quelli e queste, che sembrano dell’ ordine stesso. Siffatta subordinazione non dev’ essere solo empirica, come sinora fu, ma anche razionale; sitcome poi ho detto, i caratteri nou devon esser soltanto di forma, ma di fun- zione altresi, e molto più di discendenza, così la subordinazione di questi e delle categorie. La perfezione degli esseri o de’ loro caratteri si misurerà nel modo che ho esposto trattando della Morfologia, modo che non si ‘applica solo alla pura forma ma eziandio alla fanzione e alla discendenza; le altre ‘leggi di progressione e di regresso hanno pure questa triplice applicazione. In ordine alla legge di progresso noterò, le categorie dover esser ordinate in série progressiva, ascendendo dalle forme semplici alle complicate, dalle meno alle più perfette, dalle ‘più ‘antiche alle ‘più 're- centi, dalle meno alle più modificate, dalle più generali alle più diffe- renziate , imitando , per così dire, l’ ordine sintetico della natura che passa dal meno al più in ogni cosa : regole simili si terranno rispetto ‘alla re- gressione. La serie e il tipo hanno pur relazione alla tassonomia, impe- rocchè ogni categoria è o dovrebb’ essere una serie, e tutte insieme for- marne una, come vedremo in appresso. Il numero di queste serie corri- sponde a quello delle categorie, che però è arbitrario, in quanto che ognuna, razza, specie, genere e via dicendo , può dividersi in tante sotto- razze, sotto-specie, sotto-generi, quante a noi fa comodo; ea ciascuna di tali divisioni corrisponderà una serie. Il grado, valore, rapporti allo spazio ed al tempo, di tutte coteste serie son mutabili , come quelli delle rispettive categorie; identica è la natura delle diverse serie, come quella delle varie categorie. Ogni categoria forma un tipo, e tutto ciò che di questo abbiamo detto ha sua applicazione alla tassonomia, anzi questo accade di tutte quante le leggi morfologiche, simmetria, analogia, omo- 133 logia, ripetizione, graduazione, e sarebbe soverchio ripeter per ciascuna ciò che, per le principali abbiam precisato. Un’ ulfima importante avver- tenza. Il trattare separatamente le forme viventi e le fossili, quelle di un paese e quelle di un altro, se è comodo in pratica, non lo è punto in teoria, inducendo nella classazione lacune, irrazionalità, ed errori di ogni fatta, cose che avvengono altresì per l’uso di trattar separatamente la sistematica, e l’a- natomia , la fisiologia, e 1’ embriologia di uno stesso gruppo, che invece dovrebberò trattarsi tutte insieme. In ogni specie, per esempio , prima si descriveranno le parti esterne, su cui si fonda la sistematica , poi la strut- tura interna, indi la istiologia, appresso ad una ad una le sue funzioni, poi il suo sviluppo, la distribuzione geografica, stazione e abitazione, i costumi, la statistica, le malattie, l’uso: lo stesso si farà più in gene- rale per ogni genere, famiglia, ordine, classe. Non sì trascurerà nessuno dei mezzi che valgano a rendere una classazione completa al possibile, ciò che non si può mai raccomandare abbastanza. Tutto quello che ho finora esposto non è altro che un mio deside- rio, qualcuno dirà un’ utopia; ma l’ utopia dell’ oggi sarà la realtà del domani, come l’utopia di ieri è la realtà di oggi, ! e alla mia mente si presenta con ineluttabile evidenza tutto ciò quale risuitato lontano ma sicuro della teoria darwiniana nella tassonomia. Se vi è parte in che le applicazioni di detta teoria sieno, dirò così, pratiche, parte in cui più presto che altrove debbano vedersene le conseguenze, si è dessa, per quanto c’ingannino le apparenze che ce la mostrano nociva e sovverti- trice qui appunto, più che altrove, e per quanto gli avversari sieno nu- ‘merosi più trai sistematici, che fra gli altri naturalisti, dei quali anche son quelli forse la più numerosa falange.-A me basta di essermi studiato di dimostrarla e propugnarla con le ragioni che mi sembrarono più va- lide. Ammettere la variabilità, anzichè la variabilità limitata, o I° invaria- bilità della specie, è lo stesso che spostare il centro di gravità della Sto- ria Naturale, e della tassonomia particolarmente, è lo stesso che met- tere (non voglio dire rifare) l’una e l’altra su nuova base. Accettando la filiazione della specie, si amplia, si corregge, si rende razionale il me- todo, si riduce naturale di nome e di fatto: ma tutto questo ci porta a tante alterazioni, a tante novità, che non pare, e forse non è più lo stesso ; il perchè non ho potuto restistere alla tentazione di accennare quale, secondo il mio debole parere, dovrebb’ essere il metodo dell’ av- venire, nè mi peritai di esporre francamente il mio pensiero, dovesse pur venirmene taccia di ardito e peggio. Il nuovo metodo piglierebbe per fondamento la teoria del Darwin; ma, si dirà, come pigliare per fon- damento ciò che non è dimostrato? Ecco come: o ammetterla nel vero senso della parola. come fa chi n° è persuaso, o ammetterla ipotetica- mente e provvisoriamente. Se dovesse darglisi un nome, mi par che altro non potebbe convenirgli se non quello di metodo razionale e genealogico, e potrebbe definirsi così: Il metodo razionale e genealogico è quello che ha per fondamento la trasformazione delle specie, per mezzi la razionalità e la universalità , per fine la genealogia degli esseri organici. Esso molto meglio assegue il doppio fine teorico e pratico della ! Filangieri. 134 tassonomia, che ho già detto. Milne Edwards! paragona la ricerca del posto e del nome di una specie ignota al compito del dover portare una lettera ad ignoto cittadino: Adriano De Jusseu ® assomiglia 1’ utililità del- l'ordinamento tassonomico a quello degli eserciti: il Bombicci 3 porta l'esempio dell’ordinamento dei libri d’una biblioteca, ove si possono di- sporre a seconda delle materie , degli autori, dell’ edizione, grandezza ecc. o secondo tutte coteste cose insieme: il Delpino ‘ quello pure arbitrario dei ciottoli di un fiume, secondo natura minerale, figura, peso ecc. Lin- neo ° paragona le affinità nel modo naturale agli scompartimenti territo- riali (come fa pure il De Jussieu), comparando poi le divisioni del siste- ma a quelle della geografia, della milizia, della filosofia, e quelle della sinopsi a divisioni numeriche arbitrarie, quelle del sistema invece a de- cimali : il Parlatore © fece pure il paragone delle affinità naturali con una giogaia di monti, Paolo Savi 7 ed il Brown 8 con una rete, Antonio Lorenzo De Jussieu® con un fascio di verghe, e più inesattamente di tutti Bonnet !° con una catena; infine Adriano De Jussieu !! fece la bella comparazione dell’albero , ripetuta più giustamente ancora dal Darwin. '? Ognuno di que- sti paragoni è più o meno vero, ma tutto vero è l’ultimo soltanto , vuoi rispetto al concetto gerarchico (Jussieu), vuoi rispetto a questo e al ge- nealogico insieme (Darwin): l'albero genealogico infine è una perfetta immagine della tassonomia. Ne riparlerò. Espressioni grafiche. — Passo ora alle particolari espressioni grafi- che. La tavola sinottica od analitica, è secondo Linneo, una dicotomia arbitraria, e il metodo dicotomico o analitico di Lamarck, stato applicato poi alle piante e agli insetti, ai minerali ancora, non è altro, che la stessa elevata a proporzioni più grandi. Nella prima e nel secondo le divisioni son talora più di due, più lunghe e più corte. La chiave, a detta di Linneo, differisce dalla sinopsi perchè fatta a regola d’arte. Il quadro sinottico, detto anche sistema tabulare, diversifica dalla tavola analitica, perchè diviso in tanti quadrati irregolari, che, volendo, posson farsi altresì regolari: corrisponde al metodo parallelo, di cui ha tanto parlato Geoffroi-Saint-Hilaire ; '* le divisioni sono infatti parallele e nel senso ver- ticale e nel senso orizzontale. Una combinazione tra la tavola sinottica ed analitica (che non è divisa in quadrilateri) ed il quadro sinottico propria- mente detto, è stata da me immaginata e non è difficile, avendo cura di disporre parallelamente nel senso verticale le linee che la compongono. Si ottengono così il vantaggio della dicotomia, come nella prima, e quello del parallelismo, ma in un senso solo, come nel secondo. ==; 1 Zoologia elementare. 2 Botanica elementare. 3 Corso di Mineralogia. 4 Pensieri sulla biologia vegetabile ecc. 5 Philosophia botanica. 6 Botanica comparata. 7 Ornitologia toscana. 8 Flora della Nuova Olanda. 9 Genera plantarum. 10 Contemplation de la nature. 11 Botanica elementare. 12 Origine delle specie. 13 Histoire naturelle generale ete. 135 L’ Haeckel ha tentato di costruire veri alberi genealogici togliendone VP idea dalla tavola che si trova nell’ Origine delle Specie, ed essendo il primo saggio di tal genere, non occorre cercare fino a che punto vi sia riuscito. L'idea è buona, ed io pure me ne son molto occupato. Le mi- gliori tavole dell’ Haeckel e le più artificiose sono la VII, lac IV eagle (volume secondo), ma mi è sembrato che possono perfezionarsi anche di più. Nelle due prime citate, che sono anche le più grandi, divisioni oriz- zontali di larghezza ineguale segnano i periodi geologici, e tra l'una e l’altra ne intercedono altre quasi sempre più piccole, che stanno a in- dicare le lacune esistenti tra l’uno e l’altro di questi ; delle divisioni ver- ticali vi sono appena traccie nella tavola Vil. e I. Nella cornice del qua- dro, per così dire, cioè nell’estrema verticale divisione a destra e a si- nistra sono scritti i nomi dei periodi, e degli ante-periodi o lacune, nella divisione marginale superiore orizzontale quelli delle varie sezioni tas- sonomiche: manca la divisione marginale inferiore. Linee curve formano la figura dell’albero, e i nomi dei rami o ramoscelli sono scritti orizzon- talmente in carattere ordinario più o meno grande, o in corsivo. Per perfezionare questi alberi genealogici ecco quel che bisognerebbe fare. Dividere la tavola in tanti sezioni verticali e orizzontali parallele, che se disuguali formano quadrati disuguali e irregolari , se uguali li fanno uguali e regolari come nella scacchiera ; serivere nella cornice, cioè a destra e sinistra, da una parte i periodi geologici, e gli ante-periodi o lacune, dall’al- tra qualche altra cosa , ad esempio la distribuzione geografica ; nella parte superiore od inferiore della cornice, ovvero margine, indicare altre cose p. es. lo sviluppo e metamorfosi in un luogo, le particolarità anatomiche e fisiologiche in un altro, talchè in ciascuno dei quattro lati, al più, si avrebbe una indicazione diversa. La figura dell’ albero non dovrebbe esser fatta con linee, anche più o meno ingrossate, ma coi nomi stessi delle categorie tassonomiche, avendo cura di scegliere per ciascuna , secondo l’importanza sua, caratteri diversi, e sempre più piccoli, talchè digra- dando dal basso in alto formassero il tronco, i rami, i ramoscelli. I ca- ratteri potrébbero essere maiuscoli, minuscoli ordinari, corsivi, e di ogni maniera, avvertendo però nei secondi e nei terzi di sopprimer sempre la maiuscola iniziale, perchè così riuscirebbero uniformi, e sì riparmie- rebbe spazio. I rami potrebbero biforcarsi a due, a tre, a quanti piace, ma dowrebbero essere rettilinei, giammai curvilinei, e ciò per economia di spazio, come pure per indicare colla divergenza la maggiore o minore affinità. Nel caso poi che i quadrati della tavola fossero regolari, almeno in un senso, potrebbe spingersi maggiormente la precisione , misurando esattamente l’angolo di divergenza, e la lunghezza dei singoli rami, mi- sure cui potrebbe applicarsi un significato convenzionale. Le tavole po- trebbero rendersi ancora più complicate per mezzo di colori od altro, ma basta quanto sinora ho detto per mostrare la possibilità e l’ utilità di segnare e di vedere in una occhiata molti e molti rapporti combinati in un albero genealogico: il trattenermici troppo a lungo parrebbe presso qualcuno un lambiccarsi la testa ìn freddure. Una somiglianza all’ albero genealogico ci è offerta anche dalla tavola analitica guardata lateralmente da sinistra a destra, e con più precisione ancora nella combinazione da me già indicata. Alcuni immaginarono classazioni con certi rapporti di nu- mero particolari , cioè classificazioni ternarie (Carus), quinarie (Swainson), 136 senarie (Fermond), disponendole poi in circoli concentrici, come il pri- mo, 0 in gruppi circolari o concentrici, come gli altri due; mi basta di ricordarle, non avendo del resto nessun valore. II. Epitassi. — Im ordine a quel parellelismo che ho asserito tro- varsi non solo tra ciascuna scienza, ma trai singoli ordini di fatti che compongono l’ una, e quelli dell’altra, indico con questo nome la pro- gressione nella tassonomia, fatto parallelo alla progressione propriamente detta nella Morfologia. L’ ho già dimostrata nei fatti parziali, cioè nello sviluppo delle categorie, e di tutta la classazione, ho detto in generale che la serie, la progressione, e tutte le leggi morfologiche si riscontrano nella tassonomia, vi ho fatto allusione nei rapporti che i cicli genetici hanno alla tassonomia, e in quelli che la legano alla successione geolo- gica. Non ho immaginato nuovi nomi per esprimere la stessa cosa, am- bizione che non ho punto, e da cui anzi rifaggo come da un vero in- conveniente, sibbene per esprimere un ordine di fatti diverso, nel quale cotesta legge morfologica si manifesta. L’epitassi è, come chi dicesse, una evoluzione progressiva nel tempo, vuoi della specie e di ciascuna categoria in sè, vuoi di tutte insieme; suoi caratteri sono la successione e più gradi di perfezione, o a dirla in una, la successione di; più gradi di perfezione. Ma si dimanderà, come fa la specie in sé a perfezionarsi? Dico che la specie in sè rimane la stessa, se subisce gradi di transizione minuti e transitori, chè se questi son grandi e durevoli, allora la specie si perfeziona diventando un’altra. Dicasi altrettanto delle altre categorie. Metatassi. — Risponde alla perfezione. Sarebbe la somma. prosperità: della specie; accade quando la specie è in fiore. Si misura con gli stessi criterî della perfezione, e come questa, se vi si attacca l’idea di tempo, fa una cosa sola con la progressione, così la metatassi con |’ epitassi. Si prova molto meglio la perfezione comparando due gruppi , due categorie, che due soli organismi, molto meglio quanto più il gruppo è numeroso. I rapporti di numero, di spazio , di tempo, restano identici nelle tre, di- visioni ch’ esaminiamo , come nelle morfologiche loro parallele; dico nelle morfologiche, ma potrei dire altresì nelle fisiologiche , embriologiche ecc.; in tutte in sostanza; accenno le morfologiche perchè più generali. L’obie- zione contro la realtà della metatassi si risolve facilmente, come nel caso precedente, essendovi gradi sottili, e spesso ignoti a noi, di perfezione come di decadenza entro i limili di una stessa unica specie; lo provano le variazioni leggerissime che pur decidono della vita degli organismi nella lotta per l’ esistenza. Catatassi. — Regresso, decadenza delle specie e delle categorie. Pa- rallela alla regressione di cui segue la legge , reale pei medesimi fatti che provano quella, parassitismo , metamorfosi regressive, degradazione di or- ganismi e gruppi. Vale anche per questa quello che ho detto della epi- tassì : la specie regredita si estingue o diventa un’altra, si trasforma, cosicchè nemmeno il regresso può oltrepassare certi limiti, che sono in questo senso, ì limiti stessi della specie. CapiTrtoco EV, PALEONTOLOGIA. Non entra nel piano della Natura lo scrivere dappertutto - e in tutti i tempi le sue memorie autobiografiche. LYELL, Antiquity of Man etc. 1863, Ch. XXII, pag. 448. SOMMARIO I. CAUSE ATTUALI — FOSSILI, LORO DISTRIBUZIONE E SUCCESSIONE — CRONOLOGIA GEOLO- GICA — CRITICHE — LACUNE — SVILUPPO PROGRESSIVO —— PARALLELISMO EM; BRIOLOGICO. — MUTAZIONE CONTEMPORANEA — SUCCESSIONE ANALOGA. Il. AUMENTO — DOMINIO -— DECADENZA. I. Cause attuali. — Nel cominciare la trattazione della teoria Darwi- niana di fronte alla geologia mi corre obbligo di dir qualche cosa sulla, dottrina delle cause attuali, ossia della continuità, dell’ attualità, della evo- luzione del globo, per così dire, in opposizione a quella dei cataclismi, dei parossismi, delle rivoluzioni del globo. Sbandite le ipotesi astronomi- che, i cataclismi, le azioni violente generali d’ ogni maniera, la moderna geologia accettò per suo fondamento quella dottrina che può formularsi così: Hodierni temporis terra geologiam docet praeteriti. ' Carlo Lyell che se ne fè propugnatore quarant’ anni or sono, finì col persuadere ai più che non ebbero mai luogo nella storia del nostro pianeta, que’periodi al- terni di riposo e di azione, quelle rivoluzioni estese a tutta o alla mag- gior parte della superficie terrestre, e che le azioni violente accadero in ogni tempo, e pressochè con eguale misura, furono sempre circoscritte come oggi, parziali non generali. Troppo lungo sarebbe far la storia de- gli errori dissipati, dei preconcetti rovesciati, delle stranezze messe a terra da simile teoria, come dei vantaggi che arreca ed arrecherà alla scienza, di cui la è una conquista definitiva. Gli studì sperimentali sull’ origine dei minerali e delle roccie, quelli sui fenomeni grandi e piccoli della vulca- nicità, sulla deposizione e formazione delle roccie idriche, sul metamorfi- smo, sulle cause e sui processi della fossilizzazione e conservazione dei resti organici da un lato; e dall’altro l’osservazione di tutte le cause di natura atmosferica, acquea, e ignea, o di azione fisica, meccanica, chimica, le quali di continuo sono all’ opera per modificare (coll’abbattere e di- spergere i materiali, o invece depositandoli e accumulandoli ) la superfi- cie terrestre, talchè questa viene, per così dire, ad essere rimodellata in capo a lunghissimi periodi: tutti questi e infiniti altri fatti somministrati dalla mineralogia, dalla litologia, dalla stratigrafia, dalla geologia propria- mente detta, dalla paleontologia, dalla geografia fisica , son bastati a porre il suggello della verità al principio delle cause attuali. Omai si può affer- maro che qualunque progresso faccia la scienza sarà sempre nel senso delle cause attuali. Il principale sostegno all’ ipotesi dei cataclismi deriva dalle vecchie Re ! Friedrich, Mohr, Geschichte der Erde, Bonn 1866. 138 opinioni vulcaniche e plutoniche, per esempio, di un nucleo centrale ar- dente o fluido, e simili. Loro insussistenza si par manifestamente da più lati. Theoria plutonica plethora laborat , dice egregiamente il succitato Mohr. E vero che nulla di meglio forse si è trovato ancora da sostituire, impe- rocchèé, a mio credere, lunga e difficile per più conti è la formazione di una ipotesi plutonica generale; dico: lunga, perchè abbiamo sinora troppo pochi materiali, e troppo poco sperimentali, difficile. perchè dovrebb” es- sere l’opera comune del geologo e del matematico. Il primo dovrebbe fornire i dati che posson levarsi dalla chimica, dalla mineralogia, dalla li- tologia, dallo studio dei vulcani, del metamorfismo, e dati non induttivi, come fin quì, ma positivi, cioè osservativi e sperimentali: il matematico potrà coadiuvarlo con argomenti di altro genere, con calcoli, come si - pratica in fisica ed in astronomia, nelle quali scienze vi è un doppio e- lemento, osservativo e sperimentale da una parte, matematico dall’ altra, che si giovano a vicenda. Ora è difficile, ripeto, tutto ciò, e per sè, e perchè i criterì positivi ed ipotetici son tolti da scienze tanto differenti, e maneggiati da diversi scienziati che ben di rado si troveranno d’ accordo. Del resto i calcoli e le ipotesi matematiche hanno quasi sempre fallito in geologia, p. e. nella spiegazione del periodo glaciale e della sua dura- ta, dove han dovuto cedere il campo ai semplicissimi argomenti tratti dalle cause attuali. La teoria di Laplace è quel che resta di meglio fra le mille ipotesi matematiche, le quali nel secolo passato e nel presente nacquero all’ alba per morire al tramonto. Queste spesso si basano sopra pochi fatti di un ordine solo, spesso sopra un fatto unico, al quale applicando il calcolo e generalizzandolo, sì formano teorie grandiose e appariscenti. Ora nè un fatto unico, per quanto sia importante e vero, è nemmeno molti fatti ma di un ordine solo, bastano per una teoria scientifica o geologica. Chi ci dice che quel- l’uno o que’ pochi fatti sieno la regola e non piuttosto 1° eccezione? chi ci dice che siano universalmente veri nello spazio e nel tempo, o invece che non si verifichino se non fra cerli limili solamente dell’uno e del- l’altro? chi ci dice che un solo o pochi altri fatti opposti ai primi, non invalidino e la loro azione, e le nostre conclusioni? Simili critiche pos- sono moltiplicarsi all’infinito per ogni teoria matematica, tanti sono i lati deboli che presenta. Ora le macchie del sole, ora il preteso urto delle comete, ora la diversa inclinazione dell’ asse terrestre sull’eclittica, ora la gravitazione delle acque ai poli, ora i cambiamenti di clima, e la di- versa costituzione dell’ atmosfera, ora i laghi di fuoco e le maree pluto- niche, si tornano di qando in quando ad invocare, senza riuscire a nulla. Un calcolo fonda la teoria; un altro la distrugge. Ma vi è forse nella scien- za un principio, che può esser fecondo di applicazioni anche alla geolo- gia, ed è il principio della correlazione delle forze. Mohr, ad esempio sug- gerisce la possibilità di spiegare il calore intorno della terra colla teoria meccanica del calore, cosa che merita attenzione non tanto per la novità ed arditezza, quanto perchè prende una base buona e vera. Checchè ne sia noi distingueremo accuratamente la geologia da quelle speciose spe- culazioni non geologiche, ma cosmogoniche e geogeniche, che saranno bel- lissime, ma che non hanno altro fondamento se non la fantasia degli in- ventori, e la credenza dei loro partigiani. La geologia è scienza dove l’ in- duzione ha gran parte, ma sempre si fonda su fatti e molti; se ve n° è 139 una che possa a ragione dirsi positiva e induttiva è dessa, perchè è portata a tal grado di probabilità che rasenta la certezza; la geologia è tutta un calcolo di probabilità. La teoria della discendenza modificata è connessa a quella delle cause attuali; dirò più, è la teoria delle cause attuali applicata al mondo orga- nico. Le cause attuali posson distinguersi in distruttive e restaurative; le une e le altre hanno tre caratteri, lentezza, intermittenza, discontinuità: infine le cause attuali, coloro caratteri, convengono tanto alle roccie che ai fossili. La litologia ci mostra quanto lenta sia la disaggregazione delle roccie solide, quanto piccolo sia il deposito delle materie sciolte 0 s0- spese nell’ acqua, quanto tempo e quante condizioni si richiedono per il consolidamento degli strati, per esempio il calore, la pressione ecc. Ma mille e mille cause si oppongono poi alla conservazione degli strati: solo localmente e per eccezione si conservano, la materia dei vecchi servendo per farne de’ nuovi. ' Così le formazioni geologiche sono discontinue nello spazio e intermittenti nel tempo. Quel che si dice delle roccie vale tanto più per i fossili che vi sono inclusi, essendo che alle cause, le quali ren- don rara la formazione e conservazione delle prime , altre molte se ne aggiungono che impediscono ai resti organici di venir sepolti, e, quand’an- che ciò avvenga, conservati. Per farsi quindi una idea della gravità di tali e tanti ostacoli sarebbe d’ uopo, oltre le condizioni litologiche, passare accuratamente in rivista quelle della fossilizzazione, le quali son così nu- merose e svariate che il Lyell consacra ad esse ben quattro capitoli dei suoi Principî di Geologia. ® Le variano dalle piante agli animali, da gruppo a gruppo nelle une e negli altri; son diverse nei carnivori e negli erbi- vori, negli abitatori delle acque o della terra e via dicendo: tale diversità può esser favorevole o contraria alla fossilizzazione, donde la prevalenza di tale o tale altro gruppo di organismi tra i fossili di tale o tale altra località. Le abitudini, la distribuzione geografica, stazione e abitazione, in sostanza tutte le relazioni degli esseri col mondo fisico ed organico, han- no lor riscontro nella frequenza o rarità de’ fossili, e ci aiutano a circo- scrivere l’azione del caso, ma non ad eliminarla. Le cause della fossiliz- zazione sono infinite; enumerarle tutte sarebbe lunga opera e fuori del mio proposito. Tutte quelle che producono la morte degli animali sono spesso cause di fossilizzazione, per esempio, i terremoti, le inondazioni , le frane, e simili. Le acque, i venti possono essere altre cause, traspor- tardo e spingendo i cadaveri; son pure altre cause le sabbie dei deserti, le deiezioni vulcaniche, le torbe. Perchè vi sia fossilizzazione occorrono due elementi, uno organico, che è ricoperto , l’ altro minerale che lo ri- copre; occorre coincidenza di luogo, simultaneità di tempo fra loro. Per- chè i fossili sepolti si conservino occorre che sieno protetti contro gli agenti atmosferici. Si conservano poi allo stato loro naturale, 0 quasi, come le ossa e conchiglie, ovvero si trasmutano, come le piante In car- bone; altre metamorfosi si osservono di sostanze convertite in silice, in carbonato di caice, in pirite, e via dicendo. Fossili, loro distribuzioue e successione. — La estensione sulla quale sono distribuiti i fossili in larghezza, nel senso orizzontale dei terreni, è 1 Lyell, Antiquity of Man, A865, Ch. XXH. pag. 448. 2 Decima edizione, Vol. II, 1868, Ch. XLIV, XLV, XLVI, XLII. 140. molto varia. Le conchiglie ed altri fossili marini hanno più larga diffusione di tutti gli altri, e questo sì spiega facilmente, sì perchè gli organismi; marini hanno in generale una più ampia distribuzione geografica dei lacustri e fluviatili, o dei terrestri, sì ancora perchè le formazioni fossi- lifere sono per la maggior parte marine. Vengono in ultimo luogo i fos- sili e formazioni terrestri come le dune. Però la massima parte delle pro- duzioni terrestri si trova in depositi dove l’ azione dell’ acqua ha sempre avuto luogo, cioè in formazioni fluviatili, lacustri, di estuario, o in seni, golfi, coste, dove circostanze speciali producevano il trasporto, la concor- renza da più parti dei resti vegetabili ed animali. Insomma le condizioni geografiche e topografiche influiscono doppiamente, da un lato sugli ani mali viventi, e quindi sulla distribuzione dei loro avanzi, dall’altro sulla estensione delle formazioni, e quindi sui fossili che vi sono inclusi. Nel- l’uno e nell’altro caso dalla cognizione che abbiamo di quelle condizioni, dipende pur quella che possiamo avere degli esseri estinti. Così possiamo distinguere se si tratti di flore e faune continentali o insulari, littorali 0 pelagiche, e perfino di pianura o di monte. Quanto più larga diffusione avranno certi gruppi, tanto saranno maggiori le probabilità che lascino fossili, e per i cosmopoliti più che per tutti. Determinare in modo appros- simativo la relativa larghezza nella distribuzione laterale, orizzontale di, certi gruppi di fossili, sarebbe altrettanto facile, avendo i dati statistici necessarî, quanto fissar la lunghezza nel senso longitudinale, verticale, della, distribuzione dei fossili stessi, o per dirlo in una parola, fissare la lon- gitudine relativa di lor successione: dirò solo che la distribuzione dei fos- sili ha limiti assai variabili fra un massimo ed un minimo lontanissimi, L’estendersi di certe formazioni e de’ loro fossili sopra immensi tratti di paese indusse alcuni antichi geologi a pensare che gli strati terrestri formassero tante sfere concentriche, come, a mo’ d’esempio, in una cipolla. Estesissime formazioni sono le carbonifere in Europa e nella Nord-Ame- rica, le permiane in Russia, le cretacee in Inghilterra e sul continente, le nummulitiche le quali vanno in latitudine, dall’ Europa centrale all’ Egitto, in longitudine dalla Spagna all’ India; tutte concordano nei vari paesi e per i caratteri litologici e per i fossili, che hanno un tipo, generale, ben- chè le specie cambiano da paese a paese. L’altro, estremo è formato da quelle molte specie e generi fondati sur un solo o su pochi esemplari , che si rinvennero in una o in poche località. In questo caso però è dit- ficile giudicare se ciò davvero accada per la rarità dei fossili, o per la scarsità delle nostre cognizioni. I costumi degli animali pure influiscono sulla frequenza con che av- viene il seppellimento e la conservazione dei loro cadaveri, e quindi sulla frequenza e l’estensione con che s’ incontrano fossili ; dicasi altrettanto. di certe particolarità di struttura. Per esempio gli uccelli fossili sono com- parativamente rari, per la stazione loro essenzialmente aerea e terrestre, e perchè il loro corpo, a causa delle sacche aeree che contiene e dei vuoti pneumatici delle ossa, seguitando lungo tempo a, galleggiare sull’acqua, può incontrare molto frequentemente un carnivoro, che lo divori !. La gene- rale prevalenza tra i fossili delle mascelle inferiori dei mammiferi su tutte le altre ossa, si spiega, perchè galleggiando il cadavere, la mandibola fa- 1 Lyell, Elements of Geology, sixth edition, 1865. 