xS M ^^ ■'v ^rOVI AIVMALI 3eue SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo II. (Luglio e Agosto 1844.) (pubblicato il 13 Settembre 1844 ) BOLOGNA TIPOORAFU SASSI NELLE SPADBRIE. AVVISO Arrivala la prima Serie degli Annali delle Scien:{e Naturali al Tomo X., la Società Editrice, che riprende la pubblicazione del giornale secondo le norme seguite a tutto il 1842, jncomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associati le condizioni già segnate nel Programma delli 26 febbraio 1840, e cioè: Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo richiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di slampa: il primo ed il settimo fascicolo d'ogni annata verrà fornito di un frontispizio, ed il sesto e dodicesimo dell'in-' dice delle materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'atto della consegna del medesimo. Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato, che importerà paoli quindici romani pari ad Hai. lire 8. 05: non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associati. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alta- bella N. 1637, e da tulli gli altri componenti la Società stessa, r Elenco dei quali si legge nel 1.^ fascicolo. S'inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro Novembre non siasi dato avviso in contrario. ]\UOVI AI\IVALI DELLE i,60 7,50 — 2,60 — 1,00 1,60 — 20,00 ^60 7,00 — 2,50 — 1,00 1,50 0,60 20,00 2,50 3,25 — 2,50 — 0,60 — — 10,00 ,25 1,00 — 1,00 — — — 0,50 6,00 >,50 10,60 — 1,60 — 0,50 — — 20,00 ,50 4,50 — 6,00 — 0,60 — — 16,00 ì,60 12,50 — 6,00 — 1,00 2,00 1,00 40,00 .>,50 4,50 — 6,00 — 1,50 6,00 1,60 36,00 ),60 6,30 — 6,50 — 1,60 2,00 — 20,00 !,60 12,50 — 3,50 — 1,60 2,00 0,60 35,00 J,60 20,50 3,00 — 2,50 2,50 0,60 44,00 *~ls • Amn. Se Natii \. ; F.RIt II . rom. 2. 4 so CLORURI di Sodio Grani Fonte del Nettuno Altre dette Serbatoio a S. Michele in Bosco Serbatojo alla SS. Annunziata Fonte del Nettuno in Piazza Fontana Vecchia Fontanina Sorgente al piede delle Mu- ra esterne fra Porta S. Ste- fano, e Porta Maggiore 10,00 8,00 6,00 6,00 15,00 10,00 Ijue delle fontane 51 SOLFATI dì Calce 14,00 10,50 7,50 7,50 35,00 25,00 (li Ma- gnesia CARBONATI (li Calce 15,00 9,50 7,00 7,00 12,50 12,50 (li Ma- gnesia di Ferro 1,00 0,50 0,25 0,25 7,50 Silice 1,50 Materia Organica 1,50 5,00 2,50 Totale in OncielOO 58,00 41,00 30,00 30,00 105,00 60,00 62 QUADRO II CLORURI di Sodio Grani di Calcio di ìli snesi Sezione I. Strada S. Isaia Strada Maggiore Da S. Biagio Da S. Salvatore Mirasol Grande Alla Misericordia Strada S. Felice Saragozza Vetturini Borgo S. Pietro Galliera 15,00 20,00 13,50 5,00 10,00 7,50 26,00 10,00 15,00 15,00 15,00 16,00 10,00 15,00 20,00 10,00 10,00 40,00 42,50 12,50 30,00 15,00 5,0 1,5 j 2,5J 4,0 5,01 5,0 5,0 2,fi 5,C 5,( 15,( ) I i 2UE DEI POZZI 63 SOLFATI CARBONATI loda r di Calce di Ma- gnesia di Calce di Ma- gnesia di Ferro Silice Materia Organica Totale in OncielOO ,00 22,50 — 3,50 — 1,50 2,50 — 75,00 ,60 22,50 — 20,00 — 5,00 6,00 — 80,00 ,00 30,00 — 23,50 — 1,50 5,00 85,00 ,00 27,00 — 15,00 1,60 1,50 — 95,00 ,00 ^0,00 — 8,50 — 1,60 6,00 — 100,00 ,00 25,00 — 17,50 — 2,50 6,00 — 106,00 ,00 45,00 — 30,00 — 2,50 7,50 — 126,00 ,00 57,60 — 13,50 — 1,50 5,00 — 130,00 ,00 25,00 — 13,50 — 1,50 5,00 — 130,00 ,00 50,00 — 30,00 — 5,00 20,00 — (85,00 ,00 80,00 " 25,00 — 2,50 7,60 ^^ 190,00 64 QUADRO itti CLORURI di Sodio Grani di Calde di \ gnef / Nelle Clavalure 20,00 20,00 5,<) Porta Ravegnana 17,50 7,50 V Sezione li. i Piazza Calderini 20,00 10,00 %i Strada S. Vitale 12,50 12,50 5,C \ Mercato di Mezzo 40,00 25,00 6,(3 Sezione III. | Montagnola 25,00 10,00 10,0 \ Nosadella 7,50 10,00 2,5 Mascarella 12,50 7,50 5,0 Sezione IV. < Da S. Giorgio 15,00 20,00 5,01 Selciala di S. Francesco 15,00 20,00 5,0( \ Borgo delle Casse 10,00 25,00 5,0C — — T i IQUE DEI POZZI un SOLFATI CARBONATI 1 !.^Soda di Calce di Ma- jnesia di Calce 1 di Ma- gnesia di Ferro Silice Materia Organica Totale in OncielOO J,00 23,00 — 15,00 — 0,50 1,50 — 90,00 3,00 32,50 — 21,00 — 1,60 2,00 0,50 96,00 0,00 32,50 — 19,00 — 1,00 4,50 0,50 110,00 10,00 45,00 25,00 — 2,60 2,25 0,25 116,00 0,00 80,00 — 9,00 1,00 4,50 0,60 206,00 5,00 37,50 5.00 80,00 — 2,50 10,00 — 205,00 6,00 30,00 — 25,00 — — 5,00 — 85,00 7,50 32,50 — 20,00 — — 15,00 — 100,00 !0,00 12,60 — 25,00 — — 2,50 — 100,00 10,00 1 40,00 — 20,00 — — 10,00 — 120,00 10,00 40,00 — 20,00 — — 10,00 — 120,00 56 QUADRO M I CLORURI di Sodio Grani di Calcio dì M.' gnesii Sezione V. Sezione VI •( Sezione VII. In vicinanza al Teatro delia Comune Viottoli a fianco del Pub- blico Palazzo dalla parte dell' Orologio Nelle Lamme Strada S. Stefano In Fiaccacollo Da S. Domenico Strada Castiglione Strada S. Donato Nella Fondazza 16,00 10,00 20,00 20,00 20,00 11,25 10,00 10,00 10,00 10,00 12,50 7,50 10,00 10,00 27,50 20,00 20,00 12,50 EQUE DEI POZZI ar. SOLFATI CARBONATI 1 Soda di Calce di Ma- giii'Sia di Calce di Ma- gnesia di Ferro Silice Materia Organica Totale in OncielOO ),00 35,00 — 25,00 — — 6,00 6,00 125,00 ),00 40,00 — 25,00 — — 6,00 10,00 135,00 ),00 12,60 — 7,60 — 2,50 — — 65,00 ì,BO 12,50 — 10,50 — 2,00 2,50 — 50,00 ì,00 15,00 — 6,00 — 1,50 3,00 0,50 50,00 >,00 25,00 — 12,50 — 2,50 6,00 — 70,00 ì,60 22,50 — 37,50 — 2,50 5,00 — 90,00 ),00 22,50 — 41,25 — 1,25 2,50 — 125,00 1,00 52,60 42,50 2,50 10,00 160,00 58 QUADRO Vh CLORURI di Sodio Grani di Calcio di Ma gnesic Sezione Vili. Sezione IX. Dalla Chiesa di S. Paolo In S. Mammolo, special- mente nell'ex Convento delle Grazie la Capo di Lucca Neil' Almo Collegio di Spagna Sotto il SS."» Sepolcro in Santo Stefano Alla Pesa del Fieno nella Selciala di Strada Maggiore 15,00 20,00 2,50 5,00 2,50 5,00 5,00 15,00 2,50 1,50 6,00 CQUE DEI POZZI 59 SOLFATI CARBONATI Soda di Calce di Ma- gnesia di Calce di Ma- gnesia di Ferro Silice Materia Organica Totale in Oncie 100 ^5o ),00 J,75 !->,50 ì,BO ì,50 40,00 25,00 1,75 5,00 6,00 32,50 25,50 17,50 2,00 1,50 5,00 3,50 1,50 7,00 6,00 7,60 15,00 10,00 105,00 110,00 10,00 15,00 20,00 70,00 REMDICOIVTO DELLE SESSIONI DELLA SOCIETÀ. AGRARIA DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA. ( Continuazione , Vedi Serie IL Tom. I. pag. 442. ) Ma prima del compiersi di detto Anno nuove vicende soprastavano alla Sezione Agraria ; perchè fallasi dal Re- gio Demanio la vendita del già Collegio Monlalto la Di- rezione di detto Demanio ne avvisò la Sezione , avverten- dola essere necessario di abbandonare le camere ad essa assejjnate per residenza. Quindi alla deficienza degli asse- gni s'aggiunse la mancanza del luogo in cui adunarsi, ed in cui serbare l'archivio, e i libri. Ed in appresso poi mentre attendevasi provedimenlo a tutto questo, e si de- signava locale in cui trasferire lo Stabilimento Agronomi- co insieme alle altre Sezioni dell'Ateneo, sopravvennero le politiche vicende del 1814, e del 1815 per le quali alla materiale sospensione del Corpo Accademico tenne dietro la legale diffidazione di tutti gli individui componenti 1' Ate- neo medesimo, e perciò la Sezione Agraria cessò affatto di radunarsi. La quale mancanza in seguito fu sentita con sì grave dispiacere dall'intera Provincia, e più specialmente da mol- ti Membri di esso Corpo, che l'Autorità Municipale vide r importanza di promuovere la ripristinazione della Socie- tà, e trovò opportuno di dar mossa a questo collo scrivere in proposito al già Direttore Sig. Cav. Avv. Salina la se- guente lettera d'invilo- DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 61 Bologna li 12 Novembre 1818. IL SEIVATORE ALL' ILLUSTRISSIMO SIG. AVVOCATO CAV. LUIGI SALINA )) Alcuni Individui della Società Agraria nel farmi co- » noscere il vivo loro desiderio che vengano ripigliate le » Sessioni di esercizio da lungo tempo interrotte mi hanno w interessato a prender cura di un oggetto che quanto è » in sé decoroso, torna altreltanlo a pubblico, e privalo » vantaggio. » Sono state da me accolte con tutto il sentimento co- )) sì lodevoli premure; ed avendo da essi stessi rilevalo che » la Società, oltre un conveniente corredo di mobiglie, » possiede pur anche un piccolo podere, le cui rendite » si presentano più che sufficienti alle elargizioni di pic- i) coli premj d' incoraggiamento , non che alle tenui spe- w se delle consuete accademie , dalle quali derivavano dotte w Memorie, proposizioni, ed ammaestramenti vantaggiosi » all'incremento dell' Agricoltura , la prima e forse 1' uni- w ca sorgente della ricchezza, e prosperità di questa no- M stra Provincia , non ho esitato , come faccio , a rivolger- )) mi col maggior coraggio a V. S. Illustrissima, Degnis- M Simo Presidente della medesima , col pregarla di voler » prestarsi alla implorata ripristinazione, la quale è ben da » sperarsi, giacché non dovendo mancare per le occorrenti » spese gli opportuni mezzi provenienti;, e dalle rendite » tuttora giacenti degli scorsi anni , e da quelle che di » mano in mano si anderanno realizzando dal mentovato i) Predio, non si conosce altro prevalente motivo che ne » possa impedire il conseguimento. » Ascriverò a particolare favore qualunque impegno M si compiacerà V- S. Illustrissima di assumere io prò- 62 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA )) posilo, nell'alto di proleslarle la mia iuallerabile slima, M e perfella considerazione CONTE CESARE ALESS. SCARSELLI Alla qiial lettera il Sig. Cav. Direttore diede il ri- scontro che qui appresso si riferisce , dopo di avere intor- no a ciò consultalo la Commissione di Censura ultima- mente in carica al momento in cui accadde la diffidazione del Corpo Accademico. A SUA ECCELLENZA IL SIG. CONTE SEIVitTORE DI BOLOGIVA M Ringraziando l'È. V. del Dispaccio delli J2 cor- )) reme, di cui mi ha onorato, ed ammirando lo zelo )) di cui è accesa pel miglioramento dell'Agricoltura in )) questa Provincia , mi fo a rispondere al veneralo Dispac- » ciò sopraddetto. w La Società Agraria, che aveva la sua esistenza dal- » l'Art. 29 della Legge 4 Settembre 1802 nel cessato Go- » verno Italiano, all'attivarsi l'Ateneo Bolognese ne di- w venne una Sezione, denominala Sezione Agraria, I mez- » zi allora diminuirono, ed anzi mancarono. A questa de- » ficienza si aggiunsero le vicende politiche degli anni )) 1814, e 1815, le quali imposero un materiale silenzio )) all'Ateneo, ed alle sue Sezioni. Un silenzio legale fu )) poi imposto: imperocché S. E. Reverendissima Monsi- » gnor Delegato Apostolico Giustiniani con sua lettera delli )) 3 Settembre 1815 avvisando il Presidente dell'Ateneo, n che il Governo Pontificio si occupava del riordinamento » relativo ai diversi Stabilimenti Scientifici di questa Cil- w là, gli notificò, che sino da quel momento restavano w diffidali gl'individui componenti l'Ateneo stesso , doven- DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 63 w dosi aspettare in proposito le Superiori determinazioni. n L'Ateneo aveva un Presidente, ed era il Sig. Cav. Pro- )) fessore Canterzani, ed io lo era della Sezione Agraria. n Avutosi per me il Dispaccio dì Vostra Eccellenza ho )) credulo opportuno di adunare i Signori , che già com- » ponevano la Censura, Magistrato di questa Sezione, e )) di comunicarlo ad Essi, e cioè al Sig. Conte Alamanno, w Isolani , Costanzo Ferri , e Prof. Giovanni Contri. Questi )) Signori hanno fatto applauso ai desidèri di V. E., e al )) tempo stesso mi hanno incaricalo di farle conoscere tutte )) le circostanze che ho superiormente enunciale, le quali, M oltre la tenuità de' mezzi, impediscono sull'istante la w ben desiderata riattivazione di uno sì utile Stabilimento, w Al tempo stesso però ho il conforto di prevenirla, che M si sono prese alcune determinazioni che preparano i pas- )) si opportuni , perchè si corrisponda come ben si debba )* ai generosi desidèri di V. E. , la cui autorità si sarà anzi )) all'uopo per interessare onde riescire nell'intento. » Colgo questa occasione per protestarle il mio ri- » spettoso ossequio , e per dirmi Dell'Eccellenza Vostra Bologna 22 Novembre 1818. Devotissimo Servo LUIGI SALINA. Rappresentatasi in simil guisa al Sig. Conte Senatore la condizione delle cose dal Sig. Cav. Avv. Salina, questi tuttavia non ommise di prendere da ciò motivo per insistere presso r Eminentissimo Cardinale Giuseppe Spina mani- festando al medesimo il comune desiderio di vedere ripri- stinata la Società Agraria, dandogli a conoscere l'utilità sperata dallo Stabilimento , mettendogli sotl' occhio ancora l'utilità sensibilmente conseguita nei pochi anni di sua 64 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA durata, e ad onta della scarsezza de' mezzi. Tuttociò venne parlicolarnierite esposto in una istanza al prelodalo Emìneutìssimo a Lui inviata il 25 Gennajo del 1819; né gli uffici con Esso Lui praticati furono poi in appresso infruttuosi, perchè alla valida sua interposizione, ed alla sua insistenza si debbe l'aver ottenuto in seguito nel Giu- gno del 1822 la bramata riprislinazione. Ed Egli pur an- che fu sollecito di parteciparla , e di mostrare in ciò tutta la sua soddisfazione, come risulta da suo Dispaccio delli 20 Giugno 1822 diretto al Sig. Cav. Avv. Luigi Sa- lina, e che è del tenore seguente. ILLUSTRISSIMO SIGNORE » Assicurala la Sanliià di N. S. col mezzo dell' E- M rainenlissimo Sig. Cardinale Segretario di Slato, che » l'avanzata domanda per la riallivazione della Società )) Agraria di Bologna non abbia in vista di recare verun )) aggravio al Pubblico Erario, il quale nello stalo pre- » sente non potrebbe assumere sopra di sé nuovi carichi , » ed informata altresì che il fondo di cui nella sua isli- » tuzione fu dotata l'anzidetta Società è sufficienle ai pro- w prj impegni, si è degnala la prelodata Santilà Sua di » approvare che la Società Agraria di Bologna venga ri- n pristinala nell'antica sua rappresentanza, risultando uli- » lilà, e decoro al Governo, ed al Pubblico dalla riunione » di Soggetti , che si propongono di rendersi benemeriti M della Società coi loro studj , e fatiche, come si esprime » l'analogo Dispaccio di Segreteria di Stalo 12 Giugno )> Corrente N.° 4561. » Ottenutasi finalmente questa bramatissima riprisli- » nazione, di cui fino dal principio dell'anno 1819 fu V. M S. Illnstrissima il principal Promotore, a nome anche » di alquanti onorevoli suoi Colleghi , io provo ora tutta » la compiacenza nel porgergliene l'avviso, e molto più DELLA PROVINCfA DI BOLOGNA 65 » nel costiliiirla organo della partecipazione della Sovrana » approvazione al Corpo, che va di nuovo a riunirsi, e » riattivarsi sotto l'osservanza delle savie discipline stabili- M te dall' apposito Regolamento da Lei pienamente cono- M sciato. A tal effetto io l'autorizzo, Esimio Sig. Cav. a » sollecitare la convocazione in un determinato giorno, e )) luogo de' Socj Ordinar] superstiti della prefata Società M Agraria, presiedendo Ella la prima Sessione, nella quale M si eleggeranno! Soggetti alle Cariche fissate dall' Art. 6.** » del menzionato Regolamento, e potranno anche rimpiaz- » zarsi i Socj mancanti in ognuna delle tre Classi di Or- M dinarj , Corrispondenti, ed Onorarj di cui è composta n la Società a senso dell'Art. 1. » Aggradirà la Legazione di conoscere i nomi dei » Soggetti slati prescelti a coprire le suddette cariche, )) onde poter essa regolarsi, nell' abbassare le sue istru- )) zioni pel miglior disimpegno dei rispellivi uflìcj , e se- w gnatamente pel richiamo della resa di conti dell'azienda )) economica della Società dall'epoca della sua sospensio- M ne fino a quella della sua riattivazione. » Qualunque sia per essere la carica a cui piacesse » alla Società di nominare l'egregia persona di V. S. 11- )) lustrissima, non sarà essa mai incompatibile coli' eser- » cizio di quella da me conferitale di Speciale Delegato n Governativo presso la Società medesima , e in que- M sta qualità appunto intendo di attribuirle fin d'ora tutte )) le facoltà necessarie, ed opportune tanto per l'istalla- » mento, quanto per la regolare riattivazione della suUo- M data Società Agraria. » Con sentimento di perfetta considerazione mi pro- >t testo Di V. S. Illustrissima Bologna 20 Giugno 1822. Servitore Affe:{ioiìatissimo G. CARDINALE SPINA. N. Ann. Se. Nàtlr. Sehie M- Tom. 2. 5 66 EENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA Ricevutosi questo Dispaccio dal Sig. Cav. Avv. Salina egli si rese sollecito di dargli il seguente riscontro, dal quale risultano pur anche le preliminari risoluzioni che furono prese per procedere senza ritardo al riprislinaraento della Società. EMINENZA REVERENDISSIMA M Ho ricevuto con venerazione il Dispaccio di Vostra w Eminenza Reverendissima delli 20 Giugno p. p. N. 5353, » col quale si compiace avvisarmi di essersi degnata » la Santità di N. S. di permettere la riattivazione di que- w sta Società Agraria di Bologna. » Al sentimento di venerazione si è aggiunto quello w di gratitudine essendo discesa l'Eminenza Vostra Reve- » rendissima nella sua singolare bontà a nominar me a De- » legato Governativo presso la Società medesima. » Prima di devenire al Generale Convocato ho cre- )) duto non inopportuno il chiamare oggi presso me quelli » Socj che ultimamente coprirono le cariche accademiche, M onde esaminare l'Elenco di superstiti Socj Ordinarj da » chiamarsi, e predisporre tutte quelle cose, che influi- M scono all'ordine del Convocato stesso, il quale si andrà » ad avere alla metà di questo Mese; ed allora mi farò » un dovere di esaurire tutto ciò che nel detto Dispaccio w mi viene ordinato. » Intanto non indugio ulteriormente a rendere alla )> Eminenza Vostra Reverendissima le debite azioni di w grazie pel bene che coli' attivazione della Società Agraria )) ha Ella procurato a questa Provincia, e per l'Uffizio » di cui colla nomina suddetta ha voluto onorar me par- )> zialmente. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 67 M Inchinalo ossequiosamenle al bacio della Sacra Por- w pera ho l'onore di confermarmi Dell' Eminenza Vostra Reverendissima Bologna 4 Luglio 1822 Umiliss. Dev. Osseq. Servo LUIGI SALINA. Ed il 16 del detto mese seguì di fallo la prestabi- lita convocazione, e si tenne in Casa del lodalo Sig. Cav. Salina, il quale premuroso di supplire al difello di resi- denza slabile offerì graziosamente alla Società di radunar- si nella di Lui abitazione. Numerosa mollo fu l'adunanza, e si presero in essa tiille quelle risoluzioni che riguardavano il riprislinamen- lo della Società, e rislallamento del Corpo Accademico incominciando dalla nomina del Presidente ; alla qual ca- rica venne eletto per voti unanimi il Sig. Cav. Avv. Luigi Salina. Indi si procedette alle altre nomine, ed alle altre destinazioni; intorno alle quali il nuovo Presidente, e De- legato Governativo avendo dato all'Eminentissimo Legato l'occorrente ragguaglio con sua lettera del 23 Luglio, tutto l'alio di questa l.'' Sessione può ritenersi, ristrelto nel contenuto di detta lettera, e perciò essa qui viene ri- ferita testualmente. 68 RENDICONTO DELL ASOCIEtX AGRARIA A SUA EMINENZA REVERENDISSIMA IL SIG. GARDIIVALE LEGATO DELLA CITTÀ E PROVINCIA DI BOLOGNA. IL PRESIDENTE DELLA. SOCIETÀ AGRARIA DI DETTA PROVINCIA. Bologna 23 Luglio 1822. )) Al debito esaurimento di quanto mi riserbai l'ono- w re, col mio foglio delli 4 corrente N. 1 , di enunciare )) appresso all'Eminenza Vostra Reverendissima, le par- » tecipo, che il giorno 16 si ebbe in mia Casa la Convo- )) cazìone de' Membri della riattivata Società Agraria. L'in- » tervento fu di undici Socj Ordinarj. » Venerazione^ gratitudine, e plauso seguirono la lel- )) tura del Dispaccio di Vostra Eminenza delli 20 Giu- » gno p. p. N. 5353. » Me si volle eleggere a Presidente. Io nominai a Vi- M ce Presidente il Sig. Conte Cav. Giuseppe Malvasia. M Si completò il numero de' Socj Ordinarj , e gli » prescelti furono i Signori Marchese Massimiliano Ange- » lelli, Gaetano Ambrosi, Prof. Francesco Orioli, Prof. )) Antonio Bertoloni, Ingegnere Dott. Francesco Bertelli, » ed Ingegnere Dott. Francesco Monti. » I Signori Conte Alamanno Isolani ;, Conte Cav. Nicolò w Fava, Ing. Dott. Pietro Ghedini, Marchese Massimiliano » Angelelli, ed Ingegnere Giovanni Brusa si elessero a )) Censori. w A Direttori dell'Orto i Signori Costanzo Ferri, ed » Ing. Dott. Francesco Monti. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 69 M A Tesoriere il Sig. Gaetano Ambrosi. » I Signori Costanzo Ferri già Direitore dell' Orto » durante la cessata Sezione Agraria dell' Ateneo , e Luigi » Aldini già Tesoriere si vanno a concertare per la residua » resa de' conti che promettono quanto prima. » Ad altra Sessione si è protratta la nomina de' Socj M Onorarj ;, e de' Corrispondenti onde i nuovi Socj Ordi- » narj possano intervenirvi. )> La Società Agraria rende infinite azioni di grazie a » Vostra Eminenza Reverendissima a cui non sa tacere, w che crederebbe del maggior suo decoro l'assegnarle qual- )) che stabile residenza, onde anche collocarvi le sue sup- w pellettili, ed i libri di cui non è sfornita. )) Certo è però che intanto io mi reco, e mi recherò )) ad onore il raccoglierli in mia Casa. Ossequiosamente inchinato etc Dell'Eminenza Vostra eie. Umiliss. Dev. Osseq. Servo LUIGI SALINA. Questi sono in sostanza gli oggetti che furono tratta- ti dal Corpo Accademico della Società Agraria nella sua Sessione straordinaria del 16 Luglio, che fu la l.'' nel nuovo ordine dopo il ripristinamento della Società , e che venne seguila parimenti da altra Sessione straordi- naria, e cioè la 2.* Sessione del 22 Jgosto 1 822. Premessa la lettura degli Atti della Sessione prece- dente si passò a quella di un Dispaccio di Sua Eminenza Reverendissima il Sìg. Cardinale Legato delli 27 Luglio 1822 N- 6649 io risposta alla lettera del Presidente e fa RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA Delegalo Governativo siiperìorinenle riferita, colla quale veniva partecipata all' Eminenza Sua l'istallazione, e completamento delia Società. Accompagnava inoltre tale Dispaccio il Rendiconto della Società Primitiva dall'Anno 1809 al 1819 presentalo alla Legazione dal cessato Teso- riere Sig. Luigi Aldini coll'ingiugnersi alla ripristinata Società l'incarico di richiamare dal detto Sig. Aldini il Rendiconto della successiva gestione. Avvisava in fine che il Locale chiesto dalla Società per Residenza slabile non si era potuto fin a quel momento rinvenire, e però ren- devansi nel Dispaccio medesimo distinte grazie al nostro Presidente per avere fra tanto cortesemente accolto in sua Casa la Società. Tale Dispaccio fu passalo agli Atti, come lo fu pur anche altro Dispaccio di S. E. il Sig- Conte Senatore in dala delli 5 Agosto 1822 N. 1467 responsivo alla partecipazione a Lui fatta dal nostro Presidente della riattivazione della Società Agraria ; nel quale Dispaccio leggevansi molte espressioni molto lusinghiere pel Corpo Accademico, ed i segni manifesti dell' interes3amenlo che si prendeva l'Eccellenza Sua per lo Stabilimento Agro- nomico. Terminate queste letture, e passandovi a trattare de- gli altri oggetti dell'adunanza fu fallo osservare da alcuni che le rendite del Predio Bel Poggio, sempre scarse per far fronte alle spese indispensabili della Società, lo erano tanto maggiormente per la mancanza dell' entrata del be- stiame , giacché quello che si trovava sul fondo agrario non era di proprietà dell'azienda. Riconosciuto pertanto il grave danno da ciò proveniente fu determinato di to- gliere di mezzo sollecitamente , ed a tempo opportuno un tanto difetto, e di fare l'acquisto di iiu bestiame proprio, valendosi dell'avanzo di cassa degli anni precedenti di quiescenza per la Società. Io seguito onde predisporre l'occorrente per ripigliare il corso regolare delle mensili adunanze, e gli esercizj DELLA PROVINCE DI BOLOGNA 71 accadeDoici consueti, seguendo l'amica pratica della So- cietà secondo il disposto nel Regolamento venne dato l'in- carico alla Censura di destinare gl'individui cui affidare le mensili letture pel venturo Anno Accademico 1822-1823, XVIII dalla Istituzione della Società, e dalla sua ripristi- nazione il 1°. Indi fu stabilito che le Sessioni Ordinarie in detto anno si 'terrebbero nel secondo Giovedì di ciascun Mese dal Decembre 1822 al Maggio 1823 inclusivo. Si passò quindi alla nomina di alcuni Socj del nu- mero degli Onorarj, e dei Corrispondenti, nella quale circostanza il Signor Presidente dichiarò essere cosa deco- rosa per la Società, e conveniente insieme per debito di riconoscenza il proporre per Socj Onorarj Sua Eminenza Reverendissima il Sig. Cardinale Giuseppe Spina, e Sua Eccellenza il Sig. Conte Senatore Cesare Scarselli. Alla quale proposizione da tutti fu fatto plauso, e seguirono per acclamazione ambedue le nomine; dopodiché il Sig. Cav. Presidente avvisò essere sciolta l'adunanza. (sarà continuato) SULLA IMPORTANZA DI MIGLIORARE L^ AGRICOLTURA DI COLLIINA e sulla COLTIVAZIONE DELL^ ANICE DEL PROFESSORE FULVIO GOZZI i^Lelta all'Accademia dell'Istituto li 29 Morso 1838.) N. lello scorso anno ebbi 1' onore di presenlarvi, o Ac- cademici Presianlissinii , una mia dissertazione colla quale mi proposi di mostrare la necessità di stabilire nella più convenevole maniera la coltivazione degli olivi particolar- mente di seme nella Provincia bolognese. Voi l' accoglieste benignamente mirando senza dubbio al buon volere, ed all'importanza dell'argomento, anziché al modo con cui io aveva composta , ed ordinata la Dissertazione medesima. Per la quale, se pur è lecito il dar giudizio dei parli del proprio ingegno, potrei per avventura nutrire speranza di buon esilo , essendo sostenuta da un sufficiente numero di falli, e di esperienze. Ad ogni evento però, se il proporre cosa utilissima non è valutato abbastanza al presente, con tutta probabilità lo potrà essere in avvenire per circostanze più favorevoli ; del che si hanno tanti esempi ancora ne- gli Annali dell'Agricoltura (l). Ma per venire all'odierno ragionamento vi dirò, che appunlo animato dalla benigna vostra accoglienza mi deler- mioai fin d'allora di presentarvi altro mio tentativo, ri- Sguardante la coltura ne' colli bolognesi di pianta molto MEMORIA DEL PROF. F. COZZI 73 usala , colla fiducia di ottenere la vostra approvazione ; av- vegnaché quantunque non abbia l' importanza della propo- stavi nell'anno passalo, ha però anch'essa un'evidente, ed innegabile utilità per la nostra Provincia, e quel che più rileva , non può cader dubbio alcuno di buona riuscita. Prima però' d'entrare in materia credo conveniente cosa l'arrestarmi alquanto sopra un errore gravissimo^ che ha luogo d'ordinario nell'Agricoltura di queste nostre colli- ne. L'errore consiste nel volere ad ogni costo i contadini adattare le coltivazioni di pianura alla collina (2) ed indi- stintamente coltivarvi piante, le quali non vi sono per niun conto adattabili, e per la qualità e pendìo del terreno, e pel modo relativo di sua posizione. Prendiamo ad esempio il formentone: questa pianta come ognun vede, si pone comunemente nelle colline in terreni aridi , magri , molto pendivi , per cui affine di ottenere un qualche prodotto , bi- sogna non solo ingrassarli con grandissima quantità di leta- me, ed è non meno indispensabile , che l'annata sia molto piovosa, e propizia; perchè se le pioggie sono moderate, quand'anche opportune, non bastano (trattandosi dell'an- zidetta qualità e posizione di terreno) pei bisogni del for- mentone medesimo; richiedendosi di necessità pioggie fre- quenti, e straordinarie particolarmente nei mesi estivi, nei quali sogliono mancare. Da ciò ne nascono due inconvenienti , come ognun s' accorge , l' uno che il ricolto è assai scarso , o manca to- talmente: l'altro che si consuma gran copia di concime , il quale potrebbe a miglior uso destinarsi. Se anche per caso riesce sufficiente, o abbondante la raccolta per circo- stanze ben di rado propizie, il formentone non si può d'ordinario, nella debita maniera, disseccare, o custodire. Oltreché fa mestieii considerare che il prezzo Ji que- sto genere suol essere in tali annate infimo; ragione per cui se giustamente si estima la coltura del formentone pas- siva per la pianura, tanto più dovrà tenersi tale per la 74 MEltfoftU collina; essendo il fine dell' agricoltura l'utile, il quale non ha luogo, quando la spesa superi l'entrala (3). A fronte però dell'esperienza in contrario, i conta- dini, protestando di non voler piantare formentone nel venturo anno, arrivali alla primavera ne pongono anzi in maggior quantiià per rifarsi, come essi dicono , del danno avuto, non giovando a nulla le savie opposizioni, ed i co- raandanienti del padrone; al quale tornerebbe il conto, che luti' al più fosse piantalo in certe favorevoli posizioni, ed in terreno alquanto piano, e come si «sa per la cane- pa, che ben poco si coltiva nei colli, e solo in qualche conveniente condizione di suolo, e di posizione. Io mi so- no spesse volte di ciò grandemente maraviglialo, quantun- que conosca la caparbietà ed ignoranza de* nostri villani. Ma nello stato attuale di loro educazione, e capacità è vano ogni sforzo per ridurli a quel punto, che pur richieg- gono altamente i progressi dell'agricoltura; e bisogna aver sofferenza, ed aspettare, che il tempo produca quel frullo, che ora non è in nostre mani di ottenere. Quel che ho dello del formentone può in genere ap- plicarsi ad altre consimili coliivazioni, avendo io veduto, siccome tanti altri tutto giorno veggono^ che il profitto non basta a rifare il concime, ed altre spese e lavori, che oc- corrono. Ondechè gli esempi , ed i falli non mancherebbero pur troppo in gran numero a provare il danno ;, che dal- l'erroie agrario soprammentovato palesemente ne deriva. rijflettendo impertanto a ciò mi venne in animo di rin- venire qualche pianta, la quale coltivata invece del formen- tone , 0 d'altro matzajuolo non adallo alla collina, vales- se a mostrare ad evidenza il vantaggio, che ne verrebbe con tale sostituzione (da proporsi ad esempio per avvi- cendamento, 0 ragionala rotazione) e per conseguenza in- fluisse in conveniente modo a togliere in parte almeno l'errore sopraindicato; facendo conoscere, come si debba trarre profillo reale dalla coltura de' nostri colli. DEL PROF. F. GOZZI 76 E dopo un maturo esame mi parve , che ecclesia pianla fosse l'Anice (Pimpinella anisura Lin. — Anisura offici- nale Moench. famiglia delle Ombellifere — Classe Pen- tandria ordine diginia). A presciegliere la quale fui segna- tamente delermi'nalo dalla lettura di un poemetto in versi sciolti dato alle slampe in Cesena sin dall'anno 1772 da Luigi Raineri meldolese, sotto il nome arcadico di Amerio Laurisseo inlilolato — La Coltivazione dell' Anice — dove se ne vantano ginstamenle i pregi, e si dimostra con quan- ta ulililà sin d'allora si coltivasse nelle colline meldolesi. Dopo di elle riputai opportuna cosa di valermi d'uno de' più distinti allievi di questa Università, il Dolt. Lucio Fusignani, per aver notizie della positura e qualità del terreno; per sapere se i precetti e le regole insegnale nel suddetto libro avessero subito de' cambiamenti ; ed in fine per assicurarmi, se cosiffatta coltura riuscisse in quel paese a' nostri giorni così profìcua, come lo era quando il Rai- neri diede in luce il suo gentilissimo poemetto. Ed ebbi in risposta il 19 Dicembre 1830, quanto segue: — Il cli- ma, ed il terreno della vostra Villetta non è certamente dissimile da quello di questi luoghi, ove abbondantemente coltivasi, e raccogliesi questo seme. — Poscia mi fa spe- rare, che tale industria apporterà un felice ed utile risul- tamenlo , qualvolta saranno con esaltezza osservate alcune istruzioni , che ebbe la compiacenza di mandarmi , e che trovai conformi alle esposte nell'opera sopraccitata. Proposi adunque nel 1831 al mio conladino di colti- vare l'anice; ma incontrai le solile difTicollà, e quella sciocca derisione, che sogliono opporre costoro ad ogni innovazione. Nuli' ostante per determinarlo a compiacermi venni seco lui a patti , e si convenne , che un campo di di circa 34 pertiche di lunghezza , e tre e mezza di lar- ghezza fosse in due parli uguali diviso, l'una per semi- narvi l'Anice, lasciando poi l'altra ad arbitrio del conla- dino per coltivarvi ciò, che gli piacesse. 76 MEMORIA Egli senza esitare si determinò pel formentone, mo- strando desiderio che ciascuno di noi rimanesse padrone assoluto dell'entrata: io ne convenni benché antivedessi, che la poca o niuna cura di lui avrebbe reso inesatto al- quanto il mio esperimento. Il prodotto, che si ebbe, fu di due corbe scarse di formentone, e di 60 libbre di ani- ce senza computare l' anicina che fu buttata dal contadino malgrado le mie avvertenze. (4). Ora vi prego di aver la sofferenza di sentire pochi cenni di confronto dell'utile e danno, che n'è provenuto. Per l'ingrasso del terreno, onde porvi il formentone si adoperarono dal mio contadino cinque birocci di buon letame, il cui valore da lui stesso si estimò quattro scudi e mezzo per lo meno. Il prezzo del formentone essendo lutto al pili in quell'annata di paoli otto la corba, si ri- cavò in totale per le due corbe avute uno scudo e bajoc- chi 60; al che volendo pur aggiugnere paoli 4 per le fo- glie fresche , e secche della slessa pianta , si riduce la rendita a scudi due, onde risulta, che la spesa superò l'entrata di scudi due e bajocchi 50. Per l'altra parte, non occorrendo di concimar la terra, a meno che non sia d'infima qualità^ la spesa non fu che di bajocchi 9 per una libbra e mezza d'Anice acquistato da seminarsi: spe- sa che non equivaleva al formentone adoperato per lo stes- so fine. E benché cadesse una gragnuola alquanto ruinosa in Maggio, ed il conladino avesse omesso di diradare conve- nientemente le piante, di estirparne colla debita diligenza l'erba straniera, di raccoglierle a misura, che i semi era- no maturi, in somma d'averne quella cura, che é indi- spensabile per ottenere un buon ricolto secondo le istru- zioni ricevute , si ebbero per prodotto , come accennai , lib- bre 60 d'anice,, le quali vendute al Sig. Domenico Sacchi Droghiere a bajocchi sei la libbra, diedero un provento netto di scudi tre^ e bajocchi 60. Dal che ne conseguita. DEL PROF. F. GOZZI 77 che se tutto il campo suddetto si fosse coltivalo con anice si avrebbe avuto un guadagno di scudi 7. 20, senza com- putare l'anicina; quandoché in cambio, se con formen- tone, la perdila sarebbe riescita di scudi cinque. Il fatto certamente non poteva essere più chiaro e manifesto: eppure non valse a persuadere il mio contadi- no, ed i circonvicini. Per lo che volendo collivar di nuovo l'Anice nell'anno successivo mi vidi obbligato di attenermi seco lui ai soliti patti. Ne feci quindi seminare certa quantità: e benché la stagione fosse poco favorevole , nuli' ostante si ebbero pian- te bellissime, come avvertì anche il Sig. Professore Contri, il quale si compiacque di portarsi sul finir di Giugno ad osservarle. Riescirono però molto rade, perchè non aven- do io pollilo a cagione di infermità prestare assistenza, come era bisogno, il conladino n'ebbe assai minor cura che l'alUa volta, ed il prodotto per conseguenza non fu tale quale le piante esisleiiii davano a credere: che anzi non mi fu concesso il calcolarlo in alcun modo per non esser stale raccolte , che in pochissima parie. Ma con tal sorta di gente ci vuol pazienza ; ed io ben mi sono accor- to , che se la sorveglianza del padrone è in ogni cosa di somma importanza, lo è poi segnatamente trattandosi di coltivazioni insolile; per cui non omisi in seguilo di assi- stervi con ogni diligenza ottenendo sempre vantaggiosi risultamenti, come del pari li ottenne qualcun altro, che a mia insinuazione amò di ripetere e confermare quanto fu da me osservato (5). Conseguenicmente mi adoperai in ogni guisa col fine d'introdurre presso noi una coltivazione, che reputo di pon poca importanza ed utilità. A questo proposito mi scri- veva il Signor Dottor Giuseppe Baronio con sua in data 4 Agosto 1837. ì) La coltivazione di questa pianta si fa nel Comune di Meldola (6), in quello di Dogherìa e Teodorano; e 78 DIEUORIA l'annuo prodotto, allorachè non compariscono i bruchi (7), approssimalivamenle in lolale può calcolarsi sopra cento mila libbre, che in ragione di Se. 3. 50 per cento (prez- zo medio) dà una rendila di Se. 3500 » prezzo ii quale secondo lo spaccio ascende a scudi 6 ed anche 7 il cento e presso di noi sino ad 8 e mezzo. ( Fedi la nota prece- dente. ) » In Meldola si tengono mercati estesi di Anice, do- ve Faentini, Forlivesi, e Cesenati ne fanno acquisto e smercio in Italia, ed all'estero pei porti d'Ancona e di Livorno. » Laonde parlando dell' utile , che ne proviene al padro- ne per simile coltura» acconciamente cantò il poeta Mel- dolese Né ignora ei già , qual dietro a Lei s' asconda Sua ricche'^'j^a non sol, ma fama e nome Dica Meldola pur se il vero adombro Qual da questa acquistò merce ne' strani Lidi conte^-^a, e qual la cinge intorno Non ignobile , e vii serto d' onore. L. e. p. 54. (8). Poste le quali cose, io non posso a meno di grande- mente maravigliarmi , che la coltivazione di codesto vege- tabile non siasi introdotta in passato nel nostro territorio; e che a fronte di circostanze urgenti non abbia avuto luogo, ciò che fin dall' anno 1644 pubblicò Vincenzo Tanara nella sua slimata Opera 1' Economia del cittadino in Villa colle seguenti \)3iVo]e — L' anice comincia a praticarsi con tanta abbondanza, che il buon mercato, qual fu causa che la coltura di quest'erba si tralasciasse , si perderà e diverrà caro , e forse si comicierà a coltivare. — Infatti non v' ha nessun aroma nostrale, che più DEL PROF. F. GOZZI 79 dell'Anice sia usato nell'Economia Domestica , e nella me- dicina. Conciossiachè qiial eccitante, e corroborante, valido ed aggradevole (che elettivamente agisce sul sistema ner- voso, ed immediatamente sul tubo gastro-enterico) riesce molto opportuno per promovere l'elaborazione de' cibi, ed in particolare di quelli;, che sono difficili a digerirsi. Il volgo stesso lo adopera di frequente per questo fine non solo, ma ben anche per la virtù attribuitagli contro le fla- tuosità, per il che non a torto i medici stessi lo annove- rano fra i carminativi più energici; da cui secondo taluni è derivalo probabilmente il nome di Anice. Però quale aro- ma gralissimo si usa comunemente in istalo naturale ver- de e secco, crudo e cotto, solo o unito a moltissime sostanze alimentari, siccome condimento nmlto apprezzato e salutevole, o disciolto in adattato menslruo nelle tante e varie maniere, che tutti conoscono; se ne prepara ancora l'acqua distillata, e l'olio essenziale. Per esser adunque un aroma molto aggradevole e quindi di uso comune e frequente, si comprende abbastan- za, quanto importi di stabilirne la coltura presso di noi , almeno pel nostro bisogno. E questa importanza di- verrebbe poi mollo maggiore, qualvolta si assegnasse ai prodotti del nostro suolo quel valore che realmente meri- tano per le loro utili propiielà. Ben conosciute le quali , e rettamente giudicando, sa- rebbe giuoco forza il convenire, che l'anice per le sue preziose qualità economiche, igieniche, e medicinali po- trebbe avere un uso molto più esleso, di quello che oggi- giorno ha presso di noi, sostituendolo a cagion d'es. al- l'uopo in forma d'infusione, raddolcila più o meno con zucchero al the chinese. Il quale come è noto, suole rie- scire molesto e nocivo massime alle persone dotate di un sistema nervoso assai mobile e delicato, senza valutare l'alto prezzo del the slesso, che d'ordinario ci si vende di pessima qualità, e falsificato anche con foglie preparate di niante nostrali. 8ft MEMORIA L'Anice a parer mio potrebbe sostituirsi eziandio nei medesimi casi e circostanze al caffè, anziché valersi di semi nostrali torrefatti, o carbonizzati, molto indigesti, come snolsi praticare al presente. Per tale motivo non polendo io tollerare l'uso del the chinese e mollo meno del caffè, pensai di prevalermi in vece della infusione di anice, e ne fui pienamente soddi- sfatto, siccome lo furono altri ai quali la consigliai, per trovarsi nel medesimo mio caso. Non pretendo con ciò di escludere o togliere affatto l'uso del the, e parlicolarraenle del caffè, generi di lus- so, pur troppo divenuti ai nostri tempi, direi quasi, di prima necessilà non solo per le persone agiate, ma ben anche per l'infima classe della società; sostengo però , che per tutti coloro che provano molestia, e danno dall'uso quotidiano,, o che fanno abuso di cosiffatte bevande calde, l'infusione d'anice, generalmente parlando, dovrebbe per avventura farne le veci se non in lutto, almeno in parte con grande loro vantaggio. Ma ben ra' accorgo che siffatta droga per essere no- strale e di poco costo perde assai da questo lato; poiché il pregio di colali cose é in ragion diretta della rarità, del costo, e della distanza de' luoghi, d'onde ci provengono; e perciò le esotiche avranno sempre la preferenza in con- fronto delle indigene; nel che ha gran parte spesse volte la moda, o il difetto d'industria, come lo prova partico- larmente il consumo straordinario, che in Italia si fa dei vini forestieri. Oltre un uso più esteso per l' economia domestica l'anice aver ne potrebbe un maggiore anche quale medi- camento da sostituire , molto più di quel che suolsi, agli aromi esotici tanto internamente, che all'esterno, solo od unito ad altri rimedj , siccome correttivo, ed ausiliario in varie maniere e forme preparato. Ma senza più intrattenervi , o Signori , sopra cose ab- DEL PROF. F. GOZZI 81 bastanza note, mi persuado, che meco di buon grado con- verrete, che la coltura dell'anice nel debito modo promossa e stabilita può offrirci un mezzo facile e di reale utilità per apportare nella nostra agricoltura di collina un mi- glioramento degno di considerazione. Il quale, come è ma- nifesto, consister dee principalmente nel coltivare soltanto piante utili adatte alla diversa positura ed alla qualità del terreno, collo scopo di averne il maggior possibile pro- dotto e guadagno. In realtà conducendosi altrimenti, gran danno n'è pro- venuto, e più ne proverrà in seguilo alla nostra Provincia pel consumo , che tutto giorno va crescendo di somiglian- ti prodotti. Gli esempi, che vi addussi nello scorso e ^nel presente anno, mi sembrano più che sufficienti all'uopo: quanti altri ne potrei addurre, se non credessi di abusare della vostra sofferenza in ascoltarmi ! Qualunque opinione però si ammetta sopra le cose per me esposte, ninno vorrà negarmi la necessità, che abbia- mo di migliorare, o per dir meglio di perfezionare ad ogni guisa l'agricoltura di queste amene e ridenti colline, che formano tanta parte della Provincia Bolognese: non dovendo noi, né potendo assolutamente ignorare, che l'a- gricoltura è base precipua di nazionale richezza (9). (I) In verità con mia grande soddisfazione osservo, che da qualche anno si va promovendo con mollo impegno la col- tura e propagazione degli ulivi nelle nostre colline, dove que- sti alberi ben si governano , e gli abbandonali da gran tem- po si curano con amore, e diligenza, facendoli ri prosperare; oltreché dal benemerito Sig. Dottore Camillo Oanìberini si fab- brica con Olive proprie , e di altri possidenti dell' olio , il quale regge al confronto coi migliori dello Stato Pontificio, ed anche della Toscana. N. Ann. Se. Natur. Serie II. Tom. 2. 8 82 NOTE ALLA MEMORIA (2) La qual cosa ha indotto non pochi ad atterrare ca- stagneti, e boschi per far campi, onde seminarvi formen- tone , od altro ; e si è arrivato per sino a trascurare questi alberi utilissimi, e lasciarli selvatici, anziché dimesticarli. (3) L' estesa coltura del formentone in collina , oltre non pochi inconvenienti noti abbastanza , ma non valutali , ha pur quello , che è grandissimo , ed incalcolabile , di non potersi preparare a tempo debito , e com' è necessario , la terra per seminarvi il grano. (4) Cosi chiamasi il scine piccolo , imperfetto , o non com- piuto , che suole vendersi a metà prezzo dell' altro ben gran- de, e migliore ;, che è V anice propriamente detto. (5) Il Chiarissimo Sig. Dottore Ulisse Breventani si com- piacque di parteciparmi, quanto segue: Fu seminata una lib- bra, e mezza di anice in pertiche 32 quadr. circa di ter- reno piuttosto forte posto nel Comune di Casaglia j e ne ha fruttato libbre 22 ed oncie 7 , le quali vendute a bajocchi 8 e mezzo la libbra han portato la somma di Se. 1. 92. E stato calcolato che in questo terreno non si sarebbe potu- to raccogliere , che quartiroli 6 di formentone , il quale venduto in ragione di paoli 16 o 18 la corba {prezzo stra- ordinario) non avrebbe dato, che bajocchi CO, o poco pili di 70. (6) Nelle colline meldolesi si coltiva bensì il frumento, ed anche il formentone nelle posizioni e terre migliori , ma nelle magre , bianchiccie etc. di collina , e di montagna alquan- to alte si coltiva espressamente l' anice. (7) Concorre talvolta a danneggiare questa pianta una specie d' insetti rassomiglianti alle vespe. Soffre non meno per le rugiade , le quali disseccano i fiori , e la fanno infracidare. Questa è la ragione , per cui le seminazioni di essa si pra- ticano nelle colline , e nei luoghi montuosi , e quasi mai nei terreni bassi, o nella pianura. (8) Si coltiva pure in grande quantità nel Riminese , e nella Puglia. Il vantaggio dell' anice sopra gli altri prodotti DEL PROF. F. GOZZI 83 campestri , jier quanto ne assicura il Sig. Giuseppe Muzzi è grandissimo ( V. Bibl. di Campagna T. XIX p. 252 ) . Laonde si fa manifesto , che non pochi vantaggi può arrecare la col- tivazione di questa pianta nelle nostre colline , perchè richie- dendo per lo appunto un terreno magro , argilloso , ed asciut- to ^ non abbisogna di concime , e di pioggie frequenti: e quan- tunque in cosiffatti terreni questo seme non cresca mollo , rie- sce però di migliore qualità , più odoroso, e di peso maggiore. (9) La nostra ricchezza , secondo che si esprime un esi- mio autore ( V. Intorno alla tendenza degli interessi materia- li, che è nel secolo presente — Lettera di M. M. Firenze Ti- pografia di F. Le Monnier — Luglio 1840, pag. 15) è nel- l'agricoltura; in essa dobbiamo porre la nostra sollecitudi- dine : quest'arte nobilissima, che oltre il fornirci con libe- ralità di quanto è acconcio a vivere agialamenle , eccita an- cora le più nobili tendenze dell'uomo, ci dispone ad ama- re la patria, e ci innalza l'animo alla contemplazione delle cose celesti. ATTRIBUITE AGLI EMETICI DI FRSGESCO SEIHI Le singolari proprietà di quei corpi salini , ai quali si diede generalmente il nome d' emetici, per 1' analogia di loro composizione col tartarato anlimonico-potassico co- nosciuto comunemente col nome di Tartaro emetico fe- cero loro attribuire varie costituzioni. E siccome il sud- detto tartaro emetico servì alla loro generica denominazio- ne, così prestò eziandio la formola rappresentativa del lo- ro modo di essere, quale cioè fu riputata dai diversi chi- mici più acconcia a significare la disposizione delle mole- cole dei componenti. Alcuni riguardano il tartaro emetico qual composto di tartarato basico antimonico, col tartarato potassico, e gli assegnano la formola TO' Sb^-nTOK, altri lo credo- no un sale d'acido bibasico, in cui l'ossido d'antimonio faccia le veci di base, e si confortano coli' autorità di Soubeiran e Capitaine i quali nel tartarato borico-potas- sico, analogo in costituzione all'emetico, reputano trovar- si l'acido borico in qualità di base. Wallquist ed Hàule invece;, appoggiandosi alle reazioni degli acidi, e degli alcali sull'emetico, i primi dei quali precipitano subito l'ossido d'antimonio, almeno in parte, mentre i secondi non lo spostano dalla combinazione che lentamente, e non MOTA DI FRANCESCO SELMI 85 in totalità, credono che l'ossido d'antimonio vi lenita luogo d'acido, e preferiscono di formularlo con 2T, OK-i-20' SbS OK. Liebig facendo l'acido tartarico = C* H' 0'^, e dando all'antimonio l'equivalente Sbf nel caso solo deir emelico, vuole che quest'ultimo sia forma- to da TSbfK -+- 0^. Malaguli componendo un acido stibio- tartarico analogo al suo acido cromossalico , slima che 1* emelico sia un sale unibasico, nel quale la potassa riman- ga saturata dall' acido tartarico copulalo. Delle cinque costituzioni attribuite al tartaro emetico, nessuna sembra soddisfacente del tutto; diffatto colla prima, e colla se- conda non si può spiegare la renitenza dell' ossido anti- monico a separarsi dalla combinazione per opera degli al- cali, mentre si disgiunge e precipila per l'azione degli acidi: nella terza si suppone l'esistenza nell'emetico di un bilartaralo potassico senza l'atomo d'acqua basico, fino ad ora sconosciuto, e del biipoanlimonìto potassico: la quarta conduce ad amettere molli equivalenti ipotetici pel ferro, l'allumino, il cromo, il manganese eie, non essendovi ragione di formulare i tarlarali a base alcalina, e conlonenli gli amfiossidi 0^F^ O'AP, 0'Cr% O'Mn* in modo diverso dall' emelico, poiché appartengono allo stesso ordine di composti, e posseggono in comune la proprielà di resistere all'azione precipitarne degli alcali, e di cedere a quella degli acidi: la quinta finalmente pre- sume la formazione d' un acido copulalo il quale perde- rebbe mela della sua capacità di saturazione, senza moti- vo apparente, e conserverebbe la copula (ossido d'anti- monio ) facilmente ossidabile anche nello stato di combi- nazione, fatto che rimarebbe fino ad ora unico, e non sostenuto da altri falli analoghi. Dissi che l'ossido d'an- timonio, nello stato d'emetico è facilmente ossidabile, poiché io dimostrai fino dall' anno scorso che il jodio u- nito a soluzione del tartaro emelico si idracìdifìca , men- tre r ossido d' antimonio si trasforma in acido antimonico. 86 SULLE COSTITUZIONI ATTRIBUITE AGLI EMEliCI Ullìmainenle Peligot propose un nuovo metodo dì for- mulare la costituzione molecolare del tartaro emetico, a ciò indotto dalle belle ricerche fatte intorno ai sali d'u- ranio. Peligot nella seconda serie delle sue esperienze , non ha guari pubblicate, giunse a preparare l'emetico uranico, e da molte analisi fatte intorno al medesimo, ne determinò la formola in C' H' 0'^ (U^O^) 0, Sb- 0'-i-7H^ O. In questo composto l'ossido d'uranilo sta invece del- la potassa , ossia 1' uranilo ( ossido d' uranio ) sta invece del potassio. L'esistenza di questo emetico, dice Peligot, conduce a ritenere per induzione che la costituzione dell' ossido uranico non sia tanto eccezionale quanto potevasi suppor- re da principio ; estendendola diffalto al protossido d' an- timonio, e considerando questo corpo come ( Sb^ O^ ) O, si pongono in accordo la composizione dell' emetico ordi- nario, colle sue proprietà, e d'altronde diviene un sale corrispondente agli altri tartarali. La stessa semplicità, aggiugne Gherardt si mantiene per gli altri emelici, se si considerano secondo la teoria dei tipi: si ha in effetto Tartarato normale ( od acido tartarico ) CH'^O'^ (< potassico (cremore di tartaro) C* ( H^ K ) 0* « bipotassico ( tartarato neutro ) C (H* K^) 0' (( antimonico potassico CMH^KSbojO*^ « antimonico uranico C* (H^KUo) 0^ L' opinione di Peligot è adunque accarezzata anche da altro dei più distìnti chimici della Francia, Gherardt, il quale pone in comparazione diversi tartarali, scrivendo le formole loro, secondo equivalenti^ e viste teoriche che gli sono proprie (a). Ma anche questa costituzione nuova degli emetici rom- pe nello scoglio contro il quale fa naufragio quella di (a) Bovue Scientifque , industrielle de Quesneville. Pa- ris N." 66. 1844 pag. 299. NOTA DI FRANCESCO SELMI 87 Liebig;, giacché i tarlarali analoghi agli emelici, i quali hanno a seconda base ( mi si permeila 1' espressione ) 1' acido arsenioso, gli ossidi ferrico, manganico, raolibdico, il perossido di manganese eie. esigono d' essere formulali d' egiial maniera ; come pure i lartarati cogli acidi bo- rico, molibdico, antimonico , arsenico lo richieggono ap- parlenendo alla calegoria slessa. Dunque conservando il modo di formulare di Gherardl, si avrebbe Tarlaralo potassico borico C^ ( H' K Bo^ ) 0* « polassico-ferrico C* ( H" K Feo ) 0" « potassico acianlimonico C ( H^KSbo' )0° (( potassico aciarsenico C* (H* KAso^ )0* Qui è da notarsi che 1' equivalente ammesso da Gherardl per l'ossigeno, eguaglia a 200, e che il piccolo 0 posto accanto al metallo entro la parentesi indica la mela di un tale equivalente. Si cadrebbe adunque nell' assurdo di immaginare per uno slesso metallo diversi radicali ossidati , giacché per r antimonio si avrebbero negli emetici i radicali Sb-0, e Sb^ 0'; per l'arsenico As^ O, As^ 0' ossia quegli slessi ossidi dei due metalli che, nei tartarati doppi a se- squiossido possederebbero la costituzione dell' ossido d' uranilo, nei tarlarali doppi ad acido metallico diverrebbe- ro in un momento veri radicali , e sarebbero costituiti allo slato di ossidi acidificali da due atomi d' ossigeno. In conseguenza di riflessioni poco dissimili fui con- dotto a trascurare la seguente costituzione che attribuii per qualche tempo al tartaro emelico e che certamente parvenu dapprincipio molto plausibile, ed abbastanza so- stenuta dai falli. Io lo avea formulalo con 2T, OK, O' Sb^-<-0' Sb^ , OK e così disponendone i componenti, l'acido tartarico riguardato quale acido bibasico, rimane- va saturato a seconda della nota legge della neutralizza- zione degli acidi , e 1' ossido d' antimonio compiendo in parie le funzioni acide o negative dava ragione della sua 88 SULLE COSTITUZIONI ATTRIBUITE AGLI EMETICI renitenza a cedere al potere degli alcali mentre precipita per opera degli acidi. Inoltre , s' avvalorava a miei oc- chi, l'ammissibilità della suddetta costituzione da ciò, che nelle acque madri del tartaro emelico si riscontrano sem- pre il tartaralo neutro di potassa o di ossido d' antimo- nio, e r ipoantimonito potassico, ossia i due composti dai quali riputava formato l'emetico istesso. Ma prendendo a considerare gli emelici d' acido aniimonico, e d' acido ar- senico, tutta l'armonia del costrutto edificio scompare da sé, non potendosi supporre, che 0^ R^ sostituisse come base O' RS e tanto per la diversa proporzione dell'ele- mento negativo, quanto per le qualità acide energiche, proprie agli acidi arsenico ed antimonico. Fu per r insieme delle riferite riflessioni, e per varie altre relative alle qualità dell' acqua in combinazione co- gli acidi e colle basi che mi determinai in una mia me- moria stampata l'anno scorso (a) a risguardare l'emetico sic- come un composto di tartarato neutro di potassa e d' un acido doppio risultante dall' unione d' un atomo dell' aci- do tartarico coli' acido ipo-anlimonioso (ossido antimoni- co). Ecco i principali fondamenti sui quali la supposta costituzione dell' emetico si appoggerebbe, escludendo per ora r idea che 1' acqua nel cremore di tartaro compia le funzioni di un acido. 1.° Nel tartaro emetico l'ossido aniimonico è preci- pitabile più dagli acidi che dagli alcali; dunque vi esiste in condizione di principio negativo, o cloroso, come di- lebbesi da Graham, o di acido od elettro-negativo. 2.^* Esso può essere sostituito dall' acido aniimonico: negli analoghi composti d' acido arsenicoso , di deulossido (a) Intorno agli acidi anidri , e agli acidi idratati, al- l' ufjicio che compie V acqua nelle combinazioni coi medesimi, e cogli ossidi in genere , ed alla costituzione del tartaro e- metico. Modena. Febbraio 1844. MOTA DI FRANCESCO SELKI 89 di molibdeno, si ha analoga sostituzione cogli acidi arse- nico, e molibdico; se i suddetti sesquiossidi vi si trovas- sero in islato basico, non avverrebbe tale surrogaraento cogli acidi del loro metallo. 3.° L' ossido antimonico non può essere contenuto nella molecola dell'acido tartarico ^ in guisa da farne par- te; anzi vi si deve trovare combinato ma senza mutamen- to della sua naturale costituzione, poiché rimane facil- mente acidificalo sotto la reazione del jodio; 4° Il facile passaggio dell' ossido slesso allo stato di acido, e l'agevole riduzione di questo nuovamente ad os- sido nelle curiose reazioni da me osservate e registrate (a) indicano evidentemente l' indifferenza onde l' uno o l'altro possono trovarsi nel composto senza sturbarne menoma- mente la costituzione;, e quindi mostrano la condizione negativa, od acida che ivi compie l'ossido; 5.° L'azione acida alla carta di tornasole dell'emeti- co che si vorrebbe uu sale basico incita sempre più a credere che vi ha un acido non perfellaraenle saturo, e perciò che 1' ossido d' antimonio non neutralizza 1' acido tartarico ; 6.^ L' azione alcalescente del tartarato potassico neu- trico, la sollecitudine onde nei tartarali doppi si presta ad occupare la posizione basica , la tensione maggiormen- te negativa che, in faccia ad un corpo piuttosto basico, deve assumere il doppio acido tartaripoanlimonioso, pa- iono rinvigorire 1' opinione da me manifestata, e darle altro grado di probabilità. Fatto è che ammessa questa costituzione assegnata al tartaro emetico, e sostenuta dagli anzidetti argomenti, tutti i tartarati doppi contenenti i vari gradi di ossidazio- (fl) Sunto di varie esperienze intomo all' jodio , all'ai eido jodidrico con alcuni binurj : Annali di Fisica Chimi- ca e Matematiche del Prof, lifajocchi. Settembre 1843. 90 SULLE COSTITl'ZIONI ATTRIBUITE AGLI EMETICI ne, 0' RS O^ R, 0* RS O^ R' entrano a far parte naturalmente dello stesso ordine di composti, poiché do- vendo esistere nel sale nn acido doppio , oppure nn tar- taralo la cni base abbia attitudine a compiere le funzioni acide, poco importa che le qualità negative del composto unito all'acido tartarico siano più o meno potenti; come per neutralizzare una base, poco importa che l'acido sia più 0 meno forte. Di tal guisa formulando 1' emetico in genere con T, 20K-f-f , O^ R si unirebbero i vari eme- lici in un medesimo ordine di composti, nel quale 0*R, sarebbe indifferentemente sostituito da O^ R^, 0^ R, O* R^ O' Rj ed anche da 0' R come se ne ha esempio nel tartarato d'acido molibdico e di potassa; ovvero an- che da.OR, quando l'ossido di siffatta composizione fos- se sì poco positivo, da prestarsi volontieri a saturare gli ossidi distintamente basici. Questa teoria sulla costituzione degli emetici in genere e di lutti i tartarali doppi che posseggono una composizione analoga agli emetici, fu de- dotta da diverse considerazioni da nie date in luce nell' anno scorso sulle funzioni esercitale dall' acqua a fronte degli acidi coi quali si combina (a). In quella scrittura conclusi che l'acqua è un acido, e che non manca mai di comportarsi a seconda del suo carattere nei composti che forma cogli altri corpi, e che le sue combinazioni cogli acidi forti hanno a riguardarsi analoghe ai così detti sali a base degli acidi molibdico, lilanico-vanadico. Alcune recenti osservazioni di Mulder, di Van-Goudoever , di Favre, e di Erdman e Marchand, sembrano confermare la mia proposizione e dimostrare co- me r acqua sia fornita delle qualità acide in maniera po- co dissimile dagli acidi cloroso, e carbonico. Mulder nelle sue mirabili ricerche sulla proteina tro- vò che r acido cloroso si combina colla medesima forman- (a) Memoria citata sulV ufjicio che compie l'acqua eie. NOTA DI FRANCESCO SELMI 91 do un clorito il quale, decomposto coli' ammoniaca, dà origine ad una nuova combinazione nella quale un atomo d' acqua va ad occupare il posto dell' acido cloroso. Van- Gondoever ha verificato lo stesso genere di unioni per l'ittiocolla: quattro atomi della suddetta si combinano ad un atomo d'acido cloroso, che tolto coli' ammoniaca , la- scia una combinazione analoga , nella quale trovasi invece dell' acido un atomo d' acqua. Favre studiando i carbonati di rame ha riconosciuto che r acqua e 1' acido carbonico si sostituiscono a vicen- da in tali composti dell'ossido di rame, e quindi che si ottengono carbonati nei quali varia la quantità d' acido carbonico a norma della corrispondente proporzione d'ac- qua nei medesimi combinata; perlochè ha dedotto che i due binarj posseggono in egual grado le facoltà acide. Erdmann e Marchand nelle loro indagini sul peso at- tomico del calcio, instituite non ha guari, sono giunti ad accertarsi che il carbonato di calce artificiale fornisce coir analisi copia maggiore di calce a paragone del na- turale, e che una parte dell' acqua non si toglie al primo colla disseccazione se non spingendo il calore fino a 200" ossia al punto in cui lo stesso acido carbonico si separa dalla base. Questi ultimi risultati dimostrano pur chiaramente che r acqua può surrogare nei composti 1' acido carboni- co e che la loro potenza acida s' eguaglia. Se d' altronde si riflette ancora che in varii casi 1' acido carbonico non rimane aderente alle basi mentre 1' acqua vi resta unita con certa forza, siccome accade per esempio nei carbo- nati di sesquiossìdo di ferro, e di manganese^ e nei re- lativi idrati, l'opinione dell'acidità dell'acqua rimane sem- pre più convalidata. Finalmente se 1' acqua vale ad occu- pare il posto dell'acido cloroso, e così a compiere le fun- zioni negative, se pareggia l'acido carbonico nella forza neutralizzarne per le basi , slimo che adesso dovrà appa- 92 SULLE COSTITUZIONI ATTRIBUITE AGLI EMETICI rire meno strana la proposizione 4.^ della sunnominata mia memoria , ove dicesi 1' acqua essere un acido che non ismenlisce mai il proprio carattere se non è violentata. Diffatlo quando si ottenessero combinazioni dell' acido clo- roso, 0 del carbonico cogli acidi energici, si concludereb- be forse che i due primi binarj fossero basici? Nessuno lo sognerebbe certamente: dunque l'acqua poiché li egua- glia in potenza acida, per la slessa ragione non dee con- siderarsi qual base anche quando sia unita a composti negativi energici , per esempio agli acidi nitrico, e solforico. I Qualche riflessione chimica sui terreni e sulle ac- que che sono meno proprie a formare le risaje perciò che risguarda lo svolgimento di gas malefici. NOTA DI FRiNCESCO SELII Letta alla Società d' Agricoltura di Reggio nella tornata del 27 Giugno 1844 i\. Damìell chimico inglese deggionsi importanti os- servazioni sulla influenza fimesta del gas idrogeno solfo- rato a rendere 1' aria mal sana, influenza verificata anche dal Prof. Paolo Savi, il quale anzi dimostrò che accre- sce, e si fa più terribile per la mescolanza dei corpicino- li organici, dilTusi nell'atmosfera. Danieli portando l'at- tenzione sopra varii luoghi sì del vecchio, che del nuovo Mondo, sì delle regioni caldissime, che delle temperate, riscontrò, ove dominano febbri ed epidemie proprie di cerli limiti , le stagnanti contenere sempre idrogeno sol- forato libero, il quale continuamente svapora allo stato gazoso , si difl'oude nell'aria, le comunica qualità male- fiche produtrici di gravissimi morbi , spesse volle mici- diali. Il Prof. Savi perciò che risguarda le Maremme del- la Toscana fece analoghe osservazioni^ e trovò nelle ac- que di quelle pestifere paludi l' idrogeno solforalo in ab- bondanza. D' onde proviene questo gas in tanta copia ? Forse dalle sole sostanze organiche le quali putrefacendosi a 9i QUALCHE RIFLESSIONE CHIMICA ECC. conlatto delle acque morie si risolvono in combinazioni inorganiche, e producono col loro zolfo e col loro idro- geno, 0 coir idrogeno stesso dell'acqua il gas acido sol- fidrico? Danieli e Savi investigando la chimica composi- zione di quelle acque e di quei terreni, hanno riconosciu- to che da altra sorgente , capace di formarne in esuberan- za prende nascimento. Diffatto tanto in quei terreni quan- to il) quelle acque trovarono abbondanti i solfuri alcalini, ed i terrosi, sali ivi esistenti _, o naturalmente ovvero tra- sportali dall'acque del mare, i quali in mescolanza delle sostanze organiche in putrefazione cedono facilmente il lo- ro ossigeno, e si trasformano in solfuri, e poscia in sol- tìdrali , d'onde l'idrogeno solforalo è svolto dall'acido carbonico , o da qualche altro acido libero. Quando av- viene che in alcuni sili malsani le malattie infieriscono? Allorché le acque marine rigurgitando dal lido si mesco- lano alle acque dolci, le impregnano di solfati, e poscia ritraendosi di nuovo, lasciano piccoli stagni pieni di re- sidui organici delle piante e degli animali acquatici, espo- sti al calore del sole, che agevolando la putrefazione de- gli ultimi, affretta la scomposizione dei primi. Quando allo scavare il Tunnel sotto il Tamigi gli operai ebbero a soff'rire gravemente fino alle vertigini, ed al delirio? Fu allorché in quelle gallerie sotteranee sbuccò un getto di gas idrogeno solforato ed inquinò l'aria circostante : ces- sato lo sviluppo del gas gli operai non ebbero più a soffrire. Se adunque è certo che il gas idrogeno solforato è malefico alla salute , se lo diviene maggiormente mesco- landosi a principii organici in iscomposizione come lo pro- va il Prof. Savi col fatto di certe maremme non insalubri, e nelle quali si verifica !a presenza di alquanto del sud- detto gas, se infine i solfati alcalini e terrosi in contatto delle sostanze organiche in putrefazione ne generano in abbondanza , io credo che sarebbe sempre pessimo consi- glio r istituire risaje nei luoghi il cui terreno contenesse NOTA DI FRANCESCO SELMI 95 molli di quei sali , ovvero , ove non si potessero condurre che acque cariche dei medesimi. Come dissi , dai depositi specialmente degli esseri organici morti si svolge naturalmente l' idrogeno solfora- to generato dallo zolfo, e dall'idrogeno dei loro principj , e forse anche dai solfati che fanno parte costituente dei lo- ro organi; e poiché le risaje possono riguardarsi quali grandi depositi di pianticelle acquatiche, di insetti , di zoo- fiti, in continuo nascere, e deperire, non ha dubbio che dalle medesime si abbia a sviluppare continuamente una buona quanlilà del gas mefitico, misto ad altre sostanze aeriformi e pestifere. Se queste risaje saranno sopra ter- reno pregno di solfali alcalini e terrosi , e se le acque on- de conlinuamenle vanno innondale ne conterranno , egli è indubitato che la produzione dell' idrogeno solforato si tro- verà grandemente aumentala per la riduzione dei nomi- nati sali effettuata dai materiali organici stessi in decom- posizione continua. Si avrebbero adunque di tal maniera due fonti inesauribili del gas deleterio ; una inevilabile iu qualsiasi risaja, ovunque collocata, 1' altra proveniente dalla qualità del suolo , e dalle acque. Correndo obbligo gravissimo agli agronomi, ed ai possidenti di porre ogni mezzo affine di rendere meno insalubre che sia possibile la coltivazione del riso, è di loro stretto debito l'esami- nare i componimenti delle terre, e delle acque, ove vo- lessero introdurla, e di verificare esatlamenie se vi si tro- vino solfati iu copia siffatta da doverne temere la presen- za. I luoghi abbondanti di gesso, di sale d' Epsom , le acque selenitose^ e pregne di solfati di magnesia, di soda eie riusciranno sempre perniciose; e dove per ispeciali circostanze non si possano evitare, si avrà sempre a tra- lasciare d'istituire Je risaje. SOPRA LE PRODUZIONI DELLE FUMÉ W VULCANI E LE CONSEGUENZE CHE SE NE POSSONO TIRARE Museo dì Scienze e letteratura. Napoli. Nuova serie Marzo 1844. il Prof. Leopoldo Pilla ha recentemente dato in luce un discorso (del quale offriamo ora un estratto) intorno alla produzione delle Fiamme ne' Vulcani ;, e sulle con- seguenze che indi si possono trarre: il qua! lavoro quand'an- che non fosse validamente raccomandato di per sé dalla dot- trina e celebrità del suo Autore, lo sarebbe certamente per recare replicate osservazioni della presenza di fiamme nelle Eruzioni, le quali oltre al pregio della loro impor- tanza per la questione della origine dei Fuochi vulcanici, tornano esse ognor più gradile alla Scienza;, quasi un presente che gli resterà probabilmente sempre raro, tanto sono esse ardue e difficili da istituire. Ella è comune sentenza degli scienziati che non v'ab- bia emissione di fiamme nelle eruzioni de' Vulcani » Cer- tissimo egli è, dice lo Spallanzani , c/ze in ogni erurjone non si osserva mai nella lava scoppiante il più piccolo accendimento , la più debile fiamma etc. ( Viag. T. 3. e. 21 ). Non mai si è veduto da noi fiamme, ne sul cratere in fuoco, né sulla superficie delle lave fluenti. » Così il Co- velli (Slor. de' fen. del Vesuv. §. 90) « Quantunque nel 1805 co' miei amici Ah de Humboldt, e Leop. de Buch io sia stato spettatore nel Vesuvio di frequenti esplo' sioni . ... io non riuscii a vedere alcuna infiammazione d'idrogeno. » Così il Gaylussac (Ann. de Ghim. et Pby. SOPRA LE PROD. DELLE FlAMltE NE VULCANI 97 T. 22.). Li celebri Pouillet, La-Béche e Brongniarl attri- buiscono la sembianza di fiamme durante le eruzioni vul- caniche ai vapori e ceneri sovrastanti al cono che rifletto- no vivamente la luce della massa rovente che è nell'inter- no del cratere. E l' ultimo così si esprime « questa illusione (delle fiamme) è stata combattuta da un gran numero di osservatori, i quali hanno affermato non escire giam- mai alcuna vera fiamma dai crateri de' Vulcani. { Dici. d'Hist. Nat.). E r Autore istesso seguendo Autorità così rispettabi- li, professò analoga sentenza (Spettator. del Vesuv. fase. 1. §. 28), dalla quale lo tolsero poi , almeno relativamente al Vesuvio , le osservazioni che siamo per riferire. » Nella notte 2 Giugno 1833 io era (dice il Prof. » Pilla ) nel cratere del Vesuvio , a fine di osservare i fe- » nomeni di una eruzione, la quale volgeva al suo ter- ») mine. Sorgeva allora in mezzo al cratere un cono di » scorie .... il maggiore che io vi avessi osservato .... » sul cui vertice era aperta una grande voragine in for- » ma d'imbuto dal fondo della quale avvenivano l'esplo- M sioni che si succedevano nell'intervallo di 3 a M 4 minuti L'interno era in gran parte sgombro » di fumo La bocca era aperta in fondo del- )) l' imbuto con una circonferenza presso a poco )) di 20 metri; tutto il suo di dentro vedeasi arroventato. )) Lo spettacolo delle esplosioni era di una grandiosità » che non si può ridire Un gran rumore sotter- )) ranco ed una scossa violenta del cono, annunziavano la » imminenza delle esplosioni. Subito dopo la bocca si a- » priva e scoppiava un rumore simile a quello di una » scarica di Cannone, ed escivane fuori con gran violenza » una colonna di fumo nero e fuliginoso, al quale teneva M dietro con la rapidità del fulmine y\n enorme torrente )) di sostanze gassose infiammale , e lo getto in aria di un » mucchio di pietre roventi , le quali in forma di grandine N. Ann. Se. Natlh. Serie II. Tom. 2. 7 98 SOPRA LE PRODUZIONI )) ricadeano gran parte nella voragine , e poche al di fuori. )> Io era incantato della grandezza dello Spettacolo, ma so- )) pra ogni altra cosa non mi saziava di osservare la co- ì) lonna di fiamme vibranti che accompagnava le esplo- )) sioni. Era allora la prima volta che ra' incontrava di ve- )> dere tal fenomeno. La fiamma si alzava 4, o 5 metri e )) di poi spariva fra vortici di fiimo^ per modo che una ì> persona la quale avesse tenuto l'occhio a livello dell' or- » lo della voragine non avrebbe potuto vederla. E questo )) io dico perchè allorquando si guardano le esplosioni vul- )) caniche di lontano ed in luoghi ove la bocca in azione )) non è visibile, che è il caso ordinario , non incontra giam- )i mai di vedere le fiamme. Onde poi è avvenuto che si è )) negata la manifestazione di questo fenomeno nelle azioni )) vulcaniche. La fiamma da me osservata aveva un color )> violetto ben distinto j e vedeasi apertamente che il gas » il quale la producea s'infiammava in contatto dell'aria, M perocché esso era infiammato solamente nella circo»^fe- ì) renza della colonna , e nell' interno era oscuro , mostran- « do in grande quello che la fiamma di una lampada fa M vedere in piccolo. Di poi che la esplosione e la caduta )ì delle pietre era finita, ecco appariva un altro fenomeno » assai osservabile. Rimaneano in fondo della voragine » alcune grosse e separate falde di una fiamma pittoresca, w le quali lentamente movendosi dintorno alia bocca lam- )) bivano le pareti dell'imbuto a quel modo che , si maxi- » ma licet comparare mìnimis vedesi la fiamma dell' Al- w cool bruciare dentro il vasello. Allora assai bene distin- ì) guevasi il suo vago color violetto; le quali azioni era- w no accompagnate da un odore poco distinto di gas idro- ì) gene solforato, n n Io mi trattenni più di un quarto di ora a riguar- M dare uno spettacolo così maestoso, nel qual tempo mi » fu dato di vedere cinque esplosioni accompagnate sem- » pre dai medesimi fenomeni, E più lungamente sarei DELLE FIAMME NE' VULCANI 99 ì) restalo in quel luogo se l' ultima dell'esplosioni, la quale » con maggior violenza delle altre venne a scoppiare, non » ci avesse obbligati a precipitarci per lo dosso del cono. » » D'allora in poi non ho avuto più l'opportunità di M vedere così da presso la grande bocca del Vulcano in » esplosione. Ma ho osservato la produzione delle Gamme » in altre occasioni quasi simili. » M Nel Giugno 1834 il Vulcano era in eruzione: io )) trassi al cratere la sera del 7. II cono interno lanciava » in aria pietre con tal violenza che vietavano di potervisi M accostare. AI suo piede.. . era una enfiatura di suolo, )) la quale sosteneva otto piccoli coni , o meglio 8 grossi w cannelli di lava aperti tutti nel vertice, onde escivan M fuora sostanze gazose e vapori con fischio assordante... )) Le loro azioni erano accompagnate da vaghe fiammelle, M le quali col favor della notte si rendeano bene visibili: » elle aveano una forma conica allungata ed escivano da )) cannelli con tale una vibrazione che rassomigliavano in )) qualche maniera alla fiamma avvivata dal cannello mi- M neralogico: la loro lunghezza era di 3 a 5 pollici, e il » diametro alla base di 1 pollice e mezzo. Bruciavan tutte M con bella fiamma verdiccia » i> Nell'eruzione di agosto 1834, il monte erasi cre- » pato nella sua base orientale, e dava fuori quella gran M corrente di lava, che si distese su le terre fertili di Ol- w tajano. Nel luogo , dove la lava scaturiva erano due ri- )) lievi enfiati , i quali sostenevano dodici piccoli coni , sor- » te di hornitos che eran tutti in grande attività, e pro- » ducevano esplosioni , e stridore da assordare. Uno de' » quali ch'era in maggiore attivila degli altri e più faci- w le ad essere riguardato, cacciava dalla sua bocca, in- )) sieme con una gran quantità di fumo e molte pietre » roventi, una fiamma di color rosso candente ch'esciva M fuori con molta violenza, ed elevavasi fino all'altezza » di 10 piedi. Il suo getto era continuo, a guisa della 100 SOPRA LE PaODUZIOISl » fiamma che vedesi uscire da un allo forno animato da » mantici. » '^ )) Queste tre volte solamente ho avuto la sorte di ve- ))'dere al Vesuvio delle fiamme in una maniera bene di- » stinta. Non le ho vedute mai comparire alla superficie )> delle lave di lungi dalla loro sorgente. Ma il mio amico » Maravigna di Catania assicura di averle osservate su la » corrente dell'Etna del 1819. w La simultaneità, ed i rapporti che il Prof. Pilla po- tè riscontrare fra le esplosioni vulcaniche ^ e la comparsa delle fiamme, lo persuadono che la presenza delle mede- sime non sia certamente cosa accidentale, ma bensì co- stante , e tale che basti osservarle una volta per convin- cersi che esse debbano intimamente tenere alla causa pro- duttrice di queste azioni, e che accompagnino sempre le esplosioni della bocca principale. Il non avere potuto guar- dare convenientemente entro ai Vulcani in eruzione è la sola ragione per cui non si sono vedute le fiamme. Siccome poi impossibile resta l'istituire l'esame del Gas che produce l'infiammazione, il Professore Pilla, si rivolge in cambio alla considerazione de' prodotti delle eruzioni;, per conoscere la natura delle combinazioni chi- miche che succedono entro la grande fucina sotterranea, e indi rimontare colla induzione ad arguire quali principj abbiano in essa avuto parte. Le analisi del fumo del Vesuvio lo indicano compo- sto di vapore acquoso contenente acido idroclorico, e clo- ruri di Ferro e di Sodio. I Cloruri sono inoltre le sostan- ze che in maggiore abbondanza si producono nel cratere del Vesuvio dall'azione dei Gas, e dalle materie sublima- te: tali ad esempio il Cloruro di Ferro, il Cloruro di Sodio, il Cloruro di Rame, e di Piombo. — Il Solfato di Ferro e di Rame, il Gesso ed in genere i solfati sono mollo rari al Vesuvio come molto raro si è l' Idrogeno solforato, e rarissimo poi lo Zolfo. — Rare pure le so- DELLE FIAMME NE* VULCANI 101 Stanze saline, l'ossido di ferro, e di rame. — Il sale am- moniaco infine non è stato dal nostro Autore trovato nel cratere del Vesuvio (che certo bene egli conosce), ma all'esterno nelle correnti, e forse originato dalla azione della lava sopra la terra vegetabile delle campagne. Dal che ne inferisce che le sostanze più abbondanti sovraindicate accennano dover essere quello che si infiam- ma un Gas a base di Idrogeno, ed essere forse o Idroge- ne puro, o solforato, non essendosi mai, che sappiasi, manifestato il Carbonato nel Vesuvio, o in altri vulcani. E mentre il colore della fiamma notato sopra dal Profes- sor Pilla induce a opinare che fosse Idrogene puro quel- lo che ardeva , si hanno per contrario molli dati per con- siderare come molto raro al Vesuvio il Gas Idrogene sol- forato. La conseguenza che precipuamente sta a cuore al Professor Pilla, dietro le esposte osservazioni^ questa si è che vi ha ragione per credere che le fiamme del Vesu- vio siano prodotte dalla combustione del Gas Idrogene o semplice, o combinato collo Zolfo. Infatti posto ciò verreb- besi a torre di mezzo una grande obbiezione opposta alla Teoria di Davy^ la ossidazione de' metalloidi, e la conseguen- te decomposizione dell'Acqua con isviluppo di Gas Idro- geno. Per contrario provata la presenza delle Fiamme ne' Vulcani , ed invocando amendue le teorie quella di Davy e Gaylussac , e l' altra di Humbold (l'incandescenza inter- na del Globo) dimostra l'Autore come ricevano plausibile spiegazione li fenomeni che da' Vulcani si offrono, non che li prodotti delle loro ejezioni. Verrebbe altresì per tal via ognor più convalidala l'opinione che l'acqua del ma- re s'insinui nelle cavità sotterranee ove regnano li fuochi vulcanici , e scioglierebbersi pure più agevolmente alcune delle obbiezioni a questa slessa opinione già opposte. Considerando poscia chimicamente gli elTetti che de- rivar deggiono dal contatto dell'Acqua marina co' metalloidi 102 SOPRA LE PRODUZIONI roventi, trova il Prof. Pilla , doverne risultare quelle com- binazioni appunto, e que' prodotti che effettivamente si riscontrano nei Vulcani^ come il Vapore acquoso, l'Acido idroclorico, l'idrogeno bruciante, il sai marino, il cloruro di ferro , di rame eie. lo che sarebbe invero prova non lie- ve che il suo modo di vedere si appressa d'assai alla co- noscenza della causa onde sono i Vulcani. Infine sviluppali altri punti chimici relativi ad altri prodotti vulcanici, così chiude il suo discorso w Numero- )> se osservazioni , i cui risullamenti sono costanti , indicano » essere nelle viscere della terra un nocciolo infuocato, il )) quale è stalo riconosciuto fin dai tempi dello Stenone, w anzi fin dalle scuole di alcuni filosofi greci. Da questo )) nocciolo, come da un gran foeolajo, muove la causa di )) tutti i fenomeni che dal centro della terra si propagano )) alla sua superficie; ma per sé stesso il fuoco centrale M non è a questi effetti bastante, esso è inattivo, è una po- )) lenza che ha bisogno dell' atto per operare, e quest'atto )) esser deve prodotto dall'arrivo di materie che innanzi gli )) erano estranee, e che vi arrivano per una via qualunque. M I fenomeni dei Vulcani lo provano infino all'evidenza ed )) indicano parimente non poter essere altra la causa eccila- » trice che l'acqua del mare. Per guisa che, dato il con- w tatto di questa con un nocciolo di metalli terrosi inossi- « dati e roventi, si ha origine compiuta di tutti i fenome- » ni vulcanici, anzi dirò ancora di tutt'i fenomeni passa- » ti del globo. » G. G. B. SULLA ELETTRICITÀ CHE SI SVILUPPA nell'urto DI UNA VENA FLUIDA DI MERCURIO CONTRO DEI CORPI COIBENTI del professore LAURO LAURI al professore ^teaici,hàóuwo Q/olieacc ed c/wuttco. Xj nolo, come ben sapete, ai Fisici , il mercurio elet- trizzarsi allorché viene agitalo in vasi di vetro , ed allorché in esso vengono immersi alcuni corpi, siccome ha fatto vedere il Dessaignes: ma la facilità colla quale questo me- tallo si elettrizza, e la specie di elettricità, che nei varj casi dal medesimo si acquista ;, non ha forse richiamato r attenzione degli studiosi dei naturali fenomeni sopra que- sto soggetto, quanto era a desiderarsi. Dall'altro canto, nell'ignoranza in cui siamo delle cause che determinano, nei varj corpi, e nelle diverse circostanze, lo sviluppo del- l'una, piuttosto che dell'altra specie di elettricità, non è sperabile di giungere a fare sparire le apparenti anomalie, ed a stabilire qualche generale principio^ se non coli' ac- crescere [il novero dei fatti conosciuti^ uon trascurando 104 IETTERÀ nemmeno quelli , che possono sembrare di poca importanza. È dietro una siffatta considerazione, che io m'induco ad esporre i risultamenti da me ottenuti in alcune esperienze, instiluite ad oggetto di riconoscere la natura e l'origine della elettricità, che si prende dal mercurio, quando, in forma di piccola vena fluida, venga raccolto in un vaso di porcellana o di vetro, intrattenendomi con voi, il quale ad alcune di quelle esperienze vi compiaceste di assistere. Fu nella primavera del 1840 che ebbi ad accorgermi quanto facilmente una piccola vena fluida di mercurio, rac- colta nei suddetti vasi, si carichi di elettricità, tale essendo la copia di questa, da aversi delle scintille assai vive per essere visibili di pieno giorno, siccome ancor vo* poteste accertarvi, purché le circostanze atmosferiche non sieno contrarie. In quell'occasione voi mi eccitaste ad intrapren- dere qualche ricerca esperimentale, diretta a determinare con maggiore particolarità e precisione l'origine di quel grazioso fenomeno. I risultamenti pertanto da me ottenuti, e dei quali sono per favellare, in qualche maniera vi ap- partengono. Mi sono ordinariamente procurato la piccola vena fluida facendo uscire il liquido metallico da coni di carta , larghi tubi di vetro, e vasi di ferro provveduti inferiormente di un'apertura capillare. Se il mercurio, che indi sgorga, venga raccolto in un vaso di platino o di ferro isolato, non si trova carico di veruna elettricità; né si trova elet- trizzata quella porzione di metallo, che è tuttora conte- nula nel serbatojo da cui si fa uscire. Da ciò si rileva che, pel solo fatto dello sgorgo , e per lo strisciamento sul- le pareli del vaso , da cui esce , il mercurio non si carica di sensibile elettricità- L'elettricità pertanto che esso pos- siede, se raccolto in vasi di vetro o di porcellana, dipen- de dall' urtare che il medesimo fa contro le pareli dei me- desimi vasi. Ed in fatti se in questi si disponga del mer- curio , e sì faccia cadere la vena fluida in maniera che non DEL PROF. L. LAURI 105 tocchi le pareti del vaso, ricevendola immedialaraente snl bagno metallico, questo non si trova sensibilmente elet- trizzato. L', elettricità che possiede il mercurio, dopo aver colpito le pareli dei vasi di vetro o di porcellana, è posi- tiva ; e tale ho verificato essere quella ancora , di cui que- sto metallo si carica, quando viene semplicemente agitato entro siffatti vasi. La produzione delle scintille parrebbe pertanto fosse una conseguenza del diverso stalo elettrico , in che si con- stiluiscono il mercurio e le pareti del vaso ; ma io ho do- vuto accertarmi dipendere invece ( quantunque ciò a prima vista possa sembrare alquanto singolare) dal diverso stato eletlrico, in che trovasi il mercurio al di sopra, ed al di sotto del punto, in cui l'urto si effettua. E per verità le scintille si manifestano dove la vena fluida si riunisce colla massa del mercurio già raccolto: se ne agevola l'ap- parizione avvicinando tratto tratto alla massa stessa le parti superiori della vena: si ottengono ancora facendo comuni- care conun archetto metallico il mercurio raccolto colla parte delia vena fluida superiore al punto, in cui questa incontra le pareti del vaso: ed infine si ottengono, tanto se le due porzioni di mercurio sieno isolale, che sei' una del serbatojo, o l'altra del bagno comunichi col suolo. Que- sta diversità di slato elettrico può del resto esser messa direttamente in evidenza sia raccogliendo, col mezzo di un condutlore isolato, l'elettricità dell'una, o dell'altra porzione di liquido, sia facendone comunicare una qua- lunque col collettore dell'elettrometro condensatore. L'elet- tricità del mercurio al di sopra del punto , in cui avvie- ne l'urto, si ha negativa: l'elettricità del mercurio al di sotto di tal punto si ha positiva. Quando una delle due parti comunichi col suolo, l'altra conserva la sua elet- tricità propria, e possono però ottenersi ancora le piccole esplosioni elettriche. 