441 cilmente si stacca e cade nell’acqua, ove rimane coperta dal sedimento !. Oltre i fossili propriamente detti meritano menzione le impronte fisiche, della pioggia, del ghiaccio, delle maree, e simili, e le orme che lasciano prevalentemente i rettili e gli uccelli. Tutti i rapporti di un vivente rispetto ai luoghi ed ai tempi eserci- tano la loro azione sul seppellimento dei suoi resti in un deposito, e loro conservazione, per conseguenza sulla estensione in che si rinverranno, vuoi nel senso orizzontale, vuoi nel verticale, del quale ora dirò. Le cause stesse, stessissime che rendono frequente o rara la fossilizzazione, estesa v ri- stretta la distribuzi.ne dei fossili, ne rendono frequente o rara, estesa 0 ristretta la successione loro: ma una ve n'è che su questa pera partico- larmente, vale a dire la durata con che una specie od altra categoria si mantenne alla superficie della terra. Ogni organismo ha una longevità de- terminata, ma quel che avviene nell’ individuo fu provato avvenire in'qua- lunque gruppo d’ individui. Il valore e la portata dei criterì che a questo ci hanno condotto, disamineremo rell’ articolo seguente, ora pigliamo il fatto:‘per ‘vero e basta. Come nella fossilizzazione e distribuzione dei fossili son sempre da considerarsi gli elementi minerale ed organico, così anche nella successione dei fossili. Estesamente variabili sono i limiti della lon- gevità (durata di successione negli strati terrestri) degli organismi fossili, e regolati da leggi positive; per calcolare siffatta longevità è mestieri sce- verare dalla mera successione i dati che più o meno possono alterarla, come sarebbero quelli della fossilizzazione e della distribuzione, le quali sempre e dappertutto agiscono di conserva con la successione, come ben s'intende. Le leggi delle successioni dei fossili sone parecchie, e qualcuna è comune anche alla fossilizzazione e distribuzione, come or ora avvertirò. La distribuzione dei fossili si fa secondo due leggi; continuità ‘e ir- radiazione. La prima significa che come nella distribuzione geografica de- gli esseri attuali si ritiene che quando una stessa specie si trova în due paesi lontani fra loro, sia pervenuta dall’uno all’altro, attraversando gl’in- termedi, così quando uno stesso fossile si rinviene in due formazioni tra loro lontane (supponiamo per ora contemporanee), è andato dall’ una ‘al- l’altra, passando per le formazioni, che a quell'epoca erano pure interme- die. ® Inoltre, siccome in paesi lontani gli stessi tipi son rappresentati da specie e generi differenti, così nei fossili di terreni lontani fra loro, ma, per ipotesi, contemporanei , nel largo senso geologico. Cotesta legge relativa allo spazio ha suo riscontro rispetio al tempo, alla successione degli esseri, anche nel principio di rappresentanza. Due fossili trovati in terreni più o meno remoti nella serie verticale, al pari degli esseri che abitano due zone discontinue di elevazione su due mon- tagne lontane, passarono per i terreni intermedì. Tre motivi abbiamo di credere tutto ciò; primo, che realmente troviamo talora le specie nei luoghi intermedi, dove credevamo che non esistessero, o possiamo con- getturare fondatamente che se oggi non vi sono, vi furono un tempo; 1 Lo stesso, ivi. “ Woodward, Manual of the Mollusca ete. London 1854-56, pag. 351. « Per illustrare la dottrina dell'unità delle aree generiche il Prof. Forbes riportò parecchi esempî mostrando che alcuni dei casi più eccezionali si spiegano con la regola e !a confermano. Uno di questi si riferisce al genere Mitra di cui vi sono 142 secondo, che quando in un paese o in uno strato, una specie si estinse, non vi torna più; terzo, che non sapremmo in altro modo spiegare razio- nalmente la-presenza loro in paesi o strati remoti. La rappresentanza si riscontra pure nella successione, forme diverse rappresentando lo stesso tipo in terreni successivi. In geografia botanica e zoologica si ammette generalmente, che cia- scuna specie ebbe un solo centro di creazione, dal quale irradiando si disperse in tutti i paesi, nei quali oggi occorre. Dopo molti e molti studì fatti in proposito, Wallace potè formulare la proposizione !, « che ogni specie ha cominciato ad esistere coincidendo, tanto nello spazio che nel tempo con altra preesistente strettamente affine. » Altrettanto aveva affer- mato l’Agassiz. Riguardo alla continuità il primo 2: « In geografia, egli nota, un genere o specie raramente occorrono in due località molto distanti senza trovarsi anche nello spazio intermedio ; così in geologia la vita di un genere o specie non è interrotta, nessuna specie venendo all’esistenza due volte, nè rinnovandosi dopo essersi estinta. » Una specie fossile com- parisce dapprima in un luogo solo, ed è poca numerosa, mano mano che sale nella serie stratigrafica si fa più numerosa e frequente, finchè rag- giunge il colmo del suo sviluppc, poi descresce di nuovo, decresce sem- pre fino alla estinzione. Il principio di continuità e dei centri di creazione sono intimamente connessi tanto nei viventi, che nei fossili. Altro principio è la interferenza che si trova tra i fossili di una for- mazione con quelli di un’altra. Se fosse vero che la storia del nostro globo potesse dividersi nettamente in tanti periodi alterni di riposo e di sconvolgimento, e la serie stratigrafica e la paleontologica ci mostrerebbero simili nette divisioni, ma ciò non si osserva nella prima, e nemmeno nella seconda. Un fossile non si fa vedere per tutto un periodo, piano, 0_se- zione loro e basta, non coincide perfettamente con queste divisioni, ma talvolta comincia con esse e finisce prima di loro, tal altra comincia alla metà o in fine, e seguita in quelle che vengon dopo, altre volte compare nelle precedenti e scompare al principio o alla metà delle successive. Lo stesso conferma il Bronn *. Qualche cosa di simile si osserva nella distri- 400 specie; esso ha la sua metropoli nelle Isole Filippine, e si estende dal Mar Rosso sino al Mediterraneo e all’ occidente dell’ Africa, le specie diventando poche, piccole, e scolorite. Lontanissima dalle altre si trova una sola specie sulla costa di Groenlandia! Ma questa stessa conchiglia occorre fossile in Irlanda insieme con un’al- tra mitra oggi vivente nel Mediterraneo, Altro caso ci è presentato dal genere Pua- nopaea, del quale le sei specie viventi son largamente separate, a, nel Mediterraneo; b, in Patagonia; e, al Capo; d, Tasmania; e, Nuova Zelanda; /, Giappone. Di que- sto genere si conoscono più che 100 specie fossili distribuite su molti luoghi den- tro una vasta area, al cui margine gli avanzi di cotesta antica forma di vita sem- brano venir meno, come l’ultimo dei cerchi concentrici di un’onda. » () () « I più evidenti e conclusivi esempî posson trovarsi nella distribuzione delle più elevate classi dei vertebrati. 1 Lyell, Principles of Geology, tenth edition, vol. IL. 1868, pag. 277., — (Amals of Nut. Hist. ser. 2, vol. XVI. pag. 186). ? Lo stesso, ivi. 3 Unterscubungen ùber die Entwickelangs-Gesetze der organichen Well etc. Stuttgart 1858. Non tutte le specie hanno durato per tutta la formazione di un terreno. — | pag. 258. î 443 buzione geografica e in quella dei fossili, allorchè cioè una specie del paese o terreno dove predomina il tipo, cui quella appartiene, va a finire in paesi e terreni dove il tipo è sconosciuto; nel primo caso la specie era dominante, nel secondo diviene sporadica. I principî che ho sinora esposti, cioè Continuità, Irradiazione, Inter- ferenza, al pari di tutti gli altri che in seguito esporrò, Divergenza, Pro- gressione, Proporzioralità, si riscontrano nella distribuzione geografica, come nella geologica, rispetto allo spazio, e tanto nella successione pa- leontologica, che nella embriogenica, rispetto al tempo, come appresso ve- dremo: tassonomicamente poi si riscontrano nella specie e in tutte le ca- tegorie. Tale confronto può seguitarsi più a Inngo senza che apparisca sforzato: alcune di tali leggi sono analoghe si nello spazio, si nel tempo, e geologicamente sì per la litologia, sì per i fossili, come la continuità ecc. Alcune altresi hanno lor riscontro nelle leggi della morfologia in generale, e in quella della embriogenia e della tassonomia, come la Graduazione, la Progressione, e simili. E pertanto evidente il parallelismo di tutti quanti i fatti palcontologici tra sè, e con quelli delle altre scienze, segnatamente delle scienze che ho nominate, nè mai mi stanco di tornare alla mente del lettore siffatto parallelismo, e siccome ne vediamo esempì dappertutto, non posso fare a meno di ripetermi col dire che non solamente arreca forti presunzioni in favore della teoria di elezione naturale, ma non sa- prebbesi spiegare nè con quella di creazione, nè con altre. Cronologia geologica. — Prima di passar oltre è necessario ch’ io parli della cronologia geologica. L’idea di dividere la crosta terrestre in tante porzioni, ognuna delle quali ci rappresenti l’ epoca durante la quale sì depositò, e tutte insieme ci narrino, per così dire , la storia della terra, riposa su tre criterì: litologia, stratigrafia, paleontologia. Gli antichi geologi credevano che certe roccie si fossero formate sol- tanto in una data epoca, e quindi classarono i terreni secondo lor natura litologica, facendo corrispondere le differenze di questa ad altrettante dif- ferenze di età, ed assegnando un periodo particolare ad ogni qualità di roc- cie. La formazione delle roccie richiede speciali condizioni di luogo ed anche di tempo, ma in ogni periodo geologico si formarono 0 almeno po- terono formarsi certe specie di roccie, i graniti ad esempio, e quelle che il Lyell chiama benissimo roccie ipogene '; che se non le troviamo neì più recenti periodi e terreni la ragione si è, perchè si compongono nell’ in- terno della terra, e ci rimangono per conseguenza occulte. La prevalenza di questa o quella forma litologica può spiegarsi con le condizioni in cui ora si trovano i terreni degli antichi periodi, potendo, esempligrazia, tali essere attualmente quelle di denudazione e di sollevamento, da farci ap- ‘parir prevalente tale o tale altra roccia. Sotto i terreni paleozoici preval- gono le roccie cristalline, ma siffatta struttura loro non indica per sè stessa Molte specie oltrepassano i limiti del loro terreno — pag. 248. Talune specie trapassano i limiti dei piani e dei periodi — pag. 275. Due così detti terreni, o faune o flore che immediatamente si succedono non sono pergiò quasi mai senza qualche specie comune; la quantità delle medesime può però ascendere solo a 0,04 o fino a 0,10 — pag. 492-7. 1 Significa che si generano sotto terra, e sono le roccie plutoniche e metamorfi- che; le roccie idriche (epigene) si originano sopra terra. 144 che si formassero prima delle sedimentarie e fossilifere, ma che tali -prima essendosi formate, restarono poi metamorfizzate e rifuse dal calore in- terno (forse anche dopo la deposizione delle superiori); onde loro anti- chità maggiore delle paleozoiche non è provata dall’ essere metamorfiche o plutoniche, ma dal trovarsi sotto a quelle altre, che ‘rimangono inalte- rate. Quasi quasi potrebbe dirsi che più antica è ‘la loro materia, più re- cente la loro forma, ma che ciò non si giudica né per l’una nè per l’al- tra, sì bene per la sola posizione. Per opposte ragioni le roccie sedimen- tarie, fossilifere, 0 epigene appariscono prevalere nei periodi recenti. Ar- roge che identiche forme litologiche si ritrovano in periodi indubbiamente diversi: come una stessa arenaria rossa (superiore) nel trias, e (inferiore) nel devoniano. Secondo Lyell ! il Greensand superiore è il 4. membro del Cretaceo superiore, il Gault il 3. il Greensand inferiore è il 4. membro del Cretaceo inferiore; tutti i numeri sono in serie discendente. La creta oggi, come nell’epoca secondaria, le sabbie gialle oggi, come nel plioce- ne, la loganite oggi, come nell’eozoico, si formano nel fondo e sulle coste dei nostri mari. Gli argomenti invocati a dimostrare il principio delle cause attuali, servono anche a provare l’ insufficienza del criterio litologico , il quale, se non è universalmente applicabile, è buono per molti casi. Sarà utile la litologia allorchè si tratti di distinguere o identificare in un paese limitato le minori divisioni stratigrafiche, ed estesi depositi si formano anche oggi che hanno una stessa composizione. L’ottimo mio maestro, il professor Capellini, ha trovato nei Carpazi non scolo tutte le roccie, ma le loro varietà che occorrono nei nostri Appennini. Il Murchison pure è riuscito a identificare la serie litologica ci paesi lontani, delle Alpi, Ap- pennini, Carpazi ?. Il più vero dei criterî cronologici è senza dubbio la stratigrafia. Quando i rapporti e connessioni stratigrafiche non sono oscure, quando si distin- gue nettamente la roccia sopraggiacente dalla sottoposta, non ci può es- ser dubbio che quel che sta sotto si formò prima, quel che sta sopra poi: ma questo non sempre accade, e allorchè siamo nell’ incertezza dobbiam ricorrere alla litologia o alla paleontologia, e uno solo dei tre criterì ba- sta, se è chiaro. Data una località i cui strati siano orizzontali'o quasi, e questa presa come base di operazione, potremo riferirvi le roccie dub- bie o per la natura litologica o pei fossili loro. Le alterazioni della stra- tigrafia, come rovesciamenti, faglie, e casi simili, non tolgono la validità del suo criterio, essendo eccezioni e non regole. Nemmeno è vero che la sia insufficiente trattandosi di lontane regioni; dalla Francia all’ Inghilter- ra, dall’ Inghilterra all'America si seguitarono le connessioni stratigrafiche. Dato che in un luogo, in un paese riescasi a determinare la posizione ed età relativa dei terreni, potrà farsì altrettanto di luogo in luogo, di paese in paese, su qualunque estensione, a qualunque distanza, dal primo all’ul- timo, perchè rapporti stratigrafici non mancano in nessun paese, né: negli intermedi fra gli estremi, o se sono ignoti potranno sempre cercarsi. È dunque possibile stabilire una cronologia esclusivamente stratigrafica (non già esclusivamente litologica o paleontologica), e dal punto che questo solo è provato, resta pnr provata la possibilità di tutta la cronologia, anche non ammettendo che come merì ausiliari gli altri due criterî. i Elements of Geology ete. 1865, XVII, 542. ? Vedi la sua opera tradotta dal prof. Meneghini. 145 Se una cronologia interamente stratigrafica non fosse possibile, nem meno sarebbe possibile il criterio paleontologico : infatti non si potrebbe dire che le tali e tali specie son caratteristiche di tali o tali altri periodi O piani, se l’esistenza di questi non fosse già stabilita stratigraficamente. Gi aggireremmo in un circolo vizioso se in modo generale ed assoluto deducessimo la posizione degli strati dal significato dei fossili, dovendo questo invece esser dedotto prima da quella, nella formazione di tutta la serie cronologica; solo in casi Jimitati particolare identità o disparità di fossili può dimostrare identità o disparità di posizione e di tempo. I letti di san Cassiano e di Hallstadt nelle Alpi austriache si ascrivono con sicurezza al Triassico superiore per le loro connessioni stratigrafiche, senza conoscer le quali sarebbero invece stati ascritti ad un periodo inferiore e più antico, trovandovisi una fauna del tutto paleozoica: nè riparlerò. Per quante sieno le cause che possono indurci in errore sull’ età relativa di un terreno, abbiamo nella stratigrafia il più sicuro mezzo di eliminarle, anche prescindendo dalla natùra minerale e dai fossili. L’idea di contrassegnare i terreni dai fossili che vi si rinvengono ha fatto sì che credano alcuni potersi fare una cronologia esclusivamente paleontologica. L'esempio succitato di san Cassiano e tanti altri mostrano che no: ma in mancanza delle analogie stratigrafiche il meglio che pos- siam fare è di attenerci alle paleontologiche, le quali, dopo le prime son le più sicure. La inferiorità loro dipende dal dover tener conto di. assais- sime cose, estranee alla mera successione dei fossili, e che con essa in- terferiscono; tali sono la distribuzione geografica degli animali, i processi di fossilizzazione dei loro resti, e simili, che influiscono sulla qualità e sulla quantità relativa di questi. Non tenendo conto di tutte le leggi della distribuzione e della successione, che ho indicate (ovvero non potendone tener conto perchè ignote), saremo costretti a riferire all’ordine di succes- sione quello che dipende invece da cause diverse, e così siamo esposti a cadere in errori che son però ben piccoli relativamente, considerando la geologia le cose in grande, sì rispetto allo spazio, sì rispetto al tempo; essendo in sostanza, come dice benissimo lo Stoppani, un lavoro telesco- pico, piuttosto che microscopico. Riferire un terreno o piano a tale o tale altra divisione dello stesso periodo, ovvero alla superiore dell’antecedente alla inferiore del successivo, prova ben poco contro la cronologia: sarebbe tutt il contrario se il dubbio versasse intorno alle maggiori divisioni , ai periodi stessi, o se fossimo incerti di riferire i piani a periodi non con- nessi, ma separati, peggio poi lontani: casi di tal genere non si cono- scono affatto. Questi errori, dunque, anche non potendoli eliminare, non alterano sostanzialmente i criterî della cronologia, nè per conseguenza la rovesciano, e anche non volendo a questa dare una certezza assoluta, nello stato attuale della scienza, ci basterà condurla ad un.tal grado di appros- simazione, che le probabilità favorevoli siano in gran maggioranza riguardo alle contrarie. Circa poi la scarsità delle nostre cognizioni, nessuno potrà dire quanto sia grande in geologia, e se molta parte della superficie ter- restre fu esplorata geologicamente, nessun paese fu tanto studiato da non trovarvi cose nuove, e pochi son conosciuti bene. Una completa geologia non potrebbe farsi se non con la completa esplorazione della superficie del gloho, dal che tutti vedono quanto siamo lontani: ma i fatti riscon- trati nell’ Europa e nella Nord-America mi sembrano bastanti a E le 146 fondamenta della cronologia, e difficilmente se ne troveranno de’contrari. Quel che è vero per un paese, come non lo sarà per tutti? ben inteso, se vero è. Nelle scienze naturali i fatti positivi obbligano, i negativi con- sigliano, vale a dire i primi devon esser tenuti per certi, e gli altri te- nerci in sospeso, finchè o crescendo questi sieno distrutti quelli, 0 rien- tri l’eccezione nella regola. Ogni fatto è una probabilità, e noi dobbiam tenere dalla parte in che le son maggiori. Potrà bensi il progresso della scienza portare tante mutazioni da rimescolare i periodi geologici ora ac- cettati, cioè da dividerne uno in più, o da riunire le parti estreme di due, ma non mai da metter quello di un’ epoca in un’altra: crescendo poi il numero dei fatti la serie geologica si rende più graduale e perfetta: nul- l’altro. Si può prevedere che ogni cangiamento o miglioramento possibile sì farà in geologia nel senso delle cause attuali, e non v'è quindi da te- mere né che le deduzioni stabilite, nè molto meno quelle da stabilirsi nel- l’avvenire su tal principio sicurissimo sieno false. Quanto più progredisce lo studio delle cause geoplastiche tuttodì attive, quanto più se ne fa l’ap- plicazione agli antichi terreni, tanto più diventa certa la cronologia, e la geologia in genere, gli errori derivando sempre, nella prima come nella seconda, dalla incompleta o impossibile applicazione loro. Quella ricostru- zione della passata geografia e topografia terrestre, quel ravvivamento delle morte generazioni di animali e di piante, che per mezzo della litologia e stratigrafia, per mezzo della paleontologia si va cercando, cammina di pari passo con la cognizione che abbiamo della geografia fisica, della botanica e della zoologia attuali, le quali come più alla portata della nostra osser- vazione, e più sottoposte a riceverne direttamente la precisione e il rigore, devono precedere ogni indagine, accompagnare ogni conclusione in qua- lunque parte della geologia. Mi perdonino i geologi se mi son dato la pena di tastare la saldezza delle basi, che io credo inconcusse, di loro scienza, e a ciò fui spinto, perchè sospetto che gli oppositori della teoria darwi- niana, sentendosi venir meno migliori argomenti, vogliamo attaccare la verità della paleontologia, e della geologia ancora, che hanno a quella tante e sì favorevoli attinenze. Vengo adesso alle particolari obiezioni, alcune delle quali non son nuove. Critiche. — Fra quelli che ultimamente hanno mosso obiezioni con- tro la cronologia geologica, sforzandosi di mostrare il poco fondamento dei suoi criterî, se non revocando in dubbio persino la sua possibilità, merita il primo posto il signor Cav. Crescenzo Montagna, uffiziale superiore di artiglieria, e assistente del Prof. Guiscardi a Napoli, che ha esposte le sue vedute in due opere !, nelle quali del resto si appalesa valente geo- logo ed osservatore. Nel capitolo XII della prima ? egli combatte l’ idea di una progressione nella serie paleontologica, di che vedremo sotto ; nel capitolo XVII * oppone alcuni fatti a tutti quelli che s’ invocarono per il 1 Generazione della Terra metodicamenle esposta con nuovi principii di geolo- gia e corredata di 50 Tavole per Cresenzo Montagna ecc. Torino, 1864, pag. 479. * De la houille dans le royaume d’ Italie — Memoire sur des nouvelles conséquen- ces géologiques et industrielles avec 9 planches par le Chev. C. Montagna ete. Pa- ris, Turin 4867. VIII-105 ? Generazione della Terra ecc., 250-268. 3 Ivi, 357-382. 147 significato cronologico dei fossili. Però tutti i fatti che cita si spiegano ‘sufficientemente con la supposizione di errori stratigrafici o paleontologici, ma dato che fossero pur veri non sono in numero tale da superare quelli che s’invocano a sostegno della contraria opinione. Nella seconda opera egli cita nove categorie di fatti !, che si riferiscono principalmente alla geologia dell’Italia meridionale, e che, secondo lui , sarebbero tanto strani, da non potersi spiegare coi canoni paleontologici generalmente ammessi. Ecco sommariamente le sue conclusioni 2. « Une de nos conclusions était, et est encore, que nous tournons dans un cercle vicieux, en admettant certains principes donnés, et en voulant ensuite les étendre et les corroborer en force de leur propre ap- plication préjugée. Nous établissions, par exemple, que les espéces A et B etc., d’Ammonites et les autres D et E etc., de Belemnites sont des coquilles d’un certain étage secondaire, car en Angleterre et en France, où la relation stratigraphique des terrains différents a été plus ou moins heuresement observée elles, occupent une position constante. Ensuite en allant aux Indes et voulant décider sur l’horizon géognostique d’un terrain de ces régions lontaines, figurons-nous d’y rencontrer des Ammonites et des Belemnites de certaines espèces dont quelques-unes appartiennent A celles anglaises et frangaises. De cela nous concluons ordinairement que le terrain indien contenant ces espèces de coquilles fossiles est au méme horizon que les deux terrains de France et d’Angleterre, qui en contiennent aussi. Le monde scientifique marche sur ce principe arbitraire, et chacun volt, ou peut voir, que ce principe étant faux, la confusion s°’ accroîtra à mesure qu’ on trouvera d’autres espèces soit en Europe, soit en Asie. » « $ 49. — Pour prouver la contemporanéité réelle des deux terrains francais et anglais d’une part et indien de l’autre, contemporanéitè sup- posée au moyen de quelques especes ou genres identiques trouvés dans ces differents lieux, il serait nécessaire qu’une relation stratigraphique fùt établie ‘entre ces deux régions lontaines par des relations intermédiaires de proche en proche. Cette relation impossible dans quelques cas, récla- merait de toutes facons une execution lente, laborieuse, pénible, et faite ‘avec conscience par des hommes habiles, capables de deviner l'origine des gisements et de vaincre les obstacles des interruptions. Mais comme cette relation n’existe pas, et qu'on n’a pas pensé encore à la rechercher, il faudrait du moins que l’hypothèse qui établit que les étres identiques n’ont pu exister ni avant, ni après une pèriodo donnée, fùt appuyée non sur des simples assertions, mais sur des arguments solides et inébranlables, qui nous semblant ne pouvoir étre qu’une multitude de faits paléontolo- giques indubitables ou des arguments naturels de relations et d’associations. La première espece d’arguments réclamerait un champ expérimental plus vaste, ce que l'on n’a pas à cause du manque de recherches stratigraphi- ques méme sur une étendue plur restreinte que celle indiquée plus haut, et il ne reste donc pour démontrer la contemporanéité supposée des espè- ces égales entre elles que les arguments naturels de relations, d’analogies 1 De la houille etc., 55-57. ? De la houille ete., Chapitre troisiéme, 59-64. 448 et d’associations. Mais avec les secours de ces seuls arguments 1’ hypothèse est insoutenable, etc. 1 » i Alla difficoltà di sincronizzare stratigraficamente due formazioni lon- tane ho già risposto poco sopra. Qualunque siano i fatti oscuri della paleontologia, potranno un giorno essere spiegati, e in verun caso pre- senterebbero imsuperabili difficoltà contro una cronologia basata intera- mente sulla subordinazione di postura degli strati: ma è strano che un autore il quale tanto insiste sulla necessità di studiare gli elementi stra- tigrafici rechi appena due spaccati, e molto incompleti. ? Lasciando dunque da parte le premature innovazioni del Sig. Montagna, dirò che egli ha fatto benissimo a propugnare la insufficienza della paleontologia, in certi casì, e la validità del criterio stratigrafico, ed è desiderabile che i geologi non seguitino a trascurarlo, come pur troppo accade , frequentissimo, essendo il caso di fere una geologia esclusivamente paleontologica, inconveniente , che non dubito sarà tolto di mezzo, veggendo la precisione e la minu- tezza che si comincia a portare, segnatamente in Inghilterra e in Ger- mania, nei lavori geologici. Avvertirò che un’altra sorgente di errori è questa: il geologo e il paleontologo , ricavando da criterî differenti le loro convinzioni sull’età di tale o tale altro terreno, e difficilmente essendo al caso di usarli tutti, non si trovano d’accordo, e gli sbagli di uno in- deboliscono o distruggono l’ esattezza delle asserzioni dell’altro. Son due le sorgenti dell’ errore; la posizione in che fu trovato il fossile può es- sere determinata inesattamente, o può essere inesatta la sua determina- zione. La distribuzione geografica e le condizioni nelle quali vivevano gli animali spiegano la distribuzione, ma non già la successione dei fossili; ora voler confondere questa con quella, o volerla distruggere, non è possibile ; son cose affatto distinte anche in pratica, e la loro interfe- renza reciproca non ci porta, quando è sconosciuta, che ad errori par- ziali e locali di ben poca conseguenza. Pretendere di volere spiegare gli universi fatti naleontologici colla distribuzione, stazione, e abitazione degli esseri organici è una vera fissazione. Il Flourens ci fa sapere che De Blainville ha difesa l’ idea di una creazione unica e completa, contro i cataclismi; 3 del resto anche il Sig. Montagna sostiene che il sistema di natura fu completo sin da principio. Ascoltiamo il Flourens. « Je crois pouvoir résumer, dans les quatre propositions suivantes, l'ensemble des vues de M. De Blainville: une création unique, et par conséquent compléte; cette crétion, complète au moment où elle sort de la main de Dieu, se décomplète ensuite à mesure que des espèces périssent, car chaque race éteinte laisse une lacune; les causes les plus simples, l’ action de l'homme, ete., ont suffi pour détruire les races éteintes, comme elles suffissent chaque jour encore pour détruire , sous 1 Mi dispiace che i limiti del presente lavoro. non mi permettono di riferire per intero le sei pagine (59-64) che occupa l’ abilissima argomentazione del Signor Montagna. Essa del resto non è altro che l'amplificazione di due paragrafi (2 386, 2 588), i quali si trovano nella Generazione della Terra, C. XVII. pag. 545, e 544. 2 De la houille etc. PI. C. 3 Ontologie naturelle ete. par P. Flourens etc. Troisiéme edition, Paris, 1864, pag. 91-92. i 149 nos yeux, des races vivantes; il n'est done pas besoin d’avoir recours, pour expliquer ces destructions successives , à des révolutions générales, extraordinaires, à des cazaclysmes. » Che dobbiamo pensaré. della così detta unità di creazione lo vedre- mo poi, anzi ce lo dirà lo stesso Sig. Flourens. Egli mette fuori questo passo di Cuvier. « Lorsque je soutiens, dit il, que les bances pierreux contiennent les os de plusieurs genres, et les couches meubles ceux de plusieurs espèces qui n’existent plus. je ne prétends pas qu’ il ait fallu une création . nouvelle pour produire les espèces aujourd’hui existantes ; je dis seulement qu'elles n’ existaient pas dans les lieux où on les voit è présent, et qu’ elles ont du y venir d' ailleurs. » « Supposons, par examples, qu’une grande irruption de la mer couvre d’ un amas de sables ou d’autres débris le continent de la Nouvelle-Hol- lande ; elle enfouira les cadavres des kanguroos, des phascolomes, des dasyures, des péraméles, des phalangers volants, des échidnés et des or- nithorhynques, et elle détruira entièrement les espèces de tous ces gen- res, puisque aucune d’ eux n’existe maintenant en d’autres pays. » « Que cette méme révolution mette à sec les petits détroits multi- pliés qui séparent la Nouvelle-Hollande du continent de 1° Asie, elle o0u- vrira un chemin aux éléphants, aux rhinocéros, aux boufiles, aux che- vaux; aux tigres et à tous les autres quadrupèdes asiatiques, qui vien- dront peupler une terre où ils auront été auparavant inconnus. » « Qu’ ensuite un naturaliste, après avoir bien étudié toute cette na- ture vivante, s’avise de fouiller le sol sur le quelle elle vit, il y trou- vera des restes d’étres tout différents. » ‘« Ce que la Nouvelle-Hollande serait, dans la supposition que nous venons de faire, l’ Europe, la Sibérie, une grande partie de l’ Amérique le sont effectivement ; et peut-étre trouvera-t-on un jour, quand on examinera les autres contrées de la Nouvelle-Hollande elle-méme , qu’elles ont toutes éprouvé des révolutions semblables, je dirai presque des échanges mu- tuels de productions; car, poussons la supposition plus loin: après ce transport des animaux asiatiques dans la Nouvelle-Hollande , admettons une seconde révolution qui detruise |’ Asie, leur patrie primitive, ceux qui les observaient dans la Nouvelle-Hollande, leur seconde patrie, se- raient tout aussi embarrassés de savoir d’où il seraient venus, qu’ on peut 1’ étre maintenant pour trouver |’ origine des nòtres.! » Questo discorso è magnifico e sarebbe anche vero, a una sola con- dizione: dato, cioé , che i mezzi violenti e generali di cui parla l’autore, avessero avuto, 0 almeno potessero aver luogo nelle formazioni geologi- che, ma poichè la dottrina delle cause attuali c’insegna che cettes irrup- tions, cettes révolutions sono e furono sempre una fola, il bel discorso resta tale e quale. ì Non mi faccio già meraviglia che Cuvier, partigiano dei cataclismi generali, porti simili argomenti, che veramente rovescierebbero , in questa ipotesi, tutta la cronologia ; bensì trovo strano che la impugni il Sig. Mon- tagna, grandissimo difensore delle cause attuali. Se una violenta, repen- tina; universale rivoluzione della superficie terrestre seppellisse in cia- __—_ ———— —_@ LEEATZ 1 Discours sur les révolutions du globe. pag. 64 (troisiéme edition, 1825). 150 scun paese le sue popolazioni brute, che differiscono da quelle di tutti gli altri, capisco bene che siffatti depositi benchè contemporanei nello stretto senso della parola, dovrebbero apparire di età diversa tra loro, tenuto conto dei fossili soltanto, i quali son diversi in ciascuno: ma chi non vede che nei singoli paesi i rapporti stratigrafici, menerebbero a conclusione opposta, dato ancora il cataclisma? Prendiamo un tale paese: quei depositi riposerebbero su di altre for- mazioni, classate, supponiamo, nell’ ordine di lor successione ; si sapreb- be dunque qual è l’ultima: ora siccome il nuovo deposito giace sopra questa, almeno in qualche luogo, quando ciò si sapesse, nessuna con- fusione saria possibile. Insomma nel deposito che diciamo possono pre- sentarcisi tre casi rispetto ai fossili che contiene. Saranno simili a quelli che abitavano il paese nell’ epoca del supposto cataclisma, anzi devono esserlo , se questo fu così repentino da prevenire l’arrivo di nuovi abitanti nel paese, e per conseguenza la fossilizzazione dei loro resti insieme a quelli degl’ indigeni, che soli sono sepolti nel deposito. e allora identità di fos- sili proverà identità di tempo nel senso geologico: saranno un po’ dis- simili, vale a dire, ci saranno mescolati quelli de’ paesi vicini, da? quali il cataclisma avrà portato i cadaveri, e in questo secondo caso, essendo i fossili un po’ differenti, inchineremo a credere qualche diversità di tem- po: finalmente se sono molto dissimili, come non semplicemente traspor- tati dal cataclisma, ma sopravvenuti dopo questo nel paese , si capisce bene che ciò significherà maggiore diversità di tempo nel senso reale e geologico. Non ci scordiamo mai che l’ultimo è ben diverso dal primo. L'ipotesi che io ho fatto suppone un cataclisma universale, e la cogni- zione in ciascun paese dell’ultima formazione, o che è lo stesso, della fauna e flora che l’abitavano all’epoca in che il cataclisma produsse il nuovo deposito. Ma prescindiamo dall’ elemento stratigrafico, attenendoci al paleontologico esclusivamente , supponiano mancante o ignota 1’ ultima formazione su cui posa il deposito che diciamo, e per conseguenza man- cante o ignoto il termine di confronto fra i fossili del nuovo deposito, e gli abitanti del paese; resterà sempre al di sotto una formazione quanto sì vuole antica. Ora quanto sarà maggiore la interruzione, lo stacco fra le due formazioni vecchia e nuova, tanto, in termini generali, saranno più diversi i fossili: dunque anche in questo caso diversità di fossili in- dicherà diversità di tempo, e la misura della prima sarà la misura della seconda. Quel che è vero nella pazza ipotesi di un cataclisma universale, lo è pure per uno parziale, che abbia luogo nella sola Australia, come dice Cuvier. Si ricorre ai casi estremi degl’ istmi che hanno diverne faune a’due lati, delle isole che hanno fauna e flora aberranti, e starebbe tutto bene se si trattasse di portare negli annali geologici la misura di certezza e di precisione che si richiede negli annali umani, pretesa che nessuno eleva: queste obiezioni si fondano tutte sur un equivoco. Allorchè per esempio troviamo a Stonesfield marsupiali, come que’ d’ Australia, e a Oeningen piante analoghe a quelle dell'Asia e anche dell’America, come supporre, nemmen per sogno, che non sieno vissute sul luogo? e se questo è, anche lasciando stare i cangiamenti territoriali, quanto grande non dovett’ essere la somma di queli che il mondo organico subi? Ora la graduazione di questi cangiamenti ci è data, anche in Inghilterra dai fos- sili, e secondo questa graduazione possiamo stabilire una cronologia , che da sola non ha la certezza della stratigrafica, ma che può valere. 15Î Intorno alla creazione unica e completa sentiamo il commento del medesimo Flourens al citato passo di Cuvier :! « Quelle vue profonde, et ingènieuse, et quel heureux moyen de sub- stituer à des creations multiples et successives de simples superpositions de faunes! » « Cependant la principale, la capitale difficultè reste. Dans cette sup- ‘ position, pas plus que dans la réalité, les espèces actuelles , les espèces vivantes, ne se trouvent mélées avec les espéces fossiles. » «e Or, c'est là le fait qui décide et qui seul décide. S'il y a eu u- mité de création, une crèation unique et complète, si tous les animaux, tant les actuels que les fossiles, ont été créés en méme temps, leur restes, les restes des uns et des autres, doivent tous se trouver ensemble. Par quel privilége les animaux actuels seraient-ils les seuls qui n° auraient pas laissé des restes? » Se il sistema di natura fosse stato completo sin dal principio, come anche sostiene il Sig. Montagna, ? se la presenza o l'assenza di certi gruppi di-organismi in certe formazioni potesse spiegarsi con le sole condi- zioni geografiche, dovremmo trovare gli odierni animali nelle antiche for- mazioni sempre che quelle condizioni lo consentano, e questo non acca- de. Owen dice: 3 « Dovendo pur trarre una conclusione generale dell’ ampia somma delle prove surriferite, e discusse, la è contro la dottrina degli Uniformi- tarî. Gli avanzi organici, seguiti dai loro più antichi sepolcri a noi noti, si succedettero una serie dopo l’altra fino al presente periodo, e giammai riapparirono nelle ricerche ascendenti, una volta perduti di vista. È tanto inutile cercare un vivente Ittiosauro nel Pacifico, quanto una balena nel Lias; la regola governa altrettanto fortemente il passato che 1’ avvenire. E non solo i Vertebrati, ma la somma delle specie animali di ciascun suc- cessivo periodo geologico, è stata distinta e peculiare ad esso. » La giacitura dei fossili è la resultante della fossilizzazione, della di- stribuzione, e della successione degli esseri: quanto più entreranno tutti cotesti dati nei nostri calcoli cronologici, tanto più questi si avvicineranno al vero. 4 Le differenze di fossilizzazione e di distribuzione fra i terreni 1 Ivi, pag. 525-4. 2 Generazione della Terra, XII. 3 Palaeontology, or a systematic summary, ete. Edinburgh 1860. XV-420-440-11. 4 Il prof. Capellini ha immaginato il modo di esprimere graficamente la cro- nologia geologica, e con la massima esattezza. Se si tiri una linea retta orizzontale, con cui si voglia rappresentare la distribuzione geografica d'una specie fossile (che partita in origine da una estremità della linea, camminò sino all’ altra, in una for- mazione qualunque): se con un’altra linea che cada normale ad una estremità della prima, si pretenda rappresentare la successione geologica della specie, nè la oriz- zontale, nè la verticale esprimeranno la vera immagine nè della distribuzione, nè della successione del fossile. Per rendere esattamente 1° una e l’ altra insieme si con- duca una obliqua al punto d'incontro delle due linee, in modo da ottenere un an- golo acuto ed uno ottuso ; se il primo si trova dalla parte della linea che figura la distribuzione, p. e., ciò significherà che questa, anzichè.la successione, determinò prevalentemente la giacitura del fossile; dicasi il contrario nel caso opposto. Se l’o- bliqua formerà due angoli eguali (ciascuno di 45.%) vorrà dire che distribuzione e successione si equilibrano, e in questo solo caso sarà perfettamente espressa la cro- nologia geolegica. —_ _——& 152 contemporanei non son davvero ignote, benchè la scarsezza delle nostre cognizioni spesso ce le nasconda. Ma che si conclude da ciò contro la scienza, che è sinonimo di progresso? i Conchiuderò il presente articolo riassumendo in poche proposizioni i fatti più certi che conosciamo intorno ai fossili. « E dimostratto infatti: » « 4.° Che vissero, nel passato, specie, generi, ordini di animali e di piante che oggidi più non vivono; mentre vivono specie, generi ed ordini che mai si rinvennero fossili. » « 2.° Che gli esseri, trovati fossili, sono tanto più differenti dagli at- tuali nei loro caratteri, quanto più sono antichi. » « 3, Che la comparsa dei varii ordini di esseri organici non si av- verò in un stesso tempo per tutti; bensi gli uni si mostrarono sulla ter- ra successivamente agli altri; lo stesso potendo dirsi per i generi e per le specie. » « 4. Che una volta comparso un tipo organico, questo pervenne gra- datamente, senza interruzione, ad un massimo di sviluppo; raggiunto il quale andò decrescendo, pure gradatamente, fino alla totale estinzione, e per mai più ricomparire sulla terra. La vita delle specie, dei generi, de- gli ordini e delle classi, è infatti assolutamente temporaria, come lo è quella dei singoli individui. » « 5. Che l'ordine di successione dei tipi organici fu dovunque lo stesso. » ! i Con altre parole : « A cinque pertanto si ponno ridurre i fatti che servono di base alla paleontologia moderna: 1.° I fossili-sono reliquie di esseri organici che vissero in epoca più o meno remota; 2.° Gli organismi sepolti negli strati terrestri appartengono, salvo pochissime eccezioni, a specie estinte; 3.° I fossili sono distribuiti con tal ordine, che risponde alla natura ed ai co- stumi delle specie cui appartengono. considerate ancora come viventi; 4.° La distribuzione dei fossili non è in nessun rapporto col clima attuale delle regioni da loro abitate; 5.° I fossili si succedono in serie .cronolo- gica corrispondente alla serie cronologica degli strati rivelata dall’ ordine di loro sovrapposizione. 2 » Lacune. — La imperfezione delle nostre cognizioni geologiche non è minore della imperfezione delle memorie geologiche stesse: ma pensiamo che la geologia, e tanto più la paleontologia, nacquero jeri. Nonostante chi considera i grandi progressi e i certi resultati che finora si ottennero, sarà contento delle speranze che si possono concepire. Una delle gravi objezioni che si fanno alla teoria del Darwin, é la mancanza delle forme intermedie e graduali che richiede. La ragione addotta dal Darwin stesso per mostrare che così dev’ essere, si è che la lotta per l’ esistenza si fa più strettamente tra le forme affini. ——_—__—_—_—_—_— === = La figura immaginata è simile a quella con cui si rappresenta in fisica la re- sultante di due forze contrarie; onde abbiamo avuto ragione di dire che la crono- logia geologica è la resultante della distribuzione e della successione dei fossili. 1 Corso di Mineralogia per Luigi Bombicci professore di Mineralogia nella R. Università di Bologna. — Bologna 4862 — pag. 270. 2 Stoppani, Dei precipui fatti della Paleontologia, — Il Politecnico, vol. 49, pag. 272, vol. 20 (seconda ed ultima parte) pag. 460 — pag. 275. LEA id SA: 153 È poi un errore il credere che le forme debbano essere direttamente intermedie. Anche molte e molte gradazioni morfologiche occorrono neglì esseri attuali; tutto sta a saperle trovare. Carlo Lyell ha stupendamente combattuta la critica dell’’assenza di forme intermedie nei fossili; ! gli lascio la parola. LU) « Teoria della Trasmutazione — Assenza di anelli intermedi. >» » La più ovvia e popolare delle objezioni fatte alla teoria della tra- smutazione può essere così espressa: Se le estinte specie di piante ed animali degli ultimi periodi geologici furono i progenitori delle specie vi- venti, e le originarono per variazione e selezione naturale, dove sono tutte le forme intermedie, fossili e viventi, per le quali devon essere passati i perduti tipi, durante lor conversione nei viventi? E perchè non troviamo quasi dappertutto passaggi fra le specie e generi prossimi invece di quelle forti linee di demarcazione, e spesso di larghe lacune intercedenti? » « Possiamo considerare questa objezione sotto due capi: » « Primo, Fino a che punto gli anelli di gradazione realmente man- cano nella vivente creazione o nel mondo fossile, e fino a qual punto pos- siamo aspettarci di scoprire i mancanti con le future ricerche? » » Secondo, Le lacune son più numerose di quel che dovremmo im- maginare, facendo la parte all’originario stato difettivo dei ricordi geolo- gici, alla successiva lor distruzione, e alla debole nostra cognizione di quelle porzioni che ancora esistono, e facendo anche la parte alla quan- tità di razze e specie che vengono ora estinguendosi, e che si estinsero dal principio del periodo terziario? « Primo, Riguardo alla pretesa assenza di varietà intermedie, che con- nettano una specie all’ altra, ogni zoologo e botanico che si è impegnato nella classificazione si è occasionalmente trovato a questo dilemma, — se faccio più di una specie in questo gruppo, per esser coerente debbo farne moltissime. Anche in una limitata ragione come le Isole Britanniche si sente di continuo questo imbarazzo. » « Due botanici, ad esempio, si accorderanno appena sul numero delle rose, ancor meno su quello delle specie di rovo che possediamo. Dell’ul- timo genere, Rubus, vi è una serie di forme, rispetto alle quali è ancor questione se abbiano a riguardarsi come formanti tre specie, o trenta- sette. Il Sig. Bentham adotta la prima alternativa, e il Sig. Babington la seconda nei loro ben noti trattati sulle piante Inglesi. » « Sappiamo dalla Flora di Australia del Dott. Hooker che questo stesso genere Rubus abbonda parimente agli antipodi, e quì ancora è ricco di specie variabili. Allorchè consideriamo, che estendendo le nostre co- gnizioni della stessa pianta sur un’area più larga, ci si presentano comu- nemente nuove varietà geografiche, e quindi ci sforziamo d’immaginare il numero di forme del genere Rubus, che possono ora esistere o che pro- babilmente hanno esistito in Europa, e nelle regioni intermedie fra l' Euro- pa e l’ Australia, comprendendovi tutte quelle che avranno fiorito nei pe- [contante 1 The geological evidences of the Antiquity of Man etc. by Charles Lyell ete- London, 1863. — Capo XXII. Esame delle objezioni all’ipotesi della trasmutazione, pag. 424-458. 154 riodi terziario e post-terziario, ci accorgeremo quanta poca importanza deve riporsi negli argomenti fondati sulla pretesa assenza di anelli mancanti nella flora attuale. » « Se nella battaglia della vita la competenza è più viva tra le va- rietà e specie strettamente affini, come il Signor Darwin sostiene, molte . forme non possono esser mai di molta durata, nè avere una larga esten- sione, e queste debbono spesso sparire senza lasciarsi dietro alcuna me- - moria fossile. » » Davidson sui Brachiopodi fossili. » « È dalla conchiliologia fossile più che da verun altro dipartimento del mondo organico che possiamo sperare di ricavar traccie di transizione da certi tipi ad altri, e memorie fossili di tutte le intermedie gradazioni di forma. Possiamo specialmente sperare di raccogliere simili informazioni dallo studio di alcuni dei gruppi inferiori, come dei Brachiopodi, il cui tipo persiste, talchè il filo della nostra ricerca è meno soggetto a venir interrotto da lacune nella serie delle roccie fossilifere. La splendida mo- nografia appena compiuta dal Signor Davidson, sui Brachiopodi Britanni- ci, illustra, in primo luogo, la tendenza di certe forme generiche in que- sta divisione di molluschi a persistere attraverso la intera serie dell’ età geologica sino a noi; poichè i quattro generi Rynchonella, Crania, Disci- na e Lingula furono seguiti attraverso i periodi Siluriano, Devoniano, Car- bonifero, Permiano, Giurassico, Cretaceo , Terziario, e Recente, e tuttora ritengono nei mari attuali forma e carattere identici a quelli che esibivano nelle primitive formazioni. D'altra parte, altri brachiopodi subirono in più brevi periodi una vasta serie di trasformazioni, cosicchè distinti nomi specifici, ed anche generici furono assegnati alla stessa forma variabile, secondo i differenti aspetti e caratteri che presentava nelle successive se- rie di strati ». - « Mano mano che i materiali di comparazione si accumularono, la necessità di riunire sotto una sola denominazione specie precedentemente riguardate come distinte, divenne sempre più evidente. Il Sig. Davidson, per conseguenza, dopo avere studiate non meno di 260 presunte specie delle roccie carbonifere d’ Inghilterra, fu obbligato a ridurre quel numero a 100, cui aggiunse 20 specie o interamente nuove o nuove per gli strati britannici; ma egli manifesta la convinzione che, allorquando la nostra conoscenza di questi 120 brachiopodi sarà più completa, accadrà una ul- teriore riduzione di specie ». « Parlando di una di queste forme, che chiama Spirifer trigonalis, egli dice tanto esser dissimile all’ altro estremo della serie, S. crassa, che nella prima parte della sua memoria (pubblicata dieci anni fa all’ incirca) le descrisse come distinte, e l’idea di confonderle insieme doveva perciò, ne conviene, apparire assurda a quelli che mai videro gli anelli interme- dî, tali come son presentati dalla S. bisulcata, e almeno da quattro altre con le loro varietà; la maggior parte di coteste conchiglie furono rico- nosciute dapprima come distinte dai più eminenti paleontologi, ma que- ste stesse autorità oggi concordano col Sig. Davidson nell’ unirle in una sola specie. » ! _— —: 1 Monograph on British Brachiopoda, Paleontological Society, pag. 222. 155. « La stessa specie continuò talora ad esistere sotto forme debolmente modificate per tutto il Siluriano inferiore come pure nei periodi Devo- niano e Carbonifero, siccome è il caso per la conchiglia generalmente co- nosciuta per Lepiaena depressa, che ora chiameremo per obbedire alla legge della priorità di nomenclatura, Anomites (o Strophomena) rhomboidalis Wahlemberg. Non meno di quindici specie comunemente accettate fu di- mostrato dal signor Davidson, con l’aiuto di una lunga serie di forme transizionali, appartenere a questo solo tipo, e si sa che alcuni dei mi- gliori scrittori furono indotti da principî puramente teorici a dare distinti nomi a talune delle varietà ora soppresse, cioè, perchè le trovarono in roc- cie tanto remote nel tempo, da stimare contrario all’analogia ‘il supporre che la stessa specie avesse durato così lungamente — modo di ragionare analogo a quello che induce certi zoologi e botanici a distinguere con nomi specifici deboli varietà di piante ed animali viventi trovate in paesi molto remoti, come in Europa ed in Australia, per esempio, ritenendosi che ciascuna specie ebbe un solo luogo di origine, od area di creazione, e che non potevano essere andate per migrazione dall’emisfero settentrio- nale all’australe attraversando i tropici. » « Il signor Davidson anche porta esempì di specie che passarono dal Devoniano nel Carbonifero, e da questo di nuovo nelle roccie Permiane. La grande longevità di tali forme specifiche non fu generalmente ricono- sciuta in conseguenza del cangiamento di nomi, che soffrirono se derivate da tali formazioni distanti, come quando l’Atrypa unguicularis assume, se deriva da una roccia carbonifera, il nome di Spirifer Uriî, oltre parecchi altri sinonimi, e poi, quando raggiunge il periodo Permiano, prende il nome di Spirifer Clannyuna, (King); tutte le quali forme l’ autore della monografia in discorso, asserisce esser una e la medesima. » « Nessun geologo negherà che la distanza di tempo la quale separa talune delle ere succitate, o le date della prima ed ultima comparsa di alcuni dei fossili summenzionati, deve esser contata a milioni di anni. Secondo le vedute di Darwin, è solo con l’avere al nostro comando i ricordi di tali enormi periodi, che possiamo aspettarci di riuscire ad addi- tare le gradazioni che uniscono forme specifiche molto distinte. Ma 1° av- vocato della trasmutazione non deve scoraggiarsi se, dopo esser riuscito ad ottenere alcune delle prove che era sfidato a produrre, le non fanno impressione nella mente dell’ avversario. Tutto ciò che sarà concesso si ‘riduce a questo, che la variazione specifica nei Brachiopodi, almeno, si estende più largamente che non si sospettava prima. Allorquando parec- | chie specie affini furono in tal guisa tanto e tanto ravvicinate, si potè re- | stare grandemente perplessi sulla realtà della specie in generale, ma quando quindici o più furono una volta confuse in un gruppo, costituendo nel- l'insieme una sola specie, una, e indivisibile, e capace di esser subito di- stinta da ogni altro gruppo al presente conosciuto, tutti i dubbi son finiti. Allora la verità implicita nella immutabilità della specie è restaurata, e più sono insensibili le sfumature da un estremo all’ altro, in una parola, più la prova della transizione è completa, più apparisce da nulla l'argomento derivatone. Allora si risolve semplicemente in uno di quegli esempi ecce- zionali di quanto chiamasi una forma proteica. » « Trent'anni fa un gran commerciante di conchiglie a Londra, abile naturalista pure, mi raccontò che nulla aveva ragione tanto di temere, per 156 il deprezzamento della sua merce, quanto la comparsa di una buona mo- nografia di qualche grande genere di molluschi; imperocchè, secondo 1’o- pera era fatta con spirito filosofico, era sicuro che lo danneggiava, ogni pretesa specie giudicata essere una mera varietà, divenendo fin d’ allora invendibile. Fortunatamente, tanto progresso si è fatto di poi in Inghil- terra nello stimare il vero scopo della scienza, che gli esemplari indicanti un passaggio tra forme comunemente separate da larghe lacune, nella fauna recente sono assai più ricercati, e spesso hanno maggior prezzo che le mere forme normali o tipiche. » « E chiaro che più sono antichi i molluschi esistenti, o più indietro nel passato‘ seguiteremo gli avanzi di conchiglie ancor viventi, più è fa- cile riconciliare con la dottrina della trasmutazione i distinti caratteri della maggioranza delle specie viventi. Imperocchè quel che ci bisogna è il tempo, prima per la formazione graduale, e poi per la estinzione delle razze e specie affini, che occasionò le lacune fra i sopravviventi. » « Nell'anno 4830, io annunziai, sull’autorità del signor Deshayes, che circa un quinto dei molluschi del Faluniano o Miocene superiore di Europa, apparteneva a specie viventi. Benchè la verità di quella ‘conclu- sione fosse poi messa in questione (e da Alcide d’Orbigny tra gli altri), fu poi confermata dalla maggior parte dei viventi maturalisti, ed è ben sostenuta dalle copiose prove in proposito apprestate al pubblico nella magnifica opera edita da M. Hòrnes, è pubblicata sotto gli auspici del go- verno austriaco, « Sulle conchiglie fossili del bacino di Vienna ». » « La collezione di conchiglie terziarie da cui furon prese quelle de- scrizioni e belle figure è quasi unica per il perfetto stato di conservazione degli esemplari, e la cura con cui tutte le varietà furono riscontrate. È oggi ammesso che circa un terzo di queste forme mioceniche, univalvi e bivalvi inclusive, concordano specificamente con moliuschi viventi, talchè maggior tempo dell’ enorme intervallo che divide il periodo miocenico dal recente deve esser preso in considerazione allorchè si specula sull’origine per trasmutazione delle conchiglie ora viventi, e sulla scomparsa per estin- zione delle varietà e specie intermedie. » ; « Piante Mioceniche ed Insetti riferiti a specie recenti. » « I geologi conoscevano circa trecento specie di conchiglie marine degli strati « Faluniani » sulle sponde della Loira, prima di saper qual- che cosa intorno agl’ insetti e piante contemporanee. Finalmente, come perchè ci guardassimo dall’inferire per prove negative la povertà di un’an- tica serie di strati in avanzi organici terrestri, una ricca flora o fauna entomologica ci fu all’improvviso rivelata come caratteristica dell’ Europa centrale durante il periodo Miocenico superiore. Questo resultato seguì la determinazione della vera posizione dei letti di Oeninghen nella Svizzera, e di certe formazioni del « Carbone bruno » in Germania. » « Il professor Heer, che ha descritto quasi cinquecento specie di piante fossili di Oeninghen, oltre a molte più di altre località mioceniche nella Svizzera !, computa a 3009 le specie fanerogame che debbono aver fiorito —_——_——_—_ ‘ 1 Heer, Flora tertiaria Helvetiae, 1859; e traduzione francese di Gaudin con aggiunte, 1864. 