106 LETTERA A meglio studiare l'efficacia dell'urto della vena fluida di mercurio , ho sostituito ai vasi di vetro e di porcellana piccole lastrine di tali materie^ sulle quali faceva cadere il liquido. Ho adoperato ancora dei piccoli piani ricoperti di seta , e dei piccoli piani di gomma lacca , e di cera di Spagna. Tutti questi corpi si sono comportati in egual maniera avendosi elettricità negativa al di sopra del punto d'incontro, ed elettricità positiva inferiormente. In tal mo- do si può esplorare facilmente anco l'elettricità, che si acquista dal piano coibente. Nei vasi di vetro e di porcel- lana aveva io cercalo di raccogliere siffatta elettricità, col mezzo di un grosso filo di ferro sostenuto da un manico isolante, e posto in comunicazione coli' elettrometro con- densatore: ma i segni d'elettricità, che si avevano, erano assai dubbj , e non tardai ad avvedermi che lo slesso scor- rere del filo di ferro lungo le pareli del vaso rendeva il filo elettrico negativamente. Al contrario i piccoli piani di vetro, di porcellana, di gomma lacca eC;, avvicinati ad un elettrometro a foglielte d'oro, agevolmente danno a cono- scere l'elettricità che posseggono. Questa mi si è mostra- ta sempre negativa nei corpi indicati. Non è indifferente il fare che l'urto succeda nell'una, 0 neir altra parte della vena fluida. Può questa essere di- stinta in tre parti. La prima è la prossima all'orifizio pel quale si effettua lo sgorgo ; la medesima sembra immobile , ha una superficie lucenle , ed in essa non vi è soluzione di continuità. Viene appresso la seconda, e questa sembra animata da un movimento vorticoso, non mostra una su- perficie così splendente, presenta nella sua lunghezza un gran numero di rigonfiamenti, ed in essa, dietro quanto han fatto conoscere le belle esperienze del Savart, la con- tinuila non è che apparente. La terza parte infine è quel- la;, nella quale la separazione delle diverse porzioni del liquido è immedialamenle manifesta. Quando l'urto avvie- ne nella seconda parie della vena , l' elettricità, sia nel raer- DEL PROF. L. LAURI 107 curio al di sopra del punto d'incontro, sia nel mercurio al di sotto di tal punto, ò più abbondante. L'elettricità poi nelle due porzioni di mercurio è di specie diversa, analo- gamente a quanto lio di già fatto osservare. Se l' urto si fa nella prima parte, il metallo possiede l'elettricità nega- tiva al di sopra del piano coibente, come nel caso pre- cedente ;, ma meno intensa: l'elettricità del metallo raccolto di seguito all'urto è egualmente debole ^ ed è per ordi- nario negativa , se il mercurio si raccoglie in molta vici- nanza del punto in cui la vena urla e dove serba ancora sufficiente continuità, ed è all'opposto positiva, se il mer- curio si raccoglie a maggiore distanza, ove la vena fluida si dà a vedere manifestamente discontinua. Finalmente se l'urto abbia luogo nella terza parte, l'elettricità nel mer- curio prima dell'urto è nulla, o debolissima e negativa; e dopo dell' urlo, assai intensa e positiva. Questo medesimo effetto può aversi facendo cadere il mercurio a goccia a goccia sul piano coibente; il mercurio raccolto dopo l'urto si trova carico di notabilissima elettricità po- sitiva, mentre il mercurio del serbatojo superiore non dà segni sensibili di elettricità. L'elettricità del piano coiben- te si è sempre mostrata negativa. La maggiore o minor copia di elettricità , che in sif- fatte esperienze si ottiene, dipende ancora dalla maggiore 0 minore estensione sulla quale, nel piano coibente, urta la vena fluida; talmentechè si ha un'elettricità assai scar- sa, quando la vena fluida non fa che toccare appena l'Olio del piano. I risultamenti sin qui esposti sono stali da me ottenu- ti col mercurio purificato col mezzo dell'acido solforico e qualche goccia di acido azotico. Adoperando invece il nier- corio impuro si ha sviluppo di elettricità , ma invertendo- sene la specie per modo , che il piano coibente si elettrizza positivamente, positivamente il mercurio al di sopra del punto d'incontro col piano, e negalivacieule di seguilo 108 LETTERA all'urto. Agitato il mercurio impuro nei vasi di porcel- lana, 0 di vetro, si carica di elettricità negativa, offren- do anche in tal trattamento un'elettricità opposta a quella che prendesi dal mercurio puro. Stabilito che il mercurio, nelle esperienze di cui si tratta , si constituisca parte elettrico positivamente, parte elettrico negativamente, era conveniente il ricercare qual fosse la causa di questo particolare stato elettrico nel nominalo metallo. E r esperienza mi ha mostrato questa causa doversi riporre nella influenza elettrica, esercitata dal piano coibente sulle diverse parti della vena fluida. Se in prossimità della vena di mercurio si ponga un bastone di cera di Spagna elet- trizzato negativamente, il mercurio, che si va avvicinando al bastone nel discendere^ e quello del serbatojo si trovano carichi di elettricità negativa, il mercurio, che dal bastone si allontana e viene inferiormente raccolto, carico di elet- tricità positiva. Se al bastone di cera di Spagna si sostitui- sca un bastone di vetro dotato di elettricità positiva, si hanno le due porzioni di mercurio oppostamente elettriz- zate^ ma la disposizione della elettricità è inversa relati- vamente a quella che si aveva adoperando il bastone di cera di Spagna. Questi eff'etti si debbono evidentemente ad un'influenza elettrica, ed imitano perfettamente quelli, che si off"rono nell'urto della vena fluida di mercurio contro un piano coibente. Tostochè il piano coibente, in conse- guenza dell' urto medesimo , si trova elettrizzato , comin- cia ad esercitare la sua influenza: richiama nella parte più vicina l'elettricità opposta della vena fluida, che so- pra vi cade, e così le porzioni di mercurio men vicine si trovano cariche della elettricità della medesima specie di quella che possiede il piano coibente ; quelle porzioni poi della vena fluida , che dopo 1' urto dallo stesso piano si al- lontanano, venendo nel tempo stesso a separarsi le une dalle altre, prima che siensi sottratte all' influenza elettrica, debbono ritenere porzione della elettricità di cui sono DEI PROF. l. LAl'RI 109 caricate in prossimità del piano, in forza dell'urto e del- l'influenza sofferta, e questa elettricità si rende manifesta raccogliendo in un vaso di platino isolato il mercurio di seguito all'urto. Ho voluto esperimentare se facendo cadere una picco- la vena fluida di acqua sopra una lastrina di gomma lacca, si sarebbero ottenuti fenomeni simili a quelli, che si han- no adoperando il mercurio; ma non ho avuto segno alcuno di elettricità: ciò che io credo dipendere dall'aderenza che una piccola porzione di liquido contrae colla superficie del jiiano su cui cade. Segni invece manifestissimi di elettri- cità si avevano, collocando in prossimità della vena fluida un bastone di vetro o di cera di Spagna elettrizzalo, e la influenza elettrica produceva sulla vena fluida di acqua gli stessi effetti, che sulla vena fluida di mercurio. L' azione meccanica , la quale si esercita fra il mer- curio ed il piano coibente, può considerarsi consistere in una pressione, poiché lo strisciamento, allontanandosi la vena fluida dal piano appena seguito l' urto , non può aver luogo che in piccolissimo grado. L'elettricità pertanto, che si svolge era presumibile traesse la sua origine dalla pressione. Ma questa congettura doveva essere posta al ci- mento della esperienza; e questo appunto ho cercato di fare immergendo nel mercurio , collocato in un vaso di ferro o di platino, dei bastoni di vetro, di porcellana, di cera di Spagna , e dei pezzi di gomma lacca in modo che ora lo strisciamento, ora la pressione dovesse prevalere. Replicate esperienze mi hanno mostrato che i nominati corpi prendono una diversa elettricità in questi due casi. Se s'immergono, o si fanno strisciare nella superfìcie del mercurio , procurando che la pressione sia la minore pos- sibile, la elettricità di cui si caricano è positiva: ma se nella immersione si procura che esercitino una pressione valutabile, o se anche vengano semplicemente battuti sulla Buperficie del liquido, l'elettricità che essi acquistano è 110 LETTERA negativa. Quando poi vengono agitati per entro il bagno di mercurio, l'elettricità di cui si caricano è meno sen- sibile, e talvolta appena manifesta ; ciò che, se io mài non mi avviso, è una conseguenza dell'opposto effetto che ten- dono a produrre le due mentovale azioni meccaniche, le quali nell'agitazione hanno luogo simultaneamente, senza una grande prevalenza dell'una sull'altra. Tuttavia! cor- pi agitali acquistando ordinariamente un'elettricità negati- va, fa d'uopo ammettere, che il vantaggio sia dal canto della pressione. Nel mercurio impuro i medesimi corpi prendono fa- cilmente l'elettricità positiva quando esercitano una pres- sione nel venire immersi. Se si procura di rendere tal pres- sione piccola per quanto si può, l'elettricità che si svi- luppa diminuisce, ma non mi è riuscito averla opposta come nel mercurio puro. Anche mediante l'agitazione nel bagno metallico, debole è l'elellricilà che si svolge, e po- sitiva. Questa maniera di comportarsi col mercurio impu- ro, mi sembra mostrare nei corpi esperiraentati una nota- bile disposizione a caricarsi in esso di elettricità positiva, anco per la più leggiera pressione, talmenlechè l'elettri- cità negativa, che il semplice strisciamento .tenderebbe a produrre, non si possa rendere manifesta. Possiamo adunque a buon diritto attribuire alla pres- sione, che la vena fluida di mercurio esercita sul piano coibente, l'elettricità che questo prende, quando sopra vi si fa cadere la vena medesima. Le conclusioni alle quali mi han condotto le indagini da me instituite lìer riconoscere T elettricità di cui si ca- ricano alcuni corpi nella loro immersione nel mercurio, non sono d'accordo in tutto con quelle, alle quali era giunto il Dessaignes. Questi ha avuto speciale riguardo al- la temperatura dei corpi messi in azione, alla temperatura ed alla pressione dell'aria, ed ha distinto le diverse ma- niere d'immersione, in immersione rapida, immersione DEL PROF. L. LAI RI 111 lenla, ed immersione prolungata; e nella varicià degli ef- fetti da lui ottenuti, lia creduto poter rilevare una parti- colare influenza per parte di queste circostanze diverse. Ma, come osserva opportunamente il Becquerel, il Des- saignes ha ottenuto dei risultamenli così singolari , ch'egli è difficile rinvenir la causa clie gli ha prodotti. Io poi ag- giugnerò che il non avere avuto in vista il Dessaignes , quanto faceva di mestieri , V influenza che aver poteva nei fenomeni da lui osservali la pressione o lo strisciamento, se- condo che questo o quello avesse prevaluto , dovea fargli incontrare non poche anomalie, e però non possono aver- si per esalti i risultamenli da lui ottenuti. E questa osser- vazione acquisterebbe ancora maggior forza se il Dessai- gnes non avesse escluso i vasi di vetro e di porcellana, nel procurarsi il bagno metallico; imperocché la facilità, colla quale il mercurio in essi per l'agitazione si elettriz- za, non poteva che accrescere notabilmente le cause di errore. Nelle mie indagini io non mi era proposto di de- terminare l'influenza che aver potevano la temperatura sia dei corpi messi in azione, sia dell'aria, e la pressione di questa : ma pure avendole intraprese sotto diverse pressio- ni, ed a diverse temperature atmosferiche, non mi è oc- corso di rilevare una variazione nella specie della elettri- cità pel variare di queste, siccome afferma avere osserva- to il Dessaignes; ed ho innollre verificalo, in opposizione a quanto egli asserisce , che il vetro e la cera di Spagna si elettrizzano nel mercurio, anche quando la temperatura non è al disopra dei 10°, e che questi corpi si elettrizza- no, anche quando la loro temperatura non è diversa da quella del bagno, e l'immersione ha luogo senza pressio- ne meccanica. Riferirò ancora in questo luogo un fenomeno un po- co curioso , la di cui spiegazione io credo si rinvenga in ciò che ho detto intorno alla elettricità, che si sviluppa secondo che prevale l'azione meccanica dello slrisciamenlo , 112 LETTERA 0 della piessione. Se dopo aver agitato del mercurio puro in un vaso di vetro o di porcellana, e per tal guisa elet- trizzatolo positivamente, si versi in un vaso di ferro o di platino, e quindi nuovamente nel primo vaso, ripetendo più volte una simile operazione si osserva che l'elettri- cità positiva del mercurio riposto nel vaso di vetro o di porcellana va successivamente diminuendo, e finalmente, dopo essersi annullata, si converte in elettricità negativa. Volendo ora raccogliere brevemente le conseguenze a cui mi sembrano condurre le ricerche, delle quali vi ho favellato, le medesime si possono ridurre alle se- guenti : 1° Il vetro, la porcellana, la cera di Spagna, la gommalacca (e forse tutti quei cattivi conduttori che non hanno veruna azione chimica sul mercurio) immersi nel mercurio si elettrizzano positivamente, quando si cerchi di diminuire per quanto si può la pressione _, che nell'im- mersione si produce , e negativamente , quando si procura che la pressione prevalga; 2.° Il mercurio si comporta diversamente secondo che è puro 0 no: avendosi nel mercurio impuro un'elettricità opposta a quella, di cui si carica il mercurio puro, al- lorché fra esso ed i corpi nominati si esercita una pres- sione ; 3.° Finalmente i fenomeni elettrici, che si presentano nell'urto di una vena fluida di mercurio contro un corpo coibente, dipendono dalla elettricità eccitata colla pressio- ne nell'urlo medesimo^ e dall' influenza elettrica esercitata dal corpo coibente sulle diverse parti della vena fluida. Conservatemi la vostra preziosa amicizia , e credetemi sempre, con sentimenti di parzialissima stima , ecc. Macerata 5 Mar'jf.o 1844. NOTA DI LM DIRETTORE DEGLI ANNALI Le esperienze di M. Dessaignes, menzionale nella precedente Lettera, si ponno consultare originalmente ne- gli Annales de Cium, et de Phys. par Gay-Lussac et Arago, Tom. II, pag. 59 a 75, Mai 1816. — Ma gli stu- diosi dovranno pure consultare due scritti di analogo ar- gumento pubblicati , non ha guari , dall' illustre sign. Anto- nio Perego , professore di Fisica e di Storia Naturale Del- l'I. R. Liceo di Brescia. Il primo porta questo titolo : Sul- l'elettricità che per feltra^ione si sviluppa nel mercu- rio —, q si legge negli Annali di Fìs. Chim. e Mat. del prof. Majocchi, Voi. HI, Fase. VIII, Agosto 1841, pag. 127 e seg. ; il secondo ha per titolo : Dell' elettricità che si promuove nel mercurio mediante V immersione e la suc- cessiva estrazione di diversi corpi, ed è contenuto ne- gli stessi Annali , Voi. VI , Fase. XVI , Aprile 1842 , pag. 25 e 37. È particolarmente in questo secondo che si tro- vano alcuni punti d'analogia colla precedente Lettera: l'Autore \i è condotto, come l'Autore di questa, a met- tere in dubbio , benché sotto altro rapporto , i risultamen- ti generali che M. Dessaignes estimò di poter dedurre dalle sue esperienze. — A me sembra che dall' esame e dal con- fronto di questi diversi scritti apparisca maggiormente quel principale merito della Lettera, pel quale applaudiamo N. Ann. Se. Natur. Serie II. Tomo 2. 8 114 NOTA DI UN DIRETT. DEGLI ANN. all'ingegnoso e dotto professore di Macerata, che cel' ha favorita, nel darle posto nei nostri Annali; merito che consiste nelle nuove viste che ciascun fisico comprenderà tosto avere il professore stesso introdotte nello studio di questi fatti, che, quantunque s'attengano al primitivo fe- nomeno elettrico riconosciuto dall' uomo , sono tuttora assai più complessi che non si crederebbe. Prof. G. A M. LE VICOMTE D' ARCHIAC DE ST. SIMON PRÉSIDENT DE LA SOCIÉTÉ CÉOLOGIQl'E DE FRANGE. {Dal Giorn. Euganeo, anno I.°, n. 13.) M. de Collegno dans son Mémoire inseré au Bulletìn de la Sociélc Géologique (22 Janvier 1844) pense que le calcaire rouge ammoniiifère et le calcaire que j'appelle néocomien (lettre à M.r Villa, Padoiie 1813)appaitiennenl au terrain jurassique et ne font pas parlie du terrain créta- cé anquel les géolognes Véniliens les ont toujouis rappor- tés. Il est mèrae persuade que le calcaire siliceux des Al- pes Vénitienoes qu'on appelle Marmo majolica doit aussi rentrer dans le terrain jurassique quoiqiie ses fossiles dé- montrcnt son identilé avec la craie bianche supérieure de DOS Alpes et prouvent par copséquent qu'il est d'une da- te plus recente que le calcaire rouge aramonitifère qui lui est inférieur (Véronais, Val Pantena, Bellunais Calpia- ne). Dans ma Zoologie fossile, m'appuyant surl'existen- ce de quelques espèces fossiles, que je croyais caractéri- sliques de quelques lerrains et que depuis je reconnus propres à plusierus formations différenles , je torabai dans la mème erreur que M. de Collegno, associant quelques unes des roches du système crétacé au terrain jurassique, mais en séparaol toujours de ce dernier le Marmo majolica 116 LETTERA à cause de sa connexion evidente et du parallelisme de ses couches avec celles de la craie bianche supérieure, de la- quelle je l'aurais ftrtainement delaché, si en fixant l'àge de nos formalions^ au lieu de me servir (corame j'ai tou- jours fail) des caractères géognoslico-zoologiques, j'eusse seulement adopté (corame dit M- de Collegno) des distin- clion basées sur les seuls caraclères ci yctognosliques. Fai- sant dono constamraent usage des caraclères géognosliques et des caraclères zoologiques réunis, je fus à raéme de découvrir depuis 1813 que les glauconies et les calcaires grossiers des Provinces Véniliennes devaieot étre séparés des roches secondaires avec lesqiielles auparavant ils étai- ent confondus (Journ. de Padoue); et 1' année 1828 guide par les mèmes principes je prouvai l'exislence du lerrain terliaire racyen appuyé aiix roches pyrico-nepluniennes des monts Euganéens (Journ. de Padoue). C'est singulier que tandis que M- de Collegno trouve mes classificalions fon- dées sur les caraclères minéralogiques, M. Boué prélend au contraire qu'elles ont pour base uniquement lamélho- de géologico-zoologique (Mèra, géologiques pag. 124). L'observalion que les espèces fossiles que j'ai décriles en 1826 corame propres du Zechesteìn , chi Muschelkalh et de la craie, se trouvent pour la plupart dans le terraia jurassique de l' Anglelerre, est bien loin d'ètre exacle^car s'il est vrai que dans mes écrits poslérieurs j'ai dù mo- difier ce que j' avais dit dans ma Zoologie fossile, el re- trécir les limiies du calcaire alpin , il est d'ailleurs positif que je n'ai pas fait de mèrae pour le Muschelkalk, roche bien caractérisée par ses fossiles dans le haut Vicentin, à Falcade près d'Agordo, et à Borea dans le Cadore. Une panie aussi des terrains que dans le mème ou- vrage j' avais mis dans la forraation jurassique doit ren- trer dans le système crétacé , auquel je rapporte le cal- caire ammonitifère rouge, inférieur à la craie bianche^ el qui recouvre le calcaire à Rudistes que j'ai décrit dans DI T. CATULLO 117 une noie lue par le prof. Pilla au Congrès de Lucqucs. A propos de cette dernière roche que par sa position je eoiisidère comme le véritable représentanldu calcaire néo- comieii de la Franco qu' il me soit perniis de rappeler ici ce que j'ai dit dans celle Noie, par rapporl à un ju- gement émis par M. d'Orbigay. Ce célèbre paléonlologue, doni je possedè tous les ouvrages , soulienl qu' en France, en Italie et en plusìeurs aiitres pays la panie supérìeiire de la formatìon cretacee renferme toutes les T^ònes dans ksquellcs sont compriscs les Riidisies {Bull. Soc Géolo- gique Séance 24 Janvier 1842). Personne ne voudra ob- jecter qu'en France la posilion des liudistes ne soit telle que M. D' Orbigny Fa verifieé. Mais en Italie et parlicu- lièrement dans Ics Alpes Véniliennes les espèces des Hip- purìles et des Spheralites se ironvent abondamment dans une roche qui, je le rópèie, représenie le calcaire néoco- mien, par conséqueni elles apparliennent a la parlie infé- rieure du syslèrae crélacé et non à la panie supérieure comme on Fobserve en France- Cette anouialie selon moi diiliinuc aucuneraent l'imporlance des caraclères paléonto- logiqucs si nous aduiellons que la mer ait depose dans la méme epoque géologique et à des niveaux géognosti- gues diférents les mémes espèces d' animaux. C'est uo fail inconlestablc que dans le Frioul , le Bellunais, le Tré- visan et peut-élre aussi en Lombardie le calcaire à Rudi- stes se monlre inférieur au calcaire amraonilifère rouge qui est recouvert par la craie bianche de l'Alpago et de plusieurs autres endroits du Bellunais, et cela m'a conduit à supposer que, à la méme Epoque où la mer finissait de déposer le terrain crélacé de la France , celui de nos Alpes commmencait à se former. Retournaut à l'association failc par M. de Collegno d'une panie des calcaires crétacés, au syslème jurassique je me permellrail d'y faire les objeclions suivantes. Quant aux fossiles, (exceptées quelques espèces qui se trouvenl 118 LETTERA DI T. CATULLO également dans le calcaire rouge à ammonites et dans la craie bianche supérieure) je les ai trouvés tous cara- ctéristiques des coiiches moyennes et inférieures du syslé- me crelacé comme je Tai deja énnoncé dans le Catalogne des fossiles des Alpes Vénitiennes, présente aux membres de la Section de Geologie qui honorèreat de leur présen- ce le Congrès de Padoue de 1842 ; et quant à la posilion géognostique des roches qui coraposent le système crétacé je pense qu'on n'a pas encore bien calculé la portée des effets des anciennes ejections , pour pouvoir affirmer quel- que chose de décisif ou de concluant par rapport à leur géognosie. Les bouleversements et les redressements qu'eut à souffrir le système crétacé rendent très obscure la géo- gnosie du calcaire à ammonites rouge et pour longtemps on sera empeché de l' eclaircir si on n' admet pas des ren- versemens plus couiplets que ceux généralement admis ju- sques à présent par les géologues. Les points de jonclion entre les roches des deux systèmes crétacé, et jurassique soni très nombreux , et une fois qu' on aurait pu les bien distinguer on parviendrait aussi à enlever les anomalies doBt M. Boué a tant parie ^ c'est-à-dire qu'on découvri- rai la cause qui forca les espèces fossiles d' une ancienne forraation à changer leurs horizons géognostiques et on rapprocherait entre elles les observations jusques ici assez discordantes qui on été failes sur ies mèmes terrains dans le Tyrol , la Styrie et l' Italie. Prof. T. Catullo. RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL' ACCADEMU IMPERIALE DELLE SCIENZE DI PXETAÒBUaGO N< lon avendo ricevuto in tempo opportuno gli arre- trali del Bollellino della lodata Accademia, si dovette nel- l'Anno scorso desistere dall' inserire in questi Annali il sunto del Rendiconto delle di lei Sessioni, ed il quaderno di Aprile e Maggio alla pag. 333 contiene l'ultimo arti- colo che tratta di siffatta materia e che compie l'annata 1841. Per metterci il più presto possibile al corrente delle notizie scientifiche interessanti fornite da quella operosis- sima, e tanto celebre Accademia inseriremo la tradu- zione del Sunto del Resoconto per tutto il 1842, letto dal illustre Segretario perpetuo della medesima Sig. Fuss nel- la seduta pubblica del 1843, e già reso di pubblico dirit- to colle stampe, restringendoci però^ al solito, soltanto a quella parie dello Scritto che risguarda le scienze trattate in questi Annali. Fra i colpi che la morte ha portato in quest'anno, dice il celebre Segretario, alla repubblica delle lettere e delle scienze, noi pure contiamo parecchie perdite che più parlicolarmenle ci appartengono, avendo l' Accademia per- duto tre Membri onorarj , e cinque corrispondenti. Sono questi il Sig. Conte Carlo de Tuli ajutante di campo ge- nerale di S. M. l'Imperatore, e Direttore in capo delle strade di comunicazione, e dei pubblici edifici; i celebri Storici Sismondo de Sismondi di Ginevra, Hecreo di Got- 120 ACGAD. mP. DELLE SCIENZE tinga, e Wilken di Berlino; i Professori Engelhardt di Dorpat, Besser di Kièmènet,Mionnet di Parigi e Charmoy di Strasburgo. Riguardo alle nomine e promozioni il Dott. Peters, astronomo aggiunto nell' Osservatorio centrale di Pulkova, è stato nominato aggiunto in quello di Pietroburgo: il ce- lebre Jacobi , che prosegue con indefesso zelo le sue ricer- che d'applicazione del 'galvanismo, Accademico straordi- nario. Abbenchè la Classe Fisico-Matematica sia nell'Acca- demia rappresentata da un numero notabile di Cattedre particolari , ha ciò non ostante creduto necessario di intro- durre nel Personale dei Membri una importante modifica- zione. La Geognosia, e la Paleontologia, che nei moderni tempi hanno acquistata tanta estensione ed importanza da doverle quasi risguardare come Scienze nuove , non hanno ancora nella Classe particolari rappresentanti, e trovansi tacitamente comprese, per cosi dire, nelle altre scienze naturali, la mineralogia, la botanica, e la zoologia- Ma un cosiffatto accoppiamento, visto Io stato attuale di que- ste Scienze è un anacronismo non più ammissibile. Nella circostanza quindi della nomina del Sig. KupfTer al posto di Fisico, divenuto vacante quello di mineralogia, si fu indecisi a chi dare si dovesse la preferenza nella direzione principale di questa Scienza, il che indusse la Classe a domandare la fondazione di due seggi a parte per la geo- gnosia e la paleontologia, l gravi motivi sui quali la Clas- se ha potuto appoggiare una tale mozione furono debita- mente valutati pel retto sentire e la profonda dottrina delle superiori Autorità, e si sta ora discutendo sulla li- sta dei candidati da proporsi tanto per la mineralogia pro- priamente detta, 0 l'orittognosia, quanto per la geognosia e la cognizione degli animali e delle piante fossili. Venendo ora ai lavori accademici e limitandoci a quel- li risguardanti le Scienze Naturali li verremo esponendo DI PlETKOBl'RGO 121 coir ordine addotato dal più volle lodato Sig. Fiiss e colle stesse di Ini parole. 1. Astronomia e Geografia. Non è che dall' incomin- ciamento di quest'anno che si pnò dire avere l'attivila del nostro Osservatorio astronomico centrale acquistato «no sviluppo regolare in tutte le direzioni , traciate nei suoi Regolamenti. La rivista dell'emisfero celeste boreale rela- tivamente a tutte le stelle fisse fino a quelle di settima grandezza inclusivamente, ed alle stelle multiple, è stala condotta a termine nel novembre di quest'anno. Lo =copo di questa penosa operazione era da prima di far conosce- re tutte le stelle racchiuse nei limiti voluti colla loro po- sizione approssimativa in ascensione retta ed in declina- zione; in seguito di fornire dei dati esatti rapporto alla distribuzione delle stelle sulla volta celeste, e finalmente di scoprire , col mezzo della forza straordinaria del nostro grande telescopio, le particolarità di certe stelle isolate, e soprattutto di completare il catalogo delle stelle compo- ste. L'esecuzione di questo vasto lavoro richiedeva per quindici mesi continui la cooperazione simultanea di quat- tro osservatori. 1 Signori Giorgio Fuss, e Ottone Struve se De sono occupati costantemente, e dodici altri osservatori vi hanno preso una parte più o meno attiva succedendosi r un r altro regolarmente. Frutto di queste veglie astrono- miche fu la redazione di un catalogo di più di 18000 stelle dei nostro emisfero , distribuite per zone di 4° ciascuna in declinazione, ed un altro di 518 nuove stelle multiple, non comprese negli antichi cataloghi. Dei 518 nuovi sistemi di stelle 174 appartengono ai primi ordini, a quelli cioè in cui la distanza dei centri delle stelle componenti è mi- nore di un secondo in arco. Il catalogo di Dorpat non contava che 67 di questi sistemi. Questo solo risultato for- nisce una scala di confronto fra i due strumenti , quello cioè di Poulkova e l'altro di Dorpat. Una seconda prova della superiorità del nostro strumento è fornita dalla de- 122 ACCAD. IMP. DELLE SfilENZE composizione della brillante stella -y d' Andromeda, da lungo tempo risguardata come doppia , ed il satellite del- la quale recentemente si è ancora separato in due al- l' occhio esperimentato del Signor Struve juniore. Il Si- gnor Sabler si è occupato al circolo meridiano di Repsold della determinazione esatta dei luoghi di tutte le stelle, fino a quelle di sesta grandezza inclusivamente , tra il po- lo nord ed 15° di declinazione australe, ugualmente che delle altre che Bradley aveva osservato verso la metà del- l'ultimo passato Secolo. Il circolo verticale e lo strumento dei passaggi di Er- tel, confidali alle premure del Sig. Peters, devono fornire le determinazioni fondamentali, e servono principalmente alle osservazioni del sole; sono impiegati inoltre alla de- terminazione de' luoghi di 400 stelle brillanti , della luna e dei pianeti, ed il circolo verticale in particolar modo al- l'esame dell'altezza polare, della refrazione e della para- lassl della declinazione di diverse stelle brillanti. Lo strumento dei passaggi infine, stabilito nel primo verticale, strumento favorito , come si sa, dal nostro Astro- nomo Direttore , è stato da lui impiegato alla determinazione di uno degli elementi di riduzione i più importanti, voglio di- re del coefficiente costante dell'aberrazione della luce. In una nota letta all'Accademia il Sig. Struve ha dato la descrizione di questo apparecchio, egualmente che la riduzione provviso- ria d' una parte soltanto delle sue osservazioni, riduzione che gli ha fornito, per valore del coefficiente dell'aberrazione, la cifra di 20"47l col convincimento che questa cifra sarà esatta a variare tutto al piìi di un centesimo di secondO;, allorché si sarà fatta entrare nel calcolo tutta la serie del- le osservazioni istituite a questo effetto. Determinato una volta simile elemento con tanta esattezza, il nostro Astro- nomo si propone di impiegare lo stesso strumento a delle ricerche sulla paralassi. Sì sa che nel 1816 la Società eco- nomica di Livonia impegnò il Sig. Struve a istituire una DI PIETUOBIJRGO 123 caria astronomica di questa Provincia: dal 1816 al 1819 eseguì una tale operazione;, ed è stato questo lavoro che ha servilo di base matematica alla caria della Llvonia che fu pubblicata nel 1839 al Deposito topografico dello Stato Maggiore di S- M. Ora i dettagli di cotesta importante ope- razione non essendo stati giammai pubblicati, il nostro astronomo, dopo averli ridotti in addatlata forma, ne ha fatto omaggio all'Accademia, che si affretterà di dare la dovuta pubblicità al medesimo. Un altro lavoro geografico eseguito dal nostro Astro- nomo si è la formazione di un catalogo delle posizioni geografiche più importanti dell'Impero, lavoro pel quale ha egli dovuto riunire con diligenza quantità di materiali sparsi, e sottoporli ad un esame critico. Queste ricerche hanno fornito al Sig. Struve l'occasione di ricordare alcu- ni nomi quasi dimenticali nella storia letteraria del nostro paese, ed ai quali ciò non ostante era dovuta la loro par- te air onore di cui può vantarsi la Russia , d' avere cioè nel- r ultimo secolo sorpassati tutti gli altri Stati d'Europa nella fortunata applicazione dell' astronomia alla geografia. Tra i lavori più recenti di questo genere la memoria del Sig. Slruve accenna sopratulto gli eminenti servigi resi alla Geografia del paese dal Decano de' nostri astronomi il Sig. Wisniewsky. Il catalogo contiene le posizioni di 485 punti, 377 dei quali appartengono alla Russia Europea , il rima- nente all'Asia, ed alla costa nord-ovest dell'America. La memoria termina colla esposizione del piano di operazioni da istituirsi per l' ulteriore avvauzaraenlo della geografia della vasta nostra Patria- I Sig. Pelers ed O. Struve hanno consegnato in una Memoria la determinazione, fatta in comune, delT orbita della cometa scoperta da Galle nel 1839 nell'Osservatorio di Berlino. L'Ecclisse del Sole delli 8 Luglio passato, che in una zona attraversante la Russia Europea nella direzione 124 ACCAD. IMP. DELLE SCIENZE (la Dubno a Penza doveva essere totale , fu osservata in queste due città dagli aslroDomi di Yilua e di Kazan, e sopra tre punti intermedii vale a dire a Tcherninigov, Koursk e Lipelsk dagli astronomi di Kiev , di Mosca e di Poulkova. I Signori Struve jun. e Schidlovsky nel dubbio di potere, a motivo del cielo coperto, istituire le proget- tale osservazioni sull'ecclisse cercarono di utilizzare un tal viaggio anche con altre ricerche: essendosi premuniti di dodici eccellenti cronometri pel trasporto del tempo ;, con questo mezzo hanno determinalo^ o reltifìcalo, la posizione geografica di sei punti principali riferendola immediata- mente a quella dell' Osservatorio centrale. Questi punti sono: Novgorod, Mosca (osservatorio), Lipelsk, Voronè- je^ Riazan e Toula. La misura dei gradi di latitudine per le ore combi- nate del generale Tenner e del nostro primo Astronomo, abbraccia , tra Belin , governo di Grodno , e l' isola di Hochland un arco di meridiano di 8°2'. Dal 1831 si lavo- ra alla continuazione di questa operazione verso il nord per la Finlandia fino alla sua riunione colla rete Svedese che passa per la Laponia, ed il punto più settentrionale della quale Pahlawara ò di già situalo sul territorio Rus- so. La condotta di questa triangolazione era stata da pri- ma confidala, sotto la direzione speciale del Sig. Struve, a due abili officiali dello Stato Maggiore i Signori Oberg e Melan ; dopo il 1835 , egli è il Sig. Woldsledl che ne è stato incaricato, e che dopo un lavoro perseverante di olio anni è pervenuto ad operare la desiderala unione coi triangoli Svedesi, di guisa che presentemente l'arco di meridiano misuralo si estende dal 52°2" al 67''8' di latitu- dine boreale, ed abbraccia perciò un arco di IS^G'. È quin- di presumibile che in due o tre anni questa vasta intra- presa , tanto importante per la determinazione della figura della lerra, potrà essere interamente compita. 2. Fisica. Il 3ìg- Jacobi ha Ietto alla Classe fisico- I DI PIETROBURGO 125 malleinalica due riferii dettagliati sui suoi lavori d'appli- cazione del galvanismo alla galvanoplastica ed alla galva- nografia, alla accensione della polvere a grandi distanze, alla telegrafia, alla separazione dei metalli ed al movimen- to delle macchine. Questi scritti avevano per iscopo lo svi- luppo di ciò che si era sommariamente indicato nell'ulti- mo resoconto e risguardano perciò le occupazioni dell'illu- stre fisico nel 1841. Nel corrente anno poi ci ha dato il disegno e la descrizione di un nuovo voltagometro perfe- zionalo, ed in questa occasione ci ha annunzialo che S. M. l'Imperatore si è degnato d'incaricarlo definitivamente della erezione di un telegrafo elettro-magnetico tra Pietro- burgo e Tsarskoiè-Selo , lavoro che gli somministrerà i mezzi di fare delle esperienze, e di intraprendere delle ri- cerche, sopra di una vastissima scala, riguardo alla con- ducibilità tanto dei corpi rigidi impiegati a questo effetto, quanto del terreno in genere, e particolarmente del sriolo umido. Lo strumento denominato dal nostro Autore Vol- tagometro, e che altro non è se non se il suo regolatore a resistenza variabile ed a filo metallico, ma perfezionato mollo per le cure dei Signori Lenz e Nervander, promette di divenire utilissimo in questa qualità di ricerche: e dif- fatti se ne è egli servito per la determinazione degli ele- menti costanti della teoria delle pile voltaiche, vale a dire della forza elettro-motrice e della resistenza, lavoro che forma il soggetto di una nota letta alla Classe nella Ses- sione del 1 aprile. Un'altra nota letta in ottobre contiene il rapporto sopra diverse interessanti esperienze relative ai condotti galvanici, ed alle quali diede luogo, durante la slate, l'unione telegrafica tra il palazzo d' inverno e l' abi- tazione del Direttore in capo delle strade di comunicazione e dei pubblici edifici. Il lodato Sig. Jacobi poi non ha trascurato di seguire con occhio attento i progressi che altri distinti Soggetti fanno fare alle sue utili scoperte. Egli è per tal modo che ha reso conto con diversi suol rapporti 126 ACCAD. IMP. DELLE SCIENZE dei Lavori interessanti di S. A. I. il Sig- Duca di Leu- chtenberg in fatto di galvanografìa e di galvanoplastica ; del perfezionamento della prima di queste arti per le cure del Sig. Hoffmann di Copenaghen : dei saggi di galvano- plastica del Sig. Audinet a Nicolaies ; dei bei saggi di do- ratura ed argentatura galvanica effettuali mediante i pro- cessi del Signor Briant chirurgo dentista di questa Ca- pitale ; del metodo del Signor Jèvrèinoff per l' argentatu- ra del ferro di fusione, e di quello del Signor Kositsky per la palladìiira di oggetti metallici ; di un mezzo imma- ginato dal Sig. Werner per rendere incancellabili i disegni eliografici Dagheriani ec. ec. La scuola di galvanoplastica fondata dal Sig. Ministro delle finanze ha dovuto vivamente interessare il nostro collega, e si è con premura prestato all'invito di dare, correndo la stagione invernale , un corso pubblico sul galvanismo e l'elettromagnetismo nelle loro diverse applicazioni agli usi tecnici. Resta ancora a dirsi che, dopo molti tentativi influitosi, il nostro fisico è riuscito a scoprire un processo diretto di riduzione galvanica dell'oro e dell'argento allo stato perfettamente coerente e maleabile. Il primo saggio d' oro galvanico chimicamente puro fu offerto dall'Accademia al suo Augusto Membro Onorario, S. M. il Re di Prussia nella circostanza della sua visita all'osservatorio centrale nel giorno 28 giugno di quest'anno. Dello saggio era figuralo in forma di tabella ex voto avente sei pollici di lunghezza sopra quattro di larghezza e 4 di linea di grossezza^ e portava la seguen- te iscrizione — Q. F. F. F. Q. S. Aurum nativum, vi galvanoplastica nunc primum ita transformatum Fede- rico GuiLELMo IV , Borussorum Regi , indefesso scientiae et artis Fautori , hic praesenti , pie consecratum. Petra- poli A. MDCCCXLII. — Nel 1839 l'Accademia sul riferto del Sig. Lenz aveva munito il Capitano Eloliue , governatore in capo delle no- stre colonie d' America, d'un apparecchio per l' osservazione 1 DI PIETROBIJRGO 127 delle maree, costruito secondo un'idea particolare del Sig. Lulke nel nostro Laboratorio meccanico, e sotto l'immedia- ta direzione del lodato Sig. Lenz. Un tale apparecchio ha questo di particolare che registra da se solo, e senza il soccorso di un osservatore, le variazioni nelle altezze delle maree ; presentemente che col medesimo si è ottenula una serie di osservazioni valevoli a dimostrarne l'utilità il Sig. Lenz ne ha dato la descrizione munita delle opportune fi- gure. Di più in una serie di esperienze ha esaminato i fe- nomeni dello sviluppo del calore per la corrente galvanica , e ne ha determinato le leggi. Il Sig. Kupffer ci ha comunicato le osservazioni ma- gnetiche fatte sopra diversi punti della superficie terrestre durante una rimarchevole perturbazione dell'ago magneti- co che ebbe luogo li 25 settembre 1841; di più ha fornito ancora due estese Memorie di meteorologia, l'una sulla temperatura media di molti punti dell' Impero russo fa- cendo seguito ad altro lavoro di già pubblicato sullo stes- so soggetto; la seconda sul clima d'Arcangelo. Le città delle quali ha questa volta il Sig. Kupfl'er calcolala la temperatura media sono Tomsk, Pollava, Berdilchev, Ti- flis. Mosca, Jekalerinoslav , Taganrog e Nicolaìev. Si sa che la rete delle nostre stazioni meteorologiche si estende fino a Pechino dove il Sig. Gaschkèvitch , addetto alla mis- sione ecclesiastica, fa delle osservazioni regolari con de- gli apparecchi e secondo le istruzioni che gli furono date a questo effetto dall' Accademia ; egli è pure il Sig. Kupffer che si occupa del calcolo di queste osservazioni e di tanto in tanto ce ne informa. La ricchezza dei nostri Archivii meteorologici, dei quali l'Accademia è depositaria, gli ha fatto nascere il desiderio di pubblicare annualmente in lin- gua russa e francese , le medie delle osservazioni inviate all'Accademia, diffondendo così in modo più pronto ed ef- ficace i risultati olienuti dai nostri meteorologi russi. Le ricerche sull' andamento medio della temperatura di un luo- 128 ACCAD. IMP. DELLE SCIENZE go qualunque, dedotta da numerosa serie d'osservazioni, e dal ravvicinamento sincronico d'altri dati meteorologici, possono senza dubbio condurre un giorno alla scoperta de- gli agenti terrestri che determinano le particolarità locali e le anomalie che ne' diversi anni offre il clima d' una stes- sa località. Il Sig. Madler Prof, d'astronomia a Dorpal ha sotto- : posto ad un calcolo comparativo le osservazioni di Berli- no , Pietroburgo ed Arcangelo e ne ha dedotto l' andamen- mk to della temperatura media di queste città, comunicando- ■ cene i risultati in due note distinte. Il Sig. Koppen che , nella sua qualità di statico è pure chiamato a dirigere la sua attenzione sui rapporti clima- tologici della nostra patria, ci ha presentato una notizia del Sig. Steven sui cangiamenti di livello osservali nei pozzi del distretto di Melilopol in Tauride, accompagnandola delle proprie osservazioni intorno diversi oggetti di fisica e d'economia rurale nei paesi situali tra il Dnieper infe- riore ed il mare d' azov. Ha pure presentato una Memoria del Sig. Tectzraann , amministratore dei dorainii del Duca d'Anhalt-Cothen nelle Tauride, sul clima, suolo, vege- tazione ec. delle steppe della Piussia meridionale. Ad istanza del Sig. Baer il Sig. Conlramiraglio Wran- gell ha avuto la compiacenza di dirigere alcune domande a Jakoutsk onde conoscere lo stato in cui presentemente si trova il pozzo scavato da Cherguine , come pure per avere dei dati sui pozzi somministranti acqua e situali nella maggior vicinanza di Jakoutsk- Le risposte dimostrano che il pozzo Cherguine è stato con tutta la diligenza conser- vato, che i pozzi ad acqua sorgiva mancano generalmente lungo l'Aldan egualmente che a Olekminsk ed a Vitirask sulle sponde del Lena. Non se ne trovano che a Kirensk ed a 100 verste di là discendendo il fiume, dunque a 68"* latitudine nord circa ; sembra quindi probabile che il suolo continuamente gelato si estenda senza inlerruzioce fino al Jablonnoi-Khrebet. DI PIETROBURGO 129 Il Sig. Cliopin, impiegalo nel minislero dei Dorainii, in un soggiorno prolungato nel Caucaso ha sapulo Irar pro- fitto in modo lodevolissimo dal suo talento e dai momenti d'ozio^ ed ha offerto all'Accademia la carta climalologica delle Provincie transcaucasiche unitamente a delle note illu- slrative, lavoro che tra non mollo sarà reso di pubblico diritto a spese dell'Accademia. Il Sig. Knorr prof, di Fisica a Kasan ha dato la de- scrizione e la figura di uno strumento destinato a misurare la celerità della corrente di un fiume; e che potrà forse essere applicato alla determinazione della quantità d'acqua scorrente pel Volga. Finalmente il Sig. Borrenius di Finlandia ha determi- nato^ e consegnato nel nostro Bulletlino^ il calcolo delle osservazioni falle da diversi viaggiatori mediante il pendolo costante per la determinazione dell'appianamento della ter- ra, lavoro già annunziato nell'ultimo Resoconto. ( sarà continuato ) -UUU>9<^^M>- N. Ann. Se. Natlu. Sf.rie II. Tom. 2. Brandt I. F. De Cetotherio, novo Balaenarum familiae genere in Rossia meridionali ante ali- quot annos effosso. Memoria letta all' Impe- riale Accademia delle Scienze di Pietroburgo li 21 Ottobre 1842. Sunto tolto dal Ballettino della Classe Fisico-Matematica della detta Ac- cademia Tomo I. Pietroburgo 1843, in quarto pag. 146. r^rego r Accademia a rammentarsi, dice l' illusile Naturalista di Pietroburgo, che il secondo tomo delle sue Memorie dei Dotti stranieri una ne contiene del Rathke nella quale questo distintissimo Scienziato ha dato la suc- cinta descrizione di un frammento di cranio di un anima- le antidiluviano da lui osservato nel Museo delle antichi- tà di Kertch, frammento che suppone provenire da un cetaceo vicino ai Balenotteri. Nel leggere il lavoro del Ralhke prima della sua pub- blicazione nelle Memorie dell'Accademia non esitai ad ab- bracciare il parere del celebre naturalista di Dorpat, e questo tanto maggiormente in quanto che la osteologia delle balene, e dei cetacei in genere, aveva formato sogget- to di particolari ricerche da me fatte nel Museo di Berli- no e che inserii nella Zoologia Medica (1) pubblicata in unione col mio amico Rat^eburgh. Eichwald parlando nel Bulletiino della nostra Accade- mia (T. IV. p. 257. 1838) degli avvanzi di Dinoterii e di (() Medizische Zoologie von J. F. Brandi und J. T. C. Ratzeburg Berlin 1829. NUOVO GEN. DI BALENA DI I. F. BRANDT 131 alcuni allri animali vicini osservati in Russia fu ili parere che l'animale descritto dal Rathke doveva piuttosto essere collocato presso i Trichechi e Dìnoteri aggiugnendo, che le due vertebre , i tre frammenti di coste e l'osso di un dito di un cetaceo fossile della Crimea, depositali nel Museo della Società Mineralogica di Pietroburgo, appartenevano alla stessa specie di animali. Due anni dopo la pubblicazione di questi risultati Eìchwald in un' altra memoria (1) mutò di parere tentando di mostrare che le ossa da lui descritte nel citalo Bulleltino dell'Accademia (due delle quali ri- guardate quali frammenti di coste sono piuttosto, giusta il parere del de Baer , porzioni di mandibole) apparte- nevano ad un nuova specie del genere Ziphìus ,ùa. lui de- nominata Zìph. priscus. Per la munidcenza di S. M. Imperiale 'essendo stalo il Museo della nostra Accademia arricchito di molti fram- menti d'ossa di Mammut, e dì alcune ossa di un cetaceo scavate presso Anapa consistenti in una porzione di sca- pula, in un omero ed in una vertebra caudale, quest'ul- tima presenta una singolare rassomiglianza alle vertebre descritte da Eìchwald- Facendo calcolo di questa rassomiglianza, ed osser- vando in singoiar modo i frammenti di mandibola che il Sig. de Wòrth Segretario della Società mineralogica di questa città ha avuto la compiacenza di mettere a mia di- sposizione , mi è sembralo che gli avvanzi del cetaceo con- servati nel Museo della dotia Società non potessero ap- partenere e verun genere deIJa famiglia dei Delfini tra i quali deve pure essere collocato il genere Ziphius , ma che piuttosto dovessero essere riguardati come appartenenti ad una specie della famiglia delie Balene. Onde procurare fermo appoggio a siffatto parere ho (1) Die Vrìi^dt Russlands, St. Petersburg 1810, He fu I. p. 31. 132 NUOVO GENERE DI BALENA creduto essenziale, continua sempre l'Accademico, di os- servare di nuovo il cranio descritto da Rathke, è l'Acca- demia alla quale partecipai questo mio desiderio ottenne da S. E. il Sig. de Perowschy Ministro dell'interno un ordine pel Museo di Kertcli di qui spedire tutte le ossa fossili in discorso. In questo modo ho io potuto osservare direttamente non solo il cranio descritto da Rathke, ma di più otto vertebre appartenenti alla stessa specie , due considerevoli pezzi di mascella;, un frammento della parte media dell'osso mascellare, ed un intermascellare quasi completo. Onde poi istituire un esame rigoroso del teschio^ che ad eccezione della punta del muso presenta tutte le ossa in uno stato di perfetta conservazione, fu necessario toglie- re con diligenza il calcare estremamente duro inviluppan- te tutte qiasi le parti della testa stessa, lavoro penosissimo e nel quale spesi più di tre settimane. Presentemente però ho la soddisfazione di potere con certezza decidere la qui- slione relativa ai cetacei antidiluviani della Russia meridio- nale, ed ho l'onore di presentare all'Accademia una Me- moria contenente lutti i necessari dettagli concernenti un tale oggetto, ed alla quale vanno unite le figu e del cra- nio, delle vertebre, d'un omoplata e di un omero, figure eseguite colla maggior diligenza. Questa memoria oltre l'estesa descrizione delle ossa di cotesto cetaceo fossile confrontate colle parti analoghe delle specie viventi del nostro Museo ugualmente che colle osservazioni e le figure relative alla osteologia dei cetacei pubblicate da parecchi distinti Naturalisti , contiene nello stesso tempo delle ricerche del posto che deve occupare questo animale fra gli altri cetacei. Ho dimostrato in sin- goiar modo che deve essere collocato nella famiglia delle Balene nella quale forma un gerftre particolare che deno- mino Cetotherìum genere per moltissimi caratteri distinto non solo dalle Bal^e-^ma dai Balenotteri ancora coi quali offre le maggiori' somiglianze. DI I. F. BRANDT 133 Siccome le vertebre, e singolarmente i frammenti di mandibole descritti da Eichwald presentano alcuni caratte- ri che forse potrebbero indicare una differenza specifica, con siffatti materiali non ardisco ancora di attribuire con sicurez- za all'animale di Rathke le ossa che determinarono i'icftwaZrf a proporre il suo Ziphius prìscus , il quale provisoria- mente deve essere consideralo come specie dubbia del ge- nere Cetoterio (Cetotherium priscum?), e l'animale il di cui cranio fu prima d'ogni altro veduto da Rathke rice- verà il nome specifico di Cetotherium Rathkii. k DEGLI SCIENZIATI ITALIAl^I In conformila di quanto venne da noi pubblicato nel giorno 11 del passato febbrajo si ricorda ai signori Scien- ziati, i quali si propongono d'intervenire al futuro Con- gresso , che il solenne aprimento del medesimo avrà effeito il 12 del prossimo settembre nell'I. R. Palazzo delle Scien- ze, Lettere ed Arti in Brera , per concessione dell'I. R. Governo assegnato alle adunanze sì generali, che speciali di ciascuna sezione, come pure a residenza degli ufficii del Congresso medesimo. Preghiamo quindi i signori in- tervenienti , al loro primo arrivo in questa Capitale, di voler trasferirsi al detto Palazzo (ove incominciando dal giorno 7 di settembre si troverà aperto un apposito ufficio per le ammissioni) onde esser inscritti nell'elenco dei Membri della Riunione, ed avere quelle indicazioni di cui potessero abbisognare , sì per riguardo al provvedersi d'al- loggio , come per altro che abbia relazione alla loro di- mora in Milano. Per graziosissimo assentimento di S. A. I. e R. il Serenis- simo Arciduca Viceré è destinato l' appartamento superiore dell' I. R. Palazzo detto del Marino alle conversazioni serali degli Scienziati, e per le mense comuni giornaliere ven- nero disposte parecchie sale nell'I. R. Collegio Longone. Abbiamo fiducia che le esperienze le quali verranno istituite in conseguenza del programma Municipale del 18 SESTA BIUN. DEGLI SC ITAL. 135 settembre 1843 siano per riescire degne dell'attenzione dei dotti alla cui presenza dovranno eseguirsi. Aggiungendosi a queste le dimostrazioni di alcune so- cietà e di alcuni privati , si ha non dubbia prova che Milano saluta l'avvicinarsi del sesto Congresso Scientifico siccome quello di un avvenimento lungamente desiderato, e che ogni ordine di cittadini si associa al Municipio nel rendere omag- gio alla scienza, accogliendo con unanime esultanza quegli eletti ingegni che in Italia e fuori , ne propagano il culto e l'illustrano coi loro nomi. Milano, 27 luglio 1844. IL PRESIDENTE GENERALE VITALIANO CONTE BORROMEO IL SEGRETARIO GENERALE DOTT. CARLO BASSI. DALLA CLASSE FISICO-MATEMATICA DELLA REILE ACCADEMIA BAVARESE DELLE SCIENZE DI MONACO Aja Classe Fisico-Materaalica della R. Accademia Ba- varese delle Scienze propone a tema da premiarsi: Si determinino i pesi atomici dello zolfo, ferro e rame, preso quello dell'ossigeno per unilà, e propriamente in gnisa che ognuno di questi pesi atomici sia esclusivamente dedotto da tutte le unioni cogli altri sopradetli corpi ele- mentari. Deve istituirsi, qualunque sia il metodo che si adotterà, un buon numero di proprie osservazioni, in parte per ottenere col mezzo di esse un valor medio ba- stevolmente sicuro, ed in parte ancora per conoscere la deviazione di ogni esperimento dal medio. Tutte le ottenute determinazioni di peso devono ridursi allo spazio vuoto di aria secondo i melodi e le tavole di Bessel. Da tutte le serie di osservazioni devono di poi, avuto riguardo al suf- fragio di preferenza de' singoli metodi , dedursi i più veri- simili valori de' predetti corpi elementari ed i limiti di si- curezza nella loro determinazione, giusta il metodo de' mi- nimi quadrati. Le osservazioni hanno da presentarsi nella forma originale ed in modo che ogni numero influente sul risultato possa seguitarsi fino all'indicazione e descrizione originale dell'esperimento. ACCAU. DELLE SC DI MONACO 137 La Classe si è determinala a proporre l' esposto Tema in forza delie segitenli considerazioni : Nel calcolare le analisi cliimiclie i^iusta i pesi atomici, e particolarmente nelle ricerche sopra corpi organici , suc- cede non di rado il casO;, che la differenza ira il calcolo e l'osservazione si è maggiore di quanto avesse dovuto aspettarsi, avuto riguardo alia diligenza adoperata uell'e- sperimenlo. Nelle complicate combinazioni giusta i pesi ato- mici si può persino restare in dubbio, se un dato rappor- to numerico meglio del suo più vicino si applichi all'osser- vazione. Questa differenza nasce in parte da' difetti del- l'esperimento, ma in parte ancora dalla incertezza delie determinazioni rispetto a' pesi atomici. Ma siccome l'incer- tezza de' differenti pesi atomici è diversa e cresce col loro numero nelie combinazioni, così essa può avere una gran- de influenza sul risultato , anche allorquando 1' errore nella semplice determinazione atomistica sia piccolissimo. Per potere conseguentemente distinguere qual parte abbia la determinazione de' pesi atomici nella differenza tra il calcolo e l'osservazione, e per vedere se codesta in- certezza sia propria di essa determinazione, oppure ap- partenga all'analisi, si richiede, non solo di conoscere con esattezza i pesi atomici, ma eziandio di sapere il quanto le loro determinazioni possano, probabilmente, deviare dal vero. I pesi atomici sono per verità dedotti da osservazioni numerosissime ed in parte diligenti; e se da tulle le osser- vazioni fossero dedotti col calcolo quei valori che corri- spondono il più da vicino alle esperienze, si potrebbero al certo ottenersi essenzialissimi miglioramenti nelle loro de- terminazioni. Ma frattanto i diversi metodi di determina- zione si appoggiano sopra osservazioni aventi suffragio di preferenza troppo disuguale, perchè possa attendersi dal frullo di questo importante lavoro un risultato al tatto soddisfacente. Si è quindi veduta l' opportunità di dar luogo , raedian- 138 ACCAD. DELLE SC. DI MONACO te questo Programma a nuove determinazioni il più possi- bilmente precise , affine di dar principio con ciò allo stabi- limento fondato e completo dei pesi atomici e dei limiti della loro sicurezza. La scelta de' prenominati quattro corpi elementari fu promossa in parte dal frequente biso- gno e dall'utile loro impiego, ed in parte ancora dalla considerazione che i medesimi corpi , tranne il ferro ed il rame , tutti contraggono reciprocamente molteplici e deter- minate combinazioni; e potranno perciò fornire più serie di equazioni di condizione. Del resto i pesi atomici, notoriamente^ costituiscono de' rapporti immutabili in natura e sono attinenze natu- rali costanti. L'importanza scientifica della loro investiga- zione;, per quanto sia possibile, ben fondata, non abbi- sogna quindi di altre prove. Le Memorie concorrenti possono essere scritte in lin- gua tedesca o francese o latina, e si spediscono alla R. Accademia delle Scienze in Monaco , accompagnate da una scheda sigillata contenente il nome dell' Autore e contrad- distinta da un motto, al più tardi fino al 1° novembre 1845. Il giudizio sul merito del premio alle Memorie spe- dite avrà luogo nella seduta pubblica della R* Accademia, la quale si terrà il 28 marzo 1846. Il premio è di 100 zecchini. ANNUNZI DI NUOVI LIBRI PUBBLICAZIONI RECENTI DELL'ACCADEMIA IMPERIALE DELLE SCIENZE DI S. PIETROBURGO MEMORIE presentate all'Accademia da diversi Dotti , e lette nelle sue adunanze. Quaderno 5.'' del Tomo iv' Pietroburgo 1843, in 4° ScHULTEN — Memoria sulle refrazioni e riflessioni sotto angoli d'incidenza piccolissimi, pag. 381 al 444 scritta in lingua francese. De Besser Wilibaldus — Monographìae Artemisiarnni Sectio I Draciìnculi. pag. 445 al 488 con XIII tav. litografiche in fol. rappresentanti 1. V Artemisia Koelreuteriana Bess. — 2. Art- salsoloìdesW\\\(ì. 3. Art. Halodendron Turtsclian — 4. Art- Lunata Lamk. — 5. Art. Trautvetteriana Bess. Far. cer- nua Bess. — 6. Art. variabilis Tenor. — Far. nea- politana — 7. Art. variabilis Ten. Far. ^ catalo- nica mila - 8. Art. paniculata — 9. Art. arena- ria Del. — 10. Art. odoratissìma Desf. — ll.^n. glutinosa Gay. — 12. Art. Tcherneriana Bess. — 13. Art. monosperma Belile. MEMORIE dell' AccAD. Imp. ecc. VI Serie. Scienze Na- turali. Quaderno 1.*' e 2.° del Tom, V. Trinius et Rupreciit — Gramina Agrostidca. III. Cal- lus obconicus (Stipacea) pag. 1-189. Scienze Matematiche e Fisiche. Quaderni 1. 2. e 3. del Tomo III. Pietroburgo 1842 e 1843. Scienze Politiche , Istoriche e Filologiche — 1.2. e 3. Quaderno del Tomo VI Pietroburgo 1843 in 4.°. I 140 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI COLLEZIONE degli Alti delle Sedule pubbliche dell' Ac- cademia Imp. ecc., tenule li 31 Dicembre 1841 — 30 Dicembre 1842, e della seduta solenne in onore del Presidente Sergio Ouvaroff delli 12 gennaio 1843 Pietroburgo 1843 in 4.» di pag. 229. BULLETTINO SCIENTIFICO pubblicato dall' Accademia Imperiale ecc. Tomo X. Pietroburgo 1842 in 4.^ con dieci tavole. BOLLETTINO della Classe Fisico-Matematica dell' Accad. Imperiale ecc. Tomo I. Pietroburgo W. Grafi", e Lipsia Leopoldo Voss 1843 in 4.*^ con tre tavole. ABHANDLUNGEN ecc. MEMORIE della R. Accade- mia delle Scienze di Berlino dell'anno 1840. Berlino dalla tipografìa dell' Accad. 1842. in 4.** Questo grosso volume comprende al solito le tre classi di Fisica^ di Matematica, e di Filologia e Storia, con fron- tispizio, indice e paginatura a parte. La Sezione di Fisica contiene le seguenti memorie scritte tutte in tedesco. Klug — Sugli insetti della famiglia Heterogyna Lat- e e particolarmente del genere Thynnus F. (letta al- l'Accad. li 6 febb. 1840) con tavole e figure colo- rate pag. 1-44 Sessanta sono le specie descritte dall' aut-, con frase latina;, in questa monografia, pa- recchie delle quali del tutto nuove, e la maggior parte provenienti dalla Nuova Olanda, Sul fine della Mem. descrive an- cora due Sp. del Gen. Aelurus cioè 1' Ael. nasutus , e 1' Ael dypeatus. Le Specie poi rappresentate con eleganti ed esatte figure nella tavola sono: il Thynnus variabilis ANNUNZI DI NUOVI LIBRI HI Leach masch. e fem.; T. variegaius Kl. T. obscurus Kl. T. clitellatus Kl. T. la- teralis Kl , T.haematodes Kl mas. e fem., T. philanthoides KL, T. Laetus Kl , Aelurus nasutus masch. e fem. KuNTH — Alcuni articoli ad illustrazione delle aroidee (letti li 13 febb. 1840). . pag. 45-62 Dello stesso — Sui generi della famiglia del- le Erìocaulee (lette li 25 Febb. 1841). w 63-90 Dello stesso — Sulle Majacee — Mayaca Jubl. (Art. letto nel giorno sudd. ) . n 91-94 Karstner — Chimica composizione dei corpi , sesta mera. (Ietta all'Accad. li 19 Novem- bre 1840) » 95-136 Link — Sulla struttura delle Felci, terza mem. con tav. colorata (letta li 19 marzo 1840) w 175-186 MuLLER — Osservazioni tendenti ad illustrare Io sviluppo dell' ovo nel pesce cane, o squadro (lette all'Accademia li 11 aprile 1839, e li 6 Agosto 1840) .... » 187 257 A questa mem. sono unite sei tavole: nella prima è rappresentato l'uovo, e l'embrio- ne ingrandito del Mustelus ineWa seconda l'ovo del 31ust. vutgaris , la figura tolta da Stenone, della placenta del suo Galeus laevis , ed una parte dell' utero , od ovidutto del Musieliis /flcr;ii;nella terza i feti e le loro pertinenze del 3fustclus laevis e vulgaris ; nella quarta la placenta fetale ed uterina del 3f. laevis : nella quinta il feto , le placente, i vasi di comunicazione , e il tubo digerente di un feto di Cliarcarias (Prionodon) ; nella sesta infine la sezione ingrandita ideale della placenta fetale ed uterina del muste- lus laevis, non che il guscio dell' ovo della 142 AKriLNZI DI NUOVI LIBRI Platyrhìna Schoenkinii e della Chimera o Calorhynchus. Klug — Illustrazione dei generi e delle specie dei deridi , famiglia d' insetti dell' Ordine dei Coleotteri (letta all'Accad. li 17 Ago- sto 1837). Memoria illustrata da due tav. contenenti le figure colorite di 32 specie, la maggior parte nuove, dei generi Tillus, Clerus , Ptychopterus , Erymantus, Co- rynetes , Cylistus, Enoplium, Cylidrus , e Trichodes pag. 258-397 MEMORIE ecc. dell'anno 1841. Berlino. 1843 in quarto. Memorie di Fisica Parte I. De Buch — Delle conchiglie del Gen. jPro- ductus 0 Leptaena con due tav. in 4.o rap- presentanti in diversi aspetti le specie de- nominate — Pkoducti's comoides — P. li- maeformis — P. antìquatus — P. puncta- tus — P. aculeatus — P. spinulosus — P. plicatilis e P. -fimhriatus .... » 1-40 Karsten — Sull'intensità dell'azione chimica dei Corpi (Mem. settima) » 41-57 Magnus — Dello sviluppo del gas mediante il calore con lav « 59 - 84 Dove — Della induzione mediante ferri elet- tro magnetizzati, con tavola . . . . n 85-176 MtìLLER — Anatomia del Pentacrinus caput 3Iedusae, con 6 tav in 4.° ... . » 177-248 Weiss — Sul sistema cristallino deìVEuklas, con tav. in 4." w 249-282 EuRENBERG — Estcnsionc ed influenza della vita degli animali microscopici nell' America AMKUNZI DI NUOVI LIBUI 145 meridionale e settentrionale, con 4 tavole in foglio pag. 291-445 Parte II. Neumann F. e. — Leggi della doppia refrazio- ne della luce nei corpi non cristallini di- versamente riscaldati, con tav. in 4.° . m 1-264 Parte III. lIoFFMANN I. G. — Statistica della Popolazione, delle nascite, dei matrimoni , e delle morti avvenute nel Piegno di Prussia dall'anno 1820 al 1834, fondata sulle tabelle ufficiali del Bureau statistico di Berlino, che con- sidera tutto lo Stato separato in 70 parti- colari divisioni ; . . . w 1-285 Untersuchungen iiber die Fauna etc. . . . Ricerche intorno alla Fauna Peruviana ^ dietro un viag- gio nel Perù durante gli anni 1838-1839-1840 1841-1842, del Dott. J. J- Tschudi membro di parecchie Società Scientifiche. — In 4 grande ^ 12 dispense fornite ciascuna di 6 Tavole ele- gantemente colorite, — Fiorini del Reno 4 , os- sia Talleri 2; grossi di argento JO per fa- scicolo. — Ara lulte le cognizioni che lo spirilo umano coliiva, dice nel manifesto d'associazione 1' Editore di questa Fauna interessante, niuna ve ne ha, che più variamente lo dilet- ti, di quella delle cose naturali; poiché la natura oifre sempre delle novità. È quindi fervido 1' interessamento che svegliano le Scienze naturali , Scienze estese più d'ogni altra. Non è né forza di moda, né una schiava im- initazione^ che abbia anche a' giorni nostri, inspirato tanto interessamento e tanta cura per quelle Scienze : è invece una inclinazione verso le cose nuove ed utili profondamen- te scolpita in ogni animo men rozzo , è l' influenza dello studio della natura, il quale siccome utile in mille guise, e necessario alla vita comune, solleva più d'ogni altro, e dà vigore al cuore, occupa soavemente lo spirito ed è pro- digo a dovizia di frutti e ricompense generose. Queste cagioni, hanno indubitatamente cooperato, an- cora nella deliberazione del viaggio sovraenunciato. Poiché se per quanto spetta almeno alla letteratura, si è secon- SULLA FAUNA PERUV. DEL DOTT. J. ì. TSCUUDI 146 data quella tendenza autobiografica che tanto dislintamenle ha dominato, pel corso di parecchie decine di anni, (prin- cipalmente dopo Carsten, Niehuhr) nel dirigere siffatti viaggi, vi ha pure avuta la maggior parte il desiderio di studiare a fondo i prodotti stessi della Natura, e di venire dimostrando le prodigiose sue forze, e le immense ric- chezze che lasciano, e lascieranno per lungo tempo, uber- tose messi da raccogliersi ai più diligenti scrutatori della medesima. Laonde è chiaro, che per tal motivo negli ultimi tem- pi hanno avuto a rallegrarsi di visite diligenlissime quei Paesi , cui fu tanto straordinariamente prodiga la natura di tanto svariati prodotti , siccome quelli della Zona torrida. Non è già che i Paesi delle altre Zone, siano campi ira- meritevoli della diligenza dei naturalisti; né che l'Euro- pa, proporzionatamente ben corredata di naturali produzio- ni, sia già esausta, né più somministrar possa interessanti novità; ma la splendida sovrabbondanza delle Indie, e di altri territori intertropicali , offre uno irresistibile alletta- mento ad ogni amatore delle Scienze Naturali, e promette all'investigatore tanta copia di premio e di bottino, che non può resistere al desiderio di visitare e percorrere cosi ricche e fertili regioni. E non è solo la incomparabile pom- pa ed abbondanza del regno animale e vegetabile , che nei paesi caldi, fermi e rapisca l'occhio e l'anima dell'osser- vatore; noi Europei dobbiamo alle estese cognizioni acqui- stale in quelli, l'ampliamento non comune né prima pre- sentito della sfera del nostro sapere. La scoperta d'Ame- rica non forma essa forse epoca non solo nella storia del Mondo, ma eziandio nciravvanzaraento della Medicina, dell'Antropologia, della Fisica, della Tecnologia e di mol- te altre scienze d'utili applicazioni? Non abbiamo noi di là imparato a giovarci dr naturali prodotti di tutti i tre regni della Natura, i quali ci servono ora d'uso quotidiano anzi ci sono indispensabili? E di quanta importanza noo N. Ann. Se. Natcr. Serie II. Tomo 2. 10 146 SULLA FAUNA PERUVIANA è per la statistica d'Europa, la scoperta dei pomi da terra, delle miniere dell'oro e delT Argento? Fu appunto nella patria di questi prodotti, in que- sto ricco ed inesauribile serbatojo di tutti i tesori delia Natura, che si estese il viaggio, la cui vicina pubblicazio- ne, annunziamo in questo Manifesto. L'America meridio- nale, al cui solo nome palpita il cuore di ogni amatore delle cose naturali, fu il teatro d'un viaggio di 5 anni, e sul risultato del quale vogliamo richiamare in preceden- za l'attenzione del Pubblico, e nel l'^/Tzeréca meridionale, non il già noto Brasile e il Paraguay, ma il Perù, an- cora quasi del tutto sconosciuto per noi Europei, e che solo da poche decine di anni fornì subjetto a ricerche profonde spettanti alle Scienze naturali. Di questo maravi- glioso Paese, abbiamo già (sebbene poche e soltanto spe- ciali) alcune relazioni spettanti alla Storia naturale scritte in antico Spagnuolo. Hànke, Mutis , Rui'^, D. Savon , Domhay , parlarono già con distinto zelo, e fertilissimi risultati^ delle Piante del Perù, e la relazione delle loro ricerche, esposta in una splendida opera, ridonda a loro sommo onore, non meno che ad onore del Regno Spa- gnuolo, che comandò e il viaggio e la pubblicazione del- l'Opera. Siccome però lo scopo principale dell' intrapren- dimento di tale viaggio, era per lo appunto la cognizio- ne di alcune piante ofFicinali molto importanti , la pre- cisa conoscenza ed origine delle quali doveva stare mol- to a cuore alla Madre Patria, questa perciò fu solle- cita ad inviare a tal fine distinti naturalisti verso le sue Colonie sulle coste occidentali dell' America meri- dionale , riesce quindi facilmente intelligibile come nel Perù solo la Botanica abbia fatti grandi progressi. La Zoologia era assolutamente trascurata e non conosciuta che in piccolissima parte. Nessuno degli antichi naturalisti si era tanto occupato di essa nel Perù quanto Hernande^ nel Messico , Don Felice de Acosta nella Republica di DEL DOTT. I. J. TSCHUDl 147 Buenos Ayres , o il Padre Molina nel Chili, sebbene le collezioni fatte nel Perù, non debbano certamente essere state meno ricche ed interessanti , di quelle ricevute dalle altre Colonie della America meridionale. La Geologia e la Geografia Fisica, delle cni impor- tanti e felici deduzioni nella parte settentrionale dell'Ame- rica meridionale siamo debitori alle grandiose ed inge- gnose ricerche del Barone di Humboldt, erano pure po- chissimo conosciute, sebbene fossero divenute oggetto di profonde ricerche nel Perù, allorquando la guerra, tanto funesta a questo Paese , die bensì libero passaggio agli Europei, ma pei continui interni disordini, e per gli incessanti cambiamenti civili , espose i dotti viaggiato- ri ad ostacoli quasi insormontabili , ed a pericoli innu- merevoli. Questa è una delle principali cagioni, per cui la Costa del Perù, oT Unione occidentale delle Cordiglie- re, fu investigata e conosciuta da viaggiatori assai più pre- sto della porzione interna infinitamente più doviziosa, e che rinchiude in se stessa i Climi più variati della Terra: deserti di sabbia ardente, vicino ad ubertose valli inesau- ribili ; roccie coperte da eterna neve presso pianure ferti- li e deliziose; lande selvaggie disabitate, a Iato ad Oasi ristoratrici , s'incontrano ad ogni tratto in questo Paese prediletto dalla Natura. Le grandiose spedizioni delle na- vigazioni intorno al Mondo, inviate negli ultimi 40 anni dai Regni di Russia, d'Inghilterra, e di Francia, ed affi- date mai sempre a celebri naturalisti , hanno contribuito in modo particolare alla più precisa cognizione della costa testé nominata. Chi ignora quanto vi abbiano contribuito Forster, Eschschol%, Chamisso , Lesson, Garnot, Quoy e Gaimoar , Meyen , Eydoux , ed altri? Ma queste ricerche si limitavano ad una regione molto ristretta , e l'interno as- sai più ricco, rimase quasi affatto sconosciuto. Meyen ^t- rò fece una corsa verso Puno od ^rc^yuir;?^, ed arricchì la Zoologia^ e la Botanica di parecchie scoperte; ma il lem- 148 SULLA FAUNA PERUVIANA po da impiegarsi in codeste ricerche era purtroppo misu- ralo e breve. Il Ciiiarissimo Doti. E.Póppìg dopo essere stalo pa- recchi anni nel Chili si recò in qualità di Naturalista e Letterato anche al Perù. Ciò che egli fece nel tempo di sua dimora in questo Paese, riguardo alla porzione, assai piccola in proporzione di quella che aveva di già percorso, ci fa credere, che egli non potè far soggetto di profonde ricerche tutto il Paese. La Botanica specialmente è debitrice a Pò;t?;7i^ di considerevoli ampliamenti. Il Naturalista fran- cese Alcide d' Orbigny fece pure un viaggio scientifico nella America meridionale, dall'anno 1826 sino al 1833, il risultato del quale viene fatto al presente di pubblica ragione. Collocalo nelle più favorevoli condizioni dal Go- verno Francese, e giovandosi di tutto l'appoggio^ non che dei necessari soccorsi , particolarmente riguardo al trasporto degli oggetti da Santa Croce, del Presidente della Repubblica di Bolivia, questo viaggiatore, le cui profon- de ed estese cognizioni davano sicura garanzia dell'esito della sua intrapresa, arrecò tanto vantaggio alle Scienze naturali, che la Storia naturale di alcuni Paesi da lui per- corsi, è quasi più nota di quella di alcune regioni d'Eu- ropa. Avendo prolungata la sua dimora particolarmente in Uruguay, Buenos Ayres, e Bolivia, non potè impiegare che pochissimo tempo negli altri Stati dell'America me- ridionale, mancanza che riesce sensibilissima riguardo al Perù, ed alla quale non venne neppure rimediato dal viaggio del famoso Pentland, /poiché questi non si occu- pò particolarmente, che della Geologia e della Geogra- fìa Fisica. Il Perù adunque, principalmente sotto l'aspetto zoo- logico, non era conosciuto dal naturalisti, che superficial- mente, comprendendo esso quella parie di America meri- dionale che, tanto il Barone Alessandro de Humboldt, quanto il Sig. Alcide d' Orbigny, non avevano percorsa DEL DOTT. J. J. TSCHUDI 149 che di sfuggita. Ora questa mancanza tanto dannosa fu fi- nalmente riparata, mediante il viaggio che qui abbia- mo annunzialo, il quale venne eseguito nel seguen- te modo. Il Sig. Dott /. /. Tschudi nel Febbrajo del 1838 la- sciò l'Europa imbarcandosi in un vascello francese mer- cantile, per fare un viaggio di parecchi anni verso i mari meridionali, e dopo essersi trattenuto per qualche tempo Bell'isola Chìloè, e nella costa del Chili, arrivò nel mese di Agosto dello stesso anno a Ca//ao , porto il più capace del Perù- Circostanze politiche e mercantili lo costrinsero a sbarcare ed a viaggiare in direzione affatto opposta a quella che dapprima si era proposto. — Penetrato della grande importanza di un viaggio scientifico ne! Perù, si risolse di partire per l'interno, ad onta della svantaggio- sa posizione nella quale si trovava, e della terribile guerra d'invasione, che quasi degenerava in guerra civile. Intra- prese questo viaggio sotto gli auspici i più malaugurati, ma lungi dal lasciarsi atterire dalla perdita di una porzione importantissima delle cose occorrenti pel suo viaggio , proseguì l'impresa. Percorse i deserti sabbiosi della Co- sta, e penetrò quanto mai potè nelle selve, mai sempre minaccialo dal pericolo di dovere soccombere agli assalti degli Indiani. Fermavasi ora sulle cime di Cordilliere co- perte da eterna neve, ed ora nelle incomensurabili pianu- re, 0 nelle valli selvaggie della Sierra. Prolungò per più di 4 anni le sue ricerche Storico-naturali nelle diverse parti del Perù , fino a che il Tifo , fatale anche a questo paese, lo spinse all'orlo della tomba. Riavutosi quasi per miracolo, si risolse di ritornare in Europa , ove arrivò fe- licemente nel principio dell'anno 1843. Se noi finalmente dobbiamo esporre ancora il Deta- glìo Storico-naturale, che mediante questo manifesto an- nunziamo, è pure nostro dovere il ripetere , che in esso, siccome si comprende dal Tìtolo, non si parla che degli 150 SULLA FAUNA PERUVIANA Animali del Perù. Fra questi però non unte le classi so- no stale ugualmente studiale. L' Autore ha riposta una at- tenzione particolare agli animali vertebrati , ed ha dili- gentemente considerato il modo di vivere degli animali della Classe dei Mammiferi, onde coordinare e stabilire specie, che erano dubbie o malamente collocate. Le diver- se nuove specie poi appartenenti a varie Famiglie, saran- no interessantissime per i Zoologi. L' Ornitologia è slata arricchita di molte nuove specie. Sono assai preziose le annotazioni falle dall'Autore sugli og- getti naturali e freschi, intorno al colore dell'iride^ del bec- co, e dei piedi degli Uccelli per le quali vengono reltifi- cale molle false opinioni. Di uguale importanza sono le sue considerazioni, intorno alla varietà delle penne, tanto secondo il genere, quanto secondo l'età, il luogo, e la stagione. V Erpetologia, coltivata dall'Autore con tanta predi- lezione anche prima del suo viaggio, è trattala in modo particolare. La descrizione ed il disegno, eseguiti durante la vita, di animali, i quali vengono tanto alterali dallo spirito di vino, e dai lunghi trasporti, è d'infinito valore per gli Erpetologi. Negli Ordini poi dei Batracìii e dei Saurìi, vi hanno molle novità interessanti. Un deplorabile infortunio distrusse quasi del tulio la raccolta dei Pesci. Più di 2à0 Specie arrivarono in Euro- pa guaste. Qiielli che rimasero inlalli sono tulli nuovi, ma purtroppo in piccol numero. Le dissezioni anatomiche , e parlicolarmenle le consi- derazioni intorno alla estensione geografica delle tre Clas- si superiori degli animali vertebrali , falle con tutta dili- genza dal Sig. Tschudi, servono di particolare corredo all'opera. Senza estenderci in particolar modo su ciò che l' Au- tore ha fatto per la divisione degli animali invertebrali , diremo^ che specialmente gli Ordini dei Coleotteri, dei DEL DOTT. J. S. TSCHUDI 151 Lepidotteri, Apteri; i Gasteropodi di terra e di acqua dolce, sono stati arricchiti di molte nuove specie. I L'Autore del viaggio qui ennunzialo, è troppo cono- sciuto pel suo ingegno j e come profondo e scrupoloso in- vestigatore della Natura, perchè noi abbiamo bisogno di far noto al pubblico la sua personale attitudine alla pro- posta impresa. La straordinaria e veramente mirabile co- stanza di questo viaggiatore, fra mille e mille fatiche, pericoli ed ostacoli , ci fa sicuri che questa grande e nuo- va opera, non avrà in nessun punto la taccia della super- fìcialilà^ e della fretta, che anzi sarà mai sempre lodata pel suo alto merito, e per la sua perenne utilità, e si potrà riguardare come un importantissimo progresso nella cognizione delle cose naturali e particolarmente delle re- gioni del Perù. Noi quindi ci accingiamo con tutta fidu- cia alla pubblicazione di quest'Opera, onde con essa da- re ai Fisici un libro idoneo a soddisfare qualunque ra- gionevole aspettativa: questo sortirà in 12 dispense en- tro 3 Anni, e sarà terminalo al più tardi verso la fine dei 1846. Quanto al merito delle Tavole, che accompagnano l'opera, abbiamo il piacere di poter dare la seguente as- sicurazione: il disegno ed il coloramento delle tavole origi- nali viene eseguito sotto gli occhi del viaggiatore istesso, a norma dogli Esemplari sin d'allora collocati nel Museo di Neuchatel; e per la precisa e fedele moltiplicazione delle medesime, mediante la litografia, essendosene occu- pato l'Autore medesimo, crediamo di poter, anche in que- sto rapporto, esporci agli occhi del Pubblico, senza in- correre nel pericolo di veruna critica- 152 SULLA FAUNA PEMVIANA Non porremo minor cura nella stampa del Testo, la quale si farà con caratteri nuovi ed in bella carta. Le associazioni a questa magnifica opera, si ricevono da tutti i Librai delle principali Città d'Europa. S. Gallo, alla fine di Ottobre 1843. SCHEITLIN E ZOLLIKOFER. ODOINTOGRAFIA (Continuazione. Vedi Serie II. T. I. pag. 314.) Alla produzione dì un dente composto delle descritte diver- se sostanze era necessario l'intervento di un organo esso pure complicato che potesse fornire gli opportuni materiali. Giovanni Hunter pel primo ammise l'esistenza di una matrice del dente di diverse parti, od organi preparatori, composta, vale a dire la polpa , che ora chiameremo dentinole ; quella dello smalto ; la capsula del cemento; ma questo celebre anatomico nulla dis- se poi riguardo al modo d'agire di ciascun organo produttore nel formare il corrispondente tessuto^ e nemmeno occupossi del modo di formazione dello stesso organo produttore. Quesl' ultimo soggetto è stato in particolar modo delucidato mediante le os- servazioni dell'Arnold (1), Purklnje e Raschkow (2), Valentin (3) e Goodsir (4) ; nel decorso poi dell' opera secondochè si esporranno le modificazioni diverse che offre Io sviluppo della matrice dei denti nei vari animali, si dirà pure dell'analogia di quanto sul proposilo venne scritto anche dagli esteri autori. La polpa della dentina è sempre la prima parte della ma- trice 0 germe del dente che si sviluppa, e si manifesta sotto forma di una papilla sorgente dalla superficie libera di una depressione oSscanellatura della mucosa della bocca, e più particolarmente di quella che riveste il lembo alveolare delle mascelle sieno com- plete 0 rudimentarie. La prima papilla che ben presto è seguita (1) Salzburg Mcdiz. CLirurg. Zeilung. 1831 tom. I p. 226. (2) Opera citata. (3) Handbuch der Eaiwickelungeschichte des Menschen. 1835 in '8.vo p«g. 482. (4) Siili" origine e lo sviluppo delle polpe e capsule dei denti umani. Edinburgh Medicai and Suigical Journal, Voi. 51 pag. 1. I Iò4 ODONTOGRAFIA da parecchie altre , si può chiaramente distinguere nella doccia mascellare dell'embrione umano pervenuto che sia alla lunghezza di un pollice (del piede inglese): col crescere poi ed espandersi della membrana mucosa;, e nel formarsi delle mascelle, mani- festansi ancora i sepimenti inter-alveolari , e la papilla viene ad essere rivestita dalla capsula membranosa destinata a sommini- strare i materiali per lo sviluppo del cemento. In quei denti poi la corona dei quali è munita ancora dello smalto , nella faccia interna e superiore della capsula sviluppasi la polpa od organo che deve pure somministrare i materiali componenti questa du- rissima sostanza. Nei denti umani la polpa od organo che rego- la lo sviluppo dello smalto ha l' apparenza di molle sostanza ge- latiniforme ; nella sedicesima settimana aderisce all' interna fac- cia della capsula , adesione che successivamente si estende fino ad essere separata solo mediante un ristrettissimo solco dalla base della polpa o caruncula secernente la dentina, sulla quale esattamente si modella , seguendone tutte le inflessioni. Fino a questi ultimi tempi è stata generalmente accettata l' opinione delP Hunter riguardo al modo di formazione dei den- ti, vale a dire che gli organi preparatori molli, dei quali si è di già parlato, agissero quasi come altrettanti tessuti glandulari, trassudando, per cosi dire, dalla loro superficie le sostanze con- crescibili le quali, or conformandosi in lamine, ora in aghi a foggia di cristalli, ora in uno strato granulare, costituissero cosi r avorio 0 sostanza ossea , lo smalto ed il cemento. In seguito sonosi grado grado rese piìi complete ed esatte le osservazioni in proposito, le quali hanno cosi preparata la strada al nuovo modo di intendere e descrivere la formazione ed accrescimento di questi organi tanto importanti. Purkinje e Raschkow sottomettendo ad accurata osservazione microscopica la polpa dentinale innanzichè la dentina stessa si consolidasse, la videro composta di minuti globuli uniformi, sferici senza che apparisse veruno di quei filamenti che sono caratteristici del comune tessuto celluioso, nel che una tal pol- pa è differente da quella dello smalto. La superficie libera del- l' anzidetto tessuto globulare è coperta da densa particolare mem- brana , che denominano membrana preformativa , perchè il con- solidamento della dentina comincia nella medesima. Vasi san- DI R. OWEN. 155 giiiferi penetrano tosto la polpa globulare, formando in essa un minutissimo tessuto reticolare. Veri filamenti nervosi non si pos- sono distinguere nella polpa finché la sua vascolarità non sia bene dichiarata. I globuli della polpa sottostanti immediatamente alia membrana preformativa hanno figura alquanto allungata , e sono collocati o verticalmente , od inclinati ad angolo acuto sulla membrana stessa , e tendono cos'i a divenire le fibre della dentina solidificata. Per le osservazioni di Retzius sembrerebbe poi che non tutte le cellette o globuli subissero questa meta- morfosi, ritenendo Egli invece che parecchie convertire si pos- sono nelle cellette radiate analoghe a quelle della sostanza ossea ordinaria; avendo nella dentina ammesso l'esistenza di cotesti corpicciuoli del Purkinje. Ma queste idee diverse sul modo di formazione della dentina , che in ultima analisi re- stringere si possono alle due ipolesi principali, della trasfor- mazione cioè della stessa polpa in sostanza dura , o della for- mazione di questa alla di lei superficie, e come quasi per secre- zione 0 deposizione, più chiaramente appariranno nella partico- lare descrizione dei sistemi diversi di denti, e si potrà in allora ancora avere una più giusta idea dell'opinione dell'Autore, e delle novità dal medesimo introdotte in questa parte di fina e microscopica anatomia. PARTE I. DENTI DEI PESCI. Capitolo I. Osservazioni generali. Variabilissimi si mostrano i denti in questa classe di vertebra- li, tanto se si consideri il loro numero, forma e posizione, quanto se abbiasi riguardo alla loro composizione ed intima tessiUira. Rapporto al numero, nella Lampreda, ed in altri Mixinoidi ancora , se si eccettuino i denti linguali , il sistema dentario è rappresentato da un dente collocato soltanto nella linea media del palato. Nel Carpione un grosso dente medio di forma parti- colare situato nella regione superiore dell' istmo faringeo è op- posto ai denti collocati inferiormente nella stessa regione. Nei L 156 ODONTOGRAFIA generi Ceratodus e Ctenodus le mascelle sono armate di quat- tro denti , due superiori , due inferiori. Nella Chimera due denti mascellari inferiori sono opposti a quattro superiori. Da queste specie, che riguardo al numero dei denti dir si possono le ulti- me della serie, si ascende grado grado, aumentandosi sempre il numero di siffatti organi, fino al Siluro, al Luccio ed a parec- chie altre specie nelle quali tutta intera la parete della cavità della bocca e della faringe è seminata d'innumerevole copia di denti di varia forma e grandezza. Per quel che spetta alla forma i pesci offrono nei denti le più grandi varietà. In questi ultimi tempi la Ittiologia ha ag- giunto alle già note un numero tanto esteso di nuove specie, si viventi che fossili , che dire si può essere un tale soggetto ben lontano dal completo suo esaurimento. Abbenchè siffatte forme sieno variabilissime, talvolta anche in una sola specie , tuttavia le principali modificazioni delle medesime ridur si possono alla forma del cono, appianata o laminare, del prisma, e del cilin- dro. In ciascuna però di queste sezioni ammettere si devono moltissime varietà : così il cono , secondo la sua diversa mole e figura, costituisce i denti villiformi (dents en velours di Cuv. ); i ciliiformi ; a spazzola (en brosse) ; a cardo {en rape, en car- des) . In questa categoria collocansi pur anche i lunghi denti in forma di setola, come quelli per esempio del Chetodonte, che nella loro estremità libera possono essere talvolta bifidi Cithari- na, 0 tripartiti Platax. Il cono può mostrarsi ancora compres- so e rappresentare così una sottil lamina tagliente, ora appunti- ta, ora ottusa e ricurva, come nel Trichiurus , talvolta a foggia d' amo come nel Pimelipterus e Gonyodontes. Il cono troncato poi, 0 piuttosto il cilindro, può offrire nel piano triturante molte diverse modificazioni , che l' autore estesamente descrive citando ad esempio i generi Sargus , Labrus ecc. 11 dente laminare offresi pure frequentemente nei pesci, la lamina poi può essere depressa o compressa ; esempio della pri- ma qualità ne siano i denti molari posteriori del genere Chryso- phrys , pervenuti al completo loro sviluppo , e quelli ancora del genere fossile Placodus. Il piano triturante del dente di questa qualità offre poi diverse figure geometriche ; oltre la circolare , risultante dalla sezione trasversa del cilindro, vi si può mostrare DI R. OWEN 157 l'elittica, r oblunga > la quadrata, la triangolare, la semilunare ecc. La superficie poi, od area compresa tra queste linee, può essere liscia, scabra^ o scolpita a differenti figure. Del dente laminare compresso ne porgono esempio gli incisivi delio Sargo (Sargus), almeno nella loro corona compressa a somiglianza di quella dei denti umani. Numerose doppie lamine dentali sono pjste verticalmente nelle ossa faringee dello Scarus. Una sottile laminetta leggermente concava^ simile all'unghia di un dito, è la forma singolare dei denti di un genere estinto di pesci car- tilaginosi, che per questo carattere appunto ho denominato Pe- talodus. Varie sono le configurazioni del lembo estremo libero di siffatti denti 3 una sola intaccatura nel centro li rende bilo- bati^ come vcJonsi nel Sargus unimaculatus; due incavi li fanno apparire a tre lobi esempio T Aplodactylus. Nei mascellari infe- riori del Boops due incavi allato del lobo medio più ellevato rendono cotesti denti quinquelobati: moltissime altre forme può vestire il dente laminare, come meglio apparirà dalla particolare descrizione di questi organi nelle singole specie. Si disse che non è raro l'incontrare nei denti dei pesci la forma prismatica, tale si è quella dei denti del genere 3fyletes , e da ciascun angolo della superfìcie coronale si innalza una punta acuta: i piccoli denti che coprono le mascelle dello scorw» rassomigliano a delle piramiili troncate a quattro facce; il forte dente piatto costituente il piano irregolare dei lembi mascellari della raja Mifliobates presenta delle eleganti forme esagone e pentagone. Finalmente la forma cilindrica più frequentemente s'incontra nei denti composti di questa classe di Vertebrati. Posizione dei denti. — Premessa una breve descrizione delle ossa costituenti le pareti della bocca, e dell' incominciaraento della faringe, viene notando come diversamente nelle varie spe- cie or l'uno or l'altro or tutti insieme questi diversi pezzi , sie- no ossei ovvero cartilaginei, servono di sostegno ai denti; cosi per esempio nel Barbio ed altri ciprinoidi limitansi i denti alle sole ossa faringee : nel Carpione la lamina dentaria superiore è inserita sull' occipite; nei pesci cartilaginei ordinari Razze, Squadri, sulle cartilagini che circoscrivono l' apertura della boc- ca. Nei generi Labrus e Scarus trovansi esempi di denti inseri- ti tanto negli intermascellari e premandibolari (pezzi medii della 158 ODONTOGBAFIA mascella inferiore), che nelle ossa faringee , di guisa chetante l'esteriore, che l'interno limite della cavità buccale sono fori' niti di denti: ma in altre specie anche tutte le posizioni inter- medie alle due notate linee mostrano denti, i quali perciò vedon- si inseriti sui palatini, sul vomere, su gli ossi linguali, su gli archi branchiali, qualche volta anche, quantunque più dirado, sull' osso trasverso o pterigoideo , e sullo sfenoide e sul mascellare superiore, come si può vedere in parecchie specie della famiglia Halecoides (nella quale Agassiz include i Salmonidi e Clupeidi di Cuvier), e nel genere fossile Lepidolus. Fra le posizioni poi dei denti che il nostro autore riguarda quasi come anomale ed ir- regolari , oltre la lamina occipitale del Carpione, annovera quella dei robusti denti, laterali del rostro del pesce sega (Pristis). Nelle Lamprede, ed anche in un genere di pesci ossei, V Hela- stomys, la maggior parte dei denti è inserita sulle labbra molli costituenti l'orlo dell'apertura della bocca. Ultimamente ho po- tuto verificare ancora, conchiude l'Autore, che fra gli animali vertebrati i pesci offrono l' esempio di denti sviluppantisi nella linea media della cavità buccale come lo sono i palatini medii delle Mixine, e quelli inseriti sulla sinfisi della mascella infe- riore nei generi della Sezione dei pesci cartilaginosi Scymnus e Myliobates. Inserzione dei denti. — Pochi sono gli esempi nella classe dei pesci di denti inseriti in veri alveoli ; per lo più fermati sono soltanto mediante parti molli : qualche volta la base con- cava del dente è sostenuta da una prominenza ossea che vi si inserisce, quasi come gli artigli delle fiere circondano le punte delle estreme falangi: ordinariamente la base del dente si con- giunge colla parete dell' alveolo per una specie di fusione od anchilosi. Qualora poi bene rassodata e completa sia la forma- zione delle parti si stabilisce una totale saldatura o continuità, tra il dente e la solida sostanza dell'osso the lo sostiene, ed infatti r esame dell' intima struttura di coteste parti dimostra una singolare analogia tra une delle parti solide costituenti il dente e le vere ossa. Sostanza. — Nei Chetodonti i denti sono per la maggior parte elastici e flessibili, splendenti, di color gialliccio e di un tessuto subtrasparente. Somiglianti a questi sono pur anche i 01 R. OWEN 1Ò9 (lenti labiali dell' Fetoj/ome , i mascellari anteriori dei Goniodon- ti, ed in parecchie specie di Percoidi denominati perciò Tricodonti. La sostanza dei denti dei Ciclostomi sembra ridursi ad una ma- teria albuminosa alquanto condensata. Il dente faringeo supe- riore del Carpione, diNjolor brunastro e semitrasparente, presen- ta una sostanza più dura e compatta di quella del vero dente corneo della Lampreda. Ma nel maggior numero dei pesci i denti composti sono d'ossea sostanza, qualche volta più solida e consistente di quella delle mascelle nelle quali restono infissi. KeWExGcaetus, nella Remora la sostanza del dente è in ogni punto uniforme, molto frequentemente però il dente è nella superficie guernito di uno strato duro, splendente, analogo allo smalto, abbenchè dire non si possa veramente tale, differendo dal rima- nente solo per la maggior proporzione delle particelle solide terrose, minutamente sparse nella base gelatinosa; per la di- sposizione più paralclla dei tubi calcarei, sviluppandosi nella stessa matrice del rimanente del dente, del quale anzi è la pri- ma parte a formarsi. L'ossificazione della capsula della matrice dà allo smalto dei denti di alcuni pesci un sottile strato di una terza sostanza analoga al cemento dei denti dei mammiferi. Nei denti faringei del pesce papagallo, specie del genere Scarus, è aggiunta una quarta sostanza mediante l' indurimento, a foggia di rozza sostanza ossea, dell' eslerior polpa, dopo che la perife- ria del dente aveva di già acquistata la consistenza di denso avorio. I denti quindi che per tal modo risultano composti di dentina, smalto, cemento ed osso ruvido sono i più complicati che sino ad ora sieno stati descritti. Composizione chimica. — La base animale dei denti cornei dei ciclostomi è albuminosa, come nel vero corno; quella dei denti calcari è gelatinosa, variando le proporzioni della gelatina ai solili sali al variare della solidità e densità dei denti, e por- ta ad esempio l'analisi di quelli del pesce cane, e dei faringei inferiori del Carpione fatta dai Lassaigne. Nei faringei superiori del Carpione Stromeyer (Annali di Gilbert T. VII, 1811) scopri piccola quantità di magnesia. Struttura. — Abbenchè la struttura tubulare della dentina propria degli altri vertebrati non sia stala scoperta innanzi a tutti nei pesci, tuttavia per la facilità colla quale in molli pe- ICO ODONTOGRAFIA DI R. OWEN. sci ne appajono gli indizi anche ad occhio nudo, ne fu trave- duta l' esistenza da parecchi scrittori d'anatomia comparata, pri- ma ancora che Purkinje e Retzius ne avessero comprovata l'e- sistenza nei vertebrati superiori. Lo stesso Leeuwenhoek ( Tran- saz. Fiiosof. 1578 p. 1003) trattando della struttura tubulare dei denti umani e bovini l' attribuisce ancora al pesce Gadus, net denti del quale ammette anzi dei tubuli più piccoli di quelli asse- gnati al bue. André (op. cit. voi. 78) scopri i canali ramificati che percorrono la sostanza dei denti dell' Àcanthurus , che de- nomina Chaetodon nigricans. Cuvier nel tomo 3 delle Lezioni d' Anat. Comp. pubbicato fino dal 1805 alla pag. 113 dice espres- samente, che nelle razze a denti piatti, anche la sostanza este- riore più compatta è formata unicamente di tubi paralelli, che vanno a terminare alla superficie dello smalto; disposizione che fino ad un certo punto si osserva ancora '.in quelli dell' ^nar- richas Lupus (1). Anche il Von Born {Heusinger's Zeitschrift, Tom. I, 1827) ascrive alla maggior parte dei denti dei pesci la struttura tubulare , considerandola anzi come analoga a quella dei denti dell'Ornitorinco e [delle Oricteropo, e paragonandola persino alla struttura delle lamine cornee della balena e del cor- no del Rinoceronte: tali confronti però , soggiugne l'Autore, fatti in termini così generali mancano della necessaria esattezza per riuscire utili nello spiegare, e bene intendere, l'intima tes- situra delle parti (2). ( sarà continuato ) (1) Consiillando i passi qui citati dall' Owen , sì nella prima che nella se- conda edizione delle Lezioni d'Anatomia Comparala del Cuvier, pare che al- lorquando questi parla di tubuli , oscuramente discernibili anche ad occhio nudo, nei denti piatti, massime delle razze, indicar voglia gli elementi lu- bulari , od a foggia di coni allungatissimi , costituenti siffatti denti, che Egli riguarda di struttura composta , e non già i tubuli microscopici costituenti la tessitura elementare delle dure sostanze dei denti, nel senso in cuil'inte- tesero e lo dimostrarono e il Malpighi e il Leeuwenhoek. {Il Redattore.) (2) Lo stesso Owen qui s' avvede che il termine generico di stniltura ta- bulare dei denti dei pesci , nel senso in cui è adoperato dalla maggior parte dei più recenti scrittori d' Anat. Comparata , si riferisce agli esili coni com- plessi r aggregato dei quali costituisce fpoi un dente di maggior mole , che per ciò appunto può dirsi composto. Né altrimenti intesero la cosa e il Del- le Chiaje , il Carus e gli altri che in questi ultimi tempi trattarono siffatta materia. . ( ^' Redattore. ) Tix V. I. jf^^U^ . I I ' ' I '■ 1 = _ \A i ' ■ i ^r./A,.,' ,, J ', ::^ le malatlie del cuore tanio frequenti , e così bene cono- )) scinte neirUorao quasi mai si osservano nei nostri ani- w mali domestici nei quali dire si può essere stale appena ì) studiate, ed è quindi del massimo interesse per la Scien- i) za il cercare di raccogliere con diligenza tutte le osser- )) vazioni che rischiarar possono la storia, ancor tanto )) oscura, di queste importanti malattie ». Dalla quale ci- tazione sembrerebbe però dedurre si potesse soltanto, ave- re il dotto Veterinario considerate come rare le pratiche ed esatte osservazioni registrate negli Annali della Scien- za intorno ad un tale soggetto (nel che non se gli potreb- be dar torto), e non già le malatlie sia organiche, sia di- namiche del cuore, che pure affligger possono le diverse razze degli animali addomesticali con singolare frequenza , e sotto forme variatissime. Ma poco dopo, e sempre nel citato articolo, il Bouley prolesta formalmente adottare Egli l'opinione n che le malattie del cuore sieno rarissi- » me nei nostri animali domestici, abbenchè negli ultimi w tempi (e poteva ben dire in tutti i tempi) sia slato scrit- }> to il contrario w. Dalla quale sua opinione, o modo di vedere, trae poi argomento di disapprovare altamente, e di criticare troppo severamente il libro che il Signor U. Leblanc pubblicò quasi nello stesso tempo (1) sotto il titolo di — Sunto di alcune ricerche relative allo studio delle malattie del cuore nei principali animali dome- stici — . Quantunque io non abbia mai dubitato della frequen- za delle malattie del cuore nei bruti addomesticati, me- more sempre di quella ponderatissima Sentenza che l'ot- timo e dottissimo mio maestro il Prof. Testa molto spesso ripeteva dalla cattedra, e lasciò scritta nell'aureo suo li- bro sulle malattie del cuore (2) w Non esser vero , cioè , (1) Vedi il citato Giornale, Novembre 1840, i>"9- ^^^ (2) Tomo I,pag. 13, art. 10. A. ALESSAIVDRINI . 163 » che sifTalle malattie assohilamenle mancassero nei bru- n li, come si è usato di scrivere, essendo antichissime le ì) osservazioni e dai tempi di Galeno, di otfese di peri- w cardio e di cuore vedute negli animali, ed altre consi- M mili essendo state narrale da Eduardo Tyson, da Teofilo w Donnei, e da altri raccoglitori di fatti patologici; ab- » benché l'anatomia comparativa patologica degli animali w eserciti così di rado la industria di periti anatomici w. Quantunque^ dissi, io sia intimamente persuaso della veri- tà ed esattezza di una tale sentenza, amo però di secon- dare il desiderio esternato dal citato illustre Bouley de- scrivendo oggi parecchi dei più interessanti pezzi di Ana- tomia Patologica posseduti da questo Gabinetto d'Anatomia Comparala, e comprovanti la singolarità e la frequenza delle lesioni organiche del cuore; e nel far questo inten- do ancora di pagare un giusto tributo di lode a quei di- ligenti e dotti Veterinari per le cure dei quali lo Stabili- raenlo si fece ricco e dei preparati che sono per descrive- re, e di moltissimi altri non meno utili ed interessami. I. Nel Dicembre ultimo passato il valente Veterinario di Minerbio Sig. Gaetano Pelagatti , il nome del quale avrò frequenleraente occasione di ricordare trattando questa ma- teria , inviommi un cuore vaccino il quale offeriva una singolare degenerazione del proprio tessuto j che di rado è slata riscontrala nell'Umano cadavere, e che non è a mia cognizione sia giammai stata notata nei Bruti. La breve relazione che accompagnava il pezzo in discorso avvertiva, avere appartenuto questo cuore ad un individuo innoltra- to in eia, che da qualche tempo presentava notabile di- magrimento ^ abbenchè appetisse il cibo, e ne assumesse ancora in quantità sufiìcienle. Non dava però verun indi- zio di mal essere per cui assoggettavasi ai comuni lavori d'agricoltura, e di trasporlo senza verun riguardo. Verso la metà del Novembre che procedette l'epoca della sua 164 MALATTIE DEL CUORE morte cominciò a mostrarsi molto pigro nel camminare; quando coricavasi a stello potea rialzarsi , e prima di equi- librarsi sulle zampe vacillava presentando il respiro bre- ve ed ansio; toccato il polso in questa circostanza trova- vasi frequente^ irregolare, spesso anche intermittente. Que- sti fenomeni attribuivansi dal bifolco alla vecchiaja del soggetto, ed allo stato di debolezza prodotto dalla denu- trizione, né spingevasi più oltre l'esame, né cercavasi persona dell'Arte la quale potesse e rintracciare l'occul- ta cagione di siffatti fenomeni, e procurare con appropria- ta cura di frenare, se non di guarire, un male che dive- nir poteva, come lo divenne infatti, e più minaccioso e più grave. Grado grado auraentossi la difficoltà di regger- si sulle zampe ; il dimagrimento fece in breve rapidi pro- gressi ; apparvero gli edemi prima alle mammelle poscia agli arti posteriori , e nel giorno 2 del Dicembre seguente cessò improvvisamente di vivere. La sezione del cadavere istituita il giorno dopo fece vedere non poche vescichette in forma di idatidi nel pol- mone; dei frequenti e grossi tubercoli durissimi nell'omen- to, e nel mesenterio; le cellulari prive affatto di pingue- dine, ma tumide invece di sierosità acquosa, che in poca copia trovossi raccolta anche nei sacchi del peritoneo, delle pleure e del pericardio. L'alterazione però più notabile ed evidente era quella del cuore, che pervenne nelle mie mani li 3 Dicembre ;, e che ebbi cura di far tosto delinea- re,, imitando il più che si poteva i naturali colori della pre- parazione, e serbando nella figura le naturali proporzioni delle parli. Questo cuore è di volume alquanto maggiore del na» turale, accrescimento di mole prodotto principalmente dai grossi e frequenti tumori tubercolari che hanno sede nel- l'interna sierosa (endocardo di Bouìllaud) tanto dei ven^ iricoli che delle orecchiette. Una sezione longitudinale, con-' f|ott9 dalla base fin presso l'apice del cuore, divide totaU A. ALESSANDRINI 165 mente le pareti delle cavità destre del medesimo , e mette allo scoperto tutta l'interna loro faccia: si vede quindi a colpo d'occhio essere questa seminala di larghe irregolari macchie di color giallo marcalissimo, imitante quello del- la pinguedine, macchie prodotte da altrettanti tumori non molto prominenti, ma estesi, ed a superficie disuguale, lobulare o turbercolata, come lo sono per lo appunto in certi casi, ed in alcune regioni del corpo, le glebe slesse della pinguedine. Fidandosi infatti soltanto all'apparenza r idea che si risveglia al primo aspetto della preparazione si è quella della degenerazione di una parte del tessuto dell'organo in sostanza pinguedinosa^ modo di alterazio- ne lal quale va pure soggetto, e non infrequentemente, an- che il tessuto muscolare. Ed invero allo stesso celebratis- sirao Cruveilhier avvenne di osservare in un caso di spon- tanea lacerazione del cuore (1) la sostanza dell' organo parzialmente degenerata iu modo da imitare col suo colo* re bianco giallastro la pinguedine , di guisa che, per con- vincere pienamente dell'errore il Doti. JBergeon, il quaìle, trovalo avendo realmente nello slesso cadavere i muscoli della sura ripieni di mollo adipe, creduto avea di poter stabi- lire Ira la degenerazione di questi muscoli e quella del cuo- re una marcala analogia , fu necessario ricorrere all' analisi chimica, la quale nella porzione di cuore alterata non di- mostrò l'esistenza della ben che minima porzione di so- stanza adiposa. Ma nel caso che descrivo non si dovette ricorrere ad un esame così minuto per ben definire la qua- lità e la natura dei tumori esistenti nel cuore. L'andamen- to ed i fenomeni indotti dalla lenta malattia universale che uccise questo animale; le degenerazioni della sierosa, singolarmente peritoneale , sparsa e nel mesenterio e nel- l'omento di frequenti e grossi tubercoli, che si opponevano (1) Anatomia patologica del Corpo umano traduzione ita- liana Tom. III. pag. 79. 166 MALATTIE DEL CUORE alla libera circolazione del sangue, della linfa, e so- praltiitto poi del chilo , spiegando così il rapido e mortale dimagrimento dell'infermo. L'esistenza di somiglianti tu- mori tubercolari anche nella sierosa del pericardio^ come lo dimostra chiaramente la porzione di questa membrana unita alla base del cuore, ed alla cava ascendente, sono gli argomenti principali sui quali, a parer mio, si può fondare il probabilissimo giudizio, trattarsi cioè in que- sto caso del morbo tubercolare delle sierose, che serbando il genio suo di invadere i tessuti analoghi, anche collocati a grandi distanze gli uni dagli altri, anche perfettamente separati, siasi diffuso dalla sierosa addominale a quella del pericardio , allo stesso endocardo , che per consenso della maggior parte degli anatomici e dei fisiologi è pure di natura sierosa ; e perfettamente identico e continuo colla tunica interna dei vasi sanguiferi. L' attento esame del pezzo patologico rai convinse poi pienamente e della natura tubercolare-sierosa dei tumori, del tutto diversa quindi da una degenerazione pinguedino- sa , e della sede loro nella nominata tenuissima membra- na sierosa che costituisce il velamento più interno delle cavità cardiache, e da queste si prolunga, dopo formate le diverse qualità di valvole, tanto nel sistema arterioso che nel venoso comunicante col cuore stesso. Tentati col coltello anatomico i tumori, e profondamente incisi in di- verse direzioni, offerirono un aspetto, una consistenza, una tessitura del tutto dissimile da quella della pinguedi- ne. La singolare durezza, la struttura quasi in forma di glebe sferiche strettamente compresse le une sulle altre, aventi nella sezione l'aspetto non già di sostanza globula- re, 0 granellosa tanto evidente nel grasso , ma di mate- ria compatta, uniforme, quasi infiltrata in molti punti di liquido cristallino, la rendevano del tutto somigliante alla sostanza di quei tubercoli che erano stati trovati nel peri- toneo, che esistono ancora visibilissimi nel pericardio, lì A. ALESSANDRINI 167 risultare poi i ripeluli tumori formali da una abnorme ve- getazione della sostanza stessa della membrana sierosa, e non già della degenerazione e permutamento della sostan- za carnosa del cuore, chiaro apparisce dall' esistere uno di questi tumori , e molto esteso , e di notabile grossezza , nella delicatissima membrana che forma la valvola tricus- pidale del foro ventricolo-auricolare destro, valvola che sembra risultare per lo appunto della semplice duplicatu- ra della sierosa, o dell' endocardo. Ma anche i tumori esi- stenti nella parte più carnosa del cuore, sulle pareti cioè dei ventricoli , hanno sede nella sierosa , non sono pio- dotti dalla degenerazione della fibra muscolare. Se infatti si incida a tutta profondità uno di questi tumori si sco- prono al disotto del medesimo gli strati delle fibre musco- lari, soltanto strette ed atrofizzate per la compressione eser- citata sulle medesime dalla mole sempre crescente del tu- more stesso : giammai però si osserva , che attraverso di essi tumori, o sui loro lembi, si insinuino dei fascetti di fibre muscolari , come pure dovrebbe accadere se gli in- grossamenti fin qui descritti consistessero semplicemente in una degenerazione, o trasmutaiueoto della sostanza mu- scolare. Farmi adunque a sufficienza dimostrato trattarsi in questo caso della semplice diffusione alla membrana inter- na del cuore di quel processo che basta a creare , princi- palmente nelle sierose, il morbo tubercolare, e che fra gli esili della endocardite annoverare si debba ancora la de- generazione tubercolare; giacché dire si può essere opi- nione quasi generalmente ricevuta dai Patologi, che que- sto modo singolarissimo di alterazione di tessuto, la for- mazione cioè della così delta grandine tubercolare^ sia sem- pre l'effetto di lento processo flogistico che successivamen-' te invade notabile estensione di un medesimo sistema mem- branoso, producendo infine la lenta tabe che estingue la vita dell'infermo. In questo modo infalli perì l'animale 168 ualattie del cuore che ha dato luogo a cotesta inleressanle osservazione. Ab- bencli? il cuore fosse in grado così notabile e grave alte- rato, i fenomeni di tale lesione non apparivano abbastan- za chiari perchè, incominciata la malattia, per quanto sem- bra, nell'addome, ha poi serpeggiato lentamente nel petto, ed i gravissimi sconcerti che via via andavano manifestan- dosi credevansi sempre l' effetto della malattia sviluppatasi da principio, che procedesse verso un esito fatale d'irrepa- rabile disorganizzazione. E veramente, ancorché si avesse potuto sospettare dell' esistenza di un guasto organico tan- to esteso e profondo nel cuore, la terapeutica non offeriva al pratico verun mezzo col quale poter combattere diret- tamente siffatto morbo locale, o bastar potevano quelli stessi che fossero stati idonei a portar giovamento in qua- lunque altro luogo stabilito si fosse il morboso processo. Fra le malattie del cuore che offender possono e l'umana specie e quelle dei Bruti annoverar si deve perciò anche la degenerazione tubercolare delle sierose, qualità di ma- lattia che, manifestandosi molto frequente nel bestiame, e principalmente nel gregge Bovino, deve estendere i proprii guasti non di rado fino al cuore, e rendere quest'organo, che che ne dicano gli uppositori , molto facilmente dispo- sto ad infermarsi , anche indipendentemente dall' azione di quelle cagioni, che nella specie umana troppo frequente- mente si invocano trattandosi delle organiche lesioni di questo viscere importantissimo nell'animale economia. Abbenchè io abbia descritta e dimostrata la degenera- zione tubercolare nelle sierose delle sole cavità destre del cuore, debbo però avvertire che non andavano esenti da così fatta alterazione, però in minor grado, anche l' orec- chietta e ventricolo sinistro, come ciascuno se ne può fa- cilmente convincere esaminando la naturale preparazione che si conserva nel Gabinetto d' anatomia comparata di que- sta Università sotto il N." 2r66. A. ALESSANDRINI 169 II. In gennaio del corrente anno l'abile e diligente Veterinario di Baricella Sig. Fortunato Bencivelli man- dommi un cuore bovino morboso, accompagnandolo eoa una breve storia del fatto accaduto, dalla quale ricavare si possono i dati seguenti meritevoli di speciale menzione. Nel giorno 3 di gennajo del corrente anno (1841), dice il lodalo Bencivelli, fui chiamato dal Sig. Gaetano Sarti Agente del N. U. il Sig. Marchese Persichelli, all'oggetto di istituire la sezione del cadavere di un bue morto im- provvisamente nel giorno antecedente alle 4 pomeridiane nel mentre che, aggiogalo col compagno, intendeva ad alcuni lavori campestri. Interrogalo il Bifolco , che lo cus- todiva, asserì, che questo animale né nel giorno in cui perì, né prima aveva dato indizio d'essere infermo. Solo parecchi mesi addietro, cioè nell'agosto e settembre del 1840, mangiò per del tempo svogliatamenle, a quando a quando fissava gli occhi immobili e socchiusi sopra qual- che oggetto, rimanendo in questa posizione, e come stu- pido, per delle ore ^continue, fenomeno che ripetendosi ad intervalli non mollo lunghi aveva indotto un notabile dimagrimento: ma all'inoltrarsi dell'Autunno parve che il rinfrescarsi dell' atmosfera portasse tal giovamento a questo infermo da far cessare i notati fenomeni in guisa da potersi anche rinnlrire alquanto, senza però mostrarsi mai pieno , satollo e pingue come lo erano i suoi com- pagni, che pure facevano uso della stessa qualità di fo- raggio. Accaduta quindi la morte senza previa notevole malattia si volle, mediante la sezione del cadavere, sco- prire la causa probabile che l'aveva prodotta. Esaminati con diligenza e il cervello , ed i visceri ad- dominali non fu trovato cosa meritevole di rimarco; nel torace però eravi raccolta di notabile copia di siero ros- signo tanto nella destra che nella sinistra cavità delle pleu- re: i polmoni, e singolarmente il destro, vedevansi semi- nati nella loro superficie di tumoretti vescicolari somiglianti 170 MALATTIE DEL CUORE a delle idalidi, i maggiori dei quali arrivavano alla mole di un uovo di colombo: Uitla la sostanza ancora del vi- scere era ingorgata di sangue nero. 11 cuore poi, alquanto più voluminoso del naturale, e di insolita forma all'api- ce;, mostrava esso pure un grosso tumore idatidoso svi- luppatosi nella grossezza delle pareti ventricolari, per la quale singolare degenerazione fu questo viscere dal lodato Veterinario a me consegnato con sollecitudine, ed in ottimo stato di conservazione. Il ventricolo sinistro era aperto con sezione verticale dalla base fin presso l'apice, per cui non feci che regolarizzare i taglia onde potere più facilmente dimostrare e descrivere la singolarissima patologica dege- nerazione. Consiste questa nell'esistenza di un grossissimo tu- more vescicolare, o come suol dirsi idatidoso, sviluppato- si fra le grosse pareti muscolari del ventricolo aortico, presso r apice del cuore dove , protuberando alquanto dal- la di lui superficie, fa che l'apice stesso si mostri estre- mamente ottuso. Sembra che questo tumore siasi svilup- pato nel centro degli strali muscolari delle nominate pa- reti, e respingendole mano a mano che aumentavasi di mole, e comprimendoli sugli strati vicini, abbia potuto insinuarsi, e verso la cavità del sinistro ventricolo^ dove sembrava in gran parte contenjito, e discendere ancora e mostrarsi superficialmente sull'esterna faccia del cuore. Colà dove il tumore protubera di più, tanto dall'interna, che dall' esterna faccia della parete ventricolare, si mostra trasparente, ed ha l'aspetto di vera cisti quasi sferica, piena di siero limpido , essendo quivi ricoperto soltanto delle sierose interna ed esterna del cuore medesimo. De- lineato così il tumore nella naturale posizione passai ad esaminarlo direttamente onde indagarne la sua natura. La- cerati destramente gli strati musculari che cingevano i con- torni del tumore sollevai anche la interna membrana del cuore, che addossavasi, come dissi, alla di lui parte più A. ALESSANDBIISl 171 prominente entro il ventricolo , ed in allora ne uscì per la praticata incisione tutta intera una grossa cisti, di forma quasi sferica, e che presentava gli esteriori caratteri as- segnati dagli Elmintologisti all'Echinococco. Non mi di- lungherò nel descrivere minutamente, e nel segnare le esatte dimensioni di questo verme, giacché ne può fornire un'idea sufficientemente esatta la sola vista del medesimo che conservasi nel Gabinetto al N." 2760; dirò soltanto che era tale la capacità della di lui vescica da contenere dieci oncie, della libbra medica, di liquido nel quale il mi- croscopio fece poi vedere a migliaia i piccolissimi vermi che costituiscono il carattere essenziale pel quale gli Echi- nococchi sono dai moderni distinti dalle semplici idatidi vescicolari. Nello slesso tempo avendo avuto l'opportunità di osservare un altro Echinococco nel fegato di un porco, tranne il volume, maggiore nel primo, verun' altra diffe- renza rinvenni tra i due individui, per cui li giudicai ap- partenere ambidue alla specie denominata dal Rudolphi Echinococcus Veterìnorum. Che questo verme entozoario composto sviluppare si possa facilmente in diverse parti del corpo dei bruti do- mestici è cosa ampiamente dimostrata, giacché Bremser lo rinvenne nel Camello e nel Dromedario , Rudolphi e Gurlt nel bue, nella pecora, e nel porco. Quasi sempre però si stabilisce nel parenchima della sostanza del fegato, o del polmone, e non è a mia cognizione che negli Annali della Scienza esista ancora veruna osservazione, abbastanza chia- ra e precisa , che ne dimostri la esistenza nella sostanza del cuore. Vero è che molti dei tumori vescicolari, od in forma di idatidi, tanto spesso descritti e nell'uomo e nei bruti potrebbero bene appartenere a questa qualità di ver- me, mancavano però ancora le prove atte a mettere fuor di dubbio una tale osservazione, l'esame cioè minuto del liquido contenuto in tali vesciche, che dimostrar potesse l'esistenza degli Esseri animati, che in tanta copia aderì- 172 MALATTIE DEL CUORE scono alla faccia libera della più interna e più fina delle sue tuniche, e che staccandosene facilmente nuotano poi, o vedonsi sospesi, nel liquido che naturalmente riempie la vescica stessa. Ognuno sa che, oltre l'Echinococco, posso- no stabilirsi nel cuore diverse altre specie di idatidi ani- mali, e principalmente il cystìcercus cellulosae tanto fre- quente nel porco, od anche l'idatide semplice, o ringofia- mento cellulo-idatidoso, non costituente un vero animale, cioè un organismo vivente separatamente dall'animale che lo contiene. Ora le idatidi citale dagli antichi nel cuore^ specialmente dei Bruti, riferire si potrebbero ugualmente a qualunque altra delle specie indicate. Quello che asserire si può indubitatamente si è avere degli scrittori , anche an- tichissimi, parlato di questa specie di alterazione del cuo- re l'idatide in genere, perchè Galeno stesso (1) dopo aver detto — palpitationem videlicet cordis aut per se eveni- nire , aut cum significatione quadam, quod in humore cor ipsum moveatur — soggiunge di aver veduto più vol- te raccolta d'acqua in siffatto luogo, cioè entro il pericar- dio , negli animali sezionati , in una simia poi una grossa idatide nel cuore istesso, per cui cerca di dar spiegazione del come formar si possa la raccolta d'acqua nel pericar- dio ammettendo che delle idatidi, esistenti nel cuore, nel rompersi versino il liquido entro il detto sacco membra- noso. Morgagni stesso (2) enumerando le cause dirette ed immediate che produr possono raccolta d'acqua nel peri- cardio, cita, dietro l' autorità di Galeno, la rottura delle idatidi, e soggiugne, che simili idatidi dopo l'osservazio- ne di Galeno sono state trovate da altri distinti medici ed Anatomici sì nei bruti che nell' uomo; Wepfero ne vide mol- te, alcune delle quali anche rotte, sull'esterna faccia del (1) Lib. V. de locis affectis e. 2. (2) De sedibus et causis morborutn Epitt. Ànat. XVI. artic, 44. A. ALESSAC4DRIM1 173 cuore suino; Io stesso dicasi di Ballonio^ di Rolfìnckio, di Tebesio , ed a queste osservazioni il celebratissimo citato Morgagni ne aggiugne ancora parecchie delle proprie. È dunque indubitato che eoa molta facilità e frequen- za svilluppansi delle idatidi di vario genere nel cuore ; che trattandosi di idatidi animali i bruti sono a preferenza dell'Uomo soggetti a questo modo di organica degenera- zione, perchè, olire il Cysticercus cellulosae, tanto fre- quente nel cuore del porco, può svilupparvisì, ed acqui- stare grandi dimensioni, lo stesso Echinococcus , come ne porge un esempio indubitato, e forse il primo, il caso fin qui descritto. Qualora siffatti tumori non abbiano una mole notabile, non impediscano pel loro collocamento i movimenti del cuore, o nonne otturino in parte la cavità, sono facilmente tollerati, né l'animale fa il più delle vol- le conoscere per verun indizio l'esistenza di così grave lesione: prova ne sia la specie porcina che può pervenire al massimo grado d'impinguamento, anche travagliata dalla cosi detta grandine, anche col cuore seminato in tutti i punti, principalmente della sua regione più carnosa, di centinaia di cisticerchi, i quali sì fanno conoscere il più delle volte, vivente l'animale, solo perchè sviluppansi in tali parli della macchina dove l'occhio può avere accesso, per esempio ai lati del frenulo della lingua, coperti sol- tanto dalla delicatissima mucosa che riveste queste parli. Nel caso poi da me narralo la organica degenerazione che troncar doveva d'improvviso la vila dell'infermo, chi sa per quanto tempo ha esistilo innosservata nella sostanza del cuore. Fu solo allorquando la mostruosa mole cui era pervenuto il tumore, riempiendo in gran parte la cavità del sinistro ventricolo, venne a disturbare la circolazione, che fu reso cadavere d'improvviso un'animale, il quale, pochi istanti prima, apparentemente almeno, godeva buo- na salute. •J74 MALATTIE DEL CUORE III. Tra le più frequenti alterazioni del liquido ripa- ratore circolante nell'animale vivente si annovera il poli- po , perchè comunemente si dà questo nome improprio alle concrezioni, o coaguli, che si formano tanto nelle cavità del cuore che in quelle dei vasi sanguiferi, dipendenti il più delle volte dal lento scorrere del sangue pei proprii canali , 0 dalla variata crasi di questo liquido, e sono quindi mollo spesso l'effetto della perdita graduata della vitale energia del circolo nell'agonia molto protratta. Però nel caso patologico che sono per descrivere l'interna tunica del cuore mi ha offer- to anche quello stesso modo di organica degenerazione delle mucose cui i chirurghi danno veramente il nome di polipo; di guisa che parmi opportuno di adottare per la prima qua- lità di morboso prodotto il nome di concrezione fibrinosa , riserbando poi 1' altro più adattalo di polipo a quelle vegetazioni dell' interna tonaca e del cuore e dei vasi , giacché son d'avviso che anche in questi osservar si pos- sa la stessa degenerazione, che somigliano perfettamente alle vere vegetazioni polipose delle mucose. Morì improvvisamente in Minerbio li 21 Aprile del 1840 un bue di circa nove anni , di proprietà del colono Anto- nio Orcini, Socio Cataldi , senza aver mai dato indizio di malattia, o di mal essere, se pure si vuol credere alle attestazioni del custode dell'animale; quello che asserire si può francamente si è;, che giammai fu chiamata persona dell'arte a visitarlo, indizio certo del non essere stalo il medesimo , almeno gravemente , indisposto , sapendo ognuno con quanta cura i contadini veglino sulla salute e ben es- sere del proprio bestiame. Il veterinario Sig. Gaetano Pe- lagatti, già di sopra onorevolmente ricordato, fu richiesto per la sezione del cadavere, che in verun' altra parte o vi- scere presentò cosa meritevole di rimarco: il cuore soltan- to raoslrossi molto più voluminoso e pesante del naturale, ed il maggior volume corrispondeva principalmente al ven- tricolo polmonare, le pareti del quale senlivansi deboli, A. ALESSANDRINI 175 floscie, come se vi esistesse l'aneurisma che suol dirsi passivo. Aperto il nominato ventricolo parzialmente nella legione superiore , e veduto il grosso tumore che ne riem- piva quasi interamente la cavità, fu il lodato veterinario pago d'aver rinvenuto la causa della morte improvvisa, e diresse a me il pezzo patologico, onde lo potessi esami- nare con comodo, e conservarlo nel Gabinetto, trovandolo interessante. Per meglio osservare questa singolare abnormità ri- corsi ad una sezione condotta verticalmente dalla base del cuore fin presso il di lui apice, e lungo il solco che este- riormente segna la posizione del sepimento inlerventrico- lave , sezione che comprendendo ambidue le cavità destre del cuore, mette interamente allo scoperto il loro interno, avendo rovesciato a destra il lembo delle pareti recise. Dalia volta dell'orecchietta si vede rovesciarsi in dentro sot- to forma d'imbuto parte della di lei parete, stirata verso la cavila ventricolare dal peso stesso del tumore che ade- risce, 0 a meglio dire si prolunga, dalla parte più ristret- ta dell'imbuto, costituente quindi il gambo o picciuolo del polipo. Attorno a questa strozzatura stringevansi le valvo- le del foro ventricolo-auricolare, le quali perciò non pote- vano giammai combaciarsi fra loro esattamente onde im- pedire il rigurgito del sangue verso la orecchietta nelle contrazioni del ventricolo. Questo polipo^ di molle consistenza, d'aspetto perfet- lamenie analogo a quello dei tumori consimili delle mu- cose, ed in singoiar modo di quella che ricopre le fosse nasali, e di forma irregolarmente sferica, non discendeva fino al fondo della cavità ventricolare, non tanto per la ristrettezza del di lei diametro^ quanto perchè sostenuto da una grossa trabecola trasversale, che univa l'esterior pa- rete del ventricolo al sepimento medio, disposizione che quasi sempre s'incontra nel cuore del bue anche natural- mente costituito. Del resto trovavasi perfettamente libero 176 MALATTIE DEL CUORE nella cavità ventricolare dalla quale si potè rimovere con tutta facilità rovesciandolo in allo. Allora si potè avere una giusta idea tanto della mole, quanto della figura e dell' esterior disposizione del tumore, la sostanza del qua- le, prima che fosse indurita dallo spirito, si poteva lacerare facilmente , e distaccare per strati, i quali però erano com- posti di sostanza uniforme, quasi a foggia di gelatina mol- to condensata, e nella quale non appariva il minimo in- dizio di struttura filamentosa o fibrillare. La superficie del tumore, apparisce disuguale e quasi rugosa, od irregolar- mente solcata, come se ritenuto avesse le impressioni della struttura reticolata e trabecolata della posteriore parete del destro ventricolo, e di parte del sepimento interven- tricolare, contro le quali superficie poggiava, ed era for- temente stretto, nei movimenti di contrazione del cuore. Non contento di esaminare esteriormente per ogni ver- so questa singolarissima produzione morbosa , tentai anco- ra di indagarne, [mediante opportuna sezione, l'interna tessitura, giacché sembravarai di sentire, maneggiando il tumore, l'oscura flutuazione di un liquido contenuto nel centro del medesimo. Praticato quindi un taglio longitu- dinale sulla di lui faccia anteriore, lasciandolo nella na- turale posizione entro il ventricolo, si penetrò in una ca- vità piuttosto angusta , di forma ovoide, tapezzata da mem- branella propria sottilissima, ma elastica e robusta, la quale conteneva una proporzionata quantità di fluido den- so, e quasi filante come lo è l'albume d'uovo; spremu- to il quale apparve sul fondo del sacco, ed un poco a destra del medesimo, un' altra piccola cisti appena aderen- te mediante molle tessuto celluioso al sacco , di guisa che si potè facilmente staccare, e si conserva nel Gabinetto sotto il N.° 2762. Aperta la parete di questa seconda ci- sti^ la di lei piccola cavità non conteneva verun fluido, ma era riempita da un proporzionato corpicciuolo carnoso, strettamente aderente alla membranella inviluppante, neJ A. ALESSANDRINI 177 nel punto slesso in cui questa pure inscrivasi , come si è dello, suir inlenia faccia della cisli maggiore. Pare a- dunque cbe il punto di stretto contatto di questi diversi tessuti abnormi segni ancora il luogo in cui dall'interna faccia della destra orecchietta cominciò a vegetare l' escre- scenza poliposa, e che quivi ancora dalla parete auricola- re si prolungassero verso il tumore i vasi sanguiferi nu- trizii, abbenchè, come avviene ordinariamente nei polipi di questa qualità , i vasi si mostrino pochissimo apparenti ancorché il tumore acquisti una mole mostruosa, circo- stanza che vcrifìcavasi anche nel caso in discorso. Una vol- ta che incominciato sia questo morboso processo di vege- tazione animale , ha la naturale tendenza di crescere con singolare rapidità, e pare che il peso, lo stiramento, l'in- solito stimolo meccanico portato dal medesimo sui tessuti viventi induca, se non un vero processo di flogosi, che ve- ramente pare non esistesse né nel tumore, né nel cuore che lo racchiudeva, almeno un eccesso di attività ripro- duttiva che spiega, tanto il rapido crescere del polipo, quan- to la sua composizione in forma di tessuto quasi carnoso , e generalmente molto denso e pesante. Mano a mano poi che questo polipo diveniva più voluminoso doveva natural- mente dirigersi verso la sottoposta cavità finché trovar po- tesse punto d' appoggio contro le stesse pareti ventricolari , il che appunto avvenne; ed in questo movimento trascinar do- veva con sé anche la membranosa parete della volta della de- stra orecchietta nella quale erasi da prima formata la mor- bosa vegetazione, e produrre la depressione imbutiforme della parete auricolare, al fondo della quale depressione sta aderente il polipo che per tal modo mostrasi al solito peduncolato, fi presentare poi questo tumore una interna cavità non lo rende diverso dai congeneri sviluppautisi in altre regioni, giacché anche di recente il Desma'^icres (1) (1) Bulletlino delle Se. Mediche Febb. e Marzo 1841 ;». 18 i. N. Ann. Se. Nati'i;. Skrie II. Tomo 2. 12 178 MALATTIE DEL CUORE fece conoscere all'Accademia R. delle Scienze di Parigi una osservazione di polipo uterino avente una interna ca- vità, ed il Velpeau nel riferire questo caso assicura di es- sersi egli stesso incontrato, durante la sua pratica, in due altri casi affatto simili, e mette in avvertenza i chirurghi affinchè, asportando sififatli polipi^ e trovandoli interna- mente cavi , non credano d' avere estratto 1' utero stesso , come pure talvolta è avvenuto. In quanto poi al morbo- so processo mediante il quale può essersi formala la cavi- tà nel polipo da me osservato, parmi di non andar molto lungi dal vero supponendo che la continua compressione ed attrito esercitato dai movimenti delle robuste pareli del cuore sul tumore abbia potuto staccare dal nucleo centra- le gli strati più superficiali, e comporne così attorno al medesimo la cavità che ho descritto, quasi nella slessa guisa con che delle cause consimili agiscono nel produr- re certe naturali borse mucose nell'umana specie medesi- ma , e come si vede per esempio formarsene una costante ed evidentissima, in forza pure della compressione e del movimento, nella cellulosa interposta agli integumenti, ed all' esterior faccia della rotula. La stessa qualità dell'umo- re contenuto nel polipo, e somigliante a quello delie bor- se mucose j appoggia una tale supposizione, e la facililà del distacco degli strati del polipo gli uni dagli altri è pure comprovata dall'esame slesso del tumore, stratifica- to per tutta la sua grossezza, come lo dimostrò la sezio- ne del medesimo; strali che con tutta facilità nel tumore recente staccavansi gli uni dagli altri, e sembrava anzi che fra loro avesse luogo un semplice combaciamento esalto di superficie, e non già un comescolamento di so- stanza da strato a strato, tanta era la facilità colla quale isolare si potevano gli uni dagli altri. Abbenchè mollo frequentemente si parli di polipi del cuore nei trattati delle malattie di quesl' organo , e da quasi tulli i raccoglitori delle più importanti osservazioni di A. ALESSANDRINI 179 Noloniia patologica, pure si trova ciie con questo nome so- nosi quasi sempre indicati i semplici coaguli della sostan- za fibrinosa del sangue, ora recenti, ora antichi ed aderenti alle pareli stesse delle cavità del cuore, dei vasi sanguiferi , dello stesso dutto toracico, coaguli o concrezioni che pel modo di loro formazione, per la forma, pel colore, per l'intima loro tessitura sono del tutto diversi dai polipi carnosi, come soglionsi appellare dai Chirurghi. Lo stesso Bouìllaud tra i moderni, scrittore il più profondo, e rac- coglitore il pili diligente delle patologiche degenerazioni del cuore, nei molti casi che riferisce (1) di concrezioni polipiformi nessuno ve n' ha che rassomigli a quello da me descritto. Trovo però che nella Rivista Medica (2) del 1833 è inserita una osservazione di polipo di cuore letta alla Società anatomica di Parigi dal Clioìsy, nella quale si de- scrive un caso di polipo carnoso piriforme aderente all'in- terna parete della sinistra orecchietta di un cuore umano, e pervenuto alla mole di un uovo di pernice: nel riferire poi la storia di questo caso, che dice rarissimo, attribui- sce all'antico medico Fiorentino Antonio Benivieni (3) la prima osservazione di polipo di cuore di somigliante na- tura; ed il Pìgeaux, che fece un rapporto alla nominata Società sul merito dell'osservazione del CIwisy , avverte Egli pure quanto dissi fin da principio , la necessità cioè di ben definire ciò che intender si debba per polipo del cuore, mentre applicando un tal nome, come lo fecero i più antichi medici ed anatomici, anche ai coaguli fibrino- si, a ragione Corvisart, BurnS;, Testa, Laenec,Bouillaud (1) Opera ritata p. 368, e seguenti. (2) Encyclograjìhie des Sciences Medicales , Revue Medi- cale juin 1833 p. 138. (3) Antonius Benivenius , de abditis morborum causis S.t'o Basileae 1529.— Sprengel, Stor. Prammatica, Tomo IV. pag. 394, lo dice morto circa il 1503. 180 MALATTIE DEL CUORE li descrissero come un modo di alterazione che frequenle- niente s'incontra studiando le malattie del cuore; ed in- vece, restringendo la significazione di questo nome ai veri polipi come si mostrano nell'utero, nelle fosse nasali, nelle mucose in genere , il Senac , il Lieuland , il Morga- gni, ed i loro contemporanei non ne ammisero l'esisten- za nel cuore, giacché, appunto per la sua rarità, questo modo singolarissimo di morbosa vegetazione non si sarà giammai offerto alle loro indagini , abbenchè con tanto studio , frequenza e sapere si applicassero alle sezioni de- gli umani cadaveri (1). Che se i veri polipi del cuore so- no talvolta, però molto di rado , stati osservati nell' umano cadavere, non conosco osservazione veruna fin qui pubblicata che ne comprovi l' esistenza anche in quello dei bruti ; meno ■poi di un polipo di mole e struttura tanto singolare quanto quello che mi venne fatto di trovare nel cuore bovino. Mi duole soltanto che non essendo slato da veruna persona del- l'arte esaminato finché visse l'individuo che presentò una malattia organica tanto rara , non si sieno potuti studiare i fenomeni morbosi che alla medesima associare si dovevano, onde desumerne delle norme se non sicure^ almeno pro- babili per poter sospettare in casi consimili dell'esistenza di una causa organico-meccanica che deve turbare in modo strano e il circolo e le contrazioni del cuore fino a pro- durne il totale interrompimento e la morte subitanea^ co- me avvenne anche nel caso descritto. Ma un tale difetto di esatte storie valevoli a dirigere il pratico in casi consi- mili nella diagnosi delle più diflìcili malattie, dire si può comune in Veterinaria a quasi tutte le malattie del cuore. (1) Alle osservazioni dei citati celebri medici ed anatomici aggiungansi quelle ancora dell' illustre Medico toscano il Sig, Lott. Massimiliano Rigacci; al qual proposito si può leggere la let- tera diretta dal medesimo ad un suo amico , e riprodotta nel Tomo I. 2.^* Serie di questi Annali, pag. 466. A. ALESSANDRINI 181 L' auscultazione mediata , o immediata , che è di tanto soccorso nell'umana medicina, trattandosi delle malattie di quest'organo nobilissimo, puossi dire che appena co- mincia a trovare nell'epoca presente delle utili applicazio- ni anche in Veterinaria: modo di esame che diviene tanto più necessario nella medicina dei bruti nella quale il pra- tico non può valersi di quei sussidii che il dono della parola, la squisitezza del sentire e del ragionare prestano al Medico nei casi i più oscuri e difficili. Il non credere alla frequenza delle malattie del cuore negli animali , il ritenere per insanabili tutte quelle che da vizio organico dipendono, fece sì che venne trascurata e la storia e lo studio delle medesime. È ormai tempo però che l'atten- zione dei pratici i più illuminati , degli Agronomi e Possi- denti i più industriosi sia richiamata anche sopra questa parte interessantissima dell'Igiene e della Patologia Vete- rinaria- Se i casi per me finora narrati si mostrano di ra- do nel pratico esercizio, avvene numerosa serie di altri non meno interessanti, e più funesti per la loro frequen- za, che tulio giorno minacciano l' esistenza della specie la più utile dei Mammiferi addomesticati il Bue. Le ricerche per parecchi anni da me continuate sulle lesioni del cuo- re, mi hanno fatto conoscere, almeno in questa nostra Provincia , la causa più frequente delle gravi carditi , delle lente consunzioni, delle morii improvvise che, con molta frequenza, distruggono la parte migliore del gregge bovi- no delle nostre campagne. L' uso tanto comune fra i nostri coloni e di sfogliare gii alberi d'alio fusto in autunno, e di riunirsi in inverno nelle stalle onde attendere ai lavori della domestica economia è cagione di gravissimi inconve- nienti: nell'una e nell' altra circostanza i sarti, e le donne spargono facilmente degli aghi, delle spille fra il foraggio che viene poi somministrato ai delti animali; deglutiti que- sti in un col cibo passano con tutta facilità o dall'esofa- go , 0 dal reticolo , ma più frequentemente da questo che 182 MALATTIE DEL CUORE da quello^ ad offendere il cuore ^ a lacerarne la sostanza ; a penetrare persino entro le di lui cavità, apportando do- lori e strazii indicibili a questi miseri animali. È veramente prodigioso il numero dei bovi che periscono per questa causa che si potrebbe con tutta facilità rimovere. Il solo veteri- nario di Minerbio Sig. Gaetano Pelagatti^ più volle loda- lo in questo discorso , nel giro di poco più di due anni mi ha partecipato dieciotto casi , bene avverati mediante la sezione del cadavere, di aghi passati dal tubo digerente Del cuore; parecchi dei pezzi patologici comprovanti l'esat- tezza e verità delie storie conservansi di già nel Museo (l). Osservazioni somiglianti mi furono pure partecipale, accom- pagnandole coli' invio dello stesso cuore gravemente, e di- versamente leso nella propria sostanza da cotesti corpi es- tranei , dagli altri veterinari non meno diligenti e com- raendevoli i Signori Angelo Ghelfl, Felice Parraeggiani, Angelo Puglioli, e Luigi Lugaresi. Se dunque in così bre- ve spazio di tempo, e da un numero così limitato di eser- centi l'arte veterinaria si sono raccolte 30 e più osserva- zioni bene avverate di mortali lesioni nel cuore prodotte dalla causa accennata; se si consideri che la maggior par- te degli animali in discorso qualora comincino a deperi- re, in forza di lento penosissimo male che li consumarsi destinano alla pubblica annona, o clandestinamente si uc- cidono, ciascuno facilmente si persuaderà che non fu esa- gerata la mia proposizione allorché asserii , essere questa la causa più frequente cui attribuire si devono le morti improvvise, i morbi lenti e diuturni che consumano il no- stro bestiame più utile. Ma di troppo abuserei o Signori della bontà e pazienza colla quale ascollato avete questo (1) Il lodato Veterinario fece poscia di pubblica ragione una numerosa serie di somiglianti osservazioni nel suo Opu- scolo — Sui principali fenomeni morbosi che si manifestano ne' Bovini pei corpi stranieri deglutiti col cibo. Bologna 1842. A. ALESSANDRINI 183 mio lungo discorso se qui addur volessi le prove dimo- strali ve di siffatta proposizione: i varialissimi guasti orga- nici dalia nominata causa prodotti nel cuore , i regolamen- ti di facile esecuzione da introdursi nelle campagne per rendere, almeno più rare, le malattie e le morti dalla medesima prodotte formeranno il soggetto di altro mio ragionamento qualora il savio giudizio vostro confermi r utilità di siffatte ricerche^ ed intanto conchiuderò: esse- re gli animali addomesticati facilmente e frequentemente soggetti alle malattie del cuora di vario genere, ai vizi organici i più micidiali di questo viscere importantissimo; e se indubitatamente, parecchie cause speciali influiscono a produrne una data serie a preferenza nell'uomo, altre cagioni non meno freciupnii, e spesso innevitabili, assog- gettano i bruti ad un'altra serie non meno pericolosa e fa- tale, di guisa che la somma di questi mali è sì in questi che in quello pur troppo uguale e copiosissima : e che l'incurabilità del maggior numero esige che se ne ricer- chino le cause produttrici onde coli' allontanamento delle medesime, o col procurare di eliderne la funesta influen- za, si prevenga lo sviluppo di una parte almeno di quei morbi , i quali , una volta che dichiarati si sieno , e per- venuti ad un certo grado, non è più in potere del Medi- co 0 del Veterinario di frenarli , e prova soltanto il dolo- re di vedere i miseri infermi incamminarsi innevitabilmen- te^ e con penosissima agonia, al più fatale degli esiti. Marno alla Vescichetla proligera ed allo strato germinativo osservali nei pesci da F. Cavoli- Ni. Nola letta alla Reale Accademia delle Scien- ze di Napoli da G. Nicolucci. ideila memoria » sulla generayjone dei pesci e dei granchi » pubblicata da F. Cavolini nel 1787 (in 4.° con tav. ) io trovo registrate pregevoli osservazioni intorno al- le uova dei pesci. E poiché le scoperte di quel naturali- sta acciiraiissinio , riprodotte poscia da altri ^ non cnrantisi di olii li precedette, hanno meritato dai sapienti lusinghe- vole accoglimento , così io mi penso , o signori , che non voglia riuscirvi discaro se m'adopri a porre il vero in chiara luce, e per quanto è in me, cerchi di rendere o- gnor più venerata la memoria di colui, che fu un tempo la gloria di questa nostra R. Accademia. Dopo le scoperte del Malpighi^ le uova, quelle al- meno di cui erasi occupato l'illustre prof, di Bologna, si tennero formate di una membrana esterna (chorion) , del vitello,, e di una o più cicatrici apparenti sul tuorlo mede- simo dalle quali incominciava lo svolgimento dell'embrio- ne (1). E non fu che nel 1825 che Purkinje (2) annunziò (1) Ovi concavitatem luteus occupai humor , qui solitum refert colorem et levi elixatione concrescit. An ultra luteum aliud adsit, sensus non attingit. Membrana quadam crassiori vitellus continetur - De bombycibus. Lugd. Batav. 1681 j). 46- Inter partes , quibus ovum integratur , Cicatricula , seu circu- laris macula , primum locum obtinet ; in hujus enim gratiam reliqua comproducta videntur — De formatione pulii in ove. p. 54. (2) JoAN. Friv. BluxenbàCbw et summorum in medi- VF.SC. PRÓt. NOTA DI G. ISICOLUCCI 185 nelle uova degli uccelli, stando tuttora nell'ovario, tro- varsi al di sotto della membrana del tuorlo un tenuissimo strato di granelli (Membrana granulosa Purkinje, mem- brana eritroide, o vescichetta ombilicale Baer, membra- na vitellina Wagner) affollati dipiù in qualche punto da formarvi una zona {Disco proligero di Baer, disco vi^ tellino di Wagner) nella estremità della quale scorgesi un poro pellucido pieno di limpidissimo umore, visibile solo quando l' uovo si osservi nell' ovario , ed occupato da pic- colissima vescica, la quale egli disse vescichetta germi- nativa. Ora il Cavolitu ci fa sapere, a che le uova del Ser- pe ago {Syngnalhus acus L.) , sono formate da una buc- cia molle e trasparente, che rinchiude pochissimo bianco umore, in mezzo al quale nuota un gran tuorlo lutto scre- ziato di macchiette rosse, il quale tuorlo, allessato l'uo- vo, diviene duro come diviene il tuorlo dei pesci cartila- ginosi. Su questo tuorlo, esistendo le uova ancora nel- l'ovario, si osserva una macchia bianca, siccome si osser- va nella gallina, ed ho osservalo nell'uovo della razza, il quale vien chiuso in quella membranosa guaina e cir- condato di albume. Devo dire però che questa osservazio- ne della cicatrice sulle uova della serpe non è così chiara e netta, come può esser quella nelle uova della gallina, tra per la piccolezza di quelle uova , Ira pel color bianco dei tuorli (1) » ed altrove soggiunge parlando sempre delle uova dello stesso singnato, « che quella bianca macchia che osserva- eina honorum semisaccularìa gratulatur orda medicorum Vra- tislaviensìum interprete Jouanne Ev. Purkinje P. P. 0. Subjectae sunl symbolae ad ovi avium historiam ante incuba- tioncm — Fu ristampato l'opuscolo in Lipsia dal Voss uel 1830. (1) Memoria sulla generazione dei pesci e dei granchi. Napoli 1787 p. 212. 186 VESCICHETTA PROLIGERA vasi attaccala alla membrana del tuorlo di queste uova, e che abbiam nominato cicatrice, era il luogo dove doveva tarsilo sviluppo del feto (1) «; in ciò nulla differendo, per vocaboli;, dal Malpighi, ma spignendosi più oltre di que- sti, e descrivendo bianca la cicatrice, la quale si scorge non essere che la vescichetta germinativa del Purkinje, e che egli vide ne' pesci nominati e in altri generi anco- ra. Dopo il Cavolini r osservò pure e la descrisse il Poli nelle uova del Solen Siliqua, le quali a conflantur, ei dice , putamine tenuissimo humore turgido , cujus centrum tenet in primis corpusculum translucens , quod proceden- te tempore luci impervium sensim efficitur , donec sole- nis perexigui formam solummodo accipiat (2); in quelle del cardio rustico (tav. XV, f. 18), àeW Ostrea edule (tav. XXIX, f. 9) del Chitoneo cinereo (Iav. f. 11), ec ; e Rusconi la effigiò nella fig. I, della tav. 2. de' suoi Amori delle Salamandre acquaiuole, dicendo che l'hémi- sphère sur léquel s' et end cette bande circulaire (tuorlo e disco vitellino) ne ressemUe pas mal à l'iris d'un oeil cataracteux (3). Il perchè se appartiene a Purkinje la glo- ria di averla con più accurato e sottile esame indagata, non a lui si deve certamente il titolo di scopritore {Ent- decker) che gli dà il Wagner (4) della vescichetta proli- gera, ma con più giustezza, ove nominar si volesse col nome del suo scopritore, del nome di Cavolini merilereb- (1) Ihid. p. 54 — Di una maniera la j)tù appariscente è effigiata la vescichetta proligera nelle uova della perchia tav. 1 fig. a 5 b. (2) Testacea utriusque Siciliae eorumque historia et ana- tome fol. Parma 1790 t. 1.° p. 36. (3) Amours des salamandres [aquatiques. Milan. 1821. in 4.« p. 52. (4) Lehrbuch der Physiologie, Leipzig 1839 p. 33. NOTA DI G. NICOLUCCI 187 be di andare insignita, piuttosto che di quello del suo il- lustratore, siccome da moltissimi si è fatto. Posteriorraente alla memoria del Purkinje, il chiaris- simo Baer (1) si diede a studiare la vescichetta proligera negli altri vertebrati ovipari , del pari che ne' molluschi , anellidi , crostacei ed inselli. Purkinje medesimo la vide non solo negli animali mentovali;, ma negli entozoi inoltre e nei ragni (2). Coste (3), A^alentin (4), Bernhardt (5), Krause (6) la dimostrarono pure ne' mammiferi ; Delle Chiaje (7), Rusconi (8), Rathke (9), Carus (10) ec estesero a maggior numero di specie le osservazioni ; e Wagner la descrisse ed effigiò in tutta quanta la serie animale (11). (1) De ovi mammalium et hominis genesi epistolam ad Acad. imp. scient. Petrop. C. E. a Baer. Lipsiae, 1827. 4°. (2) Neil' artic. Uovo (Et) del Berliner encyclopàdischen Worterhuch der medizin. Wissenschaft. B. X. 1834. S. 107. (3) Recherches sur la generation des mammiféres. Paris ^ 1834. 4. (4) Handbuch der Entwickelungsgeschichte d. Menschen, Berlin 1835. (5) Symbolae ad ovi mammalium historiam ante praegna- tionem Wratisl. 1834. (6) In Muller' s Àrchiv. fiir 1837. S. 26. (7) Descrizione e notomia degli animali invertebrati ec. Nap. 1841. 7. voi. in 4°. (8) Filippi suW embriogenià de' pesci e specialm. del Gobius fluviatilis, Atti del 3.° Congresso degli scienz. ital. p. 321. 4°. (9) Abhandl. zur Bildung-und-Enttcickelungsgeschichte des Menschen u. d. Thiere. Leipzig 1834 in 4. (10) Trattato di Anatomia comparata, trad. da Doroteà. Nap. 1841. (11) Prodromut historiae generationis hominis atque ani- malinm, Lipsiae, 1835. fai. 188 VESCICHETTA PROLIGERA Che dalla vescichetta proligera traesse origine il nuo- vo embrione, non fu alcuno che più osasse dubitarne, e, secondo suole, volendo ciascuno a suo talento diciferare gli occulti e misteriosi -processi della natura, furonvi di quelli che credettero (Baer) che nella vescichetta sum- mentovata esercitasse sua possa la facoltà femminina, co- me la maschile è inerente al seme dell'uomo; onde la rottura e dissoluzione di essa dipendeva dalla maturità del- l'uovo, e forse da una irritazione, perocché dopo la fe- condazione, il Uastoderma si scorge in quel luogo onde si effuse r umore della vescichetta ; ed altri opinarono (Carus) che quando il giallo viene a distaccarsi dall' ova- rio , la vescichetta animale primaria si apre ancora , e '1 suo contenuto forma allora la cicatrìcola, che situata sullo strato superiore di questo giallo, al di sotto della mem- brana vitellina, costituisce il luogo in cin dappoi si forma il corpo propriamente detto dell'embrione: opinione emes- sa già iu parte dal Cavolini stesso e dal Poli. Ma nel 1835, osservando il Wagner attentamente la vescichetta proligera , vi notò al di sopra una macchia opaca e rotonda, che vista ad un forte ingrandimento, gli presentò l'aspetto di uno strato orbicolare , lentiforme;, gra- nuloso , formato da tenuissime molecole strettamente fra loro collegate, al quale strato impose il nome di macchia ger- minativa dapprima , e poi di strato generativo primitivo (cumulus proligerus , nucleus cicatriculae seu blastodcr- matis di Pander?) (1), e che altri dissero macchia wa- gneriana. Questo strato medesimo affermò essere il ger- me animale vero e vìvo, preformato innanzi alla fecon- dazione , dopo la quale si converte in blastoderma da cui l'embrione si forma;, costituendone la parte centrale (2). Ed ecco ciò che al Cavolini era venuto eziandio di os- (1) Lehrbuch d. vergleichenden Anatomie, Leipsig, 8. p. 35, (2) Prodromut etc. p. 4-5. nOTA DI e NICOLUCGI 189 servare nelle uova del Serpentello marino (Syngnathtis ophidion L.) allora allora traile dall' ovario: « Le uova si vedevano trasparire, egli dice, nei rami dell' ovario che sono due cilindrici sacchi , e comparivano screziate di mac- chie rosse; ed essere di varia grossezza; alcune libera- mente nuotanti nei sacchi , essere grosse come un acino di canapa: altre molto minori essere attaccale alla faccia in- terna di essi sacchi. E viste le maggiori e perfette uova, e considerate colla lente esploratrice, aveano il tuorlo as- sai grande quasi come l' uovo stesso , e su questo tuorlo io osservava molto bene una macchia scura che non ho dubbio di asserire essere la cicatrice »>. « Par che questo fallo avvenga in colali pesci appun- to perchè i tuorli delle loro uova sono assai grandi a ri- spello dell' uovo stesso ; cosa che accade non solamente in questo genere, ma in tutti i carlilaginosi, perchè in essi le uova 0 si maturano negli uteri, o custodite da qualche invoglio sono cacciate dal corpo. Della razza del serpen- tello è il Cavalletto marino ( Hippocampus hreviroster Cuv. ) La sua ovaia è biforcala come nel serpentello , ed es- sendo mezza matura, ha il colore delle ciliegie amarene. Aperto questo ovario si veggono le uova fra loro strette e concatenate, delle quali le minime sono ritonde ed opa- che , le mezzane hanno acquistato una figura piriforme : e le maggiori sono divenute ovali , ed il tuorlo in esse ri- siedente essersi sparso, ed occupar quasi tutta la cavità dell'uovo: esser poi mezzo trasparente e tinto di rosse macchiette , ed avere la macchia scura come le uova del serpentello: e poste quelle uova nell'acqua, e dopo qual- che ora vedute, si distingueva assai bene la buccia protu- berante come una molle membrana , tra la quale e '1 tuorlo un bianco umore si frapponeva (1). Dopo che per la vulva sono discese le uova in una (1) Oj,. cit. p. 36-37. 190 VESCICHETTA PBOLIGERA borsa che si forma immediatamente sotto essa vulva fra la pelle ed i musculi, egli le osserva nuovamente, e dice: « che viste ad occhio nudo e poi al microscopio queste uova, si vede che hanno una macchia biancastra forman- te la porzione di un cordone che cingendo s'interna nella sostanza dell' uovo. Ho questo riconosciuto evidentemente in tutte le covate, e non ho dubbio a credere che questo cordone sia la cicatrice dilatata, ossia la prima comparsa del feto )) (1) . Lascio di addurre prove maggiori citando altri pas- saggi del Cavolini, essendoché nell' addotto si vede chia- ro ciò che era stato per lui osservato, e nelle delineazio- ni che ne porge nella figura 4 della lav. 1 lascia scorgere in d un novo della Minchia dei Re (Julis vulgarisj, nel quale apparisce nel lembo interno del giallo il disco vi- tellino, al quale soprasta immediatamente lo strato ger- minativo. E perchè s'intenda come in talune uova il Cavoliisi avesse osservata la vescichetta proligera, in altre il solo strato germinativo, quando questo a quella sovrasta, io mi permetterò di addurre le sole seguenti considerazioni. \P La vescichetta proligera non è la stessa presso tutti gli AwmdW: in ovis juniofibus, servendomi delle stes- se parole del Baer (2), pellucida est, fluido mine nulla, nunc minutissima granula fovente impleta. In molluscis , anelUdibus , insectis , crustaceis ( astaco fliiv. ) , hatra- chiis et ovibus in hoc statu remanere vide tur , quamvis in nonnullis ad maturitatem. jam granulorum copia au^ geatur. In ophidiis et sauriis vero granula fluidi inclusi majora et frequentiora apparent, tum lutescunt et ad ma- turitatem tandem saccum internum constituunt , vesiculae adjacentem; in ovis maturis saccus internus granulosus (1) Ibid. p. 38. (2) Op, cit. p. 27. NOTA DI G. lyiCOLUCfiI 191 a membranuìa vesicae externa pedetentìm recedii et colla- bitur , si vesicula aquae submersa est. Ed il Wagner che descrive lo strato germinativo e lo rappresenta in tnlte le classi animali nel suo Prodromus historiae generationis hominis atque animalium , dimostra che sovente, anzi sem- pre, lo strato in parola si riduce in tanti piccoli acervi da offrire 5, 10 ed anche 20 macchie disperse nella superfi- cie della vescichetta, siccome egli ha incontrato nelle uo- va de' batraci, pesci osseiyeA alcuni crostacei (1). Il per- chè alloraquando Cavolini faceva le sue osservazioni , sic- come la vescichetta proligera era tutta cospersa di granel- latnre, così non piiì essa distingueva, ma lo strato ger- minativo sovrastante : quello strato da cui poscia incomin- ciava lo sviluppo dell' embrione. 2.'' La vescichetta proligera si mostra , col crescere dell'uovo, ripiena delle granellalure mentovate, e quanto più l'uovo è vicino alla sua maturità, altrettanto oscura è la vescichetta: vesicula Purkinji ad maturitatem gra- iiulorum vitellinorum haud parvam contìnet copiam in sncculum internum demiim coalescentium (2). E però il Cavouisi osservava una macchia nera nelle uova dei pesci, ma quando già esse erano ingrandite, o, per usare il suo linguaggio , erano perfette. Laonde se vide il nostro accademico in alcune uova di pesci la sola vescichetta proligera , osservò pure in al- tre lo strato germinativo, e quantunque separatamente or (1) Acervulos numerosiores 5 vel 10 vel etiam 20 macu- las exhibentes , in superficie vesiculae dispersos in hatrachìhi piscibus osseis et in nonnuUis crustaceis inveni. Quae ma- culae granulosae stratum germinativum primitivum formant, certo cuidam loco interni vesiculae germinativae parietis ad- haerent , ibiquc in liquorem limpidum inclusum immersae sunt. Wagner Prod. cit. p. 5, (2) Baer, Op. cit. p. 32. 192 VESC. PROL. NOTA DI G. NIGOLUCGI r una or l' altro avesse distinto , certa cosa H , che della prima e del secondo ebbe contezza, e di entrambi diede esatta descrizione e delineazione. E quando disse che dalla Liacchia nera si svolgeva l'embrione, prevenne di un mez- zo secolo il Wagner, che con le sue osservazioni, estese a tutte le classi animali , dal polipo all' uomo , confermò le indagini , così irameritamente poste in dimenticanza, del Cavouni. A quali cangiamenti soggiacciano poi le parti dell' uo- vo nello svolgimento embrionico , egli è oggimai opinar dei fisiologi, che lo strato germinativo e la vescichetta proli- gera si confondano insieme e producano la membrana pro- ligera « che è la parte viva e plastica dell' uovo , quella che si trasforma in embrione (1) », di cui lo strato rap- presenta le parti centrali , le parti della sfera animale, co- me il primo antagonismo che si ripeterà tanto con le al- tre parti dell' uovo quanto con quelle diverse dell' embrio- ne medesimo. (1) BuRDÀCa. Trattato di Fisiologia, Venezia, 1841. t. 1." p. 691. trad. del Levi. — Utrum vesicula germinativa, cum ovum ex ovario egressum est , dirumpalur , suumque con- tentum in stratum germinativum effundat , siculi III. Purkinje et Valentin opinantur , an colliquescat , ita ut paullatim a for- ma sphaerica recedcns magis complanetur ac corrugetur, et cum strato germinativo confluet , id quod libentius crediderim , in ambiguo , ut rem ulterioribus disquisitionibus dijudican- dam, relinquere malo. WAGjyER p. 4. Lehrbuch d. Physiolo- gie p. 64, DEllA FORMZIONE DI liN GENERE NUOVO DUE SPECIE DI IINSETTI DITTERI PER SERVIRE ALI.A DXTTEROX.OGIA ZTAXiIANA MEMBRO DELLA SOCIETÀ EISTOUOLOGICA DI FRANCIA ECC. JLe Cheilosie ed i Sirfi sono i soli generi delle 5ir- fine i quali possano mostrare qualche analogia marcata di caratteri colle due specie d' Insetti Ditteri per le quali propongo la formazione di un genere nuovo: ma per po- co però che si confrontino con attenzione le marche carat- teristiche delle Cheilosie colla organizzazione dei due Dit- teri in discorso ne apparirà la loro generica separazione. Questi di fatto si distinguono dalle specie del Gene- re Cheilosia. 1. Per un prolungamento rimarcabile della fronte, all'apice del quale son collocate le antenne. 2. Per la setola antennale affatto nuda. 3. Per la prima vena longitudinale delle ali che abu- tisce alla costale assai prima di giungere contro la prima trasversale. 4. Per r areola quinta esterna distinlawente concava al margine anteriore. N. Ann. Se. Natlb. Serie II- Tom. 2. 13 194 GENERE NUOVO D' INSETTI DITTERI 5. Per la vena spuria ordinaria completa affatto e di- stintissima. 6. Per la vena prima trasversale quasi egualmente di- stante dalla base e dall'apice dell' areola sesta esteriore; non che per altre piccole differenze di minore entità. Le Clieilosie per lo contrario hanno la fronte non pro- lungata. La setola antennale quasi sempre un poco pelo- sa, 0 più 0 meno tomentosa; la prima vena longitudina- le dell'ali prolungala fino contro alla prima trasversale o passa al di là: la quinta areola esterna col margi- ne davanti, o retto perfettamente od un poco conves- so, ma concavo mai: e la prima vena trasversale assai pili vicina alla base che all'apice della sesta areola este- riore: e finalmente la vena spuria ordinaria, od interrotta in qualche punto , o pochissimo e quasi nulla apparente. Parrai cosa evidente che laute diversità di organizza- zione non debbano trovarsi attualmente riunite in un ge- nere stesso ;, e quindi che le due specie di Sirfitie di cui si parla debbano essere staccate dalle Cheìlosie del Megerle e del Macquart. Altre ragioni e di ugual peso o maggiore non permet- teranno neppure che vengano ascritte al genere Syrphus , quantunque le specie che lo compongono abbiano comune colle altre di cui si discorre, e la setola nuda, e la vena spuria ordinaria distintissima e completa ; e quantunque alcuni dei sirfi stessi abbiano pure gli occhi pelosi , e la quinta areola esterna a lato anteriore distintamente incava- to, imperocché manca in tutti costantemente la prominen- za rimarcabile della fronte ;, e la prima vena longitudinale delle loro ali arriva circa contro la prima vena traversale 0 si prolunga anche di più , e la prima vena traversale è sempre assai più vicina alla base che all'apice della se- sta areola esteriore. Ed inoltre la forma ovale o sub-ovale del terzo articolo delle antenne , e la mancanza del vesti- mento di fitti peli principalmente all'addome, distinguono DI C. ROISDANI 195 alle prime osservazioni le siiecie dei Sirfi da quelle di cui si tratta , anche senza considerare i caratteri distintivi che potrebbero togliersi dal colorito, ai quali si vorrebbe da alcuni attribuire un grande interesse, che mi pare però lontano dall'essere confermato dai fatti ^ giacché qualche fatto isolalo non prova una teoria. Per le ragioni qui enumerale mi pare adunque ne- cessaria la fondazione di un genere nuovo il quale dovreb- be essere collocato fra i Sirfi, e le Cheilosie, quelli ter- minando, e queste cominciando colle specie ad occhi den- samente pelosi. Siccome però le Cheilosie resteranno attualmente di- stinte per caratteri nuovamente esaminati dal Genere che viene da me istituito, così sarà necessario di riformare la loro generica descrizione, perchè siano così più manifeste le dilferenze per le quali vennero separate dal medesimo , oltre quelle che furono motivo perchè venissero disgiunte da Sirfi ed altri generi affini: e la loro descrizione la rifac- cio nel modo seguente: GENUS CHEILOSIA Mgrl. Mac. Antennae articuìo tertio circulari , vel sub-circulari. Arista paulo pilosa, vcl magis aut minus manifeste to- mentosa. Frons nec supra oculos elevata in mare , nec serialira sul- ciolala in faemina, nec antice producta in utroque sexu. Facies in mare et faemina gibboso-tuberculala- Oculi in mare magis vel minus late superne contigui ; aut pilosi , aut tomentosi, aut nudi vel in utroque sexu, vel in uno tantum. Àlarum vena prima longitudinalis costalem apice aliingens circiter centra primam Iransversam: vena lerlia longi- tudinalis ultra apiccm (|uinlae haud distincle produ- cla; quarta recla vcl subrccta sed numquaoi intus in- 196 GENERE NUOVO D' INSETTI DITTERI curvata: spuria ordinaria vel parum et fere nihil di- stincta , vel aliquo loco interrupta : prima transversa manifeste magis distans ab apice quam a basi areolae sextae exterioris. Abdomen basi non coarctatum, organis copulatoriis nec productis nec inflalis. Pedes simplices, inermes. Darò adesso la diagnosi del genere nuovo il quale è stato da me nominato Ferdinandea, perchè dedicato al veggente Sovrano delle due Sicilie, che si è degnato ac- cettare nella magnifica Capitale del suo bel Regno , la riu- nione scientifica Italiana del 1845. GENUS FERDINANDEA mihi. Syrphus. Fab. Rossi Gz. Magn. Si. F. Eristalis. Fab. Fall. Zett. Cheilosia. Megr. Mac-Loew. Elophilus. Lat. Conops. Scop. Characteres generici. Antennae articulo extremo circulari. Iato: Arista omnino nuda. Frons nec supra oculos elevata in mare, nec seriatira sulciolata in faemina, sed in utroque sexu antice di- stincte producta. Oculi in mare antice anguste contigui, in utroque sexu dense pilosi. Facies inferne distincte tuberculata. Alarum vena prima longitudinalis costalem attingens sa^ tis antequam perveniat contra primam transversam: (ertia longitudinalis non producta distincte ultra api- i DI C. RONDAMI 197 cem quinlae: quarta manifeste intus incurvata: spu- ria ordinaria completa et distincta: prima transversa poslice fere aequidistans ab apice et basi areolae sex- tae exlerioris. Abdoraen basi non coarctalura, organis copulatoriis nec inQalis nec productis. Pedes simplices, inermes etc. SPECIES ITALICAE G. FERDINANDEAE. A. Facies lulescens nigro-trivittala> I. Fero. Aurea mihi. A. A. Facies lutescens unicolor. II. Fero. Cuprea. Scop. 198 GENERE NUOVO d' INSETTI DITTERI SPECIERUM DESCUIPTIO Species I. Ferdinandea. Aurea milii. Cheil. Nigricornis mìhi (olim in lilleris) Longiludo Mill.^ 10-11. Anlennae nigrae ve! nigricantes , iiiferne anguste rufescen- tes ; Arista nigra. Frons flavescens nigricante-pilosa, antice fasciis lateralibus nigricantibus inter oculos et anlennas^ mine inagis mine miniis completis. Verlex niger nigro-pilosus. Facies flavescens, fasciola intermedia et duabus lateralibus nigris vel nigricantibus: intermedia perpendicolaris, snblanceolata, ab epìstomale usque ad basini praemi- nenliae frontalis ascendens: laterales ad genas, obli- quae, nec oculos nec epistomalem tangentes. Thorax nigricaris, superne fasciolis quatuor cinerascenti- buS;, longitudiualibus, fere ad scutellura productis: fulvescente-tomentosus, superne pilis permixtis lon- giusculis^ et setis longissimis marginalibus nigris. Sculellum translucide lutescens , ima basi lateribus nigri- cantibus ; breviter fulvo-pilosum , pilis longioribus non- nullis permixtis, et longissimis marginalibus nigris. Abdomen aureo-subvirescens, dense et breviter fulvo-pilo- sum , pilis limbo postico segmenlorura densioribus. Segmento primo basi nigra; secundo et tertio fasciola transversa margini postico nigerrima, distincta, aequa- liter lata. Alae paulo fuscescentes ad apicem fusciores, margine an- tico anguste et basì sublutescentes : ad originera venae tertiae longitudinalis puncto ; ad basini venae quartae usque ad septimani fasciola obliqua; ad priniam ve- nam transversam macula distincle nigricantibus. ± DI C. RONDANI 199 Sqiiamae albidae, linea marginali ciliisque liilescenlibus. Haiteres stipile lutescenle capitulo obscure fiisco. Pcdes fnlvescentes parce fulvo-pilosi , setulisque aliquibus nigris ; libiae intermediae spinulis nonnullis terminan- libiis nigris: coxae nigricantes; tarsi articulis duobus vel tribus extremis nigricanlibus. Habitat frequens in Italiae centralis collibus sub-apen- ninis mensibus praesertim Augusti et Septerabris, in flori- bus Crocorum;, quos diligit, melius quam alibi colligenda. »»«<: Species II. Ferdinandea Cuprea. Scop. Cheil. Testacicornis mihi (olim in litteris) Syrph. Ruficornis? Fab. et aliorum. Longitudo et habitus praecedentis speciei: ab eadem tamen dislincta praesertim. l.** Antennis scmper rufescentibus vel testaceis, limbo su- periori tantum anguste fusco vel nigricante. 2." Facie et genis lutescenlibus, vittis nigris omnino et sem- per nullis. 3.° Fasciola nigra submarginali segmenti secundi abdomi- nìs in medio aniicc paulo dilatata. Habitat rara in Italia- OSSERVAZIONI Tanto nell'una come nell'altra specie di questo ge- nere, il secondo e terzo segmento addominale presentano verso il bordo posteriore una fascia stretta nerissima e 200 GENERE NUOVO D' INSETTI DITTERI distinta, paraleila al bordo medesimo: e siccome un tale carattere non 1' ho visto riportato in nessuna diagnosi spe- cifica di quei Sirfl e di quelle Clieiiosie che potessero far dubitare di esser identiche con queste specie da me osser- vate, così aveva opinalo una volta che ambidue fossero specie sconosciute agli entomologi, e quindi 1' una chia- mai Nìgrìcornìs , e l'altra Testacìcornìs. Avendo però in seguito osservato che in alcuni esemplari un poco antichi 0 poco ben conservali delle medesime, le fascie nere del- l'addome erano quasi del tutto svanite, credetti che si dovesse riconoscere in una di queste specie il Syrphus Ru- ficornis di Fabricio il quale forse venne descritto sopra in- dividui vetusti e poco perfetti, e che l'altra soltanto fosse una specie particolare dell'Italia, non ancor conosciuta, quella cioè che ha le antenne nere e la faccia e le gote con striscie nereggianti. Sono rinati però i miei primi dubbi dalla lettura della de- scrizione specifica del Syrphus Ruficorms fabriciano nella recente opera del Zelterstedt, il quale asserisce di averne trovali ed osservati molti esemplari perchè comune assai nel settentrione d'Europa da lui perlustrato, e di averne raccolte pur anco le larve e le pupe , cosicché non si può credere che lutti gli individui da esso esaminati avessero perdute per vetustà le fascie nere addominali, e se ciò non può credersi come potremo pensare che un carattere tanto apparente ed interessante sia stato negletto o non ve- duto da quell'oculatissimo ditterologo? D'altra parte il Macquart nella sua descrizione asse- risce che le tibie anteriori del Sirfo Ruficorne sono annel- late di bruno , ed il Meigen e lo Zelterstedt osservarono nel medesimo^ che la base dei femori è nereggiante nei maschi , le quali cose non esistono certo negli esemplari della specie italiana da me esaminati. Inoltre la figura del Panzer non solo non presenta al- cun vestigio di fascie all' addome , ma questo è invece DI C. RONDAISI 201 di un colore men carico al posto ove trovar si dovrebbero le medesime. Solamente la figura del Rossi (1) presenta le due fa- scie addominali come nel sirfo da me raccolto, ma quel- r acuralo entomologo dubita egli pure che la sua specie sia identica con quella di Fabricio, e perciò non abbatte quella mia prima opinione, ed anzi avvalora le mie dub- biezze. Ad onta peiò dì tutto questo si può ancora pensare che la specie Italiana e quella descritta dal Fabricius pos- san essere la medesima, non facendo calcolo della dimen- ticanza delle fascie nere addominali;, ma in tale opinione, noi dobbiamo però abbandonare il nome di Ruficoriiis , perchè lo Scopoli prima del Fabricio lo aveva descritto ed assai meglio, sotto il nome di Cupreus e lo aveva collo- cato nel suo genere Conops. La sinonimia dello Scopoli non la trovo riportata in nessun autore che ha descritto il Sirfo Ruficorne, ma è facile convincersi che questo non è altro che il Conops Cupreus del Professore dr Pavia, leggendo la descrizione ch'egli ne dà nella sua Entomologia Carniolìca, a pagi- na 35à, N. 962. Allorquando dal confronto degli individui Italiani con quelli dell'Europa più boreale si potesse confermare la mia opinione della loro specifica differenza, dovrebbesi ri- chiamare in vigore l'antico nome di Tcstacicornìs , (cui si dovrebbe riportare il Ruficornis del Rossi) per la spe^ eie Italiana, e si dovrebbe ritenere, che gli altri autori che non ban fatto parola di fascie nere dell' addome ab- bian descritta la vera specie Fabriciana. (I) Non è vero che mancJii la figura del Syrphus Rufi- cornis nella Fauna Elrusca rfe/ 7?05si, come dice il Zetterstedt , ma si trova al N. Il e non al N. 9 della citazione , per er- rore avvertilo dal Rossi medesimo. 202 GEN. NUOV. d' INS. DITT. DI C. RONDAISI SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Tav. II. FiG. 1. Ala Generis Ferdinandeae. » 2. Caput Gen. Ejiisdem. w 3. Ala Gen- Cheilosiae. w 4. Caput Gen. Ejusdcm. )) 5, Longiludo naluralis Ferd. nigricornis. )) 6, Latitudo capitis Ejusdem. » 7. Longitudo alae ejusdem. UEIVDICOIVTO DELLE SESSIONI DELL^ ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL^ ISTITUTO DI BOLOGNA (Continuazione. Vedi Serie II. T. I. pag. 451.) Siccome l'ottimo Collega si compiacque di associarmi al suo primo lavoro, possedendo io uno dei microscopii più perfetti che siensi fin qui immaginali dai Fisici, quello cioè del celeberrimo Prof. Cav. Gio. Battista Amici, volle pure che ritentassi con lui i nuovi esperimenti, estenden- doli questa volta sopra un numero mollo maggiore di og- getti, e variandoli e confiontandoli con quelli di altri espe- riraentalori in guisa da poterne più facilmente e più soli- damente stabilire una verità di fatto, che regger possa al- l'esame più severo anche di coloro che più propendessero per una contraria opinione. Presa prima di tutto in esame l' importantissima me- moria citata dell'illustre inglese, ottime e persuadenti ci parvero le ragioni colle quali corrobora la propria opinio- ne, che cioè i fili delle fasce delie antiche Mummie egiziane, di lino, piuttostochè di cotone sieno formati: ma rapporto alle figure unite alla Memoria ci sorprese la grandissima dif- ferenza che apparisce tra queste e le altre che vanno unite al già ricordato lavoro. E per vero dire , prescindendo ora dal soggetto principale della quislione, che risguarda la natura dei materiali componenti il tessuto in discorso, le osservazio- ni microscopiche ci mostrarono sempre le fibrille del lino di- verso dagli stami del cotone, giammai però abbiam vedulo in quelle la regolare forma lubulare delineala dal Thompson. Il lino in falda , ed anche tessuto ed usato , si mostra ai microscopio, qualora non si spinga tropp' olire l' ingrandi- 204 RENDICONTO ACCADEMICO mento, composto nelle sue più fine fibrille di esilissimi flla- menli, scorrenti paralellamente secondo la lunghezza, ed i lembi estremi della fibrilla sono sempre rettilinei , di gui- sa che ciascuna figura microscopica ha l' aspetto di una ri- stretta fettuccia longitudinalmente e regolarmente rigala. Gli stami invece del cotone sia in falda, tessuto, od usato ;, senza scostarsi dal rappresentare una specie di stri- scia 0 fettuccia ristretta, i filamenti che ne occupano il centro, invece di mostrarsi paralelli come nel lino, tendono ad intrecciarsi a foggia di rete, ed i lembi della striscia ripiegausi, come se la medesima tendesse ad assumere la forma spirale : fu questa anzi la principale cagione che nelle prime osservazioni opinare ci fece essere le fascia della mummia esaminata di cotone piuttostochè di lino composte, I primi saggi sottoposti al microscopio erano tolti da un frammento di cordoncino rinvenuto frammisto ad una polvere carbonosa ; le strette spire in cui erano ripiegati i filamenti del cordone lasciavano naturalmente }a loro impressione anche sui lembi delle fibrille sottopo- ste al microscopio , le quali imitavano così l' andamento irregolare dei lembi degli stami del cotone. L'essere poi i fili del cordoncino inquinati dalla sostanza carbonosa fra la quale fu trovalo immerso , che li rendeva poco traspa- renti , trasparenza resa minore ancora dalla soverchia acu- tezza delle lenti impiegate nelle prime osservazioni; l'aver mancato all'avvertenza essenziale di immergere gli oggetti sottoposti al microscopio in una gocciolina d'acqua, rese- ro meno evidente la disposizione paralella dei filamenti, o linee oscure, che costituisce uno dei caratteri essenziali pei quali i due tessuti organici mostransi diversi al mi- croscpio, e ci fecero adottare l'opinione che di cotone, piuttostochè di lino fossero composti quei tessuti. Le tavole del lodato Inglese rappresentano le fibrille del lino sotto forma di tubi regolari, di diametro vario, eon sepimenli trasversi che li fanno apparire quasi com- DEL PROF. A. ALESSAMDRini 205 posti di pezzi articolati a foggia della canna di zucche- ro : gli stigmi del cotone poi li vedi sotto forma di striscie appianate nel centro, lubulari ai due lembi, e tendenti a ravvolgersi sopra se slesse spiralmente. Le quali notabilis- sime differenze sui risultali di siffatte osservazioni micro- scopiche ci parve trovar potessero spiegazione nel modo diverso di eseguirle, e segnatamente nel disegnare le figure a vari gradi di accostamento dell' oggetto all'obbiettivo, e sotto modi diversi di illuminazione dell'oggetto stesso. Ma perchè nelle nuove nostre osservazioni apparir potesse il tessuto spoglio affatto di sostanze straniere e ridotto alla pretta fibra vegetabile credemmo opportuno pre- mettere la macerazione tanto dei fili delle foglie, quanto dei fili di lino e di cotone nell'acqua distillata, nell'ai* cool , nell'etere, nell'acido acetico diluito, essendoché que- sti mestrui sono capaci di sciogliere le materie coloranti ed estrattive, resine e gomroo-resine , balsami e bittumi qualsiansi potessero per avventura esservi frammisti: a dir vero non fu mollo grande il giovamento ottenuto da simi- le macerazione protratta a più di 28 ore. Tuttavolla l'acK do acetico diluito rese le fibrille del lino più facili a se- pararsi le une dalle altre, quindi mostrò più evidente l'accennala composizione di esse di un fascelto di altre più piccole fibrille, e l'analogia ad un tempo dei fili del- le fascie con un tale tessuto. Il nominato veicolo distrug- gendo il parenchima, che pare mantenga uniti insieme a foggia di fascetti i filamenti, questi nell'estremità tronca- ta si espandono a foggia di pennello, e fanno anche me- glio apparire la composizione loro. Molte volle nel corpo slesso della fibrilla i filamenti si vedono troncali a diver- sa altezza, per cui si ha la figura come di cilindro fibro- so dal quale tratto tratto fossero stali slaccali degli strali, 0 fasci, degli esilissimi filamenti che lo compongono. Il coione mostrossi meno alterato per la macerazione nell'ai cido acetico allungalo. Lo spirito di vino a 34 gradi di 206 RENDICONTO ACCADEMICO concentrazione, e Teiere non indussero variazione notabile nelle sostanze che si esaminavano, quest'ultimo soltanto colorissi alquanto in giallo qualora conteneva frammenti di fasce. Piuttosto l'acqua distillata, e la macerazione protrat- ta a 69 ore, parve contribuire alquanto alla conferma delle cose di sopra esposte risguardanli la struttura del cotone e del lino; giacché divenuta torbida e molto colorata in quei vasi che contenevano frammenti di fasce, rese le fi- brille vieppiù trasparenti , e chiara oltre modo si manifestò la loro rassomiglianza , anzi identità, colle fibrille del lino. La immersione lungamente protratta delle controverse sostanze nelle tinture acquose variamente colorate ; il tratta- re le medesime con diversi chimici reagenti, lutto contri- buì a dimostrare l'identità del tessuto delle fascio col li- no , di modo che è lo Sgarzi condotto a conchiudere in fine w Che la struttura degli stami del cotone, e delle fi- brille del lino dimostrata dal microscopio , abbenchè nel- l'una e nell'altra sostanza dissimile da quella rappresen- tala nelle figure del Thompson^ è tale però che facilmente un occhio alquanto esercitalo può distinguere 1' una dal- l'altra col solo ajulo del nominato strumento. )) Che simile struttura sembra benissimo coincidere colle proprietà fisiche, chimiche e tecnologiche delle rispet- tive tele, e dei fili sì del lino che del cotone, del pari che presta la ragione sufficiente degli usi diversi ai quali possono le une e gli altri venire di preferenza, o esclu- sivamente applicati. w Che paragonata tale struttura con quella che dimo- strano i fili delle fascie delle mummie, tutta l'analogia, anzi l'identità, si appalesa colle fibrille del primo e non cogli starai del secondo. » Che infine le ripetute indagini microscopiche, le svariate esperienze, ed i tentativi chimici non hanno fallo che confermare simili deduzioni. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 207 In questa slessa adunanza 1' Accademico pensionalo Prof. Cav. Anlonio Bertoloni legge un suo breve rapporlo intorno alla descrizione di una nuova pianta diretta all'Ac- cademia dal Corrispondente Sig. Giovanni de Brignoli de Brnunhoff, Prof, di Botanica nella R. Università di Mode- na, e presentata nella Sessione delli 16 p. p. Novembre. )> Incaricato da Voi^ Illustri Colleghi, dice il nostro Accademico, dell'esame della Portulaca rostellata, di cui il chiarissimo Prof. Brignoli di Modena presentò alla no- stra Accademia la descrizione, e la figura, ho riconosciu- to che la medesima è realmente una nuova specie , la qua- le merita di essere pubblicata ne' nostri Commentarii. Per quanto essa si avvicini alla portulaca marginata di Hum- Loldt, e Kunth, ed alla Portulaca halìmoìdes di Linneo, pure è evidentemente diversa dall'una e dall'altra; cioè dalla prima per il fusto diritto e non diffuso, per le fo- glie alterne e distantì , e non quasi verticillate , e per i fiori assai pochi di numero nei capolini terminali; dalla seconda per le foglie fatte a spatola, e non tutte bislun- ghe. Tanto la descrizione e il disegno fattone dal Prof. Brignoli, quanto la figura dipinta dal Sig. Susan sono di tutta esattezza. » Ecco la frase di questa nuova specie di pianta quale si legge nel manuscrilto originale dell'illustre Professore modenese. w Portulaca rostellata Brignoli caule erecto, sub- M flexuoso, superne ramoso-corymboso ; foliis infe- M rioribus cuneato-spalhulalis,superioribus oblongo- w acutiusculis, marginatis ; floribus terminalibus , bi- M nis-quaternis sessilibus; pyscidio maturo styloso. » w Habitat in Brasilia unde semina misil CI. Doctor M Aloysius Bompani Mulinensis. Floruit in horto M Regio mulinensi mense septembri. Annua w . 20S RENDICONTO ACCADEHICO 10. Sessione. 25Gennajo 1844. Sono offerti in dono all'Accademia in nome dell'Au- tore i seguenti libri. 1. Cattaneo Doti. Antonio — Statuti dell'I. R. Accade- mia di Agricoltura in Vienna, pubblicali in italia- no dal medesimo. Milano 1843 in 8.° di pag. 22. 2. Del Tabacco — Dissertazione che faceva pubblicare il Dottore in ambe le Leggi Antonio Cattaneo onde conseguire il grado di Dottore in Chimica nell'I. R. Università di Pavia. Milano 1843 in 4.° di pa- gine 49 con tav. colorata. 3. L' Economista giornale di Agricoltura, Tecnologia, Commercio ecc. Milano 1843 in 4.° Quaderni IV , V,VI. II Segretario partecipa lettera dell' Eminentissimo Sig. Cardinale Arcivescovo Protettore colla quale , in nome del- l' Eccelsa Congregazione Economica dell' Accademia , accon- sente che in sostituzione del benemerito Sig. Conte Luigi Marsili, già Amministratore dell'Accademia, sia pregato ad accettare un tale incarico il di lui figlio Sig. Conte Carlo. Fattane al medesimo la partecipazione d'Ufficio, con umanissima lettera in data delli 21 corrente riscontra l'Ac- cademia d'accettare volonlieri l'offertogli incarico. Il chiarissimo Signor Abbate Monsignor Pellegrino Fa- vini, degnissimo Rettore di questa Pontificia Università, ha graziosamente aderito alla preghiera fattagli dal nostro Presidente leggendo nella seduta d' oggi un elegante ed e- rudito suo Discorso al quale volle dare il modesto titolo di — Lettera a Teofilo sopra la Musica — Essendo que- sta Lettera stata poscia pubblicata per intero nel Giornale Ecclesiastico Filos. Letterario di Bologna Voi. IV, fase. IV, DEL PROF, A. ALESSANDRINI 209 ci crediamo dispensali dal leneine parola in questo luogo, anche perchè è tale l' importanza e concisione delle cose dette nella medesima, che riescirebbe impossibile darne una idea sufficientemente esatta in un transunto, come pure pra- ticare si suole in questo Rendiconto. Anche il chiarissimo Professore d'Antiquaria dell'Uni- versità Sig. Doti. Girolamo Bianconi legge una sua Memoria nella quale illustra una tavola Lunese, che mette sotto gli oc- chi del Consesso, avvertendo prima d'ogni altra cosa , che la medesima venne a nuova luce nel suolo dell'antica Lu- ni l'anno 1824 non lungi dalla palude volgarmente detta Seccagna, presso un antico edifizio giudicato un tempio dall'illustre Carlo Promis, e nel giorno 15 gennaro del- l'anno seguente 1825 fu acquistata pel Museo d'Antiqua- ria dell'Università dal celebre nostro Prof. Schiassi. Il pri- mo a pubblicarla fu il Prof. Francesco Orioli, il quale supplì a ciò che mancava nella tav. con dotte conghiettu- re : fu poscia riprodotta dai Signori Cav. Costanzo Gazze- ra. Clemente Cardinali e Promis sullodato, avendone i due primi ottenuto un fac simile dallo stesso Prof. Schias- si. Dopo tutto ciò , dice il Prof. Bianconi , sembrerebbe inutile il riprodurla ora di nuovo, ma due giusti molivi lo hanno condotto a questa risoluzione, vale a dire il fe- lice ritrovamento nel luogo stesso di altro frammento alla tavola appartenente, e la facilità di poter presentare agli amatori di questi studi un esaltissimo disegno della me- desima, essendo stato il suddetto frammento mancante a- cquistato li 12 Agosto 1834, epoca posteriore a quelle di tulle le copie tratte e pubblicate. Non seguiremo il dolio Autore nelle molle interpre- tazioni ed illustrazioni richieste a rendere chiara ed intel- ligibile la scrittura di questa tavola, guasta in modo no- tabile dalle ingiurie dei tempi , iraltaudosi di materia mol- to difficile ed afTatlo estranea agli sludi contemplali in ìk. Ann. Se Natir. Slme II. Tom. 2. ;;; 210 RENDICONTO ACCADEMICO questo giornale, ma trascriveremo soltanto la finale con- clusione del Bianconi slesso nei segnenli termini concepita, w Ora a compimento di questo lavoro ed a maggiore )) intelligenza non resta che a leggere seguilamente il pre- )) sente decreto di nomina in quel modo che io ho creduto )) di doverlo interpretare, acciò si abbia sotto un sol punto w di vista r atto che fece il Collegio dei Falegnami , de' )) Dendrofori e de' Centonarj di Luni nella persona di )) L. Copio Procolo a loro Patrono , e si veda più facil- )) mente se io sia andato lontano dal vero nelle mie prò- » poste congetture ». Imperatori Publio Licinio Valeriano Augusto Tertium, et Gallieno Augusto Seciindwn Consulihus — Februarias , In Collegio Fabrum Tìgnariorum Dendrophororum Cen- tonariorum ibi referentibus Quinto Mirane et Flavio Fe- sta Lunensibus Magistris. Qiiod verba facta sunt esse opportunum imperpetuum Collegio nostro si eos Patronos nobis cooptemus, homines ìllustres praeditos boìm vita maxima fide pieno s , ergo cum sit Lucius Cotius Procu- lus vir splendidus avito patricio splendore civitatis no- strae lunensis homo simplicis vitae unde credimus gran- di tumulo repleri numerum nostrum si eum nobis Patro- num cooptemus, quid fieri piacerei de ea re ita censue- rìint. Piacere cunctìs iiniversisque tam salubri relationi magistrorum nostrorum consentiri, praesertim cum sit et dignitate accumulata , et honore fascium repletus , lin- de satis abundeque gratulari possit numeriis noster si eum nobis Patronum adsumamus, petendumque de beni- gnitate sua, et sua Benivolentia ut eo animo suscipere dignetur hoc decretum votivum consensus nostri, quam et nos gloriosi gaudentcsque offerimus tabulamque aeneam hujus decreti nostri scriptura adfigi praecipiat, ubi nam jusserit tcstem futurum in aevo hujus consensus nostri relationcm censuerunt. Fclicìter. DEL PnOF. A. ALESSANDRINI 211 11. Sessione. 