457 nell’ Europa centrale in quel tempo, essendo gl’insetti più numerosi nella stessa proporzione con che oggi eccedono le piante in tutte le latitudini. Questa flora miocenica di Europa era notevole per la preponderanza di alberi ed arbusti sempreverdi, e comprendeva molti tipi generici non più associati insieme in veruna flora o provincia geografica esistente. Alcuni generi, per esempio, che al presente son circoscritti all'America, coesiì- stevano nella Svizzera con forme ora peculiari all’Asia, e con altre al pre- sente limitate all’Australia. » « Il professor Heer non si arrischiò a identificar nessuna di questa vasta raccolta di piante ed insetti miocenici con specie viventi, tanto al- meno da dar loro gli stessi nomi specifici, ma ci presenta una lista di quelle che chiama forme omologhe, ie quali son tanto simili alle viventi, che suppone le une derivare genealogicamente dalle altre. In verità egli esita sul modo di trasformazione, o sulla precisa natura dei rapporti, « se i cangiamenti furon prodotti da qualche influenza esercitata continuamente per età, o se a qualche dato istante gli antichi tipi furono improntati con una nuova immagine ». » « Fra le piante omologhe suddette sono quaranta specie, di cui son conservate tanto le foglie che ì frutti, ed altre trenta, conosciute al pre- sente per le loro foglie soltanto. Nella prima lista troviamo molti tipi a- mericani, come il Liriodendron, il cipresso deciduo, Tarodium, l’acero rosso, ed altri, insieme con forme giapponesi, come il cinnamomo, che è molto abbondante. E quel che è degno di nota, alcuni di questi fossili così stret- tamente affini a piante viventi occorrono non solamente nel Miocene su- periore, ma anche alcune poche di esse indietro nel tempo sino alle for- mazioni del Miocene inferiore di Svizzera e di Germania, che probabilmente son tanto lontane dal Miocene superiore o letti di Oeninghen, quanto questi dalla nostra era. » « Talune delle piante fossili a cui il professor Heer assegnò nuovi nomi furono riguardate come specie odierne da altri eminenti naturalisti. Così Unger chiamò uno degli alberi affini all’olmo, Planera Richardi, spe- cie che ora fiorisce agli Stati-Uniti. Il professor Heer tentò di distinguerlo dall’albero vivente per la maggior grandezza del suo frutto, ma confessò che questo carattere non teneva fermo; allorchè ebbe opportunità (1864) di paragonare tutte le varietà della vivente Planera Richardi che il dot- tor Hooker gli pose davanti nel ricco erbario di Kew. » « Rispetto agli « insetti omologhi » del Miocene superiore nella Sviz- zera, troviamo fra essi, mischiate con generi ed ordini oggi del tutto stra- nieri all’Europa, certe forme familiari come la comune lucciola, Lampyris noctiluca, Linn, il Geotrupes stercorarius, Linn, la Coccinella septempunctata, Linn, la Forficula auricularia, Linn, qualcuna delle nostre comuni libel- lule, come la Libellula depressa, Linn, l'ape, Apis mellifera, Linn, l’Aphro- phora spumaria, Linn, ad un lungo catalogo di altre, a tutte le quali il professor Heer dette nuovi nomi, ma che taluni entomologi riguarderanno come. varietà finchè più forti ragioni non siano addotte per venire alla contraria opinione. » « Ben si sa che attualmente ‘parecchi degl’insetti sopra enumerati, come la comune coccinella, hanno una larghissima estensione, quasi sopra tutto l’antico mondo, per esempio, senza variare epperò possiam ritenere che persistettero attraverso a molti successivi cangiamenti della superficie Ù 158 : terrestre e del clima. Eppure noi ben possiamo presentire che anche i - tipi più costanti avranno sofferto qualche modificazione nel passare dal periodo miocenico al recente, dappoichè nel primo la geografia ed il clima d’ Europa, l'altezza delle Atpi, e la fauna e flora in generale erano così differenti dalle attuali. Ma la deviazione non eccederebbe quella che ge- neralmente si chiama varietà ben distinta. » « Prima di passare ad altro soggetto, sarà bene che risponda ad una questione, la quale può essere occorsa al lettore; com’è che rimanemmo per tanto tempo ignari della vegetazione ed insetti del Miocene. superiore in Europa? La risposta può esser istruttiva per coloro che hanno |’ abi- tudine di disconoscere la primitiva ricchezza del mondo organico sempre che non abbiano prove della sua condizione. Una gran parte dei succitati insetti e piante del Miocene superiore si rinvennero ad Oeninghen, presso il lago di Costanza, in due o tre luoghi, sepolte in marne sottilmente laminate, lo intero spessore delle quali appena eccede tre o quattro piedi, - ed in due cave di limitata estensione. La rara combinazione delle cause che sembrano aver prodotta la fedele conservazione di tanti tesori depe- ribili per natura, apparisce essere stata la seguente: prima, un fiume che sbocca in un lago; secondo, buffi di vento, che spiccavano foglie e talora ramoscelli di alberi, trascinati dalla coerente nel lago; terzo, gassi mefi- tici che si alzavano dal lago, e occasionalmente uccidevano gl’ insetti sor- volanti alla superficie: e quarto, carbonato di calce in soluzione fornito costantemente da sorgenti minerali, che precipitando, e mescolandosi a limo sottile, così formò le marne fossilifere. » « Specie d’insetti in Inghilterra e nella Nord-America rappresentati da distinte varietà. » - « Se compariamo i viventi insetti d’ Inghilterra con quelli del conti- nente americano, troviamo frequentemente che anche le specie considerate come identiche, nulladimeno son varietà dei tipi europei. Notai questo fatto allorchè parlai della comune farfalla inglese, Vanessa atalanta, che vidi volare attorno ai boschi dell’Alabama a mezzo inverno. Fui incapace di scoprirvi da per me qualche differenza, ma tutti gli esemplari americani che portai al Museo Britannico fu osservato dal signor Doubleday che offrivano una piccola particolarità nella colorazione di una minuta parte dell’ala anteriore ', carattere prima scoperto dal signor J. F. Stephens, il quale scopri ancora che simili deboli, ma ugualmente costanti variazioni, distinguono altri lepidotteri i quali oggi abitano gli opposti lati dell’Atlan- tico, insetti che, nondimeno, egli e Westwood ed il fu Kirby, sempre con- cordarono nel riguardare come mere varietà della stessa specie. » « Il signor J. V. Wollaston , trattando delle variazioni degl’ insetti nelle stazioni marittime e nelle piccole isole, dimostrò che il colore, lo ee delle ali, e molti altri caratteri, si modificano sotto l'influenza delle con- dizioni locali, continuata per lunghi periodi di tempo ?; e il sig. Brown. chiamò ultimamente la nostra attenzione sul fatto, che gl’insetti dell’ Isole Shetland presentano deboli SUOLI dai tipi corrispondenti che occorrono 1 Lyell’s Second Visit to the United States, vol. ii pag. 295. sani 3 2 Wollaston, On the Variation of Species etc. London, Van Voorst, 1856. | NI | ) 159 nella Gran Brettagna, ma molto meno marcate di quelle che distinguono le varietà americane dalle europee !. Nel caso delle Shetland Brown 0s- serva che ben può supporsi una comunicazione terrestre essersi effettuata con la Scozia ad un’era più moderna che quella fra PP Europa e l'America. Infatti, abbiam veduto che le Shetland possono difficilmente non essersi trovate unite con la Scozia dopo il principio del periodo glaciale (vedi mappa, p. 279); mentre una comunicazione fra il settentrione d° Europa con l’Islanda e la Groenlandia (che come fu stabilito innanzi, godeva una volta un clima dolce), dev’ essere stata anteriore all’epoca glaciale. Molto maggiore isolamento, e l'impossibilità che varietà formate nelle due aree separate e’ incrociassero mutuamente, spiegherebbe, secondo la teoria di Darwin, la molto maggior divergenza osservata nei tipi specifici delle due regioni. » « Il lettore rammenterà che al principio del periodo glaciale vi era ap- pena una differenza apprezzabile fra quella fauna malacologica e la vivente. Però quando gli avvenimenti del periodo glaciale descritti nella prima parte di questo volume siano debitamente ponderati, e quando riflettiamo che nel Miocene superiore le specie viventi di molluschi formano solamente il terzo di tutta la fauna, vediamo chiaramente per quanto alta cifra dob- biam moltiplicare il tempo affine di esprimere la distanza fra il periodo miocenico e i nostri giorni. » « Specie di Mammiferi recenti e fossili. — Proboscidei. » « Può forse dirsi che i mammiferi offrono più cospicui esempì che i molluschi, insetti, o piante, delle larghe lacune che separano specie e generi, e che se in questa elevata classe tanta moltitudine di forme tran- sizionali è mai esistita, quanta si richiederebbe per unire le specie ter- ziarie e recenti in una serie o rete di forme affini o transizionali, le non potrebbero interamente essere sfuggite alla osservazione, nella fauna fos- sile 9 vivente. Uno zoologo che abbia tale opinione, si dedichi allo studio di qualche genere di mammiferi, come elefante, rinoceronte, ippopotamo, orso, cavallo, bue, 0 cervo; e dopo aver raccolti tutti i materiali che po- trà rispetto alle specie estinte e recenti, da per sè decida se il presente | stato della scienza lo induca a ritenere che la catena non dev'essere stata mai continua, essendo tanto grande il numero degli anelli mancanti. » « Fra le specie estinte un tempo contemporanee con l’uomo, a nes- sun quadrupede fossile si fece tanto spesso allusione in quest’opera, quanto al mammutte, Elephas primigenius. Da una monografia sui proboscidei del dottor Falconer, apparisce che questa specie rappresenta un estremo di un tipo, del quala il pliocenico Mastodon Borsoni rappresenta l’altro. Fra questi estremi furono già enumerate dal dottor Falconer non meno di ven- tisei specie, alcune delle quali estese nel tempo sino al periodo miocenico, altre ancor viventi, come le forme Indiana ed Africana. Due di queste specie, nulladimeno, egli ha sempre considerate come dubbiose, lo Stegodon Ganesa, probabilmente mera varietà di una delle altre, e l’Elephas priscus di Goldfuss, fondato in parte sopra esemplari dell’ elefante ‘africano, rite- nuti fossili per errore, e in parte su talune forme aberranti dell’E. antiquus. » 1 Transactions of Northern Entomological Society, 1862. 160 « Il primo effetto della intercalazione di tante forme intermedie fra i - due tipi più divergenti, fu di abbattere quasi interamente la distinzione generica fra Mastodonte ed Elefante. ll dottor Falconer infatti osserva che lo Stegodonte (uno dei parecchi sottogeneri da lui fondati) costituisce un gruppo intermedio, da cui le altre specie divergono pei loro caratteri den- tali, da una parte in Mastodonti, e dall’altra in Elefanti '. L’ immediato resultato è quello di diminuire la distanza fra i molti membri di ciascuno dei due gruppi. » « Il dottor Falconer scoprì non meno che quattro specie di elefante esser dapprima confuse insieme sotto il nome di Elephas primigenius, a cagione di sua supposta ubiquità nei tempi post-pliocenici, o di sua larga estensione sopra metà del globo abitabile. Ma questa forma, anche così ristretta nei suoi caratteri specifici, ha pure sue varietà geografiche; poi- chè i denti di mammutte che vengono di America, in più esempî, secondo il dottor Falconer., possono distinguersi da quelli di Europa. A questa varietà americana il dottor Leidy assegnò il nome di E. Americanus. Un’al- tra razza delle stesso mammutte (determinata dal dottor Falconer) esiste, come abbiamo visto, prima del periodo glaciale, o al tempo in che la se- polta foresta di Cromer, e le balze (cliffs) di Norfolk (vedi sopra, p. 216) forono depositate; e i geologi svizzeri ultimamente trovarono avanzi del mammutte nel lor paese, tanto in formazioni pre-glaciali che post-glaciali. » «“« Dopo la pubblicazione della monografia del dottor Falconer, due altre specie di elefante, E. mirificus, Leidy, ed E. imperator, si ottennero dalle formazioni plioceniche della Valle di Niobrara nel Nebraska, una delle quali nondimeno fu poi trovata possibilmente identica con lE. Columbi, Falc. Fu anche scoperta una notevole specie nana (Elephas Melitensis), appartenente, come l’odierno E. Afrieanus, al gruppo Loxodon, Questa spe- cie fu stabilita dal dottor Falconer su resti trovati dal capitano Spratt, R. N., in una caverna in Malta ?. » « Quanto la difficolta di determinare i rappresentanti fossili di que- sto genere possa aumentare in seguito, allorquando si conosceranno tutte le specie con le rispettive varietà geografiche , può inferirsi dal seguente fatto: — Il professor H. Sehlegel, in una memoria pubblicata di recente, si sforza di dimostrare che l’ odierno elefante di Sumatra concorda con quello di Ceylan, ma forma una specie distinta da quella dell’ India con- tinentale, distinguendosene per il numero delle vertebre dorsali e delle coste, per la forma dei denti ed altri caratteri 8. Il dottor Falconer, dal- ‘l’altra parte, considera queste due specie viventi come prette varietà geo- grafiche. i surriferiti caratteri non essendo costanti, siccome si accertò, nel comparare diversi individui di E. indicus in differenti parti del Bengala (nei quali le coste variavano da diciannove a venti), e diverse varietà di E. Africanus. » i « Una ricerca intorno alle varie specie del genere Rhinoceros, recenti e fossili, condusse il dottor Falconer ad analoghi resultati, come può inferirsi da quanto si disse al capitolo X. (p. 173), e con una memoria che il medesimo scrittore pubblicherà, presto più pienamente sarà di- mostrato. » 1 Geological Quaterly Journal, vol. xiii pag. 544, 4857. ? Proceedings of the Geological Society, London, 1862. 3 Sehlegel, Natural Historical Review, N. 5, pag. 72, 4862. 464 « Fra i fossili portati nel 1858 dal sig. Hayden dalla Valle di Niobrara, il dottor Leidy descrive un rinoceronte tanto simile alla specie asiatica, R. Indicus, che dapprima lo, riferì alla medesima, e, quel che è più sin- golare, egli nota generalmente della fauna pliocenica di quella parte di Nord-America, che è ben più affine in carattere alla fauna post-pliocenica e recente di Europa che a quella, la quale oggi abita il continente ame- ricano. » « Sembra davvero sempre più evidente, che allorchè speculeremo in avvenire sulla genealogia di qualche estinto quadrupede che abbonda nel drift o nelle caverne di Europa, guarderemo all'America settentrionale e meridionale, come a principal sorgente d'informazione. Trent’ anni fa, se fossimo andati cercando i tipi fossili che possono colmar la lacuna fra due specie o generi della tribù del cavallo (o grande famiglia dei Solipe- di), avremmo pensato sufficiente lo aver raccolti qnegli ampî materiali, che possiamo ottenere dai continenti di Europa, Africa ed Asia. Potremmo aver presunto che come niun rappresentante attuale della famiglia equina, sia cavallo, asino, zebra, o quagga, fu presentato dall'America settentrio- nale o meridionale, allorchè quelle regioni vennero dapprima esplorate. dagli Europei, potremmo dispensarci dalla ricerca delle specie fossili nel mondo transatlantico. Ma quanto diversa è ora la scena che ci si apre davanti! Darwin scoprì per il primo gli avanzi di un cavallo fossile nella sua visita alla Sud-America, dopo di che due altre specie si rinvennero nello stesso continente, mentre nella Nord-America, nella valle di Nebraska soltanto, il signor Hayden, oltre una specie non distinguibile dal cavallo domestico, ottenne secondo il dottor Leidy, i rappresentanti di cinque al- tri generi fossili di Solipedi. Questi nominò Hipparion, Protchippus, Mery- chippus, Hypohyppus, e Parahippus. Nel totale non meno di dodici specie equine, appartenenti a sette generi (incluso il miocenico Architherium di Nebraska), furono già scoperti nelle formazioni terziarie e post-terziarie degli Stati Uniti !. » « I Professori Unger ed Heer hanno difeso, su fondamenti botani- ci, la primitiva esistenza di un continente atlantico durante qualche parte del periodo terziario , come quella che offre la sola spiegazione plausibile che può immaginarsi, dell’analogia tra Ja flora miocenica dell’ Europa cen- trale e la flora esistente dell’America orientale. Il prof. Oliver, dall’ altro canto, dopo dimostrato quanti dei tipi americani trovati fossili in Europa sono comuni al Giappone, inclina alla teoria, prima messa fuori dal Dr. . Asa Gray, che la migrazione delle specie, cut è dovuta la comunanza dei | tipi negli Stati orientali della Nord-America e nella flora miocenica di Eu- | ropa, ebbe luogo quando vi fu una comunicazione terrestre dall'America all’Asia orientale fra i paralleli quinto e sesto di latitudine, o al sud dello stretto di Behring, seguendo. la direzione delle isole Aleutiche.? Da que- . sta parte esse possono aver fatto la loro strada, all’epoca miocenica, pliocenica , o post-pliocenica, precedentemente alla glaciale , per la terra di Amoor, sulla costa orientale dell’ Asia settentrionale. » « Abbiamo veduto (p. 158) che i quadrupedì viventi della terra di Amoor sono adesso quasi tutti specificamente identici con quelli che pre- 1 Proceedings of Academy of Natural Science, Philadelphia, for 1858, pag. 89. ? Oliver, Lecture at the Royal Institution, March 7, 1862. 4l 162 sentemente abitano il continente dell’ Europa occidentale e le isole Bri-. tanniche. » « Una monografia dell’ippopotamo, orso, cervo, o qualche altro ge- nere di mammiferi comune nel drift di Europa e nelle caverne, può e- gualmente bene illustrare lo stato difettivo dei materiali che abbiamo al nostro comando al presente. Possediamo raramente un perfetto scheletro di qualche specie estinta, molto meno gli scheletri dei due sessi, e di differenti età. D’ ordinario non sappiamo nulla delle varietà geografiche delle specie plioceniche, assai meno, di quei successivi cambiamenti di forma che debbono avere sofferto nell’epoca pre-glaciale fra 1’ era mioce- nica superiore e la post-pliocenica. Tale essendo la povertà dei nostri dati paleontologici, non possiamo maravigliarci che gli osteologi discor- dino se certi avanzi trovati nelle caverne sieno delle stesse specie ora viventi; se, per esempio, la Talpa fossilis è realmente }a talpa comune, il Meles morreri il comune tasso, Lutra antiqua la lontra di Europa, Sciurus priscus: lo scoiattolo, Arctomys primigenia la marmotta, Myoxus fossilis il ghiro, Felis Engihoulensis di Schemerling la lince europea, o se |’ Ursus spelaeus e l Ursus priscus non sono estinte razze del vivente orso bruno (Ursus arctos). » « Se in qualche futuro periodo tutte le summenzionate specie si u- niranno con le loro congeneri affini, non posson mancare di estendere il nostro concetto sulle modificazioni che una specie è capace di subire nel corso del tempo, sebbene la stessa forma apparisca assolutamente immu- tabile negli angusti limiti della nostra esperienza. » « Longevità delle specie nei Mammiferi. » « Nei « Principî di Geologia, » nel 1833, ! io stabilii che la longe- vità delle specie nella classe dei molluschi eccedeva quella dei mammi- feri. Fu' poi trovato che cotesta generalizzazione può spingersi molto più avanti, e che, nel fatto, la legge la quale governa le mutazioni de- gli esseri organici è tale, che quanto più basso è il loro posto nella scala graduata, o più semplice loro struttura, tanto più son persistenti in for- ma ed organizzazione. Subito mi accorsi della forza di questa regola nella classe dei molluschi, allorchè dapprima tentai di calcolare la proporzione numerica delle specie recenti nelle formazioni del nuovo pliocene, com- parata all’antico pliocene, e questa di nuovo paragonata al miocene ; poi- chè apparve invariabilmente che maggior numero di acefali o bivalvi la- mellibranchi poteva identificarsi a specie viventi, anzichè di gasteropodi, e fra questi ultimi un maggior numero nella divisione inferiore, degli u- nivalvi a bocca intera, che in quella dei sifonati. In qualunque modo i cangiamenti furono effettuati, sia per variazione ed elezione naturale, o per qualche altra causa, la quantità del cangiamento è stata maggiore dove il grado di organizzazione era più elevato. » « Perciò solamente quando vi è una completa rappresentanza di tutti i principali ordini di molluschi, o quando paragoniamo quelli di grado corrispondente, possiamo intieramente fidarci alla testimonianza centesi- male, o alla proporzione delle specie recenti all’ estinte, come indicanti la relazione dei due gruppi alla fauna esistente. » —_———_— _—_ _— 1 4st edit, vol. iii pp. 48 e 140. 163 « Le foraminifere che esemplificano il più basso grado di esistenza animale , essendo simili alle spugne, sono estremamente persistenti in forma e struttura per grandi periodi di tempo, come le ricerche dei sigg. Jones e Parker hanno ultim:imente mosirato. Esse eccedono, sotto tale aspetto, anche i molluschi brachiopodi anzi menzionati. » « Il Dr. Hooker osserva, riguardo alle piante di complessa struttura florale, che manifestano lor superiorità fisica in una maggiore estensione di cangiamenti, ed in meglio assicurar così la successione della razza, attributo che in qualche senso egli riguarda di ordine più alto che quello indicato dalla sola complessità o specializzazione degli organi. ! » « Come una delle conseguenze di questa legge egli dice che le spe- cie, generi, e ordini sono nella totalità meglio limitati nelle piante di grado più elevato, nelle dicotiledoni meglio che nelle monotiledoni, e nelle diclamidee meglio che nelle aclamidee. » » Darwin nota, « Possiamo forse spiegare la proporzione apparen- temente maggiore di cangiamenti nelle produzioni terrestri, e nelle più altamente organizzate, in paragone delle marine e delle inferiori, con le più complete relazioni degli esseri più elevati a lor condizioni di esistenza organiche ed inorganiche. » ? « Se supponiamo che i mammiferi sieno più sensitivi delle altre classi inferiori dei vertebrati, ad ogni fluttuazione nelle condizioni esterne, sia del mondo animato o inanimato , ne seguirà che più spesso avranno l’op- portunità di adattarsi per variazione, e nuove condizioni, o Se incapaci di farlo, daranno posto ad altri tipi. Ciò darà origine a più frequenti estinzioni di varietà, specie, a generi, mentre i tipi sopravviventi saran- no meglio limitati, e verrà diminuita la durata proporzionale degli stessi tipi specifici inalterati. » » Assenzaxdei Mammiferi nelle Isole considerata relativamente alla Trasmutazione. » « Ma se i Mammiferi variano nel totale in più rapida proporzione degli animali inferiori nella scala degli esseri, non deve supporsi eh’essi possano alterare loro abitudini e strutture prontamente, o in brevi pe- riodi convertirsi in nnove specie. La estrema lentezza con cui tali cangia- menti di abitudini ed organizzazione hanno luogo , al sopravvenire di nuove condizioni, sembra bene semplificata dall’ assenza anche di piccoli qua- drupedi a sangue caldo in isole lontane dai continenti, sebbene le pos- san essere acconcie per le loro dimensioni a contenerli. » « Darwin indicò quest’ assenza di mammiferi come favorevole alle sue vedute, osservando che i pipistrelli, i quali sono le sole eccezioni alla regola, ponno esser pervenuti a lontane isole col volo, poichè spesso s'incontrano sopravvolanti al mare. Indubbiamente la totale esclusione di quadrupedì in generale , che potrebbero solamente raggiungere tali isolate abitazioni volando, sembra implicare che la natura non dispensa dalle ordinarie leggi di riproduzione allorchè popola la terra di nuove forme : poichè se soltanto operassero cause puramente immateriali, potremmo e 1 Introductory Essay, etc. p. vii. ? Origine of Species, 3 rd ed. pag. 540. 