1 Febbraio 18^14. L'Accademico Benedettino Prof. Cav. Antonio Cavara legge nella seduta d'ogs' la sua Dissertazione d'obbligo nella quale tratta — Di un raro cxartrema del piede ac- compagnalo da frattura di alcune ossa del tarso- — Non mi propongo io qui, dice l'Accademico, di mo- strare cosa, che dai pratici Maestri non sia mai stata av- vertita, sebbene non l'abbia trovala descritta da alcuno, specialmente in quell'aspetto di gravezza con cui mi si presentò; ma intendo bensì far conoscere darsi benissimo questa specie di lussazione, e che ad onta dei più validi presidii di cui la provida natura ha fornito certe parti onde assicurarne i mutui loro naturali rapporti , pure pos- sono queste da una causa esterna che agisca violentemen- te venir rotte, lacere e disordinate. Fu portato nello Spedai Maggiore di questa città nel giorno 24 Maggio dell'anno 1842 Paolo Bonazzi di anni 24, agricoltore, il quale nel lanciarsi da una scomoda vettura onde evitare un imminente pericolo urtò colla pianta del piede destro sopra un grosso ciottolo, percuotendo in pari tempo fortemente del petto contro il muro che è riparo al ponte che attraversava. Cadde supino, uè più gli fu possibile rialzarsi, gravemente offeso per la percossa del petto, e più ancora del piede, che apparve affatto scomposto e piegato sul maleolo interno. Trasportato su- bito nello Spedale, il Chirurgo di guardia, giudicando la lesione del piede una semplice lussazione tentò di ridurla, ma non potè in verun modo contenerla, per cui, eseguilo un salasso generale e delle locali fomentazioni , attese che nella seguente mattina se ne occupasse il Medico-Chirur- go Primario Prof. Cavara , che nei seguenti termini descri- ve lo slato del paziente. Trovai l'articolazione tutta scomposta, oltremodo en- 212 RENDICONTO ACCADEMICO fiata, con eccedente grado di calore. Il piede era tutto ri- volto alla parte interna, e malgrado il gonfiore, si senti- vano sotto il malleolo esterno una durezza, e un rialzo, che mi indussero in forte sospetto trattarsi di gravissima lesione. Ordinai che si proseguisse nell' uso dei salassi generali e locali, nelle applicazioni degli ammollienti, e degli altri sussidii medici valevoli a diminuire la locale infiammazione, ed a frenare 1 fenomeni morbosi prodotti anche dalla violenta contusione al petto. Fu soltanto nel- la quarta giornata dall'ingresso di questo infermo nello Spedale che, diminuita la locale gonfiezza, conobbi con sicurezza essere lussato un osso del tarso e sporgente in fuori dalla parte del malleolo esterno: sentendosi al di so- pra del tumore manifestamente la fluttuazione di liquido for- matosi per la violenza del processo infiammatorio, con pro- porzionata incisione procurai esito al medesimo, e per la fe- rita introdotto un dito potei riconoscere, che era appun- to l'astragalo quello che presentavasi a formare il sottoposto tumore, e precisamente la di lui faccia articolare rivolta ver- so lo scofoide era quella che appariva la prima sotto gli integumenti. L'astragalo perciò, con un moto di rotazio- ne attorno a se medesimo, erasi affatto scomposto dalle sue ordinarie articolazioni, lacerandosi in pari tempo i ro- busti legamenti che lo tengono unito in modo speciale al calcagno. Fu tale la violenza del colpo, e la resistenza opposta dalle ossa , tanto fermamente insieme articolate in questa regione, che l'astragalo stesso venne fratturato nel corpo, e ruppesi pure una porzione dello scafoide nel do» ver lasciar libera la sortita alla corrispondente faccia arti- colare dell' astragalo. Ritenni impossibile la riduzione dell'astragalo lussato in quel modo , e giudicai opportuno l' asportarlo affatto, ta- gliando con bisturi retto a lama strettissima i pochi vin- coli, che lo tenevano unito alle vicine parti. Esaminato l'osso estratto, e trovatolo mancante di una piccola por- DEL PROF. A. ALESSANDRINI 213 zione superiormenle , introdussi il dito nella ferita onde andare in traccia della medesima , ma trovatala fortemente raccomandala al suo legamento superiore, credetti piìl op- portuno lasciarla in luogo. Il piede fu ridotto immediata- mente, e con somma facilità, alla sua ordinaria direzione, nella quale venne mantenuto con cuscinetti e semplice fa- sciatura, avendo già in antecedenza addotte, e riunite le labbra della ferita con fibule di cerotto. Continuando nel- l'uso degli ammollienti locali, e di un proporzionato me- todo generale debilitante, stabilissi nella parte una lode- vole suppurazione , la gonfiezza era quasi del tutto sva- nita , e il dolore notabilmente alleviato. Le cose procedet- tero in questo modo lodevole fino al giorno 7 del succes- sivo Giugno, epoca in cui l'infermo cominciò a lagnarsi di molesta sensazione alla parte anteriore e media del to- race, ricomparve ardita febbre con tosse frequente e mo- lesta, fenomeni di lesione al polmone che si tentò di fre- nare con opportuni rimedi; ma nel vegnente giorno 8, dodicesimo della praticata operazione, fu preso l'infermo da ripetuti brividi al dorso, ed il dolore al torace si fece sempre piij molesto: nel giorno appresso ricomparve il freddo, l'ulcere divenne pallido, diminuendo notabilmen- te lo scolo delle marcie: si temè di febbre d'assorbimen- to, vennero applicati anche i vescicanti , oltre tutti gli al- tri compensi curativi in somiglianti casi adoperati, ma ogni soccorso tornò vano, e l'infermo cessò di vivere nel gior- no 11 di Giugno, decimanona giornata dal suo ingresso nello Spedale, decimaquinta dalla eseguita operazione. La sezione del Cadavere fece vedere nella regione an- teriore del petto un'abbondante raccolta di pus fra la pleu- ra costale ed i muscoli intercostali , che apparvero molto alterati e di color cupo, come suole accadere in seguito di forte contusione. Anche nel mediastino anteriore conte- nevasi del pus. La ploura polmonare, corrispondentemen- te al luogo dove fu trovala raccolta di marcia^ mostrava 214 RENDICONTO ACCADEMICO un leggiero eritema, trovandosi del rimanente affatto ille- sa la sostanza polmonare. Pel quale risultalo della sezio- ne del cadavere dell'infermo in discorso, l'Accademico fa a se stesso la seguente interrogazione. La gravissima lo- cale alterazione osservata nel torace fu dessa conseguenza di una febbre di assorbimento, oppure l'effetto susseguente della forte percossa riportata in questa regione nella ca- duta? Volendo anche ammettere la prima delle due enun- ciate cause, conoscendo con quanta facilità negli spedalisi sviluppino tali febbri metastatiche, forza sarà convenire ciò non ostante, che la percossa al petto avrà facilmente predisposte tali parti , che non mancarono mai di mostrar- si offese per tutto il tempo che l'infermo sopravvisse, ad un esito tanto funesto, e che le marcie piultostochè al fegato, al cervello, od al parenchima polmonare, come nel maggior numero dei casi di febri metastatiche avviene, sarannosi determinate alla parte che, contemporaneamente al piede , patito aveva così grave lesione. Esaminato poscia colla massima diligenza il piede così gravemente maltrattato, trovossi nella regolare situazione nella quale era stato collocato; la gonfiezza dell'articolo era del tutto svanita; la tibia colla sua faccia articolare inferiore poggiava sopra il calcagno; la piaga era ristretta più della metà, e svanita qualunque traccia di suppurazione. Posto del tutto a nudo lo scheletro del piede, e ricolloca- to nella posizione in cui trovavasi l'astragalo all'atto della sua estrazione si vide, che quest'osso, girando attorno al proprio asse, aveva del tutto abbandonato l'articolazione non solo col calcagno, ma quella ancora che lo congiun- ge col navicolare , presentando così all'inferiore estremi- tà della gamba una superficie irregolare sulla quale giam- mai la gamba stessa avrebbe potuto fermarsi. S'intende perciò come tornassero vani al primo chirurgo accorso gli sforzi per contenere la parte che sembrava potersi facil- mente ridurre coi mezzi impiegati nell'ordinaria lussazione DEL PROF. A. ALESSANDRINI 215 laterale del piede; ma arreca invece grande sorpre^^a che quel legamento fortissimo, il quale a guisa di interrosseo unisce nella parte inferiore l'astragalo al calcagno, fosse dalla violenza del colpo lacerato, senza di che giammai r astragalo medesimo avrebbe potuto girarsi sopra se stes- so nel modo che si è detto; né soltanto il nominato lega- mento , ma il posteriore ancora , ed il capsulare astraga- lo-scofoideo eransi pure lacerati. Soltanto la piccola por- zione superiore di astragalo fratturata era mantenuta nella naturale situazione dal legamento superiore rimasto intatto. In questo minuto esame apparve cosa che non era stata avvertita nella esplorazione fatta dopo l'estrazione dell'a- stragalo, che cioè era avvenuta una rottura anche nel na- vicolare, conseguenza della violenza con cui subitamente la faccia articolare dell'astragalo stesso uscì fuori della cavità di quello. Relalivaraenìe alla causa probabile che produsse que- sta forma singolare di spostamenti e fratture d'ossa, opi- na l'Autore, che un ciottolo rotondo, o acuminato, della breccia,, che suole coprire le nostre strade, incontrato dalla pianta del piede nello slancio del corpo, urlasse l'astragalo di basso in alto nell'alto stesso in cui la tibia premeva fortemente quel!' osso nella corrispondente faccia superiore, di guisa che, stretto tra queste due forze op- poste, uscì dal proprio posto rivoltandosi di sotto in su, e girandosi dall'interno verso l'esterno. Qualunque però possa essere stato il modo dell'urto meccanico che ha prodotto questa gravissima lesione, il fatto dimostra che pur troppo può presentarsi al pratico, motivo per cui mi sembrano degni dell'attenzione degli studiosi i seguenti co- rollari esposti dall'Autore sul fine della Memoria. 1." La descritta lussazione dell'astragalo, complicata a frattura di quest'osso, e del navicolare, è caso patologi- co di tale natura da meritare di essere registrato fra le storie interessanti della Chirurgia. 216 RENDICONTO ACCADEMICO 2.0 Ogni qualvolta riscontrasi dal pratico una lussa- zione del piede, che presentasi lateralmente, e senza frat- tura dei capi formanti i malleoli, avrassi luogo a sospet- tare di lussazione dell'astragalo. 3.° Una tale norma potrà essere di guida al chirur- go nella oscurità che così spesso involve queste lussazioni, e risparmiare al paziente degli inutili e pericolosi sforzi tendenti a ridurre la lussazione. 4° Anche nei casi in cui la pelle sia rimasta intatta, come nel presente, potrà il chirurgo sentire il corpo del- l'astragalo spostato, anche attraverso di una moderata gonfiezza della parte. 5.*' Assicuratosi con certezza dello spostamento totale dell'astragalo, e del suo rivolgimento attorno al proprio asse^ il compenso d'esito meno dubbio, che rimarrà a tentarsi dalla chirurgia, quello sarà di staccarlo totalmen- te dalle parli cui potesse ancora aderire , ed asportarlo. Per ultimo l'Accademico fa vedere l'interessante pez- zo patologico che viene depositato nel Museo d'Anatomia Patologica Umana dell'Università. Seduta straordinaria delti 1 Fcbbrajo 1844. Convocata la Classe dei Pensionati o Benedettini ad eleggere un Accademico del loro Ordine in rimpiazzo del defunto chiarissimo Prof. Schiassi, ed un Alunno in so- stituzione del Dott. Gaetano Bagni , che definitivamente ha trasferito altrove il proprio domicilio ; il Presidente legge gli articoli risguardanti il modo di elezione degli Accade- mici pensionali^ dopo di che raccolte le schede, e messi separatamente a partito segreto tutti i soggetti proposti, risulta eletto l'Accademico Ordinario Dott. Amadeo Ama- dei. Al posto poi di Alunno viene promosso il Dott. En- rico Giacomelli. DEL PROF. A. A;.ESSANDRIN[ 217 Seduta straordinaria delli 6 Febbrajo 1844. Convocate le due prime Classi dell' Accademia all' og- getto di procedere alla nomina di due Accademici non pen- sionati , in rimpiazzo del defunto Nobil Uomo Sig. Conte Luigi Riarsili, già Amministratore dell'Accademia, e del Dott. Amadeo Amadei passato nella Classe dei Pensionati, il Presidente, secondo le norme prescritte dal Regolamento, propone in primo luogo l'attuale Amministratore Signor Conte Carlo Marsili per rappresentare anche nel Conses- so Accademico il benemerito suo Genitore, e l'Accademia lo acclama Membro non pensionato. Ad occupare poi il secondo posto vacante sono proposti dal Presidente stesso i due Alunni più anziani i Signori Doti. Gio. Battista Bianconi e Carlo Soverini , il primo dei quali viene eletto con voto unanime Accademico non pensionato. 12. Sessione. 8 Febbrajo 1844. Il Segretario presenta all'Accademia i seguenti Libri vennti in dono. 1. Capialbi Vito da Monteleone Cav. di S. Gregorio Ma- gno, Cameriere d'onore di spada e cappa di S. S. Papa Gregorio XVI, e Segretario dell' Accademia Florimontana. Memorie per servire alla storia della S. Chiesa Miletese. Napoli 1835. in 8.'' di pagine 202. con tavola. 2. Dello slesso — Vite di Filippo Jacopo e Domenico Pi- gnatari. Napoli 1838 in 4.". 3. Dello slesso — Mesina e Medama furon due o una Cit- 218 RENDICONTO ACCADEMICO tà dell'aulica Italia? Epistola. 3.'' ed. Napoli 1839 in ottavo di pag. 27. 4. Dello stesso — Sanclae Tropaeensis Ecclcsiae Diploma- la fixpensa, mendis purgata, notisque illustrata. Na- poli 1840 in ottavo di pag. 32. 5. Dello stesso — Sulla Moneta battuta in Catanzaro il 1628, discussione istorico-critica. Messina 1839 in ot- tavo di pag. 15. G. Dello stesso — Esposizione dell'incisione di un raro e pregevole Niccolo, Lettera al chiarissimo Sig. Consi- gliere Dott. Zaccaria Padula in data di Montelione 15 maggio 1839 in ottavo di pag. 12. 7. Dello slesso — Memorie del Clero di Montelione. Na- poli 1843 in ottavo pag. 68. 8. Paparo Enimanuele — Il viaggio pittorico. Canti. Mes- sina 1833 in oliavo di pag. 270. (dono del suUodato Sig. Cav. Capialbi). 9. Dello stesso — Le Ire sorelle. Canzonette pubblicale da Vincenzo Capialbi. Messina 1828 in ottavo di pagi- ne 52. (idem). 10. Dello stesso — Il Romitaggio, Poemetto. Messina 1836 in ottavo di pag. 56. (id.). 11. Zigarelli Giuseppe — Discorso in lode dell'Accade- mia Florimonlana. Avellino 1840 in ottavo di pagi- ne 8. (idem ). 12. Dello stesso — In morte di Anna Capialbi nata Mar- zano. Avellino 1841 in ottavo di pag. 8. (id.). 13. Dello stesso — Elogio funebre dell' Abate Filippo Bian- co. Napoli 1837. in ottavo di pag. 16. (id. ). 14. Ciaccio Luigi. — Carme per la morte di Filippo Ja- copo Pignalari. Napoli 1828. in ottavo di pagine 17 (idem). 15. Padula Z. — Cenni storici sulla vita e sulle poesìe del Cav. Benedetto di Virgilio. Napoli 1841 in olia- vo di pag. 47. (id. ) . DEL PROF. A. ALESSANDRINI 219 16. MorcUi di Gregorio Nicolò — Della vita di Torquato Tasso libri duo. Napoli 1832 in ottavo di pagine 143 (idem). 17. Rodrìguez Carlo — AH' Accademia Florimontana. Ode. in ottavo di p. 8. (id.). 18. Componimenti in morte di Anna Marzano Capialbi di Monlelione. Napoli 1841 in ottavo di p. 207. (idem). 19. Romano Canonico Dott. Emmanuele — Elogio funebre dell'illustre Arcidiacono D. Antonio Meligrani. Napo- li 1842 in quarto di pag. 46. (id.). 20. R. Accademia delie Scienze di Monaco — Almanach der ecc. Almanacco della R. Accademia delle Scienze di Baviera. Monaco 1843. in sedicesimo. Si legge nna lettera di ringraziamento del NobiI Uo- mo Sig. Conte Carlo Marsigli per la recente sua aggrega- zione tra gli Accademici non pensionati. Viene partecipata altra lettera in data di Monaco 15 giugno 1843^ firmata dal Sig. Cav. Freyberg, colla qua- le, in nome di quella R. Accademia di Scienze e Lettere, invita a continuare l'invio dei lavori che si vanno dalla nostra Accademia pubblicando^ offerendo in cambio la Col- lezione delle Memorie della lodata Accademia. È partecipata una Circolare a stampa , datala dal Mu- seo di Fisica e Storia Naturale di Firenze li 8. p. p. gen- najo, e firmata dal Direttore del medesimo Sig. Commen- datore Vincenzo Antinori , e che si ò già inserita per e- sleso neir ultimo quaderno 1843 di questi Annali , p. 436. L'Accademico Professor Francesco Rizzoli legge una sua Memoria — Intorno ad un nuovo processo , onde e- icguire l'acupuntura per ottenere la guarigione radicale delle esterne varici — . Osserva da prima l'Autore, che 220 RENDICONTO ACCADEMICO le varici esterne, abbenchè in grado più mite, e con minor frequenza delle interne, polendo riuscire di dan- no, e sempre arrecando grave pericolo, in ogni tem- po cercossi dai Medici e dai Chirurghi di porvi riparo. Enumera quindi i principali espedienti posti in pratica da Ipocrate fino a questi ultimi tempi onde ottenere un tale intento, ricordando per ultimo il metodo della lega- tura e della compressione , in vari modi praticali , prin- cipalmente da molti dei più moderni chirurghi^ sul tron- co esterno al quale dirigonsi i principali rami varicosi, coir idea di ottenere la obhterazione di questi ultimi. Ma rilenendo non pochi chirurghi conseguenza della strozza- tura, 0 della violenta compressione sofferta dal tronco ve- noso, che si cerca di obliterare, le gravi, e mortali fle- bili che spesso agli operali insorgevano; sperarono per- ciò di evitarle il Bonnet distruggendo soltanto porzione del principal tronco venoso a cui dirigevansi le vene va- ricose per mezzo della potassa caustica ; il Laugier preva- lendosi a tal uopo del caustico di Vienna; il Rima, il Solerà , il Brodie recidendo completamente il tronco ve- noso in direzione trasversale; il Ricord, il Lisfranc e mol- ti altri escidendo un tratto più o meno esteso del tronco venoso istesso : ma agendo ancora in questi modi verifica- vansi ben di frequente assai gravi , e mortali flebili , e non di rado la recidiva delle varici. Che se, continua l'Acca- demico, ad onta di tanti mezzi proposti onde guarire ra- dicalmente le esterne varici non si riuscì ben di sovente ad impedirne la recidiva, uno almeno se ne conoscesse che , se non sempre capace di dar luogo alla guarigione completa di tale infermità, dai predetti gravissimi rischi immune però si mostrasse. Simili vantaggi parca potessero sperarsi da un nuovo processo inventalo da Frick, e che consiste nell' attra- versare in uno 0 più punii con un filo mediante un ago il tronco principale a cui dirigonsi le vene varicose, enei DEL PROF. A. ALESSANDRINI 221 lasciare il filo tanto tempo che basti a svegliare tale in- fiammazione, che valga a completamente obliterare quel vaso. Ma l'esperienza dimostrò che, sebbene molto più di rado, pure con questo processo ancora ebbe luogo tale sup- purazione delle vene operate da derivarne la morte degli ammalati, e pare che un tale inconveniente attribuire si potesse principalmente alla presenza di quel filo col qua- le rimaneva attraversata la vena. Per lo che considerando io, continua sempre il Rizzoli, che i corpi metallici, e singolarmente quelli che hanno forma regolare, superfi- cie pulita e tenue volume, ponno invece rimanere impu- nemente nascosti nel nostro corpo , sperai perciò di poter evitare i mali che vengon prodotti dai fili, insinuando invece, e mantenendo per qualche tempo, un sottil ago at- traverso le vene che mi proponea di obliterare. E qui ri- porta diverse storie dettagliate, colle quali dimostra l' uti- . lilà di un tal metodo, che porta il più delle volte a radi- cale guarigione senza che abbiano a temersi i funesti ef- fetti di grave ed infrenabile infiammazione nella porzione di sistema venoso operato. La prima applicazione degli aghi la fece Egli in certo Luigi Negri falegname d'anni 24 all'etto da voluminoso cirsocele al funicolo spermatico del lato sinistro, e sul quale erano già stati praticati inu- tilmente molti tentativi per frenare la malattia, che dive- nuta sempre più grave, e fattasi dolorosissima la parte, non poteva più attendere al proprio mestiere. Premesso un suf- ficiente riposo, e dimostrato avendo l'attento esame della parte che i vasi varicosi dirigevansi a tre principali tron- chi nell'alto del cordone spermatico, tenuto allontanato mediante l'opera di un assistente il condotto deferente , con tre addatali aghi da acupuntura attraversò separatamente, ed in direzione orizzontale, i vasi stessi, mantenendo in seguito la parte in posizione conveniente. Il giorno appresso r infermo accusava Icger dolore alla parte ammalata , le vene scntivansi piuttosto dure, ed eicvavasi intorno ai Iron» 222 KENDICONTO ACCADEMICO chi venosi sui quali erano infiui gli aghi un duro anello formalo da linfa plastica , mostrandosi la sovrapposta cute l'ggermente arrossata e tumefatta. Al terzo giorno dall'ope- razione furono levali gli aghi , giacché allora soltanto tut- te le vene del funicolo operato raoslraronsi indurile ed im- pervie, e nissun sintomo morboso locale o generale obbli- gò l'operatore a farlo più presto. Dopo pochi giorni i' duro anello fibrinoso , che erasi formalo ai contorni dei vasi operati, completamente scomparve, scomparve pure nella sovrapposta cute il rossore, la quale tramandò sol- tanto poche goccie di marcia dai pertugi falli dagli aghi; dure e resistenti rimasero le vene spermatiche, per cui l'infermo dopo 21 giorni dalla subita operazione potè u- scire dallo Spedale, rimanendo da quel momento a lult' og- gi affatto escute dagli incomodi che quel cirsocele gli ca- gionava. Incoraggiato da così felice risultalo, prosegue l'Ac- cademico, mi prevalsi pure di questa medesima operazio- ne onde tentare la guarigione radicale non solo dei molti malati che venivano mano mano ammessi nello Spedale Provinciale del Ricovero , onde essere curali di varici più 0 meno voluminose agli arti inferiori , ma ben anco in qucgl' individui che, affetti da simile infermità, a me si dirigevano nella mia pratica particolare, e tanto ebbi del medesimo a lodarmi che, entrato nello slesso Spedale il giorno 25 Agosto 1838 Gaetano Bevilacqua d'anni 47 af- fetto da antiche piaghe varicose alla gamba sinistra, le quali, invece di aver ceduto ai mezzi ordinari, eransi fat- te enormemente ampie e profonde, ed avevano dato luogo a tanta deformità di quell'arto, a tale retrazione delle di- ta, a così estesa carie della tibia e della fibula corrispon- denti, a tanto rapido decadimento di tutto il corpo da ri- tenersi perciò da alcuni indispensabile l'amputazione del- l'arto malato, onde cercare almeno di salvare la vita al- l' infermo. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 223 Assiciiraloini che soltanto lungo la grande safena era- no nate quelle varici cagione di così grave pericolo, volli tentare il solito espediente prima di decidermi a privare quest'uomo di un arto. Fatta stringere circolarmente ed in alto per mezzo di una fascia la coscia corrispondente alla gamba ammalata, nello stesso modo che si pratica al braccio volendo ivi eseguire la flebotomia, acciocché il tronco della grande safena inturgidisse, lo attraversai col so- lito ago, e poscia ne collocai un secondo sulla stessa ve- na alla distanza di un pollice superiormente al primo: tolta la compressione, ed applicato adattato apparecchio alla parte, credei che in questo caso tardar si dovesse mol- to di più ad eslrarre gli aghi, il che feci soltanto al sesto giorno dall'operazione. Obliterata così al solito la vena, e sciolti i fenomeni di leggera locale infiammazione sul luo- go operato , fu cosa veramente raaravigliosa il vedere la rapidità colla qaale quelle piaghe, quantunque con sole fila medicate, incarnarono e cicatrizzarono; la prontezza colla quale la carie della tibia e della fibula si vinsero; la prestezza con cui l'individuo potè alzarsi dal letto e camminare, e la robustezza che mostrarono quelle cicatri- ci, robustezza ed integrila clie pur si conserva tuttora. Clie se tali e molti altri felicissimi risultati ottenea ricorrendo a questo processo operatorio, è d'uopo però notare ancora che, quantunque fenomeni gravi giammai osservassi sopra gli infermi operati, in alcuni per altro, quantunifue si ottenesse la obliterazione del tronco venoso principale, non si ebbe del pari la obliterazione delle va- rici, del che niuno sarà per farne maraviglia, qualora consideri le molte sorgenti per le quali può essere il san- gue ai vasi infermi trasmesso, per cui a me parve che ad evitare un tale inconveniente il miglior partito fosse quello di agire direttamente nel modo indicato non solo sul tronco venoso che si desidera di otturare, o sulle sue prin- cipali diramazioni, ma sulle varici medesime. L'csperien- 224 RENDICONTO ACCADEMICO za iterata confermò le concepite speranze, e qui viene pu- re r Autore registrando nuovi fatti ed operazioni , tracian- do ancora il modo piiì opportuno di operare, dai quali tutti viene ampiamente confermata una tale proposizione. Ma ciò che v'è di più singolare in questo metodo di curare radicalmente le varici esterne si èj che, passato alquanto tempo dall' ottenuta perfetta guarigione delle va- rici , non solo si dilegua il trasudamento fibrinoso forma- tosi sui luoghi attraversali dagli aghi , non solo vedonsi scomparire i duri ed obliterati tumori varicosi, quel che è più e i tumori , e i corrispondenti tronchi , che dopo l'operazione si videro certamente obliterali nel loro cali- bro, poco a poco divengono di nuovo pervii al sangue, e vi si stabilisce il circolo ordinario, senza che per questo quasi mai abbia luogo la rinnovazione delle varici. Datasi l'opportunità di osservare minutamente le regioni opera- te nel cadavere di tre individui , periti poscia nel ripetu- to Spedale per tutt' altra malattia, coadiuvalo in tali ricer- che il nostro accademico dall'egregio giovine Sig. Doti. Scandellari , videro chiaramente, che le vene, già slate nel descritto modo attraversate dagli aghi , erano manife- stamente pervie, se si eccettuino brevissimi tratti nei qua- li ciò non si potè con pari certezza verificare. Quello che apparve poi, pure in modo evidentissimo, fu l'altro fatto anatomico, che cioè le pareli delle vene operate avevano in tutta la loro lunghezza acquistata la consistenza e gros- sezza propria delle arterie , quella robustezza perciò che le rendea capaci di sostenere, senza cedere e nuovamente dila- tarsi^ la colonna del sangue nelle medesime circolante. Che se per altro in seguito di lutto quanto ho espo- sto, conchiude l'Accademico, è reso chiaro, che preva- lendosi dell'acupuntura nel modo da me indicato si ottiene ben di frequente la guarigione delle esterne varici senza che gli infermi incontrino gravi pericoli, non è per que- sto che io voglia inculcare ai Chirurghi di attenersi co- DEL PROF. A. ALESSAISORriNI 225 slanlenienle a questo processo , e di abbandonare per sem- pre il metodo palialivo. Quando infalli le varici sono man- tenute da una causa interna, od esterna innamovibile, quando in copia innumerevole attaccano le più sottili di- ramazioni venose, quando leggieri incomodi arrecano io non sarò giammai per consigliarlo. Il Presidente ammette alla lettura anche il Sig. Dott. Pietro Minarelli il quale espone una sua Memoria che in- titola— Storie e riflessioni sulle metastasi umorali e con- tagiose — Il primo esempio di metastasi umorale risguar- da un amputato per ferita d'arma da fuoco alla articola- zione del cubito destro, il quale perito nello Spedale di S. Orsola dopo parecchi accessi di febbre d'assorbimento mostrò notabile raccolta di pus nel fegato , viscere che era già stalo in antecedenza ripetute volte preso in questo soggetto da lente affezioni flogistiche. Un secondo caso si riferisce ad una metastasi lattea os- servata dal Minarelli in una Signora alla quale, perito essen- do nel secondo mese il proprio figlio che allattava, il do- lore di una tal perdila, i palimenli sostenuti nel vederlo per molti giorni languire, produssero l'improvvisa retro- cessione del latte, che copiosissimo erasi da prima mostra- to nelle mammelle. Non sentendosi da prima notabilmen- te alterata nella salute, credette che il latte avesse natu- ralmente presa la strada delle escrezioni alvine, essendo- si contemporaneamente all'avvizzimento delle mammelle manifestata copiosa diarrea. Ma d'improvviso raostrossi un tumore di mole notabile nella sinislra regione lombare, che in breve, quantunque indolente al tallo, crebbe a mole notabile, e mostrò molto per tempo chiara la fluttuazione dei liquido contenuto. Venuto in sospetto tral'.arsi di abscesso latteo determinossi alla sollecita apertura del medesimo, e ne eslrasse diffatti per ben due libbre di un liquido lat- tiginoso, contenente molti coaguli di materia somigliante N. Ann. Se, Natia. Skaie IL Tom. 2. 15 226 RENDICONTO ACCADEMICO a lalle rappreso e guasto , dopo di che cogli ordinari sus- sidii fu r ulcere condotta a perfetta guarigione in meno di un mese. Passando poscia l'Autore a provare la seconda parte del suo assunto vuole riguardare come metastasi , che di- remo materiali, anche gli effetti morbosi svegliali in un qualche viscere o tessuto delle cavità profonde del corpo da un principio contagioso determinatosi da prima sotto forma di esantema alla pelle. Ed a questo proposito cita in primo luogo il caso di una giovinetta che, affetta da scabbie, ed avendone procurata la sollecita scomparsa con linimento solforato , trascorso breve spazio di tempo fu questa infelice presa da mortale dispnea, e la sezione del cadavere fece vedere il diafragma coperto di piccole pu- stule d'aspetto somigliante a quelle della scabbie, né le- sione di sorta alcuna, trattane questa sola, fu dato di rin- venire negli altri visceri e parti interne, con ogni diligen- za esplorate. Anche in un militare che aveva trattalo una scabbie in- veterata nel modo suindicato, svihippossi lenta affezio- ne addominale che lo condusse, dopo molto soffrire, e tentali inniuilmente i più validi siissidii dell'arte, alla tomba. La sezione del cadavere fece vedere una pustulazio- ne, somigliante a quella della rogna, sulla superficie sie- rosa dei visceri addominali non escluso il diafragma. Esposti i quali fatti , comprovami le metastasi umo- rali viene in seguilo l'Autore anche col ragionamento, e coir appoggio del parere di molti distinti scrittori di sif- fatte materie, a sostenere la propria opinione favorevole a questa qualità di morbosi trasporti, protestando però che non intende perciò di escludere la metastasi d'azione am- messa in molli casi, e che la pratica più illuminata tutto giorno conferma: e parlando in ultimo della strada più probabile seguita dall' umore nel trasportarsi da un punto ad un allro, e talvolta a notabilissime distanze^ oltre le DEL PROF. A. ALESSANDRINI 227 Strade generalmente ammesse dell'assorbimento vascolare, propenderebbe in qualche caso ad ammettere come possibile un tale trasporto anche mediante le comunicazioni delle co- muni cellulose, nel qual caso però piuttostochè vera meta- stasi umorale nel senso in cui generalmente è intesa , dir si dovrebbe infiltramento d'umore morboso, che non può aver luogo se non se entro certi limiti , e per determinate strade che l'ispezione anatomica può facilmente stabilire. ( sarà continuato ) Ueber das Verhàltnis des nervus sympathicus zu dem uhrigen nervensysteme bei m. Frasche ^ etc. — Sopra la relazione del nervo simpatico col rimanente del sistema nervoso j relazione osservata nella rana ^ e fondata sulla cognizio- zione che ora si ha della via che i filamenti del nervo simpatico , discernibili coli' ajiito del mi- croscopio , prendono ne' rami degli altri nervi. Lettera del signor Wolemann professore a Dor- pat j diretta al signor Ernesto En. Weber pro- fessore di anatomia nelV Università di Lipsia ed inserita nelle Neue Notizen ^ ec. raccolte e pubblicate dal signor Froriep. ( Inserito nel Tomo 9. del Giornale dell'I. R. Istituto Lombardo di Scienze , Lettere ed Arti e Biblioteca Italiana. ) Uopo le opere classiche sopra i nervi pubblicale da Gio. Ani. Walter, da Gio. Fed. Meckel e da Scarpa, lo studio del sistema nervoso fu alcun poco trascurato; ma da che Bell fece la sua grande e luminosa scoperta , que- sto studio fu ripreso con grandissimo ^fervore, e quindi numerosissimi furono i trattati e le osservazioni che ven- nero in luce , particolarmente in Germania, sopra la strut- tura e le funzioni di questo sistema (1) ; però a malgrado (1) V amor nazionale ed un sentimento di giustizia mi obbligano di accennare qui i nomi di quegli anatomici che con lode e profitto della scienza hanno battuto presso di noi la via segnata da Bell , e questi sono Panizza , Medici , Be- ruti , Civinini , Generali, Guarini e Morganti. SUL NERVO SIHP. DEL PROF. WOLKMANN 229 di questa gran copia di scritti e di esperimenti, molti pro- blemi sono rimasti in pendente , e sussistono tuttora varie contese (t), fra le quali la più importante è quella che verte sopra il nervo simpatico. (1) Fra le contese dì minor importanza, che sussistono tuttora evi'i quella che risguarda il nervo glosso-faringeo , il quale , secondo V opinione di Panizza , sarebbe il vero ed uni- co nervo pel cui mezzo noi comprendiamo i sapori: quest'opi- nione è stata sostenuta e combattuta in Francia, Inghilterra ed in Germania , e tanto i sostenitori che gli oppugnatori hanno messo in campo a prò della loro sentenza varie osservazioni pa- tologiche. Ecco ciò che dice a questo proposito il principe degli anatomici viventi , il signor Giovanni Mailer , neW opera sua sopra la fisiologia del sistema nervoso tradotta da Jourdan. „ Quant à la controverse qui s' est élevée relativement à la question de savflir lequel du linguai ou du glosso-phanjngien doit élre considerò comme nerf gustatif, et aux théories de Panizza , Bischoff, ec. sur ce point de doctrine , je renvoie à ce que fai dit préccdement. Wagner adopte la théorie de Panizza, en se fondant sur des motifs tirés de V anatomie et de la physiologie; Valentin et Burns V adoptent également en conséquence de leur expcrience , tandis que mes expérien' ces , celles de Kornfeld, et celles de Gurlt ne soni pas favo- rables à cette hypothèse „ . Egli termina poscia il suo capi- tolo con le seguenti parole: „ Je crois que le linguai est le principal nerf gustatif de la langue. Mon opinion repose sur les expériences de Magendie , de Gurlt et de Kornfeld, sur celles que f ai faites moi-mvme , [et sur les observations pa- thologiques de Garry , de Bishop , et Romberg „ . I signori Bidder et Wolkmann hanno ripetuto sopra otto cani le espe- rienze di Panizza, ma nessuna di queste sperienze valse a toddisfare compiutamente questi due dotti sperimentatori, e ciò perchè i segni eh' essi osservarono ne' cani ne' quali era stato tagliato il glosto-faringeo non furono tali da eseludere 230 SUL NERVO SIMPATICO Il celebre Valentin è di parere che questo nervo pro- ceda [dal cervello e dal midollo spinale, ed ha fiancheg- giato questa sua opinione con varie sperienze fatte sopra animali vivi; altri anatomici invece hanno cercato di rin- tracciare l' origine di questo nervo instituendo varie e nu- merose ricerche sopra le fibre nervose elementari, ma le difficoltà che si incontrano in queste microscopiche inve- stigazioni essendo grandissime, è avvenuto che i risulta- menti di queste ricerche furono diversi fra loro, come fu- rono diversi gli indagatori, per cui un anatomico impar- ziale si rimane perplesso e non sa a quale opinione acco- starsi. Mosso dal desiderio di dissipare quest'incertezze, e di por fine al tempo stesso ad ogni contesa intorno a que- sto punto importantissimo^ il signor Wolkmann , incorag- totalmente ogni dubbiezza , di maniera che il signor Wolkmann ora dubita assai se fra le vivisezioni che furono fatte e che dimostrano essere il glosso-faringeo il vero ed unico nervo gustatorio, ve n'abbia una sola che possa reggere al martello di una critica severa (Nachdem was ich gesehen zweifle ich sehr , ob irgend , cine der bis jetzt angestellten Vivisectionen, vor dem Richter-stuhle einer strengen Kritik ganz passiren dilrfte). Io ho assistito ad una sperienza in cui fu tagliato dai signori Morganti e Biffi il glosso-faringeo in un cavallo , ed ho notato , contro l' asserzione di Panizza , che V animale , nel- l' istante in cui gli fu reciso questo nervo , ha dato segni as- sai chiari dì vivissimo dolore , e mi sono convinto che questo fisiologico problema non è di una facile soluzione , stante che il glosso-faringeo è un nervo misto , e pare sia sotto V influen- za dell' olfatto; tuttavia inclino a credere che possa un gior- no accadere, rispetto a questo nervo, quello che è avvenuto rispetto alle vene , la proprietà assorbente delle quali , dopo varj contrasti e dopo varie sperienze, è stata finalmente di- mostrata, e in un modo evidentissimo, dal signor Magendie. Vedi lUilne Edward, 2.'^ edizione pag. 57. DEL PROF. WOLKMAISN 231 gialo dal signor Weber, ha consacrato per un anno inte- ro tulle le sue ore d'ozio nel ricercare l'origine del ner- vo simpatico , ed ha preso per compagno in questa dotta fatica ii signor Bidder. Questi due illustri anatomici han- no seguito nella rana il nervo simpatico, ora usando le lenti semplici, ora il microscopio composto, e miglioran- do i modi comunemente usali in questa sorla d'indagini, hanno avuto finalmente la soddisfazione di vedere le loro fatiche riuscire ad ottimo fine, talché di presente hanno nelle mani , sono le loro parole , una anatomica e compiuta prova che il nervo simpatico forma uno speciale sistema di nervi, ossia un sistema indipendente, il quale nasce prin- cipalmente ne' gangli ; questa prova consiste particolar- menle nelle cose seguenti (1). — «I filamenti simpatici si distinguono dai filamenti cerebro-spinali o midollari : 1.*^ -perchè sono più pallidi , e d'ordinario non hanno un dop- pio contorno; 2." quando sono preparati da qualche tem- po la materia contenuta fra i loro contorni è incompara- bilmente men tortuosa e meno grumosa; 3.° quando sono uniti in piccoli fasci hanno un colore bigio gialliccio, il quale non dipende da elementi estranei ai nervi; oltre a ciò sono notabilmente più sottili per cui i fila- menti del nervo simpatico si possono distinguere e rico- noscere anche in quei nervi ne' quali si mescolano am- bedue le specie di filamenti , come appunto accade in tutti i nervi cerebro-spinali ; né qui evvi a temere di qualche (1) La relazione che avvi tra gli organi della vita vege- tativa e quelli della vita animale è, massime in alcuni casi, potentissima ; quindi allorché i detti autori asseriscono che il simpatico forma un sistema indipendente, senza dubbio non intendono dire che il nervo simpatico è in istretlo senso indi- pendente ed isolato , sicuramente essi intendono dire soltanto che i due sistemi nervosi , t7 cerebrale ed il gangliare sono distinti l' uno dall' altro. 23"i SUL NERVO SIMPATICO illusione, poiché il microscopio ci fa vedere quei luo- ghi dove i rami del nervo simpatico si uniscono con i nervi spinali, e coli' ajuto di quesl'istesso strumento si riconoscono nelle preparazioni fatte a dovere non solo i fasci che entrano, ma ben anche i filamenti isolati e si possono facilmente distinguere e confrontare fra loro le varie specie di filamenti che giaciono immediatamente gli lini accosto agli altri w. — Ora qual fiducia dobbiamo noi avere in queste asserzioni? Quando facciamo attenzione alle cose che ci lasciò scritte l'illustre Bichat, il quale ha riconosciuto due distinti sistemi, il cerebrale, e quel- lo de' ganglj ; il complesso de' quali gangij formano il cervo simpatico; quando ponderiamo le sue parole allorché dice; « Quel anatomiste n'a pas été frappé, en effet, des différences qui se trouvent entre les nerfs de l'un et de l'autre? Ceux du cerveau sont plus gros, moins nombreux, plusblancs, plus denses, dans leur tis- su, exposés à des variélés assez peu fréquentes. Au con- traire, ténuilé exlrème, nombre très-considérable, surloul vers le plexus , couleur grisàire, raollesse de tissu remar- quable, variélés extrèmement communes, voilà les cara- ctères des nerfs venanl des ganglions (I) ». Quando fac- ciamo riflessione a questo passo ed alle cose slate pub- blicale sopra quest'argomento dai signori Medici e Bra- chet, noi ci sentiamo inclinati a prestare piena fede ai si- gnori Wolkmann e Bidder, e propensi a conchiudere che Bichat ha per il primo accennato la via, e che i due a- natomici tedeschi 1' hanno percorsa sino al fine; ma sia qual esser si voglia di questa nostra opinione, sentiamo ora ciò che intorno alle osservazioni dei signori Wolkmann e Bidder dice il chiarissimo anatomico Ernesto Enrico Weber, il quale ha intrapreso , e con molto profitto della scienza, numerose indagini sopra il nervo simpatico. (1) Recherches Physiologiques sur la vie et la mori. DEL PROF. WOLKMANN 233 M Se le grandi difficoltà che s' incontrano nella anato-i mia de' nervi quando prendiamo, coll'ajuto del microscopio, a seguirne i tenui filamenti, si potessero con facilità su- perare, la nevrologia tornerebbe tosto di vantaggio gran- dissimo alla patologia ed alla fisiologia; ma ninno può sperare di riuscire in quest'ardua impresa, a meno che non abbia atteso con molta costanza, e per molto tempo a queste ricerche^ come appunto hanno fatto i signori Wolk- mann e Bidder, secondo che mi è noto per la corrispon- denza letteraria ch'io ho con essi tenuto, e come è noto alla repubblica degli anatomici per le preziose osservazio- ni da essi pubblicate neW Archivio -fisiologico di Miiller risguardanli altre consimili ricerche. Io pertanto ho mol- tissima fiducia nella sagacità de' miei due amici e nel loro amore del vero, e perciò slimo che la loro indagine intor- no al nervo simpatico sia d'una importanza grandissima. Che i filamenti del nervo simpatico nell' uomo ed an- che nella rana siano allo incirca della metà più piccoli di quelli de' nervi della pelle, e de' muscoli volonlarj, e che i primi dal semplice loro aspetto si possano distingue- re dai secondi , questi sono fatti che consonano in tutto e per tutto con le mie proprie osservazioni, e questi fila- menti non si hanno a confondere con i filamenti nodosi che il signor Remak ha un tempo descritti come filamenti de' nervi organici, poiché essi appartengono ai neurilemi, conforme ha 'giustamente fatto vedere il signor Valentin. Nelle vecchie rane, come Wolkraann e Bidder hanno os- servato e la mia propria esperienza ha confermato, i ra- mi del nervo simpatico sono a dir vero rivestiti di neu- rilemi assai grossi, ma questi neurilemi sono quasi inte- ramente formati dalle solite fibre piegate e ondeggianti del tessuto cellulare ». Dopo questa lettera diretta al signor Weber, i signori Wolkmann e Bidder hanno pubblicalo, sopra quest'argo- mento , un' operetta col titolo seguente : Die Selbsiandigheit 234 SUL NERVO SIMPATICO des sympathìschen Nervensystems : — L' indipendenza del nervo simpatico dimostrata mediante V anatomìa. — Que- st' operetta è divisa in quattro capitoli : il primo tratta della differenza che si scorge nella composizione elementare fra i nervi simpatici ed i nervi cerebro-spinali; nel secondo si parla dell' unione de' nervi simpatici con il sistema de' nervi cerebro-spinali; il terzo capitolo tratta della quan- tità de' filamenti primitivi de' nervi simpatici e de' nervi cerebro-spinali che trovansi in diversi tronchi nervosi, e ne' rami di questi tronchi ; nel quarto capitolo finalmente si parla dei ganglj considerati come altrettanti centri o sorgenti da cui procedono i filamenti de' nervi simpalici. Noi non seguiremo i nostri autori in tulle le partico- larità delle loro importanti e laboriose ricerche , ci limi- teremo a riportare qui soltanto i risultamenti generali ch'essi hanno ottenuto dalle loro osservazioni. « IP i nervi che si distribuiscono ai muscoli volontari contengo- no pochissimi filamenti de' nervi simpatici, per adequato circa il dieci per cento : noi non abbiamo scoperto ninna ec- cezione a questa legge in tulle le quattro classi de' verte- brali ; la composizione del nervo vago mostra quanto que- sta legge sia costante^ perchè, sebbene questo nervo con- sista principalmente di piccoli filamenti , cioè di fibre sim- patiche, tuttavia i piccoli rami nervosi che da esso vanno ai muscoli volontari sono formali quasi esclusivamente di grosse fibre , cioè di fibre che non sono della specie de' ner- vi simpalici; 1 nervi ciliari degli uccelli ed i rami che si distribuiscono al cardias nei vitelli sono altrettante prove della generalità di questa legge. 2." I nervi distribuiti ai muscoli invOlontarj, siano dessi cerebro- spinali ovvero simpalici , contengono una immensa preponderanza di pic- cole fibre , in generale circa 10000 per cento. 3." I nervi della pelle e delle sue appendici contengono le piccole fibre in gran numero, in generale almeno cento per cen- to, rare volle meno di questo numero, spesse volle più, DEL PROF. WOLKMANN 235 come negli uccelli e ne' giovani animali. 4." Ne' nervi sen- sorj che si distribuiscono alle membrane mucose le piccole fibre, ossia le simpatiche, sono corauDemenle cinque volte e talora fino venti volte più numerose che le grosse fibre; non si deve però tacere che alcune particolari ricerche hanno mostrato che vi sono eccezioni a questa regola ge- nerale ; la preponderanza delle piccole fibre vedesi in un modo patentissimo, e più che altrove in que'rami del quinto che si distribuiscono alla membrana mucosa delle narici e nel ramo linguale dell' ipoglosso, essa è meno sensibile ne' nervi laringei superiori. 5.° I nervi di quelle membrane mucose che nel loro stato normale posseggono poca 0 ninna sensibilità, sono qjiasi interamente composti di piccole fibre, noi possiamo pertanto conchiudere che i nervi i quali vanno alla gola, allo stomaco, agl'intestini od alla vescica orinaria sono quasi esclusivamente compo- sti di fibre simpatiche. La differenza che avvi fra i due rami del glosso -faringeo nel collo, serve mirabilmente ad illustrare questo fatto , perchè quel ramo che va alla porzione superiore della gola, e che probabilmente è la porzion sensitiva, sebbene contenga una maggioranza di piccole fibre, contiene altresì parecchie fibre dell'altra specie, mentre il secondo ramo che si distribuisce all'in- feriore^ e quasi insensibile porzione dell'esofago, non pre- senta quasi che fibre simpatiche . . . Sembra pertanto che le piccole fibre ^ ossia le simpatiche, costituiscano il mez- zo degli organici processi, e che l'altre che sono più grosse, il mezzo delle fisiche azioni ( Thàtìgkeìten ) , e che quando sono mescolate insieme in un tronco nervoso predomina or l'una ed or l'altra specie, secondo che il nervo b più destinato a servire ai fisici processi, ovvero agli organici. « A illustrazione e maggiore intendimento del testo i dotti Autori hanno corredato la loro operetta di tre tavo- le, le quali sono nitidissime e sono disegnate dal signor 236 SUL NERTO SIMP. DEL PROF. WOLKMANN Wolkmann ; e noi facciamo qui quesl' osservazione perchè brameremmo che gli anatomici presso di noi seguissero l'esempio de' tedeschi , i quali oggidì si applicano al dise- gno e disegnano sempre essi stessi le loro tavole. Ora porremo fine a questo sunto dicendo che l'ope- retta de' signori Wolkmann e Bidder racchiude in sé mol- ti fatti instrullivi, per cui non esitiamo un istante a di- chiarare ch'essa è fra le più importanti opere sopra la fisiologia del sistema nervoso che siano venute in luce in quest' ultimi tempi. M. Rusconi. CENTO 0'XrX.USTBI ZTAX.XANX JPro^ramma w Lf Italia, che un dì colla tua grande ombra copri- vi la terra ; giardino della natura ; conio su cui l' eterna mano impresse la slampa degli eroi, ogni oggetto è bello in te! Bastano gli scheletri de' tuoi monumenti ad atte- stare la titanica tua vetusta magnificenza. Tu già ne reg- gesti coir armi: ora ci governi coli' arti, che in te posero regale domicilio! Nati sotto lo inspirato luo cielo , quattro soli de' tuoi Genii maggiori, quasi vitali elementi ^ atti sariano alla creazione di un nuovo mondo!!! » Così il Bardo d'Albione , Lord Byron. E se lo straniero, cui pia- ce talvolta mostrarsi giusto e leale inverso dell'itala gente, di tal sorta intesse corone, che non dovrem noi, figli di tanta madre? Le Vite dei grandi Italiani saran sempre un fuoco, un alimento per sorreggere la prode nazione che signoreggiò l'universo. Un perenne rimprovero saranno a chi stassi in colpevoli piume oziando, e a chi a malvagie arti si dona. Infra i tanti preclari uomini che la patria onorarono o colla mente, o col cuoie, o colla mano^ soli cento ne trascegliemmo _, e di questi veniamo esponendo l'Effigie, leggiadramente incisa in sul rame, e la Vita, da ragguar- devoli scrittori nazionali dettata. Trenta fio qui ne demmo 238 PROGRAMMA in luce (I); e l'universale favore onde furono accolte è sicuro garante al Pubblico ed a noi slessi della bontà del- la nostra intrapresa. Ogni mese ne dispenseremo una, o due; e così reli- giosamente procederemo fino al termine del libro, che ne piace addimandare un Panteon consecralo al genio, al ta- lento, al valore d'una gente, e schiuso all'ammirazione del mondo, all'esempio de' contemporanei , alla commen- dazione de' posteri. Di Roma, 1 giugno 1844. Gli Editori D. PARENTE ed A. NATALI. 1.° Tutta l'opera sarà compresa in cento dispense, ognuna delle quali dee contenere un cenno biografico in quattro pagine in 4.° di sesto reale ed un ritratto inci- so in rame. 2." // pre^ifi di ogni dispensa è di un Paolo pari a Cent. 55 di lira italiana , non comprese le spese di por- to e daTjo, che saranno a carico dei committenti. 3.° Le commissioni si ricevono in Roma dagli edi- tori proprietari, ed in Firenze dai signori Luigi Moli- ni e Jacopo Gra'^-^ini. (' ) Le Vite d'Alfieri, di Bellini, Buonarroti , Canova , Cico- gnarct , Denina , Gerdil , Monti, Palladio, Parini , Petrarca, Pindemonte , Sanzio, ScarpelUni, Tasso, Visconti, ec. , ec. ANNUNZI DI NUOVI LIBRI MEMORIE della R. Accademia delle ècìenze di Torino. Serie II. Tomo V. Torino 1843 in 4.°. Classe di Scienze Fisiche e Matematiche. Gene Prof. Giuseppe , Segretario aggiunto di essa Classe. Notizia Slorica dei lavori della Classe delle Scien- ze Fisiche e Matematiche nel corso dell' anno 1842 pag. LIX Meneghini Prof. Joseph — Monographia Nostochinea- rnm Italicarura , addito specimiue de Rivula- riis » 1 ViTTAomi Doct. Carolus — Monographia Lycoperdi- neorura » 145 Botto I. D- — Expèriences sur les rapports entre l'induclion òlectromagnèlique et l'action èleclro- chimiqne, suivies de considerations sur les ma- chines eleclromagnetiques m 239 Baldassini Marchese Francesco — Sulla emissione di un liquido colorante per parte dei molluschi, e sulla causa produttrice della simmetrica ed unifor- me sua distribuzione nella superfìcie delle con- chiglie M 263 Plana J. — Mèraoire sur le chaleur des gas perma- nens , m 283 Colla Avv. Luigi — Illustrazione della Portulaca 240 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI Gilliesii corredata dell'analisi chimica compara* tiva della Portulaca oleracea pag. 367 Spinola Marchese Massimiliano — Dei Prioniti , e dei Coleotteri ad essi più affini » 387 SisMONDA Prof. Angelo — Osservazioni geologiche sui terreni delle formazioni terziaria e cretacea in Piemonte » 419 Colla Avv. Lovis — Observations sur la faraille des Rutacèes, sur le genre Corretti et formation du nouveau genre Antommarchia « 473 \ Anì.al.T:li.Sn-:l Tav.li. ^> ■/'/. V ,;}liy.Jié^ J^ '., ^c/ v^-. IHIDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO AiEssANDRiNi — • Sullc malattìe del cuore della specie bovina pag. 161 NicoL«cci G. — Intorno alla vescichetta proligera osservata nei pesci dal Cavolini )i 184 Rondami Camillo — Nuovo genere di insetti ditteri Mem. 9." » 193 Alessandbini — Rendiconto delle Sessioni delV Ac- cademia delle Sciente dell' Istituto di Bolo- gna M 203 Rusconi M. — Intorno alle osservazioni di Wolkmanrt e Bidder sul nervo gangliare m 228 Cento Ritratti e Vite d' illustri Italiani. Program- ma » 237 Mevorib della R. Accademia delle Scien:ie di Torino Tomo 7. Serie 2.' » 239 IVUOVI ARINALI 2o\xe SCIENZE NATURALI Serie IL Tomo II. (Ottobre 1844.) (puhhlicato il 6 Novembre 1844 ) BOLOGNA TirOC£AFIA SASSI NELLE SFÀDERIB. AVVISO Arrivata la prima Serie degli Amali delle Sciente Naturali al Tomo X. , la Società Editrice, che riprende la pubblicazione del giornale secondo le norme seguite a tutto il 1842, incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associati le condizioni già segnate nel Programma delli 26 febbraio 1840, e cioè: Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo richiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa : il primo ed il settimo fascicolo d' ogni annata verrà fornito di un frontispizio, ed il sesto e dodicesimo dell'in- dice delle materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'atto della consegna del medesimo. Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato, che importerà paoli quindici romani pari ad Ital. lire 8. 05: non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associali. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alta- bella N. 1637, e da tutti gli altri componenti la Società stessa, l'Elenco dei quali si legge nel 1.** fascicolo. S'inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro Novembre non siasi dato avviso in contrario. SOPRA UN METODO DI CURARE DIRETTAMENTE LE SCROFOLE DISSERTAZIOIVE aaa a)©^??» a^a-'^a© ©©833 PROFESSORE DI MATERIA MEDICA NELLA POWTIFICIA UNIVERSITÀ DI BOIOQNA {letta all'Accademia delle scienze dell' Instiluto li 24 Novembre 1842.) Oino dall'anno 1830 ebbi l'onore di presentarvi, o Accademici Prestantissimi^ alcune mie considerazioni so- pra il morbo scrofoloso; ed in particolare sull'uso del caustici per estirpare i tumori , o ingorghi scrofolosi delle ghiandole esterne. Ma in quella mia dissertazio- ne non ebbi per iscopo, che di accennarvi le ragio- ni , per le quali mi pareva , che fosse metodo da non trascurarsi; e anzi sforzavami di raccomandarlo, ripu- tandolo meritevole d'essere mollo valutato nella pratica medica e chirurgica. Quindi mi determinai, ad istigazione ancora di alcuni miei rispettabili collegbi^ di mettere in luce nel 1834 la suddetta dissertazione (1). A dare però compimento al mio lavoro raancavarai UD sufficiente numero di osservazioni , e di esperienze, che mi proponeva d'istituire insieme ad alcuni miei amici, ed allievi nostri. E per vero non omisi d'istituirle, e furono esse al di là d'ogni mia aspettazione favorevolissime. Ora (1) De tuta quadam et praecipua morbum scrophulosum curandi methodo. .--rziT~~-~^ M. Ann. Se Natlr. Serie II. Tom. 2. A'^'A ■ '*? It4' A 242 DISSERTAZIONE avuto il tempo di maturare, e coordinare i fatti raccolti, mi sono creduto in debito di parteciparvi la continuazio- ne del mio lavoro sulle scrofole, su cui mi propongo di esporvi soltanto i casi principali , e in pari tempo le de- duzioni, e regole pratiche più importanti, che ho cre- duto dover ritrarre dalle osservazioni, ed esperienze me- desime. È dimostrato in modo incontrastabile, che v' hanno de' rimedj a ^preferenza degli altri opportuni per certa loro modalità a promovere la risoluzione delle ghiandole linfatiche tumefatte, indurite, o comunque alterate per vizio scrofoloso: ma è ancora provato, che soventi volle a fronte delle cure le meglio condotte , e dell' uso de' ri- medj e metodi più riputati cotesto morbo progredisce di guisa da divenire incurabile ; o per lo meno da lasciare sintomi , complicazioni, reliquie, che richieggono altri sussi- dii, altri metodi a norma dei casi , e delle circostanze: altri- menti non minor pericolo , benché con passo più lento e me- no spaventevole sovrasta all' infermo , venendo minacciate al- cune parti, ed organi molto importanti per l'esercizio delle funzioni, e per la retta economia della vita. E posciachè il sistema linfatico è specialmente attac- cato ne nasce, che le ghiandole conglobate rimangano a preferenza affette^ e si alterino gradatamente sino a for- mare tumori più 0 meno grossi, duri, scirrosi di appa- renza, e tali da eludere la virtù de' più decantali ^ ed eroi- ci medicamenti. Però mi parve di non errare , considerando una ghian- dola così alterata, quale corpo irrilante , e secernente umore abnorme^ e morbifico, capace secondo il grado di abnormità d'indurre quelle tante affezioni , che in sequela d'individuali, ed eventuali circostanze sogliono provenir- ne. Da ciò dedussi la necessità di liberare lo scrofoloso da cosiffatti corpi irritanti, e dannosi ; e giudicai , che il miglior mezzo per soddisfare in genere a questa indicazione fos- DEL PROF. F. GOZZI 243 sero i caustici , secondocbè inlesi di provare nella sopra indicala mia dissertazione. Questa mia deduzione è sostenuta da quanto sono per dire. Accade ordinariamente che la malattia si limiti all'esterno, o ciò, che più rileva, alle ghiandole linfati- che ed in particolare a quelle del collo; d'onde si scorge di leggieri, che in vece d'aggirarsi, e perdersi in cure lunghe, incerte e moleste, adoperando medicamenti forti e pericolosi come suolsi ; o di abbandonare con grave ri- schio l'infermo^ e senza soccorso; o lutt' al più di sotto- porlo a sussidj di pochissima entità, converrebbe piutto- sto valersi di mezzi diretti, pronti ed efficaci per liberarlo da corpi niorbifìci , i quali tendono alla perfine ad alterare la crasi della linfa, e degli altri umori, la costituzione chimica dei solidi, in breve lutto l'organismo. Essendo adunque le alterazioni ghiandolari il più fre- quente e precipuo sintonia del morbo scrofoloso, il qua- le ha per colai modo tendenza a concentrarsi all'esterno, e a farsi locale, non credo d'ingannarmi, se asserisco, che a torto fu posto aifatto in dimenticanza un metodo curativo, il quale più d'ogni altro vale ad attaccare diret- tamente la sede, o condizione morbosa. Questa trascuran- za io penso doversi attribuire a diverse cagioni, e prin- cipalmente alla qualità delle sostanze caustiche adoperate nella formazione dei trochisci a tal fine proposti (alme- no come incontrasi anche in alcune moderne farmacopee) dove il sublimalo corrosivo ne costituisce in dose per so- lilo eccessiva il solo o il principale ingrediente caustico, quando in vece l'uso debb' esserne molto cauto , e mitiga- to ; altrimenti si risveglia grande irritazione, dolore acerbo , e può riuscire pericoloso. In vista di che taluni lo propo- sero unito ad altre sostanze^ che ne temperassero^ e cor- reggessero la violenza: cosa della maggiore importanza, dovendosi sciegliere, ed unire secondo l' opportunità le so- stanze caustiche, come si vedrà in appresso. 244 DISSERTAZIONE Ma a ciò non si pose mente per essere invalsa da gran tempo la massima ;, che tuttora persiste, vale a di- re, che la scrofola richiegga assolutamente una cura ge- nerale, ed interna. Quindi la regola di adoperare con grande cautela i topici , e guardarsi bene di promovere la infiammazione, e suppurazione dei tumori struraosi. Sopra di che permettetemi, o signori, che io faccia alcune consi- derazioni. Se noi imparzialmente ci ponghiamo ad esaminare il mezzo, con cui natura guarisce non di rado gli scrofolo- si;, accadere d'assicurarci, che consiste nel promovere in- fiammazioni, e poscia diuturne e copiose suppurazioni nei tumori strumosi medesimi, o anche in altre parti ester- ne. Nuli' ostante il medico ministro, ed interprete della natura tenuto a percorrere la via assegnatagli da essa , dee nel nostro caso far riflessione agi' inconvenienti , che pon- Do derivare da troppo lunghe, ed eccessive suppurazioni, necessaria conseguenza di lenta distruzione di ghiandole indurite^ ed alterate, dal che altri incomodi e mali van- no poscia succedendo, e per lo meno rimangono profon- de e deformi cicatrici. A tutto ciò appunto occorre il medico servendosi del metodo summentovato ; avvegnaché;, come scorge ognuno, levando le ghiandole strumose, non han più luogo le ec- cedenti, e diuturne suppurazioni, anzi la suppurazione può essere ad arbitrio nostro condotta e regolala; né pon- no quindi succedere inconvenienti, molestie, e deformità. Che se qualcuno , nel trovar buone le ragioni addotte fino- ra, credesse tuttavia di dover insistere sul bisogno di non omettere l'uso adequato di medicamenti interni per agire sull'universale, e debellare la diatesi scrofolosa dominante 0 la costituzione del soggetto , io aggiugnerei senza oppormi ad una massima comunemente accettata^ che coll'uso suddet- to dei caustici si agisce anche internamente , ed in tutto il corpo in modo endermico; secondochè ho più volte veduto, e DEL PROF- F. GOZZI 245 confermato: anzi lo sostengo, che la cura riesce più efficace, più pronta , e non molesta e pericolosa , siccome snoie ac- cadere, introducendo per tempo lungo medicine di gran- dissima efficacia, e particolarmente minerali nello stoma- co, dal quale vengono scomposte, e snaturate molto più di quello^ che se adoprinsi endermicamente, come si è a' nostri giorni dimostrato. Stabilita la quale verità fonda- mentale mi determinai a dare la preferenza a que'rimedj, che potessero servire all'uopo, e pel grado d'azione cau- stica, e per la qualità loro antiscrofolosa: cioè che va- lessero a togliere immediatamente il corpo morbifico, ed assorbiti dalla piaga artifiziale, portassero la loro virtù in tutta la macchina, soddisfacendo così alla doppia indi- cazione locale, ed universale simultaneamente. Ma tutto questo esser dovea da sufficiente numero di fatti confermato, diretto, ed illustralo. Esaminando atten- tamente varie cure operate dal Chirurgo Luigi Bazzani mi accorsi, che i trochisci da esso tenuti secreti, benché in- genuamente confessasse non essere di sua invenzione, riu- scivano per lo più mollo irritanti, e dolorosi; e dagli effetti apparenti potei arguire, che l'agente principale ne fosse con ogni probabilità il sublimato corrosivo : checché ne sia mi bastò d' assicurarmi : l."* Che i tumori strumosi ponno estirparsi col mezzo dei caustici senza pericolo ^ e in breve tempo, qualunque sia la parte esterna, che occupano. 2.° Che a misura, che si attaccano coi caustici mede- simi , e si levano , l' infermo notabilmente migliora ; e se altri se ne formano^ si tolgono via del pari, e con più evidente utilità. Locchè mi diede animo ad intraprendere degli esperi- menli procurando d'imaginare trochisci caustici appropria- ti, e di perfezionare un metodo curativo, che riputava di non poca rilevanza. Per dieci anni si proseguirono le spe- rienze, e vennero eseguite da me in unione a varj allievi 246 DISSERTAZIONE nostri, e nominatamente ai Signoii Dottori Pietro, e Gio- vanni Gnndi. Non pochi furono gli scrofolosi da noi cura- li, e guariti, ed un buon numero di questi a noi affidati, e veduti dai Signori Professori Valorani, Alessandrini, Dott. Gajani e da altri. Non offrendo i casi molti da noi curati differenze notabili, io mi limiterò a descriverne in succinto alcuni da principio osservati , la cui storia fu com- pilata con esaltezza dai suddetti Signori Dottori Gnudi, dopo che avrò premessa una succinta narrazione di un caso meritevole di speciale riguardo, il primo, a cui ten- ni dietro con ogni maggior diligenza. Luigia Gozzi fin dall'infanzia fu travagliata da tumori al collo ed in progresso di tempo da altri incomodi e mali (ot- talmie gravi, eruzioni al capo ec.) dipendenti dalla così detta diatesi scrofolosa. I rimedj , ed i metodi più riputali s' impie- garono da varj medici, e da me stesso, sempre con vantaggio transitorio. Ma lasciando di minutamente descriverne la lunga istoria, dirò soltanto, che pervenuta al trentottesi- mo anno di sua età, alcune ghiandole tumefatte, ed in- durite aveano formato un tumore bernoccoluto nella de- stra mammella della grandezza all' incirca d'un uovo di Gallina; dapprima non avvertito, e trascurato dall'infer- ma: divenuto poi più grosso e scirroso; ad onta di medi- camenti esterni^ ed interni usati con ogni cautela, ella incominciò ad accusare dolori lancinanti di tratto in trat- to acutissimi , per cui si vide minacciala da peggior dan- no, e da carcinoma. Oltre notabile ingrossamento della ghiandola tiroide, ed alcune ghiandole struraose nel col- lo, ve n'erano pure sotto le ascelle. In tal emergente qual chirurgo avrebbe osalo di farne l'operazione? In quanto a me non vedeva altro mezzo, che quello di asportarlo coi caustici. Tuttavia consultai alcuni miei colleghi, e trovatili del mio sentimento, non esitai a prevalermi del sunnominato Bazzani , il quale verso la metà di aprile 1829 incoraiaciò ad applicare i suoi trochisci per nostra iiisi- DEL PROF, F. GOZZI 247 niiazione, confcjssando ingenuamente di non aver mai osa- to d' estirpare con caustici ghiandole scirrose dalle mam- melle. In 27 giorni estrasse una ghiandola esterna superiore, poscia dne inferiori dalla mammella sopra indicata , e per ultimo altre due dal collo. Dopo di che l'inferma acqui- stò in pochi giorni un ben essere che ci sorprese. Rima- se solamente una ghiandola alquanto ingrossata nella mam- mella , lo che attribuitosi piuttosto alla forte irritazione prodotta da caustici, si credè bene, anche per non trava- gliare di più la malata, di sospendere per ora ogni ope- razione ; la quale si dovette poi eseguire dopo due anni , cavando altre tre piccole ghiandole dalla stessa mammella, divenule grandemente incomode, e moleste. Questa secon- da operazione fu più dolorosa , e con qualche accesso feb- brile , si gonfiarono un po' le gengive , e successe leggera salivazione: nondimeno lutto, compresa la cicatrice, riu- scì a meraviglia. L'inferma andò in seguilo a poco a poco acquistan- do una sanità da essa non mai avuta da prima, si maritò poscia, ed ora, all' infuori di essere di tanto in tanto tra- vagliata da affezioni nervose più presto di forma isterica, segnatamente dopo la cessazione delle purghe mensili^ vi- ve abbastanza contenta del suo stato. Il primo soggetto di nostre sperienze fu Barbara Ghel- li, sana e robusta donna, finché principiò nell'età sua di 41 anni a vedere in se stessa quell'affezione strumosa che opprimeva un suo figlio, e per cui un altro era perito. Nel tratto di un anno e mezzo il male s' aggravò in modo d'avere urgente bisogno di medico soccorso. Si osservarono nel lato destro del collo sei corpi ghiandolari di varia forma, e profondila, aderenti gli uni agli altri, duri, al- quanto prominenti, e della grossezza di un nocciuolo, quasi indolenti anche sotto la pressione delle dita. Riferì d'essere stala due scUiiuaue prima lormcotala da diarrea 248. DISSERTAZIONE susseguita da pertinace stitichezza: era il basso ventre le- so, dolente e con indurimenti; aggiunse, molestarla non poco la tosse segnatamente nell' imbrunir della sera, e più nella notte; e comparire preceduta da brividi la febbre vespertina, che terminava con sudori profusi, e parziali. Il deperimento di nutrizione e di forze era grandissimo; la tristezza e la melanconia estrema. Cosiffatta alterazione fisica e morale ci fece sospettare, che non si trattasse di semplice affezione locale. Ma quantunque il caso fosse molto dubbio, e pericoloso, ciò nulladimeno giudicammo di dover tentare un metodo, che solo sembrava adattarsi alle pressanti circostanze dell' inferma. S' incominciò quindi l'applicazione dei trochisci ai due di Maggio 1830, prescrivendo contemporaneamente que' blandi sussidj lassativi, e diuretici che soglionsi in questi casi adoperare. Nell'ottavo giorno di cura si vide qualche miglioramento; nel quindicesimo si mostrò con- tenta e soddisfatta, e sentivasi invitata al cibo; nel tren- tesimo ;, quantunque il corpo ghiandolare non fosse ade- rente, che per sottili filamenti, recisi i quali sarebbesi di- staccato , pure si riputò conveniente, che cedesse per sola opera del caustico , toccando que' fibrosi legami colla pol- vere dei trochisci medesimi , e sovrapponendovi all' uopo, or la sugna, or il cataplasma di pane e latte: alla perfine nel quarantacinquesimo giorno cadde. In breve tempo, e con facilità si ottenne una lodevole cicatrizzazione col mez- zo di alcune filaccia e di cerotto con gomme. E così dopo due mesi di cura con brevi , e leggeri travagli soltanto negli otto primi giorni , si ebbe una com- piuta guarigione, e tale, che a noi, e ad altri medici, e chirurgi parve al certo straordinaria. Questa donna da me visitata dopo tre anni mi assicurò d'avere sempre go- duto buona sanità. Un secondo esperimento si tenne in Luigia Marzoc- chi, la quale sia dalle fascie mauifeslò gran disposizione DEL FROF. F. GOZZI 249 al viziarsi del sistema linfatico;, finché nel quarto anno di sua età apparvero ingorghi ghiandolari. Nuli' ostante passò la sua fanciullezza in discreta salute: ma giunta all'anno dodicesimo dovette ricorrere all'arte medica: le furono prescritte delle saponate sulle strume, ed alcuni cerotti. Ma per questi insufficienti soccorsi sempre più deteriorava nel fisico, e nel morale, allorché nell'anno quindicesimo fu alle nostre cure affidata. Era gracile , este- nuata, mesta, ed irrequieta, di color clorolico, non raen- struala, e di poco cibavasi, avendo grande avversione agli alimenti, ed una lenta febbricciuola l'andava consumando. Ben esaminata si osservò unicamente ^ che aveva al sinistro Iato del collo cinque in sei tumori ghiandolari molto duri al latto della grandezza d'una noce all' incirca sovrapposti gli uni agli altri. Due furono le ghiandole prese di mira, come le più voluminose; nell'una si applicarono due pastiglie causti- che^ nell'altra una sola. Dopo alcuni giorni per la cute corrosa, scoperte abbastanza le ghiandole, s'infissero a conveniente profondila nei suddetti punti i trochisci, il che arrecò qualche dolore, ed abbattimento per 24 ore. Scor- si quattro giorni si vide, che alquanto sporgevano, e che era comparsa la suppurazione, segno di mortificazione av- venuta in essa, e dell'incipiente loro distacco dalle parti vive. Le cose progredendo regolarmente, passati altri sei giorni , si applicò la polvere dei trochisci ai lembi delle ghiandole , affine di agevolarne la separazione. — Frattan- to l'inferma ebbe notabile miglioramento, divenne meno maninconiosa , e cominciò ad appetire i cibi. In seguito il trattamento curativo si ridusse all'applicazione dei cau- stici secondo il bisogno, di cataplasmi emollienti, suppu- ranti, ed a dieta convenevole. Per di cui mezzo si ottenne in meno di tre mesi l' uscita di sei corpi ghiandolari scrofo- losi. In questo mentre essa avea in tutto migliorato, e sentivasi rinvigorita- JNclIo spazio poi d'un altro mese coi 260 DISSERTAZIONE soliti semplici mezzi si ebbe una completa, e laiidevole cicatrizzazione. Visitata dopo un anno questa giovinetta mi affermò d'aver sempre avuto, come di presente, sani- tà prospera. Anna Frabetti di complessione scrofolosa sino all'età di anni dieci si mantenne ben nutrita, vivace, ed in ot- tima salute: ma nell'autunno del 1833 incominciò a di- magrire, a divenir melanconica, ed a presentare alla par- te destra del collo un gruppo di ghiandole tumide, ed indurite, formante un tumore un po' appianato, ed indo- lente, che giunse alla grandezza d'un grosso uovo di gallina. Da noi veduta verso la metà di Marzo del 1834 recò maraviglia la straordinaria inappetenza , e la cupa tristez- za di questa bionda, ed avvenente fanciulla, da cui non ci fu dato d'ottenere risposta alle nostre interrogazioni. Il giorno 24 del suddetto mese s'incominciò la cura coi caustici, ajjplicando una pastiglietta sulla sommità del tu- more, la quale dopo quattro giorni non avendo prodotto che una semplice escara, si rinnovò e si ebbe una super- ficiale mortificazione del tumore medesimo; e così dietro replicate applicazioni di trochisci in maggiore o minor co- pia proporzionati all'infiammazione di esso infigendoveli alla profondità della mortificazione avvenuta , principiò il tumore a suppurare, a sporgersi all' infuori, e ad isolar- si, in sin che si distaccò del tutto, e con lieve molestia ai 25 d'Aprile. Ma essendovi rimaste alcune ghiandolette profonde, queste del pari per mezzo di piccole porzioni di trochisci si levarono; e verso la metà di Giugno la piaga perfettaiiiente si cicatrizzò , e si ottenne compiuto guarimento. In questa malata fu mirabile la mutazione avvenuta nel suo fisico, e nel suo morale appena che il caustico agì abbastanza sul tumore strumoso, di guisa che ben presto divenne allegra, loquace^ acquistando bella ce- ra, ed accusando buon appetito. DEL PROF. F. GOZZI 251 Per ultimo verrò all' esposizione di alcuni risultamen- li, ed avvertenze, che l'uso e la pratica mi hanno inse- gnato, affine di convenientemente applicare il metodo cu- rativo, di cui si è tenuto discorso. E prima d'ogni altra cosa dirò aver mostrato l'espe- rienza, che i caustici più forti valgono in genere per l'e- stirpazione dei tumori strumosi, o di altrettali; ed è bi- sogno soltanto adattare il grado di forza del caustico , o meglio del composto caustico al caso speciale, guardan- dosi, per quanto è possibile, dai più violenti. Ho detto composto caustico, poiché l'esperienza ha pure mostrato l'utilità di unire insieme e mescolare agenti cosiffatti in diversa quantità, e numero all'uopo, e dipendentemente alla cognizione del valore relativo di ciascheduno , come sarebbe il sublimato corrosivo, che unir si dee in quanti- tà ben misurala, alia pietra infernale, all'arsenico bian- co, ed a simili sostanze minerali ; e secondo l'indicazione a qualche caustico vegetabile come l'euforbio, l'estratto di mezereo, ed altrettali. L'acetato di morfina, il succo condensato di giusquiamo nero eie. giovano a reprimere la sensibilità, a calmare la mobilità nervosa, a diminuire la irritazione, e la flogosi, oltre le fomentazioni, i catapla- smi ^ i bagni emollienti avvalorati all'opportunità dall'ac- qua di lauro-ceraso, e da altri validi deprimenti positivi e negativi. Se v' ha metodo che richiegga uso, e pratica è cer- tamente questo, di che si parla, avvegnaché fa mestieri in ogni caso adottare e ben proporzionare la forza , e la quantità dei trochisci da usarsi nelle reiterate applicazioni, collocarli , e convenientemente approfondarli più o meno nel tumore; ed avere tani' altre viste, ed avvertenze, da apprendersi coli' esercizio. Per la qual cosa non dee punto recar meraviglia, se taluni con mezzi uguali ai nostri, ma non applicati debitamente, o non coadiuvali con que' sussidj, che valgono a frenare la irritazione, e la flogosi; 252 DISSERTAZIONE a determinare e mantenere una conveniente suppurazione ; a secondare la mortificazione , e distaccamento del tumore non abbiamo ottenuto l'intento', ed ottenendolo solo con poco frutto, e talvolta con danno e pericolo dell' infermo. Quindi anziché seguire il parere del Bazzani , il quale as- seriva bastare due gradi dello stesso caustico l'uno molto più forte dell'altro, noi per contrario abbiamo immagina- to non pochi composti caustici diversi per qualità, e gra- do di forza ; e tra questi uno de' più efficaci e vantaggio- si, che indicherò ad esempio è il seguente: Prendi Sublimato corrosivo s. p. 9j. Pietra infernale. . . . g^ Arsenico bianco. . . . Cerussa . . j . àà gr. vj Amido s. p. e Albume d'ovo q. b. M. e. f. trochisci e anche pastigliette del peso di grani v , a vj poco più o meno secondo che torna al bisogno. In secondo luogo ci ha l'esperienza comprovato, che non conviene estrarre col mezzo dei caustici ghiandole scro- folose intere j e in una sol volta, bensì a poco a poco, e lentamente; quantunque a primo aspetto sembrar potesse miglior partito quello di liberarne la machina colia mag- gior soUecitndine , e prontezza. Ma volendo così operare si produce per lo più irritazione, e dolore assai forte, locchè conviene d'evitare per quanto è fattibile, potendo- si ancora tale irritazione comunicare, e propagarsi ad al- tre ghiandole, e spezialmente alle prossime, le quali per- ciò si gonfiano , s' infiammano , s' induriscono , e vanno a rischio di divenire strumose per la complessione , o diate- si predominante, onde la necessità di altre simili opera- zioni , alle quali si rifiutano sovente gì' infermi con grave loro danno. Quandoché levando lentamente questi tumori si cagiona d'ordinario lieve irritazione , e poco o niun do- DEL PROF. F. Gozzr 263 lore: cosa da valularsi assai, come ognun vede. — !q- noltre giova raollissimo il tenere aperto questo emuntorio per tempo debito anche collo scopo di dar luogo ai cau- stici, e ad altri medicamenti ad essi congiunti di venire assorbiti per via endermica, e di agire, quanto basta, sul- l'universale, non rilevando punto, che la ghiandola si distacchi intera, o a pezzi, e minutamente si consumi. Per cui, air infuori di un certo numero di corpi ghian- dolari strumosi da noi estratti ne' primi tentativi, e de- posti nel Museo patologico di questa Università, non ci siamo punto curati di levarne altri interi. V hanno poi dei casi , dov' è indispensabile di pro- movere e mantenere per lungo tempo un'abbondante, e continuata suppurazione , come sarebbe, allorché le ghian- dole strumose si trovano sepolte fra molta cellulare; e questo l'abbiamo segnatamente osservato in certa Signora Guidotti, la quale presentava un collo bovino per inzup- pamento da diversi anni di ghiandole. Giudicata incurabile si tentò r uso dei caustici , il quale continuato per un an- no circa, benché sortiti solamente di tanto in tanto pez- zetti di ghiandole, pure si ridusse il collo di lei quasi al 'naturale mediante copiosa, e continuata suppurazione. Im- perciò noi crediamo vantaggioso, per non dir necessario, di promovere e mantenere una suppurazione più o meno abbondante secondo 1' opportunità; e perchè ce 1' ha ad evidenza insegnato la pratica, e perchè natura lo prescrive , come si è superiormente dichiarato. In terzo luogo abbiamo confermato, che cessa piiì o meno presto, e più o meno interamente l'anoressia, la tristezza, e quell'interno inesprimibile mal essere, che suole opprimere gli scrofolosi , tostochè il caustico ha nei primi giorni di sua applicazione agito abbastanza sul tu- more: mal essere non riferibile sempre alla località, in quanto che non di rado si mostra scompagnato da dolore, 0 altra molestia; ma bensì da una malefica influenza dei 254 DISSERTAZIONE tumori medesimi inesplicabile, fatto importantissimo de- gno di riflessione non solo per parte dei patologi , ma ben anche dei fisiologi , il quale prova ad evidenza , che il morbo scrofoloso tende naturalmente, come si è dello di sopra, a farsi locale, concentrandosi di preferenza nelle ghiandole esterne, da dove poscia divenuto seminio mor- boso, e vizio confermato, va riproducendo, e propagan- do il suo malefico influsso non solo al rimanente del si- stema linfatico, ma eziandio agli altri sistemi , ed organi, e all' universale , se indugiasi a ripararvi col togliere il cen- tro, 0 foco morboso. Dal che risulta la necessità di liberare l'infermo dai tumori strumosi, almeno dai principali, da quelli, che si giudicano i più malefici , e pericolosi , non la- sciando poi di fare altrettanlo sugli altri a misura che si van- no formando, e diventano incomodi e tali da incutere qualche timore. Con questa avvertenza può l' infermo godere buona salute; e nel caso, che si credesse minaccialo dalla dialesi dominante, 1' uso approprialo degli anliscrofolosi sarebbe indicato, guardando bene di non ingannarsi, e di aflidarsi di troppo a tal sorla di medicamenti. Le quali cose per me finora dichiarate, tengo per cerio, che siano bastevoli a dimostrare l'importanza ed utilità dei caustici per la cura delle strume, e del morbo scrofoloso in genere. Nulladiraeno io ben m'accorgo, che non poco rimar- rebbe da osservarsi, e da verificarsi per stabilire fin dove estender si debba il valore di cosiff'atli mezzi ; e quan- do convenga di adoperarli soli; quando uniti ad altri medicamenti; e quando alla cura locale proposta di sopra debba aggiungersi ancora 1' universale. Ma queste e somi- glianti decisioni non ponno essere, che il frullo di reite- rate osservazioni , ed esperienze ; però spella ai savj , ed esperii pratici l'istituirle con tulla imparzialità, e solo dopo un sufficiente numero di falli ben avverati, lo statuire norme sicure indicanti la via da tenersi uei singoli casi. DEL PROF. F. COZZI 26S Frattanto io mi sono creduto in debito di proporre confìdentemanle un flietodo, cbc a torto sieda tanto tem- po diiìienlicato, come da bel principio affermai , trattandosi di un morbo così frequente e pericoloso, qnal è la scro- fola, la cui terapìa imperfetta, e non conforme alle at- tuali nostre cognizioni richiede assolutamente ogni studio, ed attenzione. Ad ogni modo , qualunque sia il valore di ciò, che io venni esponendo, allora solo potrei confidar- mi, cbe avesse raggiunto il fine, a cui intendeva, quan- do Voi , 0 Signori, che benignamente m'ascoltaste, l'ave- ste credulo degno d'alcuna approvazione. ORDraAIOENTO SISTEMATICO DEI GENERI ITAIIANI DEGLI INSETTI DITTERI MEMBRO DELLA SOCIETÀ ENTOMOLOGICA DI FRANCIA ECC. irVTRODUZIONE Intelligite quia Deus fecit omnia et in sui» gradibus collocavit et si domui no- strae non sunt necessaria, eis tamen com- pletnr liujus universitatis integrilas , qnae multo major est quam domus nostra et multo melior. Div- AuG, IN Man. I Generi in Zoologia sono le estreme divisioni siste- raaliche, le quali comprendono, o ponno comprendere un numero indeterminato di specie, che sono fra loro somi- glianti e da tutte le altre distinte per caratteri stabiliti di organismo. I generi e non le specie sono le ultime divisioni si- stematiche, perchè queste sono gruppi naturali di indivi- dui, che hanno limiti stabiliti da leggi costanti naturali, e sono l'elemento del quale si formano le divisioni tutte dei sistemi. I generi come tutte le altre divisioni più estese dei generi hanno o possono avere, una latitudine maggiore o ORDINAM. SISTEM. EC. DI C RONDANI 257 niiuore secondo la qnalilà de' caratteri adoperali a distin- guerli dai diversi Zoologi distributori , e perciò non vi sono né ponno esservi generi naturali, né famiglie né stirpi naturali, ma vi sono solamente negli esseri di- versi centri di naturali relazioni, le quali si estendono più 0 meno marcate, a maggiore o minor numero di specie. I limiti di questi complessi di specie aggruppate per tali legami di relazioni non sono in natura ma nei siste- mi soltanto, quindi son tutte artifiziali divisioni, e per conseguenza la distinzione di gruppi naturali ed arliSziali non può sussistere , se non nel senso , che le specie sole vengano considerate come gruppi naturali. Come non regge una tal distinzione, cosi non può slare nemmeno quella dei caratteri distintivi in naturali ed artifiziali. Tutti i caratteri di organismo o di abitudini sono naturali , e perciò qualunque sia il senso nel quale si volle adottare una tal divisione, il linguaggio scientifico sarà sempre per questo lato difettoso. I caratteri distintivi sono di maggiore o minore enti- tà, e secondo il valore che si potrebbe ad essi accordare, sarebbero piuttosto da dividersi in Caratteri Specifici Ge- nerici e di Famiglia; e tulli sarebbero egualmente natu- rali. Si potrà errare, egli è vero, nello stabilire quale sia l'entità dei diversi caratteri, e quindi anche nel determi- nare quali di essi dovranno credersi specifici soltanto, e quali generici e di Famiglia , ma non sarà men vero , che poteva errarsi egualmente, o più spesso, nella determina- zione de' caratteri naturali ed artifiziali, e sarà vero del pari che esistendo realmente una tale diversità di impor- tanza, si potrà arrivare non diflicilnienle colla discussione e le osservazioni a stabilire delle regole che guidino a decidere con fondamento del loro merito nei singoli casi. Quello che potrebbe dirsi anche attualmente si è: N. Ann. Se. MATin. SEnit II- Tom. 2. 17 258 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. \° Che iJilli i caratteri distintivi ponno essere speci- fici , ma non tutti i caratteri specifici potranno valere a distinguere i generi o le famiglie. 2.° Che tutti i caratteri i quali non ponno credersi atti in modo patente a modificare l'esercizio delle funzio- ni importanti degli animali;, non dovrebbero concorrere giammai a distinguere i generi e le famiglie, e questi sarebbero i soli caratteri specifici in senso assoluto. 3.° Che fra questi caratteri distintivi, quelli i quali faranno conoscere la loro maggiore o minore influenza a facilitare, impedire, o variare 1' esercizio di quelle funzioni, potranno essere caratteri generici. 4.° Che fra i caratteri generici potrebbero distinguer- si quelli che anche isolati si crederebbero valere a distin- guere un genere dall'altro, e quelli che soli non potreb- bero valere a ciò, ed i primi sarebbero caratteri di fami- glia 0 di stirpe , e gli altri caratteri generici in senso as- soluto: e quindi tutti i caratteri di famiglia potrebbero essere generici , ma i caratteri generici non potrebbero dirsi tutti di Famiglia o di stirpe. Importa di stare sull' avviso in queste distinzioni , per non confondere differenza specifica e generica, con carat- tere specifico e generico, perchè le differenze dei generi e delle specie consistono nel complesso dei caratteri distin- tivi pei quali fu autenticata la loro separazione, ed è ac- cidentale il caso che possa essere bastante un solo carat- tere ad alcuna distinzione di questi gruppi ; e dicasi Io stesso delle Famiglie e delle stirpi e d'altre più estese classi. Nello stato attuale della entomologia, pochi o poco importanti caratteri di organismo sono tenuti capaci di au- tenticare la fondazione di un gruppo generico. Senza in- dagare se un tale sistema, a quest'ora può dirsi general- mente adottato, sia stato a danno od utile della Scienza, ho credulo mio debito dover seguire I' universale anda- DI C. RONDANI 259 mento, e perciò ho dovuto ritenere quasi tutti se non tut- ti i generi già stabiliti ed adottati nell'ordine d'Inselli, del quale mi occupo , non solo , ma fui costretto non poche volte alla formazione di generi nuovi perispecie o scono- sciute prima d'ora, o conosciute, quando caratteri di en- tità, secondo il mio modo di vedere, mi è sembrato lo richiedessero, end' essere coerente all'adottato sistema di divisioni. Io considero in generale come caratteri di enlilà tutti quelli che sono tolti da variazioni marcate di organi ira- portanti, e sono organi imporlanli quelli che servono o concorrono all'esercizio delle primarie funzioni animali, e perciò negli insetti in particolare, per la distinzione e conoscenza dei quali la notomia comparata non può ser- vire che come ausiliaria, devono solamente studiarsi gli organi esterni di importanza, come sono le antenne, gli occhi, le ali, le parli visibili della bocca, i piedi, gli organi dell'accoppiamento ecc. La totale o quasi totale mancanza di alcuno di tali organi, come la sua estensione o piccolezza straordinaria, il numero molto diverso dei pezzi che lo compongono , la sua forma o complicazione rimarcabile, la posizione as- sai differente, e gli accessorii di rilievo che lo accompa- gnano , potran bastare perchè sia stabilita con fondamen- to una generica divisione; ma potranno egualmente vale- re a ciò modificazioni organiche di minore entità;, purché da queste si trovino affetti parecchi degli organi di enti- tà, ed in maniera eguale potranno distinguere i generi, an- che leggiere modificazioni di organismo, purché tanto nu- merose che valgano a dare all'insetto, nel loro comples- so una forma generale distintissima, ed alcuna almeno di queste lievi variazioni si possa agevolmente osservare e descrivere. Questa regola generale è fondata sulla massima, dai più ritenuta come assioma, che una razionale distribuzione 260 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. sistematica degli animali dev'essere principalmente appog- giata alla corrispondenza delle abitudini alle forme: e sic- come ogni cambiamento di organismo si deve supporre fino a prove di fatti in contrario, che modifichi le opera- zioni istintive degli Insetti , così si dovrà ritenere in astratto: l.°Che a rimarcabili differenze di organizzazione cor- risponderanno rimarcabili diversità di attitudini. 2.° Che a modificazioni di organi importanti, rispon- deranno differenze importanti nelle operazioni che sou de- stinati ad eseguire. 