464 naturalmente cercare scoiattoli, pipistrelli, puzzole ed altri piccoli rodi- tori e carnivori, tanto spesso quanto i pipistrelli nei luoghi suddetti. » « Dall’altro canto, trovai difficile conciliare 1’ antichità di certe isole , come quelle dell’Arcipelago di Madera, e quelle ancor più grandi nelle Canarie, con la totale mancanza di piccoli quadrupedì indigeni, poichè giudicando da antichi depositi di conchiglie littorali, ora molto elevate sopra il livello del mare, parecchie di queste isole vulcaniche (Porto-Santo e la Grande Canaria fra le altre), devono esser sempre esistite dopo il periodo miocenico superiore. Ma, prescindendo da tutte coteste ipotesi di antichità, è almeno certo che dopo la fine del nuovo Pliocene, Ma- dera e Porto-Santo costituirono due isole separate, una di faccia all’ al- tra, e ciascùna abitata da un insieme di conchiglie terrestri (helix , pupa, clausilia , ete.), per la più parte differenti o proprie a ciascuna isola. Circa trentadue specie fossili si ottennero da Madera, e quarantadue da Porto Santo, di tutte le quali cinque soltanto comuni alle due isole. In ognuna le conchiglie terrestri viventi sono egualmente distinte, e corrispondono per la maggior parte, con le specie trovate fossili in ciascuna isola ri- spettivamente. » i « Fra trentadue specie, due o tre sembrano del tutto estinte , e molte più scomparse dalla fauna dell’ Arcipelago di Madera, benchè tuttora esi- stano in Africa ed in Europa. Molte che erano delle più comuni nel nuovo Pliocene, son divenute ora le più scarse, ed altre dapprima scarse, sono adesso rappresentate in maggior numero. La forza di variabilità operò con tale energia, — forse dovremmo dire, ebbe tanto tempo per isviluppar- si, — che quasi ogni roccia isolata a tiro di fucile dalle coste ha sue peculiari forme viventi, o quelle razze molto marcate, a cui il sig. Lowe, nella sua eccellente descrizione della fauna, ha dato il nome di « sotto- specie ». « Dopo che le conchiglie fossili furono sepolte nella sabbia vicino alla costa, queste isole vulcaniche soffrirono considerevoli alterazioni in for- ma e grandezza per l’azione distruttrice dei flutti dell'Atlantico che inces- santemente battevano le scogliere, così che la prova di un gran lasso di tempo si deriva tanto dagl’ inorganici che dai fenomeni organici. » « Durante questo periodo nessun mammifero, neanche di piccola specie, tranne i pipistrelli, comparve in Madera e Porto-Santo-o nelle più grandi e più numerose isole del gruppo delle Canarie. Potevamo aspet- tarci da certe espressioni che s'incontrano qua e là nella « Origine delle Specie, » non già forse dalla retta interpretazione di tutto il ragionamento dell'autore, che siffatta mancanza della più alta classe dei vertebrati è inconciliabile colla facoltà che hanno i mammiferi di adattare loro abitu- dini e strutture a nuove condizioni. Come va che alcuni dei pipistrelli. per esempio, dopo essersi grandemente moltiplicati, e astretti dalla scar- sità degl’ insetti volanti, non si adattarono a cercar la preda sul suolo , e, gradatamente perdendo le ali, non si trasformarono in insettivori non volanti? Darwin mi narrò ch’egli ha udito di un pipistrello nell’ India , il quale divera occasionalmente rane. Anche si può esser tentati a chiede- re, com’ è che i vitelli marini, i quali abbondavano sulle coste di Madera |. e delle Canarie, innanzi l’arrivo dei coloni europei, non furono indotti, — scarseggiando in mare il cibo, ad avventurarsi dentro terra, e, comin- | ciando da Teneriffa e dalla Gran Canaria specialmente, e altre grandi | 165 isole, ad acquistare abitudini terrestri, prima internandosi poche tese, e poi più e più sino ad occupare qualcuno di quei « posti rimasti vacanti nella economia della natura. » Durante siffatte escursioni possiam sup- porre che alcune varietà, aventi la pelle delle dita palmate meno svilup- pata, riuscissero meglio a camminar sulla terra, o nel corso di parec- chie. generazioni potessero scambiare lor passo presente, o lor modo di arrampicarsi e saltare per mezzo della coda e delle estremità pinnifor- mi; con piedi meglio adatti al corso. » « Si disse che une dei pipistrelli dell’isola di Palma (una delle Ca- narie) è una specie particolare, e che alcuni Chirotteri dell’isole del Pa- cifico (od Oceaniche) sono anche generi particolari. Se così è, par che resti impedito, su fondamenti tanto organici che geologici, lo arguire scarsità di tempo per gran divergenza di caratteri. Ci è ancora lecito di- mandare perchè i pipistrelli e roditori di Australia, che tanto largamente son diffusi fra i marsupiali in quel continente, mai si svilupparono nel più alto tipo o placentale, sotto l’ influenza del principio di progressione, dappoichè siamo ora certi che quel continente non è punto disadatto per questi mammiferi, mentre una volta introdottivi dall’ uomo, divennero selvaggi e si naturarono in molte parti. Le seguenti risposte presso a poco posson darsi alle precedenti critiche delle vedute teoriche di Dar- WIN. » « Primo, riguardo ai pipistrelli ed alle foche: son questi tipi che gli zoologi chiamano aberranti ed altamente specializzati, epperò quelli pre- cisamente da supporsi fissi e mancanti di pieghevolezza nella loro orga- nizzazione, 0 il meno impossibile atti a deviare in nuove direzioni verso nuove strutture, e l’ acquisto di tali alterate abitudini, come una muta- zione dalla vita acquatica alla terrestre o dalla volante alla non volante, implicherebbe ciò. » « Secondo, lo stesso potere del volo che ai primi pipistrelli fece raggiungere Madera o le Canarie, ne porterebbe di quando in quando dal continente Africano altri, che mescolandosi ai primi emigranti e con essi inerociandosi, impedirebbero la formazione di nuove razze, o farebbero conservare gli antichi tipi, come è il caso attualmente per gli uccelli di Madera e delle Bermude. » « Ciò accadrebbe con maggior sicurezza, se come Darwin sì è sfor- zato di provare, la prole di razze debolmente variabili è d° ordinario più vigorosa che la progenie dei parenti d’ una stessa razza, e sarebbe per- ciò più prolifica dello stipite insulare che per lungo tempo si è sempre mutuamente incrociato. » « La stessa causa tenderebbe in modo ancor più deciso a impedire le foche dal divergere in nuove razze o « specie incipienti, » poichè le spaziano liberamente nell’oceano, epperò avrebbero continui .rapporti con tutti gli altri individui della loro specie. » « Terzo, rispetto alle peculiari specie ed anche generi di pipistrelli nelle isole, ci son forse troppo poco note al presente tutte le specie e generi dei continenti vicini, perchè siamo capaci di affermare, con qual- che grado di sicurezza, che le forme supposte particolari non esistàno altrove : quelle delle Canarie in Africa, per esempio. Ma quel che più im- porta ancora, dobbiamo tenere in mente quante specie e generi di mam- mali post-pliocenici si estinsero dappertutto per catise indipendenti dal- 166 À l’uomo. Pertanto è sempre possibile che alcuni tipi di chirotteri, origi- nari del continente, abbiano sopravvissuto nelle isole, benchè gradata- mente siensi spenti nel primo da cui provennero; cosicchè sarebbe pre- maturo inferire che vi è stato tempo per la creazione, sia per variazione o per altra causa, di nuove specie e generi nelle isole in discorso. » « Circa i roditori e chirotteri d'Australia , siamo ancora troppo igno- ranti della fauna del post-pliocene e del nuovo pliocene di quella parte di mondo, per essere in grado di decidere se la introduzione di tali for- me data da un remoto tempo geologico. Cionnonostante sappiamo che prima del periodo recente quel continente era popolato da grandi can- guri, di specie da lunga pezza estinte, essendosi scoperti nelle caverne ossifere i loro avanzi. L’anteoccupazione del paese da parte di tali tribù indigene avrà impedito lo sviluppo dei roditori e chirotteri placentati, data pure la possibilità che tali forme siano convertibili per variazione e pro- gressivo sviluppo in più elevati gradi di mammiferi. » « Imperfezione dei ricordi geologici. » « Trattando nell’ ottavo capitolo ! della mancanza di ossa umane nel- l’alluvio che contiene strumenti di selce in abbondanza, notai che non fa parte del piano della Natura lo scrivere dappertutto, e in tutti i tempi, le sue memorie autobiografiche. Al contrario i suoi annali sono locali ed eccezionali dapprima, e porzione di essi vien poi ridotta in fango, sab- bia, e ciottoli, per fornire materiali a nuovi strati. Ancora di quegli an- tichi monumenti che ora formano la crosta della terra, che non furono distrutti dai fiumi e dalle onde marine, o che hanno sfuggito la fasione pel calore vulcanico, tre quarti giacciono sommersi sotto l’ oceano, € sono inaccessibili all’uomo; mentre di quelli che formano la terra asciut- ta, una gran parte è nascosta per sempre alla nostra osservazione da masse montuose, dello spessore di migliaia di piedi, accumulate sovr’essa.» « Veramente Darwin ha detto che le roccie fossilifere conosciute dai geologi consistono, per la maggior parte, in quelle che si formarono al- lorchè il fondo del mare si abbassava. Questo movimento all’ ingiù pro- tegge dalla denudazione i nuovi depositi, e concede loro di accumularsi per una grande potenza; in quanto che la materia sedimentaria , deposi- tata dove il fondo del mare si va innalzando , deve quasi invariabilmente venir distrntta dai flutti appena la terra emerge. » « Onde, quando ripensiamo, allo stato frammentario degli annali che abbiamo alle mani, e quanto poco si studiarono anche cotesti, ci mara- viglieremo che tanti geologi attribuiscano ogni interruzione nella serie stratigrafica, ed ogni lacuna nella passata istoria del mondo organico, a catastrofi e convulsioni della crosta terrestre, o salti che fece la forza creatrice da specie a specie, o da classe a classe. Imperocchè gli è chiaro che, fosse anche stata la serie dei monumenti perfetta e continua dap- prima (ipotesi affatto opposta all’analogia del modo di agire delle cause presentemente attive), non mancherebbe di presentarsi ai nostri occhi in uno stato interrotto e sconnesso. » « Quei geologi che han tenuto dietro al progresso delle scoperte nel- _ 1 Pagina 144 a 449. 167 l’ultimo mezzo secolo, meglio apprezzeranno fino a che punto possiamo ancora sperare con le future ricerche di riempiere alcune delle più vaste lacune che ora interrompono il seguito regolare delle roccie fossilifere. Per esempio la determinazione fatta negli ultimi anni del vero posto dei letti di S. Cassiano sui fianchi N. e S. delle Alpi Austriache, ci rivelò, . per la prima volta la fauna marina di un periodo (quello del Triassico superiore) di cui, fino ultimamente , ben poco si sapeva. In questo caso il paleontologo fu improvvisamente chiamato ad intercalare circa 800 spe- cie di molluschi e raggiati, fra la fauna del Liassico inferiore e quella del Triassico medio. Prima credevasi, anche da molti geologi filosofi, che il periodo in quistione fosse comparativamente povero di tipi organici. In Inghilterra, in Francia, e nella Germania settentrionale, gli strati soli conosciuti del Triassico superiore , consistevano quasi interamente di letti di acqua dolce o salmastra, in cui le ossa di rettili terrestrì ed amfibî erano i fossili più caratteristici. La nuova fauna era, come potevamo èt- spettarci, peculiare in parte, non poche delle specie di molluschi essendo riferibili a nuovi generi; mentre altre specie erano comuni alle roccie più antiche ed altre più recenti. Nella totalità le nuove forme aiutarono gran- demente a diminuire la discordanza, non solo fra il liassico e il triassi- co, ma anche fra le formazioni paleozoiche e neozoiche in generale. Così il genere Ortoceratite fu per la prima volta riconosciuto in ur deposito neozoico, e con esso troviamo associate, per la prima volta, grandi am- moniti a lobi foliati, forma mai veduta prima sotto il lias; ancora le Ce- ratiti, famiglia di cefalopodi mai trovata per lo innanzi sopra il muschel- kalk o trias medio, e mai per l’innanzi nello stesso strato con coteste ammoniti lobate. » « Ora non possiamo più dubitare, che allorquando avremo in seguito opportunità di studiare una fauna marina egualmente ricca dell’ età del trias inferiore (0 bunter sandstein), quasi sparirà la marcata lacuna che tuttora separa I’ epoca Triassica e la Permiana. » « Archaeopterye macrurus, Owen. — Farei presto ad aggiungere una copiosa lista di minori depositi, appartenenti alla serie primaria, secon- daria, e terziaria, che in simil guisa fummo appellati ad intercalare nel corso dell’ultimo quarto di secolo nella serie cronologica precedentemente conosciuta; ma una digressione mi condurrebbe troppo in lungo. Per questo mi contenterò di accennare che non solamente nuove formazioni son portate di anno in anno alla luce, per ricordarci lo stato elementare delle nostre cognizioni di paleontologia, ma nuovi tipi di struttura ezian- dio si scoprono in roccie, il cui contenuto fossile in particolare suppo- nevasi ben conosciuto. » « L’ultima e più sorprendente di coteste novità è « il fossile pen- nuto » della pietra litografica di Solenhofen. » « Sino all'anno 1858, nessuno scheletro di uccelli ben determinato si scoperse in roccie più antiche delle terziarie. In detto anno, il sig. Lucas Barrett trovò nella sabbia verde superiore vicino a Cambridge , il femore, la tibia, e certe altre ossa di un uccello acquatico , supposto dal medesimo appartenere alla tribù dei gabbiani. La sua opinione rispetto al carattere ornitico di quei resti fu poi confermata dal Professor Owen. » « L’Archaeopterya macrurus, Owen, recentemente acquistato dal Mu- seo Britannico , offre un secondo esempio della scoperta dei resti ossei 168 di un uccello in strati più antichi dell’ Eocene. Si rinvenne nelle grandi cave di calcare litografico a Pappenheim, presso Solenhofen in Baviera, formando la roccia un membro della Oolite superiore. » « Fu dapprima congetturato in Germania, avanti che niun esperi- mentato osteologo avesse opportunità di osservare 1’ esemplare originale , che questo fossile fosse un pterodattilo pennuto, (essendo spesso stati rinvenuti rettili volanti nello stesso strato), o che potesse almeno fornire qualche anello di congiunzione fra rettili e uccelli. Ma il Professor Owen, in una memoria letta ultimamente alla Società Reale (Novembre 20, 1862,) dimostrò ch° esso è indubbiamente un uccello, e che certi suoi caratteri anormali non son punto rettilini evidentemente. Lo scheletro sepolto in sedimento calcareo giaceva sul dorso, talchè espone in vista la parte ven- trale. E lungo all’incirca un piede e otto pollici, un piede e quattro largo , dall’estremità dell’ala destra a quella della sinistra. La forcella , che è intiera, indica la parte anteriore del tronco ; l’ischio, scapola, e la più parte delle ossa dell’ala e della gamba son conservate, e ci sono impres- sioni delle penne maestre e della lanugine del corpo. La cavità e il can- nello delle penne può vedersi ad occhio nudo. Quattordici lunghe penne maestre s’impiantano divergendo ai due lati delle ossa metacarpiche e falangee, e decrescono in lunghezza da sei pollici a uno. Le ali somi- gliano in generale a quella degli uccelli gallinacei. Il tarso-metatarso esi- bisce al suo capo terminale una superficie articolare trifida per sostenere tre dita, come negli uccelli. La forcella, bacino, e ossa della coda si tro- vano nella posizione naturale. La coda consiste in venti vertebre, ognuna delle quali sostiene un paio di penne. La lunghezza della coda con le sue penne è di undici pollici e mezzo. È ottesamente troncata in cima. In tutti gli uccelli viventi le penne della coda son disposte a ventaglio e im- piantate sul coccige che consiste di parecchie vertebre insieme unite, mentre nello stato embrionale queste stesse vertebre son distinte. Se ne vede il massimo numero nello struzzo, il quale ha nello stato fetale di- ciotto vertebre caudali, che si riducono a nove nell’uccello adulto , molte essendo anchilosate insieme. Perciò il Professor Owen considera la coda dell'Archaeopterye come esempio della persistenza di quanto è ora carat- tere embrionale. La coda, egli nota, è un carattere essenzialmente varia- bile. Ci sono pipistrelli, roditori, pterodattili a coda lunga e a coda corta.» « L’Archacopterya differisce da tutti gli uccelli conosciuti non sola- mente nella struttura della sua coda, ma nell'avere due, se non tre dita nella mano; ma non vi è traccia del quinto dito dei rettili alati. » » Le condizioni nelle quali occorre lo scheletro sono tali, dice il Professor Owen, da rammentarci il carcame di un gabbiano divorato da qualche Carnivoro, il quale rimosse tutte le parti molli, e forse la testa, null'altro lasciando che le gambe ossose e le indigeribili penne maestre. Ma dopo che fu letto lo scritto del Professor Owen, il sig. John Evans, il quale spesso ebbi occasione di menzionare nei primi capitoli di que- st'opera, par che abbia trovato quel che può indicare una parte del cra- nio mancante. Ei chiamò la nostra attenzione sur una protuberanza liscia nella opposta superficie piana della lastra di calcare, che sembra essere il modello del cervello o dell’interno della testa. Anche qualche parte dell’osso craniale stesso apparisce tuttora sepolta nella matrice. Il sig. Kvans notò la somiglianza di questo modello con uno fatto da lui stesso 169 sul cranio di un corvo, ed ancor più con quello di una gazza, osser- vando che nel fossile è visibile la linea mediana la quale separa i due emisferi del cervello. » ; « In conclusione, noi apprendiamo da questa notevole reliquia quanto prematuramente fosse posta in dubbio la esistenza di uccelli nell’ epoca secondaria, quante nuove forme possiamo aspettarci che vengano portate alla luce negli strati che già sono adesso i meglio conosciuti, per non dir nulla delle nuove formazioni che i geologi scoprono di continuo, » La grande importanza delle osservazioni, e il sicuro criterio dell’autore onde son tolte mi faranno leggiermente perdonare la lunga citazione che son venuto facendo di un intiero capitoio dell’Antichità dell’ Uomo. « ! Gaudry sulle forme intermedie fra i mammiferi del Miocene superiore e i viventi. — I rapporti dell’uomo ad una supposta specie antecedente , offrono attualmente ai geologi un campo d’ inutili speculazioni, finchè re- stano inesplorate le formazioni plioceniche e post-plioceniche dell’Africa tropicale e dell’India. Abbiamo cominciato appena, con l’aiuto della pale- ontologia, a risalire per una serie di forme graduali sino al passaggio dei mammiferi viventi a quelli del Pliocene e dell’ancor più antico periodo Miocenico. Ma in questo ramo della osteologia le prove già ottenute dopo il tempo di Cuvier in favore della trasmutazione, son di certo molto evi> denti. Niun naturalista insistè su. questo punto più chiaramente del si- gnor Gaudry, il quale, sotto l’ influenza dei grandi maestri che lo prece- dettero, si pose, alla ricerca con una tendenza teorica direttamente 0ppo- sta alle conclusioni che ora propugna tanto abilmente. Nella sua stupenda memoria sulle ossa fossili rinvenute a Pikermi, vicino al Monte Pentelico, quattordici miglia all’oriente di Atene, indicò la transizione per molte forme intermedie di specie del Pliocene superiore ad altre di data pliocenica @ post-pliocenica, dimostrando che ogni scoperta successiva ci fece colmare molte lacune che esistevano solo venti o trent'anni fa. Avendo avuto 10 stesso il vantaggio di vedere gli esemplari originali, da questo zelante geologo raccolti, ed ora nel Museo di Parigi, ed essendomi forniti i punti di contatto da specie di altre parti del mondo, postemi dinanzi, venni tanto meglio ad apprezzare la forza delle prove invocate in favore della trasmutazione, Ma chiunque studia la memoria del signor Gaudry si for- merà da per sè una opinione indipendente, dando una occhiata alle tavole genealogiche dei tipi di certe famiglie, in cui è tracciata la gradazione dei generi e specie mioceniche per le plioceniche e post-plioceniche sino alle viventi. » I « Nella lista dei proboscidei, per esempio, vediamo disposte crono- logicamente più di trenta specie distinte, cominciando dai mastodonti del miocene medio, trovati in Francia, e continuando con quelli del Miocene superiore di Ava dei monti di Siwalik, di Pikermi ed Eppelsneim , fino alle forme plioceniche dell’ India meridionale, Italia, ed Inghilterra , dove occorrono tanto mastodonti quanto elefanti. Arriviamo finalmente alle spe- cie post-plioceniche o quaternarie di Europa ed America, per terminare con i due attuali elefanti d’India ed Africa. Parimente si enumerano nella famiglia dei rinoceronti, oltre le cinque specie viventi, quindici altre estinte, 1 Lyell, Principles of geology ete. Tenth and entirely revisd edition 1868 vol. IT, pag. 480-85. 170 E e oltre a queste, alcune forme generiche di data più antica ed eocenica, appartenenti alla stessa famiglia. La genealogia fossile della tribù del ca- vallo è altrettanto istruttiva, tracciata dall’ Hipparion del Miocene medio € superiore di Francia, Germania, Grecia, India, e America, fino all’odierno cavallo e asino. Ma le dodici specie equine riferite da Leidy a sette ge- neri, scoperte nella valle di Niobrara in formazioni plioceniche e post- terziarie ', sono omesse in questa tavola, per non essere ancora state de- scritte con snfficienti particolari, e inserite nella tavola del Gaudry riem- pirebbero certamente molti vuoti fra le forme da lui riconosciute. La fa- miglia dei porci, come pure alcuni carnivori, per esempio la jena, forni- rono altresì ampî materiali per illustrare la medesima legge di un graduale cangiamento di struttura. » « Anche i quadrumani cominciano ad offrir prove del modo in cui le scimmie esistenti si diramano dai lor prototipi estinti, benchè le nostre co- gnizioni rispetto ad essi, sia di Pikermi o di altrove, derivino finora quasi esclusivamente da latitudini extra-tropicali, in cui non esistono adesso rap- presentanti viventi dell’ordine. Fin qui si scoprirono allo stato fossile sol- tanto quattordici specie della tribù delle scimmie e bertuccie, e ognuna di queste per lo più appena forni agli osteologi poche ossa dello scheletro. Eppure le non hanno mancato di gettar molta luce sulla ipotesi della tras- mutazione. Il Dryopithecus del Miocene del sud di Francia, sebbene distinto specificamente da ogni scimmia odierna, si approssima tanto al vivente Gibbone, o scimmia dalle lunghe braccia, da non meritare, secondo l’opi- nione del professor Owen, la separazione generica assegnatagli da Lartet. Tutti altri fossili di Europa ed Asia hanno affinità alle specie o genere attuali della divisione Catarrina, e quei d’America, trovati nelle caverne Brasiliane, alla Platirrina. » « Rispetto al Mesopithecus di Pikermi, lo scheletro e quasi completo, più che qualunque altro di scimmia fossile, portato alla luce fin qui. Dif- ferisce genericamente da ognuna delle viventi forme Indiane, non tanto perchè presenti nuove strutture, quanto per la combinazione di caratteri che appartengono ora a due distinti tipi Indiani. Perciò si può dire, come Gaudry, che gli attuali Semmopitheci dell’India hanno preso in prestito da questo tipo miocenico la testa, e gli attaali Macacchi gli arti. In qual di- versa luce, esclama questo eminente paleontologo, ci si presenta ora la questione sulla natura delle specie, di fronte a quel che appariva solo vent’anni fa, prima che avessimo studiati gli avanzi fossili di Grecia e le forme affini di altri paesi; quanto chiaramente cotesti avanzi fossili ac- cennano l’idea che specie, generi, famiglie ed ordini oggi tanto distinti, ebbero progenitori comuni? — Quanto più avanziamo e riempiamo le la- cune, tanto più ci sentiamo persuasi che i rimanenti vuoti esistono piut- tosto nelle nostre cognizioni che nella natura. Pochi colpi di piccone al piede dei Pirenei, dell’ Himalaya, del Monte’ Pentelico in Grecia , pochi colpi di zappa nelle cave di rena di Eppelsheim, o nelle cattive terre di Nebraska, ci hanno rivelato gl’ intimi anelli di congiunzione tra forme che sembravano così largamente separate! Quanto si serreranno più stretta- mente questi anelli, allorchè la paleontologia sarà uscita dalla culla! 2 » 1 Vedi sopra, pag. 557. ? Gaudry, Animaux Fossiles de Pikermi, 4866, pag. 54. 474 « Molti dei più dotti critici letterati, e alcuni eminenti matematici, hanno mostrato nelle discussioni elevatesi circa l’origine delle specie, una completa incapacità di pesare ed apprezzare le prove in favore o contro la trasmutazione, e questo principalmente per due ragioni: primo, mai si son trovati nel caso, come chi classifica nella storia naturale, di decidere praticamente se certe forme fossili o recenti si abbiano a riporre tra le specie, o tra le mere varietà — punto su cui spesso discordano i più e- minenti zoologi e botanici; secondo, sono affatto inconsci della natura frammentaria dei ricordi con cui i geologi hanno a fare. ! Per uno il quale non è convinto della estrema imperfezione di questi ricordi, la scoperta di uno o due anelli mancanti è un fatto di poca importanza ; ma per quelli perfettamente imbevuti di un profondo sentimento della scarsità di tali archivi, ogni nuova forma risorta dali’ oblio è un pegno della primitiva esistenza di centinaia di specie, per la più parte irremissibilmente per- duto. » Se le addette testimonianze non bastassero potrebbero aggiungersene quante pare. Piccole e pressochè insensibili diventano le differenze delle razze e specie domestiche, sì tra loro, sì tra le presenti e le antiche, dopo i classici lavori, corredati anche di alberi genealogici, del Rùtimeyer e di cento altri intorno ai cavalli, buoi, ed altri animali del pliocene, post- pliocene , e recente. Il Vogt allega pure molte transizioni, per es. tra PUrsus arctos e l’Ursus spelaeus: gli rimando per esse i lettori. Quanti esempì simili di gradazione troveremmo se le specie fossili fossero fon- date non su frammenti, né su pochi esemplari, ma su molti e completi, tanto che nè le differenze individuali, nè quelli di sesso o di età petes- sero trarci in inganno! Le transizioni si rinvengono non solo tra le minori; ma anche tra le maggiori categorie. Darwin dice 2: « Cuvier riguarda i Ruminanti e i Pa- chidermi come i due ordini più distinti dei mammiferi; ma Owen ha sco- perto tante forme transitorie fra questi ordini che ne dovette alterare tutta da classificazione, per es. egli risolve con gradazioni molto minute la differenza grande che apparentemente esiste fra il majale ed il cam- mello. » Il medesimo Owen 8 è riuscito, intercalando le specie fossili, a ravvicinare e quasi a cancellare le distinzioni tra gli ordini dei Rettili, che porta sino a 18; tra la classe dei Pesci e quella dei Batraci , tra questa e quella dei Rettili, onde propone che si ristabilisca la sotto-se- zione degli animali a sangue freddo, od Haematocrya; dimostra analogie fra i Rettili e gli uccelli, oltre l’Archaeopteryr, che abbiam veduto sopra: talchè si vede che le differenze di specie, di genere, di ordine, di classe, di sotto-sezione perfino, tutte vanno a sparire col progresso della pale- ontologia, secondo che cresce il numero delle forme conosciute. Così dev'es- sere: 4 « Ogni specie è un legame tra altri forme affini, come Lubbock ha notato recentemente. » : La legge morfologica della graduazione ha il suo completo parallelis- mo nella paleontologia. —__—— TO: 1 Vedi sopra, Vol. I. pag. 348. ? Origine delle Specie, ecc. pag. 262. 3 Palaeontology or a systematic summary etc, 4 Origine delle Specie, 327. 172 È Sviluppo progressivo. — Sotto questo nome i geologi sogliono indicare il fatto che gli esseri comparsi successivamente alla superficie della terra son più perfetti dei precedenti, meno dei susseguenti; ma questa teo- ria non implica per nulla che gli uni sieno derivati dagli altri, esprime un fatto e nient'altro. Però vede si alla bella prima che se provata vera, porterebbe in favore della darwiniana un grande argomento, per analogia se non altro. Che i viventi formino una serie progressiva, non rettilinea, nè unilaterale, ma ramificata a mo’ di albero, ci siamo sforzati di provarlo; ora tutti i fatti morfologici e tassonomici. cioè perfezione, progresso , regressione, graduazione, ripetizione, serie, ecc. hanno lor riscontro nella paleontologia. Di alcuni fra questi lo abbiam provato, di altri lo prove- remo, e cominciamo dal primo, Militano per la perfezione dei passati le stesse ragioni, che per quella dei presenti organismi. La legge di pro- gresso, cioè di successivi gradì di perfezione, di successiva perfezione nel tempo fu esposta con largo corredo di fatti da molti autori. Il Lyell nei Principi !, e più brevemente ancora nell’Anzichità 2, meglio poi 1° Haeckel 3, ne ha parlato; la Paleontologia dell’Owen, già più volte citata, ne è una ragionata e coscienziosa dimostrazione; ma l’opera che sotto tale aspetto può chiamarsi completa, per la copia dei fossili esaminati e dei fatti di- rettamente osservati su cui si fonda, esatta, perchè fornita di molte ta- belle numeriche comparative, e che insomma sta innanzi a tutte, è una memoria del Bronn, premiata dall'Accademia di Francia f. Questo lavoro pregevolissimo sotto qualunque punto di vista, ci induce a non ereder possibile alcun dubbio sulla verità dell’organico progresso. Io attingo da ciascuno dei detti autori; ad eccezione dell’Owen, tutti trattano la que- stione tanto per le piante che per gli animali, e s’ intende che quel che è vero per le une dev’esserlo per gli altri, derivando la contradiziohe da erronee o da incomplete osservazioni: io mi riferisco prevalentemente a- gli ultimi, e ai vertebrati specialmente, per più ragioni; primo, perchè può constatarsi quando ciascuna delle loro classi cominciò ad apparire nella serie geologica, e non è così per gl’ invertebrati ; secondo, poi, per- chè non c'è dubbio che guardati, classe per classe, in serie ascendente, non ci presentino maggior perfezione dall’una all’altra; terzo, perchè i loro ricordi sono i più completi dopo quelli dei molluschi; infine perchè sono i primati, e come chi dicesse l’ aristocrazia del regno animale. Nelle roccie Cambriane e Siluriane più antiche si trova una serie di depositi sedimentarî, stratificati. non fossiliferi, ne’ quali occorrono certi corpi conici detti conodonti; si suppose dapprima che fossero denti di pe- sci, ma ulteriori e più diligenti indagini condussero a rigettare questa opinione. come l’altra che fossero parti del dermato-scheletro di crostacei o altri invertebrati. Nel primo caso sarebbero uniti a scaglie, ad ossa, nel 1 Decima edizione, vol. I, 1867, pag. 146-175. ? CXX. — Teorie della progressione e trasmutazione. 3 Morfologia generale ece. vol. II, pag. VII—CL. 4 Untersuchungen uber die Entwickelungs-Gesetze der organichen Welt wahrend der Bildungs-Zeit unserer Erd-Oberfliche. Eine von franzòsischen Akademie im Jahre 1857, gekrònte Preisschrift, mit ibrer Frlaubniss deutsch herausgegeben von Dr. H. G. Bronn. Natura doceri. Stottgard 4858, X—502. 473 secondo ad altre parti dure; onde per questi e per altri motivi non pos- sono supporsi altro che denti di mo!luschi nudi o di anellidi !. a Il piastrone del Prergspis iruncmus fu trovato in uno strato siluriano sotto il letto ad ossa di Ludlow; è questa la più antica indicazione co- nosciuta di un animale vertebrato. » ? Peraltro secondo l’Owen *, come secondo il Lyell “, il più antico deposito notevole di resti di pesce, si trova nel Siluriano superiore, e precisamente nei bone-beds del Ludlow superiore, e consistono nelle spine ossee esistenti nelle pinne dorsali anche di certi pesci odierni; son dette ittiudoruliti. Le specie che là occorrono nei letti ed ossa sono Onchus Murchisoni, 0. semistriatus, > 0. tenuistriatus, Agassiz, Plectrodus mirabilis, Agassiz, Thelodus 6; tutti appartengono all’or- dine dei Plagiostomi, nel senso lato di Owen, o dei Ganoidi, nel senso ristretto di Haeckel. Questi dice: 7 « Ai Cefalaspidi appartiene il più an- tico di tutti i Ganoidi conosciuti (Pieraspis ludensis, degl’ inferiori strati . di Ludlow nel Siluriano superiore). » Son questi i più imperfetti tra i pesci, se si eccettuano i Leptocardii, ‘ di cui unico superstite è 1’ Amphiorus lanceolatus, Owen (sin. Branchiostoma). ed i Ciclostomi Marsipobranchii come Myxine, Gastrobranchus, Bdellostoma , Petromyzon (e la sua larva Ammocoetes) ®. Tanto il primo che gii ultimi mancano di cranio e di co- lonna vertebrale ossificata: questi poi molto più probabilmente anzichè originarii son forme regredite per parassitismo. Tutto ciò è avvalorato dalle testimonianze dell’ Haeckel, e del Bronn. '° Districare quell’arruffata matassa che è la classazione dei pesci, per seguitarne passo a passo il parallelismo e la progressione tassonomica e paleontologica, mi pare troppo ardua cosa; dirò solo che la prevalenza del neuro-scheletro cartilagineo, del dermato-scheletro osseo, e di tanti altri caratteri d’ inferiorità, come pure la permanenza di forme embrionali, dimostrano che in generale i pe- sci più antichi sono inferiori ai susseguenti. L’Owen !! fa la questione della perfettibilità nella classe dei pesci, e dice che può farsi per questi meglio che per gli animali terrestri, poichè gli avanzi loro abbondano in tutte le formazioni; egli nota che certi antichi pesci si avvicinano più dei recenti ai rettili nella struttura del cuore, dei visceri, del cervello, onde la classe dei pesci avrebbe subito piuttosto una mutazione, che una progressione. Se non 1 Owen, Palaeontology, 1860, peg. 96-99. 2 Lo stesso, ivi, 4122-25. Ivi, 100. Elements of Geology etc. sixth edition, 1865, GC. XXVII, 148. Owen, ivi, 148. Lyell, ivi, 548. Morfologia ece. IL, CXXIV. Lo stesso, ivi, CXIX. Lo stesso, ivi, CXXI. 10 Untersuchungen etc. pag. 582. — Noi con Cuvier e Giovanni Miller riputiamo i pesci marsipobranchi o placoidi, ad onta di certi caralteri più elevati, presi sts- tematicamente, per imperfettissimi (e non con alcuni odierni zoologi per 1 più im- perfetti), e per l’intermezzo dei Ganoidi essi conducono poi ai Teleostei, Me... ... il tipo più imperfetto, dal quale la serie dei pesci cominciò a svilupparsi nella formazione siluriana superiore, ad eccezione tuttavia dell’ ordine dei Leptocardii, che oggi consiste puramente in una sola specie senza parli ossee è quello dei Ciclostomi, fra i quali alcuni soltanto son forniti di piccoli denti duri, 11 Palacontology ete.1860, 149-454 With respect to the fishes..... wholesome food. © 0 Io uu a ww 174 - che, aggiunge, l’antico tipo vertebrato era più generale e più uniforme per tutte le classi, di quello che sia oggi, verificandosi così in seguito quella che il Bronn chiama complicazione dei caratteri !. Secondo l'Owen i pesci a sca- glie molli (Cicloidi e Ctenoidi) che formano la maggior parte degli attuali , sono comparsi dopo quelli a scaglie dure (Ganoidi) che prevalgono negli antichi tempi, e di mano in mano che decrescevano questi, aumentavano quelli. « Come i Ganoidi nell’epoca primaria e secondaria, così i Teleostei sono i precipui rappresentanti della classe piscina nella terziaria e qua- ternaria. Compariscono per la prima volta a metà della secondaria, e in accordo con questo grande fatto paleontologico la universa loro anatomia e ontogenia dimostra che si svilupparono immediatamente dai Ganoidi 2, » La classe dei pesci raggiunse il culmine di sua prevalenza nei tempi pa- leozoici (onde il Dana li chiamò età dei pesci), e ciò per il numero, es- sendo allora copiosi certi ordini, famiglie, generi, oggi appena rappre- sentati; tra i primi, ad esempio, gli Holocephali, o pesci chimeroidi, di cui rimangono la Chimaera monstrosa dei mfari settentrionali, e il Callo- rynchus di quei della Cina. Per la grandezza, alcuni Placoganoidei, ordine cui si ascrivono i generi fossili Asterolepis, Pterichthys, Coccostens, Cheliopho- rus, tutti paleozoici, avevano forme colossali lunghe da venti a trenta piedi #. Anche il Carcharias Megalodon doveva esser lungo, in proporzione dei suoi denti, 60 o 70 piedi 5. Ma se il tipo piscino è oggi in decadenza, che prova ciò contro la progressione dei vertebrati e degli animali in ge- nerale? Non si saprebbe insistere abbastanza sulla necessità di stabilir sempre le nostre conclusioni su medie prese in un gran numero di es- seri. Ben dice a tal proposito il Darwin di due periodi geologici 5; « Inoltre fa d’uopo considerare i numeri proporzionali rispettivi delle classi superiori ed inferiori nella popolazione del mondo corrispondenti ai due periodi; se, per esempio, oggi abbiamo cinquantamila specie di animali vertebrati e se sappiamo che a un’epoca anteriore non ne esiste- vano che diecimila, noi dobbiamo ritenere che codesto aumento nel nu- mero delle classi più elevate implica un grande spostamento delle forme inferiori; e ciò forma un deciso progresso nell’organizzazione del globo, se i vertebrati superiori oppure gl’inferiori siansi così largamente accre- sciuti. » I Rettili son già frequenti nel Carbonifero: ma il Dendrerpeton Aca- dianum, Owen, della Nuova Scozia è il più antico rettile conosciuto, ed appartiene al periodo devoniano. 7 C’è qualche altra specie di questo ge- nere, D. Qweni. L'ordine I. dei Ganocephala (così chiamati per le piastre ganoidi della testa) contiene gli estinti generi Dendrerpeton ed Archegosaurus. Le affinità tra i Rettili e i Batraci sono manifeste in tali antichissime forme, divergendo sempre più in seguito da un tipo comune le due di- visioni. Infatti 1° Archegosaurus, Goldfuss, (syn. Apateon V. M.) di Saar- e —_—____ 1 Untersuchungen etc. 83. 2 Haeckel, II, CXXVI. 3 Owen, op. cit. 4 Haeckel, II, CXXIV. 5 Owen, Lectures on the comparative Anatomy etc. of the vertebrate animals, ecc. , 224. "6 Origine delle Specie ecc. 269. ? Lyell, Elements of Geology ete., sixth edition, 1865, pag. 502-544. Lia 175 briick, del quale si contano più specie (A. minor Goldf, A. medius Goldf), è così chiamato perchè fu dapprima supposto un Sauro, o prossimo ai Saurî. Però l' Owen ‘ ha mostrato con piena evidenza che le sue affinità sono batracine ed anche piseine, e che il suo scheletro è somigliantissimo a quello del Proteus fra i viventi: può riguardarsi ad un tempo come for- ma intermedia tra i pesci ed i batraci, tra i batraci ed i rettili. Appartiene al Carbonifero. Le orme che si rinvengono in certe formazioni carbonifere di Pensilvania e triassiche di Sassonia, e che furono attribuite al Chei- rotherium, sì crede a ragione che siano state fatte da rettili dell’ ordine. © II Labyrinthodontia, poichè si riscontrò che le orme del Cheirotherium Hercules corrisponderebbero con gli avanzi di Labyrinthodon salamandroides, Labur, d’ Inghilterra. 2 I Labirintodonti erano sorta di grosse botte con zanne: nel paleozoico son rappresentati soltanto dal carbonifero Baphetes e dal Permiano Zygosaurus; dominano nel Trias. 8 L'ordine II. Tchthyop- terygia contiene fra gli altri il genere /chthyosaurus: unito al IV. Saurop- terygia, cul appartiene il genere Plesiosaurus, forma gli Enaliosauria. ser- penti di mare, che vi tenevano il posto occupato adesso dalle balene. Ecco gli altri ordini secondo l’Owen: V. Anomodontia, VI. Pterosauria, di cui fa parte il genere Prerodactylus, le cui specie secondo Owen variano in grandezza, ma secondo Haeckel sono anche colossali, VII. Thecodontia, VII. Dinosauria: questi secondo l’Haeckel, ‘ si dividono in carnivori ed er- bivori. Sono tra i primi « il Megalo:aurus (lungo 30-40 piedi) del Giura, e l Hylaeosaurus e Pelorosaurus del Wealden (l’ultimo lungo ben 40-80 piedi). Disgraziatamente i loro resti, come quelli della maggior parte de’ vertebrati terrestri mesolitici, sono molto rari e incompleti. » « I Di- nosauri erbivori son conosciuti fin quì per il solo Iguanodon Mantelli , il più grande erbivoro dell’epoca secondaria, molto più grosso e forte di un elefante. Finora si trovò esclusivamente nelle inferiori formazioni del sistema Cretaceo, nel Wealdiano e nel Neocomiano » 5 IX. Crocodilia, i cui generi viventi Gavialis, Alligator, Crocodilus compariscono nella Creta e si sviluppano nel terziario, © X. Lacertilia, fra i quali « nella creta si mostrano i Mosasauri (Mosasaurus, Geosaurus ecc), che sono affini ai Mo- nitori, ma però giganteschi. » 7 XI. Ophidia, « il sol ordine di rettili, che sembra limitarsi al Terziario e al Recente. » 8 XII. Chelonia; il genere Testudo è terziario, il maggiore rappresentante fossile è la Colossochelys atlas del Subbimalaja. ® XII_L Batrachia; secondo 1 Owen, !° i Batraci a cute molle, come gli odierni, comparvero riguardo al tempo dopo i loro analoghi a scaglie dure, al pari dei pesci. Compariscono nell’ Eocene, do- minano nel Miocene coll’ Andrias Scheuchzeri, della Svizzera. E tale il predominio del tipo rettilino, durante l’ epoca secondaria, 1 Palaeontology ele. 2 Lo stesso, ivi, 452-168. 3 Haeckel, II CXXX-I, 4 II, CXXXVI. 5 Lo stesso, ivi. 6 Lo stesso, ivi CXXV. 7 Lo stesso, ivi CXXVII. 8 Lo stesso, ivi. 9 Lo stesso, ivi. 0 Op. cit. 286. 176 ; che ad esso fanno capo tutte le altre classi di vertebrati; da una parte ed inferiormente, i pesci, dall’ altra e al di sopra gli uccelli e i mammi- feri ancora. Ma per quanto le loro forme sieno state elevate, nulla può da ciò ricavarsi contro il principio di progressione, in quanto che non oltrepassavano giammai il tipo rettilino, e ho già parlato della maggior generalità, della minor complicazione dei tipi fossili. Tanto secondo Owen che l’ Haeckel gli Anomodontia, perchè privi talora di denti, e per i ca- ratteri del cranio si accostano agli uccelli. Riguardo agli Uccelli abbiamo veduta la importanza del giurassico Archaeopteryc: per il rimanente dò la parola al grande paleontologo In- glese. « 1 In geologia la esistenza di uccelli nel periodo triassico, o nel tempo in che si formarono le arenarie che sono certamente intermedie fra il liassico e il carbonifero, è indicata da copiose prove di orme stam- pate su quelle arenarie che si estendono in una gran parte della valle del fiume Connecticut, nel Connecticut e Massachussets, Nord-America. » « Fu sorprendente l’ annunzio, e la conclusione che vi erano forti prove per sostenerlo, una di quelle sorte d’impronte essere stata fatta da un paio di piedi, ciascuno dei quali lasciava un orma lunga 20 pollici. Pure il Dott. Hitchock non si astenne dal proclamare, sotto il nome di Ornithichnites giganteus , il fatto che, nel tempo in che si deponevano le arenarie rosse della valle del Connecticut, esisteva un uccello il quale po- teva essere almeno quattro volte più grande dello struzzo. ® Una prova dell’esistenza di uccelli nella sabbia verde di Cambridge, trasmessa allo scrittore dal suo scopritore Monsieur Barrett, è la metà inferiore del metatarso trifido, che mostra la esterna giuntura del dito molto più ele- vata dalle altre due, e sporgente indietro sopra la giuntura mediana; in- dica un uccello grande quasi come una beccaccia. » Da questi fatti si rileva; primo, che nell’ epoca mesozoica, e nel primo suo periodo, il Triassico, anzi nel trias inferiore, cui apprtiene la nuova arenaria rossa del Connecticut, la esistenza degli uccelli viene at- testata dalle orme; secondo, che non solo esistevano allora uccelli, ma erano molti sviluppati, secondo la stessa testimonianza; * terzo, che la esistenza di uccelli nell’ epoca mesozoica, e nell’ ultimo periodo Cretaceo, cui la sabbia verde o greensand appartiene, la esistenza di uccelli è .in- dubbiamente provata da ossa; quarto, che però la più antica prova co- nosciuta per ossa di loro esistenza deve risalire fino al periodo Giuras- sico, se si ritiene 1° Archaeoptorye per un vero uccello. 1 Op. cit. 287. 2 American Journal of Science for 1856, vol. XXIX, pl i. 2904. 3 Vedi in proposito anche Lyell, Elements etc. 1865, 450-55. — New Red Saud- stone of the Valley of the Connecticut River. 4 Vi è chi con buone ragioni nega |’ Archaeopterya essere un uccello, ed afferma doversi riferire ad un tipo intermedio fra gli uccelli e 1 rettili. Se ciò si ammetta, il mio ragionamento sarà allora relativo non più agli uccelli, ma a cotesti esseri | intermedi, da cui si svilupparono poscia gli uccelli; ma esso non perde nulla della sna efficacia. A cotesti esseri dovranno anche attribuirsi le orme, attribuite prima agli uccelli. Del resto anche a mme par certa l’ultima opinione. 177 1 « La comparazione delle ornitoliti del terziario eocenico mostra che in quel periodo le seguenti modificazioni ordinali della classe avina erano rappresentate: i rapaci, 06 uccelli di rapina, da specie della grandezza dei nostri frosoni, bozzaghi, e più piccoli falconi, e molto probabilmente an- che da una civetta; gl’ insessori, o uccelli appollaiantisi, da specie verosi- milmente affini ai merli e all’ allodola; gli scansori, o anisodattili, da spe- cie grandi come il cuculo e l’alcedine; i raspatori, da una specie di piccola quaglia; i corridori, da una specie grande come lo struzzo, ma con gambe più grosse; i trampolieri, da un chiurlo grande come l’ibi, e da specie affini alla Scolopax, Tringa, e Pelidna, grandi come le nostre becaccie e gambetti; ed i nuotanti, da specie affini al cormorano, ma una più grande di questo, e minore del pellicano; inoltre da una specie prossima al Merganser. » La scarsezza degli uccelli fossili si spiega con le lor condizioni di esistenza e di fossilizzazione: ma il Milne Edwards nella grande opera che su questi sta ora pubblicando a Parigi, dimostra che è infinitamente minore di quel che si crede, e proviene per la maggior parte dall’ incu- ria dei collettori. Circa alla loro determinazione, egli asserisce che il tarso- metatarso abbia tanto valore, quanto i denti per quella dei mammiferi. Se nel Trias inferiore le numerose orme di uccelli ci fanno credere che fossero bene sviluppati a quell’ epoca, nel Trias superiore 0 Keuper; di Stuttgart si trovò nel 1847 dal Professor Plieninger un piccolo mamma- le, Microlestes antiquus, Plieninger. Era un marsupiale. ? « Nella Carolina del Nord, il fu Professor Emmons descrisse gli strati della Lantoniera di Chatam, corrispondenti in età a quelli presso Richmond nella Virginia. In letti sottoposti ei rinvenne tre mascelle di un piccolo mammale insettivoro, che chiamò Dromatherium sylvestre, strettamente af- fine allo Spalacotherium. Il suo prossimo vivente analogo dice il Professor Owen, « si trova nel Myrmecobius; perchè ciascun ramo della mascella inferiore contiéne dieci piccoli molari in serie continua, un canino e tre incisivi conici — l’ultimo essendo diviso da breve intervallo. » Vi è ogni ragione per credere che questo quadrupede fossile è almeno altrettanto antico che il Microlestes del trias d’ Europa sopra descritto; e il fatto, co- me ho già notato, pag. 387, è altamente importante per provare che un certo basso grado di marsupiali era non solo largamente esteso nel tempo dal Trias al Purbeck o ai più elevati strati oolitici di Europa, ma era pure largamente esteso nello spazio, cioè dall’ Europa alla Nord-America, in di- rezione da oriente a occidente, e rispetto alla latitudine, da Stonesfield , 52.° N. a quella della Carolina del Nord, 35.° N. » ? « Lo scopritore- del Dromatherium credè che il terreno nel quale giaceva, fosse permiano, come ripete il sig. Montagna; “io non ho potuto consultare I° opera dell’Emmons, ma ritengo che si possa star paghi del- l'autorità del Lyell, con la quale consuona pure l’ opinione del prof. Ca- pellini, il quale ha veduto il fossile e le roccie in questione. è Seguitia- 1 Owen, op. cit. 2941-92. 9 Lyell, op. cit. 450-54. — Vedi pure Owen, op. cit. 504-2. 3 Lo stesso, ivi, 454-55. — Vedi pure Owen, op. cit. 302. 4 enerizione della terra, 259. 5 Secondo l’avviso del medesimo (con cui concordo perfettamente) tanto il Mi- crolestes, quanto il Dromatherium debbono riferirsi non al trias, ma all’infra-lias. Una figura della mascella dell'ultimo si trova nella Geologia del Dana, ultima edizione. 12 178 mo: negli schisti di Stonesfield alla base della grande oolite occorrono cinque specie e quattro generi di mammiferi , cioè Amphitherium Prevostii, Cur. (syn, Thylacotherium Prevostii, Valence.) e A. Broderipii ; Phascolothe- rium Bucklandi, Owen (syn, Didelphis Bucklandi, Broderip) ; Stereognathus ooliticus ; e Amphilestes Broderipii,' Nel 1856 dodici o più specie di mam- miferi si scoprirono alla base del medio Purbeck in Inghilterra, cioè Pla- giaulax Becklesti, Falconer, P. minor, Falconer, Spalacotheriuw tricuspidens, Owen, Triconodon mordax, Ow., e Galestes, Ow.2 Di tutti questi mam- miferi le affinità coi marsupiali son certe, quelle coi placentali insettivori incertissime. Sul numero e la distribuzione dei mammiferi fossili più an- tichi del gesso di Parigi può vedersi la tavola del Lyell, nella quale se ne annoverano 4 per il Trias superiore, 4 per la grande oolite di Sto- nesfield, e 14 per la oolite media di Purbek. * « I primi esempî di mammiferi negli strati terziari sono il Coryphodon e il Palaeocyon, che rappresentano respettivamente la modificazione un- gulata (erbivori) e unguiculata (carnivori) della classe; i loro avanzi tro- vavansi nell’argilla plastica e nelle ligniti equivalenti in Inghilterra ed in Francia. £ » Lyell conferma ciò dicendo: « Le sabbie di Bracheux, enu- merate nella divisione terziaria della tavola, supposte da Mr. Prestwich essere un po” più recenti delle sabbie di Thanet, e da M. Hébert essere all’ incirca di quell’ età, fornirono a La Fère l’Aretocyon (Palaeocyon) pri- maevus , il più antico mammale terziario conosciuto. » Già nell’ Eocene son rappresentati gli ordini principali dei mammiferi: Carnivori (Canis parisiensis), Chirotteri ( Vespertilio parisiensis ), oltre i Ruminanti, Pachi- dermi, Cetacei; tale essendo l’ eocenico Zeuglodon cetoides , Owen (Basi losaurus, Harlan), degli Stati Uniti, supposto prima un rettile. 9 Se fosse vera la determinazione del Ritimeyer anche i Quadrumani sarebbero rappresentati dal Caenopithecus lemuroides nell’Eocene medio del Giura svizzero.7 Comunque sia le scimmie abbondano nel Miocene, a Gers in Francia, a Pikermi nella Grecia; e non mancano le più perfet- te; le antropoidi. Occorrono nella prima località Pliopithecus antiquus , Gervais, Dryopithecus Fontani, Lartet; nella seconda Mesopithecus e tante altre. «8 Strati del Miocene superiore di Gers. — Fra i sopraccennati strati di acqua dolce presso la base dei Pirenei, ce ne son molti di età mioceni- ca superiore da cui il sig. Lartet ottenne le ossa del Dinotherium gigan- teum e l’intero scheletro del Mastodon angustidens. In uno di tali depositi quell’ eminente anatomico comparativo scoprì, nel 1837, i primi resti di quadrumani che si conoscessero in Europa. Erano associati ai quadru- pedi summenzionati in letti di marna d’acqua dolce, calcare, e sabbia presso Auch, nel dipartimento di Gers, circa quaranta miglia a ponente 1 Lyell, op. cit., 402-7. — Owen, op. cit. 3504-24. ? Lyell, op. cit., 579-587. — Owen, op. cit. 501-524. 3 Ivi, 585. 4 Owen, ivi, 522. 5 Ivi, 585. 6 Lyell, ivi, 507-8. — Owen, ivi, 544, 7 Lyell, Principles ete. vol. I, 1867, pag. 158. 8 Lyell, Elements, 254. 179 di Tolosa. Furono riferiti dai sig. Lartet e Blainville ad un genere stret- tamente affine al Gibbone, cui dettero il nome di Pliopithecus. Ora di re- cente il sig. Lartet descrisse un’altra specie della stessa famiglia di scim- mie a lunghe braccia (Hylobates), che ottenne da strati della stessa età a Saint-Gaudens , nella Haute Garonne. I resti fossili di quest’ animale con- sistevano in una porzione della mascella inferiore con denti e nell’ osso di un omero. Si suppose che fosse una scimmia frugivora rampicante su- gli alberi, di statura eguale all'uomo. Siccome i tronchi di ‘quercie son comuni nei letti di ligniti in che giaceva, ricevè il nome generico di Dryo- pithecus. L° angolo formato dal ramo ascendente della mandibola e 1 orlo alveolare è meno aperto, epperò più simile all’uomo che nel Chimpan- zé, e, ciò che è ancor più notevole, il fossile, individuo adulto ma gio- vane, aveva tutti i denti di latte sostituiti dalla seconda messa, mentre l’ultimo vero molare (o dente del giudizio) non era peranche sviluppato, o solo esisteva in germe nell’osso mascellare. Onde nel modo di succes- sione de’ suoi denti (che, come in tutte le scimmie dell’ antico mon- do, esattamente concordano in numero. con quelli dell’uomo) differisce dal Gorilla e dal Chimpanzé e corrisponde con la specie umana. » « Nulladimeno, come Lartet ci ricorda, divide questa peculiarità nella dentizione con uno dei viventi Gibboni detto Siamang. È solamente uno di parecchi caratteri, siccome la forma più globulare del cranio e la mi- nor grandezza dei canini della mascella inferiore, in che i Gibboni si accostano nella loro struttura all’uomo più delle altre scimmie senza coda. Vi è analogia fra tali punti di concordanza e il fatto che l’uomo e l° U- rango (Pithecus) hanno ciascuno dodici paia di coste, mentre il Gorilla e il Chimpanzé (Troglodytes) ne hanno tredici paia ciascuno, benchè nell’in- sieme dei lor caratteri si accostino al tipo umano più dell’ Urango. Un’ a- nalogia più curiosa ancora ci vien presentata da taluna delle bertuccie platirrine della Sud-America, le quali, sebbene differiscano da tutti i qua- drumani dell’antico mondo e dall'uomo per avere quattro molari sopran- numeri, tuttavia non solamente son meno prognate, ma hanno il cer- velletto "più decisamente coperto del lobo posteriore del cervello che le scimmie dell’antico mondo. Eppure il cervello delle ultime, nel totale, somiglia più l’ umano nella struttura anatomica. » L'uomo finalmente comparve l’ultimo, la sua esistenza per ossa o per avanzi d’industria non essendo ancora stata accertata, oltre il pliocene supeiore. La successiva prevalenza per numero e per grandezza di ciascun or- dine mammalino sarebbe facile a stabilirsi, e si vedrebbe, come nelle altre classi, che la decadenza di un ordine è seguita dallo sviluppo di un altro. Il sotto-regno degli Articolati, è rappresentato dai fossili più incom- pletamente di tutti gli altri, sì per le grandi difficoltà di loro conservazio- | ne, si per la rarità delle formazioni fluvio- lacustri, dove soltanto possono trovarsi, essendo per la maggior parte animali terrestri : nonostante, in- setti, aracnidi, miriapodi, crostacei, e vermi fossili in gran quantità sono enumerati dal Bronn.! Gli Articolati non offrono argomento di sorta in favore della progressione, che è anche nei viventi difficile a fissare. 1 Op. cit. 4435-44-47. 180 - I Molluschi abbondano in tutte le formazioni, e parrebbe che dé vessero offrire molti argomenti alla progressione, ma le difficoltà deriva- no in essi da cause differenti. Più diuturna è la persistenza degli orga- nismi più bassi, come in seguito proverò , e più estesi degli altri sono gli organismi marini’, onde queste due cause appunto fanno sì che i mol- luschi servon benissimo a identificare strati lontani, sia nello spazio, sia nel tempo. Nondimeno la prevalenza delle forme inferiori nei più antichi periodi geologici non può mettersi in dubbio. « I Brachiopodi hanno sofferto più di ogni altro gruppo nel corso dei tempi. Di 1300 specie conosciute, sole 75 son viventi; e di 34 generi, la maggior parte (24) sono spenti. Il numero delle forme generiche è maggiore nel devoniano e minore nella oolite superiore , dopo di che una seconda serie di nuovi tipi apparisce gradualmente La prevalenza dei Bra- chiopodi fossili fa contrapposto alla scarsità delle conchiglie recenti anéor più forte per l’abbondanza degl’individui che per il numero delle specie; poichè le conchiglie viventi abitano per lo più bassi fondi e situazioni roe- ciose inaccessibili alla draga, e di rado si ottengono in quantità. ! » « Più di un terzo delle conchiglie fossili conosciute sono bivalvi @r- dinarie (Conchifera, Dh.). Ammontano quasi a 6000, mentre le specie re- centi appena eccedono la metà di detto numero. Tuttavia questo gruppo raggiunse il suo massimo nei mari attuali. I generi sono sette volte più numerosi nel nuovo terziario che nei più antichi terreni; e îl numero delle specie trovate nella intera serie Siluriana non arriva a 100, mentre la creta ne contiene 500, e il miocene 800. Di 150 generi, 35 sono e- stinti, i Trigoniadae quasi; e gli Hippuritidae oggi non hanno rappresen- tanti. ? > » Le wnivalvi fossili — gli avanzi di conchiglie spirali e comiche — non mancano se non nelle più antiche roccie fossilifere (« lingula flags »). Dal Siluriano inferiore, dove si trovano meno di 100 specie, riferibili a più di dieci generi appena, crescono di numero e varietà lentamente e re- golarmente fino ai più recenti terziari, che fornirono dieci volte tanti ge- neri e venti volte tante specie. Il totale delle marine univalvi fossili è meno di 6000; le recenti passano 8000; e sebbene possiamo aspettarci di scoprire nuove specie più fossili che recenti, tuttavia è evidente; che in confronto delle passate condizioni, il gruppo delle univalvi oggi sol- tanto è al massimo del suo sviluppo. 3 » « Cephalopoda, Tetrabranchiata. — Del gruppo inferiore dei cefalo- podi, a conchiglie concamerate come i MNauzilì madreperlacei, ci sono 1400 specie estinte, appartenenti a più di 300 generi, mentre 3.0 4 specie soltanto esistono nei mari odierni. * » « Dibranchiata — Delle due grandi divisioni di molluschi cefalopo- di, quella che oggi è rappresentata dal Nautilo madreperlaceo si sviluppò nella massima profusione e varietà nell’ epoca paleozoica e secondaria; mentre le seppie, più attive e intelligenti, non si trovarono (con certez- 1 Owen, op. cit. 49. Lo stesso, ivi, 57-58. Lo stesso, ivi, 69-70. 4 Lo stesso, ivi, 80. 181 za) in roccie più antiche del lias, e più di 100 appena in tutta Ja serie secondaria e terziaria, mentre se n’ebbero due volte tanti dai nostri mari.! » Molto maggiori che per gli animali sono le difficoltà per provare la progressione rispetto alle piante, conciossiachè , come a suo luogo ho detto, non è del tutto certo se le gimnosperme abbiano due cotiledoni o più, se le monocotiledoni sieno inferiori alle dicotiledoni, com'è l°0- pinione della maggior parte dei botanici, ovvero superiori, come pensa qualche moderno, o infine se le due serie sieno parallele, come altri vuole. Finchè tutti questi punti non saranno bene schiariti è inutile par- lare di progresso per i vegetabili attuali, e molto più per i fossili, re- lativamente ai quali gli errori stratigrafici possono aggiungersi ai paleon- tologici. « 2 Il Dr. Hooker osserva, nella sua recente introduzione alla flora d’ Australia , ch’ è impossibile stabilire un parallelo tra la successiva com- parsa delle forme vegetali nel tempo, e loro complessità di struttura 0 specializzazione degli organi, rappresentate da gruppi successivamente più elevati nel metodo naturale di classificazione. Egli anche aggiunge che le più antiche crittogame determinabili non solo son le più elevate fra le esistenti, ma hanno organi vegetabili più altamente differenziati delle suc- cessive, e che l'embrione dicotiledone e il legno perfettamente esogeno, col tessuto più altamente specializzato che si conosca (le conifere con tessuto glandulare ), precedé 1’ embrione monocotiledone e il legno endo- geno nella data di apparizione sul globo — fatti totalmente opposti alla dottrina di progressione, e che soltanto possono esser messi da parte ‘ nella supposizione che siano prove frammentarie ben più lontane dall’ori- gine della vegetazione che dal giorno d’ oggi. * » To non credo che l’opinione di Hooker sia interamente vera, ma nem- meno credo venuto il momento di stabilire la progressione dei vegeta- bili, che non sarà impossibile, allorchè ne avremo studiato il differen- ziamento, come conviene : intanto le classazioni botaniche sono anche più difettuose delle zoologiche. Io noterò che secondo Lyell ‘ esiste nel Carbo- nifero una sola ntonocotiledone, ed è precisamente la Pothocites Grantoni, Paterson, di Granton presso Edimburgo; appartiene alla famiglia delle Aroidee e fu dapprima creduta una palma; è conservata la spiga. ° « 5 Prima che si conoscesse la flora cretacea di Aix-la-Chapelle; po- che foglie di un genere dicotiledone e angiospermo , detto « Credneria » si conoscevano nel « Quader Sandstein » e nel « Pliner Kalk » di Germa- nia, roccie coetanee alla creta bianca e al gault d’ Inghilterra. Ma queste piante fossili erano in roccie più antiche del periodo eocenico i soli rap- presentanti di quelle Esogene che oggi costituiscono tre quarti della vi- vente Vegetazione del globo. » 1 Lo stesso, ivi, 90. 