3° Che da numerose variazioni organiche dipenderan- no numerose diversità nelle loro istintive operazioni. Dalle cose sopra discorse e dalle massime già stabi- lite ne risultò, che nella scella de' caratteri distintivi de- gli insetti Ditteri alcune organiche modificazioni, le quali si credevano valere assai , e venivano perciò adoperate da alcuni come caratteri generici , sono stato costretto a rifiu- tarle come tali: ed in sua vece alcune altre od affatto di- menticate 0 tenute in poco conto acquistarono per me un valore che prima non possedevano. E così per modo d'esempio, io ho considerati come caratteri solamente specifici non tanto le differenze di co- lorito, di volume, di lunghezza e larghezza del corpo, di abitazione, di nutrimento, di patria, di topografia ecc., quanto la inclinazione diversa della faccia, la pendenza od erezione, la sovrapposizione o divaricamento delle ali, la vicinanza o distanza delle antenne alla loro base, la po- co maggiore o poco minore lunghezza o larghezza di qual- che articolo delle antenne, de' palpi, de' piedi ed altre cose consimili : e solamente adoperai come caratteri generici le piccole differenze organiche in ultimo luogo nominate, quando in buon numero riunite in un solo insetto davano ad esso una forma od un aspetto sui generis, o quando influivano in qualche caso speciale sul totale di un orga- no importante nel conseguimento dei fini, ai quali è natu- ralmente destinato. DI C KONDANI 26l E per lo contrario , ho dato mollo importanza alla presenza od al difetto di certi spini o setole delle tibie, 0 delle coscie; alla lunghezza o nnraero maggiore o mi- nore delle setole della faccia, dell' epistoma, della fronte ecc.; alla peluria o nudità degli occhi, e ad altre cose di simil natura, imperocché dove si trovano tali accessori si deve supporre che vi esistano se non per lutti, per alcuni almeno dei fini seguenti: O per riparare organi di importanza dalle lesioni che potrebbero apportarvi l' urto , o lo sfregamento di corpi duri 0 scabri. O per servire agli insetti che ne sono forniti nella difesa contro gli attacchi dei loro nemici. O per servire di offesa negli assalti delle loro prede, 0 d'impedimento alle difese degli animali, di cui si nu- trono 0 che servon di cibo alla loro prole. O per impedire il contatto immediato di sostanze li* quide glutinose o polverose con organi di entità, le quali renderebbero minore o nulla la loro attività. O per pulire altre parti del corpo che potessero ri- manere imbrattate. O per avvertire la presenza, fors' anche conoscere e distinguere le qualità degli oggetti in circostanze locali ove gli altri organi de' sensi poco potrebbero servirgli: e per conseguenza ho creduto ragionevole di potermi valere di tali caratteri in parecchie generiche distinzioni. A preferenza però di qualunque altro carattere per distinguere i generi gli uni dagli altri , mi sono valso di quelli che mi vennero somministrati dalla diversità di nume- ro, lunghezza, direzione, origine ecc. delle vene alari ; eccet- tuando però quelle famiglie nelle quali gli organi del volo so- no pochissimo soggetti a variazioni, e lo sono invece assai al- tri organi interessanti. E tali caratteri delle vene alari più vo- lentieri di moli' altri adoperai perchè sono nel tempo medesi- mo di facile esame e di non leggiera importanza, poiché sicu- 262 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC ramenle devono avere una grande influenza sugli organi del volo, ed è il volo una delle più interessanti funzioni nella generalità di quest'ordine di insetti, mentre per esso si sottraggono ai loro nemici , per esso ricercano il cibo che lor conviene, per esso il maschio insegue la femmina, per esso qnest' ultima trova il luogo conveniente ove deporre le proprie uova ecc. Ho escluso dai caratteri generici le differenze di abi- tudini degli insetti completi, e quelle delle forme ed abi- tudini dei primi stadii di loro vita, per la ragione stessa che non ho adoperalo come caratteri generici quelli che potevan essere somministrati da parli interne o nascoste, per il motivo cioè che lo studio di tali cose devesi fare a conferma ed autentica di sistematiche ordinazioni degli in- selli, ma non allo scopo solo di ordinarli e distinguerli. Le differenze di abitudini degli insetti completi o no, e delle forme loro nei primi periodi della vita, quand'an- che grandissime , non potranno mai valere isolate a distin- guere fra loro gruppi sistematici , altrimenti dovremmo separare in distinti generi delle specie di insetti di abitu- dini differentissime, quantunque simili affatto o quasi af- fatto nelle forme: dovremmo riunire in un solo genere delle specie assai diverse in organica conformazione per- chè hanno uguaglianza o somiglianza di costumi : sareb- bero allora da allontanarsi inselli completi a forme simili perchè furono diversi nelle prime epoche di loro vita: e si dovrebbero in un solo gruppo riunire differentissimi in- setti perchè furono somiglianti nelle forme nei primi pe- riodi del viver loro. Per conseguenza i caratteri di tal sorta non sì potrebbero servire a distinzioni generiche se non quando si avesse corrispondenza di forme negli in- setti completi: ma in tali casi qual' utile risulterebbe nella distinzione di questi oggetti dall' adoperare caratteri che ponno essere osservali da pochi e di rado, quando vi sono quelli che lutti e sempre possono osservare? Si dovrA con- cludere adunque: DI C. RONDANf 263 1.° Che solamente ai caralleri organici degli inselli completi dovranno appoggiarsi le distinzioni delle diverse classi sistematiche. 2.'' Che le differenze di abitudini in ogni periodo della vita, eie diversità delle forme nelle larve e nelle ninfe non potranno valere che ad autenticare prestabilite di- visioni. 3. Che quando tali caratteri saranno isolati cioè non accompagnati da corrispondenti differenze organiche nello stato perfetto , dovranno considerarsi solamente come ca- ratteri specifici, ma quando però non vengano riconosciu- ti come sessuali soltanto^ od individuali. I caratteri generici che si tolgono dalle differenze or- ganiche di un solo sesso, sono ripudiati da alcuni ento- mologi desiderosi di precisione e facilità, ma io non posso convenire in tale opinione se non quando la differenza è di poco valore e può trovarsi qualche carattere comune all'un sesso ed all'altro: ma quando il carattere sessuale è di molla entità e non si può scoprire facilmente un ca- rattere comune ai due sessi , tengo per fermo che quello possa essere adoperato come generico: e confido poter te- nere ragionevolmente una tale opinione perchè ho veduto che parecchi entomologi riputalissimi sono di egual sen- timento non solo, ma che la pensano alcune volte nella stessa maniera quelli eziandio che vorrebbero bandire ca- ratteri generici di tal sorta. Chi vorrà rifiutare difTatti , anzi chi ha mai rifiutali i generi delle Culicinae benché appoggiali ai caratteri distintivi di un solo sesso? D'altra parte la specie si compone dei due sessi e non di un so- lo: le dilTerenze quindi che le une separano dall'altre, si trovino in uno soltanto o si trovino in arabidue, saranno nel modo medesimo differenze della specie; e se tali spe- cifiche differenze saranno di mollo valore potranno esser tenute come caratteri generici tanto se il maschio solo, o la sola femmina le possiede, quanto se entrambi le posseg- 264 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. gono, perchè nel modo medesimo sono importanti caratteri di una specie. Né varrà opporre, che tenendo nna tal regola ci tro- veremo non poche volte nel caso di non poter classificare una specie perchè si conosce un solo sesso della medesi- ma: giacché tale incertezza non nascerà dalla massima adottala ma dalla natura stessa degli oggetti, non essen- do in tali casi ben conosciute le specie se non quando i due sessi delle medesime si conoscono. E chi vorrà classi- ficare una specie la quale non sia ancor conosciuta com- pletamente? Ciò potrà farsi soltanto in modo provvisorio e dubitativo seguendo le regole di analogia , come far si potrebbe trattandosi di varietà straordinarie, o di indivi- dui incompleti o mostruosi di qualche specie della quale non fossero noti individui completi ed aventi i caratteri ordinarii del tipo specifico. Neil' enumerare i caratteri de' generi o dei gruppi di generi ho posto cura cbe non vi avessero luogo , per quan- to si poteva, quelli che non erano affatto generali a tutti gli oggetti compresi in quelle divisioni; schivando così pos- sibilmente i fere , i quasi , i saepe , i raro ecc. , di cui si è fatto talora un grande abuso nelle descrizioni , e sola- mente alcune volte ho fatto uso di caratteri di tal sorta, quando poteva togliersi ogni dubbiezza che aveva origine dai medesimi, coir aggiungere qualche altra marca distin- tiva per gli oggetti che si scostavano dalla regola gene- rale, oppure vennero aggiunti ad altri caratteri sicuri e generali onde facilitare ma non a stabilire la generica di- stinzione. Le norme che mi hanno guidato nella nomenclatura distintiva (1) dei generi che mi sembrò fosse utile o ne- (1) Ho diviso la nomenclatura della storia naturale in sistematica e distintiva. La sistematica è quella che esprime 0 cerca di esprimere la diversa estensione dei gruppi che cnm- DI C R.ONDANI 265 cessarlo di formare di nuovo in quest' ordine di inselli, so- no in fi^enerale conformi alle massime slabilile dalla com- missione de' naliiralisli inglesi ^clie si sono occupali di tale maleria (1), quindi era inulil cosa di parlarne, e per- ciò farò conoscere solamente le poche diversità di opinio- ni che mi hanno fallo scostare alcuna volta dalle regole de' naturalisti Inglesi , e quale è stata la norma da me tenuta riguardo ai nomi generici , allorquando dalle mas- sime della suddetta commissione non appariva se le mede- sime dovevano applicarsi alle specie ed ai generi indislin- tamenle, o se alle une od agli altri soltanto. (2). Sono adunque d'avviso 1.° Che ai nomi geografici, quali sono Jmericanus, Siculus e somiglianti, i quali sono ripudiati giustamente come generici , si potessero aggiungere anche i nomi To- pografici come p. e. Montanus, Alpinus ed altri ; ma che fosse meglio però di non far parola né degli uni né de- gli altri , perchè in ultima analisi sono tutti compresi nella categoria degli aggettivi i quali non polran mai sernre che per le specie. pongono un sistema , ed appartengono a questa i nomi p. e. di Regnum, Ordo, Familia , Gcnus etc. . La nomenclatura di' ttintiva è quella che distingue o cerca distinguere gli oggetti contenuti in quelle diverse divisioni, e sono spettanti a tale nomenclatura i vocaboli Ànimalia, Insecla, Diptera , Musca ec. Vedi la mia terza Memoria negli Annali delle Scienze Natu- rali di Bologna. Tom. 6, anno 1841. (1) Era desiderabile che quella commissione si fosse oc- cupata anche della nomenclatura sistematica e non della sola distintiva , perchè anche quella abbisogna assai di essere guù data sopra una strada uniforme e regolare. (2) Non so .se questa incertezza esista egualmente nella- t'oro originale della commissione inglese, fna esiste sicuramente neW estratto che ne venne pubblicato nella Revue Zoologique nell'anno 1843. 266 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. 2.^ Che i nomi barbari possan essere adoperali o co- me specifici 0 come generici secondochè nel paese nativo serviranno a distinguere una specie od un gruppo di spe- cie , ma che si debba però mettere una restrizione ad una tal regola, cioè limitare l'accettazione di tali vocaboli a quelli che non sono troppo barbari, vale a dire non trop- po difficili a pronunciarsi : e che in questa classe di nomi si dovessero pure introdurre anche i provinciali o munici- pali, che non sono barbari ma sono nelle circostanze di quelli , e perciò dovrebbero esser soggetti alle leggi mede- sime: un esempio di nomi provinciali sarebbe il Papata- sio dell'Italia, Flebotomus Paid. Papatasii Scop. 3.*^ Che nei nomi comparativi ripudiati come generi- ci dai naturalisti Inglesi, sia necessario distinguere quelli che io chiamerei comparativi determinati, da quelli che dovrebbero dirsi indeterminati. Sarebbero determinati quel- li dai quali risulta patentemente un confronto di una de- terminata qualilà, come sarebbe di grandezza, di colore, di forma, di attitudini ecc. , per esempio minor, maximus , celerrimus, vìvìdior ed analoghi nomi. I comparativi inde- terminati sarebbero quelli che non indicano la qualilà con- frontata, anzi che non portano seco confronto alcuno spe- ciale, ma fanno conoscere in maniera indeterminata una somiglianza od analogia di alcuni oggetti con altri, come i vocaboli di Picoides, Pseudoluscinia, Falangodes, Myo- pina ed altri molli simili a questi. I comparativi determinati non potranno servire sicura- mente per nomi generici perchè devono in modo assoluto esser compresi nella classe degli aggettivi, e per lo con- trario i comparativi indelerminali potranno servire indistin- tamente pei generi e per le specie , perchè nessun' incon- veniente può avvenirne dal farne uso. 4." Che i nomi composti di altri nomi scientifici deb- bano esser compresi nella serie dei comparativi indelermi- nali, perchè mostrano anch'essi in maniera indeterminata DI C. RONDAMI 267 una somiglianza 0(1 analogia di alcuni oggetti con altri, e perciò non ponno annoverarsi fra i veri aggettivi, e po- tranno per conseguenza adoperarsi per le specie o per i generi senza alcun danno. 6.'' Che i nomi personali, che vengono destinati sol- tanto a distinguere le specie, non sia necessario vengano tolti da persone che posseggono già una riputazione scien- tifica;, ma che basti in tal caso che una specie sia stata o raccolta, od osservata, o diffusa, o descritta prima d' altri da chi dovrà darle il suo nome, perchè mi pare meritevole di tal distinzione qualunque cultore della Zoologia che sia benemerito se non distinto fra gli scienziati; e che sola- mente trattandosi dei generi si debba aver riguardo di non distinguerli con nomi personali che non siano tolti da ri- putalissimi naturalisti , o da grandi personaggi illustri per protezione accordala alle scienze naturali, o promotori ze- lanti delle medesime. 6.'' Finalmente che i nomi generici i quali non hanno alcun senso, quantunque non siano da lodarsi, né da u- sarsi indilTerentemenle, pure non debbano essere condan- nati in modo assoluto: e perchè un vocabolo che non ha alcun senso considerato di per sé, cessa di esser tale quan- do venga applicato ad un oggetto, corrispondendo allora al vocabolo un' idea , e viceversa : e perchè ripudiando as- solutamente tali parole , si dovrebbero rifiutare in egual modo le personali , poiché anch' esse non hanno alcun si- gnificato: e perchè si potrebbero ritenere come privi di senso e perciò da eliminarsi, anche moltissimi di quei no- mi fabbricati, come si usa attualmente, per un accozza- mento di vocaboli greci per lo più mutilati nell' unirli e latinizzarli, al segno che necessita farne conoscere le ra- dicali , e darne la traduzione per intendere ciò che voleva- si intendere dal fondatore della parola: » I nomi non sono definizioni « dice lo Spinola, e perciò anche quando il vocabolo generico fa conoscere una qualche qualità degli 268 OBDINAMENTO SISTEMATICO EC Oggetti che rappresenta non son conosciuti però gli ogget- ti stessi con sicurezza , giacché quella qualità troverassi quasi sempre in altre specie di generi assai diversi e lon- tani non solo, ma può avvenire che la qualità espressa nel nome generico manchi assolutamente in alcuna specie non prima osservata, e che debba appartenere per ogni altro riguardo al genere stesso , ed allora non si avrà un vocabolo privo di senso , ma peggiore assai perchè erro- neo, è ciò può avvenire ed avviene non molto di rado per- chè è ditficile assai di formare i vocaboli distintivi per ca- ratteri di tanta importanza sine quibus le specie non posso- no pili appartenere a quel genere che li possiede: tutta- via non ho fatto uso giammai di vocaboli privi di senso ;, ad onta che non possa del tutto condannarli^ perchè in realtà sono da preferirsi quelli che portano seco il carat- tere principale del genere, e quelli che fanno conoscere una certa analogia di un gruppo sistematico con un altro, e questi ultimi gli ho anteposti ad ogni altro; solamente al- cuni vocaboli personali fra quelli formati da me si potran- no dire mancanti di significato. La terminologia organica, principalmente per ciò che ri- sguarda le ali, di cui ho fatto uso moltissimo nelle gene- riche distinzioni, ho credulo che abbisognasse di alcune modificazioni , per ottenere maggior precisione nel linguag- gio della scienza, e maggiore facilità nella distinzione delle parli : quindi ho chiamato vene (venae), e non nervi, né nervature, quei filamenti per lo piii colorati, intersecanti in diversi modi le membrane dell'ali, perchè i nervi son destinali a trasmettere sensazioni, e tali filamenti sono in- vece canali aeriferi o che danno passaggio a qualche flui- do particolare, quand'anche fossero nel tempo stesso, per lo spessore e robustezza di loro pareti, di sostegno e di ajuto alle ali medesime , perchè meglio si prestino ai mo- vimenti che devono eseguire dietro 1' azione de' muscoli alari. [)I lo della Morale, che l'Arte Agraria sia posta più in » onore di quello che è attualmente fra noi. Vediamo tutto )) il giorno, specialmente ne' borghi, e ne' castelli, de' M piccoli possidenti poco agiati immersi nell' ozio. Essi ì) crederebbero di avvilirsi nel porre la mano all'aratro, )) 0 alla vanga, e vivono nel vizio, che comunicandosi ai )) loro compagni ò spesso sorgente di delitti. Se l'educa- » zione di questa gente avesse fatto loro abbracciare la )) professione dell'Agricoltura essi coltiverebbero il loro )> podere, e sarebbero utili alla Società, poiché avendo » ricevuta quell'istruzione che ben di rado si dà ai con- w ladini di professione, sarebbero a portala di spargere )) nelle campagne col loro esempio i miglioramenti che i M lumi del nostro secolo additano all'agricoltura; invece )) che nello stato presente sono la noja, ed il lornienlo )) della gerJe da bene. » la un Paese sì riccamente dotalo dalla natura, e » necessariamente agricola;, l'educazione dovrebbe avere )) l'Alte Agraria per primo e principale scopo. Si dovrebbe ì) procurare d'infondere nella gioventù J'aUaccamento al- )) l'arte intrapresa, non che la contentezza del proprio » stalo, onde allontanarla da quelle intraprese estranee che )) spesso sono causa della rovina delle famiglie, e se vanno w bene non le rendono tullavia più felici. « Non posso terminare questo discorso senza citare )> un eserjpio di ciò che può operare in un uomo la forza N. Ann. Se. Natlu. Stuit II. Tomo 2. 18 274 RENDICONTO DELLA SOCIETX AGRARIA )) d'animo accoppiala alle cognizioni necessarie per dirigere w una buona agricoltura. Un Signore di Ginevra morì la- » sciando una famiglia numerosa con debiti di qualche )) entità. Suo figlio maggiore conoscendo che di questi )) erano causa le spese fatte, necessariamente in parte per ì) l'educazione sua, e de' suoi fratelli, e sorelle, ma in » parte ancora per il mantenimento della famiglia stessa » non abbastanza bene misurato; e persuaso che col la- )) voro, e colla economia poteva rimettere i suoi affari, )> si mise egli stesso alla testa de' lavoratori di campagna. )) Egli era il primo, e l'ultimo ne' campi, dando conti- ci nuamente alla sua gente l'esempio della costanza, e )> della buona condotta nelle operazioni agrarie. Il Cielo M benedì i suoi lavori : egli a poco a poco pagò i debiti )} lasciati da suo padre senza trascurare l'istruzione de' w suoi minori fratelli. Ora gode il premio della sua esem- ì) piare e rara condotta; fa una vita agiala; è amato e w stimato da' suoi concittadini ^ tanto per le sue virtù mo- )j rali, che per le sue cognizioni nelle Scienze Fisiche, w ed in ispecie nell'Arte Agraria che è sempre la sua più w diletta occupazione. )) Il Genio dell' Agricoltura va dilatandosi. Uomini » delle più alte classi della Società già ne fanno oggetto M di studio, e di particolare occupazione; e se il rafi- )) namento moderno nel modo di vivere non ci lascia spe- » rare di rivedere fra noi onorata quesl' arte come lo era )) al tempo della Repubblica Romana , possiamo però con )) fondamento travedere in questo rapporto un avvenire j) più felice. » A Voi, Ornatissimì Colleghi, che potete dedicare )) una parte del vostro tempo alle cure campestri, spetta » di spargere le cognizioni del secolo nostro a vantaggio )) della popolazione della campagna , e soprattutto di pro- » curare il miglioramento della educazione morale nella » gioventù. Questa sarà la più bella parte del retaggio 1 DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 275 » che potrete lasciare ai vostri figli; giacché se i coloni )) lavoratori de' vostri poderi hanno un buon fondo di mo- » rale, non saranno mancanti di altre buone qualità. Ne » verrà per conseguenza un aumento nelle vostre rendite, » una reciproca fiducia fra Voi , ed i vostri Socj Collivato- » ri, ed altri vantaggi che uniti contribuiranno alla quie- « te , e felicità vostra , e de' vostri figli , non che al bene » della Popolazione in generale. » Con mollo interessamento, e piacere del Consesso Ac- cademico fu sentita la lettura di questo scritto importante, che venne passato agli Atti ; dopo di che il Segretario pre- sentò diverse lettere di accettazione, e ringraziamento de' nuovi Socj di recente nomina , e la lettera di rinuncia dei Sig. Marchese Francesco Davia, colla quale ebbe termine r adunanza. 2.^ Sessione Ordinaria 9 Gennaio 1823. In questa Sessione erano destinati alla lettura i due Socj Ordinarj Conte Nicolò Fava Ghisiglieri , e Professor Giovanni Contri- li primo prese per argomento al suo discorso il timo- re di futuro avvilimento del prezzo delle nostre derrate, e di un arenamento speciale di esse^ che sarebbe per de- rivare, a parer suo, dalla Libertà del Commercio; e quin- di sulle tracce di Dandolo ne trasse motivo per eccitare i nostri coltivatori a nuove industrie , ed a jiiù rigorosi ri- sparmj. Particolarmente di questi ragionando insinuò una maggiore economia ne' concimi , e propose di tentare nelle terre della nostra Provincia la semina per soverscio della Ruta Capraria, detta dai nostri contadini Gralga, che è la Galega officinalis de' Botanici , come propose pur an- che quella del Frumentone per l' uso medesimo , dopo di avere nuovamente raccomandato il tentativo della Segala , confermando quanto nella precedente sessione ne aveva in- 276 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA torno a ciò insegnato l'altro Socio Signor Davide Bour- geois. Il secondo nel suo discorso Accademico commentando alcuni passi del Sacro libro di Giobbe ne ricavò argomen- to per dimostrare la nobiltà dell'Agricoltura. Passati agli Atti i due Ragionamenti fu chiusa la Sessione. S."* Sessione Ordinaria 13 Febbrajo 1823. Il Sig. Presidente Cav. Avv. Salina aprì quest'adu- nanza colla lettura di un discorso dettato colla sua solita eleganza , in cui espose alquante ricerche intorno alle Vil- le di alcuni antichi Agronomi Bolognesi, e dopo aver toc- cato con molla erudizione di quelle del Crescenzio, del Berò;, del Tanara^, riferì le interessanti notizie da Lui rac- colte intorno alla Villa dell'Illustre Malpighi, formando di ciò argomento a questa, che è l'ultima parte del suo elegantissimo scritto. )) L' antica terra di Crevalcore, di cui Alessandro Tasso- » ni, fingendo la proposta , fatta dai Bolognesi , di cederla » ai Modenesi in cambio, per riavere la Secchia, cantò » Giace una Terra antica, e favorita » De le grazie del Cielo a maraviglia n Col territorio vostro appunto unita , )) E lontana di qua tredici miglia: » Già vi fu morto Pansa, e dal dolore w Nominata da' suoi fu Crevalcore, » lieta si ebbe la sorte di esser patria di Marcello Mal- » pighi. Egli vi nacque nel 10 Marzo 1628 da Marco An- n tonio Malpighi^ e da Maria Cremonini. )) Qual' uomo fosse Egli in Medicina è vano qui il ri- » cordare. Ricordare sol giova quanto pur Io fosse in Agri- » coltura, richiamandoci alla memoria il bell'elogio, che )) a Malpighi, qual' Agronomo singolare, si rese sollecito DELLA PROTINCIA DI BOLOGNA 277 » di tessere il Cavaliere Professore Filippo Re, rapilo ahi )) troppo presto al vantaggio dell'Agricoltura, ed alla glo- w ria d'Italia. Tulli coloro, i quali scrissero di Malpighi, » scrissero ancora, che uso Egli era di ritirarsi in villa, )) onde più agevolmente in quel tranquillo silenzio occu- » parsi delle opere sue maravigliose. Ma niun ci disse, ove )) questa poi fosse. Il solo Professor Re la disse a Corti- M cella , perchè io fui quegli , che ciò gli disse. Ma poi w altro non gli soggiunsi, perchè allora io altro non ne w sapea, siccome in processo di tempo ho poi saputo » d'avvantaggio. » Il Cav. Andrea Danesi d' illustre Famiglia Bologne- M se;, la quale vuoisi che un rampollo ne fosse di quella » illustrissima de' Lamberlazzi , morì con testamento delli w 16 Ottobre 1679. Eredi insliluiti ne furono il Marchese )) Giuseppe Maria del fu Paride Grimaldi , e Camillo del )) fu Lodovico Boccadiferro. Tra i fondi ereditar] ve n'eb- M he uno ne' Ronchi di Corlicella, e questo fu venduto a )> Malpighi da Boccadiferro, e da Grimaldi nel giorno 21 )) Gennaro 1682 per Inslrumento rogato per mano del )) Nolajo Baldassarre Maria Melega. Così in tal rogito — w vcndidcrunt , et tradìdcnint , Perilhtstri, et Excellen- w tissìmo Artìum , et 3Iedìcìnae Doctori Domino 3Iar- w cello ohm Pcrillustris Domini Marci Antonii de 3Tal' » pighis Nobili Bononiae Capellae Sancii Georgii in Pog- ì) giali praesenti , et prò se , ejiisque ìiaeredibiis , et siic- )) cessoribus stipulanti , ementi , et acquirenti unum Prae- w dium terrae arativae, arboratae, et vitatae, cum do- )> ma partim nobili prò uno Domino, ima cum stabulo, )> et remissa etiam eorundem usu , et partim prò Colo- )) norum habitationc . ncc non cum stabulo prò eisdem , J) legete , putheo , fumo , arca , et aliis suis superextan- M liis , et pcrtinentiis , situm in Communi Roncorum Cor- >> ticellae ctijuscumque quantitatìs tornaturarum, ac se- ti minis sit, ita quod totum ad corpus, et non ad nicn- 278 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA ); svram intelUgatur in praesenti contractii vendìtum, » dcdiicta tamen paetia, ut infra dicetur, qiiod Prae- )) diiim confinai vìa puhlìca ab Oriente , Bona Domìnorum )> de Linìs a merìdie , Illustrissìmorurn Domìnorum Comi- )) tum de Faha ab Occidente, et Domìnorum de Fan- )) tettis a Septenirìone. — )) Una circostanza parlicolare io vo' qui ricordare, la )) qnale per sé sarebbe inutile, se ricordar non facesse ì) un'altro celebralissimo Bolognese. ! venditori del men- n levato Fondo non inlesero, e non vollero se stessi — ì) obUigari in solìdum, sed solummodo quìsque prò virili, )) et ratha — Il perchè il Marchese Grimaldi indusse a )) sua malleveria il Marchese Gian-Gioseffo Orsi, il cui )) nome sarà caro, finché le buone lettere il saranno, es- » sendo Orsi, e Grimaldi stretti in parentela, dacché Giu- )) seppe Maria Grimaldi avea Sulpizia Orsi per moglie, )) sorella di Guido Ascanio Orsi seniore. w Io questo fondo, e questa casa posseggo; io, e pro- w dotti gli edifizj, e aggiuntivi ornamenti mi avrei quasi « fatto coscienza , se fregiata non ne avessi la loggia di w marmi, di dipinture, e di emblemi sacrandola lulta , w qual riverito tempio, a questo novello Nume di Epi- ì) dauro. n Ma non vorrei, che alcuno accusasse me, perchè » ho parlato della mia villa. Imperocché gli risponderei, )) che ho parlato di quella di Malpighi ; e se di quella di ì) Malpighi parlando ho pur parlato della mia, come io j) altrimenti polca adoperare? Non mi si tolga, io prego, )) l'andar glorioso, dacché gloria niuna mi posso altra w procacciare, di possedere la casa villereccia di questo w grande Maestro, cui l'autorità del Senato Messinese, e )) l'Altezza di Ferdinando II Gran Duca di Toscana chia- )) marono con larghi stipendi ad insegnare dalla Cattedra w nelle Università di Pisa, e di Messina; di quel grande M Anatomico, Botanico, ed Agronomo, a cui vivente an- DELIA PROVINCIA DI BOLOGNA 279 )) Cora, ricche ed eleganti medaglie di varii moduli si scol- » pirono , ed iscrizioni si apposero onorevolissime nel Pa- » trio Ginnasio; di qnel grande Italiano in fine, che, fatto w oggetto della ammirazione, e del plauso di Europa tut- w la, il primo fra tutti gl'Italiani l'Accademia di Londra w volle avere a suo Socio, e, ben credendo di onorar sé, » volle porne il ritratto presso quello del suo Newton w. Terminala questa lettura, e passata agli Atti la Dis- sertazione seguì appresso il Sig. Prof. Orioli coli' altra lettura che egli fece di una Memoria, nella quale con molta dottrina trattò della manifattura del vino. Di questa Memoria fu pur anche ordinata la trasmissione agli Atti , ma essa non seguì poi effettivamente perchè ritenutasi dal- l'Autore presso di sé non venne mai consegnata. 4.^ Sessione Ordinaria 14 3Iar'^o 1823. Delle due Memorie lette in questa Sessione furono Au- tori il Sig. Ingegnere Pietro Ghedini,ed il Sig. Ingegnere Giovanni Drusa. Il primo espose la necessità di un Codi- ce Rurale desumendola w dalla perplessità, ed iììcerte^-^a )> cui avventura tutto giorno i Proprietarj la mancan-^a )) di esso e gì' inconvenienti, e disordini » che da ciò derivati « partoriscono pur troppo rabbiosissimi litigi ». Indi a maniera di esempio diede a conoscere l'importanza di « provedere in termini positivi j, e con ogni prccisio- » ne, e chiarcT^T^a intorno aW andamento delle acque , alla ì) collocav^ionc delle siepi, al piantamento degli alberi, )> all' erezione de' fabbricati rustici , ed a tanti altri simi- » li lavori, che, sebbene eseguiti in un suolo ove un ti- )) tolo di proprietà sembra costituire il possessore arbi- » tro assoluto, pure, potendo ricadere a danno del vi- )) cino, abbisognano certamente di freno, e di modera- )) ^ione. Dalle quali parole dell'Autore è facile il dedurre di 280 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA che genere sia il Codice Rurale da Lui desiderato ', e quale importanza dcbbasi attribuire al medesimo in quanto alla sua influenza sulla coltivazione : importanza da non confonder- si con quella della Istruzione Agraria ;, come sembra es- sersi fatto da molti;, che hanno trattato lo stesso argomen- to, dacché la mancanza di un siffatto Codice sentitasi gra- vemente in Italia non solo, ma in Francia ancora , in Ger- mania , e per tutta Europa , ha dato luogo a molle discus- sioni , ed alla pubblicazione di numerosi articoli sopra que- sto difficilissimo soggetto. Onde a punto dalla difficoltà insieme, e dalla impor- tanza di esso, bene dimostrata dall'Autore nel decorso del- la Memoria , trasse Egli motivo per conchiudere colle se- guenti parole, w A trarci fuori da sì sconvenevole , e per- ì) niciosa esitanza, ed oscurità, troppo forte si fa sentire w il bisogno che si segni una guida, che con finissima )) previdenza, avendo riguardo ai diversi generi di colti- )) vazione, ed alla qualità, e situazione dei terreni, e » prendendo ad esame , e maturando tutte le viste di pub- w blico, e privato interesse, serva di sicura norma all'e- w sercizio dei diritti di ogni possidente. )) Né all'uopo può presentarsi, o Signori, più favo- )) revole circostanza della compilazione di un nuovo Co- » dice per adoperarci con tutti li mezzi che stanno in no- » stre mani, affinchè adeguatamente, e di tutto proposito )) sia proveduto ad un ramo di tanta importanza. )) Con questa idea io sarei di subordinato avviso , che w nel tenerci vivamente raccomandati alla benignità So- w vrana per ottenere una speciale considerazione su que- )ì sto rapporto, si sottoponesse, se non un progetto di )) Legge, che potrebbe per avventura addebitarci di trop- M pa temerità, una collezione almeno di sane, ed utili » avvertenze valevoli a servire di scorta, e di lume a sì M commendevole impresa. w E giacché la nostra Unione si trova fortunatamente DELLA PROVINCIA D! BOLOGRk 281 w illustrata da prcclarissimi luminari di Giurisprudenza , )) che mostrano troppo vero il detto del Poeta Venosino )) — Agricolam laudai Jurìs Legumque perìtiis — è cer- )) tamente assai agevol cosa col presidio de' nostri piiì )) provetti Agronomi il giugnere alla meta di un sì bel la- » voro che, venendo coronato di graziosa accoglienza, e )) trovando onorevol sede nel Corpo delle nuove Leggi, » potrà formare un eterno monumento di gloriosa ricor- w danza di questa Società, ed innalzare per essa un li- w tolo sempre più sacro ;, ed indelebile alla pubblica, ed M universale riconoscenza. » Lodalissima fu la Memoria del Sig. Ing. Ghedini, e fu passata agli Alti con animo di condurre ad effetto quanto era in essa saviamente proposto. Indi il Sig. Inge- gnere Brusa venne invitato a leggere il suo Discorso Ac- cademico, conlenenle alcuni cenni molto interessanti intor- no alle razze dei Cavalli della Provincia di Bologna. Due punti principalmente prese Egli a discutere intorno all'ar- gomento (( Se la nostra Provincia sia atta a nudrire Ca- )) valli, e se qualora lo fosse la educazione de' medesimi w torni di utilità, w Nel trattare la materia l'Autore coii adattala erudizione toccò dell' antico onore delle nostre razze, ed in generale delle razze Italiane, e dimostrata la prima parte del suo assunto, con giustissime, ed utilissi- me viste di pratica, mise in chiaro egualmente la parte se- conda ; cosicchi^ , avendo indicalo con precisione i veri mo- tivi dell' odierna decadenza di questo ramo d' industria cam- pestre, dimostvò insieme la possibilità di ritornare le raz- ze all'amico stalo, e di migliorarle. Perciò il suo Bagio- namento ottenne l' universale approvazione , e fu posto in Atti. Dai quali poi recentemente per volere del Corpo Ac- cademico venne mandato alle stampe, ed ora leggesi inse- rito nel Tom. 1." Serie S.'' dei Nuovi Annali delle Scienze Naturali alla pag. 11 nel fase, di Gennajo 1844. 282 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA Terminale queste lellure il Sig- Presidente dichiarò sciolta l'adunanza. 5^ Sessione Ordinaria 10 Aprile 1823. La lettura di questa Sessione era affidata ai due So- cj Sig. Ing. Giuseppe Berli, e Sig. Marchese Nicolò de' Scarani Vice-Segretario. Il primo dimostrò la necessità di restringere la semi- na de' Cereali, e de' Legumi in ciascun podere onde dar luogo ad una pili estesa coltivazione de' prati, all' effetto di aumentare i bestiami , e quindi poi meglio e più eco- nomicamente e lavorare, e concimare le terre. La quale dimostrazione essendosi dall' Autore basata sui più rice- vuti principj di Pubblica^ e di Campestre Economia , die- de anche occasione al medesimo per raccomandare la compi- lazione di (( una diligente Statistica, la quale dando a cono- » scere le attività e passività coli' estero fosse di norma a )) ben condurre gì' interessi di questa nostra Provincia w. Il Consesso Accademico pienamente convenne sulle massime dell'Autore^ ed intorno alle applicazioni da Lui fatte al caso pratico della nostra coltivazione; e consegnata la Me- moria agli Atti seguitò la lettura dell'altra Dissertazione, nella quale l'Autore avendo preso ad osservare lo stalo di generale decadenza , e magrezza dei prati naturali , e la necessità di migliorarli propose la loro rinnovazione col romperli , col dar loro una più conveniente disposizione di superficie pel loro scolo, coli' ingrassarli , e col praticar- vi tutto quello che le più accurate regole di coltivazione prescrivono, argomento di pratica del maggior rilievo e completamente trattato dall' Autore nella sua Memoria che venne posta in Atti^ e con ciò ebbe termine l'adunanza. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 283- 6.* Sessione Ordinaria 15 Maggio 1823. II N. U. Sig. Marchese Massimiliano Angelelli lesse per primo in questa Sessione il suo Discorso Accademico nel quale prese ad ispiegare un vocabolo usato da Omero , fondando la sua interpretazione molto acutamente sul con- siderare le sole generali qualità della Agricoltura, w Orae- w ro, dice Egli, lume ed onore di lutti i Poeti, nominan- ;) do il Mare gli dà più e più volte l'aggiunto di una voce » (c^rpu^ETof) che, interpretata per la nostra lingua, va- w le infruttuoso , o che non si può vendemmiare. Alla w quale spiegazione si stettero alcuni così poco contenti, M che pensarono doversi cercare più sottilmente nella eti- M mologia il senso della predetta voce; onde, con modo ì) ancora meno acconcio, e translativamente, spiegarono: )) che non ha ne fine ne fondo. Prima di profferire la mia )) opinione qual ella siasi intorno al significato di questo «vocabolo, piacemi di considerare che i buoni poeti, e » spezialmente i più antichi, intendendo a dilettare e in- » sieme con ciò ad ammonire i lettori, ordinarono mira- )> bilmente a questo fine tutte le sentenze, e per conse- )) guenza tutte le parole. E siccome le storie poetiche te- » nevano fortemente alla religione, però introdussero an- )) cora queste molto accortamente nei loro poemi, per da- )) re ai popoli gravissimi insegnamenti per tutti i casi e w bisogni della vita sotto il velame delle allegorie, e dei » misteri w. Indi dopo aver dimostrata questa sua propo- sizione con dirittura di ragionamento, e col corredo di concisa sceltissima erudizione slorica, e mitologica passa a stabilire che (f Adunque si converrà cercare il senso fi- M guralo, che si nasconde in esso (vocabolo) il quale per )) mio avviso si è, che la terra è migliore d'assai del raa- » re; di che per avventura s'accorse anche il dotto Sal- » vini, il quale una volta tradusse, 284 RENDICONTO DELLA SOÒIEtA AGRARIA » Questi malgrado andar lungo la riva » Del mar, che fruito, conie'l suol non rende. )) E questo ammonimento era mollo acconcio a que- )) gli antichi greci , a fine di incitarli a studio dei cam- )> pi , e cessarli dello andarsi ravvolgendo per li mari a )> rubacchiare il vitto, e del menar vita quasi bestiale; il » che certamente era loro a carico ,6 miseria. Ma tanto è )> grande la forza del costume confermata per lungo tem- M pò, e tanto a natura simigliarne, che racconta Tucidide » che vivente Ini i Locri Ozoli, gli Etoli, e gli Acarnani w tenevano ancora questa maniera di vivere w. E qui poi, avendo pur anche corroboralo l'assunto con osservazioni sloriche, e coli' allegare molte autorità di antichi filosofi, conchiude w che il vocabolo di Omero è del numero di w quelli che i grammatici cliìamano peggiorativi, ì quali «dinotano peggioramento, avvilimento^ o malvagità, ed )) è, con mollo accorgimento, indirizzato a privare di pre- » gio il mare. E in questo senso certamente si vuole in- )) tendere in quel passo di Quinto Calabro dove Mennone w figlio della aurora inteso a magnificare la propria ori- w gine sopra quella di Achille gli dice con ingiuriose pa- ì) role : — die Teti si sta O'^iosa , ed ignobile , fra i pe- ì) sci nel fondo del mare — e dà alla voce fo7ido Vag- ii giunto predetto. Credo ancora che sia enigmatico o mi- ì) slerioso, e molti di questa maniera se ne trovano in w Omero dottamente spiegati dagli spositori, senza l'aju- )) to dei quali non valgono i lessici per intendere il vero » significato dei medesimi. Della qual cosa può ognuno )) pigliar prova leggendo massimamente gl'inni attribuiti )) ad Orfeo, nei quali più malagevole cosa è intendere il w senso che le parole. Forse che la predetta voce era an- M che sacra, cioè usavasi nella celebrazione delle feste , e » dei misteri, dove gli antichi usavano parole , e sentenze w enigmatiche. E, se male io non mi appongo, spicgan- » do il vocabolo di questo modo o di consimile, egli è DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 285 M bellissimo ìd quanto al significalo , né gli manca ulililà )) (li dirittura o ragione di necessità; imperocché contiene » in sé un utile ammonimento ed una lode grandissima )) dell'agricoltura. La quale veramente è cagione di utili- )) tà, e diletto agli uomini, e gli antichi savi tennero che )) la vita degli agricoltori molto si approssimasse alla vita )) del savio, perciocché essi hanno ragione colla terra la » quale sempre si lascia signoreggiare, né giammai rende » senza usura quello eh' ella riceve. I saggi romani , per » testimonianza di Catone, quando volevano far onore ad )) alcun uomo il chiamavano buon lavoratore de' campi; )) e i greci chiamarono i Re pastori dei popoli. Veramen- )) te mirabile era il senno di quel Re di Persia il quale ;) da se stesso o per mezzo di fedeli officiali, voleva co- )) noscere come l'agricoltura prosperasse nel suo regno. E ì) quando trovava provincie ricche d'uomini, di alberi, e » di frutti avevano da lui onori e privilegi i governatori )) di quelle; e per lo contrario avevano castigo, ed erano » rimossi dall' uffizio i negligenti di queste cose. Provve- )) dimento è di altissima sapienza, dice Socrate, la dei- )> ficazione della terra, la quale insegna giustizia agli uo- )) mini ricangiando con equità coloro che la coltivano, e » rispondendo sempre secondo la volontà dei lavoratori, w Oltre a ciò ella insegna ad esperiraenlare i negligenti , » e gì' infingardi ; imperocché la sua dottrina non é oscura M 0 difficile, ma chiara e agevole, sì che nuli' uomo che )) trascura lo studio dei campi può scusarsi di questo so- » pra la difficoltà dell'arte. Adunque l'agricoltura é ac- » cusatrice delle male qualità degli animi , imperocché non » essendo chi si creda poter vivere senza ciò che è neccs- )) sario alla vita, segue che gl'inesperti di ogni arte i quali » non si danno all'agricoltura dimostrano o di mancare )) dell' intelletto, o di volere procacciarsi il vitto rubando » e rapinando o andando attorno ad accattare, per islarsi » sempre involli nell'ozio, il quale, per lo tedio, addor- 286 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA » menta l' animo, e corrompe il corpo, incitandolo ad n ogni maniera di bruiti vizj;, e di malvagie opera- » zioni. » Del quale elegantissimo discorso non si dà questo breve estratto, perchè le cose qui riferite siene le sole meritevoli di speciale menzione, ma bensì perchè fu già dato alle stampe fino nel 1824 col consentimento del Cor- po Accademico, e per cura del Sig. Presidente, e leggesi per intero inserito nella Nuova Collezione di Opuscoli Letterari. Bologna. Tipografìa Marsigli. Tomo AP pa- gina 104, e seguenti. Secondo a leggere fu il Sig. Ing. Antonio Baravelli. I molti abusi introdotti nelle famiglie dei contadini, la lo- ro negligenza, la mancanza di attività, di onestà, di sin- cerila, l'esser essi divenuti meno frugali, ed in propor- zione ancora meno laboriosi diedero motivo al suo Ragio- namento. In questo, dopo aver dimostrato con prove di fatto l'esistenza di tanto disordine, ed il danno per esso arrecalo alla coltivazione, passò l'Autore a proporre , sul- V esempio di quanto è già da lungo tempo praticato nel Padovano, ed altrove;, un sistema di Mezzadria, nuovo per la nostra Provincia, e somigliante ad un fitto colla corrisposta in derrate in vece di danaro, essendo egli d'av- viso che il rendere piiì liberi nella coltivazione, e maggior- mente interessati nel lucro 1 contadini debba anche con- tribuire di molto a correggerli, ed a renderli migliori. Ec- co i precisi termini coi quali Egli conchiuse poi intorno a ciò il suo Discorso, m II Contadino ^o per dir meglio il » Coltivatore del fondo, non riconoscendosi più mezzadro w secondo le di lui viste, ma bensì fitlajuolo, vedrà a )) colpo d'occhio che il di più dei varj , e consueti pro- w dotti rimane a totale suo vantaggio. Ne verrà di neces- )) saria conseguenza che questo Colono raddoppierà i suoi w sforzi, onde il terreno maggiormente compensi le sue )) fatiche, ed in tal maniera, senza che egli lo sappia. DELIA PROVINCIA DI BOLOGNA 287 M ne vedrà avverato il detto di molti celebri Autori Geor- w gici , che il terreno non ha limili di rendile , e che que- » ste stanno in proporzione delle lavoraggioni addatlate^ » e di nna convenienle concimazione pure addatlala alla w natura del suolo; ed ecco da ciò un sensibile vantag- w gio al pubblico, e privalo interesse ». Non tralasciò per altro l'Autore slesso di fare a se medesimo qualche obiezione intorno alle diiTicollà che da taluno polevansi fa- cilmente affacciare, ma in ogni modo conchiuse confer- mando la necessità di occuparsi d'una qualche riforma, ed invitando i Colleghi, e parlicolarmente i Giurisperiti, che erano fra i componenti del Corpo Accademico, a vo- ler prendere in esame la materia e studiar il modo di ri- formare le attuali scritture coloniche, e di addaltarle an- cora alla sua proposta in guisa da superare le affacciate difficollà. Terminata questa lettura, e messe agli atti ambedue le Memorie, il Sig. Cav. Presidente dichiarò sciolta la sessio- ne, ed avvisò inoltre esser questa l'ultima delle ordinarie dell'Anno Accademico 1822-1823. (sarà continuato) RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL* ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell'istituto di BOLOGNA ( Continuazione , Vedi pag. 203. ) 13. Sessione. 22 Febbrajo 1844, Il Segretario partecipa all'Accademia le seguenti lettere 1. Del Dott. Amadeo Amadei , in data delli 9 corrente nella quale ringrazia T Accademia per la sua promozio- ne ad Accademico pensionato. 2. Del Dott. Gio. Battista Bianconi^ in data delli 21 per la nomina ad Accademico Ordinario. 3. Del Dottor Enrico Giacomelli, in data delli 20 promosso come si disse al posto di Alunno nell'Acca- demia. 4. Altra lettera del Sig. Eugenio Alberi in data di Firenze colla quale accompagna il dono di un suo opu- scolo in risposta alla lettera del Sig. Abate Pillori inseri- ta nel quaderno di Ottobre e Novembre 1843 di questi Annali. Finalmente legge anche una circolare a stampa della Associazione Agraria di Torino, del Dicembre 1843, fir- mata dai Signori Augusto Burdin e Lorenzo Valerio , colla quale chiedono la partecipazione reciproca dei Lavori Ac- cademici, ed il cambio della Ga%7^etta deW Associa'^ìone Agraria colle pubblicazioni dell'Accademia spettanti al- l' Agronomia. Sono poscia in nome degli Autori offerti in dono i qui soltouotati libri. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 289 1. Società Medico Cliiriirgica di Bologna — Biillelii- no delle Scienze mediche^ Fascicolo di Novembre e Di- cembre 1843. 2. Accademia Imperiale delle Scienze di Pietroburgo — Memorie presentate all'Accademia da diversi Dotti, e lette nelle sue adunanze. Tomo IV. Quaderno V. Pietrobur- go 1843. in 4. 3. Della stessa — Memorie dell'Accademia Imperiale delle Scienze di Pietroburgo — Scienze Naturali, VI Se- rie, Fascicolo 1 e 2 del Tomo V. Pietroburgo 1843. in i. 4. Della stessa — Memorie ec. — Scienze Fisiche e Matematiche. Quad.l.^del T. IH. Pietroburgo 1842. in 4. 5. Della stessa — Quaderno 2 e 3. Pietroburgo 1843. in quarto. 6. Della stessa — Memorie ec Scienze politiche, sto- riche e filologiche. Quaderno 1 , 2 e 3. del Tomo VI Pie- troburgo 1843, in 4. 7. Della stessa — Raccolta degli Atti delle Sedute pubbliche dell'Accademia tenute li 31 Dicembre 1841 e li 30 Dicembre 1842, e della Seduta solenne in onore del Presidente dell'Accademia Sergio Ouvaroff, delli 12 gen- naro 1843. Pietroburgo 1843 in 4., di pag. 229. 8. Della stessa — Bullettino Scientifico pubblicalo dall' Accademia ec T. X. Pietroburgo 1842. in 4. 9. Della stessa — Bullettino della Classe Fisico-Ma- tematica dell' Accademia Imperiale delle Scienze di Pietro- burgo. Tomo 1. Pietroburgo 1843. in 4. Quest'ultima interessante pubblicazione, che dà conto esalto del verbale delle Sessioni dell' Accad. , dei lavori letti 0 presentati alla medesima , pubblicandone ancora un buon numero per intero, la maggior parte in lingua francese e parecchi in lingua tedesca, incominciò nel 1832. Nella prima Serie , il Tomo X ed ultimo della quale si è di so- pra (N. 7) annunciato, traltavasi soltanto delle cose spet- tanti alla Classe Fisico-Matematica: accaduta la riunione N. Amv. Se. Natuh. Sekiiì H. Tom. 2. Ì9 290 RENDICONTO ACCADEMICO dell'Accademia di Belle Lettere a quella delle Scienze," la seconda Serie del Biillettino del quale si è annunziato or ora il I.'' Tomo, è divisa in due parti, quella cioè spet- tante alla Classe Fisico-Matematica, e l'altra delle Scienze Politiche , Storiche e Filologiche. 10. Cervello Doti. G. — Altra appendice ai cenni per una Nuova Storia delle Scienze Mediche. Verona 1843. in 8. di pag. 35. 11. Orti Manara Conte Giovanni — Il Poligrafo. Fa- scicoli 2 Ottobre a Dicembre 1843. L'Accademico pensionato Prof. Giovanni Contri leg- ge la — 2.^" Parte dello Scrìtto intorno alla Pittura — presentato all'Accademia in nome del defunto chiarissimo Prof. Filippo Schiassi, gli esecutori testamentari del qua- le hanno consegnato anche la 3.^" Parte, onde l'Accade- mia possa disporre del Lavoro completo. In che pregio tenuta fosse dagli antichi l'arte di di- pingere, e dove scoperte fossero le antiche pitture, che ancor ne rimangono, e quando lavorate, e da chi ne fu detto nella prima parte di questa Dissertazione ; in questa seconda parte sì ricerca quali fossero i primi a mettere in uso quest'arte, indi in quanti modi fosse dagli antichi esercitala. I Greci i quali si diedero vanto d' invenlori non meno di tutte le Arti, che di tutte le Scienze, vollero ancora a se medesimi attribuire l'invenzione del Disegno, e tanto si mostrarono gelosi di questo vanto, che i popoli stessi di Grecia tra loro ne mossero contesa. E già i Sicionii sosteneano , che la figlia del loro Dibutade Scultore segnan- do i contorni all'ombra del suo amante avesse fatta la prima pittura lineare; voleano i Corintii, che fatta l'aves- se Cleonle,egli Ateniesi ne spacciavano inventore Crato- ne. Plinio poi in un luogo ne disse rilrovatore Gige Lidio, e io un altro confessò , che a parere di alcuni fu a' Greci DEL PROF. A. ALESSANDRINI 291 insegnata la prima volta da Filocle egizio. Per conciliale queste diverse pretensioni , così fa dire il Barthclemy al suo Anacarsi: bisogna distinguere due sorte di pitture, quella che si conlenta di dar risalto ad un disegno per mezzo di colori impiegali senza degradazione , o varietà , e quella che dopo lunghi sforzi è giunta ad imitare fe- delmente la natura. Gli Egiziani scoprirono la prima, fu opera dei Greci la seconda. A questo perfezionamento pe- rò pervennero per gradi, giacché Ardice corintio _, e Te- lefone sicionio formarono da prima ritratti lineali , Cleo- fone corintio li colorì, ma di un solo colore. Poco appres- so Euniaro ateniese distinse ne' disegni le fisonomie de- gli uomini da quelle delle donne; Cimone Cleoneo dise- gnò teste in iscorcio, distinse la direzione dei muscoli e delle vene, l'articolazione delle membra, e ritrovò pur anche le pieghe e gli ondeggiameuli delle vesti. Ai tempi dei Re di Pioma, per testimonianza di Cicerone, Zeusi , Po- lignoto e Timanle avevano cominciato ad usare quattro colori , e nelle loro figure loda ancora le forme ed i li- neamenti. Pervenuta la pittura presso i Greci a questo grado di perfezione i loro Magistrali , affinchè acquistasse maggio- re accrescimento e perfezione, la dichiararono la prima delle arti liberali, vietarono agli schiavi d'impararla, e pubbliche Accademie di pittura si fondarono in Atene, ia Corinto , in Delfo , ed ai gloriosi cimenti dei giuochi Olimpici e Apollinari ammessi furono anche i pittori. Po- lignoto ingentilì la pittura, giacché cessando dal copiare nelle immagini la severità de' greci costumi de' primi tempi, fece le sue figure più belle degli esemplari. Agatarco fu pittore più ancora di Pulignoto utile all'Arte ed alla Grecia, giacché allorijuando Eschilo incominciò a mettere in iscena Je sue tragedie, secondando il carattere de' componimenti di quel poeta , rivolse in mente di preparare e dirigere le scene dì una maniera più perfetta di quella che usata 292 RENDICONTO ACCADEMICO erasi nella Grecia ;, assicurandosi così la gloria di inven- tore della Prospettiva. Ma non meno di Agatarco, e di quanti altri pittori fioriti erano sino a que' tempi, fu benemerito dell'arte sua Apollodoro ateniese, che il primo invece di stiletto adoprò il pennello,, e ritrovò varie tinte, al dir di Plu- tarco, agli anteriori maestri sconosciute, ed aprì, secondo Plinio, le porle della pittura per le quali entrò Zeuzi eracleola, degno emulo di Parrasio al quale nissun altro fino ai suoi giorni era stalo eguale^ non che superiore nelle grazie della fisonoraia, nell'eleganza de' capelli , nel leggiadro taglio della bocca, nella correzione de' contorni^ e neir esprimere gli affetti. Poco appresso a Zeuzi, ed a Parrasio fiorirono Eu- porapo, Timanle e Panfilo discepolo del primo. Eupompo e Panfilo superarono gli altri nel colorito , Timanle nel- l' invenzione. Fiorirono pure a que' tempi e Pausia;, e Ni- cànore, e Arcesilao e Licippo daEgine, e Cidia^ e Nicla ed altri molli; finché sorsero Apelle e Protogene, ne' qua- li per testimonianza di Cicerone giunse 1' Arte a sommo grado di perfezione; eppure Aristide omnium primus , di- ce Plinio, anìmum pìnxìt , et sensus ìiominis expressit — item penurbationes. Asclepiodoro fu ammirato dallo stesso Apelle per simmetrica disposizione di figure ; Nicomaco avvanzò tulli per facilità e prestezza; Nicofane aggiunse alla bellezza un carattere di dipingere grande, nobile^ sublime, che rendea le pitture sue poco meno che vene- rabili. Questi però, ed altri pittori che ben furono in gran- dissimo numero, dipinsero tutti in tavole portatili. A' tempi di Augusto, al dire di Plinio, incominciò Ludio a dipin- gere le pareli. Storiali paesi vi dipinse, e laghi, e fiumi, e pescagioni, e boscaglie ed altre simili cose. Questo luo- go di Plinio è oltremodo notabile, e a giudicar rettamente degli Autori, e a conoscere l'età di quelle pitture, le DEL PROF. A. ALESSANDRINI 293 quali scoperte furono nelle Terme, ne' Palagi, ne' Se- polcri, e in altri edifizi tanto di Roma^ quanto di Er- colano, di Stabbia, di Ponipeja. Ma venendo l'Autore a considerare più d'appresso la maniera con cui esercitavano l'arte loro gli antichi pittori, avverte coli' Uggeri , che il cinabro, e l'azurro sono i due colori che più abbondantemente degli altri si vedono usati nelle antiche pitture. Nella maggior parte delle antiche pitture in muro i lumi e le ombre si diedero per mezzo di tratteggiamenti in linee ora parallele, ora incrocicchia- te, dette da Plinio incisurae, maniera che si usa anche oggidì e si dice tratteggiare. In altre pitture però le mas- se intere delle tinte vengono ove sollevate, ove abbassate dalla diversità de' colori or più cupi, or più chiari. II Winckelmann osserva inoltre come la maniera di dipingere a semplici tratti di color bianco si conservò an- che dopo che dar si seppe alle figure il proprio colore ad imitazione del vero, e serviva per disegnare, facendo col pennello i contorni del color bianco, ai quali appli- cavasi poscia il convenevole colorito. Davano gli antichi per fare il fondo colori diversi, affermando Plinio, che prima di adoperare il pennello solevano applicare alla ta- vola la Sandice, ossia minnio, poi colla chiara d'ovo stemperarvi un colore , e sopra questo nella stessa guisa un altro. Un'altra maniera anche più singolare riporta il medesimo Plinio usata da Prologene per riparare dalle in- giurie del tempo lo studiato suo quadro di Jaliso, su cui ben quattro volte replicò gli stessi colori , acciocché se mai guastata si fosse la prima superficie si potesse tosto aver- ne un'altra eguale. Dopo aver parlato a lungo, fondandosi principalmente snile osservazioni di Vìtruvio, del modo degli intonachi dei muri sui quali gli antichi dipingevano con tanta leg- giadria e solidità di durala , tratta in ultimo lo Schiassi la quisiionc se gli antichi sapessero dipingere anche a 294 RENDICONTO ACCADEMrCO olio; è più probabile, dice Egli, che questa maniera sia stata loro ignota^ almeno come usasi dai moderni dopo il fiammingo Giovanni Van-Eyk, il quale ne fu l'inventore sul principio del secolo XV, come si crede comunemente; ma può ben provarsi tale invenzione più antica di quel pittore se creder si dee a Lessing, il quale afferma tro- varsi nella biblioteca del Principe di Wolfenbutlel un ma- nuscritto di certo Teofìlo che visse nel secolo X, o XI al più tardi, ove non solamente fa egli menzione della pit- tura a olio, ma quasi per non lasciarne dubbio alcuno ne insegna l'Arte fino alla preparazione dell'olio stesso. Inol- tre Cristiano Meckel nella descrizione che fece 1' anno i781 de' quadri della galleria di Vienna diede notizia di un quadro a olio di certo Tommaso de Mulina, il cui nome egli lesse ivi scritto colla data del 1297. Nella 3.^ ed ultima parte del suo interessante lavoro l'illustre Professore tratta singolarmente di una maniera di dipingere che ebbero gli antichi, della quale i moderni comunemente non fanno uso, cioè la Encaustica , ossia col fuoco. Plinio afferma essersi anticamente dipinto all'en- causto in due maniere, colla cera cioè, e col cestro, os- sìa col bullino , neir avorio. Rapporto ai modo di dipinge- re intingendo il pennello nelle cere squagliate col fuoco, lo slesso Plinio dice di ignorare chi ne fosse l'inventore. Avverte Egli bensì non potersene attribuire l'invenzione ad Aristide, perfezionata poi da Prassitele^ come credette- ro alcuni; poiché prima di essi fecero pitture all'encau- sto Polignoto, Nicànore, Agesilao; e prima di essi altresì Pamfilo maestro di Apelle non solamente esercitossi nel- l'encaustica, ma l'arte stessa a Pausania insegnò, il qua- le , più che altri , parve in questa maniera di pittura aver grido. Ma un altra maniera più semplice di dipingere per inustione o piuttosto d'inverniciare a fuoco un muro di- DEt PHOF. A. AlESSANDKINl 295 pinto con una tinta uguale accennasi da Vilruvio : colorito il muro a cinabro , e bene asciutto , dice egli , con un pennello si cuopra di cera punica liquefatta al fuoco, e stemperala con un tantino d'olio; indi con dei carboni ac- comodati in un vaso di ferro vada riscaldando bene e le mura;, e la cera, riducendola a gocciolare e con panni netti la strofini, appunto come si fa sui nudi delle statue di marmo. Or questa copertura di cera punica fa sì, che ne lo splendore della luna, né i raggi del sole possano rodere né cancellare i colori in così fatte pitture. Per fare poi una pittura encaustica della prima ma- niera bisognava aver pronte le cere impastate coi colori. Quindi, come avvisano Seneca e Varrone, usarono i pit- tori certe cassette a vari riparlimenli ove tenevano disco" lores ceras preparate con quegli slessi colori usali per di- pingere a fresco. Per applicarle poi d'uopo era riscaldare ad un tempo ancora il quadro o coi carboni, o con lastre di ferro, lisciando per ultimo la pittura con altra cera e con pannilini , con che formavasì una specie di vernice, la quale hanno costumalo spesso gli antichi di metter anche sulle altre pillure a fresco per renderle più durevoli , più belle, più rilucenti. Continuò l'uso delle pitture encaustiche per lo meno fino al VI secolo ; poiché fanno di esse qualche cenno e Procopio, e le leggi di Giustiniano ove parlano del cau- terio de' pittori. Anche nelle Memorie de' secoli susse- guenti s'incontra spesso falla menzione e de' colori en- caustici^ e di pillure all'encausto. Non é noto lullavia qual fosse la maniera che usarono i più antichi pittori. Certo è che al volgere degli anni si smarrì quest'arie, e il no- me soltanto ne rimase ;, e pare che i tentativi fin qui pra- ticati dai moderni, che il nostro Autore enumera, espo- nendo anche estesamente quelli del celebre Requeno, non sieno riusciti a farla rivivere. 296 RENDICONTO ACCADEMICO 14. Sessione. 29 Fehhrajo 1844. Viene offerta dal Presidente l'Opera del chiarissimo Sig. Prof. Coridi che ha per titolo — Trattato del calcolo differenziale ed integrale — incaricando l' Alunno Dott. Do- menico Magistrini a darne un sunto in una delle prossime adunanze dell'Accademia. Dalla Circolare del Sig. Cav. Vincenzo Antinori Di- rettore dell'I, e R. Museo di Firenze inviata in sul prin- cipio del p. p. Gennajo ai corpi Accademici , ed agli Scien- ziati Italiani, invitandoli ad istituire, e raccogliere Osser- vazioni Meteorologiche, per indi trasmetterle d\V Archivio Meteorologico Italiano nelV I. e R. Bluseo di Fisica , e Storia Naturale di Firenze, prende motivo l'Accademico Pensionato Prof. Conti per fare alcune riflessioni intorno allo stalo presente della Scienza Meteorologica, e ricava da ciò argomento alla sua Dissertazione di obbligo Ietta in questa Sessione. Egli , ricordando brevemente alcuni fatti dedotti dalla Storia di detta Scienza , e soggiugnendo le indicate rifles- sioni, ne argomenta lo stato attuale d'imperfezione della Scienza medesima, e conchiude col promuovere qualche dubbio intorno alla opportunità del raccogliere ;, ed inviare all' accennato Archivio Meteorologico quelle osservazioni che potessero farsi, mentre pende tutt'ora la proposta di un piano cui seguire in questo genere di lavoro : del qual pitelo si attende la compilazione per opera di una Com- missione a ciò deputata dal Congresso de' Dotti tenutosi in Lucca nel p. p. anno. I dubbj promossi dall'Autore succintamente si restrin- gono ai tre seguenti , che possono riguardarsi ancora co- me il sunto di tutto il suo discorso. 1.° Se il difetto di principj scientifici bene evidenti. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 297 c positivi per dirigere tulle le osservazioni ad un fine uti- le con mezzi certi sia slata la cagione per cui le laborio- se Raccolte Meteorologiche di tanti, e tanti anni sin' ora si rimasero come un deposilo inutile, ed inconcludente pel vero progresso di questa parie di Scienza. 2.° Se il progredire sulle medesime tracce moltiplicando le osser- vazioni, ed i materiali, senza aver predisposto un sistema di osservazioni, scientificamenle basalo, o come dicono un Piano razionale cui seguire nell' andamento delle medesime, ne possa esporre di nuovo a certo pericolo di avere in seguito ancora buttato inutilmente le fatiche, e'I tempo, non solamente per la diflìcollà di ricavarne ulili conse- guenze, ma per l'altra eziandio non minore^ e poi più sostanziale, di poter tenere un falso cammino nell' insliluir- le. 3.° Se l'accumulare intanto _, ed il raccogliere de' ma- teriali all'uopo; ed il riunirli lutti in un punto, quasi a centrale deposito, ed a sede di comune giudizio, per quan- to vogliasi riputare bene ordinalo il sistema di tale rac- colta, possa essere giudicalo lavoro commendevole, e neces- sario, quando prima non siasi ben dimostrato, che i prin- cipj più evidenti della scienza, applicati a ciascuna parte di esso lavoro ne raccomandano il metodo, e che le cir- costanze fìsiche ed ioteleltuali ne persuadono la conve- nienza del luogo. 15. Sessione. 14 3Iar:{o 1844. Viene dal Segretario partecipata lettera, in data di Ciudad-Rodrigo 31 gennajo anno corrente , scritta del Sig. Dottor Gioacchino Cacères, una volta alunno di questa Università, colla quale accompagna il dono di una sua 'Memoria, scritta in lingua Spagnuola — Sulla quadratu- ra del circolo — Salamanca 1844 in 16.** di pagine 14. con tavola. 2d8 RENDICONTO ACCADEMICO L'Accademico pensionalo Dolt. Gio. Giuseppe Bianco- ni Professore di Mineralogia e Zoologia in questa Ponli- ficia Università, nella sua Memoria d'obbligo che oggi leg- ge all'Accademia prosegue a trattare l'argomento che for- mò il soggetto anche della Memoria letta nell'anno acca- demico ult. p. e tendente a sostenere una sua opinione — Che il terreno che cinge attorno attorno il lido del me- diterraneo, e conosciuto dai geologi col nome di 3Iarne hleu , non sia già un terreno che appartenga ad epoche an- tidiluviane, come generalmente si pretende, ma bensì di tempi più moderni e tali che le antiche storie ne ten- gan parola — . Nel citato scritto venne l'Autore realmen- mente accennando , che effettivamente parecchie testimo- nianze de' più antichi e meglio accreditati storici ricor- davano ne' modi li più espliciti, e l'alto livello del no- stro mare, la sua insidenza sopra alcune coste ;, ad esem- pio quella dell'Italia al Monte Circello , della Grecia, del- l'Asia sino alle mura dell'antica Ilio, e dell'Africa nel- l'Egitto ove montava sino ai monti sopra la celebre Mentì, e il suo versarsi nell'Eritreo ec ; per altra parte venne sponendo ancora, che dopo l'apertura dello stretto di Gi- bilterra , che sembravagli cadere qualche tempo prima del- la guerra Trojana, il popolamento delle coste mediterra- nee fu rapido , e per 1' opposto non aveva trovato menzio- ne di alcuna città, che in tempi anteriori sedesse sotto il livello dell' in allora allo Mediterraneo, e delle odierne 3Iarne hleu. Le ricerche però su tal proposito non eransi in allora estese a tanto da poter negare asseverantemente l'esistenza sotto questo livello di ogni antica città;, pago, 0 abituro, un solo de' quali avrebbe bastato per rovescia- re tutto r edilìzio. Nella parte del lavoro oggi esposto all' Accademia vie- ne osservando come si abbiano memorie di una città posta sul margine dell'odierno mediterraneo, ed ivi esistente e celebre bene otto secoli prima della guerra Trojana. Nella DEL PROF. A. ALESSANDRINI 299 Storia di Mosè si legge, che li flagelli dell' Egillo da Ini operali alla presenza del Faraone allora regnante accad- dero nel territorio di Tanis, e la città che noi oggi co- nosciamo sotto questo nome giace sniriillirao margine del basso Egitto, pressoché a livello dell'odierno Mediterra- neo. Quindi ne venne la comune credenza che in questa Tanis fosse ai tempi di Mosè la residenza del Re d'Egilto e che ne' suoi contorni avvenissero li celebri prodigi. Ora, prosegue l'Accademico, se la Tanis della Storia ebraica celebre fino 8 secoli prima della guerra Trojana, e fon- data come ivi dicesi forse non più di tre secoli dopo il diluvio Noetico, è quella Tanis che oggigiorno conosciamo sul basso Delta, che resta egli a difesa del mio assunto? Non vi ha alcun mezzo per conciliare la testimonianza di questa storia colla mia ipotesi. Non vi è modo di accorda- re questa colle altre storie, che pure mi dicevano essere stato il basso Egitto, sin sopra Menfi tutto mare. Adun- que dovevo io abbandonare l'assunto? Doveva io spacciare per tante favole le indicazioni di Omero, di Erodoto, di Aristotele, di Platone, di Strabone, di Plinio e di altri? Due ragioni mi rattennero da questi estremi, e mi confortarono anzi a persistere nelle ricerche, ed a pene- trare più addentro nella quislione: 1.^ il conlesto della medesima storia ebraica, che in molti luoghi sembra ac- cennare a tutt' altra città che alla Tanis del basso Egitto: 2.° l'autorità di qualche dotto che appunto trovando inam- missibile pel racconto Mosaico la Tanis del Delta credette di dovere sostituire altra città dell'Egitto. Ciò posto passa l'Autore a stabilire,, fondandosi sopra moltissime citazio- ni della Storia Sacra , che l' Egitto formava in quei tem- pi antichissimi un solo Regno, che vi esisteva un solo Re, che una sola ampia famosa città ne costituiva la Capitale e la Residenza Reale, e che questa città esser doveva l'antica Tebe situata nell'alto Egitto, e che sotto il nome di Ta- mìs 0 Taphis adottato nella versione dei Settanta si celi 300 RENDICONTO ACCADEMICO quello di Tebe. Questa infalli secondo gli storici profani i più antichi e veridici fu sempre la Capitale dell'amico Egitto, e siccome colesti storici concordano pienamente colle Sacre pagine in molti altri interessanti passi;, che l'Accademico va raccogliendo, così forza è inferirne che debbano essere d'accordo ancora nel fissare la Residenza Reale di quell' antichissimo regno. E quale difficoltà vi può essere nell' ammettere che la stessa città sia stata da diver- si scrittori con diversi nomi disegnata, quando si dimostra pure che la stessa Tebe porta ancora i nomi di Diospoli, Dipoli, Ecatorapile, No-Amraon, Tessè, Aegyptus^ che pur tutti in diversi tempi e in diverse lingue a lei furono dati? Siccome però fin qui il nostro Accademico manca di prove dirette atte a dimostrare che la Storia di Mosè parli di Tebe sotto il nome di Tanis, così passa a pro- durre buona copia di argomenti atti a portare nella qui- stione se non assoluta certezza^ almeno un grado molto elevato di probabilità, e questi argomenti per maggiore chiarezza li divide nei seguenti gruppi. 1.° Argomenti tratti dalla geografia : 2." di quelli che ci presta la storia : 3° di quelli che abbiamo dalla geologia. 1.° A rinvenire quale sia l'ubicazione della Capitale d'Egitto di cui parla la Storia Ebraica sotto il nome di Ta- rais opportunissimi tornano, dice l'Accademico, gli itine- rari che la medesima ci reca dei frequenti passaggi di per- sone dalla terra di Canaan all'Egitto, e da questo a quella. Direzione molto diversa vi ha dalla terra di Canaan al basso Delta dove è Tanis, e dalla medesima terra di Canaan a Tebe; per 1' una si va verso occidente, per l'altra diret- tamente al mezzodì. Gli antichi indicavano colla voce ascen- dere l'andare verso settentrione, e per contrario esprime- vano col descendere il procedere verso mezzodì. Ora quan- te volte viene nominalo il viaggio di qualche persona dalla terra di Canaan all'Egitto, la storia ebraica usa la paro- la rfwccMdere, e per contrario adopera la \nroh ascendere DEL PKOF. A. ALC:SSAItcopo di servire di supplemento ad 308 ACGAD. inrp. delle scienze un lavoro , che il Sig. Calau farmacista a Kiachta ha for- nito sullo stesso soggetto. Infine il lodato Sig. Meyer in unione al Sig. Fischer, Direttore del giardino imperiale botanico, ha inserito nel nostro Ballettino una serie di articoli sulle nuove specie di piante raccolte in Songaria dal Sig. Schrenk viaggiatore addetto al giardino stesso. Un rapporto generale sull'interessante viaggio del lodato botanico nelle Steppe dei Kirghis e nella Songaria è già stato presentato all' Accademia dal Sig. Meyer, e sarà pub- blicato nella Raccolta dei Signori Baer ed Helmersen. Il corrispondente Sig. Besser, del quale si è di già an- nunziata la morte, ci aveva diretto, suH' incominciare di quest'anno, la prima sezione della sua monografia sulle Artemisie, che l'Accademia si era offerta di pubblicare nelle Memorie dei Dotti stranieri. 5. Zoologia e Fisiologia. Il Sig. Brandt in una pri- ma Memoria ci ha comunicate le sue osservazioni sui pic- chi!, genere di uccelli dei quali il nostro Museo contiene una numerosa serie. Comincia Egli dal dare una classifica- zione delle specie del geo. Ficus basata sulla osteologia del cranio, la struttura del becco, la forma dei piedi, e l'abito delle penne: dà in seguito le descrizioni monogra- fiche di 13 specie poco conosciute od interamente nuove, illustrandole con belle ed esatte figure. Una seconda Me- moria ha per oggetto un genere antidiluviano sconosciuto della famiglia delle Balene. Dopo avere nell'introduzione riunite tutte le notizie sparse esistenti sugli avvanzi fossili di questo cetaceo^ avvanzi scoperti a diverse epoche nella Crimea, e nella penisola di Tuman, il Signor Brandt nel primo capitolo della sua Memoria dà la descrizione di quel- li dei detti avvanzi che per la liberalità illuminala del Sig. Ministro dell'interno sono stati comunicati all'Acca- demia dal Museo di Kertch, e costituiti da un teschio ben conservato colla mascella inferiore ; di nove vertebre , gran numero di frammenti di coste , d' un omoplata quasi com- DI PIETROBURGO 309 pleto e di un frammenlo di omero. Il nostro zoologo di- mostrò che siffatti avvanzi non possono appartenere se non se ad un cetaceo del gruppo delle Balene, ma né al ge- nere balena propriamente detto,, né a quello dei balenol- teri. Debbono secondo Lui costituire un genere a parte che denomina Cetolherium (1). Un fisiologo tedesco il Sig. Schwann ha tentato di mostrare che tutto l'organismo animale è composto di cel- lule, e che colà ancora dove in luogo di cellule non ve- donsi che fiiamenli, questi debbono essere considerati co- me generati da cellule. Si vede bene che una simile ipo- tesi non può essere comprovata dalla sola osservazione, e che per renderla verosimile è stato necessario ricorrere a delle congetture molto dotte ed ingegnose. Siffatta opinio- ne a dir vero concorderebbe perfettamente colla teoria della generazione delle piante stabilita dal Sig. Schleiden: ciò non pertanto il Signor Baer ha fatto vedere in una sua memoria che siffatta ipotesi non è sostenibile: questi non ammette l'esistenza di cellule che nelle parli dell'organis- mo animale che sono le meno sviluppate, come le forma- zioni epidermiche, le membrane mucose, le parti liqui- de ec. , e non già nel sistema nervoso e muscolare^ e nel- le parli che dai medesimi provengono. Il voler sostenere che i vasi sanguiferi hanno origine da una cellula, e che l'embrione nasce in forza di una legge particolare nello sviluppo di cellule egli è, secondo Baer, un far fare un pas- so retrogrado alla Scienza. In fatto di entomologia possiamo citare tre memorie; cioè una monografìa del genere Callìsthenes del Sig. Mè- nètrièr; una caratteristica delle specie di colleolteri rac- colti dal Signor Schrenk nel 1841 nelle Steppe e nelle montagne della Songaria> opera del Signor Gebler; ed una (1) Vedi il sunto di un tal lavoro inserito nel fascicolo di Luglio e Agosto degli Annali pag. 130. T. II. Ser. II. 310 ACCAn. IMP. DELLE SCIENZE Memoria del Sig. Molchonlsky sugli insetti da Lui raccol- ti in un viaggio fatto in Siberia negli anni 1839 e 1840. 6. Geognosìa e Paleontologìa. Il fenomeno dei massi erratici, dei quali offrono così frequenti esempi i paesi si- tuati al sud del Baltico; occupa da molli anni l'attenzio- ne dei Dotti, la scoperta delle strie o solchi diluviani os- servati sul pendìo meridionale delle rocce granitiche della Scandinavia, e delia Finlandia, ha sembrato aprire il cam- po a nuove vedute sulle cause verosimili di un tale feno- meno, ed è quindi divenuto il soggetto di assidui studi massime pei Geologi del nord. Questo è stato infatti lo scopo di diverse escursioni fatte nel 1839 e nella slate ul- tima passala dal Sig. Baer in diverse isole del golfo di Finlandia, ed i risultati delle quali sono stali recentemente pubblicati nel Bulletlino della Classe. Le ricerche istituite dallo stesso dotto Collega sull'estensione dei ghiacci per- petui nel suolo della Siberia, ricerche delle quali si è di già parlato 5 1' hanno pure condotto a raccogliere dei da- ti precisi sulla giacitura degli avvanzi d'ossa fossili nel nord della Siberia, ed a sottoporre a nuovo esame le cir- costanze che hanno accompagnato la scoperta del nostro mammouth, essendo che quanto si pubblicò all'epoca di tale scoperta non fornisce che dei dati insufficienti e for- s' anche poco esatti. II Sig. Nordraann di Odessa ci ha diretto uno spec- chio, al possibile completo, di tutti i luoghi della Russia in cui , in diverse epoche , sono state scoperte delle ossa fossili ; ed il Sig. Helmersen in due articoli ha presentato delle ricerche sull'età relativa^ e la costituzione degli stra- ti di carbon fossile nei Governi di Toula e Kalouga, e delle osservazioni sull'esistenza di miniere di rame e di breccìe ossee negli strati siluriani del Governo di Pietro- burgo. Il Sig, Volborth ha consegnalo la memoria, annun- ciala di già nello scorso anno , sulle Echino-encrines e I DI PIETROBURGO 311 r idenlilà della parte conlrallile del loro peduncolo col Cor- nulìtcs serpularius, dietro delle osservazioni basate so- pra residui trovali nel calcare argillifero di Pawlovsk;ed il Sìg. Eichwald dei nuovi materiali relativi alla costitu- zione geognostica dell'Estonia e della Finlandia. Finalmente il Sig. Bronn di Eidelberga ci ha reso con- to delle sue osservazioni sui saurii fossili; il Sig, Hamel delle sue ricerche paleontologiche in lscozia;ed il Signor Ehrenberg della scoperta nel suolo di Berlino di un po- lente strato di terreno composto di animaluzzi viventi- ( sarà continuato ) Giornale delle Scienze Medico-Fisiche, ossia di Medicina, Chirurgia , Farmacia , Fisica , Chi- mica e Matematica, applicata agli usi e como- di della vita, diretto dal Dott. Aniceto Moreàli. MANIFESTO L'ardore sempre crescente col quale vengono coltivati gli stiidj di Medicina , e il mirabile incremento che hanno subito da qualche tempo le scienze fisiche, hanno renduta necessaria fra gli Studiosi di questi rami dell' umano sapere una rapida comu- nicazione , uno scambio attivo di idee e di cognizioni necessarie a sorreggere e a favorire le varie tendenze che la mente uma- na imprime ne' diversi luoghi e ne' tempi differenti all' osserva- zione e all' esperienza. Questo scambio reciproco , questa reciproca comunicazione viene operata in gran parte per mezzo delle periodiche pubbli- cazioni, de' giornali scientifici i quali caricandosi degli studj e delle osservazioni fatte in una data regione li trasmettono e li diffondono alle altre ricevendone in cambio il risultato d'altri studj e d' altre osservazioni , ond' è che le scienze acquistano per tal modo un potente impulso verso il loro progressivo perfezio- namento. Mancava in Modena un giornale che consecralo unicamente ed esclusivamente alle scienze servisse appunto allo scopo anzi- detto e potesse costituirsi come centro agli studj scientifici che vengono con tanta intensità e con tanto profitto coltivati in questa parte d'Italia. Per la qual cosa i sottoscritti incoraggiati dal voto autore- vole di molte e distinte persone hanno impresa l' edizione e pub- blicazione d'un giornale di Scienze, il quale si occuperà unica- mente delle scienze medico-fisiche, restandone affatto escluso tut- to ciò che non sia nella più ristretta e necessaria dipendenza dalle medesime. ANNUNZIO DI l]N GIORNALE 313 In questo Giornale pubblicato a vantaggio dei Medici , Chi- rurghi, Farmacisti e dei cultori delle scienze fisiche, i sotto- scritti si propongono: 1." Di pubblicare quelle memorie originali relative alle sud- dette scienze che verranno comunicate dagli Scienziati dello Stato od Esteri. 2° Di dare estratti ed analisi delle opere più importanti che relativamente alle suddette scienze verranno di mano in ma- no alla luce. 3.° Di raccogliere e presentare quanto viene operato in re- lazione agli studj scientifici dalle principali Accademie Italiane. 4.° Di riportare dagli altri giornali gli articoli e le notizie più rilevanti per le scienze stesse, desumendoli principalmente da quelli che sono poco o nulla affatto diffusi e conosciuti in Italia. 5.° Di dare in fine annunzj bibliografici, d'onorificenze, 0 aventi altro oggetto che possa interessare altamente quelle scienze che formano 1' esclusivo argomento del giornale. I sottoscritti non credono di poter meglio raccomandare agli studiosi di Scienze il loro giornale^ quanto coli' annunziare che al medesimo presteranno con tutto l'impegno il loro validissi- mo concorso varj degli esimii Professori della nostra Reale Uni- versità , non che alcuni de' più rinomati Medici e Scienziati dello Stato , quali sono i Signori Cav. Stf.fano Marianini prof, di Fisica — Dott. Antonio Goldoni prof, di Clinica e Medici- na-pratica — Gio. de' Brignoli de-Brunnhoff prof, di Botanica ed Agraria — Dolt. Geminiano Grimelli prof, di Patologia — Dott. Giovanni Bianchi prof, di Fisiologia — Dott. Giuseppe Generali prof, di Clinica ed Operazioni Chirurgiche — Dott. Paolo Caddi prof. d'Anatomia — Dolt. Pietro Doderlein prof, di Storia Naturale — Dott. Luigi Vacca prof, di Materia Me- dica — Giuseppe Tramontini prof. d'Architettura didascalica — Dott. Geminiano Riccardi prof, di Matematica pura ed ap- plicata, e Segretario Generale nella R. Accademia di Scienze Lettere [ed Arti — Capitano del Genio Antonio Araldi prof, di Matematica — Francesco Bordè prof, di Matematica pura ed applicata — Dott. Alessandro Puglia medico primario degli Ospitali di Reggio — Fbancesco Selmi sostituto alla cattedra 814 ANNUHZIO DI UN GIORNAlE di Chimica in Reggio — Dott. Giovanni Gandolfi — Dott. Giuseppe Parmeggiani — Dott. Giuseppe Bedeschi Medico e Chirurgo operatore in Scandiano. Godono altresì di poter aggiugnerc ai suddetti chiarissimi nomi , quelli d' alcuni illustri Professori delle limitrofe Univer- sità di Parma e di Bologna , cioè del Cav. Gio. Rossi prof, di Clinica e Operazioni Chirurgiche — Cav. Carlo Speranza prof, di Medicina legale nella prima delle accennate Università — Cav. Antonio Alessandrini prof, d' Anatomia comparata, e Dott. Michele Medici prof, di Fisiologia nella seconda. Per quanto poi dipenderà da loro i sottoscritti non trascu- reranno studio 0 premura che valga ad ottenere l' approvazione di quelli che vorranno onorare il giornale delle loro firme , non dando luogo nel medesimo che a materie di vera importanza per le scienze , e mantenendo sopratutto la piii scrupolosa esat- tezza nel pubblicarlo ai periodi determinati. Il primo numero sarà pubblicato col 1.° del prossimo ven- turo Novembre. Il prezzo dell' associazione resta fissato come segue : Nello Stato per un anno Lire Italiane 9. j, Un semestre 5. All' Estero j per un anno Lire Italiane 10. „ Un semestre 6. DOTT. ANICETO MOREALI sostituto alla cattedra di Botanica ed Agraria nella R. Università, Diretto- re del Giornale. FRATELLI MALA VASI e COMP.<^ Editori. Sur Ics vaisseaux lijmphatiques des reptiles. Lettre du D. Rusconi à M. le professeur Oken ^ Ré- dacleur de V Isis. (DalT. 6 del Giornale dell'I. R- Istituto Lombardo.) Je vous fais mille et mille reraercìments de la bonté que vous avcz eu de tradiiire ma première lettre à M. Breschet, et de l'inscrcr dans votre journal, mais tout en vous remerciant , je ne puis m'empécher de vous faire observer que dans le court avant-propos, que vous avcz rais à la tète de votre article, vous dite une cliose qui n'est pas cxacte, et qui sembre écrite exprès pour donner un dcmenli à mes asscrtions. Dans ma lettre à M. Brescbet, j'ai avance que Panizza dans son ouvrage sur les vais- seaux lymphatiques des amphibies a prouvé que l'aorte et les troncs qui en naissent ( Ics troncs seulement et non leurs rami- fications) sont enveloppès dans le rcservoir du chyle ; dans vo- tre avant-propos vous dites au contraire que Panizza a avance dans son ouvrage, que les vaisseaux sanguins en general sont entièrement enveloppés dan les vaisseaux lymphatiques (Dekannt- licli hat B. Panizza gezcigt,dass die Dlutgefasse ganz mit Lym- phgcfllssen umliillit sind). Je vous demande pardon, Monsieur, si j' ose vous dire que mon illustre collègue n' a jamais avance line cbose pareille, et je défic vous et tous les zootomistes à me prouver le conlrairc; mon savant collègue, je le répète, a fait voir simplement que la veinc cave^ l'aorte, et les troncs qui en dérivent (les troncs seulement et non leurs branches) sont enveloppés dans le canal tboracique; voici le principe qu' il po- se dans ses conclusions : il resulto également que les plus grands réservoirs lymphatiques des reptiles embrassent ou enveloppcnt les vaisseaux sanguins, qui de tous Ics autres sont les plus gros ( risulta del pari che i maggiori alvei del sistema linfatico dei rettili abbracciano o inviluppano i maggiori vasi sanguigni, pag. 33), savoir la veine cave, l'aorte, et les troncs qui en nais- sent ; à l'égard des branches de ccs derniers, qui sont, à pro- prement parler. Ics arlèrcs qui se distribuent aux divcrs orga- nes, il dit (pag. 9) qu'clles se dcgagcnt de leurs enveloppés ^ et 316 SUI RETTILI DI M. RUSCONI en se dégageant (uscendo) semblent perforer les parois du ca- nal thoracique ( sembrano traforare uscendo le stesse pareti lin- fatiche), mais elles ne les perforent pas , par la raison que l' aor- te, et les troncs qui en dérivent, ne sont pas, d'après lui, dans la cavile de ce canal, ils sont simplement enveloppés dans ses tuniques, corame le coeur est enveloppé dans le péricarde; en un mot, Panizza a dit absolument et strictement ce qu'a dit a- vant lui Bojanus; en effet, jeltez un coup-d'oei! surla planche 154 de ce dernier sur l'anatomie de la tortue Européenne, et vous verrez les artères C. G. H. N. R. 3. 46 ex abundantibus ductns Ihoracici recessibus atque commissuris emergentes ; ob- servez de mème les planches 2 et 3 de l'ouvrage de Panizza et vous verrez les artères 20. 21. 3. 4, qui à leur sortie du canal thoracique sont parfaitement nues et semblent réellement per- forer les tuniques de ce canal; et ici notez bien^ Monsieur, que le principe que Panizza a pose dans ses conclusions (pag. 33) n'a pas méme été applique par lui à tous les reptiles, car en parlant des lézards , il nous dit que le canal thoracique marche le long du coté gauche de l'aorte (scorre al canto sinistro del- l'aorta, pag. XVI), de sorte que chez les sauriens, d'après lui, ni l'aorte, ni les troncs qu' elle produit, ni les branches de ces troncs , rien enfin serait enveloppé dans les vaisseaux lymphati- ques, ce qui, pour le dire en passant, est entièrement faux, car chez les lézards et les caméléoniens, l' aorte et une partie de ses branches se trouvent renfermées , non pas enveloppées, mais contenues, je le répète, dans les vaisseaux lymphatiques. Je vous fais, Monsieur, cette observation, non pas dans la vue de di- minuer les éloges que raon célèbre collègue pourrait avoir méri- tés, mais uniquement pour vous prouver qu'il n'a jamais avan- ce dans son ouvrage, que les artères en general sont entière- mente enveloppées dans les vaisseaux lymphatiques , et pour vous convaincre en méme temps que dans ma lettre à M. Breschet j'ai dit la pure et stride vérité. Pavle le 31 janvicr 1843. Osservazioni sopra ima singolarità del sistema linfatico della Rana comune , e della Testuggi- ne marina detta dai naturalisti Tesludo Caoua- na Bonnelij del dottor Mauro Rusconi. ( Lette neW adunanza dell' I. R. Istituto Lombardo del giorno 24 novembre 1842 , ed inserite nel Tomo 5 del Giornale dell' Istituto medesimo. ) Ben a ragione un illustre zootomo ha notalo che la classe dei rettili offre allo sguardo dell' anatomico indagatore moltissi- me anomalie; e a dir vero, le particolarità che si osservano in questa classe d'animali è tale e tanta, che taluno quasi direbbe avere natura cambiato ad ogni istante il suo piano d' organiz- zazione, onde mostrare la moitiplicità de' suoi mezzi: però lo stu- dio di queste anomalie non è uno studio sterile, come da mol- ti si crede, anzi è dilettevole ed utile assai; è dilettevole per- chè quando osserviamo l' intima fabbrica degli animali, la men- te nostra si solleva in piacevole ammirazione; è profittevole, perchè le abitudini e gli istinti degli animali, essendo sempre una conseguenza della loro organizzazione, noi, dall' osservare que- sta, possiamo argomentare i loro istinti e le loro abitudini, e viceversa, dall' osservare le loro abitudini ed i loro istinti, pos- siamo assai sovente argomentare l'intima loro struttura; ma non è qui mio intendimento di filosofare, né di mostrare l'uti- lità dell'anatomia comparativa; io ho in animo di mettere in- nanzi agli occhi vostri una particolarità del sistema linfatico della rana comune, particolarità che, se non erro, fu osservata da ninno. lo ho di già detto ai zootomi che le arterie del mesenterio di questo rettile sono rinchiuse ne' vasi linfatici , o per dir me- glio ne' vasi lattei, ed ho pubblicato questo fatto anatomico, ora sono due anni , in una lettera diretta al chiarissimo anato- mico il signor Dreschct professore di umana anatomia nell'uni- 318 SULLA RANA E TESTUGG. MARINA '^?Ì3 Tersità di Parigi. Ora sappiale. Colleglli stimatissimi^ che nel corso delie anatomiche osservazioni da me fatte nella state ora scorsa, ho scoperto che nella rana comune, non solo le arte- rie, ma hen anche le vene del mesenterio sono contenute ne' vasi lattei, ed ho veduto che esse vene talvolta sono sole, e talvolta sono associate con le arterie, cosi che in alcuni vasi lattei vede- si una sola vena ovvero una sola arteria ; in altri in vece si vede un'arteria ed una vena; eccovi. Colleghi umanissimi, in poche parole l' organizzazione singolare che la rana comune , conside- rata per questo lato, offre allo sguardo dell'anatomico e ch'io ho più e più volte osservato. Fra le lamine del mesenterio e lungo il lembo concavo de- gli intestini evvi un largo canale linfatico in cui mettono capo lutti i tronchi de' vasi linfatici degli intestini , eccettuata quel- la porzione di essi, che è detta il duodeno; da questo canale traggono origine i vasi lattei, i quali camminando sul mesen- terio, e convergendo fra loro, vanno tutti a sboccare nel pic- colo serbatojo del chilo situato alla radice del mesenterio me- desimo, le vene provenienti dagli intestini entrano anch'esse nel canale anzidetto, lo attraversano, e poiché si sono riunite in grossi tronchi, continuano il loro cammino verso la piccola cisterna linfatica, sempre rinchiuse ne' vasi lattei; le arterie tengono una via diametralmente opposta a quella delle vene, en- trano nel canale linfatico, si anastomizzano fra di loro, e dai rami anastomotici partono varie arteriuzze, le quali attraversa- no il canale e continuano il loro cammino sulle intestina, sem- pre rinchiuse ne' vasi linfatici. Da questa cosi fatta organizza- zione risulta che al canale situato lungo il lembo concavo degli intestini concorrono le vene e le arterie, e si le une che le al- tre pescano nella linfa di cui il canale medesimo è riboccante; e ciò è si chiaro, sì patente e si vero, che il dubitarne sareb- be lo stesso che mettere in dubbio se i pesci che noi vediamo negli stagni siano o no bagnati dall' acqua in cui guizzano. Ora che vi ho mostrato la singolarità, rispetto al sistema linfatico da me osservata nella rana comune, vi parlerò di un' altra anomalia da me pure veduta nella testuggine marina. Nei rettili, e questa è cosa oggimai passata in giudicato, le arterie del mesenterio sono contenute ne' vasi lattei; la testuggine di DI M. RUSCONI 319 mare però forma una eccezione a questa regola, imperciocché ho osservato in questo rettile che i vasi lattei nel loro cammi- no dagli intestini al serbatojo del chilo non formano una guaina che racchiude in se le arterie , ma formano invece varie maglie nelle quali sono comprese le arterie ed anche le vene ; da altri prima di me è stato osservato che nella testuggine marina detta dai naturalisti Testudo caouana i vasi lattei camminano ai lati delle vene, e vi formano sopra varie maglie, ma che le arterie mesenteriche siano nei caso identico delle vene , questo è un fatto che, per quanto io so, e stato avvertito da niuuo. Accademia Medico-Chirurgica di Ferrara — Pro- gramma di concorso al Premio Provinciale di una Medaglia d'oro del valore di Scudi 100. Tema per l'anno 1845 = Monografia delle Febbri Gastriche = CONDIZIONI 1. Ciascun concorrente dovrà contrassegnare con una epi- grafe la sua Memoria^ e l'accompagnerà di una scheda o lettera sigillata , al di fuori della quale sarà ripetuta la medesima epi- grafe , e nell' interno sarà notato il nome , il cognome , e il do- micilio dell'Autore. 2. È assolutamente vietata qualunque espressione^ che pos- sa farne chiaramente conoscere 1' Autore. 3. Le Memorie dei concorrenti dovranno pervenire franche di porto a Ferrara entro il perentorio termine dell' ultimo gior- no di Novembre 1845, con questo preciso indirizzo, — Al Se- gretario dell' Accademia Medico-Chirurgica di Ferrara — . Quo- to termine è di tutto rigore. 4. Le Memorie dovranno essere inedite, né mai anteceden- temente presentate ad altre Accademie, e potranno essere scrit- te in una delle tre seguenti lingue — Italiana, Latina, Fran- cese — . 5. Le Memorie pervenute al Segretario saranno consegnate ai Censori ; e poiché questi avranno giudicato quale sia degna di premio, si aprirà la scheda o lettera corrispondente, e sul- l'istante verranno abbruciate tutte le altre. 6. L' Autore della 3Iemoria premiata otterrà 24 esemplari della medesima, la quale, o verrà pubblicata a parte, od in uno dei più accreditati giornali d' Italia. 7. Il concorso è aperto a tutti gli scienziati italiani ed esteri. 8. Ove nessuno dei concorrenti abbia nel modo il più sod- disfacente sciolto il predetto Tema, l' Illustre Consiglio Provin- ciale di Ferrara vuole , die si conceda una Medaglia d' argento d' incoraggiamento a quello , che meglio vi si sarà avvicinato. Ferrara li 31 Agosto 1844. IL PRESIDENTE ''TT^i^. / .^ // Segretario \Giuseppe Benetti. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Gozzi Prof. Fulvio — Sopra un metodo di curare direttamente le scrofole pag. 241 RoNDANi — Ordinamento sistematico dei Generi ita- liani degli insetti ditteri » 256 Rendiconto delle Sessioni della Società Agraria del- la Provincia di Bologna » 271 Alessandeini — Rendiconto delle Sezioni delV Ac- cademia delle Scien':{e dell' Istituto di Bolo- gna... -. w 288 Rendiconto delle Sessioni delV Accad. Imp. delle Se. dì Pietroburgo )) 305 MoREALi DoTT. ANICETO — Programma per un nuovo Giornale delle Se. Medico-Fisiche . . . . m 312 Rusconi Dott. Mauro — Sui vasi linfatici dei Ret- tili » 316 Dello stesso — Singolarità del sistema linfatico del' la rana comune, e della testuggine marina. » 317 Programma di premio dell' Accademia Medico-Chirur- gica di Ferrara » 320 SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo II* (Novembre 1844.) {pubblicato II 9 Dicembre 1844 ) BOLOGNA TIPOGRAFIA SASSI NELLE SPADERIE. AVVISO Arrivata la prima Serie degli Annali delle Scien^ie Naturali al Tomo X., la Società Editrice, che riprende la pubblicazione del giornale secondo le norme seguite a tutto il 1842, incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associati le condizioni già segnate nel Programma delU 26 febbraio 1840, e cioè: Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo richiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa : il primo ed il settimo fascicolo d' ogni annata verrà fornito di un frontispizio , ed il sesto e dodicesimo dell'in' dice delle materie contenute in ciascun volume. II prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'atto della consegna del medesimo. Dagli Associati all' estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato, che importerà paoli quindici romani pari ad Ital. lire 8. 05 : non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associati. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore Alessandrini in Via Alta- bella N. 1637, e da tutti gli altri componenti la Società stessa, r Elenco dei quali si legge nel 1° fascicolo. S' inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro Novembre non siasi dato avviso in contrariOf AGGIUNTA ALLA NOTA SULLA COSTITUZIONE DEL TARTARO EMETICO PUBBLICATA NEGLI ANNALI DELLE SCIENZE NATURALI DI BOLOGNA ( Luglio e Agosto 1844. ) JJiie importami memorie intorno all' azione dell' aci- do nitrico sul jodio, e dell'acido solforico suU' acido jodi- 00 furono or ora pubblicate nella Revue Scientifique et industrielle de Questievìlle ( fascicolo di Settembre ) da E. Millon (1). Questo valente chimico, il quale mercè le sue indagini diligenti e profonde è giunto a spargere tanta lu- ce sulle varie costituzioni dell'acido jodico, ci ha fatto ancora conoscere altri composti ossigenali del jodio, uno , corrispondente all'acido ipoazotico e l'altro di composi- zione assai curiosa;, i quali hanno la singolare proprietà (1) Millon studiò l'azione dell' acido solforico suW acido jodico , ed io ho studiala quella dello stesso acido solforico suir acido jodidrico. Il mio lavoro non essendo per anco corn- jìito , sebbene da qualche tempo '.incomincialo , non potrebbe subito esser dato a stampa. Per ora basti l'accennare che l'acido solforico agendo suW idracido non opera , come si leg- ge nei Trattati di Chimica , ossigenandone V idrogeno e po- nendone in libertà il jodio in virtù della sua riduzione ad acido solforoso ; ma reagisce col suddetto idracido , formando jodido solforico, e per qtianto pare, anche il solfato di jo- dido solforico , scomponendolo in appresso se si aggiunge in esuberanza. N. ANM. Se. Natur. Serie IL Tom. 2. 322 SUL TARTARO EMETICO di associarsi sia all' acido nitrico che al solforico , forman- do combinazioni definite e cristallizate. Ma eziandio l'aci- do jodico può unirsi in chimico legame coli' acido solfori- co in diverse proporzioni studiando attentamente le circo- stanze nelle quali tali combinazioni prendono nascimento. Millon si è assicurato che loro abbisogna un veicolo som- mamente acido qual è l'acido solforico monoidrato, e che l'acqua le distrugge con rapidità^ bastando anche quella che in vapori è contenuta nell'atmosfera. L'influenza op- posta esercitata dai due veicoli, acido ed acquoso, e la composizione regolarmente costituita de' doppi acidi, han- no condotto Millon a fare alcune riflessioni sull'alterazio- ne che le qualità di un menstruo apportano nelle affinità chimiche^ e sull'antagonismo degli acidi e delle basi, e degli acidi fra essi loro. Ecco di qual maniera si esprime a tal riguardo ff È giocoforza l'ammettere che l'affinità d'on- w de dipende l'associazione dei principj acidi ai principj ba- w sici è subordinata a certe condizioni nelle quali sempre )) si operò senza tener conto della loro influenza. Esse sono )) le condizioni dell'intermezzo del dissolvente. Entro un in- )) termezzo come è l'acqua o l'aria, gli acidi si combina- )) no alle basi ; gli acidi respingono gli acidi , le basi si ì) spostano mutuamente. In un intermezzo come è l'acido M solforico, le condizioni d'affinità si trovano mutate, gli M acidi si associano, si uniscono gli uni agli altri e si M acumulano formando prodotti complessi. ;) Dopo altre considerazioni analoghe e cospiranti a con- fermare la sua proposizione, Millon così continua: » Il w principio d'associazione degli acidi fra loro, si mani- w festa quando si opera in un veicolo acido, in aria per- w fettamente secca, cogli acidi solforico e jodico, per e- » serapio, e si rende palese eziandio negli emetici , e ne- w gli allumi in mezzo all'acqua ed a malgrado dell' in- » fluenza dell'acqua. Si comprende di tal maniera;, come » il bitartrato potassico si unisca agli acidi borico, arsenioso NOTA DI F. SELMI 323 » ed arsenico tanto facilmente come fa cogli ossidi di cro- ;) rao, di ferro (sesquiossido) e d'anlimonio, binarii i w quali più ragionevolmente dovrebbero essere annoverati M costantemente nella categoria degli acidi. )> n Noi troviamo in questa tendenza (degli acidi) di w associarsi fra loro la spiegazione di certi composti , w quali sono gli emetici e gli allumi , che fino ad ora parve- )) ro di costituzione anomala. Riconoscendo nell'allumina, w nel perossido di ferro e negli altri ossidi della stessa » formola 0' R^, la facoltà di compiere le funzioni d' a- M cido collocando le combinazioni che i medesimi formano )) a canto dei composti ai quali danno origine gli acidi w solforico , jodico ed ipoiodico , noi crediamo che si » diluciderebbe la costituzione generale e la storia di tali )) combinazioni » (1). Chiunque abbia letta la mia Nota sulla costitw^ione degli emetici presto s' avvede che il chimico francese ha addottala una teoria sui medesimi ideniica, a quella che io per la prima volta pubblicai nell'anno scorso (febbra- io 1843) (2) che sostenni ultimamente nella nota suddetta. Le mie viste intorno a tale argomento i>arvero a certuni troppo ipotetiche , e non vennero bene accolte ; ora mi go- de l'animo di annunziare loro come siano conformi pie- namente alle conseguenze che risultano dalle importanti esperienze dal Milton instituile, e dai fatti diversissimi da quelli ond' io mossi ed ai quali mi appoggiai principalmen- te. Ma io spero in processo di tempo di avvalorarla con allre prove tratte dalle reazioni del jodio sui varii tarta- rati doppii, reazioni col mezzo delle quali avrei eziandio ragione di ripromettermi lo scoprimento di quei tartarati doppii a base acida che fino ad ora non furono ottenuti. (1) Revue Scientifìque , Settembre 1844, pag. A3G , 439. (2) Memoria suW officio che cornine l' acqua etc. di Fran- cesco Selmi. 324 SUL TARTARO EMETICO Ma il Millon sarebbe d'avviso che i sesqiiiossidi do- vessero annoverarsi nella categoria degli acidi ed ammettere costantemente che ne compiano gli ufficii. Nella sopracennata mia Memoria oltre all'avere già notato che negli emetici tali ossidi debbono esercitare le funzioni d'acidi, parlando sulla scomposizione di certi sali effettuata dall'acqua e specialmente dei Sali ferrici, li considerai quali acidi dop- pii, e manifestai l'opinione che il sesquiossido di ferro fosse un acido debole rappresentante la base nel sale (1). Per ciò che riguarda l'opera dell'intermezzo a mo- dificare l'esercizio delle affinità fra i corpi, io pure conob- bi la somma influenza che deve esercitare in ciò la natu- ra del medesimo, e discutendo sui fenomeni osservati da Pelouze quando faceva uso delle soluzioni alcooliche, ri- fiutando la spiegazione datane da Kulhmann e da Brac- conot, 1 quali volevano attribuirli alla insolubilità soltanto, conclusi che — Nella natura del solvente devesi invece investigare la cagione dei fenomeni descritti (2). Qui mi sia concesso di palesare alcune mie particolari opinioni sulla causa per le quali variando qualità del raen- slruo, ovvero anche la quantità, i corpi in soluzione su- biscono tante modificazioni nell' esercitare le loro recipro- che affinità- La soluzione d'un corpo solido in un liquido sembra rappresentare, giusta le profonde dottrine del Gaylussac e del Bizio, la diffusione del primo nel secondo allo stato ri- pulsivo, ossia di rarefazione gazosa. A parere del primo l'affinila contribuirebbe a compiere le soluzioni, mentre il secondo propenderebbe a credere che si effettuasse senza l'intervento delle forze attrative. k me pare che tranne di certi casi speciali, veramente V affinità chimica non opera a sciogliere od a raanlonere un corpo sciolto, ma che (1) Memoria citata, pag. 16. (2) Memoria citata , pag. 12. i NOTA DI F. SELMI 326 nell'alto della soluzione si esercita un'azione di contatto del liquido sul solido in modo che questi sia sollecitato a ridursi alla condizione elastica, stato nel quale pene- trando gli iulerstizii del menstruo ivi vadi a collocar- si, restandovi sospeso in virtù della forza d'adesione che le pareti degli interstizii del liquido hanno da manifestare per le molecole delia sostanza disciolta. Secondo l'azione di contatto esercitata dal liquido per disciogliere il solido, secondo l'adesione dell'uno all'al- tro deggiono alle volle alterarsi le proprietà dell'ultimo e tanto le fisiche quanto le chimiche ; specialmente se nel disciogliersi sia passalo a diverso stato allotropico,, od iso- merico, od anche polimorfico da quello che in prima si trova- va. E che certi corpi nell'atto del disciogliersi mutino costitu- zione parmi cosa da non porsi più in dubbio dopo quanto io dimostrai pel jodido mercurio allorché si scioglie nell'al- cool 0 nei veicoli jodali (1). Trovatosi che la semplice soluzione sia capace di trasformare una sostanza da un modo d'essere ad altro, sarà sempre malagevole il deter- minare se in ogni soluzione il corpo che si scioglie man- tiene il suo stato 0 fa passaggio ad altro j come pure non sembrerà irragionevole la supposizione che variando il menstruo si ottenga la soluzione di un corpo in uno sla- to diverso di costituzione. Posto ciò s'intende chiaramente come a diverso solvente il corpo sciolto reagisca diversa- mente e formi anche composti diversi con altre sostanze messegli in conlatto. Ma non solo variando veicolo le pro- prietà dei corpi in soluzione subiscono alcune alterazioni , spesse volle ciò avviene collo slesso veicolo , adopralo in quantità diverse. A prima vista un tal fallo parrebbe un pò strano, specialmente quando si consideri in alcuni ca- si nei quali si direbbe, l'aggiunta del menstro dover fa- (1) Sul jodido di Mercurio in soluzione. Annali di Ma- jocchi. Gennajo e Febbrajo 1844. 326 SUL TARTARO EMETICO vorire lo sfato di soluzione d'un corpo, mentre per lo contrario gli è sfavorevole. A cagione d'esempio, a priori supporebbesi mai che l'addizione dell'acqua fosse capace a precipitare il jodio dalla sua soluzione nell'acido jodi- drico, 0 nel liquido acquoso carico di joduro alcalino? L'acqua ba tenue facoltà solvente sul jodio, è vero, ma pure ne scioglie, il joduro o l'acido jodidrico non subi- scono mutamento per l'aggiunta dell'acqua e perciò non dovrebbero perdere la loro attrazione pel jodio che tengono discioltoj dunque come allungando il liquido, il jodio di- sciolto si depone In parte? Per rispondere a questo quesito torna indispensabile il credere che , operatasi la soluzione a un certo grado, allora formi nel suo insieme un veicolo for- nito di particolari proprietà, atto a mutare quando can- gino le proporzioni del solvente e del disciolto. La solu- zione acquosa del joduro potassico ad un grado di dilu- zione A, deve essere diversa dalla stessa a un grado B, e così di seguito, come pure ad un grado diverso di tem- peratura la prima può mutare e farsi simile alla B , o to- talmente distinta dall'una e dall'altra etc Per me non e- siterei ad ammettere che in alcuni casi passi tanta diffe- renza fra le due soluzioni acquose A e B della sostanza identica, quanto ve ne ha fra l'acquosa e l'alcoolica, al che mi fornirebbero argomenti convincenti le singolari scom- posizioni e ricomposizioni da me osservate fra l'acido jo- didrico e l'acido arsenico, ed il fenomeno segnalato da Liebig della potassa carbonatala ; la quale a un dato pun- to di diluzione non solo più non cede il suo acido carbo- nico alla calce; ma eziandio se fu resa caustica decompo- ne il carbonato calcare. Questo fatto in opposizione per- fetta alla conosciuta proprietà di carbonatarsi ideila calce a contatto del carbonaio di potassa, è analogo a quelli registrati da Pelouze per la formazione del carbonato po- tassico colla soluzione alcoolica d'acetato potassico ed una corrente d'acido carbonico se noi, per esempio, faremo NOVA DI F. SElMi 327 bollire dell' olio di tartaro convenientemente allungato con acqua, mescolandolo a calce idrata, si avrà un liscivio caustico e la calce ridotta a carbonato. Se si continua la bollitura fino a un dato grado di concentrazione, l'alcali s'impadronirà dell'acido carbonico perduto e la calce di- venterà di nuovo caustica. Per quali circostanze avvengo- no queste reazioni contrarie? A mio avviso (e qui inten- do solo di manifestare una mia opinione come plausibile, senza pretenderla inconcussa) il carbonato potassico nel primo caso tutto si scompone perchè la potassa caustica for- matasi trovasi in nn veicolo, qual è la soluzioue di carbonato potassico a un certo punto di diluzione, in mezzo al qua- le può esercitare le sue normali facoltà, e quindi non toccare V acido carbonico del generatosi carbonato calcare ; ma avvenendo che le proporzioni dei componenti del vei- colo si mutino, e la soluzione del carbonato potassico sia concentrata, allora la potassa caustica scioltavi per entro, influenzata dalla natura del menstruo, cangia di proprietà ed invece di lasciare alla calce l' acido carbonico , acquista r altitudine a riassorbirlo. Intorno all'argomento delle so- luzioni altre cose arvei a dire se non le serbassi per dar loro uno sviluppo maggiore in un mio lavoro sperimenta- le, promesso fino dall'anno scorso, e che spero di pub- blicare quanto prima almeno in parte. "*^i®>«afc— DELLE ASTE USATE DAI BIFOLCHI BOLOGNESI MEMORIA DEL SIGNOR CONTE AVVOCATO CATALIEKE Letta alla Società Agraria di Bologna nella Sessione dei 12 Decembre 1809. l.Usi sono i nostri bifolchi a brandire cerli nodosi bastoni-, co' quali armati di acuta punta ferrea pungono i Buoi, onde, tardi come sono e grevi ^ renderli operosi e solleciti ai molti travagli dell'Agricoltura. Questi bastoni , che per noi aste si dicono, sono di castagno, legno per sé duro, ed opportuno assai all'uffizio, al quale si vuole adoperare. 2. In acconci luoghi, presso noi chiamali pelonede, si allevano queste pianticelle, a guisa di folto boschetto, che sul dorso de' monti e massime delle nostre colline cre- scono felicemente, non senza non tenue vantaggio dell'in- dustrioso proprietario. L'oggetto principale, per cui si ca- rezzano queste piante, si è quello di trarne buoni e du- revoli pali per sostenere le viti , da che i legni troppo dol- ci, e teneri non sono addatti, e troppo tosto infracidi- scono. Per il che questi pali di castagno^ vengono ad al- tri preferiti, da che il legno di castagno^ come esperien- za dimostra, e come ben disse il nostro Pietro de' Cre- scenzi nell'aureo suo Trattato dell'Agricoltura lib. IV. MEM. DEL CAV. l- SALINA 329 Gap. VI. — è ottimo nelle case e di mirabile durabilità, sotto terra e fuori di terra alla piova. — 3. Tutti gli Agricoltori non hanno certo, e aver non possono pdonede: ma tutti i bifolchi hanno una o più aste. Quando gli uomini mancano di una cosa , se ne pro- veggono dall' altro :, e qui nasce il commercio, o pagan- dosi danaro, rappresentante il valore della cosa, o dando- si altra cosa di creduto pari valore in iscambio. Le aste formano un piccolo ramo di commercio, e alle porle della Città, se ne trovano comodi venditori. Ma pur troppo un tale commercio è non rare volte accompagnalo dal furto, poiché gli avari bifolchi , nel condurre alla Città i carri gravi di legna da ardere, danno uno o più pezzi di essa in iscambio di un' asta a più avari venditori ;, con pregiu- dizio non lieve del padrone delle legna, se per sé la ri- tenga^ 0 di quello che da lui comprata se l'abbia. Così queste aste tormentose cominciano ben presto ad essere abborrite. 4. Più che la malagevolezza delle strade, la debolez- za de' nostri buoi mal nudriti fa sì, che se ne debbano aggiungere molte coppie a' nostri carri di pessima costru- zione. Nasce così la necessità, meno agricoltori restandosi a casa a faticare la terra , che due bifolchi almeno segua- no le nostre bestie. Duri essi per indole , spesso ciancia- tori audaci e fatti sempre superbi per avere un'asta nelle mani, appena si accorgono, che i buoi ritardano il corso j 0 si traggono fuori del retto cammino, li cominciano con quelle a battere , e pungere nel dorso , ne' fianchi , nel ventre, nella testa e nel grugno, non senza grave tormento di quelle bestie innocenti , e compassion molla degli astanti passaggieri. Finché vi saranno aste, e bifolchi^ vi sarà, per così dire, questa carnificina. Ma bandire i bifolchi non si può. Non potrebbero forse bandirsi le aste? .5. Se ciò per ventura accader potesse , l' umanità stes- sa se ne potrebbe consolare, dacché tante percosse, e 330 MEMORIA ferite, e talor morti d'uomini verrebbero pur risparmiale. Poiché egli è manifesto, che se le risse tra bifolchi co- minciano da parole villane, ed acerbe a finir vanno spes- sissimo nel darsi mano alle aste, e nel percuotersi fra lo- ro disperatamente. Se queslion nasce tra bifolchi quale ab- bia l'amante più bella, quale entrar debba il primo nel castello, qual cammino tener debba più l'uno, che l'al- tro, si ricorre al giudizio delle aste, e il colpo più fu- ribondo decide inappellabilmente del diritto del cammino, dell'ingresso nel castello, della beltà dell'amante. 6. Egli è in questa guisa, che mentre per 1' una par- te gli uomini si ridono, che ragione abbia colui, che duel- lando colla spada ferisca, od uccida il rivale, e mentre per l'altra la giusta severità delle leggi proibisce il duel- lare, sorge un nuovo genere d' armi, e di duelli, pe' qua- li le liti de' villici si decidono con braccia storpie, con livide spalle, con teste rotte, e morti talora crudelissime. 7. Mi ricordo di avere udito dire^ che una notte di autunno, quando i vasi pieni di mosto, che noi diciam castellate, si conducono alla Città, in luogo detto — Sa- vignano — sul cammino tra Cento, e Bologna, si sentiro- no da' vicini abitanti alte grida d' uomini , lamentevole mugghiar di bestie, e strepito rumoroso di bastoni. Usci- ta l'alba, si vide la strada, qua sparsa di spezzate corna, là bagnata di sangue, e si udì in appresso che molli bi- folchi, coperti di livide, e sanguinose ferite, erano stati nello Spedale ricoverati; crudele, miserabile lolla, di cui, accesa forse per qualche rozza villanella, fu meno cru- dele quella che un giorno arse fra' Lapili, e Centauri, quando nel lieto giorno delle nozze tentarono costoro d' involare dall' apprestalo convito la novella sposa Ippo- damia. 8. Io credo , Signori Accademici , che i Latini , i quali ci sono stali maestri in tante cose, essere ce lo potrebbe- ro pure nel correggere h pigrizia de' baoi , senza armar DEL CONTE L. SALINA. 331 (l'aste i bifolchi, alla sicurtà provvedendo degli nomini, e degli animali. Egli è fuori di dubbio, che un pungolo è necessario, onde , sordo il bue alle voci del bifolco, si scuota, e fatichi. I Romani ne usarono certamente, sicco- me è facile il leggere in molli libri, e precipuamente pres- so Tibullo nella prima Elegia, ove dicesi — Nec tamen interdum pudeat tenuisse hidentem, aut stimulo tardos increpiiisse hoves — Non sono però d'avviso, che vi fos- se l'abuso di quelle aste lunghissime, che da' moderni bi- folchi si costumano. 9. Celebre è la bellissima edizione, da me pur pos- seduta, delle opere di Virgilio, la quale uscì a luce in Roma nel 1763 a spese del ricco Librajo Venanzio Monal- dini. 11 testo latino è il famoso Codice Mediceo Laurentiano e la versione italiana è del P. Ambrogi, celebratissimo Gesuita. Arricchita è poi l'opera di superbi rami, de' qua- li il P. Ambrogi scrive in questa guisa alla pagina 27. della sua erudita Prefazione — In proposilo de' rami spar- M si qua , e là dentro del testo Latino , e tratti per la M maggior parte dalle pitture del famoso Codice Vaticano, )) incisi per ordine del Cardinal Massimi, da Pietro Santi » Bartoli, e pubblicali in Roma dalla Calcografìa Pouti- » ficia il 1741, in proposito, io diceva, di questi rami, di )) cui al fine di questa mia prefazione troverete un esatto » elenco, onde sappiate dove son presi, altro non ho da )) aggiugnere se non che per gli studiosi d'antichità ab- w biarao arricchita l'opera di tali monumenti; perchè sic- )) come sono essi sicuramente antichissimi, danno idea a M noi delle vestiture, dell'Armi, de' riti, de' sacrifìzii, e M di quelle cose in somma , delle quali tanto si studia da- )) gli eruditi in questo genere di cognizioni. — 10. Voi sapete , Signori , che Virgilio nel libro 3.° delle auree sue Georgiche segna con mirabili versi la maniera più acconcia , onde domar si vogliono i giovenchi. 332 MEM. DEL CONTE t, SALINA M Tu quos ad studiiini;, alque iisnm forraatis agrestefn, w Jam vilulos horlare, viamque insiste domandi, ;) Dum faciies animi jiivenum, diim mobilis aelas. )) Ac primiira laxos tenui de vimine circlos )) Cervici subnecte: deliinc^ ubi libera colla )> Servilio assuerint, ipsis e torqiiibus aptos » Junge pares, et coge gradum conferre juvencos: )) Alque illis jam saepe rotae ducanlur inanes » Per terram , et summo vestigia pulvere signent. » Post valido nitens sub pondere faginus axis )) Instrepel, et junctos temo trahat aereus orbis. 11. Egli è in questo luogo, ove da due rami si scor- ge, avere usato i Romani non d'aste, ma di una sferza, la quale, se l'occhio ben vi si affila, armata pare di pun- golo, siccome esser lo debbe, dacché altronde si è vedu- to costumarsi il pungolo da' Romani. Sembrerebbe per avventura, che per noi, fatti imitatori de' saggi Latini, sostituire si potessero simili sferze, non senza lo stimolo, alle aste da noi adoperate , risparmiando ferite e furti agli uomini, e percosse barbare a' nostri buoi, i quali a pre- mio delle loro fatiche possono chiedere a diritto un simi- le tratto di compassione , non negata a quelli del Lazio da quel popolo stesso , che non ebbe ribrezzo di trarre i gla- diatori a scannarsi sull'arena. DEL PRirVCIPE BOIVAPARTE NELL* APRIRE LA SEZIONE DI ZOOLOGIi DEL SaStS© (B©S?Sai2S3(D 8(B22S!??322(B(I) 22iiaìS£kSt® .1 3 Settemote /i8i4. Jua prima parola che dal cuore io rivolga a voi , o colleghi benevolenti , significa un rendimento di grazie alla cortesia , onde mi eleggeste. E per che ho ferma voglia di corrispondere alla fiducia in me riposta, ho chiamalo a Vicepresidente il dolt. Domenico Nardo, quell'operoso e chiaro Naturalista delle adriatiche acque, e a Segretario il dolt. Achille Costa , che specialmente in fatto di ento- mologia ^ ei, giovinetto di età, va a parodi provelli mae- stri. Gratuliamoci poi unitamenle che la Sezione vanti tra' suoi l'infaticabile Viaggiatore dell'Affrica, il quale ia due opere pregevolissime (1) descrisse e figurò tante specie nuove, cercate sotto quei Soli assiduamente infocati. Egli (1) Intendo parlare del celebre Edoardo RUppell autore del Viaggio neW Affrica Settentrionale , e della Fauna del- l' Abi$sinia ( E. ). 334 PAROLE qui giunge con nuovi pesci tesoreggiali nel mar di Sici- lia. Nel Bourgeot S, Hilaire udite un nome alla scienza sacro per eredità di sapienza, e in lui stesso vedete l'au- tore della bella continuazione del Levailiant sui Pappagalli. A presciedere le discussioni che si moveranno da essi , da un Gene, Bassi, De Filippi, Porro, Schraidt, Verany e altri, io avrò per certo difetto d'ingegno e di attitudine; a nessuno però cederò il loco ove pongasi l'amore della Istituzione , la sua vita , il suo durare perpetuo. Lo zelo che ad essa mi scalda ha superato quegli ostacoli che al venire in questa Riunione Sesta mi si erano altamente at- traversati. E prima la morte di quel mio non men di san- gue che di amore congiunto , il quale come si fu conso- lato della riveduta Italia, volle pure l'estremo di una ve- nerabile vecchiezza onorare, tramandando il nome suo tra quelli eziandio , che la storia dei Congressi al tempo consegnerà. Quindi la briga di parecchi rilevantissimi affari, e la mia salute stessa si frapponevano. Ma io venni tra voi, e l'abbandono di ogni altra cura fu ben compensalo dalla vostra significazione. Sì, io vi so obbligo dell' onore compartito, non già che aura d'ambizione mi tocchi, ma perchè mi si apre da qui più opportuno campo a dire al- cuna parola, suscitata sempre da volontà unica e ferma di contribuire alla prosperità dei Congressi , che io amo quan- to un esule la patria , quanto un fratello i fratelli. Non è tempo 0 luogo che possa sviarmi da essi. E là, non ha guari, sul desiderato lido partenopeo, dove la gagliardia e la prontezza degli intelletti si tengono maravigliosamen- te vivaci , sotto quel cielo incantevole e dilettoso , io non li dimenticava. In Vienna toccai con mano quanto valgano gli studi dell' Heckel per ripartire in gruppi naturali la famiglia intricatissima dei Ciprinidi, mercè il più parti- coleggiato esame dei denti faringei. Nella capitale coltis- sima della Prussia , guidato dal Miiller, principe degli Ana- tomici viventi, ho studiala la organizzazione de' Pesci sì DEL PRIN. BONAPAP.TE 335 allesamenle, che molte false idee ammesse pure da som- mi, saranno lenificate^ e la scienza ittiologica ne acqui- sterà utile dalle sue fondamenta. Di colà son lieto essere primo a portarvi un libro che per le dotte cure del Li- chlenstein, mette a luce le scorperte del Forster, rimase per mezzo secolo semisepolte. La maggiore satisfazione però ch'io pigliassi di quel viaggio, mi fu sortila dall'ac- coglienza di Humboldt, in quello appunto che l'anniver- sario quarantesimo del suo ritorno in Europa celebrava- si dell'Accademia di Berlino, la quale pochissime pareg- giano e nessuna sorpassa. E veramente quell'uomo, in cui la scienza s'è fatta succo e sangue, avrebbe rallegrato e com- mosso di pallia carità ogn' italiano spirito, udendo come a lui niun fatto antico o moderno del bel Paese sia scono- sciuto, e com'ei l'ami e degno lo vegga di ogni più am- bita prosperità: le cose nostre tien egli in elevatis- sima estimazione, perchè assai dentro le conosce; on- de è per suo concetto che 1' Italia non mai scese un MOMENTO DA QUEL PRIMATO DI SCIENTIFICA ALTEZZA. E n0Ì inchiniamoci con animo grato a quello straniero benefico che ben usando la potenza del nome suo protegge i dotti di ogni nazione, e loro fa provvedere efficacemente. Egli' non potè quivi recarsi, ma in Napoli verrà ornamento nuo- vo e desiderato, non solo a quella Settima Riunione , ma alla Istituzione tutta. Che già essa fortificata omai di universa- le opinione per il concorrervi di famosissimi ingegni, e per gli utili veri che va dispandendo, acquista ogni dì più carattere di potenza morale. E in questa Milano viene fa- voreggiata primamente dalla presenza e dalla religiosa in- telligente volontà di un Porporato dignissinio , al quale non ho qui udito lingua che non tributasse parole d'amore e di venerazione. L'alleanza della Religione con la Sapien- za non è comandamento d' umano consiglio , ma patto di evangelica verità: chi questo nodo rompe o rallenta non è il nimico dell'uomo, ma l'avversario di Dio! La mente 336 PAROLE DEL PRIN. BONAPARTE è fatta da Lui per aprirsi alla ragione indagatrice del giu- sto e del vero; ed egli è sacro dovere che la Istituzione nostra in tanto raccolto fiore d'intelletti, frutti ai popoli benefici reali e sostanzievoli. Noi di un mare interminato, lasciati ornai addietro li scogli , prendemmo già l' alto pro- speramente , onde più che prudenza di nocchiero , si vuole la sicurezza e l' animo franco dell' uomo che corre in sua via. — La scienza ha nuovi mondi da discuoprire , e a- spetta novelli Colombi. REIVDICOIVTO DELLE SESSIONI DELLA SOCIETÀ AGRARIA DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA. {Continuazione, Vedi pag. 271.) ANNO ACCADEMICO 1823-1824. 1.* Sessione straordinaria 4 Decemhre 1823. 11 Sig. Cav. Presidente aprì questa convocazione av- visando esser la medesima destinala, a senso dell'Art. XVIII del Regolamento , per l' elezione alle cariche , e per le no- mine di nnovi Socj. Al primo di questi due oggetti fu provveduto col con- fermare ad unanimità di voli il Signor Cav. Avv. Salina nella carica di Presidente. Indi completata e rinovala io parie la Censura, secondo le norme prescritte dal XIII Ar- ticolo di delio Regolamento, e fatte alcune nomine di So- cj in ciascuna delle tre Classi, si passò alla destinazione del giorno in cui dovrebbersi tenere regolarmente in ciascun mese le Ordinarie Sessioni nell'entrante Anno Accademi- co, e fu stabilito il secondo Giovedì di ciascun mese In seguilo , sopra rapporto della Censura, fatta pari- menti la destinazione de' Socj che dovranno leggere le loro Memorie in dette Sessioni, il Signor Presidente dichiarò sciolta l'adunanza. S.'' Sessione Ordinaria 11 Decernbre 1823. Neil' aprirsi di questa Sessione il Signor Presidente invitò il Segretario Prof. Contri a leggere il suo Discorso, secondochè dalla Censura gli era sialo assegnalo. Egli N. A>N. Se. Natur. Seuie II. Tom. 2. 22 338 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA prese a riferire la sua opinione intorno alla qualità del letame comunemente usato nella nostra Provincia, in re- lazione allo stato di scomposizione in cui si trova al mo- mento di sotterrarlo. Il quale riferimento diede occasione all'Autore di accennare in breve i pareri diversi dei Pra- tici Agricoltori, e degli Agronomi Teorici fin a quel mo- mento pubblicati relativamente alla tanto agitata questione della preferenza da accordarsi al concime fresco , e recen- te in confronto del decomposto; riputandosi da alcuni mo- derni assolutamente dannosa la fermentazione. Quindi aven- do egli indicate secondo il suo parere le ragioni^ ed i fat- ti favorevoli alla opione de' moderni , e quelli insieme che vengono addotti a favore della pratica degli antichi^ ne conchiuse unicamente la necessità d'intraprendere speri- menti in proposito. Alla instituzione de' quali avendo in- vitato i Colleghi egli pose termine al suo Ragionamento consegnando agli Atti lo scritto. Il Sig. Presidente allora invitò nuovamente il detto Segretario a leggere alcune lettere di ringraziamento in- viate alla Società dai nuovi Socj , e poste tali lettere pari- menti negli Atti la Sessione fu chiusa. 3.^ Sessione Ordinaria 15 Gennaio 1824. Secondo le risoluzioni prese dal Corpo Accademico; nella straordinaria adunanza del 4 Decembre precedente, questa sessione doveva aver luogo il giorno 8 del Genna- jo, ma venne diferita al 15 per indisposizione del Sig. Prof. Orioli Socio Ordinario a cui era affidata la cura del leg- gere in detto giorno. Per la qual cosa Egli presentò alla diferila adunanza una Memoria molto rimarchevole, in cui trattò distesamente della utilità dei paragrandini , e pro- pose di costruirli di filo di ferro. L'Accademico Conses- so accolse con molto interessamento una tale proposta,, e trovandola meritevole di essere portata alla notizia del DELIA PROVINCIA DI BOLOGNA 339 pubblico ordinò la stampa della Memoria a proprie spese. Della quale Memoria perciò si repula inutile di dare qui alcun estratto , abbastanza essendo già divulgate le cose che di quel tempo, ed in appresso ancora furono scritte in- torno a questo argomento, rimasto allora problematico, e che probabilmente si rimarrà tale anche per un tempo non breve. Niun' altra lettura fu fatta in questa Sessione che il Sig. Presidente dichiarò sciolta dopo aver consegnata agli Alti la Memoria predella. 4.* Sessione Ordinaria 12 Fehbrajo 1824. In questa adunanza ancora una sola Memoria fu Iel- la, ed in essa il Sig. Doti. Luigi Pislorini trattò due ar- gomenti giù precedentemente messi in campo da altri due Accademici. La riduzione a più ristretto spazio del colti- vamenlo del Grano ^ della Canapa, e de' Legumi, onde poter dar luogo ad una più ampia coltivazione del prato, già consigliala dall'Accademico Sig. Ingegnere Berti nel suo discorso dell'Anno precedente, fu di bel nuovo pro- mossa, e con molti argomenti di teorica, e di pratica confermata necessaria a miglioramento del sistema agrario Bolognese dal Doti. Pislorini : il quale inoltre raccomandò una maggior cura, ed una più industriosa economia nel Irar profitto dallo sterco de' Polli, e de' Colombi; come pure richiamò premurosamente l'attenzione della Società alla trascurala educazione delle pecore, prendendo di qui occasione di accennare insieme un miglioramento affatto indispensabile per noi non solo per accrescere economica- mente la quantità delle materie ingrassanti , ma ben anche per ridonare al monte un genere d' industria utilissimo , suo proprio per natura, e quasi in totale abbandono per biasimevole non curanza de' collivatori di questa estesissima parte della nostra Provincia, e con danu.o gravissimo dei 340 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA fertili piani della medesima, derivata dalla rottura delle terre^ e dalla cultura de' cereali improvvidamente sostitui- ta a quella del bosco, e del pascolo. Tuttociò contiene la prima parte della Memoria. Nella seconda il Pistorini ritornò pur anche sopra un argomento importanlissimo , egualmente trattato nel precedente Anno dal Prof. Orioli; cioè la manifat- tura del vino. Se non che avendo quest' ultimo nella sua Me- moria proposto molli principj di teorica , e molta dottrina , r altro invece più si diffuse in argomenti di pratica , e nel- r esposizione di fatti. Fra i quali non sarà inutile di qui rife- rirne alcuno riportando le seguenti parole dell'Autore. )) E noto altresì come il Sig. Conte Bologna fosse vago V anni sono d'impiegar l'opera di un vignaiuolo France- J> se per fare il vino della sua Vigna a Porta Saragozza, j) e come ne ottennesse il risultato il più soddisfacente, }) avendone conseguito Vini somigliantissimi ai migliori di w Francia. Vero è che mancatagli negli anni successivi )) l'opera del Francese, tuttoché abbia egli procuralo di j) ripeterne diligentemente i processi^ non gli è riescilo J) mai di eguagliare la squisitezza di quel primo : ma ha J) ottenuto, e continua ad ottenere un Vino superiore d'as- M sai in bontà a qualunque altro del nostro territorio, e w che in qualunque tavola può essere servito a pari dei » Vini esteri così detti da bottiglia. Altri ancora vi sono » che da pochi anni in qua si distinguono nella fabbri- )) cazione del Vino, ed a me pure è riuscito di ottenerne )) dalle mie uve di superiore al comune, colla sola diligen- ì) za di scegliere le uve ben mature, di sottrarre l'estre- i) mila del grappolo, e di svellere il picciuolo del raspo: )) ma né da me, né da altri che io sappia, si è per anco w scoperto il modo di rendere questi Vini anche migliori, ì) atti a lunga conservazione ed a lunghi trasporti, con- M dizione essenziale, a cui convien giungere per formar » d'essi un ramo di commercio coli' estero. w E benché io abbia dato qualche studio all'esame DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 341 » di non pochi Autori, che hanno trattato dell'Arte di fa- » re il Vino , non ini è riescito di determinare un metodo » sicuro ed unico di procedere in questa faccenda; molte w essendo , e diverse fra loro le opinioni , e le teorie de- M gli scrittori. Lo che mi ha indotto a credere, che mol- w ti forse , e diversi esser possono i metodi di Vinificazio- M ne avuto riguardo alla diversità dei climi, dei terreni, » e delle Uve , cosicché più che alle teorie scritte d' uopo )j fosse attenersi a quei risultamenli di pratica, dai quali )) per molteplici esperimenti si ottennero migliori effetti. la ì) questo proposito anzi mi cade in acconcio di riferire due » fatti , della cui certezza sono sicuro , che possono meri- n tare molta attenzione, e consigliar forse non inutili len- w lativi. Sono alcuni anni che in una grossa cantina di )) questa Città accadde che in giorno di molta affluenza di « Castellate fu versata una BleT^-^a (1) di Uva di Collina ì) in un tino, il quale nella confusione fu poscia affatto » dimenticato, e a modo che soltanto nell'Anno susse- )) guente al tempo di preparare i vasi per la nuova ven- » demmia il tino fu trovato pieno. Fu per altro usata la )) precauzione di tentarlo col foro di un piccolo trivello » onde il fluido potesse sortire senza scuotimento , e fu » massima la sorpresa di chi presiedeva alla cantina e di w varj astanti , trovando un Vino che lungi dall'avere nes- « suna cattiva qualità, era anzi si buono da pareggiare i w Vini di Spagna. )) Nella Vendemmia poi del 1821 in una famiglia pu- » re di questa Città fu presa da una Castellata qualche » quantità di mosto per cuocerlo e farne la, volgarmente » detta, sapa. Eseguita la cottura, fu posto il liquido (I) Cailellala viene dai Bolognesi denominato quel vaso di legno a fog- gia di lunga bolle che serve al Irasporto dell'Uva mosla in Città, e conlie- nc libbre 2000 in peso di Bologna , pari a Libbre nietricbe 723. 7. 1. — e viene poi dato in conseguenza il nome di jjicjst» a quel vaso più piccolo ctic De contiene precisamente la mclii. 342 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA )) bollilo entro diversi fiaschi che si misero in serbo J ed » usandone poscia all' opportunilà, successe che alcuni fra )) essi furono dimenlicali, ed è ora poco piti di un mese )) che vennero scoperti, ma nel vuotarli non si ebbe più w sapa, ed invece ne uscì un Vino limpido, chiaro, di )) gratissimo sapore, che lasciò per altro ne' vasi una quan- w tilà di sedimento Non mi farebbe )) maraviglia che l'esperienza c'indicasse V opportnnilà )) della cottura della quale assai verisimilraenle valevansi M i Romani nella fabbricazione del famoso Falerno, che )) in prova della sua durala non cominciavasi a bere che )) dopo dieci anni, e che, fatto in Italia, bevevasi poi in n Affrica , ed in Asia. )) L' esempio testé citato della Sapa convertita in vino M potrebbe forse venire all'appoggio di questa opinione, » la quale è altresì confermata da quanto costumasi dai )) Modenesi in alcuno dei loro vini neri , che riconosciuto )) da lutti ottimo e per gusto e per forza, da niuno che )) ne usi s'incolpa di cattivi effetti alla testa, o allo sto- )) raaco, e regge benissimo al trasporto, che in addietro )) era vistoso , fin anche in Germania dove aveva grande )) esito, e dove Io avrebbe ancora se non gli facesse con- }) trasto il favore dal Governo accordato ai vini proprj del- h l'Ungheria, m Perciò da questi argomenti di fatto non lievi trasse motivo r Autore per incoraggiare i Bolognesi nel miglio- ramento della importantissima manifattura del Vino, con che chiuse il suo dire, e passata la Memoria agli atti, e letta di poi una lettera del Sig. Ing. Rossi, che, per oc- cupazioni sopravvenutegli per parte del Governo, impedito dal preparare verun ragionamento, chiedeva di essere di- spensato dal leggere nella Sessione del successivo Marzo, fu chiusa insieme questa adunanza del Febbrajo. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 343 5.* Sessione Ordinaria 8 Aprile 1824. Per la della mancanza di lellore non fu tenula Ses- sione nell' undici Marzo giorno deslinato all' Ordinaria di dello mese, e solaraenle in questo proseguì il corso re- golare delle Sessioni ; e fu il Sig. Doli. Filippo Guerma- iii quegli, che recilò il Discorso Accademico, facendo in esso proposla di un doppio sovescio alla Canapa indotto a ciò da un suo sperimento: perchè avendo Egli seminato Lu- pini nel suo campo appena toltovi il grano , li vide cre- sciuti in sul finire dell'Agosto per modo da poterli sot- terrare, sì che seminala di poi immediatamente in quello stesso terreno la fava , ne avvenne che al tempo della van- gatura polè il suo Canapajo godere di un doppio ingrasso con molla utilità , e con invidiabile economia- Chiuse poi il suo dire rivolgendo il discorso ad altre coltivazioni , e ad altre industrie; ed avendo incalzato nell' inculcare la necessità di essere rigorosamente economici, propose ad e- serapio le lodevoli costumanze di altri paesi, mostrando ancora col seguire in ciò le tracce di Agnolo Pandolfini come l'industria agraria, e l'economia campestre procac- cia a chi l'esercita utilità non solo, ma diletto ancora, ed un vivere onesto , e pieno di contentezza. Terminala la lettura , e consegnata agli alti la Me- moria il Sig. Presidente avvisò esser pur anche terminata la sessione. 6.* Sessioììe Ordinaria 13 alaggio 1824. Questa si fu l'ultima delle Ordinarie dell'Anno, e vi lesse il Signor Professore Antonio Berlnloni. Egli pu- re diresse, come altri Socj già fecero, il suo dire a quel primario scopo degli Agricoltori Bolognesi , di otte- nere cioO il loro inlcressanlissinio prodotto della Canapa 344 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA con gran copia d' ingrasso , ma colla maggiore economia. Egli probabilmenle indotto dalla nostra antica pratica, pur segnila da molti anche al giorno d'oggi, di seminare fra le fave da soverscio alquanto di Colzat, e reputando pili che la fava utile nella concimazione qualsiasi pianta cru- cifera perchè pili abbondante di azoto , propose in gene- rale il soverscio delle crucifere , ed in particolare quello della Brassica comune (B. oleracea L.). Le poche parole del Ch. Autore che qui si aggiungono vagliano per dare a conoscere in breve la sua opinione » è » un fatto ben conosciuto che le piante » crucifere contengono l'azoto. E vaglia il vero: da esse )) ritraesi colla distillazione l'ammoniaca per la combina- » zione del loro azoto coli' idrogeno, non altrimenti che )) si ricava l'ammoniaca dalle sostanze animali distillan- » dole. Pertanto io sono di parere^ che se il suolo , cui si » dovrà affidare il seme delia Canapa, venga prima prepa- » rato con buona concimazione di pianEe azotate, o cru- )) cifere, questa concimazione alleggerirà di molto la spe- ì) sa degli ingrassamenti animali , e al certo varrà a pro- » durre una Canapa assai più rigogliosa di quella che » dalle fave sotterrate deriva ; perchè le fave non polendo )> somministrare quell'azoto che per se stesse non hanno, M 0 tengono in poca quantilà , nemmeno possono coopera- )> re alla formazione del terriccio , di che è mestieri, w Del resto si repula superfluo il dare qui verun altro estrat- to di questa erudita Memoria poiché fu già data alle stam- pe dall'Autore, e Icggesi inserita nel semestre 1.° delle Esercitazioni dell'Accademia Agraria di Pesaro pag. 57. Consegnato agli Atti lo scritto del Sig. Prof. Bertolo- ni , cui incombeva il leggere per turnale destinazione, sor- se il Sig. Prof. Francesco Orioli, ed ottenutone il permes- so dal Sig. Presidente fece lettura di un' Appendice all'al- tra sua Memoria relativa ai Paragrandini metallici superior- mente indicata nella Sessione 15 Gennajo. La quale Appen- DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 345 dice, fallane negli alti la debila registrazione , venne come la della Memoria del pari riconsegnata all'Autore per dar- la alle stanile ; e con ciò ebbe fine l' adunanza. 7.^ Sessione straordinaria 22 Luglio 1824. Dai due seguenti Dispacci l'uno di S. E. Mons. Vice- Legato Folicaldi l'altro dell' Eminentissimo Cardinale Ca- merlengo Pacca dcdiicesi il motivo principale di questa straordinaria adunanza, ordinata dal Signor Presidente al- l'oggetto di raccogliere l' individuale parere dei singoli Socj Ordinar,) intorbo al quesito fatto alla Società , e poter da- re sul mctìesimo alla Eccellenza Sua una ragionata risposta. » N.° 6768. ILLUSTRISSIMI SIGNORI » Mentre viene da me interpellato il Consiglio di Ma- w nifatture e Commercio su quanto può riguardare le vi- )) ste di consumo e di commercio de' Bestiami per raggua- w gliarnc poi l' Eminentissimo Cardinale Camerlengo a re- » golamento della Tariffa sulla introduzione, ed estrazio- )) ne de' bestiami medesimi , trovo opportuno di profittare » ancora degli utili lumi, e notizie, che possono venire ì) somministrate dalle Signorie Loro Illustrissime in punto )) dei bisogni dell'Agricoltura in relazione ai suddetti Bo- w stiami ; oggetto importantissimo contemplalo dalla sa- )) viezza del sullodato Porporato; la cui analoga Circola- M re io rimetto qui acchiusa in copia alle Signorie Loro » Illustrissime, onde possano meglio conoscere lo spirito » delle superiori sollecitudini suU' argomento in discorso. » Attenderò dalla cortese loro corrispondenza tutte )) quelle notizie, e riflessioni, che crederanno confacenli » allo scopo preposto, e con tale fiducia accompagnala 346 RENDICONTO DELLA SOCIEtX AGRARÌA ì) dai senliraenti di perfella considerazione passo a raf- » fermarmi » Delle Signorie loro Illustrissime w Bologna 8 Luglio 1824. )) Alla Società Agraria ecc. Loro Affe'^ìonatìssìmo G. D. FOLICALDI V. L. » Circolare. Em-° e Rev.mo Big- Mio Osseq.rao )) Pressanti istanze pervenutemi sul migliorare il com- » raercio dei Bestiami mi consigliano a conoscere, se la » Tariffa regolatrice oggidì stabilita sulla introduzione ed )) estrazione di tal genere possa meritare una qualche mo- )> diflcazione, a fine di meglio favorire l' Agricoltura ed )) il Commercio esterno, e se l'esclusione diretta, o in- )) diretta^ che venisse a determinarsi del Bestiame estero ì) dallo Stato fosse o no per recare danno col soverchio M alzamento del prezzo della quantità necessaria all'in- ì) terno consumo e alla lavorazione dei campi. Quindi mi w rivolgo alla sagace intelligenza di V. E. , ond' essere for- » nito delle notizie opportune, le quali possono, senza )) tema di errare, condurmi a prendere su ciò le più uti- w li, e sagge determinazioni. )) Pieno intanto del più profondo ossequio resto ba- » dandole umilissimamente le mani. » Di Vostra ecc. Roma 4 Luglio 1824. » Sig. Card. Legato di Bologna. Umiliss. Devot. Obbl. Servo B. CARD. PACCA. DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 347 Alla quale onorevole consiillazione i Socj adunati de- liberarono doversi rispondere sopra alcuni molivi che age- volmente si possono raccogliere dal contenuto della lettera seguente scritta alla Legazione a nome del Corpo Accade- mico dal Sig. Presidente. EMINENZA REVERENDISSIMA )) Oggi si è rannata la Società Agraria di questa Pro- )) vincia, la quale si è occupata del quesito con tanta » precisione, e saggezza proposto alla Eminenza Vostra » Reverendissima dall' Eminentissirao Sig. Cardinale Ca- M merlingo con suo foglio Circolare dei 4 corrente; que- » sito sul quale è a Lei piaciuto di voler sentire il pare- » re della Società stessa, se cioè V esclusione diretta, o » indiretta del Bestiame estero da questo Stato sia per » recare danno o no alla lavorazione de' campi- )) Limitatosi a questo oggetto il quesito, la Società M medesima è stata d'avviso che qualunque sia l'esclusio- » ne, che direttamente, o indirettamente sia per prendere » il Governo sul Bestiame estero , niun danno sia per ve- )) nirne alla nostra Agricoltura. w I motivi precipui, che 1' hanno in questo avviso in- M chinata , partono dal riflesso , che accrescendosi tutto di w fra noi l'ampliazione, e coltura de' prati, si accresce )) al tempo stesso la quantità del Bestiame, e che tale w quantità vieppiù si accrescerà, costantemente diffondendo- )) si la persuasione, che senza Bestiame non si ha utile w coltivazione, dimodoché l'allontanamento, o la diflìcol- » tà del concorso del Bestiame estero provvedere sempre )) meglio ai bisogni nostri; tendendo gli uomini ad occu- » parsi eflìcacemente di quegli oggetti ove trovino un gua- » dagno. w Desidera vivamente la Società Agraria Provinciale, « che le viste del Superiore Governo mirino a questa o 348 RENDICONTO DELLA SOCIETÀ AGRARIA w diretta o indiretta esclusione, la quale lungi dall'essere » apportatrice di danno Io sarà di vantaggio sensibilissimo » all'Agricoltura, alla Provincia, allo Stato intero. w Inchinandomi anche per la Società stessa al bacio » della Sacra Porpora ho l'onore di protestarmi con ve- w nerazione ossequiosissima » Dell'Eminenza Vostra Reverendissima Bologna 22 Luglio 1824. » A Sua Emin. Reverend. « Il Sig. Card. Legato di Bologna. Umìlìs. Devotìs. Osseq. Servo LUIGI SALINA Presidente. Dato corso a questo affare, nell'occasione di essersi perciò radunata la Società, l'Accademico Consesso prese cognizione di quanto dalla Legazione era stato operato , onde tentare estesamente la sperienza de' Paragrandini me- tallici. Perchè il Sig. Presidente ordinò la lettura di un Dispaccio della prelodata Legazione, delli 6 Giugno detto Anno N.° 4597, con cui l'Eminentissimo Spina parteci- pava alla Società di aver diramato ai Consigli Comunali copia delle Memorie del Sig. Prof. Orioli intorno ai Pa- ragrandini;, invitandoli a radunarsi per decidere se si deb- bano armare i perimetri delle loro Comuni. Con piacere dal Corpo Accademico fu sentita questa comunicazione, e fu messo in atti il surifferito Dispaccio , accompagnandolo con un esemplare della lettera Circolare a stampa diretta ai Consigli in accompagno delle sopraccennale Memorie. Indi il Sig. Presidente dichiarò sciolta la convocazione. _[. DELIA PROVINCIA DI BOLOGNA 349 8.' Sessione Straordinaria 26 'Jgosto 1824. Di nuovo ancora fu radunata per istraordinario la So- cietà in quest'anno accademico nell'occasione che il pre- lodato Erainentissimo Camerlingo mandò alla Legazione un Progetto di assicurazione della Vita degli Animali Bovini, il quale Progetto dalla Legazione medesima venne trasmes- so alla Società Agraria, per riportarne il suo parere, accom- pagnalo dal seguente Dispaccio. M N.° 7105. ILLUSTRISSIMI SIGNORI » Mentre 1' Eminentissimo Sig. Cardinale Camerlingo » si occupa dell' esame dell' istanza promossa dal Signor }) Francesco Rivière per lo Stabilimento ne' Dominj Ponli- » ficj della Banca di Assicurazione della Vita degli Ani- )> mali Bovini a somiglianza di quella da esso attivala )) nell'L R. Governo dello Stalo Veneto, mi ha incarica- )) lo di far conoscere a codesta Società Agraria l'analogo » Regolamento, di cui le si rimette copia, onde voglia )) essa compiacersi di prenderlo in esame, e, sentite an- w cora le osservazioni dei pratici , e dei proprietarj par- w ticolarmente interessali alla proposta istituzione, mani- w festare l'apprezzabile suo voto, che da me si attende » per rassegnarlo al suUodato Porporato. )) Prego le Signorie loro Illustrissime ad accogliere )) colla usata cortesia anche il presente rilevante oggetto , )) per quindi curarne la bramala evasione con uua pari )) avedutezza e sagacilà- 350 RENDICONTO DELLA SOCIEtX AGRARIA )) Con tale fiducia, e coi soliti sentimenti di perfetta w considerazione mi raffermo w Delle Signorie Loro Illustrissime Bologna 14 Agosto 1824. » Alla Società Agraria ecc. Affe'^ìonat' per servirle G. D. FOLICALDI V. L. Adunato il Corpo Accademico , e letto il Dispaccio fu senza frapporre ritardo preso in esame il Progetto;, il qua- le incontrò molte opposizioni, e difficoltà all'essere mes- so ad effetto nella Provincia di Bologna, attesa la differen- za di Sistema Agrario, ed Economico la quale passa fra'I nostro, e quello delle Provincie Lombardo-Venete, in cui fin d'allora dicevasi posto ad esecuzione. Per la qual co- sa la Società si astenne dal pronunziare qualunque giu- dizio, limitandosi al chiedere una qualche ulteriore noti- zia per avere più chiare idee intorno al proposto Regola- mento : il che fu fatto dal Sig. Presidente, che nel 10 Set- tembre così rispose alla Legazione EMINENZA REVERENDISSIMA » Servendo a' Venerati Comandi dell' Eminentissimo )) Sig. Cardinale Camerlingo a noi comunicati dall' Enii- )) nenza Vostra con foglio delli 14 Agosto p. p, la nostra )> Società Agraria ha preso in esame il progetto proposto « dal Sig. Rivière per l'assicurazione della Vita dei Bo- )) vini nello Stato Pontificio. Siccome però in esso proget- » to non si dà idea alcuna de' regolamenti , e delle disci- )) pline, colle quali dovrà determinarsi, e verificarsi il va- j) lore de' bestiami , come pure i metodi per far constare M la qualità delle malattie , e le cause di morti dei bestiami DELIA. PROVINCIA DI BOLOGNA 361 )) Slessi, acciocché sia tolto ogni motivo di litigio fra i ì) Proprietarj , e l' Assicuratore in caso di disgrazia , così » la Società nostra, riconoscendo per ora soltanto generi- » camente l'utilità del fine cui tende il progettato piano, » si limita ad esternare più maturamente il di lei volo, » allorché conoscerà, questi regolamenti, ch'essa crede w indispensabili a cautela dell'interesse de' Proprietarj. » Fra tanto inchinandomi al bacio della Sacra Porpo- M ra^ anche a nome della Società ho l'onore di prote- )) starmi Umìliss. Devot. Osseq. Servo LUIGI SALINA Presidente. Questo fu il solo oggetto per l'adunanza del 26 Ago- sto, ultima dell'Anno Accademico 1823-1824. ( sarà continuato ) RENDICONTO DELLE SESSIONI DELL^ ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL^ ISTITUTO DI BOLOGNA ( Continuazione , Vedi pcg. 288. ) Lasciando stare T ambra o succino , e il cassitero di Monti,, ristringo il mio ragionamento sotto due distinzioni e dico, parermi primieramente che gli antichi abbiano talvolta significato per Io nome di elettro , alcuna altra co- sa diversa dalla predetta mistura; 'parermi in secondo luo- go che Erodoto ci dia notizia di un altro metallo il qua- le, se non è platino, più si accosta ad esso che l'elettro di Plinio e di Isidoro. Dopo avere notato, che a torto il Bossi, dietro l'au- torità di Psello , esclude dai metalli l'elettro ^ ammettendo che con tal nome gli antichi avessero sempre voluto in- tendere r ambra o succino , viene citando alcuni pochi luo- ghi di antichi scrittori , ricordati pure dagli eruditi pre- detti; i quali luoghi, se non provano ad evidenza, tut- tavia non mi pare, prosegue l'Accademico, escludano af- fatto la mia opinione, che gli antichi per lo nome di e- letlro hanno talvolta significato una materia diversa dalla mistura più volte mentovata. Telemaco presso Omero , accolto ad Ospizio da Me- nelao, così dice al figlio di Nestore — Vedi, o Nestoride, )) per le case tonanti, lo splendore del rame, dell'oro, )) dell'elettro^ dell'argento e dell'avorio— Il Millin nel- la mineralogia omerica, tiene che Plinio, sopra que- ste parole del poeta, sia entralo in opinione della pre- detta mistura dell' elettro ; perchè questo vocabolo è posto ;, DEL PROF. A. ALESSANDRINI 353 nel testo, fra oro ed argento: siffatta ragione però pare aver non possa gran forza non essendo in un poeta ri- chiesta tale sonile esattezza. Meno sottilmente^ ma più di- rittamente^ se io non erro, avrebbe potuto dire , che il poe- ta fa notare il pregio e le qualità delle materie che no- mina pel solo vocabolo splendore molto conveniente ai metalli o alle leghe metalliche. Ma perocché , secondo che osserva Heyne commentan- do il libro Vili di Virgilio, il poeta latino ha imitato il greco , fa al mio proposilo revocare alla mente vostra, prosegue l'Accademico, come, ponendo Vulcano che as- sicura Venere che le farà le armi per Enea , le dice , io userò : » Quidquid in arte mea possum promittere curae> M Quod fieri ferro liquidove potest electro, » Quantum ignes animaeque valent. )> E qui. Accademici, non altro trovate mentovato che il ferro e l'elettro: prima il metallo più necessario : poscia il metallo di maggior pregio. E se questa maniera d'in- tendimento vi pare diritta, non è da credere che Virgilio, ristringendo il concetto in poche parole, avesse taciuto l'oro schietto per nominare una mistura d'oro e d'argen- to. Adunque non islimo errare conchiudendo, che il poe- ta volle far menzione di una materia maggiormente pre- ziosa che r oro o almeno come l' oro. Ma tornando al luogo di Omero il dotto vescovo Eu- stazio mette nel comenlo le varie opinioni intorno la ma- teria ond'era composto l'elettro, e senza accogliere parti- colarmente alcuna sentenza, conchiude che il poeta ha nominato l'elettro , come ornamento, qual egli siasi , della casa di Menelao. E qui allega un luogo dell'Antigone di Sofocle, che volendo nominare cose di gran pregio, mette insieme l' elettro di Sardi e l' oro indiano. Erodoto poi ci dà notizia di un altro metallo il quale, se non è platino , molto al platino si accosta. Narra egli N. Ann. Se Natur. SsniE II. Tom. 2. 23 354 RENDICONTO ACCADEMICO che Creso donò riccamente all'oracolo di Delfi e, fra le molte cose, novera cento dieci sette mezzi plinti, lutti di uguale lunghezza , larghezza e profondità , dei quali mezzi plinti dice che quattro erano di oro bene affinato e purgalo, gli altri erano d'oro bianco: secondo gli eruditi diede egli questo nome all'elettro; ma siccome non ignorava^ né po- teva ignorare la voce elettro^ che pili volte si trova ìq Omero, così o diede all'elettro un nuovo nome, o vero inlese a significare altra cosa , il che sembra più proba- bile, e di maggiore preziosità deir elettro. A confermazio- ne della quale sentenza, prosegue l'Autore, è da por mente al peso che assegna a ciascuno dei mezzi plinti, dicendo che quelli di oro puro erano di peso tre mezzi talenti ; quelli di oro bianco di peso due talenti : adunque quest'oro bianco pesava maggiormente che l'oro schietto. Dal sin qui detto pare adunque, conchiude l'Acca- demico, che la voce elettro non significhi sempre, presso gli antichi, la mistura di Plinio e di Isidoro; e che Ero- doto fa menzione di un metallo più che l'oro pesante e, per questa condizione, simigliarne al platino: il quale metallo si trovava in Sardi , dove pure si trovava quell' elet- tro che Sofocle mette di pari con loro, e che quindi il platino era nolo agli antichi, il che verrà anche meglio dimostrato se trovar modo si possa di accordare il peso dell'oro bianco di Erodoto al peso dai moderni assegnato al platino. 17. Sessione. 28 Mar:{o 1844. Il Segretario partecipa all' Accademia lettera del chia- rissimo Sig. G. Labus Segretario dell'I. R. Istituto Lom- bardo di Scienze, Lettere ed Arti, in data di Milano 19 corrente, colla quale ringrazia pel IV e V volume dei Nuovi Commentari ed il Rendiconto delle Sessioni a lutto l'anno Accademico 1841 al 1842 inviato in cambio dei DEL PROF. A. ALESSANDRINI 355 Volumi delle Memorie che ristiluto stesso regala alla nostra Accademia. Il distinto letterato !Sig. Eugenio Alberi residente in Firenze manda in dono all' Accademia i seguenti opuscoli. De Galilei Galileii circa Jovis Satellites lucubralioni- bus quae in I. R. Pittlana Palatina Bibliotheca adservanlur. Florenliis 1843 in 8.° di p. 13. Lettera sullo stesso argomento all'illustre e Reveren- do Padre Inghirami: ivi 1843 foglietto volante. Ultime parole ai suoi Avversarli in materia dei lavo- ri Galileiani sui satelliti di Giove. Bologna 1843 di p. 18. Risposta ad uno scritto intitolato — Lettera dell'aba- te Pietro Pilori di Firenze al Dott. Giulio Bedetti di Bo- logna. Marsilia 15 Gennajo 1844. in S.** di pag. 22. L'Accademico pensionato [Prof. Michele Medici pre- senta delle eleganti injezioni microscopiche di diversi vi- sceri e tessuti del corpo umano , eseguite dal celebre Sig. Dottor Francesco Cortese Professsore d' Anatomia nell' Uni- versità di Padova, e legge intorno alle medesime il se- guente scritto. Breve Nota intorno le inje'^ìonì microscopiche del Professore Francesco Cortese. Le injezioni sono non v' ha dubbio, uno de* più ef- ficaci ajuti all'anatomico per conoscere la composta, e meravigliosa costruzione del corpo animale. Di che meri- tano la nostra v\coxiOi,ctmdi \m Malpighi , wn Ruischio , un Albino, un Lieberkunn , un Tommaso Laghi, ed altri non pochi , i quali non solo dirozzarono quest' arte , ma r ingentilirono j ed illustrarono;, ed apportatrice la ren- dettero di solidi , e reali ammaestramenti. Utilità divenuta sempre maggiore a misura che per le industrie del 3Ia- scagni, deli' Ilunter , del Socmmcring, del Bar ih, del 356 BENDICONTO ACGADEliriCO Prokaska, del Re^ia, del Pani^'^a, del Berres, e di altri sonosi trovati nuovi, e più acconci modi, onde spin- gere le injezioni ne' più segreti, e profondi luoghi del corpo ^ e discoprire in essi una moltitudine di vasi, la quale non sarebbesi immaginata , non che creduta. E le diligenze hanno avuto tanta felicità di riescimento, che r occhio nudo il più veggente non arriva a discernere nelle parti injettate i variati minutissimi intrecciamenti vascolari , de' quali sono intessute, ma è necessario il presidio di acute, e anco di acutissime lenti onde poterle discoprire: per lo che si nomano appunto injezioni microscopiche : tal che sarebbesi quasi inchinato a credere essere il corpo animale una congerie grandissima di vasi ^ se non si rico- noscesse per sensato e verissimo l'avvertimento lasciatoci ^a\V Albino , che non avrebbevi differenza alcuna fra gli organi , ove il corpo animale composto non fosse che di vasi. Ad ogni modo i vasi sonovi prodigiosamente multi- plicati, e divisi : notizia profittevole alla Fisiologia, la quale per essa conosce gli esalamenti , gli assorbimenti , la per- mutazione della materia , ed il processo riproduttivo inter- vegnenli in ogni punto del corpo: profittevole alla Pato- logia, quanto che ne deduce la genesi e de' morbi locali, e di tutti quelli, che locali in origine tendono a farsi universali, e di lutti quelli, ne' quali accade un' opposta conversione : profittevole alla terapeutica per intendere non solo la diffusione per lo intero corpo dei rimedj intro- dotti in un punto di esso , ma ancora l' azione de' topici , e l'efiìcacia loro nel condurre agli esiti più desiderabili le malattie. Ma non è questo il luogo di sì fatte considerazioni. Dirò bene, che fra coloro, i quali oggidì eseguiscono fe- licemente le injezioni microscopiche de' vasi sanguiferi , merita menzione , e lode Francesco Cortese attuale Profes- sore P. di Notomia umana nell'Imp. e R. Università di Padova. Del che fanno chiara testimonianza le molle pre- DEL PROF. A. ALESSANDRINI 357 parazioni, che ora vi presento: delle quali volle egli la scorsa slate farmi grazioso donO;, compartendomi per tal modo un replicato segno di quella benevolenza , che gli piacque mostrarmi dal momento, in cui, fu chiamato a sedere nella predetta cattedra: cose, le quali io volonlie- ri dico di lui, perchè anco più volontieri gli fo palese la mia gratitudine. Voglioso io per tanto di esaminare queste injezioni, e mancando d'opportuno microscopio, mi rivolsi al Ch. nostro collega Prof. Alessandrini , pregandolo di permet- termi l'uso di quello costruito dal Sig. Cav. Gio. Battista Amici , cui egli possiede , e di volere unirsi meco nel fare le osservazioni, le quali io bramava d'estendere ad altri simigliami preparali del museo diretto da lui, acciocché, instituili varj paragoni , con maggior fondamento giudicare si potesse del merito de' lavori del Prof, di Padova. Ed il mentovato collega nostro, mosso dalla sua cortesia, del- la quale ho avuto occasione più volte di approfittare, e di lodarmene, condiscese a' miei desiderj. Né fu d'osta- colo alle nostre inspezioni il non avere il microscopio com- posto del Plòssel, usato dall'Anatomico Padovano: con- ciossiachè quello dell' .^mid, perfezionato , com'è, nella facollà d'aggrandire alla vista gli oggetti, non è inferiore a verun altro strumento di simil fatta. Con esso adunque furono attentamente esaminale tutte le singole predette injezioni , e si ebbe campo di conoscere la somma esilità delle maglie, e delle anse vascolari, en- tro le quali aveano penetralo: alcune poi riescile così fe- licemente, e così belle, ed eleganti, che parve lavoro più induslre di questo non si potesse desiderare. E figuraro- no poste a canto di altiC molte pregevolissime, di cui i nostri musei anatomici sono forniti, mercè della perizia de' nostri egregi anatomici deìV Alessandrini prelodato, del Mondini, e del Calori y e dell'abilità degli anatomici Mo- donesi Caddi, e Cenerali , a' quali fu in grado d' inviare ìd dono a nostri Musei i frutti delle loro fatiche. 3$8 RENDICONTO ACCADEMICO Veramente quando pensai d'offerire a quest'Accade- mia le preparazioni inviatemi dal Prof, di Padova, cad- demi anco nel pensiero d' aggiugnervi la loro descrizione- Ma due motivi hannomi ratlenuto dal farlo. Il primo è, che la lettura d' una descrizione anatomica è nojosa , ed incomportabile a meno che l'inspezione o della cosa sles- sa, od una figura, che la rappresenti, non rilevi mediante il senso l'attenzione dell'ascoltante. Ajulo, che sarebbe ora impossibile ad aversi , perchè convenendo, che alla de- scrizione di ogni diverso pezzo, susseguisse l'inspezione del medesimo, non rimarrebbe né modo, né tempo agli uditori di ripeterla quasi 60 volte: che tale è il numero di queste preparazioni. Il secondo motivo poi è, che l'au- tore di esse si compiacque d'accompagnarle con una suc- cinta , e chiara descrizione , la quale renderebbe affatto inutili le mie parole. Ma acciocché voi, 0 Signori, sappiale almeno i tessuti, e gli organi, sopra i quali queste infezioni sonosi prati- cate^ li verrò ora nominando. Sono adunque 15 tavolette, 0 lastrine di cristallo. Porta la l."* tre preparazioni delle cellule polmonari. la 2.* cinque de' vasi capillari , ed intermedi del polmone. la 3.* tre de' vasi del fegalo. la 4." quattro de'vasi capillari sanguigni de'reni. la 5,^ tre de' tubuli Belliniani. la 6.^ tre delle ghiandole emopojeliche; una vale a dire della milza, una d'un rene succentoriato , ed una d' una ghiandola conglobala. la 7.* tre degli organi chilopojetici : d' uno strato cioè celluioso sottoperitoneale con una ghiandoletta linfatica lombare : d' un pezzo di mesenterio d' un neonato, ed una ghiandola chilifera del mesenterio. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 359 Porla r 8.* Ire di porzioni diverse degli intestini te- nui- la 9.* altre tre: della mucosa dell' esofago vi- cino alla sua espansione nello stomaco: della mucosa di questo nel suo arco minore, e di quella dell' intestino crasso. la 10.' cinque delle forme ghiandolari della cute. r 11.^ sei delle forme papillari della cute me- desima, la 12, '^ cinque delle introflessioni , e dei pro- lungamenti cutanei. • la 13.^ sei di varie parti spettanti all'apparec- chio loco-motivo. la U.'* altre sei di varj pezzi appartenenti al- l'apparato nervoso. la lo.* una della placenta. Preparazioni tutte , pel migliore investigamento delle quali richieggonsi diversi gradi di forza d' ingrandimento per parte del microscopio: avvertenza dall'autore medesi- mo suggerita e determinata. Intorno le quali soggiugnerò, che nel maggior numero di esse la materia injeltata è re- sinosa, profondamente colorita: preferibile a giudizio di lui, alle injezioni a colla, le quali lasciano sempre i va- sellini molli assotigliali , e schiacciati da non potersi fare conto veruno sopra i loro diametri : dovechè l'injezione re- sinosa li distende equabilmente, e li mostra filali, conti- nui, .'e cilindrici come debbono essere quando son pieni. Nondimeno alcune , quelle cioè di vasi a pareti assai de- licate, sono a colla, perchè la materia resinosa, eserci- tando (siccome egli afferma) troppa forza contro di esse, le spezzerebbe. E a lode del vero dirò pur anco, che quando, due anni sono, gli scienziati italiani si riunirono in congresso a Padova, gli anatomici colà intervenuti tro- W» RENDICONTO ACCADEMICO varono le injezioni del Cortese non inferiori a quelle del Prokaska, e del Berres , esistenti nel museo anatomico di quella Università: lo che equivale a giudicarle merite- volissime d' ogni commendazione. Della quale sono state di- chiarate degnissime anche l'anno scorso dal congresso scien- tifico di Lucca, all'esame del quale vennero sottoposte dal Ch. Sig. Prof. Pacini, cw'i l'operatore di esse, egual- mente che a me, le trasmise in dono. Per la qual cosa credo di porgere anch'io un argomento di estimazione a quell'illustre mio amico presentandole siccome fo a questa Accademia. E mosso dal sentimento medesimo, avvegnaché mi sieno care, con dispostissimo animo le depongo nel Museo d' anatomia comparativa di questo nostro Studio : con che mi confido di non rendermi discaro né a chi me le donò, né al mio collega direttore del dello museo ^ nel- le mani del quale il dono trasferisco. Non al primo , perchè i fruiti delle sue fatiche saranno in quel luogo più como- damente, e più largamente, conosciuti e studiati di quello essere potrebbero fra le domestiche mie pareli. Non al secondo, perché accresceranno ornamento a quell'insigne raccolta di anatomiche preparazioni, le quali colle inde- fesse sue cure viene ogni dì ampliando. Del rimanente se Francesco Cortese è anatomico assai dotto ^ ed esperio, non è uomo meno costumato, e mo- desto ^ confessando egli essere le sue injezioni microscopi- che un semplice saggio tentato per propria instruzione, al compimento del quale darà opera , ove ottenga l'appro- vazione dei dotti. E non è a dubitare, che non lo compia, essendo stali que' suoi lavori riconosciuti di mano maestra. Le quali mie lodi all'Anatomico Padovano mi sommini- strano bella ed opportuna occasione di estenderle a que' beneraerili , che in tante, e tante città d'Italia intendono con nobile gara all'avvanzamento delle anatomiche discipline, ed i quali , non dirò già , che mi facciano concepire la spe- ranza, ma mi rassicurano, che, siccome gl'italiani, dis- DEL FROF> A. ALESSANDBINI 361 sìpate le tenebre dell' ignoranza , e della barbarie , furono i primi a coltivare l'anatomia, i primi ad accrescerla, ed illustrarla, saranno eziaudio primi a condurla alla desia- ta perfezione- Questi preparati per secondare il desiderio esternato dal lodato Sig. Prof. Medici sono collocati nel Gabinetto d' Anatomia Comparata dell' Università. Il Sig. Professore Ispettore Maurizio Brighenti legge l'Elogio del Professore Gregorio Vecchi Ingegnere in ca- po della Legazione di Bologna, gfà Membro Onorario di questa Accademia. Nato in Fusignano nel dì 15 Ottobre 1787 fu rapito da crudele malattia pure nel 15 Ottobre dell' ultimo passato anno. Ci dispensiamo del dare un sunto di questo dotto ed elegante Elogio , essendo il medesimo stampato per intero nel quaderno di Febbrajo e Marzo corrente di questi Annali. Essendo stato da prematura morte rapito all'Accade- mia, alla Università ed a tutta Bologna l'esimio Professor Francesco Bertelli, Accademico Pensionato, l'Accademico Onorario Dott. Giulio Bedetti fu incaricato dal Presidente a leggere la dissertazione, che il Bertelli stava compilan- do pel presente Anno Accademico , e che quanto alla par- te slorica , aveva a termine condotta. E veramente essa con- tiene una copiosa, e diligente slorica narrazione di tutte le dottrine proposte sin qui da' Meccanici per determinare le pressioni esercitate da un corpo solido sopra un nume- ro qiialunque di appoggi che Io sorreggono. Forma poi quella Dissertazione parte dell'altra, che l'anno passato fu dallo stesso Bertelli letta all' Accademia ; alla quale pose egli il titolo : Ricerche sperimentali circa le pressioni de" corpi solidi, ne' casi in cui la misura di esse, secondo te teorie meccaniche, si manifesta indeterminata; e in- ^|62 RENDICONTO ACCAbEMICO torno alla relazione fra le pressioni e la elasticità de' corpi medesimi. 18. Sessione. 11 Aprile 1844. Il chiarissimo Sig. Ingegnere Francesco del Giudice, al quale venne partecipato d' uffizio il risultato del giu- dizio dell'Accademia intorno l'interessantissimo suo lavo- ro mandato pel concorso al premio Aldini (vedi seduta delli 17 Marzo), dirige all'Accademia officiosissima lette- ra di ringraziamento in data di Napoli 27 p. p. Marzo. L'Accademico Pensionato Prof. Cav. Antonio Berlolo- ni espone al Consesso la sua — Miscellanea Botanica Quinta — Prelude l'Accademico alla minuta e diligente descrizione delle piante nuove o poco note comprese in questa miscellanea quinta con un erudito ragionamento nel quale viene a dimostrare il cambiato livello del pelo delle acque del mediterraneo notabilmente innalzatosi nel giro degli ultimi secoli. Il celeberrimo Naturalista di Pavia Laz- zaro Spallanzi, dice il Bertoloni, fermatosi lungamente nel porto di Luni per studiare tutte le naturali produzioni di quel mare, delle quali diede poi una completa notizia ia una sua Lettera all' illustre Carlo Bonnet stampala nel 2.** tomo delle Memorie della Società Italiana, sul fine della medesima parlando dell'isola Tiro dello stesso porto, vol- garmente denominato Tino, dice di avere ivi scoperto un insigne monumento dimostrante che quivi il mare si trova ^ presentemente a quella medesima altezza alla quale si tro- vava nove secoli fa , senza poi dichiarare né quivi , né in verun altro de' suoi scritti in che consista questo monu- mento. Il Manzotti però cercato avendo nei raanuscritli i- nedili dell'illustre Professore di Pavia trovò, intendere egli di indicare con questa frase dei gradini scavati in tempi vcluslissimi nella rupe marmorea per ascendere dal mare DEL PROF. A. ALESSANDRmi 363 all'isola, e i due inferiori soliamo sono coperti dalle acque del mare in calma. Con molla e scella erudizione viene il nostro Accademico dimostrando, che, tanto il monastero, del quale esistono tuttora le rovine nell'isola, quanto i gradini, vi esistevano fino dal VII secolo, e che l'argomento portato in campo dallo Spallanzani per di- mostrare il suo assunto prova anzi il contrario di quello che vorrebbe egli sostenere. Infatti non è presumibile che quei gradini fossero in allora scavali sotto le acque, ma piuttosto che queste grado grado elevandosi siano perve- nute a ricoprirli stabilmente. Ma delle prove atte a corro- borare la propria opinione che il mare cioè siasi alquanto innalzato di livello le trova il Bertoloni esaminando ancora altre posizioni. A breve distanza della nominata Tiro esi- ste un'altra isolelta, poco elevala al di sopra del livello delle acque in calma; e che porta il nome di piccola Ti- ro, Tinetto, nella parte più eminente di essa restano po- chi ruderi di un Cenobio, che le tradizioni vogliono che soggetto fosse al Convento dell'isola principale: og- gigiorno allorquando il mare infuria i flutti arrivano fi- no a quei ruderi, non è certamente presumibile che que- sto avvenisse allorquando il Romitaggio fu eretto ed era abitato, nuova prova che il mare doveva trovarsi ad un livello inferiore. Nell'ultimo promontorio Lunense, oggi- giorno denominalo Capo Cort;o, avvi una spelonca, la co- sì delta tana del serpente, l'ingresso alla quale una vol- ta era ampio e facile, ma poco per volta ostruito dal se- dimento della prossima Magra , ora a stento e carpone ap- pena vi si può entrare, cionnonostanle l'acqua del mare tranquillo arriva quasi a coprire totalmente un tale sedi- mento. Per questi e per parecchi altri argomenti non me- no concludenti prova quindi il nostro Accademico, che il livello del mare nel giro di undici secoli si è alquanto innal- zalo, non potendosi le cose delle riferire al fenomeno dell' abbassamento del suolo perchè questo non potrebbe 364 RENDICONTO ACCADEMICO essere avvenuto senza terremoti e notabili sconvolgimenti de' quali certamente non rimane veruna memoria. Passando poscia l' Accademico a dire delle nuove pian- te componenti questa quinta miscellanea , illustra e descri' ve le seguenti specie. KUHNIA. Sect. I. Strigia De Cand. 1. KuHNiA Critonìa: caule herbaceo, pubescente: foliis lanceolato-linearibus , linearibusque inlegerrimis , re- motove serratis; subtus glanduloso-punctatis ; pani- cula terminali, patente, subcorymbosa. K. Critonia Willd. Sp. pi. 3. p. 1773. Torr. Comp. p. 283. K. panìculata Cass. Dict. d' hist. nat. tom. 24. p. 56. De Candol. Prodr. S p. 126. n. 2, Critonia Ruhnia Mich. FI. Boreal. Amer. 2. p. 101. Gaerm. De fruct. et semin. 2. p. 411. tab. 174. excl. Syn. Perennis. Legit in provincia Alaboma Americae septen. Dott. Gates. Habui ab 111. Principe Carolo Bonaparte. Floret Au- gusto Septembri. LIATRIS Sect. I. Euliatrìs De Cand. 2. LiATRis radians: tubere radicali globoso; caule pube- scenti-scabro ; foliis sparsis , lanceolato-linearibus , in- tegerrimis, marginalis, nudis, ulrinque resinoso-pun- ctatis; racemo longissimo, pedunculis folìolosis, in- ferioribus elongalis; calalhis radianlibus. DEL F£OF. A. ALESSANDRini 365 Perenti. Habitat et floret, ut supra. Sect. II. Suprago Cass. , et De Cand. 3. Liatris sessiliflora : 'glabra ; tubere radicali obloDgo ; foliis linearibiis inlegerrimis , multi nerviis, eciliatis, minutissime obsoleleque punctulalis, inferioribus lon- gissimis: calathis subsexfloris- Perenn. Habitat, et floret cum praecedente. 4. LiATBis lanceolata: tubere radicali globoso; caule pu- bescente; foliis inlegerrimis, basi remote ciliatis , in- ferioribus lanceolatis ; racemo elongato laxifloro ; ca- latbis subsexfloris, squamis oblougis, obtusis, cilia- tis; achenio villoso. Perenn. Habitat et floret cum praecedenlibus. Sect. III. Trilisia Cass. , et De Cand. 6. Liatris umbellata: caule ereclo; foliis sessilibus, re- mole calloso-denticulalis, integrisve, brevissime pilo- sulis, inferioribus lanceolalis: umbella terminali, sub- quinque radiata, abreviata; squamis calalbi ovato-acu- minalis, subciliatis. Perenn. Habitat et floret cutn praecedenlibus. CARPHEPHORUS. 6. Carpuephorvs Pseudo- Liatris: glaucus; caule cinereo- pubescente ; foliis lineari-convolulis , inlegerrimis , slri- clis , radicalibus longissimis; corymbo abbrevialo, den- sifloro; calalhi squamis imbricalis, ovalo-lanceolalis ; acheniis decera-ieslalis, pilosis. C. Pseudo-Liclris Cass. in Dici, d' hist. nat. T. 7. p. 149. De Cand. Prod. 5. p. 132. n. 1. Perenn. Habitat el floret cum praecedenlibus speciebus. 366| RENDICONTO ACCADEMICO EUPATORIUM Sect. I. Imbricata De Cand. Cephalis quinque-novemflorìs , foliìs opposìtìs. 7. EupATORiuM stìgmatosum'.\ì\vs,\xlv\\\m, scabrum , nigro- punctatura; caule ereclo; foliis lanceolalis, sessilibus, serratis; corymbo terminali, ramoso; calalhis cylin- draceis, quinquefloris , imbricatis, squarais linearibus, acuminatis, apice scartosis; acheniis quinquecostatis glandiilosis. Perenn., aut suffr. Habitat et floret cura praece- denlibus speciebus. Sect. II. Subirabricata De Cand. Cephalis tri-octofloris , foliis alternis Bert. S. EupATORiuM gZa5^j/bZmm; glabrura; caule tereli, striato; foliis integris, remoteve subdenfalis, glaucis, inferiori- bus oblongis, basi angustato-peliolalis , superioribus sessilibus, subcordatis , corymbo elongato, ramosissi- mo ; calalhis squamis obverse lanceolalo-linearibus , obtusis ; acheniis decemcostalis ; pappo crassiseto , bar- bellato. Perenn. Habitat , et floret cura speciebus praeceden- tibus. Sect. III. Eximbricala De Cand. Cephalis quinquefloris , foliis alternis , ìndivisis Bert. 9. EupATORiDM cassinaefolium: caule tereli, pubescente; DEL PROF. A. ALESSANDRINI 367 foliis inferioribus oblongo-ellipticis, breviter peliola- tis, siipra medium crenatis, siipeiioribus ovalo-Ian- ceolalis, sessilibus, integerrimis; coryrabo elongalo ramosissimo, cephalis congestis; calalhi squamis li- nearibus, obtusis ; acbenio quinquecostato ; pappo mi- nute bai'bellato. Perenn. Habitat et floret cum speciebus praeceden- tibus. 10. EupATORiuM aromaticum. Sp. pi. p. 1176. — De hac specie jara a longo tempore nota nihil aliud adnotandum habeo , nisi quod stili initio sunt bre- viter exorli, sed postea elongatur, et fiunt longe exerti ; ideo corrigatur hac de re quod tradilur a De Candolleo in Prodr. 5. p. 175. Perenn. Habitat, et floret cura speciebus praeceden- tibus. A questa memoria vanno unite cinque tavole nelle quali sono rappresentate a colori naturali le sette seguenti specie. Lialris radians Tav. 1. M sesciliflora » 2. )) lanceolata » 3. » umbellata m 4. fig. 1. Eupatorium siigmatosum. . . nò. » glastifolium m 4. fig. 2. ») cassinaefoliura .... » 4. fig. 3. Anche l'Accademico pensionato Dottor Gio. Battista Comelli Prof, di Clinica Medica dell'Università legge la sua dissertazione d'obbligo nella quale tratta — Dell'uti- lità del Solfato di chinina nella cura del reuma , dell' ar- trite e deir ischiatite — . Passati in rivista i principali Scrittori, sì amichi che moderni, i quali prescrissero con felice successo, e ad alle dosi , tanto la china china in so- stanza, quanto il solfato di chinino, viene l'Accademico 36& RENDICONTO ACCADEMICO a riferire parecchi casi pratici, che recentemente gli si sono offerii, e ne' quali ebbe mollo a lodarsi del metodo in discorso. Risguarda il primo una giovine d'anni 19, da due anni menstruata , molto pingue , ed in sommo grado isterica, la quale giaceva in lello da due settimane per forte acuta artrite generale , malattia che, due anni prima, l'aveva per ire interi mesi travagliata ostinatamente ad onta di energico metodo antiflogistico conlroslimolanle po- sto in pratica. Oltre i fenomeni comuni all' artrite acuta, null'altro , dice I' Accademico , offeriva al medico osserva- tore di interessante tranne una tinta seraiclorotica, un esa- geratissimo sentire, i polsi sfiancati, ed un rilevantissimo palpitare di cuore. Per verità non era mollo opportuno co- desto caso per tentare la prima volta il solfato di chinina per chi inclinava a parteggiare col Confani. La viziosa impressionabilità del sistema nervoso, lo stato apparente, se non veramente flogistico, almeno di irritazione assai pronunciata de' precordi, la intolleranza dello stomaco ad ogni sorta di rimedi , potevano essere ragioni sufficien- ti a dissuadere dal tentare il decantato rimedio ; tuttavia volli accingermi alla prova e prescrissi uno scrupolo di solfato in otto pillole , servendomi per formarle del sciro- po di papavero , onde provedere anche alla ostinala veglia di cui altamente lagnavasi l' inferma. Ordinai che di que- ste pillole ne venisse somministrata una ogni tre ore, non trascurando le usate tiepide bevande leiformi, e delle qua- li faceva uso anche nei precedenti giorni: compiute appe- na le 24 ore fu sensibilissimo il miglioramento. Si ripetè il rimedio portandolo a 30 grani, e nel secondo giorno le cose erano migliorale al segno che fu mollo difficile a persuadere l'inferma della necessità di rimanersi ancora per qualche tempo in lello; si sospese pel seguente giorno il rimedio, e quantunque fosse anche più notevole il mi- glioramento, comparvero in scena il sussurro alle orec- chie e del calore nell' emettere le orine- Scomparvero nel DEL PROF. A. ALESSANDRINI 369 segnenle giorno i fenomeni indicati, ma esacerbaronsi di qualche grado i dolori, né il polso lasciò di tornare sen- sibilmente febbrile, per cui ripetute le solite pillole per altri tre giorni dissipossi affatto ogni morboso fenomeno, e nella sellima giornata dalla presa del chinino Irovossi completamente risanala. La persuasi facilmente a conti- nuare di trailo in tratto alcuna di quelle pillole per evi- tare la facile recidiva ;, il che avendo eseguilo, d'allora in poi non ebbe più a provare il minimo sentore del morbo dolorosissimo. Anche nello Spedai Maggiore curò il nostro Clinico con questo metodo una gravissima artrite sviluppatasi in una giovane servente, che altre due volte, e per più me- si , abbenchè curata con ripetuti salassi ed un metodo con- troslimolanle attivissimo, sofferto aveva dello slesso male. Accettala nello Stabilimento nel secondo giorno di malat- tia , e dopo che gli era slato praticalo un salasso alla pro- pria casa , presenlossi con forti dolori alle articolazioni dei piedi, delle ginocchia e degli omeri; la febbre era gagliarda, fortissimo il battimento del cuore, rilevandovi l'ascoltazione il rumore di solTietlo: complicava questo male anche una eruzione acuta alla faccia , e molto estesa , avente l'aspetto di eczema, per cui soffriva intollerabile ardore al viso. La prima prescrizione fu di dodici grani di solfato di chinino , sciolto in alquante goccie d' acido solforico secondo il metodo di Confani , ed allungato in una satura soluzione di (ìori di tiglio, nella quale furono messe ancora 6 dram- me di siroppo di papavero bianco. Preso entro le 24 ore il rimedio nel giorno appresso fu sensibile il miglioramen- to, abbenchè più volte il rimedio gli avesse provocalo il vomii): fu replicato il solfato in pillole, conservando la dose dei 12 grani per giorno, e continuato per cinque giorni consecutivi si ottenne marcalissimo miglioramento noe solo nei dolori alla articolazione ma anche nella palpita- zione di cuore, essendosi quasi del tutto dissipalo il ru- fi. An.v. Se, NATtn. SEBit II' Tom. 2. 24 370 RENDICONTO ACCADEMICO more tanto sensibile nei primi giorni. Preso maggior co- raggio dall' andamento del male in modo così notabile mi- gliorato, fu portata la dose del chinino a 20 grani, po- scia per due giorni a 32, giacché il miglioramento sem- pre progressivo fece che nel 10 giorno si tornasse alia prima dose dei 12 grani. Diminuita in seguito la dose fino agli otto grani, ai quali si univa ancora un dodicesimo di grano di acettato di morfina , alla 24.*' giornata di ma- lattia trovossi in piena convalescenza , svanita essendo aii" Cora del tutto la eruzione alla faccia. Altri due casi di gravi artriti associate sul principio in uno dei due soggetti ;, che erano uomini piuttosto inol- trali in età, a pneumonite, e nell'altro a catarrale, furo- no portati a totale guarigione ed in breve tempo con me- todo del tutto analogo al descritto di sopra, di guisa che l'Accademico non esita a dichiarare come abbia avuto luo- go di compiacersi sempre d' aver seguito questo metodo nella cura dei reumi e delle artriti ; i casi osservali ridu- consi a 16 di forma acuta , e 5 di forma lenta e cronica. Nella maggior parte dei casi , dice egli , verificai la breve durata del male, ed il risparmio che si può fare dei sa- lassi: rapporto alla breve durata un caso di artrite mollo grave fu vinto in 4 giorni con una dramma di solfato; ed una ostinata ischiatite in 5 giorni, impiegando 120 grani di solfato, ed un solo salasso al piede. Poco da temersi so- no i fenomeni , quasi sempre esagerati , di irritazione da taluno imputati al chinino, giacché svaniscono sempre po- che ore dopo sospesa 1' amministrazione del rimedio, ed è pur forza conc'iiudere costituire un tal rimedio oggigiorno un argomento di sommo pratico valore anche perché nella generalità dei casi la guarigione avviene senza notabile de- perimento di forze , di guisa che in breve spazio di tempo gli infermi passano dallo slato del più atroce e tormento- so dolore ad una calma confortante, che li ridona al pri- miero vigore e sanità. DEL PROF. A." ALESSANDRINI 371 19. Sessione. 