2 Lyell, Antiquity ete. 404-5. } 3 Flora of Australia, Introduetory Essay, pag. XXI London 1859 Published se- parately. 4 Principles etc. tenth edition, vol. I. 1867. È 5 È opinione di Goeppert, e di altri, che vere monocoliledoni esistano nel carbonifero. Vedi Zeifschrift fiùr gesummien Naturwissenschaften. Berlin 1862, 65. P-d9 Midi 6 Lyell, Elements ete. 1865, 552.55. 2 182 « Il sig. Adolfo Brogniart, quando divise tutta la serie fossilifera in tre gruppi solo relativamente alle piante fossili, chiamò gli strati prima- ri « età delle acrogene »j; i secondari , tranne i cretacei, « età delle gim- nosperme »; e il resto, cretaceo e terziario, « età delle angiosperme ». Ei considera la flora cretacea come di un carattere transizionale fra quello della vegetazione secondaria e della terziaria. Conifere e Cicadee (o Gi- mnogene) ancor fiorivano come nei precedenti periodi oolitico e triassico; mentre, insiem con queste appariscono alcune ben marcate foglie di di- cotiledoni angiosperme. Ma ora che le piante fossili di Aix-la-Chapelle vengono riferite con sicurezza al Cretaceo superiore, la linea di divisione fra l'età delle gimnosperme e quella delle angiosperme sembra scorrere fra il Cretaceo inferiore e il superiore, ossia fra la sabbia verde inferiore e le sabbie di Aix. » « La somiglianza della flora di Aix-la-Chapelle alla terziaria e all’at- tuale nel numero proporzionale delle dicotiledoni angiosperme in con- fronto delle gimnogene, è un soggetto di non piccolo interesse teorico, poichè possiamo adesso affermare che queste piante di Aix fiorirono pri- ma che la ricca fauna rettilina delle roccie secondarie cessasse di esiste- re. L’ Ittiosauro, il Pterodattilo , e il Mosasauro furono coevi con la quer- cia, il noce, ed il fico. » Nel concludere il soggetto che fin qui mi occupò, mi riporto alle belle parole di Carlo Lyell. ! « Per quanto debole sia il fondamento de” fatti sovra cui si fondano queste grandi generalità, e per quanto cauti noi dobbiamo essere nelle nostre conclusioni, pure io debbo dire che la direzione, nella quale i fatti camminano , è decisamente verso la teoria della progressione. » Parallelismo embriologico. — Uno dei primi che ne parlarono fu A- gassiz, cui fecero eco Lyell, Owen, Huxley, Bronn, ed il Darwin ;.ma chi ha tratto il maggior partito da questa idea è stato senza dubbio l’Haeckel. »?I pesci « Omocerchi » , che comprendono quasi tutte le 9000 spe- ‘cie al presente conosciute nell’attuale creazione, hanno la pinna caudale o intera o divisa in parti eguali; e la colonna vertebrale si arresta senza prolungarsi nei due lobi. » « Ora egli è un fatto singolare, per la prima volta notato da Agas- siz , che la forma eterocerca, ristretta ad un piccol numero di generi nel- l’attuale creazione , è universale nel calcare magnesiano e in tutte le più antiche formazioni. Caratterizza i primi periodi della storia terrestre, mentre negli strati secondarî, o in quelli più recenti del Permiano, pre- domina la coda omocerca. » Ora la coda eterocerca è un carattere embrionale, benchè ciò sia stato messo in dubbio da Huxley. 3 La corda dorsale degli antichi pesci non ossificata ma gelatinosa è pure un carattere embrionale. « La posizione inferiore della bocca è un carattere embrionale comune a tutti i pesci, e vien mantenuto insiem con lo scheletro non ossificato ela continuazione delle vertebre cartilaginose nel lobo superiore della pinna cau- dale, in tutti i Plagiostomi. Le singolari produzioni del'rostro in molti e 1 Principles ete. tenth edition, vol. {, 4867, 175. ? Lyell, Elements etc. 459. 3 Vedi Bronn, op. cit. 100, " È i 183 di questi pesci, come l’ allungamento della mascella nelle specie ossee , sono ultimi fenomeni di sviluppo. È interessante di trovare la larga, de- pressa, ottusa forma embrionale della testa comune a tutti i pesci cono- sciuti dell’antica arenaria rossa. Il sig. Agassiz nota in proposito la estre- ma rarità delle ittioliti di questa formazione che presentino la testa di profilo : le più volte giace sulla faccia superiore o inferiore. ! » Si può dire che ogni stadio embrionale ha il suo riscontro ne? fossili. Siffatto parallelismo come si spiega se non nel modo indicato dal Darwin? cioè, per il sopravvenire che fanno alla forma originaria variazioni le quali poi si ereditano ad età corrispondente; chiaro e valido argomento in fa- vore della discendenza modificata. Mutazione contemporanea. — « Il fatto delle forme viventi che si mo- dificano simultaneamente, nel senso lato di cui parlammo, in parti distanti del mondo fissò grandemente l’attenzione di due grandi osservatori, di Verneuil e D’Archiac. Dopo di aver trattato del parallelismo delle forme paleozoiche di vita in varii punti dell’ Europa, essi aggiungono : « Se noi colpiti da questa strana coincidenza, ci rivolgiamo all'America settentrio- nale e quivi scopriamo una serie di fenomeni analoghi, sembrerà certa- mente che tutte queste modificazioni di specie, la loro estinzione, e l’in- troduzione di specie nuove, non si debbano attribuire alle sole deviazioni delle correnti marine o ad altre cause più o meno temporarie, ma dipen- dano da leggi generali che governano l’intero regno animale. » Il Barrande fece altre gravissime osservazioni onde constatare il medesimo effetto 2. » Quali saranno le leggi generali sopra menzionate? Sono le stesse leggi morfologiche applicate alla paleontologia, vale a dire, sviluppo pro- gressivo, sì nel tempo, sì nello spazio (per dir così), ripetizione de’ me- desimi tipi e nelle serie paleontologica e ne’diversi paesi, parallelismo dello sviluppo embriogenico e del paleontologico; in una agli altri paral- lelismi, e tutto quelle che abbiamo chiamate leggi di successione de’ fos- sili, alle quali si aggiunge così quelle di contemporaneità. ‘444 STAR Successione analoga. — « La somiglianza o la diversità degli abitanti delle varie regioni non può attribuirsi alle loro condizioni climatologiche, né ad altre condizioni fisiche 3. » « Nel vecchio continente non vi è certamente un clima, né una con- dizione che non abbia il suo riscontro nel nuovo mondo, — almeno con quelle relazioni più intime che generalmente esige la medesima specie; perchè gli è uno dei casi più rari quello di trovare un gruppo di orga- nismi confinati in un luogo piccolo, il quale abbia delle condizioni pecu- liari, anche solo in menomo grado; per esempio, potrebbero citarsi delle piccole superficie nel vecchio mondo assai più calde di qualunque altra dell'America, le quali ciò non ostante non sono abitate da una fauna 0 da una flora speciale. Ad onta di questo parallelismo nelle condizioni del vecchio mondo e del nuovo, quanto non sono differenti le loro produzioni attuali! » « Quando noi confrontiamo sull’emisfero meridionale dei grandi tratti di terra dell'Australia, dell’Africa meridionale occidentale; fra le lati- tudini di 25° e 35°, noi troviamo quelle parti estremamente conformi eo" ===* La 1! Owen, Lectures ele. 1846, pag. 500. 2 Darwin, Origine delle Specie ece., X, 259. 3 Darwin, Origine delle Specie ecc. Xl, 277. 184 i in tutte quelle condizioni, quantunque non sia possibile indicare tre faune e flore più dissimili. Se facciasi il paragone delle produzioni dell'America meridionale al 35° di latitudine sud, con quelle al 25° di latitudine nord, le quali conseguentemente stanno sotto un clima molto diverso, si osserva che esse sono assai più strettamente connesse fra loro che non lo siano le produzioni d’Australia e d’Africa, sotto un clima quasi uguale. Altri fatti analoghi si notano rispetto agli abitanti del mare *. » Se nè le linee isoterme, isochimene, ed isotere, nè verun’ altra con- dizione di suolo e di clima, ci rendon conto dell’ attuale distribuzione geografica, d’altra parte il riscontro delle faune e flore attuali con le an- tiche ci fa accorti che su certe aree abitate da certi tipi odierni, tipi cor- rispondenti si succedettero da lungo tempo. Salendo dal particolare al generale dice Lyell 2: « Questo fatto è uno dei molti che accennano a una legge generale deducibile dai vertebrati e invertebrati fossili dei tempi immediatamente antecedenti al nostro, vale a dire, che la presente distribuzione geografica delle forme organiche risale ad un periodo anteriore all’origine delle specie esistenti; in altre parole, la limitazione di particolari generi o famiglie di quadrupedi, molluschi ecc., a certe attuali provincie di terra e di mare, cominciò prima che la maggior parte delle specie oggi contemporanee con l’uomo fossero state introdotte sulla terra. » Dunque posson darsi due casi; primo, le forme organiche son più antiche del suolo che abitano, ma non le specie; secondo, non solo le forme, ma le specie son più antiche del suolo Ecco quel che dice lo stesso egregio autore rispetto al Nuovo Pliocene di Sicilia 3. « Quanto più riflettiamo al numero preponderante di queste conchi- glie recenti, tanto più siamo sorpresi della grande potenza, solidità e al- tezza sul livello del mare delle masse rocciose in che son sepolte, e della immensa somma di cangiamenti geografici ch’ebber luogo dopo la loro ori- gine. Dobbiamo ricordare che prima della loro emersione i più elevati strati della massa dovettero depositarsi sott'acqua. Pertanto affine di formarci un giusto concetto di loro antichità, dobbiamo prima esaminare singolar- mente le innumerevoli minute parti di cui si compone il totale, i succes- sivi letti di conchiglie, coralli, ceneri vulcaniche, conglomerati, e colate di lava; e poi dobbiamo considerare il tempo richiestn per il sollevamento graduale delle roccie e per escavazione delle valli. Il periodo storico sembra formare appena una unità apprezzabile in questo computo, poichè troviamo antichi templi Greci, come que’di Girgenti (Agrigentum), fab- bricati del moderno calcare di cui parliamo, e riposanti sur un monte composto del medesimo; essendo il luogo rimasto secondo ogni appa- renza inalterato dopo che i Greci dapprima colonizzarono l’ isola. » « La moderna data geologica delle roccie in questa regione ci con- duce ad un’altra singolare e inaspettata conclusione — cioè, che la fauna e flora di una gran parte di Sicilia sono assai più antiche del paese stesso avendo fiorito non solamente prima che i terreni emergessero dal fondo del mare, ma anche prima che lor materiali si raccogliessero sotto le ac- 1 Lo stesso, ivi, A77-78. 2 Elementsfete. 4865, 127. 3 Ivi, 4934. 185 que. Il filo del ragionamento che ci conduce a tale opinione può stabilirsi in poche parole. La maggior parte dell’isola si convertì di mare in terra dopo che il Mediterraneo era popolato pressochè di tutte le viventi spe- cie di testacei e zoofiti. Onde possiamo presumere, che prima dell’emer- sione, esistessero le medesime conchiglie terrestri e fluviatili, e quasi tutti gli animali e piante che oggi popolano la Sicilia; poichè la fauna e flora terrestre dell’isola sono precisamente identiche a quelle degli altri paesi attorno al Mediterraneo. Par che non ci siano specie peculiari o indigene, e quelle che ora ci sono stabilite può supporsi abbiano emigrato da terre pre-esistenti, appunto come le piante e animali del territorio Napoletano colonizzarono Monte Nuovo dopo che quel cono vulcanico fu sollevato nel secolo sedicesimo. » « Tali conclusioni gettano nuova luce sull’adattamento delle proprietà e abitudini migratorie degli animali e piante ai cangiamenti che sono in- cessantemente in progresso nella geografia fisica del globo. E chiaro la durata delle specie esser tanto grande, che son destinate a sopravvivere a molte importanti rivoluzioni nella configurazione della superficie terre- stre; e di quì per i soggetti del regno animale e vegetale quelle innu- merevoli occasioni di diffondersi; spesso gli abitanti della terra essendo portati attraverso l’oceano, e le tribù acquatiche sopra grandi spazi con- tinentali. Evidentemente è utile che le specie terrestri e, fluviatili fossero adattate non solo ai fiumi , valli, pianure, e montagne ch’esistevano all’era di loro creazione, ma per altre destinate a formarsi prima che la specie si spenga; e in pari modo le specie marine son fatte non solo per le regioni profonde e basse dell’oceano esistenti allorchè furono chiamate ad essere, ma pei tratti che potessero sommergersi o variamente alterarsi in profondità nel tempo sortito alla durata loro sul globo. » Vedremo in seguito qual profitto può trarsi dal secondo dei casì so- praccennati. Ora torniamo al primo, largamente illustrato da Lyell ', dal Darwin 2, e dal sommo paleontologo Inglese con le belle osservazioni che seguono 3. « Una interessantissima generalizzazione si dedusse dalla somma dei fatti relativi ai mammiferi fossili dell’ultimo terziario — cioè, la stretta corrispondenza fra la fauna di que” periodi e del presente nella estesa terra emersa Europeo-Asiatica. In essa pertanto continuano ad esistere quasi tutti quei generi che son rappresentati da fossili mammalini pliocenici e post-pliocenici dello stesso continente naturale, e dell’isola immediatamente adiacente della Gran Brettagna. » « L’orso ha suoi covi tanto in Europa che in Asia; il castoro del Rodano e del Danubio rappresenta il grande Trogonterio ; il Lagomi e la tigre esistono sui due lati della catena Himalayana; la jena si estende attra- verso la Siria e I Hindostan ; il cammello Battriano tipizza il grande Me- ricotherium del drift di Siberia; l’ elefante e il rinoceronte son tuttora rappresentati in Asia, benché confinati oggi al sud dell’ Himalaya. I veri macacchi son peculiari all’Asia, e sebbene più abbondanti nelle parti me- ridionali del continente e dell’Arcipelago Indiano, esistono anche al Giap- i - 1 Elements ete. 1865, 125-129. ? Origine delle Specie ecc., X. 3 Op. cit., 587. 186 î pone; un sotto-genere strettamente affine (Jnuus) è naturato al giorno d’og- gi sulla roccia di Gibilterra. Una specie fossile di Macacco era associata in Inghilterra con l'elefante e il rinoceronte nel tempo che si deponevano i letti di acqua dolce del nuovo pliocene. Le più straordinarie forme estinte di mammiferi, chiamati Elasmotherium e Sivatherium, hanno i loro pros- simi analoghi pachidermi e ruminanti odierni nello stesso continente a cui que’ fossili son peculiari. Cuvier pone l’Elasmoterio fra il cavallo e il rinoceronte. Le viventi antilopi a quattro corna, come lor giganteschi ana- loghi spenti, il Sivaterio e il Bramaterio, son peculiari all’ India. Può ri- guardarsi come parte della stessa general concordanza di distribuzione geografica che il genere Hippopotamus, spento in Inghilterra, in Europa, ed in Asia, continui ad esser rappresentato in Africa, e in nessuna più re- mota parte della terra — l’Africa possedendo ancora la sua jena, elefante, rinoceronte, e suoi grandi Carnivori felini. La scoperta delle specie estinte di Camelopardalis tanto in Europa che in Asia, genere il cui solo rappre- sentante odierno è ora confinato in Africa, come l’ippopotamo , sostiene l’idea di riguardare le tre non interrotte divisioni continentali dell’Anti- co-Mondo come formanti una grande provincia naturale, rispetto alla di- stribuzione geografica de’generi mammalini pliocenici, post-pliocenici , e recenti. Il solo grande sdentato (Pangolin gigantesque , Cuvier ; Macrothe- rium, Lartet) fin qui rinvenuto nei depositi terziarì di Europa, manifesta le sue più strette affinità col genere Manis, che è esclusivamente Asiatico ed Africano. » « Estendendo al continente della Sud America il paragone fra gli e- sistenti e gli ultimi della serie mammalina, può in prima notarsi, che ad eccezione di talune specie carnivore e cervine, niun rappresentante dei succitati generi di mammiferi dell’antico mondo fu ancor trovato dal geo- grafo nella Sud America. Buffon ! già da gran tempo enunciò simile ge- neralizzazione riguardo alle attuali specie e generi di mammiferi; presso a poco è altrettanto vera rispetto ai fossili. Non un resto di elefante, ri- noceronte, ippopotamo, bisonte, jena, o lagomi, fu peranche scoperto in caverne o in più recenti depositi terziari della Sud America. Al contrario. i più dei mammiferi fossili di quelle formazioni son tanto distinti dalle forme Europeo-Asiatiche, quanto son prossimi ai viventi generi di mam- miferi, particolari alla Sud America. » « I generi Equus, Tapirus, e l’ancor più cosmopolita Mastodon, for- mano le principali, se non le sole eccezioni. La rappresentanza dell’Equus durante il periodo pliocenico da specie distinte in Asia (E. primigenius) e nella Sud America (E. curvidens). è analoga alla odierna distribuzione geo- grafica delle specie di Tapirus. » « La Sud America sola è oggi abitata da specie di pigro, cavia, aguti, ctenomys, e scimmie platirrine; ma niun resto fossile di quadrupedi rife- feribili a qualcuno di tali generi fu ancora scoperto in Europa, Asia, od Africa. Nondimeno i tipi di Bradypus e Dasypus erano riccamente rap- presentati da forme specifiche diversificate e gigantesche nella Sud Ame- rica durante i periodi geologici immediatamente antecedenti all’attuale. Lo scheletro di una di queste forme della tribù dei tardigradi, misura 11 piedi dalla parte anteriore della testa alla cima della coda. Fu scoperto a 1 Histoire Naturelle, tom. i x, pag. 15, 4.t0, 1758. 187 42 piedi di profondità nei depositi fluviatili sette leghe al nord della città di Buenos Ayres l’anno 184i. Forma il soggetto di un’ opera intitolata, Descrizione dello scheletro di un estinto tardigrado gigantesco (Mylodon robustus), ' in cui sono esposte partitamente le ragioni per riguardarlo come membro della stessa famiglia naturale del piccolo tardigrado degli alberi attuale, e come modificato in modo da sradicare e abbattere gli alberi per cibarsi della foglia. » « Una specie ancor più grande di tardigrado terrestre (Megatherium) coesisteva col Milodonte nella Sud America. Il suo scheletro, ora completo nel Museo Britannico, misura 18 piedi; la sua dentatura concorda nel numero e genere dei denti con quella del pigro (Bradypus). Ma i molari son più lunghi, più profondamente impiantati, di più complessa struttura e con superfici trituranti del tipo bilofodonte. Gli elefanti che vivevano di un cibo simile a quello del Megaterio, mantenevano lor meccanismo trituratore per mezzo di una numerosa successione di denti: lo stesso fine raggiungevasi nel Megaterio con un costante accrescimento e rinno- vamento dello stesso dente. La polpa che forma i denti era annicchiata nelle profonde cavità basali. I denti molari erano in numero di cinque da ciascun lato della mascella superiore, e quattro da ciascun lato della man- dibola. In quest’osso la parte anteriore è molto prolungata, e al di sopra solcata, per sostenere una lingua lunga, cilindrica, con potenti muscoli , per mezzo della quale il Megaterio, come la giraffa, strappava i ramoscelli degli alberi che per la sua forza colossale era capace di atterrare. La den- tatura del Mylodon differiva da quella del Megatherium soltanto nella forma dei denti. Lo stesso può dirsi dei generi affini Megalonyx e Scelidotherium. Erano generi contemporanei e geograficamente associati della medesima famiglia, oggi affatto spenta, dei grandi tardigradi terrestri. » « In tal guisa i piccoli quadrupedi armati e corazzati della Sud Ame- rica, detti armadilli, nel pleistocene erano rappresentati in quel continente da specie ben difese, che rivaleggiavano in volume co’ Megaterioidi. L’e- semplare dello scheletro presso che intero e dell’armatura ossea di una delle più piccole specie di questi grandi armadilli inermi estinti, pur mi- sura 9 piedi dal muso alla estremità della coda, seguendo la curva del dorso; l'armatura del tronco formato di pezzi è lunga 5 piedi e 7 larga, seguitando la curva alla metà del dorso. Queste grandi specie estinte dif- feriscono dagli armadilli moderni per la mancanza di bande o giun- ture nella corazza, che servono a contrarre o piegare il corpo in forma di palla. Differiscono ancora nella forma scanalata dei denti; donde il nome generico (Glyptodon) loro assegnato. Le specie si distinguono, come i loro attuali rappresentanti nani (Dasypus), da particolari sculture della super- ficie esterna degli ossicini che formano i pezzi della corazza. Le specie appellate G. reticulatus, G. tuberculatus, G. ornatus ecc., prendono i nomi da altre modificazioni delle superfici scolpite di loro armatura. Il cranio era difeso da un elmo di pezzi ossei. Anche la coda aveva la sua difesa ossea indipendente, sostenuta dalle vertebre al di dentro. » i ‘« Il Toxodon, 2 Mucrauchenia, ® e Protopithecus, * son prove addizio- ——___— —___ 1 4.t0, 4842, Van Voorst. ; Owen, « Fossil Mammalia of the Voyage of the Beagle, » 4.to 1859. Ib. 4 Lund. Annales des Sciences Nat. 2d series, tom. xili, pag. 515. 188 5 nali di estinti mammiferi Sud Americani, rappresentati soltanto da specie ora peculiari a quel continente. » « L'Australia in pari modo dà prova di analoga corrispondenza tra l’ultima sua fauna mammalina estinta, e la presente aborigena, ch’è inte-. ressantissima per motivo della molto peculiare organizzazione dei più dei quadrupediì nativi di quella parte del mondo. Che i Marsupiali formino un grande gruppo naturale, è ora generalmente ammesso dagli zoologi; in esso i rappresentanti di molti ordini della più estesa sotto-classe placen- tata di Mammiferi dei maggiori continenti, anche si riconobbero negli at- tuali generi e specie; i dasiuri per es. fanno le parti dei Carzivori, i Perameles degl’Insettivori; i falangisti dei Quadrumani, i wombat dei Ro- ditori, e i canguri, in grado più remoto, quelle dei Ruminanti. La prima collezione di fossili mammalini delle caverne ossifere d’Australia ! portò alla luce la primitiva esistenza su quel continente di grandi specie dei me- desimi particolari generi marsupiali: alcuni, come il Thylacine, e il sotto- genere dasiurino rappresentato dal D. ursinus, son ora spenti sul conti- nete d’Australia, ma una specie di ciascheduno tuttora esiste nell’adiacente isola di Tasmania; il resto erano estinti wombat, falangisti, potorò, e can- guri — taluni degli ultimi (Macropus Atlas, M. Titan) di statura gigante- sca. Un solo dente, nella stessa collezione di fossili, dette il primo indizio dell’antica esistenza di un tipo del gruppo marsupiale, che rappresenta i Pachidermi dei maggiori continenti, e che oggi sembra scomparso dalla faccia della terra australe. Del grande quadrupede così accennato sotto il nome di Diprotodon nel 1838, successivi acquisti hanno stabilito il vero carattere marsupiale e le strette affinità del genere al canguro (Macropus) ma con una relazione osculante verso il wombat erbivoro. La intera testa del Diprotodon Australis venne ultimamente acquistata dal Museo Britan- nico, e mostrava in sito il dente su cui venne fondato il genere. Questa testa è lunga 3 piedi. Siccome il contemporaneo gigantesco tardigrado della Sud America, il Diprotodon d'Australia, mentre conserva la formula dentale del suo vivente omologo, mostra grandi e notevoli modificazioni nei suoi membri. Il paio posteriore è molto accorciato e forte, in con- fronto di quelli del canguro; il paio anteriore è del pari allungato e forte; pure com'è il caso nel Megaterio, l’ulna ed il radio son mantenuti liberi, e articolati in modo da lasciare un’azione rotatoria alla zampa. Giò nel Diprotodon, come nel canguro erbivoro, era richiesto dall’ economia della tasca marsupiale. La formula dentaria del Diprotodon era i a > c O, = 28, ? e come nel Macropus major, il primo della » m 4-1 LT 4 serie molare tosto perdevasi; ma gli altri quattro denti a due colline si ritenevano lungo tempo, e l’ incisivo frontale superiore era molto grande |. e a scalpello, come nel wombat. L’arco zigomatico possedeva un processo per aumentare l’origine del muscolo massetere, come nel wombat. Il cra- 1 Mitchell’ s (Sir Thòs). Three Expeditions into the Interior of Australia, 8yo, 4858, vol. ii, pag. 359. ì ? Vedi quella di Macropus, spiegata nella Encic. Brid. articolo Odontologia, pag. 449. 189 rio suddetto del Diprotodon Australis, con porzioni dello scheletro, si sco- prirono in un deposito lacustre, probabilmente pleistocenico , intersecato da cale; nelle pianure di Darling Downs, Australia. » « La stessa formazione offri le prove di uno spento genere erbivoro un po’ più piccolo (Nototherium), che combinava con le affinità essenziali al Macropus, alcuni dei caratteri del coala (Phascolarctus) !. Lo scrittore comunicò recentemente alla Società Geologica di Londra descrizioni e fi- gure dell’ intero cranio del Nototherium Mitchelli ?. Il genere Phascolomys era nello stesso periodo rappresentato da un wombat (P. gigas) della grandezza di un tapiro. » « I marsupiali Carrivori pleistocenici presentavano i soliti rapporti di grandezza e forza rispetto agli Erbivorî, di cui dovevano frenare au- mento soverchio. ll Thylacoleo carnifex gareggiava col leone in grandezza; la sua marsupialità è dimostrata dalla posizione del foro lacrimale davanti all'orbita; dal canale palatale, dall’ osso timpanico libero, dallo sviluppo della bulla timpanica nell’ alisfenoide, dalla grande piccolezza relativa del cervello, e da altri caratteri particolareggiati nelle « Transazioni Filosofi- | che » 3 4859. Il dente ferino è lungo 2 pollici 3 linee. o pressochè il doppio di quello del leone. Il dente tubercoloso superiore somiglia nella piccolezza e posizione quello dei placentati Felini. Ma nella mascella in- feriore succedono al ferino ‘due tubercolosi assai piccoli, come nel Pla- giaulax; e vicino alla simfisi della mascella inferiore del Thylacoleo vi è un alveolo, il quale indica che il canino doveva qui terminare la serie dentaria, e presentare una nuova somiglianza col Plagiaulax. » « Le antecedenti sono alcune delle più interessanti illustrazioni della legge, che « rispetto agli estinti, come agli attuali mammiferi, forme par- ticolari erano assegnate a particolari provincie, e che le stesse forme li- mitavansi alle stesse provincie del giorno d’oggi in un antico periodo geo- logico. » # Nondimeno quel periodo era solo il più recente terziario. » « Risalendo con la comparazione retrospettiva dei mammiferi estinti ed attuali, rispetto alla lor distribuzione locale, fino a quelli degli strati eocenici ed oolitici, otteniamo indicazioni di estesi cangiamenti, durante tali epoche, nella relativa posizione del mare e della terra, nei gradi di differenza tra le forme generiche dei mammiferi allora esistenti in Euro- pa, e gli attuali del grande continente naturale onde 1’ Europa fa oggi parte. Parrebbe davvero, che quanto più rimontiamo nel tempo per dis- coprire i mammiferi estinti, tanto più dobbiamo estenderci nello spazio per trovare i loro analoghi viventi. Per accompagnare gli eocenici Paleo- teri e Lofiodonti, dobbiam prendere i Tapiri da Sumatra o dalla Sud A- merica, e dobbiam viaggiare agli antipodi per i Mirmecobi, i più stretti analoghi viventi agli Amfiteri dei nostri strati oolitici. » « Sul problema della estinzione delle specie, poco si può dire di positivo; e sul soggetto ancor più misterioso di lor venuta all’ esistenza, nessuna luce fu peranche gettata dall’ esperimento e dall’ osservazione. Il 1 « Report on the extinet Mammals of Australia, » Trans. of Brit. Assoc., 1844. 