18 Aprile 1844. Coniinuantlo l'Accademico pensionalo Prof. Giuseppe Bertoloni la esposizione della sua Fauna insettologica del- l'agro bolognese traila in oggi dei Lepidotteri notturni, illustrando i generi seguenti 1. Saturnia Odi. — s. Sp. Sat. Pyri, Odi. III. p. 2. n. 1. — 2. Sat. carpini. Odi. 111. p. 6. n. 3. 2. Harpya Odi. — 1. Sp. Harp. Finula. Odi. III. p. 20. n. 1. — 2. Harp. Erminea, Odi. III. p. 24. n. 2. — 3. Harp. Furcula , Odi. HI. p. 32. n. 5. 3. NoTODONTA Odi. — 1. Sp. NoT. Zic^ac, Odi. HI. p. 48. n. 2. — NoT. Palpicra, Odi. HI. p. 69. n. 11. — 3. NoT. Pliimigera, Odi. III. p. 71. n. 12. 4. Cossus, Odi. — 1. Sp. Cos. Ligniperda , Odi. IH. p. 90. n. 1. — 2. Cos. Arundinis , Och. HI. p. 98. n. 5. — 3. Cos aesculi. Odi. HI. p. 99. n. 6. 6. Hepiolus, Och. — 1. Sp. Hep. Sylvinus, Och. IH. p. 109. n. 4. 6. Phygis , Och. — 1. Sp. PuYG. Boleti , Och. HI. p. 121. n. 1. 7. LiTuosiA , Och. — 1. Sp. LiTH. Quadra, Och. III. p. 126. n. 1. — 2. LiTii. Camo/a , Hubn. — 3. LiTH. Jacobaeae , Och. HI. p. 154. n. 18. — 4. Lith. An- cilla, Ooh. HI. p. 154. n. 19. 8. PsYCHE ,Och. — 1. Sp. PsYC. Pectinella Och. IH. p. 170. n. 4. — 2. PsYc. Villosella, Och. IH. p. 180. n. 13. — 3. PsYC. Graminella Och. HI. p. 181. n. 14. 9. LiPARis,Och. — 1. Sp. Lip. Dispar, Och. HI. p. 195. n. 5. — 2. Lip. salicis , Och. 111. p. 198. n. 6. — 3. Lip. r. nigrum, Och. HI. p. 200. n. 7. — 5. Lip. auriflua, Och. IH. p. 205. n. 9. 10. Orgya, Och. — 1. Sp. Org. Pudibunda,Oc\ì. IH. p. 209. n. 1. — 2. Org. Gonosùigma, Och. HI. \\ 218. n. 5. 372 RENDICONTO ACCADEMICO li. Pygaera, Och. — 1. Sp. Pyg. Bucephala , Och. IH. p. 235. n. 6. 12. Gastropacha, Och. — 1. Sp. Gastr. populifo- lia, Och. III. p. 245. n. 3. — 2. Gastr. quercifolia, Och. III. p. 247. n. 4. — 3. Gastr. Pruni, Och. III. p. 254. n. 6. — 4. Gastr. Trifola, Och. IH. p. 262. n. 9. — 5. Gastr. Quercus, Och. III. p. 266. n. 11. — 6. Gastr. Rubi , Och. IH. p. 270. n. 12. — 7. Gastr. Ta- raxaci, Och. IH. p. 272. n. 13. — 8. Gastr. Proces- sionea, Och. IH. p. 280. n. 17. — 9. Gastr. Neustria, Och. IH. p. 290. n. 25. 13. Eyprepia, Och. — 1. Sp. Eyp. candida, Och. IH. p. 301 n. 2. — 2. Eyp. pulchra, Och. IH. p. 304. n. 4. — 3. Eyp. grammica , Och. IH. p. 306. n. 5. — 4. Eyp. russula , Och. HI. p. 309, n. 6. — 5. Eyp. pian- taginis, Och. IH. p. 312. n. 7. — 6. Eyp. dominula Och. HI. p. 316. n. 9. — 7. Eyp. Hera, Och. IH. p 319. n. 10. — 8. Eyp. curìalis , Och. HI. p. 326. n. 13 — 9. Eyp. villica, Och. III. p. 330. n. 15. — 10. Eyp pudica, Och. IH. p. 334. n. 17. — 11. Eyp. Caja, Och III. p. 335. n. 18. — 12. Eyp. fuliginosa , Och. HI. p 346. n. 24. — 13. Eyp. d/?am, Och. IH. p. 350. n. 26. — 14. Eyp. mendica , Och. IH. p. 351. n. 27. — Eyp. men- thastri, Och. HI. p. 354. n. 28. Nella stessa Sessione l' Accademico Onorario Dott. Giu- lio Bedetti lesse una Dissertazione intorno alle Rette nor- mali alle Superficie curve : della quale daremo qui le prin- cipali Proposizioni, Prop. I. M II numero delle rette normali , che possono ì) guidarsi da un dato punto ad una data superfìcie alge- ì) braica del grado m, è rappresentato da {m^—m^-^m). )) Questo Teorema fu pubblicalo dal Sig. Terquem, ma non con bastante felicità dimostrato. {Journal de Mathé- matiques .... Par Joseph Liouvilk. Avril 1839 Paris). DEL PROF. A. ALESSANDRIISI 373 Prop. II. )) Il piano che contiene la retta normale ad » una superficie in un dato punto di essa, e la normale » ad una sezione piana fatta sulla superficie per quel rae- » desimo punto, è perpendicolare al piano di quella se- )) zione. » Prop. III. u II luogo georaelrico delle normali alle )) sezioni infinite di numero fatte con piani, che traversino )) lutti una retta condotta per un dato punto d' una super- » ficie curva qualunque, è una superficie conica del secon- di do grado. Questa superficie conica ha il vertice suo nel )) dato punto della superficie curva; per linea direttrice » può assegnarsele un cerchio, il cui piano è perpendico- w lare alla retta attraversata da lutti i piani secanti, e'I )) cui diametro è quella retta linea , che congiunge il punto, )) in cui quel piano taglia la retta attraversata dai piani )) secanti, col punto, in cui quel medesimo piano incon- )) tra la normale alla superficie curva nel punto dato so- » vr' essa. )) Prop. IV. w Sia )) l'equazione di una superficie qualunque, e con r,s,t » siano rappresentati li Ire differenziali secondi parziali » della :j \dx') ' Kdxdy) ' Vrfu V ' dxdyf ' \dy- w Dico , che essendo la superficie del primo genere di cur- w vatura, essendo cioè {s-—rt) hanno distanza né massima , né minima dal punto M » della superficie. » Altrettanto è a dirsi di que' punti M di qualsivoglia, superficie, ne' quali sia (s^—rt) •< 0. Prop. V. » Annullandosi il tratto BA della normale )) per Io congiungimento del punto B col punto A, mini- )) me sono le distanze del punto M della superficie di M que' punti della normale, il luogo de' quali è fra il )) punto A ed il concavo della superficie ; e massime han- )> no le distanze que' punti delle normale posti entro il » concavo della superficie medesima inferiormente al pun- » to A. )) Prop. VI. » Nelle superficie del secondo genere di cur- « valura, in quelle cioè nelle quali sia (s'^—rt) >- 0, vi )) hanno sopra la normale a un punto qualunque M della n superficie due punti B ed A 1' uno superiore , inferiore « l'altro alla superficie medesima , fra li quali si compren- w dono li punti della normale, le cui distanze dal punto w M della superficie sono [minime; mentre li punti della )) normale giacenti fuori del tratto B A distano dalla super- )) ficie d'un intervallo, che non è uè massimo, né rai- M nirao. » Le slesse cose valgono ancora per que' punii M di qualsivoglia superficie, ne' quali si abbia (s^—n) > 0. Prop. VII. » Essendo la superficie del terzo genere )) curvatura, essendo cioè (j^--n)r::0, havvi allora nella » normale a un punto qualunque M della superficie un M punto unico A , che cade entro il concavo della superficie DEL PROF. A. ALESSANDRIWI 375 » medesima, e separa i punti della normale, che danno » distanze minime, da quelli, le distanze de' quali non » sono né massime, né minime; minime le danno i pun- » ti , che sono entro il concavo della superficie fra A ed )) M , 0 che sono superiori al concavo di essa; né raas- » Simeone minime sono le distanze dal punto M della su- w perficie di que' punti della normale, che posti essendo )) entro il concavo della superficie distano da M per un in- }) tervallo maggiore di quello, che passa da A allo stes- » so M. » E valgono pure le stesse conchiusioni , ove il punto » M appartenga a qualsivoglia genere di superficie, pur- )> che in esso si abbia (5^— n) = 0; ma se la superficie )) sia concavo-convessa, non potrà dirsi allora, che il pun- M to A cade per entro il concavo di essa. Prop. Vili. )> Le normali ad una superficie in uno di » que' punti di essa, le coordinate dei quali rendano )) rzzo, 5 = 0,^ = 0, hanno ciascuno de' loro punti di- » stante d'intervallo minimo da quel punto di quella su- w perficie. w Prop. IX. Il piano è la sola superficie, le cui norma- » li calate da qualsiasi punto dello spazio siano costanle- )) mente distanze minime. » 20. Sessione. 26 Aprile 1844. Si partecipa dal Segretario una circolare, in data di Milano 11 Febbrajo p. p. , diretta all'Accademia dal Pre- sidente Generale della Sesta Riunione degli Scienziati Ita- liani il Nobile Sig. Conte Vitaliano Borromeo. L' Alunno Doli. Carlo Soverini legge una sua Memo- ria nella quale espone la — Descri-^ione anatomica di una rara anomalia del peritoneo consistente in un sacco che racchiudeva il digiuno e V ileo , e questi separava dagli 376 RENDICONTO ACCADEMICO altri intestini — Molto rara può dirsi questa qualità di anomalìa se un altro sol caso somigliante, per quanto almeno è a cognizione del nostro autore, fu descritto dal Neiibauer nella Memoria che ha per titolo — Descriptio anatomica rarissimi peritonaei conceptacuU — meritevole quindi di essere registrata nei fasti della Scienza ora che con tanta cura e felice riuscita si fa progredire anche co- testo ramo importantissimo della Notomia, la Storia della anomalie dell'organizzazione. Sul finire del 1841., dice l'Accademico, moriva nello Spedai Maggiore di questa Città per acutissima pneumo- iiile Pietro Franceschini calzolaio , domicilialo in Bologna. Era questi di mediocre statura , simmetrico della persona, robusto e vissuto sempre sano: tuttoché la malattia non avesse dato luogo a veruna particolare osservazione, si procedette, come costumasi ordinariamente nel pio stabi- limento, alla sezione del cadavere, spirate le 24 ore dal- l'accaduta morte. Il polmone mostrava certi indizj della patita mortale flogosi , ma si volle ancora esaminare lo slato de' visceri addominali : rovescialo in alto il grande omento _, che discendeva fino ad un pollice dal pube si vi- de, che il posto degli intestini tenui era occupato da un ampio e globoso sacco , molto più esteso verso il sinistro lato dove, passando sotto allo stomaco ed alla milza, ve- niva ad occupare tutta intera la regione del colon fino a toccare al di là di questo la parete addominale. Tutta la faccia superiore del sacco peritoneale era intera, e solo ver- so il lato destro appariva una angusta apertura per la quale esciva dal sacco stesso l'ileo per inserirsi tosto nel cieco che rimaneva al di fuori del nominato sacco. Taglia- ta la ripiegatura che rendeva tanto angusto il foro pel quale si poteva avere accesso entro la cavila del sacco si vide che oltre i tenui conteneva ancora porzione del colon, i giri del quale erano ben diversi da quello che sogliono essere nella condizione normale delle parti, come ne va- DEL FROF. A. ALESSANDRINI $77 riava ancora notabilmente la lunghezza, giacché misurato dall'origine dell'appendice remiforme fino all'ano fu tro- vato uguagliare cinque piedi parigini, un pollice e dieci linee; che è quanto dire superava di un piede e quasi due pollici la massima lunghezza che nello stato normale siasi in questo intestino osservala. Passando poscia il Soverini a dire della natura e mo- do di formazione di questa borsa singolarissima , certamen- te la ritiene egli quale produzione del peritoneo^ mostran- done tutti i caratteri, ed essendo per ogni dove la parete del sacco in discorso In continuazione col peritoneo stesso: ma , prosegue l' Accademico , la formazione di questo sac- co è ella dovuta ad un peritoneo più ampio e più esteso in questo individuo di quello che naturalmente suol essere: di guisa che una tale membrana dopo aver tapezzata la cavità addominale, e dopo aver formata l'esterna membra- na dei visceri, gli omenti, il mesenterio e gli altri lega- menti della debita forma e misura, abbia poi impiegato il soprabbondante a fornire il tenue intestino di una borsa parziale che ne limitasse di più i movimenti ?0 veramente una tal borsa si sarà essa formata a spese delle naturali produzioni peritoneali ? Le anomalie dell' intestino colon , la sua cangiata posizione trasversa, lo stiramento diretto da sinistra a destra di alcune produzioni peritoneali , e la to- tale deficienza di alcune altre ci fanno ragionevolmente pen- sare, che questa borsa siasi formata a spese delle naturali produzioni, o inviluppanti i visceri, o tapezzanti le pare- ti della cavità che li racchiude: e pare, che il peritoneo delle pareti addominali arrivato dal lato sinistro al punto dove s'inseriva il sacco, ivi, abbandonata la parete stessa, facesse una ripiegatura semicircolare per portarsi di nuo- vo da sinistra a destra , e costituire la maggior parte della lamina esterna del sacco. Non appena incomincialo questo cammino retrogrado incontrava il colon discendente sopra il quale passava, e progredendo veniva formando 378 RENDICONTO ACCADEMICO prima l'anteriore, poscia la destra faccia del ripetuto sac- co, a compimento del quale servivano poi ancora parte del mesocolon trasverso superiormente, ed inferiormente vi contribuiva ancora il meso-retto_, e quella porzione di me- socolon che è destinata ad inviluppare la curvatura sigmo- dea di questa porzione d'intestino crasso. Passa infine l'autore ad indicare ancora le anomalie offerte dal sistema sanguifero addominale in forza della singolare trasposizione di parti , e rende la propria descri- zione sempre più chiara ed intelligibile, ed esponendo al Consesso Accademico la naturale preparazione di cotesto singolarissimo caso patologico , e quattro tavole rappresen- tanti in diverso aspetto la preparazione medesima , nel mo- do stesso che gli si offeriva mano mano che ne andava sciogliendo e notomizzando le diverse sue parti. (sarà continuato) SULLA PRODUZIONE DELLE FIAMME NEI VULCANI E SOPRA LE CONSEGUENZE CHE SE NE PONNO CATARE del signor BORY. DE SAINT-VINCENT (1) Comptes rendus hebd. des Seances de V Acad. des Sciences. T. XVIL 1843. pag. 936. w Leggendo celi' iiliirao Reso conio delle nostre sedule sul medesimo soggetto una Memoria del Prof. Leopoldo Pilla, ho veduto colla più viva soddisfazione che questo Geologo confermava una delle osservazioni che io feci in addietro, ma alla quale confesso che io non dava tutta l'importanza che mi sembrò meritare dopoché ho appreso che un tal fallo « ha tale importanza nella scienza della w terra , che non saprebbesi troppo raccomandarlo alla al- )) tenzione dei Fisici, w M II Prof Pilla (egli ci dice) osservava il Vesuvio già da dieci anni; e non fu che nella notte del 2 Giugno 1833, che vi scoprì delle fiamme veramente spettanti alle eruzioni. w Per distinguere le fiamme di questa natura, biso- gna avvicinarsi molto alle fessure dalle quali sfuggono, porsi sul crateri in eruzione, almeno sui loro margini (1) Avendo in questi nostri Annali (Ser. IL T. II. pag. 96) recato un estratto del lavoro del Prof. Pilla, intorno alle Viainme de' Vulcani, cade opportuno l'aggiungere la presen- te nota del Sig. liory St. Vincent, che viene in conferma delle osservazioni istituite dall'illustre Geologo italiano. 380 SULLA PRODUZIONE DELLE FIAMME e incontrare così qualche pericolo nell'appressarvisi. Que- sto non fanno sempre gli esploratori dei vulcani, i quali hanno troppo di sovente indicato lo sbocco delle correnti di lava uscite dai fianchi, ed al quale più o meno s'ap- pressarono^ col nome di cratere, nome in questo caso affatto improprio : là non v' hanno giammai fiamme ine- renti alla natura de' Vulcani; io non ve n' ho giammai os- servato, quantunque me ne sia avvicinato tanto quanto chiunque altro , ed io non so che ninno ve n' abbia an- cora fatto parola. » » Io esplorava lungo tempo addietro , con premura, e, posso accertare, con ogni diligenza, un cratere, esatta- mente parlando , ben più considerabile di quello che sia il Vesuvio w Questo cratere, (io diceva l'anno Xlll della repubblica Voyage en quatre ìles des mers d' Afriques T. 2.) sembrava essere stato sollevato per uno sforzo in- testino della montagna; era dal margine del sol- levamento che sorgevano de' getti di fuoco ^ etc. Questo vasto laboratorio vulcanico provò in seguilo molti altri sollevamenti, e depressioni delle quali indicava sin d'al- lora la probabilità. Essendomi portato sul margine stesso dalla grande bocca ardente formata a guisa d'imbuto, e per la quale accadevano le esplosioni , io vidi nel davanti di questi getti un bacino nel quale ricadevano le materie lanciale. . . . Queste in seguito se ne sfuggivano, e per un declive arrivavano alla base del lembo del cratere,, ove esse scomparivano in una voragine perpendicolarmente sotto li nostri piedi. Verun vapore esalato da questo tor- rente di fuoco venne ad incommodarci, e non ci avvisò del pericolo di starvi tanto vicino A destra dei getti era un foro, poco distante dal quale io non aveva dappri- ma visto uscire alcuna cosa: ma, durante l'oscurila, ne sfuggivano di tempo in tempo , e per isbuffale , delle fiam- me bleuastre, simili a quelle dello spirito di vino; esse erano emesse con una certa violenza, come quella di una NEI YULCAM 381 lampada da smaltatori, e prodiicevano un rumore, a un di presso simile alla medesima. Tali fiamme passaggere ec- cedevano di rado tre piedi di altezza: la loro luce era sovente dileguala dallo splendore dei getti delle materie fuse. Queste sono le sole fiamme che io abbia veduto nei crateri , e vi ha luogo di credere che li vulcani non ne producano altre. Ciò che si chiama generalmente fiamme, nelle eruzioni, non sono che vapori ardenti etc (Loc. cit. p. 247. et 248). w Lo spettacolo ammirabile di cui mi fu dato go- dere offriva assolutamente le stesse circostanze , che circa quarant'anni più lardi, si rivedono in Italia. Io mi stimo tanto più felice quanto che ad una sì grande lontananza di tempo e di luogo la mia osservazione sia confermata quasi testualmente , benché sia stat? , se la mia memoria non mi tradisce, un po' aridamente trattata con inesattez- za in qualche parte , e forse volontariamente trascurata in altre. Che che ne sia, le tiamme che io aveva certamente veduto, e pel primo indicate, senza porre la minima av- vertenza a ciò che diviene una scoperta oggidì, non m'im- pedirono di estendermi sulle descrizioni enfatiche che si suole fare in certi libri, ne' quali tutto è in fiamme al- lorquando si tratta di eruzioni , di incendj sotterranei , di sconvolgimenti , di commozioni , di convulsioni vulcaniche eie. Io concludeva » che vere fiamme non si fanno vedere che nelle aperture che sono direttamente in comunicazione coi focolari vulcanici, e giammai sulle correnti di lave, anche presso la loro sorgente. » Io era per conseguenza all'unisono nel pensare col nostro corrispondente;, ed io stampava sul principio del 1804, ciò che si stampa della sua scoperta sul finire del 1843. Rapporto sopra i molluschi ed i raggiati del mar Egeo , e sopra la loro distribuzione considera- ta sotto il rapporto geologico del Prof. E. For- bes ; letto alla società britanica delle scienze risiedente a Cork { Athenaeum 16 Settembre 1843. Vedi questi annali T. X. pag. 387. Q. 'uesto lavoro suggerito dalla stessa Accademia , è il frutto di 18 mesi di ricerche nel mar Egeo, e sulle co- ste dell'Asia minore durante le quali sono state fatte os- servazioni in ciascun giorno, e numerose esplorazioni so- no state intraprese nel fondo del mare col mezzo di pe- scagioni (Drague), ed a diverse profondità sino a 230 braccia. Lo scopo delle ricerche era 1.° di raccogliere e di no- minare le diverse specie di molluschi e di raggiati che vi- vono nella porzione orientale del mare mediterraneo , 2.° di studiare le condizioni sotto le quali vivono questi animali, e la maniera secondo la quale essi sonosi associali gli uni cogli altri; 3.° di assicurarsi se delle specie conosciute solamente allo stato fossile siano ancora viventi a profon- dità ed in località sino ad ora non esplorate. 4.° Infine di paragonare le specie e le associazioni di specie attual- mente viventi in questo mare con le specie fossili trovate negli strati terziarj dei contorni. La prima parte del rap- porto contiene l' enumerazione delle specie colla menzione dello spazio ch'esse occupano in profondità, e della na- tura del fondo sul quale esse vivono. Gli animali marini del mar Egeo sono stati poco studiati nel lungo periodo che s'infrapone fra Aristotile e la spedizione Francese iu SUI MOLUSCHI ECC. DEL PHOF. E. FOUBES 383 Morea alla quale erano aggiunti dei naluralisli. Il numero delle specie detcrminate dai Francesi è stato dì mollo ac- cresciuto mercè dei lavori del Prof. Forbes , che ha dupli- cato la cifra dei pesci, ha aggiunto 160 specie di mollu- schi , senza far menzione particolare di molti raggiali di animali articolati , e di zoofiti dei quali precedentemen- te non n'era stato punto parlato. Più di 700 specie di mol- luschi e di raggiati in particolare sono slati determinati, e desse sono presentate dall'autore in quadri che indica- no il modo di loro distribuzione. La seconda parte del rapporto tratta delle cause che determinano il modo di distribuzione dei molluschi e dei raggiali nel mar Egeo^ e delle diverse regioni che offre questo mare in quanto alla profondità. L'autore stabilisce 8 regioni bene distinte cominciando dalla superficie sino a 230 braccia di profondità offrendo ciascuna una partico- lare associazione di specie. La più superficiale di queste re- gioni, e la meno consideiabile in profondità, poiché essa non discende che a 2 braccia , è tuttavia la più fertile in ispecie animali e vegetabili, e la più variante quanto alla natura del fondo. La 2.'' regione va dalle due alle 10 brac- cia; la 3.^ da 10 a 30; la 4.^ da 30 a 35; la 6.^ da 35 a 55: la C* da 55 a 75; la 7.^ da 75 a 105; la 8.' sor- passa in estensione tutte le altre prese insieme, e va da 105 braccia sino alla più grande profondità che sia stata splorata ; essa presenta un fondo uniforme , ed una forma lulta speciale. Alcune specie si trovano in molle di queste regioni e due soltanto in tulle. L' autore ha stabilito come una legge che discende dalle sue osservazioni che l' esten- sione dell'esistenza di una specie quanto alla profondità, corrisponde alla estensione della sua distribuzione geogra- fica, per un altro lato, le specie molto circoscritte quanto alla profondità appartengono sia a forme particolari al mar mediterraneo, sia a degli esseri estremamente rari nei mai- Egeo, ina comuni nei mari situati più al Nord. 38i SUI MOLUSCHI ECC. Le Conchiglie del mar Egeo sono in generale molto piccole , paragonale colie loro analoghe nell' Oceano , ed il numero delle Meduse e dei Zoofiti è comparativamente molto minore. Al disotto della 4.* regione la cifra degli animali diminui- sce a misura che si discende , ed a un tal punto che nella parte inferiore della ottava non vi sono più che 8 mollu- schi^ ciò che porta lo zero nella distribuzione della vita animale a un dipresso a 300 braccia di profondità. Nelle regioni superiori , le forme le più meridionali dominano mentre che quelle delle divisioni più basse hanno mag- giore analogia con quelle del Nord , lo che sembra indi- care che nella distribuzione degli animali marini, le re- gioni quanto alla profondità sono equivalenti ai gradi in latitudine. I colori delle conchiglie sono stati trovati tan- to più vivi, e tanto più variati quanto esse vivevano più d'ap- presso alla superficie del mare. Egli è lungo tempo che si è conosciuto, che sia sotto il rapporto del tempo, sia sotto quello della distribuzione geografica , le forme specifiche erano rimpiazzate da specie di forma somiglianti quantunque non identiche. Ora nel corso delle sue ricerche, l'autore ha potuto assicurarsi che una successione ed un rimpiazzamento analogo di forme specifiche aveva luogo quanto alla profondità; ciascuna spe- cie tocca un massimo nello sviluppo degli individui e di- minuisce gradatamente in numero a misura che si discen- de; ma prima ch'essa sparisca interamente si vede in mol- ti generi un' altra specie rappresentativa del genere che la rimpiazza; questa seconda arriva similmente al suo maximum di sviluppo dopo la scomparsa del suo prede- cessore, poi a grado a grado diminuisce e cessa in fine per far posto ad un' altra. I generi stessi sono rimpiazzati e rappresentati da' generi corrispondenti. Questa legge si è trovato esistere tanto pei vegetabili , quanto per gli animali. L'autore ha trovato dei fuchi ancor verdi a 55 DEL PROF. E. FORBES 385 braccie di profondifà e delle rnillepore sino a 105 braccia. La S.'^ parte del rapporto riguarda le conclusioni geo- logiche che ponno dediirsi dalle ricerche dell'autore. Egli ha trovato viventi in questa parte del mediterraneo alcune conchiglie che sino ad ora non si erano presentate che allo stato fossile. Sono tutte di forme appartenenti ai ter- reni terziarj e le specie sono sempre fra quelle che si trovano veramente allo stato fossile, ma sono molto ab- bondanti nel mare attuale, ovvero per contrario che ab- bondano allo stalo fossile e sono molto rare allo stato vi- vente. Nel 1.° caso la specie è al suo maximum oggi gior- no, nel 2° essa va avvicinandosi al suo minimum, e non tarderà guari a scomparire. La definizione delle regioni, e la determinazione delle associazioni di specie che le carat- terizzano danno ì mezzi di stabilire la profondila, alla quale uno strato fossilifero è stalo formato, ed i fatti raccolti dall'autore mostrano che le induzioni geologiche tratte dalla natura dei fossili sono fallaci quanto a quello che risguarda il clima, a meno che non si prenda in con- siderazione l'elemento della profondità. Così con quest'ul- timo mezzo è stato dimostrato che la baja di Santorino che ha presentemente più di 200 braccia di profondità, non ne aveva che 20 a 35 prima del sollevamento dell'Isola di Neokaimeni nel 1807. L'autore se n' è assicurato mercè dell'esame degli avanzi d'animali sepolti nel fondo del ma- re che è stalo alzato dall'eruzione. Fra i fenomeni geo- logici che si producono attualmente nel mar Egeo ve ne so- no alcuni che sono rimarcabili ed importanti. Ad esempio il deposito biancastro che forma il fondo del mare nella 8.* regione discendendo, produrrà circa 700 piedi in altezza di strali cretacei , uniformi quanto alla loro natura mine- ralogica degli animali che vi si rinchiudono; nel medesi- mo tempo, come lo zero della vita animale non è che pochissimo inferiore a questa regione e che il mar Egeo ha probabilmente una prof>ndilà di mille braccia in uua N. Ass. Se. NAfiii- StniE II. Tomo 2. 36 386 SUI MOLUSCHI ECC. DEL PROF. E. FORBES gran parte del suo letto potrannovìsi produrre degli strali di carattere mineralogico uniforme, aventi più migliaja di piedi di possanza , e non contenenti né anche un fossile. Ogni oscillazione nel livello per quanto di poco momento es- sa si fosse, produrrebbe delle alternative di strati conle- nenti dei gruppi distinti d'esseri organizzati , con degli strati che non ne rinchiuderebbero alcuno, e si formerebbero similmente delle alternative parziali di banchi contenenti dei fossili marini, e dei banchi racchiudenti conchiglie d'acque dolci fenomeno che si riproduce a' nostri giorni sulle spiaggie dell' Asia minore. Tutto questo potrebbe aver luogo senza convulsioni né catastrofe violenti di alcuna specie. I cangiamenti di livello i più insignificanti in ap- parenza potrebbero esser la causa della distruzione di ge- neri interi d'animali e di piante, le parti dure soltanto delle quali potrebbero essere conservate. Se il fondo at- tuale del mar Egeo venisse ad essere sollevato, classi inte- re d'animali sparirebbero senza lasciare ai futuri geologi alcun indizio della loro esistenza. \ Annali. Serie2:T:Il. Tav.lll. V f/^: Y-t/^^y-r^' r(^^ La. T^eiUn-. . Cenni intorno la vita di Federico Cesi Fondato- re e Principe dell' Accademia dei Lincei scritti da Erasmo Farri Scarpellini. Estratto dai cento ritratti e vite degli uomini illustri italiani Fase. IX Vili. Jr ederico Principe dei Lincei uno dei più grandi in- gegni di cui vada orgogliosa l'Italia, nacque in Roma nel 1585 da Federico Cesi primo Duca di Acquasparla , e da Olimpia dei principi Orsini. Ai primi slanci di quello spirilo immortale che Iddio nell'uomo infuse, di quello spirito sebbene ottenebrato dalla colpa di origine in cadu- ca salma racchiuso, cominciava il giovinetto Cesi a ma- nifestare i segni di quell'entusiasmo che naturalmente si desta all' aspetto di tante maraviglie in mezzo alle quali ci troviamo collocati. Pervenuto a concepire l'idea della esi- stenza di un Ente si presentò alla sua mente quella di una Sapienza infinita che lutto fece in numero, peso^ e misu- ra ; e così allo studio delle scienze umane , e divine ap- plicandosi , vieppiù penetrò con la sublimità di sua natu- rale disposizione dello spirito umano a contemplare la glo- 388 CENNI INTORNO LA VITA ria di Colui che tutto muove. Si diede quindi col cresce- re di sua età, a cercare d'amicizia uomini quali ad una soda pietà, fama unissero ancora di non ordinario sapere. Sul finire del decimo settimo anno di sua vita sdegnato di vedere il mondo schiavo sotto il giogo dell'antichità in una folla di cognizioni incerte, e di errori confusi con verità, concepì la grandiosa, e sublime idea, d'istituire una unione di alcuni uomini sapientissimi, per cercare con op- portunissime maniere la vera sapienza, e trovata propa- garla per ogni dove per vie di collegj ed accademie sta- bilendole nelle prime città di Europa tutta, e così formare una catena di commercio intellettuale. Dei Lìncei chia- molla, consacrata alla propagazione delle scienze come lo era di già Roma alla propagazione della Fede; onde posta la caledra della scienza presso quella della religione fosse da un centro comune a diffondersi l'emanazione di quel- l'eterno principio eh' è la verità per essenza, e la vita del suo vero appoggio. La volle il Cesi presso il Capo visibile della religione, la volle nel centro ove l'eterna Sapienza volle le sane, le fruttuose dottrine ove — misit ancillas suas, ut vocarent ad arcem , et ad moenia civitatis. — Non già che fosse costui mente su levare quanti allora di sa- pienti aveano nome, che a soli tre uomini il vedi congiun- gersi col più stretto vincolo di santa carità ed amicizia; ma tale però che seco loro insieme operando e studiando, bastarono eglino soli a stabilirla; vo' dire di Francesco Slelhiti di Fabriano, di Anastasio De-Filiis di Terni, e di Giovanni Echio di Deventer. Tali giovani virtuosi, ognun de' quali non oltrepassavano il ventesimo anno di loro vi- ta, sapeano apprezzare, qualmente che il Cesi, le cogni- zioni scientifiche e chiamarle come ancelle a prò della re- ligione, e della morale come sovente solcano fare i più dotti e venerandi padri della Chiesa. Nel 17 Agosto del 1603 accadde la famosa inaugura- zione dell'Accademia dei Lincei, giorno memorabile per DI FEDERICO CESI 389 Roma (al palazzo Cesi in via della Maschera d'oro (l))e così il principe Federico dal canto suo fidò alle mani delle slesse scienze l'educazione de' suoi compagni alzando il portico dello studio all'entrare della strada della gloria. Anzi dirò più olirà , che propose di piamente e cristiana- mente trattare le cose tutte che, od alla geometria, od alla matematica , od alla storia naturale appartenessero. Egli adunque come il divin fondatore della religione a' discepoli suoi perchè ne fossero i banditori parlò l'insi- gne istitutore della prima accademia di scienze che surse in Europa a tutti i dotti mostrando che in Roma , che in qualunque altra città, giudicò espediente che centro e sede aver dovesse la sua , diremo quasi propaganda delle scien- ze ; onde presso quella della fede prosperassero in accordo felice, e ad istruzione ^ e beneficio comune, ed a difesa della religione contro l'errore si diffondessero per tutta la terra. Quanti urti , quante reazioni , quanti ostacoli dovè af- frontare il nostro Cesi: tutto a danno del buono inventa r invidia, tutto fa credere l' ignoranza, tutto dimostra l'ipo- crisia. Ma a quali danni non conduce, e precipita l'umana (l) Il Sig. Ulisse Pentini che fu poi possessore di quel palazzo volle perpetuarne la memoria con la seguente iscri- zione dettata dal eh. Ab. Giovenazzi C-ESIORVM . FVI . DOMVS QTO . OLlM . COF.TVM . SVVM . LYNCEORVM . COGERE HERVS . MEV8 . FRIDERICVS . SOLEBAT HiCC . AVLA. . HI . PARIETES . ILLORVM VOCE ERVDITA . PERSONVERV.N'T IN . QVIBVS . VNICVS . ILLE • COELl . SIDERVMQVK SPECTATOR . ET . IPSE . ALIQVANDO . GALIL«VS AVDITV9 . EST NVNC . EX . A. . D. . V. . ID. MAI- ■ ANN. CI3I3CCXVIIt IVRIBVS . VLYSSIS . PENTINI INSCRITTA . H«C . TE . QVI . LEGIS NE8CIVS . NE . RSSRS . VOLVI. 390 CENNI INTORNO LA VITA depravazione? all'apparire su questo sacro suolo il nuo- vo magistero delle scienze venne il Cesi in sospetto di mas- sime eterodosse, e sì gli appose che pericolose dottrine andasse propalando. Il Romano Sapiente uomo fermo come aperto ne' suoi principj, si avvicinò tostamente ai diffidenti, presentò loro la mano, porgendo nel tempo stes- so la professione di sua fede col dichiarare che la sua parola sarebbe ognora slata k più solenne difesa della purità dei dogmi. Sia per suggello di tal veri(à,che diste- samente intendiamo di mettere, il suo compendiato evan- gelo che pose sott' occhio de' suoi Lincei, apprestando così la più nobile, la più preziosa delle umane risorse, appog- giandolo a quello del divin Nazzareno che gillò presso quella pietra e che immobilmente vi restasse sulla quale portae inferi non praevalebunt (1). DEI . OPT. . MAX . CVLTVS EJVSQVE . OPERVM . VNIVERS^ . MVNDI , MACHINyE . SEDVLA . CONTEMPLATI» MENS . SAPIENTVM . SCRIPTA . INTER . ET . DICTA . SEMPER . ENVTRITA SVIS . PLENE . CONTENTA . NEC . VELO . ADVERSVS . ALIENA . DESIDERIO SED . AVXILIO . SED . FAVORE . MOTA MORES . QVI . ET . TE . IPSVM . DECEANT . ET . ALIIS . PROSINT AMICITIyE . VERE . NEXVS . ET . CONSVETVDINIS . VSVS . EX PROBITATE SVBDITORVM . FAMILIìE . OPVM ìEQVISSIMA . MODE RATIO ■ LABORVM.AMOR.OTII.ODIVM ■ OPERA . QViE . TVA . PERMANEANT . QVjE . MAJORES . SINCERA . FIDEI . GBSEQVIO OMNES . PERENNI . VTILITATE . DEMEREANTVR HiEC . VIRI . SVNT . H^C . NOBILIS . H^C . PRINCIPIS . SVNT BONVM . NOMEN . VERAS . OPES . FELICITATEM IPSAM PARIVNT FRIDERICVS • C^SIVS • LYNCEORVM • PRINCEPS» I ITA . SE . SVOSQVE . PERPETVO . MONITOS . VOLVIT (1) Questo scrino fu letto e commentato per la prima vol- ta dall' Ab. D. Feliciano Cav. Scarpellini nel dì 27 di Lugli» _L DI FEDERrCO CESI 391 Valga questo scrino prezioso a riconoscere l' illustre Cesi;, qiiaruomo che parlava con le frasi di quel Codice divino , e vedasi sopra quali cardini si educava 1' antica generazione degli studiosi. Dicano pur ciò che vogliano i nemici dei Lincei che tacer non potranno senza svegliar compassione e addormentar l'invidia, che su questo suolo felice della religione coltivato il più bel fiore si colse della virtù, ed ovunque ne fu propagato, se finir non vogliano con oltraggio al Dator d'ogni bene con quelli, i quali appunto — qiiae ignorant blasphemant — ■ Era bene natu- rale poiché al rinnovamento degli studj fosse pur' anco rinnovato Io sbaglio , e tanto più che se la prima volta nacquero le scienze per un moto creatore , rinacquero la seconda per un moto d'imitazione. Fu dunque dal nostro Cesi nella sua gloriosa impresa insegnato l'arte d'inter- rogar la natura colla esperienza , e fu il solo che non isfuggi il giusto concetto della raosaica espressione Germinet ter- ra; e volle con il suo occhio veramente iirzceo ammirare più d' appresso le create bellezze , e contemplare i prodi- gj dei pochi giorni che lo precedette, quasi fra questi trovato presente si fusse al cenno dell'Eterno che ad un volgere di occhi tutta trasmutala si vide quest'arida par- te in bello e maraviglioso giardino. Anzi diremo più, ciò che non operò col senno, e colla mano Teofrasto, Dio- scoride, Plinio, ed il grande Cesalpino; perchè il Cesi conobbe, che una serie di processi si compie nel vasto elaboratorio della natura, perchè un rapporto di amistà aprir si dovea fra l'uomo che vive, e la pianta che vege- ta ; perchè 1' uomo di un celeste lume illustrato , dotato di 1826 esponendo il trionfo di Federico Cesi sul Campidoglio. Aggiungendovi infine — LÌNCEI . RESTITVTI . OBSEQVES- TES . ITERVM . PP. — {Roma pel De Romanis). 3{>2 CENNI INTORNO LA VITA lina mente capace a tutto superare può avvicinarsi al tro- no della Divinità per la scala delle scienze, simile, al dire di Bacone, a quella che apparve al gran patriarca dalla terra sino al cielo innalzarsi. E di vero se volgiamo un'attento sguardo sulle inte- re Tavole Filosofiche (1) si vedrà chiaramente in questo grandioso provvedimento scientifico il vero, e perpetuo scopo delle meditazioni del sommo indagatore della na- tura. Conciossiachè non vi dipinge con fantastiche imma- gini l'espressione mosaica , ma l'espone con delle verità incontrastabili affinchè da tutti si comprendesse a quali meditazioni questa c'innalzi, quali concetti c'inspiri quel- la intelligenza infinita, che tant' ordine, tanta econo- mia, tanta dipendenza stabilì fra le sue creature;, e con quale catechismo eloquente studiando, come si deve, una sola pianta siamo richiamali alla carità fraterna, alla ubbidienza alle leggi, alle virtù fondamentali, all'ordine insomma che da tutte le create cose ci viene eloquentemente insegnato. Chi negar potrà ch^Egli prima di tutti i moderni fisi- ci scoprì la nascosta natura delle Isìdi , dei Polipi di ac- qua dolce, dei Coralli, delle Madrepore, e più distinta- mente delle Spugne squarciando il doppio velo della na- tura che rendeva questi esseri larvati , ed occulti col pene- trare nella terza più perfetta qual* è l'animale! Cedan per- tanto l'onore e la gloria i Trambley , i Peysonel, e ren- dasi ad esso la dovuta lode. Si ricreda Linneo, ed in luogo (1) Altro non sono le medesime che un'estratto il pie compendioso di »n' opera oltre ogni credere vastissima , che Federico Cesi studiò tutto il tempo di sua vita , senza poterla intieramente compire^ portando in fronte Theatrum lotius uaturae. DI FEDERICO CES! 393 di asserire che, Lithophita Marsìlìus Florae imperio subjecit , Peysonellus Faunae regno restituit; àlea piiillo- sto che, Caesius Lynceis oculis ipsorum naturam mire detcxit. Se Linneo con pompa descrisse la digestione delle piante, l'organo in cui si eseguisce, le diurne aperture delle foglie , le notturne contrazioni equivalenti al sonno ed alla veglia, erano di già note al Cesi , e lo leggiamo in lina delle sue tavole con una proprietà e chiarezza che mai si possa maggiore. Qual riconoscimento non meriterà egli mai che tanti anni prima di Linneo una copiosa no- menclatnra delle piante a noi diede, ed in essa registrò parte di quei vocaboli che furono dai posteriori naturali- sti adottati. Della vegetale patologia non manco inteso era il Cesi, ma tutti i morbi delle piante e le loro cagioni apertamente manifestò. Dà chiaramente a conoscere la pra- tica concernente gli usi^ e le virtù delle piante; saviamen- te prescrive cautele ai farmacisti onde preparare i medi- cinali vegetabili; ai medici sulla maniera di prescriverli; e come risplenda il filosofico suo discernimento nella limi- tazione che assegna ai criterj delle virtù mediche delle piante, adducendo gli eserapj della eccezione, della falla- cia , e tutti subordinando i criterj alla bene intesa espe- rienza. I stretti limiti di questo articolo non ci permettono di più oltre ragionare, né di altre sue opere filosofiche (1), nò della sua vita laboriosissima, né del suo stabilimento durato 27 anni (2): solo diremo che queste tavole prezio- (1) Vedi Mandosio ncWa sua Diblioteca Romana , sc^wen- do ciò che intorno alle medesime lasciò scritto Leone Allacci nel suo libro intitolato Apes Urbanae. (2) Troppo ancora dovremmo deviare dal nostro assunto se volessimo ad una idea qua e là sfiorare o il Linceografo, S94 CENNI INTORNO LA VITA sissime contiene «n seme rinchiuso , e non sviluppato di tutte le altre opere botaniche posteriormente composte, e gran numero di quelle che restano a coraporsi: prova ne sia che simili considerazioni sono ripetute d' Admson, Fourcroy , ed altri moderni scrittori sotto questi varj rap- porti, matematico, fisico, medico, naturale, e metafisico. Se non fosse stata così sollecita la morte a troncare di Federico la vita nel bello delie sue speranze, o più giusti gli uomini non avessero senza modo, e misura per- seguitato fin dal nascere quell'istituto cui tutte colui do- nava le sue sostanze, ed i più grandi nel sapere gli ope- rosi loro travagli quanto aumentato avrebber vieppiù l'im- perio delle scienze e delle arti ? Ma di già conseguilo avea quella celebrità duratura, (cui la difficile Senna, l'au- stero Tamigi, ammirali n'emularono l'esempio), per fin che grande risuonerà i nomi de' più illustri Lincei (1), dir vogliamo di Giambattista Porta, di Fabio Colonna, del Fabri, e del Gran Galileo che più di tutti vantossi dir- si Linceo. Sino che visse il fondatore l' Accademia dei Lincei fiorì e crebbe, ma lui morto in Acquasparta nel dì 2 agosto 1630 in età di anni 45, rimase estinta col pianto d'Italia, e delle colle nazioni. Ch'imprese ad emulare gli esempj di tanta gloriosa famiglia ? Chi rivendicò la fama di quella cui non bastò quel tempo per essere in tutto ordinato, o le prescrizioni Linceane che furono intanto dettate per un pri- mo regolamento dell' Accademia. Tutte cotali cose raccolte dal diligentissimo duca di Cesi D. Baldassarre Odescalchi , ed a corpo storico di quelV Accademia , e di quel suo principe dal medesimo composte. (Roma pel Salvioni 180G). (I) Assicurano V Odescalchi , ed il Cancellieri, ne' suoi Mss. , che furono XXXU gli antichi Lincei. DI FEDERICO CESI 3/èS più amica romana, anzi universale Accademia? Il dolio, ed immortale D. Feliciano cav. Scarpellini di Foligno, nome caro alla gloria italiana, del quale lamentiamo da poco la perdila, a novella vita la richiamava nel 1795 (1) e per 46 anni con la sua scarsa, anzi ninna fortuna per beni, 0 danaro fece riviver intiero l'antico disegno di propa- ganda (2). Per tanti titoli, i nuovi Lincei richiamò sem- pre la considerazione dell' immortale Pio VII, del glorioso Leone XII, che la traslocò sul Campidoglio (3); e del regnante sommo pontefice, il magnifico Gregorio XVI (4); il quale la onorò col titolo di Pontificia. Così i nuovi (1) Nel Collegio Umbro-Fuccioli (V. Renazzi nella Storia dell' Università Romana). (2) A Roma si toccava la gloria di farla risorgere a pia lunga vita , perchè in Roma stava il più solido sostegno a cui l' aveva appoggialo il Cesi : La Religione. (3) Si raddoppiò a Roma il vanto , e con lustro maggiore perchè sul punto jn'ù famoso del globo, che adorno risplen- deva altre volte delle spoglie del mondo ( V. Fase. N. 7. di guest' opera). (4) Il Sapiente Gerarca munificenti ssimo protettore delle scienze e delle arti prima di ascendere sulla Catedra di S. Pietro onorò sovente di sua presenza le adunanze dei Lin- cei 5 e gradì di essere ascritto trai membri onorarj di essa Accademia. Poi che vi saliva , amò conoscere ogni anno i la- vori dell' Accademia ed i progressi di questa nei buoni stu- dj. Né di ciò pago il benefico Gerarca ha ben' anche prove- duto che il copiosissimo , e pregievolissimo Gabinetto Fisico Chimico ed Aslronotnico ( di prcpriefù dello insigne foh'gna- ie) si acquistasse dal Governo in proprietà onde pcrpcluare la memoria del Fondatore e del Ristauratore dell' Accademia dei Lìncei. ( V. Trompeo: Cenni intorno alla vita ed alle ope- re del Prof Scarpellini. Roma 1811). 396 CENNI INTORNO LA VITA DI F. CESI Lincei giurarono essere fedeli alla gloria del Pastor som- mo, alla memoria del campidoglio , a' precelli del Cesi^ e dello Scarpellini, al bel nome di Roma. Ma chi'l crede- rebbe? Alla morie del Rislauralore , è giuoco forza il confessarlo, morì per la seconda volta l'Accademia dei Lincei. Possa essa con miglior fortuna rivivere nelle future età lungamente a prò del pubblico bene, e vi abbia pure il vanto chi destinato a felicitarla in avvenire, sappia bene apprezzare delle scienze i singolari vantaggi. I ANNUNZI DI NUOVI LIBRI MEMORIE di matematica e di fisica della Società Ita- liana delle Scienze residente in Modena. Tomo XXII. Par- te contenente le Memorie di fisica. Modena R. Tipografia Camerale 1844 in 4° Indice delle Memorie Lombardi Antonio Membro e Segretario della So- cietà. Elogi storici dei Soci Cavaliere Dome- nico MoRicuiNi , Cav. Valeriano Luigi Brera, Cav. Paolo Mascagni pag. L Bertoloni Cav. Prof. Antonio, Socio — Elogio storico del Socio Monsignore Camillo Rah- ZANi . . : w L. Lugli Prof. Giuseppe , Socio onorario — Elogio del Prof. D. Liberato Baccelli . . . w LXXXVH Melloni Prof. Macedonio , Socio — Proposta di una nuova Nomenclatura intorno alla Scienza delle radiazioni calorifiche pag. 3 Bizio Dott. Bartolomeo, Socio — Sulla condi- zione dell' Azoto nella gomma arabica , e sulla facoltà sua fermentante, osservazioni ...» 16 Gene Cav. Giuseppe , Socio — Memoria per ser- vire alla Storia Naturale di alcuni Imenotteri w 30 Bellani Canonico Angelo, Socio — Della mal aria vicino ai fontanili d'irrigazione. ... m 63 Melloni Prof. Macedonio , sudd Memoria so- pra una colorazione particolare che manife- stano i corpi rispetto alle radiazioni chimi- che, sulle attinenze di questa nuova colora- zione ccc - )) d7 398 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI Dello stesso — Appendice alla suddetta Memo- ria pag. 145 AvoGADRO Conte Amadeo, Socio — Saggio di Teoria Matematica della distribuzione della elettricità sulla superficie de' corpi condutto- ri nell'ipotesi dell'azione induttiva ec. . . » 156 Tenore Cav. Michele, Socio — Ricerche sul- l'arancio fetifero » 185 Bizio Dott. Bartolomeo — Intorno all' azione della calce sopra i carbonati potassico e so- dico « 195 Delle Chiaje Prof. Stefano, Socio — Descrizione zoologico-notomica deW Onchidio Partenopeo » 211 Marianini Cav. Stefano, Presidente della Socie- tà — Memoria prima suU' indebolimento che avviene nel magnetismo di un ferro quando si fa scorrere sopra una calamita debole in mo- do da magnetizzarlo, se non lo fosse, nel me- desimo senso in cui si trova già magnetizzalo. » 215 Dello stesso — Memoria di alcune analogie e di alcune discrepanze osservate tra le azioni ma- gnetizzanti della boccia di Leida , della coppia voltaica e delia calamita )) 243 AvoGADRO Conte Amadeo — Proposizione di un nuovo sistema di nomenclatura chimica . . w 260 Bertoloni Prof. Cav. Antonio — Descrizione di una nuova sp. di Sida w 306 Delle Chiaje Prof. Stefano — Della Jantina, e del suo Mollusco w 312 Venturoli Cav. Giuseppe, Socio — Dell'antico e del presente stato del Porto Anzio . . . . w 320 La Botanica del viaggio antartico fatto dalli Va- scelli di Scoperta per nome Èrebo e Terrore nell'anno 1839 e 1843, comandati dalli Ca- pitani Cavaliere Giacomo Glark Ross, Mem- bro della Reale Società di Londra e Giuseppe Dalton Hooker membro pure della Società Rea- le y Chirurgo aggiunto del Vascello V Èrebo , e Botanico della suddetta spedizione. (Dagli Annali e Magazzino di Storia Naturale di Londra N. 85 Maggio 1844.) Qiiesl' Opera Scientifica pubblicala dalli Signori Reeve, Brothers è sotto l'aiitorilà delli Lordi dello Ammiragliato. Sul cominciare del Giugno verrà pubblicala la prima Parte della — Flora Antartica — e sarà divisa in venti pubblicazioni cioè una ogni mese. Il formato sarà in quar- to Reale; ciascun numero conterrà otto belle tavole lito- grafiche delle specie nuove, o poco conosciute, e sedici pa- gine di testo. Prezzo 8 scellini il fascicolo tavole colorite; Scellini cinque tavola semplice. La Flora Antartica ha per iscopo di dare una istoria completa della Vegetazione delle regioni Antar- tiche situate fra li paralleli delli gradi 50 e 78 me- ridionali, limite estremo a cui fino ad ora siano arri- vati li Navigatori. In quest'opera verrà pure compresa, una indicazione delle Piante delle Isole Lord Auckland, Campbell, Kerguelen e Falkland, della Terra del Fuo- co e delle Regioni Circumpolari Meridionali. Oltre le tante notizie verrà pure fatta menzione del Cabbagc dell' Isola Kerguelen , pianta affano nuova alla Scienza , 400 ANNUNZI DI NUOVI LIBRI nonostante che sia stata scoperta e fattone uso nel Viaggio del Capitano Cook; del TM^iac ed altre erbe del Falkland ; delli Faggi sempre verdi e decidui, del Capo Horn e di molte produzioni di alto interesse Botanico. In aggiunta alle estese collezioni fatte dalli Ufficiali ieW Èrebo e Terrore nei tre anni di loro viaggio nelle alte laliludini Meridionali, venne arricchita quest'Opera dalli Erbari non anco pubblicali delli Signori Giuseppe Banks , Forster, Solander, Vancouver e Men^ìes, esistenti tutti nel Museo Britanno, come pure di tutte le piante raccolte nel suo viaggio dal Capitano Fit^roy. Questi materiali in unione alle specie di Erbarii privati, come quelli di Sir Guglielmo Jackson Hooker, del Giardino Botanico di Kew serviranno all' Autore per fare una importantissima aggiunta alla Botanica Extratropicale dell'Emisfero Meridionale. Siccome li Lord Commissari del Tesoro si sono com- piaciuti di accordare una somma di denaro per sostenere la spesa delle Tavole, così li Sig. Reeve potranno com- piere quest'opera col più accurato e perfetto lavoro ad un prezzo fortemente inferiore a quello di simili pubbli- cazioni. Il primo numero sarà pubblicato il primo Giugno , e li Associati sono pregati d'inviare i loro nomi al seguen- te indirizzo : Messrs. Reeve^ Brothers, Nalural-Hestory Lithographers and Publishers. N. 8. King William Street, Strand. 6 Aprile 1844. N. B. Compiuta che sia la Pubblicazione della Flora An- tartica, sarà questa seguita da altre due per le quali copiosi materiali furono raccolti durante il medesimo viaggio, cioè la Flora Zelandica, o Botanica della Nuova Zelanda, illustrata da 140 Tavole, e la Flora Tasmanica o Botanicajldl'^Isola Vaa Diemen illustrala con 200 Tavole. /C^>i'T^=^^-. .r^X ■<'/«/»! IXDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Selmi Phof. Francesco — Jggiunta alla nota sulla costituzione del tartaro emetico .... pag. 321 Salina Conte Luigi — Ifelle aste usate dai bifolchi bolognesi » 328 BoNAPARTE Principe Carlo — Parole dette neW apri- re la Sezione di Zoologia del sesto Congresso scientifico italiano m 333 Rendiconto delle Sessioni della Società Agraria del- la Provincia di Bologna. . . . . . * . m 337 Alessandrini — Rendiconto delle Sessioni dell* Ac- cademia delle Sciente dell* Istituto di Bolo- gna ;...... j) 352 BoRY DE Saynt- Vincent — Sulla produ^^ione delle fiam" me ne* Vulcani e sopra le conseguente che se ne possono cavare « 379 FoRBEs E. — Sui molluschi e raggiati del mare Egeo e sopra la loro distribuzione considerata sotto il rapporto geologico .::......» 382 Vita del principe Federico Cesi fondatore dell'Ac- cademia dei Lincei ;;;......» 387 Annunzi di nuovi Libri .. .......>> 397 IVUOVI ANNALI SCIENZE NATURALI Serie II. Tomo II. (Decembre i844') (pubblicato il 18 Gennaio 184.5 ) BOLOGNA TIPOGRAFU SASSI NELLE SPADERIE; AVVISO Arrivata la prima Serie degli Annali delle Scten:(e Naturali al Tomo X., la Società Editrice, che riprende la pubblicazioDe del giornale secondo le norme seguite a lutto il 1842^ incomincierà col fascicolo di Gennajo del corrente anno una nuova Serie, mantenendo cogli Associati le condizioni già segnate nel Programma dalli 26 febbraio 1840 , e cioè : Ogni mese verrà regolarmente pubblicato un fascicolo del giornale, e quando lo richiegga la materia sarà cor- redato delle opportune tavole. Ciascun fascicolo sarà composto di cinque fogli di stampa : il primo ed il settimo fascicolo d' ogni annata verrà fornito di un frontispizio , ed il sesto e dodicesimo dell'in- dice delle materie contenute in ciascun volume. Il prezzo d'ogni fascicolo è di bajocchi venticinque romani pari ad Italiane lire 1. 34: e sarà pagato all'atto della consegna del medesimo. Dagli Associati all'estero e fuori di Bologna si dovrà pagare un semestre anticipato, che importerà paoli quindici romani pari ad Ital. lire 8. 05 : non comprese le spese di dazio e porto che stanno a ca- rico degli Associati. Le Associazioni si ricevono in Bologna dal Presidente della Società Editrice Professore AlessandriniTn Via Alta- bella N. 1637, e da tutti gli altri componenti la Società stessa, r Elenco dei quali si legge nel 1.° fascicolo. S'inten- de che l'associazione debba continuare d'anno in anno quando entro Novembre non siasi dato avviso in contrario. DOPPI SOLFURI FERROSO-POTiSSICO , FERROSO-SODICO ISOTA DI FRANCESCO SELMI Oi conosce da tempo che il solfuro potassico ha la proprietà d'intaccare i vasi di ferro^ ed in certe operazio- ni tecniche, come nella preparazione del ferro cianuro di potassio, fa d'uopo evitare di servirsi di caldaje di ghisa; giacché il solfuro alcalino onde sono impregnale le acque lisciviali della massa calcinata e carbonosa, le corroderebbe potentemente e le renderebbe ben presto non piìl atte a successivi lavori. Non trovando nei Trattati di Chimica fatto cenno spe- ciale della cagione per la quale il solfuro potassico eser- cita azione tanto corrosiva sul ferro, volli istituire qualche apposita indagine, e perciò procuratomi il proto solfuro al- calino del solfato arroventato col carbone, fattane la solu- zione la versai in fiasco di vetro ove introdussi ferro me- tallico in fina limatura. Collocai il fiasco sul fuoco e feci bollire per un quarto d'ora circa; il liquido di giallo a poco a poco mutò colore e passò al verdognolo , e poscia al verde deciso carico : lo feltrai , ed osservatolo contro la luce , notai che possedea il colore sì intenso da sembrare quasi nero- Allungato con molt' acqua, spiegava allora il bel verde che gli era proprio, dando più facilmente pas- saggio al raggio della luce. Al ferro metallico sostituii l'idrato di perossido di ferro ed il coloramento in verde del liquido si effettuò al mo- mento, tanto la reazione fu sollecita: scaldando al fuoco ii colore si rese più cupo. Questo liquido verde lasciato in vaso aperto esposto all'aria ed anche chiuso in vaso a tappo smeriglialo si N. A>N. Se Natur. Serie II. Tom. 2. 26 402 NOTA scompone , s' intorbida , ed anche col tempo si scolorisce. Però avanti del suo scoloramento, di verde si fa azzurrogno- lo, e precisamente assume il tono di tinta proprio all'in- chiostro preparato di fresco. Depone una polvere nerastra, la quale a poco a poco a capo di varie settimane diventa ocracea perchè realmente si trasforma in ocra di ferro. AlFondendo un acido , il liquido svolge copioso idrogeno solforato, s'intorbida appena, e rimane scolorito; gorgo- gliandovi una corrente d'acido carbonico , manifesta l'odore solfiireo, s'intorbida, di verde diventa nero-azzurrognolo, e depone alquanto di polvere nera: se la corrente è conti- nuata a sufficienza, il liquido si scolora quasi perfetta- mente e lascia cadere al fondo tutta la polvere nera, la quale non è che idrato di solfuro di ferro. Scaldato in ba- cinetto ampio, presto si altera, si copre di una pelliccila d'idrato di perossido di ferro e depone tutto l'altro ferro allo stato di solfuro misto a perossido. Trattato coli' alcool s'intorbida subito; ed abbandona fiocchi i quali veduti per trasparenza, posseggono un bel colore verde intenso, ma che radunati in fondo del vaso pajono neri all'aspetto. Dibattuti però nel liquido, quando in parte si deposero nuovamente e nuotano soltanto i più tenui , guardando contro la luce , veggonsi coloriti sempre in verde. Raccol- ti sopra un feltro e lavati con alcool, rimangono innalte- rati fino a che sono coperti del lavacro spiritoso, ma ap- pena si trovano al contatto dell'aria, ne assorbono l'os- sigeno e si rendono rossicci. Disseccati e polverizzati ap- paiono verde-giallastri ma con tinta molto carica. Affine di ottenere questo composto più sollecitamente ho fatto agire direttamente il protosolfuro di potassio col- r idrato di protosolfuro di ferro, scaldando la mescolan- za stemperata in acqua, fino a bollitura. La combinazione dei due solfuri si effettua rapidamente, ed il liquido di- venta verde sollecitamente. Avendo esaminato cogli opportuni reattivi il solfuro DI F. SELMI 403 di ferro precipitato dal liquido col mezzo dell'alcool, ho verificato che si trova allo stato di protosolfurazione. Dun- que il liquido verde consta della soluzione di un tal cor- po nel protosolfuro potassico , ossia i due solfuri combi- nati formano un vero solfosale in cui il solfuro di ferro fa l'ulfizio di solfo acido. Se si volesse applicare la no- menclatura da me proposta (1) per siffatto genere di com- binazioni, polrebbesi chiamare Solfoferroato potassico, poiché il solfo acido è rappresentato dal solfuro la cui composizione in equivalenti sta come 1:1, ossia da S Fé. Il doppio solfuro in cui S^ Fe^ compie le veci di princi- pio negativo, direbbesi amfisolfoferroito potassico, per designare le proprietà amfigene appartenenti al sesquios- sido di ferro. Ponendo in opera il protosolfuro di sodio i fenomeni avvengono nella stessa maniera e formasi un liquido di colore verde intenso come il precedente. Il ferro metallico deve agire col solfuro potassico sol- forandosi, mentre il potassio s'ossida a spese dell'acqua e fors'anco dell'aria; oppure ossidandosi in precedenza e poscia scambiando il principio negativo col potassio L'idrato di ferro deve produrre della potassa caustica, la quale rimarrà libera nel liquido. Questi doppi solfuri meritano d'essere presi in consi- derazione dal medico, poiché potrebbero possedere qua- lità salutifere da pregiarsi. Se la loro facile scomposizio- ne non permette di serbarli a lungo inalterati , la loro a- gevole preparazione li renderebbe tuttavia poco brigosi da procurarseli quando si credesse opportuno di farne uso. (1) Proposta di una nuova nomenclatura per gli ossidi metallici: Annali di Chimica del Slajocchi, fase, di Settem- bre 1842. RE]\DICO]\TO DELLE SESSIONI DELL ACCADEMIA DELLE SCIENZE dell'istituto di BOLOGNA ( Continuazione , vedi pag. 352. ) Anche l'Alunno dell'Accademia Doti. Magistn'ni les- se nella slessa Adunanza suo rapporto del recente Trat- tato di Calcolo Differenziale , e Integrale del Cli. Sig. Prof. Corridi di Pisa, giusta commissione avutane dal Presi- dente. In quest'Opera l'Autore si è attenuto al Metodo dei Limiti , il migliore fra tutti gli altri che hanno precedu- to la teoria delle Funzioni Analitiche di Lagrange. Venen- do il Sig. Doti. Magistrini a mano a mano esponendo acu- ratamenle le parti componenti questo Trattalo ha dimo- strato che l'autore ha con tutta la chiarezza, e altrettan- to rigore presentati, e sviluppati i principj e le applica- zioni fondamentali del Calcolo differenziale, ed integrale secondo il Metodo da lui adottato, e avere compito così un lavoro di Matematica pura quale doveva aspettarsi da lui , che poco dianzi si era fatto conoscere, col suo nuovo Trattato di Geometria Elementare tanto esercitato nel Me- todo degli Antichi, che era pur quello dei Limiti; non ha tralascialo il Sig. Magistrini di toccare dei Metodi fonda- ti sull'Infinito comparativamente a questo dei Limili , mas- sime presentato com'è dall'Autore. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 405 21. Sessione. 2 Maggio 1844. Sono offerii in dono all' Accademia i seguenti Libri — Jan Kops , ed J. E. van der Tiappen. Flora Baiava , Fa- scicolo 127, contiene la fi£[Hra e descrizione delle seguen- ti piante — 646. Veronica montana — 647 Anchusa of- ficinalis — 648 Pyrola minor — 649 Geum rivale — 650 Carex ovalis. Fascicolo 128, contiene le cinque seguenti specie. 6ol Sclioenus compressus — 652 Scutellaria minor — 653 Serralula tinctoria — 654 Malaxis paludosa — 655 Lichen parietinus. Società editrice dei Nuovi Ann. delle Scienze Nat. quaderno di Gennajo anno corrente, l.'' della 2.^ Serie. Elice Ferdinando — Notizie elettriche. Lettera al Sig. Cav. Luigi Foppiani. Dalla Rivista Ligure, Marzo 1844. in è° di pag. 12. L' Accademico pensionato Prof. Cav. Antonio Bertolo- ni intrattiene oggi l'Accademia colla lettura di un suo for- bito e dottissimo Elogio del defunto Chiarissimo Collega nostro Monsignor Camillo Ranzani, già Professore di Mi- neralogia e Zoologia in questa Università. Essendo ora un tale Elogio già pubblicato colle stampe nella parte fisica del T. XXIII. delle Meni, della Socielà Italiana delle Scienze re- sidente in Modena pag. L. crediamo inutile di qui com- pendiarlo, tanto più che speriamo poterlo in seguilo in- serire per intero in questi Annali. Viene in ultimo presentala la Memoria d'obbligo del- l'Accademico pensionato Prof. Francesco Mondini, impedi- to per malattia d'intervenire all'adunanza: memoria che sarà Iella nella prossima Sessioae. ^6 EENDIGONTO ACCADEMICO 22. Sessione. 9 Maggio 1844. Il Segretario legge lettera del figlio del celebre Conte Vittorio Fossorabroni, già Socio corrispondente dell'antico nostro Istituto, nella quale, partecipando la notizia della morte dell'illustre Genitore, domanda se l'Accademia vo- lesse incaricarsi di farne stendere l'Elogio da pubblicarsi. Il Corpo Accademico incarica il Presidente ed il Segreta- rio perchè vogliano con sollecitudine rispondere all'inchie- sta nel modo che crederanno più opportuno, e prese per base le prescrizioni del Regolamento organico. Si presenta da parte dell' Autore Sig. Ingegnere Dottor Angelo Emiliani un'Opera intitolala — Teoria della for- mazione de' Censimenti. Bologna 1844. in 4.° di pag. 77. Come pure il quaderno di Gennajo anno corrente del Bollettino delle Scienze Mediche della Società Medico-Chi- rurgica di Bologna. L'Accademico Onorario Doti. Ulisse Breventani legge la Memoria d'obbligo dell'Accademico Benedettino Prof. Francesco Mondini^ già presentata nell' ultima Sessione, e nella quale espone delle — Considera'^ìom intorno ad un Codice del 1300 dell' anatomia di Mondino con alcu- ne riflessi07ii che riguardano la storia dell' Anatomia. Il Codice del quale intende qui di parlare il Collega fu a me diretto dal valentissimo Sig. Dott. Domenico Ga- vazzi Medico-Chirurgo primario a Subjaco all'oggetto di osservare se corrispondeva all'Anatomia del Mondino, del- la quale vi sono moltissime edizioni, e di interpretare al- cune parole riuscitegli oscure, avendo il lodato Gavazzi avuto la pazienza e l'abilità di tutto trascrivere il Codice stesso, e di interpretarne ottimamente il carattere e le si- gle di quei tempii e come avrebbe fatto persona mollo DEL PROF. A. ALESSANDRINI 407 pratica ed esercitata in simili cose. Conscio io che il Col- lega Prof. Mondini , eruditissimo nella Storia dell'Anato- mia, era in possesso ancora della maggior 'parte delle edizioni e commentazioni di quell'antico ristauratore del- l'umana anatomia, a Lui consegnai il Codice: su di que- sto, nelle ore di tranquillità che gli lasciava la penosissi- ma e grave malattia che da parecchi mesi lo travagliava, dettò l'interessante sapientissimo lavoro del quale intendo qui far parola. Assicurossi da prima il Mondini se il Codice in di- scorso avesse realmente l'antichità che gli si attribuiva, prevalendosi per così fatta ricerca della conosciuta abilità del di lui amico il celebralissimo Sig. Ottavio Mazzoni To- selli il quale lo assicurava , che cerfamcnle il manuscritto in discorso si doveva ritenere del 1300 deducendone le principali prove dalla qualità della carta, del carattere e delle sigle del medesimo: osservò pure il Toselli che alla fine del detto Codice vi è una aggiunta, che per la qua- lità del cavaliere, dell'inchiostro^ e la forma di alcune let- tere la giudicò di altra mano, ma pure di quel tempo, ciocché conferma sempre pili l'antichità del Codice, asse- rendosi in essa essere quello il complesso delle dottrine anatomiche compilato a Magistro Mundino ad vohmtatem stndentium. Assicurato, dice il Mondini, della autenticità del Co- dice mi feci sollecito di confrontarlo colle dodici edizioni diverse da me possedute, e con quella ancora coi comenti del Cardano, e non ho rinvenuto altra variazione degna di rimarco che nel principio, perchè tulli i compendi inco- minciano quìa ut alt Galenus ec. , e nel codice è scritto Quoniam ut ait Galenus. Le altre differenze sulle diverse edizioni sono pochissime e dipendenti da alcune parole isolate che indicano Io stesso concetto : ciò non ostante , continua l'Accademico, non tralasciai di confrontare il ri- petuto Codice colle edizioni da me possedute, e di osser- 408 RENDICONTO ACCADEMICO vare nei commenti se eranvi cose relative alla storia del- l'Anatomia in Bologna, e qui viene enumerando ad una ad una le dodici edizioni, in parecchie delle quali trova argomenti e per rendere più completa ed interessante la storia dell'anatomia di quei tempi in questo celebre Studio, e per rettificare parecchie inesattezze, e non pochi errori nei quali incorsero la maggior parte di quelli che fin qui si occuparono della Storia della Anatomia, e di quella della Medicina in genere. Il Presidente Prof. Gherardi incomincia in questa Sessione la lettura d'uno scritto, cui ialilola — Materiali per la Storia della facoltà Matematica nell'antica Uni- versità di Bologna, composti neW opportunità di disten- dere alcune Notizie sul P. Bonaventura Cavalieri — e la prosegue e compie nella successiva fino al punto asse- gnalo, per quest'anno, al suo lavoro, che ei continuerà e comunicherà poscia all' Accademia. Distingue egli sei epo- che più 0 meno gloriose per l'anzidetta Facoltà nell'an- tico Studio di Bologna, ma soltanto alle due prime ei volge fin qui il discorso ; a quella segnalata da Cecco d' Ascoli, ed a quella più segnalata ancora dai Dome- nico Maria Novara, Scipione Ferro, e Luca Pacioli. Altro non si aggiugne su questo lavoro del Gherardi, non essendo esso tale da poterne tesserne convenientemente un estratto breve, secondo la natura del Piendiconto. 23. Sessione. 23 Maggio 1844. Viene offerto da parte di questa Società Medico-Chi- rurgica il quaderno di Febbrajo e Marzo del corrente anno del Bollettino delle Scienze Mediche. L'Accademico ordinario Prof. Luigi Calori presenta all'Accademia l'anatomia di uno Xifopago umano (Hi- DEL PnOF. A. ALESSANDRINI 409 phopagus Itid. Geoffroy Saint Hilaire) nato da una villica de' dinloini di Budrio, e morto nel nascere. Questo Xifopago era ottiraeslre, bitnaschio e complicalo ad exonfalo. L'u- nione dei due feti cominciava alla metà inferiore circa dei due toraci, e si estendeva fino all' ombelico comune. Le particolarità più rilevanti, che s'incontrarono nella disse- sione, furono l'unione delle due linee albe fino al fora- me ombelicale, l'unione delle quattro porzioni costali dei due diaframmi , la fusione delle metà inferiori dei due ster- ni, la fusione dei due cuori in un cuore unico mediano, le cavità del quale comunicavano tutte insieme, l'origine di una delle arterie polmonali dal seno venoso delle cave rispondenti, la fusione dei due duodeni, e digiuni in uo tubo unico terminante in un rigonfiamento vistosissimo, quasi nuovo stomaco comune, donde nascevano i due in- testini ilei : finalmente la fusione dei due fegati. La rela- zione che ne ha dato l' Accademico suUodato , è accompa- gnala da Tavole. 24 ed ultima Sessione Ordinaria- 30 Maggio 1844. Premessa la lettura del processo verbale della prece- dente Sessione sono offerti in nome degli Autori i seguen- ti libri. Crescimbeni Do». Giulio — Sulle uova dell' ecclisse, risposta all'Articolo di M. Canonico Angelo Bellani. Dal Raccoglitor Medico di Fano 1844. Martini Francesco — Sulla vita e sugli studi di Na- tale Cini. Livorno 1844. in 8." di pag. 41. Riccio Gennaro — Le monete delle antiche famiglie di Roma fino all'Imperadore Augusto. 2.* edizione. Roma 1843. in 4.** con 71 tavole litografiche. Il Segretario Professore Cavaliere Gio. Ballista Magi- slriai apre la Sessione colla lettura di uo suo scrìtto che 410 RENDICONTO ACCADEMICO intitola — Cenni sul bisogno dì importanti ravvicìnamen' ti che tuttora sussiste in tutte le parti dell' insegnamen- to del calcolo, e de' suoi usi — . Iq questa prima parte dell' importantissimo ed utilissimo lavoro 1' Accademico passa in rivista , e fa delle sagge considerazioni , sullo stato presente dell'insegnamento del calcolo e de' suoi usi, promettendo in fine che nella seconda parte tratterà poi più direttamente l'argomento, esponendo il metodo che a Lui sembra più idoneo a rendere l'insegnamento del calcolo maggiormente giovevole , ravvicinando meglio le diverse sue parti e le più conosciute ed utili applicazioni. L' Accademico pensionato Prof. Domenico Gualandi prosegue nel metodo, già da due anni intrapreso, di ren- der conto cioè all'Accademia dei casi pratici più interes- santi che gli si presentano nel Manicomio di S. Orsola alla di lui direzione affidalo per cui oggi due ne viene esponendo meritevoli di tutta l'attenzione del pratico. Risguarda il primo certa Giuseppina Bordoni di 38 anni, abitante in campagna^ madre di molti figli felice- mente dati in luce e nudriti^ che nel dicembre del 1838 ammalò di demenza con qualche insulto di manìa. Dei patemi d' animo, non però molto gravi, e la provenienza da famiglia nella quale eranvi stati esempi di infermi di questa qualità furono le sole cose meritevoli di rimarco che risultarono dal diligente esame fatto sul conto di questa inferma. Affi- data all' assistenza dell' Accademico , prima in una casa pri- vata, poscia nello stesso manicomio, dove rimase fino alla morte, che avvenne il 3 giugno 1843, furono inutil- mente tentati tutti i mezzi che sono giudicati i più rutili in somiglianti casi, e solo si ottenne qualche passaggero miglioramento dall'uso delle fredde immersioni e dai lo- cali salassi alla testa, senza che però giammai riguardar si, potesse come del tutto restituita nell'esercizio di sue facoltà mentali. Accaduta la morte sotto l'influenza di DEL PROF. A. ALESSANDRINI 411 un acesso di grave orgasmo alla testa, che non potè esse- re frenato né coi salassi, né coi deprimenti i più appro- priati, si procedette alla diligente ispezione del cadavere. Pesato l'intero corpo, onde determinare la proporzio- ne tra un tal peso e quello della massa cerebrale, fu tro- vato di 108 libbre mercantili bolognesi , e qnello di tutta la massa encefalica contenuta entro il cranio, toltane la dura madre, di libbre tre, once nove, nel qual peso il solo cervelletto vi entrava per once quattro. Nel rimovere il cer- vello dalla capsa ossea del cranio si trovò dello siero bian- castro in discreta copia acumulato tra la di lui base e l'interna faccia della dura madre; l'aracnoide per nota- bili tratti resa opaca ed ingrossala , injeltatissimi , massi- me verso la base, tutti i vasi del cervello nei ventrico- li del quale furono trovate più di due once di siero ros- signo nel quale nuotavano dei fiocchi di sostanza fibri- nosa. Nelle altre cavità fu trovata soltanto la pleura e polmonale e costale seminala di minuti crudi tubercoli, molti dei quali esistevano anche nell' esocardo. L'Acca- demico espone ancora il quadro esatto delle dimen- sioni della capacità del cranio dal quale risulta che alcu- ne parti del cervello eransi irregolarmente sviluppate, mo- strandosi molto depresso il frontale, e spinto all'indentro l'angolo superiore dell'occipite. Il soggetto della seconda osservazione fu certo Lucio Tartari pure della campagna del Bolognese che li 4 Marzo del 1837 fu tradotto dalle carceri criminali nello Spedale dei dementi. Per la insuperabile sua tendenza al rubare, e la facilità di accattar brighe, e di percuotere crudel- mente chicchessia alla minima offesa, era stato, abbenchè in età così giovine, ripetute volte carcerato; anche nello Spedale si mantenne nel medesimo stato, anzi crebbe la smania di offendere e percuotere pericolosamente chiunque gli si avvicinava senza le debite cautele. La qualità dei polsi, r orgasmo generale visibilissimo , il rossore alla faccia 412 RENDICONTO ACCADEMICO il calore universalmente accresciuto indussero a caratte- rizzare questa forma di alienazione mentale una demenza acuta. Praticati parecchi salassi, fatto uso di validi depri- menti, e massime di purganti drastici, il che lo rese al- quanto più docile e tranquillo, miglioramento che durò per più mesi di guisa che cominciavasi ad avere lusinga di possibile totale guarigione. Nell'Aprile però del suc- cessivo anno 1838 ricadde in uno stato anche peggiore di prima rapporto all'alienazione mentale^ associandovisi di più ostinatissima diarrea, assoluta inappettenza, vomito frequente, il che fu cagione di marasmo invincibile che in pochi mesi lo condusse al sepolcro, essendo perito li 31 gennajo del 1839. Istituita la sezione del cadavere 30 ore dopo avvenu- ta la morte, si rinvenne quella parte del liquido encefali- co rachidiano del Colunnio che sottostà alla aracnoide ce- rebrale molto copioso, e di una densità rassomigliante a scorrevole gelatina, piuttosto scolorato e molle era tutto il cervello nell' asportare il quale, troncando la midolla allungata, ne uscì il nominato liquido, che gemeva tanto dal cervello che dalla midolla spinale in modo che se ne raccol- sero cinque once in brevissimo tempo : il peso del cervel- lo, perduto che ebbe in gran parte il ripetuto liquido, fu trovalo di sole due libbre e mezzo. Anche nei ventricoli laterali, e massime nei loro recessi posteriori, fu trovata discreta copia di siero, e nell' esaminare le altre parti vi- sibili in questa profonda regione dell'encefalo si vide che le gambe posteriori del fornice invece di approfondarsi, come nella naturale loro disposizione , verso i recessi stes- si, dirigevansi allo innanzi e, circondando all'esterno i ta- lami dei nervi ottici, venivano a perdersi nella direzione dei corpi candicanti. Nel petto fu pure trovato versamento acquoso, ed in- teramente epatizzato, ed aderente alla parete toracica il lo- bo anteriore del sinistro polmone; i visceri dell'addome apparvero i meno alterali. DEL PROF. A. ALESSANDRINI 413 Anche in questo caso riporta l'autore le dimensioni della capacità del cranio prese col metodo di sua inven- zione, e dalle quali risulla in genere che il diametro lon- gitudinale del cervello era proporzionatamente molto bre- ve, ed invece superava le ordinarie dimensioni il diame- tro trasverso, preso corrispondentemente alla metà degli emisferi, ed infatti anche la testa di questo demente ap- pariva molto elevala e grossa al di sopra degli orecchi nelle regioni temporali. A questa Memoria erano unite tre tavole due delle quali rappresentavano la sezione verticale al centro, ed in direzione longitudinale, dei due crani onde ricavarne così le misure delle dimensioni della loro cavità ; e nella terza vedevasi il cervello del Tartari sul quale, mediante sezione orizzontale, rappresentavasi la singolare anomalia delle gambe posteriori del fornice. L' Accademico pensionato Prof. Gioacchino Barilli nella sua Memoria d'obbligo espone — Un caso singola- re di morbosa periodicità — Una giovine di 19 anni^ di- ce l'Accademico, aveva il suo regolare benefizio mensile la sera delli 4 Ottobre 1834 quando la nostra città ebbe quella terribile scossa di terremoto che tulli noi ricordia- mo. Presa da forte spavento fra gli altri disturbi quello pure le avvenne dell' immediato fermo del sangue. Era nubile: bene costiluila nel corpo, aveva goduto sempre salute: pubere già fino dai 13 anni. Col passare dei gior- ni riprese il perduto dormire, l'appetito, sufTiciente se- renità dell'animo. Venne il Novembre , ma non l'usalo corso mensile, e siccome non le pareva di essere amma- lala, perciò né ella, né i suoi ne ebbero tema. Alla fine del Marzo infalli senz'altro artificio venne il suo corso, che proseguì regolare nei mesi successivi fino all' Ottobre in cui mancò di nuovo , e mancò pure nel Movembre e Dicembre : e siccome la salute ne parve molto più dislur- 414 RENDICONTO ACCADEMICO bata che non lo era stata la prima volta, cosi si ebbe ri- corso al medico e chiamato nel gennajo del 1835 il nostro Accademico, col salasso, coi marziali, cogli aloetici tentò invano di por riparo all'aramenorea, perchè solo alla fine d'aprile tornò l'utero alle sue funzioni: ma nell'ot- tobre ecco ripetersi lo stesso fenomeno, e chiesto in allora dai parenti consiglio ad altro medico, a nulla giovarono i tentativi più energici tendenti a ripristinare l' interotta fun- zione, che anzi più grave mostrossi il disturbo della sa- lute e due mesi più tardi del solilo ricomparve il mensile tributo. Cessato di nuovo nel seguente Ottobre, il nostro Accademico chiamato ad assistere l'inferma, che dispera- va di poter più riaversi da un tale incomodo , giudicò non doversi per allora pensare all'utero perchè da un lato l'abbattimento delle forze e lo sgomento dello stomaco domandavano un pò di riposo, e dall'altro il decadimento universale del corpo , anziché perdere aveva d' uopo di es- sere con opportuna nutrizione ristorato. Migliorala nota- bilmente dietro questo regime al principio di maggio, che era del 1838, apparve un indizio spontaneo di sangue dal- l'utero, ma non isfogandosi per così poco il bisogno del- la natura , cominciò a patire i sintomi della universale ar- terite, e tutta la trista sequela di quelli della clorosi, abbenchè un indizio di raenstruazione si facesse vedere di mese in mese fino all'Ottobre. Le quali cose tutte ben ponderate, soggiugne l'Accademico, e riflettendo ai casi più volte osservati di menstruazione soppressa in donne affette da diverse altre infermità che non avevano vera- mente sede nell'utero, soppressioni quanto curate inutil- mente cogli artificii direttamente attivi sull'utero, altret- tante volle guarite al guarire della malattia di cui esse erano sintomi, giudicai non essere l'aramenorea che io avevo alle mani di semplice condizione locale, ma com- plicala con una condizione di singolare periodicità , e tanto da prevalere la condizione della periodicità alle condizioni DEL PROF. A. ALESSANDRINI 415 locali Uterine: dalla quale prevalenza emergeva doversi prima dare opera all' adempimento della indicazione di quella , per poscia pensare , se pure avesse abbisognato , all'adempimento delle speciali indicazioni uterine. Per tanto dopo quel meschinissimo segnale di mestrui, che, come si è dello, ebbe la giovine col principio del Settembre 1838 si vide che ella andava a cadere nella am- menorea come gli anni passati, perchè tulli i sintomi, che in discreta intensità le erano durali nell'estate, si ag- gravarono notabilmente , la qual cosa effettivamente suc- cesse perchè nell' Ottobre mancò ogni apparenza di pur- ghe. Al principio adunque del Novembre premisi una blandissima purgazione per tre giorni , passando poscia al- la seguente cura antiperiodica. Per la notabile distanza degli accessi riputai necessario l'applicare il rimedio in modo da stabilire , invece di una forte e fugace azione un moderato e permanente contrasto capace di interrompere non solo i morbosi movimenti, ma ancora la radicata abi- tudine della periodicità. A tale intendimento, prosegue 1' Accademico, feci fare delle dosi di due granì di solfato di chinina, e ne prescrissi la presa di sei nelle ore disponibili di ogni gior- no. Ella cominciò il rimedio al 7 del mese, lo seguitò quattro giorni , cioè fino al 10, che in quel giorno bisognò trattenerlo pel senso d'orgasmo che si era sveglialo nel capo e alle vie orinarie: si ordinò l'acqua porretlana del leone ed un tiepido insesso : al terzo giorno di questa cu- ra ecco, con sorpresa e letizia insieme della giovine e di lutti, mentre era nel bagno un segnale di sangue me- struo, che via via si accrebbe e seguitò a colare per due giorni e mezzo, con notabile diminuzione di tutte le sof- ferenze tanto locali che universali dell'ammalata. Al giungere del Dicembre io voleva fare, perchè mi pareva indispensabile, la cura medesima, ma i parenti si opposero considerando, pel suo bea stare, come del tulio 416 RENDICONTO ACCADEMICO guarita la giovane, e temendo gli effetti prodotti la pri- ma volta dal chinino per cui dovetti addattarmi a sommini- strarne soltanto quattro dosi per giorno, e quindi T in- sesso. Ma non manifestandosi il desiderato scolo, e ricer- candone la cagione l'inferma confessò di avere preso il rimedio soltanto per due giorni e nella piccola dose indi- cala. A dir breve, conchiude l'Autore , nel Gennajo 1839 si fecero le cose colla regola esalta che si era avuta nel Novembre, solo aggiunsi al solfato una minima dose di acetato di morfina, e ai 20 del mese venne ^ e durò a misu- ra discreta il corso del sangue. Si fece lo sfesso nel Feb- brajo e si ebbe l'effetto: al Marzo io volli aspettare e venne spontaneo il corso , il quale non è mancato più mai- Di alcune opera'^ìonì di anaplastìca per far seguito alle osservazioni esposte nel 1834 e 1839. È questo il titolo della Memoria inviata dall' Accademico pensionato Prof. Cavaliere Paolo Baroni , e che in di lui assenza viene letta dall'Accademico Doti. Ulisse Brevenlani. Fra tutti i casi di anaplastica occorsigli dal 1834 in poi tre princi- palmente ne riferisce come accompagnati da circostanze speciali che li rendevano più degli altri interessanti. Spetta il primo a quella stessa donna cui in febbrajo 1834 rifece la palpebra inferiore servendosi del metodo di Frike con ottimo risultato , proponendosi fin d' allora di .'restaurare anche la superiore. Eseguì infatti l'operazione alcuni me- si dopo collo slesso metodo di Frike, togliendo cioè la cu- te dalla tempia vicina, e ne ebbe esilo felice. Riveduta pe- rò r inferma parecchi mesi dopo si avvide l' Accademico che la palpebra inferiore non si prestava così bene all'uf- fizio di chiuder l'occhio come avrebbe voluto, il che di- pendeva dalla soverchia lunghezza della palpebra stessa. Per rimediare ad un tale inconveniente feci sulla palpe- bra due tagli che cominciando dal margine palpebrale, e coraprendendo tutta la spessezza della palpebra, distando DEL PROF. A. ALESSANDRINI 417 ìd alto circa tre lìnee , sì estendeva in basso per quattro o cinque lìnee rìnnendosi in un sol punto: levata la porzione triangolare della palpebra compresa fra i due tagli riunii la ferita con punii di sutlura inlerrolta , e con liste di ce- rotto agglulinanle. Si ottenne facilmente l'unione per ade- sione, furon levali al terzo giorno i punii di sutlura re- stando così la parie nello stalo il più opportuno per chiu- dere completamente l'occhio. Gli altri due casi spettano agli infermi ai quali il Baroni nel 1839 aveva guarito il cancro al naso col me- todo di Helmund , e che nel 1840 ebbero di nuovo a lui ricorso perchè era riapparsa l'ulcere cancerosa. 11 primo, ossia r uomo di Frascati, presentava un' ulcera alla pinna sinistra che si estendeva dal dorso del naso sino alla guan- cia, né solo si era scoperta, come nell'anno precedente la cartilagine, ma questa vedevasi in parte erosa. Veduto che i caustici avevano prodotto un effetto precario si de- cise per l'asportazione della parte cancerosa. E poiché le- vata quella riiDaneva una apertura ovoide interessante tut- ta la spessezza delle pareli del naso, il diametro maggiore della quale era di nove linee, il minore di sei, prese dalla vicina guancia un lembo di cute alquanto m^qgiore dell'apertura, e dissecatolo, lasciandolo unito alla i,iiancia per un solo piccolo peduncolo Jo rivolle in modo che venisse a chiudere esallamenle la suddetta apertura fissandola ai di lei contorni con punti di sutlura interrotla. Dopo due giorni il pezzo riportalo aveva contratto aderenza in quasi tulio il margine per cui furono levati i punti lasciando le strisele di cerotto agglulinanle per contenere la parte che in pochi giorni si rese del tulio ferma. Il secondo soggetto, al quale pure erasi rinnovata l'ulcere cancerosa al naso, fu certa Paola de Jorio, di costituzione robusta e di temperamento sanguigno, nativa dì Ferentino, in cui l'ulcere riprodollasi aveva in poco tempo prodotto tale guasto da convertire il naso in un lu- N. Ann. Se. Natur. Serie II. Tom. 2, 27 418 RENDICONTO ACCADEMICO more informe canceroso con distruzione di tutti i tessuti ad eccezione delle ossa nasali e di piccola parie della cu- te che le ricopre. L'asportazione di un tale tumore rese necessaria la rinoplastica, e l'autore credette di dovere preferire nel praticarla il metodo indiano. Essendo il naso molto ampio dovelle tagliare dalla fronte un lembo di pelle esteso in modo da comprendervi non piccola parte della cute capillata. Fu nel st'.lembre del 1840 che il Baroni sottopose la de Jorio alla operazione, nella quale, tolta con bisturi tutta la parte cancerosa dei comuni integumenti, e levata tutta la parte cartilaginosa del setto; tolto anche uno dei tubinati inferiori infetto dallo stesso male, rese regolari le linee che circoscrivevano l'ampia apertura, ven- ne a staccare il lembo dalla fronte^ del quale aveva in antecedenza ben fissate le misure. Condusse perciò due tagli che partendo dalla sommila della radice del naso, e distando ivi fra loro sei linee ascendevano sulla fronte per oltre due pollici e mezzo divergendo in modo da lasciare in alto tra loro lo spazio di due pollici e qualche linea: la base del triangolo compreso fra i due tagli non fu tron- cata mediante sezione trasversale semplice, giacché nel cen- tro di questa linea prolungossi il doppio taglio in allo in modo da formare nel centro della base del triangolo di pelle da sollevarsi un peduncolo lungo circa un pollice, e largo oltre due terzi di pollice^ che tutto fu tolto dalla parte capillata. Rovesciato nei debiti modi questo ampio segmento di pelle, i di lui lati applicaronsi ai lembi late- rali dell'ampia apertura, ed il peduncolo centrale servì a rappresentare la parte inferiore del setto nasale. Punti mol- to spessi di suttura interrotta, distanti cioè tra loro due linee fissarono le regioni laterali del naso artificiale; il peduncolo poi ripiegato sopra se stesso aiTinchè avesse maggiore resistenza, ed impedisse all'apice del naso di deprimersi fu fissalo nell'incavatura del labro superiore nata dal distacco del cancro mediante un ago da sutlura DEL PROF. A. ALESSAtlDRIMI 419 attorcigliala. È da notarsi che il distacco dell'ampia por- zione di pelle dalla fronte produsse copiosa emorragia , due arterie si dovettero allacciare facendo uso pel rimanente di adattati astringenti. Ravvicinati i lembi della pelle ta- gliata dalla fronte con fibole di cerrotto, con opportuno apparecchio si coprì e fasciò la parte operata in modo che l'apice del naso potesse essere facilmente veduto senza ri- movere la medicatura. Fu poca la riazione suscitatasi nel- l'inferma in così lunga e penosa operazione; un solo sa- lasso bastò a moderare l' infiammazione. L' apice del naso restituito da prima impallidì, ma poi si fece rosso e cal- do oltre il naturale: al quarto giorno si tolsero i fili; le- vossi l'ago che mediante sullura attorcigliala univa il nuo- vo setto al labbro , e l' inferma, progredendo con notabile celerilà verso la guarigione, rimossi dall'attento chirurgo gli incideuii che in siffatte operazioni giammai sogliono mancare , potè dopo due mesi ritornare al proprio paese interamente ristabilita. L'Accademico Onorario Dott. Ulisse Breventanì pre- sentò una sua dissertazione, ove si propone lo studio tanto importante della Curabilità della tisi pulmonare. Dichia- rato intendere Egli co' moderni Patologi per tisi de' pul- moni quella soltanto che è prodotta da turbercoli , crede necessario di stabilire la questione ne' seguenti termini : — 1." L'Anatomia Patologica fa conoscere modificazioni nate negli organi pulmonaii che si possono ritenere di- mostranti che il nostro organismo iuclini talvolta a risol- vere ed in qualche modo a liberare i pulmoni dall' affe- zione tubercolare? — 2.° Esistono fatti che provino ad e- videnza che pulmoni affetti da tubercoli giunti a (juello stato di accumulamento e rammollimento che suole costi- tuire la così detta tisi pulmonare dichiarala, od al terzo grado, siano suscettibili di tali modificazioni da apportare la guarigione di questa? — 3." Esistono falli per diiuo- I 420 RENDICONTO ACCADEMICO Strare che i tubercoli allo stato di crudità o nella loro prima invasione o meglio a quel grado di loro aumento ed accumulamento che costituisce la tisi pulmonare inci- piente delta al primo e secondo grado siano suscettibili di essere sospesi nel loro corso , e vengano per ciò limitati e circoscritti negli organi respiratori: e questi siano an- cora atti a liberarsene? — 4.'' Sonovi norme da stabilire onde bene determinare la esistenza e la validità di questi fatti ed estenderne il numero? Fra queste varie indagini che nello stato attuale della Scienza a lui sembrano necessarie di fare_, si limita il Bre- ventani nella presente sua Dissertazione alla prima. E qui viene a dimostrare quanl'egli ha avuto campo di osser- vare nel corso di più di due lustri a questo riguardo; ed espone quelle varie modificazioni che talvolta si rinvengo- no ne' pulmoni de' morii di vera tisi pulmonare, le quali provano le diverse maniere di risoluzione dell'affezione tu- bercolare negli organi respiratori. Riferisce quindi quattro casi speciali ove si trovarono tracce di queste particolari modificazioni in individui morti per tuli' altra cagione, e ne' quali non si era avuto alcun sintoma di tisi, decisa, od altro che a tempo più o meno lontano. Illustra i detti casi con tavole ove si mostrano nella maggior chiarezza possibile le varie modificazioni che qui trovansi, per le quali si vede come la materia tubercolare venga variamente modificata mercè l'assorbimento e ridotta in sostanza più dura, cretacea, gessosa e più o meno calcare ; ovvero fusa ed eliminata formi degli scavi, i quali possono essere ci- catrizzati 0 rimanendo fistolosi o anche chiudendosi per- fettamente. Fa quindi seguire alcune considerazioni su quanto è stato da lui e da altri osservato intorno a questo argo- mento per le quali viene dimostrato il meccanismo col quale nascono le varie modificazioni indicate superiormen- te, e per alcune in maniera del tutto nuova e più chiara I DEL PROF. A. ALESSANDRINI 421 di quello fosse fatto in antecedenza. Nel che fare sollopone ad esame critico alcuni pensamenti de' moderni;, massime rispetto all'influenza della materia nera che si accumula intorno alle dette modificazioni ad apportare la risoluzio- ne della malattia ; rispetto alla cicatrizzazione completa con chiudimento che viene messa fortemente in dubbio dal Fournet;, ed alla influenza e produzione delle pseudo- membrane che d'ordinario si trovano vicine ai salutari cam- biamenti che veijgonsi ne' pulmoni tubercolari. Per ultimo Egli conchiude, sembrargli da tutto quan- to ha fin qui esposto, dimostrato quasi ad evidenza, che l'Anatomia Patologica ci fornisce tali dati da credere che naturalmente la tubercolizzazione stimala oggigiorno come unica causa di tisi pulmonare, si possa realmente limita- re, circoscrivere, risolvere e di questa se ne possono per ciò liberare anche dentro certi limili gli organi respira- tori. Ma avuto riguardo che sonovi casi ove la tisi può essere, stando ai soli sintomi generali, simulata, ed i tu- bercoli esistere senza dar segni di loro, non crede sia provato con eguale certezza che la tubercolizzazione giun- ta al grado da ingenerare la tisi pulmonare sia realmente •àuscellibile di guarigione. Il che egli si propone di trat- tare in altro suo discorso. Per ultimo anche l'altro Accademico onorario Dottor Gio. Battista Bianconi partecipa all' Accademia una sua in- venzione di Macchina idraulica, e ne accompagna la de- scrizione con una tavola litografica che è qui pure ripe- tuta nella Tav. IV a schiarimento del presente sunto. Esso dice che molli e diversi essendo i casi nei quali l'ingegnere, il manifatturiere, l'agricoltore hanno bisogno d'instituire costruzioni idrauliche per liberarsi da acque basse o per innalzarle ad un livello a cui naturalmente non sono, rimane da poter esibire all'industria anche que- sta Duova macchina idraulica quantunque essa, e la scienza 422 RENDICONTO ACCADEMICO posseggano tante altre macchine di simil genere, colla confidenza che possa pure trovar posto nella classe di quel- le che hanno una speciale applicazione. Perfetta macchina idraulica, dice l'Accademico, sa- rebbe quella che somministrasse tanl' acqua, che il pro- dotto del suo peso per l'altezza a cui è alzata eguaglia la potenza impiegata per farla agire espressa in unità di- namiche; ma nessuna può giungere a questo punto, e tutte hanno per effetto utile un prodotto che è una frazione della potenza: frazione in cui la differenza coli' intero è una cifra che rappresenta la perdita di potenza negli at- triti nella dispersione infruttuosa d'acqua, e nella distru- zione di forza viva , onde il vantaggio da una nuova mac- china può soltanto aspettarsi nel conseguirla suscettibile di un effetto più che è possibile scevro dalle notate detrazioni, 0 congeniarla dottata di forme per le quali a preferenza si presti adalla a qualche genere particolare di lavoro o all'impiego di particolare potenza, o che godi di sempli- cità 0 economia. Dunque può darsi, egli dice, che una macchina idraulica, che del tutto è insufficiente in molti casi di applicazione , possa meritare la preferenza in un caso particolare nel quale soddisfi alle condizioni richie- ste. Ora sembra all'Aut. che la nuova macchina sia fre- giata di alcuna prerogativa non propria delle altre, e quin- di, ei dice, che si è indotto a pubblicarla, quand'anche per le piccole dimensioni nelle quali ne ha fatta costruire una, non abbia ottenuto i dati su i quali poterne fare il confronto colle altre analoghe sull'effetto utile. Questa macchina da innalzar l'acqua è semplicemente composta di due parti, l' una delle quali è una vile, Tav. IV fig. 1.^ formata da tre fettuccie di metallo avvolte su di un cilindro, l'altra, fig. 2/ è una madre vile formata di consimili fettuccie colle spire che camminano in senso contrario cioè, per esempio, la prima dextrorsum, la se- conda sìrììxtrorsum. Ciascuna è architettata in guisa che DEL PROF. A. ALESSANDRINI 423 il lume della madre vite è eguale al cilindro che circo- scrive le spire della vile, perchè così può esser questa inserita in quella come si vede nella fig. S.'^. Quivi la vile poggia nella parie inferiore su di un fulcro a che è fissato alla madre vite, ed inftcon adattalo guancialetto è mantenuta col proprio asse nell' asse stesso della madre vite. Immagina- ta la macchina eretta verlicalmente , e tulfata colla parte in- feriore circa fino in ed nell'acqua, se è impressa una rapida rotazione mediante una fune perpetua alla vite in senso d'in- vitarla stando poi ferma la madre vile si ottiene l'innal- zamento dell'acqua fino a sboccare pel beccuccio e. Passa r Accademico a far cenno sulle cause d' innal- zamento dell'acqua in questa macchina, per cui prende ad esame i seguenti casi preliminari. 1.° Se si fanno scorrere paralellamcnle l'uno all'al- tro , ed in senso opposto due piani soli' acqua , le mole- cole dell' acqua aderenti a ciascuna parete partecipando del loro muovimenlo le seguiranno ma con minor veloci- tà; onde faranno resistenza al loro muovimenlo, e si ri- chiederebbe per questa comunicazione di molo maggior forza a muoverli che nel vuoto. 2.° Se 1 piani a b fig. 4 dalle parti che si guardano sono muniti di una fettuccia per ciascuno in posizione perpendico- lare al piano, e perpendicolare al senso del movimento, inlesa divisa l'acqua fra i due piani in due falde mediante la linea ce accadià che ciascuna delle due falde parteciperà di più che nel primo caso del muovimenlo della parete corrispon- dente, e le forze impiegate per muovere questi piani dovran- no essere esse pure maggiori , perche è cresciuta la massa da mettere in movimento, e più ancora pel franimischiamento di molecole provenienti dall'altra falda opposta dolale di muovimenlo contrario che vanno a spegnere gran parte del muovimenlo già concepito in quella prima falda. Quindi facilmente si vede che la reazione dell'urto dell' acqua sulla fettuccia ha per effetto un rigurgito 424 RENDICONTO ACCADEMICO sull'acqua anteriore, la quale perciò tende di guadagnare la parte posteriore, e che ciò accadrà, in quest'ultimo caso particolare dei due piani opposti, nel senso perpendi- colare al piano della figura piuttosto che sormontando le due fettuccie nella parte che si guardano dd. 3.* Se le due fettuccie sono perpendicolari al piano a cui sono affisse, ma obblique alla direzione del muovimento fig. 5, il notato inviamento principale accadrà dalla parte dell' angolo d dal quale le mollecole d'acqua continuamente si allontanano nel senso delle freccie. La freccia a signifi- ca la direzione del muovimento del piano anteriore ; la b quella del muovimento del posteriore. Ciascuna fettuccia si può riguardare impellente ed impulsata: impellente perchè ciascuna è causa che le mollecole d'acqua della propria falda si internino nella falda opposta , ed impulsata perchè ciascuna riceve l' urto dell'acqua che è restia a prender seco muovimento prin- cipalmente per l'intervento delle mollecole d'acqua della falda opposta. È qui, dice l'Aut. , dove riposa il fondamento della causa dell'innalzamento dell'acqua nella macchina, giac- ché poco differisce il suo modo di agire con quello ora contemplato io quei due piani ($. 4.°). Nella mac- china il movimento benché proprio della sola vite può riguardarsi appartenente anche alla madrevite quando si valuti a ciascuna parte la metà della velocità che real- mente ha la vite; in essa il muovimento è circolare per cui la vite deve influire sulla madre vite in un modo differente a quello con cui questa influisce sulla vile. È disiquilibrio però, avverte il nostro Accademico, che è eliso allorché la madrevite sia costrutta con le fettuccie inclina- te al basso non solo coli' asse ma anche col raggio del ci- lindro della madrevite. Si limita a questi cenni l'autore, e rimette ad esatte esperienze, o ad ulteriori considerazioni la determinazione DEL PROF." A. ALESSANDRINI 425 delle migliori proporzioni da darsi alle parti della macchi- na^ e la determinazione dell' inclinazione piiì vantaggiosa delle spire; annunzia che la piccola macchina che gli ha servito per le prove è composta di una vite e madrevite a tre spire larghe 1/12 del diametro del cilindro che forma il nucleo della vite^ dandogli l'inclinazione circa di gradi 22, conche ha potuto innalzar l'acqua per alcuni piedi anche al disopra delle spire benché di piccolo numero^ ed esso prevede che con idonea costruzione la si farebbe sa- lire anche di più con tubi di aggiunta, e con risparmio di volute, ma osserva che non si può aspettare da questa macchina l'innalzamento dell'acqua a grandi altezze per questa via e nemmeno alle mediocri utilmente, ma bensì che ove essa sia composta di spire e conlrospire con- tinuate fino all' altezza, alla quale si vuole condurre r acqua , si ha a disposizione un congegno col quale r acqua sente un impulso continuato , e moltiplicato lungo tutto il suo cammino esibendo un effetto abbondante e perenne, come già il risultalo di qualche esperimento gli fa conoscere, conciliando comode dimensioni, un esercizio con pochissimi attriti , e la felice applicazione anche per le acque torbide, ed arenose. Seduta Straordinaria delli 9 Giugno 1844. Stabilito in questa Sessione, secondo il solito; l'or- dine delle letture per l'Anno Accademico prossimo ventu- ro, si procede alla elezione del Presidente pel nuovo Anno Accademico , e viene rieletto per la terza volta l' attuale 426 RENDICONTO ACCADEMICO Presidente Do». Silvestro Gherardi Professore di Fisica Dell' Università. Essendo vacante un posto di Alunno per la promo- zione ad Accad. Ordinario del Dolt. Gio. Batl. Bianconi, viene proposto dal Presidente , come lo prescrive il Rego- lamento il Dott. Giacomo Grandi suo Sostituto nella Cat- tedra di Fisica , il quale ottiene dagli Accademici radunati tutti i voti favorevoli. et. 10' ISTOMO MIA KOBlLTi DEH' AGRICOLTURA DISCORSO LETTO ALLA SOCIEtX AGRARIA DI BOLOGNA NELL'ADUNANZA ORDINARIA DELLI 9 CENNAJO 1823. DAL PROF. GIOVANNI CONTRI SEGRETARIO DELLA MEDESIMA B. ►ene è a Voi noto, ed è superfluo che io ve lo rammenli, o Signori, che a commendare l'Agricoltura, e a dimostrarne la nobillù, e siami permesso il dire, la subli- mila eziandio, gli Scrittori di ogni tempo ebbero ricorso a narrazioni, ed esempj ricavali dalle Storie, e con que- sti agevolmente fecero conoscere, come la campestre sira- plicilà, e la frugalità dell'uomo di villa, abbiano genera- to mai sempre azioni virtuose , e degne di essere alla me- moria della posterità tramandate. E grave torto io farei alla Scienza vostra, ed alla vostra Erudizione, se io vo- lessi qui trallenermi nel ricordare ciò che gli Antichi Storici narrano de' Cammilli, e de' Curii, ovvero come L. Quinzio Cincinnato, nell'estremo pericolo della Patria eletto Dittatore, ne ricevette l'avviso mentre slavasi lavo- rando colle proprie mani il terreno del suo piccolo pode- ruccio. E per non rammeniare soltanto le cose soverchia- mente da' nostri tempi lontane, ed accadute negli umili tuguri , chi di Voi non sa come pur anche oggigiorno il Monarca di un' immensa ed antichissima Nazione non isde- gna di por mano all' aratro nel rinovellarsi di ciascun' an- 428 SUtLA NOBILTÀ DELL'AGRICOLTURA no, e di condurre nel terreno più solchi, seguilo in questo dai minori Principi , e dai Grandi del suo Impero : pro- ponendosi con siffalta cerimonia di mostrare a tutti il gran pregio in cui tiene Ja coltivazione de' campi, e porgendo a tulli pure un luminoso esempio d'incoraggiamento per promuovere l'industria., e per inanimare alla fatica. Se non che per dire il vero io non veggo sì gran miracolo di esemplarità, e di elevatezza ne' fatti poc' anzi ricordali e specialmente in quest'ultimo, poiché osservo ridursi la cosa ad una semplice formalità voluta o dalla legge, ovvero dalla consuetudine, che spesse volte ha mag- gior forza della legge medesima, e convien rispettarla. Ed io non trovo in questo atto solenne dell' Imperatore Cinese niente di più da ammirare di quello che possa rin- venirsi di solenne e di grande in quelle visite che pur talvolta degnano di fare anche i Sovrani nostri ai Pubbli- ci Stabilimenti, ne' quali si trattano o l'Arti, o le Scien- ze, 0 alcun altro importante oggetto di comune interesse. Che se tuttavia alcuna cosa di stupendo vogliasi rintrac- ciare nelle Storie del Cinese Impero, relativamente all'ar- gomento nostro, sarà più probabile di ritrovarla nelle gloriose azioni di quelVen-ti, il quale regnò dugenlo an- ni circa prima dell'Era Volgare, o poco meno, e che asceso al Trono in un momento di gravissima calamità; alloraquando cioè i suoi Stati per le passate guerre erano al colmo della desolazione e della miseria, conobbesi da Lui necessario di ricondurre i suoi sudditi alla abbando- nata coltura delle terre, ed Egli stesso ne diede l'esem- pio coir attendere personalmente al lavoro ne' possedi- menti della Corona: donde poi derivò l'annuo solenne rito, che si celebra anche oggigioi-no. Invaghito io pertanto d'immagini cosi sublimi, che veramente esaltano l'animo del semplice Agricoltore, ed innalzandolo al di sopra di se medesimo, parmi lo tra- sportino a più elevale cose, mi sono messo più volle a DEU PROF. G. CONTRI 429 ricercare se nelle diverse Storie alcun fatto a ciò relativo vi fosse tuttora, 0 non bene osservato, o anche pienamen- te sfuggito alla considerazione de' moltiplicali commenta- tori. Assunto certamente superiore alle mie forze, e tale da meritarmi di essere per l' arrooanza biasimato , anziché compatito, non che lodato pel buon volere. Ma in questa ricerca, io non saprei ben dirvi se favorito da cieca for- tuna, che spesse volle si compiace di sovvenire gli auda- ci; 0 se più veramente assistito da Divino ajuto, sembra- mi di essere stato così felice, che ninno forse il fu più di me giammai, dappoiché attentamente leggendo nelle Sa- cre Carte il Libro di Giobbe, parvemi di veder chiaro in questo Sanl'Unmo, quel giusto, quel saggio, quell'Agri- coltore, quel Pastore, quel Principe, Colui in somma che ben addietro lontani lascia tulli gli uomini celebri per semplicità e sapienza che fin ora vissero, non che i Ditta- tori, i Consoli, e gl'Imperatori che le profane storie tro- vano degni cotanto di amuiirazione. E perché nel volervi dimostrar questo, siccome la gravila dell'argomento ginslamente rende dubbioso, ed incerto me, che pur vorrei non del tutto indegnamente tra'larlo, così forse in Voi pure desta un ragionevole ti- more ch'io sia per abusare della sofferenza Vostra nello ascoltarmi, sapi)iale, o Signori, che io confido tanto nel- l'ajalo polente di quell'Uomo di Dio, che spero bene di potermi trarre d' impegno con pochi cenni ricavati da quel tanto, che delle grandi Opere del Santo Re ne ha trasmesso alla memoria nostra il Gran Legislatore, ed Istoriografo insieme del Popolo Ebreo, ovvero come altri pensano lo stesso Giobi)e. Che se pure io vedrò deluse le mie speranze, né la piccolezza mia mi avrà fatto degno di così singolare soccorso, tengo per fermo che merite- voli Voi ne sarete, o Colleglli illustri, e che quel cele- ste Eroe a Voi non mancherà del favor suo , preparandovi a sopportare con cristiaDa pazienza quanto io sono per dire. \ 430 SULLA NOBILTÀ DELL' AGRICOLTURA Che Giobbe sia stato un Re non può mettersi in dub- bio senza incontrare la taccia di empio: ma che egli sia stalo Re, e nel tempo slesso Agricoltore, e Pastore que- sto è ciò che per avventura può meritare una qualche con- siderazione dedotta dall' osservare i passi che in copia, e ben chiari ce Io dimostrano nel citato Libro. E prima ve- dete indicate insieme le asserite cose in que' versetti del Capo Vigesimoprimo, là dove Giobbe rispondendo a' suoi amici, che erano andati a visitarlo, non già per arrecare a Lui consolazione nella sua nuova miseria, ma solo per fargli villanamente ingiusti rimproveri^ pieno egli di co- raggio si difende contro le accuse loro, e dopo aver espo- ste molle, e molte ragioni, mostrando poi di voler con- ceder loro che alcune cose sien vere ;, soggiugne (1). w Cer- )) to io comprendo i vostri pensieri, e gl'ingiusti giudi- )) zii vostri contro di me. Poiché voi dite: La Casa di quel » Principe dov'è? E dove sono i padiglioni degli erapjFw Intorno al qual passo mentre gl'interpreti tulli sono con- cordi nello stabilire quanto alla prima parie, che quivi per Principe non si può intendere che Lui solo, il quale dal Principato per colpa propria, secondochè pretendeva- no i suoi falsi amici, era caduto nello estremo della po- vertà, così parimenti quanto alia seconda parie sono una- nimi nel dichiarare, che solto il nome di tabernacida , os- sia padiglioni, vengono significate le tende, o li ricoveri qualunque in cui albergavano, nel tempo prima trascorso, lì tanti servi ;, li bestiami , ed i figliuoli dell' empio ; cioè di Giobbe, che da' suoi scellerati amici era tenuto per empio. Ma perchè ambedue le asserzioni proposte richieggo- no ancora una qualche prova migliore, vediamo quali ar- gomenti in favore dell'una, e dell'altra separatamente ci (1) Avverto che io seguito sempre la traduzione di Mon^ signor Martini. DEL PROF. G. CONTRI 431 forniscono diversi passi del riferito Libro. E priiiiieramen- te per ciò che riguarda la qualità di Re, e di Re poten- te e rispettato, ommetlendo di riportare sei o sette ver- setti che in più di un tratto della Storia Io dimostrano con sufiiciente chiarezza, riferirò quel solo brano che ce lo dà a conoscere in una maniera veramente luminosa nel Capo vigesiraonono. In esso si contengono le parole sles- se di Giobbe, il quale rammentando la sua trapassata fe- licità ricorda come per lo addietro » egli era uso di re- w carsi in su la porta della Città, e di vedersi a prepa- » rare nella piazza il trono di sua residenza ». E di poi soggiugne che » in veggendolo i giovani si ritiravano ed » i vecchi si alzavano, e stavano in piedi. I Principi più )> non fiatavano , e mettevano il dito sulle loro labbra. I )) Grandi rallenevano la loro voce, e la loro lingua ri- )) nianevasi attaccata al palato. Reato diceami, chi ascol- » tava le mie parole, e chi mi vedeva diceva bene di me. )) Perchè io liberava il povero che strideva , ed il pupillo » privo di difensore. Renedizioni a me mandava colui che » stavasi in peiicolo di perire, ed al cuore della vedova w io porgeva conforto. Mi rivestii di giustizia, e della mia )) equità mi adornai come di manto, e di diadema. Io fui » occhio al cieco, e piede al zoppo. Io era il padre de' w poveri , e sojìra le cause poco chiare faceva diligentis- w Simo studio, lo spezzava le mascelle ai malvagi, e strap- w pava loro di tra i denti la preda. E diceva: Io morrò » nel mio nido^ e come la palma moltiplicherò i miei gior- n ni. La mia radice diffondesi lungo le acque, e la ru- )) giada si poserà su miei rami. Sempre nuova sarà la mia ); gloria, ed il mio arco sarà sempre più forte nella mia » mano. Quelli che mi ascoltavano aspettavano il mio pa- )) rere, ed in silenzio stavano attenti al mio consiglio. Non )) ardivano di aggiugner cosa alle mie parole^ ed i miei }) discorsi cadevano a slille sopra di loro. Me essi aspel- » lavano come Ja pioggia, ed aprivano la loro bocca co- 432 SULLA NOBILTÀ DELL'AGRICOLTURA )) me alla piova della tarda stagione. Se qualche volta io M scherzava con essi non se'l credevano, e la iilarilà del » mio volto non era senza il suo frutto. Se io vole- » va andar fra loro, stava assiso nel primo posto, e seden- n do qual Re circondato da armati era con tutto ciò il )) consolatore degli affli Ili m . Fin qui il Santo Giobbe: ed ora se, col dovuto ri- spetto a sì venerande parole, mi sarà pure permesso di aggiugnere qualche breve riflessione:, io proporrò una dif- ficoltà, che già parmi di sentire aifacciarsi da taluno. Ov'è, mi si darà, in tutto questo ragionamento la grandezza, la magnificenza di un Monarca? Ove il suntuoso sfarzo della sua Corte? Ove l'imponente apparato di Ministri, di Giu- dici, di numerosi eserciti che lo accompagnino? Ove final- mente le guerre, le conquiste, i trionfi che, agli occhi del maggior numero, sono purtroppo i soli segni ai quali si debbe riconoscere un Principe? Niente di tutto ciò, io lo confesso , o se pure alcun' ombra v' ha di grandezza terrena nelle accennale cose, ella è tale, che la meschinità dei Re di Omero è molto maggior cosa in confronto. Ma e che per questo? Saranno adunque mai sempre il fasto, il terrore, le stragi quelle azioni che in ogni incontro deb- bono distinguere i Re, 0 non piuttosto l'affabilità, la giu- stizia, la moderazione, la temperanza, la pazienza istes- sa, quella virtù che l'infelice antichità profana non bene conobbe, e che fu solo ;, e specialissimo conforto per quelli che adorarono il vero Iddio? In prova delle quali cose per non dilungarmi in trop- pe, e superflue parole, e per lasciare a parte un momen- to la testimonianza del medesimo Giobbe, che sola per tutte vale, e sovrabbonda, vagliami l'autorità di due no- stri antichi dotti, che, quantunque gentili, pure non pa- tiscono eccezione veruna né pel saper loro , né pel rispet- to da essi avuto pe' falsi loro Dei. Intendo dire di Plinio il giovane;, e di Valerio Massimo, il primo de' DEL PROF. G. CONTRI 433 quali nel suo Panegirico detto a Trajano, l'altro nella sua Raccolta di fatti, e delti degni di ricordanza, hanno lasciato a noi evidenti prove di quanto asserisco. Per- ciocché il primo dovendo per ufficio di Console tesser le lodi a queir egregio Imperatore, ed amico suo; ed inimico quale egli era d'altronde di ogni adulazione, con molto artificio ne rilevò le ottime qualità, o almeno ne occultò destramente i difetti, facendolo a tutti conoscere in ispe- cial maniera per giusto^ moderalo, e modesto, e propo- nendolo in questa guisa quasi modello del perfetto Prin- cipe. E così io penso, perchè non so indurmi a persua- dere pienamente me slesso , che in fatto poi , e senza nin- na eccezione sia stato perfetto Principe quel feroce perse- cutore de' Cristiani , anzi degli ottimi fra' Cristiani de' tempi suoi. In quanto poi ali' altra mia asserzione , cioè che la virtù della pazienza fu quasi sconosciuta agli an- tichi idolatri , eccone le prove ricavate da quegli esempj che il citato Valerio Massimo riferisce nel Capitolo della Pazienza. Quivi egli dice che due soli fatti dimostranti la virtù della pazienza ha voluto trarre dalla Storia Roma- na, onde non rammemorare troppo spesso i crudeli av- venimenti delle civili guerre. Ma, sia detto con pace di queir antico dotto , io credo fondatamente, ch'egli si aste- nesse dal ricordare simili fatti solamente, perchè ricono- sceva molto difficile il ritrovarne. Ed in vero chi meco pure noi crederebbe osservando ch'egli propone come esem- pi illustri di pazienza il notissimo fatto di Scevola, che sdegnato del fallo abbruciò la propria destra al cospetto di Porsenna , e l'altro di Pompeo che in una certa missio- ne fatto prigioniero da Genzio , e pressato con minacce di manifestare li secreti del Senato^ pose il dito sopra una lucerna ardente, significando con ciò di essere disposto a sopportare qualunque tormento prima che far palesi gli arcani di quel tremendo consesso. Ninno però di noi, che intorno alla pazienza siamo N. knti. Se. Natub. Seuie II. Tom. 2. 28 434 SULLA NOBILTÀ DELL'AGRICOLTURA forniti di miglior Iiiràe, potrà ravvisare in questi due fat- ti ombra veruna di simile virtù: e riconoscerà piuttosto nell'uno e nell'altro espressa la grandezza d'animo^ se non v'è pur anche misto alcun poco di vanità; ma cer- tamente poi nel primo congiunta all'ira, e perciò alquan- to guasta, nell'altro invece resa più pura, e perfetta da un'incorrotta fede. Che se però la virtù della pazienza non si conobbe con intera chiarezza dagli Idolatri , egualmente non può dirsi essere stala loro sconosciuta del tutto, perciocché Virgilio solca dire eh' eli' era la virtù più comoda, e che l'uomo forte prudentemente soffrendo poteva superare ogni più dura avversila. Quantunque per dire il vero neppur questa sia del tutto la perfetta pazienza, vale a dire quel- la nobilissima virtù Cristiana, la quale fa tollerare all' uo- mo giusto con pace, e con non finta allegria ogni più duro strazio, quand' anche manchi quaggiù la speranza di sollievo alle sue pene, o di premio alle sostenute fa- tiche (I). (1) Questo scritto fu presentato, e letto alla Società Agraria di Bologna nel giorno 9 del 1823, e consegnato agli Atti della medesima nella Sessione Ordinaria dello stesso giorno, vale a dire quasi due anni dopo la morte delV uomo più, il- lustre fra quanti vissero in Europa fra 'l terminare dello scor- so secolo, e'I cominciarsi del presente. E l' autore era di pa- rere fino d'allora, che, come questi si fu certamente il più celebre fra* guerrieri dopo Cesare , così fu pur anche fra' Prin- cipi il più pregevole per esercizio di pazienza. Ma poiché questa idea era sempre rimasta fra le opinioni probabili del- V autore , e mancava alcuna prova concludente per dimostrar- ne la sussistenza , così non pensando egli punto a pubblicare lo scritto medesimo, né pure si avvisava di esternare questa sua opinione. Ora però indotto a darlo alle stampe , dopo aver letto la Narrazione delle guerre di Cesare ( Opera di Napo- DEL PROF. G. CONTRI 435 Farmi adunque di avere sufficientemente dimostrato che la virtù della pazienza, se non fu affatto ignota agli antichi gentili, fu tuttavia da essi non bene compresa, e però anche per questo non dee porsi fra le piiì comuni, leone pubblicata in Bologna nel 1838) ha potuto realmente persuadersi del grandissimo pregio in cui si teneva da Na- poleone stesso la pazienza sopra ogni altra virtù. Egli ne dà indizio in più luoghi , e principalmente ove riferisce ( pag. 99 ) , quantunque alcun poco alterata , la fa- mosa orazione di Critognato a' suoi Galli , delta allorché fra gli assediati di Alesia era sorta quistione se si dovesse o rendersi ai Romani , o tollerare con rassegnazione la fame , e attendere pazientemente il soccorso di fuori, uccidendo pe- rò fra tanto gV invalidi per cibarsene , o farsi strada corag- giosamente colle armi fra le schiere da' nemici. Ma eccone le sempre memorande parole , che troppo perdono della loro forza se vengano riferite in tutt' altra lingua che quella del- l' Illustre Istorico (C. I. Caesat. de Bello Gali. L. I. cap. 77) variis dictis sententiis , quarum pars dedilionem; pars dura vires suppelerent^ eruptionem ceusebantj non praetereunda videtur oratio Critognatij propter ejus singu- larem, ac nefariam crudelitatera. Hic summo iu Arveruis natus loco , et magnae habitus auctoritalis , NluiL , inquit , DE EORUM SENTEISTIA DICTl'Rl'S SLM, Ql'I TIRPISSIMAM SERVI- TUTEM DEDITIONIS NOMINE ADPELLANT ; NEQUE HOS UABENDOS CIVIUM LOCO, NEQUE AD CONSILII'31 ADUIBENDOS CENSEO. Cl'M US MIHI RES SIT Qll ERUPTIONEM PROBANT -• Ql'ORlM IN CONSILIO , OMNIUM VESTRUM CONSENSU , PRISTINAE RESIDERE TIRTUTIS MEMORIA VIDETUR. ANIMI EST ISTA MOLLITIES , NON VIRTUS , INOPIAM PAULLISPER FERRE NON POSSE. Qtl SE ULTRO MORTI OFFERANT, FACILIl'S RBPERIUNTUR j QUAM QUI DOLOREM PATIEN- TER FERANT. Non riferisco il rimamnte perchè albastansa a tutti no- 436 SULLA hobiltX dell'agricoltura e direi quasi triviali, benché la vediamo tuttogiorno pra- ticata dal villano, e dalla donnicciiiola più che da' ricchi, dai psendo sapienti, e da' Principi. Anzi appunto dall' os- servare che Giobbe oltre alle altre molte virtù sue ricoP' to. Solamente , per la distinta menzione da Lui fatta di que- sto discorso, conchiudo, che Napoleone aveva in quel pregio la pazienza in cui aver si debbe da un uomo grande quale Egli si fu, e che quantunque dotato di uno spirito singola- re , tuttavia neir ultima sua disgrazia dovette soccombere al crepacuore. Conchiudo inoltre che anche nel fatto di Critogna- to un tale esempio di pazienza , perchè sostenuta da speran- za terrena , non si ha tm vero esempio , e purissimo di quel- la pazienza sublime , e santa , che è del tutto propria de' Cri- stiani. E poiché il principio di crudeltà cui è congiunta nella proposta di quelV antico Gallo è notato eziandio dallo Storico nel riferito brano, non sarà d'altronde inutile il considera- re intorno ai Galli non essere poi stati i medesimi a' tempi di Cesare tanto barbari quanto Egli stesso ce li vorrebbe far credere; e che quel pristinae virtutis memoria ne dà sufficien- te indizio di Nazione già colla da lungo tempo , anzi tale da doversi al confronto giudicar barbari i loro invasori : quegli invasori dai quali poi molti di presente ciecamente si danno il vanto di trarre la propria origine , e le leggi proprie , e le proprie costumanze. Merita parimente di essere riportato il seguente tratto ricavato dalV Opera di Napoleone sovra indicata , e che leg- gesi alla pag, 2^5, » Qi^al servigio non avrebbe reso Catone » se fossesi trovato a Cordova nel campo del giovane Pompeo , » il cui partito disfatto a Farsaglia , ed a Tapso , rinasceva > dalle proprie ceneri, tanto era potente nell' opinione de' pò- » poli? La morte di quesl' Uomo dabbene fu dunque una dif « fgrazia pel senato, e per la repubblica: Esso mancò di DEL PROF. G. CONTM 437 date superiormente, fu di questa possessore in grado cosi eminente da esserne tramandata la memoria, come di sin- golare esempio,, alla più tarda posterità, io deduco pur anche ch'egli fu Principe molto illustre, e distintissimo fra tutti quelli che ne ricorda la Storia. Passiamo a riconoscere quali prove si abbiano dell'es- ser stato altresì Giobbe Agricoltore, e Pastore. Nel che fare lascierò da parte li molti tratti della sua storia ne' quali si fa parola di Agricoltura, e di Pastorizia, giacché mi si potrebbe opporre, che chi questa scrisse poteva he* nissimo conoscere quelle arti in modo da saperne ragio- nare , e descriverne le parti , senza tuttavia che elleno formassero né la sua occupazione, né quella del Santo Re, e l'opposizione probabilmente verrebbe riconosciuta ben giusta. Gioverà pertanto di ricorrere a que' tratti di storia che possono servire per prove indirette, come per esempio nel Capo vigesimo quarto , ove dirigendo le sue imprecazioni contro l'empio, egli dice, » maledetta sia )) sopra la terra la sua eredità, e sia a lui negato dt » passeggiare per le sue vigne » e w dalle acque di neve » passi d'improvviso agli eccessivi calori m. Ovvero l'altro nel Capo vigesimo settimo ove, parlando della corta dura- ta de' beni dell' empio medesimo, dice che questi » si fab- » bricò la sua casa come la tignuola, e come il custode )) della vigna si formò la sua capanna )) : e meglio fors' an- che il versetto sesto del Capo vigesimo nono , ove raccon- ta che era solito m di lavarsi i piedi col butiro, e che la » pietra per lui spremeva rivi di olio w. » pazienza, né seppe attendere il tempo, e V occasione » . E per tutto questo finalmente di nuovo io concludo che Napoleo" ne meglio d' ogni altro conobbe , ed apprezzò il vero spirilo della pazienza, tenendola in quel pregio in ctii da un ottimo Cristiano , e di grandi animo aver si debbe una tanta tirtit. 438 SULLA NOBILTÀ DELL'AGRICOLTURA Da cfiiesti pochi cenni a me pare cosa ben facile, e ben ginsta insieme il dedurre che Giobbe riponeva negli esercizj delia villa il maggiore de' piaceri, e nella privazione di questi la massima delle svenliire. E poiché le cose indi- cate in questi versetti non sono esposte dallo storico trat- tando di proposilo alcuna parte della coltivazione, ma piut- tosto per incidenza, e come per dare al discorso, intorno al soggetto di cui narra la storia, quel carattere proprio della persona di lui , e delle sue maniere , ed abitudini , accioc- ché il racconto serbi meglio l'impronta della verità, così io reputo doversene argomentare che le abitudini di Giob- be quelle a punto si fossero che dell'Agricoltore veggia- mo proprio. Il quale argomento comunque, sia egli di semplice congettura, maggior forza però acquista, se si seguiti il parere di quelli, i quali non attribuiscono a Mosè questa preziosa parte delle Sacre Istorie, e vogliono invece che se ne debba riguardare per autore lo stesso Giobbe , se- condocliè io già vi accennai da principio. E se questa opi- nione ebbesi per molto conforme al vero da non pochi eru- diti, i quali ammisero come prove gl'indizj ricavati dal- la diversità dello stile, dalla originale novità de' concetti, dalla forza, ed evidenza delle espressioni, gioverà a me pure il seguirla, ed attenermi ad essa pienamente. Percioc- ché troppo a me torna in questa mia ricerca di fare ap- plicazione di una massima generale, che credo giusta, e che mi ha servito di non fallace criterio in molte occasioni, e cioè , di doversi portar giudizio degli uomini argomentando dalle cose piccole, non mai dalle grandi, e dalle cose abituali, ed ordinarie non mai dalle straordinarie; mentre si presenta- no essi nelle prime , e si danno a conoscere quali sono natu- ralmente, e con tutta semplicità, là dove nelle altre si fan vedere preparati , ed artificiosamente disposti , sì che ben di sovente vi occultano la propria natura , e le loro qualità. Che se tuttociò sussiste , come io non dubito , giudji- DEL PROF. G. èòSTRI 439 chiamo pur francamente essere stalo Giobbe uomo di vil- la , perchè Egli sempre parla nel suo Libro , e sempre al- lude a campestri faccende; e non solamente ove ne discor- re di proposito, ma ben anche ove Egli di tuli' altro ra- giona. Né d'altronde è da mellere in dubbio, che le ma- niere di dire, e le similitudini usate da chiunque nella domestica conversazione sono pur sempre ricavale dall'os- servazione allenta, ed assidua di quelle cose, che tutto* giorno vanno per le mani. Il che posto, udite come il Sant'Uomo rammentando la breve durala del tempo da lui trascorso nella felicità, dice w 1 giorni miei sono sta- w ti più veloci di un uomo corridore; sono fuggili, e )) nulla haimo veduto di bene; sono passali di fuga come )) nave carica di pomi,, come aquila che vola alla preda w. Intorno al qual passo i commenlalori, ponendo mente alle fortissime similitudini, che vi si trovano raccozzale, con- vengono nel ravvisare per assai bella l'espressione della nave velocissima, perchè carica di pomi;, i quali se pre- sto non arrivano al luogo di consumo facilmente si gua- stano. Ed io soggiungo di piiì che una tale similitudine non può neppur cadere in pensiero se non a chi per oc- cupazione propria , e per motivo di guadagno , abbia più e più volle atteso al trasporto di pomi per un siffatto mezzo. Similmente io trovo altissimo a dimostrare che Giob- be fu Pastore l'altro passo del Capo quarantesimo secon- do, in cui narra che, cessate le disgrazie dell" Uomo giu- sto, i fratelli di Lui, le sorelle, e gli amici furono a vi- sitarlo trionfante delle altrui persecuzioni , e rimuneralo duplicatamente da Dio di ogni cosa che aveva prima per- duto. Quivi poi si soggiugne che ciascuno di essi gli recò il dono « di una pecora, e di un'orecchino d'oro ». Ora domando io , qual sorte di donativo si è questo per un uo- mo, che altre volle, ed in tempi di sua minore fortuna, stavasi in trono assiso, e che in qucsi' ultimo momento, I 440 SULLA nobiltX dell'agricoltura divenuto più felice, più ricco, e più grande, naturalmen- te doveva meritare doni a Lui proporzionati, e se non nella quantità, nella qualità almeno, afTinchè in sì solen- ne giorno potessero essere per Lui gradili, ed accetti? Temerei di offendervi gravemente, o Signori, se in altre riflessioni mi trattenessi intorno a questo, sembrandomi, oso dire, all'evidenza dimostrato che il Re, e l'Agricol- tore Giobbe si fu pur anche Pastore, se pure si vorrà che il semplicissimo dono di una pecora in tal circostanza do- vesse riescire per Lui magnifico, e gradito. E qui recandomi alla memoria quella bella Sentenza del Drammatico Italiano; di Colui che forse il primo, e meglio d'ogni altro seppe far discendere al cuore rivestili d'ineffabile dolcezza i più utili precetti della severa Filo- sofia; recandomi a mente dissi quel verso Sarai buon Re se buon Pastor sarai, quasi sono indotto a credere, che Metastasio , il quale con indefessa cura veniva raccogliendo da tutte le storie le massime più belle , onde fregiarne quegli eroi che an- dava fingendo, togliesse parimenti dal Libro di Giobbe alcune di quelle che a Lui servirono nella composizione di molti Drammi , e specialmente in quello che ha per ti- tolo il Re Pastore. Per la qual cosa io ancora col dovuto rispetto per un tanl'uomo, e seguendone ben da lungi, e per altra guisa le orme , non porrò termine a questo mio qualunque siasi ragionamento senza aver prima soggiunto qualche bre- ve considerazione, qualche utile conseguenza che per av- ventura ricavare si possa dalla infinita , e soprannaturale dottrina che in sé contiene il venerato Libro di Giobbe. Noterò primieramente con altri molli, che come è grande la somiglianza, e l'analogìa fra le famiglie, e gl'Imperi, così grandissime pur si ravvisano queste fra r Arte di governare i campi , e quella del governare i Po- poli. E non è egli vero che i Re sono Padri de' loro sud- DEI PROF. gI contri 441 diti, egualmente che il Reggitore è Padre ^ e Capo della sua famiglinola? Non è clilaro forse che questi col vegliare alla educazione de' suoi fanciulli , coli' addestrare nell' ar- ti del campo i giovani , col temperare le passioni negli adulti, col provedere alla sussistenza, ed al ben' essere de' vecchi , ne porge un luminoso esempio del modo con cui i Governanti diporlare si debbono nello stabilire provedi- menti alla Istruzione Pubblica, all'incremento delle Arti, all'amministrazione della giustizia, alla istituzione di Ope- re Pie, e Caritatevoli, non solo a sostentamento de' mi- seri, e della età cadente, ma per procacciare altresì una vita comoda, e quieta a coloro che intendono di prestarsi in servigi di utilità per la Patria, ovvero in ricompensa nel fine degli anni a quelli pure che già li prestarono nel- la migliore età? Dalle quali cose che dir si possono propriamente do- mestiche rivolgendo la mente, e l'animo alle esterne, e chi non trova un assai facile paragone del Podere col Re- gno, del Campo colla Provincia? Chi non riconosce come negli ajuti che i buoni coltivatori si recano scambievoli sono raffigurale le alleanze, ed i soccorsi reciproci degli Stati? E nelle dissensioni, e nelle discordie, le guerre; e negli oltraggi, e nelle risse, le battaglie, e nel ricompor- si , le paci ; e nel dissegnarsi de' confini fra campo e cam- po le quistioni che spesse volte insorgono pel possedimento di una Provincia, o di uno Stato: quistioni che io trovo ben di gran lunga più rilevanti nel piccolo poderuccio di quello che lo sieno ne' vasti Iraperj. Perciocché maggiore senza dubbio dovrà pel povero Agricoltore riputarsi l'im- portanza del possesso di pochi palmi di quel terreno , dal quale, irrigato col sudore della fronte, ricava a stento di che vivere, di quello che la conservazione, ovvero l'ac- quisto di una Provincia , o di un Regno al Principe , che nel nuovo possedimento non si procaccia che inquietu- dini, e pene; ma frattanto sparge poi a torrenti il san- 442 SULLA WOB. dell' AGR. DEL PROF. G. CONTRI jjue degl' innocenti suoi sudditi per procurarsi in fine una dolorosa, e crudele soddisfazione. Eh ! sì, vel dissi, e l'illu- dersi non giova, 0 Signori. L'arie del governare nulla ha di più nobile, di più illustre , di più dignitoso, di più importante di (|uello che si rinvenga nell'Arte di coltivare le Terre; e come io penso di avervi ciò dimostrato per ultimo con sufficiente chiarezza, così pur penso di avervi prima dato a conoscere in Giobbe il modello molto mani- festo del Perfetto Principe. Me felice! se colla scarsezza del mio ingegno, colla rozzezza del mio stile non avrò del tutto offuscala la trascendente sublimità dell' argo- mento. ORDINAniENTO SISTEMATICO DEI GENERI ITALIANI DEGLI INSETTI DITTEM UEMBRO DELLA SOCIETÀ ENTOUOLOGICA DI FRANCIA ECC. ( Continuazione , vedi pag. 256. ) Fra le vene trasversali io chiamo Radicale (Radicalis) quella venetta che trovasi sempre in vicinanza della base alare nel lato anteriore, e congiunge la costale alla prima longitudinale; e chiamo basali (Basales) quelle quasi sem- pre poco distinte le quali trovansi parimenti presso la ba- se dell'ali al di dietro della radicale: e le altre trasver- sali sono da me appellate ;, prima, seconda, terza ecc. se- condochè sono più prossime al lembo anteriore dell'ala, e se due si trovano essere sulla stessa linea longitudinale, sarà numerata prima quella che è più vicioa alle venette basali. Le areole dell'ali le divido in esterne, interne ed intermedie. (Exteriores, Inleriores, Inlerpositae aut loter- mediae). Le esterne sono quelle che trovansi a contatto , o mag- giormente vicine al lembo esteriore dell'ali. Le interne sono quelle che trovansi a contatto delle venette basali e delle areole esteriori, o delle intermedie quando vi sono. 444 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC Le intermedie quando esistono son collocate fra le in- terne e le esterne. Fra le areole esterne chiamo radicale (Radicalis) quel- la che trovasi circoscritta dalla prima porzione della co- stale, e della prima longitudinale, ed in fuori dalla venelta radicale; e conservo il nome di anale (Analis) all'ultima areola che trovasi alla base dell' ala nel lato posteriore ; e chiamo le altre areole esterne, prima, seconda, terza e via dicendo , cominciando a numerarle dall' areola anteriore più vicina alla radicale , e seguitando intorno al bordo del- l'ala (ino ad arrivare all'anale. Delle interne ed intermedie sarà prima quella che è pili vicina al lembo anteriore dell' ala, seconda quella che si trova subito meno lontana e così di seguito: e quando due si troveranno collocate nella linea stessa equidistante al margine anteriore, si dovrà numerare prima quella che trovasi più vicina alla base alare. Lo spazio che trovasi talora fra le areole esterne che non arrivano al bordo estremo dell'ala, ed il bordo me- desimo, lo chiamo spazio marginale, o spazio vuoto del- l'ali (Spaliura marginale). Le appendici o prolungamenti, per lo più brevi o spurii , di qualche vena che si avvanzano talora nello spa- zio marginale, non devono considerarsi formare delle areo- le esterne, se non quando per regola generale dovrebbero prolungarsi tanto ed in maniera da poterle formare, e si trovano essere interrotte per caso abnorme ed eccezionale. Ho creduto inutile di interlenermi a spiegare quando è che le vene alari dovranno dirsi sinuose, rette, gomita- te ecc. come pure quando è che le areole formale da quel- le dovranno appellarsi ovali, quadrale, triangolari e via di- cendo, perchè si conoscono in pratica senza alcuna diffi- coltà quali sono le modificazioni corrispondenti a tali vo- caboli, e solamente avvertirò, che non ho mai chiamalo alcuna vena longitudinale forcuta, perchè i rami della DI G. RONDACI 445 forca venosa sono sempre per me o vene longitudinali, 0 trasversali , od appendici delle medesime , secondo la lo- ro direzione^ posizione, e prolungamento , e queste dovran- no essere numerale in ragione del posto in cui si trovano, e così le areole da quelle formale dovranno nominarsi se- condo la loro posizione : che se però in qualche caso sa- rà utile di far conoscere il significato da me attribuito ad alcuna parola questo il farò a suo luogo. Ho diviso le famiglie numerose di generi in diverse Linee, e talora le Linee in Gradi, ma non intendendo perciò che tali suddivisioni debbano formare parte inte- grante del sistema distributivo, ma solamente che siano mezzo per facilitare la distinzione e conoscenza dei Gene- ri nelle Famiglie mollo eslese, mentre pensando in altro modo avrei dovuto dividere in Linee ed in Gradi anche Famiglie men numerose di generi, ed anzi avrei dovuto istituire e nominare queste suddivisioni anche per Fami- glie composte di un genere solo, la qualcosa ho creduto di nessuna utilità se non certamente dannosa. L'ordine e la nomenclatura delle Famiglie e delle Stirpi che ho seguilo, è conforme quasi completamente, alla distribuzione delle medesime da me progellata, e pub- blicata negli annali delle scienze naturali di Bologna nel 1841. Nella distinzione dei Generi, delle Linee e dei Gra- di, ho fatto scella dei caratteri che mi parvero più im- portanti , prediligendo però quelli che sono più facili ad osservarsi e descriversi ; cosicché ho fiducia che i generi gi potranno agevolmente riconoscere , ma non intendo che siano per questo completamente descritti. Gli altri carat- teri che dovranno aggiungersi per complelare la loro dia- gnosi, mi riserbo ad enumerarli quando pubblicherò la descrizione dei generi Italiani di quest' ordine , e il cata- logo ragionalo delle specie nostrali da me osservate. Non mi resta da dire se non che alcuni dei Generi 446 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. da me numerati non è certo se vivano in Italia i e questi saranno contrassegnati colla parola abbreviala Ital? ed il punto interrogativo: di tali generi però non considerai come Italiani, se non quelli i quali si trovano in paesi limitrofi , per cui si possa credere con fondamento che sia facil cosa vengano pure scoperti come nostrali , quando «n tal' ordine d'insetti sarà meno trascurato dagli Ento- mologi Italiani. C. RONDANI. DI C. RONDANI 447 ORDINIS DIPTEROUXJM j STIRPS II. MUSClDiE Rndn. (1) Athericera Lat. Mac. Zett. West. Char. Slirpis. Antennae seraper aristalae vel slilatae: artieulis tribus, et raro duobiis lanlum perspicuis corapositae: arti- culo exlrenio numqnam cìrculatini snXcaXo: Arista fere semper dorsualis, si raro apicalis, lune vena spuria supranumeraria areolas aliquas intersecante, vel anlennis prope orera insertis, vel proboscide indislincta, vel facie buccala. Palpi ariiculo unico vel raro duobus distinclis cora- posili \K'C.L'A' Proboscìs fere semper brevis et crassa , si raro exilis et elonj^fala, arista dorsuali; si vero apicali , tuno ve- nae longiliidinales ad summum odo- Alae venis longitndinalibus ad summum ceto, axillari- bus exceptis. FAMILIA I. OESTRIN.E Rndn. OEsTRiDES Lat. Mac. Zett. OEsTRAciDES Meig. Zett. Hematomyzides Fall. OEsTRiD.E Westw. Charact. Familìae. Antennae brevcs, in cavo faclei inserlae , ariiculo extrer rao subglobuloso vel sub-ovato. (1) Vedi Nuovi Annali delle Scienze Naturali di Bolo- gna. La terza Memoria Lillerologica da me pubblicata V An^ n^ 1841 al Tomo 6. 448 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC Jrista fere semper darsualis , si raro apicalis vena quin- ta longitudinalis cubitata et apice quailae conjuncla ante costalem. Os clausum vel fere clausura, proboscide et palpis vel omnino indistinclis, vel parum perspicuis. Abdomen et Pedes selis rudibus nuUis. Oculi parvi , in utroque sexu distantes- Caput latitudine et magnitudine ordinaria. Organa copulatoria nec dilatata nec inflata in mare. Ovì- ductum in faemina aliquando valde elongatum et sub abdomìne reflexum. Alae venis aequalibus in utroque sexu. GENERA ITALICA A. Venae (1) omnes longitudinales non cubitalae. -iisili GEN. I OESTRUS. Lini Typus Gen. OEstr. OEqui Clark. A A. Venae duae longitudinales cubitalae. B. Venae longitudinales quarta et quinta apice sejunctae. — Arista antennarum dorsualis. GEN. II. HYPODERMA Clark. Typus Gen. OEstr. Bovis Fab. BB. Vena quinta longitudinalis apice quartae conjuncta. — Arista antennarum terminans. (1) Credo Inutile di aggiungere alarum alla parola Ve- nae . perchè s' intende che non si può parlare di altre vene che delle alari. DI C. RONDAMI 449 GEN. III. CEPHALEMYA Clark, Typ. Gen. OEstr. Ovis Lin. FAMILIA IL SIRPHIN^ Rudn. Syrpiiici Fall. Mgn. Loew. Zetf. Syrphidjj Mac. Westw. Syrpiiidi^ Wied. SyRPHiJE Lat. Char. Familiae. Antennae longe ab ore insertae. Arista fere semper dorsiialis, si raro terminans tunc vena spuria adest, oriens ad basini terliae longitu- dinalis, et ociili in mare conjuncti sunt. Os latum , proboscide membranosa brevis crassa labiata Ocuh et Caput magnitudine ordinaria : Vertice ocellato Ahdomen et pedes setis rudibus et longis nullis Organa copulatorìa band valde dilatata simul et com- plexa, raro paulo infiala vel uncinala in raaribus. Venae alarum longitudinales odo, axillarihus exceplis Quarta et quinta longitudinales cubitalae et apice praccedenlibus conjunclae. Vena spuria magis vel mmus distincla inlerposila quartae et quinlae lon- gitudìnalibus. N. Ann, Se. Natiu, Serie H. Tom. 2. 29 460 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. GENERA SYRPHINARUM IN LINEAS AGGREGATA. A. Arista anlennarum dorsualis. B. Scutellura haud tubeiculatura. C. Arista antennarum pilis longis ubique instructa. — Ve- na quarta longitudinalis parura aut niiiil intus in- curvata. LINEA 1. SERICOMYELL^. G.C. Arista nuda vel tomentosa vel parce et breve aliquan- do pilosa: si pilis longiusculis aliquando instructa lune vena quarta longitudinalis intus valde incurvata. D. Vena quarta longitudinalis intus profunde incurvata, si rarissime parum sinuosa femora postica apophisi valida apicali subtus instructa. LIN. 2. HELOPHILELL^. DD. Vena quarta longitudinalis recta vel subrecta: si pau- lo sinuosa, femora postica apophisi nulla apicali. E. Femora postica inferne denticulata, serrulata vel spi- nulosa , si aliquando simplicia vena prima transver- sa manifeste propinqua apici areolae sextae exterio- ris magis quam basi ejusdem. LIN. 3. MILESIELL^E. E E. Femora postica inermia. Vena prima transversa ma- gis proxima basi quam apici areolae sextae exterio- ris aut raro fere aequidistans. DI C. RONDAKI 451 F. Antennae breves vel brevissimae, si raro longiusculae pendentes. LIN. 4. SYRPHELLiE. FF. Antennae capile longiores et ereclae. LIN. 5. CHRYSOTOXELLiE. BB. Sculellum distincte biluberculatum. LIN. 6. MICRODONELLiE. A A. Arista antennarum terminans. G. Vena quarta longiiudinalis alariim subrecta, et intus non appendiculata. LIN. 7. CALICERELL.E. GG. Vena quarta longitudinalis intus distincte incurvata et appendiculata. LIN. 8. CERIELL/E. GENERUM DISTINCTIO ET ENUMERATIO LINEA 1. SERICOMYELLiE. a. Vena secunda et tertia longiiudinales sejunclim costa- lem attingentes. GEN. I. SERICOMYA Meig. (Ifalicum?) Typus Gencr. Syrplius Borealis Fall. a a. Vena secunda et tertia longitudinales apice conjunctae ante costalera. 452 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC GEN. IL VOLUCELLA Gof. Typ. Gen. Musca Inanis Lin. LIN. 2. HELOPHILELLiE. a. Feraora postica apophisi nulla apicali. b. Antennarum arliculus tertius longitudine latior. e. Oculi distantes in utroque sexu. Femora postica valida sed non distincte inflata. GEN. III. MALLOTA Mgn. Typ. Gen. Eristalis Fuciformis Fab. ce. Oculi maris subcontigui. Femora postica inflata in u- troque sexu. GEN. IV. ZETTERSTEDTIA Mihi. Typ. Gen. Syrphus Cymbiciformis Fall. bb. Antennarum articulus tertius subcircularis vel sub-o* vatus, latitudine longior. d. Arista antennarum apice dilatata saltem in mare. GEN. V. PLATYNOCHETUS Wied, Typ. Gen. Eristalis Setosus Fab. d d. Arista antennarum apice non dilatala in utroque sexu. «. Yenae longitudinales secunda et tenia apice conjunctae ante cosialem. DI C. RONDANI 453 GEN. VI. ERISTALIS (1) Fab. Typ. Gen. Musca Tenax Lin. e e. Venae secunda et terlia longitudinales sejunclim costa- lem altingentes. f. Femora postica haud disllnctae incrassata. Oculi maris contigui. g. Antennarum arliculus tertius subcìrcularis. Vena quarta longiiudinalis intus profunde incurvala. GEN, VII. MYATHROPA m. a Musca Atropos Skr. Typ. Gen. Musca Florea Lin. gg. Antennarum articulus tertius ovatus apice acuminato. Vena quarta longiiudinalis intus satis sed non pro- funde incurvata. (1) Genus Eristalis facilius in tria subgenera , si placent dividendutn , quae sic distincta essent. a. Oculi maris non conliffui. Vena spuria ordinaria in- distincta. 1. Sub. Gen. Erislalinus m. a a. Oculi maris contigui. Vena spuria magis ve\ minut perspicua. b. Arista nuda vel subnuda. 2. Sub. Gen. Eristalis Fab. bb. Arista piumosa vel distinctc pilosa. 3. Sub. Gen. Eristaloides m. 454 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. GEN. Vili. DIDEA Mac. Typ. Gen. Didea Fasciata Mac. ff. Femora posUca incrassata. Oculi in utroque sexu di- stanles. GEN. IX. HELOPHILUS Meig. Typ. Gen. Musca Pendula Lin. a a. Femora posUca apophisi valida apicali instrucla. h. Oculi pilosi. GEN. X. MERODON Lat. Typ. Gen. Merodon Clavipes Lai. hh. Oculi nudi. GEN. XI. TROPIDIA Mgn. (Italicum?) Typ. Gen. Tropidia Fasciata Meig. (1). UN. 3. MILESIELL^ a. Femora postica inferne nec spinulosa seriatim nec den- ticulato-serrata. aliquando tuberculo tantum instructa. (1) Pro specie Milesiformi Fallenii forte genus distin- ctum efformandum est , quod Milesiformis appellabitur , species vero , Fallenii nuncupanda erit. Characteres praecipui generis hujus ex venis alarum iollendi, nani in hoc, vena quarta longitudinali s sinuata sed non valde incurvata , et areolae quartae exterioris petiolus apicalis subnullus ecc. DI C. RONDANI 465 b. Venae longitudinales secuDda et tertia apice coDjuDctae ante costalem. GEN. XU. SPHIXEA Mihi. a (Sphix graeco) Vespa Typ. Gen. Eristalis Fulminans Fab. bb. Venae longitudinales secunda et lertia sejunclim co- stalem atlingcntes. c> Facies in medio non tuberculata nec ìnferne distincte producta. Arliculus tertius antennarum sub circula- ris, numquara longitudine latior. d. Frons non distincte producta. Areolae quintae exteriOr ris petiolus apicalis minimus vel fere nullus. GEN. XIII. MILESIA Lat. Typ. Gen. Musca Diopbthalma Lin. dd. Frons distincte producta. Areolae quintae exlerioris petiolus apicalis satis longiusculus etc. GEN. XIV. CALIPROBOLA Mihi. a Pulchro vestimento (graece) Typ. Gen. Milesia speciosa Fab. ce. Facies in medio tubercolata et inferne distincte pro- ducta. Antennarum articulus tertius magis vel mi- nus longitudine latior. 456 ORDINAMENTO SISTEMATICO ÈC. GEN. XV. CHRIORHYNA Hoff. Typ. Gen. Milesia Fioccosa Mgn. a a. Femora postica inferne seriatim spinulosa^ vel serru- lata aut late aiit ad apicem anguste. e. Vena prima transversa postice magis proxiraa apici quara basi areolae sextae exterioris. f. Sculelliim margine non serriilato. Facies distincte concava." g. Arliculus terlius anlennarum ovatus; arista longe a ba- si articuli ejiisdera inserta. Oculi in mare appropin- quati sed non contigui. GEN XVI. BRACHIPALPUS Mac. Typ. Gen. Brachipalpus Tuberculatus Mac. gg. Arliculus lertiùs antennarum circularis; arista ad ba- sini articuli inserta. Oculi in mare contigui. GEN. XVII. XYLOTA Mgn. Typ. Gen. Musca Segnis Lin. ff. Scutellum margine serrulato. Facies plana." GEN. XVIII. EUMERUS Mgn. Typ. Gen. Pipiza Strigata Fall. e e. Vena prima transversa magis proxiraa basi qnam apici areolae sextae exterioris. h. Abdoraen basi haud distincte coarctatura. i. Venae longitudinales quarta et quinta apice confusae et simul marginem attingentes. Facies maris distincte gibbosa. DI C. RONDAMI 467 GEN. XIX. XYLOTiEJA Mihi. Typ. Gen. Milesia Vara (Rara) Fab. ii. Vena quinla longiliidinalis apice quartam allingens sa- tis longe a costale. Facies in utroque sexu non gib- bosa sed subcarinala. GEN. XX. SYRITTA S-F-S. Typ. Gen. Musca pipiens Lin. hh. Abdomen basi distinctae coarctatum. k. Aniculus tertius antennarum siibcircularis. Vena quinla longitudinalis angulo valido flexa- GEN. XXI. ASCIA Mgrl. Typ. Gen. Merodon Podagricus Fab. kk. Articulus tertius antennarum sub-ovato elongalus. Vena quinta longitudinalis recurvata non angulata va- lide. GEN. XXII. SPHEGINA Meig. Typ. Gen. Milesia Clunipes Fall. LINEA 4. SYRPHELLiE. a. Abdomen basi distincte coarctatum. b. Vena quarta longitudinalis oriens ciroiter conlra secun- dam transversam. 458 ORDINAMENTO SISTEMATICO EC. GEN. XXIII. BACCA Fab. Typ. Gen. Bacca Elongata Fab. bb. Vena quarta longiludinalis oriens distincte ante se- cundani transversara. e. Arista antennarum pilosa. Abdomea segmento secundo depresso. GEN. XXIV. SPAZIGASTER Rudn. Typ. Gen. Spazigaster Apennini Rudn. Revue Zoologique anno 1841. ce. Arista antennarum nuda. Abdomen segmento secundo subcylindrico. GEN. XXV. DOROS Mgn. Typ. Gen. Milesìa Conopsea Fab. a a. Abdomen basi non distincte coarctatum. d. Organa copulatoria maris infiala, genitali penicillato. GEN. XXVI. SPHiEROPHORIA S-F-S. Typ. Gen. Musca scripta Lin. dd. Organa copulatoria maris simplicia. e. Arista brevis distincte triarticulata. GEN. XXVII. PELECOCERA Hoff. (Italicum?) Typ. Gen. Pelecocera Tricincta Hoff. e e. Arista longitudine ordinaria, articulis basalibus non elongatis. f. Alae abdoinine valde longiores. DI C. RONDANl 459 GEN. XXVIII. BRACHIOPA Hoff. Typ. Gen. Rhyngia Bicolor Fall. f f. Alae longitudine ordinaria. g. Epistoma valde prodiiclum, rostriforme. GEN. XXIX. RHYNGIA Scop. Typ. Gen. Rhyngia Rostrata. Scop. gg. Epistoma etiamsi paulo productum numquam rostri- forme. h. Facies tuberculo valido in utroque sexu. Antenne arti- culo terlio subcirculari vel sub-ovato. Frons foemi- nae serialim non siilciolata nec punctulata. i. Vena spuria ordinaria completa et ubique distincla. k. Vena prima transversa distincle magis proxima basi quam apici areolae sextae exterioris. I. Vena tertia longitudinalis producta circiter contra api- cem quintae sed non ultra dislincte. Frons maris plana et supra oculos non elevata. GEN. XXX. SYRPHUS Fab. Typ. Gen. Musca Ribesii Lin. II. Vena tertia longitudinalis dislincte producta ultra api- cera quintae praesertim in mare. Frons maris inflata et supra oculos elevata. GEN. XXXI. LASIOPTHICUS Mihi Oculi lanosi Typ. Gen Musca Pyrastri Lin. kk. Vena prima transversa fere aequidislans apici et basi areolae sextae exterioris. {sarà coniinuaio) Rischiarimenti e rettificazioni ai generi ed a qual- che specie della famiglia de' Zoofitari sarci- noidi od Alcionari slahilita dal Sig. de Blain- riLLE del Dott. Gio. Domenico Nardo medico pratico, membro effettivo pensionato dell' I. R. Istituto Veneto di Scienze etc. etc. Lj opera del Sig. de Blainville relativa ai Zoofiti , com- presa nel Voi. 60 del Dict. d';Hlst. Natur. pubblicata l'an- no 1830 e riprodotta con correzioni ed aggiunte l'anno 1834 col titolo di Manuale d' Actinologia e Zoofilologia, è ancora senza dubbio il migliore trattato generale che pos- seda la scienza su tal argomento, e quello che presenta un quadro più completo dello stato di essa ai dì nostri ben- ché sortita 10 anni or sono. Giova quindi purgarla da quelle mende che inevitabili riescono in siffatti lavori, ed accrescerla di osservazioni come il progresso scientifico esige. Io prendo ora in disamina, per quanto la mia posi- zione il permette, la famiglia degli Alcionari , e mi riservo progredire successivamente facendo lo stesso pei Penna- tulari pei Cor altari, e per altre'famiglie che abbisognassero come queste di rettifica e schiarimenti (1). (1) Vedasi intanto il saggio prodotto alla quinta assem~ blea degli Scienziati Italiani in Lucca , pubblicato negli Atti col titolo Nuova distribuzione naturale in Famiglie e sotto- famiglie degli esseri appartenenti alla Classe de' Zoolìtari stabilita dal Blainville. ME». DEL DOTT. D. NARDO 461 Genere Briareum. II Sig. de Blainvìlle crede benché in modo dubitativo appartenere al di lui genere Briareum la Gorgonia mollis Olivi. Posso assicurare non convenirvi essa assolutamente, poiché ha V asse corneo-fibroso invecechè costituito di aghetti serrali e fascicolati a seconda della loro lunghezza come si dice osservarsi nella Gorgonia Briareus che è il tipo del genere dal Blainville a giusta ragione stabilito. Relativamente alla caratteristica della Gorgonia mollis Oli- vi , mi riservo di tenerne parola in un mio lavoro sui ca- ratteri e sulla naturale distribuzione deir ordine de' Poli- pari cortìciferi , o Fitoidei. Generf' Lobllaria. Il Sig. de Blainville non mette dubbio essere la Lobu- laria digitata e la Lob- manus diaboli una identica spe- cie, ed opina che probabilmente lo sieno anche la Lobu- laria exos e la Lob. arborea. Saia ciò forse per le due prime specie, benché dalla caratteristica Graeliniana risul- ti distinguersi la maniis diaboli protuberantiis obtusis apice perforatis tamquam penna ad medium usque rami, ciò che non osservasi nella Lob. digitata, ma per le due ulti- me posso asserire trovarsi fra loro essenzial differenza. Se non bastasse l'altezza che nella Lobularia arborea oltre- passa persino i sei piedi , mostrandosi il tronco della gros- sezza d' un braccio umano mentre la Lob. exos non tro- vasi mai più alla di mezzo piede né più grossa d'un di- to; avressimo lunga serie di caratteri distintivi dimostran- ti doversi anzi riguardare l' Ale. arboreum siccome genere ben diverso. Il Museo Imperiale di Vienna possedè tre spe- cie distinte di un tal genere che io chiamo Dcndridium. Distinguo col nome di Dendridium arboreum la prima specie gigantesca di colore miniato; chiamo la seconda spe- cie gigantesca di color giallastro Dcndridium arbuscula, la terza finalmente nomino Dendridium &acM/uwj per esser essa a rami allungati non tuberosi. Mostrasi anche questa di 462 MEMORIA colore miniato come la prima, internamente è di color coral- lino. Tali specie saranno da me fatte conoscere altrove con maggiore dettaglio. Il Sig- de Blainville non annovera fra le Lobularie V Ale. asbestinum, sembra anzi che egli du- biti appartenere alla famiglia de' suoi Alcionari quando scrive nel Diction. d' Hist. Nat. Voi. 60 pag. 9, presen- tando la Storia della Zoofitologia, che il Boccone n avoìt reconnu a tort peut etre que l' Ale. Asbestinum etaìt un ruche d'animaux ». Il Sig. Ehrenberg riguarda invece tal specie come una Lobularìa , io però stimo doversi sta- bilire anche per essa una divisione generica ben distinta. Chiamo questo genere Asbestia distinguendo coIl'Epitteto tìpiea la specie prima o tipo. Circa all' asserzione del Sig. de Blainville, che il Boccone abbia riconosciuta la natura animale di questo Alcione, che pur bene descrisse e figu- rò prima d'altri col nome Aleyonhim stuposum rubrum perforatimi, sembrami invece doversi ritenere dal contesto della Lettera Bocconiana al Redi (Y . Recherches et Obser. natur. 1674 p. 270) quanto scrisse l'autore dell'articolo Alcyonìum dell' Enciclopedia metodica , che cioè il Bocco- ne è caduto nell'errore de' suoi tempi credendo essere l'Alcione da esso descritto un prodotto vegetabile in cui eransi nidulati degli insetti. Credo poi dover distinguere dalle Lobularie V Alcyonìum palmatum Lamk. {Ale. exos Lin.); questa specie unitamente ad altra scoperta dall' Ed- wars e nominata Ale. stellatitm, costituisce un buon ge- nere che intitolo JExos, chiamando Uxos palmatum ed Exos stellatum le specie. A tal genere è prossimo il gen- Aleyonidia dell' Edwars, e può costituire insieme ad esso una particolare famiglia nell'ordine degli Alcionari. Alla Lobularìa digitata ha^mk. si riferiscono l'^fct/o- nìum ramosum dìgìtatum dell' Ellis t. 32 f. a A, A, 2; e V Aleyonium exos dello Spitz. (Ann. du Museum t. 13. p. 451. pi. 33.). Confrontando però le figure e le descrizioni date da questi due autori, che osservarono un tal essere DEL DOTT. G. NARDO 463 allo Slato vivente, sembrano esse differire essenzialmente per quello riguarda la conformazione dei tentacoli de' Po- lipi. Infatti dallo Spitz si rappresentano tali tentacoli e si descrivono elevati^ papillosi (fìg. 14, ii,o) mentre nella figura dell' Ellis (PI. 32 f. A 2. ) appariscono pinnali. Tale differenza potrebbe far credere trattarsi di due esseri ben diversi; ma ricorrendo a quanto scrisse l'EUis nel testo cioè que chaque griffe avait des deiix cótes des rangs de fìbrcs courtes et dcliees , tales que le duvet dont les semences de quelques Vegetaux sont garnies , vedesi star il difetto nella figura che erroneamente esprime quanto dalla descrizione non apparisce. Avvenne perciò che gli autori cre- dettero pinnati i tentacoli deW Alcyoniiim dìgitatiim e quin- di lo ritennero come specie congenere alla Lobularia pal- mata, mentre per tal carattere, e per altri, sembra doversi considerare come genere ben diverso. Vedesi dall'esposto come anche il genere Lobularia comprendesse esseri fra loro troppo differenti e dotali di caratteri ben più che specifici , per cui doveansi distinguere come feci. Ristringo ora quindi tal genere alla specie Lob. digitata e Lobularia conoidea, se pur non è quest'ultima un giovine individuo della prima, come opina l'Eherenberg in opposizione a quanto operò il Flemming, che costituì un genere distinto chiamato Cydonium- Appartiene forse anche alle Lobularie la Lob. auraìitiaca i cui polipi hanno tentacoli brevissimi , rotondi , per quanto sembra ;, non pin- nati ma papillosi. Nulla dir posso sulla convenienza di ritenere in questo genere la Lobularia pauciflora Ehren- berg. V Ale glaucum sembra più prossimo al genere Exos. Le Cornuìarie nmltipcnnata e subviridìs Quoy et Gaymard formano forse un genere distinto, come pure gli Alcyon. ■flexibile, flavum , ftabellum e viride de' medesimi autori. Alcynia è il nome del genere in cui , comprendo queste quattro ultime specie che devono distinguersi dalle Lobu- larie e sembrano intermedie fra esse ed i Sympodii , a detto anche di Milne Edvvars. 464 KEMORIA Alla Lohularìa digitata si riferiscono dal Blainvìlle i lavori di Ellis e Spilz; io aggiungo la citazione del lavo- ro di B. Jeussieu inserito nelle Memorie dell'Accademia Parigina di scienze l'anno 1742 il quale venne ommesso a torto dal più de' moderni benché registrato nella sino- nimia del Pallas e dello Gmelin. Apparisce da un tal la- voro doversi a Jeussieu il merito di essere slato il primo a riconoscere che tale specie non era una pianta ma bensì un aggregato di animaletti, ed a descriverli e figurarli nei suoi varj stati di aprimento, con una precisione rara pei suoi tempi, e molto più completamente di quello fece l'EIIis che pubblicò brevi osservazioni dodici anni dopo, esibendo la man perfetta figura^ che tuttavia citasi di pre- ferenza. Usò per essi, per la prima volta il Jeussieu, il nome di Polipi dando un' esatta definizione di tale qualità d' animali. Fece conoscere esser caduto in errore il Breyn che per correggere Turnefort il quale riteneva un Fuco questa specie, la riporta al genere degli Alcioni, mentre negli Alcio- ni e nelle spugne come dice non dìscopronsi animaletti di sorta, locchè tanto stentarono a riconoscere i moderni. Ri- marcò il primo otto tentacoli che sembran frangiati perchè coperti di minuti filamenti (papille dello Spitz). Accennò l'origine loro e figurò il vario grado di sviluppo ed apri- mento di essi e di allungamento del corpo del Polipo , in- dicando una vescichetta situata nell' interno del corpo stesso, avente inferiormente cinque filamenti. Non marcò però esser questo il ventricolo ed i filamenti essere gli ovarj come venne riconosciuto in seguito. Relativamente alla so- stanza comune a Polipajo fece conoscere bastantemente r interna disposizione lubulare e come alloggiano i Polipi in essa. Nove anni dopo la pubblicazione del suo saggio sulle Coralline cioè nel 1763 pubblicò l'EIIis nelle Tran- sazioni Filosofiche di Londra , in un suo Ragguaglio sulle Penne marine altri schiarimenti ?>\\\V Ale. lohatum aggiun- gendovi nuovi dettagli iconografici , non sono però le nuo- DEL DOTI. G. NARDO 465 ve aggiunle di tanta importanza e tali da oscurare il me- rito acquistatosi dal Jeussieu venti anni prima. Confrontando il lavoro dello Spitz con quello di Jeus- sieu potrebbe forse nascere il dubbio se trattisi d'identica specie. Io non posso pronunciare giudizio ma invito chi può a decidere suU' argomento. Appendice alle osservazioni sul Genere Lobularìa. II Sig. Giustiniano Doti. Nicolucci di Napoli inserì nei nuovi Annali delle Scienze Naturali di Bologna mese di Aprile 1844 alcune importanti osservazioni sulle Lobidarie in cui descrive anche una nuova specie. Mentre apprezzo molto le dotte investigazioni del Napolitano naturalista mi è dispiacente non poter convenire con esso relativamente al ritenere il solo colore de' Polipi carattere acconcio a distinguere le diverse specie e che per perciò sieno iden- tiche le Lobularìe palmata e digitata le quali stimo in- vece generi distinti come pure lo sono a mio credere al- tre Lobularie e specialmente l'arborea e V asbestina del Bott. Nicolucci riguardate come semplici varietà della L. palmata. Non potrei poi decidere se la L. brachionerythra Ni- colucci sia da riferirsi al mio genere Exos ovvero alla mie Lobularie giacché non notò il chiarissimo autore se pin- oali od a superflcie papillosa sieno i tentacoli de' Polipi della nuova specie da esso scoperta, e se i Polipi simo nidulati nella parte superiore della massa comune del P»- lipajo come negli Exos si osserva, ovvero in cellule spar- se in ogni punto della massa stessa come è proprio delle vere Lobularie quali vennero da me determinate. Sono sicuro che il valentissimo Dott. Nicolucci chia- rirà tal dubbio a vantaggio della Scienza- N. Ajsn. Se, Natob. Seeib II. Tom. 2. 30 466, MEMORIA, Genere Anthelia. Appoggiando a quanto scrisse l' Olivi relativam.erHe ad; «n. essere marino creduto l' Alcyonìum epipetrum h. opi,-. na il Sig. de Blainville trattarsi di un£^ nuova specie di Anthelia che denomina Anthelia Olivi. Reputo giusta una tale determinazione, sembrami però che la fig. 101 del Ginanni e la descrizione relativa sia riferibile ad uno spongiale siliceo da mie detto Donatia obvolvens (V. Isis 1834. Fase. 7. p. 714), che ora ritengo siccome genere distinto, e non come pensa l'Olivi alla specie da esso il- lustrata. Aggiungo doversi j-iguardare siccome specie à'An- thelie 0 come varietà AqW Anthelia Olivi le figurate dal Ginanni nelle Tav. 54. 55. fig. 109. 110. 111. e 112, e de- crilie, col nome di Lichenoidi. Non sono esse espansioni (jrostacee da cui ha origine V Alcyon exos L. come opina il Ch. Professor Bertoloni nelle di lui illustrazioni al Mu- seo Ginanni e come a prima vista potrebbe credersi. L'accrescimento della base deW Alcyonium exos è con- seguenza del deperimento successivo dei Polipi che sopra- nascono air aggregato primordiale , per cui quella materia spugnoso-calcarea la quale è da loro stessi prodotta e poi costituisce le loro cellette perdendo le sue parti gelatinose, prende la forma di uno stipite poco flessibile e piiì terro- so, ossia converlesi in un aggregalo di corpicciuoli calca- rei; niisli a sostanza animale quasi secca. Vedasi su tal ar- gomento anche quanto scrisse l'Olivi nella sua Zoologia Adriatica p. 241 Annotazione (a). Onde poi togliersi da ogni sospetto che potrebbe met' tere,, talvolta l'esterna apparenza, basta tagliare lievemen- te colla hmina d' un coltellino la superficie di un' Anthe- lia e quella dello stipite della Lobularia exos. Vedonsi nel primo caso comparire numerose cellette polipifere, mentre ^p\ secondo non mostrasi che una sostanza uniforme com- patta. Crede il chiarissimo de Blainville che V Alcyonìum ^pmunpifla, Olivi debbasJi riporre a.n<;h' esso, fra: le Anthe% DEL DOTT. G. NABDO 467 ite, non puossi però arametlere tale opinione da chi cono^ sce la struttura affatto differente di questa specie, la quale appartiene invece agli Spongiali silicei e forma il tipo di un genere da me chiamato Suburites (V. Isis. K e). V Alcyonìum domuncula ed una varietà di esso ad* datlasi come osservò anche l'Olivi (Zoolog. Adr. p. 254) al dorso del Cancer dromia (Dromia Rumphi Fabric. )> lo stesso avviene tal volta dtW ^nthelia Olivi: la quale investe anche delle univalvi abitate da qualche Payuro^ Accenno ciò perchè questa abitudine comune ad entrambi tali esseri, non faccia incorrere nello sbaglio di confon» derli insieme credendoli identici. Genere Alcyonìum. Esprimevansi un tempo con tal nome moltissimi esseri affatto differenti di organizzazione, per cui studiala la lo-' ro struttura si distribuirono in diverso regno, ovvero in classi , ordini e generi diversi del regno animale. Comin* ciò l'Olivi (1792) dallo stabilirne taluni come appartenen- ti al Regno Vegetabile, e dall' appoggiare la convenienza che altri costituissero generi distinti dagli Alcioni come per esempio V Ale cydonium e la specie Ale. schlosseri già elevala dal Gaeriner (anno 1760) a genere Botrillm* Anche V Ale. ascidioides dislinguevasi dal Gaerlner stesso col nome generico Dìstomus e riconoscevasi dal Pallas come avente rapporto colle Asciate ( V. Pallas Spi- cilegia Zoologica Fase. X. anno 1774). 11 Renier in differenti epoche cioè nel 1783 (1) nel 1804 (2) e nel 1807 (3) dimostrò doversi rguardare sicco» (1) Vedi Renier S. À. Lettera all' Ab» Olivi sopra il Bd- trillo. Opusc. Scientifici di Uilano T. XVI. 1793. (2) V. Renier Prodromo di Osservazioni sopra aìcnni esseri riventi della Classe de' Vermi etc. Venezia 1801. (3) Renier Tavole per servire alla classificazione e cono- sc<:nza degli animali. Padova 1807. 468 MEIHORIA me Molluschi Acefali Ascidioidi molli degli Alcioni gela- tinosi e stabilì positivamente vicino alle Ascidie il di lui nuovo genere Policitore comprendente più specie. II Savi- gny colle di lui memorie stampate nel 1816 , approfittan- do anche delle scoperte fatte da Peron e Leseur ne' loro viaggi contribuì efficacemente, con bellissime osservazioni eslese a maggior numero di specie, a sancire la scoperta Renieriana per cui il Lamark ed il Cuvier ne riconobbero l'aggiustatezza, ed il Renier stesso, nel 1828 (1), perfe- zionò maggiormente tale soggetto. Questo benemerito Clo- diense professore di Padova stabilendo nel 1807 (Tavole citate) cioè nove anni prima del Sig. de Blainville la nuova classe degli spongiali col nome ài Politrimì , collocò vicino al genere Spugna il genere Alcione ristretto a sole specie non polipifere e formò con altre specie forniti di polipi cioè V Ale. palmatum e dìgìtatum il di lui nuovo genere Alcyonarìa come aveva proposto nel di lui Prodromo tre anni prima. Tali importantissime distintive riforme che avanti ogni altro fece il Renier a prò della scienza vennero malamente riconosciute dai moderni, i quali sembrò invece se ne va- lessero senza il dovuto onore a chi giustamente si dove- va. Infatti il genere Tethia di Lamak. formato nel 1812 cioè otto anni dopo, non è altro che il genere Alcione di Renier stabilito nel 1804 e 1807, meno I' errore di cre- derlo un Polipajo. Il genere Alcìonarìa di Renier formato parimenti nel 1804 e 1807 e collocato fra i veri Polipi, non è che il genere Lobularìa Savigny e Lamrk. stabilito colle specie medesime l'anno 1816. Ad onta però delle ac- cennate giustissime distinzioni Renieriane non iscomparve fra i sistematici moderni il genere Alcione poiché il l.a- mark ed altri lo riportarono egualmente nelle loro opere (1) Elementi di Zoologia jiarte terza Tavole sinottiche. Vaiava 1828. fol. DEL DOTT. G. NARDO 469 quasi impuro come ai tempi dello Gmelino. Nelle di Ini Memorie sulle Ascidie stampate Tanno 1816 Savigny opi- nava doversi conservare il nome Alcione esclusivamente per quelle specie di Ascidie composte che hanno la bocca pro- veduta di tentacoli esteriori, ossia secondo esso ai Polipi a sei tentacoli non pinnati , una tale proposizione non ven- ne accolta dagli autori dopo di lui. Cuvier (1818) riten- ne il nome Alcyonhim per indicare Polipaj con Polipi ad otto braccia dentellate, cioè quegli animali che Savigny chiamò Lobularie ma prevalse quest' ultimo nome. Nel 1819 lo Schweiger (1) scrisse Alcyonium Linnei et Lamarhi delendum est, diversissima enim corpora am- plectitur, distribuendo le specie d'Alcioni Linneane da es- so osservate in differenti ordini e generi. L' inglese Flemming nella di lui opera sugli animali Britlanici pubblicala nel 1828 mostrossi di non dissimile sentimento, ed usò invece la voce Alcyonium per designa- re un di lui nuovo genere cui diede per tipo V Ale. ge- latinosum L. aggiungendovi tre nuove specie però imper- fettamente determinate. Denominò queste Ale. hirsutumi Ale. echinatum ed Ale. parassiticum. Due anni dopo il Sig. de Blainville omraettendo an- ch'egli il genere Alcyonium degli autori riferì invece tra suoi Alcyonari quello del Flamming stabilito, riflettendo però a giusta ragione esser probabile comporsi di specie eterogenee. Nulla dir posso sulle tre nuove specie del Flamming esibite come nulla scrisse il Sig. de Blainville mancando di osservazioni proprie. II Sig. Dujardin all'Articolo Al- cyon del Diclion. Universel d' Hist. Nat. Paris 1841 scris- se che sono spongiali. Relativamente alla specie tipo Ale. gelatinosum aucl. , su cui dice solo il Blainville non. po- (1) Beobachtungen auf naturiti storischen Reisen ec. Ber- lin 1819. 4.° fig. 470 MEMORIA ter appartenere tal genere alla famiglia degli Alcionari, quand' anche non fosse una pianta marina come credon taluni, se è vero esser fornito di polipi aventi dodici ten- tacoli, parmi poter concludere quanto segue: La specie Ale. gelatinosum dello Gm. , poggiando alla sinonimia, venne stabilita sopra corpi marini di dif^ ferente natura e per nulla riferibili alla famiglia degli Alcionari sarcinoidi Blainville. V Ale. digìtatum gelati- nosum molle di Fianco appartiene senza dubbio fra i tu- nicati al genere de' Policicli Lamark e Io stesso dee dirsi relativamente ad altre specie diverse riportate da altri au- tori a.\V Ale. gelatinosum. L'altro corpo marino figurato e descritto dall' Ellis col nome di Alcyonìum seu fueus nodosus et spongìosus riferito anch' esso all' Ale. gelati- nosum se non è un' Ascidioide sarebbe per sospetto dello slesso autore un aggregato di uova di Molluschi. Io ebbi ad osservare più volte di tali aggregati investienli Alghe ed altri corpi marini i quali sembravano a primo aspetto il vero Alcione gelatinoso. La determinazione caratteristica data dal Flemming del di lui genere Alcyonìum mostra poi evidentemente trat- tarsi di specie appartenenti ai tunicati Policidi o Botlril- lari. Tali specie di animali sul cui posto non v' ha ormai più dubbio , hanno 1' entrata del loro ventricolo guernita di sei 0 più filetti tentacolari , setacei ed ineguali che l'ani- male ha la facoltà di ritirare e che si mostrano necessa- riamente quando l'orifizio branchiale si dilata. Fu perciò che erroneamente si riportarono fra gli Alcionari i cui Po- lipi sono forniti di otto veri tentacoli pinnati o papillosi. In conseguenza dell'esposto non è possibile assolutamente ritenere il genere Aleyonium qual venne dal Flemming stabilito. Fu pensiero di Milne Edwars, (Mem. sur les Alcyons, Annal. des Scienc. Natur. Voi. IV. 2.^" Ser. p. 334. 1835.) benché credesse anch' egli opportuno abbandonare il nome Alcyonìum la cui accettazione è tanto varia, che DEL DOTT. G. NARDO 471 'si dovesse tuttavia preferire a quello di Lohularia che è ineno antico è meno volgarmente conosciuto. Il Dujardiò escluse assolutamente il nome Lobularia e vuo' che si ri- tenga Alcyonium (Dici. Univers. d' Hist. Natur. Art. Al- cyon). L'Elierenberg pensa che debbansi distinguere le Ló- bularie dagli Alcioni e che sia da usarsi quesl' ultimo ho- me per le specie non divise in lobi , ma dopo tanti smem- bramenti può anche questo ingenerare confusione ed in- certezza , ripeto quindi a termine del mio dire quanto scri- veva all'articolo Alcionio dell'Enciclopedia Italiana , quat- tro anni or sono, cioè potersi riguardare il nome Alcionio soltanto come ricordo di un genere affatto arliflziale e po- co conosciuto indicarne lo stato imperfetto della scienza nei tempi in cui fu composto, e tutto al più adoperabile per indicare alcune specie fossili , di cui essendo impossibile determinare il vero posto, può soffrirsi appena come pro- va arlifiziale la loro riunione a comodo de' Paleontolosi. Genere Pulhonellum. Un tal genere non è ammissibile poiché non esiste ili natura. Esso è formalo sui libri dalla somma dei caratteri di due esseri differenti per classe quali sono V Aplydium ficus Savigny, figuralo dall' Ellis lab. 17. fig. 6. B. C. I>. e descritto a pag. 97. cdl nome di Fico di mare, che ap- partiene alla classe de' Tunicati Lamark, è V Alcyonium deiforme Lamark, figurato dal Marsilli (Tav. 16 fig. 79, pag. 87) il quale è un vero spongiale siliceo riferibile al mio genere Reniera e da me nominalo Reniera durayzv. ficiformis. Infatti il Sig. de Blainville cita la sinonimia dello Gmelin senza eccezioni ^ e così pure la figura dell' Ellis Sonmiando i caratteri degli accennati autori riferiti ad en- irambi lali esseri j é conchiudendo che il trovarsi sei soli tentacoli hel Piilmontlhm invece di olto^ potrebbe far feredere appartener esso alle Ascidie complesse) ma che l'esistenza degli aghi nella di lui sostanza carnosa indi- cava bene un Alcione. A toglimeoto di ulteriori equivoci 472 MEMORIA dichiaro che V Alcyonìum -ficus dell'Olivi non è assolula- menle V Alcyon. ficus del Linneo (Edizione dello Gmelin) quandanche si escludesse la sinonimia dell'Ellis e del Pal- las, né V Alcyon. ficiforme del Lamark, ma una specie benissimo distinta appartenente fra i Spongiali al mio ge- nere Suburites e da me detta Suburìtes ficus. Una tale specie fu chiamata dal Ginnani Alcionio minore in forma di fico frutto, e diede figura di essa nelle Opere Postu- me Tav. 47. fig. 98 _, dopo averne parlato nel Voi. 1. p. 41. Reca meraviglia che la sinonimia del Ginnani non siasi riferita dai sistematici e che lo stesso Olivi l'abbia dimen- ticata. Il Bertoloni (Amoenilales Italicae pag. 229) che esaminò l'originale esemplare da cui venne trattala figu- ra Ginnaniana, lo credette anch' esso l' Alcyoniun ficiforme di Lamark. Recentemente l'Inglese Johnston nella di lui opera sulle Spugne Brittaniche stampata ad Edimburgo l'anno 1842 dà la figura di una tale specie a pag. 77 col nome di Alcyonìum ficus Esper. Lungi però dal distin- guerla dall' J/c. ficiforme Lamark, la riferisce con esso alla di lui Halicondria ficus, specie che per aver gli a- ghelti acuti in entrambe le estremità, sarebbe riferibile al mio genere Renìera e forse identica alla Ren- dura var, j^cé/brmz^, mentre l'altra per aver gli aghetti ad una estre- mità globosi appartiene come dissi al mio genere Suburi- tes , ed è congenere coli' Àie. domuncula Olivi , o Suburites domuncula Nardo. È singolare che una tale specie stia ordinariamente attaccala con un peduncolo al Turbo terebra Lìaa. , come già rimarcarono il Ginnani e l' Olivi. Trovasi talmente abbondante nel nostro Adriatico di- rimpetto al Porto di Volana a 120 piedi di profondità che i nostri pescatori ne riempiono le reti. In altri siti è rara. Genere Cliona. Relativamente ad un tal genere che non può più aver luogo fra gli Alcionari , vedesi la mia Memoria sopra un nuovo genere di Spongiali silicei intitolato Vioa, letta al DEL DOTT. G. NARDO 473 primo Congresso degli Scienziati Italiani e pubblicata negli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto l'anno 1839, ed il lavoro del Signor Prof. Bianconi su tal argo- mento , inserito negli Annali di Storia Naturale di Bolo- gna anno 1841. L'inglese Sig. G. Johnston nella di lui opera sulle Spugne Briltaniche non fa parola del mio ge- nere Vioa benché pubblicato tre anni prima del suo lavo- ro. Propende anch' egli a riguardare la C/zo«a siccome una Spugna la quale riferisce con incertezza al genere Hali- condria ed intitola H. celata. Sembra però non abbia nem- meno il sospetto che sia tale spugna perforatrice de' sassi calcarei e dei gusci marini d' ogni sorta , come io dimo- strai nella mia suaccennata memoria, quindi formatrice delle cellette che abita. Anche il Sig. Dujardin (Diction. Uni- versel d' Hist. Nat. par d'Orbigny 1841 Art. Cliona) cre- de che le perforazioni sieno prima praticate da piccole Annellidi aventi come ei scrive , abitazione privilegiata nelle Clionie, le quali s'insinuano nelle ramificazioni le pili delicate de' fori ed aderiscono in maniera intima alle loro pareti. Tutto ciò dimostra aver questo chiarissimo au» tore poco considerato quanto io scrissi in proposito nella mia succitata Memoria. D'altronde chi vide tali pretesi an- nellidi e chi dimostrò esser essi i perforatori delle pietre invece che lo Spongiale in discorso? L'aver osservato questo Spongiale il Sig. Dujardin nei fori delle Sa&e//e a Caen non indica che egli abiti sem- pre i fori da altri animali praticati. Vi hanno specie pros- sime al mio genere Vioa facilmente confondibili con esso, costituenti altro genere della stessa famiglia , le quali non perforano per quanto sembra, ma preferiscono vivere en- tro a cavità che tappezzano, e trovansi sovente nei vacui risultanti dall' agglonieramento delle Croste fogliacee della Millepora coriacea Lin. ossia NiilUpora agariciformis La- mark. Di queste parlerò nella mia Spongologia. Opina il Sig. Dujardin non doversi distinguere que ili MEM. REL bOTT. C iSARDÒ feto géaete dalle Halicondrie. Ciò è vero considerando ìé Spugne silicee come un sol genere > non però quando si ì-iguardino , tome ordine naturale in più famiglie e generi tJisUnguibile. Dice inoltre che la Spugna terébrans del Big. Duvernoy e le Vioà del Nardo devono essere riguar- date siccome Glione; Io penso invece che la Sp. terébrans pubblicata iqualche anno dopo il mio genere Fioa, debba Jjferider posto in esso col horne di Fioa Dujardinii se pu- ì'é è specie diversa dà quello da raé stabilito siccome tipo-, e che il nome Glìona non possa ritenersi come sinonimo del genere Vioà, perchè il Sig. Grani stabilendo il suo genere non lo fece per uno Spongiale, ma per un Polipo fatto téntacolatOi quindi riferibile agli Alcionarii , che stimò ierroneamente produttore di quella sostanza Che io prima di ogn' altro nominai genericamente e dimostrai essere una spugna perforatrice indipendente dall' animale dal Grani in esisà Osservalo -, al quale solo spetterebbe il nome Clier nà qualora fosse meglio costata la di lui esisienzai IXDICE DEL TOMO II. SERIE II, MEMORIE ED ARTICOLI ORIGINALI Sgarzi — Saggio dì Analisi delle acque dolci pota-, bili che servono alla Città di Bologna. Tav. I. pag. § Rendiconto delle Sessioni della Società Agraria della Provincia di Bologna .... pag. 60 , 271, 337 Gozzi — SulV importanza di migliorare V agricoltura di collina , . n 1% Sdrai — Nota sulle varie costituzioni attribuite agli emetici m 84 Pelle stesso -- Sui terreni e sulle acque meno pro- prie a formare le risaie ....... w 93 Lauri — Sulla elettricità che si sviluppa nelV urto di una vena fluida di mercurio contro ì corpi coibenti • . . w 103, Nota al precedente lavoro w 113 Alessandrini — Sulle malattie del cuore della specie bovina « 161 Rondani — Nuovo genere d' Insetti Ditteri Memo- ria Nona Tav. II. -. «193 Alessandrini — Rendiconto delle Sessioni dell' Ac-^ \^ 476 INDICE cademìa delle Scìeri'^e dell' Istituto di Bologna Tav. IF. pag. 203, 288, 352, 404 Goz2i — Sopra nn metodo di curare direttamente le scrofole pag. 241 Rondani — Ordinamento sistematico dei generi italia- ni degli Insetti Ditteri n 256 , 443 Selmi — Aggiunta alla Nota sulla costitw^ione del tartaro emetico m 321 Salina — Delle aste mate dai bifolchi bolognesi » 328 Selmi — Doppi solfuri ferroso-potassico , ferroso- sodico )) 401 Contri — Intorno alla nobiltà deW agricoltura . » 427 Nardo — Rettìfica'^ioni ai generi ed a qualche spe- cie della famiglia dei Zoofitari sarcinoidi . » 460 'Analisi d" Opere ^ Mem. ec. , e Ristampe. Pilla — Sulla prodw^ìone delle fiamme nei Vulca- ni w 96 Catullo — Lettre a Monsieur Le Vicomte d' Ar- chiac ec » 116 Rendiconto delle Sessioni dell' Imperiale Accademia di Pietroburgo «119, 305 Brandt — De Cetotherio novo balaenarum familiae genere w 130 Owen — Odontografia » 163 Nicolucci — Intorno alla vescichetta proligera os- servata nei pesci dal Cavolini » 184 Rusconi — Intorno alle osservayjoni di Wolkmann e Bidder sul nervo gangliare « 228 Dello stesso — Sui vasi linfatici dei Rettili • • » 315 INDICE 477 Dello stesso — Singolarità del sistema linfatico della rana comune, e della testuggine marina. . w 317 Bonaparte — Parole dette neir aprire la Sc'^ione di Zoologia del sesto Congresso scientifico italia- no w 333 Bory de Sainl-Vincent — Sulla produzione delle fiam- me nei Vulcani » 379 Forbes — Sui Molluschi e Raggiati del mare Egeo » 382 Vita del Principe Federico Cesi. Tav. III. . . » 387 Annunzi di nuovi Libri. Memorie dell'Accademia Imperiale delle Sciente di Pietroburgo w 129 Id. della Reale Accademia delle ScìenTfi di Berli- no w 140 Tschiidi — Ricerche intorno alla Fauna Peruvia- na ,...)> U\ Cento Ritratti e Vite di illustri Italiani . . . w 237 Memorie della Reale Accademia delle Sciente di To- rino. Tomo V. « 239 Moreali — Programma per un nuovo giornale delle Sciente Bledìco- Fi siche w 3!2 Memorie di Matematica e di Fisica della Società Ita- liana Tomo XXII. Parte Fisica .... w 397 Botanica delle regioni antartiche, di Dalton Hoo- ker « 399 478 ìndice Notizie interessantL Circolare per la sesta Riunione degli Scienziati Tta- liani in Milano ...» 134 Programma di premio delV Accad. R. delle Sciente di Monaco » 136 Id. deW Accademia Medico-Chirurgica di Ferrara m 320 IMPRIMATUR; Fr. Hv Vaschetti 0. P. Vie, Geo, S. 0. IMPRIMATUR, J. Arcbyd. Passaponti Pro- Vie. Gen^ NAnii.ili SiTio 2' Toni; Il Tav.]^ Lit . BrtKuf. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO FASCICOLO Selmi — Doppi solfuri ferroso-potassìco , ferroso- sodico pag. 401 Alessandeini — Rendiconto delle Sessioni dell' Ac- cademia delle Scien:{e dell' Istituto di Bolo- gna ........ 404 Contri — Intorno alla nobiltà dell' Agricoltura. » 427. Rondami — Ordinamento sistematico dei Generi ita- liani degli insetti ditteri » 443 Nardo — Rettificazioni ai generi , ed a qualche spe- cie della famiglia de' Zoofitari sarcinoidi . » 460