2 Quaterly Journal of the Geol. Soc. pt. iv., 1858. 3 « Oh the Fossil Mammals of Australia. Part. IL Deseription of the Thylacoleo carnifex. » By Prof. Owen ete. £ Report on the Extinet Mammals of Australia, 1844. 190 i D più razionale è di assegnare la principale importanza, siccome causa di estinzione nei tempi anteriori all'uomo, a quei cangiamenti graduali nelle condizioni di vita che influiscono sulla necessaria quantità di alimento degli animali nello stato di natura, e che debbono aver accompagnato le lente alternanze di terra e di mare, avvenute nell’ ere geologiche. Eppur questo ragionamento è solo applicabile agli animali terrestri; potendosi appena concepire che tali avvenimenti abbiano influenzato i pesci del ma- re. Gli animali terrestri possiedono caratteri che li rendono più esposti ad influeuze distruttrici, il che può spiegare come molte delle maggiori specie di particolari gruppi si estinsero, mentre specie più piccole di pari antichità sopravvissero. Proporzionale alla massa è la difficoltà della lotta, che, come viventi organismi, gl’ individui di tali specie ebbero a sostenere contro l’esterne azioni tendenti a disciogliere il legame vitale, e assoggettare la materia viva alle comuni forze fisico-chimiche. Ogni cangia- mento però in quegli esterni agenti, cui una specie fosse originariamente adattata, militerebbe contro la sua esistenza in un grado proporzionale alla massa della specie. In una siccità prolungata, i grandi mammiferi sof- friranno la sete ben prima dei piccoli; se tale alterazione di clima colpi- sca la quantità del cibo vegetale , i grossi erbivori sentiranno prima gli effetti del diminuito alimento; se nuovi nemici s’introducano, i grandi e cospicui animali ne saranno preda, mentre i generi minori si asconderanno e fuggiranno. I piccoli quadrupedi son più prolifici dei grandi. Quelli del volume dei Mastodonti, Megateri, Gliptodonti, e Diprotodonti sono uni- pari. Perciò l’attuale presenza di piccole specie di animali in paesi, nei quali esistettero anticamente le maggiori delle stesse famiglie naturali, non è conseguenza della degenerazione — di una graduale diminuzione in grandezza di tale specie — ma il risultato di circostanze che posson essere illustrate dalla favola « la quercia e la canna »; gli animali più piccoli e deboli essendosi piegati e accomodati alle mutazioni , nelle quali le maggiori specie rimasero soccombenti. » « Che specie, o forme riconosciute tali pei loro caratteri distintivi e la facoltà di propagazione, abbiano cessato di esistere, sieno successiva- mente sparite, è un fatto non più discusso. Che fossero sterminate da eccezionali cataclismi della superficie terrestre non fu ancor provato. Che lor limitazione nel tempo, in certi casì e in certa misura, possa derivare da cangiamenti costituzionali accumulati per lenti gradi nel lungo corso delle generazioni, è possibile. Ma tutte le cause di estinzioni fin qui 0s- servate, accennano 0 a mutazioni geologiche lentamente operate di con- tinuo, 0 a nessun’altra più grave causa repentina, che l’ apparizione, per così dire, spettrale del genere umano in un tratto limitato di terra non | abitata prima. Pertanto è più probabile che la estinzione delle specie, prima della presenza o esistenza dell’uomo, derivasse dalle ordinarie cause — ordinarie nel senso di lor concordanza con le leggi della organizza- zione e dell’incessante cangiamento delle condizioni geografiche e clima- tiche alla superficie terrestre. Le specie, e gl’ individui delle specie, meno adatte a subire tale influenza, e incapaci di modificare l’organismo a se- conda di questa, si spensero. Però l'estinzione, in tale ipotesi, implica. la mancanza di poteri adattativi negl’ individui delle specie che la subi- scono. » Dopo che l'illustre paleontologo Britanno ha esposta con sì ricco TE a 191 corredo di fatti e di dottrina la legge della successione analoga per i mam- miferi, vediamola per altri animali, e prima di tutti, per gli uccelli. »! La legge della relazione geografica sopraccennata, tra i vertebrati di ogni grande provincia zoologica e i fossili del periodo immediatamente antecedente, anche quando le specie fossili sono estinte , non si ristringe in niun conto ai mammiferi. Allorchè gli Europei esaminarono dapprima la Nuova Zelanda, non vi trovarono quadrupedì terrestri indigeni, nè cangu- ri, nè opossi, come in Australia; ma vi abbondava un uccello senz’ali, il più piccolo rappresentante vivente della famiglia degli struzzi, detto dai na- turali Kiwi (Apterya). Nei fossili del periodo Post-pliocenico di questa stessa isola, vi è pari assenza di canguri, opossi, vombati, e simili; ma invece un prodigioso numero di ben conservati esemplari di giganteschi uccelli dell'ordine degli struzionidi, chiamati da Owen Dinornis e Palapterya , che son sepolti in depositi superficiali. Questi generi comprendevano molte specie, alcune delle quali alte quattro, alcune sette, altre nove, ed altre undici piedi! Sembra dubbio che alcun mammifero contemporaneo divi- desse la terra con questa popolazione di giganteschi bipedi pennuti. » Secondo Darwin è lo stesso negli uccelli delle caverne Brasiliane. ° «8 Woodward ha provato che la stessa legge si verifica nelle con- chiglie marine; ma per la vasta distribuzione della maggior parte dei ge- neri dei molluschi essa non sussiste con eguale certezza pei medesimi. Po- trebbero inoltre aggiungersi altri casi, come la relazione fra i molluschi terrestri estinti e i viventi di Madera e fra i molluschi estinti e gli esi- stenti delle acque salmastre del mare Aral-Caspio. » I bei lavori del sig. Bourguignat sulla distribuzione geografica degli attuali molluschi terrestri e fluviatili d’ Algeria, mettono in evidenza fino a qual punto essa dipenda dalle passate condizioni geologiche del paese, e possono anche rientrare nell’ ordine di idee che tratto. 4 Può altresì consultarsi sulla fauna d’Australia una lezione del Pagen- stecher, il quale conclude : ? « L'Australia è una vecchia pagina della storia terrestre. Quella parte di mondo ultima scoperta possiede tra tutte la più pura fauna antica, che in essa e nelle sue isole quasi perdura nella totalità fino alla pienezza del periodo recente. » Come fu detto che certi esseri sono fossili viventi, così può dirsi di certe faune; e seguitando la comparazione, come certe forme possono a buon diritto riguardarsi come embrionali, come sospensioni di sviluppo, così una fauna, una flora, un paese ci offrono talora una fase arretrata di evoluzione della vita terrestre. Come gli esseri dei passati tempi tanto più differiscono da quelli del presente, quanto più sono antichi, così (scendendo dal caso generale al particolare) , i passati abitanti di un paese tanto più differiscono dai pre- senti, quanto più si risale nel tempo. La successione degli stessi tipi sulle 1 Lvell, Elements ete., 1865, 128-29. ? Origine delle Specie, ecc., 271. 3 Lo stesso, ivi. 4 Vedi Malacologie d' Algerie etc. 5 Die Thierwelt Australiens. — Vortrag gehalten ete. von Professor H. Alex. Pagenstecher in Heidelberg — Druck von J. D Sauerlànder in Frank furt a. M. — 4-24. 192 i medesime superficie non può spiegarsi che ritenendo gli abitanti odierni discendenti degli antichi: questa spiegazione è naturale , niente affatto sfor- zata, come sarebbe qualunque altra che volesse sostituirsi. Con la di- scendenza modificata quante cose si spiegano dunque ! distribuzione degli esseri attuali, analogia di lor distribuzione con gli antichi, successione in generale degli esseri! « La distribuzione dell’organismo, come veduto abbiamo, sembra avere cagioni sì recondite, che dopo aver messo a calcolo nel ricercarle i climi, le temperature, la qualità dei suoli, l’ abbondanza e la specie delle pasture, si troverà sempre da ricorrere a cause ignote, che si clas- sano nei misteri della Natura. » Preziosa confessione! Il sig. Montagna, che così parla,! ammetta la teoria di Darwin, e i misteri spariscono, tutto è chiaro ! II. Aumento. — Le specie, generi, ordini ecc. di fossili, una volta comparsi, continuano a crescere nel numero e varietà delle forme, arri- vano ad un punto in cui dominano al massimo grado, e poi descrescono fino a sparire. L’ Haeckel chiama Epacme, Acme, Paracme, \° Aumento , il Dominio, la Decadenza di un tipo: il secondo corrisponde al Royaume del D’Orbigny. Il primo è contrassegnato morfologicamente da un crescente, il secondo dal maggiore, il terzo da uno scadente differenziamento; e in tal guisa posson anche rispondere al progresso, perfezione e regresso; si fanno insomma per quelle leggi consuete e generalissime della Morfo- logia. Ciò accade nella successione, vale a dire, nel tempo, ma qualche cosa di simile accade nella distribuzione (cioè in ordine allo spazio), sì dei fossili, sì dei viventi. In ambedue i casi un tipo riesce dominante per lusso di forme, come per lor grandezza e quantità: esso ha così una esistenza temporanea, da una parte, limitata, dall’ altra. I tre periodi in che si parte la vita degli organismi ad ogni categoria pertinenti, son di durata ineguale, vuoi tra loro, vuoi per ciascuna categoria. Una. specie comparisce dapprima rara (se si fanno le debite eccezioni, come per le così dette colonie del Barrande), poi aumenta gradatamente, e pure a grado a grado decresce e svanisce. Similmente la durata di questi periodî non è misurata da quella delle formazioni geologiche , le specie od altre categorie passando dall’una all’altra, come dissi di già, notando quel fatto che con una sola parola chiamo interferenza. Dominio. — « La durata delle singole specie aveva una lunghezza molto ineguale. Alcune potevano persistere 2-3-4-5 volte più di altre, talchè le une prolungavano loro esistenza solo per quella piccola parte di tempo, necessaria alla formazione di un terreno nel senso geologico, mentre le altre oltrepassano la formazione di due, di tre, ed anche di più. Questo poteva essere il caso in una parte del mondo, e nelle altre no.» » Terreni nettamente limitati nel senso paleolitico appena esistono, come ben limitate creazioni o ben limitate faune e flore suecessive, — i caratteri minerali, la potenza e i contrassegni litologici e paleontologici dei limiti di un terreno appena posson essere contemporaneamente iden- tici in tutte le parti del mondo. ? » La vita dei generi e delle specie è tanto lunga, che tuttora esistono. 1 Generazione della terra ecc. XVII, 559. ? Bronn, op. cit. 494-92. i 193 generi dell’ epoca paleozoica, e specie della mesozoica; come tra i primi certi Brachiopodi, Terebratula, Rynchonella ecc. tra le seconde certe Fo- raminifere. Negli scandagli fatti per la deposizione del cordone transatlan- tico fra l’ Inghilterra e l'America, si rinvennero nel fondo del mare, alla profondità di due miglia, foraminifere identiche a quelle della creta, e sono: Globigerina bulloides (rizopode calcareo), Actinocyclas , Pinnularia, Ennotia bidens, insieme a diatomee silicee, e a spicule di spugne silicee. ‘ L’ Owen dice dei Rizopedi o Foraminifere : ! « La maggior parte dei generi fossili e anche talune specie, attra- versano molte formazioni; di certo, se ben si osserva, le attuali forme sono i più antichi organismi viventi conosciuti. La Dentalina communis , Orbitolites complanatus, Rosalina italica , Rotalina globulosa , tutte specie viventi, si dicono trovate nella creta ; la Rotalina umbilicata risale al gault; e la Webbina rugosa è comune al lias superiore , alla creta, ai mari attuali. Però fu osservato che Rizopodi fossili, resi liberi dalla disgregazione delle foccie, son mescolati alle conchiglie recenti sopra ogni costa; e il sig. M° Andrew li ottenne in questa condizione da grandi profondità della Manica. » Non so se l’ultimo caso accennato dal chiarissimo autore possa ge- neralizzarsi ; anche facendolo, non è meno vero che talune specie, di foraminifere segnatamente, hanno lunghissima vita. Ecco altre testimo- nianze e una diligente tavola del Bronn. 3 « Si danno anche altri esempî di specie animali, che dal periodo cretaceo passano negli strati terziari e perfino nella odierna creazione, anzi derivano in parte da più antichi periodi, e noi li riferiamo senz'altro sulla fede di Jone, Bosquet, Edw. Forbes, A. D’ Orbigny, Reuss, Ehrenberg e Hartings. » Creta sup. Carbonifero Oolite sup. Creta inf, Gault Eocene Miocene Pliocene Recente Autori. Bairdia subdeltoidea siliqua. Jon. -- Harrisana Jon. — _ _ — augusta Minst. — e Terebratnla caput-serpentis — -— Forbes. | Jones. Dentalina comunis D’ 0. — ES ali D’Orbigny. | Bosquet. Rotalina umbilicata D’ 0. —- —- — | Ebhrenbeg. Nonionina germanica Eb. —_ —-— Harting. ‘Textilaria striata Eb. —— — ( Ehren. aciculata Eb. ————_———_—__\ Haring. aspera Eb. sr —— globulosa Eb. e o__—- Globigerina bulloides — Planulina turgida Eb. “i = 1 Lyell, Elements, 1865. 348. L Palaeontology, 1860, 12. 12 3 Op. cit. 278. 13 194 « ! Ben sorprendente è la lunga durata di alcuni generi dall’ epoca paleozoica e anche sotto-siluriana fino alla nostra odierna creazione. Pe- rò se ne trovan di tali solamente fra gl’ Invertebrati. Ci limitiamo ad al- cuni esempî fra le diverse classi. » Polygastrica Peridinium. Polytalamia Cristellaria. Rotalia. Crinoidea ‘Pentacrinus. Bryozoa Flustra. i Brachiopoda Terebratula. Rynchonella. Discina. Lingula. Lamellibranchia Avicula. Mytilus. Arca. Nucula. Gastropoda Trochus. Pleurotomaria. Cephalopoda Nautilus. Vermes Serpula. Lophyropoda Bairdia. Cytherina. « Il numero di tali generi a lunga durata, come già si vede da questi esempì, è massimo fra i Politalami, Brachiopodi, Lamellibranchi integro- palleali e Lofiropodi; verisimilmente se ne troveranno alcuni anche tra le Felci. Tutti appartengono alle infime classi del sistema. » ; Dall’ assoluta durata delle specie tornando alla relativa, dirò che è. maggiore per le perfette, minore per le imperfette: generalmente la durata delle specie è in ragione diretta di loro semplicità e imperfezione, in ragione inversa di lor differenziamento e perfezione. Il Lyell si espri- me chiaramente su tal proposito, in due passi che ho citati, 2 e in que- sti altri due. «“ Che la estinta fauna di Buenos Ayres e del Brasile sia molto mo- derna, fu dimostrato dai suoi rapporti a depositi di conchiglie marine, identiche a quelle che oggi abitano l'Atlantico; e in Georgia nel 1845 mi accertai che il Megatherium, Mylodon, Equus curvidens, ed altri qua- drupedi affini al tipo Pampeano, raccolti da Hamilton Couper, erano di data posteriore a letti con conchiglie marine che appartenevano a qua- rantacinque specie recenti del vicino mare. » « 3 Longevità relativa delle specie nei mammiferi e nei testacei. — Nel 4830 io richiamai l’ attenzione 4 sul fatto, il quale non l’ aveva ancora richiamata, che l’associazione in depositi post-pliocenici di conchiglie, esclusivamente di specie viventi, con molti quadrupedì estinti, accennava nei testacei una longevità di specie, ben superiore a quella dei mammi- 1 Ivi, 521. , Elements, 1865, 127. Ivi, 152. 4 Principles of Geology, Ist. ed. vol, it, pag. 440. 195 feri. Ricerche successive sembrano dimostrare che questa maggior du- rata delle stesse forme specifiche nella classe dei molluschi, dipende da una legge ancor più generale, cioè che quanto più è basso il grado de- gli animali, o quanto è maggiore la semplicità di loro struttura, tanto più son persistenti generalmente nei lor caratteri specifici attraverso va- sti periodi. Non solamente gl’invertebrati, come lo mostrano i dati geo- logici, si alterarono in meno rapida proporzione dèi vertebrati, ma se prendiamo una classe fra i primi, quella dei molluschi ad esempio, tro- viamo che quelli di più semplice struttura hanno variato più lentamente degli altri di più elevata e complessa organizzazione; i brachiopodi, per esempio, più lentamente dei lamellibranchi bivalvi, mentre gli ultimi fu- rono più costanti degli univalvi, sia gasteropodi o cefalopodi. In pari mo- do la identità specifica dei caratteri delle foraminifere, che sono tra i più bassi tipi d’ invertebrati, sorpassò in durata quella dei molluschi in maniera egualmente decisa. » Si sa che sulla relativa proporzione delle specie di molluschi fossili, le quali oggi esistono ancora, è fondata la distinzione dei tre periodi ce- nozoici. Nell’ eocene su 100 specie di molluschi fossili ce ne sono 3 42 identiche alle recenti, nel miocene 47, nel pliocene 35-50; nel post-plio- cene si trovano mammiferi estinti, ma le conchiglie son viventi; nel re- cente e mammiferi e conchiglie son tutte viventi. La proporzione delle conchiglie si verifica non solo su grandi estensioni di paese, ma anche su piccole. Secondo il Sig. Dott. Lodovico Foresti, assistente del Prof. Capellini, tale rapporto centesimale si mantiene nelle conchiglie fossili anche della provincia di Bologna. « Philippi ' ha per ultimo dimostrato nelle sue ricerche sulla Cala- bria e Sicilia che quanto più è recente la serie neogena degli strati, di cui si confrontano i resti di molluschi con le specie tuttora viventi, tanto maggiore vi si trova il rapporto delle viventi, cosicchè può salire a 0,60—0,70—0,80—0,90—0,95—0,99—1,00. » (Bronn). Con questo stesso principio della proporzione relativa dei fossili e- stinti ai viventi, sia della stessa classe, sia di classi diverse, potrebbe spingersi anche più lungi la classazione dei terreni. Quante più specie estinte troviamo in un terreno, tanto più lo rite- niamo antico: ma oltre l’ estinzione vi è un altro criterio per giudicare. dell’ antichità golologica, ed è la diversa distribuzione geografica. Nel post- pliocene e nel recente trovavansi nei nostri climi mammiferi (elefante, ippopotamo ) e molluschi (la Cyrena fluminalis del Nilo) di specie affatto eguale a quelle che oggi occorono in regioni di clima diverso e lontane; similmente troviamo in Danimarca il faggio che al presente più non ci vive. Cangiamenti di flora e di fauna implicano cangiamenti nel paese; né gli uni nè gli altri poterono effettuarsi se non in lunghissimo tempo, donde l’ antichità dei terreni contenenti resti di organismi viventi, ma e- stranei al paese. Si vede dunque che come l'analogia tra gli abitanti at- tuali di un paese e quelli passati, significa vicinanza dei periodi geologici in cui vissero, così la diversità dei presenti e passati abitatori implica lontananza dei due periodi: i fossili, lo abbiamo detto, in generale tanto 1 Nell’Jahrbuch der Mineralogie 1842, 342, come pure nella sua Enumeratio Molluscorum utriusque Siciliae, 4.° Il, 2741. 196 ; più differiscono dai viventi, quanto son più antichi. Questi due fatti sono un medesimo argomento che da me viene invertito nel primo caso, per vie meglio dimostrare che anche le semplici mutazioni geografiche pos- sono in qualche modo servire alla cronologia geologica: altra risposta alle objezioni contro questa. La distribuzione geografica dei fossili non confonde nè simula lor successione, rendendo impossibile la cronologia; tutt’ altro! quanto meglio si conosce la distribuzione dei fossili, tanto è più sicuro il concetto che ci formiamo della successione, tanto più pre- cisa e più vera ne diviene la cronologia. Per farci un’ idea del numero a che una specie può arrivare, e del numero dei fossili d’ una formazione, basta ricordare la quantità stragran- de di certe conchiglie in certi terreni, e interamente composte di con- ‘chiglie son le lumachelle; basta ricordare che certi strati sono interamente formati di avanzi organici, per esempio, quelli dei combustibili fossili , la creta, il calcare nummulitico e i crags; le ossa, le coproliti formano de- positi considerevoli. Certe roccie furono fabbricate, anche totalmente, dal- l’azione di esseri organici; tali sono i calcari oolitici, la creta, e le sco- gliere madreporiche antiche o recenti. Anzi vi è chi crede che tutti i cal- cari oggi esistenti siano stati formati dagli avanzi e dall’ azione di esseri organici, e che la loro materia sia prima passata per }’ impero organico. Così ci si presentano tre grandi sezioni di roccie: quelle composte di resti organici; quelle formate da azione di organismi; quelle in cui entra composizione ed azione di organismi. Tutto ciò mostra quale e quanta sia stata la potenza delle azioni minime di minimi organismi, sommate nella infinita lunghezza dei tempi geologici, mostra quale e quanta parte la potenza della vita ha presa negl’immensi cangiamenti della superficie ter- restre. Per metterlo meglio in evidenza scelgo alcuni esempîì dei più cu- riosi, cominciando dalle marne cipridifere e dal calcare indusiale. « La intera potenza di queste marne è sconosciuta; ma certo ecce- de, in alcuni luoghi, 700 piedi. Sono per la maggior parte verdicce o bianche, e ordinariamente calcaree. Le sono a fogli sottili — carattere che frequentemente deriva dalle innumerevoli conchigliette o valve del guscio di quei piccoli crostacei detti Cypris, così diffusi negli antichi laghi di Alvernia, da causare divisioni sottili come carta nella marna, e quel che è più, in masse stratificate di parecchie centinaia di piedi di potenza. Prova più convincente della tranquillità e chiarezza delle acque, e del lento e graduale processo con cui fu colmato da limo sottile il lago, non può desiderarsi. ! » Il calcare indusiale era formato dalla larva di una grossa Phryganea, che si compone l’astuccio con la conchiglia di una piccola Paludina. « Cento di queste minute conchiglie si vedono talvolta disposte intorno ad un tubo, parte della cui cavità centrale spesso è vuota, essendo riem- pito il resto da strati concentrici di travertino. Gli astucci furon gettati insieme alla rinfusa, e sovente ad angoli retti tra loro. Allorché conside- riamo che dieci o dodici tubi sono ammassati nello spazio di un pollice cubico. e che certi strati soli di questo calcare hanno lo spessore di sei piedi, e posson seguirsi sopra un’area considerevole, possiamo formarci qualche idea del numero innumerevole d’ insetti e molluschi che fornirono | 4 Lyell, Elements, 1865, 222, 197 loro integamenti e conchiglie per comporre questa roccia tanto singolar- mente fabbricata. Non è necessario supporre che la Phryganca vivesse nei luoghi dove ora troviamo gli astucci; le possono aver moltiplicato nei bassifondi vicino alla riva del lago, o ne’ fiumi ond’era alimentato, e i loro astucci esser trasportati lontano dalla corrente nel fondo del lago.! » « Ehremberg calcola che nel tripoli di Bilin vi siano 44,000 milioni d’ individui della Gaillonella distans per ogni pollice cubico, il quale pesa circa 220 grani, o presso a poco 187 milioni in un solo grano. ? » Figuier ci narra della straordinaria abbondanza di certi Goniatites 3. : Dans les Pyrénées, par exemple, le marbre de Campan, dont la couche n°a das moins de quarante métres de puissance, n° est pour ainsi dire qu’une pate calcaire dans la quelle les Goniatites sont entassés les uns sur les autres comme des figues dans leurs caissons: Cette disposition permet de calculer approximativement le nombre de ces animaux que doit contener un bloc de dimension déterminée. En partant de cette donnée M. Elie de Beaumont a trouvé qu’une couche de ce calcaire, qui n’anrait qu’un métre d’épaisseur sur un myriamétre carré de superficie, en ren- ferme vingi-sept mille milliards. » A Casciana, in Toscana, trovasi un deposito di foraminifere , delle quali si calcolò che mille avrebbero appena il peso d’un decigrammo ; e se ne hanno persino delle specie, delle quali mille peserebbero un milli- «grammo. Troppo lungo sarebbe riferire altri esempî, e rammenterò oltre i precedenti anche la farina fossile, e i calcari interamente formati da crinoidi. Dopo tutto ciò non si può a meno di esclamare col poeta Qual polve c’è che non sia stata viva? Byron. Decadenza. — I tipi decadono a grado a grado, diminuendo la varie- tà, il numero, la grandezza delle forme; taluno, quello delle Ammoniti per esempio, prima di sparire assume le forme più bizzarre (Ancyloceras, Scaphites), come se la natura volesse fare ogni sforzo per salvarlo. Molte volte i tipi spariscono all’ improvviso, ma ciò s° ha da ritenere come una eccezione che può di leggieri spiegarsi. Le cause della estinzione sono pressochè infinite, ma possono tutte ridursi a due; alterazioni nocive e incompatibili coll’ esistenza della specie, nelle sue condizioni e relazioni fisiche; ovvero nelle organiche. Del resto può vedersi quel che ho detto intorno alla lotta per la esistenza. La lunga durata delle specie inferiori a paragone delle superiori, la odierna coesistenza delle une e delle altre con presenta quella insuperabile difficoltà che si è creduto; alle prime bastano semplici condizioni di esistenza, e nulla gioverebbe loro cangiar- le: una sola di queste che muti per le seconde , basta per distruggerle. Nulla può inferirsi contro la elezione naterale dal lento aumento, dalla lunga durata, nulla dalla decadenza, dalla estinzione delle specie; impe- rochè come potrebbe agire quando non gli si presentino le necessarie con- dizioni? Questi fatti, come i loro paralleli che abbiano veduti nella mor- fologia (progresso, perfezione, regresso) e nella tassonomia, stanno anzi a comprovare che la teoria darwiniana è la sola razionalmente accettabile intorno all’ origine delle specie. === 1 Lo stesso, ivi, 224-25. 2 Lo stesso, ivi, 25. La terre avanl le déluge, Paris, 186 #74 È ur 4, pag. 28 (in nota). Hados fto 33 "d, nat, > o FApeRdi 7 LEE è - beate e a PO Reg AT Midi INDICE - alenc Al n ioaiornia DL i, n, CAPITOLO I. I principî della teoria SOMMARIO Originalità — Universalità — Semplicità — Chiarezza — Realtà — Elezione naturate — Lotta per |’ esistenza — Mutui rapporti degli organismi — Loro definizione — Divisione — Azione — Obiezioni Sn TIENI e CRA BN Mr ve SUOL Reg TA CAPITOLO II. Morfologia SOMMARIO I. Idealità delle forme — Regolarità — Simmetria — Analogia — Omologia — Ripetizione — Graduazione — Serie — Tipo. II. Progresso — Perfezione — Regresso CAPITOLO III. Tassonomia SOMMARIO I. Caratteri — Loro numero e valore — Subordinazione e dipen- denza — Categorie — Sistemi — Metodi — Metodo naturale — Metodo razionale e genealogico — Espressioni di dea II. Epitassi — Metatassi — Catatassi RI 4 CAPITOLO IV. Paleontologia SOMMARIO I. Cause attuali — Fossili, loro distribuzione e successione — Cro- . nologia geologica — Critiche — Lacune — Sviluppo progressi- vo — Parallelismo embriologico — Mutazione contemporanea — Successione analoga. II. Aumento — Dominio — I)ecadenza . hl. A; uan f 7-3 Sul. Pag. HI. 37. 105. 137. SOLUTPIRI slug catiat Liris Rey da ig s aaa veg TR J i SALO cn GEA i AVE) prezie vdt = ; sà, 7 "dl Rea DIVO tali Pant Patty 4 eo A tua dai co: fund i EE Y O ALA A AMARPEN ARP e ott A CORE AFRO e 1 SS ILIARRRRO ALE ATTI Ù DIRI ù , SR, Pon Penne Ad mr Lp Li) IRE Dei LA, Î > PPP o EI > PP_/IÌTZIZ: >) Bb») > (dI +DPUY T® DO A + 73:32: dd ad 0p 3° SS ds 3 è tb }32)) FL 7 e PID): DRD II 0 > SS. 2a 20» 3 _»>>. >» > ID SÙ SP IDDI SI ie e TIPO BD >» > > > »3.:33>» 7 DI » Si DI >» PIP> >» >_2 SJ» PLRDP_2 Don DT LP DDD . SRI: > ®ao> > PP be >, DD PD’ Si ; e + e 3 De 0) >» » Da, sua I DI» sape, > »> na i _ >: DO) sasa IP ca I DD eg PD 370 - ir DE Sa PRIA CE E Sp. 3 > o» >» Si? > o IIS > 23 > > e» eo dd Mo: >_< = PD I >> PIV IDA I >> D CEN Po >» DI Fi de LE DO =>. d 9390 pe >» YE 33, — » = 3 dh DÌ II DID DI Saro S. 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